Historic, Archive Document Do not assume content reflects current scientific knowledge, policies, or practices. 410-1 pl4> ISSN 0366-2047 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VOLUME XCIV - 1985 GIANNINI EDITORE NAPOLI 1987 NORME PER LA STAMPA DI NOTE NEL BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI DI NAPOLI Art. 1. — La stampa delle note è subordinata all’approvazione da parte del Comitato di Redazione che è costituito dal Presidente del Consiglio direttivo, dai quattro Consiglieri e dal Redattore delle Pubblicazioni. Il Comitato di Redazione qualora lo giudichi necessa¬ rio ha facoltà di chiedere il parere consultivo di altri, anche non soci. Art. 2. — I testi delle note devono essere consegnati al Redattore, dattiloscritti in tri¬ plice copia, nella stessa tornata o assemblea in cui vengono comunicati. Per gli allegati (figure, tavole, carte ecc.) si richiede la consegna, oltre che degli originali destinati alla Tipografia, di una copia eliografica di tutti i disegni a china e di una seconda serie di stampa per tutte le fotografìe, con l’indicazione su ciascuna di esse della figura cui si rife¬ risce e del simbolo (numero o lettera) che ne indica la posizione nella figura stessa. Per le diapositive a colori potrà essere fornita, in luogo di una seconda copia, una stampa a colori nel formato minimo di cm 10x15. Art. 3. — Ogni anno i soci hanno diritto a 10 pagine di stampa, gratuite, o al loro equivalente, oltre a 50 estratti senza copertina. Tale diritto non è cedibile né cumulabile. Art. 4. — Con le prime bozze, la Tipografia invierà al Redattore il preventivo di spesa per la stampa nel Bollettino e per gli estratti, questi lo comunicherà all’Autore per la parte di spesa che lo riguarda. Art. 5. — L’Autore restituirà con le prime bozze, gli originali ed il preventivo di spesa per la stampa, sottoscritto per conferma ed accettazione, indicando il numero di estratti a pagamento desiderati, l’indirizzo a cui dovrà essere fatta la spedizione e l’intesta¬ zione della fattura relativa alle spese di stampa del periodico e degli estratti. Nel caso che l’ordine provenga da un Istituto Universitario o da altro Ente, l’ordine deve essere sotto- scritto dal Direttore. Art. 6. — Modifiche ed aggiunte apportate agli originali nel corso della correzione delle bozze (correzione d’Autore), comportano un aggravio di spesa, specialmente quando richiedono la ricomposizione di lunghi tratti del testo o spostamenti nell’impaginazione. Tali spese saranno addebitate all’Autore. Art. 7. — Le bozze devono essere restituite al Redattore entro 15 giorni. Il ritardo comporta lo spostamento della nota relativa nell’ordine di stampa sul Bollettino; per questo motivo la numerazione delle pagine sarà provvisoria anche nelle ultime bozze e quella definitiva sarà apposta su esse a cura e sotto la responsabilità della Tipografìa. Art. 8. — A cura del Redattore, in calce ad ogni lavoro sarà indicata la data di accet¬ tazione da parte della Rivista. Art. 9. — Al fine di facilitare il computo dell’estensione della composizione tipogra¬ fica dei lavori è necessario che il testo venga presentato dattiloscritto in cartelle di 25 righe, ciascuna con 60 battute. Art. 10. — L’Autore indicherà in calce al dattiloscritto l'Istituto o l’Ente presso cui il lavoro è stato compiuto e l’eventuale Ente finanziatore della stampa e delle ricerche. Art. 11. — Le note saranno accompagnate da due riassunti, da cui si possa ricavare chiaramente la parte sostanziale del lavoro. Uno dei due riassunti sarà in italiano e l’altro, più ampio ed esauriente, preferibilmente in inglese. Art. 12. — Vengono ammesse alla pubblicazione sul Bollettino anche Note d’Autori non soci, purché presentate da due soci e preventivamente sottoposte per l’approvazione al Comitato di Redazione. La stampa di tali Note sarà a totale carico degli Autori. Art. 13. — I caratteri disponibili per la stampa sono i seguenti: maiuscolo — : maiuscoletto =, corsivo - , tondo; in corpo 10 e corpo 8. L’Autore potrà avanzare proposte mediante le sottolineature convenzionali prima riportate. La scelta defi¬ nitiva dei caratteri è di competenza del Redattore. ISSN 0366-2047 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VOLUME XCIV - 1985 GIANNINI EDITORE NAPOLI 1987 SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VIA MEZZOCANNONE, 8 CONSIGLIO DIRETTIVO BIENNIO 1985-86 Prof. Aldo Napoletano Prof. Oreste Schettino Prof. Teresa de Cunzo Dott. Carla Lucini Prof. Eugenio Piscopo Prof. Nicola Franciosa Dott. Filippo Barattolo Prof. Pietro Battaglini Prof. Giuseppe Caputo Prof. Gennaro Corrado Prof. Mario Torre - Presidente - Vice-Presidente - Segretario - Vice-Segretario - Tesoriere - Bibliotecario - Redattore delle pubblicazioni - Consigliere - Consigliere - Consigliere - Consigliere Hanno contribuito alla stampa di questo volume: La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ente Nazionale Cellulosa e Carta Il Ministero per i beni culturali ed ambientali L’Università di Napoli COMITATO DI REDAZIONE DELLE PUBBLICAZIONI È costituito dal Presidente, dal Redattore delle pubblicazioni e dai quattro Consiglieri, ma si avvale, quando lo ritiene più opportuno, della consulenza scien¬ tifica di particolari competenti italiani o stranieri. In particolare a questo numero hanno collaborato: Eraldo Amadesi, Pietro Batta¬ glini, Dalia Bertoloni, Giuseppe Caputo, Laura Castellano, Ernesto Centamore, Cesare Conci, Gennaro Corrado, Giovanni Germanà, Sebastiano Di Geronimo, Igna¬ zio Guerra, Lucio Lirer, Ugo Moncharmont, Maria Moncharmont Zei, Rita Pascolini, Renzo Eduardo Scossiroli, Stefano Steri Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 94, 1985, pp. 3-23 In memoria di Mario Covello Commemorazione tenuta dal socio Oreste Schettino Ricordare oggi, insieme a voi, la figura e fopera del prof. Mario Covello, a tre anni dalla sua dipartita avvenuta il 3 dicembre 1981, mi lascia ancora sbigottito, come allorquando appresi, poco dopo il luttuoso evento, dalla voce del figlio Aldo, rotta per il dolore, che il Maestro non era più tra noi. Riesce difficile accettare l’idea che una personalità di tanto rilievo, alla quale si è stati legati per lunghi anni da una profonda consuetudine di lavoro e di reverente affetto filiale, non sia più. E ciò anche, o forse tanto più, quando di questa persona rimangono tracce concrete e vivide nell’opera compiuta durante l’operosa giornata terrena, a imperitura testi¬ monianza di un patrimonio spirituale e scientifico destinato a superare il contigente per proiettarsi in una dimensione non effìmera. Ed è questa per me occasione per esprimere ancora una volta, dacché or sono circa tre anni, ne ricordai la vita e l’opera scientifica nella Accade¬ mia Pontaniana, la mia riverenza e l’affetto devoto verso Colui che ebbi a Maestro nella mia vita Universitaria. Vivi affiorano i ricordi degli anni trascorsi in sua compagnia, dapprima come giovane recluta del mondo della ricerca, poi come assistente e come docente: ricordi del riconoscente discepolo che si sentiva e si sente sempre orgoglioso della fiducia che il suo caro e indimenticato Maestro ripose in lui. Fin da quando, or sono oltre venticinque anni, ebbi la ventura di conoscerlo, imparai ad apprezzarne le profonde doti umane e scientifiche. E questo apprezzamento crebbe vieppiù, attraverso la quotidiana comu¬ nanza di studio, di didattica, di lavoro che trovava il suo consuntivo di norma a chiusura della lunga giornata di lavoro quando egli, per una ormai radicata abitudine, soleva trattenersi con i suoi collaboratori in colloqui che, dal settore scientifico, finivano per sfociare nei campi più svariati, non ultimi quelli dei piccoli problemi della vita di ciascuno. La sua conversazione era sempre piacevole, spesso arricchita di spunti filosofici e storici, e ricca di humor, specie quando divagava nel ricordo di 4 Oreste Schettino episodi, talvolta piccanti, della vita accademica. Nelle questioni che inte¬ ressavano la Facoltà e la scuola, assumeva, però, tutt’altro tono. Esprimeva il suo punto di vista con fermezza ed obbiettività, senza lasciarsi influen¬ zare da sentimenti di colleganza o di amicizia. Mario Covello nacque ad Alvito, ameno paesino della Ciociaria, situato ai margini del Parco Nazionale d’Abruzzo, il 27 ottobre 1901. Già nel 1904, tuttavia, si trasferì a Napoli con la famiglia ed in questa città portò a compimento i suoi studi elementari e classici. Autentico autodi¬ datta, assetato di ogni conoscenza, percorse in soli sei anni il ginnasio ed il liceo, senza trascurare lo studio delle lingue moderne, per iscriversi poi al corso universitario per la laurea in chimica pura, allora frequentato da non più di una decina di allievi, tra i quali era Vincenzo Caglioti, poi a lungo Presidente del C.N.R. Fin dal secondo anno universitario, frequentando il corso di Chimica Farmaceutica e Tossicologica impartito da Arnaldo Piutti, scienziato di fama internazionale che da circa quaranta anni occupava quella cattedra nell’Ateneo Partenopeo, si sentì attratto irresistibilmente da questo partico¬ lare ramo della Chimica Applicata. Dotato di vivace e pronta intelligenza, di una spiccata facoltà di sintesi, di una passione entusiastica nell’affron- tare gli impegni della vita accademica, si rese subito bene accetto al Maestro. Ne conseguì che già nel 1926, poco tempo dopo la laurea, iniziò la carriera scientifica, rinunciando con ciò a qualsiasi altra attività quale quella industriale, tanto più redditizia in un periodo nel quale i chimici si contavano e l’industria li assorbiva interamente con alte retribuzioni. Iniziò subito a coltivare la ricerca nel settore della Chimica Organica, sviluppando temi sui quali aveva lavorato il suo maestro, ma questi, già avanti negli anni, morì nell’ottobre del 1928. Era destinato che Mario Covello dovesse continuare ad essere un auto¬ didatta anche nella carriera universitaria. Ed è infatti a poca distanza da questa sede, nel vetusto e glorioso Istituto di San Marcellino, che la per¬ corse tutta. Libero docente in Chimica Farmaceutica e Tossicologia nel 1933, insegnò per incarico questa disciplina, insieme alla Chimica Broma¬ tologica, fino al 1948. Nel 1935 fu nominato aiuto di ruolo e nel 1940 par¬ tecipò al Concorso per la Cattedra di Chimica Farmaceutica e Tossicologica presso l’Università di Catania, ottenendo la maturità. Nel 1941 fu ternato alla Cattedra di Chimica generale ed inorganica con elementi di organica presso la Accademia Aereonautica di Caserta. Sempre nel 1941 fu richiamato alle armi e subì le conseguenze della guerra nella sua città di elezione così tormentata. Ne risentì gravemente anche la In memoria di Mario Covello 5 sua carriera universitaria, che subì una pausa a causa del protrarsi degli eventi bellici. Tuttavia non tralasciò mai di frequentare l’Istituto, quando gli era consentito, e di coltivare la ricerca scientifica nei limiti del possi¬ bile. Nel 1948, quando il paese riprese a vivere, entrò nella terna del con¬ corso per la Cattedra di Chimica Farmaceutica e Tossicologica presso l’Uni¬ versità di Cagliari e venne chiamato a coprire tale insegnamento presso la nascente Facoltà di Scienze dell’Università di Bari di cui fu il primo Pre¬ side durante il biennio 1949-51. Trasferito a Napoli nel 1951, si mise instancabilmente all’opera per riportare all’antico prestigio ed alla necessaria efficienza l’Istituto di San Marcellino, totalmente devastato dagli eventi bellici riprendendo, nel con¬ tèmpo, il regolare lavoro didattico e scientifico. Fu questo l’inizio del periodo della piena maturità del docente e dello scienziato, che doveva protrarsi, con una intesa ed ininterrotta attività, fino al 1975, anno del suo collocamento in pensione. La personalità del prof. Covello si impone, in questo periodo, sia nell’ambito Accademico, nel quale ricopre le cariche di direttore dell’Isti¬ tuto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica e quella di Preside della Facoltà di Farmacia per oltre un ventennio, sia nell’ambito forense, con una profìcua e brillante attività peritale, sia nell’ambito scientifico, ove acquisiva notorietà nazionale ed internazionale. Sono, infatti, i brillanti risultati delle Sue ricerche scientifiche che gli valgono, nel 1958, il conferi¬ mento del titolo di dottore “Honoris causa” da parte dell’Università di Parigi, su proposta di quella Facoltà di Farmacia, e nel 1966 la laurea ad Honorem presso l’Università di Nantes. Con la vita accademica e di scienziato deve essere ricordata la figura del Covello Didatta, di Maestro e di Uomo. Lo stile facilmente accessibile delle note e delle rassegne scientifiche che scriveva traspariva anche dal magistero dettato dal professore Mario Covello. Preparava con estrema cura le sue lezioni, che si distinguevano per chiarezza e immediatezza didattica: in essa traspariva la sua innata e fervida comunicativa; il suo dire era forbito e sapiente. Le lezioni di chimica farmaceutica, per il Covello Professore, non dovevano essere la nuda elencazione dei medicamenti e della loro prepa¬ razione o l’arida descrizione dell’azione da essi esercitata: esse dovevano illustrare in profondità la chimica dei farmaci, le relazioni intercorrenti fra costituzione ed azione biologica, il loro meccanismo d’azione a livello molecolare: Mario Covello trasponeva così nelle sue lezioni cattedratiche, sotto altra veste, il principio informatore che lo guidava nelle sue ri¬ cerche. 6 Oreste Schettino Per questa modernità di impostazione le Sue lezioni erano brillanti e vive e gli consentivano di realizzare un particolare rapporto d’intesa con gli studenti che perciò lo rispettavano profondamente e lo stimavano. Raccolta in duecento note e memorie, la produzione scientifica del prof. Mario Cavello, vista nel suo complesso, rivela una vigorosa personalità, obbiettiva, severa, tenace, scrupolosa. Egli fu consapevole che il progresso della Scienza esige contributi esatti, piccoli o grandi che siano, purché inequi¬ vocabili ed indiscutibili. Soleva affermare infatti che nei nostri anni, nei quali la ricerca scientifica, grazie a sempre nuovi e sempre più poderosi mezzi, si è spinta fino a livelli insospettabili nel passato, la responsabilità dello studioso nella ricerca della verità si è proporzionalmente accresciuta. I settori di indagine da Lui toccati sono molteplici, comprendendo quello dello studio e della sintesi delle sostanze organiche di interesse far¬ maceutico, quello della analisi chimica applicata ai farmaci ed agli alimenti e quello che vorrei definire naturalistico, in ossequio a questa Società di cui fa membro attivo per lunghi anni, in cui si accostò alla indagine sulla composizione chimica di prodotti vegetali, delle acque, sugli addentellati chimici di alcuni fenomeni biologici. II corpus più ampio della produzione scientifica del prof. Covello è indubbiamente quello della sintesi e dello studio di composti organici iodurati di interesse bio-farmacologico. Il notevole numero di molecole sin¬ tetizzato nel corso di questo pluriennale ciclo di ricerche, molte delle quali saggiate anche dal punto di vista biologico con risultati incoraggianti, ha posto a disposizione del settore applicativo una mole di materiale cospicua con prospettive favorevoli ai fini delle potenzialità terapeutiche insite nei composti stessi. Questo corpo di studi nel corso del quale Egli seppe coordinare e sti¬ molare la collaborazione di un folto gruppo di valenti ricercatori fu iniziato dal prof. Covello nel 1941 sulla base della nozione introdotta da Vincent e Velluz che la capacità propria dell’acido salicilico di neutralizzare “in vitro” le tossine batteriche (tetanica, difterica, ecc.) subiva una esaltazione per effetto dell’alogenazione. Il fenomeno era chiaramente legato alla presenza dell’alogeno nella molecola dell’acido salicilico, e l’influenza degli alogeni su tale particolare attività, definita “potere criptotossico” cresceva in misura proporzionale al loro peso atomico, con un valore molto elevato nel caso dello iodio (ad es. nell’acido 3, 5-diiodosalicilico). Il fatto che lo iodio introdotto in una molecola organica ne esalti in modo così rimarchevole una preesistente azione biologica destò, quindi, l’interesse del prof. Covello inducendolo ad intraprendere indagini sistema¬ tiche nel campo dei composti organici contenenti iodio nella molecola. In memoria di Mario Covello 7 La sua attenzione fu rivolta, inizialmente agli acidi iodosalicilici, che poco studiati in quell’epoca dal punto di vista chimico e preparativo egli valutò anche quali utili intermedi per la preparazione di altri composti di maggiore interesse farmaceutico. Il primo passo delle sue ricerche fu quindi quello della messa a punto di una nuova tecnica di iodurazione per l’ottenimento degli acidi 3- e 5-iodosalicilico, che risultò nettamente più vantaggiosa di quelle esistenti. Constatato, in seguito, l’incremento dell’attività criptotossica negli acidi iodosalicilici, le ricerche successive mirarono alla preparazione dei loro derivati più importanti, e precisamente dei sali tra cui particolarmente interessanti quelli alcaloidei degli esteri, eteri ed acilderivati, onde mettere in rilievo la variazione della azione in relazione alle modifiche apportate alla molecola supporto. Nel quadro delle ricerche volte a chiarire le possibilità applicative di farmaci iodosalicilici si innestarono, con connessione logica, indagini parti¬ colari sugli acil-derivati la cui struttura fosse paragonabile a quella dell’acido acetilsalicilico. Limiti di tempo ci impongono di citare soltanto, tra gli interessanti studi che fanno parte di questo gruppo di ricerche, quelli che riguardano la sintesi e lo studio dell’JPAS (acido-amminosalici- lico), di polimeri dell’acido iodosalicilico e di acido 5-iodosalicilico mar¬ cato. Seguirono, poi, le ricerche sui derivati dell’isomero para-dell’acido sali¬ cilico, motivate dall’interesse suscitato dai derivati di questo prodotto nel campo farmacologico. Tali studi consentirono di evidenziare che la pre¬ senza dello iodio nell’anello benzenico potenzia nettamente l’azione biolo¬ gica degli esteri, rendendoli più attivi a concentrazioni più basse. Il gruppo di lavoro relativo alla sintesi di iododerivati chetonici e aldeidici aromatici, che prese le mosse dalla identificazione del 2-idrossi-5- idroacetofenone che si presentava inizialmente come uno scomodo sotto¬ prodotto della sintesi di uno iododerivato della 4-idrossicumarina, si rivelò invece come fertile settore per la preparazione di utili intermedi nella sin¬ tesi di iodorganici. Finalità farmaceutiche analoghe a quelle intraviste per gli alchilossideri- vati di tipo salicilico e p-idrossibenzoico, originarono le ricerche sulla iodura¬ zione degli alchilossiderivati chetonici e aldeidici, che a loro volta si presenta¬ rono quali utili intermedi nella preparazione di derivati iodochinolinici. Parimenti, fecondi di interessanti risultati furono gli studi sulla iodura¬ zione di analoghi del cloramfenicolo, e di gruppi di iodorganici a poten¬ ziale attività anticoagulante, quali i derivati cumarinici e quelli fenilindan- dionici, nonché quelli sulla preparazione di iododerivati stilbenici, per i 8 Oreste Schettino quali sembrava possibile preconizzare una utilizzazione come mezzi opa¬ cizzanti in radiologia. Un cenno a parte meritano i lavori relativi allo studio della iodura¬ zione della tirosina che vide una applicazione particolarmente interessante della cromatografìa quale strumento per seguire da vicino il graduale pro¬ cedere della iodurazione della 1 -tirosina con la tecnica originariamente messa a punto dal prof. Covello. Se quello degli iodorganici fu il tema che maggiormente impegnò il prof. Covello, tanto da costituire materia per ben 70 pubblicazioni, non meno intenso fu il lavoro di ricerca sugli altri argomenti che egli affrontò e perseguì con tenacia e, direi, con caparbia volontà, sin quando i risultati non fossero concreti, anche se lo impegnavano per anni. Lo troviamo così impegnato nel campo della chimica analitica appli¬ cata, nel quale particolarmente io ebbi la ventura di affiancarlo special- mente sui temi della chimica degli alimenti, che Egli coltivò sempre con interesse, anche dopo aver lasciato l’insegnamento della chimica bromato¬ logica. Nel folto gruppo di note che ho prima definito di interesse naturalistico, il prof. Covello affrontò sotto diversi aspetti lo studio di prodotti, prevalente¬ mente di origine vegetale, indagando qualitativamente e quantitativamente sulle sostanze organiche che ne sostituivano i principi attivi o gli elementi caratterizzanti, anche con riferimento ad alcune specifiche attività biologiche. Vorrei citare tra queste ricerche, quelle iniziali sull’olio di «Perrea indica» e sul Piretro coltivato presso la stazione sperimentale per le piante officinali annessa all’Orto Botanico nel quale, oltre a valutare il contenuto di Piretro, Egli evidenziò la presenza di una ossidasi diretta. Seguirono gli studi sull’«Ephedra procera», il « Cardiosprmum Halicacabum», la «Menta Viridis», la «Wìthania somnifera», la «Lavandula Vera» eccetera. Affrontò anche temi di enzimologia studiando la attività delle fosfatasi del rene in diverse condizioni e su diversi substrati, nonché, nel quadro di un piano di indagini nell’acido fitico e sulla fìtina, l’attività della fìtasi dell’orzo. Rientrano in questo capitolo anche gli studi esposti in una serie di note, sul potere catalitico dell’orzo. Scrittore forbito, dotato oltre che di una profonda preparazione professio¬ nale, anche di una cultura eclettica e di vasti interessi umanistici, ebbe modo di trasfondere con particolare successo le sue idee in numerose monografìe, molte delle quali, a distanza di tempo, conservano ancora una viva carica di attualità per la modernità delle argomentazioni. Si vedano, in proposito, quella sulle «Prospettive antiche e moderne della Chimica Far¬ maceutica», sull’« Arsenico, veleno di tutti i tempi», sui «Cento anni di In memoria di Mario Covello 9 chimica nell’Università di Napoli», sulla «Ricerca tossicologica nel quadro delle moderne Tecniche analitiche». Per quanto riguarda, poi, appunto la sua attività di tossicologo, svolta sia nel campo della ricerca pura che a benefìcio dell’Autorità giudiziaria, credo che bene possano esprimere il suo atteggiamento nei confronti di questa deli¬ cata ed appassionante branca della scienza, le sue stesse parole: «Allo stato attuale del progresso scientifico anche in questo specifico campo della ricerca, non vi è dubbio che disponiamo di tutti i mezzi necessari e sufficienti onde raggiungere una prova di certezza nelle nostre indagini ed a nulla possono valere la dialettica ed i cavilli messi in moto da tutto l’apparato difensivo, quando l’opera è compiuta con competenza ed onestà. Il chimico tossicologo, tuttavia, non può operare, in conseguenza di quanto da noi affermato, se non porta nella ricerca quella che mi piacerebbe definire una completa mentalità biologica, fatta non solo di studio ma di esperienza». Il prof. Covello fu membro di numerose accademie, tra cui la Ponta- niana, e società scientifiche nazionali ed estere, nella maggioranza delle quali rivestì in epoche diverse, anche cariche ufficiali. Tra le nazionali ricorderò l’Accademia di Scienze, fisiche, matematiche e naturali della Società di scienze, lettere ed arti in Napoli, della quale fu Presidente nel 1970, l’Accademia Pugliese delle Scienze, la Società Chimica Italiana della quale diresse la sezione campana per vari anni, la Società dei Naturalisti, ecc.. Fra le straniere, fu socio della Accademia di Farmacia di Parigi e di quella di Barcellona. Fu, infine, socio d’onore della Società di storia della Farmacia Italiana. Fece parte, inoltre, di numerose commissioni ed orga¬ nismi ufficiali nazionali. Collaborò largamente alla stesura del testo della settima edizione della Farmacopea Ufficiale, quale componente delle Commissioni nominate a partire dal 1956. Dal 1962 al 1966 fece parte della 1 a Sezione e della Giunta del Consi¬ glio Superiore della P. I. Nel 1962 il Ministero Difesa (M. M. i) gli conferì la medaglia d’oro quale Alto Consulente di Chimica Farmaceutica Tossicologica della dire¬ zione generale medica. Nel 1963 la FOFI, Federazione Ordini di Farmacia Italiane, con delibe¬ razione unanime del Consiglio nazionale, gli conferì la medaglia d’oro «Ici¬ lio Guareschi» per le benemerenze acquisite nel settore della ricerca chi¬ mica farmaceutica e tossicologica. Ancora nel 1966 gli venne conferito, con decreto del Presidente della Repubblica, un ambito riconoscimento: la medaglia d’oro «Al merito della Sanità Pubblica». 10 Oreste Schettino Personalità complessa e di grande umanità, galantuomo a tutta prova, premuroso con gli amici, affabile con gli allievi, scrupoloso nell’adempi- mento di ogni suo dovere, felice di operare rettamente, si doleva ogni qual¬ volta fosse costretto ad emettere un giudizio negativo. Queste doti del carattere, insieme con le spiccate qualità dello studioso e del maestro, che io con le mie scarne parole ho così inadeguatamente fin qui lumeggiato, contribuirono a renderlo apprezzato ed amato e ne fanno più amaramente rimpiangere la perdita. Ma la sua memoria sopravvive nel cuore di quanti lo conobbero ed è ancora più endelebilmente impressa nell’opera scienti¬ fica che Lui ci ha lasciato. ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI DEL PROF. MARIO COVELLO IN ORDINE CRONOLOGICO 1) Sulla Picrammina Trisuccinica - In collab. con R. Gabrieli - Rend. R. Acc. Se. Fis. Mat. Napoli ; Serie III, 32, 147, 1926. 2) Azione dell’anidride Ftalica sulla Triammino Resorcina - Ibid.; serie III, 33, 240, 1927. 3) Sopra i Diftalildiamidochinoni - Ibid., Serie III, 34, 149 1928. 4) Anilidochinoni sostituiti - Ibid.; Serie IV, 35, 158, 1929. 5) Azione della Fenilidrazina su Anilidochinoni sostituiti - Ibid.; Serie IV, 35, 86, 1929. 6) Azione della Idrossilammina su Anilidochinoni - Ibid.; Serie IV, 35, 90, 1929. 7) Lessico in farmacia - In collab. con A. Piura e P. Marfori, Ed. Vallardi - Milano 1931. 8) Relazione tra Costituzione chimica dei farmaci ed azione fisiologica - Sanitaria ; N° 3, 4, 5, 6 1932. 9) Derivati dell’acido Alfabromovalerianico ad azione ipnotica - Rend. R. Scc. Se. Fis. Mat. Napoli , Serie IV, 2, 71-73 1932. 10) L’olio di «Persea Indica» - Nota I., In collab. con M. Rosano. Atti IV Congr. Naz. Chim. Pura ed Appi. ; 4, 699 1932. 11) L’olio di «Persea Indica» - Nota II, in collab. con M. Rosano. Ibid.; 4, 702, 1932. 12) Derivati mercurici del gruppo della Purina - Rend. R. Acc. Scienze Fis. Mat. Napoli ; Serie IV, 3, 72, 65 1933. 13) Contributo alla conoscenza degli amminochinoni sostiuiti - Gazz. Chim. ltal.\ 63, 517, 1933. 14) Contributo alla tecnica di distruzione della sostanza organica in analisi tossico- logica - Boll. Soc. Natur. Napoli ; 45, 173, 1933. 15) Nuovi sali di basi organiche quaternarie di eventuale applicazione farmaceutica - Ibid.; 45, 217, 1933. 16) Stato attuale della chimica delle vitamine - Rivista Sintetica Sanitaria ; III N°4 e N° 1 1934-1935. 17) Ricerche sui Fenochinoni - Atti V Congr. Chim. Pura ed Applic. 5, I, 337, 1935. 18) Relazione tra attività biologica e caratteristiche chimiche e chimico-fìsiche di alcune tinture - In collab. con G. Malquori. Archiv. Se. Biol.\ 21, n° 5, 471, 1935. 19) Sugli idrati della chinina - In collab. con G. Malquori Ann. Chim. Appi.; 25, 647, 1935. 20) L’Anestesina e lo studio di alcuni derivati Acilici - Boll. Soc. Natur. Napoli ; 48, 9, 1936. 12 Oreste Schettino 21) Poliioduri del Biioduro di Esametil-l-3-Diamminopropanolo-2 - Ann. China. Appi.- 26, 405, 1936. 22) Sulle relazioni che intercorrono tra i metodi di preparazioni e le proprietà delle tinture - Ibid.; 26, 409, 1936. 23) Indagini chimiche su campioni italiani di Pyrethrum cinerariaefolium - Riv. Ital. Ess. Prof. Piante Offe.; 18, 264, 1936. 24) L’influenza di alcuni glucosidi cardiocinetici sulla scissione del Glicerofosfato di sodio da parte della Fosfatasi del rene - Ann. China. Appi.; 27, 528, 1937. 25) Adsorbimento di coloranti acidi e basici da parte di amidi di varia origine - Quaderno della nutrizione; 4, 467, 1937. 26) Insetticidi di contatto - Ann. China. Farm.; 1938. 27) Stabilità dei preparati fosfatasici del rene in rapporto ai metodi di preparazione e di conservazione - Ibid. 43, 1938. 28) Azione di preparati colloidali sulla esterolisi del Glicerofosfato di sodio da parte della Fosfatasi renale - Atti X Congr. Inter. Chim. Roma 15-2& maggio; 289, 1938. 29) Determinazione colorimetrica dell’acido Nicotinico con l-Cloro-3-4-Dinitroben- zolo - Boll. Soc. Ital. Biol. Sperim., 13, 1021, 1938. 30) Scissione dell’acido nucleico del lievito da parte di un preparato Fosfatasico renale di elevata attività esterolitica - Ann. Chim. Appi. , 29, 12, 1939. 31) Rapporto tra il contenuto di Pire trina I e di Piretrina II nei Capolini di Pyreth¬ rum cinerariaefolium nel corso dello sviluppo vegetativo e durante la conserva¬ zione - Riv. Ital. Ess. Prof. Piante Offe.; 21, 117, 1939. 32) Sulla esistenza di Poliioduri nelle soluzioni alcooliche miste di Iodio e Ioduro di Esametil-l-3-Diamminopropanolo-2 - Ann. Chim. Appi; 29, 187, 1939. 33) Influenza del fumo e del caffè sulla eliminazione attraverso le urine di prodotti che danno la reazione dell’Acido Nicotinico - Boll. Soc. Ital. Biol. Sper.; 14, 224, 1939. 34) Sulla presenza di una Ossidasi diretta nel Pyrethrum cinerariaefolium - Ann. Chim. Appi; 29, 333, 1939. 35) Variazione di attività ossidasica e contenuto di Piretrine nei capolini di Pyreth¬ rum cinerariaefolium essiccati in vario modo - Inattivazione della Ossidasi e stabilizzazione della droga - Ann. Chim. Appi., 30, 88, 1940. 36) Ricerche spettrografiche circa la esistenza di Poliioduri nelle soluzioni alcoo¬ liche miste di Iodio e Ioduro di Esametii-l-3-Diammminopropanolo-2 - Ann. Chim. Appi.; 30, 272, 1940. 37) Chemioterapia delle infezioni batteriche con i composti Solfanilamidici - Rivista Sintetica - Atti R. Ist. Incoragg. di Napoli; XVII, 1940. 38) Composizione dell’olio essenziale di «Artemisia Verlotorum Lamotte », Boll. Orto B. R. Un. Napoli; 15, 61, 1940. 39) Preparazione degli acidi 3- e 5-Iodosalicilici: potere Criptotossico e caratteri¬ stiche farmacologiche - Ann. Chim. Appi. 31, 285, 1941. 40) Preparazione e proprietà di alcuni Saloli derivati dall’acido 3-10 Iodosalicilico Dosalicilico - Ann. Chim. Appi; 31, 254, 1941. In memoria di Mario Cove Ilo 13 41) Indagini chimiche sul Novarsenbenzolo Montecatini in parallelo col Neosalvar- san Bayer - Arch. Ita! Scienze Farmaco!. ; 10, 75, 1941. 42) Differenziazione dell’acido Nicotinico dalla Nicotinamide, Beta-Amminopiri- dina e nicotina per via Spettrografica nell’ultravioletto - Quaderni della nutri¬ zione \ voi. Vili, Num. 3, 1942. 43) Ricerche sulla Fitina: azione della Fitasi dell’orzo sul Fitinato di sodio - Rend. R. Acc. Se. Fis. Mat. Napoli ; Serie IV, XII, 1942. 44) Il principio Fosforganico contenuto nei semi di Trigonella Foenum Graecum - Quaderni della nutrizione ; 9, n. 1-2, 1943. 45) Trigonnellina ed acido Niconitico nella «Trigonella Foenum Graecum» in rela¬ zione all’attività Antipellagrosa della droga - Boll. Soc. Ita l. Biol. Sper.\ 18, 159, 1943. 46) Legame del Fosforo nell’acido Fitinico naturale - Boll. Soc. Ital. Biol. Sperimi 18, 158, 1943. 47) Ricerche chimico farmacologiche sulla «Cannabis indica» coltivata in Italia - I - Relazioni tra i caratteri chimico-analitici e l’attività farmacologica - Il Farmaco ; 2, 503, 1947. 48) Ricerche chimiche e farmacologiche sulla «Cannabis Indica» coltivata in Italia - II - Degradazione dell’attività Bilogica della droga in rapporto all’invecchia¬ mento e separazione cromatografica delle frazioni attive degli estratti alcoolico ed etereo - Il Farmaco ; 3, 7, 1948. 49) 3- E 5-Iodosalicilati di Alcaloidi - Ann. Chim. Appi. 38, 123, 1948. 50) Idrolisi di nuovi derivati acilici degli acidi 3- e 5-Iodosalicilici - In collab. con A. Capone; Boll. Soc. Natur. Napoli ; 57, 41, 1948. 51) Iodosalicilati di Mercurio e di Bismuto - Boll. Soc. Natur. Napoli ; 57, 49, 1948. 52) Ricerche farmacologiche sul Canforato di Esametil-l-3-Diaminopropanolo-2 - Boll. Soc. Natur. Napoli; 57, 72, 1948. 53) Aspetti attuali della chimica farmaceutica e tossicologica - Prelezione al corso di Chimica Farmaceutica e Tossicologica presso l’Università di Bari. Stampato a cura degli Ordini dei Farm, di Bari, Brindisi e Lecce. Tip. Edit. Marra di G. Bellone - Galatina 1949, pag. 22. 54) L’acido 4-Ammino-5Iodosalicilico (JPAS) in relazione alla terapia della TBC - In collab. con A. Capone - La Ricerca Scientifica ; 20, 79, 1950. L’attività batte¬ riostatica dell’acido 4-Ammino-5-Iodosalicilico (JPAS) verso il Bacillo di Koch e primi risultati nella terapia della tubercolosi polmonare - Ricerche cliniche di G. Palerno. La Riforma Medica ; N. 0 49, 1950. 55) L’acido Iodosolfosalicilico ed il suo impiego per la determinazione Nefelome- trica dei Protidi - In collab. con A. Capone; Boll. Soc. Natur. Napoli , 59, 31, 1950. 56) La Microcromatografìa su carta nella tecnica più recente e le sue applicazioniò ai problemi analitici, farmaceutici e tossicologici - In collab. con G. Romano; Boll. Soc. Natur. Napoli , 59, 13, 1950. 14 Oreste Schettino 57) Ricerche sulla «Ephedra Procera» coltivata in Italia. Applicazione di una rapida tecnica colorimetrica per la determinazione della Efedrina - In collab. con A. Capone. Il Farmaco ; 5, 684, 1950. 58) Esercitazioni di chimica farmaceutica e tossicologica: corso triennale - Ed. Pel- lerano - del Giudice - Napoli, 1950. 59) Sintesi del gruppo del Metonio. Succedanei della D-Tubocurarina - Boll. Soc. Med. Nature, 1951. 60) Variazioni del potere Amilolitico dell’orzo nel corso della germogliazione in rapporto alla presenza di Biocatalizzatori nell’acqua di macerazione - Sperimen¬ tale; Sez. Chim. Biol.; 2, 1, 1951. 61) Determinazione quantitativa dell’acido 4-Ammino-5-Iodosalicilico (JPAS) nel sangue e nelle urine - In collab. con A. Capone; Ann. Chim.-, 41, 367, 1951. 62) Sulla struttura dell’acido Fitinico - In collab. con M. Di Fonzo - Boll. Soc. Natur. Napoli ; 60, 1951. 63) Contributo alla conoscenza delle relazioni tra potere ipnotico e tensioattività nei derivati barbiturici - In collab. con G. Di Donna - Boll. Soc. Natur. Napoli ; 60, 50, 1951. 64) Ricerche sui semi di Cardiospermum Halicacabum - Ann. Chim. 41, 780, 1951. 65) Prospettive antiche e moderne della chimica farmaceutica - Allocuzione per l’inaugurazionbe della 14a Assemblea della «fédération Internationale Pharma- cetique» Roma 25.11.1951. Bull. F.I.P. 24aAnnée 1950-51, pag. 111. 66) Nel mondo degli Steroidi - Prelezione al corso di Chimica Farmaceutica e Tos¬ sicologica nell’Università di Napoli; Rend. Acc. Pontaniana-, 4, 287, 1952. 67) Ernesto Pannain. Commemorazione - Boll. Soc. Natur. Napoli ; 61, 59, 1952. 68) Variazione del potere Amilolitico dell’orzo nel corso della germogliazione in rapporto alla presenza di Biocatalizzatori nell’acqua di macerazione - Nota II; In collab. con M. L. Boisio - Boll. Soc. Ita/. Biol. Sper. 29, 446, 1953. 69) Considerazioni conclusive sulla variazione del potere Amilolitico dell’orzo nel corso della germogliazione in relazione alla presenza di Biocatalizzatori inorga¬ nici - In collab. con M. L. Boisio. Biochimica Applicata ; 2, 107, 1955. 70) I principali contributi promossi dalla stazione sperimentale per le piante offici¬ nali annessa all’orto botanico dell’Università di Napoli - Hommage au Doyen René Fabre. Pag. 99, 1956, Ed. Se des Paris. 71) Gennaro Riccio - Necrologio - La Chimica e L’Industria , 39, 61, 1957. 72) Un nouveau medicament «L’acide Thioctique». Conference faite a la Faculte de Pharmacie del L’Universite de Paris - le 11 e le 13 avril 1956 - Produits Pharmaceutiques, 12, 87, 1957. 73) Contributo critico alla metodologia analitica di determinazione della durezza dell’acqua - In collab. con M. L. Boisio - Boll. Soc. Natur. Napoli, 66, 18, 1957. 74) Analisi chimica e chimico-fisica dell’acqua minerale di Assano - In collab. con G. Romano, Boll. Soc. Natur. Napoli, LXVI, 1957. 75) Gli esteri alifatici dell’acido 5-Iodosalicilico in relazione alla loro attività (Anti¬ microbica e Batteriostatica - In collab. con G. Pepe Pharmacia Mediterranea. II In memoria di Mario Cove Ilo 15 Reunion de la Soc. Farm, del Mediterraneo Latino. Barcellona, pag. 223, 1956, Read. Acc. Se. Fis. e Mat. Serie 4a voi. XXV, 1958. 76) Nuovi Idrorganici di sintesi. Sintesi della 6-Iodo-4-Ossicumarina e del 6-6’- Diiodo-Dicumarolo - In collab. con E. Piscopo. Gazz. Chim. Ital. 88, 101, 1958. 77) Preparazione e proprietà dell’acido 3-Iodo-4-Idrossibenzoico e di alcuni suoi esteri in relazione alla attività antibatterica paragonata con quella dei corri¬ spondenti prodotti non iodurati - In collab. con G. Pepe; Il Farmaco , 13, 121, 1958. 78) La ricerca chimica-tossicologica nel quadro delle moderne tecniche analitiche. Rivista sintetica - Il Farmaco , 13, 324, 1958. 79) In memoria di Sergio Berlingozzi - Commemorazione. Gaz. Chim. Ital ., 88, 949- 964, 1958. 80) Ricerche sulla «Mente Viridis » coltivata presso la stazione sperimentale per le piante officinali annessa al’orto botanico dell’Università di Napoli - In collab. con G. Romano; Boll. Soc. Natur. Napoli , LXVII, 1958. 81) Variazione del potere Amilolitico dell’orzo nel corso della germogliazione in rapporto alla presenza di Biocatalizzatori nell’acqua di macerazione. Azione di alcuni Aminoacidi - Nota III. In collab. con M. L. Boisio. Pharmacia Mediterra¬ nea. II Reunion de la Soc. Farm, del Med. Latino Barcellona, pag. 255, 1956 - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. Napoli , Serie 4a, voi. XXVI, 36, 1959. 82) La Withania somnifera Dun. Nota I. Frazionamento cromatografico dei costi¬ tuenti basici - In collab. con G. Romano e E. Piscopo. Pharmacia Mediterra¬ nea. II Reunion de la Soc. farm. del Med. Latino, Barcellona, pag. 266, 1956 - Rend. Acc. sci. Fis. e Mat. Napoli , Serie 4a, XXVI, p. 23, 1959. 83) Aspetti antichi e moderni della chimica tossicologica - Conferenza; Boll. Chim. Farm.: 98, 727, 1959. 84) Determinazione quantitativa dell’acido Tiottico per via spettrofotometrica - In collab. con C. De Vena - La Ricerca Scientifica , 29, 2552, 1959. 85) Composizione dell’olio essenziale ricavato dalla Lavandula vera D. C. coltivata presso la stazione sperimentale per le piante officinali annessa all’orto botanico dell’Università di Napoli - In collab. con G. Ciampa. Rend. Acc. Se. Fis. e Mat.: Serie 4a, voi. XXVI pag. 453, 1959. 86) Nuovi Iodorganici di sintesi. Preparazione e caratteri degli acidi 2 (2’-Ossi-5’- Iodofenil) - E 2 (2’ -Ossi-3’-5’-Diiodofenil) Cinconinico - In collab. con E. Piscopo ed E. Abignente - Ann. Chim. Appi. , 50, 397, 1960. 87) Nuovi Iodorganici di sintesi. Preparazione e caratteri del 2-Ossi-5-Iodo e del 2- Ossi-3,5-Diidoacetofenone - In collab. con E. Piscopo e E. Abignente - Ann. Chim. Appi. , 50, 383, 1960. 88) Paper Chromatography of Withania Somnifera Alkaloids - In collab. con G. Ciampa - Journ. Chromatogr. 3, 591-592, 1960. 89) L’Arsenico, veleno di tutti i tempi - conferenza tenuta sotto il patrocinio della S.I.S.F. il 31.3.1960 nell’aula della Clinica Chirurgica dell’Università di Milano. Il Farmaco , Ediz. Prat., 15, 395, 1960. 90) Relazione al III Congresso Nazionale dello S.N.E.L.P.I.F. (Sindacato Nazionale esperti laureati propaganda industria farmaceutica) - L’Industria dei Farmaci; VI, N. 6 p. 10; giugno 1960. 1 6 Oreste Schettino 91) Estrazione e determinazione quantitativa deH’Ascaridolo presente nei semi di «Chenopodium anthelminticum» - In collab. con G. Ciampa. La ricerca scienti¬ fica, , 30, 1207, 1960. 92) Determinazione quantitativa degli Alcaloidi nelle radici di «Withania somni- fera» - In collab. con G. Ciampa. Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. Serie 4a, XXVII, 1960. 93) La «Salpichroa rhomboidea» nota I. Sulla presenza di costituenti Basici - In collab. con G. Ciampa - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. Serie 4a, XXVII p. 358, 1960. 94) Nuovi Iodorganici di sintesi. Preparazione e caratteristiche degli Acidi 2 (4’- Ossi-3’, 5’-Diiodofenil)-Cinconinico e 4-Ossi-3,5-Diiodomandelico - In Collab. con E. Piscopo e E. Abignente. Annali di Chimica , 50, 1651-1665, 1960. 95) Herba Passiflore Incarnatae. Stato attuale delle ricerche sulla droga e contri¬ buto sperimentale su quella coltivata presso la stazione sperimentale per le piante officinali annessa all’Orto Botanico deU’Università di Napoli - In Collab. con G. Ciampa; Boll. Soc. Natur. Napoli , LXIX, 1960. 96) Contributo critico-sperimentale allo studio dei Polimeri dell’acido salicilico - In collab. con G. Ciampa - Rend. Acc. Se. Fis. e Mat. della Soc. Naz. Sci. Lett. Arti di Napoli , Serie 4° voi. XXVII, 573, 1960. 97) Medicamenti di sintesi e medicamenti naturali - Messa a punto. Il progresso medico , Voi. XVII, p. 291, 1961. 98) Sulla determinazione del peso molecolare di polimeri dell’Acido Salicilico - In collab. con G. Ciampa - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. Serie 4° voi. XXVII, p. 369, 1961. 99) Nuovi Iodorganici di sintesi. Sulla preparazione di acidi Iodoalchilossibenzoici e derivati - In collab. con E. Piscopo ed E. Abignente - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. Serie 4a, voi. XXVII, 375, 1961. 100) La «Betula Alba». Contributo alla conoscenza chimico-farmaceutica della droga con indagini sul suo potere antibiotico - In collab. con G. Ciampa - Boll. Soc. Natur. Napoli , voi. 70, 113, 1961. 101) Nuovi Iodorganici di sintesi. Preparazione e caratteri di alcuni Iodocloramfeni- colo-Simili - In collab. con E. Piscopo ed E. Abignente. Annali di Chimica , 52, 213, 1962. 102) Cento anni di chimica nell’Università di Napoli - Conferenza a classi riunite al IX Congresso Nazionale di Chimica tenuto congiuntamente con la «Societé Suisse de Chimie». Napoli 27 maggio - 2 giugno 1962. Gazz. Chim. Italiana , pagg. 829-849, 92, 1962. 103) Nuovi Iodorganici di sintesi. Derivati del 2-Fenil-Indan-l,2-Dione - In collab. con E. Abignente - Annali di Chimica 52, 923, 1962. 104) Nuovi Iodorganici di sintesi. Alchilossiderivati ed esteri acetonilici degli acidi 4-Idrossi- e 3,5-Diiodoidrossibenzoico - In collab. con E. Piscopo ed E. Abi- gnente - Annali di Chimica , 52, 911, 1962. 105) Cromatografia e determinazione Spettrofotometrica della idrossi e della Ciano- cobalamina in associazione con altri medicamenti - In collab. con O. Schettino - Annali di Chimica , 52, 1135, 1962. In memoria di Mario Cove Ilo 17 106) Polimeri dell’acido 5-Iodosalicilico - In collab. con G. Ciampa. Annali di Chi¬ mica, 52, 1127, 1962. 107) Riforma degli studi e valorizzazione della laurea in farmacia. Relazione presen¬ tata all’VIII Congresso Nazionale di farmacia - Napoli 2-5 marzo 1962 - Atti del Congresso. Il Farmaco , Ediz. Prat., XVIII, 127-141, 1963. 108) Nuovi Iodo-Organici di sintesi. Derivati della 4-Idrossicumarina - In collab. con E. Abignente e A. Dini - Annali di Chimica , 53, 1593, 1963. 109) Sintesi dell’acido 5-Iodosalicilico marcato con J131 e sua distribuzione nell’or¬ ganismo dei ratti - In collab. con G. Ciampa - Rend. dell’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4a XXX, pag. 216, 1963. 110) Allocuzione pronunciata in occasione della inaugurazione del IX Congresso Nazionale di Chimica, tenutosi a Napoli dal 27.5.62, al 2.6.62, congiuntamente con la « Societe Suisse de Chimie » - La Chimica e l’industria anno XLV, pag. 70, gennaio 1963. 111) Meccanismo di Iodurazione della Tirosina per la formazione di Monoiodo e Diiodotirosina - In collab. con E. Piscopo ed O. Schettino - Rend. del l’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze Lettere ed Arti di Napoli , Serie 4a, voi. XXX, pag. 223, 1963. 112) Die Verteilung Von131 Jod-Salucylsaure in Rattenorganismus - In collab. con G. Ciampa, A. C. Amoroso e K. Lang (aus dem Institut fiir Physiologische Che- mie der Universitàt Mainz) - Arzneimitte-forschung 14, 198-199, 1964. 113) The application of thin-layer Chromatography to Investigations of Antifermen- tatives in Foodstuffs - In collab. con O. Schettino - Scientific Reports of thè Instituto Superiore di Sanità , pag. 215-219, 1964. 114) Determination par voie Chromato-Spectrophotometrique de L’Hydroxo et de la Cyanocobalamine associees a d’autre medicaments sous formes pharmaceuti- ques diverses. In collab. con O. Schettino. Berichte, XXIII Internationale Kon- gress der Pharmazeutischen Wissenschaften, Munster 9-14 september, 1963. 114 bis) Determinazione per via Cromatospettrofotometrica della Idrosso e della Cianocobalamina associate ad altri medicamenti in forme farmaceutiche diverse - In collab. con O. Schettino - Il Farmaco , Ed. Prat. XIX, 38, 1964. 115) Applicazione della Cromatografia su strato sottile alla ricerca degli Antifermen¬ tativi negli alimenti - Nota II - In collab. con O. Schettino, La Rivista Italiana delle Sostanze Grasse , 41, 75, 1964. 116) Cromatografìa su carta di alcune sostanze considerate «Doping» - In collab. con G. Ciampa - Medicina dello Sport , 4, 220, 1964. 117) Nuovi Iodorganici di sintesi. Preparazione di O-Alchilossi-Benzaldeidi, O-Alchi- lossiacetofenoni ed analoghi Iodurati - In collab. con E. Piscopo - Il Farmaco Ed. Sciente 19, 675, 1964. 118) Prospettive per una riforma universitaria nel settore degli studi farmaceutici - Bollettino Chimico Farmaceutico, 107, 148, 1964. 119) Applicazione della Cromatografia su strato sottile alla ricerca degli antifermen¬ tativi negli alimenti. Nota III. Determinazione quantitativa - In collab. con O. Schettino. La Rivista hai. delle Sostanze Grasse , XLI, 337, 1964. 1 8 Oreste Schettino 120) Nuovi Iodorganici di sintesi. Acidi Alfa-Fenilcinnamici Iodurati - In collab. con E. Abignente e A. Dini - Annali di Chimica , 54, 805, 1964. 121) Analisi chimica e chimico-fisica dell’acqua della sorgente «tre Fontane» in tenimento del comune di Crispiano in provincia di Taranto - In collab. con G. Ciampa - Boll. Soc. Natur. Napoli. 73, 28, 1964. 122) Analisi delle sostanze grasse mediante cromatografia su strato sottile. Nota pre¬ liminare. Applicazione della tecnica di sviluppo con gradiente di potere eluente agli strati sottili - In collab. con O. Schettino - Rend. dell’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze lettere ed Arti in Napoli. Serie IV, voi. XXXI, 168, 1964. 123) Nuovi Iodorganici di sintesi. Preparazione di P-Alchilossibenzaldeidi Acetofe- noni e Propiofenoni ed analoghi Iodurati - In collab. con E. Piscopo - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4a, XXXI, 180, 1964. 124) Caratteri analitici Cromatografici e Spettrofotometrici di Idrossi e Alchilossi- Benzaldeidi. Acetofenoni e Propiofenoni ed analoghi Iodurati - In collab. con E. Piscopo ed O. Schettino - Rend. dell’ Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4, XXXI, 193, 1964. 125) Influenza dell’Altitudine nella composizione dell’olio essenziale di « Lavandula Vera D. C. » - In collab. con G. Ciampa e M. I. La Rotonda Delpinoa , Nuova Serie, 6, 41, 1964. 126) Indagini preliminari di carattere chimico-fisico sull’olio essenziale ricavato da «Lophantus rugosus fìsch e mey» coltivato presso la stazione sperimentale per le piante officinali annessa all’orto botanico dell’Università di Napoli - In col¬ lab. con G. Ciampa Delpinoa. Nuova serie, 6, 55, 1964. 127) Nuovi Iodorganici di sintesi. Ricerche sulla 4-Idrosiicumarina e prodotti corre¬ lati - In collab. con E. Abignente e A. Dini - Annali di Chimica , 55, 239, 1965. 128) Nuovi Iodorganici di sintesi. Derivati della 4-Idrossicumarina. Risposta ai rilievi fatti da M. Eckstein e J. Sukko sulla reazione della 4-Idrossicumarina con 3,5- Diiodasalicilaldeide - In collab. con E. Abignente e A. Dinl Annali di Chimica , 55, 516, 1965. 129) Determinazione Fotodensitometrica dei Polifosfati negli alimenti dopo frazio¬ namento mediante Cromatografìa su strato sottile - In collab. con O. Schet¬ tino. Il Farmaco , ediz. prat. XX, 396, 1965. 130) Quantitative Analysis of Lithium, Potassium and Caesium Chlorides by Paper Chromatography and flame spectrophotometry - In collab. con G. Ciampa Jour. Chromatography , 20, 201-204, 1965. 131) Alcune osservazioni sulla determinazione fotodensitometrica della vitamina B12 dopo isolamento Cromatografico su carta sottile - In collab. con O. Schet¬ tino - Il Farmaco. Ed. Prat. XX, 581-587, 1965. 132) I Chemioterapici antivirali - Conferenza di aggiornamento letta il 24.4.1965 ai farmacisti dell’Ordine della Provincia di Napoli. Tip. Cafìeri. Via Atri 23 Napoli; Il Farmaco , Ediz. Prat. XXI, 347-372, 1966. 133) Dosaggio Fotodensimetrico di sostanze d’interesse tossicologico e farmaceutico mediante una nuova tecnica cromatografica quantitativa su settori circolari - In In memoria di Mario Cove Ilo 19 collab. con E. Piscopo- Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti di Napoli , Serie 4a, XXXII, 219, 1965. 134) Ricerca e dosaggio delle vitamine negli alimenti nota preliminare. La determi¬ nazione delle vitamine A e D2 l’una in presenza dell’altra - In collab. con O. Schettino - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti di Napoli , Serie 4a, voi. XXXII pag. 208, 1965. 135) Contributo alla conoscenza dei composti Iodorganici di sintesi. Ricerche speri¬ mentali dal 1936 al 1965 - In collab. con E. Abignente - Atti dell’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere e Arti di Napoli , serie 3 a, V, n. 6? 199-284, 1965. 136) Applicazione della Cromatografìa su carta e su strato sottile alla ricerca degli antifermentativi negli alimenti. Nota IV. Identificazione e dosaggio dei sali ammonici quaternari - In collab. con O. Schettino II Farmaco Ed. Prat., XXI, 145, 1966. 137) Il contenuto di Fosforo Fitinico negli sfarinati di frumento e nelle paste ali¬ mentari in relazione alla varietà del prodotto di provenienza - In collab. con O. Schettino. Rassegna Chimica , N. 5, pag. 219, 1966 - L’industria Pastaria, n. 1 gennaio 1967. 138) Nuovi Iodorganici di sintesi. N4-Acilsufanilammidi - In collab. con E. Abi- gnente e O. Battista Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Let¬ tere ed Arti di Napoli , Serie 4a, XXXIII, 304, 1966. 139) Nuovi Iodorganici di sintesi. Idrossibenzanilidi Iodurate - In collab. con E. Abi- GNENTE e F. De Simone - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti di Napoli , Serie 4a, XXXIII, 309, 1966. 140) Nuovi Iodorganici di sintesi. Esteri Dietilamminoetilici di acidi Benzoici e Fenilacetici - In collab. con A. Dini ed E. Abignente - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed arti di Napoli , Serie 4a, XXXIII, 319, 1966. 141) Separazione e dosaggio Spettrofotometrico dei metalli alcalini nelle acque minerali - In collab. con G. Ciampa e F. Manna - Rend. della Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti di Napoli , 4a, XXXIII, 325, 1966. 142) Sintesi e proprietà del poli (5-Iodosalicilato di Vinile) - In col. con G. Ciampa e A. Vittoria - La Ricerca Scientifica 36, 1139, 1966. 143) Raffaele Piria - Almanacco Calabrese. Istituto Grafico Tiberino. Roma, 121-128, 1966-67. 144) Dosaggio dell’Eugenolo nell’essenza di «Eugenia Caryophyllata». Titolazione in solvente non acquoso e comparazione con altri metodi di analisi - In collab. con G. Ciampa e M. I. La Rotonda - Boll. Chim. Farm. 105, 799, 1966. 145) Analisi chimico-fìsica dell’acqua della sorgente «Sprudel» di Agnano Terme (Napoli) - In collab. con G. Ciampa Boll. Soc. Natur. Napoli , LXXI, 210, 1966. 146) Possibilità di rivelare l’arsenico nell’analisi tossicologica mediante cromatogra¬ fia gas-solido - In collab. con G. Ciampa ed E. Ciamillo. Il Farmaco, Ediz. Prat. XXII, 218, 1967. 20 Oreste Schettino 147) Cromatografia su strato sottile di Psicostimolanti ed Antistaminici - In collab. con G. Ciampa e M. I. La Rotonda - Rend. dell’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti di Napoli. Serie 4a, XXXIV, 1967. 148) L’alcool Polivinilico come Macromolecola supporto per unità farmacologica¬ mente attive - Nota I. Sintesi e proprietà di Poli (2-Ossi-5-Alo)-Benzoati di Vinile - In Collab. con G. Ciampa e A. Vittoria - Annali di Chimica , voi. 57, pag. 664, 1967 e Rend. dell’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti di Napoli , Serie 4a, XXXIV, 1967. 149) L’alcool Polivinilico come macromolecola supporto per unità Farmacologica¬ mente attive. Nota IL Sintesi e proprietà di poli (2-Acetossi-5-Alo) Benzoati di Vinile - In collab. con G. Ciampa ed A. Vittoria Rend. del/’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti dì Napoli , Serie 4a, XXXIV, 1967. 150) Sulla preparazione del Poli - (2-Acetossi-5-Iodo)-Benzoato di Vinile) - In collab. con G. Ciampa ed A. Vittoria. La Ricerca Scientifica , 37, p. 66, 1967. 151) Contribution a la connaissance de composes organiques de Synthese Iodes. Recherches sur le Acides Iodo-Hydrossibenzoiques et leurs derives. Confe- rence faite a l’universite de Nantes le 14 Janvier 1966 - Bulletin de Chimie Thè - rapeutique, 1967, pag. 73. 152) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iodochinazoline - In colab. con F. De Simone ed E. Abignente - Annali di Chimica , 57, 595, 1967. 153) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iodobenzossazine - In collab. con F. De Simone ed E. Abignente - Annali di Chimica , 57, 607, 1967. 154) Contributo al riconoscimento e determinazione quantitativa dei principi attivi di natura Antrachinonica negli estratti impiegati in preparazioni farmaceutiche - In collab. con O. Schettino - Bollettino Chimico Farmaceutico , 106, 791, 1967. 155) Contributo critico sperimentale alla ricerca e determinazione degli Ftalati orga¬ nici negli oli - In collab. con C. Ranaudo ed O. Schettino - Rassegna Chimica , 236, 1967. 156) Nuovi Iodorganici di sintesi. 2-Iodoaril-l, 3, 4-Ossadiazoli - In collab. con F. De Simone ed E. Abignente Rend. dell’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4a, XXXV, 147, 1968. 157) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iodobenzalidantoine e Iodobenzaltioodantoine - In collab. con E. Abignente e F. De Simone - Rend. delTAcc. di Scienze Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , Serie 4a, XXXV, 156, 1968. 158) Determinazione Spettrofotometrica della Ouabaina con Dipicrilammina in am¬ biente alcalino - In collab. con O. Schetting II Farmaco. Ed. prat. XXIII, 195, 1968. 159) Nuovi Iodorganici di sintesi. lododerivati della 4-Idrossicumarina - In collab. con A. Dini e F. De Simone - Annali di Chimica , 58, 895, 1968. 160) Separazione mediante Cromatografia su carta dei metalli Alcalinoterrosi e loro determinazione quantitativa - In collab. con G. Ciampa e F. Manna - Rend. dell’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli - Serie 4, XXXV, 292, 1968. In memoria di Mario Covello 21 161) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iodofenilchinossaline - In collab. con F. De Simone e A. Dini - Rend. dell’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , Serie 4a, XXXV, 298, 1968. 162) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iodofeniltiazoli - In collab. con F. De Simone e A. Dini - Rend. dell’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , Serie 4, XXXV, 309, 1968. 163) Nuovi Iodorganici di sintesi. N-Aroil-N’ Ariltiouree - In collab. con E. Abi- gnente e F. De Simone - Rend. dell’Acc. di Scienze Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4a, XXXV, 317, 1968. 164) Sul comportamento Cromatografico di 2-Ossibenzanilidi Alosostituite - In col¬ lab. con G. Ciampa e M. I. La Rotonda - Rend. dell’Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche della Soc. Naz. di Scienze Lettere ed Arti in Napoli , Serie 4a, XXXV, 439, 1968. 165) Separazione di 2-Ossi-5-Alobenzanilidi mediante Cromatografia gasliquido dei T.M.S. derivati - In collab. con G. Ciampa e M. I. La Rotonda - Rend. dell’Acc. di Scienze Fisiche e Matematiche della Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4a, XXXV, 599, 1968. 166) Synthesis and Properties of 2-Hydroxy and 2-Acetoxy-5-Iodobenzoic acid Polyesters of Shortchain aliphatic Polyalcohols - In collab. con G. Ciampa, A. Vittoria e F. MAnna - La ricerca Scientifica , 38, 933, 1968. 167) Nuovi Iodorganici di sintesi. Esteri 2-Dietilamminoetilici di acidi Fenilcinna- mici - In collab. con F. De Simone e A. Dini - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze Lettere ed Arti in Napoli , Serie 4, XXXV, 723, 1968. 168) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iodocalconi, Iodoflavanoni e Iodoflavonoli - In collab. con A. Dini e F. De Simone, Rend. Accad. Scienze Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , Serie 4a, XXXV, 729, 1968. 169) Studio critico sperimentale circa la composizione e gli aspetti nutritivi dei pro¬ dotti ottenibili dalla fermentazione spontanea dei Protidi estratti dalle Assise Aleuroniche del frumento - In collab. con O. Schettino Monografia pubbli¬ cata dalflstituto di Chim. Farm, e Tossic. dell’Università di Napoli. Tipogr. Pipola Napoli, 1968. 170) Nuovi Iodorganici di sintesi. Acido 4-Idrossi-5-Iodosoftalico e derivati - In col¬ lab. con E. Piscopo. Rend. Accad. Scienze Fis. e Mat. della Società Nazionale di Scienze Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4a, XXXVI, 35, 1969. 171) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iododerivati del 2H-3,l-Benzossazin-2,4 (3H)- gione e del 2,4 (IH, 3H) Chinazolindione - In collab. con A. Dini e F. De Simone Rend. Acc. Scienze Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , XXXVI, 61, 1969. 172) Nuovi Iodorganici di sintesi. Preparazione e caratterizzazione del 2-idrossi-3,5- Diiodo- Bromoacetofenone e del 2-Idrossi-3,3-Diiodo-Bromopropiofenone - In collab. con A. Dini e F. De Simone - Rend. dell’Acc. Scienze Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4a, XXXVI, 67, 1969. 173) Nuovi Iodorganici di sintesi. 2-Iodoaribenzossazoli - In collab. con F. De Simone e A. Dini - Rend. Acc. Scienze Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Let¬ tere ed Arti in Napoli , XXXVI, 219, 1969. 22 Oreste Schettino 174) Nuovi Iodorganici di sintesi. Derivati Iodurati delfl,3-Indandione - In collab. con A. Dini e F. De Simone - Rend. Accad. Scienze Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4a, XXXVI, 276, 1969. 175) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iododerivati del 2,3-Diidro-4H-l,3-Benzossazin-4- One - In coll, con F. De Simone ed E. Abignente - Annali di Chimica , 59, pag. 367, 1969. 176) Nuovi Iodorganici di sintesi. Prodotti di condensazione deH’Indan-l,3-Dione e del 2-Fenilindan-l,3-Dione con Beta-Nitrostireni - In collab. con F. De Simone e A. Dini - Rend. Accad. Sci. Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4, XXXVI, 348, 1969. 177) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iododerivanti della 3-(Alfa-Fenil-Beta-Nitroetil)-4- Idrossicumarina - In collab. con F. De Simone e A. Dini - Rend. Acc. Scienze Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie 4, XXXVI, 356, 1969. 178) Nuovi Iodorganici di sintesi. Iodopirano-Cumarine - In collab. con A. Dini e F. De Simone - Rend. Acc. Scienze Fisiche e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed arti in Napoli. Sez. 4, XXXVI, 361, 1969. 179) Indirizzo rivolto agli accademici della società nazionale di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli, nella qualità di Presidente Generale per l’anno 1970, in occasione della seduta inaugurale del 25 gennaio 1979. 180) Riconoscimento e determinazione quantitativa dei derivati Antrachinonici di origine vegetale per via Cromatografica - Nota II - In collab. con O. Schettino e M. I. La Rotonda - Boll. Soc. Ita/. Biol. Sper., XLVI, 500, 1970. 181) Riconoscimento e determinazione quantitativa dei derivati Antrachinonici di origine vegetale per via Cromatografica - Nota III. Applicazione del metodo di indagine a reperti biologici - In collab. con O. Schettino e M. I. La Rotonda¬ lo//. Sue. Ital. Biol. Sper., XLVI, 503, 1970. 182) Nuovi Iodorganici di sintesi. Chetoni Alfa. Beta-Insaturi Iodurati a presumibile attività antibatterica ed antifungina - In collab. con A. Dini e E. Piscopo - Rend. dell’ Acc. di Scienze Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , Serie 4, XXXVII, 56, 1970. 183) Nuovi Iodorganici di sintesi derivati Imidazolici, Imidazolinici e Benzimidazo- lici - In collab. con M. R. Mazza, N. Sacco e F. De Simone - Rend. dell’ Acc. di Scienze Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , Serie IV, XXXVII, 147, 1970. 184) Nuovi iodorganici di sintesi. Iodofeniltaurine - In collab. con F. De Simone - Rend. dell’Acc. di Scienze Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , Serie IV, XXXVII, 154, 1970. 185) Nuovi Iodorganici di sintesi. Derivati dal 2-Metil-3 Arichinazolone-4 - In col¬ lab. con F. De Simone, N. Sacco e A. Dini - Rend. dell’ Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie IV, XXXVII, 170, 1970. 186) Nuovi Iodorganici di sintesi. Esteri dell’Inositolo - In collab. con F. De Simone e A. Dini - Rend. dell’ Acc. di Scienze Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , Serie IV, XXXVII, 181, 1970. In memoria di Mario Covello 23 187) Influenza dell’Alo-sostituzione nel nucleo aromatico sui parametri cromatogra¬ fici su strato sottile - In collab. con M. I. La Rotonda e O. Schettino - Rend. del/’Acc. di Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lett. ed Arti in Napoli , Serie IV, XXXVIII, 151, 1971. 188) La Diffrazione dei raggi X applicata allo studio della struttura delle sostanze farmacologicamente attive - In collab. con C. Silipo ed A. Vittoria - Boll. Chim. Farm., 110, 183-221, 1971. 189) Nuovi Iodorganici di sintesi. Composti a nucleo Cromandionico e Benzopira- nico - In collab. con E. Abignente e F. Manna - Rend. delt’Acc. di Scienze Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , serie IV, XXXVIII, 259, 1971. 190) Azione biologica di nuovi Iodorganici di sintesi. Nota I. attività pesticida - In collab. con E. Abignente, F. De Simone, A. Dini e E. Piscopo - Rend. Acc. Scienze Fis. e Mat. della Società Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie IV, XXXVIII, 267-285, 1971. 191) Studio cromatografico della composizione della frazione insaponificabile dell’olio dei semi di « Cardiospermum Halicacabum» - In collab. con O. Schet¬ tino e P. Forgione - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Let¬ tere ed Arti in Napoli. Serie IV, XL, 227-234, 1973. 192) Studio cromatografico della composizione della frazione insaponificata dell’olio dei semi di «Cardiospermum Halicacabum» identificazione e dosaggio dei Tocoferoli - In collab. con O. Schettino e L. Ferrara - Rend. Acc. Scienze Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie IV, XLI, 153, 1974. 193) Rapporti tra i Parametri cromatografici di Iododerivati organici frazionati mediante le tecniche di assorbimento e di ripartizione - In collab. con O. Schettino, L. Ferrara e P. Forgione - Rend. Acc. Scienze, Lettere ed Arti in Napoli , Serie IV, XLI, 290, 1974. 194) Rapporti fra i Parametri Cromatografici di Iododerivati organici frazionati mediante le tecniche di assorbimento e di ripartizione - Nota IL - In collab. con O. Schettino, L. Ferrara, P. Forgione - Rend. Acc. Sci. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli. Serie IV, XLIII, 1976. 195) Il servizio farmaceutico nell’ambito dell’ordinamento regionale. Prolusione alle XI giornate farmaceutiche italiane - Napoli, 29.4.1976. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 94, 1985, pp. 25-42, figg. 4, tabb. 6 Considerazioni sul comportamento di emissione di inchiostro nel genere Aplysia (Mollusca, Gastropoda, Opisthobranchia) Nota del socio Graziano Fiorito (*) e di Paolo Bergamo (**), Carmela Capuano (**) e Chiara Lepore (**) Riassunto. - L’emissione di inchiostro da parte di animali del genere Aplysia rientra nel processo di aggiustamento tensionale che ogni organismo continuamente attua per il mantenimento della propria omeostasi quando si verifichino condizioni di disagio. Lo scopo di tale aggiustamento è quello di minimizzare i danni derivanti da una tale condizione. In considerazione di quanto si verifica in altri taxa di Mol¬ luschi, e anche se un aggiustamento tensionale si verifica a qualsiasi livello filogene¬ tico, il comportamento di emissione di inchiostro da parte di Aplysia assume un significato biologico e comportamentale peculiare. Gli Autori, dopo aver esaminato i dati attualmente a disposizione in letteratura relativi alla morfologia delle ghiandole secernenti l’inchiostro, alla biochimica e alla neurobiologia di tale secrezione, accentrano l’attenzione su tutta una serie di osser¬ vazioni comportamentali, alcune delle quali condotte dagli stessi Autori. Queste osservazioni permettono di ricavare alcune conclusioni circa l’emissione di inchiostro negli Aplysiidae. Questo comportamento appare strettamente connesso al fenomeno di rilascio di sostanze che rappresentano sottoprodotti del metabolismo animale. La emissione di inchiostro è relativa a una stimolazione interessante uno stato emozionale che porterebbe l’eventuale predatore ad essere dissuaso dall’attac- care l’animale che risponda in modo così brusco. La considerazione dei livelli di interazione e comunicazione eterospecifica ed omospecifìca e della soglia di risposta di questo comportamento può essere quindi messa in relazione alla nicchia occu¬ pata, all’evoluzione del taxon, e, ancor più, allo sviluppo biologico e comportamen¬ tale che l’individuo ha nell’ambito del gruppo e dell’ambiente con cui esso intera¬ gisce. Summary. - All species of thè genus Aplysia (Gastropoda, Opisthobranchia) show inking behavior. The emission of ink may be considered, in generai, as a pro- (*) Stazione Zoologica di Napoli - Villa Comunale - 80121 Napoli, Italia. (**) Stazione Zoologica di Napoli - Villa Comunale - 80121 Napoli, Italia. Gruppo di Ricerca «Evoluzione e Sviluppo del Comportamento», Laboratorio di Neurobiologia, Stazione Zoologica, Villa Comunale, 80121 Napoli 26 G. Fiorito, P. Bergamo, C. Capuano e C. Lepore cess involved in a particular state of tensional adjustment to internai and external systems. An animai realizes this process to maintain thè homeostasis. During these adjustments animals minimize demagements following to unconfortable, painful or dangerous situations. In this respect inking in Aplysia has a pecirliar significance also considering other Molluscs inking behaviors. In this paper some data about ink gland morphology, ink biochemistry and inking neurobiology and behavioral occurrence are considered. Behavioral observa- tions allow to draw conclusions considering this process as related to a series of fac- tors: waste products release, emotional status, levels of interaction and of communi- cation between individuals and species, response, response threshold. Considera- tions about niche position, taxon phylogeny, and on thè behavioral development of species and of thè individuals in their environment are also given. Parole-chiave: Aplysia , Invertebrati, Molluschi, Aplysiidae, Comportamento, Emis¬ sione di inchiostro, Livelli di interazione e di comunicazione. Evoluzione del com¬ portamento, Sviluppo del comportamento. Key-Words: Aplysia , Invertebrates, Molluscs, Aplysiidae, Behavior, Inking, Levels of interaction and of communication, Evolution of behavior, Development of beha¬ vior. Introduzione L’emissione di inchiostro da parte di animali, quali i Cefalopodi, rientra nel processo di aggiustamento tensionale in seguito a variazioni dell’ambiente interno ed esterno all’organismo (Tobach e Schneirla, 1962; Tobach, 1970). Esso può essere considerato, più in generale, come un fenomeno comune a tutti i livelli filogenetici e può essere definito come rilascio o emissione di materiali da parte dei livelli di organizzazione interna dell’individuo nell’ambiente circostante. L’aumento dei ritmi di respirazione, la diarrea o l’enuresi, sono soltanto alcuni esempi rappresen¬ tanti tale processo negli esseri umani. Il fenomeno può essere schematicamente così riassunto (Fiorito e Tobach, 1984; Fiorito e Tobach, in stampa): a) rilascio di sostanze che rappresentano sottoprodotti del metabo¬ lismo animale; b ) rilascio di organelli o di strutture divenute specializzate nel corso della storia evolutiva dell’organismo; c) rilascio di sostanze chimiche secrete da ghiandole o tessuti specia¬ lizzati che non abbiano altra apparente funzione. Considerazioni sul comportamento di emissione di inchiostro, ecc. 27 In generale questo aggiustamento tensionale può essere considerato come un processo continuo attuato dall’organismo per la difesa dell’inte¬ grità o, se si preferisce, della sua omeostasi. L’emissione di inchiostro nei Molluschi, è appunto uno dei più interessanti esempi della risposta difen¬ siva a condizioni di stato non ottimali verifìcantesi durante la vita dell’ani¬ male. L’inchiostro è prodotto da ghiandole specializzate e rilasciato nel¬ l’ambiente in seguito a condizioni di pericolo, generalmente per disorien¬ tare il potenziale predatore. È nota a tutti l’emissione di inchiostro da parte di seppie {Sepia), calamari ( Loligo ) e polpi ( Octopus ). Appare pertanto evidente che, in condizioni di pericolo si verifica uno stato non ottimale che potremo definire di disagio , durante il quale l’ani¬ male modifica il suo stato di aggiustamento tensionale interno per cercare di minimizzare i danni derivanti da una tale condizione. Anche gli Aplysiomorpha (Mollusca, Opisthobranchia) esibiscono questo comportamento. Tuttavia la loro biologia non ci consente di accet¬ tare a priori lo stesso valore di meccanismo di difesa attivo, come è per i Cefalopodi. In questa nota vogliamo riesaminare la vasta serie di dati esistenti sul comportamento di emissione di inchiostro da parte di animali del genere Aplysia per cercare di interpretarne il valore biologico ed il significato filo¬ genetico. Le diverse specie della famiglia Aplysiidae, ordine Anaspidea, secer¬ nono tre tipi di sostanze diverse. Ciascuna di queste sostanze è secreta da altrettante cellule o raggruppamenti ghiandolari situate in zone diverse della superficie corporea. Il muco è secreto da cellule situate su tutta la superficie del corpo, rende l’animale abbastanza viscido al tatto e ricorre in tutte le specie. Vopalina è prodotta dalle cosidette ghiandole del Bohadsh (Fig. 1 b, c, d), ha in genere una colorazione biancastro lattescente ed aspetto mucoide ed è emessa da tutte le specie quando gli animali ricevono stimoli nocivi di una certa intensità (Flury, 1915; Kittredge, osservazione non pubblicata, citato da Kandel, 1979; Tri tt e Byrne, 1982). Ben poco si conosce sul ruolo biologico svolto da questa secrezione. La terza secrezione, l'in¬ chiostro, è quella che ha maggiormente stimolato gli studiosi dell’evolu¬ zione e dello sviluppo del comportamento. Esso è secreto da cellule ghian¬ dolari dette ghiandole del Blochmann (Fig. 1 a, d) poste al margine del mantello, sotto la conchiglia. Le diverse specie di Aplysiidae secernono diversi tipi di inchiostro come indicato nella tabella 1. 28 G. Fiorito, P. Bergamo, C. Capuano e C. Lepore Fig. 1. - Aspetto morfologico della ghiandola deirinchiostro (a) ridisegnata dopo Blochmann (1883) e ricavata da sezioni del mantello di A. fasciata (ingr. x 100). (b) Aspetto delle ghiandole dell’opalina a struttura semplice (c) e a struttura composta (b), ridisegnata da Eales (1960) (ingr. x 1,4 ca.). (d) Sezione trasversale di A. punctata (ricavato da Kandel, 1979) a livello del forame del mantello (F) (ingr. x 3 ca.). Sono riportate: le ghiandole dell’inchiostro (I) al margine inferiore del mantello (M); le ghiandole dell’opalina a struttura semplice (O) con i loro sbocchi nel pavimento della cavità del mantello; l’epatopancreas (E) o ghiandola digerente; il piede (P); i parapodi destro (PAD) e sinistro (PAS). Considerazioni sul comportamento di emissione di inchiostro, ecc. 29 TABELLA I. Colorazione della secrezione delle ghiandole dell’inchiostro nelle Aplyisiidae, come riportato da Mazzarelli (1893) e da Eales (1960). Nella tabella n.r. sta ad indicare che il colore dell’inchistro non è riportato dai due autori. L’asterisco indica la pre- senza della specie di Mediterraneo. Specie Colore Specie Colore Aplysia brasiliana rosso magenta Aplysia oculifera n.r. A. Cai i/o mica porpora intenso A. parvula * porpora A. cedrosensis lattiginoso A. pulmonica n.r. A. cervina n.r. A. punctata * porpora A. cornigera n.r. A. rehderi n.r. A. cronullae porpora scuro A. reticulata n.r. A. dactylomela porpora intenso A. robertsi n.r. A. denisonii n.r. A. sagamiana porpora A. depilans * bianco A. sowerbi n.r. A. dura n.r. A. sydney ensis n.r. A. euclora n.r. A. vaccaria bianco A. extraordinaria n.r. A. willcoxi porpora A. fasciata * porpora A. winneba n.r. A. gigante a n.r. Bursatella leachi * porpora A. gracilis n.r. Dolabella gigas * violetto A. inca n.r. Notar eh us citrinus n.r. A. keraudreni porpora N. indicus n.r. A. kurodai porpora N. nudatus n.r. A. maculata n.r. N. punctatus * bianco A. marmorata * porpora Petalifera petalifera * violetto A. morio porpora Phyllaplysia phyllaplysia * n.r. A. nigra violetto 30 G. Fiorito, P. Bergamo, C. Capuano e C. Lepore Caratteristiche morfologiche e biochimiche dell’inchiostro di Aplysia L’inchiostro, come è già stato detto, è secreto dalla ghiandola del Blochmann innervata dal ganglio addominale. Secondo Morton (1958), questa formazione cellulare può essere omologabile alla ghiandola ipobran¬ chiale dei Molluschi più primitivi. Dal punto di vista istologico (Fig. 1 a) le informazioni relative alla struttura della ghiandola deH’inchistro sono scarse e soprattutto relative alla descrizione operata nel 1883 dal Bloch¬ mann stesso. Eales (1921) descrisse queste ghiandole come una forma¬ zione unicellulare. Dal punto di vista biochimico, l’inchiostro di color porpora è composto da una serie di pigmenti (Tabella II). La frazione rossa, detta aplysiorodina (Lederer e Hutirer, 1942), è un urobilinoide ed è il prodotto di degrada¬ zione metabolica dell’aplysioviolina (Chapman e Fox, 1969). La frazione azzurra, detta aplysioazurina (Winkler, 1959), è derivata dalla ficocianina biliproteica, che è un pigmento accessorio delle alghe. L’aplysioazurina, oltre ad essere presente in piccole quantità nell’inchiostro, è depositata nella cute dell’animale e piccola quantità sono eliminate con le feci. La fra¬ zione violetta, detta aplysioviolina, è il principale componente dell’in¬ chiostro e sembra derivare dalla fìcoeritrina contenuta nelle alghe rosse. Appare evidente che i pigmenti vengono ottenuti dalla dieta aigaie e che, come è stato ampiamente riferito da diversi autori (Borito e Tobach, 1984; Fiorito e Tobach, in stampa; Chapman e Fox, 1969), l’epatopan- creas gioca un ruolo importante nell’assorbimento, metabolismo e secre¬ zione dei pigmenti coinvolti nellà formazione dell’inchiostro. Chapman e Fox (1969) suggeriscono, inoltre, che l’ultima fase metabolica delle fìcoeri- TABELLA II Composizione delle secrezione delle ghiandole dell’inchiostro di Aplysia (da Chapman e Fox, 1969; Tobach, comunicazione personale). Nome Colore della frazione Derivazione metabolica Aplysiorodina rosso aplysioviolina Aplysioazurina azzurro ficocianina Aplysioviolina violetto fìcoeritrina Considerazioni sul comportamento di emissione di inchiostro, ecc. 31 trine e fìcocianine, atta a produrre l’inchiostro, avviene nelle cellule stesse dell’inchiostro. Sembra, pertanto, che il pigmento arrivi alle cellule dell’in¬ chiostro dall’epatopancreas attraverso la vena renale che irrora la parte di tessuto delle cellule dell’inchiostro. Il processo metabolico di formazione dell’inchiostro è estremamente complesso e coinvolge organi diversi. Quanto si sa e si suppone su di esso è riassunto in Fig. 2. Anche noi pen¬ siamo che a livello dell’epatopancreas i pigmenti algali, quali la Ficocianina e la Ficoeritrina, sono estratti dal resto del materiale organico. Essi, attra¬ verso la circolazione arrivano alla vena renale che irrora il mantello. A questo livello i pigmenti vengono assunti dalle cellule dell’inchiostro e ALGHE ; i ; Radula-Stomaco i DISTRIBUZIONE CELLULARE i ELIMINAZIONE CON LE c + FECI DEL RIFIUTO EPat°Pancreas ASSIMILAZIONE DEI PRINCIPI ALIMENTARI ; ; ; ESTRAZIONE DEI PIGMENTI ALGALI i i I Circolazione ; i i Vena renale i Cellule dell’inchiostro ; METABOLISMO DEI PIGMENTI ALGALI i Ficocianina -*• Aplysioazurina Ficoeritrina -*■ Aplysioviolina Aplysioviolina ->• Aplysiorodina i i i INCHIOSTRO Fio. 2. Schema del metabolismo dell’inchiostro a partire dalla dieta aigaie (per il commento allo schema cfr. il testo). 32 G. Fiorito, P. Bergamo, C. Capuano e C. Lepore rientrano nel loro metabolismo specializzato. Questo prevede, come indi¬ cato in Fig. 2, che dalla Ficoeritrina venga prodotta l’aplysioviolina e che dalla Ficocianina l’aplysioazurina. Una frazione della aplysioviolina è poi ulteriormente trasformata a dare aplysiorodina. Sarà l’assortimento percentuale dei singoli pigmenti a dare la diversità di colore riscontrabile nelle diverse specie (Tabella I). V Aplysia depilans, ad esempio, emette un inchiostro di colore bianco che potrebbe mancare della componente aplysioviolina come suggeriscono Chapman e Fox (1969). Carew e Kandel (1977a) riportano che dei cinque sottogeneri conosciuti di Aplysia , tre risultano avere ghiandole dell’in¬ chiostro: Pruvotaplysia, Neoaplysia, Varria ; un sottogenere ( Aplysia ) non risulta avere ghiandole dell’inchiostro e vi appartengono le specie cedrosen- sis, depilans, dura, juliana, nigra e vaccaria. Tuttavia, numerosi altri autori ritengono che le specie appartenenti al sottogenere Aplysia siano provvisti di ghiandole del mantello secernenti “inchiostro” bianco. Il processo di produzione ed accumulo di pigmento riguarda anche lo stadio giovanile di veliger quando, a livello della regione del mantello, si ha una evidente deposizione di pigmento (Kriegsteein, 1977; Fiorito e Tobach, 1984; Fiorito e Tobach, in stampa; Fiorito e Tobach; comunica¬ zione personale). Neurobiologia dell’emissione di inchiostro in Aplysia Dal punto di vista neurobiologico 1’emissione di inchiostro è un com¬ portamento del tipo tutto o nulla, con una elevata soglia di innesco quando sia originato da una stimolazione di tipo meccanico. Una debole stimola¬ zione tattile, in genere, produce una risposta riflessa di ritrazione del sifone e delle branchie, ma non provoca 1’emissione di inchiostro (Kandel, 1979). L’inchiostro è rilasciato solo quando l’intensità dello stimolo supera una certa soglia, in genere elevata, correlata all’ampiezza della stimolazione (Carew e Kandel, 1977a, b, c). Gli studi cellulari hanno mostrato che le differenze tra i riflessi di ritrazione del sifone e delle branchie, a bassa soglia, e 1’emissione di inchiostro a soglia elevata, risiedono nelle proprietà dei motoneuroni. I motoneuroni del sifoné e delle branchie che funzionano come ele¬ menti indipendenti, sono attivi spontaneamente e mostrano un graduale incremento della risposta con l’incremento della stimolazione. Al contrario, le cellule nervose che controllano l’emissione dell’inchiostro sono collegate tra loro a formare un’unità funzionale. Esse sono silenti, hanno un poten- Considerazioni sul comportamento di emissione di inchiostro, ecc. 33 potenziale di riposo di -65 mV, e hanno una soglia elevata per la genera¬ zione dell’impulso. Quando la soglia è oltrepassata da una stimolazione forte e pronunciata i neuroni sono eccitati ed emettono una serie di poten¬ ziali di azione ad alta frequenza che provocano remissione di inchiostro (Carew e Kandel, 1977 a, b, c; Shapiro et al ., 1979). Byrne (1981) ha mostrato che 1’emissione di inchiostro da parte di Aplysia è dovuta ad una modificazione comportamentale a breve termine. Questa modificazione è associata ad un notevole incremento della corrente sinaptica prodotta con il condizionamento, ed evidentemente la sola depo¬ larizzazione dei neuroni motori per le cellule dell’inchiostro non è capace di procurare questo comportamento. La figura 3 mostra il diverso compor¬ tamento neurale della semplice ritrazione delle branchie del sifone e del 100 H CO ►d O Uì > 90 80 70 60 50 40 30 20 i 10 o L o A 20 30 DIFFERENZA DI POTENZIALE Fig. 3. — Grafico illustrante la risposta neurale del riflesso di ritrazione delle bran¬ chie (in tratteggio) e dell’emissione di inchiostro (linea piena) in Aplysia in seguito a stimolazione elettrica di diversa intensità (Carew e Kandel, 1977a; ridisegnato). 34 G. Fiorito, P. Bergamo, C. Capuano e C. Lepore più complesso comportamento di emissione dell’inchiostro. Da questo gra¬ fico appare evidente come la soglia per 1’emissione di inchiostro è molto più alta di quella per la ritrazione delle branchie e che la risposta caratteri¬ stica per 1’emissione di inchiostro è molto più brusca rispetto a quella della ritrazione delle branchie (Carew e Kandel, 1977a). Aspetti comportamentali dell’emissione di inchiostro in Aplysia L’Aplysia emette inchiostro quando è irritata (Eales, 1921) oppure se è disturbata durante la copulazione o manipolata brutalmente o quando si tiene sollevata la piega del mantello (Tobach et al., 1965). Osservazioni in campo e in laboratorio hanno indicato poi che remissione di inchiostro avviene anche in condizioni non “attive” come nel caso di anossia o da parte di animali mori¬ bondi. Diversi autori si sono occupati del significato dell’emissione di inchiostro da parte di Aplysia in condizioni naturali. Eales (1921) propose che l’in¬ chiostro forma uno schermo protettivo mediante il quale l’animale riesce a fuggire un potenziale predatore. Questa spiegazione ci appare abbastanza improbabile dal momento che le Aplysie si muovono molto lentamente e, come del resto riferito da Carew e Kandel (1977a), l’inchiostro potrebbe funzionare al massimo da schermo per sottrarre l’animale stesso alla vista di un potenziale predatore. Chapman e Fox (1969) hanno considerato l’in¬ chiostro come un processo legato alla escrezione di un sottoprodotto metabo¬ lico. In condizioni naturali (Tobach et al. 1965) gli animali mantenuti in gruppo emettono inchiostro più facilmente di individui isolati (Tabella III), suggerendo così la possibilità di una relazione tra comportamento riprodut¬ tivo, interazioni individuali ed emissione di inchiostro. AMBROSEe collabora¬ tori (1979) suggeriscono che l’inchiostro serve come colorazione di avverti¬ mento; in questo modo Aplysia brasiliana , essendo un animale non palata- bile, potrebbe evitare gli eventuali predatori avvolgendoli con l’inchiostro. Animali stimolati con corrente elettrica e sostanze quali epinefrina, acetilco- lina, prostigmina ed uretano (Tabella IV) od esposti a contatto con ricci di mare, pesci porcospino e diversi tipi di granchi, polpi e stelle di mare, non sistematicamente emettono inchiostro. Le nostre osservazioni comportamentali in condizioni naturali ci hanno fatto notare che granchi della specie Carcinus mediterraneus man¬ giano in genere tessuti di Aplysie morte. Altre volte è stato notato Carcinus avvicinarsi a singoli individui di Aplysia , staccarne piccoli pezzi di parapodi e cibarsene. Considerazioni sul comportamento di emissione di inchiostro, ecc. 35 TABELLA III Relazione tra 1’emissione di inchiostro e gli animali osservati in coppie e in gruppo o tenuti isolati (da Tobach et al ., 1965). Stimolazione Animali inking Animali non-inking Gruppo A Puntura 9 (35%) 4 (15%) Manipolazione 5 (19%) 8 (31%) Gruppo B Puntura 5 (38%) 0 (0%) Manipolazione 3 (24%) 5 (38%) Gruppo A - 26 animali osservati: animali solitari. Gruppo B - 13 animali osservati: animali in gruppo. Durante questi eventi, le Aplysie stimolate non hanno emesso inchiostro (Tobach, comunicazione personale). Winkler e Tìlton (1962) hanno riportato che l’anemone verde Anthopleura xanthogrammica mentre non è predatore attivo delle monache di mare, può ingerire individui di Aplysia californica che cadano nell’anemone stesso. Al contrario, nel corso delle nostre osservazioni abbiamo notato che Aplysia depilans riesce a sfuggire la predazione di Anemonia sulcata anche se con qualche difficoltà, TABELLA IV Risposta di emissione di inchiostro in seguito alla stimolazione con sostanze diverse (da Tobach et al. 1965; Tobach, comunicazione personale). Sostanze Concentrazione (% in volume) Numero animali Animali inking Epinefrina 10 12 1 Acetilcolina 0,004 7 0 Prostigmina 0,002 6 0 Uretano 1 9 3 36 G. Fiorito, P. Bergamo, C. Capuano e C. Lepore apparentemente rimanendone indenne e procurando numerosi danni ai tentacoli dell’anemone stesso (Fig. 4). Fig. 4. — Risultati di un «approccio» di Aplysia depilans con Anemonia sulcata. In questa fotografìa, ripresa qualche secondo dopo il contatto che aveva visto l’anemone cercare con i suoi tentacoli di «predare» la Aplysia. È possibile vedere Anemonia con diversi tentacoli danneggiati dopo essere venuti in contatto con l’Aplysia, la quale, mentre si allontana, secerne l’inchiostro («bianco») misto ad opalina in grandi quantità. Coleman (1975) ha notato che Melo amphora si ciba voracemente di grossi esemplari morti di monache di mare dei generi Aplysia e Dolabri- fera. Analogamente Coscinasterias calamaris (Di Matteo, 1982), un grosso asteroide predatore, mangia individui morti di Aplysia dactylomela nelle acque della Nuova Zelanda. Per quanto riguarda gli animali vivi, bisognerebbe considerare, almeno tenendo conto della letteratura pubblicata sull’argomento, la non appetibi- Considerazioni sul comportamento di emissione di inchiostro, ecc. 37 lità di tessuti ricoperti di inchiostro. A questo proposito Di Matteo (1981) riferisce che il Teleosteo Larus atricilla rifiuta pezzi di pesce ricoperti di inchiostro di A. dactylomela significativamente molto più spesso dei pezzi non ricoperti da inchiostro. Ancora Di Matteo (1982) riferisce di una forte tendenza dei granchi ( Panopeus herbstii , Mithrax sulptus , Portunus spinima- nus e Callinectes sapidus ) ad evitare l’inchiostro secreto da Aplysia dactylo¬ mela. Indipendentemente dal fatto che le diverse specie di granchi utilizzate da Di Matteo (1982) hanno esibito un diverso comportamento, i dati for¬ niti dallo stesso autore parrebbero confermare il fatto che tutte le specie hanno significativamente evitato i tessuti ricoperti di inchiostro. Noi abbiamo realizzato un esperimento simile a quello proposto da Di Matteo (1982) nel quale 72 granchi della specie Carcinus mediterraneus venivano alimentati con tessuti di pesce o di Aplysia che erano ricoperti o non con inchiostro di Aplysia fasciata. Ogni granchio era scelto a caso, per taglia e sesso, tra gli animali raccolti nel Golfo di Napoli e sottoposto a 48 ore di digiuno prima dell’inizio dell’esperimento. Ciascun granchio, durante l’esperimento, era tenuto isolato in una vasca di 20x25 cm conte¬ nente 1,5 litri di acqua di mare. Dopo 10 minuti di ambientamento all’ani¬ male venivano presentati alla distanza di circa 10 cm pezzi di pesce ( Engraulis encrasicholus) o di parapodi di Aplysia (A. fasciata) come mostrato in tabella V. I risultati di questo esperimento (Tabella VI) TABELLA V Combinazioni di tessuti «presentati» ai Carcinus mediterraneus nel corso dell’esperi¬ mento per determinare l’appetibilità di tessuti ricoperti da inchiostro. Per le specie usate si veda il testo. Combinazioni Numero di granchi osservati Pezzi di pesce ricoperti da inchiostro di Aplysia contro pezzi di pesce P+ F- 12 contro pezzi di Aplysia ricoperti da inchiostro F+ A+ 12 contro pezzi di Aplysia F+ A- 12 Pezzi di Aplysia ricoperti da inchiostro contro pezzi di Aplysia A+ A- 12 contro pezzi di pesce A+ F— 12 Pezzi di Aplysia contro pezzi di pesce A- F- 12 38 G. Fiorito, P. Bergamo, C. Capuano e C. Lepore TABELLA VI Numero di Carcinus mediterraneus che mangiano i tessuti «presentati» nelle diverse combinazioni. I simboli usati nella colonna delle combinazioni sono gli stessi ripor¬ tati nella Tabella V. Combinazioni Granchi che Granchi che mangiano non mangiano F+ F- A+ A- L+ F- 4 7 1 0 0 F+ A+ 6 6 0 0 0 F+ A— 7 5 0 0 0 A+ A- 12 0 0 0 0 A+ F- 5 0 6 1 0 A- F- 5 0 5 0 2 mostrano chiaramente che il Carcinus mediterraneus preferisce i tessuti di pesce al tessuto di Aplysia fasciata. Appare strano che quando ai Carcinus mediterraneus vengono offerti tessuti di pesce imbevuti o non di inchiostro, la preferenza va per il pesce con inchiostro (probabilità: 0,07). È altresì da notare che nessuna differenza nelle preferenze dei granchi è stata notata variando o la distanza dai pezzi di cibo o la durata del tempo di ambienta¬ mento. Questi dati sono alquanto discordi con quelli proposti dalTesperimento di Di Matteo (1982). Evidentemente il grosso problema è che specie diverse di granchi e di Aplysia sono state utilizzate. La relazione tra i costituenti biochimici delle alghe e la probabilità di emissione di inchiostro da parte di Aplysie è un altro problema che appare abbastanza complesso e tuttora aperto. Resta di fatto che i nostri esperi¬ menti in laboratorio e quelli condotti nel laboratorio della dr. Tobach alTAmerican Museum of Naturai History di New York (Borito e Tobach, 1984; Borito e Tobach, in stampa) hanno mostrato che: T Aplysia dactylo- mela dopo tre settimane di dieta a base di Ulva sp. non produce più inchiostro porpora, ma una secrezione pallida e scarsa. La stessa conclu¬ sione è stata da noi ottenuta con Aplysia punctata e Aplysia fasciata che normalmente producono inchiostro di color porpora. Al termine di due set¬ timane per Aplysia punctata , e di quattro settimane per Aplysia fasciata , gli Considerazioni sul comportamento di emissione di inchiostro, ecc. 39 animali che mangiavano soltanto Ulva non producevano inchiostro anche se fortemente stimolati. Al contrario, esemplari di Aplysia depilans alimen¬ tati per sei settimane con Ulva non cessavano mai di emettere la normale secrezione bianca. Conclusioni L’emissione di inchiostro da parte di Aplysiidae appare strettamente connessa all’escrezione di sostanze non direttamente utilizzabili nel nor¬ male metabolismo. L’irrorazione del mantello da parte della vena renale afferente è in relazione all’eliminazione di prodotti o derivati metabolici che non possono, o non devono, essere eliminati dalla funzionalità renale. I pigmenti algali, appartenenti alla classe dei prodotti di rifiuto , sono raccolti nelle cellule dell’inchiostro (Fig. 2) ed ivi trasformati. Il comportamento di emissione di inchiostro in Aplysia è, quindi, riconducibile al processo che all’inizio di questa nota abbiamo classificato come «rilascio di sostanze che rappresentano sottoprodotti del metabo¬ lismo animale». Perché, allora, questi animali spendono energia per estrarre e trasfor¬ mare i pigmenti assunti con la dieta, rendendoli pigmenti dell’inchiostro, quando potrebbero ad esempio rilasciarli con le feci? La secrezione dell’inchiostro è conservata nelle cellule e rilasciata in seguito a stimolazioni che in generale appaiono riconducibili a condizioni di disagio. La stimolazione eterospecifica è in qualche modo una stimola¬ zione di tipo nocicettivo e interessante uno stato emozionale. Tale compor¬ tamento porterebbe un eventuale predatore ad essere dissuaso dall’attac- care un animale che reagisca in modo così brusco alla variazione del suo equilibrio emozionale. Potrebbe anche essere probabile che le Aplysie rila¬ scino piccole quantità d’inchiostro nell’ambiente cosicché nessun altro ani¬ male le predi (Di Matteo, 1982; Maiorana, 1979). Tuttavia a noi è noto che le Aplysie sono osservate in natura isolate o in gruppi con funzione riproduttiva. Non c’è ragione di credere, quindi, che esista un animale che possa essere dissuaso dall’attaccare l’Aplysia per effetto del rilascio di inchiostro. La non palatabilità dei tessuti delle monache di mare è, poi, un dato accertato che non deve essere dimenticato quando si analizzino tali animali come potenziali prede. L’ Aplysia può essere vista, in generale, come un emittente che nel livello di interazione eterospecifico, o anche omospecifico, propone all’or¬ ganismo ricevente (il potenziale predatore) un codice di dissuasione (fin- 40 G. Fiorito, P. Bergamo, C. Capuano e C. Lepore chiostro) che gli permette di salvaguardare la propria incolumità e quindi di incrementare l’efficienza riproduttiva (Tavolga, 1970). Una secrezione di questo tipo, che trova una sua collocazione fisiolo¬ gica e filogenetica ben precisa nelfambito della maggior parte della specie di Molluschi, ha certamente anche un ruolo indispensabile nella comunica¬ zione di uno stato emozionale relativo all’aggiustamento tensionale interno e più in particolare nei meccanismi di difesa. La soglia di risposta mostrata dalle Aplysiidae è probabilmente più elevata (Carew e Kandel, 1977 a, b, c) di quella di altri gruppi di Molluschi in relazione alla posizione occupata dalle monache di mare nella catena alimentare, alla loro relativamente scarsa abbondanza come specie preda e alla non palatabilità dei loro tes¬ suti. È probabile che nel corso della sua evoluzione questo gruppo non abbia avuto la necessità di usufruire di un meccanismo così specializzato di difesa, quale è l’emissione di inchiostro, anche in relazione alla nicchia occupata, e che si è specializzata ulteriormente questa «dotazione» non solo nel senso della escrezione e della emissione di un codice-segnale, ma anche con capacità di aggiustamento e di condizionamento a «breve ter¬ mine». È proprio in questo senso, e cioè considerando la storia dell’indivi¬ duo e del gruppo, il suo sviluppo biologico e comportamentale, che remis¬ sione di inchiostro di Aplysia deve essere vista. In quel livello che coin¬ volge individui «emittenti» e «riceventi», eterospecifìci ed omospecifici, interferenti attraverso un codice, va visto lo sviluppo e l’evoluzione del comportamento emozionale di emissione di inchiostro. BIBLIOGRAFIA Ambrose H. W., Gevins R. P., Cren R. & Ambrose K. 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Napoli voi. 94, 1985, pp. 43-58, figg. 13 Application of Induced Polarization (IP) for Detection of Water Accumulations in Unconsolidated Sediments and Rocks with Clay: a Review Nota di Ananda Sen(*) e del socio Domenico Patella (**) Riassunto. - La dipendenza della Polarizzazione Indotta (PI) da certe proprietà idrogeologiche suggerisce la sua applicazione in ricerche rivolte all’individuazione di acque sotterranee. In questo campo si sperimentano tipi di polarizzazione «non metallica», considerati usualmente come rumore di fondo nelle applicazioni della PI nella ricerca mineraria. I meccanismi fisici e chimici che spiegherebbero la PI non metallica appaiono molto complessi, e le differenti sorgenti che causano l’effetto di polarizzazione globale sono generalmente diffìcili da distinguere. Molti ricercatori concordano nel ritenere questo fenomeno associato alla « polarizzazione elettroliti¬ ca» e/o alla «polarizzazione elettrocinetica». Si ritiene inoltre che, ordinariamente, la PI dovuta al modo elettrocinetico possa considerarsi di entità abbastanza piccola quando la si confronti con quella causata, nello stesso tipo di materiale, dai mecca¬ nismi implicati nel modo elettrolitico, specialmente la polarizzazione di «membra¬ na». È questa la ragione per cui si sono effettuati molti sforzi per studiare l’applica¬ bilità della PI nel localizzare accumuli d’acqua in sedimenti argillosi non consolidati e, comunque, in rocce contenenti argilla. Attraverso un’analisi critica comparativa di quanto a tutt’oggi apparso nella letteratura specifica, a nostro avviso più significa¬ tiva, si è giunti alle seguenti conclusioni. (a) In sedimenti non consolidati (vedi sabbie e alluvioni) e in rocce porose o alterate (vedi basalti) la polarizzazione di membrana gioca il ruolo primario nel for¬ nire l’effetto globale. L’effetto elettrocinetico può come non può esistere in misura apprezzabile. (b) Le particelle d’argilla devono essenzialmente presentarsi in forma « distri¬ buita» perché contribuiscano a un effetto pronunciato di PI. Ampi contenuti in ar¬ gilla (maggiore del 30%) fornirebbero una bassa polarizzazione, e questo perché le (*) Central Water & Power Research Station, Poona, India. (**) Dipartimento di Geofisica e Vulcanologia, Università di Napoli, Italia - UN/UNDP Consultant on Induced Polarization Methods at CW&PRS, Poona, India, from June 27 to July 27, 1983. 44 A. Sen e D. Patella zone di «membrana» non risulterebbero abbastanza separate da zone puramente « resistive ». Inoltre l’entità della polarizzazione di membrana dipende anche dal tipo di argilla, cioè dalla capacità di scambio ionico. (c) Il gradiente di decadimento della PI decresce con l’aumentare del diametro dei grani. Le dimensioni di questi ultimi determinano la lunghezza dei percorsi lungo i quali gli ioni possono muoversi, essendo più lunghi per grani più grandi. Ciò è evidenziato dall’allungamento dei tempi di rilassamento per grani di larghe dimen¬ sioni. (d) La polarizzazione nelle zone di maggior contenuto in acqua (cioè maggior contenuto di elettroliti nei pori) appare più alta. La PI dipende anche dal grado di salinità, e pertanto può risultare utile per differenziare acque dolci da acque salate. (e) Nel localizzare accumuli d’acqua in sedimenti e rocce argillose, le misure della PI possono mettere in evidenza contrasti di polarizzabilità significativi laddove i contrasti di resistività sono notoriamente deboli. Summary. - A review has been made in this article to study thè applicability of Induced Polarization (IP) in locating water accumulations in clayey sediments and rocks with clay, by considering thè laboratory and fìeld observations reported by various researchers. We are concerned with a non-metallic type of polarization, which, due to its dependence on certain hydrogeological parameters, may be used in principle for locating water in sandy clayey rocks. It has been concluded that at present thè usefulness of IP survey lies mainly in thè fact thè resistivity method alone may not always be informative in hydrogeological situations where resistivity contrasts are not enough. The IP method can also be utilized for differentiating fresh and saline waters. The nature of thè IP effect in ion-conducting region is com- plex. In order to exploit this technique for hydrogeological prospecting, a systematic study along with extensive fìeld surveys in different hydrogeological situations is needed. INTRODUCTION The dependence of Induced Polarization (IP) on certain hydrogeolo¬ gical properties suggests its applicability in conducting investigations for thè search of groundwater supplies. In this fìeld we experience non-metallic types of polarization usually considered as background effect in mining exploration applications of IP. The physio-chemical mechanisms which would explain thè non-metal¬ lic IP in ion-conducting media are complex and thè different sources which cause thè resultant polarization effect are in generai diffìcult to distinguish. Most researchers agree that this phenomenon is mainly associated with (i) Electrolytic polarization and/or (ii) Electrokinetic polarization. The fìrst type of polarization arises due to ion accumulations in any electrolytic conductor in which thè ion mobility varies from spot to spot. Application of Inciuccò Polarization (IP), ecc. 45 Ions will tend to pile up at thè boundaries between regions where mobility varies. The most important mechanism which gives rise to such an effect is thè membrane polarization, which arises chiefly when clay particles (mem- branes) partially block ionie solution paths. The mobility of ion can also change when viscous drag varies as it moves through thè pore water. Many layers of water molecules are normally attached loosely to thè walls of thè pore. In a narrow section of thè pore there will be a tendency of ionie charges of opposite types to pile up at thè upstream and downstream of thè section. The electrokinetic polarization phenomenon may take place when there is a preferential adsorbtion of ions (anions or cations) on thè surface of a pore. The electric current flow causes a simultaneous fluid flow and when interrupted extemally, inertia causes thè fluid flow to continue until it damps out due to frictional forces. Since thè moving fluid carries an excess charge of one sign, it also represents a transient decrease in electric current following thè interruption of current flow. It is felt that ordinarily thè IP due to electrokinesis would be small compared to thè IP in thè same type of material caused by thè mechanisms involved in thè electrolytic polarization (mainly membrane polarization) (Marshall & Madden, 1959; Keller & Frischknecht, 1966). This is thè reason why efforts have been made to study thè applicabil- ity of IP in locating water accumulations in clayey unconsolidated sedi- ments and rocks with clay. This article aims at giving a criticai review of various laboratory and field observations in hydrogeological investigation by IP, reported in thè literature since thè pioneer research by Vacquier, Holmes, Kitzinger & Lavergne (1957). Laboratory Studies Clay particles, when they occur essentially in disseminated form in unconsolidated sediments and in rocks matrix, cause thè well known mem¬ brane polarization. Apart from thè clay content and its nature, thè IP char- acteristic is also a function mainly of thè grain size, moisture content and salinity of thè pore water. Laboratory experiments and model studies have been carried out by researchers to attain a better understanding of thè manner in which these factors influence thè non-metallic polarization phenomenon. Mathematical models are sometimes difficult to derive due to thè complexity of thè phe¬ nomenon. 46 A. Sen e D. Patella (a) Dependence of polarizability on clay content The polarizability has been found to be maximum at low clay content. For a mixture of sand and clay, it has been observed that polarizability gradually decreases with increase in clay content. A large quantity of clay results in less polarization than if a small quantity were present. Fig. 1. - Dependence of polarizability (r|) on weight content of clay (6) and on type of clay (after Ogilvy & Kuzmina, 1972). Fig. 1 shows thè dependence of polarizability on weight content of clay (after Ogilvy & Kuzmina, 1972). Lowest polarizability is due to pure sand and pure clay. (b) Dependence of polarizability on grains size It has been found that thè IP decay rate decreases with an increase in grain size. Fig. 2 fllustrates thè IP decay rate in quartz sand as a function of Application of Induced Polarization (IP), ecc. 47 particle size composition (after Vacquier, Holmes, Kitzinger & Lavergne, 1957). LU < H ) O > o 04 < UJ O < O > z z O O < cr < o a < CT < O a 01 0-5 I 5 IO GRAIN DIAMETER MM Fig. 2. - Dependence of IP discharge rate on particle size composition of sand with clay (after Vacquier, Holmes, Kitzinger & Lavergne, 1957). (c) Dependence of polarizability on moisture content The polarizability increases with moisture content in thè rock pores. The laboratory experiments conform that polarizability in thè zones of complete water saturation is higher than in thè zone of aeration. Fig. 3 shows thè dependence of polarizability on moisture content (after Ogilvy & Kuzmina, 1972). Fig. 3. - Dependence of polarizability (p) on moisture content (w) (after Ogilvy & Kuzmina, 1972). 48 A. Sen e D. Patella (d) Dependence of polarization on salinity IP decreases with pore water salinity. Fig. 4 illustrates this phenom- enon (after Roussel, 1962). Fig. 4. - Dependence of polarizability (r|) on salinity (sand sample) (after Roussel^ 1962). Model studies have been carried out in laboratory tank as an aid for interpreting thè fìeld investigation data for hydrogeological prospecting. The models, contained in rectangular acquarium, had been made to corres- pond to thè fìeld situation. Fig. 5. - Tank model for a two-layer case where thè upper thin layer is polarizable, and thè IP and resistivity curves (after Vacquier, Holmes, Kitzinger & Lavergne, 1957). Application of Induced Polarization (IP), ecc. 49 A model tank experiment had been carried out by Vacquier, Holmes, Kitzinger & Lavergne (1957) to simulate thè condition of a thin polarizable surface layer which may correspond to a moist surface layer due to rain. The model and thè IP curve obtained using Wenner array are shown in fìg. 5. A model tank experiment was done by Ogilvy & Kuzmina (1972) to simulate lens-like accumulations of fresh water which were characteristic of arid zones. Ahemispheric volume of moist sand was placed in a tank with dry sand and thè hemisphere was surrounded a thin unpolarizable layer. The observations were carried out using Wenner array profìling passing over thè centre of thè hemisphere. The observations are shown in fìg. 6. Fig. 6. - Model tank experiment. Polarizability and resistivity profiles obtained with a symmetric four-electrode array AMNB (AB = 30 cm; MN = 10 cm; step = 3 cm) over a fresh-water lens (after Ogilvy & Kuzmina, 1972). Fig. 7 illustrates thè decrease in IP value when thè water lens was strongly saline. Fig. 7. - Model tank experiment. Polarizability and resistivity profiles obtained with a symmetric four-electrode array AMNB (AB — 30 cm; MN =10 cm; step = 3 cm) over a strongly saline-water lens (after Ogilvy & Kuzmina, 1972). 50 A. Sen e D. Patella The effect of a buried polarizable sandstone slab, placed in sand, on thè IP profìle carried out with Constant Wenner spacing is illustrated in fìg. 8 (after Vacquier, Holmes, Kitzinger & Lavergne, 1957). This model may be representative of a buried channel. Fig. 8. - Model tank experiment. Effect of a buried polarizable sandstone slab, con- taminated with clay, placed in sand, on thè IP profìle carried out with Constant Wenner spacing (a) (after Vacquier, Holmes, Kitzinger & Lavergne, 1957). The geological condition and thè conditions imposed by thè fìeld measurements are not always easy to simulate in thè laboratory. The above laboratory results and similars can help in interpreting thè fìeld survey data qualitatively. Fìeld Application Cases We now consider thè fìeld application of IP in hydrogeological surveys for locating water accumulation in sediments and clayey rocks. For this reason we need to study some of thè case histories reported in thè literat- Application of Induced Polarization (IP), ecc. 51 ure. It is noticed that not many investigations have been reported in this fìeld as it has been in thè case of minerai exploration, where a systematic development of thè IP technique has occurred. Ogilvy and Kuzmina (1972) have reported a hydrogeological invest- igation carried out in thè northern part of Armenia for mapping aquifers. The problem was to determine whether groundwater was flowing in a single stream in basaltic area. The IP and resistivity profiling curves are shown in fìg. 9. It seems from thè resistivity profile curve that this method does not give much information about thè geological situation due to less resistivity contrast. IP profile, however, has given a clear indication of a number of peaks, which, according to thè authors, is caused by dissemin- ated zones of water saturated basalts fìlled with alluvial soil. It is evident from thè example that thè resistivity method alone may not always be cap- able in locating thè water saturated zones in disintegrated rocks. The high IP value may be due to thè membrane polarization, caused by thè presence of a little quantity of clay particles which has not altered thè resistivity. Other secondary IP phenomenon, e.g. electrokinetic effect, might also be present, superimposing to give thè final effect. It is felt that a graphical analysis of thè discharge curves may be able to distinguish thè different polarization modes. A plot of thè ratios of amplitudes of different modes could possibly yield pronounced effect, more informative for interpretation. A very interesting result of IP survey for a buried valley in Dakota formation has been reported by Vacquier, Kitzinger& Lavergne (1957). A resistivity and IP profiling was carried out using Wenner array of different spacings (a = 60' and 340') (see fìg. 10). The a = 340' resistivity profìle has shown an increase of only 50 Q feet at thè middle of thè buried valley. But thè IP (a = 340') profìle has given a reasonably good indication of thè buried valley due to thè increase in thickness of thè alluvia, below thè wa¬ ter table (on thè top of thè bedrock). However this effect may also be due to thè bedrock possibly with its pores fìlled with clayey water. The shallow IP profìle (a = 60') has not indicated much change. The intesting aspect of thè analysis is thè fact that a plot of polarizab ility measured from thè tran- sient discharge curve at 5 sec and 20 sec has given a magnified picture of thè buried valley. This may be because thè long and short time IP effects corresponding to thè various modes of thè secondary IP is responsible for this signifìcant change in thè IP profìle plot of P5/P20. This is a qualitative analysis of thè data. In case thè discharge curve could be broken up into various factors and thè amplitude ratios of thè modes plotted, as it has been done in thè minerai prospecting reported by Bertin and Loeb (1974), 52 A. Sen e D. Patella Fio. 9. - Polarizability and resistivity profìling curves obtained in a basaltic area (after Ogilvy & Kuzmina, 1972). Application of Induced Polarization (IP), ecc. 53 a better idea of thè influence of each mode might be derived. This is of course thè fìrst of its kind of analysis in non-metallic prospecting, and was done when no knowledge existed about thè possibility of using algorithms amenable to computer analysis. At present, one may dispose of very refìned numerical techniques for splitting up any discharge curve into its components, provided that these can be mathematically formulated as exponential decay terms, as experience seems to suggest. For thè reader’s 2 miles 0 0) CJ C/2 03 O C/2 o CJ H U b" 0) (U o CU C 03 ccj Z cr o J03 -o o C/2 o CJ II < U d £ 96 M. Schiattarella e M. Torrente quenza areale della «Maiolica» aumentano al crescere delle pendenze, quelli della «Scaglia Rossa» relativi alle classi di acclività medio-alte sono molto simili tra loro. Questo si spiegherebbe ammettendo che i corsi di primo ordine (corsi non antecedenti) drenanti terreni della «Scaglia Rossa» abbiano subito almeno in parte condizionamenti strutturali del tipo Fig. 4. - Andamento della frequenza areale di drenaggio (Fa) in funzione delle classi di acclività per le formazioni più rappresentative (da Dramis & Gentili, 1975). Classi di acclività I = 0-5%; II = 5-10%; III = 10-20%; IV = 20-40%; V = 40-60%; VI = 60-100%; VII = maggiore del 100%. prima esposto; la canalizzazione avvenuta in coincidenza di mesopieghe avrebbe annullato o comunque attenuato gli eventuali effetti delle diverse pendenze sulla distribuzione areale dei corsi minori. Tale controllo sarebbe stato molto meno marcato per i corsi impostati sui terreni della «Maiolica» proprio perché in questa formazione sono meno frequenti le pieghe minori. Conclusioni Le osservazioni compiute sui terreni della «Scaglia Rossa» della dor¬ sale marchigiana ci hanno permesso di formulare ipotesi sull’esistenza di particolari controlli strutturali sui corsi minori antecedenti e sui loro affluenti non antecedenti. L’antecedenza del reticolo idrografico umbro¬ marchigiano è stata recentemente messa in discussione, almeno nella sua accezione classica, da Mazzanti & Trevisan (1978) che ipotizzano una generale sovraimposizione precedente l’antecedenza stessa, e da Bocca- Osservazioni geologico-strutturali su alcuni corsi d’acqua minori, ecc. 97 letti et alii (1983) che sostengono l’idea di un controllo delle linee di tra- scorrenza profonda sui fenomeni di antecedenza; in effetti detti Autori pro¬ pongono soluzioni che escludono la possibilità di una antecedenza reale, in quanto ha scarso significato, a nostro avviso, continuare a definire antece¬ dente un reticolo ritenuto sovraimposto o controllato da linee tettoniche. Dal nostro punto di vista il concetto di antecedenza, che rimane valido nel caso dell’idrografia umbro-marchigiana, è invece da integrare, almeno per quanto riguarda l’evoluzione del reticolo minore, con le considerazioni esposte nel paragrafo precedente; tali idee trovano fondamento nella reali¬ stica assunzione che un corso antecedente subisca localmente influenze strutturali atte a modificarne il percorso primitivo. Il lavoro di campagna ha effettivamente messo in evidenza denunce di controlli strutturali che hanno agito in tempi diversi e con modalità differenti sui corsi minori della dorsale marchigiana: in una fase embrionale del piegamento, depressioni assiali e fasce di disturbo tettonico in cerniera caratterizzavano l’evoluzione dei corsi antecedenti, con migrazione laterale o deviazione s.s. delle aste; successivamente l’azione di canalizzazione ad opera delle zone mesopie- gate condizionava la genesi e la distribuzione dei corsi trasversali (non antecedenti) affluenti dei corsi minori antecedenti. Sebbene le ipotesi formulate in questa nota vadano sostenute da un maggior numero di dati per assumere carattere regionale ed applicazione più generale, ci pare che possano servire da stimolo per ulteriori tentativi di approfondimento delle problematiche riguardanti le relazioni tra idrogra¬ fìa e struttura; in particolare le considerazioni esposte sottolineano la necessità di pensare in termini di processi non casuali anche a proposito di fenomeni naturali tradizionalmente non ritenuti tali. Ringraziamenti Desideriamo vivamente ringraziare il prof. Lamberto Laureti per la let¬ tura critica del manoscritto, il Prof. Mattia Guida per l’incoraggiamento alla ricerca ed il prof. Ludovico Brancaccio per il materiale bibliografico for¬ nito. 98 M. Schiattarella e M. Torrente BIBLIOGRAFIA Alvarez W., Engelder T. & Lowrie W. (1976 a), The role of calcium carbonate dis¬ solution in deformation of thè Scaglia Rossa limestone. Mem. Soc. Geol. It., 15, 33-40, 5 figg., 4 taw. 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Napoli voi. 94, 1985, pp. 99-124, figg. 4, tabb. 2 Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 (*) Nota del socio Antonio Nazzaro(**) Riassunto. - Si vuole qui contribuire ad una migliore conoscenza del Vesuvio e della sua attività nel periodo compreso tra il 1631 ed il 1944. L’abbondante docu¬ mentazione esistente ha infatti permesso di elaborare una storia dettagliata, per il periodo di tempo considerato, dell’attività eruttiva del vulcano che viene presentata in forma grafica semplificata in un diagramma (Tabella I) in cui vengono riportati, anno per anno (righe) e mese per mese (colonne), i periodi di tempo in cui il Vesu¬ vio era a riposo o era in attività, con distribuzione dei prodotti all’interno oppure all’esterno del cratere centrale. Dalla lettura dei testi presi in esame ci si accorge che la tremenda eruzione del 1631 produsse una voragine calderica, che chiameremo «caldera del 1631», all’in¬ terno della caldera preesistente del Somma, più vecchia di oltre 16.000 anni, e che chiameremo «caldera di base», perché sarebbe stata prodotta dall’eruzione pliniana che ha dato le «pomici di base». La caldera del 1631, avente un diametro di oltre 2 Km, si sarebbe poi progressivamente colmata di un nuovo Gran Cono, il quale, prima dell’eruzione del 1737, già superava l’altezza del Somma (Serao, 1740) ripristi¬ nandosi così le condizioni precedenti il 1631, quando il Vesuvio superava di 30 passi napoletani (58.2 metri) la cima del Somma (Carafa, 1632). Le successive eruzioni parossistiche ed attività stromboliana ad esse intercalata, apportarono in seguito leg¬ geri mutamenti nell’altezza del Gran Cono (diminuzioni ed aumenti rispettiva¬ mente), ma sempre entro l’ambito di poche decine di metri. Nel periodo compreso tra il 1631 ed il 1944 dunque, secondo questa interpreta¬ zione, il vulcano si è costruito, con una attività stromboliana a volte straordinaria¬ mente intensa, un nuovo Gran Cono alto circa 450 metri, cioè delle stesse dimen¬ sioni di quello esistente prima dell’evento del 1631. Successivamente si andava periodicamente manifestando al suo interno un’attività eruttiva caratterizzata a sua volta dalla formazione e sviluppo di un cono di scorie molto più piccolo, detto «conetto intracraterico», analogamente dovuto all’accumulo dei brandelli di lava e di altri materiali piroclastici espulsi dalle esplosioni vulcaniche. Dalla base di tale conetto inoltre potevano fluire colate di lava che si riversavano sul piano del cratere. L’accumulo di tali produzioni portava al sollevamento del piano o piattaforma crate¬ rica, oltre che all’ingrandimento del conetto di scorie interno. (*) Lavoro eseguito con il contributo finanziario dell’Osservatorio Vesuviano. (**) Osservatorio Vesuviano, 80056 Ercolano (Napoli). 100 Antonio Nazzaro La fine di questa attività intracraterica veniva determinata da una eruzione di tipo parossistico accompagnata da grosse colate di lava emesse o dalla cima del cra¬ tere, o da crepacci sui suoi fianchi o da bocche eruttive situate alla base del Gran Cono. Questo comportamento viene illustrato in modo dettagliato. Si individua anche, in questo lavoro, una periodizzazione « in grande » dell’atti¬ vità del Somma- Vesuvio: si riconoscono infatti attività distinte riguardanti il Somma, il Gran Cono del Vesuvio ed il cosiddetto conetto intracraterico. Altro elemento che viene messo in evidenza è la frattura craterica, visibile lungo una direzione NW-SE, che potrebbe essere il segno di una situazione struttu¬ rale stabile nel tempo che avrebbe dato luogo a buona parte dei crepacci da cui, su versanti opposti («piani euttivi» del Mercalli), sarebbero state emesse molte delle colate fluite nel periodo di tempo in esame. In appendice di riportano infine i danni arrecati da molte eruzioni importanti, riferiti per citazini o riferimenti coevi. Summary. - This work deals with Vesuvius history from 1631 to 1944. Since thè eruption in 1631, hundreds of books, essays and articles have been written on thè volcano. Historical records on Vesuvius’ activity can therefore be said to be copious and exhaustive. A survey of a significant part of existing records has made it possible to draw up a very detailed history of thè volcano’s activity during thè above said period. This factual statement appears in a table where black lines show thè periods when Vesuvius was active in points outside thè centrai crater (paroxysmic eruptions, slow lava flows from summit crater, domes, lava flows from cinder cones). Broken lines show time periods during which thè eruptive vent was open with strombolian or fumarole activity. The products of thè strombolian activity fall inside summit crater. White lines show absence of eruptive events, crater bottom obstructed by landslide. This detailed reconstruction has also made it possible to point out that thè great eruption in 1631 caused thè destruction of about 450 meters of thè volcano’s sum¬ mit, which resulted in thè formation of a small caldera of about 2300 m. in diame- ter. This caldera was later filled up whith a new cone (Great Vesuvian Cone) which replaced thè one existing before thè 1631 eruption as a result of thè accumulation of thè products of thè volcanic activity from 1631 to 1737. Furthemore a distinction is drawn between three different thypes of cones of which thè volcano is made up, i.e. Somma, Vesuvius and thè small intracrater cone- let. Each one of them has distinctive dimensions and activities. Somma is thè oldest cone: over thè last 17.000 years at great time intervals it has been affected by great plinian eruptions which destroyed thè most part of it and produced a caldera in which Vesuvius gradually arose. The volcano may have had many Vesuvius over thè last 17.000 years and each one was destroyed be 1631-type eruptions, characterised by a remarkable explosive component. Each time a moderate strombolian activity in thè crater caused thè formation of a relatively small cone which, in its turn, was to be destroved by paroxysmic eruptions after a number of years. In short, these has been a sequence of Vesuvian type cones inside wich a suc- cession of great many intracrater conelets has taken place. Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 101 The presence of tho diametrically opposed incisions in thè summit crater is stressed, wich may be evidence of thè slopes along which thè crater has often split emitting lava flows during thè above said period. The appendix finally gives an account of thè damage caudes by many important eruprions through quotations and contemporary references. 1. - Cronistoria dal 1631 al 1944 Il vulcano composto del Somma- Vesuvio si presenta attualmente con una doppia cima: una meridionale, conica, alta 1272 metri in corrispon¬ denza dell’orlo orientale del cratere, ed una settentrionale, alta 1132 metri (punta del Nasone). Quest’ultima fa parte di una cresta falciforme che, emergendo gradatamente da NW, si solleva a Nord riabbassandosi poi ad Est. Questa cresta è incisa da successive balze e incavi («cognoli») che for¬ mano un orlo frastagliato che borda una ripida parete meridionale. Sia la cresta che la parete verticale, attraversata continuamente da dicchi, rappre¬ sentano ciò che resta della sommità del vecchio vulcano del Somma, dalla quale le esplosioni di tremende eruzioni pliniane hanno strappato enormi brandelli di rocce e di lave mentre frane e sprofondamenti incidevano la caldera. Se le eruzioni pliniane hanno lasciato il segno nelle dirute forme del Somma, un’attività meno sporadica, più o meno continua, limitata presu¬ mibilmente ad intervalli di alcuni secoli durante gli intervalli tra una pli- niana e l’altra, interessa il Vesuvio mutandone le dimensioni e modellan¬ done le forme. Qui viene appunto analizzata l’attività eruttiva del Vesuvio relativa agli ultimi 354 anni che, nel complesso, è molto ben documentata. Dopo almeno 130 anni di riposo (Alfano, 1924), l’attività più recente del vulcano napoletano comincia con la terribile eruzione del 1631, che venne descritta e documentata in decine di saggi e resoconti. Successiva¬ mente, per l’interesse enorme che cominciò a destare il Vesuvio, vari stu¬ diosi e spesso Accademie e Istituzioni scientifiche si dettero carico di stu¬ diare e descrivere il vulcano e le sue varie eruzioni. Abbiamo così molti lavori, spesso pregevoli, la cui consultazione ha permesso la compilazione di un completo resoconto dell’attività del Vesu¬ vio dal 1631 al 1944. Questo viene rappresentato graficamente (Tabella I) con righe successive, una per ogni anno. Si è così annotato se il vulcano era inattivo con fondo craterico ostruito (tratti bianchi), se era in attività stromboliana con emissione dei prodotti entro l’ambito del cratere centrale (strisce tratteggiate), o, infine, se era attivo con emissione e distribuzione 102 Antonio Nazzaro dei prodotti all’esterno del cratere terminale (strisce nere). Inoltre, nella fig. 1, sono anche indicate le direzioni delle colate di lava desunte dalle indicazioni disponibili, possibilmente coeve. Si è assunta, come direzione della colata, quella della linea congiungente la bocca di emissione con la parte frontale della colata stessa. Notiamo che le colate che si versano sul fianco settentrionale del Gran Cono, dopo aver ristagnato più o meno a lungo nel vallone tra la parete del Somma ed il Vesuvio, detto Atrio del Cavallo o Atrio della Vetrana ad Ovest e Canale dell’Arena ad Est, deviano tutte, qualora siano adeguatamente alimentate, ad Est oppure ad Ovest (Fig. 1). Si può anche notare che sembrano prevalere gli eventi sul versante occidentale del vulcano, ma ciò può non corrispondere al reale comporta¬ mento eruttivo e potrebbe esser dovuto semplicemente al fatto che il Vesuvio risulta più facilmente visibile sia dai popolosi paesi costieri che da Napoli. Passiamo a commentare e descrivere più da vicino la Tabella I. L’atti¬ vità indicata con tratti neri ha dato prevalentemente fenomeni effusivi, colate e cupole laviche che hanno notevolmente mutato l’aspetto dei ver¬ santi vesuviani negli ultimi secoli: si è trattato di veloci colate emesse durante eruzioni brevi e violente («eruzioni parossistiche»), oppure di lente e prolungate effusioni dal cratere, da crepacci del Gran Cono, o ancora da bocche laterali. Nel primo caso le lave sono del tipo «aa», dette anche a superfìcie scoriacea, e costituiscono colate che hanno talora per¬ corso tragitti di alcuni chilometri in un solo giorno, nel secondo le lave sono generalmente di tipo «pahoehoe», cioè «a corda» o a superficie liscia, ed hanno spesso formato delle cupole o collinette di lava, come ad esempio nel 1725, quando fecero sì che «cambiò sembiante il Vesuvio» (Sorrentino 1734), nel 1891-94 (Colle Margherita) o nel 1895-99 (Colle Umberto). Queste lave si sono sovrapposte ad una morfologia estremamente acci¬ dentata ed hanno interagito con la forma del vulcano raddolcendo e irrobu¬ stendo i pendìi, appianando fossati e nascondendo per sempre i prodotti di processi vulcanici precedenti. Ad esempio Mecatti scriveva (Mecatti, 1761): «dal 1631 in qua sono sgorgate dal monte, e si sono ammucchiate una sopra delle altre, infinite (sic) lave, riempendo molti vacui e valloni, e scor¬ rendo alcune fino al mare o poco da esso lontano». Tutte queste lave hanno evidentemente, tra l’altro, determinato il rac¬ cordo e l’innesto del nuovo Gran Cono del Vesuvio sull’edificio vulcanico sottostante: l’attuale Gran Cono non è infatti lo stesso che esisteva prima del 1631. Questo infatti fu distrutto dalle fortissime esplosioni di quella ter¬ ribile eruzione, tanto che alla fine il Vesuvio risultò abbassato di 248 passi napoletani (481 metri), (Carafa, 1632) (Fig. 2). Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 103 Fìg. 1 - Direzione delle colate. È qui rappresentato in modo schematico il corso delle principali colate di lava emesse dal 1631 al 1944. Si tratta delle colate più lunghe, cioè di quelle che non si sono esaurite lungo i fianchi del Gran Cono o alle sue falde, ma che invece si sono estese fino alla base del vul¬ cano prolungandosi talora anche fino al mare. Dal momento che le colate hanno sovente seguito lo stesso percorso, anche sovrapponendosi le une alle altre, ciascuna delle sette frecce rappresenta il corso di più di una colata, come viene specificato nello specchietto seguente: 1 - 1855, 1868, 1872, 1944. 2 - 1694, 1723, 1767, 1771, 1839. 3 - 1737, 1794, 1810, 1861. 4 - 1805, 1806, 1847. 5 - 1717, 1724, 1760, 1776, 1822, 1944. 6 - 1714, 1751, 1754, 1822, 1906. 7 - 1701, 1723, 1730, 1751, 1834, 1850, 1929. Da notare che le residue forme pianeggianti della caldera del Somma pre¬ sentano una forma anulare tutt’attorno al cono vesuviano. La parte setten¬ trionale di tale anello calderico (A) si chiama Atrio (Atrio del Cavallo ad ovest e Valle deH’inferno ad est); la parte meridionale di esso invece (P) costituisce uno zoccolo o gradino detto «le Piane» {piano delle Ginestre verso ovest e pedementina verso sud) Con C è indicato il cratere. 104 Antonio Nazzaro Nell’enorme cavità crateriforme che rimase, avente una circonferenza di oltre 7 Km (Bulifon, 1697), cominciò poco dopo una sostenuta attività stromboliana testimoniata, tra gli altri, dal Kircheri, che visitò il vulcano nel 1638. Dalle cronache e dalle illustrazioni disponibili è possibile notare che un’attività stromboliana praticamente continua costruì un grosso cono che, una volta sollevatosi e raccordato col tronco residuo del Vesuvio («vecchio monte», Sorrentino, 1734), divenne il nuovo Gran Cono. A questo proposito vale citare il Braccini (1632), secondo il quale, mentre prima dell’eruzione il cratere era «una voragine a forma di naviglio» Fio. 2 - Formazione del Gran Cono. In questa figura, che rappresenta una si¬ lhouette del vulcano visto da ovest, viene schematizzata la crescita del Gran Cono vesuviano e le sue successive oscillazioni d’altezza dal 1631 al 1944. La crescita del Gran Cono dal 1631 al 1737 è rappresentata dalla frec¬ cia. La parte superiore, contrassegnata da puntini, indica il settore supe¬ riore del Gran Cono, quello che, a partire dal 1737, ha subito variazioni d’altezza dell’ordine delle decine di metri: in più, durante i periodi di atti¬ vità stromboliana, o in meno, a causa detrazione delle eruzioni parossi¬ stiche (contrassegnate da asterischi nella Tabella I). «larga nella circonferenza poco più di un miglio», dopo l’eruzione «si conobbe che la cima del monte era tutta aperta, e apparsa larga più di tre miglia di circonferenza, e il monte istesso sbassato assai, giudicandosi da tutti che fosse minore quasi la terza parte di quel che era il precedente giorno dell’Atrio in su». Lo stesso Braccini, nel febbraio del 1632, trovò che la cima si era ancora di più allargata a causa delle frane che smussa¬ vano e allargavano l’orlo di quella enorme voragine. Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 105 In sintesi le dimensioni dell’apparato terminale erano le seguenti: prima dell’eruzione, circonferenza del cratere 1848 metri, diametro dello stesso 588 metri. Subito dopo l’eruzione: circonferenza dell’orlo 5544 metri, diametro del cratere 1764 metri. Dopo due mesi dall’eruzione: cir¬ conferenza del ciglio craterico 7392 metri, diametro 2354 metri. Tenendo quindi presenti sia tali dimensioni che la genesi di questa grossa voragine, sembra legittimo affermare che l’eruzione del 1631 pro¬ dusse per l’appunto una caldera. In questa poi, la successiva attività strom- boliana produsse via via « un monacello che uguagliava nell’altezza quella di due uomini» nel 1670, poi «un monte di tanta altezza che bastava a sco¬ prirsi da Napoli» nel 1685, e poi «una nuova Montagna, che è cresciuta circa 50 canne (= 106 metri)» nel 1689 (Bulifon, 1697). Ancora, Mecatti (1761) dice: «dal 1631 in qua, cioè per lo spazio di poco più che cent’anni il monte è cresciuto più d’un terzo», «questo monte non c’era e s’è fatto a poco a poco dall’escrescenze e ammassamenti di pietre le quali eruttando hanno inondato il piano». Anche Sorrentino descrive la formazione del nuovo Gran Cono ed il riempimento della cal¬ dera del 1631: «(si) inalzò la nuova montagna fino a superar l’antico monte onde da Napoli vedeasi, restandone sì riempita l’antica concavità (il piano calderico del 1631, ndr), ch’anche le donne vi discendeano, per salir sul nuovo monte». Anche il fatto che, fino al 1694, non si ha notizia (finora) di eruzioni effusive, ma solo di attività esplosiva (o prevalentemente tale) negli anni 1649, 1650, 1660, 1680, 1682, 1685, 1689, sostiene l’ipotesi di una grossa voragine che ospitava tutta l’attività vulcanica, incluse eventuali colate laviche le quali evidentemente non riuscivano a superare lo sbarramento costituito dall’orlo della cavità, restando così occultare alla osservazione. Secondo la ricostruzione che qui viene sostenuta, questa situazione cambia con l’eruzione del 1694, che avviene quando si è iniziato a formare un canale che collega la platea lavica intracraterica con l’esterno, come testimonia la lunga colata occidentale che giunse in quell’occasione fino a S. Vito e S. Jorio (S. Giorgio a Cremano). Questo passaggio tra l’attività all’interno della piccola caldera del 1631 e l’attività che si estende anche al di fuori è ben descritto dal Sorrentino: «s’andò riempendo la gran vora¬ gine, così son stati più frequenti gli incendi a tal segno, che riempendosi ed agiuntosi ed innalzato sopra l’antica montagna un altro monte, v’è dive¬ nuto continuo il bruciare». Inoltre, eccettuato il breve riposo seguito all’eruzione del 1707, si ha, fino al 1737, un aumento di colate all’esterno del cratere dovuto proprio all’ormai iniziato raccordo del nuovo Gran Cono sul vecchio anello del Vesuvio (F« antica montagna» del Sorrentino). 106 Antonio Nazzaro Questo cambia gradualmente forma, si irrobustisce, e addirittura, nel 1737, ha superato l’altezza del Somma. L’eruzione del 1737 appunto segna la fine di questa progressione: le esplosioni provocano una parziale distruzione della parte superiore dell’orlo craterico, svuotano il cratere stesso delle lave accumulate, ed una lunga colata emessa da una bocca esterna, situata sul bordo occidentale del Gran Cono, raggiunge Torre del Greco. Dopo l’eruzione del 1737 segue un breve periodo di riposo presto interrotto da una persistente attività stromboliana. Scorrendo la Tabella I dobbiamo rilevare due prolungate eruzioni, quella del 1751-52 e quella del 1754-55 che produssero imponenti quantità di lave sul settore meridionale del vulcano, lave emesse soprattutto da bocche eruttive localizzate in entrambi i casi sulle Piane, nella stessa zona dove poi si sarebbero aperte le bocche dell’eruzione del 1906. Notiamo poi l’eruzione laterale del 1760, con una serie di bocche erut¬ tive che si aprirono nel fianco meridionale ad una quota di circa 250-300 metri e che produssero un gruppo di coni di scorie nella località detta « i mortellari», dal nome del mirto, la pianta della macchina mediterranea una volta molto diffusa sul Vesuvio. I più grandi di questi vulcanetti di pro¬ dotti piroclastici sono ancora oggi visibili, poco più a valle della colata meridionale del 1944. Altre eruzioni parossistiche furono quella del 1767, con due colate laviche su due versanti opposti, di cui una proveniente da un crepaccio sul fianco NW del Gran Cono, lo stesso che si sarebbe attivato, per esempio, nel 1872, e quella del 1794, con una grossa colata di lava alimentata da bocche situate sul versante occidentale a quote tra 470 e 530 metri. Questa colata occidentale del 1794 (ce ne fu un’altra sul settore opposto del Vesu¬ vio), sommerse quasi tutta la città di Torre del Greco ed avanzò in mare per 192 metri (Breislak e Wìnspeare, 1794). Un’eruzione eccezionale fu quella del 1779, caratterizzata da gigan¬ tesche fontane di lava fluidissima, come provano i lapilli filiformi (De Bot- tis, 1786) eruttati, detti oggi anche capelli di Pelò. Notiamo ancora altre colate emesse dal cratere centrale, ma che si fer¬ marono nelle zone alte del vulcano, tra queste ricordiamo quella del 1787, che distrusse il romitorio della Vetrana. Era questo dal XII secolo un monastero dei monaci Basiliani, costruito su di un costone occidentale del Somma (detto «collina della Vetrana» dal De Bottis): le sue rovine oggi si trovano nell’attuale Atrio della Vetrana, a Nord dell’Osservatorio, al disotto delle successive colate del 1855 (che ne seppellì gli ultimi ruderi), del 1868, 1872 e 1944, che, sovrapponendosi, hanno colmato questo vallone riversandosi nella sottostante piana (le « novelle » di S. Vito) dopo aver sca- Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 107 valcato la spalla del Fosso del Faraone, come viene chiamata l’estremità occidentale deH’Atrio. In una posizione analoga si trovava il romitorio del Salvatore, costruito nel 1664, accanto al quale fu edificato, nel 1841, l’Osservatorio Vesuviano. Anche l’eremo del Salvatore, accanto alla chiesetta ancora esistente, si trova su un costone del Somma, detto Colle dei Canteroni, allungato secondo la direzione Est-Ovest. Oggi, dopo circa tre secoli, le lave, con i prodotti piroclastici, hanno modificato in modo notevole anche questo ver¬ sante del vulcano, colmando i fossi che più o meno profondamente incide¬ vano i bordi della Vetrana e del Colle dei Canteroni fino alla sottostante pianura. Dopo quelle del 1794, sono da ricordare le lave che, a più riprese, si riversarono verso Sud-Ovest dal 1804 al 1806 nella zona del Colle S. Alfonso (Camaldoli della Torre). Ricordiamo la successiva eruzione del 1822, nota per i suoi fortissimi fenomeni esplosivi con i quali furono emesse grandi quantità di cenere ed altri prodotti piroclastici, e le cui lave invasero tutta la zona delle Piane, da Ovest a Sud. Notiamo poi l’eruzione del 1834, che produsse una lunga colata ad Est, fino al territorio di Terzigno (lava di Caposecchi), e fu preceduta da perdu¬ ranti effusioni limitate al Gran Cono per oltre due anni (Pilla, 1834), come è pure accaduto altre volte, per esempio prima dell’eruzione del 1944. Le eruzioni del 1839 e del 1850 furono seguite da quella del 1855 che ricordiamo il modo particolare perché fu in quella occasione che Luigi Pal¬ mieri, allora direttore dell’Osservatorio Vesuviano, inventò il suo « sismo¬ grafo elettromagnetico», il primo sismografo al mondo in grado di regi¬ strare anche le scosse non avvertite dalla gente, le cosiddette « scosse stru¬ mentali» l. Scorrendo ancora la tabella notiamo le lave che per circa tre anni, dal 1858 al 1861, si riversarono, da varie bocche situate nell’Atrio della Vetrana e nel Piano delle Ginestre, verso Ovest, colmando del tutto il Fosso Grande, a Sud dell’Osservatorio. Queste lave sono oggi visibili lungo la strada che va al vulcano da occidente, ad una quota di circa 350-550 metri. L’eruzione laterale del 1861 provocò numerose fratture a Torre del Greco, lungo le quali si aprirono tra 218 e 290 metri diverse bocche erut¬ tive. Sono infine da notare le grosse colate del 1868, 1872, 1906 e 1944. La 1 Un esemplare del sismografo di Palmieri fu acquistato nel 1875 dal Giappone, dove funzionò per circa dieci anni presso l’Osservatorio Meteorologico centrale di Tokyo, con ottimi risultati. G FMAMGLASOND | i | f I II I I i I 1631 2 3 A b e l\ 8’ 9* 1640" l" 2 3 A 5^ 6* 1 8" 9‘ 1650" l" 2 3 À b 6' 1 8' 9' 1660" i‘ 2 3 A b 6* 7 8' 9* 167(/ \ 2 3 4^ 5' 6‘ l\ 8" 9' 1680' l' 2 444444N44X \xl 44444 \k\ 444 444^ x 44441 NkiNkW \XX\x441 lxj\N|\j\x x x 4x 4141 4444 4 xX444 444x44 x 4444 44444 44441 \XX\XHXKX\KXXmX ! 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Attività stromboliana da lieve a intensa; attività fumarolica a condotto aperto. Presenza di uno 0 più conetti intracraterici. Effusioni laviche a superfi¬ cie liscia. Conseguente sollevamento della « piattaforma» 0 « platea» craterica. - Tratti e strisce nere: L’atti¬ vità ed i prodotti eruttivi interessano anche, in modo più o meno accentuato, regioni del vulcano al di fuori del cratere centrale. Sono comprese, oltre naturalmente le eruzioni laterali, eruzioni parossistiche di breve durata caratterizzate di solito da grosse colate di lava, da vari episodi esplosivi e dalla chiusura finale del condotto eruttivo. Queste eruzioni sono contrassegnate da un asterisco. Sono inoltre comprese; effusioni laviche lente più 0 meno continue che debordano dall’orlo del cratere riversandosi sulle pareti del Gran Tabella I - Prospetto dell’attività del Vesuvio dal 1631 al 1944 GFMAMGLASOND 1787 8 9 1790] l" 2 3 A 5 1800_ l" 2" 3^ 4" 5* 6 1 8' 9' 1810' l' 2' 3' 4' 5' 6' 7' 8' 9' 1820 l' 2' 3^ 4" 5' 6' 7' 8' 9^ 1830* l' 2 44444*44 x4444444c 4444>44Np 44444* 444 >444444 414 ■ ■ 4444444 4444Ét 3 4~ 4"Li : 5_ 44144 x4444 6~ 44444 vxxxvxx 8~ n44" 4" 44444 9‘ m i L LL G F MA MG L ASOND XM\ Nxkxxky^^ 444444 444444 44444444444 4ì4 4444 4444 4444 444444 4444444444 444444444441 444444444 4444444444i 444444444441 44444444n 44i K4444444 444 4444 444 4m 444 x444 441 444 x 444444 rk4péé4441"44 44 ^1^44\\\\* * 4 44444 xxtxjxv 444 44 x 44444" 4444444 44 444444444 444414444 444444444 ImSStta r NJC 4KT' 4 \VW444 GFMAMGLASOND C1HX MN W x; x MXVXV «kxxx ,\x \XX KNXN XX X\X XXWX \N 4xx 44 44\x44\x" xv 0 444 444 x 4N > xì44xì44n 4 n 444444 x 4 444144 V XV 4444444* 4444444 4444444 X444444 4444444 4x44 1920 l' 2 3' 4' 5' 6' 7" 1930 l' 2 3 A 5 6' 1 8' 9' 1940^ V 2 3 A GFMAMGLASOND G FMAMGLASOND >NVXX^XXXkNXXX 444444444 444444444 XXXX\XX\XXXXXXXX\ 44x4 44444 44 4X 44444 44 4' 44444 44 4n 44444 44 4n 44444 444414444 44 414444'" 444n 4444 44 4x 4444v 4"xx44 4x"xw4 > x \" x x 144444 \ v xv x '■44W4' \ xxv x 44444 " 4"4i44444 X\\ X. x— — ■■MM 4^444^444 444Éi|iiM44 «444P4444 4»4x\\XX\XX\XX\V 4414444444 44S44M4W ÌÈtiiìiSiPW 1 x"^|4I44\v . . MIMI GFMAMGLASOND Cono, che giungono oppure no negli Altri o nelle Piane; effusioni laviche lente emesse da crepacci o bocche situate o sul Gran Cono o nella zona delle Piante e degli Atri; forti attività esplosive durante parossismi stromboliani con distribuzione dei prodotti piroclastici al di fuori di cratere terminale, come nelle eruzioni anteriori al 1694, nell’eruzione del 1779 e nel maggio del 1900. - Tratti bianchi : Indicano i periodi di riposo del Vesuvio. Il condotto centrale è ostruito. Assenza di fenomeni sul fondo del cratere. Seguono in genere ad eruzioni parossistiche le quali, tra l’altro, svuotano il cratere liberandolo sia del conetto intracraterico che della platea lavica, lasciandovi una cavità imbutiforme, com’è per esempio quella attuale, profonda quasi 250 metri e di circa 550 metri di diametro. 110 Antonio Nazzaro prima di queste è nota per la sua compattezza e per l’ottima riuscita nei vari impieghi in cui viene utilizzata. Le altre colate sono relative ad eruzioni paros¬ sistiche che chiudono i «periodi eruttivi» meglio noti del Vesuvio. Notiamo ancora le prolungate effusioni dell’ultimo ventennio del secolo (1881-84, 1885-86, 1891-94, 1895-99), l’ultima delle quali è stata la più imponente ed ha formato una collina di 150 metri, il Colle Umberto, che mostra il suo profilo tondeggiante sul versante occidentale, a 800 metri d’altezza, tra l’incisione della Vetrana ed il Gran Cono. 2. - Periodizzazione «in grande» dell’ attività del Somma- Vesuvio Analogamente a quanto è successo alla caldera del 1631, anche la cal¬ dera di base del Somma- Vesuvio ha subito un riempimento, sia pure incompleto. Si calcola infatti, ad esempio, che il fondo del Vallone della Vetrana si è sollevato di circa 150 metri a causa dell’accumulo in esso delle lave e dei prodotti piroclastici degli ultimi 140 anni (Scacchi, 1844). D’altra parte già Hamilton nel 1774 scriveva che «It seems probable that by fre- quent eruptions, thè whole valley between Somma and Vesuvius may be filled up, and thè two mountains be united, just as thè little mountain in thè crater of Vesuvius was joined to thè cone of that volcano»2. Se si prende in considerazione la storia eruttiva del vulcano, si può tentare a questo punto una sintesi per grandi linee della sua attività. Infatti, oltre a quanto già detto, si deve osservare che l’azione delle eruzioni forte¬ mente esplosive, che, a partire da circa 17.000 anni fa, decapitarono e sven¬ trarono il vecchio cono del Somma, alto circa 2500 metri, intuita già da Sorrentino e da altri autori, fu successivamente analizzata in modo orga¬ nico da Henry James Johnston-Lavis, da Rittmann, e recentemente da Delibrias ed altri (1979). Nella caldera che si andava incavando sempre più profondamente a causa delle ripetute eruzioni pliniane (Santacroce, 1983), anche se distan¬ ziate di migliaia di anni, si veniva poi impostando un grosso cono vulca¬ nico, detto Gran Cono del Vesuvio, che, come dimostra la vicenda della caldera del 1631, poteva subire vari episodi distruttivi con successive rico¬ struzioni. A distanza di pochi anni invece si alternavano le fasi costruttive 2 «È probabile che, a causa delle frequenti eruzioni, possa esser riempita l’intera valle tra il Somma e il Vesuvio, e che si uniscano le due montagne allo stesso modo del conetto intracraterico del Vesuvio che si è unito al cono di quel vul¬ cano». Correlazione qualitativa tra le varie forme vulcaniche caratterizzanti il Somma-Vesuvio e le relative storie Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 111 C _L ,1 O C «J o c c u = 3 C3 -C — 5 ^ 2 o E 3 S ^ a .2 06 g c a . b O C NJ 5 8 •O y b 2 o o a: a a 3 CJ U > «* c X! C U so t> E *5 so i E E oo o U 112 Antonio Nazzaro e distruttive dei vari conetti intracraterici presenti durante i vari periodi eruttivi. Tutto ciò viene illustrato in una tabella (Tabella II) in cui vengono riportate queste fasi vulcaniche, che si presentano differenziate sia per le dimensioni delle strutture interessate che per la loro durata. 3. - La frattura del cratere Nella figura 1 è presentato, in modo semplificato, il corso delle colate di lava principali del periodo in esame, cioè dal 1631 al 1944. Si può notare che le colate si sono riversate prevalentemente nel settore occidentale e meridionale del vulcano, dove si sono anche aperte bocche laterali fino a tempi molto recenti. Questo settore appare marcato al cratere da un ribas- samento rispetto all’orlo Nord-orientale; tale ribassamento è delimitato da una evidente frattura che taglia il cratere lungo una direzione nord-ovest- sud-est su pareti diametralmente opposte (Fig. 3). Questa frattura incide l’orlo del cratere determinando due depressioni dette «slabbrature», che corrispondono alle parti più basse dell’orlo craterico e attraverso le quali è prevalentemente uscita la lava nel periodo studiato. Pilla (1834) le chiama «seno dell’Eremo» e «seno di Bosco». Breislak (1801) dice a questo propo¬ sito: «La parte che guarda il NE era più elevata dell’opposta così che il cono sembrava troncato in una direzione inclinata al Sud-ovest»... «gli orli del cratere non sono regolari, né vanno declinando uniformemente dal Nord-est al sud-ovest, né risalendo ugualmente dal Sud-ovest al Nord-est, ma formano delle slabbrature (sic), delle quali la più profonda è al sud, dal che risulta che questa è la parte più bassa del ciglio. Le pareti del cratere hanno una ripida pendenza, e quelle che appartengono al lato più alto, sono tagliate a picco». Queste espressioni si riferiscono al cratere com’era dopo la grande eruzione del 1794: se Breislak rinascesse, non ne userebbe di diverse per descrivere il cratere attuale. A questa situazione sembra rife¬ rirsi anche De Bottis (1786) quando, a proposito di uno sprofondamento a Nord-ovest del cratere, dice che vi si formò un «lunghissimo canale che principiava dall’orlo» e che il Vesuvio «è molto più debole nella descritta parte» e ancora, «dalla parte di scirocco si formò un’apertura di forma simile, rivolta a Nord-ovest». Ugualmente Mecatti (1754) rileva che l’orlo craterico «dalla parte di Resina» era il più basso. E infine Ascanio Filomarino, duca della Torre, dice ancora (1797): «si ruppe il monte verso la cima alla direzione di Resina: si abbassò l’orlo del monte da questa parte, e scorse la lava nel sot- Il Vesuvio : storia naturale dal 1631 al 1944 113 toposto vallone. Ai 10 di aprile si ruppe l’orlo del monte dalla parte opposta , donde discese un altro torrente di materia liquida infocata». Sembra quindi fondato ipotizzare che questa frattura di direzione nord-ovest/sud-est costituisca un elemento strutturale costante almeno negli ultimi due secoli. Rg. 3 - La frattura del cratere La linea tratteggiata evidenzia una netta separazione tra due settori del cratere: uno nord-orientale, costituito attualmente dai prodotti lavici e piroclastici eruttati dal 1913 al 1944, più elevato e con ripide pareti, un altro a sud-ovest più basso, meno scosceso e dal declivio interno più irregolare. Il contatto tra queste due parti del cratere presenta l’aspetto di un incavo sia a nord-ovest che a sud-est. Sulla base di elementi rilevabili dalle fonti bibliografiche, si può ritenere che tale aspetto del cra¬ tere sia costante per almeno gli ultimi due secoli, ed è particolarmente evi¬ dente dopo le eruzioni parossistiche. 4. - L’emissione delle lave Dopo aver rapidamente passato in rassegna l’attività del Vesuvio, accenniamo un tentativo di spiegazione della fenomenologia eruttiva consi¬ derata. Se infatti è vero che l’eruzione del 1631 distrusse il preesistente 114 Antonio Nazzaro Gran Cono e che l’attività successiva ne ha costruito un altro (Fig. 2), allora è plausibile che la struttura del Gran Cono poggi attualmente su di una spessa platea lavica anulare, formata dalle lave che stagnavano nella grande voragine prima che il sollevamento del fondo ed il raccordo dei pendìi ne facilitasse il deflusso all’esterno. Questa grande piattaforma lavica, insieme ad eventuali altre precedenti, può costituire una significativa interru¬ zione strutturale lungo la quale si insinuerebbe la lava che poi fuoriesce da cre¬ pacci o bocche sul fianco esterno del Cono. Stesso ruolo del resto potrebbe essere svolto dallo zoccolo del Somma, che si troverebbe ad un’altezza infe¬ riore al disotto del Gran Cono, e che si indovina molto bene, da sud-ovest a sud, dallo scalino pianeggiante delle Piane, a circa 500 metri di quota. La base del Somma, d’altra parte, è visibile, ad ovest, in fossi e in canaloni incisi nelle antiche piroclastiti, e che finora non sono stati colmati da prodotti eruttivi. In generale la lava, nello scendere dal cratere lungo il Cono del Vesu¬ vio, ne incideva, a causa del peso e della sua spinta, la superficie formata da lapilli e cenere, provocando frane polverose e fumanti, che potevano dare l’impressione di crepacci aperti sui fianchi. Talora inoltre la colata si ingrottava sul pendio uscendo poi alla base del Gran Cono in corrispon¬ denza degli Altri o delle Piane (a nord e sud rispettivamente), dove la superficie quasi orizzontale rallentava il corso della colata che fuoriusciva dagli ingrottamenti o a fiotti, o schizzando fuori con scoppi talora violenti provocati dalla rottura di esili tetti già solidificati. Si potevano così formare cumuli conici di lava a corde e «a canna d’organo», dall’aspetto molto sug¬ gestivo, come per esempio quelli che anche oggi si possono osservare sui fianchi meridionali del vulcano, oppure si aveva l’impressione di bocche eruttive aperte sulle Piane e gli Altri, come per esempio nel 1787 e 1790. Si legge a questo proposito (S.A.T., 1787): «L’arrivo della lava in cotesto luogo (nel Vallone della Vetrana n.d.a.) per cammino coperto ha dato occa¬ sione a taluni di credere che costì si fosse aperta una nuova bocca nel Vesuvio. Ma realmente la lava viene di sopra, e la sua piccolezza istessa lo dimostra». Mecatti, parlando della lava nel 1751, dice che, giunta negli Altri, emerge e «si squaqquera» in guglie e coni di lava a corda, e che inoltre « la lava... pare un fiume di fuoco... quando perde il moto, se s’unisce insieme, diventa un montagna». Sembra quindi evidente che tali «montagne» simulino, ma in realtà non siano bocche eruttive, in quanto non corrispondono a perforazioni dell’edificio vulcanico. Si potrebbe par¬ lare, come talora s’è fatto, di «pseudobocche». Non si può comunque ignorare l’esistenza di vere e proprie bocche erut¬ tive a livello delle Piane o degli Altri, come ad esempio nel 1820 e 1858, forse in corrispondenza della discontinuità strutturale della base del Gran Cono. Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 115 Per concludere sembra quindi che la lava venga emessa nei seguenti modi: a) traboccando dagli orli più bassi del ciglio craterico, scivolando len¬ tamente a lingue successive sul Gran Cono, come nel 1942 e in genere quando la «piattaforma intracraterica» è molto alta, prima di eruzioni parossistiche. b ) Scendendo rapidamente dagli orli del cratere sul pendio, incidendo un fosso di erosione più o meno profondo nel lapillo. c ) Scendendo, ingrottandosi e riemergendo nelle Piane o negli Atri. d ) Attraverso effettivi crepacci che si aprono spesso a coppia («piano eruttivi» Mercalli, 1907) generalmente lungo i versanti corrispondenti alla frattura nord-ovest/sud-est della quale si è ipotizzata resistenza. Nei primi tre casi è facile credere che la lava esca da un crepaccio, sia a causa della polvere che pesanti massi sollevano nel precipitare, sia per il fumo che ne esce, sia per l’incisione del pendio. A proposito di crepacci ricordiamo che, oltre a quelli di cui si è parlato finora, che interessano il Gran Cono, se ne possono formare anche sui fianchi dei conetti intracrate- rici al disopra della piattaforma lavica all’interno del cratere. Il pianoro circolare alla base del Gran Cono aveva l’effetto di rallen¬ tare la velocità delle colate che lo raggiungevano e ne poteva anche deviare il corso. La lava infatti, una volta giuntavi, si dilatava lateralmente, era facilmente deviata da ostacoli di varia natura, costituiti in genere da aspe¬ rità di colate precedenti, e nella seconda parte del pendio poteva riversarsi lungo un percorso del tutto diverso, che però era generalmente costituito da canali d’erosione, incisi spesso da vecchi flussi piroclastici nelle ceneri del Somma. Uno di questi era il Fosso Grande, a ovest, famosissimo per le sezioni che vi si potevano osservare e per i campioni di minerali e di blocchi calcarei fossiliferi che vi si potevano raccogliere. Il dilagare delle lave sulle Piane si può osservare molto bene per le lave del 1822, che quasi circondano il Gran Cono da sud o ovest, scorrendo poi sul sottostante pen¬ dio, senza però scendere a valle in modo notevole. Queste lave spianarono le Piane e ne sollevarono il livello di 15 metri (Monticelli, 1822). 5. - IL PERIODO ERUTTIVO Se si accetta l’ipotesi che l’attività vesuviana compresa tra il 1631 ed il 1737 si sia prevalentemente sviluppata all’interno di una caldera, la piccola caldera che l’eruzione del 1631 avrebbe provocato (cfr. supra), e che in questo lasso di tempo abbia determinato il suo riempimento, ne consegue 116 Antonio Nazzaro che i cosiddetti periodi eruttivi individuati dagli AA. al Vesuvio, che qui accettiamo sia pure con vari dubbi che l’analisi della Tabella I autorizza, possono essere accettati solo a partire dal 1737. I periodi eruttivi (Palmieri, 1872; Mercalli, 1907), presentano in modo caratteristico la successione dei medesimi fenomeni scanditi da altrettante eruzioni parossistiche: il fondo del cratere ostruito da materiale roccioso franato nelle ultime fasi di una precedente eruzione, viene perforato per l’azione di una colonna di magma che si è sollevata nel camino vulcanico. Assieme ad una sempre più vivace fuoriuscita di fumi e vapori, la colonna magmatica comincia a frammentarsi in pezzi, detti genericamente «scorie», per l’azione di esplosioni più o meno violente che avvengono a causa del degassamento veloce e discontinuo della cima della colonna stessa. Questo tipo di esplosioni caratterizza l’attività detta stromboliana: questa produce la graduale formazione di un cono di scorie, dalla cui base si vanno espandendo di tanto in tanto lingue di lava generalmente a super¬ ficie liscia. Questo tipo di attività solleva nel complesso il fondo del cratere fino a che le lave emesse traboccano facilmente al di fuori del Gran Cono. La fuoriuscita delle lave può anche essere addirittura prodotta dal raccordo del pendio del conetto con quello del Gran Cono, con conseguente solleva¬ mento della cima del vulcano, come avvenne per esempio prima dell’eru¬ zione del 1767 e del 1906. Dopo travasi lenti e prolungati di lave lungo il pendio, corrispondenti ai lunghi tratti neri della tabella I, avviene una eruzione di tipo parossistico e molto pericolosa, con attività esplosiva che sostiene vigorose espulsioni di prodotti piroclastici specialmente sul versante nord-orientale del Somma e con grosse colate di lava che giungono spesso fino ai paesi sottostanti, da Cercola e S. Sebastiano (1855, 1872, 1944) a Ercolano (1767, 1868), a Torre del Greco (1737, 1794, 1861), da Torre Annunziata e Boscotrecase (1720, 1822, 1906) fino a Terzigno (1834, 1850, 1929). Queste eruzioni, oltre che produrre colate di lava, sono naturalmente caratterizzate anche da fenomeni esplosivi che espellono i prodotti pirocla¬ stici, sia verticalmente al di sopra della bocca (prodotti «da caduta»), che a torrenti, lungo i fianchi del vulcano (prodotti da «flusso piroclastico»). Il primo tipo di prodotti, cadendo a pioggia, può provocare lo sfondamento di tetti e solai (un metro di cubo di cenere umida pesa circa due tonnellate). I prodotti piroclastici eruttati sotto forma di flussi invece, misti a vapor d’ac¬ qua surriscaldato o condensato in torrenti acquosi e gas ad alta tempera¬ tura, travolgono e sfondano tutto ciò che incontrano. Fortunatamente feno¬ meni di questo tipo non sono molto frequenti nella vita del Vesuvio, pre¬ sentandosi solo dopo periodi lunghi di riposo. In effetti, nelle eruzioni Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 117 riportate nella tabella I e dopo il 1631, i fenomeni esplosivi sono avvenuti in forma relativamente ridotta, tranne che nelle eruzioni del 1707, 1779 e 1822. Le eruzioni parossistiche sono dette finali quando terminano produ¬ cendo lo svuotamento del cratere e la chiusura del condotto di alimenta¬ zione a causa della espulsione esplosiva dei prodotti che vi sono contenuti e del collasso e delle frane interessanti il materiale sovrastante. 6. - I LIVELLI ERUTTIVI Tentiamo ora una sistematica nella localizzazione delle eruzioni vesu¬ viane. Si potrebbe parlare a questo proposito di tre livelli eruttivi: uno sommi¬ tale o terminale, riguardante il cratere centrale, uno laterale localizzabile negli Altri o nelle Piane, ed uno laterale localizzabile sulle falde del vulcano (Fig. 4). Il primo livello dà in modo talora ciclico eruzioni generalmente parossi¬ stiche che svuotano il cratere. In questo livello si possono avere anche eruzioni con emissioni molto lente e praticamente continue di lava quando l’orlo del cratere scompare per l’innalzamento della platea lavica interna. Al secondo livello possono attribuirsi eruzioni talora molto lunghe con emissione di ingenti quantità di lava che possono ammassarsi anche in grosse cupole come il Colle Umberto ed il Colle Margherita (quest’ultimo a nord, nell’Atrio), o ver¬ sarsi, a livelli inferiori, in profondi valloni che vengono così gradualmente col¬ mati, come per le lave del 1858-61. Anche il primo livello può dare cupole laviche, come la cupola del 1903-04 nel canale dell’Arena, descritta da Mercalli (Notizie Vesuviane), ed erroneamente attribuita al 1937 nella tavoletta dell’I.G.M. Il terzo livello infine manifesta eruzioni con accentuata attività strom- boliana da coni di scorie talora molto sviluppati che si possono formare anche a quote molto basse, fino a 218 metri nel 1861, e con colate di lava. Tale livello è osservabile prevalentemente sui versanti occidentale e meri¬ dionale del Vesuvio, ma anche altrove è rappresentato da vecchi coni di scorie, come a Pollena. È individuato principalmente dal cono del Colle S. Alfonso, dal Viulo, Fossa Monaca, dai Tironi, un tempo a monte di Torre del Greco ed oggi scomparsi (Sorrentino 1734), dai Monticelli del 1760, dalle bocche del 1861 e da quelle del 1794 (parzialmente coperte dalla lava del 1822). È presumibile che la localizzazione di questi livelli eruttivi sia deter¬ minata dalle condizioni strutturali del vulcano: per quanto riguarda il secondo livello possiamo, come già s’è detto, invocare la platea lavica nella 118 Antonio Nazzaro F1g. 4 - Livelli eruttivi. La figura rappresenta il Vesuvio, visto da ovest, con l’indica¬ zione dei livelli eruttivi di cui si è parlato nel testo. Il primo livello si rife¬ risce al cratere centrale e al suo bordo. Il secondo livello è situato ad una quota di circa 700-800 metri e corrisponde in buona approssimazione alla discontinuità Somma- Vesuvio ed alla linea dell’impianto del Gran Cono formatosi a partire dal 1631. Il terzo livello eruttivo indica la fascia infe¬ riore del vulcano dove si sono aperte fino a tempi recenti bocche eruttive con attività di lancio di scorie, di altri materiali piroclastici e con emissione di colate laviche. Rileviamo che le bocche eruttive del secondo livello pos¬ sono corrispondere sia ad effettive perforazioni dell’edificio vulcanico, sia ad aperture inferiori di grotte di lava relative a colate del primo livello. Tali grotte poi si possono formare sia sul bordo del cratere centrale che sulle pendici del Gran Cono. caldera del 1631 o lo zoccolo del Somma come elementi che in un certo modo guidano l’ubicazione dei processi eruttivi. Per il terzo livello sembra invece plausibile il collegamento con fratture e/o faglie neH’edifìcio vulca¬ nico. Il Vesuvio : storia naturale dal 1631 al 1944 119 APPENDICE I DANNI DELLE ERUZIONI Nel periodo considerato è stata praticamente continua l’attività erut¬ tiva del Vesuvio. È chiaro quindi che ciò ha costituito un grosso elemento di rischio per le popolazioni che ne abitavano le falde. Come mai si siano sviluppati insediamenti urbani così fittamente popolati tanti vicini a questo vulcano, meriterebbe una analisi completa. Si può comunque qui tentare di fornire elementi di conoscenza utili per un esame dei difficili rapporti uomo-vulcano nel caso del Vesuvio. Tra i motivi che hanno provocato e sostenuto nei tempi passati l’urbaniz¬ zazione delle falde del Vesuvio vanno considerati la ben nota fertilità del suolo vulcanico, e quindi la possibilità di abbondanti raccolti; l’ottima esposizione, la pendenza e la costituzione del suolo, favorivano la coltivazione della vite (sono ancora noti i vini vesuviani). Altri motivi che hanno facilitato l’antropiz- zazione del Vesuvio vanno ricercati nei gravi problemi sociali e sanitari di una grande città come Napoli, ed alla presenza del mare che permetteva migliori collegamenti commerciali, oltre che lo sfruttamento dei prodotti della pesca e la raccolta del corallo, per cui era tanto famosa Torre del Greco. Un ruolo non trascurabile deve avere avuto il fatto che il re Carlo III di Borbone costruisse una Villa reale a Portici con il conseguente sviluppo di insediamenti signorili (le Ville Vesuviane), oltre alle attività collegate agli scavi delle città sepolte di Pompei ed Ercolano, che conferivano a questi siti un fascino ed una sugge¬ stione fortissimi nell’Europa del XVIII secolo. Evidentemente l’aumento della popolazione incrementava il rischio vulcanico, inteso come prodotto tra probabilità di un evento eruttivo e l’eventuale danno provocato. I danni erano infatti notevoli: le colate di lava coprivano per sempre estesi territori coltivati; i lahar, torrenti di acque calde e fangose che trasportavano pietre, blocchi di lava ed alberi carboniz¬ zati, travolgevano e trascinavano tutto ciò che incontravano lungo il loro cammino. I «surges» e gli altri flussi piroclastici potevano avere effetti assolutamente terrificanti. I prodotti piroclastici espulsi in colonne eruttive a forma di pino o di grosse digitazioni, talora fino ad altezze di molti chilo¬ metri, cadevano a pioggia sulle costruzioni sfondandone i tetti. Le ceneri delle nubi eruttive potevano anche compromettere la produzione indu¬ striale di tessuti per le morìe di bachi da seta che si cibavano delle foglie dei gelsi ricoperti di cenere. In queste condizioni si prendevano delle contromisure il più possibile adeguate: ci si difendeva dalle colate di lava tentando talora di modificarne 120 Antonio Nazzaro il deflusso; si procedeva poi al recupero dei campi invasi dalla lava sca¬ vando ampi pozzi rettangolari nella colata fino a raggiungere il terreno sot¬ tostante, che veniva prelevato e versato sulle scorie della superfìcie della colata (« pastinatura») in modo da fare attecchire nuove piante di vite, le cui radici avrebbero poi favorito l’azione disgregatrice della lava. Da questa usanza deriva probabilmente il toponimo «novelle» (attribuito a «coltiva¬ zioni» o «viti») che si incontra spesso al Vesuvio. Quando iniziava una eruzione di dava incarico a delle persone di fare la vedetta e di sorvegliare il vulcano dai campanili delle chiese, dando l’al¬ larme, all’occorrenza, suonando le campane, (Sorrentino 1734). Comunque il mezzo ritenuto più idoneo per la previsione di una eruzione consisteva nell’osservazione del livello dell’acqua nei pozzi e del mare lungo la costa: «Carlo III, ad ogni leggiera mossa del Vesuvio voleva essere esattamente informato di cangiamenti che avvenivano intorno al livello del mare » « alla Darsena e al Granatello... quel saggio re voleva con ciò valutare la forza della minacciata eruzione (Monticelli, 1841)». D’altra parte, l’abbassa¬ mento del livello dell’acqua impediva una adeguata irrigazione dei campi e bloccava il funzionamento delle macchine (Monticelli, 1841). Le eruzioni erano, a partire da quella del 1737, studiate in relazioni ufficiali commissionate di solito dall’autorità civile od ecclesiastica a per¬ sone di provata competenza che ricoprissero una carica pubblica le quali, per l’occasione, si servivano della collaborazione di agrimensori, disegna¬ tori e guide. Queste relazioni erano e sono importanti per la conoscenza dei fenomeni eruttivi vesuviani, ed erano utilizzate anche per eventuali interventi di aiuto e sostegno alle popolazioni colpite. Quando le eruzioni erano molto forti, allora il panico e la fuga erano generali, «i padri e le madri abbandonavano i loro figliuoli, i mariti le mogli» (De Bottis, 1786). Venivano prescritte penitenze collettive, riti religiosi e processioni durante le quali il busto di S. Gennaro veniva por¬ tato spesso fino alla Chiesa di S. Caterina a Formello, da dove, al di là di Porta Capuana, era allora visibile il vulcano. E nel famoso museo del Convento di S. Caterina (saccheggiato e distrutto nel 1799), si conserva¬ vano, tra l’atro, ben 300 campioni di lave vesuviane, una delle tante rac¬ colte di rocce del Vesuvio che era possibile vedere nella Napoli di allora. Ancora oggi, davanti alla chiesa di S. Caterina a Formello, si può vedere un’edicola dedicata a S. Gennaro, posta in occasione della eruzione del 1707, e sulla facciata, una targa posta nel primo centenario dell’eruzione del 1631. Un’analisi dei danni arrecati dalle eruzioni del Vesuvio richiederebbe un esame adeguato di tutte le fonti disponibili e andrebbe eseguita in col- Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 121 laborazione tra vulcanologi, storici, sociologi, economisti ed eventualmente altri specialisti. Si ritiene comunque utile accennare qui, anche se in forma incompleta, ai principali danni arrecati da alcune eruzioni descritti in forma schematica e per citazioni. 1631 - «Discesero da ogni lato torrenti di fuoco e d’acqua mescolata con cenere, i quali bruciarono e devastarono città, terre, ville e casali, in numero di 50 e cagionarono la morte di 4.000 persone, e la mina di 15.000 moggia di territori... l’intero danno si fa ascendere a 20 milioni di ducati» (A. Filomarino, 1797). Secondo altri autori i morti furono 10.000. Dopo questa eruzione fu posta l’iscrizione in marmo visibile ancora oggi a Portici e della quale si riporta la traduzione fattane dal Filomarino: «Posteri posteri, di voi si tratta. Un giorno all’altro è lume, e il precedente al dì, che segue è scorta. Udite udite. Venti volte da che risplende il sole, se non mente l’istoria, arse il Vesuvio, né questo mai senza una strage orrenda di chi a fuggir fu lento. Inavvertiti perché più non vi colga ecco vi avviso. Grave il sen questo monte ha di bitume d’allume e ferro, e insiem di argento, e d’oro di nitro, e fonti d’acque; ei tosto o tardi di accende, e quando addentro il mar penetra, partorisce, ma pria geme, e si scuote, scuote il suol fumo, e fiamme, e lampi mesce, agita l’aere e con muggito orrendo rimbomba, e tuona, e scaccia d’ognintorno gli afflitti abitator. Fuggi or ch’è tempo, ecco ei geme e dà fuori; e ratto in giuso precipitando d’atro fuoco misto vomita un lago, e se al fuggir sei lento, ti coglie, e se ti coglie è van lo scampo. L’anno della salute 1631. Tu, s’hai senno, di un marmo che ti avvisa odi le voci; non curar dei Lari, non curar della roba: tronca ogni indugio: fuggi ». 1698 - «si attaccò il fuoco a trenta cantara di polvere alla regia polve¬ riera di Torre Annunziata» (Sorrentino 1734). 1720 - Il vento di scirocco spingeva le ceneri su Ottaviano con grave danno alle colture. «... erano di sì fatta grossezza i lapilli che piovvero nel 122 Antonio Nazzaro campitello d’Ottaviano né territori della Fossa di Vallo e negli altri luoghi di quel circuito, che i miseri contadini per li campi portavan sul capo tavoli di botte, a ripararsi dalle pietre» (Sorrentino 1734). 1723 - «leggeri danni ai torresi a confronto delle sciagure patite dai massai nella plaga orientale» per il predominio del vento di scirocco (Sor¬ rentino 1734). 1724 - La colata di lava verso il Fosso Bianco (a ovest) sommerse più di «200 moggi di terreno vitato» (Sorrentino 1734). 1737 - La colata lavica trabocca sulla strada regia verso Torre del Greco, furono incendiate le chiese del Carmine e del Purgatorio. Danni gravissimi a Somma, Ottaviano e Nola per la cenere. Si ebbero due morti; a Ottaviano cedettero i tetti di moltissime case. A Nola rotte quasi tutte le vetrate. (Serao 1740). 1751 - Si tagliarono gli alberi prima che venissero incendiati, sia per impedire il propagarsi dell’incendio che per utilizzarne il legno. (G. M. Della Torre 1768). 1754 - Si ebbero 241 moggi distrutti dalla lava per un danno di 79.300 ducati. Oltre a 200 moggi di bosco incendiato per un danno di 24.000 ducati. 100 moggi di pascolo distrutto per un danno di 6.000 ducati. In totale: 102.000 ducati di danni (Mecatti, 1761). 1759 - 130 moggi distrutti, danno di 26.000 ducati (Mecatti 1761). 1760 - «Il danno tra terreni, case ed altro fu calcolato 300.000 ducati» (A. Filomarino 1797) 505 moggi di terreno coltivato invaso dalla lava, per un danno di 160.000 scudi (Mecatti 1761). 1779 - Danni dovuti al materiale piroclastico caduto su Ottaviano, Palma, Nola, e dintorni: 184.729 ducati. Il vino si intorbidì. Fuga generale, a Torre del Greco restarono 300 abitanti su 15.000. (De Bottis 1786). 200.000 ducati di danni, secondo la valutazione dei periti reali (D. Tata, 1779). 1794 - «La Torre del Greco, che dava comoda abitazione a 18.000 persone, delle quali ne (sic) perirono circa 60, fu distrutta in quattro quinti» ... «oltre il danno accaduto nella città, la lava ha occupato moggia 322 di territori coltivati, le quali valutandosi al prezzo corrente di ducati 800 il moggio, ascendono a ducati 257.600» (A Filomarino, 1794). Oltre alla distruzione quasi totale di Torre del Greco, si ebbero 300 moggi ricoperti dalle colate di fango (Tata, 1794) «morirono molti infelici per le mofete» (Monticelli, 1841). 1822 - Le colate di fango abbatterono mura e invasero i piani terreni delle case; piccoli quadrupedi, rettili e insetti sterminati per un raggio di 5 miglia dal vulcano. Gli edifìci della capitale oscillavano per le violente scosse. Torre Annunziata «sofferse più di ogni altro comune» vi caddero molti tetti di case e di «officine regie» (Monticelli 1822). Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 123 1872 - Palmieri parla di campagne devastate e di due villaggi (Massa e S. Sebastiano) «in parte sommersi». Una comitiva di persone, che anda¬ rono nell’Atrio per osservare l’eruzione, fu investita dalla lava che uccise 9 persone e ne ferì 11. Furono coperti cinque Km quadrati dalle lave. Ci furono alcuni morti per le mofete. I danni ascesero a oltre tre milioni di lire. 1906 - Boscotrecase venne invasa dalla lava, fu distrutta la frazione Oratorio. La colata di lava giunse nei pressi di Torre Annunziata. Il 7 aprile ci fu una pioggia di «pietre infuocate», cioè scorie, bombe, lapilli, e di conseguenza a S. Giuseppe, dove avvenne, si ebbero crolli e distruzioni. In totale si ebbero 216 morti e 112 feriti gravi. Più di 34.232 i pro¬ fughi. 1944 - Si ebbero in totale 26 morti, soprattutto per il crollo di tetti e solai. Si procedette alla evacuazione completa di S. Sebastiano (1.500 abi¬ tanti), di Massa, di Somma (6.000 abitanti) e di Cercola (7.019 abitanti). Gravi danni ai relativi abitanti specialmente a S. Sebastiano. Danni alle colture anche nell’agro nocerino (a Nocera Inferiore si ebbero anche dei crolli). Ringraziamenti Si ringrazia il sig. Bruno Tramma per la collaborazione prestata nel¬ l’esecuzione dei disegni. BIBLIOGRAFIA Alfano G. B. (1924), Le eruzioni del Vesuvio tra il 79 e il 1631. Valle di Pompei, pp. 58, 8 figg. Alfano G. B., Friedlander I. (1929), La storia del Vesuvio illustrata da documenti coevi, Karl Hon, Verlag, Ulm. Braccini G. C. (1632), Dell’incendio fattosi nel Vesuvio a XVI di dicembre 1631, Secondino Roncaglielo, Napoli, pp., 104. Bottoni D. (1692), Pyrologia Topographica, Antonio Parrino, Napoli, pp. 245, 1 tav. Breislak S. 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Napoli voi 94, 1985, pp. 125-137, fìgg. 2, tabb 6 Preliminary Notes on Feeding Behavior of Aplysia Genus (Gastropoda: Opisthobranchia) in thè Bay of Naples Nota del socio Graziano Fiorito (*) e di Carmela Capuano (**) e Paolo Bergamo (**) Riassunto. — In questo contributo preliminare allo studio del comportamento alimentare delle specie mediterranee del genere Aplysia (Gastropoda, Opisthobran¬ chia) gli Autori hanno accentrato la loro attenzione sulle preferenze alimentari e sul significato evolutivo del comportamento alimentare stesso. In particolare gli esperi¬ menti condotti utilizzando 11 specie di alghe dell’ambiente sub-litorale hanno mo¬ strato che alcune specie (A. punctata e A. fasciata ) hanno una dieta abbastanza varia, ed essenzialmente, pur preferendo certe specie algali, se ne nutrono significa¬ tivamente di un gran numero. Al contrario, altre specie (A. depilans e A. juliana ), mostrano una dieta molto più ristretta. Questi dati, insieme alle considerazioni di carattere metabolico sull’utilizzazione dei pigmenti algali nella colorazione del corpo, delle uova, della secrezione dell’inchiostro e in generale sull’utilizzazione di certi composti algali come meccanismo di difesa, consentono di formulare l’ipotesi che il comportamento alimentare possa essere considerato uno dei promotori del¬ l’evoluzione e della radiazione del genere stesso. Summary. ~ The evolutionary aspects of Aplysia feeding behavior were studied. Experiments testing types of food, food-preference and selection were carried out on several species of Mediterranean Aplysiidae. The experiments showed a dose relationship between thè various Aplysia species and food preferred by each. Meta- bolic utilization of food for ink secretion, skin pigment and egg colors are also consi- dered in relation to thè different species examined. Looking, therefore, at thè data in an optimal foraging view, some evolutionary conclusions about thè feeding pat¬ tern and its variety are given considering both morphological and behavioral aspects. Feeding itself may be considered as a promoter process for thè evolution of thè genus. (*) Stazione Zoologica di Napoli - Villa Comunale - 80121 Napoli, Italia. (**) Stazione Zoologica di Napoli - Villa Comunale - 80121 Napoli, Italia. Evolution & Development of Behavior Research Group, Laboratorio di Neuro- biologia, Stazione Zoologica, Villa Comunale, 80121 Napoli, Italy 126 G. Fiorito , C. Capuano e P. Bergamo Key words : Aplysia , Gastropoda, Opisthobranchia, Mollusca, Feeding behavior, Food preference, Metabolism, Evolution. Parole chiave: Aplysia , Gasteropodi, Opistobranchi, Molluschi, Comportamento alimentare, Preferenze alimentari. Metabolismo, Evoluzione. Introduction The feeding behavior of Aplysias may be considered their most com- plex and interesting one, given thè importance of food in thè life history of sea hares (Kandel, 1979). The Aplysia is an herbivore, eating great quanti- ties of seaweed (Eales 1921; Carefoot, 1967 a, b, c; 1970; Kupfermann and Carew, 1974). It has been proposed (Garstang, 1890; Eales, 1921) that Aplysia changes its seaweed diet at various stages of development. Thus Eales (1921) thought that immature A. punctata ate thè red alga Delesseria and mature animals ate green or brown alga. Ulva, Laminaria or Fucus. This opinion was based on thè assumption that sub-littoral and litto- ral life represented different stages in thè migratory life cycle of an indivi¬ duai and that as different algae grew in different environments, feeding patterns changed. But thè Findings about animai migration (Miller, 1960; 1962; Carefoot, 1967 a, b) and about laboratory diet (Kriegstein et al., 1974) indicate that Aplysias need not change their diet, but can feed upon thè same seaweed species throughout their life. Sea hares are in generai considered as prey-species specific so that w e must expect that different species of Aplysia eat on different species of algae. Our study is relative to thè Mediterranean species of Aplysia (Gastro¬ poda: Opisthobranchia) which, according to Bebbington (1970; 1975), are: A. punctata, A. parvula, A. fasciata, A. depilans, A. juliana. In partiucular w e will present some preliminary data concemig food-preference and its metabolic utilization, that may be used in evolutionary argumentation about genus history. A version of thè present paper was presented, as an orai communication only, at thè Third International Congress on Systemat- ic and Evolutionary Biology (Capuano et al., 1985). Materiales and methods Table I lists thè species studied and thè number of individuals observed in each. Specimens of A. punctata, A. fasciata, A. depilans and A. juliana were collected from sublittoral populations in thè Bay of Naples. Preliminary Notes on Feeding Behavior, ecc. 127 TABLE I Mediterranean species of Aplysia (Bebbington, 1970; 1975) studied. Sistematic key is fournished according to Bebbington (1970). Sizes are expressed as mi of volume (see methods section), in boldface are reported median value, ranges between bra- kets. Species N specimens Size subgenus Pruvotaplysia Aplysia parvula - - Aplysia punctata 12 10.8 (6-14) subgenus Varria Aplysia fasciata 15 230.5 (170-350) subgenus Aplysia Aplysia depilans 12 224.7 (140-325) Aplysia juliana 8 185.0 (129-290) We have not considered, in thè present paper, data from thè literature (Funk, 1927; 1955) and from our observations, about thè predominant covering algae in thè habitat where Aplysias were collected. All experi- ments were made in laboratory at thè field sea-water temperature ranging, during thè period of thè study (Dee., 1984 July, 1985), from 15 °C to 25 °C. The weight of each animai was determined by thè volume of seawater dis- placed by soaking thè animai in a graduate cylinder. Each animai was kept in a running sea-water glass-tank (77 1 capacity) and fed daily. We ran two different experiments during which all animals were kept under a light- dark cycle. In thè fìrst experiment thè diet given was according to thè sequence shown in table II. Each animai received every 24 hours a type of food in thè total amount of 1/5 of its body weight. Faeces and uneaten algae were daily removed from thè tank and weighed, before any other food was administered. At thè end of this experiment we collected thè batches of eggs produced by each animai. Each egg batch was analyzed to determine fundamental colors present in thè generai pigmentation. We considered for this determination thè threechromatic theory (Wyszecki and Stiles, 1967) identifying percentages of fundamental colors (cyan: 128 G. Fiorito, C. Capuano e P. Bergamo TABLE II Sequence of algae species given as food in both experiments to thè different spe- cimens of Aplysia. Algae species Algae types Ulva lactuca green Gracilaria verrucosa red Gracilaria dura red Gracilaria armata red Gigartina fedii red Pterocladia capillacea red Enteromorpha intestinalis green Codium dichotomum green Cladophora sp. green Gelidium crinale red Bryopsis piumosa green blue, magenta: red, yellow). For this goal we used a scientifìc color-catalo- gue (Douglas- Scotti, 1969). In thè second experiment we utilized three animals of each species, individually kept in large mesh bags and placed in «Secca della Gajola», a locality in thè sub-littoral zone of thè Bay of Naples, at about 5 m of depth and at 30 m from thè reef. Each animai receveis for consecutive four days different amounts (1/15, 1/10, 1/5 and 1 time body weight) of thè same species of algae. We gave thè same sequence of food as in thè First experi¬ ment. At thè end of a single cycle, animals were not fed for two days. This was done in order to try and avoid a metabolic overlapping of food pig- ments eventually utilized for eggs pigmentation. Results The results of thè two experiments done are shown in table III and presented in Fig. 1. Percentages of food eaten were computed taking into account amount (in gr) of food given minus thè amount of «wastes» Preliminary Notes on Feeding Behavior, ecc. 129 removed (by «wastes» we mean: food left over + faeces) and dividing it by grams of food given. It is interesting to note that during thè second experi- ment, thè animals showed thè same preference revealed in thè previous test. TABLE III Percentages of food eaten by all specimens of thè different Aplysia species tested. Algae given Aplysia species depilans fasciata juliana punctata Ulva lactuca 73.75 66.25 7.14 67.50 Gracilaria verrucosa 2.50 7.50 1.42 79.80 Gradi ari a dura 23.75 26.26 0.00 63.35 Gracilaria armata 2.50 20.00 0.00 54.50 Gigartina tedii 7.50 52.50 0.00 100.00 Pterocladia capillacea 0.00 7.50 2.85 0.00 Enteromorpha intestinalis 100.00 100.00 100.00 100.00 Codium dichotomum 6.25 50.00 0.00 0.00 Cladophora sp. 47.50 70.00 60.00 35.90 Gelidium crinale 0.00 17.50 17.14 27.09 Bryopsis piumosa 50.00 10.000 77.00 100.00 Data presented here are relative to all thè specimens considered for each species. Data regarding food preference seem to agree with thè strict relation- ship between food preferred and adult individuals of a species, as already studied (Frings & Frings, 1965; Preston & Lee, 1973; Kandel, 1979). In particular, almost all species showed a great preference for Entero- morpha intestinalis. We can note, however, a large variety of algae eaten 130 G. Fiorito, C. Capuano e P. Bergamo for A. panciata that ate significantly 8 out of 11 species of seaweeds tested. On thè contrary, a specific preference was shown by A.juliana that ate sig¬ nificantly only 3 species of algae ( Enteromorpha intestinalis, Cladophora sp., Bryopsis piumosa). These last data appear to be in disagreement with Frings & Frings (1965) who refer that this species eat only Ulva lactuca. Percentages of food eaten A. depilans 100 □ 90 A. fasciata 1 7771 80 A. juliana 70 ixxa 60 A punctata 50 40 30 20 10 Percentages U.l. Sr v. 6r.d. 6r.a. Gig.t. Pt.c. En.i. Co.d. Cl. Gel.c. Br.p. Species of algae given Fig. 1. - Percentages of food eaten. Algae names are thè same shown in thè table IL with thè same order. In this preliminary phase of our study w e have considered also Aply- sia's radular structure (fig. 2). In particular, this analysis suggested a dose relationship between radular structure and Aplysia species. In a future experiment w e intend to test thè relationship between thè structural com- position of algal tissues eaten, in terms of tissue consistency, and radular morphology. Data regarding eggs pigmentation are presented in table IV. In particu¬ lar, there seems to exist another relationship with food eaten. In fact, as indicated in table V, eggs pigmentation was often very closely related to Fig. 2. - Scanning electron photographies (156 x) illustrating thè rachidians teeth of thè four Aplysia species studied. The species determination is in agreement with Eales (1960). 1: Aplysia punctata , 2: Aplysia fasciata , 3: Aplysia depilans and 4: Alysia juliana. 132 G. Fiorito, C. Capuano e P. Bergamo TABELLA IV Coiour of eggs produced by all individuals of each species after thè complete firts experiment diet. (Y = yellow tonality, C = cyan tonality, M = magenta tonality). See methods section for explanation. Species Eggs pigmentstion Coiour components % Y % c % M Aplysia depilans light cinnabar 20 10 40 Aplysia fasciata dark sepia 100 60 70 Aplysia juliana light cinnabar 20 10 40 Aplysia punctata burned ochre 40 0 20 thè food ingested. Eggs colors reported in table IV concern thè first experi¬ ment. During thè second one, w e can note that A. punctata after eating a green alga changes its eggs color from pink, that contains 100% of magenta (Douglas- Scotti, 1969), to light cannine, containing only 20% of magenta. On thè contrary, thè same species when eating a red alga changes eggs pig- mentation from lavender, containing 10% of cyan and 20% of magenta, to light mauve, that contains 10% of cyan and 40% of magenta. In thè same way w e can see from table V that all species of Aplysia tested show an evident change in thè eggs pigmentation when they are fed with a different diet. CONCLUSIONS While these data about thè food-preference of thè Mediterranean spe¬ cies of Aplysiids are not conclusive, w e can read them in thè frame of gen¬ erai evolutionary considerations. Food-preference data, just shown, suggest, in generai, that during thè evolution of thè genus we can note a greater specialization, i.e. restriction, in thè algae utilized as food. In fact, as indicated by Eales (1960) thè spe¬ cies resembling Pruvotaplysia subgenus. (A. parvu/a and A. punctata ) are thè earliest in thè genus story itself. In fact a primitive position in thè phy- logenetic scale can justify an incomplete specialization in thè feeding pre- ference by these animals. Preliminary Notes on Feeding Behavior, ecc. 133 TABLE V Variation of thè eggs pigmentation during thè second experiment. Food given was: (1) Ulva lactuca; (2) Gradi aria dura; (3) Gigartina tedii; (4) Enteromorpha intestina- lis; (5) Gelidium crinale; (6) Gradi aria verrucosa. Tonalities are indicate s as percen- tages (Y = yellow, C = cyan, M = magenta). For explanation see methods section. Food Pigmentation and tonalities from to Aplysia depilans (1) Burned ochre ■f Burned ochre 40Y+20M 40Y+20M (2) Light carmine ■f Light carmine 20M 20M Aplysia fasciata (1) Dark sepia ■f Light olive 100Y+60C+70M 70Y+30C+10M (3) Terra di Siena t- Van Dyck brown 30Y+10C+50M 90Y+80C+70M Aplysia juliana (4) Light carmine Burned ochre 20M 40Y+20M (5) Light cinnabar ■f Light cinnabar 20Y+10C+40M 20Y+10C+40M Aplysia punctata (1) Pink Light carmine 100M 20M (6) Lavender ■f Light mauve 10C+20M 10C+40M The major interest of our present data lies in their being related to thè metabolic utilization of food eaten. First of all w e must keep in mind responses evidenced by eggs pigmentation. Moreover our attention may be given to thè skin color and to ink production. With regards to skin color w e know that, after metamorphosis, young Aplysias eat macro-algae and change their color from flesh-brown to reddish, which later develops into mottled brown, according to thè diet (Kriegstein et al., 1974; Switzer- Dunlap, 1978). As to inking behavior, we must consider thè metabolic origin of this pigment as already indicated (Fiorito et al., in print). In particular, ink pro¬ duction is related to thè diet given to different species (Fiorito et al., in print; Capuano et al., 1985). In fact, A. punctata and A. fasciata, that nor- 134 G. Fiorito, C. Capuano e P. Bergamo mally produce purple ink, after two weeks for A. punctata and four weeks for A. fasciata , of Ulva lactuca diet, did not secrete ink even when strongly stimulated. On thè contrary, specimens of A. depilans fed for six weeks with Ulva, never stopped thè white normal ink secretion (Tobach, personal communication; Fiorito et al., in print; Capuano et al., 1985). Algae, as we said above, are very important elements for all life his- tory of thè sea hares (Switzer-Dunlap, 1978). After hatching, veligers have a planktonic phase during which they behave as filter-feeding larvae eating phyto-plankton. Al thè end of this period, thè larvae of each Aplysiid spe- cies settle and metamorphose preferentially on one or a few species on benthic algae (table VI). Metamorphosis takes two to four days (Switzer- Dunlap, 1978; Kriegstein et al., 1974) and transforms thè pelagic Filter- feeding larva into a crawling radular-feeding juvenile. Young juveniles commence feeding on algae, in generai thè same algae where they meta¬ morphose (Kandel, 1979; Kriegstein et al., 1974; Switzer-Dunlap, 1978). At thè end of thè metamorphosis, and during thè adult life, Aplysias will eat on macro-algae. Food is, in other words, important for skin, ink and egg pigmentation and, in generai, for defence as indicated by Chapman & Fox (1969) and by Stallard & Faulkner (1974) and Ambrose et al. (1979). TABLE VI Preferred algal settling substrata for Aplysiids veligers (Switzer-Dunlap, 1978; Otsuka et al 1981). Species Algal substratum Algae types Aplysia brasiliana Callithamnion hallie red Aplysia cal {fornica Laureaci a pacifica red Aplysia dactylomela Laurencia sp. red Aplysia juliana Ulva fasciata green Ulva reticulata green Aplysia parvula Chondrococcus hornemanni red Aplysia punctata Lomentaria sp. red Dolabella aurico/ata Unidentified blue-green Stylocheilus longicauda Lyngbya maiuscola blue-green Preliminary Notes on Feeding Behavior, ecc. 135 About food-type utilization, as indicated by Krebs (1978), we should consider that any prey-item eaten by a predator has a cost in terms of thè time taken to subdue and eat thè item itself, and a benefit in terms of its net food value. While it is easy to see that an optimal predator should pref- er thè most profìtable prey, it is less obvious to what extent it should also include less profìtable items in its diet (Krebs, 1978). The algae that we tested with Aplysias have a different frequency in thè area where thè sea hares eat (Funk, 1927; 1955). However, there is no appreciable difference in time distribution for algae eaten. This probably means that Aplysia must spend some effort in searching its optimal food and this is not only in rela- tionship to thè growth or of nutritional factors, but, as suggested by skin pigmentation, ink production and eggs pigmentation, also in relationship to other behavioral and biological factors. We must also remember that most of thè distastefulness of Aplysia tissue is due to thè diet (Ambrose et al., 1979). In fact, animals concentrate in their tissues some bromide-com- pounds, normally contained in several types of algae (Chapman & Fox, 1969). These compounds are utilized in thè skin secretion and are also con- centrated in several bosy tissues (Fiorito et al, in print). All these, there- fore, belong to thè defence mechanism of these Molluscs ( Majorana , 1979). Now, thinking about thè fact that Aplysias have no known predators when they live as adults, we can suggest they spend some energy in fìnding food during thè year, and moreover thè dose food-preference shown by these animals, may related to thè fact that feeding behavior has played a « pro¬ moter» role in thè evolution of this genus avoiding interspecies competi- tion thus allowing thè radiation of thè genus itself. LITERATURE CITED Ambrose H. W., Gevins R. P., Chen R. & Ambrose K. P., 1979 - « Distastelfuness as a defence mechanism in “ Aplysia brasiliana” », Mar. Behav. 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Presso la sua scuola privata di fìsica e filosofia, a Napoli, aveva fatto costruire diversi strumenti di sua invenzione per la dimostrazione dell’induzione elettromagnetica. Fin dal 1839 infatti si era inserito tra gli sperimentatori-inventori europei che, dopo il lavoro di Oersted e la successiva scoperta dell’induzione elettromagnetica di Faraday del 1831, si davano alla costruzione di varie macchine elettriche. Per questa sua attività Palmieri ottenne anche la medaglia d’oro dell’Accademia delle Scienze di Lisbona nel 1855. Per condurre le sue esperienze chiese ed ottenne di lavorare all’Osservatorio Vesuviano, di cui divenne poi direttore. Ed è qui che, durante il 1855, intuì che sarebbe stato utile un sismografo che avesse registrato tutte le scosse sismiche che accompagnavano l’attività eruttiva del Vesuvio. Egli infatti, fin dallo studio del terre¬ moto del Vulture del 1851 (Palmieri L., Scacchi A., 1852) comprese che, come accade per un forte terremoto, anche una forte eruzione doveva essere preceduta e accompagnata da molte scosse sismiche parte delle quali non avvertibili dalla popo¬ lazione, ma che uno strumento sufficientemente sensibile avrebbe potuto registrare. Progettò in tal modo il suo sismografo elettromagnetico, il primo sismografo capace di registrare terremoti strumentali, cioè non avvertiti dalle persone, e lo installò all’Osservatorio nel 1856. Poco dopo ne fece costruire un altro per l’Istituto di Fisica Terrestre dell’Università di Napoli, per il confronto delle registrazioni. Al suo sismografo Palmieri ottenne le registrazioni relative alle successive crisi eruttive vesuviane. Egli ne fece costruire di due tipi, uno, più grande, detto da sta¬ zione, ed uno più piccolo, da campagna, che poteva essere trasportato a dorso di mulo nelle zone colpite da forti terremoti per registrarne le repliche. Quando, nel 1868, il Giappone compì la sua rivoluzione con la parola d’ordine scienza occidentale ed etica orientale, il simografo di Palmieri fu acquistato per l’Os¬ servatorio di Tokyo dove funzionò per circa 10 anni con ottimi risultati, a partire dal 1875, prima ancora del sismografo di John Milne. Dalle registrazioni del suo sismografo egli comprese alcuni concetti fondamen¬ tali della Sismologia: - che i terremoti sono importanti precursori delle eruzioni vulcaniche; (*) Lavoro eseguito con il contributo finanziario dell’Osservatorio Vesuviano. (**) Osservatorio Vesuviano, 80056 Ercolano (Napoli). 140 Antonio Nazzaro e Bruno Tramma - che terremoti più leggeri possono precedere scosse molto più forti; - che le eruzioni sono accompagnate da tremore sismico continuo; - che le strutture vulcaniche attutiscono la propagazione delle onde sismiche che le attraversano. Egli si rese anche conto, infine, sia della necessità delle reti sismiche che delfimportanza della registrazione delle repliche dei forti terremoti. Pensava infatti che, con i dati ottenuti da sismografi opportunamente ubicati nell’area epicentrale, si sarebbero potute dare utili informazioni alle popolazioni colpite dal sisma. Summaty. - Luigi Palmieri (Faicchio 1807 - Napoli 1896) was a eie ver and ingenious physicist. He had several instruments made in his private school of phy- sics and philosophy in Naples which he had designed to demonstrate electromagne- tic induction. Since 1839, in fact, he had been among those European experimentors and inventors who had devoted themselves to thè construction of various electric machi- nes after Oersted’s work and thè discovery of electromagnetic induction due to Fara¬ day in 1831. As a result of this scientific activity Palmieri was also awarded a gold medal by thè Science Academy of Lisbon in 1855. In order to carry out his experiments, he successfully asked for permission to work at thè Vesuvius Observatory, of which he was later to become director. During thè eruption of may 1855 Palmieri realized that a seismograph capable of recording all thè shocks associated with an eruption would be of much use. As a matter of fact since his study on Vulture earthquake in 1851, he had realized that precisely as happens with violent earthquake, a violent eruption was necessarily associated with a great deal of shocks which people could not feel but which could be recorded by a rather sensitive instrument. Thus he designed his electromagnetic seismograph, thè fìrst capable of recording instrumentai earthquake. Palmieri set up his seismograph in thè Observatory in 1856 and, shorter after that he had another one made for thè Institute of Earth Physics at thè Naples University in order to compare thè recordings. When Japan revolted against thè Middle Ages with thè watch-word western Science, eastern ethics, Palmieri seismograph was bought by Tokyo Observatory, where it worked with eccellent results for about ten years before Milne’s new seismograph. Palmieri’s seismograph worked at Vesuvius Observatory since 1856 and recordings bore witness to all subsequent eruptions. He had two types of seismograph made: thè bigger one was fit for a station while thè other one, a field seismograph, once closed, changed into two boxes, which could be carried on mule-back to areas devastated by and earthquake for thè purpose of recording aftershocks. By means of recordings made by his seismograph Palmieri was able to under- stand some basic seismological concepts: a) earthquakes are important warning signs of volcanic eruption; b) less violent earthquakes may precede much more violent shocks; c) eruptions are associated with continuous tremors; d) volcanic structures attenuate thè propagation of transverse seismic waves; e) people in areas hit by and earthquake can get useful information from a survey of aftershocks. Il sismografo di Luigi Palmieri 141 1. - Inizio dello studio e della sorveglianza della attività eruttiva del Vesuvio Con il sismografo di Palmieri, in funzione presso l’Osservatorio Vesu¬ viano fin dal 1856, inizia lo studio strumentale e sistematico dell’attività del Vesuvio. La fondazione dell’Osservatorio, che segnò l’inizio della sorveglianza per così dire istituzionale del vulcano, realizzò gli obiettivi di vecchie esi¬ genze espresse varie volte da tutti coloro che si occuparono di studiare il Vesuvio a cominciare dal XVII secolo. Infatti è con l’eruzione del 1631 che il Vesuvio entra nella storia moderna. Il ricordo delle sue passate eruzioni era sbiadito nella memoria, molto labile in casi del genere, ma ecco che inaspettatamente avvenne quel¬ l’evento catastrofico che uccise almeno il 13% degli abitanti dei paesi circo¬ stanti e colpì in modo tragico e repentino l’assetto socioeconomico della regione vesuviana. Il vulcano fu quindi da allora percepito come una pre¬ senza naturale attiva e si comprese con angoscia che poteva interagire in modo rapido ed inaspettato con gli equilibri antropici esistenti. Da allora si svilupparono e diffusero ben presto gli studi e le ricerche sulle eruzioni del Vesuvio ed i fenomeni eruttivi osservati venivano indagati ed interpretati mediante i paradigmi allora in voga nelle Scienze della Terra. Era sentita l’esigenza di seguirne costantemente l’attività descrivendola in libri spesso commissionati da chi aveva a vari livelli responsabilità e ruoli civili e poli¬ tici. Questi lavori sono spesso dei veri e propri diari dell’attività vulcanica e riportano i risultati di osservazioni scrupolose e più o meno continue. Un intervento esemplare che indica chiaramente quanto fosse sentita a livello istituzionale l’esigenza di conoscere l’attività vesuviana e le sue con¬ seguenze, è costituito dall’incarico dato all’Accademia delle Scienze di Napoli, nella persona di Francesco Serao, professore dell’Università e medico di corte, di fare un resoconto dell’eruzione del 1737: basti pensare che addirittura Serao non firmò l’opera, molto importante e tradotta allora in varie lingue. È quindi l’Autorità che in questo caso, attraverso l’orga¬ nismo scientifico più idoneo, richiede uno studio esauriente sul Vesuvio e la sua eruzione anche allo scopo di assumere appropriate decisioni per quan¬ to riguarda il settore proprio della protezione dei cittadini. Merita anche di segnalare l’impegno e l’insistenza con cui Teodoro Monticelli (Brindisi 1759 - Pozzuoli 1845), non solo come vulcanologo ma anche come Segreta¬ rio perpetuo della Reale Accademia delle Scienze di Napoli, parlava della necessità di costruire un Osservatorio sul Vesuvio. Si vede quindi che tale esigenza era individuabile già nel ’700 fino ai primi decenni dell’800. 142 Antonio Nazzaro e Bruno Tramma Quando poi l’Osservatorio Vesuviano fu inaugurato nel 1 845, il suo primo direttore, il noto fìsico Macedonio Melloni che Ferdinando II di Borbone con grande disponibilità aveva tolto dall’esilio politico parigino, disse nel suo discorso «In un secolo in cui l’uomo intende così vittoriosamente strappare- dal seno della natura i suoi più riposti ed intimi segreti era della più grande ed urgente importanza l’erezione di un Osservatorio deputato particolarmente allo studio attuale e pratico della Meteorologia e della Fisica Terrestre ». Il primo però a poter iniziare e condurre tale programma fu Luigi Pal¬ mieri, una figura di intellettuale che operava attivamente nella Napoli bor¬ bonica, professore di logica e metafìsica nell’Università e titolare di una prestigiosa scuola privata di matematica, filosofìa e fìsica. L’importanza di Palmieri consiste nel fatto di avere iniziato in modo sistematico lo studio dell’attività vulcanica servendosi di strumenti, alcuni dei quali, come V elet¬ trometro bifilare ed il sismografo elettromagnetico , di sua invenzione. Osservazioni continue e scrupolose furono successivamente fatte anche da Giuseppe Mercalli, l’abate milanese (Milano 1850 - Napoli 1914), noto per la sua scala d’intensità dei terremoti, che fu anche direttore dell’Osservatorio Vesuviano dal 1911 al 1914 dove, tra l’altro, organizzò un museo vulcanologico. Più recentemente il vecchio edifìcio dell’Osservato¬ rio, mèta tradizionale di visite scolastiche, è stato danneggiato dal terre¬ moto di S. Clemente (cioè del 23 novembre 1980). Con i successivi lavori di riparazione si è cercato di operare un recupero di grande valore storico, valorizzando strutture funzionali tipiche di un museo. Si tratta infatti del primo Osservatorio vulcanologico del mondo e la sua ultrasecolare attività è testimoniata da materiali che costituiscono un vero e proprio museo di scienze della Terra, indispensabile riferimento per la storia della Scienza in generale e la storia della Vulcanologia e della Sismologia in particolare. Questo lavoro si propone di fornire una documentazione sul sismo¬ grafo inventato dal Palmieri, parte integrante del museo dell’Osservatorio Vesuviano, che viene qui descritto cercando di illustrare i risultati di grande interesse scientifico che egli seppe ottenere dal suo uso. Il sismo¬ grafo è stato recentemente restaurato e rimesso in grado di funzionare presso l’Osservatorio; esso è stato esposto in occasione di una mostra tenu¬ tasi nel 1984 a Villa Maiuri ad Ercolano. 2. - Luigi Palmieri e il suo sismografo Palmieri era nato a Faicchio nel 1807, fondò una scuola privata a Napoli nel 1832, nel 1847 fu designato alla cattedra di Logica e Metafìsica Il sismografo di Luigi Palmieri 143 all’Università di Napoli, nel 1860 fu poi destinato alla cattedra di Fisica Terrestre. Nel 1855 fu fatto direttore dell’Osservatorio Vesuviano, ne fondò e pubblicò fno al 1874 gli Annali e tenne con continuità registri giornalieri di osservazioni meteorologiche, sismiche e dello stato del vulcano. Per i suoi meriti scientifici e civili fu nominato senatore del regno ed ebbe numerose onoreficenze e riconoscimenti italiani e stranieri; morì nel 1896 a Napoli. Egli, presso la sua scuola privata, aveva fatto costruire da Giovanni Bandieri diversi strumenti di sua invenzione per la dimostrazione dell’in¬ duzione elettromagnetica. Fin dal 1839 infatti entrava nel novero degli spe¬ rimentatori-inventori europei che, dopo il lavoro di Oersted e la scoperta dell’induzione elettromagnetica del Faraday nel 1831, si dedicavano alla costruzione di varie macchine elettriche ( macchine megnetoelettriche e generatori elettromagnetici di corrente). Altri strumenti Palmieri costruì per lo studio della elettricità atmosferica, avendo per questo l’encomio di Fara¬ day e la medaglia d’oro dell’Accademia delle Scienze di Lisbona nel 1855. Si può comprendere quindi come giunse ad ideare il suo sismografo elettromagnetico (fig. 1) mentre seguiva dall’Osservatorio Vesuviano l’atti¬ vità del Vesuvio. Era il 1855 ed egli era ormai di casa all’Osservatorio già da tre anni, quando, al ritorno da Melfi, dove si era recato con Arcangelo Scacchi per studiare il terremoto del Vulture del 1851 (Palmieri, Scacchi, 1852), gli fu permesso di utilizzarlo per compiere i suoi esperimenti sulla elettricità atmosferica. Durante l’eruzione del maggio di quell’anno vi fece anche gli onori di casa accogliendo e guidando il re, Ferdinando II di Borbone, che si era recato al Vesuvio per ammirare il tremendo ma suggestivo spettacolo della colata di lava che scorreva nel Fosso della Vetrana, a 700 metri d’al¬ tezza sul versante occidentale del vulcano. Ecco con quali parole egli annunziò la sua invenzione: « né mesi di ottobre e novembre 1855 io avvertii alcune piccole scosse di terremoto le quali passavano inosservate per chiunque non si trovasse fermo... quindi vidi la necessità di uno strumento che di per se stesso registrasse quelle piccole commozioni del suolo. Allora io immaginai il mio sismografo elettromagne¬ tico » (Palmieri, 1859). Già da tempo esistevano sismoscopi e dispositivi di vario tipo capaci di mettere in evidenza i terremoti, in particolare quelli di Nicola Cirillo (1731), di Ascanio Filomarino (1796) e del Cacciatore (1818). Ma Palmieri pensò che, utilizzando la corrente elettrica, poteva ottenere uno strumento dalla sensbilità enormemente superiore, con la conseguente possibilità di registrare scosse di terremoto molto più deboli di quelle evidenziate dagli 144 Antonio Nazzaro e Bruno Tramma Fig. 1. - Il sismografo di Luigi Palmieri. A sinistra si vede l’apparato dei sensori e a destra la parte registratrice. Il sismografo di Luigi Palmieri 145 apparecchi già noti, e che egli giustamente riteneva particolarmente signifi¬ cative per comprendere meglio i fenomeni eruttivi e sismici. Dice infatti: « il sismografo elettromagnetico è ordinato a rendere palesi i più piccoli moti del suolo registrandoli sulla carta ed indicandone la direzione, la intensità e la durata » (Palmieri, 1859) e altrove: « questo strumento registra le più pic¬ cole scosse di terremoto con Fora precisa del loro avvenimento, indicandone la natura, la forza e la durata » (Palmieri, lettera a De ville, fig. 2). Il sismografo (fìg. 1) cominciò a funzionare all’Osservatorio Vesuviano dal 1856 e, oltre alle scosse vesuviane, registrava anche forti terremoti regionali come quello della valle del Diano del 16 dicembre 1857: «... ora il 16 dicembre avvenne la prima catastrofe del grande tremuoto di Basilicata; tornato il 23 da Messina trovai segnata quella prima scossa... rimesso in ordine il sismografo, questo segnò frequenti scosse alcune delle quali, ed erano le più deboli, corrispondevano con quelle che ancora scuotevano il suolo in Basilicata: ma molte che erano le più gagliarde si doveano dire puramente locali » (Palmieri, 1859). Esso era costituito da due apparati: il primo (fig. 3) comprendeva tutti i sensori atti a rilevare i movimenti del suolo, sia secondo la componente verticale (i cosiddetti moti sussultori ), che secondo la componente orizzon¬ tale (quelli che allora erano detti moti ondulatori ), e a trasformarli in impulsi elettrici. Il secondo apparato (fig. 4) costituiva la parte registratrice del sismo¬ grafo e comprendeva due elettrocalamite (ej ed e2) di cui una riceveva gli impulsi elettrici inviati da uno dei rilevatori di impulsi verticali, mentre l’altra riceveva gli impulsi dei rilevatori delle componenti orizzontali del terremoto. Ciascuna delle due elettrocalamite azionava una leva alla cui estremità era applicata una matita, una rossa (r) e una nera (n), in modo da avere tracciati di diverso colore a seconda della natura delle oscillazioni: cioè la matita rossa registrava la componente verticale e quella nera la componente orizzontale del terremoto (fig. 5). L’apparato registratore comprendeva inoltre due orologi (A e B) azio¬ nati indifferentemente da una delle due elettrocalamite. Quando avveniva un terremoto, la leva 1, comandata da una delle elettrocalamite, bloccava l’orologio A azionandone la suoneria e nello stesso tempo metteva in moto l’orologio B liberandone il pendolo. In tal modo l’orologio A, dotato di calendario e di battito del mezzo secondo, indicava l’ora esatta in cui era avvenuto il terremoto; l’orologio B invece, facendo scorrere a velocità nota la striscia di carta (z) su cui poggiavano le due matite, permetteva la regi¬ strazione anche di tutte le eventuali repliche, dando la possibilità di leg¬ gerne l’orario rispetto alla prima scossa e la durata. 146 Antonio Nazzaro e Bruno Tram ma eia con queste parole l’invenzione del sismografo: L’Osservatorio Vesuviano è uscito dall’abbandono in cui era quando vi abitaste voi. Si è fatta un’elegante torre meteorologica che comincia ad essere ornata di buoni strumenti. Vi ho collocato un sismografo elettromagnetico di mia invenzione del quale si parla nel 3° volume del trattato di elettricità di Mr de La Rive. Questo strumento registra le più piccole scosse di terremoto con l’ora precisa del loro avvenimento, indicandone la natura, la forza e la durata. Il sismografo di Luigi Palmieri 147 Ritornando alla prima parte del sismografo (fig. 3), notiamo che essa comprendeva i seguenti elementi rilevatori: 1) una molla elicoidale (mj) che terminava con una calamita nella parte inferiore posta a piccola distanza dalla limatura di ferro contenuta in una vaschetta sottostante. Al verificarsi del terremoto, la spirale iniziava ad oscillare, provocando sia l’attrazione della limatura di ferro da parte del magnete, sia lo spostamento dell’indice i sulla scala di lettura s (fìg. 6), ciò Fig. 3. - Sismografo di Palmieri: l’apparato sensore (vedere il testo per la spiega¬ zione delle lettere). In basso: sono rappresentate, viste dall’alto , la sfera in mezzo alle otto cannule a sinistra, e, a destra, il pozzetto di mercurio V con le vaschette di raccolta. 148 Antonio Nazzaro e Bruno Tramma permetteva di avere una misura indiretta della ampiezza del terremoto e quindi della sua intensità. 2) una seconda molla elicoidale (m2) che terminava con un piccolo cono di platino vicino alla superficie del mercurio contenuto in una vaschetta sottostante situata su di una colonnina di marmo. La componente Fig. 4. - Sismografo di Palmieri: il registratore (vedere il testo per la spiegazione delle lettere). verticale delle onde sismiche faceva oscillare la spirale, la punta del cono allora toccava il mercurio chiudendo ripetutamente un circuito elettrico che azionava fapparato registratore. La base della colonnina di marmo si trovava in una vaschetta circolare (V) colma di mercurio e bordata da pic¬ coli pozzetti equidistanti; le onde sismiche avrebbero fatto colmare solo alcuni contenitori, e non altri, il che forniva un chiaro indizio della dire¬ zione del sisma. 3) un altro dispositivo, per così dire «direzionale» (indicato con P), era costituito da una sfera metallica sospesa ad un filo d’acciaio che veniva a trovarsi al centro di otto cilindri di vetro posti a raggiera su di un piano Il sismografo di Luigi Palmieri 149 orizzontale e liberi di muoversi. Quando la sfera oscillava venivano spinti all’esterno solo i cannelli posti lungo la sua traiettoria. Oltre alla direzione questo dispositivo poteva evidentemente servire anche a valutare l’intensità del terremoto, in base all’entità dello spostamento dei cannelli stessi. Fig. 5. - Sismografo di Palmieri: particolare del registratore. Si possono notare le due coppie di bobine (una collegata ai sensori sussultori ed una collegata ai sensori ondulatori ) ciascuna azionante un braccio metallico alla fine del quale è inserita una matita che traccia il sismogramma sulla striscia di carta z (fig. 4). 150 Antonio Nazzaro e Bruno Tramma 4) Un altro apparato sensibile (R), più complesso dei precedenti, era costituito da quattro tubi ad «U» montati su due colonnine e orientati secondo i punti cardinali. Tutti questi tubi erano riempiti di mercurio ed in uno dei bracci di ciascuno di essi un filo di platino s’immergeva nel mercu¬ rio stesso. Nel braccio opposto di ciascun tubo un altro filo di platino, posto a piccola distanza dal mercurio, chiudeva ripetutamente il circuito elettrico di una delle due elettrocalamite dell’apparato registratore allorché un terremoto faceva oscillare il mercurio nei tubi. Anche questi tubi ad «U» possedevano un dispositivo collocato nella parte superiore che serviva Fig. 6. - Sismografo di Palmieri, apparato dei sensori: particolare. Si tratta del dispositivo destinato ad indicare l’ampiezza dell’oscillazione della molla e quindi l’intensità del terremoto. Da sinistra si vede la calamita cilindrica (alla base della quale si nota della limatura di ferro attaccata) con il dischetto superiore che spinge l’uncino dell’indice spostandolo sulla scala numerata (a destra). Il sismografo di Luigi Palmieri 151 a misurare l’intensità del terremoto. Sul menisco del mercurio infatti pog¬ giava un galleggiante (g) legato ad un filo di seta che, passando sopra una piccola carrucola (c), terminava con un contrappeso (p). Sull’asse di cia¬ scuna carrucola era montato un indice (i) che terminava su di una scala graduata a zero centrale. Il terremoto, facendo spostare il mercurio, provo¬ cava lo spostamento del galleggiante e quindi dell’indice della scala1. Ai tubi ad «U» quindi si potevano leggere l’ampiezza massima delle oscilla¬ zioni e quindi l’intensità del terremoto, e la direzione delle onde sismiche. È da notare che era possibile variare la sensibilità dello strumento variando la distanza tra i fili di platino ed il mercurio. Si può affermare a questo punto che Palmieri fu inventore di un si¬ smografo reso estremamente sensibile grazie alla trasmissione elettrica dei moti oscillatori dei sensori sismoscopici, che venivano registrati su di un apparato registratore completamente originale. 3. - Il sismografo di Palmieri e la Sismologia Palmieri fu molto contento del suo sismografo (« il sismografo elettro- magnetico ha superato le mie aspettative » (Palmieri, 1883) e altrove: «il più sensibile e il più compiuto che si conosca finora»). Pensò quindi di attuare un vero e proprio servizio di sorveglianza utilizzandolo in modo sistema¬ tico per controllare l’attività del vulcano: « la frequenza delle piccole scosse di terremoto in vicinanza del cono vesuviano mi fecero provare il bisogno di averne un registro con le indicazioni del tempo preciso in cui erano avvenute per vedere quale corrispondenza vi fosse tra gli scuotimenti del suolo e i feno¬ meni delle eruzioni» (Palmieri 1859). Sugli Annali dell’Osservatorio pub¬ blicò infatti il catalogo dei terremoti registrati fino a tutto il 1872. Al suo sismografo Palmieri segue, ad esempio, anche l’apertura delle bocche laterali che, a partire dal 1858, e per oltre due anni, avrebbero riversato sul Piano delle Ginestre e nel Fosso Grande sul versante occiden¬ tale del vulcano, grandi quantità di lava a corda. Ecco le sue parole: «Le cose procedettero così fino al giorno 24 del mese di maggio (1858) in cui vi fu una mediocre scossa di terremoto, la quale per due giorni fu preceduta da 1 II numero sulla scala di lettura sul quale si fermava l’indice veniva denotato dal Palmieri con la locuzione forza sospensiva. Ad esempio si legge nei suoi registri: 21 giugno 1870 - scossa ondolatorìa e susultoria ore 11 m 23 p.m., il mercurio versato nelli pozzetti 0, NO, spostati due cannelli in detta direzione, il ferro attaccato alla calamita, forza sospensiva 8 gradi. 152 Antonio Nazzaro e Bruno Tramma nuove detonazioni del monte, ma la mattina del 27 alle ore 4 e 17’ con una forte scossa di tremuoto ondulatorio da NE a SO si apre verso la metà del¬ l’altezza del cono vesuviano, dal lato di ponente e propriamente nella dire¬ zione del cono Coutrel, una piccola fenditura senza strepito e senza que’ sprazzi di materie incandescenti o fuse che sogliono accompagnare la forma¬ zione di nuove bocche, la lava dunque usciva tranquillamente da quell’aper¬ tura (Palmieri, 1862). Ebbe quindi modo di dimostrare « come le scosse abbiano sempre corri¬ sposto con l’attività del vulcano » (Palmieri, 1862). Lo studio del Vesuvio condotto con il suo sismografo (« fedele indicatore e misuratore dell’attività vulcanica , ibidem), lo portò a due importanti scoperte nel campo dell’in¬ dagine geofisica dei vulcani. Egli infatti per primo osservò il tremore armo¬ nico e l’attenuazione delle onde sismiche attraverso un vulcano. Dice infatti: « Può ritenersi come dimostrato che il suolo comincia ad agitarsi più o meno fortemente prima che scoppi un incendio, e non torna in quiete se questo non cessi... il segno distintivo dei moti del suolo precursori degli incendi è la con¬ tinuità» (Palmieri 1873) e, a proposito dell’eruzione del 1861, «il sismo¬ grafo elettromagnetico cominciò a indicare un fremito continuo» (Palmieri 1862). Fu ben nota a questo proposito l’abilità di Palmieri nell’interpretare tali «tremori continui» come premonitori di eruzioni. Quando poi nel 1864 un altro esemplare del suo sismografo fu messo in funzione a Napoli egli, dall’analisi comparata delle registrazioni ottenute in questa stazione ed all’Osservatorio, si rese conto, anche se non ne riuscì a spiegare il motivo in termini teoricamente corretti, che le onde sismiche venivano assorbite passando attraverso un vulcano: «È capitato parecchie volte che le scosse avvenute in Basilicata o Calabria si sono propagate fino a Napoli in modo da essere non solo registrate dal sismografo dell’Osservatorio dell’Università, ma essere generalmente avvertite, senza che il sismografo dell’Osservatorio del Vesuvio ne abbia minimamente risentito. Parecchi cre¬ dono che le grandi cavità sotterranee abbiano la capacità di attenuare le scosse... è forse questo, per caso, il motivo per cui il Vesuvio, così soggetto ad essere agitato dal fuoco che cova dentro di sé, è poco adatto a trasmettere le scosse provenienti da un centro lontano?» (Palmieri, 1883). Inoltre comprese fin dall’inizio l’importanza della registrazione dei ter¬ remoti sia per scopi scientifici che sociali. Sostenne la necessità di organiz¬ zare reti sismiche e costruì una versione portatile del suo sismografo allo scopo di registrare le repliche nella stessa area epicentrale e di dare le con¬ seguenti indicazioni alle popolazioni. Scriveva infatti « con questo strumento diffuso potrebbesi misurare la velocità di propagazione del tremuoto» (Pal¬ mieri 1859); e ancora: «Stimerei poi sommamente utile, che questo stru- Il sismografo di Luigi Palmieri 153 mento si propagasse nelle nostre province tanto soggette a terremoti, distri¬ buendolo nelle principali stazioni telegrafiche ... Anche la scienza ci guada¬ gnerebbe non poco, e sarebbe possibile misurare direttamente la velocità di propagazione delle onde sismiche » e ancora: (il sismografo portatile) « è destinato ad essere trasportato in qualsiasi paese si manifesti il terremoto, sia per farvi degli studi, sia per avere indicazioni utili alle popolazioni » (Pal¬ mieri 1883). Un’altra cosa di cui si rese conto fu la possibilità di impiegare il sismo¬ grafo per la previsione dei terremoti, infatti, fin da quando, in collabora¬ zione con Arcangelo Scacchi, studiò il terremoto del Vulture del 14 agosto 1851, egli notò che di solito i forti terremoti sono preceduti da scosse più deboli: « allorché una forte scossa deve appalesarsi in un dato luogo, il suolo antecedentemente vibra in modo che l’uomo non giunge ad avvedersene, ma se vi accostate il sismografo, voi vedete un moto sensibile » (Palmieri 1883) e ancora: « io son di credere che il sismografo collocato nella regione corrispon¬ dente al centro di un terremoto si debba comportare come quello prossimo ad un vulcano e, come quivi preannuncia i prossimi incendi, colà forse darebbe l’indizio di un grande terremoto mostrando le piccole agitazioni del suolo che precedono le grandi scosse (Palmieri 1873). Notare a questo proposito che il nostro, nonostante la sua fiducia nelle possibilità del sismografo, mostra di rendersi anche conto che non sempre a piccole o leggere scosse di terre¬ moto seguono terremoti disastrosi. 4. - Successo del sismografo di Palmieri Sarà infine opportuno dire ancora qualcosa sulla notorietà e sulla importanza del sismografo di Palmieri. Tale strumento (descritto tra l’altro nella nona edizione dell’Enciclopedia Britannica), fu richiesto dal Giap¬ pone, tramite l’Ammiragliato Britannico, per equipaggiare alcuni Osserva¬ tori che si andavano costituendo. Kikuchi infatti scrive nel 1904: « Con il sismografo di Palmieri iniziano sistematiche osservazioni sismiche in Giap¬ pone fin dal 1875, infatti in tale anno questo simografo fu collocato nell’Os¬ servatorio Meteorologico Centrale di Tokyo e le sue indicazioni furono ripor¬ tate nelle relative pubblicazioni». Il sismografo continuò ad essere usato fino al 1883, quando, pur continuando a funzionare, fu rimpiazzato dai più soddisfacenti sismografi di Gray-Milne. A questo proposito si riporta la let¬ tera che il ministro degli interni giapponese inviò al Palmieri per ringra¬ ziarlo dell’invio dei suoi strumenti (Fig. 7). John Phillips, inoltre, nel suo Vesuvius (Phillips, 1869), scrive: «/ buoni effetti seguiti allo stabilimento di Osservatori magnetici e sismometrici sulla 154 Antonio Nazzaro e Bruno Tramma montagna del Vesuvio e a Napoli, sotto la guida di Palmieri, devono essere menzionati con il più vivo elogio ». Anche Robert Mallet, l’autore della famosa opera sul grande terremoto campano-lucano del 1857, (R. Mallet, 1862), si esprimeva in termini più che lusinghieri: « È stato provato che questo strumento è sensibile alla maggior parte delle scosse che si verificano ; ^ 1 •I i N f 'in iti % -K W 've f •»1 r/-* -ir s ^ a & Ai n -A '*• ? P r w 7 * 7^ I ^ i ! ^ j v\ r : 7 jif ■#c Fc * 7 Sf 7 ff * m # 7r ;4 -7- ; >,’i SC- i \zy \JvJ 7 f 7 ff A * r 4 % fa # -r 7 $ jp- m 5X Ak ÀT -e 1 / A « .# v£J fa A ’) 'rjr I 7 ^ t A k / i vfe. -r ■A IJ A; 7 A Fig. 7. - Lettera inviata dal ministro degli interni giapponese al Palmieri nel 1877 per ringraziarlo di aver inviato in Giappone il suo sismografo. Il testo tra¬ dotto è il seguente: Al pregiatissimo Sig. Luigi Palmieri Professore di Scienze Fisiche dell’Università di Napoli Direttore dell’Osservatorio Sismologico di Napoli Il mio predecessore, avendo dato l’ordine al Sig. Me Bean, funzionario inglese del nostro Governo, di acquistare il sismografo da lei inventato e gli altri strumenti elettrici, lei si è benevolmente assunta l’incombenza di farne una revisione tecnica. Abbiamo così potuto far pervenire qui i suoi strumenti di grande precisione e di ottima qualità: ci sentiamo quindi profondamente grati della sua gentilezza. In segno del nostro sentimento di gratitudine, io, attuale ministro degli affari interni, le invio un Fukusa (fazzoletto di ceri¬ monia da tè, n.d.t.) intessuto con fili d’oro, prodotto tipico del nostro Paese, e la prego di accettare questo modesto dono sperando che sia di suo gradi¬ mento. Non avendo parole per esaurire i nostri sentimenti. Il giorno 28 dicembre del nono anno di Meiji. Toshimichi Okubo, Ministro degli affari interni. // sismografo di Luigi Palmieri 155 nel bacino del Mediterraneo » e ancora: « non cè alcun dubbio sulla estrema importanza per la scienza di aver collocato per un uso continuo uno stru¬ mento sismografico di costruzione ineccepibile all’Osservatorio Vesuviano ». (Mallet, 1873). Possiamo affermare infine, come considerazioni conclusive, che Pal¬ mieri comprese chiaramente che: a) la registrazione dei terremoti da parte di sismografi opportuna¬ mente distribuiti ( rete sismica) permette di calcolare la velocità delle onde sismiche e di indicare l’area epicentrale; b) la registrazione delle più piccole scosse permette di avere elementi predittivi circa la possibilità di forti terremoti futuri; c) la registrazione dei tremori ed oscillazioni vulcaniche permette di inferire la possibilità che avvenga un’eruzione. Possiamo inoltre ritenere che Palmieri sia stato il primo a registrare quello che molto più tardi sarebbe stato chiamato tremore armonico , e ad osservare l’attenuazione delle onde sismiche al passaggio attraverso un vulcano. Egli comprese anche l’importanza di una sorveglianza sismica conti¬ nua della attività vulcanica: a questo scopo istituì un registro delle scosse vesuviane. Comprese anche, grazie al suo sismografo, che il terremoto non è un evento isolato, ma che generalmente è preceduto e seguito da altre scosse, è quindi il primo ad enunciare la sequenza sismica scosse premoni¬ trici -scossa principale-rep li eh e. Ringraziamenti Siamo molto grati a Padre Graziano Matarazzo del convento di S. Pa¬ squale a Faicchio per averci messo cortesemente a disposizione documenti in suo possesso. Siamo anche grati al Prof. Kòji Nishimoto dell’Università di Tokyo per la traduzione della lettera della fig. 7. Le foto sono dovute ad Antonio Biasiucci che anche ringraziamo in modo particolare. 156 Antonio Nazzaro e Bruno Tramma BIBLIOGRAFIA Davison C. (1927) - The founders of seismology. Cambridge University Press, pp. 240. Dewey J., Byerly P. (1969) - The early history of seismometry. Bull. Seismol. Society of America. Voi. 59, n. 1, pp. 183-227. Kikuchi D. (1904) - Recent seismological investigations in Japan. Publications of thè earthquake Investigation Committee. 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Utilizzando le tecniche classiche di interpretazione sono stati stimati i parametri focali: - la sorgente sismica posta a circa 1 km di profondità ha un’estensione orizzon¬ tale di circa 2 km; - il coefficiente di attenuazione, y, ha un valore pari a 6,5; - i valori di magnitudo, calcolati con l’estensione orizzontale della sorgente, l’area di avvertibilità, l’intensità massima, sono compresi tra 4.2 e 5.5. Il valore più attendibile, risulta di 4.6. L’elevata intensità rilevata nell’area epicentrale (I0 = X grado MCS) per questo evento di magnitudo moderata è stata interpretata con la superficialità dell’ipo¬ centro. L’attività sismica è stata interpretata come effetto della dinamica del M. Epo- meo, anche in accordo con i dati geologici e di deformazione dell’isola. Il modello proposto è un laccolite in espansione al di sotto del M. Epomeo. È stato inoltre rilevato che le possibili aree sismogenetiche sono localizzate ai bordi del M. Epomeo, dove faglie e fratture sono state prodotte dalla risalita dell’«horst vulcano-tettonico» e riattivate da una ripresa del sollevamento del blocco del- l’Epomeo. La stasi di attività sismica dopo l’evento catastrofico del 28 luglio 1883 è stata associata ad un abbassamento del suolo. Summary. - A detailed analysis of thè effects of thè destructive earthquake of Casamicciola (Ischia Island S. I.) of July 28th 1883, was implemented using thè data of 70 sites, in order to obtain a source model seismic and informations on thè dyna¬ mics of Mt. Epomeo area. (*) Lavoro eseguito con il contributo deH’Osservatorio Vesuviano. (**) Osservatorio Vesuviano - 80056 Ercolano (Napoli). 158 Elena Cubellis Classical tecniques were utilized to estimate thè focal parameters: - a seismic source with a 2 km horizontal dimension placed at a depth of 1 km was obtained; - thè coeffìcient of thè attenuation, y, was estimated 6.5; - thè magnitude values, computed with different parameters (horizontal exten- sion of thè source, dimension of thè felt area, maximum intensity) are in thè range 4.2 -r- 5.5: thè most reliable value is 4.6. The high intensity observed in thè epicentral area (I0 = X degree MCS) for thè analysed earthquake which has a moderate magnitude was explained with thè shallow depth of thè source. The location of historical earthquake in thè island of Ischia was explained as due to thè dynamics of thè Mt. Epomeo, according to thè geology and vertical movements recorded in thè area, too. An increase of pressure in a laccolith under Mt. Epomeo, was proposed to explain seismicity and ground deformations. According to this model thè seismogenetic area is located at thè boundary of thè Mt. Epomeo, where faults and fractures were generated and reactivated by thè build up of thè « volcano-tectonic horst» of Mt. Epomeo. The lack of thè seismic activity, after thè catastrofic event of July 28th 1883, is explained as due to thè subsi- dence of thè soil related to thè deflation of thè magma source. Introduzione Nella valutazione del rischio connesso all’attività vulcanica, spesso è sottovalutato quello connesso alla sismicità. È ben noto che le strutture tet¬ toniche in aree vulcaniche possono essere riattivate sia per azione di un campo di stress regionale prodotto da movimenti di grossi blocchi, sia per un campo di stress generato da risalite di masse magmatiche o comunque da un incremento di pressione in sorgenti poco profonde. Lo studio della storia vulcanica di un’area e quello della dinamica attuale possono fornire elementi previsionali sul pericolo sismico e sull’at¬ tività eruttiva. Nelle aree di vulcanismo attivo spesso un sensibile incremento di sis¬ micità è seguito da attività eruttiva. Tuttavia in molti casi questa succes¬ sione non si registra, anche se è molto verosimile l’interpretazione che un incremento di sismicità sia prodotto da un intensificarsi della dinamica di masse magmatiche. Questa condizione può essersi verificata nell’isola d’Ischia nel secolo scorso quando si è osservato un sensibile incremento dell’attività sismica culminata con il terremoto del 28 luglio 1883. Obiettivo di questo lavoro è un’analisi della sismicità storica; in parti¬ colare sono stati analizzati gli effetti del terremoto del 28 luglio 1883 al fine di ottenere un modello della sorgente da inserire nel contesto dina¬ mico e strutturale più generale dell’isola d’Ischia. Il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883, ecc. 159 Terremoto del 28 luglio 1883 Il 28 luglio si verifica nell’isola (fischia un evento catastrofico con epi¬ centro Casamicciola: fu completamente distrutta la parte alta del paese, crolli e gravi danni si registrarono a Lacco Ameno e Forio; l’intera isola fu gravemente colpita, si contarono 2313 morti e 762 feriti su 26.100 abitanti. Il terremoto del 28 luglio che rappresenta l’apice di energia sismica liberata ad Ischia in tempi storici, fu avvertito anche a Napoli e a Procida. Nume¬ rose scosse seguirono l’evento principale: la più forte fu avvertita il 3 agosto e provocò nuovi danni ai fabbricati già colpiti. Trattandosi di un evento piuttosto recente, è stato possibile effettuare, utilizzando fonti bibliografiche, (particolare interesse hanno mostrato i lavori di: Johnston-Lavis, 1885; De Rossi, 1884; Mercalli, 1884; Pal¬ mieri et al., 1884; Florio, 1883; Guiscardi, 1885; Baldacci, 1883) una ricostruzione degli effetti macrosismici che ha consentito di valutare l’inten¬ sità del sisma per circa 70 località dell’isola mediante i criteri della scala MCS. L’individuazione di aree omogenee per intensità ha consentito di tracciare le isosiste relative all’evento (fig. 1) per una migliore visualizzazione degli effetti del terremoto e quindi della propagazione di energia ad esso connessa. Stima dei parametri focali Per la stima dei parametri focali si è ricorso al modello proposto da Shebalin (1972 a). Secondo questo modello le aree di intensità massima sono considerate come dominate dagli effetti di sorgente: una sorgente puntiforme in un mezzo omogeneo ed isotropo, crea un campo macrosis¬ mico descritto da un sistema di cerchi concentrici che viene definito «campo macrosismico normale». Rispetto a questo andamento è possibile individuare tre tipi di anomalie: 1) Ellitticità delle isosiste più distanti, derivante dalla eterogeneità della crosta e da variazioni laterali dell’attenuazione. 2) Ellitticità delle isosiste vicine, dovuta alla forma propria della sor¬ gente e quindi rispecchiante una sorgente non puntiforme. 3) Aree di elevata intensità distribuite simmetricamente e asimmetri¬ camente rispetto all’epicentro strumentale, in conseguenza di particolari condizioni locali del suolo. Estensione orizzontale della sorgente. Secondo il modello di She¬ balin, la forma delle prime isosiste riflette l’estensione orizzontale della Zaro 5 le superfici di rottura sono minori nelle aree vulcaniche rispetto a quelle delle aree tettoniche; non si può escludere che tale processo possa verificarsi anche per valori di magnitudo inferiori, fino a 3.3. I dati esaminati, tuttavia, hanno un valore massimo di magnitudo pari a 3.8 e pertanto le valutazioni fatte si basano su una legge estrapolata. Il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883, ecc. 169 TABELLA 1. - Parametri focali degli eventi sismici Evento f0(hz) fUcm-sec) M0(dine-cm) r(Km) Ao (bar) u(cm) E(erg) Stazione A (Km) M , 3.6 6*10'5 3.4*1021 0.6 6 3.7*1016 Matese 64 3.5 2 9 3*10'5 2.5*1018 0.1 0.8 0.2 2 .4* IO13 Solfatara 1.3 1.8 3 12.6 4* IO'6 8 . 7* 1 0 1 7 0.1 O.f 0.1 9 . 0* 1 0 1 2 Solfatara 3.8 1.6 4 16 5* IO'6 2 . 3* 1 0 1 7 0.06 0.4 0.05 1 .3*1 01 2 Solfatara 1.0 1.2 5 4 4* 1 0'5 6.3*1020 0.5 2.7 0.5 4.3*1015 Sorrento 33 3.0 - 3.5 2* 1 0'5 1 .6*1 021 0.6 2.8 0.5 8*1015 Trevi co 95 3.1 6 12 IO'6 1.6*1019 0.2 1.9 0.1 7.5*1013 Sorrento 32 2.1 7 3.5 6*10"5 3.4*1021 0.6 5.7 0.9 3 . 0* 1 0 1 6 Ma tese 65 3.4 » 4.2 6*1 0'5 IO21 0.4 5 0.8 1.3*1016 Sorrento 32 3.2 » 5 4*10'5 4.5*1020 0.3 3 1 .4 7*1 01 6 Oss.Vesuv. 21 3.1 8 4 9* 1 0"5 1 . 4* 1 02 1 0.5 6 , 2*1 016 Sorrento 31 3.3 9 2.5 6* 1 O-5 3.4*1021 0.9 2.1 0.5 1.3*1016 Matese 66 3.2 " 4 5* 1 0"5 8 . 2* 1 02° 0.5 3.6 0.6 7.3*1 01 5 Sorrento 33 3.1 10 5 4*1 0'6 3 . 3*1 020 0.4 1.6 0.2 9.6*1014 Trevi co 96 2.6 - 8.9 7*10"5 1 . 8* 1 0 1 9 0.1 6.3 1 1 .4* 1 0 1 5 Agnano 4.3 2.7 » 2.5 5* 1 0'5 3.4*1020 0.7 0.5 0.2 8 . 5*1 0 1 4 Oss.Vesuv. 23 2.6 11 2.2 -4 3*10 4.0* IO21 0.85 2.9 0.9 2 .9* 1 0 1 6 Sorrento 31 3.4 12 4 8* 1 0-5 1 . 3*1 021 0.5 5.5 0.9 1 .8* IO16 Sorrento 32 3.3 - 2 2 .6*1 0'5 1 . 7*1 021 0.8 1.3 0.7 IO16 Oss.Vesuv. 22 3.2 13 4 6*10'5 9* IO19 P-3 1.1 0.6 io15 Napol i 10 2.6 14 3.2 6*10'5 1 . 2* 1 020 0.4 0.7 0.2 5*1 01 4 Napoli 14 2.5 15 6.3 1.6*10'5 2 . 5*1 020 0.3 4.2 0.4 2.6*1015 Sorrento 31 2.9 16 3.5 8 . 5* 1 0~5 7*1021 0.6 12 2 1 . 5* 1 0 1 7 Trevico 96 3.8 ■ 3 1 .6* 1 0~5 9* 1 02 1 0.7 9.6 2 1 .6*1 01 7 Ma tese 66 3.8 17 2.8 io'4 9* IO21 0.8 7.7 1.6 1.2*1017 Trevico 95 3.7 18 2.8 7*1 O-5 4* 1 02 1 0.8 3.4 C.7 2.4*1016 Matese 65.1 3.4 19 2.8 IO'4 5 .6*1 021 0.8 4.8 1 5*1016 Ma tese 65 3.5 20 4 2* 1 0"4 21 1 .5*10* 0.42 8.9 3 7* 1 0 1 6 Oss.Vesuv. 25.3 3.6 » 2.6 io'4 21 8.6*10 0.86 5.9 1.3 9* 1 0 1 6 Trevico 99.3 3.7 21 4 3*10'5 2.5*1021 0.56 6.2 0.8 2.6*1016 Trevico 96 3.4 22 4 5*1 O-5 8*1020 0.47 3.4 0.6 6. 7*1 01 5 Sorrento 32 3.1 23 3 io'4 5 .6*1 021 0.74 6 1.2 5 .8* 1 0 1 6 Matese 65 3.6 Da queste considerazioni si deduce che nelle aree vulcaniche gli spo¬ stamenti relativi lungo le superfìci di faglia devono essere necessariamente maggiori, in quanto dalla relazione del momento sismico (Aki, 1966 a, b; Brune, 1968), M0 = p u A, sia p che A hanno valori inferiori a quelli delle aree tettonicamente attive. Questa condizione porta generalmente a valori più elevati dello stress-drop nelle aree vulcaniche. In conclusione nelle aree vulcaniche, a parità di magnitudo (e ovvia¬ mente di M0 ) si hanno movimenti più elevati e valori dello stress-drop più alti. Questo determina effetti più intensi in aree ristrette. Applicando la relazione (7) ai dati del terremoto di Casamicciola ( M = 4.6) si ottiene: S = 10 km2 170 Elena Cubellis Per una superfìcie circolare si ha: r = 1.8 km Se si considera attendibile il valore della dimensione orizzontale della faglia (2.5 km) ottenuta con il metodo di Shebalin, risulta un’estensione verticale compresa nel range 3 h- 6 km. Tuttavia i dati macrosismici mostrano una maggiore coerenza con il limite inferiore. Il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883, ecc. 171 Calcolo della magnitudo con /0. Dallo studio del campo macrosis¬ mico e dei parametri focali del terremoto del 28 luglio 1883, si evince che tale evento è stato caratterizzato da: 1) Bassa profondità focale 2) Bassi valori di magnitudo 3) Alti valori di intensità. Alcune relazioni che legano intensità e magnitudo, indicano alti valori di M. Per /0 = X si ha: M = 2/3 4 - 0.74 = 6.2 M = 0.48 4 + 1.4 = 6.2 M = 0.32 4 +2.45 = 5.6 M = 4 + h 2 5.5 per h = 1-2 km (Karnik, 1969) valida per l’Italia (Marcelli- Montecchi, 1962) valida per l’Italia meridionale (Karnik, 1969) valida per i Campi Flegrei per eventi con M > 3 (Luongo, comunicazione pers. 1985) È facile osservare come tali valori di magnitudo si discostano sensibil¬ mente da quelli calcolati in funzione di altri parametri. È probabile quindi, che l’alto valore di intensità sia da attribuire alla superficialità del fuoco e non tanto ad alti valori di energia liberata. È possibile verificare tale ipotesi osservando come la stessa sorgente, per una stessa magnitudo, localizzata a profondità crescenti, produrrebbe delle intensità sempre più basse. Dalla relazione: 4 = b M ~ y log h + c (Shebalin, 1972a) per b = 2 e c = 1.15 (calcolati per i Campi Flegrei) M = 4.6 e y = 6.5, per h crescente si ha: h (km) 4 1 10.3 2 8.4 3 7.2 3.5 6.8 4 6.5 172 Elena Cubellìs Questo dimostra come un evento caratterizzato da una bassa magni¬ tudo ma localizzato a livelli molto superficiali, possa produrre effetti rile¬ vanti generando alti valori di intensità. Ciò è quanto si presume sia acca¬ duto nell’isola d’Ischia relativamente al terremoto del 28 luglio 1883. Lo studio del campo macrosismico nel modo su esposto lascia aperti alcuni problemi. Generalmente le leggi empiriche per la determinazione dei parametri focali dall’analisi delle isosiste, non sono direttamente applicabili alle aree vulcaniche se non si modificano adeguatamente alcuni coefficienti che inter¬ vengono nelle leggi sperimentali. In particolare per l’evento del 28 luglio 1883, la complessità delle isosiste di massima intensità rende indeterminata la posizione della sorgente. Questa rimane indeterminata in quanto la stessa area di intensità massima potrebbe essere generata da due faglie distinte, di simile dimensione ma diversamente orientate. Questo comporta che alcuni punti all’interno dell’area di massima intensità possono essere considerati contemporaneamente sia come effetto della sorgente, se racchiusi nell’area ellittica, che come dovuti ad effetti locali se all’esterno. Le isosiste di grado minore hanno un andamento che si allontana dalla forma ellittica come invece previsto dal modello. Questo andamento irrego¬ lare è causato da un’attenuazione anomala secondo direzioni N-S e quindi bisogna invocare un «effetto locale» per giustificare questa variazione rispetto all’andamento atteso. È probabile che la tettonica abbia avuto un ruolo importante nella propagazione di energia sismica. Infatti il confronto del campo macrosismico con i principali lineamenti strutturali dell’isola (fig. 6), prevalentemente quelli che interessano l’area dell’Epomeo, eviden¬ zia che le isosiste seguono un andamento E-W e N-S, e bordano il blocco dell’Epomeo come una sorta di canalizzazione dell’energia lungo le faglie e fratture presenti nell’area. C’è da considerare inoltre, che l’andamento delle isosiste può essere condizionato anche dal meccanismo di liberazione di energia. L’analisi di questi fenomeni potrebbe portare ad una migliore comprensione del campo macrosismico. Modello di sorgente Dallo studio dei campi di deformazione intorno a una faglia (Kasa- hara, 1981) si evince che la distribuzione superficiale delle componenti dello spostamento è diversa per superfìci di faglia strike-slip e per faglie normali a piano quasi verticale. Il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883, ecc. 173 Il campo degli spostamenti dei punti in un mezzo seminfìnito, è gover¬ nato dalla seguente relazione: Um(Q) = J jA Uk(P) »T;(P,Q )v,dl dove: Um(Q) A uk (P) I di V/ componente w-esima dello spostamento in un punto Q del mezzo (tn = 1, 2, 3); componente /c-esima del vettore spostamento relativo di un punto P del mezzo, ( k = 1, 2, 3); superfìcie di discontinuità del mezzo shear dislocation’, elemento infinitesimo della superfìcie; componente del tensore del campo di spostamento generato da una coppia di forze agenti nel punto P del mezzo, (tali compo¬ nenti dipendono da p, A, ed r distanza tra P e Q); normale alla superfìcie passante per il punto P (1 = 1, 2, 3). Senza entrare nell’analisi delle deformazioni punto per punto è possi¬ bile da questa relazione ottenere l’andamento delle deformazioni sulla superfìcie terrestre intorno ad una faglia. Strike-SLIP. Il movimento generato da una sorgente tipo strike-slip causa un campo di deformazioni verticali e orizzontali con effetti massimi agli estremi del piano di faglia; ad esso sono legati stress tensionali e com¬ pressivi di segno opposto nei due blocchi separati dal piano di faglia. Gli spostamenti verticali presentano valori più elevati all’estremità della faglia con andamento caratteristico di sollevamento nella zona di compressione e subsidenza in quella di dilatazione. Le loro ampiezze sono frazioni delle componenti orizzontali. Un movimento strike-slip è caratterizzato dalla predominanza di spo¬ stamenti orizzontali, ma entrambi si intensificano alle punte, inoltre in una zona attraversante perpendicolarmente la parte centrale della faglia, i vet¬ tori degli spostamenti orizzontali appaiono quasi paralleli alla direzione del piano di faglia. Si potrebbe delimitare il campo delle deformazioni con una superfìcie del tipo riportata in fìg. 7. Il campo delle deformazioni suggerisce una propagazione preferenziale dell’energia. È ipotizzabile quindi, che il campo macrosismico generato dal movi¬ mento di una faglia trascorrente, possa riflettere l’andamento del campo 174 Elena Cubellis 3 km Centri eruttivi storici e preistori¬ ci: a) alcalitrachitici; b) trachiba- Horst del Monte Epomeo. Il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883, ecc. 175 o 4) CD JC E o , o 4) C_> 1 Q. 5 4) o 'o 3 o o ^ c £ £? £c r? O Un &o N ti N CO di 8/7 ( >1,14) o di > di 7/8 (> 0,88). equatoriale, visione ( equatorìal view) - disposizione del granulo che permette di valu¬ tare l’asse polare. isopolare ( isopolar ) - avente le facce polari simili. lumen, plur. lumina - spazio delimitato dai muri e avente come pavimento la nexina (nei granuli eureticolati) o il tectum (nei granuli soprareticolati). monade ( monaci ) - singolo granulo. muri, sing. murus - creste che separano i lumina (un murus, nei granuli eureticolati, è costituito da una parte baculata, infratettale, inferiore e da una parte continua, tettale, superiore). oblato-sferoidale ( oblate-spheroidal ) - termine usato per indicare la forma di un gra¬ nulo radiosimmetrico, avente il rapporto P/E compreso tra 7/8 e 8/8 (0,88-1,00). ovale (ovai) - detto di perimetro ellittico in cui il rapporto tra i due assi è compreso tra 8/7 e 8/6 (1,4-1,33) o tra 6/8 e 7/8 (0,75-0,88). P-colpus - termine usato nella descrizione di un colpus, per indicarne la dimensione orientata secondo la direzione dell’asse polare P del granulo. 206 T. de Cunzo, S. Della Ragione e F. Giglio polare, visione ( potar ; view) - disposizione del granulo che offre all’osservatore una delle due facce. prolato ( prolate ) - detto di granulo isopolare, radiosimmetrico, con un P/E compreso tra 8/6 e 8/4 (1,33-2,00). prolato sferoidale ( prolate spheroidal) - detto di granulo isopolare, radiosimmetrico, con P/E compreso fra 8/8 e 8/7 (1,00-1,14). pseudo-sferoidale ( pseudo-spheroidal ) - termine usato per indicare la forma di un gra¬ nulo bilaterale, isopolare, avente il rapporto P/Ei compreso tra 7/8 e 8/7 (0,88- 1,14). pticotremo ( ptychotreme ) - detto di granulo radiosimmetrico, con perimetro lobato e aperture poste nelle concavità tra i lobi, radiosimmetrico ( radiosymmetric ) - con più di due piani verticali di simmetria, reticulum, plur. reticula - disegno sculturale consistente in un sistema di creste (muri) intrecciantisi a rete e delimitanti spazi più o meno poligonali (lumina), sexina ( sexine ) - strato esterno, sculturato, dell’esina, sferoidale ( spheroidal ) - con un P/E compreso tra 7/8 e 8/7 (0,88-1,14). subcircolare ( subcircular ) - detto di perimetro in cui il rapporto tra i due assi è com¬ preso tra 7/8 e 8/7 (0,88-1,14). suboblato ( suboblate ) - detto di granulo isopolare, radiosimmetrico, avente il rap¬ porto P/E compreso tra 6/8 e 7/8 (0,75-0,88). subprolato ( subprolate ) - detto di granulo isopolare, avente il rapporto P/E compreso tra 8/7 e 8/6 (1,14-1,33). subtectato ( subtectate ) - con un tectum non continuo, tricolpato ( incolpate ) - con tre colpi. 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Sopra Scauri Raggruppamento monadi Simmetria radiosimmetrici Polarità isopolari Perimetro visione polare: subtriangolare, pticotremo visione equatoriale: ellittici 24%; subcircolari 76% 1 Forma sub ob lati 8% oblato-sferoidali 12% sferoidali 22% prolato-sferoidali 42% sub prolati 16% P/E 1,05 00,83-1,33) a ± 0,11 Aperture tricolpati NPC 343 colpi: disposti in una fascia equatoriale allun¬ gata longitudinalmente P-colpus 17.273 (14,28-19,38) a ± 1,452 E-colpus 2,858 (2,04-4,08) a ± 0,613 lato del triangolo polare 6,702 (4,08-11,22) a ± 1,660 Esina subtectata reticolata spessore 3,39 (2,04-4,59) o ± 0,60 larghezza lumina 0,765 (0,51-1,02) a ± 0,255 larghezza muri 0,51 0 Dimensioni su 50 granuli P 23,45 (20,50-26,65) a ± 1,64 E 22,42 (18,45-26,65) a ± 1,71 Iconografia Scala A: Figg. 1-6; Scala B: Fig. 7; Scala C: Fig 8 Figg. 1-2-3: visione equatoriale Figg. 4-5-6: visione polare Figg. 7-8 : granuli visti al microscopio Elettronico Jeol JSM-2. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 DE Cunzo T., Della Ragione S., Giglio F., Flora Palinologica Italiana - Oleaceae Olea europaea L. S67 Tav. I 210 T. de Cunzo, S. Della Ragione e F. Giglio TAVOLA II Flora Palinologica Italiana - Oleaceae Phillyrea angustifolia L. S68 Isola di Pantelleria - loc. Punta Polacca Raggruppamento monadi Simmetria radiosimmetrici 32%; bilaterali 68% Polarità isopolari Perimetro visione polare: circolari 32%; subcircolari 56%; ovali 12% visione equatoriale: circolari 50%; subcircolari 48%; ovali 2% Forma sferoidali 32% P/E 1,034 (0,9- 1,1) a ± 0,066 pseudosferoidali 68% P/Ej 0,958 (0,8-1,09) a ± 0,059 sub-equi E 68% e,/e2 1,109 (1,07-1,22) a ± 0,044 Aperture tetracolpati 68% NPC 443 tricolpati 32% NPC 343 colpi: disposti in una fascia equatoriale tetracolpati P-colpus E-colpus 11,86 (11,11-12,63) 2,74 (2,05-3,68) a + 0,5 a ± 0,6 tricolpati P-colpus E-colpus 14,41 (13,76-16,28) 3,06 (2,04-4,06) a ± 0,7 a ± 0,8 Esina subtectata reticolata spessore 3,66 (2,51-4,54) a ± 0,9 larghezza lumina 0,83 (0,49-1,03) o ± 0,2 larghezza muri 0,5 (0,48-0,51) a ± 0,1 Dimensioni su 50 granuli P 23,6 (20,5-24,65) a ± 1,3 E 23,2 (20,5-27,67) a ± 1,4 E, 24,53 (22,55-28,7) a ± 1,4 e2 22,13 (18,45-26,65) a ± 1,7 Iconografìa Scala A: figg. 1-4; Scala B: Fig. 5; Scala C: Fig. 6; Scala D: Fig. 7 Figg. 1-4: visione equatoriale Figg. 5-7: granuli al microscopio Elettronico Jeol JSM-2; reticulum (Fig. 5). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 de Cunzo T., Della Ragione S., Giglio F., Flora Pai ino logica Italiana - Oleacea e Phillyrea angustifolia L. S68 Tav. II 212 T. de Cunzo, S. Della Ragione e F. Giglio TAVOLA III Flora Palinologica Italiana - Oleaceae Syringa vulgaris L. S69 Erb. Gen. O.B. (NA) Raggruppamento monadi Simmetria radiosimmetrici Polarità isopolari Perimetro visione polare: subtriangolare; vertici arrotondati; lati infossati visione equatoriale: ellittici 64%; subcircolari 36% Forma prolato sferoidali 36% sub prolati 62% prolati 2% P/E 1,17 (1,06-1,45) a ± 0,08 Aperture tricolpati NPC 343 colpi: disposti in una fascia longitudinale E-colpus 3,2 (2,1-5,26) a ± 0,8 P-colpus 16,32 (13,15-22,63) a ± 2,4 Esina subtectata reticolata spessore 2,5 (2, 0-3,0) a + 0,4 larghezza lumina 3,54 (1,8-4) a ± 0,6 larghezza muri 1,94 (0,8- 1,4) a ± 0,2 Dimensioni su 50 granuli P 30,7 (24,6-38,8) a ± 2,5 E 26,3 (22,5-35,2) a ± 2,6 Iconografia Scala A: Figg. 1-6; Scala B: Fig. 7; Scala C: fìg. 8; Scala D: Fig. 9 Figg. 1-2 : visione equatoriale Figg. 3-4 : visione quasi equatoriale Figg. 5-6 : visione polare Figg. 7-8-9: granuli al microcopio Elettronico Jeol JSM-2; reticulum (Fig. 9) Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 de Cunzo T., Della Ragione S., Giglio F., Flora Palinologica Italiana - Oleaceae Syringa vulgaris L. S69 Tav. Ili Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 94, 1985, pp. 215-219 L’indice centesimale di diversità strutturale: una misura standard per l’eterogeneità della vegetazione in studi di ecologia degli uccelli (*) Nota del socio Gabriele de Filippo (**) Riassunto. - Si presenta un indice per descrivere l’eterogeneità della vegeta¬ zione, basato sulle diversità orizzontale e verticale. Il relativo metodo di rilievo su campo, utilizza diverse stazioni puntiformi, la cui quantità non influenza il valore dell’indice (che assume valori da 0 a 1), permettendo i confronti tra studi con diffe¬ rente numero di stazioni. Summary. - Vegetation structure has a relevant influence on bird communities structure. The most common index for describing thè vegetation, in ornithological studies, is thè Foliage Height Diversity, by using thè Shannon’s formula. However, several authors focussed it hasn’t an actual ecological significance, and furthermore it is not always correlated to bird communities structure. Erdelen (1984) proposed some useful simplest indices, but also indicated a diversity index, that was pre- viously illustrated by Blondel & Cuvillier (1977), based on a plot survey. In order to compare several values collected in different studies it is necessary to use thè same number of plots. This is not always possible, because thè number of plots required is affected by several geographical and vegetational patterns. Then, I pro¬ pose a modifìcation of this index, expressed as to centesimal values (0 to 1) indipen- dently from thè size of thè plot survey. It is thè centesimal index of structural diver¬ sity (or eterogenity) SC = (HC + VC)/2, where HC is thè c.i. of horizontal diversity INI l0g2 1 R /S, and VC is thè c.i. of vertical diversity log2 I N I N/2 = I log 2 I R I / N • log I s | S/2 The presence of vegetation is checked in «S» hori¬ zontal layers for each station (N). «R» is thè number of positive surveyes in thè layers or stations. (*) Lavoro n. 101 del Programma di Ricerca del Gruppo Eco-etologico dell’Isti¬ tuto e Museo di Zoologia dell’Università di Napoli. (**) Istituto e Museo di Zoologia Università di Napoli - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli (Italy). 216 Gabriele de Filippo Introduzione L’influenza che la vegetazione ha sulla struttura delle comunità di Uccelli (Mac Arthur, 1964; Moss, 1978; Nilsson, 1979; James & Wamer, 1982) rende necessario tenerne conto negli studi ecologici in ornitologia. Tra i numerosi approcci possibili il più seguito dagli ornitologi è quello di calcolare la diversità vegetazionale con indici che quantificano tale para¬ metro. Il modello fino ad oggi più usato è la diversità di altezza del fogliame FHD = -i p • Inp (Mac Arthur & Horn, 1969), dove p rappresenta la frequenza relativa di vegetazione in diverse classi di altezza, verso il quale, tuttavia, sono state rivolte diverse critiche circa il suo significato ecologico (p. es. Hurlbert, 1971; sulla mancanza di correlazione tra tale indice e il grado di importanza degli elementi della comunità). Inoltre, Tomoff (1974) e Willson (1974) hanno anche evidenziato che la nota correlazione tra diversità di specie di Uccelli (BSD) e la FHD (cfr. Mac Arthur et al. , 1962; Moss, 1978) è valida solo scegliendo opportunamente le aree da stu¬ diare in base a caratteristiche di omogeneità tra tipi vegetazionali, il che ne invalida l’uso in molte situazioni pratiche. Recentemente Erdelen (1984) ha, invece, osservato che l’indice di diversità maggiormente correlato alla struttura delle comunità di uccelli è l’indice di diversità strutturale DT = DH + DV, dove DH è la diversità orizzontale e DV quella verticale. DT avrebbe inoltre il vantaggio, rispetto a FHD, di non considerare solo la distribuzione verticale (James & Wamer, 1982) ma di valutare l’intera distribuzione spaziale. Tuttavia, sebbene DT possa sembrare l’indice ideale in ricerche sull’ecologia degli uccelli, esso presenta problemi nel comparare diversi studi, connessi al meccanismo di calcolo. Infatti, il calcolo dell’indice si basa su rilievi effettuati in «N» sta¬ zioni nelle quali si rileva la presenza o assenza di vegetazione in «S» piani vegetazionali. La diversità orizzontale si ottiene da DH = X 1°S2 1 r| ^ dove «R» è il numero di rilievi positivi, mentre quella verticale da DV = X°§2 1 1| ; infine si calcolerà DT = DH + DV. Le difficoltà sorgono sia quando si mettono a confronto studi che uti¬ lizzano un diverso numero di piani (problema comune agli altri indici), sia paragonando studi con diverso numero di stazioni. L’approccio più semplice per rimediare a quest’ultimo e più impor¬ tante problema è di utilizzare una tecnica di rilievo standard, che consideri sempre lo stesso numero di stazioni (p. es. Blondel & Cuvillier, 1977). Tale soluzione incontra ostacoli pratici poiché il numero di stazioni non è L’indice centesimale di diversità strutturale, ecc. 217 costante in tutti i casi, ma è una funzione di parametri quali la distribu¬ zione della vegetazione, l’estensione del biotopo, ecc. Lo scopo di questa nota è di proporre una nuova formula di calcolo di DT in modo che, senza alterarne le proprietà, sia possibile paragonare valori ottenuti in studi con diverso numero di stazioni. Costruzione dell’indice In ognuno degli «S» strati vegetazionali, |jj| è il numero di combina¬ zioni possibili, con «N» stazioni prese «R» alla volta, che rappresenta la quantità di informazione contenuta in quel piano (Godron, 1970). L’etero¬ geneità può essere, allora, espressa da log2|JJ| (Blondel & Cuvillier, 1977) e sarà nulla per R = O e R = N, e massima per R = N/2. Di conse¬ guenza volendo esprimere l’eterogeneità orizzontale in valori centesimali (da 0 a 1), eliminando l’effetto «numero di stazioni», si potrà utilizzare l°g2 1 r[ / log2 j n/2( - Sommando i valori ottenuti in ogni piano, otterremo una diversità orizzontale della vegetazione con valore da 0 a «S». Tale misura, divisa per «S», fornirà l’indice centesimale di diversità orizzon¬ tale HC. Un analogo indice per la diversità verticale può essere ricavato se si considera che in ogni stazione la misura dell’eterogeneità verticale (= log2 1 r) ) ha valore massimo per R= S/2. Poiché secondo Erdelen (1984) DV si ottiene sommando i valori ricavati in «N» stazioni, esso assume il valore massimo quando DV(max) = N • log2 j |/2 } • H rapporto DV/DV(max) sarà quindi l’indice centesimale di diversità verticale VC. La somma tra HC e VC fornirà una misura dell’eterogeneità comples¬ siva, che potrà essere riportata a valori centesimali dividendo per il mas¬ simo valore ottenibile (= 2); essa rappresenterà, quindi, la media aritmetica tra HC e VC. Riepilogando avremo: indice centesimale di diversità orizzontale indice centesimale di diversità verticale N I l0§2 | r| 1 N • l°g2 I l/2 1 218 Gabriele de Filippo indice centesimale di diversità strutturale SC = (HC + VC)/2. Tutti questi indici hanno ampiezza da 0 (eterogeneità nulla) a 1 (etero¬ geneità massima) e il valore assunto è indipendente dal numero di stazioni considerato (purché, ovviamente, sufficiente per l’area di studio). Ringraziamenti Ringrazio il Prof. M. Milone e il Prof. G. Del Monaco per i consigli e la revisione del testo. BIBLIOGRAFIA Blondel J. & Cuvillier R. (1977) - Une methode simple et rapide pour decrire les habitats d’oiseaux: le stratiscope. Oikos , 29: 326-331, 3 figg., 2 tabb. (Copenha¬ gen). Erdelen M. (1984) - Bird communities and vegetation structure: I. Correlations and comparisons of simple and diversity indices. Oecologia , 61: 277-284, 6 figg., 3 tabb. (Berlin). Godron M. (1970) - Application de la theorie de finformation a l’etude de l’omoge- neité et de la structure de la vegetation. Gesellschaftsmorphologie Bericht uber das Internationale Symposium in Rinteln 1966. Verlag Dr. W. Junk NV., Den Haag 1970, pp. 31-38. Hurlbert S. (1971) - The nonconcept of species diversity: a critique and alternative parameters. Ecology , 52: 577-586, 2 tabb. (New York). James F. C. & Wamer N. O. (1982) - Relationship between temperate forest bird communities and vegetation structure. Ecology , 63: 159-171, 6 figg., 4 tabb. (New York). Mac Arthur R. 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Presentata nella tornata del 29 novembre 1985 Accettata il 27 maggio 1986 Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 94, 1985, pp. 221-227, tabb. 3 La comunità di Uccelli in una fustaia di faggio sui Monti Alburni (Sud-Italia) (*) Nota del socio Gabriele de Filippo (**) e di Vincenzo Caputo (***) e Mario Kalby(**) Riassunto. - È descritta, usando il metodo E.F.P., la comunità di Uccelli del Bosco di Ottati (Monti Alburni), una fustaia di faggio estesa 782 ha. Sono state osservate 22 specie, delle quali 14 Passeriformi. La ricchezza di specie, l’equiriparti- zione e il numero di specie dominanti nei Passeriformi indicano una comunità matura. Summary. - The breeding bird community was censured in thè Wood of Ottati (Alburni Mountains, South-Italy) using thè E.F.P. method. Vegetation structure (Tab. 1) was described by using 50 stations, where thè presence or absence of vege¬ tation was checked in 8 vegetational layers. For each layer CV is thè occurrence of positive records (CVT = £CV). We also computed thè centesimal indices of hori- zontal diversity (HC), vertical diversity (VC) and structural diversity (SC) (de Filippo, in prep.). For non-passerines species, thè E.F.P. method was used to check thè presence in thè wood, only; being their territories too large. In passerines spe¬ cies, thè FC and p values (Blondel, 1975) are shown in Tab. 2. Richness (S), passe¬ rines richness (5), non-passerines/passerines ratio (NP/P) are given in Tab. 3. For passerines only, Tab. 3 reports XFC, equitability (J) and thè number of dominant species (D). Paridae and Sylviidae are thè most frequent species. Some rare non pas¬ serines species are present, e.g. Accipiter nisus and Dryocopus martius. Structural parameters confimi a climax community. Introduzione Gli ecologi prestano molta attenzione alle comunità climax, poiché le loro popolazioni sono caratterizzate da una lunga coevoluzione e quindi presentano alta stabilità (Odum, 1969). In Italia, e specialmente in Campa- (*) Lavoro n. 51 del Programma di Ricerca del gruppo Eco-etologico dellTsti- tuto e Museo di Zoologia dell’Università di Napoli. (**) Istituto e Museo di Zoologia Università di Napoli - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli (Italy). (***) yja Macedonia, 11 - 80137 Napoli (Italy). 222 Gabriele de Filippo, Vincenzo Caputo e Mario Kalby nia, la presenza di una vecchia faggeta è particolarmente importante a causa della rarefazione che tale habitat subisce in seguito a deforestazione e incendi. I Monti Alburni presentano una delle ultime fustaie di faggio della Campania, dove vive una ricca fauna (AAW., 1985). Per questo e altri motivi di ordine naturalistico è stato proposto un parco naturale (de Filippo et al. , 1982). Questo studio descrive la comunità degli uccelli nidificanti. Area di studio e metodi I Monti Alburni appartengono alfAppennino Lucano e si estendono per 52.394 ha; la vetta più alta è Monte Panormo (1.742 m). In primavera la piovosità media è di 188 mm in aprile, 68 mm in mag¬ gio e 46 mm in giugno (Moggi, 1954). L’area di studio è nel Bosco di Ottati (1.350 m s.l.m.; 782 ha), una delle più vecchie foreste di questi monti. La vegetazione è dominata da Fagus sylvatica associato con Taxus boccata. La struttura della vegetazione (Tab. 1) è stata descritta usando 50 stazioni puntiformi in cui il controllo della presenza o assenza di vegetazione è stato condotto secondo Erdelen (1984) nei piani orizzontali indicati da Daget et al. (1968): m 0-0.25, 0.25- 0.5, 0.5-1, 1-2, 2-4, 4-8, 8-16, 16-. È stato, poi, ricavato il profilo vegetazionale considerando per ogni piano il numero percentuale di stazioni in cui è presente vegetazione (CV). Infine, si è calcolato l’indice di copertura vegetazionale totale (CVT = XCV), l’altezza massima della vegetazione, il numero di strati in cui è presente vegetazione, il numero medio di strati con vegetazione per stazione (cfr. Erdelen, 1984), l’indice centesimale di diversità orizzontale /v lo&\ rI ) \ 1 J N ' l°g2j n/2 / 1/ " - ( X log2 1 s! 1 RI /S, l’indice centesimale di diversità verti- |n • log2 S 1 S/2 I j e l’indice centesimale di diver¬ sità strutturale SC = (HC + VC)/2 (de Filippo, in prep.). In ogni stazione si è poi misurata la temperatura e l’umidità relativa atmosferica. La comunità di Uccelli in una fustaia di faggio sui Monti Albumi 223 TABELLA 1 Struttura della vegetazione e parametri climatici Altezza massima m > 16 Altezza media m 23.6 N. strati 8 N. strati medio 5.6 16- 97 8-16 92 w z 4-8 30 o ® N o 2-4 17 < * H W > U 1-2 67 O w .5-1 86 > .25-. 5 94 0-.25 78 CYT* 100 561 HC* 100 57 VC* 100 78 SC* 100 68 Temperatura media °C 14 < d.s. 2 u Umidità media % 87 d.s. 14 La comunità degli Uccelli è stata censita da maggio a giugno con il metodo E.F.P. (Blondel, 1975) che fornisce per ogni specie la frequenza (FA) in «N» stazioni puntiformi, dalla quale si ricava la frequenza centesi¬ male FC = FA/N e il grado di importanza nella comunità p = FA/^FA. 224 Gabriele de Filippo, Vincenzo Caputo e Mario Kalby Per i non Passeriformi, tale metodo è servito solo per rilevarne la pre¬ senza nel bosco, in quanto l’ampiezza del loro territorio ne farebbe sovra¬ stimare la frequenza nelle stazioni. Si è ricavata, poi, la ricchezza totale (S), la ricchezza di Passeriformi (5), il rapporto non Passeriformi/Passeriformi, e, per i soli Passeriformi, la frequenza totale (JFC) e l’equiripartizione J = BSD//« (5) (Pielou, 1969), dove BSD = ~ £/? • Inp (Shannon & Weaver, 1963). È stata considerata quale dominante ogni specie con p > 0.05 (Turcek, 1965). Risultati e discussione In Tab. 2 sono riportate le specie osservate e, per i Passeriformi, i rela¬ tivi FC e p. I Pari da e e i Sylviidae risultano le famiglie presenti con un maggiore numero di specie, come riscontrato anche da Farina (1980) e Pellegrini & Santone (1982) in altre fustaie appenniniche. Tra le specie più frequenti vi è anche Fringilla coelebs in accordo con Nilsson (1979) che osservò maggiori densità di tale specie nelle foreste più mature. L’abbondanza di Phylloscopus collybita è, probabilmente, da mettere in relazione all’alta frequenza di vegetazione negli strati alti dove questa spe¬ cie abita. Tra i non Passeriformi, si nota la presenza di specie rare 0 in estin¬ zione in Campania (AAW., 1985) come Accipiter nisus , Asio otus e Dryo- copus martius\ specie, quest’ultima, per la quale solo recentemente la Cam¬ pania è stata inclusa nel suo areale di distribuzione (Kalby, 1976; Kalby et al. , 1982). La ricchezza di specie osservate (Tab. 3) mostra alti valori rispetto a quelle di boschi più giovani in Italia (Farina, 1981; Lambertini, 1981; Pel¬ legrini & Santone, 1982; Bernoni et al ., 1983; Fraticelli & S arrocco, 1984). Ciò è dovuto alla maturità del bosco (Odum, 1969) e alla comples¬ sità vegetazionale (Erdelen, 1984), che determinano anche l’alta equiripar- tizione e l’alto numero di specie dominanti (50% nei Passeriformi). Questi ultimi due parametri sono anche funzione della efficace presenza di preda¬ tori, uccelli rapaci o Mammiferi (Toschi, 1965), i quali, con la loro pres¬ sione predatrice, evitano la monopolizzazione delle risorse ambientali da La comunità di Uccelli in una fustaia di faggio sui Monti Alburni 225 TABELLA 2 Elenco delle specie e FC e p dei passeriformi Specie FC p Passeriformes: Troglodytes troglodytes 0.08 0.02 Sylvia atricapilla 0.42 0.08 Phylloscopus collybita 0.97 0.19 Phylloscopus sibilatrix 0.03 0.006 Erithacus rubecula 0.60 0.12 Turdus merula 0.74 0.14 Parus palustris 0.08 0.02 Parus coeruleus 0.18 0.03 Parus major 0.32 0.06 Sitta europaea 0.24 0.05 Certhia brachydactyla 0.42 0.08 Fringilla coelebs 0.79 0.15 Pyrhula pyrhula 0.08 0.02 Garrulus glandarius 0.21 0.04 Non Passeriformes: Accipiter nisus Strix aluco Columba palumbus Picus viridis Cuculus canorus Picoides major Asio otus Dryocopus martius parte di poche specie (Paine, 1966). Le specie non Passeriformi osservate rappresentano il 36% sul totale; alti valori del rapporto NP/P (Tab. 3) sono riscontrabili negli stadi serali più avanzati delle successioni (Blondel, 1979). 226 Gabriele de Filippo, Vincenzo Caputo e Mario Kalby TABELLA 3 Struttura della comunità di uccelli s = 22 £fc*ioo = 516 s = 14 J = 0.89 s media = 5.2 D = 7 NP/P = 0.57 S: ricchezza di specie; s: ricchezza di specie Passeriformi; NP/P: rapporto non Pass./Passeriformi; J: equiripartizione; D: numero di specie Passeriformi dominanti. In conclusione, i diversi parametri osservati confermano che la comu¬ nità di Uccelli della faggeta dei Monti Alburni si approssima a quella attesa per una climax. BIBLIOGRAFIA AA.W. (1985) - Carta Regionale Faunistica. Regione Campania, Napoli, 170 pagg., 19 tavv. Bernoni M., Ianniello L. & Plini P. (1983) - Censimento con il metodo del map- paggio dell’avifauna nidificante nella tenuta di Caste lporziano. Atti II Conv. Ital. Ornitol., Parma (in stampa). 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Presentata nella tornata del 29 novembre 1985 Accettata il 27 maggio 1986 Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 94, 1985, pp. 229-242, figg. 5, tab. 1 Influenza degli errori di misura sulla valutazione dell’area e della quantità di sostanza con il metodo microfotometrico a due lunghezze d’onda Nota dei soci Leone Galassi(*) e Biancamaria Della Vecchia(**) Riassunto. - È stata determinata la soluzione (1 - F) dell’equazione generale del metodo a due lunghezze d’onda, per qualunque valore reale di k > 1. Ciò con¬ sente di ricorrere al valore che meglio si presta a correggere gli errori. Grazie a tale soluzione è anche possibile usare una coppia di filtri fìssi invece del monocroma¬ tore. Sono state inoltre studiate le condizioni che minimizzano il ripercuotersi di errori di misura sul calcolo dell’area. Gli errori vengono ridotti, lavorando con estin¬ zioni sufficientemente alte, riducendo al massimo il diaframma di misura e ricor¬ rendo a un valore di k che consenta la migliore neutralizzazione reciproca degli errori riportati da T\ e T2. Per il calcolo della quantità di sostanza, è risultato che in presenza di estinzioni basse, variazioni di F incidono in maniera trascurabile sul valore trovato; viceversa variazioni di T incidono sensibilmente. Inoltre per il calcolo della quantità di sostanza conviene assumere un valore di k maggiore di 2. Infine in presenza di eteroconcentrazione della sostanza, una condizione che minimizza l’errore nel calcolo dell’estinzione e della quantità di sostanza è l’impiego di basse estinzioni. Essendo tale condizione contrastante con quelle che soddisfano la correzione degli errori di misura, si conclude che un’estinzione intermedia (ca. 0.6) rappresenta il miglior compromesso per gran parte del comune materiale citolo¬ gico. Summary. - (1 - F) has been determined as a root of thè generai equation of thè two wavelenght method, for every reai value k > 1. This solution allows to employ a couple of fixed fìlters instead of a monochromator. Conditions minimizing thè effect of measuring error on (1 - F) have been studied. Errors are minimized when working with suffìciently high extinctions, reducing as much as possible thè measuring diaphragm and using a value of k neu- tralizing at thè best reciprocai errors of Tx and T2. (*) Istituto di Zoologia, Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. (**) CNR - Istituto per Applicazioni della Matematica, Viale A. Gramsci, 5 - 80122 Napoli. 230 L. Gal assi e B. Della Vecchia Variations of F negligibly influence thè calculated relative amount of chromo- phore, when working with low extinctions; on thè contrary, variations of T remar- kably influence thè computation of thè relative amount of chromophore, though comparatively less than thè computation of thè area. A condition minimizing errors due to heteroconcentration is working with low extinctions. Since this condition is contrasting with those satisfying reduction of measure errors, it is concluded that an intermediate extinction represents thè best compromise for most common cytological material. Introduzione Il metodo a due lunghezze d’onda fu elaborato indipendentemente da Ornstein (1952) e Patau (1952) con lo scopo di ottenere misure microfo¬ tometriche corrette dell’errore di distribuzione. In base alla legge di Beer-Lambert, la quantità relativa di una sostanza assorbente contenuta in un’area A con estinzione omogenea E = log (1 /T) è uguale a A E. Se la sostanza non è distribuita omogeneamente nell’area A di misura, la quantità di sostanza è data dal prodotto dell’area A per l’estin¬ zione media Em = ~N^iEl = ir|1l0g(1/u essendo 7) le trasmissioni delle n aree unitarie, nell’ambito delle quali l’as¬ sorbimento è omogeneo. Se l’estinzione, invece di essere calcolata in base alle trasmissioni misurate sulle singole aree unitarie, fosse calcolata in base alla trasmis¬ sione media N Tm = Y. T,/N / = 1 misurata su tutta l’area A , si avrebbe che l’estinzione media approssimata sarebbe N log (N/Y Tì). i= 1 La differenza N N -E Y log (1/7;) — \og(N X Ti) N /= 1 /= 1 è detta errore di distribuzione dell’estinzione media ed evidentemente è zero solo se tutti i 7) sono uguali. Influenza degli errori di misura, eec. 231 Il termine errore di distribuzione in realtà si riferisce a due modalità diverse di distribuzione eterogenea del cromoforo. Una prima si riferisce a una sostanza colorata omogeneamente ma occupante solo una parte del campo di misura (errore di «distribuzione parziale»). La seconda (errore di « eteroconcentrazione ») si riferisce a una sostanza che presenta un’inten¬ sità di colorazione diversa da punto a punto. Riferendoci al primo caso, indicando l’area colorata con A , l’area di misura con B , la trasmissione attraverso A con T0 e quella attraverso tutto il campo con T, si ha la relazione T= 1 - A/B + (A/B) T0 (1) Se si usano due lunghezze d’onda diverse, le cui estinzioni per quella sostanza siano E2 = kE\, si avrà Tn = T0\ e quindi T2 = 1 - A /B + (A /B ) T01 7\ = 1 - A/B + (A/B) T0Ì (2) da cui è derivata la relazione fondamentale del metodo a due lunghezze d’onda 1 _ (zl/g)*'1 T2-ì + A/B ( Ti-l + A/B )* che più spesso viene indicata, ponendo A/ B = 1 — F, nel seguente modo _J _ (1 - F)*"1 T2-F ~ (T\ — F)k La quantità relativa di cromoforo sarà data da se relativa a T2\ sarà (4) B (1 - F) log (1 — E) (T\ - F) se relativa a T\. Se si trattasse solo di correggere il primo tipo di errore di distribuzione non ci sarebbe nessun motivo per ricorrere a due lunghezze d’onda diverse. Infatti dalla (1) si ricava molto semplicemente (1 — F) - (1- T)/(\-T0) 232 L. Gal assi e B. Della Vecchia e la quantità relativa di cromoforo sarà B(l-F) log ~~ , h che non è altro che la relazione proposta da Garcia (1965) con il nome di «metodo ad una lunghezza d’onda e due aree». In realtà il metodo a due lunghezze d’onda corregge in gran parte anche l’errore di eteroconcentrazione (sebbene ciò non sia né immediata¬ mente nè facilmente desumibile dalle relazioni analitiche del metodo stesso), come è stato dimostrato su modelli empirici da Ornstein (1952) e Patau (1952) e sperimentalmente da Mendelsohn (1958), Mendelsohn e Richards (1958) e da Van Duijn et al. (1962). Inoltre il metodo a due lunghezze d’onda ha la capacità di correggere alcuni errori ottici come il non parallelismo del fascio illuminante, la diffu¬ sione della luce (giare, straylight) (Patau, 1952), e il fuori fuoco (Mendel¬ sohn, 1958; Rash & Rash, 1970). La soluzione proposta da Ornstein (1952) e Patau (1952), e comune¬ mente adottata per il metodo a due lunghezze d’onda, prevede che l’estin¬ zione ad una lunghezza d’onda sia esattamente il doppio dell’altra, condi¬ zione questa che semplifica moltissimo il calcolo. Scopo del presente lavoro è stato di determinare la soluzione (1 — F) della (4) per qualunque valore reale di k > 1, assegnati Tu T2 soddisfacenti le limitazioni 0 1, e | A Ji|_1 e e ' | A r2 1 “ 1 sono funzioni crescenti di T0, giacché \ktf-' -(k- 1) 7?- l| = 1 +(k- 1) T0k- kit 1 è funzione decrescente di T0. Dal punto di vista pratico queste condi¬ zioni si ottengono usando materiale che presenti un’estinzione massima Eq2 = log (1 /T02) (e quindi £01 = (Mk) E02) sufficientemente alta e cer¬ cando di tenere più chiuso possibile il diaframma di misura. La prima condizione trova da un lato un limite nella disponibilità di una certa struttura citologica ad essere intensamente colorata con un colo¬ rante; dall’altro trova un limite nella quantità di luce parassita diffusa (giare) inerente al sistema ottico, la quale com’è noto, si fa risentire foto¬ metricamente tanto più quanto maggiore è l’estinzione del preparato cito¬ logico. Seguendo le precauzioni tecniche suggerite da Patau (1952), si può accettare tranquillamente il valore da lui suggerito come estinzione mag¬ giore (a lamda 2) di 0.6. 236 L. Galassi e B. Della Vecchia La possibilità di verificare la seconda condizione dipende dalla disper¬ sione della struttura citologica sul piano: con un nucleo rotondo, ad es. di un linfocita, si può ridurre il rango di (1 - F) a 0.9 o 0.8, ottenendo un valore di T2 di circa 0.4 e di T\ di circa 0.6 (per k = 2 e E0 = 0.6); Fig. lb. - Confronto dei valori di (1 - F) in funzione di Th ottenuti assegnandoa/: i valori k = 1.5 (- - — ), k = 2 (— — ) q k = 2.5 ( - ) e fissando T2 uguale a 0.3, 0.6, 0.75. alfestremo opposto, con una piastra cromosomica molto dispersa sul piano, il valore di (1 — F) potrebbe essere di 0.2 o anche meno, fornendo, per un’estinzione sempre di 0.6 un valore di T2 di circa 0.85, decisamente allar¬ mante per l’amplificazione conseguente dell’errore percentuale. Influenza degli errori di misura di k Dalle figure la e lb risulta che grandi variazioni esistono nel calcolo dell’area, quando i valori di k passano da 1.5 a 2 e a 2.5. Inoltre, al crescere di /c, sia la funzione (1 - F) riguardata come funzione di T\ che la funzione (1 ~ F) riguardata come funzione di T2 diminuiscono la loro pendenza. Patau (1952) ha esaminato le possibili cause strumentali che possono fare insorgere errori nella misura di k («wave length error») ed è giunto alla conclusione che tale errore dovrebbe essere inferiore, e normalmente anche molto inferiore, al 2%. Influenza degli errori di misura, ecc. 237 Influenza del valore di k sugli errori di T\ e 72- Scelta del valore ottimale Dalle osservazioni ora esposte sulla influenza degli errori di misura di k e, tenendo presente che T\ e T2 sono in gran parte affetti dalle stesse cause d’errore il quale ha effetti di segno contrario sul calcolo dell’area, si conclude che il valore ottimale di k verifica l’uguaglianza e = e', cioè la relazione i|r(fc) = kTt' -1 = 0 (6) Anche la (6) non è elementarmente risolubile. Tuttavia, poiché \\i'(k) ha un solo zero k < 6.1, per T0 e [0.4, 0.7], e risulta 1]/ (1.17) > 0 e ifr (6.1) < 0, per Tq e [0.4, 0.7], è possibile risolvere la (6) mediante il pro¬ cedimento iterativo di Newton espresso dalla seguente formula kn Tq"~ 1 — 1 k n +1 kn , 1 Tt" (1 + lnT0) avendo cura di scegliere k0 tale che L < k0 < 6.1 con L = max { k, 1.17 } . In Tab. 1 sono riportati alcuni risultati numerici. Si è scelto T0 e [0.4, 0.7], perché al di fuori di tale intervallo la soluzione della (6) non è realisticamente di alcun interesse, per essere troppo alta o troppo prossima ad 1. TABELLA 1 Misure di k « ottimale » fissato 7o 7o k 0.4 1.1881 0.5 2. 0.6 3.3897 0.7 6.0439 238 L. Gal assi e B. Della Vecchia b) Calcolo della quantità relativa di sostanza In presenza di basse estinzioni, risulta che variazioni di F incidono in maniera trascurabile sulla valutazione della quantità di sostanza M (fig. 2). Viceversa variazioni di T portano a sensibili variazioni della valutazione di A/, senza dipendenza notevole dal valore dell’estinzione (fìgg. 3a e 3b). Inoltre è facile convincersi che, al crescere di (1 — F) e di T\ , la quantità relativa di sostanza M diminuisce. Fig. 2. - Confronto dei valori di M in funzione di F , ottenuti fissando T\ = 0.3 ( - ), Tx = 0.6 - ) e T, = 0.75 ( - ). Una osservazione simile è stata fatta da Van Oostveldt e Boeken (1976). Dalle Figure 3 a e 3b risulta inoltre che variazioni di k si fanno risentire molto meno sulla misura della quantità relativa di sostanza che sulla misura dell’area. Ciò è in accordo con le deduzioni di Patau (1952), che dimostravano che gli errori percentuali nel calcolo della quantità di sostanza sono sempre inferiori agli «errori di lunghezza d’onda» (cioè di Influenza degli errori di misura, ecc. 239 misura di k ), che li hanno generati. Inoltre, analogamente a ciò che suc¬ cede per (1 — F), al crescere di k , anche M riguardata sia come funzione di T\ che come funzione di T2 diminuisce la propria pendenza. Gottlieb-Rosenkratz e O’ Brien (1971) fecero notare che, nel calcolo della quantità relativa di sostanza, una sovrastima di (1 — 7r) risulta in una sottostima di log 1 - F . T-F ’ tuttavia le variazioni di segno contrario delle due quantità (1 — F) e log ( (1 —F)/(T\ — F)) non sono uguali, essendo la prima sempre mag¬ giore della seconda, per cui una sottostima di (1 — F) risulta comunque in una sopravalutazione di M = (1 — F) log (1 ~F) (T-F) • c) Errore di eteroconcentrazione In presenza di eteroconcentrazione della sostanza colorata, viene intro¬ dotto un doppio errore: prima nel calcolo di F (e quindi di 7o), poi nel cal¬ colo di Eq. Il primo errore è causato dal presupposto, insito nella relazione del metodo a due lunghezze d’onda, che k = T2-F 1 - F quando invece la relazione esatta deve essere rm = n , = I t-, ■= 1 Al r-- il ,* T2-F' 1 -F essendo T'n ed 1 — F' rispettivamente i valori teorici esatti delle trasmis¬ sioni delle aree unitarie ed il valore teorico esatto dell’area. La conseguenza è che — 1 Tk = v ,ti I tt> — X r,= Ti N e (1 ~F')> (1 -F) 240 L. Galassi e B. Della Vecchia Per quanto detto nel paragrafo precedente una sottostima dell’area dovrebbe portare ad una sovrastima della quantità di sostanza. In realtà è stato visto (Patau, 1952; Van Oostveldt & Boeken, 1976) che in modelli teorici, simulanti strutture citologiche, si verifica sempre una certa sotto¬ stima della quantità di sostanza. Ciò non può che originarsi dall’errore che l’eteroconcentrazione determina nella stima dell’estinzione, poiché _ N 1 N _ E0 = log (A7 I r,) < — I log (1/7;) = E'o i = 1 Iy i = 1 il quale errore, a sua volta, evidentemente sottocompensa la sovrastima propria del metodo. Fig. 3a. - Confronto dei valori di M in funzione di T2, ottenuti assegnando a k i valori k = 1.5 ( - ), k = 2 ( - ) t k = 2.5 (-■- - ) e fissando T\ uguale a 0.3, 0.6, 0.75. Influenza degli errori di misura, ecc. 241 Poiché la differenza N N — I log (1 / 7» — log(AvX T,) N iti ,t , risulta tanto più bassa, quanto più alto è il valore di T0, è evidente che si avrà una minore sottostima della quantità di sostanza, ricorrendo a basse estinzioni. Fig. 3b. - Confronto dei valori di M in funzione di Ti, ottenuti assegnando a k i valori k = 1.5 ( - ), k = 2 ( - ) e k = 2.5 ( - ) e fissando T2 uguale a 0.3, 0.6, 0 75. A tale conclusione è giunto anche Patau (1954) in base alla considera¬ zione teorica che per oggetti progressivamente più trasparenti l’equazione delle due lunghezze d’onda converge verso un’equazione M — B (l — T), la quale non tiene conto della distribuzione eterogenea della sostanza. Patau inoltre su modelli teorici ha calcolato che l’errore di distribu¬ zione è proporzionale a £, cioè al prodotto dell’estinzione per la varianza. Anche Van Oostveldt e Boeken (1976) sono giunti alla stessa conclu¬ sione, in base a calcolo su modelli teorici. 242 L. Gal assi e B. Della Vecchia Risulta quindi che nel calcolo della quantità di sostanza per materiale con concentrazione non omogenea, bisogna raggiungere un compromesso tra il valore dell’estinzione che minimizza l’errore di eteroconcentrazione e il valore che minimizza gli errori di misura. Il valore di 0.6, suggerito da Patau resta probabilmente il più soddisfacente per gran parte del mate¬ riale cariologico. Di fatto, Van Duijn et al. (1962), lavorando su modelli sperimentali, trovarono che, con estinzioni eccessivamente basse, si ottiene una precisione molto più scadente che con estinzioni più alte. BIBLIOGRAFIA Duijn (van) P., Tonkelaar (den) E.M. & Hardonk M.J. (1962) - An improved apparatus for quantitative cytochemical model studies and its use in an experi- mental test of thè two-wavelenght method. J. Histochem. Cytochem ., 10: 473- 481, 5 figg. Garcia A. M. (1965) - A one-wavelenght, two-area method in microspectrophoto- metry for pure amplitude objects. J. Histochem. Cytochem ., 13: 161-167. Gottlieb-Rosenkrantz Ph., O’ Brien R. (1971) - A cytophotometric study of thè deoxyribonucleic acid Feulgen dye content and area of human granulocytes and lymphocytes. J. Histochem. Cytochem ., 19: 232-243, 6 figg., 3 tabb. Mendelsohn M. L. (1958) - The two-wavelenght method of microspectrophoto- metry. I - A microspectrophotometer and tests on model systems. J. Biophys. Biochem. Cytol ., 4: 407-414, 4 figg. 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Napoli voi. 94, 1985, pp. 243-253, Jìgg. 2, tav. 1 Segnalazione di Bursatella leachi De Blainville, 1817 (Mollusca, Opisthobranchia, Aplysiomorpha) per le acque dell’isola d’Ischia e considerazioni sull’ecologia della specie (*) Nota del socio Giovanni Fulvio Russo (**) Riassunto. - Si segnala la presenza della specie Bursatella leachi , immigrata les- sepsiana, nelle acque dell’isola d’Ischia. Il ritrovamento è un’ulteriore conferma dell’espansione dell’areale di distribuzione di questa specie verso le coste settentrio¬ nali del Tirreno. Si forniscono anche nuovi dati sulla presenza di questo Opistobranco, ad ampia distribuzione circumtropicale, lungo le coste dell’Italia Meridionale. Si osserva che i vari ritrovamenti hanno avuto luogo soprattutto durante la tarda estate e l’autunno, a poca profondità, su fondi mobili di ambienti alquanto eutrofiz- zati e confinanti, con gli esemplari spesso in accoppiamento. Coerentemente con il tipo di habitat preferenziale, un sommario esame del con¬ tenuto gastro-intestinale evidenzia un regime alimentare da detritivoro, integrato da una dieta erbivora, più tipica nei grandi Aplysiomorpha. Summary. - The first record of thè species Bursatella leachi , lessepsian immi¬ grane in thè water of thè island of Ischia is reported. This record is a further evi- dence of thè species spreading towards thè northern coasts of thè Tyrrhenian sea. New data on thè distribution of this widespread tropical Opisthobranch along thè coasts of Southern Italy are also reported. It is emphasized that specimens are mainly found in thè Mediterranean sea during thè late Summer and thè Autumn, often coupling, in shallow water, on soft bottom of somewhat eutrophic and confined environments. Coherently with thè preferential habitat, a screening of thè gut content suggests « deposit feeder» habits, integrated by «grazer» habits, these latter more common among thè large Aplysiomorpha. (*) Lavoro eseguito nell’ambito di un programma finanziato dal Comune d’Ischia. (**) Stazione Zoologica di Napoli, Laboratorio di Ecologia del Benthos, 80077 - Ischia (NA). 244 Giovanni Fulvio Russo Introduzione Bursatella leachi è un Aplysiomorfo ad ampia distribuzione geografica, essendo presente con ben sette sottospecie (Eales & Engel, 1935; Beb- bington, 1969) in gran parte dei mari tropicali. In seguito a migrazione les- sepsiana è penetrato da una quarantina d’anni nel Mar Mediterraneo (O’Donoghue & White, 1940; Eales, 1970; Barash & Danin, 1971; Ghi- sotti, 1974) dove si è rapidamente diffuso raggiungendo le coste italiane agli inizi degli anni settanta (Tortorici & P anetta, 1977). Oltre ai rinvenimenti finora noti per il Mediterraneo (Fig. 1), sono da segnalare per le coste italiane anche quelli di Battiato1 e di Perna2 (c.p.). Il primo, nell’ottobre del 1982, dopo aver osservato molti esemplari di questa specie tirati a terra con le sciabiche da pescatori catanesi, ne rac¬ colse due ad una profondità di 4 m., in un prato a Cymodocea nodosa , pro¬ spiciente la scogliera Sud del porto di Catania. Il secondo ha rinvenuto di recente (4.11.1985) numerosi individui della specie nel porto di Gallipoli (Mar Ionio), dopo un primo esemplare ivi raccolto nel novembre 1981 (in Fasulo et al ., 1984). Delle diverse sottospecie, si ritiene presente lungo le coste italiane solo l’indopacifica savignyana Audouin, 1826, coerentemente con quanto osservato da Bebbington (1970) per la vicina Malta, sebbene Parrinello & Catalano (1978) abbiano segnalato anche Bursatella leachi leachi per il litorale palermitano e, pertanto, Cattaneo & Barletta (1984) includano anche quest’ultimo taxon nel loro «Elenco preliminare dei Molluschi Opi- stobranchi viventi nel Mediterraneo». Poco si conosce della biologia ed ecologia di questa specie, per cui è ancora del tutto da definire la sua «nicchia realizzata» ( sensu Whittaker et al ., 1973), soprattutto nell’ambito delle comunità bentoniche medi- terranee. Un buon approccio a questa problematica è costituito dalle indagini sul comportamento alimentare, poiché contemplano aspetti sia di tipo autoecologico, per la definizione delle esigenze trofiche della specie, sia di tipo sinecologico, per la valutazione dell’impatto della specie stessa sulla componente biotica dell’ambiente in cui vive. 1 Istituto di Botanica dell’Università di Catania. 2 Gruppo Malacologico Campano, sezione locale della Società Italiana di Mala- cologia. Segnalazione di Bursatella leachi, ecc. 245 246 Giovanni Fulvio Russo Dati sul ritrovamento Un esemplare di Bursatella leachi è stato rinvenuto durante un’immer¬ sione con AR.A. nel novembre 1984, su di un prato misto a Cymodocea nodosa e Zostera noltii dell’isola d’Ischia. Il prato si estende da lm a 5m di profondità, dinanzi alla spiaggia di S. Pietro, lungo il litorale Nord dell’isola (Buia et al., 1985). L’esemplare è stato raccolto alla base delle foglie delle fanerogame, ad una profondità di 4m circa, in prossimità di uno scalino, che segna il mar¬ gine profondo del prato. Un’accurata esplorazione del sito non ha rivelato la presenza di altri individui di questa specie. L’esemplare, lungo una decina di centimetri, era di colore bruno, con macchie nerastre; il pattern pigmentario, che viene assunto come principale discriminante a livello sub¬ specifico, ne suggerisce quindi l’appartenenza alla sottospecie savignyana , tipica del Mar Rosso, unica a non presentare i caratteristici «ocelli», diver¬ samente colorati nelle varie sottospecie (cfr. Eales & Engel, 1935; Beb- bington, 1969, 1970; Catalano et al., 1978). Morto durante il trasporto in Laboratorio, l’esemplare è stato fissato in formalina neutralizzata al 5% e successivamente sezionato per l’analisi del contenuto gastro-intestinale (Tav. 1). Diffusione progressiva nel Golfo di Napoli Il ritrovamento ischitano va ad aggiungersi alla prima segnalazione per il golfo di Napoli di Fasulo, Perna & Toscano (1984). E interessante rilevare come i primi ritrovamenti nelle varie località del Golfo si siano susseguiti in scala temporale marcando con coerenza una rapida e graduale distribuzione lungo la costa di questa specie, tipicamente a sviluppo indiretto, con veliger pelagici (Bebbington, 1969; Bello, 1982): - Novembre 1983, Sansone (in Fasulo et al., 1984), Napoli; - Gennaio 1984, Villani (in Fasulo et al., 1984), Baia; - Novembre 1984, Russo, Ischia (cfr. Fig. 2). Sempre per il golfo di Napoli è da segnalare ancora che Peluso3 (c.p.), nei pressi del Castello dell’Ovo (Napoli), ha osservato ai primi di ottobre 1984, quindi circa un anno dopo le prime segnalazioni per la zona e quasi contemporaneamente al primo ritrovamento ischitano, un gran numero di esemplari della specie, molti dei quali in accoppiamento. Gli esemplari erano per lo più su sabbia, in prossimità di una scogliera con abbondante 3 Istituto Universitario Navale, Napoli. Segnalazione di Bursatella leachi, ecc. 247 Fig. 2. - Ritrovamenti di Bursatella leachi nel Golfo di Napoli. 1) Napoli - Novembre 1983; 2) Baia - Gennaio 1984; 3) Ischia - Novembre 1984. copertura aigaie, che degrada dai 2 m ai 10 m di profondità. Nella stessa zona Peluso ha assistito, nei successivi mesi autunnali ed invernali, ad una vera e propria « esplosione » della popolazione, con la presenza di centinaia di indivi¬ dui, che sono poi del tutto scomparsi agli inizi della stagione primaverile l. 1 Riguardo alla presenza di B. leachi nel golfo di Napoli si deve ancora segna¬ lare che, mentre la presente nota era in stampa, F. Savastano ha raccolto due indivi¬ dui della specie (ottobre 1986) su di un fondo a Cymodocea nodosa (-5 m di prof.) prospiciente la località «Corricella» delFisola di Procida. Gli esemplari, osservati in acquario, sembrano appartenere, a differenza di quello raccolto nella vicina Ischia, alla sottospecie B. I. leachi , per la caratteristica presenza di ocelli bruno-verdastri. 248 Giovanni Fulvio Russo Contenuto stomacale ed intestinale Sia nello stomaco che nell’intestino dell’esemplare d’Ischia è stata rin¬ venuta una grande quantità di sedimento, per lo più sabbia fine, da cui sono stati estratti rari frammenti indeterminabili di Policheti ed Antìpodi, insieme a tracce di Macrofite. Numerosi i frustuli di Diatomee, sia tipica¬ mente epifite (generi Grammatophora e Licmophora) sia, e soprattutto, epi- peliche (generi Amphora e Stauroneis). Presente anche qualche piccolo frammento di fibre vegetali, probabilmente detrito delle foglie del prato. La matrice sabbiosa risulta essere, comunque, la componente di gran lunga più abbondante nel tubo digerente. Sebbene l’esame di un unico contenuto gastro-intestinale non possa considerarsi sufficiente per ricavare informazioni precise sul regime ali¬ mentare della specie, c’è da dire che la grandissima quantità di sedimento rinvenuta fa propendere, concordemente con quanto suggerito da Lowe & Turner (1976) per la caraibica Bursatella leachi pleii , per una dieta da detrivoro o, per dirla con Peres (1976), da «mangiatore del film superfi¬ ciale dei sedimenti». D’altro canto la ridotta capacità dell’apparato dige¬ rente lascerebbe escludere abitudini di tipo limivoro. Peraltro le osservazioni del Dr. Fiorito, che ha mantenuto vivo in acquario per circa tre settimane uno degli esemplari raccolti a Napoli (di cui in Fasulo et al ., 1984), sembrano confermare queste deduzioni. Prove di alimentazione effettuate con diverse macrofite (dei generi Ulva, Entere- morpha, Graeilaria, Pteroeladia ), generalmente appetite dalle più comuni Aplysia spp (Fiorito et al., 1985), hanno dato esito negativo. L’animale mostrava invece una preferenza esclusiva per la fanghiglia organogena che si depositava sul fondo o sulle pareti dell’acquario, ingerendo grandi quan¬ tità di sedimento e deponendo feci simili a quelle degli Oloturoidi (cordoni di sabbia compattata da mucillagine.) Per contro la presenza di mascelle e di una radula tipicamente da erbi¬ voro (cfr. ad es. Bebbington, 1970) trova riscontro nelle prove di alimenta¬ zione condotte da Wu (1980), su esemplari di B. leachi migrati per la ripro¬ duzione sui fondali di Tolo Harbour (Hong Kong). Questo Autore, infatti, ha registrato una netta preferenza per Enteromorpha prolifera , sebbene non fosse né la più abbondante né quella a più alto contenuto calorico tra le alghe presenti nel sito di raccolta. Prevalenza di resti di «ulvacee», insieme a sedimento, è stata anche rilevata da Toscano (c.p.) ad un esame sommario di stomaci esemplari rac¬ colti a Napoli (di cui in Fasulo et al., 1984). Segnalazione di Bursatella leachi, ecc. 249 Considerazioni conclusive Anche se generalmente si ritiene presente in Mediterraneo la sola sot¬ tospecie B. I. savignyana , in effetti sono mancate osservazioni adeguate su gran parte degli esemplari raccolti, soprattutto in Italia, per cui non sarebbe da escludere la presenza di altre sottospecie, come ad esempio B. I. leachi , già segnalata da Parrinello & Catalano (1978). A supporto di tale ipotesi sembrerebbero concorrere i diversi patterns pigmentari riscon¬ trati per esemplari provenienti dalle differenti località; l’esemplare ischi- tano, come detto, è molto simile a B. I. savignyana illustrata da Piani (1980), mentre quello raccolto a Gallipoli da Perna (in Fasulo et al., 1984) presentava caratteristici ocelli di colore verde-azzurro, il che suggerisce la sua appartenenza alla sottospecie B. I. leachi , a più ampia distribuzione indo-pacifica. Da quanto noto in letteratura per il Mediterraneo e da quanto riscon¬ trato direttamente, sembra che la specie ricorra soprattutto su substrati incoerenti di tipo fangoso o sabbioso, con abbondante componente siltoso- organogena («muddy bottoms» in Bebbington, 1970; «fondi sabbiosi» in Parrinello & Catalano, 1978; «fondi melmosi» in Palazzi & Bocco- lini, 1980; «détritiques envasés» in Piani, 1980; «fondo fangoso a Cymo- docea» in Bello, 1982; «fondo sabbioso detritico» e «fondo fangoso con Caulerpa» in Fasulo et al., 1984; ecc.). Indicativo sembra essere il fatto che quasi sempre gli esemplari sono stati rinvenuti in un arco di tempo che va dalla tarda estate aH’inverno, tal¬ volta in accoppiamento. Questo, infatti, suggerirebbe che, parimenti a gran parte degli altri Aplysiomorpha, come i grossi Aplysidi (Thompson, 1976) od i piccoli Dolabriferidi (cfr. Fasulo et al. , 1984, a), durante la stagione tardo-estiva gli adulti si portino su fondali bassi e riparati per l’accoppia¬ mento e l’ovodeposizione; l’unico loro rinvenimento in profondità (-22 m; in Piani, 1980), nel mese di luglio, confermerebbe questa ipotesi. Altrettanto interessante è che con gli anni il fenomeno vada assu¬ mendo, nelle zone in cui è accertata la presenza della specie, addirittura carattere «infestante», soprattutto in ambienti litorali con un certo grado di «confinamento» ( sensu Guelorget & Perthuisot, 1983) e di eutrofiz¬ zazione, quali ad esempio i bacini portuali o anche lagunari5. Coerentemente con il tipo di habitat, le osservazioni sul contenuto gastro-intestinale e le prove di alimentazione, sebbene ancora scarse e 5 II rinvenimento di numerosi esemplari di B. leachi nella laguna di Venezia, segnalato da CESARI et al. (1986), mentre la presente nota era in stampa, sembra confermare ampiamente le argomentazioni esposte. 250 Giovanni Fulvio Russo frammentarie, lasciano supporre un regime alimentare da microfago non selettivo, che può essere integrato dal pascolo di macrofite soprattutto allorquando gli individui di Bursatella si portano su bassi fondali per la riproduzione. Non sarebbe da escludere, infatti, anche per questa specie, un cambiammento nella dieta, a sostegno di particolari esigenze energe¬ tiche che intervengono durante la fase riproduttiva. Ringraziamenti Si ringraziano: la Dr. Lucia Mazzella ed il Dr. Valerio Zupo, per la col¬ laborazione nell’esame del contenuto gastro-intestinale; il Prof. Giulio Melone ed il Sig. Stefano Palazzi, per il reperimento di parte della lettera¬ tura; il Sig. Oreste Albanesi, per le foto della tavola; i componenti del Gruppo Malacologico Campano, sezione locale della Società Italiana di Malacologia, per gli utili suggerimenti. 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Segnalazione di Bursatella leachi, ecc. 251 Fasulo G., Perna E. & Toscano F. (1984) - Prima segnalazione di Bursatella leachii savignyana Audouin, 1826, per il golfo di Napoli. Boll. Malacologico , 20, (5-8), 161-163, (Milano). Fasulo G., Izzillo F., Russo G. F., Toscano F. & Villani G. (1984a) - Nota su Peta¬ lifera petalifera (Rang, 1828) (Gastropoda, Opisthobranchia, Aplysiomorpha), specie mediterranea poco conosciuta. Considerazioni sistematiche, ecologiche e biogeografi che. Boll. Malacologico , 20, (9-12), 263-272, 1 tav., (Milano). Fiorito G., Lepore C., Capuano C. & Bergamo P. (1985) - Preliminary notes on fee- ding behavior of Aplysia genus (Gastropoda: Opisthobranchia) in thè bay of Naples. Boll. Soc. Natur. Napoli , 94 (nel presente volume). Ghisotti F. (1974) - Recente penetrazione in Mediterraneo di Molluschi marini di provenienza Indo-Pacifica. Quad. C/v. Staz. Idrobiol. Milano , 5, 7-22, 1 tab., 3 tavv. Guelorget O. & Perthuisot J. P. (1983) - Le domaine paralique. 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Natur. Napoli, 1985 Giovanni Fulvio Russo, Segnalazione di Bursatella leachi, ecc. Tav. I Boll. Soc. Natur. Napoli voi. XCIV, 1985, pp. 255-285, fig. 1, tavv. VII Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti lungo le coste della Campania e della Puglia (*) Nota del socio Emma Taddei Ruggiero (**) Riassunto. - Vengono studiati Megathyrididae attuali di alcune località delle coste della Campania e della Puglia (Italia Meridionale), provenienti da dragaggi o da raccolta diretta. Le specie considerate sono: Megathiris detruncata (Gmelin), Argyrotheca cuneata (Risso) e A. cordata (Risso) e sono rappresentate da individui in diversi stadi di sviluppo; provengono dalle biocenosi del Detritico Costiero (DC) e del Coralligeno (C). È stata studiata l’ultrastruttura del guscio delle tre specie per ricercare eventuali differenze sensibili tra di esse. Summary. - This is a study of some present-day Megathyrididae from Coastal sites in Campania and Puglia (Southern Italy), obtained from dredging or picked up singularly. The species considered are Megathiris detruncata (Gmelin), Argyrotheca cuneata (Risso) and A. cordata (Risso); they are represented by individuate in diffe- rent development stages, from Coastal Detritic (DC) and Coralligenous (C) bioceno- sis. The shell ultrastructure of thè three species has been studied in order to find out sensible differences among them. Termini chiave. - Brachiopoda, Megathyrididae, Recenti, Ecologia, Ultrastruttura. Introduzione Scopo di questo lavoro è di ampliare le conoscenze sui Megathyrididae viventi, sia dal punto di vista ecologico che dell’ultrastruttura del guscio. I Megathyrididae sono ben conosciuti dal punto di vista anatomico, embriologico e fisiologico in seguito ai fondamentali lavori di Shipley (1883), di Lo Bianco (1888) e più recentemente di Atkins (1960). Sono specie ampiamente diffuse nel Mediterraneo, raccolte in numerose campa¬ gne oceanografiche e descritte da vari autori, fra i quali Davidson (1886-8), Fischer & Oehlert (1891), Dall (1920), Logan (1979). (*) Lavoro eseguito con il contributo del M.P.I. 60% 1985. (**) Dipartimento di Scienze della Terra, Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 256 Emma Taddei Ruggiero Vengono studiate in questo lavoro Megathyrididae prelevati lungo le coste di alcune località della Campania e della Puglia. Gli esemplari appartengono a: Megathiris detruncata (Gmelin) Argyrotheca cuneata (Risso) Argyrotheca cordata (Risso) Provenienza del materiale Gli esemplari studiati provengono da (Fig. 1): 1) Procida - Punta Pioppeto, -6 m; tanatocenosi da un accumulo di detrito organico su cui è impiantato il posidonieto A. cuneata, A. cordata. Coll. Crovato. 2) Capri - fondi detritici a melobesie dinanzi alla Grotta Azzurra, a 100 m dalla costa, -70, -90 m M. detruncata, A. cuneata, A. cordata. Coll. Stazione Zoologica di Napoli. Sorrento 3a) Capo di Sorrento - parete di una grotta a -25 m A. cuneata, A. cordata. Coll. Stazione Zoologica di Napoli. 3b) Marina Lobra - detrito organico su cui è impiantato il posidonieto A. cuneata, A. cordata. Coll. Crovato. 4) Santa Maria di Castellabate (SA) - esemplari raccolti su un’ancora pescata a -35 m M. detruncata, A. cuneata, A. cordata. Coll. prof. Moncharmont. Golfo di Policastro 5a) Campione Gp. 81, 58-B3 raccolto con una benna in una campagna effettuata dalla Stazione Zoologica di Napoli, -22 m. Il sedimento è costi¬ tuito da sabbia biodetritica (Sgarrella, Barra & Improta, 1983) A. cuneata, A. cordata. Coll. Stazione Zoologica di Napoli. 5b) Scario - sabbia alla base del posidonieto, -6 m A. cuneata. Coll. Crovato. 6) Golfo di Taranto - Mar Grande, dragaggio no. 408 profondità -100 m; fondo di alghe coralline caratterizzato dal predominio di Lithothamnium e Lithophyllum (Parenzan, 1983) M. detruncata , A. cuneata, A. cordata. Coll. Parenzan. Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. 257 Porto Cesareo 7a) Fondo a Peyssonelia rosa-marina , -70 m, che costituisce un’oasi davanti a Porto Cesareo (Parenzan, 1983, p. 525). I brachiopodi fanno parte di una «criptobiocenosi», comunità di elementi piccoli che vivono negli interstizi e anfrattuosità dei talli calcificati tra i -19 e i -70 m di pro¬ fondità. M. detruncata, A. cuneata. Coll. Parenzan. 7b) Dragaggio no. 639, -67 m fondo a coralline A. cordata. Coll. Parenzan. Fig. 1. - Località di campionamento degli esemplari studiati: 1) isola di Procida; 2) isola di Capri; 3) Sorrento; 4) S. Maria di Castellabate; 5) golfo di Poli- castro; 6) golfo di Taranto; 7) Porto Cesareo; 8) secche di Ugento; 9) Tri- case; 10) Castro Marina; 11) Otranto. 258 Emma Taddei Ruggiero 8) Secche di Ugento - profondità -110 m M. detruncata. Coll. Parenzan. Tricase 9a) Dragaggio no. 516, -40 m, detritico A. cordata. Coll. Parenzan. 9b) Dragaggio no. 504, -27 m, detritico. Parenzan (1983, p. 455) lo indica come «Sabbione ad Anfiossi»: sedimento costituito da un ammasso di frammenti di conchiglie (attuali, subfossili e fossili) ricco di fine detrito, che emana odore di leggera soluzione fenica o di iodio. Gli organismi rac¬ colti sono per la maggior parte morti. M. detruncata, A. cordata. Coll. Parenzan. 9c) Dragaggio no. 509, -50 m, fondo ad alghe coralline. M. detruncata, A. cordata. Coll. Parenzan. Castro Marina IOa) Torre Sasso (S di Castro Marina) - dragaggio no. 528, -30 m detritico «Sabbione ad Anfiossi» (vedi lOb) M. detruncata, A. cuneata. Coll. Parenzan. lOb) S di Castro Marina - fondo ad alghe coralline, -60 m A. cuneata, A. cordata. Coll. Parenzan. 11) Otranto - raccolti su rami di Corallium rubrum a -65 m M. detruncata, A. cordata. Coll. Parenzan. Modalità di campionamento e metodi di studio Il campionamento è avvenuto con metodi diversi: raccolta diretta da parte di subacquei per i brachiopodi delle località 3a, 4, 11; raccolta diretta di un campione di sedimento di circa 1 kg per i detriti di bassa profondità delle località 1, 3b, 5b; dragaggi per i rimanenti. I campioni delle località 2, 3a, 5a sono stati prelevati dalla Stazione Zoologica di Napoli, quelli della località 4 dal Prof. Ugo Moncharmont, quelli delle località 1, 3b, 5b dal Dr. Crovato e sono conservati nel Diparti¬ mento di Scienze della Terra dell’Università di Napoli; quelli da 6 a 1 1 proven¬ gono dalla collezione del Prof. Pietro Parenzan direttore dell’Istituto di Biolo¬ gia Marina di Porto Cesareo (LE) e sono conservati nel Museo dello stesso Istituto; ulteriori notizie circa i dragaggi e le associazioni rinvenute assieme ai brachiopodi sono riportate in «Puglia Marittima» (Parenzan, 1983). Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. 259 La classificazione seguita è quella di Muir-Wood, Elliot & Kotora Hatai (1965). Per lo studio delfultrastruttura del guscio sono state eseguite sezioni lon¬ gitudinali secondo il piano di simmetria e trasversali perpendicolari alle prime; altre osservazioni sono state fatte sulle superfici esterna ed interna del guscio. La porzione studiata, se non è specificato altrimenti, è quella della parte centro anteriore della conchiglia. Lo studio è stato eseguito al SEM del Centro interdipartimentale geomineralogico dell’Università di Napoli. Descrizioni sistematiche Phylum Brachiopoda Dumeril, 1806 Classe Articulata Huxley, 1869 Ordine Terebratulida Waagen, 1883 Sottordine Terebratellidina Muir-Wood, 1955 Superfamiglia Terebratellacea King, 1850 Famiglia Megathyrididae Dall, 1870 Genere Megathiris d’Orbigny, 1847 Megathiris detruncata (Gmelin) (Tav. 1, figg. 6-8; Tav. 2, figg. 10-12; Tav. 3, figg. 3, 8-9; Tav. 5, figg. 1-4; Tav. 6, figg. 5-6; Tav. 7, figg. 2, 4) 1791 Attornia detruncata Gmelin, p. 3347 1920 Megathyris detruncata Dall, p. 332 cum syn. 1923 Megathyris decollata Maugeri PatanÉ, p. 109, tav. 17, figg. 9-19 1979 Megathiris detruncata Logan, p. 55; tav. 6, figg. 1-13 1983 Megathiris detruncata Taddei Ruggiero, p. 369; tav. 5, figg. 1-9; tav. 6, figg. 1-6; tav. 7, figg. 1-9, 14 1983 Megathiris detruncata Gaetani & Saccà, p. 17, tav. 9, figg. 10-12; tav. 10, figg. 11-14 1983 Megathiris detruncata Logan & Noble, p. 38, tav. 2, figg. 11-15 Materiale esaminato Capri (2); -70, -90 m; fondi detritici a melobesie; 7 adulti Santa Maria di Castellabate (4); -35 m; ancora; 5 adulti Taranto (6); -100 m; coralligeno; 4 adulti 260 Emma Taddei Ruggiero Porto Cesareo (7a); -70 m; coralligeno; 6 adulti Secche di Ugento (8); -110 m; 8 adulti Tricase (9b); -27 m; detritico; 168 individui interi, 13 valve pedunco- lari, 6 valve brachiali Tricase (9c); -50 m; coralligeno; 6 adulti Torre Sasso (IOa); -30 m; detritico; 4 adulti Otranto (11); -65 m; coralligeno; 12 adulti. Descrizione - Caratteri esterni. - Conchiglia di piccole dimensioni, più larga che lunga, con contorno sub circolare, con valva peduncolare più con¬ vessa della brachiale. La larghezza massima della conchiglia si può avere nella zona cardinale, oppure nella parte mediana della valva. La linea car¬ dinale è lunga e dritta. Le coste opposte e larghe variano da 4 a 10; negli esemplari adulti, daH’umbone iniziano 6 coste e le altre si intercalano ad esse. Le strie di accrescimento sono ben evidenti soprattutto nella parte anteriore degli esemplari adulti. Caratteri interni. - Valva peduncolare con denti trasversalmente allun¬ gati, privi di lamelle dentali e denticeli; è presente il collare peduncolare a cui si attacca il setto mediano poco prominente; ai lati di questo si hanno altri due setti molto leggermente rilevati che raggiungono quasi la fronte della valva. Valva brachiale (tav. 3, fig. 3; tav. 4, fig. 1) con fossette allun¬ gate dai bordi prominenti, crura corte da cui partono i due nastri del bra- chidio che rimangono quasi attaccati alla valva e sono sorretti dal setto mediano e dai due setti laterali. Il setto mediano inizia al di sotto del pro¬ cesso cardinale, i due laterali verso la metà della valva, tutti terminano quasi al bordo frontale della conchiglia. Lofoforo ptycolofo che passa attraverso lo stadio schizolofo; fino a questo stadio è molto difficile distinguere questa specie da A. cuneata quando in quest’ultima manca la colorazione rossa negli spazi intercostali. Dimensioni (in mm) lu la sp 1. 7-4.3 2.3-4. 7 1.2-2.2 Osservazioni. - A Capri, nei fondi detritici a melobesie in vicinanza della Grotta Azzurra, M. detruncata è abbastanza frequente ed è associata oltre che ad A. cuneata ed A. cordata , anche a Megerlia francata . I campioni provenienti dal dragaggio no. 504 di Tricase mostrano un diverso stato di conservazione; alcuni individui sono perfettamente conser- Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. 261 vati, altri sono più o meno usurati, è da notare comunque che alcune valve brachiali disarticolate mostrano il brachidio ancora intatto. Gli esemplari provenienti dalle altre località sono tutti ben conservati. Considerazioni ecologiche. - La specie è stata rinvenuta da -27 a -1 10 m sia su substrati mobili (Detritico Costiero), sia su substrati duri (Coralligeno). Distribuzione della specie. - M. detruncata attualmente è diffusa nelle province Mediterranea, Lusitanica dal Golfo di Guascogna alle coste del Sudan (Fischer & Oehlert, 1891), Boreale e Mauritanica (Fredj, 1974). È una specie caratteristica del piano circalittorale nelle biocenosi del Coral¬ ligeno (C) (Pérès & Picard, 1958); Logan (1979) la cita anche nelle biocenosi delle grotte oscure e nelle biocenosi dei sedimenti detritici costieri (DC). Per quanto riguarda la profondità, è stata segnalata da Logan (1979) da 0 a -200 m con forte impoverimento da -160 m; da Fredj (1974) da 0 a -300 m; da Caulet (1967) da -20 a -145 m; da Fischer & Oehlert (1891) dalla zona delle Laminarie (0-28 m) a quella abissale; in grotte è stata segnalata dalla profondità di -10 m (Logan, 1979; Monteiro-Mar- quès, 1981). Età. - È una specie comune nell’area mediterranea a partire sicura¬ mente dal Neogene, la sua presenza nell’Eocene è dubbia (Davidson, 1970). Genere Argyrotheca Dall, 1900 Argyrotheca cuneata (RISSO) (Tav. 1, fìg. 5; Tav. 2, figg. 8-9; Tav. 3, fìgg. 2, 6-7; Tav. 6, Figg. 6, 7-8); Tav. 7, fìgg. 1, 5-6) 1826 Terebratula cuneata Risso, p. 388; tav. 12, Fig. 179 1836 Terebratula cuneata Philippi, p. 96; tav. 6, fìg. 13 1920 Argyrotheca cuneata Dall, p. 326 (cum syn.) 1920 Argyrotheca cuneata var. pera Dall, p. 327 1920 Argyrotheca cuneata var. pantel laria Dall, p. 327 1979 Argyrotheca cuneata Logan, p. 45; tav. 4, fìgg. 1-12 1979 Argyrotheca cuneata Benigni & Corselli, p. 132; tav. 1, fìg. 1 1983 Argyrotheca cuneata Logan & Noble, p. 38; tav. 2, fìgg. 6-10 262 Emma Taddei Ruggiero Materiale esaminato Procida (1); -6 m; detritico alla base del posidonieto; 4 adulti, 13 giovani Capri (2); -70, -90 m; fondo detritico a melobesie; 2 adulti Sorrento (3a); -25 m; grotta; 1 adulto, 1 giovane Marina Lobra (3b); -6 m; detritico; 2 giovani S. Maria di Castellabate (4); -35 m; ancora; 8 adulti Golfo di Policastro (5a); -22 m; detritico; 12 giovani Scario (5b); -6 m; detritico alla base del posidonieto; 1 adulto Golfo di Taranto (6); -100 m; coralligeno; 6 adulti, 1 valva pe- duncolare Porto Cesareo (7a); -70 m; coralligeno; 1 adulto Torre Sasso (IOa); -30 m; detritico; 1 adulto Castro Marina (lOb ); -60 m; coralligeno; 3 adulti Descrizione - Caratteri esterni. - Conchiglia di piccole dimensioni, da subcircolare a trasversalmente subrettangolare, umbone più o meno promi¬ nente, con largo foramen hypothirididae , delimitato da piccolissime plac- chette deltidiali disgiunte. Linea cardinale lunga e dritta, larghezza mas¬ sima della conchiglia nella parte centrale del guscio; ornamentazione costi¬ tuita, nei giovani, da 4 coste opposte appena accennate che iniziano a circa 0.7 mm dall’umbone, nell’adulto diventano da 7 a 9, più o meno rilevate a seconda degli individui, con spazi intercostali colorati di rosso, soprattutto alla fronte; il colore del resto della conchiglia è chiaro; la superficie del guscio è grossolanamente punteggiata. Le strie di accrescimento sono visi¬ bili già a piccola distanza dall’umbone e sono più evidenti negli esemplari in cui le coste sono meno rilevate. Commissura da rectimarginata a legger¬ mente uniplicata. Caratteri interni. - Valva peduncolare con denti trasversalmente allun¬ gati, privi di lamelle dentali; collare peduncolare presente, ma non massic¬ cio, sorretto da un setto mediano che termina verso la metà della lun¬ ghezza della valva (tav. 2, fig. 8). Valva brachiale con fossette dentali allun¬ gate, crura distanziate dalle cui basi partono i due nastri del brachidio che rimangono aderenti alla valva e si attaccano al setto mediano; questo inizia dal piccolo processo cardinale e termina quasi al margine anterire della valva; nella sua metà anteriore diventa molto prominente ed ha due apofisi ad uncino rivolte verso la parte posteriore della valva (tav. 3, fig. 2). Lofo- foro schizolofo. Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. 263 Dimensioni (in mm) lu la sp 1 .4-3.0 1. 7-3.2 0. 7-1.6 Osservazioni. - A Capri A. cuneata è stata pescata con uova e larve nel mese di Febbraio (Lo Bianco, 1888). Nella stessa località sono stati rac¬ colti da De Stefanis anche esemplari privi di colorazione rossa negli spazi intercostali (var. pantellaria Dall, 1920); questi non sono però presenti nella collezione da me studiata. In questa località A. cuneata è associata oltre che a M. detruncata e A. cordata , anche a Megerlia truncata. Tutti gli esemplari sono in ottime condizioni. Considerazioni ecologiche. - La specie è stata rinvenuta da ~6 a -100 m, sia in biocenosi del Detritico Costiero che in quelle del Coralligeno, spesso attaccata ai rami di celenterati (es. Corali ium rubrum), o ai talli di alghe ( Peyssonelia rosa-marina). Distribuzione della specie. - Attualmente la specie è diffusa in tutto il Mediterraneo. Vive nei piani infra e circalittorale; è caratteristica della biocenosi del Coralligeno (Pérès & Picard, 1964, p. 80). Si rinviene anche sulle pareti di grotte sottomarine (Monteiro-Marquès, 1981) e in sedimenti del Detritico Costiero (Logan, 1979; Picard, 1965; e altri). Per quanto riguarda la profondità Logan (1979) la rinviene da 0 a -150 m con netta diminuzione al di sotto dei -100 m; Fredj (1974) da -50 a -200 m; in grotte è presente già da -4 m (Logan, 1979; Monteiro- Marquès, 1981). Età. - È dubbia la presenza di A. cuneata allo stato fossile (Davidson, 1870). Argyrotheca cordata (RISSO) (Tav. 1, Figg. 1-4; Tav. 2, fìgg. 1-7; Tav. 3, figg. 1, 4-5; Tav. 4, Figg. 1-6; Tav. 5, Fig. 5; Tav. 6, Figg. 1-3; Tav. 7, Fig. 3) 1826 Terebratula cordata Risso, p. 389 1836 Terebratula neapolitana SCACCHI, p. 8 1920 Argyrotheca cordata Dall, p. 327 (cum syn.) 1920 Argyrotheca cordata exopleura Dall, p. 328 264 Emma Taddei Ruggiero 1979 Argyrotheca cordata Logan, p. 50; tav. 5, figg. 1-12 1979 Argyrotheca cordata Benigni & Corselli, p. 134; tav. 1, fig. 2 1983 Argyrotheca cordata Taddei-Ruggiero, p. 371; tav. 7, figg. 10-11 1983 Argyrotheca cordata Logan & Noble, p. 38; tav. 2, figg. 1-5 Materiale esaminato Procida (1); —6 m; detritico; 24 adulti, 7 giovani Capri (2); —70, —90 m; fondo detritico a coralline; 1 adulto, 1 giovane Sorrento (3 a); —25 m; grotta; 2 adulti Marina Lobra (3b); —6 m; detritico; 2 adulti, 2 giovani S. Maria di Castellabate (4); —35 m; ancora; 2 adulti Golfo di Policastro (5a); —22 m; detritico; 18 giovani Taranto (6); —100 m; coralligeno; 3 adulti Posto Cesareo (7b); —67 m; coralligeno; 8 adulti, 1 valva peduncolare Tricase (9a); —40 m; detritico; 13 adulti, 1 valva peduncolare (9b); —27 m; detritico; 22 adulti, 2 valve peduncolari (9c); —50 m; coralligeno; 1 adulto Castro Marina (lOb); coralligeno; 2 adulti, 1 giovane Otranto (11); —65 m; coralligeno; 5 adulti Descrizione - Caratteri esterni. - Conchiglia biconvessa di piccole dimensioni; negli individui molto giovani (Tav. 2, fig. 1) ha contorno subo¬ vale e lunghezza maggiore della larghezza, poi gradualmente (figg. 2-5) il contorno diventa più slargato alla fronte, assume la caratteristica forma a cuore e diventa più larga che lunga. Un leggero seno mediano è presente in tutte e due le valve e dà alla conchiglia un contorno più o meno bilo¬ bato. La superficie della conchiglia può essere liscia o ornata al massimo da 6 coste molto lievi e larghe. Umbone largo, più o meno prominente con foramen hypothirididae , delimitato da piccole placchette deltidiali disgiunte; negli individui molto giovani il contorno nel foramen è ellittico (tav. 2, figg. 1, 2, 4). Le strie di accrescimento son ben evidenti sin dai primi stadi di sviluppo. Linea cardinale dritta, ma non molto lunga, lar¬ ghezza massima della conchiglia nella parte centro-anteriore della valva. La commissura anteriore può essere rettimarginata (specialmente nei giovani), sulcata, se il seno è presente solo nella valva brachiale, o ligata se il seno è presente in tutte e due le valve. Il colore è chiaro, traslucido, la superficie grossolanamente punteggiata. Caratteri interni. - Valva peduncolare con denti piccoli, allungati, privi di denticula. Collare peduncolare presente, sorretto da un setto mediano Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. 265 rialzato e acuto che si estende fin quasi ai 2/3 della lunghezza della valva. Gli individui fino a 0.8 mm di lunghezza sono ancora privi di setto. Valva brachiale con fossette dentali allungate (tav. 4, figg. 1-6). Il setto mediano non è connesso col processo cardinale, ma inizia ad 1/3 circa della lun¬ ghezza della valva e termina quasi alla fronte (tav. 4, fìgg. 1-2); esso nella metà anteriore è molto rialzato, a sezione triangolare e con bordo libero dentellato (massimo 6 dentelli) e raggiunge la sua massima altezza quasi al centro della valva (tav. 3, fìg. 1). Il brachidio è analogo a quello di A. cuneata. Il margine interno della valva è dentellato, anche negli esemplari giovani. Il lofoforo è schizolofo. Dimensioni (in mm) lu la sp 0.4-3. 0 0.35-2.7 0.15-1.2 Osservazioni. - A Capri questa specie è associata a M. detruncata , A. cuneata e Megerlia truncata. È stata pescata con uova e larve nel mese di febbraio (Lo Bianco, 1888). Acton e Uberi hanno raccolto, assieme alla forma tipica, esemplari che Dall (1920) attribuì alla varietà exopleura , di colore più scuro, senza coste, con umbone più prominente; nel materiale da me studiato non erano presenti esemplari simili. Tutti gli esemplari studiati sono in ottime condizioni. Considerazioni ecologiche. - La specie è stata rinvenuta da -6 a -100 m, sia in biocenosi del Detritico Costiero che in quelle del Coralligeno. Distribuzione della specie. - Attualmente è diffusa nelle Province Mediterranea e Mauritanica nei piani infra e circalittorale nelle biocenosi del DC e del C, di solito associata ad A. cuneata (Logan, 1979; Fredj, 1974 e altri). Pérès & Picard (1964) la considerano come specie caratteristica della biocenosi del coralligeno. Logan (1979) la ricorda da 0 a circa -100 m; Fredj (1974) da 0 a -200 m; Caulet (1967) da -30 a -200 m, frequente Fino a -100 m; Davidson (1886-8) da -100 a -180 m; Jeffreys (1878) da -55 a -240 m; in grotte è presente da -3 m (Logan, 1979). Età. - Compare nel Pliocene superiore. 266 Emma Taddei Ruggiero Ultrastruttura Il guscio dei Megathyrididae è punctato ed è costituito dallo strato pri¬ mario granulare e dallo strato secondario formato da fasci di fibre che hanno, su piani diversi, diverse direzioni. Il brachidio, i denti, i setti sono costituiti da fibre dello strato secondario. TABELLA 1 Valori dei parametri ultrastrutturali studiati nelle tre specie di Megathyrididae: A) spessore del guscio; B) spessore dello strato primario; C) rapporto strato primario/ strato secondario; D) larghezza delle terminazioni delle fibre dello strato secondario sulla superficie interna delle valve; E) diametro dei puncta sulla superficie interna del¬ le valve; F) diametro dei puncta nello strato secondario; G) diametro dei puncta sulla superfìcie esterna delle valve; H) numero di puncta per mm2 Misure in qm. A B c D E F G H M. detruncata 350-400 20 1/9 8-10 15-21 20-25 -30 250-350 A. cuneata 200-230 15 1/8 10-16 -10 -17 30-45 150-200 A. cordata - 140 20 1/9 -12 10-15 10-15 25-35 200-250 Megathiris detruncata. - È la specie che ha il guscio più spesso, nella parte medio anteriore della valva, misura da 350 a 400 qm (Tav. 6, fig. 5); lo strato primario raggiunge i 20 qm (Tav. 7, fig. 2); il diametro dei puncta nello strato secondario è di circa 20-25 qm (Tav. 6, fig. 6); sulla superficie interna è di 17-21 qm e su quella esterna di —30 qm (Tav. 5, figg. 2-4); la larghezza delle terminazioni delle fibre nello strato secondario, di forma spatolata, raggiunge i 10 |im (Tav. 5, fìg. 3). Il rapporto strato primario/ strato secondario è di circa 1/9. La superfìcie delle impronte muscolari nella valva brachiale ha un aspetto mammellonare (Tav. 3, fìg. 9). Il numero di puncta per mm2 è di 250-350. Argyrotheca cuneata. - Ha uno spessore del guscio che nella parte medio anteriore della valva si aggira sui 200-230 qm (tav. 6, fìg. 4-5), lo strato primario raggiunge i 15 qm (Tav. 7, fìg. 1). Il diametro dei puncta nello strato secondario è di circa 17 qm, sulla superfìcie interna della valva è di circa 10 qm e diventa di 30-45 qm sulla superficie esterna della valva (Tav. 7, fìg. 5). La larghezza delle terminazioni delle fibre sulla superfìcie Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. 267 interna delle valve va da 10 a 16 pm (Tav. 3, fig. 7). Il rapporto tra strato primario e strato secondario è di circa 1/8. Il numero di puncta per mm2 è di 150-200. Argyrotheca cordata. - Ha il guscio il cui spessore, sempre nella parte medio anteriore della conchiglia, si aggira sui 140 pm e risulta il più sot¬ tile delle tre specie studiate (Tav. 6, fìgg. 1, 3), lo strato primario è di circa 20 pm (Tav. 7, fig. 3). Il diametro dei puncta nello strato secondario va da 10 a 15 pm, sulla superficie interna delle valve da 10 a 15 pm (Tav. 5, fig. 5) e sulla superfìcie esterna arriva a 25-35 pm. La larghezza delle ter¬ minazioni delle fibre sulla superficie interna delle valve raggiunge i 12 pm. Il rapporto strato primario/strato secondario è di 1/9. Il numero di puncta per mm2 è di 200-250. È possibile distinguere le tre specie studiate in base alle caratteristiche strutturali del guscio. Lo spessore del guscio varia notevolmente da 350-400 pm di M. detruncata a 200-230 pm di A. cuneata a 140 pm di A. cordata. Il numero di puncta per mm2 sulla superfìcie esterna va da 250-300 di M. detruncata a 200-250 di A. cordata a 150-200 di A. cuneata. Anche il diametro dei puncta nello strato secondario mi sembra un carattere abbastanza distintivo 20-25 pm per M. detruncata , circa 17 pm per A. cuneata , da 10 a 15 pm per A. cordata. Molto caratteristica è la variazione di diametro dei puncta dalla super¬ ficie interna a quella esterna: in M. detruncata il diametro inizia con 15-21 pm, nello strato secondario aumenta a 20-25 pm e in superficie esterna a — 30 pm; in A. cuneata in superfìcie interna è di circa 10 pm, aumenta a circa 17 pm nello strato secondario, seguita ad aumentare di molto 30-45 pm in superficie esterna; in A. cordata il diametro iniziale è da 10 a 15 pm, resta invariato nello strato secondario e aumenta di parecchio in superfìcie esterna 25-25 pm. Per quanto riguarda le dimensioni delle terminazioni delle fibre dello strato secondario sulla superficie interna, non ci sono variazioni notevoli, il valore massimo va da 10 a 16 pm. Quella che è più interessante è la forma che è sempre spatolata, ma appare più regolare in M detruncata e A. cuneata piuttosto che in A. cordata. Simili in M. detruncata e A. cuneata sono la forma e la disposizione delle fibre nel setto mediano della valva (Tav. 6, figg. 5-7). Ben distinto invece è quello di A. cordata , molto più sottile e alto e con diversa disposi¬ zioni delle fibre (Tav. 6, fig. 1). 268 Emma Taddei Ruggiero CONCLUSIONI Dallo studio dei campioni raccolti si può osservare che tutte e tre le specie vivono sia su substrati duri: biocenosi del Coralligeno, sia su sub¬ strati mobili: biocenosi del Detritico Costiero. Profondità in m 0 5 IO 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 Fig. 2. - Distribuzione batimetrica delle 3 specie di Megathyrididae studiate. Le due specie di Argyrotheca iniziano da una profondittà di -6 m, M. detruncata , da una profondità di -27 m; la profondità massima è raggiunta da quest’ultima specie (-110 m), seguono A. cuneata (-100 m) e A. cor¬ data (-90 m) (Fig. 2). La distribuzione verticale di queste specie pare essere controllata dalla intensità della luce, piuttosto che da altri fattori. Condizione necessaria alla loro vita sembra essere una luce molto attenuata; quando si trovano a bassa profondità, vivono nelle parti meno illuminate (grotte, radici delle posidonie etc.). Pajaud (1974) ritiene che Argyrotheca e Megathiris , presentando le stesse esigenze riguardo all’illuminazione e lo stesso modo di Fissazione, possono ritenersi concorrenti. Dalle osservazioni effettuate sul materiale in studio, non sembra che si possa avvalorare questa ipotesi poiché tutte e tre le specie sono state rinvenute spesso associate da -35 m a -100 m e a volte, anzi, M. detruncata è associata ad una sola Argyrotheca. Non sono state osservate evidenze di danneggiamenti della conchiglia dovuti a predatori. Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. 269 Lo studio deH’ultrastruttura del guscio ha permesso di evidenziare alcune differenze significative tra le tre specie, soprattutto per quanto riguarda lo spessore del guscio, il diametro e la densità dei puncta. Ringraziamenti Ringrazio il prof. Gioacchino Bonaduce, il dr. Paolo Crovato, il prof. Ugo Moncharmont, il prof. Pietro Parenzan, la prof. Franca Sgarrella, per avermi messo a disposizione il materiale studiato, e ringrazio i tecnici del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Napoli, Canzanella, Fiorentino e Vecchione, per l’aiuto prestatomi. BIBLIOGRAFIA Atkins D. (1960) - The ciliary feeding mechanism of thè Megathyridae (Brachio¬ poda), and thè growth stages of thè lophophore. J. mar. biol. Ass. U.K., 39: 459-479, 11 fig. Benigni C. & Corselli C. (1979) - Segnalazione di Argyrotheca cuneata (Risso, 1826) e Argyrotheca cordata (Risso, 1826) (Brachiopoda, Terebratellacea) nel Golfo di Baratti (Livorno). Quad. C/v. Staz. Idrobiol. Milano , 7: 131-138, 1 tav. Caulet J.P. (1967) - Les sédiments meubles à Brachiopodes de la marge continen¬ tale algérienne. Bull. Mus. National Hist. Nat., 39, n. 4: 779-792, figg. 1-4, Paris. Costa O.G. (1851) - Fauna del Regno di Napoli. 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Presentata nella tornata del 29 novembre 1985 Accettata il 21 gennaio 1987 TAVOLE TAVOLA I Figg. 1-4. - Argyrotheca cordata (Risso), esemplari adulti che mostrano la variabi¬ lità del contorno. 1. a-b - es. n. 40, provenienza Golfo di Taranto (6), -100 m; a) valva peduncolare, b) valva brachiale; contorno tipicamente a « cuore ». 2. - es. n. 41, provenienza Tricase (9a), -40 m; valva brachiale. 3. a-b-es. n. 42, stessa provenienza; a) valva peduncolare, b) valva brachiale. 4 - es. n. 43 provenienza Tricase (9b) -27 m; valva brachiale Fig. 5 a-c. - Argyrotheca cuneata (Risso), esemplare adulto n. 44, provenienza Capo di Sorrento (3a), -25 m; a) valva peduncolare, b) valva brachiale, c) interno della valva pedunco¬ lare; gli spazi intercostali, che appaiono più scuri, nell’esemplare sono rossastri. Figg. 6-8. - Megathiris de francata (Gmelin), esemplari in diversi stadi di sviluppo. 6. - es. n. 45, provenienza Tricase, (9b), -27 m, mostra ancora il contorno frontale dentellato dei giovani; valva peduncolare. 7. - es. n. 46, stessa provenienza, adulto con valve semiaperte, in cui si notano i tre setti della piccola valva e il brachidio. 8. - es. n. 47, stessa provenienza, giovane; da notare l’intercalazione di alcune coste. Tutte le Figure x 15; Fig. 7 x 10. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 Taddei Ruggiero E. - Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. Tav. I TAVOLA II Figg. 1-7. - Argvrotheca cordata (Risso) in diversi stadi di sviluppo. 1. - esemplare n. 4, giovane, proveniente dal Golfo di Policastro (5a), -22 m; x71. 2. - id. es. n. 1; x36. 3. - id. es. n. 3; x36. 4. - id. es. n. 2; x36. 5. - id es. n. 5; x42. 6. - esemplare adulto n. 30 proveniente da S. Maria di Castellabate (4), -35 m; valva brachiale; x 16. 7. - id. es. n. 32, veduta della valva peduncolare, esemplare con 6 coste; x 19. Figg. 8-9. - Argyrotheca cuneata (Risso). 8. - es. n. 50; proveniente da S. Maria di Castellabate (4), -35 m; valva peduncolare, interno; x 15. 9. - individuo giovane, proveniente dal Golfo di Policastro (5a), -22 m; es. n. 33, piccola valva; x23. Figg. 10-12. - Megathiris detruncata (Gmelin), esemplari in diversi stadi di sviluppo, valva brachiale. 10. - individuo giovane proveniente da Tricase (9b), -27 m; presenta ancora il margine anteriore lobato, es. n. 56; x 17. 1 1. - individuo adulto stessa provenienza, es. n. 51; x9. 12. - individuo giovane stessa provenienza, es. n. 52, con margine ante¬ riore fortemente lobato; x 19. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 Taddei Ruggiero E. - Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. Tav. II TAVOLA III Interno della piccola valva Figg. 1, 4-6. - Argyrotheca cordata (Risso), proveniente da S. Maria di Casellabate (4), —35 m; es. n. 37. 1. - valva intera, in evidenza il setto mediano dentellato e il bordo della valva tubercolato; l’apice della valva è in basso a sinistra. 4. - particolare del bordo a destra, con i tubercoli e i puncta. 5. - particolare della fig. 4, terminazione delle fibre in corrispondenza dei campi muscolari. Figg. 2, 6-7. - Argyrotheca cuneata (Risso), es. n. 38, stessa provenienza. 2. - valva intera, in evidenza il setto munito di due apofisi ad uncino e le crura ben prominenti; l’apice della valva è in basso a sinistra. 6. - particolare della precedente, in basso a destra in evidenza il bordo della valva leggermente dentellato. 7. - particolare della precedente (parte centrale a destra), si nota la forma delle terminazioni delle fibre e la disposizione dei puncta. Figg. 3, 8-9. - Megathiris detruncata (Gmelin), es. n. 56, stessa provenienza; l’apice è in alto a destra. 3. - valva intera, da notare i bordi interni delle fossette molto prominenti, i setti e, a destra, l’impronta muscolare. 8. - particolare della precedente, a sinistra in basso del setto mediano, terminazioni delle fibre dello strato secondario. 9. - particolare dell’impronta muscolare all’esterno del setto laterale di destra. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 Taddei Ruggiero E. - Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. Tav. Ili TAVOLA IV Figg. 1-6. - Argyrotheca cordata (Risso), es. n. 42, proveniente da Capo di Sorrento (3 a); interno della valva brachiale. 1. - valva intera. 2. - particolare della precedente, processo cardinale. 3. - particolare di fig. 1, apofisi laterali del setto. 4. - particolare di fig. 3, apofisi di destra, non si notano regolari termina¬ zioni di fibre dello strato secondario. 5. - particolare di fig. 1, primo tubercolo in basso del setto mostra la dispo¬ sizione concentrica delle fibre dello strato secondario che lo formano. 6. - particolare di fig. 1 fossetta dentale di destra, allungata trasversalmente e col bordo dentellato. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 Taddei Ruggiero E. - Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. Tav. IV Figg. 1 Fig. 5. TAVOLA V -4. - Megathiris detruncata (Gmelin) 1. - es. n. 53, proveniente da Tricase (9b) —27 m; interno della valva bra¬ chiale che mostra le fossette dentali trasversalmente allungate e dentel¬ late, con bordi interni molto prominenti e le crura da cui partono i nastri del brachidio tangenti alla valva sorretti dai tre setti. 2. - es. n. 58, proveniente da Otranto (11); interno della valva brachiale; bordo anteriore, in evidenza i puncta e le terminazioni delle fibre sul pavimento della valva. 3. - particolare della precedente. 4. - es. n. 59, stessa provenienza del precedente, superficie esterna della valva peduncolare nella porzione centro-anteriore in evidenza la dispo¬ sizione e le dimensioni dei puncta. - Argyrotheca cordata (Risso), particolare di fig. 1, tav. 4, terminazione delle fibre dello strato secondario sul pavimento della valva brachiale nella por¬ zione centro-anteriore. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 Taddei Ruggiero E. - Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. Tav. V TAVOLA VI Sezioni trasversali della piccola valva in corrispondenza del setto mediano; l’esterno della valva è in alto Figg. 1-3. - Argyrotheca cordata (Risso) es. n. 37 proveniente da S. Maria di Castel- labate (Tav. 3, fig. 1). 1. - guscio e setto dorsale lungo e sottile; nel guscio ben evidenti i puncta subparalleli e di grandi dimensioni. 2. - particolare del setto e dell’andamento delle fibre dello strato secondario in corrispondenza. 3. - particolare di fig. 1, parte del guscio alla sinistra del setto, da notare i puncta grandi, che hanno un diametro quasi costante nello strato secondario ed aumentano molto in quello primario. Figg. 5-6. - Megathiris detruncata (Gmelin) es. n. 56, proveniente da S. Maria di Castellabate (Tav. 3, fig. 3). 5. - guscio e setto dorsale corto e massiccio. 6. - particolare della zona centrale della precedente, in evidenza due puncta di diametro quasi costante e subparalleli; da notare che in corrispon¬ denza dei puncta le fibre dello strato secondario vengono deviate verso l’esterno della valva. Figg. 7-9. - Argyrotheca cuneata (Risso) es. n. 38, proveniente da S. Maria di Castel¬ labate (Tav. 3, fig. 2). 7. - guscio e setto dorsale. 8. - particolare della precedente, parte centrale del setto: in evidenza l’anda¬ mento delle fibre dello strato secondario in corrispondenza del setto. 9. - altra parte della sezione: i puncta sono subparalleli, leggermente obli¬ qui rispetto alla superficie interna e attraversano lo strato secondario con diametro costante. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 Taddei Ruggiero E. - Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. Tav. VI TAVOLA VII Figg. 1-3. - Sezioni trasversali di valve brachiali; contatto strato primario-strato secondario. 1. - Argyrotheca cuneata (Risso), particolare di fig. 7, tav. 6. 2. - Megathiris detruncata (Gmelin), particolare di fìg. 5, tav. 6. 3. - Argyrotheca cordata (Risso), particolare di fig. 1, tav. 6. Fig. 4. - M detruncata , es. n. 71, provenienza Tricase (9b), sezione trasversale della valva peduncolare, strato secondario. Figg. 5-6. - A. cuneata , es. n. 50, stessa provenienza. 5. - particolare di fig. 6, puncta sulla superfìcie esterna della valva bra¬ chiale. 6. - valva brachiale. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1985 Taddei Ruggiero E. - Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti, ecc. Tav. VII PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE E DELLE ASSEMBLEE GENERALI Processo verbale della tornata ordinaria del 25 gennaio 1985 Il giorno 25 gennaio 1985 alle 17h50m si è riunita, in seconda convocazione, l’assemblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti: Aldo Napoletano, Moncharmont Zei, Schiattarella, Moncharmont Ugo, de Cunzo, Fran¬ ciosa, Schettino, D’Antonio, Tomasino, Romano, Piscopo, De Leo, Caputo, Napole¬ tano Anastasio, Pascale, D’Amore. Prima che il Segretario legga il verbale, il Presidente nel dare la parola al prof. Oreste Schettino, ricorda con nobili parole la figura del compianto prof. Mario Covello, socio del nostro sodalizio di recente scomparso. Prende la parola dunque il prof. Oreste Schettino che con degne parole commemora la figura di uomo e di stu¬ dioso del prof. Mario Covello. Al termine il Presidente ringrazia il prof. Schettino per aver così bene delineato la figura e l’opera del prof. Mario Covello; ringrazia anche il figlio dello scomparso prof. Aldo e tutti i familiari e amici parenti. Il Presidente sospende quindi la seduta per qualche minuto. Riprende la seduta ordinaria e il Segretario, a richiesta del Presidente, dà lettura del verbale della seduta precedente, che viene approvato all’unanimità. Il Presidente poi dà notizia che nella seduta del 22 febbraio p.v. si darà lettura della relazione dei bilanci consuntivo e preventivo. Dà ancora notizia del 24° convegno che si terrà nel settembre-ottobre 1985 a Sioux Falls nel South Dakota, su International Remote Seming Workshop; e dice anche che per il 1985 entro il mese di luglio si potrà partecipare ad un concorso a premi dedicato a Filippo Silvestri; gli interessati dovranno inviare lavori di entomo¬ logia pedagogica alla Fondazione appunto Filippo Silvestri che ha sede presso l’Isti¬ tuto di Entomologia agraria dell’Università di Napoli. Si passa dunque alle comunicazioni scientifiche. a ) D’Amore C. presenta il lavoro suo e di De Leo T. dal titolo: «Palodietetica pompeiana del 79 d.C.: Nota I: Considerazioni generali». Esaminato l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 19 h 10 m. Il Segretario: Teresa de Cunzo Il Presidente: Aldo Napoletano 288 Processi verbali Processo verbale dell’Assemblea generale del 22 febbraio 1985 Il giorno 22 febbraio 1985 alle 1 7 h45 m si è riunita in Assemblea generale la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Napoletano, Barattolo, Cor¬ rado, Piscopo, Napoletano, Anastasio, Franciosa, de Cunzo, Torrente, Roni, Mon- charmont Ugo, Moncharmont Zei Maria, Gargiulo, Battaglini, Schiattarella e G. Fio¬ rito non socio. Il Presidente dichiara aperta la seduta e prega il Segretario di leggere il verbale della tornata precedente, che viene letto e approvato alFunanimità. Il Presidente informa che in data odierna è iniziato il convegno a Vico Equense su «Inquinamento idrico e conservazione dell’ecosistema» indetto dalla Prima Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Napoli. Il Presidente legge quindi la relazione dell’attività svolta dal nostro sodalizio durante l’anno 1984, che sarà inviata al Ministero BB.CC.AA e che qui di seguito viene trascritta per intero: «Relazione sull’attività svolta dalla Società dei Naturalisti in Napoli durante l’anno 1984. Come già relazionato per il 1983, la Società nel suo complesso di attività conti¬ nua a segnare una sempre più sensibile ripresa dopo le disastrose conseguenze del sisma del 1980, che ne coinvolse le strutture riducendone l’efficienza operativa. Si deve alla ferma volontà degli organi direttivi, che, attraverso molteplici espedienti, riuscirono ad evitare la paralisi totale dell’Istituzione. Esaminiamo, ora, singolarmente, ogni settore di attività nel corso dell’anno 1984. Biblioteca. Dalla relazione di fine anno, presentata alla Presidenza dal Bibliote¬ cario Prof. Nicola Franciosa, la situazione al 31 dicembre 1984 si presenta così: Inventariati al 31 dicembre 1983 libri, opuscoli, riviste: n. 10.853: Entrati al 31-12-1984 n. 115. Entrate, al 31-12-1984, annate di riviste n. 237. Totale n. 11.188. Per quanto attiene le riviste si specifica: Periodici raccolti in volumi rilegati e da rilegare; testate in corso: n. 182; testate estinte: n. 614. Geologica l survey, testate n. 15. Totale n. 811. Si è provveduto al riordino del catalogo alfabetico per autore e di quello a sog¬ getto. Si è curato di estendere e migliorare gli scambi del “Bollettino” giunto al suo 91° volume, con riviste, bollettini, annali editi da istituzioni italiane ed estere. Si è appena iniziata la Bibliografia dei periodici con l’indicazione della testata e della consistenza. Non si è potuto provvedere ad arricchire ed aggiornare l’importante patrimonio librario della Società non essendo stata stanziata una somma a tale scopo: comun¬ que si è provveduto alla dotazione di vocabolari per lingue straniere. Modeste le dotazioni pervenute alla Biblioteca da parte di soci e non soci. Ci si augura, confidando nell’attaccamento dei Soci al Sodalizio, che esse possano subire un maggiore sviluppo nel futuro. Si ricorda che la Biblioteca comprende un insieme di opere preziose, non solo per il loro valore storico-scientifico, ma anche per il loro intrinseco valore venale. Si tratta di un patrimonio di cui la società può essere orgogliosa di possedere, posto a disposizione non solo dei Soci, ma anche di docenti, ricercatori, studenti. L’effi¬ cienza, la preparazione delle unità dirigenziali, che, attraverso la Biblioteca Nazio- Processi verbali 289 naie di Napoli e l’Archivio di Stato di Napoli, il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali ha destinato alla nostra Biblioteca, hanno contribuito largamente a por¬ tare a migliore funzionalità un così prestigioso patrimonio. È da augurarsi che esse, nelle persone dei Dott.ri Liliana Calabrese, Silvia Gargiulo e Rosaria Armiero, pos¬ sano permanere nell’attuale destinazione per la migliore conservazione e utilizza¬ zione dell’importante patrimonio librario. Attualmente è indisponibile il Dott. Rosa¬ ria Armiero, fuori servizio per gravidanza. Comunque il Bibliotecario Prof. Nicola Franciosa curerà di svolgere la pratica presso l’Archivio di Stato per ottenerne la temporanea sostituzione con altra unità da impiegare nella sorveglianza e assistenza presso la sala di lettura ed attivare con maggiori cautele e garanzie il servizio pre¬ stiti, come previsto dall’art. 24 del Regolamento. La Biblioteca è aperta al Pubblico tutti i giorni dalle ore 9 alle 13 ad eccezione del sabato, riservato esclusivamente al lavoro interno. La diversità e il numero di frequentatori, tra Soci e non Soci, è indice significa¬ tivo della specializzazione e del grado di utilizzazione del complesso librario. Alla Biblioteca è affidata la custodia delle copie del “Bollettino” a disposizione per fronteggiare le richieste di arretrati o di scambio che pervengono da istituzioni italiane, estere e da privati; a tale scopo esiste un registro per il carico e lo scarico. Al Bibliotecario prof. Franciosa è affidato il compito di ricercare altro materiale librario e cartografico, nonché altri documenti da archiviare giacenti nei locali di deposito. Si fanno voti acché il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali voglia desti¬ nare alla Società un contributo straordinario da utilizzarsi esclusivamente per la Biblioteca, allo scopo di provvedere all’urgente necessità di rilegare numerose opere e raccolte di pubblicazioni periodiche, di sostituire vecchie scaffalature in legno con altre metalliche, di dotarla di nuova macchina da scrivere. Si è provveduto nell’anno ad assicurare maggiore solidità alla porta di accesso alla Società con l’applicazione di barre di ferro e serrature di sicurezza. Archivio storico. È stata portata a termine la prima fase relativa alla raccolta e alla classificazione della notevole, e storicamente importante, documentazione, repe¬ rita nei locali di deposito della Società. Essa, per ora, raccolta in 29 pacchi, è custo¬ dita presso la Biblioteca, in attesa di una definitiva sistemazione, in speciali custo¬ die. Il materiale, oltre a comprendere registri di verbali, carteggi e documenti rela¬ tivi all’attività della Società dalla sua fondazione, raccoglie anche documenti e car¬ teggio pervenuto all’Ente da parte di Soci o loro eredi. Ricordo, per inciso, il rinve¬ nimento della documentazione relativa all’opera di solidarietà umana svolta dal Sodalizio in occasione dell’immane sciagura che colpì Messina per il terremoto del 28 dicembre 1908. Scritti e documenti della fine del ’700 e i primi del ’900, ivi compresi 5 volumi di manoscritti, disegni di Domenico Cirillo, già custoditi presso la Biblioteca, stanno a testimoniare la rilevanza dell’archivio la cui documentazione non è circoscritta alla semplice cronaca del Sodalizio, ma estende la sua validità a più elevati valori cultu¬ rali. Ho il dovere di segnalare i Dott.ri Liliana Calabrese, S. Gargiulo e R. Armiero che con la guida del Prof. Franciosa hanno contribuito alla realizzazione della prima fase di recupero dei beni di Archivio, che, come innanzi detto, sono suscettibili di arricchirsi ulteriormente. 290 Processi verbali Ho ancora da segnalare che, ad opera del Prof. Teresa de Cunzo e del Dott. Carla Lucini, rispettivamente Segretario e Vice-Segretario della Società, si sta prov¬ vedendo alla raccolta relativa alle manifestazioni svoltesi nel novembre 1981 in occasione del centenario del Sodalizio. Essa, che entrerà a far parte dell’archivio, sarà oggetto di una pubblicazione. Compagine sociale. Con l’Assemblea generale del 21 dicembre 1984 sono stati ammessi a far parte dei Soci, secondo le norme previste dagli artt. 5 e 18 dello Sta¬ tuto attualmente in vigore, n. 17 aspiranti, pertanto la consistenza sociale alla data del 31 dicembre 1984, tenuto conto della scomparsa dei Soci Proff. Anna Rippa e Carmelo Maxia e dell’irreperibilità di altri, resta così composta: soci benemeriti 5 soci ordinari 265 nuovi soci 17 Totale 287 Assemblee. Nel corso dell’anno sociale si sono tenute n. 5 Assemblee di cui una in tornata ordinaria e quattro in Assemblea generale. Esse si sono svolte, secondo la consuetudine, l’ultimo venerdì del mese, ad eccezione di quella di dicembre che, per l’imminenza delle festività è stata anticipata al giorno 21. In questa occasione il Presidente ha ricordato brevemente la figura della Prof. Anna Rippa, che fu valente e apprezzato docente di scienze presso il Liceo Umberto di Napoli e presso i corsi di cultura dell’Istituto Italo-Africano per la Campania e il Molise. Attività scientifiche. Nel corso delle tornate accademiche sono state presentate tredici comunicazioni scientifiche. Esse, passate al vaglio, per specifica competenza, di referendari scelti di volta in volta dal Comitato di Redazione, verranno, se giudi¬ cati idonei, inseriti nel volume XCIII del “Bollettino” che vedrà la luce entro il prossimo giugno. Conferenze. Una particolare cura è stata destinata all’annuale ciclo di confe¬ renze, che ha visto alternarsi insigni docenti dell’Università di Napoli, così: - il 26 gennaio il Prof. Carlo Ciliberto, Rettore Magnifico dell’Università di Napoli, svolge una conferenza su “Organizzazione della ricerca scientifica in Italia: problemi e prospettive”; - il 27 aprile il Prof. Luigi G. Napolitano, Direttore dell’Istituto di Aerodina- mica “U. Nobile” della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli tiene una conferenza su: “Dallo Spacelab alle stazioni spaziali”, accompagnata dalla proie¬ zione di film e diapositive; - PII maggio il prof. Mario Rigutti della Facoltà di Scienze dell’Università di Napoli, Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte svolge una confe¬ renza accompagnata da proiezioni su: “Le Comete”; - il 23 novembre il prof. Bruno D’Argenio, Direttore del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Università di Napoli, svolge una conferenza con proiezioni su: “Sedimenti e organismi della regione Florida-Bahamas”. Attività fuori sede. Il 4 giugno il Presidente partecipa ai lavori del convegno di Studi sul tema: Napoli, città di cultura, nel sistema bibliotecario nazionale, svoltosi Processi verbali 291 presso la Biblioteca Nazionale e presieduto dall’on.le Sottosegretario Prof. Giuseppe Galasso. Egli, in tale occasione, ha modo di prendere contatto con il prof. Francesco Sisinni, Direttore Generale del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, in rela¬ zione alla posizione del personale della 285/77 in servizio presso la Biblioteca. Dal 29 al 30 giugno la Prof. T. de Cunzo, Segretaria della Società, partecipa atti¬ vamente ai lavori della 2a Conferenza Nazionale delle Accademie e degli Istituti Culturali svoltasi a Roma ad iniziativa delPUfficio Centrale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Ne riferisce al Consiglio Direttivo sottolineando la “raccomandazione” emessa dal Convegno per l’aggiornamento degli statuti e regolamenti degli Istituti Culturali. Dal 24 al 28 settembre, ad iniziativa del Gruppo Italiano della AIPEA e della Sociedad Espanola de Arcillas, si svolge tra Seiano di Vico Equense e Amalfi il 1° Congresso Italo-Spagnolo su “Argille e i minerali delle argille”; ad esso partecipa con un suo intervento il Prof. Nicola Franciosa, membro del Consiglio Direttivo, in rappresentanza del Presidente. Consiglio Direttivo. Il Consiglio Direttivo si è riunito durante l’anno 1984 nei seguenti giorni: il 18-1-1984 in cui vengono approvati la relazione annuale del Presi¬ dente, il bilancio consuntivo del 1983 e quello di previsione per il 1984, successiva¬ mente presentati per l’approvazione definitiva all’Assemblea generale dei Soci del 27-1-1984, unitamente alla relazione dei Revisori dei conti; per il 22-2-1984, il 28-3- 1984, e il 18-6-1984 in cui viene deliberata la nomina di una commissione che dovrà procedere alla stesura del nuovo Statuto e Regolamento aggiornati. Di essa, presie¬ duta dal Prof. O. Schettino, faranno parte i Proff. P. Battaglini e F. Barattolo, nonché il socio Prof. P. De Castro; infine il Consiglio si riunisce ancora nei giorni 16-7-1984, 10-10-1984 e 10-12-1984. Comitato di Redazione. Si è riunito più volte, quasi sempre in concomitanza del Consiglio Direttivo. Esso, presieduto dal Presidente della Società, coadiuvato dal Redattore delle Pubblicazioni Dott. F. Barattolo, si è occupato della stampa del “Bollettino”, dell’as¬ segnazione delle comunicazioni scientifiche ai “referees” (due per ogni lavoro) e alla successiva delibera di pubblicazione nel “Bollettino”. In definitiva si è portato a conclusione il 22 giugno 1984 la stampa del volume XCI (1982); mentre il volume XCII (1983) vedrà la luce nel prossimo mese di feb¬ braio seguito dal volume XCIII (1984), che si prevede sarà ultimato di stampare nel giugno prossimo. Napoli, 22 gennaio 1985 Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano» L’Assemblea all’unanimità approva la su trascritta relazione. Il Presidente invita quindi il Tesoriere a leggere i prospetti, e ad illustrarli, del Bilancio consuntivo 1984 e preventivo dell’anno 1985; dopo di ciò il socio F. Rossi legge la relazione sulla revisione dei Bilanci consuntivo e preventivo anche a nome dell’altro Revisore socio Gargiulo, l’assemblea quindi approva anche i bilanci all’unanimità. Il Presidente legge inoltre il Programma previsto per le attività da svolgersi durante il 1985, che viene approvato all’unanimità. 292 Processi verbali Il Presidente chiede all’assemblea il consenso che si presenti, fuori ordine del giorno, un lavoro scientifico. L’assemblea dà parere favorevole, per cui: Fiorito G. presenta una comunicazione scientifica a nome suo e dei coautori: Bergamo, Capuano, Lepore C. dal titolo: «Considerazioni sul comportamento di emissione d’inchiostro nel genere Aplysia». Interviene Moncharmont Ugo. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 1 9 h 1 0 m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano Processo verbale della seduta del 26 aprile 1985 Il giorno 26 aprile 1985 alle 17h45m si è tenuta in seconda convocazione la seduta ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti: Napoletano, de Cunzo, Tomasino, Rapolla, Piscopo, Berrino, Marturano, D’Antonio, Napoletano Anastasio. Il Presidente invita il Segretario a leggere il verbale della tornata precedente, verbale che viene letto ed approvato, e sottoscritto all’unanimità. Il Presidente quindi dichiara aperta la seduta, e dà notizia di un Seminario di architettura su elaboratori per la soluzione dei problemi di calcolo scientifico che si terrà a Roma all’Accademia dei Lincei organizzato dall’I.D.M.; dà notizia inoltre che ci sarà a Bjuing in Cina l’undicesimo congresso su «Stratigrafia e Geologia del Car¬ bonifero ». Il Presidente ricorda infine che sono stati inviati a tutti i soci dei moduli che vanno compilati e restituiti in breve per poter così aggiornare le notizie riguardanti i soci stessi. Si passa alle comunicazioni scientifiche, il Prof. Patella presentato dai Soci de Cunzo e Barattolo presenta il suo lavoro in collaborazione con Sen A. dal titolo: «Application of induced polarization (I.P.) for detection of water accumulations in unconsolidated sediments and rocks with clay: a review»; intervengono Napoletano, Rapolla. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 1 9 h 1 5 m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano P.S.: Il giorno 7 marzo 1985 alle 17h nella sala delle adunanze si è tenuta una conferenza sul tema: «Il problema della struttura negli organismi e nella società». Ha parlato il Prof. Eduardo Caianiello. Sono presenti numerosi soci, ed altri invitati per l’occasione. Dopo brevi parole di presentazione dette dal Presidente il Prof. Caianiello, ordinario di Fisica Teorica dell’Università di Salerno, prende la parola. Egli svolge la sua dotta conversazione ricca di spunti interessanti. Al termine il Pre¬ sidente ringrazia l’illustre oratore e il gradito pubblico presente. Processi verbali 293 Processo verbale della seduta del 31 maggio 1985 Il giorno 31 maggio 1985 alle 17h nella sala delle adunanze del nostro Sodalizio, nell’ambito delle attività della Società previste dallo Statuto, il socio prof. Giovanni Chieffì, accademico dei Lincei, Ordinario di Biologia e Zoologia generale della Prima Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Napoli, ha tenuto una con¬ ferenza dal titolo: «Prospettive di clonazione sulla specie umana». Sono presenti numerosi soci ed altri attratti dall’interessante argomento. Dopo brevi parole di pre¬ sentazione dette dal Presidente, il Prof. Chieggi ha brillantemente svolto la sua affa¬ scinante relazione, toccando campi interessanti la medicina, la biologia e la zoologia, documentata anche da materiale illustrativo, che ha reso l’argomento ancor più comprensibile. La conferenza si è conclusa con numerosi interventi. Il Presidente ha poi ringraziato il Prof. Chieffi e ringrazia il folto pubblico pre¬ sente. La seduta è tolta alle 20h 15m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano Processo verbale della tornata ordinaria del 5 maggio 1985 Il giorno 5 giugno 1985 alle 17h40m si è riunita in seconda convocazione la tor¬ nata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Tornata che non si potè tenere il 31 maggio come previsto, perché in concomitanza con la conferenza tenuta dal Socio Prof. Chieffì. Sono presenti Napoletano, Rossi, Torrente, Mastrolorenzo, de Cunzo, Schiatta- rella, Lucini Carla, D’Antonio, Schettino, Fuscaldo, Piscopo, Battaglini, Gargiulo, Lucini Paolo, Andreozzi, Castaldo, Antonucci, Arcamone. Il Presidente invita il Segretario a leggere il verbale della seduta precedente, che viene letto, approvato all’unanimità e sottoscritto; il Presidente quindi dichiara aperta la seduta. Il Presidente informa che la data odierna è stata indicata come «Giornata dell’ambiente», per cui presso l’Accademia dei Lincei, oggi ha luogo una riunione con relazione di numerosi dotti e illustri scienziati. Montalenti, Pedrotti, Ghiara, Praturlon, Galano ed altri; inoltre informa che a Scorro di Sicignano degli Alburni, il 23 giugno p.v. si terrà la «Sagra dell’ambiente»; ancora che dal 26 al 29 novembre p.v. si terrà un convegno su « Fisica nella ricerca ambientale e Biomedica», a Roma, ancora un convegno su fotografìa scientifica il p.v. 7 giugno all’Hotel S. Germano, in Napoli. Sotto proposta del Presidente l’assemblea delibera di rinviare ad una prossima seduta la discussione sulle modifiche di statuto. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche: a) Schiattatila presenta il lavoro suo e di Torrente, dal titolo: «Osservazioni geologico-strutturali su alcuni corsi d’acqua minori della dorsale marchigiana», intervengono Rossi e De Alteriis; b ) Andreozzi presenta il lavoro suo e di Gargiulo, Antonucci, Castaldo e Batta¬ glini dal titolo: « Modifiche istochimiche dell’epitelio respiratorio di Carassius aura- 294 Processi verbali tus L. esposto all’azione di acque inquinate da olii greggi». Intervengono De Alte- riis, Schiattarella, Napoletano, Rossi; c) Antonucci presenta il lavoro suo e di Battaglini, Andreozzi, Castaldo e Gar- giulo, dal titolo: « Caratteristiche istochimiche delle cellule OPUD dell’epitelio respi¬ ratorio di Sepia officinalis », interviene Napoletano. Esaurito l’ordine del giorno alle 18h45m la seduta è tolta. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano Processo verbale della seduta del 28 giugno 1985 Il giorno 28 giugno 1985 alle 17h50m si è tenuta in seconda convocazione l’As¬ semblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Su richiesta del Presidente il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità e sottoscritto. Il Presidente quindi dichiara aperta la seduta. Sono presenti Nazzaro, Napoletano Aldo, Napoletano Anastasio, Torrente, Schiattarella, D’Antonio, Marturano, Branno, Barattolo, Franciosa, de Cunzo, Ca¬ puto, Piscopo. Il Presidente legge la lettera del Dott. Antonio Speranza, nostro Socio, con cui comunica di essere stato nominato Ispettore onorario del Ministero per i Beni Ambientali e Culturali, con la seguente motivazione: «Per le benemerenze acquisite con una lunga attività svolta a salvaguardia del patrimonio naturale »; il Presidente con nobili parole esprime tutto il compiacimento suo personale e dell’Assemblea tutta al Dott. Speranza per il riconoscimento ottenuto alla sua lunga e operosa atti¬ vità. Il Presidente comunica poi che il Socio Milone ha chiesto di poter rinviare la presentazione della nota scientifica posta all’ordine del giorno dell’odierna seduta, redatta con Fraissinet e Grotta. L’Assemblea accoglie la richiesta e dà parere favore¬ vole. Si passa quindi all’ammissione nuovi soci: il Presidente legge i requisiti di tutti i candidati che sono stati peraltro già presentati in sede di Consiglio Direttivo. Chiesto il parere dell’assemblea pertanto si procede alla votazione per appello nominale dei soci presenti e candidato per candidato; i candidati hanno ottenuto parere unanime favorevole, tranne Patella un voto contrario; tutti i candidati risul¬ tano ammessi. Essi sono nell’ordine e con i soci presentatori: 1. BeNEDUCE Paolo 2. BOSCO Salvatore 3. MaSTROLORENZO Giuseppe 4. PATELLA Domenico 5. SIANI Massimo 6. VlGGIANO Giulio 7. BORGSTRÒM Sven 8. ASTOLFI Luisa de Cunzo Laureti Napoletano Aldo Battaglini Torrente Schiattarella de Cunzo Rapolla Milone Simone Tartaglione Elio, Napoletano Aldo Schiattarella Torrente D’Antonio Toma sino Processi verbali 295 Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche, il Presidente chiede all’Assem¬ blea di acconsentire la presentazione di una nota scientifica fuori ordine del giorno. L’Assemblea dà parere favorevole, pertanto Nazzaro presenta la sua nota dal titolo: «Il Vesuvio, Storia naturale dal 1631 al 1944». Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 1 8 h 40 m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano Processo verbale della tornata ordinaria del 25 ottobre 1985 Il giorno 25 ottobre 1985 alle 17 h20 m, si è tenuta in seconda convocazione la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti: Napoletano Aldo, Napoletano Anastasio, Nazzaro, Catalano, D’Antonio, Cioffì, Borgstròm, Siani, Torrente, Schiattarella, Lucini Carla, Corrado, Berrino, Marturano, Piscopo. Su richiesta del Presidente il Segretario legge il verbale della seduta precedente, che viene approvato e sottoscritto. Il Presidente dichiara aperta la seduta e informa che è giunta notizia di: Con¬ vegno Internazionale di Studio su «Giovan Battista Benedetti e il suo tempo» a Venezia dal 3 al 5 ottobre 1985; XXXIII Convegno Internazionale delle Comunica¬ zioni su «Comunicazioni e trasporti in condizioni di emergenza» a Genova dal 9 al 12 ottobre 1985; Convegno Internazionale su «Odissea, rifiuti, proposte di riequili¬ brio», Venezia dal 6 dicembre 1985. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche: a) il Socio Nazzaro presenta il suo lavoro scritto in collaborazione di Tramma B. dal titolo: «Il sismografo di Luigi Palmieri», intervengono Napoletano, Ricciardi, Siani; b ) Fiorito, socio, presenta il lavoro suo e di Capuano C., Bergamo P., Lepore C. dal titolo: « Preliminary notes on thè feeding behaviour of some Aplysids of Medi- terranean Sea», interviene D’Antonio. Esaurito l’ordine del giorno, la seduta è tolta alle 1 8 h 3 0 m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano Processo verbale della tornata ordinaria del 29 novembre 1985 Il giorno 29 novembre 1985 alle 16 h si è tenuta in seconda convocazione la tor¬ nata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti: Napoletano Aldo, Viola, Abbate, Cimino, Russo G., Cioffi, de Cunzo, Giglio, Della Ragione, D’Ambrosio, Parisi, Tomasino, Berrino, Torrente, Beneduce, Borgstròm, Schiatta¬ rella, Picariello, Barattolo, Taddei Ruggiero E., Capolongo, Moncharmont Zei M., Moncharmont U., Costantino D’Antonio, Galani, Battaglini, Fimiani, Fraissinet, de Filippo, Grotta, Kelly, Caputo, Piscopo, Marturano, Ferri, Gorini, Olmio, Rossi. Su richiesta del Presidente il segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato e sottoscritto. 296 Processi verbali Il Presidente dichiara aperta la seduta e dopo il benvenuto abituale dei Soci in Assemblea dà inizio quindi alla presentazione delle comunicazioni scientifiche. Il Segretario de Cunzo chiede ed ottiene di poter presentare per prima la nota sua e di Della Ragione e Giglio dal titolo: « Schede per una Flora palinologica Italiana: Olea- ceae»\ poi: a ) Cimino presenta il lavoro suo e di Abbate dal titolo: «Prospezioni geoelet¬ triche per ricerca di cavità carniche in Sicilia Centro-Occidentale: nota preliminare», interviene Russo; b ) de Filippo legge il riassunto della nota di Caliendo, Chieggi, Milone assenti, dal titolo: «Attività annuale della Giucuronidari in fegato, corpo giallo e gonade di Rana esculenta»; c ) de Filippo presenta quindi il suo lavoro dal titolo: «L’indice centesimale di diversità strutturale: una misura standard per l’eterogeneità della vegetazione in studi di ecologia degli Uccelli»; d ) de Filippo ancora presenta la nota sua e di Caputo V. e Kalby, dal titolo: «La Comunità di Uccelli in una fustaia di faggio sui monti Alburni (Sud Italia)», interviene Russo; e) Fraissinet presenta il lavoro suo e di Grotta dal titolo: «L’avifauna dell’Isola d Capri», interviene Napoletano; f) D’Antonio presenta il lavoro dal titolo: « Attuali conoscenze sul popolamento odonatologico della Campania (III contributo allo studio degli Odonati)»; g ) Galassi presenta il lavoro suo e di Della Vecchia su: «Influenza degli errori di misura sul calcolo dell’area e della quantità relativa di sostanza con il metodo citofotometrico a due lunghezze d’onda», interviene Della Vecchia; h ) Taddei Ruggiero E. legge il suo lavoro: « Megathyrididae (Bachiopoda) viventi lungo le coste dell’Italia meridionale», interviene Russo; /) Cubellis presenta il lavoro: «Il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1983: analisi degli effetti», intervengono Rossi, Cappa, presentato dai Soci Corrado e Ber- rino; / ) Gorini, anch’esso presentato dai soci Corrado e Berrino, presenta il lavoro dal titolo: «Gli eventi sismici dell’Abruzzo del maggio 1984. Una possibile sequenza: evento principale, repliche, precursori, evento principale, repliche»; m) Parisi presenta il lavoro suo e di Buglione e Marcia, dal titolo: «Cromato¬ grafia liquida ad alta pressione di Warfarin nel plasma di ratti Sprague- Dawley»; n ) de Cunzo è stato già presentato in prima posizione; o ) Russo dice il suo lavoro: «Segnalazione di Bursatella Leachii (Gastropoda, Opista o branchia) per le acque dell’Isola di Ischia con osservazioni sul contenuto gastrointestinale, intervengono D’Antonio, Battaglini. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 19 h 50 m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano P.S.: interviene anche Schiattarella. Processi verbali 297 Processo verbale della seduta del 20 dicembre 1985 Il giorno 20 dicembre 1985 alle 17h si è tenuta l’Assemblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli, in seconda convocazione. Su richiesta del Presidente il Segretario legge il verbale della tornata precedente che viene approvato e sottoscritto con una nota aggiuntiva del socio Schiattarella. Il Presidente quindi dichiara aperta la seduta. Sono presenti: Napoletano Aldo, Tor¬ rente, Beneduce, Bravi, D’Antonio, Tomasino, Barattolo, de Cunzo, Caputo, Fran¬ ciosa, Giglio, Moncharmont. Il Presidente apre la seduta e informa l’Assemblea che nella tornata prossima, addì 31 gennaio 1986, si terranno le votazioni per il rinnovo delle cariche del Consi¬ glio Direttivo per il biennio 1986-87; il Presidente legge quindi le notizie del Con¬ gresso di Biogeografia che si terrà ad Udine nel maggio 1986. Si passa alla votazione dei candidati soci: il Presidente legge i requisiti degli aspiranti che sono nove; l’Assemblea, all’unanimità vota per l’ammissione dei nove aspiranti, candidato per candidato che sono nell’ordine, con i relativi soci presenta¬ tori, peraltro già avallati dal Consiglio Direttivo: 1. Abbate Rosario 2. Ancarola Vincenzo 3. Bravi Sergio 4. Cimmino Maria Grazia 5. Crovato Paolo 6. Petrosino Mariarosaria 7. Lenzi Giuseppe 8. Maresca Maria 9. Stamatopulos Leonidas Cimmino, Napoletano Aldo ; Napoletano Aldo, Franciosa’, De Castro, Barattolo’, Caputo, de Cunzo ; Cappa, Barattolo ; de Cunzo, Della Ragione ; Franco, Pozzuoli ; Napoletano Aldo, Battagliai’, de Cunzo, Brancaccio. Il Presidente dichiara i sunnominati nuovi soci. Si passa poi alla voce aumento quota sociale: dopo breve discussione si delibera di portare la quota sociale a partire dall’anno sociale 1980 a L. 20.000 (ventimila). Esaurito l’ordine del giorno, la seduta è tolta alle 17h30m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano Processo verbale dell’assemblea generale del 31 gennaio 1986 Il giorno 31 gennaio 1986 alle 17h 15 m si è riunita in Assemblea generale la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti: Napoletano Aldo, Torrente, Schiat¬ tarella, Franciosa, Tomasino, Schettino, D’Antonio, Bravi, de Cunzo, Berrino, Viola, Piscopo, Marra, Caputo, Cioffì, Forgione, Battaglini, Napoletano Anastasio. In apertura di seduta il Presidente chiede al Segretario di leggere il verbale della seduta precedente che viene letto approvato e sottoscritto. 298 Processi verbali Il Presidente quindi legge la relazione sull’attività svolta dalla Società nel 1985, i bilanci consuntivo 1985 e preventivo 1986, che verrà poi inviata come di norma al Ministero BB.CC.AA. La Relazione viene qui fedelmente trascritta: «Relazione sull’attività svolta dalla Società dei Naturalisti in Napoli durante l’anno 1985». La Società dei Naturalisti in Napoli, sia pure attraverso difficoltà contingenti, continua nella sua graduale ripresa dopo la non breve paralisi conseguente al sisma del 1980. Ecco pertanto, in sintesi il resoconto dell’attività svolta. ELENCO DEI SOCI AL 31 DICEMBRE 1985 con la data di ammissione SOCI BENEMERITI 1) 31-12-922 2) 29- 4-923 3) 2- 5-931 4) 2- 5-931 5) 20- 1-932 Palombi Arturo - Via Carducci, 19 - 80121 Napoli. Torelli Beatrice - Vìa Bracciano, 2 - 00189 Roma. Montalenti Giuseppe - Istituto di Genetica - Città Universitaria - 00185 Roma. Parenzan Pietro - Stazione di Biologia Marina - 73010 Porto Cesa¬ reo (Lecce). De Lerma Baldassarre - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 1) 26- 2-971 2) 20-12-985 3) 28- 6-985 4) 28- 3-963 5) 29-12-976 6) 22-12-982 7) 22-12-982 8) 29-12-974 9) 23-12-975 10) 20-12-985 11) 26- 7-975 12) 22-12-982 13) 7- 2-938 14) 22-12-982 SOCI ORDINARI Abatino Elio - C.R.R. - Centro di Microscopia elettronica I.M. - Piazza Barsanti e Matteucci - 80125 Napoli. Abbate Prof. Rosario - Via S. Marco, 17 - 25055 Pisogne (Brescia). Astolfi Dott. Luisa - Piazza Muzii, 11/c - 80127 Napoli. Abignente Enrico - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Accordi Giovanni - Via Grossi Gondi, 46 - 00162 Roma. Albertano Patrizia - Vìa Santa Teresella degli Spagnuoli, 58 - 80132 Napoli. Aliotta Giovanni - Via Stadera, 86 - 80143 Napoli. Amodeo Giovanni - Via Fava, 33 - 84014 Nocera Inferiore (SA). Anastasio Antonio - Via M. Piscicelli, 29 - 80128 Napoli. Ancarola Prof. Vincenzo - II Traversa Domenico Fontana, 1 - 80128 Napoli. Andiloro Filippo - Campo Sperimentale Contrada «Bettina» - 89013 Gioia Tauro. Andreozzi Giuliana - Istituto Policattedra di Anatomia Sistema¬ tica e Comparata - Via Delpino, 1 - 80137 Napoli. Antonucci Achille - Vìa Girolamo Santacroce, 19/c - 80129 Napoli. Antonucci Rosanna - Istituto Policattedra di Anatomia Sistema¬ tica e Comparata - Via Delpino, 1 - 80137 Napoli. 300 Elenco dei soci 15) 16) 17) 18) 19) 20) 21) 22) 23) 24) 25) 26) 27) 28) 29) 30) 31) 32) 33) 34) 35) 36) 37) 38) 39) 40) 41) 42) 43) 25- 6-976 Aprile Francesco - Dipartimento di Scienze della Terra Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 30- 1-981 Arcamone Nadia - Via d’Ayala Gomez, 6 - 80127 Napoli. 29- 10-971 Ariani Antonio - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. 27- 6-980 Ascione Aniello - Via S. Michele, 76 - 80147 Ponticelli (Napoli). 21-12-984 Avallone Del Gaudio Rita - Via Liguria, 14 - 81022 Casagiove (Caserta). 30- 1-959 Badolato Franco - Viale Pantelleria, 13 - 00141 Roma. 23-12-975 Balsamo Giuseppe - Dipartimento di Biologia Generale e Gene¬ tica - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 27- 6-980 Barahona Fernàndez Enrique - Estación Experimental del Zai- din C.S.I.C. - Professor Albareda, 1 - Granada (Spagna). 25- 6-976 Barattolo Filippo - Istituto di Paleontologia - Largo S. Marcel¬ lino, 10 - 80138 Napoli. 27- 3-964 Barbera Carmela - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 27- 6-980 Barone Guido - Via Gemito, 70 - 80128 Napoli. 21- 12-984 Barra Diana - Via Croce Rossa, 21 - 80131 Napoli. 31- 5-968 Battaglini Pietro - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. 28- 6-985 Beneduce Dott. Paolo - Via Cavour, 100 - 80040 Pollenatrocchia (Napoli). 22- 12-981 Berrino Giovanna - Via Plinio il Vecchio, 75 - 80053 Castellam¬ mare di Stabia. 22-12-981 Billwiller Arnoldo - Via Lucchese, 183 - Masotti - 51030 Serra- valle Pistoiese (Pistoia). 30- 1-959 Boisio Maria Luisa - Distacco Piazza Marsala, 3/6 - 16122 Genova. 30- 11-973 Bolognese Bianca - Va Posillipo, 47/A - 80123 Napoli. 21-12-984 Bonaduce Gioacchino - Va Nevio, 102/A - 80122 Napoli. 31- 5-968 Bonardi Glauco - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 30-12-960 Bonasia Vito - Dipartimento di Geofisica e Vulcanologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 3-12-971 Boni Maria - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Mar¬ cellino, 10 - 80138 Napoli. 28- 2-969 Borgia Giulio Cesare - Via Luigi Guercio, 145 - 84100 Salerno. 28- 6-985 Borgstròm Dott. Sven - Via T. Tasso, 601 - 80137 Napoli. 28- 6-985 Bosco Dott. Salvatore - Va Michelangelo Testa, 8 - 84100 Salerno. 26- 5-972 Botte Virgilio - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. 27- 6-980 Boza Lopez Julio - Estación Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Professor Albareda, 1 - Granada (Spagna). 27- 3-964 Brancaccio Ludovico - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 20-12-985 Bravi Prof. Sergio - C/o Vega Loredana - I Traversa Via Croce di Piperno, 8 - 80126 Napoli. Elenco dei soci 301 44) 21-12-979 45) 23-12-975 46) 23-12-975 47) 30- 1-981 48) 21-12-983 49) 21-12-983 50) 31- 3-972 51) 28-12-951 52) 29-10-971 53) 22-12-982 54) 27- 4-973 55) 30-12-962 56) 21-12-979 57) 27- 3-964 58) 29-10-971 59) 21-12-983 60) 22-12-982 61) 31- 5-968 62) 28-12-940 63) 23-12-975 64) 24- 6-977 65) 3-12-971 66) 22-12-981 67) 28-12-969 68) 21-12-984 69) 23-12-975 70) 23-12-975 71) 29-10-971 72) 26- 5-972 73) 27- 1-978 74) 20-12-985 75) 21-12-984 76) 31- 5-968 Buccino Gerardo - Via C. Rossi, 13 - 84043 Agropoli. Budetta Paolo - Via Matierno, 5/A - Parco Aurora - 84100 Salerno. Cagliozzi Anna - Via D. De Dominicis, 8 - Pai. 10 - 80128 Napoli. Caliendo Maria Filomena - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Calzada Badia Sebastian - Museo y Laboratorio de Geologia del Seminario de Barcelona - Disputacion, 231 - Barcelona 7 (Spagna). Cancelliere Amelia - Via Marino Cotronei, 47 - 80128 Napoli. Cannavale Giuseppe - Via Gaetano Quagliariello, 6 - 84110 Salerno. Capaldo Pasquale - Via C. Cattaneo, 26 - 80128 Napoli. Capasso Giuseppe - Via S. Eustacchio, 51 - 84100 Salerno. Capasso Leonilda - Via Giacinto Gigante, 204 - 80128 Napoli. Capolongo Domenico - Via Roma, 8 - 80030 Roccarainola (Napoli). Capone Antonio - Via Cilea, 136 - 80127 Napoli. Cappello Brunella - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicolo¬ gica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Caputo Giuseppe - Dipartimento di Biologia Vegetale - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. Carannante Gabriele - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Carati Mariano - Via S. Stefanb, 37 - 80127 Napoli. Carrano Perrone Alma - Via Petrarca, 47/B - 80122 Napoli. Carrara Eugenio - Dipartimento di Geofisica e Vulcanologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Casertano Lorenzo - Dipartimento di Geofisica e Vulcanologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Castaldo Chiara - Via Ugo Niutta, 22 - 80128 Napoli. Castellano Corniello Giovanna - Via Balducci, 10 - 81100 Caserta. Catalano Raimondo - Istituto di Geologia - Corso Tukòry, 131 - 90134 Palermo. Catalano Virgilio - C.so Vitt. Emanuele, 539 - 80135 Napoli. Catenacci Vincenzo - Via A. Regolo, 12/d - 00192 Roma. Cavalieri Angelina - Corso Nuovo, 4 - 81036 S. Cipriano Picen- tino (Caserta). Ceccoli Annamaria - Via Piscicelli, 29 - 80128 Napoli. Celico Pietro - Piazza Pilastri, 17 - 80125 Napoli. Chieffi Giovanni - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Ciardiello Valle Anna Maria - Via Caldieri, 147 - 80128 Napoli. Cimino' Antonio - Via Mariano Stabile, 110 - 90139 Palermo. Cimmino Prof. Maria Grazia - Via Nazionale, 46 - 80146 Napoli. Goffi Salvatore - Viale Tiliano, 14 - 80055 Portici (Napoli). Cippitelli Giuseppe - Via Iannozzi, 38 - 20097 S. Donato Mila¬ nese. 302 Elenco dei soci 77) 21- 5-968 78) 24- 6-977 79) 28- 2-969 80) 28- 12-949 81) 28- 3-963 82) 20- 12-985 83) 26- 1-949 84) 29- 10-971 85) 21- 12-983 86) 21- 12-984 87) 30- 1-959 88) 27- 6-973 89) 29- 12-961 90) 31- 5-968 91) 30- 1-959 92) 21- 12-984 93) 30- 1-959 94) 3- 12-971 95) 22- 12-981 96) 22- 12-981 97) 21- 12-984 98) 22- 12-981 99) 31- 5-968 100) 29- 11-974 101) 31- 5-968 102) 28- 6-975 103) 26- 2-971 104) 25- 6-976 105) 26- 6-976 106) 27- • 3-964 107) 20- 12-960 108) 21- ■12-979 Cocco Ennio - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Mar¬ cellino, 10 - 80138 Napoli. Corniello Alfonso - Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Corrado Gennaro - Dipartimento di Geofisica e Vulcanologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Cotecchia Vincenzo - Istituto di Geologia Applicata - Via Re David, 200 - 70125 Bari. Crescenti Uberto - Via Gioberti, 44 - 65100 Pescara. Crovato Prof. Paolo - Via S. Liborio, 1 - 80134 Napoli. Cucuzza Silvestri Salvatore - Casella Postale 345 - 95100 Catania. Damiani Alfonso Vittorio - Lungotevere Mellini, 30 - 00193 Roma. d’Amore Concetta - Piazza Cavour, 19 - 80137 Napoli. D’Antonio Costantino - Via Aniello Falcone, 386/B - 80127 Napoli. D’Argenio Bruno - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Dazzaro Luigi - Dipartimento di Geologia e Geofisica - Palazzo Ateneo - Via Nicolai, 2 - 70121 Bari. De Castro Piero - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Castro Coppa Maria Grazia - Istituto di Paleontologia del¬ l’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Cunzo Teresa - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Filippo Gabriele - Dipartimento di Zoologia - Via Mezzocan¬ none, 8 - 80134 Napoli. De Leo Teodoro - Dipartimento di Fisiologia Generale ed Ambientale - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Delfino Vincenza - Via Pietro Castellino, 88 - 80131 Napoli. Del Gaudio Silvana - Via Giuseppe Orsi, 50 - 80128 Napoli. Della Ragione Salvatore - Via Cerillo, 57 - 80070 Bacoli. del Re Maria Carmela - Via Bisignano, 24 - 80121 Napoli. Del Rio Antonio - Via Floriano del Secolo, 4 - 80125 Napoli. De Medici Giovanni Battista - Via Beisito, 13 - 80123 Napoli. De Miranda Renato - Via Chiatamone, 60/B - 80121 Napoli. De Riso Roberto - Istituto di Geologia Applicata - Piazzale Tec¬ chio - 80125 Napoli. D’Errico Francesco Paolo - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria dell’Università - 80055 Portici (Napoli). De Simone Bruno - Parco Comola Ricci, 120/c - 80122 Napoli. De Simone Francesco - Cattedra di Fitofarmacia - Facoltà di Far¬ macia - Via L. Rodino, 22 - 80138 Napoli. Di Benga Felice - Via Nicola Stame, 185 - 00128 Roma. De Girolamo Pio - Dipartimento di Scienze della Terra - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Di Leo Lucia - Via Lepanto, 21 - 80125 Napoli. Di Luise Giancarlo - Via Iacopo Palma, 15 - 20146 Milano. Elenco dei soci 303 109) 27- 6-975 110) 22-12-981 111) 21-12-983 112) 20-12-974 113) 29-10-971 114) 28- 1-972 115) 27- 4-973 116) 26- 5-972 117) 22-12-981 118) 21-12-979 119) 21-12-983 120) 28- 2-969 121) 27- 6-980 122) 30- 1-981 123) 21-12-979 124) 30- 1-981 125) 29-10-971 126) 26- 6-976 127) 27- 6-980 128) 29-12-961 129) 21-12-979 130) 24- 6-977 131) 21- 5-968 132) 28- 2-969 133) 18-12-959 134) 22-12-981 135) ■ 23-12-975 136) 3-10-971 137) 22-12-982 Di Maio Ferdinando - Via G. Poli, 70 - 80055 Portici (Napoli). Di Matteo Loredana - Via Consalvo, 138 - 80126 Napoli. Di Muro Antonio - Via Lucania, 15 - 04100 Latina. Dini Antonio - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Di Nocera Silvio - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Dipartimento di Geologia e Geofìsica - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Dipartimento di Scienze della Terra - Via Trentino, 51 - 09100 Cagliari. Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Di Stefano Piero - Istituto di Geologia - Corso Tukòry, 131 - 90134 Palermo. Diurno Maria Vittoria - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossi¬ cologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Esposito Maria Cristina - Via A. de Gasperi, 33 - 80133 Na¬ poli. Fantetti Vincenzo - Via Napoli, 107 - 71016 S. Severo (Foggia). Fenoll Hach-Ali Purificación - Departamento de Cristalografia y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna). Ferrara Lydia - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica dell’Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Ferreri Vittoria - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Ferro Raffaele - Via Diano, 27 - 80078 Pozzuoli. Fimiani Pellegrino - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Fìnamore Ester - Via Posillipo, 239 - 80123 Napoli. Fiorito Graziano - Via G. Gigante, 39 - 80128 Napoli. Fondi Mario - Via Nevio, 78 - 80122 Napoli. Forgione Pasquale - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicolo¬ gica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Forlani Marcello - Via Libertà, 218/bis - 80055 Portici. Foti Lidia - Dipartimento di Fisiologia Generale ed Ambientale - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Franciosa Nicola - Traversa Ponticelli, 24 - 80147 Napoli. Franco Enrico - Dipartimento di Scienze della Terra - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Frassinet Maurizio - Via Recanati, 51 - 80046 S. Giorgio a Cre¬ mano. Galassi Leone - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Galiano Giovanni - Via Vanvitelli, 53 - 82100 Benevento. Gargiulo Giuliana - Istituto Policattedra di Anatomia Sistematica e Comparata - Via Delpino, 1 - 80137 Napoli. 304 Elenco dei soci 138) 22-12-981 139) 15-12-978 140) 21-12-984 141) 15-12-978 142) 31- 3-972 143) 26- 2-971 144) 21- 5-968 145) 27- 6-980 146) 31- 3-972 147) 21-12-983 148) 26- 1-973 149) 30- 1-981 150) 6- 2-939 151) 14- 6-945 152) 30- 1-981 153) 28- 2-969 154) 29-10-971 155) 27- 6-973 156) 29-10-971 157) 15-12-978 158) 20-12-985 159) 22-12-981 160) 31- 3-972 161) 27- 6-980 162) 27- 6-980 163) 22-12-981 164) 22-12-984 165) 26- 5-971 166) 22-12-981 167) 22- 2-963 168) 26- 4-974 169) 27- 1-956 170) 25- 6-976 Giglio Francesca - Vico Miracoli, 16 - 80137 Napoli. Gioffrè Domenico - Via Ricasoli, 46 - 89016 Rizziconi (RC). Grasso Egidio - Via Lapronia, 4 - 83031 Ariano Irpino. Guadagno Francesco Maria - Dipartimento di Geofisica e Vulca¬ nologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Guglielmotti Eugenio - Via G. Seripando, 14 - 84100 Salerno. Gustato Gerardo - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Honsell Edmondo - Istituto di Botanica - Via Valerino - 34100 Trieste. Huertas Garcia Francisco - Estación Experimental del Zaidin - C.S.I.C. - Professor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Ioni Lamberto - Via Luca Giordano, 6 - 80127 Napoli. Istituto di Geologia, Paleontologia e Geografia fisica - Via dei verdi, 75 - 98100 Messina. Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Istituto di Scienze della Terra - Viale Ungheria, 43 - 33100 Udine. Jovene Francesco - Via Acquedotto, 165 - 80070 Ischia (Na¬ poli). La Greca Marcello - Dipartimento di Biologia animale dell’Uni¬ versità - Via Androne, 81 - 95124 Catania. Lambiase Salvatore - Contrada Serra - 85050 Tito (PZ). Lapegna Tavernier Amalia - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. La Rotonda Maria Immacolata - Corso Garibaldi, 129 - 80055 Portici. Laureti Lamberto - Via Nievo, 84 - 80122 Napoli. Lavorato Giovanni - Via S. Matteo, 5 - 84090 Montecorvino Pugliano (SA). Lazzari Silvestro - Via Mantova, 79 - 85100 Potenza. Lenzi Prof. Giuseppe - Via Flavia, 12 - 00062 Bracciano (Roma). Leuci Giuseppe - Via Vittorio Emanuele III, 13 - 72026 S. Pancra¬ zio Salentino (BR). Liguori Vincenzo - Via Scordia, 5 - 90147 Tommaso Natale (PA). Linares Gonzales José - Estación Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Lopez Aguayo Francisco - Departamento de Geologia y Geoquì- mica - Facultad de Ciencias - Universidad de Valladolid (Spagna). Lopez George Julio - Via Puente verde, 2 - Granada (Spagna). Lucini Carla - Massimo Stanzione, 18 - 80129 Napoli. Lucini Paolo - Via Cammarano, 19 - 80129 Napoli. Luraschi Elena - Via Tasso, 480 - Parco Materazzo, 80123 - Napoli. Maccagno Angiola Maria - Piazza Zama, 19 - 00183 Roma. Maglione Costantino - Via Cilea, 280 - 80127 Napoli. Mancini Fiorenzo - Via Gino Capponi, 18 - 50121 Firenze. Manzo Sergio - Via Terracina, 368 - 80125 Napoli. Elenco dei soci 305 171) 20-12- 985 172) 23-12-975 173) 21-12-984 174) 28- 6-985 175) 30-11-973 176) 30- 1-981 177) 22-12-981 178) 29-10-971 179) 31- 3-972 180) 22-12-981 181) 29-10-971 182) 28-12-949 183) 27- 1-978 184) 27- 1-978 185) 7- 2-938 186) 27-11-947 187) 30-12-960 188) 21-12-983 189) 26- 6-976 190) 21-12-83) 191) 30- 1-981 192) 27- 1-978 193) 31- 5-968 194) 27-11-947 195) 21-12-984 196) 22-12-982 197) 24- 6-977 198) 26- 1-949 199) 25- 6-976 Maresca Prof. Maria - Via Bagnulo, 71 - 80063 Piano di Sorrento (NA). Marmo Francesco - Dipartimento di Biologia Generale e Genetica - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Marturano Aldo - Via Fusaro, 54 - 80070 Bacoli (NA). Mastrolorenzo Dott. Giuseppe - Via C. Rosaroll, 15 - 80139 Napoli. Matteucig Giorgio - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Mazza Cereti Maria Teresa - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologia dell’Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Mazzarella Adriano - Via Petrarca, 119 - 80122 Napoli. Merenda Luigi - C.N.R. - IRPI - 87030 Castiglione Scalo (Cosenza). Meucci Nardella Anna Maria - Via Domenico Fontana, 95 - 80128 Napoli. Mezzacapo Vincenzo - Via G.B. Novelli, 34 - 81025 Marcianise. Micieli De Biase Leandro - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Migliorini Elio - Via Vitelleschi, 26 - 00193 Roma. Milito Pagliara Severina - Via Principati, 39 - 80100 Napoli. Milone Mario - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Moncharmont Ugo - Via A. Falcone, 88 - 80127 Napoli. Moncharmont Zei Maria - Istituto di Paleontologia dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Montagna Raffaele - Via Domenico Cimarosa, 2/ A - 80127 Napoli. Montella Maria - Via Ugo Palermo, 5 - 80128 Napoli. Morrica Schirru Patrizia - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica dell’Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Musacchio Aldo - Via Farnete, 4 - 87050 Mangone (CS). Mustacchi Silvia - Via Mariano d’Ayala, 6 - 80121 Napoli. Muzzo Carlo - Via Galatina P. Anfiteatro, E/8 - 81055 S. Maria Capua Vetere (Caserta). Napoleone Giovanni - Dipartimento di Scienze della Terra - Via La Pira, 4 - 50121 Firenze. Napoletano Aldo - Via Rodolfo Falvo, 20 - 80127 Napoli. Napoletano Anastasio - Via Pratelle - 81010 Raviscanina (CE). Nazzaro Antonio - Osservatorio Vesuviano - 80056 Ercolano. Nicoletti Pier Giorgio - Via S. Maria Capua Vetere, 26 - 81043 Capua. Nicotera Pasquale - Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Nicotina Mariano - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. 200) 201) 27- 4-973 30-12-960 202) 203) 25- 6-976 27-11-947 204) 27- 6-980 205) 29-10-971 206) 207) 30-12-960 30-12-960 208) 22-12-982 209) 29- 3-963 210) 211) 212) 28- 2-969 30-12-960 29- 10-971 213) 214) 24- 6-977 28- 6-985 215) 216) 22-12-981 22-12-976 217) 218) 27-12-957 29-12-961 219) 220) 221) 31- 1-951 20-12-985 27- 6-980 222) 223) 29-10-971 27- 4-973 224) 29-10-971 225) 22-12-982 226) 18-12-959 227) 228) 229) 21- 12-979 22- 12-982 27- 6-980 Nota D’Elogio Ernesto - Parco Mergellina, 3 - 80122 Napoli. Oliveri del Castillo Alessandro - Dipartimento di Geofisica e Vulcanologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Orio Franco - Via G. Santoro, 14 - 84100 Salerno. Orrù Antonietta - Via Monte Pollino, 2 - Quartiere Montesacro - 00141 Roma. Ortega Huertas Miguel - Departamento de Cristalografia y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna). Ortolani Francesco - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pacella Maria Luisa - Via Girolamo Santacroce, 7 - 80129 Napoli. Palmentola Giovanni - Dipartimento di Geologia e Geofisica - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Palomo Delgado Inmaculata - Estación Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Palumbo Antonino - Dipartimento di Geofisica e Vulcanologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Paoletti Alfredo - Via Puccini, 19/c - 80127 Napoli. Parenzan Paolo - Via Gabrieli, 13 - 70100 Bari. Parisi Giovanni - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Pasquarella Carmelo - Via 4 Orologi, 29/A - 80056 Ercolano. Patella Prof. Domenico - Dipartimento di Geofisica e Vulcanolo¬ gia - Largo S. Marcellino, 10 - 80136 Napoli. Pedata Patrizia - Via Nuova S. Rocco, 73 - 80131 Napoli. Pellecchia Maria - Via Francesco Saverio Correrà, 222 - 80135 Napoli. Pericoli Sergio - Via del Porto, 151 - 47033 Cattolica (Forlì). Pescatore Tullio - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pescione Messina Adelia - Via Fleming, 89 - 00191 Roma. Petrosino Prof. Mariarosaria - Via Vivaldi, 51 - 81100 Caserta. Picariello Orfeo - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Piciocchi Alfonso - Parco Comola Ricci, 9 - 80122 Napoli. Piera ttini Donatella - Dipartimento di Geofisica e Vulcanologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pinna Eros - Dipartimento di Scienze della Terra - Via S. Maria, 53 - 56100 Pisa. Pinto Gabriele - Via Nicolardi, Parco Arcadia, 5 - 80131 Na¬ poli. Piscopo Eugenio - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Placella Bianca - Corso Umberto, 35 - 80138 Napoli. Pollio Antonino - Via Kerbaker, 86 - 80129 Napoli. Pozzuoli Antonio - Dipartimento di Geofìsica e Vulcanologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Elenco dei soci 307 230) 29-10-971 231) 21-12-979 232) 28-12-956 233) 20-12-974 234) 21-12-983 235) 27- 3-964 236) 31- 5-968 237) 21-12-970 238) 3-12-971 239) 27- 3-964 240) 27- 6-980 241) 21-12-983 242) 22-12-981 243) 27- 6-975 244) 15-12-978 245) 27-11-947 246) 22-12-981 247) 30- 1-981 248) 30- 1-981 249) 29-10-971 250) 21-12-983 251) 27- 1-978 252) 31- 5-968 253) 3-12-971 254) 28- 3-963 255) 20-12-974 256) 30-12-941 257) 29-10-971 258) 21-12-983 Priore Rosa - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Pugliese Pasquale - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Quagliariello Teresa - Dipartimento di Geofìsica e Vulcanologia Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Ramundo Eliseo - Via Cesare Rosaroll, 174 - 80139 Napoli. Rapisardi Luigi - Dipartimento di Geologia e Geofisica - Via Nico¬ lai, 2 - 70121 Bari. Rapolla Antonio - Dipartimento di Geofìsica e Vulcanologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Ricchetti Giustino - Dipartimento di Geologia e Geofìsica - Via Nicolai, 2 - 70121 Bari. Richeth Francesco - Istituto di Zootecnica - Via F. Delpino, 1 - 80137 Napoli. Roda Cesare - Istituto di Scienze della Terra - Viale Ungheria, 43 - 33100 Udine. Rodriguez Antonio - Via Pietro Castellino, 179 - 80131 Napoli. Rodriguez Gallego Manuel - Departamento de Cristalografia y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna). Romano Claudio - Via Sagrerà, 23 - 80129 Napoli. Rossi Fortunato - Via Montedonzelli, 48/b - 80128 Napoli. Rosso Andrea - Via Ferrara, 14 - 81100 Caserta. Rotondo Antonio - Istituto di Coltivazioni Arboree - Facoltà di Agraria - 80055 Portici (Napoli). Ruffo Sandro - Museo Civico di Storia Naturale - Lungadige Porta Vittoria, 9 - 37100 Verona. Russo Antonio - Viale Muratori, 225 - 41100 Modena. Russo Giovanni Fulvio - Laboratorio di Ecologia - Piazzetta S. Pietro - 80070 Ischia Porto. Russo Luigi - Via Cilea, 171 - 80127 Napoli. Russo Luigi Filippo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Saccani Luigi - Via Pontano, 80 - 80122 Napoli. Salvati Gerardo - Via Pisa, 1 - 85100 Potenza. Sarpi Ernesto - Via S. Aspreno, 13 - 80133 Napoli. Sartoni Samuele - Istituto di Geologia - Via Zamboni, 63-67 - 40127 Bologna. Scandone Paolo - Dipartimento di Scienze della Terra - Via S. Maria, 53 - 56100 Pisa. Scaramella Domenico - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Scherillo Antonio - Via Stanzione, 18 - 80129 Napoli. Schettino Oreste - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Universi¬ tà - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Schiano di Zenise Barbaro Mariella - Via S. Strato, 25 - 80123 Napoli. Elenco dei soci 308 259) 260) 261) 262) 263) 264) 265) 266) 267) 268) 269) 270) 271) 272) 273) 274) 275) 276) 277) 278) 279) 280) 281) 282) 283) 284) 285) 286) 287) 21-12-984 30- 11-973 27- 3-964 25- 6-967 15-12-978 31- 1-951 21-12-979 28- 3-963 28- 6-985 29- 10-971 31- 1-951 30- 12-960 26- 5-972 20- 12-985 31- 5-968 27- 6-975 21- 12-984 31- 5-968 31- 5-968 26- 3-942 22- 12-981 22-12-981 21-12-984 31- 5-968 29-12-961 21-12-984 27- 1-978 19-10-971 15-12-978 Schiattarella Marcello - Via Onofrio Fragnito, 2 - 80131 Napoli. Scippacercola Sergio - Centro di Calcolo Elettronico Interfacol¬ tà - Pad. 17 - Mostra d’Oltremare - 80125 Napoli. Scorziello Raffaele - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Senatore Felice - Via Balziro - Traversa Bottiglieri, 17 - 84100 Salerno. Serra Virginia - Dipartimento di Biologia Evolutiva e Comparata - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Sersale Riccardo - Istituto di Chimica Applicata - Facoltà di Inge¬ gneria - 80125 Napoli. Sgarrella Franca - Istituto di Paleontologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Sgrosso Italo - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Siani Dott. Massimo - Via B. Avallone, 26 - 84013 Cava dei Tirreni (Salerno). Simone Lucia - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Sinno Renato - Via Scudillo, 20 bis - 80131 Napoli. Sorrentino Pappalardo Albina - Via Alfieri, 1 - 38100 Trento. Speranza Antonio - Via Tommaso Caravita, 29 - 80134 Napoli. Stamatopulos Prof. Leonidas - Vracneica Patrasso - 25002 Grecia. Stanzione Damiano - Via Nicolardi (Parco Arcadia, is. 5) - 80131 Napoli. Steri Stefano - Dipartimento di Matematica - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Stigliano Michele - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Taddei Roberto - Orto Botanico - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. Taddei Ruggiero Emma - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Tarsia in Curia Isabella - Corso Umberto I, 106 - 80138 Napoli. Tartaglione Anna Maria - Via S. Donato, 20 - 81020 Sala di Caserta (CE). Tartaglione Elio - Via G. Santacroce, 3 - 80129 Napoli. Tomasino Carlo - Via Luigi Transillo, 54/F - 80125 Napoli. Torre Mario - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Mar¬ cellino, 10 - 80138 Napoli. Torre Zamparelli Valeria - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Torrente Maurizio Maria - Via Livio Andronico, 103 - 80126 Napoli. Tramutoli Mariano - Via Caserma Lucana, 23 -'85100 Potenza. Tremblay Ermenegildo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Valentini Giovanni - Dipartimento di Scienze della Terra - Città Universitaria - Piazzale Aldo Moro, 1 - 00185 Roma. Elenco dei soci 309 288) 29- 12-961 289) 30- 1-981 290) 21- 12-984 291) 25- 6-976 292) 29- 10-971 293) 28- 6-985 294) 21- 12-979 295) 27- 1-978 296) 21- 12-984 297) 31- 3-972 298) 30- 12-960 299) 25- 6-976 Vallario Antonio - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Varriale Bruno - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Vecchione Carlo - Dipartimento di Scienze della Terra - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Verniani Franco - Via Fossolo, 10 - 40138 Bologna. Viggiani Gennaro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Viggiano Prof. Giulio - Via Icaro, 2 - Scala F - 80072 Pozzuoli (Napoli) . Villanis Gabriella - Via Guglielmo Sanfelice, 24 - 80134 Napoli. Villari Anna - Via Bausan, 36 - 80121 Napoli. Viola Giuseppe - Viale Moiano, 27 - 82011 Airola (BN). Vitagliano Paolo Augusto - Via S. Giacomo dei Capri, 125 - Palazzo Seca - 80128 Napoli. Vitagliano Vincenzo - Via A. Manzoni, 30 - 80123 Napoli. Zampino Carlo - Via Rotunno, 14 - 84100 Salerno. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti 1) Accademie e biblioteche d’Italia. Roma. 2) Acta Botanica Fennica. Helsinki. 3) Acta Entomologica Fennica. Helsinki. 4) Acta Entomologica Musei Nationalis Pragae. Praha. 5) Acta Facultatis rerum naturalium Universitatis Comeniane. Ser. Anthropologia, Botanica, Zoologia. Bratislava. 6) Acta Geologica et Geographica Universitatis Comenianae Geologica. Bratis¬ lava. 7) Acta Palaentologica Sinica. Nanking. 8) Acta Societatis Botanicorum Poloniae. Warszawa. 9) Acta Societatis prò fauna et flora fennica. Helsinki. 10) Acta Zoologica Fennica. Helsinki. 11) Agricoltura. Roma. 12) Agricoltura. Ambiente. Roma. 13) Agricoltura. Ricerca. Roma. 14) Almanacco d’Italia. Roma. 15) Ambio. Stockholm. 16) Anales del Jardin Botanico de Madrid. Madrid. 17) Anales de Sociedad Cientifìca Argentina, Buenos Aires. 18) Annalen der Naturhistorischen Museum in Wien. Wien. 19) Annales Botanici Fennici. Helsinki. 20) Annales Entomologici Fennici. Helsinki. 21) Annales historico-naturales Musei Nationalis Hungarici. Budapest. 22) Annales historiques de la Révolution franfaise. Parigi. 23) Annales Musei Goulandris. Kifissia (Atene). 24) Annales de la Société Royale Zoologique de Belgique. Gent. 25) Annales Universitatis Mariae Curie Sklodowska. Sectio B: geographia, geologia, mineralogia et petrographia. Sectio C: Biologia. Lublin. 26) Annales Zoologici Fennici. Helsinki. 27) Annali della Facoltà di Agraria. Milano. 28) Annali della Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università degli Studi di Napoli. Portici. 29) Annali del Museo Civico di storia naturale «Giacomo Doria». Genova. 30) Annals of thè Missouri Botanical Garden. St. Louis. 31) Annuario delle Biblioteche italiane. Roma. 32) Annuario dell’Istituto e Museo di Zoologia dell’Università di Napoli. Napoli. 33) Annuario da Sociedade Broteriana. Coimbra. 312 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 34) Archiv der Fruende der Naturgeschichte in Mecklenburg. Rostock. 35) Archivio per l’antropologia e la etnologia. Firenze. 36) Archivio di oceanografia e limnologia. Venezia. 37) Ateneo veneto. Venezia. 38) Atti dell’Accademia Ligure di Scienze e Lettere. Genova. 39) Atti dell’Accademia Pontaniana. Napoli. 40) Atti dell’Accademia Properziana del Subasio. Assisi. 41) Atti dell’Accademia di Scienze di Ferrara. Ferrara. 42) Atti dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Rendiconti. Classe di scienze fìsiche. Bologna. 43) Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Atti Generali e Verbali delle Classi riunite. Torino. 44) Atti del Circolo Culturale G. B. Duns Scoto. Roccarainola 45) Atti dell’Istituto di Botanica e del Laboratorio Crittogamico dell’Università di Pavia. Pavia. 46) Atti e memorie dell’Accademia di agricoltura, scienze e lettere. Verona. 47) Atti del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste. Trieste. 48) Atti della Società italiana di scienze naturali e del Museo Civico di Storia natu¬ rale di Milano. Milano. 49) Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. Modena. 50) Atti della Società Peloritana di Scienze fìsiche e matematiche. Messina. 51) Atti della Società Toscana di Scienze Naturali. Pisa. 52) Biological Bulletin. Woods Hole. 53) Biological Review. Cambridge. 54) Boletim da Sociedade Broteriana. Coimbra 55) Bollettino dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali. Catania. 56) Bollettino del Gruppo Grotte Brescia «Corrado Allegretti». Brescia. 57) Bollettino dell’Istituto di Entomologia dell’Università degli Studi di Bologna. Bologna 58) Bollettino del Laboratorio di Entomologia Agraria «Filippo Silvestri» - Portici. 59) Bollettino dei Musei e degli Istituti Biologici dell’Università di Genova. Genova 60) Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Venezia. Venezia. 61) Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Verona. Verona. 62) Bollettino del Servizio Geologico d’Italia. Roma. 63) Bollettino della Società Adriatica di Scienze. Trieste. 64) Bollettino della Società Entomologica Italiana. Genova 65) Bollettino della Società Geografica Italiana. Roma. 66) Bollettino della Società Italiana di Biologia sperimentale. Napoli. 67) Bollettino Società Sarda di Scienze Naturali. Sassari. 68) Bollettino di zoologia agraria e di bachicoltura. Milano. 69) Bulletin de l’Institut de Geologie des Bassins d’Aquitaine. Talence. 70) Bulletin of thè British Museum (Naturai History). London. 71) Bulletin of thè Entomological Society of Egypt (Economie Series). Cairo. 72) Bulletin of thè Geological Institutions of thè University of Uppsala. Uppsala. 73) Bulletin de l’Institut Royal des Sciences naturelles de Belgique. Ser. Biologie, Entomologie, Sciences de la Terre. Bruxelles. 74) Bulletin of thè Minerai Research and Exploration Institute of Turkey. Ankara. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 313 75) Bulletin of Nanjing Institute of Geology and Palaeontology. Nanking. 76) Bulletin de la Société Entomologique d’Egypte. Cairo. 77) Bulletin de la Societé des Sciences naturelles de l’Ouest de la France. Nantes. 78) Ciencia biologica. Coimbra. 79) Comunica9Òes dos ServÌ£os Geologicos de Portogai. Lisboa. 80) Coree d’aujourd’hui, la. Pyongyang. 81) Corriere UNESCO. Roma. 82) D.A. Difesa ambientale. Milano. 83) Decheniana. Bonn. 84) Decheniana. Beihefte. Bonn. 85) Delpinoa. Napoli. 86) Deutsche Akademie der Naturforscher Leopoldina. Halle. 87) Doriana. Genova. 88) Entomologische Arbeiten aus dem Museum G. Frey. Tutzing. 89) EUS - Revista Espanda de Entomologia. 90) Folia. Musei Historico-Naturalis Bakonyensis. Veszprem. 91) Fragmenta Entomologica. Roma. 92) Geologicky zbornik. Geologica carpathica. Bratislava. 93) Giornale botanico italiano. Firenze. 94) Gorteria. Leiden. 95) Illinois biological monographs. Urbana. 96) Immaginale. Lecce. 97) Informatore agrario. Verona. 98) Informatore botanico italiano. Firenze. 99) Informatore del giovane entomologo. Genova. 100) Italia Nostra. Roma. 101) Izvèstija Akademia Nauk Modavioi SSR - a. Scienze biologiche e chimiche, b. Scienze matematiche e Fisiche. Kisciniof. 102) Journal of thè Marine Biological Association of thè United Kingdom. Plymouth. 103) Journal of thè Minnesota Academy of Sciences. Minneapolis. 104) Journal of stratigraphy. Nanking. 105) Leopoldina. Halle. 106) Madoqua. Windhoek. 107) Marine studies of San Pedro Bay. Los Angeles. 108) Mediterranea. Alicante. 109) Memorias da Sociedade Broteriana. Coimbra. 110) Memoirs of Nanjing Institute of Geology and Palaeontology. Nanking. 111) Memoranda Societatis prò Fauna et Flora Fennica. Helsinki. 112) Memorie fuori serie del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 113) Memorie del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 114) Memorie e note dell’Istituto di Geologia applicata dell’Università di Napoli. 115) Memorie e rendiconti dell’Accademia di Scienze, lettere e belle arti degli Zelandi e dei Dafnici. Acireale. 116) Memorie della Società Entomologica Italiana. Genova. 117) Mitteilungen der Bayerischen Staatssammlung fiir Palàontologie und histor. Geologie. Munchen. 314 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 118) Mitteilungen aus dem Hamburgischen Zoologischen Institut und Museum. Hamburg. 119) Monographiae Botanicae. Warszawa. 120) Monographs of thè Allan Hancock Foundation. Los Angeles. 121) Natura. Rivista di scienze naturali. Milano. 122) Natura bresciana. Brescia. 123) Naturalista siciliano, il. Palermo. 124) Note Fitopatologiche per la Sardegna. Sassari. 125) Notiziario del Circolo Speleologico Romano. Roma. 126) Nova Acta Leopoldina. Halle. 127) Nuova scienza. Roma. 128) Novos Taxa Entomologicos. Lourenco Marques. 129) Oberheissische Naturwissenschaftliche Zeitschrift. Giessen. 130) Ohio Journal of Science. Columbus. 131) Orsis. Barcellona. 132) Palaentologia Sinica. Nanking. 133) Palaeontology Stratigraphy and Lithology. Sofia. 134) Paleobios. Berkeley. 135) Periodico di Mineralogia. Roma. 136) Pescaport. Genova. 137) Postilla. New Haven. 138) Proceedings of thè Academy of Naturai Sciences of Philadelphia. Philadelphia. 139) Proceedings of K. Nederlandse Akademie van Wetenschappen. Ser. Physical Sciences. Ser. Biological und medicai Sciences. Amsterdam. 140) Proceeding of thè Nova Scotian Institute of Sciences. Halifax. 141) Pubblicazioni dell’Istituto di Botanica dell’Università di Catania. Catania. 142) Publicaciones del Centro Pirenaico de Biologia Experimental. Jaca. 143) Publicaciones del Departamento de Zoologia. Barcelona. 144) Publicagòes do Instituto de Zoologia «Dr. Augusto Nobre». Porto. 145) Quaderni di Agricoltura Ambiente. Roma. 146) Quaderni dell’Istituto di Geologia dell’Università di Genova. Genova. 147) Rasprave zavoda za Geoloska i Geofizicka istrazivanja. Beograd. 148) Redia. Giornale di Zoologia. Firenze. 149) Rendiconti dell’Istituto Lombardo. Accademia di Scienze e Lettere. Milano. 150) Rendiconto dell’Accademia delle Scienze Fisiche e matematiche. Napoli. 151) Republique Populaire Democratique de Coree. Pyongyang. 152) Revista de la Sociedad Cientifica del Paraguay. Asuncion. 153) Risveglio del Molise e del Mezzogiorno. Roma. 154) Riviera Scientifique. Nice. 155) Rivista di Biologia normale e patologica. Messina. 156) Rivista Rosminiana di Filosofia e di cultura. Stresa. 157) Rozpray Ceskoslovenské Akademie véd. Praha. 158) Scientia. Milano. 159) Scienza-società. Lecce. 160) Scripta Facultatis Scientiarum naturalium. Universitatis Purkynianae Brunensis. Brno. 161) Senckenbergiana biologica. Frankfurt a.M. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 315 162) Struktur und Mitgliederbestand. Deutsche Akademie der Naturforscher Leo¬ poldina. Halle. 163) Studi Geologici Camerti. Camerino. 164) Studi Sassaresi. Sassari. 165) Studi trentini di scienze naturali. Acta geologica, Acta biologica. Trento. 166) Technical reports of thè Allan Hancock Foundation. Los Angeles. 167) Thalassia salentina. Lecce. 168) Transaction of thè Wisconsin Academy of Sciences, Arts and Letters. Madison. 169) Travaux biologiques de lTnstitut J. B. Carnoy. Louvain-la-Neuve. 170) United States Geological Survey - a. Annual report; b. Bulletin; c. Earthquake information bulletin; d. Professional paper; e. Techniques; f. Water supply paper. Washington. 171) University of California publications in Geological Sciences. Los Angeles. 172) University of California publications in Zoology. Berkeley. 173) Universo. Firenze. 174) Verhandlungen der Zoologisch - Botanischen Gesellschaft in Òsterreich. Wien. 175) Vesnik. a. Geologija; b. Inzenjerska Geologija i Hidrogeologija; c. GeoFizika. Beograd. 176) Vita italiana. Roma. 177) Vita oggi. Roma. 178) Zbornik Slovenského Nàrodného Muzea. Bratislava. Recensioni 1) Centre de Documentation du C.N.R.S. - 26, Rue Boyer, 75971 - Paris Cedex 20. 2) Library Chemical Abstracts Service - P.O. Box 3012 - Columbus, Ohio 43210. 3) Libri e Riviste d’Italia - Ministero per i Beni Culturali e Ambientali - Divisione Editoria - Roma. 4) Literature Resources Department Biosciences Information Service. 2100 Arch Street - Philadelphia, Pennsylvania - 19103 U.S.A. I INDICE Schettino O. - In memoria di Mario Covello . pag. 3 Fiorito G., Bergamo P., Capuano C., Lepore C. - Considerazioni sul comportamento di emissione di inchiostro nel genere Aplysia (Mollusca, Gastropoda, Opisthobranchia) . » 25 Sen A., Patella D. - Application of Induced Polarization (IP) for De¬ tection of Water Accumulations in Unconsolidated Sediments and Rocks with Clay: a Review . » 43 Battaglini P., Andreozzi G., Antonucci R., Gargiulo G., Castal¬ do L. - «Modificazioni istochimiche dell’epitelio respiratorio di Carassius auratus L. esposto all’azione di acque inquinate da olii greggi» . » 59 Gargiulo G., Battaglini P., Andreozzi G., Antonucci R., Castal¬ do L. - Caratteristiche istochimiche delle cellule APUD del¬ l’epitelio respiratorio di Sepia officinalis L . » 77 Sch lattare ll a M., Torrente M. - Osservazioni geologico-strutturali su alcuni corsi d’acqua minori della dorsale marchigiana . » 89 Nazzaro A. - Il Vesuvio: storia naturale dal 1631 al 1944 . » 99 Fiorito G., Capuano C., Bergamo P. - Preliminary Notes on Feeding Behavior of Aplysia Genus (Gastropoda: Opisthobranchia) in thè Bay of Naples) . » 125 Nazzaro A., Tramma B. - Il sismografo di Luigi Palmieri . » 139 Cubellis E. - Il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883: analisi degli effetti, modellizzazione della sorgente ed implicazioni sulla dinamica in atto . » 157 D’Antonio C. - Attuali conoscenze sul popolamento odonatologico del¬ la Campania (III contributo alla conoscenza degli Odonati) .... » 187 de Cunzo T., Della Ragione S., Giglio F. - Schede per una Flora Pali- nologica Italiana Famiglia Oleaceae - N.S. 67-68-69 . » 203 de Filippo G. - L’indice centesimale di diversità strutturale: una misura standard per l’eterogeneità della vegetazione in studi di ecologia degli uccelli . » 215 318 Indice de Filippo G., Caputo V., Kalby M. - La comunità di Uccelli in una fu- staia di faggio sui Monti Albumi (Sud-Italia) . pag. 221 Galassi L., Della Vecchia B. - Influenza degli errori di misura sulla valutazione dell’area e della quantità di sostanza con il metodo mi¬ crofotometrico a due lunghezze d’onda . » 229 Russo G. F. - Segnalazione di Bursatella leachi De Blainville, 1817 (Mollusca, Opisthobranchia, Aplysiomorpha) per le acque dell’isola d’Ischia e considerazioni sull’ecologia della specie . » 243 Taddei Ruggiero E. - Megathyrididae (Brachiopoda) attuali raccolti lungo le coste della Campania e della Puglia . » 255 Processi verbali delle tornate e delle assemblee generali . » 287 Elenco dei soci al 31 dicembre 1985 . » 299 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti . » 311 Recensioni . » 315 TERMINATO DI STAMPARE OGGI XVIII DICEMBRE MCMLXXXVII NELLE OFFICINE GRAFICHE NAPOLETANE «FRANCESCO GIANNINI & FIGLI» Direttore responsabile: Prof. ALDO NAPOLETANO Autorizzazione della Cancelleria del Tribunale di Napoli - n. B 649 del 29-11-1960 Art. 14. — Nel dattiloscritto, si raccomanda di indicare con doppia sottolineatura (maiuscoletto) i nomi degli Autori e con la sottolineatura semplice (corsivo) i titoli dei periodici nella bibliografia, i nomi scientifici latini ed i termini stranieri. Art. 15. — Le illustrazioni che corredano il testo saranno accompagnate da brevi esaurienti didascalie nella stessa lingua del testo. Art. 16. — Dato il tipo di carta adottato per la stampa del Bollettino la maggior parte delle figure andranno inserite come tali nel testo, con numerazione progressiva. Al termine del testo, in continuità con rimpaginazione precedente, potranno essere inserite delle tavole contrassegnate da numeri romani progressivi, fermo restando che le dimensioni - inclusa la didascalia - non oltrepassino quelle del formato standard di cm 11 xl8. È con¬ sigliabile che gli originali per le illustrazioni siano di dimensioni superiori a quelle defini¬ tive (1 Vi o 2 volte quelle definitive). Salvo indicazioni contrarie, le illustrazioni saranno riprodotte in modo da utilizzare al massimo il formato standard e, in ogni caso, in confor¬ mità con il parere espresso in merito dal Redattore. Art. 17. — Le tabelle andranno contrassegnate con una numerazione indipendente e progressiva. Per eventuali tabelle con dati numerici o elenchi di nomi con segni o grafici è consigliabile preparare un originale ad inchiostro di china o dattiloscritto da cui possa essere ricavato uno zinco. Salvo casi di impossibilità, dette tabelle non dovranno superare le dimensioni di cm 11 xl8. Art. 18. — Le note a piè pagine devono portare una numerazione indipendente e progressiva dall’inizio del lavoro. Nel dattiloscritto esse vanno presentate a parte, tutte riu¬ nite in successione e numerate. Art. 19. — La bibliografìa sarà raccolta alla fine del testo e dovrà comprendere solo i lavori effettivamente citati nel testo stesso, in una delle forme seguenti Gray (1824); (Gray, 1824); (Gray, 1824: 73); va pertanto esclusa una numerazione progressiva dei rife¬ rimenti bibliografici. Nell’elenco alfabetico degli Autori il cognome dovrà essere riportato prescindendo dai prefissi di casato (p. es. de , von ecc.) che, se presenti saranno indicati subito dopo il nome. Se di uno stesso Autore vengono citati più lavori, questi saranno elencati cronologica¬ mente. Si faranno seguire alla data di pubblicazione, nell’ordine, le lettere a, b, c, ecc. quando i lavori abbiano lo stesso anno di edizione. Le stesse lettere dovranno essere ripor¬ tate nelle citazioni nel testo. Per lavori pubblicati da più Autori, tutti gli Autori dovranno essere riportati in Bibliografìa, mentre nel testo - qualora gli Autori siano tre o più - si riporterà solo il primo con l’aggiunta di et al. Al cognome dell’Autore seguirà l’iniziale o le iniziali del nome, quindi la data di pub¬ blicazione del lavoro, tra parentesi e punto. Nel caso di più Autori, questi saranno separati da una virgola. Il titolo del lavoro dovrà essere riportato per esteso, sottolineando le eventuali parole in corsivo. I titoli dei periodici dovranno essere riportati in corsivo (sottolineatura semplice) ed abbreviati attenendosi alla Word List of Scientifìc Periodicals , IV Ed. (1963-65). Il numero del volume sarà sottolineato con una linea semplice ed una ondulata onde sia riprodotto in grassetto; esso sarà eventualmente preceduto, tra parentesi, dal numero della serie e seguito, pure tra parentesi, da quello del fascicolo; quindi due punti e indicazione della prima e dell’ul¬ tima pagina dell’articolo, delle eventuali figure (fìgg.), tavole (taw.), tabelle (tabb.) ed infine la città tra parentesi. Qualora il periodico sia articolato in numeri, questi saranno indicati col simbolo N°; analogamente la parte si indicherà con P., la sezione con Sez., il supplemento con Suppl. una nuova serie con N. Ser., una edizione con Ed. In ogni altro caso il riferimento dovrà essere riportato per esteso (per es. nella citazione di una tesi, di un simposio ecc.). Per i lavori non pubblicati su periodici si indicheranno dopo il titolo, nell’ordine, l’Edi¬ tore e la relativa Città; quindi dopo il punto, il numero complessivo delle pagine (pp.), le eventuali figure (fìgg.), tavole (tavv.), e tabelle (tabb.). Gli esempi seguenti potranno servire da guida per la compilazione della Bibliografia: Crescenti U., CrostellaA., Donzelli G. & Raffi G. (1969). Stratigrafia della serie calca¬ rea dal Lias al Miocene nella regione marchigiano-abruzzese. Mem. Soc. geol. ital. 8: 343-420, 64 fìgg., 3 tavv. (Pisa). GoodeyJ.B. (1963), Soil and freshwater Nematodes. Metheum and Co., London, XV + 544 pp., 298 fìgg. Art. 20. — Di eventuali errori e/o omissioni nella compilazione della Bibliografìa sono responsabili gli Autori delle note. La Redazione del Bollettino della Società dei Natu¬ ralisti non risponde delle opinioni scientifiche espresse dagli autori.