Historic, Archive Document Do not assume content reflects current scientific knowledge, policies, or practices. : \ bollettino gio 1930) ( Pubblicato il 10 ma, [iNVC »T1 6AN DO |N VE NIC»- ] NAPOLI PREMIATO STAB. Tip. NICOLA JOVENE Via Donnalbina, 14 1930 INDICE) ATTI (MEMORIE, NOTE E COMUNICAZIONI) ^ •s ' ■_ .\V- . • ■-/ ■ __ Jucci C. — Esperienze sul potere "'anticoagulante dell'estratto di zecche e di uova di zecche (Rhipicephalus sanguineus) . pag. 3 Zirpolo G. — Nòte morfologiche ~e sistematiche su Microcordyla asteriaeZiRP . i . . „ 15 Zirpolo G. — Su di alcune forme ipotipiche rare di Ofiuroidi rin¬ venute ne^ golfo di Napoli . » 30 De Fiore O. — Meteorologia e idrografia dell'Etna. (Il vento nelle regioni inferiori del monte). . . . . . „ 43 De Fiore O. — Le meteoriti' del Museo mineralogico della R. Uni¬ versità di Napoli. . . \ . . . . . „ 68 Platania G. — Gli aloni osservati nel 192& in Napoli. . . . „ 72 Platania G. — La trasparenza del mare da alta quota . „ 75 Fiore M. — Peli al posto di squame in Polypodiutn perforatimi L. „ 78 Fiore M. — Dì un nuovo ascomicete Ochraceospora Cavarae n. g. n. sp., causa di marciume radicale e del fusto in piante di Alocasia odora Ct Koch. . . . . . . „ 81 Zirpolo G. — Nuovo caso di simbiosi fra Drornia vulgaris M. Edw. e Ascidia mentula O. F. Mììller. . . . . . „ 97 Carobbi G. — Sulla possibilità di una sostituzione parziale del clo¬ ruro di piombo con cromato di piombo nelle piromor- fiti, vanadiniti e mimetiti . „ 103 Colomba G. — Commemorazione pel Prof. Francesco De Rosa . „ 117 ' Platania G. -- Il lago di Averne e gli altri laghi flegrei . . „ 134 Zirpolo G. — Studi sulla bioluminescenza batterica. 9. Azione delle basse temperature . . . . . . . . „ 137 Pierantoni U. — La Balaenoptera physalus (L.) arenatasi sulla spiaggia di S. Giovanni a Teduccio. . . . . „ 152 Ruggiero P. — Un nuovo pluviografo . „ 156 Torelli B. — Cymodoce erythraea Nobili e Cymodoce Dellavallei Torelli . . w 165 Carobbi G. — Ricerche sul molibdato ferrico idrato. (Ferrimolibdìte artificiale) . . 169 Carobbi G. — Ricerche spettrografiche sullo zircone vesuviano . „ ISO Police G. — Il sistema nervoso sottointestinale ,e la segmentazione del corpo negli Aracnidi . . . . . . w 185 Zambonini F. e Carobbi G. — Contributi allo studio dei minerali vesuviani. Ricerche sulla forsterite e sullo spinello . . „ 245 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI BOLLETTINO DELLA fcfdPlfcS- SOCIETÀ DEI NATURALISTI IM NAPOLI VOLUME X L I. — 1929. Con 9 tavole ( Pubblicato il IO maggio 1930) NAPOLI PREMIATO STAB. TIP. NICOLA JOVENE Via Donnalbina, 14 193Q 250413 Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli ATTI (MEMORIE E NOTE) sperienze sul potere anticoagulante dell’e¬ stratto di zecche e di uova di zecche (Rhipicephalus sanguineus) del socio Carlo Jucci (Tornata del 23 maggio 1929) Nel maggio 1916 una invasione straordinaria di zecche nel canile delTlstituto di Fisiologia in Napoli mise in serio pericolo i miei cani da esperimento. Mosso a combattere le odiose be- stiuole, passai ben presto a studiarle. Pare che gli arabi riescano a liberare il bestiame (buoi, ca¬ valli) dalle zecche aggiungendo alla razione ordinaria abbondante orzo fortemente salato. Pensai che l'effetto potesse dipendere dalla quantità grande di cloruro sodico che viene a passare in circolo : questa — o che determini un arricchimento in sale, per quanto tenue e instabile, del liquido organico, o che in esso stimoli particolari reazioni chimico fisiologiche — turberebbe le condizioni del sangue e il meccanismo grazie al quale il secreto salivare delle zecche ne impedisce la coagulazione (raggiungendo così il parassita il dop¬ pio vantaggio di succhiar bene e di digerir meglio). Il mio tentativo di applicare il metodo arabo ai cani fallì, ma mi aveva condotto a studiare il meccanismo e le condizioni dell'azione anticoagulante dell'estratto di zecche. Primo il Sabbatani nel 1899 a Cagliari studiò quest’azione sul sangue di cani e di altri mammiferi e cercò di isolare il principio attivo che chiamò ixodina dal nome del parassita Ixodes ricinus ; come Haykraft nel 1884 , scoprendo che 1' e- stratto di teste di sanguisuga, Hirudo medicinalis, ha forte po- — 4 — tere anticoagulante, aveva chiamato irudina la sostanza specifica relativa. La zecca che ha infestato il nostro canile dalla seconda quindicina di aprile alla prima quindicina di luglio — in agosto si è sviluppata rigogliosamente una seconda generazione , ma è stata distrutta, allo stadio ninfale, da una accurata disinfezione dei locali — appartiene alla stessa famiglia degli ixodini , ma a genere diverso, il Rhipicephalus, che, più comunemente dell'/jc^- des , parassitizza i cani. Dell'estratto di questa zecca R. sanguineus ho studiato Y a- zione in vitro , oltre che sul sangue di cani , più specialmente sul sangue di anfibi : rospi della comune specie Bufo vulgarist ma provenienti da Catania, ove, come in tutta Sicilia , le fem¬ mine raggiungono mole grandissima. Riassumo brevemente le conclusioni dei miei esperimenti : L'estratto di zecche ha un forte potere anticoagulante anche sul sangue di rospo : a seconda le dosi ritarda più o meno e anche indefinitamente la coagulazione * l II. III. IV.). Sangue ixodinizzato coagula rapidamente per aggiunta di estratto di organo (fegato, ovaia). La rapidità della coagulazione cresce col crescere della quantità di estratto aggiunto. Si richie¬ de, per una rapida coagulazione, una quantità di estratto di or¬ gano tanto maggiore quanto più il sangue è fortemente ixodi¬ nizzato. Talvolta Testratto di fegato risulta inefficace a produrre coagulazione nel sangue ixodinizzato fortemente. A) Anche l'estratto di ninfe di R. sanguineus (della seconda generazione, in agosto) ha forte potere anticoagulante. Esempi : A) Trituro 5 ninfe di media grandezza in 10 gocce di NaCl 0,9 */o i aggiungo 5 gocce di sangue (dal polpastrello) alle ore 17 del 5/8. Alle ore 9 del 6/8 è ancora completamente liquido. B) In tre saggi trituro 100 mg. di ninfe (numero vario, di varia grandezza) in 6 gocce di NaCl. Alle ore 19 del 15/8 aggiungo in ciascun saggio 2 gocce di sangue (dal polpastrello) in : I. 7 ninfe piccole II. 5 medie, con un po' di sangue III. 1 grossa, piena di sangue IV. 6 gocce di NaCl. Alle ore 9,19 il controllo è coagulato completamente ; i saggi sono ancora completamente liquidi (e sedimentati) alle ore 8 del 16/8. — 5 — L’aggiunta di estratto di organo a sangue ixodinizzato non provoca la coagulazione se non in presenza di calcio : aspor¬ tando il Ca con raggiunta di ossalato di potassio , qualunque aggiunta di estratto di organo resta inefficace sinché non si re¬ stituisca il Ca, sotto forma di cloruro, al sangue * 1 2 3). L'ixodina agirebbe dunque da antiprotrombina o anticinasi, nel senso di impedire (riferendoci allo schema usuale) non V a- zione della trombina sul fibrinogeno, ma l'attivazione delle so¬ stanze madri in trombina (neutralizzando la sostanza trombopla¬ stica presente, oltre che ostacolandone la liberazione dal sangue). Il cloroformio — del quale ho voluto sperimentare l’azione nella speranza di raccogliere qualche indizio circa la natura fer- mentizia o meno degli agenti di coagulazione del sangue — in¬ duce nel sangue ixodinizzato coagulazione (più o meno lenta secondo la quantità maggiore o minore di ixodina aggiunta al sangue) anche in assenza di calcio (per aggiunta di ossalato). Quest'assenza, però, ritarda di moltissimo la coagulazione che interviene abbastanza rapida restituendo il calcio, sotto forma di cloruro, al sangue. L'etere non determina la coagulazione di sangue ixodiniz¬ zato, come neanche di sangue ossalato (che il cloroformio coa¬ gula, benché lentamente). Sangue peptonato iti vitro presenta un comportamento mol¬ to analogo a quello del sangue ixodinizzato. Il peptone aggiunto in vitro ritarda molto notevolmente la coagulazione del sangue, sino a parecchie ore. Estratto di organo (di fegato , di ovaia) provoca rapidamente la coagulazione del sangue peptonato ; più rapidamente se aggiunto in maggiore quantità. L'aggiunta è ef ficace solo in presenza di calcio. Il cloroformio determina piut- l) Risultano dai miei saggi , ma meritano conferma , le seguenti osser¬ vazioni : 1) Per inibire stabilmente la coagulazione del sangue di rospo occorre una dose di ixodina assai maggiore che per il sangue di cane. 2) Un arricchimento in sale (soluzione clorosodica più concentrata) fa¬ vorisce l'azione anticoagulante (in vitro ) delPixodina nel sangue di cane. 3) Ixodinando sangue di cane e ossalandolo, alla restituzione del Ca non segue coagulazione (spontanea — se il sangue era leggermente ixodinato — o indotta da estratto di fegato) con la stessa facilità che nei controlli (non ossalati e solo ixodinati). — 6 — tosto rapida coagulazione nel sangue peptonato. L'assenza di cal¬ cio ritarda molto, ma non impedisce l'azione coagulante del clo¬ roformio. L'analogia di comportamento tra sangue ixodinizzato e san¬ gue peptonato potrebbe suggerire il sospetto che non ad una sostanza specifica secreta, ma a prodotti di digestione del san¬ gue possa esser dovuta l'azione anticoagulante dell'estratto di zec¬ che, quale si ottiene triturando zecche femmine, vive, più o meno turgide di sangue, in soluzione fisiologica e filtrando con ovatta. Ma lasciando l’estratto di zecche in alcool a 95 per lungo tempo (settimane o mesi) perchè coagulino tutti gli albuminoidi ; e poi, filtrato via l'alcool, asciugando il coagulo, spappolandolo in soluzione fisiologica e filtrando dopo qualche ora, si ottiene un estratto acquoso nel quale passa, in gran parte almeno , la sostanza specifica. Il liquido filtrato è quasi incoloro (appena debolmente sfu¬ mato di giallo); neutro alla carta di tornasole, non dà precipitato all'ebollizione, nè con gli alcali. L’acido nitrico a freddo produce una sensibile opalescenza che scompare con l'ebollizione. Il sol¬ fato di ammonio e il cloruro di mercurio provocano piccoli in¬ torbidamenti. L'acetato neutro di piombo dà abbondante preci¬ pitato, insolubile in un eccesso del reattivo. Netta la reazione del biureto. Lavando una seconda volta il coagulo, già esaurito con soluzione fisiologica, il liquido ottenuto, perfettamente in¬ coloro, poverissimo di proteidi, inibisce ancora ed energicamente la coagulazione del sangue. Evidentemente la sostanza attiva contenuta nell'estratto è un proteide del gruppo delle albumose. A piccolissime quantità di questa albumosa, in esso presente, l'estratto di zecche deve il suo potere anticoagulante : di carattere specifico , dunque , di fronte all'azione che il peptone esercita solo a dosi relativamente enormi. Quello che a me pare singolarmente interessante è il seguire la sorte, nell'organismo della zecca, di questa sostanza specifica. L’estratto di zecche assai grandi, piene di sangue, non ha minore potere anticoagulante dell' estratto di un ugual peso di zecche più piccole (in numero molto maggiore). — 7 — Resta evidente che l'attività anticoagulante dello estratto è dovuta non soltanto al prodotto di macerazione delle ghiandole salivari, ma ben anche alla quantità di secreto salivare frammisto al sangue neirintestino (tanto più che nella femmina rimpinzata di sangue, le ghiandole salivari si disfanno). L'estratto di zecche succhianti sangue ha molto maggiore potere anticoagulante dell'estratto di un ugual peso di zecche rimpicciolite per lungo digiuno e avvenuta ovificazione (in nu¬ mero molto maggiore). La quantità di sostanza anticoagulante (del secreto salivare e del prodotto di disfacimento delle ghiandole) è dunque dimi¬ nuita con l'avanzare dei processi di digestione del sangue e di utilizzazione dei materiali assimilati, nell’ovogenesi. L'estratto acquoso di uova di zecche manifesta uno spiccato potere anticoagulante, a secondo delle dosi inducendo rapidissima trombolisi del coagulo o ritardo più o meno notevole o anche indefinito della coagulazione (del sangue di cane, di rospo , di uomo). Anche di sangue trattato con estratto di uova , come di sangue leggermente ixodinizzato, può indursi coagulazione ra¬ pida con aggiunta di estratto di organo (ovario). L' aggiunta è efficace solo in presenza di calcio 1). l) 22/6 Preparo 1' estratto di zecche con 1 gr. di in 5 cm. di NaCl 0,9%; e l’estratto di uova con 0,572 gr. di uova in 3 cm. NaCl 0,9%. Aggiungo 15 gocce di sangue di rospo, alle ore 14,54 a: A) 1 % cm. NaCl 0,9 % , B) 1 cm. estratto zecche -f- i/2 cm. NaCl ; C e D) 1 cm. estratto uova -j- % cm. NaCl. A) Ore 14,57 già comincia ad alterarsi l’aspetto ; ore 15 si rapprende in coagulo, perfetto alle 15,2. B) Ore 15,35 ancora liquido, solo qualche puntino di coagulo in fondo; ore 19,10 idem. C) Ore 15 perfettamente liquido; 15,13 qualche punto di coagulo; 15,35 una pellicola (spostabile) nel fondo, di coagulo trasparente con grumetti rossi disseminati; 19,10 idem. D) Ore 15 perfettamente liquido; 15,2 con qualche coaguletto ; 15,13 in buona parte coagulato; 15,35 ben coagulato, ma grumuloso e scollato; 19,10 idem. L'estratto di uova dimostra dunque, confrontata col controllo, un’ azione spiccatamente anticoagulante , benché sensibilmente meno energica di quella dell'estratto di zecche (a uguale concentrazione). — 8 — È da supporre che una parte della ixodina passi nelle uova durante i processi di elaborazione del vitello a spese dei mate¬ riali di digestione del sangue. Che questa attività anticoagulante dell'estratto di uova di zecche sia di natura specifica, è dimostrato dal fatto che gli e- stratti di uova di altri insetti non ematofagi — coleotteri come la Galerucella deH'olmo, lepidotteri come il baco da seta — non ha alcuna notevole influenza sulla coagulazio e del sangue (la ritarda, talvolta, ma sempre appena di pochi minuti * 1 Il). L'aggiunta di estratto di ovaia provoca coagulazione. B) a 3 gocce NaCl 0,9 % b 10 gocce sangue B + 3 gocce ossalato K. + 3 gocce estratto ovaio (ore 19,59) (ore 20,2) a) 20,4 quasi ; 20,6 perfettamente coagulato. b) 20,15 ancora liquido. Aggiungo 5 gocce di CaCl2 ; dopo pochi secondi è già più lentamente spostabile. Alle 20,16 é ormai coagulato. C ) a 10 gocce sangue -f- 3 gocce estratto ovaia (ore 20,20) Alle 20,21 è già perfettamente coagulato. b 10 gocce sangue -J- 4 gocce ossalato K -j- 3 gocce estratto ovaio (ore 20,24) (ore 20,25) Alle 20,34 ancora liquido. Aggiungo 4 gocce di CaCl alle 2035 ; alle 20,38 è perfettamente coagulato. B, D) B, B2 B3 10 gocce sangue B -j- 1 goccia estratto ovaia D2 D3 10 gocce sangue D (ore 20,41) Coagulazione quasi completa di Bi alle 20,54; di B2 alle 20,56; di B3 alle 20,57. Alle 20,56 coagulazione perfetta di A2 , quasi di At ; ancora assai incom¬ pleta di A3. l) Esempi : A) Trituro 1 gr. di uova di bachi da seta , di razza Brianza in 2 cm. di NaCl 0,9 % e filtro traverso ovatta. Aggiungo 2 gocce di sangue (dal polpastrello) a 6 gocce di succo d'uova (I, II) alle ore 18,20 del 14/8. Il saggio a alle 18,29 è già quasi, e alle 18,31 completamente coagulato. Il saggio b alle 18,29 presenta un velo di coagulo rosso ; alle 18,31 è completamente coagulato. B) Aggiungo 2 gocce di sangue, alle ore 18,24, a I 6 gocce di NaCl II 6 gocce di succo uova. Dopo 6 minuti , alle 18,30 il controllo è quasi completamente coagulato — 9 — Il sospetto che il potere anticoagulante dell’estratto di uova di zecche possa dipendere da presenza di sostanza attiva non incorporata nelle uova, ma aderente alla superficie esterna, o di sostanze estranee , può essere eliminato da un accurato lavaggio delle uova prima della triturazione : lavaggio che asporta la so* stanza gommosa che riveste e agglomera le uova (secreta dalle ghiandole accessorie dell'ovario e da una ghiandola cefalica) e la guanina che le imbratta e le tracce eventuali di altri secreti ed escreti. La precauzione è necessaria, perchè, se la guanina non sem¬ bra avere notevole effetto sulla coagulazione del sangue (in so¬ spensione fisiologica solo in forti dosi ritarda la coagulazione ; aggiunta a estratto di uova sembra attenuarne un poco il potere anticoagulante) ; i secreti e gli escreti della zecca possono con¬ tenere invece sostanza anticoagulante, che è, secondo ogni pro¬ babilità, la stessa ixodina delle ghiandole salivari. Difatti il liquido ottenuto dal lavaggio prolungato di zecche ovificanti, con acqua corrente (liquido giallo intenso , che non coagula al calore ; fa abbondante precipitato con acetato neutro di piombo ; dà la reazione del biureto) presenta un energico potere anticoagulante e lo mantiene anche dopo prolungata e- mentre il saggio presenta solo un puntino di coagulo. Ma anch'esso è alle 18,33 in buona parte, e alle 18,34 co npletamente coagulato. C) Aggiungo 2 gocce di sangue alle ore 19,46 del 15/8 a I 6 gocce di NaCl II 6 gocce di succo uova III 2 gocce di succo uova -f~ 4 gocce di NaCl. Presentano coagulazione completa il controllo alle 19,58, e dei saggi il II alle 19,58, il III alle 20,3. D) Aggiungo 2 gocce di sangue alle ore 20,7 del 15/8 a I 6 gocce di NaCl li 6 gocce di succo uova -j- 4 gocce di NaCl III 1 goccia di succo uova -|- 5 gocce di NaCl. Alle 20,18 il II è quasi completamente coagulato, il controllo un poco meno, il III molto meno. Alle 20,21 sono tutti e tre perfettamente coagulati. Notare che le uova adoperate in questi saggi sono tutte uova di razza univoltina , in diapausa. Potrebbe essere interessante saggiare comparativa¬ mente uova di diverse razze a vari gradi dello sviluppo embrionale (ed estrat¬ to di tessuti a vari stadi dello sviluppo larvale). 10 — bollizione (che invece attenua di molto il potere anticoagulante del liquido acquoso ottenuto da estratto di zecche coagulato con alcool) 1). Questo poteie anticoagulante del liquido di lavaggio di zecche ovificanti dimostra il passaggio della sostanza attiva, Ti- xodina, dall'intestino nel corpo e di qui allo esterno. Evidentemente la sostanza attiva secreta dalle ghiandole sa¬ livari e succhiata col sangue che scende, per l'esofago, a riem- l) 3/8 Lavo numerose zecche ovificanti (che hanno iniziata o completata la deposizione delle uova) con acqua, abbondantemente (ma delicatamente, per evitare rottura di uova). Essicco il liquido di lavaggio all'aria (sotto ventila¬ tore, a temperatura ambiente) e ne ridisciolgo un po’ in acqua corrente (a), un po’ in soluzione clorosodica ( c ). Alle ore 11,10 aggiungo 1 goccia di sangue a Controllo I) 5 gocce di NaCl „ II) 5 gocce di acqua. Saggi I, II) 5 gocce liquido lavaggio (a). Dei controlli il I coagula alle 11,18, il II alle 11,37. Il saggio alle 17,45 è ancora perfettamente liquido e ben sedimentato) (senza emolisi). Alle 10,30 del 4/8 è ancora ben liquido, ma emolizzato. Alle ore 17 aggiungo 1 goccia di sangue a Controllo) 5 gocce di NaCl Saggi III, IV) 5 gocce liquido lavaggio (c). Il controllo alle 17,38 è coagulato. Dei saggi alle 10,30 del 4/8 è in parte coagulato il sedimento. 6/8 Alle 11,15 aggiungo 1 goccia di sangue a Aj A2) con 5 gocce liquido lavaggio integro B) con 5 gocce stesso liquido bollito per 5 minuti. Alle 11,32 aggiungo 1 goccia di sangue a Controllo) 5 gocce di NaCl A3) 5 gocce liquido lavaggio integro B3) 5 gocce liquido bollito per 5 minuti. Alle 12, mentre il controllo è completamente coagulato, i saggi sono per¬ fettamente liquidi, ben sedimentati, niente emolitici ; ancora liquidi alle 20,47. Alle 18,8 aggiungo una goccia di sangue a Controllo) 5 gocce di NaCl A ) 4 5 gocce liquido bollito per 30 minuti integro. b4) Alle 18,40 , mentre il controllo è completamente coagulato , i saggi sono perfettamente liquidi ; e così ancora alle 20,47. 11 pire lo stomaco e i ciechi enterici che ne diramano) non rimane distrutta nei processi di digestione. Ma passa coi prodotti del¬ l'assorbimento intestinale nella cavità generale del corpo, e solo traverso questo può venire al difuori : giacché il tubo intestinale è chiuso e non comunica col retto, vera vescica urinaria nella quale i tubi malpighiani, organi renali, versano i prodotti escre¬ tivi (concrezioni di guanina) che 1' apertura periodica del così detto ano scarica airesterno. Non si producono feci ; tutto il sangue succhiato viene digerito e utilizzato nella fabbricazione di migliaia di uova *). L'ixodina col vitello rimane incorporata nelle uova, in buona parte, abbandonando con esse l’organismo materno (anche le ultime deposte contengono, non meno abbon¬ dante che le altre, la sostanza anticoagulante) ; mentre altra parte viene escreta coi prodotti urinari o versata all'esterno col secreto delle ghiandole tegumentali e parte infine rimane nell'organismo della femmina, ormai decrepita, esaurito e pieno di rifiuti. Rispettata nei processi di elaborazione del deutoplasma ova- rico come nei processi di digestione del sangue, l'ixodina sem¬ bra rimanga distrutta o inattivata nei processi di digestione del vitello o di sintesi, a spese di esso, dei tessuti embrionali (più probabilmente in questi processi che in quelli giacché la dige¬ stione triptica dell'estratto di uova lascia intatto il suo potere anticoagulante). Fatto sta che il potere anticoagulante (sul sangue di rospo, di cane e di uomo) molto energico nelle uova ancora arretrate nello 4) Il peso di uova deposte da una zecca è più che doppio del peso resi¬ duale dell'organismo materno. Esempi : Ottengo 132 mg. di uova da 3 zecche che pesano, alla fine della ovifica- zione, 55 mg. Ottengo 557 mg. di uova da 8 zecche che pesano , secche ed esaurite, 242 mg. Ottengo 478 mg. di uova da 10 zecche che , ormai tutte secche e gialle di guanina, pesano mg. 346, il 24/7 ; continuano a deporre uova che 4 giorni dopo, il 28/7 ammontano a 45 mg., mentre il peso delle zecche è sceso a 270 mg. (perdita di 76 mg.) dovuta per il 60 ’/0 all'emissione di altre uova, per il 40 u/o a evaporazione d’acqua e a combustioni organiche. Ottengo 495 mg. di uova da 7 zecche che pesano 362 mg. il 25/7, presso all' esaurimento ; ma depongono ancora altre uova sino al peso di 21 mg. il 5/8. — 12 — sviluppo *) risulta abbassato in stadi embrionali più avanzati. Non avviene però un decremento graduale e regolare del po¬ tere anticoagulante, traverso lo sviluppo embrionale : depresso in embrioni con arti perfettamente sviluppati e corpo già ben formato e grossa massa dorsale di vitello residua , si risolleva nello stadio più avanzato di embrione perfetto col retto pieno di guanina, e più ancora nell'embrione alla vigilia della schiu¬ sura e nel neonato 2). Evidentemente la quantità di ixodina at- h Esempio : 25/7 trituro 200 mg. di uova recentemente deposte (l'esame microscopico non rivela un embrione, ma solò un contenuto di vitello indif¬ ferenziato) — dopo averle prima bene lavate per asportarne guanina e glutine — con 24 gocce di NaCl 0,9 %• Alle 16,43 aggiungo 1 goccia di sangue (dal polpastrello) a Controllo I, II) 5 gocce di NaCl 0,9 0 0 Saggio I) 5 gocce di estratto uova. Dei controlli il I è in gran parte coagulato alle 16,46, il II perfettamente alle 16,51. Il saggio, ancora alle 18, è perfettamente liquido (e sedimentato). Alle 17 aggiungo 1 goccia di sangue a Controllo I, II) 5 gocce di NaCl Saggio II) 5 gocce di estratto uova. Dei controlli il I alle 17,3 è parzialmente , alle 17,4 perfettamente coa¬ gulato ; il II è quasi coagulato alle 17,7, perfettamente alle 17,9. Il saggio, ancora alle 18, è perfettamente liquido (e sedimentato). Alle 17,19 aggiungo 1 goccia di sangue a Controllo I, II) 10 gocce di NaCl Saggio III) 19 gocce di estratto uova. Dei controlli il I è alle 17,34 parzialmente, e alle 17,45 completamente coagulato; il II parzialmente alle 17,46; completamente alle 18. Il saggio, anche alle 18, è perfettamente liquido. Alle ore 8,30 del 26/7 dei saggi (tenuti in camera umida) il I e il II pre¬ sentano coagulo rosso del sedimento ma la massa del plasma, roseo, ancor liquida (coagulata anch'essa, alle ore 10,45 nel saggio I) : 11 III è perfettamente liquido nel plasma chiaro come nel rosso sedimento ; alle 10,30 presenta solo due puntini di coagulo sul fondo. È più viscoso, ma ancora liquido alle 8,30 del 27/7. 8) Esempio : 30/7. Un lottino di uova deposte da 3 zecche pesava il 25/7 130 mg. Oggi sono nate, in gran parte. Trituro assieme neonati, gusci e uova mature, in 16 gocce di NaCl 0,9 °/0. Ripartisco l’estratto in 2 saggi di 5 gocce e allungo il residuo di due o tre gocce con 15 gocce di NaCl. Alle 18,28 aggiungo 1 goccia di sangue (dal polpastrello) in Controllo I, II) 4 gocce di NaCl Saggio I) 5 gocce estratto. — 13 — tiva presente nell'uovo diminuisce man mano che l' embrione prosegue, a spese del vitello, il suo sviluppo : ma prima che scompaia la provvista materna — il riassorbimento del vitello è ancora molto incompleto al momento della nascita, — si svilup¬ pano nell'embrione le ghiandole salivari che col loro secreto mettono in grado il neonato di iniziare, appena trovi un ospite, la suzione del sangue. Condizione di cose piuttosto diverse si verifica per altra sostanza specifica, in organismi molto affini alle zecche, i ragni: nei quali una tossina emolitica, l'aracnolisina si sviluppa nella femmina all'epoca della ovificazione, prodotto del metabolismo genitale ; passa dal corpo della madre nelle uova e sparisce nel neonato con le ultime tracce del vitello materno. E’ da notare che il passaggio dell'ixodina dal corpo della madre nelle uova, non risponde, sembra almeno, ad alcuna fina¬ lità ; come il passaggio, in animali superiori delle tossine tuber¬ colari dalla madre al feto ; benché in altri casi fenomeni dello (Metto nel controllo 4 e non 5 gocce perchè nel prodotto della tritura¬ zione di neonati e di uova mature restano - per quanto accurata - flocculetti, grumolini , dovuti alle parti più consistenti dei tessuti embrionali ; e questo rende le gocce dell' estratto un po’ più pesanti e più piccole di quelle della soluzione clorosodica). Dei controlli il I è alle 18,32 parzialmente , e alle 18,36 completamente coagulato ; il II alle 18,36 quasi perfettamente. Il saggio rimane completamente liquido; solo alle 21,4 presenta un pun¬ tolino di coagulo. Alle 18,59 aggiungo 1 goccia di sangue a Controlio) 4 gocce di NaCl Saggio II) 5 gocce estratto. Il controllo alle 19,5 è ben coagulato ; il saggio è ancora perfettamente liquido (e ben sedimentato) alle 21,4. Alle 20,20 aggiungo 1 goccia di sangue a Controllo) 4 gocce di NaCl Saggi D2 D3) 5 gocce estratto diluito. Il controllo alle 20,33 è completamente coagulato. I saggi rimangono perfettamente liquidi anche alle 21,4. Alle ore 9 dell’indomani 31/7 il saggio I è perfettamente coagulato (coa¬ gulo rosso centrale e alone piasmatico) ; il II è perfettamente liquido , anche nel sedimento ; dei diluiti il Dt conserva liquido il plasma, il D2 e D3 anche il sedimento - meno un puntolino di coagulo - anche alle ore 15,40. — 14 — stesso ordine possono apparire espressamente diretti — ed anche riuscire di eminente utilità — alla conservazione della specie i). Riassunto. L’estratto di zecche di cane (Rhipicephalus sanguineus) ha forte potere anticoagulante anche nel sangue di rospo. Sangue ixodinato, come sangue peptonato in vitro , coagula per aggiunta di estratto di organo, ma solo in presenza di cal¬ cio ; sicché la sostanza attiva, ixodina, pare agisca da antipro- trombina o anticinasi. L’estratto di uova di zecche ha pur esso potere anticoagu¬ lante per passaggio della ixodina, coi prodotti della digestione del sangue, dall’organismo materno nelle uova. l) Tipicamente finale, come espressamente diretta alla conservazione della specie parassita, appare la trasmissione di germi patogeni dalla madre all’uo¬ vo, quale ce ne offrono esempio tipico le stesse zecche. Una femmina di lxodes che abbia succhiato sangue da un cane infetto di Babesia non può essa stessa infettare altri cani, perchè si stacca dall’ospite solo per deporre le uova e muore. La trasmissione avviene per opera delle zecche neonate che hanno ereditato i germi della Babesia succhiati dalla madre. Così è anche per la B. bigemina , l'agente della emoglobinuria dei bovini , o febbre del Texas, trasmessa da altra zecca, il Boophilus. Finito di stampare il 30 ottobre 1929 sistematiche su Micro Note morfologiche e cordyla Asteriae Zirp. del socio Prof. Giuseppe Zirpolo (Con le tav. 1 e 2) (Tornata del 28 luglio 1929) Sommario Introduzione. Descrizione dell' animale. Scheletro della spugna. Ricerche istologiche. Notizie sistematiche. Bibliografia. Spiegazione delle tavole. Introduzione. Quando nel 1915 io osservavo per la prima volta la presenza di questa spugna sulle braccia di Asterias tenuispina Lmk. non supponevo che fosse così rara. Nello spazio di quindici anni su un gruppo complessivo di una decina di esemplari mi è stato possibile ritrovarla. Per quanto abbia dato indicazioni precise ai marinai della Stazione Zoologica essa non è stata più rinve¬ nuta dal 1925. Data la sua piccolezza e la sua rarità è possibile che sfugga all’occhio non sempre esperto di chi raccoglie il mate¬ riale , nè i numerosi esemplari di Asterias - più centinaia - che mi son fatto venire dal Golfo, in varie epoche, avevano sulle loro braccia questa microspugna. Per quanto le spugne del Golfo siano state raccolte in gran¬ de abbondanza dal Vosmaer, che preparava una Monografia, pure questa specie non venne mai rinvenuta. Il sig. Carlo Santa¬ relli , che fu per lunghi anni conservatore alla Stazione Zooio- — lò¬ gica , mi assicurava di non essere stata mai raccolta tale forma, e considerata sopratutto la sua ubiquità ed il suo aspetto non sarebbe facilmente sfuggita. Ed, in realtà, devo dire che quando per la prima volta notai sulle braccia del YAsterias tenuispina quei corpuscoli, bruni, cilindrici, essi non passarono inosservati, ma io non pensavo affatto ad una spugna che avesse un modo di vita così strano. La presenza stessa di uncini con i quali 1' animale si attaccava alla base delle spine delle braccia d éW Asterias non faceva proprio pensare ad una spugna, lo conservai i pochi esem¬ plari e fu in seguito alle ricerche morfo-istologiche e bibliogra¬ fiche che potetti venire alla conclusione che si trattava di una spugna nuova come genere e come specie. Forma quanto mai interessante perchè i generi e le specie affini non sono dei no¬ stri mari. Descrizione dell* animale* L’animale non raggiunge che la lunghezza di 7-9 millimetri : è quindi una microspugna , ed è forse una delle più piccole fi¬ nora rinvenute. Ha colore bruno: in essa si possono distinguere una regione superiore, una media ed una basale. La regione media ha forma cilindrica ed il suo diametro si conserva pressocchè uguale in tutta la sua lunghezza : verso la regione superiore si dilata per formare un organo a mo' di coppa, nel cui centro s'apre l'osculo e nella regione inferiore s'assottiglia e si congiunge con l'orga¬ no basale di attacco. La regione superiore presenta nel bordo superiore un ri- gonfiamento a cercine , dovuto alla posizione che prendono le spicole che danno una particolare curva, per cui la forma di questa spugna assume un aspetto caratteristico. Le spicole che lungo l'asse sono addossate fra di loro, qui si fanno più numerose, più dense e s'incurvano e limitano una cavità, dalla cui regione laterale superiore partono numerose al¬ tre spicole che sono diritte, ma che possono facilmente flettersi in modo da prendere o una forma cilindrica (Fig. 2) o talvolta si aprono verso 1' estremo formando una vera coppa. Questo movimento dipende dall'animale, naturalmente, ma esso non è - 17 — molto esagerato, tendendo queste spicole più che altro a con¬ servare la forma cilindrica. Quando si schiaccia questa regione fra due vetrini si nota che le spicole che fuoriescono dall'orlo sono cilindriche e ter¬ minano a punta conica. Sono lievemente dentate lungo i bordi e particolarmente verso la base, dove si trovano delle fibrille muscolari che con la loro contrattilità permettono i movimenti di esse. Queste fibrille muscolari sono inserite alla base e si possono osservare bene sia nelle sezioni microtomiche, sia nella dissezione. Come si vede dalla fig. 2, che rappresenta Testremo superiore della spugna, la zona cilindrica, formata dagli assi si¬ licei o spicole, parte dall'interno della coppa, che forma una spe¬ cie di cerchio convesso esternamente e che è strettamente ade¬ rente al cilindro centrale. Le spicole che costituiscono il cilindro centrale sono rigide , aderenti fra di loro strettamente ed abba¬ stanza lunghe , circa il doppio dello spessore dell' anello. Alle volte 1' animale flette ancora queste spicole ed esse riunendosi nella regione estrema costituiscono un tronco di cono o addirit¬ tura un cono. Oltre la regione dell'osculo quella più interessante è la ba¬ sale : questa presenta tre corpi di forma ovale distinti e che possono avvicinarsi o allontanarsi fra loro. Terminano con punte e con queste si attaccano alla base delle spine del dorso delle Asterias. Congiunti nella regione basale verso la zona inferiore dell'asse centrale formano, quando sono uniti fra di loro per le facce interne, una specie di cono. Nella regione interna ognuno di questi tre organi presenta una spina più grande ed altre due più piccole con le quali la spugna si attacca all'epidermide della Asterias. In complesso la forma di questa spugna è sui generis e la sua diagnosi può esser così brevemente riassunta : micro¬ spugna formata di tre parti: alla regione ante¬ riore, a forma di coppa, nel cui interno si apre l'osculo, fornito di una corona di spicole, segue un corpo grossolanamente cilindrico, flessibile, di colore bruno, a cui segue nella regione ba¬ sale un organo di attacco, che è adattato morfo¬ logicamente alla particolare ecologia dell’a¬ nimale. - 2 - — 18 — Scheletro della spugna. Per poter studiare lo scheletro è stato necessario ricorrere alla distruzione della sostanza organica. Data la piccolezza del- P animale avevo in precedenza fatto tentativi di studio in foto , per mezzo di tagli microtomici o per mezzo di chiarificatori, ma questi metodi non mi avevano dato risultati soddisfacenti. Il migliore metodo è stato quello della soluzione di soda cau¬ stica al 10 °/0. Dopo circa sei ore dacché avevo tenuto in que¬ sta soluzione la spugna, ho potuto avere il disfacimento della so¬ stanza organica ed il successivo frammentamento dei vari pezzi scheletrici: questi sono stati lavati in acqua distillata e poi tenuti in glicerina. Tanto nella regione delPosculo come in quella dell'asse del corpo si trovano solamente microscleri e propriamente o x i . Di differente lunghezza sono quelli che si trovano nel- l'osculo e quelli che formano la corona centrale. Quelli che costi¬ tuiscono T asse cilindrico o regione media della spugna sono piuttosto lunghi, lievemente flessuosi e terminano ad ambo le e- stremità con punte coniche poco acute ( ig. 3). Sono tutti silicei e quindi trasparentissimi. La regione però che offre maggiori particolarità è quella basale. Per meglio intendere le differenti parti la dividerò in due, quella cioè che costituisce la base dell' asse longitudinale della spugna e l'organo di attacco. La regione inferiore dell'asse principale della spugna (Fig. 13) è formata da tre parti : una regione basale ( r . b.), una media (r. m) ed una superiore (r. s.). La regione basale (r. b.) è ovale con una lieve inflessione nella regione media ; ha aspetto piuttosto tozzo e s'innesta alla regione media che ha forma di un tronco di cono , la quale , a sua volta, s'innesta alla regione superiore che ha forma cilindri¬ ca e che risulta dall' insieme dei microscleri che costituiscono l'asse cilindrico del corpo della spugna. Strutturalmente si nota che la regione inferiore non presenta che una superficie lievemente granulosa , opaca , senza alcuna particolarità degna di nota , la regione media presenta superfi- - 19 - cialmente una fitta rete di aghi silicei che s' intersecano fra loro, dando un particolare aspetto strutturale a questa regione. Come si vede dalla fig. 13 esiste una rete esterna costituita da aghi silicei che formano una maglia a contorni varii ed una rete più sottile nella regione interna formata da aghi sottili, ad¬ densati fra loro , in modo da dare un aspetto ed una struttura più compatta. La regione superiore è formata da microscleri che sono in timamente addossati fra loro e costituiscono 1' inizio di tutta la impalcatura della spugna fino alla regione dell'osculo. L' organo di attacco è formato da tre palette (Fig. 14), le quali sono aderenti fra loro verso il bordo superiore, ma mo¬ bili , in modo da poter facilmente divaricare o congiungersi per staccarsi o attaccarsi alla parete del corpo dell'animale ospi- tatore. Ognuna di queste palette ( p .) è formata di una zona basale (z. b.) ed una terminale ( z . t). La zona basale ha la forma di cuc¬ chiaio (Fig. 15) convesso nella regione esterna e fortemente scavata nell' interno : essa si continua con un asse scavato ancora nella regione interna e terminante ad angolo quasi retto con una punta conica abbastanza forte e lunga (sp. t). Lateralmente a questa e ad una breve distanza da essa vi sono altre due spine (sp. /.) coniche che formano un angolo ottuso con l'asse della regione terminale delle palette. Queste tre spine fanno parte dello scheletro dell'asse terminale e non presentano articolazione di sorta: per mezzo di esse la spugna può attaccarsi fortemente all'epidermide deL X Asterias ed ivi rimanere , nonostante i movimenti notevoli, o meglio le contorsioni, a cui va soggetto talvolta quest'asteroide. Tanto la regione superiore che l'inferiore non sono formate da corpi silicei pieni, ma essi presentano numerose fessure (/.) (Fig. 16) di forme varie, dalla ovale alla longitudinale, dimodoc- chè questa regione, pur presentando una certa resistenza, è poco pesante. Nei tagli trasversi si può notare che la regione media del tronco di cono presenta una struttura raggiata nelle fibre siliciche che partendo dal centro vanno verso la regione periferica (Fig. 4), mentre in una zona più alta, più vicina all’asse cilindrico, si ve¬ dono i varii aghi oxi che sono nella regione centrale e rappre- - io — sentati dalla fig. 5 da cerchietti, e lateralmente le fibre siliciche che s'irradiano fino alla periferia, dove notasi l'epidermide pluri stratificata con cellule ben visibili ed a nuclei distinti. Ricerche istologiche. Ho fissato il materiale o in liquido di Zenker o di Bouin o di Fleming debole. I tagli di dieci microni venivano colorati o con ematossilina molibdica di Mallory o col metodo di Mal- lory cioè con fucsina, acido fosfomolibdico, azzurro di anilina, arancio G. acido ossalico e acqua. Quest'ultimo metodo ha dato i preparati più significativi e più interessanti, specialmente per la forte colorazione rossa delle fibre muscolari. Sia i tagli longitudinali che trasversali comparati fra loro mi hanno permesso di fare le seguenti osservazioni : La regione periferica del corpo risulta rivestita di un epi¬ telio uni- o pluristratificato. Nella regione dell'osculo , nella re¬ gione intermedia fra l' osculo e Y asse del corpo , in quella basale quest’epitelio è pluristratificato. Le cellule sono molto ben distinte, a limiti piuttosto netti, con protoplasma denso e nuclei ben visibili, anche a piccoli ingrandimenti. Talvolta nella zona formata da più strati, in seguito a lesione avvenuta fra le pareti delle cellule, si vedono nuclei ammassati. Lungo quest'e¬ pitelio si notano inoltre granulazioni di colore verdognolo o bruno giallastro. Si tratta evidentemente di lipocromi , ma che talvolta per la loro forma possono rassomigliarsi ad alghe uni¬ cellulari, che generalmente poi si rinvengono in tante altre spu¬ gne (Hentschel). Segue la regione dello scheletro, tanto nella coppa che lun¬ go l'asse del corpo, ed è facile notarlo nei tagli trasversi dai numerosi corpi circolari che si vedono disposti concentricamente all’asse centrale. Nella regione intermedia trovasi il tessuto con¬ nettivo formato da cellule sparse con filamenti sottili che s’ in¬ tersecano in tutti i sensi, con nuclei aggruppati o sparsi. Nella regione interna v'è poi lo strato gastrale formato di cellule che non presentano particolarità degne di nota, oltre il flagello che è breve e sottile e che è sempre ben visibile negli animali vivi. Quello che interessa qui studiare è la regione basale , cioè l'or- - 21 gano di attacco. L'epitelio è mono-- e pluristratificato nelle varie zone e le cellule non presentano alcuna caratteristica speciale. Immediatamente dopo l'epitelio trovasi un breve e sottile strato di connettivo formato da cellule con protoplasma lievemente gra¬ nuloso e con nuclei sparsi ed immediatamente dopo trovasi il sistema muscolare che circonda lo scheletro. Questo sistema è molto interessante perchè appare molto sviluppato ed occupa gran parte della regione basale. Facendo tagli trasversali di que¬ sta regione si possono vedere fibre muscolari che partono dalla regione centrale e vanno verso quella periferica , innestandosi ad altre fibre circolari. Dalle figure riportate si può vedere che il sistema muscolare è straordinariamente sviluppato nei tre or¬ gani di attacco. Nella figura 7 il taglio è stato operato verso la regione terminale e si vede che i tre organi sono staccati fra di loro : in esso si nota l'epitelio pluristratificato , ma in parte sinciziale, il tessuto connettivo e il tessuto muscolare. Delle fi¬ bre muscolari alcune hanno un decorso circolare, altre radiali e nel centro di ognuno di questi organi la regione scheletrica si è rovinata nel taglio onde non appare o in alcune sezioni se ne vede qualche frammento colorato in azzurro (metodo di Mallory). Nella fig. 12 che riguarda una sezione fatta nella regione ba¬ sale dei tre organi di attacco si vede l’epitelio (ep.), poi il connet¬ tivo (t. c.) e nelle tre zone periferiche a guisa di tre vertici di un triangolo si vedono i fasci muscolari dei tre organi di attacco al loro inizio (f.m.) e le fibre muscolari appaiono meno dense e svi¬ luppate di come si vedono nella precedente figura. Inoltre data la obliquità della regione esse non appaiono eguali. Ma nella regione centrale si vedono tre fasci muscolari che vanno da un punto all'altro, in corrispondenza dei tre organi di attacco (fs.m.). Questi fasci muscolari sono spessi nel punto d'origine e assotti¬ gliati nella regione media e si distinguono in numero di sei. Nella regione centrale si vede l'organo di sostegno costituito dall'asse scheletrico (a. sck.). Si può dire che questi fasci muscolari passano attraverso i fori che sono lungo gli assi scheletrici e costituiscono un sistema che ha la funzione di aprire o chiudere i tre organi di attacco. Struttura davvero complicata presenta quest'organo : basta osservare la fig. 8 in cui il taglio è stato praticato in sen¬ so quasi tangenziale per vedere la complessa disposizione dei - 22 fasci muscolari. Là dove l'organo è stato tagliato in zona per¬ pendicolare si vedono punti circolari corrispondenti alle sezioni dei muscoli, in altri punti si notano fibre muscolari longitudi¬ nali o circolari o oblique. Ben evidente la zona dell'epitelio stra¬ tificato e del connettivo. Parimenti nella figura 9 è rappresentata una zona di fibre muscolari longitudinali ( f.m .). Si nota che esse percorrono quasi parallele, partendo dalla zona di attacco verso quella dei bordi. I fasci muscolari numerosi e densi dicono quale funzione im¬ portante essi debbano compiere per avere assunto uno sviluppo così considerevole. Per meglio intendere il decorso e la posizione delle fibre muscolari ho fatto tagli longitudinali. Nella fig. 10 il taglio è stato fatto in modo da avere la sezione dell' asse longitudinale con la regione basale e due organi di attacco. Si vede bene che l'epidermide è formata da uno o più strati di cellule nelle varie zone. Il tessuto muscolare che è qui disegnato con linee nere in¬ tense può essere seguito facilmente nel suo decorso. Nella regione più alta si vede che le fibre muscolari ( f.m.r.s .) decorrono a mo' di cupola da una regione all’altra della base dell'asse longitudi¬ nale del corpo. Nella regione media le fibre muscolari piuttosto dense decorrono da una zona all'altra (/. m. r. m .) fra gl' inter¬ spazi dell'organo centrale. Nella regione degli organi di attacco si possono osservare fibre muscolari in alto che hanno un de¬ corso differente da quello delle altre centrali che decorrono lon¬ gitudinalmente. Nella fig. 11 che rappresenta un'altra zona vicina si osservano nella regione periferica più strati di cellule epiteliali a contorni ben definiti con nuclei distinti ; segue poi la zona centrale che circonda lo scheletro siliceo degli uncini e in cui si notano fi¬ bre muscolari trasverse e fibre muscolari longitudinali. Le fibre muscolari trasverse (/. m. t.) circondano da un punto all'altro l'asse scheletrico con le cui spine esso si attacca alla pelle del- VAsterias e questi muscoli permettono la maggiore e più sicura fissità sull'ospite contro i movimenti varii che compiono queste stelle. Il decorso di queste fibre è parallelo e se ne vedono in più strati e molto strette fra di loro. Le fibre muscolari longi¬ tudinali che si vedono nel piano inferiore decorrono dalla re- - 23 — gione superiore verso quella inferiore : in esse è facile distin¬ guere un nucleo. Queste fibre sono anche numerose e parte di esse, staccandosi, decorrono lungo il bordo laterale fra l'epider¬ mide e l'organo centrale. Le fibre laterali decorrono poi anche lungo l'asse del corpo dell'animale e raggiungono l’estremo apice della coppa verso i bordi basali delle spicole che formano l'o¬ sculo e che permettono e facilitano i varii movimenti di apertura e chiusura di questi. Interessante la presenza dei muscoli in questo animale e la loro complicazione. La presenza di muscoli nelle spugne è cosa risaputa da tempo. Aristotele parla della contrattilità dell'oscu- lo! Lo Schulze che si è occupato in particolar modo dell'argo¬ mento , ne ha descritto di esistenti sotto 1' epidermide , lungo la parete dei canali dell' apparato d’ irrigazione e intorno ai pori inalanti ove esse si dispongono a mo' di sfinteri. Per mezzo di queste fibre muscolari le spugne possono regolare il corso del- T acqua nella cavità del loro corpo. E. Perrier nel suo trattato di Zoologia dice che lo sviluppo dell'apparecchio muscolare cu¬ taneo è in ragione inversa dello sviluppo dello scheletro tegu- mentare. Le fibre muscolari sono fusiformi : il loro protoplasma è jalino ed i nuclei sono ovali. Nella spugna di cui mi occupo le fibre muscolari sono li¬ sce : alcune cilindriche come le fibre muscolari trasverse (/. m. t), altre fusiformi, come le fibre muscolari longitudinali (f.m.L). Hanno nucleo ben distinto ovale e protoplasma ialino. Queste fibre muscolari, in una spugna silicea , sono degne di considerazione. Si tratta di organi che hanno raggiunto uno sviluppo notevole in rapporto alle condizioni di vita : è un adat¬ tamento funzionale meraviglioso per la massa muscolare svilup¬ patasi negli organi di attacco. Poiché nelle spugne non sono mancate osservazioni sulla presenza di cellule nervose, ve ne saranno probabilmente anche in questa specie, ma io non ho potuto osservarne e quindi fare osservazioni decisive al riguardo, ma v’è da supporre che que¬ ste fibre muscolari debbano pur rimanere sotto il dominio di elementi di natura superiore che li facciano giocare a momento opportuno. Sarebbe stato interessante conoscere anche il modo di ri- — 24 — prodursi di questa specie, ma, purtroppo, come dicevo, il mate¬ riale è raro e scarso ed in quindici anni ne ho potuto avere così poco da non aver potuto fare alcuna osservazione al riguardo, non essendo il materiale adatto. È sperabile che possa, in seguito, nel nuovo materiale che si pesca nel Golfo , rinvenire altri esemplari e fare ricerche sul sistema nervoso e sul modo di ri¬ prodursi. Notizie sistematiche. Il genere Stylocordyla W. Thomson presenta la caratteri¬ stica di essere formato da una testa sferica portata da un lungo peduncolo, che risulta in genere costituito da una serie di lunghe spicole che sono dirette tutte in senso longitudinale. La testa porta un osculo. Nella testa vi sono fasci radiali , ramificati di spicole regolarmente disposte e qualche volta in senso spirale. Uno strato corticale è formato da spicole radiali. Tutte le spi¬ cole sono oxi. È un genere che vive nell'Atlantico, nell’Oceano glaciale artico e antartico, nell'Oceano indiano e nel Giappone. E. Topsent nel suo lavoro sull'esposizione dei principii at¬ tuali nella classificazione delle spugne propose per questo note¬ vole genere di spugna stabilire una famiglia - Stylocordylidae - a cui aggiunse altri generi. Hentschel nel suo ultimo lavoro mette nella famiglia di Stylocordylidae stabilita dai Topsent i generi Sylocordila W. Thomson, Halicometes Tops, e Oxycordyla Tops. Questa famiglia veniva poi dallo stesso Topsent compresa nel sottordine Spintherophora stabilita dal Sollas e nell' ordine dei Monotonia. La spugna da me studiata ho dovuto classificarla sotto un nuovo genere a cui ho dato il nome di Microcordyla. I caratteri in base ai quali ho potuto stabilire questo nuovo genere sono i seguenti : 1° la grandezza della spugna che è di gran lunga inferiore a quella degli altri generi appartenenti a questa famiglia; 2° la testa a forma di coppa, mentre nelle al¬ tre è a forma sferica ; 3° la presenza di un organo di attacco che porta una profonda modificazione nello scheletro basale, in rapporto colla funzione che esso deve esplicare, mentre nel ge- 25 — nere Stylocordyla la regione basale non presenta nessuna carat¬ teristica particolare. Si possono quindi stabilire così i caratteri differenziali fra i due generi : Microcordyla 1. Spugna piccolissima che rag¬ giunge i 7-9 mm. 2. Osculo a forma di coppa con spicole marginali disposte a ci¬ lindro. 3. Regione basale di attacco for¬ mata da tre organi uncinati forniti di potenti masse mu¬ scolari. 4. Vive sulle braccia faWAsterias tenui spina, fissandosi con del¬ le spine che si trovano alla estremità dei tre organi a pa¬ letta. Stylocordyla 1. Spugna relativamente grande, che raggiunge una lunghezza di 9-10 cm. 2. Osculo che presenta una forma di sfera con spicole radiali ra¬ mificate e talvolta disposte in senso spirale. 3. Regione basale fornita di sottili ramificazioni. 4. Vive nelle anfrattuosità delle rocce, onde la sua base si pre¬ senta ramificata. Seguendo la più recente classificazione dovuta ail'HENTSCHEL la posizione sistematica di Microcordyla può essere così stabilita. Ordine : Tetraxonidae. Sottord. : Astromonaxonellina. Fam. Stylocordylidae. Spugne fornite di un pedicello piuttosto lungo, nel cui e- stremo superiore trovasi una testa fornita di osculo. Scheletro con disposizione raggiata nella testa che limita una serie di spi¬ cole verticali. Lungo il pedicello le spicole sono strettamente ad¬ densate fra di loro. Mancano i microscleri. V'è presenza di ma- croscleri diattini. Vi sono oxi solamente. — 26 — Genere : Microcordyla. Specie : M. Asteriae. Spugna lunga dai 7-9 mm, sottile, di color bruno. Corpo diviso in tre regioni : l’anteriore ha forma di coppa nel cui centro s'apre l’osculo circondata da numerose spicole verticali, la regione media è costituita da un asse longitudinale cilindrico, di calibro uguale, lievemente arcuato , flessuoso. La regione basale è formata da tre organi a paletta , uncinati , coi quali si attacca per mezzo di tre spine sulla pelle àe\Y Asterias. Questi organi sono mossi o trattenuti da potenti fasci mu¬ scolari. Vive nel golfo di Napoli, sulle braccia dell’ Asterias tenui- spina Lmk., dove finora è stata rinvenuta più volte. Napoli, Stazione Zoologica, giugno 1929. Riassunto Vengono date notizie morfoistologiche e sistematiche su di una nuova spugna silicea ( Microcordyla asteriae ZlRP.) rinvenuta dall’ A. nel golfo di Napoli sulle braccia dell 'Asterias tenuispina. BIBLIOGRAFIA 1928. Arndt, W. — Porijera, Schwàmme , Spongien in.: Die Tierwelt Deutschlands. Teil. 4, pp. 94, 110 figg., Iena, Fischer. 1925. Hentschel, E. — Parasoa in: Handbuch der Zoologie begr. von W. Kukental, Voi. 1, p. 307, Leipzig. 1868. LOVÈN, S. — One en màrklig i Nordsjòn lejvande art oj spon- gie. Oefvers. Vetensk. Akad. Forh., Bd. 25, 2 p. 105, Tab. 2. 1887. Ridley Stuart, O. -Dendy, A. — Report on thè Monaxonida. Voyage of H. M. S. Challenger, pp. 275, Tav. 51. 1872. SARS, G. O.-SARS, M. — On some remarkable jorms oj ani¬ mai lije of thè norwegian coast. 1. Christiania. 1899. SCHULZE, F. 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(Questo volume mi risparmia di ripetere i varii trattati e lavori che si occupano delFargomento in esame). 1926. ZlRPOLO, G. — Di una nuova silicospugna del golfo di Na¬ poli. (Microcordyla asteriae n. g. n , sp.). Nota preliminare. Boll. Soc. Nat., Voi. 38, p. 287, 1 fig. Spiegazione delle Tavole 1-2. Lettere comuni alle figure. a . - asse cilindrico a. s. - aghi silicei a. sch. - asse dello scheletro c. - coppa c. c. - corona aghi silicei c. g. - corpi giallo-verdognoli c. m. - corpo medio cn. - coanociti cu - cuticola et. - connettivo ep. - epitelio ep. pi. - epitelio pluristratificato f. - fessure del corpo delle palette f. m. - fibre muscolari fs. m. - fasci muscolari /. m. r. s. - fibre muscolari regione superiore J. m. r. m. - fibre muscolari regione media f.m.o.a. - fibre muscolari degli organi di attacco /. m. I. - fibre muscolari longitudinali f.m.t - fibre muscolari trasverse p. - palette o. - osculo o. b. - organo basale r. b. - regione basale r. m. - regione media r. s. - regione superiore r. t. - regione terminale sp. - spine sp.l. - spine laterali sp. t. - spine terminali sp. s. - spicole silicee t. c. - tessuto connettivo z. b. - zona basale z. t. - zona terminale. - 20 - Tav. 1. Fig. 1 . — Aspetto esterno di Microcordyla asteriae Zirp. X — y Fig. 2. — Regione superiore della spugna, x yy 6 c Fig. 3. — Un microsclero, e propriamente un oxi. x yy Fig. 4. — Taglio trasverso dell'asse cilindrico, corrispondente al tronco di cono dell'organo basale. X — DD Fig. 5. — Altra sezione dello stesso organo in corrispondenza però immediata 3 all' organo basale. X - DD Fig. 6. Sezione trasversa del corpo cilindrico, x Imm Fig. 7. — Taglio trasverso dei tre organi basali di attacco nella regione ter¬ minale. X DD Fig. 8. — Sezione obliqua della regione basale degli organi di attacco. X yy 4 Fig. 9. — Decorso parallelo delle fibre muscolari. X — Tav. 2. Fig. 10. — Sezione longitudinale della regione basale dell'organo di attacco. Fig. 11. — Sezione longitudinale di un organo di attacco fatta nella regione quasi media. Fig. 12. —Sezione trasversa della regione basale dell'organo di attacco pas¬ sante attraverso la zona media superiore. X 1 DD Fig. 13. — Scheletro della regione basale dell'asse cilindrico del corpo. X yy 2 Fig. 14. — Scheletro dell’organo di attacco: aspetto delle palette, x yy Fig. 15. — Scheletro di una paletta. X Fig. 16. — Particolare del corpo centrale delle palette, x yy Finito di stampare il 30 ottobre 1929. Su di alcune forme ipotipiche rare di Ofìuroidi rinvenute nel golfo di Napoli del socio ) . ' , Prof* Giuseppe Zirpolo (Con la tav, 3 e 2 figure nel testo) (Tornata del 28 novembre 1929) Sommario Introduzione. Le precedenti ricerche e notizie. Descrizione degli esemplari irregolari. Amphipholis squamata (Delle Chiaje). Ophiomixa pentagona Mùller e Troschel. Ophiothrix fragilis var. pentaphyllum (Hoehlek). Conclusioni. Bibliografia. Spiegazione della tavola. Introduzione* La classe degli Ofiuroidi non presenta casi numerosi di ano¬ malia delle braccia. Pochi ne sono stati registrati ed io stesso, in un periodo di circa quindici anni passati alla Stazione Zoologica di Napoli , in un materiale pervenuto abbondantissimo e quasi continuo, non ho potuto raccogliere che i seguenti esemplari : 1. Ophioglypha lacertosa Lym. a quattro braccia, una sola volta. 2. Amphipholis squamata (Delle Chiaje) quattro esemplari a quattro braccia raccolti in due riprese : due, or son due anni, fra trecento esemplari normali e due raccolti in que¬ sto anno nel lago Fusaro, fra duecento esemplari normali. 3. Ophiomixa pentagona Muller e Troschel: due esemplari te¬ trameri ed uno esamero fra mille normali. - 31 - 4. Ophiothrix fragilis var. pentaphyllam : un esemplare tetra¬ mero fra una ventina di esemplari dormali. Il primo esemplare fu già da me descritto. Nella presente Nota dò notizia degli altri esemplari ipotipici rinvenuti e ciò allo scopo di illustrare sempre più questo ma¬ teriale, che è così raro e che può rinvenirsi solamente là dove sono possibili pesche abbondanti e continue. La conoscenza di un tal materiale riesce sempre importante, non tanto per l’ im¬ mediato risultato che da esso si può ricavare, ma perchè l'illu- strazione completa di esso può, in un lavoro di sintesi generale, portare a delle conclusioni importanti sulla deviazione delle for¬ me, sulla costanza o meno di alcuni caratteri , sulla mutazione forse delle specie. Nei miei lavori sugli Asteroidi, le cui forme ipermeliche ed ipomeliche io ho raccolto in un quindicennio in pesche, si può dire quasi giornaliere, io son potuto venire a delle conclusioni generali sul modo come avvengono queste anomalie, ed in e- sperienze condotte in laboratorio ho potuto avere , per molti casi, la conferma di ciò che in un primo momento avevo in¬ tuito dallo studio delle forme anomale naturalmente rinvenute. Ho la speranza che nella serie di ricerche sugli Ofiuroidi ini¬ ziata nel 1918 e che ora ripiglio possa venire a conclusioni tali da poter determinare le linee generali del fenomeno in esame. Le precedenti ricerche e notizie. Da una ricerca, la più accurata possibile, fatta nella estesa bibliografia che riguarda gli Ofiuroidi , ho potuto raccogliere varii casi di iperattinie ed ipoattinie riscontrati da altri autori in questa classe. Per completare il presente lavoro e perchè esso riesca sem¬ pre più utile riporto i varii casi rinvenuti, distribuendoli per ordini e famiglie. Ordine : Phrynophiurida. Fam. : Trichasteridae. Astroschema oligactes Pall. con sei raggi (VERRILL, 1899). — 32 — Farti. : Ophiomyxldae* Ophiodera sp. con sei raggi (KOEHLER, 1904). Ordine: Gnathophiurida. Fam. Ophiothfichidae* Ophiothrix galopagensis con sei braccia (LUTKEN, 1900). Ophiothrix longipeda Lm. con quattro braccia ((Dòderlein, 1898). Ophiotela Danae VERRILL con tre braccia (DÒDERLEIN, 1898). Fam. : Amphiuridae, Ophiactis modesta Brock forma anomala (Dòderlein, 1898). Ophiactis savignyi M. T. con sei e cinque braccia queste meno numerose (Koehler, 1905, 1922 e Ludwig, 1899). Ophiactis verrucosa con sei braccia (Studer, 1889). Ophiactis sp. con sei - otto braccia (Verrill, 1911). Ophiactis muelleri Ltk. con sei braccia (CLARK, 1899). Ophiactis pteropoma CLARK con sei braccia. Ophiactis dyscrita CLARK con sei braccia. Ophiactis brachyaspis Clark con sei braccia. Ophiactis gymnochora CLARK con sei braccia. Amphiodia euryaspis CLARK con sei braccia (CLARK, 1911). Ophiocrasis dictydiscus CLARK forme iperrigenerate (Clark, 1911). Ordine: Chilophiurida. Fam. : Ophiolepididae* Ophiura annae HONEYMAN con sei braccia (Honeyman, 1888). - 33 - Ophiomusium sp. con braccio biforcato (Koehler, 1904). Ophiomusium lymani Wyv-Th. con quattro braccia (VERRILL 1911). Ophiura ( ’ophioglypha ) albida FORB. con quattro braccia (Lonnberg, 1898). Ophiura ( ophioglypha ) lacertosa Lym. con quattro braccia (ZiRPOLO, 1918). Stegophiura sladeni DUNCAN con quattro braccia (Koehler, 1922). Farti. : Ophiodermatidae. Ophioderma longicauda Linck con quattro braccia (ZiRPOLO in scriptis). Fam. : Ophiocomidae. Ophiocoma pumila Ltk. con cinque e sei braccia (Verrill, 1900, 1911 e Clark, 1899). Ophiocoma nigra O. F. MuLLER con quattro e sei braccia e con due -cinque piastre madreporiche (Me INTOSH., 1903). Ophiostigma isacanthum con cinque e sei braccia (Verrill, 1900). Da questo catalogo su riportato si vede che prevalgono le forme esamere sulle tetramere. Difatti su 26 specie differenti appartenenti a tre ordini ed a sette famiglie differenti , eccetto qualche forma anomala, non ben individuata, vi sono ben 15 specie che presentano sei braccia ed appena 7 con quattro brac¬ cia, mentre qualcuna presenta o tre o otto braccia - casi questi ultimi rarissimi. - 3 - — 34 — Descrizione degli esemplari irregolari. Amphipholis l) squamata (Delle Chiaje). Quattro sono stati gli esemplari che mi è stato dato di rac¬ cogliere fra circa cinquecento esemplari normali. Il primo è il più piccolo di quelli raccolti (vedi Fig. 1 del testo e della Tav. 3). Il diametro del disco misura mm. 0,2 e le quattro braccia mm. 0,6. Il disco è di color rosso e le braccia di colore bianco¬ gialliccio , come del resto si osserva in tutte le pic¬ cole forme di questa specie. Il secondo esemplare (vedi Fig. 2 del testo e della Tav. 3) misura nel disco mm.0,5 e delle quattro brac¬ cia tre misurano mm. 1,8 e A l'altro rigenerato mm. 0,7. Il terzo esemplare (Fig. 3 della Tav. 3) misura nel dia¬ metro del disco mm. 0,9 e le braccia mm. 2,0. Il quarto (Fig. 4 della Tav. 3) misura nel disco mm. 1,0 e le braccia mm. 3,0. Le forme tetramere di que¬ sta specie , finora rinvenute, sono sempre le più piccole in confronto alle forme pen¬ tamere. Queste, difatti, hanno un disco che misura fino a 3 mm. e qualche volta anche di più e le braccia raggiungono fino a 15 mm. Fig. 2. Il fatto di non l) Amphipholis = Amphiura , - 35 - aver trovato esemplari grandi anormali fa pensare alla poca re¬ sistenza di esse a vivere ed a svilupparsi ulteriormente, per quan¬ to, anche così piccole, hanno tutte le placche già formate. Quelle della regione dorsale sono già abbastanza sviluppate per essere visibili anche a piccoli ingrandimenti : esse sono arrotondate, poco embriciate e nel centro v'è una placca più grande di tutte quante le altre laterali. Nella regione ventrale le placche sono disposte in modo da costituire un tutto continuo. Le scaglie ventricolari sono due ed uguali. Questi esemplari non presentano nel disco traccia di rige¬ nerazione. Solamente il braccio di qualcuno è rigenerato. Pur essendo piccolissimi si nota un perfetto sviluppo di tutte le placche , il che permette di stabilire che l'animale non è ipomelico perchè ha perduto un braccio e non l’ha rigenerato, ma che invece s'è sviluppato così, tetramero, per inibizioni avve¬ nute nell'uovo stesso, durante lo sviluppo embrionale. Ophiotnixa pentagona Muller e Troschel. Fra mille esemplari normali pescati nel gennaio del corrente anno, rinvenni due esemplari tetrameri ed uno esamero. Di que¬ st’ ultimo non posso dare alcuna descrizione perchè esso andò smarrito. I due esemplari a quattro braccia hanno pressocchè le stesse dimensioni. 11 diametro interradiale del 1° esemplare mi¬ sura mm. 16 : le braccia sono lunghe 150 mm. (Fig. 5 della Tav. 3). La regione dorsale del disco è formata da un tegumento molle e non si riscontra traccia di placca o di granulo calcareo. Nella regione ventrale, nella zona interradiale, i tegumenti sono molli sebbene un po' più spessi , ma sempre facilmente deformabili. Le varie placche che costituiscono lo scheletro delle braccia non sono affatto visibili, perchè il tegumento che ricopre la regione dorsale si estende dal disco centrale alle braccia. Anche la fac¬ cia ventrale e le zone laterali sono coperte da questo sottile te¬ gumento , però gli aculei sono facilmente visibili, essendo piut¬ tosto spessi. Così i pezzi boccali sono ricoverti da analogo tegumento. Trattando però con potassa caustica questi animali — 36 - il tegumento si dissolvè e resta lo scheletro che può bene essere studiato in tutte le sue particolarità. Nella regione dorsale delle braccia non vi sono placche bra¬ chiali, ma sotto il tegumento che riveste la regione dorsale delle braccia vi sono i pezzi vertebrali che sono divisi ciascuno in due metà da una cresta longitudinale. Le placche brachiali ven¬ trali sono piccole e pentagonali , un po’ più larghe che lunghe con i lati diritti ; l'angolo prossimale è acuto ed il bordo distale è più o meno fortemente incavato nel suo mezzo. Le spine bra¬ chiali sono in numero di cinque e poi le successive di quattro e sono relativamente piccole : la più vicina alla regione media è la più piccola e le altre sono più grandi : la più esterna è la maggiore fra tutte. Esse sono molto avvicinate fra di loro alla base e si distinguono bene solamente le punte : naturalmente quelle più vicine al disco sono più sviluppate di quelle più ter¬ minali. Esse sono rivestite da un tegumento, per cui sono poco visibili, specialmente le parti basali. I pori tentacolari sono sfor¬ niti di scaglie. Nella regione ventrale si osservano distintamente le fessure genitali, che sono, naturalmente in questo esemplare, quattro paia, in corrispondenza delle quattro braccia. Sui bordi interradiali vi è una serie di piccole placche che si estendono fino a quelle boccali. Queste sono in numero di quattro : hanno forma tri¬ angolare con bordi lievemente arrotondati e sono più larghe che lunghe ; l'angolo prossimale che formano è ottuso. Le plac¬ che adorali hanno i grandi lati diritti e sono più strette nella regione interna che in quella esterna , dove sono più larghe e separano le placche boccali dalla prima brachiale laterale. Le placche orali sono triangolari. Le papille boccali sono in numero di quattro per ciascun lato ed hanno la forma di una lama appiattita con il bordo libero, munito di fine denticolazioni : poiché non sono coverte dal tegumento si possono facilmente osservare. I denti, che sono numerosi, sono formati, analogamente, da una lamina appiattita, denticolata nei bordi liberi, e sono disposti co¬ me se formassero una pila verticale molto regolare. L’ animale è di un colore bruno nerastro e non presenta nessuna macchiettatura bianca, come talvolta si osserva in alcuni — 37 — esemplari per le quali essi pigliano un aspetto di annulazione irregolare, specialmente nelle braccia. L'altro esemplare (Fig. 6 della Tav. 3) è quasi perfettamente uguale nel disco a quello ora descritto , in quanto ha la stessa misura. Le braccia sono più corte di una decina di mm. Pre¬ senta tutte le placche analoghe a quelle descritte per il prece¬ dente esemplare. Questi due esemplari furono pescati a 100 metri di profon¬ dità nel golfo di Napoli e propriamente nelle vicinanze di Capri. Dall'analisi accurata dei due esemplari si deduce che l'ano- malia riscontrata è di natura congenita. Tutte le placche sono così regolarmente disposte che non v'è traccia di rigenerazione. È probabile che gli animali si siano così sviluppati sin dall'inizio per disposizione tetramera degli organi. Fatto questo che si ri¬ scontra in tante altre forme vicine, come negli Asteroidi, negli Echinoidi e dei quali c'è così larga bibliografia. Ophiothrix fragilis var. pentaphyllum Koehler. Questo rarissimo esemplare tetramero (Fig. 7 della Tav. 3) è stato pescato nel passato aprile alla profondità di 40 metri fra una trentina di esemplari normali nel golfo di Napoli. Nella bibliografia non trovasi finora registrata alcuna anomalia riscon¬ trata in questa specie. L' esemplare ha il disco di forma quadrangolare : il diame¬ tro misura 16 mm. nella zona interradiale ed 11 in quella inter- brachiale. Le quattro braccia non sono intere, in quanto furono spez¬ zate durante la cattura: la più lunga misura circa 100 mm.: la base delle braccia è larga 5 mm. Benché nelle forme normali il disco nella regione interbrachiale non sia preeminente, in que¬ sto esemplare, data la sua forma, esso è più sviluppato ed emer¬ ge di molto. Le placche radiali sono molto grandi ed appariscono evi¬ denti fra tutte e sono convesse : negl' intervalli che lasciano, il disco è coverto da piccoli corpi a forma di bastoncelli di natura — 38 calcarea, nel mezzo dei quali si elevano spine allungate, spesse e molto sviluppate. Le spine sono in questa specie coniche, ro¬ tonde alla base e mobili : nè sono molto numerose. Presentano lungo il loro asse dei piccoli dentini e misurano fino a 3 mm. di lunghezza e 0,2 mm. di larghezza alla base. I piccoli baston¬ celli che formano la covertura delle quattro zone interbrachiali, che qui sono disposte a croce , sono numerosi : hanno forma cilindro-conica e terminano con due o tre punte sottilissime e trasparenti. Le braccia sono formate dalle comuni placche e sono sor¬ montate da spine appiattite, lunghe sino a 6 mm. Sono coniche, fortemente denticolate , trasparenti ed in numero da 5 a 6 per ciascun lato : la prima centrale è la più corta e le altre vanno sempre aumentando di lunghezza. Sono disposte perpendicolar¬ mente al piano del braccio. Nella regione ventrale si distinguono bene le otto fessure genitali poste alla base delle quattro braccia. I pedicelli ambu¬ laceli sono molto lunghi e presentano un aspetto rugoso. Sulle placche ventrali si notano le solite spine che sono aggruppate in numero di tre o quattro e sono molto più piccole delle altre laterali, ma hanno la stessa forma conica, denticolata, lateralmente. Le placche boccali sono in numero di quattro, in corrispondenza delle quattro braccia. Il colore di quest' animale è uniforme : grigio-roseo. Esso non presenta le caratteristiche macchie bruno-rossastro che si osservano nelle altre forme normali fra le quali fu pescato. Que¬ sta specie che Forbes indicò col nome di O. rosala dal suo colore è stata giustamente ritenuta dal Koehler una varietà di O. fragilis var. pentaphyllam. Quanto all' anomalia ed alla sua origine anche per questa specie devo venire alla conclusione che si tratta di un'anomalia congenita, verificatasi sin dai primi momenti dello sviluppo per cause a noi ignote, non essendovi traccia alcuna di rigenerazione da potersi pensare a quelle forme tetramere da me descritte per mancata rigenerazione di un braccio leso , tanto più che tutta l’architettura del corpo è perfettamente tetramera. - 39 — Conclusioni* 1. Le anomalie delle braccia degli Ofiuroidi sono relativamente rare. 2. Statisticamente , fra tutte le forme anomale finora rinvenute, prevalgono le forme esamere sulle tetramere. 3. Tutte le forme anomale qui descritte sono nuove, cioè nes¬ suno finora aveva rinvenute irregolarità nelle braccia di Am- phipholis squamata (Delle Chiaje), Ophiomixa pentagona Mùller e Troschel, e Ophiothrix fragilis var. pentaphyl- lum (Koehler). 4. Le forme nuove qui descritte sono tutte tetramere , fa ecce¬ zione un solo esemplare di Ophiomixa pentagona esamero. 5. Le anomalie riscontrate negli esemplari studiati sono con¬ genite. Napoli , Stazione Zoologica, luglio 1929. Riassunto Viene data notizia di quasi tutte le forme irregolari di ofiuroidi finora rinvenute e si descrivono nuove forme anomale pescate nel golfo di Napoli e cioè quattro esemplari di Amphipholis squamata (DELLE Chiaje) tetrameri , due esemplari di Ophiomixa pentagona Mùller e Troschel tetrameri ed un esemplare di Ophiothrix fra¬ gilis var. pentaphyllum (Koehler) anche tetramero. Si conclude che si tratta di anomalie ipotipiche congenite, non dovute, cioè, a processi rigenerativi anormali. BIBLIOGRAFIA 1894. BELL, F. J. — On thè Echinoderms colteci ed durivi g thè voyage of H. M. S. « Penguin » and by H. M. S. Egeria when sur- veging maulesfieldbank. Proc. Z. Soc. London, p. 392-413, plt. 23-27. 1899. CLARK, H. L. — Bermudan Echinoderms. A Report on obser- vations and collections made in 1899. Proceed. Boston Soc. Voi. 29, p. 339-345. 1900. — — Further notes on thè Echinodermata of Bermuda. Ann. New-York Acad. Voi. 12, p. 117-138, plt. 4. 1911. — — Nort Pacific Ophiurans in thè collection oj thè Uni¬ ted States National Mnseum. Smith. Inst. U. S. N. Museum Bull. 75, p. 1-302, fig. 1-144, Washington. 1896. Doderlein, L. — Bericht uber die von Herrn Prof. Semon bei Amboine und Thursday Island gesammelten Ophiuroidea in: Semon: Zoologische Forschungreisen in Australien. 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Fig. 4. — Altro esemplare di Amphipholis squamata tetramero. Regione dorsale. Fig. 5. — Esemplare tetramero di Ophiomixa pentagona Mùller e Troschel. Regione dorsale. Fig. 6. — Regione dorsale di un altro esemplare di Ophiomixa pentagona te¬ tramero. Fig. 7. — Esemplare tetramero di Ophiothrix fragìlis var. pentaphyllum (Koehler). Regione dorsale. Finito di stampare il 5 dicembre 1929. Meteorologia e idrografia dell’Etna. Il vento nelle regioni inferiori del monte 1 ) del socio Prof* O* De Fiote (Tornata del 23 maggio 1929) Riposto. I dati utilizzati per lo studio del vento sono stati in parte tratti dai bollettini mensili , in parte mi sono stati comunicati direttamente dairOsservatorio. Ho scelte le osservazioni delle h. 9, 15, 21, come sufficienti ad indicare l'andamento fenomenico, e ciò per il periodo 1876 1 - 1923 XII, quasi semisecolare. Le osservazioni sono state ridotte alle 8 direzioni principali: siccome s'è presentato solo un limitato numero di casi, per uniformità ho usato il procedimento indicato in seguito. Nel quadro I sono ri¬ portate le somme e le relative riduzioni a 30/30. Nella tabella I ho indicato l'ordine di frequenza dei venti pei mesi, le stagioni e l'anno. Nella tabella II ho riportate le somme delle frequenze ridotte col metodo Schouw alle quattro direzioni principali (dalle somme del quadro I) ed alla calma e ridotte ancora a 30/30; i rapporti fra N-S ed E-W, assumendo la frequenza minore co¬ me 1 ; le somme N + S ed E + W (dalla tabella stessa) ed il rapporto fra i due gruppi di direzioni ; il rapporto fra numero di giorni con vento e con calma. L'esame di tutto il materiale, così elaborato, è sufficiente a stabilire tutte le caratteristiche e l’andamento del fenomeno. La media annua dimostra che per ogni giorno di calma ve ne sono 5-6 circa di vento e che questo spira maggiormente nella direzione del meridiano anziché secondo quella del paral¬ lelo , con preponderanza , d' altro canto , molto lieve. La stessa l) Cfr. De Fiore O. — Meteorologia ed idrografia deli Etna. La tempe¬ ratura. Nap®li (1. N. A. G.) 1928. 44 — media annua mostra come i venti di S ed E prevalgano su quelli di N ed Wf e la successione sia E, S, N, W. Le medie stagionali mostrano che in estate ed autunno si ha il maggior numero di calme, segue l’inverno e poi la prima¬ vera col numero minore. In inverno, primavera ed autunno pre¬ valgono i venti nella direzione del meridiano , in estate quelli nelia direzione del parallelo ed in tutte le quattro stagioni pre¬ valgono i venti di S ed E su quelli di N ed W col massimo predominio in primavera ed il minimo in inverno , con la suc¬ cessione E, S, N, W. Tabella I. Riposto 1 SE N W N NE S W S w E II SE N NE N W s w s E W III SE N W NE N s w E S w IV SE NE N W S W N E S w V SE NE NW E N S W s w VI SE NE N W E s w s N w VII SE N E N W E N s s w w Vili SE NE N W E s w N ! ! s w IX SE NE NW S W E N S w X SE NE NW S W N E S w XI SE N W NE S W N s w E XII SE N W N N E S W w s E I SE N N W NE sw s w E p SE NE NW N s w E s W E SE NE NW E N SW s W A SE NE NW S W N s E W A SE N E NW N s w E s W © V) O a lO io CN r- O r- co o o o vO O < p lO 00 oó p d p co LO d o CO LO O CN d p co co CN p p LO p LO d co CN o O LO io o LO LO rf o io o < CN IO p oó p d ON CO 00 d p p — o CN d oo CN CO CN p p CN O LO d 00 o o o o o ▼-H o ~ o o tu vO co 00 p 00 P CN CN p p o CN O io d d CN d i— i — < d ' c4 CN *— 1— c LO d *-• t". t"- o —, O CN co o r- o o Ov O cu o co CN CN p O p p o co P p p CN O IO d OÓ CO d <— 1 — 1 CN d co CN 1—1 —1 o d CD Ol o o o Tf* o oo o o O O o co o LO p p p p o — o iOm p o d d d d co d d d LO d CN o _ t^- O LO o o o co ^ 00 CJN O t^- 00 CN p p p p CN p p p p p x o d d d LO d — H d d có d H 1— H d d ymml oo 00 00 00 O ON t" o o LO ^ o o _ t^- lp P CN p p CN p p o CN p X io d d d d d d d d CO d d d LO d ’—l ,-H co o Ov O' 00 o o ^ o CN CN O o o ov io o t— O p LO CN p p CN O p p p X d oó d co LO d d CN d CN CN d d d d r”“< o v© 00 o co o O ON o ~ o o X o co p p LO p IO VO p o P p p p p io d d co d ▼— N 1 CN d CN CN ▼-H V— ^ LO d ov 00 CN O 00 — ' o h' Ov o CO o o P co p LO vq p p p p 00 p p p p > io d d CN d d d d d CN CN d d LO d ,— 1 y~~t CN t'- CN CN O CN t— o Ov av o o LO O M CN co co CO tp O p p p p p p p co p s o d d CN d d d d d CN CN d d LO d T_l 1 CN o h- On O o r- LO O av LO o — co o — oo 1— i LO CO o P ^ CN O p LO p °. p p > d d d CN LO d d d d CN CN d d d d ' 1 t— 00 CN CN o o o co O av O CN O CN O 00 r— 00 O ON o p t-~ o p O O p p > d d d CN d d d CO d CN CN d d LO d T— 1 IO CN 00 00 O O IO t". o CO O vO O r- o > tp d p d oó CN CO tp CO p 00 oo p CN d p có t— CN p O Ov O vd d 1—1 1—1 a n co o> O LO r-H O CN O Cr O o IO p *— > p vq p p p O p o O O p p IO oó oó co co d d CN d CO CN d d d d 1—1 lo o o 00 o o 00 o o o o o p 00 p p p p p p p p p CN O o oó d co d d d CN d co —i d —1 o d , 00 ©> co o CO o CN o o o o o co p co o p LO O oo 00 p p p p d d d d d d d d d co d d d LO d 1 co C/) 2 UJ c/) £ O + + + + > o 2 U 2 W 2 W — 46 — Riguardo all' andamento dei dodici mesi si osserva che in III e XII si hanno rispettivamente il massimo ed il minimo dei giorni con vento : 7.17, 4.69 per un giorno di calma. Da X a V dominano i venti nella direzione del meridiano con massimo in I e II ; da Vili a IX quelli secondo il parallelo con massimo in VIII ed equilibrio in VII. I venti di N dominano su quelli di S in I, mentre negli altri mesi avviene il contrario. In tutti ì mesi dominano i venti di E su quelli di W ; dimodoché in I predo¬ minano i venti settentrionali ed orientali; negli altri i meridio¬ nali ed orientali. Abbiamo cioè le successioni seguenti: I E, N, S, W II-XI E, S, N, W XII S, E, N, W. La successione dei singoli venti nei mesi e nelle stagioni è indicata nella tab. I, la quale mi dispensa da ogni altra conside¬ razione. In essa è indicato l'ordine di frequenza di ciascun vento per ogni mese o stagione. La frequenza di ciascun vento rispetto al posto che occupa nei singoli mesi è indicata nella tab. III. Tabella III. N 2 [II] 3 [I, XII] 4 [III] 5 [IV, V, VII, X, XI] 6 [VIII, IX (e S)] 7 [VI, IX (e S)]. NE 2 [IV, V, VI, VII, VIII, IX, X] 3 [lì, II, XI] 4 [I, XII]. E 4 [V, VI, VII, Vili] 5 [IX] 6 [III, IV, X (e S)] 7 [II, X (e S)] 8 [I, XI, XII]. SE 1 [I, II, III, V, V, VI, VII, Vili, IX, X, XI, XII]. S 6 [I (e W) II, VI, VII (e SW) IX (e N) X (ed E) XI] 7 [I (e W) III, IV, V, VI (e SW) Vili, IX (e N) X (ed E) XII]. SW 4 [IV, IX, X, XI] 5 [I, II, III, VI, Vili, XII] 6 [V, VII (e S)] 7 [Vili (e S)]. W 6 [I (e S) XII] 7 [I (e S) XI] 8 [II, III, IV, V, VI, VII Vili, IX, X]. NW 2 [I, III, XI, XII] 3 [IV, V, VI, VII, Vili, IX, X] 4 [II]. Calma [III, IV, II, I, IX, Vili, VII, XI, V, VI, X, XII]. — 47 — Precedentemente al presente studio , la quistione del vento a Riposto è stata esaminata due volte dal Cafiero per i periodi 1875-1895 e 1875-1905. Credo inutile riportare le sue tabelle, dalle quali si rilevano delle differenze, sia per i due periodi fra di loro, sia fra questi e quello da me studiato, dovute chiara¬ mente alla differente lunghezza dei lassi di tempo esaminati. È ovvio che il periodo 1876- 1923, che include quelli già studiati, è il più attendibile. 11 Cafiero ha studiate la frequenza e P in¬ tensità del vento. Per il primo fenomeno ho già esposti i dati pel 1876-1923. Pel secondo , poiché non intendo , almeno per ora, istituire alcuna ricerca nuova, riferirò i risultati delPA. Egli ha adottata la scala Mannheim, applicandola in modo da consi¬ derare come giorni di calma quelli nei quali le tre osservazioni giornaliere hanno dato O ; come giorni con vento f. o ff. quelli nei quali anche una sola osservazione giornaliera diede indicazione di vento di tal natura; come giorni di vento debole o moderato, tutti gli altri, lo pongo le mie riserve su tal modo di interpretazione delle osservazioni. Ad ogni modo , le medie ottenute sono le seguenti : Numero dei giorni con vento 0 d f ff 0 d f ff I 1.4 24.9 3.4 1.3 VII 1.5 27.6 1.4 0.5 II 1.6 21.8 3.4 1.2 Vili 1.4 27.5 1.8 0.3 III 1.2 25.7 3.2 0.9 IX 1.3 26.9 1.5 0.3 IV 1.1 26.3 1.9 0.7 X 1.7 27.0 1.9 0.4 V 1.8 27.6 0.9 0.7 XI 1.4 25.2 2.5 0.0 VI 1.3 27.4 1.2 0.1 XII 2.5 24.4 2.9 1.2 0 d f ff I 5.5 71.1 9.7 3.7 E 4.1 79.6 6.0 2:3 P 4.2 82.5 4.4 0.9 A 4.4 79.1 5.4 1.6 A 18.2 312.3 26.0 8.5 Acireale. I dati utilizzati vanno dal 1914 al 1923 e sono stati in parte tratti dai bollettini mensili dell’osservatorio, in parte dalle schede - 48 - decadiche dell' U. C. di Roma. Essi si riferiscono alle osserva¬ zioni delle h. 9, 15, 21 e sono stati e'aborati così come ho pre¬ cedentemente indicato. Avverto soltanto che sono state osservate solo le 8 direzioni principali. Tali dati sono riportati nel qua¬ dro II. Nelle tabelle 1V-VI sono gli stessi elaborati così come ho indicato per Riposto. Tabell \ IV. Acireale li. I W NE NW E N S W SE s II NE E W NW SE N SW s III E W NE SE N W SW N s IV E NE SE W sw N W S N V E NE SE W sw N N W s VI E NE SE NW w N N s VII E SE NE NW w S s w N Vili E SE NE NW N w s w s IX E SE NE N W N w S W s X E NE W SE N NW s w s XI W NE E NW s w N SE s XII W NW NE N E S W SE s I W NE NW E N s w SE s p E NE SE W S W NW N s E E S E NE NW w N S W s A E NE W SE NW N s w s A E NE SE W N W N s w s Acireale 1914-23, > < ) w co < H < £ LO 9.82 3.69 4.83 5.75 1.60 1.0C 2.03 1.00 9.60 14.65 1.00 1.53 4.21 1.00 < 5.97 8.83 3.54 5.27 co co d 1.69 1.00 1.67 1.00 1 9.51 14.10 0 00 q q 3.70 1.00 UJ 4.34 12.38 4.56 1.91 6.79 0 m 0 0 1.17 1.00 8.90 , 14.29 1.00 1.60 3.41 1.00 CL 5.06 11.33 3.94 3.80 5.87 1.29 1.00 1 2.98 1.00 9.00 15.13 1.00 1.67 4.12 1.00 HH 8.24 6.73 2.72 8.33 3.95 3.03 1.00 O Tf q cn 10.96 15.06 0 t— q 6.60 1.00 X 8.73 4.84 2.35 00 d 3.89 00*1 ire 1.00 2.10 11.08 | 15.02 1.00 1.35 6.71 1.00 X 6.77 7.55 3.41 7.04 5.23 00 0 °) q 1.07 1.00 00 0 m d ^ 1.00 1.43 4.73 1.00 X 5.87 8.80 3.20 5.12 0 0 i> 1.83 1.00 1 .72 1.00 9.07 13.92 1.00 1.53 3.28 1.00 X 5.28 eroi 4.01 3.65 1 6.92 1.31 1.00 2.77 1.00 9.29 13.78 0 00 q q 3.33 1.00 Vili 4.29 11.50 1 4.65 00 CN 7.37 0 CO 0 q 5.27 1.00 1 8.94 13.68 1.00 1.53 3.07 1.00 > 3.42 12.52 0 q 1.87 co CN 1.00 0.67 6.69 1.00 8.32 14.39 0 co q q 3.12 1.00 > 5.32 13.13 4.12 69*1 5.73 1.29 1.00 t" 0 tq q 9.44 14.82 1.00 1.57 00- 1 > 5.28 12.77 LO 0 co 1.77 6.53 1.45 1.00 7.21 1.00 8.93 14.54 1.00 1.63 3.59 1.00 > On O "sf 11.79! 4.30 i> co 5.42 1.42 1.00 3.11 1.00 8.99 15.58 O CO q q i-H 1— ^ 00*1 — 5.21 9.42 3.87 5.83 5.66 1.35 1.00 1.61 1.00 9.08 15.25 1.00 1.68 4.30 1.00 = 7.45 8.78 3.05 CN d 4.60 | 2.44 1.00 1.43 1.00 10.50 14.90 1.00 1.42 00*1 zs's - 8.64 vO in d 2.77 8.68 co co 3.12 1.00 1.00 1.32 11.41 15.24 1.00 1.33 7.95 1.00 Z UJ O Z^ UJ ^ ZuJ CO ++ >® [jj — 50 — La media annua dimostra che per ogni giorno di calma ve ne sono 4.2 circa di vento e che questo spira maggiormente nella direzione del parallelo anziché in quella del meridiano , contra¬ riamente a quanto avviene a Riposto ed analogamente a quel che si osserva a Catania. La stessa media dimostra anche come i venti di N e di E prevalgono su quelli di S e di W, analoga¬ mente a quel che avviene a Catania e con differenza dair anda¬ mento di Riposto. La successione è E, N, W, S. Le medie stagionali mostrano come il maggior numero di calme si abbia in estate , al quale seguono autunno , primavera ed inverno col numero minore. In tutte le stagioni prevalgono i venti nella direzione del parallelo , con delle differenze nelle singole stagioni in modo che prevalgono : in inverno N ed W; in primavera ed autunno N ed E; in estate S ed E. L'andamento, perciò , diversifica notevolmente da quelli di Riposto e Catania dove v'è una maggiore costanza nelle direzioni. Abbiamo veduto come a Riposto bordine di frequenza sia costante per le quattro stagioni (E, S, N, W) ; ad Acireale invece abbiamo in inverno W, N, E, S ; in primavera E, N, S, W ; in estate E, S, N, W; in autunno E, N, W, S. Riguardo all'andamento dei singoli mesi si osserva come il massimo ed il minimo dei giorni con vento si abbiano rispetti¬ vamente in I ed in Vili con 7.9 e 3.1 circa di giorni con vento per uno di calma. In tutti i mesi dominano i venti nella dire¬ zione del parallelo con massimo e minimo predominio rispetti¬ vamente in IV, VII ed in I. I venti di N dominano su quelli di S per tutto 1' anno , tranne che in VII ed Vili ; quelli di E dominano su quelli di W in tutti i mesi tranne I e XII, dimo¬ doché in I e XII dominano i venti settentrionali ed occidentali; in II -VI e IX -XI quelli settentrionali e orientali; in VII ed Vili quelli meridionali ed orientali. Abbiamo così le successioni seguenti : I, XII W, N, E, S II, X E, N, W, S III, XI E, W, N, S IV-VI, IX E, N, S, W VII, Vili E, S, N, W. - 51 - La successione dei singoli otto venti nei mesi e nelle sta¬ gioni è indicata nella tabella IV. La frequenza di ciascun vento rispetto al posto che occupa nei singoli mesi è indicata nella Tabella VI. N 4 [XII] 5 [I, Vili, IX, X] 6 [II, V, VI, XI] 7 [III] 8 [IV, VII]. NE i [II] 2 [I, IV, V, VI, XI, X (eW)] 3 [III, VII, Vili, IX, X (e W) XII]. E 1 [III, IV, V, VI, VII, Vili, IX, X] 2 [II] 3 [XI] 4 [I] 5 [XII]. SE 2 [VII, Vili, IX] 3 [IV, V, VI] 4 [III, X] 5 [II] 7 [I, XI, XII]. S 6 [VII (e SW)] 7 [IV, VII (e SW)] 8 [I, II, III, V, VI, Vili, IX, X, XI, XII]. SW 5 [IV, V, XI] 6 I, III, VII (e S) Vili (e W) XII] 7 [II, VI, VII (e S) Vili (e W) IX, X]. W 1 [I, XI, XII] 2 [III, X (e W)] 3 [II, X (e NE)] 4 [IV, V] 5 [VI, VII] 6 [Vili (e SW) IX] 7 [Vili (e SW)]. NW 2 [XII] 3 [I] 4 [II, VI, VII, Vili, IX, X] 5 [III] 6 [IV, X] 7 [V]. Un periodo precedente a quello del quale mi sono occupato è quello studiato dal Marini: esso va dal 1882 al 1897 con molte lacune ed interruzioni, tanto che mentre per alcuni mesi le osservazioni ammontano a 15, per altri discendono a 10 (p. e. X, XI). 11 Marini ha utilizzate le osservazioni delle h. 9, 15, 21, notando le 8 direzioni principali ed ha compilata una tabella nella quale le osservazioni sono ridotte a mille. Da questa, ne ha dedotta una seconda coll' ordine di frequenza dei venti. Per uniformarmi al metodo adottato per le altre serie di osservazioni, ho ricalcolate le osservazioni della prima tabella in 30/30 (cfr. quadro III) e da questa ho ricavata la tab. VII della frequenza mensile, stagionale ed annuale del vento pel periodo considerato. Un confronto fra questa e quella analoga del Marini mostra delle differenze pei mesi I e XI perchè quest' ultima è errata. Dai dati della mia ho anche ricavati quelli della tab. Vili nella quale sono indicate le frequenze ridotte alle quattro direzioni principali ed i loro mutui rapporti. 52 Tabella VII. Acireale I. I W N W E NE N SE s w S II E W NE N W N SE S W S III E NE W SE NW N SW S IV E NE SE W S N SW NW V E NE SE w NW N s s w VI E NE SE s N W s w NW VII E NE SE N NW W SW S Vili E NE SE NW N s w 1 SW IX E NE SE N W NW s w s X E NE W NW N S E s w s XI W N W E NE N s w S E s XII W NW NE E N s w SE s I W N W E NE N SE s w s p E NE SE W NW N s SW E E NE SE NW N S s s w A E NE W NW SE N SW s A E NE w SE NW N SW s Acireale 1882-97. > < n u CQ < 00 oo rJ 11.34 4.53 6.24 ^ o p 1.81 1.00 12.41 17.58 1.00 1.42 < 8.35 m 4.66 7.04 1.79 j 1.00 00*1 in 13.01 16.99 1.00 1.30 UJ 7.20 14.70 5.09 o p co 1.41 1 1.00 4.90 1.00 12.29 17.70 1.00 ! 1.44 cu 7.05 13.05 4.95 4.95 1.42 1.00 2.64 1.00 12.00 17.90 o o p ^ 7.42 14.69 4.81 3.08 1.46 1.00 r- o p 12.23 17.77 1.00 1.45 r-H o 23.9 o p 3.92 > 7.03 14.42 5.37 3.17 1.31 1.00 4.55 1.00 12.40 17.59 1.00 1.42 in in 24.5 o p 4.45 > 7.36 14.38 00 3.45 1.53 1.00 4.17 1.00 12.17 17.83 1.00 1.46 CN o 23.8 o p 3.85 > 6.45 13.40 5.52 4.63 00*1 a-I 2.89 1.00 11.97 18.03 1.00 1.59 o > o — 54 — Da tutto questo materiale ricaviamo quanto segue. La me¬ dia annua mostra che è preponderante il vento nella direzione del parallelo e che i venti di N e di E prevalgono su quelli di S e di W, così come avviene pel periodo 1914-1923. La succes¬ sione è E, N, W, S, come per questo periodo. Le medie stagionali dimostrano come in tutte le stagioni siano prevalsi i venti nella direzione del parallelo: in inverno hanno dominato N ed W; nelle altre stagioni N ed E. V'è per¬ ciò una differenza fra le estati dei due periodi 1882-1897 e 1914-23 perchè in quest'ultima dominarono S ed E. Le singole successioni stagionali furono le seguenti, messe a confronto con quelle del 1914-23 1882-97 WNES E N (S, W) ENSW ENWS 1914-23 WNES ENSW ESNW ENWS dalle quali si rileva solo una differenza per i venti di S ed W in primavera e di S e N in estate. Riguardo all'andamento dei singoli mesi si osserva come in tutti i mesi siano stati dominanti i venti in direzione del paral¬ lelo con massimo e minimo predominio rispettivamente in IV e X, differentemente dal periodo 1914-23, almeno per il minimo. I venti di N dominarono per tutti i mesi su quelli di S; quelli di E su gli altri di W per tutti i mesi tranne da XI ad I, quasi analogamente all'altro periodo, dimodoché da II a X, prevalsero venti settentrionali ed orientali e da XI ad I settentrionali ed occidentali. Abbiamo così le successioni seguenti : I, XI-XII WNES (I, XII) II-III, X ENWS (II, X) IV-IX ENSW (IV-VI, IX). Fra parentesi ho indicato in quali mesi si sono trovati questi tipi di successione nel periodo 1914-23 (cfr. pag. 50). La suc¬ cessione dei singoli venti nei mesi e nelle stagioni , per le 8 direzioni principali, è indicata nella tab. VII. La frequenza d'ogni vento, rispetto al posto che occupa nei singoli mesi, è indicata nella seguente tab. IX. - 55 Tabella IX. N 4 [VII, IX] 5 [I, II, VI, Vili, X, XI, XII] 6 [III, IV, V]. NE 2 [III, IV, V, VI, VII, Vili, IX, X] 3 [II, XII] 4 [I, XI]. E 1 [II, III, IV, V, VI, VII, Vili, IX, X] 3 [I, XI] 4 [XII]. SE 3 [IV, V, VI, VII, VI I, IX] 4 [III] 6 [III, X] 7 [XI, XII]. S 4 [VI] 5 [IV] 6 [Vili] 7 [V] 8 [I, II, III, VII, IX, X, XI, XII]. SW 6 [XI, XII] 7 [I, II, III, IV, VI, VII, IX, X] 8 [V, Vili]. W 1 [I, XI, XII] 2 [II] 3 [III, X] 4 [IV, V] 5 [IX] ò [VI, VII] 7 [Vili]. NW 2 [I, XI, XII] 4 [II, Vili, X] 5 [III, V, VII] 6 [IX] 8 [IV, VI]. L'insieme dei dati ed il confronto fra le due serie dimostra chiaramente che nei periodi 1882-97 e 1914-23 l'andamento del fenomeno è stato sensibilmente lo stesso. Le variazioni sono dovute alle incertezze dei dati della prima serie , alla saltuarietà delle osservazioni, alle inevitabili differenze che presentano due periodi relativamente brevi di osservazioni. E le incertezze sono anche notevolmente aumentate dal fatto che pel periodo 1882- 97 manca un elemento importante : cioè il numero delle calme. Il Marini non accenna affatto a questo importante fattore. Ho tentato di desumerlo dalla tabella nella quale egli indica le medie velocità del vento che suddivide in 5 gradi da 0 a 4. Lo 0 in¬ dica la calma. Ora, i valori del grado 0 dovrebbero rappresentare le calme rispetto ai giorni di vento. Riducendo a 30/30 ho otte¬ nuto i valori della tab. Vili dai quali rileviamo che il rapporto fra vento e calma è tale che per ogni giorno di vento ve ne furono da 1 circa (I e XII) a 4, 5 circa di calma (VI). In altri termini v'è una netta inversione con quel che si osserva pel pe¬ riodo 1914-23 dove il numero dei giorni con vento è general¬ mente molto superiore a quello dei calmi. Data questa poco naturale inversione del fenomeno e dato che non è possibile ricavare i dati in altro modo, trascuro lo studio di questo rap¬ porto. Concludendo , si può stabilire che i due periodi studiati si approssimano molto notevolmente per le caratteristiche generali e che le differenze sono dovute esclusivamente : da un canto a — 56 — quelle che presentano tutti i brevi periodi fra di loro, d'altro canto alla saltuarietà e forse al modo di compilazione dei dati della la serie. Per tal ragione non ho creduto opportuno eseguire le medie fra le due serie , ma ho preferito indicarne le caratte¬ ristiche in due quadri separati. Catania. La serie di osservazioni che utilizzo va dal 1892 al 1923 con le seguenti lacune: 1894 VII, Vili, 1922 III, IX, 1920 III, 1917 I— XII. In quest' ultimo anno furono eseguiti alcuni mesi di osservazioni, ma ho preferito escluderlo interamente. La serie è perciò quasi trentennale e ritengo che possa fornire dati nor¬ mali. Il materiale è distribuito nei quadri e nelle tabelle come per le stazioni precedenti. La media annua mostra come per ogni giorno di calma ve ne siano circa 2.1 di vento, molto di meno, perciò che a Ripo¬ sto ed Acireale. Il vento spira più nella direzione del parallelo anziché in quella del meridiano, analogamente ad Acireale e con¬ trariamente a Riposto. La stessa media mostra come prevalgano i venti di N ed E su quelli di S ed W, analogamente ad Aci¬ reale. La successione è E, N, W, S come ad Acireale. Le medie stagionali mostrano come si abbia il minor nu¬ mero di calme in primavera ; seguono poi inverno, autunno ed estate col numero maggiore. In tutte le stagioni prevalgono venti nella direzione del parallelo con differenze nelle varie stagioni, in modo che in inverno prevalgono venti di W e N e , nelle altre, venti di E e N. L' andamento diversifica perciò da quelli di Acireale e Riposto. L'ordine di frequenza nelle varie stagioni è : inverno W, N, E, S ; primavera E, N, W, S ; estate E, N, S, W ; autunno E, W, N, S. L'ordine di frequenza dell'inverno corrisponde a quello di Acireale ; inoltre gli ordini della prima¬ vera e dell' estate a Catania , corrispondono rispettivamente a quelli dell'autunno e della primavera ad Acireale. Riguardo all' andamento dei singoli mesi si vede come il massimo ed il minimo dei giorni con vento s’ abbia rispettiva¬ mente in III ed in Vili con 3.0 circa ed 1.6 circa di vento per ogni giorno di calma. In tutti i mesi dominano i venti nella di¬ rezione del parallelo con massimo e minimo predominio, rispet- - 57 — tivamente in XI e II. I venti di N dominano sugli opposti per tutto Tanno; quelli di W su quelli di E da XI a III, mentre da IV a X avviene il contrario , dimodoché da XI a III dominano venti settentrionali ed occidentali ; da IV a X settentrionali ed orientali. Abbiamo così le successioni seguenti : I-II, XI-XII WNES III W E N S IV-VI, IX E N W S VII-VIII ENSW X E W N S Tabe L L A X. Catania I w NE NW SW E N SE S li w NE NW sw E N SE S III NE W E NW SW N SE S IV NE W E NW SE SW N S V NE E W SE SW NW N S VI NE E SE SW w N NW S VII E NE SE SW w N NW S Vili E NE SE w N SW NW S IX NE E W NW SE SW N S X NE W E SW N NW SE S XI W NE E sw NW N SE S XII W NW NE Sw N E SE S I w NE NW sw E N SE S p NE E W NW SW SE N S E E * NE SE w SW N NW S A W NE E sw NW N SE s A NE W E NW SW N SE s Catania < 5.11 6.04 248 5.48 00 CO d 2.05 1.00 00‘ I ori 7.59 11.52 1.00 1.52 1.76 1.00 00 n- m CN m o © © m cn © © © p_) © m © in © in © ^ © q cn o q n- © in oo CN ni d d d ed d ni d d d l-i ri cn m CN m V© 00 o ^ © m © © 00 CN O a. CN © v© q © co q m © co q © q q © © t"i CN in" oo ni d r-l t-H od ed ni — i 00 m 'St o co o © n- CN 00 o in o © « oo q © CN < cn q © q io co O cn q in d CN oo d ni -2 — od ni i—i ci »-i CO CN © © m © © n- © CN © co © o co O © in q © © © co © cn q q © o X in CO ni od d ni d d ni ni ni — ni — i 00 — 1 co © 00 m © © q -H O © n- m o N— * © vO o- o co © q © m q n- o in m © X d ni ni d ni d d d n d — i — i Z — i ''f __ h- n- _ © © © © < 00 © n- lC © X q in CN © © © — ; © q cn © q q © in © CN in d ni d i— i i—i n-' d —« i— i i— i — i 1—1 1 o _ o- 00 © co o — © q © © © © © X cn O" ''f CD 00 q © 00 © © q © q q q in I> ni d d ni — ! d d ni d Z i—i t— 1 1 o CO n- © _ h- o CN © n cn © co oo © — q «— 1 00 v© © q © © o m oo © q q © > d od ni ni q hH ed d ni © 1— C 1—1 T-H H _ o* © CN — ■ © © © © 00 © © in © © © CN CO © q © © q q © ^ q © > in od CN ni d ni d ed d ni — i i-i t-H* 1— i T— T— 1 ^+ m in CN co © © © © © © © m © >— 1 m CN v© q 00 © © q © q © © q © q > m © ni ni d ni d ed d od ~ v- 1 ni — i n. CN o © CN n o —i o n- —i © m CN © © — t- q © q © q © m q © q CO © > © od ni ed d ci d ni d od ni ni 1 00 vO CN CN 00 © oo © © m © — co © > 1 'Tj' CN q CN © © © in © © q © q © © © od CN in ni ni d d d od ed —i d ni ’—i 1 co vO O" co 00 © © -H e- o © © 00 © © vq o q in © © q © o q © in © o o vd ed V© n- © ed CN ' vO co m CN co -H © © © — • © © © © © CO q m © co © q © q q © q © © vd O" ni oo od ni d © ni T-H ^ ni -i o vO rf CN 00 CN O © CN q 00 O © o © in O co CO © © q q © q cn q tri d ni 00 © CN ^ t-H rH od ni i-H t-H ni —i --1 cn ^ cn^ Z tu co O Zen W ^ ++ + + >o Zlu Ziu - 59 La successione dei singoli otto venti nei mesi e nelle sta¬ gioni è indicata nella tab. X. La frequenza di ciascun vento ri¬ spetto al posto che occupa nei singoli mesi è la seguente : Tabella XII. N 5 [X, XII, Vili (e SW)] 6 [I, II, III, VI, VII, Vili (e SW) XI] 7 [IV, V, IX]. NE 1 [III, IV, V, VI, IX, X] 2 [I, II, VII, Vili, XI] 3 [XII]. E 1 [VII, Vili] 2 [V, VI, IX] 3 [III, IV, X, XI] 5 [I, II] 6 [XII]. SE 3 [VI, VII, Vili] 4 [V] 5 [IV, IX] 7 [I, II, III, X, XI, XII]. S 8 [I, II, III, IV, V, VI, VII, Vili IX, X, XI, XII]. SW 5 [I, II, VI, VII, X, XI, XII] 5 [III, V Vili (e N)] 6 [IV, Vili (e N) IX]. W 1 [I, II, XI, XII] 2 [III, IV, X] 3 [V, IX] 4 [Vili] 5 [VI, XI]. NW 2 [XII] 3 [I, II] 4 [III, IV, IX] 5 [XI] 6 [V, X] 7 [VI, VII, Vili]. L' andamento del vento a Catania è già stato studiato dal- I'Eredia pel periodo 1892-190 2, interamente compreso in quello che ho esaminato. Stabilire dei confronti fra le due serie di os¬ servazioni e le relative conclusioni è inutile , per tale ragione : le differenze che si notano, d'altronde non accentuate, sono do¬ vute soltanto alla diversa lunghezza dei periodi esaminati. L'unica modificazione essenziale alle conclusioni dell’EREDiA è la seguente. Esaminando i rapporti fra i 4 venti principali e gli intermedii risulta pel periodo 1892-1902 che non si verifica la costanza di quella legge per la quale i venti intermedii prevalgono sui prin¬ cipali. Invece , il periodo 1892-1923 mostra tale costanza. Le medie annue dànno una somma di 8.58 pei quattro venti cardi¬ nali e di 8.82 pei quattro intermedii. Uno sguardo alle tabelle conferma ciò e non solo per Catania, ma anche per le altre sta¬ zioni e massimamente per Riposto. 60 co CN crv T vO ["» 00 c/) O CU s a o c cu > 13 T3 < 300.6 572.4 196.2 1285.5 i 159.2 272.5 98.6 436.3 1058.8 n- q cn q co co q 00 - CN q 00 q q co r-H ni o O CO cd -d cd oò J— 1 CN m »-H n- co o CN i—i CN m h< r-H o co m o » — i 1 — 1 m in m in q q q in q » ■d in ni ni ni in ni ni in X Ov ov o co CN 00 co 00 o co i— < o co m CN *— « i— i in in in q q o O q q oò -d* ,-4 o ni cd vd cd X m m OV vO 00 co Ov 00 co r—l i— c co i—i o i— i 1 m O O o o in q in q V> CN oò cd ni cd o cd ni oò r-H 00 in vO in Ov co O Ov CN i— i co CN i—i i— ' i—1 O in o q o in q o q X CO co ni cd cd cd oò cd N* m CO o CN CN O m i— 1 in i— < .— i CN -vf o «— < i — i o in q q q O q q o in co ni ,_4 ni —I in o ''f i— ■ OV n- CN in n- n- r-H i — i ov cn CN i—i co H *— 1 *-H q in o o q q q m q — r-H ni CN ni N5 N* in oò > »-H O co CO co o r-H co lO 00 vO o Ov m Ov m i— 1 o cn co i—i CN i—i T— 1 o q q O o q q q o s CN co o o ni _4 cd — ì cd *> O o in Ov o n- m CN o CN CN co i— i 1 >— 1 O o m q q q q q o > ni vd r-H ^4 ni in o vO co 00 CO n- o in o i—i co r-H m o > — i •—| 1 Dir. 2 NE W SE i CO SW NW o (segue quadro /.) - 61 - o n< Os Os CO Os ^t1 o O) co oO O oo sO Os CN CN co 1-3 aó —3 i-3 O CN c-3 1.65 3.42 o p 1 8.99 1.07 2.05 0.92 3.25 , 7.63 o o 0O o o i o •— < p o Os co o i-3 in CN oó O o CN t"3 OS OS r» CSI o o C-- 00 p in Os p 00 m 00 m rd CO i-3 ©3 —3 o CN d o Os CN o O OS p p Os m 00 in co có ° td o CN o co CN vO <£ hi CN Os Os o CO p sO ©s 00 in 00 Os CO CN o s© O CN d CO oó 2.49 3.15 prs vO o 7.96 1.16 2.64 0.96 3.44 7.52 co 00 Os Os O _ m CN O p p OS O) i—i o —3 CO o3 1-3 <-3 o có oó co r— QO co g> Os CN p 00 co h- q in CO d p co — ; °cót^ 0.97 6.14 1.98 8.55 00 d 1.05 0.48 2.52 7.46 CN co co __ o o $ o p o p Os Os p in d CN oó d d ò CN r-3 0.92 4.65 1.98 9.48 1.17 1.35 OO OS o 2.06 O oó o m CN fu CN m Os Os co co p p -o p p i; CN r- i-3 ©3 •-3 ° CN td 1.90 3.07 1.57 10.56 1.53 2.06 0.52 2.70 6.07 Os 00 QO m oo _ p sO co o sr p OS CN CÓ ©3 CN o có in o 1 o «“O f- OS § CN OS f- OS p O CN O có có d oó i-3 CN CO có d 3.77 3.36 0.72 7 16 00 p o 2.61 00 oo o 3.84 6.74 NE W UJ co co SW NW o Quadro II. 62 o co o~ co nj 3 _o ’n 3 "O QJ c3 > 3 OJ E *3 O "n C3 O o vO , Ol > _ ! < IO 1-H LO CO o o O CM CM t— O co O' LO VO LO LU CM CM CO LO CM co 00 CM CM O vO , r-- t— , t- o vO 0- CM CM o I>- 'nTi CM CM CM o o CM co LO C* t" io OL ^t1 O o co vO O r- t— VO o> t"- co CM OL N— * O ' r— « vO CM LO *— 1 t — o X CM vO LO o f- IO OL CO o O CO CM LO r-H vO O' X CM 00 o 00 O' CO 00 o o X O r-H o r— 1 co VO 00 CM CM LO 00 , CN t , OL Ol CO X o 00 CN r— < co O 00 CM M CO 00 co O' co o o CM CM r-H > CM CO 00 o CO o N— * r-H co VO VO r-H CM CO O > CM CO O O' OL O' CN h~- , co c — CM ■^f r-H r—l CM co > CM CM CM CM VO LO O o t-— > CM CO »-H r-H CM CO CM CM CM vO o> CO 00 O ON O' CO CO >> co CM r-H CM CO CO CM CM CM O' 00 O O O o co , t— CO O' 00 o CM O CO CM CM 00 LO H* , co i -] o CM vO r-H o <3> 00 rp C3 , CO o o C3 o 00 o Ol CO r-H co t- CO LO Dir. 2 NE W SE CO 1 sw 1 55 o {segue quadro IL) 63 1.54 4.42 5.85 3.20 0.48 00 co 3.01 2.28 00 co tó CO LO r© co co , OS o CO co co 00 LO co CO o CO co ■ó có o có có od CO vO LO ! _ , 00 00 C- o c- .—1 o 00 evi d tó LO o o d ró Os co r*^ o t- Tj- LO co OS o 00 f» N q lT\ co LO co q d ó có o có 1—1 od , LO co LO QO co o co co o q q q co io có o có >ó LO o c- o l'¬ LO LO o< c- 00 00 oc q q co co co o o s© LO* LO o o o o Q\ o s© co o co IO o OS in co r- q co co d CÓ -t1 có có O' LO co LO co LO co o i LO LO co q q co có •ó co o ’-1 có r— ' Os O o s© co co co o CO co LO co o ? q q co co có s© o 1 có d vO O re OS CJ\ f— co co o CO ® fS t*- C'- q o 1—1 có LO o o o d ao c^ QO OS l , C" co o io CO q co o o c-~ q q o CÓ oc LO o d d 1 OS co o re o o o o co o LO Os S© OS ^r q q t— 1 1 o LO tó o d d 1 od _ _ _ C- c- o co r— 00 QO q co Os vO q o LO có có o d d d od CO co ® o c*. o co h- co l/> q S© OS O q o co TT o tó có o CÓ 1 CÓ o o re r— co C"- f"- co CO t'- q q q q có s© có o 1 co 1—1 có OS V® co C'- Os Os Os co q OS q co CO q q CO sC 1—1 uj CO o 1—1 có có d OS c^ o 00 QO 00 LO t co o LO q q CO co LO có 1—1 o có L© 2 NE W SE co sw NW o Quadro III. 64 o h< t'— o in oo m < m ON co m q q q q ni in d co T'H d co co 00 in 00 l < c 13 T3 in 00 h- t— H* l in 1 — 1 in q o> co q Oi q co > 1 d d in d 1-1 c3 3 l ■ co m o r- 1 o vO n HH O) m q q q co q q c c3 > d d d 1—1 1 — ' 1—1 T3 03 io in ni l 00 ai > q co d o d q d co q o q c O r-H 00 co r— 1 00 00 , — i ni 'Sd > o q q q m co r-H d d d q r-H ni q s— > C/3 H1 o c- in co Oi H1 co — > q CN 00 q q q q ’Eo c c HH ni in d co d d in ni o N vO m 00 t— in m co 03 HH ON q i— i m q q vO q Vi 5 HH ni d d ni d in d 8 l m co 00 t> i HH m q q q q m q co d d ’r_ 1 1—1 1—1 1 co in Dir. z NE UJ SE co sw s* z Direzioni mensili, stagionali ed annuali del vento a Catania (1892-1923) e riduzione a 30/30. 65 < 00 CN 00 00 co 317 150 45 160 319 164 1170 o m On l T1 o CN co 00 00 "f in ■*f co CN r— < co CN CO 00 r— 00 m in , CO co o- O CO *— * o *— i «— • »— • co r~l co in o o in in m Q_ o o vO CN m m o o in CO »— i — < co o ,—l o o CO o o CN CN O' IO co f- CN -f o h~ o 1 CN y—* CN CN m CN o ' 1 in O o m m 00 00 r- 05 «— o CO in m -r o in 00 X CN CN m CN o , o 00 o 00 co _ ro CN O o> 00 o o X 1 CN > — i CN •— 1 t"- CO m CN o co CN co CN X CO m o 00 00 CN co CN co co •—1 CO •— 1 CO f— o 00 o 00 X O o m co o CN co -f co co »— 1 CN •—1 CN 1—1 _ CN oo t- co CN | oi O o o> O' o CO 00 o > co co co ■sf vO co CO o r- o 00 co VO o co o 00 o- > •et1 co CN m o o 00 m o Ol OO •rf- co CN o 00 > *— t 1 •— I *“ 1 O C"- O o o o CN QN o o CN co CN m «— « ’-f m •— < •—1 co *—* y—* o o O m o CN CN co > 00 in in co co CO in r- o in co co o 00 r— LO vO , co 00 CN o «— « 00 h- o o» o o co co CN co CN a* 00 o CN CO O' CN M) CN t"- o m o co O in co CN CN O o CN O in o 00 i O O t- O' 00 co m CN o m m CN «— 1 CN m CN f-H Dir. z UJ Z UJ SE cn sw NW o 5 ( segue quadro IV \) 66 — 67 — Riassunto La media annua dà per ogni giorno di calma 5-6 giorni di vento; questo spira più nella direzione del meridiano che in quella del pa¬ rallelo, e propriamente in autunno , inverno e primavera, prevalgono i venti nella direzione del meridiano , in estate quelli nella direzione del parallelo. Complessivamente i venti di S e E prevalgono su quelli di N e W, con successione E, S, N, W. Le calme sono più frequenti in estate ed in autunno, e diminuiscono in inverno e in primavera. Finito di stampare il 10 dicembre 1929. Le meteoriti del Museo mineralogico della R. Università di Napoli del socio O . De Fiore (Tornata del 16 marzo 1929) La collezione di meteoriti del Museo mineralogico della R. Università di Napoli è stata riunita, più che altro, con intendi¬ menti didattici e ciò spiega l’esiguità della raccolta la quale era dispersa in ben quattro collezioni diverse ed è stata recente¬ mente, da me, riunita in un'unica serie. Pochi sono i pezzi ec¬ cezionali per dimensioni o per rarità o per essere individui com¬ pleti. La collezione comprende: ferri meteorici (pallasiti, 3 ca¬ dute con 13 frammenti complessivamente di gr. 399,2; ottaedriti, esaedriti, atassiti, 12 cadute con 20 frammenti complessivamente di gr. 10408,3) ; pietre meteoriche (condriti , 14 cadute con 20 frammenti complessivamente di gr. 1318,5 ; acondriti , 1 caduta con 2 frammenti complessivamente di gr. 209,0) ; moldaviti di due diverse località, con 6 frammenti di gr. 78,8 in totale. Un elenco è stato pubblicato dal Wulfing , comprendente il materiale " inventariato „ fino al 1893. Sia perchè quell'elenco non era esatto neppure per l'epoca alla quale si riferiva (per errori di pesate e mancata elencazione di taluni pezzi) ; sia per¬ chè era molto sommario e senza determinazioni ; sia, infine, perchè il materiale è aumentato notevolmente, ho creduto op¬ portuno rifare il lavoro e compilare il presente catalogo. Il quale è redatto sul tipo del più recente del genere: quello del Millo- sevich, per le meteoriti del Museo di Roma. Dedico questo breve catalogo alla memoria del Prof. E. Scacchi, il quale mi invitò ad eseguirlo e che, purtroppo , ne vide soltanto il manoscritto. — 69 — Alfianello - Brescia [Italia] — Cad. 1883 II 16, h. 14,43. Condrite iperstenica bianco-grigiastra. Peso originario della pietra 228 kg. Frammento con faccia incrostata gr. 75,9 (18331). Agrigento - Sicilia [Italia] — Cad. 1853 II 10, h. 13. Condrite iperstenica bianca, venata. Frammento parzialmente incrostato, gr. 65,2 (17294). Barbotan - Landes [Francia] — Cad. 1790 VII 24, h. 21. Condrite grigia. Frammento incrostato parzialmente, gr. 16,3 (21570). Framm. gr. 6.0 (5268). Brenham Township - Kiowa County-Kansas [U. S. A.] -Trov. 1885. Pallasite. Frammento incrostato parzialmente gr. 32,0 (21566) ; lastra levigata gr. 90,0 [in disfacimento] (20965). Totale gr. 122,0. Budweiss - Confine fra Boemia e Moravia [Cecoslovacchia]. Moldavite. 2 individui di gr. 58.2 (24051). Vedi Moldauthein. Bur-Gheluai - Distretto di bur Hacaba [Somalia italiana] — Cad. 1919 X 16, h. 8. Condrite grigiastra, enstatitico-olivinica. Due frammenti di gr. 166,1 e gr. 68,2 (23019, 23020). To¬ tale gr. 234,3. Canon Diablo - Coconino County-Arizona [U. S. A.] — Trov. 1891. Ferro : ottaedrite a lamelle di media grandezza. Frammento di gr. 151,4 (20881); gr. 23,8; gr. 32,2 (s. n.). Totale gr. 207,4. Collescipoli - Terni [Italia] — Cad. 1890 II 2, h. 13,30. Condrite bronzitica globulare. Frammento parzialmente incrostato e polvere : complessiva¬ mente gr. 5,3 (21587). Forest City - Winnebago County-Jowa [U. S. A.] — Cad. 1890 V 2, h. 17,15. Condrite bronzitica globulare. Individuo parzialmente incrostato, gr. 28,0 (20882). Fort Duncan - Maverik County-Texas [U. S. A.] — Trov.1882, descr. 1885. Ferro : esaedrite camacitica. Lastra levigata di gr. 264,8 (18861). Forse appartiene al ferro di Coahuila-Mexico. Glorieta Mountain - Canoncito-Santa Fè County-New Mexico [U.S.A.] — Trov. 1884, descr. 1885. Ferro : ottaedrite a lamelle di media grandezza. Lastra levigata, gr. 142,4 (18862). — 70 — Holbrook - Navajo County-Arizona [U.S.A.] — Cad. 1912 VII 19, h. 19,15. Condrite iperstenica cristallina. Individuo incrostato, tranne nelle rotture, gr. 303,7 (22906). Jmilac - Deserto di Atacarna-Chile — Cad. 1822, descr. 1828. Pallasite. 8 frammenti gr. 22,4; 2,8; 2,1; 2,1; 1,6; 1,1 (16425); gr. 30,2 (21584); gr. 103,3 (16426). Totale gr. 163.5 luvinas - Libonnes-Ardèche [Francia] — Cad. 1821 VI 15, h. 15. Acondrite pirossenica anortitica [eucrite]. 2 frammenti gr. 162,9; gr. 46,1 (16431-32) Totale gr. 209,0. Kingston - Sierra County-New Mexico [U. S. A.] Trov. 1891. Ferro : ottaedrite a lamelle di media grandezza. Lastra di gr. 54,0 (22924). Knyahinya- Comitato di Ungvar [Cecoslovacchia]— Cad. 1866 VI 9, h. 17. Condrite iperstenica grigia. Individuo completamente incrostato, tranne un lato levigato, gr. 270,0 (16430). Krasnojarsk - Jenisseisk [Siberia] — Trov. 1740 (da Pallas) ; rie. 1794. Pallasite. 3 frammenti di gr. 37,0; 35,8; 40,9 (674, 16427; 16428). To¬ tale gr. 113,7. L’Aigle - Orne [Francia] — Cad. 1803 IV 26, h. 13. Condrite iperstenica bianca (brecciata ?). Individuo interamente incrostato gr. 62,6 (675). Mòcs - Cluj [Transilvania] — Cad. 1882 II 3, h. 16. Condrite iperstenica bianca. Individuo interamente incrostato gr. 58,9 (18338). Moldauthein - Boemia. Moldavite. 4 individui gr. 20,6 (17699). Vedi Budweis. Mukerop - Bethany-Gibeon Distr.-Great Namaqualand [Africa S W] — Con. dal 1836 come ferro di Bethany. Le masse di Mukerop furono trovate nel 18?9. Ferro : ottaedrite a lamelle sottili. Lastra levigata di 342,0 (22278). Nelson County — Kentucky [U. S. A.] Trov. 1856. Ferro : ottaedrite camacitica. Lastra di gr. 3,8 (19146). Pultusk - Warschau [Polonia] — Cad. 1868 I 30, h. 19. Condrite bronzitica grigia. Due individui completi ed incrostati , tranne brevi rotture, gr. 9,7; 10,9; 1 frammento incrostato gr. 24,4 (17468); altro frammento gr. 60,8 (23109). Totale gr. 105.8, — 71 Sacramento Mountains - Eddy Counly-New Mexico [U.S.A.] — Trov. 1896. Ferro : ottaedrite a lamelle di media grandezza. Lastra levigata gr. 834,0 (21413). Santa Catharina - Rio S. Francisco do Sul [Brasile] — Trov. 1873, de- scr. 1876. Ferro : atassite tenitica plessitica, ricca in Ni. Tre frammenti di gr. 67,5 ; 48,7 ; 32,5 (22979). Totale gr. 148,7. Schwetz - Kwidzyn [Polonia] — Trov. 1850; descr. 1851. Ferro : ottaedrite a lamelle di media grandezza. Frammento con due facce levigate gr. 82,4 (16421). Seelàsgen - Schwiebus-Brandenburg [Prussia] — Rie. 1847. Ferro : ottaedrite camacitica. Frammento levigato gr. 202,6 (16420). Shelburne - Grey County-Ontario [Canadà] — Cad. 1904 Vili 13, li. 20. Condrite grigia. Frammento di gr. 53,4 (22133). Timochin - Governo di Smolensk [Russia] — Cad. 1807 III 25. Condrite grigio-rossastra brecciata. Frammento di individuo incrostato gr. 6,8 (676). Toluca - Xiquipilco [Mexico] — Rie. 1784. [Con. dal 1776]. Ferro : ottaedrite a lamelle di media grandezza. Frammento non incrostrato gr. 26,6 (16880) ; lastra levigata gr. 69,0 (16422). Totale gr. 95,6. Toluca - Tejupilco [Mexico] — Rie. 1784. Ferro : ottaedrite a lamelle di media grandezza. Individuo di gr. 314,7 (16423) ; frammento levigato di gr. 58,9 (s. n.) ; polvere e frammenti minuti gr. 74,0 (16424) indivi¬ duo di gr. 7583,0 (6150). Totale gr. 8030,6. Weston - Fairfield County-Connecticut [U. S. A.] — Cad. 1807 XII 14, h. 6,30. Condrite globulare brecciata. Frammenti di gr. 4,7 e 1,6 (16429). Totale gr. 6,3 Riassunto L* elenco è Redatto sul tipo di quello del MiLLòSeVich per le meteoriti del Museo di Roma; ed era opportuno, poiché quello pre¬ esistente del Wulfing giungeva fino al 1893, ed era inesatto anche per quell’epoca. Finito di stampate il 10 dicembre 1929. Gli aloni osservati nel 1 928 in Napoli. Nota del socio Prof. Giovanni Platania (Tornata del 23 maggio 1929) In una precedente comunicazione 4) mi occupai degli aloni da me osservati in Catania dal 1914 al 1919, e in Napoli dal 1922 al 1927. Avendo continuato le osservazioni di siffatte in¬ teressanti meteore ottiche, do conto, in questa nota, dei dati da me raccolti nel 1928, in Napoli. Aloni solari di 22° : I. 19, 28, 29 — III. 3, 9, 13, 23 — IV. 2, 3, 5, 6, 15, 19,- 20, 27 — V. 5, 6, 11, 14 — VI. 2, 3, 5, 6, 11, 20 — IX. 3, 4, 5, 13, 14, 16, 26, 28 — X. 3, 10, 20, 28 — XI. 5, 7, 8, 15 — XII. 18, 20. Aloni lunari : III. 3, 4 — IV. 7 — VI. 1 - IX. 2 — XI. 22, 23, 25. Parelii di 22° : IV. 3, 15, 27 — XII. 26. Complesso alonare : IV. 27. Risultano perciò, per Napoli, le seguenti frequenze di giorni con fenomeni alonari nel 1928 e nel settennio 1922-28: I II III IV V VI VII Vili IX X XI XII Anno 1928 3 — 5 9 4 7 — — 9 4 7 4 52 1922-28 23 1 8 3 2 2 9 2 5 3 2 6 5 22 1 9 2 7 2 8 266 9 Cfr. questo Bollettino, voi. XL, pag. 73, 1928. — 73 — La media annua del settennio essendo 38, la frequenza del 1928 è stata superiore a quella degli altri anni, eccetto per Tanno precedente, che fu di 63. La massima frequenza, per il periodo in esame è in marzo e in giugno, la minima in agosto. Riporto dal registro di osservazioni i particolari dei parelii e quelli del complesso alonare del 27 aprile. Parelio del 3 aprile : cominciato, insieme con l'alone, a ore 0830, dapprima sbiadito, prese poi delle tinte vivaci ; si distin¬ gueva bene il rosso interno, il verde e, meno intenso, il violet¬ to, e poi le due sfumature (code) diritte, lunghe circa 10°. A ore 0840 i due parelii erano nettamente separati dall'alone, alla distanza di circa 4°. A ore 0845 si formò , per pochi minuti, l'arco tangente inferiore dell'alone che nel punto di contatto ap¬ pariva come un parelio inferiore. Poi scomparvero dapprima questo, indi l'alone e il parelio destro, e fino a ore 0912 per¬ sistette il solo parelio sinistro. Parelio del 15 aprile : insieme con T alone già formatosi a ore 13, cominciò a distinguersi a ore 16.45 dapprima il parelio sinistro, debole ma ben distinto, poi il destro. A ore 17 scom¬ parvero, prima l'alone e poi i due parelii. Parelio del 26 dicembre : il solo parelio sinistro , debole, senza l'alone apparve a ore 15.35 ed ebbe solamente 15 minuti di durata. Complesso alonare del 27 aprile : Mi fu possibile di osservare tutte le fasi di questo non or¬ dinario complesso alonare , benché , al principio della meteora mi fossi dovuto recare da Napoli a Lucrino per alcune ricerche sul lago di Averno, in compagnia del ch.mo ing. Pladido Rug¬ giero , direttore della sezione Idrografica del Genio Civile in Napoli. A ore 14.20 cominciò a vedersi T alone di 22° con T arco tangente al punto più alto. I due rami di questo arco si esten¬ devano man mano prolungandosi dai due lati verso il basso, finché, a ore 15.18 apparso l'arco tangente inferiore, le estremità di questo si congiunsero quasi con le estremità dell’arco supe¬ riore. A ore 15.30 questo arco era scomparso e rimaneva una parte soltanto dell’arco tangente superiore e cominciavano a ve¬ dersi i due parelii separati alquanto dall’ alone , e con le code — 74 — un po’ inclinate verso l'alto, così estese da intersecare gli archi tangenti. A ore 15.50 riapparve un frammento dell’arco tangente in¬ feriore, scomparve il parelio destro, rimanendo quello di sinistra, e apparve da questo lato l’arco tangente infralaterale dell'alone di 46° col rosso, verso il sole, nella parte convessa, molto in¬ tenso, e dieci minuti più tardi si formò anche l'arco infralaterale simmetrico di destra, col rosso più sbiadito. Intanto era scom¬ parso 1’ arco tangente inferiore dall’ alone di 2^°, e i due rami del superiore si andavano innalzando. A ore 16.15 i due parelii ordinari erano riapparsi, non più separati dall'alone, con le code orizzontali ; degli archi infralaterali dell'alone di 46° (che non fu mai visibile) il destro si era ravvivato e il sinistro indebolito. Nove minuti dopo i due archi infralaterali scomparvero, e il sole cominciò a tramontare dietro le colline a W del lago di Averno. Per alcuni minuti dopo il tramonto apparente persistettero l'alone di 22° e l’arco tangente superiore. Ho esaminato particolarmente le fasi di questo complesso alonare, che richiamò l'attenzione di molte persone *), anche per¬ chè in sette anni di osservazioni , in Napoli , è questa la prima volta che si notano gli archi infralaterali. Napoli , maggio 1929. *) Un contadino del luogo ci diceva che un complesso alonare da lui os¬ servato nel 1914, era molto più appariscente di questo. Riassunto Le óssfervaziorìi di aloni e di fenomeni connessi , iniziate in Na¬ poli nel 1922, sono state continuate anche nelLanno 1928. Si esamina, in questa nota, la frequenza di tali meteore ottiche nel detto anno e nel settennio 1922-28, e si descrivono i particolari dei parelii e del complesso alonare straordinario del giugno* Fitiito di stampare il 10 dicembre 1929» La trasparenza del mare da alta quota Comunicazione verbale del socio Prof. Giovanni Platania (Tornata del 28 novembre 1929) Esaminando la controversa questione della visibilità in mare da un posto elevato sulla superficie acquea , mi è riuscito di trovare ri¬ sultati che mi sembrano importanti. In oceanografia si assume, come misura della trasparenza marina, il numero di metri di cui bisogna abbassare dalla superficie del mare il così detto disco del Secchi fino a che esso cessi di esser visibile. Si ritiene da taluni che innalzandosi ad alta quota cresca la tra¬ sparenza, cioè che il disco, non più visibile dall’osservatore sul mare, sia ancora visibile ad un osservatore da grande altezza. Ora, dato che la trasparenza dipende dalle caratteristiche ottiche dell’ acqua , non vi è ragione di ritenere , a priori , che col crescere della distanza dalla superficie del mare cresca il valore numerico della trasparenza. Aumenta bensì il campo di visibilità , nel senso che , se per un osservatore sulla superficie dell’acqua questo campo è una superficie emisferica avente per raggio la misura della trasparenza, per un osser¬ vatore che si innalzi man mano ad alta quota questa superficie si de¬ forma , estendendosi tanto più ampiamente quanto maggiore è l’alti¬ tudine dell’osservatore. Ho trovato che , se la trasparenza di a metri è invariabile in qualunque direzione , la sezione della superficie di visibilità con un piano verticale passante per l’occhio dell’osservatore, è una curva al¬ gebrica, la cui equazione comprende termini in cui compare l’ indice di rifrazione Il campo di visibilità è dunque una superficie di rivoluzione, la cui sezione è la curva anzidetta. Poiché per n — 1, cioè non tenendo conto della rifrazione, la — 76 — curva si trasforma in un ramo della nota concoide di NlCOMEDE, propongo di chiamare concoide rifratta quella ottenuta nel modo anzidetto per in < 1, essendo m l’inverso dell’indice di rifrazione. Di questa darò , in altra sede , l’equazione ed esaminerò la pro¬ prietà ; mi limito qui a dire che essa è una curva il cui assintoto non è l’asse delle .r, come lo è nella concoide di Nicomede, ma un asse parallelo ad esso, ad una distanza dipendente da a e da n. La superficie di rivoluzione generata dalla concoide rifratta ha un solo punto, il vertice, la cui profondità sia a ; gli altri punti sono sempre meno profondi di a , ma la loro distanza dalla superficie del mare cresce con 1’ aumentare della quota di osservazione e col cre¬ scere di n. Ho pure dimostrato che i punti di questa concoide rifratta sono i punti che si trovano alla massima distanza di visibilità ; ma la curva, come appare all’occhio dell’osservatore è la concoide di NlCOME¬ DE, che è più rialzata rispetto alla concoide rifratta. Se m > 1, cioè se l’osservatore è immerso nel mezzo più rifran¬ gente , la concoide rifratta non è più assintotica , ma ha due punti di contatto con la superficie di separazione dei due mezzi ; e la di¬ stanza fra questi due punti è dipendente da n e dalla distanza dell’os¬ servatore dalla superficie stessa. Anche in questo caso la curva apparente all’ occhio dell’ osserva¬ tore è una concoide di NlCOMEDE, se il mezzo meno rifrangente ha trasparenza misurata da a. La superficie e le sezioni di cui si è detto hanno le forme su indicate se a è costante in tutte le direzioni e se la superficie del mare si considera piana. In realtà la trasparenza del mare varia col tempo ed è diversa nelle diverse direzioni, dipendendo principalmente dalla distribuzione del plancton, più denso di solito alla superficie, dalla vicinanza delle coste, dagli afflussi di acqua di diversa densità , dal materiale solido in sospensione, ecc. La visibilità dall’alto dipende anche dall’assorbimento atmosferico e dall’ intensità della luce riflessa dalla superficie del mare , la quale cresce col crescere degli angoli che fanno i raggi luminosi, incidenti e rifratti, con la superficie stessa. Per queste ragioni e per la diminuita grandezza dell’immagine retinica (legge di Aubert) l’ osservatore ad alta quota si trova in condizioni meno favorevoli di quelle dell’ osservatore alla superficie del mare. Ma il vantaggio grandissimo del primo è l’estensione della superficie di visibilità, estensione che varia con le leggi anzidette. -77- Con la cortese cooperazione del socio ing. Placido Ruggiero, che mi è stato largo di suggerimenti e di aiuti in queste indagini, ho eseguito nello scorso ottobre alcune misure di confronto della tra¬ sparenza del mare da alta quota e da presso la superficie del mare. Da un’imbarcazione presso la costa settentrionale dell’isola di Capri, veniva abbassato un disco bianco del Secchi , di grandi dimensioni, e da un punto elevato (altitudine 260 metri) in vicinanza di Anacapri si osservava il momento della scomparsa. Da queste ricerche, che descriverò minutamente altrove , risultò che il disco cessava di esser visibile agli osservatori dall’alto prima che scomparisse a quelli della barca. Tenendo conto del percorso obliquo dei raggi , il massimo spessore di acqua , nell’ istante della scomparsa , fu trovato , in uno esperimento, di metri 30,5 per gli osservatori dall’alto e di m. 34 per quelli della barca ; cioè, per i primi, il 10 °/0 in meno. Riassunto Vi ha chi ritiene che la visibilità in mare, da alta quota, cresca in profondità. Si dimostra in questa comunicazione che la superficie di visibilità è una superficie di rivoluzione , la cui sezione , con un piano verticale passante per 1’ occhio dell’ osservatore , è una curva algebrica, nella cui equazione compare l’indice di rifrazione n. È una curva che l’A. chiama concoide rifratta, perchè, per n— 1, si riduce a un ramo della concoide di NlCOMEDE. Si fa pure cenno di alcune misure, eseguite a Capri , di trasparenza del mare, da alta quota e dalla superficie del mare, i cui risultati confermano le vedute dell’ A. Finito di stampare il 10 dicembre 1929. Peli al posto di squame in Polypodium per • foratura L, del socio Ma ria Fiore (Tornata del 28 novembre 1929) È evidente che il tessuto tegumentale data la sua plasticità a riguardo delle mutevoli condizioni ambientali non può avere che molto limitato valore nelle questioni di natura filogenetica, tuttavia non pare sia così per le Felci. Il Buscalioni l) ha dimo¬ strato come le parafisi possono essere utili nella sistematica delle Felci , e il Bower 2) nella sua indagine di seriazione filetica di queste piante, ha messo in luce come i tricomi delle Felci siano un'eccezione alla regola , avendo osservato che la progressione da peli a squame in tali piante ha progredito parallelamente con l'evolversi di altri caratteri del tutto diversi. Egli ha dimostrato come il pelo semplice sia il tipo di tricoma più primitivo, quello pluriarticolato, ramificato, stellato, etc. di tipo intermedio, e quindi la squama il tipo di tricoma più evoluto. Ne segue che la comparsa allora di peli semplici in luogo di peli composti e squame , e di peli in generale al posto di squame, deve ritenersi una variazione retrograda, un ricordo an¬ cestrale ; e ciò appunto ho già ritenuto utile far rilevare in un precedente lavoro sullo S co top end riunì vuìgare L. 3), a proposito 4) Buscalioni, L. — Sai tricomi delle felci con particolare riguardo alle parafisi. Malpiglia, anno 15°, fase. I— II, pag. 162, tav. 3-5. 2) Bower, F. O. — The Ferns Cambridge, Voi. I, II e III t Studies in thè phylogeny of thè filicales. IV. Blechnum and allied genera. Ann. of Bot., Voi. 28, pag. 363. 3) Fiore, M. — Dicotomia e fasciazione f oliare in " Scolopendrium vul- gare L. „. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. XXXIX, pag, 28, 1927, - 79 di aver osservato in foglie fasciate e dicotome la presenza di peli semplici e abbondanti peli stellati al posto di pochissimi peli stellati e delle squame che si riscontrano nelle foglie normali. Inoltre nel mio detto lavoro avendo esposta la veduta se¬ condo la quale dicotomia e fasciazione devono ritenersi due anormalità omologhe , e discusso il valore morfologico da loro darsi a riguardo dell'opinione che la ramificazione dicotoma deve ritenersi il tipo più primitivo di ramificazione (Hofmeister, Prantl, Goebel, Potonie, Bower, Bugnon etc.) e che anzi essa potrebbe considerarsi come un ricordo deH'origine merifitaria delle foglie (Bugxon) *) o similmente ricordarsi dell'origine della foglia e del fusto come rami omologhi di un sistema primitivamente indiffe¬ renziato (Potonie, Haller, Lignier, Tansley, Bertrand, Bower) mi sembrò interessante la coincidenza della presenza di entrambe queste anormalità. Ora avendo riscontrate foglie dicotome e più volte dicotome in esemplari di Polypodium perforatimi L. nella serra dell'Orto Botanico di Napoli , pregai il Direttore Prof. Fridiano Cavara di poterne esaminare il tessuto tegumentale allo scopo di osser¬ vare se anche in questo caso l’una anormalità avesse fatto quasi di richiamo all’altra. L’indagine ebbe risultato positivo per la maggior parte delle foglie esaminate. Infatti, le foglie di Polypodiam perforatimi L. non presen¬ tano che rare squame terminanti con una glandola mucillaginosa, ad occhio nudo visibili come tanti sparsi punti neri ; nella mag¬ gior parte delle foglie dicotome esaminate furono riscontrati invece numerosi peli mucillaginosi, multiarticolati, e molto simili a quelli anche articolati da me osservati in foglie dicotome e fasciate di Scolopendrio vulgare. Poiché, come si è accennato , con il Bower è da ritenersi che le squame sono tricomi derivati da peli , e infatti le Proto * cyataceae da cui devono ritenersi derivate le Felci più evolute, 4) Bugnon, P . — Dichototnie f oliare chez le Gai ( Viscum albani L.). Compt. Rend. Acad. Se., t. 178, p. 1305, 1924. 80 — hanno peli semplici e mucillaginosi , anche in questo caso del Polypodiutn perforatimi mi sembra che la coincidenza delle sud¬ dette anomalie fa sì che l'una venga in appoggio del valore mor¬ fologico ancestrale dell'altra, benché di grado differente. Napoli, Istituto di Botanica. Riassunto L’A. fa noto l’aver riscontrato peli al posto di squame in foglie dicotome di Polypodium perforatum L.; ricorda che ha discussa in un suo precedente lavoro una simile anomalia riscontrata in foglie dico¬ tome e fasciate di Scolopendriwn vulgare L., e conclude che anche in questo caso la simultanea presenza delle dette-anomalie — peli sem¬ plici al posto di squame e dicotomia — fa sì che il valore morfologico di natura ancestrale dell’una venga in appoggio dell’altra. Finito di stampare il 10 dicembre 1929. Di un nuovo ascomicete Ochraceospora Cavarae n. g. n. sp., causa di marciume radicale e del fusto in piante di Alocasia odora C. Koch del socio Maria Fiore (Con le tav. 4, 5 e 6) (Tornata del 28 novembre 1929) Sommario Introduzione. Caratteri del marciume. Caratteri del micelio interno e di quello esterno. Caratteri dei conidii. Cultura del micete in esame. Ricerca della forma ascofora. Culture ottenute da ascopore e picnospore. Cenno sullo sviluppo dei periteci. Riassunto dei caratteri diagnostici. Posizione sistematica del fungo esaminato. Condizioni favorevoli e sfavorevoli di sviluppo ed entità del potere patogene del fungo in esame. Conclusioni. Bibliografia. Spiegazione delle tavole. Introduzione. Possedevo da vari anni dei bei esemplari di Alocasia odo¬ ra C. Koch , senonchè uno di essi , il più florido e bello, aH’inizio del risveglio vegetativo del 1927 cominciò a sviluppa¬ re foglie sempre più piccole e a lunghi intervalli, e che presto ingiallivano, finché nell'agosto del seguente anno il suo fusto apparve inclinarsi alquanto da un lato, e dopo alcuni giorni fu trovato riverso al suolo. Contemporaneamente anche le altre - ó!- — 82 — piante di Alocasia mi si ammalavano , mostrando i medesimi iniziali sintomi. Esaminata la parte del fusto caduta al suolo e quella rima¬ sta nel terreno, fu evidente che esso si era spezzato alla base causa un marciume umido che dopo aver distrutto quasi com¬ pletamente tutte le sue radici si era diffuso anche al fusto, mar¬ ciume causato senza dubbio da qualche fungo. E, infatti, osser¬ vato a microscopio un pò di marciume fu senz' altro notata la presenza di grosse ife. A scopo di identificare il microrganismo causa del detto marciume iniziai subito la cultura artificiale del fungo stato cau¬ sa della morte della mia pianta, mentre qualche radice marcita potuta racimolare nel terreno e pezzi del fusto mostranti varii stadii di marciume inclusi in alcol per poterne fare 1’ esame a microscopio, e il resto del fusto mostrante soltanto segni di marciume incipiente lo conservai opportunamente allo scopo di osservare se e come il microrganismo avesse continuato il suo accrescimento saprofiticamente. Caratteri del marciume* Il marciume in esame nel così detto stadio d’ invasione o di marciume incipiente è caratterizzato dalla comparsa nel cilin¬ dro centrale di macchie color giallo bruno che vanno sempre più diffondendosi e ampliandosi. Iniziandosi in seguito lo stadio7 di marciume tipico la corteccia si distacca dal cilindro centrale che si trasforma in una sostanza bruna, viscida. Dietro esame microscopico appare evidente come le mac¬ chie color giallo bruno che si riscontrano nel marciume inci¬ piente siano dovute a formazione di sostanza mucillaginosa qua e là nelle cellule del tessuto parenchimatico e nei lumi degli e- lementi vascolari. Una simile sostanza mucillaginosa è nota che suole spesso osservarsi nei tessuti delle piante in connessione appunto con la presenza di ife. È probabile che il fungo dopo aver prodotto per la sua attività enzimatica questa sostanza, se ne avvalga in un secondo tempo come cibo ; spesso ho infatti riscontrato ife in intimo contatto con ammassi di essa. La sostanza viscida del marciume tipico osservata a micro- — 83 — scopio risulta formata dalla completa disgregazione e più o me¬ no avanzata distruzione degli elementi del cilindro centrale dei quali unici a potersi ancora identificare sono gli elementi con¬ duttori dell'acqua. In essa inoltre si notano abbondanti cristalli di ossalato di calce, specie in forma di druse, e resti di grosse ife mescolate alla sostanza mucillaginosa su accennata. Esame comparativo del fusto allo stato incipiente di mar¬ ciume e di quello allo stadio di marciume tipico mette ancora in evidenza come in conseguenza della presenza del micete in parola nei tessuti della pianta, anzitutto viene trasformato e con¬ sumato l'amido e le sostanze albuminoidi in generale dei conte¬ nuti cellulari, e indi le cellulose delle membrane cellulari, come mostra la reazione con il clorojoduro di zinco. Quasi contem¬ poraneamente anche gli elementi conduttori dell'acqua sono in¬ vasi dal micelio, tuttavia trattamento con floroglucina e acido cloridrico mette in evidenza come la liguina non venga utilizzata dal fungo. In quanto a quella parte del fusto mostrante soltanto segni di marciume incipiente, e opportunamente conservato, ben presto completamente marcì rivestendosi di un lussureggiante micelio bianco che indagine a microscopio ha constatato in continuazione di quello interno e quindi non appartenente ad altro fungo. Caratteri del micelio interno e di quello esterno* Il micelio interno osservato sia nel fusto che nelle radici è formato da grosse ife di \i 3-6, settate, ramificate e a volte con portamento alquanto tortuoso o varicoso. E stato anche osser¬ vato differenziazione di pseudosclerozji costituiti da ife di natura rizoctoniale in marciume tipico avanzato. È noto come il micelio Rhizoctonia da vari autori sia stato riferito al genere Corticium ; mentre in altri casi è stato osser¬ vato in corrispondenza di ascomicete e propriamente della Le- ptosphaeria circinans Sac, e in forma di rizomorfe della Rosel¬ lina Cesati e De Notaris. Fu inoltre riscontrato in radici di patata in associazione, però, secondo il Carpenter , in questo caso, di varii Fusariutn. — 84 — Le ite dapprima ialine e sottili, adulte ispessiscono e a vol¬ te imbruniscono la loro membrana assumendo inoltre il colore giallo bruno della sostanza mucillaginosa che provocano con la loro attività enzimatica e a cui si trovano mescolate. Il micelio esterno per non essere invece mescolato a tale sostanza si presenta biancastro o leggermente salmone. A dif¬ ferenza del micelio interno , in esso si riscontrano numerose clamidospore singole o in catena, intercalari o terminali e mi¬ suranti \i 8. È molto probabile che mentre il micelio interno ha la fi¬ nalità principale di assorbire le sostanze necessarie alla nutri¬ zione del parassita, quello esterno alla sua propagazione. Infatti, questo, oltre a differenziare le dette clamidospore finì con il tra¬ sformarsi in una sostanza gelatinosa che vista a microscopio ri¬ sulta costituita da numerosi conidii simili a quelli caratteristici del genere Fusariam. Prima il genere Fusariutn era ritenuto soltanto a compor¬ tamento saprofitario, ma ormai va sempre più aumentando il numero delle specie ad adattamento parassitario. Caratteri dei conidii* I conidii osservati sono ialini e per la loro forma e relativo ispessimento delle pareti e dei setti possono ascriversi alla se¬ zione “ Eumartiella „ istituita da Wollenweber. Si distinguono dei macroconidii e dei microconidii. I ma- croconidii sono leggermente curvi con le estremità attenuate e subrotonde, comunemente presentano tre setti; raramente due, quattro o cinque setti. Se con due o tre setti misurano p 20 - 25x3,50 -4; se con quattro o cinque setti misurano 25-30 x 4. Raramente è stato notato qualche macroconidio di forma lanceolata e di pi 25-30 x 4-4,50. I microccnidii sono ovali, fusoidi o leggermente incurvati come i macroconidii. Sono continui, con un setto, due o anche tre. Le loro dimensioni sono di p 8-12x3-3,50. — 85 — Cultura del micete in esame. Per la cultura dèi fungo in esame sono stati adoperati varii terreni tra cui principalmente quello costituito da sola patata bollita oppure da patata-agar-glucosio o maltosio, o da malto- agar 1 ). Come inoculo è stato adoperato sia un po’ della parte in¬ terna di un pezzo di fusto marcito o di radice, sia un po’ della detta sostanza gelatinosa. In tutti i casi è stato osservato lo sviluppo dopo alcuni giorni con temperatura tra i 25° e i 30° di un micelio biancastro leg¬ germente salmone, con aspetto tra il feltroso e l'aracnoide, co¬ stituito di ife ialine di pi 3-4 al massimo, e quindi alquanto meno grosse di quelle del micelio accresciutosi a spesa dei tes¬ suti della pianta, benché mostranti le medesime caratteristiche di ramificazione e settazione di queste, e medesime clamido¬ spore. Tale micelio dopo una quindicina di giorni si differen¬ ziava in uno strato tra il gelatinoso e butirroso costituito da nu¬ merosissimi conidii simili a quelli già osservati a proposito dej descritto micelio esterno, e solo, forse secondo il terreno , ora mostrantesi solo o quasi nella forma di rnacroconidii , ora in entrambe le forme di rnacroconidii e microconidii e in propor¬ zione quasi uguali, o con prevalenza invece dei microconidii. Spesso sia i rnacroconidii che i microconidii sono stati osservati dar luogo a clamidospore sferiche di pi 6 intercalari o terminali. In culture vecchie essi diventavano guttulati o vacuolati. Come mostra la Fig. 1, Tav. 5, appaiono formarsi per co¬ strizione della parte terminale di ife semplici o ramificate. Per il loro rapido differenziamento raramente possono osservarsi nella loro formazione e ancora non distaccati dai loro coni- diofori. Lo sviluppo delle clamidospore è viceversa molto graduale e può ben osservarsi la loro formazione dovuta a dilatazione e isolamento di particolari tratti di ife. :) Come estratto di malto è stato usato il " Biomalzes „ di Patermann, già usato con ottimo risultato dal Kììster. — 86 — Le culture più rigogliose si sono ottenute usando come ter¬ reno la sola patata o patata-agar. Ricerca della forma ascofora» Poiché è ben noto che i miceti appartenenti al genere Fu- sarium sono metageneticamente collegati ad ascomiceti apparte¬ nenti all'ordine dell ' hypocreales (generi fìn'ora conosciuti : Nec- tria} Neonectria , Gibberella , Hypomices), a fine di ottenere la forma ascofora del Fusariutn esaminato , dalle colture ottenute ne ho ricavato di continuo delle altre subito che cominciavano a degenerare, nella speranza che comparisse. Infatti in una cultura con terreno costituito da patata-agar-glucosio, in cui per altro erano state aggiunte delle gocce di bleu di metilene allo scopo di osservare se il detto micete possedesse enzimi riducenti *) avendo osservato che il terreno culturale per lo innanzi coperto dal solito micelio si presentava tutto cosparso di moltissime mi¬ nute granulazioni nere in una parte del terreno e di bianche nel restante terreno, ho potuto finalmente constatare la presenza di periteci e di pienidii. Le granulazioni nere, infatti, viste a microscopio è risultato come fossero dei periteci, quelle bianche dei picnidii. Periteci. ~ Giallognoli quando giovani, i periteci assumono color ocraceo più o meno scuro quando pienamente sviluppati. Sono sferici e solo molto eccezionalmente qualcuno mostra la forma a fiasco tipica delle Flypocreales , possiedono parete reti¬ colata, diametro di \x 60-90 e non posseggono alcun ostiolo ben formato, l'uscita delle ascopore effettuandosi per un'apertura ir¬ regolare della parete del peritecio ; e solo in qualche rarissimo caso- è stata osservata una specie di bocca più o meno definita. Gli aschi sono ovati-oblunghi o subglobosi ed evanescenti. La loro parete per una specie di gelatinizzazione scompare ben presto prima che le ascopore siano diventate adulte ; queste ri¬ mangono agglomerate da una specie di sostanza agglutinante fino a che non sono completamente sviluppate. Contengono nor- 1) Da tali ricerche come da altre anche di natura fisiologica fui poi di¬ stratta dalla presenza dell'interessante forma ascofora. — 87 — malmente otto spore e non possono osservarsi se non quando i periteci sono ancora giovani. Le ascopore di forma lenticolare sono ialine e indi color salmone quando giovani, ma mature color ocre ; hanno dimen¬ sioni di pi 9 — 10 per 5-6 nella parte media. Trasportate in ac¬ qua distillata o su appropriati terreni culturali danno luogo a un tubetto germinativo. Picnidii. — Sono sferici ed astomi come i periteci ma non possiedono nessuna parete reticolata ; anche adulti conservano una lieve tinta giallognola e hanno un diametro di \i 60-100. Le picnospore sono sferiche , incolori e di pi 5 di diametro. Come le ascopore germinano facilmente trasportate in acqua di¬ stillata o su appropriato terreno culturale. Culture ottenute da ascopore e picnospore. A fine di accertarmi che nelle mie culture non era interve¬ nuta inquinazione e che in effetti i periteci e i picnidii da me osservati erano in rapporto con il Fusarium in esame, ho effet¬ tuato diverse culture adoperando i varii terreni fin’ora usati su cui ho inoculato separatamente sia ascopore che picnospore. In tutti i casi ho ottenuto sempre lo stesso micelio da cui ero partita e la stessa peculiare forma conidica, e solo, in più, due forme di clamidospore e cioè una a parete nuda, già osser¬ vata, e una a parete echinata. È noto come spesso intervenga più di una forma di clami¬ dospora. Casualmente qualche clamidospora echinata perde il suo ornamento e ispessisce e imbrunisce la sua parete. In qualche subcultura di nuovo è stata osservata formazione di periteci e picnidi o soltanto di picnidi ; ma in seguito tali formazioni non sono più comparse. Cenno sullo sviluppo dei periteci e dei picnidii* È ben noto come siano interessanti le peculiarità della ri- produzione sessuale degli ascomiceti a riguardo delle discussioni circa la loro derivazione direttamente dalle Rodoficee , da un ceppo unico da cui sarebbero originati entrambi i gruppi, o da altri funghi (Ficomiceti) ; e connessamente a riguardo dell inter- — 88 — prelazione da darsi airendocariogamia che suole precedere la for¬ mazione degli aschi. Sarebbe stato quindi molto interessante se¬ guire lo sviluppo dei peculiari periteci del fungo esaminato, ma il loro subitaneo differenziamento mi ha ciò vietato. Saltuariamente ho potuto però osservare evidenti fusioni nucleari tra cellule delle accennate ife di natura rizoctoniale ; mentre in alcune culture artificiali su patata, ottenute da ascospore ho notato formazioni di cellule di natura carpogoniale e con tricogino più o meno sviluppato ; mentre d' altra parte fusione tra due di tali cellule prive di tricogino. Anteridii non sono mai stati riscontrati. Anche dei picnidii dato il loro rapido differenziamento non ho potuto seguirne lo sviluppo, ma con ogni probabilità devono ritenersi di origine meristematica anziché anfigena. Riassunto dei caratteri diagnostici. Micelio. — In cultura , incolore e con lieve colorazione sal¬ mone ha aspetto feltroso-aracnoideo ; le sue ife discretamente settate e ramificate hanno un diametro, quando adulte, di p 4-6. Possono svilupparsi ife di natura rizoctoniale. Macroconidii. — Sono incolori e fusoidi o lievemente arcuati e con estremità alquinto assottigliate e subrotonde. Di rado si presenta qualcuno con forma lanceolata. Di solito sono 3 settati ; raramente 4 o 5 settati. Le loro dimensioni sono di \i 20 - 25 per 3,50-4 se con tre setti; di p 20-30 per 4 se con quattro o cinque setti. Microconidii. — Quasi sempre anche presenti , sono ugual¬ mente incolori, e di forma ovale o fusoidi e leggermente arcuati e con le estremità attenuate e subrotonde; mai lanceolati. Sono continui oppure con uno o due setti ; raramente con tre setti. Le loro dimensioni sono di 8-10x3- 3,50. Sia nei macro¬ conidii che nei microconidii le pareti e i setti sono relativamente molto spessi. Clamidospore. — Possono avere parete nuda od echinata ; essere terminali o intercalari ; originarsi singolarmente o in serie. Sono sferiche e di p 8 di diametro. Conidio - clamidospore. — Sia tra i macroconidii che trai microconidii è stata notata la presenza di conidio-clamidospore. 89 - Periteci. — Giallognoli quando giovani , presentano quando adulti una parete reticolata color ocre ; sono sferici e general¬ mente astomi aprentesi mediante fessura irregolare. Interessante è la saltuaria presenza di qualche peritecio con foro più o meno ben delimitato. Hanno un diametro di \x 60 --85. Aschi. — Gli aschi subglobosi sono evanescenti ; contengono di solito otto spore. Ascospore. — Sono ocracee, lenticolari e di solito univacuo- late ; di \i 12-14 x 5 - 6. Picnidii. — Giallognoli anche quando maturi, sono sferici e come i periteci si aprono per l'uscita delle picnospore mediante fessura irregolare. Hanno un diametro di \i 70-90. Picnospore. — Sono incolori , globulari e con diametro di [x 4-5. Posizione sistematica del fungo esaminato. Tali essendo i caratteri diagnostici del micete esaminato ap¬ pare evidente come sia difficoltoso l'ascriverlo ad un ordine an¬ ziché a un altro. Infatti per i suoi periteci sferici ed astomi (sal¬ tuariamente con un più o meno definito ostiolo) ed a parete re ticolata colorata , per i suoi aschi subrotondi , evanescenti e a disposizione sparsa , per le sue spore colorate e continue , cioè senza setti, esso partecipa sia dei caratteri generalmente proprii delle Perisporiales, sia di quelli proprii delle Hypocreales. Un caso simile si ha nel genere Guttularia che possiede periteci anche sferici e senza ostiolo ben definito, salvo eccezio¬ nalmente , come nel caso presente , aschi ovati e spore brune. Esso è ascritto alle Perisporiaceae , ma secondo I'Obermeyer si potrebbe ascrivere alle Hypocreales in vicinanza del genere Me- lanospora. Seguendo allora la veduta del I'Obermeyer e anche per ana¬ logia, dato che la sua forma conidica e rappresentata da un Fu- sarium , deuteromicete che fin' ora è risultato aver rapporto con ascomiceti appartenenti all'ordine Hypocreales , anche il presente ascomicete potrebbe ascriversi a quest' ordine e propriamente alla famiglia delle Nectriaceae in vicinanza dei generi Guttularia e Melanospora . — 90 — Pertanto non risultandomi che sia stato notato e descritto, sia nella sua forma conidica che ascofora, un fungo presentando i su detti caratteri, a parte l'ordine e la famiglia cui ascriverlo, appare necessario la costituzione di un nuovo genere di asco- micete che per il colore ocraceo delle sue spore e in omaggio alla memoria del Prof. Fridiano Cavara, Direttore dell' Istituto Botanico di Napoli, possiamo denominare Ochraceospora Cavarae n. g. dando la seguente diagnosi : Ochraceospora n. g. Perithecia gregaria , sphaeroideaì asto- ma, initio pallida , dein tanica reticulata ochracea praedita. Asci aparaphisati , ovata- sub globosa, fugacia , octospora. Sporidia el- lipsoidea , utrique attenuata , ochracea. Conidia gen. Fusarium. Clatnidosporae globosae. OchraceosporaCavarae n.g. n.s Peritheciis diam. \i 60x85, prope apicem irregulariter fissis Sporidiis ocraceiis p, 12-14 X 6. Micelio in cultura , albo vel leviter salmone ; hyphis \i 3-5 diam., septatis , ratnosis. Conidiis sec. Martiella. Macroconidiis plus minusne curvis, utrique attenuatis , subrutundis ; rarissime lan¬ ceolata ; 3 septatis (|i 20-25 x 3,50-4) , raro 2 20 x 3,50), 4 vel 5 (pi 25-30 x 4) septatis. Microconidiis ovatis vel plus minusne curvis , aseptatis vel 7, 2, 3 septatis (u 8-15 X 3-3,50). Chlamidosporis globosis laevigata vel echinulata tunica praeditis , isolatis vel catenulatis , terminalibus vel intercalaribus. Hab. in radicibus et caule piantar um Alocasia odora C. Koch. Condizioni favorevoli e sfavorevoli di sviluppo e entità del potere patogene del fungo in esame* L’ascomicete esaminato appare abbastanza dannoso potendo produrre anche la morte delle piante che invade. Dall' esame delle varie piante ammalatisi è risultato come esso invada an¬ zitutto le radici che si distaccano e appaiono come svuotate perchè la loro corteccia si distacca dal cilindro centrale marcito. La pianta è quindi costretta a rigenerare continuamente le sue radici, per la quale ragione si esaurisce nè mai riesce più ad accrescersi, finché perde anche la capacità di rifare le sue radici e così il parassista si addentra anche nel caule. - 91 In generale le piante giovani si mostrano più resistenti delle adulte, contrariamente a quanto si riscontra in altri casi. D'altra parte è stato notato che esso non mostra avere sempre la stessa virulenza. Pare che acquisti la massima virulenza quando comin¬ cia a svilupparsi saprofiticamente sui resti vegetali che sono soliti trovarsi nel terreno. Avendo io infatti inoculate delle ascospore nel fusto di un esemplare della detta Alocasia, dopo alcuni giorni fu notato lo sviluppo nei tessuti del solito micelio tuttavia il marciume derivatone dopo aver progredito per qualche centime¬ tro verso l'interno del fusto, si arrestò. Ben diverso risultato ho ottenuto invece inoculando indiret¬ tamente delle ascopore in piante sane di Alocasia , e cioè inaf- fiandole con acqua distillata in cui erano state sparse delle asco¬ pore, perchè in seguito a ciò le radici delle dette piante sono state violentemente invase dal solito marciume. Con l'autunno la malattia sembra assopirsi per riprendere la sua attività con l'approssimarsi del caldo. Il molto caldo, in¬ fatti e anche l'umido, favoriscono sensibilmente il suo sviluppo. Sterilizzazione del terreno con soluzione di solfato di rame all' 1 °/00 , pur valevoli in casi simili di invasione di micelii fun¬ gini, non ha dato buoni risultati. Continua areazione del terreno, poca acqua e concime minerale possono riuscire invece ad osta¬ colare o almeno in un certo modo arrestare lo sviluppo o ulte¬ riore accrescimento del fungo. Conclusioni Un nuovo ascomicete " Ochraceospora Cavarae „ n. g. n. s. è risultato essere stato la causa del marciume esaminando nelle radici e fusto di piante di Alocasia odora C. Koch. Benché con peritecio astomo questo nuovo ascomicete po¬ trebbe ascriversi alle Mypocreales e propriamente collocarsi tra le Nectriaceae in prossimità dei generi Guttularia e Melanospora. La forma conidica cui è metageneticamente collegato è rappre¬ sentata da conidi del genere Fusarium che possono ascriversi alla sezione Martiella di Wollenweber. 11 detto fungo è da ritenersi un parassita facoltativo piut¬ tosto che obbligato, perchè esperimenti di inocolazione hanno 92 - mostrato come esso spieghi tutta la sua massima virulenza dopo essersi già sviluppato saprofiticamente nel terreno , su resti ve¬ getali. Le piante giovani, benché non riescono più ad accrescersi, resistono al male meglio delle adulte; e propriamente il parassita non riesce letale finché esse sono in grado di rimpiazzare le ra¬ dici che vengono distrutte, e il marciume non si estende anche al fusto. In ogni modo le piante, una volta attaccate dal micete, perdono tutto il loro pregio ornamentale specie per la piccolezza delle loro foglie che vengon su e che per altro presto ingialli¬ scono. Le radici appaiono avvizzite e come se fossero state svuo¬ tate del loro contenuto, e si distaccano facilmente. Le sostanze albuminoidi dei contenuti cellulari, specialmente, e le cellulose sono le sostanze prese di mira del parassita ; i vasi e le tracheidi per quanto anche essi come gli altri elementi si riscontrano invase da ife, sono gli unici elementi ancora riscon¬ trabili nel marciume tipico , e ciò perchè la lignina non viene utilizzata dal fungo. Il caldo afoso e il terreno molto umido danno luogo a con¬ dizioni che favoriscano lo sviluppo dell’ ascomicete esaminato. Areazione, invece, pochissima acqua e concime minerale è stato sperimentato che danno luogo a condizioni sfavorevoli per il suo sviluppo o suo ulteriore accrescimento. Riassunto Oggetto del presente lavoro è lo studio di un marciume riscon¬ trato nelle radici e nel caule di piante di Alocasia odora C. Koch. È risultato esserne causa la presenza di un fungo e propriamente di un nuovo genere di ascomicete di cui è data la diagnosi. BIBLIOGRAFIA 1905. Blackman, V. H. e FRASER, H. — Fertilation in Sphaerotheca. 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Oc. 4 e ob. 3. Fig. 7. — Peritecio eccezionale che ricorda la forma a fiasco propria dei pe¬ riteci delle Hvpocreales. Oc. 4 e ob. 3. Fig. 8. — Periteci visti a maggiore ingrandimento. Oc. 2 e ob. 8. Fig. 9. — Giovani aschi. Oc. 2 e ob. 8. Fig. 10. — Gruppo di ascopore non ancora mature trattenute tra loro da so¬ stanza agglutinante. Oc. 2 e ob. 8. Fig. 11. — Ascopore mature. Oc. 4 e ob. 6. Fig. 12. — Ascopora che germina. Oc. 4 e ob. 6. Fig. 13. — Gruppo di picnidii. Oc. 4 e ob. 3. Fig. 14. — Picnidii visti a maggiore ingrandimento. Oc. 2 e ob. 8. Fig. 15. — Gruppo di picnospore. Oc. 2 e ob. 8. Fig. 16. — Picnospora che germina. Oc. 2 e ob. 8. ) Come microscopio è stato usato il Leitz. — 96 — Tav. 6. Fig. 1. — Cultura in cui si sono sviluppati in a periteci e in b picnidi. Fig. 2. — Cultura il cui micelio si è interamente differenziato in picnidi. Fig. 3. — Cultura su patata-agar ottenuta da picnospore. Fig. 4. — Cultura su patata-agar ottenuta da ascopore. Finito di stampare il 20 gennaio 1930. Nuovo caso di simbiosi fra Oromia vulgaris M. Edw. e Ascidia mentula O. F. Muller. Comunicazione del socio Prof. Giuseppe Zirpolo (Tornata del 28 luglio 1929) Già in un precedente lavoro ho avuto occasione di occu¬ parmi della simbiosi della Dromia vulgaris M. Edw. con Baia- nus crenatus Brug. 1). Questo crostaceo è ben noto ai biologi per la sua comune simbiosi con una spugna, la Suberites domun- cula Olivi 2), dal colore giallo aranciato così vivo da costituire anche un beirornamento per un Aquarium. Non è difficile tro¬ vare alle volte sul suo dorso una colonia di Ascidie composte ( Leptoclinum maculosum M. Edw.) 3). L'animale tiene fermo il suo simbionte con le due ultime zampe che sono brevi , massicce, di colore bruno e ripiegate in su in modo da ben assolvere al loro ufficio. E questo il suo mezzo di difesa, cosi almeno è ri¬ tenuto dai biologi, in questo modo l'animale si maschera: difatti osservando dall' alto 1* animale si notano solo le piccole e corte zampe, tutte irte di peli , coperte di sabbia ed apparentemente informi, mentre il dorso è completamente coverto dal suo sim¬ bionte. 1) Zirpolo, G. — Caso di simbiosi fra Dromia vulgaris M. Edw. e Ba- lanus crenatus Brug. Boll. Soc. Nat. Voi. 37, p. 177, 1 fig., 1925. 2) Olivi, G. — Zoologia adriatica. Bassano 1792. Issel, R. — Biologia marina , 1 voi. pp. 608, 211 figg. Hoepli 1918. 3) Lo Bianco, S. — Notizie biologiche riguardanti specialmente il periodo di maturità sessuale degli animali del golfo di Napoli. Mitth. Zool. Stat. Neapel, Bd. 19, p. 661, 1909. — 98 — Nel presente scritto mi occupo di un nuovo caso di sim¬ biosi fra Drotnia vulgaris M. Edw. ed un'Ascidia semplice, Y A- scidia (Phallusia) mentala O. F. Muller. È questo il primo caso osservato: nella bibliografia non mi è occorso conoscerne altro simile. Il caso è interessante e per la nuova forma di animale che entra in simbiosi con la Dromia e per le modificazioni che l'Ascidia ha subito convivendo col granchio. La Dromia in esame misura mm. 25 a partire dall’estremo apice del capo sino al vertice massimo della curva dell'addome : essa è quindi di piccole dimensioni e non presenta alcuna ca¬ ratteristica degna di nota. L' Ascidia che si trova sul suo dorso vi è adagiata nel senso della maggiore lunghezza, perpendicolar- Fig. 1. — Ascidia mentula O. F. Muller. a. o. apertura orale ; a. ab. apertura cloacale ; f. t. intestino terminale ; si. stomaco. mente al piano di simmetria del granchio. Ora si sa che P Ascidia mentala (Fig. 1) ha forma tozza, grossolanamente conica con le due aperture — orale e cloacale — disposte a differente livello del — 99 corpo delPanimale. La tunica è così spessa e opaca da impedire la visione distinta degli organi interni , sebbene abbastanza pla¬ stica : questi animali sono fissi sugli scogli e la base di attacco si deforma variamente a seconda dell' oggetto su cui aderisce. Un fenomeno analogo si è verificato nel presente caso, ma sono sopravvenute modificazioni più profonde. Difatti l'animale ha preso una forma schiacciata, concavo-convessa prolungandosi Fig. 2. — Dromia Vulgaris con Ascidia mentula a. o. apertura orale ; c. b. cavità branchiale ; a. ab. cloacale aborale ; i. t. intestino terminale ; si. stomaco c. conchiglie che vivono sulla tunica dell’ Ascidia. da un estremo all'altro oltre il corpo delPanimale. Il suo spessore si è ridotto nella zona centrale per la maggiore estensione che ha preso in quelle laterali. Le due aperture - orale e cloacale - non hanno affatto cambiata posizione, ma hanno preso la forma di due fori ellittici che si possono anche ben osservare nella Fig. 2 (a. o. e a. ab). Tutto Papparato digerente delPanimale si osserva molto me¬ glio in questo esemplare così modificato che in quelli viventi sugli scogli, e ciò particolarmente per il fatto che la tunica del¬ Panimale , nella distensione , si è assottigliata nella regione cen¬ trale e ispessita nei bordi laterali , onde la cavità branchiale e gli altri organi interni appaiono evidenti. 100 - Staccando l’Ascidia dal granchio , il che è stato facile sola¬ mente dopo che l’animale è stato fissato in alcool, ho potuto os¬ servare la forma concavo-convessa presa dall'Ascidia per adattarsi sul dorso del granchio. Il torace della Dromia è molto convesso in modo da dare all’animale un aspetto quasi sferico e 1' Ascidia si è perfettamente adattata ad esso, deformando così il suo corpo. Com’è avvenuta questa simbiosi ? Si è sviluppata l’Ascidia sul corpo dell'animale essendosi per caso poggiata una sua larva sul dorso della Dromia o la Dromia stessa in mancanza di spu¬ gna , o di altro ha adagiata 1’ Ascidia già adulta sul suo dorso per istinto difensivo ? Io credo valida la seconda ipotesi. Difatti se noi conside¬ riamo quello che accade comunemente allorché si separa la Dro¬ mia dalla spugna che è il suo simbionte, cioè la ricerca febbrile della Dromia per trovare la spugna ed il fatto che, trovatala, con rapidi movimenti, se la rimette sul dorso, tenendovela fissa per l'ultimo paio delle zampe posteriori, possiamo affermare che è proprio la Dromia che va in cerca di animali adatti per rico¬ prire il suo corpo, pasto ambito dei polpi. Non è probabile che una larva di Ascidia si sia sviluppata sul dorso della Dromia fino a diventare così grande da rico¬ prire per intero l'animale, perchè per troppo tempo sarebbe ri¬ masta la Dromia senza difesa: è invece da supporsi che la Dromia abbia adagiato sul suo dorso 1’ Ascidia e che questa si sia adattata, pigliando la forma curva del carapace del simbionte, data la plasticità della tunica. Che si tratti di una simbiosi mutualistica questa riunione di un animale fisso (Y Ascidia) poco appetito, con uno mobile molto appetito, non mi pare si possa mettere in dubbio. L' Ascidia, infatti, è un animale che sta fisso sugli scogli e si ciba di sostanze che sono portate dalla corrente d'acqua che attraversa l’apertura orale e la successiva cavità branchiale, ora se esso è portato in giro potrà più facilmente trovare cibo più abbondante e più vario. La Dromia è un granchio che non ha altra difesa se non nel dermascheletro , ma per i polpi che sono così avidi di crostacei il dermascheletro non ha importanza, perchè indipendentemente da esso sono capaci di mangiare gli — 101 — organi interni e lasciarlo vuoto ed allora è necessario che i granchi si difendano in tutti i modi e con ogni mezzo. Sono ben noti i casi di mascheramento che presenta una lunga serie di crostacei, come la Maja squinado , la Pisa, ecc. 1 2). Questi animali ricovrendo il loro corpo con tutto ciò che hanno a loro disposizione si difendono nel miglior modo possi bile dai loro nemici. Si può dire che alle volte è difficile pen¬ sare che sotto cumuli di alghe, di briozoi, molluschi si trovino crostacei capaci di portare in giro un così grave fardello ; ma si tratta della difesa del proprio organismo e gli animali vi si adattano. Le Dromie preferiscono in genere una spugna, la Suberites domuncula , perchè questa le difende bene. Polimanti 3), alla Stazione Zoologica di Napoli , ha compiuto delle esperienze in¬ teressanti sull' argomento. Mettendo in una vasca una Dromi coverta dalla Suberites con un polpo egli osservò che il polpo attaccava la Drotnia con il suo simbionte ma poi li lasciava, mentre una Dromia senza difesa veniva attaccata e distrutta ! Analogamente si può dire che ciò avvenga per i Paguri ri¬ vestiti di Adamsia. Quando i polpi trovano il paguro senza di¬ fesa lo mangiano, ma se esso è rivestito dalle Adamsia tendono ad assalirlo, ma basta una scarica di acontie delle Adamsie per¬ chè il polpo si allontani e dimostri quanto dolore abbiano arre¬ cato le acontie ai suoi tentacoli che per primi si erano lanciati all'assalto. Le contorsioni dei tentacoli in seguito alla offesa delle acontie è veramente impressionante e di ciò si è ultimamente occupato il Fenizia 3) che ha studiato sopratutto la natura del veleno delle acontie ed i suoi effetti sia nei riguardi del sim¬ bionte, sia in quello del nemico ! Ora, per ritornare al caso da me osservato, V Ascidia mentula h Zirpolo, G. — Notizia sulla biologia della Maja squinado Bosc. Na¬ tura. Riv. Se. Nat. Voi. XI, p. 65, Milano 1920. 2) Polimanti, O. — Studi di Fisiologia etologica. /. Sulla simbiosi della Suberites domuncula Olivi con la Dromia vulgaris M. Edw. Zool. Jahob. Allg. Z. Phys. Bd. 30, p. 359, 3 figg. 1911. 3) Fenizia, G. — Sul mutualismo del Pagurus striatus (Latr.) con la Sagartia parasitica (Gosse) ( Adamsia rondeletii D. Ch.). Riv. Fis. Mat. Se. Nat. (S. 2), Voi. 2°, p. 202, Napoli 1928. 102 - non è un animale appetito dai polpi: la tunica non si presta ad esser mangiata, sopratutto per la sua natura coriacea e quindi il granchio si è rivestito di un animale che non solo lo può nascon¬ dere perchè facilmente adattabile a ricovrirlo interamente, ma anche perchè attaccato, la tunica dell'Ascidia non può essere di gradimento ai suoi nemici. Napoli , Stazione Zoologica, maggio 1929. Riassunto Viene descritto un nuovo caso di simbiosi fra Dromia vulgaris ed Ascidia mentala. L’A. ritiene che il granchio abbia fatto adattare sul suo dorso un’Ascidia adulta per meglio difendersi dai suoi na¬ turali nemici. Finito di stampare il 30 gennaio 1930. Sulla possibilità di una sostituzione parziale del cloruro di piombo con cromato di piombo nelle piromorfiti, vanadimti e mimetiti del socio Guido Carobbi (Tornata del 18 gennaio 1930) È noto che in natura sono state rinvenute delle apatiti nelle quali il fluoruro o il cloruro di calcio erano in parte sostituiti da ossido di calcio (ossiapatiti o voelcheriti) ‘), da idrossido di calcio l 2 *) , da carbonato di calcio :5) e anche, ciò che ha special- mente richiamato la mia attenzione, da solfato di calcio. La possibilità di esistenza di ossiapatiti e di idrossiapatiti è stata anche confermata con ricerche di sintesi rispettivamente da Dieckmann e Houdremont 4) e da Henry Bassett 5 *). I. Bellucci ed L. Grassi , per primi, hanno trovato no¬ tevolissime quantità di solfati in una fluoroapatite del Lazio (2,58 °/0 SO,). L'esistenza di solfato-apatiti è stata, poi, ammessa nel 1922 da Brauns 7) che ha trovato notevoli quantità di SCL nelle apatiti l) Vedi i lavori di Voelcher e di Rogers : Ber. der d. chem. Ges. voi. 16, p. 2460 (1883) ; Z. fur. Krystall und Min voi. 52, p. 213, (1913), e vedi anche Panatisi di Haskins - Abrahal ( Ueber die Zusammensetzung des Apa- tits. Inaug. Dissert. Munchen 1889) ed il lavoro di A. Bianchi che per primo ha trovato la voelcherite in Italia (Atti della Soc. Ital. di Scienze Naturali voi. 58, (1919) ecc. ecc. *) Cfr. il lavoro di P. von Groth : Z. fur Krystall, voi. 11, p. 107. a) Doelter. Handbuch der Miner alche mie, voi. Ili, p. 336. 4) Chem. Zent. voi. I, p. 675, (1922). 5) J. Chem. Soc. voi. Ili, p. 620, (1917). G) Gazzetta Chimica Italiana, voi. 49, p. 232, (1919). 7) N. Jahrb. voi. 41, p. 86. — 104 — del lago di Laache. Dalle sue analisi si rileva: SO 3 °/0 1,13; 1,30; 1,35 e rispettivamente F°/0 1,64; 0,93; 0,63 e CI °/0 0,16; 0,42; 0,18; si tratta quindi di soluzioni solide contenenti più del 17 °/0 di solfatoapatiti Piccole quantità di S03 erano anche state trovate da J. A. Voelker 1 2 * 4) in alcune apatiti norvegesi ed in un'apatite del Canadà. Tutto ciò ha indotto i mineralisti ad ammettere per l'apatite la formula : 3Ca:ì (P04)2. (CaO. Ca (OH)*. CaF2, CaCl2, CaC03, CaS04). Se ora si considerano le relazioni di isomorfismo o di iso¬ dimorfismo che quasi sempre intercedono fra solfati e cromati e anche molibdati e tungstati, si è subito indotti ad ammettere la possibilità di esistenza anche di cromatoapatiti, se non allo stato di purezza, almeno in soluzione solida con le solfatoapatiti, le cloroapatiti ecc. Per quanto io sappia, nella letteratura non si hanno dati sulla presenza dell'anione Cr04 nelle apatiti non è, però, impro¬ babile che ciò dipenda dalla mancanza di esatte ricerche in pro¬ posito; si conoscono invece piromorfiti, vanadiniti e mimetiti con¬ tenenti cromo. Per questo gruppo di minerali, isomorfi con l'apatite, secondo le ricerche di Amadori 2), è da escludersi 1'esistenza degli ossi¬ composti, ma rimangono possibilità di sostituzioni, almeno par¬ ziali , dell' alogeno con altri radicali negativi , analogamente a quanto si verifica nelle apatiti. Il cromo è stato trovato e dosato insieme al ferro da Struve 3) nella piromorfite di Berjosowsk (Fe203 + Cr203 = 0,59 °/0) ed anche nella vanadinite e nella mimetite della stessa località (Fe20:, Cr203 — 0,56 °/0 e 0,30 °/0 rispettivamente). La presenza di tracce di cromo era stata inoltre constatata nella pi¬ romorfite di Whealy Grube 4) (Pensilvania). Dall’autore del presente scritto 5) l'anione Cr 04 è stato 1) Berichte, voi. 16, p. 2460, (1883) oppure Diss. Qiessen, 1883. 2) Gazzetta Chimica Italiana, voi. 49, p. 38, (1919). 9 Verh. d. Pertersb. Min. Ges., 1857. 4) I. Eyermann, Groths Ztschr., voi. 54, p. 100. 5) Rend. R. Accad. Scienze Fis. e Mat. Napoli, Serie 3a, voi. 32, (1926). 105 — identificato e dosato nella piromorfite gialla di Leadliills, Lanark- shire (Scozia) (0,1 °/0 di Cr03) e nella piromorfite di Genna- mari l) (Sardegna) (0,14 °/0 di Cr03). Considerato tutto ciò, mi pare sia logico il supporre che nelle piromorfiti, vanadiniti e mimetiti una piccola quantità di PbCl2 possa essere sostituita con PbCr04. Ed i risultati delle indagini che ho istituito, per confermare o meno tale ipotesi, di¬ mostrano chiaramente che essa corrisponde a verità come appare dalla parte sperimentale che segue. Le recenti ricerche di F. Zambonini e A. Ferrari 2) sulla struttura cristallina del fosfato e del clorofosfato di piombo, a mio avviso, possono servire a farci meglio comprendere la so¬ stituzione parziale del cromato al cloruro, nei minerali in que¬ stione, da me accertata sperimentalmente. Essi hanno, infatti, trovato una quasi identità fondamentale di struttura cristallina fra il fosfato ed il clorofosfato ed hanno osservato, inoltre, che l' incremento di volume corrispondente all'entrata nella cella elementare del fosfato di una molecola di PbCl2 è di 60 A mentre il volume di una molecola di cloruro di piombo, considerata uguale alla somma dei singoli volumi degli ioni assimilati a sfere, risulta di 58,93 A ; dimodoché gli autori ora citati ritengono che nell’edificio cristallino della piro¬ morfite la struttura sia determinata principalmente dal fosfato e che il cloruro abbia invece un ufficio secondario, quale potrebbe essere quello di riempire con i suoi ioni gli interspazi della struttura del fosfato. E ciò in aperto contrasto con le idee di Abegg e Bodlander 3) e poi di Werner che consideravano questi minerali alogenuri di un catione complesso. Il rapporto 3 fosfato: I cloruro corrisponderebbe, secondo Zambonini e Ferrari 4), alla saturazione degli interspazi. Se tutto ciò è vero si comprende come sia facile pensare che negli interspazi della struttura del Pb3 (P04)2 si inseriscano, 1) Giornale di Chimica Industriale e Applicata, Giugno 1929. 2) Rend. della R. Accad. Naz. Lincei, Serie 6a, voi 7, p. 283, (1928). 3) Z. Anorg. Chem. voi. 20, p. 480 (1889), 4) L. c. 106 — in parte al, posto degli ioni del PbCl2, quelli della molecola del cromato '). Parte sperimentale. Portando a 1050° in un forno elettrico un miscuglio molto intimo di: gr. 1.5 di PbCl2, gr. 3 di Pb3(P04)2, gr. 0,19 di PbCr04 e gr. 12 di NaCl 1 2) e lasciando raffreddare molto len¬ tamente il prodotto della fusione si ottennero dei bellissimi cri¬ stalli esagonali intensamente colorati in giallo, che furono libe¬ rati dal cloruro di sodio e dal cloruro di piombo con numerosi trattamenti con acqua, prima fredda e poi calda. I cristalli otticamente uniassici negativi avevano habitus pri¬ smatico, talvolta molto allungato secondo l'asse Z. Presentavano la combinazione del prisma [ 1 OlO > con la bipiramide [ioli j, ma più spesso mancavano le facce terminali. Le dimensioni erano di mm. 0. 1-0.4 di lunghezza e mm. 0.05 di spessore. L'analisi dei cristalli ottenuti in questa preparazione , come anche nelle successive, è stata eseguita come segue. II piombo è stato determinato come solfato sciogliendo il campione in HNOs diluito e precipitando con H2S04. Il cloro è stato dosato volumetricamente col solito metodo di Volhard. Le titolazioni sono state eseguite con soluzioni N/100 di AgNOs e di NH4CNS usando la microburetta e ciò per ottenere una maggiore precisione nell'analisi, considerata la pic¬ cola quantità di cloro presente nei cristalli analizzati. Il fosforo è stato pesato come pirofosfato di magnesio pre¬ via precipitazione come fosfomolibdato ammonico secondo il me¬ todo di Voy. Per il cromo abbiamo disciolto un campione del minerale 1) Servendomi dei dati di V. M. Goldschimdt ( Geochemische Verteilun- gsgesetze der elemente. VII. Die Gesetze der kry stallo che mie. Skrifter utgitt av Det Norske Videnshaps Akademie i Oslo. I Matem Natur. vid. kiasse 1926, N. 2) ho calcolato per il volume della molecola del PbCr04 conside¬ rata eguale alla somma dei singoli volumi degli ioni assimilati a sfere, 48.33 À, mentre per il PbCl2 si ha un volume di 59.31 À. 2) In questa e anche nelle successive fusioni si è sempre aggiunto al mi¬ scuglio una traccia di nitrato di sodio per evitare una eventuale, parziale, ri¬ duzione del cromato. — 107 — sintetico in HC1 diluito ed eliminato il Pb con idrogeno solforato. Nel filtrato abbiamo precipitato il cromo con NH4OH e NH4C1. Il precipitato è stato poi fuso con carbonato e perossido di sodio per ossidare il cromo a cromato (varie prove in bianco ci hanno assicurato che l'eccesso di perossido di sodio nelle nostre condizioni di esperienza si decompone completamente). Nella massa fusa trattata con H20 e HC1 abbiamo titolato il cro¬ mo iodometricamente usando, anche in questo caso, per maggior precisione, una microburetta ed impiegando una soluzione N/100 di tiosolfato sodico. I cristallini da sottoporre all'analisi venivano scelti ad uno ad uno con l'aiuto di una forte lente, essi erano sempre com¬ pletamente solubili in acido nitrico diluito. I risultati ottenuti nell'analisi del prodotto della prima espe¬ rienza possono essere così riassunti : 1) Considerando il cromato come sostituente del cloruro : R. M. Rapporti molecolari richiesti dalla formula delle piromorfiti PbO 82.80 0.371 0.371 1 1 PA 14.63 0.101 0.101 0.27 0.3 Cl 1.50 0.042 ) CrO., 1.23 f 0.024 \ 0.066 0.19 0.2 100.16 O corr. a Cl2 0.34 Totale 99.82 2) Considerando il cromato come sostituente del fosfato: R. M. PbO 82.80 0.371 0.371 1 PA 14.63 0.101 i s 1.23 0.105 0.28 3Cr03 0.004 Cl 1.50 0.042 0.042 0.11 100.16 O corr. a Cl2 0.34 Totale 99.82 — 108 — Appare, dunque, evidente, che è più accettabile la prima ipotesi ; in ambedue i casi sembra sia presente un leggero ec¬ cesso di PbO. È dunque certo che si possono ottenere cristalli esagonali di piromorfite contenenti l’anione Cr04. L'analisi dimostra e le successive ricerche, come vedremo, lo confermano, che l'anione Cr04 deve considerarsi come un sostituente dell'alogeno e non del radicale fosforico. Abbiamo eseguito altre preparazioni in presenza di quantità crescenti di PbCr04 al fine di stabilire il limite massimo di so¬ lubilità allo stato solido. Abbiamo fuso insieme a 1050° un miscuglio molto intimo di gr. 1.5 di PbCl2 , gr. 3 di Pb3(P04)2, gr. 0.15 di PbCr04 e gr. 12 di NaCl. Il prodotto della fusione, lavato ripetutamente con acqua, dapprima fredda poi calda, era costituito esclusivamente da cri¬ stalli esagonali di piromorfite, cloruro di piombo e cloruro di sodio senza traccia alcuna di cromato di piombo. I cristalli di piromorfite sono stati liberati con numerosi lavaggi con acqua calda e fredda dal cloruro di piombo e dal cloruro di sodio in eccesso e quindi accuratamente scelti. L'analisi ha dato i seguenti risultati : 1) Considerando il cromato sostituente del cloruro : R. M. Rapporti molecolari richiesti dalla formula delle piromorfiti PbO 83.18 0.373 0.373 1 1 p2o5 14.72 0.010 0.010 0.27 0.3 CI 2 Cr03 1.56 1.28 0.043 ) 0.025 \ 0.068 0.18 0.2 100.74 O corr. a Cl2 0.35 Totale 100.39 — 109 — 2) Considerando il cromato sostituente del fosfato R. M PbO 83.18 0.373 0.373 1 CI 1.56 0.043 0.043 0.11 PA 3CrCL 14.72 1.28 ‘ 0.010 i 0.004 \ 0.014 0.37 100.74 O corr. a Cl2 0.35 Totale 100.39 È dunque evidente, che si deve considerare il cromato co¬ me sostituente del cloruro e non del fosfato. Un'altra esperienza è stata eseguita fondendo , insieme gr. 1.5 di PbCl2 , gr. 3 di Pb:{(P04)2, gr. 0.20 di PbCr04 e gr. 12 di NaCl, si è ottenuto un prodotto contenente i soliti cristalli esagonali, più qualche rarissimo cristallino monoclino di crocoi¬ te, facilmente riconoscibile ai microscopio. L'analisi dei cristalli esagonali, accuratamente scelti ha dato i risultati che seguono. Considerando al solito il radicale Cr04 come sostituente dell'alogeno si ha : PbO 82.01 R. M. 0.371 0.371 1 PA 14.88 0.105 0.105 0.28 CI CrO:! 1.55 2.10 0.044 ) 0.042 S 0.086 0.23 100.54 O corr. a Cl2 0.35 Totale 100.19 Per confermare maggiormente i risultati ottenuti ho voluto eseguire un'altra preparazione facendo cristallizzare la piromorfite gialla da soluzioni in cloruro di piombo fuso anziché da solu¬ zioni in cloruro di sodio fuso, giacché si riesce difficilmente a no — liberare completamente i cristalli di piromorfite ottenuti dal clo¬ ruro di sodio. Fondendo insieme gr. 3 di Pb:{(P04)2, gr. O.lOdi PbCr04 e gr. 10 di PbCl2, mantenendo la massa fusa per un quarto d'o¬ ra a circa 1000" e lasciando poi raffreddare molto lentamente si ottennero dei bellissimi cristalli gialli esagonali che furono li¬ berati dal cloruro di piombo con successivi trattamenti con acqua bollente. Ho constatato al goniometro resistenza del prisma esago¬ nale (10T0) e della bipiramide esagonale [l01lj. Date le maggiori dimensioni dei cristalli di questa prepa¬ razione (mm, 0.3-0. 5 di spessore e mm. 1 e anche 2 di lun¬ ghezza) ho potuto fare qualche misura goniometrica. Ho trovato (10Ì 1)A(1010) = 49°. 6’ come media di varie determinazioni oscillanti fra 48°.3Q' e 49°.30’. Manross 4) per le piromorfiti artificiali ha trovato : (1011) A(10l0) = 49°.37’ mentre dalle costanti di Haidinger 2) a : c = 1 : 0.7362 si calcola 49°.38\ Le dimensioni e la cattiva conformazione dei cristalli non consentono di trarre delle deduzioni dai valori ottenuti. L'analisi dei cristalli accuratamente scelti ha dato questi ri¬ sultati. PbO 82.47 R. M. 0.369 0.359 1 P*05 14.94 0.105 0.105 0.28 CI A/s Cr03 1.25 2.49 0.035 i 0.050 \ 0.085 O corr. a CU Totale 101.15 0.28 100.87 0 Ann. d. Chemie u. Pharm. voi. 82, p. 128 (1852). 2) Groth. — Chemische /<> y stallo graphie, voi. II, p. 826, Leipzig 1908. — Ili Si deve dunque ritenere che il cromato sostituisca il cloru¬ ro e non il fosfato. Secondo le nostre ricerche non è possibile quindi per cri¬ stallizzazione da soluzioni in cloruro di sodio o cloruro di piom bo fuso ottenere piromorfiti contenenti più del 2 °/0 circa di CrO;ì cioè del 6 °/0 di PbCr04. Già nella preparazione ora descritta si ottennero oltre i cri¬ stallini esagonali anche alcuni cristalli monoclini di cromato di piombo, e, facendo poi preparazioni in presenza di una mag¬ giore quantità di PbCr04, si ottennero abbondanti cristalli di crocoite ; ma non si riuscì ad avere piromorfiti contenenti più del 2 °/0 circa di CrO;?. Abbiamo voluto estendere le nostre ricerche anche alle va- naditi ed alle mimetiti, data la loro somiglianza cristallografica e chimica con le piromorfiti, e considerato anche che sono state trovate in natura vanadiniti e mimetiti contenenti cromo. Portando a 1050° in un forno elettrico un miscuglio molto intimo di gr. 1.5 di PbCb, gr. 3 di Pb3(V04)2, gr. 0.10 di PbCr04 e gr. 12 di NaCl e lasciando raffreddare molto lentamente , si ottennero dei bei cristalli, colorati in rosso, uniassici negativi, di vanadinite. Essi presentavano la combinazione del prisma esa¬ gonale (10l0; con la bipiramide [lOll] ma più generalmente era presente il solo prisma e mancavano le facce terminali. I cristalli avevano una lunghezza di 0,2-0, 3 mm. nella dire¬ zione dell’asse Z; talvolta alcuni cristalli aghiformi erano lunghi 1 mm. e più. II prodotto della fusione fu accuratamente lavato con acqua fredda e calda, poi furono scelti i cristalli di vanadinite e ana¬ lizzati. L'analisi è stata condotta come segue. Su un campione ab¬ biamo eseguita la separazione piombo-cromo-vanadio. Abbiamo disciolto il campione in HC1 diluito e caldo ; la soluzione è stata poi portata varie volte a secchezza a b. m. umettando sempre la massa secca con HC1 diluito. Abbiamo quindi ripreso con alcool separando così quantitativamente il piombo allo stato di PbCL e pesandolo come tale in un crogiuolo di Gooch. Dal fil- - 112 — trato, dopo evaporato l'alcool abbiamo precipitato il cromo con NH4OH e NH4C1 allo stato di Cr(OH)3. Siccome con NH4OH precipitano anche piccole quantità di vanadio abbiamo dapprima pesato il precipitato vanadifero di Cr203, poi lo abbiamo fuso con carbonato e perossido di sodio e nella massa fusa, ripresa con acqua, abbiamo dosato il cromo colorimetricamente. Infine, nel filtrato ammoniacale del Cr(OH)3, dopo aver resa neutra la soluzione, abbiamo dosato il vanadio precipitandolo con nitrato mercuroso e pesandolo allo stato di V205. Il cloro lo abbiamo dosato su di una seconda porzione del campione, volumetricamente col metodo di Volhard usando la microburetta e soluzioni N/100. I risultati dell'analisi possono riassumersi così : 1) Considerando il cromato come sostituente del cloruro : R. M. Rapporti molecolari richiesti dalla formula delle vanadiniti PbO 79.00 0.354 0.354 1 1 V20, 17.98 0.099 0.099 0.28 0.3 CI 4/2 CrO., 1.45 1.86 0.041 0.037 | 0.078 0.22 0.2 100.29 0 corr. a Cl2 0.33 Totale 99.96 2) Considerando il cromato come sostituente del vanadato : PbO 79.00 R. M. 0.354 0.354 1 1 CI 1.45 0.041 0 041 0.11 0.2 v205 3Cr03 17.98 1.86 0.099 0.006 1 0.105 0.29 0.3 100.29 O corr. a Cl2 0.33 Totale 99.96 — 113 — Considerando quindi il cromo come costituente del vanadio, si hanno dei rapporti non corrispondenti a quelli richiesti dalla formula. Dobbiamo, quindi, ammettere che, anche per le vana- diniti, il cromato sia un sostituente del cloruro. Abbiamo eseguito una serie di esperienze per stabilire la quantità massima di cromato che può essere contenuta nelle vanadiniti sintetiche. A questo scopo, in una seconda esperienza, abbiamo fuso gr. 1.5 di PbCl2 gr. 3 di Pb;i (V04)2 , gr. 0.15 di PbCr04 e gr. 12 di NaCl. Nella massa raffreddata è stato notato qualche cristallino di PbCr04. Nei cristallini di vanadinite, accuratamente scelti, ab¬ biamo trovato il 2.80 °/0 di CrO:?. Una terza esperienza con gr. 2.5 di PbCl2, gr. 3 di Pb.. (V04)2, gr. 0.20 di PbCr04 e gr. 12 di NaCl ha dato una massa cristallina con abbondantissimi cristalli monoclini di crocoite misti a cristalli di vanadinite che non contenevano una maggior quantità di cromo dei cristalli della precedente preparazione. Dalle nostre ricerche risulta, quindi, che è possibile avere delle vanadiniti con cromo contenenti al massimo il 9 0/o circa di PbCr04. Per la sintesi delle mimetiti contenenti cromato di piombo abbiamo portato, in forno elettrico, a 1050° un miscuglio molto intimo di gr. 1.5 di PbCl2, gr. 3 di Pb:? (As04)2 , gr. 0.10 di PbCr04 e gr. 12 di NaCl. La massa raffreddata è stata lavata a lungo, dapprima con acqua fredda poi con acqua calda. Si ebbero dei cristalli prismatici uniassici negativi di colore giallo chiaro lunghi mm. 0. 1-0.2 con uno spessore di mm.0.2-0.3. Le forme semplici presenti sono il prisma [lOfO) e raramente la bipiramide ((101 1>. Generalmente i cristalli erano rotti e mancanti di facce terminali. I cristalli accuratamente scelti ad uno ad uno con l’aiuto di una forte lente furono analizzati come segue : Per separare il piombo dall' arsenico e dal cromo abbiamo disciolto una porzione dal campione in HC1 diluito e con una corrente di H2S abbiamo precipitato il piombo e l'arsenico allo stato di solfuri. Nel filtrato, liberato per evaporazione dall’H.S, - 8 - — 114 — abbiamo precipitato il cromo con NH4OH pesandolo poi allo stato di Cr203. I solfuri di piombo e di arsenico li abbiamo separati con K2S. Il PbS è stato poi disciolto in HN03 ed il piombo pre¬ cipitato con H2S04 e pesato come solfato. II solfosale di potassio è stato decomposto con HC1. L'ar¬ senico è stato infine pesato come piroarseniato di magnesio. Il cloro lo abbiamo dosato in una seconda porzione del campione precipitandolo con AgN03 in eccesso e titolando con NH4CNS l'eccesso di AgNOs. Si sono usate soluzioni N/100 e la microburetta. Nella stessa maniera sono state eseguite le analisi dei cri¬ stalli di mimetite con cromo ottenuti nelle esperienze successive. I risultati delle analisi del prodotto della prima preparazione sono i seguenti. Come al solito riportiamo i rapporti molecolari considerando dapprima il cromato come sostituente dell’alogenuro (1) e poi sostituente dell'arseniato (2). i) Rapporti molecolari richiesti dalla formula delle mimetiti PbO 76.20 0.341 1 1 As205 21.44 0.093 0.27 0.3 CI V.CrO, 1.51 1.31 0.042 0.026 | 0.068 0.20 0.2 100.46 0 per Cl2 0.34 Totale 100.12 2) PbO 76.20 0.341 1 1 CI 1.51 0.042 0.12 0.2 As205 3Cr03 21.44 1.31 0.093 0.004 | 0.097 0.28 0.3 100.46 0 per Cl2 0.34 Totale 100.12 Le analisi, dunque, lasciarlo ritenere che il cromato sosti¬ tuisca il cloruro e non l'arseniato. — 115 - Abbiamo fatto una seconda preparazione di mimetiti in presenza di una maggior quantità di cromato. Si sono fusi, cioè, insieme gr. 1.5 di PbCI2, gr. 3 di Pb3 (As04)2, gr. 0.20 di PbCr04 e gr. 12 di NaCl. I cristalli di mimetite, accuratamente scelti contenevano T 1.46 °/0 di Cr03, cioè, circa, il 4 °/0 di PbCr04. Una terza preparazione fatta fondendo insieme gr. 1.5 di PbCl2, gr. 2 di Pb3(As04)2, gr. 0.30 di PbCr04 e gr. 12 di NaCl ha dato dei cristalli di mimetite, che avevano la seguente com¬ posizione : R. M. Rapporti molecolari richiesti dalla formula delle mimetiti PbO 76.40 0.342 1 1 As205 21.17 0.094 0.27 0.3 CI 1.38 0.039 ) 0.029 i */. CrOs 1.47 0.068 0.20 0.2 100.42 O per Cl2 0.31 Totale 100.11 Nel prodotto della fusione erano presenti diversi cristalli di crocoite; il tenore in cromato della mimetite, è, invece, ri- masto praticamente uguale a quello dei cristalli della prepara¬ zione precedente. Possiamo quindi ritenere che non sia possibile, nelle nostre condizioni sperimentali di preparare mimetiti contenenti più del 1.5 °/0 di Cr03, cioè più del 4.80 °/tì circa di PbCr04. Concludiamo, quindi, che è possibile preparare dei cristalli esagonali di piromorfiti, vanadiniti e mimetiti sintetiche conte¬ nenti rispettivamente al massimo il 6 °/0, il 9 °/0 ed il 5 °/0 circa di PbCr04. Le formule delle piromorfiti, vanadiniti e mimetiti contenenti l'anione Cr04 devono scriversi rispettivamente : 3Pb3 (P04)2. (PbCl 2 , PbCr04) 3Pb3 (V04)2. (PbCl2, PbCr04) 3Pb3 (As04)2. (PbCl2. PbCr04). Napoli.— Istituto Chimico della R. Università, Dicembre 1929-VllI , L’A. ha dimostrato che è possibile preparare dei cristalli esagonali di piromorfiti, vanadiniti e mimetiti sintetiche contenenti rispettivamente, al massimo il 6 °/0 , il 9 70 ed il 5 °/0 circa di PbCr04. L’analisi completa dei prodotti preparati ha permesso di stabilire che il cromato di piombo deve essere considerato, come un sostituente del cloruro e che quindi le formule delle piromorfiti , vanadiniti e mimetiti contenenti l’anione Cr04 devono scriversi rispettivamente : 3Pb3 (P04)2. (PbCl2, PbCr04) 3Pb3 (V04)2. (PbCl2, PbCr04) 3Pb3 (Às04)2. (PbCl 2, PbCr04). Finito di stampare il 10 febbraio 1930. FRANCESCO DE ROSA 1860 - 1927 Francesco De Rosa Commemorazione letta dal socio Dott* Giuseppe Colomba (Tornata straordinaria del 15 dicembre 1929) Signore e Signori, è davvero doloroso dover rinvangare un passato e far rivi¬ vere un'ombra, ma questo compito diventa per me gradito poi¬ ché mi permette, in questa aula, di accostarmi ancora una volta alla figura del maestro a cui un affetto sincero, filiale, devoto, mi legava tenacemente. Il malinconico tramonto dei giorni che passano porta sempre con sé, oltre un rimpianto, l'oscuro agitarsi del divenire, finché le prime luci dell'alba non distruggono questo velo di mestizia e sconforto. Ma per noi che conoscemmo l’Uomo, apprezzammo l'Educatore e venerammo il Maestro, nessuna luce, sia essa rosea o dorata, potrà squarciare la tenebra del tramonto, che è il dolore senza nome che ci stringe e ci avvince. Ho scritto queste poche parole per incarico della Presidenza della Società, ma io non credo di poter degnamente commemo¬ rare il Prof. De Rosa, posso però stampare una pagina di affetto, posso dare sfogo alla mia anima. Se la voce mi trema e la commozione mi stringe la gola, non ha tremato il polso nè si è serrato il pugno nel vergare queste mie parole perchè esse sono la vera espressione di un affetto ed una devozione. È triste il destino di noi uomini : lavoriamo, ci produciamo, ci innalziamo, finché la morte ci ghermisce, ci atterra e ci intro- — 118 — duce nella silenziosa eternità. Ma, se ciò è triste per gli uomini la cui vita è stata solo un susseguirsi di giorni eguali, senza gioie e senza dolori, senza speranze e senza timori, senza luci nè ombre, non è altrettanto per chi alla fiaccola del Genio, sul tripode della scienza, ha bruciato un incenso, ha innalzato una fiamma, per chi lascia eredità di affetti e di studi, grandezza di propositi ed inattuate speranze, per chi seppe predire un avve¬ nire migliore e vivere nella certezza di un avvenire sicuro, anche al di là della tomba. L' Uomo forte guarda la morte con animo sicuro e lieto viso perchè non teme Y accumularsi della terra gelida ed umida nel baratro, nè ha disgusto del bacio purificatore del verme, perchè nella fine della vita non vede che il dissolversi di una materia inutile, il principio del bene ed il termine di una tappa su un cammino che sarà ripreso, con nuova lena, da altri. Sol chi lascia dietro di sè questa continuazione di lavoro, sorride all' arcigna Dea dalla sterminatrice falce, e guarda in estasi le grandi fiaccole del firmamento, le rosee luci deH’orizzonte, la quiete della soli¬ tudine e la pace della fine. Questo fu anche per Francesco de Rosa che seppe crearsi una vita onesta, di pace e di lavoro, e che sapeva con me, che gli stavo sempre accanto, parlare della Morte, come di un lungo viaggio, di un trapasso felice, di un meritato riposo. Francesco de Rosa nacque in Napoli il 10 marzo 1860 dal Barone Andrea e da Colomba Rossi. L'educazione dell'anima la ricevette dalla madre, gentile e pia, ed a quella scuola egli crebbe buono ed amoroso, col culto per la Natura, con la passione per il bello. Conseguita la licenza liceale volle dedicarsi agli studi di medicina e frequentò assiduo quella gloriosa scuola medica partenopea che per tanti anni mantenne il suo primato nel mondo. La sua passione però era per gli studi di botanica applicata e l'incontro con un' anima gemella, con una gloria della scienza botanica, con Orazio Comes, determinò definitivamente la sua scelta al punto da lasciare la medicina per seguire gli studi di Agraria nella R. Scuola Superiore di Portici dove il Comes già insegnava da Maestro. Conseguita la laurea di dottore in scienze agrarie nel 1882 si manifestò subito uno studioso potente, dal- 119 - Tintuito pronto ed efficace , tanto che nel 1898 ebbe l' incarico dell'insegnamento dell'Orticoltura nella R. Scuola Sup. di Portici, incarico che poi, per concorso, nel 1908, gli venne tramutato in insegnamento ordinario. Non si era preoccupato, però, di con¬ seguire la libera docenza , lui degnissimo, ma la Commissione Ministeriale, presieduta dal Prof. Fridiano Cavara, il 15 giugno del 1907 deliberava di offrire al de Rosa il pareggiamento della Botanica agraria presso la R. Università di Napoli. Amato da quanti lo conobbero , e potettero avvicinarlo, fu rispettato e stimato dall'intera cittadinanza napoletana, ottenendo onori ed incarichi speciali fra cui anche quello della organizzazione del III Congresso internazionale di agricoltura in occasione della festa del Cinquantenario del Regno e in occasione della venuta di Loubet meritando gli elogi delle Autorità e della Stampa. Anche la Cattedra di agricoltura di Napoli ebbe il piacere di averlo a Presidente, dopo la morte del Comes, ossia dal 1917. Fu prima Vice- presidente e poi Presidente della Colonia Agricola per gli Orfani di guerra in Somma Vesuviana, Presi¬ dente del Comizio Agrario, componente del Comitato per la I, II, III e IV Fiera Campionaria di Napoli, componente della Se¬ zione per la mobilitazione agraria nel 1918, Commissario Agricolo pel Comune di Napoli (22 - III - 1918), Commissario per le se¬ menti nella Prov. di Napoli (dicembre 1918), Componente della Commissione per la distribuzione del Petrolio, Commissario per la distribuzione della crusca e cereali minori, Presidente del Co¬ mitato per la distribuzione dei quadrupedi al R. Esercito (1919), componente la Commissione di Agricoltura e del Comitato Zoo¬ tecnico Provinciale ecc. ecc. Già fin dal 1882 entrò a far parte di questa Società, fondata nel 1881 da un manipolo di studiosi che seppero creare questo organismo così possente e così benefico. Ed egli amò la Società dei Naturalisti come una seconda famiglia e l'appartenere ad essa era per lui un titolo di orgoglio. La sua biblioteca, di circa 800 volumi, di altissimo pregio, com¬ prendente anche edizioni antichissime, voleva appunto donarla a noi e, sebbene non avesse lasciata scritta questa sua volontà, pure la sua famiglia ha seguito tutto il suo desiderio, arricchendo le già ricche nostre collezioni. 120 — Quante speranze, quanti sogni, quanti progetti aveva fatto per questo Sodalizio che Egli di giorno in giorno vedeva più possente e più ammirato, più compatto e più meritevole della stima degli studiosi. Ebbe nella Società delle cariche che non cercò, perchè non era sua abitudine pitoccare V onore, ma in¬ vece queste cariche furono a lui offerte spontaneamente da quasi tutti i soci che ramavano assai, e specie dai più giovani tra essi che in lui trovavano sempre il benevolo sguardo e sorriso, l'op- portuno aiuto ed incoraggiamento. E fu Revisore dei Conti nel 1888, Consigliere dal gennaio 1890 al gennaio 1893, vice -presidente dal dicembre 1895 al di¬ cembre 1901, presidente nel 1904, segretario nel 1910. L’accla¬ mazione dell’ Assemblea fu il suo premio più ambito non per orgoglio, ma perchè egli amava tutti e si commoveva a tutte le ma¬ nifestazioni di affetto. Che cosa non avrebbe egli fatto per noi giovani ? Oh ! come lo rivedo ancora in mezzo a noi, esultare delle nostre piccole gioie o ammonire paternamente allorché gli Esaminatori agli esami non si mostravano troppo entusiasti del nostro sapere. Tutte, tutte le gioie e tutti i nostri piccoli dolori noi confidavamo a lui perchè, allorquando scendeva dalla Cattedra, non vedevamo più in lui il Maestro , ma il paterno educatore. Quante incertezze, quanti dubbi, quanti disinganni furono da lui leniti, quante speranze ingrandite, quanta passione, per gli studii agronomici, suscitata. Non vi era nulla che noi, poveri e piccoli studentelli, intraprendessimo senza il suo parere : finanche le tesi di laurea, prima di essere presentate al professore relatore, veni¬ vano passate al suo vaglio, esaminate con criteri giustissimi e la sua approvazione era per noi la lode più bella di cui anda¬ vamo fieri ; le sue osservazioni non ci pungevano perchè fatte accortamente senza toccare il nostro amor proprio. Egli cono¬ sceva l’animo dello studente nel suo più intimo, era l'educatore perfetto, formava ed indirizzava le menti, plasmava ed educava i cuori. Quante serate non passammo noi al suo tavolo, nella sua abitazione oltre che nella Scuola, quanti studii ci furono da lui facilitati e le sue tesi di laurea erano sempre da lui non solo dirette nelle generalità ma anche nelle più piccole minuzie, erano corrette e talvolta scritte di sana pianta con giovialità, con fran¬ chezza, con amore, perchè egli diceva sempre che in noi vedeva - 121 - i futuri colleghi e si abbassava al nostro livello per poterci in¬ nalzare al suo. Per queste sue doti di cuore, e più ancora per quelle della mente, moltissime furono le Società e le Accademie che lo vol¬ lero socio e che gli affidarono cariche, in lui vedendo il più disinteressato ed autorevole tecnicismo. E così nelle Accademie : fu prima socio corrispondente nel 1904 e poi socio ordinario nel 1922 (22-XII) del R. Istituto d’incoraggiamento di Napoli, fu socio nel 1922 (1 9—1 II) della R. Accademia Pontaniana di Napoli, nel 1908 (5— IV) della R. Accademia Economica-Agraria dei Geor- gofili di Firenze. Tenne pure insegnamenti speciali, sia nel R. Istituto Sup. di Portici, che in altre Scuole. E così : insegnò Agronomia dal 1906 al 1908, apicoltura e bachicoltura nel 1914, ed alla morte del Comes nel 1917-918, resse la Cattedra di Botanica. Nelle Scuole medie, poi, ebbe lo insegnamento dell’Agraria e più pro¬ priamente insegnò nell'Istituto Superiore di Magistero Femminile Suor Orsola Benincasa dal 1899 al 1914, nell’Istituto Froebeliano Vittorio Emanuele II dal 1900 al 1914, nel R. Educandato R. Margherita dal 1900 al 1923. Questa è stata la sua opera d'Educatore a cui si era dedi¬ cato con trasporto ed amore e per cui con più faciltà potette essere conosciuto, anche dagli estranei agli studii di agraria, ed ottenere incarichi in Commissioni Speciali , non solo in Napoli, ma anche in altre città. E così fu componente la giuria dell'e¬ sposizione di fioricultura ed orticoltura tenuta nel maggio del 1913 nel giardino del Iago della Villa Umberto I in Roma, com¬ ponente la giuria dell’esposizione promossa in Napoli nel 1896 dalla Società Zoofila Napoletana, componente il Comitato per la mostra di fiori, frutta ed ortaglie promossa dall'Unione Industria e Commercio di Napoli nel 1922, fu segretario della VI Sezione del VII Congresso Internazionale di agricoltura tenuto in Roma nel 1903. Anche l'Associazione proprietari, il Comizio Agrario, la Ca¬ mera di Commercio e Industria, la Croce Rossa, l'Associazione Mutilati, la Università Popolare e molte e molte altre associa¬ zioni ed istituzioni lo vollero con loro perchè alla più scrupolosa onestà sapeva accoppiare un mirabile intento organizzativo. Il 122 — Comune di Napoli, poi, se ne servì spessissimo nelle più deli¬ cate questioni come nella inchiesta a carico del Capo giardiniere nel 1922, nella organizzazione del VII congresso internazionale di agricoltura e in tante e tante altre piccole cose specialmente riflettenti l’ organizzazione economico - agraria del Comune e quella dei servizii di abbellimento dei giardini. All’esposizione internazionale di Torino nel 1922, ed a tutte le altre esposizioni nazionali ed internazionali, seppe far valere il suo modo di vedere ed imporsi agli altri che riconoscevano la giustezza delle sue osservazioni e la superiorità tecnica. Ben più vasta è stata la sua opera di Maestro ed i suoi scritti ne fanno fede perchè hanno lasciato negli studii agrono¬ mici una indelebile orma. Partendo dal concetto dell’importanza tutta locale che hanno le razze delle piante coltivate pubblicò una serie di monografie che riguardavano principalmente piante ortensi. Egli mise insieme non solo tutte quelle notizie, che pos¬ sono interessare dal punto di vista economico, ma con osser¬ vazioni dirette, coltivando e selezionando con la debita cura identificò, per ciascuna pianta, tutte quelle razze che sono colti¬ vate nella regione e che costituiscono la pregevole produzione degli Orti di Napoli. Il suo lavoro fu tutto originale inquantoc- ché la letteratura botanico- agraria italiana ed in ispecie quella orticola è povera in generale, ma in ordine alla determinazione delle razze è assolutamente assente e si limita solo a pochi cenni sulle generalità della coltivazione ortense, mentre non considera le razze di ogni qualsiasi provenienza soltanto enumerandone una parte limitatissima senza preoccuparsi della loro diagnosi e senza rapportare le variazioni alla specie originaria. Il de Rosa invece volle dare a quello studio tutta l'im¬ pronta scientifica che merita, ed adottando descrizioni minute dal punto di vista della identificazione della razza, considerò tutta quella sorpma di caratteri secondarii che costituiscono quelle dif¬ ferenze intrinseche della razza, e che mettono lo studioso ed il pratico in condizioni di poterle identificare. Riportando i varii tipi alla specie, ne studiò filogeneticamente le varie modificazioni dando di ciascuna di esse la notizia opportuna. Pel fatto, non di meno, che alcune razze sono coltivate anche in altre località 123 — egli, mercè la coltivazione dei semi originarli procuratisi da varii paesi fuori d'Italia, potette ricavare la sinonimia per quanto gli fu possibile di ciascuna razza in corrispondenza del nome locale. Questa parte dei suoi lavori ha importanza pratica maggiore di quella forse che non sembri a prima vista ma chi è al corrente dei cataloghi e delle note, che spesso segnano il nome di pre¬ tese novità, potrà ben valutarlo. Con questi criterii il de Rosa delle varie piante da lui studiate, pubblicò una serie di lavori del tutto originali di cui dò una breve notizia. Nello studio eseguito su “ La Cipolla „ dopo di aver data una descrizione sommaria della pianta notò ciò che è necessario in ordine ai diversi usi e nomi di paesi italiani e dell'estero ed enumerando le razze che si trovano sul Mercato di Napoli , ne rilevò le origini, ne fece la diagnosi metodicamente , mettendo in rilievo tutte quelle caratteristiche che rendono apprezzabile il prodotto, non trascurando di far la debita menzione della te¬ cnica della coltivazione. Lo stesso sistema di studii seguì anche nel lavoro su " L'Aglio ed altre gigliacee ed usi „. Studiò il Broccolo di Rapa pianta di uso economico asso¬ lutamente italiano della quale si stenta a trovarne qualche ac¬ cenno nella letteratura e di cui egli descrisse le razze coltivate esponendone la tecnica e mettendo in rilievo la nomenclatura del prodotto. E così pure per " I Cardoncelli „ “ La Borragine „ " Le Melenzane „ " I Peperoni „ “ I Pomidoro „ “ Le Zucche „ “ Il Basilico „ “ I Finocchi „ " Il Sedano „ “ Il Prezzemolo „ de¬ scrisse le piante coltivate studiandone le razze riferibili alle varie specie, facendo la minuta diagnosi e tenendo conto della lette¬ ratura relativa col riportarsi alle fonti originali. Autori italiani ed esteri, parlando delle varie razze, si limitano ad accenni mon¬ chi e confusi, forse per mancata opportunità di una osservazione diretta, e ne danno descrizioni incomplete, quando non sono af¬ fatto erronee. Altri lavori importantissimi sono “Le Fragole,,: studiò la filogenesi di queste piante, ne determinò le varia¬ zioni e la formazione delle razze ; studiò poi quelle che si trovano sul Mercato di Napoli diffondendosi nella minuta espo¬ sizione della coltura dal punto di vista tecnico ed economico, accennando poi a tutto ciò che può aver relazione con quel frutto circa l'uso. — 124 — Importante è anche la monografia sul " Nespolo del Giap¬ pone „ in cui oltre allo studio dell'origine di questa pianta e a quello delle possibilità alimentari, mette in rilievo alcune pre¬ gevoli varietà fecendone l' esame con acuto senso critico. In questo lavoro più che negli altri si discerne con chiarezza l'im¬ pronta della Scuola del Comes a cui piaceva ordinatamente e ragionatamente risalire dalle varietà alla specie e rapportare allo ambiente tutte le possibili mutazioni dandone per quanto più possibile una chiara e precisa spiegazione. Nel lavoro su " Le pianti Ortensi „ ebbe per scopo di dare notizie brevi e sintetiche di una parte della notevole quantità di specie e di razze che l'A. ebbe agio di coltivare sperimentando contemporaneamente le principali razze di ortaggi delle nostri regioni e di altre parti d'Italia e dell'Estero allo scopo di rile¬ varne i pregi ed il comportarsi nelle nostre condizioni di clima e di terreno. Specie e razze nuove furono da lui introdotte ed egli, coltivandole ed osservando , è stato in grado di dare di ognuna di esse notizie riguardanti il loro adattamento e la uti¬ lità loro in ordine al consumo locale ed alla esportazione. L’or- ticello sperimentale di Portici era il suo campo favorito di ri¬ cerche e non vi è ortaggio che non fu ivi coltivato , anzi Egli ottenne mediante ibridazione nuove pregiate varietà fra cui una di fragole, che ora più non si coltivano. La sua attività non si limitò però al campo strettamente or¬ ticolo ma si estese anche alla floricoltura e giardinaggio con la pubblicazione di interessanti lavori su " La Verbena educata ad alberetto „ in cui espose un metodo affatto nuovo il quale, mercè una serie di potature e cure, determina la formazione di un asse ascendente fornito pei relativi rami, nella Verbena Chamaedri- folia, modificando per tal guisa la naturale disposizione e forma della pianta. Pubblicò anche " I funghi coltivabili „ che è una rassegna completa della materia in ordine alla produzione di così pre¬ gevole materia alimentare.* Per la compilazione di questo lavoro tenne presente la letteratura fino al 1902 anno in cui ne avvenne la pubblicazione e perciò non potette tenere conto dei lavori posteriori del Boulanger e dello stesso Matruchet del 1903, 125 — letto all’Accaclemie des Sciences, e di quello classico del Duggar del Missouri, pubblicato nel 1905. Il lavoro del de Rosa fu perciò il primo tentativo più com¬ plesso del genere del quale la letteratura italiana era sprovvista mentre la estera ne aveva solo per specie determinate. Non temette di discutere polemiche ed un esempio è il suo lavoro sui " Tartufi „ che è una risposta ad un articolo del Prof. G. E. Mattei nel quale si discute ribadendo il concetto della presenza di buoni tartufi anche nelle provincie meridionali. Ibridatore appassionato e colto creò anche una razza di garofano che intitolò alla moglie Baronessa Natalia de Rosa. Cercò di rendere noto il bello ed il buono, di portare alla giu¬ sta considerazione piante sconosciute o quasi e così mise in ri¬ lievo i pregi ornamentali della Iacaranda Mimosaefolia, dopo di averne data la notizia descrittiva ed oltre a ciò egli si preoc¬ cupò anche di far conoscere agli appassionati resistenza dei mi¬ gliori stabilimenti orticoli col descriverne alcuni fra cui " Lo stabilimento orticolo d'Amelia ed il pescheto e l’asparagiaia Serra Zanetti „. Studiò la Camellia Japonica, storicamente e tecnica¬ mente dimostrando che l’esemplare che vive nel R. Giardino di Caserta è il più antico dei viventi in Europa. Studii accurati di flora sono quelli sulla " Flora vesuviana „ da cui poi scaturì quella serie di osservazioni sull'effetto del¬ l'eruzione del Vesuvio dell' aprile 1906 sulla flora vesuviana e sulle comuni culture che riscosse il plauso nel R. Istituto di In¬ coraggiamento dove la relazione fu letta da socii autorevoli che confermarono i fatti e si associarono alle considerazioni. La “ Flora murale e ruderale di Napoli „ è, poi, uno accu¬ rato, minuzioso e scrupoloso studio sulle condizioni di resistenza e di adattabilità delle specie all' ambiente. Le osservazioni che l'A. fece sono tutte di ordine ecologico ma senza lasciare lacune di modo che egli non si contentò di enumerare le speciali con¬ dizioni, ma mise in rilievo le differenze anatomiche e morfolo¬ giche determinate dall’ ambiente in relazione ai fattori ecologici. Il lavoro suo, di mole maggiore e di somma importanza, è quello sui " Fichi salentini „ presentato al R. Istituto d'incorag¬ giamento. In esso l'A. studiò le razze di fichi di una plaga de¬ terminata, e relativamente ristretta, ed adottò un metodo di dia- 126 — gnosi minuziosa ed accurata per potere dare agio a chicchessia di identificare le varie razze che pure fra loro hanno tanta af finità. Egli non solo descrisse le razze, ma passò in rassegna la coltivazione facendo opportune considerazioni sulle pratiche cul¬ turali in uso. Studiò il prodotto nelle sue fasi e dopo di avere fatta disamina del modo come suol essere ivi utilizzata, si oc¬ cupò anche del disseccamento dei fichi e del commercio di essi e si fermò sui sistemi di imballaggio. Chiuse il lavoro con una concisa serie di suggerimenti e consigli così per la produzione del frutto come per la sua economica utilizzazione. Ma oltre questi lavori che ho brevemente descritto, e che sono piccola parte di una serie innumerevole, pubblicò anche lunghissimi articoli nella Rivista Agraria di Napoli e su varii giornali tecnici e politici. Essi riguardavano principalmente ar¬ gomenti di botanica, di agraria, e di economia. Notevole, poi, è stata l'opera del de Rosa spesa nella fondazione e direzione del periodico l'Italia Orticola che fu una rassegna tecnica scritta tutto di suo pugno e che meritò l'elogio delle consorelle di altre parti del mondo. Egli nei suoi studii come nella assegnazione delle tesi di laurea ai discepoli, contrariamente a certi indirizzi del tutto teorici e di moda, si ispirava a concetti di pratica u- tilità in conformazione dello insegnamento che faceva e d’altronde la Orticoltura è una Scienza Sociale che ha rapporti intimi con la vita e perciò egli questi rapporti voleva rendere sempre più evidenti. Ciò non pertanto egli si serviva della Scienza pura per la indagine e quale mezzo per arrivare al suo scopo pratico e perseguiva sempre l’ idea di fondare una sezione di studii isto¬ logici per completare la conoscenza delle varietà orticole. Botanico sistematico di grande valore aveva una ricchissima raccolta di piante ed era padrone assoluto della flora non solo della Cam¬ pania, ma anche di altre regioni d'Italia al punto che i Direttori di Orti Botanici non disdegnavano ricorrere a lui per 1' aiuto necessario nella determinazione di generi e specie. Egli seppe portare dovunque la placidezza del suo carattere e la bontà del suo cuore, la prontezza del suo intuito e la vivacità del suo genio. Oltre settanta sono le sue memorie e le sue pub¬ blicazioni in giornali e riviste. Egli, però, lavorando in silenzio, — 127 — portava con sè l'orgoglio e la speranza di un grande progetto che non poteva allora mettere in attuazione per l' incuria dei Governi passati, ma che ora egli sperava maggiormente, ora che le sorti dell’agricoltura sono migliori e che è rialzato il concetto morale del rurale. Egli voleva attuare la fondazione di una Sta¬ zione Sperimentale di Orticoltura e Giardinaggio che potesse •creare le maestranze e regolare la produzione di scelte razze di ortaggi incoraggiando bensì gli impianti floricoli a somiglianza di quelli di S. Remo e di Haarlem (Olanda). Il suo sogno non ha potuto vederlo realizzato perchè la Morte ne ha mietuta la vita, ma egli lascia dietro di sè dei di¬ scepoli che nel suo nome sapranno dare a Napoli quest’ altro vanto di priorità tecnica. È questa eredità di affetti e di idealità quella che maggior¬ mente ci unisce a lui ed io non posso entrare nella sua biblio¬ teca senza commozione, non posso toccarne i libri senza vene¬ razione e, quando mi è permesso sfogliarli e leggerli, sento vi cino a me la presenza di Lui, ne vedo quasi il volto gioviale che mi incoraggia e sorride. Signori, perdonatemi se questa commemorazione non è stata quale voi aspettavate ed aiutatemi a sfogliare i fiori del rimpianto e della mestizia. Il Prof, de Rosa il 12 ottobre del 1927 si spegnè improv¬ visamente e semplicemente come aveva vissuto , come il fiore di un giorno che inclina dolcemente lo stelo al bacio del sole e si accosta alla gran madre terra. Egli però è sempre presente tra noi che ramammo ed a Lui promettiamo di lavorare sempre con fede e passione, per questa Napoli che egli amava sopra tutte le cose. Cariche ed Incarichi del Prof. FRANCESCO DE ROSA 1882 — Socio Società dei Naturalisti. 1882 — Laurea in Scienze Agrarie presso la R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. 1883-11 — Ispettore onorario per la Scuola pratica di giardinaggio in Portici presso la R. Scuola Superiore di Agricoltura. 1883 — Bibliotecario Società dei Naturalisti. 1 887— XI 1 - 1891-111 — Consigliere Società Orticola Napoletana. 1 888— XI 1 — Revisore dei Conti Società dei Naturalisti. 1889- V1 — Componente la Commissione di Viticoltura ed Enologia per la prov. di Napoli. 1890- 1- 1893-1 — Consigliere Società dei Naturalisti. 1890-11 - Vice-presidente Società Orticola Napoletana. 1890- 1 — Componente la Commissione speciale per l’Agricoltura nel- l’Associazione dei Proprietari in Napoli. 1891— 11 — 1894— V — Consigliere dell’Associazione dei Proprietari ed Agricoltori in Napoli. 1891-111 — Direttore Rivista Agraria. 1 891— X 1 1 — Componente la Commissione nominata dal R. Istituto di Incoraggiamento per lo studio dei mezzi atti a migliorare le frutta e gli ortaggi. 1895-111 — Componente la Commissione nominata dal Comizio Agra¬ rio di Napoli incaricata per la mostra di frutta ed ortaglie all’Esposizione di Zurigo. 1894-V1 — Segretario Generale Associazione Proprietari ed Agricoltori. 1 894— X 1 1 — Componente la Commissione speciale per la coltivazione ed il commercio della Canapa nominata dall’ Associazione Proprietari ed Agricoltori. 1893-94-96-97 — Componente la Commissione Esaminatrice per gli esami di laurea nella R. Scuola Superiore di Agricoltura di Portici. 1895- 111 — Componente Comizio Agrario di Napoli. 1895- X11 - 1901-X 11 — Vice-presidente Società dei Naturalisti. 1896- 111 — Consigliere Comizio Agrario di Napoli. 1 896— X 1 1 — Componente la Giuria nell’Esposizione promossa dalla So¬ cietà Zoofila Napoletana (ex Convento di S. Maria la Nova). 1897- V — Componente Comitato regionale per l’Esposizione generale italiana in Torino. 129 — 1897—111 — 1900— Vili — Consigliere Associazione Proprietari ed Agri¬ coltori di Napoli. 1898 — Incaricato dell’ insegnamento dell’Orticoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. 1899- 1914 — Insegnante di Agraria nell’Istituto Superiore di Magistero femminile Suor Orsola Benincasa - Napoli. 1900- 1914 — Insegnante di Agraria nell’Istituto Froebeliano Vittorio Emanuele II - Napoli. 1900- 1923 — Insegnante di Agraria nel R. Educandato Regina Mar¬ gherita - Napoli. 1901- V — Rappresentante Camera di Commercio di Napoli al Con¬ gresso degli Orticoltori e Viticoltori tenuto in Firenze. 1 902- IV - 1903— VI 1 1 -- Componente il Comitato per la difesa degli interessi economici promosso dall’ Unione Costituzionale di Napoli. 1902- V — Rappresentante l’Associazione dei Proprietari ed Agricoltori e la Rivista Agraria all’Esposizione Agraria Siciliana. 1902 — Componente il Comitato per il VII Congresso Internazionale di Agricoltura in Roma. 1903- V1 1 - Segretario del Comizio Agrario di Napoli. 1903-1 — Insegnamento dell’Agraria nelle RR. Scuole Normali. 1903- 1907 — Componente la Commissione Provinciale nel Reparto « Coltivazione Tabacchi » in Napoli. 1903 — Segretario VI Sezione del VII Congresso Internazionale di Agricoltura in Roma. 1904- V — Socio Corrispondente del R. Istituto d’incoraggiamento di Napoli. 1904 — Presidente Comizio Agrario. 1904- 111 — Componente il Comitato per la organizzazione delle Mostre Orticole nella Villa Nazionale in Napoli. 1904 — Presidente Società dei Naturalisti. 1905- V — Componente la Commissione per la istituzione dei mercati di fiori in Napoli. 1905-V — Componente il Comitato generale ordinatore del IV Con¬ gresso fra i proprietari di fabbricati in Napoli. 1905- X1 - 1907— X 1 1 — Vice-presidente dell’Associazione dei Proprietari ed Agricoltori di Napoli. 1906- 1908 — Incaricato dell’insegnamento dell’Agronomia presso la R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. 1907- 11 — Componente il Comitato per la esposizione di fiori e frutta nella Galleria Vittoria in Napoli. 1907-V — Componente il Comitato provinciale di Napoli per 1’ ordi¬ namento della Statistica Agraria. 1 907— VI —15 — Libera docenza in Botanica Agraria presso la R. Univer¬ sità di Napoli. - 9 - — 130 — 1 908— V 1 1 1 — Componente la Commissione per il censimento del be¬ stiame. 1908- 1V-5 — Socio corrispondente della R. Accademia Economico A- graria dei Georgofili in Firenze. 1908 — Insegnamento ordinario dell’ Orticoltura presso la R. Scuola Superiore di Agricoltura di Portici. 1910 — Segretario Società dei Naturalisti. 191 1 — 1 X — Componente la Giuria per l’Esposizione Internazionale di Torino. 1913-V — Componente la Giuria per l’Esposizione di floricoltura ed orticoltura svoltasi nei giardino del lago della Villa Umberto I in Roma. 1914 — Incaricato dell’ insegnamento dell’ apicoltura e bachicoltura presso la R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. 1914 — Componente l’Associazione Nazionale Italiana per il movi mento dei forestieri. 1917 — Incaricato dell’ insegnamento della Botanica nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. 1917-1927 — Presidente della Cattedra di Agricoltura di Napoli. Vice-presidente e Presidente della Colonia Agricola per gli Orfani dei Contadini morti in guerra in Somma Vesuviana (Napoli). 1917 — Componente la Commissione per la distribuzione della crusca e cereali minori in Napoli. 1 917— IV— 1 0 — Coadiutore ed insegnante all’ Università Popolare di Napoli. 1917- V1-20 — Componente il Comitato napoletano Pro - Mutilati di guerra. 1918 — Componente la Sezione Agricoltura del Comitato per la Mo¬ bilitazione Agraria di Napoli. 1918- 111 — Commissario Agricolo per il Comune di Napoli. 1918— X 1 1 — Componente la Commissione per le sementi per la pro¬ vincia di Napoli. 1918 — Componente la Commissione per la distribuzione del petrolio in Napoli. 1919 — Presidente del Comitato per la distribuzione dei quadrupedi al R. Esercito. 1919 — Componente la Commissione Agraria ed il Comitato Zoo- Tecnico Provinciale di Napoli. 1922 — Componente il Consiglio di Disciplina nominato dal Comune di Napoli per il giudizio a carico del giardiniere capo E. Flaminio e per l’assetto dei giardini municipali. 1922-111 — Socio residente nella Classe di Scienze Naturali della R. Accademia Pontaniana di Napoli. - 131 - 1922- V — Incaricato dalla Croce Rossa Italiana per l’alberatura dei viali del Sanatorio di Pozzuoli. 1912 — Componente la Commissione per la mostra di fiori , frutta ed ortaglie promossa dall’ Unione Industria e Commercio di Napoli. 1 922— X 1 1 — Socio Ordinario del R. Istituto d’ Incoraggiamento di Napoli. PUBBLICAZIONI 1. — Parole lette nel Cimitero di Portici il 21 gennaio 1881 anniver¬ sario della morte del Comm. Ettore Celi. 2. — La Verbena educata ad alberetto, Napoli 1882. 3. — Della VI Esposizione orticola napoletana , concorso speciale di piante bulbose e camelie, Napoli 1891. 4. — Il Broccolo di Rapa, Napoli 1893. 5. — I Cardoncelli, Napoli 1893. ó. — Parole dette sul feretro del Cav. G. A. PASQUALE (21 febbraio 1893). 7. — Il Pescheto e l’Asparagiaia Serrazanetti, Napoli 1899. 8. — Lo Stabilimento Orticolo d’Amelia, Napoli 1899. 9. — L’Aglio ed altre gigliacee eduli, Napoli 1902 ed. Melfi e Ioele. 10. — Il Basilico, Napoli 1902 ed. Melfi e Ioele. 11. — La Borragine, Napoli 1902 ed. Melfi e Ioele. 12. — La Cipolla, Napoli 1902 ed. Melfi e Ioele. 13. — I Finocchi, Napoli 1902 ed. Melfi e Ioele. 14. — I Funghi coltivabili, Napoli 1902 ed. Melfi e Ioele. 15. — Garofano B.ssa Natalia DE ROSA, Napoli 1902 ed. Melfi e Iole. 16. — Le Melenzane, Napoli 1902 ed. Melfi e Ioele. 17. — I Peperoni, Napoli 1902 ed. Melfi e Ioele. 18. — Il Prezzemolo, Napoli 1902 ed. Melfi e Ioele. 19. — Il 1 edano, Napoli ed. Melfi e Ioele. 20. — I concimi chimici in orticoltura - L’ Italia Orticola n. 2, Na¬ poli 1902. 21. — Nuove malattie dei crisantemi - L’ Italia Orticola n. 3, Na¬ poli 1902. 22. — Le frutta meridionali ad Amburgo - L’ Italia Orticola n. 5, Na¬ poli 1902. 23. — Congresso botanico nazionale - L’ Italia Orticola n. 5, Napoli 1902. 24. — Una nuova malattia del Nespolo del Giappone - L’Italia Orti¬ cola n. 7, Napoli 1902. 25. — I futuri trattati di commercio e le provincie meridionali d’ Ita¬ lia - L’Italia Orticola n. 8, Napoli 1902. 132 — 26. — Nuove specie di piante da frutta introdotte negli Stati Uniti - L’Italia Orticola n. 12, Napoli 1902. 27. — Un elegante albero poco usato (la Iacaranda Mimosaefolia) Na¬ poli 1903 ed. Melfi e Ioele. 28. — Su di un Muscari ed un Orchis a fiori bianchi - Boll. Società dei Naturalisti, Napoli 1903. 29. — Il Pomidoro, Napoli 1903 ed. Melfi e Ioele. 30. — Le Zucche, Napoli 1903 ed. Melfi e Ioele. 31. — L’importazione agrumaria dal Messico negli Stati Uniti - L’Ita¬ lia Orticola n. 1, Napoli 1903. 32. — L’Orticoltura in Ungheria - L’Italia Orticola n. 3, Napoli 1903. 33. — Il Congresso Internazionale di agricoltura di Roma - L’ Italia Orticola n. 4 e 5, Napoli 1903. 34. — Per un Istituto Coloniale a Portici - L’Italia Orticola n. 7-8 e 9-10, Napoli 1903. 35. — L’ Ireos nell’agricoltura toscana - L’ Italia Orticola n. 7-8, Na¬ poli 1903. 36. — Prove di concimazione chimica degli ortaggi - L’Italia Orticola n. 7-8, Napoli 1903. 37. — Le Mostre Orticole di Napoli (aprile-giugno 1904). 38. — I Tartufi, Napoli 1904 ed. Melfi e Ioele. 39. — Del Nespolo del Giappone - L’Italia Orticola n. 1-2, Napoli 1904. 40. — La moltiplicazione mercè le foglie - L’Italia Orticola n. 1-2, Napoli 1904. 41. — Il commercio delle patate primaticce in Germania - L’Italia Orticola n. 5-8, Napoli 1904. 42. — Sul compito che potrebbe spettare alle libere Associazioni di proprietarii italiani nell’ attuazione della nobile iniziativa so¬ vrana di un Istituto internazionale di agricoltura, Napoli 1905. 43. — La tetragonia, Napoli 1905. 44. — Per la nostra pollicoltura, Napoli 1905. 45. — Camellie centenarie, Napoli 1906. 46. — Di alcune possibili culture da provare nella regione del lapillo, Napoli 1906. 47. — Cenno su di alcune piante ortensi napoletane, Portici 1906. 48. — Contributo alla flora murale e ruderale di Napoli - Atti Società dei Naturalisti, Napoli 1906. 49. — L’ Insegnamento della Orticoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici, Portici 1906. 50. — Le comuni colture e l’eruzione dell’aprile 1906, Napoli 1907. 51. — Poche osservazioni sulla flora vesuviana, Milano 1908. 52. — Le Fragole (Specie e razze usate a Napoli), Napoli 1908. 53. — Note ed appunti sulle mostre di fiori, frutta ed ortaggi tenute in Napoli, Napoli 1908. — 133 — 54. — Le piante ortensi dell’orto sperimentale. Note ed appunti. Por¬ tici 1908. 55. — Di alcuni fichi salentini, Napoli 1911. 56. — Appunti di orticoltura, Portici 1911. 57. — Notizie di alcune piante ortensi coltivate nell’orto sperimentale della R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. Napoli 1915. 58. — A proposito della produzione delle piante medicinali, Napoli 1916. Finito di stampare il 20 febbraio 1930. Il lago di Averno e gli altri laghi flegrei. Comunicazione verbale del socio Prof* Giovanni Piata nia (Tornata del 28 luglio 1929) In occasione di una gita di istruzione degli allievi del R. Istituto Superiore Navale, promossa dal socio Ing. Placido RUGGIERO e dallo scrivente, sono state eseguite, il 14 giugno scorso, ulcune misure ter¬ miche e batimetriche nel lago di Averno. Mi sembra che i risultati di queste indagini possano riuscire in¬ teressanti, non essendo state mai eseguite in questo lago, prima d’ora, misure di tempertaura a diverse profondità. Anzi non si sono mai fatti su questo lago studi fisici continuati sistematicamente. Esistono bensì descrizioni e ricerche di altra indole, tra le quali la pubblicazione di Augusto Witting (Atti del R. Istituto dTncorag- giamento di Napoli, Vili, 6, 1910) relativa all’utilizzazione del lago come porto commerciale — la comunicazione del Dr. Michele Cop¬ pola, (Atti del XIX Congresso Nazionale nei Campi Flegrei, dell’As¬ sociazione Italiana di Idrologia, Climatologia, ecc. Napoli, 1928) — che tratta dall’ utilizzazione delle sue acque per irrigazione — e la carta topografica a grande scala , 1 : 400, dell’ ing. Luigi CAIZZI , tuttora inedita , che l’ing. CAIZZI Enrico ha messo gentilmente a mia dispo¬ sizione. Degli strumenti adoperati in queste ricerche, alcuni (termometro a capovolgimento Negretti e ZAMBRA , bottiglia di MiLL , bottiglie per la conservazione di campioni di acqua, ecc. ) appartengono al Gabinetto di Meteorologia e Oceanografia, da me diretto, dell’Istituto Navale ; altri relativi alla topografia (teodolite, batimetro, ecc.) al Ga¬ binetto di Idrografia dello stesso Istituto, diretto dallTng. RUGGIERO. Le misure di temperatura, eseguite nella parte centrale del lago, diedero i seguenti risultati : — 135 — Ora Profondità metri 10h-U 0 5 10 15 30 16h 0 Temperatura del lago dell' aria 25°, 8 23°, 3 24°, 0 15°, 3 14°, 8 23°, 3 13°, 7 26°, 2 24°, 4 Lo strato di salto è dunque fra 5 e 10 metri ; poi la temperatura decresce lentamente, di circa 0°,1 per metro, fino alla massima pro¬ fondità a cui furono immersi gli apparecchi. Dei cinque campioni di acqua raccolti alle profondità suddette, furono determinati dal Dr. Donato FRANCESCHELLI, chimico consu¬ lente del Servizio Idrografico del Genio Civile, il cloro che risultò 1.064 per litro, e la durezza francese, 24 per tutti i campioni. Dalle misure batimetriche, eseguite nella sezione centrale nord - sud del lago, si ottenne che nei primi 35 metri di distanza dalla sponda sud la profondità cresce molto lentamente, fino a 2 metri ; poi da 35 a 100 m. di distanza la profondità cresce fino a raggiun¬ gere 30 m., con una pendenza, in questo tratto, di circa 38 °/„. Le misure di temperatura sono importanti per un primo orien¬ tamento sulle condizioni termiche del lago di Averno nel mese di giugno. Una siffatta statificazione termica è di ostacolo ai moti con¬ vettivi verticali. E poiché la vita animale persiste anche nei mesi estivi, si deve indurre che la provvista di ossigeno non viene esaurita negli strati profondi perchè vi pervengono le acque delle falde sotterranee. A conferma di queste vedute può valere il fatto che nell’ emissa¬ rio T acqua del lago alle ore 16 di quel giorno, scorreva costante- mente verso il mare, e che la portata, determinata dall’Ing. Ruggiero, era di circa 30 litri per secondo. Dall’esame dei mareogrammi di Ischia risulta che la marea in quel giorno era poco ampia (marea di quadratura) e in quell’ora era alla massima altezza. In altra occasione, il 17 aprile del 1928, la portata dell’emissario, da misure dell’Ing. Raf¬ faele Bilotta era di circa 45 litri al secondo, alle ore 18. Anche in quell’ora la marea era di piccola ampiezza. Da notizie raccolte sul luogo, l’emissario è quasi inattivo nei mesi di agosto e settembre. Il colore dell’ acqua del lago, all’ ombra della barca, era verde - giallo pallido ; a distanza, per riflessione, azzurro cupo. Il Direttore del servizio Idrografico aveva impiantato, in principio di questo anno , un limnimetro nel lago di Averno. Da un primo — 136 — esame dei limnogrammi risulta che il livello è quasi sempre costante, salvo nei casi di piogge intense o di lunga durata. Di solito non si vede alcuna traccia di oscillazioni stazionarie (sesse) ; in casi eccezionali di rapide variazioni barometriche si scor¬ gono minute e poco ampie oscillazioni, il cui studio richiede una più grande scala del tempo. A proposito di queste indagini sul lago di Averno, mi si per¬ metta di proporre che la nostra Società, che tanta parte della sua at¬ tività dedica alle ricerche geofisiche, si faccia promotrice di studii su questo e su gli altri laghi flegrei : il Lucrino, il Fusaro, il Mar Morto e il lago di Astroni. Sul Fusaro son noti gli studi iniziati dai socii Giuseppe e Gu¬ stavo Mazzarelli, dei quali il primo aveva fondato, sei anni fa l’os¬ servatorio Idrobiologico per lo studio delle condizioni fisiche e del¬ l’influenza di esse sulla vita animale del lago. Dei risultati di queste osservazioni alcuni sono ancora inediti ; delle ricerche idrodinamiche da me ivi eseguite, una breve comunicazione è pubblicata negli Atti della Società italiana per il progresso delle scienze (Adunanze di Napoli, 1924). Gli interessanti studi biologici sul lago di Astroni compiuti dal¬ l’Istituto Zoologico di questa Università e pubblicati nei due volumi che formano un supplemento al Y Annuario del Museo Zoologico della R. Università di Napoli, sono ben noti, come pure quelli del socio, Dr. Signore sul lago Lucrino. Ma uno studio completo dei laghi flegrei considerati da diversi punti di vista — storico, geologico, fisico, chimico, biologico, indu¬ striale — affidato, secondo le diverse competenze, a varii studiosi, costituirebbe una serie di monografie di grande interesse scientifico, utile anche per l’industria della ostreicoltura e della piscicoltura lacustre il cui sviluppo potrà recare considerevoli vantaggi economici. Riassunto Si dà conto di alcune ricerche geofisiche sul lago di Àverno, particolarmente di alcune misure di temperatura a diverse profondità. Si propone alla Società dei Naturalisti lo studio di questo e degli altri laghi flegrei. Finito di stampare il 20 febbraio 1930. Studi sulla bioluminescenza batterica. 9. Azione delle basse temperature del socio Prof. Giuseppe Zirpolo (Tornata del 28 luglio 1929) Introduzione. Continuando i miei studi sui bacilli e cocchi luminosi da me determinati ho voluto compiere esperienze sull'azione eserci¬ tata dalle basse temperature sul loro potere luminoso , anche perchè in bibliografia si trovano scarse ed incomplete notizie. Dewar, infatti, avendo sminuzzato con del ghiaccio dei mi¬ crobi fotogeni fu sorpreso di non vedere riapparire la luce dopo la congelazione. Heller osservò che dell'acqua resa luminosa dalla presenza di pesci morti (evidentemente sui pesci s’erano sviluppate foto- batteriacee) brillava ancora a -14° C. Forster e più tardi John affermano che i fotobatterii pos¬ sono anche svilupparsi ad una temperatura di + 0°. Fischer ha potuto constatare che a 0° un bacillo luminoso che si sviluppa sui pesci morti del Mar del Nord era ben col¬ tivabile. Ludwig ha osservato che la carne di vitello luccica ancora a -10° e che una temperatura di -14° non arrivava a sopprimere questo potere luminoso. Dubois fece delle osservazioni sul Photobacterium sarco- philum e notò che esso, alla temperatura di 12° a 20° C. si svi¬ luppa bene, da 30° a 40° C. la luce impallidisce, ed a 50° C. si estingue. Mentre portato alla temperatura di -3° bruscamente la — 138 — luce impallidiva, ma non s'estingueva e persisteva ancora alla temperatura di -7°, mentre il brodo congelava. Molish ha indicato per il Phot, sarcophilam e per il Ba- cterium phosphoreutn una temperatura di -5° C. Chodat e Coulon hanno compiuto esperienze sul Micro- coccus luminescens ed hanno visto che la minima t.a sopportata è di 0°C. Harvey ha studiato dei batteri luminosi ed ha notato che a -7° la luce si indebolisce ed a -11,5 s'estingue per poi ripi gliarsi quando sono portati alla t.a ambiente. Secondo Me Kenney la luminosità non si mantiene al di¬ sotto di 0°. Secondo Mac Fadyen e Barnard la luce dei batterii alla t.a dell'aria liquida si attenua solo per il tempo in cui essi si tro¬ vano a contatto del mezzo ambiente freddo. Le ricerche quindi sull' azione delle basse temperature sui batteri luminosi sono molto scarse ed anche incomplete , come si vede dall' analisi bibliografica su riferita : mancano cioè ricer¬ che sistematiche , dalle quali si possa addivenire a risultati conclusivi. Era necessario non solo ripigliare l' argomento su specie batteriche già determinate e studiate , ma fare ricerche sistematiche. Ciò che mi son proposto di fare ed ho eseguito con grande cautela e scrupolosità. Nè credo che le mie ricer¬ che sono complete ed esaurienti. Se come si vedrà, nelle pagine seguenti , la temperatura della neve di anidride carbonica , del¬ l'ossigeno e dell' aria liquida non è giunta ad ammazzare i bat¬ teri luminosi, vuol dire che bisogna andare oltre nelle ricerche. Spero di potere nel prossimo anno recarmi al Laboratorio crio¬ genico di Leida ed eseguire ivi ricerche con le temperature più basse finora ottenute 1). A) Non credo accennare qui ancora all’ azione esercitata dalle basse tem¬ perature e alle relative ricerche fatte su altre forme di batteri. Basta consul¬ tare i trattati più recenti di batteriologia per poter conoscere quanto sia stato finora ottenuto. — 139 — Materiale di studio e tecnica. Le esperienze sono state eseguite su due specie di batteri luminosi da ine studiati : l'uno è il BacilLus sepiae Zirp. ricavato dalla musculatura della Sepia officinalis L. e l'altro è il Micro- coccus pierantonii Zirp. isolato dall' organo luminoso di Ronde - letia minor Naef. Culture di ventiquattro ore di queste due specie di batteri luminosi venivano messe a contatto diretto o indiretto con neve di anidride carbonica (-78°) , ossigeno liquido (-182°) e aria li¬ quida (-192°). Le culture in tubi da saggio venivano immerse col tubo stesso in un vaso di Dewar, dove c'era dell'ossigeno o dell'aria liquida o anche tolto il batuffolo di cotone idrofilo ve¬ nivano versati i liquidi nell' interno del tubo a contatto diretto con le culture luminose. La neve di anidride carbonica veniva raccolta in un sacchetto di lana. Le culture poi fatte sviluppare in placche di Petri erano sem¬ pre messe a contatto diretto con l’ossigeno liquido o aria liquida o neve di anidride carbonica. Tutte le esperienze sono state fatte sempre in camera oscura per ovvie ragioni. Alcune esperienze vennero eseguite nel Gabinetto di Storia Naturale del Collegio Militare di Napoli ed altre nell'istituto di Chimica Farmaceutica della R. Università di Napoli. Ringrazio quindi il Comandante del Collegio , Colonnello Luigi Ganini che mi dette la possibilità di compiere dette ricerche, i colleglli prof. G. Muratore e dott. S. Augusti dell' aiuto datomi du¬ rante le esperienze, nonché il prof. Luca Coniglio che, quale Direttore incaricato dell' Istituto di Chimica Farmaceutica, mise a mia disposizione, più volte , notevole quantità di aria liquida preparata nel suo Laboratorio. Ja Serie di esperienze* Esperienze sul BacilLus sepiae Zirp. Una prima serie di esperienze è stata eseguita con la neve di anidride carbonica. - 140 — In un sacchetto di lana riempito completamente di anidride carbonica solida sono stati messi successivamente dei tubi e delle placche contenenti agar con culture di Bacillus sepiae. Alcune culture tenute per 5 minuti primi hanno perduta la luminosità, ma pochi minuti dopo Y hanno riacquistata ed osservate al mi¬ croscopio in goccie pendenti i bacilli presentavano movimenti notevoli. Altri tubi sono stati tenuti per 15 minuti primi: le cul¬ ture si sono oscurate e maggior tempo hanno impiegato a ripi¬ gliare la loro luminosità, che è in seguito persistita. Una seconda serie di esperienze è stata eseguita facendo uso dell'ossigeno liquido. In un vaso di Dewar veniva versato dell’ossigeno liquido e neil’interno di esso veniva immerso un tubo contenente culture luminose di 24 ore. Dopo 20 secondi la cultura perdeva la luminosità, e l’agar diveniva coriaceo. Estratto il tubo e rimesso a temperatura ambiente, la luce si andava ripigliando via via e dopo 20 minuti primi il tubo era di nuovo completamente luminoso. Un altro tubo contenente colonie luminose fu immerso e tenuto nell'ossigeno liquido per 5 minuti primi. Naturalmente la luce era scomparsa sin dai primi 20 secondi e fu ancora tenuto a contatto del liquido per vedere la resistenza o meno della vi¬ talità del bacillo. Portato fuori , dopo ló' ripigliò la sua lu¬ minosità nella parte più alta e dopo 25' tutto il tubo era com¬ pletamente luminoso. Altre culture di B. sepiae furono immerse in un vaso De¬ war contenente aria liquida. Dopo 6" le culture divennero oscure. Tratte fuori rimasero oscure, ma dopo 14' ripresero via via la loro luminosità, abbastanza intensamente e di sera erano ridiventate luminose come se non avessero subita un’azione così paralizzante con un abbassamento di temperatura così forte. Nell'aria liquida volli rimettere alcuni tubi che avevano già subita l’azione dell'ossigeno liquido in precedenza, cioè due ore prima. I tubi contenenti culture che avevano ripreso la loro lumi¬ nosità furono trattati analogamente. Rimasero luminosi per 75", — 141 cioè, mentre la prima volta nell' ossigeno liquido erano rimasti appena 20" ed avevano perduta la luminosità, immersi nell'aria liquida conservarono la luce per un tempo maggiore , quasi si fossero allenati a queste basse temperature. Tolti immediatamente e rimessi a temperatura ordinaria ri¬ acquistarono la loro luminosità dopo 7', e dopo un’ora la luce era molto viva, ed uguale a quella emanata dalle culture di controllo. Esperienze sul Micrococcus pierantonii Zirp. Queste esperienze sono state fatte solamente con ossigeno ed aria liquida e le culture luminose furono trattate prima con ossigeno liquido e due ore dopo con aria liquida. Una placca di Petri contenente dell'agar con numerose cul¬ ture fotogene di circa 24 ore fu aperta e neH’interno di essa fu versato dell'ossigeno liquido. Questo rimase a contatto delle cul¬ ture 80", cioè fino a quando non evaporò tutto. L'azione dell'ossigeno liquido sull'agar fu quella di opaciz¬ zarle , o le culture rimasero appena appena oscurate , ma su¬ bito che l'ossigeno evaporò, tutte ripigliarono di nuovo la loro luce. Dopo \/4 d' ora questa era vivissima. Questa stessa placca fu trattata subito dopo, di nuovo, con ossigeno liquido e questa volta ne fu versata una quantità maggiore , quasi da riempire tutta la placca. Le colonie batteriche si oscurarono di meno e non appena l'ossigeno fu tutto evaporato ripresero via via la loro luminosità più viva che mai, specialmente dopo che l'agar ri¬ tornò al suo stato normale. Circa due ore dopo, questa stessa placca subì l'azione ancora più fredda dell'aria liquida. Nonostante io vi versassi una quan¬ tità di aria liquida da riempire tutta la placca , le colonie non perdettero mai la luce, questa si affievolì di poco, e ciò forse di¬ pese dallo strato di aria interesistente fra le colonie ed il liquido. Le colonie furono a contatto dell'aria liquida per oltre due minuti e tutto Pagar era diventato coriaceo, giallo opaco, ma la luce si era conservata e dopo 20' dacché era finita l'azione del¬ l'aria liquida le colonie erano già tutte belle e luminose. La luce si vivificò sempre più e due ore dopo io potevo innestare nuove placche da quelle stesse colonie e dopo 12 ore 142 — queste coloniette erano ben visibili e luminose di un verde intenso e così vivo da potersi vedere anche in una camera il luminata dal sole , facendo appena un lieve schermo con pan¬ no nero ! Un tubo contenente le stesse colonie fu immerso in ossigeno liquido e tenuto ivi 30". Perdette ZlRPOLO, G. — Studi sulla bioluminescenza batterica. VI. Azione dei sali di chinina , caffeina , cocaina e stricnina. Natura. Riv. Se. Nat. Voi. 13, p. 70, Milano 1922. — — Idem VII. Azione dei sali di potassio. Boll. Soc. Nat. Voi. 35, p. 245, Napoli 1923. — — Idem Vili. La resistenza del potere luminoso. Ibid. Voi. 38, p. 225, Napoli 1926. Finito di stampare il 20 febbraio 1930 La Ba/aenoptera physalus (L.) arenatasi sulla spiaggia di S. Giovanni aTeduccio del socio Prof* U* Prerantont (Tornata dell'll novembre 1928) Il giorno 8 novembre 1928 la R. Capitaneria di Porto mi av¬ vertì che il corpo di un grosso cetaceo, in seguito alle forti mareg¬ giate, era stato nelle ore pomeridiane rigettato sulla spiaggia di S. Giovanni aTeduccio : premurava di procedere subito alla rimozio¬ ne, dato il suo stato di cattiva conservazione, se fosse stato interes¬ sante di utilizzarlo per la scienza. Recatomi sul posto potei os¬ servare che poco prima della contrada Pietrarsa giaceva sulla spiaggia la carogna di un cetaceo, che, per lo stato di avanzata putrefazione, tenuto conto della temperatura, doveva essere morto almeno da un mese. La regione dorso-laterale media del corpo mostravasi ampiamente squarciata forse per l’urto contro la chi¬ glia di un bastimento o per essere stato il corpo ripetutamente battuto contro la scogliera o l'antemurale del porto : la mandi¬ bola e la mascella erano per buona parte denudate dai tessuti molli e non vi era più traccia di fanoni. La regione ventrale e codale abbastanza intatte ed i dati riferentisi al cranio permette¬ vano tuttavia di riconoscere trattarsi di un grande esemplare di Balaenoptera physalus L. che , come è noto , è la più grossa delle balenottere che appaiono di tanto in tanto nei nostri mari. Lo stato di conservazione dell' esemplare rese vana ogni speranza di poterlo utilizzare per studii anatomici. Il fatto però che esso non mostrava profondamente danneggiato lo scheletro, e la mancanza di un tale scheletro nelle collezioni dei musei di Zoologia e di Anatomia Comparata della nostra Università dei — 153 - quali ho la direzione , m' indusse ad utilizzare Y animale, che certo avrebbe potuto fornirmi un ottimo preparato di scheletro. Con T aiuto del Rettorato della R. Università, che volle conce¬ dere i non lievi fondi occorrenti (al quale colgo l'occasione per tributare vive azioni di grazie), fu iniziato lo scarnamento dell'e¬ semplare per opera di una squadra di quindici operai , che vi lavorarono per ben tre giorni. L’ enorme scheletro , diviso in quattro pezzi, fu poscia caricato su camions e portato all'Istituto Zoologico ove venne sommerso in acqua contenuta in una vasca appositamente costruita in un locale terreno, dove tuttora trovasi in via di macerazione per liberare le ossa dai ligamenti e dai residui di tessuti molli che non fu possibile di eliminare per via meccanica. In attesa che il bello scheletro possa adornare il salone del Museo dei vertebrati do in maniera preventiva qualche notizia sulla specie e sul suo rinvenimento nei nostri mari. Poco più di tre anni prima, anche nel nostro mare, a Lacco Ameno, (Isola d' Ischia) , fu catturato un altro esemplare di Ba - — 154 — laenoptera , ma , come potè constatare il mio illustre predeces¬ sore , il prof. Fr. Sav. Monticelli, che ne parlò in una comu¬ nicazione pubblicata in questo stesso periodico ’), si trattava di una B. acato-rostrata , che è l'altra specie la cui presenza è se¬ gnalata insieme con quella di cui si tratta nella presente nota, come meno rara da noi, specie più piccola e nell'individuo in parola non superante i 6 metri di lunghezza. La Balaenoptera physalus di S. Giovanni a Teduccio era un grosso esemplare, misurante in lunghezza m. 19.60, compresa la pinna codale, ed in altezza , presa a livello della pinna anteriore , e cioè subito dietro la regione cefalica, m. 3.70. Raggiunge quindi pressocchè le dimensioni massime riscontrate nella specie, che sono di me¬ tri 22 circa di lunghezza. Come ho accennato la B. physalus , insieme con la B. acuto¬ rostrata è una delle specie di Balaenoptera che più di frequente si sono rinvenute nel Mediterraneo. Ciò viene attribuito al fatto che queste due specie sono prevalentemente ittiofaghe, e si nu¬ trono specialmente di gadidi e di clupeidi , frequenti nei nostri mari, mentre le altre due specie, la B. musculus (che è la specie più grande) e la B. borealis si nutrono di piccoli crostacei non facilmente reperibili nel Mediterraneo. Non si può dire però che le catture di B. physalus siano frequenti sulle coste italiane. Oltre ai pochi rinvenimenti di questa specie registrati dal lavoro del Parona 2), e quello di Ostia del 1913 illustrato dal prof. Giuseppe Lepri 3), sono dell'ultimo quin¬ dicennio quello di un adulto arenato fra Livorno e Marina di Pisa il 27 dicembre 1915, di un giovane catturato a Portovecchio di Piombino il 13 dicembre 1916 e dell'esemplare esaminato dal Borri 4) e da lui illustrato , catturato nella rada di Portoferraio (isola d'Elba) il 22 luglio 1926 (un piccolo esemplare, lungo me- 9 Monticelli, Fr. Sav. — Sulla Balaenoptera acuto-rostrata Lacedède (1904) presa a Lacco Ameno (Ischia). Boll. Soc. Natur. Napoli, voi. 37, 1925. 2) Parona, C. — Catture recenti di grandi Cetacei nei Mari italiani. Atti Soc. Ligustica Se. Nat. Geogr. Voi. 19, p. 174. 3) Lepri, G. — Su di una Balenottera arenatasi presso Ostia. Boll. Soc. Zool. ital. (3) voi. 3, 1914. 9 Borri, C. — Una notabile comparsa di grandi Cetacei nell1 Arcipelago toscano. Monit. Zool. ital. Anno 38, 1927. — 155 — tri 11.30). Pochi giorni dopo il rinvenimento che è oggetto della presente nota i giornali registrarono anche 1' arenamento sulla costa tirrena, presso Civitavecchia, di un grosso cetaceo che per dimensioni, a quanto risultava dalle comunicazioni contenute nei giornali quotidiani , sembrava avvicinarsi a questo. Ma questo reperto pare non sia stato oggetto di speciali osservazioni ; non mi sembra difficile che dovesse trattarsi di un altro esemplare della stessa specie, dato che non di rado questi cetacei entrano nel Mediterraneo dall'Atlantico in branchi od in ogni modo ap¬ paiono spesso in più di un individuo. La rarità dei reperti, e più ancora la maggiore rarità dei casi in cui questi enormi animali possono essere utilizzati per uso scientifico, giustificano la presente notizia, che serve di con¬ tributo alla storia delle catture dei grandi cetacei sulle coste ita¬ liane, storia resa nel caso attuale più interessante dal fatto che si tratta di un esemplare il cui scheletro figurerà nelle collezioni del nostro grande Museo Zoologico universitario. Ora, data la rarità di scheletri veramente completi di questa specie e data la grande variabilità anche individuale dei cetacei, messa in evidenza dal Richiardi l) e dal Kukenthal 2), un ulte¬ riore studio dello scheletro del nostro esemplare di S. Giovanni a Teduccio potrà essere fatto quando esso tornerà alla luce e sarà montato nel nostro Museo. Istituto Zoologico della R. Università di Napoli , dicembre 1928. Riassunto L’A. dà notizia del rinvenimento del corpo di un grosso cetaceo, sulla spiaggia di S. Giovanni a Teduccio presso Napoli, appartenente alla specie Balaenoptera physalus (L.). Finito di stampare il 20 febbraio 1930. 1) Richiardi, S. — Sulle variazioni individuali di Balaenoptera musculus. Atti Soc. Tose. Se. Nat. Mem. Voi. 1, 1875. 2) Kukenthal, W. — Die Wale. Lebensbilder aus der Tierwelt, Bd. 3, 1912. Un nuovo pluviografo Nota del socio lng* Placido Ruggiero (Con la tav. 7 e 3 figure nel testo) (Tornata del 18 gennaio 1930) In dodici anni di pratica osservazione sul funzionamento di una vasta rete pluviometrica ho avuto modo di convincermi che gli apparecchi registratori della pioggia devono rispondere a particolari requisiti che non sempre , o almeno contemporanea¬ mente, sono attualmente realizzati negli apparecchi in uso. Tali requisiti sarebbero : facilità di montaggio, di verifica e di pulitura, completa separazione della parte che dev' essere a contatto con l’acqua da quella di registrazione, maggiore niti¬ dezza di segnalazione specialmente nei periodi di pioggia intensa, totalizzazione automatica anche nei casi di mancato funzionamento dell'apparato scrivente, costo limitato che consenta una maggiore diffusione di impianti autoregistratori. Da parecchio tempo ho pensato al modo di realizzare tali vantaggi , ed ho fatto costruire un modello 4) che , assoggettato a lungo periodo di prova , opportunamente e successivamente perfezionato, ritengo risponda ormai ai requisiti richiesti. Del pluviografo, al quale ho dato il nome di " Imber „ sono raffigurati a pagina 158, la vista laterale destra (Fig. 1), il pro¬ spetto (Fig. 2), la vista laterale sinistra (Fig. 3) , e la pianta (Fig. 4). L'acqua di pioggia, da un consueto imbuto ricevitore esterno, avente la sezione di 1/10 di m.3 è immessa nell'imbuto i , e 0 Intelligente ed accurato costruttore del modello è stato il tecnico-spe¬ cialista signor Anseimo Bilotta, — 157 — giunge al vaso R per mezzo di un tubo t che non passa per l'interno della custodia del registratore : in questo modo si rea¬ lizza il vantaggio, cui si è accennato, di tener lontana 1' acqua dalle parti più delicate dell'apparecchio (orologio, bilancia, tamburi, ecc.) Il vaso R è agganciato , in modo che esso possa essere facilmente rimosso, al braccio corto b della bilancia di metallo a piccolo coefficiente di dilatazione, ed è equilibrato, quando è vuoto, da un contrappeso P fissato stabilmente alla estremità del braccio più lungo e da un piccolo contrappeso spostabile in modo che si possa regolare la escursione della penna alla gra¬ duazione prestabilita. All'asse del fulcro è calettata V asticciuola portapenna / di 158 — Pianta, (fiy. 4-J \ i 59 - alluminio, il cui profilo e peso sono regolati in modo che la penna, attaccata all' estremità inferiore, prema opportunamente sulla carta della registrazione. Quando occorra la penna si può rialzare per mezzo della cerniera c, sì che la parte inferiore di essa riposi sulla superiore. La carta per la registrazione, opportunamente diagrammata, sui due lembi è munita di apposita foratura, nella quale penetrano i piuoli di due dischi d} d, calettati sullo stesso asse mosso dal¬ l'orologio. Si ottiene così lo svolgimento uniforme della carta da un rullino sul quale essa era stata precedentemente avvolta (o da rullino appositamente preparato dal fornitore), che viene inserito fra le due punte p , p. Il collegamento con l’orologio è fatto dal rocchetto r innestato all'asse portante i due dischi, per mezzo del manicotto di pressione m , che permette anche così — 160 — il preciso collocamento della carta in corrispondenza dell' ora. La velocità normale della carta è di circa 9 mm. per ora ; ma per stazioni importanti, l'apparecchio può essere costruito, a richiesta, con un doppio rocchetto, in modo da ottenere a vo¬ lontà, con un facile spostamento del rocchetto e dell' orologio, una velocità doppia, in caso di piogge torrenziali. Il vaso R, quando vi gocciola l'acqua di pioggia, per lo accresciuto suo peso , si abbassa , e la penna , che in princi¬ pio era sullo zero della graduazione, si sposta man mano verso destra (Fig. 2). Quando l'acqua raccoltasi nel vaso R, raggiunge il peso di un kg. (che corrisponde praticamente al volume che per le dimensioni del ricevitore indica 10 mm. di pioggia) il sifone a campana s entra in funzione, determinando lo svuota¬ mento del vaso, e la penna ritorna sull’ascissa dello zero. Il si¬ fone è di tal sistema che evita il pericolo di gocciolamento : è costituito da un tubetto interno, sul quale è capovolto un altro tubo a campana, opportunamente mantenuto in posizione coas¬ siale e a distanza tale dall'orificio superiore del tubetto interno — 161 da permettere la formazione di un menisco che assicura il rapido e totale adescamento del sifone. Il tubetto e è prolungato opportunamente al di sotto del vaso R, per aumentare 1' aspirazione e quindi la rapidità dello svuotamento. L' apparecchio è munito di un contatore l collegato alla asta a di sospensione del vaso, in modo da fare scattare un numero ogni volta che il vaso si svuota. Si ottiene così la re¬ gistrazione automatica del numero dei litri di acqua passata, per opportuno controllo del funzionamento, utile specialmente nel caso di mancata registrazione grafica, avvenuta per qual¬ siasi causa. L'orologio H , portato da un carrello scorrevole in opportuna guida, viene fermato nella sua giusta posizione da un apposito nottolino, sganciando il quale si può asportare il solo orologio per le eventuali riparazioni. La carta sulla quale è segnata la registrazione si riavvolge man mano, da sè, rimanendo entro le guide g, g. Riassumendo, i vantaggi di questo pluviografo sono : a) una segnalazione più nitida di quella che ottiensi negli usuali apparecchi a tamburo con registrazione settimanale in con¬ seguenza della maggiore lunghezza adottata per l' ascissa del tempo. Tale ascissa si è dimostrata sufficiente per la registrazione ordinaria , mentre non è esclusa la possibilità di ottenere una segnalazione più dettagliata con la variazione del rapporto dei rocchetti ; b) eliminazione dell'inconveniente del gocciolamento, es¬ sendo assicurato l’adescamento rapido del sifone anche durante le piogge di lieve intensità; c) facilità di pulitura del vaso R, la quale può essere e- seguita dall'osservatore stesso senza cognizioni tecniche e senza smuovere altre parti essenziali dell'apparecchio ; d) assenza di pezzi ossidabili e di molle, ed eliminazione del pericolo di intromissione dell'acqua nelle parti delicate del¬ l’apparecchio ; e) controllo del funzionamento, ottenuto per mezzo del contatore, e possibilità di assicurare in ogni caso la totalizzazione della pioggia per quei periodi nei quali per una distrazione del 162 — {'osservatore, o per altra causa, non si sono misurati i totali gior¬ nalieri coi quali si sostituisce di solito la mancata registrazione automatica ; /) prezzo delFapparecchio notevolmente più basso, che ne permette una maggiore diffusione nelle stazioni di osservazione. Oggi che le osservazioni pluviometriche hanno assunto una importanza notevole oltre che per le valutazioni meteorologiche o climatiche, per quelle quantitative della idrografia in genere, riesce oltremodo utile poter disporre di una più fitta rete di os- servatorii a registrazione automatica non solo dei totali giorna¬ lieri, ma degli andamenti dell'evento nel tempo. Occorre inoltre, com'è noto, stabilire il più esattamente possibile , le intensità successive e le varie durate degli afflussi, e confrontarle agli an¬ damenti delle piene da essi determinate nei corsi di acqua. È perciò di grande giovamento alla scienza ed alla tecnica la pos¬ sibilità di dare la massima diffusione agli apparecchi registratori automatici ; e poiché a tale diffusione si oppone oggi il forte costo degli apparecchi in commercio, ho pensato di realizzare nello " Imber ,, un apparecchio che, ai requisiti di bontà, unisca quello del basso costo e della facile manutenzione. A conferma della chiarezza dei diagrammi ottenuti con un modello dell’ " Imber „ , se ne riporta uno insieme a quelli di due pluviografi di tipo già in uso, in normali condizioni di funziona¬ mento; i tre grafici (tav. 7) sono stati ottenuti versando nelle identiche condizioni 10 litri di acqua per ognuno. Ritengo utile segnalare che il confronto è eseguito per una intensità di piog¬ gia di solo 36 mm. orari e che il vantaggio del miglioramento conseguito con Y 11 Imber „ aumenta con l’intensità della pioggia che, com’è noto, può raggiungere valori anche tripli durante nubifragi catastrofici. Dalla prova di funzionamento suddetta ho ricavato i dati del prospetto seguente nel quale : A) nelle colonne 5, 6, 7, 8, 9 si riporta la quantità di acqua misurata nei recipienti di scarico e si è ricavata quella rimasta aderente agli imbuti, tubazione, recipienti del pluviografo e di raccolta nello scarico ; Risultati della esperienza sul funzionamento del pluviografo " Imber „ riferito a quello di altri due pluviografi di tipo più in uso. Errore percentuale della registrazione totale 18 1.80 0.25 3.10 Acqua registrata effettiva¬ mente dai pluviografi sui diagrammi (litri) 17 9.820 9.975 9.690 Acqua che l'apparec¬ chio avrebbe dovuto registrare tenuto conto : anche delle perdite nelle pareti dei recipienti (litri) 16 9.782 9.843 9.814 della durata degli scarichi (litri) 15 9.793 9.856 9.834 i 13. Influenza delle durate degli scarichi Acqua non segnalata durante gli scarichi 1 Percen¬ tuali 14 i 2.07 1.44 1.66 nna 8. nne 8 e Totali (litri) 1 13 0.207 0.144 0.166 Ila colo ile colo durata degli scarichi durante tutta la prova 12 207" 144" 166" ilori de „ del durata di ogni scarico 11 23" 16" Va" ati i va N. degli scarichi 10 9 9 500 tri vers Perdita nelle pareti dei recipienti pe rcen- tuale 9 0.22 0.25 0.40 ai 10 li Totale (litri) 8 0.022 0.025 0.040 endo d; Acqua ritrovata dopo la prova : (litri) Totale 7 9.978 9.975 9.960 i detrai ì) nel pluvio¬ grafo 6 0.820 0.975 ricavat nel recipiente di scarico 5 ! 9.158 9.00 9.960 5 sono 6 Durata della prova Durata 4 ìn c3 -e -C _c E: CO CO CO - o Fine 3 § Ih 8 o -c‘ «s X, r- co — 1 y—1 ^ 2 OJ cO O y 3 O o P = J? 2 y'E n 2-2u 82 ON O Tp tP CO ir, IO 03 CO uo tP 00 O — CN CN CN CN tP X loco &2 v© ^ CN 00 TP T— 1 ), negli ossidi che hanno per costituenti principali lo zircone, l’afnio, il torio e l'uranio, predominano le terre del- l'ittrio. Lo zircone vesuviano non è stato sinora, come abbiamo visto, oggetto di ricerche chimiche e neanche spettrografiche. Solo molto recentemente Giorgio von Hevesy iJ) vi ha dosato l afnio. Egli ha trovato 0.7 °/0 di Hf02- Il campione usato da Hevesy è quello stesso nel quale il compianto Prof. A. Piutti 7) determinò il contenuto di elio e la radioattività. Io ho potuto disporre dell'ultimo residuo del campione in questione, donatomi dallo stesso Prof. Piutti per cortese inter¬ cessione del Prof. Zamboxini. Data la piccola quantità di minerale disponibile non è stata possibile una analisi quantitativa ed ho dovuto limitarmi all'ana¬ lisi spettrografica. Il minerale è stato attaccato con acido fluo- 1) Z. Krystall. Voi. 1, p. 384 (1877). 2) Z. Krystall. Voi. 15, p. 83 (1889). 3) Chem. Zent. Il 192 (1908). 4) Comptes rendus de l'accad. des Sciences, Voi. 178, p. 265 (1924). 5) Geochemische Verteilungsgesetz der Eie mente. Oslo (1923-1927). 6) Rend. R. Acc. Scienze Napoli, Serie 3a, Voi. 30, p. 122 (1924) e Voi. 31, p. 72 (1925). 7; Ibidem, Serie 3a, Voi. 15, p. 203 (1909) e Voi. 31, p. 72 (1925). — 182 — ridrico e solforico e dalla soluzione solforica sono state precipi¬ tate le terre rare e lo zirconio con acido ossalico , in ambiente neutro, in modo da eliminare il ferro che avrebbe intralciato la ricerca spettrografica. È stata fotografata la regione dello spettro compresa fra 4800 e 3200 À circa che contiene quasi tutte le ìighe ultime degli elementi delle terre rare. Si è usato il grande spettrografo E I della Casa Hilgher. La misura della lunghezza d’onda è stata eseguita (con il solito metodo di Urbain , confrontando con lo spettro del ferro) per circa 340 righe. Credo inutile di riportare la lunga tabella dalla quale si deduce la presenza nello zircone analiz¬ zato dei seguenti elementi : Zr, Hf, Th, Ti Ce, La, Nd, Pr, Sm Y, Dy, Ho, Er, Tb (?) Gd (?) Dell'afnio sono state identificate numerose righe fra le quali le seguenti di Bachem e di Vahle che G. v. Hevesy l) consi¬ dera come le righe ultime dell'elemento da lui scoperto : 4093 18 3505.22 3419.19 3402.44 La presenza del torio e del titanio è anche certa; oltre nu¬ merose righe di intensità massima sono state identificate le se¬ guenti righe ultime di De Gramont 2) : Th 4019.1 3501.1 Ti 3372.8 3351.2 3349.4 Gli elementi del gruppo del cerio sono tutti presenti. Ho identificato, oltre varie righe di massima intensità, le seguenti ri¬ ghe ultime : Ce 4040.8 4012.4 La 3988.5 Nd 4177.3 3951.2 Il praseodimio ed il samario non sono stati studiati da De 1) G. von Hevesy — Recherches sur les propriétés du hafnium. Cope¬ naghen 1925. ~) Ho consultato : F. Twyman -Wavelength tables Jor spectrum analysis, Londra 1923, — 183 — Gramont, non si conoscono quindi le righe ultime. La loro pre¬ senza nel miscuglio analizzato è però certa, giacché sono state identificate varie righe fra le quali le seguenti del praseodimio tutte di intensità 10 : 4225.34 4223.0 4189.52 4179.43 4100.75 e le seguenti del samario : 4420.54 4256.40 4236.73 4152.23 Dell'ittrio e dell'erbio sono state identificate nello spettro¬ gramma le seguenti righe ultime di De Gramont : Y 3710.30 3633.13 Er 3499.12 nonché numerose altre righe. Sono anche presenti il disprosio e Tolmio dei quali ho si¬ curamente identificato alcune righe fra le quali le seguenti del- Tolmio : Ho 4173.25 4127.15 3484.80 tutte di intensità 10 e le seguenti del disprosio che Eberhard considera fra quelle utili per la identificazione dell’elemento : Dy 4211.74 3534.96 3531.50 Le poche righe del nostro spettrogramma (N. 4) che possono riferirsi al terbio ed al gadolinio non parmi siano, nel loro in¬ sieme, dati sufficienti per affermare la presenza di questi elementi nel miscuglio in esame. Dall'intensità e dal numero di linee trovate nello spettogram- ma si ricava che, dopo lo zirconio, predominano nel miscuglio studiato gli elementi tetravalenti e cioè, nell’ordine : afnio, torio e titanio. Come pure si può affermare che predominano gli elementi a numero atomico pari su quelli a numero atomico dispari. Degli elementi delle terre rare trovati nello zircone, il pra¬ seodimio, il samario, il disprosio e l’olmio vengono per la pri¬ ma volta identificati fra i prodotti vesuviani, gli altri erano stati già trovati da F. Zambonini e dall'autore del presente scritto nella vesbina. Napoli.— Istituto Chimico della R. Università, Febbraio 1930 - A. VIIL — 184 Riassunto Ricerche spettrografiche eseguite sullo zircone del Monte Somma hanno condotto ad identificare i seguenti elementi : Hf, Th, Ti, Ce, La, Nd, Pr, Sm, Y, Dy, Ho, Er. oltre, naturalmente, lo zirconio. Alcuni di questi elementi non erano stati sinora trovati fra i pro¬ dotti vesuviani. Finito di stampare il 10 marzo 1930. Il sistema nervoso sottointestinale e la segmen tazione del corpo negli Aracnidi del socio Prof, Gesuafdo Polke (Con la tav. 8) (Tornata del 18 gennaio 1930) Sommario Introduzione. Notizie storiche. Caratteri segmentali di un neuromero in Aracnidi a gangli liberi. Il criterio dell'innervazione dei gangli in rapporto alla segmentazione. Il criterio dei tratti commissurali nelle masse gangliari fuse. Il criterio dei vasi intergangliari. I caratteri dei gangli del postaddome nello Scorpione. La massa gangliare sottoesofagea dello Scorpione. Numero complessivo dei neuromeri sottointestinali dello Scorpione. II numero dei neuromeri negli Aracnidi adulti in generale. Neuromeri e metameri nell'embrione degli Aracnidi. Conclusioni. Lavori citati. Spiegazione della tavola. Introduzione. Nel 1900 e nel 1901 mi occupai dello studio del sistema ner¬ voso dello Scorpione, sia dal lato della dettagliata anatomia ma¬ croscopica (Police, 1) sia da quello dell’anatomia microscopica (Police, 2). In questi lavori, oltre a studiare altre quistioni, sta¬ bilii le basi per la interpretazione del numero dei metameri del corpo degli Aracnidi fondandomi sopra due criterii : l’uno di carattere prettamente nervoso, rappresentato dall’innervazione dei singoli neuromeri e dalle commissure che si riscontrano nelle masse gangliari fuse; l'altro rappresentato dai vasi sanguigni in¬ terposti nella massa nervosa fra un neuromero e l’altro. — 186 — Questi criteri potevano essere valorizzati essenzialmente nello Scorpione, il quale presenta un certo numero dei suoi gangli (gangli addominali) liberi, mentre nella grande maggioranza di Aracnidi tutto il sistema nervoso è fuso in una massa unica e manca il criterio comparativo dei gangli liberi. È questa la ragione per la quale tutti gli studi che si sono susseguiti sulla segmentazione del corpo degli Aracnidi, basati sul sistema nervoso, furono essenzialmente fatti sullo Scorpione. Il Patten, il quale si occupò prima di me della innervazione dei nervi partenti dalla massa nervosa sottoesofagea dello Scor¬ pione, non sempre è obbiettivo, poiché le sue deduzioni sono ba¬ sate sul preconcetto di volere avvicinare gli Aracnidi ai Vertebrati. E gli osservatori più antichi non guardarono con speciale atten' zione ai rapporti fra neuromeria e metameria generale. Il recente trattato dell'HANSTRÒM sull'anatomia comparata del sistema nervoso degl’invertebrati, mi ha spinto a ritornare sul¬ l'argomento che da lungo tempo io avevo abbandonato, e a ri¬ vedere la bibliografia. Ho veduto così che, dopo di me varii autori si occuparono direttamente dell'argomento sullo Scorpione e sopra altri Aracni¬ di : il Clendon, I’Haller, il Kassianow, il Lambert, I'Holmgren, il Buxton, il Petrumkewitsch, il Pavlowski, T Hanstròm, ecc. Alcuni di essi in lavori voluminosi trattano ampiamente la qui- stione mettendone in rilievo l'importanza. Qualcuno di questi autori è d’accordo con me nei risultati delle mie osservazioni; qualcuno li discute; la maggior parte di essi, però, ignora i miei studii sia che venga a conclusioni si¬ mili alle mie, sia che venga a conclusioni differenti. Epperò, dopo che tanta gente ha ampiamente lavorato sullo stesso argomento da me trattato circa 30 anni or sono, ho cre¬ duto di rivedere le osservazioni da me già fatte sullo Scorpione, ho rifatto dei preparati non soltanto sopra questo animale, ma anche sopra altri Aracnidi e non solo sull'adulto, ma anche sul- l'embrione. In tal modo, mentre son Venuto ad ampliare le mie conclusioni, ho potuto altresì meglio valorizzarle. Pertanto, questo mio lavoro in parte è lavoro di rivendica¬ zione, in parte è lavoro di polemica; fondamentalmente, con lo aiuto di nuove osservazioni, cerca di portare una parola serena — 187 - sulla quistione della segmentazione del corpo degli Aracnidi in rapporto alla neuromeria. Faccio rilevare, però, che qui mi occupo soltanto di neuro¬ meri sottointestinali; della neuromeria cefalica mi occuperò prossi¬ mamente in apposito lavoro, nel quale spero di apportare un con¬ tributo alla quistione della cefalizzazione del capo degli Aracnidi. Notizie storiche. In questa rivista storica accennerò soltanto agli autori le cui osservazioni sul sistema nervoso hanno rapporto con la seg¬ mentazione del corpo. Per quanto riguarda i primi osservatori, queste notizie ver¬ tono principalmente sul numero dei nervi che partono dai centri nervosi; notizie che poi, perfezionate e con raggiunta dell'inner¬ vazione , sono servite di base alle considerazioni morfologiche consecutive. Così il Dufour da ogni coppia di gangli addominali dello Scorpione vide partire tre nervi: due laterali ed uno ventrale. In realtà il nervo ventrale impari del Dufour non esiste , poiché esso è semplicemente un vaso sanguigno, come mostrai in altro lavoro (Police, 1; pag. 2). Il Newport fu più preciso nell' osservazione , poiché vide partire da ogni lato di una coppia di gangli del preaddome dello Scorpione un nervo; però questo nervo unico lo vide poi divi¬ dersi in due rami, i quali si distribuivano ad uno stesso segmento. In tal modo il Newport cominciò pel primo a stabilire i carat¬ teri segmentali dei neuromeri. Molti anni dopo (il lavoro del Newport rimonta al 1843), con maggiore abbondanza di particolari, il Patten, nel suo la¬ voro sull'origine dei Vertebrati dagli Aracnidi, volle stabilire i caratteri di un neuromero tipico di Scorpione. Infatti egli per ogni lato di una coppia di gangli liberi dell'addome di un ani¬ male adulto, vide partire un nervo, il quale nascerebbe con due radici e si dividerebbe ben presto in due rami, uno laterale ed uno posteriore. Il Patten quindi considerò ciascuno di questi nervi come costituito dalla fusione di due nervi, uno anteriore, " neural „ con un ganglio alla base, ed uno posteriore " haemal — 188 — Fondandosi su questo criterio il Patten interpreta il nu¬ mero di tutti i neuromeri costituenti la massa nervosa perieso¬ fagea. Dal quarto al nono neuromero (neuromeri toracici della massa gangliare sottointestinale, da quello dei cheliceri alle quat¬ tro paia di gangli pedali) ogni neuromero avrebbe un nervo neu- rale per l'appendice e due paia di nervi emali per i muscoli in- terni. Gli ultimi quattro neuromeri della massa gangliare sotto¬ esofagea avrebbero tutti i loro nervi neurali riuniti in un unico paio, il quale innerverebbe i pettini, mentre i nervi emali an¬ drebbero a costituire un sistema analogo a quello del " vago „ dei Vertebrati. In ognuno dei neuromeri seguenti (neuromeri li¬ beri dell'addome) vi sarebbe un nervo neurale ed un solo nervo emale bene sviluppato, rappresentante il neuromero tipico. Ognu¬ na di queste coppie di nervi, secondo il Patten, sarebbe analo¬ ga ad un " nervo spinale „ dei Vertebrati, mentre tutta la massa nervosa fusa, sopra - e sotto-esofagea, costituirebbe il " cervello „ che egli divide in “ cervello anteriore, medio e accessorio Più tardi il Laurie-Malcoln si occupò della distribuzione dei nervi addominali in parecchie specie di Scorpioni; egli vide uscire da ogni lato del ganglio un nervo solo, il quale a un certo punto si divide in due rami, uno che va alla parete del corpo, l'atro alla corrispondente vescicola pulmonare. Non furono perfettamente d'accordo con quello del Patten le osservazioni sullo stesso argomento da me fatte nel 1900 (Poli- ce, 1). Io riscontrai che il neuromero tipico (gangli liberi del pread¬ dome) dello Scorpione porta per ogni lato non un nervo solo con due radici, ma due nervi distinti alla loro origine e lungo il loro percorso. Questi due nervi per un tratto camminano stret¬ tamente accollati l’uno all'altro, in modo da dare l'apparenza di un unico nervo, poi si separano. Di questi due nervi uno nasce dalla parte anteriore del ganglio e distribuisce i suoi rami prin¬ cipalmente ai muscoli delle pareti laterali del corpo ed alla vesci¬ cola pulmonare del metamero corrispondente, e lo chiamai " nervo addominale esterno l'altro nasce dalla parte posteriore del gan¬ glio e si distribuisce ai muscoli posti nella regione interna del corpo (muscolo longitudinale mediano e muscolo dorso-ventrale) e lo chiamai "nervo addominale interno „. Entrambi questi nervi si distribuiscono allo stesso metamero e riesce facile individua- — 189 — lizzarli, fondandosi sulle parti più appariscentemente metameriche da essi innervate: la vescicola pulmonare (fig. 1, v p) pel nervo addominale esterno , e il muscolo dorso ventrale (fig. 1, m d v) pel nervo addominale interno. I nervi del postaddome si trovano nelle condizioni osservate dal Patten, cioè a dire che i due nervi sono fusi in un solo, il quale, però, presto si divide in due rami (fig. 1, g p a). Nella porzione (posteriore) addominale della massa nervosa sottoesofagea, dal numero dei nervi che partono e per la loro innervazione, si possono distinguere quattro neuromeri, dei quali i tre posteriori con nervi corrispondenti (per il numero e per gli organi innervati) a dei nervi addominali, simili cioè a dire sotto tutti i punti divista ai nervi partenti dai gangli liberi del pread¬ dome. Il primo neuromero addominale della massa gangliare sottointestinale innerva i pettini; con la modificazione del segmen¬ to del pettine si è avuta anche modificazione dei due nervi par¬ tenti per ogni lato: uno (fig. 2, n p t) ha preso grande sviluppo e va ad innervare le appendici pettiniformi, 1' altro invece si è molto ridotto in rapporto all'esigua muscolatura del 1° segmento addominale (ridotto) da esso innervato. I nervi addominali della massa nervosa sottoesofagea si di¬ stribuiscono con la massima regolarità ai metameri corrispon¬ denti, per modo che essi non presentano nulla d'irregolare e nulla hanno che vedere con un “ sistema del vago „ quale volle vedervi il Patten. Nè alcun appoggio di fatti ha l'interpretazione dello stesso autore che i due nervi dei pettini risultino dalla fu¬ sione delle radici neurali dei quattro neuromeri addominali del¬ la massa nervosa sottoesofagea. Per ognuno dei sei neuromeri della porzione toracica della massa nervosa sottoesofagea , per ogni lato , parte un nervo solo (il quale secondo la mia interpretazione, risulta dalla fusione dei due nervi del neuromero tipico addominale) dalla cui base si staccano quattro rametti, due per lo sternite del metamero e due per il primo articolo dell'appendice (fig. 1 e 2, n pl....np*), nell'istesso modo come partono due rametti per ognuno dei se¬ guenti articoli dell’appendice medesima. Come un nervo toracico si comporta anche il nervo dei cheliceri, che parte dal deuto- cerebron (fig. 1 e 2, n eh). — 190 Studiando l'anatomia microscropica dei gangli del preaddome (Police, 2) riscontrai in ogni ganglio particolari formazioni e tratti commissurali, che poi ritrovai nelle masse gangliari fuse, mo¬ strando che anche in queste si possono riscontrare tracce dei neuromeri. Infatti nel quarto ganglio del postaddome (risultante dalla fusione di due coppie di gangli, che innervano due meta¬ meri) si riscontrano le formazioni corrispondenti a due neuro¬ meri; nella porzione addominale della massa nervosa sottoesofagea si ritrovano le formazioni che corrispondono a quattro neuro¬ meri; nella massa nervosa sottoesofagea toracica, si notano le formazioni corrispondenti a cinque neuromeri. Mettevo inoltre in rilievo nello Scorpione un carattere di spiccato indizio di segmentazione: quello dei vasi intergangliari, ai quali in verità già aveva accennato qualcuno (Schneider e Causard) per altri Aracnidi. Riscontrai, così, otto di questi vasi nella massa nervosa sottoesofagea corrispondenti a nove neuro¬ meri (regolarmente escluso quello dei cheliceri). Dopo di me si occupò del sistema nervoso dello Scorpione il Me. Clendon. Questi , oltre che dell' anatomia dell' adulto, si occupò anche dello sviluppo. Ed appunto sotto il lume delle os¬ servazioni embriologiche egli volle richiamare l'attenzione sopra alcuni fatti. Tipicamente egli riscontrò per ogni neuromero due paia di nervi, un paio anteriore (H haemal „ di Patten, " esterno „ di Police) ed un paio posteriore ('* neural „ di Patten, " inter¬ no „ di Police). Il Clendon non trova i gangli veduti dal Patten alla base della voluta radice sensitiva, come non li ho trovati io. Come me, egli riscontra che i nervi delle appendici toraciche sono più grandi, e neanche egli è d'accordo col Patten che si tratti, per questi, delle sole radici neurali. Egli sostiene che i nervi dei gangli liberi del preaddome innervano non soltanto i corrispon¬ denti segmenti, ma ciascuno manda nervi ai muscoli del segmento successivo. È d'accordo con me sul non ammettere nello Scor¬ pione il " sistema del vago „ voluto dal Patten. Per i nervi delle appendici toraciche egli ne mette in rilievo le maggiori dimensioni e nota che vengono fuori da una parte più ventrale della massa nervosa sottoesofagea che non gli altri nervi (quelli addominali che vengono fuori dalla stessa massa — 191 — gangliare). E in riguardo alPaverli classificati il Patten come 11 nervi neurali „ egli osserva: " Fig. 12 shows how I have clas- sified these nerves from a study of their development better than a description would do In questa figura 12 l'autore mo¬ stra alla base dei nervi toracici un piccolissimo rametto, che egli indica come “nervo anteriore,,. Il Clendon disegna nella massa nervosa sottoesofagea nu¬ mero 8 vasi intergangliari, i quali la dividono in 9 neuromeri, appunto quanto ne avevo distinti io. Del sistema nervoso dello Scorpione si occupa ancora più tardi F Haller. Questo autore nota che il sistema nervoso cen¬ trale degli Aracnidi elevati è grandemente sconosciuto e che tran¬ ne la descrizione di Bòrner nei pedipalpi e la corta descrizione di Janeck, non esiste altro nella letteratura (sic., pag. 505). Comin¬ cia quindi col descrivere il sistema nervoso cefalotoracico dello Scorpione come se fosse il primo a parlarne e a darne disegno, ignorando non solo i lavori antichi , come quelli del Dufour, ma ancora quelli più recenti del Patten, Brauer, Police, Clen¬ don, Pereyaslawzewa. Per tali ragioni si attirò la critica del Kas- sianow e dell'HoLMGREN ; tanto più che le sue osservazioni sono superficiali ed errate. Prescindendo dai fatti da lui notati nei gangli cerebroidi, fra i quali è degno di rilievo quello che il nervo del labbro supe¬ riore partirebbe da quello degli occhi laterali, per quanto riguarda la massa nervosa sottoesofagea, I Haller nota in questa il neu¬ romero dei pedipalpi e quelli delle quattro paia di nervi ambu- latorii, dopo dei quali la massa sottoesofagea si collegherebbe con la catena gangliare ventrale. L'autore non parla di nervi ad¬ dominali che partono dalla massa sottoesofagea, nè di nervi del pettine, nè si preoccupa di quistioni morfologiche sui nervi in relazione con i pedipalpi e con i piedi ambulatorii. Io voglio notare, però, che nel lavoro dell'HALLER vi è an¬ che qualche osservazione giusta : e ciò a proposito dei vasi in¬ tergangliari. Egli nota che dorsalmente alla superficie della massa nervosa sottoesofagea si trova l'arteria midollare (Bauchmark- s arte rie) la quale manda per ogni ispessimento gangliare un ramo mediano. A dedurne dalla fig. 1 dell'autore il numero di — 192 — questi vasi è di otto, ciò che coinciderebbe con quanto notai io e disegnò il Me. Clendon. Il Lambert nel suo studio sullo sviluppo dell' Epeira , ac¬ cenna anche in questo animale alla segmentazione della massa nervosa sottoesofagea ed alla determinazione dei neuromeri che la costituiscono anche nell'adulto. Infatti, parlando dalla forma¬ zione del cervello nell’adulto (pag. 445) osserva che sotto l'eso¬ fago vi è una massa gangliare costituita da neuromeri, alcuni dei quali appartengono originariamente ai segmenti addominali. La loro posizione nella regione cefalica è uno dei risultati della reversione deH'embrione, la quale fa sì che essi vengano spinti innanzi. A proposito dei nervi che partono dalla massa nervosa sottoesofagea, il Lambert conferma n tWEpeira la con¬ dizione pari dei nervi segmentali riscontrata nello Scorpione. La quistione della segmentazione del corpo in rapporto al sistema nervoso è stata ripigliata in epoca posteriore (1917) dal Buxton nel suo studio sulle glandule coxali ed i gangli degli Aracnidi. Per lui (pag. 13) i neuromeri costituenti la massa nervosa sottoesofagea degli Aracnidi in generale , come dello Scorpione e del Telifono possono essere chiaramente distinti mediante i vasi intergangliari. Esaminando questi neuromeri l'autore determina che ve ne sono 18 in ognuno dei quattro ordini che formano il primo gruppo di Aracnidi : Scorpioidi, Araneidi, Uropygi ed Amblyo- pygi. Uno di questi 18 neuromeri (il chelicerale) si è spostato e si è fuso col ganglio sopraesofageo , gli altri diciassette si tro¬ vano nella massa gangliare subesofagea e nell'addome. Nel sistema nervoso dello Scorpione questi gangli sono me¬ no concentrati che negli altri Aracnidi. Nel ganglio subesofageo (massa gangliare sub-esofagea) si riscontrano nove neuromeri: il nono neuromero innerva l’addome ed il primo polmone. Nel¬ l'addome vi sono tre singoli gangli che innervano il 2°, 3° e 4° polmone. Nel postaddome vi sono 4 gangli, dei quali l'ultimo è doppio poiché ha due neuromeri. L'intera catena nervosa ven¬ trale è costituita da diciassette gangli, i quali con i gangli che- licerali, fusi col cervello, formano diciotto. Il Buxton ignora i miei studii sullo Scorpione. 193 - A proposito dei gangli sottointestinali dei Telifoni (pag. 14) osserva che mentre Strùbell, nel Theliphonus caudatus , descrive sei paia di gangli nel cefalotorace e 10 paia nell’ addome, egli ne riscontra sempre diciassette paia. Nei Ragni (pag. 15), nei quali non vi è netta distinzione fra i neuromeri nell'adulto, egli è riuscito a riscontrare in una larva di un grosso Chilobrachys ( Theraptosid ) uno stadio tran¬ sitorio nel quale si potevano nettamente distinguere il numero dei gangli, riscontrando in esso cinque gangli addominali i quali rapidamente scomparivano negli stadii successivi. Nella massa gangliare sottoesofagea distingueva dodici neuromeri , quindi complessivamente diciassette neuromeri, i quali aggiunti al gan¬ glio chelicerale divenuto sopraesofageo , ne formano 18 come negli altri Aracnidi. A proposito degli Scorpioni, egli nota (pag. 20) che n o n vi è completa corrispondenza fra gangli e segmenti; d'altronde il numero totale di 18 è lo stesso come per gli altri Aracnidi. Il cefalotorace è composto di 6 segmenti e l'addome di 12, ma il primo segmento addominale (VII) è scom¬ parso " leaving thè genital as thè first abdominal segment, poste- rior to which are thè segment hearing thè pectens, thè four lungs and thè last abdominal segment = making seven in all = while beyond this Comes thè post-abdomen with five segment forming thè tail. There are, therefore, eleven post-genital segments instead of ten as in thè Pedipalps „. II 1° segmento addominale sareb¬ be scomparso, ma il Brauer ne trova un rudimento transitorio corrispondente nell' embrione. I neuromeri 1 a 5 della massa nervosa sottoesofagea innerverebbero le appendici da II a VI ; il settimo neuromero innerverebbe l’organo genitale, l'ottavo neuromero il pettine “ and thè ninth thè first lung-leaving thè sixth neuromere, which should supply thè missing segment VII, to be accounted for „. Il sesto neuromero è chiaramente " map- ped out and is quite normal in size „ ma 1' autore non è riu¬ scito a riscontrare i nervi che partono da esso. Pare probabile, secondo l'autore, che faccia da nervo supplementare al pettine, poiché il nervo che va a questo è un paio secondario della massa nervosa posto ventralmente al ganglio sub-esofageo. Ventralmente all’ottavo neuromero , da ciascun lato della - 13 - — 194 — linea mediana , vi è una grossa massa di fibre nervose dalla quale parte posteriormente un cordone che la congiunge al nervo delbottavo neuromero ; là dove vi è un altro grosso rigonfia mento. L'autore non ha potuto osservare una connessione di¬ retta fra il sesto neuromero e la massa nervosa posta ventral¬ mente ad esso, ma gli pare probabile che tale connessione vi sia e che il sesto neuromero, dopo la scomparsa del VII seg¬ mento, venga utilizzato come una secondaria sorgente d’ inner¬ vazione del pettine. Nei Butidi, ma non negli Scorpionidi, Chaetidi o Vejovidi, vi è una ulteriore estensione di questa massa nervosa ventrale anteriore quasi opposta al secondo neuromero , dove vi è un altro piccolo rigonfiamento, ma non diretta connessione col gan¬ glio sottoesofageo stesso. Per l’autore, quindi, quale che possa essere la vera funzio¬ ne del sesto neuromero, è chiaro che esso è interposto fra il quinto ed il settimo senza avere un segmento corrispondente da innervare. 11 VII segmento è scomparso, ma il ganglio che lo innerva originariamente permane. Ritornando all'addome, il Buxton trova dodici segmenti dei quali il primo è il genitale ; per innervare questi è stato già disposto di sette gangli (segmento I a VII) (VII essendo transi¬ torio). Il ganglio dell’organo genitale (Vili) pettine (IX) e primo polmone (X) sono fusi col ganglio sottoesofageo. Viene in se¬ guito una serie di tre singoli gangli per i polmoni 2, 3 e 4 (XI, XII, XIII) posteriormente ai quali è l’ultimo segmento addomi¬ nale (XIV). Nel postaddome vi sono cinque segmenti e quattro gangli, del quale l'ultimo, situato nel quarto segmento, è dop¬ pio (rappresenta due neuromeri) e innerva chiaramente il quarto e quinto segmento. Il primo ganglio pel postaddome è unico e l'autore ha cer cato invano sui tagli l’indizio della divisione di questo ganglio in due neuromeri. Fino a prima della nascita questo ganglio si estende anteriormente nell’ultimo segmento dell'addome. L'au¬ tore emette la supposizione che l'ultimo segmento dell' addome ed il primo del postaddome rappresentino in realtà un unico segmento il quale si è secondariamente diviso in due ; egli ve¬ drebbe un appoggio a questa supposizione nelle figure del m Brauer sullo sviluppo dello Scorpione, pur notando, però, che il Brauer nel testo tratta i segmenti XIV e XV come se fossero segmenti distinti. In favore della possibilità di tale divisione il Buxton indica la divisione secondaria tra il quinto segmento del postaddome e la gianduia del veleno, la quale corrisponde¬ rebbe al telson del Litnulus e degli Euripteridi. Il telson non è considerato come rappresentante un segmento originale, nè vi è ganglio per la gianduia del veleno nello Scorpione. La conclusione generale è che nel gruppo I di Aracnidi il numero dei gangli corrisponde al numero dei segmenti — di¬ ciotto per ognuno — chiaro nei Pedipalpi ; non così chiaro, ma probabile, nello Scorpione ; nei Ragni possibile, ma non provato. Nei Solifughi il Buxton riscontra una singola* massa senza evidenza di neuromeri. Essa può essere rappresentata dalla fu¬ sione dei gangli originarli o alcuni possono essere soppressi. Lo stesso si può dire dei tre gangli addominali dei Palpigradi. In nessuno di questi due ordini può essere determinata una re¬ lazione fra i segmenti addominali ed i gangli. In ciò questo secondo gruppo differisce dal 1° gruppo: in ognuno di questi due ordini del T gruppo, vi sono nove seg¬ menti postgenitali invece di dieci, come probabilmente è in tutti gli ordini costituenti il gruppo 1°. Il Petrumkewitsch studia i rapporti fra sistema circolatorio e sistema nervoso. Per lui il numero dei somiti postorali degli Aracnidi adulti è di 17 : 5 di questi sono toracici e 12 addominali. Il numero dei somiti preorali sarebbe invece di quattro : oculare mediano, oculare laterale, rostrale e cheliceraie (Petrumkewitsch, 1). Per lui (2, pag. 173) “ thè scorpion represents thè more generalized and therefore more primitive circulatory System among Arachnida,,. Hanstròm (1, 2) fa uno studio dettagliato sull' istologia del sistema nervoso degli Aracnidi. D'accordo con Brauer, egli trova (2, pag. 255) che la gran massa gangliare dello Scorpione (Vejo- vis) è costituita dalla fusione di 9 gangli (dieci compreso il gan¬ glio dei cheliceri) : il ganglio dei pedipalpi, i quattro gangli dei piedi e quattro gangli del preaddome, mentre altri quattro gan¬ gli del preaddome e tre del postaddome (l'ultimo composto' di due) restano liberi. -- 196 — In questi lavori 1' Hanstròm ignora le mie prime osserva¬ zioni (Police, 1) nelle quali in base all'esame dettagliato delle in¬ nervazioni dei gangli isolati e delle masse gangliari fuse dedu¬ cevo del numero dei neuromeri dello Scorpione. L'autore nota che il primo ganglio addominale libero in al¬ cuni generi sembra essere molto addossato alla massa cefaloto¬ racica fusa, e in proposito richiama una figura del Dufour ; notando che in Vejovis rimane completamente incorporato in questa massa. Qui nota che il numero dei gangli componenti questa massa può essere determinato contando il numero dei sistemi commis¬ surali e dei vasi dorso-ventrali. Con questo metodo egli riscon¬ tra in Vejovis dieci gangli nella massa gangliare sottoesofagea. Osserva che, benché il numero dei gangli i quali parteci¬ pano alla formazione della massa addominale , sia minore in Vejovis (cinque) che negli Araneidi (dieci, d'accordo con Pappe- nheim) egli ha trovato che la configurazione dei più evidenti tracts è la stessa in entrambi i gruppi. Per l'autore i nervi ventrali dei pedipalpi, dei quattro piedi ambulatorii e di several nervi dell' addome partono dalla masssa gangliare del cefalotorace ; i nervi addominali non sono United come negli Araneidi, ma procedono posteriormente come piccoli nervi distinti. “ In addition a number of dorsal nerves (ten, according to Me Clendon) spring from thè dorsal region of thè cephalotoracic mass and innervate thè muscles of thè cephalothorax „. Anche egli vede partire due paia di nervi da ognuno dei tre gangli liberi del preaddome. Entrambi questi nervi sembrano unirsi dopo breve uscita dal ganglio. Egli crede che questi nervi dei gangli liberi siano comparabili ai nervi dorsali e ventrali che partono da ognuno dei nervi della massa cefalotoracica, cioè a dire un piccolo nervo dorsale per i muscoli del cefalo- torace ed un forte nervo ventrale per i pedipalpi ed i piedi am¬ bulatorii ; nei gangli liberi del preaddome i due nervi sono delle stesse dimensioni e lasciano il ganglio allo stesso livello " but this may be a secondary condition in connection with thè di- sappearance of thè abdominal appendages,,. L’Hanstròm (4) riassume e concreta le sue opinioni nel re- - 197 - cente trattato sulla " Vergleichende Anatomie des Nervensystems der Wirbellosen Tiere „ (pag. 378 e seguenti). Il sistema ner¬ voso ventrale dello Scorpione è costituito : a) da sei paia di gangli nel cefalotorace, pzr i cheliceri, i pedipalpi e le quattro paia di piedi; b) da otto paia nel preaddome, dei quali il primo appartiene “ dem nur vorubergehend auftretenden ersten Ab- dominalsegment „ c) quattro nel postaddome. La massa nervosa cefalotoracica è costituita dal ganglio dei cheliceri , da due dei pedipalpi, da quattro paia di gangli pedali e dalle prime quattro paia di gangli addominali, mentre i restanti tre gangli del pre¬ addome e quattro del postaddome restano liberi. Il primo seg¬ mento, rudimentale, del preaddome è rappresentato dal rispettivo ganglio. L'ultimo ganglio addominale è formato dalla fusione di due o, probabilmente, più gangli, il cui numero si manifesta dalla presenza di più nervi laterali. Il numero dei gangli della massa nervosa sottoesofagea toracica è indicato dal numero delle commessure e da quello dei vasi sanguigni i quali vanno ven¬ tralmente nella linea mediana. Nello Scorpione vi sono due gan¬ gli più del Limulo. Se i gangli della massa nervosa sottoesofagea dell' adulto innervano i cheliceri, i pedipalpi e le quattro paia di piedi, al¬ lora il primo ganglio preaddominale deH’embrione rappresenta il settimo ganglio della massa sottoesofagea e innerva l'apertura genitale. L'ottavo ganglio innerva i pettini, e i quattro gangli seguenti (dei quali due ordinariamente appartengono alla massa del cefalotorace) i polmoni. L’Hanstròm, seguendo la terminologia di Patten-Reden- bauch distingue i due nervi partenti da ognuno dei lati dei gangli liberi del preaddome, in neurali ed emali ; ciò perchè ha notato in ogni segmento della massa del cefalotorace un nervo più grosso in posizione ventrale, il quale va alla appendice, ed un piccolo nervo dorsale, il quale ultimo avrebbe rapporto con i vasi sanguigni. Cioè a dire (pag. 381) che questi nervi dorsali (nervi emali) innerverebbero nientedimeno che il cuore ; ciò per¬ chè secondo la Gottlieb, le cui osservazioni egli appoggia , il nervo cardiaco da me osservato non esisterebbe e invece vi sarebbero questi " Herznerven „ segmentali, le cui anastomosi laterali formerebbero i miei nervi cardiaci, e questi, in tal — 198 — modo non avrebbero nessun rapporto col cervello. E così che nella massa cefalotoracica esistono 10 gangli, con dieci nervi neuraii ventrali e dieci nervi emali dorsali. Egli riscontra perfetta omologia fra il modo di comportarsi di questi nervi nello Scorpione e nel Litnulus. I nervi neuraii, i quali nel Litnulus vanno dai gangli ventrali alle branchie, ne¬ gli Scorpionidi sono rappresentati dai piccoli nervi pulmonari, i quali per causa della mancata mobilità dei foglietti del pol¬ mone sono esclusivamente sensitivi, mentre i nervi branchiali del Limulo naturalmente portano così fibre sensitive come motrici. Per i Pedipalpi, Solifugi ed Opilionidi, THanstròm accenna alla forte concentrazione dei gangli nervosi, ma non scende in dettagli sul loro valore segmentale. Vi ritorna invece a proposito degli Araneidi (pag. 392). 11 sistema nervoso ventrale di Dolo- mede'. s è formato dalla fusione di 12 gangli (il ganglio dei che- liceri, quello dei pedipalpi, quattro gangli pedali e sei gangli addominali) e di un ganglio caudale complesso, fatto di tre o forse quattro gangli, a dedurne dal numero delle commissure trasverse (Pappenheim), In tal modo negli Araneidi , esclusion fatta del cervello, vi sono 16 gangli postorali, ciò che è d'ac¬ cordo col numero che se ne riscontra nei Chernetidi , mentre gli Scorpionidi hanno due gangli in più. Nella massa nervosa sottointestinale cefalotoracica dei Ragni dipneumoni sì riconosce il numero originario dei gangli dalle commissure trasverse, le quali in ogni segmento sono disposte l'una sopra l'altra, fino al numero di quattro. Ogni ganglio em¬ brionale, quindi, emette un sistema di commissure , e i succes¬ sivi sistemi di commissure vengono distinti l’uno dall'altro me¬ diante vasi perpendicolari i quali collegano la vena posta ven¬ tralmente al sistema nervoso con l'arteria posta dorsalmente. Dalla massa nervosa ventrale partono a rosetta i nervi dei pedipalpi e dei piedi ambulatorii. Anche qui I'Hanstròm trova un piccolo nervo dorsale , il quale fuoriesce da ogni ganglio, " der unter anderem die Cephalothorakalmuskulatur und wahr- scheinlich auch das Herz innerviert „. Per gli Araneidi quindi l'autore è meno affermativo che per lo Scorpione, poiché que¬ sto nervetto dorsale innerverebbe (fra l’altro) la musculatura del cefalotorace e verosimilmente anche il cuore. — 190 — Nei Chernetidi la massa nervosa ventrale manda anterior¬ mente i nervi dei pedipal pi, lateralmente i quattro nervi pedali e alFindietro tre nervi addominali. Di questi ultimi , il laterale va al primo segmento addominale, mentre i due mediani inner¬ vano i segmenti addominali posteriori. Come si vede, fondamentalmente la quistione della segmen¬ tazione del corpo degli Aracnidi è impiantata sul sistema ner¬ voso ; e ancora, per questo, le osservazioni sono state fatte prin cipalmente sullo Scorpione. Su questo, forse la maggior parte delle conclusioni degli autori recenti coincidono con quelle di autori più antichi e sovente le quistioni impostate non portano alcun contributo nuovo : ciò, mi spinge a rivendicare la parte di esse che a me spetta, e discutere le conclusioni con nuove osservazioni. Caratteri segmentali di un neuromero in Aracnidi a gangli liberi (Scorpionidi)* Il criterio dell’ in nervazione dei gangli in rapporto alla segmentazione. Le caratteristiche segmentali di un neuromero sono date fondamentalmente dall'innervazione dei nervi che partono dal neuromero. E siccome i gangli rappresentanti questi neuromeri sono fusi in masse gangliari nella maggior parte degli Aracnidi, per caratterizzare un neuromero in rapporto al criterio dell' in¬ nervazione, dobbiamo ricorrere ad Aracnidi a gangli liberi, quali gli Scorpionidi. E siccome i gangli liberi che più tipicamente conservano i loro caratteri sono quelli del preaddome, bisogna ricorrere appunto allo studio dell' innervazione dei nervi che partono da ogni lato di una coppia di gangli del preaddome1)- Questi nervi furono riscontrati in numero di uno per lato dagli antichi autori (Dufour, Newport). Il Patten osservò che essi nascevano con due radici, si fondevano per un tratto, indi si dividevano in due rami : Io (Police, 1) mostrai che non vi l) Lo Scorpione da me studiato è X Euscorpius carpathicus. - 200 - era mai fusione di queste radici e che si trattava sempre di due nervi i quali per un tratto camminavano strettamente accollati l'uno all'altro. E con me fu il Clendon e poi gli altri autori. Una quistione che sorge intorno a questi nervi è quella ine¬ rente alla loro natura funzionale, cioè a dire se si tratti di due nervi misti, oppure l’uno è di moto e l'altro sensitivo. In rap¬ porto alla innervazione non sorge, però, soltanto questo proble¬ ma, ma anche quello del territorio generale d'innervazione, cioè a dire se ogni ganglio innerva soltanto il metamero corrispon¬ dente o se manda rami anche ad altri metameri. Queste quistioni sono collegate con la denominazione dei nervi medesimi, onde, mentre parrebbe che non valesse la pena di fare una discussione soltanto sul modo di denominarsi di que¬ sti nervi, al loro nome invece è attaccata una importanza fisio¬ logica e morfologica. Il Patten denominò questi due nervi, l’anteriore "neurale,, ed il posteriore " emale „, ritenendo ognuna di queste coppie di nervi omologa ad un nervo spinale dei vertebrati , e ciò in base alla tendenza teorica di tutto il suo lavoro, nel quale vor¬ rebbe riscontrare spiccate affinità fra lo Scorpione ed i Ver¬ tebrati. Io (Police, 1), che feci i miei primi studii sullo Scorpione in¬ dipendentemente da ogni preconcetto teorico, ma solo in base ad un minuto studio di anatomia macroscopica (quale non era mai stato fatto prima di me, e quale non è stato fatto dagli autori che mi hanno seguito) denominai questi nervi in base al loro territorio di distribuzione ; epperò Panteriore lo dissi " ner¬ vo addominale esterno „ ed il posteriore " nervo addominale in¬ terno „. Infatti, mostrai con molti dettagli l'innervazione di essi, a giustifica del loro nome. L’esterno (anteriore) (fig. 1, nat) si divide in tre rami, dei quali il maggiore, va lateralmente dirigendosi in fuori ed in basso innervando il muscolo longitudinale laterale e la porzione ester¬ na dei muscoli dorsale e ventrale del segmento corrispondente ; il secondo ramo, molto esiguo, va alla vescicola pulmonare (fig. l,vp); il terzo ramo, ancora più piccolo, si rivolge verso l'interno, distribuendosi ai muscoli ed ai tegumenti. Il nervo addominale interno (fig. 1 , n p s) (posteriore) si distribuisce — 201 — alla regione interna mediana del corpo, al muscolo longitudinale mediano (muscolo che va ventralmente e longitudinalmente nella linea mediana: fig. 1, mirri) ; un piccolo ramo di esso va al mu¬ scolo dorso-ventrale (muscoletto cilindrico il quale da un estremo si inserisce alla parete ventrale del corpo e dall’altro alla parete dorsale : fig. \tmdv) del segmento corrispondente. In tal modo riesce facile l'identificazione di questi due ner¬ vi, mediante la presenza di due organi, molto evidenti e netta¬ mente segmentali, da essi innervati : la vescicola pulmonare per il nervo esterno (anteriore) ed il muscolo dorso-ventrale per il nervo interno (posteriore). Ho citato questi due organi non per¬ chè essi siano la sede principale d'innervazione dei nervi in pa¬ rola, chè, anzi sono innervati da rami secondarii ; ma perchè per la loro appariscenza sono facilmente identificabili e quindi sono facili punti di repere. Il Clendon, pur non adottando la nomenclatura del Patten, osserva che io non sono stato felice nella scelta della denomi¬ nazione di “ nervo addominale esterno „ e " nervo addominale interno „ , “ for althought in some abdominal neuromeres thè external nerves do arise from a broader part of thè nerve cen¬ ter than thè internai, and are properly described by thè name, in thè toracic neuromeres they do not. They had better be de¬ scribed as anterior and posterior , since during thè early em- bryology they all conform to this description. „ Come risulta dalla esposizione precedente, io avevo dato la denominazione di interno ed esterno ai due nervi gangliari non rispetto alla loro uscita dal ganglio, ma rispetto al loro territo¬ rio d'innervazione, come quello che più facilmente permette di identificarli rispetto alle parti innervate. D’altra parte aggiungerò che non ho nessuna difficoltà a denominare i due nervi " ante¬ riore „ e " posteriore „ rispetto al loro modo di disporsi nel¬ l'embrione, come mostra il Clendon ; tanto più che, anche nel¬ l'adulto io stesso ho mostrato (Police 1, pag. 3) che : " Le due origini di questi nervi dal ganglio sono situate sul ganglio stesso, una anteriore e l'altra posteriore „. Per la posizione di origine, quindi i due nervi verrebbero identificati lo stesso ; anzi avreb¬ bero in più il vantaggio della brevità del nome. Il Clendon riporta ancora come condizione sfavorevole alla — 202 — denominazione da me adottata per questi nervi, il fatto che tale posizione non si riscontra nei nervi toracici. Ed egli trova in¬ fatti dorsalmente all'origine dei grossi nervi pedali un rametto sottile che egli interpreta come nervo anteriore. Questo rametto fu veduto anche dairHANSTRÒM ; ritornerò, quindi, su di esso, ora che discuterò le osservazioni di questo autore. L’Hanstròm, dunque, partendo dall’esistenza di questo ner- vetto dorsale nei nervi della massa cefalotoracica, denominò in un primo momento (Hanstròm, 2) anche i due nervi dei gangli liberi dell'addome uno dorsale e l'altro ventrale. E questa de¬ nominazione in rapporto alla posizione potrebbe anche essere accettata, come quelle di " anteriore „ e " posteriore „ poiché io stesso ebbi a notare (Police 1, pag. 3) : " possiamo indicare una delle radici come anteriore e dorsale, e l'altra come posteriore e ventrale „. Però, PHanstrom, nel suo trattato di Anatomia comparata del sistema nervoso degl'invertebrati, cambia parere e ripiglia la denominazione adottata da Patten-Redenbauch per lo Scorpio¬ ne ed il Limulo, ed indica quindi i due nervi partenti da ogni lato del ganglio, come " neurale „ ed " emale „. Egli attribuisce a tali nomi un significato che ritrae principalmente dallo studio dei nervi segmentali della massa toracica. Ho già accennato come il Clendon riscontra che anche questi nervi toracici sono duplici ; vi è, cioè a dire, un grosso nervo pedale (nervo posteriore) e un piccolo nervo anteriore. Ora I'Hanstròm non solo trova anche egli questo nervetto dor¬ sale ("anteriore,, del Clendon), ma ne indica ancora il territorio d’innervazione, il quale in un primo momento (1923) era rap¬ presentato dai muscoli del cefalotorace ed in un secondo mo¬ mento (1928) dal sistema circolatorio. Il nome di " emale „ quindi non sarebbe applicato per una ragione teorica, come fu pel Pat- ten, ma sarebbe appunto applicato a questi nervi perchè essi innerverebbero il cuore (Herznerven). Egli estende quindi la denominazione di " emale „ anche al nervo anteriore dei gangli liberi del preaddome , indicando il posteriore come nervo " neurale „. E anche per questa seconda denominazione vi sarebbe una ragione anatomica, perchè questo nervo andrebbe alla vescicola pulmonare, nella quale, siccome i — 203 — foglietti non si muovono, non vi è bisogno di nervi motori, per modo che questi nervi, sarebbero esclusivamente sensitivi. Come si vede, quindi, la semplice denominazione di questi nervi in neurali ed emali, implica, varie quistioni che toccano direttamente i miei studii di venticinque o trenta anni fa. La prima quistione che si presenta è resistenza di questo nervetto dorsale nei neuromeri toracici, osservata dal Clendon e dall'HANSTRÒM. Dirò senz'altro che nelle mie dissezioni non mi è mai ca¬ pitato di vedere questo nervetto dorsale. Ho visto, bensì, nelle dissezioni qualcosa che sporge nel punto indicato nei disegni del Clendon come nervo dorsale, ma non l'ho mai interpretato come nervo, poiché nelle colorazioni differenziali da me adope¬ rate nelle dissezioni (Police 1, nota a pag. 3) si colorava dif¬ ferentemente dai nervi e controllato istologicamente si presenta¬ va costituito da elementi connettivali misti e filamenti amorfi, rigidi, probabilmente di natura chitinosa, ciò che si può spie¬ gare facilmente se si tien conto che questo voluto nervo si e- stende fino alla cuticola della parte dorsale del cefalotorace. Nelle sezioni a serie complete da me studiate, mai ho riscontrato trac¬ cia di questo nervetto dorsale, nè nella massa gangliare ho ri¬ scontrate formazioni distinte che potevano corrispondere ad esso. Confermo quindi, qui la mia prima interpretazione (Police, 1), che è quella che dice che i nervi pedali (nervo neurale del- I’Hanstròm e nervo posteriore del Clendon) risultano dalla fu¬ sione dei due nervi dei gangli liberi del preaddome e che dalla loro base partono quattro rametti (fig. 2, n p) due dorsali e due ventrali; il paio dorsale si distribuisce all'articolo coxale del pie¬ de e il ventrale allo sternite del segmento corrispondente; nes¬ sun particolare carattere, nè dell'anatomia macroscopica, nè di quella microscopica mi permette di considerare questi nervetti come nervi a se, bensì come ramificazioni dell'unico nervo risul¬ tante dalla fusione dei due, fusione somigliante a quella che più chiaramente appare nei nervi che partono dai gangli del postad¬ dome. Del resto ramificazioni simili partono da questo nervo, lungo il suo cammino, per ognuno degli articoli dell'appendice (fig. 1, np). Qui, d'altronde, ho la compagnia del Patten, il quale pri- 204 — ma di me, ha visto partire per ogni neuromero toracico un nervo principale e quattro rametti secondarii. L'interpretazione di que¬ sti rametti è differente fra me ed il Patten, poiché egli li in¬ terpreta come rappresentanti della radice emale dei nervi, del preaddome, mentre per me sono rami corrispondenti agli altri posti lungo il decorso del nervo. L'interpretazione dell'HANSTRÒM differisce da quella del Pat- ten per il fatto che non vede quattro rametti emali, ma ne vede uno solo, posto dorsalmente ; I'Hanstròm, però, fa qualche co¬ sa di più, poiché mentre il Patten dà la denominazione di " ema¬ li „ per ragioni semplicemente teoriche, egli dà delle ragioni per¬ fettamente pratiche, essendo per lui un fatto dimostrato che i nervi dorsali, Herznerven, vanno ad innervare direttamente il cuore, ciò in sostituzione del nervo cardiaco da me de¬ scritto (Police, 3, 4) e da lui non riscontrato. Ho già detto quale interpretazione bisogna dare a questo voluto nervo dorsale dei neuromeri toracici. Aggiungerò che per quanto mi sia affaticato a ricercare i rapporti fra qualcuna delle ramificazioni basali dei nervi pedali e il cuore, non son mai riuscito a riscontrarle sia nelle dissezioni che nelle sezioni in serie. Viceversa, mi trovo in condizione di poter pienamente ri¬ confermare resistenza di un nervo cardiaco posto longitudinal¬ mente e dorsalmente al vaso dorsale. Ed io sono tanto più sor¬ preso che la Gottlieb, e con lei I’Hanstròm, non 1' abbiano ri¬ scontrato , inquantocchè altri autori (1’ Hanstròm non li cita a questo proposito) ne hanno confermata resistenza dopo di me. Per modo che io rispondo all'HANSTRÒM citando il Petrumkewitsch ed il Pavlowski. Il Petrumkewitsch (1922), nel suo studio sul ■* Circolatory System in Arachnida „, dice a pag. 167 che il nervo cardiaco è nettamente visibile in tutte le sezioni trasverse e che esso cor risponde indubbiamente al nervo cardiaco descritto nei Chilopodi, Protracheati ed altri Artropodi. Come avevo già osservato io. Il Pavlowski più tardi (1924) , nei suoi " Studies on thè organisation and development of Scorpions „ occupandosi del sistema circolatorio, a proposito del cuore (pag. 628) osserva : " In thè middle of thè dorsal surface of thè heart runs tha — 205 — sympathetic nerve containing nerve cells in its mass (thè auto nomus centres of thè heart?) „. Il Pavlowski riporta una figura (PI. 32, fig. 11, n z s) di una sezione del cuore di Buthus australis , nella quale si scorge una sezione del nervo cardiaco e delle cellule in esso contenute ad un ingrandimento ancora più forte di quello dei miei disegni. Con tutta probabilità la Gottlieb e I’Hanstròm (il quale ha valorizzato le osservazioni della prima) avranno osservato le se¬ zioni di individui molto piccoli, forse ancora nel corpo materno e appena nati, (i quali pel tegumento molle si prestavano più fa¬ cilmente ad essere tagliati in serie) e nei quali l’osservazione in parola non è facile. Ma se si prenderanno la pena di isolare con delicatezza sotto un buon binoculare l'intero vaso dorsale di un Scorpione adulto e tagliarlo in serie, vedranno che il nervo car¬ diaco esiste quale l'ho veduto io e quale l'hanno veduto gli altri autori. Dirò, anzi, che con un po' di pratica di dissezione e colora¬ zione adatta si riesce a vederlo anche con modesto ingrandimento estendersi longitudinalmente fino alla metà del vaso dorsale. Se avessi errato nelle mie osservazioni, non avrei avuto nessuna difficoltà a confessarlo, tanto più che si tratta di ricer¬ che mie di tanti anni fa e che ora riprendo come nuove; ma questo non è il caso per quanto riguarda 1'esistenza del nervo cardiaco. Potremo discutere sul suo modo di originarsi (non si origina certo dalle volute radici dorsali dei nervi toracici), e ne discuteremo allorché in altro lavoro, nel quale dirò anche dei centri nervosi dei cheliceri e del rostro, discuterò anche su¬ gli altri nervi del sistema stomatogastrico da me riscontrati. Anche per quanto riguarda il nervo " sensitivo „ I’Hanstròm riscontra una ragione d'essere della denominazione. Cioè a dire che tale nervo sarebbe esclusivamente di senso perchè andrebbe ad innervare la vescicola pulmonare, i cui foglietti non si muo¬ vono ed avrebbero quindi la sola funzione sensitiva. Indubbia¬ mente I'Hanstròm non ha dovuto avere per le mani il mio primo lavoro sul sistema nervoso dell' Euscorpius (Police , 1) , infatti egli non lo cita neanche nei suoi primi lavori, citandolo soltanto nella bibliografia del suo trattato sul sistema nervoso degl'inver¬ tebrati. Se per caso egli avesse soltanto guardato la fig. 2 di detto mio lavoro si sarebbe convinto che il nervo posteriore dei — 206 — gangli del preaddome non va soltanto alla vescicola pulmonare e che anzi solo un piccolissimo ramo di esso va a questo orga¬ no , mentre la parte più importante del nervo si distribuisce ai muscoli. Per questa ragione non si può considerare questo nervo come esclusivamente di senso. La verità vera è che non possiamo attribuire alcun valore strettamente fisiologico ad ognuno di questi nervi. Entrambi sono nervi misti, che innervano muscoli ed organi varii, magari sensitivi o sanguigni, ma nè dati morfologici, nè dati fisiologici ci autorizzano a ritenere l'uno emale e l'altro neurale. E ciò prescindendo da qualunque comparazione più o meno suggesti¬ va, riguardi essa i Vertebrati, co^ne pel Patten, o il Limulo, co¬ me per I'Hanstròm. Un altro fatto che richiama la mia attenzione è quello am¬ messo dal Clendon sui confini del territorio di distribuzione di questi nervi, inquantocchè egli ammette che essi innervino non soltanto il metamero corrispondente , ma si estendano anche ai muscoli del metamero seguente. Nella dettagliata anatomia da me fatta , ho potuto notare che in questi animali vi è una mu¬ scolatura trasversale nettamente individualizzabile metamero per metamero ; vi sono inoltre due muscoli dorso-ventrali (ai quali già ho accennato) anche essi spiccatamente metamerici e vi sono poi dei muscoli longitudinali i quali attraversano longitudinal¬ mente tutto l'addome, due nella linea mediana lateralmente alla catena gangliare e due nelle pareti laterali del corpo. Oltre a questi muscoli, come organo segmentale, si nota la vescicola pul¬ monare. Orbene il nervo anteriore invia un ramo al muscolo longi- laterale, mentre il posteriore ne invia uno al muscolo longitudi¬ nale mediano. L’immersione dei rami nervosi in questi muscoli longitudinali, si vede avvenire nei limiti del metamero corrispon¬ dente al ganglio, ragione per la quale non abbiamo nessun fatto che ci autorizzi a sostenere che questi nervi si distribuiscano fuori del corrispondente metamero. Mentre gli organi spiccata- mente segmentali, quali la vescicola pulmonare ed il muscolo dorsoventrale stanno a dimostrare l'innervazione metamerica dei nervi partenti da un singolo ganglio. La Fig. 1 1 del Clendon, che dovrebbe avvalorare il concetto - 207 — da lui sostenuto è troppo piccola e conseguentemente troppo poco dettagliata per poter essere dimostrativa, mentre la Fig. 1 di questo lavoro e, sopratutto, la Fig. 2 del mio primo lavoro sul sistema nervoso dell 'Euscorpius (Police, 1), mostrano all'evi¬ denza i particolari necessari al sostegno della mia tesi. Se vi è spostamento, questo esiste solo per la posizione del ganglio. Sono anzi i caratteri chiari e semplici della inner¬ vazione che mi permettono di distinguere nettamente i rapporti fra neuromeri e metameri per i neuromeri addominali fusi nella massa gangliare sottoesofagea. In conclusione, quindi non abbiamo nessun dato nè mor¬ fologico nè fisiologico per asserire che dei due nervi dei gangli liberi del preaddome dello Scorpione 1' anteriore sia un nervo emale ed il posteriore un nervo sensitivo. Entrambi sono nervi misti che possono distribuirsi anche a parti del sistema circola¬ torio, come in parte si distribuiscono ai muscoli ed in parte ad organi di senso. Il cuore viene innervato da un apposito nervo, il nervo cardiaco, come per primo mostrai e come sostengo tuttora (nonostante le osservazioni contrarie della Gottlieb e dell'HANSTRÒM) appoggiato da Petrumkewitsch e da Pavlowski, i quali lo hanno veduto e disegnato. Nessun fatto, nè anatomico, nè fisiologico, ci autorizza ad ammettere che questi nervi si distribuiscano a territori estranei al metamero al quale appartiene la coppia di gangli corrispondente. Il criterio dei tratti commessurali nelle m a s s e g a n g 1 i a r i fuse. Studiando l'anatomia microscopica dei centri nervosi sotto¬ intestinali de\V Euscorpius (Police, 2) riscontrai in ogni ganglio libero del preaddome, nella massa di sostanza fibrillare, delle formazioni distinguibili per il loro maggiore addensamento ed il decorso parallelo e che indicai col nome di colonne, di¬ stinguendo due colonne ventrali che decorrono da un capo all'altro del ganglio lungo la faccia ventrale e in relazione con i nervi addominali esterni, e due colonne centrali, le quali per ogni coppia di gangli sono riunite da due commissure, una — 208 - anteriore ed una posteriore ; queste colonne centrali sono in relazione con i nervi addominali esterni e con gl’ interni. Mostrai che queste particolari formazioni interne dei gangli (principalmente le commissure anteriori e posteriori e le due bozze di sostanza nervosa addensata che si determinano all'ori¬ gine delle commissure medesime) si ripetono con evidenza nelle masse gangliari fuse, costituendo un altro carattere che aiuta nella determinazione del numero dei neuromeri che li costituiscono. Anche la Pereyaslawzewa vide nelle masse gangliari dei Frinidi (pag. 272) delle commissure che riuniscono i singoli gangli. L’Holmgren riscontrò anche egli due commissure per ogni coppia di gangli. Su queste caratteristiche strutturali ritornò con maggiori dettagli 1' Hanstròm (2). Anche egli riscontra nelle masse fuse un numero di commissure corrispondenti al numero dei gangli fusi, non solo nello Scorpione ma anche negli Araneidi. Ogni ganglio embrionale emette un sistema di commissure trasverse. Mentre io mi ero limitato a fare semplicemente dell’anatomia microscopica con i comuni metodi di colorazione, egli scende allo studio del decorso delle fibre nelle masse gangliari fuse, adoperando su larga scala il metodo di Golgi all'impregnazione argentica. E quindi logico (come egli osserva) che la mia descri¬ zione non sia sufficientemente minuta per poter permettere una comparazione fra la descrizione interna delia massa nervosa sot¬ toesofagea da me fatta nello Scorpione con quella della stessa massa nervosa da lui fatta negli Araneidi (Hanstròm, 1). Nel mio lavoro (Police, 2) a carattere puramente morfologico, mi sono avvalso dell' istologia solo per quel tanto che ha potuto aiutarmi nell* anatomia microscopica delle varie formazioni che ho riscontrato nelle masse gangliari fuse. In tutti i casi, però, io per primo (come ho riferito innanzi e come I'Hanstròm non dice) ho riscontrato (Police 2, pag. 8) dei sistemi commessurali fra le colonne dei gangli e i nervi che partono dai gangli me¬ desimi, ed ho riscontrate queste commissure nella massa nervosa sottoesofagea, distinguendone il numero di neuromeri e stabi¬ lendo questo criterio per la determinazione del numero dei neu¬ romeri costituenti le masse nervose fuse degli Aracnidi. Le due formazioni da me denominate colonna centrale e - 209 - colonna ventrale ( di cui la prima corrisponde alla IV del- I'Hanstròm), per lui rappresentano una continuazione dei lunghi connettivi dei gangli liberi addominali nella massa nervosa sot¬ toesofagea, cosa che avevo notato prima io studiando la strut¬ tura dei gangli liberi del preaddome dello Scorpione (Police 2, pag. 7 e 8). Il criterio dei vasi i n t e r g a n g 1 i a r i . Mentre il criterio dei nervi segmentali è quasi esclusivamente applicabile allo studio delle masse gangliari fuse degli Scorpip nidi, il criterio il cui studio farò in questo capitolo ha impor¬ tanza anche per gli altri Aracnidi, ai quali, in parte, può estendersi. Fu lo Schneider che, per primo, occupandosi dello studio del sistema circolatorio degli Aracnidi, riscontrava il rapporto fra le arterie intergangliari e il numero dei gangli i quali fon¬ dendosi fra loro costituiscono la massa nervosa sottoesofagea. Egli trovò, così, nella detta massa nervosa dello Scorpione 10 vasi, corrispondenti a 20 gangli : vedremo come questa osserva¬ zione non è esatta rispetto al numero dei vasi riscontrati ; ciò però, non gli toglie il merito di aver per primo adottato il criterio. Dopo di lui il Causard faceva la medesima osservazione negli Araneidi. 10 (Police 1, pag. 9) notai che per ogni spazio intergan- gliare posto fra i gangli liberi dell'addome dello Scorpione, par¬ tiva dall'arteria sopraneurale un vaso che si distribuiva alla parte ventrale del corpo, costituendo un netto carattere di angiomeria. Questa arteria sopraneurale si adattta anche nella linea mediana longitudinale dorsale della massa nervosa sottoesofagea e invia i vasi intergangliari (corrispondenti a quellli posti fra i gangli liberi dell'addome) i quali restano imprigionati nella massa ner¬ vosa sottointestinale, attraversandola in tutto il suo spessore e mostrando il numero di neuromeri da cui è costituita. Simil¬ mente l'ultimo ganglio del postaddome è anche esso attraversato da un vaso intergangliare. 11 Clendon non parla del criterio dei vasi intergangliari nel- V interpretazione della segmentazione della massa nervosa sotto- - 14 - - 210 — esofagea , però lo ammette implicitamente come appare dalla sua figura 13, rappresentante una sezione sagittale della massa nervosa toracica (la figura è alquanto schematizzata) nella quale i vasi sanguigni sono indicati con le lettere w ( vv — b 1 o o d vessels between thè neuromeres). Anche 1' Haller riscontrò questi vasi intergangliari nella massa nervosa sottoesofagea dello Scorpione. Questo dei vasi intergangliari costituisce il criterio fondamen¬ tale di cui si avvale il Buxton per mettere in evidenza le se¬ gmentazioni delle masse gangliari fuse : (pag. 13) “thè suboeso- phageal ganglion being mapped out into a number of neurome¬ res, separated from each other by a small artery whose course can be very readly determined. bach of these neuromeres re- presented one of thè individuai ganglia of wich thè whole is composed „. La Pereyaslawzewa vede in una sezione longitudinale di Scorpione mal riuscita, le sezioni di questi vasi ma non li interpreta. L'Hanstròm, anche lui si giova di questo criterio nello stu¬ dio della neuromeria degli Aracnidi. Le relazioni dirette fra sistema circolatorio e sistema ner¬ voso, in rapporto alla segmentazione, furono in particolar modo studiate dal Petrumkewitsch negli Araneidi e nello Scorpio¬ ne (2, 3). L' arteria sopraneurale sta lungo la linea mediana longitudinale di tutto il sistema nervoso ventrale, sia di quello cortituito da gangli liberi, sia dalla massa nervosa sottoesofagea. Anteriormente, gira all'estremo della massa gangliare sottoesofa¬ gea, si curva in basso e si continua nella linea mediana ventrale come arteria sub-neurale. Nove arterie interneurali verticali col¬ legano l'arteria sopraneurale con l'arteria sub-neurale (Petrumke¬ witsch 3). "These vertical arteries pass exactly between adjoining neuromeres, thè first artery separating thè pedipalp from thè first pedal neuromere, thè ninth lying immediatly behind thè fourth abdominal neuromere of thè suboesophageal ganglionic mass,,. L'arteria subneurale pare si limiti alla massa gangliare sottoesofagea non estendendosi alla catena gangliare sottoin¬ testinale. Questo modo di comportarsi del sistema circolatorio è per- — 211 fettamente comparabile negli Araneidi e negli Scorpionidi ; però (Petrumkewitsch 3, pag. 173) " thè scorpion represents thè more generalized and therefore more primitive circulatory sistem a- mong Arachnida,,. In tal modo, a distanza di 20 anni, e indipendentemente dalle mie osservazioni, poiché egli non conosceva il mio lavoro, il Pe¬ trumkewitsch in un lavoro completo e dettagliato sul sistema circolatorio dello Scorpione, viene alle medesime medesime mie conclusioni in rapporto alla neuromeria dedotta dai vasi inter- gangliari. E questa mia priorità non è accennata neanche dagli altri autori che hanno adottato questo criterio. Mi pare di un certo interesse di indagare il possibile modo di disporsi di questi vasi intergangliari nelle masse nervose fuse. Già nello Scorpione mostrai (Police, 1) che anche fra i gan¬ gli liberi del preaddome e del postaddome vi sono dei vasi corrispondenti per posizione a quelli impigliati nelle masse ner¬ vose fuse. Per tal modo si intuisce che prima che sia avvenuta la fusione dei vari neuromeri, durante lo sviluppo, nello spazio posto fra un abbozzo di ganglio e l'altro si siano formati questi vasi intergangliari. Lo studio dello sviluppo avvalora questa interpretazione. Strubell, nel suo lavoro sullo sviluppo dei Pedipalpi , si¬ multaneamente alla comparsa dei rudimenti delle appendici, vede comparire i rudimenti del sistema nervoso in due strisce di gangli pari in serie (sei paia) in corrispondenza del numero dei segmenti. Ed anche gli altri embriologi disegnano i singoli neuromeri neirembrione nettamente distanziati l'uno dall'altro, cioè a dire con uno spazio interposto tra l'uno e l'altro. La Pereyaslawzewa riscontra negli embrioni dei Frinidi delle invaginazioni che segnano i limiti fra i neuromeri, e di esse l’ autrice si avvale per la determinazione del numero dei neuromeri addominali e sottoesofagei. Il Lambert, nei suoi studi sullo sviluppo dell' Epe ira, nota che i neuromeri dei segmenti toracici compaiono come masse oblunghe di tessuto nervoso, ogni segmento essendo separato dall'anteriore da un solco sottile, ma distinto. Egli però aggiunge qualche cosa di più, cioè a dire che questi gangli sono imper- — 212 — fedamente fusi anche nell'adulto ciò che facilita la loro deter¬ minazione. Probabilmente questa imperfetta fusione nelh adulto è indicata dalla presenza dei vasi intergangliari. 10 ho seguito lo sviluppo di questi gangli sopra embrioni di Sparassus. In questo l'abbozzo dei gangli nervosi si inizia come un ispessimento o addensamento cellulare, come si nota nei primi stadii dello sviluppo. Questo ammasso di cellule dap¬ prima abbastanza limitato, si va man mano estendendo serbando sempre fra un neuromero e l'altro uno spazio nel quale vi è un addensamento minore di cellule, anche quando non ancora si è iniziato nel neuromero stesso il differenziamento caratteristico degli abbozzi dei centri nervosi. Questo differenziamento è contrassegnato dalla presenza delle fossette neuroblastiche, delle quali mi sono occupato in altro lavoro (Police, 5). E anche allorché la differenziazione è a- vanzata (Fig. 7) fra un abbozzo di ganglio e l'altro vi è una linea diritta sprovvista di cellule o quasi , la quale separa nettamente un neuromero dall'altro. Di talché nell'embrione degli Aracnidi, anche allorché i neu¬ romeri sono strettamente avvicinati tra loro prima di fondersi, fra un ganglio e l'altro vi è uno spazio intergangliare. E il residuo di questi spazi intergangliari persiste nell'adul¬ to degli Aracnidi nelle masse gangliari fuse, o sotto forma di semplici spazii lacunari intergangliari, o, allorché l'animale è for¬ nito di vasi con pareti proprie, sotto forma di vasi intergangliari. E in tal modo che viene spiegata la presenza in queste masse nervose di questi vasi intergangliari con caratteri netta¬ mente segmentali. D'altronde questo residuo di spazii intergan¬ gliari nelle masse nervose fuse non è un carattere esclusivo degli Aracnidi, ma probabilmente si riscontra in tutti gli Artro¬ podi nei quali vi è fusione di gangli. 11 Della Valle li riscontra nei Gammarini. Infatti a pag. 97 egli riferisce che, facendo delle sezioni longitudinali nella massa nervosa sottoesofngea di questi animali adulti, riscontra degli speciali canaletti (Della Valle, tav. 45, Fig. 8, x) che attraversano il ganglio dalla parte superiore all'inferiore, contri¬ buendo a dimostrare che il ganglio sottoesofageo dei Gamma¬ rini, proviene dalla fusione di quattro paia di gangli. — 213 — Questo criterio degli spazii intergangliari nelPembrione ac¬ quista particolare importanza morfologica, perchè permette la determinazione del numero dei neuromeri allorché non esistono ancora i nervi dalla cui distribuzione poter dedurre la segmen¬ tazione. E P importanza maggiore gli è data dal fatto che non sem¬ pre i vasi intergangliari (negli Aracnidi nei quali i gangli ner¬ vosi sono fusi in un'unica massa sottointestinale) sono sufficienti ad indicarci con precisione il numero dei neuromeri. Infatti questo criterio risponde chiaramente nello Scorpione, nel quale posteriormente alla massa gangliare fusa vi sono delle coppie di gangli liberi. Ma negli altri Aracnidi nei quali oltre alla fusione di tutte le coppie di gangli, vi è anche una proba¬ bile riduzione di metameri, le cose non sono più così chiare. Infatti sebbene il Buxton abbia disegnato negli Aracnidi un nu¬ mero di vasi intergangliari tale da determinare il numero dei neuromeri e correlativi metameri che entrano nella costituzione del corpo di questi animali, per I'Hanstròm, i vasi intergangliari, come vedremo, non sono stati sufficienti ed ha dovuto ricorrere al criterio delle commissure trasverse ntlle masse gangliari fuse. E nelle mie osservazioni sul Phalangium , come mostrerò, nean¬ che queste commissure sono sufficienti. Di talché per la determinazione esatta del numero dei neu¬ romeri e dei metameri negli Aracnidi non è sufficiente lo studio dell'adulto, ma è anche necessario lo studio deH'embrione. Epperò per portare un contributo piu evidente all'argomento io cercherò di avvalorarlo con i miei studi embriologici sullo Sparassus. I caratteri dei gangli del postaddome nello Scorpione. Mentre per ognuna delle coppie di gangli liberi del pre¬ addome partono per ogni lato due nervi, il nervo anteriore ed il nervo posteriore, da ogni coppia di gangli del postaddome parte un nervo per lato. Questo nervo dopo un certo tratto si divide in due rami, uno dei quali si dirige anteriormente e l'altro po¬ steriormente , nei muscoli del rispettivo metamero (Police 1, pag. 5). Questa biforcazione lascia facilmente supporre come il — 214 nervo risulti dalla fusione dei due nervi del preaddome e che i due rami rappresentano il nervo anteriore ed il posteriore. Nel postaddome degli Scorpioni, quindi, si ha fusione dei due nervi partenti da ogni ganglio; ciò che prepara V interpre¬ tazione per quanto avverrà nei nervi toracici della massa nervosa sottoesofagea. D’altra parte in questo postaddome abbiamo anche un pic¬ colo saggio di fusione di masse gangliari, poiché il quarto paio di gangli del postaddome è rappresentato dalla fusione di più gangli. Da esso io vidi partire (Police 1, pag. 5) tre coppie di nervi : la prima coppia che si distribuiva al quarto segmento del postaddome, la seconda al quinto segmento del postaddome, entrambe comportantesi perfettamente come i nervi dei gangli precedenti. La terza coppia di nervi è situata precisamente dalla parte opposta a quella da cui partono i connettivi longitudinali e va a distribuirsi al segmento delle ghiandole velenifere, ciò che favorirebbe l'opinione di coloro che considerano il segmento dell'aculeo come un vero segmento metamerico del postaddome. In tal modo a volerne giudicare dai nervi che ne partono, il quarto concentramento gangliare del postaddome dello Scorpione risulterebbe dalla fusione di tre coppie di gangli corrispondenti al quarto, quinto e sesto segmento del postaddome. Però, già, il Newport per la posizione dei due nervi che vanno all' aculeo terminale del postaddome li interpretava come continuazione dei connettivi longitudinali di collegamento fra le coppie di gangli (benché egli oltre questi due nervi, vedeva par¬ tire da questa fusione di gangli solo un altro paio di nervi); ed infatti l' esame microscopico interno mostra che i fasci di fibre interne che vanno a questi nervi sono in diretta continua¬ zione con quelli che costituiscono i connettivi longitudinali. Di talché da questa massa gangliare terminale del postaddome par¬ tono soltanto due coppie di nervi corrispondenti a due meta¬ meri. Inoltre le formazioni interne da me riscontrate nei gangli liberi dell’ addome si riconoscono in questa massa gangliare ri¬ petute due volte. Ancora: dalla sezione longitudinale di questa massa gangliare si riconosce che essa é attraversata da un sol vaso iiuergangliare. Per tali ragioni io considerai (Police 2, pag. 12) e considero - 215 — ancora 1' ultimo ganglio del postaddome dello Scorpione come risultante dalla fusione di due neuromeri. Del medesimo parere è il Buxton, il quale non conosce, nè cita i miei lavori. L' Hanstrom (4), ammette che l'ultimo ganglio addominale sia formato dalla fusione di almeno due o verosimilmente più gangli , il cui numero si manifesta solo dalla presenza di più nervi laterali. Ho mostrato come l'interpretazione del numero dei neuro¬ meri costituenti questa massa nervosa non si fonda soltanto sul numero dei nervi che ne partono (il cui valore ho già discusso) ma altri caratteri permettono di mostrare esaurientemente che essa è stabilmente costituita solo dalla fusione di due neuromeri. La massa gangliare sottoesofagea dello Scorpione* In questa massa gangliare sottoesofagea dello Scorpione, io riscontrai 8 vasi intergangliari, corrispondenti a nove neuromeri, ad incominciare da quello dei pedipalpi. Altrettanti ne disegna¬ rono poi nelle loro figure il Clendon e I'Haller. Nove neuro¬ meri, grazie ai vasi intergangliari, vi riscontra ancora il Buxton. E se il Petrumkewitsch vede nove vasi intergangliari , bisogna osservare che la nona arteria da lui osservata sta immediata¬ mente dopo il quarto neuromero addominale, cioè dell' ultimo neuromero addominale fuso. Anche 1' Hanstrom, vede otto vasi intergangliari in questa massa nervosa. Nessuno di questi autori ricorda che io sono stato il primo a notare sullo Scorpione il numero di questi neuromeri in base ai vasi intergangliari. Ma, se sul numero dei neuromeri costituenti sono tutti d'ac¬ cordo, sulla innervazione dei neuromeri in rapporto alla corri¬ spondenza dei segmenti comincia il disaccordo e si impiantano le discussioni. Per quanto riguarda la porzione toracica, veramente non vi sono quistioni in rapporto alla innervazione, poiché tutti riten¬ gono che dei cinque neuromeri toracici che entrano a far parte di questa massa gangliare, il primo si distribuisce ai pedipalpi e gli altri quattro alle quattro paia di appendici ambulatone. - 216 - Piuttosto la quistione verte intorno al comportamento dei nervi in parola, quistione che ho già trattata a proposito delle caratte¬ ristiche dei nervi dei gangli liberi del preaddome , mostrando che in essi non si distinguono un nervo dorsale e uno ventrale (come vollero il Clendon e I'Hanstròm), ma che risultano dalla fusione dei due nervi tipici dei gangli del preaddome, tal quale come avviene per i nervi dei gangli del postaddome ; mentre i quattro rametti posti alla base del nervo (Patten, Police) corri¬ spondono alle ramificazioni a coppia che ogni nervo pedale invia per ogni articolo del piede (Fig. 1, n p ). Le divergenze sorgono nello studio del valore e della in¬ nervazione dei neuromeri addominali della massa gangliare sot¬ toesofagea. Su questo argomento posso rispondere una parola abba¬ stanza sicura, perchè io feci uno studio minuto della distribu¬ zione di questi nervi addominali, mentre nessuno degli autori che mi hanno seguito ha fatto questo studio ed inoltre, essi hanno ignorato i miei lavori e con essi le mie figure. Questi neuromeri addominali della massa gangliare ventrale dello Scorpione sono in numero di quattro. Come s' è visto, per il Patten questi quattro neuromeri avrebbero tutti i loro nervi neurali (nervi posteriori) riuniti in un unico paio, il quale sarebbe esclusivamente sensitivo ed in¬ nerverebbe i pettini , mentre i nervi emali (nervi anteriori) an¬ drebbero a costituire un sistema omologo al "Vago,, dei Verte¬ brati. Io invece mostrai che questo voluto sistema del vago non esiste e che i nervi addominali che partono dalla massa esofa¬ gea si distribuiscono a quattro metameri addominali, ognuno con due nervi distinti come quelli dei neuromeri addominali liberi. Dopo di me anche il Clendon non ammise che il pettine sia innervato da un nervo risultante dalla fusione delle radici po¬ steriori (radici neurali) dei quattro neuromeri addominali della massa sottoesofagea, come non ammise l'esistenza di quell'in¬ sieme di nervi che il Patten poco felicemente (l' espressione è del Clendon) chiamò nervo vago. Col Buxton cominciano le divergenze sull’innervazione di questi neuromeri. Per questo osservatore il nono neuromero in¬ nerva il primo polmone. La quistione principale da lui impostata — 217 — è che non vi è completa corrispondenza fra gangli e segmenti, che il primo segmento addominale (VII) è scomparso ( di esso, però, il Brauer trova un residuo nell’embrione) lasciando il seg¬ mento genitale quale primo segmento dell' addome , posterior¬ mente al quale vi è il segmento del pettine e poi i quattro seg¬ menti pulmonari e 1' ultimo segmento dell'addome — sette in tutto, indi il postaddome con cinque segmenti. In base a questo criterio nella massa gangliare sottoesofagea, dopo i cinque neu¬ romeri toracici, il settimo innerverebbe l'organo genitale, l'ottavo il neuromero del pettine ed il nono il primo polmone. Il primo neuromero addominale (sesto della massa gangliare sottoesofagea) non avrebbe innervazioni o, almeno l'autore non è riuscito a ri¬ scontrare i nervi che partono da esso ; secondo lui parrebbe probabile che faccia da nervo supplementare al pettine, poiché il nervo che va a questo è un paio secondario (?) della massa nervosa posta ventralmente al ganglio sub-esofageo. Resta quindi sospeso il valore di questo sesto neuromero il quale permarrebbe dopo la scomparsa del VII segmento del corpo senza avere un segmento corrispondente da innervare. La quistione impostata dal Buxton avrebbe quindi una im¬ portanza morfologica : vedremo fino a che punto essa ha ragione di esistere, cioè a dire vedremo se realmente dalla porzione ad dominale della massa gangliare sottoesofagea sono innervati so¬ lamente tre neuromeri come vorrebbe il Buxton (genitale, del pettine e della la vescicola pulmonare). Anche per I'Hanstròm il primo ganglio del preaddome ap¬ partiene al primo segmento addominale, il quale comparirebbe transitoriamente e starebbe lì a rappresentarlo ; però esso inner¬ verebbe l' apertura genitale, mentre il secondo innerverebbe i pettini e i quattro gangli seguenti (dei quali due appartengono alla massa del cefalotorace) innerverebbero i polmoni. Non ritorno sulla quistione del " vago „ del Patten, sulla quale mi sono molto esteso in altro mio lavoro (Police, 1) e che dopo di me fu completamente seppellita dal Clendon. Richiamano invece la mia attenzione le osservazioni del Buxton (alle quali sono connesse altre del Clendon e del Petrumkewitsch), il quale in un grosso lavoro è stato quegli — 218 - che con maggior numero di dettagli ha studiata la neuromeria dello Scorpione. Lo studio dettagliato, da me fatto, dell'innernazione dei due nervi che partono da ciascun lato dei gangli liberi del preaddo¬ me, come si è visto più innanzi, permettono di stabilire per la individualizzazione di ognuno di questi nervi un punto di repere : i muscoli dorso-ventrali per i nervi posteriori (Fig. 1, m d v) e le vescicole pulmonari per i nervi anteriori (Fig. 1, v at ). Nell'ultimo segmento del preaddome si trova il muscolo dorso-ventrale col nervo corrispondente, mentre 1' altro nervo (anteriore) che con esso cammina parallelo presenta ridotto il ramo che negli altri segmenti va ai polmoni, mentre è normalmente sviluppato il ramo che va ai muscoli (Fig. 1, nat). Nel preaddome vi sono, bensì, tre gangli liberi (Fig. g pr)\ di questi, però, i primi due innervano la 3a e la 4a vescicola pulmonare (oltre i muscoli del segmento corrispondente), mentre il 3° si distribuisce all'ultimo segmento del preaddome, il quale non ha polmone. Pel Buxton dal nono neuromero della massa gangliare sot¬ toesofagea partono nervi che vanno al primo polmone. Anche lui, quindi, come il Clendon, ammette che un solo neuromero della massa nervosa sottoesofagea vada ad innervare una ve¬ scicola pulmonare. Ora, dalla porzione posteriore della massa nervosa sottoesofagea partono quattro paia di nervi addominali, dei quali 1' ultimo ed il penultimo, (corrispondenti al nono ed ottavo segmento del Buxton) innervano il primo ed il secondo paio di vescicole pulmonari (Fig. 1 vp.vp1), per modo che delle quattro paia di polmoni di cui è fornito lo Scorpione, il primo ed il secondo paio sono innervati da nervi che partono dalla porzione addominale della massa nervosa sottoesofagea, ed il ter¬ zo ed il quarto paio dai primi due gangli liberi del preaddome. In tal modo i pettini non possono essere innervati dall' ot¬ tavo neuromero come sostiene il Buxton. I quattro neuromeri addominali della massa gangliare sot¬ toesofagea, hanno tutti chiaramente la loro innervazione, i primi due pel pettine e per il segmento genitale, i secondi due per le prime due paia di polmoni. — 219 — Cadono, così, anche le discussioni del Buxton a proposito deirultimo segmento del preaddome ; poiché il ganglio che in¬ nerva questo segmento esiste perfettamente , soltanto che il Buxton lo vede innervare il quarto paio di vescicole pulmonari, mentre esso manda i suoi nervi ai muscoli deirultimo segmento del preaddome. Quindi è inutile la supposizione di un unico segmento primitivo, il quale in un secondo momento si sdop¬ pierebbe nell'ultimo del preaddome e nel primo del postaddome: r ultimo segmento del preaddome e il primo del postaddome hanno ciascuno il proprio ganglio, come si rileva dall'esame dettagliato deH’innervazione esposto nel mio lavoro sul sistema nervoso d « - ìì 2° polmone / 10° _ ìì 3° polmone gangli liberi J no _ 4° polmone del preaddome [ a - ìì ultimo del preaddome I 13° ir - 1° del postaddome gangli liberi 1 14° » - V 2° \ 15° del postaddome ) » - II 3° / 16° » - „ 4° ( 17J ìì - „ 5° Il numero dei neuromeri negli Aracnidi adulti in generale. La determinazione del numero dei neuromeri negli altri Ara¬ cnidi adulti è meno facile che negli Scorpionidi; inquantocchè in essi con la fusione dei segmenti addominali si è avuto anche riduzione del numero dei neuromeri. - 223 - Il criterio principale di cui potremmo avvalerci nell'adulto per tale ricerca è quello dei vasi intergangliari rinchiusi nella massa nervosa sottoesofagea ; ma, come vedremo, anche questo crite¬ rio da solo è insufficiente. Nè è facile negli altri Aracnidi uno studio anatomico minuto sulla distribuzione dei nervi , come quello da me fatto sullo Scorpione, e ciò, nonostante il Lambert abbia notato nell'Epeira la condizione pari dei nervi segmentali come nello Scorpione. Lo Schneider, con V aiuto dei vasi intergangliari aveva ri¬ scontrato negli Araneidi le traccia di 13 gangli sottoesofagei, corrispondenti a 5 gangli toracici e a 8 gangli addominali. Il Causard, col medesimo criterio, ritiene che i gangli ad¬ dominali siano almeno dieci, e riscontra un altro vaso intergan- gliare situato indietro agli altri e che poteva essere considerato come un indice di questi altri gangli i quali si sarebbero fusi. 11 Petrumkewitsch in sezioni di giovani ragni trova invaria bilmente la presenza di 11 distinti neuromeri nella massa gan¬ gliare ventrale: il 1° per i pedipalpi, dal 2° al 5° per i piedi am- bulatorii, il 10° corrisponde allo stesso neuromero dello Scor¬ pione e TU0 è imperfettamente diviso in due. L'Autore per poter riscontrare un residuo dei restanti neu¬ romeri è costretto ad interpretare la porzione anteriore di questo 11° neuromero come rappresentante dell’ 11° neuromero dello Scorpione, e la porzione posteriore come rappresentante dei re¬ stanti neuromeri addominali: allorché la contrazione dei connet¬ tivi longitudinali che collegano i neuromeri, porta i neuromeri addominali nel torace, le arterie verticali addominali si spostano anche esse, mentre la completa scomparsa degli ultimi neuro¬ meri addominali mena ad una corrispondente completa scomparsa delle ultime arterie verticali (pag. 174). In conseguenza, allorché il Petrumkewitsch ammette il nu¬ mero di 17 per i somiti postorali degli Aracnidi adulti, si basa sulla neuromeria dello Scorpione. Il Buxton, invece, in una sezione longitudinale della massa gangliare sottointestinale di Tarantala palmata , ricostruita su varie sezioni (Piate 2, fig. 1 e 2) disegna 16 vasi intergangliari, corrispondenti a 17 neuromeri. Egli inoltre avrebbe avuto l'occasione di riscontrare in uno — 224 — stadio larvale di un grosso Araneide cinque gangli addominali, i quali rapidamente scomparivano negli stadii successivi : com¬ plessivamente 17 neuromeri, come nello Scorpione. Non dà, pe¬ rò, alcun disegno di questo stadio larvale. 11 Buxton ha fatto uno studio comparativo sull' argomento in quistione, osservando il maggior numero di Aracnidi (Scor¬ pioni, Araneidi, Uropygi ed Atnblyopigi), come ho riportato nelle notizie storiche ; benché su alcuni di essi si sia intrattenuto molto brevemente. Egli ha potuto stabilire per tutti gli Aracnidi lo stesso numero di neuromeri sottointestinali : 17 paia. Così ne riscontra altrettanti anche nei Telifoni, combattendo l'opinione dello Strùbell che ne aveva riscontrati 16 paia. Soltanto nei So- lifugi e nei Palpigradi riscontra 9 segmenti postgenitali, invece di 10, come riscontra negli Aracnidi che egli indica come ap¬ partenenti ad un gruppo I. Anche la Pereyaslazewa, nei Erinidi, riscontra 17 neuro¬ meri fra addominali e sottoesofagei (18 compreso quello dei cheliceri). L' Hanstrom nei Pedipalpi osserva la maggiore concentra¬ zione gangliare (rispetto allo Scorpione) in una massa cefaloto¬ racica, rimanendo libero solo con un ganglio caudale, il quale innerva i due ultimi segmenti e il prolungamento caudale. Anche nei Solifugi distingue una massa cefalotoracica ed un ganglio addominale posteriore. Ma già negli Opilionidi l'intero sistema nervoso ventrale è concentrato in un' unica massa cefalotoracica. Come una massa cefalotoracica unica si ha in tutti gli Araneidi. Ed è appunto su questi ultimi che I'Hanstròm entra in det¬ tagli sulla neuromeria, come vi era entrato per lo Scorpione. Egli riporta che in Doloniedes il sistema nervoso ventrale è co¬ stituito da 12 gangli distinti (cheliceri, pedipalpi, 4 pedali e 6 addominali) e da un ganglio caudale complesso. L'ultimo com¬ prende, deducendone dal numero delle commissure trasverse,- almeno tre, verosimilmente quattro gangli (Pappenheim). Negli Araneidi, così, esclusion fatta del cervello, originaria¬ mente si formano 16 gangli postorali, ciò che sarebbe d'accordo col numero che se ne riscontra nei Chernetidi, mentre gli Scor- — 225 — pionidi avrebbero due gangli in più (fautore vi comprende anche il ganglio dei cheliceri). Nella forte massa nervosa ventrale dei Ragni dipneumoni adulti, 1' Hanstròm riconosce il numero originario dei gangli dal numero delle commissure trasverse e dal numero dei vasi intergangliari posti fra commissura e commissura; dalla por¬ zione posteriore della massa nervosa addominale vede uscire i nervi addominali come una cauda equina (Hanstròm, pag. 404, 405). Nei Chernetidi, come nei Pedipalpi, egli riscontra quattro gangli pedali, più gli originarli dieci gangli addominali dello sviluppo. Nell’ adulto vede partire dalla massa nervosa concen¬ trata sotto il cervello i nervi dei pedipalpi, i nervi pedali e tre nervi addominali. Le considerazioni dell’ Hanstròm quindi si fondano prin¬ cipalmente sulle osservazioni fatte sullo Scorpione e sugli Ara- neidi. E queste seconde considerazioni non si basano solo sul¬ l'esame dell'adulto, tanto vero che nelle sue figure (fig. 404-405) si possono contare i cinque gangli toracici (ad incominciare dai pedipalpi) e 4 gangli addominali, principalmente apprezzabili dalla presenza dei nervi costituenti la cauda equina. Egli è venuto alle conclusioni sul numero totale dei gangli degli Araneidi appoggiandosi alle osservazioni di Pappenheim sullo sviluppo di Doloniedes. Come si scorge facilmente lo studio del numero dei neuro. meri degli Aracnidi adulti non è cosa agevole, ammenocchè essi non abbiano dei gangli liberi come gli Scorpionidi. Il criterio dei vasi intergangliari, come avevo già accennato, non è suffi¬ ciente, infatti in base ad esso le conclusioni degli Autori non coincidono rispetto al numero dei gangli : lo Schneider ne trova 13 negli Araneidi; il Causard 15; il Petrumkewitsch 11; il Buxton 16 ; f Hanstròm ammette la presenza di 16 gangli po¬ storali (compresi quelli dei cheliceri). Anche le mie osservazioni mi conducono a ritenere che per la determinazione del numero dei neuromeri degli Aracnidi sfe- rogastri in generale bisogna ricorrere oltre che ai vasi intergan¬ gliari, alle commissure trasverse segmentali e sopratutto allo sviluppo. - 15 - — 226 Ho studiato il criterio dei vasi intergangliari in un animale nel quale era stato poco studiato, nel Phalangium opilio (Fig. 4). Dall'arteria sopraneurale, ho visto immettersi nella massa ner¬ vosa ventrale (che in questi animali è molto concentrata) num. 9 vasi intergangliari. 11 primo di essi, però ben presto si divide in due rami (Fig. 4, vl). Il secondo vaso intergangliare attraversa diritto tutta la massa nervosa (Fig. 4, ir). Oli altri vasi intergangliari, però, non attra¬ versano tutta la massa nervosa, ma vanno ad immettersi in un vaso che va longitudinalmente nella linea mediana interna della massa nervosa, al limite fra lo strato ventrale di cellule nervose ed il neuropilo. Questo vaso ventrale si mette poi in comuni¬ cazione con l'esterno per uno o due vasi (Fig. 4, v3... v6). Altre caratteristiche, però, presentano il terzo, quarto, quinto, e sesto vaso intergangliare, i quali prima di immettersi nel vaso interno longitudinale si biforcano. Quale è l'interpretazione che bisogna dare a questi vasi bi¬ forcati ? Sono tali perchè risultano dalla fusione di più vasi, op¬ pure si tratta di semplice ramificazione per allargare la rete vascolare ? Sono propenso ad ammettere la seconda interpre¬ tazione. Nella massa nervosa ventrale del Phalangium si riscontre¬ rebbero così nove vasi intergangliari ; e se dovessimo limitarci a questo solo criterio non potremmo ammettere che la presenza di solo dieci neuromeri. Questo numero viene confermato dalla osservazione delle sezioni frontali della massa gangliare sottoeso¬ fagea, come THanstròm fece in sezioni frontali della massa ner¬ vosa ventrale degli Araneidi. Questo autore nella compatta massa nervosa cefalotoracica degli Araneidi distingueva gli originarii nervi laterali segmentali dei gangli addominali disposti in guisa di una cauda equina. Egli li disegna per la Tegenaria domestica in numero di quattro paia (Hanstròm, fig. 404, 405) in una sezione frontale. Inoltre egli vi distingue almeno cinque connettivi longitudinali, i quali mediante commissure ad arcate vengono collegati con i gangli originarii. Questi fasci stabilirebbero i rapporti fra il cervello e la massa ventrale per la conduzione degli stimoli. Nella mia Fig. 5, la quale rappresenta la microfotografia di — 227 — una sezione frontale della massa nervosa ventrale del Phalangium opilio e nella Fig. 6, la quale rappresenta la medesima figura sche¬ matizzata, si scorgono i connettivi longitudinali notati dall'HAN- stròm negli Araneidi, e più evidenti sono quelli rappresentanti il fascio IV (che io indico anche col N. II) di questo autore (Hanstròm 4, fig. 405) il quale è poi il più importante perchè rappresenta i connettivi longitudinali originarii , continuandosi nella porzione addominale della massa nervosa ventrale. Da que¬ sti connettivi si vedono partire i fasci di collegamento con i gangli delle appendici toraciche. Questi due fasci, i quali diver¬ gono anteriormente, si avvicinano nella porzione posteriore al- l'approssimarsi della porzione addominale. In questa, i due fasci procedono paralleli e ravvicinati e da essi si vedono partire, molto nettamente coloratisi, i fasci dei nervi addominali, i quali si contano in numero di cinque paia : fra essi si intravedono gli accenni delle commissure trasverse e le sezioni dei lumi dei vasi intergangliari. E sono ancora visibili i due fasci corrispondenti a quelli in¬ dicati col N. II dell HANSTRÒM negli Araneidi e che io indico col N. I, dai quali si vedono partire forti fasci per i nervi pedali. In tal modo si scorgerebbero in questa massa nervosa del Phalangium i neuromeri corrispondenti ai cinque gangli toracici (pedipalpi , e le 4 paia di piedi) e a cinque gangli addominali. Complessivamente dieci in corrispondenza dei 9 vasi intergan¬ gliari riscontrati nelle sezioni longitudinali (Fig. 4). Nelle figure dell' FIanstròm per gli Araneidi ne appaiono invece nove, uno di meno. Si viene così affermando la considerazione del Petrumke- witsch, cioè a dire che la scomparsa degli ultimi neuromeri ad¬ dominali porta seco la scomparsa delle ultime arterie intergan¬ gliari. Per tal modo il numero dei neuromeri distinguibili nei vari Araneidi adulti (esclusione fatta degli Scorpioni) con il cri¬ terio dei vasi intergangliari è differente a secondo dei varii gruppi di Aracnidi, cioè a dire che il numero dei neuromeri scomparsi può essere differente nei varii gruppi. — 228 — Neuromeri e metameri nell* embrione degli Araneid u Per completare, quindi, lo studio del numero originario dei neuromeri e dei metameri negli Aracnidi (tranne che per lo Scor¬ pione) bisogna ricorrere all'aiuto dello sviluppo. Non si creda, però, che anche questo sia un criterio che dia dei risultati definitivi, intorno ai quali tutti possono essere d'ac¬ cordo. La prova la riscontriamo appunto nel disaccordo fra gli embriologi intorno al numero dei gangli nervosi embrionali e intorno al numero dei somiti. Regolarmente le quistioni non si sollevano per i metameri toracici, i quali per tutti sono costantemente in numero di cin¬ que (uno per i pedipalpi e quattro per i piedi ambulatori) ; ma per i metameri addominali. Durante lo sviluppo embrionale, 1' addome si vede rapida¬ mente crescere in lunghezza, dopo la formazione dei segmenti toracici e l'ultima sua porzione non è un metamero, ma un vero telson o lobo caudale. Il Salensky vide sviluppare otto paia di gangli nervosi nel cefalotorace, ma non ne vide nessuno nell'addome., Lo Schimke- witsch, invece nel Pholcus riscontrò 12 gangli addominali pari. Ma osserviamo un poco il parere degli osservatori più moderni. Il Pappenheim, dalle sue osservazioni sullo sviluppo di Do- lomedes , desume che nell' addome si notano da nove a dieci gangli, dei quali quelli appartenenti dal 1° al 6° segmento sono distinti e gli altri tre (o quattro) sarebbero fusi in un’unica massa gangliare. Il Montgomery trova invece un paio di gangli per ognuno dei sette segmenti addominali anteriori. Vediamo, ora, quanti somiti sono stati riscontrati nell’ em¬ brione degli Araneidi dai varii autori. Claparéde, nel Pholcus riscontrò, nell'addome, otto segmenti, anteriormente al lobo caudale. Nello stesso animale SOhimkewit- sch ne riscontrò dodici. Barrois in Epeira ne trovò nove. Bal- four in Agelena ne osservò " probably „ nove ; e , anche nel- l’ Epeira il Locy, ne vide dieci e il Kishinouye otto. Jaworow- ski in Trochosa ne trova dodici. Il Pappenheim vi vede otto — 229 — segmenti , più il telson (in Dolcmedes) , mentre le osservazioni sul sistema nervoso lo fanno propendere per un numero mag¬ giore di segmenti (circa dieci). Quel circa del Pappenheim si spiega dal fatto che egli, come ho detto più innanzi, nell'ultimo ganglio è indeciso se vedervi tre o quattro neuromeri. Il Montgomery nota che nell'addome dell’embrione di Theridium sono sviluppati otto segmenti anteriormente al lobo caudale ; ma alla reversione i tre segmenti posteriori si fondono con que¬ sto lobo. Cosicché mentre Pappenheim trova nell' addome un numero di neuromeri superiore al numero dei somiti (dieci neuromeri e otto somiti) il Montgomery trova un numero di somiti superiore a quello dei neuromeri (sette neuromeri e otto somiti). Complessivamente, aggiungendo al numero dei somiti ad¬ dominali i cinque somiti toracici (pedipalpi e pedali) pel Pappe¬ nheim vi sarebbero 15 somiti (o forse 14) e pel Montgomery ve ne sarebbero 13. In rapporto stretto col numero di questi somiti è il numero degli abbozzi di appendici che si mostrano in essi. Il Claparède nell' addome di un embrione di Clubione di¬ segnò sei paia di appendici, e propriamente dal primo fino al sesto segmento addominale. Il Korschelt trovò, in una specie non determinata, anche abbozzi di appendici nei primi cinque segmenti e al primo segmento Y abbozzo di appendice era così bene sviluppato come nei quattro segmenti seguenti ; e lo stesso osservatore, in Agelena, trovò anche un'appendice al primo seg¬ mento dell'addome, ma poco sviluppato. Jaworowski in Trochosa riscontrò abbozzi di appendici dal primo all'ottavo segmento, benché quelli del sesto, settimo ed ottavo sieno molto ridotti. Ma Salensky, Schimkewitsch, Kishinouye, Waltstabe, Pap¬ penheim e Montgomery non trovano 1' abbozzo di appendici al primo segmento dell’ addome, e riscontrano, quindi 4 paia di abbozzi di appendici, dal secondo al quinto segmento incluso. Anche Barrois, Balfour, Locy e Morin riscontrano 4 paia di abbozzi di appendici nell' addome, però li attribuiscono dal segmento primo al quarto incluso. Pel Montgomery, però, a questi autori sarebbe sfuggito il primo segmento. — 230 — Come si scorge quindi, negli Araneidi, i varii autori hanno riscontrato un numero differente di neuromeri addominali che va da 8 (Claparède, Kishinouye , Pappenheim , Montgomery), a 9 Barrois, Balfour), a 10 (Locy) e magari a 12 (Schimkewitsch, Jaworowski). Taluno poi trova discrepanza fra il numero dei neu¬ romeri e quello dei somiti, così il Pappenheim, il quale riscontra 8 somiti ed interpreta 10 neuromeri. Varierebbe, così, il numero dei somiti a secondo delle di¬ verse specie ? Prima di affermare ciò dovremmo essere sicuri che tutte le osservazioni (le quali sovente sono state fatte su embrioni pic¬ colissimi attaccati ancora alla massa vitellina dell’ uovo) siano scevre da possibili errori dovuti alla difficoltà della tecnica. Do¬ vremmo essere sicuri sopratutto che a tutti siano capitati em¬ brioni perfettamente del medesimo stadio , tenendo conto che una lievissima variazione di epoca di sviluppo, comporta talora la regressione o la fusione di alcuni metameri. Ho cercato di seguire questo sviluppo in due Araneidi, un Theridium , sp. e uno Sparassus, sp. Come ho già accennato, i gangli nervosi nell'embrione sono ispessimenti ectodermici pari ; i quali nei primi stadii sono rap¬ presentati da un semplice addensamento di cellule , ma grada tamente questi addensamenti si estendono e si dispongono in due nastri ai lati della linea longitudinale mediana. Per modo che in ogni somite si distingue una porzione esterna ed una porzione interna : la porzione interna rappresenta il neuromero, facilmente distinguibile allorché in essa si sono differenziate le fossette neuroblastiche. Inoltre, fra un neuromero e l'altro, come fra un somite e P altro, persiste, più o meno accentuato, uno spazio intersegmentale che aiuta la determinazione del loro nu¬ mero (Fig. 7). Tale determinazione, però, non è facile. Anzitutto perchè spesso gli embrioni di Araneidi sono così piccoli da non per¬ mettere la distinzione degli ultimi segmenti addominali e poi perchè presto si inizia la regressione dell’addome e con essa la regressione degli ultimi somiti, per modo che se non si riesce a colpire uno stadio nel quale sia avvenuta la formazione di tutti i segmenti e non ancora siasi iniziata la regressione, non — 231 — è possibile poter fare un calcolo del numero dei somiti. Senza dire che bisogna prendere in considerazione il fattore della reversione. Per quello che riguarda i neuromeri si deve tener conto che nei primi stadii la formazione degl' ispessimenti gangliari procede dall' avanti all' indietro e che negli stadii più avanzati, allorché il somit’e è bene sviluppato essi sono perfettamente di stinguibili per la presenza delle fossette neuroblastiche, ma nei so¬ miti non ancora perfettamente sviluppati o ridotti (perchè in via di regressione) essi non sono più facili a identificarsi specificamente. Cosicché per poter formarsi un criterio esatto del numero dei metameri costituenti un embrione di ragno, bisogna anzi¬ tutto scegliere una specie che abbia embrioni di discrete dimen¬ sioni e inoltre si abbia la fortuna di capitare uno stadio nel quale non si sia ancora inziata nè la regressione deH'addome, nè la reversione — cose non facili, nè probabili ad aversi. Gli embrioni di ThericLium da me studiati, sono molto pic¬ coli e in essi non sempre è facile a distinguersi il numero dei metameri in via di fusione o di riduzione nella parte posteriore delPaddome. Per modo tale che, nonostante abbia avuto a mia disposizione varii stadii, nessuno di essi presentava i requisiti necessarii perchè da essi si potesse dedurre senza esitazione, il numero corrispondente di neuromeri o di interi metameri. Meglio invece si presentavano atti allo scopo gli embrioni di Sparassus, sp., da me studiati. Prima di tutto essi sono di dimensioni molto maggiori di quelli di Tkeridium e quindi più facili nella osservazione ; inoltre fra i varii stadii da me posse¬ duti ne ho potuto riscontrare uno nel quale la regressione del¬ l'addome ha tutta l'apparenza di essersi appena iniziata e altresì anteriore alla reversione. In esso ho potuto riscontrare il nume¬ ro massimo di segmenti, in paragone con tutti gli altri stadii da me studiati. Dirò che di questi stadii ne potetti ottenere otto o dieci successivi, da parecchie uova di Sparassus da me rac¬ colte e fissate successivamente in varii periodi. Lo studio di questi stadii, più che per la segmentazione generale del corpo, mi è stato di grande aiuto specialmente per le mie osservazioni sulla segmentazione cefalica e sul valore del rostro, osservazioni che esporrò prossimamente in altro lavoro. — 232 Per bene studiare questi embrioni io li distaccavo delicata¬ mente dalla massa di vitello sottostante con l'aiuto degli aghi sotto le lenti del binoculare Zeiss ; cosicché potevo distenderli in piano sul portaoggetti. E se non sempre riuscivo ad avere l'animale intero, con un po' di tecnica riuscivo ad averli divisi in non più di due frammenti. Questo sistema mi permetteva l’osservazione anche di dettagli istologici a forte ingrandimento. Lo stadio al quale ho accennato è quello riportato nella Fig. 7. In esso per ogni somito si distingue una parte interna che è l'abbozzo di un neuromero, distinguibile in molti di essi per la presenza delle fossette neuroblastiche. Questi abbozzi dei neuromeri formano, in fila come sono disposti, due nastri ai lati dello spazio mediano longitudinale, il quale spazio è fornito di radi elementi cellulari. Ogni neuromero, come ogni somito, è se¬ parato dal segmento seguente e precedente da uno spazio lineare nel quale si contano scarsi elementi cellulari. Negli ultimi somiti, però, molto ristretti in spessore, non è facile distinguere la parte interna nervosa ; benché con ingrandimenti più forti si riesce a distinguere qualche fossetta neuroblastica in alcuni degli ultimi somiti, purtuttavia la segmentazione dell' ultima porzione addo¬ minale vien messa in rilievo soltanto per gli spazii limiti fra gl'interi somiti. E le dimensioni dell'embrione permettono di di¬ stinguerli abbastanza chiaramente. D’altronde sono appunto questi ultimi somiti quelli che pre¬ sentano difficoltà rispetto alla interpretazione del loro numero, tutti i somiti anteriori essendo perfettamente discernibili perchè forniti di abbozzi di appendici. Così si distingue con chiarezza il numero dei cheliceri {eh) il quale è ancora molto nettamente distinto dai lobi cerebroidi (Ipr). Ad esso segue il metamero dei pedipalpi ( p p) e poi quelli delle quattro paia di appendici ambulatorie (//...//). In tutti questi somiti cefalo-toracici (e che in questo stadio sono tutti ancora nettamente toracici) è perfettamente distinguibile la parte ner¬ vosa del metamero. Seguono i primi cinque metameri addominali, anche essi bene sviluppati e facilmente distinguibili per i rudimenti di ap¬ pendici che si riscontrano in essi (aa\..aa:>). Questi rudimenti di appendici sono appena accennati nel primo ( aal ) e meglio - 233 sviluppati nei seguenti. Benché non sia mio compito qui di fare la quistione se il primo segmento addominale porti o pur no appendici nelPembrione, purtuttavia mi piace di mettere in ri¬ lievo la presenza nei miei preparati di questo rudimento di appendice. Anche in questi primi cinque metameri addominali si di¬ stingue bene la porzione interna nervosa, per la presenza delle fossette neuroblastiche. I restanti metameri addominali, sforniti di ogni traccia di appendice, vanno diminuendo in spessore a misura che si avvi¬ cinano all'estremo codale. Fra l'uno e l’altro, però, si distingue sempre una linea di demarcazione. I primi quattro di questi si distinguono abbastanza chiaramente (sa1. ...sa4), il primo, di più ampie dimensioni, permette anche di distinguere la porzione in¬ terna corrispondente all'abbozzo dei gangli nervosi. Negli altri, sempre più ristretti , si vanno avvicinando sempre di più nella parte mediana, e l’ultimo di questi presenta i due estremi in terni fusi. Gli ultimi due metameri (dopo i quattro accennati) presen¬ tano già i caratteri dell'iniziata regressione (s r). Essi formano una massa unica, grossolanamente conica, posta al disopra dell' arti¬ colo codale o telson, nella quale una linea trasversale di cellule più addensate sta ad indicare la divisione dei due metameri. Un fatto notevole si desume dalla osservazione di questi due metameri, in rapporto alla neuromeria. Ed è che mentre nei tre somiti precedenti, la parte mediana di essi, pur non permettendo l'osservazione delle fossette neuroblastiche per l’iden¬ tificazione della parte neuromerica, permette, però, di identificare per corrispondenza con le identiche parti dei neuromeri prece¬ denti, questa parte nervosa del somite, invece in questi due metameri in regressione tale parte è completamente scomparsa. Ciò che ci dice che vi è completa corrispondenza fra somite e neuromero e che con la regressione del primo vi è la regres¬ sione anche del secondò. Cosicché, esclusione fatta del metamero dei cheliceri, in questo embrione di Araneide, si distinguono complesssivamente 16 metameri, 11 dei quali appartengono all'addome. I primi cinque di questi somiti addominali presentano un rudimento, di — 234 — appendice. Gli ultimi due sono in via di regressione. Sia nei metameri toracici, sia nei primi sei addominali, si rileva, diffe¬ renziato per la presenza di fossette neuroblastiche, l'abbozzo dei rispettivi neuromeri. Ho così riscontrato, nettamente distinguibili, numero sei ab¬ bozzi di neuromeri ; tanti cioè a dire quanti ne avrebbe visti nettamente distinti il Pappenheim (gli altri tre o quattro egli li vede fusi in un’unica massa gangliare) e uno in meno di quanti ne avrebbe visti il Montgomery. Potrei invocare in favore della stabilità del numero da me notato le caratteristiche peculiari in base alle quali io ho caratterizzato gli abbozzi dei neuromeri, in base, cioè a dire, alla presenza delle fossette neuroblastiche. Pe¬ rò dopo che ho riscontrato che con la regressione dei metameri si ha anche regressione dei neuromeri , mi son formata la con¬ vinzione che a secondo dello stadio capitato loro in osservazione, potrebbero anche aver ragione questi altri autori, come potrebbe aver ragione lo stesso Schimkewitsch il quale vide 12 gangli addominali pari. Se a me fosse capitato di poter colpire uno stadio leggermente meno avanzato (e si badi che quello che pre¬ sento io è uno di quelli meglio differenziati che a me sia capi¬ tato di osservare) con tutta probabilità avrei riscontrato delle fossette neuroblastiche differenziate anche in alcuni altri, o forse anche in tutti gli altri cinque metameri seguenti. La stessa spiegazione si può dare alla disparità di opinioni sul numero totale dei segmenti, o meglio, sul numero dei seg¬ menti addominali. Noi facciamo delle osservazioni sopra stadii che crediamo strettamente consecutivi, ma che invece possono essere assai lontani gli uni dagli altri ; e talora crediamo di ri¬ scontrare il massimo di caratteri differenziali, in stadii che sono incompleti ; ciò perchè negli Araneidi, la regressione dell' addo¬ me ed il fenomeno della reversione, ad un dato momento pro¬ cedono con tale rapidità che è difficile colpire distintamente tutti gli stadii consecutivi. E trovo quindi anche inutile il dover ricorrere all'interpre¬ tazione della fusione degli ultimi neuromeri embrionali, come fa il Pappenheim, il quale è costretto a restare indeciso perfino sul loro numero e poi finire con l'ammettere un numero di neuro¬ meri superiore al numero dei somiti. - 235 — Epperò, se io ho riscontrato nell'addome dell'embrione di Sparassus N. 11 segmenti, non perciò è mia intenzione di sta¬ bilire che il numero dei metameri addominali sia di 11 in tutti gli Araneidi ; poiché ritengo che non sia improbabile che se mi fosse capitato di osservare uno stadio leggermente più anteriore, mi avrebbe forse mostrato un numero maggiore di somiti ; come se avessi riscontrato uno stadio leggermente più avanzato, nel quale, cioè a dire la regressione dei due ultimi segmenti fosse stata alquanto più progredita, questi due ultimi segmenti mede¬ simi sarebbero sfuggiti alla mia osservazione e non avrei con¬ tato più di nove segmenti addominali. Per tal modo io ritengo che le osservazioni dei varii autori hanno potuto essere esatte ; il loro torto consiste semplicemente nelPaver voluto ciascuno dare come definitive le proprie osser¬ vazioni. E così che hanno potuto bene osservare nel Pholcus entrambi gli autori che si sono occupati del suo sviluppo, il Claparède e lo Schimkewitsch, il primo che vi ha riscontrato otto segmenti addominali ed il secondo dodici. Meno disaccordo vi sarebbe ancora fra gli autori che hanno studiata VEpeira, poiché il Barrois vi riscontrò nove segmenti addominali, il Locy dieci ed il Kishinouye otto. Nè potremmo dire errate le osser¬ vazioni degli altri autori sull'argomento ; non possiamo conside¬ rare, però, come definitiva nessuna delle conclusioni a cui essi sono pervenuti. Ciò di cui potremmo prendere atto è che il maggior numero di segmenti riscontrato nell'addome dell' em¬ brione degli Araneidi è di 12 (Jaworowski). In conclusione, quindi, lo studio dello sviluppo degli Ara¬ neidi neanche ci permette di potere definitivamente stabilire il numero dei metameri (e corrispondenti neuromeri) costituenti il loro addome. Conclusioni* Come s' è visto, questo mio lavoro comprende due parti di¬ stinte. Una prima parte nel quale viene stabilito il numero dei neuromeri (e corrispondenti metameri) in Aracnidi nei quali una parte dei neuromeri è costituita da coppie gangliari libere. E — 236 una seconda parte nella quale viene ricercata la possibilità di stabilire tale numero negli altri Aracnidi. Per lo svolgimento della prima parte ho cominciato col fare uno studio di riordinamento e critica dei criteri adottati nelle ricerche per tali quistioni morfologiche. Ma questo studio è an¬ dato al di là del riordinamento e della critica, poiché in esso ho dovuto mostrare la parte da me avuta nello stabilire i ca¬ ratteri segmentali di un neuromero a gangli liberi nei miei studii giovanili i cui argomenti furono ripigliati ed ampliati in seguito ad opera di parecchi altri osservatori, la maggior parte dei quali ignorava le mie osservazioni e alcuni di quelli che le conoscevano non sempre le hanno giustamente interpretate. Ho potuto così mostrare che io per primo avevo riscontrata la esatta innervazione metamerica dei due nervi che partono per ogni lato di un ganglio libero dell'addome dello Scorpione, in¬ nervazione che permette di stabilire la posizione morfologica dei gangli stessi e che permette di stabilire con esattezza il numero ed il valore dei nervi che partono dalla porzione addominale della massa nervosa sottoesofagea. Rimettendo in evidenza la distribuzione dei nervi che par¬ tono da tutti i neuromeri addominali dello Scorpione, ho potuto sostenere non solo che ogni ganglio innerva soltanto il proprio segmento, al contrario di quanto aveva sostenuto il Clendon , ma che vi è altresì completa corrispondenza fra gangli e seg¬ menti, cosa che era stata negata da taluno (Buxton) ; e che quindi il sesto neuromero, anzicchè mancare di corrispondente segmento, innerva in modo regolare il segmento che gli cor¬ risponde. Talora una semplice quistione di denominazione mi ha por¬ tato a considerazioni di ben più alto valore. Così, a proposito della denominazione in emali e neurali dei nervi gangliari t addominali (che 1' Hanstròm ha voluto ripristinare recentemente, ripigliando un’ antica denominazione del Patten) sorge Y affer¬ mazione da parte dell'HANSTRÒM che questo nervo emale prov¬ veda all’ innervazione cardiaca, ciò che non è. Questo fatto im¬ plicherebbe l’assenza del nervo cardiaco, da me per primo ri¬ scontrato nello Scorpione, la cui presenza I’Hanstròm nega in base alle osservazioni della Gottlieb, non conoscendo che altri — 237 — autori (Petrumkewitsch e Pavlowski) dopo di me ne hanno ve¬ duta e confermata resistenza. In conclusione, tutti gli osservatori che dal 1900 ad oggi (Clendon, Haller, Pereyaslawzewa, Buxton, Petrumkewitsch, Hanstròm) si sono occupati dello studio del sistema nervoso degli Scorpionidi, vedono partire da ogni lato di una coppia di gangli addominali, due nervi distinti (come avevo visto io) e, sulla base della innervazione, delle commissure gangliari e dei vasi intergangliari (criteri già da me addottati) calcolano a 17 (escluso quello dei cheliceri) il numero complessivo di neuromeri (come aveva già calcolato il Brauer nell’embrione ed io nell’a¬ dulto). Si tratta quindi di osservazioni ripeiute a scatti successivi, talora con rifacimento a nuovo di quistioni vecchie e già decise. Ma se per gli Scorpionidi si è potuto venire a conclusioni definitive in rapporto al numero dei metameri costituenti, ba¬ sandosi sui caratteri del sistema nervoso ; non è cosa altrettanto facile per quanto riguarda gli altri Aracnidi. Ci troviamo dinanzi a degli animali, i quali durante il pe¬ riodo dello sviluppo subiscono una regressione dei loro meta¬ meri posteriori, prima ancora che avvenga la reversione e la fusione completa dei metameri addominali. Un accenno della metameria nell’ adulto non lo riscontriamo che nell'unica massa nervosa ventrale : ma risulta questa dalla fusione di tutti i neu¬ romeri, o con la regressione di molti metameri sono scomparsi anche i corrispondenti neuromeri ? Ho potuto mostrare nello Sparassus che è appunto questo il caso e che con la regressione dei somiti addominali nell' em¬ brione vi è anche regressione dei neuromeri. Purtuttavia un osservatore, il Buxton, avvalendosi del cri¬ terio dei vasw intergangliari, riesce a riscontrare nella massa nervosa di una Tarantola 17 neuromeri (corrispondenti a 16 vasi intergangliari) quanti ve ne sono negli Scorpionidi. Ma l’osservazione del Buxton è troppo isolata per far testo ; tutti gli altri osservatori ne hanno riscontrati in numera minore ; cioè a dire che il numero dei vasi intergangliari varia da 8 a 10 o 11 ; ed io stesso nella massa nervosa ventrale del Phalangium non ho riscontrato più di 9 vasi intergangliari. — 238 — L'Hanstròm fa le sue osservazioni negli Araneidi avvalen¬ dosi del criterio delle commissure intergangliari ; ma dovendo tirare le sue conclusioni egli si avvale principalmente dei risul¬ tati dedotti dallo sviluppo dal Pappenheim e delle conclusioni avute dagli Scorpionidi. Ho richiamato anche io la mia attenzio¬ ne sul criterio di queste commissure nel Plialongiutn , ma esse mi hanno segnalato la presenza di dieci neuromeri (in corrispon¬ denza con i 9 vasi intergangliari) quanti ne appaiono, del resto nelle figure delFHANSTRÒM per gli Araneidi. La regressione dei neuromeri, parallela con la regressione dei somiti addominali, appare quindi sempre più evidente. Nè lo sviluppo ci permette di dire una parola più sicura sul numero dei metameri originariamente costituenti il corpo degli Aracnidi ad addome fuso. Il parere degli embriologi non è d'accordo nè sul numero dei metameri, nè su quello dei neu¬ romeri. S' intende bene che le quistioni si agitano per i meta¬ meri addominali, poiché quelli toracici sono costantemente in numero di cinque. Ho cercato di mostrare nel corso di questo lavoro che la discrepanza è da attribuirsi al fatto che non a tutti è dato di osservare un embrione del medesimo stadio e che le fasi di re¬ gressione, connesse con quelle di reversione, avvengono con tale rapidità che non è facile di stabilire quale sia uno stadio embrionale nel quale si possa riscontrare il numero di somiti. Le mie osservazioni sullo sviluppo, fatte su di un embrione di Sparassus (in uno stadio immediatamente precedente alla re¬ versione e sul quale la regressione pur essendo iniziata, doveva essere assolutamente ai primi accenni) mi mostrarono in questo animale la presenza di N. 16 metameri (esclusione fatta di quello dei cheliceri), dei quali 11 appartenenti all'addome, dei quali i primi 5 forniti di abbozzi di appendici, e dei quali gli ultimi due, in via di regressione, non presentavano l'abbozzo dei neu¬ romeri. Dopo quanto ho detto precedente, non sarò io ad insistere che il numero dei metameri da me riscontrato sia quello defi¬ nitivo. In realtà io ho aggiunto un altro numero a quello degli altri, senza risolvere la quistione, nè mi pare che essa debba essere per forza risoluta. 239 - In conclusione, mentre il sistema nervoso permette di sta bilire con esattezza il numero dei metameri costituenti negli Aracnidi ad addome segmentato e forniti di alcune coppie di gangli liberi ; negli altri Aracnidi, nè i caratteri segmentali delle masse nervose forniti dai vasi intergangliari o dalle commissure infragangliari, nè i caratteri dell' embrione in via di sviluppo, permettono di riunire un insieme di fatti che dia luogo ad un accordo definitivo e preciso sul numero dei metameri costituenti l'addome di questi Aracnidi. Per tal modo noi possiamo teoricamente soltanto stabilire in 17 il numero dei metameri costituenti il torace e 1' addome degli Aracnidi (esclusione fatta del metamero dei cheliceri) rife¬ rendoci al numero riscontrato con sicurezza negli Aracnidi ad addome segmentato. A me pare che allo stato odierno delle conoscenze dei mezzi di studio, il voler assolutamente su fatti non concordanti stabi¬ lire questo numero, sia lo stesso che voler chiedere alla morfo¬ logia più di quanto essa può dare. DalVlstit. d’istologia e fisiologia gener. della R. Utiiv. di Napoli. Riassunto L’A. tratta dello studio della segmentazione del corpo degli Ara¬ cnidi, principalmente in base al sistema nervoso. Stabilisce il numero dei neuromeri (e quindi dei metameri) in Aracnidi con coppie di gangli liberi (Scorpionidi) con uno studio cri¬ tico dei numerosi autori che si sono occupati dell’argomento , riven¬ dicando ai suoi studii la priorità sia dei criterii necessari alla inter¬ pretazione dei neuromeri , sia alla determinazione del numero dei neuromeri medesimi ; avvalorandoli con nuove ricerche. Per la determinazione del numero dei metameri degli altri Ara¬ cnidi egli non trova sufficiente lo studio del sistema nervoso dell’a¬ dulto. Ricorre quindi all’embriologia, studiando embrioni di un Ara- neide : lo Sparassus, sp. Dal confronto delle sue osservazioni con quelle degli altri Autori egli deduce che non è facile determinare il numero dei metameri degli Aracnidi a massa nervosa completamente fusa, neanche basandosi sullo sviluppo ; e che volendo ricercare tale numero bisogna riferirsi ai dati offerti dagli Aracnidi con sistema nervoso fornito in parte di gangli liberi. 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Lettere comuni a tutte le figure aal, aa~, aa 3, aa\ aa° abbozzo di appendici nei segmenti dell' addome dell'embrione a sn — arteria sopra neurale. ce — cauda equina. eh — cheliceri. fa — faringe. £■— organi genitali. ga 4, ga 2, ga3 — gangli liberi del preaddome. g c — complesso gangliare caudale. g p a1, g p a2, g p a3, g p a4 — gangli del postaddome. g v — gianduia del veleno. in — intestino. I pr — lobi procefalici. m d — membrana diaframmatica. m dv — muscoli dorso-ventrale. ni g se — massa gangliare subesofagea. m 1 1 — muscolo longitudinale laterale. m L m — muscolo longitudinale mediano. n a n a2, n a 3 - primo, secondo e terzo paio di nervi addominali della massa nervosa sottoesofagea. n a t— nervo anteriore dei gangli liberi del preaddome. n eh — nervi dei cheliceri. noi — nervi degli occhi laterali. n o m — nervi degli occhi mediani. npl, np2, np3, pn 4 — nervi dei piedi del 1°, 2°, 3 ’ e 4° paio. n pp — nervo dei piedipalpi. n ps — nervo posteriore dei gangli liberi del preaddome. n pt — nervi dei pettini. n r— nervo del rostro. o l — occhi laterali. o m — occhi mediani. pl, p2, p3, — piedi ambulatorii. pp — piedipalpi. pr — protocerebon. r — rostro. sa1, sa2, sa 3 sa 4 — segmenti dell'addome dell'embrione senza accenno di appendici. sr — segmenti dell’addome dell'embrione in via di regressione. t — telson — 244 v1, v2, y3 . — vasi intergangliari. v d — vaso dorsale. v p l, v p2, v p2, v pi — vescicole pulmonari. I — fascio longitudinale esterno della massa nervosa sottoesofagea del Phalangium. II — fascio longitudinale interno della massa nervosa sottoesofagea del Palangium, in rappresentanza dei connettivi longitudinali della catena gangliare. Fig. 1. — Euscorpius carpathicus aperto dal lato dorsale e tolti tutti gli or¬ gani interni, meno il sistema nervoso e la muscolatura ventrale. X 4. Fig. 2. — Euscorpius carpathicus, massa nervosa periesofagea vista di lato. X 20. Fig. 3. — Sezione longitudinale del cefalotorace di un giovane E. carpathicus. Ricostruita su varie sezioni. X 54. Fig. 4. — Sezione longitudinale della massa nervosa periesofagea di Phalan¬ gium opilio. Ricostruita su alcune sezioni. X 97. Fig. 5. — Sezione frontale della massa nervosa sottoesofagea di Phalangium opilio. Microfotografia. X 90. Fig. 6. — Schema della figura precedente, che mette in rilievo il decorso dei principali fasci longitudinali della massa nervosa sottoesofagea dei Falangidi. Fig. 7. — Embrione di Sparassus, sp. X40. Finito di stampare il 20 marzo 1930. Contributi allo studio dei minerali vesuviani. Ricerche sulla forsterite e sullo spinello. Nota dei sodi F. Zambonini e G. Carobbi (Tornata del 22 febbraio 1930) Dei minerali vesuviani, molti sono stati studiati cristallogra¬ ficamente in modo così completo, che poca speranza rimane ormai di poter apportare incrementi considerevoli ai risultati consegnati in monografie divenute giustamente classiche. Non può dirsi altrettanto, però, per quanto riguarda le indagini chi¬ miche e lo studio delle proprietà ottiche. Specialmente le prime sono da considerare, salvo alcune eccezioni, come molto in¬ complete. Vi sono dei minerali vesuviani, anche importanti, per i quali non si conoscono che pochissime analisi chimiche suf¬ ficientemente esatte e moderne : così come ve ne sono degli altri, per i quali non possiamo disporre che di qualche analisi antiquata ed incompleta. Anche non poche delle analisi recenti sono limitate alla determinazione dei costituenti principali : tale è il caso, per esempio, delle analisi note dei pirosseni, salvo ta¬ lune recentissime, come quelle dovute a H. S. Washington. A. Lacroix *),. alcuni anni or sono, faceva giustamente notare, che le analisi da lui fatte eseguire delle pirosseniti del Monte Somma, rendevano necessario un nuovo studio chimico dei pi¬ rosseni vesuviani, perchè in questi non figuravano presenti nè il titanio, nè gli alcali (secondo le analisi fino allora note), men¬ tre questi elementi si rinvenivano nelle pirosseniti. 4) — Le roches grenues d' un magma leucitique étudiées à laide des blocs holocristallins de la Somma. Compt. rend. Voi. 165, p. 205 (1917). — 246 — Non mancano, certamente, delle analisi assai esatte, come quelle di Jannasch, di Penfield e dei suoi collaboratori, di Washington, ecc., ma sono indiscutibilmente poche. Anche que¬ ste, del resto, sono molto suscettibili di perfezionamento, perchè difettano, per lo più, della ricerca e dell'eventuale determinazione quantitativa degli elementi presenti soltanto in quantità assai tenui, e che non sono sempre in tracce indeterminabili. Inoltre, la presenza di questi 11 costituenti minori „ è degna, contraria¬ mente a quanto si pensa da molti, della maggiore attenzione, poiché interessa non soltanto dal punto di vista chimico, ma anche da quello minerò- e petrogenetico , e riunisce dei dati, che, anche quando non consentono conclusioni importanti oggi, possono costituire la base di futuri progressi. Ma vi è un altro punto da considerare, per quel che ri¬ guarda le analisi chimiche. Molti dei minerali del Monte Somma si rinvengono in condizioni di giacitura e di paragenesi diver¬ sissime. È evidente la necessità di indagini sistematiche, rivolte a determinare la composizione chimica di un medesimo mine¬ rale nelle sue diverse condizioni di giacitura. Sotto questo aspet¬ to, le nostre cognizioni sono incomplete al più alto grado. È ovvia la opportunità di accompagnare alle indagini chimiche lo studio delle proprietà ottiche, e, in genere, quello delle proprietà fisiche : si otterranno , così , dei dati molto interessanti, che permetteranno, se sufficientemente numerosi, non poche dedu¬ zioni notevoli. In questa nostra prima Nota , noi ci limitiamo a riferire brevemente intorno ai risultati ottenuti dalle nostre ricerche chi¬ miche sulla forsterite e lo spinello che costituivano quasi comple¬ tamente un blocco, grande come il pugno, rinvenuto al Monte Somma. La forsterite formava dei granuli cristallini o dei cristalli molto imperfetti, pressoché completamente incolori, che raggiun¬ gevano anche 5-6 mm. nella loro maggiore dimensione. Lo spinello si presentava sotto forma di nitidi cristallini ottaedrici, riuniti in gruppi intrecciati, che da un millimetro nella direzione degli assi quaternari di simmetria arrivavano fino a 7 mm. L' ottaedro era, talvolta, accompagnato da esili faccette di rombododecaedro. — 247 — I cristalli intieri sono di colore nero, mentre la polvere è grigiastra. Forsterite. — Le poche analisi finora eseguite della forsterite del Monte Somma l) hanno determinato in questo mi¬ nerale Si, Mg, Fe", in due analisi di Mierisch piccole quantità di sodio e di potassio, in una di Thaddéeff 0.29 °/0 CaO ed in un’altra dello stesso autore 0.23 °/0 A)203. Si ha, perciò, la composizione tipica del silicato Mg2Si04, nel quale una piccola quantità di magnesio è sostituita dal ferro ferroso (FeO varia fra 1.07 e 3.12 °/c). Le nostre indagini sulla forsterite del blocco costituito da questo minerale e dallo spinello hanno condotto a risultati ben più interessanti, perchè hanno permesso di constatare per la prima volta in una forsterite vesuviana la presenza dell' antimo¬ nio, dello stagno, dello stronzio, del bario, del nichelio, del co balto e del rame, in quantità molto piccole, e, ciò che più monta, quella dell'alluminio in una proporzione abbastanza considerevole. Si è anche osservato che il ferro è parzialmente allo stato ferrico, e si è pure constatato un contenuto sensibile in calcio. Si è po¬ tuto determinare anche il manganese, sfuggito ai precedenti analisti. Particolare attenzione si è posta nel porre fuori di dubbio la reale esistenza degli elementi sopra indicati, presenti solo in quantità assai tenui. Noi abbiamo, perciò, eseguito su un cam¬ pione di forsterite, la divisione sistematica in gruppi secondo l'ordinaria analisi chimica qualitativa, e ciascun gruppo è stato, poi, sottoposto all' esame spettrografico, usando il solito grande spettrografo di Hilger E1 ed il comparatore della stessa Casa. Si sono anche, sulla stessa lastra, eseguite le fotografie dello spettro di un dato gruppo, e quelle dello spettro di composti puri degli elementi dei quali si voleva stabilire la presenza o l'assenza nella forsterite. Con l'uno e l'altro mezzo è stato facile stabilire la coincidenza di date linee dello spettrogramma dei gruppi analitici del minerale con quelle caratteristiche degli ele¬ menti ricercati. Ci siamo sempre assicurati che i reattivi adope- l) — Cfr. F. Zambonini — Mineralogia Vesuviana, 1910, pag. 227. — 248 — rati fossero privi degli elementi cercati, indagine, questa di im¬ portanza fondamentale 1). Per tutte le indagini chimiche si è adoperato un campione uniforme di forsterite, ottenuto scegliendo prima accuratamente i granuli cristallini del minerale, e sottoponendo, poi, la loro polvere ad una ulteriore purificazione col liquido di Clerici al formiato-malonato di tallio. Ci siamo, finalmente, assicurati, al microscopio, della purezza della polvere, e, sopratutto, dell'as¬ senza completa, almeno nei limiti dell'ordinario esame microsco¬ pico, di spinello. Questa indagine era tanto più necessaria, in quanto Sb, Sn, Cu, Ni, Co sono stati trovati in quantità pie colissime, anche nello spinello, ed occorreva, perciò, essere sicuri che la loro presenza nella forsterite non fosse dovuta all'essere il materiale studiato di quest'ultimo minerale impuro per spinello. L'analisi quantitativa principale, diretta alla determinazione degli elementi più importanti, è stata eseguita con le solite norme. Particolare cura è stata posta nella determinazione deH'alluminio che è stato separato dal ferro mediante l'idrossido di potassio, che si è verificato essere privo di alluminio. L'ossido di allumi¬ nio calcinato era perfettamente bianco : con l'etilammina sì con¬ statò che era del tutto privo di berillio, la presenza del quale poteva apparire probabile come sostituente del magnesio, spe¬ cialmente tenendo conto del constatato tenore in berillio di alcuni minerali del gruppo humite 2). Portato in soluzione, dette, con solfato di cesio, un'abbondante cristallizzazione di allume di cesio. Per la ricerca e determinazione degli elementi presenti in piccolissima quantità, si è lavorato su di un campione di gr. 8.5501, che è stato trattato con acido nitrico concentrato, per separare la silice. Il filtrato si è portato a 250 cc. ed in 200 cc. si è precipi¬ tato il secondo gruppo in bevuta a pressione , lavando poi il 0 Si veda in proposito 1* importante lavoro di E. Zies. The funiarolic Incrustations in thè valley of Ten Thousand Smokes. Geophysical Labora- tory. Carnegie Institution of Washington, N. 541 (1924). 2) Jannasch, P. e Locke, J. — Ueber einen fluorfreien Humit. Zeitsch. anorg. Chemie, Voi. 7, pag. 92 (1894). Zambonini, F. — Sur la véritable nature du titanolivine de la vallèe d' Ala en Piémont. Bull. Soc. Fr. Min., Voi. 42, pag. 250 (1919). - 249 - precipitato con acqua contenente idrogeno solforato (si è eseguita una doppia precipitazione). Il precipitato così ottenuto si è trattato con solfuro ammo- nico potassico. È rimasto un residuo di solfuro di rame che, disciolto in acido nitrico, ci ha permesso di dosare il rame co- lorimetricamente secondo Spacu. Nel filtrato dal solfuro di rame si sono separati e determi¬ nati l'antimonio e lo stagno col metodo di Clarisse. L'antimonio si è precipitato sotto forma di Sb2S5, che si è filtrato subito attraverso un crogiolo di Gooch tarato a 280° e si è trasformato in stibina nera (riscaldando in istufa speciale, in ambiente di C02), che si è pesata. Nel filtrato dal pentasolfuro di antimonio si è determinato lo stagno elettroliticamente. Per dosare il nichelio ed il cobalto, si sono precipitati, dopo eliminazione dei gruppi precedenti , i solfuri di questi elementi, con le solite norme. Separato il manganese, il precipitato con¬ tenente i solfuri di Ni e Co è stato trattato con acqua regia, e dopo avere tirato a secco, si è ripreso con H20 e HC1. La so¬ luzione alla quale erano stati aggiunti gr. 2.5 di solfato ammo- nico e 12 cc. di NH3, si è sottoposta all'elettrolisi, usando, come per lo stagno, elettrodi di platino con catodi a rete. Il deposito catodico è stato sciolto in HN03 diluito (si è coperto l'elettrodo con HNO3 e si è lasciato bollire per 20 mi¬ nuti) e nella soluzione si è aggiunta dimetilgliossima per preci¬ pitare il nichelio. Data la piccola quantità di questo elemento non si è avuta una precipitazione, ma semplice colorazione rossa, e solo confrontando questa colorazione con quella ottenuta usando soluzioni a titolo noto in nichelio si è potuto determi¬ nare approssimativamente la quantità presente di questo demento. Un' idea della quantità di cobalto è stato possibile averla mediante la reazione di Vogel, e confronto, al solito, con solu¬ zioni a titolo noto. Negli altri 50 cc. della soluzione si è deter¬ minato il manganese colorimetricamente , ossidando il sale di manganese a permanganato. Il ferro ferroso è stato determinato col metodo di Pratt. Su un altro campione di gr. 0.3024 si è determinata 1' ac¬ qua totale col metodo di Penfield. 250 — I risultati complessivi dell’analisi sono : °l ' 0 R. M. Si02 40.17 0.669 0.669 A1203 3.71 °’036 j o042 Fe203 1.00 0.006 \ Ti02 assente A) Sb203 0.013 MgO 49.27 1.222 CaO 2.63 0.046 | SrO,BaO tracce 1 1 .oiy determinate allo spettroscopio l FeO 2.59 0.047 ] MnO 0.29 0.004 NiO 0.005 * 2) CoO 0.005 2) 1 CuO 0.006 SnO 0.006 ZnO assente 9 C02 assente *) H20 + 0.27 99.965 Dato il tenore abbastanza basso in ferro, il minerale da noi analizzato appartiene effettivamente alla forsterite. Notevole è il contenuto in calcio. , decisamente elevato per una forsterite: nel minerale di Scheelingen, nella Kaisersthul, A. Knop 3) ha trovato 1.73 °/0 CaO. Non mancano, peraltro, delle olivine nelle quali il calcio è in quantità considerevole, benché non sempre si pos¬ sa essere sicuri dell'esattezza dell'analisi o della purezza del ma¬ teriale impiegato. Il manganese, il nichelio, il cobalto ed il rame sono, evidentemente, elementi vicarianti del magnesio. Quanto allo stagno, non può dirsi se si trovi sotto forma di SnO o di 4) Con la parola "assente,, s'intende dire che non si è avuta reazione po¬ sitiva con la quantità impiegata di minerale. 2) Questi valori vanno considerati come approssimativi. 3) Zeitsch. fùr Kryst. Voi. 13, p. 236 (1886). 251 — Sn02, poiché ambedue le ipotesi sono verosimili. Il fatto di aver rinvenuto lo stagno anche nello spinello, nel quale, evi¬ dentemente, non può sostituire elementi tetravalenti, farebbe prò pendere per la prima ipotesi. Ma la caratteristica più importante della nostra forsterite ri¬ siede nel tenore considerevole di elementi trivalenti : si ha, in¬ fatti, 3.69 °/0 A1203 e 1 °/0 Fe203. Nei minerali del gruppo olivina, ferro trivalente è stato spesso trovato, anche in quantità abbastanza considerevole : così, per esempio, F. Stella Star- rabba A) ha trovato in due olivine dei Monti Rossi all' Etna 5.82 °/0 Fe203 (varietà scura) e 5.24 °/0 Fe203 (varietà chiara), e Castro *) nell'olivina del basalto di S. Angel, Messico, 3.34 °/0 Fe203. Si è pensato, talvolta * 2 3), che il ferro ferrico fosse dovuto addirittura a magnetite commista : più diffusa è l'opinione che si tratti di ferro ferroso iniziale, passato successivamente, per azione di fumarole, di vapor d' acqua, ecc. a ferrico. Sta di fatto che, in certe analisi almeno, si ha un miglior accordo con la formula R2 Si04, qualora tutto il ferro lo si consideri ferroso: tale è il caso delle olivine dei Monti .Rossi ora ricordate. Che le cose non sieno, però, così semplici, risulta dalla circostanza che, effettivamente, si può trasformare in ferrico con facilità mediante il riscaldamento in presenza di ossigeno, almeno una parte del ferro ferroso delle olivine , ma questi minerali acquistano, allora, un colore rossiccio caratteristico, che si os¬ serva anchè in certe olivine naturali con ferro ferrico, mentre parecchie olivine più o meno ricche in Fe203 hanno un colore verde bruniccio del tutto diverso : tale è il caso, per esempio, delle olivine dei Monti Rossi studiate tanto accuratamente da Stella Starrabba. Se anche in queste olivine si vuole ammet¬ tere una ossidazione secondaria del ferro ferroso, bisogna sup¬ porla avvenuta in condizioni diverse da quelle della ossidazione 4) Primo contributo allo studio delle olivine delV Etna , ecc. Memorie R. Accad. Zelanti Acireale (Classe di Scienze) (3a), Voi. 9, p. 41 (1916 1917). 2) In Doelter, C. — Handbuch der Mineralchemie II, Voi. I, p. 289. 3) Moitessier, A. — Sur la composition des péridotes normaux et altérés du Puy-de-Donie. Mémoires Acad. se. et lett. de Montpellier 1861. C. Taddeeff — Die Olivingruppt. Zeitsch. f. Kryst. Voi. 26, p. 74 (1896). — 252 - sperimentale alla quale si è accennato, e che porta al colore rossiccio. Pur non mettendo in dubbio che in alcune olivine il ferro ferrico possa essere dovuto ad una ossidazione secondaria del ferroso originario, è certo che una tale spiegazione non può servire affatto per spiegare il contenuto in alluminio che si ri¬ scontra frequentemente in molte olivine, non solo in traccie o in quantità assai tenui, ma anche fino a raggiungere 1' 1 - 2 °/0, come si verifica , per esempio , nell' olivina del Kapfentstein (J. Schiller anal.) con 1.03 °/0 A1203, in quella del Monte Gauss (R. ReiniSCH anal.) con 1.18 °/0 A1203, in quella di Pedra Mo¬ lar, S. Antaò (Kerstscher anal.) con 1.24 °/0 A1203 ed in quella dell'isola Bourbon (Ch. Velain anal.) nella quale A1203 sale a 2.33 °/0 *). Nella nostra forsterite, l' elevato tenore di alluminio è in¬ dubbio, essendocene noi assicurati ripetutamente. Non può pensarsi che A1203 e Fe203 sieno sotto forma di silicati, perchè ci si allontanerebbe assai, per il rapporto SiO 2 : R"0 da quello 1 :2 richiesto dalla formula della forsterite. Poco verosimile appare che quei due ossidi sieno contenuti co¬ me tali nel silicato della forsterite. A noi sembra di aver risolto il problema in modo soddi¬ sfacente. La formula della forsterite, prescindendo dalle piccole quantità di ferro ferroso e di altri elementi bivalenti che sosti¬ tuiscono una piccola parte del magnesio è IV IV Mg2 Si04. Quella dello spinello tipico, puro, è Il vi Mg A1204. Le due formule possiedono lo stesso numero di atomi e la medesima somma delle valenze, e rientrano, perciò, nella re¬ gola di Hiortdahl, così come ebbe a precisarla alcuni anni or L) Si veda per le indicazioni bibliografiche, il già citato Handbuch di Doelter. 253 — sono uno di noi *). Che un atomo di alluminio possa sostituirsi ad uno di silicio senza variazioni considerevoli di struttura cristallina, fu dimostrato nel lavoro ora citato, nel quale per la prima volta si impiegarono i diametri atomici introdotti da Bragg per spiegare casi speciali di isomorfismo. È dunque possibile che Mg A1204 possa dare cristalli misti, in proporzioni limitate, con Mg2Si04. La limitazione nella mi- scibilità allo stato solido dei due composti è dovuta al fatto che la fase stabile di Mg A1204 è cubica, e non rombica come la forsterite. Naturalmente, nei cristalli di quest'ultima non può trovarsi che una fase rombica di MgAl204, la quale, evidente¬ mente, è molto instabile, e si stabilizza soltanto, ed in tenue quantità, nei cristalli misti che contengono la forsterite di gran lunga predominante. D' altra parte, la possibilità di esistenza di una forma rombica labile per il composto Mg A1204 riceve una valida conferma dal fatto che il crisoberillo Be A1204 non solo cristallizza nel sistema rombico, ma in forme vicinissime a quelle dei minerali del gruppo olivina, come ebbero a notare probabilmente già G. Rose ~) e , più recentemente, W. C. Brògger 1 2 3). Si ha, infatti : a : b : c = 0.4707 : I : 0.5823 Crisoberillo Melczer 4) a : b : c = 0.4651 : I : 0.5867 Forsterite Zambonini 5). L' isogonismo è, perciò, perfetto, ed anche le forme più importanti sono le medesime, nei due minerali. Nè va dimenti¬ cato, che, ormai, non può più dubitarsi della sia pur limitata scambievole sostituibilità isomorfa dei due elementi berillio e magnesio 6). 1) Zambonini, F. — L' isomorfismo dell’ albite con V anortite. Rend. R. Accad. Lincei Roma, Serie 5a, Voi. 31, p. 295 (1922). 2) Non è certo, peraltro, che spetti a G. Rose il merito di questa osser¬ vazione. Cfr. in proposito A. Arzruni, physikalische Chemie der Kristalle, p. 274, Nota 3. 3) Zeitsch. fùr Kryst. Voi. 18, p. 377 (1890). 4) P. Groth. — Chemische Kry stallo graphie, Voi. 2, pag. 751. 5) Mineralogia Vesuviana. Atti R. Accad. Scienze Fis. e Mat. di Napoli, Serie 2a, Voi. 14, N. 7, p. 228. 6) Cfr. su questo argomento F. Zambonini e G. Carobbi - Contributo allo studio delle relazioni di isomorfismo fra i composti di berillio e quelli di magnesio. Rend. R. Accad. Naz. Lincei, Serie 5a, Voi. 33, p. 218 (1924). — 254 - Come è naturale, l’alluminio può essere sostituito parzial¬ mente dal ferro ferrico ed anche dal cromo, che, effettivamente, si trova in alcune olivine e si rinviene talvolta anche nel criso- berillo, sia naturale che sintetico *). Se noi supponiamo che nella forsterite del Monte Somma da noi analizzata una parte di R**0 si trovi unita ad A1203 e Fe203 per formare il composto R"R204, si ha che R"0 re¬ siduo sta a Si02 nel rapporto di 2.00 : 1.06, che è praticamente coincidente con quello 2 : 1 richiesto dalla formula della forsterite. L' ammettere, nella nostra forsterite, un composto del tipo degli spinelii ci spiega anche la presenza deH'antimonio, da noi accertata. Questo elemento si rinviene, come vedremo fra poco, anche nello spinello che accompagna la forsterite. È da notare, che la forsterite da noi studiata si è trovata nelle condizioni migliori per contenere una quantità elevata di Mg(Al, Fe)204 e, forse, addirittura il tenore massimo possibile, dato che essa si è formata in circostanze tali, che abbondante spinello è rimasto libero. Nella forsterite, la quantità di Mg(Al, Fe)204 ammonta a circa il 6 °/0. Spinello. ( Pleonasto ) — Di questo minerale si conosce una vecchia analisi di H. Abich * 2), eseguita sulla varietà nera, con polvere verde chiara, isolata da un blocco composto di anortite 3), calcare e nefelina con poca magnetite. I risultati ot¬ tenuti da Abich sono i seguenti : AI203 MgO FeO Si02 67.46 25.94 5.06 2.38 100.84 9 Si veda, per esempio, la sintesi di A. Lacroix ; Bull. Soc. fr. Min. Voi. 10, p. 157 (1887), ed anche quella antica di J. J. Ebelmen, Compt. rend. Voi. 25, p. 279 (1845). 2) Pogg. Ann. Voi. 23, p. 305. Cfr. F. Zambonini, Mineralogia Vesu¬ viana, p. 82. 3) Abich scrisse semplicemente feldspato, ma si tratta certamente di anor¬ tite, data la paragenesi. 255 Si tratta, perciò, di un pleonasto povero in ferro. Lo spinello che accompagnava la forsterite da noi analizzata è stato purificato accuratamente col liquido di Clerici al formiato- malonato di tallio : la polvere, esaminata al microscopio, non conteneva particole bifrangenti. L'esame spettrografico dei singoli gruppi dell'analisi quali¬ tativa sistematica ha permesso di accertare nel nostro spinello la presenza dell'antimonio, dello stagno, del nichelio, del cobalto e del rame : con l'analisi qualitativa ordinaria si riconobbe il man¬ ganese. Tutti questi elementi non erano stati, finora, osservati negli spinelli vesuviani. Particolare interesse presenta l'antimonio scoperto da F. Mauro *) nello spinello zincifero di Tiriolo in Calabria, che ne contiene 0.35 °/0. È evidente che si tratta di un caso di sostituzione isomorfa dell'antimonio aH'alluminio ed agli altri elementi trivalenti contenuti negli spinelli. Sb203 può an¬ che dare cristalli misti, come altri ossidi di elementi trivalenti quali, per esempio, Fe203, con i composti trigonali R*Ti03, come risulta dalle indagini di A. Hamberg, che nella pirofanite MnTi03 ha trovato 0.48 °/0 Sb203. Il ritrovamento dell' antimonio nello spinello vesuviano da noi analizzato rende molto verosimile che questo elemento, sia pure in traccie, sia molto più diffuso negli spinelli di quanto non risulti dalle analisi finora pubblicate. È questo un argomento del quale si sta occupando il nostro laboratorio. Circa la presenza dell' antimonio tra i prodotti della esala¬ zione del magma vesuviano non si hanno, finora, che assai scarse notizie. Nel 1873 il Palmieri * 2) annunciò di avere scoperto l'an¬ timonio tra le sublimazioni dell’ incendio vesuviano del 1872; alcuni anni dopo, G. Freda 3) rese noto che alcune incrostazioni della lava del 1850 ed una crosta bianca a superficie tuberco¬ lare raccolta dal Guiscardi nel 1854 contenevano Sb203 (libero a giudizio del Freda): in quella del 1854 ve ne era 0.94 °/0. 9 Analisi chimica dello spinello di Tiriolo in Calabria. Gazz. Chim., Voi. 4, pag. 70 (1879). 2) L’antimonio tra le sublimazioni vesuviane. Rend. R. Acc. Scienze Fis. e Mat. di Napoli, Voi. 12, 1872, pag. 156. 3) Sulla presenza dell acido antimonioso in un prodotto vesuviano. Rend. R. Acc. Scienze Fis. e Mat. di Napoli, Voi. 18, 1879, pag. 12. — 256 — Quanto al nichelio, al cobalto, ed al rame, si tratta, eviden¬ temente, di elementi che sostituiscono in piccolissima quantità il magnesio : il rame è stato già ricordato in vari spinelli. Per lo stagno, appare verosimile la presenza di stagno stannoso. L' analisi è stata eseguita decomponendo lo spinello con solfato acido di potassio. Per la ricerca quantitativa degli ele¬ menti presenti in piccolissima quantità si adoperò un campione di grammi 4.4500, seguendo gli stessi metodi (salvo Y attacco del minerale) descritti per la forsterite. Per l’antimonio e lo stagno non si ebbero, però, precipitati dosabili con esattezza : ci siamo dovuti, perciò, limitare a scri¬ vere “ tracce 1 risultati delle nostre analisi sono i seguenti : ai203 Fe203 FeO MgO MnO CaO CoO NiO CuO Sb203 SnO Si02 Ti02 66.25 5.32 0.62 25.92 0.18 1.69 0.003 0.007 0.004 tr. tr. 0.28 assente 100.27 Notevole è il contenuto in calcio abbastanza elevato : in al¬ cune recenti analisi di spinello si sono trovate, per altro, delle quantità poco inferiori di CaO. Il ferro ferroso ed il ferrico sono stati calcolati in modo che l’analisi rispondesse alla formula R”R2 04. Questo meto¬ do, generalmente adoperato, non ha più il valore di prima, dopo che si sono fabbricati degli spinelli che non rispondono alla formula tipica *). È certo, ad ogni modo, che la formula R‘'R204 è 9 Si confronti in proposito il lavoro di F. Rinne. Zeitsch. fùr Krystall. , Voi. 66, pag. 443 (1928). fondata non solo su molte analisi di spinelli naturali, ma anche sui risultati delle esperienze sintetiche, che hanno permesso di ottenere spinelli svariati, tutti con la formula tipica. Che lo spinello analizzato debba contenere sia ferro ferrico, che ferroso, risulta dal suo colore : sono, infatti, i composti ed i minerali che contengono sia ferro ferroso, che ferrico, quelli che presentano un colore intenso, a differenza dei puramente ferrosi o ferrici. Napoli.— Istituto Chimico della R. Università, Febbraio 1930 - A. Vili. Riassunto Gli AA. hanno analizzato la forsterite e lo spinello che costi¬ tuivano un blocco del Monte Somma. Le loro indagini hanno per¬ messo di accertare la presenza nella forsterite dell’antimonio, dello stagno, dello stronzio, del bario, del nichelio, del cobalto e del rame, mai notati, finora, nella forsterite del Monte Somma. Sb, Sn, Cu, Ni, Co si sono trovati anche nello spinello. Gli AA. spiegano la presenza di sensibili quantità di alluminio nella forsterite, con la possibilità di cristalli misti fra Mg2Si04 ed una fase rombica, instabile, del composto Mg (Al, Fe)2 04. Finito di stampare il 20 marzo 1930. Notizia di tre specie nuove ed una poco nota di Bopindi addominali, parassiti di Caridei del golfo di Napoli. (Contributo alla conoscenza del genere Phrixus Rathke) del socio Ernesto Caroli con la fav. 9. (Tornata dell' 11 agosto 1927) In tutti i Bopiridi addominali parassiti di Caridei, compresi nel genere Phrixus Rathke (= Hemiarthrus Giard & Bonnier) i), la femmina adulta ha i piedi del lato più fungo , o deformato, J) Il nome Hemiarthrus fu proposto dal Giard e dal Bonnier (1887, nota a piè di p. 36) per designare i Bopiridi addominali, parassiti di Caridei, com¬ presi fino allora nel genere Phryxus Rathke. Alle obiezioni mosse dal Sars (1899, p. 215), il Giard rispondeva più tardi (1907), che in ogni caso il nome Phryxus doveva essere abbandonato , perchè già adoperato dal Hùbner per un genere di Lepidotteri della famiglia Sphingidae. Tuttavia la maggior parte degli autori ha continuato ad usare il nome Phryxus (cito tra i più recenti : Nierstrasz e Brender à Brandis (1926, p. 35) ; Fee (1926, p. 22) ; Zimmer (1927, p. 762)1, anche dopo che il Chopra (1923, p. 426-429, 539) ha rimesso in onore quello di Hemiarthrus. La conservazione del nome Phryxus può anche essere giustificata dal fatto che , già molto tempo prima che il Giard denunciasse l'omonimia , esso non era più adoperato dai lepidotterologi ; in¬ fatti le specie comprese dal Hubner nel genere Phryxus sono ora ripartite nei due generi Celerio Oken — che comprende anche la Sphinx lineata Fabr., riportata come esempio dal Giard — e Grammodia Rothschild & Jordan (confronta in proposito Rothschild e Jordan 1907). Per queste ragioni uso anch'io il nome Phryxus , emendandone però la grafia in Phrixus. Come lo stesso Rathke afferma (1843, p. 40) , egli ha tratto il nome Phryxus dalla mitologia £reca ; si riferisce perciò evidentemente al mito di Frisso ed Elle, trasportati dal montone dal vello d'oro ; ora, la trascrizione latina di è Phrixus e non Phryxus. — 259 — variamente ridotti. A seconda del grado di riduzione di questi piedi, il Chopra (1923, p. 429) ha ripartito le specie finora co¬ nosciute in tre gruppi. Nel primo gruppo, del quale la specie più nota — e nello stesso tempo più antica di tutto il genere — è il Phri¬ xus abdominalis (Kròyer), la femmina adulta ha perduto tutti i piedi del lato deformato, ad eccezione del primo. Nel secondo, comprendente il Ph. subcaudalis Hay (1917, p. 569, tav. 98 fig. 1-6) della costa atlantica dell'America settentrionale, e tre spe¬ cie indiane, descritte dal Chopra (1923, p. 432-440, tav. 11) coi nomi di Hemiarthrus nigrocinctus , H. Jiliformis e H. brevicauda, il lato deformato della femmina adulta conserva ancora cinque piedi. Nel terzo gruppo, infine, rappresentato da una sola specie, trovata una sola volta su Athanas nitescens dal Pelseneer, e de¬ scritta dal Giard (1907) sotto il nome di Anisarthrus pelseneeri , ma compresa anch'essa dal Chopra nel genere Phrixus (Hemiar¬ thrus), tutti i piedi del lato deformato sono presenti, ma meno sviluppati di quelli del lato opposto, specialmente i due ultimi, nei quali Pultimo articolo è affatto rudimentale. L'esame di alcune forme del golfo di Napoli mi mette in grado di aggiungere due nuovi gruppi ai tre precedenti. Uno di essi consta di una sola specie, parassita di Processa canaliculata (Leach) (: =Nika edulis Risso), e riportata, ma non descritta, dal Giard e dal Bonnier in un elenco di Epicaridei del golfo di Napoli (1890, p. 385) col nome di Hemiarthrus philonika. In questa specie, che io ho potuto ritrovare, nel lato deformato della femmina restano i soli primi tre piedi. L'altro gruppo comprende tre nuove specie — di ciascuna delle quali finora non ho potuto trovare che un solo esemplare — paras¬ site di Lysmata seticaudata (Risso), Alpheus dentipes Guérin e Synalpheus laevimanus (Heller), per le quali propongo rispettiva¬ mente i nomi di Phrixus lysmatae , Ph. enchophyllus e Ph. laevima¬ nus. In queste nuove specie i piedi del lato deformato della femmi¬ na adulta sono tutti presenti, (fig. 1 e 2) come nell 'Anisarthrus pelseneeri ; però, eccetto il 3°, che è un po' più piccolo, tutti gli altri non mostrano alcun segno di riduzione, anzi gli ^ultimi ^quattro sono notevolmente più sviluppati dei piedi corrispondenti dal lato opposto; e specialmente più grandi, e differenti anche — 260 - per forma, sono i loro due ultimi articoli, che costituiscono una robusta mano prensile (fig. 3). A causa dell'enorme sviluppo della tasca incubatrice nel lato deformato, anche la disposizione dei piedi di questo lato differisce da quella dei piedi del lato nor¬ male (fig. 1 e 2). Mentre il 1° ed il 2° conservano una posizione corrispondente a quella dei due primi dell' altro lato, il 3° si trova fortemente spostato in fuori, al margine esterno della tasca incubatrice, e a notevole distanza dai due precedenti e dai quat¬ tro successivi. Questi a loro volta sono stati spinti all'estremità posteriore del torace, dove, mancando lo spazio necessario per restare impiantati al margine esterno, sono stati spostati sotto la faccia ventrale, lungo una linea obliqua da fuori in dentro e da avanti in dietro; per modo che essi, al contrario dei tre precedenti e di quelli dei lato opposto, tutti visibili dal dorso (fig. 1), restano nascosti sotto la faccia inferiore (fig. 2). Questa disposizione dei piedi del lato deformato trova ri¬ scontro nella femmina giovane di Pii. abdominalis, dal corpo già asimmetrico, ma con gli oostegiti non ancora completamente sviluppati e provvista ancora di tutti i piedi, descritta e raffigu¬ rata dal Sars (1899, p. 216, tav. 91, fig. 9 juv.1) ; nonché in una giovane femmina di Phrixus sp. riportata dalla Richardson (1904, p. 45, fig. 21). È però da escludere che nel caso delle nuove specie si tratti di femmine non ancora mature; perchè in quelle di Ph. lysmatae e Ph. enchophyllus la tasca incubatrice era prima di larve, nella prima, e di uova nell'altra ; e in quella di Ph laevimanus la tasca, benché vuota, mostrava segni evidenti di aver già contenuto uova e larve. La persistenza dei piedi in numero normale, e tutti bene sviluppati, nella femmina adulta, costituisce indubbiamente un carattere primitivo; e perciò è giustificata la supposizione che, da forme simili alle nuove specie napoletane , abbiano avuto o- rigine, per graduale riduzione dei piedi del lato deformato, quelle comprese negli altri quattro gruppi. Questi però non rappresen¬ tano tutti, come potrebbe sembrare a prima vista, altrettante tappe successive di una progressiva riduzione. In tre d'essi, col¬ legati probabilmente da forme intermedie, estinte o non ancora conosciute, si osserva effettivamente una graduale riduzione, pro¬ cedente da dietro in avanti. Questa ha inizio colla semplice ri- 261 — duzione in grandezza degli ultimi piedi del lato deformato (grup¬ po dz\\' Anisarthrus) e, attraverso la soppressione dei quattro posteriori (gruppo del Ph. philonika ), giunge alla scomparsa di tutti meno il primo (gruppo del Ph. abdominalis). Ma nel gruppo del Ph. subcaudalis , comprendente le forme con cinque piedi, la riduzione ha avuto luogo in senso inverso. Secondo il Hay e il Chopra, che hanno descritto le forme di questo gruppo, i piedi mancanti sarebbero il 2° ed il 3° ; ma un attento esame delle loro figure (Hay, 1917, tav. 98, fig. 4 e 5; Chopra, 1923, tav. 11, fig. 1 e 2) dimostra chiaramente che il piede4 che essi ritengono sia il 1°, è molto distante dal capo, e si trova preci¬ samente nella stessa posizione occupata dal 3° nelle nuove specie napoletane e nella femmina giovane di Ph. abdominalis (Sars, 1899, tav. 91, fig. 9 juv.1), nonché nello stesso posto nel quale, nella femmina adulta dello stesso Ph. abdominalis, anche dopo la scomparsa del 3° piede, resta la bozza laterale corrispondente che indica la posizione che esso occupava, come si può rilevare dalla figura del Sars (1899, tav. 90, fig. 9) I piedi mancanti sono dunque in realtà il 1° e il 2°; e Terrore in cui sono incorsi i due predetti autori è stato senza dubbio causato dalla grande distanza che intercede fra il 3° e gli ultimi quattro piedi. Que¬ sti, per lo meno nelle specie indiane, secondo quanto dice il Chopra (1923, p. 433), occupano la stessa posizione di quelli delle specie del gruppo del Ph. lysmatae\ se siano anche dif¬ ferenti per forma e grandezza da quelli del lato opposto, non è detto, nè è possibile rilevare dalle figure. Ritengo che ai cinque gruppi, differenti per la diversa con¬ dizione dei piedi nel lato deformato della femmina adulta, si possa dare — per lo meno provvisoriamente, e salvo eventuali modificazioni in seguito ad esame più preciso degli altri carat¬ teri della femmina e di quelli del maschio — il valore di sotto¬ generi, caratterizzati nel modo seguente : — 262 — A. Femmina adulta con piedi in numero normale da ambo i lati a. Piedi del lato deformato tutti bene sviluppati Sottogen. Eophrixus n. subg. esemp. Phrixus lysmatae n. sp. aa. Piedi del lato deformato meno sviluppati di quelli del lato normale Sottogen. Anisarthrus (GlARD) esemp. Phrixus pelseneeri (GlARD). B. Femmina adulta con piedi in numero inferiore al normale nel lato deformato b. Coi soli 5 ultimi piedi Sottogen. Paraphrixus n. subg. esemp. Phrixus subcaudalis Hay. bb. Coi soli primi 3 piedi Sottogen. Pliophrixus n. subg. esemp. Phrixus philonika (GlARD & BONNIER). bbb. Col solo primo piede Sottogen. Phrixus s. str. esemp. Phrixus abdominalis (KròYER). Come ho detto più sopra, non posseggo che un solo esem¬ plare per ciascuna delle nuove specie; rimando perciò la loro descrizione dettagliata ad un futuro lavoro sui Bopiridi addomi¬ nali, parassiti di Caridei del golfo di Napoli, nella speranza che il rinvenimento di altro materiale mi permetta di farne uno studio più compiuto; e mi limito per ora a far seguire alcune notizie biologiche. La posizione delle nuove specie, rispetto alFospite, non dif¬ ferisce da quella degli altri Phrixus. Come in questi, il capo e l'estremità posteriore sono orientati in senso inverso di quelli dell'ospite, contro la cui faccia ventrale esse rivolgono il dorso. Il loro corpo viene così a trovarsi compreso in una specie di nicchia aperta inferiormente, con la volta formata dagli sterniti dei primi tre segmenti addominali dell'ospite, chiusa ai lati dal¬ le pleure degli stessi tre segmenti, e limitata avanti e dietro dal — 263 — 1° e 3° paio di pleopodi (fi g. 4 e 5). La fissazione al corpo del¬ l'ospite ha luogo mediante i piedi del lato normale e i due pri¬ mi del lato deformato, attaccati alla faccia interna di una pleura e ad un pleopode del 2° segmento addominale dell'ospite, che naturalmente sono quelli di destra, se il lato normale del paras¬ sita è il sinistro, e viceversa. Ad onta del loro sviluppo, e della robusta mano prensile con cui terminano, gli ultimi quattro piedi del lato deformato non prendono parte alla fissazione, e restano — almeno apparentemente — inattivi. Nell'esemplare di Ph. enchophyllus , trovato quando già da qualche tempo era stato messo in alcool insieme con l'ospite, il maschio mancava. In quelli di Ph . lysmatae e Ph. laevimanus , osservati viventi, il maschio, invece che al corpo della femmina, era attaccato al disotto del 1° segmento addominale dell'ospite, in prossimità delle lamelle pleopodali della femmina. Lo stesso fatto è stato osservato dal Hay nel Ph. subcaudalis, e, secondo il Fee (1926, p. 24), si verifica talvolta anche nel Ph. abdominalis. Nessuno dei tre ospiti mostrava di aver subito modificazioni dei caratteri esterni, a causa della presenza del parassita. L'esem¬ plare di Lysmata infestato fu raccolto in un'epoca (febbraio), in cui questo Carideo non ha ancora emesso le uova. Degli altri due, entrambi femmine, quello di Synalpheus non portava uova (fig. 5), quantunque altre femmine raccolte contemporanemente ne fossero provviste £) ; quello di Alpheus invece, ad onta della presenza del parassita, portava anche uova, uguali per forma e grandezza a quelli degli individui immuni , ma meno numerose (fig. 4). Questa minor quantità non deve però imputarsi a di¬ minuito potere di produzione, ma a mancanza di spazio ; giac¬ ché evidentemente le uova non avevano potuto trovar posto sotto l'addome, se non nelle parti lasciate libere dal parassita. Anche il Coutière (1899, p. 457) cita il caso di un Synalpheus biunguiculatus (Stimpson) il quale, quantunque infestato da un Bopiride addominale — propabilmente un Phrixus — portava uo¬ va, sebbene anche qui in numero inferiore al normale. Queste uo- 1 ) Il Synalpheus laevimanus vive, nel golfo di Napoli, in una spugna, Stelospongia cavernosa (O. Schmidt), non posso affermare se in qualità di commensale o di parassita. Comunque sia, allorché un esemplare è infestato da un Prixus , si ha un'associazione di secondo grado. — 264 — va sono anche capaci di svilupparsi normalmente; infatti alcuni anni fa, da quelle di una Hippolyte sp., tenuta in cattività in una vasca della Stazione Zoologica, la quale oltre alle uova, portava attaccato sotto l’addome un Phrixus, io ottenni la schiusa delle zoee. Bisogna pertanto ammettere che la presenza dei Phrixus, e forse anche di altri Bopiridi addominali, non causi la castrazione parassitarla dell'ospite; o che per lo meno questa non sia così rigorosa come quella provocata dai Bopiridi branchiali. L'esemplare di Ph. enchophyllus, che, come ho già ricordato, era stato tenuto in alcool, non conservava più traccia di colore. In quelli di Ph. lysmatae e di Ph. laevimanus , eccetto i piedi e le lamelle pleopodali completamente bianchi, il colore era ugua¬ le a quello dell'ospite: rosso vivo nel Ph. lysmatae , bianco ros¬ siccio nel Ph. laevimanus. La stessa concordanza di colore con l'ospite era stata già notata dal Giard nel Ph. (Anisarthrus) pel- seneeri , ed ho avuto io stesso agio di constatare nel Ph. philonika e in altri Phrixus parassiti di varii Hippolytidae. A questa omo- cromia, la quale certo non vale a preservare in alcun modo i parassiti del pericolo di essere divorati insieme con l'ospite, non si può attribuire valore protettivo; deve perciò essere conside¬ rata come una omocromia di nutrizione, dovuta ai pigmenti del¬ l'ospite, che passano nel parassita insieme coi succhi che questo gli sottrae. Di siffatte omocromie sono noti parecchi casi, come p. es. quello dei Cycloporus, Policladi che assumono volta a volta la colorazione dei diversi Botryllus sui quali vivono e dei quali si nutrono, osservato dal Francotte (1898) e dal Piéron (1914). Questa omocromia non pare però che sia un fatto costante nei Prixus , perchè il Fee (1926, p. 23) ha osservato individui di Ph. abdotninalis su Spiro/itocaris barbata e S. prionota, nei quali il color cioccolata delle lamelle incubatrici contrastava con quello degli ospiti. L' Alphe us dentipes ed il Synalpheus laevimanus non erano finora conosciuti come ospiti di Bopiridi. Lo stesso non si può dire con sicurezza della Lysmata seticaudata, perchè il De Man (1887, p. 494) riferisce di aver trovato, sotto l'addome d'un esem¬ plare di Amboina, un Crostaceo parassita; ma da questo breve cenno non è possibile rilevare di che Crostaceo si tratti. Questi tre Caridei appartengono però alle due famiglie che forniscono — 265 — la maggior parte degli ospiti dei Phrixus, cioè Mippolytidae e Alpheidae. Prima del rinvenimento del Ph. ( Anisarthrus ) pelse- tieeri su Athanas nitescens , non si aveva notizia certa di altri Alpheidae ospiti di Prtxus l) nè si conosceva ancora alcuna forma di Prixus, in cui la femmina adulta conservasse più di un piede nel lato deformato. Il Giard perciò credè di ravvisare uno stretto rapporto tra il grado di riduzione dei parassiti e quello di evoluzione degli ospiti; che cioè, forme provviste an¬ cora di tutti i piedi, quindi meno degradate, avessero per ospiti Caridei d'una famiglia più primitiva, come gli Alpheidae , e for¬ me più profondamente modificate, con un solo piede, trovassero invece i loro ospiti in una famiglia più evoluta, quale quella de¬ gli Hippolytidae. Contro questa concezione del Giard sta però il fatto che delle tre nuove specie napoletane — le quali conser¬ vano tutti i piedi, e tutti bene sviluppati, e sono perciò da con¬ siderarsi come forme primitive — due sono parassite di Alpheidae , ma l’altra è parassita della Lysmata, la quale appartiene agli Hippolytidae , cioè proprio a quella famiglia che, secondo il Giard, dovrebbe ospitare solo forme più degradate. Così pure, se delle forme, con cinque piedi, il Ph. subcaudalis Hay e due delle specie indiane del Chopra, Ph filiforniis e Ph. brevicauda, sono rispettivamente parassite di Synalpheus longicarpus (Herrick), Alpheus paralcyotie Coutière e Synalpheus sp., cioè di tre Al¬ pheidae) l'altra specie indiana, Ph. nigrocintus, è stata trovata su Periclinienes elegans Paulson, che appartiene alla famiglia dei Palaemonidae (Pontoniinae). D’altra parte neppure le forme con un solo piede sono limitate agli Hippolytidae} giacché parecchie di esse sono state rinvenute anche su specie dei generi Pandalus e Nematocarcinus. Napoli , Stazione Zoologica ed Istituto Zoologico della R. Università , luglio 1927. 4) Il Coutière aveva già accennato, è vero, al Bopiride addominale trovato su di un Synalpheus biunguiculatus, da me ricordato più sopra; ma proba¬ bilmente il Giard non ne . aveva avuto notizia, e, del resto, questo Bopiride non è stato mai descritto, quindi non è neppure certo che si tratti di un Prixus. - 266 - Riassunto In tre nuove specie di Phvixus del golfo di Napoli, la femmina adulta conserva tutti i piedi del lato deformato, senza alcun segno di riduzione; e in un’ altra specie, Ph. philonika (GlARD & Bonnier), essa conserva solo i primi tre piedi di detto lato. Conseguentemente le specie del genere Phvixus vengono ripartite in cinque gruppi — ai quali si può dare il valore di sottogeneri — distinti pel diverso grado di riduzione dei piedi. Seguono varie osservazioni biologiche, riguar¬ danti specialmente i rapporti che intercedono fra questi Epicaridei ed i loro ospiti. LAVORI CITATI 1923. CHOPRA, B. — Bopyrid Isopods Parasitic on Indiati Deca- poda Macrura. Ree. Ind. Mus. Calcutta, Voi. 25, p. 411, tav. 11 - 21. 1899. COUTIÈRE, H. — Les «Alpheidae». Morphologie externe et interne, pormes larvaires, hionomie. Ann. Se. Nat. Z., (8) Tome 9, 559 pp., 6 tav., 409 figg. nel testo. 1926. Fee, A. R. — The Isopoda of Departure Bay and Victnity , with Descriptions of New Species, Variations and Colour Notes. Contrib. Canadian Biol. Fish., (N. S.) Voi. 3, No. 2, p. 13. 1898. FRANCOTTE, P. — Recherches sur la maturation, la feconda¬ tali et la segmentalion ches les Polyclades . Arch. Zool. expér., (3) Tome 6, p. 189, tav. 14 - 19 bis. 1907. Giard, A. — Sur /'Anisarthrus pelseneeri (nov. gen. et nov. sp.j Bopyrien parasite d’Athanas nitescens Leach et sur la synonimie du geme Hemiarthrus. C. R. Soc. Biol. Paris, Tome 63, p. 321. 1887. Giard, A. et Bonnier, J. — Contribution à Tétude des Bopy- riens. Trav. Inst. Zool. Lille Lab. mar. Vimereux, Tome 5, 254 pp., 10 tav. 1890. — — Prodrome d’ ime monographie des Epicarides du golpe de Naples. Bull. Se. France Belg., Tome 22, p. 367. 1917. Hay, W. P. — A new Geitus and three new Species op Para¬ sitic Isopod Crustaceans. Proc. U. S. Nation. Mus., Voi. 51, p. 569, tav. 98 - 100. 1887. DE Man, J. G. — Bericht iiber die von Herren Dr. J. Brock im indischen Archipel gesammelten Decapoden und Stomatopoden. Arch. Naturg., 53 Jahrg., 1 Bd., p. 213, tav. 7-22. 1926. NiERSTRASZ, H. F. und Brender à Brandis, G. A . — Isopoda Epicaridea. Die Tierwelt der Nord- und Ostsee von G. Grimpe und E. WAGLER, 6 Lief., Teil X. e^ 56 pp., 171 figg. 1914. PiÉRON, H. — Recherches sur le comportement chromatique des Invertebrés et en particulier des Isopodes. Bull. Se. France Belg., Tome 48 (1914 - 1920), p. 30. 1843. Rathke, H. — Beitràge sur Fauna Norvegens. Nova Acta Leop. Car., 20 Bd. 1904. Richardson, H. — Contributions to thè naturai history op thè Isopoda. Proc. U. S. Nation. Mus., Voi. 27, p. 1. — 268 — 1907. Rothschild, W. and JORDAN, K. — Lepidoptera Heterocera. Fam. Sphingidae , in P. WYTSMAN : Genera Insectorum , Fase. 57. 1899. SARS, G. O. — An Account of thè Crustacea of Norway. Voi. 2, Isopoda, Bergen, 270 pp., 100 tav. + 4 suppl. 1928. Zimmer, C. — Isopoda = Asseln. Handbuch d. Zoologie gegr. von W. Kùkenthal, 3 Bd., 6 u. 7 Lief., p. 697 - 766. Spiegazione della Tavola 9. Fig. 1 . — Phrixus lysmatae n. sp. Femmina adulta vista dal dorso. „ 2. — „ „ Femmina adulta vista di sotto. „ 3. — „ „ Piedi toracici del 6° paio : a del lato nor¬ male ; b del lato deformato. „ 4. — Phrixus enchophyllus n. sp., sotto 1' addome di Alpheus dentipes Guérin.. „ 5. — Phrixus laevimanus n. sp., sotto V addome di Synalpheus laevi- manus (Heller). Le figg. 1 - 3 sono state eseguite dal Cav. V. Serino della Stazione Zoologica di Napoli. Finito di stampare il 20 marzo 1930 Ricerche sul sistema nervoso di Asterina gib¬ bosa Penn. Nota preliminare del socio Prof. Giuseppe Zirpolo (Tornata del 16 marzo 1929) In un precedente lavoro 4) ho avuto occasione di accennare al sistema nervoso feW Asterina gibbosa Penn: quelle ricerche, come io avevo detto, avevano bisogno di essere estese e ripe¬ tute con altri metodi, non essendovi accordo fra i varii autori che si erano occupati dell'argomento. Nelle poche righe nelle quali accennavo al sistema nervoso io tenevo in considerazione le os¬ servazioni di precedenti autori, particolarmente di Cuénot, che ha portato sì largo contributo nelle conoscenze istomorfologiche sugli Echinodermi * 2). Tralascio di riferire la storia delle ricerche sul sistema ner¬ voso degli Asteroidi. I lavori riassuntivi del Droogleever 3 4) (1920) e Tultimo di Hanstròm4) (1928) contengono un'estesa bibliografia sull'argomento. 9 Zirpolo, G. — Ricerche sull’ Asterina gibbosa Penn. Note istologiche Arch. Zool., Voi. II, p. 45, 1 Tav., 1925. 2) In questo mio lavoro a pag. 56, rigo 14, la parola "nervose,, dev'es¬ sere soppressa. Essa erroneamente fu aggiunta e dal contesto, che con quella parola non ha nessun senso, si può vedere che si tratta di un puro errore tipografico. 3) Droogleever Fortuyn, A. e B. — Vergleichende Anatomie des Ner- vensystems . /. Die Leitungsbahnen im Nervensystem der Wirbellosen Tiere. 1 Voi. pp. 370, 116 Figg. Haarlem 1920. 4) Hanstròm, B. — Vergleichende Anatomie des Nervensystems der Wir¬ bellosen Tiere. 1 Voi. pp. 628, 650 Figg. Berlin, 1928. - 271 - Nella presente Nota riporto il metodo da me adoperato ed illustro alcuni disegni ricavati da preparati meglio riusciti finora. Non entro quindi nella discussione, riserbandomi un tale lavoro nella Memoria completa. I metodi specifici usati per il sistema nervoso degli invertebrati non hanno finora dato buoni risultati per gli Echinodermi. Anche il metodo al bleu di metilene, che ha dato così eccellenti risultati per altri gruppi animali, per gli Echinodermi s'è mostrato insuffi¬ ciente. Il Mayer l), al quale si deve un lavoro accurato sull'istolo¬ gia del sistema nervoso d t\Y Asierias rubens, ha provato invano questo metodo. Fra i metodi recenti I'Hanstròm ha adoperato quello del Golgi, anche apportandovi modificazioni varie, ma ha ottenuto un completo insuccesso. Da che cosa dipenda que¬ sto insuccesso non si può dire : forse da difficoltà non solo te¬ cniche ma strutturali, in relazione con la progressiva calcificazione del corpo degli Echinodermi ed anche forse con l’azione chimica del processo di calciiicazione. Inoltre è risaputo che neH'embrione dei vertebrati l' impregnazione del midollo spinale, nella regione della zona di calcificazione, è impossibile ottenere. lo ho voluto tentare il metodo di Ramon y Cajal, modifi¬ candolo nel modo più opportuno ed ho ottenuto dei risultati che credo utile far noti. A guardare i miei preparati e quelli degli altri Autori che mi hanno preceduto si vede che i risultati sono di tal natura da meritare di insistervi. La via è così aperta per lo studio del sistema nervoso degli Echinodermi, secondo il metodo di Ramon y Cajal : per questa via non sarà difficile attraverso opportune modalità, di giungere al completo successo. Materiale di studio e tecnica* Poiché le mie precedenti ricerche erano state fatte sull'A- sterina gibbosa Penn, ho voluto ancora usare questo materiale anche per la più particolare conoscenza che io avevo di questa specie. Esemplari di dimensioni varie, ma sopratutto piccoli, 4) Mayer, R. — Untersuchungen iiber feinerén Bau des Nervensysterns Ue'r Asteriden (Asterias rubens) Zeitschr. Wiss. Zool. Bd. 81, p. 96, Tav* 9-10, 1906* — 272 venivano adoperati, fissando le braccia o l'animale intero o ta¬ gliato per metà o ridotto solamente al disco centrale, eliminando tutte e cinque le braccia. Fra i varii fissatori 4) provati , quello che ha dato i migliori risultati è stato il seguente : Formolo a 40 °/0 cc. 14 HoO distillata „ 85 HNOa „ 3 Inizialmente io fissavo solamente con la soluzione di formolo i varii pezzi e poi aggiungevo acido nitrico. In seguito ho me¬ scolato tutto insieme ed ho ottenuto risultati senza dubbio migliori. Facevo rimanere questi pezzi da tre a cinque giorni, secon¬ do la loro grandezza, nel liquido suindicato e mi accorgevo dell'avvenuta decalcificazione, allorché i pezzi si portavano giù sul fondo del recipiente. Lavavo in acqua corrente i pezzi, per un giorno, e poi li tenevo per qualche ora in acqua e poche gocce di ammoniaca, indi li immergevo in una soluzione di ni¬ trato d'argento al 6 °/0, che tenevo in termostato a 35° C. Varii sono stati i tentativi sulla percentuale del nitrato d’ar¬ gento da usare per l'impregnazione. Ho potuto sperimentare le soluzioni più varie dal l Ill2 °/0 al 23 °/0 ed ho potuto notare che i migliori risultati si ottengono con la soluzione al 6 °/0. I pezzi rimanevano nel termostato da 8 a 10 giorni ed osservavo giornalmente lo stato di abbruni- mento dei singoli pezzi. Giunto il momento creduto opportuno li lavavo in acqua distillata per circa */4 d'ora e poi li riducevo per 24 ore in una soluzione di : Acido pirogallico gr. 1 Formolo cc. 5 Acqua „ 100 Dopo portavo i pezzi in alcool assoluto e poi in xilolo e paraffina e praticavo i tagli di 20 microni. l) D'Ancona, U. — / metodi istologici della Scuola di Ramon y Cajal. Il cervello. Anno 4, 1925. Ringrazio il collega D'Ancona per le corsesi infor¬ mazioni ricevute all'inizio dei miei studii. — 273 — Risultati preliminari. Si afferma dalla generalità degli Autori che gli Asteroidi hanno un triplice sistema nervoso : uno ectoneurale, uno ipo- neurale ed uno apicale. 11 sistema ectoneurale è formato da un nervo circolare di¬ sposto intorno alla bocca e da cinque nervi radiali, che, partendo da quello, raggiungono l' estremo apice delle braccia , dando naturalmente diramazioni nei varii organi che attraversano. 11 Fig. 1. sistema iponeurale risiede nella parete dei canali iponeurali o pseudocanali : esso fu scoperto da Lange e forma in ciascun braccio due ingrossamenti in vicinanza della regione boccale. Ludwig nega la natura nervosa di tale sistema, Hamann, Cuénot, Jikeli, Mayer raffermano. Il terzo sistema, apicale o entoneurale, fu descritto, per la prima volta, da Cuénot e si trova nell'epite- lio peritoneale, sotto i muscoli dorsali delle braccia e del disco. Il Mayer nel suo lavoro si occupa estesamente del sistema ectoneurale e trascura il sistema nervoso iponeurale e nega la presenza di quello entoneurale, almeno nt\V Asterias rubens che egli ha particolarmente presa in esame. - 18 - — 274 — Il sistema ectodermale, così chiamato da Cuénot o ecto- neurale secondo Ludwig, è indicato ancora col nome di sube¬ piteliale. Questo nome però non è proprio, perchè questo sistema nervoso non è posto sotto l 'epitelio, ma è contenuto nell'epitelio stesso. Esso corre circolarmente intorno alla bocca e da esso si partono dei rami radiali : mentre il primo innerva gli organi boccali e della digestione, gli altri mandano ramificazioni alla pelle, alle papule respiratorie, agli aculei, ai pedicelli ed all’ estre¬ mità di ciascun braccio dove si trovano gli organi di senso. Dalle sezioni trasversali delle braccia si può vedere che il nervo radiale ha forma di V. La Fig. 1 lascia ben vedere la continuità di questo nervo radiale con le zone laterali. Fig. 2. Quello che è necessario qui notare, ed in ciò sono perfetta mente d'accordo col Mayer, è che le formazioni descritte come nervo anulare e radiale non sono altro che uno strato ventrale dell'epitelio che circonda la bocca ed il solco ambulacele, in for¬ ma di nastro molto sviluppato che contiene gli elementi nervosi. Usando il metodo di Ramon y Cajal ciò si può osservare molto bene. Gli elementi nervosi, le fibre e le cellule, sono molto ben evidenti nella massa epiteliale omogenea. Nella Fig. 2, che rappresenta la sezione trasversa del nastro centrale verso la regione terminale del braccio, si può vedere che gli elementi nervosi (fibre) sono evidentissimi, in quanto appaiono come fili — 275 — sottili neri sul fondo giallo marrone, e queste fibre nervose cor¬ rono trasversalmente dalla regione esterna verso Tinterno, paral- Fig. 3. lelamente fra di loro, e nella zona esterna periferica esiste una sottile rete nervosa che decorre lungo tutta la regione, con¬ tinuandosi con le zone laterali. Fig. 4. In un altro preparato la porzione della zona ora descrit¬ ta , vista a forte ingrandimento , lascia notare come la regione esterna periferica risulti formata dallo strato nucleare che nella — 276 — figura è rappresentato da sfumature per dare maggior rilievo agli elementi nervosi, che nel preparato appaiono ben nitidi. Si notano infatti nel preparato cellule con nuclei ben distinti : sono cellule unipolari. Il decorso delle fibre corrispondenti può facilmente seguirsi fino verso l'estremo opposto. Anche nella regione ectodermica (Fig. 3) si notano le fibre nervose che, partendo dalla regione basale, raggiungono la re¬ gione terminale. Sono fibre nervose che seguono un decorso quasi parallelo fra le cellule epiteliali e che raggiungono l'estre¬ mo terminale. Anche nella regione dei ciechi intestinali (Fig. 4) si può se¬ guire il decorso delle fibre nervose lungo le pareti, ed in questo preparato molto nitido si può osservare lungo la parte interna una fitta rete nervosa, mentre nella regione esterna è appena sviluppata. Tralascio in questa breve Nota di riportare le figure di numerosi altri preparati riusciti molto bene col metodo di Ramon y Cajal. A chi è pratico di questo metodo non sfuggi¬ ranno le difficoltà della ricerca, specialmente quando si tratta di un tipo animale che presenta notevolissime difficoltà te¬ cniche, sopratutto per la calcificazione imponente del corpo dell'animale. Senza dubbio, con lo studio ulteriore e con la pra¬ tica acquisita, anche in seguito a delucidazioni direttamente avute dal Prof. Del Rio FIortega, della scuola del Cajal, durante la mia permanenza a Madrid, io spero poter avere la possibilità di mettere in evidenza, con questo metodo e relative modifica¬ zioni, anche il sistema iponeurale ed entoneurale, dei quali finora non ho ottenuto preparati che mi hanno soddisfatto. Concludendo, tuttavia, e riassumendo posso per ora affermare: a) Il sistema nervoso ectoneurale è contenuto nell'epitelio ritenuto dai più il sistema nervoso principale ed è formato di fibre e cellule nervose che possono essere ben individuate ado¬ perando, con opportuni accorgimenti, il metodo di Ramon y Cajal. b) È lecito sperare che anche il sistema entoneurale e iponeurale possano esser messi in evidenza con tale metodo. Napoli, Stazione Zoologica , 1929. — 277 — Riassunto L’A. in questa Nota preliminare comunica di aver applicato il metodo di Ramon y Cajal per lo studio del sistema nervoso del YAsterina gibbosa . Riporta la tecnica adoperata ed i primi risultati ottenuti. Finito di stampare il 30 marzo 1930. Radiazione solare e vapore acqueo del socio Dott* Giuseppe Imbò (Tornata del 23 agosto 1928) In un precedente lavoro l) discussi la nuova formola empirica : che, meglio di altre, si adatta a rappresentare le variazioni del- l'intensità della radiazione solare al variare dello spessore atmo¬ sferico attraversato dai raggi. Tra i vantaggi derivanti dall' uso di essa, io mostrai anche, con vari esempi, che i valori di A, deducibili col porre uguale a zero lo spessore 8 (se non possono ritenersi come valori definitivi della costante solare) risultarono meno oscillanti di quelli determinati con altre formole per le medesime serie e tutti approssimati per difetto al valore 1,946 (15° C) — 2 3) che l'Osservatorio Smitsoniano dà come medio. Il Prof. Rizzo, con l'applicazione della formola : Q = A + B (760 — P) ’/2 a coppie di osservazioni simultanee eseguite a diverse altezze sul livello del mare, trovò per la costante solare il valore 2.5— — che ritiene più accettabile del precedente. L' approssimazione suddetta risulta logica se si pensa che non si tenne affatto conto, come del resto si usa nelle ordinarie 6 Imbò, G. — Nuovo metodo per rappresentare le variazioni dell'inten¬ sità della radiazione solare in funzione degli spessori attraversati dai raggi. Atti Acc. Gioenia di Se. Naturali, Voi. XVI, Catania. 2) Maurain, Chr. — Données numeriques de Physique du Globe. 1928. 3) Rizzo, G. B. — Sopra le recenti misure della costante solare. Mem, Accad. delle Scienze di Torino, Serie 2a, T. 48, - 279 — riduzioni di osservazioni pireliometriche, deirassorbimento da parte di elementi che variamente sono presenti nella nostra atmosfera quali : vapore acqueo, anidride carbonica, ozono, pulviscolo. In questa nota limito la mia considerazione al vapore acqueo. Una dipendenza tra umidità ed assorbimento fu riconosciuta fin dai primi anni del secolo scorso ed i risultati ottenuti da vari osservatori (Forbes, Secchi, Desains, Branly...) *), se a volta discordanti, dettero agio di affermare che la causa principale della non sempre applicabilità della formola di Bouguer era da attribuirsi al fatto che in essa si trascurava l’assorbimento da parte del vapore acqueo. Già il Radau, prescindendo dall'influenza del vapore, aveva suggerito altra formola a due termini : uno costante, denotante l'energia termica trasmessa nella parte visibile dello spettro, poco o niente assorbibile ; ed un secondo, variabile con lo spessore attraversato, denotante il calore oscuro. E soltanto più tardi il Tyndall 2) mostrò il notevole potere assorbente del vapore acqueo in questa regione dello spettro. Analoga formola a due termini (ambedue però variabili) fu o usata dall'ANGSTRÒM K. 3). Queste formole unitamente ad altra del Soret 4) terrebbero conto dell'infuenza del vapore soltanto indirettamente. Il Violle (1. c.) per primo propose una formola in cui, sebbene in modo impreciso, si tiene effettivo conto de¬ gli spessori di vapore attraversati. Risultati però di notevole importanza si ebbero in seguito alle osservazioni spettrobolometriche del Langley, continuate poi dall'ABBOT e Foyle, a quelle in laboratorio sull’assorbimento o di elementi atmosferici dell'Juuus, Angstrom, Paschen, Rubens, Nichols... e, per il vapor d'acqua, specialmente in seguito ai pregevoli lavori del Foyle 5). 9 Violle, M. J. — Rapport sur la question 19 du programm pour le congrés méléorologique de Rome. Utrecht, 1879. 2) Philosophical Transaction, 1862. 3) Rizzo, G. B. — Sopra le recenti ecc. (1. c.). 4) Violle, M. J. — (1. c.). 5) Langley, S. P. — Researches on Solar Heat. Washington 1884. Abbot, C. G. — Recents studies on thè solar Constant of radiation. Monthly Weather Review, Voi. XXXI - 12 - 1904. — 280 - Nell'attra versare l’atmosfera terrestre la radiazione solare si riduce : in parte perchè diffusa dalle molecole dei costituenti l'atmosfera e dal pulviscolo, in parte per assorbimento selettivo a righe o a bande. Le linee, data la loro sottigliezza, nonostante il loro numero (il Rowland nella regione spettrale tra X = 0.47 p e 1 = 0.76 p ne enumera 440) non alterano sensibilmente la ra¬ diazione totale, ridotta invece notevolmente dalle bande che si manifestano principalmente nella regione infra-rossa e sono do¬ vute all'azione del vapor d'acqua, dell'anidride carbonica, del¬ l'ossigeno, dell'ozono. Il coefficiente di trasmissione diffusivo varia con la lun¬ ghezza d' onda secondo la formola del King l) (dedotta dalla classica equazione del Rayleigh) : a.x = e ~ k (2) dove in cui : n — indice di rifrazione dell'aria H = altezza dell'atmosfera considerata omogenea in cm. N0 = numero di molecole per cm3 X = lunghezza d' onda in cm. P = pressione atmosferica in cm. di mercurio b = energia assorbita dai gas permanenti e convertita in calore D = perdita derivante dalla presenza del pulviscolo atmo¬ sferico 2). Rizzo, G. B. — Sopra le recenti ecc. (1. c.). Fowle, F. E. — The non selective trans missibility of Radi ation through dry and moist air. Astrophysical Journal, 38-392-1913. — — Avogadro-s Constant and atmospheric transparency. Astr. Journ., 40-435 - 1914. — — The transparency of acqueous vapor. Astroph. Journal, 43- 394- 1915. — — Water - Vapor transparency to low-temperature radiation. Smithsonian Miscellaneous Collection, Voi. 68, N. 8, Ottobre 1917. *) King, L. V. — On thè scattering and absorption of tight in gaseous media with applications total intensity of sky radiation. Pliil. Trans. R. Soc. London, A. 212, 375, 1913, London. O 2) Sulla variabilità di D si può consultare il lavoro di : Angstrom A. On thè atmospheric transmission of sun radiation and on dust in thè air. Geo- grafiska annaler, 1929, H. 2. — 281 Nel caso che le condizioni fisiche siano costanti in tutta la massa atmosferica attraversata dal raggio, in aria pura ed asciut¬ ta, per una radiazione semplice F energia varia approssimativa¬ mente secondo la legge di Bouguer e cioè : Q), = QoÀ a, A 8 In aria umida il coefficiente di trasmissione diventa : a, - a, awi K a À wÀ dove a^ è il fattore di correzione derivante da uno spessore w di vapore. Le esperienze del Fowle (1. c.) dimostrarono che in aria secca i valori aa^ s’accordano con quelli determinati con l’uso della formola (2), nel- caso del vapore però la perdita dell'ener¬ gia per diffusione risultò notevolmente maggiore di quella che si dedurrebbe dall’ applicazione della formola del King ed an¬ cora maggiore, a parità di spessore attraversato e soltanto però tra le lunghezze d'onda À = 0,25 p e À = 0,50 \i, di quella rela¬ tiva all' acqua allo stato liquido, in quanto che in quest' ultimo caso e nell'intervallo considerato, risulterebbe applicabile la for¬ mola suddetta. Le principali bande d' assorbimento derivanti dal vapor d'acqua sono : a (À = 0,72 pi) ; — (A. = 0,81 pi) ; q 6 t (X = 0,92 [i) ; O (X = 1 , 1 3 pi) ; ¥ (X= 1,42 pi); Q (* = 1,89 pi). Nel caso che si ricorra alla rappresentazione grafica, l'ener¬ gia totale assorbita corrisponde (secondo un coefficiente di pro¬ porzionalità, che si calcola direttamente) all’ area compresa nelle bande. Secondo Abbot e Fowle *) l’ assorbimento selettivo deri¬ vante dalla presenza del vapore d' acqua potrebbe essere deter¬ minato in percentuale (Fw) con la formola: Fw = 5,7 + 1,2 (x sec z 9 Annals of thè astro phisic al Observatory of thè Smithsonian Institution 1908, Voi. II. — Lindholm F. - Ueber die Staubtriibung der Atmosphàre 1909 bis 1926 — Gerlands Beitràge zur Geophisik. Band. XVIII, Heft 1/2, 1927. - 282 - dove con \i s' indica la totale quantità di vapore contenuta in una colonna verticale a sezione unitaria compresa tra la stazione e l'estremo limite dell'atmosfera e data approssimativamente dalla formola (3) (come si vedrà) in cui la tensione è espressa in cm. ; e con z la distanza zenitale. Per una stazione a livello del mare e per z = 0 al variare della tensione da mm. 2 a mm. 20 si avrebbe una riduzione della radiazione totale variabile all'incirca dal 6 °/0 all' 1 1 °/0. Il Fowle (1. c.) ha calcolato i coefficienti di assorbimento da parte del vapore d'acqua per le varie lunghezze d’onda me¬ diante misure di laboratorio alle condizioni medie di temperatura e pressione in cui trovasi nell’atmosfera. Il coefficiente diffusivo varia con la temperatura in quanto che, se si volesse determinare applicando la formula del King, in questa subiscono variazioni n ed N0. Più sentite invece sarebbero le variazioni dell'assorbimento totale nelle singole bande, in quanto che queste si allarghereb¬ bero al crescere della temperatura con conseguente aumento di area. E, come fu osservato dal Paschen per le bande derivanti dall'anidride carbonica, col crescere della temperatura si avrebbe uno spostamento delle posizioni inedie delle bande verso la par¬ te meno rifrangibile dello spettro. Si è quindi autorizzati a sup¬ porre una variazione, sebbene lieve, dei coefficienti medi di as sorbimento al variare della stagione, come conseguenza della va¬ riazione della temperatura (media) almeno negli strati atmosferici più bassi e cioè negli strati ove trovasi la maggiore quantità di vapore. Una variazione stagionale dei coefficienti d' assorbimento potrebbe anche dipendere dalle variazioni nella pressione atmo¬ sferica. Il Prof. K. Angstrom l) nel 1908 enunciò la legge riguar¬ dante l'assorbimento totale di un miscuglio di gas in cui ogni elemento parteciperebbe col coefficiente di assorbimento che gli compete da solo alla pressione totale del miscuglio. o 0 Angstrom K. — Alcune proprietà fondamentali riguardanti V assor¬ bimento e gli spettri d'assorbimento dei gas. Traduzione di A. Bemporad. Memorie della Società degli Spettroscopisti Italiani, Voi. XXXVII, 1908. — 283 — E ciò avverrebbe nel caso deir atmosfera. Presupponendo che tale comportamento si fosse potuto estendere anche al caso del vapor d'acqua, Miss Èva von Bahr * *) ne studiò la variazione per la banda a 1 = 2,1 p ottenendo una percentuale di assorbi¬ mento da parte di una medesima massa di vapore variabile dal 4,6 °/0 al 12°/0 al variare della pressione atmosferica da mm. 105 a mm. 755. La stessa Miss Èva von Bahr affermò che per un medesimo gas l'assorbimento dipendente dalla pressione totale è in gene¬ rale lo stesso nelle diverse bande in modo che si può ritenere applicabile la variazione suddetta di percentuale anche conside¬ rando l'assorbimento selettivo complessivo da parte del vapore. Indipendentemente dalle variazioni suddette, il Kimball 2) recentemente, avvalendosi in parte dei risultati del Fowle ed in parte applicando direttamente la formola del King (in cui sup¬ pone però d e D ambedue eguali a zero), ha dedotto i coeffi¬ cienti medi di assorbimento sia per 1' aria secca che per l' aria umida, adoperando le formole : (a')B = 2 Q„ X a.x 2 Qol . ,,c 2 Q0j.(a„x a”x)£ ,a»‘- - ÌTOJ - in cui i valori di X, scelti opportunamente, sono compresi tra 0,3415 p e 2,442 p. Sia al numeratore che al denominatore bi¬ sognerebbe apportare correzioni per le radiazioni nell'ultra vio¬ letto e nell'infra-rosso oltre le lunghezze d'onda considerate. Oli spessori di vapore considerati risultano essere: cm. 0,5 ; cm. 1,0; cm. 2,0; cm. 3,0; cm. 4,0. Ed inoltre ha calcolato i coefficienti medi di assorbimento per il solo vapore fino ad uno spessore pari a cm. 8,0. Per volerne tener conto nelle riduzioni delle osservazioni 4) Ueber die Einwirkung des Drukes auf die absorption ultraroter Strah- lung durch Gase, p. 68, Upsala 1908. *) Kimball, H. H. — Measurements of solar radiation intensity and deter- minations of its depletion by thè atmosphere. Monthly Weather Review. Aprii 1927, Washington, — 284 — pireliometriche, è necessario conoscere nei singoli casi rammen¬ tare degli spessori attraversati dai raggi. L'Osservatorio Smitsoniano determina tale quantità mediante misure spettrobolometriche l). Fu riscontrata una proporzionalità fra la massa di vapore attraversato e le perdite di energie nelle singole bande, in modo che (prescindendo da correzioni di cui si tiene conto) si stabilisce come indice della quantità di vapore attraversato il rapporto dell' energia minima trasmessa a quella che si otterrebbe per la medesima lunghezza d’onda nel caso che non vi fosse assorbimento selettivo. In questo rapporto viene eliminata la perdita dovuta all'assorbimento generale del- l'atmosfera in quanto che affetta in eguale proporzione sia il nu¬ meratore che il denominatore 2). Mediante misure di laboratorio, il Fowle determinò i coef¬ ficienti di trasmissione per spessori di vapore fino a cm. 0,5 ed estese i risultati fino a cm. 4,2, utilizzando osservazioni di¬ rette solari a varie distanze zenitali. Una prima applicazione di questo metodo fu eseguita a M. Wilson 3) negli anni 1910-1911, dimostrando anche un accordo tra le quantità dedotte col metodo precedente e quelle ottenibili con 1' uso della formola : li = 2,3 eH 10 H 22000 (3) (derivata dalle due dell’HANN e dell'HuMPHREYS) in cui H espri¬ me l'altezza della stazione in metri ed eH la tensione del vapor d'acqua osservata. La formola (3) (applicabile, come qualsiasi altra, unicamente L) Fowle, F. E. — The Spectroscopic determination of acqueous vapor. Astrophisical Journal, 35- 149- 1912. 2) Col medesimo metodo in questi ultimi anni si sono iniziate ricerche per lo studio della variazione giornaliera ed annua nel quantitativo di ozono presente nell' atmosfera. Cabannes et Dufay hanno eseguito le loro ricerche |J, de Phisique et le Radium v. 8, 1927 (125)] utilizzando la banda di Chap- puis situata nel giallo tra X =0,450 p e X — 0,650 p ; il Dobson invece le bande nel violetto. — Fowle F. E. Ozone in thè northern and southern hemispheres. Journal of Terrestrial Magnetism and Atmospheric Electricity, N. 3, pp. 149-157, Cincinnati, 1928. 3) Fowle, F. E. — The determination of acqueous vapor above Mount Wilson. Astr. Journ. 37-359 - 1913. — 285 — nel caso si tratti di medie di numerose osservazioni e non in singoli casi) moltiplicata per la secante della distanza zenitale, venne adoperata in recenti ricerche dal Kimball l) e dal Lindholm 2) per varie stazioni. L'uso di detta formola per forti distanze zenitali dà valori di \i notevolmente errati, anche a prescindere dal fatto che in essa non si tiene conto dell'influenza della temperatura, come del resto fu già dimostrato dal Bemporad 3) nel caso dell' aria asciutta. Analogamente, io ho seguito un metodo diretto abbastanza semplice per la determinazione degli spessori di vapore per le distanze zenitali tra 0° e 90° e per qualsiasi quota della stazione. Se indichiamo con [x(0> H), o la massa di vapore acqueo con¬ tenuta in una colonna di sezione unitaria compresa tra il livello del mare e la superficie di livello H essa viene data da : M- (0, H). o — wH dH (4) dove wH esprime la densità in un punto generico e dH 1' ele¬ mento di verticale. La densità può essere espressa in funzione della tempera¬ tura e della tensione mediante la formola : dove : eH= tensione del vapore d'acqua in mm. tH= temperatura in gradi C = 0,00106 ed esprime in Kilogrammi il valore di wH per eH = 1 e tH = 0 <* = V273 • (5) A loro volta sia la tensione che la temperatura sono fun¬ zioni dell'altezza. 1) Kimball, H. H. — Measuremertts of solar radiation ecc. (1. c.). 2) Lindholm, F. — Ueber die staubtrubung der Atmosphàre 1909 bis 1926 - 1. c. 3) Bemporad, A. — L'assorbimento selettivo dell' atmosfera terrestre sulla luce degli astri , Memorie Reale Accad. dei Lincei, Anno CCCI, Roma 1905, — 286 — Per la tensione si adopera comunemente una forinola del tipo : *) eH = e0 10 ~ (6) in cui H è espresso in metri ed a una costante che starebbe ad indicare, se s'intendesse espressa anche in metri, la quota a cui la tensione diventerebbe un decimo di quella osservata a livello zero. Per una determinata stazione si è osservato che il fattore 10 a varia con la stagione e ciò risulta logico in quanto che nella (b) non si tiene esplicito conto dell' influenza della temperatura. Se nella (5) si suppone che, variando t ed rimanga inal¬ terato w, si ottiene : e„ = e„ -1 * “ !’ — e„ [1 + a ( t, — t„ ) + •••] (7) 1 -r a 12 che dà le variazioni di e al variare di t. In modo più completamente la (6) potrebbe quindi cam¬ biarsi in : _H eH = e0 10 ~ * [ 1 + oc (tH — t0) ] (8) Si esprime la temperatura in funzione dell'altezza mediante la: tH = t0 foocT H (9) dove H è espresso anche in metri e (3 rappresenta il gradiente termico per Km. che ritengo eguale a 6°, 2, per usare lo stesso valore attribuito dal Bemporad (1. c.) e che presso a poco si accorda con quello medio osservato nella troposfera e cioè nella regione ove effettivamente trovasi il vapore. Sostituendo la (9) nelle (8) si ha : eH = e0 10 “ T TM(T~ + (10) e cioè il fattore indicato varierebbe con la stagione in quanto che muterebbe il gradiente termico. ) Hann - Suring. — Lehrbuch cier Meteorologie , p. 241. — 287 — Nei calcoli che seguiranno, io adopero la (6), assumendo per a il valore 5000 determinato da Hann come medio stagio¬ nale, salvo, come vedremo, di adoperarne un altro per succes¬ sive operazioni. Sostituendo i valori dati dalla (6) e dalla (9) nella (5) ed indi nella (4) si ha: M\0, H). o = C 10 5000 d H 1 « (‘o — 1000 H) Sviluppando in serie il fattore 1 1 + a (t0 — P 100O H) , arre¬ standosi ai termini contenenti a alla prima potenza si ha : t*.a hx o = C eo ^ 10 ' [l -« (t0 - H)]dH = 500° dH C e a-- ~ ° 1000 "h h 10 5000 HdH = C x 5000 2,303 (1 — 10 3000 ) (1 - a t0 a |3 5000 1000 1^303» C° C X 5000 a |3 „ i« 50C0 2.303 1000 La massa totale di vapore compresa nella colonna a sezione unitaria sarà data ponendo nella (11) H = oo . Il secondo termine della (11) si annulla, infatti : j_j lim... H10_155®~= lim. H - ) - rr— =— = 0 H — od H — od 1 H qq 10ge 10 3000 10 3000 Si ha quindi : Cx 5000 T1 . , a |3 5000 I M*©. ®), o 2,303 [ " '' 1000 2,303 I 6° (12) Assumendo come unitaria la massa p* di vapore che si ot¬ tiene pert0=15° ed e0= 12,67, corrispondente alla tensione 288 — massima per la temperatura indicata e cioè : [i * C x 5000 f , . « (3 5000 I 2,303 t 1 a 15 +1Ò00" Wl 12,67 = = Kg. 28,995 (13) lo spessore verticale 8(0,c»), 0 , secondo questa unità, viene dato da : S(0.»,.0= = [1 +a(15°-U]T!^r (14) E gli spessori verticali, riferiti alla stessa unità, compresi tra il livello del mare e la superficie di livello //, saranno dati da : H 5000 s =o), z rappresenta lo spessore attraversato dal raggio di distanza zenitale z compreso in un involucro di altezza h consi¬ derata come unitaria ed r il rapporto tra il raggio medio ter¬ restre e lo stesso valore h. Nel caso generale si ebbero valori diversi di s a secondo del valore che si assegnava per T altezza dell' involucro. 11 Pouillet {) ritenne r= 80, supponendo di 80 Km. l'altezza dell'atmosfera sensibile ; il Radau ottenne valori più soddisfacenti riducendo l'altezza dell'atmosfera sensibile a 10 Km. E migliori risultati si sarebbero ottenuti riducendo ancora l'altezza, renden- l) Violle, J. — Rapporto ecc. 1. c. — 289 — dola eguale a quella di un’atmosfera ridotta omogenea, come può vedersi nello specchio seguente in cui si riportano nella riga superiore i valori dedotti dalla formola di Lambert facendo h = 8 Km. per le distanze zenitali di grado in grado tra 80° e 90° e nella inferiore i corrispondenti valori dedotti dal Bemporad con metodi matematici rigorosi (1. c.). 80° 81° 820 83° 84° 85° 86° 87» 88° 89° 90° 5,65 6,24 6,97 7,89 9,08 10,66 12,86 16,04 20,88 28,39 39,92 5,60 6,18 6,88 7,77 8,90 10,40 12,44 15,37 19,79 26,96 39,65 Le differenze relativamente lievi tra i valori corrispondenti nelle due serie denotano la bontà del metodo semplificato. Si può quindi ritenere di poterlo seguire anche nel caso del vapore e cioè riferire gli spessori attraversati alle varie distanze zenitali a quelli che si ottengono in un involucro di vapore che, con¬ servando la medesima massa dell’ effettiva, abbia dappertutto la stessa densità. L'altezza h di siffatto involucro è data da: h* = o. oo). o, w 5000 2,303 , ap 5000 S 100O 2,303 j = m. 2278 (17) risultando, in approssimazione, dipendente unicamente dal parti¬ colare valore che si assume come gradiente termico. 1 valori degli spessori saranno dunque dati dal prodotto della (14) per la (16). La tavola I dà i valori di s(0, ®), z dedotti dalla (16), assu¬ mendo r = 2797,09] i quali s'accordano con quelli dedotti dal Bemporad fino a z — 60 0 e fino a z — 75 0 coi valori ricavati dalla relazione s = sec z. Nel caso che ci si riferisca a spessori compresi tra il livello del mare e la superficie di livello H, assunta come unitaria sem¬ pre l’altezza h* la (16) si modifica in : S(0. h>. . = y/ r2 COS2 z + 2 r (-£*-) + (^J - r cos z (o, oo). o — 6,079 e0 (11’) 3a) P* = Kg. 29,15 (13’) 4a) h'* = m. 2171 L - 1 io 5000 h* (17’) 5“) (19’) Nel caso degli spessori alle varie distanze zenitali si hanno le medesime formole ottenute precedentemente, salvo la sostitu¬ zione delle e' alle e. Anche per le determinazioni così semplificate vanno usate le tabelle già citate ; laddove, s'intende, si sostituisca al rapporto -j ~r i valori dedotti dalle (19'), i quali vengono dati nella co¬ lonna b della tavola li, — 292 — Tavola I. Spessori di vapore attraversati dai raggi alle varie distanze zenitali. 0° 5° 10° 15° 20° 25° 30° 35° 40° 45° 46° 47° 48° 49° 50° 51° 52° 53° 54° 55° 56° 57° 58° 59° 60° 61° 62° 63° 64° 65° 66° 67° 68° 69° 70° 71° 72° 73° 74° 75° 1.00 1.00 1.02 1.04 1.06 1.10 1.16 1.22 1.31 1.41 1.44 1.47 1.49 1.52 1.56 1.59 1.62 1.66 1.70 1.74 1.79 1.83 1.89 1.94 2.00 2.06 2.13 2.20 2.28 2.36 2.46 2.56 2.67 2.79 2.92 3.07 3.23 3.41 3.62 3.86 0.00 .02 .02 .02 .04 .06 .06 .09 .10 .03 .03 .02 .03 .04 .04 .04 .04 .05 .04 .06 .05 .06 .06 .07 .07 .08 .08 .10 .10 .11 .12 .13 .15 .16 .18 .21 .24 .26 76° 77° 78° 79° 80 .0 .1 .2 .3 .4 .5 .6 .7 .8 .9 81°.0 .1 .2 .3 .4 .5 ,6 .7 .8 .9 82°.0 .1 .2 .3 .4 .5 .6 .7 .8 .9 83°.0 .1 .2 .3 .4 .5 .4.12 4.42 4.79 5.21 5.73 5.78 5.84 5.90 5.96 6.02 6.08 6.15 6.21 6.28 6.35 6.42 6.49 6.56 6.63 6.71 6.79 6.87 6.95 7.03 7.12 7.21 7.30 7.39 7.48 7.58 7.68 7.79 7.89 8.00 8.11 8.22 8.34 8.46 8.58 8.71 0.30 .37 .42 .52 .05 .06 .06 .06 .06 .06 .07 .06 .07 .07 .07 .07 .07 .07 .08 .08 .08 .08 .08 .09 .09 .09 .09 .09 .10 .10 .11 .10 .11 .11 .11 .12 .12 .12 .13 .13 - 293 — Seguito della Tav. I. 83°. 6 8.84 87°.9 24.39 0.13 0.97 .7 8.97 88 .00 25.36 .8 9.11 .14 .05 25.87 .51 .15 .52 .9 9.26 .10 26.39 84°.0 9.41 Ad .15 26.95 .DO CQ .1 9.56 Ad .20 27.53 .Do /A .2 9.71 AD .25 28.13 .oU .3 9.87 Ab .30 28.73 .60 .4 10.04 . 1 / .35 29.36 .Od ZIA .5 10.22 .lo .40 30.05 .òy .6 10.41 . iy .45 30.74 .69 .7 10.60 .iy .50 31.44 .70 .8 10.80 .z0 .55 32.18 .74 .9 11.00 .zU .60 32.97 .79 85°.0 11,21 .21 ,65 33.78 .81 .1 11.43 .22 .70 34.64 .86 .2 11.66 .23 .75 35.51 .87 .3 11.90 .24 .80 36.44 .93 .4 12.15 ,25 ,85 37.39 .95 .5 12.40 .25 r» f. .90 38.39 1.00 .6 12.66 .26 .95 39.42 .03 .7 12.94 .28 89°. 00 40.52 .10 .8 13.23 ,29 .05 41.63 .11 .9 13.53 .30 .10 42.82 .19 86°.0 13.84 .31 .15 44.03 .21 .1 14.17 .33 .20 45.32 .29 .2 14.51 .34 .25 46.64 .32 .3 14,87 .36 .30 48.05 .41 .4 15.25 .38 .35 49.53 .48 .5 15.65 .40 .40 51.05 .52 .6 16.08 .43 .45 52.61 .56 .7 16,53 .45 .50 54.26 .65 .8 17.00 .47 .55 56.00 .74 .9 17.49 .49 .60 57.79 .79 87°.0 18.00 .51 .65 59.62 .83 .1 18.54 .54 .70 61.55 .93 .2 19.12 .58 .75 63.58 2.03 .3 19.74 .62 .80 65.65 .07 .4 20.40 .66 .85 67.84 .19 .5 21,11 .71 .90 70.07 .23 .6 21.86 ,75 .95 72.40 .33 .7 22.65 .79 90°.00 74.80 .40 .8 23.49 .84 .90 294 Tavola III. — 295 — 296 — Tavola IV. \ z h \ h* \ 89.°0 89°. 1 89°. 2 89°. 3 89°. 4 89°. 5 89°.6 89°. 7 89°. 8 89°. 9 90°. 0 0.02 1.14 1.26 1.41 1.61 1.86 2.21 2.69 3.44 4.65 6.79 10.60 0.05 2.79 3.08 3.43 3.87 4.51 5.19 6.56 7.56 9.61 12.59 16.73 0.10 5.43 5.96 6.61 7.89 8.44 9.62 11.24 13.19 15.87 19.34 23.65 0.15 7.95 8.69 9.57 10.58 11.91 13.43 15.41 17.73 20.75 24.46 28.97 0.20 10.36 11.28 12.37 13.63 15.20 16.43 19.23 21.82 25.06 29.06 33.45 0.25 12.68 13.76 15.02 16.49 18.26 20.26 22.71 25.50 28.89 32.86 37.40 0.30 14.91 16.14 17.55 19.12 21.06 23.22 25.83 28.78 32.28 36.32 40.97 0.35 17.07 18.42 19.97 21.70 23.78 26.09 28.84 31.91 35.51 39.61 44.25 0.40 19.16 20.62 22.29 24.17 26.37 28.81 31.67 34.84 38.52 42.67 47.31 0.45 21.19 22.75 24.53 26.53 28.85 31.39 34.35 37.61 41.36 45.55 50.18 0.50 23.16 24.82 26.69 28.81 31.22 33.86 36.90 40.24 44.04 48.26 52.89 0.55 25.08 26.83 28.79 30.95 33.44 36.17 39.28 42.68 46.53 50.78 55.41 0.60 26.95 28.78 30.82 33.85 35.65 38.45 41.63 45.08 48.97 53.23 57.94 0.65 28.77 30.68 32.79 35.14 37.78 40.65 43.89 47.40 51.32 55.64 60.31 0.70 30.55 32.53 34.71 37.14 39.85 42.78 46.07 49.63 53.59 57.91 62.58 0.75 32.29 34.34 36.58 39.04 41.80 44.79 48.13 51.72 55.71 60.06 64.78 0.80 34.00 36.10 38.41 40.93 43.76 46.79 50.18 53.81 57.83 62.19 66.90 0.85 35.68 37.83 40.20 42.79 45.66 48.74 52.17 55.84 59.88 64.26 68.96 0.90 37.32 39.53 41.95 44.59 47.51 50.64 54.11 57.81 61.87 66.27 70.96 0.95 38.93 41.19 43.66 46.31 49.28 52.45 55.95 59.68 63.76 68.17 72.91 | 1.00 40.52 42.82 45.32 48.05 51.05 54.26 57.79 61.55 65.65 70.07 74.80 Tavola 297 xll o 8 12.67 0.0010 11 12 13 14 15 16 17 Vai. per 10 m. 0.00100 110 120 130 140 145 160 H 10 6500 12.67 0.283 303 325 349 375 403 432 464 £ è 3600 3800 4000 4200 4400 4600 4800 5000 H a 10 6500 12.67 0.0005 6 6 7 7 8 8 9 10 Var. per 0 m. 0.00055 60 65 65 75 75 85 90 100 O TP X in O 12.67 0.149 160 172 185 198 213 228 245 263 £ è 1800 2000 2200 2400 2600 2800 3000 3200 3400 H a 10 6500 o »).36°,4 == 1,806, in modo che lo spessore di vapore risulta, applicando la (29) : 8{h, a,). , = 0,079 x 0,979 x 1,806 x 12,65 = 1,759 Ed in cm. di acqua (supposto condensato il vapore) lo spessore diventa cm. 5,10. E per gli altri tre valori si ha rispettivamente cm. 4,21, cm. 3,97, cm. 3,71. Se si dividono i valori di q osservati pei coefficienti di tra¬ smissione relativi ai vari spessori, dedotti dalla curva 12 del già citato lavoro del Kimball, si ottengono rispettivamente : 1,113 1,177 1,178 1,199 che rappresentano quelli che si sarebbero osservati se, nell’istan¬ te dell'osservazione l'aria attraversata dal raggio fosse stata com¬ pletamente asciutta. Catania, R. Osservatorio Geofisico - 31 Dicembre 1929 -Vili. Riassunto Comunque si voglia tener conto nelle riduzioni di serie di os¬ servazioni pireliometriche della presenza del vapor d’ acqua , bisogna conoscere l’ammontare degli spessori attraversati dai raggi, i quali si possono determinare o mediante misure spettrobolometriche od anche mediante V applicazione di alcune formole dedotte dall’A ; ed il cui uso viene agevolato da tavole annesse le quali permettono di dare gli spessori di vapore per distanze zenitali tra 0° e 90° e per altezze della stazione comprese tra m. 0 e m. 5000. Finito di stampare il 20 aprile 1930 Francesco Saverio Monticelli Commemorazione letta dal socio Prof. Giuseppe Ztrpolo (Tornata straordinaria del 6 aprile 1930) Or son due anni, il mattino del 15 novembre, si spegneva senza spasimo, quasi compenso alle sofferenze di una lunga ma¬ lattia, che ne aveva minata la robusta e florida salute, il nostro socio benemerito Fr. Sav. Monticelli. Era stato forse e senza forse il socio più affezionato al nostro sodalizio , ne aveva se¬ guito le sorti sin dal suo sorgere, lo aveva accompagnato in tutte le sue manifestazioni culturali, sociali, scientifiche, ne aveva propagato le benemerenze, ne aveva accresciuto il prestigio, ne aveva consolidato le basi, facendolo erigere in Ente Morale, le finanze con un’ eredità vistosa , ne aveva fatta una sua seconda famiglia ! Noi tutti sappiamo quanto amore egli nutrisse per la no¬ stra Società , come ne seguisse dappresso ogni ritmo ed ogni respiro e come in tutte le sedute fosse presente a portare il contributo della sua esperienza, della sua anzianità e, diciamolo pure, della sua paternità, perchè questa Società sorse con la sua fede, si sorresse con la sua fede e , se ebbe collaboratori , egli ne fu il più tenace sostenitore, colui che abbracciò anche sacri- fizii , con animo lieto , per aiutarla nelle ore difficili. Ne fac¬ ciamo fede non solo quanti qui siamo che avemmo la fortuna di essergli vicino; ma, se scorriamo le pagine del nostro Bollet tino, vediamo che sin dal 1° numero comparso nel 1887 egli vi pubblicò i suoi lavori ed in tutti i volumi successivi non man¬ carono mai le sue Note, Memorie, Comunicazioni sui più impor¬ tanti problemi di biologia da lui studiati e perseguiti, non manca mai la sua presenza premurosa e fattiva. — 302 La commemorazione del socio Monticelli assume quindi una particolare importanza ed io sono ben grato al nostro amato Presidente, il Prof. U. Pierantoni, che volle affidarmi l’onorifico e per me gradito incarico, di ricordare a noi tutti la vita di que st'Uomo che non ebbe tregua nel lavoro, di quest’attivatore di ogni energia, di questo studioso entusiasta delle scienze che col tivava , di questo Maestro che sposò il più grande amore alla scuola, alla formazione degli allievi, dei ricercatori, degli appas¬ sionati alla Zoologia. Dalle sue labbra io non ho ascoltato mai parola che risuonasse sconforto o cinismo, o inutilità dello stu¬ dio e della ricerca , ma sempre parole incoraggianti ; nel suo gesto, nella sua voce si sentiva sempre quella parola buona che spronava a vincere le difficoltà che si presentano ai giovani che compiono ricerche e, se nella mia produzione scientifica c' è un lavoro che ha avuto successo , questo è dovuto agl’ incoraggia¬ menti del Prof. Monticelli , all' entusiasmo , alla forza che egli sapeva imprimere nel mio animo, quando, dopo mesi di lunghe ricerche, nessun risultato veniva ancora raggiunto. Maestro raro, incomparabile, Signore dal tratto gentile, ga¬ lantuomo a tutta prova, mente e spirito eletti. Noi ricordiamo questo nostro Maestro con venerazione e la sua dipartita è per noi sempre di sommo dolore, perchè di uomini come il Monti- celli ne sorgono pochi e la loro scomparsa non è di quelle che trovano facile sostituzione. Ebbe i suoi natali a Napoli, il 5 settembre 1863, da nobile famiglia e dopo gli studi liceali compiuti egregiamente in quel famoso Istituto della " Carità „ , che ebbe tanta voga in questa città, per la bontà dei suoi Maestri, fra cui emerse Vito Fornari e per il numero notevole di giovani delle più elette famiglie napoletane che lo frequentavano, si iscrisse alla Facoltà di Scienze Naturali, attratto dal grande entusiasmo che esercitavano sul suo spirito le scienze biologiche. Era il tempo in cui il Darwinismo aveva dato un impulso nuovo alla scienza della vita : un orientamento , se non nuovo del tutto, logico nel suo piano, nella sua genesi, nel suo dive¬ nire. Ed il Monticelli seguì i corsi nella nostra Università e frequentò sopratutto il laboratorio di Salvatore Trinchese, che — 303 — era uno scienziato noto e che sapeva circondarsi di allievi e suscitare in essi l'amore alla ricerca. Ricerche che egli incominciò sin dai suoi primi anni universitari!, tanto che prima ancora di laurearsi pubblicò tre lavori, di cui uno negli Atti dell'Accademia degli Aspiranti Naturalisti, giornale per noi storico, perchè, più tardi , nel 1887 , si trasformava in Bollettino della Società dei Naturalisti : dove , egli , in quel primo volume , pubblicava tre lavori: il che dimostra non solo la sua grande attività, ma l'in¬ teresse dimostrato, sin dall'inizio, per questo Sodalizio e che si è esplicato successivamente, ininterrottamente, sino alla sua morte. Conseguì nel 1888 la libera Docenza in Zoologia ed Ana¬ tomia Comparata e la esercitò nella nostra Università fin al 1891. Per i suoi beni di fortuna, ebbe la possibilità di recarsi per cin¬ que anni circa all’estero e frequentare i laboratori più accreditati del tempo. Fu al British Museum di Londra, dove potè consul¬ tare la ricca collezione elmintologica di quel celebre Istituto scien¬ tifico e pubblicare negli Atti della Società Zoologica di Londra, nel 1889, alcuni lavori ivi compiuti. Fu a Parigi , al Museo di Storia Naturale, al Natur-Historisches Museum di Vienna, a quelli di Berlino, di Lipsia, di Bruxelles, di Copenhagen, e finalmente alla Stazione Zoologica di Wimereux , dove stette a contatto di A. Giard e pubblicò una Memoria sugli Elminti, studiati in quello Istituto, nel " Bulletin Biologique de la France et de la Belgique „. Di ritorno dall' Estero vinse un concorso, come professore ordinario di Scienze, nel R. Istituto Tecnico di Palermo, dove in¬ segnò per poco tempo ; perchè, nel 1894, in seguito a concorso, fu nominato professore ordinario di Zoologia e di Anatomia Com¬ parata nella R. Università di Sassari , cattedra che egli occupò fino al 1896, essendo passato ad insegnare la stessa materia nella Facoltà di Scienze della R. Università di Cagliari. Ma appena un anno ivi restò, chè, nel 1897, la Facoltà di Scienze di Modena lo richiamò sul Continente. Insegnò in quell'università fino al 1899 e, alla fine dello stesso anno, in seguito a concorso , ottenne la cattedra di Zoo¬ logia della R. Università di Napoli. Sicché, nel 1900, dopo sette anni di peregrinazioni , egli ritornava nella sua città natale ed occupava la cattedra che era stata tenuta fino a poco prima da Achille Costa e dove egli portò tanta energia , e vi dedicò il 304 — meglio della sua attività, del suo entusiasmo e, dove è rimasto sino alla sua morte. Durante tutto questo periodo numerosi furono i carichi e gl'incarichi che gli furono affidati. Vanno particolarmente ricor¬ dati la Direzione dell'Istituto di Antropologia della R. Università di Napoli e più tardi la direzione della Stazione Zoologica dal 1915 al 1924, cioè nel periodo più difficile per la vita di questo Istituto. Fu socio della Società Zoologica di Londra, della Società di Biologia di Parigi , del Museo di Storia Naturale di Parigi, della Società americana di Parassitologia, della Società di Storia Naturale di Lisbona, Cavaliere della legion d’onore ed Ufficiale dell'istruzione pubblica francese, fu membro della Commissione internazionale per la Nomenclatura Zoologica e per la Parassi¬ tologia. In Italia fu socio ordinario della R. Accademia delle Scienze di Napoli, del R. Istituto d' Incoraggiamento, dell'Acca-' demia Pontaniana, della Società Entomologica italiana, della So¬ cietà italiana di Scienze Naturali, Segretario e poi Presidente del TU. Z. I. e di numerosi altri sodalizii che erano onorati di avere il suo nome fra i loro soci. Tutta l'attività del Prof. Monticelli si può considerare sotto varii aspetti : quale studioso, quale Direttore di laboratorio, quale organizzatore, e sotto quest'ultimo aspetto intendiamo in partico- lar modo la vita intensa svolta a vantaggio della nostra Società. Lo studioso. L'opera scientifica del Monticelli è ben nota e per la sua mole e per la sua importanza. La sua attività di studioso non ebbe tregua, e fu una passione costante che lo sorresse in tutti i momenti della sua vita. Ed anche quando, per ragioni specia¬ lissime , parve che egli poco si occupasse di studii, invece la sua attività di scienziato rimase ininterrotta, esplicandosi nei modi più varii e svariati per il progresso delle scienze zoologiche. Tanto in Italia che all' estero il suo nome di scienziato era ben conosciuto, non solo perchè aveva continua corrispondenza — 305 — con i biologi più insigni del mondo , ma perchè aveva parteci¬ pato a quasi tutti i Congressi internazionali, aveva frequentato i laboratorii più importanti d'Europa, aveva potuto nella Stazione Zoologica di Napoli, convegno perenne di biologi internazionali, aver contatto con buona parte di essi. utta la sua produzione scientifica che assomma ad oltre centocinquanta lavori si può dividere in quattro gruppi : a) Ricerche sui Vertebrati ; b) Ricerche sugli Elminti ; c) Ricerche sui Crostacei ; d) Ricerche varie. Il primo gruppo verte principalmente sui Chirotteri : sono in parte studi di sistematica e faunistica ed in parte ricerche ana- tomo- morfologiche. Tratta in queste ultime questioni che hanno particolare interesse per gli organi tegumentali, come degli organi facciali dei Chirotteri. Si occupa dei seni interdigitali della peco¬ ra, dei cuscinetti perianali dell 'Eonycteris spelaea, della biologia sessuale di alcuni Chirotteri nostrani. Nè mancano notizie su al¬ cuni cetacei arenati sulle nostre spiagge. Studia gli Axolotl che egli allevava nel suo Istituto e per i quali ebbe cure notevoli e potette, da una coppia regalatagli da Carlo Emery, darne la storia nelle " Notizie intorno agli Axolotl dell'Istituto Zoologico della R. Università di Napoli „ e ottenerne un numero considerevole, così da poter compiere ricerche non solo interessanti sulla loro biologia, sui fenomeni ereditarii che essi presentano, ma fornire altri Istituti scientifici di questo prezioso materiale per compiere ulteriori studii. Egli cercò ancora di naturalizzare la loro presenza nel lago¬ stagno di Astroni, allo scopo di poterli immettere nei varii stagni e laghi d'Italia ed iniziare così quella lotta antimalarica, di cui dette notizia di primi risultati ottenuti, nel 1906, in una Comunicazione fatta all’Istituto d'incoraggiamento di Napoli. Il gruppo però più importante, su cui ha mietuto allori e di cui lascia una traccia profonda nelle scienze zoologiche, è quello che riguarda gli Elminti, i Trematodi, i Cestodi, i Cestodaria, gli Acantocefali e i Nematodi. In circa cento Memorie vengono ese¬ guite ricerche di morfologia e di sistematica, nelle quali, fondando questa su quella, dette un nuovo indirizzo alla sistematica. - 20 - — 306 — Le note sugli Elminti sono ricerche fatte in parte alla Sta¬ zione Zoologica di Napoli , in parte in quella di Wimereux , in parte al British Museum. 11 Monticelli studia la biologia di queste forme e stabilisce nuovi generi e nuove specie ed, a pro¬ posito dei Tetrarinchidi del Museo Zoologico di Palermo, riporta moltissime osservazioni critico-sistematiche da lui fatte sui Tetra¬ rinchidi nei Musei di Berlino, Vienna, Lipsia e Copenhagen. Il saggio sulla morfologia dei Trematodi segna una pietra miliare nella conoscenza di questa classe. In questo lavoro, che è il primo del genere tentato per i Trematodi, sono raccolte tutte le conoscenze che allora si avevano (siamo al 1888) su questo interessante gruppo di animali. Riassume le conoscenze che si avevano allora sulla forma esterna, sulla interna struttura e sullo sviluppo, in base ai quali caratteri propone una nuova classificazione, ritenuta così logica e convincente, che oggi è riportata in tutti i trattati di Zoologia più importanti. Opera densa , minuziosa , in cui raccolse nume¬ rose notizie, osservazioni originali e che, ancora oggi, è consultata per la sua organicità e compiutezza. A questa Memoria ne dovevano seguire tutta una serie sui più importanti problemi della embriologia, anatomia e sistematica dei Trematodi. Non starò a citarle tutte. Basti ricordare quelle che hanno lasciata maggiore traccia , come quelle sulla sperma- togenesi dei Trematodi, sul nucleo vitellino, sugli organi tattili, sulla Cercaria setifera, sul Cotylogaster Michaelis, sui Monosto- mutn e finalmente la Monografia pubblicata nei " Zoologische Jahrbucher „ sui Distomidi. Lavoro poderoso, ricco di otto tavole di cui alcune a colori e con 230 pp. di testo. Non meno importante è la serie di ricerche sui Cestodi. Egli incominciò a separare da questi i Cestodaria, indicando con que¬ sto nome quelle forme di Elminti parassiti ( Gyrocotyle , Amphilina , Caryophyllaeus, Archigetes) ascritti ai Cestodi e considerati fin allora come Cestodi semplici non segmentati o monogenetici o monozoici. Li caratterizza e ne riassume le ragioni che lo indu¬ cono a stabilire per questo gruppo di forme un nuovo ordine intermedio fra i Trematodi ed i Cestodi. Gruppo che fu accolto subito dal Braun e dal Rillet ed in seguito lo fu dalla gran parte dei trattatisti e difatti, in ogni testo si trova la classe dei — 307 — Cestodaria. Lui per il primo infatti avvicina i Cestodaria ai Ce- stodi , per il primo descrive completamente V apparato genitale di Gyrocotyle , dimostrandolo fatto sul tipo dei Cestodi , così parimenti la sua descrizione sul sistema nervoso dimostra che ciò che da altri era ritenuto coda era il capo. Nè tralascia durante la sua permanenza al British Museum, di studiare un Gyrocotyle della Nuova Zelanda. La sua opera quindi su questo gruppo, è, si può dire, fondamentale. Non sarò a riferire tutti i suoi numerosi lavori sui Cestodi. Uno dei contributi più notevoli è quello che riguarda le ricerche sullo Scole x polymorphus Rud. Secondo Monticelli ben 34 sco¬ lici che ingombravano la sistematica dei Cestodi devono riguar¬ darsi sinonimi dello S. polymorphus, che, a sua volta, deve rite¬ nersi come una larva di Calliobothrium filicolle. Egli potè ciò ottenere anche sperimentalmente; infatti dagli Scolex polymorphus propinati alle Torpedini ne vennero fuori dei Calliobothrium filicolle. Studia inoltre lo sviluppo embrionale di alcune specie di Cestodi di Plagiostomi cioè Rhynchobothrium , Phyllobothrium , Echeneibothrium e fa rilevare la corrispondenza che passa fra il loro sviluppo e quello della Tenia Bothriocephalus con i quali li studia comparativamente, mettendo in rilievo la reciproca cor¬ rispondenza degli invogli embrionali dei Cestodi. Compie ancora ricerche sulla subcuticola , sul sistema nervoso , sull' evoluzione dell'apparato digerente e residui che se ne osservano. Assegna il giusto valore a quel canale di Laurer del quale furono date così varie e contraddittorie interpetrazioni. In opposizione al Looss che sosteneva " che il canale del Laurer dei Distomi non è omologo alla vagina dei Cestodi ma all'utero ; e viceversa l'utero dei Distomi è omologo invece alla vagina di questi „ 189ó ed in opposizione ancora al Goto " il quale appoggiava ancora il concetto di Looss della omologia del canale di Laurer dei Distomi con il canale vitello (genito)- intestinale dei Trematodi ectoparassiti,, 1896, il Monticelli di¬ fese strenuamente le conclusioni alle quali era giunto, che cioè il canale di Laurer è omologo alla vagina dei Cestodi e per conseguenza è organo di accoppiamento. Che il MoNTiceLLi ve¬ desse chiara e precisa la questione lo confermano gli studi re- — 308 — centissimi del nostro socio Palombi, il quale, seguendo le orme del Maestro, nelle sue ricerche sui Trematodi endoparassiti dei pesci, ebbe occasione di raccogliere nell’intestino di Sargus vul- garis Geoffr. e di Blennius ocellaris L. quattro esemplari accop¬ piati appartenenti due a Diphterostoinum brusinae Stoss. e due a Steringotrema divergens (Rud.). In ambedue i casi l’accoppia¬ mento avveniva per mezzo del canale di Laurer. Inoltre nell' intestino di Box salpa il Palombi stesso ebbe T occasione di raccogliere due esemplari di Podocotyle fractum (Rud.) accoppiati, non per il canale di Laurer, perchè manca in questa specie, sibbene per l'ultima porzione dell'utero (ovidutto esterno). Risulta perciò esattissima l'affermazione del Monticelli 1893 p. 108, in opposizione alla maggior parte degli Autori, che: " la vagina negli endoparassiti deve ritenersi un organo di ac¬ coppiamento in via di riduzione , che forse in alcuni funziona ancora, e che, a misura che l'ovidutto esterno la sostituisce e si adatta meglio alla sua nuova funzione, gradualmente si atrofizza, rimanendo un organo rudimentale, e scomparisce del tutto, co¬ me, nei Monostomi, in genere, è scomparsa „. Dà inoltre notizia di alcune teorie della loro organizzazione ed affinità sistematiche in seguito a ricerche fatte nel British Museum e parimenti si occupa di tre tenie parassite dei Silurus della collezione dell’Hofmuseum di Vienna. Polemizza con il Lònnberg sulla interpretazione data ad al¬ cuni organi , a proposito delle larve di Bothriocephaius belones e non manca di spezzare una lancia contro la leggenda delle Ligule mangiate in Italia, opinione erroneamente diffusa e pog¬ giata su di una falsa interpetrazione della parola di Rudolphi. Si occupa ancora di Acantocefali e studia l'Echinorinco dei Cetacei, in cui stabilisce con un esame critico comparativo l'iden¬ ticità della nuova forma allora descritta dal Collet, col nome di E . ruber della Balaenoptera borealis, con VE. turbinella Die* sing. Fa considerazioni sul nutrimento delle balene e sul possi¬ bile ospite intermedio dell'/:, turbinella cioè V Euphausia riferen¬ dosi al fatto che il Sars aveva allora descritto incompletamente un Echinorinco trovato nella cavità periviscerale di un 'Euphausia. Studia ancora alcuni Echinorinchi dei pesci del golfo di Napoli e dedica al Lobianco una nuova specie di Echinorinco, — 309 — trovata nel Tropidonotus viperinus. Ed ancora VE. rytidodes del Museo Zoologico di Napoli, X Echinor incus campilurus Nitsche e propone una nuova classificazione su questo gruppo di ani¬ mali così interessante e strano. Nè mancano ricerche sui Nematodi. Egli studia i Nematodi raccolti dal Capitano Chierchia nel suo viaggio intorno al mon¬ do, studia un Agamonema , un Nematode rinvenuto nella musco¬ latura somatica della Synapta digitata ed inhaerens e suppone che compia il suo ciclo nei Plagiostomi e così via. Studia ancora alcuni Nemertini ed in particolare descrive il Prostoma Sebetis , rinvenuto nelle acque del fiume Sebeto. Notevoli le ricerche sulle Temnocefale a cui dà il nome di Dactyloda in seguito a numerose osservazioni su questi stranis¬ simi animali. Di questo gruppo egli aveva raccolto numerosi esemplari ed aveva potuto consultare uno straordinario materiale inviatogli da varie parti del mondo; ma purtroppo il frutto delle sue ricerche non è dato conoscerlo , perchè egli ha voluto che i suoi lavori incompleti o completi manoscritti fossero distrutti. Studia gli Anellidi di Porto Torres, il cuore di Polyophtal- mus, rintraccia la storia di Parthenope serrata e di Ctenodrilus pardalis e ne fa una sola specie Ctenodrilus serratus e ne scovre la sessualità e gestazione; descrive un nuovo Ctenodrilide ( Ra - phidrilus nemasoma) del golfo di Napoli, polemizza a proposito di questo con Iwan Sokolow e così la sua attività non ha tre¬ gua — nulla sfugge alla sua indagine acuta. Ma se sugli Elminti egli lascia traccia sì profonda, la sua attività, il suo spirito indagatore non tralascia di osservare altri tipi e forme animali. Notevoli sono rimasti i suoi studi sulla autotomia riprodut¬ tiva della Cucumaria planci. Egli nota che l'animale si riproduce ancora in seguito a strozzamento del suo corpo in due o tre parti. Tre anni or sono potetti constatare questo fatto nella va- sca della mia stanza alla Stazione Zoologica. Si occupa ancora di una Medusa del golfo di Cagliari, de¬ scrive un nuovo rizopodo che dedica al Trinchese ( Dictiomyxa Trinche sii) Rend. Rende famoso il suo nome, in seguito alla scoverta del Tre - 310 — ptoplax reptans e del Pemmatodiscus socialis. Era quello il tempo in cui si andava in cerca di forme intermedie. Fra i Protozoi ed i Metazoi mancavano forme di passaggio, o meglio quelle note non soddisfacevano del tutto. 11 Monticelli trovò in una vasca d q\Y Aquarium un organismo che egli ascrisse ai Mesenchimia e denominò Treptoplax reptans , che trovò il suo posto accanto al Trichoplax adhaerens di Schulze , e più tardi, nel cappello di una Rhizostoma , trova un organismo a forma di ciambella che egli studiò, denominandolo Pemmatodiscus socialis e classificò tra i Mesozoa " Mesogastria „. Ernesto Haeckel ch'era entusiasta di queste forme gl'inviò una Memoria con la dedica " Allo scovri- tore della Gastrula vivente 11 nome del Monticelli si rende così sempre più noto, ma egli che era un uomo anche di buon senso, quando io nelle lunghe conversazioni che si facevano in¬ sieme, nel periodo in cui egli non usciva di casa, gli domandavo notizia di queste forme intermedie , egli mi rispondeva con un sorriso bonario : riteneva che analogamente a ciò che era suc¬ cesso per il Trichoplax adhaerens di Schultze che era stato identificato per una Planula strisciante di un Celenterato, YEleu- teria , si dovesse pensare lo stesso per il Treptoplax e per il Pemmatodiscus . Ciò credo doveroso qui ripeterlo, perchè si sap¬ pia quale fosse il suo pensiero e che se domani qualcuno venisse a queste conclusioni , esse già erano state previste dall’Autore stesso. Ma non posso porre termine a questa rapida e pallida ras¬ segna senza ricordare le sue ricerche sui Crostacei. Inizia gli studi sul Lichomolgus , un Copepode parassita del Mytilus gallo- provincialis. Dimostra che l'animaletto del Redi, non è un Aspidogaster, nè un verme, ma invece un Copepodo parassita , di quelli che vivono nelle ascidie semplici e che è perciò il più antico dei Copepodi marini descritti. Cosicché egli rivendica al Redi il merito di aver trovato e descritto il primo Copepodo parassita marino, che deve riferirsi, con molta probabilità, al genere Doropygus Thorelli. Preparava, inoltre, insieme col Lobianco una Monografia sui Peneidi e già varie note illustrative egli aveva pubblicato sullo sviluppo di questi crostacei. La morte dì Lobianco ne ritardò lo — 311 — studio, ma egli proseguì nelle ricerche e moltissimo materiale aveva raccolto e molti preparati microscopici e macroscopici e disegni conservava e già si disponeva a riassumere lo sviluppo di al¬ cune forme , quando la morte lo colse , onde si può dire che della Sicyonia sculpta , da lui tanto studiata, non si conosce finora neppure la ontogenesi. Di tutto questo enorme materiale per fortuna è stato pubbli¬ cato in questi giorni un lavoro monografico dovuto al suo fedele collaboratore , il sig. Emilio Antonucci , a cui egli aveva dato l'incarico di studiare particolari organi e questo lavoro pubblicato nell'Archivio Zoologico da lui fondato è omaggio e ricordo alla Memoria dell’ Uomo che suscitò in quelli che lo circondarono la passione della ricerca. Nè difettano lavori di indole sintetica come quelli sul pa¬ rassitismo animale, le prelezioni ai corsi di Zoologia, di Paras¬ sitologia, le ricerche storiche sul Museo Zoologico della R. Uni¬ versità di Napoli e sulla Scuola Zoologica napoletana, oltre nu¬ merose altre attività del suo pensiero che vigila sempre e do¬ vunque e nulla fa sfuggire al suo sguardo che indaga e trova sempre le parole giuste per spronare, rivendicare, produrre ! Il Direttore di Laboratorio. Fr. Sav. Monticelli fu un Direttore d’istituti scientifici ve¬ ramente ideale. In tutti gli Istituti in cui passò, sia a Sassari, sia a Cagliari, sia a Modena, come a Napoli lasciò traccia profonda della sua attività, ed un' impronta propria ; giacché, egli, uomo di studio, di vedute moderne , se apprezzava molto i Musei in cui era doveroso raccogliere le forme animali comuni per la didattica e quelle rare per questa loro caratteristica o anche rac¬ cogliere la fauna regionale, dava non inferiore impulso ai Labo¬ ratori, alla Biblioteca, alle pubblicazioni. Si può affermare che in tutti gli Istituti da lui diretti ha lasciato larga traccia della sua mente organizzatrice. Ma fu sopratutto, qui, a Napoli, nella sua città, dove essendo rimasto per circa un trentennio, potette com¬ piere opera, dirò così, titanica : non sembri esagerato 1' aggetti vo; quel che dirò lo dimostra pienamente. Quando nel 1900 egli veniva a Napoli trovava appena una — 312 — sala grandiosa di Museo e sei piccole stanze, in cui erano rac¬ colte collezioni entomologiche ed in scaffali sparsi erano accu¬ mulati libri acquistati per circa un secolo di vita del Museo. Achille Costa che lo aveva preceduto nella Direzione del Museo e dell’Istituto, appassionato entomologo, aveva pensato più a raccogliere insetti e ad acquistare animali pel Museo, anziché a formare un laboratorio che raccogliesse ed invitasse i giovani a studiare, a produrre, a formare, dirò, una scuola. Il Monticelli aveva altri intenti ed altro indirizzo: egli pensava che un Istituto senza laboratorio serve poco ai fini della scienza. Così pensò subito a formare il laboratorio, e poiché non gli fu possibile a- vere altri locali, dovette ingegnarsi a ricavarli da quelli che ci erano. Così delle sei stanze esistenti , per la costruzione di un corridoio centrale, ne ricavò dodici, in ognuna delle quali col¬ locò gli Assistenti, gli Aiuti, la Biblioteca, i Tecnici ed il Tassi¬ dermista. Di un vecchio deposito fece una sala da laboratorio, adatta per gli studenti ; di una piccola terrazza fece un vivaio con va¬ sche, acquarii, terrarii. Fu una trasformazione rapidissima, razionale, la migliore che si potesse escogitare ed ottenere. Così, sistemato tutto il personale, potè raccogliere nel suo Istituto allievi, cultori di scienze ed iniziare quell' opera densa ed intensa di studii, di ricerche, in modo da dimostrare che il laboratorio di Zoologia della R. Università di Napoli non era inferiore alle alte tradizioni che godeva, che anzi era migliorato, tanto che da quel laboratorio uscirono centinaia di allievi che oggi occupano cattedre non indecorosamente nelle scuole medie, e nu¬ merosi professori Universitari! quali il Trinci, che fu ordinario alla Cattedra di Zoologia della R. Università di Perugia, il Ta- gliani all’Università di Camerino, il nostro Presidente, prof. U. Pierantoni che occupò prima la cattedra di Zoologia di Sassari, poi quella di Torino, poi quella di Anatomia Comparata di Na¬ poli ed oggi quella di Zoologia, succedendo al maestro ed amico e portando nel cuore e negli atti il ricordo e la deferenza per l’illustre scomparso, e G. Cotronei che occupò successivamente le cattedra di Zoologia di Siena e di Pisa ed attualmente quella di Anatomia Comparata di Roma. — 313 — Dalla sua scuola uscirono liberi docenti: Police, Caroli E., Cer- ruti, Marcucci, Salfi, Stefanelli, Palombi, Caroli A. e chi parla. Benché egli si fosse allogato nelle migliori condizioni ed avesse potuto di anno in anno migliorare l’Istituto con l'acquisto di nuovo materiale per il Museo, per i Laboratorii, per la Bi¬ blioteca, pure egli pensava sempre alla costruzione di un Istituto Zoologico degno delPUniversità napoletana. Lo sviluppo del Museo, la necessità di ambienti più larghi più spaziosi , più consoni all’esigenza della scienza e della vita, l'aumento continuo di libri, di Riviste per cui la piccola stanza adibita per Biblioteca si era resa inaccessibile, facevano nascere l'assillante bisogno di espandersi. Numerosi furono i progetti fatti e prospettati dal Monticelli, continue le insistenze presso le autorità perchè si devolvessero i fondi necessarii alla costruzione del nuovo Istituto. Dopo con¬ tinue lotte, strenuamente combattute e felicemente vinte, egli ot¬ tenne che l'Istituto Zoologico nuovo fosse costruito. Ed il Mon¬ ticelli progettò tutto , ed il suo progetto venne approvato e messo in atto. Ed egli non abbandonò mai lo stato dei lavori, che anzi li segui dappresso e dopo varii anni potette avere un Istituto che si può dire uno dei primi d' Italia e senza forse di Europa. Quattro piani forniti di numerose stanze per la Direzione, il personale assistente, per la Biblioteca, per i tecnici, il tassi¬ dermista, i laboratori per gli studenti, le stanze per i ricercatori privati, la sala per la collezione elmintologica, la sala per la fauna napoletana, un laboratorio di chimica, un'auletta per lezioni per Naturalisti con una raccolta delle forme più notevoli dei varii tipi animali. Fece costruire acquarii , terrarii , depositi , camere fotografiche. Nulla fu tralasciato per rendere 1' Istituto sempre più adatto a tutte le esigenze della scienza. Così quelle parole che egli aveva fatto incidere all'ingresso della porta che immet¬ teva nel piccolo antico laboratorio e che rivelavano tutta la sua speranza : " Parvus sed haud recte aptus. Aptiusque digniusque confiteor fatis secundus fieri! „ furono un vaticinio che trovò la più larga attuazione dopo ventitré anni ! I lavori auspicati sin dal 1900 furono incominciati nel 1910 e furono completati nel 1923, anno in cui egli si portò con tutto — 314 — il suo personale nel nuovo Istituto ed iniziò il riordinamento e pensò alle finiture da dare all'Istituto, perchè il Monticelli non era uomo che si contentava solo del grosso: egli era minuzioso e cercava di portare in tutte le cose una linea precisa, semplice, dirò elegante , di gusto. Quanti fummo suoi alunni ricordiamo come egli tenesse alla linea e come pensava che nulla mancasse agli studenti che frequentavano il suo laboratorio. Era una cura assidua e minuziosa la sua, ma generava nel nostro animo un senso di ammirazione, perchè era forse il suo, l'unico laboratorio dove 10 studente trovasse ogni conforto, larga ospitalità, vivo incorag¬ giamento. Purtroppo egli è morto quando il laboratorio non era an¬ cora compiuto : la collezione degl' invertebrati aspettava ancora una sistemazione, come pure la Cattedra era rimasta incompiuta. Egli è morto senza avere il piacere di vedere compiuta quell'o¬ pera per la quale aveva speso tanta attività, tanto amore. Ma è di conforto il pensiero che il suo successore, il nostro bene¬ merito Presidente, in una Commemorazione gli ha fatto l’elogio più alto, quando ha detto che 1' opera incompiuta " non potrà diminuire il suo merito e la gratitudine dei posteri, dato che or¬ mai tutto verrà attuato in base ai suoi piani e quale risultato dei suoi studii e della sua opera infaticabile Ma oltre il Laboratorio, il Monticelli pensò al Museo e di questo non si occupò meno di quello. Quando egli venne a Napoli v'era un solo grandioso sa¬ lone lungo 47 metri e largo 9 con ricca scaffalatura, in cui vi erano collezioni varie d' Uccelli, di Mammiferi, di Rettili, ecc. Accosto a questo salone v'era il Museo di Anatomia Umana, e quando questo più tardi passò altrove , anche questa sala fece parte del Museo Zoologico, sala che il Monticelli trasformò in Cattedra per le lezioni di Zoologia e dove oggi qui ricordiamo la sua opera. Il socio Monticelli assumendo la Direzione del Museo si prefiggeva di “proseguire l’opera di ampliamento e di incre¬ mento delle collezioni a lui affidate. E seguendo e svolgendo 11 pensiero di Achille Costa, “ che per ben 38 anni lo aveva di¬ retto, raccogliendo numerose forme animali sia con cambi, sia con viaggi fatti in Africa , Asia , Europa „ , si propose più spe- — 315 — cialmente di arricchire e completare la collezione faunistica lo¬ cale, costituendo in una sala speciale, la serie faunistica della provincia e del golfo di Napoli , augurandosi che col tempo potesse divenire un repertorio completo così della fauna terrestre come di quella ricchissima del golfo di Napoli , e poter racco¬ gliere tutte le specie descritte nelle opere e monografie che il¬ lustrano la Fauna napoletana. Durante la sua direzione egli vide anche questo voto esau¬ dirsi se non completamente almeno in buona parte. Col passag¬ gio dell'Istituto di Geologia nei locali di S. Marcellino egli po¬ tette usufruire dei sottostanti ambienti e farvi una bella scaffa¬ latura per la raccolta della Fauna napoletana e vi aggiunse una sala per la Collezione elmintologica italiana. Ad accrescere Y importanza delle collezioni zoologiche, egli inviò il prezioso ed importante materiale agli studiosi più noti del mondo ed i risultati di queste ricerche raccolse in una pub¬ blicazione, di cui iniziò una nuova serie, cioè l'Annuario del Museo Zoologico della R. Università di Napoli. In questa im¬ portante pubblicazione v'è descritto il materiale del Museo. Volle poi che tutti i campioni e le specie ed i generi nuovi studiati fossero raccolti e conservati nel Museo, anzi era fatto obbligo a quelli che volevano pubblicare nell'Annuario di rilasciare per il Museo i tipi descritti. A questa pubblicazione ne aggiunse un'altra : La “ Fauna degli Astroni „. Egli pensò di studiare la fauna di quest'interes- sante cratere e, previo permesso di Casa Reale, iniziò tutta una serie di escursioni con assistenti e allievi e studiosi che frequen¬ tavano l'Istituto Zoologico, per raccogliere il materiale. Fece co¬ struire in vicinanza del laghetto degli Astroni una capanna, la quale fornì del materiale occorrente per la raccolta del plancton e degli animali lacustri. Ottenne una motobarca con la quale potè compiere escursioni sul lago. Nei tre volumi finora pubblicati sono riportate le ricerche e gli studi fatti da lui e dal personale dell'Istituto, nonché da specialisti del genere e questi densi e sodi volumi dimostrano la grande attività del Monticelli, il suo entusiasmo nella cono¬ scenza faunistica del suo paese, la sua grande mente organiz¬ zatrice. — 316 — Ma ad un’altra opera non meno importante egli si accinse. Parassitologo di fama europea ottenne che presso il suo Isti¬ tuto fosse raccolta una collezione elmintologica italiana in cui fossero rappresentate tutte le specie note. Riunì difatti la sua collezione personale, quella del Prof. Corrado Parona e quella di Michele Stossich. Ottenne che un' apposita legge, votata dal Parlamento, ne definisse le sorti non solo con un Regolamento, ma che vi fosse posto un Curatore che ne tenesse bene in or¬ dine il materiale. Questo difatti è ordinatamente schedato, catalogato ed è del più grande aiuto per gli studiosi, in quanto vi sono raccolte tutte le specie tipo ed ogni ricercatore può consultare diretta- mente e facilmente il materiale. Opera davvero straordinaria. Ogni studioso sa quali difficoltà deve superare talvolta per po¬ tersi rendere certo di una determinata specie ; ora l'avere a pro¬ pria disposizione materiale classificato da competenti , di fama ben nota, significa aver facilitato immensamente il proprio com¬ pito e ciò con grandissimo vantaggio degli studiosi e del pro¬ gresso della scienza. Ma l'attività del Monticelli non ebbe tregua. Or son 29 anni, egli insieme con un gruppo di zoologi fondava 1’ Unione Zoologica Italiana. Lo scopo era quello di unire gli zoologi ita¬ liani, perchè insieme trattassero le questioni scientifiche ed i pro¬ blemi scolastici più importanti. Ed in queste assemblee dove egli non mancò quasi mai e portò sempre la sua parola autorevole si potettero trattare le questioni più vive e palpitanti delle scienze biologiche e si trattarono argomenti di materia professionale e di notevole importanza. Nel Congresso tenutosi nel 1927 egli aveva preparato il suo discorso che ricordava i 25 anni del so¬ dalizio : discorso che fu letto dal Prof. Pierantoni, essendosi egli ammalato ed essendo impossibilitato a recarsi a Bologna, dove era stata indetta l'adunanza. Fu quella l'ultima sua parola e quel di¬ scorso resta come il testamento del Monticelli che era stato il fondatore, l'animatore più tenace, più volte il segretario e negli ultimi anni il Presidente dell'Unione. Fondò ancora un giornale scientifico che onora davvero l'Italia - l'Archivio Zoologico. Questa pubblicazione in cui ven- — 317 — gono raccolti i lavori più importanti degli zoologi italiani trovò nel Monticelli un Direttore e Redattore minuzioso, scrupoloso, sagace. Anche tipograficamente rappresenta una bella pubblicazione, perchè il Monticelli ne aveva studiato tutti i tipi di caratteri tipografici e vi aveva dato una faccia sua propria, caratteristica : tutto era ordinato, corretto, rivisto, secondo un determinato sche¬ ma e nulla sfuggiva al suo occhio vigile ed affettuoso. Una pub¬ blicazione di tal genere, ricca di tavole a colori o in nero, con numerose figure costava non poco e molte volte il Monticelli dovette dare del suo, perchè la pubblicazione non subisse sosta e, da buon padre, nel suo testamento lasciò scritto che la pub¬ blicazione passasse all 'Istituto Zoologico e che essa non cessasse. E questo suo desiderio è stato degnamente raccolto ed eseguito dal suo successore, il Prof. Pierantoni, che ha potuto avere larghi fondi e nello spazio di poco più di due anni ha pubbli¬ cato tre splendidi volumi che ne continuano la serie. Su quei volumi si legge ancora il nome del fondatore ed è l' omaggio più gentile ed affettuoso che si fosse potuto rendere al Prof. Monticelli ed il suo spirito che veglia sulle nostre cose esulterà tutte le volte che vedrà venir fuori una pubblicazione che va sempre più propagandosi nel mondo degli studiosi e che onora sempre V Istituto Zoologico di Napoli ed in una parola il suo paese fuori i confini d'Italia. L'organizzatore. I rapporti del socio Monticelli con la Società dei Naturalisti si possono considerare da punti di vista varii , cioè da quello del suo sviluppo scientifico, quello della sua attività dinamica neirilluminare lo spirito pubblico sui più notevoli ed interessanti problemi del giorno e quello del suo benessere economico. Scorrendo i 40 volumi del Bollettino della Società noi tro¬ viamo che il Monticelli vi pubblica ben 52 lavori fra Memorie, Note, Comunicazioni verbali. Si può dire che quasi ogni anno egli contribuì all' attività del sodalizio con lettura di lavori, con conferenze , con comunicazioni d' interesse scientifico. Ed anche quando per ragioni di carriera fu lontano da Napoli non di- — 318 — menticò la nostra Società sia con V inviare i suoi scritti, sia in¬ tervenendo personalmente nei periodi di vacanza a portare il contributo della sua attività. E ben caro gli era questo sodalizio in cui egli aveva mosso i primi passi, in cui aveva presentato e pubblicato i suoi primi lavori, in cui aveva esordito nella vita scientifica e sociale affer¬ mandosi quale pioniere : egli é infatti nel gruppo dei primi, fon¬ datori ed ha dato tanto del suo dinamismo organizzatore dall'i¬ nizio del suo ingresso fino agli ultimi giorni della sua vita. Era la nostra Società il sodalizio che più gli stava a cuore, che egli amava come una sua famiglia. Egli 1' accompagna nei primi passi e la segue nel suo progressivo sviluppo, ne abbrac¬ cia le sorti tristi e liete, in tutti i tempi, in tutti i momenti, chè ogni sacrificio gli era lieve. Passò attraverso tutte le cariche ed incarichi sociali. Fu Redattore del Bollettino nel 1901 e nel 1913-14, Cassiere nel 1888, Revisore dei Conti nel 96 e nel 1916, Segretario negli anni 1890, '91 '98, '925, '26, Consigliere numerose volte, Presi¬ dente nel 1901-2, 1910-12, 1913-14, 1920-21. In occasione dell'inaugurazione della nuova sede egli ri cordò che nello spazio di 22 anni la Società aveva cambiato ben 12 sedi! Quante preoccupazioni pur di trovare una sede como¬ da, adatta per la ricca ed importante Biblioteca, per le tornate sociali, per la Segreteria e per la Presidenza. Nel 1900, in occasione dello sgombero della Società dai lo¬ cali della Sapienza, egli raccolse la Biblioteca nelle sale dell'Isti¬ tuto Zoologico, mentre il socio Milone anch’egli fondatore della società ed affezionatissimo ad essa , concedeva l' aula del suo Istituto Tecnologico per le adunanze sociali. Dodici sedi , in 22 anni. Si sarebbe potuta definire la Società del moto perpetuo, eppure nonostante tutte le noiose ricerche per una nuova sede, adatta e stabile, nonostante lo scoraggiamento che veniva dal trovare tutte le porte chiuse, i soci, più che disgregarsi e disa¬ morarsi, si affiatavano sempre più, escogitando tutti i mezzi, mettendo a prova tutte le loro aderenze. Ricordo la soddisfazione con la quale si potè prendere pos¬ sesso della nuova sede, ed i progetti varii formulati per la sua sistemazione e quando il socio Enrico Cutolo il nostro bene- - 319 — merentissimo amico, potè con il suo non minore dinamismo ed affetto trovare i fondi necessarii per dare alla Società una scaffa¬ latura degna , parve un riposo da un’ assillante preoccupazione ed infuse nuove energie nel nucleo dei vecchi soci che vedevano il loro sogno di quasi un cinquantennio felicemente raggiunto. Ma seguiamo il Monticelli nella lunga carriera svolta nella Società: nella sua attività ininterrotta. Nel 1903 insieme col socio De Rosa, che aveva pur tanto amato il nostro sodalizio, e formava insieme con l'amico Milone la triade più anziana, la vecchia guardia della Società, formula un voto di protesta contro il progetto della Ferrovia elettrica passante in vicinanza dell’ Osservatorio Vesuviano. Era necessario che la Società facesse sentire la sua voce per evitare un danno notevole ad un Istituto cittadino invidiato da tutto il mondo. Nella seduta del 20 maggio 1903 discute sull'insegnamento delle Scienze Naturali nelle Scuole Medie e piglia parte attiva alla formulazione di un voto, che viene inviato al Ministro della P. 1. perchè le Scienze Naturali abbiano maggiore incremento nei Ginnasi e Licei, data la loro grande influenza educativa sul- r anima dei giovani. E sulla materia d'insegnamento vi ritorna nel 1913, formulando un voto contro il progetto Credaro per l'abbinamento delle scienze e successivamente nella tornata del 1° luglio 1917 e nell'Assemblea del 30 marzo 1919, quale com¬ missario incaricato, propone alla Società di formulare un voto per il miglioramento della scuola media e, d' accordo con altri socii, che sia istituito un esame di Stato per i varii gradi di scuola. Egli era appoggiato fortemente in ciò dai soci Anile e Siniscalchi. L' Anile più tardi , quale Ministro della P. I., con non comune coraggio, fece di tutto per 1' attuazione di questo voto, ma i tempi non erano i più propizii ed esso rimase un voto. Si dovette al Governo Fascista la sua attuazione e oggi dopo sei anni dall'applicazione delFesame di Stato noi sappiamo quali enormi e benefici vantaggi esso abbia arrecato alle scuole medie. Si può affermare che la nostra Società, per opera dei suoi solerti soci, sia stata all'avanguardia di ogni proposta di miglio¬ ramento della scuola. E così quando nel 1921 fu proposto dal socio Chistoni un voto per la laurea in Geografia, il socio Mon¬ ticelli ne fu un fautore autorevole. Oggi che i geografi si muo- — 320 — vono un po' troppo e cercano quasi di soffocare le altre scienze imponendo la propria, sappiano che la Società nostra aveva pro¬ posto una laurea in Geografia per preparare i professori adatti a tale insegnamento e che questa è l'unica soluzione più giusta, essendo tutti gli altri provvedimenti di scarsa entità nella loro pratica applicazione. Nel 1909 rappresenta la nostra Società a Parigi all' inaugu¬ razione della statua di Lamarck e vi legge un discorso che è pubblicato negli atti della nostra Società. Nell’assemblea del 9 maggio 1909 inizia il lavoro di prepa¬ razione per le onoranze a Filippo Cavolini. Questo illustre no¬ stro concittadino che aveva onorato tanto le scienze biologiche in Italia e che, a suo tempo, era stato in corrispondenza con gli scienziati più insigni del mondo, che aveva scritto cose ve¬ ramente degne e geniali, rimaneva negletto ed ignorato dai più. Fr. Sav. Monticelli, che è stato un illustratore e studioso degli zoologi napoletani ed in varii scritti ne ha messo in evidenza i meriti, non poteva lasciare in disparte il Cavolini che sopra gli altri tanto si elevava. Egli inizia in quell’assemblea il lavoro per le onoranze a questo zoologo sommo. Organizzatore eccellente pensa di dover pubblicare tutte le opere del Cavolini : il poderoso e ponderoso lavoro sotto la sua guida, affida ad uno dei soci più affezionati della Società, al suo collaboratore più vicino, al Prof. Pierantoni, che si avvale ancora dell'opera di Paolo Della Valle, morto nella grande guerra. Ne vien fuori un volume di oltre 500 pagine e con 35 tavole illustrative. Questo volume è la cosa più solida rimasta di queste onoranze. Nomina un comitato d' onore , un comitato esecutivo. Invita tutti i biologi del mondo a prender parte alle feste cavoliniane. Sono fatte riunioni scientifiche. Nella aula magna della nostra Università intervengono i rappresentanti di varie Università del Regno e dell'Estero, di Accademie, di Società Scientifiche, di Istituti, di cultori di biologia, di simpa¬ tizzanti e si tengono discorsi occasionali e vien fatta dal Mon¬ ticelli la commemorazione ufficiale del Cavolini. Un volume apposito fu stampato, in cui sono raccolte le nu¬ merose adesioni di sodalizii italiani ed esteri, di scienziati ita¬ liani e stranieri che resero più solenne la manifestazione mon- — 321 — diale di omaggio allo scienziato italiano, onore del nostro pae¬ se. Fu coniata una medaglia commemorativa, fu intitolata una via di Napoli al suo nome ed una lapide fu murata sulla facciata della casa, a Posillipo, dove Filippo Cavolini compì gran parte delle sue ricerche. Queste onoranze promosse dalla Società dei Naturalisti, au¬ spice ed incitatore il Monticelli, coadiuvato dai soci, ebbero il merito non solo di aver reso sempre più nota la nostra Società, ma di darle una benemerenza i cui frutti si sono avuti or sono pochi anni. L'erede del Cavolini, la B.ssa Olimpia De Mellis, che aveva in tanta stima e considerazione il Monticelli, lasciò buo¬ na parte dei suoi beni, e particolarmente la villa di Posillipo, dove il Cavolini era vissuto studiando, alla nostra Società, beni che costituiscono un patrimonio vistoso che la Società è chia¬ mata ad amministrare per borse di studio da concedersi a stu¬ denti di Scienze Naturali, per incremento scientifico, per pubbli¬ cazioni, lavori, ricerche, studii, incoraggiamenti, ecc. Bisogna convenire che senza l'opera del Monticelli, opera disinteressata, feconda, la Società sarebbe rimasta fuori da questo benefizio ed oggi non potrebbe vantare di essere una delle Società più solide economicamente. Nella tornata del 30 marzo 1911 e del 7 aprile dello stesso anno piglia parte attiva contro il progetto della istituzione di un Istituto Vulcanologico internazionale. Egli sosteneva che a Napoli esiste l'Osservatorio Vesuviano, che aveva bisogno di mezzi e quindi era necessario di plgpvvedere il nostro Osserva¬ torio del necessario anziché sperperare somme ed energie per la erezione di un altro istituto di marca straniera. Purtroppo le sue proteste non furono ascoltate anche quan¬ do nel 1918 insieme con i soci Chistoni e Gauthier formulò il voto che il sequestrato Istituto Vulcanologico Friedlaender si trasformasse in Istituto Vulcanologico con annesso Osservatorio Vesuviano, attuando così il progetto presentato dall'apposita com¬ missione nel 1911-12. Nel 1913 rappresenta al Congresso Internazionale di Zoo¬ logia di Berna la Società dei Naturalisti. Nella tornata del 31 dicembre 1913 riferisce all'assemblea - 21 — 3225 — circa i lavori compiuti dalla commissione dei Campi Flegrei, istituita con deliberazione dell’assemblea del 29 agosto 1912. Nella tornata del 13 settembre 1914 comunica il Decreto che riconosce la Società dei Naturalisti Ente Morale e ne appro¬ va lo statuto. Era quella data il coronamento di una lunga fatica, di una lunga attesa. Egli pensava che la Società un giorno potesse ere¬ ditare : prevedeva forse Peredità De Melos, che egli aveva auspi¬ cata e si mise con ardore e con impegno per farle ottenere la capacità giuridica voluta. Non dirò le gite a Roma , il grande lavoro compiuto per la valutazione del patrimonio della Società per la erezione in Ente Morale. Le pratiche furono lunghe, la¬ boriose e finalmente la Società, per la sua opera, entrava in una nuova luce. In riconoscimento dei suoi alti meriti l’assemblea del novembre 1914 per acclamazione lo dichiarava socio bene¬ merito ! Ma la nostra Società, per merito ed attività del Monticelli iniziava nel 1915 una battaglia che doveva essere per il nostro socio lunga ed aspra : voglio dire la italianità della Stazione Zoologica. Nella tornata 27 maggio 1915, tre giorni dopo la dichiara¬ zione della guerra liberatrice, il socio Monticelli insieme con i soci De Rosa, Andreoli, Police, Giordani, Milone, Paolo Della Valle proponeva un voto di rivendicazione di questo Istituto al Comune di Napoli. Fu questo un grido di guerra ! Il Prof. U. Pierantoni, ricordando questo periodo del Mon¬ ticelli in una Commemorazione tenuta al Congresso di Torino dell' U. Z. I. dice bene a proposito : “ per la Stazione Zoologica il Monticelli fu nel periodo bellico un diretto partecipe della guerra. Ma per lui fu guerra interna più che esterna ; più che contro lo straniero fu lotta contro il suo paese e contro chi vo¬ leva ad ogni costo ostacolarlo nel suo fermo proposito di con¬ servarla quale l'aveva ideata il suo grande fondatore „. Fu in seguito al voto della nostra Società per 1' attività del Monticelli che nel settembre 1915 fu nominata una R. Com¬ missione d'ispezione che riferì sui bisogni della Stazione Zoolo¬ gica al Ministero ed in seguito fu nominata una R. Commissio- — 323 ne straordinaria di gestione che durò dal novembre 1915 al no¬ vembre 1918, epoca in cui la Stazione Zoologica fu eretta in Ente Morale con un consiglio di Amministrazione e più tardi con un decreto luogotenenziale del 9 giugno 1917 fu approvato il nuovo Statuto ed il prof. Monticelli, quale prof. Ordinario di Zoolo¬ gia deirUniversità locale fu incaricato della direzione temporanea. Pareva che dopo 1' erezione in Ente Morale la questione fosse finita, pure la Società dei Naturalisti nel 1920 ha sentore che la Stazione Zoologica dopo cinque anni di gestione italiana si voglia far ritornare tedesca, e nell'assemblea del 20 luglio si formula un nuovo voto ed in seguito all'adesione della grande maggioranza dei biologi italiani ed esteri, più tardi, nell' assem¬ blea del 10 ottobre, si ritorna sull'argomento con un vibrato or¬ dine del giorno che fu inviato al Ministro ed a tutte le perso¬ nalità politiche e scientifiche perchè fosse scongiurato un tale pericolo. Le vicende furono lunghe, fastidiose, dolorose, sopratutto per una lotta sorda, personale che si faceva unicamente ed esclu¬ sivamente al nostro benemerito Consocio. Solo per merito del Governo Nazionale la Stazione Zoolo¬ gica fu restituita Ente Morale Italiano, con un Consiglio di Am ministrazione alla cui Presidenza è proposto il Capo dell'Ammi¬ nistrazione civica. La lotta lunga, veramente deprimente , aveva trovato in Monticelli una fibra resistentissima, un combattente che non si dava e non dava tregua. Quale fu la sua attività durante tutto il periodo della sua gestione ? Immensa. Un Istituto di quel genere aveva bisogno di fondi e nel periodo della guerra ne erano venuti a mancare alcuni cospicui, cioè l'introito forte dell' ingresso alle vasche ed i numerosi tavoli di studio sospesi per la impossibilità che stu¬ diosi stranieri venissero in Italia. Il Monticelli ottenne, con la sua attività, sussidi dal Banco di Napoli, dal Municipio, dal R. Comitato talassografico, dalla Società Italiana per il progresso delle Scienze, dal Governo Italiano. Negli anni della sua gestione ottenne circa mezzo milione di sussidii e quando finì la sua missione, lui che aveva trovato in cassa appena tremila lire, ne lasciò 74000 ! — 324 — Provvede al funzionamento completo delle vasche, fa prepa¬ rare due sale in cui fa esporre in belle vetrine gli animali preparati dal personale addetto alla Stazione Zoologica e ciò non solo per dimostrare al pubblico Y abilità di questi, ma perchè, con i provventi di un biglietto supplementare, si possa provvedere allo incremento della Biblioteca. Incoraggia la preparazione dei varii apparati organici che sono largamente richiesti dalle scuole e con ciò aumenta un nuovo cespite e concede al personale addetto una percentuale allo scopo di far progredire e sempre meglio interessare gli addetti a sif¬ fatta preparazione. Provvede ai laboratori]', arricchendoli di quanto è necessario per compiere le ricerche del caso. Si occupa della Biblioteca e l'arricchisce non solo di trattati mancanti, ma fa completare tutte le collezioni interrotte durante la guerra. Inizia le 11 Pubblicazioni della Stazione Zoologica „ raccolta di ricerche edite in veste italiana, in sostituzione delle “ Mitthei- lungen „ e fa di tutto per continuare la serie delle Monografie con il titolo di “ Fauna e Flora del Golfo di Napoli Attività meravigliosa, feconda. Altrove in quel tempo, un cittadino che avesse così operato avrebbe trovato appoggi e gloria, egli trovò ostacoli ed amarezze. Sull'ingresso dell'Acqua- rium oggi si legge un' epigrafe che ricorda l'erezione in Ente Morale dell’Istituto, ma su quella lapide non è ricordato il suo nome e fu scoverta, lui assente ed a sua insaputa ! È stato detto che egli nella questione della Stazione Zoolo¬ gica facesse della personalità : errore. Il suo spirito era troppo alto per poter solamente pensare a cosa di tal fatta. Egli agiva in base ad un ideale e perseguiva quello con tutte le sue ener¬ gie. Si trattava di due ideali in lizza : nobile quello di voler conservare un'istituzione di tradizione familiare, nobile l'altro di voler affermare il principio di “ italianità in terra italiana „. Ora se gl'ideali sono perseguiti da uomini è evidente che gli uomini dovevano combattere per questo ideale. Parve quindi che vi fosse del personalismo Errore. La vita del Monticelli fu tutta una nobile affermazione di correttezza, di signorilità, di superiorità e se ancora può rimanere qualche nube del ricordo, 325 — il tempo farà sempre più alta assurgere la figura di quest'uomo che ebbe un amore forte per la sua città, che difese e volle af¬ fermata l'italianità delle istituzioni sempre e sopratutto oltre i confini. E tutte le volte che vide nei Congressi, o in pubblica¬ zioni scientifiche che non fosse adoperata la lingua italiana egli protestò sempre fino a che non ottenne che la lingua italiana non fosse negletta ma brillasse fra le altre, assisa al banchetto della scienza. L' ultima volta che abbiamo visto il nostro Professore qui, alla Società, fu in occasione delle onoranze che la Società tributò al Prof. Antonio Della Valle, che si ritirava dall’insegnamento per limiti di età. Pronunziò egli il discorso e fu quello l’ultimo discorso. Egli era già sofferente ed il male poco dopo incomin¬ ciò ad incalzare più grave che mai. Si può dire che l' inizio del male apparve in tutta la sua gravità una sera in cui egli venne alla Società per un Consiglio Direttivo. Colpito da un attacco d' asma stette per varie ore in uno stato grave, assistito da molti di noi che temevamo di per¬ derlo da un momento all' altro. Si riebbe per le cure assidue prodigategli dal compianto consocio Enrico Cutolo, che era pre¬ sente. Ma da quella sera le sue condizioni andarono aggravan¬ dosi nonostante tutte le cure assidue di numerosi clinici suoi amici e la ininterrotta, premurosa, affettuosa assistenza della no¬ bile compagna della sua vita. Chi parla trascorse con lui negli ultimi anni una quasi quo¬ tidiana abitudine e negli ultimi tempi passò molteplici ore a tenergli compagnia , a cercare di alleviare il suo malanno , di stordire il suo dolore di vedersi impossibilitato a lavorare e ad assecondarlo a riunire il suo manoscritto che riguardava uno studio sul Lago Fusaro, che egli aveva il desiderio di pubblicare presto. La morte lo colse, inattesa, ed egli lasciò grande rimpianto in noi tutti che lo avemmo amico sempre e conoscemmo ed ap¬ prezzammo le insigni qualità del suo Spirito. Ma la sua memoria è di quelle che non svaniscono. Parlano di lui il nuovo Istituto Zoologico, il Museo Zoologico, la Col¬ lezione Elmintologica Centrale, l'Unione Zoologica Italiana, par — 326 lano di lui l'Annuario del Museo Zoologico, l’Archivio Zoologico, i volumi della Fauna degli Astroni, i 40 volumi del Bollettino della Società dei Naturalisti, i suoi centocinquanta lavori che gli hanno dato fama mondiale e che costituiscono il monumento perenne della sua attività. In una Rivista americana, “Science,, del 1928 si legge : “la Società Elmintologica di Washington ha appreso con profondo cordoglio la notizia della morte del Prof. Fr. Sav. Monticelli, suo membro corrispondente straniero sin dal 1911. La sua elezione fra il primo gruppo di 20 parassitologi stranieri fu un riconoscimento dei suoi alti meriti affermatisi per oltre 40 anni. Egli faceva parte del gruppo illustre cui appar¬ tennero Blanchard, Ijima, Linstow, Looss, Luhe, Manson, Pa- rona, Shipley eletti nello stesso tempo ed ora defunti. Delle sue opere rimane una traccia ben profonda nella scienza, che ne perpetuerà lungamente la memoria. Questa società, nel pagare il degno tributo di ammirazione al suo valore ed alla sua signo¬ rilità, ne piange la dipartita. Nessun migliore monumento per un uomo di quello che erige la posterità, ricordando la sua vita come bene spesa per il progresso delle umane conoscenze,,. E noi che fummo suoi alunni e seguimmo la sua opera, e ammirammo la sua cultura, la sua attività, la sua passione per tutte le cose belle e nobili , ci sforzeremo di seguire le sue tracce e sarà questo Fomaggio più affettuoso che renderemo alla sua memoria che non morrà. Napoli , 6 aprile 1930. Opere di Francesco Saverio Monticelli 1885 Intorno ad una forma di Taphozous raccolto a Buja (Assab) dal Prof. G. B. LICATA. Boll. Soc. Africana, pp. 4, 1 tav. Descrizione di un nuovo Vespertilio italiano. Atti Acc. O. COSTA degli Aspir. Naturalisti, Era 3a, voi. 1, pp. 8, 1 tav. Descrizione di un nuovo Lichomolgus parassita del Mytilus gallo- provincialis. Mem. R. Acc. Naz. Lincei (4), voi. 1, pp. 300-303, 1 tav. (in collaborazione). 1886 I Chirotteri del Mezzogiorno d'Italia. Atti Soc. It. Se. Nat., voi. 28, pp. 46, 1 tav. Ricerche sul seno interdigitale della pecora ( Tesi di laurea). Atti R. Acc. Se. Fis. Mat. Napoli (2), voi. 2, n. 1, pp. 52, 3 tav., 1 fig. Contribution to a knowledge oj South Italian Lhiroptera. Proc. Zool. Soc. London, pp. 88-96. Sulle glandole facciali dei Chirotteri. Riv. Ital. Se. Nat. Napoli, anno 2, pp. 4. 1887 Note elmintologiche. - I. Sul nutrimento e sui parassiti della Sar¬ dina del golfo di Napoli. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 1, p. 4. Sullo sviluppo dei Cesi odi. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 1, Proc. Verb., pp. 60-61. Osservazioni intorno ad alcune specie di Acantocefali. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 1, pp. 19-29, 7 fig. Note chirotterologiche. Ann. Museo Civ. St. Nat. Genova (2), voi. 5, pp. 517-524, 4 fig. Ricerche sullo Scolex polymorphus Rud. ( Contribuzioni allo studio della fauna e limatolo gica del golfo di Napoli). Mitth. Zool. Staz. Neapel, Bd. 8, pp. 85-152, tav. 6-7, 3 fig. — 328 1888 Saggio di una morfologia dei Tr ematodi. (Tesi di pareggiamento in Zoologia nella R. Università di Napoli). Tip. F. Ferrante, pp. 128. Sulla cercaria seti fera Mailer. Breve nota preliminare. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 2, pp. 163-199. Intorno alla Scolex polymorphus. Nota preliminare. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 2, pp. 13-16. Osservazioni sul Bothriocephalus microcephalus Rud. Nota preli¬ minare. Napoli, Tip. F. Ferrante, pp. 4. Materiali per una bibliografia dei Trematodi. Napoli, pp. 18. 188S Notes on some Entozoa in thè collection of thè British Museum. Proc. Zool. Soc. London, 1882, pp. 321-325, tav. 33. Alcune considerazioni biologiche sul genere Gyrocotyle. Atti Soc. It. Se. Nat. Milano, voi. 32, pp. 3. Ancyrocephalus paradoxus Creplin e Revisione del genere Tetraon- chus Diesing. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 3, pp. 113-117. Some remar ks on thè genus Taphozous. Ann. Mag. Nat. Fiist., pp. 487-489. Tristomum uncinatum , n. sp. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 3, pp. 111- 119, tav. 4. Breve nota sulle uova e sugli embrioni della Temnocephala chilen- sis. Atti Soc. It. Se. Nat., voi. 32, pp. 9, 1 tav. Di una nuova specie del genere Temnocephala Blanch. Ectoparas¬ sita dei Cheloniani. Nota. Napoli, Tip. F. Ferrante, pp. 4, 3 fig. Sul sistema nervoso dell’ Amphiptyches urna. Zool. Anz. n. 302, p. 2. Gyrocotyle Diesing. Amphiptyches Grube e Wagner. Atti R. Acc. Lincei (4), voi. 5, pp. 228-280. Elenco degli elmiìiti raccolti dal Gap. G. Chierchia nel Viaggio della Vettor Pisani. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 3, pp. 67-71. Di un Distoma delV Acanthias vulgaris. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 3, p. 132. 1890 Di ima torma teratologica di Bothriocephalus microcephalus Rud. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 4, pp. 128-130 e fig. • Note elmintologiche. II. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 4, pp. 182-208, tav. 8, 5 fig. Elenco degli elminti studiati a Wimereux nella primavera del 1889. Bull. Scient. France et Belgique, Tome 22, p. 417, tav. 22. - 329 - Un mot de response a Mr. Lonnberg. Bull. Scient. France et Belgi- que, Tome 23, pp. 355-357. Il parassitismo animale. Prolusione ad un concorso libero di Elmin¬ tologia. Riv. di Filos. Scient. (2), anno 9, p. 15. 1891 Osservazioni intorno ad alcune forme del Genere Apoblema Dujard. Atti R. Acc. Torino, voi. 26, p. 32, 1 tav. Notizie di alcune specie di Taenia. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 5, pp. 151-174, tav. 8. Di alcuni organi di tatto nei Tristomidi. Parte I. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 5, pp. 110-134, tav. 5-6, 1 fig. (con appendice). Della spermatogenesi nei Trematodi . Nota riassuntiva. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 5, pp. 131-150. Ricerche intorno alla sottofamiglia Solenophorinae Montic. e Crety. Mem. R. Acc. Se. Torino (2), voi. 41, p. 23, 1 tav. (in collabo- razione con C. Crety). 1892 Sul genere Bothrimonus Duvernoy e proposte per una classifica¬ zione dei Castodi. Monit. Zool. Italiano, anno 3, pp. 100-108. Appunti sui Cestodaria. Atti R. Acc. Se. Napoli (2), voi. 5, n. 2, p. 11, 4 fig. Ricerche sulla spermatogenesi dei Trematodi. Int. Monat. f. Anat. Phys. Bd. 9, pp. 1-45, tav. 8-9. Sul nucleo vitellino delle uova dei Trematodi. Comun. preliminare . Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 6, p. 4. Nota intorno a due forme di Cestodi. Boll. Musei Zool. Anat. Comp. Torino, n. 127, voi. 7, pp. 8, 1 tav. Sulla cosidetta subcuticola dei Cestodi. Rend. R. Acc. Se. Napoli. Adunanza del 17 novembre 1892, pp. 9. Notizia preliminare intorno ad alcuni inquilini degli Holothuroi- dea del golfo di Napoli. Monit. Zool. Ital. anno 3, voi. 12, pp. 248-246. Dei Monostomum del Box salpa . Atti R. Acc. Se. Torino, voi. 27, p. 23, 1 tav. Cotylogaster Michaelis n. g., n. sp. Fest. f. Leuck., 1892, pp. 168-215, tav. 21-22, 7 fig. Sul genere Notocotyle Diesing. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 6, pp. 26-46, tav. 1. 1893 Della autotomia negli Holothurioidea. Nota prelim. Napoli, 7 pp. — 330 — Sui cuscinetti glandolavi perianali della Eonycteris spelaea Dobs. Atti R. Acc. Se. Napoli (2), voi. 6, n. 3, p. 24, 1 tav. Sullo Ctenodvilus serratus O. Schmidt. Nota riassuntiva. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 7, pp. 39-44. Prelesione al Corso pareggiato di Zoologia (anno scolastico 1891- 92). Napoli, Tip. F. Ferrante, pp. 30. Primo contributo di osservasioni sui Distomidi. Zool. Jahrb. Ili suppl. Flette, Jena, p. 230, tav. 1-8, 3 fig. Intorno ad alcuni Elminti della collesione del Museo Zoologico della R. Università di Palermo. Natur. Sicil., anno 12, n. 7-9, p. 25, 1 tav. Monostomum cymbium Diesing. Contribusione allo studio de Mo- nostomidi. Mem. R. Acc. Se. Torino (2), voi. 41, p. 47, 1 tav. Disegno di Zoologia sistematica secondo le lesioni dettate nell’anno scolastico 1892-93 nella R. Univ. di Napoli. Napoli, pp. 10. Treptoplax reptans n. g. n. sp., Nota preliminare. Atti R. Acc. Lin¬ cei, Rend. (5), voi. 2, pp. 39-40. 1894 Adelotacta soologica. Studi Mitth. Zool. Stat. Neapel. Bd. 12, pp. 15, tav. 19-20. Si mangiano le Ligule in Italia? Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 8, pp. 40-42. Ancora delle Ligule che si mangiano in Italia Boll. Soc. Nat. Na¬ poli (1), voi. 8, pp. 110-111. 1895 Di un nuovo compressore . Zeit. Wiss. Microsc. Bd. 9, pp. 454- 458, 5 fig. Sulla Fauna di Porto Torres (Sardegna). Comunicasione riassunti¬ va. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 9, pp. 85-91. Osservasioni sulla gestasione , sul parto e sugli invogli fetali di alcuni Chirotteri nostrani. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 9? pp. 93-108, 2 fig. 1896 Di un ematosoo della Thalassochelys caretta Lin. Intern. Monat. f. Anat. u. Phys., Bd. 13, pp. 1-33, tav. 12-13. Contribusioni allo studio degli Anellidi di Porto Torres (Sardegna /. Osservasioni sui Polyophthalmus. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 10, pp. 36-50, tav. 1. Sulla autotomia della Cucumaria planci Briss (v. Marens). Rend. Acc. Lincei, 1896. — 331 1897 Dictiomyxa Trinchesii n. g. n. sp., Risopode marino. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 11, pp. 67-74, tav. 1. A proposito di una Medusa del golfo di Cagliari. Atti R. Acc. Se. Torino, voi. 32, pp. 888-896. 1898 Di un’altra specie del genere Ascodipteron parassita del Rhinolphus clivosus Rup. Rie. Lab. Anat. normale della R. Università di Roma, voi. 6, fase. 4, tav. 9, pp. 201-230. Sulla Temnocephala brevicornis Montic. e sulle Temnocephale in ge¬ nerale. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 12, pp. 72-127, tav. 3-4. Sulla larva di Edwardsia claparedii Panceri. Mitth. Zool. Stat. Nea- pel, Bd. 13, 1-2 Heft., pp. 325-340, tav. 11. 1899 Di una nuova specie del genere Plectanocotyle . Atti R. Acc. Se. To¬ rino, voi. 34, pp. 1045-1053, tav. 1. Sul Tetrabothrium Gerrardi Baird. Atti Soc. Nat. Matem. Modena (4), voi. 1, Ann. 32, pp. 9-26, tav. 1. Il genere Acanthocotyle. Arch. Paras., Paris, voi. 2, n. 1, pp. 75-120, 1 fig. tav. 1-3. A proposito dell' Haplodiscus ussowii Sabussow. Atti Soc. Nat. Matem. Modena (4), voi. 42, pp. 132-133. Di un distoma dell’ Acanthias vulgaris. Nota prel . Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 3, p. 132-133. 1900 Necrologia del Prof. Giuseppe PALMA. Ann. delTanno scolastico 1899- 1900 della R. Università di Napoli, pp. 351-353. La scuola Zoologica napoletana. Giorn. Internaz. Se. Mediche, anno 22, pp. 193-215. Notizie intorno al Museo Zoologico della R. Università di Napoli. Ann. scol. R. Università Napoli, 1899-1900, pp. 71-77, tav. ). Necrologia del Prof. Achille COSTA. Ann. scol. R. Università Napoli, 1899-900, pp. 346-350. Sullo sviluppo dei Peneidi del golfo di Napoli. Mon. Zool. Ital. anno 11, Suppl. pp. 23-31 (in collaborazione con S. LOBIANCO). Sui parassiti del Regalecus Glesne. Mon. Zool, Ital., anno 11, Suppl. pp. 36-37. 332 — 1901 Notizie sulla origine e le vicende del Museo Zoologico della R. Uni¬ versità di Napoli. Ann. Museo Zool. R. Università di Napoli (N. S.) voi. 1, n. 1, pp. 1-40. A proposito di mia nuova specie del genere Epibdella. Boll. Soe. Nat. Napoli, voi. 15, pp. 136-145, 4 fig. Comunicazioni sui Peneidi del golfo di Napoli. Mon. Zool. It . , an¬ no 12, n. 7, pp. 198-201 fin collaborazione con S. LOBIANCO). Uova e larve di Solenocera siphonocera Phil. Monit. Zool. It., anno 12, n. 7, pp. 205-205 (in collaborazione con S. LOBIANCO). Per l’Istituto Zoologico della R. Università di Napoli. 1902 Sui generi Placunella e Trochopus. Monit. Zool. Ital. , anno 13, Suppl. pp. 46-48 (in collaborazione con PARONAC.). Comunicazione su Gongylus ocellatus Wctgl. nell’ex R. Bosco di Por¬ tici. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 16, p. 305. Sulla probabile larva di Aristeus antennatus Risso. Monit. Zool. Ital. anno 13, Suppl., p. 30-31. 1903 Temnocephala digitata. Boll. Soc. Nat. Napoli (1), voi. 16, p. 309. Per una nuova classificazione degli Heterocotylea. Mon. Zool. Ital., voi. 14, pp. 334-336. Osservazioni intorno ad alcune specie di Heterocotylea. Boll. Soc. Nat. Napoli, anno 18, voi. 18, pp. 65-80, 5 fig. Viaggio del Dott. A. BORELLI nel Matto Grosso Vili. Temnocephala macrodactyla n. sp. Boll. Musei Zool. Anat. Comp. Torino, voi. 18, n. 439, p. 3. 1904 Il genere Lintonia Montic. Arch. Zool. It. voi. 2, pp. 117-124, tav. 7. Commemorazione di Giuseppe JATTA. Boll. Soc. Nat. (2), voi. 18, p. 86-99. Sul ciclo biologico delT Ichtyonema globiceps Rudolphi. C. R. 6° Con¬ grès Internat. Zool. Sess. Berne, 1904, pp. 400-401. 1905 Per una rettifica a proposta classificazione degli acantocefali. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 19, pp. 217-218. 333 — Di una Temnocephala della Sesarma gracilipes raccolta nella Nuova Guinea dal Sig. L. Biro. Ann. Hist. Nat. Hung., voi. 3, pp. 21- 24, 2 fig. Su di ' ini Echinovinco della Collesione del Museo Zoologico di Na¬ poli ( Echynorincus rhytidodes Mont.). Ann. Museo Zool. R. Univ. Napoli (N. S.) voi. 1, n. 25, tav. 5. Sul genere Ancyrocotyle , n. g. Àrch. Parasit. , VII, n. 1, pp. 117, tav. 3 (in collaborazione con Parona). Sull* Echynorynchus aurantiacus Risso. Ann. Museo Zool. Napoli, voi. 1, (N. S). Discorso inaugurale pronunziato il 16 aprile 1905 nel V Congresso Zoologico tenuto in Porto Ferraio. Mon. Zool. Ital. anno 16, pp. 191-193. Il gruppo delle Temnocefale. C. R. VII Congr. Intern. Zool. Berna, p. 402. 1906 Per la storia di un Cetaceo arenato stille coste di Ischia nel 1770. Ann. Museo Zool. Napoli, (N. S.) voi. 2, n. 16, pp. 10. La profilassi biologica contro la malaria. Atti R. Ist. Incor. Napoli (6), voi. 3, pp. 6. Pel centenario della Cattedra di Zoologia nella R. Università di Napoli. 1907 Sessualità e gestazione nello Ctenodrilus serratus O. Schm. Comu¬ nicazione preliminare riassuntiva. Atti Congr. Nat. Ital. 1906, pp. 524-526. Per l’inaugurazione del monumento a Salvatore TRINCHESE in Mar¬ tano di Lecce. Discorso. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 22, pp. 119-132. Il genere Encotyllabe Diesing. Ann. Mus. Zool. Napoli (N. S.) voi. 2, n. 20, tav. 10, p. 13. Sul Cotylogaster michaelis Montic. (1892). Ann. Mus. Zool. Napoli (N. S.) voi. 2, n. 15, p. 6, fig. 6. 1908 Il genere Nitschia von Baer. Ann. Mus. Zool. Napoli (N. S.) voi. 2, n. 27, p. 19, fig. 5. Identificazione di una nuova specie del genere Encotyllabe ( Enc . Untomi Montici). Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 22, pp. 86-88, fig. 3. — 334 — 1909 Forma giovane di Aphanarus stossichii. Monit. Zool. Ital. anno 20, n. 2-3, pp. 67-68. Solenne commemorazione di Antonio DOHRN nell Aula Magna della R. Università di Napoli . Napoli, Tip. Giannini, 32 pp. 1910 Calinella craneola n. g. n. sp. Trematode nouveau de la perniile des Udonellidae provenant des Campagnes de S.A. S. le Prince de Monaco. Ann. Inst. Oceanogr. Tome 1, p. 1. Notizia preliminare del rinvenimento di un Nemertino ( Prostoma sebethis n. sp. nelle acque del Sebeto. Rend. Acc. Se. Fis. Mat. Napoli (3), voi. 16, p. 33. Per Salvatore LOBIANCO. Atti R. Ist. Incoragg. La cerimonia inaugurale della statua di Lamarck a Parigi. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 23, pp. 189-191. Sul ciclo biologico dei Cestodi degli Uccelli acquatici. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 24, p. 366 (Comun. verb.). Raphidrilus nemasoma. Nuovo ctenodrilide del golfo di Napoli. Arch. Zool. Ital. voi. 4, pp. 401-436, tav. 12-13, fig. 1. Di un nuovo Ctenodrilide del golfo di Napoli ( Raphidrilus mena- soma n. g., n. sp.). Rend. Acc. Se. Fis. Mat. Napoli. Relazione U. Z. I. Monit. Zool. It. anno 21, pp. 260-263. Discorso commemorativo di Filippo CAVOLINI. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 24, Suppl. pp. 37-52. 1911 La panna del lago-stagno craterico degli Astroni. Monit. Zool. Ital., anno 21, n. 11-12, p. 307. Relazione della minoranza della commissione formata dalle Classi I e II del R. Istituto d’ Incor aggiamento , incaricata- di esa¬ minare il progetto Frieìidldnder per pondare in Napoli un Istituto Vulcanologico Internazionale. Atti R. Ist. Incor. Napoli, voi. 63 (6), pp. 6-10. Sulla istituzione della Commissione internazionale di Zoologia me¬ dica e di una collezione parassitologica centrale in Italia presso l’Istituto Zoologico della R. Università di Napoli [Relazione). Boll. Soc. di Med. ed Igiene coloniale, anno 4, voi. 2. 1912 Commemorazione di Giuseppe Albini. Atti Acc, Pontaniana, voi. 42, (2), Necrologia n. 5, pp. 1-6, — 335 — A proposito di un articolo del Sig. Ivan SOKOLOW su di nuovo cteno- drilide. Zool. Anz. Bd. 39, n. 1. Per V inaugurazione del Corso ufficiale di Parassitologia nell’Uni¬ versità di Napoli. Tip. Melfi e Jole, pp. 4. Nuove osservazioni sulla Vallisia striata Perugia-Parona. Ann. Mus. Zool. Napoli (N. S.) voi. 3, n. 23, tav. 3-4, p. 17, 1 fig. 1913 Fauna degli astroni. - 1. Il cratere degli Astroni nella Campania. Ann. Mus. Zool. R. Univ. Napoli (N. S.) Suppl. pp. 21. Ancora sul Gongylus ocellatus Wagl. nell’ ex R. Bosco di Portici Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 26 (2) pp. 17-19 (Com. Verb). Per una possibile naturalizzazioìie di Axolotl nelle nostre acque dolci. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 29, pp. 13-15 (Com. Verb.). Di una cattura di Erysmatura leucocephala Scp. nel napoletano. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 26, p. 24. Relazione sulla memoria presentata al concorso del Premio Tenore , bandito dall Accademia Pontaniana sul tema « Nuove ricerche sulla rigenerazione epiteliale dei Vertebrati ». Atti Acc. Pont, voi. 43, pp. 1-3. Brevi comunicazioni sulle Temnocefale. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 26, pp. 7-8. Notizie intorno agli Axolotl dell’ Istituto Zoologico della R. Univer¬ sità di Napoli. Rend. Acc. Se. Fis. Mat. Napoli. 1914 Di alcune pretese forme del gruppo delle Temnocefale e nota critica sull* Ordine dei Dactyloda. Rend. Acc. Se. Fis. Mat. Napoli. Ricerche sulla Cercaria setifera Joh. Miiller. Ann. Museo Zoologico Napoli, (N. S.), voi. 4. La Macroglossa ed i fiori delle tappezzerie delle mura. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 25, pp. 185. Sull' Echynorhynchus campilurus Nitsch. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 27, pp. 112-128, tav. 1. Regole Internaz. della Nomenclatura Zoologica . Edizione Uff. Ital. Monit. Zool. Ital. anno 14, pp. 238. 1916 Di una mofeta nel cratere degli Astroni e della fauna che vi si rinvenne (in collaborazione con Simotomai Tnakadate). Atti R. Acc. Se. Fis. Mat. voi. 16, 15 p., 1 tav. Di un curioso caso di inquinilismo di un Oligochete nell' Ammocoetes di Petromyzon pianeri. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 99, pp. 59-61. — 336 — Descrizione del Prostoma sebethis Montic. Arch. Zool. Ital. voi. 8, pp. 401-423, tav. 16. 1917 Nuove notizie intorno agli Axolotl dell' Istituto Zoologico di Napoli. Rend. Acc. Se. Fis. Mat. Napoli. Di un caso di parassitismo accidentale di Limnatis nilotica Savi- gny nell’Uomo. Boll. Soc. Nat. Napoli, voi. 30, pp. 124-129. 1918 Paolo DELLA Valle {Commemorazione) . Rend. Acc. Se. Fis. Mat. Na¬ poli, voi. 24, (3). Carlo PRAUS-FRANCESCHINI ( Commemorazione ). Boll. Soc. Nat. Na¬ poli, voi. 31, pp. 3-7, con ritratto. 1921 Della particolare maniera di incubazione delle uova da parte del- l'Octopus vulgaris Lmk. Pubbl. Staz. Z. Napoli, voi. 3, pp. 187- 190, tav. 7. 1922 Relazione sulla Memoria presentata al Concorso per il premio Ca- volini De Mellis sul tema : Ricerche sul « Zoobothrium pellu- cidum ». Atti Acc. Pontaniana. 1925 Sulla Balaenoptera acuto-rostrata Lacepède {1804) presa a Lacco Ameno (Ischia). Boll. Soc. Natur. Napoli, anno 34. 1926 In onore di Antonio Della VALLE. Discorso. Boll. Soc. Nat. Napoli. 1927 Dopo venticinque anni. Discorso. Rendic. Conv. Unione Zool. Ital. Bologna, 1926, pp. 4. Finito di stampare il 30 aprile 1930. Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli Rendiconti delle Tornate ed Assemblee Generali (PROCESSI VERBALI) - 23 - PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE ORDINARIE ED ASSEMBLEE GENERALI Processo verbale della tornata del 16 marzo 1929. Presidente : PlERANTONI. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Salti, Caroli, Gargano, Jucci , Colosi , Marcucci, Fedele, Foà, Platania, Viggiani, Carobbi, Zambonini, Fiore, De Fiore. La seduta è aperta alle ore 18 in seconda convocazione. Il Presidente commemora il socio Scacchi, ed informa l’Assem¬ blea che il C. D. ha inviato le condoglianze alla famiglia ed ha par¬ tecipato ai funerali, e dice che a suo tempo sarà fatta la commemo> razione. Il Segretario comunica i nuovi cambi e le pubblicazioni perve¬ nute in dono. Il socio De Fiore legge tre suoi lavori : Le Meteoriti del Museo miìieralogico della R. Università di Napoli ; Conpronto fra il piu - viometro ed il pluviometro totalizzatore di Nicolosi ( Etna ) ; La pioggia nelle Isole Eolie e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Sono ammessi a soci ordinari residenti i signori Prof. G. D’Erasmo e Ing. P. Ruggiero e a socio ordinario non residente il Prof. U. d’Ancona. La seduta è tolta alle ore 19. Processo verbale dell’Assemblea generale e Tornata ordinaria del 25 aprile 1929. Presidente : PlERANTONI. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Candura, Platania, Augusti, Carobbi, Fedele, Ranzi, Rodio, Caroli, Quintieri, Milone, Police, Marcucci, De Fiore , Zam¬ bonini, Baronessa Monticelli. La seduta è aperta alle ore 17,45 in seconda convocazione. Il Presidente comunica i ringraziamenti dell’ Ing. Ruggiero per la sua nomina a socio ordinario residente, — IV — Comunica inoltre che il Consiglio Direttivo ha proceduto alla nomina delle cariche sociali, incaricando dell’ufficio di vice Segretario il socio Salti, confermando Bibliotecario il socio Parascandola , cas¬ siere il socio Marcucci e affidando la redazione del Bollettino al socio Caroli. Il Segretario legge il processo verbale della seduta del 16 marzo 1929 che è approvato. Il Segretario, a nome del socio Palombi, legge un lavoro di que¬ sti su : Gli apparecchi copulatovi dei Policladi Acotilei e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino a nome dell’Autore. Il Presidente espone all’Assemblea lo stato delle pratiche per la consegna dell’eredità de Mellis e la situazione nei riguardi del Bilan¬ cio sociale: chiede perciò all’Assemblea sei mesi di esercizio provvi sorio , fino a tutto giugno. Messa ai voti la proposta è approvata all’unanimità. Il Segretario uscente legge la relazione sull’ andamento sociale pel 1928. Egregi Consoci, Eccovi la consueta relazione su quanto il Consiglio Direttivo coa¬ diuvato dai soci, ha espletato nel decorso anno 1928 : Soci. — Le lunghe pratiche presso gli Uffici competenti del Mini¬ stero per l’approvazione delle nuove norme statutarie, approvate dal¬ l’Assemblea del 20— I II— 27 hanno avuto termine nel decorso anno, sicché il numero dei soci , che giusto il deliberato del Consiglio Direttivo era rimasto immutato per diverso tempo, è stato nuovamente incrementato con l’ammissione, nell’ultima assemblea generale del 31 dicembre 1928, di quattro nuovi soci, (1 residente e 3 non residenti). Ma nel decorso anno un socio è venuto a mancare. Il socio L. Marcello spentosi nell’aprile scorso. Sono stati commemorati i soci Capobianco dal socio Police ed il socio Chistoni dal socio Platania. Tornate. — La Società ha tenuto, nel 1928, 6 tornate e 2 assem¬ blee generali. Nelle tornate ordinarie sono stati letti numerosi lavori da parte dei soci delle due categorie e fatte comunicazioni verbali e relazioni sulla stampa scientifica. Attività scientifica. — I lavori letti nelle tornate sono stati 14 oltre 2 comunicazioni verbali così ripartite: Zoologia 6 ; Fisica terrestre 4 ; Geologia 3; Fisiologia 1. V — Il socio Police ha presentato un lavoro sulle « Fossette neuro- blastiche nell’abbozzo del sistema nervoso dello Spnrassus». Il socio Zirpolo ha letto una nota : « Su due mie note sui Briozoi ». Il socio Fedele ha letto un lavoro « Sullo sviluppo larvale dei Phyllirho'idae ». Il socio Platania ha presentato un lavoro su « Osservazioni di ot¬ tica atmosferica eseguite in Catania e Napoli ». Il socio Imbò ha presentato una nota su « Radiazione solare e vapore acqueo». Il socio Andreotti ha comunicato alcune sue : « Ricerche plu¬ viometriche ». La socia Maio ha riferito su esperienze di « Conducibilità elettrica e potere refrangente dell’acqua marina ». Il socio Jucci ha letto un lavoro su « Esperienze di somministra¬ zione di sostanze cerose nell’organismo ». La socia Torelli ha illustrato alcuni « Isopodi del Golfo di Napoli ». Il socio De Fiore ha riferito « Sull'esplorazione geologica di Pantelleria ». Il socio Parascandola ha comunicato sue osservazioni « Sulle produzioni cruciformi dell'eruzione vesuviana del 1660 » e «Sulla magnetite di Procida». Il socio Salfi ha fatto una relazione sugli « Ortotteri di Pantel¬ leria raccolti dal socio De Fiore». Il socio Pierantoni ha fatto una comunicazione verbale sulla « Ba¬ lenottera arenata sulla spiaggia di S. Giovanni a Teduccio ». Bollettino. — Il Bollettino che sarà fra giorni distribuito ai soci è un volume di circa 300 pagine con numerose tavole e figure nel te¬ sto ed è diviso in tre parti. Una prima raccoglie le comunicazioni dei soci, una seconda le commemorazioni ed infine la terza i verbali delle adunanze, l’elenco dei soci, dei cambi e delle pubblicazioni per¬ venute in dono. Biblioteca. — Anche nel decorso anno la Biblioteca si è andata sempre più arricchendo. Sono stati fatti legare numerosissimi volumi e molte collezioni, per l’amorevole interessamento del Bibliotecario Dott. Parascandola, degno della più sincera lode, sono state comple¬ tate, richiedendo i fascicoli e volumi mancanti. Sono stati fatti rinnovare e trasformare molti scaffali provenienti dall’ Eredità de Mellis nei quali troveranno posto le collezioni di VI libri ed estratti lasciate in dono alla Società dai soci Monticelli e De Rosa. Per quanto si riferisce alla parte finanziaria la Società ha attra¬ versato un periodo di transizioni per tutte le pratiche inerenti alla definitiva sistemazione dell’Eredità de Mellis e quindi il C. D. ha am¬ ministrato con bilancio provvisorio in seguito a mandato di fiducia conferitogli dall’assemblea. Ma oramai la lunga serie di peripezie le¬ gali volge alla fine perchè tra non molto tutto quanto si riferisce alla consegna ed alla sistemazione della eredità sarà definitivamente ultimato. Egregi Consoci, Nel lasciare il posto che due anni or sono mi fu dalla vostra be¬ nevolenza e fiducia affidato permettetemi che io vi esprima i miei vivi ringraziamenti e lasciate che ancora una volta io esprima V au¬ gurio che la nostra Società abbia sempre più a prosperare e si affermi sempre prima tra le sue numerose consorelle per tenere alto il nome che le ha conferito la sua lunga e nobile tradizione. La seduta è tolta alle ore 19. Processo verbale dell’Assemblea straordinaria e Tornata ordinaria del 23 maggio 1929. Presidente : PlERANTONl. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti: Salfi, Caroli, Augusti, Platania, De Fiore, Candu- ra, Marcucci, Milone, Rodio, Cavara, Police, Palombi, Califano, Fiore, Fedele, Baronessa Monticelli. La seduta è aperta alle ore 18,10 in seconda convocazione. Il Segretario legge il processo verbale della tornata precedente che è approvato. Il socio De Fiore legge un lavoro dal titolo : Meteorologia e Idrografia dell Etna - Il vento nella regione inferiore del Monte e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il Segretario a nome del socio Jucci legge un lavoro di que¬ st’ultimo dal titolo: Esperienze sul potere coagulante dell' estratto di zecche (Rhizicephalus sanguineus) e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino a nome dell’Autore. Il socio Platania legge un lavoro sulle : Meteore ottiche osser¬ vate in Napoli nel 1928 e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino, VII Il Presidente comunica che riguardo al premio Della Valle il Con¬ siglio Direttivo ha stabilito che detto premio venga conferito, col 1° gennaio 1930, al migliore lavoro di Biologia (Zoologia e Anatomia com¬ parata) pubblicato o manoscritto, purché non presentato in altri con corsi, eseguito durante il biennio 1928-1929. Il Presidente mette ai voti tale proposta che è approvata all’una¬ nimità. Il Presidente legge il regolamento per la borsa di studio Cavolini de Mellis in conformità del testamento della Baronessa Olimpia de Mellis ponendo in votazione i singoli articoli. A proposta del socio Fedele si stabilisce di lasciare il regola¬ mento in segreteria, perchè i soci possano prendere visione di esso per poter discutere ed approvarlo in una prossima assemblea. Il socio Cavara desidera che i premi si diano a studenti appas¬ sionati delle Scienze naturali e che dimostrino spirito naturalistico. Il Presidente fa notare che di ciò la Società non può occuparsi poiché il giudizio di merito dei singoli candidati è devoluto per il disposto del testamento alla Facoltà di Scienze dell’Università. La seduta è tolta alle ore 19,30. Processo verbale delFAssemblea e Tornata ordinaria del 15 giugno 1929. Presidente : PlERANTONI. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Milone, Marcucci, Platania, Caroli, D’ Erasmo, Candura, Salfi, Ranzi, Augusti. La tornata è aperta, in seconda convocazione, alle ore 17. Il Presidente nell’aprire la seduta comunica all’assemblea le gravi condizioni di salute del socio Cutolo e fa voti per la sua guarigione. Il Segretario legge il processo verbale della tornata precedente che è approvato. Comunica le pubblicazioni pervenute in dono. Il socio Zirpolo legge un lavoro : Sul sistema nervoso degli Asteroidi e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il Presidente legge il « Regolamento » per le borse di studio Ca¬ volini de Mellis in conformità del testamento della Baronessa Olimpia de Mellis 16 luglio 1921. Il Presidente pone in votazione i singoli articoli del detto rego¬ lamento che sono approvati. La tornata è tolta alle ore 18.45. — Vili — Processo verbale dell’Assemblea straordinaria e Tornata ordinaria del 28 luglio 1929. Presidente : PlERANTONI. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Rodio, D'Aquino , Biondi , Ruggiero , Platania, Quintieri, Mingioli, Marcucci. La tornata è aperta alle ore 17,30 in seconda convocazione. Il Segretario legge il processo verbale della tornata precedente che è approvato. Il Presidente comunica la morte dei soci Cutolo e Cavara, immaturamente scomparsi ed annunzia che la Società ha preso parte alle onoranze alle salme con manifesti e corone di fiori. Si sofferma a parlare del socio Cutolo , delle sue benemerenze verso la Società che lo dichiarò benemerito. Durante la sua presidenza procurò tali fondi da poter fare avere alla Società una sede decorosa. Il Prof. Cavara morto negli ultimi giorni dello scorso giugno fu dal 1906 socio affezionato alla Società, ne fu Presidente e vi portò in discus¬ sione molte questioni riguardanti l’Orto botanico e la conservazione del patrimonio forestale nell’ Italia meridionale. Questi due soci sa¬ ranno commemorati degnamente. Il socio Rodio chiede la parola per proporre che la Società fac¬ cia un voto perchè il Prof. Cavara trovi posto nel recinto degli Uo¬ mini Illustri del nostro Cimitero. Non vuole tessere l’opera scientifica del Cavara, ma rievoca in brevi parole la grande attività dell’insigne estinto, la sua profonda competenza botanica e l’alta considerazione in cui era tenuto il Cavara in Italia e all’Estero. Il Presidente dice che la proposta del socio Rodio trova 1’ approvazione incondizionata di tutti. Il Presidente comunica i bandi di concorso a borse di studio dell’ eredità de Mellis, e quello pel Premio Della Valle. Il Presidente chiede all’ assemblea F autorizzazione per altri tre mesi di amministrazione con esercizio provvisorio. La proposta è approvata. Il socio Zirpolo legge tre lavori : Studii sulla bioluminescenza batterica. IX. Azione delle basse temperature ; Nuovo caso di sim - biosi fra Dromia vulgaris e Ascidia mentula ; Notizie descrittive e sistematiche su Microcordyla asteriae e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. — IX — Ì1 Presidente invita il socio D’Aquino, revisore dei conti a leg¬ gere la relazione sul Bilancio consuntivo 1928 che è approvata all’u¬ nanimità. Il Presidente legge i vari capitoli del Bilancio consuntivo 1928 che è approvato ad un’unanimità. Il socio Platania fa una comunicazione : Sul Lago di Averno e propone che la Società si faccia promotrice di uno studio completo dei 5 laghi flegrei. Il Presidente trova giusta la proposta del socio Platania ed anche attraente, senonchè bisognerebbe che la Società fos¬ se aiutata a trovare i fondi e invita il socio Platania, per una pros¬ sima tornata, ad esporre le proposte concrete per tale studio. Il socio Platania ringrazia. Si mette in votazione V ammissione a socio ordinario residente del Dottor Antonino Romeo che è ammesso. Il Presidente nel togliere la seduta augura ai soci buone vacanze. La seduta è tolta alle ore 19. Processo verbale della Tornata ordinaria del 28 novembre 1929. Presidente : PlERANTONI. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Foà, Platania, Fiore, Sereni, Salfi, Colosi, Caroli, Pellegrino , Rodio , Ranzi , Marcucci , Signore , Police, D’Erasmo, Cerone. La tornata è aperta alle ore 17,30 in seconda convocazione. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Presidente saluta i soci intervenuti alla prima tornata dopo le vacanze e li invita ad essere assidui. Parla dei Premi Cavolini de Mellis e legge i nomi dei concor¬ renti. Comunica che la commemorazione del socio De Rosa sarà te¬ nuta dal socio Colomba nella prima metà di dicembre e che la com¬ memorazione del socio Monticelli sarà fatta dal socio Zirpolo nei primi mesi del prossimo anno. Il Presidente informa i soci che per i nuovi accomodi dei locali sociali le tornate dovranno tenersi nell’ Istituto Zoologico che egli mette a disposizione della Società. La socia Fiore M. legge un lavoro dal titolo : Di un nuovo asco - micete Ochraceospora Cavarae n. g. (Fusarium alocasiae n. sp.) causa di marciume radicale e del fusto in piante di Alocasi a odora e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Legge inoltre una nota X dal titolo : Peli al posto di squame su foglie dicotome di Polypo- dium perforatimi e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Zirpolo legge un lavoro dal titolo : Forme ipotipiche rare di Ofiuroidi rinvenute nel golfo di Napoli e ne chiede la pub¬ blicazione nel Bollettino. Il socio Platania fa una comunicazione verbale : Sulla traspa¬ renza delle acque ad alta quota. Il socio Sereni fa una comunicazione verbale su : Di un ovario aberrante di rana. Sono ammessi a socio ordinario residente il Dott. Pietro Catan¬ zaro e la Dott. Laura Gambetta a socia ordinaria non residente. La tornata è chiusa alle ore 18,50. Tornata straordinaria del 15 dicembre 1929. Commemorazione del socio Prof* Francesco De Rosa Presidente : PlERANTONl. Segretario : ZiRPOLO. Sono presenti i soci Parascandola, Salfi, Forte, Augusti, Signore, Malladra, Mingioli, Ruggiero, Monticelli G., Cerone, Gargano, Plata¬ nia, Rodio, Torelli, Fiore, Zirpolo, Caroli, Milone, Colomba, Pomilio, Maione. Assistono oltre la Baronessa de Rosa Piscicelli, l’Avv. B.ne Andrea de Rosa e signora, la signora Maria Cosenza de Rosa, ancora i seguenti Signori e Signore : Gli Orfani della Colonia Agricola di Somma Vesuviana, Rag. Vitelli, Prof. Vincenzo Diamare, Prof. Minervini Raffaele, Gurgo di Castelme- nardo Conte Matteo, De Masi Eduardo, Antonio Corvino, Ida Sersale, Dr. Aurelio Viglia, Avv. Comm. Roberto d’Orso, G. Palanza, Principe di Caposele, Prof. F. Campanile, Prof. N. Ferrara, Prof. A. Romano, Conte P. Caracciolo, M. Colomba, Comm. Ing. C. Martinez, Avv. A. Avallone, G. Morani per la Cattedra Ambulante di Agricoltura, Prin¬ cipe di Santaseverina, Ing. Chioccarelli e signora, G. Camagna, Ugo Bencini, Prof. A. Trotter per l’Istituto Superiore di Portici, Dr. M. Mo¬ rani, Dr. R. Dentice d’Accadia, G. Piscicelli, E. Antonucci, Avv. Re¬ nato Casertano e signora, signora Italia Carbone, signora Gargano, sig. Mario Carbone e signora, Ferdinando Califano. Aderirono con lettere i soci D’Avino , ed i Proff. De Cillis , Ro¬ manelli e Giordani. Il Presidente, nel dare la parola al socio Dr. Colomba per coni- memorare il socio B.ne Prof, de Rosa, pronunzia le seguenti parole ; — XI — Egregi Consoci, Signore e Signori, II rito che oggi qui ci raccoglie, socii e non socii del glo¬ rioso sodalizio che ci affratella , la commemorazione dell' indi¬ menticabile amico e socio fondatore, il Barone Prof. Francesco de Rosa, si compie a due anni dalla scomparsa di lui. Molto tempo è trascorso, assai più di quanto il suo attaccamento alla Società , la sua diligente cura per la vita sociale , il nostro af¬ fetto per lui consentissero. Ma non fu nostra negligenza , fu il volere di un tristissimo fato , che in un breve volger di tempo ci tolse ben sette dei nostri socii più autorevoli ed anziani. In men che un biennio scomparvero : Ciro Chistoni, più volte vice presidente e componente del Consiglio Direttivo, Francesco de Rosa, socio dal 1882 e più volte presidente, Fr. Sav. Monticelli, fondatore anche lui e grande animatore della vita sociale, Leo¬ poldo Marcello, socio anzianissimo (1900) e più volte consigliere, Eugenio Scacchi, socio dal 1889, Enrico Cutolo, socio dal 1896, anche lui presidente e benemerito di ogni nostra attività. E mentre attendevamo che Fridiano Cavara ci parlasse dei meriti scientifici di Colui di cui oggi onoriamo la memoria , Fridiano Cavara, nostro vecchio socio e già presidente, scomparve quasi improv¬ visamente per fulmineo malore! Il duro destino ha voluto abbattere in pochi mesi quanto vi era di meglio fra noi, onde noi, superstiti, atterriti dovemmo riformare le nostre decisioni , trovare nuovi socii che potessero parlarci degli scomparsi e solo oggi , alla ripresa dei nostri la¬ vori possiamo riprendere la serie delle commemorazioni. In tale occasione a questo folto nucleo d'illustri colleghi, a questo stuolo di menti elette corre oggi il nostro pensiero rive¬ rente, mentre il nostro cuore palpita d'amaro rimpianto ! Non è mio compito di parlarvi dei meriti di Francesco de Rosa; più competente di me ne rievocherà la figura di studioso il dott. Giuseppe Colomba suo allievo e compagno di lavoro. Voglio solo ricordarvi chi fu il de Rosa per la nostra Società e che cosa la nostra Società fu per lui. Naturalista nell'anima, naturalista vero, di quelli che si fanno in campagna, nel contatto diretto col mondo vegetale e nella XII pratica quotidiana delle colture, egli portò fra noi costantemente il risultato dei suoi studi con la sua parola bonaria, dotta e leale. Fra le cure assillanti della vita soleva considerare la Società come una vera ricreazione dello spirito. Immancabile alle sedute assiduo ai consigli, sollecito delle cure sociali durante i suoi periodi di presidenza, noi ci eravamo assuefatti a considerare il Barone, il nostro Barone, come un elemento quasi necessario alle nostre discussioni. Ciò può spiegare il senso di accorato terrore in cui ci ha lasciato la sua improvvisa, inopinata scomparsa. Ma la figura di Francesco de Rosa non è di quelle che si dimenticano o che svaniscono con la morte. Il suo spirito nobile aleggia sempre fra noi, la sua parola bonaria ma tenace nei pro¬ positi, il suo entusiasmo per gli studi e pel progresso scientifico ed economico nazionale, per il bene della nostra Società ci sono sempre presenti e ci guidano ancora nel nostro diuturno lavoro. Per la nostra prosperità formulo l'augurio che i giovani che, sorti ora, vengono ad ingrossare le nostre file e che ebbero la ventura di conoscerlo , scelgano in lui un mirabile esempio da imitare ! Processo verbale della Tornata ed Assemblea generale del 18 gennaio 1930. Presidente ff. : POLICE. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Zambonini, Foà, Forte, Carobbi, Platania, De Fio¬ re, Ranzi, Cerone, Bakunin, Marcucci, Caroli, Fedele, D’Erasmo, Rug¬ giero, D’Aquino, Salfi, Catanzaro, Guadagno G., Torelli, Majo, Ves- sichelli, Parascandola, Califano. La tornata si apre alle ore 17,30 in seconda convocazione. Si legge e si approva il processo verbale della Tornata precedente. Il Segretario presenta le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente comunica che il giorno 15 dicembre fu tenuta dal socio Dr. Colomba la commemorazione del socio De Rosa con note¬ vole intervento di soci e d’invitati e dice che la commemorazione del socio Monticelli sarà tenuta nella prima decade del mese di aprile. Comunica che al premio « Antonio e Paolo Della Valle » è stato presentato un solo lavoro. Dice che nel prossimo Consiglio sarà riu¬ nita la Commissione giudicatrice. XIII Comunica che i titoli presentati dai candidati ai premi Cavolini de Mellis furono , a norma del Regolamento, inviati alla Facoltà di Scienze Naturali e se ne attende l’esito. Il socio Ruggiero legge un lavoro dal titolo: Un nuovo pluvio¬ grafo e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Carobbi, legge un lavoro dal titolo: Sulla possibilità di una sostituzione parziale del cloruro di piombo con cromato di piombo nelle Piromorfiti, Vanadiniti e Mimetìti e ne chiede la pub¬ blicazione nel Bollettino. La socia Torelli legge un lavoro dal titolo : Cymodoce erythraeà Nobili e Cymodoce Dellavallei TORELLI e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Police legge un lavoro dal titolo : Il sistema nervoso e la segmentazione del corpo degli Aracnidi e ne chiede la pub¬ blicazione. In merito alla proposta di rinvio delle elezioni delle cariche so¬ ciali il Presidente dà alcune delucidazioni circa la condizione in cui s’è venuta a trovare la Società in seguito all’ eredità de Mellis. Egli dice che appena quest’anno si é potuto entrare in possesso delFEre- dità e che vi sono pratiche in corso di natura tale da far pensare ad alcuni soci di rinviare le elezioni e di pregare il Prof. Pierantoni di rimanere ancora per un biennio per la completa sistemazione del pa¬ trimonio De Mellis. Legge una lettera del socio Platania ed un voto fatto tenere da uno dei soci più anziani della Società il Prof. Oreste Forte: «L'Assemblea della Società dei Naturalisti di Napoli riunita il gior¬ no 18 gennaio 1930, considerato che l’attuale Consiglio Direttivo ha con mirabile zelo e lodevolissima premura iniziate e seguite le deli¬ cate e complicate pratiche per la sistemazione della eredità De Mellis e che siffatta sistemazione, per poter essere nel modo migliore defi¬ nitivamente raggiunta, sarebbe sommamente agevolata da un’ oppor¬ tuna continuità ed uniformità d’azione, e di criterii, che mal risenti¬ rebbe da una parziale rinnovazione del Consiglio medesimo e parti¬ colarmente dalla sostituzione del suo Presidente, delibera di confer¬ mare integralmente nelle proprie singole cariche gli attuali compo¬ nenti del Consiglio Direttivo per il prossimo biennio, sicura di inter- petrare in tal modo il desiderio anche di quei socii, i quali sareb¬ bero stati eventualmente designati per la sostituzione delle cariche uscenti ». Il Presidente apre la discussione sull’argomento. Il socio Zambonini crede che un voto del socio Forte debba es- — XIV — sere approvato per acclamazione senza chiederne ulteriore discussione in omaggio al Consiglio che si è reso tanto benemerito. Il Consiglio di Presidenza si astiene. L’assemblea approva ad unanimità Lordine del giorno Forte. Il Presidente Police ringrazia i socii della prova di stima e fi¬ ducia e simpatia data al Consiglio e chiude la seduta alle ore 19. Tornata straordinaria del 6 aprile 1930. Commemorazione del Socio Benemerito Prof. FR. SAV. MONTICELLI Presidente : PlERANTONl. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Forte, Mingioli, Parascandola, Fiore, Augusti, Fe¬ dele, Cerone, Gargano, Giordani F., D’Erasmo , Platania , Ruggiero, Trezza, Palombi, Torelli, Cutolo Claudia, Cietzel , Bakunin M., Gua¬ dagno M., Guadagno G., Marcucci, Pellegrino, Rodio, Finizia, Ranzi, Colosi, Milone, Caroli E., Police G., Zambonini, Catanzaro, Candura G., D’Aquino L., Signore F., Caldano, la Baronessa Monticelli D’ Af¬ flitto , D’Avino, Alfano G. B., Salvi, Sbordone A., Sbordone D., D’E- milio, Foà, Iroso, Viggiani, Volpicelli. Intervennero il Rettore Magnifico della R. U. prof. Bruschettini, i proff. Marfori, Sannia, Trotter, i proff. della Facoltà di Scienze , la Marchesa Carignani, la Baronessa De Rosa Piscicelli, la Baronessa De Rosa di Castro , il Barone Andrea De Rosa, il sig. R. Monticelli , il prof. Federico Celentano , A. Dohrn, M. Palombi, M. Cuomo, S. Pa¬ lombo, L. Cuomo, F. Cuomo, S. Cutolo, Carlo di Nella, il Marchese G. Carignani, F. Gola, Maggiore A. Aveta, Prof. A. Romano, E. An¬ tonucci, A. Antonucci, Sig. Randaccio, Dr. Gasparini, Prof. Vincenzo Diamare, Morelli, B. Gemos, F. Cortese. Aderirono con telegrammi : A. Giardina , Direttore dell’ Istituto Zoologico di Palermo ; L. Castaldi, Direttore dell’ Istituto Zoologico della R. U. di Cagliari ; R. Grandori, Direttore dell’ Istituto Entomo¬ logico di Milano. Con lettere: i proff. R. Issel, Direttore dell’Istituto di Zoologia di Genova ; il prof. Antonio Della Valle; il prof. Miche¬ langelo Schipa; il prof. A. Senna, Direttore dell’Istituto di Zoologia R. U. Firenze ; il prof. G. Cotronei, Direttore dell’ Istituto di Anato¬ mia Comp. R. U. di Roma; L. Cognetti De Martiis , Direttore del¬ l’Istituto di Anatomia e Fisiologia comparata R. U. Genova ; E. Gia- comini, Direttore dell’ Istituto di Anatomia comparata R. U. Bologna ; la prof. Laura Gambetta di Torino, ecc. ecc, — XV — Il Presidente prima di dare la parola al socio Zirpolo pronunzia le seguenti parole : Una strana, ma opportuna combinazione, i lavori di restauro dei locali della Società a Mezzocannone, ci dà oggi l’opportunità di rie¬ vocare la memoria di Francesco Sav. Monticelli proprio in questa aula che egli istituì per un provvisorio adattamento (provvisorio ahimè come molte cose nostre che restano tali in maniera pressoché defi¬ nitiva !), proprio in quest’aula che per circa un trentennio ascoltò la sua voce, che trasmise i tesori del suo sapere a più generazioni di studenti e di studiosi 1 Successore del nostro grande estinto e modesto continuatore della sua opera, che ha dato alla nostra Università uno dei più grandi isti¬ tuti zoologici del mondo, sono lieto che la mia qualità di Presidente della Società dei Naturalisti di Napoli mi dia oggi la occasione di dare la parola ad uno dei giovani e valorosi cultori delle scienze che il Monticelli coltivò, per illustrarne la grande figura di uomo , di scienziato e di organizzatore. Non è mio compito qui di commemorare l’estinto , ciò che già più volte in altre sedi ebbi l’onore di fare. Lasciate tuttavia che fra queste mura, che risuonano ancora della sua voce viva e suadente e che riflettono ancora la sua meravigliosa attività di studioso e di a- postolo di ogni buona e nobile azione, io rivolga a Lui il mio me¬ sto saluto, con desolato affetto di amico ed accorato rimpianto di discepolo ! « BORSE DI STUDIO E PREMII Borse di studio Cavolini -de Mellis Regolamento per l’ assegnazione delle borse di studio a stu¬ denti della Facoltà di Scienze Naturali della R. Università di Napoli in conformità delle disposizioni testamentarie della Bar.**a Olimpia de Mellis approvato dall’Assemblea del 15 giugno 1929. Art. I. — In adempimento agli obblighi derivanti dal testa¬ mento della Bar.ssa O. de Mellis in data 16 luglio 1921, la Società dei Naturalisti di Napoli bandisce annualmente concorsi per borse fra gli studenti di Scienze della R. Università di Napoli. Art. II. — I concorsi saranno banditi in favore degli stu¬ denti iscritti per la laurea in Scienze Naturali del 3° o 4° anno. Potranno però essere banditi concorsi per borse in favore di studenti del 1° anno di scienze naturali a titolo di incoraggia¬ mento alla iscrizione alla facoltà. In tal caso ciascuna borsa sarà corrisposta in due rate, in ciascuno nei primi due anni di corso. In mancanza di concorrenti o di meritevoli sarà bandito un nuovo concorso a favore degli iscritti per la laurea in chimica e per la laurea in fisica. Art. III. — Il Consiglio Direttivo della Società dei Natura¬ listi non più tardi del 31 agosto di ogni anno presenterà all’As¬ semblea dei socii lo schema del bando di concorso , dopo di avere accertata la somma effettivamente disponibile per le borse di studio. L’ assemblea delibererà a maggioranza di voti fra i presenti assumendo così la responsabilità che il bando di con¬ corso sia fatto in perfetta rispondenza con le norme dettate nel presente Regolamento. - 23 - XVIII Art. IV. — I concorsi potranno essere banditi anche ogni due anni, qualora il Consiglio Direttivo stimasse opportuno di elevare la somma corrispondente a ciascuna borsa. Art. V. — Il bando di concorso firmato dal Presidente e dal Segretario della Società dei Naturalisti di Napoli, dopo l'ap¬ provazione dell’Assemblea dei Sodi, sarà affisso nell'albo pre¬ torio della Società dei Naturalisti, nell'albo pretorio dell'Univer¬ sità di Napoli ed in tutte le sale d’ingresso precedenti le aule e i laboratori scientifici universitari o non (statali o parastatali) frequentati dagli studenti di Scienze Naturali e ad abundantiam il bando di concorso sarà pubblicato dai giornali di Napoli : il Mattino, il Roma ed il Mezzogiorno. Art. VI. — Il bando dovrà in massima essere conforme al seguente modulo : 5ocietà dei Naturalisti ài Napoli Borse di studio Cavolini - de Mellis Bando di concorso per Vassegnazione di borse di studio fra gli studenti di scienze naturali in adempimento delle disposizioni testamentarie della Bar.ssa Olimpia de Mellis. 1) — È aperto un pubblico concorso, in adempimento agli obblighi derivanti alla Società dei Naturalisti di Napoli dal testamento in data 16 luglio 1921 della Bar.ssa Olimpia De Mellis, per l' assegnazione di numero _ borse di studio fra gli studenti della R. Università di Napoli e propriamente fra gli studenti iscritti al corso per il conseguimento della laurea in scienze naturali (1° bando) od in chimica e fisica (2° bando e- ventuale). Ciascuna borsa di studio sarà di lire italiane _ pa¬ gabili dal Cassiere della Società dei Naturalisti non oltre il 1° gennaio dell'anno successivo a quello del bando del concorso. 2) — Coloro che trovandosi nelle condizioni indicate nel n. 1 di questo bando vogliano concorrere, dovranno , non più tardi del 30 settembre presentare alla Segreteria della Società — XIX — dei Naturalisti di Napoli (Via Mezzocannone, aperta dalle ore _ alle ore _ ) la domanda in carta semplice al Presidente della Società, con 1' indicazione del preciso recapito del concorrente, corredata dai seguenti documenti : a) certificato di cittadinanza italiana ; b) certificato del Rettore della R. Università di Napoli attestante che il concorrente è iscritto al 2° o 3° anno di corso, con l'indicazione altresì dei punti riportati nelle singole prove di esami eventualmente superati. Per quelli che aspirano a con¬ seguire una borsa per iscritti al 1° anno di corso è data fa¬ coltà di presentare la domanda fino al 30 novembre, allegando il certificato d'iscrizione all'Università ed i titoli di studio se¬ condarii coi punti riportati negli esami di stato nel gruppo scienze. Oltre questi documenti di obbligo, il concorrente può pre¬ sentare qualunque altro documento attestante la diligenza nello studio od anche una speciale attitudine alle ricerche scientifiche, sia riguardante i corsi di studio preuniversitari come quelli u- niversitari o qualsiasi altro titolo. Il giudizio sul merito dei concorrenti sarà dato dalla Fa¬ coltà di Scienze Naturali della R. Università di Napoli, all’uopo invitata a prendere in esame i documenti ed i titoli inviatile dalla Società dei Naturalisti, in conformità delle disposizioni te¬ stamentarie di cui sopra. Al concorrente, o chi per lui presenta la domanda corredata da tutti i predetti documenti , sarà rilasciata una ricevuta atte¬ stante la presentazione della domanda nei termini del bando e di tutti i documenti richiesti. Per la mancanza di un solo do¬ cumento , la domanda e tutti gli altri documenti non potranno essere accettati. Napoli 19 ( Anno ) Il Segretario II Presidente Art. VII. — Passato il giorno della scadenza dell' accetta¬ zione delle domande, con i relativi documenti , queste , esatta¬ mente elencate in apposito foglio per ordine di data di presen¬ tazione , sono esaminate collegialmente dal Consiglio Direttivo — XX — della Società dei Naturalisti di Napoli, allo scopo di accertare che ognuno dei concorrenti si trovi nelle condizioni volute dal bando di concorso. Art. Vili. Ogni concorrente il cui incartamento é stato trovato in regola riceve la comunicazione, da parte del Segretario della Società dei Naturalisti, di essere stato ammesso al concorso. Art. IX. — Il Presidente della Società dei Naturalisti , po¬ steriormente a questa comunicazione agli interessati , invia 1' e- lenco esatto dei concorrenti al Preside della Facoltà di Scienze, perchè questa voglia esaminare i documenti e gli eventuali ti¬ toli dei concorrenti, ed indicare i nomi dei meritevoli delle borse di studio messe a concorso, avvertendolo che la Società mette la somma di L. 250 a disposizione della Facoltà per gettone. Art. X. — Il Presidente della Società dei Naturalisti , rice¬ vuta la comunicazione del giudizio della Facoltà, informa il Con¬ siglio Direttivo della Società, il quale delibera in conformità l'as¬ segnazione delle borse. Art. XI. — Il Presidente della Società dei Naturalisti dopo esperite tutte le pratiche volute da questo Regolamento, comu¬ nicherà per lettera raccomandata a ciascuno degli interessati l'as¬ segnazione della borsa di studio deliberata dal C. D. della So¬ cietà dei Naturalisti. Art. XII. — In una delle ultime sedute il Presidente co¬ munica l'esito del concorso all'Assemblea dei Soci , perchè ne prenda atto. Art. XIII. — Nel caso in cui o non vi siano concorrenti, ovvero nessuno dei concorrenti sia giudicato meritevole o il nu¬ mero dei dichiarati meritevoli sia inferiore al numero delle borse da assegnare, la somma rimasta senza assegnazione sarà devo¬ luta al fondo premi stabilito dal testamento sul reddito dei beni di Posillipo. PREMIO BIENNALE PERPETUO "ANTONIO e PAOLO DLL LA VALLE,,, È bandito un concorso al premio di Lire 1 500 (millecin¬ quecento) relativo al biennio 1 928 - 29 per il « miglior lavoro di biologia (Zoologia e Anatomia Comparata) compiuto nel biennio 1928-29 sia manoscritto che stampato purché non già presen¬ tato ad altro concorso a premio ». CONDIZIONI 1. Il premio sarà assegnato all’Autore che presenterà la migliore Me¬ moria. 2. Le Memorie dovranno pervenire alla Segreteria della « Società dei Naturalisti di Napoli » ( Palazzo Medioevale a Via Mezzocan¬ none) non più tardi delle ore 15 del 1° gennaio 1930. 3. Certificato in cui si attesti che il candidato si è laureato in Scienze Naturali nella R. Università di Napoli. Napoli, 24 luglio 1929. Il Segretario G. Zirpolo Il Presidente U. Pierantoni CONSIGLIO DIRETTIVO PER L’ANNO 1930 Pierantoni Umberto Police Gesualdo Zirpolo Giuseppe Milone Ugo Giordani Francesco Carrelli Antonio De Fiore Otto Marcucci Ermete Salti Mario Parascandola Antonio Caroli Ernesto Presidente Vice-Presidente Segretario Consiglieri Cassiere Vice Segretario Bibliotecario Redattore del Bolletiino ELENCO DEI SOCI (1° Gennaio 1930) BENEMERITI DELLA SOCIETÀ f Monticelli Francesco Saverio, f Cutolo Enrico. 1. 20-1-924 2. 6-4-902 3. 8-6-924 4. 13-7-924 5. 28-3-920 6. 5-3-922 7. 30-5-921 8. 6-4-902 9. 30-11-924 10. 31-12-928 11. 15-3-903 12. 17-11-918 13. 20-11-929 14. 26-7-925 15. 16-12-923 16. 30-11-924 17. 16-3-929 18. 28-7-889 19. 4-6-922 20. 5-3-922 21. 13-8-921 22. 5-3-922 SOCI ORDINAR» RESIDENTI Adinolfi Emilio — Ist. Fisica R. Univ., Napoli. Aguilar Eugenio — Vico Neve a Materdei 27. Augusti Selim — Corso Viti. Emm. 166 A. Andreotti Amedeo — Ist. Fisica terr. R. Univ., Napoli. Arena Ferdinando — Via Roma 129. Bakunin Maria — R. Politecnico , Napoli. Biondi Gennaro — Portici. Bruno Alessandro — Nuovo Rione Fenice a Ottocalli. Candura Giuseppe — R. Scuola Sup.Agric ., Portici. Carobbi Guido — Ist. Chimica R. Univ., Napoli. Caroli Ernesto — Ist. Zoologia R. Univ., Napoli. Carrelli Antonio — 5. Domenico Soriano 44. Catanzaro Pietro — V. Massimo Stansione 9, Vomero. Cutolo Costantino — Via Tommaso Caravita 10. D’Aquino Luigi — Via S. Domenico Soriano 22. De Fiore Otto — Ist. Geologia R. Univ., Messina. D’Erasmo Geremia — Ist. Geologia R. Univ., Napoli. Della Valle Antonio — Via Aniello Falcone 112 Del Regno Washington — Ist. Fisica R. Univ., Napoli. D’Emilio Luigi — Via Depretis 41. Fedele Marco — Stazione Zoologica, Napoli. Fiore Maria — Corso Vittorio Emanuele 466. XXVI 23. 26-7-925 24. 11-1-885 25. 28-3-905 26. 28-3-919 27. 25-5-919 28. 31-12-913 29. 16-12-923 30. 31-12-913 31. 31-12-913 32. 2-6-925 33. 4-2-923 34. 16-3-924 35. 10-5-903 36. 4-12-887 37. 10— i 1—881 38. 1-1-929 39. 21-8-921 40. 16-12-923 41. 18-3-900 42. 20-1-924 43. 30-12-900 44. 4-2-922 45. 9-6-895 46. 11-5-913 47. 2-6-925 48. 16-12-923 49. 16-12-923 50. 16-3-929 51. 26-2-893 52. 29-6-919 53. 4-2-921 54. 7-3-906 55. 26-7-925 56. 29-4-923 57. 16-3-924 58. 25-5-890 59. 2-6-925 Foà Anna — R. Scuola Sup. Agric., Portici. Forte Oreste — Via Pignatelli 48. Gargano Claudio — Via S. Lucia 62. Getzel Demetrio — Via Tarsia 62 Giordani Mario — Corso Umberto I 34. Giordani Francesco — Corso Umberto I 34. Grande Loreto — R. Orto Botanico , Napoli. Guadagno Michele — Via Forici 192. Iroso Isabella — Via Foria 118. Jucci Carlo — Ist. Zoologia R. Univ., Sassari. Majo Ester — Ist. Fisica terrestre R. Univ., Napoli. Maione Vincenzo — Via Torino 90. Marcucci Ermete — Via Atri 21. Mazzarelli Giuseppe — Ist. Zoologia R. Un., Messina. Milone Ugo — S. Giovanni in Porta 61. Monticelli Nunziante d’Afflitto G.nit - Ponte di Chiaia 27 Parascandola Antonio — Procida. Pellegrino Luigi — Via Roma 404. Pierantoni Umberto — Galleria Umberto I 27. Platania Giovanni — Grad. Mad. Grazie a P. Picc. 15. Police Gesualdo — Via Università 25. Pozzi Olimpio — Soc. Gerì. Illum., Via P. E. Imbriani. Quintieri Luigi — Via Amedeo 18. Quintieri Quinto — Via Amedeo 18. Ranzi Silvio — Stazione Zoologica , Napoli. Riccio Raffaele — Via Depretis 114 Rodio Gaetano — R. Orto Botanico , Napoli. Ruggiero Placido — Via Ludovico Bianchini 10. Roncali Demetrio — Ist. Patol. Chir. R. Univ., Napoli. Salti Mario — Via Montesilvano 30. Sbordone Domenico — Via Roma 404. Schettino Mario — Via Raff. De Cesare a S. Lucia 31. Sereni Enrico — Stazione Zoologica , Napoli. Torelli Beatrice — Stazione Zoologica, Napoli. Viggiani Gioacchino — Cor so Vittorio Emanuele 121. Viglino Teresio — Piazza Dante 41. Volpicelli Mario — Viale Eletta 23. XXVII 60. 11-2-924 61. 28-11-912 1. 17-4-913 2. 28-3-919 3. 31-12-916 4. 1-6-902 5. 16-12-923 6. 8-7-923 7. 29-8-909 8. 16-3-929 9. 26-2-893 10. 25-5-919 11. 6-2-903 12. 20-11-929 13. 31-12-929 14. 22-3-925 15. 1-6-913 16. 20-11-913 17. 11-4-919 18. 4-2-919 19. 2-6-928 20. 4-2-922 21. 31-12-929 22. 31-12-891 23. 28-7-929 24. 31-12-929 25. 31-12-923 26. 12-5-917 27. 4-2-923 28. 29-4-923 29. 5-3-922 30. 30-12-923 Zambonini Ferruccio — Ist. Chimica R. Univ.f Napoli. Zirpolo Giuseppe — Via Tribunali 231. SOCI ORDINARI NON RESIDENTI Alfano Giov. Batt. — Vico Cangi a Materdei 7. Califano Luigi — Vico Forino a Foria 7. Celentano Vincenzo — Vico Minutoli a Foria 33. Cerruti Attilio — Piazza Carbonelli 2, Taranto. Cognetti dtH^viWsLmgì-Ist.Anat.Comp.R. U. Genova. Colosi Giuseppe — Ist. Anat . Comp. R. Un., Napoli. Cotronei Giulio — Istit.Anat. Comp. R. Univ., Roma. D’Ancona Umberto — Ist. Zoologia R. Univ., Siena. D’Avino Antonio — R. Liceo, Nocera Inferiore. Finizia Gennaro — Sacramento a Foria 23 Foà Jone — Corso Marrucino III, Chieti. Gambetta Laura — Ist. Zoologia R. Univ., Torino. Guadagno Giuseppe — Via Foria 192. Imbò Giuseppe — R. Osserv. geofisico, Catania. Magliano Rosario — Lagonegro. Malladra Alessandro — R. Osserv. Vesuviano, Resina. Mazzarelli Gustavo — Ist. Zoologia R. Univ., Messina. Mingioli Paolo — Materdei 8. Morgoglione Ferdinando — Cai. S.Giac.5 , Cast. Stabia. Palombi Arturo — Corso Garibaldi 84, Portici. Pasquini Pasquale — Ist. Zool. R.Un. (Potici.), Roma . Piccoli Raffaele — Corso Marrucino III, Chieti. Romeo Antonino — R. Scuola Sup. Agric., Portici. Rovesti Guido- Via Luigi Settembrini 38, Roma. Salvi Pasquale — Via Principessa Margherita 20. Sbordone Annibaie — S. Domenico Maggiore 3. Signore Francesco — R. Osserv. Vesuviano, Resina. Trezza Ugo — Via Cristallini 53. Valerio Rosaria — Sala di Caserta. Vessichelli Nicola — Stazione Zoologica , Napoli. — XXVIII — 1 . 2-6-925 2. 12-7-918 3. 11-8-895 4. 18-6-905 SOCI ADERENTI I Cerone Roberto — Vico 5 Corsea 2. Cutolo Claudia — Villa Claudia, Vomero , Napoli. j Cutolo Costantino — Bagnoli. I Filiasi Giuseppe — Riviera di Ghiaia 263. Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio Acireale Aosta Bologna Brescia Cassino Catania Ferrara Firenze Genova EUROPA Italia — Memorie della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Zelanti. Rendiconti della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Zelanti. Bollettino della R. Stazione Sperimentale di agru¬ micoltura e frutticoltura. — Société de la Flore Valdòtaine ( Bollettino ). — Rendiconti della R. Accademia delie Scienze del¬ l’Istituto. Bollettino del Laboratorio di Entomologia R. Isti¬ tuto Superiore Agrario. — Commentari dell’Ateneo. — Osservatorio Geofisico di Montecassino. — Bollettino della R. Accademia Gioenia. Memorie della R. Accademia Gioenia. — Acc. di Scienze Mediche e Naturali. — Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia. Bollettino della Società Botanica Italiana. Nuovo Giornale Botanico italiano. Regia Stazione di Entomologia Agraria. L’Universo. Istituto Geografico Militare. — Annali del Museo civico di Storia Naturale. Società Entomologica Italiana. Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia com¬ parata della R. Università. Atti della Società ligustica di Scienze Naturali e Geografiche. — XXXII — Milano Modena Napoli Padova Pavia Perugia Pisa Portici Postumia Roma — Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e Museo civico di Storia Naturale. Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. — Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. Bollettino della Società Medico-Chirurg. di Modena. — Memorie della R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche. Rendiconti della R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche. Annuario del Museo Zoologico della R. Università di Napoli (Nuova Serie). Bollettino dell’Orto Botanico della R. Università. Pubblicazioni della Stazione Zoologica. Atti del R. Istituto d’incoraggiamento. Archivio Zoologico Italiano. Bollettino di Zoologia. Rivista di Fisica, Matematica e Scienze Naturali. — Atti della Accademia scientifica veneto- trentino - istriana. — R. Laboratorio Crittogamico della R. Università. — Annali della Facoltà di Medicina e Memorie della Accademia Medico-chirurgica. — Atti della Società toscana di Scienze Naturali. Processi verbali della Società toscana di Scienze Naturali. — Annali della R. Scuola Superiore di Agricoltura. Bollettino del Laboratorio di Zoologia generale e Agraria. — Le Grotte d’Italia. — Bollettino della R. Accademia Medica. Atti della R. Accademia Medica. Atti della Società Italiana per il progresso delle scienze. Il Chimico Italiano. Bollettino del R. Ufficio Geologico Italiano. Ricerche del Laboratorio di Anatomia normale della R. Università. Atti della Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. Memorie della Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. XXXIII Roma Rovereto Sassari Scafati Stra Torino Trento Trieste Verona Valle di Pompei Heisingfors Helsinki Cherbourg Langres Levallois-Perret Nancy Nantes Nice — Bollettino dell’ Istituto di Zoologia della R. Univ. Gazzetta Chimica. Reale Società geografica italiana. — Atti della Accademia degli Agiati. — Studi sassaresi. — Bollettino tecnico della coltivazione dei tabacchi. — Bollettino bimestrale del R. Comitato Talassogra¬ fico Italiano. — Atti della R. Accademia delle Scienze. Rivista del Club Alpino Italiano. Bollettino del Club Alpino Italiano. Bollettino dei Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della R. Università. Urania. — Studi trentini di Scienze Naturali. — Società Adriatica di Scienze Naturali. — Atti della Accademia di Agricoltura, Scienze, Let¬ tere, Arti e Commercio. Memorie della Accademia di Agricoltura, Scienze, Lettere, Arti e Commercio. Bollett. dell’Osservatorio Meteorico-Geodinamico. Finlandia — Acta Botanica fennica. Societas prò Fauna et Flora fennica. — Societas Zoolog.-Botanica fennica Vanamo. Francia — Société nationale des Sciences Naturelles et Ma- thématiques (Mémoires). — Société des Sciences Naturelles de la Haute Marne (. Bulletin ). — Association des Naturalistes (Bulletin). — Société des Sciences et Réunion biologique (Bul¬ letin des séances). — Société des Sciences Naturelles de 1’ Ouest de la France (Bulletin). — Riviera scientifique. - 24 - — XXXIV — Paris — Muséum d’Histoire Naturelle (Bulletiii). La feuille des jeuties naturalistes. L’Astronomie. Société d’Océanographie de France. Bruxelles Louvain Belgio — Société Royale Zoologique, — Travaux biologiques de l’institut J. B. Carnoy. Polonia Warszaw — Acta Societatis Botanicorum Poloniae. Annales Musei Zoologici Polonici. Austria Graz — Mitteilungen des Naturwissenschaftlichen Vereins fiir Steiermark. Wien — Verh. der K.-K.Zoologisch.-botanisch.Gesellschaft. Annalen des Naturhistorischen Hofnuiseum. Riga Lettonia — Acta Orti Botanici Universitatis Latviensis. Lituania Kaunas — Mémoires de la faculté des Sciences de lTJniver- sité de Lithuanie. Zagreb-Croazia Jugoslavia — Grasnik (Societas scientiarium naturalium croatica). Ceco - Slovacchia Bruna Prague — Verhandl. des Naturforsch. Vereins. — Casopis Ceskoslovenske spolecnesti entomologické (Acta societatis entomologicae Cechosloveniae). Buletin international. Classe des Sciences mathé- matiques, Naturelles et de la Médicine. XXXV Prague — Razpravy ceske akademie ved a umenì. Societé Royale des Sciences de Bohème ( Memoires ). Akademie Masaryk du Travail. « Lotos » Naturwissenschaftliche Zeitschrift. Germania Rostock — Archiv des Vereins der Freunde der Naturgeschi- chte in Mecklenburg. Bonn — Naturshistorisches Verein der preussischen Rhein- lande. Berlin — Verhandlungen des Botanisches Vereins der Pro- venz Brandeburg. Sitz. der Gesellsch. Naturforsch. Freunde. Leipzig Giessen — Herbarium. — Bericht der Oberhessischen Gesellschaft fiir Natur und Heilkunde. Frankfurt a M. Halle a. S. — Senckenbergiana. — Kaiserlich Deutsche Academie der Naturfoscher. Hamburg (Leopoldina). — Verhandlungen des naturwissenschaftlichenVereins. Abhandlungen aus dem Gebiete der Naturwissen- scaften. Cambridge Inghilterra — Philosophical Society ( Proceedings , Transactions ). Biological Reviews. London — Royal Society ( Proceedings , Reports oj thè Slee- ping Sickness Commissioni). Plymouth — Marine Biological Association of thè United King- dom (Journal). Tromsòe Norvegia — Tromsòe Museum. Olanda Amsterdam — Academie Royale (Memoires). XXXVI — Lisbona Coimbra Barcelona Cartuja Madrid Zaragoza Valencia Upsala Stockholm Lund Chur Lugano Zurich Portogallo — Bulletin de la Société Portugaise des Sciences Na- turelles. — Memorias e estudios do Museo Zoologico. Sociedad Broteriana ( Boletim ). Spagna — Instituciò catalana d’Historia Naturai (Bulleti). Bulleti del Club Montanyenc. Ayuntamento de Barcelona. — Boletin mensuel de la Estaciòn Sismologica. — Memorias de la Reai Sociedad espanda de Histo- ria Naturai. Sociedad espanola de Historia Naturai ( Anales , Boletin). Servicio sismologico (Instituto geografico y ca¬ tastai. — Sociedad hiberica de Ciencias Naturales (Boletin). — Anales de Plnstituto Tecnico. Svezia — Geological Institution of thè University of Upsala (Bulletin). — K. Vet. Akadems-Bibliothek (Arkiv fòr Botanik, Arkiv fòr Zoologi). Arkiv fòr Kemi, Mineralogi och Geologi. — K. Universitets-Biblioteket. Svizzera — Naturforschendende Gesellschaft Graubiinden’s (Jahresbericht). — Società ticinese di Scienze Naturali (Bollettino). — Societas Entomologica. Concilium Bibliographicum. — XXXVII — Perm Saratov Kiew Leningrado Kieff Moscon Tokyo Kyoio Cairo Buenos-Ayres La Piata Russia — Bulletin de l’Institut des recherches biologiques à l’Université de Perm. — Station regionale d’agriculture. Biologische Wolga-Station. — Société des Amateurs des Sciences Naturelles — Société des Naturalistes. — Société Entomologique de Russie. — The Ukrainian Botanical Review. — Bulletin de la Société des Naturalistes. ASIA Giappone — Annotationes Zoologica japonenses. Japanese Journal of Zoology (Transactions and Abstracts). — Memoires of thè college of Science. Kyoto impe¬ riai University Series A and Series B. AFRICA Egitto — Société Entomolog. d’Égypte {Bulletin, Memoires). AMERICA Argentina — Museo nacional ( Anales , Comunic adone s). Sociedad Cientifica Argentina. — Edicion Oficial de las Obras y Correspondencia. Cientifica de Fiorentino Ameghino. — XXXVIII — Brasile Rio de Janeiro — Archivos do Museu Nacional. Santiago Chili — Société scientifique du Chili ( Actes ). Colombia Bogotà — Museo Nacional. Messico Messico — Sociedad Cientifica Antonio Alzate ( Memoiras , Revista). — Instituto Geologico ( Boletin , Perargones). Secretaria de agricultura y fomento [Boletin ojicial). Boletin de la direccion d’Estudios Biologicos. Revista Mexicana de Biologia. Lima Perù — Boletin de la Sociedad geografica. San Salvador San Salvador — Museo Nacional (Anales). Berkeley Stati Uniti — University of California (. Publications in Zoology, Entomology , Bulletin). Boston Brooklyn Chaphell Hill Cincinnati Minneapolis — Society of Naturai History ( Proceedings ). — Cold Spring Harbor Monographs. — Elisha Mitchell scientific Society [Journal). — Bull, of thè Lloyd Library of Botany etc. — The University of Minnesota. — XXXIX — Urbana — Illinois biological monographs. Bull, of thè state Laboratory of Nat. Hist. Chicago — Academy of Sciences ( Bulletin , Annual Report). Field Museum of Naturai History ( Department of Botany). Madison — Wisconsin Academy of Sciences, Arts and Lettres (Trans action s). Wisconsin Geological and Naturai History Survey (Bulletin) . Missoula — Bulletin of thè University of Montana (Biologica Series). New-York - - Botanical Garden (Bulletin). Notre Dame Indiana— The American Midland Naturalist. Philadelphia — Academy of Naturai Sciences (Proceedmgs Year Book). Pullman, Washington — Research Studies of thè State College of Wa¬ shington. Saint Louis — Academy of Science (Trans actions). Missouri Botanical Garden (Annual Report). Springfiel (Massachussets) — Museum of Naturai History. New-Orleans — Louisiana State Museum. Tufts College (Massachussets) — Studies. Washington — United States Geological Survey (Annual Report ). U. S. Department of Agriculture. — Division of Ornithology and Mammalogy (Bulletin North American Fauna). Smithsonian Institution (Annual Report). U. S. National Museum (Bulletin). U. S. Department of Agriculture (Yearbook). U. S. Department of Agriculture. — Bureau of A- nimal Industry (Annual Report). Carnegie Institution of Washington (Publications). The Rockfeller Sanitary Commission for thè Era- dication of Hookworm Desease. Woods Hole, Mass —Bulletin of thè marine biological laboratory. New Haven, Conn. — Tropical Woods. Uruguay Montevideo — Museo de Historia naturai (Anales) INDICE ATTI (memorie, note e comunicazioni) 28 Jucci C. — Esperienze sul potere anticoagulante dell' estratto di zecche e di uova di zecche ( Rhipicephalus sanguineus ) . pag. Zirpolo G. — Note morfologiche e sistematiche su Microcordyla asteriae Zirp . „ Zirpolo G. — Su di alcune forme ipotipiche rare di Ofiuroidi rin¬ venute nel golfo di Napoli . „ De Fiore O. — Meteorologia e idrografia dell'Etna. (Il vento nelle regioni inferiori del monte) . n De Fiore O. — Le meteoriti del Museo mineralogico della R. Uni¬ versità di Napoli. . . n Platania G. — Gli aloni osservati nel 1928 in Napoli. . . . „ Platania G. — La trasparenza del mare da alta quota „ Fiore M. — Peli al posto di squame in Polypodium perforatimi L. „ Fiore M. — Di un nuovo ascomicete Ochraceospora Cavarae n. g. n. sp., causa di marciume radicale e del fusto in piante di Alocasia odora C. Koch . f# Zirpolo G. — Nuovo caso di simbiosi fra Dromia vulgaris M. Edw. e Ascidia mentula O. F. Muller . w Carobbi G. — Sulla possibilità di una sostituzione parziale del clo¬ ruro di piombo con cromato di piombo nelle piromor- fiti, vanadiniti e minietiti . „ Colomba G. — Commemorazione pel Prof. Francesco De Rosa . „ Platania G. — Il lago di Averno e gli altri laghi flegrei . . „ Zirpolo G. — Studi sulla bioluminescenza batterica. 9. Azione delle basse temperature . „ Pierantoni U. — La Balaenoptera physalus (L.) arenatasi sulla spiaggia di S. Giovanni a Teduccio . n Ruggiero P. — Un nuovo pluviografo . n Torelli B. — Cymodoce erythraea Nobili e Cymodoce Dellav allei Torelli . . . Carobbi G. — Ricerche sul molibdato ferrico idrato. (Ferrimolibdite artificiale) . n Carobbi G* — Ricerche spettrografiche sullo zircone Vesuviano » „ Police G. — 11 sistema nervoso sottointestinale e la segmentazione del corpo negli Aracnidi u Zambonim F. e Carobbi G. — Contributi allo studio dei minerali vesuviani. Ricerche sulla forsterite e sullo spinello . . „ 3 15 30 43 68 72 75 78 81 97 103 117 134 137 152 156 165 169 180 185 245 Caroli È. — Notizia di tre specie nuove ed una pòco nota di Bo- piridi addominali, parassiti di Caridei del golfo di Napoli. (Contributo alla conoscenza del genere Phrixus Rathke). pag Zirpolo G. — Ricerche sul sistema nervoso di Astemia gibbosa Penn. . n Imbò G. — Radiazione solare e vapore acqueo . ... „ Zirpolo G. — Commemorazione del Prof. Fr. Saverio Monticelli . „ RENDICONTI DELLE TORNATE ( PROCESSI VERBALI ) Processi verbali delle tornate 1929 . pag. Borse di studio Cavolini de Mellis . „ Bando di concorso del premio biennale perpetuo Antonio e Paolo Della Valle . . „ Consiglio Direttivo per l'anno 1930 „ Elenco dei soci . „ Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio . ... „ Per quanto concerne la parte scientifica ed amministrativa dirigersi SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ Prof. Giuseppe Zirpolo presso la Sede R. Università -Via Mezzocannone- Napoli. 258 270 278 301 in XVII XXI XXIII XXV XXXI Direttore responsabile : CLAUDIO GARGANO TAVOLE Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 41. Zirpolo doli Boll. Soc. Nat. Napoli , Voi. 41 Tav. II. Zirpolo del. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 41 Tav. 3. Boll. d. Soc. dei Naturalisti , VoL XL1. Tav. 4. i Boll. d. Soc. dei Naturalisti , Voi. XLl. Tav. 6 Boll. d. Soc. dei Naturalisti, Voi. XLÌ. Tav. 7. Bollettino della Soc. d. Natur. Napoli voi. XLI. Tay. 8. :V ' V, ' Boll . d. Soc. dei Naturalisti , Voi. XL1. Tav. 9. -k^r m . T. Caroli E. — Notizia di tre specie nuove ed unà poco nota di Bo- piridi addominali, parassiti di Caridei del golfo di Napoli. (Contributo alla conoscenza del genere Phrixus Rathke). pag. 258 Zirpolo G. — Ricerche sul sistema nervoso di Asterina gibbosa Penn. . . . . . . . . „ 270 Imbò G. — Radiazione solare e vapore acqueo . . " . . „ 278 Zirpolo G. — Commemorazione del Prof. Fr.' Saverio Monticelli . ,, 301 RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI) / Processi verbali delle tornate 1929 . . . . . . . pag. iii Borse di studio Cavolini de Mellis . „ xvii Bando di concorso del premio biennale perpetuo Antonio e Paolo Della Valle \ . . . xxi Consiglio, Direttivo per l'anno 1930 . . xxm Elenco dei ^oci . . xxv Elenco delle pubblicazioni pervenute4n cambio . . 1 . „ xxxi ; Per quanto concerne la parte scientifica ed amministrativa dirigersi al SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ Prof. Giuseppe Zirpolo presso la Sede R. Università -Via Mezzocannone- Napoli. Direttore responsabile: Claudio Gargano