HORIZON anti caonegeri amieles soley È wes ‘ DIL Je tyene treatin > e ]uasdaini palau si TTLICIINE i NITTI MCTILACIALO ti ae hs dati tar ©, Ae I sud è jus ii web eve i | tae ‘ * Dene tity © (40487 err a gee dali ares gh hh ete eating agua da Ae RE E TIT ak Spey H Lidelten "4 \ nota x . x i l " quit : x "fa gl Cet * DI . Ù ' . . . E : ay i ‘ | : : : i - ‘ ni see = È x : ‘ Rel hry i ‘ Wace ‘ 4 ee Ù « iy i D DI . l rh IT ee * J . © 7 n ui i ù i i i wai i | i i i ' 7 Hi » ‘ : a . 1 F ì nur 4 2 e i sate eas " ni ‘ a : . DPC ‘ : - . 1 : . Ù . 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PEOPLE FOR EDVCATION FOR SCIENCE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY Bound at ARM.N.H. 107 f ni Y 4 Lie aA aN ae dA sel Py ON I Ne te Ani MA Hp LUN N pa MO: ISMEA AIA UTO SAR | uk Y fà o ay ge eg iid lt sy mol aris ee Ah AOA ay by ’ f sti » Il x e, tav sh tut si NI ; 0 ANNALI DEL MUSEO CIVICO DI SPORT A NAT UR Atma. ¢ ‘ Ù ‘GIACOMO DORIA SERIE 8., Vou. VIII | (XLVII) i A uit Da 1 DEL MUSEO. Lo ci STORIA NATURALE GIACOMO DORIA. PUBBLICATI PER CURA DI R. GESTRO SERIE 3, Von. VII VEGX VELE) - GENOVA STABILIMENTO TIPO-LITOGRAFICO PIETRO PELLAS FU a Largo ria Roma, Piazza S. Marta, N. 39 ; 1918. 1919 Ranh li cri pit : 0-203 3 See iò : lo iD aa} a OF THE SUI PAUSSIDI DELLE ISOLE FILIPPINE Ai fr Nora pr R. GESTRO a ene” : i = È È | ee Fino a questi ultimi anni, per quanto mi consta, non si cono- 2a sceva alcuna specie di Paussidi delle isole Filippine ed è soltanto AR nel 1914 che Heller ha descritto la prima ('). La serie ha comin- e. «ciato con un nuovo Protopaussus, raccolto dal Prof. C. F. Baker 2a a Luzon, insetto molto notevole per la provenienza e per essere A a quarta specie della tribù dei Protfopaussini; ma in seguito bi non si ebbero altre scoperte e si poteva ritenere quindi che il pr genere Paussus, che pure è rappresentato in altre isole della ssa _ Malesia, dovesse mancare alle Filippine. Fu perciò una grata sor- | presa per me di ricevere, nel corso di quest’ anno, insieme ad ‘a un Protopaussus Bakeri, che non esisteva ancora nella colle- pi “zione del nostro Museo, un esemplare di un vero Paussus, forma ben caratteristica e nuova, che qui descrivo. Me Questa scoperta, come quella del Protopaussus , si deve al im Prof. Baker, altamente benemerito per tutto ciò che ha fatto e che va facendo per lo studio della fauna entomologica delle Filip- pine. Io gli sono molto grato pel nuovo Paussus e per il ricco aa materiale entomologico altre volte fornito, che è stato argomento BS di un mio recente lavoro. CE SIE ‘a GENOVA, dal Museo Civico, 16 Settembre 1917. Paussus tagalicus, n. sp. P i es _ Supra opacus, rufo-piceus, tenuiter punctulatus et albo | pilosulus, capitis lateribus, antennis, thoracis marginibus, + | pedibusque, tarsis exceptis, nigris; elytris area lata mar- a SI subtriangulari, retrorsum prolongata, areola sub- a ee (1) Protopaussus Bakeri. Heller, Wiener entomologische Zeitung, XX XIII, 1914, |. 203, con figura nel testo. > Pe Noe RL OS ne ee ee È SHIA : MUSEUM MASTER E VF YROVEIH TKS AA 6 R. GESTRO rectangulari apicali ad angulum internum, maculisque duabus minimis obsoletis ad humeros et ad apicem, nigris, nitidis, glabris, plica apicali flavescente ; pygidio obscuriore; subtus nitidus, pro- et mesosterno nigricantibus, metasterno flavo-ferrugineo, abdomine rufo-piceo, segmentis ultimis . obsolete fusco fasciatis. Capite medio longitudinaliter sulcato, clypeo angusto, medio profunde exciso, vertice area rotunda subelevata fo- veolata; antennaruni clava longa, angusta, retrorsum leviter incurvata, lateribus parallelis, basi paulo latiore, angulo basali externo modice porrecto, apice rotundato, margine antico et apice carinulatis, margine postico profunde sul- cato, sulco foveolis sex impresso, disco leviter convero, © crebre punctulato et breviter albo piloso ; collo angusto. Thorace bipartito, parte antica capite fere aeque lata, utrin- que angulato-rotundata, postice elevata, medio longitudi- naliter impressa, parte postica parum longiore, angustiore, lateribus fere rectis; sulco transverso discoidali profundis- simo, medio retrorsum valde ampliato, utrinque flavo se- toso; disco punctulato et albo pilosulo, parte postica trans- verse rugulosa. Scutello triangulari. Elytris latis, retrorsum leviter ampliatis, humeris elevatis, crebre minute punctulatis et tenuiter albo pilosulis, areis nigris laevibus glabris. — Long. 7 millim. | È opaco al disopra e con finissimi e brevi peli bianchi, lucente al disotto; il colore fondamentale è un rossastro piceo, più scuro sul pigidio; i lati del capo e le antenne sono neri: e lo stesso è pel torace lungo i suoi margini e per i piedi; questi però hanno i tarsi rossastri. Gli elitri presentano ciascuno un’ area laterale larga, che comincia circa dal terzo basale e si allarga nel mezzo, per ristringersi poi nella sua parte posteriore, che si prolunga fino all’ incontro della plica apicale; quest’ area è nera, lucente, senza punti e glabra; un’altra area ugualmente nera lucente e glabra, ma assai più piccola e di forma rettangolare, trovasi all'apice, sull'angolo suturale ; vi sono inoltre altre due macchiette nere, molto piccole e poco appariscenti, una situata vicino all’omero, l’altra all'apice presso l’areola suturale rettangolare. La plica apicale è molto distinta e risalta molto per avere una tinta gial- lastra, quindi diversa da quella del resto dell’ elitro. Il petto è fre 5 ea IA x «iaia SN Se J Sree ty 54 ' \ j us ve $i PRE A ita Dar FIT PARO PE A PAUSSIDI DELLE ISOLE FILIPPINE | nerastro, meno il metasterno che ha una tinta giallo-ferruginea ; 1 segmenti dell'addome sono fasciati di nero alla base, ma in î modo assai poco appariscente. n a Il capo si ristringe in avanti in un clipeo profondamente inta- Bi nel mezzo ed è longitudinalmente solcato; sul vertice | presenta un’area rotonda: elevata leggermente e infossata. La clava delle antenne è stretta e abbastanza lunga, leggermente incurvata in addietro; ha i lati paralleli e l'apice arrotondato, pore sporgente; il margine anteriore e l’ apice sono sottilmente Do | carenati; il margine posteriore è cana- liculato in tutta la sua lunghezza, i lembi del canale sono leggermente ondulati e nel fondo di esso si osser- vano 6 fossette; il disco è moderata- mente convesso, con fitta punteggia- tura e con brevi peli bianchi. Il torace nella sua porzione più larga è all’ in- circa largo quanto il capo; è diviso in due parti: l'anteriore ha i lati, in margine posteriore elevato e nel mezzo presenta un forte solco longi- tudinale che comincia a breve distanza dal margine anteriore e raggiunge in addietro il solco trasversale; la poste- | riore è alquanto più stretta e più lunga dell’anteriore ed ha i lati «quasi dritti; il solco trasversale che divide le due parti è molto «profondo e allargandosi in addietro si confonde colla grande esca- vazione mediana della porzione posteriore; ai suoi lati si osser- ‘vano i caratteristici peli gialli. Gli elitri, molto più larghi del | torace, hanno gli omeri sporgenti ed elegantemente arrotondati ; sono minutamente punteggiati e vestiti di peli finissimi bianchi, eccetto che sulle aree nere. : 30 Questa specie deve collocarsi non lontano dal P. Waterhousei, -Westw., il solo che abbia con essa qualche affinità; ma vi sono fra loro differenze notevoli nella clava delle antenne, nelle pro- pi porzioni del torace, ecc.; anche la specie di Westwood, della quale troviamo una buona figura nel « Thesaurus entomologicus alla base si allarga un poco e I’ angolo basale esterno non è addietro, arrotondati-angolosi, ha il” BR. GESTRO oxoniensis », ha un’area elitrale nera lucente, ma in differente — posizione, cioè presso la sutura e piuttosto in avanti e soltanto | una per ciascun elitro. Importa notare che quest’ultima specie hat i lati degli elitri frangiati di setole, carattere che manca nel — P. tagalicus. Il solo esemplare che mi fu cortesemente spedito dal Professor | Baker e che ha servito per la presente descrizione, fu raccolto a Luzon sul Monte Makiling. L'ospite è sconosciuto. A Il P. Waterhousei, descritto di Penang, fu “scan "ti fa ke. eu aes a “is trovato a Perak (Malacca), nell’Alta Birmania e in Sumatra. . EA Nel volume precedente di questi Annali (!) ho dimostrato che ; il nuovo genere Pseudopaussus istituito da W. Schultze non ha a alcuna relazione colla famiglia dei Paussidi ed è sinonimo “die Trochoideus della sia degli Endomychidi. Mi restava il dubbio se il Pseudopaussus monstrosus fosse uguale al ro 2 rod ui choideus Desjardinsii, oppure ad un’altra specie di questo ge- — nere; ora, grazie ad un cortese invio del Prof. Baker, ho avuto a mia disposizione due cotipi g e 9 del preteso Pausside e | confrontandoli con molti esemplari del Tr. Desjardinsii esistenti nel nostro Museo, ho potuto accertare che realmente si tratta di * una sola cosa. (1) Alcune osservazioni intorno ai Paussidi (Ann. Mus. Civ. Genova. XLVII, aut p. ere: pid iS dat Pror. AUGUSTO BEGUINOT Pa ~~ Viaggio pi Leonarpo Fea NELL’AFRICA OCCIDENTALE (E | CONTRIBUTO ALLA FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE E NOTIZIE SULLA SUA AFFINITÀ ED ORIGINE I. Storia delle esplorazioni botaniche. Le isole del Capo Verde, scoperte nell’anno 1456 per opera di due celebri navigatori italiani, il veneziano Alvise di Cadamosto | ed il genovese Antonio Usodimare (*, non sono un territorio botanicamente del tutto inesplorato e, cioè, una terra vergine. i | Esse furono oggetto di parecchie esplorazioni e la loro vegetazione forni materia ad alcuni lavori, di cui credo opportuno di dare __un breve cenno. = Le più antiche indicazioni di piante crescenti nell’Arcipelago | risalgono ai primi anni del secolo XVIII e trovansi riportate in «un’opera del Frazier, che vide la luce nel 1712 (2). Notizie più fe precise e copiose si devono a Giorgio Forster (*) che, nel suo i) viaggio attorno al mondo, visitava l’isola di S. Thiago nell’Agosto del 1778 raccogliendovi 37 specie. Anche più ricco fu il contributo a (1) M. Giov. Batt. Ramusio, Delle navigationi et viaggi ecc. In Venezia, vol. I — (1600) Cfr. pag 96-112: « Delle Navigationi del Sig. Alvise Da Cà Da Mosto Gentil’huomo | venetiano » e precisamente a pag. 108 sotto il titolo « come furon li primi che sco- prirono l’isole di Capo Verde, a due delle quali posero nome bona vista, et di San Iacopo ». È, quindi, in errore il Friedlaender (Beitr. z. Kenn. d. Kapverdischen __—Inseln. Berlin, 1913, p. 18) che fa risalire la scoperta al 1446 e scambia Antonio da | ‘Nola con Antonio Usodimare! oa | (?) Frazier, Reise nach der Stidsee, 1712. — C. Bolle (in « Bonplandia » VIII, +p. 280) riferisce che Lavandula latifolia Benth. fu scoperta nell’ isola di S. Vicente da De Gennes « quum a. 1695 cum classi franco-gallica Gorgades appulisset » e la | chiamò « Lavande sans odeur »: indicazione che non mi è riuscito di controllare. a (5) G. Forster, Fasciculus plantarum magellanicarum, et plantae atlanticae , _ ex insulis Madeira, St. Jacobi, Adscensionis.... reportatae. Comm. Soc. Goett. vol. IX (1787), p. 13-74 , 10 A. BEGUINOT di Cur. Situ che fece parte, in qualità di naturalista della spe- dizione del Congo guidata dal Tuckey (!) nel 1818, ma le rac- colte si limitarono a S. Thiago, parte nei dintorni di Porto Prayas. parte sul Pico S. Antonio (3000’). Lo Smith fu, dunque, il primo botanico a collezionare piante in zone elevate di queste isole. Le conoscenze botaniche sull’interessante Arcipelago si accreb- bero in seguito alle esplorazioni fatte dal Forses, botanico della spedizione in Africa condotta da W. Owen e che raccolse una ottantina di specie a S. Nicola e S. Antonio: da S. BRUNNER (*) che nel 1838 visitava S. Thiago, Sal, Boa Vista e Brava enumerandone 88 specie: da J. Danton Hooker che nel Novembre del successivo anno raccoglieva piante a S. Thiago. Una Ombrellifera (Tetra- pleura Parl. = Tornabenea Parl.) ed alcune Graminacee (8) (Pennisetum myurus Parl., Panicum Hookeri Parl., Sporo- bolus insulanus Parl., Eragrostis pulchella Parl.) comunicò al nostro F. ParLatore. Anche CarLo Darwin collezionò e mise a disposizione del Museo di Cambridge alcune poche specie di _ quest’ultima isola raccolte durante una breve sosta nel Gennaio del 1832 (come è ben noto, egli era a bordo del brigantino da guerra « Beagle » sotto il comando del capitano Fitz-Roy sul quale il celebre naturalista compiè il viaggio attorno al mondo (4) ). Più importanti delle nominate sono le raccolte com- piute nel 1841 da Troporo Voce. (naturalista della spedizione del Niger sotto il comando del capitano Trotter) in seguito a circa tre settimane di dimora nelle isole di S. Vicente e di S. Antonio e di cui lasciò notizia nel privato giornale di viaggio (°) edito dopo la sua morte, che lo colse prima del ritorno in Europa. i I materiali in questione, in grande parte controllati negli Erbari (compresa una collezione di ignoto raccoglitore trovata nel Museo di Storia Naturale di Parigi) servirono a Pa. Barker WEBB (1) Tuckey, Expedition to Zaire or Congo, 1818. (?) S. Brunner, Reise nach Senegambien und den Inseln des griinen Vorgebirges. Bern, 1840; Botanische Ergebnisse ecc. Flora, 1840, Beiblatter, Bd. I, p. 1-96 e Bd. II, pi 1-57" (5) F. Parlatore, Nuove specie di Graminacee delle isole: del Capo Verde. Atti 8.° Riun. Scienz. Ital. tenuta in Genova. Genova, 1847, p. 586. (‘) G. Darwin, Viaggio di un naturalista intorno al mondo. Trad. ital. di M. Lessona. Milano, 1915, cap. I, p. 43. (6) Journal of the Voyage to the Niger of Dr. J. R. T. Vogel. In Hocker « The London Journal of Botany », vol. V (1846), p. 621, ed in Hooker « Niger Flora », p. 22-72. ag O) *_- 4 a a redigere il noto « Spicilegia Gorgonea » edito nella « Niger - FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 11 Flora » di W. J. Hooker, che vide la luce nel 1849 (*). Vi sono enumerate 294 specie, delle quali 278 vascolari, parecchie proposte come nuove per la scienza. Un supplemento (*) fu pubblicato a — dallo stesso botanico nel seguente anno su piante raccolte dal francese Bocanpé, ma buona parte delle quali non furono in | Seguito ritrovate e, come sospettò l’ Engler (*), dato il carattere più decisamente tropicale, è molto ank che siano state È raccolte sul continente africano: parecchie non portano designa- zione dell’isola di provenienza ed è eloquente il fatto che tale supplemento restò incompleto. In quello stesso anno e, cioè, nel 1850, le isole di S. Vincente, Mayo, Boa Vista, Sal e S. Antonio furono accuratamente esplorate per circa due mesi da G. A. Scumipt e le raccolte sommano a 302 specie. Nel lavoro (4) che l'A. ne redasse sono rifusi e posti al corrente i precedenti materiali, | parecchie entità descritte come nuove, di guisa che il totale i; delle specie note per l’Arcipelago, all’inizio della seconda metà — del secolo XIX, comprese le naturalizzate, è di 4835 vascolari, 95 alghe, 5 licheni, 6 briofite ed 1 fungo: complessivamente 4172 specie. L’opera dello Schmidt è preceduta da un’ampia trattazione geografica e corologica nella quale sono esposte e discusse le condizioni di ambiente, le peculiarità ed i caratteri della vegetazione delle singole isole, nonchè i rapporti con altre flore continentali ed insulari. In fondo al volume, e quando era x stato già composto, è riassunta in poche righe una memoria comparsa nei fascicoli di Novembre-Dicembre del 1851 della « Botanische Zeitung » con firma « S-l» (°) evidentemente ~ redatta da uno dei direttori del periodico, D. F. L. von ScHLECH- TENDAL, in base a materiale raccolto da C. Pabst nell’isola di Mayo. Vi si contengono osservazioni critiche su alcune specie e () W.J. Hooker, Niger Flora..... including « Spicilegia Gorgonea » by P. B. Webb..... | London, 1849, pag. 89-197, tav. I-XVI. Queste tavole con le relative diagnosi delle | ‘specie furono riportate nel 4.° volume (nuova ser.) delle « Icones plantarum » di W. J. Hooker. : (?) Webb, Appendix to the « Spicilegia Gorgonea » published in the « Flora of the Niger Expedition ». Hooker’s Jour. of Botany, vol. II (1850), pag. 308, 345, 369. Questa ulfima puntata si chiude con un « to be continued », ma il seguito non fu mai pubblicato. (®) Vedi lavoro citato nevi pagine seguenti. (4) J. A. SCHMIDT, Bettrige sur Flora der Cap-V er aechen Inseln. Heidelberg, 1852. (5) S-1 [Schlechtendal ], kin Beitrag zur Flora des Inseln des grunen Vorgebirges. Bot. Zeit., Bd. IX (1851), p. 47-50. ‘ 19 A. BEGUINOT di la diagnosi di due nuove: Fagonia Mayana (raccolta anche dal nostro Fea) e Pennisetum intertextum. Negli anni 1851-52 il ben noto CarLo Botte (che si occupò | tra l’altro anche di Flora italiana) fece una lunga dimora in | quasi tutte le isole Capoverdiane (') raccogliendovi un ingente materiale, di cui non pubblicò che le specie nuove e più impor- tanti in 5 memorie che videro la luce tra il 1859 ed il 1861 nel periodico « Bonplandia » (*). Vi sono illustrate, spesso con copiose osservazioni critiche, 34 specie, delle quali 8 proposte come nuove per la scienza. Precedentemente e, cioé, nell’anno 1855, aveva recensito, sempre nel citato periodico (*), le Pteridofite tutte del- l’Arcipelago e nel 1861 nell’indice dei semi dell’ Orto botanico di 3erlino descrisse una nuova specie di Statice (= S. Brauni) e nell’opera del Krause un nuovo Cyperus di S. Vincenzo (= C. Cadamosti): ma, come accennai, il più ed il meglio delle raccolte restò inedito o fu in seguito utilizzato per lavori monografici. Una importante memoria sulla vegetazione dell’isola di S. Vin- cenzo redasse nel 1892 H. L. Krause (4) in seguito ad esplo- razioni fatte dall’A. nel mese di Novembre del 1884, di Gennaio ed Aprile del 1885 e del Settembre 1889. Vi sono enumerate 183 vascolari, vi sono studiate le formazioni e discussa la origine della Flora. È, invece, un nudo elenco di 214 specie (comprese le cellulari) il lavoro redatto dal Prof. J. A. Henriques. (*) in base a materiale raccolto in alcune delle isole da J. A. Carposo junior. Una nuova specie di Chloris (= Chl. nigra), raccolta (1) Notes on the Botany of the Cape de Verd Islands; extracted from a letter of Dr. C. Bolle to W. Willson Saunders. In Hooker’s Journ. of Bot. IV (1852), p. 59. (3) GC. BOLLE, Addenda ad floram Atlantidis, praecipue insularum Canariensium Gorgadumque. I. Bonplandia. Bd. VII (4859) , p. 238-246; II ibid., pag. 293-298; III. Bd. VIII (1860), p. 130-136, e IV p. 279-287; V. Bd. IX (1861), p. 50-55. (5) Ip., Novitiae Florae Caboverdicae, Canariarum ecc. Bonplandia, Bd. II (1855), p. 4124-124. (‘) E. H. L. Krause, Flora der Insel St. Vincent in dem Capverdengruppe. Engler’s Bot. Jahrb., Bd. XIV (1892), p. 394-425. — Alcuni anni prima (1873), H. N. MosELEY, naturalista della spedizione dello « Challenger », aveva reso conto in una — breve nota (Notes on Plants coilected at St. Vincent, Cape-Verdes. Journ, Linn. Soc., Bot. XIV, 1875. p. 340) delle piante e della vegetazione di queste isole. È a questi che devesi pure la raccolta delle Alghe studiate dal Dickie. (5) J. A. HENRIQUES, Enumeragao de plantas colhidas nas ilhas de Capo Verde por J, A. Cardoso Junior. Bol. da Socied. Broteriana, XII (1896), pag. 130-150. Ea ia Ks A. eee ha Bees all’ HACKEL DE materia di una breve nota illustrativa su questa Graminacea. rare e fra i raccoglitori, oltre il Bolle, vi compaiono i nomi di CunnincHam, Lowe, Wawra, GossweILER ecc. che non mi consta “abbiano nulla pubblicato in argomento. Poco aggiunge al gia noto una breve nota di H. Baum (?), mentre hanno carattere economico due di A. Motter (*) sulle piante coltivate nell’Arci- | pelago. Il Rit (4), ma specialmente A. EveLer (5), hanno riassunto i caratteri più salienti della vegetazione spontanea dello stesso, il FriepLAENDER (5) quelli del paesaggio culturale. A Quanto alle crittogame, oltre quanto ho già ricordato a suo luogo, merita di essere citato un lavoro di C. Montagne (*) che a ne elenca 106 specie, due del Dickie (*) ed uno dell’Askenasy (°) sulle Alghe, nel quale ultimo sono riassunte tutte le conoscenze | su questo gruppo di piante, compresi i dati editi da un nostro | connazionale, il compianto Piccone (!°), in base a materiali rac- colti dal Marcacci durante il viaggio di cireumnavigazione della = - « Vettor Pisani ». Non occupandomi nel presente lavoro che di sole piante vascolari, reputo superfluo scendere ad ulteriori det- tagli bibliografici, (1). a (1) HACKEL, Especie nova da flora das ilhas de Cabo Verde; Chloris nigra Hack. Bol. da Socied. Broteriana, XXI (4905) wad dos (?) H. Baum, Botanische Eindriicke auf den Kapverdischen Inselnund Principe. Tropenpflanzer, III (1899), p. 489-496. Na (#) A. F. Moller, Bemerkungen tiber die Nutzpflanzen der Capverdischen Inseln und Principe. Tropenpflanzer. JII (1899), p. 603-04; Die Landwirtschaft im Archipel von Cabo Verde. Ibid., VII (1903), p. 445-47. (4) Rikli, Lebensbedingungen und Vo anca der Mittelmeerlander und der ierameischen Inseln. Jena , 1912. ‘ . (5) Engler, Die Pflanzenwelt Afrikas insbesondere seiner trop. Gebiete. I Bd. 2 Hàlfte. Leipzig, 1910, p. 847-822. (5) Friedlander, op. c. p. 33-36. (7) G. Montagne, Florula Gorgonea. Ann. Sc. Nat. Bot., ser. 4.2, tom. XIV (1860), p. 211-220. : Li (8) Dickie, Enwmeration of Algae collected of the Cape-Verde Islands by H. N. Moseley. Journ. Linn. Soc., XIV (4875), p. 344; Supplement Notes on Algae coll. by H. N. Moseley. lbid., XV (1877), p. 188. i (9) M. E. Askenasy, Enwmeration des algues des tles du Cap Vert. Bull. Soc. Broteriana, XIII (4896). p. 150-175. (19) Piccone, Alghe del viaggio di circumnavigazione della V. Pisani, 1886. Nuove alghe del viaggio ecc., 1889. (4) Qui ricordo che il Prof. P. A. Saccardo (Fungi aliquot africani lecti a cl. A. Moller etc. « Bolet Soc. Brot. XXI, 1904-05 ») ricevè e descrisse di S. Thiago tre nuove specie di Funghi appartenenti ai gen. Dionerium, Leptosphaeria e Rhabdospora. 14 A. BEGUINOT Il. Condizioni di ambiente e cenni sulle raccolte botaniche studiate. Le isole del Capo Verde hanno ricevuto il nome dall’ omonimo promontorio della Senegambia alla cui latitudine (precisamente tra il 15° e il 17° lat.) giacciono e dal quale ‘la più - vicina é separata da una distanza di circa 570 km. Le maggiori sono 10 distribuite in due gruppi: l'uno il N.-0., dette isole di Barlavento (e, cioè, di sopravento), comprende S. Antào (S. Antonio), S. Vincente (S. Vincenzo), S. Luzia e S. Nicolao: l’altro, a sud-est del primo, comprende le isole dette di Sotavento e, cioè, da nord a sud, Sal, Boa Vista, Majo, S. Thiago, Fogo e Brava. Fra S. Lucia e S. Nicola si trovano le due piccole isole dette Ilheo Branco e Razo: al nord di Brava i due isolotti Rombo e Grande. Sono isole di origine vulcanica (!) e quindi le roccie ed il suolo che ne deriva è per la massima parte formato di lave trachitiche o basaltiche, da tufi, scorie ed altri prodotti dell’attività endogena che, spentasi in tutte le isole da epoca più o meno remota, prosegue in quella di Fogo, le cui ultime eruzioni storiche. di lava risalgono agli anni 1775, 1817, 1847, 1852 e 1857, mentre nel 1909 ebbe luogo una eruzione di ceneri. E degno di nota che in quasi tutte le isole e specialmente in quelle più orien- tali (Sal, Boa Vista e Majo) esistono antiche roccie cristalline (foyaite, diorite, granito, sienite, ecc.) e sedimenti calcarei riferiti al mesozoico ed al cenozoico, sui quali ultimi già il Darwin aveva richiamato I’ attenzione per S. Thiago e che, come vedremo nel- l’ultimo capitolo, inducono a pensare ad una maggiore estensione delle attuali isole ed a collegamenti territoriali con il continente africano e forse anche di più vasta portata. In quasi tutte le isole si riscontrano formazioni a tipo di duna, specialmente sviluppate (1) Cfr. fra la letteratura recente sull’argomento: C. Doelter, Hauyne der Cap- verden. Tschermak’s Min. u. Petr. Mitt.. IV (1882), p 461; Die Vulkane der Capverden und ihre Produkte, Graz, 1882; Uber die Cap Verden nach dem Rio Grande. Leipzig, 1884; Melikow , Uber einige. vulkanische Sande und Auswwyr]linge von der Inseln S. Antao. Mitt. nat. Ver. Steiermark, 1895, p. 256; Stelzner. Uber Gesteine von den Cap Verden. Berg-und Hittenmannische Zeitung, XXVI (1909), p. 47 e 142; Hennig, Apty- chen von den Kapverdischen Inseln. Zeitschr. d. Geol. Gesellsch. Bd. 65 (1913), Heft. II; Friedlaender, Beitrage zur Kenntniss der Kapverdische Inseln. Berlin, 1913. SY DEL CAPO VERDE FLORA DELLE ISOLE a Boa Vista, che il vento sospinge entro le vallate e nelle spac- = delle roccie. Data la natura del suolo, le acque sono scarse, vi mancano corsi perenni, le sorgenti sono di piccola ‘por- ta ta, i pantani che si formano durante la stagione delle pioggie in SLA scompaiono al cessare di queste. Come scrive il i | Friedlaender, le tre isole più orientali (Sal, Boa Vista e Majo) È hanno carattere desertico e danno l'impressione di frammenti - staccati del Sahara. Sono isole basse, elevantesi sul mare di qualche | centinaio di metri, laddove tutte le altre hanno earattere montuoso. Le maggiori elevazioni si spingono a S. Vincente a 710 m. (M. Verde), a Brava a 920 m., a S. Nicola a 1275 m., a S. Thiago a 1355 m. (il Pico da Antonia), a S. Antonio a 1950 m. e final- ‘mente a Fogo, il vulcano noto sotto il nome di Pico, raggiunge la quota di 2850 m. (!). È Data la latitudine in cui giacciono, il clima riveste carattere . tropicale, ma con alcune qualità e parecchie irregolarità che meri- terebbero uno studio approfondito. La distribuzione delle pioggie è diversa nei due gruppi di isole (?): nel gruppo nord-occidentale la stagione piovosa cade nell’ autunno e nell’ inverno, mentre in D quello sud-orientale coincide col secondo solstizio e si estende sulle orientali dal Luglio al Settembre, nelle meridionali dall’ Agosto all’ Ottobre. La quantità di pioggia varia a seconda degli anni e dell’ altitudine nelle isole più elevate: nella storia di alcune di esse, e specialmente di S. Thiago, sono ricordati numerosi periodi di prolungata siccità causanti fame e desolazione (°). All’ epoca in cui le isole capoverdiane furono scoperte erano . disabitate: attualmente Brava, che è una delle isole più intensa- mente coltivata, conta circa 10000 abitanti prevalentemente bianchi È con scarse infiltrazioni di sangue nero: Fogo ne conta 2000 in È. — prevalenza di razza nera e fu pure presa di mira da immigrati — americani: S. Thiago è popolata complessivamente da 60000 abi- tanti a caratteri africani più puri di Fogo, ma alberga pure una cospicua colonia di bianchi specialmente portoghesi. Caratteri spe- cialmente africani hanno i coloni di Majo e Sal, mentre a Boa Vista, S. Nicola e S. Antonio mancano quasi del tutto bianchi e «neri e la popolazione risulta in prevalenza di mulatti. S. Vincenzo (*) Quote desunte dal lavoro del Friedlaender s. c. (® Krause, Flora der Insel St. Vincent ih 1. s. c. : (5) Vi accenna gia il Dumont D’ Urville (Viaggio da Tolone alle isole Canarie, in America, ecc., 4.° ediz. ital., Firenze, tom. I, p, 75). 16 A. BEGUINOT è l'isola a carattere più cosmopolita con una forte colonia di europei (portoghesi, inglesi, italiani) ma anche con negri e mulatti di ogni gradazione e mescolamento. Segue da ciò che il pae- saggio culturale, pur avendo un'impronta specialmente tropicale, risulta assai svariato e numerose e di svariate provenienze sono pure le infiltrazioni e gli inquinamenti che ha subito la flora indi- gena dall’ epoca in cui le isole furono colonizzate e volte in parte a coltura. Tali le condizioni di ambiente più generali: ma gioverà aggiun- gere altri particolari che desumo dalle lettere che Leonardo Fea (1), cui si deve la raccolta qui illustrata , indirizzava durante il viaggio al march. Giacomo Doria e che contengono dati non privi di inte- resse per l'argomento. Da queste lettere si apprende che il com- pianto naturalista-viaggiatore parti da Genova il 1.° Dicembre 1897 e, dopo avere toccato di sfuggita S. Vincenzo (dove raccolse 7 specie), S. Antonio, S. Nicola e Sal, giunse a Sal-Rei capoluogo di Boa Vista, l’isola scelta per la sua prima stazione. La lettera inviata al Doria è in data 11 Gennaio dell’anno successivo. Una delle caratteristiche dell’ isola che colpisce il viaggiatore sono le dune di sabbia coprenti in alcuni punti vaste estensioni, special- mente lungo la costa occidentale, immediatamente a sud di Sal Rei e nei pressi di Estancha, ove occupano parecchie diecine di kmq. Alcune specie notoriamente psammofile (ricordo Cenchrus echinatus, Sporobolus robustus, Aristida Adscensionis, Cy- perus crassipes, C. mucronalus B albidus, Zygophyllum simplex e Z. Fontanesii, Tribulus cistoides, Ipomaea Pes-Ca- prae, Euphorbia Chamaesyce var. canescens ) devono essere state raccolte su queste distese di sabbia, che il vento trasporta dal vicino continente e che ai raggi del sole assumono un candore accecante. Il 20 Dicembre si porta ad Estancha a circa 15 km. più a sud non lungi dalla costa occid. dell’isola. Di qui sale 1 monte omonimo (350 m.) raccogliendovi parecchie specie, tra cui una Euphorbia di circa 1 m. di altezza di un bel verde contra stante con la tinta arsiccia del suolo ed unica nota gaia, egli scrive, in tanta aridità di roccie e di dirupi.’ È la interessante E. Tucheyana Steud. (= E. arborescens Chr. Smith in Tuckey, (1) L. Fea, Dalle isole del Capo Verde. Boll. della Soc. Geogr. Ital , ser. 3.2, vol. XI (1898), p. 358-368 e 537-552; vol. XII (1899), p. 7-26; 163-174; 302-312. Cfr. inoltre: R. Ge- stro, Leonardo Fea ed i suoi viaggi. Cenni biografici. Ann. Mus Civ. Stor. Nat. di Genova, ser. 3.*. vol. I (1904), p. 95-152. eee scien ok Be ‘ at = a pay BIT ; gn FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 17 Voy. p. 251 — cui si deve la prima scoperta). Raccolse pure alcuni licheni, rimasti indeterminati, e nella lettera segnala una —_Pteris, che è l’Aspidium eriocarpum Wallr.: rivide pure una altra Euforbiacea, già notata a Sal Rei, nota sotto il nome di pur- | gueira (= Jatropha Curcas L.) che trovò priva di foglie e carica «di cocche sferoidali poco inferiori per grossezza ad una noce, i cul semi sono raccolti dagli indigeni e venduti a Sal Rei, dove trovano la via per l Europa. Tra gli arbusti egli ricorda anche il taraf (= Tamarix gallica var. senegalensis) e fra gli alberi, che si possono contare sulle dita di una mano, poche macchie di Palme evidentemente introdotte (nell’ Arcipelago sono indicate : Borassus flabelliformis L., Phoenix dactylifera L. e Cocos nucifera L.). Nonostante la stagione disadatta,.i due mesi di permanenza nell’ isola permisero al Fea, occupato sopratutto alle: raccolte zoologiche, di collezionare una sessantina di specie, parecchie delle quali riuscirono nuove per la sua vegetazione, tre . per la flora di tutto l’Arcipelago e, cioè: Scirpus maritimus L., : Typha australis Schum. e Breweria suffruticosa Schinz. Da Boa Vista il nostro viaggiatore si imbarca a meta Feb- braio per l'isola di S. Thiago, come si disse, |’ isola maggiore dell’ Arcipelago, sbarcando a Porto Praya, sua capitale, dove sessanta anni prima aveva approdato la « Beagle » con a bordo Carlo Darwin. La lettera indirizzata al Doria è in data 20 Maggio e da essa si apprende che, dopo un breve soggiorno alla capitale, il Fea si stabili il 24 Marzo ad Orgàos Grandes, presso le pen- dici della maggiore elevazione dell’isola, il Pico da Antonia (1355 m.), e quasi nel centro della stessa. I dintorni sono ricchi di vegetazione dovuta quasi esclusivamente a soggetti agrari, tra i quali Fea ricorda gli aranci, i banani, le papaie, il caffè, la palma da cocco, la canna da zucchero, alcune leguminose: sui declivi anche assai ripidi, ma con buona terra, prosperano sino a notevole altezza la manioca ed il mais, che formano la base ali- mentare di quella popolazione. Vi rivide la purgueira ancora priva di foglie e vi raccolse la più parte delle specie da me studiate. Di qui il 16 Aprile compié in 5 ore l’ ascensione del Pico da Antonia, la cui altezza, determinata con |’ aneroide, si rivelò di 1350 m. e, quindi, molto inferiore alla quota assegnata da alcuni geografi e riportata in alcune carte (sino a 2590 m.). Poche furono le piante raccolte e di queste il Fea ricorda, fra le erbacee, i Ann. del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.7, Vol. VIII (45 Dicembre 1917). 2 18 A. BEGUINOT una Campanula (la var. humilis dell’ endemica C. Jacobaea Smith) e fra gli alberi una specie di Acacia nota sotto il nome di spino bianco e che egli ritiene corrispondere all’ A. albida (ma con quel nome nella raccolta ho trovato esemplari di Di- chrostachys nutans Benth.). La stagione secca in cui fece l’ascen- sione ridusse il bottino a poche altre specie (fra le più importanti cito: Polycarpaea Gayi, Euphorbia Tuckeyana, Echium hypertropicum, Satureia Forbesi, Odontospermum Daltonii) ed egli descrive il vulcano come povero ed arido, nudo di vege- tazione attorno al cratere, affatto brullo, date le pendenze verti- ginose, nel versante orientale. Tuttavia, fecondato dal lavoro umano, esso sfoggia sino a circa 800 m. piantagioni di caffè e di canna da zucchero. Altre piante furono dal Fea collezionate sulla costa orientale dell’ isola presso Pedra Badejo (detta anche S. Thiago) ad una dozzina di km. da Orgàos Grandes, dove si imbattè in due estesi stagni che, a detta degli indigeni, comuni- cano col mare durante la stagione delle pioggie, ma al Fea l’acqua parve dolce. In queste condizioni egli dovette raccogliere la Jussieua suffruticosa L. genere nuovo per tutto l’Arcipelago e pure presso Pedra Badejo egli rinvenne altra specie rara, il Sesamum radiatum Schum, Complessivamente le specie messe assieme som- mano ad una sessantina e, quantunque fosse una delle isole più esplorate, non poche di esse, come mostra |’ elenco, riuscirono nuove: sei sono da aggiungere alla flora dell'intero Arcipelago e, cioè, oltre la citata Jussieva, il Cyperus Mundtii Kth., il Ficus gnaphalocarpa Steud. (introdotto?), |’ Indigofera astra- galina DC., la Physalis angulata L. e l Acanthospermum hispidum DC. (quest’ultimo forse avventizio): una risulta nuova per la scienza, la Tornabenea annua Beg. Da S. Thiago I’ instancabile naturalista si portò a Fogo, dove, precisamente nel capoluogo S. Filippe, lo troviamo il 1.° Giugno sostando nell’isola sino alla metà del Luglio. Una lettera. indiriz- zata al Doria in data 12 Luglio ci mette al corrente delle sue peregrinazioni. La sosta a S. Filippe dura tre settimane, quindi si reca a Queimada e di qui ad Igreja distante circa una quarantina di km. dal capoluogo ed ano dei centri popolosi più importanti dell’isola. Scopo principale di questo spostamento di sede era quello di avvicinarsi alla maggiore elevazione dell’isola , il celebre Pico, del quale esegui l’ ascensione il 27 Giugno. Come prima : 4 FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE tappa egli raggiunse una specie di altipiano detto Cha (Chao nelle carte del Friedlaender ) posto a 1650 m. ed intergiacente tra la Serra (alla quota di 2700 m. e che rappresenta possiamo dire la Somma di quell’ apparato vulcanico) ed il cono del vulcano ai piedi del quale l’aneroide segnava 1800 m. s. m. Salitolo, il Fea raggiunge il margine del cratere 0, più esattamente, un avvallamento interposto fra la corona di ridossi di varie altezze che circondano il cratere e che si trova alla quota di 2650 m. Il ridosso più elevato, che il Fea non ascese, è calcolato un 200 m. e, quindi, la sommità del Pico, dove pochi europei hanno posto piede, non sarebbe superiore ai 2850 m. Tale quota risulta più bassa di quella calcolata dagli ufficiali inglesi Vidal e Mudge, i primi europei, a quanto si sa, che compirono l’ascensione (2976 m.) ed a quella riportata frequentemente nelle carte (3200 m.). Non entrando nell’ argomento riferire tutte le peripezie della faticosa ascensione, né le acute ed argute osservazioni che su quello strano mondo il Fea è venuto facendo, qui mi limito a ricordare le poche ma interessanti specie che egli raccolse sullo Cha ad una quota tra 1700 e 1800 m. e che sono le seguenti: Asplenium Adiantum-nigrum (nuova per Fogo e per l’Arcipelago), A spi- dium eriocarpum, Polycarpaea nivea, Epilobium parviflorum (probabilmente presso. una delle fonti di acqua perenne che egli rinvenne a quella quota), Linaria dichondraefolia, Satureja Forbesii, Lavandula rotundifolia, Periploca levigata, Arte- misia Gorgonum, Phagnalon melanoleucum e Gnaphalium luteo-album (con ogni probabilità assieme all’ Epsodium s. c. ) e Nidorella varia. Sul cono del vulcano egli rinvenne esemplari di altra specie di Nidorella, molto affine alla precedente, ma che descrivo come nuova perla scienza (Nidorella Feae) e | inte- ressante Paronychia illecebroides Webb. Queste e poche altre specie trovate a S. Filippe ed a Igreja rappresentano. il bottino botanico (18 specie in tutto) dell’isola, che a giusta ragione prende il nome dal fuoco. Il 18 Luglio il nostro Fea è a Brava, la minore delle isole abitate dell’ Arcipelago, ma in proporzione la più popolosa, fertile e verdeggiante, da meritare il nome di paradiso dei capoverdiani. Quando vi giunse vi erano cadute nelle ultime settimane pioggie abbondanti, che avevano ravvivato la vegetazione intristita dalla lunga siccità e favorite le seminagioni e le colture costituite in 20 A. BEGUINOT prevalenza da granoturco, patate dolci, fagiuoli e fave, manioca e qualche altro soggetto tropicale. Coltivazioni le quali, come egli scrive, non si limitano soltanto a coprire i piani ondulati ma, lot- tando con erbe ed arbusti indigeni, invadono la parte superiore dell’ isola e si estendono sui pendii i più vertiginosi ed i dirupi meno accessibili, dimostrando la grande industriosità di quei coloni. Tra le piante indigene da cui il Fea fu più colpito e delle quali inviò i disegni in una lettera diretta al Doria in data 22 Settem- bre sono un Orchidea, la Eulophia guineensis Lindl. che riesce nuova per l’Arcipelago (l’altro genere sin qui noto è Habenaria con una sola specie, lH. petromedusa Webb) ed una felce, l’Asplenium Hemionitis, nuova per l'isola. Le altre poche specie sono: Adiantum caudatum L. (= A. Capillus Gorgonis Webb), Helianthemum Gorgoneum Webb (endemico dell’ Arcipelago), Evolvulus linifolius L., la strana asclepiadacea Sarcostemma Daltoni Decsn., Campylanthus Benthami Webb, Salvia aegyp- tiaca L. ed Odontospermum Vogelit Webb (quest’ultimo in uno degli isolotti del gruppo di Rombos). Il 30 Settembre lascia questa isola per portarsi a S. Nicola, dove pervenne il 4 Ottobre e di cui dà notizie in una lettera in data 8 Dicembre. Pochissime sono le specie che ebbe occasione di ‘accogliervi: Polanisia viscosa DC., Desmodium ospiostreblum Steud. (nuovo per l'isola), Solanum torvum Sw. (nuovo per l’Arcipelago), S. paniculatum L. (specie dell'America meridionale finora non riscontrata in Africa) e qualche altra. Una rapida visita nella piccola isola detta ilheo Razo, la più orientale delle disabi- tate Desertas e separata da S. Nicola da un braccio di mare di una dozzina di miglia, fruttò poche altre specie: Sporobolus robustus Kth., Pennisetum ciliare Lk., Chloris humilis Kth. Tribulus cistoides L. (le cui foglie formano, secondo il Fea, il cibo preferito dal raro ed interessante Scincoide, il Macroscincus Coctei) e Statice Brunneri Webb in bellissimi esemplari. In complesso (e |’ enumerazione che segue lo mostra anche più chiaramente), nonostante le precedenti esplorazioni e se si tiene conto che il compito principale del Fea erano le raccolte zoologiche, il materiale botanico da lui messo insieme e che la Direzione del Museo Civico di Storia Naturale di Genova, dove tuttora si conserva, volle affidarmi per lo studio, è tutt’ altro che privo di importanza: ciò che equivale a dire che la flora di . = FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 21 questo Arcipelago è ben lungi dall’ essere nota anche per le piante vascolari e che certamente ci serba altre gradite sorprese. : _ TT. II. Enumerazione critica delle specie raccolte da L. Fea. Comprende sette Pteridofite e 140 Fanerogame. Debbo avver- È tire che, per l’ ordine sistematico dei grandi gruppi fino alle fami- K glie, mi sono attenuto alla classificazione di A. Engler: per quello RS dei generi e delle specie all’ opera dello Schmidt che, ad oltre mezzo secolo dalla stampa, resta.il lavoro più completo ed il re- pertorio più critico della flora capoverdiana. Di buona parte delle specie ho potuto consultare figure nelle numerose ed imponenti opere iconografiche pre - e postlinneane possedute nella Biblioteca del R. Istituto Botanico di Padova e di parecchie ho istituit@ e completato il confronto con |’ Erbario Generale del suddetto Isti- tuto specialmente con piante provenienti dall’ Erb. Bose e con le essiccate di G. Schweinfurth. Per alcune specie più rare e critiche accedetti a confronti con gli Erbari degli Istituti Botanici di Fi- renze e di Roma. Per la denominazione delle isole e delle località di ciascuna isola mi attenni alla dizione usata dal Fea nel redi- gere le etichette e che è poi quella che si riscontra nelle lettere di .viaggio, di cui è cenno nel precedente capitolo. Per i lavori speciali più di frequente citati ( Brunner, Webb, Schmidt, Bolle, Krause, Henriques) rimando alla bibliografia esposta nel primo capitolo. Sono lieto di attestare la mia riconoscenza e di rendere pub- bliche grazie ai proff. P. A. Saccardo, O. Penzig, P. Baccarini, R. Pirotta e G. B. De Toni per avermi favorito qualche libro o permesso confronti negli Erbari. EMBRYOPHYTA ASIPHONOGAMA. PTERIDOPHYTA. Fam. Filices. i. Adiantum Capillus-Veneris L. var. trifidum Willd. Hb. ex Bolle in « Bonplandia » II (1855), p. 121 — pr. sp. = A. sp.? Schmidt Beitr., p. 130. Is. di S. Thiago ad Orgaos Grantee V. 1898 (spor.) — Cfr. 99 A. BEGUINOT le osservazioni su questa forma strettamente affine al tipo ed a questa spesso sinonimizzata nel lavoro del Bolle s. e. Nota sin qui. solo di S. Antonio e di S. Nicola. 2. A. caudatum L.; Bolle in op. s. c.; Henr. Enum. p. 132 = A. Capillus-Gorgonis Webb Spic. Gorg. p. 192; Schmidt Beitr. p. 130; Krause FI. Ins. St. Vincent, p. 329. Is. Brava tra 800-1000 m. X 1898 (spor.) — Non differisce specificamente dal tipo linneano, come ritennero Bolle (1. c.), Lowe (Ferns: British a. exotic, III, p. 5, tav. II, a), Milde (Fil. eur. et atlant. p. 29) ecc. Scoperto a S. Nicola dal Forbes (1822), a S. Vincenzo dal Vogel (1841), a S. Antonio dallo Schmidt (1851), è indicato comune in tutte le isole dal Bolle. 3. Pteris longifolia L.; Milde Fil. eur. et atl. p. 43; Henr. Enum. p. 132 = P. ensifolia Sw.; Webb Spic. Gorg. p. 192; Schmidt Beitr. p. 131; Bolle in « Bonplandia » III, p. 121. 3 Is. di S. Thiago, dintorni di Orgàos Grandes, 300-600 m. ‘ Ii-IV 1898 (ster.). — Webb, Schmidt e Bolle attribuiscono P. en- sifolia a Desfontaines, ma a torto, poichè questa entità fu descritta — da Swartz (Syn. Fil. p. 25) laddove l'A. della « Fl Atlant. » descrive (II, p. 401) la Pt. lanceolata, ambedue ritenuti sinonimi della pianta linneana. Che ha, come è noto, area amplissima e presenta parecchie forme, tre delle quali furono distinte dal Bolle (1. e.) nella pianta delle isole capoverdiane. Gli esemplari da me esaminati corrispondono alla forma auriculata Milde già segna- lata da Bolle di S. Thiago. 4. Asplenium Adiantum-nigrum L. Is. Fogo, ascensione al Pico: sullo Cha, 1700-1800 m. 28 VI 1898 (sp.). — Specie nuova per tutto l’Arcipelago. 5. A. Hemionitis L. Sp. pl. p. 1537 (1753); Henr. Enum. p. 132 = A. palmatum Lam.; Webb Spice. Gorg. p. 193; Schmidt Beitr. sp etot, 3 Is. Brava (500-700 m.) IX 1898 (sp.). — Scoperto a S. Nicola dal Forbes (1822), a S. Antonio dallo Schmidt (1851) e quivi più - di recente trovato anche dal Cardoso, è nuovo per Brava. Per la sinonimia cfr, quanto ne scrisse l’ Hooker in Curtis Bot. Mag. sub tab. 4911 e Milde Fil. eur. et atl p. 58. 6. Aspidium eriocarpum Wallr. Cat. p. 324 fide Milde Fil. eur. et atl. p. 113 = Nephrodium Deesn. in Arch. Mus. II, p. 185; Bolle in « Bonplandia », III, p. 12 = Cystopteris odorata Presl FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 93 Tent. p. 93; Webb Spie. Gorg. p. 192; Schmidt Beitr. p. 132; Krause Fl. d. Ins. St. Vincent, p. 399 = Aspidium odoratum Bory in Willd.: Henr. Enum., p. 132. = Is. Boa Vista, pendici del M. Estancha a m. 50. I 1898 (sp.); is. Fogo, ascensione al Pico, sullo Cha, 1700-1800 m. 28 VI 1898 (sp.). — Specie a sinonimia molto ricca e riferita ai generi più diversi (oltre i citati Lastrea ed. Hypodematium) e ride- scritta parecchie volte: per più ampie notizie rimando ai lavori del Bolle e del Milde, il quale ultimo ho seguito nel nome da darsi a questa Felce. — Qui avverto che il Chiovenda (Ann. di Botanica, I, p. 208) afferma che il gen. Polystichum Roth deve essere preferito ad Aspidium Swartz perchè anteriore. Egli ritiene che il « Genera et species Filicum » di Swartz inserito nel 2.° vol. del « Journal fur die Botanik » dello Schrader che porta la data del 1800, ma che fu stampato e forse diffuso nel 1801, sia poste- riore al 4.° vol. del « Tentamen Florae Germanicae » del Roth, che vide la luce nel 1800. Sta il fatto che, sotto il frontispizio del lavoro dello Swartz s. c., si legge la data 1800 (*) e, quindi, è molto probabile che desso, sotto forma di estratto, sia stato con- cesso all’A. in-quell’anno. In altre parole le due date sono con- temporanee e la preferenza del nome Aspidium a quello di Polystichum è dovuta al largo uso fattone ed alla sua consacra- zione in opere di fondamentale importanza sulle felci nostrane ed esotiche. — La specie non era ancora stata raccolta nelle due isole s. c. Fam. Kquisetaceae, 7. Equisetum ramosissimum Desf. var. pallidum Bory Exp. scient. de Morée, III, 2, p. 282, tab. 35 (1832) — pr. sp. = t. sub-verticillata A. Br. in Flora 1839, p. 305; Henr. Enum. p. 132 = £. pallidum Auct. fl. Capoverd. Is. di San Thiago, Pedra Badejo. IV-V 1898 (sp.). Nuovo per I’ isola. : () Sotto la sigla « II. B. I. St.1800 » e, cioè, prima parte del 2.0 volume. È da avvertire che desso è il primo lavoro del volume: nel secondo lavoro, pure dedicato alle Felci, il suo autore Bernhardi cita (p. 132) il gen. Marattia stabilito dallo Swartz (p. 8 e 108) e ciò rafforza l’idea che il lavoro di questi fosse già in possesso degli stu- diosi. La sigla « II. B. 1800 » prosegue in tutto il volume, ma siccome vi compaiono qua e là date del 1801 esprimo il dubbio che il solo lavoro dello Swartz (che, come vedemmo, è il primo) sia stato distribuito nel 1800. È questa la data accettata, tra gli altri, dal Luerssen (Die Farnpflanzen , p. 324, 332, ecc.) Qh A. BEGUINOT EMBRYOPHYTA SIPHONOGAMA ANGIOSPERMAE MONOCOTYLEDONEAE Fam. Graminaceae. 8. Pennisetum ciliare (L. sub Cenchro) Link. Hort. Ber. I (1827), p. 213; Krause FI. Ins. St. Vincent, p. 401; Henr. Enum. p.-138.=. P. cenchroides Rich. in Pers. :Syn.-1, p.72° 80550 Webb Spic. Gorg. p. 183; Schmidt Beitr. p. 137. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898: id. sul M. Estancha. 100-600 m. 1 I 1898 (fl. fr.). — Ilheo Razo 27 X—7 XI 1898 (fl. fr.). 9. Cenchrus echinatus L. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fr.). — Già quivi raccolto dallo Schmidt: trattasi di una forma ridotta a radice annuale. 10. Aristida Adscensionis L. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl.). Nuova per l’isola. 11. Sporobolus robustus Kunth in Humb. et Bonpl. Is. Boa Vista. II 1898 (fr.). — Iheo Razo. 27 X—7 XI 1898 (fr.). 12. Cynodon glabratus Steud. Syn. pl. glum. I, p. 212, n. 2 = C. Dactylon (L.) Pers. Auct. Fl. Capoverd. ex p. vel ex toto? Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl.). — Per le differenze fra questo e C. Dactylon cfr. Chiovenda in Pirotta Fl. Colon. Eritrea in « Ann. R. Ist. bot. di Roma » VIII, 1, p. 53. 13. Chloris humilis Kth. in Humb. et Bonpl. Ilheo Razo. 27 X—7 XI 1898 (fr.). — Nota sola per l'isola di S. Antonio dove fu raccolta dallo Schmidt, che la ritenne intro- dotta dall’Amer. merid. 14. Eragrostis megastachya (Koch sub Poa) Link. Is. di S. Thiago: Orgàos Grandes. 250 m. III-IV 1898 (fr.). — Nuova per I’ isola, Per il polimorfismo della specie cfr. Belosersky in « Atti Accad. Ven.-Tren.-Istr., VII (1916), p. 155 ». 15. Tricholaena Teneriffae Parl. = Saccharum Teneriffae L.: Webb Spic. Gorg. p. 189 = Trich. micrantha Schrad.: Schmidt. Beitr. p. 153. = Panicum Teneriffae L.f.: Krause FI. Ins. S. Vincent p. 401. A CÀ <5" i DT LA FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 25 Is. di S. Thiago: Orgàos Grandes. 250 m. IIT-IV 1898 (fr.). — Già raccolta in questa isola da J. D.. Hooker. 16. Elionurus elegantissimus Beg. n. comb. = Rottboellia elegantissima Hochst. et Steud. Herb. arab. un. itin. n. 831 (1837) SSA Royleanus Nees in Schimp. Pl. abyss. un. itin. n. 795 (1842); Hack. Androp. p. 343; Chiov. in Pir. Fl. Col. Eritr. in Le. p. 22 = EB. Grisebachii Schmidt Beitr. p. 154; Krause FI. Ins. St. Vincent p. 401 = Andropogon elegant. et A. Griseb. ~ Steud. Syn. I, p. 364-65 = Ratzeburgia Schimperi Steud. | fig. 2. Nom. ed. 2.*, pi 439. 3 Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fr.) e sulle pendici del M. Estancha. 50 m. 11898 (fr.). — Specie ritenuta dallo Schmidt (che la scopri a S. Vincenzo ed a Boa Vista) endemica dell’Arci- pelago: ma dessa, come ha dimostrato l’ Hackel (op. c.), corri- | sponde a specie già descritta e distribuita dell’ Arabia Felice e dell’ Abissinia e trovata in seguito nel Nepal, nella Nubia e nella Eritrea. Ho creduto opportuno di ripristinare il nome più antico, . tanto più che esso è citato nella sinonimia riferita dall’ Hackel ad E. Royleanus! Nota anche di S. Nicola (Bolle) e di S. Vincenzo ( Krause). 17. Andropogon foveolatus Delil. Fl. Aegypt. p. 16, tab. VIII, Is. Boa Vista: monte Estancha. 100-600 m. 1 11898 (fr.) — Col tipo una forma con glume prive di foveola nettarifera, che denomino f. efoveolata. 18. A. annulatus Forsk. Fl. aeg.-arab. p. 173; Hack. Androp. p. 570. i Is. Boa Vista sul monte Estancha. 100-600 m. 1 Genn. 1898 con la specie precedente e come questa in frutto. Fam. Cyperaceae. 19. Scirpus maritimus L. i Is. Boa Vista. I 1898 (fr.). — Per l’antela ridotta ad una od al massimo a due spighette ricorda la var. monostachyus Meyer, ma le glume sono di colore stramineo e gli acheni bian- castri. Specie non ancora segnalata per l’ Arcipelago. 20. Cyperus articulatus L. Is. Boa Vista. II 1898 (f1.). —-Non ancora segnalato per l'isola. 26 A. BEGUINOT 21. G. crassipes Vahl Enum. II, p. 299; Boeckl. Cyp. d. k. — Herb. Berlin in Linnaea, XXXV, p. 539 = C. maritimus Poir. var. crassipes Clarke in This.-Dyer Fl Trop. Afr. VII, p. 237; Dur. et Schinz Consp. Fl. Afr. V, p. 569 = C. aegyp- tiacus Schmidt Beitr., p. 161 (ex p. 7). Is. Boa Vista. II 1898 (fr.). — In questa stessa isola lo Schmidt ha indicato l’affine C. aegyptiacus: sono sicuro della mia deter- minazione e, quindi, non escludo che l’A. tedesco la abbia scam- biata con la specie di Vahl, la quale fu raccolta nell’Arcipelago anche dal Bolle, Cunningham e Lowe (ex Clarke in op. s. c.). 29. C. mucronatus Rottb. var. albidus Vahl, op. c., p. 306. Is. Boa Vista. I-II 1898 (fr.). — Già noto per queste isole. 23. C. Mundtii Kunth Enum. II, p. 17 = Picreus Mundtii Nees in Linnaea IX, p. 283 e X, p. 131; Clarke in This.-Dyer_ Fl. Trop.. Afr. VIII, 2, p. 294 = €. turfosus Krauss in‘ Flora, > 1845, p. 754 = C. Eragrostis A. Rich. Ten. FI. Abyss., II, PACO: Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. II 1898 (fi. fr.). — Specie nuova per |’ Arcipelago. Corrisponde esattamente ad esemplari da me esaminati nell’ Erb. Cesati ( Reliquiae Maroccanae ex Hb. Schousboe, sub C. turfoso Salzm.!) ed altri nell’ Erb. Gen. dell’ Ist. bot. di Roma « in paludibus Mundt Farm. pr. Pretoria 47007: Schlechter Pl. Afr. austr., n. 36991». È specie diffusa in quasi tutta l'Africa, le isole Mascarene e la Spagna. Fam.. 'Typhaceae. 2h. Typha australis Schum. et Thonn, Beskr. Guin, PI., p. 401; Brown in This.-Dyer Fl. Trop. Afr., VII, 1, p. 135 = Ty ma- cranthelia Webb et Berth. Phyt. can., III, p. 291, tab. 218 = T. angustifolia Hook. Niger Fl., p. 527; Durand et Schinz Consp. Fl Air, V, pe 470-ex: p.. non Li =... ang: var. australe Rohrb. in Verh. Bot. Ver. Brandenb., XI, p. 83. Is. Boa Vista. II 1898 (f1.). — Specie nuova per l’Arcipelago, ma diffusa in quasi tutta |’ Africa. Fam. Liliaceae. 25. Asparagus scoparius Lowe Prim. Mad., p. 11; Webb Spie. Gorg., p. 180; Schmidt Beitr., p. 165; Krause FI. Ins. S. Vincent, FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 97 ; ‘p. 400; Henr. Enum., p. 135 = A. stipularis Brunn. Ergebn., ue 30. x Is, Boa Vista. XII, 1897—I, 1898 (fr.). — Nuovo per que- | st’ isola. E specie endemica |’ A. squarrosus Schmidt. Fam. Orchidaceae. 26. Eulophia guineensis Lindl. in Bot. Reg., VIII, tab. 686; Bot. Mag., tab. 2467; Rolfe in This.-Dyer Fl. Trop. Afr., VII, 1 p. 69; Dur. et Schinz Consp. Fl. Afr., V, p. 21. Is. Brava. 500-700 m. IX 1898 (f1.). — I due esemplari rac- colti mancano di foglie, ma in tutto il resto corrispondono alla pianta dell’ Eritrea ed Abissinia da me esaminata nell’ Erb. Colo- niale di Firenze. Genere nuovo per l’Arcipelago: area distribu- tiva della specie la Guinea, il paese dei Djur e dei Niam-Niam edi paesi nilotici (Eritrea ed Abissinia). DICOTYLEDONEAE. Fam. Moraceae. 27.? Ficus gnaphalocarpa Steud. in Schimp. Abyss. sect., II, n. 814; Richard Tent. Fl. Abyss., II, p. 270 = Sycomorus gnaphalocarpa Miq. in Hook. Lond. Journ. bot., VI, p. 113. Cfr. Milbraed u. Burret, Die Afr. Art. d. Gatt. Ficus in « Engler’s Bot: Jahrb. Bd. 46 (1911), p. 190 ». Is. di S. Thiago, Orgàos Grandes. 250 m., II-IV 1897 (fr.). — Esemplare in avanzata fruttificazione e, quindi, di determina- zione dubbia, tuttavia confrontato dal prof. Adr. Fiori con esem- plari dell’ Erb. Coloniale di Firenze, si avvicina molto alla specie nominata. È specie nuova per l’Arcipelago, ma resta a vedere se spontanea od introdotta dall'Africa, dove è largamente diffusa. Fam. Basellaceae. 28. Basella cordifolia Lam. Encycl. meth., LoL p. 382; ed. Padoue I (1784), p. 377. Is. di S. Nicolau. X-XII 1898 (fr.). — Originaria del Malabar, Giava, ecc., certamente introdotta perchè edule, Non ancora indi- cata per l’Arcipelago. 28 A. BEGUINOT Fam. Amarantaceae, 4 29. Philoxerus vermicularis (L. sub Zecedro) R. Br. Prodr., p. 446; Bak. et Clark. in This.-Dyer FI. of Trop. Afr., “VI, p. 74 = Iresine vermicularis Mog. Tand. in DC.; Schmidt — 3eitr., p. 173; Henr. Enum, p. 136. % Is. di S. Thiago: Pedra Badejo, IV-V 1898 (fr.). Nuovo per l’ isola. 30. Achyranthes aspera L. « sicula L. = A. argentea Willd.: Webb Spic. Gorg., p. 172; Schmidt Beitr., p. 174. Is. Fogo a S. Filippe. VI 1898 (fr.). — È la forma a foglie — largamente ovali, acute, spesso sericee di sotto, ma anche gla- briuscule, con le spighe allungate e gracili e che si contrappone ad A. aspera B indica L. = A. aspera Willd. caratterizzata | da foglie ovali-oblunghe poco acute od ottuse, talvolta rotondate, | pubescenti od anche sericee con i fiori ravvicinati. Qualora si volessero riguardare come specie a sè, competono alla prima, per la priorità, il nome di A. sicula (L.) Roth ed alla seconda — quello di A. indica (L.) Mill. È strano come il primo nome non venga quasi mai ricordato nelle Flore italiane. i 34. Aerva javanica (L. sub Jllecebro in Syst. veg. ed. Murr., p. 266, a. 1774!) Juss. Gen., p. 88; Webb Spic. Gorg., p. 172; Schmidt Beitr, p. 175; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 403: Henr. Enum., p. 136! = Aerva tomentosa Forsk. Fl. aeg.-arab., pi CXXII ep. 470 (17754); Bronn:’ Ergebn.., n. dea Clarke -in This.-Dyer Fl. ‘Trop. Afr.,VI;:4.8; p. 37: Is. Boa Vista. XII 1897—I 1908 (fr.). — Contrariamente a quanto è consacrato nell’ ultimo dei lavori citati, la priorità spetta — al nome di Linné, che precede di un anno quello del Forskal. 32. Lestibudesia trigyna (L. sub Celosia) R. Br. Prod. Nov. Holl., 1, pi 414 Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m., I-IV 1898 (fr.). Vi era stata già raccolta da J. D. Hooker, Smith, Forster, ece. Fam. Polygonaceae. (9 33. Polygonum serrulatum Lag. Nov. gen. et sp., p. 14; This.- Dyer in Fl. Trop. Afr., VI, p: 107 = Persicaria serrulata Webb. et Moq.: Schmidt Beitr., p. 177. FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 29 Sa F Is. di S. Thiago, dintorni di Praia, III 1898 (fr.). Già raccol- tovi dall’ Hooker. Fam. Nyetaginaceae. . % . 34. Boerhaavia erecta Vahl Enum., I, p. 284; Jacq. Hort. w Vind., I, tab. 5-6; Webb Spic. Gorg., p. 171; Schmidt Beitr., p. 178; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 403. ‘Is. di S. Vicente. XII 1897 (fl. et fr.); is. Boa Vista. XII 1 1897 (fr.) I 1898 (fr.); is. Fogo a S. Filippe. VI 1898 (fl.). — _E propria delle Indie occid. e, quindi, probabilmente introdotta. 35. B. paniculata Lam. var. glabra Schmidt Beitr., p. 179. Is. di S. Thiago: Orgàos Grandes. 250 m., III-1V 1898 (ff.). Fam. Aizoaceae. 36. Mollugo nudicaulis Lam. Encycl. meth., IV, p. 234; ed. Padoue, IV, p. 222 = M. bellidifolia Ser. in DC. Prodr., I, p. 391; Webb Spic. Gorg., p. 104; Schmidt Beitr., p. 275; Krause op. c., p. 404; Henr. Enum,, p. 130. Is. Boa Vista. VII 1897—I 1898 (fr.). Nuova per l'isola. Fam. Paronychiaceae. Hook Ic. plant. t. 756; Schm. Beitr., p. 275; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 404; Henr. Enum., p. 127 = Herniaria illecebroi- des Chr. Smith in Tuck. Voy., p. 250. Is. di S. Thiago a Pedra Badejo. IV-V 1898 (ster.); Fogo sul cono del Pico. 1700-2500 m. 29, VI 1898 (fl. fr.). — Specie endemica delle isole capoverdiane, dove fu scoperta il 2 IV 1822 nell’ isola di S. Antonio dal Forbes e quindi trovata a Santhiago | (Hooker), S. Vincenzo (Vogel, Kraus). Nuova per Fogo dove si | spinge sin quasi alla sommità del Pico. 38. Sclerocephalus arabicus Boiss. Diagn. pl. or., 1, HI, p. 12; Krause Fl. Ins. S. Vincent, p. 404; Henr. Enum., p. 127 = Paronychia sclerocephala Decsn. Ann. Sc. Nat., 2.8 ser., II, ip. 262 =-Scler. Aucheri Walp. Bot. rep. V, p. 75; Schmidt Beitr., p. 276. 37. Paronychia illecebroides Webb Spic. Gorg., p. 106, tab. 7; 30 _ A. BEGUINOT Is. di S. Vicente. XII 1897 (fr.). — Gia noto per I’ isola, dove è molto comune ed infesto agli uomini ed agli animali: tro- vato anche a Santiago (Card. ). i 39. Polycarpia nivea (Ait., sub Achyranthes) Webb Spie. Gorg., p. 104; Schmidt Beitr., 277; Krause op. c., p. 400; = P. candida Webb Phyt. Can. I, p. 138, t. 21 = P. candidis- sima Bert. Miscell. III, p. 9, tav. 1, fig. 1. Is. Fogo, ascensione al Pico, sullo Cha, 1700-1800 m. 28 VI 1898. Sa 40. P. Gayi Webb Spic. Gorg., p. 104; Schmidt Beitr., p. 277; Henr. Enum., p. 137. a helichrysoides Webb. Is. di S. Thiago: Pico da Antonia, 800-1200 m., 16 IV 1898. B lycioides Webb. Is. Fogo a S. Filippe. VI 1898. — La prima specie le isole del Capo Verde hanno in comune con le Canarie ed il Marocco (Schousboe e più di recente Ball), la seconda è endemica del nostro Arcipelago. Fam. Menispermaceae. hl. Cocculus Leaeba DC. Syst. I, p. 529 et Prodr. I, p. 99; Webb Spic. Gorg., p. 97; Schmidt Beitr., p. 259 = Menisper- mun Leaeba Del. Fl. aeg. ill., p. 30, descr. tab. 31, fig. 2-3. Is. Boa Vista, pendici del M. Estancha. 100 m., I 1898 (fl.): determ. E. Chiovenda. Fam. Papaveraceae. 42. Argemone mexicana L. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl.); S. Thiago ad Orgaos Grandes, 250 m. III-IV 1898 (fl.). — Per la distribuzione di questa specie assai diffusa nelle regioni tropicali del vecchio e nuovo mondo cfr. Schmidt Beitr., p. 261. Fam. Capparidaceae. 13. Polanisia viscosa (L. sub Cleome) DC. Prodr. I, p. 242; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 405; Durand et Schinz Consp. FI. Afr. I, p. 164. FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 31 Is. di S. Vicente. XII 1897 (fr.); S. Nicolau. X-XII 1898 (fr.). Il Krause, che fu il primo a segnalare la specie nell’Arcipelago, attribuisce per una svista il binomio di cui sopra a Linneo. Fam. Cruciferae, AA. Nasturtium officinale R. Br. Is. di S. Thiago : dintorni di Praia. II 1898 (fl. fr.). Già ivi raccolto dallo Smith (1818). Fam, Resedaceae, 15. Caylusea canescens (L. sub Reseda) St. Hil.; Webb Spie. Gorg., p. 101 et in Hook. Journ. of Bot. 1850, p. 310; Schmidt Beitr., p. 270.- Is. Boa Vista. XII i897—I 1898 (fl. fr.). Già nota per que- st’ isola. Fam. Leguminosae. PAPILIONATAE. 46. -Crotalaria retusa L. Sp. pl., p. 715; DC. Prodr. II, p. 125; Oliv. Fl. Trop. Afr. II, p. 13; Schmidt Beitr., p. 319; Henr. Enum., p. 139. Is. Boa Vista. II 1898 (A. fr.); is. di S. Thiago ad Orgàos Gran- des. 250 m. II-IV 1898 (fl. fr.). Non ancora segnalata per queste due isole. 47. Cr. senegalensis Bacle in DC. Prodr. II, p. 133; Webb Spic. Gorg., p. 116; Schmidt Beitr., p. 320; Oliver Fl. Trop. Afr. Hecp. ot. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fr.): gia raccoltavi dallo Schmidt. 18. Lotus purpureus Webb Spic. Gorg., p. 118, tab. 6; Hook. Ic. plant., tab. 757; Schmidt Beitr., p. 323; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 408; Henr. Enum., p. 139. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. IILTV 1898 (fl. fr.). Nuovo per l'isola ed endemico per l’Arcipelago. 49. L. Brunneri Webb Spic. Gorg., p. 119, tab. 3; Hook. Ic. plant., tab. 574; Schmidt Beitr., p. 323. A dere ee) ee E en ee ded me 32 A. BEGUINOT Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl. fr.) ; id. sul M. Estancha. 100-600 m. 1 Genn. 1898 (fl. fr.). Già noto per questa isola e specie pur essa endemica. È 50. Indigofera tinctoria L. Sp. pl., p. 1061 var. macrocarpa DC. Prodr. II, p. 224 ‘et ic. cit.!; Schmidt Beitr., p. 325. Is. Fogo ad Igreja. VII 1898 (fl. fr.). — Dalla etichetta annessa a questi esemplari rilevo che la pianta è chiamata tinta e che le foglie spappolate col pistello e ridotte a pani rotondi sono adope- rate nella tintura come un costituente dell’ #adago. Nuova per l’ isola, 54. Ind. senegalensis Lam. Ene. meth. III, p. 248; ed. Pa- doue III, p. 238; DC. Prodr. II, p. 228; Webb Spic. Gorg., p. 121; Schmidt Beitr., p. 327; Oliv. Fl. Trop. Afr. II, p. 102. Is. Boa Vista. VII 1897—I 1898 e III 1898 (fl. fr.). — Indicata vagamente per le isole del Capo Verde, sembra, a giu- dicare dai molti esemplari raccolti, comune a Boa Vista. 52. Ind. astragalina DC. Prodr. II, p. 228; Oliv. Fl. Trop. Afr. 1 Sp: 900: Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. I-IV 1898 (fi. fr.). — Specie nuova per il nostro Arcipelago. 53. Tephrosia lathyroides Guill. et Per. Fl. Sen. tent., p. 139; Schmidt Beitr., p. 327; Krause Fl. Ins. S. Vincent, p. 408. Is. Boa Vista. XII 1897 — I 1898 (fr.). — Non ancora segna- lata per quest’ isola. i 54. T. bracteolata Guill. et Per. Fl: Sen. tent., p. 194; Webb Spic. Gorg., p. 121; Schmidt Beitr., p. 327; Bak. ap. Oliv. FL Trop. Atri, 3p. LIO. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. III-IV 1898 (fl. fr.). Quivi ritrovata sin dal 1839 dall’ Hooker e nota per quest’ isola e per la Senegambia, ma in seguito raccolta nella Nubia, in Abis- sinia, in Eritrea ecc. Gli esemplari n. 1692 di Schweinfurth « Flora von Gallabat, Umgegend von Matamma » (sub 7. brae- teolata) differiscono dai nostri per le foglioline oblungo-lanceolate, anzichè lineari. 55. Sesbania punctata DC. Prodr. II, p. 265; Guill. et Perr. Fl. Sen. Tent., p. 198; Webb Spic. Gorg., p. 129; Schmidt Beitr., Pp. 1329. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. V 1898 (fi. fr.). — Gia quivi raccolta la prima volta nel 1822 dal Forbes. FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 33 56. Desmodium ospriostreblum Steud. ap. Schimp. It. abyss. sect. 2 *, n. 1039 (1840); Chiovenda in Pir. FI. Col. Er. in « Ann. R. Ist. bot. di Roma, VIII, fase. 3.9, n. 428 » = Anarthrosyne abyssinica Hochst ap. Schimp. FI. Abyss. sect. 3.*, n. 1434 (1844); A. Richard Tent. FI. Abyss. I, p. 204 = D. tortuosum Webb Spic. Gorg., p. 122; Schmidt Beitr., p. 331 — non DC. = D. spi- rale Bak. in Oliv. Fl. Trop. Afr. II, p. 160 — ex p. non DC. Is. di S. Nicolau. X—XI 1898 (fl. fr.). — È pianta annuale | e non perenne come D. torluosum e D. spirale e corrisponde al n. 1725 della « Flora von Gallabat » di Schweinfurth (sub Anarthr. abyssinica!). Nuovo per l'isola. 57. Clitoria Ternatea L.: DC. Prodr. H, p. 233 et ic. cit. ti Bak. in Oliv. Fl. Trop. Afr. II, p. 176; Boh. Magaz., tab. 1547; Henr. Enum., p. 140. Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. III 1898 (fl.). — Ricordato la prima volta per l’Arcipelago e precisamente di S. Thiago dallo Henriques. 1 58. Cajanus indicus Spr. Syst. I, p. 248; Schmidt Beitr., p. 334; Henr. Enum., p. 140; Bot. Magaz., tab. 6640. Is. Boa Vista. I-II 1898 (fl.). — Nuovo per I’ isola. CAESALPINIACEAE. 59. Caesalpinia pulcherrima (L. sub Poinciana) Swartz Obs., p. 166; Webb in App. « Spic. Gorg. » in Journ. of Bot. 1850, p. 346; Schmidt Beitr., p. 337; Henr. Enum., p. 139; Bak. in Oliv. Fl. Trop. Afr. II, p. 262. Is. di S. Thiago : Orgàos Grandes. 250 m. II-IV 1898 (fl. fr.). — Di origine asiatica e ritenuta introdotta nell’ Arcipelago dove fu raccolta la prima volta dal Forster nell’Ag. 1778 appunto a Santiago. 60. Cassia obovata Collad. Hist. d. Casses, p. 92, tab. 15, fig. a; Webb Spic. Gorg., p. 127; Schmidt Beitr., p. 338; Krause Fl. Ins. S. Vincent, p. 409; Henr. Enum., p. 139; Bak. in Oliv. FI. Trop. Africa II, p. 277. Is. Boa Vista. XII 1897 — I 1898 (f1.), — Già indicatavi dallo Schmidt. 61. C. bicapsularis L. Sp. pl., p. 538; Collad. Hist. d, Casses, p. 100; Jacq. Fragm., tab. 58; Webb Spic. Gorg., p. 127; Schmidt Beitr., p. 339; Krause in LL c., p. 409; Henr. in L c., p. 139. Ann. del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.°, Vol. VHI (15 Dicembre 1917). 3 34 A.. BEGUINOT Is. Boa Vista Il 1898 (f1.); XI 1897—I 1898 (fl. fr.). — Frequente nell’Arcipelago e già nota per Boa Vista, ma proba- bilmente introdotta dalle Indie. Gli esemplari da me esaminati corrispondono bene alla citata figura dello Jacquin, meno bene alla tav. 70 (non 170 come scrive lo Schmidt ) delle « Ic. rarior. » dello stesso A. sotto il nome di C. sennoides, che lo Schmidt schiera fra i sinonimi della specie linneana. 62. C. occidentalis L. Sp. pl., p. 539; Collad. Hist. des Casses, p. 107; Webb Spic. Gorg., p. 126; Schmidt Beitr., p. 339; Henr. Enum., p. 139; Bak. in ‘ol EL:Trop: Afr.-II,p. 274. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl. fr.). — Nuova per l’isola. MIMOSOIDEAE. 63. Dichrostachys nutans Benth. in Hook. Journ. ot Bot. IV, p. 352 (1842); Webb Spic. Gorg., p. 127; Bak. in Oliv. FI. Trop. Afr. II, p. 333 = Desmanthus nutans DC. Prodr. Il, p. 446 = D. trichostachys DC. Mem. Leg. p. 444, tab. 67 = Caillea dichrostachys Guill. et Per.; Schmidt Beitr., p. 341. Is. di S_ Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. IH-IV 1898 (fl.). — Gia raccoltovi dal Brunner (Ergebn. n. 88). Volgarmente spin bianco, se pure questo nome non si applica all’ Acacia albida Guill. et Perr. di cui si fa cenno in una delle lettere del Fea al march. Doria e che cresce in questa isola: in ogni modo non ne trovai gli esemplari. 64. Desmanthus virgatus Willd., Webb App. « Spie Gorg. » in Journ. of Bot. 1850, p. 337; Schmidt Beitr., p. 341; Jacq. Hort. Vind., tab. 80! Is. di S Unni Orgàos Grandes. 250 m. II-IV 1898 (fi. fr.). — Indicato vagamente per l’Arcipelago (leg. Bocandé), si tratta certamente di pianta introdotta, essendo originaria delle. Indie orientali. Fam. Oxalidaceae 65. Oxalis corniculata L. var. villosa M. B. (pr. sp.); Schmidt Beitr., p. 315; Henr. Enum., p. 140 = 0. corniculata Webb Spic. Gorg., p. 115. Is. di S. Thiago : Pico da Antonia. 800-1200 m. 16 IV 1898 (f1.). — Sembra essere la sola forma crescente nell’Arcipelago. o pick a et die FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 35 Fam. Zygophyllaceae. ~ 67. Tribulus cistoides L. Sp. pl., p. 554; Jacq. Hort. Schoenbr., tab. 103!; Webb Spic. Gorg., p. 115; Schmidt Beitr.; p. 311: Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 406; Henr. Enum., p. 140 = T. terrestris B cistotdes Oliv. Fl. Trop. Afr. I, p. 284. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fi. fr.); Ilheo Razo. 27 X — 7 XI 1898 (fl. fr.). — Gli esemplari della prima provenienza sono glabrescenti: quelli della seconda sericeo-argentini special- mente nelle foglie. Variazioni notò pure lo Schmidt nei frutti che sono muniti di spine più robuste e numerose quando la pianta cresce in-suolo fertile, ma tuttavia la ritengo specie ben distinta da T. terrester, che pure cresce nell’ Arcipelago. Cfr. a questo riguardo le osservazioni di Schlechtendal in « Bot. Zeit., a. 1851, - p- 841 », 68. Fagonia Mayana Schlecht. Beitr. FL Ins. d. grunen. Vor- gebirges in Bot. Zeit., IX (1851), p. 844 = 7. cretica Schmidt Beitr., p. 313 quoad plant. ex ins. Boa Vista non L.! Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fr.). — Nota sin qui solo per l'isola Mayo, donde fu descritta: entità ben distinta sia da F. cretica L. che da F. glutinosa Del. come egregiamente pose in evidenza lo Schlechtendal nel lavoro s. c. 69. Zygophyllum Fontanesii Webb Phyt. can. I, p. 177, tab. 1; Spic. Gorg., p. 115; Schmidt Beitr., 314; Krause FI. Ins, S. Vin- cent, p. 406. Is. Boa Vista. II 1898 (fr.). — Già noto per quest’ isola. 70. Z. simplex L. Mant., p. 68; Webb Spic. Gorg., p. 116; Schmidt Beitr., p. 314, ecc. = Fagonia prostrata moun: Er- gebn., n. 108. . Is. di S. Vincente. XII 1897 (fr.); Boa Vista. I 1898 (fr.). Fam. Polygalaceae, 71. Polygala erioptera DC. Prodr. I, p. 326; Deless. Ic. sel: plant. II, p. 9, tab. 15; Webb Spice. Gorg., p. 103; Schmidt Beitr., p. 301; Krause Fl. Ins. S. Vincent, p. 406 = P. triflora Oliv. Fl. Trop. Afr. I. p. 128 et Henr. Enum., p. 141 (non L. sec. Chodat Monogr. Polyg. II, p. 342, tab. XXVIII, fig. 1 e & 36 A. BEGUINOT esec. Lanza et Mattei in Boll. Orto Bot. e Giard. Colon. di Palermo VIII, p. 80). Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl. fr.). — Gia nota per questa isola. Fam. Euphorbiaceae. 72. Euphorbia Chamaesyce L. var. canescens L. (pr. sp.). Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fr.). — È la sola forma delle specie che concordemente tutti gli A. indicano per |’ Arcipe- lago ed è nuova per Boa Vista. 73. E. granulata Forsk. Fl. aegypt.-arab., pi CXH e 94; Krause Fl. Ins. S. Vincent, p. 407; Brown in. This.-Dyer FI. Trop. Afr. VI, p. 502 = £. Forskalii Gay in Webb Phyt. Can. II, 3, p. 240 (ex p.); Webb Spic. Gorg., p. 176; Schmidt Beitr., p. 303. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fr.). — Nuova per l'isola. 74. E. hypericifolia L. Sp. pl., p. 454; Webb Spic. Gorg. p. 176; Schmidt Beitr., p. 305; Brown in This.-Dyer FI. Trop. Afr. VI, p. 498. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. HI-IV 1898 (fr.). — Indicata vagamente per il nostro Arcipelago. 75. E. Tuckeyana Steud. Nom. bot., p. 615; Webb Spice. Gorg., p. 177; Schmidt Beitr., p. 304; Krause Fl. Ins. S. Vincent, p. 407; Henr. Enum., p. 141 = E. arborescens Smith in Tuck. Voy. p. 251 = E. genistoides? Brunn. Ergebn., n. 103. Is. Boa Vista sul Monte Estancha. 100-600 m. I 1898 (fr. ); Is. S. Thiago: Pico da Antonia. 800-1200 m. 16 IV 1898 (fl.). — Specie endemica delle isole del Capo Verde, dove è presente in tutte e fa parte integrante di una formazione che ben merita il. nome da questa specie insigne: nuova per le due isole sopra ri- cordate. 76. Jatropha Curcas L. Sp. pl., 1006; Jacq. Hort. Vind. III, p. 36, tab. 63; Brunn. Ergebn., n. 128; Schmidt Beitr., p. 306; Card. Enum., p. 141; Hutch. in This.-Dyer Fl. Trop. Afr. VI, p79. Is. di S. Thiago ad Orgaos Grandes. V 1898 (fl.!). — Vista dal Fea come coltivata o subspontanea anche in altre isole, ma agi senza foglie e con frutti maturi, PLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE col Fam. Malvaceae. = 77. Malva spicata L. Syst. ed. X, p. 1146; Cav. Diss. II, p. 80, fig. 2 e 4; Schmidt Beitr., p. 281; Krause FI. Ins. S. Vin- cent, p. 106 = Malvastrum spicatum O. Gray: Masters in Oliy. Fl. Trop. Afr. I, p. 177; Henr. Enum., p. 142. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. V 1898 (fl. fr.); Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl. fr.). — Assai variabile, come già fece rilevare lo Schmidt, per lo sviluppo e la forma delle foglie: gli esemplari della seconda isola appartengono ad una forma swbcor- data ed a statura pigmea (= M. spicata 8 foliis subcordatis DC. Prodr. I, p. 430). 78. Urena obtusata Guill. et Perr. Fl. Sen. tent. I, p. 48; Webb App. « Spie. Gorg. » in Journ. of Bot. 1850, p. 312; Schmidt Beitr., p. 283. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. II-IV 1898 (f. fr.). — Sinonimizzata dal Masters (ap. Oliv. Fl. Trop. Afr. I, p. 189) con U. lobata L., ma la questione merita ulteriore esame. 79. Sida rhombifolia L. Sp. pl., p. 684; Cav. Diss., p. 23, tav. 3, fig. 12 e tav. 8, fig. 3; Webb. Spic. Gorg., p. 108; Schmidt Beitr., p. 287; Henr. Enum., p. 142; Masters in Oliv. Fl. Trop. Afr. I, p. 181. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. V 1898 (fr.). — Già quivi raccolta dall’ Hooker, Brunner, ecc. 80. S. cordifolia L. Sp. pl., p. 684; Webb Spic. Gorg., p. 108; Schmidt Beitr., p. 287; Henr. Enum., p. 287; Masters in op. s. c. = S. herbacea Cav. Diss. I, p. 19, tab. 13 et 3, fig. 2. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fr.). — Gli esemplari rac- colti dal Fea appartengono ad una forma pygmaea certamente annuale. Fam. Frankeniaceae, 81. Frankenia ericifolia Chr. Smith in Buch Beschreib. der Canar. Inseln, p. 30 « microphylla Schmidt Beitr., p. 271. Is. di S. Vineente, XII 1897 (ster.). — Già ivi raccolta dallo Schmidt, Krause, ecc. E specie localizzata nelle isole del Capo Verde, Canarie ed Azorre. và 4 38 A. BEGUINOT Fam. Tamaricaceae. 82. Tamarix gallica L. £ senegalensis Schmidt Beitr., p. 296; Henr. Enum., p. 143 = 7. senegalensis DC. Prodr. II, p. 96; Guill. et Perr. Fl. Sen. tent. I, p. 309; Brunn..Ergebn., n. 210; Krause Fl. Ins. S. Vincent, p. 405 = 7. gallica Webb in Journ. of Bot., III (1841), p. 422; Spic. Gorg., p. 128; Oliv. Fl. Trop. Ate ep 404. . Is. Boa Vista. HII 1898 (f1.); nome locale taraf. — Non credo sia da considerarsi come entità a sé, ma non è certo un sino- nimo della specie europea come ritenne il Webb e più di recente l’Oliver. Come già fece rilevare lo Schmidt, differisce da questa per le foglie più grandi, le brattee più lunghe e più sottilmente acute e per essere cosparsa di cristallini di sale marino che danno alla stessa un aspetto grigio, anziché verde-glauco. E da confron- tarsi con esemplari di 7. canariensis Willd. (1816) che il Webb (in le. et Phyt. can. 1, p. 171) sinonimizza senz’ altro con T. gallica. Nuovo per Boa Vista. Fam. Cistaceae. 83. Helianthemum Gorgoneum Webb Spic. Gorg., p. 103; Willk. Ic. et descr. plant. I, p. 97, tab. CXXVI A.; Schmidt Beitr., p. 271; Henr. Enum., p. 145. Is. Brava. 800-1000 m. X 1898 (fl.). — Specie endemica delle isole del Capo Verde. dove fu indicata vagamente dal Webb e quindi raccolta nelle isole Pixino (?) e S. Antonio dal Bolle (ex Willk. op. c.) ed in questa seconda dal Cardoso. Nuova per Brava. Affine ad H. canariense W. come deduco dalla tav. 16 della « Ie. pl. rar. » dello Jacquin e dalla tav. 126 B del Willkomm. Fam. Oenotheraceae, 84. Epilobium parviflorum Schreb.; Webb Spic. Gorg., p. 128; Schmidt Beitr., p. 317. Is. Fogo, ascensione al Pico, sullo Cha, 1700-1800 m. 28 VI 1898 (fl. fr.). — Nuovo per I isola. d PEER I are ti 7 = SE FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 39 85. Jussieua suffruticosa L. sp. pl. ed. I, p. 388 = J. villosa Lam. Encycl. meth. II, p. 331, ed. Padoue III, p. 318; Oliv. FI. Trop. Afr. II, p. 489. Ic. Rheed. Hort. Malab. II, p. 97, tav. 50. = Is. di S. Thiago, Pedra Badejo. IV-V 1898 (fr. ). — Genere nuovo per l’ Arcipelago: la specie è largamente distribuita nei paesi tropicali del mondo ed in Africa cresce nella Guinea sup., nei paesi nilotici, nel distretto di Mozambico, ece. Varia per le foglie ora lineari-lanceolate, ora strettamente lineari. Fam. Umbelliferae. 86. Tornabenea annua Bég. n. sp. Radix exilis annua. Caulis erectus, ramosus, 20-30 cm. altus, rigidus, flexuosus, teres, glaberrimus, praeter summitatem, ubi parum hispidus. Folia petiolata, basi anguste dilatata amplexicaulia, pinnatipar- tita, minute puberula, lobis anguste lanceolatis, inferioribus petiolulatis, margine integris, apice mucronulatis. Umbellae mediocres vel parvae, floriferae planae, in fructu parum contractae, radiis hispidiusculis. Involucrum universale po- lyphyllum, phyllis 6-8 lineari-lanceolatis acuminatis, integer- rimis, margine submembranaceis, in fructu rigidis et erectis. Involucellum 6-8 phylum, phyllis linearibus, mar- gine membranaceis. Calyx et corolla generis ut in diagnosi a cl. Schmidt relata; antheris luteis, stylis longiusculis pa- tentibus. Fructus immaturus, ut videtur, elliptico-oblongus, parum compressus, muriculatus ..... Is. di S. Thiago, dintorni di Orgaos Grandes. 300-600 m. III-IV 1898 (fl. et init. fr.). Oss. — Il gen. Tornabenea Parl. (in Hook. Journ. of Bot. 1850, p. 370 = Tetrapleura Parl. in Webb Spic. Gorg., p. £31, non Benth.) fu stabilito su un esemplare molto incompleto raccolto dal Vogel nell’ isola di S. Vincenzo e restò endemico dell’Arcipe- lago del Capo Verde. La specie di questa isola fu denominata Torn. (Tetrapl.) insularis Parl. ma non descritta poiché « ramum pessimum tantum possideo, sic ejus descriptionem mihi -ullo modo non licet adumbrare ». Essa fu ridescritta qualche anno dopo dallo Schmidt (Beztr., p. 255) sotto il nome di Torn. hirta, di cui nell’Erb. Cesati vidi un unico esemplare raccolto il 25 III 1853 dall’Armitage nell’ isola s. c. (e precisamente sul M. Verde). 1 pa a AO A. BEGUINOT La 7. annua ne differisce per essere pianta annua e glabra, per le lacinie delle foglie lanceolate-lineari e non ovali, per le foglioline dell’ involucro intere e non laciniate o dentate, ecc. Certamente è più affine a 7. Bischoffii, pure descritta dallo Schmidt e propria dell’isola di S. Antonio, ma anche da questa se ne distacca per essere pianta annua e non perenne, per le ombrelle mediocri o piccole e non «speciosissimae » ed, a quanto pare, un po’ anche pel frutto, quantunque questo, immaturo, non permetta un sicuro rilievo differenziale, Rilevo da ultimo che ad una Tetrapleura sp. ? dell’ isola di S. Thiago (leg. J. D. Hooker) si accenna già nello « Spic. Gorg. » ed è quasi certamente la specie qui descritta: però Henriques vi indica anche la 7. insularis Parl. (= 7. hirta Schmidt). Fam. Primulaceae. 87. Samolus Valerandi L. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. III-IV 1898 (fl. fr.): già raccoltavi da C. Darwin. Fam. Plumbaginaceae, 88. Statice Brunneri Webb Spic. Gorg., p. 120; DC. Prodr. XII, p. 639; Schmidt Beitr., p. 182; Henr. Enum., p. 144 = St. pectinata Brunn. Ergebn., n. 205 — non Ait. Ilheo Raze presso l’is. di S. Nicola. 27 X—7 XI 1898 (fl.). — Scoperta dal Brunner nell’ isola del Sale, è questa la seconda località per tale specie endemica del nostro Arcipelago ed affine a SP pectinata Ait. che le isole del Capo Verde hanno in comune con le Canarie. Sono; invece, altri due solenni endemismi la St. Jovi-barba Webb di:S. Vicente e la St. Brauni Bolle di S. Antonio (di quest’ultima non mi fu possibile vedere diagnosi ed esemplari di sorta ed istituire confronti con la specie raccolta dal Fea). 89. Plumbago zeylanica L.; Schmidt Beitr., p. 188 = Pl. oc- cidentalis Sweet; Webb Spic. Gorg., p. 169. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. II-IV 1898 (fl.): già nota per |’ isola. FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE At Fam. Gentianaceae, i #90. Erythraea pulchella Hoffmsg. et Lk. = £#. ramosissima _ Auct. Fl. Gorg. Is. di S. Thiago, dintorni di Orgaos Grandes, 300-600 m. II-IV 1898 (f1.) e Pico da Antonia 16 IV 1898 (f.). Fam. Apocynaceae. 91. Lochnera rosea Reichb. Consp., p. 134; Stapf. in This -Dyer Fl. Trop. Afr. IV, p. 118 = Vinca rosea L. Syst. nat. ed. X, p. 944; Henr. Enum. p. 144 (var. flore albo) = Vinca foliis ionga: ovatis Mill. Ic., tab. 186. Is. Fogo ad Igreja. VII 1898 (fl. fr.). — Originaria probabil- ‘mente delle Indie occidentali, trattasi di pianta introdotta. Fu indi- cata la prima volta dall’ Henriques di S. Nicola, Santiago e S. An- tonio e come quella la pianta di Fogo appartiene ad una var. albiflora Bee. Fam. Asclepiadaceae. 92. Periploca levigata Ait. Hort. Kew. I, p. 301; Webb. Spic. Gorg. p. 150; Schmidt Beitr. p. 214 = P. punicaefolia Cav. Ic. Ill, p. 91, tab. 217 = P. angustifolia Labill. Dec. II, p. 17, tab. 7 = P. rigida Viv. Fl. Lib. spec., tab. 6 Is. Fogo: ascensione al Pico, sullo Cha. 1700-1800 m. 28 VI 1898 (f1.). Nuova per I’ isola. 93. Sarcostemma Daltoni Decaisne in Webb Spic. Gorg., p. 149, tab. 14; Hook. Ic. pl., tab. 768; Schmidt Beitr., p. Oh: Henr. Enum., p. 144; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 412. Is. Bui A 0 a 300 m. VII 1898. — Specie endemica delle più singolari dell’ Arcipelago, ma strettamente affine, come ritiene il Browne (in This.-Dyer Fl. Trop. Afr. IV, 2, p. 385) a S. vi- minale R. Br. la cui area- distributiva procede dalla Guinea ai paesi nilotici ed al distretto di Mozambico. Nuova per I’ isola. 94. Calotropis procera R. Br. in Ait. Hort. Kew. ed. 2, II p. 78; Webb Spic. Gorg., p. 150; Schmidt Beitr., p. 215; Krause 492 A. BEGUINOT Fl. Ins. S. Vincent, p. 442; Henr. Enum., p. 144; Browne in This.-Dyer FL. Trop.. Afr. IV, 2, p. 294. Is. Boa Vista. II 1898 (fl. fr.), dove era stata già indicata. Fam. Convolvulaceae, 95. Evolvulus linifolius L. var. grandiflorus Bolle in « Bon- plandia » IX (1861), p. 55 = #. linifolius Auct. Fl. Gorg. ex toto ? È Is. Brava. 800-1000 m. X 1898 (fl. fr.). — Secondo Bolle, sarebbe la sola forma rappresentata nell’Arcipelago e da lui rac- colta nelle isole di S. Nicola, S.. Vincenzo e S. Antonio. Nella prima egli trovò anche lE. alsinoides L. del quale lE. linifo- lius sec. Schweinfurth (Beitr. z. Fl. Aeth., 1.8 Abth., p. 93-94) sarebbe una varietà ( = # erecta Schw.): opinione nella quale è seguito da Di Capua (in Pirotta, Fl. Col. Eritrea, in Ann. R. Ist. bot. di Roma, VIII, p. 222-294) mentre è un semplice sinonimo per Baker e Rendle (in This.-Dyer Fi. Trop. Afr. IV, 2.* p. 67). Gli A. citati insistono sulla presenza di intermediari che, a quanto pare, mancano nelle isole qui studiate. #. alsinoides fu raccolto anche a S. Vincenzo (Krause, op. ¢., p. 409). 96. Breweria suffruticosa Schinz in Verh. Bot. Ver. Brandenb. XXX (1888), p. 275; Bak. et Wright in This.-Dyer FI. Cap. IV, 2, p. 80 = Veddera suffruticosa Hall. f. in Engl. Bot. Jahrb. XVII (1873), p. 88; Bak. et Rendle in This.-Dyer Fl Trop. Afr. IV, 2, p. 77; Schinz in Bull. Herb. Boiss. VI (1898), p. 531. Is. Boa Vista. II 1898 (fl.). — Genere nuovo per l’Arcipelago: la specie cresce nell'Africa mer. e quindi nel dominio della flora capense e qua e là in quella tropicale or. (distretto di Mozam- bico ) ed occid. (Bassa Guinea ). Affine a B. capensis ( Meyer sub Evolvulo) Bak. da cui si distingue per il sepalo più interno ovato- acuminato, membranaceo ai margini e diverso dagli altri quattro che sono lanceolati: sono tutti lanceolati e subeguali nella 58. ca- pensis Bak. ! 97. Ipomaea Pes-caprae (L. sub Convolvulo) Sweet. Is. Boa Vista. I-II 1898 (fl.)) — Non ancora segnalata in questa isola. 98. I. asarifolia (Lam. sub Convolvulo) R. et Sch. Syst. IV, p. 251. 4 FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 43 Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. II 1898 (fl.). — Già rac- coltavi dall’ Hooker. 99. I. eriocarpa R. Br. Prodr., p. 484 (1816); Bak. et Rendle in This.-Dyer Fl. Trop. Afr. IV, 2, p. 136 = I. sessiliflora Roth Nov. sp., p. 117; Choisy in DC. Prodr. IX, p. 366; Schmidt Beitr., p. 230. Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. III 1898 e ad Orgàos Grandes. 50 m. II-IV 1898 (fr.). — Nuova per I’ isola. 100. I. hellebarda Schw. PI. Gallab. Exsicc. n. 2176 ex Bak. et Rendle in op. c. IV, 2, p. 170 = I. sagittata Auct. al. Fl. Afr. trop., non Poiret. Is. Boa Vista. XII 1897—I e II 1898 (fl. fr.). — Vaga- mente indicata per l’Arcipelago. 101. I. Cairica (L. sub Convolvulo) Sw. Fl. Brit., ed. II, p..370 = I. palmata Forsk. Fl. aeg.-arab., p. 43; Schmidt Beitr., p. 231; Bak. et Rendle in This.-Dyer Fl. Trop. Afr. IV, 2, p. 178; Jacq. Obs., tab. 74 e Bot. Mag., tab. 699.. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. II-IV 1898 (fl. fr.). — Già raccolta da Forster, Smith, Hooker e la prima volta indi- cata dal Brunner (Ergebn. n. 73 sub Convolvulo). 102. Batatas pentaphylla (L. sub Convolvulo) Choisy in DC. Prodr. IX, p. 339; Webb Spic. Gorg., p. 151; Schmidt Beitr., 233. Jacq. Plant. rar. II, tab. 319. Is. Boa Vista. XII 1897 — I 1898 (fr.). — Nuova per l'isola. 103. Pharbitis purpurea (L. sub Convolvulo, Lam. sub Zpo- maea) Voigt Hort. Sub. Cale., p. 354 = Ph. hispida Choisy Cony. or., p. 53 et in DC. Prodr. IX, p. 341; Schmidt Beitr., p. 233. Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. IIT 1898 (fl. fr.). — Nuova per l'isola. Fam. Borraginaceae. 104. Heliotropium undulatum Vahl Symb. I, p. 13; Schmidt Beitr., p. 125; Bak. et Wright in This.-Dyer Fl. Trop. Afr. IV, 2, p. 37; Henr. Enum.; p.. 145. x typicum: Is. Boa Vista. XII 1897 — I 1898 (fr. ) 5 S. Vicente. XII 1897 (fr.). B ramosissimum Sieb ex DC. iz IV., ‘p.. :986- (pr. sp.). Is. di S. Vicente. XII 1897 (fr.), con ‘il tipo. Ah A. BEGUINOT 105. Echium hypertropicum Webb Spic. Gorg., p. 135; Schmidt Beitr., ‘piyere Is. di S. Thiago : Pico da Antonia. 800-1200 m. 16 IV 1898 - (fi.). — Specie endemica dell’ Arcipelago capoverdiano dove fu dapprima vagamente indicata dal suo descrittore, il Webb, in base ad esemplari conservati nel Museo di Storia Nat. di Parigi, quindi dallo Schmidt trovata nell’isola di S. Antonio. Nuova per Santiago. Un £chium hypertropicum Coincy, ritenuto speciale delle Canarie, compare sulla « Flore de l’Archipel » di Pitard e Proust (Paris, 1908, p. 278): è la stessa specie del Capo Verde? 106. Trichodesma africanum (L. sub Borrago) R. Br. Prodr., p. 496; Schm. Pl. Asper., p. 195; Bak. et Wright in This.-Dyer Fl. Trop. Afr. IV, 2, p. 48 = Pollichia africana Medic. Bot. Beob., p. 248; Schmidt Beitr., p. 227; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. HO. i Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl.); S. Vincente. XII 1897 (f.). Fam. Verbenaceae. 107. Verbena officinalis L. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 790 m. II-IV 1898 (fi.). 108. Lantana Camara L. Is. di S.. Thiago, dintorni di Praia. IN 1898 (fl. fr.). — Ori- ginaria dell'America merid. e delle Indie occid. e quindi certo introdotta. Fam, Labiatae, 109. Lavandula rotundifolia Benth. Lab. gen. et sp., p. 150 et in DC. Prodr. XII, p. 146; Webb .Spic. Gorg., p. 157; Schmidt Beitr., p. 218; Bolle in « Bonplandia » VII (1860), p. 280; Krause Fl. Ins. S. Vincent, p. 441; Henr. Enum., p. 146 = Lav. aptifolia Chr. Smith in Tuckey Voy. (nom. nud.). Is. Fogo: ascensione al Pico, sullo Cha. 1700-1800 m. 28 VI 1898 (f1.); ibid. sulla Serra. 1400-1600 m. 29 VI 1898 (fl.). — Specie endemica dell’ Arcipelago capoverdiano, dove fu raccolta nelle isole di S.. Nicola, S. Vincenzo e S. Antonio, non che a Santiago (sec. Bolle): nuova per Fogo. 110. Salvia aegyptiaca L. Sp. pl., p. 28; Webb Spic. Gorg., p. 159; Schmidt Beitr., p. 220; Krause Fl, Ins. S. Vincent., * FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE AD p. 441; Henr. Enum., p. 145. — Ic. Jacq. Hort. Vind., tab. 108; Phyt. Can., tab. 167 A. Is. Brava. 800-1000 m. X 1898 (fr.). — Nudva per (isola: “144. Satureia Forbesii Briq. in Engl. et Prantl Nat. Pflan- zenfam. IV, 3 A, p. 300 = Micromeria Forbesii Benth. Lab. gen. et sp., p. 376 et in DC. Prodr. XII, p. 218; Webb Spic. Gorg., p. 159; Schmidt Beitr., p. 221; Bolle in « Bonplandia » VII (1860), p. 282; Henr. Enum., p. 145. i Is. di S. Thiago : Pico da Antonia. 800-1200 m. 16 IV 1898 . (fr.); Fogo, ascensione al Pico, sullo Cha. 1700-1800 m. 28 VI . 1898 (fl.). — Specie endemica dell'Arcipelago , dove fu scoperta dal Forbes nel 1822. Già nota della prima isola (Bocandé ex Bolle), nuova per la seconda. Fam. Solanaceae, 112. Nicotiana glauca R. Grah. in Edinb. N. Phil. Journ. 1828, p. 175 et in Bot. Mag., tab. 2837; Krause FI. Ins. S. Vin- cent, p. 410; Henr. Enum., p. 146. Is. Boa Vista. I 1898 (fl. ). Nuova per |’ isola, dove è certo pianta introdotta. | 115. Datura Stramonium L. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl. fr.).. 114. D. Metel L. _Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl.); S. Nicolau. X-XII 1878 (fi.). 115. Physalis angulata L. Sp. pl. ed I, p. 183; Dun. in DC. Prodr. XIII, 1, p. 448; Wright in This.Dyer FI. Trop. Afr. IV, 2, p. 243. — Ie. Dill. Hort. Elth., p. 13, tab. 12; Rheed Hort. Mal. X, p. 139, tab. 70. Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. III 1898 (fr. ). — Pianta poco sviluppata che, per alcuni caratteri, ricorda l’affine Ph. Lin- kiana Nees ab Esenh.! Nuova per tutto l’Arcipelago. 116. Solanum nigrum L. Is. Boa Vista. II 1898 (fl. fr.). — Già noto per I isola. 117. S. torvum Sw. Prodr. veg. Ind. occid., p. 47 (1788) = S. ferrugineum Jacq. Hort. Schoenbr. II, p. 46, tab. 334! (1798) — fide Wright in This.-Dyer Fl. Trop. Afr. IV, 2, p. 231. Is. di S. Nicolau. X-XI 1898. — Specie diffusa nei tropici del RANGE TN Gs Shae itr, i ee L'A 16 A. BEGUINOT vecchio e nuovo mondo e trovata anche sulla costa aust d'Africa (Guinea): nuova per l’Arcipelago. . 118. S. paniculatum L. Sp. pl. ed. 2.*, p. 267; Dun. in DC. Prodr. XIII, 4, -p. 278. Is. di S. Nicolau. X-XII 1898 (f1.). — Specie propria dell’Ame- rica merid. non ancora riscontrata in Africa e, quindi, nuova per il nostro Arcipelago: indigena od importata ? 119. S. fuscatum L. Sp. pl. ed. 2.7, p. 268; Jacq. Ic. rar., tab. 42; Webb Spic. Gorg., p. 163; Schmidt Beitr., p. 237; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 410 = S. Sodomaeum Brunn. Ergebn., n. 201? Is. Boa Vista. I-II 1898 (f1.), dove era già noto. Fam. Serophulariaceae. 120. Celsia betonicaefolia Desf. Fl. Atl. II, p. 58; Benth. in DC. Prodr. X, p. 245; Webb Spic. Gorg., p. 165; Schmidt Beitr., p. 239; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 414; Henr. Enum., p. 146. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. HI-IV 1898 (f1.) ; is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fl. fr.). — Nuova per la seconda isola, dove si presenta in una forma a fusto glabro, cui già accennarono gli Autori e che denomino f. glabra Bég. La forma a fusto pubescente converge con C. floccosa Benth. del- l’Abissinia e Mozambico ! ; 121. Linaria Webbiana Schmidt Beitr., p. 240. Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fr.) e sul M. Estancha. 100-600 m. II 1898 (fr.) — Specie endemica dell’Arcipelago, dove fu scoperta dallo Schmidt a.S. Antonio e sin qui non nota di altre isole. 122. L. dichondraefolia Benth. in DC. Prodr. X, p. 2705 Webb si Gorg., p. 165; Schmidt Beitr., p. 242; Krause FI. Ins. . Vincent, p. 411. Is. Fogo, ascensione al Pico, aula Cha. 1700-1800 m. 28 VI 1898 (fr.). — Specie endemica dell’Arcipelago e nuova per l'isola Fogo. Altra specie endemica, molto affine alla qui ricordata, è ZL. Brunneri Benth. in DO. 123. Campylanthus Benthami Webb Spic. Gorg., p. 163, tab. 15; Hook. Ic. plant. IV, tab. 776; Schmidt Beitr., p. 245; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 411 « glaber Webb (= C. glaber Benth. DCO. Prodr. X, p. 508 e 596). FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 47 Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. V.1898 (fr.); is. Brava a Furnas. VII 1898 (fr.). — Specie propria all’Arcipelago capover- diano ed alle isole Canarie (= C. salsoloides Webb non Roth.): nuova per Brava. Fam. Pedalinaceae. 124. Sesamum radiatum Schum. in Schum. et Thonn. Beskr. Guin. Pl., p. 282; Webb Spic. Gorg., p. 248; Schm. Beitr., p. 241; Bolle in « Lapidi » IX (1861); p.:50 = Seaniientenis ra- diata DC. Prodr. IX, p. 251. Is. di S. Thiago a Pedra Badejo. IV-V 1898 (fl. fr.). — Noto dapprima vagamente per |’ Arcipelago, fu raccolto a Brava dal Bolle. È specie che l’Arcipelago ha in comune con la Guinea supe- riore: fuori di queste regioni è considerata avventizia (Stapf in This.-Dyer FI. Trop. Afr. IV, 2, p. 337). Il De Candolle (op. c.) vi adduce come sinonimo S. gracile Endl. (in Linnaea, VII, p. 10), ma per errore, poiché questo va sicuramente riferito a S. capense Burm. Fam. Orobanchaceae. 125. Cistanche lutea Krause FI. Ins. S. Vincent in |. c., p. 412 (1892) = Phelipaea lutea Desf. Fl. Atl. II, p. 61, tab. 146, non Cistanche lutea Hottmegs. et Lk. et Auct. quae est Lathraea Phelipaea L. x, Phelipaea tinctoria Brot. (1816), Walpers (1844-45) et C. lusttanica (Coss. sub Phelipaea) Guim. in Bro- teria I (1904), p. 190. Is. Boa Vista nelle dune di Sal Rei parass. su Zygophyllum Fontanesii, 20 XII 1897 (fl. fr.) : Boa Vista. II 1898 (fl. fr.). — Questi ultimi esemplari vanno riferiti ad una forma depauperata e denutrita con fusto alto 18-22 cm. a spiga più breve e meno compatta, che denomino forma minor Bég. già adombrata dallo Schmidt ( Beitr., p. 248). La pianta del nostro Arcipelago corri- sponde. perfettamente alla specie descritta dal Desfontaines, ma non alla pianta del Portogallo (= C. lutea Hoffmgs. et Lk, = C. lusitanica Guim.), né a quella dell’ Arabia ( = Orobanche 48 A. BEGUINOT tinctoria Forsk.), come fece rilevare lo Schmidt (*). Il Fiori (in Nuov. Giorn. Bot. Ital., n. ser. XX, p. 375) ha risolto la questione ripristinando il nome più vecchio di Lathraea Phelipaea, che risale a Linné. Ma, come fece già rilevare il Beck (in Bornmul- ler, Ein Beitr. z. Kenntn. d. Orobanchenfl. Vorderasiens. Bull. Herb. Boiss, 2.* serie, IV, p. BED es il nome linneano è un miscuglio o complesso di due generi: « = (€. lutea Hoffmgs. et Lk. = Phelipaea tinctoria Brot., Walpers = C. lusitanica Guim. — specie del Portogallo! e 4 = Phelipaea coccinea Poir., specie orientale. La specie di Desfontaines fu forse adom- brata nella Lathraea quinquefida Forsk. (?) Fl. Aeg.—Arab., p. 111, ma la descrizione è molto imperfetta e le specie orientali crebbero di numero! Nelle isole capoverdiane una entità affine alla nostra, ma endemica, è Phelipaea Brunneri Webb che qui denomino Cistanche Brunneri (Webb) Bég. nov. comb. restando a precisarsene il valore sistematico. Fam. Globulariaceae. 126. Lytanthus cab Wettst. Globul. Stud. in Bull. Herb. Boiss., HI (1895), p. 271 = Globularia amygdalifolia Webb Spic. Gorg., p. 133; Schmid it Beitr., p. 225; Henr. Enum., p. 146. | Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. II 1898 (fi. fr.). — Specie endemica dell’ Arcipelago capoverdiano, dove fu rinvenuta anche a S. Antonio ed a S. Nicola: nuova per Santiago. E affine a L. salicinus (Lam.) Wettst. delle isole Canarie ! Fam. Plantaginaceae. Plantago major L. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. III-IV 1892 (fr.). — Nuova per I’ isola. (1) Lo Schmidt sinonimizza la pianta araba con la lusitanica e le dice differenti da C. lutew per le brattee più brevi del calice e per i sepali lanosi lungo il margine: tutto ciò è da controllarsi in Erbario e meglio di tutto sulle piante vive. Per le dif- ferenze fra la specie spagnuola e la portoghese cfr. Cosson, Not. pl. crit., p. 43: Willkomm et Lange Prodr. Fl. Hisp. II. p. 630. Non credo di dovere accettare la combinazione di Cist. tinctoria (Forsk.) Beck (in. 1. c.) in quanto, sotto questo nome, egli vi comprende la pianta araba, quella dell’Africa settent. e quella della Penisola iberica! (2) Schmidt ve la riferisce senz’ altro come sinonimo. a FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 49 Fam. Cueurbitaceae. “128. Momordica Charantia L.; Naud. in Ann. Sc. Nat., ser. 4.3, XII, p. 184; Hook. in This.-Dyer Fl. Trop. Afr. II, p. 537; Cogn. in DC. Mon. phan. II, p. 435; Schmidt Beitr., p. 272. Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. III 1898 (fl.) e ad Orgaos Grandes. 250 m. IILIV 1898 (fl. et fr.). — Già nota per I’ isola (This.-Dyer). Fam. Campanulaceae. 129. Campanula Jacobaea Chr. Smith. in Tuck. Voy., p. 251; Webb Spic. Gorg., p. 148, tab. 12; Bolle in « Bonplandia » IX (1861), p. 50; Schmidt Beitr., p. 208; Krause Fl. Ins. S. Vin- cent, p. 413; Henr. Enum., p. 147. | Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 200-600 m. II-IV 1898 (fl. fr.); id. sul Pico da Antonia. 800-1200 m. 16 IV 1898 (f1.). . — Scissa dal Bolle (in l. c.), in 4 forme (genuina, humilis, bravensis ed hispida), riferisco gli esemplari del Pico da An- tonia alla var. hwmilis che, evidentemente, è una variazione alti- tudinare! Si tratta di specie endemica dell’ Arcipelago, i cui sco- pritori primi furono a Santiago Smith, Hooker e Darwin e a S. Nicola e S. Antonio il Forbes. Trovata in seguito in quasi tutte le isole capoverdiane. Fam. Compositae. 130. Ageratum conyzoides L. Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. I 1898 (fr.). — Indicato recentemente per l'isola (Henriques ), ma certamente introdotto. 131. Nidorella varia Schmidt Beitr., p. 124; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 413; Henr. Enum., p. 148 = Erigeron varium Webb Spie. Gorg., p. 134. Is. Fogo, ascensione al Pico, sullo Cha. 1700-1800 m. 28 VI 1878 (fr.). — Specie endemica di cui il Webb fece gia risaltare il notevole polimorfismo, avendo visto di S. Nicola una « forma major, foliis ovatis », di S. Antonio una « forma eadem sed pa- nicula valde conferta », a S. Vincenzo una « forma parva, foliis oblongis » e finalmente a S. Antonio una « forma foliis fere Ann. del Museo Civ. di St, Nat. Serie 3.8, Vol. VIII (15 Dicembre 4917). 4 Ve prg fares 4 : ; nl eee Atta oe ran - de ee Porca ole Le Me 50 A. BEGUINOT linearibus apice tantum dentatis, capitulis minimis », la quale ultima, la più differenziata dal tipo, passo a descrivere come specie a sé. 152. Nidorella Feae Bég. n. sp. Su/frutex 40-45 cm. altus in superiore parte ramosus et foliosus, ramis erectis, fa- stigiatis, pubescentibus, folias siccas vel cicatrices foliorum delabentium gerens. Folia alterna, sessilia, ascendentia, lanceolata vel lineari-lanceolata, acutiuscula et mucronata, utrinque puberula, grisea, integra vel unico aut duplici dente instructa. Capitula subdiscoidea, minima, breviter pedicellata in corymbos terminales aggregata. Involucri squamis linearibus acutiusculis glabrescentibus uni-biseria- libus non aequilongis margine anguste et inconspicue marginatis. Receptaculum punctulatum nudum. Corolla tu- bulosa lutea pappo aequilonga, lobis parvis ovatis. Ache- nium ovato-compressiusculum minute pilosum. Pappus albidus scaber. Is. Fogo: sul cono del Pico o vulcano. 1700-2500 m. 19 VI 1898. Fr. ed ultimi fiori. — Affine a N. varia (Webb) Schmidt, non che a N. malosana Bak. (in Kew Bull. of miscell. inform. 1898, p. 149) dell’Africa centrale tedesca, forma la quarta specie endemica di un genere specialmente proprio della Flora Capense (cfr. Harvey e Sonder, Fl. Cap. Ill, p. 86-92): le altre due sono N. Steetzii Schmidt e N. nubigena Bolle, la prima dell’ isola di S. Antonio e la seconda di S. Nicola. 133. Conyza odontoptera Webb Spic. Gorg., p. 135; Schmidt Beir poe: Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250 m. I-IV (fr.). — Specie endemica indicata vagamente per il nostro Arcipelago dal Webb (ex specim. herb. Mus. Par.) e, quindi, trovata dallo Schmidt nell’isola di S. Antonio. Nuova per Santiago. Altra specie endemica a fusto alato è la C. pterocaulon Bolle (in Bonplandia, VII, 1859, p. 225) propria dell’is. di S. Nicola. 134. Phagnalon melanoleucum Webb Spic. Gorg., p. 135, tab. 9; Hook. Ic. plant. tab. 264; Schmidt Beitr., p. 188; Krause FI Ins. S. Vincent, n. 414; Henr. Enum., p. 148. Is. Fogo, ascensione al Pico, sullo Cha. 1700-1800 m. 28 VI 1898 (fr.). — Specie endemica dell’ Arcipelago, dove e precisa- mente nell’is. di S. Vincenzo fu scoperta la prima volta nel 1841 RRR OR i EE dea hs TRANI SI IAA FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE DI dal Vogel. È pure endemico il Ph. luridum Webb pure scoperto in questa isola dal nominato raccoglitore. _ 135. Francoeuria crispa (Forsk. sub Aster) Cass. in Diet. Se. Nat., XXXIV, p. 44; DC. Prodr. V., p. 475; Webb Spic. Gorg p. 138; Schmidt Bar p 192 = Inula crispa Del. FI. aeg ct. peo, tab. 45, fio. 2 = = Pulicaria crispa Benth. et Hook. ; Henr. Enum., p. 148. Is. Boa Vista sul M. Estancha. 100-600 m. 1 I 1898 (fr.). — Gia nota per quest’ isola. 136. Pegolettia senegalensis Cass. in Dict. Sc. Nat., XX XVIII, p. 230; DC. Prodr. V, p. 481; Brunn. Ergebn., n. 159; Webb Spic. Gorg., p. 132; Schmidt Beitr., p. 192; Krause FI. Ins. S, Vin- cent, p. 414; Henr. Enum., p. 148; Jaub. et Spach. Ill. pl. or. IV, p. 63, tab. 341; Oliv. Fl. Trop. Afr. II, 361. Is. Boa “Vista. XII 1897—I 1898 (fr.). — Specie che le isole capoverdiane hanno in comune con la Senegambia e con i paesi nilotici. Nuova per Boa Vista. 137. Odontospermum Daltonii Webb Spic. Gorg., p. 140; Schmidt Beitr., p. 193; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 414; Henr. Enum., p. 148.- Is. di S. Thiago, Pico da Antonia. 800-1200 m. 16 IV 1898 (fl. fr.). — Specie endemica del nostro Arcipelago, dove fu sco- perta nell’is. di S. Antonio nel 1822 dal Forbes ed in quella s. c. nel 1839 dall’ Hooker. 138. 0. Vogelii Webb Spic. Gorg., p. 140; Schmidt Beitr., p. 194; Krause FI. Ins. S.. Vincent, p. 414; Henr. Enum., p. 148. Isolette Rombos e precisamente nell’ ilheo da Cima o da Fora. 5-7 VII 1898 (fl. fr.). — Altra specie endemica dell’ Arcipelago, dove fu la prima volta scoperta nel 1822 dal Forbes nell’is. di S. Vincenzo. Pure endemico è 0. Smithii Webb. trovato dallo stesso raccoglitore a S. Nicola! 139. Eclipta erecta L. Mant. alt., p. 286; DC. Prodr. V, p. 490 = £. alba Hassk., Oliv. Fl. Trop. Afr. II, p. 373. Is. di S. Thiago al di Grandes. 250 m. I-IV 1898 (fr.). — Già quivi raccolta sin dal 1818 da Chr. Smith. 140. Zinnia pauciflora L. Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. II 1898 (fl. fr.). — Quivi già Gioia, insieme alla var. multiflora L. (pr. sp.), da Hooker e da Darwin, ma evidentemente importata. elk Ware Ai ee Dicker Abie Vor Arua fae 52 A. BEGUINOT 141. Acanthospermum hispidum DC. Prodr. V, p. 522. Is. di S. Thiago, dintorni di Praia. III 1898 (fr.) e ad Orgaos Grandes, 250 m. ILIV 1898 (fr.). — Genere nuovo per l’Arcipe- . lago ed anzi per tutta l'Africa: la specie è originaria del Brasile, donde probabilmente è stata importata. L'ho confrontata con esem- plari autentici conservati nell’ Erb. Padovano appunto di questa regione. i 142. Bidens pilosa L. var. leucantha (L. sub Coreopsis) Willd Sp. pl. II, p. 1719 (pr. sp.) = B. pil. « radiata Sch.—Bip, in Phyt. Can. II, p. 242; Schmidt Beitr., p. 197. Is. di S. Thiago ad Orgàos Grandes. 250-600 m. HI-IV 1898 (fr.). — Già nota per Visola insieme alla var. discoiîdea Sch. Bip. (= B: pilosa-Lis.str 143. Tagetes patula L. Is. di S. Thiago, dintorni di Orgaos Grandes. 300-600 m. II-IV (fl. fr.). — Gia ivi raccolta da Hooker e Darwin: originaria del Messico, è specie certamente introdotta. 144. Artemisia Gorgonum Webb Spic. Gorg., p. 142; Schmidt Beitr., p. 198; Henr. Enum. p. 149. Is. Fogo, ascensione al Pico, sullo Cha. 1700-1800 m. 28 VI 1898 (fr.). — Specie endemica del nostro Arcipelago, fu descritta dal Webb in base ad esemplari conservati nel Mus. di Stor. Nat. di Parigi con indicazione vaga quanto alla provenienza, quindi trovata nell’is. di S. Antonio. Affine ad A. canariensis Less. delle Canarie! 145. Gnaphalium luteo-album L. Is. Fogo, ascensione al Pico, sullo Cha. 1700-1800 m. 28 VI 1898. — Nuovo per quest’ isola. E specie a larghissima area distri- ‘butiva e per le sue variazioni nelle Macaronesie cfr. Webb Phyt. can. II, p. 312 e Schmidt. Beitr., p. 199. 146. Launaea nudicaulis (L. sub Chondrilla) Hook. Fl. Brit. India, II, p. 415 = Zollikoferia nudicaulis Boiss.; Krause FI. Ins. S. Vincent, p. 414 = Lactuca nudicaulis Murr.; Webb Spic. Gorg., p. 144; Schmidt Beitr., p. 202; Henr. Enum., p. 150. Is. Boa Vista. LI 1898 (fr.). — Già nota per quest’ isola. Gli esemplari raccolti dal Fea corrispondono all’ « genuina Bolle in « Bonplandia ». VII (1860), p. 136 = L. Schimperi Jaub. et Spach. I. pl. or., tab. 281. La sua area distributiva comprende l'Arabia, l'Africa settentrionale, le Canarie e le isole capoverdiane. 147. Rhabdotheca spinosa (Forsk, sub Prenanthes; Dest. sub Me ae a2 eis FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 53 Lactuca; DC. sub Sonchos) Webb Spic. Gorg., p. 144; Schmidt Beitr., p. 206 = Lactuca spinosa Brunn. Ergebn., n. 172. _ Is. Boa Vista. XII 1897—I 1898 (fr.). — Gia nota per questa isola ed ha una distribuzione sensibilmente coincidente con la specie precedente: cresce però anche nella Spagna. IV. — Cenni sulle affinità floristiche, sugli endemismi e sull’ origine della vegetazione. 1. Il problema delle affinità (1). — A parte alcuni accenni dovuti al Brunner e che, interessanti per le affinità della Flora senegam- bica con il resto di quella africana, dicono nulla per le isole capo- verdiane, il problema fu nettamente impostato dallo Schmidt in base agli endemismi (di cui sarà questione avanti), in base al numero delle vascolari meno ubiquitarie presenti in svariati distretti e domini floristici prossimi o remoti (Canarie, Senegambia, Abis- sinia, Algeria, Nubia, Arabia, Egitto, Madagascar — non che nel resto dell’Africa, con l'Europa, Asia, Nord- e Sud-America, Indie occidentali, Australia, is. Galapagos ecc.) e finalmente in base alla distribuzione geografica di alcune famiglie più importanti. Lavoro improbo, ben degno della pazienza teutonica, ma dal quale non mi pare che l'A. abbia ricavato quelle risultanze e dedotto quelle conclusioni che si potevano attendere da una tale estesa comparazione. Tuttavia ne emerge qualche fatto non privo di im- portanza e, cioé, i rapporti della flora capoverdiana con distretti remoti, sia dell'Asia occidentale come dell’ Africa orient. (Egitto, Arabia, Abissinia, Nubia ecc.), testimoniati da alcune specie in comune mancanti in territori intermedi. Sulle somiglianze, ma specialmente sulle differenze con la flora canariense, insiste pure lo Schmidt, ma senza prospettare ed approfondire il problema in tutti i suoi aspetti. Insomma all’A. sfuggono le vedute sinte- tiche e quel tanto che egli riesce a scorgere di un pò generale sull'argomento deve essere completato o rettificato in seguito alle più recenti ricerche ed esplorazioni cui andò soggetta la flora africana. Il problema, a proposito della vegetazione dell’isola di S. Vin- cenzo, fu ripreso dal Krause, il quale ritiene che la banda meri- dionale dell’isola di Madera, le Canarie e le isole capoverdiane (1) Vedasi per le opere del Brunner, Schmidt, Krause, ecc., la bibliografia ripor- tata nel primo capitolo. 54 A; BEGUINOT facciano parte di un unico dominio floristico sud-atlantico con caratteri che nettamente lo differenziano dalla vegetazione insediata nella parte nordica di Madera e nelle Azorre, che rientrano nel dominio mediterraneo. Desse hanno in comune la formazione di cui è insigne esponente la Dracaena Draco L. (oggidi la specie è circoscritta in qualche località delle isole di Tenerifta e Palma e solo coltivata nelle isole del C. V. ma un tempo anche spon- tanea ed a quanto sembra, diffusa) e le Euphorbia arborescenti della sez. Tithymalus sottosez. Pachycladeae Boiss. in DC. che comprende la capoverdiana LZ. Tuckeyana Steud. affine ad £. pi- scatoria Ait. endemica di Madera, la circummediterranea £. den- droides L., sei specie endemiche delle Canarie, una delle quali, lE. mellifera Ait., vegeta anche a Madera, mentre nelle Azorre è endemica l’ FE. stygiana Wats. (1). La Dracaena Draco, secondo alcuni botanici, sarebbe limitata alle Canarie, secondo altri ( Du- ‘and e Schinz, Consp. Fl. Afr., V, p. 327) andrebbe ricondotta nel suo ciclo, come sottospecie, la Dr. Ombet Kotschy et Peyr. della Nubia (Souakim), ma che Baker ritiene pure indiana (*) e forse abitatrice dell’is. di Socotra. Quivi vive pure la Dr. Cinna- bari Balf. fil. e nella costa somala la Dr. schizantha Bak. che |’ Engler considera come strettamente affine alla pianta canariense. Per il Krause queste specie hanno parentele africane, ma non con i tipi predominanti nella grande fascia equatoriale, sibbene con tipi salvatisi in località che si resero sfavorevoli all’ avvento di nuove forme (altipiano di Souakim, paese dei Somali, Socotra , Arabia, Indie orientali, ecc.) e che complessivamente il Christ (*) ebbe a designare come paleoafricani. In conclusione, quindi, il dominio insulare sud-atlantico appartiene al regno Horistico nor- dico e le sue affinità con quello mediterraneo sono anche qui fon- date sui tipi che più si allontanano con le specie dominanti in quella flora, come è il caso delle Dracaena e delle Euphorbia sopra nominate. Nonostante le differenze climatiche, la formazione (1) È affinissima ad E. mellifera Ait. con cui fu dapprima scambiata (cfr. Trelease, Bot. observ. on the Azores. Miss. Bot. Gard., 1897, p. 148). Essa depone contro l’asser- zione del Krause che le Azorre non facciano parte del gruppo delle isole atlantiche ! Una delle endemiche canariensi, la £. balsamifera Ait., fu pure segnalata dell’Africa subtropicale, ma merita conferma. (2) Baker, Revision of the Genera and Species of Asparagaceae. Journ. Linn. Soc, XIV, p. 527. (©) Christ, Vegetation und Flora der Canarischen Inseln. Engler’s Bot. Jahrb., VI (1885), p. 458. : a FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 55 di spiaggia, conformemente alle vedute già avanzate dallo Schwein- furth (1), appartiene allo « Steppen-Wustengiirtel welcher sich vom Indus durch Sud- Arabien tiber Chartum und der Tschadsee bis zuîn Weissen und Griinen Vorgebirge erstrekt ». Le isole del C. V. insieme alle Canarie, Madera ed Azorre fanno parte, sec. |’ Engler (*), di un dominio di transizione che si chiama « Macaronesico », con 4 provincie (Capo Verde, Canarie, Madera ed Azorre), ma sorprende come nella recente partizione fitogeografica dell’Africa (*) un brevissimo cenno di queste sia fatto nel terzo dominio che comprende i boschi e le steppe africane, anzichè nel secondo e precisamente nella provincia di transizione con steppe erbacee ed alberi a foglia caduca del dominio desertico nordafricano-indiano. Il Christ (op. c.) e più di recente il Vahl (4) ed il Bessel Hagen (°) hanno insistito sulla presenza di parecchi tipi in comune fra le Macaronesie e I’ Etiopia, ovvero ivi rappresentate da vicarianti che mancano in zone intermedie o si trovano solo spo- radicamente lungo le coste mediterranee specialmente in corrispon- denza dell’Africa boreale. Come questo scambio sia avvenuto, gli ‘Autori discordano, si trovano invece concordi nell’ affermare che piante con siffatta distribuzione nulla hanno da vedere con la flora dei boschi piovosi tropicali e con le steppe erbose che nell'Africa occidentale raggiungono una larga distribuzione e formano il fondo del paesaggio botanico. Fisiologicamente queste hanno carattere igrofilo e quelle xerofilo: dal punto di vista geografico le genuine tropicali si accentrano nei tropici del vecchio mondo, ma alcune sono ubiquiste in tutte le zone tropicali ed altre, come si vedrà, particolarmente importanti ad indiziare ciò che |’ Africa ha in comune con |’ America del Sud: le xerofile si addensano nella porzione sud-occidentale del Capo di Buona Speranza e nella zona desertica o stepposa a nord dell'Equatore senza mancare in regioni intermedie, spesso montuose, attraverso cui per molti tipi ebbe (1) Schweinfurth, Pflanzengeographische Shizze des gesammten Nil- Gebiets, ecc., Petermann’s Mittheil. (?) Engler, Versuch einer Entwicklingsgesch., II, p. 340. (©) Engler, P/lanzengeographische Gliederung von Afrika. Sitzungsber. d. k. preuss. Akad. d. Wissensch.. XXXVII-VII (1908), p. 797. (4) Vahl, Uber die Vegetation Madeiras. Engler’s Bot. Jahrb. XXXVI (1905), p. 253. (9) Bessel Hagen, Geogr. Stud. ùber die floristischen Beziehungen des mediter- ranen und orientalischen Gebietes zu Afrika, Asien und Amerika. Teil I. Mitt. d, ‘Geogr. Gesellsch. in Munchen, IX, 1.° (19414). 56 A. BEGUINOT luogo lo scambio. Complessivamente costituiscono quella che il Christ, come già si disse, chiamò «altafrikanische Flora »: nome suggestivo, adottato da molti e che certamente serve a designare . questa categoria di piante, ma-non mi pare felicemente scelto in quanto indurrebbe a credere ad una plasmazione ed avvento poste- riore della tipica vegetazione tropicale, che la paleontologia dimo- stra, non solo di antichissimo lignaggio, ma già presente anche in zone temperate. Tutto lascia credere che i due tipi, sia pure con diversa ripartizione, vi abbiano sempre coesistito. Quel che è certo è che attualmente quasi ovunque vi coabitano ed un esempio di tale compenetrazione ce l’offrono appunto le isole oggetto del presente lavoro. I tropici vi sono rappresentati da note ubiquiste spesso presenti anche in America e nelle Indie occidentali, o quanto meno da specie, se non ubiquitarie, certo largamente diffuse in corrispon- denza dell'Equatore. Ne sono esempio: Adiantum lunulatum ed A. caudatum, Pteris radiata, Pennisetum cenchroides, Cenchrus echinatus, Eleusine indica, Cyperus articulatus e C. mucronatus, Philowerus vermicularis, Euxolus caudatus, Aerva javanica, Amblogyne polygonoides, Alternanthera ses-- silis, Boehravia erecta e B. paniculata, Argemone mexicana, Clitoria Ternatea, Cassia occidentalis, Tribulus cistoides , Euphorbia hypericifolia, Jatropha, Curcas, Corchorus oli- torius e C. Antichorus, Cocculus Leaeba, Ximenia americana, Malva spicata, Sida rhombifolia,.Cardiospermum Halica- cabum e microcarpum, Jussiuea suffruticosa, Plumbago zeylanica, Evolvulus linifolius, Ipomaea Pes-Caprae ed I. caihirica, Batatas pentaphylla, Physalis angulata, Sola- num torvum e S. fuscatum, Leucas martinicensis, Vernonia cinerea, Eclipta alba, Bidens pilosa, ecc. Altre vi sono rappre: sentate in comune soltanto con la zona tropicale dell’Africa, quali: Sporobolus robustus, Cyperus crassipes e C. Mundtii, Eu- lophia guineensis, Ficus gnaphalocarpa, Crataeva religiosa (= C. Adansoni), Dichrostachys nutans, Breweria suffruti- cosa, Trichodesma africanum, Sesamum radiatum, Pego- lettia senegalensis e qualche altra. E degno di nota che alcune delle specie citate hanno stazioni fuori dei paesi propriamente tropicali specialmente in corrispon- denza dell’ Egitto e dell'Arabia: il Cyperus Mundtii, ad esempio, FLORA DELLE ISOLR DEL CAPO VERDE 57 cresce anche in Spagna. Ma il carattere è assai piu spiccato in altre entità le quali, pur possedendo un’ area e stazioni nei tropici, si fanno più comuni nella zona a nord dell’ Equatore, prolungan- dost per alcune sino all’ India ed in Cina, per altre parecchie sino alle rive del mediterraneo, poche si possono dire affatto escluse dalla zona stepposo-desertica e dalla regione mediterranea. Passo quindi ad elencarle (lasciando per ora in disparte quelle in comune esclusivamente con le isole atlantiche) : Notholaena Marantae N. lanuginosa Pteris longifolia Asplenium canariense (*) A. Hemionitis Aspidium eriocarpum Aristida Adscensionis Tricholaena Teneriffae Andropogon foveolatus A. annulatus Panicum rachitrichum Chloris cryptostachya Sporobolus spicatus Pennisetum lanuginosum Eragrostis biformis Commelina canescens Achyranthes aspera « sicula Lestibudesia trigyna Forskalea viridis ‘ Sclerocephalus arabicus Boehravia repens Caylusea canescens Aizoon canariense Lotus nubicus Crotalaria microphylla Cr. senegalensis Indigofera senegalensis I. astragalina (‘) Secondo Milde (Fil. Eur. et Atl., p. 74) sarebbe una forma di A. furcatum Thbg. che possiede un area molto vasta (Asia, America centrale e meridionale, is. Mau- ritius , Sandwich, ecc.). Tephrosia lathyroides Sesbania punctata Desmodium ospiostreblum Cassia obovata Acacia albida A. arabica Fagonia cretica (il tipo ?) Zygophyllum Fontanesii Z. simplex Polygala erioptera Euphorbia granulata Erythraea pulchella var. Urena obtusata Frankenia ericifolia Periploca levigata Calotropis procera Salvia aegyptiaca Lavandula dentata L. coronopifolia Rosmarinus officinalis Doratanthera linearis Scrophularia arguta Celsia betonicaefolia Cressa cretica Cistanche lutea Francoeuria crispa Launaea nudicaulis Rhabdotheca spinosa, ecc. 2 LA Ue via, Pa nia gf È Cali ni « RA ey i ee ae a] oo. ihe ee eer e AT, grant MA end tiie) ph eS ) a < I e ee è Ange PE ab, “g LA Vw. 58 A. BEGUINOT - Quest’ elenco, per quanto non completo, è tuttavia interessante ~ in quanto mette in evidenza il notevole contributo di specie, più o meno mediterraneo-africane, da riferirsi alla paleoflora africana del Christ. Serve pure a dimostrare quanto stretti sono i rapporti fra la vegetazione capoverdiana e quella ricchissima insediata nei paesi nilotici (in senso molto largo), in Arabia ed in generale nell’ Africa nord-orientale. Lo aveva già fatto rilevare lo Schmidt a mezzo di numeri di per sè espressivi : 76 specie in comune con l’Abissinia fra le quali una Rubiacea, Hypodematium amplia- tum, esclusiva di questi paesi: 41 con la Nubia delle quali esclu- sive ai due paesi Lotus nubicus, * Panicum rhachitrichum e Chloris cryptostachya: 47 in Arabia di cui tre proprie alle due flore: * Crotalaria microphylla, Sclerocephalus Aucheri e * Forskalea viridis: 46 in Egitto e così via dicendo. Certa- mente le posteriori esplorazioni cui la fascia stepposo-desertica del Nord-Africa andò soggetta e gli studi approfonditi specialmente sull’ Egitto, sulla colonia Eritrea (+) e Somalia conducono a retti- ficazioni ed ampliamenti di aree, ma resta notevole, tra l altro, il fatto, su cui richiamerò tra breve l’attenzione, che specie capo- verdiane, ritenute endemiche, siano state in seguito scoperte pre- cisamente in quei lontani distretti e sin da ora ricordo: Elionurus Grisebachii Schm. sinonimo di £. elegantissimus Bég. (= E. Royleanus Nees) dell’Abissinia ed Eritrea. Eragrostis pulchella Parl. sinon. di £. plumosa Trin. che vive a Socotra, Eritrea e Capo di B. Speranza. Pappophorum Vincentianum Schm. in Nubia. Aristida paradoxa Steud. pure in Nubia ed in Egitto. Pleuroplitis ciliata Schm. sinon. di Arthraxon ciliaris var. Quartinianus Hack. in Eritrea, Abissinia, non che nelle Indie orientali. Phaca Vogelii Webb sinon. di Astragalus prolixus Sieb. dell’ Eritrea ed Abissinia — e qualche altra. | Quanto ad affinità con le flore prossimiori, naturalmente le maggiori cadono con la Senegambia (come lo dimostrano alcune specie esclusive ai due distretti) e parecchie specie si rinven- gono specialmente nella Guinea superiore: poco evidenti sono, invece, con la banda sud-occidentale del Capo di B. Speranza che (1) Le specie precedute dall’ asterisco furono, ad esempio, rinvenute in Eritrea. , a FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 59 pure emerge per l’ alto contributo che da alla paleoflora africana, ma non rientra nel quadro del lavoro rintracciarne le cause. Un confronto con la vegetazione delle Canarie (*) persuade delfa grande affinità fra i due Arcipelaghi, nonostante l’alta per- centuale di endemiche nel primo. Già lo Schmidt aveva notato che in comune con i due gruppi erano 85 specie: numero che tocca oggidi un buon centinaio, delle quali sono esclusive le seguenti : Adiantum reniforme L. (*) Frankenia ericifolia Sm. (4) Aspidium canariense A.Br.(*) Genista (Teline) stenopetala W.etB. Lolium gracile Parl. Statice pectinata Ait. Dracaena Draco L. Satureia (Micromeria) Por beszi Brig. Beta procumbens Sm. Echium -stenosiphon Webb Parietaria appendiculataW. «b.- Campylanthus BenthamiW ebb Polycarpaea nivea Webb Galium filiforme R. et S. Koniga intermedia W. et B. Odontospermum sericeumS8hB. Altre dimostrazioni della stretta parentela fra la vegetazione dei due gruppi ed, in generale, delle isole nord-atlantiche emer- gono, come vedremo, dallo studio degli endemismi e dall’ insor- genza di parecchi di questi dagli stessi generi comuni ai due gruppi di isole. Cid non significa che non vi siano tratti differen- ziali e fra questi cito, nelle capoverdiane, la mancanza di rappre- sentanti di Conifere, Cupulifere, Miricacee, Salicacee, Iridacee, Smilacee, ecc.: degli arbusti e suffrutici della macchia mediter- ranea, fatta eccezione di Rosmarinus officinalis, Lavandula dentata, Salvia aegyptiaca, Periploca levigata e Cressa cretica: la mancanza della foresta e boscaglia a base di Laurinee (Persea, Apollonias, Oreodaphne, Laurus ) e delle Euforbie arbore- scenti, fatta eccezione di £. Tuckeyana. La tendenza alla peren- nità si manifesta in Sinapidendron con tre specie endemiche alle isole del C. V. e le aftini a Madera (5), in endemismi della sez. Dendrosonchus del gen. Sonchus, ecc. Anche le nostre isole hanno qualche rappresentante del « Federbuschtypus » (°) singolare (1) Mi sono ayvalso, non senza controlli e riscontri, del recente fondamentale _lavoro di Pitard e Proust: Les des Canaries. Flore de l’Archipel. Paris, 1908. (2) Anche a Madera. (®) Anche a Madera (Milde), non che, secondo questo A., in India e nell’America boreale, ma in queste due ultime regioni non lo veggo confermato. (4) Anche alle Azorre (Seubert). (#) Comune con questa isola è una Sapotacea, il Sideroxylon Marmulana Sm. (6) In Schenck, Beitrdge zur Kenntnis der Vegetation der Canarischen Inseln. ( Wissensch. Ergebn. d. Deutsch. Tiefsee-Expedition auf dem Dampfer « Valdivia » 1898-1899. II Bd. I Teil. , p. 271). i . 60 A: BEGUINOT adattamento rilevato dallo Schimper in parecchie piante delle Ca- narie per attenuare la violenza dei venti nelle località più esposte ed è da tenere presente che Dracaena Draco è scomparsa solo: in epoca recente dalle isole qui illustrate. In conclusione fra le varie isole atlantiche e specialmente fra le Canarie e le capover- diane vi sono somiglianze e differenze : queste sono date princi- palmente nella riduzione nelle prime dell’ elemento tropicale, nelle seconde di quello mediterraneo-africano , restando però quest’ultimo in sensibile prevalenza, come dimostra il confronto con le isole pure vicine alla costa africana, ma più approssimate all’Equatore (S. Thome (*), Principe, ecc.), nelle quali i tipi igrofili hanno assoluto predominio sugli xerofili e le isole con il ricco ammanto di genuina vegetazione tropicale danno l'impressione di frammenti staccati dai vicini « Regenwiilder ». Quanto al Nuovo Mondo, già lo Schmidt con il numero circa. il doppio più elevato di specie capoverdiane presenti nell'America del Sud rispetto all’ America boreale aveva fatto intuire dove cadono le maggiori affinità (*?): ma su questo particolare tornerò a proposito dell’ origine della flora qui studiata. Circa le specie da me aggiunte in base alle raccolte del Fea, Asplenium Adiantum-nigrum è specie ad area molto vasta; Cyperus Mundtii è diffuso in quasi tutta |’ Africa, compreso qualche punto della boreale ed~in Spagna; Typha australis è più comune ed in alcuni distretti dell’Africa sostituisce 1’ affine T. angustifolia; Eulophia guineensis fa nella Guinea, ma anche nel paese dei Djur e dei Niam-Niam, non che in Eritrea ed Abissinia; Indigofera astragalina è pianta della Senegambia e Guinea, ma anche dei paesi nilotici; Desmodium ospiostreblum fa nelle coste tropicali, ma anche in Abissinia e nelle Indie occi- dentali; Jussiuea suffruticosa, come già dissi, è specie dei paesi tropicali del nuovo e vecchio mondo ed in Africa cresce nella Guinea superiore, nei paesi nilotici e nel Mozambico; Breweria suffruticosa è nota del Capo di B. Speranza, ma anche del Mozam- bico e della bassa Guinea; Physalis angulata è specie dell’Ame- (1) Cfr. ad esempio l’accurato lavoro dell’ Henriques, Catalogo da Flora de l'ilha de S. Thomé. Bol. da Soc. Broteriana, V (4887) e X (1892). (2) È, però, da avvertire che parecchie devono considerarsi come introdotte (Schmidt, Beîtr., p. 110). Cas FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 61 rica meridionale e delle Indie occidentali ed orientali, ma in Africa fu pure trovata nella Guinea; Solanum torvum è dei tropici del vecchio e nuovo mondo ed in Africa fu constatato lungo la costa occidentale, laddove S. paniculatum dell’ America meridionale non mi risulta sin qui segnalato nel continente nero, ma resta a vedersi se veramente spontaneo nel nostro distretto. Reputo pure pianta introdotta e forse naturalizzata , l’Acanthospermum hispi- dum originario dell’ America del Sud e forse introdotto dall'Africa fu il Ficus gnaphalocarpa, certamente la Basella cordifolia e la Nicotiana glauca. Aggiunte che altre ne lasciano supporre, ma che frattanto congiurano a darci un'idea della grande etero- geneità della vegetazione da me illustrata ed una parte va natu- ralmente fatta all’opera dell’uomo tanto che il Krause, forse un pò troppo largheggiando, riteneva che un buon terzo della vege- tazione dell’isola di S. Vincenzo fosse stata importata consapevol- mente od inconsciamente da questo attivissimo agente, anche quando versa nello stato di semibarbarie. Delle due specie che ritengo nuove per la scienza dirò a proposito degli endemismi. 2. Gli endemismi. — Le considerazioni sin qui svolte devono essere integrate con l'esame della distribuzione e delle affinita delle specie endemiche. Ai tempi in cui lo Schmidt redigeva la sua « Beitrage » ne erano note ben 78, che elenco nell’ ordine in cui egli le riporta. | * 1 Lotus purpureus Webb 2 » coronillaefolius Webb “11 Euphorbia Tuckeyana Steud, 12 Fumaria montana Schm. 3. » melilotoides Webb 13 Koniga spathulata Schm. “4 » Brunneri Webb 14 Sinapidendron gracile 5» Jacobaeus L. Webb 6 Phaca Vogelii Webb 15 Sinapidendron glaucum 7 Sommeringia psyttaco- Schm. rhyncha Webb 16 Sinapidendron Vogelii 8 Dolichos Daltoni Webb 9 Rhyncosia Bocandeana Webb 10 Dialium anomalum Webb Webb #17. Helianthemum Gorgo- neum Webb. #18 Paronychia illecebroides Webb ~ *19 20 21 * 24 25 * 35 62 Polycarpaea Gayi Webb Arenaria Gorgonea Schm. Malva velutina Webb Sida affinis Webb Corchorus quadrungula- ris Webb Nidorella varia Webb » Steetzii Schm. Conyza lurida Schm. » pannosa Webb » odontoptera Webb Phagnalon melanoleucum Webb Phagnalon luridum Webb Inula leptoclada Webb Odontospermum Smithii Webb Odontospermum Daltoni “Webb Odontospermum Vogelir Webb Artemisia Gorgonum Webb Gnaphalium luteo-fuscum Webb Tolpis farinulosa Webb Sonchus Daltoni Webb Rhabdotheca picroides Webb Cyphia Sleno Webb Campanula Jacobaea Webb Cremaspora Bocandeana Webb Pavetta syringoides Webb Canthium triacanthum Webb 5 Sarcostemma Daltoni Webb A. BEGUINOT “46 *h7 “18 D7 * 60 67 69 Lavandula rotundifolia Bth. Micromeria Forbesii Bth.. Globularia amygdalifolia Webb Echium stenosiphon Webb » hypertropicum Webb Linaria Webbiana Schm. » ~ Brunneri Bth. » dichondraefolia Bth. . Phelipaea Brunneri Webb Sapota marginata Dene. Tornabenea hirta Schm. > Bischoffii Schm. Aconium Gorgoneum Schm. Statice Jovi Barba Webb » Brunneri Webb Forskalea procridifolia Webb Asparagus squarrosus Schm. Cyperus Sonderi Schm. Monachyron villosum Parl. )} Elionurus Grisebachii Schm. Eragrostis pulchella Parl. Ctenium rupestre Schm. Pappophorun Vincentia- num Schm. Schmidtia pappophoroi- des Steud. 0 Aristida paradoxa Steud. Sporobolus confertus Steud. FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 63 72 Sporobolus insularis 75 Oplismenus Daltoni Parl. Park 76 Pleuroplitis ciliata Schm. 738 Pennisetum Myurus *77 Adiantum Capillus-Gor- a Parl. gonis Webb 74 Pennisetum ciliatum 78 Asplenium polydactylon Parl. Webb Questo quadro, per quanto frutto di accurate indagini e di pazienti comparazioni, deve subire, in base alle altrui e mie ricerche, radicali cambiamenti. Delle 78 specie sopra elencate, 23 (precedute dall'asterisco) furono da me rinvenute nelle raccolte del Fea, ma due di esse vanno radiate dall’ elenco, l’ Elionurus Grisebachii perchè dall’ Hackel ritenuto sinonimo di E. Royleanus Nees (= E. elegantissimus | Hochst. et Steud. | Bég. nom. ant.) delle Indie orientali, Arabia, Abissinia, ecc., ed Adiantum Capillus-Gorgonis sinonimizzato dal Milde e da altri botanici con A. caudatum L. la cui area, con molte discon- tinuità, comprende la Cina, I’ India, l’ Arabia, I’ Abissinia, l’isola Maurizio, ecc. Sono, inoltre, sinonimi: Phaca Vogelii di Astra- galus prolixus Sieb. dell’ Alto Nilo ed Abissinia (sec. Bak. in Oliv. Fl. Trop. Afr., II, p.-138); Sommeringia psyttacorhyncha di Geissapis lupulina Planch. della Guinea e Senegambia (e. s.); Dolichos Daltoni di D. uniflorus Lam. dell’ Abissinia ed Asia tropicale (c. s.); Inula leptoclada di Vicoa auriculata Cass. della Senegambia, Paesi nilotici, Egitto ed India; Cyperus Son- deri di C. polystachyus P. B. delle regioni tropicali e subtropi- cali di tutto il mondo (Clarke in Oliv. Fl. Trop. Afr. VIII, 2, p. 296); Eragrostis pulchella di E. plumosa (Retz.) Trin. di Socotra, Eritrea e C. di B. S. (Durand e Schinz, Consp. Fl. Af. V, p. 888); Pleuroplitis ciliata di Arthraxon ciliaris var. Quartinianus Hack. dell’Abissinia ed Indie or. (Hackel in DC. Mon. VI, p. 354) e finalmente Asplenium polydactylon è ritenuto dal Milde ed altri quale sinonimo di Pteris radiata Mett. con vasta ma fram- mentaria area nei paesi tropicali e subtropicali del vecchio mondo. Non ritengo ben fondata la riduzione di Asparagus squarrosus a sinonimo di A. stipularis Forsk. proposta da Durand e Schinz (op. c., V, p. 289) e resta perciò nel suo grado di endemico. Va soggiunto che Fumaria montana fu in seguito rinvenuta in parecchie delle isole Canarie; Zchiwm stenosiphon nell’is. di Pg tag 64 A. BEGUINOT Lanzarote puré di questo gruppo; Pappophorum Vincentianum cresce anche in Nubia; Aristida paradoxa pure ivi ed in Egitto; Pennisetum ciliatum si rinvenne nel Mozambico ed Oplismenus - Daltoni Parl. in Webb (1849) — da chiamarsi Panicum Hoo- keri Parl. (1847) — si troverebbe, sec. Durand e Schinz (op. c., p. 746), anche in India. Sicché dalle 78 specie endemiche elencate dallo Schmidt ne vanno radiate 14. D'altra parte le ricerche posteriori portano ad aggiungere le seguenti altre : 1. Aspidium Grunowii Bolle in « Bonplandia » HI (1855), p. 123 di S. Thiago. 2. Chloris nigra Hack. in « Bol. Soc. Brot. » XXI (1905), p. 179 pure di questa isola. 3.? Pennisetum intertextum Schlecht. in « Bot. Zeit. » IX (1851), p. 878 dell’isola di Mayo. 4. Cyperus Cadamosti Bolle ap. Krause in Engler’s Bot. Jahrb. XIV (1892), p. 400 (= C. patulus Schmidt non Kit.) di S. Vincenzo. 5. Fagonia Mayana Schlecht. in |. c. di Mayo, non che di Boa Vista (Fea). 6. Aeontum Webbii Bolle in « Bonplandia » VII (1859), p. 288 di S. Vincenzo. 7. Tornabenea annua Bég. dell’isola di S. Thiago (Fea). 8. Erythraea viridensis Bolle in « Bonplandia » IX (1861), delle is. Brava e S. Thiago. 9. Statice Brauni Bolle in Ind. sem. Horti Berol. App., p. 4 (1861) di S. Antonio. 10. Nidorella nubigena Bolle in « Bonplandia » VII (1859), p. 294 di S. Nicola. 11. N. Feae Bég. dell'alta zona del Pico nell’is. Fogo (Fea). 12. Conyza Schlechtendalii Bolle in l. c. VII (1859), p. 294 di S. Nicola. 13. C. pterocaulon Bolle in l. c. pure di S. Nicola. | 14. Pluchea Bravae Bolle in l. c. IX (1861) di Brava. 15. Tolpis glandulifera Bolle in 1. c. VII (1859) delle is. di S. Antonio e Brava. 16. Sonchus Gorgadensis Bolle in 1. s. c. di S. Nicola e S. Antonio. In definitiva, quindi, il numero delle entità endemiche risulta Ai FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 65 aumentato di due ed è portato ad 80. Calcolando a 500 circa le “vascolari indigene o spontaneizzate dell’ isole del Capo Verde ne sono endemiche (senza contare le varietà) presso a poco !/;. Per- cento che, se riesce superiore a quello offerto dalle isole prossime all’ Equatore, è, però, inferiore a quello che le Canarie ci presen- tano dove su 1352 specie si contano 468 endemiche (circa !/,) e su 512 generi ne sono endemici 41 comprendenti ben 134 specie! Il percento è un pò inferiore a Madera (!/,) ed alle Azorre ('/,,), ma non regge al confronto di altre isole ad elevata endemicità : Socotra con 200 su 800 specie, le Sandwich con 575 su 1304 e la Nuova Zelanda con 677 su 1612! Ma passiamo a decifrare le affinità ed i collegamenti. Si collegano con generi o gruppi di specie affini prevalente- mente od esclusivamente africano-mediterranei dell’ elenco redatto dallo Schmidt e da me emendato: Lotus (con 5 specie), Euphorbia, Koniga, Sinapidendron (com 3 specie), Helianthemum, Paro- nychia , Polycarpea, Arenaria, Conyza (con 3 specie), Phagnalon (con 2), Odontospermum (con 3), Artemisia, Gna- phalium, Tolpis, Sonchus, Rhabdotheca, Campanula, Lavan- dula, Micromeria, Globularia, Echium, Linaria (con 3 specie), Phelipaea, Tornabenea (con 2 specie), Aeonium, Statice (con 2), Forskalea, Asparagus. In complesso 43 specie, cui vanno aggiunte le specie dei gen. Fagonia, Aeonium, Tor- nabenea, Erythraea, Statice, Conyza (2 specie), Tolpis e Sonchus scoperte e descritte dopo il lavoro dello Schmidt e che portano ad un totale di 52 entità sulle 80 endemiche. L’endemi- cità delle vascolari conferma ciò, che avemmo di già occasione di fare notare che, cioè, le affinità della vegetazione capoverdiana vanno ricercate principalmente nei tipi della paleoflora africana a nord dell’ Equatore. i Ma v’ha di più. Euphorbia Tuckeyana, come si disse, fa parte di un gruppo le cui specie più affini si riscontrano nelle isole nord-Atlantiche (Canarie, Madera ed Azzorre); Sinapiden- dron, ricondotte in generale dai moderni al genere Brassica, trova le specie più affini a Madera (Sinapid. frutescens, angustifolium e rupestre di Lowe (')!); Helianthemum Gor- gonewin è strettamente imparentato con l’endemico H. canariense; (') R. Th. Lowe, A Manual Flora of Madeira. London, 1868, p. 29. \ Ann, del Museo Civ. di St, Nat, Serie 3.7, Vol. VIII (25 Maggio 4918). 5 66 A. BEGUINOT i due Aeonium (sezione del gen. Sempervivum ) sono parenti prossimi di una coorte di 31 specie tutte endemiche delle Canarie; gli Odontospermum capoverdiani sono rappresentati da tre specie endemiche e 4 sono, speciali alle Canarie; delle 4 Statice, una, - la St. pectinata, è in comune con le Canarie, ma tre ne sono endemiche al C. Verde e ben 11 alle Canarie; Globularia amyg- dalifolia fa parte del piccolo genere Lithanthus, di cui un’altra specie è propria delle Canarie; Forskalea procridifolia è affine all’endemica canariense I’. angustifolia ed Artemisia Gorgo- num con A. canariensis; Tolpis e Sonchus presentano una elevata endemicità alle Canarie ed alle Azzorre; il gen. Lotus con ben 5 specie confinate alle isole del C. V. ne presenta 8 di endemiche alle Canarie; ambedue gli Hchium capoverdiani furono ritenuti endemici, ma uno di essi, |) 2. slenosiphon, venne in seguito riscontrato nelle Canarie che ne posseggono ben 16 di speciali ad esse: la sola Micromeria propria delle Capoverdiane, la M. Forbesii, trova le sue congeneri nel vicino arcipelago, dove le 19 specie sin qui note sono tutte endemiche: viceversa Linaria e Conyza dànno una percentuale più elevata nelle nostre isole e le specie di questo secondo genere sembrano piuttosto riattaccarsi con tipi subtropicali. Ha impronta mediterranea, ma sin qui con collegamenti poco evidenti e non facili a rintracciarsi, il gen. To7- nabenea, forse il solo genere endemico dell’ Arcipelago capover- diano, dove è rappresentato da ben tre specie. Esso è posto da Bentham ed Hooker (Gen. pl..I, 3.9, p. 930) nelle Ombrellifere « Laserpitiaee » tra i gen. Laserpitium e Thapsia, ma sarebbe più affine al primo che al secondo. Nelle isole nord-atlantiche e specialmente nelle Canarie devono, dunque, ricercarsi le più spiccate affinità con molti endemismi capoverdiani. La corrispondenza di parecchi generi ricchi di ende- micità nei due gruppi di isole fa pensare ad un fondo comune di tipi ancestrali da cui gli endemismi derivarono e che, in seguito allo isolamento, poterono conservarsi e consolidarsi. Quanto agli endemismi affini a specie distribuite nelle zone tropicali e subtropicali, è degno di nota il fatto che dessi appartengono in maggioranza a generi rappresentati in Africa da poche specie ad area molto discontinua e saltuaria. Ne offrono esempio 1 gen. Dialium, Cyphia, Cremaspora, Pluchea, Can- FLORA DELLE, ISOLE DEL CAPO VERDE 67 thium, Sarcostemma, Monachyron, (1) Ctenium, Schmidtia e Pleuroplitis. È un carattere che si ripercuote anche in alcune delle specie già ritenute endemiche, ma che in seguito si rinven- nero, come sopra dissi, specialmente nei paesi dell’ Alto Nilo (Elionurus, Arthraxon, Astragalus, Geissapis, Vicoa, ecc.) e che accreditano l’opinione che la compenetrazione con l'elemento mediterraneo-africano dovette aver luogo in epoca remota; se pure anche essi non vanno, almeno in parte, ascritti (è un’ idea che affido agli specialisti) alla paleoflora africana nel senso del Christ. L’ecce- zione più notevole è data dal gen. Nidorella. che conta nelle nostre isole ben 5 endemismi. Sino a pochi decenni fa si poteva dire confinato nell’ Africa sud-occidentale (*) e quindi considerare come una irradiazione diretta della flora capense, ma più di re- cente parecchie specie ne furono scoperte e descritte anche nel- l'Africa tropicale con cui le capoverdiane sembrano avere le mag- giori affinità. Se però si riflette che generi di indubbia origine capense (esempio ben noto Romwlea che io ebbi occasione di monografare) si spinsero, attraverso l’Atrica centrale, sino alla regione mediterranea, credo che anche Nidorella, dall’abito eminentemente xerofilo, possa considerarsi come un elemento paleoafricano ed altri parecchi ce ne offre la flora canariense. Tutti - gli endemismi nominati mancano nelle isole nord-atlantiche, ma, come Christ e più di recente Pitard e Proust hanno dimostrato per le Canarie ed altri botanici per Madera ed Azorre, le affinità di parecchi endemismi vanno ricercate nell’ Africa orientale (spe- cialmente dall’ Egitto all’Abissinia) con un comportamento che concorda con quello da me rivelato per le isole capoverdiane. Non conosco alcun endemismo le cui parentele vadano rintracciate nell’Asia orientale e nelle due Americhe (*) ma, in base a quanto ci rivelano le restanti isole atlantiche, si vedrà che anche questi lontani orizzonti non possono essere trascur ati in una completa ricostruzione genetico- floristica. (1) Posto da Bentham ed Hooker (Gen. pl. III, p. 1158) fra Achneria ed Holcus, è ricondotto nel gen. Tricholaena da Durand e Sa (Consp. V, p. 771 sub Trich. villosa (Parl.) D. et Sch.). (?) Cfr. Harvey e Sonder, Fiora Capensis, III, p. 86-94. (*) Fa eccezione Sapota marginata Desn. le cui affinità vanno forse ricercate con specie delle Indie occidentali e dell’ America meridionale, ma sono desiderabili ulteriori notizie, : : 68 A. BEGUINOT 3. Origine della flora. — Da quanto. sono venuto esponendo emerge che le isole del C. V., a parte alcuni tratti differenziali, e qualche aspetto proprio della vegetazione — che non deve sor- prendere se si ponga mente specialmente alle condizioni climatiche — hanno un fondo comune di specie con le restanti isole nord- atlantiche, parecchi endemismi in esse localizzati , affinita floristiche spiccate in molte specie proprie a ciascuno degli Arcipelaghi, e comportamenti distributivi sensibilmente analoghi. Sono un com- plesso di fatti i quali conducono a ritenere che la storia dell’ ori- gine e dello sviluppo di questa flora deve concordare nei suoi tratti essenziali e concordante è pure la storia geologica di siffatti. di- stretti eminentemente vulcanici. Ne segue che le conclusioni che si traggono da uno dei gruppi possono essere estese agli altri senza tema di andare fuori del verosimile. Ora una delle conclu- sioni più importanti scaturite dalle scoperte della paleontologia è che parecchi dei tipi più rappresentativi attualmente viventi alle Canarie — e specialmente i componenti dei boschi di Laurinee — vissero esattamente corrispondenti od in forme affini nel terziario più recente dell’ Europa e qualcuno vi si mantenne anche nel quaternario. Ricordo, riferendomi specialmente alle filliti trovate in Italia: Pinus Strozzii Gaud. (affine a P. canariensis Sm.); Laurus canariensis Webb; Apollonias canariensis Nees; Oreodaphne Heeri Gaud. (simile ad O. foetens Nees); Ilex Falsani Sap. et Mar. (affine ad J. canariensis Poir.); Prunus lusitanica L.; Persea speciosa Heer (strettamente imparentata con P. indica Spreng.); Viburnum rugosum Pers.; Rhamnus glandulosa Ait.; parecchie specie di Myrica e di Myrsine; la Semele androgyna Webb; la stessa Dracaena Draco, Adian- thum reniforme L. ed altre. Fatta qualche eccezione, le specie ricordate ed altre molto similari scomparvero dal suolo europeo verosimilmente in seguito all’ influenza deleteria del glaciale, mentre poterono mantenersi nelle isole atlantiche, che benificarono di un clima relativamente mite ed uniforme anche durante |’ imperversare del periodo delle ghiacciaie più estese e refrigeranti. Certamente, come ha dimo- strato l’ Heer (') in seguito allo studio delle filliti di S. Jorge di Madera, esse vi esistevano sin dal quaternario e vi sì mantennero (1) O. Heer, Uber die fossile Pflanzen vom St. Jorge in Madeira. Denkschr. d. schweiz. naturforsch. Gesellschaft , 1856: Flora tertiaria Helvetiae, III, p. 324. een E FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 69 (Dawallia canariensis, Woodwardia radicans, Erica arborea, Laurus canariensis, Oreodaphne foetens, Vaccinium imade- rense, Myrica Faya, ecc.), mentre attualmente vi mancano FOsmunda regalis L. e Rhamnus latifolia L’ Hérit. e sono specie fossili il Salta Lowii Heer ed il Corylus australis Heer. Ciò significa che qualche mutamento vi fu anche in questa vege- tazione, ma il problema senza dubbio più assillante è di precisare . sotto quali condizioni geografiche ebbe luogo lo scambio fra i distretti continentali ed insulari 0, se si vuole prescindere dalla idea di migrazione e di spostamenti di sede, è di spiegare la presenza di tipi, viventi o fossili, in località oggidi e certo da eu remota separate e rese discontinue da estese braccia di mare ‘ Le opinioni degli studiosi in argomento sono molto dispar ue e per un accurato riassunto della questione, che non intendo di rifondere ab imis, ma solo di prospettare su qualche nuovo dato, rimando al gia citato lavoro del Bessel Hagen ('), dove è anche riportata quasi tutta la bibliografia relativa. Il campo della disputa è nettamente diviso fra i sostenitori di una più ampia estensione di dette isole, di collegamenti fra i varì gruppi insulari e con il continente euro-africano da una parte e con |’ America centrale e meridionale dall’altra e gli assertori, con alla testa il Wallace, della permanenza degli oceani con l'aggravante, nel caso speci- fico, delle profondità marine assai notevoli e dell’ origine vulcanica delle isole in questione. Le quali, quindi, sarebbero sorte dal mare ed, ammesso anche che il vulcanismo si fosse svolto su di una piattaforma preesistente, l'estensione che esso vi assunse ne avrebbe soppiantata tutta la vegetazione. Quel che vi esiste ora, a parte il contributo di origine antropica (e che, come si disse, è note- vole per le isole del C. V.), vi sarebbe stato introdotto a mezzo delle normali agenzie operanti la disseminazione a distanza. Quali siano gli argomenti che militano a sostegno dell’ ipotesi di profondi cambiamenti territoriali subiti dalla zona del medio atlantico ho esposto in un recente lavoro, cui rimando (*). Qui debbo soggiungere che la vegetazione delle Macaronesie, come testimoniano i numerosi endemismi, molti dei quali a carattere paleogenico (specialmente gli endemismi di genere!) ed i frequenti (1) Bessel Hagen op. c.. p. 204-222: (2) Beguinot, Stud? sul genere « Bellis » con St: riguardo alle specie euro- peo-africane. Atti Accad. Ven.-Trent.-Istr., IX (4916), p. 53-63. 70 A. BEGUINOT collegamenti con orizzonti floristici remoti, non ha il carattere di una flora raccogliticcia, ma porta l'impronta di un remoto avvento e plasmazione. Ciò significa che il vulcanismo, nonostante le impo- nenti sue manifestazioni, non è giunto a soppiantare la vegeta- zione indigena, come ebbe luogo nella minuscola Cracatoa in seguito alla tremenda eruzione del 1882 cui seguì, come è ben noto, un rapido ripopolamento, sia floristico, che faunistico. È, invece, probabile che alla sua azione parzialmente distruttiva si debbano - alcune delle differenze floristiche che distinguono i vari gruppi di isole e se ne ha una prova nella scomparsa, cui sopra feci cenno, di alcune specie quaternarie di Madera, che non mi sembra attribuibile al clima. In base alle recenti scoperte geolo- giche e paleontologiche, oramai non esiste più dubbio che il vul- canismo, in molte almeno delle attuali isole, si sia esplicato su preesistenti territorì costituiti da roccie plutoniche e calcaree. Vi ho già accennato per quanto concerne le isole del C. V. e qui aggiungerò che anche nella Grande Canaria Proust e Pitard (1) hanno di recente constatato, al disotto dei basalti quaternart, la presenza di un calcare a briozoarì, probabilmente cretaceo, certo riferibile al secondario. L'ipotesi dell’Atlantide viene, così, ad acqui- stare un valore ben superiore a quello di una poetica asserzione o di una leggendaria affermazione. I fatti di concordanza fitogeo- grafica fra le Capoverdiane e le Canarie, .cui ho a suo luogo insi- stito, non sono spiegabili che ammettendo un fondo comune di vegetazione dalla quale sorsero gli stessi endemismi od endemismi che si vicariano, ma nelle quali le affinità, designanti una comune parentela, non sono per ciò stesso cancellate: basta aver la pazienza di rintracciarle sulla scorta dei numerosi elementi costituenti cieli di forme geografiche! Tale fondo comune è certamente più age- vole spiegarlo ammettendo una maggiore estensione delle attuali isole o la continuità dei due Arcipelaghi e luna e l’altra conget- tura servono anche a spiegare come siasi potuta salvare dalle conflagrazioni vulcaniche cospicua parte dell’ antica vegetazione. E naturale e legittimo ammettere che tanto maggiore fu l’esten- sione del territorio attualmente inabissato su cui essi si svolsero e che sconvolsero e tanto più grande sarà stato il numero dei superstiti 4 (1) Proust et Pitard, Zes des Canaries. Description de VAnchipel, p. 27. FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 71 I rapporti ed i collegamenti della flora delle Macaronesie con ‘la Penisola iberica ed il Marocco sono ben studiati e noti (1) e non è qui il luogo di scendere ad esemplificazioni. Essi si spie- ‘gino ammettendo una maggiore vicinanza delle stesse all’ attuale costa od una vera e propria continuità precedente i fenomeni vulcanici i quali anzi, secondo note vedute, sarebbero una conse- guenza dell’inabissamento parziale dell’ Atlantide. Più difficili a rintracciarsi e meno evidenti sono i rapporti con la sponda ame- ricana: non esito anzi a dire che i limiti verso occidente di questo supposto continente od estesa intercapedine sono affatto problema- tici. Tuttavia parecchi fatti fitogeografici, su cui ho di recente richiamato l’attenzione a proposito del gen. Bellis, conducono ad estendere questa terra verso ovest ma specialmente verso sud in corrispondenza della zona equatoriale. Senza che io qui riferisca tutti gli argomenti esposti in quel lavoro, giova ricordare che la presenza di parecchi tipi in comune con l’Africa e l'America tro- picale pei quali, data la natura dei frutti e dei semi, si può assolutamente escludere una dispersione a distanza, sono per l’Engler (?) la prova dell’esistenza di un antico continente che egli chiama brasiliano-etiopico e che, come feci colà osservare, coincide sensibilmente con le risultanze geologiche cui specialmente il Suess è pervenuto nel fondamentale lavoro « Das Antlitz der Erde ». Sta il fatto che il nostro Arcipelago, che già secondo i calcoli dello Schmidt rivelava in comune una novantina di specie con l'America del Sud, ospita alcuni dei tipi che l’ Engler adduce come documenti della sua tesi: Clenium, Mitracarpum, Com- bretum, Anona, Parinarium, Jussiuea suffruticosa (scoperta quest’ultima dal Fea, al quale pure si deve la raccolta del Solanum paniculatum sin qui non indicato per l'Africa) (*). Ed altri numerosi ne offrono le Canarie, tra i quali, citati dall’Engler: Pinus canariensis, Phaebe, Heberdenia, Oreodaphne (Ocotea) e da Pitard e Proust (4) Trichomanes radicans, Woodwardia (1) J. Dalton Hooker, On the Canarian Flora as compared with the Maroccan in I. D. H. et J. Ball, Journal of a tour in Marocco and the Great Atlas. London , 1878. Appendix E. p. 404-421; Bessel Hagen op. c., p. 209. () Engler, Uber floristische Verwandschaft zwischen dem tropischen Afrika und Amerika, sowie uber die Annhame eines versunkenen brasilianisch-athiopischen Continents. Sitzungsber. d. K. preuss. Akad. d. Wissensch., VI (4905), p. 4180-231. (?) Vi si deve aggiungere anche la Sapota marginata Decsn. di cui fu cenno nelle pagine precedenti. (4) Pitarde Proust, Les iles Canaries. Flore de UArchipel , p. 68. ae ed vete ar at Nie i Why aed 4 is i lye Melia 2A bey La Del be elia, v2 <.< AL BEGUINOT radicans, Pleris longifolia ed arguta, Aspidium molle ( tro- vantisi tutti nelle Antille), parecchie specie del gen. Aspleniuim in comune con le Antille, le Bermude .e la Giamaica, Smilax, Habenaria, Solanuin Nava (della sez. Potalée che abita il Mes- sico e l'America del Sud), i generi Cedronella, Bystropogon, Clethra e Drusa tutti dell'America meridionale. Altri esempi istruttivi, ma che sarebbe qui superfluo riferire, ci offrono le isole atlantiche più nordiche e le stesse coste occidentali di Europa, ma i riattacchi si fanno in questo caso specialmente con il centro ed il Nord d'America. Quanto alle Macaronesie, i rapporti meno evidenti che hanno con le sponde africane potrebbero spiegarsi con un distacco più antico ed una parte, come già dissi, va riservata alla distru- zione operata dalle eruzioni vulcaniche le quali nell’ epoca della loro massima attività dovettero ridurre, come in parte riducono tuttora, l’area abitabile per le piante superiori. In ogni modo è da tenersi presente che nelle isole prossime all’ Equatore (San Thomé, ece.) e nell’ Africa tropicale un numero ben maggiore di piante in comune con l'America del Sud parlano a favore di una configurazione del medio Atlantico affatto diversa dall'attuale e la loro persistenza fu certamente favorita dalla persistenza delle con- dizioni climatiche dell’epoca in cui avvenne lo scambio 0, quanto meno, la differenziazione da prototipi comuni ai due continenti. Con tutto ciò io non intendo di escludere, né il contributo dell’uomo all'incremento della flora (notevole, come si disse, per le isole qui illustrate), nè l’avvento di alcuni tipi in seguito ad appulso a distanza anche in epoca recente. Questa ultima possibi lità fu discussa dallo Schmidt, ma senza arrivare ad alcuna con- clusione. Più conclusivo è il Krause che, partendo dal concetto che le isole in questione sono esclusivamente di origine vulcanica, (il che è geologicamente erroneo), asserisce che esse mai fecero parte di una terraferma e la loro vegetazione vi pervenne dalle vicine terre in seguito a dispersione longinqua. Qui ricordo che il Bolle (') ha segnalato l'introduzione di Gomphocarpus fruti- cosus nell’ is. di Gomera (Canarie) in seguito ad una forte bur- rasca di vento: fatto tutt’ altro che isolato e forse tutt’ altro che raro, come mostra il rapido ripopolamento floristico di Cracatoa (nel quale entrarono in gioco anche le correnti marine e gli uccelli) e la presenza di piante delle regioni temperate sulle alte (1) Riferito nel lavoro del Christ sulle isole Canarie s. e. dii e FLORA DELLE ISOLE DEL CAPO VERDE 73 ~ montagne tropicali, che parecchi biologi attribuirono a dispersione «a grande distanza ('). C'è, dunque, anche posto per questa pos- sibilità, che potrebbe essere una realtà in casi più numerosi di quinto da alcuno si è propenso ad ammettere. Ma se tali agenzie avessero un valore assoluto e, cioè, se con esse si volesse tutto | spiegare, resta a sapersi perchè una entità endemica, comunque sorta, sia restata confinata in uno degli Arcipelaghi e spesso in una sola delle isole e manchi alle altre (®) e vedemmo come alla stregua di specie endemiche vada considerato +/, della vegetazione delle Canarie ed un */, di quella delle isole del Capo Verde! Tutto lascia credere (e la affermazione trova una base nei risultati della paleontologia) che i prototipi da cui tali endemismi sono discesi avessero una distribuzione molto più ampia che l’attuale, non esclusi, come giustamente fa osservare il Krause, tipi tropicali già vissuti nell’ emisfero nordico. Quel che noi constatiamo è che la grande maggioranza dei generi un pò estesi vantano una o più specie ad area vasta o vastissima e nulla osta ad ammettere che gli accantonamenti di altre specie siano eventi relativamente recenti (*). Ma nel nostro caso ed in casi consimili c’é da fare un ragionamento molto semplice : poichè gli endemismi attuali, nonostante il lungo lasso di tempo trascorso, non furono in grado di diffondersi nei vicini continenti (con che avrebbero perduto il loro accantonamento), c’é ragione di ammettere che le stesse dif- ficoltà debbano avere incontrato i rispettivi capostipiti. La’ sola ipotesi plausibile è che queste difficoltà non abbiano esistito o siano state di minore entità e ciò equivale a dire che le attuali Macaronesie fecero parte di una. terraferma o quanto meno eb- bero una estensione in superficie molto maggiore che l’attuale, oppure si ricollegarono con isole intermedie oggidi inabissate. PADOVA, Istituto Botanico della R. Università, Maggio 1917. (1) Béguinot, Osservazioni e documenti sulla disseminazione a distanza. Atti Accad. Ven.-Trent.-Istr:, V (1912), passim, ma specialmente alle pag. 169 e 171. (2) Non c’è da invocare sensibili differenze climatiche visto che, sia pure in per- centuale diversa, vi sono in tutte Je isole elementi mediterraneo-steppici e tipi tro- picali, quasi dovunque in formazioni aperte e, quindi, permeabili. (5) Intendo sempre riferirmi ai capostipiti e non alle specie derivate e, perciò , neogeniche ! DESCRIPTION D'UN NOUVEAU CEUTHORRHYNCHUS DE SARDAIGNE PAR A. HUSTACHE Ceuthorrhynchus Doderoi, nov. sp. Ovale, d’un noir légérement velouté (!), orné d’un dessin blane légérement teinté de jaune, formé de squamules ovales et imbriquées, composé sur les élytres d’une fascie oblique, mé- diane, s’étendant des bords latéraux jusque sur le 6.° interstrie, d'une bande couvrant la moitié antérieure de la suture (brune è ses extrémités); en outre on distingue sur le prothorax deux étroites lignes, interrompues au milieu et une courte linéole antéscutellaire d’un jaune d’ocre, une petite tache suturale et subapicale blanchàtre vers le sommet des élytres, le dessous est densément couvert de grosses squamules rondes et ovales, cendrées et jaunàtres, entremélées, non imbriquées, envahissant les bords latéraux des élytres et formant dans l’angle thoraco-ely- tral une tache visible de dessus. Rostre robuste, de la longueur du .prothorax, modérément arqué, à ponctuation serrée jusq’au sommet, squamulé a sa base. Antennes insérées vers le tiers apical du rostre; scape claviforme, funicule de 7 articles, le 2.° moins épais et un peu plus court que le 1.°", les suivants peu épaissis, les 3.9, 6.°, 7.° globuleux, la massue ovoide, assez courte. Téte légérement déprimée entre les yeux, à ponctuation aussi serrée et aussi forte que celle du pro- thorax. Yeux non saillants. Prothorax subconique, un peu plus large que long, peu arqué sur ses bords, largement impressionné transversalement.-derriére le bord antérieur (plus fortement sur les bords), sa base bisinuée et du double de la largeur du bord antérieur, ce dernier faiblement relevé; disque peu convexe, obtu- sément anguleux de chaque coté sur les bords (un peu en arrière du milieu), muni d’une courte impression antéscutellaire squa- (1) Cet aspect velouté est du a une trés courte pubescence squamuleuse d’un noir brun, trés serrée, visible de profil. Artù E TRI ST fo ZII Te, Ge ee NOUVELLE ESPECE DE CEUTHORRHYNCHUS © 75 mulée, sa ponctuation assez forte, très serrée. Ecusson petit, trés ctroit, en forme de ligne, lisse. Elytres de un tiers plus. larges que le prothorax, peu plus longs que larges entre les épaules, . | celles-ci largement arrondies, modérément resserrés en arrière; — calus huméral et apical peu saillants, mais le sommet déprimé sous ce dernier; stries fines, ponctuées et squamulées; interstries plans plus du double de la largeur des stries. Pygidium rugueux et squamule. Pattes annelées de cendré, les tarses d’un ferrugineux ‘obscur; femurs armés d'une forte dent triangulaire qui aux 4 - pattes postérieures (particuliérement aux indi iena) est tron- quée presque perpendiculairement a l’axe du femur, celui-ci échancré entre la dent et le sommet; tibias à corbeille tarsale courte; ongles dentés. . Longueur: 3 mm. environ. Monte Gennargentu, juillet 1911, A. Dodero. Un spécimen Q. Belle espéce que i forme de sa dent fémorale place auprés de C. angulicollis Schultze. Dediée à notre savant et obligeant collégue dont les habiles et heureuses recherches ont enrichi la faune de la Sardaigne et de l’Italie continentale de nombreuses découvertes RES LIGUSTECAE XLII D. VINCIGUERRA INTORNO AI REGALECUS DEL GOLFO DI GENOVA E DI ALTRE LOCALITÀ ITALIANE CT av. 1) Il signor Carlo Pescia il 12 febbraio 1917 inviava in dono al Museo Civico un esemplare di Regalecus preso nei pressi di Santa Margherita ligure. La cattura di questo esemplare appartenente a forma assai rara nel Mediterraneo, che non figura nei cataloghi di pesci del golfo di Genova del Sassi, del Canestrini e del Pa- rona e che sinora era stata indicata di provenienza ligure solo dall’Ariola, mi ha offerto occasione ad alcune ricerche bibliogra- fiche intorno a questo genere e alle forme che vi furono riferite e ad osservazioni relative alla struttura della sua coda. Il primo accenno ad un pesce riferibile a questo genere è dovuto a Ferrante Imperato che ne ha dato una rozza figura sotto il nome di spada marina, accompagnata dalla seguente indica- zione: « animale di corpo sottile, di color argentino, si vede nel. mare appresso Napoli di rado », (1) la quale potrebbe anche riferirsi ad un Lepidopus o ad un Trachypterus, ma la figura esclude la prima possibilità poiché in essa si notano i due raggi dorsali prolungati, che anzi nella tavola annessa all’ opera che riproduce il museo dell’ autore si vedono terminati all’ apice da una dilatazione che ben può rappresentare il lobo cutaneo che trovasi talora all’ estremità di alcuni fra i primi raggi dorsali dei (1) Ferrante Imperato, Historia naturale, Napoli, MDIC, p. 773 e pag. 782. — Venetia, MDCLXXII, p. 687. INTORNO AI REGALECUS RE Regalecus. Tale figura potrebbe pure attribuirsi ad un Trachyp- terus, ma ciò è meno probabile per la eccessiva lunghezza del corpo, l'assenza di macchie nere e la mancanza di pinne ven- trali che, normalmente sviluppate in questo, sono nel Regalecus ridotte ad un semplice raggio, spesso mancante. Su questa figura e suli descrizione che l’accompagna si basò Walbaum nella edizione da lui fatta dell’opera di Artedi per sta- bilire la sua Cepola gladius (*). Ma nel frattempo alcuni esem- plari di un pesce analogo a questo erano stati presi sulle coste di Norvegia ed osservati da Ascanius; uno di questi individui ‘raccolto sulla spiaggia di Glesnaes, presso Bergen, nel 1769 servi di tipo alla sua descrizione del Regalecus glesne (*); egli aveva da principio riferito la specie al genere Ophidium, chiamandola Ophidium glesne, ma il lavoro che contiene questa prima descri- zione, benchè scritto nel 1770, non fu pubblicato che nel 1788 (8). Lo stesso ‘individuo poi fu contemporaneamente descritto e figu- rato da Brunnich sotto il nome di Regalecus remipes ('), ma la priorità del nome, tanto del genere quanto della specie, spetta, come ha dimostrato Collett (5) ad Ascanius, rimontando al 1772. Qualche tempo dopo, nel 1797, un altro esemplare di questo genere era raccolto sulla spiaggia di Hitteren presso Trondhjem dd era descritto da Lindroth col nome di Gymnetrus Grillii (°), riferendolo così ad un genere che era stato da poco tempo nomi- nato, come vedremo, da Bloch. Non solamente dalle coste norvegesi, ma anche da quelle d’ Inghilterra si ha notizia di catture di esemplari di questi pesci avvenute sino dal secolo. XVII; Vaccenno più remoto ne rimonta al 1759, come è riferito in un interessante lavoro di. Hancock Embleton, nel quale è riprodotto un brano di una storia di (1) P. Artedi, Bibliotheca Ichthyologica, edit. II, auct.J. Walbaum, Grypesw . 1788-93, vol. III, p. 617, tav. 3. fig. 4. (?) P. Ascanius, Icones rerum naturalium, Copenhagen 1772, pars II, p. 5, tav. 414. (5) P. Ascanius, Beretning um Silde-Tusten, Nya Saml. Kgl. D. Vid. Selsk. Skr. 1788. pt. 3, p. 419. (4) M. T. Briinnich , Om silde tusten: Regalecus renripes. K. Dansk. Selsk. Skrift.. N. Saml., 1788, 3, p. 414, tav. B, fig. 4-5. Queste figure sono riprodotte nella citata opera di Ww aibaum. ) R. Collett, Om de i vort aarhundred ved de norske kyster strandede exem- plarer af slaegten Regalecus. Forhandl. Vidensk. Selsk. Christiania. 4883 , n. 16, p. 4 a 36, con 3 tavole. (5) G. Lindroth, Gymmetrus Grillii uptackt och beskrifven, Kongl. Vetensk. Acad. nye Hand.ing. 1798, p. 288, tav. 8. > 78 D. VINCIGUERRA Whitby, che ne ricorda la cattura (1). Un altro esemplare ne fu preso a Newlyn in Cornovaglia il 23 febbraio 1788; esso non fu conservato, ma ne furono fatti parecchi disegni, non tutti iden- tici, uno dei quali fu, a quanto pare comunicato da un signor Hawkins a Bloch che lo riprodusse nella sua opera, denominan- dolo Gymnetrus Hawkenit (2), con una erronea trascrizione del nome della persona da cui lo aveva ricevuto; Bloch però non fece che nominare il genere, senza definirne i caratteri, il che fu fatto successivamente da Schneider nella edizione postuma del « Systema ichthyologiae », ove la specie figura col nome di Gynnetrus Hawkinsii (*), Anche la indicazione di provenienza, Goa nell'Oceano Indiano, è probabilmente errata e dovuta ad una inesatta trascrizione della vera località. Su i disegni fatti in quella occasione furono praticate molte indagini ed osservazioni, che non è qui il caso di ripetere, da Cuvier e Valenciennes (*), da Hancock e Embleton e da Gray (°). Quest'ultimo riproduce anche uno di questi disegni, che forse poteva essere quello originale, e si trovava aggiunto ad una copia della « British Zoology » di Pennant, (ediz. 1776) esistente nella biblioteca di Sir J. Banks insieme ad un altro esso pure riprodotto, spettante ad un individuo apparente- mente diverso, sul quale Cuvier e Valenciennes hanno istituito il loro Gymnetrus Banksti (5). Per quanto riguarda la poca esattezza di questi disegni è da notare che in una riproduzione di uno di essi inserita nell’ opera sui pesci britannici di Yarrell (7) il pesce presenta una coda completa, mentre nel disegno posseduto da Banks essa era rotta. come afferma anche Shaw che dice averlo saputo dallo stesso Hawkins (*). Shaw in questa occasione ride- scrive il Regalecus glesne di Ascanius, sotto il nome di Gym- netrus Ascanit. Nel Mediterraneo la presenza di pesci di questo genere fu, (4) A. Hancock and D. Emb!eton, Account of a Ribbon Fish (Gymnetrus) taken of the coast of Northumberland. Aun. Mag. Nat. Hist., serie 2.2, vol. 1V, 1849, p. 1-48, con 2 tav. {?) M. E. Bloch. Allgem. Naturg. d. Fische. Berlin, vol. XII, p. 88, tav. 423 (e non 425 come generalmente è indicato). i (3) M. E. Bloch, Systema Ichthyologiae ed. Schneider, Berolini, 1801, p. 481. (5) G. Cuvier et A. Valenciennes, Hist. nat. poiss., Paris, 1835, vol. X, p. 374. (5) J. E. Gray, On the British specimens of Regalecus, Proc. Zool. Soc. Lond, 1849 vol. XVII, p. 78-81. (5) Cuvier et Valenciennes, loc. cit., p. 365. (7) W. Yarrell, History of British Fishes, London, 1836, p. 188. (8) G. Shaw, General Zoology, London, 1800-1849, vol. IV, p. 197. INTORNO AI REGALECUS 79 dopo il cenno fattone da Ferrante Imperato, segnalata da Risso, che riferi al genere Gymnetrus due pesci, l'uno dei quali, il suo G. lacepedii (1) 0 cepedianus (*) è evidentemente un Trachyp- terus, mentre nell’ altro, da lui descritto col nome di (G. longi- radialus (*) si riesce a riconoscere un vero /tegalecus, quan- tunque la descrizione e la figura, come hanno già fatto notare Cuvier e Valenciennes, ne siano molto imperfette e in parte forse anche immaginarie. Non apparisce invece che qualche individuo ne sia caduto sotto |’ osservazione di Rafinesque, perchè entrambe le specie da lui riferite alla famiglia dei Gimnetridi e descritte sotto il nome di Argyctius quadrimaculatus (') e di Cepha- lepis octomaculatus (°) sono dei veri Trachypterus. Alcuni esemplari di provenienza mediterranea, ed anzi’ tutti di Nizza, furono esaminati da Cuvier e Valenciennes. In essi questi autori credettero di riconoscere due specie distinte, l'una, rappresentata da tre esemplari venne ritenuta identica al Gym- netrus longiradiatus di Risso, ma fu riportata alla Cepola gla- dius di Walbaum e indicata col nome di Gymnetrus gladium (°); l’altra fu considerata come specie LOL e deseritta sotto il il nome di G. felum (1). Non risulta invece che alcun individuo di questi pesci sia stato conosciuto dal Bonaparte, il quale non ne fa cenno nella sua « Fauna d’ Italia » e nel Catalogo*dei pesci europei (*) considera il genere Gymnetrus di Bloch come sinonimo del Trachypterus e nella numerosa sinonimia del Trachypterus taenia, Schn., comprende la Spada marina dell’ Imperato e, quantunque dub- biosamente, i due Gymmnetrus gladius e telum di Cuvier e Valenciennes, considerando pure come un Trachypterus (T. re- mipes, Bp.) il Regalecus remipes di Brimnich e tutti gli altri dei mari settentrionali, benché indicati con nomi diversi. Nessun'altra indicazione di pesci riferibili a questo genere, di località mediterranee, è a mia conoscenza prima di quella dovuta (1) A. Risso, Ichth. Nice, Paris 1810, p. 146, tav. 15, fig. 17. (?) id. Hist. nat. Eur. mer. Paris, 1826, vol III, p. 295. (3, id. ibid., p. 296, tav. XV, fig. 43. = : (4) G. S. Rafinesque-Schmaltz, Caratt. nuov. gen. Palermo, 1810, pag. 55 — Ind ittiol. sic. Messina 1840, p. 34, tav. I, fig 3. né (®) Id. ind. itt. sic. p.-34 e 54-55. (5) Cuvier et Valenciennes, loc. cit. p. 359, tav. 298. (7) id. ibid. p. £64, tav. 297. ) (8) G. L. Bonaparte, Cat. met pese. eur. Napoli, 1846, "p. 78 e 79. 80 D. VINCIGUERRA al Giglioli che ne cita, col nome di Regalecus gladius (Walb.), un esemplare avuto da Nizza il 18 agosto 1877 (*. Ma quello indimenticabile raccoglitore di materiali preziosi per la nostra” fauna ittiologica potè ben presto arricchire la collezione da lui fondata di altri individui della stessa provenienza e dello stretto di Messina, donde io stesso ottenevo un giovane esemplare che fu figurato dal Mazza in una sua nota anatomica sopra un indi- viduo pescato nel golfo di Cagliari nel maggio del 1897 (?). Come ho già ricordato, l’Ariola ebbe ad esaminare il primo esemplare proveniente dal golfo di Genova, che fu preso a Noli il 10 maggio 1903; esso fu da lui riferito al R. gladius (Walb.) e si conserva in questo Museo Civico (3). Altri due esemplari furono raccolti ancor vivi nei pressi di Savona sulla spiaggia di Leggino in luogo detto la Crocetta, il 17 luglio 1909 e donati al Museo Civico di quella città: di questa cattura dette una breve notizia in un giornale locale il prof. N. Mezzana direttore di quello stabilimento (+) e più recen- temente ne feci cenno io stesso (°). Benchè non abbia diretta notizia che esistano nei Musei esem- plari raccolti nel golfo di Napoli, questo genere vi è anche cer- tamente rappresentato poichè, a prescindere anche dalle notizie date da Ferrante Imperato, esso è indicato di tale provenienza dal Carus, su notizie avute dalla «Stazione Zoologica (9), ed il com- pianto Lo Bianco net suo ultimo lavoro, pubblicato dopo la sua immatura perdita, annovera tra le specie da lui osservate il Rege- lecus gladius Walb. e ne descrive una forma giovanile lunga 16 cm. (‘), ed aggiunge che « l'adulto è fra i pesci più rari « che popolano il Mediterraneo e solo per caso si pesca col palan- « greso nelle acque molto profonde delle adiacenze del golfo ». (1) E. H. Giglioli, Gat. sez. ital. esp. Berlino, Firenze 4880, p. 92. (2) F. Mazza, Nota sull’ apparato digerente del Regalecus glesne, Asc. in Int. Mo- natschr. Anat. Phys. 1901, Bd. XVIII Heft. 416, estr. p. 1-13, tav. V. (3) V. Ariola, Res Ligusticae XXXV, Pesci rari o muovi per il golfo di Genova, in Ann. Mus. Civ. Gen., vol. XLI, p. 166. sa (4) 11 Gittadino. Anno XL, n. 150, Savona 20 Luglio 1909. (5) D. Vinciguerra, Note di iltiologia ligure. in Liguria illustrata. Anno 41944, n. 6. ($) I. V. Carus. Prodromus Faunae mediterraneae, vol. II, Stuttgart, 1889-1893, p. 701. (7) S. Lo Bianco, Notizie biologiche riguardanti specialmente il periodo di matu- rità sessuale degli animali del golfo di Napoli, in Mittheil. Zool. Stat. Neapel, Bd. 19 1909, p. 744. INTORNO AI REGALECUS te: 81 Dalla Sicilia, oltre alle notizie gia accennate date da Giglioli e da Mazza, di individui di Messina, il Regalecus (gladium o telum?) è pure ricordato di Palermo dallo stesso Carus sopra indicazioni probabilmente avute direttamente da Doderlein e Riggio, Son queste tutte le notizie che ho trovato pubblicate sopra Regalecus di mari italiani ed è evidentemente in base a queste,. o per dir meglio in base a quelle che si conoscevano nel 1887 , che Gunther afferma che del Mediterraneo se ne conosce una mezza dozzina di individui (1). La rarità dei Regalecus nel mare ligure non è forse però tanto eccessiva quanto potrebbe apparire, poichè oltre all’ esem- plare di Noli già ricordato, a quelli del Museo di Savona, ed a quello che ha dato occasione alla presente nota, uno ne esiste nelle collezioni di questo Museo raccolto sulla spiaggia di Borghetto S. Spirito il 24 febbraio 1906 ed un altro lungo m. 3,30 fu, a quanto risulta da appunti lasciati dal signor B. Borgioli, gettato sulla spiaggia di Arenzano, il 24 gennaio 1908. Tl prof. Mezzana mi ha poi informato che un individuo lungo m. 3,25 ne è stato preso con la fiocina presso la spiaggia di Albissola il 20 giugno 1915 e che il figlio di un pescatore di Noli, dopo aver visto gli esem- plari da lui posseduti, gli ha riferito che pesci di questa specie si trovano qualche volta in quelle acque ma che, afferrati con le mani, si spezzano e ricadono in mare e che questi frammenti si - mutano poi in « carnasse » (meduse )!!!! Ne è da escludere il dubbio che altri esemplari possano essere sfuggiti all'osservazione od anche scambiati per Trachypterus, del qual genere una specie almeno, Tr. iris (Wbh.) è abbastanza frequente. La collezione italiana del Museo Zoologico dei Vertebrati di Firenze, da me già ricordata, possiede non meno di 9 esemplari ‘di Regalecus, alcuni di Nizza e altri dello stretto. di Messina (spiaggia di Ganzirri). Grazie alla cortesia del prof. Senna, attuale direttore di quel Museo, ho potuto non solamente esaminare gli esemplari ed averne in comunicazione uno di Messina pescato il 5 gennaio 1903, .ma consultare anche le schede del catalogo contenenti notevoli osservazioni del Giglioli ed anche qualche ap- punto posteriore alla sua morte, dal quale ho appreso che il 3 settembre 1913 a Castiglioncello, sul litorale toscano, ne era stato (1) A. Gunther, Report on the deep sea Fishes collect. by H. M. S. Challenger, London, i887, p. 75. Ann. del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.2, Vol. VII (8 Novembre 4948.) 6 ea. Si) Ste sea oF angles ny ie RE RIO D. VINCIGUERRA preso vivo uno lungo m. 1,10 che non fu conservato e che nella stessa località qualche anno prima ne era stato trovato morto uno assai più grande che fu mangiato e trovato insipido. Anche nelle acque di Messina i Regalecus fanno intermittente comparsa ed ho potuto avere in comunicazione dal prof. Mazzarelli, direttore di quell’Istituto Zoologico un esemplare di tale provenienza, preso nella corrente dello stretto il 3 luglio 1916, bei quale avrò occa- sione di riparlare. Di catture di Regalecus mediterranei in località non geografi- camente italiane, non ho trovato altra notizia che quella di un esemplare preso a Palavas nello Hérault nell’ aprile 1871 ed illu- strato da Jourdain (!), sotto il nome di Gymnetrus gladius. Così pure non ho trovato pubblicata notizia di altre catture fatte nei mari d'Europa al di fuori di quelle avvenute presso le coste della Gran Brettagna e della Scandinavia, delle quali ha dato un elenco dettagliato Collett; dal 1740 in poi sarebbero state 12 per la Scandinavia e 21 per la Gran Brettagna: a queste ultime deve aggiungersi un esemplare compreso nella lista di Gunther e non ricordato da Collett, per la Norvegia due descritti da Grieg (2) e per la Svezia un altro ricordato da Smitt (*). Un individuo venne alla spiaggia nelle Faerder nel 1892 e fu illustrato da Lutken che ne riprodusse anche il disegno originale (4). I Regalecus, che come si vede, fanno qualche rara com- parsa sulle coste del mare del Nord e su quelle orientali dell’Atlan- tico settentrionale, non furono finora segnalati, caso abbastanza strano, da quelle occidentali dello stesso Oceano, e la sola cattura che se ne ricorda è quella di un esemplare preso alle Bermude, nel 1860 di cui è fatto cenno nel giornale della Società Zoologica di Londra (?), e del quale esistono alcune parti nel Museo Britan- nico (%).-Non ne fu neppure indicato alcuno dell’ Atlantico meri- dionale, tranne un esemplare del Capo di Buona Speranza descritto (4) S. Jourdain, Materiaux pour servir à l’histoire da Gymnétre epée, in Compt. Rend. Ac. Sc. Paris, 1872, tome.LXXIV, p. 58. (2) J. A. Grieg, En notis om Regalecus glesne, Ascanius, Nyt. Mag. for Natur- videnskab., Christiania, XXV Bind. 1886, p, 232. Om en ved Golten strandet Rega- lecus g SERI Asc., Ber-ens Mus. Aarb. 1899, n.° 3, 14 p. cou 2 fig. (3) F. A, Smitt, Ofv. Kg]. Vet. Akad. Forh. 1882, n.° 8, p. 40. (4) G T; ‘iitkén, Korte Bidrag til nordisk Ichthyographi. IV Trachypterus arcticus og Gymnetrus Banksii, in Vidensk. Meddel. Naturf. For. Copenhacen, 1881, p. 190-227. (5) J. M. Jones. Extract from the « Bermude Gazette » relating to the recent capture of a large species of Gymnetrus, P. Z. S. XXVIII. 1860, p. 185. (5) A. Giinther, Cat. Fish, III, p. 308. x INTORNO AI REGALECUS 83 da Cuvier e Valenciennes (!) come Gymnetrus capensis ed un altro riferito pure alla stessa specie da Layard (?), di uguale pro- | venienza. > Dell’ Oceano indiano non fu indicato altro individuo che quello figurato da Russell e raccolto (*) presso Vizagapatam, al quale Shaw impose il nome di Gymmnetrus Russellii (4) e forse quello «di Goa, al quale accenna Bloch, ma di cui non si ha altra. notizia. È abbastanza singolare che, nonestante la accuratezza delle ricerche zoologiche fatte in questi ultimi anni al Giappone, specialmente per opera dei naturalisti indigeni e nord-americani, non sia statò descritto sinora, almeno a quanto mi risulta, alcun individuo di quei mari- riferibile a questo genere, benchè Jordan scriva di avere veduto due grandi esemplari nel Museo di Tokio e dica che i giapponesi danno a questo pesce il nome di « dugu- nonuatatori » che significherebbe « cuoco del palazzo sottomarino », il che farebbe supporre una certa frequenza di esso. Lo stesso autore ricorda la cattura fatta di parecchi esemplari presso le coste . di California, dei quali parecchi giovani, ma uno rigettato sulla spiaggia di Newport, lungo circa 22 piedi (oltre 7 metri) del quale riproduce la fotografia. Egli sembra portato ad ammettere che nel Pacifico esista una sola specie, il A. Russellii (°). Si sono invece, dopo il primo cenno intorno ad un Regalecus della Nuova Zelanda, che si contiene nel catalogo di Gunther (9), moltiplicate nei mari dell'Australia e della Nuova Zelanda le catture di questi pesci, che furono riferiti a varie diverse specie. Sono. infatti descritti: Regalecus pacificus, v. Haast (7), R. argenteus, Park. (8) e R. Parkeri (°), Ben. della Nuova Zelanda e R. Musterii (1) Guvier et Valenciennes, loc. cit., p. 376. (*) E. L. Layard, Letter containing a description and drawings of a Gymmnetrus captured in Table Bay, P. Z. S. 1868, p. 319 con figura nel testo. (9) P. Russell, Descriptions and figures of fishes collected at Vizagapatam, London, 1803, I, p. 28, tav. XI. (9) Shaw, Zool., p. 195, pl. 28. (9) D. S. Jordan, A Guide to the Study of Fishes, New York, 1905, vol. II, p. 472. e seg., fig. 425. : (5) A. Gunther, loc. cit., p. 307. (7) J. F. J. Haast, Notes on Reyalecus pacificus, a new species of ribbon-fish from the New Zealand sea. Trans. New Zealand Instit. vol. X, p. 246-250, pl. (8) T. J. Parker. On a specimen of the great Riblon Fish (Regalecus argenteus , n. sp.) lately obtained at Moeraki, Otago, Trans. N. Z. Inst., vol. XVI, p. 284-297, tav. XXIII e XXIV. : (9) W. B. Benham, An apparently new species of Regalecus, in Trans. N. Z. Inst. vol. XXXVI, p. 198, tav. IX. 84 D. VINCIGUERRA De Vis (!), di Australia, mentre altri esemplari delle stesse loca- lità furono riferiti a talune delle specie europée già descritte: R.. Banksti (2), le. Grilli (*)-e: Ri. glesne 45). Da ultimo più recentemente Zugmayer in una nota preventiva contenente le diagnosi di nuove specie di pesci da lui riscontrate nelle collezioni ittiologiche del principe di Monaco, ha indicato un R. caudatus (*) lungo m. 0,190, preso fra Madera e le Cana- rie (31°45 N, 20° 17 W) (5), con la rete Bourée da una profondità di m. 0-3000, che è caratterizzato da questa semplice frase: « La seule espéce connue qui posséde une nagéoire caudale » (1). Sono quindi non meno di 16 le specie che risulterebbero descritte dai varì autori, ma quasi tutti coloro che ebbero ad occuparsi in tempi meno remoti di questi pesci, hanno già manifestato l'opinione che a quanto si può giudicare dalle descrizioni spesso incomplete di esemplari quasi tutti imperfetti, non vi siano dati sicuri per distinguere in questo genere più di una specie e quindi che tutte le forme descritte debbano riportarsi al Regalecus glesne di Ascanius. È questa anche |’ opinione prevalente negli autori che esaminarono gli individui dei. mari australi e lo stesso Benham . che descrisse il R. Parkeri ha più recentemente ammesso che si tratti unicamente di un giovane del glesne (3); solo il A. ar- genteus di Parker, potrebbe essere, come farò rilevare in seguito, specificamente diverso. i Le differenze alle quali da alcuni autori si volle dare valore (1) C. W. De Vis, The Ribbon Fish ( A Regatecus in Queensland Waters) Proc. R Soc. Queensland, vol. VIII. p. 109-113. (2) F. Mac Coy, Prodromus of the Zoology of Victoria, Melbourne, MDCRGES 15.th decade: p. 169-172, tav. 145. €) H. O. Forbes, On a species of Regalecus or Great Oar Fish caught in okta! Bay; in Trans. N. Z. Inst., vol. XXIX, p. 192. — È lo stesso esemplare figurato da M. Coy cone R. Banksii. (4) J. H. Waite, Regalecus glesne, an addition to the fauna of New South Wales, in Rec. Austr. Mus., vol. IIT, p. 162-165. i W. B. Alexander, On a specimen of Regalecus giesne, Ascan. obtained in Western Australia. Pe th. Rec. W. Austral. Mus., vol. I, pag. 236-240. (9) E. Zugmayer, Diagnoses de quelques poissons nouveaux provenant des campa- gnes du yacht « Hirondelle », Bull. Inst. Oc. Mon. 1944, n. 288. p. 3. (5) J. Richard, Campagnes Scient. de l’Hirondelle Il (1912). Liste des Stations. Bull. Mon. 1942. n.-251, p. 4. (*) Non posso a meno che osservare come, per quanto trattisi di una diagnosi pre- liminare, essa sia tropo incompleta, mancando persino la indicazione del numero dei ; raggi. poi da notare che di Regalecus con pinna codale se ne conosceva da più di un secolo quello descritto da Russell, e che, pochi anni prima del lavoro di Zug- mayer era stata pubblicata la memoria di Lo Bianco che la dice presente nei giovani. (8) W. B. Benham, and W. J. Dunbar, On the skull of a young specimen of the Ribbon-fish, Regalecus, Proc. Zool. Soc. London, 1906, p. 544-556, tav, XXXVIIT-XXXIX, * . F “ uo INTORNO AI REGALECUS _ 85 specifico consistevano specialmente nel diverso numero dei raggi dorsali e nelle diverse proporzioni del corpo, ma oramai è ben certo che quasi tutti gli esemplari adulti che i vari autori ebbero “ad osservare erano mutilati e quindi non si può ricavare alcun. dato sicuro sia dal numero dei raggi che dalle proporzioni del corpo. In quei pochi casi in cui i Regalecus furono raccolti ancora vivi si potè constatare la estrema facilità con la quale si spezzava la parte post-anale di essi, tanto da far ritenere possibile che in essi si presenti ùn fenomeno di autotomia come nella coda delle lucer- tole. Senza riportare ciò che ne fu già stampato da altri, riferisco solamente quello che risulta dalle annotazioni fatte dal prof. Mez- zana circa gli esemplari di Savona e da lui raccolte dalla persona che gli portò i due esemplari ricordati. « Il primo esemplare pre- « sentatosi fu il maschio che nuotava per piatto con moti serpentini; « lo afferrò per il ciuffo e lo trasse a terra, ove agitandosi ed « ergendosi in alto da se stesso si spezzò; poi vide la femmina e « la prese e si ruppe in due parti durante il trasporto ». Ho già anche ricordato quanto fu da un pescatore di Noli ‘affermato allo stesso prof. Mezzana circa la facilità con cui questi pesci sì rompono. Pertanto l estremità codale quate si osserva. negli individui meglio conservati non si può mai ritenere perfetta, ma è da con- siderarsi come il risultato di una cicatrice, il che spiega la diversa forma che può assumere in ciascuno di essi; è però degno di nota che la rottura si fa in corrispondenza dell’ar- ticolazione di una ver- tebra, la quale viene a formar sempre il punto più sporgente della cicatrice, come risulta dalle figure unite al più volte citato lavoro di Collett, da altra di un esemplare della Nuova Zelanda (+) e come sì osserva nell’ individuo di. Santa Margherita (fig. 1). Fig. 4. (1) F. E. Clarke, Notes on the occurrence of Regalecus argenteus on the Tara- naki Coast, Trans. N. Z. Inst. vol. XXX, p. 254266, tav. XXVIII-XXX&. ren, descritto da Lind- 86 D. VINCIGUERRA tutti questi casi la pinna dorsale si arresta ad una certa distanza dell’apice della coda, mentre nell’esemplare di Noli e nei due di Savona essa continua sino all'estremità di questa che, specialmente nel maschio è acuminata, come quella di un Trichiurus, per modo che può ritenersi che essa non sia mutilata o che lo sia solo in minima parte. Ciò si può facilmente rilevare dagli uniti disegni che riproducono la estremità della codale degli individui di Savona e sono ricavati da ingrandimenti di fotografie fatte al momento della cattura (fig. 2 g7, fig. 3 9). La rottura della porzione codale del corpo, si accompagna necessariamente con la perdita di una por- zione della pinna dor- sule e così si spiega come il numero dei ‘aggi dorsali sia indi- cato quale assai di- verso nei vari indi- vidui esaminati. Degli esemplari più antichi solo quello di Hitte- Fig. 2 roth come Gymne- trus Grillii, uno dei più grandi conosciuti, Fig. 3. sembra essere stato > completo; in esso il numero dei raggi dorsali era di 406; numero poco diverso da quello osservato nei predetti esemplari liguri, come può rilevarsi dall’ unita tabella. Il numero minimo di raggi dorsali di un individuo completo sarebbe quello dell’esemplare di Ganzirri avuto in comunicazione dal prof. Mazzarelli, che ne ha solo 374, mentre un altro del Museo di Firenze della stessa provenienza ne ha 407. Il numero massimo di raggi dorsali finora indicato è quello di 421, compreso il pen- nacchio cefalico, dell’individuo di Cagliari e di 422 in quello della Nuova Zelanda descritto da Forbes. Il numero medio dei raggi dorsali del R. glesne può dunque . INTORNO AI REGALECUS i 87 considerarsi di 400, compresi quelli che, negli adulti, costituiscono il pennacchio cefalico. = Da qui si vede come non abbia fondamento la ipotesi di Lutken (4) di un aumento che si verifichi nel numero dei raggi «durante |’ accrescimento e forse in seguito alla rigenerazione che segue la mutilazione, perchè individui di statura, e per conse- guenza di età ben diverse, ma completi, hanno un numero di raggi dorsali sensibilmente uguale. Il solo R. argenteus di Parker avrebbe un numero di raggi . dorsali notevolmente. minore, pur non apparendo mutilato nella coda: tali raggi sarebbero 205 compreso il pennacchio cefalico e in realtà la porzione codale della colonna vertebrale, come risulta anche dalle figure, che accompagnano la diligente descrizione dello scheletro da lui data (?), terminerebbe in modo normale, con una vertebra, da lui chiamata demivertebra, sprovvista di qualsiasi. traccia di appendici neurali od emali, che ha tutta l'apparenza di un urostilo; potrebbe dunque trattarsi di specie diversa. Manca però in tutti gli-esemplari adulti, anche in quelli che si possono ritenere perfetti, qualunque traccia di pinna codale, mentre questa esiste, non soltanto nei giovanissimi, come ha fatto conoscere: Lo Bianco, ma-anche ad uno stadio di sviluppo abba- stanza inoltrato. Infatti nella collezione italiana del Museo di Firenze esistono non meno di sette individui giovani, provenienti da Messina (Ganzirri) i quali hanno tutti la pinna codale presente ; il maggiore di questi individui è lungo ben 50 centimetri ed ha una pinna codale costituita da 4 raggi filiformi, il più lungo dei quali misura 67 mm. mentre nell’ esemplare alquanto più piccolo, del quale aggiungo la figura (tav. I, fig. 1) questi raggi sono allungatissimi ma il loro numero è ridotto a tre. Devesi quindi, a mio avviso ritenere inesatta | indicazione data da Lo Bianco, che mentre dice che l'individuo giovane da lui osservato aveva 4 raggi codali, aggiunge « e non 12 come nell’ adulto » , riprodu- cendo assai probabilmente senza averla controllata, la cifra data da Risso. Ma come ho già fatto notare, ed assai prima di me fu fatto da Valenciennes, tanto la figura come la descrizione di _ () C. Liitken, Nogle Bemaerkeningen om Vaagmaercn ( Trachypterus arcticus ) og sildetusten (Gymmnetrus Banksii) Oversigt K. Vidensk. Selsk. Forhandl. 1882, p. 206-216. (*) T. J. Parker, Studies in New-Zealand Ichthyology -I. On the Skeleton of Rega- lecus argenteus, Trans. Zool. Soc. Lond. . vol. XII. p. 5-33, tav. II-VI. «5 [ni ae ae Ps (RPS =, TABS EI etn REE OE COGI TAO pat : VT LEI A GI RITO A eb yt wae ae vara) + Gi 83 DD. VINCIGUERRA - Risso si possono ritenere in buona parte immaginarie. Infatti é poco verosimile che la codale fosse. ancora presente in un indi- — viduo lungo 5 piedi e 2 pollici (ossia circa m. 1,55) e che aveva soltanto 246 raggi dorsali, come non è ammissibile che, se pur presente, fosse costituita da 12 raggi, mentre nei giovani no non sono mai più di 4. Nella figura poi la codale è rappresen- tata come composta di 7 raggi congiunti da membrana, molto x sviluppati, ma nessuno filiforme e quindi analoga a quella dei Trachypterus anche per la inserzione non simmetrica all’ asse 8 del corpo e non è improbabile che il disegnatore, in mancanza i dell’ originale abbia riprodotto la codale di uno di quelli. di L’ esemplare più completo che io abbia potuto osservare è è quello di Messina cortesemente comunicatomi dal prof. Mazzarelli e na lungo m. 0,56, nel quale i raggi codali sono in numero di 4 (vedi tav. I, fig. 2); -essi non sono inseriti sull’asse del corpo ma sempre alquanto al disopra in modo che appariscono diretti un pò in alto. Non è possibile precisare la loro lunghezza assoluta e rela- tiva: nell’ esemplare figurato a fig. 2.il primo e il secondo sono rotti, il terzo è assai più lungo ma anch'esso non sembra intero, Mine. mentre lo apparisce il quarto che è lungo circa 8 cm. Tutti questi ss filamenti sono a forma di strettissimo nastro listato di nero. a Anche nel. Regalecus indiano, di cui Russell ha dato descri- zione e figure sarebbero stati presenti 4 raggi codali, come appa- risce dalla figura riprodotta da Day ('); è questo anzi, fra gli individui conosciuti che conservano questi raggi, quello di statura maggiore poichè misurava 2 piedi e 5 pollici, ossia circa 72 em. In tutti gli individui, è presente il pennacchio cefalico di cui ho già fatto cenno; negli individui più giovani è formato da un gruppo di 6 raggi dei quali |’ anteriore è inserito al disopra del- l'occhio o un pò in avanti di questo; questi raggi non sono più robusti degli altri, ma filiformi e allungatissimi. Essi costituiscono quasi sempre un tale groviglio che fa riescire difficilissimo di rico- noscere quale di essi sia il più lungo e quale ne sia la lunghezza totale. Nei due esemplari di Ganzirri da me esaminati il primo raggio apparirebbe il più lungo ed i seguenti decrescerebbero man mano; dalle note esistenti nel catalogo manoscritto di Giglioli un altro esemplare pure di Ganzirri, avrebbe avuto solo il primo (4) F. Day, The fishes of India, London, 1875-1878, p. 374, tav. LXXI fig. 2. INTORNO AI REGALECUS 89 raggio dorsale allungato e questo a metà della sua lunghezza sì sarebbe ramificato in un ciuffo di molte lacinie membranose, arlate e punteggiate di nero e terminate in un filo esilissimo. Negli individui adulti invece il pennacchio è costituito da due parti L distinte; la prima costituita da 4 o 5 raggi, il primo dei quali assai robusto e allungato e gli altri sottili e filiformi; la seconda da 5 o 6 raggi tutti robusti e allungati, ma apparentemente meno dei primi. I raggi della restante porzione della pinna dorsale sono tutti molto alti, circa !/, dell’ altezza del corpo, e i più alti si trovano in corrispondenza della metà di questo, decrescendo gradatamente verso le due estremità. | Le pinne ventrali sono costituite da un unico raggio, rigido alla base negli adulti, che apparisce allungatissimo e munito di 2 o 3 lacinie cutanee quasi equidistanti l’una dall’altra e di una espansione terminale, questa e quelle macchiate di nero. Lo Bianco però ha notato che essi in realtà sono 4, poichè con la lente si vedono insieme ad un raggio grosso e robusto un altro paio pure lunghi ed un altro ancora mals corto. Sarebbe assai difficile, dati gli incompleti materiali ora posse- duti, di volere indicare in modo preciso le proporzioni che esi- stono fra le diverse parti del corpo in questa specie. Specialmente il rapporto fra la lunghezza e l'altezza del corpo subisce grandis- sime variazioni, dato lo stato più o meno completo degli individui esaminati. Credo quindi limitarmi a presentare un quadro dei principali dati somatometrici degli esemplari liguri da me stu- diati, ponendoli a riscontro con quelli dei due individui di Messina che si possono ‘dire completi. È » ‘euorzeussoIdde woo o inddou rpreansIui oqrqrssod 9 uou et) YRITslAOASSe 0)uowI[eg OUOS ‘a]uopanazd aJe[duresa [jou eyo IgSud] nid ayoue ojusmojuoredde ‘omporutad [op 185821 I (3) ne. [t dod 88 ‘3 “wr a Ò e] dod ggg wr. :110188ew1 oguenbpe ome.a OosadJ ms osord sInsiua aT (1) . oseq BI | oseq i 0910 < | 06170 < | 0690 € | 0880 < |osseadopoa! erre 0}901 | 00€ ‘DO « "os 5 * “ApeIQuoA 0I8SV1 Jap ezZzoysun] 00870 «| tge0 « | egero « | 10 « | oskt < | 01073 € | 00878 « | * * ‘erepoo giunse Jqe OUR [ep ezueIsig cero « | 6LI'o « | opero “We | ogg*o *w | OIG ro “MH | oLL'0 "Wi | 000°T "| + * + OUR Ze osnui Joep ooide yep ezuersig 0130 ‘Ww | gla*0 "wu xen rs = Spr a © © © INepo) ISSUI Top BUIISSVUI ZZ0YSUNT] ale e 0 0 0 0 0 Fs ot ++ + * Iepoo 18821 19p o'N 3 (is GLIO «. | 0GE'0 € | 0GE*0 « | 009°0 « | 06370 « | MOI o1poovuuod [op 195V1 lop PULISSRUL BZZ90T, DUN] = PLO Se LOK Sk OLI eV GGG E NO RO oe Sch SOR GL onpoogunad [I Osedduiod TTesIop ISSE1 Lop o'N È 900°0 « | L00‘°0 « | 810 ‘0 «- 1 910'°0 « | LEO 0 « | Gc0°0 « | 620°0 < (Ae e OTUADO, MORO SUE] 3 SOLO 7300 « | 8070 « | 0€0°0 « | OSIO < | 06000 « | 03100 « eet gr Oa o RISO Bae ee Zar: Le GEONO = LEO MOTOR 080001 08170; OTO scot ot fs sos 7 * 29599 Blfep BZzeysanT - GONO: «ISOLOTTI E80 08000 OST TO sss ss ss r0d100 ]op BwISSEUI BZZ0H1V Coro, 20> 09G 0: Ul), O80" ath DOTI] Oa e) ORE SU | set te e eee see esead es ; () © ‘tpepoo Issel I ezuas ‘od109 [op @ZIONSUNI | BUISSEJ IP | ozUedIy Ip opads Ss ae 3 BU No, 6 OOS, OSO 0} OY S10g ae -oySaryy ‘S| evuoaes BUOARS = VNISSHUN : VIUNDIT S> SSS ‘snoorTeberxy ip I4e|jdwesa Ip 1dl4jawoyewos Hep yedioulg io INTORNO AI REGALECUS |. 91 x Il-corpo non è coperto da squame visibili; il suo colorito, negli individui adulti, è argenteo con macchie brune disposte in serie trasversali interrotte, in alcuni individui più evidenti ed in altri meno; nell’ esemplare di Santa Margherita esse sono più | pronunciate che in quelli di Savona; inoltre il corpo è coperto da numerose, ma piccole papille gramulose che, come ha notato Mazza, sono più accentuate ed evidenti nella regione ventrale e codale. Nei giovani la macchiatura scura è assai meno marcata e spesso sono uniformemente argentei e anche le papille cutanee non sono manifeste. Ma non può certo darsi grande importanza, e tanto meno specifica, come sembra portato a fare Benham (+) alle lievi differenze nel colorito del corpo. La membrana della pinna dorsale, compreso il pennacchio, è da tutti colore che hanno potuto osservare questi pesci ancora viventi o brevi ore dopo la loro morte, descritta come di un colore | rosso scarlatto, che era ancora visibile nell’ esemplare di Santa Margherita quando fu portato nel Museo Civico. Anche le ventrali sono, nel fresco, di colorito roseo. I due esemplari di Savona erano, come fu già detto, di sesso diverso; ed è notevole il fatto di avere riscontrato un maschio, mentre, come ha già osservato Mazza, tutti gli esemplari cono- sciuti non erano che femmine. È bensì vero che Risso nella sua descrizione del Gymnetrus longiradiatus scrive che in esso il 1.° raggio dorsale e quello ventrale della femmina sono meno Hel e più sottili che nel maschio, ma si è già veduto come alle osservazioni di quell’ autore non possa prestarsi fede completa. In questi due individui non si notano differenze sessuali esterne, specialmente a cagione della non perfetta integrità degli esem- plari, perchè i raggi dorsali e le ventrali non sono complied e quindi non può accertarsi |’ esattezza della indicazione data da Risso. Lo stato di conservazione dei visceri non permette una esatta descrizione degli organi genitali; i testicoli cominciano - alquanto al disopra delle appendici piloriche, sono contigui ma separati da un rafe mediano aponevrotico e si prolungano sino in corrispondenza dell’ apertura anale, ma non si può dire esatta- mente come terminino essendo stati troncati nella esportazione; nella loro porzione anteriore sono continui ed hanno circa 7 mm. di (1) W. B. Benham, An apparently new species of tica (R. parkeri). Trans. . New Zeal. Instit., 1903, p. 198-200, pl. 2 99 } D. VINCIGUERRA ae spessore, posteriormente sono più sottili e lobati. I sacchi ovarici cominciano anche più in avanti che i testicoli, non sono uguali, l'uno è più grande e pieno di uova il cui diametro è superiore * — ad 1 mm,; i due sacchi posteriormente si congiungono come è già stato indicato da Jourdain, ed anche prima da Valenciennes che descrive gli ovarii come due organi sacciformi che cominciano a 8 pollici ‘dal diaframma e si riuniscono con un corto ovidotto che shocca dietro il retto. - = Chiuderd queste notizie intorno ai Regalecus, col ici a come essi siano stati annoverati fra quegli animali la cui eccezio- o nale comparsa può aver dato origine alla ipotesi della esistenza del favoloso serpente di mare. Questo fu descritto. talora come avente una testa rassomigliante a quella di un cavallo, sormon- tata da un ciuffo o pennacchio (di color rosso vivo ) e infatti la forma della testa del Regalecus, con la mascella sporgente e la fronte rialzata presenta una certa analogia con la testa di un cavallo, e la considerevole lunghezza e i movimenti ondulatorii del lungo corpo, che furono rimarcati da tutti coloro che ebbero occasione di’ osservare questi pesci ancora in vita, possono bene spiegare come siano stati scambiati per serpenti. La rarità però di questi pesci e la difficoltà di studiarli vivi farà certo sì che per molti anni ancora resteranno oscuri i fatti più salienti della loro esistenza. a SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. 1. Regalecus glesne, Asc. Messina gr. nat. Fig. 2, » estremità codale di altro individuo. x RES LIGUSTICAE XLIV AGGIUNTA ALLA NOTA « INTORNO AI /?EGALECUS » : Soltanto pochi giorni dopo la stampa del mio precedente studio sui Regalecus del Mediterraneo (!), è pervenuto al Museo Civico il « Bulletin du Muséum d’histoire naturelle » di Parigi, anno 1917, 2 4 (è), il quale contiene un lavoro del prof. A. Vayssiére, direttore del Museo di Marsiglia, sullo stesso argomento. Dispia- cente di non aver potuto, a cagione dei ritardi che nel presente momento si verificano nella comparsa e nello scambio dei periodici scientifici, tener conto di questo lavoro nella mia nota, credo opportuno farne seguire un breve cenno. Il prof. Vayssiére ha avuto pel Museo di Marsiglia un indi- viduo di Regalecus lungo 2 metri, preso nel 1916 (la data di cattura non è più esattamente indicata) nell'interno del porto di Carry, presso |’ imboccatura occidentale del golfo di Marsiglia. Questo individuo doveva essere mutilato, come la massima parte di quelli conosciuti, poichè |’ estremità codale, a quanto. risulta . dalle figure, ha la forma tozza e irregolare degli esemplari incom- pleti ed anche per il numero dei raggi dorsali che non è precisato, ma é detto essere piu di 220, il che mi fa ritenere che doveva essere di poco superiore, e forse non si potè indicare con maggiore esattezza perchè l'individuo era stato preso con la fiocina e rotto in tre pezzi. Non è specificato il sesso di questo individuo nel quale le glandole genitali non erano quasi sviluppate. Nelle notizie storiche date dal Vayssiére su questa specie è fatta menzione di un lavoro, a me sfuggito, di Tito de Caraffa (!) D. Vinciguerra. Res Ligusticae XLIII. — Intorno ai Regalecus del Golfo di Genova e di altre località italiane, in Ann. Mus. Civ. Genova, vol. XLVIII (serie 3.?, vol. VIII) p. 76-92, tav. I. (?) A. Vayssiére. Note zoologique et anatomique ‘sur un Regalecus ( Gymnetrus JÒ gladius, Cuv. et Valene. pris dans le golfe de Marseille, in Bull. Mus. Re nat. Paris, anno 1917, n.° 1, p. 15-25, tav I e Il. 94 D. VINCIGUERRA sui pesci di Corsica, nel quale è ricordato un esemplare di Rega- lecus gladius (') lungo 1 m. preso a Erbalunga, presso la costa, a 50 cm. di profondità; ed in -base a tale indicazione il Roule incluse questa specie nel suo elenco dei pesci di Corsica (2). Nel . lavoro di Vayssiére è pure indicata la cattura di altri esemplari di Nizza e dintorni, tra cui uno di 3 metri di lunghezza, preso nel fondo del porto di Monaco e conservato in quel Museo Oceanografico. ; Segue una descrizione dettagliata dell’ apparato digerente di. questo esemplare. Da questa descrizione però non mi risulta che l’autore abbia avuto notizia della nota pubblicata su questo stesso argomento sino dal 1901 dal prof. Felice Mazza (?) il quale indicò; tra l’altro, l’esistenza di piccole cripte irregolari sparse nella mucosa dell’ esofago, che il Vayssiére crede non sia stata ancora segnalata, e illustrò la struttura microscopica della parete dello stomaco. Le figure date dai due autori, per quanto eseguite con procedimenti e criterii differenti, non si possono dire sostan- zialmente diverse. Sono pure fatte alcune considerazioni sul modo di diffusione di questo pesce il quale, secondo I autore, sarebbe trasportato nelle acque di Marsiglia dalle correnti che rimontano le coste orientali di Spagna e di Francia, mentre a mio avviso la raccolta di indi- vidui giovanissimi presso Napoli e Messina non mi sembra confer- mare tale ipotesi e mi fa ritenere più probabile che esso possa trascorrere tutta la sua esistenza nei luoghi stessi ove viene- raccolto, analogamente a quanto avviene per gli affini 7racky- pterus, le cui uova e larve si incontrano nelle stesse acque ove si pescano gli adulti, come hanno dimostrato Lo Bianco (4) e Mazzarelli (?). i ; D. VINCIGUERRA. () T. de Caraffa. Essai sur les poissons des cotes de la Corse in Mém. Soc. sciences hist. et nat. de la Corse, anno 1902, p. 95-96. (?) L. Roule. La Faune des poissons actuellement connus qui habitent les cotes de la Corse, in Mém. Soc. Zool. France, tomo XV, anno 1902, p. 186. (5) F. Mazza. Note sull’apparato digerente del Regalecus glesne, Asc. in Intern. Monats. f. Anat. u. Phys. 1901, Bd. XVIII Hefte */,estr., p. 4-43, tav. V. (4) S. Lo Bianco. Uova e larve di Trachypterus taenia BI. in Mittheil. Zool. Stat. Neapel, Bd. 19, 1909, p. 14. — Notizie biologiche riguardanti specialmente il periodo di maturita sessuale degli animali del golfo di Napoli, ibid., p. 757-758. (>) G. Mazzarelli. Larve e forme giovanili di Teleostei dello stretto di Messina in Riv. mens. pesce. idrobol. Anno ue (1910), p. 327. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA FAUNA ENTOMOLOGICA INDOCINESE a ICHTHYURUS pI R. GESTRO. . © La serie di Ichthyurus che il Signor R. Vitalis de Salvaza ‘ benemerito indagatore della fauna entomologica indocinese, mi ha recentemente inviato con l’incarico di farne oggetto di studio e di pubblicarne un elenco, per quanto piccola, non manca di pregio, tenuto conto della rarità di questi insetti nelle collezioni e delle caratteristiche interessanti della loro struttura. Questa serie si compone di sette specie, tra cui: tre già note, una della quale si conosceva soltanto il maschio, un’altra affatto nuova, bellissima e due non determinabili perchè rappresentate da esemplari unici e difettosi. È Della regione entomologicamente esplorata dal Signor Vitalis de Salvaza si conoscevano sei specie, cioè: macrurus, denticornis, Fruhstorferi, Henrici, opacus e picticauda (+); di queste egli ha ritrovato soltanto le due prime. Ma evidentemente questa fauna deve avere affinità con quella delle regioni confinanti e special- mente con quella dello Siam e dell'Alta Birmania e perciò è assai probabile che nelle sue future ricerche egli si imbatta con qual- cuna delle numerose specie raccolte da Leonardo Fea (?), come in. parte lo fa prevedere la presenza dell’ I. denticornis e dell’ 7. Feae nella collezione inviata, la quale comprende anche, come vedremo, |’ J. Mowhoti, in origine descritto sopra esemplari Siamesi. Da altra parte non si deve credere che gli sia solo riservata la cattura di forme già note; perchè il fatto dell’ essere . (1) Vedi: R. Gestro. Elenco degli Icrhthyurus. (Ann. Mus. Civ. Stor. Nat. Genova, XLV, 4911; p. 58. . (?) Viaggio di Leonardo Fea in Birmania e regioni vicine. XXXIV. Materiali per lo studio del genere Ichthyurus di R. Gestro (Ann. Mus. Civ. Genova, XXX, 1891, P.):000:)> 96 R. GESTRO la regione Indiana la più ricca di Ichthywrus fa presupporre che non gli mancherà la scoperta di cose nuove. Auguro quindi che egli abbia buona fortuna nelle sue esplorazioni e che il materiale che gentilmente vuole affidare alle mie cure sia d’ ora innanzi anche più cospicuo. Genova, dal Museo Civico, 4 Novembre 1918. : Ichthyurus Mouhoti, GESTRO Ann. Mus. Civ. Genova, XXX, 1892, p. 1025, fig. p. 1026. Otto esemplari raccolti in Maggio sull’Alto Mékorig tutti a Ban Pan, eccetto una femmina che è di Vien Poukha e porta il numero 2082. Degli otto, due soli sono maschi. I tipi della specie ( o 9 ) si conservano nel Museo Civico di Genova e provengono dal viaggio memorabile di Mouhot nel Siam. Ne ho esaminato anche una femmina raccolta da Wallace nella Penisola di Malacca, sul Monte Ophir. La figura annessa alla descrizione originale, rappresentante l’ultimo segmento addominale della femmina (loc. s. c., p. 1026) non è esatta. Ichthyurus macrurus., GESTRO Ann. Mus. Civ. Genova, XXX, 1892, p. 1037, fig. p. 1038. Questa specie fu descritta sopra un esemplare unico, di sesso maschile, ora custodito nella collezione Oberthùr; gli esemplari, in numero di tre, inviati dal Signor Vitalis de Salvaza sono invece femmine. È probabile che esse siano femmine del macrurus e la questione si risolverà se io potrò avere sotto occhio anche il maschio; nel frattempo ne faccio seguire la descrizione. Elongatus, capite nigro, nitidulo, tenue punctulato, facie flava , antennis fuscis, articulis primo et secundo totis, tertio infra, flavescentibus; thorace flavo, nitido, transverso, apice quam basi angustiore, margine antico medio valde porrecto, late rotundato, lateribus modice rotundatis, disco pone apt- cem transversim fortiter. depresso, ante basim late foveato; scutello flavo apice truncato-rotundato ; elytris nigro-piceis, humeris anguste, apice amplius flavis; alis fuscis, basi di- lutioribus; corpore subtus nigro, pectoris lateribus et abdo- ICHTHYURUS DELL’ INDOCINA 97 minis segmentis duobus basalibus anguste. flavo limbatis ; segmento ultimo abdominali crasso, late sed parum profunde diviso, spinis brevibus subconicis; pedibus fuscis, femoribus anticis infra flavescentibus. Q. Long. 13 !/, millim. Il capo è nero-piceo, alquanto lucente, con punteggiatura assai fine; la fronte è gialla e il giallo si prolunga un poco al disopra . dell’ inserzione delle antenne, restando separato dal nero secondo una linea orizzontale ; gli occhi sono distanti fra di loro ; le antenne sono scure con i due primi articoli per intero ed il terzo soltanto al disotto, giallastri. Il torace è giallo lucente, trasverso, più largo alla base che all'apice, coi lati leggermente arrotondati ed il mar- gine anteriore fortemente sporgente e arrotondato; il margine basale quasi dritto nel tratto prescutellare e sinuato ai lati; il disco è trasversalmente depresso dietro .il margine anteriore e con una larga depressione foveiforme davanti alla base; traccie di punti finissimi e irregolari si osservano a stento qua e la. Lo scudetto è giallo come il torace, troncato-arrotondato all’apice. Gli elitri sono nero-picei, opachi, alutacei, con un breve orlo giallo agli omeri e col tratto ristretto apicale parimente giallo’; «sono più larghi del torace e quasi due volte la sua lunghezza; la loro porzione apicale ristretta è fortemente incavata nel senso longitudinale. L’addome è largo, piuttosto robusto e inspessito specialmente in corrispondenza dell’ ultimo segmento, che è molto © largamente, ma poco profondamente diviso e colle punte brevi e quasi coniche; i due segmenti basali sono sottilmente marginati di giallo; il resto dell’ si lome è nero piceo. La presente descrizione è fondata sopra una femmina dell’ An- nam, dell’ Ottobre 1917, lunga 13 millimetri e mezzo; le altre due femmine, più grandi, che ho pure esaminato, sono dell’ Alto Mékong: Houei Sai, 5 Giugno 1918 (N.° 1899) e Vieng Vai, 10 Giugno 1918. Ichthyurus Vitalisii, n. sp. Albido-testaceus, nitidus, capite antrorsum infuscato, antennis fuscis, articulis primo, infra, secundo et tertio dilutioribus, elytris vitta marginali fusca humeros haud attingente, margine interno, sutura excepta, anguste fusco Ann. del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.3, Vol. VIII (10 Dicembre 1918.) yi; Dice dre Ne n A e CISTI SE pr ENTER 98 R. GESTRO limbato, alis hyalinis fusco marginatis, segmentis abdomina- libus supra utrinque nigro vittatis, ultimo apice infuscato ; femoribus intermediis supra fusco vittatis, libiis et tarsis ejusdem paris fuscis. Capite inter oculos valde incavato, tenuissime albo-pilosulo, oculis inter se valde approximatis, antennis gracillimis; thorace transverso, capite paullo angu- stiore, basi quam apice paullo latiore, lateribus fere rectis, margine antico porrecto rotundalo margine basali bisinuato, - disco pone apicem transverse late depresso, ante basim late foveolato ; elytris thorace latioribus, humeris prominulis , basi ad suturam depressis, parum dehiscentibus et apice parum angustatis, disco tenue et crebre punctulatis, apice alutaceis; abdomine elongato; segmento ultimo fere aeque longo ac lato, lateribus subrotundatis, apice parum profunde diviso, spinis triangularibus, supra crebre tenuissime pun- ctulato el linea media tenui longitudinali impresso; pedibus gracilibus, posticis valde elongatis, intermediis brevibus, femoribus fortiter inflatis, infra dentibus quatuor longis, apicem versus decrescentibus; tibiis ejusdem paris dila- tatis. g'. Long. 8 !/, millim. Q. Differt capite inter oculos haud incavato, oculis inter se magis distantibus, pedibus simplicibus et forma segmenti ultimi abdominis. ; E molto gracile, lucente, di una tinta generale bianchiccia tendente al testaceo, che sul capo specialmente in avanti, fra gli occhi, si fa più scuro; le antenne sono scure, i ire articoli basali sono biancastri, il primo però lo è soltanto nella sua parte infe- riore. Gli elitri hanno una striscia marginale bruna che lascia intatto l’omero e in addietro si allarga leggermente formando una specie di scalino poco dopo la metà e poi continuando si assottiglia e contorna la porzione deiscente dell’ elitro, estendendosi sul mar- gine interno fino a raggiungere la sutura, ove si arresta. I seg- menti addominali hanno su ciascun lato una striscia longitudinale nera, che va gradatamente diminuendo dal primo al penul- timo e su questo è poco marcata; l’ultimo ha soltanto le due punte scure..I femori dei piedi intermedii hanno sulla parte rigonfia una striscia longitudinale scura e sono pure scure le tibie. ed i tarsi dello stesso paio. ; ICHTHYURUS DELL’ INDOCINA 99. Il capo è coperto di peli esilissimi bianchi e fitti; fra gli occhi è fortemente incavato e questi sono grandi e molto avvicinati fra di loro; le antenne sono lunghe e gracilissime. Il torace è tra- sverso, un poco più stretto del capo, leggermente più largo alla base che all’ apice, coi lati quasi dritti, il margine anteriore sporgente e arrotondato, il posteriore bisinuato ; sul disco si osserva ‘ una larga depressione trasversale dietro il margine anteriore e una infossatura mediana, larga e non molto profonda davanti alla base. Gli elitri sono più larghi del torace, hanno gli omeri piuttosto spor- genti e alla base presso la sutura presentano una depressione ben marcata; all’ apice si ristringono moderatamente e la loro deiscenza non è forte; la porzione deiscente apicale è alutacea, il resto è scol- pito di punti finissimi e fitti. L’addome è notevolmente lungo; il suo ultimo segmento, esaminato dal disopra, si presenta quasi largo come lungo, ha i lati leggermente arrotondati e la sua divisione è poco profonda, determinando due punti brevi, di forma trian- golare; ha una scultura composta di punti sottilissimi e fitti ed è percorso nel mezzo longitudinalmente da una finissima linea im- pressa. I piedi sono gracili: gli anteriori assai corti, i posteriori molto lunghi; gli intermedii corti, con i femori molto rigonfii e armati internamente di quattro: denti assai lunghi, che decre- scono in lunghezza dalla base verso |’ apice; le tibie dello stesso paio sono dilatate, sopratutto nella loro parte mediana e schiac- ciate. Questa descrizione si adatta al maschio, la femmina ne - diffe- risce per il capo senza incavatura e gli occhi più distanti |’ uno dall’altro, per i piedi normali, senza femori rigonfiati e per l’ul- timo segmento addominale più corto e più largo. - È una specie ben distinta da tutte quelle che conosco e per la sua notevole gracilità e le sue tinte sbiadite tiene un posto da se, nè saprei a quale altra avvicinarla. Il Signor Vitalis de Salvaza, cui mi compiaccio dedicarla, l’ha scoperta nella provincia di Luang Prabang e ne ha raccolto due maschi e quattro femmine a Natung il 29 Marzo 1918 (N.° 2094) e una femmina a Muong Hai il 2 Aprile dello stesso anno. 100 R. GESTRO Ichthyurus Feae, GESTRO Ann. Mus. Civ. Genova, XXX, 1891, p. 564, fig. p. 565, 566. — Ibid. XXX, 1892, p. 1040. Vien Poukha, sull’ Alto Mékong, 6 Maggio 1918. Una femmina. La specie fu scoperta da Leonardo Fea sui Monti Carin, fra le vallate del Sittang e del Salween, ad un'altitudine fra 1900 e i 1100 m. s/m, ed i due esemplari tipici (Xe 9) si trovano nel Museo Civico di Genova. Un’ altra femmina da me osservata pro- veniva dallo Stato di Momeit (Alta Birmania) raccolta dal Doherty. I due esemplari del Mékong e di Momeit differiscono dal tipo pel colore generale più scuro e pel giallo tendente al ferrugineo, il che potrebbe anche dipendere dallo stato di conservazione, essendo quelli del Fea di una freschezza straordinaria; osservo anche nel primo che il giallo basale degli elitri si estende alquanto piu in addietro. | Ichthyurus denticornis, GESTRO Ann. Mus. Civ. Genova, XXVI, 1888, p. 121, fig. p. 122-123. — Ibid., XXX, 1891, p. 585, fig. p. 585 e 586. — Ibid., XXXIII, 1893, p. 385. — Notes from the Leyden Museum, XXVI, 1906, p. 235. Quattro esemplari, tutti dell'Alto Mékong: un maschio e una femmina di Houei Sai 2 Giugno e due femmine di Vien Poukha 8 Maggio (N.° 1778). Gli esemplari tipici provengono dal viaggio di Leonardo Fea nel Tenasserim settentrionale e furono raccolti gli uni a Meetan sul fiume Houngdarau, gli altri a Thagatà sul declivio occidentale del Monte Mooleyit. In seguito la specie fu ritrovata nell'Alto Tonchino, lungo il fiume Nero, da S. A. R. il Principe Enrico d’ Orleans. Quelli dell’Alto Mékong sono più scuri degli esemplari tipici. Altre due specie di Houei Sai (Alto Mékong) rappresentate da esemplari unici (9) e difettosi, non mi sembrano determinabili. PRIMO STUDIO DELLE SPECIE EUROPEE DEL GENERE = PRES SVOLirv.. PER AGOSTINO DODERO ru. G.No (Tavera LE) Sovente, nei tempi andati, mi si é presentata la occasione di cercare di determinare dei Dryops, però dopo ripetute prove e relativo spreco di tempo, mi trovai sempre, o quasi sempre, obbligato a rinunciare ad ottenere un soddisfacente risultato. Se alcune poche specie: striatopunctatus, viennensis, Ernesti, rufipes, sono facilmente riconoscibili, lo stesso non avviene per le altre, sia perchè esse sono relativamente molto somiglianti tra loro, sia per la incostanza dei caratteri esterni dei quali spesso si valsero i diversi autori per contraddistinguere le forme che man mano andavano descrivendo. Questa grande variabilità che si osserva in molte specie ha fatto sì che anche moderni autori di indiscusso grandissimo valore, hanno sovente confuso tra loro le specie di questo genere, e gli esemplari da loro determinati impro- priamente, sparsi nelle collezioni, hanno reso, per la autorità dei determinatori, ancora più arduo un soddisfacente studio sistema- tico di questi coleotteri. Ganglbauer per primo, nella sua opera magistrale sui coleot- teri dell’ Europa centrale, ha osservato e segnalato differenze nel- l’organo maschile di riproduzione, e dopo di lui Edwards ci dava nell’ Entom. Monthly Mag., 1908-1909, figure del pene di alcune specie, tra le quali una nuova da lui descritta; sicchè quando, nello scorso. anno, mi si ripresentò la opportunità di studiare dei Dryops, allettato dalle precedenti indicazioni che parevano giunte a buoni risultati, volli seguire la medesima via. Ripreparai pertanto parecchie migliaia di esemplari apparte- nenti a tutte le specie finora note di Europa, per esaminarne i pezzi chitinosi interni, e potei così avere una prova sicura della utilità di questa indagine, perchè subito mi apparvero le diffe- 102 A, DODERO renze che intercedono fra le diverse specie, e per contro la costanza grande nella forma del pene in una stessa specie. Un'altra osser- vazione mi occorse di fare ed è che non tutte le nostre specie sono munite nella 9 della lamina acuta e tagliente segnalata da L. Dufour e da Grouvelle, ma tre (lutulentus, subincanus e Costae) ne sono affatto prive, ed una (caspius) l'ha rudimentale ed inadatta allo scopo. Visto l’ esito lusinghiero delle mie ricerche, sollecitai comuni cazioni di materiale dai miei amici e corrispondenti, e tutti rispo- sero generosamente all’ invito, sicchè potei esaminare materiale assai copioso e proveniente da paesi diversi. Le condizioni del mondo in questi anni mi hanno però reso impossibile di vedere grandi serie di esemplari dell’ Europa cen- trale e dell’ Oriente, tuttavia suppongo che possa interessare ai miei colleghi di conoscere i risultati già ottenuti, tanto più che tutte le specie finora descritte e indicate come viventi in Europa, sono già passate sotto ai miei occhi. Ho fatto quindi ricorso all’ amico Sig. Armando Baliani, inca- ricandolo dei disegni degli organi maschili di ogui specie, ed egli coll’ usata abilità e precisione, ha preparato la tavola annessa alla presente mia nota. A Lui ancora una volta i miei più vivi rin- graziamenti. E gratitudine vivissima io debbo alla memoria del compianto mio amico Sig. Antoine Grouvelle, di cui tutti hanno conosciuto la rara competenza, e che volle mandarmi in comunicazione il ricco e prezioso materiale della sua raccolta. Debbo inoltre ringra- ziare tutti quelli, Direttori di pubblici Istituti e privati, che mi inviarono materiale per lo studio ed in modo particolare i Signori: D. Alfredo Andreini, Rev.® D. Luigi Bigliani, Marchese H. du Buysson, G. C. Champion, Charles Fagniez, Prof. Andrea Fiori, Rev.° don J. M. de la Fuente, Prof. R. Gestro direttore del Museo Civico di Genova, Prof. A. Hustache, H. Lavagne, Gius. Leoni, P. Luigioni, C.. Mancini, C. Minozzi, Prof. F. S. Monticelli diret- tore del Museo Zoologico della R. Università di Napoli, D." H. Nor- mand, P. de Peyerimhotf, Achille Raffray, Enrico Ragusa, Prof. A. Razzauti, Dottor D. Sharp, A. e F. Solari. A tutti, che col loro concorso resero più facile il presente lavoro, |’ espressione del mio animo grato. Genova, 1.° Novembre 1918. SUL GENERE DRYOPS . 108 Dryops striatopunetatus, Heer. “Tra le specie europee è questa facilissima a riconoscersi e non è possibile confonderla con qualsiasi altra, poichè nessuna presenta una scultura delle elitre simile a quella di questa. Essa è formata di nove strie marcate di grossi punti assai regolari e profondi anche.nella regione apicale; i punti degli intervalli sono invece molto più fini, sicchè quelli delle strie appariseono subito ad un «esame anche rapido e superficiale. Il pene è relativamente molto allungato, gracile, e la parte basale, molto incurvata, è assai più lunga di quella apicale -(fig. 1), È la specie più grande dei nostri paesi. Io ne ho potuto esaminare esemplari delle località seguenti : Francia: H." Savoie: Naves (coll. du Buysson); Isére : Entre-deux-Guiers (V. Planet); Basses-Alpes: La Bléone (de Pe- yerimhoft ). i Italia: Molise (G. Leoni); Lazio: Aniene; Abruzzo: Termi- nillo; Abetone Pistoiese (G. Botto, in coll. Hustache); Marche: Fano; Emilia: Guiglia (coll. Fiori), Collagna (Kerim); Garfagnana : Castelnuovo ; Lombardia: Montecapraro (Fr. Solari); Piemonte: Ponte di Nava (coll. Fiori), Limone (Baliani); Trentino: Monte Rimà | Giudicarie] (C. Mancini); Rovereto (Halbherr); Veneto: Premariacco. pr. Cividale (Andreini). Austria-Ungheria: Moravia; Herkuleshad. Dryops viennensis, Heer. e Anche questa è specie molto facilmente riconoscibile per la - forte punteggiatura delle elitre, disposta in modo confuso su tutta la superficie di esse, ed insieme per il corpo di statura relativa- mente grande, sensibilmente allungato e moderatamente convesso. Le antenne alla loro base sono più vicine tra loro che nella specie precedente, ma un poco meno che nelle seguenti. La pubescenza eretta del corpo, ordinariamente molto oscura, è un poco più breve di quella dello sériatopwnclatus e molto più breve di quella delle specie seguenti che le sono affini. Il pene è un poco più corto, ma più robusto di quello della specie precedente, lo stilo mediano della porzione apicale è alquanto dilatato nel suo ultimo terzo e distintamente: più breve delle paramere (fig. 2). N 104 A. DODERO Il D. viennensis sembra essere molto raro in Italia, io non ebbi occasione che di vederne che di una sola località. Ne vidi rappresentanti raccolti nei seguenti paesi : ‘ Spagna: Valle d’Aran, Seo de Urgel (coll. Hustache). Francia: Bassi Pirenei: Licq-Atherey ; H.'* Garonne: S.* Gau- dens (Hust.); Ariége: Foix (Normand); Pirenei orient.: Amélie- les-Bains (Hust.); Tarn: Albi (Lavagne); Allier; H.t° Savoie: Naves (du Buyss.); Isére: Entre-deux-Guiers (V. Planet); Drome: Ombléze (Argod); Vaucluse: La Bonde (Fagniez); Alpes-marit.: S. Martin Vésubie (Hust. ). Italia: Veneto: Premariacco presso Gividale (Andreini). Austria-Ungheria: Vienna; Carniolia: Radmannsdorf; Boemia: 3randeis s/E.; Moravia: Paskau; Ungheria: Marmaros. Germania : Baviera: Erlangen. Caucaso: Una © col nome di caucasicus Ball. i. 1. (ex coll. Reitter) e colla sola indicazione di provenienza: Mes. Altra 9 con etichetta: Ca. occ.: Atschischk. alp. Stark; entrambe nella coll. Grouvelle. Dryops nitidulus, Heer. Simile al precedente per la punteggiatura forte e confusa delle elitre, ma ben distinto per la pubescenza eretta molto piu lunga e più chiara, il corpo molto più breve e largo ed assai più forte- mente convesso e la punteggiatura meno densa. Il pene (fig. 3) è meno robusto, e la parte apicale è proporzionalmente al pezzo basale molto più lunga che nel D. viennensis. Lo stilo mediano non presenta dilatazione verso I’ apice. È specie relativamente poco frequente; le provenienze di essa che ho potuto constatare sono le seguenti : Inghilterra: Lancashire: Freshfield (F. Zipper). Francia: Pirenei orient.: Soréde, Argelés-sur-Mer (Normand); Rhone: Le Garon (Hust.); Basses-Alpes: Fontaine de Couar (Pe- yerim.); Hautes Alpes: Embrun. Italia: Piemonte: Torino, Balme in Valle di Ceres (De Marchi); Serravalle Scrivia (D." Caneva); Veneto: Stra (Fiori); Trento (Bertolini); Marche: Fiumesino. Austria-Ungheria : Salzburg; Carinzia; Moravia; Mondsee (Ganglb. ). x SUL GENERE DRYOPS 105 Germania : Baviera: Erlangen. Romania: Azuga (Montandon). . Macedonia: Vodena (Schatzmayr). PA FICO Dryops italicus, n. sp. Somigliantissimo alla specie precedente, è stato finora con essa ‘ confuso, se ne distingue però, con un accurato confronto, per il corpo più parallelo, le elitre proporzionalmente più lunghe e sopratutto poi per la conformazione del pene (fig. 4) che è assai LI | più gracile, specialmente nel pezzo basale; questo è proporzio- x nalmente più lungo e per contro la porzione apicale è molto più breve, meno attenuata verso |’ apice, lo stilo mediano è dilatato nell’ ultimo terzo, e le paramere viste di fianco sono molto più robuste. Inoltre se si osservano esemplari non depilati, esaminan- doli dall’avanti all’indietro si vede che la lunga pubescenza eretta è nella nuova specie sensibilmente irregolare in lunghezza mentre nel nitidulus essa è abbastanza regolarmente di uguale lunghezza. Non ho veduto di questa specie che pochi esemplari, tutti pro- venienti dall’ Italia centrale o meridionale e precisamente dalle località seguenti: Abruzzo: Gran Sasso, Majella; Umbria: Rieti, Gubbio; Molise. Un esemplare che forse appartiene a questa specie, ma che non potei controllare per il suo stato poco buono, fu raccolto dal Prof. Fiori a Loiano (Emilia). Dryops Ernesti, Gozis. E specie molto affine alle due precedenti per il corpo relati- x vamente breve, largo e convesso, essa però è ancora più larga e | più convessa, la sua pubescenza eretta è più scura, sovente nera, e la forma del torace è nettamente distinta. I suoi lati sono mag- giormente ristretti in avanti, e nei due terzi anteriori essi sono pressochè retti invece di essere anche in questa parte sensibil- mente incurvati come nelle specie vicine. Infine si osservano quasi sempre in questa specie traccie di solchi sulle elitre, larghi e poco profondi, specialmente marcati verso la base; questi solchi man- cano totalmente, o sono appena percettibili nelle due specie che con questa hanno maggiore somiglianza. 106 A. DODERO Il pene (fig. 5) è molto diversamente costrutto: la porzione basale è assai breve e quasi retta e lo stilo mediano della parte apicale è dilatato nel mezzo in modo da presentare una forma quasi di fuso. i Il D. Ernesti pare largamente sparso specialmente nelle regioni montuose; io |’ ho visto di: Spagna: Catalogna: Caldas de Bohi (Zariquiey). Francia: Basses Pyrén.: Pau, Bétharram; H.* Pyrén.: Lourdes, Gavarnie, Bagnéres de Bigorre; Ariége: Foix; Pyrénées orient.: La Preste, Bourg Madame; Hérault: La Salvetat; Lot et ‘ Garonne: Sos; Dordogne ; Seine: Chaville; Vosges; Loire: M.* Pilat; Haute Loire: Fix (Hust.); Alpes mar.: S.f Martin Vésubie. Italia : Piemonte: Madonna delle Finestre, Certosa di ‘Pesio, Garessio, Crissolo, Giaveno, Borgofranco d'Ivrea, Gressoney, Ayas, Varallo; Lombardia (Meda); Trentino: Lodrone; Veneto: Montello; Liguria: Monte Misurasca; Emilia: Monte Cimone; Toscana : Bosco- ” lungo Pistoiese; Lazio: Filettino. Austria-Ungheria: Vienna, Neutraer Com. Germania: Hamburg (V. Zoufal). Romania: Azuga, Predeal. Dryops rufipes, Kryn. Per la punteggiatura delle elitre piu forte si avvicina alle quattro specie precedenti, per la pubescenza eretta più breve ha invece affinità colle seguenti; per l’ insieme dei due caratteri è molto agevole il riconoscerla anche con rapido esame. È quella, fra le nostre specie, che raggiunge la più piccola statura, tro- vandosi talvolta esemplari che stentatamente arrivano ai 3 milli- metri di lunghezza. - Il pene è molto diverso da quello delle altre specie: la por- zione basale è molto fortemente incurvata e l’apicale presenta al disotto una gibbosità assai sensibile che non ‘si osserva in altri casi. Però ho osservato che gli esemplari dei paesi orientali pre- sentano quasi sempre (le eccezioni mi sono sembrate molto rare) la parte apicale di larghezza alla base poco dissimile di quella della parte basale all'apice, la gibbosità inferiore di essa più pros- sima alla base, lo stilo mediano dilatato soltanto nei ?/, apicali e v le paramere, viste dal disopra, bruscamente attenuate al primo SUL GENERE: DRYOPS 107 terzo della loro lunghezza (fig. 6). A questa forma io credo si debba riferire il D. ;t'ufipes Krynicky, e di essa ho esaminato esemplari di : Grecia: Naxos (Schatzmayr). Caucaso: Lenkoran. Stiria: Aleppo; Gerico. Invece gli esemplari provenienti da regioni più occidentali pre- — sentano con una costanza, che io ho finora riscontrata assoluta, la porzione apicale del pene assai più stretta alla base (vista supe- riormente) dell’ apice della parte basale, la gibbosità inferiore di essa più prossima alla metà, lo stilo mediano dilatato in quasi tutta la sua lunghezza in modo da avere una forma quasi perfet- tamente di fuso, ed infine le paramere sono attenuate in modo assai più uniforme dalla base fino all'apice. A questa forma (fig. 7) appartiene indubbiamente il D. pélosellus Er. finora tenuto come sinonimo della specie descritta dal Krynicky, mentre essa, a parer mio, ne rappresenta una razza geografica assai ben caratterizzata. Le provenienze osservate per il D. rupipes var. pilosellus Er. sono: Italia: Livorno, Pisa, Maccarese presso Roma; Emilia: Persi- ceto, S. Felice, L. Santo (Fiori). Austria-Ungheria : Vienna, Rohrwald, Ungheria: Lago di Neusiedl. 5 Germania (senza indicazione più precisa). Grecia: Cephalonia, Nauplia (Kiesw.). Caucaso (Leder, in coll. A. Grouvelle). Dryops striatellus, Fairm. La grande somiglianza che questa specie ha con alcune forme estreme della seguente ha fatto si che da diversi autori essa è .stata considerata come identica e passata perciò in sinonimia. Ma dall’ esame del pene (fig. 8) si vede subito quanto ciò sia inesatto. Questo è assai meno robusto, la parte apicale è molto più lunga e stretta, lo stilo mediano è in forma di fuso allungato, le para- mere sono nel terzo basale molto larghe e per lungo tratto con- tigue. Anche senza la ispezione degli organi maschili si. può quasi sempre separare con certezza il D. slriateilus dall’algiricus per ( LE I è. es ay 108 A. DODERO il corpo più convesso e più tozzo, la pubescenza eretta più scura e più lunga, i solchi delle elitre più marcati e più regolari, la punteggiatura di esse più grossolana e meno densa. Questa specie pare sia esclusivamente abitante della Francia e dell’ Inghilterra meridionale. Ho visto due 9 provenienti dall’Andalusia (coll. A. Grou- velle) ed una di Tangeri (coll, Peyerimhoff) che forse appartengono a questa specie, credo tuttavia preferibile di attendere l’esame di esemplari ¢ avanti di ammettere |’ esistenza del D. striatellus in tali paesi. Ho poi ricevuto da un mercante alcuni esemplari colla indicazione: Corsica, ma dubito assai che per questi sia avve- nuto qualche confusione di provenienza. Il D. striatellus abita con certezza nelle seguenti località: Francia: Calvados; Fontainebleau, S.t Germain en Laye, Allier: Brout-Vernet, Pyrénées (coll. A. Grouy.). Inghilterra: Hants: Sway, Ramnor (D.” Sharp); Surrey : Woking (Champion). Dryops algiricus, Lucas. Se le profonde modificazioni nella forma degli organi maschili provano all'evidenza la differenza specifica fra il D. algiricus e lo striatellus, io non potei trovare caratteri validi per separare dal primo il D. hydrobates Ksw:, neanche a titolo di varietà. Poichè se il tipo dell’algiricus è descritto come avente le elitre striate (4) mentre l’ hydrobates non offre traccia di strie, sono tanto frequenti le forme di passaggio e tanto spesso si trovano insieme esemplari a strie più o meno visibili, che tale carattere perde ogni importanza. È (1) La figura di Lucas (Expl. sc. Alg. Coléopt. Atlas t. 23 f. 1) non pare molto felice poichè la forma del corpo non somiglia troppo a quella della specie che è con- siderata da tutti per il vero algiricus e si potrebbe supporre piuttosto che essa rap- presenti un D. sulcipennis Costa. Anche le strie. delle elitre sono .in questa figura molto più marcate che in qualsiasi esemplare di D. azgiricus che io abbia veduto, e sono anche più forti che quelle degli esemplari maggiormente scolpiti del swicipennis. Non credo però si possa ritenere il D: algiricus Lucas uguale alla specie di Costa perchè l’ autore nella descrizione dice dei punti delle elitre che essi sono: « plus grands, plus profondément marqués et -moins serrés » che nel prolifericornis Fabr. (auriculatus Geoffr.) carattere che ben si adatta alla specie di cui si parla in questo articolo e non si riscontra invece nel szlcipennis. Inoltre il Sig. Bedel, che ha potuto esaminare i tipi di Lucas, liha trovati nello aspetto così somiglianti a quelli dello striateltus Fairm. da fargli ritenere per iden- tiche le due specie (Ann. Soc. Ent. Fr. 1877. XIX), cid che non sarebbe indubbiamente avvenuto se lV’ alyiricus Lucas fosse uguale al sulcipennis Costa. La figura dell’an- tenna, data da Lucas, prova la poca esattezza colla quale tali disegni furono eseguiti. SUL GENERE DRYOPS 109 Le differenze colla specie precedente furono già accennate; dalla seguente si distingue sopratutto per la forma del pene (fig. 9) e dalle successive per la punteggiatura delle elitre meno densa. Ho però avuto occasione di vedere cinque esemplari (tre algerini etichettati Géryville o Algeria, senza indicazione più precisa, e due di Siria: Bosra d’ Edom) che per la forma del pene apparten- gono indubbiamente all’ algivicus, ma che hanno la punteggia- tura delle elitre molto più densa, ed una statura un pò maggiore dell’ ordinaria. Credo utile nominare questa forma D. algiricus var. Antonii in memoria del compianto amico e dotto specialista in a questa famiglia, Ing. Antoine Grouvelle. Le provenienze degli esemplari di D. algiricus da me esami- nati sono le seguenti : Spagna : Mi Pozuelo de a Catalogna: Can Tunis, Mallorca: Puig Major. Francia: Lot et Garonne: Sos, Pyrén. orient.: Argelés-sur- Mer, Hérault: Lattes, La Boissiére, Gard: Sommiéres, Aigues- mortes, Camargue, Aix en Provence, Vaucluse: Mont Luberon, Hyeres, Cannes, Le Var, Loire infer.: Le Croisie, Vienne: Cha- _ tellérault, Corsica. Italia: Genova, Pisa, Grosseto, Isola del Giglio, Roma, Mur- | gie: Grottaglie: Sardegna: Cagliari, Quartu -S. Elena, Assemini, Santadi, Gonnesa, Fluminimaggiore, Domusnovas, S. Sperate, La- coni, Ozieri, Ploaghe, Golfo Aranci; Sicilia: Lentini, Lago Quat- trocchi. Marocco: Chkaouien presso Larrache. Algeria: Blidah, Lago di Mouzaia, Constantine, Philippeville, Medjez-Amar. Tunisia: Le Kef, Souk el Arba, Kebilli, Ain Drahan. Siria: Kab Elias (coll. Grouv.). Dryops Championi, n. sp. Tra i Dryops cortesemente inviati per lo studio dal Sig. G. C. Champion ho osservato una serie poco numerosa di esemplari rac- colti a Bejar, i quali insieme ad alcuni caratteri che li facevano somigliantissimi al D. algiricus, presentavano nell’ organo ma- schile (fig. 10) una forma quasi identica a quella della specie seguente. Questi esemplari sono quasi tutti di statura sensibil- 110 A. DODERO mente minore di quella ordinaria nell’ algiricus e il torace è in | essi un pochino ristretto sui lati in prossimità della base. Anche la punteggiatura del torace pare più densa, mentre quella delle elitre non presenta sensibile differenza. Non si può invece confon- dere coll’ intermedius, col quale ha comune la forma del pene, per la statura molto minore, il corpo più convesso, la forma del torace, i tarsi più lunghi, specialmente quelli delle 4 gambe poste- riori, e le elitre costantemente, per quanto superficialmente, striate, con punti, evidentemente maggiori di quelli degli inter- valli, sparsi irregolarmente nel fondo di queste strie. La lunghezza della massima parte degli esemplari osservati si aggirava fra i 3 1/,-3 4/, mill., però ne vidi alcuni pochissimi che raggiunge- vano i 4 mill. Spagna: Bejar (collez. Champion e mia). Dryops intermedius, Kuw. _ Kuvert ha descritto questa specie mettendola nella sua tavola sinottica tra quelle che hanno sulle elitre regolari serie di punti più grossi; nel descriverla dettagliatamente però dice che questi grossi punti sono quasi cancellati e che la pubescenza è uguale a quella del Zuridus Er. Io ho potuto studiare due 9” che sono stati nominati intermedius dal Kuwert stesso (portavano entrambi etichetta di mano dell'autore) e se essi corrispondevano bene alla descrizione per la pubescenza ed altri caratteri, io non potei osser- vare i grossi punti superficiali cui egli accenna. Ritengo però che i due esemplari, entrambi italiani (S. Remo | collez. Grouv. | e Sicilia | collez. Ragusa |), fossero ben determinati, e che i grossi punti indicati da Kuwert fossero casuali in qualche esemplare da lui veduto. Io ebbi occasione di esaminare nunierosi esemplari di questa specie, provenienti sopratutto dalla Francia meridionale e dalla *Spagna e in nessuno osservai tali punti. Un solo gf rac- colto al M. Sinai dal mio amico Sig. Peyerimhott ha invece sulle elitre distinti quei larghi solchi superficiali che non osservai in alcun altro esemplare di questa specie, ma che sono piuttosto frequenti nel 2uridus ed in parecchie altre specie del gruppo. Poichè uno dei caratteri più costanti e quello che permette spesso di riconoscere la presente specie e separarla dalle vicine è appunto la scultura delle elitre che è formata di punti netti, abbastanza ca) “SUL GENERE DRYOPS a 111 - profondi, uniformi, e densamente sparsi su di una superficie asso- lutamente ‘regolare anche sui lati delle elitre, e senza traccia. di strie e lespore solcature longitudinali, se nen, talvolta, presso la base delle stesse. Le eccezioni, gli esemplari cioè che mostrano traccie di strie, sia sui lati, sia sul disco elitrale, sono in minima | proporzione, e in questi casi solo l'osservazione del pene può accer- tare la pertinenza specifica dell’ esemplare in esame. | Il pene (fig. 11) in questa specie è conformato in modo con- simile a quello del duridus Er., però lo stilo mediano della parte ‘apicale è fusiforme, cioè progressivamente dilatato dai due estremi fino alla metà, e le paramere sono molto dilatate e contigue nel quarto basale. Come ho detto, la specie che precede ha questo organo di forma quasi perfettamente uguale a quella ora indicata, però, nel D. intermedius, tutto l'insieme è proporzionalmente più robusto e la parte basale del pene è in relazione colla parte ‘apicale, proporzionalmente più corta. Il D. intermedius non ha, per quanto ho potuto vedere, grande variabilità di statura, che si aggira attorno ai 4 '/, mill. sicché essa è nettamente superiore a quella media del D. luridus Er. Gli esemplari passati sotto i miei occhi provenivano dai paesi seguenti : Isole Canarie: Canaria (Alluaud, in coll. A. Grouvelle). Spagna: Andalusia: Las Navas, Pozuelo de Calatrava, Madrid, El Pardo, Catalogna: Montnegre. Ò Francia: Hautes Pyrénées; Aude: Carcassonne; Pyrénées orient: Mas Christine, Forét de Soréde, Collioure, Banyuls, Port- . Vendres; Aix en Provence; Alpes marit.: Le Var, La Siagne. Italia: San Remo (Schneider); Sicilia (Ragusa). Algeria: Terni presso Orano, Tlemcen. Tunisia: El Feidja (Normand). Egitto: Suez. Arabia: Sinai: Djebel Serbal (esemplare a scultura delle elitre insolita). | Dryops luridus, Er. E questa una specie assai largamente sparsa e comune, è però molto variabile nell'aspetto e nella scultura delle elitre, che spesso presentano, almeno ai lati, traccie di leggerissime strie longitudi- nali, le quali in qualche esemplare sono molto più distinte, e notate pid 112 A. DODERO sul fondo da punti superficiali assai più grandi di quelli vicini. La pubescenza, ordinariamente fulva, prende in alcuni casi una î tinta alquanto più chiara tendendo così ad avvicinarsi al colore della specie seguente. Questa variabilità rende talvolta difficile la determinazione, ed allora a togliere ogni dubbio, bisogna ricor- rere alla ispezione dei caratteri sessuali del ©. Il pene (fig. 11) è ben diverso da quello delle specie prossime. Le paramere sono fortemente dilatate soltanto all’ estrema base e solo in quel punto sono contigue, sicché lo stilo mediano, che non è punto fusiforme come nella specie precedente, ma molto più stretto, più parallelo e appena dilatato nel terzo apicale, quasi raggiunge alla sua base l'apice del pezzo basale. Questo è sensibilmente più tozzo ed in confronto colla parte apicale è un pò più lungo che nella specie precedente, mentre è molto più robusto che quello della specie che segue. Rey ha dato dei nomi a diverse varietà di colore e son ma la grandissima instabilità dei caratteri che sono serviti a cui derle, mi fa ritenere tale aumento nella nomenclatura come asso- lutamente superfluo. Ho esaminato esemplari di D. luridus raccolti nelle località seguenti : Madera: (Noualhier, in coll. A. Grouvelle). Portogallo: S. Martinho d’Anta. Spagna: Bejar; Casayo; Sierra de Oneija (prov. Orense ) ; Valle d’Aran: Lés; Seo de Urgel; Catalogna: Montseny, Mont- negre, Las Blanas: Inghilterra: Isola Sheppy. Francia ; Pau; Lourdes; Bagneéres de Bigorre; Ariége: Aubert, Foix, Serres; Tarn: Castres, Salvages; Pyrén. orient.: Collioure P.* Vendres, Argelès-s-Mer, Elne, La Preste, Soréde; Hérault; Var: Agay; Alp. Marit.: Cannes, Vence, S.t Martin Vésubie ; Basses Alpes: Annot; Vaucluse: Avignon, La Bonde; Ardéche : Vals; Loire: M.' Pilat; Rhone: Le Garon; Allier: Broùt Vernet; Jura: Dole; Montreuil presso Parigi; Pas de Calais: Le Crotoy; Corsica. Italia: Liguria: Tenda, Verzi Pietra, Finalmarina, S." Giu- stina, Carcare, Genova, Monte Portofino, Fontanigorda; Piemonte: dio di Valdieri, Val Pesio, Cuneo, Borgofranco d’Ivrea, Coazze; Toscana : allo di Garfagnana, Camaiore, isola del dui SUL GENERE DRYOPS #18 Roma; Sardegna: Cagliari, Santadi, Laconi, Monte Gennargentu, Dorgali; Sicilia. Svizzera: Wiesenthal presso Basilea. Polonia: Varsavia. Algeria (Vauloger). Marocco orient.: Ras Foughal (Peyerimhoff). ATEI Dryops griseus, Er. Molto simile al precedente, se ne distingue ordinariamente per il corpo più convesso, la punteggiatura delle elitre un pò più fina‘e densa, e la pubescenza eretta costantemente più chiara, grigio-cinerea. Il pene (fig. 13) è molto diverso: la parte apicale è più lunga, più appuntita, le paramere sono fortemente dilatate e contigue per buon tratto avanti la base, poi sono rapidamente assottigliate invece di esserlo in modo graduale come nel Zuridus. Il D. griseus è descritto di statura relativamente grande, più grande di quella del Zuridus, e così pare sia abbastanza costan- temente nei paesi più settentrionali. Invece nel mezzogiorno d’Eu- ropa e nell’Africa settentrionale la specie è sempre (non vidi che pochissimi esemplari facenti eccezione) di statura molto minore e sensibilmente più piccola di quella media del D. luridus. Non potei però riscontrare alcuna differenza, oltre a questa, che auto- rizzasse a ritenerla come forma distinta e perciò mi astengo dallo indicarla con un nome speciale. | Le provenienze dei D. griseus che ho esaminati sono le seguenti : Spagna: Pozuelo de Calatrava; Catalogna (esemplari piccoli). Inghilterra: Hants: Sway (esemplari grandi). Francia: Avignone (es. piccoli); Basses Alpes: Lac de Dor- milhouse (esemplari grandi, robusti, e più convessi dell’ ordinario); Corsica (es. piccoli); Pas de Calais: Le Crotoy (es. grandi). Italia: Spezia (es. piccoli), Tombolo presso Livorno (es. grandi - i soli che vidi d’ Italia), Pisa, Livorno: Calambrone, Roma: Maccarese, Fiumicino, Nettuno, Napoli; Sardegna: Carloforte, Fluminimaggiore, Laconi, Ploaghe, Sassari. Algeria: (senza località precisa). Tunisia: Souk el Arba, Bulla Regia, Le Kef (es. piccoli). Siria: Kaifa, Libano (es. grandi). Caucaso: Lenkoran (es. grandi). Turkestan; Samarkand: (es. grandi ). Ann. del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.8, Vol. VIII (15 Febbraio 1919). 8 114 A. DODERO Dryops anglicanus, Edw. Ho veduto quattro soli esemplari di questa specie assai rimar- chevole e distinta. Essa è di grande statura, non minore dei più grandi esemplari di griseus e di auriculatus, molto robusta e convessa. La punteggiatura è simile a quella del griseus, pero nei pochi esemplari esaminati essa mi parve, specialmente sul torace, alquanto più fina e più densa. Ma ciò che caratterizza in modo indubbio questa specie è il pene (fig. 14) senza confronto il più sviluppato e robusto di tutte le nostre specie. Lo stilo me- diano della parte apicale ha pure una forma tutta speciale, essendo nella sua metà anteriore dilatato in forma di ferro di lancia. Degli esemplari esaminati, tre provenivano dalla località tipica : Horning (Inghilterra orient.), il quarto, inviato molti anni innanzi dal Kelecsényi con un nome inesatto, portava la etichetta di « Caucaso », ma io ritengo tale indicazione tanto errata quanto la prima determinazione. Dryops auriculatus, Geoffr. Molto simile al D. griseus , però il corpo è alquanto più stretto e parallelo, e sovente le elitre non mostrano alcuna traccia di strie longitudinali che con maggiore frequenza si osservano nel griseus. La punteggiatura delle elitre, negli esemplari dell’ Eu- - ropa media od occidentale che ho esaminati, è un pò più fina che quella del griseus, ma gli esemplari della Russia e del Caucaso da me veduti hanno invece tale punteggiatura ancora più forte- mente marcata. Non potei osservare forme di transizione , per cui, se tale differenza si mantiene abbastanza costante, mi pare che il D. hirsutus Seidl., descritto appunto su tale carattere, debba essere considerato come una. buona varietà, o razza geografica orientale, e non quale semplice sinonimo del D. auriculatus. Un piccolo carattere, che mi pare possa spesso aiutare a rico- noscere il D. auriculatus tra le specie vicine, risulta dalla forma degli angoli anteriori del torace che sono un poco più acuti e sporgenti che non siano nelle altre specie, in ogni modo nei casi dubbi si potrà ottenere sicurezza dall’esame del pene, che in questa (fig. 15) è molto caratteristico per la parte apicale netta- DI RARA n A NEI i SUL GENER® DRYOPS HES mente dilatata all’esterno nella sua prima metà, sicchè essa è in questa ben più larga dell’apice della parte basale del pene. Questa è relativamente lunga e un poco incurvata presso la base. Non vidi alcun esemplare di questa specie raccolto in Italia, benchè sia probabile essa vi si trovi; gli esemplari esaminati venivano dai paesi seguenti : Inghilterra; Hants: New Forest, Sway. Francia: Pyrén. orient.: Montlouis; Orléans; Paris; Haute Marne: Forét du Val; Lyon; Isére: Entre-deux-Guiers. | Svizzera: La Chaux de Fonds. Germania: Francoforte sull’ Oder. Ungheria: Neusiedl, Kalocsa. Russia: Gov. di Pietroburgo: Narwa (var. Rirsutus). Caucaso: Lenkoran (var. hirsutus). Dryops sulcipennis, Costa. Grazie alla cortese comunicazione del Prof. Monticelli potei esaminare il tipo di questa specie che si conserva nel Museo di Napoli da lui diretto. Questo tipo è un g ed ho potuto così accer- tare senza aleun dubbio anche i caratteri sessuali, che presentano una conformazione particolare. Il pene (fig. 11) è molto sviluppato, la sua parte basale, di lunghezza poco meno che doppia della parte apicale, è molto incur- vata nella sua prima metà, le paramere hanno il lato. superiore interno assai poco incurvato, in gran parte quasi parallelo, lo stilo mediano, che è ad un livello inferiore, è sottile nella porzione basale e un poco dilatato verso I apice. Nella grande maggioranza dei casi questa specie è anche facile a riconoscersi per i suoi caratteri esterni. Il corpo è moderata. mente convesso, di colore ordinariamente più chiaro specialmente alle elitre, la pubescenza del fondo è di color giallo dorato, sopra- tutto quella del capo e del torace, e le elitre sono quasi sempre marcate di 9 strie larghe e nette, talvolta abbastanza profonde, nel fondo delle quali si osservano dei punti più grossi ma super- ficiali disposti in serie alquanto irregolare. I tarsi poi, special- mente i quattro posteriori sono nettamente più brevi di quelli: della specie precedente. Il D. sulcipennis è specie meridionale, io non ne vidi che ’ an aaa A. DODERO d’Italia e delle regioni settentrionali occidentali dell’Africa, sup- pongo però che esso si troverà pure nella penisola iberica. Le provenienze accertate sono le seguenti : Italia: Piemonte: Valmontone; Toscana: Arni (Alpi Apuane), Pisa, Sinalunga; Abruzzo: Cerchio; Basilicata; Calabria: Corace, Catanzaro, Fiume Alli; Sardegna: Oliena (tipo!), S. Basilio pr. Cagliari, Asuni, Santo Lussurgiu, Perfugas, Terranova Pausania; Sicilia: Messina, Palermo, Ficuzza, Madonie, Castelvetrano. Algeria: Biskra (esempl. piccoli in coll. Champion), Con- stantine. ; Tunisia: Le Kef, Ghardimaon, Teboursouk, Souk-el-Arba, Bulla Regia, Kairouan, Kebilli. Dryops caspius, Ménétr. Tutti gli autori moderni hanno ritenuto questo insetto come una semplice varietà del lutulentus Er., ed alcuni anzi lo hanno considerato addirittura quale sinonimo; le difterenze che separano le due specie sono però tanto apparenti e costanti che un siffatto modo di vedere è, a mio parere, assolutamente da escludersi. Il D. caspius Mén. (+) è di statura maggiore del lutulentus, meno convesso, a pubescenza più fina e di colore grigio cinerino, i tarsi sono molto più gracili e la punteggiatura molto meno densa, sopratutto quella del torace, Il pene poi (fig. 20) è molto più gracile, benchè di lunghezza maggiore, e le due parti, basale ed apicale, sono questa molto più lunga, quella proporzionalmente assai più breve che nel lut¢ulentus. L'insieme della parte apicale è inoltre più stretto e più parallelo. Infine questa specie forma quasi il passaggio fra tutte quelle che precedono e il gruppo seguente, perchè la robusta lamina. chitinosa che serve, alle 9 (4) Kuwert ha distinto un D. caspiws Mén. che ha considerato uguale al su%vin- canus Rttr. ed nn D. caspivs Fald. che ha ritenuto come specie distinta. Però Fal- dermann non ha descritto affatto una specie diversa da quella di Ménétriés, egli non fa che riportare (Faune trans. c. I. 232) testualmente le parole diagnostiche di Méné- triés, aggiungendone altre per maggiore sviluppodella descrizione.Faldermann, come Ménetriés, assegna al D. caspius (non caspicus) una lunghezza di due linee, cioè oltre 4 mill.; Kuwert la dice di 3,5 a 4 mill. Inoltre egli dice che il caspicws non ha traccia alcuna di strie o righe di punti, mentre Faldermann e Ménétriés dicono'en- trambi « elytris. . . regulariter striatis ». — Che cosa sia il D. caspicus Kuw.'non ho potuto verificare, ritengo però che esso sia, se non identico, almeno una forma molto vicina al rufipes Kryn. ‘ ti MESERO REI Vo Secs 6 UK as alc I Lar ahs ee hag n 1 . SUL GENERE DRYOPS LIT delle specie già enumerate, per la deposizione delle uova, e che manca totalmente nelle specie seguenti, è qui ridotta, in massima parte membranosa ed appena chitinizzata debolmente all’ apice. Di questa forma ho visto serie numerose, tutte provenienti dalla regione caucasica, e non ebbi ad osservare sensibili varia- zioni individuali, fuorché nella statura che è però sempre bene svi- luppata. Ecco in dettaglio le località constatate : Caucaso : Tiflis, Elisabetpol, Borshom, Goek-Tépé, Kr. Aresch, Valle dell’ Arax. eyes ' Dryops lutulentus, Er. Come ho accennato nel precedente articolo, questa specie e' le due che seguono formano un piccolo gruppo ben caratterizzato dall’ assenza totale nella 9 di una forte lamina chitinosa, appun- tita e tagliente, che serve nelle specie che ne sono munite per incidere gli steli delle piante acquatiche sui quali esse depongono le uova. La mancanza di questo organo, come pure l’essere esso ridotto ad un semplice rudimento inadatto allo scopo, come nella. specie precedente, denota modi di vita diversi e sarebbe estrema- mente interessante se gli studiosi di biologia volessero tentare di chiarire questa incognita. j Queste tre specie sono tra le meno convesse del genere; tutte hanno le elitre distintamente e regolarmente striate a strie super- ficiali e sono tra loro molto somiglianti sicchè vennero sempre confuse, benchè caratteri netti e costanti non permettano di dubi- tare della loro validità. Il D. lutulentus è tra esse quella di statura maggiore, la sua pubescenza è di color giallo dorato, e quella fina, depressa, è, osservata a forte ingrandimento, molto più lunga e densa che nelle altre due specie. | Il pene (fig. 19) ha la parte basale molto lunga in propor- zione alla parte apicale, questa, vista nell’ insieme, più larga nella prima metà e più stretta verso |’ apice, sinuata ai lati nel mezzo, è, vista di profilo, le paramere sono di forma irregolar- mente conica, cioè molto più sottili all’ apice che alla loro base. Lo stilo mediano è sensibilmente parallelo in tutta la sua esten- sione, l’ apice di esso arrotondato, ma non dilatato. 118 A. DODERO Il D. lutulentus è la specie del gruppo maggiormente sparsa e pare ovunque comune. Ne ho esaminato esemplari di : Spagna : Cuenca, Albarracin. Francia: Aude: Limoux; Pirenei orient. : Arles sur Tech, Amélie les Bains; Hérault: S.* Bauzille, S.'1 Guilhem le Désert; Gard: Sommiéres; Alpes marit.: Sospel, S.* Martin Vesubie; Allier : Broùt Vernet; Alsazia: Colmar. . Italia: Veneto: Premariacco, Fiume Monticano presso Cone- gliano; Liguria: Carcare; Toscana: Lippiano; Lazio: Roccagiovane; Messina. 4 Germania: Amburgo.» Austria-Ungheria: Dalmazia: Spalato; Moravia; Banato : Desert Deliblat. Grecia: Attica, Pianura del Vardar, Naxos. Asia minore: Smirne. Dryops subincanus, Kùwert. Reitter ebbe una giusta intuizione quando vide la prima volta questa specie, ma poi, non avendone sufficientemente approfon- dito esame, fu assalito dal dubbio e si astenne dal pubblicarla. Lo fece in seguito Kuwert, indicandola però quale varietà del | lutulentus, e separandola da questo per due caratteri che sono realmente costanti: il corpo maggiormente depresso e la pube- scenza di color grigio: cinerino, ed alcuni altri meno precisi e costanti, omettendo però di osservare al microscopio la pubescenza depressa delle elitre che è, come già dissi, nettamente più breve e meno fitta. Kuwert inoltre non esaminò i caratteri sessuali, se lo avesse fatto avrebbe lasciato ogni dubbio, e considerato il D. subincanus come specie pienamente distinta. Il pene (fig. 18) è più sottile nella sua parte basale che quello del lutulentus, questa è incur- vata meno uniformemente e cioè lo è più nella porzione basale e pochissimo verso l’apice, la parte apicale è proporzionalmente molto più lunga che nel lutwlentus, vista di sopra, nel suo com- plesso è di forma ovale molto allungata, non sinuata ai lati, e vista di fianco, le paramere appaiono molto robuste a margini superiore ed inferiore quasi paralleli per almeno °/, della lun- ghezza, poi, verso l’apice, il margine superiore si abbassa in linea SUL GENERE DRYOPS ; 119 curva sino a raggiungere il margine inferiore. Lo stilo mediano è strettamente fusiforme. La statura del sudincanus è ordinariamente inferiore a quella del lutulentus; gli esemplari che raggiungono le dimensioni dei più piccoli individui di quella specie sono molto scarsi. Il D. subincanus pare sia specie piuttosto localizzata. Non è raro nei detriti alluvionali nella valle del Po, ma pare invece poco comune e quasi sporadico negli altri paesi dei quali potei vederne qualche rappresentante. Esso vive in: Spagna: Seo de Urgel. Francia: Vaucluse: La Bonde; Nizza marit.; Basse Alpi: La Bléone; Drome: Ombleéze. Italia: Piemonte: Borgofranco d’Ivrea; Serravalle Scrivia; Liguria: Busalla; Toscana: Gallicano (Garfagnana), Pisa, Monte- catini; Emilia: Casalecchio, Nonantola, S. Vito di Modena; Abruzzo: Cerchio; Basilicata: Lavello; Sicilia. Dryops Costae, Heyden. Anche di questa specie, come già del sulcipernnis, ho avuto la fortuna di poter esaminare il tipo, un maschio, che si conserva nelle collezioni del Museo di Napoli. Il colore apparentemente nero del capo e del torace è dovuto all’ essere la pubescenza di questa parte agglutinata, allo stato normale essa non differisce affatto da quella del resto del corpo. Nella forma il D. Costae è quasi iden- tico al lutulentus, la statura è molto variabile: gli esemplari più piccoli hanno le stesse dimensioni dei piccoli D. subincanus, quelli più grandi non differiscono dalla grandezza ordinaria del D. lutulentus, col quale la specie presente ha pure comune il colore della pubescenza depressa giallo dorata, però con riflessi metallici meno vivaci. Sarebbe pertanto quasi impossibile il sepa- rare, ad un esame esterno, le due specie, se, osservata al micro- scopio, la pubescenza depressa delle elitre non si vedesse molto più breve, quasi come quella del sudincanus, ma un poco più densa che in questo. Se invece si esamina il pene (fig. 17) subito appaiono le pro- fonde differenze fra quello di questa specie e quelli delle due pre- cedenti. La parte basale è un poco più lunga e gracile che lo "4 : È Ps 4 1920) A.. DODERO stesso pezzo nel D. subincanus, la apicale è invece proporzional- mente più corta e, viste di fianco, le paramere sono declivi verso l’apice su di uno spazio più lungo. Vista superiormente, la parte apicale è un pò più larga, più parallela ai lati, lo stilo mediano è fortemente dilatato nel terzo apicale, la dilatazione superior- mente concava, le paramere sono molto larghe nei primi due terzi, e solo nel terzo apicale si ristringono gradualmente per far luogo alla dilatazione dello stilo. La parte basale del pene presenta infine, osservata dal disopra una doppia sinuosità in forma di una S molto allungata che non si osserva in alcuna altra delle nostre specie. Il D. Costae Heyd. (bicolor Costa) è stato finora trovato sol- tanto nelle due grandi isole del Tirreno: Sardegna e Corsica, ove è piuttosto comune ‘ovunque e sembra sostituire totalmente il lutulentus o il subincanus. Le località osservate sono le seguenti : Sardegna: Monti sette fratelli, Quartu S. Elena, Decimo, Aritzo, Fonni, Dorgali, Ozieri, Terranova Pausania. Corsica: Tavera, Bocognano, Tattone pr. Vizzavona, Francardo. Mira $ Lo de lie Te A, ARE. SECC ORNARCI DINI XV L. MASI. Bes NOTE SUI CALCIDIDI RACCOLTI IN LIGURIA. a? PRIMA SERIE. La conoscenza delle Chaleididae appartenenti alla fauna ligure incomincia con l’opera di Massimiliano Spinola « Insectorum Liguriae species» (1) pubblicata dal 1806 al 1808, in cui sono menzionati 46 di tali Imenotteri, dei quali 18 descritti come nuovi. Ma non può mettersi in dubbio che quell’ illustre entomologo, nei molti anni di studio che si succedettero alla pubblicazione di quell’ opera, che fu la prima ch'egli diede alle stampe, dovette conoscere un assai maggior numero di specie; e forse quasi tutte quelle che egli aggiunse sei anni dopo nella sua « Classification des Diplolépaires » (*) citandole senza indicazione di provenienza, e rimaste senza descrizione , erano state raccolte pure nella Liguria. A scorrere i nomi delle specie indicate dallo Spinola, si nota subito la mancanza di alcune fra quelle che sono delle più fre- quenti e l’ assenza completa degli Encirtini (*); e certamente lo Spinola avrebbe colmato tali lacune ed avrebbe fornito molte utili indicazioni se in seguito avesse trattato dei Calcididi in altre opere. Sarebbe di molto interesse ritrovare ora ed esaminare tutti gli (1) « Insectorum Liguriae species novae aut rariores, quas in Agro Ligustico nuper detexit, descripsit, et iconibus illustravit Maximilianus Spinola, adjecto cata- logo specierum auctoribus jam enumeratarum, quae in eadem regione passim oc- currunt ». Genuae, I 1806, II 1808. (2) « Essai d’ une nouvelle classification des Diplolépaires » — Annales du Mus, d’ Hist. Nat., Paris, 1811, XVIII, p. 138. (5) Il genere Encyrtus si trova menzionato solo nel 1811 ‘nella « Class. des Diplol. » ma per la sola specie £. infidus , di cui non è indicata la provenienza. 199 i L. MASI esemplari di Liguria della sua collezione, non solo quelli che erano i tipi di specie nuove, ma sfortunatamente gli esemplari sono andati dispersi e forse sono in gran parte perduti. (*) Nees ab Esenbeck (?) il quale fu in relazione di studì con lo Spinola, menziona due specie di Liguria avute da questo autore, il Torymus calcaratus, denominato dallo Spinola stesso zn Zit- teris, adesso sotto il nome generico di Diomorus, e | Eucharis cyniformis, descritto come Ichneumon cyniformis dal Rossi ed ora denominato Stilbula cynipiformis. Queste due specie vanno aggiunte alla serie che risulta dalle due opere già ricor- date, serie che qui riferisco, con l'indicazione, tra parentesi, dei sinonimi, in parte certi, in parte dubbi, quali si trovano nel « Catalogus » di Dalla Torre; ma non senza alcune modificazioni e prudenti restrizioni, che credo di dover fare, secondo il mio modo di vedere. Le specie liguri menzionate dallo Spinola sono le seguenti : Chalcis armata Panz. ( Hallichella armata Panz. Spin.) — Ch. biguttata Spin. (Smicra) — Ch. cornigera Jur. ( Dirrhi- nus hesperidum Rossi, Klug) — Ch. Dargelasii Latr. ( Hal- tichella clavipes Rossi, D. Torre) — Ch. flavipes Fab. ( femo- rata Panz.) — Ch. minuta Fab. (minuta L.) — Ch. pusilla Fab. (pusilla Rossi?) — Ch. rufipes Latr. ( Haltichella?) — Ch. sispes Fab. (Smicra) — Diplolepis adonidum Rossi ( Eurytoma aterrima Schrank, Latr.? Genere Decatoma secondo Spinola, 1811) — D. annulata Spin. ( Torymus) — D. bedeguaris Fab. (Torymus) — D. bicolerata Spin. (Trigonoderus) — D. brevicornis Panz. ( Tetrastichus) — D. cuprea Spin. ( Mono- dontomerus?) — D. cynipedis Fab. (gen.?) — D. depressa Fah. ( Cleonymus) — D. dorsalis Fab. ( Megastigmus) — D. flavicornis Spin. ( Halticoptera) — D. fuliginosa Spin. ( To- rymus) — D. gallarum Fab. (Olinx) — D. italica Fab. ( Stenomalus sp.?) — D. larvarum Fab. (Stenomalus sp. ?) — D. lateralis Spin. (ZElachistus) — D. minuta Fab. (gen. ?) — D. nigricornis Chr. ( Torymus) — D. obsoleta (1) Vedi in questi Annali; R. Gestro, « Ricordo di Massimiliano Spinola ». Vol. XLVII, 1915, p. 46. Il Museo Zoologico dell’ Università di Torino possiede ora una parte dei Caleididi dello Spinola, ma pochi fra essi sono della Liguria. (?) « Hymenopterorum ichneumonibus affinium monographiae, genera et species illustrantes ». Stuttgartiae et Tubingae , IT, 1834. CALCIDIDI LIGURI 123 Fab. (Monodontomerus?) — D. pallicornis Spin. ( Sphegi- gaster, secondo Spinola, 1811) — D. pallipes Spin. (gen. ?) — D. pedunculiventris Spin. ( Sphegigaster, secondo Spinola, 1811). — D. petiolata Spin. ( Elachistus) — D. puparum Fab. ( Torymus) — D. purpurascens Fab. (Torymus) — D. quadrum Fab. ( Cheiropachys colon L., Westw.?) — D. ru- fescens Deg. ( Stenomesius) — D. sphegum Fab. ( Deca- toma sp.?) — D. splendidula Spin. (Lamprostylus sp.?) — D. varians Spin. ( Halticoptera, secondo Spinola, 1811) — D. vesicularis Deg. ( Eupelmus Degeeri Dalm.) — D. verticillata Fab. (Isosoma?) — D. violacea Fab. ( Perilampus) — Eu- charis adscendens Fab. — Leucospis gigas Fab. — L. dorsi- gera Fab. (dorsigera Fab.) — L. intermedia Spin. (dorsigera Fab.) — Spalangia nigra Latr. (1). È opportuno di ricordare qui come lo Spinola intendesse la SORIA Ps Tipe orks Regione Ligure in modo da comprendere assai più della così detta , Liguria marittima, includendo anche il versante settentrionale dell’ Appennino. Egli scriveva infatti: « Mons Apenninus ligusti- cum clima trifariam dividit. Pars prima temperatior montium latera capit ad Septemtrionem conversa, vegetalia alit, et animalia cum Gallia, Germania Australiori, et Hungaria saepe communia ; pars centralis ex cacumine montium constans, rigidior, climati alpino. admodum affinis, propriam etiam procreat; tandem in australiore parte calidiore, quae fluctibus maris alluitur, indigenae hospitantur species omnes. Europae australis incolae, et etiam nonnullae de regno vegetali in Littore Affrico nuper detectae » (?) A questa interpretazione del significato del nome di Liguria mi atterrò in questo lavoro, per varie ragioni, piuttosto d’ indole pratica, fra le quali quella di non escludere dalla fauna ligure molte delle specie menzionate dallo stesso Spinola, che furono raccolte presso Arquata Scrivia, nell’ « Ager arquatensis » o in (1) La Dipl. sphegum Fab. (Decatoma sp.?) non è nel quadro dicotomico delle Diplolepis nel fasc. 4° del II vol. delle « Insect. Lig. » ma trovasi ricordata a pag. 160 del fasc. 3°: lo stesso è per la Dipl. vesicularis Deg. (Eupelmus Degeeri?) che è ci- tata solo a pag. 161 dello stesso fascicolo. i Nella serie di specie dello Spinola non ho compreso la Cleptes nitidula Fab. e la semi-aurata Fab., che l’autore indica pure per la Liguria, poichè si tratta di Crisidide, s bbene lo stesso Spinola, nella « Classif. des Diplolépaires » abbia attri- buito il genere Cleptes pro parte alle Chalcididae , facendolo sinonimo di Halticoptera. Le due dette specie non sono registrate nel Catalogo Dalla Torre nel volume dei Calcididi e nemmeno in quello dei Crisidi. (2) « Insect. Liguriae » p. XI. 124 L. MASI altri luoghi non compresi nemmeno negli attuali confini. politiei- amministrativi. Con ciò non dissento sostanzialmente da coloro che hanno scritto già sulla fauna ligure in questi Annali e altrove, poichè più volte si è creduto opportuno di far menzione del rin- venimento di specie in località della parte settentrionale delle Alpi Marittime e dell’ Appennino, le quali dal punto di vista della geografia biologica si dovrebbero riferire al Piemonte. E quindi | tengo conto anche di qualche specie presa in luoghi vicini all’ Ap- pennino, come ad es. Novi. Fino ad oggi la serie delle specie di Chalcididae fatte cono- scere dallo Spinola non è stata di molto accresciuta. Se le mie ricerche sulla storia di questi Imenotteri, per quanto riguarda la Liguria, sono esatte, bisogna venire fino ad alcuni anni fa per trovare un altro contributo faunistico. Giacomo Mantero, trattando dei Cinipidi della Liguria, nel 1906, ha fatto conoscere, oltre ad alcuni generi con specie indeterminate, 9 Calcididi (!') nuovi per la fauna ligure, i quali sono: Megastigmus stigmatizans Fab. — Oligosthenus stigma Fab. — Torymus auratus Fonsc. — T. abbreviatus Boh. — Ormyrus tubulosus Fonsc. —- Decatoma biguttata Swed. — Eupelmus urozonus Dalm. — Mesopolobus (Eutelus) fasciiventris Westw. — Olinx trilineatus’ Mayr. Ed in seguito (?) nel 1908: Torymus macropterus Walk. — T. nobilis Boh. — Ormyrus punctiger Westw. — 0. papa- veris Perr. — Kuryloma rosae Nees — Decatoma scorzo- nerae Mayr. Finalmente, nel 1911, (°) il Platymesopus Erich- sont Ratz. ( Eutelus tibialis Westw ). Berlese , nello stesso anno 1911 (4) ha indicato la Prospaltella Berlesei How. come specie acclimatata anche nella Liguria, dove era stata introdotta da circa tre anni. Nel 1916, Silvestri ha descritto (°) da esemplari liguri la Poropoea Defilippii del Rondani. | Nello scorso anno, in una pubblicazione sui Caleididi del (1) « Materiali per un catalogo degli Imenotteri liguri. Parte IV, Cinipidi ». Questi Annali, vol. XLII, 1905-1906, p. 445. - (2) « Materiali per un catalogo degli Imenotteri liguri. Parte V, supplemento ». Questi Annali, vol. XLIV, 1908-1909, p. 43. (©) « Cinipini di Liguria, loro galle e parassiti ». Atti della Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche, vol. XXII, 19î1, p. 69. In questa pubblicazione sono menzionati anche i Calcididi indicati nei due la- vori precedenti. (i) « Redia » vol. VII, 1911, p. 436 ‘ (6) Boll. del Laboratorio di Zool. generale ed agraria, Portici, vol. XI, 1916, p. 181. . CALCIDIDI LIGURI 125 Giglio (*), io ho indicato come viventi in Liguria la Chalcis Fonscolombei Dut. e la Chalcis vicina Walk., e in un lavoro sulle Chalcididae delle Isole Secelle (*) ho fatto menzione di due altre specie liguri, cioè il Notoglyptus niger mihi, e | Eucomys infelix Embl., var. albiscapus. In tutto le specie di Calcididi finora conosciute per la fauna di Liguria sarebbero 70. Con queste « note » che ora pubblico, ho voluto portare un nuovo contributo alla conoscenza di questo gruppo della fauna ligure, trattando di 134 specie, le quali sono la metà circa di quelle rappresentate attualmente nel Museo Civico di Genova. Di esse, 96 si trovano qui menzionate per la prima volta, onde il numero dei Calcididi, per la Liguria, viene portato così a 166. Non poche fra le specie indicate in questa pubblicazione sono anche nuove per la fauna italiana, ed alcune sono particolarmente interessanti perchè non erano state ritrovate finora ovvero erano rimaste imperfettamente conosciute: quali, ad es., l’ Isosoma romanum Walk., il Lamprostylus auricollis Fòrst., V Arthro- lysis scabricula Thoms., il Metacolus unifasciatus Forst. Thoms., la Phasganophora gallica Sichel, il Platygerrhus gracilis Thomson. Ho escluso da questa pubblicazione le specie nuove ed alcuni generi pure nuovi, che meglio potranno essere descritti a parte e illustrati con figure. Di tutte le rimanenti specie della Collezione ligure del Museo tratterò poi in seguito in un’altra pubblicazione analoga a questa. Nella quale non ho voluto dare soltanto un elenco, limitandomi alla semplice indicazione delle località e dell’ epoca di cattura degli esemplari, ma ho creduto opportuno di riferire tutte quelle osservazioni riguardo ai caratteri degli esemplari stessi, riguardo alla loro biologia, a questioni di nomenclatura, ecc.,’che potranno essere utili tanto come mate- riale per un catalogo dei Calcididi italiani, quanto per una più esatta diagnosi generica e specifica. © Se si tien conto della grande varietà e ricchezza di specie che presenta la fauna ligure in genere, e particolarmente la fauna entomologica, e si considera che molti insetti parassiti di altri insetti o di piante possono essere facilmente importati nella re- (4) Vedi questi Annali, vol. XLVII, 1916, p. 54. (2) « Chalcididae of the Seychelles Islands » — in: « Novitates Zoologicae », Tring, vol. XXIV, 1917, p. 124. : DS Ae ra Fo eae 126 L. MASI gione da altre parti d’Italia e da paesi anche i più lontani, apparirà assai limitato il numero delle centosessantasei Chal- cididae note fino ad ora. Tuttavia per nessun’ altra regione d’ Italia ne sono state indicate tante. Ma la serie delle specie tro- vate in Italia fino ad oggi rimane assai inferiore a quella delle specie di Francia, che supera le seicento (°). Gli esemplari della collezione ligure del Museo Civico di Ge- nova sono stati raccolti durante un cinquantennio, in diverse epoche dell’ anno, alcuni anche nei mesi invernali, e in località assai diverse, che qui è opportuno ricordare e determinare geo- graficamente, per comodo di coloro che non hanno pratica della Liguria. Nella Riviera Occidentale si sono fatte raccolte, per incomin- ciare dai luoghi più vicini a Genova, a Voltri, Arenzano, Va- razze, Spotorno, e poi oltre il Capo di Noli, a Loano e Borghetto S. Spirito, a Laigueglia, al Capo delle Mele e a Diano Marina. Ma relativamente pochi esemplari sono della Liguria orientale, dove se ne sono presi a Borgonuovo, a Santo Stefano d'Aveto, al Monte Penna, ad Amborzasco, ad Ameglia presso Sarzana. e ‘a Spezia. Nel centro dell'Appennino Ligure, ossia nella parte che sovrasta a Genova e a Voltrived è percorsa dalla Stura e dalla Polcevera, parecchi luoghi sono stati esplorati: Borzoli, il Monte Gazzo, Langasco, Murta, Isoverde, il Santuario di N. S. della Vittoria, Busalla, Savignone, Crocefieschi; poi nella Provincia di Alessandria, Voltaggio, Gavi, Stazzano Scrivia, Novi Ligure e Molare. Sono località nei dintorni di Genova, menzionate spesso in queste « note » : Staglieno, Montesignano, Quezzi e il Monte Fasce, ad oriente; ad occidente della città il Belvedere, presso S. Pier d’ Arena; sono da considerarsi come parti della città stessa il. Forte dello Sperone, i Terrapieni orientali e Boccadasse. Sulle Alpi Marittime si sono raccolti esemplari al Colle di Nava, all’Alpe di Frontero, e in Val Pesio in Provincia di Cuneo. Una parte rilevante degli esemplari si deve al mio collega G. Mantero, il quale oltre alle specie che ho già ricordate più avanti, ne rinvenne molte altre in varie parti della Liguria, in diverse epoche dell’anno. I Calcididi da lui ottenuti per alleva- mento dalle galle, o da insetti parassitizzati non gallicoli, formano (1) Vedi: J. de Gaulle, « Catalogue systématique et biologique des Hyménoptères de France ». Feuille des jeunes naturalistes, 1906-1908. LILIAN . CALCIDIDI LIGURI 127 una collezione interessante per |’ esatta conoscenza dell’ habitat e dell’ epoca in cui si sono ottenuti. Io devo qui esprimergli la mia gratitudine per averli messi interamente a mia disposizione, come pure per avermi costantemente aiutato nel riordinare le Chaleci- didae del Museo. Parecchie specie furono prese dal March. G. Doria a Borzoli, ed altre dal Prof. R. Gestro sulle Alpi Marittime. In diversi luoghi della Liguria ne fecero raccolta Leonardo Fea, Pietro M. Ferrari, Paolo Magretti, Giorgio Caneva, Carlo Fiori, Adolfo Rossi ed altri, fra i quali l’ing. prof. G. Gribodo, che ha fatto dono dei suoi esemplari, recentemente, al Museo di ‘ Genova (+). Al March. Fabio Invrea si devono parecchie specie della Riviera Occidentale, ottenute quasi tutte per allevamento. Non poche invece di quelle della Liguria Orientale si devono al Sig. Agostino Dodero e al Dr. Alfredo Andreini. Ricorderò inoltre, fra coloro che tuttora contribuiscono - ad arricchire le collezioni del Museo Civico, Angelo e Ferdinando Solari, Ago tino Vacca, Armando Baliani, Giuseppe Mantero, Emma Borgioli, Cesare Mancini, Giacomo Durante. Al Prof. Davide Carazzi, Direttore del Museo degli Invertebrati a Firenze, devo esprimere la mia gratitudine per avermi comuni- cato alcuni tipi descritti da Camillo Rondani, e così pure al Prof. Teodosio De Stefani di Palermo, dal quale ho avuto in comuni- cazione alcuni tipi del Rudow. . TORY MINAE. Megastigmus dorsalis (Fabricius): Jchneuwmon dorsalis , Suppl. entom. system., 1798, p. 321. Molti esemplari di questa specie si trovano nella raccolta dei parassiti di Cinzpidi. fatta dal Sig. Giacomo Mantero, e sono | stati ottenuti da varie galle di N. S. della Vittoria, cioè galle di Andricus lucidus e multiplicatus, di Callirhytis glandium, di Cynips coriaria, tinctoria var. nostra e Korlevici. Una femmina da galla di Cynips coriaria dei dintorni di Genova (Santa Tecla). (1) Colgo qui l’ occasione per correggere una diagnosi errata fatta su un esem- plare preso dal Gribodo, descritto dal Vollenhoven come Hetroxys Gribodoi (vedi: Tijdschr. v. Entom., XXI, 1871, p. 176, T. 14. F. 5); questo esemplare non è affatto un Hetroxy/s, ma sì tratta invece di un Trigonoderus e forse del 7. pedicellaris - Thoms. : il Prof. Gribodo ha annunciato recentemente in una lettera di averlo rac- colto in Piemonte, senza poter dare tuttavia indicazioni più particolari sulla sua provenienza. 128 L, MASI Megastigmus stigmatizans (Fabricius): Ichneumon stigmati- zans, Suppl. entom. system., 1798, p. 230. Due esemplari femmine ottenuti in dee da galle di Cynips polycera su Quercus pubescens, di N. S. della Vittoria. Il Mayr indica la Cynips polycera come vittima del Mega- stigmus dorsalis e non dello stigmatizans, tuttavia i caratteri dei due esemplari della collezione mi sembrano non lasciar dubbio che anche questa seconda specie può parassitizzare la Cynips polycera. - Megastigmus aculeatus (Swed.) Thoms. (= M. collaris di altri autori) — Pleromalus aculeatus Swederus, Svensk. Vet.- Akad. nya Handl., XVI, 1795, p. 221. — Megastigmus acu- leatus Thomson, Hymen. Scand., IV, 1875, p. 63. Una femmina raccolta a Stazzano Scrivia nel mese di giugno. Megastigmus bipunctatus (Swed.) Boh. — Pteromalus bipun- ctatus Swederus, Svensk. Vet.-Akad. nya Handl, XVI, 1795, p. 205. — Torymus (Megasligmus) bipunctatus Boheman, Svensk. Vet.-Akad. Handl., LIV, 1833, p. 331 Un esemplare femmina preso in agosto sul Monte Penna. Monodontomerus bed bs Westw. (Mayr). — Westwood, Philos. Magaz. (3) II, 1833, p. 443. — oes Verh. zool- bot. Ges. Wien, XXIV, du p. 68. i Esemplari femmine presi in Genova da giugno a settembre ed altri raccolti a Borzoli. Monodontomerus MELA Newport, Trans. Linn. Soc. London, NO; Beil 1008.37 08% Tre femmine e un maschio usciti verso la fineydi giugno da un nido di Chalicodoma muraria dei dintorni di Genova (Ap- parizione ). Dimeromicrus longicauda Masi, Ann. Museo Civico St. N., Genova, XLVII, 1916, p. 67, F. 4 (1-3). | Una femmina raccolta a Varazze in ottobre dal Marchese F. Invrea su un albero di fichi. Dopo la prima descrizione di questa specie (/. c.) fatta su esemplari del Giglio, ho avuto in comunicazione un esemplare femmina dell’ Isola Capraia, raccolto dal Dr. Razzauti, ed uno preso nella Campagna Romana dal Sig. Luigioni. Oligosthenus stigma (Fabr.) al — Ichneumon stigma Fabricius, Entom. system., II, 1793, p. 188. — Oligosthenes CALCIDIDI LIGURI CITE 129 stigma Forster, Verh: naturh. Ver. preuss. Rheinl., XVI, 1859, p. 107. Parecchi esemplari maschi-e femmine presi nell’ Appennino Ligure a Gavi da maggio ad agosto ed altri ottenuti dalla prima- vera all'autunno da galle di Rhodites rosae, Rh. rosarum -e Mayri, raccolte al Colle de’ Giovi, a N. S. della Vittoria e. a Crocefieschi. Holaspis papaveris Thoms. — H. militaris Mayr, Verh. zool.- bot. Ges. Wien, XXIV, 1874, p. 85. — H. papaveris Thomson, Hymen. Scandin., IV, 1875, p. 100. Una femmina presa nei dintorni di Genova. L’ esemplare corrisponde in tutti i caratteri, eccetto le dimen- sioni alquanto minori, ad un Holaspis mandato al Museo Civico di Genova dal Mayr col nome di H. militaris (Boh.). Sarebbe necessario un confronto del tipo dell’ Holaspis militaris del Bo- heman con l’ Holaspis omonimo del Mayr, poichè la differenza specifica ammessa dal Thomson mi sembra insufficiente se essa ‘si limita a quanto indica questo autore: « Holaspis papaveris m. (= H. militaris Mayr) a specie Bohemaniana thorace fortius subrugoso-punctato differt ». i Holaspis apionis Mayr, Verh. zool.-bot. Ges. Wien, 1874, p. 84. | Una femmina raccolta in luglio al Monte Creto (dint. di Genova). Diomorus calcaratus (Spinola) Nees. — Diplolepis calcarata Spinola, Ann. Mus. Hist. Nat., XVII, 1811, p. 148 (sine descr‘). — Torymus calcaratus Nees, Hymen. Ichneum. affin. Monogr., 1834, p. 69 (o"). — T. igneiventris A. Costa, Ricerche entom. sopra i Monti Partenii, 1858, p. 19 e 27. — Diomorus calca-: ratus Giraud, Ann. Soc. Entom. France, XI (4), 1866, p. 489 (d 9). Nel Catalogo di Dalla Torre sono indicati come autori della specie il Nees e Giraud, il primo dei quali ha descritto il maschio, il secondo ambo i sessi: tuttavia la descrizione del maschio fatta dal Nees è sufficiente per riconoscere anche la femmina fra le specie europee finora note, ed il nome di calcaratus si deve non già a tale autore, ma allo Spinola, il quale riconobbe il valore specifico di un esemplare ligure, che è il tipo. Infatti Nees dice: « Exemplum masculini sexus e Liguria mihi misit cl. Spinola, nomine supra citato | Diplolepis calcarata] inscriptum ». Ann. del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.2, Vol. VIII (15 Febbraio 1919). 9 130 | L. MASI Questa specie presenta notevoli variazioni ,di colore. Finora solo Giraud aveva distinto dalla forma tipica una varietà, innomi- nata, propria delle femmine. Egli scriveva infatti: « Var. 9. Femoribus posticis metallico-rufis ». Ma io credo che tale colo- razione dei femori del terzo paio di zampe sia da. considerarsi come carattere individuale: nella forma tipica, essendo il femore violetto, l’apice tende tuttavia più o meno al rosso testaceo, ma anche gli esemplari coi femori interamente rossastri sono frequenti. Un’ altra variazione individuale è certamente quella del colorito delle ali, che sono talora jaline, talora più o meno, ma sempre leggermente, ombrate. Negli esemplari femmine che ho a dispo- sizione, si potrebbero distinguere tre gruppi, una forma tipica, cioè, e due varietà: sebbene non manchi qualche termine di pas- saggio tra una forma e l’altra: così ad es., tra la forma tipica e la rar. x, di cui appresso, sono intermedi, ma più vicini alla varietà, tre esemplari femmine presi dal March. F. Invrea a Varazze in maggio e giugno. i i ‘ Forma typica. E quella descritta da Nees, Giraud e Mayr. Essa si distingue per i seguenti caratteri, che indico in parte con le stesse parole di Giraud. « Téte et thorax violets, quelquefois mélés de verdàtre. Abdomen doré, a reflets verdàtres, ou d’un vert doré trés-brillant ». Lo scapo suol essere più o meno rossa- stro verso la base, A questa forma appartengono un esemplare femmina e un maschio ottenuti alla fine di maggio da un ramo- scello di Rubus fruticosus, preso al Colle dei Giovi in autunno. Nella Collezione Magretti ce n’ è un esemplare di Lombardia (Cascina Amata) preso in maggio. Nelle due varietà, che indicherd con « e 6, l'addome ha un forte riflesso cupreo-purpureo, onde con qualunque incidenza della luce lo si osservi, apparisce più o meno rosso fuoco, invece che verde dorato. gi Var. a. Thorace violaceo, saepe virescente-violaceo, abdo- mine igneo, scapo partim rufescente. Esemplari: una femmina uscita verso la fine di maggio da una vecchia galla di Cynips Pozae raccolta a N. S. della Vittoria dal Sig. Giacomo Mantero, verosimilmente parassita di un Cemonus unicolor ottenuto dalla stessa galla. Questo esemplare fu determinato da Achille Costa come Torymus igneiventris. Ad esso corrispondono nella colo- razione due femmine ed un maschio di Francia , determinati con lo CALCIDIDI LIGURI 131 stesso nome igneiventris dal Du Buysson, ed inoltre due femmine di Cascina Amata, con indicazione « dal Rudus », ed un maschio e una femmina di Canonica d'Adda, usciti da galle di Cynips Kol- lari: tutti questi esemplari appartengono alla Collezione Magretti. Un altro, femmina, è stato raccolto a Poggio Mirteto ( Umbria ) dal Sig. Leoni. I ‘ Il Diomorus violaceus del Kieffer (Bull. Soc. Entom. France, séance 9 mars 1898) è probabilmente’ una specie da mettersi in sinonimia col D. calcaratus. Sebbene io non ne abbia veduto il tipo, credo di poter affermare che essa è una forma molto simile, se pure diversa, dalla var. «: mi confortano in questa opinione i caratteri stessi indicati dal Kieffer, tra i quali soltanto quello del colorito nero della « base delle antenne » non concorda con quanto ho detto per tale varietà. Il fatto che il D. violaceus è stato ottenuto da galle di Cynips Tozae della Sicilia e ritenuto come « parassita di un crabronide, che dovrebbe essere secondo De Stefani il’ Trypoxylon figulus rifugiatosi nelle galle » (Stegagno, in: Marcellia, HI, 1904, p. 47), ha in questo caso poca importanza, poichè anche il Diomorus Kollari, specie ben distinta, può essere parassita di crabronidi, per lo meno del Crabro rubicola. Analoghe considerazioni si potrebbero fare per il Diomorus Fertoni descritto dallo stesso Kieffer (4. ¢.): il solo carattere di qualche importanza indicato nella diagnosi di tale specie, è il colorito verde metallico dello scapo. Var. 2. Thorace viridi-cyanescente, abdomine igneo, scapo toto vel fere toto ochroleuco. Negli esemplari tipici di tale varietà tutti i femori sono interamente rossi testacei. Esemplari : due femmine ed un maschio presi a Borzoli dal March. G. Doria. Un altro esemplare della collezione del Museo proviene da Mar- siglia. Questa var. 3 sembra identica alla forma denominata Tosy- mus igneiventris da A. Costa. Egli infatti così la definisce : Torymus igneiventris. Viridi-cyaneus, violacescens ; abdo- mine igneo, anlennarum scapo, mandibulisque testaceis; pedibus rufo-testaceis, coxis omnibus, femoribusque quatuor anterioribus viridibus, femoribus posticis incrassatis, dente valido ante apicem armatis ; alis hyalinis puncto igen obsoleto: terebra corpore longiore. Long. corp. lin. 2 7/2, tereb. 2 */; ». Tuttavia non credo che si possa dare il nome di » “> wae fon": L. MASI var. igneiventris (Costa) alla var. 4, volendo distinguere questa con un nome particolare, poichè l'addome si presenta più o meno rosso fuoco anche nella var. «, ed inoltre un esemplare di questa varietà, come ho già detto, è stato determinato dallo stesso Costa come Torymus igneiventris. Che questa specie di Torymus fosse piuttosto un Diomorus, era stato già annunciato da Mayr nella nota seguente (Verh. zool.-bot. Ges. Wien, XXIV, 1874, p. 75): « Torymus igneiventris Costa.... gehòrt nach Dr. Eme- ry s freundlichen Mittheilung héchst wahrscheinlich zu dieser Gattung | Diomorus| ». Secondo De Stefani il Diomorus calcaratus sarebbe raro in Sicilia, dove egli l’ha ottenuto da galle di Cynips Tozae in maggio e giugno. Diomorus Kollari Forster, Verh. naturh. Ver. preuss. Rheinl., XV 9 pad: 02-7 P Esemplari femmine, raccolti a Varazze in settembre ed altri presi a Borzoli e nei dintorni di Genova. Uno di questi ultimi, trovato a Staglieno, ha il torace privo di riflessi rossastri, eccetto la metapleura e parte della mesopleura, e di un verde meno scuro: questa varietà non mi sembra che sia stata indicata finora. Syntomaspis lazulina Forster, Verh. naturh. Ver. preuss. Rheinl., XVI, 1859, p. 100. Un maschio uscito in giugno da una galla di Dryophanta pubescentis su Quercus robur, raccolto a N. S. della Vittoria, e una femmina da una galla di Dryophanta folii, su Quercus sessiliflora, presa a Gavi. Torymus purpurascens Boheman, Svensk. Vet.-Akad. Handl., LIV, 1833, p. 353 — (?) Diplolepis pùrpurascens Spinola, Insect. Ligur. spec., II, 1808, p. 159. — Torymus purpurascens Mayr, Verh. zool.-bot. Ges. Wien, XXIV, 1874, p. 124. Una femmina raccolta in ottobre a Stazzano Scrivia, la quale corrisponde piuttosto ai caratteri che il Mayr aveva osservato in un gruppo di esemplari trovati presso Piesting (Austria), i quali sembrano formare una varietà distinta: l’ esemplare di Stazzano ha l'anello dell'antenna alquanto più lungo che largo e non già più largo che lungo. Anch'io ritengo assai dubbia l'identità di questa specie con la. Diplolepis purpurascens dello Spinola. Torymus erucarum (Schrank) Mayr. — Ichneumon erucarum Orme Schrank, Enum. insect. Austr., 1781, p. 375. — Torymus eru- fe CALCIDIDI LIGURI 133 Ù carum Mayr, Verh. zool.- bot. Ges. Wien, XXIV, 1874, p. 87. Una femmina presa in luglio a Begato (dintorni di Genova). Torymus juniperi (L.) Mayr. — /chneumon juniperi Linné, — Fauna suecica, Ed. I, 1746, n.° 987; Ed. II, 1761, p. 408, n.° 1635. — Torymus juniperi Mayr, Newly zool.-bot. Ges. Wien, XXIV, 1874, .p. 109. Parecchi esemplari maschi e femmine raccolti dall’ aprile a al- V agosto al Monte Penna, a Genova e dintorni, a N. S. della Vittoria ‘e al Colle di Nava. : Torymus bedeguaris (L.) Nees. — Ichneumon bedeguaris ‘Linné, Fauna suecica, Ed. I, 1746, n.° 939. — Torymus bede- guaris Nees, Hymen. Ichneum. aff. Monogr., II, 1834, p. 56 e 416. Parecchi esemplari femmine e maschi, usciti in maggio e giugno da galle di Rhodites rosae e R. Mayri raccolte a Gavi, a. N. S. della Vittoria, Ferrania, Amborzasco e Loano. Aleuni altri, maschi, sono stati presi al Colle de’ Giovi in autunno. Torymus elegans Boheman, Svensk. Vet.-Akad. Handl., LIV, 1833, p. 352. È Una femmina presa a Stazzano Scrivia. Questa specie, ammessa dal Mayr come distinta dal Torymus bedeguaris, è considerata invece come una varietà dal Thomson. Torymus ventralis (Fonse.) Mayr. (= 7. nobilis Boh., nec Callimome discolor Thomson, Hymen. Scandin., IV, 1875, p. 79). — Cynips ventralis Fonscolombe, Ann. Se. Nat., XXVI, 1832, p. 286. — Torymus nobilis Boheman, Svensk Vet.-Akad. Handl., LIV, 1833, p. 339. — 7. nobilis Mayr, Verh. zool.-bot. Ges. Wien, XXIV, 1874, p. 92. — 7. ventralis Mayr, l. c., p. 95. i « L’esame di molti esemplari, riferibili in parte al T'orymus nobilis ed in parte al Torymus ventralis quali sono descritti dal Mayr, mi persuade che queste due specie, fondate in gran parte su caratteri di colorazione, non sono in realtà che una sola. Il Mayr non descrive il maschio del Torymus ventralis, io però ne ho osservato uno, ottenuto in agosto, insieme con due fem- mine, da galle di Andricus rhizomae di Staglieno (dint. di Genova ) ed ho trovato che mentre le femmine hanno le anche posteriori interamente gialle, e dovrebbero quindi riferirsi alla specie ventralis, nel maschio le anche posteriori possono essere % Me f % + Ta NY Barr us pes i ; te + — 2 i > HON È VETRATE el Stl et Sa ae NE od Vi nee =f SO eee tps AS: Se URI SUE eee I 134 L. MASI violacee nella prima metà. In un altro maschio preso a N. S. della Vittoria insieme con femmine rielle quali le anche posteriori sono gialle all’ apice, queste parti sono interamente violacee come dovrebbero essere nei maschi di Torymus nobilis secondo la de- scrizione del Mayr. Anche la proporzione degli articoli delle antenne non vale a tenere distinte le due specie. Gli esemplari di Liguria che ho avuti in esame oltre a quelli gia indicati, provengono da Varazze, dall’ Alpe di Frontero, da Nava e dalla Spezia. Con essi ho confrontato anche due maschi e due femmine che furono ottenuti dal Mayr, ed altri esemplari di ambo i sessi, della Collezione Magretti, usciti da galle di Andricus Steboldii e probabilmente tutti di Lombardia. Torymus auratus (Fourcr.) Mayr. — Cynips auratus Four- croy, Entom. paris., Il, 1785, p. 380. — Torymus auratus Mayr, Verh. zool.-bof. Ges. Wien, XXIV, 1874, p. 115. Una femmina uscita in giugno da una galla di Andricus curvator di Montesignano, ed una presa in maggio a Genova, altre raccolte in settembre a N. S. della Vittoria. Torymus cingulatus (Nees?) Thoms. — Nees, Hymen. Ich- neum. affin. Monogr., Il, 1834, p. 62. -—— Thomson, Hymen. Scandin., IV, P. I, 1875, p. 93. — 7. abdominalis e Verh. zool.-bot. Ges. Wien, XXIV, 1874, p. 91. Un esemplare femmina con l'indicazione: « Da galla di An- dricus curvator su Quercus robur, 11, VI, 1906, Montesignano » (Coll. Mantero ); tiguardo ai caratteri ed alla sinonimia vedasi quanto sara detto a proposito della specie seguente. Nees cita come sinonimo la Diplolepis cynipedis Fab., menzionata dallo Spinola nelle « Insec- torum Liguriae species » come esempio di una sezione del genere Diplotepis; lo Spinola però non fornisce alcuna indicazione E ai caratteri e all’ habitat, Torymus abdominalis (Boh.?) Thoms. — Boheman, Svensk. Vet.-Akad. Handl., LIV, 1833, p. 343 (9). — Thomson, Hymen. Seandin. AV) RL, a1 87505093) Una femmina raccolta in estate dall’ Ing. G. Gribodo nella Riviera Occidentale (fra Spotorno ed Albenga). L'esame dei caratteri di questo esemplare e di quello della specie precedente, mi porta a discutere una questione di sinoni- mia, senza però poterla risolvere definitivamente, la quale deriva È se , » 1) ee ra CALCIDIDI LIGURI 135 dalla distinzione che il Thomson ammette fra le due specie ch'egli denomina Torymus cingulatus Nees e T'. abdominalis Boh. . Tali specie sono state considerate come equivalenti dal Mayr (vedi l. c., p. 91), col nome di abdominalis, mentre il Thomson ha messo la descrizione del Mayr come sinonimo ex parte tanto del Torymus cingulatus Nees, come del Torymus abdominalis Boh.. I due esemplari liguri corrispondono assai bene alle due diagnosi del Thomson, onde ritengo di averli esattamente deter- minati; ma essi sono anche notevolmente diversi fra loro per parecchi caratteri; come dirò appresso; e quindi mì sembra fuor di dubbio che il Mayr abbia veduta e descritta una sola delle due specie di cui parla il Thomson. Quest’ ultimo autore deve avere errato nel citare la descrizione del Mayr ex parte, .e la specie di cui parla il Mayr deve corrispondere, a mio parere, soltanto a quella che il Thomson chiama Torymus cingulatus. La mia interpretazione si fonda sul fatto che l'esemplare che ho indicato qui come 7. cingulatus (Nees?) Thoms. non solo corrisponde alla diagnosi del Thomson e alla descrizione del Mayr, ma pro- viene da una galla dell’Andricus curvator, il quale è una delle vittime menzionate da quest’ultimo autore. Data poi la divergenza di caratteri delle specie, non sarebbe stato possibile che il Mayr scrivesse in modo così deciso : « Ich habe lingere Zeit hindurch Tor. abdominalis Boh. und cingulatus Nees (Cynipedis Boh.) fiir verschiedene Arten gehalten (so lange ich von 7. abdomi- nalis nur ein typisches Weibchen und ein Dryoph. folii erzo- genes Weibchen kannte), die sich besonders durch die Firbung der Hinterhiften unterscheiden, bis mir die aus Dryoph. divisa erzogenen Stiicke Klarheit verschafften, indem ich aus dieser | Gallenart zu derselben Zeit alle Ueberginge zwischen den ver- meintlichen Arten erhalten habe » (J. c., pag. 92). Se il Torymus cingulatus del Thomson è specificamente uguale al 7. abdominalis di Mayr, come dovrà denominarsi? Qui conviene tener presente che il Mayr ebbe sott’ occhio un esemplare tipico di femmina del Torymus abdominalis Boh. (esemplare tuttavia « non perfettamente sviluppato » ), ma del T. cingulalus Nees vide solo due femmine determinate dal Fòr- ster; e quanto al Thomson, questi non ha detto di aver veduti esemplari tipici di nessuna delle due specie: onde, almeno prov- visoriamente, si dovrebbe adottare pel Torymus cingulatus di 136 L. MASI Thomson, e quindi per |’ esemplare di Montesignano indicato in questo catalogo, il nome di 7. abdominalis Boheman, e conver- rebbe dare un nome nuovo all’altra specie alla quale credo doversi riferire ’esemplare raccolto dal Gribodo. Io però, provvi- soriamente, adotto le denominazioni del Thomson, col solo scopo di mantenere le due specie distinte. Come ho detto, fra l'esemplare di Montesignano e quello della Riviera Occidentale vi sono differenze notevoli, che ora indicherò a complemento delle descrizioni del Thomson. I Nell’esemplare di Montesignano, Vorymus cingulatus, la testa, veduta di fronte, è assai più larga che lunga, subellittica, e misura in altezza solo il 72 °/, della larghezza; la parte della faccia sotto la linea oculare inferiore è assai breve ed il solco delle gene misura circa !/, del diametro maggiore dell’occhio ed è uguale tanto all’ intervallo fra la sua estremità orale ed il clipeo, quanto alla larghezza del clipeo stesso. Nell’ esemplare della Riviera, Torymus abdominalis, la forma della testa, di fronte, è sub- triangolare, con una lunghezza che corrisponde all’ 86,5 °/, della larghezza; la parte della faccia al di sotto della linea oculare è relativamente assai sviluppata, il solco delle gene è lungo circa */, del diametro maggiore dell’occhio e più lungo dello inter- vallo fra la sua estremità orale ed. il clipeo, nella. proporzione di 12:7, mentre la larghezza del clipeo viene ad essere, in pro- porzione, uguale a 10. Disegnando il torace dal di sopra, dispo- nendolo ‘in modo che siano nello stesso piano il punto più elevato dell’ orlo anteriore del protorace e I’ apice dello scutello, si osser- vano nella proiezione queste misure: nel Torymus cingulatus, larghezza del torace, in corrispondenza al margine anteriore delle tegule, 50; distanza fra le estremità posteriori dei solchi scapolari, 20; distanza fra gli angoli interni delle ascelle, 8; lunghezza dello scudo, 34; lunghezza del protorace, secondo la linea me- diana dorsale, 15; larghezza del protorace, 37. Nel. Torymus abdominalis, larghezza del torace, misurata c. s., 45; distanza fra le estremità posteriori dei solchi scapolari, 13; ascelle @ con- tatto coi loro angoli interni; lunghezza dello scudo, 38; lun- . ghezza del protorace, c. s.,.20; larghezza del. protorace, 35. Nel Torymus abdominalis il dorso del torace visto di profilo si pre- senta dritto nello spazio dalla metà dello seudo ai 4/, dello scutello; il metanoto forma un angolo di circa 45° con la normale; nel Tory- CALCIDIDI LIGURI di + yi mus cingulatus il dorso è uniformemente, sebbene moderatamente, incurvato, e diviso in due archi da una leggiera depressione fra lo seudo e lo scutello; il metanoto è più inclinato che nell’ altra specie, poichè forma un angolo di 30° con la normale. Nel 7. abdominalis la clava dello stigma dell'ala anteriore dista dal margine interno del nervo postmarginale una volta e mezza la propria larghezza massima; nel T. cingulatus tutta la nervatura dell’ ala è ispessita, la clava quasi sessile e distante dal margine interno del nervo postmarginale non piu di ?/, della propria lar- ghezza. Nel 7. abdominalis la scultura del dorso è più grossa e assai più marcata, inoltre in questa specie (esemplare lungo 13 mm.) le valve della terebra sono uguali alla lunghezza dell’ad- dome più quasi la metà del torace (mm. 1,5 nell’es.) ed uguali alla metà della lunghezza del corpo; nel 7. cingulatus (es. di 2,7 mm.) sono poco più corte della lunghezza del corpo (mm. 2,5) un poco ‘più lunghe dell'addome e del torace presi insieme. Il T. cingulatus, come indica anche il Thomson, ha una areola giallastra o aureo-cuprea subito al di sotto dell’ ocello anteriore. Torymus glechomae (Forster) Mayr. — Forster, in litt. — Mayr, Verh. zool.-bot. Ges. Wien, XXIV, 1874, p. 90. Parecchi esemplari di femmine ottenuti da galle dell’Awlax Latreillei sulla Glechoma hederacea (Coll. Mantero), raccolti a Montesignano. Gli esemplari della specie che erano stati menzionati finora, — sono quelli studiati dal Forster, raccolti assai probabilmente in Germania, e quelli descritti dal Mayr, provenienti da galle di Aulax glechomae, del Tirolo. Altri, senza indicazione del luogo di. provenienza, sono stati descritti brevemente dal Méller. nel 1882 (Entom. Tidskr., III, 1882, p. 179, 9) come appartenenti a specie nuova, ma tuttavia col nome di Torymus glechomae, che ricorda la pianta ed il Cynips glechomae, da cui furono ottenuti. Poichè il Méller non cita affatto, né Forster nè Mayr, e dà la specie come nuova, si tratta evidentemente di una coinci- denza di nomi. Torymus nigricornis Boheman, Svensk. Vet.-Akad. Handl. LIV, 1833, p. 355. | Maschi e femmine ottenuti verso la fine di settembre da galle di. Cynips tinctoria var. nostra su Quercus pubescens di N. S: della Vittoria. Un maschio da galla di Dryophanta LI FARA ee a 138 L. MASI folii, di Voltaggio. Esemplari di Pegli e di Varazze raccolti in settembre. | Torymus macropterus (Walk.) Mayr. — Callimome macro- pterus Walker, Entom. Mag., I, 1853, p. 124. — Torymus ma- cropterus Mayr, Verh. zool.-bot. Ges. Wien, XXIV, 1874, palio Parecchi ‘esemplari usciti in settembre e ottobre da galle di Diastrophus rubi, di N. S. della Vittoria. Podagrion pachymerum (Walker): Priomerus pachymerus, Entom. Magaz., I, 1833, p. 118 (9). Due femmine prese a Genova, una a Varazze in settembre. Ormyrus tubulosus ( Fonscolombe ) : Cynips tubulosa, Ann. Se.wNat., XMVI > £832): py 290, Dalla collezione dei parassiti di Cinipidi della Liguria, fatta dal Sig. Mantero, traggo le note seguenti riguardo a questa specie, nonchè altre note riguardanti la maggior parte degli esemplari di altri Ormyrus di cui dirò più innanzi. Galle di Cynips coriaria di Santa Tecla (dint. di Genova) e C. coriaria consociata con lAndricus solitarius, di N. S. del Monte; ottenuti individui maschi in maggio. — Galle di Cynips Koltari di N. S. della Vittoria; maschi e femmine in giugno e ottobre. — Galle di Cynips tinctoria var. nostra di N. S. della Vittoria; femmine alla fine di giugno e al principio “i luglio. — Galle di Cynips truncicola di Borzoli; femmine in luglio. — Galle di Cynips polycera di N. S. della Vittoria e N. S. del Monte; maschi e femmine in giugno e luglio. — Galla di Cynips caliciformis di N. S. della Vittoria; femmine in settembre. — Galla di Cynips Hartigi di Santa Tecla (dint. di Genova); una femmina in agosto. — Galla di Cynips Korlevici di N. S. della Vittoria; una femmina in giugno. -— Galla di Cynips Mayri di Borghetto S. Spirito; una femmina. — Galle di Andricus lucidus dei dintorni di Genova e di N. S. della Vittoria; femmine. — Galle di Aphelonyx cerricola di N.S. della Vittoria e di Ambor- zasco (Monte Penna); femmine. — Altri esemplari presi a volo a Gavi e nei dintorni di Genova. In questo elenco non ho tenuto conto di alcuni maschi insuf- ficientemente caratterizzati per essere distinti da quelli della specie seguente, Ormyrus punctiger. Ormyrus punctiger Westwood, Philos. Magaz. (3) I, 1832, p. 127. a a Leg eee ¥ Mi CALCIDIDI LIGURI 139 7 Da una galla di Neuroterus saltans di N.S. della Vittoria, maschi e ifine usciti in estate. Da galla di Cynips poly- cera (?) dei dintorni di Genova, una femmina in settembre. Una femmina da galla di Andricus solitarius di Varazze, pure - in settembre. Altri esemplari di femmine raccolti nei dintorni di | ; Genova. | “REA Questo Ormyrus sembra molto meno frequente del 0. tubu- losus. Per quanto riguarda i maschi, vedasi quel che ho detto n per tale specie. ibe. L’ Ormyrus aeneicinclus del Rondani è, secondo Mayr (. ¢., 1904), sinonimo dell’ 0. punctiger: esso fu ottenuto da galle di Cynips .conglomerala su Quercus robur. va Ormyrus cosmozonus Forster, Verh. naturh. Ver. preuss. Rheinl., XVII, 1860, p. 68 (9). — Mayr, Verh. zool.- bot. Ges. : Wien, 1904, p. 563, 574 (9). d Un esemplare preso in agosto sul Monte Fasce. ry Questa specie, distinta dal 0. twbulosus solo per la sfumatura delle ali anteriori, è di valore assai dubbio, come lo stesso Mayr ha fatto rilevare nella sua revisione degli Ormyrus d Europa. Non se ne conosce che la femmina. x Ormyrus Wachtli Mayr, Verh. zool.-bot. Ges. Wien, 1904, p. 561, 564, 569. Sono parecchi esemplari d’ ainban i sessi usciti in maggio e 2 giugno da galle di Aulax salviae sulla Salvia pratensis, rac- colte dal Sig. Mantero a N. S. della Vittoria; altri esemplari di Busalla ed una femmina di Isoverde sono stati presi in giugno dal Prof. Gestro. Ritengo che questa specie non sia stata mai menzionata dopo la descrizione, relativamente recente, del Mayr, il quale ne ebbe esemplari dalla Dalmazia e dall’ Austria Inferiore, parassiti della Aulax salviae e della Phanacis centaureae, rispettivamente sulla Salvia officinalis e sulla Centaurea jacea. | Ormyrus papaveris ( Perris): Cyrtosoma papaveris, Ann. Soc. Entom. France, IX, 1840, p. 96. Molti maschi e femmine di questa specie si sono ottenuti in giugno da galle di Aulax papaveris sul Papaver rhoeas, rac- colte a Genova e dintorni. Ormyrus diffinis ( Fonsc.) Mayr. — Cynips diffinis Fonsco- lombe, Ann. Sc. Nat.} XXVI, 1832, p. 287 (g'). — Ormyrus 140 L. MASI diffinis Mayr, Verh. zool.-bot. Ges. Wien, 1904, p. 561, 563, 565 (oi Q ). 2 Questa interessante specie è nuova per I Italia, sebbene pro- babilmente sia tutt’ altro che rara. Gli esemplari della collezione del Museo sono: una femmina presa a Genova nel mese di giugno, una dei dintorni (Monte Creto) presa in luglio, e cinque esem- plari, pure femmine, di Nava. LEUCOSPIDINAE. Leucospis dorsigera Fabricius, Syst. entom., 1775, p. 361. — L. intermedia Spinola, Insect. Ligur., I, 1806, p. 63 e IL, 1808, p. 236. — L. dorsigera Nees, Hymen. Ichneum. affin. Monogr. , Il, 1834, p. 15. — L. ligustica Nees, L c., p. 17. — L. dor- sigera Schletterer, Berl. entom. Zeitschr., XXXYV, 4890, p. 185, TV ee Ly NARS, Una trentina di esemplari presi da giugno alla fine di set- tembre in varie località: Genova e dintorni, Murta, Voltri, Va- razze, Loano, Albenga, Capo delle Mele, Diano Marina, Ameglia, Borzoli, Gavi. Lo Spinola dice di questa specie: « Habitat in tota Liguria, haud infrequens » e « Saepe capta in Agro arquatensi » « Leucospis gigas Fabricius, Entom. syst., Il, 1795, p. 245. — L. gigas, Spinola, Insect. Ligur., I, 1806, p. 63. — L. grandis, Nees, Hymen. Ichneum. affin. Monogr., II 1854, p. 12. — L. gigas, Schlétterer, Berlin. entom. » Zeischr., XXXV, p. 203, Pe Wey done, Se Ne BO: | Parecchi esemplari femmine presi in giugno, luglio e agosto, con le indicazioni: Genova, Monte Fasce, Varazze, Riviera Occis dentale fra Spotorno e Albenga. Un maschio con quest’ ultima indicazione, Specie, secondo lo Spinola, « prope Genuam frequens ». Leucospis biguetina Jurine, Nouv. Méth. class. Hymén., 1807, p. 307 (9), T. XII. — Spinola, Ann.-Soc. entom. France, VII, 1838, p. 443 (9 Qo). — Schletterer, Berlin. entom. Zeitschr., XXXV, 18907 p.164, 169700175 (29) TV El 138) e Una femmina di questa rara specie di Lewcospis è stata tro- vata dall’ Ing. G. Gribodo, in estate, nella Riviera Occidentale fra Spotorno e Albenga. Gli esemplari descritti dallo Spinola furono da lui raccolti a Noli. è CALCIDIDI LIGURI 141 CHALCIDINAE. Phasganophora gallica Sichel, Ann. Soc. Entom. France (4 ) V, 1865, \p. 358 e 372 (9) (nomine Ph. conica Fabr.) e p. 376. — Ph. gallica, André, Ann. Soc. Entom. France (6) I, 1881, p. 338-340, T. IX, F. 1 e 3 (DL). — Ph. conica, Magretti, Bull. Soc. Ent. It., 1884, p. 104. Di questo calcidino il Museo di Genova possiede quattro esem- plari, due dei quali, un maschio ed una femmina, di Marsiglia , uno, femmina, di Finalmarina, preso verso la fine di maggio nel 1899, l’altro, pure femmina, dei dintorni di Firenze. I due esem- plari italiani appartenevano alla collezione del Magretti, il quale, a proposito dell’ esemplare di Firenze, che sembra essere stato il primo raccolto in Italia, scriveva (J. ¢.): « Questa vaga ed inte- ressantissima specie, conosciuta finora solo della Francia, riesce nuova e, credo, molto rara in Italia ». Provvisoriamente mantengo la specie nel genere Phasgano- phora di Westw., sebbene essa appartenga indubbiamente agli Haltichellini, mentre la Phasganophora sulcata Westw. tipo del genere, dovrebbe riferirsi ai Chalcidini, insieme con la Co- nura flavicans di Spinola, tipo del genere Conura, il quale poi erroneamente è stato ritenuto affine a Phasganophora da Sichel. Euchalcis Miegii Dufour, Ann. Soc. Entom. France » I, 1861, Ti RESA. AE Tre femmine raccolte da giugno ad agosto a Varazze dal Mar- chese F. Invrea. | Il Museo Civico di Genova possiede un altro esemplare di | questa specie, preso nella seconda metà di agosto a Golfo Palma (Sardegna) ed un altro di Tunisi: quest’ultimo, appartenente alla Collezione Magretti, interessa per la provenienza, non essendosi menzionata finora l'Africa settentrionale nell’area di distribuzione: esso presenta una macchia semicircolare nerastra nella parte ante- riore dello scudo, come l'esemplare tipo, il quale fu raccolto nei dintorni di Madrid. In una delle femmine di Varazze, oltre questa macchia semicircolare, è colorata in nero la metà posteriore dello scutello; in un’altra femmina sono neri più della metà anteriore dello seudo e lo scutello quasi tutto, tranne una sfumatura rossa alla base di esso. 1492 L. MASI L’ esemplare più grande che ho osservato ( Varazze) è lungo 9,5 mm., quindi circa #/, di quello descritto dal Dufour, Questa specie non può essere congenere dell’ Huchalcis ru- bripes Kieffer, della égéliensts mihi, e nebulosa (Fonsc.) Duf. ?, che ho descritte in una precedente pubblicazione ( Calcididi del Giglio, questi Annali, vol. XLVII, 1916, p. 56 e seg.) tuttavia la lascio qui col nome. generico di Huchalcis, in attesa d’ una revisione dei generi di Haltichellini. Negli esemplari che ho esami- nati, l’ antenna ha undici articoli, essendo la clava indivisa, questa poi non è più lunga dell’ articolo che la precede. Smicra biguttata (Spinola): Chalcis biguttata, Insect. Ligur., II, 1808, p. 231. — S. biguttata, Masi, questi Annali, XLVII, 1916, ip. Ame Esemplari presi in giugno ‘e mea a Genova e dintorni e ad Ameglia. Riguardo all’identificazione della specie vedasi quanto ho detto in questi Annali, 2. c. Chalcis femorata Panzer, Fauna Insect. Germ., VII, 18114, Pin 84, TERNI: Alcuni esemplari di Borzoli; presa anche a Genova e a Voltri. Chalcis intermedia Nees, Hymen. Ichneum. aftin. Monogr., II, 1834, p. 29 (g'). — Masi, Ann. Mus. Civ. Genova, XLVII, 1916,-p: 25 (DL) Molti esemplari presi a Genova, Borzoli, Stazzano Scrivia, Voltri, Varazze. | Chalcis Fonscolombei Dufour, Ann. Soc. Entom. France, 1841, iI Parecchi esemplari raccolti a Genova, Borzoli, Serravalle Scrivia e Spezia. Chalcis vicina Walker, Entom. Magaz., Il, 1834, p. 32. Raccolta a Genova al Monte Fasce, a Borzoli e Loano. Specie forse più frequente che la Chalcis Fonscolombei. Chalcis minuta (Linné): Vespa minuta, Syst. Nat., Ed. XII, , 1767, p. 952. — Chalcis minuta Spinola, Insect. Ligur., Ta 1808, p. 163. Numerosi esemplari di molte località liguri. E la specie pit frequente: di essa dice lo Spinola: « In tota Liguria obvia occurritp . Della var. alborufa mihi (Ann. Mus. Civ. Genova, XLVII, 1916, p. 41) sono stati presi due esemplari dal March. F. Invrea, nel mese di giugno, a Varazze. To) ei Fy ip Rò MORETTA AG Ve STRA Cape tebe ORIO E ae. SPM . ARI tl II IREAO Ar CALCIDIDI LIGURI 143 Dirrhinus hesperidum (Rossi): Chrysis hesperidum, Fauna Hteusca 1, 1790, pi 78, e pi-400;,).T°. VII, F. D. — Chalcss cornigera Spinola, Insect. Ligur., Il, 1808, p. 164. — Dirrhi- nus hesperidum Nees, Hymen. Ichneum. atlin. Monogr., II, 1834, p. 34 e p. 36, (Oo). — (?) Dirrhinus imperialis Gi- raud, Verh. zool.-bot. Ges. Wien, XIII,. 1863, p. 1309. — Eniaca hesperidum Kirby, Journ. Linn. Soc. London (Zool.) MVIL M883,
[] 1 I { I |--------+----==3Q il 1 ! 1 I | lore] D Fig. 11 e 12. Figure schematiche di squame di Mugil. questo prezioso carattere già menzionato da Cuvier (*) sia stato (1) Cuvier et Valenciennes. Histoire naturelle des Poissons. SUI MUGIL MEDITERRANEI 963 trascurato dagli altri autori. Mentre nel massimo numero delle specie esse sono piuttosto larghe, quelle del capito sono allungate e ciò non è un semplice effetto ottico ma proviene da un reale sviluppo della squama nel senso longitudinale, come risulta dai dati numerici seguenti ottenuti misurando il massimo della lar- ghezza A B e quello della lunghezza cd di una squama in varii esemplari di diverse specie. Questi massimi possono trovarsi anche al di fuori della squama stessa, come risulta dagli uniti schemi (fig. 11 e 12). M. capito A B mm. 4.0 e@, mom 5 » 3.0 yee 0 » 3.0 » 3.5 » 10.0 » :44..0 Meiers (E 411 4-2 £220 MM chelon CAB » DER Cds o 5.0 » 6. 0) » bi 0) M. auratus AB bla teee 2) cd » 3.0 » 9. 5 » 3.0 Nel cephalus il margine posteriore delle squame dei fianchi | presenta nel mezzo una concavità molto marcata e quelle poste al disopra della pettorale ne presentano sullo stesso ili altre due laterali. Una particolarità da me osservata nelle squame e sfuggita a quanto pare agli altri osservatori, è quella delle strie longitudi- nali che si notano sulla porzione scoperta della squama e spe- cialmente di quelle della regione situata al disopra della pettorale che sono più o meno numerose nelle diverse specie, ma nel chelo e nel cephalus ridotte soltanto a una o due. Nell’ awratus queste linee sono alquanto più raggiate. Da ultimo le linee così (Hone d’età sono spesso ben accentuate nell’ auratus ed assai più raramente negli altri. In base a tali caratteri mi pare che in queste. cinque specie di muggini si possano riconoscere due gruppi ben distinti: l’ uno a corpo più grosso e più tozzo formato dal cephalus e dal chelo ; l’altro a corpo più sottile ed allungato costituito da auratus, capito e saliens. Per la determinazione delle singole specie credo poi possano giovare le descrizioni seguenti nelle quali ho tenuto conto dei principali caratteri indicati dai varii autori. Credo op- 264 » G. ATHANASSOPOULOS portuno farle precedere da una tavola sinottica che ne permette un riconoscimento rapido e sicuro, almeno se trattasi di esemplari adulti. I. Palpebra adiposa presente; le due meta della mandibola a forma di S; macchia nera alla base della pettorale ben pro- Dangata ie rile II. Palpebra adiposa assente. A. Rima boccale costituita da due linee fortemente arcuate che formano fra loro un angolo molto pronunciato. Spazio giugulare ordinariamente nullo. Papille labiali bene sviluppate . . 2. M. chelo. B. Rima boccale costituita da due linee insensibilmente arcuate o rette che formano tra loro un angolo pronun- ziato o sono quasi orizzontali. a a. Il margine della mandibola in- feriore visto di sotto apparisce leggermente curvo. a. Pettorale ordinariamente lunga (1 !/, nella lunghezza della testa). Senza macchia nera alla base della pettorale. 3. M. auratus. B. Pettorale ordinariamente cor- ta (più di 1 !/, nella lunghezza della testa). Macchia nera al- l’origine della pettorale. Squame notevolmente più lunghe che larghe. . . . 4. M. capito. b b. Il margine della mandibola infe- riore visto di sotto apparisce fortemente.curvo ... ... ..5. M. saliens. Mugil cephalus -- DDD ig Utes SER nn RR on age e OICR EA DI La lunghezza totale (compresa la pinna codale) corrisponde a 5. volte e un quarto fino a 6 e tre quarti |’ altezza del corpo e n SUI MUGIL MEDITERRANEI 265 da 4 #/, — 5 la lunghezza della testa. Il massimo dell’ altezza del corpo è quasi uguale al massimo dello spessore. Il diametro * dell’ occhio non si può facilmente determinare per la presenza della — palpebra adiposa. Appendici labiali setiformi estremamente poche Fig. 13. Mugil cephalus. Fig. 14. Mugil cephalus. Squama al disopra della pettorale. Squama dei fianchi. e lontane l’una dall'altra. L’appendice squamosa della pettorale è uguale al terzo della pinna. La lunghezza della pettorale è quasi uguale a quella della ventrale e entrambe sono la settima parte della lunghezza totale del corpo. L’appendice squamosa della prima pinna dorsale è poco più corta della base di questa pinna. Sulle | squame pochissime strie curve poste tutte vicino al mezzo della squama (fig. 13 e 14). In genere quelle poste sopra la pettorale hanno forma più regolare e presentano minor numero di strie. Punti oscuri sulle macchie dorate delle guancie; il numero di queste macchie pare diminuire coll’ eta. Mugil chelo — VR AIRIS PLAT IL 20. 9-6 Met 2 u La lunghezza totale è 5 volte e mezza l’altezza del corpo e da 5 !/, — 5 !/, la lunghezza della testa. Testa sensibilmente piu grossa. Il diametro dell’ occhio è contenuto 5 volte a 5 1/, nella lunghezza della testa. Lo spessore interorbitrario è 2 volte e mezza il diametro dell’ occhio. Margine del sottorbitario dentellato spe- cialmente nella parte inferiore. Il tubercolo della mandibola è completamente invisibile quando la bocca è chiusa. L’ apertura della bocca è costituita da due archi concavi in avanti. La linea terminale del labbro superiore è convessa perchè il labbro è grosso; inoltre esso porta delle papille. Spazio giugulare quasi nullo d’or- a. FTA 266 G. ATHANASSOPOULOS dinario. La pettorale è uguale alla settima parte della lunghezza totale. I appendice squamosa della prima dorsale è meno lunga della base di questa pinna; quella della pettorale è uguale al terzo di essa. Le squame poste sopra la pettorale presentano pochissime strie; quelle dei fianchi sono notevolmente più grandi delle altre (fig. 15 e 16). Fig. 15. Mugil chelo. Figura 16. Mugil chelo. Squama al disopra della pettorale. Squama dei fianchi. Mugil capito — IDEA ASS P. 16 VIE CGD La lunghezza totale è da 5 volte e mezza a 3 ?/, l'altezza del corpo e da 4 ?/, — 5 quella della testa. La lunghezza della testa in rapporto a quella del diametro dell’occhio è assai varia- bile cioè fra 4 volte e tre quarti a 6 1/,. La medesima lunghezza della testa in rapporto alla lunghezza della pettorale varia da 7 volte e un quarto a 7 !/,. La lunghezza del diametro dell’ occhio è compresa tra 1 volta e tre quinti a 3 nello spazio interorbi- tario. Appendici labiali setiformi appena visibili colla lente, rego- lari. Sottorbitario fortemente dentellato. Angoli laterali del labbro mandibolare acuti, più di quelli analoghi nel capito e saliens. Le pinne pettorali sono un pò più lunghe delle ventrali; nello auratus e saliens invece, le ventrali sono assai più corte delle pettorali. L’appendice squamosa della pettorale è uguale al terzo della lunghezza di questa pinna; quella della prima dorsale è N SUI MUGIL MEDITERRANEI 267 talora più lunga, talora più corta della base di questa pinna. Infine l’appendice squamosa della prima ventrale è uguale al «terzo della lunghezza di questa pinna. Squame lunghe con spazii compresi fra le strie assai stretti, in ispecie in quelle dei fianchi (fig. 17 e 18). Macchia nera alla base della pettorale. {i | x Fig. 17. Mugil capito. Fig. 18. Mugil capito. Squama al disopra della pettorale. Squama dei fianchi. M. saliens È Dis Re I] MIA Calo, La lunghezza totale è da 6 volte a 6 !/, l'altezza e da 5 1/, 5 1/, quella della testa. La lunghezza della testa è da 5 volte e mezza fino a 6 volte la lunghezza del diametro dell’ occhio. Lo spazio interorbitario corrisponde a 2 volte e un terzo la lunghezza Fig. 19. Mugil saliens. Fig. 20. Mugil saliens. Squama al disopra della pettorale. Squama dei fianchi. del diametro dell’occhio. Labbro mediocremente grosso. Appendici labiali setiformi poco numerose, visibili solo con la lente. Mascel- lare superiore molto visibile agli angoli delle labbra. Tubercolo 268 G. ATHANASSOPOULOS della mandibola ben accentuato. Apertura della bocca arcuata. La lunghezza della pettorale è contenuta 6 volte a 6 */, nella lun- ghezza totale. Le pinne ventrali sono un pò più lunghe delle pet- torali. L’ appendice squamosa della pettorale è uguale ad un quinto della lunghezza di questa pinna. Quella della prima dorsale è più corta della base di questa pinna. Le squame dei fianchi presen- tano alcune strie assai divergenti (fig. 19 e 20). In genere le strie oscure longitudinali dei fianchi sono più accentuate che in tutte le altre specie. M. auratus — TAR RA PENE ee La lunghezza totale è da 5 volte e mezza a 3 ?/, l'altezza e da 5 volte a 5 °/, quella della testa. La lunghezza della testa cor- risponde a 5 volte fino a 5 !/, la lunghezza del diametro del- l'occhio. Il diametro dell’ occhio è compreso 2 volte ed un terzo nell’interorbitario. Appendici labiali setiformi ben visibili, in una Fig. 22. Mugil auratus. Fig. 24. Mugil auratus. Squama Squama dei fianchi, al disopra della pettorale. con la linea d’ eta (2). serie e ben distanti tra di loro. Sottorbitario fortemente dentellato nel margine inferiore; sul margine anteriore molto meno e assai irregolarmente. Mascellare superiore non visibile agli angoli della bocca. Muso più largo che nel saléens. Curva della mandibola più leggera che nel saliens. Rima boccale quasi completamente oriz- zontale. Angoli laterali delle labbra meno acuti che nel saliens. La lunghezza della pettorale è compresa 5 */, a 6 1/, volte nella lunghezza totale. Le ventrali sono un pò più lunghe delle petto- i SUI MUGIL MEDITERRANEI 2 269 rali. L’appendice squamosa della pettorale è assai corta; è com- presa da 4 !/,-4 */, volte nella lunghezza di questa pinna. Al- ; «cune squame dei fianchi portano le linee così dette di età (fig. 21, 7 ‘ «e 22). Il numero delle appendici piloriche che nelle altre specie ve è variabile, in questa specie pare essere di cinque. a a “id Sees È; | — Mi è grato ringraziare vivamente il Professore Vinciguerra a «per la cortese ospitalità accordatami nel suo laboratorio e per i Cs. | preziosi consigli datimi durante la compilazione di questo lavoro. $3 a ù Di: 3 È: A A ak; aay es x 7 a pi 3 $ a a sa ae fri x 9 È cy ha Pe; leg i - 7 è "a Pi - * Sn Fae 2 ian “foie ac Se elke Rie Ree i SE re PRO Sar 2 CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEGLI INSETTI MIRMECOFILI pi R. GESTRO Il Prof. C. F. Baker ben noto per il suo valido e ininterrotto contributo alla conoscenza della fauna delle isole Filippine, ha in questi ultimi anni radunato materiali entomologici anche a San- dacan (N. E. Borneo), a Pulo Penang e a Singapore. Il suo invio più recente fatto al nostro Museo e ricevuto il 1.° del corrente Aprile, conteneva due soli insetti, ma di altissimo pregio, cioè ‘un Paussus di Sandakan, importante come prima specie di questo genere conosciuta finora di Borneo, e un altro mirmecofilo, sor- prendente per avere la forma e l’aspetto di un Brentide con antenne di Pausside. Quest’ ultimo fu raccolto a Singapore insieme alla formica Iridomyrmex myrmecodiae, nelle gallerie dell’ Hyd- nophytum formicarum. È la più straordinaria scoperta che si sia fatta in questi ultimi tempi nel campo entomologico e lo stesso Prof. Baker, nella let- tera che accompagnava I’ invio, riconosce essere questo l’ insetto il più interessante e il più pregevole dei tanti finora spediti. Esso costituisce il tipo di un nuovo genere, del quale faccio seguire la descrizione sotto il nome, che parmi il più espressivo, di Paus- sobrenthus, e lascierò giudicare ad altri più approfonditi di me nello studio dei Brentidi se la caratteristica saliente dell’ antenna tanto profondamente modificata valga .a stabilire per esso una nuova tribù, che potrebbe chiamarsi dei Paussobrenthini. L’ an- tenna da Cerapterus e le tibie dilatate e laminari come nei Paussidi sono due caratteri inerenti alla convivenza con le formi che; però, fatto strano, mancano quei ciuffetti di peli gialli sul rostro che troviamo ben marcati nell’ Amorphocephalus coro- natus e che sono indizio di mirmecofilia. L'A. coronatus, secondo le informazioni verbali di Odoardo Beccari e di Alfredo Andreini, che l’ hanno raccolto nella maremma toscana e di Agostino Dodero INSETTI MIRMECOFILI 271 che l’ha trovato in Sicilia, vive in compagnia di formiche del genere Camponotus, ora nei formicai scavati nei tronchi, ora in quelli sotto le pietre e lo stesso è riferito dal Wasmann ('). Pare che i tronchi preferiti siano quelli dei sugheri, ma trovasi anche in quelli del leccio e di altre quercie. Il nostro insetto, come già ho accennato, fu rinvenuto nelle cavità prodotte dall’ Iridomyr- mex Myrmecodiae sull’ Hydnophytum formicarum, apparte- nente alle Rubiacee, famiglia che conta varie specie formicarie (2). La descrizione è inevitabilmente concisa e incompleta pel ti- more di danneggiare questo unico preziosissimo campione; ma la figura fedelmente eseguita può supplire alla deficienza delle frasi (*). È da augurarsi che venga trovata anche la femmina, insieme ad altri esemplari, per poterne compiere uno studio più accurato e stabilirne con esattezza la posizione sistematica. i Genova, dal Museo Civico, 20 aprile 1919. Paussobrenthus, n. gen. L’ unico esemplare che ho in esame è un maschio, lungo 8 millim. E molto somigliante nella forma ad un Amorphocepha- lus (4), ma se ne distingue a prima vista per la conformazione () Kritisch, Verzeichn. d. myrmecophil. u. termitophil. Arthropoden. 1894, p. 458. (2) L’ Iridomyrmex cordata, var. Myrmecodiae, Emery, sarebbe la formica più specialmente connessa da mutualismo colle Rubiacee formicarie. Vedi a questo pro- posito il magistrale ed interessantissimo lavoro di Odoardo Beccari: « Piante ospita- trici, ossia piante formicarie della Malesia e della Papuasia » (Malesia, Vol. II). (5) Le figure che accompagnano questo scritto sono state eseguite dal signor Ar- mando Baliani, l’autore delle belle tavole di Pselaphidae annesse al presente volume. Mi compiaccio di porgergli ringraziamenti e felicitazioni per i servizii che egli rende alla scienza con la sua abile matita. È (4) Non so se debba avvicinarsi più ad AmzorpRocephalus 0 a Symmorphocerus , ma i due generi sono molto affini fra di loro. A proposito di questi nel « Coleopte- rorum Catalogus » di Junk, parte 7.° Brenthidae di H. von Sch6nfeldt 41910, pag. 19, osservo alcune inesattezze relativamente all’ Amorphocephalus Piochardi, che mi pare utile il rilevare pel comodo di coloro che devono servirsi di questo elenco. L’Amor- phocephalus Piochardi è specie di Bedel, non di Baudi. Baudi ne descrive il g nel Bollet. dei Musei di Zool. e Anat. Comp. di Torino, Vol. IX. 1894 (non 1877). n.° 173, p. 10. e la patria che il V. Schénfeldt dice sconosciuta è invece chiaramente indicata dal Baudi, cioè; Ouadi-Seir all’ Est del Giordano (Palestina). Più sotto troviamo un Symmorphocerus Piochardi, Bed. Ann. Soc. Entom. France (V) VII, 1877, Bull. p. GEXSXIVI Q, il quale ha per sinonimo Amorphocephalus piliger, Desbroch., Le Frelon, 1894-4895, n.° 7, p. 99, sinonimo che è sfuggito all’ autore del Catalogo dei Brentidi. Ora l'A. Piochardi, Baudi e il S. Piochardi, Bed. non sono che g e Q della stessa specie, che, a quanto pare, dovrebbe piuttosto riferirsi al genere Symmor- phocerus anzichè ad Amorphocephalus. Gli stessi errori esistono nel Genera Insec- torum di Wytsman (Brenthidae, von H. von Schonfeldt) e ciò è naturale essendo questo anteriore (1908) al Catalogus (1910). Cc no 72 . R. GESTRO straordinaria delle antenne che rammentano quelle di un Pausside del genere Cerapterus. Capo trasverso, ristretto. davanti agli occhi e sporgente nel mezzo in avanti triangolarmente per, adat- tarsi alla base escavata del rostro; su questa sporgenza esiste un piccolo tubercolo elevato, rotondeggiante, molto lucente; occhi grossi, sporgenti, rotondi, non faccettati ; rostro separato dal capo da un profondo solco, largo quanto il capo alla base, ristretto davanti all’ inserzione delle antenne e munito superiormente di due leggere elevazioni careniformi, che partono dalla base delle antenne e si congiungono, facendo un triangolo, presso il margine anteriore; mandibole robuste, non molto sporgenti, fortemente incurve e alquanto obliqua- mente troncate all’ apice. Antenne corte, di undici articoli; il primo molto corto, cilindrico, i seguenti molto larghi e molto corti, appiattiti, strettamente avvicinati l'uno all’altro e formanti nel loro insieme una clava foliacea, a lati paralleli e ad apice arrotondato; il secondo articolo è un pò più lungo dei seguenti, i quali sono tutti uguali, ad eccezione dell’ ultimo, che è più lungo, a contorno semicircolare e, invece d’ essere appiattito, è molto con- vesso, quasi globoso specialmente nella pagina inferiore, carattere che si verifica facilmente esaminando la clava di fianco (vedi pag. seg.). Torace allungato, rigonfio nel mezzo, ristretto alla base e all’apice e alla base trasversalmente solcato e sottilmente marginato. Elitri allungati, paralleli, alquanto depressi sul dorso, solcati, declivi e separatamente arrotondati all’ apice, col margine apicale spianato. Piedi piuttosto lunghi, robusti, compressi, femori ingrossati all’ apice, tibie fortemente dilatate, laminari; tarsi brevi, robusti, subcilindrici, quadriartico- lati. Addome di quattro segmenti apparenti, il primo massimo, il secondo e il terzo brevissimi, l’ultimo più grande circa del doppio dei due precedenti riuniti. Paussobrenthus Bakeri. INSETTI MIRMECOFILI 273 Paussobrenthus Bakeri, n. sp. Ha lo stesso colore castagno dell’ Amorphocephalus corona- tus; però sugli elitri si osserva, a stento, la traccia di una fascia incompleta scura, situata poco dietro la metà e la loro porzione declive apicale appare più scura del resto; l'apice del rostro e le mandibole sono di tinta più scura, i piedi più chiari, colle ginoc- chia e la base dei femori infoscati, i tarsi nerastri, opachi. Il corpo superiormente ha una pubescenza bianca, squamulosa, quasi pruinosa, più rada sul capo e sul torace, più densa sugli elitri, dimodoché questi appaiono più opachi. Il capo davanti agli occhi sporge in avanti e verticalmente con un tubercolo che risalta molto per la sua levigatezza sul fondo circostante leggermente opaco ; il resto della superficie presenta una punteggiatura molto fine e irregolare; la scultura del rostro, composta di punti sottili assai scarsi e radi alla base, si addensa verso |’ apice diventando quasi rugulosa. Mancano, come si è detto, alla base del rostro i carat- teristici ciuffetti di peli gialli Le antenne sono alquanto più corte del capo (rostro compreso); il primo articolo, trasverso, robusto, cilindrico, è densamente. punteggiato, i seguenti hanno punti più radi e finissime squamulette giallastre; il secondo articolo, circa della lunghezza del primo all’ esterno, e sostenuto da un brevissimo peduncolo, è assimetrico, cioè più lungo all’esterno che all’interno; gli articoli 2 a 10, per quanto ‘appiattiti, sono nel mezzo leggermente con- vessi, dimodochè la clava da essi formata appare longitudinalmente depressa sui mar- gini; l'11.° differisce dai precedenti non solo per le maggiori dimensioni e per la forma subglobosa, ma anche per una tinta alquanto più rossastra. Il torace è di lunghezza appena superiore a quella delle antenne; all'apice è alquanto più stretto del capo, alla base un poco più stretto che all’ apice, leggermente stran- golato, trasversalmente solcato e nel mezzo segnato da una breve e tenue linea impressa longitudinale; nel mezzo è rigonfio; la sua superficie è, si può dire, uniformemente scolpita di punti Paussobrenthus Bakeri Antenna. Ann. del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.2, Vol. VIII (6 Settembre 1919). 18 274 R. GESTRO fini e fitti. Gli elitri sono circa due volte e un quarto la lun- ghezza del torace e, alla base, un poco più larghi di esso nella sua parte mediana; sono paralleli, verso l’apice leggermente attenuati e separatamente arrotondati all’ estremità; il disco un pò depresso; la declività apicale piuttosto forte e il margine apicale espanso e alquanto spianato; la loro scultura risulta di punti minutissimi, molto fitti. Ciascun elitro è percorso da nove solchi, profondi specialmente nel mezzo del disco e alla base, poco marcati sulla porzione declive apicale. Piedi molto robu- sti, coperti di squamule come il disopra del corpo, sopra tutto fitte sui tre primi articoli dei tarsi; tibie larghe e ‘compresse, lami- nari; terzo articolo dei tarsi più lungo e più largo dei precedenti; ultimo molto più stretto, più lucido dei precedenti, subcilindrico e terminato da due uncini robusti, semplici. Primo segmento addo- minale con una impressione longitudinale alquanto irregolare nel mezzo, dalla base fino oltre la metà; ultimo segnato nel mezzo da una fossetta apicale allungata, profonda, subtriangolare. Tipo nel Museo Civico di Genova. Raffray nel suo pregevole studio sui Paussidi (*) pubblicato negli anni 1885 e 1886, parlando della loro distribuzione geogra- fica accenna alla mancanza di questa famiglia in Borneo; più tardi, cioè nel 1888, ne fu descritto uno del genere Lebioderus (?);. il genere Paussus però, per quanto mi consta, non aveva finora rappresentanti in quest’ isola; cosicché il primo sarebbe quello scoperto dal Prof. Baker e che forma argomento di questa mia nota. Non è escluso assolutamente il dubbio che la specie sia già conosciuta e, descritta, perchè durante il lungo doloroso periodo che abbiamo attraversato non era possibile tenersi al corrente della bibliografia e questa difficoltà non è neppure adesso definiti vamente scomparsa. : Paussus borneensis, n. sp. e Ho ricevuto di questa specie un solo esemplare, che misura in lunghezza 4 mill.; esso ha un colore castagno chiaro ed è molto (1) A. Raffray. Materiaux pour servir a l’étude des Coleoptéres de la famille des Paussides (Nouvelles Archives du Muséum d’histoire naturelle - Deuxiéme série - Tomes VIII 1885 et IX 1886). (?) Lebioderus Candezei, Dohrn, Stettiner entomol. Zeitung, XLIX, 1888, p. 243. ar te a 3 to NU % ES Da INSETTI MIRMECOFILI Bip, lucente; al disopra è glabro, ad eccezione di alcuni peli micro- scopici sul disco toracico e dei ciuffetti setolosi del margine late- rale degli elitri, di cui dirò in seguito. Il capo è grande, tra- sverso, col margine anteriore arroton- dato, careniforme, leggermente sinuato nel mezzo e sottilmente orlato di nero; il disco è convesso, rugosamente scol- pito e percorso da una linea mediana longitudinale impressa ben marcata, e presenta nel mezzo due leggere elevazioni più scure. Antenne a primo articolo subcilindrico, crasso e densa- mente punteggiato; clava di forma subovale, un pò più lunga della lar- ghezza del capo, con base troncata, strettamente arrotondata all’ angolo anteriore, munita di un forte dente ad uncino all’ angolo posteriore , apice arrotondato ; superficie. superiore de- pressa lungo il margine anteriore, sparsa di finissime asperità, dilatata e convessa nel senso longitudinale verso il margine poste- riore, dove è obliquamente troncata in tutta la sua lunghezza e munita da ogni lato della troncatura di una serie regolare di cinque denti riuniti tra loro da una linea elevata a zigzag; la superficie inferiore è convessa longitudinalmente , la convessità è quasi a forma di tetto e solcata tanto lungo il lato anteriore quanto lungo il posteriore: Il torace è più stretto del capo, leg- germente più largo alla base che all’ apice, diviso in due porzioni quasi ugualmente lunghe per mezzo di un solco trasversale, scuro, che porta su ciascuna estremità un ciuffetto di peli giallastri; la porzione anteriore è notevolmente convessa, più larga in avanti che in addietro, fortemente arrotondata sui lati e alquanto de- pressa nel mezzo; la porzione posteriore, situata in un piano molto più basso della precedente, è appena più larga dell’ ante- riore e molto meno convessa, ha i lati leggermente sinuosi, davanti alla base è trasversalmente solcata e il margine basale è leggermente bisinuato e appena sporgente nel mezzo; gli angoli posteriori appaiono acuti. A differenza del capo che per la sua scultura risulta opaco, il torace invece è molto lucido e presenta Paussus borneensis. 276 R, GESTRO pochi punti quasi invisibili. Gli elitri sono meno lucidi del torace e hanno traccie di punteggiatura appena percettibili al microsco- pio; sono un poco più di due volte e mezza la lunghezza del torace, molto più larghi di esso e alquanto dilatati, in modo gra- duato, dalla base all’ apice; alla base, dietro gli angoli posteriori del torace, esiste una depressione foveiforme; gli omeri sono arrotondati; l’ apice è obliquamente troncato, coll’angolo suturale arrotondato e divergente in modo che la sutura all’ apice è stret- tamente divaricata; sono glabri sul disco e muniti lungo i margini laterali di una serie abbastanza regolare di ciuffetti, formati di forti e brevi setole, quasi aderenti tra loro. Pigidio liscio, con margine abbastanza largamente riflesso, sul quale si osserva una fine linea careniforme più oscura. Piedi larghi e compressi; tibie coll’ angolo apicale esterno prolungato in una robusta spina. L’ esemplare descritto porta |’ indicazione: « Sandakan, Bor- neo. Baker, n.° 9958 ». La formica ospite non è conosciuta. Tipo nel Museo Civico di Genova. Nell’ aspetto e nella forma questa specie non si discosta molto dalle altre, ma ciò che la caratterizza in modo speciale è la pre- senza dei gruppi di setole schierati lungo il margine laterale degli elitri. In altri Paussus esistono setole, talvolta molto lunghe e robuste, talvolta non assottigliate all'apice e terminanti a punta ottusa, che stanno sui margini elitrali o anche più sul pigidio; nel caso presente si tratta di veri fascetti formati di due, tre 0 più setole aderenti fra loro e disposti con una certa regolarità sui margini laterali degli elitri, come si osserva nella figura. 3 MATERIALI PER UNA FAUNA DELL'ARCIPELAGO TOSCANO XI. È CABCLDIDI DEE GIGLIO PER L. MASI. Seconda serie: Eurytominae (seguito), Eucharidinae, Encyrtinae, Eupelminae (partim.) Alla pubblicazione fatta nel volume precedente di questi An- nali (1), faccio seguire ora una seconda serie dei Calcididi del Giglio, trattando dei generi e delle specie seguenti : Subfam. Eurytominae. XXI. Gen. Decatoma Spinola 47. Decatoma biguttata Walker XXII. Gen. Philachyra (Haliday) Walk. 48. Philachyra ips Walker XXIII. Gen. Jsosoma Walker 4954. (6 spp.) Subfam. Eucharidinae. XXIV. Gen. St/bula Spinola 55. Stilbula cynipiformis (Rossi) Subfam. Perilampinae. XXV. Gen. Perilampus Latreille 56. Perilampus auratus(Panzer) 57. Perilampus tristis Mayr Subfam. Encyrtinae. XXVI. Gen. Ericydnus Walker 58. Ericydnus longicornis (Dalman) XXVII. Gen. Stenoterys Thomson 59. Stenoterys orbitalis Thoms. XXVIII. Gen. Aminellus n. 60. Aminellus niger sp. n. XXIX. Gen. Phaenodiscus Forster _ 61. Phaenodiscus fumipennis (Ratz.) Mayr | (1) Vol. XLVII, 1916, p. 54-122. XXX. Gen. Homalotylus Mayr 62. Homalotylus flaminius (Dalm.) 63. Homalotylus latiscapus sp. n. XXXI. Gen. Encyrtus (Latr.) Dalm. 64. Encyrtus sobrinus sp. n. XXXII. Gen. Chiloneurus Westwood 65. Chiloneurus elegans (Dalm.) Westwood Subfam. Eupelminae. XXXIII. Gen. Eupelmus Dalman 66. Eupelmus insulae sp. n. XXXIV. Gen. Eupelmella n. 67. Eupelmella Degeeri (Dalm.) XXXV. Gen. Eupelminus D.Torre 68. Eupelminus excavatus (Dalm.) D. T, XXXVI. Gen. Anastatus Motschulsky 69. Anastatus eurycephalus sp. n. 70. Anastatus dispar Sp. n. XXXVII. Gen, Calymmochilus n. 71. Calymmochilus atratus sp. n. XXXVII. Gen. Charitolophus Foster 72. Charitolophus coerulescens Foster và a i aie. fù ae » di at A, 978 L. MASI Due specie di Calosoter, le quali dovrebbero seguire al Cha- ritolophus nella sottofamiglia Eupelminae, saranno descritte nella terza parte di questi « Calcididi del Giglio ». Subfam. EURYTOMINAE. Gen. DECATOMA Spinola. Decatoma biguttata Walker. Decatoma biguttata, Walker, Entom. Magaz., I, 1832, p. 26. » » Mayr, Verh. zool.- bot. Ges. Wien, IV,1905, p. DAI. Un esemplare g, riferibile per la colorazione alla forma d del Mayr. Gen. PHILACHYRA (Haliday) Walker. La descrizione che segue si riferisce alla femmina alata di una Philachyra la quale probabilmente è la Philachyra ips Walk. trovata da Haliday in Italia, presso Lucca. Fra i tipi della specie posseduti dal Museo Britannico non esistono femmine alate, onde non è possibile confermare la determinazione col confronto degli esemplari. Alle due specie del genere, la Philachyra ips e la Ph. grandis (Riley) del Nord America (Ohio, Indiana), se ne deve aggiungere una terza, che descriverò in altra pubblicazione, raccolta a Damasco dal R. Console sig. Medana nel 1889. Philachyra ips Walker. Notes on Chalcididae, P. I, 1871, p. 8 (o' 2 ). Cinque esemplari di 9 9 alate, prese nel maggio del 1901. Femmina. Colorito generale bruno; testa, protorace, parte anteriore dello scudo e lati del mesotorace spesso di un bruno tendente al giallo ocraceo o giallo rossiccio; talora una macchia grigiastra sull’orlo anteriore del collare in ciascun lato del proto- race; scapo, coxe, ginocchi, estremità delle tibie, tarsi eccetto l’ultimo articolo, ed apice delle valve della terebra, gialli scuri; TIRO Van N ENTE TESE eT P CALCIDIDI DEL GIGLIO 279 funicolo e clava nerastri, con peli grigio-bruni, ali leggermente giallognole, con nervatura gialla. Testa più larga del torace nella proporzione di 7:6, di lun- ghezza uguale circa a */, della sua larghezza (16:21); veduta di lato largamente ovata, col diametro antero-posteriore uguale a */, del diametro longitudinale. Distanza della linea oculare dal mar- gine del clipeo poco superiore ad '/, della lunghezza della testa. Inserzione delle antenne situata alquanto al di sopra della metà della faccia. Peristomio ampio, a margine anteriore leggermente concavo ed interrotto nel mezzo dal clipeo, che è poco sporgente, ristretto e più lungo che largo. Gene solcate, depresse in corri- spondenza al solco, nella parte posteriore arrotondate. Occhi poco sporgenti, veduti eno di forma ovata, ma col margine posteriore quasi dritto e assai obliquo, più lunghi che larghi nella proporzione di 14:17, con la superficie fornita di rari peli cortis- simi. Ocelli disposti ad angolo molto ottuso, i posteriori distanti ‘dagli occhi il doppio che dall’anteriore. Superficie della testa mi- nutamente reticolata, eccetto una larga zona lungo il margine superiore posteriore delle orbite; peli lunghi, sparsi, inseriti in fossette non marginate e poco profonde. Fossa antennale larga, senza limite determinato. Radicole delle antenne di- stanti fra loro circa la metà della distanza dalle orbite; scapo lungo quasi quanto la testa, esteso molto più in alto del vertice; flagello di lunghezza circa doppia di quella dello scapo, il quale è 9 tre volte più lungo del pedicello. Fig. 15. Philachyra ips Q. 4, antenna Primo articolo del funicolo due _ (X.43) — 2, nervatura dell’ ala anteriore volte pit lungo che largo, i ©? quattro successivi gradatamente più corti e gradatamente alquanto più larghi, ristretti alla base, troncati all'apice, l’ultimo di lunghezza poco superiore alla sua larghezza; clava uguale a tre volte la lunghezza di questo articolo, arrotondata all'apice, divisa in tre articoli quasi uguali. Peli su tutta l'antenna lunghi ma poco numerosi, Torace allungato, con le scapole e le ascelle rilevate e a su- perficie RO convessa. Dorso, visto di profilo, regolar- 280 L. MASI mente arcuato. Protorace, visto dal disopra, con la parte anteriore formante il collo poco più corta della. posteriore, la quale è circa tre volte più larga che lunga ed alquanto più larga in avanti. Solchi parapsidali e ascellari ben marcati, larghi, col fondo tra- sversalmente rugoso, onde appaiono quasi come formati da una serie di alveoli. Scudo liriforme, poco più lungo che largo, col lato posteriore uguale a ?/, della larghezza anteriore. Ascelle, vedute dal di sopra, triangolari quasi equilatere. Scutello lungo poco meno dello scudo, incurvato trasversalmente, ben separato dallo scudo, con la sua parte posteriore e la parte latero - poste- riore limitate da una serie di alveoli. Scultura dei dorso reticolato- solcata, minuta e poco evidente, più fitta e più marcata nella parte superiore .del collo; lati del protorace lisci. Metanoto, visto con mediocre ingrandimento, con le parti laterali di aspetto sca- broso, attraversato nel mezzo da una zona longitudinale pure rozzamente scolpita e fornita nella linea mediana di una carena smussata, poco appariscente; con due aree submediane di forma semiellittica, apparentemente levigate e limitate all’infuori da una linea rilevata; esternamente a questa linea si inseriscono alcune setole lunghe. Spiracoli piccoli, rotondi. Presterno triangolare equi- latero, a scultura reticolata evidente; mesosterno largo, minuta- mente reticolato -solcato, senza distinzione di epicnemio, separato dalla mesopleura da un solco che termina distante dalla coxa intermedia per un tratto poco più lungo della coxa stessa. Meso- pleura indivisa, a scultura meno minuta di quella del mesosterno. Metapleura spostata in basso, col limite superiore poco evidente, talora appena distinto, la superficie scolpita come il mesosterno. Peli sul dorso rari, sottili e abbastanza lunghi. Ali anteriori estese oltre l'apice dell'addome e tre volte piu lunghe che larghe, con la parte basale fornita di peli corti piut- tosto radi, senza area specolare e col margine apicale guarnito di peli piuttosto lunghi; col nervo marginale uguale ad !/, della cellula costale e lungo poco più di una volta e mezza il nervo postmarginale; questo poco più esteso dello stigmatico, il quale è leggermente incurvato. Ali posteriori anguste , lunghe cinque volte più della loro larghezza. Coxe posteriori uguali in lunghezza al metanoto, rigonfiate nella prima metà della loro parte dorsale. Tibie con peli lunghi, radi. Peduncolo poco più largo che lungo, con la parte dorsale sca- PAPI. AI Re TT 00 Poe CALCIDIDI DEL GIGLIO 981 brosa, fornito d una punta ottusa sui lati. Addome di lunghezza e larghezza poco maggiori di quella del torace, oblongo-ovato , acuto all’ apice, col margine laterale dei segmenti obliquo in avanti e in basso, il primo segmento esteso dorsalmente oltre !/, della lunghezza totale, il secondo la metà più corto, i successivi anche più corti e subeguali. Superficie liscia, con pochi peli sottili, lunghi quanto i segmenti intermedì e circa il doppio dei peli del torace. Valve della terebra sporgenti per un tratto quasi uguale alla lun- ghezza di uno dei segmenti intermedi. | Lungh. 3 mm. Gen. ISOSOMA Walker. La determinazione delle specie europee di questo genere, delle quali ne sono già descritte più di cinquanta, e la maggior parte per opera del Walker, non mi sembra possibile fino a che non se ne farà una revisione. Il genere è probabilmente, nella famiglia dei Calcididi, uno dei più ricchi di specie, onde per le diagnosi occorrerebbero ben altri caratteri che non quelli che il Walker ha indicati. Le due suddivisioni fatte dal Thomson non sono sufficien- temente definite, almeno per quanto riguarda le femmine: ma non potrei proporre ora alcun criterio sistematico per riunire le specie in gruppi, avendo esaminato soltanto quelle che si trovano nella collezione di Calcididi del Museo. Dall’ esame degli esemplari che ho avuti a disposizione, mi risulta che nel descrivere si do- vrebbe dare importanza sopratutto ai seguenti caratteri: — forma della testa e dell’ occhio veduti di profilo — nelle antenne delle femmine: conformazione dell’ anello, differenza fra le dimensioni dei due primi articoli del funicolo — nelle antenne dei maschi: forma dello scapo, cioè se coi lati anteriore e posteriore dritti e paralleli, oppure con l'anteriore incurvato così che esso scapo si presenti più o meno dilatato nel mezzo; forma dell’ articolo che segue all’ ultimo (quinto) del funicolo, il quale può essere del tutto simile ai cinque articoli precedenti, in modo da non potersi considerare come parte della clava; divisione di questa in articoli manifesta o no, e forma del suo apice — superficie del dorso scabrosa, oppure semplicemente zigrinata, cioè con minute areole a superficie convessa; con fossette grandi sparse oppure senza fos- sette — scultura del metanoto simile a quella del dorso, oppure manifestamente diversa, in questo caso per lo più con un reticolo 989 L. MASI di linee rilevate che delimitano delle aree piuttosto grandi — lunghezza del nervo postmarginale, superiore od uguale a quella dello stigmatico. Inoltre va tenuto conto, secondo |’ esempio del Thomson, dello sviluppo relativo dei segmenti dell’ addome, e poi di quegli altri caratteri (forma degli articoli del funicolo, special- mente nei maschi, lunghezza delle loro setole, colorito delle zampe, ecc.) che generalmente hanno importanza anche nella descrizione delle Eurytoma. È forse superfluo dire che un esame diligente delle antenne richiede che. si faccia il preparato microscopico; e questo è utile anche per osservare la nervatura dell’ ala. Nei pre- parati l’ anello antennale delle femmine apparisce talora doppio. I dodici esemplari raccolti all’ Isola del Giglio appartengono a cinque o sei specie che lascio per ora indeterminate. Una sola di ésse è rappresentata da maschi e femmine. Subfam. EUCHARIDINAE. Gen. STILBULA Spinola. Stilbula cynipiformis (Rossi). Icneumon cyniformis, Rossi, Mant. Insect., 1792, p. 125. Esemplari quattordici, oo e 9 Q, presi nel mese di giugno del 1901 e nel luglio e agosto degli anni 1900-1902. Subfam. PERILAMPINAE. Gen. PERILAMPUS Latr. (1). Perilampus auratus (Panzer). Cynips aurata, Panzer, Fauna Insect. German., V, 1798, Piet: 4, e Sac Di questa specie è stato preso un esemplare in luglio nel 1901. (1) Avevo indicato questo genere come mancante nella collezione di Calcididi del Giglio, ma ulteriori ricerche nel materiale entomologico del Museo ne hanno fatto ritrovare alcuni esemplari di due specie. : CALCIDIDI DEL GIGLIO 983 Perilampus tristis Mayr. Verh. zool. bot. Ges. Wien, LV, 1905, p. 564 e 566. Tre Q 9 ed un GQ, presi nel luglio e agosto del 1901. Nel Museo Civico ve ne sono diversi altri esemplari di Liguria. Subfam. ENCYRTINAE. Gen. ERICYDNUS Walker. Ericydnus longicornis (Dalman). Encyrtus longicornis, Dalman, Svensk. Vet-Akad. Handl,- VLI, 1820, p. 165 (I). Ericydnus longicornis, Thomson, Hymen. Scand. IV, P. I, 1875, : p. 124 (SL). » > Mayr, Verh. zool. bot. Ges. Wien, XXV, 318755, px, 7635: 764-69). Una 9 di mm. 1,8 di lunghezza, con ali completamente svi- luppate, presa in aprile nel 1900. Nel colorito questo esemplare si discosta in parecchi punti dalla descrizione del Thomson e del Mayr e somiglia piuttosto alla forma che Dalman descrisse come tipica. La testa e il dorso sono inte- ramente di color verde bronzo; le antenne tutte di colore nerastro; ‘ le tegule, l’ apice dello scutello e quasi tutte le parti delle zampe giallo-brune; delle sfumature brune più o meno estese si osser- vano nelle coxe, nei femori e nel lato esterno delle tibie; l’addo- me è nero bronzato, con una sfumatura giallastra limitata ai lati del primo segmento; le ali sono tinte di giallo bruno, più scure nella parte apicale anteriore e posteriore. Questa colorazione delle ali sembra corrispondere a quanto indica Dalman per la sua var. 8 («alae saturate lutescentes ») mentre nella forma tipica di questo autore le ali sono scolorite ( « hyalinae... immaculatae »): negli esemplari descritti dal Mayr e dal Thomson, a quanto risulta dalle descrizioni, sarebbero solo leggermente ombrate. Nell’esem- plare del Giglio è notevole la mancanza di parti della faccia colo- 7 t 284 L. MASI rate in viola o in azzurro. Del resto tali differenze di colorazione delle diverse parti hanno un'importanza limitata per la diagnosi specifica, poichè in quasi tutte, se non in tutte le specie del genere, il colorito varia notevolmente. A complemento delle descrizioni citate nella sinonimia, credo utile indicare questi altri caratteri dell’ esemplare del Giglio. Il pedicello è alquanto più corto del primo articolo del funicolo; questo è circa due volte più lungo che largo; il sesto articolo è un poco più corto del primo e largo */; della propria lunghezza; il segmento basale dell’ addome nelle parti laterali è percorso in tutta la sua estensione da numerosi solchi, sottili, paralleli, mentre nella parte mediana anteriore è minutamente reticolato-solcato ; l’addome, per la contrazione subita nel disseccamento, quantun- que non sia deformato, non è più lungo del torace e non supera l’ estremità del nervo postmarginale quando le ali siano ripiegate sul dorso. Nelle diagnosi del genere Ericydnus non è fatta men- zione della presenza di due speroni nelle tibie posteriori: |’ esem- plare del Giglio presenta questi ugualmente sviluppati e poco più corti della larghezza dell’ estremità della tibia. Gen. STENOTERYS Thomson. Stenoterys orbitalis Thomson. Hymen. Scandin. IV, 1875, p. 129. Un’ g' preso nel luglio del 1901. Secondo lo Schmiedeknecht («Genera Insectorum ) » questa specie sarebbe stata trovata finora soltanto nella Svezia e in Turingia. L’ esemplare del Giglio è di color fulvo rossiccio, in alcune parti nerastro, cioè in una macchia, che corrisponde all’area occu- pata dagli ocelli, ed estesa fino al margine occipitale, in una fascia irregolare che corrisponde alla linea oculare inferiore, nel pronoto e nella parte preascellare del mesonoto, nella metà esterna delle ascelle, nelle mesopleure. Il metatorace è l'addome sono più o meno scuri. La fronte non è macchiata di nero nella parte superiore. Alcuni altri caratteri non corrispondono a quanto è indi- cato nella descrizione del Thomson: gli ocelli posteriori distano fra ERICE SNO è CALCIDIDI DEL GIGLIO i 285 loro un poco più della distanza dalle orbite e non già un po’ meno; la cellula costale delle ali posteriori si estende fino agli uncinefti, non soltanto fino al nervo basale. 2 Nella Collezione Magretti vi è un esemplare © raccolto in Turingia e determinato dallo Schmiedeknecht, il quale non corri- sponde nemmeno a. certi caratteri indicati dal Thomson, in quanto, = come quello del Giglio, ha la cellula costale delle ali posteriori : estesa fino agli uncinetti, gli ocelli disposti a formare un trian- golo rettangolo, e non un triangolo equilatero, gli ocelli poste- riori distanti |’ uno dall’ altro una volta e mezza la loro distanza dalle orbite. La sua colorazione corrisponde però alla descrizione del Thomson. Questi due esemplari differiscono fra loro nella scultura della parte preascellare del mesonoto, poichè in quello del Giglio le | areole del reticolo di cui è scolpita la superficie divengono grada- tamente più minute dalla parte anteriore verso la posteriore, mentre in quello di Turingia ‘sono tutte egualmente minute. Non credo che sia da mettersi in dubbio l'identità specifica degli esemplari del Thomson, dell’ esemplare del Giglio e di quello di Turingia, ed i caratteri che ho indicato valgono come esempio di variazioni, che forse non sono che individuali. Riguardo però alla estensione della cellula costale delle ali posteriori, la quale è certamente un carattere specifico , e forse generico, importante, ritengo che il Thomson non l’ abbia bene osservata. Nei due esemplari maschi che ho esaminati, rilevo alcuni altri caratteri che indicherò qui BPP a complemento della descri- zione del Thomson. Le gene sono lunghe circa la meta delle orbite, il peristomio è angusto; i punti d’ inserzione delle antenne son situati sulla linea oculare; la carena che separa le radicole è larga, non acuta ma arrotondata; la lunghezza delle radicole è ?/, di quella dello scapo; il pedicello ha forma conica troncata ed è lungo una volta e mezza la sua larghezza massima; il flagello è uguale alla lun- ghezza del corpo, col primo articolo tre volte più lungo del pedi- cello ed appena più ristretto dell’ estremità di questo, fornito di peli uguali all’ incirea alla lunghezza del pedicello ed inseriti su rilievi di forma irregolare, col sesto articolo lungo la metà del primo, la clava invece ugualmente lunga, fornita di peli meno sviluppati e gradatamente più brevi verso |’ apice. La superficie 7 pee o ee ee ii x . ‘nà vr Sel | È i 286 L. MAST della testa si presenta reticolata, con areole del vertice e della fronte leggermente incavate, un po’ allungate trasversalmente e disposte abbastanza regolarmente in serie parallele. longitudinali. La parte preascellare del mesonoto e le ascelle sono minutamente solcate-reticolate ; le ascelle stesse sono separate soltanto da una breve costa longitudinale; lo scutello ha una scultura reticolata a maglie compatte e piuttosto marcate; la mesopleura presenta delle maglie allungate disposte regolarmente in serie longitudinali quasi rettilinee. I lati del metatorace son forniti soltanto di pochi peli cortissimi. Nelle ali anteriori il nervo marginale e il postmargi- nale sono all’ incirca uguali, quello stigmatico è appena più corto; lo specolo è largo quanto la lunghezza del nervo stigmatico e ter- mina distante da questo e dal margine posteriore dell’ ala. La estremità delle ali metatoraciche è poco arrotondata. La lunghezza del corpo in ambedue gli esemplari raggiunge circa 1 !/, mm. Gen. AMINELLUS n. L’ esemplare di cui segue la descrizione non mi sembra rife- ribile ad alcuno dei generi di Encirtine finora conosciuti. Trattasi di un individuo maschio, del quale non ho potuto esaminare l’appa- rato boccale, somigliante ai maschi del genere Copidosoma (*) e forse anche affine a questo genere, come si può riconoscere dalla scultura del capo e del dorso, dalla carena mediana dello scutello, la quale però si estende per tutta la lunghezza di questo, e dalla mancanza del nervo marginale nell’ ala anteriore; ma distinto per diversi caratteri, fra i quali l’opacità della superficie in quasi tutte le parti del corpo, essendovi solo un leggiero riflesso metallico nella faccia, |’ inserzione delle antenne sulla linea ocu- lare, il flagello fusiforme, le ali posteriori assai più larghe. I caratteri dell'esemplare che mi sembrano di valore generico, sono indicati nella diagnosi seguente e ripetuti nella descrizione della specie. Mas. Corpore concinno, capite sublenticulari, antice in- specto rotundato, confertim alveolato-punctato, verticis mar- gine acuto, oculis hirtis, antennis in linea oculari insertis, (1) Qui intendo il genere Copidosoma come distinto dal genere Litomastix e coi limiti indicati dallo Schmiedeknecht nel « Genera Insectorum ». Del resto rispetto alle specie del genere Litomastix le differenze sono anche maggiori. | ee eet Sea se n a ie eae Se toe pi CALCIDIDI DEL GIGLIO +287 scapo brevi, flagello elongate fusiformi, dense piloso, arti- culis basi et apice truncatis, horum pedunculis lateri ventrali magis propinquis, clava indistincte articulata, conica; tho- race brevi, dorso confertim foveolato, pronoto lineari trans- verso, mesonoti parte praeaxillari ampla, quam scutello longiore et minus convexa, hoc autem valde convexo, de’ supra inspecto forma semielliptica, medio costa longitudinali ex basi ad apicem diviso, de latere inspecto alte elevato ; femoribus fortiter compressis, in latere ventrali acute mar- ginatis, tibiis posticis calcaribus duobus instructis; proalis nervo marginali destitutis, stigmatico, mox ab extremitate subcostae egrediente, curvato et clavam nullam formante, nervo postmarginali quam stigmatico breviore; alis meta- thoracis amplioribus, cellula costali ad hamulos extensa ; metanoto fere occulto; abdomine parvo quam scutello paul- lum longiore. Aminellus niger sp. n. Un esemplare g', preso nel luglio del 1902. Mas. Niger, opacus, scapo, genubus, libiis anterioribus dimidio apicali, posticis apice, tarsisque fulvis, horum extremitate, flagello et alarum nervis grisescenti-brunneis. Caput magnum, antice visum cordiforme-rotundum, la- titudine vix brevius, vertice fortiter curvato, oculis hirtis, orbitis valde obliquis, harum distantia in vertice "/,; capitis latitudinis, in linea oculari inferiore °/, aequante; genis orbitis aequilongis, profunde sulcatis; margine orali lim- bato, labrum non obtegente, hoc sublunato pilisque decem instructo: antennis in linea oculari insertis, inter se, ab ore et ab oculis fere aequo spatio remotis; scrobibus sat latis, haud profunde excavatis, nec convergentibus, forma sub- triangulari, sed latere externo tantum marginatis.. Vertex superne inspectus longitudine */; capitis latitudinis aequans, acute marginatus; ocelli magni, angulum parum obtusum formantes, posteriores a margine occipitali spatio eorum diametro aequali remoti, ab oculis spatio manifeste angu- stiore. Caput de latere visum fere duplo longius quam latius, inferne angustatum, superne angulatum, latitudine maxima 288 L. MASI in */; superiore; vertice declivi et cum fronte continuo; orbita forma subovata; genis angulum obtusum mox pone sulcum formantibus; su- perficie foveolis rotun- datis, seriatis, excavata, pitis contiguis, in infe- riore minus confertis, infra scrobes et prope marginem oralem nullis, quarum quinque nume- rantur secundum lineam transversam de utroque latere ocelli anterioris, tres ubi scrobs anten- nalis oculo magis est propinqua, sex autem Fig. 16. Aminellus niger g. 1, antenna sinistra, veduta dal disopra (X 30) — 2, testa veduta di fronte (x 17) — 3, estremità della tibia e vel septem juxta genae primo articolo tarsale del terzo paio di zampe E ae ° (x 58) — 4, sperone tibiale e tarso del secondo sulcum; par te media fa- paio di zampe (Xx 58) — 5, nervatura dell'ala cted inter scrobes elevata, A fovearum serie duplice insculpta. Superficies capitis .tota, id est fovearum fundus nec non spatia his interposita vel foveis destituta, minute, st fortiter vitro aucta, reticulata. Antennae corpori subaequilongae, scapo dimidiam ocu- lorum altitudinem via superante, piloso; flagello elongate fusiformi, pedicello brevissimo, funiculi articulis basi et apice truncatis, pilis aequalibus dense vestitis, pedunculis brevibus coniunctis lateri ventrali et lateri exteriori magis propinquis; articulo primo fere duplo longiore quam latiore, obconico, arliculis duobus ultimis apicem versus angustatis, quam latitudine basis paullum longioribus; clava conica-elon- gata, apice obtusa, indistincte articulata, quam praeclava sesquilongiore. Thorax brevis, pronoto fere lineari-transverso, parte praeaxrillari mesonoti magna, in longitudinem modice cur: vata, scutello hac breviore et superficie valde convexa, de latere inspecto fortiter arcuato, altitudine °/, eius longitudinis superante, superne viso forma semielliptica, aeque longo in dimidio superiore ca- CALCIDIDI DEL GIGLIO 289 atque lato, in linea media costa longitudinali elevata fere usque ad apicem instructo. Axillae haud conniventes. Su- perficies dorsi foveolis insculpta haud marginatis, contiguis, nonnihil elongatis, illis capitis subaequalibus, quibus selae breves, rigidae, inseruntur; scutelli latera oblique rugosa; axillarum basis partem thoracis lateris formans excavata et conspicue, oblique, strigosa; mesopleura laevis, tantum si fortiter vitro aucta minute scabra; metapleura sparse pilosula. Proalae subtriangulares, marginis postici extremitate apicem abdominis attingentes, margine apicali fortiter cur- vato, fimbria brevissima, superficie tota pilosa, pilis super cellulam basalem longioribus at minus confertis; cellula co- slali extremitatem versus sensim angustiore; nervo marginali nullo, stigmatico incurvo, apice subacuto, ex extremitate subcostae et a basi postmarginalis egrediente; hoc quam stigmatico breviore versus apicem sensim attenuato. Alae metathoracis amplae et margine postico fortiter curvato, subcosta angulata, cellula costali hamulos attingente. Pedes dense rigido-setosi, coxis atque femoribus conspicue reticulatis, his fortiter compressis et latere ventrali acute carinato. Pedes intermedii tibiae apice denticulis decem munito, calcari fusiformi */, metatarsi attingente, hoc spinis tenuibus, longis, circa decem instructo denticulisque duode- cim in eius latere anteriore seriatis; denticulis eiusdem lateris articuli tarsalis secundi septem, tertii et quarti quinque. Pedes postici calcari altero medium metatarsi non attingente, altero dimidio breviore. Abdomen breve, dimidiam thoracis longitudinem paullo superans, de supra inspectum triangulare. Long. 1,5 mm. i Gen. PHAENODISCUS Forster. Hymen. Stud. II, 1856, p. 32 (= Discodes) e 144. Mayr, Verh. zool. bot. Ges. Wien, XXV, 1875, p. 757. Thomson, Hymen. Scand. IV P. 1, 1875, p. 136. I caratteri di questo genere, brevemente diagnosticato da Forster, sono bene indicati nella monografia degli Encirtidi del Mayr (1875), Ann. del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.8, Vol. VIII (6 Settembre 1949). 19 290 L. MASI mentre la diagnosi, non meno dettagliata, che ne ha dato con- temporaneamente il Thomson, è fatta su individui femmine del solo Phaenodiscus aeneus. Secondo Mayr, per le quattro specie fumipennis Ratz., intermedius dello stesso Mayr, cercopifor- mis Walker ed aeneus Dalman (!), il genere si può distinguere in tre sezioni (?): nella prima rappresentata dalla specie /wmi- pennis, il margine anteriore dell'ala del mesotorace è intaccato per la separazione della cellula costale dalla parte ascendente della subcosta e dal nervo marginale, e queste due parti della nervatura formano un tratto unico, piegato ad arco: nella terza, rappresentata dalla specie cercopiforinis ed aeneus, Vala non è intaccata e il nervo marginale, rettilineo, ne segue I’ orlo anteriore, secondo la disposizione normale: fra questi due gruppi si ha un termine di passaggio, rappresentato dalla specie inter- medius. Io credo che uno studio accurato porterebbe a sepa- rare la prima sezione dalle altre due per farne un genere distinto, caratterizzato principalmente dall’ala anteriore; mentre le altre specie resterebbero a formare il genere Phaenodiscus. E forse un altro dei caratteri distintivi dei due generi sarebbe nel numero dei denti delle mandibole: infatti nel Phaenodiscus aeneus, che è specie della terza sezione, secondo Thomson le mandibole sareb- bero tridentate, mentre nel Ph. fumipennis, che è della prima, trovo le mandibole con due soli denti. Nella raccolta di Calcididi del Museo Civico di Genova vi sono due esemplari maschi di Phaenodiscus, di Sumatra, raccolti da O. Beccari nel 1878, i quali spettano ad una specie nuova, ben distinta dal Phaenodiscus fumipennis per le dimensioni mag- giori (circa 2,5 mm.) per le ali anteriori frangiate e sopratutto per lo scapo notevolmente dilatato-compresso e largo verso il mezzo circa ?/, della sua lunghezza, col lato inferiore fortemente curvato. Altri cinque esemplari, presi dal Sig. F. Solari ad Arci- dosso (Grosseto) ai quali devo aggiungerne uno dei dintorni di Roma avuto in comunicazione dal Prof. G. B. Grassi, mi sem- (1) A queste quattro specie si devono aggiungere il Phaenodiscus planicornis e l’remipterinus di De Stefani, ’ armatus Ashmead, l’ arizonensis Howard e il par- tifuscipennis Girault, i quali non mi sono sufficientemente noti per giudicare della loro affinità con le specie di cui tratta il Mayr: le due specie di Forster cicatricosus ed exannulatus sono senza descrizione. (7) Questa distinzione non è indicata esplicitamente dal Mayr, ma risulta dal suo quadro dicotomico per la determinazione delle specie. SPES DARE STRO IO IR RM, ZI, MET A SO RIO CALCIDIDI DEL GIGLIO 291 brano una nuova specie, anch'essa più grande del fumipennis ’ lo. e con ali frangiate, ma con lo scapo non dilatato nei maschi. Phaenodiscus fumipennis (Ratz.) Mayr. _. . Bothriothorax fumipennis, Ratzeburg, Ichneumonen der f Forstinsect. III, 1852, p. 194 (Q). um Phaenodiscus fumipennis, Mayr, l. c., p. 757 e 759 (9). Sette esemplari 7 d', presi in settembre e ottobre nel 1900 e 1901. Colorito talora quasi interamente violaceo cupo, oppure az- zurro violaceo o azzurro verde, con le gene o tutta la parte an- teriore della testa verde smeraldo; addome più scuro della parte ‘dorsale del torace; flagello bruno o quasi nero, scapo dello stesso colore, con sfumatura giallastra verso l’apice, spesso giallo bruno coi margini scuri; zampe nerastre a riflessi. azzurri o violacei, i ginocchi e l'estremità delle tibie talora per breve. tratto colorati in giallo fulvo; tarsi di questo colore o grigio-giallognoli, sfumati a in bruno verso l’apice; sperone del secondo paio di zampe nerastro; ali anteriori fosche, con nervatura poco più scura della lamina, questa meno intensamente colorata nell’ ultimo terzo della sua 4 lunghezza nonché fra il nervo cubitale ed il margine posteriore ed al limite della cellula basale. | : Testa grande, larga quanto il torace, vista di fronte cordiforme arrotondata; di profilo lenticolare e due volte più alta che larga, con gli occhi brevemente ellittici, disposti col diametro longitudi- nale un po’ obliquo in basso e in avanti. Superficie anteriore ‘uniformemente convessa, eccetto la parte al di sotto delle antenne, che è incurvata solo nel senso trasversale; superficie posteriore leggermente concava e limitata. da un margine acuto. Orbite E distanti sul vertice per */, della larghezza massima della faccia, | divergenti inferiormente, di lunghezza uguale a quella delle gene. Occhi glabri, non sporgenti. Ocelli piuttosto piccoli, disposti ad angolo ottuso, i posteriori distanti dal margine occipitale per uno spazio uguale al loro diametro e dagli occhi per uno spazio poco | più grande. Linea d’inserzione delle antenne a metà della distanza fra il margine interno del clipeo e la linea oculare; intervallo fra i due punti d’inserzione e fra ciascun punto e il margine esterno del clipeo, o l'estremità orbitale inferiore, approssimati- 292 L. MASI vamente uguali. Fosse antennali triangolari arrotondate, estese poco al di sopra della linea oculare, non marginate e non con- vergenti col loro lato interno, separate da uno spazio rilevato che è all’ incirea uguale alla loro larghezza massima. Clipeo ben distinto, largo quanto l'intervallo fra le radicole delle antenne, col margine esterno convesso, la sua parte media più rilevata delle parti laterali. Tutta la superficie della testa, eccetto la parte al di sotto della linea antennale, con numerose fossette rotonde, a fondo lucido, quasi contigue, delle quali se ne contano 8-9 in una delle serie trasversali che formano arco sul vertice: spazi tra le fossette minutamente reticolati. Gene non solcate, con poche fossette presso il margine orbitale, nel resto punteggiate. Mandibole piuttosto grandi, fortemente incurvate e gradata- mente ristrette verso l'apice, fornite di un dente apicale e di un dente interno più corto. Palpo mascellare formato da quattro articoli quasi della stessa grossezza e ristretti alla base, dei quali il 1° ed il 3° ugualmente sviluppati, di lunghezza poco superiore alla larghezza, il 4° una volta e mezza più lungo del 2° e fornito di setole piuttosto numerose, di cui alcune lunghe il doppio delle altre. Lacinia a contorno arrotondato, poco più lunga che larga. Palpi labiali di tre articoli, il 2° annulare, il 3° poco più grande del 1° e fornito all'apice di alcune setole uguali alle più lunghe del palpo mascellare. Scapo compresso, un poco più largo nella seconda metà, col lato inferiore leggermente incur- vato. Flagello due volte più lungo dello scapo, col pedicello conico, gli articoli del funicolo più corti e subeguali in lunghezza, forniti di peli piuttosto brevi; il secondo . articolo per lo più tanto largo che lungo, l’ultimo di lunghezza all'incirca uguale ai 3/, della 4, tene ee aaetho sua larghezza. Clava ovata, tal- 3 Mandibola (x 70). volta depressa nella parte apicale esterna pel disseccamento, lunga quanto gli ultimi 3 !/, articoli del funicolo, dei quali non supera la larghezza. CALCIDIDI DEL GIGLIO 293 Torace, visto di profilo, col dorso quasi piano, l’apice dello scutello piuttosto sporgente; visto dal di sopra, col pronoto e la parte preascellare del mesonoto assai brevi, quest’ultima misurando in lunghezza solo */,, della sua larghezza. Ascelle a contatto col loro angolo interno, oppure, se la parte preascellare del torace è inclinata in basso, riunite per breve tratto sulla linea mediana (1). Scutello tanto largo che lungo, coi lati appena leggermente curvi, la parte apicale angusta e alquanto abbassata, la superficie solo leggermente convessa, il margine acuto e sporgente. Scultura del dorso in apparenza finamente zigrinata, con fossette pilifere poco profonde, a limite indeterminato, sparse sul pronoto e nella parte preascellare del mesonoto, più frequenti e più grandi sullo scu- tello e sulle ascelle: tali fossette, al dinnanzi delle ascelle stesse, contate secondo una delle linee longitudinali oblique dei peli, variano in numero da tre a quattro: mediante un forte ingrandi- mento tutta la superficie del dorso apparisce scolpita da piccoli alveoli, larghi circa 7 « nella parte corrispondente allo scudo e un poco più grandi sullo scutello, i quali formano un reticolo coi loro margini. Metatorace con un piccolo rilievo nel mezzo a forma di semicono avente l'apice in basso; le sue parti laterali, poste di fronte alle anteriori esterne dell’ addome, leggermente concave. Il presterno, piuttosto grande, e i lati del protorace, reticolati, con maglie rettangolari; mesopleura ruvida, vista con forte in- grandimento a superficie densamente e irregolarmente rugosa; metepimero e callo reticolati, quest’ ultimo fornito soltanto nella parte superiore di pochi peli corti e rigidi. Ali anteriori di forma notevolmente diversa da quella che si osserva negli altri generi di Encirtine. Ripiegate sul dorso, supe- rano appena l'estremità dell'addome; la loro larghezza è uguale a ?/, della lunghezza, il margine apicale è quasi dritto, l'anteriore intaccato profondamente per la separazione della parte estrema della cellula costale dalla nervatura; viste dal lato ventrale si presentano concave, e la loro concavità è divisa in due parti da una linea rilevata che limita esternamente la cellula basale ed a cui corrisponde un infossamento nel lato dorsale. La lamina è (1) Questa sutura delle ascelle che diviene manifesta quando la parte anteriore del torace è spostata in basso e in avanti, non ha la stessa importanza della sutura che si osserva in altre Encirtine, la quale rimane visibile anche in condizioni normali e può essere un carattere importante per la diagnosi di generi o almeno di certe specie d’un genere. Vedasi a questo proposito quanto osserva il Mayr, a pag. 681, 2. c. MR RATA MAT I E I INR I SII E Sei ears EX) Sa f Phas ne . oe _ ‘ n ai % "€ + È n = > st 294 L. MASI spessa e piuttosto dura, senza specolo, con un fitto rivestimento di peli grossetti, alcuni dei quali si vedono sporgere oltre il mar- gine apicale, sebbene siano inseriti ad una certa distanza dal margine stesso; il quale non è frangiato, mentre il margine an- teriore nella seconda metà presenta una serie di peli piuttosto 19% lunghi. La nervatura è a assai robusta; la parte ascen- dente della subcosta ed il nervo marginale e postmar- ginale sono confusi in un solo tratto incurvato ad arco, il quale è staccato dalla cellula costale e termina poco oltre i */, della lun- ghezza dell’ ala. Il nervo stigmatico, alquanto incur- vato, dilatato verso l’estre- mità ma senza clava di- Fig. 18. Phaenodiscus fumipennis Q. Ali stinta, ha origine nel punto (X 45). dove sembra terminare la parte ascendente della subcosta e incominciare il tratto marginale. La cellula costale, assai grande, occupa circa !/, della larghezza che presenta l’ala verso il mezzo ed ha l’angolo anteriore distale sporgente e arrotondato. Ali metatoraciche assai larghe, con la massima larghezza ai */, della lunghezza, uguale pure ai ?/, di questa, il lato anteriore mediocremente, il posteriore assai fortemente incurvato, la subcosta piegata in modo da formare un angolo di circa 120°, la cellula costale estesa fino agli uncinetti, i quali si trovano a */, della lunghezza totale. I peli, cortissimi, rivestono tutta la superficie, ma non formano la frangia marginale se non presso la base dell’ ala, dove sono più sviluppati. Zampe robuste, col femore e la tibia compressi nelle anteriori e posteriori, ed in queste maggiormente; tibia anteriore col lato esterno incurvato al primo terzo della lunghezza; secondo paio di zampe con l'estremità della tibia munita d’ una dozzina di dentelli e d’uno sperone poco più corto del primo articolo tarsale ; questo ed i tre successivi con una serie di dentelli nel lato ante- riore, in numero di circa dodici nel primo articolo, tre o quattro Tate e i pg ee no ee oO et x CALCIDIDI DEL GIGLIO 295 nel secondo e terzo e due o tre nel quarto articolo; estremità della tibia posteriore con due speroni forniti di alcune barbe sottili e corte, il più grande lungo quanto la larghezza dell’ estre- mita della tibia e gradatamente assottigliato verso |’ apice, flessi- bile nella seconda metà, l’altro non più lungo delle setole apicali - adiacenti. Addome più corto del torace, tanto largo che lungo, con gli spiracoli situati verso la metà della sua lunghezza, la superficie dorsale con una scultura reticolata minuta ma tuttavia evidente, i lati e quasi tutta la superficie inferiore con un reticolo a maglie rombiche allungate. Lunghezza 1,75 mm. Di reperti di questa specie non ne trovo indicati altri dopo quelli citati dal Mayr (1875), cioè presso Vienna e Piesting (Austria) e presso Stoccarda (es. di Ratzeburg). A quanto pare si sono raccolte sempre delle femmine, onde il maschio è qui descritto per la prima volta. Gen HOMALOTYLUS Mayr. (= Nobrimus Thomson). Thomson (Hymen. Scandin. IV, P. 1.8, 1875, p. 137 e seg.) distingueva le specie di questo genere in due gruppi, il primo caratterizzato dalla clava bianca e dalla cellula costale dell’ ala posteriore estesa poco oltre il nervo basale; |’ altro caratterizzato dalla clava non colorata in bianco e dalla cellula costale estesa fino agli uncinetti. Ma questi due gruppi, per la variabilità di colorazione della clava e per diversi caratteri che presentano le due specie che descriverò qui appresso (*), non mi sembrano ormai più ammissibili. Delle due specie raccolte all’ Isola del Giglio, una mi sembra riferibile all’ Homalotylus flaminius Dalman, l’altra, che chia- merò Homalotylus latiscapus, rappresentata da un solo esem- plare che ritengo essere un maschio, è caratteristica, come indica il nome, per lo scapo notevolmente dilatato e com- (4) Forse come esempio di specie che non corrisponde a nessuno dei due gruppi del Thomson, dovrebbe citarsi anche l’ Homalotylus vicinus Silvestri, per quanto risulta dalla descrizione e dalle figure ( Boll. Labor. Zool. gen. e agr. Portici, IX, 1945, p. 293). 296 L. MASI presso. Questa conformazione per la quale si viene a stabilire un termine di passaggio fra il genere Homalotylus e il genere Dino- carsis, non si è riscontrata finora in nessun altro Homalotylus, lo scapo essendo solo in alcune specie alquanto compresso; e forse varrebbe a distinguere un sottogenere. Non credo però che si possa considerare come carattere generico, anche quando risulti che sia comune ai due sessi, poichè tutti gli altri caratteri corri- spondono a quelli dell’ Homalotylus flaminius, ed a quanto è indicato dagli autori nelle descrizioni delle altre specie (*). l. Homalotylus flaminius Dalman. Encyrtus flaminius, Dalman, Svensk. Vet.-Akad. Handl XLI, 1820, p. 340 (9). Homalotylus flaminius, Masi, Boll. Labor. Zool. gen. e agr. Portici, I, 1907, p. 288, F. 42, 43. Due esemplari oo e due 9 9, presi tra maggio e luglio nel 1900 e 1901. Descriverò qui nuovamente questa specie, riferendomi agli esemplari del Giglio, nei quali tuttavia non trovo altro di parti- colare fuorchè la clava delle due femmine, che è di colore carni- cino, e quella di uno dei maschi, che è bruna nera come il resto dell’ antenna. La parte preascellare del mesonoto può incurvarsi per effetto del disseccamento in modo da apparire più breve e proporzionatamente più larga. Femina. Brunneo-nigra, capite et dorso praeter meta- notum aeneo-viridibus, mesopleuris abdomineque nigro-vio- laceis; pilis super scutum et latera metathoracis albidis, super sculellum griseis; antennarum clava (in speciminibus exsiccatis) pallide carnea; alarum nervis ac tegulis flavo- brunneis; proalae disco macula castaneo-grisea ornato, hac macula fascia fere hyalina margini postico magis pro- pinqua divisa; femoribus interdum abdomini concoloribus, tarsis posticis mediisque articulis 1.-3. albis, reliquis plus minus infuscatis. (1) Si confronti a questo proposito quanto ho detto riguardo ai maschi di Phae- nodiscus a pag. 290. Anche nel genere Encyrtus, inteso in largo senso nella mono- grafia del Mayr, si ha un gruppo di specie con lo scapo dilatato. a ft _- ee Set ET i = usci A banal be Ga CES SET yg ais iia. Dist) 3 ER ere ye 3 edo ae CALCIDIDI DEL GIGLIO 997 Caput subhemisphaericum, antice visum rotundatum ; vertice angusto */; totius latitudinis aequante; ocellis in angulum acutum dispositis, eorum diametro */, frontis latitudinis non superantibus, posticis orbitis contiguis spa- tioque duplo quam ipsorum diametro a margine occipitali remotis, inter sese spatio quam ab ocello antico sesquibre- viore separatis. Superficies interorbitalis minute punctis contiguis et foveolis insculpta, his sparsis, rotundatis, parum conspicuis, leviter impressis, super verticem spatio remotis quam eorum diametro duplo majore, super frontem spatio diametrum interdum aequante; tempora genaeque minute reticulata. Antennae scapo lenissime curvato; pedicello longitudine duplam eius latitudinem aequante, funiculi articulo primo Ì latitudine sua parum longiore, reliquis gradatim brevioribus et crassioribus, ultimo aeque longo atque lato; clava arti- culis 2 ‘|. praecedentibus aequilonga. Pars praeaxillaris mesonoti subnitida, vestigium suturae scapularis ostendens, superficie sulcata-reticulata, areolis fere omnibus aequalibus, versus latus tantum posterius mi- noribus ac transverse elongatis; foveolis piliferis rotundatis sparsis. Axillae atque scutellum sculptura reticulata magis minuta et fortius impressa; illae sulco lineari subtili, super _ basim scutelli brevi spatio producto, separatae; hoc opa- cum, basi haud foveolatum, pilis secundum lineas lateribus parallelas ordinatis instructum. Metathoracis latera pilis dense ornata. Mesopleura areolis minutis rectangularibus insculpta, quae lineis elevatis limitatae, series longitudinales formant arcuatim dispositas. Proalae nervo marginali brevissimo, stigmatico quam praestiqmate vix breviore, haud curvato, versus apicem sensim latiore, cum margine antico dimidium angulum rec- tum formante, pilis super aream infuscatam crassioribus, fascia glabra speculari bene limitata. Alae metathoracis nervo marginali versus apicem sensim attenuato, cellula costali ad hamulos extensa. Abdomen aeque longum atque latum, */, thoracis longi- tudinis aequans, superficie reticulato-squamosa, Long. 2 mm. 3 on —. 298 L. MASI Mas differt antennarum pedicello latitudine sua via duplo longiore, funiculi articulis crassis, primo quadrato, quam pedicello sesquibreviore, sequentibus gradatim latioribus et brevioribus, ultimo longitudine sua sesquilatiore, clava arti- culis tribus praecedentibus aequilonga. Nella collezione di Imenotteri donata al Museo Civico di Ge- nova dal D.° Paolo Magretti, esiste un esemplare di Homalotylus della Turingia, mandato da Schmiedeknecht e determinato come « H. ( Nobrimus) Eitelweini 9 » il quale somiglia per la RES e per la colorazione alla specie che ho descritta, ma se ne distingue facilmente per diversi caratteri. La testa, veduta di fronte, è ellittica, manifestamente più lunga che larga nel rapporto di 100.:85; di profilo è assai più compressa ed anche gli occhi sono meno larghi; le fossette circolari dello spazio interorbitale si pre- sentano ben marcate, piuttosto grandi, ma assai meno frequenti perché discoste, più o meno, I’ una dall’ altra il doppio del loro diametro; queste fossette si trovano quasi tutte allineate. Lo scapo ha il lato ventrale simuoso , essendo dilatato verso la base e verso l’ apice. La clava è bianca. Le ascelle e lo scutello, completamente opachi, sono di un nero fuliginoso; lo scutello è quasi affatto privo di peli, a scultura granulosa minuta, ma evidentissima anche con debole ingrandimento. Come nella specie del Giglio che ho de- scritta, la cellula costale dell’ ala posteriore si estende fino agli uncinetti el i peli dell’ ala anteriore sull'area ombrata sono più ingrossati ed appariscono neri veduti per trasparenza: diversa è la nervatura dell’ ala anteriore, poichè il prestigma diminuisce gra- datamente di grossezza dalla base verso |’ apice, il nervo stigma- tico è incurvato alla base, poi si dispone quasi parallelo al mar- gine dell’ ala, ed il nervo postmarginale, sebbene a limite incerto, raggiunge circa ?/, della lunghezza dello stigmatico. I caratteri della nervatura di questo esemplare, oltre alla forma della testa veduta di fronte e diversi altri, ricordano l' Homalotylus vicinus Silvestri. 2. Homalotylus latiseapus sp. n. Un esemplare, che sembra essere un dg’, preso nell’ agosto 1901. Mas. Vertice et fronte fulvo-ochraceis, facie infertus, genis, temporibus et area trianguli ocellaris, cum dorso è RELA TI CALCIDIDI DEL GIGLIO 299 fere toto, obscure viridibus, pronoto antice fascia flava ornato, praesterni latere supero ac postico flavo-griseis, metathorace et mesopleuris nigris; abdomine obscure viridi, supra violaceo-nitente; antennis nigro-brunneis, albo-clava- lis; pedibus flavo-griseis, tarsis pallidioribus apice infuscato, coris mediis pro parte, posticis fere totis, fuscis; femoribus posticis tibiisque posterioribus, item atque tegulis, alarum nervis fere omnibus, nec non maculis proalae, flavo-brun- neis; pilis dorsi griseis. Caput subhemisphaericum, antice visum latum, forma subcirculari, vertice haud angusto */; totius latitudinis occu- pante; ocellis parvis angulum via oblusum, fere rectum, formantibus, externis a margine occipitali spatio duplo quam ipsorum diametro, ab oculis spatio fere aequali remotis ; superficie interorbitali minute, leviter, sat concinne pun- ctulata, foveolis rotundatis haud profundis, sat frequentibus sparse impressa. Antennae scapo valde compresso-dilatato, latere dorsali leniter, ventrali fortiter arcuato, latitudine maxima ad */; apicalem dimidium longi- tudinis fere aequante; pedicello latitudine sua duplo longiore; funiculi articulis brevibus, crassis, primo aeque longo ac lato, ultimo longitudine sua sesqui- latiore; clava articulis tribus praece- dentibus aequilonga. Mesonoti pars praeaxillaris atque scutellum nitore submetallico, pube- scentia et sculptura similia; pilis aequa- liter distributis, foveolis mpiliferis rotundatis sparsis sat conspicuis, sculptura minute reticulata, areolis in parte postica mesonoti haud transversis; scutellum fovea elliptica incerte limitata pone suturam axillarem impressum. Meta- thoracis latera fere glabra. Mesopleura reticulata, areolis elongatis. : Proalae nervo marginali brevissimo, stigmatico haud curvato cum margine anteriore dimidium angulum rectum formante, quam praestigmate vix breviore, versus apicem sensim latiore, nervo postmarginali quam stigmatico fere Fig. 19. Homalotylus lati- scapus Oo. Antenna (X 53). sari lle no 300 L. MASI dimidio breviore; setis super aream obscuratam non incras- satis; zona glabra speculari indistincta, spatioque inter praestigma et maculam setis paucis, ordinibus tribus vel quatuor dispositis, instructo. Alae metathoracis cellula costali ad hamulos extensa. Abdomen aeque longum atque latum, sculptura mesonoto simile. Long. 1,75 mm. Gen. ENCYRTUS (Latreille) Dalman. Eneyrtus sobrinus sp. n. Una 9 presa in ottobre nel 1901. Femina. Capitis vertice, fronte et mesonoti parte praea- xillari viridibus, facie ad os cyanea, spatio reliquo saturate violacea ; antennis totis brunneo-nigris; scutello viridi- aeneo, nitore subaureo, oblique inspecto fere igneo; mesopleuris laete violaceis, metapleuris smaragdinis; proalis leniter fla- vescenti-griseis, nervo marginali atque postmarginali flavo- brunneis; trochanteribus, femorum mediorum basi, genubus, tibiis anticis mediisque dimidio apicali, posticis apice tan- tum, cum tarsis omnibus, pallide ochraceis ; abdomine nigro- aeneo, lateribus ad basim viridibus, purpureo nitente. Caput antice visum rotundatum, latitudine brevius pro- portione 3:4; oculis parce pubescentibus, superficie haud exsiccatione depressa, genis orbitis aequilongis, profunde sulcatis; antennis ad os insertis; vertice *|s totius latitudinis formante, postice acute marginato. Huius frontisque super- ficies confertim, minute, punctulata, foveolis numerosis sparsis impressa, nonnullis in margine orbitarum seriatis; facies minutissime insculpta. Ocelli in angulum fere rectum dispositi, posteriores spatio eorum diametro aequali ab oculis remoti. Scapus subdilatatus; flagellum pilis crassiusculis vestitum; funiculi articuli subaequilongi, versus apicem sensim latio- res, primus latitudine via longior, */; pedicelli longitudinis attingens, sextus quadratus; clava lata articulis tribus prae- cedentibus vix longior. Ae ey CALCIDIDI DEL GIGLIO 301 Dorsum de latere'inspectum subplanum; scutellum trans- versim tantum curvatum et margine in dimidio eius api- cali haud interne reflexo, apice minus arcuato, superficie, lateribus exceptis, pilis longiusculis, tenuibus, instructa, sculptura omnium minutissima. Mesonoti pars praeaxillaris reticulula-sulcata, aspectu minutissime squamea, areolis omnibus aequalibus, pilis sat crassis regulariter dispositis. Proalae setis longioribus nonnullis infra nervum hume- ralem, aliis inter speculum et cellulae basalis medium in- struclae, his autem subseriatis series circa sex, obliquas, formantibus; cellulae basalis dimidio proximali glabro, spe- culo fere lineari quam spatio seriebus setarum interposito paullum latiore; nervo stigmatico marginali fere aequilongo, ‘ hoc latitudine sua fere duplo longiore, postmarginali quam stigmatico dimidio breviore. Alae metathoracis cellula costali ad hamulos extensa. Pedes postici calcari majore */, latitudinis tibiae apicis aequante, */5 articuli primi tarsalis attingente, calcari mi- nore vix conspicuo, quam setis apicalibus tibiae haud lon- giore nec crassiore, sed forma conica et apice acuminato inter selarum serie bene distincto. Long. 1,5 mm. Questa specie è molto affine, per diversi caratteri, all’ Hn- cyrtus aphidivorus Mayr. La forma della testa è simile a quella dell’ Encyrtus tardus Ratzeburg (vedasi nelle mie « Contribuzioni alla conoscenza dei — Calcididi italiani » Boll. Labor. Zool. gen. e agr., Portici, Vol. IH, 1908, p. 94, Fig. 5) tuttavia lo spazio interorbitale è più ampio, maggiore dello spazio occupato dall’ occhio osservando di fronte, e poco minore della metà della larghezza della testa (rapporto di 2:5); i caratteri della nervatura dell'ala anteriore corrispondono piuttosto a quelli dell’ Encyrtus. aeruginosus Dalman ( vedasi anche ‘J. ¢. p. 92, Fig. 3). 302 L. MASI Gen. CHILONEURUS Westwood. Chiloneurus elegans (Dalm.) Westw. Encyrtus elegans, Dalman, Svensk. Vet-Akad. Handl., XLI, 1820, p. 151 (9). Chiloneurus elegans, Thomson, Hymen. Scand., IV, 1875, p. 150 (9). | » » Mayr, Verh. zool. bot. Ges. Wien, XXV, 1875, p. 746.(6' 9). Un esemplare 9, preso nel maggio del 1901. Subfam. EUPELMINAE. Gen. EUPELMUS Dalman (partim). Eupelmus insulae sp. n. Una Q presa in luglio nel 1901. Femina. Nigro-aenea; capite fere .toto et mesopleurae dimidio posteriore subviolaceis; vertice prope marginem orbitalem, scapo ac pedicello, viridibus; funiculo et clava, itemque oculis ocellisque, brunneo-nigris; proalae nervis flavo-griseis; pedibus maxima parte fulvis, femoribus anti- cis praeter apicem, posticis ultra medium, thoraci concolo- ribus, tibiis intermediis laete flavis, tarsis omnibus pallidio- ribus articulo ultimo nigro; abdomine basi subcupreo ; terebrae valvis luteis, in */4 basali et.*/; apicali nigris. Caput antice visum genis minus tumidis, peristomio quam vertice haud latiore. Funiculi articulus primus latitudine multo longior proportione 2:5; sequentes sensim crassiores, ultimus tamen duplam annelli latitudinem non attingens; quartus latitudine sua sesquilongior, longitudine primo fere aequalis; duo ultimi subquadrati; clava compresso-dilatata articulis tribus praecedentibus vix aequilonga. Scutelli frenum sulco tenuissimo a dorsulo discretum, forma triangulari, duplo latius quam longius, superficie VT ANIA #1 >» Cent CALCIDIDI DEL GIGLIO 303 sicut in dorsulo insculpta. Metanotum fovea medio impres- sum transversa, seméielliptica Ge triangulari) dimidio quam scutelli freno latiore; partibus eaternis tu- mide prominulis. Nervus postmar- ginalis stigmatico sesquilongior. Tarsus medius (in specimine typico) denticulis perpaucis Fig. 20. Eupelmus insulae Q. 1, antenna (X 30) instructus. — 2, nervatura dell’ ala anteriore (X 30). Abdomen, in spe- cimine eaxsiccato, ellipticum, dorso immerso. Tergita 1.- 4. incisura apicali magna triangulum subaequilaterum fingente, in tergito primo ad medium extensa, in sequentibus eadem fere magnitudine; terebrae valvae */, abdominis longitudinis paullum superantes, segmento basali fere aequilongae. Long 3,7 mm. Mas ignotus. Species Eupelmo urozono Dalm. similis, praecipue differens nervo postmarginali longo, abdominis tergitis 1.-4. profunde aequaliter incisis. Il capo, visto di fronte, si presenta un poco piu largo e piu corto che nell’ Eupelmus urozonus e con tendenza alla forma triangolare, a cagione della minore convessità delle gene e della minore larghezza del peristomio; il quale non è più largo del ver- tice (misurato, questo, secondo la minore distanza delle orbite ) mentre nella specie urozonus lo supera nella proporzione di circa 9:7. La superficie degli occhi è fornita di setole cortissime ma piuttosto frequenti. La distanza minima delle orbite sta in proporzione della massima come 37:100. Gli ocelli sono disposti in triangolo rettangolo ed i posteriori distano fra loro il doppio che dall’ orbita, da questa per uno spazio doppio del loro diametro ed uguale a ?/, della distanza dall’ ocello anteriore. Il centro dei toruli delle antenne è situato sulla linea oculare inferiore, mentre la loro distanza dagli occhi è appena maggiore di quella che li separa l’ uno dall’ altro e dal margine del clipeo. La fossa anten- nale sulla linea mediana dista dall’ocello anteriore per uno spazio uguale a quello fra i due ocelli posteriori. L’ area triangolare, ri- 304 L. MASI levata, che ha la base fra i toruli, presenta nel mezzo una carena ottusa, la quale si estende in basso facendosi meno evidente e termina al clipeo. Il limite interno di questo non è tuttavia di- stinto, mentre i suoi margini laterali corrispondono a due brevi carene ottuse, la cui distanza è uguale a quella che separa i due toruli; il margine esterno è dritto e senza orlo. I solchi delle gene sono profondi. Lo scapo presenta anteriormente, per tutta la sua lunghezza, uno spigolo acuto. L'anello è un pò meno lungo che largo. Di sensilli lineari se ne vedono due per ogni articolo del funicolo, eccettuato il primo articolo, in cui possono mancare (0 mancano costantemente ?) ma negli articoli della clava sono nu- merosi. La lunghezza totale dell’antenna è uguale a quella del torace; le diverse parti stanno rispettivamente in proporzione come i numeri: 4, radicola; 27, scapo; 8, pedicello; 2, anello ; 9, 9, 8, 7, 6, 6, 5, articoli del funicolo; 16, clava. La larghezza del primo articolo del funicolo sta a quella dell’ ultimo come 3:5. Nell’esemplare unico qui descritto, i solchi che per lo piu for- mano negli Hupelmus l’area triangolare nella parte preascellare del mesonoto, nel !/, posteriore di questa decorrono paralleli fino alle ascelle (come si vede nella figura dell’EZupelmus spermophilus descritto da Silvestri (1)) onde il limite dell’ area triangolare ri- mane indeterminato posteriormente. Il lato anteriore dello scutello non misura più di !/, di quello delle ascelle. Il dorsulo è legger- mente piegato a tetto lungo la linea mediana, probabilmente per effetto del disseccamento. Il frenum, di forma triangolare, è due volte più largo che lungo e limitato anteriormente da un leggeris- simo solco. La parte posteriore delle ascelle è depressa, onde viene a formarsi una fossetta in ciascun lato dello scutello, la quale occupa il !/, posteriore del lato esterno dell’ascella stessa ed è limitata internamente da un margine curvilineo. Nella parte me- diana del postscutello il lato anteriore è leggermente concavo ed il posteriore è ad esso parallelo, la superficie presenta una traccia, di striatura longitudinale. Nel metanoto la lunghezza della parte media corrisponde ai */, di quella dei lobi laterali: la fossetta ha la forma d’ una mezza ellissi, tagliata secondo il diametro mag- giore, invece di essere triangolare e assai larga come nell’ Hu- pelmus urozonus: in lunghezza essa occupa tutta la parte media del metanoto. In proporzione della larghezza massima del torace (1) Boll. Labor. Zool. gen. e agr., Portici, 1915, vol. IX, pag. 287. CALCIDIDI DEL GIGLIO 305 = 100, la distanza fra gli angoli esterni delle ascelle è uguale a 56, quella fra gli angoli posteriori a 41, mentre la lunghezza dello scutello corrisponde a °*/,),, dei quali 15 spettano al frenum. Tutta la superficie della mesopleura è reticolata; le maglie del reticolo si presentano un poco allungate solo nella parte inferiore posteriore, quelle nel ‘/, medio della lunghezza della mesopleura sono, verso il lato superiore, minutissime e danno un’apparenza di superficie granulare se osservate con ingrandimento non supe-— riore ai 100 diametri. Le ali anteriori oltrepassano appena l'apice dell’addome nella posizione di riposo. La fascia glabra che rappresenta in esse lo specolo, incomincia subito dopo Vorigine del prestigma e termina in corrispondenza della metà del nervo marginale. : Nella norma dorsale dell’ addome il tergite 5.° è il più lungo, ma il suo margine libero è assai convesso verso la parte poste- riore, mentre si porta molto in avanti con le estremità laterali, in modo che osservando di fianco, il margine del tergite si vede situato un po’ prima dei ™/,,, della lunghezza dell’ addome, mentre quello del tergite successivo corrisponde a *°/,5). La super- ficie di tutti i tergiti è -assai minutamente reticolata, tuttavia questa scultura si osserva bene già con un ingrandimento di 50 diam.; il primo è lucido, mentre gli altri sono opachi e di aspetto piuttosto ruvido. Come nell’ Eupelmus urozonus, il 7.° tergite (IX morfologicamente ) è tagliato secondo la linea mediana, dal margine posteriore fin presso al margine anteriore: i lembi del- l’incisura, contigui o parzialmente sovrapposti per la metà circa della loro lunghezza, lasciano uno spazio cordiforme verso il mezzo del tergite, ed a questo spazio corrisponde un'area de- pressa, la quale rappresenta il tergite ottavo (ossia X."°) spostato in avanti e internato in quello che lo precede. Di questa strana posizione dell’ ottavo tergite nelle femmine di Eupelmus, la quale diviene evidente col trattamento con la potassa, non trovo che altri abbia fatto menzione finora: tuttavia la si vede bene rappresentata nella figura del Cerambycobius cicadae, che accompagna la descrizione di Silvestri (Boll. Labor. Zool. gen. e agr. Portici, XII, 1918, p. 254, F. 11) ed in quella del Cerambycobius cyaniceps pubblicata nella Tav. XVIII, F. f., nella relazione del « Department of Agriculture » degli Stati Uniti sul « Mexican Cotton -Boll Weevil » (Washington, 1912). Ann. del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.2, Vol. VIII (6 Seftembre 1919). 20 306 L. MASI Gen. EUPELMELLA 1». (Typus: Eupelmus Degeeri Dalm.). Per quanto i maschi della specie descritta finora col nome di Eupelmus Degeeri, e quelli di altre specie affini, possano essere somiglianti ai maschi dell’ Eupelmus memnonius e urozonus, tuttavia la differenza nei caratteri delle femmine è così grande, che io ritengo ormai necessario di stabilire un genere nuovo con l’ Eupelmus Degeeri come tipo. A questo genere, cui darò il nome di Ewpelmella (*) — che ricorda V Eupelminus excava- tus, col quale la specie Degeert presenta alcune somiglianze notevoli, specialmente nel torace — devono ascriversi anche l Eupelminus tarsatus di Waterston, |’ Eupelmus sp. menzio- nato dal Mantero in questi Annali (vol. XLVI; 1915, p. 313), ottenuto da galle di Schizomyia Buboniae provenienti dalla Tripolitania, ed alcune specie inedite, che saranno descritte in un’altra pubblicazione. Appartengono probabilmente a questo genere l Euryscapus saltator Lindemann (Bull. Soc. Natur. Moscou (2) I, 1887, p. 190) che nel Catalogo Dalla Torre è citato, non saprei per quale ragione, nel genere Mira, e il Cerambycobius Cush- mani Crawf. Il gruppo potrebbe forse suddividersi in sottogeneri, tenendo conto specialmente della forma e disposizione degli ultimi segmenti dell'addome. I suoi caratteri principali sono i seguenti: Vertice inclinato in avanti e confuso con la fronte. Mandibole tridentate. Palpi mascellari di quattro articoli. Protorace hen di- stinto dal torace alifero. Parte preascellare del mesonoto percorsa in tutta la lunghezza da due spigoli longitudinali, sublaterali; lo spazio compreso fra questi spigoli, a superficie uniforme, per lo più concava negli esemplari essiccati; ascelle strette e lunghe, più o meno discoste alla base; postscutello (cioè il vero metanoto ) notevolmente sviluppato, a forma di una larga piastra disposta orizzontalmente, limitata ai lati da margini dritti e paralleli, allo (1) Non credo che si possa adottare il nome Macroneura usato dal Walker nel 4837 (vedasi la sinonimia nella descrizione della specie Degeeri) poichè anzitutto tale nome fu attribuito dal Macquart fino dal 1834 ad un genere di Ditteri, e sebbene si trovi ora nella sinonimia del genere Diadocidia nel « Katal. palàarkt. Dipteren >, tuttavia potrebbe esser messo nuovamente in uso; inoltre è un nome improprio e riferibile solo al maschio della specie Macroneura macutipes del Walker. x a IL: as è IA a ea (i * Een RRL vi o CALCIDIDI DEL GIGLIO 307 indietro pure da un margine dritto, al quale si unisce tutto il margine anteriore dorsale del metatorace (propodeo). Questo ridotto ad un anello, il quale dietro lo stigma dà origine ad un'appendice laminare disposta in modo che almeno una parte della superficie di essa è situata lateralmente. Ali anteriori più o meno ridotte, piegate trasversalmente verso il mezzo, con la metà apicale spesso caduca. Ali del metatorace più o meno atrofiche. Tibia posteriore con due speroni. Addome per lo più fusiforme e a tegumento piuttosto duro. Nell’ Eupelmella Degeeri e nella specie parassita della Schi- zomyia Buboniae, come nell’ Eupelmus urozonus e come nella specie di cui precede la descrizione, il settimo (IX morfologica- mente) tergite è tagliato lungo la linea mediana per quasi tutta la sua lunghezza. I caratteri del genere più importanti sono il grande sviluppo e la forma del postscutello, l’area con superficie uniforme nella parte preascellare del mesonoto compresa fra i due spigoli longi- tudinali e notevolmente rilevati quando tale area diviene concava. Una disposizione simile si osserva nel genere Hupelminus, il quale però è ben diverso dal genere in discorso. EKupelmella Degeeri (Dalm.). — —. Degeer, Mém. serv. hist. Insect. II, P. 1., 17 BLOT BD ? Ichneumon vesicularis, Retzius, Gen. et spec. Insect., 1783, p. 70. Eupelmus Degeeri, Dalman, Svensk. Vet-Akad. Handl. XLI, 1820, porad9ermo 32). Eupelmus Geeri, Nees, Hymen. Ichneum. affin. Monogr. II, 1834, paro 4 11.778 O. ? Macroneura maculipes, Walker, Entom. Magaz., IV, 1837, p354, (gf; excel): Eupelmus De Geeri, Thomson, Hymen. Scandin. IV, 1875, p. 107, Do a (Dr Gli esemplari del Giglio sono quattro QQ, prese in giugno e ottobre nel 1900 e in maggio e agosto nel 1901. Altri ventotto esemplari della collezione del Museo, che ho avuti in esame, tutti femmine, provengono da diverse località della Liguria e della 308 L. MASI Lombardia, dai dintorni di Pisa, da Vallo nella Lucania, dalla Sardegna e uno dalla Turingia. La specie sembra diffusa in quasi tutta I’ Europa ed è stata ottenuta come parassita di vari Imenotteri, Lepidotteri, Ditteri e Coleotteri, per l'indicazione dei quali rimando al Catalogo Dalla Torre. La biologia non ne è ancora studiata. Qualunque sia la sua affinità con altre specie riferite al genere Eupelmus o ad altri generi, si può dire che essa, al pari dell’ Eupelminus excavatus, è una delle forme più caratteristiche fra gli Eupelmini europei, e ben distinta, come già ho detto, dai veri Hupelmus: onde credo utile di dare qui una descrizione dettagliata della femmina: di maschi non ne ho potuto aver nessuno in esame. Per le notizie riguardo a questi rimando alla descrizione del Thomson, la quale tuttavia non indica che pochissimi caratteri, e a quella della Ma- croneura maculipes del Walker (Entom. Mag., IV, 1837, p. 354, n.° 1, g') che secondo Giraud (Verh. zool.-bot. Ges. Wien, Jahre. 1863, p. 1270) e Thomson, non sarebbe altro che il maschio della specie in discorso; vedasi inoltre la descrizione del Forster (Verh. naturh. Ver. preuss. Rheinl. XVII, 1860, p. 120, n.° 80). Finora le migliori descrizioni della specie pub- blicate sono quelle antiche di Dalman e Nees; alle quali il Thom- son non ha aggiunto quasi nulla di nuovo riguardo ai caratteri della femmina, descrivendola con eccessiva brevità e concisione. Walker ha dato pure una descrizione breve, ed anche inesatta, della femmina (J. ¢., p. 361); mentre Ratzeburg (Ichneum. d.. Forstinsect. II, 1848, p. 151) ne ha osservato bene alcuni carat- teri, che egli indica a complemento delle descrizioni di autori pre- cedenti. La figura, troppo semplice e imperfetta delle « Notes on Chalcidiae » di Walker (P. V., p. 76, 1872) è stata riprodotta con molta inesattezza nel « Genera Insectorum »; quella di De- geer non ha valore scientifico. GI individui di questa specie variano non poco nella colora- zione, e deformandosi nel disseccarsi, come avviene spesso negli Eupelmini, possono alterarsi più o meno in alcune parti, spe- cialmente nel profilo della testa, nella forma del protorace, nella. disposizione degli sterni addominali e, in individui piccoli, anche in tutto |’ addome. La parte ripiegata delle ali anteriori si distacca facilmente negli esemplari essiccati. Il capo supera di 1/, la larghezza massima del torace; veduto iii se, lungo quanto i precedenti presi ‘vando con debole ingrandimento, CALCIDIDI DEL GIGLIO 309 di fronte è alquanto più corto che largo nella proporzione di 86 °%,, ha il vertice poco rilèvato, gli occhi grandi, glabri, linea oculare situata un po’ prima del */, inferiore della lunghezza, il peristomio assai ampio, manifestamente più largo della fronte, col clipeo non distinto e solo leggermente convesso nel lato esterno; le gene leggermente incurvate, con un solco rettilineo; gli ocelli disposti a formare un angolo assai ottuso, i posteriori distanti dall occipite e situati un po’ al di sotto della. linea oculare supe- riore, discosti dalle orbite circa !/, dello spazio che li separa l’uno dall’ altro; i toruli delle antenne egualmente distanti dalla linea oculare e dal margine orale, e lo spazio fra l’ uno e I altro alquanto inferiore alla metà della larghezza della fronte; le fosse antennali piuttosto profonde nella parte inferiore della faccia, riu- nite poco al di sopra della linea oculare, estendendosi in alto fino alla metà dell’ altezza delle orbite, sebbene per una leggiera de- pressione della fronte, che può divenire più evidente col dissecca- mento, sembrino estese fino a circoserivere l’ocello anteriore. Il labbro superiore è assai piccolo, non più largo dei toruli delle antenne, e fornito di sei setole piuttosto lunghe. Le mandibole sono tridentate. I palpi mascellari hanno quattro articoli, dei quali i primi tre subeguali, l’ ultimo Sao insieme. I palpi labiali sono di tre articoli. La forma del capo di profilo è quasi semicircolare, col vertice arrotondato, e la stessa forma presenta |’ occhio quando è in condizioni normali. La super- \ ficie apparisce zigrmata osser- rig. 21. Ewpelmella Degeeri Q.4, antenna (Xx 36) — 2, testa veduta di fronte (X 20) È i s : — 3, labbro superiore (X 70) — 4, apice e guarnita di peli corti; la scul- della mandibola (x 70) — 5, estremità . si paio di zampe (X 80). Lo seapo, lungo !/, del fla- gello, alquanto lavinia leggermente ricurvo, non raggiunge, locello anteriore, superando di poco la metà dell’ orbita quando si osserva il capo di profilo. Il flagello è alquanto più lungo del ESEEEE E I 310 L. MASI mesotorace, nella proporzione di 85:70. Il pedicello è allungato, poco ristretto alla base; ad esso segue un anello una volta e mezza più largo che lungo, quindi i sette articoli del funicolo , piuttosto grossi, dei quali i primi tre egualmente lunghi, i sue- cessivi gradatamente più corti, il primo lungo poco più di una volta e mezza la sua larghezza, l’ultimo una volta e mezza più largo del primo e di larghezza poco maggiore della lunghezza. La clava è uguale ai due articoli precedenti e, osservata dal lato esterno, presenta le suture oblique. I sensilli celoconici sono disposti in una. sola serie in ciascun articolo del funicolo e della clava, sebbene non tutti inseriti sulla stessa linea, e si presentano in scarso numero nei primi quattro articoli, frequenti nei successivi, ma quasi sempre poco visibili per il loro colorito grigiastro e per un fitto rivestimento di peli, che si estende anche a tutta la superficie dello scapo. Il protorace è grande e ben distinto dal torace alifero, del quale misura un terzo della lunghezza, non compreso il collo; nella linea mediana dorsale presenta bene distinta la sutura dei due scleriti ed in ciascuno degli angoli posteriori ha una fossa stigmatica nella quale il peritrema si presenta sviluppato a formare una pic- cola appendice membranosa, piriforme. Nella parte preascellare del mesonoto, limitata lateralmente da due solchi, l’area media è una volta e mezza più lunga che larga, i suoi margini laterali sono formati da due carene medio- cremente incurvate; il margine ante- riore è solo leggermente convesso, la superficie più o meno concava negli esemplari disseccati e senza traccia di solchi convergenti né di sutura sulla linea mediana. Le parti laterali di quest’ area media sono disposte quasi usa n panel “Dagecra tO: perpendicolarmente e sono limitate in Torace veduto dal di sopra (X 26. basso dal solco che le separa dal Le ali non sono disegnate, ec- 3 cettola radicola delle anteriori. presterno e dalla tegula e che si continua sopra la mesopleura. Le ascelle sono due volte più lunghe che larghe alla base e si CALCIDIDI DEL GIGLIO 341 / estendono per ?/, della lunghezza dello scutello: il lato anteriore di questo, che separa le ascelle, è alquanto più ristretto della loro base, mentre la sua parte posteriore è due volte più larga e limitata da due listerelle disposte in un angolo assai ottuso; a queste s’interpone un tubercolo a contorno semicircolare, che forma l’ apice dello scutello. Il frenum è distinto dal dorsulo per la scultura, sebbene in modo poco evidente, e limitato da una linea arcuata a concavità posteriore. La parte corrispondente al vero metanoto (cioè il postscutellum secondo la nomenclatura del Thomson) è assai grande e potrebbe dirsi quadrilatera per la forma se non fosse incavata anteriormente. Essa misura in lun- ghezza la metà dello scutello, mentre è uguale a questo in lar- ghezza e limitata in ciascun lato dallo stesso grande solco che separa lo scutello, al pari dello scudo, dalle parti laterali del torace. I suoi margini esterni sono rettilinei, eccetto che in cor- rispondenza agli angoli posteriori, dove formano due piccoli lobi arrotondati, appena sporgenti. Presso il margine posteriòre si trovano due fossette circolari, poco profonde e discoste l’ una dal- l’altra, alle quali s’ interpone un altro piccolo incavo. Il metato- race al di sopra dell'articolazione dell’ addome è ridotto ad una striscia sottile, ed anche le sue parti laterali sono poco sviluppate, misurando in lunghezza 1/, dello scutello; esse formano due lobi compressi, arrotondati, al di dietro dello stigma. Questo è assai piccolo e vicino all'angolo posteriore del postscutello. Il presterno è di forma ovata, troncato posteriormente. Il solco fra la meso- pleura e il mesosterno non arriva al presterno ma termina a poca distanza da esso. La mesopleura si estende in dietro fin presso il limite del torace, la metapleura è ridotta ad un tratto piccolis- simo non distinto dal resto del metatorace. Quasi tutti i pezzi toracali presentano una scultura reticolata : le maglie del reticolo nell’area media della parte preascellare del mesonoto sono assai più grandi presso i lati e nella seconda metà, poco evidenti sul frenum, mentre nel resto dello scutello e sulle ascelle sono piccolissime, difficilmente visibili con un ingrandi- mento di 50 diam., e leggermente incavate. La mesopleura ha una zona periferica reticolata, che nella parte posteriore dorsale presenta le maglie rettangolari, molto allungate, onde apparisce striata per lungo; nel resto della superficie è assai minutamente zigrinata, questa scultura non potendosi distinguere con meno di RR os Hi L. MASI 50 diam. Il pronoto è fornito di alcune setole piuttosto lunghe, rilevate; lo scudo presenta dei peli sparsi; altri peli assai meno frequenti si osservano sulle ascelle e sullo scutello, nonchè sul mesosterno presso la sutura con la pleura. Le coxe del terzo paio hanno un fitto rivestimento di peli nel lato posteriore. Le ali sono rudimentali. Le anteriori constano di una parte basale, disposta orizzontalmente e diretta all'indietro, che non oltrepassa l’estremità del torace, ed una parte apicale rialzata e disposta verticalmente, lunga circa il doppio della prima. La parte basale .è poco più lunga che larga, percorsa da una nervatura piuttosto grossa, rettilinea, la quale è fornita di una decina di setole; dei peli sottili sono sparsi. sulla lamina; la cellula costale è larghissima ed occupa 1/, deila larghezza dell’ala. La parte apicale ha un fitto rivestimento di peli e una nervatura marginale poco distinta dal resto per l’uni- formità della colorazione bruna: non c’è ramo sti- gmatico e tutta la nerva- Fig. 23. Eupelmella Degeeri Q. 1, parte basale tura sembra corrispondere dell’ ala anteriore — 2, ala posteriore. (Ambedue al solo tratto marginale, 1° figure x 100. mancando la parte postmarginale della lamina: tuttavia l'apice di questa è fornito, per un certo tratto, di peli che formano una frangia come nelle ali normalmente sviluppate. Una forma parti- colare presentano pure le ali del metatorace. Queste sono lunghe una volta e mezza la parte basale delle ali anteriori, hanno la radicola estesa fino ai ?/, della lunghezza e la cellula basale estesa altri ?/,: manca in esse la porzione postmarginale della lamina, onde gli uncinetti, i quali sono ridotti a due, appiattiti nella loro prima metà e poco consistenti, si trovano presso l’apice dell’ ala e al termine del margine esterno (anteriore, in posizione di volo) inseriti non sulla nervatura ma sul margine stesso della lamina. Nella parte basale la nervatura forma un arco. a convessità esterna, e ad essa si uniformano più o meno le parti CALCIDIDI DEL GIGLIO 313 corrispondenti dei margini. La cellula costale è molto larga in tutta la sua estensione, cioè fino agli uncinetti, ed ha il margine incavato al termine della parte basale della lamina, onde rimane divisa in due sezioni, nella prima delle quali è fornita di una serie di sei setole. La cellula basale presenta dei peli sparsi, brevi ma piuttosto grossi, e tutto il rimanente della lamina è fornito di setole sparse, notevolmente ingrossate e rigide, quali si trovano spesso nelle parti colorate delle ali di Eupelmini e di certi generi di Encirtini: aleune di queste setole sporgono dall’apice dell’ ala. Le zampe sono mediocremente sviluppate. La porzione apicale inferiore dei femori è scavata a doccia per accogliere in parte la tibia in posizione di flessione. Il femore anteriore non è più ingros- sato del posteriore; le tibie sono munite di alcuni dentelli conici all’estremità, i quali formano nel secondo paio di zampe una serie di 6 o 7 parallela al margine apicale e poco distante da esso. In queste zampe il tarso ha un fitto rivestimento di peli che formano una spazzola nel lato inferiore degli articoli: i dentelli sono molto piccoli e ottusi, in numero di circa dieci verso il lato esterno del primo articolo, due soli nel lato interno; i tre articoli successivi hanno un solo dentello apicale per lato, ed una lunga spina. La tibia posteriore ha due speroni, uno dei quali lungo poco più di 1/, del primo articolo tarsale, |’ altro non più lungo delle setole rigide del margine apicale. La misura relativa delle diverse parti delle zampe è la seguente: Zampe anteriori: femore lungo 40, largo. 13; tibia lunga 40, larga 9; sperone 10; articoli tarsali, 12, 9, 7, 6, 9. Zampe medie: femore lungo 53, largo 9; tibia lunga 63, larga alla base 6, all’apice 8; sperone 16; articoli tarsali, 15, 7, 5, 5, 9. Zampe posteriori: femore lungo 53, largo verso il mezzo 13; tibia lunga 69, larga 8; sperone grande, 8; articoli tarsali, 21, 11, 7, 6, 9. L’addome, in condizioni normali, è uguale al torace in lun- ghezza e larghezza, fusiforme, .con |’ apice troncato obliquamente al di sopra della terebra dall’alto in basso e dall’ indietro in avanti, in modo che esso addome presenta una superficie apicale inclinata, quasi piana, derivata dalle due parti dell’ ultimo ter- gite, le quali dovrebbero trovarsi situate quasi del tutto ventral- mente ai lati della terebra. Questa sporge per un tratto uguale circa a !/, della lunghezza dell’ addome. Il segmento basale è 31A L. MASI liscio, con una zona di peli piuttosto lunghi e con un piccolo incavo ad arco nel mezzo del margine posteriore. Un incavo si osserva pure nei due tergiti successivi, mentre il quarto presenta solo una leggiera concavità. I tergiti 2.°, 3.° e 4.° sono subeguali in lunghezza, il 5.° è appena più lungo e tutti, ad eccezione del 1.°, hanno una scultura a reticolo minuta ma evidente e sono uniformemente rivestiti di peli corti, distanti fra di loro circa la metà della propria lunghezza. Il 6.° tergite è ridotto ad una zona angusta, la quale in corrispondenza allo stigma è appena tanto larga da contenere lo stigma stesso. Il tergite precedente, cioè il 5.9, sporge all’ indietro sopra gli stigmi formando un lobo dorsale impari, e al di sotto di essi formando un lobo laterale. I cercoidi del 7.° segmento sono quasi del tutto nascosti sotto il margine del 6.° tergite; tuttavia le loro setole sporgono ai lati dell’ addome. Il colorito prevalente sulla testa e sul torace è verde scuro o nerastro; la faccia presenta spesso dei leggieri riflessi d’un rosso violaceo; lo scudo e il postscutello sono sempre più o meno verdi, lucidi; tutti i solchi longitudinali del dorso sono colorati in ocraceo scuro; la mesopleura talvolta è d’un violaceo intenso. Il segmento basale dell’ addome è giallo o giallognolo e sembra avere una fascia gialla-bruna al margine perchè viene a sovrapporsi al ter- gite successivo, il quale si vede per trasparenza ed è bruno nero. come i seguenti: negli individui più piccoli il colore bruno può essere anche un poco sbiadito. Le valve della terebra sono giallo- gnole, con un anello scuro alla base e per lo più con un altro simile, ma più chiaro, all’ apice. Gli occhi sono bruni. Lo scapo è per lo più giallo rugginoso, talora giallo pallido; il pedicello verde, metallico; il resto del flagello nero, con peli e sensilli gri- giastri. La parte apicale, rilevata, delle ali anteriori, la radicola e gli ultimi */, delle ali posteriori, sono di color bruno giallastro, con peli neri. Il colore delle coxe, dei femori e delle tibie è ocraceo scuro, però il lato esterno dei femori può essere bruno oppure tinto in verde negli individui che tendono maggiormente a questo colore; l'estremità delle tibie è sempre più o meno giallastra, come pure gli speroni e i primi quattro articoli del tarso; l’apice di questi è scuro. I peli delle coxe posteriori, quelli del mesosterno, presso la sutura con la pleura, quelli vicini allo spiracolo del metatorace e alla base dell'addome, sono bianchi, gli altri grigiastri. Lungh. 2-3 mm. Rem LA e | li CALCIDIDI DEL GIGLIO 345 Gen. EUPELMINUS Dalla Torre. (Uroeryptus Westwood). A questo genere appartiene finora una sola specie europea, l’ Eupelminus excavatus (Dalm.). Nella femmina è caratteristica la struttura del torace, che ricorda quella che si osserva nell’ Hupel- mella Degeeri: tuttavia nell’ Eupelminus excavatus vi sono dei caratteri particolari, tra i quali la forma e la disposizione delle ascelle e dello scutello e la forma del metatorace: come si rileva facilmente dal confronto delle figure che accompagnano queste descrizioni. Tali caratteri non erano stati messi in evidenza finora, nè apprezzati abbastanza nel loro valore sistematico. L'Eupelminus tarsatus di Waterston deve considerarsi piut- tosto come una Eupelmella. Un genere probabilmente affine ad Eupelminus è il Myrmecomimesis Dalla Torre (Myrmecopsis di Walker) al quale spetta finora una sola specie dell’Australia. L’ Eupelminus robustus Brues, non mi sembra congenere dell’ excavatus. Eupelminus excavatus (Dalm.) D. Torre. Eupelmus excavatus, Dalman, Svensk. Vet.-Akad. Handl. XLI, 1820, p. 382 (9). > » Walker, Entom. Magaz. IV, 1837, p. 362 (#2). Eupelmus (Urocryptus) excavatus, Thomson, Hymen. Scandin. IV$740//08,; pr 108" (gr Tre QQ prese in novembre e dicembre del 1900 e gen- naio 1902. Capo più largo del torace nella proporzione di 4:3, visto di fronte triangolare, più largo che lungo nella stessa proporzione, col vertice quasi dritto, appena sporgente oltre la linea oculare superiore; le orbite oblique e discoste inferiormente circa una volta e mezza più che sul vertice; gli occhi prominenti, glabri; le gene quasi dritte, lunghe °/, del diametro maggiore delle orbite, col solco spostato in dentro, cioè medialmente, nella metà supe- Fia Ri rt pie da 1 eee a 25 9 i 316 L. MASI riore, e quindi ben visibile solo in questo tratto; il peristomio mediocremente largo e quasi uguale alla minore distanza delle orbite; il clipeo limitato solo ai lati mediante due solchi paralleli, piuttosto profondi, la cui distanza uguaglia quella fra i due toruli delle antenne, col margine libero leggermente sporgente e appena sensibilmente concavo per */, della sua larghezza (se si osserva un po’ obliquamente dal basso). La linea d’inserzione delle antenne è a ?/; della lunghezza del capo. Le fosse antennali non sono determinate. Osservando di profilo, il capo apparisce notevolmente largo, essendo il suo diametro antero-posteriore circa */, di quello longitudinale; posteriormente è appiattito, anteriormente ha il punto più elevato in corrispondenza all’ inserzione delle antenne; il vertice è largo e quasi piano, l’ occhio a contorno ellittico, col diametro verticale poco maggiore del trasversale e disposto obli- quamente in basso e in avanti; il solco delle gene si presenta rettilineo e diretto in basso e all’ indietro. Nella norma superiore la sporgenza dell’occhio uguaglia circa */, della distanza minore delle orbite, gli ocelli formano un triangolo quasi equilatero, i posteriori essendo distanti fra loro quanto dalle orbite. La scul- tura quasi in tutta la superficie è reticolata con maglie per lo più rombiche, il cui diametro maggiore è circa doppio di quello degli ommatidi, ma diviene quasi uguale nelle maglie del vertice: la parte inferiore della faccia ha l'apparenza zigrinata, con punti poco più piccoli degli ommatidi. Le mandibole hanno 3 denti dei quali l'interno è la metà più. piccolo dell’ intermedio; i palpi mascellari sono di 4 articoli, dei quali il primo tanto largo che lungo, l’ultimo uguale in lun- ghezza ai tre precedenti, fog- giato a cono nella metà apicale e fornito di setole brevi. Lo scapo supera di poco il SARDA DA livello del vertice, è mediocre- antenna ( 45) — 2, mandibola (x 87) — mente incurvato, di grossezza ERRORE RT Ale uniforme e supera alquanto la terza parte della lunghezza del flagello. Il pedicello misura '/, dello scapo; l’anello è poco più largo che lungo; gli articoli del funicolo sono gradatamente più ‘larghi, subeguali in lunghezza, 9 d ar Poe vega CR a PROT CRIS Ea ae ne dr cilindri Sit i hi + vele cot ‘ide RA ef ahi t Nets Paget eo Se eee Ae ripe bathe, 7 * ti Pee oe +; PANI IRINA Ì SL 7 a : f È CALCIDIDI DEL GIGLIO 317 il primo una volta e mezza più lungo che largo, |’ ultimo di larghezza poco maggiore della sua lunghezza; la clava è distin- tamente divisa in tre articoli subeguali con suture leggermente oblique e la sua lunghezza uguaglia quella dei due articoli precedenti. Il torace somiglia a quello dell’ Hupelmella Degeeri, ma se ne discosta notevolmente per diversi caratteri. Il protorace è lungo. 1/, del torace alifero. La parte preascellare del mesonoto presenta l’area media di forma ellittica, troncata alle estremità, limitata lateralmente (negli esemplari secchi) da margini acuti e divisa in due scleriti piani, i quali si abbassano verso la linea media lon- gitudinale, dove si uniscono in una sutura ben marcata; quest'area si trova notevolmente elevata rispetto al margine superiore dei pezzi laterali contigui del torace. Osservando dal di sopra, la distanza fra il margine dell’area media e quello del solco laterale corrisponde circa ad !/, della larghezza dell’area stessa. Le ascelle e lo scutello determinano nell’ insieme una mezza ellissi col semidiametro longitudinale quasi una volta e mezza più lungo del diametro trasverso, ed il limite di quest’ area è formato da un solco. Le ascelle sono assai sviluppate in lunghezza, percorse da 8-10 coste longitudinali arcuate, parallele fra loro ed al mar- gine esterno, separate da altrettanti solchi sottili: tra di esse rimane una fossa ellittica, profonda, lunga quasi la metà dello scutello e circa tre volte più lunga che larga, la cui estremità anteriore corrisponde alla linea ascellare. Lo scutello è assai ridotto e può distinguersi in una parte posteriore con margine esterno semicircolare, ed una parte anteriore i triangolare situata fra le ascelle, che si prolunga in una punta acuta, la quale termina nel mezzo della fossa. rig. 95. Eupetminus excavatus 9. ellittica : la ‘sua’ superficie apparisce |. Scutello e parti adiacenti col me- 5 5 ° tanoto (x 60.Si confronti con la minutamente punteggiata-reticolata. fig. 22). si La parte del dorso che corrisponde al vero metanoto, è lunga nella linea mediana circa la metà del metatorace. Questo è ben sviluppato e fornito d’ una carena È i 7 Pe 318 L. MASI che si biforca verso la metà della lunghezza formando due coste poco divergenti. Gli spiracoli sono piccoli, rotondi, situati all'apice di due grossi tubercoli conici. Osservando il torace lateralmente, si vede il presterno di forma triangolare isoscele, disposto con la base in avanti, e circa. una volta e mezza più lungo che largo; la tegula, pure triangolare, ma assai ristretta, è situata con l'apice poco distante da quello del presterno , la meso- pleura e il mesosterno sono interamente separati da un solco il quale incomincia in alto presso I’ apice del presterno. La meta- pleura non è distinta dalla parte dorsale del metatorace. Il pro-. torace, il mesosterno, la parte anteriore superiore della mesopleura e la parte preascellare del mesonoto, sono reticolati-solcati, con maglie grandi, specialmente nella detta parte del mesonoto ; inoltre la scultura è bene marcata nella parte superiore del meso- sterno ed in quella adiacente della mesopleura, mentre è appena accennata nella parte superiore di questa, e manca nel rima- nente, come pure nel presterno. La tegula è a superficie ruvida. La superficie del torace ha una lucentezza grassa-resinosa, ad eccezione dello scutello e dei due tubercoli del metatorace, che hanno lucentezza submetallica. I peli sono rari e corti, anche nelle parti laterali del metatorace: ai lati del mesotorace si limi- tano alla parte anteriore della pleura ed a quella adiacente del mesosterno. Le ali anteriori si presentano ridotte alla parte basale e cor- rispondono per la forma e disposizione a quelle dell’ Eupelmella Degeeri. Assai più ridotte sono le posteriori, rappresentate da una piccola appendice membranosa, non visibile con debole ingran- dimento (!). Le zampe sono lunghe; i femori anteriori dilatati nel terzo apicale; i tarsi intermedii col primo articolo munito di numerosi dentelli piuttosto lunghi, gli articoli successivi poco sviluppati; le tibie posteriori hanno due speroni, dei quali il più grande uguale in lunghezza alla larghezza dell’ estremità della tibia, altro la metà più corto. L'addome è di forma ovato-conica, lungo quanto il torace e di larghezza quasi uguale a quella della testa: osservato dal di sopra, presenta il primo segmento lungo quasi il doppio del (1) I pochi esemplari di cui dispongo non mi permettono di conoscere meglio questi rudimenti di ali, tuttavia mi sembra che essi siano affatto informi. LE CALCIDIDI DEL GIGLIO L 519 secondo, questo e i due successivi uguali in lunghezza: tutti i segmenti fino al sesto compreso, col margine dritto. La superficie è manifestamente reticolato-solcata, con peli assai radi, discosti Puno dall’altro una volta e mezza o anche due volte la loro lunghezza nei primi cinque tergiti, nei successivi più ravvicinati. Le valve della terebra non sono affatto sporgenti. Il colore del capo e dell’ addome è verde più o meno scuro oppure nero violaceo; lo scapo, quasi tutto il torace, le zampe, il peduncolo dell’ addome e una piccolissima parte di questo vicino al peduncolo, sono di color fulvo o; il torace è talora rugginoso; il flagello è nero; le ascelle e lo scutello, le tegule, la parte supe- riore del mesosterno e quella adiacente della mesopleura, il pro- noto, i due scleriti mediani della parte preascellare del mesonoto, una gran parte delle coxe anteriori e medie e la base delle poste- riori, sono dotati d’un riflesso violaceo più o meno intenso; i due ‘tubercoli del metatorace si presentano verdi, azzurri o violacei; nelle zampe medie lo sperone è bianchiccio ed il tarso con den- telli giallognoli e coi due ultimi articoli neri; nel tarso anteriore e nel posteriore |’ articolo apicale è nero, ma il quarto articolo è bruno ed il terzo color nocciuola. Lungh. 2,5 mm. Non ho potuto osservare nessun esemplare maschio di questa specie. La descrizione assai incompleta che ne dà il Walker, mi sembra doversi riferire piuttosto alle femmine, tanto più che essa non concorda affatto con quello che dice Thomson riguardo al colorito e allo sviluppo delle ali. Secondo questo autore il torace nei maschi è verde; l'addome in quasi tutta la prima metà ros- siccio; le antenne hanno il flagello lungo e assottigliato, rivestito di peli neri; il pronoto è subquadrato, il mesonoto compresso anteriormente, |’ epienemio e |’ epimero del mesosterno sono im- perfettamente separati; le ali anteriori hanno la superficie quasi tutta pubescente, la cellula costale angusta, il nervo postmargi- nale circa due volte più lungo dello stigmatico; l'addome è alquanto depresso. . Gen ANASTATUS Motschulsky. Quali caratteri si debbano attribuire a questo genere di Eupelminae, è cosa assai dubbia, e questione forse insolubile, fino a che non sarà ritrovato e descritto nuovamente |’ Anastatus 320°. * L. MASI mantoidae del Motschulsky, il quale è la specie tipica del genere. Io mi servo qui, provvisoriamente, del nome Anastatus per le specie affini all’ Anastatus bifasciatus (Fonse.) e all’ Ana- status viridiceps di Waterston (1). La descrizione di quest’ ul- timo è la più completa pubblicata finora e può servire di guida e di termine di confronto nell’ esame di altre specie; l’ Anas/atus bifasciatus è poi una delle forme più note e più diffuse, paras- sita della Lymantria dispar, importato dall’ Europa e dal Giap- pone negli Stati Uniti. Ambedue hanno in comune questi carat- teri principali: capo globoso, senza margine acuto fra il vertice e l’occipite, mandibole bidentate, palpo mascellare di quattro articoli, l’ultimo dei quali dilatato verso l’apice; ascelle più o meno discoste; dorsello mediocre, parti laterali del postscutello poco sviluppate; parti laterali del metanoto grandi, subtriango- lari o subquadrangolari, quasi piane e disposte orizzontalmente, unite verso la metà della lunghezza da un breve istmo, essendo la parte mediana del metanoto profondamente incavata a semi circolo in avanti e all'indietro, per accogliere il dorsello e il peduncolo dell'addome; ali anteriori senza area specolare, per lo più scure, con la parte basale ed una fascia sul disco biancastre, col nervo postmarginale lungo il doppio, o anche più, del nervo stigmatico; tibia posteriore con due speroni. Settimo tergite integro (?). Maschio con antenne grandi, col flagello di grossezza uniforme fino all'apice, gli articoli del funicolo all’ incirca ugual- mente lunghi e la clava indivisa. Alle due specie di Anastatus già indicate ed a quella di cui segue la descrizione, sono strettamente affini diverse altre, appar- tenenti alla nostra fauna ed in parte probabilmente inedite. L'A na- status eurycephalus, descritto qui appresso, si distingue dalle altre specie a me note per la forma della testa, che è notevol- mente più larga che lunga (nel rapporto di 1:4,5) invece di essere approssimativamente circolare quando si osserva di fronte, e per la lunghezza dello scapo, il quale si estende di molto al di sopra del livello del vertice. Per tali caratteri questa specie potrebbe forse rappresentare un sottogenere, sebbene un’altra che ho osservata, probabilmente nuova, presenti caratteri quasi (1) Tl Waterston, descrivendo la sua nuova specie sotto il nome generico di Ana- status, esprime tuttavia il dubbio che tale nome sia usato correttamente. (2) Cfr. quanto è detto a proposito di Eupelmus ed Evpelmella. CALCIDIDI DEL GIGLIO COZI intermedi fra essa e la forma che si osserva nell’ Anastalus bifascialus o nel viridiceps. Il maschio della specie euryce- phalus non mi è noto. Anastatus eurycephalus sp. n. Due esemplari QQ, presi uno nel maggio del 1912, l’altro in luglio nel 1901. Femina. Obscure violaceo-purpurea, ima facie, genis prope os, temporibus, itemque prothorace, virescentibus ; scutello cum axillis aeneis, nitore quodam aureo vel cupreo ; metapleuris cyaneis; abdominis segmento basali et oviductu vix prominulo stramineis; antennarum scapo luteo, flagello nigro-brunneo ; proalis usque ad nervum basalem hyalinis at prope radiculam macula parva flavo-grisea notatis, ad mediam longitudinem fascia transversa alba ornatis, super- ficie reliqua brunnea, versus apicem ac marginem posticum sensim pallidiore; nervis fuscis; pilis in areis obscuratis nigris; pedibus cum tarsis brunneis. Caput thoracis latitudinem vix superans, antice visum transversum, longitudine sesquilatius; vertice inter ocellos elevato, deplanato; oculis minus prominentibus, glabris, microscopio inspectis selis perpaucis brevissimis instructis ; genis convexis quam orbitis sesquibrevioribus, sulcatis ; ore magno frontis latitudinem aequante; clypeo haud discreto nec prominulo; antennis in linea ocùlari insertis; scrobibus angustis superne haud determinatis. Oculi de latere inspecti subrotundi. Temporis margo orbitae posteriori parallelus. Ocelli angulum obtusum formantes, postici inter sese spatio remoti quam distantia ab oculis sesquilongiore. Mandibulae bidentatae, dente exteriore parvo, triangulari, altero huic simili ad medium marginis apicalis prominente. Palpi ma- ‘gillares 4-articulati, articulis 1.-3. subaequalibus, 4. his simul sumptis aequilongo, crassiore. Faciei superficies aspera, satis vitro aucta minutissime reticulata, areolis profunde excavatis, super genas seriatis, inter scrobes et in vertice majoribus ac fundo plano. - Scapus perlongus, ocellum valde superans, antice inspe- ctus sinuatus, de. latere visus curvatus; annellus latitudine Ann, del Museo Civ. di St. Nat. Serie 3.°, Vol. VIII (6 Settembre 1919). 21 lo Sud fe wary + *. FI 322 L. MASI vix longior; articuli sequentes sensim curtantes et latiores, primus latitudine sua triplo longior, septimus subtransver- sus; clava arliculos tres praecedentes longitudine aequans, Fig. 26. Anastatus eurycephalus (©) 14, antenna (X 175) — 2, testa veduta di fronte (Xx 52) — 3, galea e. palpo (< 175) — 4, apice della mandibola (X 475). — 5, ner- vatura dell’ ala anteriore (Xx 90). Pronotum sulco medio longitudinali divisum, in speci- . mine essiccato immersum. Mesonoti pars praeaxillaris plicas longitudinales sublaterales fere rectas formans, spatio inter has in aream triangularem convexam antice elevato, hac area sulcis limitata qui, postice connexi, ut linea im- pressa longitudinali ad scutellum usque continuantur ; scul- - piura reticulata, areolis sat magnis, in area triangulari magis conspicuis, in parte dimidia anteriore plicarum mi- nimis. Scutelli latus anterius axillas separans, harum bast aequilongum; pars eius pone lineam aaillarem sita angu- stata, prominula, curva semielliptica limitata, sulco con- spicuo circumdata; superficies in longitudinem sulcato- strigosa, strigis raro, at praecipue posterius, confluentibus, commissuris frequentibus connexis, ita ut oblique inspectis sculpturam punctato-alveolatam efficiant. Aawillae vix lon- CALCIDIDI DEL GIGLIO ARR giores quam latiores, foveolis insculptae elongatis, earum margini interiori parallelis, versus angulum exteriorem brevioribus subquadratis. Dorsellum parvum, lunatum, at longitudine sua tantum sesquilatius. Metanotum antice et postice semicirculariter, aequaliter, excavatum, antice ad dorsellum, postice ad petiolum, excipiendum; partibus exte- rioribus in planum dispositis, subquadratis, isthmo angu- stissimo coniunctis. Mesopleura pilis paucis albis in parte antero-inferiore sparse ornata, confertissime in longitudinem striato-sulcata, sulcis aliis obli- quis, vel transversis, longitudinales connectentibus. Proalaepraestigmate valde dila- lato, nervo marginali quam cellula costali paullum breviore, propor- tione 19 : 21, stigmatico ‘/; huius fere aequante, postmarginali elon- gato, dimidiam marginalis longi- rig.27. Anastatus eurycephalus Q. tudinem attingente, nervi stigma- PR i Ta ince Rao tici triplo superante. Cellula basalis postice tantum pilis paucis instructa, costalis nonnullis prope alae radiculam sparsis, deinde uniseriatis; superficies reliqua, praeler fasciam albam subtiliter ac parce pilosam, dense pilis instructa brevibus, crassiusculis, spiniformibus, qui fere ubicumque series sinuosas, ex linea nervi cubitalis orientes, formant et in margine anteriore etiam paullum aculiores sunt ac maiores; fimbria apicalis pilis constans quam în alae disco duplo longioribus. Alae metathoracis cellula co- stali quam nervo marginali angustiore, hamulos attingente. Femur anticum ac tibia modice dilatata, haec latitudine longior proportione 7: 32, apice denticulis conicis munita, illud latitudine fere quadruplo longius, id est proportione 19:5. Pedes intermedii in specimine typico denticulis co- nicis duobus prope calcar instrucli, in utraque serie arti- culi tarsalis primi denticulis 11, secundi 6, tertiù 3, quarti 2; calcari metalarso aequilongo. Femur posticum tenue, subcylindricum; tibia quam pedis intermedii pa- rum longior, calcaribus. majore */; metatarsi vix attin- CAPRIE ERRO Sa gli 324 L. MASI gente, minore spinarum apicalium longitudinem non aequante, difficuller conspiciendo. Pedum articulorum pro- portio haec est. Femoris antici longitudo 38, latitudo 10. Tibiae anticae longitudo 32, latitudo 7, mediae longiludo 60, posticae 63. Articuli tarsi antici, 13, 8, 6, 5, 8; medti 15, 1287 Gy Ade” postici; «24; 1238; 7, 10XCalcar:: medina metatarsum fere aequans. Abdomen thorace paullum brevius, spatulatum, segmentis margine integris, primo longitudinem duorum . sequentium aequante, reliquis subaequilongis, sexto lale rotundale - marginato, septimo apicem valde obiusum formante. Ovi- ductus via prominens. Sculptura sat crasse reticulata, con- spicua. Long. 3 mm. Anastatus dispar sp. n. Un esemplare o preso in luglio nel 1901. Mas. Capite thoraceque viridibus, vix aureo-nilidis, me- sopleura cyanea; abdomine obscuriore, superne fere cupreo, segmento basali chalceo, apicali viridi; scapi latere ventrali basique stramineis, latere dorsali fere toto brunneo et una cum pedicello cyaneo-nitente, submetallico; pedicelli margine basali et apicali flavis; flagello, oculis ocellisque brunneo-ni- gris; proalis griseis, nervis brunneis, postmarginali linea concolore fere ad apicem continuato; alis metathoracis hya- linis, nervo pallide flavo; femoribus viridibus, mediis tamen ac posticis leniter infuscatis; trochanteribus, femorum om- nium apice, tibiis tarsisque flavis, his articulo ultimo nigro, penultimo grisescente, illis anticis latere interiore, mediis ac posticis dimidio apicali, fuscis. Caput untice visum subrotundum, vertice amplo dimidium eius latitudinis aequante; de latere inspeclum ovatum, cras- sum, inferne acute angustatum; oculis hirtulis; antennis mox supra lineam ocularem insertis. Scapus dilatato-compressus, quam radicula quater longior, longitudine sua fere dimidio angustior proportione 7:16, latere dorsali sat forliter ar- cuato, ventrali ad basim ‘curvato, deinde apice tenus recta decurrente. Flagellum thorace sesquilongius. Pedicellus glo- CALCIDIDI DEL ‘GIGLIO 325 bosus, */; scapi vix aequans. Funiculi articulus primus scapi longitudinem superans, latitudine sua paullum quam duplo longior, propor- tione 4:9; sequen- tes curtantes, post lertium, item atque clava, etiam non- nihil angustiores ; articuli septimi di- mensiones sicut 7:10; clava solida, quam praeclava Fig. 28. Anastatus dispar FA, antenna (x 52) — 2, duplo, quam funi- nervatura dell’ ala anteriore (XX 52). culi articulus primus paullo, longior. Thorax sat robustus, parte praescapulari minus longa, > scutelli basi */; scuti lateris posterioris vin aequante. Proala nervis marginali ac postmarginali ni: his et stigmatico longitudinis proportione sicut 4:2:1; clava margini anteriori parallela, forma trapetium aa unco brevi terminata; superficie mox pone nervum basalem parce hirtula, cellulae basalis haud glabra. Abdomen thorace paullo angustius, brevius, in specimine exsiccato °/, thoracis longitudinis aequans. Superficies capitis et dorsi aspera, aspectu minutissime granulosa, satis vitro aucta super dorsum concinne punctu- lata; praesternum ac mesosternum reticulata, mesopleura areolis minoribus insculpta; abdominis tergitum primum vie conspicue in longitudinem striatum, superficies reliqua minute reticulala, areolis dorsi subrotundis. Long. 2,3 mm. Un complesso di caratteri mi sembra escludere la a che questo esemplare maschio appartenga alla specie euryce- phalus precedentemente descritta, oppure a qualcun’altra delle specie di Anastatus di cui mi sono note soltanto le femmine. Esso si distingue facilmente dai maschi di Anastalus bifasciatus, oltre che pel colorito, anche per le antenne meno lunghe e meno ingrossate, e per la forma della testa veduta di lato, che è meno larga e con la parte inferiore acuta. Dai maschi dell’Anastatus viridiceps si può distinguere pure pel colore, per la forma e la ? ; i x Rene ar Dati Si N A 326 L. MASI proporzione delle diverse parti dell’antenna, per il torace meno sviluppato nella parte anteriore, e perciò di aspetto più robusto; inoltre per l'addome più corto del torace ma proporzionatamente più largo. La forma dello scapo é forse uno dei caratteri pit notevoli. Le mandibole sono conformate come nella femmina di Anastatus eurycephalus e nella specie viridiceps. Gen. CALYMMOCHILUS n. Credo necessario di istituire questo nuovo genere per due specie, le quali forse saranno state già descritte e comprese in mezzo a tante altre nel genere Hupelmus; ma fra le descrizioni pubblicate sotto questo nome non mi è stato possibile rintrac- ciarle, probabilmente perchè le loro caratteristiche più importanti non furono poste in rilievo come era necessario, e non furono sufficientemente apprezzate mettendole a confronto con quelle di altre specie. Tali caratteristiche — le quali si riferiscono però sol- tanto alle femmine, essendo i maschi finora sconosciuti — risul tano sopratutto dal paragone con l’Eupelmus memnonius di Dalman, che va considerato come tipo del genere (essendo stato messo per primo in ordine di descrizione dall’autore) e con I'Eu- pelmus urozonus, che è la seconda specie, in parecchi caratteri ben diversa dalla prima: esse possono avere importanza di carat- teri generici tanto per chi vorrà considerare l’Eupelmus menno- nius e l’urozonus come tipi di sottogeneri, quanto per chi vorrà farne i tipi di due generi distinti. Nell’ Eupelmus memnonius, secondo ciò che risulta dalle notizie che ne danno Dalman e Thomson (*), il clipeo è troncato; le ali anteriori hanno il nervo marginale lungo all'incirca quanto il nervo stigmatico, e lo spe- colo lineare; la « valvula ventralis », cioè lo sternite del quinto (antipenultimo, morfologicamente VII) segmento, è prolungata fino all’estremità addominale, in modo da nascondere gran parte delle valve della terebra; la porzione di queste sporgente oltre l'apice dell’ addome è quasi uguale all’ addome stesso in lun- (1) Non ho potuto osservare nessun esemplare di questa specie. Quanto è detto qui per gli Kupelmus vale, ben inteso, per le femmine, nei maschi essendovi grande somiglianza di caratteri. Una specie, probabilmente nuova, affine al memnonius, mi è stata comunicata dal Sig. H. Du Buysson. ER arri VEBER PULSE CERTO en Oe SRL IO CALCIDIDI DEL GIGLIO SI ghezza. (1) Nell’ Eupelmus urozonus la « valvala ventralis » non 3 si prolunga all’ indietro, le valve della terebra sporgono per un tratto non superiore ad */, della lunghezza dell’ addome ; questo presenta. il margine dei primi segmenti (dal secondo al quarto) più o meno incavato nel mezzo; il settimo (IX) tergite è tagliato lungo la linea mediana per quasi tutta la sua lunghezza; le man- dibole sono tridentate, il palpo mascellare ha quattro articoli. Nel nuovo genere qui descritto, il clipeo, angusto come di solito nelle Hupelminae, è tuttavia notevolmente sporgente, for- mando un lobo semicircolare che ricopre le mandibole; queste sono deboli, assai strette e fornite di denti aguzzi, dei quali, tipi- camente, due sono apicali ed uno situato più in alto; il palpo mascellare ha tre articoli; il torace è simile a quello dell’ Hupel- mus urozonus ; le ali anteriori, le quali possono essere anche atrofiche, non hanno area specolare; i segmenti dell'addome fino al quarto presentano il margine dorsale dritto, mentre quello del quinto segmento forma un arco a concavità posteriore; la « val- vula ventralis » non è estesa all’ indietro ; la terebra è sottile e non oltrepassa l apice dell’ addome. La forma del clipeo, delle mandibole e del palpo mascellare sono i più importanti fra questi caratteri. Delle due specie, una è rappresentata da esemplari del Giglio e liguri e l’altra da wn solo esemplare di Liguria. In questa seconda specie le ali sono troncate al termine del nervo postmar- ginale e l’addome è compresso, quasi foggiate a coltello, carattere che molto probabilmente si esagera col disseccamento, se pure non ne deriva del tutto; inoltre lo scutello è proporzionatamente assai più allungato e ristretto verso l’apice. La diagnosi del genere si può formulare come segue. Femina. Clypeo tegulae semicircularis ad instar prominente et man- dibulas obtegente; his perangustis, haud validis, at dentibus acuminatis duobus apicalibus alioque subapicali instructis ; palpo maxillari triarticulato; antennis ad os insertis; tho- racis structura sicut in Eupelmo urozono, metanoto tamen minus brevi; proalis nervo postmarginali stigmatico sub- (1) Questo Eupelmus si distingue dall’ Evpelmoides obscuratus, che ho descritto altrove (Chalcididae of the Seychelles Islands, in: Novitates Zoologicae, Tring, XXIV, 1917, p. 160) per il nervo postmarginale quasi uguale allo stigmatico e per la pre- senza di uno specolo lineare; per la terebra lunga: forse anche pel numero dei denti delle mandibole; somiglia per lo sviluppo della valvula ventralis, STB... L. MASI aequilongo, speculo nullo, interdum abbreviatis ; abdomine fusiformi vel etiam in speciminibus exsiccatis laminato-com- presso, segmentis 1.-4. margine dorsali integro, 5. margine late concavo, 6. semicirculari, stigmis sub praecedente fere absconditis, 7. haud medio interrupto, superne inspecto api- cem triangularem formante; valvula ventrali brevi; oviductu tenui haud prominulo. Mas ignotus. Il grande numero di specie descritte finora sotto il nome di Eupelmus, nonostante la somiglianza che può esservi nei maschi, mi sembra giustificare 1’ istituzione di nuovi generi per quelle forme che forse si dovrebbero considerare come rappresentanti di sottogeneri, o di gruppi anche minori di specie. I maschi poi per molte specie sono ancora sconosciuti, onde credo tanto più neces- sario di fondare la classificazione degli Hupelmus essenzialmente sui caratteri delle femmine. Calymmochilus atratus sp. n. Due 9 9 del Giglio, una presa in giugno nel 1901, l'altra in gennaio (?) nel 1902; un terzo esemplare fu raccolto a Staz- zano Scrivia (Liguria) nel luglio del 1885. Femina. Obscure olivaceo-viridis, abdomine nigro via purpureo-nitente, basi flavo-brunneo; facie violacea; scapo fusco-aeruginoso, flagello nigro; pedibus, praeter coxas, oviductu praeter basim nigricantem, fulvis, vel ochraceo- ferrugineis; proalis pallide flavo-griseis, nervis concolo- ribus; pilis totius corporis griseis. | Caput thorace latius proportione 6 : 5, antice visum cordato -triangulare, longitudine, absque clypeo, */; eius latitudinis aequans; vertice °/,; capitis latitudinis formante ; oculis magnis, convexis, sat prominulis, superficie pube brevissima nec frequenti instructa, orbitis modice divergen- tibus ac margine incurvo limitatis; genis brevibus, curvatis ; sulcatis; clypeo angusto legulae semicircularis ad instar prominente et mandibulas obtegente, margine crenulato; antennis infra clypeum ac lineam ocuiarem fere aeque distantibus itaque ori valde propinquis, inter sese spatio duplo quam a linea oculari remotis; scrobibus superne co- niunclis ad ocellum fere exlensis; area triangulari inter ri chat esoe, A ath | ee ls ie TAI SAD Te ar tere ib nae NG li? el saat A Vie? tee È Sea = Moo +s \ Bx 7 CALCIDIDI DEL GIGLIO 329 radiculas elevata, ad medium capitis desinente. Orbitae, de latere inspeclae, margine postico fere toto recto, oblique disposito. Faciei superfi- cies etiam inter antenna- rum radiculas minutis- sime reticulata, aspectu granulosa; tempora areolis visa majoribus insculpta ; clypeus fere laevis, sed haud nitidus. Ocelli in triangulum re- ctangularem disposili, : postici spatio duplo quam 4 3 ab oculis inter se remoti. 5 Mandibulae parvae, haud validae, angustae, Fig. 29. Calymmochylus atratus Q.4, antenna A x (X 175) — 2, testa veduta di fronte (x 52) — 3, margine acute tridentato labbro superiore (più ingrandito) — 4,mandi- valde oblique disposito ; hela (X 175) — 5, palpo mascellare (> 200). È È . palpi maxillares 3-arti- culati, articulo 2. quam 1. vix breviore. Scapus ocellum via attingens, dimidio fere quam flagel- lum brevior; articulus huic sequens duplo longior, reliqui curtantes, sensim paullum latiores, ultimus quadratus ; clava articulos praecedenles 3 */. aequans, seginento basali breviore cum intermedio sutura minus conspicua coniuncio. Prothorax brevis. Mesonoti pars praeaxillaris etiam brevis, saltim proportione 9:7 longitudine latior, medio in triangulum modice elevata, lateribus plicas longitudinales obtusas formans. Scutellum planum, aeque longum atque latum, margine postico arcuato; axillae angulo interiore contiguae. Postscutelli partes laterales triangulares. Dorsel- lum fere inconspicuum. Metanotum minus abbreviatum, sublaeve, medio fere */. scutelli longitudinis, */, lateris sui, aequans, carina nulla, at huius loco plicis duabus incurvis antice connatis instructo. Spiracula parva, rotunda, a post- scutello spatio minori quam ipsorum diametro remota. Prae- sternum quadrilaterum, duplo longius quam in margine anteriore latius. Mesopleurae sutura sternalis antice angu- lata praesternum non attingens. Tegulae setis rigidis 4-5 23 0 4 CAL ears 330 L. MASI instructae. Thorax minute reticulatus ; scuteilum cum axillis lineis elevatis, reticulum. formantibus, insculptum, areolis elongatis forma plerumque rhombica vel rhomboidali. Pu- bescentia totius dorsi brevis, tenuis. Proalae praestigmate modice dilatato, nervo marginali dimidiam cellulae costalis longitudinem superante propor- tione 21:13; postmarginali dimidium marginalis non attin- gente (6:13), stigmatico etiam breviore, °/s postmarginalis, "li, marginalis, aequante; superficie in parte basali sparse pilosula, spatio reliquo toto pubescente, speculo nullo ; linea nervi cubitalis haud pilis inflexis indicata. Alae metatho- racis cellula costali ad hamulos extensa. Femur posticum intermedio longitudine et crassitie ae- quale. Tarsus medius crassus, articulo primo in altero spe- cimine denticulis 12-13 in utraque serie munito, secundo 5, tertio 3, quarto 1; in altero denticulis 12:11, 6:4, 2:4, 1:1. Tibia postica calcari singulo instructa °/, metalarsi attingente. | | Abdomen elongate ovato-acutum, in speciminibus exsic- catis saepe basi constricta, deformata, et apice elevato ; lon- gitudine thoracem cum capile fere uequans ; segmentis usque ad quartuni recte marginatis, basali brevi, 3.-4. aequa- libus, hoc autem dimidium longitudinis attingente; 5. prae- cedenti fere aequilongo, superne late ac profunde arcuatim excavato; 6. semicirculari, dorsum tantum occupante, stig- mis absconditis; 7. de supra inspecto huic subaequilongo et apicem triangularem aequilaterum formante. Oviductus tenuis, haud prominens. Superficies reticulata. Long. 2,5 mm. Gen. CHARITOLOPHUS Forster. Verh, naturh. Ver. preuss. Rheinl., XXXV, 1878, p. 69. A questo genere ed alla specie coerulescens, unica finora conosciuta, attribuisco l'esemplare di cui segue la descrizione ; il quale è pure un maschio, come il tipo illustrato dal Forster. Esso non corrisponde però alla descrizione originale in alcuni punti, L'autore dice infatti: « Der Kiefer-Augenabstand.... ohne SI ae ORA TAT I, TELI Sete La 4 OSIO IGE TE PI TI Et PRE ir ERE A I ATI > CALCIDIDI DEL GIGLIO 331 È deutliche Furchen » e « der Ringel und die vier ersten Geissel- glieder mit einer.... Lamelle » ed inoltre « das Mesonotum mit zwei Liingseindricken ». Ma concordando tutti gli altri caratteri, mi sembra lecito di poter affermare che la presenza del solco delle gene, forse per lo stato di conservazione dell’esemplare, può essere sfuggita al Forster, e che egli per errore deve avere attri- buita all’anello antennale la prima appendice, la quale appartiene invece all’articolo immediatamente successivo. Quanto alle « Lings- eindriicken » io non credo che con questo termine si debba inten- dere i solchi scapolari, come ha fatto Schmiedeknecht nel compi- lare la diagnosi del genere, perchè il Forster nelle descrizioni antecedenti e successive della stessa pubblicazione indica sempre tali solchi col nome di « Parapsiden-Furchen » 0 « Furchen der Parapsiden ». Depressioni longitudinali del « Mesonotum » si ve- dono invece frequenti nelle Hupelminae, sopratutto nelle fem- mine, e si osservano anche nell’esemplare maschio del Giglio, ed io ritengo che ad esse abbia fatto allusione l’autore. La femmina sembra che non sia stata ancora nè descritta nè trovata da alcuno: tuttavia è da osservare che tanto lo Schmie- deknecht, il quale dà la conferma di questo fatto nel « Genera Insectorum » (pag.185) come l’Ashmead (Proc. Ent. Soc. Wash., IV, N. 1, 1896) hanno messo il genere anche nella parte del quadro dicotomico che riguarda le femmine degli Eupelmini, il che farebbe supporre che già nel 1896 Ashmead conoscesse ambo i sessi. E secondo questo autore, 1 caratteri generici della fem- mina, desumendoli dal quadro dicotomico, sarebbero i seguenti : Ocello anteriore. non compreso nella fossa antennale, occhi glabri, antenne di 13 articoli, ascelle distanti luna dall’altra, ali non abbreviate, nervo marginale lungo, stigmatico brevissimo, postmarginale lungo, primo articolo del tarso medio non fornito di spine robuste, femori anteriori normali, tibia delle zampe poste- riori e primo articolo tarsale nè dilatati nè compressi, addome non più corto dell'insieme della testa e del torace, con i tergiti profondamente incisi medialmente, le valve della terebra non molto allungate. La femmina di Charitolophus dovrebbe essere dunque più o meno simile ad una Polymoria; e veramente una, certa somi- glianza con questo genere apparisce anche dal solo esame del maschio, senonchè due caratteri non concordano: nei maschi di 332 L. MASI Polymoria le antenne non sono ramificate, e in ambo i sessi di tale genere il nervo postmarginale e quello stigmatico sono ben sviluppati. Un esemplare di femmina di un Eupelmino, raccolto nel Lazio, che mi è stato comunicato dal mio amico Prof. G. Lepri, presenta una nervatura delle ali anteriori e posteriori molto simile a quella del Charitolophus maschio; onde ritengo che, se pure tale fem- mina non spetta realmente a questo genere, potrebbe essere tut- tavia molto affine: nella forma del metanoto e dei relativi spiracoli essa concorda col Charitolophus, come pure nel fitto rivestimento di peli bianchi sui lati del metatorace : le differenze più importanti sono la forma assai raccolta del torace, la mancanza di depressioni nella parte preascellare del mesonoto, i femori e le tibie anteriori e posteriori dilatati e compressi. Charitolophus coerulescens Forster. Verh. naturh. Ver. preuss. Rheinl., XXXV, 1878, p. 70. Un g' preso in agosto nel 1901. Di colore azzurro cupo, con riflessi violacei, in qualche punto con tendenza al color verde, specialmente alla base e all’ apice dell'addome; parte dorsale di questo con leggiero riflesso rameo. Metanoto e scapo verdi, metallici; flagello bruno nero con riflessi violacei. Ali jaline, ma in apparenza lattiginose per il colore hianco dei peli che le rivestono, con la nervatura giallastra assai pallida, eccetto il: prestigma e il nervo stigmatico, che sono d’un giallo grigio piuttosto scuro. Questo colore pure, per un tratto brevissimo, nei ginocchi e nell’articolazione fra lo scapo e la ‘adicola. Speroni delle tibie bianchi. Tarsi con prevalenza del colore bianco nei primi articoli, del bruno negli ultimi; in quelli medi e posteriori il lato esterno del primo articolo con sfumatura bruna solo nella metà apicale, il secondo per quasi tutta la sua lunghezza, il terzo e quarto bianchi soltanto alla base nella parte più ristretta; |’ ultimo interamente bruno nero. Tutti i peli bian- chi, quelli ai lati del metatorace quasi argentei, quelli del flagello bianchi-grigiastri. Testa conformata come nei maschi degli Zupelmus e di molti altri generi di Mupelminae: veduta di fronte, più larga pe CALCIDIDI DEL GIGLIO 333 che lunga nella proporzione di 5 a 4, col vertice poco arcuato, gli occhi mediocremente convessi, forniti di rarissimi peli corti, la linea oculare inferiore distante dal peristomio ‘/, della lunghezza totale; questa lunghezza uguale alla distanza massima delle orbite sulla limea oculare inferiore, mentre la minima distanza, sul ver- tice, è ?/, della larghezza. Inserzioni delle antenne piuttosto rav- vicinate e poste a ?/, della lunghezza. della testa contando dal basso; lo spazio fra i toruli alquanto maggiore di questa distanza. Dai toruli discendono due solchi, dapprima convergendo verso la linea mediana per raggiungere gli angoli interni del clipeo, poi divergendo per seguirne i lati esterni. Clipeo a forma di trapezio, col lato interno uguale alla sua lunghezza e determinato da un leggiero solco, il margine esterno poco più lungo, uniforme ed appena leggermente concavo, situato assai più in dentro delle parti adiacenti del peristomio e fornito di quattro setole, di cui quelle esterne più lunghe. Labbro con una serie di otto piccole setole e col margine dritto e non sporgente. Ocelli esterni al- quanto più distanti dalle orbite che dall’ocello anteriore. Fosse antennali poco profonde e non bene delimitate, riunite a formare una depressione a margine esterno quasi semicircolare, che non arriva a livello della linea oculare superiore. Forma della. testa di profilo ellittica, col diametro trasverso uguale a */, della lun- ghezza; occhio quasi della stessa forma, essendo appena più lar- gamente arrotondato nella parte superiore. Solco delle gene pro- fondo. Superficie della testa minutamente ‘e rozzamente scolpita a reticolo, con le areole la metà più piccole presso al peristomio e sul vertice, ed ancora più minute fra i due solchi che discendono dai toruli verso il clipeo, e presso i solchi delle gene. Peli sparsi, lunghetti, piuttosto radi. | L’ antenna è formata di undici articoli. Lo scapo è piuttosto breve, leggermente rigonfiato verso il mezzo, con uno spigolo acuto che ne forma tutto il lato anteriore. Il pedicello è globoso, ristretto solo alla base, largamente scavato all'apice. L'anello è sottile, poco appariscente. Il funicolo si compone di sette articoli, dei quali i primi cinque sono forniti, nel lato superiore, di un’ap- pendice laminare, che dal primo si estende fino a raggiungere la base della clava e dal quinto fin quasi all'apice di questa. Il ‘primo articolo è poco più largo che lungo; i tre successivi grada- 334 L. MASI tamente più lunghi, il quarto essendo circa una volta e mezza più largo che lungo; il quinto e sesto articolo sono i più grandi, misurando in lunghezza quanto l'insieme dei primi tre e dell’anello; il settimo «è un po’ meno allungato dei due precedenti, ma alquanto più. largo. La clava non ha traccia di suture, ed è appena più lunga e poco più larga del quinto articolo. Le appen- dici sono laminari, con l'apice tagliato ad ellissi e larghe circa quanto la clava nella seconda metà Fig. 30. Charitolophus coerulescens SJ. 1, antenna (Xx 90) — 2, ultimo articolo del funicolo della loro lunghezza, gra- | 200). datamente più ristrette i verso il loro punto di attacco; il quale si trova immediatamente alla base del rispettivo articolo: inoltre sono tutte incurvate ed inclinate verso l'apice dell'antenna e nell’esemplare essic- cato anche leggermente contorte su sè stesse. Il margine di queste appendici è irregolarmente seghettato; sulle lamina si osservano dei sensilli lineari. sparsi irregolarmente e in grande numero, in modo che in una linea trasversa se ne con- tano per lo più quattro o cinque: questi sensilli sono spesso (nel preparato) leggermente arcuati o sinuosi. Sugli articoli del funi- colo e sulla clava si vedono un po’ meno frequenti e sono tutti non più lunghi del primo articolo. La clava e i due articoli pre- cedenti presentano pure altri sensilli che appariscono come punti chiari, sparsi. La lunghezza del flagello è quasi uguale ad una volta e mezza la larghezza della testa. Torace allungato, coi lati poco convessi, il protorace e il meta- torace relativamente poco sviluppati; veduto di profilo notevol- mente depresso, con la parte dorsale e ventrale quasi piane, e circa tanto alto vicino alle anche anteriori come innanzi alle posteriori; la sua altezza non superiore a */ della lunghezza ed uguale a */, della distanza fra il protorace e l’anca intermedia. Metanoto, osservato lateralmente, assai obliquo. Parte preascellare CALCIDIDI DEL GIGLIO 399 del mesonoto, veduta dal di sopra, poco più ristretta della. lar- ghezza della testa nel rapporto di 9:10, e più larga che lunga in rapporto di 2:3, di forma subquadrangolare, con gli angoli ante- riori arrotondati, senza traccia di solchi scapolari e con due lar- ghe ma leggiere depressioni longitudinali submediane. Scutello piano, lungo quanto la parte preascellare del mesonoto, largo °/, della propria lunghezza. Ascelle estese nel primo !/, dello scu- tello, notevolmente discoste l'una dall'altra, con una faccia supe- riore triangolare rettangola ed una laterale, presso a poco della stessa dt separate da uno spigolo rettilineo: il lato anteriore della faccia dorsale uguale a ?/, del lato anteriore dello scutello. Lati esterni di questo formanti il limite del !/, medio, dritti e paralleli; il !/, posteriore in forma di triangolo ottusangolo due volte più largo che lungo, e limitato da due solchi profondi, con l'apice leggermente arrotondato e quasi contiguo al metanoto. Presterno grande, triangolare subequilatero, non orlato ai mar- gini. Mesopleura lunga, col margine inferiore quasi dritto. Meta- noto col lato anteriore leggermente concavo, il lato posteriore pure concavo, in senso opposto, ma assai meno esteso; superficie uniforme; spiracoli rotondi, mediocri. Parte preascellare del mesonoto con areole poco più grandi ‘di quelle della fronte ed a fondo incavato, i loro margini uniti in un reticolo di linee assai sottili, le cui maglie sono piuttosto irre- golari nella forma. Scutello molto minutamente ma profondamente striato-solcato nel senso longitudinale: ascelle a scultura del pari minuta ma punteggiata-reticolata. Areole della mesopleura grandi come nella parte preascellare del mesonoto, ma di forma più rego- lare, ed a fondo piano. Scultura reticolata-squamosa del metanoto poco evidente. Peli sul torace sparsi, come sul capo, quasi mancanti nello scutello e nelle ascelle, assai numerosi invece e più lunghi intorno agli spiracoli e fra questi e l’anca posteriore. Ali anteriori, nella posizione di riposo, estese fino all’ apice dell’ addome, di forma subtriangolare, col margine distale medio- cremente incuryato; quello della cellula costale notevolmente con- vesso; la loro maggiore larghezza a ?/, della lunghezza ed uguale a poco meno della metà di questa. Cellula costale assai ampia, cinque volte più larga che lunga. Prestigma un poco più lungo del nervo facili nervo stigmatico rappresentato da una clava Peo Fe td aan 336 L. MASI sessile, troncata all’ apice e col lato interno (posteriore ) piegato ad angolo ottuso, l'esterno dritto; nervo postmarginale alquanto più corto della clava stigmatica e meno largo del marginale. Superficie senza specolo; la cellula. basale quasi glabra, la parte del disco più vicina al nervo basale fornita di peli meno frequenti ; nervo basale poco evidente e concavo verso l’apice dell’ala. Fran- gia ridotta ad alcuni peli estremamente corti, i quali sporgono solo nella parte apicale-posteriore e distano per un tratto uguale alla loro lunghezza o di poco minore. Peli sulla cellula costale e sul nervo marginale piuttosto. frequenti , come nel disco, quelli del !/, apicale deil’ala più numerosi presso il margine anteriore e presso l'angolo po- steriore. Ali metatoraciche ampie, con la mag- giore larghezza verso la metà della lun- ghezza ed uguale ad !/. di questa; la cel- “in 4 oO 3 la ostalo estastrfino. ies St Clann mia e ci A agli uncinetti e col stessa (x 175) — 3, ala posteriore ( 60) — 4, por- margine libero. ar - zione della nervatura della stessa (X 4175). cuato-convesso; nervo basale evidente, ispessito nel tratto dalla ner- vatura subcostale alla metà della superficie dell’ala e leggermente incurvato e diretto obliquamente verso la radicola. Uncinetti situati a */; della lunghezza totale. Peli in tutta la superficie piuttosto fre- quenti: frangia formata di setole corte, ma tuttavia più svilup- pate di quelle dell’ala anteriore. Zampe deboli; quelle intermedie piuttosto corte, col primo articolo tarsale fornito di molti dentelli abbastanza robusti, legger- mente ombrati all’apice. Misure di alcuni articoli nelle zampe intermedie e posteriori: tibia media 33, tarso 25; tibia posteriore 30, tarsor At PA 96) kD a 7). Addome poco pitt lungo del torace, con la maggiore larghezza (nell’esemplare essiccato) alla metà della langhezza ed uguale a CALCIDIDI DEL GIGLIO 2a DA di quella del torace; i primi. cinque Sera subeguali ; gli i spiracoli piuttosto TO Il primo e i due ultimi tergiti a scul- ture. reticolata-squamosa, con areole grandi come presso gli spira- coli del metatorace ; i tergiti 2.-4. assai minutamente striati-reti- colati, con areole trasversali. Peli un poco più frequenti ai lati del primo segmento. Lungh. 2,65 nm. “we me n oe tar ERI epee ; Da MATERIALI PER LO STUDIO DELLE HISPIDAE DI Ri GES PTR O BE DI ALCUNE HISPIDAE RACCOLTE IN MALESIA DAL PRoF. BAKER \ Le recenti raccolte del Prof. Baker meritano d’esser fatte conoscere perchè arricchiscono la scienza di alcune novità e di nuovi dati per la dispersione geografica delle specie; ne darò quindi un rapido cenno, enumerandole secondo la loro prove- nienza. Se ho ritardato a farlo ciò si deve alle condizioni eccezio- nali in cui si è trovato il Museo, occupato in parte per servizii militari, e alle altre difticoltà inerenti allo stato di guerra. Tali condizioni al momento in cui scrivo cominciano appena a miglio- rare, ma non voglio indugiare oltre a rendere questo piccolo tri- buto di gratitudine all’egregio Collega, alla cui opera indefessa si deve un aumento cospicuo delle nostre collezioni Malesi. Ciò sia detto per giustificare il modo affrettato in cui sono redatte queste mie brevi note. Sandakan (N. FE. Borneo). Anisodera Sheppardi, Baly. — Un esemplare (N. 9408). Rap- presentata nel Museo Civico di Genova da esemplari del Monte Kina-balu. Anisodera lucidiventris, Guér. — Un esemplare (N. 9409). Già nota di Sarawak (Kutcing e Mattan). Callispa Whitei, Baly. — Di questa specie non si aveva altra indicazione che Borneo. Callispa splendidula, Gestro. — Conosciuta di Bruni. Callispa puella, n. sp. — E molto somigliante per aspetto e co- lorazione alla C. elegans, Baly; ma è molto più piccola, misurando MA el HISPIDAE MALESI 339 solo 3 millim. e l’area apicale degli elitri invece d’essere « laele cyanea » è nera. È anche essa molto lucente, ma la punteggiatura del corpo è in generale più forte. Il torace somiglia per la forma, ma è più stretto, più convesso e le depressioni dei lati sono più profonde e con punti più grossi. Anche gli elitri sono alquanto più stretti, più convessi e con punteggiatura più marcata. — Di questa graziosa specie ho un solo esemplare con indicazione: San- dakan. Borneo. Baker. N. 9415. Tipo nel Museo Civico di Genova. Agonia rufonigra, n. sp. — Affine alla dimidiata, Gestro di Sumatra, ma facilmente riconoscibile da essa per la statura molto minore (millim. 4 ?/,), per la forma e la scultura del torace, per la scultura degli elitri etc. Nei tre esemplari di dimidiata che ho alla mano la tinta scura apicale degli elitri nel mezzo si spinge in avanti, mentre nella specie presente la separazione fra le due tinte avviene per una linea orizzontale; però questo carattere ha poca importanza essendo soggetto a variare. Un carattere essenziale lo troviamo invece nel torace che-è un po’ più corto, molto più convesso, con una forte depressione basale, che si divide in due solchi diretti obliquamente in avanti, i quali, per così dire isolano una porzione mediana anteriore assai con- vessa; altre due depressioni foveiformi esistono ai lati; la superficie è molto liscia e soltanto pochi punti sparsi irregolar- mente si osservano nei solchi. Gli elitri sono alquanto più larghi ; nella dimidiata le coste degli elitri sono più forti e più paral- lele alla sutura e fra di loro; nella specie presente i punti negli interstizii sono anche più piccoli e le pieghe trasverse meno forti. La specie è descritta sopra un solo esemplare che porta sul cartellino: «Sandakan, Borneo. Baker. N.-9663». Tipo nel Museo Civico di Genova. Gonophora chalybeata, Baly. — Un esemplare N. 9410. Già nota di Kutcing (Sarawak) e di Pontianak (Borneo occid.). Gonophora exilis, n. sp. — Rossiccia, quasi opaca, con an- tenne nere, eccettuato il primo articolo e l'apice del secondo che sono ferruginei; capo e superficie inferiore del corpo testacei, piedi giallo-pallidi, coi ginocchi infoscati e con i femori e le tibie del primo pajo esternamente nerastri. Capo stretto; antenne molto lunghe; torace trasverso, molto più largo del capo, coi lati molto convergenti in avanti, fortemente sporgenti e ottuso-arrotondati 340 R. GESTRO nel mezzo e di qui verso la base sinuosi; margine anteriore quasi retto, margine basale bisinuato, margini laterali finamente crenu- lati; disco molto convesso in avanti, convessità che è circoscritta in addietro da due solchi obliqui che si congiungono alla base; alcuni grossi punti occupano due aree un po’ depresse situate nella parte anteriore convessa del disco, la quale è anche munita nel mezzo di una: sottile linea longitudinale; altri pochi punti stanno nei solchi. Elitri più larghi del torace, quasi paralleli dietro gli omeri, poi dilatati leggermente e gradatamente fine all’apice, che è largamente arrotondato; il disco è un po’ de- presso e percorso, per ciascun elitro, da due coste robuste, spor- genti, sopratutto alla base, ove sono per breve tratto divergenti, mentre continuano poi parallele fino all'apice. Oltre a queste due coste discoidali ve ne è una marginale meno marcata, spe- cialmente nel suo tratto mediano; gli intervalli fra le coste sono occupati da grossi punti ordinati in doppia serie; alla base ove le due prime coste divergono, i punti sono “più piccoli più nume- rosi e confusi. — Lunghezza 3 millim. Questa specie sta nel gruppo cui appartiene la rufula, Gestro ‘di Malacca e Sumatra, ma differisce grandemente da essa per la statura molto minore, per la diversa colorazione, per il torace diversamente foggiato e scolpito, per gli elitri più larghi, sopra tutto all’apice e per varii altri caratteri. Sandakan. (N. 9419). Un solo esemplare. Tipo nel Museo Civico di Genova. 9 Gonophora (Micrispa) humilis, n. sp. — Di colore giallo-ferru- gineo, capo e torace opachi, elitri abbastanza lucenti; capo un po’ più scuro, antenne, tolti i due primi articoli, nere, elitri or- nati, ciascuno, di una macchia nera allungata, situata dietro la metà, fra la prima e la terza costa e di una fascia comune bruna, poco appariscente, sulla porzione declive apicale. La sutura è un poco più ferruginea che il resto. Il compo inferiormente è abbastanza lucente. I piedi sono leggermente più. sbiaditi. Capo trasverso, opaco, non punteggiato, con lieve traccia di una lineetta, impressa longitudinale mediana;:antenne un poco più lunghe del capo e del torace riuniti, cilindriche, coi due articoli basali corti e un po’ rigonfii. Torace più largo del capo, più largo che lungo, alquanto più stretto alla base che all’apice e perciò coi lati alquanto convergenti verso la base; questi nel mezzo distintamente HISPIDAE MALESI 341 sinuati; angoli basali leggermente denticolati, apicali foggiati ad angolo retto; margine anteriore largamente troncato arrotondato e sinuato in corrispondenza degli angoli; margine basale bisi- nuato, colla’ porzione mediana sporgente troncata; disco convesso nella sua metà anteriore e questa convessità limitata in addietro da due solchi obliqui che lateralmente terminano in una depres- sione foveiforme e che si congiungono insieme in un’ampia fossetta mediana basale. Lungo il margine anteriore esiste una serie rego- lare di punti molto grossi; il resto della superficie è opaco e non apparisce punteggiato. Scudetto infossato, piccolo, triangolare. Elitri più larghi del torace e in addietro notevolmente più larghi che alla base; per un po’ meno di un quarto basale i lati appajono paralleli; segue poi una sinuosità dopo la quale si allargano gradatamente fino all’apice: questo è largamente arrotondato. La sporgenza omerale è ben marcata ed elegantemente arrotondata e al disotto di essa il margine laterale si fa alquanto spianato e tale si mantiene regolarmente fino all'apice. Il disco è depresso e presenta, per ciascun elitro, tre coste, delle quali la prima e la seconda sono più robuste; anche la sutura, eccettuato il suo tratto basale presso lo scudetto, è elevata e costiforme; la prima e la seconda costa alla base sono molto inspessite, quasi callose e si congiungono formando un grosso orlo basale lucente; per circa il quarto basale sono lontane |’ una dall'altra, poi si avvi- cinano, si fanno parallele e tali decorrono fin dopo la metà, ove di nuovo si discostano ma in un grado molto minore che alla base. Gli intervalli fra le coste. sono occupati da grossi punti accostati fra loro, ordinati in doppia serie e separati a paja da pieghe trasversali; soltanto nel breve tratto basale ove le due prime coste sono divaricate, i punti sono più piccoli e disposti in serie triplice. Lunghezza 3 */, millim. Un solo esemplare coll’ indicazione: Sandakan (Borneo) C. F. Baker. N. 9417. Tipo nel Museo Civico di Genova. È questa la terza specie del sottogenere Micrispa abitante Borneo. i Dactylispa bipartita, Guér. Sei esemplari (N. 9413, 9659, 9661, 9662). — Già nota di Sarawak (Kutcing, Simanggang). Dactylispa sp. — Vicina a longicuspis, Gestro. — Un esem- plare (N. 9660). Non sono riescito a determinare questa specie aid de, 342 R. GESTRO e neppure altre due, sia per le loro condizioni, sia per essere rappresentate da un solo esemplare. Platypria chaetomys, Gestro. — Un esemplare (N. 9658). Già segnalata di Sarawak (Kutcing, Limbang). Da quanto ho sopra esposto risulta che la raccolta fatta dal Prof. Baker a Sandakan, benchè non copiosa, è importante, avendo _ aggiunto quattro nuove specie alla fauna di Borneo. Queste, in- sieme ad altre quattro descritte dopo la pubblicazione del mio secondo elenco (1) fanno ascendere a 67 la cifra totale delle Hi- spidue di Borneo. Singapore. Callispa elegans, Baly. — Un esemplare. Nella collezione del Museo Civico di Genova esistono di questa specie esemplari prevenienti da Sumatra e dalle isole ad occi- dente di essa, Mentavei e Batù. Baly cita anche Pulo Penang. Plesispa Reichei, Chap. — Due esemplari: uno (N. 9011) di Singapore, l’altro (N. 9010) coll’ indicazione: «Prov. Wellesley, Straits Settlements, Richards. Infesting Coconuts». Questa specie descritta la prima volta di Malacca, fu in se- guito scoperta anche alle Filippine dal Prof. Baker (?). Essa non è la sola che rechi danni alla palma da cocco (Cocos nucifera, L.) perchè questa importantissima pianta conta fra le Hispidae ben altri distruttori. La Bronthispa Froggatti, Sharp si ciba, tanto da larva quanto da adulto, dell’epidermide dei giovani ger- mogli e varie specie di Promecotheca (coeruleipennis, Blanch., antiqua, Weise, cullosa, Baly, varipes, Baly) sono pure gran- demente infeste al Cocco (*); lo stesso dicasi della Promecotheca (1) Materiali per lo studio delle Hispidae. XLII. Secondo saggio sulle Hispidae di Borneo. (Bullettino della Società Entomologica italiana. Anno XLI, 1909, pag. 122). Le quattro specie aggiunte alla fauna di Borneo dopo la pubblicazione di questo mio secondo saggio sono le seguenti: Botryonopa Moultonii, Gestro, Ann. Mus. Civ. Genova, XLVI, 1913, p. 14. Gonophora angulipennis, Gestro, l. c. p. 16. Wallacea compta, Gestro, l. c. p. 44. Lkagonia Krishna, Maulik, Proc. Zoolog. Soc. Lond. 1916, p. 574, fig. p. 572. (?) R. Gestro. — Saggio sulle eas delle Isole Filippine. (Questi Annali XLVII, 1917, pag. 400). (3) Australasian Hispidae of the genera Bronthispa and Promecotheca whith de- stroy Coconut Palm fronds. By Walter W. Froggatt. (Bulletin of Entomological Re- search. V, 1914-1915, pag. 149-152). HISPIDAE MALESI 343 - opacicollis. Gestro, delle Nuove Ebridi (1) e della P. Cumingii, Baly delle Filippine, anche esse a ragione accusate di guasti este- sissimi (*). Un'altra specie del genere Bronthispa, la B. de- pressa, Baly, attacca la Normanbya merrillii, Beccari; la Wallacea palmarum, Gestro, di Singapore è nociva all’ Areca triandra, e la Wallacea limbata, Gestro, di Madras, è pure ascritta fra i nemici delle palme ; un’altra Wadliacea fu chiamata dactyliferae dal Maulik, perchè infesta alla palma a datteri; inoltre il sago (Metroxylon) è attaccato, a Sumatra e a Giava, da due specie di Botryonopa, la grandis, Baly e la sanguinea, Guér. Le Graminacee . non sono risparmiate dagli attacchi fatali delle Hispidae; basta percorrere i giornali di Agraria pubblicati nel- l’India per avere un’ idea della gravissima distruzione delle pianta- gioni di riso prodotta dall’Hispa aenescens, Baly, detta perciò «Rice Hispa», cui si associa la Leptispa pygmaea, Baly, la quale però ha preferenza per i germogli della canna da zucchero; questa annovera fra i suoi nemici anche la Phidodonta modesta, Weise e la Asamangulia Wakkeri, Zehnt. E anche i bambù sono fre- quentati dalle Hispidae fra le quali |’ Estigmena chinensis, Hope; per la Bambusa glaucescens, Sieb. vediamo citate la Cal- lispa Cumingii, Baly e per la Bambusa blumeana, Schult. la Callispa flavescens, Weise, tre specie di Dactylispa (bipartita, Guér., cladophora, Guér., infuscata, Chap.) e il Monochirus inoestus, Baly. A Giava le Orchidee sono danneggiate dall’On- cocephala angulata, Gestrò e dalla Gonophora orientalis, Guér. (*). Noi non abbiamo a temere nulla dalle nostre specie, ‘che vivono su piante non coltivate e non applicate ad usi speciali. L’ Hispa testacea è comunissima sul Cistus salviaefolius, L. e frequenta ‘anche il C. monspeliensis, L. ed il C. albidus, L. (4); lV affine H. occator, Brullé, delle isole Canarie sta pure (') Un ennemi du Cocotier aux Nouvelles - Hébrides le Promecotheca opacicollis, Gestro, par J. Kowalski. (Annales des Epiphyties. Tome IV. Paris 1917, pag. 285-328). Con 2 tavole e figure nel testo. (3) The Coconut leaf-miner beetle, Promecotheca Cumingii, Baly. By Charles R. Jones. (The Philippine Journal of Science. Section D. Vol. VIII), 1913, p. 127-131). Con 2 tavole. Promecotheca Cumingii, Baly, another Coconut Hispid and a Pest in Malacca. (Burkill J. H. Garden’s Bull. Straits Settlements, Singapore, II, N. 4. 4th July 1918, pp. 3-5, 1 fig.). (5) Java. Zoolog. en Biolog. 1912, p. 127. (‘) Notes biologiques sur 1° Hispa testacea, L. par Pierre Lesne. (Bull. de la Soc, Entom. de France. Année 1904, p. 68). IRR a ore RAW OR te rere Ra Val LA PRO f Bea co 344 R. GESTRO sui Cistus. La Leptispa filiformis, Germ. dell’Italia meridionale e della Sicilia, si trova, raramente, all’ascella delle foglie della Dactylis glomerata. Dell Hispella atra (L.) che si raccoglie frequentemente fra le erbe in luoghi asciutti, ignoro se abbia una predilezione speciale per qualche pianta. Abbiamo pure una quarta specie, la Polyconia spinicornis, Kraatz, originaria del Niger, della quale un esemplare vivo fu raccolto a Palermo dal distinto entomologo Agostino Dodero (!) e altri due indubbiamente di Sicilia esistevano nella collezione Ragusa. Sarebbe desiderabile, che gli entomologi siciliani facessero abbondante ricerca di Hispella atra, con la quale la Polyconia spinicornis può facilmente confondersi, per eliminare il dubbio che queste tre catture siano state accidentali, di insetti casualmente. importati. Molto vi sarebbe da aggiungere intorno ai costumi delle Hispidae ed ai loro rapporti coll’ agricoltura; ma la digressione è già troppo lunga ed escirei dai limiti di queste mie rapide ricerche sulle Hispidae malesi (?). Wallacea Bakeri, n. sp. Rossiccia e lucente, ad eccezione degli elitri che sono neri opachi con le coste soltanto nitide. Il capo è molto corto e scolpito di alcuni punti irregolari; le antenne sono lunghe col primo articolo più lungo di tutti gli altri e più spesso, specialmente all’ apice; il secondo più stretto del precedente e di poco meno lungo; il terzo a un dipresso uguale al precedente in lunghezza ma più sottile; i seguenti appena visibilmente più inspes- siti. Il torace è trasverso e molto più largo del capo; ha i lati quasi paralleli e gli angoli anteriori arrotondato -troncati; il margine anteriore nel mezzo arrotondato e alquanto sporgente, margine basale leggermente bisinuato; margini laterali quasi ondulati; disco poco convesso, percorso nel mezzo da un’area longitudinale liscia e lucente, che si allarga in avanti e dietro al margine an- teriore si estende da una parte e dall’altra in un ramo trasver- sale, formando una specie di croce; su questa area lucente si osservano pochissimi e finissimi punti, mentre tutto il resto del disco è scolpito di punti grossi e fitti. Scudetto piccolo, stretto, arro- (‘)-Materiali per lo studio delle Hispidae di R. Gestro. XXXVIII. La presenza del genere Polyconia in Sicilia. (Bull. Soc. Entom. Ital. Anno XLI, 1909, p. 54). (2) Il lettore può trovare altre indicazioni interessanti a questo riguardo nel volume di Maulik sulle Hispinae indiane recentemente comparso. (The fauna of British India, including Ceylon and Burma, Coleoptera. Chrysomelidae [Hispinae and Cassidinue), London, July 1919). HISPIDAE MALESI 345 tondato all'apice. Gli elitri sono più larghi del torace e circa tre volte Ja sua lunghezza, a lati quasi paralleli, arrotondati all’ apice, con un minutissimo dente all’ angolo suturale e col margine late- rale un poco spianato. Sul disco, abbastanza convesso, si contano, per ciascun elitro, tre coste, che vanno dalla base all’apice, ed una quarta, corta, situata presso l'apice, parallela e avvicinata alla terza; oltre a queste coste discoidali ben marcate, ve ne sono altre due lungo il margine laterale, più gracili e più avvi- cinate fra di loro. Queste coste, come pure la sutura, che è ele- vata, sono lucenti e risaltano bene sul fondo opaco; alla base sono più sporgenti che all’ estremita. Gli interstizii fra le coste sono opachi e percorsi da punti poco evidenti, disposti, fra le coste discoidali, in serie duplice e gradatamente evanescenti andando verso l'apice. Lunghezza 5 millim. Questa specie è facilmente riconoscibile dalle altre per la caratteristica scultura degli elitri. Singapore, C. F. Baker. Un esemplare. Tipo nel Museo Civico di Genova. Agonia xanthosticta, Gestro. Tre esemplari. Descritta in origine di Sumatra e successivamente indicata di - Malacca e di Sarawak. Gli esemplari di Singapore hanno le mac- chiette gialle degli elitri meno appariscenti. Gonophora haemorrhoidalis, Web. — Due esemplari (N. 9014). Specie molto sparsa nell’ Arcipelago Malese, ma, a quanto pare, mancante -alle isole Filippine. L'indicazione di Molucche data dal Weise nel « Coleopterorum Catalogus » mi pare da met- tere in dubbio. Gonophora cariosa, Gestro. — Due esemplari (N. 9015). Già conosciuta di Malacca, Sumatra e Borneo. Dactylispa Weyersi, Gestro. Un esemplare (N. 9013). Conosciuta finora soltanto di Sumatra. Dactylispa Oberthiirii, Gestro. — Un esemplare (N. 9012). Abita Sumatra e Malacca. Dactylispa bipartita, Guér. — Un esemplare. Specie assai diffusa nell'arcipelago Malese. Altre due specie di Dactylispa non sono determinabili. Da Malacca il Prof. Baker ha inviato un esemplare di Pro- mecotheca Cumingii, Baly (N. 9053) preso sulla Palma da cocco. (RO EY piane gere a Oy mar 346 R. GESTRO Pulo Penang. Oncocephala angulata, Gestro. — Un esemplare (N. 9656). La specie, fondata sopra esemplari di Sumatra, fu poi ritro- vata nell’ Alta Birmania, nel Pegù e nelle isole Filippine. Gonophora haemorrhoidalis, Web. — Due esemplari dei quali il più grande (N. 9054) ha il quarto basale degli clitri rosso come il torace e il nero che invade la base si divide in avanti formando su ciascun elitro una macchia situata sulla se- conda costa. Rhadinosa sp.? — Un esemplare (N. 9411). Dactylispa Oberthiirii, Gestro. — Un esemplare (N. 9055). Dactylispa bipartita, Guér. — Un esemplare (N. 9412). 5 Isole Filippine. Il contributo recato dal Prof. Baker alla-fauna delle Filippine, questa volta aggiunge alla tribù delle Hispinae due nuove specie e fa ascendere il loro numero totale da 85 a 87 (!). Promecotheca Cumingii, Baly. — Un esemplare con indica- zione: « Prov. Zambales. Baker ». Già nota dei luoghi seguenti: Parte Sud Ovest di Mindanao (Semper); Luzon (C. S. Banks); Palawan: Puerto Princesa (Schultze); Tayabas: Malinao (Baker); Luzon: Mt. Makiling (Baker). Promecotheca pulchella, Gestro. — Un esemplare di Imugin, N. Viscaya, Baker. Nel mio saggio sulle Hispidae delle Filippine, pag. 409, ho accennato ad un esemplare del M.!* Limay, di piccola statura, cioè di 6 millim., (il tipo ne misura 7) e anche un po’ differente per la porzione scura degli elitri più estesa in avanti. Quello di Imugin è ancora più piccolo (5!/, millim.); anche in esso la tinta scura invade una maggiore parte degli elitri e, oltre a questo si osserva che i piedi mediani e posteriori sono interamente neri. Con un solo esemplare e coi soli caratteri della minore statura e del diverso colore dei piedi, non mi pare il caso di pensare ad una differenza specifica. (1) Materiali per lo studio delle Hispidae di R. Gestro - LI. Saggio sulle Hispidae delle isole Filippine (Ann. Mus. Civ. Genova, XLVII, 1917, p. 387-440). HISPIDAE MALESI 347 Wallacea vittata, n. sp. K allungata e lucente, col capo ed il torace gialli, le antenne nere cogli ultimi articoli rossastri, gli elitri di un giallo di paglia sbiadito, ciascuno con tre striscie longitudinali scure; di queste «una sta fra la sutura e la prima serie di punti, le altre due marginali sono situate una fra la quarta e la quinta, l’altra fra la sesta e la settima serie di punti; la striscia suturale comincia ad una brevissima distanza dalla base, le due marginali alla base sono fuse insieme; nessuna delle striscie DISSUMDS l’apice e la più esterna è la più breve di tutte. Il capo è corto e largo, presenta nel mezzo una linea longi- tudinale impressa e qua e là pochi punti leggeri. Le antenne sono abbastanza robuste, la loro lunghezza a un dipresso supera di poco quella del capo e del torace presi insieme, dalla base all’apice vanno gradatamente e leggermente ingrossando; i primi sei articoli sono quasi lucenti e scarsamente forniti di peli finis- simi, gli articoli apicali sono invece pubescenti. Il torace è assai più largo del capo, quasi tanto largo quanto lungo, più largo in avanti che alla base, cogli angoli anteriori fortemente arrotondati, dietro a questi alquanto ristretto e coi lati paralleli; il margine anteriore nel mezzo leggermente arrotondato e rigonfio, il mar- gine basale pure un poco arrotondato e gli angoli posteriori quasi retti; sul disco si osserva a stento una eo punteggiatura , e nel mezzo del margine basale esistono pochi grossi punti in breve serie trasversa. Scudetto piccolo, allungato, arrotondato all'apice, liscio. Gli elitri sono più larghi del torace e circa tre volte e mezza lunghi; in addietro si allargano assai leggermente, all'apice sono arrotondati e il margine apicale è spianato; la loro scultura si compone di punti rotondi, molto regolarmente disposti in serie longitudinali. — Lunghezza 6 */, millim. ; Le specie a me note del genere Wallacea hanno un colore "uniforme, oppure, più frequentemente, la porzione apicale degli elitri è nera per un tratto più o meno esteso; alcune (marginata, limbata) hanno sugli elitri un lembo scuro marginale; la presenza di striscie longitudinali scure sopra un fondo chiaro si verifica per la prima volta nella specie presente ed essa è per queta riconoscibile a prima vista da tutte le altre. “ 348 R. GESTRO Devo questa specie al Prof. Baker che me ne ha spedito un esemplare coll’ indicazione: « Baguio, Benguet, Baker » . Il tipo si conserva nel Museo Civico di Genova. Poco dopo aver compiuto questa descrizione, mentre stavo in attesa di poterla affidare alla tipografia, il Museo ha ricevuto un nuovo invio del Prof. Baker che conteneva un secondo esemplare di questa interessantissima specie, raccolto nello stesso luogo. Esso concorda» benissimo col tipo, salvo che è più sbiadito rrella tinta generale e le striscie degli elitri sono tanto chiare da stentare a vederle; solo la porzione omerale della striscia marginale si mantiene ben visibile. Agonia manilensis, Weise. — Un esemplare del Monte Makiling (Luzon) Baker. Già nota di questo monte, nonchè, del monte Limay, di Manila e di Los Bajos. i i Gonophora bimaculata, Chap. — Un esemplare di Davao (Mindanao) Baker. N. 6562. Chapuis l’ha indicata della. parte orientale di Mindanao (Semper). Dactylispa speciosissima, n. sp. Lunga 5 millim. Lucentissima; di un giallo ferrugineo, un po’ più chiaro sulle antenne, un po’ più intenso sugli elitri; orlo basale e omerale di questi neri, come pure le spine discoidali ; piedi giallo-pallidi. Capo longitudinalmente solcato in mezzo agli occhi, fronte armata di una brevissima spina, collo trasversalmente. striolato; antenne molto lunghe, coi due articoli basali leggermente più scuri dei seguenti; articolo primo lungo, più robusto dei seguenti e leggermente ingrossato all'apice; secondo molto più corto e alquanto più stretto; terzo appena un po’ più lungo del primo, ma assai più sottile, quarto e quinto più corti del terzo, sesto e seguenti più corti ancora e più inspessiti, ultimo un poco più lungo del precedente, subovale e terminante a punta. Torace molto più largo del capo, trasverso, fortemente ristretto all’ apice; lati quasi paralleli e leggermente sinuosi dietro |’ inserzione delle spine, disco depresso, con due solchi larghi trasversali, uno dietro — il margine anteriore, più profondo ai lati che nel mezzo, l’altro lungo il margine basale; pochi punti si osservano nelle parti. depresse, il resto è liscio. Le spine anteriori sono molto distanti fra di loro, trovandosi ciascuna dietro all'occhio; sono piuttosto robuste, non molto lunghe e dirette alquanto obliquamente in avanti. Le spine laterali sono tre, delle quali le due anteriori, HISPIDAE MALESI 349 i li quasi uguali tra di loro, sono unite alla base in uno stelo comune corto e robusto; la terza, o posteriore, è un po’ distante dalle precedenti e brevissima. Lo scudetto è largo, triangolare ad apice arrotondato e alutaceo. Elitri molto più larghi del torace, appena sensibilmente allargati verso l’apice che è arrotondato; molto convessi; disco armato di spine abbastanza lunghe, non curvate, a base molto rigonfia e fortemente punteggiata; scultura composta di punti allineati in serie regolari, eccettuato il mezzo della base ove sono più radi e confusi; spine marginali, lungo i lati, legger- mente più lunghe delle discoidali; le apicali alquanto più corte, specialmente quelle vicine all’ angolo suturale. Le spine marginali sono per ciascun elitro in numero di dodici; tutte giallo-ferruginee, ad eccezione dell’ottava che è quasi nera; le discoidali sono tutte nere e il nero è largamente diffuso sulla loro base rigonfia. Sugli omeri esiste un largo orlo nero che si prolunga sulla base fino all’ angolo scutellare. Questa specie è fondata sopra un solo esemplare proveniente da Imugin, N. Viscaya (Baker). Tipo nel Museo Civico di Genova. - Con la presente le specie del genere Dactylispa scoperte alle Filippine dal Prof. Baker ammontano a sei; le altre cinque furono da me precedentemente descritte coi nomi di Bakeri, miranda, hirtella, angusta e acanthomela. CORTI MOIO AMO ORE TESO E RESTA: i di a ER Ro SPE TI LF) I ita VINCENZO BALDASSERONI HELODRILUS (Eophila) CHINAGLIAE n. sp. ed altri Lumbricidi del Museo Civico di Genova Il chiarissimo professor R. Gestro con molta cortesia m'inviava recentemente in esame alcuni lombrichi raccolti e donati al Museo Civico di Storia Naturale di Genova dal Tenente Colonnello medico Dott. Alfredo Andreini. Si tratta di un piccolo gruppo di Lumbricidi raccolti parte nei dintorni di Arezzo, parte nei dintorni di Udine, di Cividale e di Caporetto, ove il Tenente Colonnello Andreini si trovò a prestar servizio durante le operazioni di guerra del 1916. Molti esemplari sono giovani e quindi non si prestano ad una sicura determinazione; quelli che ho potuto determinare sono rife- ribili alle seguenti sei specie, delle quali una è nuova per la scienza, ed una è rappresentata anche da una forma nuova. Fam. LUMBRICIDAE. 1910. Fam. Lumbricidae. Michaelsen 7, pag. 2. Helodrilus (Eiseniella) tetraedrus (Sav.) typicus. 1910. Helodrilus (Eiseniella) tetraedrus £. typica Michaelsen Ti paws, AA: i Loc. Lippiano (Arezzo). Dintorni di Prestento (Cividale) nella Grotta Foran di Landri. i Gli esemplari provenienti dalla Grotta Foran di Landri sono quattro adulti, che furono raccolti fra le briofite della sala terrena di detta grotta insieme con molti giovani indeterminabili, alcuni dei quali certamente di altre specie. LUMBRICIDI ‘ 351 Helodrilus (Eisenia) foetidus (Sav.). 1910. Helodrilus (Eisenia) foetidus Michaelsen 7, pag. 16. Loc. Lippiano (Arezzo). Molti esemplari giovani, facilmente riconoscibili per la carat- teristica colorazione, ed un adulto. Helodrilus (Allolobophora) caliginosus (Sav.) f. trapezoides (Ant. Dug.). 1910. Helodrilus (Allolobophora) caliginosus f. typica e f. trapezoides Michaelsen 7, pag. 55. Loc. Pergine (Arezzo). Un solo esemplare adulto con tubercula pubertatis svilup- pati sui segmenti 31, 32, 33, 1/2 34 Helodrilus (Eophila) nematogenus Rosa. 1903. Allolobophora (Eophila) nematogena Rosa 8. Loc. Kamno (Caporetto). Di questa interessantissima specie, trovata sinora soltanto nei «dintorni di Modena (cfr. Chinaglia 3) dal Rosa, che la descrisse, ho avuto tre esemplari: due adulti ed un giovane, con coda rjge- nerata, privo di clitello, ma con tubercula pubertatis già evidenti sul segmenti 29-33. Tutti e tre gli esemplari corrispondono bene alla descrizione del Rosa (8) ed a tale descrizione poco v'è da aggiungere. Gli esemplari da me esaminati, conservati in alcool fino dal 4 Maggio 1916 hanno color terreo, un po’ rossastro, assai più chiaro al clitello ed ai due estremi del corpo, ove il colore è biancastro: la linea mediana dorsale lungo la quale si aprono i pori dorsali è pure segnata da una stria longitudinale biancastra. I segmenti posteriori al 10° o all 11°, eccetto quelli del cli- tello e quelli del terzo posteriore del corpo sono nettamente tr lanulati. Ai segmenti 12, 22, 28, 34 nei due esemplari adulti, i quali hanno il clitello ben sviluppato sui segmenti 26-34 ed i tuber- cula pubertatis molto ringonfi a guancialetti sui segmenti 29-33, sono evidenti papille biancastre un po’ rilevate intorno alle setole pipa Pe 852 V. BALDASSERONI ventrali, le quali sono trasformate in setole copulatrici a spatola- cucchiaio, lunghe circa mm. 1. Il primo poro dorsale in tutti e tre i miei esemplari si apre all’intersegmento */, ed è assai più piccolo dei susseguenti grandi e ben visibili. Le aperture sessuali maschili si aprono al 15° segmento come piccole fessure al centro di papille poco rigonfie, che non si esten- dono sui segmenti vicini; la briglia che dalle aperture sessuali va ai tubercula pubertatis è presente, ma è poco ‘pronunziata. Nulla ho da rilevare circa i caratteri interni, i quali corrispon- dono completamente alla descrizione datane dal Rosa; voglio solo ricordare che negli esemplari da me esaminati, non ostante la lunga permanenza in alcool, ho potuto accertare la presenza di quei caratteristici linfociti che il Rosa (8) trovò in questa specie e descrisse col nome di nemeleociti; la forma di questi è alterata, ma è sempre ben visibile il filamento caratteristico ad anello più o meno sinuoso (cfr. Issel 5). Helodrilus (Eophila) Chinagliae n. sp. Loc. Kamno (Caporetto). | \ Quattro esemplari adulti. Caratteri esterni. Lunghezza di esemplari conservati in a (dal 4 Maggio 1916) e piuttosto contratti da mm. 65 a mm. 80. Diametro nella regione media del corpo mm. 6-7. Segmenti in numero di 165-170. A partire dal 9 o dal 10 segmento sino oltre la metà del corpo i segmenti sono netta- mente trianulati. i Forma del corpo cilindrica, un po’ rigonfia verso l'estremo anteriore. Prostomio con piccolo processo posteriore, che intacca lieve- mente il primo segmento (capo pro-epilobo). Colore di esemplari in alcool bruno-terreo, un po’ più chiaro nei segmenti anteriori al clitello; al clitello color bianco-giallastro. Setole strettamente geminate in posizione tale che dd