BK it U UEFA siete I st ty ri hits i ii n ie aka È ae I sRaderotatito AON Evatt 3 Hieber girate shits shied Ua tala ot i + Heal be yee ed VARIA Bie tinal SESIA I sot x N n $$ Pd aN H si Ò by Fy ha reed Pa euty : Ruta ) sul pini ae sti tei iH Viale math 4 eb | abb LL pui; Li DOTI ye LU ur aid MI Het bat nea Haid ) dh, +H piety Ha Heer i ity : OF ==" 4 DI pi Qt ae Ne R ate Pi med ua ay ete 4 My smi ni 3 o } f ine SHE ITA : iw ‘rata Vy; a epee kind ; UN titi i iii gl i i LISA me fy su is i an ical auth manatee mean tie DENISE MIN DALLAH ae see > stri: i Le di ri TERI i si “i si i Lr eat) si di $97 it 16% fi POTRAI tia: sE 3 ety hes iret 44 aig) istimaonsa the ae ALI FOR. THE PEOPLE FORIEDY GATION FOR SCIEN GE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY Ù MITI (gn ed UTEP MADRI ‘i UL HOR Ale UD: UN eal ROO AE FINN IAA IAN VIOLANO AM i) 1 he \ hve to a ili 7 IS lea fae VIII Mi ih ah Al at Vi ORRORI UO Ù MD Len eS I Un Ù Da i | NN DA i i i Ay yee Ort aay anna, DI di WF) si ui i ta 1 DI (Gy È NU Buy 02 Neer Ri I ee eas yes i } VUOTO [ORGE SUN tardo } ite Ne MITICO nuo) Ti FOTO VA AGATA NR i Baty IONI UN yt j Maan i WO) i h Diy tat Breen VANTA HR A Ca ay ie ult i in BAN MIDO I meri vr DIN W in NO boa RU di Or i E CLI f Di 7 i tl Pee) We) a ae | RITA AURA Î i i TINGA DIA RINVIA: MONO Dein Oy Afr, K ll ANNALI MUSEO CIVICO D' STORIA NATURALE DITISGIENGO NCAA ANNALI DEL WENO CIVICO DE STORE MITRALE DI GENOVA PUBBLICATI PER CURA DI GIACOMO DORIA Dicembre 1874 GENOVA PIPOGRAFIA DEL R. ISTITUTO SORDO-MUTI 1S7O ASA MAPARDAGIA SITI TATA Varela’ Ù Mt enti ALL’ ILLUSTRISSIMO SIGNORE BARONE ANDREA PODESTA SINDACO DI GENOVA IL PRIMO FASCICOLO DEGLI ANNALI DEL MUSEO CIVICO RISPETTOSAMENTE DEDICA li DORIA my te le Lio scopo della presente pubblicazione si è quello di dare alla luce una serie di memorie destinate spe- cialmente ad illustrare i preziosi materiali zoologici del nostro Civico Museo. Essa deve procedere senza obbligo di regolarità, di pari passo coll’ ordinamento delle collezioni, ed an- nunziare i doni e gli acquisti che verranno ad accre- scere il pregio di questo nuovo stabilimento. DESCRIZIONE DI UN FETO DI ORANG-UTAN SALVATORE J RINCHESE PROFESSORE DI ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA NELLA R. UNIVERSITA’ DI GENOVA (Tav. 1. HI. HI.) INTRODUZIONE. I miei amici Marchese Giacomo Doria e Opoarpo Beccari spinti dal desiderio di raccogliere nuovi materiali per VP in- cremento della Botanica e della Zoologia, intrapresero nel 1865 un viaggio all’ isola di Borneo. Ivi rimasero alcun tempo insieme alternando il tranquillo erborare colle imprese vena- torie contro gli animali che popolano le vergini selve di quel paese. Ma quella vita eccessivamente laboriosa e disa- giata, condotta sotto un cielo ardente e malsano, offese ben presto gravemente la salute di Giacomo Doria, già mal ferma per un altro viaggio da lui fatto in Persia qualche anno in- nanzi. Questo malaugurato accidente costrinse il naturalista ligure a distaccarsi dal suo compagno per far ritorno al paese natio, non senza però condurre seco una ricca e svariata col- lezione di animali che altri non avrebbe potuto mettere in- sieme sudandovi attorno per molti anni. 10 DESCRIZIONE DI UN FETO Opoarpo Beccari rimasto solo a Borneo per due altri anni, continuò colla sua consueta attività ed energia ad esplorare quel paese ancora pochissimo conosciuto, e raccolse una quan- tità veramente prodigiosa di piante e di animali. Gli Orang- Utan attirarono più specialmente la sua attenzione, e per poterli prendere in maggior copia, si condusse nei luoghi da essi maggiormente frequentati. Molti di questi interessanti animali, di età, di sesso e forse di specie diversi, caddero in breve uccisi dal nostro viaggiatore, e le loro pelli e gli scheletri furono mandati a Genova, dove ora fanno di se bella mostra nel museo civico. Fra gli Orang-Utan uccisi da Opoarpo Beccari, vi fu una femmina pregnante dalla quale egli stesso estrasse il feto che imprendo a descrivere. Questo prezioso oggetto fu messo nell’ alcool. Tutte le sue parti sono mirabilmente con- servate, ad eccezione degli organi esterni della generazione i quali sono alcun poco deformati perchè sopportano la pres- sione di tutto il corpo. Questo feto fu preso nelle colline presso le sorgenti del- l’Undup, a circa due giornate di cammino da Marop nella provincia del Batan-lupar, nel Ragiato di Sarawak (Borneo settentrionale ), il giorno 30 Aprile 1867. Per il momento non posso fare altro che descrivere le forme esterne di questo grazioso organismo, non avendo potuto adoperare lo scalpello anatomico per esaminarne la in- terna struttura. Ciò non ostante, questa descrizione non sarà senza utilità per la scienza, essendo questo il primo feto di Orang-Utan che sia caduto nelle mani dei naturalisti. Uno dei più ardui problemi posti dalla filosofia: l origine dell’uomo, non può essere definitivamente risoluto finchè non vengano studiate le diverse fasi dello sviluppo dell’ uomo stesso e degli animali che maggiormente gli somigliano. L’embriologia umana ha fatto grandi progressi in questi ultimi tempi, e i punti oscuri che veggonsi tuttavia sul suo orizzonte scompariranno ben tosto, grazie all’ ardore sempre . . . ®. . . . . crescente degli studi embriologici e ai nuovi mezzi di osser- Di ORANG-UTAN iat vazione che la fisica mette ogni giorno nelle mani dei natu- ralisti. Ma l’embriologia delle scimmie che maggiormente somi- gliano all’ uomo è ancora intieramente sconosciuta, e resterà tale per lungo tempo, essendo cosa estremamente diilicile il procurarsi i feti di questi animali nelle diverse fasi del loro sviluppo. È quindi molto interessante la descrizione di un feto di Orang-Utan quand’ anche essa si limiti alle sole forme esterne. Caratteri specifici dell Orang-Utan descritto nella presente memoria. Questo feto appartiene alla specie priva di una falange e dell’ unghia del dito grosso del piede. Gli Orang-Utan che posseggono questi due organi costituiscono una specie distinta dalla presente. Questa verità ho io altra volta dimostrato con argomenti offertimi dall’ esame di un gran numero di questi animali. Le mie opinioni su questo argomento non andranno certa- mente a sangue a molti zoologi; ma ciò poco o nulla m’ im- porta, amando io meglio, per esser logico, dipartirmi dalle comuni idee, che accettare i pensamenti dei più mandando a spasso il senso comune. To credo che la mancanza normale di un osso e di un’ un- ghia, debba essere considerata come un vero carattere spe- cifico. Spesse volte i zoologi si contentano dell’ esame di un solo individuo per stabilire una nuova specie, quando i carat- teri che esso presenta sono tanto importanti da non potersi considerare come particolarità individuali. Se poi questi carat- teri sì trovano in più individui eesì conservano nei loro nati, allora non v'è miscredente che non si pieghi ad accettare la nuova specie. ] DESCRIZIONE DI UN FETO Ww Non dico gia che per dare ad una modificazione organica il valore di carattere specifico sia sempre necessario aver la prova della trasmissibilità di quella per via di generazione; ma è fuor di dubbio che quando tal prova esiste, si fanno certi 1 casi dubbii e si tronca ogni questione. Questo feto possiede tutte le falangi dei piedi meno I’ ul- tima dei grossi diti; esso possiede pure tutte le unghie meno quella dei medesimi diti. Tale difetto si osserva pure nella madre del feto e in tutti gli Orang-Utan presi a Borneo da Doria e Beccari. È quindi necessario conchiudere che la mancanza di questi due organi in certi Orang-Utan è nor- male, come lo è in altri la loro presenza. I zoologi in generale hanno sempre avuto un’ invincibile avversione ad ammettere come cosa naturale la mancanza dell'unghia e di una falange nel dito grosso del piede di questi animali. Tale avversione è prodotta da varie cause: prima di tutto dal numero molto ristretto degli individui studiati; secondariamente dall’ esame troppo superficiale che di questi si è fatto: e finalmente dalla mancanza assoluta di feti. Se i naturalisti che si sono occupati di questo argomento avessero esaminato attentamente la struttura del dito grosso del piede di certi Orang-Utan, si sarebbero facilmente ac- corti che non solamente questo dito sì distingue per la man- canza dell’ unghia e dell’ ultima falange, ma anche per la forma dell’ unica falange rimasta. Questa infatti possiede una forma per cui si avvicina moltissimo alla falange ungueale delle altre dita. Essa possiede un rigonfiamento terminale che imita molto bene la tuberosità ungueale delle ultime falangi. Le figure 4 e 5 della Tav. ///, danno un’ idea molto chiara della somiglianza di questa falange colla falange un- gueale del medesimo dito sia nell’ uomo, sia nelle altre scim- mie antropomorfe. Le misure prese su questa falange del- l Orang-Utan e sulla ungueale dello Chimpanzé mi hanno dato i seguenti risultati: DI ORANG-UTAN 13 Troglodytes Aubryi, Grat. Lunghezza della falange ungueale del dito grosso Glelpied®,. ui Soe a a ee OM, 092 sJarshezza della sua. base... . 9. . . 0.0. « OM, 014 Larghezza dietro la tuberosita uneueale. > ass 4 0" 007 Larghezza della tuberosità .:. . . . . + . . 0" 009 Simia satyrus,. Linn. Gwrt. Lunghezza dell’ unica falange . . . . . . . . 0", 024 Larghezza della sua base. . . . . . - - - - 0",0135 Larghezza dietro la sua estremità anteriore, che ha la forma della tuberosità ungueale . . . . 0", 007 Larghezza di questa estremità . . . . . . . . O™ 003 L’ unica falange del dito grosso del piede del feto somiglia esattamente per la sua forma a quella rappresentata in queste figure. L’ unica falange del dito grosso del piede di questi animali corrisponde senza alcun dubbio alla prima falange di quelli che ne hanno due, ma questa presenta tali modificazioni di forma da costringerci ad ammettere in questo dito un pro- cesso evolutivo speciale. L'opinione di Vrouk e di alcuni altri zoologi i quali asse- riscono che gli Orang-Utan perdono l’ultima falange e l'unghia col crescere degli anni, non ha il menomo fonda- mento, poichè questi due organi mancano non solo negli adulti, ma anche nei giovani e nel feto stesso. L’ eta adunque non ha alcuna influenza sulla falange e l'unghia del dito grosso del piede degli Orang-Utan. Questi animali non possono perdere nell’ età matura gli organi che non posseg- gono nelle età precedenti. Questi organi non sì sviluppano nel feto perchè i genitori non gli hanno. Ciò che distingue la specie di Orang-Utan che qui de- scrivo dall’ altea munita di due falangi e dell’ unghia nel 14 DESCRIZIONE DI UN FETO dito grosso del piede, non è soltanto l’ assenza di questi due organi, ma altre modificazioni non meno importanti delle estremità. Queste, nella specie priva di un’ unghia e di una falange sono più lunghe che in quella provvista di questi due organi. Se si suppone la colonna vertebrale uguale a 100, si ha che in un Orang-Utan con due falangi e V unghia nel dito grosso del piede, le estremità superiori (braccio avam- braccio e mano) sono = 181, le inferiori (coscia, gamba, piede) sono = 146. In un altro Orang-Utan privo del- l’unghia e dell’ ultima falange del dito grosso, le estremità superiori sono = 207, le inferiori = 159. Queste misure, occorre appena il dirlo, devono essere prese sopra individui della medesima età. Quelle da me prese sopr: tre individui delle due specie, mi hanno dato tutte i medesimi risultati. Non è quindi probabile che la maggior lunghezza delle estremità da me riscontrata negli individui senza I’ un- ghia del grosso dito del piede, sia puramente accidentale. Del resto io non pretendo di dare questo carattere come bene accertato, poichè il numero degli individui da me esaminati finora ron mi sembra sufficente a stabilire con certezza un fatto di tanta importanza. Gli altri caratteri differenziali che ho potuto scorgere fra gli individui delle due specie da me esaminati, sono i seguenti : Nella specie provvista di unghia nel dito grosso del piede, le orbite sono più ampie e guardano più in fuori; i denti canini sono più piccoli. Anche il colore del pelo mi ha offerto differenze di non lieve importanza. Nella specie priva di unghia al dito grosso del piede, il colore del pelo è rossiccio scuro quasi uniforme in tutto il corpo. Solo questa tinta è un poco più intensa nel peli del vertice. Questo si vede chiaramente nei tre individui in pelle che si trovano nella collezione Doria Beccari. Nella specie provvista di unghia nel dito grosso del piede, i peli hanno evidentemente diverse tinte molto marcate. Quelli della faccia anteriore del braccio, dell’ avambraccio , del torace DI ORANG-UTAN eS e del collo, sono di un color rossicio chiaro tendente al biondo. Quelli della regione inferiore dell’ addome, della faccia ante- riore della coscia e della gamba, sono di color rossiccio scuro il quale diviene tanto più intenso quanto più sì va verso il piede. Posteriormente il tronco offre un colore uniforme ros- siccio chiaro, il quale fa un marcato contrasto con quello dei peli che cuoprono la faccia posteriore delle estremità superiori. Questi ultimi hanno un colore rossiccio scuro molto intenso. La faccia posteriore delle coscie è coperta di lunghi peli di color biondo molto chiaro che in alcuni punti tende al giallo. I peli della testa hanno pure due tinte; quelli della regione occipitale sono di colore rossiccio chiaro, mentre quelli del vertice hanno una tinta rossiccio-scura molto intensa. Queste particolarità del colore sono molto chiare nell’ unico individuo in pelle del Museo di Torino. Evidentemente è questa la specie descritta da Grorrroy St. Hinarre sotto il nome di Pithecus bicolor di cui però il carattere più importante è la presenza di due falangi e dell’ unghia del dito grosso del piede. Alla specie priva dell’ unghia e dell’ ultima falange del dito grosso del piede, può conservarsi il classico nome di Simia satyrus riservando quello di Simia bicolor alla specie provvista di quei due organi. Il. Cenno storico intorno alle ricerche fatte dai miei predecessori sulla struttura del dito grosso del piede degli Orang-Utan. Camper, verso la metà del passato secolo, fu il primo a chiamare l’attenzione degli anatomici sulla singolare strut- tura del dito grosso del piede degli Orang-Utan fino al- lora conosciuti. Egli fu il primo a considerare I’ assenza di una falange e dell’ unghia di questo dito come un carattere 16 DESCRIZIONE DI UN FETO distintivo normale di questi esseri. Sembra che egli non abbia conosciuto alcun Orang-Utan provvisto di due falangi e dell'unghia nel grosso dito di ambo i piedi. Egli potè. sol- tanto vedere uno di questi animali il quale aveva nel grosso dito del piede destro una piccola unghia e due falangi, mentre in quello del piede sinistro era sfornito di unghia e non aveva che una falange. Camper considerò giustamente questo fatto come una anomalia. lo non posso astenermi dal riferire qui le stesse parole colle quali il grande anatomico si esprime riguardo a questo importante argomento. Da questa citazione risulterà chiara- mente che la questione relativa alla struttura del dito grosso del piede dell’ Orang-Utan, è stata imbrogliata in modo veramente strano dalle idee preconcette di certi naturalisti e dalla ignoranza dei disegnatori di oggetti di storia naturale. « È una singolare specialità dell’ Orang-Utan» dice Camper: « l’avere il grosso dito di ambedue i piedi senza unghia. Fin » dal primo momento che m' accorsi di questo fatto sopra » uno di questi animali, mi venne l’idea che si trattasse di » cosa normale e che l unghia mancasse in tutti. Dietro mia » preghiera, Van per WEULEN esaminò un Orang-Utan con- » servato in un vaso di vetro e constatò che neppur quello » possedeva quest’ unghia. » ALLamanp mi fece TV onore di mandarmi una figura del » suo Orang-Utan prima che pubblicasse la sua descrizione. » lo trovai su quella figura le unghie dei grossi diti dei piedi » chiarissimamente rappresentate. Così pure vedevansi grandi » unghie in un disegno comunicatomi da Epwarps. Le quali » cose destarono in me la più grande meraviglia. » Intanto ALLamanp da me informato di questa differenza, » esaminava di nuovo il suo Orang-Utan e correggeva lo » sbaglio del disegnatore . . . .. Io scrissi inoltre al signor » Roorstra ora molto celebre medico all’ Ospedale di Londra » © già uno dei miei stimatissimi uditori, perchè guardasse » nel museo Britannico se l Orang-Utan disegnato da Ep- » WARDS con grandi unghie nei grossi diti dei piedi, le a- DI ORANG-UTAN 1874 » vesse veramente. Il giorno 24 Giugno 1772 io ricevevo in » risposta che non si trovava la menoma traccia di unghia » nei grossi diti dei piedi di quell’ Orang-Utan . » Per andare avanti io devo osservare che l Orang-Utan » regalatomi dal signor tore e che conservo nello spirito, » non ha nessun’ unghia su queste parti. Le unghie mancano » pure nelle grosse dita dei piedi dell’ Orang-Utan pre- » statomi da VosmaeR e in un altro vivente che ho avuto » occasione di esaminare. » In un Orang-Utan di Van Hory esistevano nel grosso » dito del piede destro una piccola unghia e due falangi, » mentre nei grossi diti di tutti gli altri Orang-Utan non » viera che una sola falange. Tal differenza sembrommi es- » sere un giuoco di natura, poichè il grosso dito del piede » sinistro di questo individuo era, come in tutti gli altri, privo » di unghia e possedeva soltanto una falange. Noi possiamo » quindi conchiudere che vi è qualche cosa di speciale in » questi animali; poichè il Gibbone, quantunque per la sua » forma e per la sua patria corrisponda benissimo all’Orang- » Utan, pure ha nei grossi diti dei piedi grandi unghie » (1). Dal brano citato risulta chiaramente che Camper non co- nobbe la specie di Orang-Utan provvista di due falangi e dell’ unghia nei grossi diti dei piedi. Vedremo in seguito in che maniera deve spiegarsi l’ apparire di tratto in tratto di qualche individuo che possiede una piccola unghia e due fa- langi da un lato, mentre dall’ altro è privo di queste parti. Intanto, a complemento della storia poco edificante di tal questione, voglio narrare un fatto accaduto a me ed al mio amico Conte Sarvapori. Nell’ agosto dello scorso anno mi portai con quest ultimo a visitare la collezione zoologica di una delle nostre università, e con grande mia sorpresa vidi una preparazione tassidermica di un Orang-Utan proveniente da Borneo, il quale portava nei grossi diti dei piedi enormi (1) CAMPER. Naturgeschichte des Orang-Utang und einiger andern Affen- arten. Dusseldorf. 1791, pag. 139. Tradotto in tedesco da HERBELL. Museo Civico DI GENOVA 2 is DESCRIZIONE DI UN FETO unghie. Siccome gl’ individui provvisti di unghia e provenienti da Borneo sono tra noi molto rari, così volli esaminare quel- l'esemplare piu da vicino. La mia sorpresa fu grande quando mi accorsi che le pretese unghie non erano reali ma dipinte. Esse infatti scomparvero prontamente sotto un pennello im- bevuto di benzina. Questo individuo fu comprato a Parigi così preparato. Il rivenditore aveva creduto, dipingendo le unghie, di nascondere un difetto della sua merce per venderla con maggior guadagno. Ho voluto narrare questo fatto per dimo- strare con quanta circospezione bisogna procedere nello studio di questo argomento per non cadere in errore. Alle ricerche di Camper intorno a questo soggetto, successero quelle di Temmixcx, il quale, dopo le prime osservazioni, ammise che l’ assenza dell’ unghia nel grosso dito dei piedi fosse un fatto normale negli Orang-Utan; ma più tardi addottò senza sufficiente motivo un’ opinione diversa, affermando che tale assenza non era che una semplice anomalia. Ecco infatti come egli si esprime. « Il pollice dei piedi è corto, totalmente opponibile alle » altre dita e forma coll’ indice delle membra posteriori un » semicerchio. Questa conformazione serve di prova certa che » POrang-Utan non è organizzato per camminare su due » piedi ma è invece adatto a salire sugli alberi e percor- » rere le foreste in tutte le direzioni, senza aver bisogno di » trovarsi sovente a terra dove sarebbe impacciato nel muo- » versi, sia camminando su due estremità, sia su quattro. Noi » abbiamo esaminato sei individui di diverse età uccisi allo » stato selvaggio, senza aver potuto scoprire la menoma traccia » di unghia nel pollice dei piedi. La pelle che copre l’ultima » falange di questo membro, non è nemmeno più dura né » più callosa. Un settimo individuo che abbiamo conosciuto » per varii anni allo stato di schiavitù, ha il pollice del piede » destro sprovvisto di unghia; ma nell’ altro piede questo dito » porta un’ unghia perfettamente sviluppata come nelle altre » dita. Due altri scheletri della nostra collezione provenienti » da giovani individui di tre o quattro anni morti nel ser- » DI ORANG-UTAN 19 raglio, hanno unghie a tutti i pollici. Per completare questa osservazione, bisognerebbe sapere se trovansi nello stato selvaggio individui provvisti di unghia ai pollici. Nel caso affermativo, non vi sarebbe più dubbio sulla anomalia cui questa parte è soggetta; e la famosa questione così spesso discussa, sì ridurrebbe a ben piccola cosa. Ciò non ostante, aspettando che l'occasione si presenti di rinnovare queste osservazioni sopra una più grande serie di individui, noi siamo condotti a dedurre dai dati raccolti finora che V O- rang-Utan di Borneo, allo stato normale, è privo di unghia nei pollici dei piedi posteriori. Tutte le altre dita sono mu- nite di unghie nere, più curve, più larghe di quelle del- l’uomo » (!). Più tardi poi in un supplemento alla monografia del genere Simia, Temwinck si esprime nella maniera seguente intorno allo stesso argomento. « Per prova che il difetto di unghia al pollice delle estre- mità posteriori (di cui si fece parola a pag. 124 della prima memoria e sul quale alcuni han voluto basare il carattere del sesso, mentre altri l’ hanno fatto valere come carattere specifico) non deve essere considerato che come una ano- malia accidentale, noi siamo ora in grado di offrire un esempio. molto rimarchevole in un vecchio maschio del museo. Questo bello e grosso individuo che Mutter ha por- tato recentemente da Borneo, ha il pollice di uno dei piedi provvisto di unghia perfettamente sviluppata, mentre nel- l’altro piede non esiste la menoma traccia di unghia » (?). Temminck adunque potè esaminare dieci Orang-Utan. Sei di questi erano privi dell’ unghia nel dito grosso di ambo i piedi; due invece la possedevano dai due lati, e due non IE avevano che in un piede soltanto. Ora, o lettore, aguzza il tuo ingegno e segui, se ti riesce, il ragionamento di Tem- (1) TEMMINCK. Monographies de Mammalogie, Douziéme monographie, Pa- gina 124. (2) TEMMINCK. Suite de la douzième monographie sur le genre Simia, Pag. 376 (Monographies de Mammalogie). 20 DESCRIZIONE DI UN FETO winck: sel individui non hanno unghia nei grossi diti dei piedi, due invece l’ hanno in un piede soltanto e due altri |’ hanno in tutti e due i piedi. 1 primi sei sono per TemmincK casi ec- cezionali, un’ anomalia; gli ultimi due formano la regola ge- nerale, e quelli di mezzo servono come prova che i primi costituiscono un'anomalia. Però chiungue avesse posseduto meno scienza ma più senso comune, avrebbe dichiarato vera anomalia soltanto il fatto della presenza dell’ unghia in un piede e la sua assenza nel- l’altro, ed avrebbe per lo meno sospeso il suo giudizio circ: la questione di sapere se l'assenza dell’ unghia nel dito grosso dei piedi fosse o no normale negli Orang-Utan. BLAINVILLE non si pronunzia circa il significato da darsi al- l'assenza dell’ unghia e di una falange accennata da molti autori. Egli appoggiandosi sulle proprie osservazioni, abbraccia l'opinione di coloro che descrivono il dito grosso del piede degli Orang-Utan come provvisto sempre di due falangi e di unghia. Ecco infatti come egli si esprime. « Gli anatomici non sono d'accordo circa la struttura di » questo pollice; gli uni dicono che esso è formato soltanto » dalla prima falange e che l’ultima o ungueale manca, » mentre altri assicurano che possiede le due falangi normali. » L’esame del nostro scheletro adulto e di quattro altri gio- » vani, mi costringe ad abbracciare l’ opinione di questi ul- » timi. Intanto Camper parla di quattro o cinque individui » che erano privi di falange ungueale e di unghia ai grossi » diti del piede » (!). BLarviLLe afferma adungue che cinque individui da lui esaminati possedevano nel grosso dito del piede due falangi e l’unghia. Confesso che tanta abbondanza di scheletri mu- niti di questi due organi mi è molto sospetta; tanto più che l’autore stesso dice che alcuni di essi erano stati restaurati, e quindi non è improbabile che egli sia stato tratto in errore da qualche falange posticcia. Questo però non è che un sem- (1) BLAINVILLE. Osteographie, Primates, Pag. 31-32. DI ORANG-UTAN 2] plice sospetto, il quale si potrà facilmente chiarire coll’ esame di questi scheletri che devono trovarsi sempre nel museo di Parigi. II. Intorno alla distribuzione geografica delle due specie di Orang-Utan di cui si è discorso nel capitolo precedente. A stabilire qualche cosa di positivo intorno alla distribu- zione geografica delle due specie di Orang-Utan da me ammesse, è necessario |’ esame di individui sulla provenienza dei quali non vi sia alcun dubbio. Questi però sono disgra- ziatamente molto rari. Una gran parte di quelli che si tro- vano nei musei, sono d’ incerta provenienza. Tutti gli Orang-Utan della collezione Doria-Beccari pro- vengono però senza dubbio da Borneo, e precisamente dal territorio di Sarawak. Essi furono presi in parte da questi miei amici stessi, in parte dai Daiacchi durante la loro di- mora nell’ isola. Or bene, tutti questi individui in numero di sette, sono assolutamente privi dell’ ultima falange e non pre- sentano la menoma traccia di unghia nel dito grosso del piede. A questi devono aggiungersi l’ Orang-Utan descritto da ALLamanp (/), un altro descritto da Ape (7), e un terzo da Jonyx Mac-Leop (3), 1 quali provenivano tutti da Borneo, ma non sì sa con certezza se furono presi nel territorio di Sarawak. Provengono pure con certezza da questo paese quelli raccolti da WacLace, ma non ho potuto procurarmi alcuna particolareg- giata informazione intorno alla struttura del dito grosso di questi ultimi. Però stando a ciò che questo eminente natu- ralista dice in un suo articolo pubblicato negli annali di storia naturale di Londra, sembra che egli non abbia visto a Borneo (1) Vedi: BurFoN, Oeuvres completes, Paris 1837, Tom. 3. pag. 601. (?) Vedi: Lesson, Compléments de Burron, Paris 1888 Tom, l.er pag. 188, (3) Vedi: Lesson, Compléments de Burron, Paris 1838, Tom. ler pag. 192, 22 DESCRIZIONE DI UN FETO alcun Orang-Utan con unghie normalmente sviluppate nel grosso dito dei piedi. Alcuni degli individui da lui esaminati erano privi d’unghia in questo dito, altri ne possedevano soltanto una rudimentale (4). Ecco ora un fatto che merita tutta la nostra attenzione. Gli Orang-Utan della collezione Doria-Beccart furono presi nel territorio di Sarawak o nei dintorni, e sono tutti privi dell’ un- ghia e dell’ ultima falange del dito grosso del piede; mentre un individuo testè giunto al museo di Torino dal territorio di Banjermassin, possiede ambedue questi organi. Si sa pure che un grosso Orang-Utan del museo di Parigi che possiede l'unghia nel dito grosso del piede, proviene da Banjermassin. Sarebbe ora molto interessante il sapere se in quest’ ultima regione di Borneo si trovino anche Orang-Utan privi di unghia nel dito grosso del piede e se nel territorio di Sarawak vi siano di quelli provvisti di quest’ organo. Io spero che a tale quesito e a molti altri non tarderanno a rispondere coloro che hanno la ventura di trovarsi presso qualche museo estero for- nito di esemplari numerosi e di bene accertata provenienza. Di Sumatra finora non è conosciuto, per quanto io mi sappia, che un solo individuo privo dell’ unghia al grosso dito del piede: quello mandato da Stamrorp RarLes alla società zoologica di Londra. L'individuo descritto da Grorrroy Sr. Hitatre sotto il nome di Pithecus bicolor proviene da Sumatra e possiede l'unghia e le due falangi del dito grosso del piede. Questi medesimi organi possiede pure un giovine individuo apparte- nente al museo dell’ Università di Genova il quale proviene pure da quest’ isola. Le due specie di cui è stata constatata l’esistenza anche a Sumatra abitano esse la medesima regione di quest’ isola o sono distribuite in diverse regioni? Nulla di positivo si può affermare per ora a questo riguardo. (1) WALLACE. On the Orang-Uian or Mias of Borneo. Ann. and Magaz. of nat. hist. 1856. Vol. XVII, Pag. 471. DI ORANG-UTAN 23 IV. Probabile significato della presenza dell’ un- ghia e di due falangi nel dito grosso di un solo piede in alcuni Orang-Utan. Come ho già detto in uno dei capitoli precedenti, Camper notò per il primo che talvolta gh Orang-Utan posseg- gono l’ unghia e due falangi nel dito grosso di un piede sol- tanto, mentre nell’ altro sono affatto privi di unghia e non hanno che una falange. Lo stesso fatto fu osservato da Tem- MINCK in un individuo giovine e in uno vecchio. Come spie- gare un tal fenomeno? Nascono questi individui col dito di un piede monco, o perdono l’ unghia e la falange ungueale dopo la nascita? Questa perdita si effettua bruscamente o con processo lento? A nessuna di queste dimande si può dare per ora una risposta definitiva; però vi è qualche fatto il quale mi farebbe sospettare che questi animali nello stato fetale hanno i diti grossi dei piedi normalmente sviluppati e che più tardi l’ultima falange del dito grosso di un piede non potendo ossificarsi per difetto di nutrizione, finisce collo scomparire portando seco una profonda alterazione nella pelle che lo ricopre e cagionando anche la caduta dell’ unghia. Questa mia opinione è fondata sul fatto seguente. Nel museo zoologico di Firenze esiste lo scheletro di un giovane Orang- Utan il quale possiede due falangi nel dito grosso di ambo i piedi; in uno di questi però I’ ultima falange è completa- mente ossificata, mentre nell’ altro è in massima parte carti- laginea e non si vede nel suo interno che un piccolissimo nucleo osseo. Io credo che questa falange sarebbe scomparsa se l'individuo fosse vissuto ancora per breve tempo. Un fatto consimile può essere avvenuto in tempi più o meno lontani nel grosso dito di ambo i piedi di qualche Orang-Utan. Questa modificazione, trasmessa in seguito per generazione, 24 DESCRIZIONE DI UN FETO sarebbe divenuta un fatto normale ed avrebbe costituito il carattere più saliente di una nuova specie. È quindi molto probabile che l Orang-Utan cui ho pro- posto di conservare il nome di Simia satyrus sia una specie derivata dalla Simia bicolor per lente e profonde modifi- cazioni avvenute nelle estremità e principalmente nel dito grosso del piede. L'assenza dell’ unghia e dell’ ultima falange nel dito grosso di ambo i piedi del feto, indica che la nuova specie è definitivamente costituita; mentre l’ arresto di svi- luppo e l'assenza dell’ ultima falange di questo dito in un piede soltanto di alcuni individui della Simia bicolor, sono indizi manifesti che in questa specie il lento lavorio della tra- sformazione continua, e che fra qualche tempo questa specie sia per iscomparire. Questo fatto mi sembra tanto più pro- babile, inquantochè gli individui di questa specie sono già molto rari. V. Esame dello scheletro della madre, La madre di questo feto era giovanissima, come si rileva dal suo scheletro che fu con molta cura montato dal valente preparatore Kerm. Questo scheletro, misurato dal vertice al calcagno, ha una altezza di 1", 12. La sua massima larghezza, misurata fra le estremità delle membra superiori distese orizzontalmente, è di 2 14: Testa. — La seconda dentizione è già completa. Vi sono sedici denti per mascella. È importante notare questo numero poichè in qualche femmina della collezione Doria-Beccari si noverano nella mascella superiore due grossi molari di più, Non si scorge ancora in questi organi, alcun principio di lo- gorio. Le creste fronto-verticali sono appena accennate e non hanno ancora raggiunto sul vertice quel grado di avvicinamento fra DI ORANG-UTAN 255) loro cui giungono negli individui di questo sesso, quando lo sviluppo del cranio è già compiuto. La minima distanza fra queste creste è di 0",043.L' occipite è sempre molto convesso. Le creste occipitali sono meglio sviluppate che le fronto- verticali. Le suture maxillo-frontali, maxillo-nasali, e la nasale me- diana non sono ancora obliterate. Lo stesso dicasi delle suture maxillo-malare, fronto-malare, temporo-malare. La sutura del- l’intermascellare col mascellare superiore è visibile soltanto per breve tratto ai lati dell’ apertura nasale anteriore. Sono ancora chiaramente visibili le suture temporo-occipi- tale, sfeno-parietale e sfeno-temporale, come pure tutte quelle delle pareti delle orbite. Della sutura coronale è obliterata soltanto la porzione com- presa fra le due creste fronto-verticali. Sono completamente scomparse, la sutura lambdoidea e la sagittale. Sono ancora visibili nella volta del palato la sutura dei processi palatini del mascellar superiore, e quella di questi stessi processi colle lamine orizzontali delle ossa palatine, e la sutura di queste stesse lamine fra loro. La sutura dell’ intermascellare coi processi palatini del ma- scellar superiore, è completamente obliterata. Non si vede più la menoma traccia della sutura sfeno- occipitale: però la sutura dell’ apofisi piramidale dell’ osso palatino colle lamine pterigoidee non è ancora obliterata. L’ angolo di Camper (margine dentario del mascellare supe- riore, fronte, orifizio auditivo) è di 40 gradi. La circonferenza del cranio (circonferenza orizzontale) è di 0", 230. Il diametro antero-posteriore (fronto-occipitale) è di 0", 112. Il diametro trasversale, bitemporale (al disopra dei due orifizi auditivi esterni) è di 0", 097. Il diametro biparietale è di Om. .092. Ecco alcune altre misure molto utili a conoscersi: Massima larghezza dal mezzo di una arcata zigomatica al- Italtra 03,13. Lunghezza della volta palatina dal margine del mascellar 26 DESCRIZIONE DI UN FETO superiore fra i due incisivi medii alla spina nasale posteriore O”, 074. Larghezza della volta palatina misurata in linea retta dal margine del processo alveolare in corrispondenza dei due ul- timi grossi molari 0",03; in corrispondenza dei due primi grossi molari 0",033; in corrispondenza dei due secondi pic- coli molari 0", 35; in corrispondenza dei due canini 0", 035. Diametro antero posteriore del foro occipitale 0", 036; dia- metro trasversale dello stesso foro dietro i processi condi- loidei 0", 022. Dal margine anteriore del mascellar superiore fra i due in- cisivi medi al margine anteriore del foro occipitale 0", 128. Diametro verticale dell’ apertura anteriore delle fosse nasali 0", 029. Massimo diametro trasversale della medesima aper- tura 0, 038. Diametro verticale dell’ apertura posteriore delle fosse na- sali 0",025, diametro trasversale della medesima apertura 0n_018, Diametro trasversale delle orbite 0", 032. Diametro verticale delle stesse 0", 032. Diametro obliquo 0", 035. La capacità del cranio è di 285 centimetri cubi. Colonna vertebrale. — È formata in questo individuo da 28 vertebre, cioè 7 cervicali, 11 dorsali, 5 lombari e 3 sacrali. Il coccige è rappresentato da due soli pezzi intimamente sal- dati fra loro. Le apofisi trasverse non presentano alla loro sommità alcuna traccia di punti ossei epifisari. Le apofisi spinose della regione cervicale soltanto presentano le tracce di un punto epifisario non ancora ossificato. Le lamine epifi- sarie dei corpi delle vertebre sono già ossificate, ma non sono ancora saldate al resto delle vertebre. Nel sacro non si vedono le lamine epifisarie delle facce laterali; però lo sviluppo del resto delle vertebre sacrali è completo. Queste sono già intimamente saldate fra loro; solo sì scorge sempre qualche traccia di questa saldatura fra la penultima e l’ultima vertebra. Questo fatto potrebbe indicare che nel? Orang-Utan la saldatura delle vertebre sacrali si DI ORANG-UTAN 2° compie dall’ alto al basso e non dal basso all’ alto come nel- l’uomo. Coste. — Ve ne sono soltanto 11 in questo individuo. Il punto epifisario del tubercolo di molte fra esse è già saldato al resto dell’ osso. L’ epifisi della testa però, sebbene già for- mata in tutte le coste, non è ancora in alcuna saldata al corpo dell’ osso. Sterno. — È formato attualmente da quattro pezzi separati da uno strato di cartilagine. Il punto di ossificazione dell’ ap- pendice xifoide non è ancora comparso. Omoplata. — I punti ossei epifisari dell’ apofisi coracoide , dell’ acromion e della parte superiore della cavità glenoide, sono già completamente saldati al resto dell’ osso. Però le epifisi del margine spinale e dell’ angolo inferiore sono ancora indipendenti. Clavicola. — La lamina ossea epifisaria dell’ estremità ster- nale di quest’ osso è già saldata al corpo. Omero. — La testa di quest’ osso non è ancora saldata al corpo. I diversi pezzi dell’ estremità inferiore, la troclea e la eminenza capitata sembrano saldati fra loro, ma non lo sono ancora completamente col corpo dell’ osso. Tanto 1’ epicondilo esterno che |’ interno sono ancora indipendenti dal resto del- l’ osso. Radio. — Non sono ancora uniti al corpo dell’ osso nè la epifisi superiore, nè |’ inferiore. Cubito. — L' olecrano è già saldato al corpo dell’ osso. Lo stesso è già avvenuto del punto complementare del becco dell’ olecrano; però qualche traccia dell’ antica divisione di quest’ ultimo dal resto dell’ osso è sempre visibile. Mano. — L’ossificazione delle ossa del carpo è compiuta. Le epifisi delle ossa del metacarpo e delle dita sono tutte saldate ai rispettivi corpi. Osso iliaco. — La riunione dei tre pezzi che formano pri- mitivamente quest’ osso è completa. Non esiste alcuna traccia della cartilagine in forma di Y. L’ epifisi della cresta iliaca non è ancora unita al resto dell’osso. Il punto complementare 28 DESCRIZIONE DI UN FETO dell’ angolo del pube non è ancora ossificato. Il diametro antero-posteriore dello stretto superiore del bacino è di 0", 132. Il diametro trasversale 0",089. Il diametro obliquo 0", 111. 2 Femore. — Il grande e il piccolo troncantere, la testa co) 5) e l’epifisi inferiore non sono ancora saldati al corpo del- l’ osso. Fibula. — Anche in quest’ osso le due epifisi sono ancora indipendenti dalla diafisi. Tibia. — WL’ epifisi superiore e |’ inferiore di quest’ osso sono ancora indipendenti dal corpo. Rotula. — È completamente ossificata. Piede. — L’ ossificazione delle ossa del tarso è completa. Le epifisi delle ossa del metatarso e delle falangi sono già saldate ai loro corpi. Lo sviluppo del cranio dell’Orang-Utan dopo la nascita è troppo diverso da quello del cranio umano perchè il con- fronto dell’ uno coll’ altro ci possa condurre, in mancanza di altri dati, alla conoscenza dell’ eta di questo animale. Basti il ricordare che nell’Orang-Utan si vedono sempre le tracce della sutura intermaxillo-maxillare fin dopo la seconda den- tizione, per convincersi che vi è una sostanziale differenza fra lo sviluppo del cranio di questo animale e quello dell’uomo. Quanto a molte altre parti dello scheletro, le cose non procedono diversamente. L’ ordine di tempo col quale molte ossa del? Orang-Utan raggiungono il loro completo sviluppo è molto diverso da quello dell’ uomo. In quest’ ultimo, quando le epifisi delle ossa del ‘carpo e quelle delle falangi della mano si saldano alle rispettive diafisi, la massima parte delle epifisi delle altre ossa dell’ arto superiore, o sono già unite ai loro corpi, o si uniscono in quel tempo medesimo. Nell’ uomo infatti, le epifisi delle ossa del carpo e quelle delle falangi delle dita della mano si saldano col corpo di queste ossa nel ventesimo anno circa. Ora, se sì eccettuano le epifisi dell’ angolo inferiore e del margine spinale dell’ omo- plata e quella dell’ estremità sternale della clavicola, (che si saldano al corpo delle ossa più tardi), tutte Ie altre sono DI ORANG-UTAN 29) già saldate, quando l'individuo ha raggiunto | età di 20 anni o si saldano allora. Nelle estremità inferiori le cose procedono egualmente. Quando si effettua il congiungimento delle epifisi delle ossa del metatarso e delle falangi delle dita dei piedi, la massima parte delle epifisi delle altre ossa dell’ arto inferiore si sono già saldate o si saldano allora al corpo delle ossa. Nell’ uomo infatti, la congiunzione delle epifisi delle ossa del metatarso colle rispettive diafisi, effettuasi fra 19 e 20 anni; quella delle epifisi delle falangi fra 19 e 21. Ora, se si ec- cettuano le epifisi dell’ osso iliaco e l’ epifisi superiore della tibia (che si possono saldare al resto di queste ossa più tardi) tutte le altre dell’ arto inferiore si saldano alle rispet- tive diafisi 0 prima o contemporaneamente a quelle delle fa- langi. In questo Orang-Utan invece, le epifisi delle ossa del metacarpo e del metatarso e quelle delle falangi delle mani e dei piedi sono saldate da qualche tempo alle loro diafisi, mentre la massima parte delle epifisi delle altre ossa delle membra sono ancora ben lungi dal saldarsi ai corpi rispettivi. Il confronto adunque dello scheletro di quest Orang-Utan con quello dell’uomo, non ci può condurre alla conoscenza della sua età; poichè se il grado di sviluppo di alcune ossa, quelle della mano e del piede p. es., corrisponde allo sche- letro umano nell’ età di 21 anno, pel grado di sviluppo di altre parti corrisponde nell’ uomo al una età che oscilla fra 15 e 16 anni. VI. Atteggiamento del feto, La posizione in cui trovasi questo feto è rappresentata dalla fig. 6 della tav. IIL Le coscie sono completamente flesse e s’ appoggiano sul- l'addome; esse sono divaricate in modo da fare tra loro un angolo di circa 100 gradi. La gamba destra è flessa in 30 DESCRIZIONE DI UN FETO modo da fare colla coscia un angolo di 65 gradi; la sua faccia posteriore guarda in avanti e in basso; la sua faccia anteriore in addietro e un poco in alto; la faccia esterna e il malleolo esterno sono superiori, come se la gamba avesse subito una forte torsione in dentro. Il piede destro è in leggiera esten- sione e forma coll’ asse della gamba un angolo di 125 gradi; esso è situato in modo che la sua faccia dorsale guarda in alto ed in avanti. La parte inferiore della gamba destra e il calcagno poggiano sulla faccia dorsale del piede sinistro. La gamba sinistra è in flessione completa sulla coscia; il piede è pure flesso sulla gamba e in adduzione forzata, in guisa che il suo margine esterno è anteriore e I’ interno posteriore. Questa gamba è girata in modo da toccare colla sua faccia interna la faccia posteriore della coscia. Il margine interno del piede sinistro riposa sul pube. Il primo osso del metatarso forma col secondo un angolo di 85 gradi. Le dita dei piedi sono flesse e chiuse a pugno. Il braccio destro è in adduzione completa e forma coll’ asse dell’ avambraccio un angolo di 75 gradi. La mano destra è semiflessa sull’avambraccio e trovasi in adduzione, in guisa che il suo margine interno forma col corrispondente margine dell’ avambraccio un angolo di 90 gradi. Il braccio sinistro è pure in adduzione, ma trovasi elevato in modo da poggiare col suoi due terzi inferiori sulla gamba e col suo terzo su- periore sul ginocchio del medesimo lato. La mano sinistra è leggermente flessa. Il dito pollice nelle due mani è in completa adduzione ed è situato in guisa da toccare colla sua faccia palmare il mar- gine esterno della palma. Le altre dita sono disposte nella maniera seguente: le prime falangi sono in estensione completa, le seconde in completa flessione e le terze in semiflessione. La mano destra poggia sul torace; la sinistra poggia in parte sulla faccia e in parte sulla spalla destra. Il terzo inferiore dell’avambraccio sinistro corrisponde al naso ed alla bocca. DI ORANG-UTAN Sil Vit. Distribuzione dei peli. — Unghie. Un attento esame della distribuzione dei peli offre molto interesse, specialmente per le notevoli differenze che l’ Oran g- Utan presenta in confronto dell’uomo. Ho esaminato la distri- buzione dei peli in questo feto colla più grande diligenza, poichè giammai mi è accaduto di vederla tanto nettamente in indi- vidui già nati. L’ eruzione dei peli della testa è dovuta avvenire da circa 10 giorni. Essi hanno una lunghezza di mezzo centimetro o poco più. Quelli della fronte e delle sopracciglia sono alquanto più lunghi. Lo stesso è di quelli che cuoprono il mento e il labbro superiore, specialmente verso l’ angolo delle labbra, i quali sono pure alquanto più rigidi di quelli del resto del corpo. Le palpebre superiori sono fornite di cigli che hanno una lunghezza di circa 3 millimetri e sono diretti in fuori: nelle palpebre inferiori non se ne vede che qualcuno molto piccolo. Nella faccia posteriore del tronco e nelle estremità, I’ eru- zione dei peli deve essere avvenuta da circa cinque o sei giorni; essi sono più corti e più fini di quelli della testa. Nella faccia anteriore del tronco, essi sono anche più corti dei precedenti e la loro eruzione deve datare soltanto da tre o quattro giorni. In alcuni punti dell'addome, i peli sono tuttavia nascosti sotto lo strato corneo dell’ epidermide. Ecco ora qual’ è la loro distribuzione nelle diverse parti del corpo. In corrispondenza della settima vertebra cervicale (Tav. IIT, Fig. 2) vi è un vortice dal quale partono correnti divergenti che si dirigono in tutti 1 sensi. Alcune di queste percorrono la nuca, guadagnano la regione occipitale e vanno a coprire il vertice arrestandosi presso la fontanella anteriore ( Yuv. 117, Fig. 10); altre ripiegano ai lati della testa (Tav. 11, Fig. 11) 32 DESCRIZIONE DI UN FETO e giunte dietro l’ orecchio, si dividono quasi in due correnti minori le quali poi si ricongiungono avanti al padiglione. Le correnti laterali più basse si dirigono ai lati del cello e vanno ad incontrarsi sotto il mento (Tav. I//, Fig. 11). Altre correnti partono dal vortice della nuca, si stendono sulle spalle e vanno sul torace e sull’ addome; altre andando in basso e lateralmente, arrivano al braccio e si dirigono verso il gomito (Tav. Hf, Fig. 1); altre infine scendono sul dorso e si diri- gono convergendo verso le natiche. Presso l'angolo palpebrale interno (Tav. III, Fig. 9) tro- vasi un vortice dal quale partono correnti divergenti, alcune delle quali si dirigono in dentro, altre in fuori; fra quelle che si dirigono in dentro, alcune si volgono in basso e in- contransi con quelle dell’ altro lato sulla linea mediana del naso; altre si volgono in alto e incontransi con quelle del lato opposto sulla parte inferiore della fronte. Alla radice del naso trovasi una croce. Le correnti superiori di questi due vortici si volgono in alto e, scorrendo sulla fronte, vanno ad incon- trarsi presso la fontanella anteriore con le correnti ascendenti del vortice della nuca. i Fra le correnti che provenendo dal vortice dell’ angolo pal- pebrale interno si dirigono in fuori (Tav. H/T, Fig. 9), le superiori formano il sopracciglio, le inferiori percorrono la guancia e vanno ad incontrarsi colle correnti che provengono dai vortici della nuca, formando ai lati della faccia ( Tav. 117, © ig. 11) un’ importante linea nodale. In corrispondenza delle tempia trovasi una croce. Sui fianchi (Tav. 4//, Fig. 1) trovasi un vortice dal quale partono alcune correnti che si dirigono in dietro e in basso, e altre che vanno in avanti per convergere all’ ombelico con quelle che provengono da altre regioni. Nel braccio le correnti sono dirette in basso ed in addietro (Tav. IH, Fig. 1); quelle dell’ avambraccio vanno in alto e in addietro; e tanto le une che le altre formano in corri- spondenza del margine interno dell’ olecrano, un vortice con- vergente. Le correnti dell’ avambraccio partono da un vortice DI ORANG-UTAN Sh: divergente che trovasi in corrispondenza della estremità in- feriore del radio. Nella coscia i peli dal ginocchio e dalla faccia anteriore sono diretti in fuori in alto ed in addietro in guisa da con- vergere verso le natiche. Nelle gambe vanno in basso e in fuori. Sul piede, in corrispondenza della radice del dito grosso, vè un vortice divergente dal quale le correnti si dirigono parte in fuori, parte in avanti. Nell’ ascella e sulla faccia interna delle coscie, i peli sono sempre nascosti sotto lo strato corneo dell’ epidermide. Vi è un vortice convergente intorno all’ ombelico, ed un altro sopra il pube. Le unghie sono già completamente sviluppate, tanto nelle mani che nei piedi. Il loro margine inferiore è vicino a dive- nire libero. Nel dito grosso del piede un esame molto attento non mi ha fatto scorgere la benchè menoma traccia d’ unghia. Nel punto in cui ordinariamente trovasi |’ unghia, la pelle si è sviluppata come nelle altre parti del corpo. L’unghia del dito pollice della mano è lunga 0", 002 e larga altrettanto; quella dell’ indice, del medio e dell’ annu- lare ha una lunghezza di 0", 0025 e una larghezza di 0”, 002; quella del dito mignolo è un poco più corta e meno larga. Le quattro unghie del piede hanno presso a poco le medesime dimensioni di quelle della mano. Nell'uomo i peli spuntano alla fine del quinto mese o al principio. del sesto, e il margine inferiore dell’ unghia si rende libero pure nel sesto mese. Ora in questo feto 1 peli sono già spuntati da circa 10 giorni, e le unghie cominciano già a divenir libere nel loro margine inferiore. Il grado di sviluppo di questi organi corrisponde per conseguenza a quello del- l’uomo nel sesto mese. VIH. Organi esterni della generazione. Benchè, come ho già detto nella introduzione, gli organi genitali esterni di questo feto siano alquanto deformati per Museo Civico DI GENOVA 3 34 DESCRIZIONE DI UN FETO la pressione di tutto il corpo che sopportano, pure è facile convincersi che si tratta di una femmina. Le ripiegature genitali esterne si mostrano come un cercine poco elevato e non ricordano gran fatto le grandi labbra della donna. Le piccole labbra limitano un solco della lunghezza di 0",002, il loro margine libero è atfatto rettilineo, e sì vede già nella sua parte superiore il doppio foglietto in cui si scinde per formare il prepuzio e il freno del clitoride. Que- st’ ultimo organo ha la forma di un cilindretto e presenta inferiormente un leggiero solco. Nel fondo del vestibolo non sì scorge la menoma traccia di imene. Il rafe genitale scor- gesì sotto l’ aspetto di un tenero tessuto di cicatrice sprov- visto affatto di peli. Un simile tessuto si vede pure intorno all’ orifizio anale. Dietro a quest’ ultimo v'è uno spazio senza peli con un tessuto di cicatrice molto tenero e liscio al quale, in un’ età meno avanzata, corrispondeva il tubercolo coccigeo. Se si eccettuano le grandi labbra che in questo feto riman- gono sempre poco sviluppate, gli altri organi esterni della generazione presentano il grado di sviluppo che si riscontra nella donna nel quinto mese circa. Del resto le modificazioni prodotte dall’ ulteriore sviluppo negli organi esterni della ge- nerazione di questi animali, sono meno profonde che nella donna. Ecco infatti ciò che dice FeperIco Cuvier descrivendo gli organi esterni della generazione in una giovine femmina di Orang-Utan. « La vulva era molto piccola ed aveva le » sue labbra appena percettibili: il clitoride era comple- » tamente nascosto; ma da ciascun lato di quest’ organo si » vedeva una macchia color di carne ove la pelle sembrava » più molle e più fina di quella delle altre parti, ciò che » sembrerebbe essere una indicazione delle labbra (!) ». (!) Vedi: Lesson, Complements de Burron, Tome premier. Paris 1838, pag. 185. DI ORANG-UTAN 355 IX. Anatomia delle forme e proporzioni del corpo. Alla vista di questo feto ognuno rimane grandemente me- ravigliato per la sua straordinaria somiglianza coll’ uomo. Questa somiglianza è resa più evidente dalla nudità delle carni che una sottile lanugine da poco spuntata non basta a cuoprire. La testa sorprende per la sua bella forma ovale pochissimo allungata. Il suo diametro fronto-occipitale è di 0", 054. Il diametro bitemporale è di 0", 052 e il biparietale di 0", 044. Essa ha dunque una forma piramidale e ricorda quella di al- cune razze umane selvaggie (esquimesi). La fronte è alta, spa- ziosa, convessa, e lungi dal fuggire in addietro come negli altri animali e nello stesso Orang-Utan adulto, si proietta in avanti sorpassando di circa due millimetri il piano in cui si tro- vano gli occhi. Un solco molto profondo traversa quasi tutta la faccia dividendola in due parti: una superiore nella quale sono compresi gli occhi; l’ altra inferiore che comprende il naso, le labbra e le guancie. Immediatamente al di sopra di questo solco e propriamente in corrispondenza del suo terzo esterno, ve n’ è un altro, più superficiale, al di sopra del quale ve n° è un terzo che indica il limite della palpebra inferiore. Un altro solco, discretamente profondo indica il limite della palpebra superiore e si stende per due terzi di quella partendo quasi dall’ angolo palpebrale interno: dal medesimo angolo parte pure un altro solco più superficiale, più interno, lungo la metà circa del precedente. Fra l’ estremità superiore di quest’ ultimo solco di un lato e quella del solco del lato opposto, scorre trasversalmente un altro solco curvilineo somigliante all’ im- pronta di un’ unghia colla concavità rivolta in alto. Ai lati del naso si vede il solco naso-labiale poco profondo. Il naso somiglia per la sua forma a quello dell’ adulto. La sua massima larghezza alla base è di 0",015. Il setto mem- 26 DESCRIZIONE DI UN FETO branoso si prolunga in basso e sporge fuori delle ali circa un millimetro. Le labbra sono tagliate come nell’ adulto: il loro margine è rettilineo ed ha una spessezza di 4 o 5 millimetri. La lun- ghezza dell’ orifizio buccale è di 19 millimetri. Ai lati della faccia non si vede il menomo indizio dell’ e- sistenza di espansioni grassose. Queste del resto non esiste- vano nemmeno nella madre. Intorno al globo oculare non posso dir nulla, poichè la opacità della cornea m' impedisce di vedere persino lo stato dell’ iride. I margini delle palpebre erano sempre uniti fra loro, ma tanto debolmente che bastò una leggiera trazione per separarli. Il padiglione dell’ orecchio ha una forma quasi circolare. Il lobulo è appena accennato. L’ antelice non presenta i suoi due rami (crura furcata). Non si scorge che un rudimento appena percettibile dell’ antitrago, e il trago si confonde colla cresta dell’ elice. L’incisura intertragica non è diretta in basso e un poco in avanti come nell’ uomo, ma è orizzontale o anche diretta un poco in alto, come se il padiglione avesse girato dal: basso all’ alto e dall’ indietro in avanti intorno all’ orifizio auditivo esterno. Il collo è brevissimo come nell’ adulto e di una considere- vole grossezza; esso è sprofondato nelle spalle e ricorda quello degli uomini della così detta costituzione apoplettica. La sua lunghezza nella faccia anteriore è di soli 5 millimetri, mentre in un feto umano della stessa altezza è di 2 centimetri. La sua circonferenza è di 120 millimetri, mentre nel feto umano è di appena 85 millimetri. La nuca presenta nel suo mezzo appena accennata la fossetta limitata dal margine interno dei gran complessi, e non offre la curva che scorgesi nell’ uomo, ma cade diritta e quasi perpendicolare. i Il torace e l’ addome sono relativamente meno ampi che nell’ adulto. La distanza fra i due capezzoli delle mammelle è di 38 millimetri. Il braccio non differisce per la forma da quello dell’ uomo: DI ORANG-UTAN SI nel suoi due terzi inferiori esso è un cilindro alquanto schiac- ciato in guisa che il suo diametro antero posteriore è di 16 millimetri, il traversale di 12. La sua circonferenza misurata in corrispondenza dell’ ascella è di 53 millimetri, in basso è soltanto di 52. La sua lunghezza è di 33 millimetri. L’avambraccio ha, come nell’ uomo, la forma d’un cono troncato, alquanto schiacciato dal davanti all’ indietro. La sua circonferenza in alto è di 60 millimetri, in basso di 40. La sua lunghezza è di 55 millimetri. La mano come le altre parti dell’ arto superiore è formata sul tipo umano. La mano propriamente detta ha la forma di un quadrato irregolare più lungo che largo come nell’ uomo, ma sempre meno lungo che nell’ Orang-Utan adulto. Le dita sono relativamente più lunghe di quelle dell’ uomo, ma più robuste. La loro lunghezza aggiunge grazia e leggiadria a tutta questa parte dell’ arto superiore. La lunghezza della mano, comprese le dita è di 52 millimetri (Tav. II, Fig. 7-8). Nella faccia palmare si scorgono molto pronunziate la emi- nenza tenare e |’ ipotenare. Quanto al rapporto di lunghezza di queste diverse parti del? arto superiore fra loro, si ha che il braccio è un poco più corto dell’ avambraccio e la mano è più corta dell’ uno e dell’ altro. La coscia è, come nell’uomo, prismatica e triangolare in alto. Ivi la sua circonferenza è di 65 millimetri. In basso di- viene alquanto rotondeggiante, ma si assottiglia poco; qui la sua circonferenza è minore di quella dell’ estremità superiore di soli 8 millimetri. La sua lunghezza è di 46 millimetri. La gamba possiede, come la coscia, i principali caratteri del tipo umano. Il polpaccio è bene sviluppato ed ha una circonferenza di 51 millimetri. Verso la. parte inferiore la gamba si assottiglia gradatamente e raggiunge una circonfe- renza di 45 millimetri. La lunghezza di questa parte dell’ arto inferiore è di soli 44 millimetri. Il piede è pure formato sul tipo umano fino alla radice 38 DESCRIZIONE DI UN FETO delle dita, ma l’ eccessiva lunghezza di queste ultime e la posizione del pollice fa deviare questo piede dall’ umano come del resto avviene nell’ adulto. La sua lunghezza dal calcagno all'estremità del dito medio è di 60 millimetri ( Tav. I7T, Fig. 3). Quanto ai rapporti di lunghezza delle diverse parti del- l’arto inferiore si ha che la coscia è più lunga della gamba e il piede è più lungo dell’ una e dell’ altra. Prendendo ora come lunghezza di confronto quella della colonna vertebrale divisa in 100 parti eguali, si hanno le se- guenti proporzioni per i diversi segmenti degli arti di questo feto e della madre. Feto Madre Braccio : : : 3 7 5 ! , - 40515 69, 70 Avambraccio : . ; . ; : ; «AI OF: ileeie Mano. - : F 3 : . : . . 39, 39 47, 47 Coscia . : ; . : 3 : : i a , 84, 89. OLD Gamba . : : : è : ; : F ole 47, 47 Piede . : : ; A : a . A = 40; 45 50, 91 Ecco ora riunite in un quadro le principali misure prese nel feto di Orang-Utan e sopra un feto umano che offriva il medesimo grado di sviluppo. Ho preso per guida il quadro di Krause per le misure del corpo umano, modificandolo in qualche parte. Feto di Orang-Utan) Feto Umano, Altezza del corpo dal vertice al calcagno... + 0m, 285 Om, 310 Dal vertice all’ estremità del coccige 2 A . . . Om, 185 Om, 205 Dal vertice all'ombelico . . . : tn Sat . Om, 112 Om, 148 TESTA Altezza della testa nella parte posteriore . oe, TO 1068 Om, 060 id. id. parte anteriore B : e . Om, 049 | Om, 051 Lunghezza della testa dall’ occipite alla fronte . : . Om, 054 | Om, 065 Larghezza del cranio (diametro bitemporale) . È . Om, 052 Om, 053 Diametro biparietale . - 2 : : + 5 E . Om, 044 Perimetro orizzontale del cranio 3 5 A 5 : . Om, 172 Om, 195 Altezza della faccia dalla radice del naso al mento . . Om, 029 Om, 033 Larghezza al davanti delle orecchie. . ‘ ; . Om, 049 Om, 046 Distanza dalla punta del naso all’ orecchio , ; i . Om, 040 Om, 042 DI ORANG-UTAN COLLO Keto di Orang-Ulan Altezza della parte anteriore del collo Altezza della nuca Larghezza del collo. : : : - Spessezza del collo . Circonferenza del collo . . È PIECE TRO Altezza della regione sternale Altezza della parte laterale del torace . P : Circonferenza del torace in corrispondenza delle ascelle. Circonferenza della base del torace. Larghezza fra le spalle . 5 : Larghezza in corrispondenza della cavita ascellare Altezza della regione dorsale ADDOME Circonferenza dell’ addome Altezza della parete anteriore Distanza dall’ ombelico al pube . MEMBRO SUPERIORE Lunghezza del braccio Larghezza del braccio Spessezza del braccio . È È : : Circonferenza del braccio all’ estremità superiore Circonferenza del braccio all’ estremità inferiore Lunghezza dell’ avambraccio Sua spessezza all’ estremità superiore Larghezza dell’ avambraccio all’ estremità superiore. Larghezza all’ estremità inferiore Spessezza all’ estremità inferiore Circonferenza all’ estremità superiore Circonferenza all’ estremità inferiore Lunghezza della mano Larghezza della mano MEMBRO INFERIORE Lunghezza della coscia . Circonferenza superiore Sua circonferenza inferiore. Lunghezza della gamba dal ginocc.io al malleolo interno. Circonferenza del polpaccio della gamba Lunghezza del piede Circonferenza inferiore della gamba Om, 005 Om, 012 Om, 039 Om, 030 Om, 120 Om, 035 Om, 060 Om, 165 Om, 170 , 050 Om, 042 Om, O85 Om, 158 Om, 033 Om, 015 Om, 053 Om, 016 Om, 012 Om, 053 Om, 051 Om, 055 Om, O17 Om, 025 Om, 014 Om, O10 Om, 065 Om, 040 Om, 052 om, 018 Om, 046 Om, 065 Om, 057 Om, 041 Om, 049 Om, 060 Om, 045 39) leto Umano Om, 020 Om, 023 Om, 026 Om, 021 Om, 085 Om, 040 Om, 065 Om, 155 Om, 165 Om, 045 Om, 039 Om, 055 Om, 150 Om, 055 Om, 022 Om, 045 Om, 016 Om, 011 > 051 Om, 047 Om, 040 Om, 013 Om, 022 Om, 01] Om, 007 Om, 050 Om, 035 Om, 035 Om, 017 Om, 058 Om, 078 Om, 052 Om, 050 Om, 045 Om, 038 Om, 026 4() DESCRIZIONE DI UN FETO CORDONE OMBELICALE Feto di Orang-Utan Sua lunghezza . 3 : : : . A : : : : È Om, 255 Sua circonferenza . P , , : : : ‘ : : 5 Om, 038 La placenta non fu raccolta. Lo studio dei rapporti di lunghezza fra la colonna verte- brale e le estremità dell’ Orang-Utan, delle altre scimmie antropomorfe e dell’ uomo nelle diverse fasi del loro sviluppo, è stato per me fecondo di utili insegnamenti. Esso mi ha for- nito argomento a convincermi che le scimmie antropomorfe seguono nei primordi del loro sviluppo le medesime leggi che governano lo svolgimento dell’ embrione umano. È cosa oramai generalmente riconosciuta che nei primi mo- menti di loro evoluzione, tutti gli animali si somigliano nella loro forma generale e nel modo di loro sviluppo. Tale somi- glianza essi conservano tanto più lungamente, quanto mag- giori sono le affinità dei gruppi naturali cui appartengono. Questa idea già annunziata da un gran numero di zoologi nei tempi andati, è stata in questi ultimi anni confermata con nuove ricerche e luminosamente espressa da HuxLEy in un tratto del suo aureo libro sul posto dell’uomo nella natura. lo traduco qui quasi letteralmente il brano del ce- lebre naturalista inglese, non potendo esprimere quell’ idea con maggiore chiarezza e brevità rivestendola di parole mie. Questo brano io riporto tanto più volentieri in quantochè i- concetti in esso contenuti essendo espressi in maniera affatto popolare, sono facilmente accessibili all’ intelligenza di coloro i quali, benchè profani in questi studi, vogliano prendersi il fastidio di leggere questa mia memoria o almeno dare una occhiata all’ ultimo capitolo per conoscerne le conclusioni. MES, Vi è un periodo , dice HuxLey, nel quale i piccoli » di tutti gli animali si somigliano non solamente nella forma » generale, ma anche in tutte le particolarità essenziali » della struttura; questa somiglianza è così intima che le » differenze che essi presentano allora sono insignificanti; = = = 4 4 * = DI ORANG-UTAN 4] mentre nel loro sviluppo ulteriore le divergenze si pronun- ziano e si rendono ognor più nette. Del resto è legge ge- nerale che quanto è più grande la somiglianza tra gli animali pervenuti allo stato adulto, tanto è più durevole e intima Vl’ analogia dei loro embrioni; di maniera che gli embrioni della serpe e della lucertola restano somiglianti più lungamente di quelli della serpe e di un uccello. » Nella stessa guisa l’ embrione del cane e del gatto per- sistono in questa somiglianza per un periodo di tempo più lungo che quello d’ un cane e d’ un uccello, o di un cane e una sariga, o anche di un cane e di una scimmia. » Quindi è che lo studio dello sviluppo in generale for- nisce una prova manifesta delle affinità strette della strut- tura intima, e la mente si dimanda con impazienza quali risultati potrebbero essere ottenuti dallo studio dello svi- luppo speciale dell’ uomo. Troviamo noi qui un regno nuovo? l’ uomo nasce egli secondo procedimenti totalmente differenti da quelli che si osservano nel cane, nell’ uccello, nella rana e nel pesce, in guisa da dar ragione a coloro che affermano non esservi posto per lui nella natura e che esso non ha alcuna connessione col mondo inferiore della vita animale? O al contrario proviene esso da un germe somigliante a quello degli altri animali; traversa esso le me- desime modificazioni lente e progressive; dipende esso dalle medesime necessità per la sua protezione e la sua alimen- tazione; entra egli infine nel mondo, sottomesso alle regole di un medesimo meccanismo ? La risposta non è per nulla dubbiosa e non è stata mal messa in discussione nel corso di questi ultimi trent’ anni. Senza alcun dubbio, il processo d’ origine e i primi periodi dello sviluppo dell’ uomo sono identici con quelli degli animali che gli succedono immedia- tamente nella scala degli esseri; senza alcun dubbio, sotto questo punto di vista l’ uomo è molto più vicino alle scimmie che le scimmie al cane » (4). (1) HuxLEv. De la place de Vhomme dans la. nature pag. 180, Tradotto da DALLY. Paris 1868. 43 DESCRIZIONE DI UN FETO Quando HuxLEY scriveva queste parole, non era ancora cono- sciuto alcun feto di scimmia antropomorfa , se le mie informa- zioni non sono inesatte. La figura di questo feto di Orang-Utan nel quale è così marcatamente impresso il tipo umano, conferma pienamente le idee espresse dal sommo naturalista inglese. Abbiamo già veduto quanto grande sia la somiglianza della testa di quesio feto con quella dell’ uomo: essa è per molti caratteri più somigliante alla testa umana di quello non sia la testa di qualunque altro individuo di un’ età meno gio- vine. Il dato più importante di questa somiglianza è |’ an- golo facciale, il quale unito agli altri caratteri anatomici di secondaria importanza, dà alla testa di questo feto l’ impronta del tipo umano. L'angolo facciale di questo individuo è di 65 gradi. In un feto umano ligure di circa sei mesi io ho pure trovato un angolo facciale di 65 gradi. L’ indice cefalico ravvicina moltissimo la testa di questo feto ai più puri bra- chicefali umani. Questo indice è di 96,29. Egli è vero che i crani umani aventi questo indice sono rari, ma ve ne sono; anzi questa cifra non rappresenta nemmeno l’ estremo limite del brachicefalismo, poichè un cranio che si crede apparte- nere a un Tartaro, ha dato ad HuxeLey un indice di 97, 7. Le parti che in questo feto si allontanano più delle altre dal tipo umano sono le membra. Ciò avviene non già per la loro forma che è quasi del tutto umana, ma per i loro rap- porti di lunghezza. Però per quanto le estremità superiori di questo feto siano più lunghe di quelle dell’ uomo e le infe- riori più corte, questa differenza di lunghezza è sempre minore che nell’ Orang-Utan adulto. Seguendo l’andamento generale dello svolgimento delle estremità nell’ Oran g-Utane nell’ Hy- lobates, io misono convinto che quanto piu si risale verso le prime epoche dello sviluppo, tanto minore é la differenza di lunghezza fra le estremità superiori e le inferiori. Nell’ uomo avviene precisamente lo stesso, con questa differenza: che men- tre nelle scimmie si accorciano le estremità superiori. per di- venire eguali alle inferiori, nell’ uomo si accorciano le infe- feriorl per divenire eguali alle superiori. DI ORANG-UTAN 43 Questa diminuzione di lunghezza delle estremità inferiori nell’ uomo giunge a tale nel feto di 72 giorni, che esse di- vengono esattamente eguali alle superiori. Anzi non solo la somma dei diversi segmenti delle estremità superiori è eguale alla somma dei segmenti delle estremità inferiori, ma cia- scun segmento dell’ arto superiore è eguale in quell’ epoca al suo omotipo dell’ arto inferiore; quindi è che in questa eta di 72 giorni, nell’ uomo il braccio è eguale alla coscia, l’a- vambraccio è eguale alla gamba e la mano al piede. Io non ho potuto esaminare un feto di Orang-Utan o di qua- lunque altra scimmia antropomorfa all’ età fetale di 72 giorni, ma tutto conduce a farmi ritenere che in quella epoca anche le scimmie antropomorfe abbiano le estremità superiori eguali alle inferiori e che quindi debba essere al- lora molto difticile il distinguere un feto umano da un feto di scimmia. In nove Orang-Utan giovani e adulti che io ho potuto misurare, la differenza di lunghezza fra le estremità superiori e le inferiori oscilla fra 25 e 48 (!), mentre nel feto di Orang questa differenza non è che di 10. Ho pure misurato due Hylobates lattanti; in uno di questi ho avuto una differenza di 21 e nell’ altro di 23; mentre nell’ Hylo- bates adulto ho ottenuto 45. Egli è adunque molto probabile che esaminando feti più giovani del presente , sì possano tro- vare minori differenze di lunghezza fra le estremità superiori e le inferiori, e che in ultima analisi si possa giungere in un’ e- poca in cui anche nelle scimmie antropomorfe le estremità inferiori siano eguali alle superiori come nell’ uomo. A partire da quell’ epoca le differenze nelle estremità cominciano a pro- nunziarsi per la diversa direzione che prende I’ attività evolu- tiva. Questa nel feto umano si porta di preferenza alle estre- mità inferiori, mentre nelle scimmie antropomorfe sì porta alle superiori. Le diverse scimmie antropomorfe poi si fanno distinguere tra loro per la diversa intensità evolutiva dei di- versi segmenti degli arti. (') Intendi centesimi della colonna vertebrale. 44 DESCRIZIONE DI UN FETO Nell’ uomo i diversi segmenti delle estremiià superiori rimangono più corti dei loro omotipi nelle estremità inferiori: il braccio rimane più corto della coscia, 1’ avambraccio più corto della gamba e la mano più del piede. Nell’ Hylobates il braccio è più lungo della coscia, l’ avambraccio più della gamba e la mano più del piele. Nell’ Orang-Utan il brac- cio si allunga più della coscia e |’ avambraccio più della gamba come nell’ Hylobates, ma la mano rimane più corta del piede come nell’ uomo. Nel Gorilla lo sviluppo degli arti procede presso a poco come nell’ Orang-Utan: cioè il braccio diviene più lungo della coscia, |’ avambraccio più della gamba e la mano meno del piede; però in questa scimmia |’ eccesso di lunghezza dei due primi segmenti delle estremità supe- riori su quelli delle inferiori è meno considerevole che nel- . l’Orang-Utan. Nel Troglodytes finalmente il braccio ri- mane piu corto della coscia come nell’ uomo; l’avambraccio si allunga più della gamba come in tutte le altre scimmie an- tropomorfe, e la mano sì sviluppa più del piede come nel- l’Hylobates; di maniera che si può dire che dal punto di vista della lunghezza, questo animale ha il braccio dell’ uomo, l’avambraccio di tutte le altre scimmie antropomorfe e la mano dell’ Hylobates. Queste idee sullo sviluppo degli arti delle scimmie antropo- morfe non sono fondate per il momento che sopra pochi fatti illuminati da argomenti somministratimi dall’ analogia : ma io ho la ferma convinzione che quando siano studiate tutte le fasi dello svolgimento nelle scimmie antropomorfe come fu- rono studiate nell’ uomo, si giungerà alla importante con- clusione che |’ organismo di quest’ ultimo nelle prime epoche del suo sviluppo, sia, fin nelle più minute particolarità, so- migliante a quello delle scimmie antropomorfe; e che le diffe- renze che nello stato adulto si riscontrano fra l’uomo e questi animali, non sono affatto originarie, ma sì mostrano durante il progresso dello sviluppo per influenza di cagioni che a noi non è dato conoscere e che forse potranno essere rivelate dalla scienza avvenire. DI ORANG-UTAN Lo SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Dav. Ts Feto di Siria satyrus veduto di fronte. Grandezza naturale. Da fotografia. La mano sinistra è stata sollevata per mettere allo sco perto la faccia. Tav. II. Feto di Sia satyrus veduto di profilo. Grandezza naturale. Da fotografia. Tav. III. Fig. 1. Feto di Sema satyrus. Questa figura è destinata a mostrare la disposizione dei peli ai lati dell’ addome, sulla faccia esterna delle estremità superiori e in- feriori, e sulle natiche. Fig. 2. Feto di Simia satyrus. Questa figura è destinata a mostrare la disposizione dei peli nella regione po- steriore del tronco e della testa. Fig. 3. Piede del feto di Simia satyrus. Da un disegno ese- guito alla camera lucida, un poco più piccolo del naturale. (dla SI . Ce 10. Idi DESCRIZIONE DI UN FETO Porzione anteriore del primo metatarso e I’ unica falange del dito grosso del piede di un grosso in- dividuo maschio di S/mia satyrus veduto di sotto. Da un disegno eseguito alla camera chiara, gran- dezza naturale. Le stesse ossa della fig. precedente vedute di sopra. Feto di Sémia satyrus nel suo atteggiamento naturale. Da un disegno eseguito alla camera chiara, gran- dezza minore del naturale. Mano del feto di Simia satyrus veduta dalla regione dorsale. Da un disegno eseguito alla camera chiara, piu piccolo del naturale. La stessa mano della figura precedente veduta dalla regione palmare. (Questa figura è destinata a dimostrare la disposi- zione dei peli nella parte anteriore del capo del feto di Simia satyrus. Questa figura è destinata a dimostrare la disposi- zione dei peli sul vertice del medesimo feto. Questa figura è destinata a dimostrare la disposi- zione dei peli nella faccia laterale della testa del feto di Sia salyrus. et 3h A Annali del Museo (vico - 101 IT "i ° ya ZINK N\ yy a / N Tsi / I ha =‘ qu : è 7 i ' : Latogralia Armareno UN NUOVO GENERE DELLA FAMIGLIA DEGLI EOLIDIDEL PER PALVATORE ]RINCHESE PROFESSORE DI ZOOLOGIA E ANATOMIA COMPARATA NELLA R. UNIVERSITA’ DI GENOVA (Tav. IV. V. VI. VIL) Becearia , Trincuese. Ho dedicato questo nuovo genere al mio carissimo amico Opoarpo BeccAri cultore infaticabile delle scienze naturali e specialmente della Botanica. Corpus elongatum, subcompressum , postice attenuatum. Caput distinctum, utringue in lobum planum extensum. Podarium latum, angulis anterioribus acutis, paullulum productis. Branchia numeros:e, foliacee , seriebus minus distinctis ad latera dorsi disposite. khinophoria (*) longa, foliacea, convoluta. Foramina generationis (et ani?) ad dextrum latus. Maxille nulle. Radula dentibus validis non denticulatis preedita. (1) Nome usato la prima volta da BERGH nel 1857 per indicare i tentacoli superiori dei Molluschi nudibranchi. 48 NUOVO GENERE Il Corpo dell’ animale ha un colore verde-chiaro ed è cos- parso di globetti bianchi e rossi. Ilo voluto rammentare la presenza di questi tre colori nella denominazione specifica ed ho quindi formato il nome di Beccaria tricolor, Lunghezza dell’ animale dal margine anteriore della testa all’ estremità della coda 0", 0075 Massima larghezza del corpo che è nella regione media 0", 002 Larghezza della testa 0", 0018 Lunghezza dei Rinoforì 0", 002. Il Corpo nel suo margine anteriore. è più largo della. te- sta, ma poi si restringe bruscamente per rigonfiarsi di nuovo in corrispondenza della sacca pericardica. Partendo da questo punto, esso si assottiglia gradatamente per terminarsi nella coda. In ogni parte del corpo trovansi globetti bianchi risplen- denti, e globetti di un color rosso di carminio molto intenso. I globetti bianchi sono aggruppati in gran numero verso il margine anteriore del corpo in guisa da formarvi una zona trasversale. Un simile aggruppamento trovasi pure in- nanzi alla sacca del pericardio. Sopra quest’ ultima i globetti bianchi dispongonsi in piccoli gruppi, mentre dietro di essa scompaiono affatto per poi riapparire verso la regione po- steriore del corpo. Essi abbondano principalmente ai lati della coda. Questi globetti sono pure sparsi in numerosi gruppi sulla faccia inferiore del piede, e formano presso il margine anteriore di quest’ organo una serie molto regolare. Essi riscontransi egualmente nelle Branchie e nei Rinoforì: nelle Branchie alcuni sono sparsi irregolarmente, altri in- vece trovansi disposti in gruppi presso il margine di questi organi e sul loro picciuolo. I globetti rossi sono sparsi senza alcun ordine apparente su tutta la superficie del corpo: essi abbondano maggior- mente sul dorso. DI EOLIDIDEI 49 Le Branchie somigliano a foglie peziolate e si avvicinano alquanto per la forma a quelle del Laurus nobilis. In alcuni momenti, specialmente quando |’ animale è tranquillo, esse sono leggermente ondulate; ma se egli viene irritato, il loro margine si fa sinuoso per l’ energica contrazione delle fibre muscolari che vi si trovano in gran numero. Quando si stacca dal corpo dell’ animale uno di questi organi, il suo picciuolo si contrae fortemente e finisce per iscomparire quasi completamente: allora la Branchia prende la forma ovoide. Le Branchie più interne situate nella regione anteriore del dorso, hanno una lunghezza di circa due millimetri; la lun- ghezza delle altre diminuisce grado a grado andando dalla regione anteriore verso la posteriore e dal mezzo del dorso verso i suoi margini laterali. A prima giunta, e specialmente sull’ animale vivente, non è agevole scorgere come questi organi siano disposti, poichè essi si muovono continuamente e sembra che i loro vicendevoli rapporti cambino in ogni istante. Soltanto sull’ animale morto ho potuto scorgere una qualche regolarità nella disposizione delle Branchie: esse mi sono sembrate disposte in serie longitudinali, ma non bene distinte. Ogni foglia branchiale (Tav. VII, Fig. 2) è composta: 1.9 da un gran numero di ramificazioni epatiche di un bellissimo color verde intenso, le quali occupano la interna cavità del- l'organo: 2.° da una membrana elastica molto sottile che ne forma le pareti: 3.° da un gran numero di fibre muscolari che s'inseriscono sulla faccia interna della membrana ela- stica: 4.° da uno strato epiteliale a cellule cilindriche armate di cigli vibratigli di una estrema piecolezza. Si trovano poi di tratto in tratto sui margini delle branchie alcune grosse cellule mucipare, ora rotonde ed ora piriformi. L’ Orifizio della bocca è una fenditura longitudinale limitata lateralmente da due labbra molto prominenti: esso è situato nella faccia inferiore della testa. La Radula ( Tav. VI, Fig. 1) è armata di trenta denti molto robusti e a corona semplice, non dentellata. I primi Musro Civico DI GENOVA 4 50 NUOVO GENERE quattro di essi trovansi allo stato ru:limentale e formano la . spirale della Radula; gli ultimi quattro sono profondamente modificati e alterati dall’ uso: in tre di essi manca infatti la punta e al suo posto trovasi una superficie levigata; men- tre uno, l’ultimo, è completamente atrofizzato. | Non mi è riuscito trovare I orifizio dell’ ano, benchè io lo abbia ricercato molto accuratamente durante la vita e dopo la morte dell’ animale. È questa una grave lacuna per cui non posso dare a questo essere un posto definitivo nella clas- sificazione degli Eolididei. L’Apparecchio epatico (Tav. VII, Fig. 1) è straordi- nariamente sviluppato e si diffonde in quasi tutto il corpo dell’ animale. Questo apparecchio è formato di due grossi tron- chi i quali scorrono ai lati del dorso sotto l’inviluppo esterno: essi sono visibili soltanto quando si è lacerato molto accura- tamente con gli aghi questo inviluppo. Dai due tronchi prin- cipali or ora menzionati, si staccano grossi rami che dirigen- dosi in alto divengono superficiali e si rendono visibili anche nell’ animale vivente ed intatto. Questi rami, dopo aver for- nito un rametto alle branchie più grosse, vanno a terminare al due lati del dorso in una rete situata immediatamente sotto la pelle. Da questa rete si staccano 1 rametti che penetrano nelle branchie minori e più esterne. I due tronchi principali situati profondamente, terminano assottigliandosi verso la coda, e si risolvono in una rete a maglie molto larghe sulla testa dell’ animale. Da questa rete poi si staccano due grossi rami i quali penetrano nei Rinoforì e vi si suddividono più volte. La disposizione dei vasi epatici nelle branchie è molto degna di nota. Il vaso epatico che penetra in una bran- | chia, non fornisce alcun ramo durante il suo tragitto nel picciuolo di quella; ma giunto appena nel lembo , ingrossa alquanto bruscamente e continua il suo camino mandando da una parte e dall’ altra grosse divisioni che si terminano, senza diminuire gran fatto di diametro, al margine dell’ organo. Il Sistema nervoso.centrale (Tw. VI, Fig. 3) è for- mato da quattro gangli presso a poco di egual diametro. Due DI EOLIDIDEI isp di essi son situati sopra LT’ esofago (gangli sopraesofagei o cerebrali) e due sotto di esso (gangli sottoesofagei o del piede). I primi si distinguono nettamente dai secondi per la loro struttura. Essi sono formati di grosse cellule nervose, alcune delle quali sono piriformi, altre rotonde, altre irre- golarmente poliedriche, e sono riuniti fra loro da una bre- vissima commissura. I due gangli sottoesofagei presentano fra loro una grande differenza di struttura : il destro è formato in massima parte di piccole cellule rotonde o di forma irre- golarmente poliedrica. In tutta la massa di questo ganglio si scorgono appena quattro o cinque grosse cellule simili a quelle dei gangli cerebrali o sopraesofagei. Il ganglio sottoe- sofageo sinistro è costituito invece di grosse cellule e di pic- cole in proporzioni presso a poco eguali. La commissura che unisce tra loro questi due gangli, è alquanto più lunga di quella dei gangli cerebrali. Ciascun ganglio sottoesofageo è unito al ganglio cerebrale corrispondente per mezzo di un connettivo brevissimo. I quattro gangli sopra descritti sono circondati da una densa guaina di tessuto congiuntivo. Non ho veduto i Gangli buccali. Gli Organideisensi sono stati studiati da me soltanto in parte. Ho potuto esaminare e figurare gli occhi ( Tav. V1, Fig. 4) 1 quali non differiscono da quelli degli altri animali dello stesso gruppo. Non mi è riuscito vedere gli Organi dell’ udito. I Rinofori sono foliacei e accartocciati longitudinalmente e trasversalmente , dal quale doppio accartocciamento risulta la formazione di due tubi o cannoncini che si aprono dal lato esterno. Alla base di questi organi trovansi gli occhi. L’ Orifizio maschile della generazione è situato al lato esterno della base del Rinoforio destro; esso, quando la verga è retratta, chiudesi tanto strettamente che è molto diticile poterlo scorgere. L’ Orifizio femminile trovasi nel fondo di un tubo situato a destra, nel solco che divide il corpo dell’ animale Sy NUOVO GENERE dal piede. Questo tubo si apre inferiormente per una fendi- tura che si stende per tutta la sua lunghezza; esso è destinato ad abbracciare la verga dell’ altro individuo durante 1’ accop- plamento. La Verga (Tav. VII, Fig. 3) è un organo ovoide di una struttura molto complicata. Essa è costituita da un inviluppo esterno il quale è formato in massima parte di fibre musco- lari disposte longitudinalmente e trasversalmente. Entro que- sto inviluppo vi è un tubo formato evidentemente pur esso di fibre muscolari longitudinali e trasversali disposte in istrati molto spessi. Sotto lo strato più profondo di queste fibre, evvi una membrana elastica di una considerevole spessezza. Il lume di questo tubo è molto stretto e non può lasciar passare che una piccolissima quantità di sperma. Questo genere è molto vicino alla Hermaea di Lovéy per la forma generale del corpo, per la struttura dell’ A p- parecchio epatico e fino a un certo segno anche per quella dei Rinoforì; esso però deve essere distinto dalla Hermaea principalmente per la forma foliacea delle sue branchie e forse anche per la posizione dell’ orifizio anale, il quale probabilmente è laterale e trovasi: nascosto fra le branchie. Nella Hermaea VP ano è situato sul dorso e le Branchie hanno forma cilindrica. Questo genere è pure molto ailine, specialmente per la forma foliacea delle branchie, al Phyllobranchus di Beran, dal quale però deve distinguersi principalmente per l'assenza dei tentacoli anteriori ed anche per la forma e lunghezza maggiore dei Rinofori. La Beccaria ha pure molta affinità colla Chioraera di Govup, ma si distingue da quella principalmente per I’ as- senza dei cirri buccali. Questo grazioso animale fu trovato nel porto di Genova in mezzo alle alghe del molo vecchio nel maggio del 1869. ICE: LAY | ay } = Genovali. Arinanino. od. 7 Iinohese dis. DI EOLIDIDEI DA SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tav. IV. Beccaria tricolor, vivente, veduta dalla regione superiore 0 dorsale col microscopio binoculare di Nacmer. X 20. Tav. V. Figura più grande a sinistra. Beccaria tricolor, vivente, veduta di sotto col microscopio binoculare di Nacuet. & 20. È stato disegnato il contorno di alcune branchie soltanto per far vedere la loro disposizione. In questa figura vedesi (a destra dell’ animale e a sinistra dell’ osservatore) un tubo fesso inferiormente il quale conduce all’ orifizio genitale fem- minile e serve ad abbracciare la verga dell’ altro individuo durante l’ accoppiamento. Questo tubo trovasi a breve distanza dal margine anteriore del piede ed è situato nel solco che divide quest’ ultimo organo dal corpo dell’ animale. Fra la testa e il margine anteriore del piede dallo stesso lato, ve- desi la verga che l animale mandò fuori mentre giaceva supino. Figura più piccola a destra. Un Rinoforio. Questa figura è destinata a dimostrare che il Rinoforio è formato da una espansione foliacea, i margini della quale accartocciandosi per lungo e per traverso, producono i due rami nei quali quest’ organo si scinde nella sua estremità superiore. Fig. Fig. Fig. NUOVO GENERE Tav. VI. 1. Radula disegnata alla camera lucida. x 200. 2. Porzione dell’ apparecchio digerente immerso nella glicerina. Figura semischematica i contorni della quale furono presi alla camera lucida. x 50. a Faringe. b Intestino. c Radula in sito. 3. Sistema nervoso centrale immerso nella gucerina, leggermente compresso fra due vetri e disegnato alla camera lucida. x 100. a Gangli sopraesofagei. b Gangli sottoesofagei. 4. Un occhio disegnato alla camera lucida. x 400. Tav. VII. 1. Apparecchio epatico veduto col microscopio binoculare sull’ animale immerso nella glicerina da otto giorni. Tutte le branchie essendo cadute e la pelle dive- nuta trasparente, 1 tronchi epaticipi principali e la rete laterale si resero chiaramente visibili. x 20. 2. L’ apice di una piccola branchia immersa nella gli- cerina. L’ epitelio è caduto. x 80. a Membrana elastica limitante. b Ramificazioni epatiche. c,c,c Cellale mucipare. d Globetti bianchi. e Un globetto rosso. 3. Verga col canal deferente immersa nella glicerina e leggermente compressa fra due vetri. Disegno ese- guito alla camera lucida. Gli strati muscolari sono rappresentati soltanto in breve tratto del canal de- ferente. x 100. “ del Museo Civico | Oy m ali A ua! "* TIIMAILUITO. 1 4. CAT zz "i a RR ATA LUI) <> Ca) oa DESCRIZIONE DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA PROVENIENTE DALL’ AFRICA CENTRALE PER A JSSEL (Tav. VII) ‘Mi sono proposto di descrivere in questa memoria una spo- glia di scimmia che S. A. il Kepivè d’ Egitto ha donato teste al museo civico di Genova. A ciò non fui mosso dalla brama di secondare |’ andazzo del momento, che ha fatto delle an- tropomorfe animali alla moda, ma sibbene dal desiderio di far conoscere una specie che, pei suoi peculiari caratteri e so- pratutto per la sua provenienza, presenta per la zoologia un interesse non comune. Premessa questa avvertenza, mi accingerò a narrare la storia della preparazione che forma oggetto del presente scritto. Nel mese di maggio del 1865, dopo aver fatto una escur- sione nell’ istmo di Suez, passai alcuni giorni al Cairo, e guidato dal mio compianto concittadino ed amico prof. ANTONIO Ficart-bey, visitai tra molti altri stabilimenti di quella capi- tale, la scuola di medicina di Kasr-el-ain ed il museo di storia naturale che vi è annesso, nel quale fui colpito dalla viste 56 DESCRIZIONE di due pelli di scimmia provenienti dal Sudan, che riconobbi tosto per spoglie di antropomorfe. Una di queste, la più grande ed anche la meno conservata, misurava poco meno di un metro d'altezza ed era coperta di lunghi peli neri, ruvidi e folti. Essa era però così male im- bottita che non vi si potevano riconoscere le forme dell’ ani- male ed aveva piedi e mani disseccati e rattrappiti. L’ altra più piccola, si trovava in condizioni assai migliori per essere stu- diata e determinata; infatti la testa dava ancora ricetto al cranio, e le estremità, relativamente in buono stato, contene- vano tutte le ossa lunghe. La sua altezza giungeva soltanto a poco più di 60 centimetri. Il signor Figari-Bey supponeva che le due spoglie potessero appartenere al genere Gori//a; ma dopo un rapido esame io mi persuasi trattarsi invece d’ una specie di Troglodytes. L’egregio professore non seppe darmi, circa la loro prove- nienza, che scarse ed incerte notizie che ho già riferite in altro mio scritto ('). Egli credeva che fossero state prese dagli indigeni del Sudan e dopo morte recate al governatore della provincia Mussa pascià, da cui sarebbero state inviate a S. A. il vicerè d’ Egitto, che, alla sua volta, ne avrebbe fatto dono al museo della scuola di medicina del Cairo Vecchio. Ora sembra positivo che le due antropomorfe passarono ad altre mani prima di divenir proprietà del pascià e. che una delle due, la più grande, arrivò vivente in Cartum. Il marchese Antivort, richiestone da me, si compiacque di co- municarmi le seguenti informazioni in proposito. Egli mi scrisse che i due Trogloditi provengono sicuramente dal paese dei Niam Niam, da uno stabilimento (Zeriba) fondato quattro o cinque anni addietro nel territorio di quella tribù, tra il 3.° ed il 4.° grado all’ ovest, da certo Gartas mercante cofto, e sog- giunge che sarebbero morte, a quanto si afferma, durante la navigazione nel Gazal e le pelli loro sarebbero pervenute a Cartum nel 1865, dopo essere state conciate ed empite alla (1) Annuario Scientifico e Industriale, Anno II, 1865, parle zoologica. DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA DÌ meglio dagli stessi uomini di Garras, la qual cosa non fa maraviglia poichè fra i barberini e i dongolai cacciatori di elefanti è facile incontrarne che sappiano far pelli di volatili. Il signor Hartmann pubblicò intorno al più piccolo dei due Trogloditi alcuni particolari, partecipatigli dal dottor Scuwetwrurti (1), che servono a completare i succitati. Secondo questa versione, il noto cacciatore carniolino KLANCZNIK, ri- tornando nel 1864 dal Bar-Gazal con un carico di schiavi, avea presso di se il piccolo Chimpanzé che mori in viaggio un giorno prima dell’ arrivo a Cartum. Il reggente del consolato austriaco Haxsat, dice il signor Harrmany, cavò la pelle dal corpo e l’ imbalsamò un po’ roz- zamente, mancandogli la necessaria pratica; e la preparazione passata poi dalle mani di Hansau in quelle del Hakmdar Mussa pascià, fu più tardi inviata alla scuola di medicina del Cairo Vecchio, nel cui gabinetto di storia naturale fu veduta da SCHWEINFURTII. Trovandomi nel mese di giugno del 1870 a Moncullo, presso Massaua, m’ intrattenni a lungo delle note scimmie col signor Apovro Haggenacner già viceconsole di Prussia a Cartum. Egli mi confermò il racconto di HartnANN e mi disse ancora che il signor IaysaL aveva ottenuto da KLancezwik i due Chim- panzeé l'uno già morto (il più piccolo) e l’altro vivente. Sembra che questo improvvisamente morisse durante un’ as- sensa di HansaL e quindi non fosse convenientemente prepa- rato. HansaL poi, quantungue a malincuore annuiva alla richiesta del pascià il quale reiteratamente lo sollecitava di cedergli le spoglie delle due antropomorfe per inviarle al viceré. C. PiagGia che dimorò a lungo nel paese dei Niam Niam, vide certamente consimili scimmie viventi e le credette Go - villa; infatti il marchese Antinori così si esprime nella (1) Geographische Verbreitung der im nordòstlichen Afrika wild lebenden Saugelhiere. Von ROBERT HARTMANN. Zeitschrift der Gesellschaft fur Erd- kunde zu Berlin, Dritter Band, Erstes heft, N.9 13, p. 28, Berlin 1568. 58 DESCRIZIONE relazione del suo viaggio nell’ Africa centrale, nel quale ebbe il Praggia a compagno (!). « Dal? abbondanza di queste frutta può in parte ripetersi » la presenza di una quantità grande di scimmie alle quali » non sarebbero estranee ‘alcune scimmie antropomorfe, pro- » babilmente il Troglodytes calvus ed il Troglodytes niger ed » anche lo stesso Troglodytes gorilla. Certo è che il Praggra » ebbe viventi presso di lui questi trogloditi per: molti mesi » e da quei luoghi due giovani gorilli dagli uomini di Garras » venivano portati in basso fino al Gazal, quando i due animali » straziati dalla prigionia e dai patimenti del viaggio perirono ». lo udii confermare il fatto dalla bocca del medesimo Praggia, il quale soggiunse che una delle due scimmie che. vissero presso di sè era dotata di tal forza (sebbene misurasse un metro d'altezza) che un giorno mentre era nella barca di certo Kocciòk Ari, cacciò nell’ acqua una donna perchè questa non voleva dargli un pane che aveva tra le mani (?). Lo stesso viaggiatore mi assicurò anche d’aver veduto presso un capo niam niam una pelle d’antropomorfa ornata di lunghi e neri velli alta almeno quanto un uomo. Sebbene le testimonianze di Hartmann e di Antinori non sieno interamente conformi, risulta però fuor di dubbio che l’animale descritto da me è il medesimo menzionato da questi naturalisti perchè entrambi concordano coll’ affermare che figurò nella esposizione universale di Parigi, ove io pure lo vidi nel 1867 ed è pur certo che proviene dalle vicinanze del Bar Gazal. Dopo aver rapidamente esaminato la pelle del piccolo Chimpanzé nel museo della scuola di medicina del Cairo Vecchio, ne feci una breve descrizione che inviai all’ Annuario scientifico di Milano, ove fu pubblicata soltanto nel gennaio (4) Viaggio di O. ANTINORI e C. PraGGIA nell’ Africa centrale Nord. Bollet- tino della Società Geografica Italiana, Anno 1, fasc. 1, p. 116, 1868. (2) Questa scimmia, che aveva la faccia di color nero rossastro ed era co- perta di peli radi non lunghi di color bruno, era stata presa nelle provincie meridionali del paese dei Niam Niam. Secondo Pragara, lV’ altra scimmia antro- pomorfa ch’egli ebbe vivente presso di sè apparteneva ad una specie diversa quantunque provenisse dalla stessa località. DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 59 del 1866. Venni più tardi a sapere che fin dal principio del 1865 il signor Scuwenreurti aveva spedito alla società degli amici naturalisti in Berlino un disegno dello stesso animale accompagnandolo con alcuni cenni illustrativi (4). Posteriormente, cioè due anni dopo la pubblicazione del mio articolo nell’ Annuario scientifico, comparve nella memoria già citata del signor Harrmany (7) una descrizione sufticiente- mente esatta, comunque incompleta del medesimo Chim - panzeé. In questa P autore mi fa l’onore di citare la mia nota e sebbene confessi di non averla letta, mi accusa di non tener conto della giovane età dell’ individuo. I seguenti brani stral- ciati dal mio scritto valgono a dimostrare quanto sia malfon- dato il rimprovero: « i denti de’ quali ho veduto soltanto gli » anteriori, essendo chiusa l’ apertura boccale, sono all’ innanzi » quasi tutti della stessa altezza ed appariscono poco logori, » la qual cosa attesta l’ età giovanissima dell’ individuo (3); » e più innanzi: « Credo che si possa affermare con tutta sicu- » rezza che è due individui da me esaminati non sono adulti ; il » più piccolo non aveva forse che pochi mesi quando fu uc- » ciso » (*), Il signor Hartmann sembra voler concludere dalle sue os- servazioni che il posto che spetta alla nota scimmia nella classificazione sia ancora dubbioso. Egli scrive: « È forse un ‘» Gorilla? Per un individuo giovane di questa specie le » sue braccia sono troppo esili, le sue dita troppo sottili, » considerando anche la perdita di sostanze dovuta al dis- » seccamento. Il Dijna ha più forti dita e sopratutto 1 suoi » pollici sono più sviluppati. Le orecchie della nostra scimmia » sono ‘troppo grosse per appartenere ad un Gorilla, troppo » piccole per un Chimpanzé ». (4) Sitzungbericht der Gesellschaft Naturforschender Freunde von Berlin, 17 Jan. 1865. (2) Geographische Verbreitung der im nordostlichen Afrika wild lebenden Sangethiere, von ROBERT HARTMANN. Zeitschrift der Gesellschaft fur Erd- kunde zu Berlin, Dritter Band, Erstes heft N.° 18, Berlin, 1868. (3) Un Troglodite nel Sudan, Annuario scientifico, Anno 11, 1865, p. 272. (*) Opera citata, p. 273. 60 DESCRIZIONE L'autore inchna però ad ammettere che questa scimmia sla un rappresentante d’ una specie peculiare all’ Africa cen- trale, la quale si estenderebbe verosimilmente in direzione orientale fino verso il 35° di longitudine. Ecco ora in qual modo la preparazione passò a far parte delle raccolte nel Museo civico genovese. Nel 1867 trovandomi a Parigi, nel recinto dell’ esposizione universale, la rividi con maraviglia appesa pel collo ad una colonna, tra svariatissime produzioni» del Sudan che figuravano nella mostra egiziana. Essendo venuto a mia cognizione poco appresso che il viceré d’ Egitto destinava generosamente gli oggetti di storia natu- rale da lui esposti agli stabilimenti di istruzione pubblica che li avessero richiesti, senza por tempo di mezzo feci istanza perchè la preziosa spoglia fosse devoluta al museo di Genova, ed ebbi la sorte di riuscir nell’ intento, mercè i buoni uffici del dottor Figari-ney , membro della commissione vicereale egiziana, e del ministro italiano in Parigi. Quando nel 1868 il Chimpanzé fu mandato a Genova aveva un poco sofferto pei reiterati trasporti e per la lunga esposizione alla luce ed alla polvere; però fu d’ uopo affidarlo a persona abilissima nell’ arte tassidermica, coll’incarico di acconciarlo nel miglior modo possibile. L’ esito di questo ri- stauro riuscì felicissimo e tale da superare ogni aspettativa. Rifatta l’ imbottitura ed opportunamente riparata la pelle, ove era guasta dai tarli, fu montato nella posizione più con- facente alle abitudini dell’ animale, e quel che più importa, il cranio cavato dalla testa (nella quale si sostitui un modello di carta pesta) può essere ora facilmente studiato. La prepa- razione così acconciata fa presentemente bella mostra di sé nel museo civico di Genova e forma parte d’ una ricca serie di antropomorfe raccolta per opera del marchese Giacomo Doria e del dottor Opoarpo Beccari (!). (1) Tal collezione conta in fatti, tacendo dei modelli in gesso: N.0 35 Crani dOrang-Utan. » 6 Scheletri completi d’ Orang-Utan. » 4 Pelli ld Orang-Utan in perfetto stato DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 61 La cromolitografia unita alla mia memoria ritrae l’animale nell’ aspetto che, per quanto se ne può inferire dall’ ispezione della sua pelle, doveva presentare mentre era in vita, ed è la fedele riproduzione di un disegno acquarellato, eseguito con rara maestria dal conte CarLo D'AGLIE. Seguendo il sistema di Gratioter ed ALix, le cui ricerche sul 7roglodytes Aubryi possono proporsi a modello di inve- stigazioni scientifiche, considererò nell’ antropomorfa che mi propongo di esaminare: 1.° il tronco; 2.° la testa; 3.0 le estre- mità anteriori; 4.° le estremità posteriori. Ma innanzi di de- scrivere separatamente le varie parti dell’ animale mi sembra utile di presentarne le principali misure. Misure prese sulla preparazione (!). Lunghezza dell’ animale dalla sommità del capo fino alla pianta dei piedi . : ‘ . Centr 66 Lunghezza del tronco tra la base del collo ed il foro anale . ‘ ; : , A » 30 Lunghezza del braccio fra l ascella ed il gomito » 17 Lunghezza dell’ avambraccio fra il gomito e la mano. ; : A : i ; : » 16 Lunghezza della mano. : 3 ; : » 13 Lunghezza totale dell’ arto anteriore. : » AG Lunghezza della coscia fra l’ inguine ed il gi- nocchio . . ” 1 7 A È F » 8 Lunehezza della gamba fra il e@inocchio ed il ©) te) oO piede... ; ; a : : » 16 Lunghezza del piede . » 1h Lunghezza totale dell’ arto posteriore dall’ in- guine fino alla pianta del piede . » 27 N.° 2 Teste d’Orang-Utan in alcool. » 4 Feto di Orang-Utan in alcool. » 4 Crani di Gorilla. » 1 Scheletro completo di Troglodytes niger giovane. » 1 Scheletro completo di Troglodytes Aubryi adulto. (1) Le mie cifre differiscono un poco da quelle recate dall’ HARTMANN per- che furono prese sulla preparazione già montata e conciata a nuovo. 62 DESCRIZIONE Misure prese sul cranio, Circonferenza craniense, lungo un piano che passa per le arcate sopraorbitali e la protuberanza occipitale Arco della circonferenza craniense, preso a li- vello della sutura squamosa e limitato dai rilievi orbitali. : . A ; Circonferenza del cranio, secondo un piano nor- male alla sua base e che passa pei fori auditivi Circonferenza del cranio passante per le protu- beranze frontali ed occipitali. Circonferenza anteriore del cranio, secondo un piano verticale passante per le arcate sopra orbitali e per le apofisi pterigoidee (lasciando fuori le arcate zigomatiche) . Diametro maggiore anteroposteriore del cranio, misurato fra l'estremità degl’incisivi ed il punto culminante della protuberanza occi- pitale. . : ; : : Diametro anteroposteriore, misurato tra le estre- mità superiori delle ossa nasali ed il punto culminante dell’ occipitale. Diametro maggiore trasversale misurato, sulle branche orizzontali delle radici posteriori del- l’apofisi zigomatica . : : i Diametro trasversale misurato tra le estremità delle grandi ali dello sfenoide Altezza del cranio, misurato tra il margine an- teriore del foro occipitale e I’ estremità an- teriore della sutura sagittale. Altezza del cranio, misurato tra |’ estremità li- bera del margine posteriore del vomere ed il punto culminante della protuberanza fron- tale Cent.tri » » » SAS Os NR 25,0 30 33,5 MI DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 63 Altezza massima della faccia, misurata fra il punto mediano del rilievo sopra orbitale ed NI il margine alveolare del mascellare superiore Cent. 6, Larghezza massima della faccia, misurata fra i punti mediani delle arcate zigomatiche. » 8,2 Tronco, ‘fl torace sembra dovesse essere piccolo e poco convesso; ma disgraziatamente mancando gran parte dello scheletro nello individuo che ho preso a studiare, nulla posso dir di certo in proposito. In questa specie del pari che nel 7. Aubry? sembra che le tuberosità ischiatiche si prolunghino all’ indietro del coccige presso & poco come nei macachi, rimanendo fra un ischion e l’altro un'area vestita di pelle e di pelo, ma non promi- nente e non ricoperta di masse muscolari e grassose come nell'uomo; questa regione non presenta però alcuna traccia di callosità deretane. L’ ano il quale aprirebbesi nel 7. Aubryi (secondo GratIoLET ed Aix) al dissotto delle radici degli ischion sembra nel mio esemplare decisamente terminale. Accanto a questo si apre l’orificio sessuale femmineo, il quale si trova compreso in una striscia di peli biancastri che partendo dalla regione anale si protende, assottigliandosi, fin verso il pube, per la lunghezza di quasi un decimetro. I centri delle mammelle si trovano comparativamente di- stanti fra di loro e prossimi al punto che corrisponde all’ e- stremità dello sterno. È noto che nell’ uomo bianco il triangolo che risulta dalla unione di questi tre punti è equitatero mentre nel nero sarebbe assai isoscele; per ciò che riguarda questa particolarità sembra che il Chimpanzé in discorso del pari che le altre specie conosciute si trovi in una condizione inter- media tra le due razze umane ora accennate. C4 DESCRIZIONE Testa. intorno alla testa del mio Chimpanzé sono in grado di fornire maggiori ragguagli avendo sotto gli occhi anche il cranio dell’ animale. Osserverò innanzi tutto che vi è ragguar- devole il prognatismo della faccia, non minore di quello pre- sentato da un 7. niger meno giovane appartenente al museo civico di Genova. La fronte è bassissima e quasi mancante; le arcate sopraorbitali, assai rilevate e semicircolari, for- mano una linea continua costituita da due semicircoli compe- netrati. La testa è di mediocri dimensioni (considerata la statura e l’età dell’ individuo), di forma ovato-rotonda, a vertice poco elevato e poco sporgente posteriormente. Lateralmente e po- steriormente è coperta di folto e lungo pelo nero, il quale sulla nuca è corto, rado e diretto dall’ avanti all’ indietro ed un poco all’ infuori. Sulle gote il pelo raggiunge la lunghezza di 5 a 6 centimetri e simula una sorta di barba, mentre quello ugualmente lungo che vedesi dietro le orecchie sembra quasi una capigliatura. Sotto il labbro inferiore sono impiantati dei peli di color bianco sudicio, lunghi da uno a due centimetri, che risalgono anche un poco al di sopra del labbro superiore, verso gli an- goli della bocca. La faccia è glabra, di color bruno fuliginoso ed ha presso a poco la forma d’ un triangolo isoscele ad angoli arrotondati colla base corrispondente alle arcate sopracigliari. La sua re- gione superiore, quella cioè che comprende gli occhi, presenta un leggero prognatismo. L'altezza della faccia misurata fra il margine inferiore del- l’orbita ed il margine alveolare è di millim. 35. Gli occhi sono tra di loro notevolmente avvicinati ed hanno una apertura piuttosto ampia e quasi rotonda (almeno così apparisce nella preparazione); le palpebre sono munite di lunghi e radi cigli; le arcate sopraorbitali che, come dissi, DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 65 sono assal rilevate, presentano delle sopraciglia formate da sears] peli neri. Il naso, nel quale si continua senza interruzione il rilievo interorbitale è piuttosto largo e schiacciato ed ha il profilo quasi retto; la sua estremità inferiore si trova a 23 millim. al di sopra dell’ apertura buccale e dista dalla vetta delle arcate sopraorbital. di 57 millim.; la distanza che nella preparazione separa i due margini esterni delle narici è di millim. 18. Queste, sono oblique e s'incontrano formando un angolo ot- tuso; il setto offre un piccolo prolungamento di 3 millim. di lunghezza. I lobi delle narici non sembrano punto rilevati. La regione che separa il naso dalla apertura buccale è, comparativamente a ciò che si osserva nelle specie affini, al- quanto estesa ed offre una superficie convessa; non vi ho osservato l’ area concava descritta da GramioLET nel 7. Aubry? sotto il nome di atrium. Il labbro superiore sembra dover essere stato piuttosto spesso e limitato da un margine tagliato netto un poco più spor- gente di quello del labbro inferiore. Questo si confonde colla regione del mento, dalla quale non è da verun solco o fos- setta separato e può paragonarsi ad una sorta di vaschetta. L'altezza della mascella inferiore misurata dal margine del labbro alla parte inferiore del mento è di 25 millimetri. È assai singolare in questa scimmia la forma delle orecchie, le quali sono situate in guisa che il loro margine superiore corrisponde alla parete interna dell’ arcata sopracigliare; sono cioè assai più basse di quel che non appariscano nelle figure del 7. Aubryi date da GratioLET (!); sono anche meno poste- riori che nella suddetta specie, giacchè distano di 40 millim. dall’ orlo laterale esterno delle arcate orbitali. La loro forma è quella di un quadrilatero irregolare, il cui lato superiore sarebbe un poco minore degli altri; la maggior lunghezza del padiglione è di millim. 45, la maggior larghezza di millim. 39; 1 suoi margini sono in tutto il suo perimetro superiore assot- (!') Memoria citata, tav. I, f. 2. Museo Civico DI GENOVA 66 DESCRIZIONE tigliati ed un poco riilessi all’ indentro. Il lobulo dell’ orecchio non può dirsi che in questa specie faccia assolutamente di- fetto, ma è ridotto ad una piccola espansione del margine. Il collo in questa come in tutte le antropomorte, apparisce assai breve; non lo è però tanto che fra la testa e le spalle non possa comodamente capire un regolo di due centimetri di spessezza. Il cranio, attesa la giovine età dell’ individuo è foggiato in guisa che guardato di prospetto lascia vedere sopra le ar- cate orbitali un notevole tratto di fronte, la qual particolarità non sì osserva in un 7. niger un poco meno giovane col quale lho comparato. La faccia veduta di profilo offre un leggero prognatismo nella regione orbitale, che diventa assai maggiore nella regione alveolare. La direzione della regione alveolare e degli incisivi è assai più prossima alla orizzontale in un cranio di Orang, presso a poco della stessa età, che in questo. Se si conduce un piano trasversale pel margine superiore delle arcate zigomatiche, interseca la faccia presso a poco a livello del margine inferiore delle orbite, il che si verifica per il cranio di Orang ora indicato, ma non per quello del T. niger del Gabon, menzionato poco innanzi. L'altezza dell’ orbita, presa sulla verticale innalzata sul suo margine inferiore è di millim. 32; la larghezza della mede- sima, nella sua parte mediana è di millim. 27; la minor distanza tra le due orbite raggiunge millim. 7, ed è notevolmente maggiore di quella che si riscontra in un Orang della me- — desima età. I margini superiori dell’ orbita sono spessi e pro- minenti; all’ indietro non formano doccia come nei Chim- panzé più adulti, ma si continuano senza interruzione col frontale, presentando soltanto una piccola strozzatura lateral mente. Le fosse temporali non sono molto profonde. Il diametro temporale del cranio, misurato immediatamente al disopra della radice dell’ arcata zigomatica, è di 81 millim. Il diametro maggiore bitemporale, misurato immediatamente al di sotto della sutura temporo-parietale (ad 1 centimetro e !/, all’ indietro dell’ arcata zigomatica), è di millim. 96. La lar- (ieri DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 67 ehezza del cranio presa sulla prominenza orbitale è di mil- lim. 71, mentre misurata a livello della sutura fronto-parietale, è solamente di millim. 80. Da vid vedesi che il cranio è più dilatato all’ indietro che in avanti. La lunghezza di esso cranio fra la protuberanza occipitale e la sommità della sutura na- sale è di 116 millim., nella qual cifra la lunghezza assoluta del frontale entra per millim. 66. La prominenza dell’ occipi- tale aumenta la lunghezza del cranio di circa 5 millimetri. Le suture che vedonsi alla parte superiore del cranio non sono ancora saldate ed attestano la giovane età dell’ individuo; esse sembrano più frastagliate di quel che non appariscano nel cranio di un Chimpanzé un poco più adulto, ma lo sono assai meno di quelle che osservai sopra un cranio d’O ran g- Utan della stessa dimensione. In questo le dentellature sono assai numerose e profonde, segnatamente alla parte poste- riore del capo, nelle suture occipito-parietali. La sutura fronto- parietale è quasi parallela alla linea facciale (come osservasi nel 7. Aubryi) e iaglia ad angolo retto la sagittale. Le arcate zigomatiche, comparativamente più arcuate e più divergenti che nel 7rogl/odytes e nell’Orang ora rammen- tati, sono assai sottili alla loro radice temporale e si vanno un poco allargando verso l’apofisi posteriore dell’ osso malare. Guardando il cranio nella sua parte inferiore le dette arcate sembrano costituire due archi di un solo semicircolo, inter- rotto dai mascellari superiori. Nel cranio veduto di faccia gli alveoli dei canini e gli stessi canini nascondono completamente i molari; ciò sì osserva so- lamente in parte nei giovani Orang. Le orbite hanno presso a poco la forma stessa che presen- tano quelle del 7. niger già menzionato, se non che sono comparativamente più allungate ed hanno l’asse maggiore verticale; nel piccolo Orang sono assai più avvicinate che nel giovane Chimpanze ed 1 loro assi maggiori convergono verso un punto che trovasi alla sommità della fronte. Manca assolutamente nel nostro 7rog/odytes la doccia esi- stente nella cavità nasale dell’uomo, nonché la spina, spor- 638 DESCRIZIONE gente all esterno, che ne forma la continuazione. Internamente la doccia è rappresentata da una laminetta. Quanto all’ aper- tura nasale, è piuttosto piccola e di forma all’ incirca rotonda; il suo estremo superiore trovasi precisamente a livello del margine inferiore delle orbite, mentre nel piccolo Orang e nel 7roglodytes, sopra rammentati, risale alquanto più in alto. È assai ben visibile in questo individuo che l’ osso nasale ri- sulta di due pezzi distinti saldati insieme. L’ osso occipitale è assai più convesso nel nostro individuo di quel che non sia nel- piccolo 7. niger e nel? Orang. Esso è incompletamente saldato colle altre ossa del cranio. Il foro occipitale è assai grande paragonato con quello del detto Troglodytes ed ha forma irregolarmente ovale, presentando la maggior larghezza anteriormente. Innanzi ed indietro offre due piccole insenature semicircolari presso a poco uguali. Le sue dimensioni sono: lunghezza millim. 30; larghezza 23. Il foro occipitale dell’ Orang differisce grandemente da questo per la maggiore lunghezza dovuta alla prevalente estensione della insenatura posteriore. | I condili appariscono arrotondati posteriormente, troncati anteriormente, alquanto estesi e piuttosto prominenti, sopra- tutto se vengono paragonati con quelli di altre antropomorfe della stessa età; le cavità condiloidee posteriori sono poco profonde rispetto a quelle del 7. niger, molto invece se con- frontate con quelle dell’ Orang; la distanza fra gli estremi posteriori dei due condili è di millim. 32. L’apofisi basilare è assai larga e lunga e non è ancora saldata colle ossa confinanti. I fori lacero-anteriori sono grandi e profondi; i fori carotici sono più prossimi al condilo che nel 7. niger. La cavità glenoidea è mediocremente estesa e poco concava. Il margine posteriore del vomere è lungo, sottile ed oriz- zontale. Le fosse pterigoidee sono poco profonde e brevi. La apofisi stiloidea è ridotta nel nostro esemplare ad un piccolo tubercolo, più prominente negli altri individui dello stesso genere che abbiamo esaminato. DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 69 I parietali formano una volta regolare più larga all’ innanzi che all’ indietro e sono muniti, verso la parte media ed un poco posteriormente, della gobba parietale che è però poco sporgente. Non havvi traccia di cresta o rilievo temporale. Nei temporali la porzione squamosa è assai bassa ed è divisa dal parietale corr.spondente per mezzo di una sutura (sutura squamosa) debolmente inclinata dall’ avanti all’ indietro ed ap- pena arcuata; si articola inoltre col frontale in un brevissimo tratto del suo perimetro. La porzione mastoidea delle mede- sime ossa è visibile per intero alla parte inferiore del cranio ed è un poco più estesa e più prominente che nel noto 7. niger; apparisce invece ristretta e poco sporgente nell’ Orang. L’apofisi mastoidea è appena accennata da un piccolo rilievo che raggiunge quasi il livello dei condili. Il foro del condotto auditivo esterno è situato immediata- mente all’ indietro e al disotto della radice dell’ arcata zigo- matica; esso è piuttosto piccolo ed a margini scabri. Il condotto stesso si presenta all’esterno sotto forma d’ un corpo irrego- larmente conico, arcuato, munito nella sua parte media di un rilievo elevato quanto l’ apofisi mastoidea; la sua lunghezza massima è di millim. 36. L’ apofisi zigomatica nasce alla base dell’osso squamoso, all’innanzi del condotto auditivo, da una radice superiore piuttosto lunga e poco elevata, che la collega colla fossa temporale e da una radice inferiore interna che serve a li- mitare anteriormente la cavità glenoidea. Esiste poi un rilievo destinato a limitare posteriormente 1 movimenti del condilo che separa la cavità glenoidea dall’ orifizio del condotto audi- tivo; questo è nel nostro esemplare estremamente sviluppato mentre lo è meno nel 7. niger e nell’ Orang. La fossa glenoidea è una incavatura di forma assai irrego- lare, più sviluppata nel senso della larghezza che in quello della lunghezza, e sembra notevolmente profonda rispetto a quel che apparisce in altre antropomorfe. Lo sfenoide ha una direzione che sì avvicina assai più alla orizzontale nel nostro esemplare che nel sunnomato Troglodytes i gyoouy 70 DESCRIZIONE e nell’Orang. Le sue grandi ali si articolano col. malare, col frontale e collo squamoso senza toccare il parietale; queste ali presentano nella loro parte mediana un rilievo longitudi- nale obliquo che corrisponde alla regione in cui il cranio offre minore larghezza. L’ ala in tal punto, a livello cioè della apofisi zigomatica, ha 11 millim. di larghezza. Il corpo dello sfenoide è della stessa larghezza di quello dell’ occipitale sul quale si appoggia. La sella turcica forma presso a poco un triangolo equila- tero, mentre nel Chimpanzé del Gabon, già più volte men- zionato, simula un triangolo isoscele. Le apofisi pterigoidee hanno direzione parallela a quella della regione facciale; ciò che offrono di più notevole si è che le loro ali interne hanno forma decisamente falcata. Le ossa frontali sono completamente saldate nella linea mediana e la loro sutura non è visibile; ai due lati presen- tano solamente accennata la gobba frontale, in guisa che riesce assai difficile lo scorgerla. Già si è detto della dispo- sizione che si osserva nelle arcate sopraorbitali e della forma delle orbite stesse. In queste vedesi un mediocre foro ottico ed una doccia sfenoidale comparativamente breve e poco pro- fonda. La volta palatina, paragonata con quella del 7. niger (che è lunga 50 millim.) sembra singolarmente corta; infatti non ha che 45 millim. di lunghezza, mentre la sua larghezza massima è di millim. 37. Essa è inoltre piuttosto incavata. Le ossa palatine sono limitate all'indietro da una sutura semplice debolmente arcuata (colla convessità all’ innanzi). e anteriormente da una linea assai sinuosa, concava anterior- mente, che le separa dalle ossa mascellari. Le ossa intermascellari non sono ancora saldate tra loro, nel nostro individuo, specialmente nella parte palatina. Al- l'esterno offrono una rimarchevole convessita, in conseguenza della quale gl’ incisivi sono diretti molto più verticalmente di ciò che non sì osservi nel 7. niger sopraindicato. In questo la regione nasale è assai più prognata della regione incisiva; ~ DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 71 l'opposto si verifica nel nostro individuo. Le suture dei ma- scellari cogli intermascellari non sono visibili. L’ etmoide non offre alcuna particolarità degna di nota, e d'altronde difficilmente si presta ad essere osservato, attesa la sua posizione. Il vomere sembra in piccola parte cartila- ginoso. Passando ad occuparmi delle ossa che possono considerarsi come appendici del cranio; dirò in primo luogo dei malari, il cui corpo, mediocremente largo, quasi piano, si connette col mascellare corrispondente, per mezzo di una sutura sinuosa assai semplice. L’ apofisi che costituisce la porzione anteriore dell’ arcata zigomatica sembra forse un poco breve, il che può dirsi anche dell’ apofisi orbitale. Nella sua parte temporo-zigo- matica, il malare è scavato da una sorta di doccia poco pro- fonda che verosimilmente si accresce coll’ età. L’ osso unguis è stretto ed allungato; il foro lacrimale è ampio e profondo e vedesi anche in parte guardando il cranio di faccia. Il mascellare superiore raggiunge |’ altezza della parte media dell’ orbita colla sua apofisi ascendente la quale è strettissima e sì termina in punta. Tra il margine inferiore dell’ orbita e la radice del canino, |’ altezza del detto osso è di 31 millim. La parte di esso mascellare che forma il suolo dell’ orbita è solcata dalla doccia sotto-orbitale che incontra con incidenza ottusa la larga e profonda fenditura sfeno-mascellare. Al di- sopra del margine alveolare, nella parte media di ciascun mascellare, vedesi la prominenza canina assai pronunciata. Il mascellare inferiore è notevolissimo per la grande aper- tura dell’angolo formato dalle branche col corpo e per la piccolezza della apofisi coronoide. Anteriormente, ove si sal- dano 1 due pezzi onde è costituito, questo presenta un’ altezza di 27 millim. ed ha un profilo verticale debolmente arcuato ed. assai obliquo, mancando qualsiasi traccia di mento. “artendo dai canini, le branche orizzontali del mascellare diminuiscono di altezza, mentre si accresce la loro divergenza. La loro altezza aumenta poi di nuovo in corrispondenza della 72 DESCRIZIONE radice dell’ apofisi coronoide. Internamente e nella porzione mediana, |’ osso offre una direzione assai inclinata dall’ interno all’esterno, nella sua parte superiore; nella inferiore invece è quasi verticale e presenta una cavità mediocremente profonda. Le branche ascendenti sono larghe 30 millimetri ed alte 34. I condili sono trasversi e non molto spessi. Il nostro esemplare, presentando la dentizione di latte, porta per ciascuna mascella e per lato due incisivi, un canino, due premolari ed inoltre un molare che non è ancora total- mente uscito dall’ alveolo. Questi denti sono un poco più piccoli di quelli del 7. niger più volte menzionato ed assai minori di quelli @un Orang della medesima età; in que- st? ultimo gli incisivi ed 1 molari sono d’ un terzo più larghi degli omologhi del Chimpanze. Gli incisivi del mascellare superiore hanno forma di cuneo, e presentano la faccia interna della corona obliquamente lo- gorata e la faccia esterna alquanto convessa; la lunghezza della corona nei due anteriori è di 6 millim., la larghezza di 3 4/,: gli altri due sono notevolmente più corti, più stretti ed un po’ convergenti; lo spazio fra Puno e l’altro degli incisivi varia fra 1 millim. '/ e 2 millim.; lo spazio fra l’in- cisivo e il canino dello stesso lato è di millim. 6. I canini a differenza degl’ incisivi, che sono impiantati assai obliquamente, hanno posizione quasi verticale ed un poco di- vergente; la loro lunghezza è di millim. 10. Sono conici, compressi ed hanno, al pari degli incisivi, un piccolo tallone alla loro base, dal lato interno. Dopo i canini, a 2 millimetri di distanza, si inseriscono 1 falsi molari, il primo dei quali è assai piccolo e munito di due tubercoli assai smussati e logorati; il secondo, situato in con- {atto immediato col primo, è più grosso e presenta 4 tubercoli poco elevati. Il molare successivo, ancora racchiuso nell’ al- veolo, offre 4 tubercoli poco distinti ed una larga cavità mediana, divisa in due parti disuguali da un piccolo rilievo obliquo. Nella mascella inferiore i quattro incisivi sono della stessa forma e dimensione, ma più piccoli di quelli dell’ altra ma- DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA TB) scella. I canini sono piccoli, quasi conici, appuntati ed impian- tati in direzione divergente, quasi verticalmente; la distanza fra questi e gli incisivi è di millim. 2; il vano che li separa dai premolari è di millim. 2. IL primo premolare, che è assai piccolo, offre un solo tubercolo, piuttosto elevato ed appuntato, e vi si osserva dal lato interno un debole rilievo che accenna ad un secondo tubercolo. Il secondo premolare, contiguo al primo, offre 4 distinti tubercoli. Finalmente il molare, ancora accluso nell’ alveolo, presenta 5 evidentissimi tubercoli conici. i Condizioni un poco diverse di dentatura si osservano nel predetto 7. niger e sono dovute in gran parte all’età più avanzata. Infatti esso ha il terzo molare già pienamente svi- luppato. Estremità anteriori. Le spalle, in questa scimmia sono assai strette e non pre- sentano che un debolissimo rilievo posteriormente e superior- mente. Esse portano estremità superiori lunghe ed esili a rilievi muscolari poco pronunziati. La cavità ascellare sembra poco profonda. Il braccio è appena più grosso alla parte superiore che alla inferiore e non offre nella nostra preparazione sensibile in- grossamento mediano. La sua lunghezza misurata fra la testa dell’omero ed il gomito è circa di millimetri 170; il gomito, applicato sul corpo giunge ad oltre due terzi del torace. Lo avambraccio misura 160 millim., tra il gomito e I’ articola- zione del cubito col carpo, ed è un poco più esile del braccio, massimamente nel suo terzo inferiore. La sua estremità cor- risponde presso a poco al livello della rotula; per conseguenza la mano oltrepassa il ginocchio di gran parte della sua lun- ghezza, che è di circa 130 millim., e colla punta delle dita raggiunge quasi i due terzi della gamba. Le mani, assai piccole ed affilate, in proporzione del corpo, offrono la regione carpiana e metacarpiana assai ristretta e dita esili, cilindriche, terminanti in punta smussata. Museo Civico DI GENOVA d° 74. DESCRIZIONE Il pollice lungo 25 millim. raggiunge colla sua estremità libera la radice dell’ indice il quale, senza l unghia, ha 52 millim. di lunghezza; il medio oltrepassa l’ indice di 19 millim. e l’annulare di quasi 3 millim. Questo alla sua volta passa il mignolo di 21 millim. La falange ungueale è assai breve in tutte le dita e sopratutto nel pollice, ove non ha che 10 millim. di lunghezza. Le unghie sono piccole, assai curve ed oltrepassano di 2 a 3 millim. I’ estremità delle dita. Non mi fu possibile esaminare convenientemente i solchi e le eminenze palmari, a cagione della posizione della prepa- razione e del suo disseccamento. Noterò soltanto che l’eminenza tenare comunque prosciugata rimane però assai ben visibile; fatto interessante perchè indica che il pollice era dotato fino ad un certo grado della facoltà di opporsi alle altre dita. In conclusione ciò che si rileva di più caratteristico in questa mano si è la piccola dimensione, la strettezza della palma, la brevità del pollice e sopratutto la forma delle unghie che è simile a quella delle unghie umane. Il braccio e l’avambraccio sono coperti di peli neri un poco ruvidi, più folti e più lunghi alla parte interna e nella re- gione prossima al gomito. Questi sono rivolti dall’ alto al basso sul braccio e in senso contrario sull’ avambraccio. La parte superiore della mano è pur vestita di pelo corto, diretto dall’ indietro in avanti, fino al principiare delle falangi; nel rimanente è glabra, salvo una leggera peluria esistente sulla prima falange delle dita. Estremita posteriori. Negli arti inferiori si osservano le stesse condizioni generali già accennate riguardo alle braccia, cioè la lunghezza e I esi- lità; havvi però la differenza che le coscie sembrano assai brevi, in proporzione del braccio, quando non sono distese. La loro lunghezza si può valutare a 160 millim. dall’ origine fino al ginocchio (almeno nella posizione in cui si trovano nella preparazione ). DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 75 La gamba misurata fra il ginocchio e la radice del piede offre 160 millim. di lunghezza. Dopo i recenti studi di HvxLey risulta evidente che le così dette mani posteriori delle scimmie sono invece veri piedi: per cui pensatamente mi valgo di questa espressione. Nel mio esemplare i piedi appariscono piccoli e stretti, forse più che in altre antropomorfe spettanti al medesimo ge- nere. La loro lunghezza è di millim. 140, fra il tallone e l'estremità delle dita, la larghezza del tarso è di 32 a 34 millimetri (‘). Le dita sono meno lunghe e meno disuguali di quelle della mano (il primo è lungo 30 millim., il secondo 35, il terzo 38, il quarto 35). Il pollice, assai più robusto di quello della mano, e situato in guisa che forma un angolo retto colle altre dita, misura esternamente 50 millim. di lunghezza; le sue tre falangi appariscono ben distinte. A cagione della sua posizione e della sua lunghezza, esso sembra più opponibile di quello della mano. Le unghie dei piedi sono un poco più grandi e meno curve di quelle delle mani; del resto somigliano assai a quelle di un bambino. Osservai inoltre che il loro margine libero è al- quanto logoro, epperò risultano più brevi nei piedi che nelle mani. La pianta del piede offre forma pianeggiante nel metatarso ed un poco arrotondata in corrispondenza del tallone. Le coscie sono rivestite di lunghi peli neri, diretti dall’ in- terno all’ esterno, più lunghi e fitti in corrispondenza del ginocchio. Nella gamba i peli sono rivolti dall’ alto al basso e più folti inferiormente che superiormente. La parte superiore del piede, è pure vestita di pelo, ma alquanto corto. Le dita offrono soltanto qualche rado e breve pelo alla parte superiore della prima falange. (1) Conviene sempre aver presente che queste misure non hanno un valore assoluto, perché prese sopra una preparazione alquanto alterata. 76 DESCRIZIONE Confronto colle specie affini. La specie più comune di Chimpanzé, il Troglodyltes niger, è conosciuta da lungo tempo. Fin dal 1699 Tyson e Cowper pubblicarono interessanti osservazioni sulle forme e la strut- tura anatomica di un giovine individuo nella loro memoria intitolata: Orang wtang sive Homo sylvestris or the anatomy of a pygmie compared with that of a monkey, an ape, and a man. Burron il quale dapprima aveva confuso sotto il nome di Jocko questa scimmia con Orang, si accorse poi dello sba- glio. Egli ce ne lasciò una discreta descrizione fatta sopra un giovane esemplare. La medesima specie fu da Linyeo denominata Homo troglo- dytes, e da BLumenpacu Simia troglodytes. Poco dopo Georrroy DE SAint-HiLAIRE apprezzando adeguata- mente le profonde differenze che distinguono |’ antropomorfa africana dall’ Orang, convertì l’ aggettivo woglodyles in deno- minazione generica. Nel 1835 fu fatta la prima descrizione scientifica dello scheletro d’un Chimpanzé adulto per opera di Owen, e d'allora in poi molti altri lavori videro la luce sullo stesso soggetto, tra i quali meritano particolare menzione le ri- cerche anatomiche di Vrouick. Ma io non farò cenno qui che di quelli relativi allo studio specifico di queste antropomorfe. SAVAGE e Wyman, autori d’ una buona dissertazione sul T. niger, annunziarono nel 1847 la scoperta del Gorilla, che considerarono come una nuova specie di 7roy/odytes; nella quale opinione convenne poi |’ Owen. Isiporo Grorrroy pi SAnT- Hinarre (nel 1852) e Duvernoy (nel 1853) furono invece d’avviso che il. Gorilla dovesse costituire un genere pe- culiare, e GramoLet abbracciò la medesima conclusione paren- dogli di trovare caratteri differenziali. assai importanti fra i due tipi. Duvervoy fece conoscere nel 1853 una nuova antropomorfa, DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 77 il Tschego (*) che egli considerò come un 7roglodytes ma che altri autori ascrivono al genere Gorilla. Successivamente, nel 1863, il viaggiatore DucnarLLu sco- priva nelle foreste del Gabon due altre specie di Troglodytes: il Tschego M’bouve (7. calvus) ed il Koolo-Kamba; ma le descrisse così incompletamente che è cosa assai difficile, se non impossibile, il riconoscerle. Il Troglodytes Aubryi, stupendamente illustrato da GRATIOLEY e Auix, compie la serie delle specie, vere 0 supposte, distinte in questo gruppo di scimmie. A quale delle specie enumerate si riferisce |’ animale che forma oggetto della presente memoria ? Non mi arrischierò certamente a rispondere in modo assoluto a così arduo quesito, perchè una pelle mal conservata ed un cranio sono elementi insufiicienti per determinare una specie, tanto più quando appartengono ad un individuo giovanissimo. Ad ogni modo esporrò brevemente il risultato del confronto eseguito fra il mio esemplare e le specie meglio note. Il Chimpanzé sopraddescritto sembra differire dal T'roglo- dytes niger perchè ha la regione facciale più breve, gli incisivi meno obliqui, le orbite più allungate, le arcate zigomatiche più prominenti e più alte, il mascellare inferiore meno spor- gente, i denti più piccoli. Presenta inoltre il foro occipitale più ampio e di forma diversa e più larga la sella turcica. Sembrerebbe pure che le sue braccia fossero più lunghe che nella detta specie e le mani più piccole. Ha come il Avolo-Kamba di Ducnaiute il cranio ampio, gli zigomi salienti, le guancie incavate, le mascelle poco promi- nenti, ma non presenta la faccia circondata interamente di lunghi velli ed ha le braccia interamente vestite di lungo pelo nero e non soltanto in parte (?). (*) DuverRNoy. Memoire sur les caracteres anatomiques que présentent les squelettes des Troglodytes Tschego, Duv. et du Gorilla Gina, Isin. GEOFFR.; nouvelles espéces de grands Singes pseudo-anthropomorphes de la cote occi- dentale d’ Afrique. Comptes Rendus des seances de l’Acad. des Sciences, Tome 26, N.0 22, p. 925, 1852. (?) Queste differenze possono essere dipendenti dall’ eta dell’ individuo, 75 DESCRIZIONE Dal Troglodytes calvus (di cui, al pari del precedente, manca una scientifica descrizione), differisce perchè manca della calva caratteristica. Hartmann afferma bensì di averla osservata nel nostro individuo, ma l’area priva di pelo cui egli allude è positivamente dovuta ad una alterazione della pelle. Paragonato al 7roglodytes Aubryi (comunque il confronto sla stato istituito sopra individui di differente età), il nostro esemplare sembra distinguersene pei seguenti caratteri, nel cranio: la regione facciale è meno estesa e più compressa, la apertura nasale apparisce più stretta ed allungata, la sutura fronto-parietale e la temporo-parietale formano fra loro un angolo più aperto. Le braccia sono più lunghe, le mani e i piedi sono muniti di unghie convesse e non piane. Di più l’animale è quasi interamente vestito di lungo pelo ruvido e nero, nel quale però non si scorgono i riflessi rossi osservati nel 7. Aubryt. Fra i caratteri specifici assegnati al Troglodytes Tschego di Duveryoy, è da notarsi il colore nero della faccia, che verosi- milmente è proprio anche al Chimpanzé dell’ Africa cen- trale, e la piccolezza delle orecchie, che in quest’ ultimo non si ritrova. Inoltre, tacendo di alcune caratteristiche proprie allo scheletro del tronco e delle estremità, il cranio presenta nella specie di Duvernoy le fosse temporali notevolmente estese, il muso allargato all’ innanzi e la volta palatina più larga in avanti che posteriormente, delle quali particolarità l’ultima sola si osserva anche, comunque in minimo grado, nel mio Troglodytes. Estendendo il confronto alle scimmie del gruppo o genere Gorilla, rammenterò che queste sono distinte essenzialmente dalla forma e dalla doppia curvatura delle arcate zigomatiche, dallo sviluppo delle creste sagittali e temporali, dalla piccolezza del padiglione dell’ orecchio, dalla lunghezza delle estremità superiori, dalla robustezza degli arti, dalla forma della mano. L’ antropomorfa sopradescritta non presenta alcuno dei ca- ‘atteri ora indicati, eccettuata la lunghezza delle braccia; non è dunque certamente un Gorilla. DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA 79 Distribuzione geografica. Passando a trattare della distribuzione geografica di queste scimmie non è possibile in molti casi di separare i dati con- cernenti i Chimpanzé da quelli riguardanti 1 Go rilla, non solo perchè i due generi vivono abitualmente nelle stesse regioni, ma anche perchè essendo tra loro assai aflini, accade spesso che sieno confusi dai viaggiatori. Secondo la maggior parte degli autori il Chimpanze comune abita la Guinea, il Congo, la costa d’ Angola e di Loango (!). Forp dice che il Gorilla abita la serie di montagne che traversano l’ interno della Guinea, dal Camerones, al nord, ad Angola, al sud, a circa 100 miglia nell’ interno, nel paese che i geografi designano sotto il nome di monti di Cristallo (?). Egli soggiunge che non saprebbe determinare precisamente il limite settentrionale e meridionale dell’ abitazione di tali scimmie; ma ammette peraltro che questo sia a poca distanza a settentrione del fiume Gabon. Infatti egli seppe che nelle montagne ove il fiume Money prende origine, i Gor.lla sono assai abbondanti. A mezzogiorno dicesi che queste scimmie oltrepassano di poco il Congo. Risulterebbe dalle notizie raccolte dal signor Forp che, al sud, la gigantesca antropomorfa vivesse in passato soltanto alle sorgenti del detto fiume, mentre ora s'incontrerebbe anche in località molto più prossime alla sua foce e perfino a 10 miglia di distanza dal mare. Le due nuove specie di Chimpanzé accennate da Du Cuaittu abitano la regione stessa dei Gorilla. Il tipo del Troglodytes Aubryi illustrato da GramoLET pro- veniva dal Gabon. Un altro individuo della medesima specie (1) CHENÙ, Eucyclopédie d’hist. nat., Quadrumanes, p. 51. (3) HuxLEYy, De la place de l’homme dans la nature, p. 160, Paris 1868 SO DESCRIZIONE spedito in Francia dal signor Girarp nel 1866 e descritto da Aux (') abitava una foresta prossima all’ estuario del Gabon. Quanto alle antropomorfe dell’ Africa centrale, sono men- zionate da varii viaggiatori in termini più o meno espliciti. Hevetin afferma che nel bacino dell’ alto Nilo Bianco e del fiume delle Gazzelle, nel selvoso territorio dei Niam-Niam, dei Gur e dei Berri vive una grossa scimmia nera nomata nel linguaggio degl’indigeni Mbam 0 Ombam (7) e che questa si tesse un nido coperto assai fitto su alti alberi ed attacca l’uomo. I negri la cacciano per cibarsi delle sue carni. Nella bella carta zoogeografica delle regioni del Nilo e dei contorni dell’ Eritreo, di cui il medesimo autore correda la sua Ornitologia dell’ Africa Orientale (3), egli pone nel paese dei Niam-Niam, ad occidente di una catena di montagne le cui acque affluiscono probabilmente verso l’ Atlantico, tra il 26° ed il 27° di longitudine ed il 5° ed il 6° di latitudine l'indicazione « Walder mit Mban-Gorillas ». HARTMANN narra d'aver più volte udito parlare a Cartum e nel Sennaar, da viaggiatori europei ed anche dagli indigeni, di un animale consinule e soggiunse d’ aver avuto contezza in Fazoglo di una sorta di seméwomo favoloso, vestito di velli lunghi, bruni e ruvidi, dimorante nelle terre montuose all’ ovest e al sud ovest di Qubbah, il quale si noma colà Zen’jerd (Zen’serò se-i-di -el-quird) e non è altro verosimilmente che il Chim- panzé sopradescritto. Giova sperare che fra non molto sarà chiarito ogni dubbio sul conto di queste antropomorfe, giacchè il celebre viaggia- tore e naturalista ScuwerrurtH, il quale si trova presente- mente nell’ Africa centrale, si propone di dar loro la caccia e di recarne in Europa le spoglie. Ecco ciò ch’ egli scriveva in proposito il 20 luglio 1869, dalla zeriba di Gartas in Djur, in una lettera diretta al marchese Anmivori: « In quanto alle (!) L’Institut; l.re section; N.° 1704, 20 Aoùt 1866. (?) PETERMANN’s Mittheil. Ergàngzungsheft, N.°1I, S. 106; N.0 15, S. 22. (citato da HARTMANN). (3) Til. VON HEUGLIN, Ornithologie Nordost-Afrika’s. DI UNA SCIMMIA ANTROPOMORFA SI » pelli non ne preparo che poche, perchè debbo conservare » il mio arsenico pei Baam (Gorilla), dei quali si dice che » s'incontrano da 6 a 10 giornate di qua e sono facili a » prendersi. In quest’ anno nessuna delle compagnie che tor- » navano di colà ha portato un solo animale di questa » specie (Do Conelusioni. Dal complesso di quanto precede parmi possono desumersi le seguenti conclusioni: 1.° L'esistenza di scimmie antropomorfe nell’ Africa cen- trale e segnatamente nel paese dei Niam-Niam è un fatto accertato. 2.° La scimmia posseduta dal Museo di Genova è un 7ro- glodytes che appartiene ad una specie probabilmente diversa da quelle descritte dagli autori. 3.° Le cognizioni che si possiedono sulle varie specie di Troglodytes e di Gorilla, sono incomplete ed insufficienti, perchè basate sullo studio di pochi esemplari talora in cattivo stato di conservazione, il più delle volte non adulti. Sarebbe quindi desiderabile che la determinazione delle suddette specie fosse sottoposta ad una rigorosa revisione, fondata sullo studio comparativo di più serie d’ individui dei due sessi e di varie età. (') Bullettino della Società Geografica Italiana, fasc. 5.9, 15 Novembre 1870. INDICE S. TRINCHESE. — Descrizione di un feto di Orang-Utan. Taw.-I. IL IL: . - : : è . Pag. 9-46 » Un nuovo genere della famiglia degli Eo- lididei. Tay. IV. V.- XE Viva” ; . » 47-54 A. IsseL. — Descrizione di una scimmia antropomorfa proveniente dall’ Africa Centrale. Tav. VIII » 55-81 OI Baer) aI ae MiA i MATTO pu we ban Dicembre 1870. ANNALI DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI GENOVA pubblicati per cura i È DI fracomo Poria Modi. S° INDICE S. TrINcHESE. — Descrizione di un feto di Orang-Utan. Tav. I. I. HI. . Pag. 9-46 » Un nuovo genere della famiglia degli Eolididei. Tav. IV. V. Vie Vi » 47-54 A. IsseL. — Descrizione di una scimmia antropomorfa proveniente » 55-84 dall’ Africa Centrale. Tav. VIII. GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. I. DE’ SORDO-MUTI OPERE PUBBLICATE R VENDIBILI DALLA TIPOGRAFIA DEL R. I. SORDO-MUTI IN GENOVA AMARI EMERICO. Critica di una Scienza delle Legisla- zioni comparate, 1 vol. in 8.° ARMINJON. Il Giappone e il viaggio della la Ma- genia nel 1866, 1 vol. in 8.%° colla carta del Giappone e coll’ aggiunta dei trattati del Giappone e della China vi tariffe . Atti del R. Istituto Tecnico jndusiriale. edizioni te e di marina mercantile della Provincia di Genova pubbli- cati per cura ed a spese del Municipio. 2 vol. in 8.¥° grande di pag. 2000 con molte incisioni BELGRANO T. L. Della vita e delle opere del March. Gerolamo Serra. Memorie storico-critiche, con ritratto. devel: Ingo os BOCCARDO prof. GEROLAMO. Via du Globo. a, climi e meteore. Corso completo di Geografia Fisica e Meteorologia. 1 elegante volume di 0 876 in 8.%° grande con 108 incis. e 16 tavole litografate. Opera premiata con medaglia di 1.° grado dal V. Congresso Pedagogico. 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