| XA +N593 [2 LIBRARY VEDI | JHENENW YORK BOT ICAL GARDESA è fa ad) + 5 A> > Ac a) CA; Scptemb 1399 WANYR Gibson: Inv SL da n. ee = — PDL ae >. <6 _ Ted LI pia ‘ r Vee N i xv be Wiest © P a) 81 7. MERLO hie PULA TE pare AIT WTB, TE AI UA RA Bh Ù (AY ‘ 5) (RARI pik ah TO PRC veo ih } PONS Hii ROTA 4 x UA Hs SERATE ORARIA VE i 4 | wi ND, i n 7 j 1) lay Mi I È x . FIC-PR VOLUME SETTIMO I ‘CON XXVII TAVOLE | L mi 12 INCISIONI NEL TESTO E SUPPLEMENTO ROMA TIPOGRAFIA ‘ENRICO. VOGHERA : N; x 720 "4 di ys i * CA 1 : i ANNALI DI OTANIGC: PUBBLICATI DAL Pror. ROMUALDO PIROTTA Direttore del R. Istituto e del R. Orto Botanico di Roma . VOLUME SETTIMO CON XXVII TAVOLE 12 INCISIONI NEL TESTO E SUPPLEMENTO ye LIBRARY NEW YORK BOT ANI ; ROMA TLPOGRAFIA ENRICO VOGHERA 1909 Mali INDICE PER AUTORI LIBRARY NEW yor; ee et A BG TA Nica GARDEN. Acqua C. — Su di una pretesa ionizzazione prodotta dalle foglie delle Coni- fere, pag. 703. AveTTA C. — Avanzi vegetali rinvenuti nella terra della palafitta di Parma, pag. 709. BeLLINI R. — Nettarii estranuziali nella Paulownia imperialis Sieb. e Zucc., pag. 515. BruscHI D. — Ricerche di Morfologia e Fisiologia eseguite nel R. Istituto Bo- tanico di Roma. — XXIII. Contributo allo studio fisiologico del lattice, pag. 671. CaRrANO E. — A proposito dell’ematossilina come reattivo delle sostanze pe- ctiche, pag. 257. — — Su una doppia colorazione per mettere in evidenza la cellulosa e le sostanze pectiche della membrana cellulare vegetale, pag. 707. CHIOVENDA An. — Species novae in excelsis Ruwenzori in erpeditione Ducis Aprutii lectae. — IX. Asteraceae, pag. 177. — — Di uno sconosciuto studioso della Flora delle Alpi Veneziane, pag. 215. — — Francesco Petrollini botanico del secolo XVI (Tav. XVI a XXI, pag. 339. ; CERMENATI M. — Francesco Calzolari e le sue lettere all’Aldrovandi (Tav. II, II bis), pag. 83. Cortesi F. — Contribuzione alla flora delle isole Tremiti, pag. 489. — — Osservazioni teratologiche, pag. 511. De Grazia S. — Influenza della temperatura del suolo sull’accrescimento di alcune piante durante i primi stadii del loro sviluppo (Tav. VIII-IX), pag. 147. De PeRrGOLA D. — Ricerche di Morfologia e Fisiologia eseguite nel R. Istituto Botanico di Roma. — XXI. Sull’accrescimento in spessore delle foglie persistenti (Tav. XIV), pag. 321. DE’ Rossi G. — Studi sul microrganismo produttore dei tubercoli delle legu- minose. — I. Isolamento, diagnosi batteriologica, utilizzazione delle culture nella pratica agricola (Tav. XXIII) pag. 617. — —II Sulla fissazione dell’azoto elementare nelle culture pure, pag. 653. DE Tont G. B. — Due lettere inedite di Ernesto Mauri, pag. 503. FERRARIS T. — L’Abate Antonio Carestia (Tav. X), pag. 197. FormiIGGINI L. — Contributo alla conoscenza delle Caracee del Lazio, pag. 207. Lonco B. — Altre osservazioni sul Sechium edule Sw. (Tav. VII), pag. 71. — — Osservazioni e ricerche sul Ficus Carica L., pag. 255. MarttIROLO O. — Species novae in excelsis Ruwenzori in exrpeditione Ducis Aprutii lectae. — VI. Mycetes, pag. 145. E AI MigLiorato E. — Contribuzioni alla Teratologia vegetale, pag. 139. — — La fogliazione delle Acacie a fillodii verticillati, subverticillati, conferti e sparsi, pag. 171. z — — Fillomi e sinfisi fogliari all’apice del fusto (Corifillia e Corifisinfillia), pag. 175. — — Un precursore del Delpino per la teoria della “pseudanzia ,, ed aleune notizie sulla medesima, pag. 179. — — Sull’Eutiformosi del Caruel, pag. 213. — — Documenti e notizie circa i nomi ‘Statice Brunii,, Guss. e “ Statice barulensis ,, (Tav. XI), pag 225 — — Contribuzioni alla Teratologia vegetale (Tav. XII e XIII), pag. 281. — — Contribuzioni alla Teratologia vegetale (Tav. XV), pag. 331. Naxmzzi A. — Un codice erbario del secolo XV, pag. 231. NEGRI G. — Species novae in excelsis Ruwenzori in expeditione Ducis Aprutii lectae. — IX. Musci, pag. 161. Prrorra R. — Species novae in excelsis Ruwenzori in expeditione Ducts Apru- tii lectae. — VIII. Filices, pag. 173. Pucuist M. — Ricerche di Morfologia e Fisiologia eseguite nel R. Istituto Bo- -tanico di Roma. — XXI. Contribuzione allo studio della traspirazione nelle piante sempre verdi (Tav. XXII), pag. 517. SEVERINI G. — Ricerche di Morfologia e Fisiologia eseguite nel R. Istituto Bo- tanico di Roma. — XIX. Ricerche fisiologiche e batteriologiche sull’ Hedy- sarum coronarium L. (volg. Sulla) (Tav. ILL-IV), pag. 33. — — ficerche di Morfologia e Fisiologia eseguite nel R. Istituto Botanico di Roma. — XX. Particolarità morfologiche ed anatomiche nelle radici del- VHedysarum coronarium L. (Tav. V-VI), pag. 75. Trraposcni C. — Ulteriori osservazioni sulle muffe del Granturco guasto (Tav. I), pag. 1. Vaccari L. — Plantae italicae criticae, pag. 291. Zoppa G. — Le briofite del messinese, pag. 449. Riviste, pag 183, 259, 713. Annuncio, pag. 195. Supplemento al Vol. VII: Forti A. e TROTTER A. — Materiali per una monografia limnologica dei laghi craterici del Vulture (Tav. I-III). Il fascicolo 1°, pag. 1-196 fu pubblicato il 31 agosto 1908 » 2°, » 197-280 » » 15 marzo 1909 » 3°, » 281-516 » » 50 giugno » > 40,» 517-720 » » 30 ottobre » Il Supplemento II pag. 1-111 » > 15 ottobre » ANNALI DI BOTANICA PUBBLICATI DAL E Pror. ROMUALDO PIROTTA Direttore del R. Istituto e del R. Orto-Botanico di Roma INDICE. TrraposcHi O. — Ulteriori osservazioni sulle muffe del Granturco guasto (Tav. I), pag. 1. Ricerche di morfologia e fisiologia eseguite nel R. Istituto Botanico di Roma > — XIX. SeveRINI G. — Ricerche fisiologiche e batteriologiche sull’ Hedysa- rum coronarium L. (volg. Sulla) (Tav. III-IV), pag. 33. Longo B. — Altre osservazioni sul Sechium edule Sw. (Tav. VII), pag. 71. Ricerche di morfologia e fisiologia eseguite nel R. Istituto Botanico di Roma — .— XX. Severini G. — Particolarità morfologiche ed anatomiche nelle ra- dici dell’Hedysarum coronarium L. (Tav. V-VI), pag. 75. CERMENATI M. — Francesco Calzolari e le sue lettere al Aldrovandi (Tav. II, dia II bis); pag. 83. È -. Mietrorato E. — Contribuzioni alta Teratologia vegetale, pag. 139. Species novae in excelsis Ruwenzori in expeditione Ducis Aprutii lectae. — _VI Mycetes, auctore O. MaATTIROLO, pag. 143. De Grazia S.-— Influenza della temperatura del suolo sull’ accrescimento di E n, durante i primi stadii del loro sviluppo (Tav. VIII-IX), pag. 147. Species novae in excelsis Rumenzori in expeditione Ducis Aprutii lectae. — IX Muscî, auctore G. NEGRI, pag. 161. i MigLIoraTo E. — La fogliazione delle Acacie a fillodii verticillati, subverticil- lati, conferti e sparsi, pag. 171. Species novae in excelsis Ruwenzori in expeditione Ducis Aprutii lectae — VIII Filices, auctore R. Pirorra, pag. 173. i 3 - MigLiorato E. — Fillomi e sinfisi fogliari all’apice del fusto (Corifillia e Corifisinfillia), pag. 175. Species novae in excelsis Ruwenzori in erpeditione Ducis Aprutii lectae. — —~.. IX Asteraceae, auctore AF. CHIOVENDA, pag 177. Micciorato E. — Un precursore del Delpino per la teoria della “ pseudanzia ,, _ ed alcune notizie sulla medesima, pag. 179. Riviste, pag. 183. Annuncio, pag. 195. ese ——__——_T—__m_- ROMA TIPOGRAFIA ENRICO VOGHERA È 1908 a Gli Annali di Botanica si pubblicano a lasci olun ino vole non determinati. Il prézzo sarà indicato numero | per numero. Agli autori saranno dati gratuitamente 25 esemplari di estratti. Si potrà tuttavia chiederne Be ee un numero maggiore, pagando le semplici spese di . carta, tiratura, legatura, ecc. # Gli autori sono responsabili della forma e del conte- nuto dei loro lavori. foe E N.B. — Per qualunque notizia, informazione, schiarimento, rivolgersi al ‘prof. R. Prrorra, R. Istituto Botanico, Panisperna, 89 B. — ROMA. «tempi non determinati e con numero di fogli e ta- — 1008 ~ yy { —~ Vou. VII. [pubblicato il 31 agosto 1908) Fase. 1° NL NR OE NOR AON OWN NHI NOTION NA NANI NIL NIT NS RR IRI IONS Ulteriori osservazioni sulle muffe del Granturco guasto A. Dott. CARLO TIRABOSCHI (Tav. I). Tre anni fa pubblicai una prima nota (XXIII) in cui descrivevo i caratteri morfologici e culturali di alcune specie di Ifomiceti che avevo isolate dalle cariossidi di mais guasto raccolto in località col- pite dalla pellagra; poco dopo ne pubblicai una seconda (XXIV) in cui descrivevo i principali terreni di coltura adatti allo sviluppo delle muffe e vari metodi di colture a scopo diagnostico, di isolamento, ecc. L’anno successivo, in una comunicazione al 3° Congresso pellagro- logico italiano (XXVI), insistevo sulla necessità di uno studio accu- rato della morfologia e biologia delle specie isolate in coltura pura (studio indispensabile per le determinazioni delle eventuali pro- prietà tossiche) e indicavo i più importanti caratteri morfologici e culturali da prendere in considerazione. Avendo continuato ad oc- cuparmi dell’argomento, voglio ora descrivere altre specie riscontrate in appresso nelle cariossidi di mais guasto, facendo precedere un breve cenno riassuntivo delle specie precedentemente descritte e della tecnica da seguire in queste ricerche. Per isolare in coltura pura le specie di muffe presenti in una cariosside guasta, si taglia questa con un bisturi sterilizzato e si dissemina un po’ della sua farina in varie capsule di Petri, che ab- biano il fondo ricoperto da un foglio di carta bibula bagnato con liquido di Raulin; si portano le capsule parte a 20°, parte a 30° C. circa e poi si preleva, dalle singole colonie sviluppatesi, del materiale che o può servire senz’altro a trapianti in tubi di coltura oppure a un ulteriore isolamento in coltura pura col metodo classico di Koch (1) Laboratorio di batteriologia della Sanità pubblica, diretto dal professore B. Gosio. ANNALI DI BoranicA — Vou. VII. 1 LIBRARY xEW YOR BOTANICA GARDEN. SRI delle colture piane, per successive diluizioni, in tre capsule di Petri, con gelatina o con agar preparati col liquido di Raulin; oppure si può procedere alla pesca delle spore nel modo già da me descritto. Ottenuta una coltura pura, sì procede all'esame microscopico dei ca- ratteri morfologici, distendendo con gli aghi un po’ di materiale in una goccia d’acqua o di glicerina diluita, e osservando a fresco; spesso però con tale metodo le varie parti costitutive dell’ Ifomiceta si scompongono e allora bisogna ricorrere o al metodo ideato da Gosio (XIV), o alla osservazione di colonie cresciute su gelatina o agar in capsule di Petri, o meglio ancora allo studio delle colture pure in goccia pendente. Quanto ai caratteri culturali, sarà bene determinare subito il maximum, il minimum e l’optimum di temperatura per lo sviluppo e per la sporificazione delle specie in esame, e poi si faranno dei tra- pianti sui vari terreni nutritivi, naturali e artificiali. Cito tra i primi: la pappa di pane, le patate, la polenta (1) e il latte; tra i secondi: il liquido di Raulin, la gelatina e l’agar acidi e Ro. rati o meglio ancora quelli preparati con liquido di Raulin (nel modo già da me descritto) o col mosto di birra. Per ogni terreno di col- tura si studieranno: le modificazioni che esso subisce (fluidificazione della gelatina, coagulazione del latte e successiva dissoluzione del coagulo, colorazione, del terreno e cangiamenti nella reazione di esso, ecc.), la rapidità e intensità di sviluppo e di sporificazione alle varie temperature, la colorazione e l'aspetto del micelio, dello strato conidifero e della superficie inferiore del feltro nelle varie fasi di sviluppo, la produzione di sostanze volatili odorose, l’attitudine della muffa a rivelare l’arsenico (arsenio-muffe), a produrre fenoli o altre sostanze tossiche, ecc. Per quanto RISE A la Guidi Beacons della gelatina, gia ho detto altrove che le specie di Ifomicetida me sperimentate (più di 20) fluidi- ficano tutte (ad eccezione dell’ Aspergillus glaucus Link, di cui par- leremo tra poco) la gelatina e finiscono per trasformarla in un pro- dotto non più risolidificabile dai vapori di formalina; la rapidità con cui si compiono queste due trasformazioni varia da specie a specie e, per una stessa specie, a seconda delle condizioni di svi- luppo (temperatura, composizione e reazione della gelatina, ecc.); la produzione di un fermento gelatinolitico (gelatinasi, proteasi), (1) Oltre alle colture in capsule di Petri sono interessanti quelle in tubi; per avere delle belle colture, è bene servirsi di provette basse e larghe. su cui la polenta si dispone a piano obliquo con una spatola, evitando di insudiciare le pareti. A ‘agente indipendentemente dal micelio o dalle spore che lo hanno prodotto, è rivelabile nei liquidi di coltura, filtrati traverso a can- dele sterilizzate; tale proteasi è eliminata anche in assenza di so- stanze proteiche e in contemporanea presenza di zucchero (liquido di Raulin); il potere gelatinolitico di un dato filtrato attivo varia col variare di molte condizioni e sopratutto della temperatura, della reazione, ecc., ma varia anche, e fortemente, da filtrato a filtrato, come pure variano, per i filtrati di colture diverse, la temperatura optimum, maximum e minimum, l’optimum di reazione, la resistenza all’azione distruttiva del calore, della luce, della formaldeide, ecc., l’attività sulle diverse sostanze ptoteiche, ecc., ecc. Ma da tutto questo diverso comportamento dei filtrati di colture di specie diverse non è lecito, per le ragioni addotte altrove (X XVII), concludere senz'altro che si tratti di proteasi specificamente diverse. Riguardo alle colture su latte, le specie da me esaminate pro- ducono tutte (ad eccezione di Asp. glaucus) del presame (coagulazione . del latte) e della caseasi (di scioglimento del coagulo). La colora- zione del terreno colturale si effettua quasi sempre (e talvolta anche nei substrati solidi), per opera di pigmenti diffusibili, diversi da quelli contenuti nei conidi e anch’essa a volte è caratteristica, ben- chè possa variare sensibilmente col variare della temperatura, del terreno di coltura, ecc. Quanto ai cambiamenti di reazione, se questa era alcalina, resta tale; se era acida, dopo un tempo più o meno lungo (a seconda della temperatura, del substrato (1), ecc.) fi- nisce per diventare neutra o aufotera, e poi alcalina; fanno ecce- zione le colture in cui non si ha sviluppo e sporificazione rigogliosi (ad es. quelle di Asp. varians Wehmer su liquido di Raulin). Il micelio generalmente è bianco; lo strato conidifero invece ra- ramente è bianco, generalmente è colorato, e il colore per alcune specie è caratteristico, specialmente nelle colture fresche fatte su determinati substrati nutritivi; alle volte anche la colorazione della faccia inferiore del feltro è più o meno caratteristica e lo stesso ‘ dicasi dell’aspetto delle colture, ecc. La produzione di sostanze vo- latili odorose è specialmente avvertibile nelle colture su polenta in capsule di Petri. Quanto alle arsenio-muffe rimando ai lavori di Gosio e specialmente al suo ultimo (XV), e così pure per quello che si riferisce alla produzione di fenoli, ecc. (1) L’alcalinizzazione della polenta, nelle colture p. es. di Penicillium glau- cum L., si compie lentissimamente. Le specie che avevo già isolate dal mais avariato e descritte sono. Oospora verticillioides Sacc., Penicillium glaucum Link, Asp. flavus Link, Asp. fumigatus Fres., Asp. niger v. Tiegh. e Asp. varians Wehmer. Ecco qualche altro dato relativo ad esse. OosPoRA VERTICILLIOIDES Sacc. Questa specie è stata da me ampiamente e minuziosamente de- scritta, nei suoi caratteri morfologici e culturali, nel mio lavoro del 1905 (XXIII), nel quale ho dimostrata l'identità di questa forma con quelle descritte da Saccardo sotto i nomi di Oospora hyalinula Sacc. e 0. candidula Sace. e forse con parecchie altre ancora. Oltre agli autori già ricordati (P. A. Saccardo, D. Saccardo, Cuboni e Car- raroli), hanno riscontrato questa specie nel mais guasto Traverso, Deckenbach e Brizi. Il dott. Traverso (XXVIII) l’ha trovata frequentissima nelle cariossidi guaste di alcune pannocchie mature di mais bianco col- tivato in provincia di Udine, in terreno di bonifica; ne erano spe- cialmente colpite le cariossidi evidentemente screpolate e quelle fo- rate dai bruchi; sotto forma di un velo biancastro o roseo, questa muffa rivestiva in tutto o in parte le cariossidi e spesso penetrava anche nel loro interno, alterando più o meno profondamente l’al- bume e trasformandolo in una massa polverulenta; frequente- mente essa si presentava sotto una forma diversa da quella tipica, cioè ridotta in ogni sua parte; la distinzione tra le due forme non era però sempre bene precisa, nè mancavano graduali passaggi dal- l’una all'altra. Deckenbach (VIII-X) l’ha riscontrata diffusissima in tutta la Bessarabia, specialmente nei distretti nordici; al principio di set- tembre egli la trovò in aperta campagna, parassita sulle piante di mais, facilmente visibile come un velo miceliare sotto le brattee av- volgenti la pannocchia maturante; essa deve diffondersi dal ciuffo sporgente degli stili filiformi, mentre il chicco è ancora lattescente, e così penetrare fino al nascosto ovario. Sulla pannocchia matura i chicchi infetti sono facilmente distinguibili dai sani, giacchè ap- paiono come spaccati in unaoin due direzioni; le fessure sono bianche, come se fossero riempite con calce(1), e spiccano nettamente sul fondo (1) Altrove però l’A. dice che ha osservata in queste fessure una colorazione roseo-violetta o lilla; ciò corrisponde alle osservazioni mie e di Traverso. Di Sito giallo-ambra del chicco; spesso i bordi di queste screpolature sono in- curvati in fuori e da essi si sbriciola una polvere bianca (spore), simile a farina; talvolta gli incavi sono così profondi che i chicchi somi- gliano a denticariati. Deckenbach ha isolato questa Oospora in coltura pura e l’ha coltivata su agar, gelatina, patate, cariossidi e farina di mais; quanto a quest’ultimo terreno ha osservato una particolarità, cui io pure ho accennato, che cioè esso diventa roseo (1), poi rosa sempre più intenso, fino a violetto (dopo 6-8 settimane); con alcool si estrae un pigmento rosso-rubino, oleoso, che disciolto in etere acetico pre- senta uno spettro di assorbimento caratteristico (totale assorbimento dei raggi fortemente rifrangibili, a partire dalla linea £), che può servire a scoprire la presenza di questa muffa; tale pigmento sembra molto simile a quello della Claviceps purpurea (segale cornuta); dal- l’evaporato alcoolico si ricavano sostanze tossiche corrispondenti al- l’ « olio rosso-rubino del mais guasto » di Lombroso. Briziinvece (III),il quale ha esaminato molti campioni di mais ava- riato del commercio e altri campioni ricevuti da località pellagrose, ha riscontrato in essi molto raramente l’Oospora verticillioides. Relativamente alle proprietà tossiche di questa specie di muffa sono state fatte solo alcune poche ricerche da Paladino (XIX). PENICILLIUM GLAUCUM Link. Oltre che dagli AA. gia citati (Cattaneo, Lombroso, Gibelli e Cesati, Cuboni, Carraroli, Monti e Tirelli, De Giaxa, Gosio, Anto- nini e Ferrati, Ceni e Besta, Di Pietro, Fossati, Tiraboschi), questa specie è stata trovata nel mais guasto anche da Brizi, il quale l’ha riscontrata nel 60, 70 e perfino 90 °/, delle cariossidi avariate, pre- dominante quindi di gran lunga su tutte le altre specie di muffe (2). (1) L’A. dice che la tinta rosa appare dopo 3-4 settimane, ma non indica ‘a quale temperatura esso manteneva le colture; nelle mie colture a 20°-25°, e non solo in quelle su polenta ma anche in quelle su altri terreni (liquido di Raulin, patate, ecc.), quantunque più raramente, meno presto e meno diffusamente, io ho visto comparire una colorazione rosea (o lilla) dopo 3-4-5 giorni soltanto. (2) Con una tecnica speciale, il Brizi ha osservato che nelle cariossidi di mais avariato o artificialmente infettato il micelio del Pen. glaucum (o di altra muffa) penetra per l’ilo, attraversa il parenchima spugnoso originatosi in cor- rispondenza dell’estremità del rafe, penetra traverso l’episperma e si localizza tra le cellule parenchimatiche dello scudetto dell’ embrione senza insinuarsi dentro ad esse e senza invadere l’endosperma, nè le cellule aleuroniche, nè l'embrione, il quale più tardi si trasforma in una massa putrida senza che sia stato attaccato direttamente dal micelio; quando il fungo sporifica, i conidi si accumulano sotto forma di polvere verdastra sotto il pericarpio, in corri- spondenza dell’asse maggiore dell'embrione. Il Pen. glaucum presentò il 90 °/, di rapido attecchimento della infezione artificiale su cariossidi vive di mais. agita Il Traverso invece non ha trovato il Pen. glaucum in nessuna delle cariossidi delle pannocchie di mais bianco da lui esaminate (1). Sulla produzione di tossici da parte di questa muffa rimando aila- vori già citati di Gosio, Di Pietro, Antonini e Ferrati, Ceni e Besta, e a quelli di Paladino, Otto (XX bis) e Gavina. Gavina (XIII) emette l’ipotesi che l’azione tossica dei filtrati di colture di Pen. glaucum o dei loro estratti alcoolici ecc. sia dovuta agli enzimi che essi contengono, giacchè gli enzimi in genere inoculati sottocute possono da soli determinare una sintomatologia grave di predominio del sistema nervoso ed anche la morte; tali enzimi de- vono dunque considerarsi come toxines-ferments. In conformità alle osservazioni già fatte da Bourquelot, Girard e Duclaux, l'A. dice che il Pen. glaucum a seconda del terreno sul quale è coltivato se- grega invertina, amilasi ecc. e in altro luogo aggiunge che « in certi mezzi di coltura segrega dei fermenti solubili delle materie albuminoidi, presame e tripsina, cosa che non fu ancora constatata per le altre muffe ». Ora, a parte il fatto che le numerosissime muffe sperimentate da me e da altri osservatori fluidificano tutte (a ecce- zione forse di Aspergillus glaucus Link) la gelatina e tutte pure coagulano il latte e disciolgono il coagulo, 10 ho dimostrato che il Pen. glaucum (come pure altri Ifomiceti) coltivato in terreno privo di sostanze proteiche (liquido di Raulin) può segregare una proteasi. Inoltre da qualche mia esperienza parrebbe che non sempre la pro- duzione di tossici proceda di pari passo con la produzione di enzimi proteolitici. Come più diffusamente dimostro in altra mia pubblicazione (XXV; 1908), non solo i campioni da me esaminati di Pen. glaucum non sono stati capaci di svilupparsi a 37° C. (2), ma anzi le spore conservate a questa temperatura, sia allo stato umido (tubi di coltura su patata, polenta, ecc. chiusi da un semplice tappo di ovatta o anche da un cappuccetto di gomma) che allo stato di essiccamento (polvere di spore raccolta da colture di 80 giorni a 23° C. su cunei di patata relativamente asciutti e messa in provette asciuttissime), subirono (1) In cariossidi simulanti l’aspetto di quelle attaccate dal verderame, Tra- verso ha trovato il Cladosporium herbarum Link. Per quello che riguarda il verderame e il Pen. glaucum e il Chromosporium maydis Sacc. rimando ai miei precedenti lavori. (2) Ricordo questa particolarità perchè vari studiosi mi avevano parteci- pato di avere osservato più volte sviluppo di Pen. glaucum a 37° C.; però dei campioni che mi furono dati come capaci di sviluppo a 37° C., o non si svi- lupparono affatto a questa temperatura o dettero luogo a sviluppo, una volta. di Asp. fumigatus e un’altra di Asp. flavus. LA abbastanza rapidamente una attenuazione del loro potere germina- tivo e poi finirono per perdere tutte tale potere in capo a 35 giorni (spore umide) 0.46 giorni (spore secche), giacchè messe dopo questo tempo in condizioni le più favorevoli al loro sviluppo si mostrarono tutte assolutamente incapaci di germinare. È questo un fatto che è stato osservato per la prima volta da me e sul quale richiamo l’at- tenzione a causa dell'importanza che esso può avere per la biologia delle muffe e forse anche per la distribuzione geografica della pel- lagra. ASPERGILLUS FLAVUS Link. Sul mais guasto, oltre che da Ceni e Besta e da me, è stato tro- vato abbastanza frequentemente anche da Brizi, ed è strano che mentre noi tre lo abbiamo osservato spesso (Ceni e Besta anzi spes- sissimo, anche negli ambienti abitati da pellagrosi), non lo abbia rinvenuto mai nessuno degli altri AA. che si sono occupati del- l'argomento. Brizi aggiunge che questa specie infetta le cariossidi vive di mais più difficilmente, non solo di Pen. glaucum e Asp. niger, ma anche di Asp. fumigatus. Nelle mie colture su agar al liquido di Raulin, conservate a temperatura ambiente e in tubi chiusi da un cappuccetto di gomma, le spore sono state trovate capaci di ger- minare dopo più di due anni. Quanto alla produzione di tossici, rimando ai layori di Gosio, Ceni e Besta, Paladino. È una delle muffe che a volte ha presentato fortissima la reazione di Gosio al percloruro di ferro, benchè spesso tale reazione sia mancata del tutto. ASPERGILLUS FUMIGATUS Fres. Oltre che Gosio (raramente), Ceni e Besta (frequentissimamente, quanto e più di Pen. glaucum), Fossati, Tiraboschi (raramente), questa specie è stata osservata nelle cariossidi avariate di granturco anche da Brizi e da Sion e Alexandrescu. Brizi l’ha riscontrata un po’ meno frequentemente di Asp. flavus; viceversa nei suoi espe- ‘ rimenti di infezione artificiale ha visto che essa infetta le carios- sidi vive di mais un po’ meno difficilmente di Asp. flavus, ma sempre assai più difficilmente (5 °/, dei casi) di Pen. glaucum (90 %) e anche di Asp. niger ; sul decotto di mais però si sviluppa ottimamente. © Sion e Alexandrescu (I) hanno recentissimamente comunicato alla Riunione biologica di Bucarest (seduta del 30 gennaio 1908) di avere isolato dal mais avariato del loro paese un tipo di Asp. fumigatus, = Apt che essi designano provvisoriamente col nome di Aspergillus alpha, e che si distingue per la sua termofobia e per la sua tossicità ; esso infatti non si sviluppa punto (polenta) o cresce solo malissimo (pa- tate, brodo) a 37° C. e già sopra a 82° si sviluppa debolmente; il suo optimum è a 20°-24°; in un anno gli AA. non sono riusciti ad acclimatarlo a 37°, che pure è la temperatura optimum (di svi- luppo) del vero Asp. fumigatus. Sorge quindi il dubbio che si tratti di una specie diversa, per quanto morfologicamente molto affine; ricorderò qui che tra le specie affini ad Asp. fumigatus ne è stata descritta recentemente (1905) una (Asp. bronchialis Blumentritt) che ha il suo optimum di temperatura a 34° invece che a 37°C. Per le proprietà patogene di questa muffa rinvio al Rénon, per le proprietà tossiche ai lavori già citati di Gosio, Ceni e Besta, Fossati, Paladino, Bodin e Gautier, Otto, Sion e Alexandrescu. Anche per questa specie ho trovati vivi dopo più di due anni i conidi di una coltura su agar al liquido di Raulin conservata a temperatura ambiente, al buio e allo stato umido (tubo chiuso da un cappuccetto di gomma). Per tutte le altre osservazioni (fluidifi- cazione della gelatina, coagulazione del latte, condizioni di sviluppo,» cambiamenti: di reazione del terreno ecc.) rimando ai miei prece- denti lavori e ai dati contenuti nell'ultima pubblicazione di Gosio, il quale ha trovato che questa muffa è una delle più attive tra le arsenio-muffe da lui prese in esame. Qui aggiungerò soltanto che anche per questa specie io ho trovato che essa è capace di produrre gelatinasi anche se coltivata su liquido di Raulin e che è appunto per questa muffa che io avrei trovato che la produzione di tossici non procede di pari passo con la produzione di enzimi proteolitici; 1 filtrati infatti di colture su liquido di Raulin a 37°, mentre sono meno tossici di quelli di colture a 26°, sono più attivamente gela- tinolitici; ma essi sono anche più decisamente alcalini. ASPERGILLUS NIGER y. Tiegh. - Oltre che da Gibelli e Cesati, Monti e Tirelli, Gosio, Ceni e Besta, Tiraboschi, questa specie è stata riscontrata nelle cariossidi di mais avariato da Brizi, abbastanza frequentemente; questo A. ha tro- vato che per l’attitudine a infettare artificialmente le cariossidi vive di mais questa muffa viene subito dopo, quantunque a grande di- stanza, del Pen. glaucum. Delle sue proprietà tossiche si sono occu- pati Gosio e Ferrati, Ceni e Besta, Paladino. Mouliard e Coupin (XVIII), coltivando Asp. niger in liquido di Rau- lin privo di potassio, osservarono che i conidi si formavano più diffi- ERRE cilmente, più piccoli e meno intensamente colorati, e che sulle ve- scicole, accanto a sterigmi primari (basidi) con sterigmi secondari normali, si originavano dei lunghi filamenti, di cui alcuni si rigon- fiavano, a grande distanza, in un capolino (di 2° ordine) più piccolo, su cui nascevano direttamente sterigmi secondari con catenelle corte di conidi e qua e là altri filamenti, rigonfiati in capolini (di 3° or- dine) ancora più rudimentali, oppure ramificati a guisa di Penzcillium. Ricorderò che tanto per questa specie quanto, e ancora più, per gli altri Aspergilli da me studiati, 10 ho osservato (XXIII) nelle colture in goccia pendente, non solo dentro al substrato ma anche nella parte aerea, la formazione di capolini rudimentali, portanti direttamente gli sterigmi secondari, e che talvolta, specialmente per l’Asp. flavus, ho visto delle fruttificazioni simili a quelle del genere Pemicillium e perfino del genere Oospora. Anche Friedel (XII), coltivando Sterigma- tocystis versicolor su liquido di Raulin incompleto, ha osservato che molti sterigmi germogliano in sito (sul capolino) e allungandosi smi- suratamente danno alle fruttificazioni delle forme irregolarissime. Io stesso, coltivando su agar al liquido di Raulin un Aspergillo di specie non ancora determinata isolato dall’acqua, ho visto (Tav. I, fig. 12) che le ife fertili terminavano con un piccolo rigonfiamento, sul quale erano inseriti da 5 a 8 sterigmi, di cui alcuni portavano una spora, altri erano smisuratamente allungati a guisa di ife segmentate, terminanti con un piccolo rigonfiamento, su cui nascevano sterigmi in parte corti in parte allungati e terminanti a loro volta con un altro rigonfiamento; in alcuni casi da un rigonfiamento primario par- tiva un fascio di 5-6-7 steli terminanti ciascuno con un rigonfia- mento, sul quale nascevano da 5 a 8 sterigmi corti portanti cia- scuno una spora. Coltivando questa stessa specie su polenta, non ho osservato che la formazione di piccoli rigonfiamenti portanti esclu- sivamente pochi sterigmi corti con conidi. ASPERGILLUS VARIANS Wehmer e Asp. versicoLor Tirab. (= Sterigmatocystis versicolor Vuillemin?). Fino ad ora il vero Asp. varians Wehm. è stato osservato nelle cariossidi di mais avariato soltanto da ma; nelle prime ricerche anzi (XXIII), eseguite su campioni di granturco della stessa prove- nienza, lo avevo riscontrato abbastanza frequentemente, in seguito (XXVI) lo trovai una o due volte soltanto; esso quindi deve essere piuttosto raro. Il Wehmerl’ha isolato da soluzioni zuccherine. Nel 1905 Ceni dall’aria della casa di una pellagrosa, nell’ Appen- nino Reggiano, a 870 metri di altitudine, isolò insieme con Asp. fu- ® Pai i pese migatus e Pen. glaucum un Aspergillo che descrisse (VI) come una nuova specie di Asp. varians ; altrove (XXV) ho fatto rilevare la con- traddizione in terminis che c’è in questo titolo. L’Aspergillo di Ceni, che l'A. cortesemente mi ha inviato in esame, è una specie diversa da Asp. varians Wehm. e perciò va de- signato sotto altro nome; ho proposto altrove (XVII bis) quello di Asp. | versicolor, per ricordare una particolarità che è comune a molte altre specie, ma che in questa si presenta molto più pronunciata, e cioè la variazione del colore dello strato conidifero a seconda del sub- strato nutritivo, della temperatura e delle fasi di sviluppo ecc. (e: non già a seconda delle stagioni, indipendentemente dalla tempera- tura, come vorrebbe il Veni). Ora, consultando la bibliografia, trovo che il nome versicolor è già stato dato fin dal 1903 (XVII bis) da Vuillemin a una specie le cui culture assumevano una colorazione verde o rosea a seconda della rea- zione del terreno; questa specie fu studiata pure, da questo punto di vista, da Mirsky, da Friedel (XII) e da Coupin e Friedel(VII), e dalle loro ricerche risulta che, contrariamente a quello che fanno Aspergilli e Penicilli in genere, essa sì sviluppa meglio su terreni alca- lini che su quelli acidi (la stessa eccezione presenta Asp. candidus I Wehm.) e che anzi solo sui terreni alcalini o neutri fruttifica in ma- niera normale; la colorazione dello strato conidifero varia sensibil- mente a seconda della reazione del terreno (dal giallo — reazione de- bolmente acida —, all’aranciato — reazione neutra —, al rosso — rea- zione alcalina —) e della composizione di esso (su liquido di Raulin privo di Mg., come pure su patate e carote, rosa-grigio; su altri terreni, verde); si possono anzi isolare e coltivare separatamente due varietà, una rosa e una verde, benchè dopo qualche tempo il rosa volga al verde e viceversa. Quanto alle particolarità morfolo- giche di questo Aspergillo, esse sono state descritte solo da Mirsky (XVII bis): corpi conidiofori simili a quelli di St. nidulans: ife fer- tili p 330Xx3,5-4,35; capolini p 165><127; vescicola tondeggiante, larga fino a 10-12 p; sterigmi nascenti radialmente sulla metà su-~ periore di essa: i primari conici, con I’ apice sulla vescicola, p 3-4-9Xx2-5-3; i secondari in forma di birilli, p 51,75; conidi fi- namente verrucosi, tondi, p. 3-3,5, riuniti in catenelle di fino a 50 conidi. Non osservati nè peritici nè sclerozi. Non cresce a 37°; a 35° si sviluppa, ma non fruttifica; optimum 30. Tutti questi ca- , ratteri si ravvicinano a quelli da me trovati per l’Aspergillo di Ceni, tanto che si sarebbe tentati a identificare questo con St. ver- sicolor Vuill., ma per procedere con sicurezza a tale identificazione, occorrerebbe poter fare il confronto delle due forme. SI sc Ecco la descrizione di Ceni del suo Asp. varians : corpi conidio- fori piccoli; ifa fruttifera septata, a forma di canna di bambù, a pareti semplici e liscie (p 150-200 x 4-5); vescicola ovoidale, rara- mente tondeggiante (10-12 »); sterigmi ramificati: primari conici, poggianti coll’apice sulla vescicola, corti (4. 6-7) e grossi; secondari a forma di ampolla, in numero di 2 a 3 o più per ognuno dei pri- mari, lunghi e esili (4 18-20 X 2-3); conidi variamente colorati, tondi (p 2-3). Optimum di sviluppo 22°-24° C., maximum 30°, mini- mum 15°. Cresce bene sui vari terreni di coltura, specialmente su li- quido di Raulin che diviene fortemente alcalino e si colora in rosso- vinoso; fluidifica lentamente la gelatina; talvolta emana odore di funghi mangerecci. Ma le proprietà più caratteristiche sarebbero quelle della diversa rapidità di sviluppo e del diverso colore del feltro a seconda delle epoche dell’anno, benchè le colture siano fatte sempre alla stessa temperatura (22°-24°) e sullo stesso substrato (liquido di Raulin): nei mesi invernali, sviluppo lentissimo (18, 24 e più giorni prima di sporificare) e colore dal rosa-carneo, al giallo-cromo, giallo-ocra chiaro, grigio, cinereo ecc. per poi finire al color terriccio ; di pri- mavera e estate invece sviluppo rapido (sporificazione completa in 6-7 giorni) e colore dal verde-gialliccio al verde-olivastro al verde- scuro, invariabile per più mesi; di autunno, colore dal verde-sbia- dito al rosso-carmino iridescente; si avrebbe dunque, unicamente per l’influsso della stagione, tutta la gamma dei colori, dal verde al giallo, al rosso e al grigio, con tutte le tonalità e nuances; di più la rapidità di fruttificazione varierebbe da 6 giorni a circa un mese e varierebbero infine non solo il grado di attività ma la natura stessa dei tossici elaborati dalla muffa. K così il Ceni porta qui alla ennesima potenza quella che è sempre stata la sua idea fissa, della influenza cioè delle stagioni (in- dipendentemente dalla temperatura) sullo sviluppo delle muffe (Asp. fumigatus, Asp. ochraceus, Pen. glaucum ecc.) e sulla produ- zione di tossici da parte di esse. Altri (Gosio e Paladino) si sono occupati di quest’ultima parte, io ho voluto verificare l’altra asser- zione, tanto più che mentre Ceni scrive che nei cambiamenti di colore del feltro (determinati dalle stagioni) il suo Aspergillo ri- corda la forma di Asp. varians Wehm., nella descrizione di questo autore nulla è detto in questo senso (il Wehmer anzi dice espressa- mente che i cangiamenti di colore dal verde al giallo dipendono dal substrato) enulla io avevo constatato nello studio già fatto di questo Aspergillo. EMO Dimensioni delle varie parti costitutive dell’apparato conidifero: Aspergillus varians Wehmer Asp. versicolor Tiraboschi St. versicolor Vuill, Misure Misure Misure | Misure Misure di Wehmer di Tiraboschi di Ceni | di Tiraboschi di Mirsky Ife fruttifere |1 2mm. 10-14») 1 mm. X 12-16 p | p 150-200 XK 4-5 | p 300-450 x 5-5,5; p. 330 X 3,5-4,35 Capolino p. 58-80 e oltre 100| p 70-80 fino a 120 1 p. 50-60 p 165 X 127 Vescicola p 25 30; 36 X 22 | p 25 40; 40 x 28 p10 12 p. 16-17 X 11-14 p 2? < 10-12 Sterigmi p 16-25 x 3-4 p. 12-22 x 3,5-4,5 poe7rxo? p 5-6 X 3-4,5 p 3-4-9 XK 25-3 Sterigmi secondari — _ pi 18-20 XK 23 p. 7-10 x 2-3 p 5175 Conidi p3A p3-4 p. 2-3 p. 2,5-3 p 3-35 Considerando anche i limiti minimi di A. varians-e i massimi di A. versicolor, questi sono inferiori a quelli, e spesso anzi di gran lunga inferiori; di più gli sterigmi, semplici in A. varians, sono ramificati in A. versicolor. Si tratta dunque di due specie anche morfologicamente diverse. L’optimum di sviluppo da me trovato per Asp. versicolor (25°-28°) e il maximum (35°-37°) sono superiori a quelli fissati da Ceni, come pure più basso è il minimum (11°-12°); questi limiti naturalmente variano a seconda del terreno: così a 35°-37° su molti terreni non si ha sviluppo, mentre su polenta si ha sviluppo e anche fruttificazione, quantunque questa non sia visibile a occhio nudo, perchè il feltro resta bianco, ma al microscopio si vedono piccoli capolini con ste- rigmi e conidi incolori. Troppo lungo sarebbe esporre qui tutte le numerose osservazioni fatte riguardo al colore dello strato conidifero sui vari substrati, tanto più che questo colore varia anche su una stessa cultura, nelle varie fasi di sviluppo, e ciò non ci deve sorprendere, poichè sappiamo che col progredire dello sviluppo e della fruttificazione varia la reazione del terreno. Le diversità di tinte vanno dalle diverse to- nalità del verde al gialliccio e al rosa; non ho però osservato mai i colori giallo-cromo, giallo-ocra, cinereo e rosso-carmino iridescente segnalati da Ceni e neppure l’aranciato e il rosso indicati da Coupin e Friedel per la loro St. versicolor V., come pure non ho potuto isolare e coltivare separatamerte una varietà rossa e una verde, come è riuscito a fare, sia pure limitatamente, Vuillemin; queste varietà di colori sono conservabili solo su determinati terreni: ad es. il rosa (rosa-verdolino-grigio) su patate e il verde su polenta. È su questo terreno, il quale pure, inizialmente almeno, ha reazione rigo acida, che io ho osservato le più belle colorazioni verdi, di un verde puro, vivo e intenso; come è anche sulla polenta che si ha lo svi- luppo più rigoglioso del feltro in genere e sopratutto dello strato conidifero, e che si ha sviluppo e fruttificazione anche a 85°-37°. Coltivato su polenta in capsule di Petri, Asp. versicolor emana un odore dapprima misto di etereo e di acre e che più tardi ricorda quello di funghi mangerecci freschi ed è fortissimo; tale odore si avverte anche, ma meno intenso, nelle colture in capsule su liquido di Raulin, mentre dalle culture su latte emana un odore impuro di ammoniaca. La reazione tanto della polenta quanto del liquido di Raulin si mantiene a lungo acida e non diviene mai fortemente alca- lina, come dice il Ceni (nelle colture di A. varians W. su liquido di Raulin — sviluppo scarso e sporificazione quasi nulla — la reazione è acida anche dopo molti mesi). La reazione fenolica col percloruro di ferro è quasi nulla. La gelatinolisi, nei vari terreni alla gelatina da me usati, è lenta, molto più lenta che per Asp. varians W.; fanno eccezione però le gelatine preparate col liquido di Raulin completo o ridotto e per le quali la fluidificazione è molto più rapida che per A. varians W. Il latte è coagulato abbastanza rapidamente, ma il coagulo è ri- disciolto lentamente. Anche per questa specie, nelle colture in goccia pendente si os- servano nell’aria, accanto a corpi conidiofori bene sviluppati, altri poco sviluppati (arresto di sviluppo per esaurimento del materiale nutritivo), con pochissimi conidi e con ramificazione degli sterigmi distintamente visibile (2 a 3 secondari per ogni primario; talvolta si vede un solo sterigma semplicemente strozzato), oppure delle frut- tificazioni penicillari; nel substrato si vedono conati di sporifica- zione: un piccolo rigonfiamento con pochi sterigmi (ramificati o sem- plici) di cui qualcuno porta una spora. In conclusione, l’Aspergillo di Ceni è una specie diversa da A. va- rians W. e forse anche da St. versicolor Vuill. Coltivandolo sempre alla stessa temperatura e sugli stessi substrati, non ho osservato mai, nel volgere di ben due anni, le variazioni di sviluppo e di colore se- gnalate da Ceni; così, p. es., su polenta a 25° lo sviluppo e la frut- tificazione erano rigogliosi dopo 4-5 giorni anche nei mesi d’inverno (anni 1905-6-7-8) e lo strato conidifero era costantemente verde in tutte le stagioni. Evidentemente il Ceni deve aver coltivato la sua muffa o a temperatura non costante, o su liquido di Raulin di com- posizione non costante, o su terreni non bene sterilizzati (colture impure). E passiamo ora alla descrizione di altre specie isolate dopo la prima mia pubblicazione. ASPERGILLUS OCHRACEUS Wilhelm e var. MIicrosPora Tiraboschi. Asp. ochraceus fu descritto la prima volta da Wilhelm (XXXI) e poi citato da Winter, Saccardo, Schroeter, Wehmer ecc. Ecco i suoi caratteri: ife fruttifere grandi (mm. 2-3 X n 20), a parete. grossa, gialla, disseminatadi piccole escrescenze gialle; capolini giallo-ocra, ‘giallo-pallido, giallo-bruno; sterigmi ramificati, incolori, delicati, fitti; conidi tondi, giallicci o incolori, da 3,5 a 5p. Numerosi scle- rozi tondi (mm. 0,5), giallo-bruni, sterili. Sul pane nero e su piante umide. Nell'estate del 1904 Ceni (VI) isolava dall’aria di una miserrima capanna di pellagrosi nell'Appennino Reggiano l’Asp. ochraceus e ag- giungeva i seguenti caratteri: capolini sferici o leggermente ovoi- dali, da 25 a 40 » di diametro, con sterigmi lunghi (25-50 p), grossi, a clava, generalmente ramificati, con 2-4 0 più sterigmi secondari di 7-8 « 8-4 p; conidi leggermente ovoidali o tondi, da 4 a 5 p. Feltro giallo-bruno o giallo-ocra. Cresce bene su pane bianco, polenta, chicchi di mais ecc., e benissimo su liquido di Raulin, sul qual ter- reno la superficie inferiore del feltro dal color bianco passa grada- tamente a quello di feccia di vino, colore che poi si diffonde un po’ anche nel liquido colturale. Fluidificazione della gelatina rapida. Op- timum, maximum e minimum di temperatura per lo sviluppo, rispet- tivamente 20°-25°, 30°, 15° C. Io ho isolato una prima volta nel 1904 dal pane di granturco e poi nel 1905-6 da alcune cariossidi avariate di mais una forma di Asp. ochraceus, che non è perfettamente identica a quella descritta da Ceni e di cui questo A. mi ha cortesemente inviato una coltura ; si tratta di due varietà ben distinte di una stessa specie, di cui quella di Ceni (macrospora) si può assumere come Asp. ochraceus Wilh. tipico, e la mia come Asp. ochraceus var. microspora. Ecco i ca- ratteri comuni e differenziali delle due varietà, tenendo presente che le oscillazioni nelle dimensioni si riferiscono non solo ai preparati di una stessa coltura, ma anche a quelli di colture diverse (su ter- reni diversi, a temperature diverse). Ife fruttifere gialle, lunghe da mm. 0,5 a 1,5, un po’ più grosse nella varietà di Ceni (10 a 15 p.) che nella mia (7-12 h), con pareti pe Spe grosse (js 1 a 1,8), munite di fittissime escrescenze puntiformi; vesci- cole tondeggianti, incolori o leggermente colorate in giallo, a parete sottile, 40-45 w (var. Ceni), 30-40 » (var. mia); sterigmi incolori o leg- germente tinti in giallo, diafani e delicati, ramificati: i primari sen- sibilmente più grandi nella var. di Ceni (35-40 X 7-11 px) che nella mia (20-32 X 5-9 n), foggiati quasi a cono, poggiante con l’apice sulla vescicola; i secondari in numero di 3-4-5 per ogni primario, 8-15 « X 3-3,5 » (var. Ceni), 8- 10 X 3-3,5 la (var. mia). Conidi tondi o leg- germente ovali, incolori 0 clin. lisci, a parete sottile, 4-5 p (var. Ceni), 3-3,5 p (var. mia). In conclusione, la forma isolata da Ceni ha corpi conidiofori che in tutte le loro parti presentano dimensioni più considerevoli di quelli della forma isolata da me, e tale diversità è più marcata e costante nei conidi, che nella forma di Ceni raggiungono la gran- dezza massima indicata da Wilhelm per la sua specie (p. 5), mentre nella mia oscillano da p. 3.a 3,6, senza oltrepassar mai questo limite massimo (var. microspora). Quanto ai caratteri colturali, i limiti di temperatura per lo svi- luppo sono all’ incirca gli stessi per le due varietà; l’optimum è un po’ più alto di quello stabilito da Ceni, cioè 25°-28°, e il maximum pure (35° circa; a 35°-36° nessuna delle due varietà si sviluppa su agar al liquido di Raulin, ecc.; invece su pclenta si ha un po’ di sviluppo, con formazione di uno scarso strato conidifero giallo-pal- lido e fruttificazione irregolare); viceversa il minimum è più basso: 10 ho osservato sviluppo su agar al liquido di Raulin anche a 11°- 12°, per quanto la fruttificazione fosse anormale: forme penicillari e di passaggio alle aspergillari; alcuni sterigmi semplici, ma stroz- zati e allungati, altri ramificati, con sterigmi primari cortissimi e grossi (5-6 X 4-5 n»); conidi irregolari per forma e grandezza, inco- lori, ecc. Coltivate sui vari terreni, le due varietà si sviluppano presso a poco ugualmente, e le differenze sono così piccole e alcune anche così poco costanti che non vale la pena di enumerarle tutte. Lo svi- luppo è rigoglioso e rapido su patate bagnate con liquido di Raulin, su questo liquido e su agar e gelatina preparati con esso, su po- lenta, ecc.; è scarso invece sui comuni brodo, gelatina e agar nutri- tivi, e anche sul latte, benchè la coagulazione di questo e il discio- glimento del coagulo si compiano rapidamente. La gelatinolisi, nei vari terreni da me usati, si compie con rapidità quasi uguale per tutte e due le varietà; contrariamente però a quanto ho osservato per tutti gli altri ee ni da me esaminati, l’aggiunta di glucosio © di saccarosio al 3 %, tanto a una semplice soluzione acquosa e acida IR 2s di gelatina 10 °/, quanto alla comune gelatina nutritiva, ne ritarda la fluidificazione, e questo speciale comportamento che si ripete per tutte e due le forme è una prova che esse sono due varietà di una stessa specie. La gelatina fluidificata assume generalmente un colore più ca- rico nella var. Ceni che nella var. mia; così mentre in questa la co- mune gelatina nutritiva e quella preparata con sola acqua, più sac- carosio o glucosio 3 °/, e NaCl 0,50 °/,, presentano un colore di vin bianco chiaro, per la var. Ceni il colore è di vino bianco carico nella prima gelatina, giallo-limone nelle altre due; nella gelatina al li- quido di Raulin, è di vin bianco per la var. mia, di marsala per la var. Ceni. Delle proprietà tossiche di Asp. ochraceus, che sembra essere raro nel granturco, si è occupato il Ceni. Anche per questa specie non ho potuto osservar nulla di quello che scrive il Ceni, che cioè nell’in- verno entri in una fase di vita latente, durante la quale, anche alla temperatura optimum, vegeta abbastanza bene, ma presentando ca- ratteri di uno stato degenerativo (patine incomplete e più mucila- ginose, con feltro più scarso e più sbiadito). ASPERGILLUS EFFUSUS nova sp. Questa nuova specie, che 10 ho isolata da cariossidi avariate di mais, somiglia a Asp. novus Wehmer, ma se ne distingue per alcuni caratteri morfologici e culturali. Eccone la descrizione: Ife fruttifere lunghe da 150 a 500 p, larghe da 10 a 12 p (in vi- cinanza del capolino, dove si presentano un po’ dilatate), a pareti sottilissime. Capolini da 70 a 80 1, con vescicola tondeggiante di 30-40 p di diametro, ricoperta da un fitto strato di sterigmi indivisi, fusiformi, corti è rigonfi, di 10-13 Xx 5-6 1; a volte alcuni sterigmi sl presentano più allungati (fino a 16 p), un po’ strozzati in mezzo e più sottili (4-5 x). Conidi tondi, lisci, incolori o giallicci, grandi fino a 7,5 p; accanto a questi se ne vedono altri più piccoli (4,5-5- 6 n), generalmente incolori; così ho visto uno sterigma ancora attac- cato alla vescicola e portante una catenella di 4 spore, di cui la più distale (la più vecchia) misurava p 7,2 e le altre successivamente 6, 5 '/,,3 ‘/,,I conidi di Asp. novus W. misurano da p 3,5 a 4. L’optimum di temperatura per lo sviluppo di questa specie è in- torno a 37° C.; essa però si sviluppa rapida e rigogliosa anche a 44°-45°; invece a 18° si sviluppa più lentamente. Cresce bene su tutti i terreni da me adoperati e su alcuni (patata, agar al liquido di Raulin, agar zuccherato, polenta, pane, latte ecc.), coltivata a ENT Ig i temperatura favorevole, dà luogo a uno sviluppo rigogliosissimo; il ‘ micelio si eleva molto al disopra del substrato e si presenta come una massa soffice che si effonde in tutte le direzioni, donde il nome: il colore del feltro dapprima è bianco-candido, poi diventa bianco- sporco, più tardi presenta qua e là, specialmente nelle parti alte del tubo, delle zone di un verde-cloro o giallo-verdastro o giallo-sporco tendente un po’ al verde o al bruno; se si tocca il feltro con l’ansa, esso cede facilissimamente e così schiacciato assume un colorito verde-giallo-oliva più intenso, determinato dal fatto che i capolini immersi nella massa del micelio vengono messi in evidenza; in se- guito il colore degenera sempre più verso il color cannella-sporco. Nelle colture su latte in provetta l'altezza del feltro al disopra del liquido raggiunge dopo qualche giorno fino a 3 cm. e più; il latte è rapidamente coagulato e il coagulo è poi disciolto pure rapida- ‘mente, cosicchè dopo qualche giorno non resta sotto al feltro che un liquido limpidissimo, di un colore giallo-oro che poi degenera in co- lore di marsala carico; reazione decisamente alcalina; odore im- puro di NZ,. La fluidificazione della gelatina è rapidissima, specialmente in quella preparata col liquido di Raulin e in quelle zuccherate (glu- cosio o saccarosio al 3 °/,); dalle colture su liquido di Raulin, e spe- cialmente da quelle a 37°, si ricava un filtrato attivissimo sulla ge- latina (1); questa finisce per essere trasformata in un prodotto non risolidificabile dalla formaldeide; la colorazione della gelatina flui- dificata varia (a seconda dell’epoca, della composizione e reazione del terreno, della temperatura ecc.) dal giallo-oro al giallo-aranciato, giallo-verdastro e marsala-carico; nelle gelatine a reazione acida questa diventa alcalina. Anche nelle colture su liquido di Raulin la reazione di questo diventa presto alcalina, specialmente nelle col- ture a 37°, e ciò forse spiega, almeno in parte, la maggiore attività gelatinolitica dei filtrati di colture a 37°; invece la produzione di pigmento è più intensa a 26° che a 37°. _ Anche la reazione della polenta diventa presto (4-5 giorni) for- . temente alcalina nelle colture a 37°, mentre in quelle a 30° dopo 6 giorni è ancora acida; nelle colture a 30° e a 37° in capsule di Petri, la polenta si trasforma in una poltiglia molle (2) e già dopo 1-2 (1) Il filtrato è più attivo in ambiente alcalino che in ambiente acido; l'aggiunta, in determinati casi, di Na Cl al 0,5 °/,, e più ancora l’aggiunta di dosi non troppo elevate (3 °/, circa) di glucosio o di saccarosio favoriscono l’at- tività gelatinolitica del filtrato stesso. (2) Ciò accade anche nelle colture di Asp. flavus e in genere in quelle col- ture nelle quali è intensa la reazione fenolica col percloruro di ferro. ANNALI DI BoTanica — Vou. VII. LIO) 18 — giorni emana da esse un odore intenso di etere acetico, che poi (più presto nelle colture a 37° che a 30°) diventa un po’ impuro, com- misto ad esalazioni acri, e in seguito (già dopo 5 giorni a 37°) non ha più nulla dell’etere acetico, è fortemente acre e sa un po’ di am- moniaca; lo stesso odore impuro di NH, si sente anche nelle col- ture vecchie su latte, liquido di Raulin ecc. Quanto alla reazione fenolica col cloruro ferrico, dirò che l’Asp. effusus è, tra le specie che io ho esaminate, quella che ha dato tale reazione con la massima intensità e sopratutto, contrariamente a quanto ho detto per Asp. flavus, con la più grande costanza, sempre, su tutti i terreni cultu- rali (1), in tutte le fasi di sviluppo (purchè questo però fosse già avvenuto in misura rilevante), qualunque fosse stata la temperatura di coltura ecc. Anche per questa specie, coltivata ad alte temperature o in goc- cia pendente, ho osservata la formazione di corpi conidiofori ridotti (vescicole piccolissime, con pochi sterigmi, nelle colture su patate a 44°-45°) o addirittura rudimentale (nello spessore di una goccia di agar al liquido di Raulin); non ho però visto forme di fruttifi- cazione penicillare. Già ho detto come questa specie si somigli ad Asp. novus Wehm. e come se ne distingua per le dimensioni molto più grandi dei conidi. Anche lo sviluppo sui terreni colturali è simile; Asp. effusus però dà un feltro che si effonde molto di più e sì spinge molto più in alto (non mai però come Asp. Wentii Wehmer), e inoltre i suoi limiti maximum, optimum e minimum di temperatura sono un po’ più elevati; in Asp. novus la reazione fenolica è del tutto mancante o appena accennata, la gelatinolisi è meno rapida, ecc. ASPERGILLUS GLAUCUS Link. Sinonimi: Eurotium herbariorum (Link) Wigg. ecc. Questa specie è stata da me isolata, nell’ottobre 1906, dall’in- terno di cariossidi avariate di granturco, trasmesse per esame al nostro laboratorio e prelevate a Lovere (prov. Bergamo) da una grossa partita di granturco proveniente dalla Plata; seminato del materiale su alcuni tubi di agar al liquido di Raulin inclinato, in alcuni, specialmente in quelli portati a 20° C., si sviluppò in col tura pura o quasi l’Asp. glaucus. Questa specie era gia stata isolata in coltura pura da Wehmer, che l’ha trovata frequentissima sul pane bigio della Vestfalia, specialmente in quello non fresco. Anche nel granturco guasto era già stata riscontrata da Cattaneo (V) e da (1) Sulla polenta la reazione va dal rosso-sangue intenso (colture a 30° di 4 giorni) al rosso-vinoso-bruno (colture a 37°). aie [haem Carraroli (IV) (1); Fossati (XI) l’ha trovata nell’interno di grosse pagnotte di granturco. Essa è inoltre molto diffusa dovunque, co- munissima su molte sostanze vegetali, che spesso deteriora for- temente, ecc. Il campione da me isolato coincide perfettamente nei suoi ca- ratteri morfologici e culturali con quello isolato da Wehmer e perciò rimando alla accurata descrizione che ne dà questo A., facendo solo rilevare alcune differenze nelle dimensioni tra le misure fatte da me e quelle, che aggiungo fra parentesi, indicate da Wehmer. Ife sterili: diametro 5-12 p. (3); ife fruttifere 1 a 2 mm. X 11-17 p (14 e più); capolini 60-70 » (80-100); vescicola 28-30 p (60); sterigmi 9-18 >< 5-8 u. {10-14 5-7); conidi 5,5-13 X 5-8 w (7-15). Periteci, aschi e asco- spore come in Wehmer. Optimum di temperatura 20°-25° C. (15°-20°), minimum 8°-10° C. (7°), maximum sotto a 37° e sopra a 30° (37°, secondo Wehmer, su alcuni terreni). Colore dello strato conidifero variabile, anche nelle colture fresche, dal verde-puro al verde-scuro, verde-glauco, verde- giallo, verde-oliva a seconda della temperatura, composizione e rea- zione del terreno colturale ecc.; se si sviluppano periteci in gran copia, appaiono zone giallo-oro e giallo-solfo. Spesso una sostanza colorante si diffonde nel terreno di coltura, anche se questo è solido (agar e gelatina); così l’agar al liquido di Raulin si tinge in ver- dastro (e poi in caffè chiaro); la gelatina in semplice soluzione acquosa con Na C7 0,5 °/., diventa verdastra-giallastra se veduta per trasparenza, verde-fluorescente intenso per riflessione. Odore varia- bile a seconda del terreno di coltura e della eta; ora ricorda I’ o- dore di stracchino di Gorgonzola, ora quello dei funghi, del ta- bacco ecc. La reazione del liquido di Raulin o della polenta su cui ha vegetato e sporificato l’Asp. glaucus si mantiene acida per molti giorni. La gelatinolisi non si effettua in nessuno dei terreni a base di gelatina da me adoperati e questo Aspergillo sarebbe quindi l’unico, tra quelli da me studiati, incapace di fluidificare la gela- tina; Wehmer però che ha usato gelatina al mosto di birra dice che la fluidifica lentissimamente. Ugualmente io ho trovato che Asp. glaucus non è capace di coagulare il latte, e ciò contrariamente all’asserzione di Schiffer (XXII 3), secondo il quale esso coagule- rebbe il latte e peptonizzerebbe la caseina; ricordo però che recen- tissimamente Sartory (XXII a) ha comunicato alla Società di Bio- logia di Parigi che alcune delle 30 specie di muffe da lui studiate (1) Carraroli dice che Asp. glaucus si trova nel granturco nelle stesse con- dizioni che Pen. glaucum; egli cita inoltre Eurotium herbariorum come una specie diversa da Asp. glaucus e la dice frequentissima nelle cariossidi di gran- turco proveniente dai Principati dei Balcani, 1 sono incapaci di coagulare il latte e peptonizzare la caseina, e fra queste colloca anche Asp. glaucus. Reazione fenolica col percloruro di ferro, a volte, in alcuni terreni culturali, abbastanza marcata: tinta tendente al violaceo. Secondo le ricerche di Gosio l’ Asp. glaucus è un arsenio-muffa attiva, che egli colloca subito dopo Asp. fumigatus. * * + Da cariossidi guaste di granturco, della stessa provenienza di quello da cui ho ricavato Asp. glaucus (Plata), ho isolato altre tre forme, che io non avevo mai riscontrato nel mais avariato e che nep- pure erano state mai segnalate da nessuno degli AA. che si sono occupati di queste ricerche: una di queste forme appartiene al ge- nere 0ospora, a noi già ben noto, le altre a due generi molto di- stanti (uno specialmente) da quelli di cui finora ci siamo occupati, e cioè ai generi Hormodendron e Diplodia; il primo nella Sylloge del Saccardo è collocato in una famiglia (Dematiaceae), del gruppo Hyphomycetae o Gymnocarpae, diversa da quella (Mucedinaceae) che comprende, fra gli altri, i generi Oospora, Penicillium, Aspergillus ; l’altro è collocato tra le Angiocarpae, che è un gruppo ben distinto dalle Gymnocarpae, pur appartenendo alla stessa classe dei Deute- romycetae o fanghi imperfetti (1). Si tratta quindi di forme molto lontane da quelle comunemente riscontrate da me nel granturco guasto proveniente da località diverse d’Italia, infestate dalla pel- lagra, e questo fatto, unito all’altro che anche l’ Asp. glaucus e l’ Oospora aegeritoides Karst. non sono stati mai osservati da me nel granturco coltivato in Italia (2), mi induce a ritenere che la flora ifomicetica delle cariossidi di mais guasto possa variare profonda- mente da regione a regione, dal momento che in quello proveniente dalla Plata si riscontrano 4 forme diverse, e alcune.anzi molto lon- tane, da quelle frequenti nel granoturco in Italia. (1) Ricordo che nella classificazione di Brefeld Schenk (Trattato di botanica di Strassburger) i generi Oospora, Aspergillus, Penicillium e Hormodendron ap- partengono alle Perisporiacee (che è un ordine della sottoclasse Ascomiceti), mentre il genere Diplodia appartiene ai Pirenomiceti (che è un altro ordine della stessa sottoclasse). Allo stesso ordine dei Pyrenomycetae appartiene an- che la Mycosphaerella Tulasnei, che pare debba considerarsi come la forma ascofora di Hormodendron cladosporicides, come diremo tra poco. (2) Oospora aegeritoides non è stata mai segnalata da nessuno nelle carios- sidi avariate di granturco; quanto ad Asp. ylaucus già ho detto che Cattaneo avrebbe riscontrato l’ Eurofium herbariorum nel mais guasto e che Carraroli scrive che Asp. glaucus si trova nelle stesse condizioni del Penicillium glau- cum e che Eurotium herbariorum si trova specialmente nei grani provenienti ‘ dai Principati dei Balcani. fre. po rei À REI e OosPoRA AEGERITOIDES Karst. Questa specie è stata descritta la prima volta da Karsten, nel 1888 (XVII). Eccone la diagnosi, riportata anche da Saccardo: Caespi- tulis gregartis, erumpentibus, vulgo rotundatis, subpulvinatis, laxis, farinosis; hyphis fasciculatis, erectis, simplicibus, continuis, 26 Xx 4-5 p, in catenulas breves, rarissime ramosas abeuntibus ; conidiis mox sece- dentibus, ovoideis v. sphaeroideis, albis, 6-7 x 5-6 p vel 5-6. In cau- libus putrescentibus Chennopodii albi, ad Mustiala Fenniae. Sono arrivato a identificare la forma da me isolata con quella descritta da Karsten, traverso alle difficoltà delle quali ho già par- lato (XXIII) a proposito di O. verticillioides. Ed ecco senz’altro la descrizione della specie, quale risulta dallo studio delle colture pure da me fatte. Esaminando al microscopio del materiale dilacerato con gli aghi e montato in una goccia di acqua o di glicerina diluita non si vede altro che una grandissima quantità di conidi liberi e delle ife por- tanti qua e là qualche conidio. Ife sterili, di 2-3 p di diametro, a segmenti distintamente articolati, fortemente vacuolizzate; qua e là lungo un’ifa si vedono sorgere dei rami laterali brevi (4 15-30 Xx 3- * 5) non segmentati e indivisi, terminanti generalmente con un solo conidio. Conidi ialini, lisci, tondi (py 4a 7 di diametro), oppure leg- germente ovali o un po’ apiculati (1 6-8 Xx 5-7). Che i conidi, mano a mano che nascono all’apice dei rami fertili, si dispongano in ca- tena, lo dimostra l’esame delle colture pure in goccia pendente. Ecco che cosa si osserva, p. es., in una goccia di gelatina acida e zucche- rata (saccarosio 8 °/,) mantenuta a 24° C. Dopo un giorno, dentro alla gelatina i conidi germinati appaiono ingranditi, tondeggianti, come svuotati, con parete a doppio con- torno; da essi partono ife già molto allungate e ramificate e tutte © vacuolizzate (meno che in vicinanza dell’apice per pochi p.), che poi crescono e già dopo due giorni formano un fitto intreccio e misurano da 2a4y di diametro; al terzo giorno si vedono dei rami aerei brevi, con poche spore (da 1 a 4) in catena; in seguito cresce il nu- mero di questi rami fertili, che restano tutti brevi (» 15 a 25) (1), na- scenti tutti lateralmente da un’ifa immersa nel substrato, tutti in- divisi e terminanti tutti con una lunga catenella di conidi (fino a 20 per catena); spesso i rami fertili nascono in numero di parecchi (1) L’altezza dello strato aereo è di circa 80 p. (otto divisioni della scala della vite micrometrica di un microscopio Koritska). 2 ig tt ravvicinatissimi, tutti da uno stesso lato (fascicolati), cosicchè nel complesso si ha come l’aspetto di un penicillo piatto; i conidi di- stali (i più vecchi) misurano fino a 6-7 p. Anche dentro alla gelatina si vedono rami brevi, con conidi tondi, grandi fino a 5-6 p e talora | disposti in catenelle (generalmente di 1 a 4 conidi soltanto, rara- mente fino a 6-7), più spesso ammucchiati accanto all’ifa fruttifera. In complesso quindi si tratta di una Oospora a catenulazione coni- diale più resistente di quella da me osservata per O. verticillioides. Questa specie ha il suo optimum di temperatura a 25°-28° C.; non cresce a 37°; cresce ancora, ma lentamente, a 14°-15° C. Si sviluppa sui soliti terreni dicoltura da me usati, dando luogo a un micelio bianco-candido abbastanza rigoglioso, che si mantiene per lungo tempo bianco e solo piu tardi diventa crema; dopo molti giorni si vedono comparire delle escrescenze, dapprima color crema e piccole, poi più grandi, in forma di emisferi facilmente distaccabili dal resto del feltro con un ago di platino, a superficie finissimamente vellu- tata e bianco-candida, a centro giallino-crema; la parte centrale è costituita da un intreccio di ife e conidi, quella superficiale da un am- masso di sole ife, fittissimamente ravvicinate fra loro e disposte tutte nello stesso senso. Gelatinolisi piuttosto lenta; nelle colture a 20°22° C. su vari terreni alla gelatina, questa dopo un mese è fluidificata per un’al- tezza di cm. 1*/, a 3 */, a seconda della composizione e reazione della gelatina stessa. Quanto agli altri caratteri culturali non ho osservato nulla di speciale. In complesso la forma da me descritta può riferirsi benissimo a O. aegeritoides Karst., benchè non siano da escludersi altre specie, al solito troppo incompletamente descritte, come O. Bonordenti Sace. e Vogl. (1), ecc. HoRMODENDRON CLADOSPORIOIDES (Fres.) Sace. [Cladosporium herbarum Pers.}. Il genere Hormodendron {Hyphae fertiles erectae, septatae, fuscae, varie dendroideo-ramosae. Conidiorum catenulae in ramulis acrogenae. Conidia globosa v. ovoidea, continua, olivacea v. fusca] è collocato da (1) Eccone la diagnosi: « Caespitulis albis, conidiis catenulatis, globosis, majusculis, inaequalibus » e basta. Se non fosse per la diversa grandezza dei conidi, la mia forma si potrebbe anche identificare con O. compacta (C.e E.) Sace. e Vogl.: « Alba, effusa; conidiis globosis, hyalinis, IN PULYINULOS SUB- GLOBOSOS CONGESTIS, 12,5 u crassis ». ubi Saccardo nella tribù Haplographieae (Conidia fusca, catenulata] della subsectio Macronemae [Hyphae manifestae et a conidiis distinctae], sectio Amerosporae [Conidia continua, globosa, ovoidea, vel oblonga], fam. Dematiaceae [Fungi byssini, fusci vel nigri, rigiduli,- hyphis laxis et sejunctis instructi. Hyphae et conidia typice atra ecc.]. L’ Hor- modendron cladosporicides Sacc. è considerato da molti(1) (vedi Lin- dau, XVI, vol. I, parte 8:, pag. 800) come una forma (più evoluta o metagenetica secondo alcuni) del Cladosporium herbarum Pers.; il genere Cladosporium appartiene anch’esso alle Dematiaceae, ma alla sezione Didymosporae [Conidia ovoidea v. oblonga, typice 1-septata|, subs. Macronemae, fam. Cladosporieae [Conidia levia, mutica, non capitata] e la sua diagnosi è: Hyphae subdecumbentes, ramuloso-intri- catae, olivaceae. Conidia initio globulosa, continua, dein typice 1-septata (quandoque initio catenulata et subinde quoque 2-3 septata). Genus proteum, limitibus certis vix coercendum et speciebus spurtis permultis obrutum. È noto poi che secondo lo Janczewski (XV bis) il Cla- dosporium herbarum non sarebbe altro che la fruttificazione coni- dica della Mycosphaerella Tulasnei, (forma ascofora già conosciuta col nome di Leptosphaeria tritici Pass.) la quale è una specie della famiglia Mycosphaerellaceae, sottordine Sphaeriales, ordine Pyreno- mycetae. Secondo Pirotta (XX) il Clad. herbarum entrerebbe nel ciclo di sviluppo delle Leptosphaeria (v. s.) e questo presente- rebbe cinque forme di conidi, cioè tre sorta di ife conidiofore (Cladosporium, Hormodendron, Dematium) e due sorta di concetta- coli conidiofori (Phoma, Septoria). Secondo altri invece (p. es. se- condo Tulasne) il Clad. herbarum sarebbe una forma della Pleo- spora herbarum, ma questa relazione è stata da molti negata. Il Lindau (XVI bis) conclude che allo stato attuale delle nostre co- . noscenze si può affermare che delle molteplici forme fino ad oggi descritte del Clad. herbarum un gruppo debba riferirsi al ciclo di sviluppo della Mycosphaerella Tulasnei, mentre gli altri gruppi de- vono ancora considerarsi come specie a sè. Io, lasciando insoluta tale complessa questione, descrivo la forma da me isolata e studiata come Hormodendron cladosporioides. Nel genere Hormodendron Saccardo colloca fino ad oggi 13 specie soltanto, delle cui diagnosi (2) la più accettabile per la forma da (1) Secondo altri però H. cladosporioides e Clad. herbarum costituirebbero due specie molto affini ma distinte; di questo avviso è p. es. Schostakowitsch (XXII c), sia per le differenze fisiologiche riscontrate nelle due forme, sia perchè egli non è mai riuscito ad ottenere la trasformazione dî H. cladospo- rioides in CI. herbarum e viceversa. (2) Lascio da parte H. nigro-virens Fres., troppo imperfettamente descritto, [Caespitulis obscure olivaceo-viridibus ; conidiis elliptico-ovoideis, 4-5 p. longis| NOA me studiata è appunto quella di H. cladosporioides Sacc.: Hyphis sim- plicibus vel apice parcissime ramulosis, 200 X 8 p, sursum angustio- ribus, olivaceis, septulatis, deorsum subdenticulatis; conidtis sublimont- formibus, n 4,5-6 X 3, continuis vel inferioribus rarius 2-sepiatis, oli- vaceis. In caulibus et foliis. La diagnosi saccardiana (1) di Clad. her- barum è: Caespitulis dense aggregatis, confluentibus, stratum velutt- num flavo-olivaceum dein atro-olivaceum constituentibus ; hyphis erectes vel adscendentibus, brunneis vel olivaceis, paullum ramosis. Coniduis prope hypharum apicem nascentibus, non vel parce concatenatis, dilute brunneis vel olivaceis, forma et magnitudine variabilissima, oblongis, ovoideis, simplicibus, vel oblongo-ellipticis cylindraceisve, 1-3 Septatis, ad sepimenta constrictis, levibus, » 7-15-20 X 5-7. Ricordo che il Clad. herbarum, diffusissimo dovunque, è stato già segnalato dal Traverso (XXVIII) non solo sulla faccia inferiore delle brattee avvolgenti le pannocchie di granturco da lui esaminate (pag. 4), ma anche dentro a cariossidi simulanti l'aspetto di quelle attaccate dal verderame ; spesso era associato a Oospora verticillioides. Esaminando al microscopio del materiale prelevato da una cul- tura pura della forma da me isolata, si vedono numerosissimi conidi liberi, bruni o verde-bruni, la maggior parte tondeggianti e piccoli (3 a 5-6 p) oppure ovali, ellittici e leggermente apicolati agli apici o limoniformi e un po’ più grandi (fino a 8-10 X 4-6 p), alcuni pochi allungati e quasi cilindrici (fino a 18 e pit» X 4:5), a estremi as- sottigliati; tra le forme tonde e ovali e quelle allungate ci sono tutte le forme di passaggio; alcuni conidi poi sono nettamente divisi in due (conidi di Cladosporium herbarum?). Oltre ai conidi liberi se ne vedono altri riuniti in catenelle e queste o libere o ancora attaccate alle ife; la ramificazione di queste è molto varia: irregolare, alter- nata, opposta, verticillata, biforcata, triforcata; i segmenti vanno via via raccorciandosi e diventando fusiformi, ovali e poi tondi, e e H. atrum Bon., quantunque la descrizione che ne dà Bonorden (II) si avvi- cini molto alla mia: « Sporis globoso-ellipticis, viride-nigris, articulis punctatis, hyphasmate caespitoso, denso ... Die Veriistelung der Hyphe ist unregelmissig; zuweilen entspringen 2 Sporenketten von einem Aste. Die Sporen sind kugelig, . doch nach zwei Seiten hin etwas zugespitzt, also dem Elliptischen sich nihernd, so dass sie augenscheinlich denselben Typus wie die Glieder der Aeste inne halten » Cito qui anche 7. Hordei Bruhne, affine, secondo Saccardo a H. cla- dosporioides. (1) La diagnosi che ne dà Lindau (XVI) corrrisponde a quella di Saccardo; solo egli aggiungé: « Konidien endstiindig, durch Fortwachsen der Triger- spitze scheinbar seitenstiindig und auf stumpfen Héckerchen aufsitzend...». Cito tra le specie più o meno affini al Clad. herbarum il Clad. tenuissimum Cooke, trovato su Zea mays. LA 5 | AE sempre più piccoli fino a 3-4 1; fra segmento e segmento e fra conidio e conidio si vede un grosso anello nero (Tav. 1°, fig. 2 b). Osservando al microscopio delle colonie sviluppatesi in colture piane su capsule di Petri si vedono nell’aria dei ciuffi di catenelle di spore brune, portate da ramificazioni brune delle ife. Ma al solito le osservazioni più istruttive sono quelle che si possono fare nelle colture pure in goccia pendente; ecco ciò che si vede in una goccia di gelatina acida zuccherata mantenuta a 24°C. | Dopo un giorno i conidi tondeggianti (questi perciò vanno con- siderati come conidi veri, capaci di germinare) appaiono leggermente rigonfiati e da essi partono, in numero di 1a 2 per ogni conidio, delle ife cortissime (lunghe fino a 50 p), segmentate; dopo due giorni le ife sono sviluppatissime (e quelle più vecchie vacuolizzate) e for- mano nello spessore della gelatina un intreccio abbastanza com- plesso, mentre nell’aria si vedono delle ife a segmenti corti, rami- ficate, coi singoli rami terminati da conidi tondi; la fruttificazione aerea va in seguito rigogliosamente sviluppandosi, tanto che dopo 4-5 giorni raggiunge già l'altezza di ‘/, mm. (50 divisioni della scala della vite micrometrica). A differenza di quanto accade nei generi finora esaminati (Aspergillus, Penicillium, Oospora, nei quali l’apice del ramo fertile o dello sterigma si strozza ripetutamente dando luogo a conidi che sospingono in avanti quelli precedentemente for- matisi (sporificazione basipeta), cosicchè i conidi più distal sono i più grossi e i più vecchi), qui l’apice del ramo fertile si strozza una prima volta e dà luogo a un segmento che si strozza alla sua volta e così via (sporificazione basifuga o acropeta), cosicchè 1 segmenti distali sono i conidi più giovani; questi sono piccolissimi (4 2,5-3) e tondeggianti e mano a mano che si avvicinano ai seg- menti prossimali diventano ovali e poi vanno gradatamente allun- gandosi fino a che si confondono coi segmenti dell’ifa; non c’è dunque un limite netto nelle dimensioni o nella forma tra conidi e segmenti, come non c’è nessuna differenza nel loro modo di originarsi; i veri conidi sono quelli che restano tondi o leggermente ovali, collegati gli uni agli altri da peduncoli, e che trasportati in un substrato nu- tritivo germinano. Ogni segmento si origina dal segmento inferiore in forma di una piccola gemma sferica che spunta all’apice distale del segmento stesso, poi cresce, emette al suo apice un’altra escre- scenza che ripeterà lo stesso processo e intanto continua a crescere allungandosi, fino a divenire un segmento che porta una catena di altri segmenti più corti e di conidi tondi; i rami delle truttificazioni nascono allo stesso modo; solo le gemme spuntano un po’ sotto al- l’apice distale del segmento; le ramificazioni sono generalmente in gate forma di biforcazione, e qualche volta di triforcazione e si ripetono» fino a 10 e più volte successive, dando luogo a delle fruttificazioni rigogliose e imponenti, come quella disegnata nella fig. 2 b della Tav. 1°, in cui molti rami sono stati soppressi per chiarezza. Tutta questa ricca sporificazione, che non era ancora stata de- scritta da nessun autore, si osserva solo nella parte aerea delle col- ture in goccia pendente; nello spessore della gelatina essa è molto più modesta, al massimo con 4-5 biforcazioni successive ; fra seg- mento e segmento e fra conidio e conidio (gli uni e gli altri ver- dastri) si vedono dei tramezzi o peduncoletti neri, simili a quelli già descritti sopra. Quanto ai caratteri colturali, dirò che la temperatura optimum di sviluppo è fra 20° e 25° C., che a 35° non si ha affatto sviluppo e che questo è lento a 12°. Il colore del micelio, dapprima biancastro tendente al verde, diventa subito verdastro, poi verde sempre più fosco e più cupo fino a verde-bruno e verde-nero; il feltro resta sempre piuttosto scarso e duro, difficilmente asportabile con un grosso ago di platino. Nelle colture in°gelatina acida e zuccherata su capsule di Petri, le colonie assumono un colore verde-antico, chiaro dapprima e poi sempre più intenso e scuro, specialmente alla faccia inferiore, dove passano al nero-bruciato. Fluidificazione della gelatina estremamente lenta, mancante anzi del tutto in alcuni terreni alla gelatina, per es. in una soluzione acquosa acida di ge- latina 10 % + saccarosio 3 %, ma senza Na Cl, mentre in quelle con saccarosio al 3% o al 6 % o con glucosio 3 % e con NaCl 0,5 % si ha fluidificazione (per quanto molto lenta); questa manca anche nella gelatina preparata con liquido di Raulin ridotto (senza Na Cl), mentre invece è relativamente considerevole (20 mm. di altezza dopo due mesi a 20°-22°) nella comune gelatina nutritiva (NaC10,5 %); parrebbe dunque che Na Cl favorisca la gelatinolisi da parte di A. cladosporioides, più di quello che faccia per gli Aspergilli e Peni- cilli da me studiati. La gelatina liquefatta si colora in bruno- caffe. DipLoDIia MAyvDpIS (Berk.) Sacc. Il gen. Diplodia è collocato da Saccardo nelle Angiocarpae o Sphaeropsidaceae |Fungi perithecio instructi, ascis carentes, sporu- lasque (stylosporas, spermatia) intra perithecium basidiis plus vel mi- nus manifestis suffultas gerentes), fam. Sphaerioidaceae [Perithecia membranacea, carbonacea v. subcoriacea, atra, globosa, conica, v. len- ticularia, integra (non dimidiata), immersa v. superficialia), sectio APERIRE Phaeodidymae [Sporulae ellipsoideae, ovoideae, v. oblongae, 1-septatae, fuscae]. La diagnosi del genere è: Perithecia subcutaneo-erumpentia, subcarbonacea, atra, typice papillata, pertusa. Sporulae ellipsoideae, ovotdeae, v. oblongae, 1-septatae, fuscae. Basidia bacillaria, simplicia, hyalina. In questo genere Saccardo raccoglie ben 528 specie, tra cui Diplodia maydis (Berk.) Sacc.: Peritheciis gregariis, innatis, ovatis, intus extusque nigris, epidermide nigra tectis, ostiolis erumpen- tibus, conico-acutis; sporulis elliptico-cylindraceis, utrinque obtusius- culis, subinde clavulatis, rectis vel curvulis, 1-septatis, via constrictis, 25-30 X 6 p, fuligineis. In culmis, interdum pallide maculatis, Zeae maydis, in Carolina, Ohio, New-Jersey, Gallia, Italia frequens. Se si preleva del materiale da una coltura di pochi giorni a feltro ancora tutto bianco e se si esamina al microscopio, non si vedono che delle ife (1) di 2 a 4 di diametro, segmentate, senza la più piccola traccia di spore. In seguito, dopo un certo numero di giorni variabile a seconda della temperatura di sviluppo, si vedono sul feltro biancastro dei punti scuri o neri, che al microscopio appaiono come enormi cumuli di conidi (sporulae di Saccardo; sti- lospore, spermazi, microconidi, picnospore, picnoconidi di altri au- tori) bruni, di cui alcuni pochi sono unicellulari (tondeggianti o più spesso ovali, talora poco intensamente colorati o quasi ialini, grandi da 6-7 p. fino a 10-12 X 5-6), la massima parte bicellulari, più inten- samente bruni, spesso leggermerte incurvati, a estremità un po’ as- sottigliate ma arrotondate, grandi da p 14-15 X 5-6 fino a 35-38 X 4. Questi conidi sono chiusi dentro a concettacoli a parete propria (pe- rithecia di Saccardo, più comunemente picnidi), che nella struttura somigliano ai veri periteci (periteci ascofori), ma che invece di aschi e ascospore contengono numerosissimi conidi (picnoconidi), portati da brevi ife semplici o ramificate (basidia di Saccardo); tutto questo si vede bene nelle sezioni di un cuneo di polenta, su cui e dentro a cui si sia sviluppata la Diplodia dando luogo alla formazione di numerosi picnidi. In una coltura pura in goccia pendente, su gelatina acida e zuccherata, a 25°, già dopo 15 h. si vedono molte ife, alcune rami- ficate e distintamente segmentate, lunghe fino a 300-400 p, nascenti dai conidi bicellulari, anche da quelli più piccoli, generalmente (1) Spesso, specialmente nel materiale preso da colture su gelatina acida zuccherata, le ife presentano moltissimi rigonfiamenti tondeggianti o allun- gati; talvolta sono ingrossate le estremità contigue di due segmenti, spesso le due estremità di uno stesso segmento, il quale così assume la forma di tibia (con diafisi più o meno lunga) o di biscotto; talvolta i rigonfiamenti sono allineati in serie. apx a presso uno degli apici, qualche volta presso tutti e due, il più spesso — un po’ al disotto dell’apice, qualche volta proprio all’apice, talora lateralmente ad una delle due cellule, raramente presso il setto. Dopo 40 ore le ife sono lunghissime, tutte distintamente segmen- tate, ramificate, ialine, di 2 a 4 p. di diametro, e i conidi che hanno germinato sono ancora bruni e non rigonfi. In seguito, sempre nello spessore della gelatina, alcune ife si presentano più grosse, fino a 6-7 p di diametro, a contenuto grossolanamente granuloso e rifran- © gente, a segmenti corti e rigonfi (salsicciotti), di aspetto tutto ca- ratteristico, sia isolatamente sia nel loro complesso aggrovigliato, disegnato alla fig.3 a; essi infatti sono ripetutamente ramificati, con rami corti, grossi e ricurvi, generalmente biforcati, con uno dei rami alternatamente a destra e a sinistra più breve (fig. 3 b); qua e là al- cuni dei rami brevi, primari, secondari o terziari, sono ricurvi e colorati in verdolino-bruno, unicellulari, attaccati o distaccati, alcuni già germinanti anche se attaccati. Quanto al significato di questi corpi verdolino-bruni (conidi ?) non saprei pronunciarmi. La parte aerea, sviluppatissima e alta Bas a */, mm. dopo 4-5 giorni, è costituita da ife ramificate, a rami corti, senza traccia di corpi verdolino-bruni; l’aspetto d’insieme è anche qui caratteristico; i rami laterali nascono per lo più ad angolo retto o quasi, isolati o appaiati, raramente verticillati; all’apice sono biforcati o più spesso verticillati, formanti come una ruota a 3-4 raggi; gli strati più alti della porzione aerea sono a rami cortissimi e curvi, sullo stesso tipo di quelli della fig. 3 b. In complesso, per questa specie le colture in goccia pendente sono poco istruttive, perchè nulla la- scian vedere della fruttificazione. Quanto ai caratteri colturali, l’optimum di temperatura per lo sviluppo è fra 25° e 30° C.; a 37°, come anche a 12°-14°, sviluppo lento e scarso. Il micelio è persistentemente bianco, o biancastro, o crema e presenta qua e là (già dopo 5-6 giorni nelle colture a 25°-30° C. su polenta, dopo 10-15-20 giorni in colture a temperature meno favorevoli o su terreni meno propizi) molti punti bruni o neri (picnidi), che poi diventano nero-carbone, e grandi come una capocchia di spillo; da molti di questi punti neri si vede più tardi partire un filo sottile, nero-carbone, talvolta molto lungo e deseri- vente un arco per poi ritornare allo stesso punto o finire a un punto vicino; anche questi fili sono degli accumuli di picnoconidi. I picnidi sono copiosi nelle colture su polenta e si formano anche dentro al substrato; nelle colture su gelatina in semplice soluzione acquosa non si formano, e spesso non si vedono neppure nelle col- AS ge ture su patate. Fluidificazione della gelatina piuttosto lenta (da em. 2a3'/, secondo i vari terreni alla gelatina, dopo un mese di coltura a 22° circa); colore della gelatina liquefatta da quello del vin bianco a quello del marsala carico o del liquido di Lugol un po’ diluito. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE DELLA TAVOLA I. Fig. 1. — Aspergillus sp. Formazioni aspergillari multiple. Da una coltura su agar al liquido di Raulin, di 10 giorni, a 239 C. Obiett. 9* Koritska, ocul. 2 (lunghezza del tubo: 160 mm.). Fig. 2. — Hormodendron cladosporiordes Sacc. a). Fruttificazione aerea di una coltura pura in goccia pendente in gelatina acida zuccherata, mantenuta per 4-5 giorni a 20°-24° C.; alcuni dei rami sono stati soppressi per chiarezza- Ingrandimento come sopra. d). Catenella di segmenti e di conidi: da una coltura pura di 4-5 giorni su comune gelatina nutritiva in capsule di Petri. Fig. 3. — Diplodia maydis (Berk.) Sace. a). Formazione nello spessore dell’agar (al liquido di Raulin) di una coltura pura in goccia pendente di 5-6 giorni a 20°-24° C. Obiett. 7, ocul. 3. 6) Idem., dopo 4 giorni. Obiett. 9, ocul. 3. BIBLIOGRAFIA (1). I. ALExANDRESCU e Sion. — Comptes rendus des séances de la Société de Bio- logie, vol. 64, p. 288 (21 febbraio 1908). II. BonorpEN. — Botanische Zeitung, vol. 11, p. 286 (1853). III. Brizi. — Atti della R. Accademia dei Lincei, vol. 16, 1° semestre, fasc. 10, pp. 890-898 (1907). IV. CARRAROLI. — Riforma medica, 1902, vol. 1, p. 507 e vol. 4, p. 625. V. CATTANEO. — Geografia nosologica dell’Italia, di Sormani, 1881. VI. CENI. — Rivista sperimentale di freniatria, vol. 31 (1905). VII. Coupin e FRIEDEL. — Comptes rendus des séances de l’ Academie des sciences, vol. 138. pp. 1118-1120 (1904). VIII. DECKENBACH. — Comptes rendus des séances de la Société imp. des natural. de St. Pétersbourg, 1896, pp. 130-131. IX. 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ScHostakowiTscu. — Flora, vol. 81, pag. 362 (1895). XXIII. TrraBoscHI. — Annali di Botanica del prof. R. Pirotta, vol. 2, pp. 137-. 168, (1905). XXIV. TiraBOScHI. — Annali d’Igiene sperimentale, 1905, p. 63-74. XXV. TrraBoscHI. — Rivista pellagrologica italiana, vol. 6 e 8 (1906 e 1908). XXVI. TrraBoscHI. — Atti del 3° Congresso pellagrologico italiano, pp. 125-142 (1906). XXVII. TrRaBoscHI. — Rassegna di Bacterio-opo-sieroterapia, 1908. XXVIII. Traverso. — Il Raccoglitore, Padova, 1903, n. 1. XXIX. VurLLEMIN. — Comptes rendus des séances de l’ Académie des sciences, vol. 138, p. 1350-1351 (1904). XXX. WEHMER. — Handbuch der technischen Mykologie, di Lafar, vol. 4, p. 192- 270 (1906). XXXI WiLHELMm. — Strassburger Inaug. Dissert., Berlin, 1877. he SI. Sd ML Ricerche di morfologia e fisiologia eseguite nel R. Istituto Botanico di Roma XIX. — Ricerche fisiologiche e batteriologiche sull’ Hedysarum coronarium L. (volg. Sulla) per il dott. G. SEVERINI (Tav. III-IV.) Primo ad occuparsi dei tubercoli radicali della Sulla fu il Mot- tareale (1) il quale descrisse i caratteri morfologici esteriori e la struttura anatomica di essi, notando però nel loro parenchima cen- trale la presenza di cocchi, cocco-bacilli, bacilli e figure ad X, Y, T ecc., ed anche quella di speciali microrganismi che egli ritiene dei blastomiceti parassiti dei tubercoli. In seguito Strampelli (2) isolò dai tubercoli di Sulla un bacterio su agar al maltosio e fosfato di potassio. Imbrattando dei semi della stessa pianta con ‘gelatina bacterica, e facendoli germinare su sabbia sterilizzata concimata con fosfato di magnesio e solfato di potassio, ottenne tubercoli; come pure ne ottenne anche sul campo, imbrattando i semi con liquido al saccarosio e fosfato di potassio in cùi aveva fatti sviluppare i batterî. In ultimo Peglion (3), dopo avere inutilmente tentato di ottenere tubercoli mediante l’inoculazione di semi di Sulla con le colture di Moore per la lupinella e per il pisello comune, ha iso- lato da tubercoli di Sulla coltivata, servendosi di agar al maltosio, un bacterio il quale ha riprodotto tubercoli, però in terra non ste- rilizzata. Non si comprende se il bacterio isoiato dal Peglion si con- servi virulento in coltura artificiale, perchè questo A. non dice di aver fatto passaggi prima di inocularlo, inoltre non ne dà una de- scrizione batteriologicamente sufficiente. i Nicolai (4) dalle radici di Hedysarum coronarium, senza tubercoli, isold dei bacteri a bastoncello e tondeggianti. La cultura riuscì in diversi substrati, la gelatina fu fluidificata. I bacteri non sporifi- cano, sono mobili, ma non si riesce a mettere in evidenza le ciglia. Nei semi della stessa pianta non ha riscontrato bacteri. ANNALI DI Boranica — Vot. VII. 3 Ri * * oh Descrizione dei tubercoli. — I tubercoli dell’ Hedysarum coro-. narium si formano in numero variabilissimo, sia sulla radice prin- cipale, sia sulle laterali di qualunque ordine esse siano. Sulla radice principale, che è fittonante e che può assumere dimensioni conside- revoli, i tubercoli si formano in buon numero soltanto nei primi | periodi vegetativi; però ho trovato spesso dei vecchi fittoni di Sulla muniti qua e là di qualche tubercolo. La forma dei tubercoli è variabile: quando sono giovanissimi ed in via di formazione, pre- vale la tondeggiante; in seguito, accrescendosi secondo una data direzione, si allungano, diventano cilindroidei o conici e riman- gono semplici, oppure si ramificano per. lo più biforcandosi o sud- dividendosi in numerose branche acquistando un aspetto coralloide caratteristico. Talvolta si ramificano così abbondantemente, da formare delle masse globulari di dimensioni considerevoli. Il colore dei tubercoli giovani è leggermente roseo; in seguito assumono una tinta bruna- stra, specialmente verso la base, mentre l’apice si mantiene roseo o biancastro. La struttura dei tubercoli è stata già descritta da altri; gioverà però ricordare che l'impianto del tubercolo sulla radice può farsi o di fronte ad una lamina vascolare o di fronte ad un fascio cribroso della radice stessa. Il fascio vascolare si ramifica, abbondan- temente nel punto d’impianto del tubercolo e va a circondare il pa- renchima bacterifero il quale occupa gran parte del tubercolo e spicca, nei tubercoli in piena attività di sviluppo, per il suo colo- rito roseo. Al di là della zona dei fasci vascolari, cioè verso la su- perficie esterna, noi troviamo un tessuto corticale di pochi strati di cellule le quali si presentano fortemente appiattite in senso tan- genziale al tubercolo. A delimitare la superficie esterna del tuber- colo troviamo alcuni strati di tessuto sugheroso, i quali si inter- rompono verso l’apice dove riscontrasi un tessuto meristematico con cellule a pareti sottilissime. COME SI PRESENTANO I BAOTERÎ NEL PARENCHIMA DEL TUBERCOLO, — È difficile il poter distinguere, o meglio, sorprendere la forma bac- terica, o almeno prevalentemente bacterica, poichè esaminando tu- bercoli anche giovanissimi, trovasi sempre una enorme prevalenza di forme bacteroidiche sulle bacteriche. Questo fatto l’ho osservato costantemente non solo su giovani tubercoli di vecchie piante di Sulla, ma anche su quelli che primi si formano su giovani piantine. Ciò indurrebbe a credere che vi sia un passaggio assai rapido dalla forma bacterica alla bacteroidica. I — 35 — bacteroidi. si presentano in forme diversissime: la più comune è quella caratteristica ad Y; abbastanza frequenti sono poi le forme ad X, T, ecc. La loro massa è omogenea e leggermente jalina, se ’ giovani; essi si colorano intensamente ed uniformemente con fuch- sina di Ziel, con violetto di genziana, con bleu di metilene, safra- nina ecc. Durante il periodo di fioritura della Sulla (maggio-giugno), esaminando i bacteroidi presi su tubercoli freschi si notano, nella maggior parte di essi, dei corpuscoli sferici che spiccano per la loro forte rifrangenza e che si trovano per lo più alle estremità delle branche del bacteroide ed anche, a determinati intervalli, lungo il corpo del bacteroide stesso; talvolta si dispongono a ca- tena, tal’altra quelli situati agli apici s’ingrossano in modo da far apparire rigonfiato l’apice stesso. Con opportuni procedimenti si è potuto stabilire che queste masse sferiche non ci rappresentano al- tro che il contenuto fortemente rifrangente di vacuoli che si ven- gono formando nel plasma del bacteroide; si può osservare con fa- cilità l’esistenza di questi vacuoli fissando i bacteroidi sul vetrino e colorando con fuchsina fenica per 3-4 minuti a caldo, oppure per 15- 20 minuti a freddo, poscia montando in balsamo. È questo lo stadio della vacuolizzazione dei bacteroidi, già descritta da altri autori per altre Leguminose (5-6), e che, come già ho ricordato, coincide perfet- tamente con la fioritura della pianta; quando incomincia la produ- zione delle prime infiorescenze è facile constatare nei tubercoli la presenza di queste forme vacuolizzate che aumentano rapidamente di numero, finchè nel momento di piena fioritura è difficile poter trovare qualche bacteroide che non si presenti così modificato. Quando si inizia la maturazione dei frutti i vacuoli divengono sempre più ampi, si fondono tra di loro e talvolta occupano tutto il corpo del bacteroide del quale non resta che un solo straterello peri- ferico il quale poi sembra perdere la sua continuità e subire cioè una specie di frammentazione. Non è possibile poter seguire ulterior- mente.la sorte dei bacteroidi nel tubercolo vivo, poichè a questo pun- to corrisponde lo svuotamento e il disfacimento del tubercolo stesso. IN QUALI CONDIZIONI SI FORMAMO I TUBERCOLI. — Prima di accin- germi alle prove di isolamento e di coltura dei bacterî di Sulla, volli stabilire con precisione se la formazione dei tubercoli avvenga normalmente e costantemente sul terreno ordinario, oppure no. È + noto agli agricoltori. che la Sulla, seminata su terreni nuovi per ‘essa, attecchisce difficilmente (7). A tal uopo furono istituite le se- «guenti serie di esperimenti: A. Colture in vasi con sabbia sterilizzata, previa sterilizzazione 0 no del seme. Ri B. Colture în piena terra, su due distinti appezzamenti nel giardino annesso all'Istituto Botanico; nell’uno di essi trasportai e mescolai una certa quantità di terra proveniente da un vecchio sullaio, nell’altro non feci alcun trattamento speciale. | C. Colture in vasi con sabbia sterilizzata, previa sterilizzazione del seme, ed una parte inoculate con poltiglia di tubercoli o con ac- qua di lavaggio di terra estratta da un terreno coltivato a Sulla. D. Colture acquose. Questi esperimenti dettero i risultati che seguono. A. Il seme (proveniente dalla Ditta Ingegnoli) fu sterilizzato im- mergendolo e mescolandolo per cinque minuti in una soluzione di sublimato corrosivo all’1 °/,,, poi lavato accuratamente con acqua sterilizzata. Nei vasi con sementa sterilizzata non si ebbe forma- — zione di tubercoli; ma ugualmente prive di tubercoli si ebbero le piante negli altri vasi e provenienti da seme non sterilizzato. Gli innaffiamenti furono fatti con acqua di fonte bollita. B. Il seme adoperato non fu sottoposto ad alcun processo di steri- lizzazione. Nei due appezzamenti prescelti non era mai stata con sicurezza coltivata della Sulla in precedenza. Appezzamento infettato 20. IIT.1906.— Data della seminagione. Col seme fu sparso ed accurata- mente mescolato del terriccio di sul- laio. Nei primi giorni abbondanti inaffiamenti con acqua di fonte. 28. III. 1906. — Sviluppo regolare ed ‘uniforme di piantine. 10. IV. 1906. — Il fusticino si è allun- gato sopra i cotiledoni e forma la 1° vera foglia. Si sviluppano radi- celle secondarie. | 16, IV. 1906. — Si è formata la 2? foglia; la 3* è in via di sviluppo. Sulla ra- dice principale, notevolmente allun- gata, si notano i primi abbozzi dei tubercoli e palette. Allungamento notevole anche delle radici laterali, le quali sono disposte in tre o quat- tro ordini. 1. V. 1906. — Le piantine sono ri- maste fin qui quasi stazionarie nel loro sviluppo, e presentano sempre tre foglie. I tubercoli aumentano di volume, diventando globosi. 7. V. 1906. — Si forma un primo paio di foglioline; il fusto comincia ad allungarsi. Appezzamento non infettato 20. III. 1906. — Data della semina- gione, senza alcun trattamento. In- naffiamenti con acqua di fonte. 28. III. 1906. — Sviluppo uniforme e regolare di piantine. 10. IV. 1906. — Id. 16. IV. 1906. — Sono già formate le prime due foglie, la 3° è appena ac- cennata. La radice principale e le secondarie sono sviluppate come nel. le piante dell'altro appezzamento. Presenza di palette, ma nessuna traccia di tubercoli. 1. V. 1906. — Le condizioni vegeta- tive si mantengono pressochè come nell’altra parcella; ma mancano as- solutamente tubercoli. 7. V. 1906. — Gli stessi stadî. Però le piantine sono leggermente cloro- tiche. * * + Per stabilire un confronto il più esatto possibile fra il com- portamento delle due esperienze, furono eseguite sulle piante di am- bedue le parcelle delle misure periodiche dell’accrescimento, del nu- mero dei tubercoli formati ed analisi quantitative di azoto. RE ‘o ppt ‘ Misure periodiche dell’accrescimento. 7 maggio 1906. Piante con tubercoli Piante senza tubercoli ESSSA ‘3 a Se aes as Panphezza Numero z unTO Los 2 Numero delle foglie della radice È ERE i Denziazie dei tubercoli Sto al So a=Z oO ave ws o cm. 10 3 con sola fogliolina terminale cm. 18 1 » 9 2, più 1 paio foglioline pari » 20 2 » 9 2, id. » 19 VERE » 9 2, id. > 19 —_ » 7 2, con sola fogliolina terminale » 18 1 | » 8 | 2, pit 1 paio foglioline pari » 13 1 | » 8 3, con sola fogliolina terminale ee 1 » 5 3, id, | » 17 _ | >» 9 | 8, più1 paio foglioline » 16 3 » 6 |3, id. » 12 1 | em. 9 2,"con sola fogliolina terminale cm. 16 oe » 8 2, id. » 17 ae | | » 8 2, id. » 16 —_ | » 8 2, più 1 paio foglioline pari » 16 - | » 65 2, più 1 fogliolina terminale » 12 oe | | » 6 2, id. » 14 ni >< Bel id. » 10 _ ia QUATRE id. » 15 = ae 2, id. 3 » 18 n > 9 18, id. » 18 — betana. - devog 18 maggio 1906. n eran PRON) przi/}1 vl VERI Lunghezza Lunghezza E Numero del fust 5 oa Numero delle foglie e foglioline della radice pane dei tubercoli LIE SIA principale | i ia e "" m—m_m_10aeaumtcqmnmmnm0meo———€—1"eEEUNENIEuz-iNUMN cm. 19 5, con 1-3 paia foglioline cm. 19 3 » 20 5, >» 1 paio » » 20 + » 16 5, » » » 20 1 E i + 1S a » » » 24 4 2 5; a » 18 Dia 1a? » ae 20) 2 a) Ò 2 » 17 card » & 19 2 E - di. BE 6, » ‘1-2 » ne) | 1 » 18 By cm 1-2 » » 24 3 » 15 Dir diet 2 » » 22 2 » 16 APE i | » » 18 2 cm. 15 4, con l paio foglioline em. 20 ei » 18 5, » » » 21 — » 14 aes » » » 16 —_ 3 » 14 5, 2 paia » P28 be ey, ee 5 ro = > 15 3, 1 paio » pù 17 —_ 3 N 5 » 14 4, » » » 15 — n © E » 12 3, » » » 15 _ © by he 3, » » wi a he. _ » 14 4, 2 paia » orl bs —_ » 14 4 » » » 19 = | 28 maggio 1906. Piante con tubercoli Piante senza tubercoli COMO Lunghezza Lunghezza ISEE Numero delle faglie e foglioline della radice Ma base principale cm 17 8, con 2-3 paia foglioline cm. 29 » 23 8, » » » 80 » 18 6, » » » 30 » 19 76 » » » 27 » 21 a Mees » » 22 PALI 5, » » » 19 » 20 5, 1 paio » » 20 dpr yes 7, 1-2 paia » » 27 » 18 5, 1 paio » » 18 » 20 8, 1-3 paia » > fel » 20 cf » » » 24 » 21 a » » » 28 » 1 18 5, 1 paio » » 21 » 20 6, » » » 22 em 19 7, con 1-2 paia foglioline cem, 17 » 21 5, 1 paio » » 16 » 19 5, 12 paia » » 15 » 26 5, » » » 20 » 16 4, 1 paio » » 24 » 20 5, » » > db » 25 4, 1-2 paia » » 20 » 22 Dawe » » 283 » 26 6, 1-3 » » 21 » 18 4, 1, paio » 19 » 19 4, » » » e 17 » 21 6, 1-3 paia » « 23 » 27 6 1-2 » > at » 21 Bb > » » 19 » 22 5, 1 paio » » 16 Numero dei tubercoli 6 giugno 1906. PZ gira Lunghezza del fusto dall’ apice alla base cm. 37 » 50 SANDS » 43 Piante con tubercoli » 58 » 49 Ss Bul » 42 SS Bis: > 39 » 36 Piante senza tubercoli » 39 Ss els, pino? Numero delle foglie e foglioline » » » 1-5 1-3 » » 3-4 » » » » » » » » » » » » Lunghezza della radice principale » » » » » 30 30 27 Numero dei tubercoli cm. » » » » » 30 19 LADA 20 giugno 1906. È evidente una notevole differenza fra lo sviluppo delle piante con tubercoli e di quelle senza tubercoli. La vegetazione di queste ultime, che dapprima si manteneva pressochè allo stesso livello delle. prime, subisce un arresto. Le piante con tubercoli si distinguono per l’intensa colorazione verde delle foglie, per la robustezza dei fusti che raggiungono notevole diametro e altezza, per il forte sviluppo della radice principale e per l'abbondanza delle radici laterali. Le piante con tubercoli inoltre accestiscono per la maggior parte : però il numero dei fusti che sorgono dalla base della pianta non è fin’ora superiore a due per ciascuna pianta. Le piante senza tubercoli con- servano invece un solo ed esile fusto. 25 giugno 1906. All’ascella delle foglie si accenna la formazione delle infiore- scenze in ambedue le parcelle. La Sulla fiorisce normalmente in maggio: questo ritardo è dovuto con probabilità alla tardiva semi- nagione. ye a pial al ii 12 luglio 1906. 3 3 Pee ® 28à| 28 so © os DISSE au RESA 3 q = 4 pate By, 3 ee Numero foglie e foglioline Numero infiorescenze Media dei fiori per infiorescenza Frutti già maturi Tubercoli cm. 40| cm. 87 Boia 95)» 2 » 29) » fo?) mis. 32» aS) vaa. » O. fo) » 40 » A S |» 36) » Ay Se aS > 44 » DAI» Peso cm. 43| cm jad ees yd es ee o) eal Ab): > È s|> ZE) LARA met» 26h > 8 72s ISS 72] IMSS = Sale 3 SS soi Pi |> 25) » PIO» >. Atl o> Peso 63 17, con 5-3 foglioline di 100 piante (con fiori e 3-11 » 5-9 5-11 5-9 7-9 5-13 7-11 5-11 » » 20, con 7-11 foglioline 34, 7-13 7-9 » ¥ ¥ » » wo 0 om FP a 4 1 3 2 È 1 ne 1 2 24-56 DE 17-20 i = D i) = [EP pa frutti) — Kgr. 5,945 15 medio-di 100 piante (con fiori e frutti) = Kgr. 1,740 er pianta da 15 a 40; si Tubercoli p trovano sulle radici fino a 15-20 cm. di profondità dalla superficie del suolo Nell’ultima decade di luglio la maturazione dei frutti era com- piuta, dopodichè la parte aerea assunse una tinta rosso-bruna e finì col disseccare completamente. Nell’ottobre-novembre 1906 le piante con tubercoli iniziarono un nuovo periodo vegetativo, e si ebbe in media da ciascuna radice lo sviluppo di 5 o 6 fusti. Anche le piante senza tubercoli ripresero in ottobre la vegetazione, però meschina e stentata: solo alcune radici furono in grado di ripullulare emettendo da 1 a 3 germogli per cia- scuna, ma che in breve tempo disseccarono. ae" tt 14 novembre 1906. Lunghezza Lunghezza N de radice Numero foglie e foglioline ‘ principale fusto tubercoli cm, 41 cm, 52 21 | » 52 > 53 18 ® » 89 > bi 19 3 8 3 3 iS f » 84 » 5b 1. = È s > on DISSI » 52 Cbg Aa 2 ad 3 » 36 » 48 10 E A È a © 4 è 5 » 30 » 48 10 = E È “i » bb » 62 12) $ 9 S » 894 » 42 8 È Br = S ae A ° + oS ne a È » 30 » 46 10° ta, 7 3 & » 38 » 42 13 B a j Fi 2 9 » 35 » 42 8 4 | 7 3 si » 30 » 58 a » 36 » 60 10 » 28 » 60 6 em. 35 em, 19 6, con 5-9 foglioline —_ » 30 » Bl Sa 7-13 » SS » 31 » 19 5, 7-9 » Des a » 32 » 30 4, » » a Si n » 38 ae Balls} 4, 7 » = bo fo) hs ba » 24 » 24 5, 9 » gut 2 a 5 È » 27 » 18 4‘ » » SA a Ay S » 41 DIO 3, cd » _ = an » 93 » 36 be 7-13 » = sa (co) Uci a » 26 » 125 4, 7 » a 2 ae 3 du » 49 » 16 4, 9 > — d » 29 » 20 3, 7-5 » _— 2 > 33 >itie | RIA RE da > 29 » 22 4 » » — 5 » 24 » 16 4, » » Oss aerate. |. BETAR Les A primavera la vegetazione delle piante fornite di tubercoli di- venne ricca e rigogliosissima: nella seguente tabella riporto alcuni dati per le piante più sviluppate. Lunghezza Lunghezza dei fusti Numero foglie Numero infiorescenze della radice principale cm. 176 em. 40 52 36 » 170 » 42 47 37 » 164 » 53 34 19 » 148 » 40 3B4 21 » 88 » 152 28 19 Oi aa i Nel seguente specchio riporto le medie delle misurazioni perio- diche su riferite: = 3 a < o 8 Lunghezze © to S es ° 8 of 3 8 massime 22 | 2355 = 2 2a MG 5 DR a SUE Sa S del fusto ay, es SPE Bl a: 20 a_n rat DLE S| Ela 8 NI. Qu 7 maggio 1906: Piante con tubercoli | cm.8 (lungh. 2.5 [cem. 16,8} 1,1 = = delle pri- me foglie) » senza tubercoli | » 71 » 22. |)» 152) — — aa 18 maggio: Piante con tubercoli | cm. 1,4 (lungh. 5,4 |cm, 20,3 24 = ae del fusto) | » senza tubercoli | » 14,7 eee: » 17,9) -— e pre 28 maggio : Piante con tubercoli em, 19,7 64 |cm. 245 15,3 — _ » senza tubercoli » 21,4 41 |» 191) — a 2 7 giugno: | Piante con tubercoli em, 48,1 6,9 jcm, 26 16,2 —_ —_ » Senza tubercoli » 88,5 6,1 |» 23,9). — Sa — 12 luglio: Piante con tubercoli cm. 92,9 25,7 |cm, 36,4) 27,5 5,8 {Kgr. 6,945 » senza tubercoli » 57,8 12,3 |» 281) — 1,4 | » 1,740 14 novembre: Piante con tubercoli em. 54 11,9 em, 37 |Numero-| — aa S1SsImMI in for- mazione » senza tubercoli » 21,5 44 |» 313) — _ _ Dopo una fruttificazione abbondantissima, la vegetazione aerea cessò nella seconda metà di giugno. Tali prove, ripetute ‘anche nel 1907 su due nuovi appezzamenti, dettero i medesimi risultati. SE du RATA Analisi quantitative. Tanto delle piante con tubercoli che di quelle senza, prelevai in diverse epoche dei campioni che sottoposi ad alcune analisi quan- titative. Le analisi si riferiscono all’azoto totale organico, proteico, nitrico (1), amido, zucchero, sostanza secca, ceneri, e furono eseguite con i soliti procedimenti. Rilevo però che la sostanza fresca veniva prima essiccata all’aria, poi in stufa a 70°-80° finchè non diminuiva più di peso. L’incenerimento fu fatto con aggiunta di carbonato sodico al 10 °/, e poi di carbonato ammonico. L’amido fu misurato per idrolisi con HCl. I dati riportati nelle seguenti tabelle si riferiscono per le co- lonne I-II a 100 parti di sostanza fresca, e per le colonne III-IX a 100 di sostanza secca. I Anarisi. — Materiale prelevato il 6 giugno 1906 (confront. la tabella di misurazioni a pag. 41). a 3 ° 8 Sr ea heen pas ® s 2 z es Ae Materiale 8 bs 2 bo ° Re; ° a n ae, (oes 1333 Ben jae ee See ee | bas eos 1 oO fo! S 5 [bi ‘sottoposto ad analisi = a So 2 2 | & an PE 8 ted ni © | t=} I E 3 SR TO eran | 3 Piante con tu- | bercoli: Fusti e radici . | 87,84) 12,16} 1,510] 0,624] 0,216] 0,886] 5,616| 4,291| 11,82 Piante senza tu- bercoli: Fusti e radici . | 88,10] 11,90] 1,270] 0,450 0,463] 0,820] 3,250] 1,977] 936 eee" (1) In principio feci anche qualche determinazione di azoto aminico e di basi hexoniche: ma le differenze erano insensibili. ae 4g ae II Anatist. — Materiale prelevato il 12 luglio 1906 (confr. anche la tabella a pag. 43). [e] 3 S © © i = di © 5 2 © "n = Materiale _E e nee > 2 a 2 È x3 48 sottoposto ad analisi | = 8 a E 2 E > E PI © | È E ZY ae a a Piante con tu- | bercoli: 4 Fausta 3. FEDI 463,40 16,19 1,05 | 0,342 0,060 | 0,708 | 5,125 | 3,071: 5,690 Radici. . . . | 73,77] 26,23| 0,548] 0,200 0,190 | 0,348 | 2,576) 1,065| 6,720 Piante senza tu- bercoli: Fusti . . . . | 80,48) 19,57} 0,982| 0,366 | 0,214] 0,616 4,673 3,110} 5,494 Radici. . . . | 61,81 | 38,19] 0,360} 0,195 | 0,830 0,165 | 2,560} 1,244] 6,836 Da questi dati risulta una prevalenza nelle percentuali di azoto totale organico, azoto ‘proteico e altre forme d’azoto, amido, glucosio, sostanza secca e ceneri per le piante con tubercoli nella prima ana- lisi; le piante senza tubercoli sono invece più ricche in azoto nitrico. Nella seconda analisi si ha sempre prevalenza, prendendo insieme fusti e radici, di azoto totale organico; di altre forme di azoto che non siano proteica e nitrica, di amido, ceneri nelle piante con tuber- coli e di azoto nitrico nelle piante senza tubercoli. E APS el I ARA Be tes Pe 4 aay © pass III AxaLisi. — Materiale prelevato il 14 novembre 1906 (confr. anche la tabella a pag. 44). | a 3 S ° 3 | A ial 3 | 3 ° E 3 È 5 .Q Be, Materiale ne wid 235 >È A Pat: E = 4 5 sottoposto ad analisi 3 È ce 2 2 5 > & PE “9 3 USI CI a # 3 | | Piante con tu- | | bercoli: Basti >... .-!| 90,284 9,716, 2,146 | 0,460! 0,966} 1,686! 4,550} 0,646! 5,390 15 1G lio eee 84,25 | 15,7650) 0,652] 0,154] 0,531} 0,488 | 3,594] 0,335) 6,372 Piante senza tu- bercoli: Fusti . . . . | 85,57 | 14,48 | 1,969] 0,825) 0,507] 0,644] 0,881} 0,299} 5,024 Radici. . . . |86,06 | 13,94 | 0,204] 0,127] 0,555] 0,077| 2,753| 0,286] 6,364 | Dalla terza analisi si ricava lo stesso fatto constatato precedente- mente, soltanto i fusti delle piante con tubercoli sono più ricchi anche in azoto nitrico. Le variazioni di azoto durante il periodo vegetativo sono eviden- temente in relazione con lo stato di sviluppo degli organi analizzati. C. Colture in sabbia sterilizzata, previa sterilizzazione del seme, con trattamento con poltiglia di tubercoli o con acqua di lavaggio di terra di Sulla. La seminagione ed i trattamenti furono fatti il 16 no- vembre 1906, ed il 15 dicembre, scalzando le piante, trovai nelle ra- dici numerosissimi tubercoli in formazione. iB» Colture acquose. — Furono apprestate delle colture acquose non solo per infettarle, quando le piantine si fossero sviluppate, con polpa di tubercoli, ma anche con colture di bacteri che eventual- mente avessi isolati dai tubercoli stessi. Perd, ad onta di ripetuti tentativi, non fu possibile far crescere la Sulla in colture acquose, per le quali usai soluzioni nutritizie con le formule più svariate, con e senza calce, con e senza azoto, ecc. ANNALI DI BoTANICA — Vou. VII. 4 i PA i j . Prove di isolamento del bacterio. Credo utile di premettere una sommaria descrizione del procedi- mento tecnico da me seguito per l'isolamento e per la inoculazione dei bacteri. a) Isolamento. — Scelte le piante più vigorose e lavate le radici in corrente d’acqua, si sceglievano i tubercoli e si distaccavano in- sieme ad un certo tratto di radice. Si sottoponevano di nuovo a cor- rente d’acqua, lavando la superficie con un pennello per allontanare le particelle terrose, e dopo averli distesi su carta bibula, si distac- cavano dalla radice tagliandoli alla base. I tubercoli stessi venivano poi ripartiti in un certo numero di provette ed ivi lavati con acqua sterilizzata, agitando per circa mezz'ora, e rinnovando per 20-30 volte l’acqua. Dopo di che nelle provette stesse veniva versata rapida- mente una soluzione di acido fenico al 5 °/, agitando per 2-3 secondi, e poi sostituendo e rinnovando l’acqua per 8-10 volte. Intine si ver- savano tutti i tubercoli rapidamente in una capsula di vetro con coperchio, sterilizzata in stufa a secco, ed ivi ridotti a poltiglia con bacchetta di vetro previamente arroventata: il liquido torbido serviva per l’inoculazione. Talvolta, invece di ridurre in poltiglia i tubercoli, si portavano in una capsula di vetro sterilizzata col calore, ed ivi sezionati con un bisturì precedentemente arroventato: coll’ago di platino si asportava dal centro del tubercolo una certa quantità di materiale che si portava in una provetta contenente un po’ d’acqua sterilizzata, e ripetendo l'operazione finchè, agitando la provetta, non si ottenesse un visibile intorbidamento del liquido. b) Inoculazione. — I semi venivano prima immersi in una solu- zione di sublimato corrosivo all’ 1°/, per 5 minuti, e poi lavati molte volte in acqua sterilizzata. Dopo averli fatti rigonfiare in acqua per 10-12 ore, venivano di nuovo lavati con acqua sterilizzata e collocati su capsule di vetro nel cui fondo erano distesi alcuni fogli di carta bibula, il tutto sterilizzato a secco. Contemporaneamente si prepa- ravano colture di bacterî o su piastre di gelatina nutritiva o su mezzi liquidi. Quando le radichette erano fuoruscite dai semi per 5-15 mm. i semi stessi venivano gettati o sulle piastre di gelatina fluidificata a 25° o sui recipienti con substrati liquidi, lasciandoveli per alcuni minuti. Indi venivano seminati sui vasi, versandovi poi sopra il ma- teriale bacterifero. I vasi di coltura, lavati accuratamente in acqua corrente, venivano sterilizzati mantenendoli per 6-7 ore in stufa di Koch. La sabbia adoperata era stata precedentemente sottoposta al- l’arroventamento per circa 24 ore. . 40 crea - es itt Foy ge Le prove di isolamento furono iniziate nella primavera del 1906 e poi riprese nel 1907. Ho raccolto nelle tabelle che seguono tutti i dati riguardanti le prove eseguite. Come pure sono segnati nelle ta- belle i substrati da me adoperati per ottenere i bacterî in coltura artificiale. Essi rappresentano combinazioni diverse, in cui l’estratto di radici di Sulla prevale, similmente a quello che hanno fatto molti di coloro che si sono occupati di bacterî di leguminose. In- fatti, Beyerinck (8), che fu il primo ad isolare il bacillo tubercoli- geno, usò come substrato un decotto di fusti di pisello o di fava con aggiunta del 7 °/, di gelatina, e del 0,25 °/, di asparagina. Egli ottenne così un microrganismo polimorfo in principio, ma con tendenza alla uniformità di caratteri in seguito a ripetuti passaggi sul mezzo arti- ficiale. Prazmowski (9) utilizza un decotto di foglie di piselli con gelatina. Prillieux (10) ha adoperato infusi di Leguminose, ed ha visto che si produce un intorbidamento del liquido specie verso la superficie: nel brodo di pisello non gelatinizzato si produce in fondo al matraccio un deposito nel quale si trovano elementi figurati simili ai bacteroidi. Laurent (11) adopera lo stesso substrato usato da Be- jerinck, però sopprime l’asparagina che non mostra utilità: in brodo di pisello lo sviluppo di colonie è assai ineguale. L'A. nota che le colonie più vigorose presentano una grande viscosità, poichè gli or- ganismi sono muniti di una membrana gelatinosa che non possiede le caratteristiche della cellulosa. Mazé (12) si è servito invece di un brodo di semi di fagiolo, che conteneva il 0,5 °/, di azoto, addizio- nato del 3 °/, di saccarosio, dell’ 1 °/, di cloruro sodico e tracce di bi- ‘carbonato di sodio. Moore (20-21) ha ottenuto un vigoroso sviluppo «di bacteri in gelatina con estratto di leguminosa, 1-3 °/% di peptone, % di saccarosio: uno sviluppo più debole in agar 1 °/,, maltosio 1 °/., fosfato monobasico di potassio 0.1 °/,, solfato di magnesio 0.02 °/.. De Rossi (6) si è servito di gelatina semplice con estratto di carne (1%), peptone (1 °/,) e cloruro sodico (0.5 °/,) a reazione leggermente alcalina o con leggera acidità naturale, o di gelatina all’estratto di fava, con aggiunta di 1-2 °/, di saccarosio o glucosio, 1°/, di pep- tone, 0.5 °/, di NaCl; o di agar semplice o all’estratto di fusti di fava, | più le sostanze usate per la gelatina. In una recente pubblicazione Harrison e Barlow (22) annunciano di aver ottenuto ottimi risultati facendo uso di maltosio e ceneri di legno, tanto in acqua di fonte come con aggiunta di agar, senza mai aggiungere sostanze azotate. Hssi si servono dell’agar al maltosio con cenere di legno anche per coltivare le leguminose in esame. ie Le colture in substrati solidi furono esperimentate per primo da Prazmowski (9) che si servì di una soluzione di sali minerali e glu- cosio. Frank (13) e Bejerinck (14) adoperarono lo stesso mezzo con ri- sultati identici. Laurent (11) impiega una soluzione contenente 1’1°/,, di fosfato potassico, 0.1°/,, di solfato di magnesio, alla quale si può aggiungere l’ 1 °/, di asparagina, 1-10 °/ di peptone, fibrina, caseina, albumina; ma lo sviluppo è più attivo in presenza di saccarosio. L’A. ritiene che si possa sopprimere anche totalmente l’alimento azo- tato: invece Frank ed Otto (15) ritengono indispensabile la presenza d’asparagina. Immendorf (16) inoculando bacteri di fava in substrati senza azoto, ottenne uno sviluppo del bacterio, ma assai debole. Mazé (17) crede di poter distinguere due gruppi di bacteri: quelli dei terreni acidi,i quali si fissano sulle leguminose calcifughe, e quelli dei terreni basici per le leguminose calcifile. Marchal (18) ha ricer- cato l’azione dei nitrati sul microrganismo ed ha constatato che nel pisello la formazione dei tubercoli è impedita dai nitrati alcalini in dose dell’0,1 °/.., dai sali ammoniacali all’ */,,,, da quelli di sodio all’*/_,,. I sali di calcio e di magnesio favoriscono la formazione dei tubercoli. L’acido fosforico agisce diversamente a seconda della base con cui è combinato, ma in genere esercita azione stimolante. L’A. ritiene che l’azione nociva dei nitrati sia dovuta ad una combina- zione di questi sali con un composto della Leguminosa. Hiltner (19) dice che in soluzioni acquose contenenti azoto non si sviluppano tubercoli. Nei terreni humosi se ne formano in quantità scarsa. Il salnitro ha un’azione sfavorevole sulla formazione dei tubercoli per- fino nella dose di 0,005 per litro e ciò perchè, secondo l’A., il sal- nitro offende i bacteri e pare anche che affretti la formazione di bac- teroidi entro i tubercoli. Il solfato d’ammonio ha un’azione assal minore del salnitro. Substrato (1) Gelatina 12.5 Peptone 1 Glucosio 1 Acqua 100 Reaz.leggerm. alcalina. (IT) Agar 2 _Peptone 1 Glucosio 1 Acqua 100 Reaz.leggerm. acida. (III) Gelatina 12.5 Peptone 1 Glucosio 1 Acqua 100 Reaz.leggerm. acida. , —-53—- Provenienza Data del materiale | della Osservazioni bacterifero seminagione sil U vst Tubercolidi piante | 8. III. 1906 | Alla temperatura della stanza seminate nel 1905 (150-180). all’ Istituto Bota- 15. III. 06. — Sviluppo di nico di Roma, con due tipi diversi di colonie: aggiunta di ter- I. Colonie superficiali, rile- reno di Sulla pro- vate alquanto sulla superficie, veniente dai din- con leggerissima tinta gial- torni di Messina. lognola. Bacterî ovoidali, im- mobili, non fluidificanti la gelatina. II. Colonie superfi- ciali e profonde; le superfi- ciali alquanto infossate sulla superficie, di colore bianco. Bacterî poco mobili, allun- gati, non fluidificanti la ge- latina. Id. i Id. In termostato a 25°, 12. III. 06. — Formazione di colonie bianche, tondeg- gianti, tutte superficiali: al- cune a bacteri ovoidali im- mobili, altre a bacterî più allungati, mobili. Le colonie non si distinguono molto be- ne fra loro pei caratteri ma- croscopici. Da tubercoli di|24, III. 1906| Alla temperatura della stanza. piante seminate 29. III. 06. — Sviluppo di nel 1905. colonie energicamente fluidi- ficanti la gelatina, bianche. Bacterî allungati a baston- cello con molte forme mobili. 1. IV. 06.— Formazione di colonie leggermente appro- fondate sulla superficie del substrato, con gli stessi ca- ratteri di quelle ottenute nella precedente prova. Formazione di colonie di colore giallo, superficiali, ton- deggianti, rilevate, di consi- stenza cerosa. Bacteri allun- gati, mobili. Fluidificano de- bolmente la gelatina e dopo molti giorni. ai : + —T_—T Sn... Provenienza Data Substrato — del materiale della Osservazioni bacterifero seminagione (IV) Da tubercoli di| 20. V. 1906 | Alla temperatura della stanza Gelatina 14 piante seminate (180-200), Peptone 1 presso l’Istituto 24. V. 06. — Sviluppo di Glucosio 1 Botanico il 20. colonie fluidificanti rapida- Acqua 100 III. 06 ed infet- mente la gelatina. Reaz.leggerm.| tate con terra di 27. V. 06. — Sviluppo di acida. Sulla. poche colonie approfondate, con gli stessi caratteri detti precedentemente. 1 (V) Td. Id. Alla temperatura della stanza. ‘Gelatina 14 23. V. 06. — Sviluppo di Glucosio 1 colonie fluidificanti la gela- Infuso di ra- tina, e di colonie leggermente dici di Sulla affondate a bacterî molto mo- 100. bili. Reaz.leggerm. acida. Prove d’infezione con le razze di bacterî ottenuti. Con le colture di bacteri ottenuti nelle diverse prove di isola- mento si iniziarono delle esperienze di infezione su piante di Sulla. In questa prima serie di esperienze di inoculazione non si infetta- rono direttamente i semi in germinazione, come è detto nella de- scrizione della tecnica. L’inoculazione invece fu fatta su piantine di 40 giorni, in sabbia sterilizzata, con due foglioline già formate e con sistema radicale ben sviluppato. Alla base di ciascuna pianta, e tutto all’ ingiro, si scavava la sabbia con una lamina metallica ste- rilizzata, ed ivi si faceva cadere il materiale bacterifero procurando che le radici ne venissero bagnate: indi sì ricopriva con sabbia. I bacteri da servire per l’inoculazione si coltivavano su gelatina : dopo due o tre giorni dallo sviluppo di colonie, si faceva fluidifi- care la gelatina a 25° e la si versava nei vasi. Gli innaffiamenti si face- vano con soluzioni nutritizie sterilizzate e prive di composti azotati. Data dell’ infezione Capra COLTURE IN VASO 27.III. 1906 Id. Id. 1. IV. 1906 Id. Id. 26. V. 1906. Id. Id. 1° Vaso infettato coi bacterî delle colonie rilevate ottenute nella I se- rie di esperienze (8. III. 06). Col. tura di 2° passaggio su gelatina ai peptone. 20 Vaso infettato con bacterî delle colonie approfondate ottenute nella | I serie diesperimenti di isolamento | Data del termine dell’ espe- rimento 22. VI. 1906 Id. (8. III. 06). Coltura di 2° passaggio | su gelatina al peptone. 3° Vasi di controllo 4° Vaso infettato coi bacterî fluidi- ficanti la gelatina, ottenuti nella III serie di esperimenti (24. IIT. 06). | Coltura di 2° passaggio in gelatina al peptone. 5° Vaso infettato coi bacterî delle | colonie gialle (2° passaggio) otte- | nuti nella III serie di esperienze | di isolamento. | 6° Due vasi di controllo. 79 Vaso infettato coi bacterî delle | colonie approfondate ottenute nel- la IV serie di esperimenti di iso- lamento (2° passaggio). 8° Vaso infettato coi bacterî delle colonie fluidificanti, ottenuti nella IV serie (20. VI. 06), di 2° pas- saggio. 9° Vasi di controllo Id. Id. Id. Id. Id. . 1906, Osservazioni Nessuna for- mazione di tubercoli. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. E DELE Altre prove di isolamento. Provenienza Substrato del materiale bacterifero (VI) Da tubercoli di Gelatina 12,5 | piante coltivate Estr. conc. di) all’Istituto Bota- radici diSul-| nico e seminate la 0.5 il 20. III. 06. Glucosio 1 Acqua 100 Reaz.leggerm. acida. (VII) | Da tubercoli di Agar 2 piante coltivate Estr. conc. di all’Istituto Bota- radici diSul- nico e seminate la 0.5 il 20. III. 06. Glucosio 1 Acqua 100 Reaz.leggerm. acida. (VIII) | Da tubercoli di Gelatina 12,5 | Sulla spontanea Estr. conc. di raccolta a Ponte radici diSul- Galera. la 0.5 Glucosio 1 Acqua 100 Reaz. leggerm. acida. (1X) Agar 2 Estr. cone. di radici diSul- la 0.5 Glucosio 1 Acqua 100 Id. Data della seminagione 10, I. 1907 | | | Osservazioni i Alla temperatura della stanza (12°). 9. I. 07. — Sviluppo di co- lonie biancastre fluidificanti la gelatina. Bacterî allun- gati, mobilissimi. 19. I. 07. — Colonie gialle, bacterî mobili, a bastoncello, debolmente fluidificanti la gelatina. 19. I. 07. — Colonie bian- che, irregolari, molto promi- nenti, di aspetto e consisten- za mucillaginosa. Bacterî al- lungati con rare forme mo- bili, non fluidificanti la ge- latina. 14. I. 1907 | In termostato a 25°. 25. II. 1907 Id. 21. I. 07. — Sviluppo di co- lonie gialle, e di piccole co- lonie biancastre, superficiali e profonde, discoidali, con bacterî leggermente allun- gati, poco mobili. Alla temperatura della stanza. 5. III. 07. — Sviluppo di colonie biancastre, piccole, tondeggianti, superficiali e. profonde, le superficiali più sviluppate delle profonde, di consistenza leggermente vi- schiosa. Bacterî alquanto al- lungati con molte forme mo- bili. 5. III. 07. — Sviluppo di co- lonie con gli stessi caratteri, però con bacteri più mobili che in gelatina. r_——_o ii DIO AAA Pea RL OS i Sn sete Altre prove d’ inoculazione coi bacterî ottenuti. Come materiale di coltura dei bacteri mi servii o di gelatina all’estratto concentrato di radici di Sulla, o di liquido nutritivo con estratto (estr. conc. 0.5, glucosio 1, acqua 100). L'infezione fu poi eseguita non su piantine in vaso, ma sui semi in germinazione. Data dell’ infezione 14, XII. 1906 Id. Id. Id. Id. 24, I. 1907 Id. Id. Id. COLTURE ESEGUITE 1° Vaso infettato coi bacteri delle co- lonie rilevate ottenute nella I serie di esperimenti di isolamento (8. III. 06). 2° Vaso infettato coi bacteri delle co- lonie approfondate, ottenute nella I serie di esperimenti di isola- mento (4° passaggio). 3° Vaso infettato coi bacteri fluidi- ficanti ottenuti nella III serie (24. III. 06) di 4° passaggio. 4° Vaso infettato coi bacteri delle co- lonie gialle ottenute nella III se- rie, di 4° passaggio. 5° Vasi di controllo 6° Vaso infettato coi bacteri fluidi- ficanti ottenuti nella V serie (10. I, 07) di 2° passaggio. 7° Vaso infettato coi bacteri delle colonie gialle ottenute nella V se- rie, di 2° passaggio. 8° Vaso infettato coi bacteri delle colonie bianche, prominenti, rego- lari, ottenute nella V serie di espe- rienze, di 2° passaggio. 9° Vaso infettato coi bacterî delle co- lonie gialle provenienti dalla VII serie di esperienze. (14. I. 07). | Data del termine dell’ espe- rimento 26. II. 1907 Id. Id. fd. Id. Id. Id. Id. Id. Osservazioni Nessuna for- mazione di tubercoli. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Formazione di piccolissimi tubercoli e solo in al- . cune piante. Nessuna trac- cia di tuber- coli. —— 5} o = Data dell’ infezione 24. I. 1907, Id. 7. III. 1907 Id. Id. FALLI Or Id. Id. Id. Id. Id. Id. COLTURE ESEGUITE ‘10° Vaso infettato coi bacterî delle colonie biancastre ottenute nella VII serie di esperienze di isola- mento, di 2° passaggio. ni 11° Vasi di controllo . 12° Vaso infettato coi bacterî otte- nuti nella VIII serie di esperien- ze di isolamento colle piante di Ponte Galera, di 2° passaggio. 13° Vaso infettato con bacterî di piante di Ponte Galera, ottenuti nella IX serie, di 2° passaggio. 14° Vasi di controllo . 15° Vaso infettato come al N. 8 (2° passaggio). Vaso infettato come al N. 8 (8° passaggio). Vaso infettato come al N. 8 (4° passaggio). 16° Vasi di controllo . 17° Vaso infettato coi bacterî delle piante di Ponte Galera (2° pas- saggio. Vaso infettato coi bacterî delle piante di Ponte Galera (2° pas- saggio). 18° Vasi di controllo . Data del termine dell’espe- rimento Osservazioni 26. II. 1907 (Nessuna trac— Id. 4, IV. 1907 Id. Id.’ 9292, IV. 1907 | Id. Id, Id. Id. Id. Id. cia di tuber- coli. Id. Quasi tutte le piante forni- te di tuber- coli, special- mente mella radice prin- | cipale. Pochitubercoli. Nessuna trac— cia di tuber- coli. Id. Id. Id. Id. Formazione di pochi tuber- coli. Id. Nessuna trac— cia di tuber- coli. ia Data del ici Li ) COLTURE ESEGUITE dell’ espe- Osservazioni dell’infezione a 2. V. 1907 | 19° Vaso infettato coi bacteri delle |1. VII. 1907 |In tutti i vasi piante di Ponte Galera (2° pas- infettati ho saggio). trovato pian- - ; si tine con tu- Id. | Vaso infettato coi bacteri delle Id. Wane li il piante di Ponte Galera (3° pas- buona quan- saggio). tità, ma an- Id. Vaso infettato coi bacterî delle Id. cora molto piante di Ponte Galera (3° pas- piccoli, sulla saggio). radice prin- cipale e sulle Id. Vaso infettato coi bacterî delle Id. secondarie. piante di Ponte Galera (4° pas- saggio). Id. Vaso infettato coi batterî delle Id. piante di Ponte Galera (4° pas- saggio). Id. 20a Vas di “controllo net 1. Id. Nessuna for- mazione di tubercoli. Aggiungerò infine che un’altra serie di tentativi fu eseguita con colture gentilmente favoritemi dal prof. Strampelli. Erano tre bacteri: uno rosso, uno bianco ed uno giallo e, secondo le afferma- zioni orali del prof. Strampelli stesso, il più. virulento era il giallo. Inoculai tutti e tre i bacterî su piantine di Sulla ed ottenni da tutti e tre formazione di tubercoli; ma in una successiva prova d’inocu- . lazione, alla quale i bacterî arrivarono dopo essere necessariamente passati più volte su gelatina con estratto di radici di Sulla, tutti e tre si sono mostrati inattivi. I risultati delle esperienze d’inoculazione portano quindi alla conclusione che il solo bacterio isolato da piante di Ponte Galera, anche dopo ripetuti passaggi, si conserva attivo: gli altri, o hanno perduta la virulenza o provengono da colonie miste, costituite di un organismo virulento esdi un compagno estraneo, il quale solo si è propagato nei successivi passaggi. E qui, per istituire un confronto fra il bacterio di Sulla spon- tanea e quello di altre Leguminose, ricorderò come fu Prillieux (23) primo a notare che la formazione dei tubercoli può essere provo- eg) cata dalla introduzione, nel mezzo di coltura, di radici di Leguminose portanti gli stessi organi. Contemporaneamente anche il Frank (24) confermava, che mentre aggiungendo a colture in sabbia sterilizzata del materiale proveniente o da tubercoli o da un terreno che abbia portato delle Leguminose, si aveva un pronto sviluppo di tubercoli, invece senza alcun trattamento non si verificava alcuna produzione. Bejerinck (25) fece esperienze con colture pure di bacterio di fava ottenendo in tutti i vasi inoculati formazione di tubercoli. Egli notò poi che per avere un successo sicuro dalle inoculazioni bisogna servirsi di materiale proveniente da piante la cui vegeta. zione non sia troppo avanzata: già quando i fiori cominciano ad apparire, diminuisce naturalmente la potenzialità tubercoligena del bacterio. Marshall-Ward (26), Prazmowski (27), Laurent (28), Breal (29) ecc. ottennero in prove consimili gli stessi risultati. Hiltner (19) riferisce che alla Stazione sperimentale di Tharand l’inoculazione si fa con emulsione di bacterì ottenuta aggiungendo ad una deter- minata quantità di acqua sterilizzata tanti bacteri di una coltura pura da avere un grado determinato d’intorbidamento: è questa l’ «infezione normale ». Seminando più bacteri della quantità nor- male, le radici rimangono più piccole, ma il numero, la grandezza e l’azione dei tubercoli rimane eguale. Anche fornendo i bacteri in una sol volta o in tre rate non si osservano differenze nel numero e nell’azione dei tubercoli. Se il numero dei tubercoli è minore, le dimensioni sono maggiori, per cui la massa totale dei tubercoli ri- mane presso a poco eguale. Sempre lo stesso A. dice che in colture acquose si formano pochi tubercoli e ripartiti su tutte le radici: però se si tiene fuori dall’acqua la parte superiore delle radici, i tubercoli sì sviluppano numerosi e grossi in questa porzione. L’A. si occupa anche della questione della « virulenza » ed afferma che se si ino- culano bacteri di virulenza eguale o minore di quelli che esistono gia nei tubercoli, non si ha nessun effetto; ma se si inoculano bacteri di maggior virulenza si ottiene ancora aumento nel numero dei tubercoli. I tubercoli attivi darebbero quindi « immunità » alla pianta rispetto ai bacteri di virulenza eguale o minore: soltanto i bacteri di virulenza maggiore sono capaci di infettare le radici. Il citato A. ritiene che l’azione dei bacteroidi dia luogo a sostanze antagoniste le quali tendono ad espandersi nella radice, impedendo la penetrazione dei bacteri di eguale o’minor virulenza: cioè si avrebbe, come pei bacteri patogeni, un « anticorpo ». I tubercoli poi, stabilendosi sulle radici in modo che la pianta ne tragga il massimo uso possibile, si influenzerebbero fra loro in modo che le radici che portano tubercoli conferirebbero immunità alle altre che PA Pip ne mancano. Hiltner e Stormer (5), riguardo alla questione della vi- rulenza, concludono che essa aumenta col numero dei passaggi attra- verso la rispettiva pianta ospite, e che il potere fissatore d’ azoto libero non varia parallelamente alla viralenza: anzi se la virulenza è troppa, i bacterî fissano poco azoto. Gli AA .raccomandano di inocu- lare i semi rigonfiati fino ad iniziale germinazione, aggiungendo al materiale bacterifero un po’ di peptone e saccarosio per diminuire l’azione nociva sui bacteri di sostanze che vengono emesse dai semi durante il loro rigonfiamento (sostanze pectiche, albuminoidi ecc.). Per riguardo poi alla specificità è interessante ricordare come anche per altre Leguminose si è trovato un comportamento simile a quello dei bacteri di Sulla. Infatti Kirchner (30), avendo notato in una cultura di Soja hispida la mancanza assoluta di tubercoli, quantunque in vicinanza vegetassero altre Leguminose, fece venire della terra di Soja dal Giappone dove la pianta è fornita di tu- bercoli naturalmente. Inoculando tale materiale di Soja spontanea, ebbe abbondante produzione di tubercoli. Naudin (31) poi asserisce. che alcune specie di Leguminose, ricche di tubercoli nella loro stazione spontanea, possono in altri luoghi svilupparsi normalmente senza alcuna traccia di essi. Descrizione bacteriologica del bacterio isolato dalla Sulla spontanea. Occorre premettere che le piante da me raccolte a Ponte Galera presentavano numerosi steli per ciascuna, striscianti sul suolo, e grossi fittoni radicali di notevole lunghezza. Il sistema radicale era essenzialmente costituito dalla radice principale, raggiungente in talune piante un cospicuo diametro, e da poche ed esili radici làte- ‘rali. I tubercoli, tutti di grandezza media, erano attaccati in gran parte alle radici secondarie, qualcuno anche alla radice principale, e ‘ sempre situati in prossimità della superficie libera del suolo. In tutti i tubercoli, anche i più giovani, constatai la presenza di un enorme numero di bacteroidi, mentre le forme bacteriche erano in quantità assolutamente minima. Sul bacterio delle piante di Ponte Galera, che fino ad ora si è dimostrato il più attivo produttore dei tubercoli nella Sulla, furono fatti alcuni saggi per l’esame delle proprietà bacteriologiche e del portamento culturale del bacterio stesso, e dei quali vengo ad esporre i risultati. — 62 — I. — COLTURE IN SUBSTRATI SOLIDI. CF | DATA | della | seminagione | SUBSTRATO COLTURE IN PIASTRE Gelatina gr. 13|25.1V.07| Alla temp. della stanza Peptone » 1 (180-209). Glucosio » 1 28. IV.07. Formazione di Acqua >» 100 colonie superficiali e {neutr. con car- profonde,tondeggianti, bonato sodi- di color biancastro. co (1). 30, IV. 07. Le colonie pro- fonde rimangono pic - colissime e rotonde: le superficiali tendono ad allargarsi, hanno la su- perficie libera conves- sa, sono circolari, a margine un po’ sinuo- so, di consistenza vi- schiosa. Bacterio poco mobile, non fluidifican- te, cilindroideo, a estre- mità arrotondate. 2. V. 07. Produzione di cellule durature. Gelatina gr. 18 | O.V.07 | Alla temp. della stanza. Estr. conc. di ra- 11. V. 07. Sviluppo di co- dici di Sulla lonie tondeggianti, o- gr. 0,5 pache, biancastre, su- Glucosio gr. 1 perficiali e profonde. Acqua » 100 Le profonde rimango- no piccole e distaccate | fra di loro: le super- ficiali sono a margine debolmente irregolare. ; Consistenza mucosa. Bacterio mobilissimo. 13. V. Formazione di cel- lule durature. (neutr. come s.) Gelatina gr. 13 |13.IV.07| Alla temp. della stanza. Latte >» 100 : 19. IV. Incomincia lo sviluppo di colonie. 20. IV. Colonie superfi- ciali, bianche, tondeg- gianti, a margine un COLTURE PER STRISCIAMENTO Id. 28. IV. 07. Formazione di minutissime colo- lonie dapprima di- staccate, ma presto fondentisiin una lun- ga stria biancastra alquanto rilevata sul- la superficie del sub- strato, di consistenza vischiosa. . V. 07. La stria non si è estesa, ma man tiene la stessa lar- ghezza e lunghezza. Formazione di cellule durature, Id. . V. 07. Formazione di una sottile stria con- tinua di consistenza mucosa. i Acquadi condensa— zione torbida e bian- castra. 12. V. Formazione dicel- lule durature. Id. 15. IV. Il bacterio si moltiplica costituen- do subito una stria continua. 17. IV. La stria rimane (1) Com'è detto più innanzi questo bacterio preferisce substrati neutri. Sig CISSE EI DATA SUBSTRATO della COLTURE IN PIASTRE seminagione a O: ‘e ::AAA. po’ sinuoso, a superfi- cie libera leggermente rugosa. Le colonie, os- servate al microscopio, si presentano circon- date da una piccola zona trasparente. Bac- terio poco mobile, non fluidificante. 24, IV. Produzione di cel- lule durature. Agar gr. 2 20. V.07 | In termostato a 27°. Estr. conc. ra- 23. V. Colonie superfi- dici di Sulla ciali e profonde discoi- gr. 0,5 dali, trasparenti, di co- Glucosio gr. 1 lore biancastro. Le su- Acqua » 100 perficiali, osservate al (neutr. con car- microscopio, si vedono bonato sodico) circondateda un’ampia area chiara e da una stretta zona jalina peri- i ferica. Bacterî mobili. 25. V. Formazione di cel- lule durature. Agar gr. 2|20.V.07| In termostato a 27°. Peptone » 1 25. V. 07. Incomincia lo Glucosio » 1 sviluppo di colonie su- Acqua »100 perficiali e profonde, (neutr. con car- bonato sodico) | dello stesso aspetto e forma di quelle ottenu- | te in agar all’ estrat- to. Le superficiali sono | circondate da un alone più trasparente. Bacte- rî meno mobili, che in agar all’estratto. 27. V. Le colonie hanno raggiunto il diametro di 4-5 mm. : sono bian- castre, opache, circo— lari, a contorno piut- tosto sinuoso, a consi- COLTURE PER STRISCIAMENTO sottile: la superficie presenta increspature longitudinali. 20. IV. Formazione di cellule durature. Ed. 23. V. Colonia a stria continua, la quale pe- ro si allarga e tende a coprire la superfi— . cie libera del substra— to. Al fondo dei tubi si ha undeposito bian- co-lattiginoso, piut- tosto consistente. 26. V.Formazione di cel- lule durature. Id. 25. V. Sviluppo di una stria continua : la co- lonia poi tende a dila- tarsi sulla superficie libera del substrato. 29. V. Formazione di cel- lule durature, DATA SUBSTRATO della COLTURE IN PIASTRE COLTURE PER STRISCIAMENTO seminagione stenza vischiosa. La ‘superficie libera delle colonie è pianeggiante: le superficiali tendono ad espandersi. 29. V. Formazione di cel- lule durature. Agar gr. 2] 1.V.07 | In termostato a 26° Id. Latte » 100 9. V. Comincia lo svi- | 10. V. Sviluppo di una luppo di colonie. stria continua. 20. V. Colonie superfi- | 12. V. La stria si è este- ciali, bianche, di con- sa tanto da occupare sistenza cerosa, ton- quasi tutta la super— deggianti, a margine ficie del substrato. sinuoso. Superficie li- bera, piana o un po’ in- cavata con numerose striature concentriche e qualche bollicina di gas. Bacterio mobile. 12. V. Le colonie si sono dilatate sulla superfi- cie libera. Formazione di cellule durature. Le colture solide per infissione dimostrano evidentemente che il bacterio è aerobio. Riassumendo, dal comportamento del bacterio in tutti questi di- versi substrati solidi, si vede che esso tende a formare, dopo un breve periodo di attiva segmentazione, delle cellule durature. Infatti dopo 6-7 giorni dalla seminagione, il protoplasma si contrae in masse dense, fortemente rifrangenti, di forma sferica, ovoi- dale od allungata corrispondente alla forma della cellula: esse si colorano colla fuchsina come se fossero spore, ma non sono spore, come si può agevolmente dimostrare in vari modi. In goccia pendente si vede, per es., che esse si schiariscono e rigonfiano fino a riempire di nuovo tutto il bacterio di protoplasma poco colorabile, senza che sì osservi in esse la menoma rottura od accenno a germinazione. Se si pastorizza il materiale contenente queste masse di protoplasma Ret AA in riposo a 80° C., anche per soli cinque minuti, se ne ottiene la ste- rilizzazione completa. Tali formazioni sono dovute dunque ad una specie di plasmolisi spontanea o incistamento del protoplasma dei bacterî, i quali non sono affatto sporigeni. Essi però tendono a for- mare presto tali cellule durature con protoplasma condensato, e forse questa è la ragione per cui questi bacterî conservano la virulenza dopo numerosi passaggi. Quanto ai bacteroidi, è da ritenersi che essi pure, seminati sui substrati anzidetti, non periscano, ma bensì diano origine a colonie di bacilli, come lo rende assai probabile lo sviluppo di numerose colonie tipiche da polpa di tubercoli che contengano in massima prevalenza bacteroidi. Ricorderò a questo proposito come Hiltner e Stérmer (5) osservano nei bacteroidi una specie di gemma- zione in certe soluzioni nutritizie, e ritengono che in determinate circostanze le gemme si trasformano in frammenti di diversa gran- dezza i quali poi direttamente e dopo ulteriore divisione darebbero bacteri o bacteroidi. Dentro i tubercoli, poi, i bacteroidi rimarreb- bero interi fino al cessare della vegetazione della pianta. Stefan in- vece (32) ha osservato con sicurezza la loro degenerazione. Egli so- stiene che i bacteroidi finchè sono giovani e poco rigonfiati sono ancora capaci di dividersi, mentre da vecchi non si dividono più La tendenza di questi organismi a dare forme filamentose e a cir- condarsi da grosse guaine mucose fa pensare a Stefan che si tratti di Myxobacterii. Anche Siichting (33) ha osservato parecchie volte la frammentazione dei vecchi bacteroidi in minutissimi cocchi in substrati artificiali, così che da ogni bacteroide si origina una colonia. De Rossi (6) infine ammette per la Vicia Faba che i bacteroidi, dopo aver subito un processo di vacuolizzazione, che ritiene come ulteriore stadio di sviluppo, danno luogo lentamente a sviluppo di colonie di corpuscoli di forma irregolare, i quali, dopo il 4°-5° passaggio su gelatina di fava, sono trasformati in forma prevalentemente baccil- lare, mobile, non colorabile col Gram e che dopo un certo tempo pre- senta anche forme ramificate e fenomeni di vacuolizzazione identici a quelli che si hanno nei bacteroidi, . II. — CULTURE IN SUBSTRATI LIQUIDI. Il bacterio di Sulla si sviluppa scarsamente e lentamente in tutte le soluzioni nutritive neutre (peptone e glucosio o saccarosio, - estratto concentrato di radici di Sulla e glucosio o saccarosio, aspa- ragina), pochissimo in presenza di fosfato acido di potassio: non si sviluppa in presenza di nitrato di potassio. Queste sostanze vennero «fornite in soluzioni varianti fra 0,5 e 2,5 %, senza notare regolarità ANNALI DI BorANICA — Von. VII. 5 4 CA degne di nota. Solo per l’estratto concentrato di radici di Sulla ho potuto stabilire che la dose optimale è di gr. 0,5 %. Nei substrati liquidi, e non sulle gelatine, dà luogo a forme ramificate che pro- babilmente non sono che catene di 3 o 4 elementi provenienti dalla divisione di un solo individuo. Altri AA. invece hanno ottenuto in substrati liquidi la riproduzione artificiale dei bacteroidi. Hiltner (19) li ha ottenuti in soluzioni preparate con estratto di radici, e in tutte le forme possibili. Hiltner e Stòrmer (5) hanno poi studiato l'influenza di vari alimenti sulla formazione dei bacteroidi. Così, in soluzione di saccarosio all’1 % i bacteri formano rapidamente. bacteroidi. Il plasma dei bacteroidi si differenzia in una parte ri- frangente, fortemente tingibile colla carbolfuchsina e in rosso bruno — colla tintura di jodio, ed in una parte non colorabile o poco colla carbolfachsina e colorabile in giallo con tintura di jodio. Il plasma. che si colora in rosso bruno collo iodio ha la tendenza a gemmare: in certe specie invece questo plasma rimane entro ai bacteroidi e si localizza in certi punti o li riempie tutti. Per le soluzioni di glucosio pare che la concentrazione più adatta stia fra 0,1-1 %; tra- sformati in bacteri, alcuni (soja, serradella, lupino) conservano la forma a bastone e gemmano per l’estremità; altri crescono anche in larghezza, e l’intero bacteroide si riempie di protoplasma perfet- tamente colorabile. Il salnitro, in soluzioni fra 0,05 e 0,5 % favo- risce la formazione e la ramificazione dei bacteroidi. L’asparagina invece favorisce poco la formazione dei bacteroidi, ma invece molto la differenziazione del plasma e la produzione di piccole gemme. In presenza di 0,01-01% di peptone si hanno forti ramificazioni. In generale gli AA. notano che la differenziazione del plasma e la gemmazione accadono soltanto quando la maggior parte dell’azoto è stato consumato. Per l’acido fosforico osservano che in assenza di una fonte di carbonio, nè il fosfato acido, nè il neutro di potassio producono bacteroidi. Questi sali favoriscono invece la moltiplica zione dei bacterî. Il cloruro, il solfato di potassio, il solfato di magnesio non eser- citano alcuna azione. Stutzer (34) ritiene che gli acidi organici (acido succinico, tartarico, malico ecc.) producano la trasformazione dei bacteri in bacteroidi: afferma anche che l’azione di idrati di car- bonio e sopratutto d’inulina, favorisce molto la produzione di bacte- roidi. Questa opinione non è condivisa da Siichting (33). Del resto anche Bejerink, Moore, De Rossi ecc. dicono di aver osservato, oltre che in colture solide, anche nelle liquide, delle forme ramificate. ashy Ty FARAI III. — SvILUPPO DEL BACTERIO IN SUBSTRATI A DIVERSA REAZIONE. Come si rileva dalla tabella che segue, lo sviluppo massimo si ha a reazione neutra, e ciò tanto nei substrati solidi che in quelli liquidi: a reazione debolmente acida si sviluppa scarsamente su ge- latina all’estratto di radici, non in substrato liquido, e in soluzioni debolmente alcaline non si sviluppa affatto. Data Substrato Reazione della Osservazioni seminagione Gelatina gr. 12,5 Estr. conc. radici Alla temp. della stanza gr. 0,5 leggerm. acida |17.IV.07| 21. IV. Poche colonie nella Glucosio gr. 1 1 piastra. Acqua » 100 20.IV.Sviluppo di numerose Id. neutra Id. e belle colonie nella 1* e 2% piastra. Id. leggerm. alcalina Id. aus Acqua gr. 100 Estr. conc. radici i! . aci E dr Sd OB eggerm. acida Id Glucosio gr. 1 19. IV. Intorbidamento del liquido, con forme mobili. d. is ate ve i nentra le Al fondo del recipiente, deposito bianchiccio. Ios leggerm. alcalina [d. _ IV. — PRODUZIONE DI ALCALI O DI ACIDO. Mi servii di una soluzione nutritiva all’estratto di radici di Sulla perfettamente neutralizzata e leggermente colorata cor tin- tura di tornasole: non si ebbe alcuna variazione nella reazione. BETES cle Conelusioni. Il bacterio d& me isolato dai tubercoli di Sulla spontanea, si distingue quindi per le seguenti proprieta essenziali e cioé di essere mobile, non sporigeno, non fluidificante la gelatina, nè coagulante il latte, di non colorarsi col Gram. Esso inoltre preferisce come mezzo: di cultura i substrati solidi a reazione neutra, però lo si coltiva abba- stanza bene anche in soluzioni nutritizie, specie se a base di estratto di radici di Sulla e di glucosio. Dagli esposti caratteri morfologici e proprietà culturali si rileva che il bacterio di Sulla si allontana notevolmente da quelli delle altre Leguminose, per quanto è possibile giudicare dalle descrizioni ancora controverse che di essi sono state date da Beyerinck (8), Prazmowski (35), Frank (86), Laurent (11), Kirchner (30), Gon- nermann (37), Smith (38), Mazé (12) Moore (20- 21), De Rossi (6) ecc. ecc., 1 quali dettero le più svariate descrizioni dei bacteri da loro isolati. Concludendo per i bacterî tubercoligeni della Sulla, sì può dire che essi, in terreni nuovi per questa Leguminosa, perdono con grande facilità la loro virulenza di modo che bisogna considerarli come ospiti transitori e non intimi; mentre se si vuol porre le mani sopra il vero simbionte della Sulla, bisogna ricorrere ai microrga- nismi che abitano nei tubercoli della Leguminosa spontanea, cioè vegetante da tempo immemorabile in una data località. Questo risultato fa pensare che, siccome tanto lo Strampelli quanto io abbiamo isolato quei numerosi bacteri apparentemente virulenti da tubercoli di Sulla coltivata con aggiunta di terra di . Sullaio, i bacteri che questa terra porta non sieno capaci di con- servare la virulenza fuori del tubercolo o in generale delle radici vive di questa Leguminosa. Di qui nasce un’ importante questione agraria. E noto che la Sulla si falcia lasciando in posto la base dei fusti e relative radici, da cui poi nella successiva stagione spun- tano nuovi fusti, e così via per più anni. È chiaro che con questo sistema di coltura una inoculazione di terreno di sullaio, contenente tubercoli o radici vive, basta finchè la Sulla è viva. Ma qualora si intercali a questa un’altra coltura con completa estirpazione dei cespi di Sulla, credo, in base ai miei risultati, che per ottenere nuo- vamente una pronta e rigogliosa vegetazione, sarebbe utile una nuova ES) E inoculazione di terra fresca di Sullaio, tutte le volte che si voglia riseminare la Sulla su quel medesimo appezzamento. Questa inco- moda e costosa pratica si potrebbe forse evitare ricorrendo alle cul- ture pure della razza di bacterî isolata dai tubercoli di Sulla spon- tanea. LÒ 16. 17. Dal R. Istituto Botanico di Roma, Gennaio 1908. GIUSEPPE SEVERINI. BIBLIOGRAFIA. . MorraREALE. — Di alcuni organi particolari delle radici tuber colifere del- VHedysarum coronarium in relazione al B. radicicola e alla Phytomyxa leguminosarum. (Nota prev. Atti del R. Ist. d’Incor. — Napoli, 1898). . STRAMPELLI. — Colture di bacterî azotofagi per la Sulla. (Boll. uff. Min. agr. ind. e comm., anno IV, 1905, vol. VI). . PEGLION. — (Staz. sperim. agrarie, vol. 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Fig. 4. — Microfotogratia di bacteroidi con vacuolizzazione in stadio più avan- zato dei precedenti, a circa 800 diam. Fig. 5. — Colture a becco di flauto del bacterio tubercoligeno. Leads mA SP ANN. BOT. VII TAV. IV NN. BOT. VII TAV. Ill FIG, 2 Fot. Danesi - Roma ANN. BOT. VII TAY. IV FIG.1 BIG. 3 FIG. 4 Fot. Danesi - Roma È 7% ME). oe STE pe A Bla PIA } SENNA NANA IADAIZSNARATASIZIDASISDI SS GR CS SR IER LER SOD I IGRI QS NE Altre osservazioni sul Sechium edule Sw. af B. Lonco. (Tav. VII). Come è noto una Cucurbitacea, il Sechium edule Sw., presenta il fenomeno, abbastanza raro nelle piante, della germinazione del seme nel frutto. Ora è questo un fenomeno da ascriversi alla vera vivi- parità ? 5 Per vere piante vivipare — come quelle della Mangrove — è da intendersi quelle in cui il seme germina nel frutto mentre esso sta ancora attaccato alla pianta madre, con la quale è in rapporti or- ganici. Naturalmente non è da includersi in questo concetto la vi- viparità nel senso floristico: quel fenomeno, cioè, abbastanza fre- quente in tante piante (Poa bulbosa L. b. vivipara [Mazz.], Polygonum viviparum L., ecc.), che si ha quando al posto dei fiori si producono speciali corpi riproduttori agamici (gemme fogliacee o bulbilli). Nelle mie ricerche sullo sviluppo del Sechiwm edule Sw. (1) notai dei grandi accumuli di sostanze nutritizie nei cotiledoni, nel tegu- mento seminale e nel pericarpio — sostanze nutritizie, che vengono utilizzate dalla piantina nella germinazione. Però se il Sechiwm e- dule Sw. germini sulla pianta madre e se vi siano degl’intimi rap- porti con essa naturalmente io non lo potei osservare, giacchè da noi la parte aerea muore pel freddo all’inizio dell’inverno quando an- cora è in fiore ed in frutto. Perciò ho voluto tentare sperimental- mente di far continuare a vegetare anche durante l’inverno la parte aerea per osservare che cosa allora accadesse dei frutti attaccati alla pianta. Nella primavera dell’anno scorso in questo R. Orto botanico, oltre piantare in terra il Sechiwm edule Sw., ne misi un frutto in un gran (1) Lonco B. — Sul Sechium edule Sw. Rend. d. R. Accad. dei Lincei. — Vol. XVI, 2° sem., ser. ba, fasc. 7. — 2 vaso, nel quale assicurai anche dei rami di bambù e di alloro per farvelo rampicare. Le piante si svilupparono rigogliosamente. Nel- l'autunno si ebbe una fioritura abbondante, seguita anche da un’ab- bondante fruttificazione (1). Alcuni frutti raggiunsero il peso di un chilogrammo. L’impollinazione fu operata per mezzo delle api e delle vespe. Al principio di novembre, al cominciare dei primi freddi, il Sechium edule Sw., piantato in vaso, fu trasportato nella serra ove continuò a vegetare egregiamente (2). Alla fine dell’anno già dai suoi frutti cominciò a venir fuori il germoglio, e d’allora in poi, di quando in quando, io staccava un frutto per osservare, tra l’altro, se per mezzo del peduncolo si mantenesse in rapporti con la pianta madre. Il che si osservava sempre benissimo anche pel sem- plice fatto che, come quando i frutti non erano ancora maturi, dal punto di distacco del peduncolo, che del resto si conservava sempre verde, fuorusciva del succo. La tav. VII mostra uno di tali frutti del Sechiwm edule Sw. ger- minato sulla pianta madre e fotografato il 25 gennaio di quest'anno. È da notarsi che per poterlo fotografare dovetti staccare una gran quantità di rami e di foglie. I germogli continuarono ad allan seca fin oltre un metro, poi 1 frutti si staccarono dal peduncolo e caddero insieme col comi (Il frutto fotografato stette attaccato alla pianta madre fin al 22 feb- braio, nel quale giorno il germoglio misurava m. 1.10). Anche allora sì poteva notare una fuoruscita di succo, quanturique in minore quan- tità, dal punto di distacco del peduncolo. (1) Come si sa il Sechium edule Sw. è pianta monoica, avente i fiori sta- miniferi disposti in grappolo e quelli pistilliferi solitari o geminati. Io però ho osservato, ed abbastanza frequentemente, dei fiori pistilliferi in numero di tre o quattro all'apice del peduncolo e tutti o quasi tutti fecondi. In un caso ne notai persino cinque: uno di essi aborti, ma quattro abbonirono e porta- rono a perfetta maturità il frutto. Diverse volte ho pure osservato una con- crescenza di due fiori pistilliferi per gli ovari — mostruosità già notata dal prof. Arcangeli (ARCANGELI G., Nettarii fiorali, mostruosità e processo d’ im- pollinazione nel Sechium edule. Nuovo Giorn, Bot Ital, vol. XXIII, 1891, pag. 340). Una osservazione poi molto degna di nota è la seguente che feci sopra un esemplare piantato in terra. In un grappolo di fiori staminiferi nor- mali trovai un fiore pistillifero che si aprì contemporaneamente ai fiori sta- miniferi: esso era perfettamente normale ed abboni. Questa osservazione è no- tevole non solo pel fatto che un fiore del racemo staminifero, invece di svi- lupparsi in fiore staminifero, si era sviluppato in fiore pistillifero, ma anche perchè i fiori del Sechium edule Sw. sono proterogini, ossia i fiori pistilliferi si aprono prima dei fiori staminiferi nati alla stessa ascella delle foglie. (2) I nuovi fusti si sono rampicati sulle altre piante fin a toccare i yetri della serra. Reeipl (3 RARO Come si vede quindi nel Sechium edule Sw. noi abbiamo una vera pianta vivipara, il cui seme soltanto nei nostri climi non può ger- minare mentre ancora il frutto sta sulla pianta madre a causa del rigore della stagione. Però, stante l’enorme quantita di sostanza di riserva immagazzinata nei grandi cotiledoni, nello spesso tegumento e in special modo nel grosso e carnoso pericarpio (1), germina benis- simo e sviluppa la sua piantina anche senza che il frutto sia più at- taccato alla pianta madre e senza che neppure assorba acqua dal- l’esterno. Per I’ istessa ragione noi non possiamo, a rigor di termini, parlare nel Sechium edule Sw., come nelle piante vivipare della Man- grove, di un periodo di riposo dell'embrione, all’opposto di quanto co- munemente si verifica nei semi delle altre piante. Siena, aprile 1908. (1) Con mia meraviglia trovo consigliato (PrererossI G., Il Sechio com- mestibile. Bull. d. R. Soc. Tosc. di Ortic., anno XI, 1886, pag. 142) di piantare solamente il germoglio, quando esso è ancora piccolo, staccandolo dal pericarpio «e non il frutto col germoglio ad esso attaccato. da haz? LD se Ha, Foxe * Mae I A a PAVESNA ANN. BOT. VII. Fot. Danesi - Roma F. Personè fot. Ricerche di morfologia e fisiologia eseguite nel R. Istituto Botanico di Roma XX. —- Particolorità morfologiche ed anatomiche ; nelle radici dell’ Hedysarum coronarium L. per il Dott. G. SEVERINI (Tav. V.-VI). Le radici dell’ Hedysarwm coronarium L. presentano costante- mente, oltre i ben noti tubercoli, delle caratteristiche formazioni le quali furono nel 1898 oggetto di studio da parte del prof. Mot- tareale (1), il quale pubblicò in proposito una nota nella quale de- scrisse sommariamente questi singolari organi che indicò, con voca- bolo abbastanza felice, col nome di « palette ». Il prof. Mottareale stesso ivi afferma che il De Candolle notò, fino dal 1825, la pre- senza di queste palette nelle radici di Sulla. Ecco quanto dice, a proposito dei loro caratteri esterni, il citato A.: « Le palette, che vanno da quasi 1 mm. a 1 cm. di lunghezza, per 1 mm. a 7 di larghezza, a differenza dei tubercoli, assumono costantemente la simmetria bilaterale e la struttura dorso-ventrale. Si presentano perfettamente espanse a zappetta leggermente peduncolate o sessili, sparse o distanziate sul ramo radicale, a forma di spica, e ravvi- cinate in capitoli circondanti l’jasse, o approssimate a due a due sulla radice, e aderenti colle facce ventrali, ma mai perfettamente combacianti ai margini, neanche quando presentano la stessa super- ficie. Quando la paletta raggiunge una certa dimensione, allora costantemente s’incurva sulla sua faccia ventrale, assumendo I’ a- spetto di cucchiaio. La faccia dorsale convessa è a superficie scabra e si lascia facilmente spogliare dalla terra; la ventrale, concava, si presenta all’occhio nudo piena di terra che aderisce fortemente (1) MortAREALE. — Di alcuni organi particolari delle radici tubercolifere dell’Hedysarum coronarium in relazione al B. radicicola e alla Phytomyxa le- guminosarum. — Nota prev. Atti del R. Ist. d’Incoragg. Napoli, 1898. arnt Ghee e che con assai fatica si pud togliere sotto un getto fino, violento e continuo d’acqua. Praticando questo lavaggio se la paletta è adulta si romperà facilmente, come se fosse costituita di sostanza friabile. Se, senza usare questo trattamento, si osserva immersa in acqua, dalla sua parte ventrale si vedrà, anche ad occhio nudo, ma me- glio con semplice lente a piccolo ingrandimento o sotto il micro- scopio a dissezione, massime verso 1 lati o assurgente dalla terra che la copre, una produzione filiforme, come ciuffetto fungino di muffe. Osservata dalla sua parte dorsale si vede segnata longitudi- nalmente, nella sua parte mediana, da un cordone che scorre come rachide fogliare in una appendice equilatera dando così all'organo la simmetria zigomorfa ecc. ». Descrive poi l'origine ed il decorso del fascio vascolare, la forma dei peli, e parla di un « tessuto lasco » a grandi cellule, esistente nella regione dorsale della paletta. Inoltre dice di aver notata l’esi- stenza di nastri micelici di Phytomyxa specie nella regione ven- trale, e qualche colonia di blastomicete nella regione corticale della radice corrispondente al piano d’inserzione di quest’organo singo- lare. Osserva che le palette in definitiva si trasformano in carbo- nato calcare e questa calcificazione parte dal centro e si estende alla regione dorsale, e scende poi jn quella ventrale e apicale. L'A, sup- pone che la calcificazione provenga da deposito di carbonato calcare disciolto dapprima nei succhi, e per quanto riguarda l’ufficio delle palette, conclude che « le palette danno a pensare di una probabile, vittoriosa lotta per l’esistenza che impegna la pianta provvedendosi di nuovi organi assorbenti, sostituendoli ai vecchi tubercolari ai quali si era adattata e che ora non rispondono più alla finalità dello scopo: l'economia della pianta ». In seguito il dott. Dino Sbrozzi (1) nella sua monografia sulla coltivazione della Sulla, riportò alcuni dati di sue esperienze ese- guite per stabilire la formazione delle palette su terra da orto o su sabbia con o senza concimazione azotata, previa o no sterilizzazione del mezzo, concludendo che le piante provviste di palette sono più vegete e robuste, che le palette stesse si formano indipendentemente dalla sterilizzazione del terreno di cultura e che « sembrano in nu- mero maggiore, terreno permettendolo, quando i tubercoli sono man- canti ». Restava ancora a vedere che cosa fossero queste speciali e ca- rattestiche formazioni, quale cioè ne fosse il valore morfologico ed anche quale il fisiologico: ed ecco quanto, in seguito a ricerche da (1) Serozzi. — La Sulla, II ediz. LOU fa me fatte, credo opportuno di aggiungere alle conoscenze che già si avevano in proposito. Per quanto riguarda la loro disposizione, la loro forma, il loro numero, rileverò che le palette si formano sulla radice principale soltanto nelle piante giovanissime: in seguito cadono da essa e via via si formano nelle radici laterali, specialmente in quelle di ultimo e penultimo ordine. La loro forma predominante è quella di lami- nette ovali, appiattite, ricordante un po’ quella di foglioline di musco: vi distinguiamo una base, un apice, due facce, due margini. La loro inserzione sulla radice si fa o direttamente per la base o mediante un sottile e quasi impercettibile peduncolo. Va notato però che esse si dispongono in modo che l’asse trasversale che congiunge i due margini è parallelo all’asse della radice: in tal modo le due facce vengono ad essere laterali e i due margini, uno superiore ed uno inferiore. Una delle facce è costantemente ricoperta da un fitto in- treccio di peli assorbenti: l’altra è liscia oppure munita di brevis- sime e rare papille. La simmetria è bilaterale. Il loro numero è variabilissimo specialmente in rapporto colla natura del terreno. In piantine di 2-3 mesi, coltivate in vasi di sabbia, ne ho contate da 40 a 60 per ciascuna: in piante di 2 anni, su terreno ordinario, ol- trepassavano il centinaio. i Le palette, come le radici normali secondarie, traggono origine dal periciclo della radice, sulla quale s'inseriscono e precisamente di contro ad una delle lamine vascolari. Gli elementi legnosi del fascio vascolare della radice si insinuano nella paletta e vanno a costituirvi due raggi vascolari, talvolta anche tre, i cui estremi, na- turalmente quando sono due, sono rivolti verso i margini della pa- letta stessa. Gli elementi delle porzioni cribrose della radice si con- tinuano alla lor volta con quelli della paletta che sono disposti in due cordoni laterali, rivolti cioè verso le due facce della paletta. Esaminate in sezione trasversale e procedendo dall’esterno verso l’interno, ci presentano le seguenti regioni: 1° Epidermide: come abbiamo già accennato, l'epidermide che ricopre una delle facce ha numerosissime cellule che si estroflettono formando dei lunghi peli che si mantengono semplici ed unicellulari e che per il loro aspetto somigliano perfettamente ai peli della zona assorbente delle radici normali: nell’altra faccia invece l'epidermide è liscia o non dà che delle brevissime estroflessioni a guisa di papille. L’epidermide di ambedue le facce, vista di prospetto, presenta per lo più una zona mediana costituita da più serie di cellule rettangolari notevolmente allungate nel senso dell’asse longitudinale della paletta; questa stria, che alla base dell’organo è costituita da 8-10 od anche più serie di da STA TYR SECO SALE AC dat ERIN cellule, va assottigliando man mano che si avanza verso l’apice per graduale trasformazione delle cellule rettangolari allungate in ele- menti poligonali. Tutto il resto dell'epidermide di ambedue le facce è formato di cellule piuttosto grandi, a contorno irregolare o poligo- nale, che però si restringono marcatamente ai bordi dell’ organo. 2° Cilindro corticale : il cilindro corticale è bene sviluppato e verso il fianco sfornito di peli è costituito di elementi parenchimatici molto grandi e tondeggianti, mentre verso il fianco con peli è costituito da un parenchima a piccole cellule tondeggianti. Anzi, al disotto dell’epidermide della faccia munita di peli troviamo uno strato di pic- cole cellule strettamente addossate le une alle altre, il quale si presta molto bene a rinforzare l'epidermide e a proteggere le parti sottostanti. Il tessuto del cilindro centrale è quindi quello che essenzialmente si modifica originando la caratteristica forma della paletta. Lo strato più interno di cellule è un vero e proprio endoderma, con evidente suberificazione delle pareti radiali. 3° Cilindro centrale: presenta un primo strato di cellule costituenti il periciclo e, immediatamente al disotto, i fasci vascolari semplici a cordoni cribrosi e lamine vasco- lari alternanti fra loro. La paletta, come abbiamo visto, è ordina- riamente diarca, eccezionalmente triarca. Gli elementi della por- zione vascolare sono in prevalenza tracheidi, però non mancano anche dei vasi. Nelle porzioni cribrose non ho mai rilevata la pre- senza di elementi meccanici. Il cilindro centrale trovasi costante- mente spostato verso il fianco fornito di peli e soltanto due o tre strati di cellule lo separano dall’epidermide, mentre sull’altro fianco, come pure sopra e sotto al fascio, le cellule del parenchima corti- cale aumentano di numero e, per la maggior parte, notevolmente in volume, così da determinare colla loro massa la curiosa forma lami- nare della paletta. È poi importante notare che la paletta, come la radice normale, possiede un apice vegetativo protetto da una caliptra formata da cellule piuttosto grandi e facilmente dissociabili. Per quanto riguarda la calcificazione delle palette, si è potuto stabilire che il fenomeno è intracellulare, poichè la precipitazione del carbonato di calcio avviene esclusivamente entro le cellule del parenchima corticale nella metà senza fascio, e precisamente dentro il citoplasma ancor vivo, il quale però subisce contemporaneamente una specie di degenerazione pectica, come lo dimostra l’attività con cui fissa l’ematossilina e, sebbene assai debolmente, anche il rosso di rutenio. La calcificazione comincia presto: già in palette assai giovani osserviamo qua e là sul cilindro corticale delle cellule con- tenenti piccoli ammassi di carbonato di calcio, dalle quali, con trat- tamento di acido cloridrico diluito, si svolgono numerose bollicine DENTI ‘di anidride carbonica. Quando le palette hanno raggiunto il loro massimo sviluppo, noi troviamo che la calcificazione si è estesa in quasi tutto il parenchima, i soli tessuti meristemali dell’apice es- sendo rispettati. Il calcare si deposita in masse amorfe, le quali vanno sempre più aumentando di volume, fino ad occupare a poco a poeo quasi tutta la cavità cellulare. A questo punto la paletta cessa di funzionare e, quando è completamente calcificata, si. di- stacca dalla radice e va a costituire nel terreno le caratteristiche im- pronte bianche ben note ai coltivatori di Sulla. Da esperienze di coltura di Sulla da me fatte per osservare l’in- fluenza del mezzo sia nella produzione quantitativa delle palette, sia sulla loro calcificazione, è risultato quanto segue: I. Le palette si formano sempre, indipendentemente dalla natura del terreno: non si è potuto stabilire la loro formazione su culture acquose, poichè, pure esperimentando diverse formule, la Sulla pare che si rifiuti alla vegetazione in mezzi liquidi. II. In sabbia calcarea ho trovato sempre radigi con maggior numero di palette che non in vasi con terra da giardino, argilla ecc.; nella sabbia poi anche le dimensioni, specialmente longitudinali, raggiungono il loro massimo. III. Esa- minando piante di Sulla coltivate da circa tre mesi su creta, sabbia del Tevere e sabbia quarzosa (1) trovai che nel primo caso le palette erano in completa calcificazione, tanto da distaccarsi colla massima facilità dalla pianta, negli ‘altri due casi invece non presentavano caratteri esteriori di degenerazione calcarea, e soltanto all’esame mi- croscopico osservai poche cellule contenenti minuscoli ammassi di ‘calcare. Il prof. Sestini (2), analizzando le efflorescenze biancastre che si riscontrano nei terreni coltivati a Sulla e dovute appunto ai residui delle palette, le trovò composte di carbonato di calcio, di magnesio e ammonio, di fosfati, tracce di cloruri e solfati, con pic- cole quantità di sali di ferro. Il citato A. spiegò poi la calcifica- zione ammettendo che il carbonato ammonico, prodotto dalla putre- fazione delle sostanze organiche, appena si forma, rimanga disciolto nell’acqua che bagna il terreno e, incontrando i sali solubili, produca carbonato neutro di calce, carbonato doppio di magnesio e di ammonio, intanto che il solfato di calcio si precipita insieme con piccole quan- (1) In base ad analisi fatte e favoritemi gentilmente dal dott. E. Panta- nelli, la sabbia del Tevere (Ponte Milvio) conteneva: humus 12,519 °/o, argilla 3,719 °/,, sabbia 70,76 °/,, calce 22,59 °/. La sabbia silicea (Lago di Albano): humus 0,6431 °/, argilla 0,8714 °/,, sabbia 98,35 °/., calce tracce. La creta (marna) conteneva: humus 3,390 °/o, argilla 66,09 °/, sabbia 0, calce 30 °/o. (2) SesTINI. — Studî e ricerche istituite nel Lab. di chimica agraria della R. Università di Pisa, 1897, p. 82. Sigg tità di ossido di ferro (1). Ma questa ipotesi non è possibile, poichè le ricerche su accennate del prof. Sestini si limitano ai resti di palette già distaccate dalla pianta e disseminati nel terreno mentre, come già ho accennato, il fenomeno della calcificazione si comincia a produrre ben presto e, indipendentemente da qualsiasi decompo- sizione organica, ha la sua sede in seno al citoplasma vivo. In- fatti le palette si presentano in egual numero, dimensioni e grado di calcificazione nei terreni sterilizzati come nei terreni non steri- lizzati, e la loro formazione è indipendente tanto dall’azione di mi- erorganismi, come dalla presenza o meno di tubercoli radicali. Le palette sono dunque organi normali della Sulla e precisamente radici laterali metamorfosate per compiere uno speciale ufficio, oltre quello dell’assorbimento, proprio di qualsiasi radice, cui esse anzi adempiono con più attività che le radici non trasformate in palette, come dimostra lo scarso sviluppo di peli esili e molto corti sulle radici normali, in confronto ad altre piante ed alla quantità dei peli che coprono l’un fianco della paletta. L’ altro ufficio speciale alle palette è molto probabilmente quello di tessuto acquifero. In- fatti gli elementi del parenchima corticale, che come volume costi- tuiscono la quasi totalità della paletta, sono più grandi di quelli del parenchima corticale delle radici di eguale ordine, hanno pareti assai sottili e fortemente tese, così che se si toglie a queste cellule la turgescenza, le pareti si afflosciano e si pieghettano, mentre il vo- lume della cellula diminuisce assai, fatti che si osservano comu- nemente nei tessuti acquiferi. La rilevante tensione elastica di queste cellule è in relazione coll’elevata pressione di turgore del loro succo, la quale fa equilibrio alla pressione osmotica di una so- luzione all’ 8 °/, di nitrato di potassio. Ciò dimostra che il loro succo è concentrato e infatti contiene anche molto zucchero ridut- tore. Tutti questi fatti provano che il parenchima della metà senza fascio e senza peli funziona precipuamente da tessuto acquifero, fun- zione in esso normale in qualunque sorta di terreno, mentre la cal- cificazione è una vera degenerazione che conduce le palette a morte prematura, come lo dimostra il maggiore sviluppo che esse raggiun- gono in quei terreni in cui non accade la calcificazione. Il loro principale ufficio è quindi indubbiamente quello di pic- coli serbatoi acquiferi: e se si considera che il sistema radicale di una sola pianta è provvisto di una quantità innumerevole di pa- lette, si comprende facilmente che esse col loro insieme sono in grado di mantenere una quantità non trascurabile di acqua a di- (1) SesTINI. — Op. cit., pag. 87. AU Soe Se led aie. eT a” Las “i Mi : Lay GE È sposizione della pianta. Tutte queste condizioni servono molto bene a spiegare la enorme resistenza che la Sulla oppone alla siccità, tanto da farla ritenere una delle più utili e adatte foraggere pei climi caldi ed asciutti. Siccome poi nel parenchima corticale delle radici dello stesso ordine ed età delle palette, anche in prossimità di queste, non si ha mai accenno a precipitazione di calcare nel protoplasma, così le palette funzionano anche come serbatoi escre- tizi, specie di glandole a secrezione interna per la calce, elemento ' notoriamente poco gradito per la Sulla. Dal R. Istituto botanico di Roma, gennaio 1908. GIUSEPPE SEVERINI. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tav. V. Fig. A. — Sistema radicale di Hedysarum coronarium con palette e tubercoli. ‘Fig. B-C. — Radici laterali con palette. Fig. D-H. — Diverse disposizioni delle palette rispetto alla radice normale. Tav. VI. Fig. 1. — Sezione trasversale del cilindro centrale di una paletta diarca (Ob. 7, Oc. 3). Fig. 2. — Sezione trasversale del cilindro centrale di una paletta triarca (Ob. 1* Oc. 3). Fig. 8. — Sezione trasversale del cilindro centrale di una radice di Sulla in struttura normale (Ob. 7*, Oc, 3). Fig. 4. — Sezione trasversale completa di una paletta (Ob. 2, Oc. 3). a= porzione vascolare; b = porzione cribrosa; c= periciclo; d = endoderma; e= ele- menti del parenchima corticale; f= elementi meccanici; 9= cilindro centrale; h = cilindro corticale (tessuto acquifero) ; i = peli assorbenti. 1 disegni furono eseguiti con microscopio Koristka e camera lucida di Abbe, all'altezza del tavolino del microscopio. . ANNALI DI BoranIca — Vou. VII. 6 Tav.V. Stab.L.Salomone,Roma . 4 by —. COTE Tav.VI. > hela ease FIL —, ©) dp = ®) dl vias oe a i 2 a { J Stab.L.Salomone, Roma, od La NOI OSIRIS LINNEY GND NN ONL NSO NL SNA NAS NINA NI YS STR SS RS OE, Francesco Calzolari e le sue lettere all’Aldrovandi del Prof. MARIO CERMENATI (Tav. II, II bis). Fino dal 1893 ideai uno studio sulle raccolte di Storia naturale, che furono fatte, in Italia, nei tre secoli precedenti al decimonono. All’uopo mi posi, da quell’anno, a raccogliere notizie e libri su questo argomento di specialissima importanza per la storia delle scienze della natura e per la priorità scientifica della nostra patria. i Così dovetti occuparmi, in modo particolare, dei quattro più ‘grandi collettori di oggetti naturali, che fiorissero nella seconda meta del cinquecento : Ulisse Aldrovandi, Francesco Calzolari, Ferrante Imperati e Michele Mercati. Intorno a costoro ho adunato un di- screto. materiale, edito ed inedito, e spero, quanto prima, di poter iniziare, con un volume che li riguarda, assieme ai contempora- nei minori, la mia Storia det musei naturalistici italiani dei secoli XVI, xv e xvi, nella quale discorrerò, fra grandi e piccole, fra ge- nerali e parziali, di circa duecentocinquanta raccolte, che in quei tre secoli trovaronsi disseminate qua e là per le città e le borgate della penisola e delle isole. Fra le ricerche più accurate, che ho compiuto sui quattro colle- zionisti ricordati, sono, naturalmente, quelle che si riferiscono agli scambî ed aiuti reciproci; e su'ciò ho trovato una ricca miniera di particolari nelle carte inedite aldrovandiane, che giacciono nella Bi- blioteca universitaria di Bologna, e delle quali ho trattato altrove, (1) proponendo che il ministero della istruzione pubblica ne ordinasse, (1) Cfr.: M. CERMENATI. — Commemorazione di Ulisse Aldrovandi nel III cen- tenario dalla sua morte. Sommario di lezioni dettate nella R. Università di Roma, nel gennaio-febbraio 1905. (Lecco, tip. coop. lecchese, 1906; ed in: Indici e som- marî delle lezioni di Storia delle scienze naturali dettate nella Università degli studi di Roma nel quinquennio MCcMIII-MCMVII dal prof. Mario Cermenati, Lecco, tip. coop. lecchese, 1908). — Ulisse Aldrovandi e V America, con fram- menti inediti e note esplicative (in Annali di Botanica del prof. Pirotta, vol. IV, fasc. 4; estratto di 56 pag. Roma, tip. Voghera, 1906). i — 84 — per conto dello stato, una edizione critica, su conforme parere e direzione di apposito consesso di competenti (1). Ulisse Aldrovandi era appunto in corrispondenza epistolare col . Calzolari, con l’Imperati e col Mercati, e faceva seco loro scambi continui di oggetti naturali. Ond’é che, se, disgraziatamente anda- rono perduti, o finora non vennero ritrovati, manoscritti e carte ap- partenenti a questi naturalisti, i cimelii dell’Aldrovandi suppliscono tuttavia in notevole parte a tale mancanza, e ci permettono di rico- struire, nelle sue linee principali, il mutuo contributo, per l’incre-. mento dei rispettivi musei, fra il professore di Bologna ed i suoi tre corrispondenti. Specialmente numerose nel carteggio aldrovandiano (la cui pub- blicazione integrale costituirà la fonte più abbondante e particola- reggiata per la storia dei progressi delle scienze naturali nella se- , conda metà del secolo xvi: e però pubblicazione da far precedere ad ogni altra dell’ immenso deposito di Bologna) sono le lettere di Fran- cesco Calzolari, le quali già da parecchi anni io avevo fatto ricopiare, (1) Al Congresso dei naturalisti italiani, tenutosi in Milano dal 15 al 19 set- tembre 1906, presiedendo la Sezione storica, ho insistito sulla importanza dei manoscritti aldrovandiani e sulla opportunità di farne una pubblicazione critica. La Sezione, e poscia il Congresso a Sezioni unite, votarono unanimi il seguente or- dine del giorno, proposto dai chiarissimi professori Pietro Pavesi e G. B. De Toni: «Il Congresso dei Naturalisti italiani, plaudendo all’ iniziativa presa dal Co- mitato di Bologna di commemorare il terzo centenario dalla morte del sommo naturalista Ulisse Aldrovandi; convinto della grandissima importanza dei ma- noscritti inediti aldrovandiani, per il loro contenuto originale e per i lumi ab- bondanti che dànno sullo stato delle scienze nel segolo xv1; fa proprie le con- clusioni del prof. Mario Cermenati, che sostenne la necessità di una pubblicazione critica di quei manoscritti pel conto dello Stato ». (Cfr. Atti del Congresso dei Naturalisti italiani ecc. pag. 66-67 e pag. 142, Milano, tip. operaia, 1907). Tale necessità io dimostrai nella prolusione: Ulisse Aldrovandi el? America, detta nell'Università di Roma il 25 novembre 1905: e, per la verità storica, debbo aggiungere che, nel gennaio del 1906, il ministro del tempo per l’istrpzione pub- blica on. prof. Errico De Marinis, saputo della mia proposta, volse il pensiero a compiere una edizione nazionale dei manoscritti aldrovandiani. Ma per avere una idea precisa dell’impresa, della sua entità e della spesa che avrebbe richiesto, atfidò a me l’incarico di esaminare subito i manoscritti del grande naturalista, per sceglierne i pubblicabili e stabilire, quindi, un piano per la loro stampa. Sgra- ziatamente la lunga malattia, onde fui colpito allora, non mi permise di effet- tuare quell’esame; d’altra parte, quand’anche l’avessi potuto compiere, con tutta probabilità i successori dell’on. De Marinis non ne avrebbero condiviso il gene- roso e geniale proposito di fare per 1’ Aldrovandi ciò che lo stesso ministero ebbe a decretare per Leonardo e per Galileo. Tant'è vero che l’ordine del giorno di Milano non ebbe — finora — seguito alcuno; nè i bolognesi, che dovrebbero essere i più interessati alla cosa, hanno mosso un dito per facilitarne l’acco- glimento. Anzi... PMLI — 55 — per trarne opportuni elementi per la illustrazione, sia del museo del Calzolari stesso, come di quello dell’Aldrovandi. Ma poichè tali lettere del farmacopola e naturalista veronese hanno importanza non solo nei riguardi dei due musei, ma anche per altri aspetti non indifferenti, così — rimandando a suo tempo la pub- blicazione del mio studio sulle due grandi raccolte naturalistiche — parmi utile cosa l’anticipare adesso la pubblicazione genuina delle lettere medesime, come altro dei saggi dell’ epistolario aldrovan- diano, (1) che m’auguro venga coordinato e pubblicato al più presto, anche per esaudire ad un nobile voto antico: quello di Guglielmo Libri, che fin dal 1841 scriveva, a proposito dei manoscritti ine- diti dell’Aristotele bolognese: « Actuellement ce qu’on verrait pa- raître avec le plus d’intérét ce sont ses lettres et celles des savans avec lesquels ‘il était em correspondance. Fantuzzi en a publié un petit nombre, qui font vivement regretter les autres ». (2) CapiITtoLO I. Le lettere del Calzolari. Le lettere originali del Calzolari all’Aldrovandi, che si conser- vano fra i cimelî aldrovandiani presso la Biblioteca universitaria di Bologna, toccano il numero di trentasette (3); esse sono contenute nella raccolta che ha per titolo: Lettere di uomini illustri scritte ad U. Aldrovandi. Questa raccolta (n. 38°; ant. segn.: Aula III) si com- pone di quattro volumi in folio; ed il terzo volume comprende, fra le diverse, e collocate senz’ordine, quelle del Calzolari. Di altre due lettere dello stesso Calzolari troviamo notizia nella importantissima miscellanea: Observationes variae (n. 136; ant. segn.: (1) Della*straordinaria importanza del carteggio aldrovandiano ho detto lun- gamente nelle mie lezioni commemorative del gennaio-febbraio 1905. Essa venne via via dimostrata dalle pubblicazioni frammentarie fattene dal FANTUZZI, dal PaLaGI, dal MatTIROLO, dal DE Toni, dal Rarmonpi, dal FortI, dal CHIo- VENDA, da me, ecc. (2) Histoire des sciences mathématiques en Italie, depuis la Renaissance des lettres jusqu'à la fin du dix-septième siècle. Tom. IV. (Paris, Renouard et C. 1841) pag. 105. (3) Nel diligentissimo catalogo di Lopovico Frati (Catalogo dei manoscritti di Ulisse Aldrovandi, Bologna, Zanichelli, 1907) è detto che tali lettere sono trentotto. Ma una di esse è diretta all’Aldrovandi perchè ne facesse recapito al suo destinatario Ippolito dalla Serena: evidentemente l’Aldrovandi si scordò, o non ebbe modo, di farne consegna, ed essa restò pertanto fra le lettere del Calzolari a lui inviate. A rl Gt int rà è PI Me Rar ons ia — 86 — Aula III-B-142-143-144), costituita da 32 volumi in fol. in forma allungata (vacchetta). In questi libri l’Aldrovandi prendeva nota, giorno per giorno, delle notizie che gli pervenivano dai suoi corrispon- denti o che ricavava dalle opere consultate; degli scambi che andava facendo; dei prodotti naturali proprî delle singole località; delle cose possedute dai vari collezionisti, e via dicendo. E appunto nel tomo XIX vi è l’estratto di una lettera direttagli dal Calzolari (Ex lteris Cal- ciolarii Veronensis): e nel tomo XXV il frammento di un’altra (ca literis Francisci Calceolarii veronensis pharmacopole). Sono, dunque, trentanove le lettere calzolariane che io ho il -pia- cere di trarre dall’oblio e di portare a conoscenza degli studivsi: e di esse soltanto due hanno prima d’ora avuto gli onori della stampa; e precisamente quella, in data 16 dicembre 1571, pubblicata nel 1774 dal Fantuzzi (1), e l’altra, in data 12 luglio 1555, recentemente edita da G. B. De Toni e A. Forti (2). Di queste trentanove lettere, solamente le due trascritte nelle Observationes mancano di data: le altre sono munite tutte di pre- cisa indicazione di giorno, di mese e di anno. Ma anche delle lettere prive di data non è difficile poter stabilire, ad un dipresso, a quale | epoca appartengano. Per la lettera, che si ricava dal-tomo XIX delle Observationes, ci sarebbe già un’indicazione nelle date, che a quel tomo si riferiscono, essendo esso compreso fra il 22 novembre 1592 ed il 23 maggio 1593. Ma un elemento ancor più certo di cronologia è nel contenuto istesso della lettera, là ove è scritto: « Hora è morto il 8." Castor Durante >. L'autore dell’ Herbario novo, a detta del maggior numero degli scrit- tori (Giacobilli, (3) Mandosio, (4) Carafa, (5) Seguier, (6) Marini, (7) (1) Memorie della vita di Ulisse Aldrovandi (Bologna, Lelio dalla Volpe, 1774) pag. 243-247. (2) Intorno alle relazioni di Francesco Calzolari con Luca Ghini; in Bollet- tino della Società botanica italiana, Adunanza del 9 dicembre 1906 (Firenze, Stab. Pellas, 1907). Estratto, pag. 8 (156). (3) Bibliotheca Umbriae sive de scriptoribus Provinciae Umbriae alphabe- tico ordine digesta (Foligno «apud Augustinum Alterium » 1658) Vol. I (unico) pag. 83. (4) OEATPON in quo Maximorum Christiani Orbis Pontificum Archiatros, ecc. (Roma, de Lazaris, 1696) pag. 64. (5) De Gymnasio Romano et de eius professoribus ab Urbe condita usque ad haec tempora, ecc. (Roma, Antonio Fulgonii, 1751) vol. II, pag. 360. (6) Bibliotheca botanica, sive catalogus auctorum et librorum omnium qui de Re Botanica, de Medicamentis ex vegetabilibus paratis, de Re Rustica et de Horticoltura tractant (Aja, Neaulm, 1740) pag. 59. (7) Lettera al chiarissimo monsignor Giuseppe Muti Papazurri già Casali, nella quale s’illustra il ruolo de’ professori dell’ Archiginnasio Romano per l’anno MDXIV (Roma, Puccinelli, 1797) pag. 76. MRI Pritzel, (1) Meyer, (2) Saccardo, (8) Pirotta e Chiovenda, (4) ecc.) sarebbe morto a Viterbo verso il 1590: e però la lettera in questione, tenuto calcolo del tempo che sarà occorso perchè la notizia della morte arrivasse al Calzolari, potrà essere della fine di quell’anno o del principio del 1591. D’altra parte noi sappiamo che la data della morte del Durante non è specificata, e neppure è pacifico che cor- risponda proprio al 1590; tanto è vero che il Renazzi (5) la dice avvenuta nel 1600 ed il figlio Giulio Durante, parlando, nel 1595, di suo padre, l’appellava, genericamente, di felice memoria (6). Quindi potrebbe anche darsi, tenuto calcolo delle date del tomo XIX delle Observationes, che il Durante venisse a morte fra il novembre 1592 e il maggio 1593; e non nel 1590. L'altra lettera senza data, essendo essa compresa nel tomo XXV delle Observationes, che va dal 6 agosto 1595 al 5 luglio 1596, do- vrebbe riferirsi a quest’epoca; a meno che si tratti di una copia fatta allora di una lettera ricevuta molto tempo prima, forse allo scopo di conservare la risposta, che ad essa fu data; e che qui si riporta. Difatti troviamo spesso riprodotte, in questa specie di giornale che l’Aldrovandi teneva, notizie di vecchia data, delle quali — forse con- segnate a qualche foglietto volante, facile a perdersi — egli desi- derava meglio assicurarsi il ricordo. Così, p. e., nel volume XVI delle Observationes, che porta le due date estreme del 31 luglio 1591 e del 2 marzo 1596, si trovano elenchi di piante secche mandate al Mattioli fino dal 1553 e 1554! In secondo luogo, nel 1595-96 il. Calzolari — come vedremo — doveva già essere cieco: e sebbene lavorasse ancora, nonostante fosse privo della vista, potrebbe però sorgere il dubbio che attendesse, come prima, al.disbrigo della corrispondenza. Da altro documento delle carte aldrovandiane si apprende tuttavia che i rapporti dei due na- (1) Thesaurus literaturae botanicae omnium gentium, (12 ediz. Lipsia Bro- ckchaus 1851; 2° ed. ivi, 1872-77) pag. 96. (2) Geschichte der Botanik, vol. IV (Kénigsberg, Verlagder Gebriider Bòrn- triiger, 1857) pag. 383. (3) La botanica in Italia (Venezia, Ferrari, 1895) pag. 68. (4) Flora romana (Roma, tip. Voghera, 1900) pag. 46. (5) Storia dell’ Università di Roma detta comunemente La Sapienza, che contiene anche un saggio storico della letteratura romana ecc. (Roma, Stam- peria Pagliarini, 1803-1806) vol. III, pag. 40. Dice il RenAZZI: «E tuttavia noto il nome di Castore Durante, che nel 1587 ebbe nell'Università di Roma la cattedra di botanica e l’esercitò con singolar decoro sino al 1600, nel qual anno soccombè alla commun sorte di tutti gli uomini ». (6) Trattato di dodici bagni singolari della città ‘di Viterbo, (Perugia 1595) Proemio, pag. 3. AWAY ENTRO E NA ION i fe i eric y V IC x da Sat , Vega Serene. Vo SUIS , DIA n) i ‘ ‘ aoe EST LI turalisti esistevano ancora nel 1595, poichè in quel documento si parla di oggetti naturali spediti dal Calzolari all’Aldrovandi « insino questo di 20 giugno 1595 » (1). Quindi non sarebbe impossibile che la lettera, della quale parliamo, fosse proprio del 1595 o 1596: e per questa abbiamo il vantaggio di conoscere ciò che rispose l’Aldro- vandi, perchè egli, nel trascriverla nelle Observationes, ebbe cura di ricopiare anche la risposta. Così veniamo a possedere almeno un saggio delle tante lettere, che il naturalista bolognese deve aver scritto al suo amico di Verona, e che noi dobbiamo considerare per- dute..... a meno che qualche fortunato indagatore riesca — or che dell’Aldrovandi e del Calzolari si è rinfrescata la memoria — a rintracciarle presso qualche archivio o biblioteca pubblica o privata. Ciò stabilito, le trentanove lettere del Calzolari, nei riguardi della cronologia, si possono numerare ed ordinare come segue: I. 25 luglio 10 Mages) ter È III. 19 agosto IV. 20 settembre V3" 6 ad: VI. 21 novembre VIL. 23 febbraio VIII. 12 luglio. 1555. IX. 5 novembre x. 13 febbraio 1554. xX far XI. 30 aprile price XII. 8. marzo XIII. 10 settembre / i DINE <19 id, 1558. Davee id. XVIJI.. 2 novembre XVII. 23 novembre 1559. — XVIII. 24 giugno 1560. XIX. 6 febbraio RR 59 id. XXI. 3 marzo XXII. 25 aprile (1) Ms. 136 Observationes, c. 112. SO ae XXIII. 26 aprile 1563. XXIV. 18 gennaio | DOW: 96 5 id: BIT XXVI. 31 ottobre XXVII. 20 novembre XXVIIT. 25 id. XXIX. 9 dicembre . KNOX. 16 id. ROOK 25 id. XXXII. 29 gennaio XXXIII. 1° aprile XXXIV. 26 maggio XXXV. 30 settembre 1571. ~ 1572. XXXVI. 12 gennaio 14573 XXXVII. 1° ottobre 3 | XXXVIII. 1590. (?) XXXIX.. 1595-96. (?) Ma non è da credere che in queste trentanove lettere sia rappre- sentata tutta la corrispondenza del farmacopola veronese col pro- fessore bolognese! La prima di esse ci i che lo scambio epistolare e di pro- dotti naturali durava da parecchio tempo, poichè in essa il Calzolari risponde ad una lettera dell’Aldrovandi e lo ringrazia di avergli spedito una scelta di 25 specie di « semplici ». Inoltre ricorda la recente visita dell’Aldrovandi a Verona, e ciò fa presupporre che, prima di quell’incontro, esistessero già rapporti amichevoli fra i due uo- mini, strettamente uniti dal desiderio, grandissimo in entrambi, di ‘accrescere continuamente le rispettive collezioni. Esporrò più avanti ‘una congettura, secondo la quale essi debbono essersi probabilmente conosciuti a Padova verso il 1548. È poi giocoforza ammettere che siano andate dmartito (e forse perdute per sempre) le epistole precedenti alla lettera del 25 lu- ‘glio 1554: e del pari dobbiam credere che non poche altre lettere dello stesso Calzolari siano mancanti nella raccolta oggidi conser- vata a Bologna. Se la corrispondenza fra i due naturalisti durava ancora verso il 1596, come ci dà motivo a supporre la lettera ri- portata nel XXV tomo delle Observationes, certo non è verosimile che nel periodo di tempo, che va dal 1573 al 1596, il Calzolari abbia FARSI a. are id dd ei ici Siti. fa | si scritto una sol volta all’Aldrovandi! E neppure è verosimile che dal 1554 al 1573 ci siano periodi, da uno (1556) a cinque anni.(1563-67), di completo silenzio. In quest’ultimo periodo poi avvenne la pubbli- cazione della celebre operetta del Calzolari sul Viaggio al monte Baldo: è possibile che l’autore non ne abbia tenuta parola all’Al- drovandi, al quale, come si vede dalle lettere rimasteci, chiedeva sempre consigli su piante e su libri, e forniva le più minute no- tizie di sè stesso e dell’opera propria? Può darsi, inoltre, che, più di una volta, le lettere spedite dal Calzolari non giungessero a destinazione; il che non deve mera- vigliare quando si pensi all’infelice servizio postale di quei tempi, che costava un occhio e veniva fatto con scarsa sollecitudine e nessuna garanzia, tanto che le persone d’una certa importanza ri- correvano a messaggeri proprî; il clero usava di preti e frati gi- rovaghi, e la gente minuta aspettava l'occasione propizia per spe- dire una lettera, quando un conoscente o un amico doveva recarsi nel paese del destinatario. ‘Invero, nella lettera del 30 aprile 1557, il Calzolari osserva che parecchi degli scritti da lui inviati debbono essere stati — dai messi incaricati della trasmissione — o perduti, o trafugati, o conse- gnati altrove, ciò deducendo dal fatto che V'Aldrovandi, in una sua ultima lettera, lo pregava di raccomandarlo al Sanguené, mentre della morte di questo amico egli lo aveva già reso edotto più di una volta: <«... mi accorgo — egli dice — che le litere non viene sicure. Vi dico cerlissimo, e giurovi per dio tanto avervi più che diece litere avisato la morte del poverino, Eser morto za un anno fa,.E vedo fino hora non lo aveti saputo; mi dole asai di tali discorsi, però fa bisogno abiate uno vostro intrinsico amico in Venetia che subito vi spedischa le litere fidelmente... Ponete mente in quanto tempo vi zonze la presente... E avi- satilo a ciò vediamo come va ». E difatti non troviamo nella raccolta alcuna lettera precedente che parli della morte del Sanguené. Necessariamente si deve ritenere che le trentanove lettere, da noi possedute, non siano che una parte della corrispondenza, durata per oltre quarant’anni, fra il Calzolari e l’Aldrovandi. Ma esse ba- stano a lumeggiare convenientemente i rapporti interceduti fra i due naturalisti, nel tempo istesso che ci forniscono non trascurabili no- tizie su altri cultori delle discipline naturali nella seconda metà del cinquecento, che fu l’epoca nella quale vennero sparsi, a piene mani, dalla nostra Italia, quei semi scientifici, che dovevano dare poi nelle varie nazioni civili dell’ Europa così rigogliosa fioritura nel se- colo xvit; il secolo, per eccellenza, delle scienze naturali. setole Ecco, intanto, le lettere. Dopo di che ragionerò intorno al loro. contenuto, ai casi ai quali si riferiscono ed ai dati che ci presen- tano circa i rapporti corsi fra chi le scrisse e l’Aldrovandi; e ne prenderò occasione per illustrare, meglio che mi sarà possibile, la vita e le opere del Calzolari e le relazioni da lui coltivate con varî naturalisti suoi contemporanei. E (Lettere di uomini illustri scritte ad U. Aldrovandi: Volume III, carte 26). Eccell.'e S. doctor salve etc. Per una de Vostra Eccellentia de di 7 del presente ho inteso il ben star de Vostra Eccellenza, cossa che molto mi a piazuto et mi è stata tanto chara et grata quanto cossa che mai desiderassi per aver visto la benigna et dolce amorevolezza de la vostra Eccellentia Essen- dosi dignato schriver a uno vostro minimo servitore per la qual cossa rendovene infinitissime gratie. E tanto più avendosi anche dignato de mandarmi 25 sorte de li vostri sinplici (1) quali mi è stati caris- simi per esser cose rare, come quel miriophilo, laster aticho, il stiche- dos, quel cedro il meu et molti altri, non sio mai cum che cossa re- munerar la grande cortesia de la S.* Vostra usata verso de mi, ma basta la tenirò apresso al core per perpetua memoria poi anche ho inteso come si è fata la Tiriacha non si pol far altro se non aver pa- tientia non mi difido che volendo anchor mi far cum tempro per gratia di quela non habia favor sì in li sinplici come in ogni altro ingredienti in quela pregandovi che cum vostro comodo vi dignati nararmi se posibile sarà come an fato ili soi sucedanej quanto a questo nor tediarò più a longo la Vostra Eccellentia, sol dirovi come m. Aluise mio compadre dopo la partita de qui insieme cum la Vostra Eccellentia ritornò per di qui dopo oto zorni cum nove ca- vali per la volta de Milano ma non si fermò niente, fa dai giorni adesso che ho auto una sua dove mi avisa che l’è suli monti de sguizari E vol cerchar li monti del piamonte, sì che fino ad ora non è tornato indrio E mi avisa aver trovato di bele cose. Portando qualche cosa ne farò noto a la V.* Eccell.® poi divovi come il S.°t Conte gentile molto si raccomanda a la Vostra Eccell.® et cusi M. Paulo Sanguene al quale ho dato la mità de’ diti sinplici per non (1) La lista di questi semplici trovasi nella «poliza» aggiunta alla let- tera V. " nn da ke pe ERE a aver tenpo non mi estenderò più in longo. Solum pregovi a far cum il mezo vostro veda l’ombilicus Veneris che za vi disi et il meli- loto vero, lo Eupatorio di mesue, il lirio, la dragachanta et altri rari come la Vostra Eccell.* sia cum più tempo mandarovi una poliza de queli avarò a charo saper siò che quela mi avisarà oferendomi anchor mi a quanto vaglio e posso pregandovi con tuto il core che vi degnati comandarmi se per voi posso e valgo. Basciovi le mani e me vi raccomando et offero X° vi salvi. Di Verona, di 25 lujo 1554. Vostro Servitor fidelissimo Franc.° CaLzoLarI spicial a la campana. Thy (Lettere ecc., III, 36). La presente non hostante un’altra scritami per inanti sara per salutarvi e ringratiarvi cum tuto il core de la cortesia de Vostra Eccellentia usata verso del vostro cordial servitor quale vi ama più che lui stesso pregandovi senpre cun tuta quela caldeza vi posso pregar a dignarvi de comandarmi che ciò facendo mi fareti creder che mi amati e mi vogliati bene..Ho visto quanto vi son al core per avervi dignato mandarmi queli 25 sinplici quali mi sono stati gratissimj più che uno tesoro. E tanto più venendo de le mane de Vostra Eccellentia li diti sinplici li receveti dal S.% Conte mio pa- trone il quale per infinite volte ve si raccomanda. Sua Sig." et iò siamo conferiti insieme et ho visto quanto li avisa quelo molto Eccel- lente dotor al quale la Vostra Eccellentia li à dito per una cortesia del eser et amorevoleza de Sua S.4 et in suo nome ve ringratio asai, ma certo Sua Sig.* et io vi restiamo schiavi et cusì a Sua Eccel- lentia per l’amorevoleza usata in averli scripto una sua al S.9 Conte in proferirli de molti e molti sinplici; cosa che, per quanto mi a dito il S.9" Conte, credo il mandarà a torli; avendo cusì raro giar- dino. Di poi il S.9" Conte conferito cum mi per richiesta da Sua Eccellentia de aconito da le due radise et seme di sesali et radice di Frasi ed una certa semencina così da poi chiamata migliticharo a farli avere et anche dele altre asai del nostro monte, e a posta an- daroli a coliere perchè per amor de Vostra Eccellentia et sua andaria in capo il mondo, ma vi prego a dar aviso quelo teneti che sia quela sementina che dimanda per satisfarlo a pieno. E cusì volendo altro dareti aviso che mi faticharò per l’obligo grande che vi tengo non mi estenderò più oltra solum da novo ringratiarvi deli sinplicj a Tt gabe me mandati, ma vi prego e suplicho a dignarsi mandarmi questi sinplici quali si contien in la presente poliza, se li aveti, non aven- doli, avisatimi il parer vostro di Essi perchè a me sono dubiosi. E spero da la V- Eccell.* eser chiarito perdonandomi se fusse prosun- tuoxo in dimandar causa n’è il gran desiderio che ne ò di tal cosa, e perchè volio montar a cavalo adesso adesso per andar a Montebaldo farò fine in presia e me vi raccomando et offero. Cristo vi salvi. Di Verona, a li 30 luio 1554. Vero Servitor Franc. CALZOLARI spicial a la campana. EE (Lettere ecc., III, 27). Eccell.te §.°° Ulisse patron salve. Per altre mie ho resso infinite gratie a la Vostra Eccellentia de la dolce cortesia usata per Vostra Eccellentia verso de mi per la quale vi restarò in perpetuo obligo, e priegovi cum tutto il core acoman- darmi se sono bono per di qua de qualche cosa senza rispeto alcuno, che altro non desidero che farvi a piacer: non restarò dal canto mio ogni comodo de potervi avisar qualche cosa che non vi tedia senpre ciò in racordarvi che vi degnati de mandarmi qualche simplice raro de queli che aveti come saria quel ombilicus veneris vero de Diosco- ride et altri che sian rari come siò che sià la Vostra Eccellentia per non tediarvi, che non starò a nominarli. E però vi lasarò questo ca- rico e se parese a la Vostra Eccellentia che vi fuse prosumtuoxo quela mi perdoni questo chausa la Vostra gentileza et la grata vo- stra compagnia che me aveti fata. Il S.9" Conte molto se vi racco- manda et M. Paulo, M. Aluise non è anchora ritornato da Milano. Non altro basiovi le mani e me vi raccomando et offero, Cristo vi salvi. Di Verona, li 19 agosto 1554. Tuto e cordial vostro servitor amorevole. Franc.° CALZOLARI spicial a la campana f in Verona in piaza. P. S. — Sesi potese aver del aster atico verde per piantar l’a- veria molto a caro et cusì delo Eupatorio di mesue questi sono beli sinplici: aria a charo conoser il teuchrio volendomi mandar qualche radice o semi o altro per Venetia Vostra Eccellentia li potrà drizar in Venetia a la spiciaria de la pigna in man di M. Pierantonio Danzo che me li mandarà subito, metendoli in qualche schatoleta cum de la terra e non altro et iterum vale. egg IV. (Lettere ecc., III, 28). Molto Mag.°° Et Eccellente S.°° Ulisse salve ete. Mai restaria avendo comodo di avisar a quele bande che cum una mia per la dolce amorevolezza de la Vostra Eccellentia non vi avisassi qualche coseta principalmente per salutar la Vostra Eccel- lentia come anche per offerirmeli per servitore cum racordarvi che vi sia a mente che vi fui et sarò sempre vostro servitor et a'vui sta a comandarmi a quanto vaglio e posso per di qua, E questo mi sarà uno deli magior favori mi possiati far a dignarvi de coman- darmi. Mi comentia a parer strano per esser asai che di la Vostra Eccel- lentia non mi aveti dato aviso alcuno; ma ben ho visto che vien da la Vostra Eccellentia che lo Eccellente S.or Lucha Ginio scrivendo a lo Ill.m° S.9" Conte gentile mio hon.’ patron se a dignato salutarmi. E però ho conosciato eser venuta da voi dil che ve ne rendo infi- ritissimi hobligi. Ho conosciuto quela amarmi cordialmente come facio mi lei non mi estenderò in cerimonie perchè cum noi non achade, ma ben dirovi, come lo Eccellente S.°" Lucha Ginio à man- dato de molti semi belissimi al S.9" Conte che li a richiesti de molte sorte de piante de Monte Baldo dove che sua S.* conferendosi cum mi sia per amor de sua Ill. S.t come per la bona fama e nome de lo Eccell.'è M. Lucha mi è stato forcia montar a chavalo e andar a posta in Monte Baldo per veder di satisfarlo; ma mi dole non aver potuto come sieli converia averli adempito il suo intento. E però fareti, piacendovi, cum Sua Eccellentia la mia scusa; causa è stato per eser inanti il tempo et per le neve e venti grandissimi che sòn stati, et etiam per non aver, .cusi come sia la Vostra Eccellentia, quela cusì fondata cognitione de’ semi converia. Ma basti ho fato quanto 6 potuto, ma cum tempo spero in la bona gratia di Vostra Eccellentia et de la sua che talmente mi farà copioso di qualche cosa rara e bela che mi farà pigliar asai miglior praticha, e senza le Vostre Eccellentie in vero non posso riuscir, a le quale me li rac- comando con tuto il core cum suplicarle et pregarle si degni per sue cortesie non esermi avari di qualche rara pianta per darmi bona cognitione de tal praticha per eserne deletevole ma non posso riu- sir senza il mezzo de le vostre Eccellentie: de le qual cose sareti causa de farmi come anche lor per obligo et senpre farolo in pre- dichar il bon nomo vostro, siò che non mi manchareti, per la dolce ae OE benignita et cortesia de la Vostra Eccellentia, a la quale umilmente me vi raccomando et offero senpre di core quela si degni avisarmi qualche volta, E spesso. Vale. Di Verona a li 20 septembre 1554. Il vostro cordial servitore Franc. CALZOLARI spicial a la campana. Voria; se possibile fusse, cum il mezo de la Vostra Eccellentia perchè siò quela eserli amorevole come mi aveti mostrato qui in Ve- rona in casa mia de le sue litere farmi cum qualche mezo pigliar praticha cum il Matioli, anchora non sia degno, pur l'animo mio è grande cuore in tal praticha venir in qualche perfetione sì da una banda come dal altra E di qua e di là a tute le bande aver amicitia e praticha perchè adesso da uno dimanda un altro se impara a tal che l’omo riuscisse perfeto; ma come vi ò dito di sopra senza l’aiuto de li amici non si pol fare cosa bona, E però me vi raccomando, questo mi saria uno deli magior favori mi possiati fare perchè ho poi mezo de schriverli speso e imparar qualche coseta; ma non aven- doli altra cognitione nè introdutione non siò cum qual principio farmeli servitore sì che pensandomi dela cara e cordial amicizia per gratia di quela che ho cum vui mi a parso darvi noto de quanto ho in l'animo e pensandomi che non mi manchareti di favore di questa coseta, ma ho questa vera fede di magior cosa che il simile faria mi per la Vostra Eccellentia et di ciò aspeto qualche bono aviso et umilmente racomandandomi siò che li catareti il modo vuj perchè seti prudentissimo, che quando li dareti aviso eser stato sul Monte Baldo e che mi son stato cum la Vostra Eccellentia cum quel modo vi parera cum dirli che da me stesso l’ò in grande veneratione E molto desidero.farli cosa grata per la sua virtù E nome, E però farò fine perche siò che me intendeti. Iterum mi raccomando et offero. Al molto mag.” et Eccellente dottor di medicina lo Ecc.lente S. Ulisse androvaldo mio padron (sempre) hon.%. in Bologna in la contra’ del vivaro a S. Stephano. (Lettere ecc., III, 30). Eccellente S.0" Ulisse Salve ete. Per questa la Vostra Eccellentia intenderà come ho receputo una vostra a me molto gratissima insieme cum vinti uno sinplici e rari, quali mi sono stati carissimi et ho mostrati a lo Eccellente medico Montessoro, quale è de li primi de questa cità et è rarissimo et a bona inteligentia de sinplici. Certo li è stato de gran contento et l’à avuto molto a charo E desidera summamente conoscervi per averli mi deto de la cortesia de la Vostra Ecelentia et amorevoleza vostra vi è in suo sechreto fato schiavo. E certo meritamente non si potria dir tanto come voi seti amorevole e benigno; mai mi potrò domen- tichar la dolce vostra amorevoleza et benignità usata verso del vero vostro fidel servitore quale mai si vedrà stancho in farvi cossa grata pur vi dignati comandarmi nè maj restarò predichar il bon nome vostro et vi prego caramente a comandarmi senza rispeto alcuno, se sono bono di qua per la Vostra Eccellentia mi trovareti prontissimo al servirvi sempre perchè altro non desidero, questo basti senza far altre cerimonie. Credo areti auta una mia inseme cum una che va alo Ecellente m. Lucha Ghino vostro amicissimo et una del s.9° Conte cum una schatola cum certi sinplici che ’1 deto M. Lucha avea richiesto, ma mi dole che non sarà tropo servito per rima per eser inanti il tenpo l’altra per certi venti e neve che a distruto il tuto sul monte; pensati che subito receputa la litera di M. Lucha il Conte mi mandò a chiamar e fu forcia lasar star ogni cosa E andar sul monte per far cosa grata al mag.°° s.°° Conte, come anche a lo Eccellente M. Lucha quale desidero farmeli servidore. E cusì Vostra Eccellentia lo pregarà in nome mio che mi aceti come mi lo ‘vedo per padrone e mi comandi liberalmente che sarò sempre pron- tissimo in obedirlo e lo vedrà in effeto ciò che la Vostra Eccellentia non mi mancharà di farlo et farmeli raccomandato. E in nome mio far che Sua Eccellentia si degni mandarmi de li semi di sinplici. È vero che queli che mandai al s.'* Conte son miei, ma tanta è la deletation de sua sig.? che mai usarei ardire privarlo de uno grano. Or basti, la Vostra Eccellentia mi dice che vi mandi la poliza de li senplici receputi, a ciò non li mandati dopii. Ve la mando non restati de drizare ogni cosa a Venetia in man di quel nostro M. Pierantonio Danzo a S." apostolo al portego scuro cum condanar le litere quelo vi parerà che li sarà subito satisfatto del tuto et avarò cM al presto ogni cosa, mandando qualche pianta, le conzareti in schatole cum terra ben ligate sicurissime; ard il tutto e bene di gratia fate cum lo Eccellente M. Lucha che io habia una o due piante de on- bilicus veneris vero, quelo che fa la radice simile al oliva, et etiam una pianta del vero origano et Crisochomo et diptamo di Candia chiamato Cretense. Mi par certo esservi molesto per esser forte occu- pato in le leture aute novamente, cosa che molto ho auto a charo e me ne ralegro grandemente. Questa fareti cum comodo vostro: in quanto a la venuta de M. Aluise fino ora non abiam auto nova alcuna di Esso venendo ochasione et avendo portato cosa bela ‘ne fareti partecipe; Credo andar fin’a Padoa fra otto zorni cum il S.9 Conte aposta. Non altro basciovi le mani e me vi raccomando et offero. Christo felice vi conservi. Di Verona ali 23 settembre 1554. Vostro fidel servitore amorevole Frano.° CALZOLARI special a la campana. Post Scr. — Uno mio car.™° padrone medico Eccellentissimo mi a ragionando del bon nome vostro dito e pregato che avisa a la Vostra Eccellentia che quella si degni avisar che cosa teneti per il passer trogloditis, credo sia uccello ma mi ordinato non li dicha il nome suo perchè vole subito auta vostra risposta, mandarvelo. E però vi contentareti avisar per la prima vostra. Farò fine et iterum mi raccomando. « POLIZA » (1). Ranunchulus aquaticus. Serpentarie maris species. Serpentaria mas fucsii, da noi bistorta ne abiam assai. Anemoni species. Britanicha floris albi. Mi par quela che ’1 Matiolo vole che sia laurentina. Mespilus aazarola e de questo ne abiam asai. Ocimoides petreus. Ben rubeo. Verucharia lichoracea, di questa desidero grandemente averne cum la folia e seme per poter seminarne et averne copia, di gratia fate sì che ne abia. Hermodatilus, a vulgo vermentucho, nase asai suli nostri monti, fino adesso l’ò tenuto per lo Ermodatilo de mesue per far la radice longa. (1) Questa poliza non è annessa all’Epistolario, ma trovasi compresa nel Ms, 56 (Ir I Posteriorum Aristotelis et miscellanea) vol. II, carte 460-461 r. ANNALI DI BOTANICA — Vor. VII. a STORIE Citisus aliquibus, li vedo da dir asai in questi citissi. Abutilon, di questo ne è copia in Verona et io ne ò adesso in l’orto. Trago. Edisarum seu securidicha. Vitis idr. pianta bela. Tragaganta rara, pianta mai più vista. Nasturcium marinum. Miagrum, di questo ne fatiamo noi spazadore se ne semina di gran paese sul Veronese per far olio; ma alcuni volea oponer cum dir che bisogna che l’abia la sementa simile al fengrego. Licopsis species. ; Sisamum. Stiracis species. Questi sopra scripti sono queli 21 venuti adesso, di gratia vi re- plicho di quela cichorea verucharia vi mando una poliza di molti mi mandareti queli che potreti cum vostro comodo e cum mezo de M. Lu- cha Ghinio. * * * Queste sono le prime piante che receveti da la v.* Eccll.a p.a Den- taria minima. Farfugion Plinii. Gramen marinum. Epipactis. Potomogeton. Gratia dei. De questa ne abiam asai. Potomogeton mas. Panax chironium. Piretrum. Lupinus silvestris. Lonchitis aspera. Myriophilon seu milefolion, questo mi sono stato caro 25 duchati. Ornitogalon. Meu. E questo carissimo mi è stato. Cedrus. Ericha. Lentiscus. Anemone. Barba Jovis. Aster aticus. Di questo par li sia da dir per non vederseli color alcuno purpureo se non gialo del resto li van benissimo, dati aviso a questo quelo sentite. cy 819) Bee rubrum minus. Alijsson. Anche in questo li è da dir per la folia che non è ri- tonda come dice Dios. di qua ne abiam asai. Alchali species. Aloe palustris. Stichados, questa di certo è bellissima e rara. Questi sopra scripti sono queli 25 mandati la prima volta e tuti tengo per vostra reliqua non mi trovo cosa più chara e spero a la zornata cum il bon mezo de la vostra Eccellenza riusir in bona co- gnitione perchè so che mi amate cordialmente. Se sapesse di qua mandarvi cosa che vi fuse incognita, ma vedo voi avere il tuto. * * E Questa è la poliza de cose che per sua cortesia la vostra Eccel- lenza se dignarà avendone cum il mezo vostro far ne abia copia, che molto desidero. P.° la bachara vera: Erba lanaria. Ombilicus veneris vero de Dio- Teuchrio. scoride. Paronichia. Origano vero Tragorigano. Chrisocome. accino. Lentopodio. — marum. Chrisogonio. delfinio. Chrisantemon. sclepiade. ageraton. Leontopetalon. Hipecoo. Leucha. Tute sorte de Solatri. Ambrosia vera cum folie di ruta. Ephemeron. Circea. Onagra. Cratrogonon. Silibo. hemionite, Tapsia. Antilida. Sesamoide magiore e minore. Litospermo vero. Smilax aspera. Lismachion fior zalo. Cirsio. Epimedio. isopiro. medio Cachalia. xiride. Chamescice. Le sorte de li siderite. Chameleucha. Elatine ramno. grana che si tenze Sion. radice idea et rodia. Condrila. medicha. papiro. SEM Rae Quele sorte de titimali differenti per saper conoserli m. Lucha a mandato a dimandar la pitiusa et il Matioli dise che ne nase asai su la campagna di Verona ma ce n’é di tante sorte che non sid de- sferentiarli. Anchora che mandi una longa poliza a la vostra Eccellenza quela mi mandarà quelo potrete avere non ò voluto restar perchè ogni modo la tenereti apresso voi et a la zornata a pocho a pocho mi da- reti cognitione. aspeto de lo Eupatorio di Mesue che mi sarà caro cum li altri da meter nel mio libro, parlando cum il S.9 Paulo verita che studiava in Bologna in leze mi a deto asai dela vostra ‘ Eccellenza come aveti libri grandissimi. Dise eser stato a chasa vo- stra cum altri scholari a vederli, credo avervi scritto per un’altra mia quanto avaria a charo cum mezo vostro far uno pocho di familia- rità cum il mag.° M. Pietro Andrea Matioli per farli qualche ser- vitù di qua potendo; sciò che mediante il mezo vostro come sapreti operar me li farò servitore, solum fatio per dimostrar a questi no- stri medici che abiam amicitia cum tuti omeni ‘grandi di tal pro- fession che penso cum tempo me zovarà assai. Vi; (Lettere ecc., III, 31). Eccellente S. dottor magior hon.® salute Avendo io avuto una vostra insieme cum una certa seme di mirto, da me mai più veduta, certo mi è stata carissima e molto ve rin- gratio. Di poi ho inteso una nova cosa quanto a la dischordia fra voi e messer Aluise. Certo mi dispiace summamente; avaria pensato ogni altra cosa ma basta, vi dico esser di natura de non reportar zanze nè fiabe, io vi tengo obligo senpre et così a M. Aluise, voria cum il proprio sangue potervi quietar fra noi; ma non posendo pa- tientia. Basta quelo son bon per Vostra Eccellentia, quela mi co- mandi de le cose ch’el se abi portato fino ora non ho visto cosa al- cuna; quanto più presto me ne verrà farò areti del tuto. Vi ricordo a farmi racomandato al molto Ecc.'® M. Lucha Ginio vostro e mio pa- trone. Non so far cerimonie, me vi offerisco di quanto vaglio e posso in queste bande; prego la Vostra Eccellentia comandarmi che io vi son servitore. Poi prego la Vostra Eccellentia avisarmi quelo teneti che sia lo serpilio; e cusì ve ne prego quanto più presto mi farete singular a piacer, e avendo copia de la vera bachara fateme parte de una sol folia, indrizati a Venetia le vostre al mio M. P.r° Ant.° Danzo a — 101 — S.° Apostolo, che da lì avrò il tuto subito, e non falarà di niente. E aspeto aviso de Vostra Eccellentia quando lo Eccellente Matioli avarà cumpito sua opera. So che non mi manchereti. Non altro; Cristo felice vi conservi. Avisati etiam quelo se à tolto li in Bologna per il folio qual entra in la diambra. Vale. Di Verona ali 21 Novembre 1554. Vostro fidel servitor FRANC.° CALZOLARI spicial ala Campana. ELL, (Lettere ecc., III, 37). Mes Ob Mag te 9.0 Per M. Giovan Batista Ferari nostro veronese et mio honorato come fratel major ali giorni pasati mandai una mia a la Vostra Fx.tia insieme il 2° geranio di Dioschoride. Fino hora non ho auto da V. Ex.t@ alcuna risposta salvo che adesso in nome vostro scusatione dal sudeto M. Gioan batista cum scusarvi che sete tanto impedito. Certo vi ò per excusato, che credo quelo eser occupatissimo nel scri- vere; ma ben voria che vi dignasti una sol volta al ano mandarmi | una vostra per l’amicitia che è fra noi. Hora senza cerimonie vi of- ferischo quanto vaglio e posso dignandovi di comandarmi per queste bande di qua a la Vostra Ex. comando e priego che nel far le opere vostre come sò che fate teniate memoria del vostro servitor fi- delissimo., Certo vi mandaria de le cose ma che so vui esser copio- xissimo dil tuto. E poi le dischomodità che si 4 nel mandar inanti e indrio. Ho poi scritto al mio M. Gio. Batista circha a quel Maranta che è stato qui in Verona da noi. Certo mi pensava fuse quelo dove da noi fu hen visto e carezato anci più mi li prestai sei scudi d’oro in oro quali mi domandò, dicendo che a Genova avea da levar certi dinari cum una litera de cambio. Or basti ne à uselà tuti; mi dole che costui abii fato vergogna a la nostra profesione; ma ben voria cum qualche mezo intender chi è costui, se possibile fuse, vi prego, per amor mio usar uno pocho di diligentia. E farmelo avisato, over dirlo a M. Joan Batista che me lo avisarà. Non altro per ora salvo che ala V.* Ex. bascio le mani et me li raccomando et offero. Cristo vi salvi, ho presia perchè il meso parte. Di Verona il di 25 febrar 1555 servitor di quela sempre : Franc.° spicial a la campana. . . 5 n . C ? Vi ricordo de la Cichoraria verucharia, del bacharis, de l’erba giulia o ver Eupatorio di mesue. . z Pope i "e, = 02 VII. (1) (Lettere ecc., III, 32). Eccellente M. Ulisse mio magio hon.4° salve etc. Per la comodità del scrivere 4 lo Eccellente M. Lucha Ghinio vostro e mio patron mi à parso cum quelo isteso megio avisar per debito mio queste poche parole a la sig.'* vostra cum di novo offerir- meli et supplicarvi che vi degnati comandarmi avendo a memoria il felice viagio fatto insieme in Monte Baldo. E per dio santo che altro non bramo che vi degnati comandarmi se per vui posso e vaglio; E spero una volta, a dio piacendo, godervi e vedervi, se a posta a Bologna dovessi venire. Ringratiovi summamente che sid che per mezo vostro lo Eccel- lente M. Lucha mi à presentato de uno libro de senplici ben condi- cionati, quale mi è carissimo sopra modo. E cusì vi prego a non dimenticar del vostro fidel servitore amorevole con darli qualche aviso, che ciò facendo mi fareti star contento e lieto. Più longo non mi estenderò che oferirmevi di quanto son bono; comandatimi; Christo vi salvi e vi conservi sano, Racordate M. Lucha de queli alumi comemorati dali antiqui di che zà sua Eccellenza mi avisò voler mandare. De Verona, a li 12 lujo, 1555. Vostro servitor amorevole e cordiale Frano.° CALZOLARI special a la campana. cx. (Lettere ecc., III, 33). Molto mag.°° s.°° mio colendissimo Perchè mi pareria grande vilania la mia avisar a lo Eccellente M. Lucha Ghino vostro e mio honorando patron che non tolese la penna in man e avisar la vostra Eccellentia, a la quale tengo perpetuo obligo come fui e sarò sempre suo servitore purchè quela si degni co- mandarmi; E ciò facendo mi farete singular.° piacer. E perchè in tuto quela non si scorda de mi, quela almen cum sue mi fatia parti- cipe del ben star suo ricordandosi che son qua al suo servitio tal quale mi trovo. Il S.9 Conte vi saluta e così M. Paulo. Non mi ò però (1) Edita da Forti e DE Toni, op. cit. — 103 — scordato come già quella mi avisò, che li mandasi qualche coseta de le cose di Padoa: non mancharò, e farò; in secreto spero satisfaryi uno giorno a voi e M. Lucha, ali quali tengo obligo perpetuo. Ho in- posta volervi far aver una pianta de radice idea et altre cose. Credo che quela si ricorda che zà li avisai di voler cum suo mezo aquistar amicicia, o almen una litera, da lo Eccellente Matioli et quela seben mi ricordo mi avisò le dovese inviar una mia che li avaresti in una vostra fato aver ricapito, quale cosa desidero sumamente farmeli ser- vitore per farli fama di qua immortale. Si è in meter in luce le sue compositione come il simile fa il mio car.M° et come padre hon. M. Giulio Moderato spicial a l’agnus dei in Rimene. Ma di ciò non poso riuscir senza l’aiuto di la vostra Eccellentia la quale sia di certo che quela farà il tuto per farmeli servitore. Sì che, dolcissimo patron, quela si degni darmi aviso come ho da far e che strada debo tenir, che tanto farò; non mi partirò dal vostro volere, e che siò quel ope- rarà il tuto offerendovi l’unite erbe e ciò mi trovo a beneficio e co- modo per lei. E di questo parendovi conferirlo cum lo Eccellente M. Lucha, fati vui a la giornata, poi conferiremo insieme del tuto, e di simplici, come di qua si governa questi nostri sinplicisti. Non altro; umilmente basiovi le mani et me vi raccomando et offero. Cristo felice vi conservi. Di Verona, a li 5 novembre 1555. il vostro cordial servitore FRANC.° CALZOLARI spicial a la campana. Vi prego a darmi aviso di che libri mi poso prevaler che trata de sinplici. E come è pasato in Bologna circha a li succedanei de la tiriacha. DE: (Lettere ecc., III, 35). Molto Mag.” et Ecc.!e S.0 dottor salve ete. Per non aver più a chi scrivere in Bologna, per eser morto il mio già, come padre hon.'° lo E.'e M. Lucha Ghino, forcia mi è tediar la V.2 E.tia cum pregar quela si degni aiutarmi et esermi favorevole come faresti anche in farmi pigliar amicitia cum M. Lucha. Hora vi prego avisarmi se vi è persona deletevole in la profesion de sin- plici, a ciò mi possa socorer di qualche pianta rara et cusì semi et anche mi offerisso se di qua vaglio e posso. So in tal cosa come in ogni altra eser prontissimo per amor di V. S. pregandola che la si degni comandarmi come suo bon servidore, E non lasar cusì extinguer e NEI pa ae E Be la nostra amicizia. Perd quela qualche volta si degni pigliar la penna in mano e dar aviso di qualche coseta al suo servitor in Verona quale se vi offerisse in tutto e per tutto. E aciò abiate a coman- darmi et darmi aviso, prego quela che trovandosi qualche rara se- menza, o rara pianta cusi secha come verde la si voglia dignar far- mene parte, adesso che si prossima il tempo di seminar. E cusì avendo voi desiderio di qualche seme del ù[onte Baldo, dati aviso che sarò prontissimo servirvi. Già lo E.!* M. Lucha mi promise a tempo farmi avere delo polio verde et de lo Eupatorio di Mesue et de la bachara del Matiolj, se V. E. sapesse in che modo satisfarmi a questo mio de- siderio molto lo desidero; et essendo quela intrichata in le sue le- ture, quela mi faci pigliar per mezo suo familiarità cum qualche persona onorata et delectevole, sia medico o spiciale et ivi se ne debe trovar copia asai. Hora per non tediarvi non mi extenderò più in longo. Quela mi perdoni se usase prosumtione, lo fatio a sicurtà hora quela mi comandi a la libera che me li dono et offerischo per sempre. Cristo felice vi conservi. Di Verona, ali xi febrar 1557. Vostro servitor amorevole Franc.° CALZOLARI spicial a la campana. Se per di là si potesse avere qualche pianta de opontia o vuoliam dire figi de India et cusì de aloe l’avaria a charo per uno mio gen- tilomo mio S.9 e patron amorevole, E volendomi inviar qualche co- seta potreti indrizar in Venetia a la spiciaria de la pigna a M. Nic.!° spicial che da ivi avarà subito in mie mane richapito. (A tergo): Al molto mag.°° et Ec." dottor di medicina so Ex." M. Ulisse Androvaldi mio 8S.” e pa- tron sempre obser.”"° A Bologna In la contra de Stephano al vivar XI. (Lettere ecc., III, 34). Molto mag. et Ex.'e S.0 dotor salve ete. Havendo io receputa una di V. S. deli 12 de lo istante a me sopra modo carissima e tanto più quanto che per Essa ho inteso le nobile letione che lege al presente la V. E.t# cosa che molto mi piace et me ne alegro grandemente et summamente ringratio V. S. avendosi di- last vist > > TRS DELE > — 105 — gnato avisar uno vostro servitor amorevole, come io sono verso di quela. Hora potrò sperar di aver speso aviso da lei insieme qualche ‘ pianta rara. E cusì mi hofero anchor mi verso di lei faticharmi in mandarli de tute quelle cosete che per di qua mi capiterano ale mani. E tanto più voluntera il farò quanto che per sua benigna e so- lita cortesia Vostra Eccellentia mi avisa volermi colochar ne le sue hopere; per la qual cosa fino che viverò ne tenirò perpetuo hobligo E conoscerò quella avermi e tenerm] nel numero de soi cari amici et servitori; e per tale efeto mi hoffero andar a questo zugnio in Monte Baldo a posta per dar principio a mandarli qualche coseta a ciò quela in molti lochi mi nomini. Come già mi avete promesso siò quela non mi mancharà avendomi dato parola. Hora mo mancha che fa bisogno che V. S. avisi in Venetia a quel vostro amico M. Vincenzo Valgrisi, a Erasmo, che subito che li zonzerà li gazi che li spe- discha subito, perchè altrimenti le chose si putrefarano, e butaremo via il tempo e le fatiche; perchè non conosco altro mezo a mandar piante che mandarle in schatole cum dela terra ligate, in uno zorno e mezo le andarà da Verona in Venetia; da Venetia in Bologna, non so quando starà. Vi prego a calcular bene il tuto, et immediate darmi.aviso quando e come ho da hoperar, che tanto farò; perchè volendo mandar per altre strade, come abij qualche cosa non avarò poi messo a tal che non siò come si farà. hora hoperate sì con quel librar che subito mandi, che credo venendo in sei giorni da Verona . a Venetia, E Bologna che si potrà haver le cosse. al proposito de li semi se farà come se vora; hora credo che la V. E. mi abii inteso circha a questo; però dareti aviso quanto più presto, E fra tanto quela si conservi sano et mi comandi ala libera che desidero servirvi. Podendomi far aver qualche pianta delo Eupatorio di Mesue et del Teuchrio et bachara del Matioli et aster aticum quela mi farà sin- gular a piacer et piante de una sorte de Guaphalina belisime che già mi mandò il poverino de M. Lucha Ghino qual certo mi amava mercede di la V. E.t® che fu causa de la sua amicitia. ‘Hora perchè ho visto che la V. E. mi à su questa vostra litera avi- sato che vi fatia racomandato a M. Paulo Sanguene che fu cum noi sul Monte Baldo a questo mi acorgo che le litere non viene sicure. Vi dico certissimo, e giurovi ‘per dio tanto avervi più de diece litere avi- sato la morte del poverino Eser morto za uno anno fa. E vedo fino hora non lo aveti saputo; mi dole asai di tali discorsi, però fa bisogno abiate uno vostro intrinsico amico in Venetia che subito vi spe- discha le litere fidelmente. E presto non mancharò drizarle a Erasmo. Ponete mente in quanto tempo vi zonze la presente E avisatilo a — 106 — ciò vediamo come va. Non sarò più longo; faccio fine et me vi rac- comando et offero. Cristo felice vi conservi. Di Verona a li 30 aprille 1557. Di V. S. servitor sempre amorevole Franc.° spicial a la campana. Di gratia datimi aviso se è comparso opera nisuna che trati de simplici, l’averia a charo. XII. (Lettere ecc., III, 38). Ex. S.07 mio A li giorni pasati mandai alcune mie a la Vostra Ex.ti® insieme il retrato del geranio de la 2° spexe de Dioscoride. Non ho mai auto al- cuno aviso, hora mandovi una pianta de certa sorte de viole molto bele e rare, quale vien grande et fa le viole dopo le altre solite nostre, al tempo mandarovi del seme, a ciò ne posiate aver in gran copia. Quanto al non rispondermi vi è per iscusato rispeto ali gran negotii che so che avete ne le letture et nel componer. A me bastami che mi amate et vogliate bene al solito et che ne le opere vostre mi colochate in uno cantoncino, come quelo che ami et abii a me- moria li veri amici; benchè M. Zuan Batista di Ferari nostro ve- ronese E vostro scolar mi a dato di ciò bona speranza cum avermi detto che a sentuto la V.2 E.4@ avermi nominato non per meriti miei, ma sol per bona gratia vostra, ala cui tengo in perpetuo obligo È pregovi a comandarmi se per la Vostra E.ti® vaglio e poso per di qua. A questo ano sum per andar su li monti di bresana non mancharò capitandomi ale mani cosa per lei d’inviarlo podendo aver misi. Mando anchora a quela una pianta de una sorte aconito pardalianche stato mandatomi. Lo vedereti e direti il parer vostro ; fa due o tre folie, la similitudine la vedereti, la radice a la similitudine de una coda di scorpion bianca, lustra, a me non despiace. Considerandola bene pur mi rimeto al savio judicio di quela: poi pregovi guardarvi et aver custodia de la vita vostra; e pensar che si more. Tolendovi il tutto per spasso non restarò dirvi dela morte del nostro Rota bolo- gnese, cosa molto dispiacevole a noi tutti. Certo mi parea gentilis- sima persona e di bona riuscita; hora patientia. Certissimo non li è stato manchato di niente in la casa del deto m. Juan Batista E certo a fato assai assai sì nel farli andar medici, come ogni altra cosa, — 107 — et poi nel obito suo accompagnato da tutto il nostro Collegio de medici honoratamente. Per non tediarvi fo fine et me vi raccomando et offero. Cristo vi salvi. Di Verona, a di 8 marzo 1558. Servitor di V. S. FRANCESCO spicial a la campana. > IO (Lettere ecc., III, 39). Molto mag. et Ex. S.0 dotor mio patron sempre 088.0 La presente sarà per salutar la Vostra Eccellentia; mille anni mi par de non aver inteso cosa alcuna di lei, per tanto priego quela cum tutto il cuore darmi una sol volta aviso di lei che molto mi sarà di contento sentendo di lei sento di me stesso, pur sto aspetar che uno giorno venghi a mie mani qualche opera di sua mano a ciò posi continuamente ragionar cum lei, dove so che in qualche locho sarò per sua cortesia posto anche mi. Hora, Ex.'¢ S.9" dotor son qui e son’a vostri servitii e comandi pregandola cum tuto il core che la mi comandi e facendolo conoscerò quela amarmi e volermi bene. Lasarò le cerimonie da la banda per parermi fra noi superflue a chi bi- sogna comandi. Hora Ex.'e dotor mi ochore uno pocho di favore da lei; sapete quanto vi avete proferto cum mi circha a la tiriacha bisognandomi adesso mi socoro da quela quale se non mi mancharà per sua solita cortesia; vi voria pregar che quela fuse contenta farmi far una copia de la tiriacha fata in Bologna et'la copia de li sucedanei posti in quela e mandarmela et di più cum uno megio vedere se potese avere di quela terra di malta che avea lo Ex.t* m. Lucha Ghino mio car.° et l’aspalato che zà Sua Ex.tia mi scrise che me ne avaria dato quanto avese voluto et che se ne trovava pur asai di gratia, per amor mio, fate cercar da suo fratelo o molier se cum dinari si pole avere che gelo pagarò voluntera. E se di ciò vi fastidisco perdona- temi che non so dove socorermi se non per vostre mani. E di ciò starò ad aspetar cum gran desiderio risposta insieme dela copia, et qualche bon documento su deta tiriacha, che senza vostro aiuto non posso far. E spenderò aiutandomi il nome vostro, quale non sarà di poco momento in questa città apreso virtuoxi e dotti. Volendo mandarmi cosa alcuna V.* E.tia pol dar le litere al nostro M. Juan Batista Ferari nostro veronese che lui fidelmente se le mandarà. E di più avendo da novo qualche sinplice raro posto neli libri, vi prego farmene parte che ciò molto desidero de le man vostre vi prego, E il simile vo- DR oa e ra eg | a 7) t va 7 la 4 Oy Re ee Bern uo 7 a NT = 108 = lendo qualche cosa di qua comandate che lasarò il tuto per satisfarvi. Altro ochore se non che mi trovo sempre a’ vostri comandi et umil- mente vi basio le mani et me vi raccomando et offero. Di Verona, ali x settembre de’ 58. servitor de la Vostria Ex."4 fedelissimo FRANCESCO CALZOLARI spicial a la campana. {A tergo): Al molto mag.°° et Ex." S8.°° dotor di medicina lo Ex." M. Ulisse Androvaldi letor publico et patron mio-sempre oser.”° a bologna . In la contra’ di S. Stephano al vivar. DRIVE (Lettere ecc., III. 40). Molto Mag.°° et Ex.!? S.°" dotor mio sig. sempre oser.” Molte mie litere ho mandate a la Vostra Ex.ti, mai ho potuto aver gratia di aver risposta alcuna. E quele sono state per salutarvi et per darvi ochasione di sentir di noi cosa che molto mi sarebe chara e grata per l’amicitia fra noi. So che avete da far asai si per le leture come etiam per il componer sopra Dioschoride, come già mi avisasti; però avendo bisogno del vostro aiuto non resterò tediarvi, anci pregarvi che quela sia contenta farmi questa gratia di mandarmi la descrition de la tiriacha fata in Bologna cum il modo et ordine tenuto, come anche deli sucedanei posti in Essa. Questo potreti far far a uno de’ vostri spiciali amici che siano intervenuti in dita composition; cusì vi prego, vi suplico caramente per eser anche mi , in su tal manegio, fa bisogno a questa volta che li miei amici mi aruta, come uno par de la Vostra Ex."* del quale ho predichà et pre- dicho le rare qualità sue sino il di de ogi so non mi manchareti. Già vivendo lo Ex.'* M. Lucha Ghino, qual mi amava mi scrisse che si trovava de la tera di malta et de lo aspalato et calciteos, vi voria | pregar se mezo li fuse con dinari averne da suo fratello over moglier, me ne faciate aver, over darmi aviso subito che mandarò dinarj per pigliar dete cosete et altre che vi entra avendone li in Bologna. E di ciò più caramente vi poso pregar oferendomi anchor mi per la vostra Ex.ti, se poso e vaglio aiutatime vi prego. E se vi trovate qualche sinplice secho in libri de superfluo, cose rare participate cum vostri amici; ne tengo uno quinterno cum il nome vostro nel mio studio — 109 — quel zà asai mi mandasi, dove al continuo et ogni zorno mi ricordo di voi quando vivea M. Lucha non vi tediava; ma non ho altri cum chi ‘conferir, perdonatime, over avisatime a chi mi debo voltar che si dileta et che speso mi scriva. Non altro, fo fine et me vi raccomando et offero: Iddio vi con- servi sano. Di Verona, a dì 13 sett. 1558. Servitor di la Vostra Ex." FRANCESCO spicial a la campana (A tergo): AZ Molto Bx." dotor di medicina lo Kx.” M. Ulise Andro- . valdi publico Letor in bologna mio. 8°" oser.™° a bologna a S. Stephano, al vivar. XV. (Lettere ecc., III, 41). Ex. S.07 mio sempre oser.™ Dopo scritta una quale inviava a la Vostra Ex." mi è sopragionto una di la Vostra Ex.tia de di 7 setembre psesente quale mi consegnò il mag.°° S.0" Gasparo Schapi vostro nobile bolognese, quale mi è stata carissima sopra modo per intender de la Vostra Ex." Certo tutto mi ralegro quando sento de la vostra bona amorevoleza et gentileza et che quela si ricorda del suo fidelissimo servitore, dove vi oferischo quanto mi trovo e vaglio per lui. Ho inteso de la Truta et Carpione, non mancharò far ne abbiate uno per sorte ben con- dicionato, cum tuto che ’1 mag.°° S.9° Gasparo sopra tutto si parte da Verona e va sul lago di Garda, dove nase diti pesi et aferma che ne conzarà uno per sorte, nè anche mi mancharò che di ogni altra cosa che quela si dignarà valersi de mi. De queli sinplici che dite mandarmi mai ho visto niente da ni- suno, cosa che me dispiace più che se avese perso X scudi. Patientia so che quela non mancharà farmi parte de qualche bela coseta come è di solito vostro. Hora. dolcissimo patron priegovi aiutarmi ne la composition de la tiriacha idest ne li sucedanei, come si àno gover- nato queli che l’an fata in Bologna. E per uno mezo farmi gratia de aver de quela tera di malta et aspalato et qualche altro bono aviso. Dipoi quela si degni avisarmi la opinion sua circha al loto, arbore de Dioscoride se credete che sia quel perlaro che deschrive il Matioli » } n “ r 4 È a ng ) a. Pg A a à dai — 110 — o non, et il medemo far de lo Epitimo quel teneti, vi prego cum tuto il core piliar per amor mio la pena e darmi aviso. Ho ancorchè quela abii auto di bele cose da M. Aluise romano cosa che non ho auto mi che li son vicino patientia; per li grandi amalati che sono stati in Verona questa Estate non son andato in Monte Baldo, non mi trovo cosa per lei; ma venendomi non mancharò, podendosi aver dele piante de aloe lì in Bologna, et radice di Colochasia le pagheria asai, quela si degni darmi aviso; per non tediarvi non sarò più longo, solum dirovi che mi par che moreria desperato se non vi vedesse et godesse una volta; ma vi prego comandarmi senza rispeto. Mi dole che questo gentilomo non si abii lasato goder per eser intrigato cum una sì nobile compagnia. Cum tuto che da me per amor vostro sia stato ricercho, poso pregar ma non sforzar. Cum questo facio fine umilmente basiandovi le mani mi raccomando. Di Verona, ali 22 settembre 1558. Di V. Sria umil servitore sempre Francesco spicial ala campana. Desidero di quel bacharis del Matioli vederne una pianta. XVI. (Lettere ecc., III, 42). Molto Mag. et Ex. S. dotor mio S. sempre obser.” Molto mi sono state care quele de la Vostra Ex.ti, intendendo il ben star vostro; ringratio quela de la sua amorevoleza circha al loto et altri sinplici. Certo mi fareti grande piacer farmi parte de quela pianta qual tenete voi per loto in Bologna: vero è che quelo che di- pinge il Mattioli la folia non si confà nè corrisponde, come dice Dio- schorides, al tripholio bituminoxo, overo asphaltites. Ma del resto certo se li confà, come nel fruto, e al gusto suave e delectevole; pur mi rimeto, starò quieto quando vedrò quelo che mi mandarà quelo che me aveti promeso ne le vostre. Vi avisai del horminio non ho visto niente. So che avete da far asai; starò aspetar ancho che quela insieme mi mandi quel registro circha a li sucedanei per li vostri speciali. Cosa che serà degna di laude et gloria de la Vostra Ex.tia. Ho insieme cum la vostra auta la dispensa de la tiriacha; ve ne rin- gratio cum tuto il core; meterò questo obligo apreso li altri che tanti sino hora ve ne 6 che non so come mai rimunerarvi; ma ben vi pregarò che vi degnate comandarmi se sono bono per di qua farvi cosa grata, nè ponto vi dubitate che manchi de secharvi e custodirvi. — lll — La Truta et Carpione e a suo debito tempo ben sechi li mandarò insieme a qualche altra sorte de beli pesi del nostro lago et altri lochi non potresti pensar cum quanto desiderio sto aspetar opere de la Vostra Ex.t!® cum tanto desiderio, come facea li Ebrei il mesia. Ma fra tanto spero mandarvi il vero aconito pardalianche de Dioscho- ride et Teophrasto. E senza falo non quelo a manda la Vostra Ex.tia al Gesnero, dove sua Ex." ha posto fra quele sue lunarie nominando voi et M. Aluise romano. Basta a suo luogo e tempo lo mandarò mi a la Vostra Ex.ti® però ne le opere vostre lasati per mi vostro servitor uno cantoncino da meter il mio nome in tal sinplice. E perchè so che quela è copiosa de asai cose e piante mi risigarei mandarvi de le altre asai; ma dubito non mandar de quele vi trovate avere. Par- lando de le vere però se de quela avesse una policina e la deside- rasse faria il sforzo de mandarli qualche coseta nè p."° resterò ca- pitandomi a le mani. Fra tanto quela mi conservi ne la sua bona gratia, a la quale me li raccomando et cffero. Cristo felice vi conservi. Prego quela per l’amicitia fra noi a non restar de forsi almen una volta al mese tempo di scrivermi di lei che certo tanto mi ralegro et nichi] supra. Verona 2 novembre 1558. Servitor di la Vostra Ex. sempre FrRAnc.° CALZOLARI spicial a la campana Avendo qualche pianta ne li vostri catalogi secha fatene parte, come già facesti un’altra volta al vostro servitor. (A tergo): Al molto Ex.!e S.0 dotor di medicina et letor publico lo Ex.' Ulise Androvaldi mio p.° sem- pre oser.”° Bologna. A S. Stephano, al vivaro. XVII. (Lettere ecc., III, 43). Moto Mag. et Hx." S. dotor mio sempre oser.”° Perchè il lator presente vien a quele bande, ma non però cusì expeditamente; ma se va intertenando cusì per le cità et è mio compadre si dileta de sinplici, et la sua profesion è tale, però mi hy ae — 112 — son moso voler dar aviso a quela come per la idio gratia sto sano et. mi trovo qua a’ vostri comandi e piaceri, dove desidero che mi co- mandate. Certo credo la Vostra Ex. aversi in tuto e per tuto do- mentichado la nostra amicicia. Dunque vi prego caramente darmi qualche volta aviso di voi che ciò facendo mi fareti singular gratia. Io vi porto sculpito nel core et sto cum desiderio aspettando qualche vostra opera; quale so sarà utile al mondo et di fama et gloria a voi. Dipoi mi trovo qui a vostri comodi e comandi la Truta et Carpione sechi e conzi; ma non so come mandarlo, perchè sono molte cose dischomode a ogniuno di portarle. Però suola mi dia aviso come ho da far fare. Voria di tutto core pregar e. suplichar quela che si degnasse come altre volte vi 6 avisato darmi aiuto ne la composition de la ti- riacha et mitridate. Come saria farmi avere la descritione fate costì in Bologna, cum li sucedanei; ma autentiche, certo quela mi farà uno gran favor. Se di qua poso, mi per lei quela mi comandi che sum suo e a soi comandi. Ritrovandosi quela qualche bela pianta rara, quela me ne faci parte. La ne dia al lator presente che me ne mandarà a Verona. Hora per non tediarla più in longo farò fine et a quela riverentemente li basio le mani et me li raccomando pregan- dola che mi conservi ne la sua gratia, e mi dia aviso qualche volta in commemoration de la amicizia nostra. Verona, a li 23 nov. 1559. PASSO, di quela sempre Franc.’ CALZOLARIS spicial a la campana Esendo cose rare bele come è costi in Bologna per amor mio le farete vedere al presente qual se dileta asai e non manchara cum suo potere far che ne abbii parte perchè è molto amorevole. (A tergo): Al molto Ex." dotor di medicina lo Ex." M. Ulisse An- drovaldi publico letor del studio mio 8.” p.e oser.mo bologna A S. Stephano al vivaro. ari — 113 — XVIII. (Lettere ecc., III, 44). Molto Ex.!e S. dotor mio S. sempre oser.™ Essendomi capitata l’ochasione de li presenti gentilomeni quali vengono a Bologna, non saria mai restato darvi aviso di me et sa- lutarvi; però la presente sarà per dirvi come son stato amalato zà 26 zorni e dato per morto de petechie dove di qua ne sono asai. E assai ne more; hora Idio laudato son riauto, e son qui a’ vostri co- mandi. E certo mi par estranio che l’è zà tanto tempo che non si abiam scrito. So che la Vostra Ex. debe aver da far asai; pur vi ri- cordo de la nostra amicitia, la quale abii da restar ad infinitum, et vi prego comandarmi se per la Vostra Ex. vaglio e posso, sempre mi trovarete pronto farvi cosa grata da novo non ci ho altro. Prego quela essendoli capitato a le mani qualche bel sinplice, farne parte al suo servitor. E se quela mi potese dar aiuto e favor ne la ti- riacha et metridato de qualche bela coseta, mi saria car. Mi sa mille anni che io veda de le vostre opere fora; so che quela si afa- ticha per presia; non dirò altro, fo fine e cum reverentia mi rac- comando. Di Verona, il di 24 zugno, del 60. Servidor sempre amorevole Franc.° CALZOLARIS spicial a la campana. WI 18, (Lettere ecc., III, 45). Ex. S.07 dottor mio patron sempre osser. A me pare che l’amicitia nostra forte se aluntana perchè non vedo che mai vi degnate pur una sol volta darmi vostri avisi. Do- veresti pur saper che io vi sono servitore amorevole, e potreti di- sponer de -mi quando vi pare, conoscendo che in queste nostre bande sia bono ato a farvi cosa grata si che dolce s.0" mio comandatemi e valetevi de mi ala libera. Io adunque prenderò questa libertà richiedervi questo a piacer come quelo homo raro che voi sete ne la cognition de sinplici darmi uno aviso circha al parer vostro sopra il cap.° dela squila; se teneti che queste nostre squile che abiamo siano le vere o non. Perchè vedo (1) Di questa lettera dò il fac-simile: vedi tav. II bis. ANNALI DI BoTANICA — Von. VII. 8 — 114 — che Dioscoride nel cap.° delo aloe asimilia deto aloe ale folie dela squila. E il panchratio ale folie del zigio desidero chiarirmi in tal cosa, però nona vendo più charo amico de la V. Ex.ti® praticho e doto in tal profesion de sinplici mi è parso voler avisar.a la V. Ex.tia questa mia tale fantasia. E se altro bono aviso circha la tiriacha vi ritrovate vi prego avisarmelo per la amicizia che è fra noi e senpre sarà cusì facendo fine a quella cum ogni debita riverentia me li raccomando. 4 Di Verona, a li 6 febbraro 1561. per servirla sempre prontissimo Franc. CALZOLARIS, spicial ala campana. (Lettere ecc., III, 57). Ex. §.°° dotor mio car.”° patron senpre oser.m° Per un’altra. mia mi ero socorso a lei in voler che per sua cor- tesia si degnasse darmi aviso il parer suo circa a la scila vera se l’abiamo o no per veder io, come dice Dioscoride nel cap.° de lo aloe, che la scila debe aver la folia simile al alor, chosa che non vedo ne la nostra, e vedo il Matioli dir che certi Spagnoli ete., come V. Ex.ti® potrà vedere ne le sue opere, però vi prego caramente avisarmi il parer vostro, che ciò facendo mi farete cosa gratissima, offerendomi sempre pronto a’ vostri comandi e servitii. E se quela se immagina che io sia bono per lei comandatemi, e anche potendomi dar qualche documento circha la tiriacha, vi prego darmelo, che io lo riterrò per beneficio singulare e raro. Altro li dirò per ora salvo che io sono suo tuto, cum debita riverentia me li raccomando. Di Verona, ali 9 febraro 1561. per servirla senpre prontissimo Frano.° CALZOLARIS special a la campana. XXI. (Lettere ecc., III, 46). Molto Ex. 8.°° dotor E mio S.0" oser.mo Zà molti zorni fa io vi avisai circha a una mia opinione; cioè volea saper il parer di quela sopra data scila se quela che abiamo, è la vera o non per veder che non a folie de aloe, come dice Dio- . ES MEI) ERIN NG ata UO: PN VALEVA -— 115 — schoride nel cap.° de lo aloe; pertanto prego quela darmi aviso quanto Ella creda circha ciò. A. questa pasqua farò la tiriacha, quale è al ordine del tuto fra questo mezo quela mi comandi. Io ho auto nova dela morte de M. Julio Moderati spicial a Rimini. Di novo M. Aluise Anguilara 4 mandato è la stanpa una opera intitulata: Li soi pareri. E di novo è venuto fori uno Matioli. Altro vi è senonchè al solito restovi servitore pregandovi mi scriviate qualche cosa. Me vi raccomando. Di gratia fatime avere una pianta de ptarmicha, o il re- trato de quela parlo che si adopera costì in Bologna. Di Verona, ali 3 marzo 1561. Servitor de la Vostra Ex."a Franc.° CALZOLARIS spicial ala canpana. (A tergo): Al Molto Ex.te dottor di medicina E letor publico M. Ulise Andro- valdi mio sig. ossery.™° Bologna A S. Stephano al vivar. XXII. (Lettere ecc., III, 47). Molto Ex.” S.0 dotor mio sig. oser.”° Per la comodità del presente messo mi a parso voler salutar la Vostra Ex. pregandola quanto so e posso la mi facia gratia farmi veder quela silla quale la dice tener nel suo studio cum folie de aloe e pilora de fori, come già per sua cortesia la mi a scritto, se non la scita, almen il retrato di Esa tolto dal naturale, over metervi sula strada di far che io ne abii cum qualche mezo. Come per suo mezo poi la vorei pregar la mi facese avere uno pocho di orobo vero, cioè il seme ed anche cum la pianta, se si pole. E questo fuse quanto più presto, vi prego. I E se non vi fuse di schomodo mandarmi del tlaspi vero ingre- diente in.la tiriacha mi saria car.™° Se di qua mi capiterà cosa rara per la Vostra Ex." mi ricor- darò di lei, E volendo voi cosa per la quale desiderate aver, datimi aviso che mi trovareti senpre prontissimo in farvi cosa gratissima, pur vi degnate comandarmi; et vi prego insieme per amor mio darmi qualche bono aviso sopra del costo; perchè vedo Dioschoride dice nel cap.° de la radice rodia che era simile al Costo et che si — 116 — adulterava cum la radice de lelenio. Però non pol star che la ze- doria sia costo, come molti voleno; però vi prego darmi tal aviso piacendovi di gratia questa cosa mi saria molto a chara saper, e quando si potese avere del vero Costo lo pagaria pur asai charo. Adunque aspetar cum desiderio circha ciò il parer vostro vi prego, fra tanto la mi conservi in la sua bona gratia ala quale molto mi raccomando. Di Verona a li 25 aprile 1561. Per servirvi prontissimo Franc. CaLzoLarIs spicial a la Campana. XXIII. (Lettere ecc., III, 48). Molto M. et. Ex.'e S.°° dotor mio patron osser.™, È Le VARIA 7 Pi PI! Per la comodità del meso mi a parso voler salutar la Vostra. Ex." come quelo mio caro patrone, quale amo E reverischo senpre. E sarò cusì sino a la morte, nè mai son per smenticharmi la benigna E grata Vostra cortesia ne la quale mi conservareti piacendovi et insieme vi degnareti comandarmi dove sono bono che mi trovareti sempre prontissimo a servirvi. Mi par stranio che fa tanto tempo non mi avete scritto. Vi prego darmi qualche raguaglio di voi, che ciò facendo conoscerò quela avermi conservato fino ora ne la sua bona gratia, a la quale molto mi raccomando pregandola la si degni farmi aver una pianta de ditamo di Candia, se possibile sia de averlo. Zà alquanti zorni morse il nostro Zuan Batista Ferari me- dico, vostro amico, la cui anima abii requie. Altro vi è da novo salvo che sum sempre vostro tuto, cusì me vi raccomando. Vi prego avisar qualche volta de voi. Di Verona, ali 26 aprille 1563. Per servirvi prontissimo sempre Franc.° CALZOLARIS spicial a la campana. Mi è stato deto come la Vostra Ex."® scrive l’opera sua sopra le piante, che mi sarà carissima. Se io posso per lei la mi comandi. (A tergo): Al Molto mag.°° et Ex. dottor di medicina lo Ex.’ M. U- lisse Androvaldi mio S.0 senpre osermo — bologna. A S. Stephano, al vivar. — lilt — XXIV. (Lettere ecc., III, 49). . Esimio mio S.° osser? In fato è forcia che faci una bona scusa cum lei, essendo io a quella debitore risponder a una sua mandatami zà asai, ma le oc- cupationi de le faccende della spiciaria, il travaglio auto da quel furbo maligno bolzone de quel scalcina, non che lo stimassi nè per lui nè sue fiabe e cianze, ma solum per star cum li ochi aperti a chi lo penzeva lui il quale è rimasto afato afato sepulto vivo cum gran sua vergogna, havendo provato cum tante autorità, contra quello si. pensava lui, dove apresso di me resta fede amplissima; E dal mio Collegio e da la mia cità e canzeler e retori, e cusì dal S.0" Matioli E molti altri cosa che se pensava farmi dano e ver- gogna mia, al suo dispeto inalzato è dato onore e credito — Dove io, per la Dio grazia, do via tanta tiriacha che è uno stupore, et servo molte e moltissime fedde deli efeti miracolosi che ànno fato e fa, cusì in veneni corrusivi come in altri strani accidenti. Del tuto laudato sia Idio. Questo furbo pensandosi l’eser andato non so che mesi per Padoa cum la boca aperta, se misse a la prova in Venexia de volersi far creare dottore, dove cum tuto che avese una carta de susidio nella bereta, mai ne sepe una sol parolla, dove fu scazato via de consenso universale cum grandissima sua vergogna. E perchè avea depositati certi pochi de dinari al Collegio, li redimandò indrio, per l’amor de dio, cum una sua suplicha E li passò la gracia de poterli aver indrio de due solle voce, E il tuto costa apresso di me con fede autentiche. Cusì andò anche a Ferara, e il simile li riuscì, cum gran vergogna. In ultimo s’é riduto alla sua patria E fato prete, poichè à scovato il mondo vagabondo 40 e più ani, sfrisato, cargo de bastonate come lui stesso confessa in una sua furba scritura. Or tuto confidentemente ò ragionato cum la V.? Ex.ti® in proposito de avermi scrito ne la vostra come recevesti la mia apologia cum le mie fedi, che mi fu caro. Ò visto il catalogo de le piante che mi dimandate; vi dico che sum desideroso servirvi e farvi ogni sorte de apiacer; ma son restato e resto, perchè io non so come haver messi per Bologna, molto più facilmente mando a Viena e Praga al S.9" Mattioli che a Bologna. Or trovando modo che vi posi mandar son e sarò qua prontissimo farvi apiacer, e servirvi del core istesso. — 118 — Io mi trovo il balsamo vero, l’amomo vero, il costo, il foglio, l’aspalato verissimo, la tera n il marmo verissimo, cosa ra- rissima, il calamo odorato; qualità de fiori del anon odorato; il lapis amiantus, I’ alume sciscille vero e molte altre cose raris- sime; il cedro del monte Libano, che gia mandai al S.°° Mathioli, quel geranio simille alla malva; similmente io mi trovo il mio ‘stu- diollo de cosse rarissime che forsi nor è in Italia. Cum il vero ci- namomo, cosse aute cum grandissime spese, e fatiche, e amicicie. ‘Quando potremo far che le litere, abi fido e bon camino sicuro, sarò prontissimo a far copioxo il vostro studio de quello mi trovarò, perchè vi amo cordialmente; ma per mandarle e che se smarriscano mi dispiacerebeno assai. Aspeto .l’arboselo intiero de l’amomo che mi vien, e molte altre cosete rare. Io adeso facio prova per via de Venecia mandarvi questa per veder come la camina; E in quanto tempo avrò risposta da V.S. Ritornando voi per la medema strada a rescriver, cioè in Venecia a Valgrisio librar in mezaria ala in- segna di Erasmo, qualle è nome M. Vincenzo, ‘mio amico, al qualle ò dato aviso che me le mandi fidelmente, li fareti adunque una sopra coperta. Cusì avendo la V.* Ex."* qualche cosseta rara da van- tazo la mi dia animo a recambiarla de altro. Io non mancharò e sum a’ vostri comandi. Cristo felice vi conservi. Di Verona, ali 18 Gennaio 1568. Servitor della V.4 Extia FRAno.° CALZOLARI. XXV. (Lettere ecc., III, 51). Esimio mio S.9 : Son desideroxo catar strada sicura e fida a cid potesse se non in tuto, almeno in parte, satisfar al suo desiderio in mandarli de quelle cosse che Ia mi dimanda; ma non so come; e però ò preso strada’ a Venecia per via del Valgrisio qualle so esservi amico, e ò scritto a quello. Starò expetando che ritorni la risposta vostra per veder come passa la cossa. Ben vi dico che meglio ò da scriver in Praga, Inspruch, a Vienna, in Cipro, che a Bologna; perchè capita messi, se non a caso. Basta son qua vostro tuto, e, se Dio mi concede vita, spero satisfarla de molte bele cosse, rare e onorate. Per presia farò fine, avendo a case catato questo messo. La mi facci parte de qualche coseta rara che la si trova di superchio. Al tempo li mandarò il satirium primo di Dioscoride, catato novamente: pianta non più vista. Me vi raccomando in presia. Di Verona, ali 26 Jenaro 1568. Servitor de la V.2 Ex.tia FRANC.° CALZOLARI. — 119 — XXVI. (Lettere ecc., III, 52). E.m° et M."0 mio S.07 hon."° Doppoi la partita de la Vostra Ex.'@ da me da Verona, per dio mio S.9 che son stato dui zorni che non son stato su la mia per la dolce e grata deletacion che già aveo presso cum quella sul star a veder e contemplare le cosse che già mi era usite di mente ma la grata vostra presentia, insieme l’Ex.t° §.°° Marcantonio vostro e M. Aniballe mi ero talmente messo in amor che voluntieri arei postposto il tuto per starmene cum voi lungamente in tali maneggi. Io subito diedi expedicione alla scatolla e letere al E.m° S.°" Franc.° Bursati cum una mia e credo il tuto sarrà recapitato bene; dove ne aspeto vostro aviso, insieme cum il viaggio fato per la Vostra Ex.tia da Verona a Padova, poi a Venetia; E finalmente Ferrara et a Bologna, che Idio voglia sia stato felicissimo. Ben so io che non sarà stato locho più debolle più ville de Verona, ma patientia; so ben che de l’animo generoso e bon volere nisun mi avrà pas- sato, nè mai se mi raguagliarà; Dica chi volle. Aspeto il Catalogo de le cose rare ritrovate a Padoa e Venetia, insieme cum le viste. E so che la Vostra Ex.ti non mancharà amandomi come la mi a dimostrato di fare nè ponto io credo ingannarmi avendo visto a quella il core e il bon animo suo e le accoglienze si del S.°" Cortuso, come del S.°" Guilaldino e similli, quali se non mancharà mai a’ pari vostri, E per quel Idio che mi lassa scrivere che son talmente rimasto di mala volia per il partir vostro che niente più sol per dire. Cosse le qualli non vi 6 mostrate; ma causa m’é stata la confusion de la cossa e presteza che avevate. L'una è stata lumomo ciovè l’uva de lumomo cum fior e legno cosa rarissima; l’altra il Cinamomo, ra- rissimo, de’ qualli però ne ò scelta se de l’amomo uno graspo de la sua uva, come ve ò deto del Cinamomo uno sol pezo, che per di- nari al mondo nol darei. Or basta per quel dio che mel lassa seri- vere. Ho auto de malinconia a deventar mato non avendolo mo- strato a quella, come per farne al mondo testimonio sicome è fato l’E.mo S.or Mathiolli. Ma scrivendo quella epistola che me havete a scrivere non manchate di farne memoria sopra l’onor mio, che se dovesse venir, come ancho volio portarlo mecho per conpir al de- — 120 — bito mio lo farò. E di questo riposso in lei avendo fede in me si come so che la è candida e sincera. . Poi aspeto qualche cosa rara e notabille da lei per memoria eterna del nome suo nel mio studio, sì come so la non mancharà mai, parlando de quelle cose che l’ave e doppiamente. Io poi da l’altro canto spero cusì ben farmi coppioxo de quanto me avete lassato memoria che vi contentarete. i E in ogni conto renderovi la pariglia cum grossa usura. La prego farmi raccomandato al gentilissimo S.° Ex.!* dotor M. Mar- chantonio vostro e M. Aniballe nobille e generoso, che per dio tanto mi aiuti innamorato che sarò sforzato presto venirvi a vedere e goder; fra tanto amatime e comandatemj che son D.M° e vivo e morto sempre cordialle e servitor. Iddio vi prosperi e conservi. De Verona all'ultimo otubrio 1571. Servitor Cordialle sempre della Vostra Ea."4 Franc.” CALZOLARI spicial ala campana. Come abi vostro aviso mandarò poi le cose petrificate a Man- tova e cusì starò expectandovi. Mostrate le fede fatemj de l’eser stato qui da mi; ma bisogna re- farle cum la sotoscrition del vostro nome e sigillo e anche nominar come sarà quatro sei cosse le più signalate de aver viste. E poi in ge- nere tante altre male nominate, sia amomo, costo, aspalato, cinamomo folio, lapis lazuli, lapis armenum et similia. Queste sarà quelle darà eterna memoria al vostro Calzolari, et vi portarà grande obligo in vita sua. E cusì nominar nella Epistola che andarà stampata nel 2° tomo del S.9 Mathioli. E presto qual cosse aspeto cum vostra bona gratia; vi mando una del S.°" Jac.™° Moschaia, qualle ha vo- luto trar via per non avervi potuto vedere e godere. (A tergo): M.° et Ex."° di dottor medicina il S.°° Ullisse Andro- valdi philosopho rar."°, Letor pu- blico, mio S° Bollogna AS. Stefano. — 121 — XXVII. (Lettere ecc., III, 54.) E.mo mio S.097 hon.n0 Non credo che da li Ebrei mai fusse tanto desiderato il messia, quanto che è desiderato dal vostro fidelissimo Calzolari la vostra epistola, e aviso vostro del viaggio fatto, da la partenza che fece la Va. E.tia da Verona, e desidero anche per avervi a inviare le cose nostre petrificate lassatemi qui. Anchora che scrivese una mia a Mantoa a quel E.te Corsato p.'° mai ò auto altro suo aviso. E cusì suspeso me ne resto. Ben dirò a la Vostra Ex.'* come avisai al $.0r Mathiolli la vostra venuta qui, che per dio Sua Ex.t!® mi a scrito che vorebe eser stato qua a vederla e goderla più presto che aver auto cento doble spagnolle. E sua Ex.ti® mi prega cum una Sua che faci alla Vostra Ex. le sue calde raccomandationi si come 6 fatto per vos. S.2 a lui. Ma vi giuro per quel dio che mel lassa scrivere che da che vi partiste di qui, mai mai mi sete uscito de la mente nè da l’anima. E se non avesse il cargo de la familia e de la mia spi- ciaria, saria forza venir a star a Bologna uno anno per cavarmi la voglia de godervi; ma patientia. Almeno che terminamo star uno estate 15 zorni qui cum il S.° Matiolli su questi monti a solazo, sicome p.° abiam fato anchora; parmi poi morirò contento. Non avendo apresso de mi che la più bella cossa che si mi sia li amici fedeli, cari et honesti. Si che dolcissimo mio S.9* hon.®° avisatemi di voi e fatemi racomandato al Ex.te S.°t Marcantonio et a M. Ani- balle, vi prego, aspetando da tuti per gratitudine una litera per cadauno. Poi aspetarò come vi 6 scrito per dar principio al mio libreto — de le fede che me ò da far far a quanti capita qui da mi — una sotoscription vostra e che nomina parte de le cose rare viste da noi, e cum la sotoscritione e sigillo mio, questo principio abia del onorato e del grave. Pur dei zorni fa è venuto a me da Milano uno gentilomo per tiriaca per uno Senator di Milano e ne 4 piliata per 16 scudi d’oro cum olio de scorpion. Cusì l’o fato signor justo l’aviso e ordine de la Vostra Ex.ti e cusì farò senpre. So che per cortesia vostra non mancarete de farmi la vostra Epi- stolla compitissima, e far mention de tute le mie cose rare, me- tendo costo, amomo, aspalato, folio et balsamo terra lemnia. E quanto a la Vostra Excellentia parerà che so quanto mi sarà cara, perchè sarà rara, e qui starà il sigillo de la nostra amicitia. — 122 — _E cum bona fede me ne resto facendo fine, e a quella cum tuto - il core mi raccomando et offerisco cordialmente. Ben ricordovi del mandarmi del talcho d’orro, più la polle, e qualche altra cosa che. ’1 mio studio possa aver memoria di lei, sa- pendo ora quel che non ò, e massime qualche minerale raro, de’ quali Va. Ex."@ è copioso e pieno. Idio la feliciti. De Verona, ali 20 novembre 1571. Servitor de la V®. Ex."4 cordialiss. FRANC.° CALCEOLARI. Il Si.or Jac.™° Moscaja si raccomanda alla V.* Ex.tia calda- mente. Al Ex"° medico e filosopho il S° Ullisse Aldrovandi Letor publico e mio patron sempre hon."° Bologna A S. Stefano, al vivar, over a le scolle. . XXVIII. (Lettere ecc., III, 56.) Ex.” et Eccell.mò Mio S.0 sempre hon.” Non vedo l’ora di aver vostre lettere si per intender di voi e de la honorata vostra conpagnia che fu qua da me E per saper il suc- cesso del viaggio vostro fatto; dopoi vi partiste insino ora 0 potuto aver gratia de aver vostre lettere cum tuto che ve ne abi scrite due altre mie. Nè però siete restato da che sete a casa di aver scritto a mes- ser Lione in Venetia, E al mag." S.°° Trivisano in Padova; E il Calzolari tanto vostro l’avete posto in uno cantone, nè più vi racor- date di lui. Sto poi cum desiderio anche per mandarvi le vostre cosse per via de Mantoa quelle petrificate; sì che per tutte le sud- dette cause sto cum gran desiderio de.aver vostre, sì come V.2 Ex. tia mi à promesso far una vostra honorata epistola, cum quel modo e garbo che la saperà tar lei a mio honore, che grande me lo ripu- terò, aver una fede de la V.8 Ex.ti® come quel dotto, e onorato e famoso che siete ben; però non mi disfido ponto di la V.* Ex."4, e de la Vostra cortesia solita verso di me. Io poi non son per man- carli intorno la sua poliza lassatami ali soi tempi debiti perchè io molto vi sono sempre stato cordialissimamente caldo in amarvi, — 125 — reverirvi, e senpre portar il nome vostro sculpito nel core; si per le rare virtù vostre e per la fama vostra, quanto anche ò visto Vo- stra Ex.tia avermi conservato nella memoria de l’antica nostra ami- citia; in avermelo dimostrato al venirmi così cordialmente a go- dermi, come avete fatto; per il che ve ne rendo oblighi infiniti. K qui finisco per non esser troppo longo e infastidirvi e me vi raccomando pregandovi a darmi aviso. Iddio vi conservi e feliciti. Di Verona, a li 25 novembre 1571. Servitor cordialiss.° de la V.1 Ex."4 Franc.° CALZOLARI. La V.* Ex.tia dia la inclusa al Ex.'¢ S.0 Marcantonio Menocchi, qualle è in risposta de la sua che or ora ò auta e V.* Ex.tia li dica ehe ò fata dar la sua al R.m0 Mons.®" nostro Vescovo, e mi ralegro che sua Fx. se ne vengi qui, a ciò alegramente lo possi godere, dove vedendolo lui avrò sempre la V.* Ex.tia davanti ali occhi. Mi ò dato admiracione avendomi scritto lui V.? Ex."? non me abi scritto una parolla. XXIX. (Lettere ecc., III, 58). E.,mo et Eccell."° mio S.° hon.™ Mi trovo una de la Vostra Ex.ti@ de di 25 novembre 1571 cor- rente receputa ali 7 dicembre instante; la qualle mi è stata di grandissima alegreza e contento, avendo auta nova di lei. Ma mi è doluto l’aver inteso che mi avete mandato il memoriale e cum vo- stro sigillo per via de Mantoa indrizato al F.m° S.°° Franc. Bur- sati, quale sino ora mai ò visto e dubito, essendo stato tanto non sia smarrito, che per dio tanto ne ò sentito cordoglio e fastidio che non vi potrei dir; tanto per esser una cossa da me molto de- siderata. Adunque la prego cordialmente a veder a chi fu conse- gnato e anche scrivermi una parolla a Mantoa al Ex.!* Bursati. E veder se si pol ricuperare se non bisogna che la V.? H."* me ne faci un altro, e mandarlo per via del nostro Valgrisio che credo non potremo aver loco, nè modo più sicuro de questo; che questa strada de Venetia, nè amico più fidato all’uno e all’altro di noi: se mo’ anche la strada del E.™° Pandasio sarà migliore, presto lo ve- ‘dremo. Mai 6 auto altro aviso de la V.? Ex.ti@ da che vi partiste de qui che la litera del Ex.te M. Marcant.° insieme una sua diritiva al nostro R.™° Veschovo, qual l’avè subito Sua R.ma, S.2 Va Ex.!ia mi — 124 — farà al detto Ex. ©' S.9" Marcantonio raccomandato. Io desidero ben acomodato il talcho d’oro, cum qualche altra coseta rara nel mio studio, sotto nome del famoso nome de la YV.? Ex." e so che non mi mancherete. Aspetto la epistola vostra in avviso de tuto il vo- stro viaggio fatto quando fusti a me. E dopo partito, cum il narar le cosse da me vedute in quel modo che già V.* Ex."@ mi a pro- messo. E questa sopra modo desidero per tenerla e conservarla nelle più preciose cosse che me abia. E ne mandarò coppia al S.0 Ma- thiolli da far stampar nel suo secondo tomo de le sue Epistole, al quale ora è drio. Io 6 rescritto a Sua FEx.ti® li saluti vostri e le raccomandationi e Sua Ex.'@ molto vi ama, e reverisse, e onora il nome e le virtù vostre. A me par E." mio S.° che ’l drizar a Venetia per coreri ordi- nari in man al Valgrisio tute le cose nostre questa sia la strada più sicura che sì possa fare; però avisatemi per questa via che presto ‘presto lo vedremo per effetto. O parimente fate le raccomandationi vostre al R.9° padre frate Marcho Bassano, qual molto saluta V.* Ex.ti e non manca sua Re- verentia usar ogni diligentia per farvi aver fede. E il simile farò mi e ogni altra cosa che lasatto me avete nel memorialle. E come abiamo la strada sicura e ferma, ogni setimana avrete da me qualche coseta, perchè senpre participarò cum lei. E cusì spero farà la Vostra Ex.'* cum mi. È venuto fuori una opera del E.te Ma- ranta napolitano novamente vulgare. Forsi V.* 8.4 lavra vista fin’ora. Avendola vista, la me ne dia uno poco di raguaglio intorno al parlar de li sinplici ingredienti in deta teriaca, piacendovi, desiderando il parer e bon judicio da la Vostra Ex.'i, Vedo che per la vostra lettera non mi fate moto de aver auta la mia lettera, che mandai cun una del mag.°° S.9r Jac.™° Moscaia mio 5.9" E vostro affetionatissimo, amico, che dubito che anche questa non sia smarita. Non 6 voluto manchar de scriver a Mantoa al E. Bursati per intender se à auto questa vostra letera e cum il testi- monio che me mandavate per sua strada starò expetando suo aviso. Ma credarò che se quel gentilomo l’avesse auto me l’avria mandato, amandomi come fa Sua Ex.!4, Io finisco e starò expetando suo aviso cum grandissimo desiderio, dico grande; nè posso aver cossa che più mi diletta e sia grata che questa. E che me conservate vostro Ser- vitor come che sono e sarò in vita mia, E cum R."@ mi racc.1° Iddio vi feliciti e conservi. Di Verona, ali 9 decembre 1571. Servitor cordialle de la V.® Ex."4 Eccell.® FRANC.° CALZOLARI. — 125 — XXX. (Lettere ecc., III, 60). Emo et Ill. Sor honmo Io mi trovo la vostra cordialissima lettera insieme le due vostre hom.™ fede la qualle 6 aute da Mantoa ogi che sono li 16 dicembre corrente a me tante carre e grate quanta che me avesti mandato cento scudi d’orro per veder l’amorevolezza e cortesia sua, a la qualle son molto obbligatissimo E sarò fino che viverò. Piaquemi molto l’oppi- nion della V.* E.t'è intorno quella epistolla over discorso della V.* pe- regrinatione nel modo che prudentemente e saviamente vi aveteima- ginato di fare starà molto bene. Ein tuto e per tuto in nel vostro pruden- tissimo judicio mi rimeto. Però la comodi la cossa secundo la volle e li piace. Ma credo bene l’ò per fermo che la V.? E."* molto miama e dico cordialmente, e ali effeti lo vego; dico poi intrinsichamente e since- ramente. Però un zorno aspeto quanto disidero da uno tanto omo e onorato come è la V.a E.ti*. Mi piace molto che quel giovane di Vene- tia dal coralle vi sia sodisfato. E che per amor mio ve abbi fato quanto che meritate E cum una mia l’ò ringratiato molto e li ne portarò obbligo in vita che viverò. E di questo Vostra E." ne sia più che certa. L'E.m° S.° Mathiolli vi saluta e ora Sua E." si trova in riva per cum la fe- bre quartana. E per dio che mi è molto afficionato S.° Franc.° Jenaro il S.01 Jac.™° Moscaja il R.4° Padre fia Marcho, tuti qui presenti se racomanda a la Vostra E,“ quelli tali vi amano e adora pur le grandi virtù vostre e rare qualità. Non restarò mai esservi obligatissimo delo officio fato per me cum l’E.®° Guilaldino; perchè amo molto e reve- risso la sua persona eli pari suoi ; nè o core che mi Melchior suspicha dela persona mia per eser amico e servitore al E.®° Mathioli. Questo non à da causar che non sia omo da bene e integro et eser amico e servitore e a l’uno e l’altro dove vi rendo gratie de l’uficio fatto cum Sua E.tada vero e bono cristiano. E avarò apresso a caro che uno zorno scrivendomi mi avisate qualche cosa da operar cum lui in nome vo- stro per aver ocasione legitima di scriver a Sua EH." e questo sia cum comodo vostro de qualche cosa che v’imaginate a proposito per introdurmi seco a ragionamento cum politeza. Io aspetarò quel talcho d’oro cum qualche altra coseta che parà alla Vostra E.ti rara per il mio studio, acid abi da dire questa rara cosa ò auta dal E.m° §.°r Aldrovaldi si come son e sarò tromba del valor suo ben che non sia ora che abi comenzo. Sì che spero di questo e altro render alla Vostra E.t la pariglia cum grossa usura. E tanto più adesso che vi sono obligatissimo in vita mia. SI pai e Il mandar le cose in uno scatolino credo capitarà sicure per via di Venetia al nostro Valgrisio; perchè mi par le letere capita bene, ma poi chè ò visto anche che per Mantova per mano del E. te Borsati sono venute queste potrete tenir qual vi parà meglio. Ma Ve- necia al Valgrisipo molto mi sodisfa, pur mi rimeto alla V.4 E.tia secundo se li rappresentarà l’ocasione. Io poi non cesarò a suoi tempi adinpir il suo memorialle lasatomi. E spero farvi aver uno nautillio bello raro petrificato che lo a uno mio amico e vedrò de operare che sia vostro. E cusì ogni altra cosa che potrò. E statene sicuro e certo. . Credo la sapia che la mi promisse del spodio, però l’aspetarò cum il talcho e chusì di quelle cosete rare che non 6 mi e voi ne sete doppio e copioxo farne parte come vi parre. Io per ora atenderò alle facendé del nadalle, E farò tine pre- gando la Vostra EF." a farmi R.'° al E.” m. Marcant° e m. Ani- balle, et dir che diedi la letera sua al R™ vischovo nostro. Non voglio restar de dirli che 6 qui in Verona quel pitore valen- tomo che a fato li semplici e pesi a maistro Leone. Qual mi finise il mio libro cum gran stupore de ogni mio, e a fato alquanti pesi e ucelli che passa il vivo che è miracollosso, certissimo, Desiderarei che la Vostra E.tia l’avesse apresso di lei che certo in questa proffe- sione è un grand’omo. Fato nadalle volio far far quanto nel memo- rialle vostro me avete lassato de far. E poi vi mandarò tuto. Ben- chè credo a questa quatrigesima il S.° Jenar e S.°" Moschaia e mi siamo per venire a posta a veder le cose. vostre. Fra tanto prego V.* E." mi ama e mi conserva per suo fedelis- simo servitore come li sono. E mi faccia almeno servitore a m. An- niballe suo a ciò spesso senta di lei e come passa le cosse sue, che ciò facendo mi farete star alegro e viver contento. Stando in aspe- tacion cum gran desiderio da vedere stampato qualche cosa del vo- stro e masime questo viaggio che sarà cossa bella e onorata e lo- devolle. E qui conosso et ò per fermo che a me darà gran reputa- cione e onore, per eser la persona vostra e cose vostre in gran stima. E publicamente sapendosi la deletacion vostra. Io 6 vista quella opera del Moranta indrizata a M. Ferrante Luperato spiciale amico mio, non meno e forse più mi sarà d’onore a me questa vo- stra, facendo la narration come sciò et spero che farete. E cusì sopra la theriaca e Mitridate e vostri parlamenti fati che non cascha che più a longo mi distenda. Idio vi salvi e dia le bone feste cum tuta la vostra famiglia. Da Verona a li 16 dicembre 1571. 8S." Cordialle alla V.1 Eta FRrANC.° CALZOLARI. BRONI, ‘Lettere ecc., III, 62). E.mo et Il}. Mio 8.°" Hon,m° Fino hora son stato travagliato per il nadalle nelle nostre fac- cende però adesso potrò pur alquanto respirare che vi prometo star su la pratica di farvi havere cosse rare. E io in persona voglio andar su per questi nostri monti a posta perchèin fato vi si trova cosse rare. Pocho fa che è stato trovato un ligador tuto intiero over lucertone, cossa rarissima stimato 25 scudi; sì che non avete per l’avenire da dubitarvi che io non me seda e procuri per voi. Però credetemelo che non son per mancharvi. Ve ho anche scritto per un’altra mia che uno mio amico a dui nautilli: vedrò far tanto che ne abiate anchor voi. E gia 6 dato ordine che sia cercato e il primo sara vostro quando da questo ‘amico non ne potessi avere. Ma spero ne avereti al sicuro. Ò auta la vostra qual mi scriveti, insieme cum quella del gentilis- simo et hon.™° M. Gioan Francesco Budi da Cesena tuto vostro. E vedo piliavate fastidio del testimonio fatomi il qualle in quel tempo di poco avea auto. E mi è molto carissimo venendo da vos- signoria per eser uno dei principalli in questa proffesione medici- nalle. E ve ne rendo mille e mille grazie, cum farvi promissione di rendervi la pariglia cum grossa usura. In tal cosa che so vi sarà carra nel vostro studio mille scudi e state a vedere quel che sa- pera far il Calzolari per l’E.™° Androvaldi suo signore. E dico non passara molto. Quanto a quel pane petrifficato in man del Rev.®° Monsignor prevosto Della Torre, credo saria frustatorio tentar cossa alcuna cum loro; perchè sono in man de grand’omeni e che a desiderio de aver anche lorri cosse grandi e rare per finir quel suo studio; E per aver cosse rare non guarda a dinari, sì che non li vedo alcun rime- dio; ma spero avaremo più belle cose, ma cum poco di tempo; perchè me li voglio meter a instancia vostra e mia cum l’animo e cum il spirito e cum li amici e la roba anchora. Medesimamente o auti li tre semi e mi è carri. Ma vi ricordo che abia il talcho de orro, e il spodio e qualche altra cosseta, si- come me avete promesso parlando di quelle che non 6 mie la Vo- stra Eccellentia ne à coppia, che vemieti a satisfarmi mi, nè per questo la Vostra Eccellentia non ne patirà nè restarà priva. A ciò quando entrarò nel mio studio abi d’avervi a memoria, e sempre a nominarvi honoratamente, sicome ancho sempre facio, e farò in — 128 — vita mia. Molto mi piace che la Vostra Eccellentia mi abi avisato che costì sia venuto M. Inpolito spicialle de la Serena per ascoltar la Vostra Eccellentia, perchè siò li cavereti de la mente che quel oli- vastro di rodi sia impallato sicome sempre à creduto. Anzi siò li me- tereti in animo del vero odorato cum l’odor primo al Castoreo, sicome dice Plinio, o parimente a. carro che si trova costi in Bologna, a ciò li faciate voi fede che l’amo e lo tengo in veneratione; perchè lo tengo in fato per galantuomo, e desidero farli servitio. E questo vi dico confidentemente; perchè fu certi maligni ignoranti che cerchò far nascer tra noi discordia, cum dirli che mi avea deto mal de lui, il che mai feci per non esser mia natura, nè de mia proffesione. Anci cerco sempre far a piacer a tuti, onor a tuti; e di questo volio altro testimonio che la V.* E.t@ però la li faci a fede che li sono amico e cum voi ne 0 predicato bene, e ne aspeto aviso. Mi piace ancho ex- tremamente abiate fato similmente cum l’hon.° Guilaldino in Pa- dova, dal qual però non ho auto alcun aviso p.° facia lui. A mi basta amarlo, reverirlo e predicar le virtù sue senpre, nè voglio priopro de li omeni se non quel vol lorri. Ben voria dalla V.@ E."@ che la fusse contenta farmi far al vo- stro pictore coppia di quelli cusì belli papagalli prometendovi di farvi far qualche bella cossa qui al pictore che ha dipinto a mae- stro Lione in Venetia che siò che aveti viste le sue figure di pesi, meli e senplici che sono rarissimi E l’ò qui cum mi che mi finise il mio libro. Mi è carro uno tesoro che per mezzo di quella abi preso amicicia del hon.'° S.0 Gioanfrancesco Puti vostro alla qualle la Vostra HE." mi farà racomandatto, pregandollo anche a mio nome che non manchi aquanto Sua S.® mi scrive di far cioè eser buono solicitadore al E.m° 5. er Ulisse Androvaldi che non manchi quanto prima far quel bel discorso de] suo viaggio fato da Bologna a Ferara, Mantoa Verona e Padoa e Ve- netia qual sarrà bello, honorato e utile a studenti, che certo questa è una bella ocasione e degna de laude indrizandolla apunto a chi V.® E.tia già mi a avisato. E cum gran devotione la’ vo expetando. E con- ferita cum il R.d° padre Fra Marcho qual molto si raccomanda alla Vostra E.tia dico poi che molto la lauda expetando esserli nominato cum quel suo lapi bezoar, over lacrima cervi. La mi farà rac- comandato al E.m° S.0r Marcantonio Menochi insieme et Anniballe, qualli ò senpre tuti per dio denanti a li ochi per le rare vostre virtù. A questa quatrigesima cum il S.0" Zenar e signor Moscaia spero venir a Bologna a posta per revedervi, farvi reverentia, veder il vostro raro museo, e portarò cum mi delle cose. Fra tanto la si ri- cordi de mi nelli suoi scriti che una ora mi parrà mille che vengi mg — 129 — fuori qualche cossa del vostro, sì come molti altri studioxi deside- rano. Io lauderei che questo viaggio fussi vulgare più presto che latino, pur mi rimeto, e qui finischo, cum ogni mia debita reveren- tia racomandandomi di corre. Idio la feliciti e conservi. De Verona ali 25 dicembre 1571, la note di natalle. De la V.® E.a stre cordialissimo FRANO° CALCEOLARI. L’E.™ Montisor, li mag. S.i Jenari e Moscaia tuti in solidum molto se raccomanda a V.@ K.tia Questo mese de genaro credo al sicuro andar a star a Riva di Trento a star cum l’E.m° Mathiolli oto zorni che cusì mi a invitato. E alora ve desiderarò cum noi. Al E."° Medico et filosopho Rariss.° e letor publico S.9 Ulisse Androvaldi s.07 hon.” Bologna. A S. Stefano al vivar. XXXII. (Lettere ecc., III, 64). E.mo et Eccell.”? mio 8. hon.!°, Ebi la vostra de di 18 gennaro corrente insieme quella del E.te S.9t Marcant.° cum quella diritiva al vostro R.M° Vescovo; E anche quella del nostro M. Inpolito Geniforte de la Serena man- toano, al qualle ora rispondo e mi è stata car.™* acciò abi cono- sciuto che invero l’amo nè son di natura se non a amar e onorar li virtuoxi, E massime de questa professione. Tutto ebi dal Valgrisio ne cascha per l’avenire condanate le letere perchè per tal strada venirà sempre sicure, e fedelmente. E questo vi sia per aviso. Spe- rava godere |’ E.te M. Marcantonio, ma vedo che à mutata oppinione. To dirò patientia mi piace saria quello uccelli li soi mazori e chi li pol far del bene. Ringratio V.8 E.tia cordialmente del offitio fato cum M. Hinpolito e in fatto l'amo e desidero farli servitio; ma li invidiosi, maligni cerca sempre meter tra galantuomini zanze e fiabe, e far nascer controversie, ma alfine vien conosciuti. Piaquemi che sia messo agli studi, e massime soto la V.* Ex.'i@ che non potrà se non impa- rar cosse rare e onorate. Dio li dia felice studio. Starò expectando ANNALI DI Boranica — Vot. VII. 9 — 130 — che l’uno e l’altro speso mi avisa qualche cosa. Sino ora son stato travaliato per aver maridata mia filiolla honoratamente, cum 1500 ducati a satisfacion de tutti mei amici e parenti. E pur ora siamo su le noce a tal che molte cose mi sono andate sopraman. Però abiatime per iscusato, vi prego, questa quaresima non mancharò operare e far operar per la Vostra Ex.' che abiate l’intento vostro de quanto potea sopra la poliza vostra mandatami. Il padre frate Marcho à fato scelta de una gran montagna de cose petrificate e belle. Tenirò modo che abiate il nautillio al tutto. Sto expetando cum desiderio che vadi a la stampa quel vostro viaggio fatto da Bologna a Verona, Padoa, Venetia, che sarà molto bello, e di mio gran con- tento, e onor, venendo fuori dalla V.* Ex."* ch'è uno de’ primi in. questa professione, E raro degno de fede, però parmi mille anni, per aver qualche cosa vostra presso di me. Poi' vi ricordo di qualche cosa rara che ne siate doppio, sicome farò mi quando avrò cosa degna de la V.4 Ex. E perchè so che la sa quanto desidero anche mi per il mio studio, farò fine, e cum reverentia me li raccomando. Di Verona, a li 29 genn.° 1572. Servitor de la V.® Ea cordialissimo FRANO.° CALZOLARI. XXXIII. (Lettere ecc., {II, 67). E,mo Mio Sor hon 0 Ricevuta la vostra de di 19 marzo prossimo passato la qualle mi fu sopra modo carissima e grata. Vedendo conservarmi nella me- moria della V.* E."* così cordialmente la prego perseverare longa- mente. Ho inteso li soi travalj e occupationi del studio che in vero lo credo che cusì son anch'io sì nella spiciaria come anche per queste mie noce della filiolla. Ma non resta gia che non abi dato ordine de aver delle cose petrificate, e sopra tutto un nautillio se mai potrò al mondo. £ andarò drio ogni trato qualche coseta, e fata la massa de queste cose alora poi vi avisarò. Dopo la partita de la V.à E."4 6 auto anch’io uno mostazo del prister o pesce sega longo come son mi e bello. L’E.! Montesor mi prega, mi stimola spesso che racorda alla V.* HE." de li soi ritrati che promesso li avete però ve lo ricordo, E sua KE. molto se vi raccomanda. Vorressimo da voi del seme del penachio del persiano, e de tulipani, se si polle cusì sua E.t@ mi a comesso. Diedi la lettera subito al Rev. Padre Ae Pf ye frate Marcho, qual molto se vi raccomanda e offerisce. E tuta hora va facendo gran scelta de cose petrificate, dove spero rimarete sodi- sfatto; ma cum comodo e tempo, lasate la cura a me. Ò inteso in- torno la istoria del viaggio vostro; questo desidero più che cosa posi aver al mondo; venendo l'ora per aver testimonio cusì, ono- rato come la persona de la V.? E.tia, essendo uno de’principali in questa professione, però la prego cordialmente darli fine quanto prima, come so che la farà per sua cortesia. E aspetto cum devo- tion che me avisate il soggetto di essa. Li mag.” §." Genari e S."i Moscaleo se vi raccomanda assai assai e vi fa reverentia. E pur speramo venir a goderla, vederla e farli reverentia. Voria pregarla che la facesse cercar per Bologna se si potesse avere fino sei onze de seme de sesali masiliense; costa quel si vo- glia, dandomi aviso. E se costi aveste qualche altra cosa rara, vi prego a nome mio e dell’ E.m° S.0t Montesoro farcene parte. Ho inteso del nostro M. Inpolito de la Serena de Mantoa, al quale la V.2 F.lia me li farà molto raccomandato, offerendomeli sempre suo e a soi servitù. Fatemi gratia de far le mie raccomandationi al H.™° S.0t Marcantonio et a M. Aniballe gentilissimo, e così facendo fine per ora, molto me li raccomando et offerisco. Di Verona, il mercorì santo, il di p° aprille 72. Servitor cordialle alla V.® #."4 FRANCESCO CALZOLARI. XXXIV. (Lettere ecc‘, III, 68). Emo mia 8." hon.” Avendo questa comodità del nostto R."° padre frate Marcho qual viene a Bologna, me à parso non perder questa occasione de salu- tar la Vostra E.'*, facendolli ogni mia debita reverentia si come è mio debito; però la prego darmi raguaglio di lei e del suo stato, così del F.te S.or Marcantonio e M. Aniballe suo facendomi molto a loro raccomandato. Poi la prego farmi raccomandato a M. Inpo- lito de la Serena se costi si ritrova, non avendo mai auto suo aviso da che li mandai la mia. Avaria caro saper se la Vostra E.ti® scrivi o abi scritto quella opperina che già la mi scrisse intorno al viaggio suo che la fece a Verona, sicome la mi scrisse, che, pur mi saria car.™, solum per aver fedde di lei per essere uno de’ primi di questi tempi. Vado fa- — 132 — cendo scelta per la nostra E,tia sicome sta nel catalogo che me las- sasti. L’E.™° Montesor se vi raccomanda e vi ricordo delle promesse sue. Cusì ve ne prego anche mi. Le ricorda che se la si trova qual- che coseta rara che la me ne facci parte; ma sopra tutto che la scriva quanto l’a promesso che mi sarà caro più di mille scudi, nè lasci andar sopra mano tal sugieto la prego. E cum desiderio ne aspeto suo aviso. i . Altre volte ve 6 significato del R.° padre frate Marcho che a fato scelta de cose assai petrificate, e me à promesso farne parte alla V.à E.tà, Non mancharò procurar cum ogni mio studio e poter: per sodisfarla fra tanto la mi ami e mi comandi, facendomi raco- mandato al S.0" Marcantonio e M. Aniballe, E se costi si ritrova M. Ipolito Serena offerendomi a tali servitore. Il 8.°° Jenaro e Mo- scaja molto se vi raccomanda. Iddio vi feliciti. De Verona, ali 26. mazo 72. Servitore de V.2 E. Fran.°° CALZOLARI XXXV. (Lettere ecc., III, 69 E.™ et Eccel"0. S.0T dottor mio S.°° hon.” La si maraviglierà forsi del mio tanto tardar a darli raguaglio di me. E io le dirò come mi ò admirato di lei che la tardi tanto avisarmi, esserdo io stato in continua expetazione de la oppera sua del suo viaggio che zà fece da Bologna qua, e di qua a Padoa, a Venetia. Si come la mi promisse de dare a la stampa; cossa che sopra ogni altra cossa desiderava et expetava cum grandissimo de- siderio. Ma credo forsi la sia occupatissimo, e certo l’ò per iscu- sato. Ma li dirò che io son stato forte travagliato sì per la morte del nostro E.™° 8.°T Montesorro, come poi e fino hora ancora per la malattia de mio padre, e madre, che mi dà non poco da travagliar e tol de ogni proposito. Io però ogni trato faccio scelta de qualche coseta per lei, nè li sono per mancare a mi, sempre più desideroso servirla e farli ogni servitio, pur che la mi comandi, e cusi la prego far senza ri- speto, e uno zorno li inviarò di molte cosete belle, ma fra tanto la seguiti il dar fine a quella suo opereta del viaggio suo e cusì in- torno a quel dracone che fu catato sì come vi avisasti per il nostro padre frate Marcho Bassano. Desidero che mi fate raccomandato al E.t*S.9" Marcantonio vostro et M. Inpolito dalla Serena de Mantoa, essendo costì al studiar che mai ò sentito de lui. — 1383 — Vi dirò come le cosse del E.™° Montesor sono andate a male tutte et Sua E.t@ lassò la tuta sua libraria a li frati zocolanti cum que- sto che si dovesse lassar però vedere a chi vorrà, facendo lemosina a li deti frati. Quelle sue picture mai le 6 potute avere; basta a quelle non bisogna pensar pio. E così fa la morte. De gracia la Vo- stra E.tia mi avisa spesso qualche cossa, se me voleti far star al- legro, e avisate in che si trova l’opera vostra e se si stamparà o no. Cusì la prego caramente. Fatime parte, se ne avete, de’ semi de sesali de Marsilia vi prego; over se cum dinari se ne potrà avere avisatimello. Fate che io veda qualche mineralle, o altra coseta che ne siate doppio, a ciò che io tenga memoria di vostra signoria, che io non falarò a mandarvi di quello avarò; E sempre participarò cum lei cordialmente. La Vostra KE." mi farà ancho raccomandato al vostro M. Aniballe al quale son affezionatissimo, cum desiderio aspetarò Vostra E.tia cum qualche coseta e me li raccomando et offerischo. Di Verona, a li 30 settembre ’72. Servitor de V. S. Ema FRANC.o CALZOLARI da la campana XXXVI. (Lettere ecc., III, 70). E.mo et Eccell."° mio 8.° hon.” Credo veramente la Vostra E.tià si avarà datta non poca admira- cione del mio tardar tanto a darli aviso, ma come la sapi la cossa come la passa la mi havarà non per iscusato, ma anche compassione insieme. Sappia la V. E. come avanti Nadalle mi morse padre e madre in cinque zorni, uno dopo l’altro, essendo per inanti stati amalati e l’uno e l’altro tre mesi continui. E in quello istante mi zonse ancho la nova de la morte del mio hon.!° Valgrisio in Venetia. Ma non stancha ne saria la morte anchora che oltre a mio padre e madre è morto nelle feste di Nadalle il Mag. S.°° Jac.mo Moscaia qual me a finito di portarmi via il fiato e l’anima, e talmente sono rimasto atonito e sbigotito che non so in qual mondo mi sia. Parmi esser rimasto senza fiato, senza anima e finalmente perso tuto. Gion- gendomi poi in tal travagli le facende del Nadalle adosso; di ma- niera cum tuto però sempre abi la persona vostra devanti a li occhi; maj ò potuto pigliarmi tempo de scrivervi e avisarvi li miei gravi affari. Adunque, mio S°T hon.'°, la mi avrà per iscusato avendo sen- — 134 — tito nel labirinto che mi trovo, Or dio laudato. Ebi fino da questo Novembrio prossimo passato una lettera da Venetia da uno M. Er- cule Basso tuto vostro, e aponto ero travagliato, ma non vidi Sua S.à perchè, come ò detto la mandò da Venetia o Sua S.°, o altri, che vengi cum il nome de V.° Ei sempre la casa mia, e la vita, e la roba sarà la sua; nè qui ocor cerimonie. Vedo che per la vostra portata dal sudetto mi adimandate de la sasifraggia magiore descrita dal signor Mathiolli, s’eli ne sarà bisogno, la mi avisa che ne mandarò subito subito. E ciò che mi tro- varò al mondo perchè l’amo e onoro al pari de qual’altro patron mi abi al mondo, e il vedreti uno zorno cessatomi questi travagli. Io sto cum grandissimo desiderio de la opera vostra intorno al viaggio che facesti, perchè so quanto honor e gloria e fama portaria a l’onor mio una cosa tale; massime venendo da V. S. come principalle co- gnitor de’ senplici. Però la si sforza anche lei a beneficio del suo servitore. Parmi poi che se moressi mai sarei morto, avendo tal fede vostra del nome mio e del mio teatro; che cusì senza uno aiuto non valgo niente. Però fate che ve abi questo obligo mi e casa mia fino durerà il mondo. E se non vorrete far la spesa dela stampa, la farò mi del mio mandandomi l’oppera. La facia mo lei che a tutte le forze li son servitore cordialle e amorevolle. Faccio fine raccomandandomi l’E.'e S.er Marcantonio, e al gentilissimo M. Aniballe e a li altri amici. Desidero che la mi dia aviso come la sta e quel si fa in quel glorioxo studio, e se vi è cose nuove, avisandomi anche in termini la si trova in quella opera de quel dragon che gia la mi scrisse. Aspeto una bona scelta di semi di sinplici; ma amarei caro aver per suo mezo Haspi asai e sesali masiliense e radice de fu mazor. Cusì la prego cordialmente, se la polle. Di qua andarò drio facendoli scélta di cose più che potrò, mettendo tutto da banda per servirla. E qui finisco facendole Reverentia, pregandola amarmi e conservarmi in sua gratia facendomi s."* speso e ne sarò consolato e alegro essendo il supremo mio Signore. Di Verona, ali 12 zenaro ’73. servitor cordialle senpre fedeliss.° FRANC.” CALZOLARI. a la campana d’oro spicialle oa XXXVII. x (Lettere ecc., III. 71). E.,mo et Eccell.n0 mio S. hon.” Le ocupationi, li travagli grandissimi che ò auti già uno anno fa me a causato che non ò pur potuto pigliarmi uno pocco di tempo da salutar nè far reverentia a niuno mio amico, e padrone, e mas- sime la vostra E."@ che tengo per il principale e il supremo de tuti. Signor mio dolcissimo, morse mia madre il mercori, mio padre la domenica drio che me à dato uno grandissimo travaglio, essendo in cinque zorni rimasto privo de aiuto e di consiglio, cum una famiglia asal grossa de boche dodese in circha; spogliato dell’aiuto di fuori in villa, che pur prima non havea fastidio nisuno. Talmente che non son stato nè mi, nè altri, ma scorso cusì quatro mesi incircha. Così che la mia cità per gran consiglio mi dete uno carico de uno ufficio de Consigliario del nostro podestà eletto dal popullo su la casa de M. Canti a tenir rasone matina e sera a tuti gli mercanti ed ogni sorte mercancia; e per tal effeto la cità fa questo podestà cum tri Consigliar) e uno Cavaler; di sorte e maniera che intrai a primo marzo son uscito, laudatto Idio, al fine de agosto, prossimo passato, e laudato Idio cum onore, e gloria. Passato agosto, che in questi sei mesi mai mai ò potuto aver tenpo a pena manzar in casa e dormir, ma privo totalmente de la spiciaria, come se non fusse stato mio interesso. Volsi andar in villa cum la mia familia per spasar la fantasia e veder li fati mei; stato ivi alquanti zorni se non proprio da oto zorni il S.9" Mathiolli E.™ vene a Verona ad alogiar a casa mia dove mi fu forcia venirmene volando, dove l’ò trovato et è stato qui meco da oto o dieci, zorni alegramente, cum questo bon et on.'° yechione, il qualle aponto parti jeri per Man- toa cum uno chirurgo che a seco e uno servitore. E da Mantoa a Axola, poi a Bressa e Bergamo e Milano. Di poi a Genova, dove potria starvi questo inverno. E va per vedere queste città, e per quanto mi a deto Sua E.ti@ potria venir a. vedere e visitar Vostra E.ma §.2 e lo tengo per certo. Si che E.™° mio S.9" non già è cau- sato il silenzio cusì longo non già perchè sempre non habi nella mente, per quel che dio che mel lassa servire; ma per le cose suddette la prego avermi per iscusato. Subito partito l’E.m° S.° Mat- thiolli il primo a chi 6 scritto è stata la vostra F.tia Avendola come mio Signor al core — dico poi caldamente e cordialmente. — E in questo mezzo, anche che me avea scordato, è morto mio mes- sere padre de la mia consorte. — Certo mio S.9 mi è andato e — 156 — simplici e cose petrificate fori della mente; ma non già il desiderio ardentissimo che tengo di servirla, amarla, onorarla sempre cum ogni effetto di cuore limpido e chiariss.° La prego farmi gracia de una sua che mi consolarò dadovero. La prego avisarmi dell’E.te S.0t Mar- cant.° Menochi mio hon.™ cusi de M. Aniballe vostro gentilissimo, raguagliandomi anco per sua cortesia come passino le cose sue in- torno a li soi scritti; E se mai l’à fornito quel viaggio che la fece, e de quel suo dracone, e altre sue cosette, e tutto sia per sua cortesia e umanità. Il padre fra Marcho ha fatto gran scelta di cose petri- ficate. Vado pur radunando qualche cosetta per mandarli a suo tempo debito; e cusì spero fratanto la mi dia notizia di lei e de li amici. O una sorte de zuche simili a li cedri bella, se non l’a- vrete avuta, ve mandarò de li semi. Così del seme del calamo odo- rato, e ciò avarò sarò liberalissimo sempre. Se la vostra E.ti? si trova qualcoseta nova e rara la prego a farmene parte avisandomi quanto la desidera che abi mi tuto sarò sempre al suo servitio. E se non fusse state le occasioni suddette, non arei mai manchato al mio E.m° S.°r Ulisse Androvaldi mio patron hon." Ma la prego de novo a per- donarmie avermi per iscusato per le cause anti dette. So che mi amate, nè sarà altrimenti. E qui faccio fine e cum molta reverentia mi raccomando, e cusì al E.tè M. Marcantonio e M. Anniballe. Iddio vi prosperi e feliciti. Di Verona, ali p.° ottobre ’73. : Servitor de la V.® E. cordialiss.° Franc.° CALCEOLARI spicial alla campana d’oro. (A tergo): Al M° et Eccell™ Medico et filosopho car.” il 8.°" Ulisse Androvaldi letor publico in Bologna sempre osser.0 Bologna. A S. Stephano al vivar. XXXVIII. (Observ. T. XIX, c. 156). Ex litteris Calciolarit Veronensis. Aspettarò aviso della receputa, io ho un nautilio grande di peso di dieci libre e bogoni al simile e bisi grandissime però niuno vuol la gatta di portar simil cosa. Hora è morto il s." Castor Durante. Desidero molto il vostro ritratto poi che ho appresso di me li ritratti de quanti huomini famosi illustri si truova, e pur peccato che non vi siate, voi però mandatemelo grande come un folio de carta da scrivere, che li darò il suo luoco meritevole. Beat == XXXIX. (Observ. T. XXV, c. 146 r.) Ex literis Francisci Calceolarij Veronentis Pharmacopolae. Se mai lei ha visto la pianta di noce vomica commune che va per le speciarie per far morir li cani, e se lei crede, come dice il Mat- tioli nel cap.° degl’aconiti che una donna grattò del formaggio dove suo figliuolo grattò per avanti della noce vomica e si ne mori, dove vole che si come moiono i cani, moian anco gl’huomini, E però ve- dendo io come il Cardano nel lib. 2° de subtilitate dove mette che la noce vomca è contira a’ veleni infusa in vino o in aqua, a me par una gran controversia questa; di gratia la mi avisi il parer suo in- torno a questa cosa per amor mio la pigli questo poco di fastidio ; ma appresso vorrei anco sapere, se è cosa possibile della S. V. che non so dove cava pur l’istesso Mattioli, che dice nel cap.° del 6° libro quando parla del sangue del toro e di molti felli mette che tanto felle ‘di vipera quanto una lente fa morir subito, io non so dove lui l’habbia cavato questo, vedendo che Dioscoride non ne parla, e pur ho-visto qualch’experientia, trovo pur assai fabulae e menzogne. Di gratia la mi dizifarà questa cosa e mi farà favor grande, e manco credo quello che mette del napello che fu dato a quel corso in quel marzapane che dice lui hover ora non so qual suo napello habbi que- sta forza così violenta quando volse veder la virtù di quel oglio del Garavita. Starò aspettando questo a piacer della S. V. quanto prima e la mi perdoni se li do questo poco di distorbo per primo servigio che l’habbia mai più dato desidero cavarmi con il suo aiuto tal capritio. RISPOSTA DELL’ALDROVANDI. Circa la noce vomica che dice V.S.che amazzò quella donna havendo mangiato quel formaggio grattato dove era prima grattata ‘la noce vomica dove esperienza si vede che amazzò oltra i cani anco i huomini. Circa questo si potria rispondere che forse quel for- - maggio haveva antipathia. Si potria dire che da questo non si può far giudicio ch’habbia amazzar i huomini universalmente, perchè potria porsi quella donna haver havuta antipatia particolar con quella noce, over che per altra causa occulta fosse morta et tanto più dicendo il Cardano che in- fusa in vino resiste a veneno; over si potria dir che quantunque fosse venenosa per l’esperienza fatta in quella donna accompagnata poi . col vino s’ estingua quel veneno, anzi dal vino acquista forza contra a quello, essendo, come io indico, la noce vomica fredda a guisa — 138 — come la cicuta, che per la sua freddezza amazza et il vino il suo ve- leno estingue. Quanto al felle della vipera è ragionevol che possa amazzare, e che sia il vero-io provo nella mia Dracologia che il veleno che si rinchiude in quella vescichetta sotto i suoi denti che per il morso ave- nena, haver origine dal felle per esser ‘materia fellea, il che non è maraviglia che possa amazzare, e se ben Dioscoride non ne fa men- tione non resta per questo che non sia veneno e non conosciuto da lui. Quanto a quello che domanda V. S. qual fosse il napello che il Matt? dice che fu dato quel corso del marzapane; credo che sia quel che dipinge il Matt’ sotto nome di napello che alcuni hanno chia- mato Aconito lycostono, over luparia, et per dirl’ingenuamente che quella sorte d’aconito che si chiama antitora esser congener al na- pello quanto alla gran facoltà venefica che hanno per quel ch’ho po- tuto conietturare per experientia ritrovandosi di due sorti uno col fior azzurro, l’altro giallo, et hanno due radici facendo una di questa cioè del fior azurro dipingere al mio pittore gustai un poco e sybito mi venne un gran sudore e deliquio d’animo conoscendo che era ve- neno, pigliai subito un poco di teriaca e così mi liberai, che altri- menti saria, come credo, morto. Andai allora discorrendo che questa pianta non potea esser altra che napello, vedendo che era tanto venefica; ma alcun potria dubitare se questa pianta è chiamata da alcuni antitora, quasi contra dona, per esser rimedio al napello. Quanto al mio giudicio può esser che vaglia contra veneno et ancora sia velenosa, perchè è cosa sperimentata che un veneno potentis- simo amazza che è meno potente. Però il napello havendo un venen potentissimo caccia un minore, come io credo esser l’antitora, perchè dando quella per bocca a quello che ha veneno lo caccia; ma se l’an- titora si pigliarà per bocca a un che non sia stato velenato, io credo che amazzerà; allora non havendo da combatter altro minor ve- neno, e se questa non vogliamo sia il vero napello serà almeno con- gener a quello. (Continua) (1). (1) I successivi capitoli saranno: Cap. II. — Il contenuto delle lettere ed i rapporti del Calzolari con l’Al- drovandi. Cap. II_L — Dati biografici intorno al Calzolari. Cap. IV. — Le collezioni e gli scritti del Calzolari. Car. V. — Relazioni del Calzolari con altri naturalisti de’ suoi tempi. TAV. II ANN. BOT. VII 4 al > DT i y) Hilt Yp i i Aili \) | ® I | i \ ANN M\\ i i} > RC, x VANTI o A\\\ itn Fot. Danesi- Roma Ria Ge Da Me te ANN. BOT. VII TA Vs NN 4a KS 9 haber sos perio big P™ ‘ Are, herr D- babs ani po fr A sa 340° mò N Te siga. ho 204) mala, “any si sur” VIA [5a va re vuo amuye aie Gi ò hai Lin n + ar pane vam tte A jy i A es <£ Ca ah ' shor GA grr Vbdic \ ‘gt? pws Lil Eng hus’ Dam ah = ui be arb i pre, perv phe ike vif an wate ahs 4 Lorne quer ume bare TI ny” lob oa © Eos | pas dor yy Fo” an Grfa “hari ns an}: fi dl. gui, nh” Dj sgh 97,07 Spesa TOA SAPERE cono pit ele di ae i wy) * dro th 4 Joven gph she abbr da yeu hess 1 brnifenh ‘the pa be Hp Fiber siavivry ‘bh Gey tie | avo bn fm pra: 3 wi ESA €44 rà) vv Ah le po bre pee Any ioe "ZAN vin jin WA ui Sorte € whe» bine angie Lg. (A Zyinbo vi hrs dk De arde. ary yo i age 716) Clon or, A Li Pathe apart Fats “go ie ee ING » saa —: ah ZI L'A Nom 96 a Lub Ke el' ‘nor prikiiom co Ceto I~ Pann a Zog Se Cern Ni; 75 as sie “Mis Fot. Danesi - Roma legni ibi Contribuzioni alla Teratologia vegetale © di ERMINIO MIGLIORATO 4. Sinspermia incompleta di Ricinus communis L. In una capsula normale, cioè tricocca (2), s'è staccato solamente un carpello dagli altri due, i quali nella linea comune della salda- tura dorsale normale non si separano e le loro cavità ne formano una sola; in questa cavità ci sono due semi concresciuti lateral- menté per i tegumenti (fig. 1) e comunicanti fra di loro. Codesto sinsperma nella parte dorsale presenta la zona HEF F di aspetto come la parete interna del carpello, cioè ben diverso dalla (1) Per le parti precedenti v. Annali di Botanica. Roma, vol II, (1905), pag. 397 e IV (1906) p. 49 e 61. (2) Raccolte da me nell’Orto botanico di Napoli, nell’Ottobre 98. — 140 — superficie del tegumento, che, come è noto, è variopinto; detta zona, divisa in due parti HHe FF, appartenenti una per seme, a nella parte FF un rialzo diagonale, come si vede nella figura 1. Fra i due semi c’è un solco C, il quale nella faccia opposta del sinsperma è il corrispondente (fig. 2 HH, II) più ottuso e limitato dalle linee He I. Il sinsperna visto dall’apice (fig. 3) mostra le zone EF e il solco C, più la zona di concrescenza GG dei due semi. Il margine della zona / traversa la zona di concrescenza GG. Il sinsperma visto dalla caruncola (fig. 4) presenta le zone EF fuse insieme e là cicatrice della caruncola D. * * * Riguardo alla capsula e conseguentemente sulla natura della sutura delle due cocche nulla posso dire, poichè non l’ò ritrovata nel miei saggi e nei disegni, però la figura schematica 5 (nella fig. 2) ne dà un’idea; essa mostra il setto AKA/ mancante. Ricordo in proposito che il sinsperma era libero dalle pareti della cavità. ‘GORI Carta 2 * * # Affidai il sinsperma al terreno con tutte le debite precauzioni perchè germinasse, volendo vedere se venisse fuori una saldatura di due piante o una fasciazione, fenomeni dipendenti dal grado di saldatura dei due embrioni (sinembrionia) (1), però le mie speranze non ebbero soddisfazione, e quando m/’accorsi che la germinazione non poteva più avvenire, misi il saggio in alcool, ove lo conservo attualmente. * * * Trattasi di sinspermia incompleta, perchè i semi ‘sono saldati solamente per mezzo dei rispettivi tegumenti. La sinspermia com- pleta si avrebbe se i due endospermi fossero fusi, codesto secondo fenomeno può anche essere accompagnato dalla sinembrionia o sal- datura degli embrioni. Dal R. Istituto botanico universitario di Roma, Maggio 1908. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Fig. 1. (pag. 139) — Faccia dorsale del sinsperma. A B semi. C solco formato nella 4ona di concrescenza. FF EE parte speciale del tegumento (v. descrizione). Fig. 2. (pag. 140) — Faccia ventrale del medesimo, semi. HH II limiti della parte speciale del tegumento. O cavità. L M (linee punteggiate) limiti dei due endospermi. Quello di B è sopra al compagno. N. B. Le altre linee tratteggiate rappresentano la parte speciale FF EE del tegumento, e il solco C della faccia dorsale. Fig. 3. (pag: 140) — Sinsperma visto dell’apice AB. C solco tra i due semi nella faccia dorsale. E F parte speciale del tegumento. Fig. 4. (pag. 140) — Sinsperma visto dalla caruncola e un po’ in alto obli- quo. La caruncola manca. E F parte speciale del tegumento. D cicatrice della caruncola comune ai due semi. C solco fra i due semi. Fig. 5. (nella fig. 2 pag. 140) — Sezione schematica della capsula col setto KL mancante. ; (1) Uso sinembrionia (civ, insieme e îufovoy, embrione) e non sinoftia degli embrioni secondo il Moquin-Tandon. (Hlém. Térat. végét. 1841, p. 258), perchè questo secondo vocabolo indica pure, giusta lo stesso autore, concrescenza di gemme, infatti egli adopera « sinoftia delle gemme (pag. 261) ». Il vocabolo sinoftia è errato e va corretto in sinoftalmia (690x)p65 occhio, gemma). (v. Moquin-Tanpon) Pflanzen Teratologie iibersetz. von Schauer. (nota di Schauer), 1842, pag. 244. eee a ND BRIG NOY NII SONS ONS PT NS INI NIE ILO NADA RI IDS INS LORRI RIG Species novae in excelsis Ruwenzori in expeditione Ducis Aprutii lectae. VI. — Mycetes. Auctore O. MATTIROLO Aloysiella. Mattirolo et Saccardo nov. Genus. (Sphaeriales). Perithecia subiculo dematiaceo insidentia, carbonacea, nigricantia, globosa, umbilicata, superne omnino nuda, non papillata. Asci cylindracei, octospori, paraphysati. Sporidia ovoideo-oblunga, 1 septata, fuligeneo-olivacea. A Melanopsamma differt sporidiis coloratis nec hyalinis. A Neopeckia peritheciis pilosis, papillatis ; Ab utraque quia parasitica et cecidogena. Genus Principi ALoysio SapauDIE APRUTII Ducts, qui A frice montes Ruwenzori dictos, strenue conscendit et docte illustravit, me- rito dicamus. — Aloysiella ruwensorensis Mattirolo et Saccardo nov. sp. Biophila, ramos matricis in formam fusoideam conspicue tume- faciens ; subiculo velutino, nigro, aequali, partem matricis incrassatam tantum occupante, hyphis dense stipatis, ascendentibus, simplicibus, vel parce ramosis, septatis, non constrictis, apice obtusiusculis, atrofult- gineis 200, - 300 = <= 4-5. Conidiis nullis. Perithectis in subiculo hinc inde lare sparsis, immersis, demum emergentibus, 300-p. diam. et ultra ex subgloboso, mox depresso-um- bilicatis, nigris, glabris, basi subconoideis infertis, ubique pilis su- bicularibus vestitis, ostiolo latiuscule impresso, non papillato prae- ditis; contextu pseudoparenchimatico crassiusculo. Ascis cilyndraceis brevissime stipitatis, apice rotundatis, octosporis 85 - 90 = 8, para- physibus filiformibus superne dicothome ramosis, hyalinis obvallatis ; Sporidiis monostichis vel partim distichis oblongo-ovoideis, medio 1 septatis, non, vel vix constrictis, utrinque oblusiusculis 16 -19 = 5-6 initio hyalinis, demum olivaceo-fuligineis. SOT iu. posa Hab.: Frequens in ramis viventibus Hrice arboree, in sylvis inter Bihunga et Nakitava usque ad Bujungolo (1920 ad 3798 m.) Cheetomella Cavallii. Mattirolo nov. sp. Mycelio repente, ramoso, fuscescente, septato. Peritheciis superficialibus, ubique sparsis, sphaericis vel ovatis, asto- mis, umbrino-fuscis, (100 - 150 usque ad 250 micr.) undique setosis Setis in juvenili statu, perithecium duplo et. ultra superantibus, septatis, basim versus fuscis, opacis, apice tantum dilutioribus, om- nino laevibus, simplicibus, acutis; aetate prodeunte, Perithecia matura, setis structura nova diversis, minoribus, asperulis (ob oxalati calcii incrustationes) dichotomis, vel repetito dichotomis adaucta, ramulis ter- minalibus non subuliformibus. Sporulis copiosissimis, ovatis, vel ovato - subamygdaloideis, non api- culatis - fuligineis, non chalybeis, 5 X 3 circiter latis. In Charta quadam materialia botanica in Sylva Nakitava col- lecta (2652 m.) involvente. Eximio Doctori AcH®inLi CavaLLI-MoLINELLI tropicalis Florae optime merito hance speciem d. d. ® Hypoxylon crassum Mattirolo et Saccardo nov. sp. Stromatibus superficialibus majusculis, e subgloboso hemisphaericis, basi leviter coarctatis, 2 - 3 cm. circiter latis, 0,7 - 1 cm. altis ; carbonacets, nigris, subopacis; superficie, ob ostiola prominula, mam- millosis ; intus atro-fuligineis, suberosis, non stratosis; peritheciis densis, monostichis, immersis, levissime emergentibus, ovoideo-oblongis, deorsum conspicue acutatis 1,5 mm. long. 0,5 - 0,8 mm. latis; ostiolis obtuso- papillatis, prominulis, centro pertusis; ascis cylindraceis octosporis p. sporifera 105 - 120 = 11 - 12, paraphysibus tenuissimis filiformi- bus; sporidiis monostichis ellipsoideo-oblongis, leviter inaequilateribus utrinque rotundatis 16 - 18 = 7 varians usque ad 20 = 8 - 9 fu- liginets. Obs. — Affine H. majusculo Cooke, sed differt colore jugiter nigro, peritheciis ostiolisque magis prominulis, sporidiis obtusis, etc. et H. multiformi, sed sporidia in nostro multo ampliora; ab H. Butt- neri Hennings, secedit stromate multo majore (nec tantum 1 mm. diam) et sporidiis angustioribus et brevioribus (nec 16 - 35 X 17 p..) In ramis emortuis in sylva; inter Bihunga (1920) et Nakitava (2652 m.) Cladoderris Roccati Mattirolo nov. sp. Hymenium avellaneo-umbrinum, stipitem versus nigrescens, costis ramosis dendroideis, numerosissimis ubique verrucosis, verrucis minulis — 145 — (/, - 1mm.) irregulariter diffusis, conicis vel teretiusculis instructum ; atque, uti in Auricularineis perennantibus, ex stratis suprapositis, non bene sejunctis, constitutum, quorum exteriora basidiophora (50 micron alt.). Sterigmata quatuor. Cystidia claviformia apiculata, membranis validissimis, splendentibus. Basidiosporae minutae ovatae 5-6 — 8 - 4. Superficies superior velutina, ad marginem avellaneo-umbrina, basim versus quasi atropurpurea; costis alato-fimbriatis notata. Hane Speciem, vero eximiam, Doctori ALExANDRO Roccati, ob suam sollicitam ac diligentem curam in ruwenzorensi Flora inqui- renda grato animo dico. Hab.: In sylvis Nakitavae, 2652 m. circ. (Valli Mobuku). Favolaschia Cagnii. Mattirolo nov. spec. Pileus gelatinosus, membranaceus, verticaliter affixus, subreniformis, vel quast orbicularis; badius, superne levissime undulatus, in sicco quast pruinosus, verrucoso-tessellatus. Diam 3-4 usque 10 mill. et ultra; margine repando, crenato. Stipite tereti, laterali, vel sublaterali, long. 1 cent. et ultra, alveolis hexagonis, vel rotundato-hexagonis, 1, 2 mill. Basidiis bisporis, clavatis 20, 80, X 12, circiter. Sporis ovatis, ellipticis 7-9 Xx 4- 5. Habitat in sylvis inter Bihunga (1920) et Nakitava (2652) in ramis emortuis, ubi lecta julio 1906. Nomine Humperti Caeni clari, perillustris, audacis hyperborea- rum regionum exploratoris, hanc voco speciem. Psilocyhe Sellae Bresadola et Mattirolo nov. sp. Pileo submembranaceo convexo, subhemisphaerico, subpapillato, margine sulcato 7-8 mm. lato, umbrino-fusco. Lamellis concoloribus, postice plano-adnatis, triangulis secedentibus. Stipite fistuloso, glabro, concolore sed saturatiore 2 '/, cent. long. 1 mm. Crasso. Sports ovoideis, apice truncatis, saepe uno latere depressis, rufo- carneis 13-15 = 8-9'"/, p. Vicrorio SELLA ruwenzorensis expeditionis illustratori spe- ciem d. d. Habitat in Lobeliarum sylvis ad Glacies Mobuku, supra 4000 m. Novi Generis et novarum specierum Icones ac illustrationes, una cum Mycetum ruwenzorensium enumeratione, proxime aeditae erunt. ANNALI DI BoTANICA — Vou. VII. 10 e —_ —— =, ——_ n — — — —_ e — NII NM NN MANNINI NL NS NLAINMA NANESNSNSNA NA NINNI OL SESE Influenza della temperatura del suolo sull’accresci- mento di alcune piante, durante i primi stadii del loro sviluppo, di S. DE GRAZIA (Tav. VIII-IX) Quanto sinora si conosce in fisiologia vegetale ed agraria non è sufficiente a risolvere la questione: se, e specialmente quanto, possano beneficamente influire sull’accrescimento delle piante colti- vate, durante 1 primi stadii del loro sviluppo, quegli aumenti di temperatura del suolo così piccoli come quelli che nella pratica del- l'agricoltura è possibile, in vario modo, ottenere. Le ricerche infatti di De Candolle, di Van Tieghem, di Sachs, di Képpen, di De Vries, di Haberland, di Bialoblocki etc. (1), mentre hanno avuto di mira, principalmente, di stabilire le temperature minima, massima ed ottima per ciascuna specie vegetale, dimostrano, per ciò che ora c’importa, soltanto questo: che variazioni anche pic- cole nella temperatura dell'ambiente ne possono indurre di vera- mente grandi nella produzione vegetale. È importante far notare però, che i pochi dati riguardanti le variazioni più piccole sono stati ricavati, in dette ricerche, intorno a temperature poco discostantisi dalle ottime, relativamente alte: cioè e, perciò, di poco interesse per l’agricoltore, al quale, come è facile comprendere, l’accennata que- (1) Le memorie ed i trattati consultati in proposito sono i seguenti : ASKENASY. — Ber. d. deut. bot. Ges. VIII, 1890, 61. CzaPEK. — Jahrb. wiss. Bot. 29, 321. VESQUE. — Ann. sc. nat., 6* serie, VI, 169 e IV 89. Sacus. — Jahrb. wiss. Bot. II, 1860, 338 e 365. HABERLANDT. — Nobbe’s landw. vers XVII, 1874. KERNER. — Bot. Zeitung. 1873, 487. BiALOBLOCKI. — Landw. Vers. 1870, vol. 13, 324, 441. PrEFFER. — Pflanzenphysiologie, Leipzig, Engelmann 1881. WIESNER. — Anatomie und Phys. d. Pflanzen Wien, Holder 1890. VAN TIEGHEM. — Botanique, Paris, Savy. SACHS. — Botanique, trad. v. Tieghem, Paris, Savy. GIGLIOLI. — Chimica agraria camp. e silv. Napoli, Marghieri, 1902. Jost. — Pflanzenphysiologie, Iena, Fischer, 1904. WoLLuy. — Forsch. agrikultur-phzsik, 1897, 98 Pg. 80. CANTONI. — L’ agricoltura in Italia, Hoepli, 1885. a AS stione preme sopratutto dal punto di vista della precocità di svi- luppo di piante la vegetazione delle quali ha il suo inizio in epoche in cui la temperatura del suolo è molto lontana dal raggiungere gli optimum, dal tardo autunno, cioè, al principio della primavera. Alcune ricerche da noi eseguite danno un primo contributo allo studio dell'argomento. Sono saggi di coltivazione in vasi, in cui mantenute ferme tutte le altre condizioni, si è fatta variare soltanto. la temperatura del terreno. La influenza di quest’ultima si è valutata misurando, a quattro stadii di vegetazione delle piante adoperate, (granturco, patata, canapa e frumento) la lunghezza dei fusti e delle radici un dato numero di individui per ciascuna specie e per ogni osservazione. I dettagli delle esperienze li diamo in ciò che segue. Cinque vasi di terra smaltata, cilindrici, (alt. cm. 25; diam. cm. 20) contenenti ognuno 10 kg. di terra sabbio-calcare, furon posti in altrettanti vasi più grandi (alt. cm. 35; diam. cm. 30): nello spazio fra la parete esterna dell’un vaso e la interna dell’altro, nonchè fra i due fondi, fu in- trodotta della torba. Quattro tramezzi di vetro, rettangolari, lunghi quanto erano alti i vasi e di larghezza uguale al raggio della sezione di questi ultimi, vennero a dividere il volume di terra di ogni vaso in 4 parti. Là dove tali tramezzi venivano quasi a congiungersi, al centro del vaso cioè, fu posto il termometro. In ognuno dei quadranti in cui, per tal modo, si venne a dividere la . superficie del terreno dei vasi, si seminarono le quattro piante sulle quali si sperimentava, e cioè: granturco, canapa, frumento e patata. Si adopera- rono: 5 semi di mais rosso, piccolo, cinquantino, napoletano; 10 di canapa bolognese, 10 di grano marzuolo ferrarese e un « occhio » (della parte api- cale o corona) di tubero di patata del Fucino attaccato ad un pezzo del tubero madre del peso di 10 gr. e di forma tronco-piramidale. Al riscaldamento dei vasi esterni si provvide mediante grossi lumini di paraffina capaci di 25 e più ore di luce. Le variazioni nella temperatura da un vaso all’altro si ottennero, dopo lunghi tentativi, situando i lumini a diverse distanze dal fondo del vaso esterno od anche interponendo delle reticelle metalliche. Il 14 marzo si eseguì la semina, ponendo a un centimetro di profondità quelli di canapa, a due quelli di frumento, a tre quei di granturco e a cin- que circa la porzione di tubero di patata. I cinque termometri, durante i primi 17 giorni, fino cioè al 30 marzo, si mantennero col bulbo a 6 centimetri, in seguito si scesero a 10. Le esperienze non si son potute eseguire se non in una stanzetta scar- samente illuminata da una piccola finestra a vetri opachi e i vasi furon posti ad egual distanza da quest’ultima, in modo, cioè, che ricevessero tutti la stessa quantità di debole luce diffusa. Nelle tabelle che seguono si trovano tutte le osservazioni fatte (compresa la temperatura dell’aria nella stanzetta) e le medie da esse ottenute. — 149 — TABELLA I. Osservazioni fatte durante il corso delle esperienze. Temperatura in gradi centigradi. AMBIENTE TERRENO ARIA AMBIENTE | Vaso n. l Vaso n, 2 | Vaso n. 3 Vaso n. 4 Vaso n. 5 DATA OO SE Tig CRIARI I al alla al alla al alla al alla al alla al alla mattino) sera | mattino sera mattino| sera |mattino| sera |mattino| sera |mattino| sera I Periodo 14 Marzo Coe a 9.9 eri 105, FIDO: 12:22 15 » 10.0} 10.9; 9.7) 9.5|11.4|11.2|12.3]12.0|13.8|12.0|13.8|15.4 16 » 9.4|11.1| 88] 88] 9.3] 9.9] 9.8/10.1} 9.8|10.8| 9.6| 10.6 HE OS 10.5| 10.2] 9.3} 9.0] 11.1] 10.0 | 12.2 | 10.8 | 18.0] 11.5 | 13.5 | 11.7 18 » 10.3| 11.5 |: 9.0) 9.7] 10.7} 11.0 | 12.3) 11.9 | 18.1 | 12.6 | 18.3.) 12.6 EO > 10:2) — +}, 9.4) — 112.9) — 1.12.9) — |135.1) — (138.1) — 20 » 12.0} 18.1 | 10.8] 11.1] 12.4 | 13.0 | 12.4 | 18.2 | 14.2 | 13.9 | 14.4 | 14.0 2 SEES a 12.5 | 18.9} 11.5 | 11.7} 12.6 | 138.1] 12.6| 18.9, 14.4] 14.6 | 16.2 | 16.1 DO 12.80 — |12.2, — |12.9; — |140| — |[149| — |16.1| — Dit» 18.9 | 15.5 | 12.8 | 12.9 | 13.6 | 14.2 | 14.7 16.5 15.1 16.4 | 16.8 | 17.9 Il Periodo 24 Marzo 13,5 15.5|12.9|12.6|13.9|13.6|15.0|15.1|158|164|167|17.1 IO. as 13.3| — |12.6| — |13.4| — |144| — |15.1| — |[16.1| — 26 » 10.4 13.4] 9.4] 9.8|10.8|11.0|11.0|12,9 11.8|13.6|13.2|14.7 ol SIE, 19 bi 100" | 192 12:90 — «N36 — 4,6] — 28» 18.2 14.5|12.1/12.1|18.2|183.4|14.1|15.2|15.0|16.2|15.4|16.8 99.» TL ET CATA Re Ao at) MAO ee: 9 Meg GERA IT 11) AR di 14.1 | 17.0 | 18.5 | 18.4 | 14.8 | 14.6 | 14.2 | 16.1 | 15.2 | 17.2 | 16.8 | 18.0 lll Periodo 31 Marzo 4,9 —iblagli = 194.8 2 18.8. =) 165 — 117.6). 1 Aprile 14.3) — |13.8| — |14.7) — |15.6| — |16.5|.— |17.2] — Di 14.4 16.1} 13.6| 12.9 | 14.8|14.2|15.6 | 15.9 | 16.8|17.6/18.0|18.1 Bi» 12.8 15.5) 12.6} 12.0] 13.6 | 18.2 | 14.2 | 15.4; 15.6 | 16.6 | 14.6 | 16.6 a 18.1 | 15.5 | 12.4 | 12.3 | 13.4} 13.8 | 14.4 | 15.5 | 15.4 | 18.6 | 16.5 | 17.5 5» 14.4 16.4| 13.1 | 12.9 | 14.1 | 18.9 | 15.0 | 15.1 | 16.7) 17.2] 17.2 | 17.5 6 » 18.6 | 14.5 | 12.6 | 12.2 | 135| 13.6] 14.4 | 15.0 | 15.6 | 17.4 | 16.1) 17.4, IV Periodo 7 Aprile 18.2 14.5! 12.2] 12.3 | 18.2 | 18.6 | 13.9 | 15.7| 15.0] 16.4] 15.5 | 17.0 Di» 12.9 14.2|11.9|11.9|12.8|13.4|13.8|15.2|14.6|16.5|15.7|17.2 9 12.5 '14.1|11.6|11.6|12.5|12.8/13.3|14.7|14.3]|16.5|15.0|17.0 OAC Ea 13.0 15.7 | 11.9 | 12.1 | 12.8 | 13.5 | 13.9 | 15.1 | 14.8] 17.1 | 15.2 | 16.8 12 Sate 13.0 | 14.5 | 12.5 | 12.2 | 13.4 | 13.5 | 14.2 | 15.4 | 15.5 | 17.5 16.2 | 17.6 1 Ay — | — |12.4| — |13.4| — |144| — |14.8| — | 16.6) — bets È 14.1 | 14.5 | 13.0 | 12.7 |} 14.0] 18.8 | 14.6 | 16.1 | 13.3 | 16.6 | 17.2 | 17.4 A a ‘seer, a eee 2 ee eo Re ge RS ar gl teas ASSI ee” Pe? Feats ak oe! he eae re A RARO A nn + = ARIA AMBIENTE 5 PERIODO DI TEMPO i 6 Vaso n. 1 D al quale si riferiscono le medie È Zz al alla in al alla mattino sera media | mattino sera È | 79 ey es eee eee ee ¥ i Rea È | {ii 1 || Periodo: Dal 14 marzo al 23 marzo. | 11.2) 12.8 11.75 10-3 10.4 ota 2 | It Periodo: Dal 24 marzo al 80 marzo. | 128) 15.1] 13.95 | 12.0 12.0 | 3 | Il Periodo: Dal 31 marzo al 6 aprile. 137/15 154214755 12.9 12:5 i 4 | IV Periodo: Dal 7 aprile al 13 aprile 13.1] 146| 1385) 122] 12.1) 5 | fell Periodo: Dal 14 marzo al 30 marzo.| 11.80 | 13-33 | 12.56 {0-89 | 10-96 6 | ,WelllPerlodo: Dal 14 marzo al 6 aprile.| 12.88 | 13-97 | 13.17 | 11-51 11.43 | 7 | Tuttie4iPeriodi: Dal 14 marzo al 15 apr. | 1258 | 14.14 | 13.36 | 1169 | 11.62, — 151 HI. redie AMBIENTE TERRENO Vaso n. 2 Vaso n. 3 Vaso n 4 Vaso n. 5 alla in al alla in al | alla in al alla in ino sera media | mattino sera media, mattiuo | sera media | mattino sera | media | 118| 1.70) 124) 126) 1250) 132] 134 | 1315} 139] 138| 13.85 9| 131} 13.00) 136) 148] 1420; 143 | 158 | 15.05 | 155| 166) 1605 9 13.7 | (3.80 14,7 15.4 | 15-05 16.0 17:5 | 16-75 16.5! 174 I 16.95 a | 13.4) ae 13.9 | 15.4] 1465. 146] 168) 15.70] 15.8) 17.1) 16.45 (2. 27 rot) 12,83 | 13-43 13.13 | 1360 | 14.10 | 13.85 | 14.52 | {4.81 | 14.66 34 | 12.69 | 1266) 13.42 | 14.04 | 13.73 | 14.36 | 15.16 | 14.76 | 15-18 | 15.62 | 15.37 14.43 | 15.60 | 15.01 | 15-31 | 16-04 | 15.67 8 | 12.92 | 12-76 | 13.56 | 14.40 | 13.98 — 152— Per ottenere le medie di cui nella tabella II, ci siamo serviti, com’é fa- cile comprendere, delle temperature notate nei giorni in cui le osservazioni poterono esser fatte tanto al mattino, quanto alla sera (vedi tabella I). Le medie relative a ciascun periodo (colonne 3°, 6° ecc. tabella II) sono la semisomma delle temperature medie al mattino e alla sera (1* e 2* co- lonna, 4*, 5” ecc., tabella II). i Le medie corrispondenti ai numeri d’ordine 5, 6 e 7 [le quali, insieme alla prima (n. 1) si riferiscono ai quattro stadii di sviluppo della vegeta- zione e che sono ripetute nelle tabelle III, IV, V e VI], sono state otte- nute operando direttamente sulle singole temperature giornaliere. Per avere, ad esempio, la cifra 13,36 (n. d’ord. 7, tabella II), si son fatte le medie delle temperature giornaliere prese al TVIS e alla sera di tutt’e 22 giorni (12,58 e 14,14) e poi si è fatta la semisomma di tali due medie. ‘ Le osservazioni sulle piante sono state fatte dopo 10 giorni dalla semina, dopo 17, dopo 24 e dopo 31. Alla fine di ognuno di tali pe- riodi di vegetazione, tutte le piante di un quadrante venivano estratte dal vaso insieme a tutto il quarto di cilindro di terra nella quale eran cresciute. Malgrado si sia operato con la massima oculatezza, mentre pel granturco, per la patata e per la canapa, data la sempli- cità e la grossezza delle loro radici non si ebbero a verificare che piccoli inconvenienti, pel frumento invece, a causa della esilità delle sne radici e, ad una certa epoca, anche della loro lunghezza, non si potè evitare la rottura di alcune delle radici più lunghe. Abbiamo avuto però cura di rivedere attentamente.il terreno tolto dai vasi allo scopo di separare tuttii più piccoli tratti di radice e di misurarli. Le cifre, adunque, delle tabelle che seguono, le quali riguardano le lun- ghezze complessive delle radici del frumento sono esatte, (compren- dendo esse anche i detti rottami), mentre ciò non può dirsi della classifica delle radici secondo la lunghezza di ognuna di esse. La umidità del terreno dei vasi, allo inizio delle esperienze fu del 20 °/; il 7 aprile si aggiunsero 400 ce. di acqua per sopperire alle perdite per evaporazione del suolo e traspirazione delle piante. In proposito facciamo notare che abbiamo ritenuto trascurabile, nelle ° sue conseguenze, il fatto che nei vasi ove si ebbe una più rapida ve- getazione il terreno dovette trovarsi, specialmente verso la fine delle esperienze, più impoverito di acqua che non dove le piante avevano acquistato, nello stesso tempo, uno sviluppo minore. DATA delle osservazioni . , 28 Marzo}, (dopo 4° giorni dalla semina) » » » » 30 Marzo {dopo 47 giorni) » » » >» 6 Aprile { dopo 24 giorni) » » DI » 13 Aprile (dopo 31 giorno) » » Numero dei vasi = OW eC he OC i Os bo gr. centigr. del terreno nel periodo considerato Numero delle radici Temperatura media da 10 a 30 mm 10.85 | 5 11.70| 9 12.50 13.15 | 22 | 13.85 | 25 10.92 | 28 12.1% , 13.13 | 29 13.85 14.66 | 24 11.47 26 12.66 27 1873 14.76 | 25 15.37 33 rae | 11.64 29 12.76 28 13.98 33 15.01 41 3° 15.67 R 16 16 fo dl Di rea ine TABELLA III. Granturco (5 individui) PRODUZIONE IPOGEA ADICI LUNGHE | S = e 859 Sian als S Sa | of [N98 | 0% NOTE PERONI PORTO ESAMI = di Ea RE mS AAA CERERE silsi|#8|A8S| g5|589] 73 mm, aed mm, ay —|—|— 36 = 10 aa —|—!— 100 — Pall wat 1|/—|— 226 = 26) - 4;—|—| 35334 _ soa Qualche piccola radice se- condaria 5] —|— 378 — 46 2A Parecchie radici seconda- | rie lunghe da2a5 mm, 12|T—|—| 1315) 0.0900 86 |0.0625 12| S8|—| 1839|0.1123| 166 |0.0982| Qualche radice secondaria 6|20| 1| 2180|0.1998) 305 |0.1630 idem ; Rottami di radici a. 01:30) 1/22) 5! 3045/0.3025| 410 |0.2220 Ain Rottami di radici . 605. 2/11/10} 3320/0.3973| 398 |0.2195 Radin gel ee a DLO Neal 2287 ens 390 may Parecchie radici sec. 6 ¢ Rottami di radici . 330, 3|15| 7) 8247 aay 529 a Had seo. micron il 7120! 5546 Mae 757 val. Rad. sec numerosissime. «| alio| coon] — | rel — | "gopigiraiomzo Rad. hi issi 5/10/38! eso — | 769 — | Ret sec, pomeroseine Rottami di radici mm, 120, 12) 9| 7} 2800) 0.3685) 550 |0.2659 Molla lunehonackencae Rad. . più 4| 5|19| 4100] 0.4040) 727 |08710| Pad, sec. più numerose e precedente. 2| 3|26| 6030|0.5180}] 910 |0.4189 idem 3| 9] 29] 10070 | 05667 | 1190 |0.4510| Rottami di radici num. 670. } ; Rad, sec. c. Ss. 2} 11 |.24 | 11200 | 0.5810 | 1230 |0.3860| Radici sec. c. s. PROD. EPIGEA DATA delle osservazioni 23 Marzo (dopo 40 giorni, dalla semina) » » » » 30 Marzo (dopo 47 giorni) » » » » 6 Aprile (dopo 26 giorni) » » » 13 Aprile ‘(dopo 51 giorno) » » » » Numero dei vasi Ou Ha 9. bo —. Si © — 154 TABELLA IV. Patata (un occhio) eratura media el terreno nel periodo considerato ven gr. centigr. 10.35 11.70 12.50 13.15 | 15.85 10.92 12.17 13.13 13.85 14.66 11.47 12.66 13.73 14.76 15.37 11.64 12.76 13.98 15.01 15.67 Numero delle radici PRODUZIONE IPOGEA RADICI LUNGHE a Bast: 3 DI Sea ZAR =# SE 48g yee | A= FICA) AE Copan ee CAL 6! 2|—|—| 166 ES lag 1:10) Pf E EEA Se ists Bi |— pe 613) db aslle 6| 6|12|—| 1540 10| 7) 2) 1| 942 =| —'| 6) Soe —|—| 5| 4] 1460 5|12|14| 4) 2443 1| 7/12] 6| 2306 8|16| 8 1290 4| 3| 8, 8| 2500 3| b|12/17| 4088 | Peso delle radici (sostanzaseeca a 100° ) s hi 0.0121 0,0200 0.0295 0.1215 0.0874 0.1750 0.2762 0.3947 PROD. EPIGEA 3 ee ee SPSS | ort ao Dea to Qu È [=| DG x a ERS 3 gr H 32 = 65 = 100 — 68 |0.0110 74 0.0173 135 0.0192 163 0.0281. 113 00110 ai 162 —_ Sf (oI Alice 212 |0.1840 258 | 0.2572 367 |0.2942 NOTE (*) Due radici avyentizie sul fusto (oltre le normali) complessivamente lun- ghe mm, 20. Numerose piccole radici secondarie. idem. Scarse radici secondarie, Quattro radici avventizie eomplessi- vamente lunghe mm. 22, Radice secondarie numerose. Due radiei avventizie complessiva- mente lunghe mm. 40 Radici secondarie numerosissime. Due radici avventizie complessiva- mente lunghe mm, 46. Scarse ra- dici secondarie. Sette radici avventizie complessiva- mente lunghe mm. 80, Numerose radici secondarie. Dodici radivi avventizie complessi vamente lunghe mm. 140. Radici secondarie come sopra, (*) Venti radici avventizie complessiva- mente lunghe mm. 450. Radici secondarie numerosissime. ‘ Otto radiei avventizie complessiva— mente lunghe mm. 270. Radici secondarie come sopra. Quindici radici avventizie comples- sivamente lunghe mm. 680. Ra- dici secondarie come sopra. Undici radici avventizie complessi- vamente lunghe mm, 875. Radici secondarie come sopra, (*) (*) (*) In due dei quattro casi segnati con (*), 1’ «occhio » adoperato non ha germogliato; negli altri due si è verificato il fenomeno della « filosité » dei francesi, ovvero la produzione di germogli gracili, filamentosi e anormali. a TI 41/515) TABELLA V. Canapa (10 individui) E s PRODUZIONE IPOGEA PROD, EPIGEA iis - : Mera Ve. | aa a Rapici LUNGHE SU _ 3 4 2 S|55°/ 8 SEA I io osservazioni | © | Sor (sia |S |2 |& | ws o | We. | Ang È S| EOS Solsalsaliale| gee] Fi 5658) Gi A E 2 = È z CISSE 3° Hos ao) i 45 2 gr. centigr. veal SCA _t_nm Veli: dl mm. ipa 28 Marzo! 1 | 10.35;—/|3|7|—/;—| 3812) — 191, — LA | Bea ih pene AS a da ee a » si ia] rsa a 548 faz 415 ia Qualche radice secondaria lunga 1 a 2 mm. » delos ae a e 517) — 553|. — | idem, — » Dai SNO SS 580; — 522 es idem. 30 Marzo| 1 | 10.92/—|—|1|9{j- 778|0.0108| 1850 |0.0772| Parecchie radici seconda- (dope 47 giorni) rie lunghe da 1 a 8 mm. » 2 | 12.17/—|—|1|7]|2]| 1011] 0.0187 | 1419/0.0814| Radici sec. più numerose e più lunghe che nel ca- » 3|1318|—|—|-{|6{|4| 1147/0.0149] 1625/0.0849) 9 °°P"°%;dem. » 4 |-13.85|/—|—|—-|{T7|3]| 1148] 0.0125} 1606 | 0,0862 | idem. » 5 | 14.66|—|—|1]|9]|—) 874/0.0100| 1544 | 0.0808 idem, RE a a oggi Seta SIVOB LU -Rofiabi di radici mm. 508 (dopo 24 giorni) Parecchie radici sec. » 2 1266|—{—-|—|6|4| 1427). — 1641| — | Parecchie radici seconda- rie lunghe da 2 a 15mm. » 8 | 138.73; —| —|— | 8; 2] 1200} — 1703 | — idem. » 4|1476/—|—--|1|7]|2| 1100; — 1573] — idem. > BSW ao S| ATG pes diese idem. 13 Aprile 1 | 1L.64|[—|—-]|-|—|-—| — |0.0212| — (|0.0990| Radici secondarie come so- (dopo 31 giorno) | pra. » Di lei ee | ee 10102448 es ee (00370 idem. » SER a ema eel 10.0292, 121 40.0900 idem. > Pai doh 0295 | .°— | 10,0890 idem. » Dro Ai e SE NO0240) 13 051010 idem. servazione: i risultati ottenuti in tali casi sono stati riportati col calcolo a 10 individui. en aang Rie Scrapper ue TABELLA VI. Frumento (10 individui) & 5 PRODUZIONE IPOGEA PROD. EPIGEA 32.2 = — DATA | |e98 RADICI LUNGHE a = 2 > 3/558 | 3sl- S>® Seo ar ES : delle o | 8259 les NBy oss 333 ones NOTE osserva zioni È 228 ia Ss |8 |2 |s CHE a2 = was as È s |& & |2=|5E ZE|SE|S:E 585 © È SES a5 CE eo du ales 3 a cai SSG a a = =; gr. centigr.| | um gr. mm. gr. | : | | 23 Marzo| 1 | 10.35|50115|27! 8|—| 2550| — | 886] — | rottamidiradici mm, 500. * (dopo 40 giorni | Le radici secondarie in dalla semina). questa prima epoca,come nelle altre tre, sono, in | genere, tanto più nu- merose e lunghe quanto | | più alta è la temperatura i | | mantenutasi nel terreno. » Ode OH 464 2119 | — 12937 576; — Rottami mm. 1012, » 3 | 12.50,49| 6/29 | 13;—)| 3612); — 190) — » » 1050. » |4|18.15|48| 6|19|18|—| 4431] — | 906| — >» om 150. >» |b|18.85|47| 1/20/23;—| 4955; — | 1021) — si pel 30 Marzo| 1 | 10.92|50| 8/15)22| 4| 4526 / 0.0432) 25456 | 0.1180 » » 156, (dopo 17 giorni) | | » 2 | 12.17|/46| 1] 8|28| 9| 6533] 0.0600} 2578/0.1210 » » 300. » 3 | 13.13|50| 3| 2/21/24) 7763; 0.0678| 2849 (0.1522 » » 270. » |4]|13.85|45] 5| 5|22|18| 6959/ 0.0625 | 2866/0.1427| » >» 680, » 5 | 1466/49! 3| 6/20/20] 7525 0.0708) 2518 0.1487 » » 1230. 6 Aprile 11.47|47| 2) 6|15|/24| 5513; — 2932 | — » » «988, (dopo 24 giorni) | | » 92 | 12.66) 44) 3| 9/12/20|) 5507; — 2988| — » » 8:8. » 3 | 13.93|41| 1| 4/17/19| 5818; — 2733); — » » 850. » 4 | 1476/49) 1| 8/22|18] 6044, — |2887| — 8» 550. » 5 | 15.87|48| 2| 3|20|23| 6577| — | 2811; — >» 1464 13 Aprile) 1 | 11.64|43| 1] 4/21/17) 6082|0.0660| 3025 |0.1521 vi ae (dopo 31 giorno) » 2 | 12,76/50| 3| 3|24|20| 6831/0.0695| 3120|0.1708 » » 450. » | 3 | 13.98|48| 1) 2/23|22| 7220/0.0710| 3210/0.1682 » » 290. » 4 | 15.01|47| —| 6/19|22) 5927/0.0592| 3107 |0.1500 » » 1130, » 5 | 15.67 | 46) 2| 3/27} 14| 6080|0.0595| 3112 01572 » » 1820, N. B. — Quattro volte si è verificata la mancata germinazione di uno dei dieci semi relativi a ciascuna os- Sis gta Considerato il primo periodo di sviluppo delle piante (giorni 10 dalla semina): a) a ciascun aumento della temperatura media del suolo, corri- sponde un notevole maggior sviluppo vegetale, presso che in tutti i casi e per tutt'e quattro le piante; 5) tali effetti sono di tanto maggiore entità quanto più basse sono le temperature dei casi che si paragonano; se, però, ciò è vero pel granturco, per la patata ed, in certo modo, 556 pel frumento, non lo è per la canapa; c) dell’ inalzamento della temperatura media del suolo, si sono avvantaggiate sia la parte ipogea sia quella epigea delle piante; nel granturco, però, l’incremento delle radici è quasi sempre notevol- mente maggiore di quello-del fusto ; d) il maggior sviluppo del sistema radicale devesi : all’allunga- mento del solo fittoncino, nella canapa; alla lunghezza di ognuna delle quattro o cinque radici primarie nel frumento; alla lunghezza e altresi al numero delle medesime, nella patata e nel granturco, oltre che alla formazione di parecchie radici secondarie nel caso della solanacea. Dopo diciassette giorni di vegetazione: a) l’accrescimento delle piante seguita a trovarsi avvantag- giato da una più alta temperatura del suolo. Le differenze di svi- luppo sono più alte che nel primo periodo nel caso della patata, ancora forti pel granturco, affievolite pel frumento e presso che scom- parse nella canapa; | b) è notevole la diversamente forte produzione di radici secon- darie nella canapa, nel frumento e, specialmente, nella patata, do- vuta a differenze di temperatura anche piccole. Alla fine del terzo periodo, dopo, cioè, ventiquattro giorni dalla semina: a) la patata ed il granturco continuano a risentire notevoli be- nefici effetti anche dagli aumenti di temperatura più piccoli; nel frumento, invece, non si verifica più alcuna differenza sensibile e co- stante; nella canapa appare abbastanza nettamente che temperature medie del suolo superiori a 12?,66, facciano diminuire lo accresci- mento, sia delle radici sia del fusto ; 6) contemporaneamente a tali fatti deve notarsi che l’eziola- mento delle piantine di frumento e di canapa, iniziatosi già sin dal secondo periodo di vegetazione, è divenuto, nel terzo, abbastanza pronunciato, Saal: em Dopo trentuno giorni di vegetazione : la patata ed il granturco continuano ad avvantaggiarsi di qual- siasi aumento di temperatura del suolo; il frumento e la canapa, invece, presentano un massimo di sviluppo ad una temperatura in- termedia fra le cinque in esperimento. Ormai, però, l’eziolamento delle piantine di queste ultime due specie è divenuto eccessivo (vedi tavole VIII-IX). Le condizioni nelle quali abbiamo sperimentato sono tutte nor- mali, eccetto una: la luce, la cui scarsezza ha, presto o tardi, de- terminato, come si è detto, un eziolamento delle piante variamente accentuato, forse trascurabile pel granturco, ma notevole negli altri casi. Ciò conduce a far ritenere perfettamente normali ed esatti i dati forniti dalle esperienze sino all’epoca in cui ebbe ad iniziarsi l’ezio- ‘lamento; subordinati alle variazioni ch’è capace di apportare que- st’ ultimo, i dati ottenuti posteriormente. Occorre però tener presente questo fatto, che, cioè, la parte epigea della pianta risente diretta- mente gli effetti della scarsezza di luce e sin da quando la piumetta fuoriesce dalla superficie del terreno, mentre la parte ipogea tarda qualche poco a risentire gli effetti della stessa causa che per essa è assolutamente indiretta. Ad ogni modo devesi ammettere che l’eziolamento delle piantine ha potuto esser causa di inesattezze di alcuni dei dati ottenuti, in quanto gli effetti di esso possono aver aumentato o sminuito inegual- mente quelli dovuti alla diversa temperatura del suolo E perciò, vo- lendo essere esatti, dobbiamo fare astrazione di tutti quei dati che sono sospetti di errore. Dalle tabelle delle temperature (I e II), si rileva che le oscilla- zioni della temperatura nel vaso n. 1 sono molto meno ampie di quelle che si son verificate negli altri quattro casi. Ora, Képpen ha osservato che non solo quando la temperatura media è quella ottima, ma anche quando è al disotto della medesima, come nel caso nostro, qualunque oscillazione apporta sempre una diminuzione nell’accre- scimento, la quale è tanto maggiore quanto più fortemente oscilla la temperatura. (1). Il maggiore accrescimento adunque delle nostre piante, causato dai singoli aumenti di temperatura, paragonato a quello verificatosi nel vaso n. 1, deve ritenersi inferiore a quello che si sarebbe ottenuto se le oscillazioni fossero state tanto piccole quanto quelle del vaso non riscaldato. (1) Sacus. — Trad. van Thieghem, 1874, pag. 984. EEE DA, TS — 159 — Da Sachs, da van Thieghem e dagli altri fisiologi accennati, sap- piamo che gli effetti delle variazioni di temperatura dell'ambiente sono differenti a seconda che la temperatura media si scosta più o meno dalle temperature cardinali proprie a ciascuna specie. Inoltre, dai pregevoli studi del nostro Cantoni deducesi la im- portanza che nell’iniziarsi e nella ripresa della vegetazione verni- no-primaverile, può avere la influenza non che della temperatura dell’aria e di quella del terreno, del rapporto fra di esse. Le ricerche da noi eseguite, dunque, non rispecchiano che sol- tanto pochi dei numerosi casi che in pratica si danno e, perciò, esse non costituiscono che un primo contributo alla soluzione del problema propostoci. : Intanto, da questa prima serie di ricerche risulta che, in condi- zioni normali di terreno, di umidità, di temperatura dell’ aria am- biente ecc., e per temperature del suolo comprese frat 10 e è 15 gradi circa : — la patata, il granturco, il frumento e la canapa, durante i primi stadi della loro vegetazione, sono sensibili, e diversamente da specie a specie, a dei piccoli aumenti della temperatura del terreno, anche poco superiori al mezzo grado centigrado. Il granturco e la pa- tata, in paragone alla canapa ed al frumento, mostranst sensibili du- rante un tempo più lungo, a partire dalla germinazione. — dl beneficio che dette piante risentono da tali inalzamenti di temperatura, st esplica in un notevolmente più rapido sviluppo sia del fusto sia della radice, specialmente di quest'ultima, e perciò riesce di grande interesse all’agricoltore. Roma, Stazione chimico-agraria sper., maggio 1908. aay ee 10°SI 86°€l 9L°SI 79 It 86°81 9Lst FON (ipeaByyueo ipeuB ul) ouadde} [ap eipew eunjesradme | VERE: RAV Hi zy —_— ANN. BOT 86€ oL'eI 79 I L9 SI 10 ‘SI 86/21 OLI #9 (ipeubyueo Iipeu6 ul) ouaddea} jap elpaw eunjesadwa | AV EX pm fre] > E © n 2 Z < _ Species novae in excelsis Ruwenzori in expeditione Ducis Aprutii lectae. VII. — Musci. Auctore Doct. G. NEGRI Sphagnum Aloysii Sabaudiae n. sp. Sterile. Coespites rigidiusculi, albicantes. Caulis gracilis, cent. 15 et ultra altus, albidus, strato corticali haud poroso, simplici; tamen hinc illine, divisione tangentiali cellularum, duplicato: sclerenchima album. Fasciculorum ramuli plerumque 7, quorum 2 patentes ca. mm. 15-20 longi, ceteri elongatiores, graciliores, cauli adpressi. Folia caulina reflexa, cauli dorso laxe adpressa, triangularia (mm. 1,60 = 1,03) concaviuscula, apice parce dentato-fimbriata ; margine superius subinvoluta ; limbo hyalino, lato, 6-7 seriato, e cellulis marginalibus linearibus, basi latioribus; cellulis laminaribus hyalinis, apice tantum fibrosis, inferius fibris destitutis, nullo sepimento transversali prae- ditis. Folia ramealia (mm. 2,1 = 0,7) siccitate reflera, madore erecto- patentia, concava, ovato-lanceolata, attenuata, margine superne in: voluto, apice acuto, bidentato ; limbo tenerrimo hyalino, e cellulis linea- ribus elongatissimis pauciseriatis; cellulis laminaribus hyalinis ports immarginatis crebrioribus facie externa quam interna praeditis ; cel- lulis chlorophyllosis rectangularibus seu utriculiformibus, utrinque li- beris. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centralis) prope Bujongolo (m. 3800 ca); prope Nakitawa ad lacum Kianze. i Sphagnum Ruwenzorense n. sp. Sterile. Coespites molles, dense intertexti, dilute flavescentes. Caulis gracilis, cent. 20 et ultra altus, rufescens, strato corticali haud po- roso, biseriato : sclerenchima fuscum. Fasciculorum ramuli crassi, ple- rumque 4, quorum 2 patentibus, mm. 8-12 longi, reliqui penduli. Folia caulina ligulata, concava, reflera, cauli dorso laxe adpressa (mm 2,3- 2,4 = 1,1-1,2) apice erosulo, subcucullato; limbo hyalino e cellulis ANNALI DI BoranicA — VoL, VII. 11 — 162 — linearibus elongatissimis, pauciseriatis (2-3); cellulis laminaribus hya- linis, apicem versus tantum fibrosis, inferius fibris destitutis, sepi- mentis transversis paucis praeditis. Folia ramealia erecto-patentia late lanceolata (mm. 1,8-1,9 = 0,7-0,8), concava, margine superne involuto, apice acuto, saepe bidentato ; limbo tenerrimo, hyalino, stricto, e cellulis linearibus biseriatis ; cellulis laminaribus hyalinis fibrosis, poris immarginatis superne inferneque creberrimis; cellulis chloro- phyllosis rectangularibus, seu utriculiformibus, utrinque liberis. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centralis) prope Bujongolo m. 3800 ca. Dicranum petrophylum n. sp. Sterile. Coespitutosum, humile, cm 1. 1'/, altum. Cauliculi gra- cillimi, rigidi, substrato adpressi, nigrescentes, innovationibus olivaceo- viridibus, foliis superioribus maximis erectis, congestis, quasi cuspidem efformantibus. Folia (mm. 1-2,5 = 0,3) e basi brevi, canaliculato concava, in laminam valde elongatiorem, involutione marginum tu- buloso-lesiniformem, producta. Cellulae laminares ovato-angulosae, virides, subopacae, parce papillosae (p. 10-12 = 4); basilares pel- lucidae, elongatae, subrectangulares (20-30 = 4 p), exteriores in- ferne quadratae (p. 10-14), vesiculosde, saepius fusco-aurantiacae, auriculas pluss minusve salientes, efformantibus. Costa bast crassa (p. 50), fusca inde viridis, apicem sinuolatum efformans. Cetera desunt. Hab. in summis jugis M. Ruwenzori (P. Sella). Campylopus sericeus n. sp. Sterilis. Coespites dense coherentes, ca. cent. 4 alti, luteo-virentes, inferne fusco-palecei, tomento ferrugineo obruti. Cauliculi erecti, fle- xuosi, parce ramosi. Folia linearia, conferta, sericea, siccitate undulato falcata, madore erecto-patentia (mm. 7-8 = 0,6-0,7 basi), e basi se- miamplexicauk: in laminam multo longiorem protracta ; costa bast latissima (0,5-0,6) totam laminam, late canaliculatam, occupante, apice sinuolato-denticulata. Alae angustae, cellulis secus costam rectan- gularibus (1. 50 = 5-7), marginem versus linearibus (p. 80-100 = 3,4), himbum hyalinum efformantibus, infimis majoribus paucis, fuscis, vesci- culoso-rectangularibus (vu. 50 = 20), auriculas parvas sed salientes efformantibus. Cetera desunt. | ‘ Hab. in M. Ruwenzori (Africa centralis) prope Bujongolo ca. m. 3800 ad cortices. + Campylopus Cagnii n. sp. Sterilis. Coespites dense coherentes, ca. cent. 4 alti, luteo-virides, inferne ferrugineo seu olivaceo-fusci, tomento rufo obruti. C'auliculi 9,557 SANI Si ea Mt. — 163 — erecti, parce et fasciculatim ramosi. Folia linearia, conferta, rigida, siccitate adpressa, madore erecto-patentia (mm. 7,2 = 0,6 bast) e bast decurrenti, in laminam multo longiorem protracta: costa basi latissima (mm. 0,35), totam laminam, late canaliculatam, occupante, apice sinuolato-denticulata. Alae mediocres, cellulis hyalinis pluri- seriatis, secus costam rectangularibus (1. 60-70 = 13-15), marginem versus linearibus (p. 90-100 = 3-4) limbum pellucidum efforman- tibus, infimis paucis vesiculoso-quadrilateris (50-17) interdum fuscis, quasi auriculas (non salientes) efficientibus. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centralis) in valle Lacuum ca. 4000 m. ad radices Montium Baker et Stanley, id. ad rupes M. Duwoni. Fissides mobukensis n. sp. Sterilis: coespites sporadice diffusi: caulicult humillimi, 1-3 mm. alti, simplices, substrato adpressi. Folia siccitate incurvato-crispula, madore plana, 6-8 juga (mm. 0,4-0,5 = 0,15) superne confertiora, ovato lanceolata, apicem versus 5-6 denticulis obtusis praedita, mi- nute apiculata, limbo tenuissimo distincte ante apicem interrupto, costa crassa (p. 17) flexuosa, pellucida, sub apiculo evanida. Cellulae laminares quadratae (p. 5-6), chloropyllosae: marginales elongatae, hyalinae, uniseriatae. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori, in rupem inter Ibanda et Bihunga m. 2000 ca. Leptodontium Gambaragarae (1) n. sp. Sterile: laxe coespitosum, sordide lutescenti-olivaceo. Cauliculi gra- ciles, valde elongati (cent. 15-18), geniculate ascendentes, flexuosi, sim- plices seu vage ramosi, inferne hinc illine radiculosi, interdum to- mento propagulifero praediti. Folia caulina uniformia, innovationum tantum teneriora, e basi adpressa semiamplexicauli (mm. 1,7-1,4 = 0,7-0,6 basi) plana, superius dilatata, margine stricte revoluta; in la- minam lanceolatam, acutam (mm. 2,2-2,9 longam) carinato-concavam protractam, siccitate erecto crispulam, madore raptim squarrosam, mar- gine inferne stricte revoluto, superne plano et usque ad apicem dentibus crebris, parvis, acutis, hyalinis, unicellularibus serrato: costa (basi p. 68-60) inferne ferrugineo-pallida, superne viridula, apicem attin- gente. Cellulae basilares infimae sporadicae, aurantiacae, laeves, hya- linae, rectangulares elongatae (vp. 50 = 6); ceterae, basis et laminae, papillis hyalinis instructae, basis vero rhombeo-lineares fleruosae (p.. 40 = 4-5), auricularum, quibus basi superius expanditur, et laminae fere (1) Ex nomine quo ab incolis Ugandae mons Ruwenzori vocatur. — 164 — totae angulato-ovales (p.. 8-10); summitatis laminae rhombeae (p. 12-55). | Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centralis) prope Bujongolo metri 3800 ca. Tortula Cavallii n. sp. Sterilis. Coespites rigiduli, sordide luteo-ferruginei, basi radiculosi rufi, dense intertexti. Cauliculi erecti, fleruosi, parce et breviter ra- mosi, cm. 5-6 longi, foliis fragilibus siccitate adpressis crispulis, ma- dore erectis, vel erecto-patentibus: superioribus maximis comam par- vulam dicranoideam paleaceam efformantibus. Folia lanceolata, ligu- lata (mm. 4,9-5,5 = 1-1,2), margine integro, undulato, supra basim fere usque ad apicem stricte revoluto, sub apice inflero: costa robusta, ochraceo-ferruginea (basi p. 80-90) ultra apicem in pilum hyalinum, gracilem, fleruosum (mm. 1), laevem protracta ; e basi decurrenti, cel- lulis teneris, rectangularibus, hyalinis (60-100 = 15-20 p) margine minoribus (30-60 = 5 pw), indistincte in laminam paulo longiorem, cellulis parvis (6-9 »), rotundatis, angulosis, dense papillosis, opacis, producta. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centralis) prope Bujongolo m. 3800. Anoectangium Sellae n. sp. Sterile: dense coespitosum, olivaceo-fulvum, coespitibus 25-30 mm. altis. Cauliculi erecti, superne parce et fasciculatim ramosi, inferne tomentoso radiculosi. Folia siccitate erecto-crispula, madore erecto-pa- tentia, confertissima, lanceolato-linearia, carinato-concava (mm. 1,5 = 0,3) e basi subvaginanti, marginibus erectis, tenue denticulatis, cellulis hyalinis rectangularibus (p. 30-35 = 10) laevibus, margine subqua- dratis, in laminam multo longiorem, margine plano seu interdum re- flero, asperitate cellularum irregularii, cellulis breviter rectangula- ribus seu irregulariter quadratis (10-15-20 = 10 p.), pellucidis, pa- pillosis. Costa basi p. 45-55 lata, rufescenti-luteola, dorso inferne tantum asperata, cum apice evanida, rarius in papillam iii <- unicellularem excedens. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centralis) prope Bujongolo m. 3800. Anoectangium fuscum n. sp. Sterile; compacte coespitosum. coespitibus 40-50 mm. altis, superne fusco-olivaceis, inferne brunneis et quasi feltrum efficientibus. Cauliculi erecti vel ascendentes, simplices vel parce et fasciculatim ramosi, gra- ciles, e basi dense foliosi, tomento rufo densissimo obruti. Folia sic- citate erecto-crispula, madore erecto-patentia, confertissima, lanceolato- linearia, carinato concava (mm. 1,4-1,7 = 0,25) e basi breviter decur- — 165 — renti, marginibus erectis, denticulatis, cellulis medio rectangularibus, elongatis, laevibus, pellucidis (». 45-6) margine quadratis (4-6 p); in laminam valde longiorem, marginibus fere usque ad apicem stricte revolutis, cellulis chlorophyllosis irregularibus, margine quadratis, medio folii rectangularibus (u. 6 = 6 vel 6 = 20). Costa fuscescens, cellulis rectangularibus opacis, dorso basi papillosa, superius tantum undu- lata, apicem folii attingens (basi p. 45). Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centralis) prope Bujongolo m. 3800 ca. Anoectangium flexuosum n. sp. Sterile, coespitosum, molle, coespitibus, cent. 7-10 altis, latis, dense intertextis, superne olivaceo-viridibus, inferne radiculosis, fuscescenti- bus. Cauliculi graciles, fleruosi, dichotomice ramosi: e basi dense fo- liosi, tomentoso-radiculosi. Folia siccitate erecto crispula, madore fere patentia, lanceolato-linearia (mm. 1,3 = 0,3) canaliculato concava e basi subvaginanti, margine plano, denticulato, cellulis laevibus, pellu- cidis (p. 25-40 = 4,6); in laminam margine parum reflexo, aspert- tate cellularum minute crenulato-denticuloso, cellulis irregularibus, margine subquadratis, medio folii breviter rectangularibus (p. 6 = 6 vel 12-15 = 6); apice parce undulato, denticulato, protracta. Costa dilute rufescente (basi p.. 30-45), praesertim inferne parce papillosa, usque ad apicem protracta. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centralis) prope Bujongolo m. 3800 ca. Amphydium Aloysii Sabaudiae n. sp. Autoicum (?). Coespitosum, lutescenti viride, inferne fuscum. Cau- liculi cent. 1,5 alti, madore erecto-patentibus. Folia linearia (mm. 3 = 0,2) acuta, basi adpressa, semiamplexicaulia, inde marginibus erectis, canaliculata : margine inferne stricte revoluto, superne remote et ir- regulariter sed distincte dentato; costa, basi p 60 lata, sub apicem eva- nida: cellulis basilaribus pellucidis, rectangularibus (p. 2,35 = basi) hyalinis, reliquis minoribus, sub-opacis, viridibus, irregulariter qua- dratis (» 6-8). Folia perichetialia subdenticulata, basi late oblonga, cel- lulis rectangularibus teneris, hyalinis areolata, subvaginantia, lamina caulinis simillima. Theca pedunculo brevissimo vic exerta, tenuis (mm. 0,9) sicca evacuata eyatiformis, 12-sulcata. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) prope Bujongolo, ca. m. 3800 ad cortices. Zygodon Roccatii n. sp. Dioicum ; coespitosum, coespitibus densis, superne olivaceo virides, inferne ferrugineo-tomentosis, mm. 10-15 altis. Cauliculi breves, gra- — 166 — ciles, flexuosi, rigidi, erecti vel ascendentes, summitate breviter et fa- sciculatim ramosi. Folia conferta (mm. 1-1,2 = 0,4-0,52) siccitate sub- crispula, madore erecto-patuta, late lanceolata, apice acuminato, denti- culis paucis instructo, canaliculato-concava, margine erecto, undulato, asperitate cellularum dense et minute papillato; costa (bast p 45), sub apiculum evanida, et saepe extremitate superiore flexuosa. Cellulae ro- tundato-angulosae (6,8 p), chlorophyllosae, crebre et minute papillosae, sub-opacae: basi, secus costam, paucis laevibus, breviter rectangularibus (1 6-8 — 15-25). Folia perichaetialia caulinaribus similia. Theca collo elongato, gradatim in setam pseudolateralem (7 mm), laevem, nitidam, paleaceam, sinistrorsam, defluens, erecta vel inclinata, ovalis, ferruginea, (mm. 1,5-2,5) costulata, sub ore coarctata. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) prope Bujongolo m. 3800. Zygodon hirsutum n. sp. Dioicum, coespitosum, coespitibus compactis, olivacets, inferne to- mento densissimo rufo obrutis, mm. 10,15 altis. Cauliculi breves, crassiu- sculi, rigidiusculi, simplices vel parce et fasciculatim ramosi, dense cohe- rentes. Folia (mm. 81 = 0,15-0,2) siccitate undulato crispula, madore erecto-patentia, lanceolato acuta, marginibus planis, asperitate cellula- rum minutissime denticulatis : costa crassa (basi p. 30), recta, sub apicem evanida, apice integro, extremitate hyalino. Cellulae rotundato angulo- sae (6-8 p) chlorophyllosae, crebre et minute papillosae, sub-opacae : basilares laeves, pachydermaticae, subpellucidae, irregulariter rectan- gulares (15-20 = 8-4 p), interdum ochraceae, secus marginem ali- quantulum protractae. Theca collo elongato, plicato, gradatim in se- tam pseudolateralem, nitidam, paleaceam, sinistrorsam defluens; parum inclinata (mm. 1,5-2) ovata, siccitate profunde costulata, sub ore pa- rum coartata. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) prope Bujongolo m. 3800. Macromitrium fragile n. sp. Sterile. Dense coespitosum, robustum, olivaceo-viridis, inferne fer- rugineum, tomento denso obrutum. Cauliculi erecti, crassi, flexuosi, ri- gidiusculi, 25 mm. longi, apice fasciculatim divisi. Folia siccitate cir- rato crispula, madore erecto-patentia, lanceolata (mm. 2-3), comalia longissime loriformia (mm. 5), subula p 30-40 lata, nervo percursa, fragillima et vero constanter effracta. Costa inferne rufescens inde vi- ridis, usque ad apicem decurrens. Cellulae pachidermaticae, basi laeves, irregulares, elongatae ( 6-7 — 30-40) pellucidae, ceterae rotundato angulosae seu irregulariter quadratae, subopacae, virides (p 6-10) crebre et minute papillosae. Reliqua desiderantur. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) prope Bujongolo m. 3800. ah ardea Brachymenium Cagnii n. sp. Dioicum (?). Coespitosum, gracile, coespitibus laxis, humilibus, nîti- diusculis, viridi-lutescentibus. Cauliculi erecti 8-15 mm. alti, flexuosi, basi fusco radiculosi. Folia laxe conferta, siccitate crispula, innovatio- num quasi comam spiraliter contortam efformantibus, madore erecto- patentia, plana, haud decurrentia, lanceolato ovata (mm. 3-3,6—0,8-1,1) basi aliquantulum angustata; margine plano, tertio superiori plus-mi- nusve, irregulari prominentia cellularum, undulato-denticulato; apice breviter attenuato: costa (p 55-60 basi) luteola, usque ad tertium su- periorem folii tantum protracta. Cellulae magnae, pellucidae, tenerae, inferius rectangulares(p. 80-200 = 30), superius rhombeae (55-85 =). Folia perichetialia maiora, ceterum caulinaribus similia. Seta ferru- ginea, apice luteola sinistrorsa, mm. 12 longa. Theca ovata (mm. 1-1 Pi, luteo-fusca, erecta vel inclinata. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) prope Bujongolo m. 8800. Pohlia Aloysii Sabaudiae n. sp. Polyoica. Coespites laxe coherentes, molles, sericei, luteo-virides, Cauliculi simplices, flexuosi, usque ad 20 mm. alti; foliis basi squa- miformibus, remotiusculis, ascendendo majoribus confertioribusque, co- malibus maximis. Folia lineari-lanceolata (mm. 2,6-5 = 0,4-06) mar- gine, basi et tertio superiore folic exceptis, stricte revoluto, apice di- stincte, rare et regulariter denticulato ; costa (basi 90-110 p) viride usque ad apicem protracta. Cellulae pachydermaticae; infimae re- ctangulares (30-60 = 10-12 w») ceterae lineares flexuosae (50-80 = 3,6 i). Folia perichetialia ramealibus similia. Seta 20-25 |» longa, rubra, nitida, flexuosa, dextrorsa. Theca ovata (mm. 3-3,5), inclinata seu horizontalis, interdum siccitate nutans, fusca, verrucosa, in pedun- culo, collo mediocri, siccitate plicato, defluente, sub ore paulum con- stricta; operculo convexo, distincte mammillato; annulo lato; peristo- mit externi: dentes pallidi, ferruginei ; interni pallidi, fenestrati, la- mina medium exteriorum dentium attingente, ciliis articulatis tenuibus. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) prope Bujongolo m. 3800 ad ramos arborum. Bryum Sellae n. sp. Sterile. Coespites pusilli, rufi; cauliculi radiculosi, parvi. Folia sicci- tate distincte torquescentia, madore plana (mm. 2 = 0,6-08), erecta, late- lanceolata, margine, e basi apicem versus, longe et stricte revoluto, limbo flavido, angusto, denticulis paucis instructo, tertio superiore folii di- stincto. Costa (1. 55-70) basi rufula, deinde flavida, ultra apicem in — 163 — pilum asperulatum, longiusculum (mm. 0,3-0,45) protracta. Cellulae rhomboidales (n 45-50 = 10,12), tertit inferioris folit rectangulares (50-65 = 15), pellucidae. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) prope Bujongolo 3800 m. Breutelia auronitens n. sp. Sterilis; robusta, nitida, lutescenti aurea, rarius lutescenti viridis. Caulis usque ad 20-25 cm. altus, crassus, rigidus, fleruosus, geniculato ascendens, simplex seu vage ramosus, hine illine radiculosus, foliis densissimis, apice stellatim dispositis, e centro rosulae apicalis pluribus erectis, congestis, quasi cuspidem efformantibus. Folia rigide, profunde et pluries plicata (8-12 = 1-2 ») e basi adpressa auriculata, superne dilatata, integra, in laminam patentissimam, longe acuminatam, acute et crebre serratam sensim producta. Costa mediocris (basi 60 1) basi fuscescens, superne viridis ultra ertremum apicem folii protracta. Basis cellulae lineares (40-50 = 4,6 p) inferne fusco-aureae, laeves, superne minute et remote papillosae ; secus marginem hyalinae, minutae, rec- tangulares, breves, seriem unicam saepe interruptam seu inconspicuam efficientibus; auricularum paucae (6-12) fuscae, vesiculosae, subqua- dratae (20 = 35 1); caulinae lineares (60-70 — 6-9 p.) et minute pa- pillosae. Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) prope Bujongolo (m. 3800) et in valle Lacuum ad radices montium Baker et Stanley m. 4000. Catharinaea Cavallii n. sp. Sterilis, coespitosa. Cauliculi c. 4. alti, erecti vel flexuosi, graciles, simplices, folia infima squamiformia, superiora lanceolato-ligulata, fusco-viridia, siccitate crispata (mm. 5 = 0,8-1 basi); costa crassa (L 130 basi), sordide rubra, sub apicem evanida sew apicem attin- gente, facie superiori 1-2 dentibus, facie inferiori 7-8 lamellis bre- vibus 8-9 seriatis instructa; marginibus madore planis, supra medium crasse et crebre dentatis. Cellulae inferiores pellucidae, margine qua- dratae (p 16) medio rectangulares (33-46 = 13-20 w); superiores fuscae, subopacae (11 p) quadratae Cetera desunt. Hab. in M. Ruwenzori prope Bujongolo m. 3800. Polytrichum cupreum n. sp. Dioicum. Coespites compacti, cuprei, nitidi; cauliculi 20-25 alti, simplices, longe foliis squamiformibus et inferne tomento araneoso crispato, candicanti induti, apice coma ovalari, 5 8 mm. longa, e foliis maioribus, rigidis, siccitate dense inbricatis, madore erecto-patentibus, coronata. Folia comalia e basi vaginanti, ovato-quadrangulari (mm. 0-8- 0,9 = 0,6-0,7) in laminam longiorem, robustam (mm. 1,1-1,4 = 0,4- — 169 — 0,5) costa omnino fere occupatam, subcovolutam, producta; costa basi crassa (mm, 0,2), dense lamellosa (lamellis cellula apicali maiori, aspera, ovali, reliquis quadratis) in pilum hyalinum elongatum (ca 1 mm.), asperum, fragilem et saepe effractum protracta. Folia perichetia- lia intima convoluto-vaginantia, longe membranacea, in cuspidem seta- ceam producta. Seta solitaria, rigida, usque ad 30 mm. longa, vaginula cilindracea. Theca maturitate valde obliqua mm. 3 longa, distincte tetragona; apophysis discoidea; operculum planiusculum, mucrone elongato, recto, praeditum. Calyptrae, capsulae longiori, indumentum villosum, fer rugineum: Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) in valle Lacuum | radices montium Baker et Stanley 4000 m. Brachythecium Roccatii n. sp. Dioicum, sericeum, aureum. Caulis repens, flexuosus, irregula- riter pinnatim ramosus, ramis 15-20 mm. longis, rigidiusculis, atte- nuatis. Folia caulinaria basi cordata inde longe et acute attenuata (mm. 2,5 = 0,8). Folia ramealia dense conferta, siccitate adpressa, madore erecto patula, longitudinaliter profunde plicata (mm. 1,7-2,3 = 0,6-0,9) e bast ovata, auriculata, in laminam lanceolatam plus minusve attenuatam, protracta; margine plano: inferne integro, su- perne remote et tenue denticulato. Costa (p 25) usque ad tertium su- periorem folii, protracta. Cellulae laminares rhombeo-lineares (50- 80 = 5-6 n) flexuosae, auriculares hyalinae, quadratae vel breviter rectangulares (p 8 = 8 vel 8 = 16-26). Folia perichetialia vaginantia, cellulis larioribus; intima majora, apice filiformi, longissimo, patenti, margine undulato denticulata. Seta rubra ca. 25 mm. longa, sini- strorsa, levis. Theca inclinata vel horizontalis, asimmetrica, oblonga, parum curvata, laevis, ochracea, aetate nigrigante. Operculum conicum, obtusum. Hab. in M. Ruwenzori (Africa centr.) prope Bujongolo m. 3800. Torino, R. Orto Botanico, giugno 1908. —1___————"_++—_—l_—_—=—_—_—_—__—xrr—&xr”rrrzgyCZ;©=—.—.— . ——_—1.........r E ENEA NANA NANA SINIS NANA OF, SEI NS. FT NUANS ASSANEIXTFRA La fogliazione delle Acacie a fillodii verticillati, subverticillati, conferti e sparsi. | Nota preventiva di ERMINIO MIGLIORATO. Da parecchi anni studio la fogliazione delle seguenti specie di Acacia, però mi è stato solamente possibile ripigliare le ricerche or son tre anni e mezzo, nell’Istituto botanico di Roma, fruendo dei materiali procuratimi dal Ch.®° prof. Romualdo Pirotta, direttore del medesimo istituto. A.axillaris, Baueri, bruniades, cedroides, conferta, conjunctifolia, ericaefolia, galioides, hyppurioides, juniperina, lycopodifolia, minu- tifolia, oxycedrus, Riceana, spondylophylla, subternata, verticil- lata, ecc. * * + Principierò col rendere note le osservaziori fatte sull’ Acacia ver- tictllata Willd. in un mio lavoro che sarà quanto prima pubblicato, col corredo di numerosi disegni illustrativi, in questi stessi Annali di Botanica. L’ Acacia verticillata Willd. presenta verticilli e pseudoverticilli di fillodii nei quali wn solo di questi membri è il fillodio: è prov- visto di nettario e di stipole, inoltre porta la gemma all’ ascella. Mentre gli altri non sono fillodii, cioè non anno mai nettario, né stipole, nè portano la gemma all’ascella. Questi ultimi furono cre- duti di natura stipolare, poi emergenze dal Delpino e vennero da. questo chiamati pseudofillodii. Fu creduto dal Goebel che i pseudofillodii avessero accidental- mente stipole. Da osservazioni anatomiche ecc. fatte su piantine fogliate nate . da semi, su piantine fillodiate giovani e su piante fillodiate di molti anni, sono venuto a queste conclusioni: 1° I pseudofillodii non sono emergenze, perchè tra essi ed 1 fil- lodii non v'è differenza di struttura fibro-vascolare, ecc. — 172 — 2° I pseudofillodii sono parti individualizzate della regione fil- lopodiale. Essi non obbediscono a leggi fillotassiche. 3° I pseudofillodii non anno, nè possono aver stipole, nè nettario. Le supposte stipole dei pseudofillodii sono pseudofillodit ridotti a pic- colissime dimensioni, tali da simulare (quando osservati ad occhio nudo) nella forma e non nella struttura le stipole dei fillodii. 4° I pseudofillodii verosimilmente apparvero allorquando s’e- rano concretate le funzioni del fillodio. In appoggio a codesta ipo- tesi c'è il fatto dell'apparizione dei pseudofillodii nella piantina quando il carattere archetipo del nomofillo (foglia pennata) è com- pletamente scomparso; sembrerebbe quindi che la funzione clorofil- liana e le altre assunte dai picciuoli divenuti fillodii reclamassero un aiuto: la formazione di organi compensatori. * * * Di questi giorni è stato pubblicato il seguente lavoro dei sigg. proff. Luigi Buscalioni e G. Muscatello: Fillodii e Fillodopodti (1). Di questa memoria mi occuperò nella bibliografia del mio pros- simo lavoro sull’ Acacia verticillata, però in rapporto alle mie ri- cerche è necessario riportare quanto segue: A pag. 14 gli AA. dicono che tutti i membri del verticillo sono fillodii; dai fatti invece risulta, come ò potuto anch'io constatare, che oltre al fillodio (nomofillo) col nettario, non v'è altro nomofillo nel verticillo, e che i fillodii senza nettario (pseudofillodii) sono parti individualizzate del fillopodio, come ò detto sopra. Nella conclusione del lavoro (pag. 24) riportano: « ... l Acacia ver- « ticillata che a dato luogo a molti studii e discussioni, senza che « tuttavia l’enigma della sua costituzione, per quanto concerne la fil- « lotassi e qualche altra particolarità, abbia trovato una plausibile « soluzione ». Osservo che la fillotassi di questa specie è già nota: essa a per formula / ; il Braun ne parla pel primo, poi viene l’ Hofmeister, indi il Delpino; inoltre la formazione dei pseudofil- lodii è postuma a quella dei fillodii come lo stesso Hofmeister di- "mostrò. ' i Dal R. Istituto botanico universitario di Roma, 25 Luglio 1908. (1) BuscaLionI e MuscaTELLO. — Fillodii e Fillodopodii. Studio sulle le- guminose australiane. Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze naturali in Ca- tania. Serie 5*. Vol. I. (Data di presentazione 30 gennaio 1908). ' ss a 0 ee “wis Pe ia cas ————————————-—————_—_——————————.—+—+—--_---_we®x— e*@@———"—— . —— - — »»!!))mm_m__m_0@zpppR>— »—»—»»—.r CORSIA SNANANANAIZSNANINANANA RSD RID I NID RA NINA CA SRD INS Species novae in excelsis Ruwenzori in expeditione Ducis Aprutii lectae. VIII. — Filices. Auctore R. PIROTTA Cyathea Sellae Pir. Arborescens; frondibus tri-pinnatis; pinnulis 8-10 cm. longis, 2 em. circ. latis, linearibus, apice subcaudatis, rachide induvio adpresse squammosulo luteolo; segmentis alternis 50-60, apicem versus leviter curvis, linearibus (2-3 mm. latis, 1 cm. circ. longis), basi parum di- latatis, apice subacuto, inferne glaucis induvio cereo manifestissimo, sub lente glandulis luteolis sparso}; soris minutissimis, per paria ad ba- sin segmentorum infer.; indusio manifesto receptaculum cupuliformem circumdante, margine ondulato. Hab. Valle Mobuku, in excelsis Ruwenzorii. Woodsia nivalis Pir. K section. Hymenocystis.- Caespitosa; foliis10-12 cm. longis, petiolo glabro, sulcato, 3-6 cm. longo, lamina 6-8 cm. longa, subovali-lanceo- lata, 2-3 cm. lata, pinnato-partita; pinnis inferioribus oppositis, bre- viter pedicellatis, usque ad 1*/, cm. longis, 5-8 mm. latis; segmentis alternis, 6 cum impari, leviter crenatis; soris maturis brunneis, ma- Jusculis, in quoque segmento, indusio lacininiato-fimbriato. Hab. Valle Mobuku, 3800 m. Differentissima dalla W. Burgessiana Gerr., la sola specie indi- cata dell’Africa (Transvaal, Natal). Asplenium Ducis Aprutii Pir. Caespitosum ; foliis 40-80 cm. longis, bipinnatis, rachide gracili, glabro, lucido, castaneo-brunneo; pinnis alternis, raro suboppositis, — distantibus, gracilibus, 15-30, apicem versus decrescentibus et ap- proximatis, inferioribus 3-8 cm. longis; pinnulis alternis, 15-20, — 174 — inferioribus 5, mediis 3, superioribus 1 = foliolatis, foliolis obovatis vel subcuneatis, apicem versus crenato-inciso-lobulatis, tenerrimis, par- vis (3-4 mm. longis, 2-3 latis), glabris; soris parvulis, 1-3 in quoque foliolo, indusio pallido, distincto. uri Hab. Valle Mobuku. Elaphoglossum Ruwenzorii Pir. Rhizoma breve, squammosum, foltis sterilibus approximato-caespi- tosis, 30-40 cm. longis, pedunculis castaneis, sulcatis, 15-30 cm. lon- gis, squammis concoloribus longe ciliatis, usque 5-6 mm. longis, diva- ricato-erectis, minoribus approximatis intermixtis praeditis, laminis rigidiusculis 18-30 cm. longis, 2-2 */, cm. latis, lineari-lanceolatis apice breviter apiculatis, basin versus paullatim decrescentibus, nervo mediano prominulo, supra sparsim, subtus crebre squammosis, squam- mis-ciliatis adpressis, margine crebre squammoso-ciliatis, squammis conformibus; foliis fertilibus brevioribus et augustioribus, petiolo lon- giore, parce squammoso, lamina sublineari, obtusa, 10 cm. circ. longa, , 1 cm. circit. lata, pallidiori, non vel sparse breviterque ciliata. Hab. Valle Mobuku. Obs. Species E. plumoso (Fée) affini. a a 1t'1r__ rt rrrEÈÈÈîcimiÉ-Ée;lim ein nen n nmnni SOON ET INS I TIRING ALAN NOM NOL NNN NIE NES NGI NGI NOS SAAS Fillomi e sinfisi fogliari all’apice del fusto (Corifillia e Corifisinfillia). Nota preliminare di ERMINIO MIGLIORATO. Sarà argomento d’ una memoria speciale l'illustrazione di foglie e di sinfisi fogliari terminanti il fusto per modo da impedire l’accre- scimento apicale, da me osservate nel Negundo aceroides, nel Buxus sempervirens, nel Taxus sp.? e in altre specie. Siccome il fenomeno della «corifillia » del Morren lascia dei ‘ dubbî sulla natura della foglia terminante l’asse vegetativo della Ge- snera Geroltiana, le mie osservazioni avranno per scopo il confronto fra 1 miei casi, il suddetto e quelli illustrati da altri autori; fra questi ultimi i fillomi e le sinfisi terminali descritti dal De Vries per l’Antirrhinum majus (1), nonchè fillomi terminali di Buaus che anno 1 seguenti caratteri: l’asse invece di produrre le due foglie opposte, come nel caso normale, dà origine ad un filamento conico allungatissimo, che termina assottigliandosi gradualmente. Alle volte detto filamento non offre tale carattere e porta all’apice un ascidio difillo, le cui foglie si guardano per le facce superiori. Qualche caso presenta pure due di questi filamenti fusi fino a metà della loro lunghezza, segno evidente che essi fanno parte delle due lamine (op- poste) mancanti. Il fenomeno del Buxws rientra in quello della corz- fisinfillia (2) d’Hydrangea Hortensia da me illustrato. Dal R. Istituto botanico universitario di Roma. 1 Luglio 1908. (1) Ringrazio sentitamente l’illustre prof. Hugo De Vries pel gentile e pre- muroso invio di semi della razza che produsse tali anomalie e di fotografie delle medesime. (2) MieLIoraTO E. — Corifisinfillia d’ Hydrangea Hortensia DC. Annali di ‘ botanica, vol. IV, p 61. — Roma, 1905. r—r.—_—_r—__r———_—_——m____—=<—@-aermmmmm=%M%n2%k2X2!l® ]l2]npBnpnpa22_0RD2D___————'*'ro"-e-——————_—_—_—__—_#2_2_ZÉÉEk__ NILA ENG LENO / CNEL N SNC IO NOL ORT NG INC INS. RS LDS OL NITION I PRI ON I RDS ARA GT Species novae in excelsis Ruwenzori in expeditione Ducis Aprutii lectae. IX. — Asteraceae. Auctore AE. CHIOVENDA Erlangea (Botryocline) squarrosula Chiov. Foliis ovato-oblongis omnibus oppositis, subtus laxiuscule pubescen- tibus. Panicula 2-3-5 glomerulis glabris composita. Involucra glabre- scentia, bracteis exterioribus obtusis, intimis acutis decoloratis, apice arcuato-patentibus, marginibus latiuscule membranaceis et subinteger- rimis. ~ Ruwenzori. Proximior E. pubescenti Moore a qua praecipue bracteis involu- cralibus interioribus squarrosis videtur distincta. ANNALI DI Botanica — Vou. VII. 12 e I e eee —r_—r——__—_—_____7_7_x_x__—_—_—___—_—_—_—___#=«» IRANIANA RLINASRGSESINISSOLINAN ASSAI WG NOL NEL MANINA NI PRL RIEL Un precursore del Delpino per la teoria della “ pseudanzia,, ed alcune notizie sulla medesima. Di ERMINIO MIGLIORATO Il compianto prof. Federico Delpino, basandosi sui rapporti an- totassici, nel 1889-91 espose la teoria della « pseudanzia » e quella dell’ « euanzia » (1): questa è l’inverso della prima. Egli divise le fanerogame in pseudante ed ewante (2): alle pseudante appartengono quelle i cui fiori policentrici si sono formati con infiorescenze an- drogine aventi fiori molto avvicinati per modo da assumere nel- l’insieme l’apparenza di fiori, quali p. es. quelli delle Malvacee, delle Mirtacee, delle Rosacee ecc.; alle ewante, invece, vanno desti- nate quelle piante che ànno i fiori con un talamo unico sul quale stanno ordinati gli antofilli, p. es. le solanacee, le borraginacee, le monocotiledoni, ecc., ecc. Ricercando per un contributo organogenico relativo a questa teoria, e specialmente per ciò che riguarda il fiore della Neviusa ala- bamensis A. Gray (3), 0 trovato i seguenti brani nella Phytogénie (4) del Fermond, i quali dimostrano che questo acuto ed originalissimo osservatore ventidue anni prima del Delpino annunciò con argomenti (1) eù = bene e &v0os — fiore: Wevdgs = falso. Per notizia di nomenclatura aggiungo che il vocabolo pseudanzia (pseudanthie) fu creato da C. Schimper (Flora 1829, XII Jahrg.), però esso non riguarda falsi fiori, invece casi tera- tologici fiorali di Dianthus Caryophyllus e di Cheiranthus Cheiri (v. Penzig Pflanzen-Teratologie. II, p. 239), (2) Applicazione di nuovi criterî per la classificazione delle piante. Terza memoria. Memorie della R. Accademia delle Scienze dell’ Istituto di Bologna. Ser. IV, Tom. X, Bologna 1890, p. 571. (3) Dirò di questi argomenti in un lavoro speciale. (4) Paris, 1867, p. 324-329. ANNALI DI BoTANICA — Vou. VII. 124 — 180 — morfologici e teratologici essere il fiore del genere Rosa una < in- © fiorescenza ». Il Delpino, come si vedrà fra breve, si basò pure su casi teratologici e ritenne le Rosacee pseudante (2). Trascrivo per intiero i brani del Fermond e poi quello del Delpino. « La formation de l’urcéole des Rosa peut faire naître a l’esprit une intérprétation qui, si elle était acceptée, donnerait d’une ma- niere beaucoup plus simple la théorie des ovaires infères. En parlant des cyelochorises (1) nous avons comparé |’ inflorescence des Ficus et des Ambora a un ensemble d’axes floraux analogues à ceux des Héhotropium, des Myosotis, etc., qui seraient restés unis par défaut d’exastosie circulaire et dont les fleurs unilatérales et internes se trouvaient enfermées dans la cyclochorise qui résulterait de cette union circulaire de plusieurs axes. Ceci posé, supposons qu’il en soit ainsi pour les Rosa; dans ce cas, l’inflorescence de chaque axe serait mo- noique, c’est-a dire que les étamines seraient des fleurs males nues placées au-dessus des fleurs femelles, nues ainsi, répresentées par les ovaires. « Or, c’est exactement ce qui a lieu pour les Ficus, où l’on trouve généralement a la partie supérieure de la cyclochorise ou réceptacle, d’abord des écailles correspondant aux sépales et aux pétales des Rosa, puis au-dessous les fleurs males, et au bas toutes les fleurs femelles; mais ici les fleurs males et femelles seraient en plus munies d’un calice, c’est-a-dire que chaque phytogéne-fleur se serait com- posé deux fois pour former: les males, un calice et un androcée; les femelles, un calice et un ovaire; tandis que le phytogéne-fleur des Rosa ne serait composé qu’une fois pour former l’étamine dans les fleurs males ou le pistil dans les fleurs femelles. « Ce paralléle peut méme étre poussé plus loin; car de méme que les Ambora, les Dorstenia peuvent étre comparés aux Geum, de méme aussi les Rubus peuvent étre comparés aux Morus par leur receptacle, qui, au lieu d’étre presque complètement formé comme dans les Rosa et les Ficus, ou en coupe plus ou moins ouvert comme dans les Geum et les Mithridatea ou les Dorstenia, serait au con- traire plus ou moins conique dans les Fragaria, les Rubus, comme il est dans les Morus, et veritablement, 4 part une plus grande com- position dans chaque phytogéne-fleur de Morus comparé au phyto- gène-ovaire des Rubns, on peut reconnaitre que les fruits des uns et des autres ne sont pas sans offrir une certaine analogie. (1) 1. c...p." 586, (2) Essai de Phytomorphie, Paris, 1864, t. I, p. 323. — e — 181 — « (Dans les Rosa) le phytogène centrale avorte ou se developpe très-peu, et dans l’intérieur de l’urcéole ou voit apparaître des ma- melons ou phytogénes absolument comme dans l’intérieur du ré- ceptacle des Ficus. 3 « Cependant, de ce que ces trois couches emboitées constituent une composition suffisante pour faire de chaque élément de l’urcéole l’analogue d'un protophytogène, nous pensons que cet élément a toutes les conditions voulues pour constituer un axe, et c’est dans ce sens que nous avons cru pouvoir avancer que l’urcéole des Rosa était réellement de nature axile: Ce qui semblerait d’ailleurs le dé- montrer d’une manière certaine, c'est qu’il n’est pas rare de ren- contrer de ces urcéoles montrant de véritables répétitions internes de bourgeons ou phytogènes-fleurs, puisque Moquin-Tandon, Engel- mann et nous méme avons pu signaler un grand nombre de cy- clochorise ou urcéoles de Rosa offrant de véritables petites roses développées a |’ intérieur de la cyclochorise » (1). Tralascio di citare quelle testimonianze che sono quae la nella Phytomorphie del Fermond e che possono avvalorare le sudette vedute. * * * Ecco il brano della riferita memoria del Delpino: (Pag. 585) « Una mostruosità, che è frequentissima nelle rose doppie coltivate nei giardini, nei cui fiori profondamente alterati e petalomaniaci si scorge una quantità di nuovi centri organici svilup- pantisi dal talamo, m’indusse a congetturare che anche le rosacee fossero pseudante ». * E * LI La genealogia delle rosacee secondo il Delpino (2) è costituita così: Rhodotypus kerrioides Zucc. Rosa — e e on n0n0 | Spiree Driadee Rubee Amigdalee Agrimoniee Sanguisorbee Pomacee (1) Essai de Phytomorphie, t. I, p. 419. (2) L. c. p. 587. — 182 — Quest’ingegnosa teoria della « pseudanzia » non è mai stata di- mostrata con testimonianze organogeniche, inoltre a avuto vari con- tradittori, fra 1 quali il Caruel (1), che, pur dichiarando di non essere apparecchiato per discutere tale argomento, respinge senz’altro con ingiustificate espressioni la teoria, per non mutare la comodità della nomenclatura esistente e l’uso di chiamare e ritenere fiore quello delle rosacee. * * Il Beille (2) con osservazioni organogeniche 4 dimostrato che il fiore maschile del Ricinus non è pseudanto come ritiene il Delpino, che lo chiamò pseudanto maschile. Dal R. Istituto botanico universitario di Roma, Aprile 1908. (1) PARLATORE. — Flora italiana, (continuata da T. Caruel) Vol. X, p. 9-10. (2) Recherches sur le développement floral des disciflores. Actes de la Société linnéenne de Bordeaux 1902, pp. 63, 152. _—_— _{_ —e—_oÌtllÙll0@}0((€- (m.’@É@1%1ll—r_—u’P/—t1‘’’.EP..F.]lt..UlP.1l1t tt....»—_+____1__ n» | 1 i 0’ SN MLN ANG LNA NOI NN SG RAI SA TONS NS LISA SENSORS ZA NS RS RSI NANA NASERHE N Riviste Hanpet-Mazzerti Freih. dott. Heinrich von. — Monographie der Gattung Taraxacum. — Mit 2 Tafeln in Lichtdruck, 3 lithogr. Tafeln. 2 Karten u. Figuren. — Leipzig und Wien, Franz Deu- ‘ ticke, 1907, s. I-IX. 1-175. L’A. per l’elaborazione di questa sua monografia ha consultato una ingente quantita di materiali d’erbario appartenenti ad istituti scientifici ed a privati, come dimostra l’elenco che egli include nella prefazione. Nel suo lavoro egli dichiara di aver seguito i criteri siste- .matici esposti dal Wettstein nella sua « Monographie der Gattung Euphrasia », senza ammettere al di sotto della specie alcuna suddi- visione: questi criteri noi non possiamo approvare nè incondiziona- tamente lodare, perchè se da un lato semplificano molto le questioni per cio che riguardai caratteri principali ed i caratteri secondarî a pro- posito della subordinazione delle varie forme fra di loro, d’altra parte inducono ad accettare come specie delle semplici varietà, che differiscono per caratteri di pochissima importanza e quasi insi- gnificanti. Ad ogni modo questo ci spiega il gran numero di specie registrate e descritte in questo lavoro. Il gen. Taraxacum accettato attualmente è solo in parte quello di Haller, da lui stabilito e descritto nelle Stirp. Helv.I pag.23 (1768) ed è ascritto alla tribù delle Cicoriacee, nella famiglia delle Composite. La prima parte della monografia riguarda quanto interessa la morfologia e la biologia : le radici, le foglie, i tricomi, l’involucro dei capolini, i fiori e gli achenî sono con grande chiarezza studiati nella loro morfologia esterna ed interna e nella loro funzione biologica. La seconda parte comprende lo studio delle specie, che secondo le idee dell'A. ammontano alla cifra di 58, divise in undici sezioni: diognispecie è data la descrizione, l'iconografia, la sinonimia, gli essic- cata, la distribuzione geografica, l’elenco delle località conosciute dall'A. con l’indicazione degli erbari ove trovansi gli esemplari esa- minati e tutto questo è scritto in latino, seguono poi le note critiche e le osservazioni in tedesco. — 184 — Sect. I. — Glacialia. 1. Taraxacum glaciale Huet (1). Regione alpina dell’Italia merid. e della Grecia. Sect. II. — Rhodotricha. 2. T. primigenium Hand. Mazz. Regione alpina dei monti dell'Himalaya occid. 3. T. microcephalum Pomel. Reg. alp. e subalp. dei monti dell’Oriente: dall’As. min. fino al- l’Afganistan, e nella reg. atlant. dell’Afr. 4, T.pyropappum Boiss. et Reut. | Luoghi deserti salmastri della Spagna e della Francia merid. 5. T. serotinum Poir. Deserti dell’Ural, Caucaso, Libano fino ai confini occid. della flora pontica. 6. T. Haussknechtii Uechtr. Luoghi aridi dalla Tessaglia alla Serbia merid. 7. T. Bessarabicum (Hornm.) Hand. Mazz. | Luoghi salmastri umidi dal Tibet e dai m. Altai fino al margine occid. della flora Pontica e della Boemia sett.; anche nella Francia merid. 8. T. leucanthum (Ledeb) Ledeb. Luoghi salmastri umidi della regione alpina dall’Himal-sett. occid. e dal Pamir fino ai M. Altai ed alla China occid. 9. T. dealbatum Hand. Mazz. Luoghi salati umidi dal Tibet occid. e dal Turkestan verso oriente fino alla Dahuria. 10. T. oliganthum Scholt. et Kotschy. Luoghi secchi della reg. alp. in Oriente, solo in poche località. Sect. IIL — Coronata. 11. 7. coronatum Hand. Mazz. Kashmir e Mongolia. Sect. IV. — Scariosa. 12. T. Bithynicum DC. Regione alpina dei monti dell'Oriente e della Spagna (?) Raro. (1) Le spécie, scritte in grassetto, appartengono alla flora italiana o sono comprese nei suoi limiti geografici. — 185 — 13. T. megalorrhizon (Forsk.) Hand. Mazz. Luoghi aridi della reg. calda sulle spiaggie del Medit. e del Ponto raro nella penis. Pirenaica. Italia penins.: Liguria, Napoletano, Lucania, Puglie — Sicilia — Sardegna — Corsica. — Malta. 14. T. obovatum (Willd.) DC. Luoghi piuttosto pingui della reg. med. occid.: nella meridio- nale sale fino alla reg. alpina. Italia penins.: Napoli — Sardegna — Sicilia. 15. T. Wallichi DC. Luoghi aridi e secchi del Caspio e della Siria fino all’India e alla Mongolia. 16. T. monochlamydeum Hand. Mazz. Luoghi aridi e secchi quasi nelle stesse regioni del preced. 17. T. Fedtschenkoi Hand. Mazz. Regione alp. del Turkestan nei M. Alai. 18. T.glaucanthum (Ledeb) DC. Nei deserti umidi salmastri dalla Russia europea merid. fino ai M. Altai. Sect. V. — Parvula. 19. 7. brevirostre Hand. Mazz. Luoghi secchi della reg. alp. dalla Persia bor. Afgan. e Tib. austr. fino al Turkest. centr. 20. T. dissectum (Ledeb.) Ledeb. Luoghi alpini e subalp. dalla Persia austr. fino ai M. Altai ed all’Himal. anche nella reg. collina della China e della Sib. orient. Nei luoghi alpini del Caucaso (assai raro) e nelle Alpi Svizzere: Sempione. 21. T. indicum Hand. Muzz. Ai piedi dell’Himal. occid. Sect. VI. — Species incertae sedis. 22. T. pseudonigricans Hand. Mazz. Luoghi piuttosto umidi della reg. subalpina dei monti dell’O- riente. 23. T. Steveni (Spr.) DC. Luoghi umidi della reg. alp. dall'Asia min. e dal Caucaso fino alla Mongolia. Sect. VII. — Antarctica. 24. T. melanocarpum Hand. Mazz. Regione alp. delle Cordigliere dell’Am. merid. — 186 — . 25. T. cygnorum Hand. Mazz. Australia merid. occid. (Swan River to Cape Riche). 26. T. Magellanicum Comm. Luoghi graminosi delle Cordigliere e delle Alpi della Nuova Zelanda; in luoghi meno elevati dell’ Australia. Species adhuc incertae sedis. 27. T. lyratum (Ledeb.) DC. Sulle sabbie dello Stretto di Behring: nella reg. alpina delle M. Rocciose (Am. sett.) e dei M. Altai (Asia). Sect. VIII. — Borealia. Subsect. I.— Ceratophora: a) phymatocarpa. 28. T. phymatocarpum Vahl. Reg. artica della Groenlandia specialmente occid., dell’Am. sett. e dell’Asia sett. orient. 29. T. Handelii Murr. Reg. artica dell’Am. sett. occid. e della Siberia sett. e nel M. Hihnerspiel delle Alpi (Tir. centr.). 30. 7°. Reichenbachii Huter. Nella reg. dei licheni dei M. Dovre (Norvegia) e nel M. Hiih- nerspiel e circostanti delle Alpi (Tir. centr.). b) deducta. 31. T. ceratophorum (Ledeb.) DC. Nella reg. artica bor. nei monti dell’Am, sett. e dell'Asia centr.; nel Caucaso, nelle Alpi (Pizzo Padella in Engadina). Una figura rappresentante sei differenti esemplari di questa spe- cie, raccolti a P. Padella, ne illustra il polimorfismo. 32. T. Tibetanum Hand. Mazz. Regione subcalida dell’Asia orient. (China, Manciuria, Tibet, For- mosa, Giappone, Sachalin, Kamtchatha). 33. IT. Mongolicum Hand. Mazz. Reg. subcalida dell’Asia orient. 34. LT eriopodum (Don.) DC. Regione mont. ed alp. dell’ Himalaya e della China meridionale occidentale. Subsect. Il. — Gymnophylla: a) laevia. 35. T. nivale Lege. Regione artica dell’Eur., Asia e Groenl. orient. 36. T. Pacherî C. H. Schultz. Regione alp. delle Alpi di tutta l’Engadina sino ai confini del Tirolo e dal giogo di Breunio fino ad Heiligenblut (Pizzo Padella, Passo Vignone a M. Ucello, ecc.). — 187 — b) vulgaria. 37. T. lapponicum Kiblm. Reg. artica sett. di tutta la terra: forse anche nei luoghi alpini merid. dell'Asia centr. 4 38. T. mexicanum DC. Nell’altipiano del Messico. 39. T. paludosum (Scop.) Schlechtr. Nei prati paludosi dell’Eur., verso sett. fino ad Upsala ed al- Vis. Oland, nelle Alpi fino a 2400 m.; manca quasi in tutta la Rus- sia. In Asia dall’Altai al Tibet fino alla Siberia transbaicalica ed in Persia. t. sett., centr. e merid. — Sicilia. Esistono delle forme intermedie!fra il 7’. vulgare ed il T. palu- dosum, forme di cui l'A. ci dà l'iconografia, la sinonimia, gli essic- cata e le località di cui ha visto esemplari: fra queste vi sono molte località italiane. 40. 7. balticum Dahlst. Sulle spiaggie del Mar Baltico e della Germania. 41. T. vulgare (Lam) Schrk. Indigeno dei prati dell'Eur. ed Asia occid., nei paesi merid. spesso fino alla regione alpina. Introdotto in quasi tutto il mondo. In tutta l’Italia e nelle isole. 42. T. alpinum (Hppe) Hegetschw. et Heer. Regione alpina della maggior parte dei monti dell’Eur. centr. e merid. fino a 3020 m. e dell'Asia (specialmente centr.). Italia: in tutte le Alpi e nell’App. centr. e merid. 43. T. fontanum Hand. Mazz. Luoghi umidi specialmente lungo i ruscelli della reg. subalp. ed alp. inferiore delle Alpi e dei monti dell’Eur. settentr. e del- l'Oriente. Italia: Alpi, Appennino (Maiella, Pizzo di Sevo, presso Celano). e 44. T. nigricans (Kit.) Reichb. Prati della reg. subalp. dei Sudeti e dei Carpazî. Sect. IX. — Hrythrocarpa. 45. 1. Sikkimense Hand. Mazz. Regione alp. dei M. Sikkim (Himal.) e nel Tibet centr. 46. 7. Schroeterianum Hand. Mazz. _ Reg. alpina del vers. merid. delle Alpi centr. svizz. e delle Alpi ‘maritt. francesi. 47. T. Hoppeanum Griseb. — 188 — Nei luoghi rocciosi della penis. ica nel Banato, rarissimo nelle Alpi (Albula, Canton Ticino, ecc...). 48. T. calocephalum Hand. Mazz. Luoghi piuttosto umidi della reg. subalp. nella parte sett. occid. dell’area del 7. Levigatum. 49. T. pindicolum (Bald.) Hand. Mazz. Regione alpina della penis. balcanica e delle Alpi occid. maritt. 50. T. laevigatum DO. (1). Luoghi piuttosto caldi dell'Eur. (esclusa l’Kur. sett.) e dell'Asia. occid. e della reg. atlantica dell’Afr. sett.; nelle regioni austr. ascen- dente alla reg. alpina, altrove introdotto. It. sett. centr. e merid. — Sardegna. — Sicilia. 51. T. obliquum (Fries) Dahlstedt (1). La stessa distribuzione della sp. prec.; pit comune nel territorio del Reno inf. It. sett, centr. e merid. — Sardegna. — Sicilia. Sect. X. — Species incertae sedis. 52. I. heteroloma Hand. Mazz. Luoghi umidi (?) della reg. alp. dell'Himalaya. 53. 7. stenolepium Hand. Mazz. Reg. subalp. ed alp. della Trancaucasia fino all’Himalaya. 54. 7. porphyranthum Boiss. Reg. alpina nel Caucaso, nel Pamir e nel Turkestan. Sect. XI. — Spuria. 5b. LT. farinosum Hausskn. et Bornm. Luoghi deserti, salati, umidi dell’Asia minore solo in poche lo- calita. 56. T. roseum Bornm. Luoghi secchi della reg. alp. della Persia merid. e merid.-vccid. 57. T. syriacum Boiss. Reg. aride della Palestina ed Asia min. orient. fino all’ PARA] stan ed al Turkestan. 58. 7. montanum (Mey.) DC. Regione alpina all’Asia Minore alla reg. del Transcaspio: nei luoghi umidi essiccati? (1) Ad avvalorare quanto abbiamo detto in principio di questa recensione facciamo osservare, come esempio, che la differenza essenziale fra questa specie e la precedente risiede solo nel colore degli ‘acheni. . — 189 — La III parte della monografia comprende le ricerche per la storia dello sviluppo del gen. Taraxacum. L’A. prima stabilisce quali siano le specie più antiche e quali le più recenti, poi osserva le serie di sviluppo analoghe e convergenti. Infine fa l’esposizione storica del modo di sviluppo esaminando par- titamente le sezioni: Rhodotricha, di origine pliocenica, la cui spe- cie stipite il 7. primigenium si è mantenuta inalterata ed invaria- bile fino ai nostri giorni; Borealia, anch’essi di origine pliocenica, la cui forma stipite deve risiedere fra il 7. ceratophorum ed il T. lapponicum; Erytrocarpa, la cui forma più costante è il T. Sikki- mense ed infine esamina cumulativamente le altre sezioni. Il centro di formazione delle specie di questo genere doveva probabilmente risiedere nel cuore dell'Asia e specialmente nelle montagne dell’Asia ‘ centrale. Infine abbiamo una chiave analitica per la determinazione delle specie. Nell’appendice troviamo le diagnosi incomplete, i sinonimi di incerta attribuzione, quelli che possono riferirsi a molte specie in- sieme, i nomi nudi e quelli che non si riferiscono al gen. Taraxacum. Sette tavole illustrano questo lavoro: le tav. I-III ci offrono i caratteri delle specie dedotti dai capolini e dagli achenî, le tav.IV-V in fototipia ci rappresentano con molta nitidezza le fotografie dei saggi di ben ventisei specie. La tav. VI rappresenta la distribu- zione delle sez. Glacialia, Rhodotricha, Scariosa, Parvula, Erythro- carpa, le cui specie sono limitate solo all'Europa, ad una parte del- l’Asia (specialmente centrale ed occidentale) ed a piccola parte del- l’Afr. settentrionale: la tav. VI ci raffigura la distribuzione della sez. Antartica e Borealia e dei T. Stevenit e lyratum. Dall'esame di queste carte si vede che la grandissima parte del- l’America meridionale, eccetto una piccola parte delle Cordigliere, tutta l'Africa, meno una piccola parte della settentrionale, l’Ara- — bia, l India (escluso l’Himalaya), il Siam, la Cocincina, l’arc. Indo- Malese e gran parte dell'Australia mancano di specie originarie di Taraxacum. Questo fatto é tanto piu strano in quanto che quelli importati (il 7. vulgare ad es.) vi vivono e prosperano benissimo. In complesso questo lavoro dell’Handel Mazzetti è buono ed in- teressante, ma di esso, come già abbiamo detto in principio, non ‘possono interamente approvarsi e lodarsi i criteri sistematici adot- tati, appunto per il loro troppo grande semplicismo. GIAN —.190 —. MuscarLer R. — Die Gattung Coronopus (L.) Gaertn. — Engler’s Bot. Jahrbiicher. — Einundvierzigster Band, II u. III Heft mit 2 Figuren in Text. s. 111-147, (1907-1908). L’A. avendo dovuto sperimentare le difficoltà che regnavano nella sistematica delle specie del gen. Coronopus, in occasione appunto dello studio e della collocazione di alcune forme del gruppo straor- dinariamente polimorfo del C. niloticus, ha compiuto lo studio mo- nografico, di cui ci occupiamo. Linneo nel 1753 attribuì al gen. Cochlearia una specie di Co- ‘ ronopus e ne fece la Cochlearia Coronopus; più tardi, nel 1767, in- scrisse un’altra specie al gen. Lepidium (Lep. didymum); con queste due specie Gaertner nel 1791 fondò il gen. Coronopus. Più tardi Desvaux accettò solo in parte il gen. Coronopus per le specie C. vul- garis Dec. e C. serratus, mentre altre ne ammise sotto Senebiera e per alcune fondò il genere nuovo Cotyliscus. De Candolle, nei suoi lavori, ammise sotto Senebiera tutte le specie attualmente com- prese nel gen. Coronopus e le suddivise in tre sezioni: 1) Nastur- tiolum, II) Carara, III) Cotyliscus. Il gen. Coronopus è stato, a seconda delle opinioni degli autori, diversamente ascritto a differenti tribù di Cruciferae siliculosae. Se- condo le vedute del dott. Thellung, intieramente accettate dall’A., 1 Coronopus occuperebbero nel sistema attuale delle Crucifere la se- guente posizione: a) Frutti pendenti: Stubendorfia. b) Frutti non pendenti: Coronopus. Hymenophysa. Stroganovia. Lepidium. Dopo alcuni cenni sulla morfologia, la biologia, l'anatomia e la fisiologia delle sue specie V’A. si occupa della loro filogenesi e della distribuzione geografica, interessante pel fatto che dalle regioni tro- picali, subtropicali e temperate dei due emisferi alcune varietà si spingono fino alle regioni polari artiche ed antartiche. Quella che colpisce ed è interessante si è la mancanza di qualsiasi forma di Co- ronopus sul continente Asiatico, mentre si trovano su tutti gli altri continenti ed il raggruppamento di molte forme nella provincia mediterranea meridionale sulle coste dell’Africa settentrionale. Le i — 191 — specie del gen. Coronopus furono attribuite erroneamente da molti autori ad altri generi, come: Biscutella Walt. Bunias Lapeyr. Carara Medik. Cochlearia L. — Lamk. — Vill. Cotyliscus Desv. Dileptium Rafin. Eudistemon Rafin. Lepidium Forsk. — Huds. — Sav. Myagrum Crantz. Nasturtiolum Medik. — Moench. Nasturtium Garsault. Senebiera Poir. — Pers. — Desv. —- DC. — Stend Thlaspi Poir. La suddivisione in sezioni si basa esclusivamente sui caratteri. del frutto ed è la seguente: Subg. I. — Eucoronopus Muschler. Sect. I. Carara DO. Sect. II. Nasturtiolum DC. Sect. III. Cotyliscus Desv. Subg. II. — Delpinoella (Speg.) Muschler. Le specie sono distribuite ed ordinate nel modo seguente : Subg. 1. — Hucoronopus Musch. Sect. I. — Carara DC. 1. Coronopus verrucarius (Garsault) Muschler et Thellung. Subsp. I. — Huverrucarius Musch. — Eur. centr. Reg. medit. ed Oriente, Egitto, Arabia, Afr. merid. Austr.: avventizio nell’Am. settentrionale. var. typicus — Eur. centr. Reg. medit.: Provincia ligure-tir- rena; Sardegna. forma pycnocarpus Musch. Eur. centr. Reg. medit. De- forma chaunocarpus Musch. serto di Sahara. var. procumbens (Gibib) Musch. — Eur. centr. reg. medit.: Provincia ligure-tirrena e medit. centr.; Am. sett. atl. forma latinocarpus Musch. — Reg. medit. centr. e merid. var. macrocarpus Muschl. — Algeria, Marocco. Subsp. II. — Conradi Muschl. — Afr. sett. occid. 2. C. violaceus (Munby) O. Ktze. Prov. medit. merid. occid. (Marocco). var. longepedicellatus Muschl. — Reg. medit merid. alora Sect. II. — Nasturtiolum DC. 3. C. didymus (L.) Kur.: Italia (excl. a. Afr. sett. SE ; Am. sett, fino al cer- chio polare, Australia. Subsp. I. Eudidymus Muschl. var. rosulatus Muschl. — Amer. subartica; Macaronesia ; ; reg. delle steppe nel Sud-Afr.; Eur. centr. var. procumbens Massa. -— Amer. austr.; Afr. merid. occid. var. macrocarpus Muschl. — Amer. trop. Argentina, Uruguay, Equador, Chili. f. incisus (DC.) Muschl. — Reg. delle Ande, Brasile. f. pectinatus (D C.) Muschl. — Ande, Patagonia, Madaga- scar, Macaronesia. Subsp. II. — Australis (Hook) Muscl. — Patagonia. 4. C. integrifolius (D C.) Prantl. Afr.: regione dei boschi e delle steppe; Regione dei Monsoni (Is. Filippine e Formosa). var. linotdes (D C.) Muschl. — Afr. merid. 5. C. Englerianus Muschl. sp. nov. Prov. delle steppe nell’ Afr. orientale. Sect. III. — Cotyliscus Desv.. 6. C. lepidioides (Coss.) O. Ktze. Afr. sett. (Algeria, Tunisia, Deserti). 7. C. niloticus (Del.) Spr. Afr. sett.; Arabia. Subsp. I. — Euniloticus Muschl. forma tenuisectus. forma prostratus. forma acaulis. Subsp. II. — Raddii. var. microcarpus. forma rodaensis. forma procumbens. var. macrocarpus. forma humilis. Subg. IL. — DeLPINoELLA (Speg.) Muschl. 8. C. patagonicus (Speg.) Muschl. Patagonia. i 9. C. serratus (Poir.) Desv. — 193 — Brasile; Montevideo. 10. C. rhytidocarpus (Hook.) Macloskie. Patagonia (rarissimo). Di ogni specie, sottospecie, varietà, forma ecc.... l'A. dà i carat- teri, la descrizione, la sinonimia, l’iconografia, l’area geografica e fa numerose osservazioni geografiche e sistematiche. FABRIZIO CORTESI. * E. De Hatacsy. — Supplementum Conspectus Florae Graecae. — Un volume in-8° di pag. 132. M. 6. — (Lipsiae, de Gui- lelmi Engelmann, 1908). Noi abbiamo a suo tempo fatto conoscere la pnbblivagiona del Conspectus Florae Graecae del prof. E. De Halàcsy, e constatiamo con piacere che ha incontrato grande favore presso i botanici di tutta Europa. Dalla pubblicazione del 3° ed ultimo volume (1904) VA. ha raccolto tant’altro materiale da rendere necessario un Supplemento, ed è quello che noi ora annunciamo, il quale per coloro che possedono l’opera è indispensabile. Il volume è tanto più prezioso, inquantochè non contiene sola- mente l’indicazione di nuove località per le specie già registrate, ma vi sono indicate anche nuove specie sfuggite alla compilazione dell’opera o affatto sconosciute. La forma in cui è redatto il supple- mento è quella stessa dell’opera, collo stesso ordine, cosicchè riesce facile servirsi di esso senza pericolo di finan è, come l’opera, redatto con molta cura e precisione. Teramo, 14 giugno 1908. GG, * * * Archiv fir Zellforschung, pubblicazione periodica in fascicoli a tempo indeterminato, diretta dal prof. RicHARD GoLpscamIDT del- l’ Università di Monaco. — Vol. I, fasc. 1°, con 7 tavole e 155 fi- gure nel testo e 16 fogli. Prezzo 16 marchi. — (Peiezis Vasta Engelmann, 1908). La pubblicazione annunciata è destinata a raccogliere le memorie originali relative allo studio delle cellule; è strettamente scientifica, e, oltre ai lavori che si riferiscono alla costituzione e alla vita delle cellule animali e vegetali e loro parti, si occuperà di tutti quegli altri studi che in un modo qualunque hanno relazione diretta o indi- retta con questa disciplina. Oltre a ciò conterrà una rubrica critica Se — 194 — di tutti i lavori che sullo stesso argomento verranno pubblicati al- trove, diventando così un centro della citologia. Il giornale si pubblicherà in fascicoli a intervalli indeterminati, formanti un volume di 40 fogli di testo con 20 tavole. Il prezzo per ogni volume sarà di circa 40 marchi. Si pubbliche- ranno memorie e articoli tanto in tedesco, quanto in francese, in- glese e italiano. Il primo fascicolo è stato pubblicato or ora e con- tiene le memorie seguenti : R. Herrwic. — Nuovi problemi della scienza cellulare (con 9 fi- gure nel testo e prospetti). G. TrscaLer. — Studi sulle cellule di piante ibride sterili (con 120 figure). A. e K. E. ScHREINER. — Formazione dello sperma nelle Mixinoide (sviluppo delle cellule sessuali maschili di Myxine glutinosa, con 6 ta- vole e 26 figure nel testo). R. Gotpscumipr. — Sopra til modo di comportarsi del Cromatino nella maturazione dell’uova e fecondazione del « Dicrocoelium lancea- tum » Stil. et Hass. (Distomum lanceolatum), (con una tavola). Gc; eee + Òm__——Tr ———— ——————— © LESS SISSI RS BNL INCI NT ENS NSA AIA NS NITRA NIV OT Annuncio Dictionnaire raisonné de Biologie de la fleur. Par HerMmIN Mignio- RATO, Me servant du méme plan avec lequel j’ai preparé le « Diction- naire raisonné de Tératologie végétale » (1) je compile un « Diction- naire raisonné de Biologie de la fleur», c’est-a-dire un système de répertoires bibliographiques, iconographiques et glossologiques, qui fournissent tout ce qui sert pour étudier un argument. * * Je prie les auteurs de m’envoyer deux exemplaires de chaque mémoire, spécialement d’argument général, afin que je puisse abréger le temps employé pour le dépouillement des ouvrages yui ne sont pas de ma propriété. On prie de faire les envois au soussigné àl’adresse suivant: «Roma, via Panisperna 89 B (Istituto botanico) », et par poste reccomandée s'il s'agit de mémoires volumineux ou avec planches. M.M. les Directeurs des périodiques botaniques, M.M. les Biolo- gistes et les Sociétés botaniques et savantes sont priés de donner diffusion a cette circulaire. Rome, le ir Juin 1908. HermIn MIGLIORATO Aide-Conservateur de l’Institut botanique de Rome. (1) Cet ouvrage fut annoncé avec une circulaire dans les « Annali di Bo - tanica» vol. II, fasc. 2°, 1905. Di VE LEO | PUBBLICATI fC EN ; Direttore del R. Istituto e del R. Orto Botanico di Roma Ferraris T. — L’Abate Antonio Carestia (Tav. X), pag. 197. \ Riviste, pag. 259. \NNALI DI BOTANICA DAL Pror. ROMUALDO PIROTTA ae INDICE, i 3 _ Foékuiceint L. — Contributo alla conoscenza delle Caracee del Lazio, pag. 207. A otk | Miguiorato E. — Sull'Eutimorfosi del Caruel, pag. 213. i: CHIOVENDA E. — Di uno sconosciuto studioso della Flora delle Alpi Veneziane, | pag. 215. - Micriorato E. — Documenti e notizie circa i nomi “ Statice Brunii,, Guss. e “ Statice barulensis ,, (Tav. XI), pag. 225. _ Nannizzr A. — Un codice erbario del secolo XV, pag. 231. Longo B. — Osservazioni e ricerche sul Ficus Carica L., pag. 235. î Carano E. — A proposito dell’ ematossilina come reattivo delle sostanze pe- ot etiche, pag. 257. ~~ ROMA TIPOGRAFIA ENRICO VOGHERA 1909 tempi non determinati e con numero di fogli e tart ~~ vole non determinati. Il prezzo sarà indicato numero | |. per numero. Agli autori saranno dati MER at SRO Saga o 25 esemplari di estratti. Si potrà tuttavia chiederne um numero maggiore, pagando le semplici spese di pane carta, tiratura, legatura, ecc. ai bs ‘Gli autori sono responsabili della forma e del conte: nuto dei loro lavori. peo DRAG: iL N.B. — Per qualunque notizia, informazione, politi riwhleauen al prof. R. consi R. Istituto Botanico, Panisperna, 89 B. — ROMA. 2 Gli Annali. di Botanica si pubblicano a ‘fascicoli, fun , ee Vor VIL. [pubblicato il 15 marzo 1909) Fasc. 2° ————+——————————_—___É_-—— a CRA No GREY NIRS NNO NIN SARIN NADA INS SRI NS DELI NS NU RL SASA L’ Abate Antonio Carestia. Prof. T, FERRARIS (Tav. I.) Si é spento serenamente nella sua Riva Valdobbia la notte del 12 maggio scorso nell’età di anni 83, fra il compianto di tutti i suoi convalligiani che l’amavano come un padre e fra i quali passò la sua vita laboriosa ed attiva celando agli stessi suoi intimi con una mo- destia d’altri tempi le doti elevate dell’ingegno, fuor della cerchia delle sue natie Alpi altamente apprezzate da numerosi ammiratori e da botanici illustri. Il tenace Pinus Cembra — com’egli nelle sue care corrispondenze soleva designarsi — resistente al soffio di tante burrasche che avevano abbattuto le fibre meno robuste de’ suoi illustri coetanei e colleghi, ha curvato la chioma, il tronco è stato schiantato dal soffio gelido ed inesorabile della morte. Ed or riposa nel piccolo cimitero non lungi dalla casetta modesta che abi- tava ed attigua alla piccola cappella ov’egli giornalmente con con- vinzione, ma senza ipocrito zelo, compiva i suoi doveri di ecclesia- stico. Sia pace a quest’anima buona, mite, ‘grande nella sua modestia che ha saputo in vita accattivarsi tante simpatie e dopo morte lasciare un sincero rimpianto in quanti ebbero la ventura di conoscerlo, di ammirarlo. La sua dolce, simpatica figura non sarà così presto di- menticata da quanti lo poterono avvicinare nel suo romitaggio, la memoria di lui sarà imperitura: nelle flore d’Italia il suo nome ri- corre troppo spesso per designare l’esimio raccoglitore di una pianta rara od interessante delle vallate alpine che egli fino a non molti anni fa con passo fermo e sicuro esplorava con rara diligenza armato di un vascolo poderoso e della zappetta da erborista. È una figura di botanico simpatica che tramonta e che richiama alla mente quella de’ sistematici d’altri tempi, osservatori profondi e diligenti racco- = glitori nonchè preparatori insuperabili. Egli apparteneva a quella 2° generazione di botanici che contribuirono colla copia dei materiali ' raccolti a creare una vera flora completa d’Italia: era uno dei più waa ANNALI DI BoTANIcCA — Vou. VII. 13 wm i ZI — 198 — anziani di quella schiera illustre cui appartennero il De Notaris, il Parlatore, il Castracane, il Gibelli, il barone Cesati, il Passerini, il Caldesi, il Piccone e tanti altri ed a cui appartengono tuttavia illustri botanici cui la scienza augura ancora molti anni di vita, quali l’Ardissone, il Baglietto, l’Arcangeli, il Saccardo. * x L’abate Antonio Carestia nacque a Riva Valdobbia il 2 febbraio 1825, discendente da una delle più antiche famiglie della vallata. Suo padre era chirurgo e nel tempo che gli rimaneva libero dalla sua professione si dilettava di botanica ed era buon conoscitore della Flora alpina. Ciò non ostante egli non iniziò il figlio a tali studi ai quali più tardi egli spontaneamente e senza alcuna guida doveva dedicarsi per naturale inclinazione, ma lo avviò alla carriera eccle- siastica. Il giovane Carestia fece i suoi studi nel seminario di Novara, quindi tornò a Riva come cappellano in una piccola chiesa del paese natio. Ben presto egli fu attratto dalle maraviglie botaniche della sua deliziosa vallata e si dedicò con ardore allo studio della flora alpina compiendo nella primavera e nell'estate lunghe e talora diffi- cili escursioni sui monti della Valsesia e spingendosi spesso nelle vallate di Gressoney e di Aosta. Egli non ritornava mai alla sua modesta casetta senza avere nel vaséolo tra un gran numero di piante interessanti qualche rarità, qualche gemma preziosa della flora alpina ch’egli era riuscito a strappare daqualche picco scosceso o scovare nel fondo di un orrido burrone.ove talora, incurante del pericolo, si av- venturava per soddisfare alla sua smania di raccoglitore dall’occhio si- curo cui non sfuggiva la più minuta e nascosta pianticella. Nelle sue escursioni egli non si faceva accompagnare che dalla sua fidata per- sona di servizio Margherita Vicario, la quale nella tradizionale gerla portava il materiale che doveva servire per la preparazione delle piante, nonchè i viveri e più d’una volta col braccio vigoroso traeva d’impaccio l’infaticabile raccoglitore da qualche situazione difficile ove nella speranza di una buona caccia si era avventurato. Quando le prime nevi coprivano di un manto bianco le cime dei monti e giù giù scendevano fino alle praterie della vallata egli lasciava il vascolo e la zappetta e varcava la soglia del suo piccolo studio sulla cui porta stava scritto : « Benedicite universa germinantia in terra Domino ». Allora si armava di una lente e cominciava a studiare le sue raccolte, ad ordinarle, a sistemarle. Preparava gli esemplari da inviare ai suoi amici botanici od alle Exsiccata ove le piante più interessanti venivano pubblicate. ANN. BOT. VII. TAV. X ISTANTANEA DEL REV. ABATE CAV. A. CARESTIA ESEGUITA DAL Dr T, FERRARIS NELL’ESTATE DEL 1904 Fot. Danesi - Roma — 199 — Fu in relazione coi botanici più illustri del suo tempo; corrispon- dente di Parlatore, De Notaris, Gibelli, Cesati, Caldesi, Trevisan, Rabenhorst, fu amicissimo col Piccone, col Baglietto, coll’ab. Cal- «derini suo convalligiano. Forni ricco materiale all’ab. Bresadola, al prof. P. A. Saccardo ed a me per lo studio della flora micologica valsesiana e, pur già vecchio, in questi ultimi anni continuava a rac- «cogliere nelle vicinanze della sua Riva materiale che inviava per la determinazione ai suoi giovani amici, dichiarandosi impossibili- tato per la crescente debolezza della vista di attendere esso stesso a tale lavoro. Per le sue molteplici benemerenze egli fu nominato membro della Società Crittogamologica italiana, della R. Accademia -di agricoltura di Torino, delle Società floristiche Valdostana, Valle- siana, Lionese ecc. Il granduca di Toscana nel 1859 gli conferì la me- -daglia d’ argento per le benemerenze verso il Museo Fiorentino cui a- veva procurato ricco materiale botanico, S. M. Re Umberto gli conferì la croce di cavaliere del Regno d’Italia. Fu amico di Quintino Sella ‘e di Costantino Perazzi. S. M. la Regina Margherita ebbe per lui grande stima: pochi anni fa lo invitò nella sua palazzina di Gres- soney ed egli benchè già vecchio valicò ancora una volta il colle di Valdobbia e scese nella valle del Lys portando a S. M. la Regina Madre un erbario della flora alpina. Due anni or sono Pio X gli fece avere una sua fotografia con de- dica autografa il che lo commosse vivamente, riempiendo di gioia il cuore del compianto vegliardo. Alla sua morte tra innumerevoli condoglianze di botanici, di ammiratori, di amici giunsero telegrammi da S. M. la Regina Madre e dal Ministro della Pubblica Istruzione rimpiangenti la perdita dell’illustre scienziato. i sa Ne la sua attività si limitò alla raccolta ed allo studio delle piante. Il suo ingegno pronto, la sua elevata istruzione, la naturale «disposizione alle più minute e difficili ricerche lo resero distinto paleografo. Egli leggeva e decifrava facilmente qualsiasi documento medievale: come frutto di questa sua dottrina rimane una interes- sante trascrizione degli statuti di Crevola dei secoli x11 e x1v. Do- vette rinunciare a questa sua grata occupazione di decifrare le an- tiche pergamene che gli teneva occupate tante lunghe serate del- l’interminabile inverno alpino quando la vista stanca per la vecchiaia si rifiutava ad obbedire alla sua volontà e l’uso della lente di ingran- dimento gli riusciva fastidioso ed incomodo. — 200 — Nei tempi di sua gioventù e fin quando la sua robusta fibra lo: sostenne nelle sue numerose escursioni non fu solo valente racco- glitore di piante, ma ardito alpinista. Nè si accontentava di salire le- più eccelse cime per quel desiderio che spinge qualsiasi amante di questo sport di andare sempre più in alto; egli osservava, studiava, fissava le impressioni ricevute. E quale manifestazione di questo. ramo della sua attività abbiamo la bella monografia del Weisshorn che gli valse la nomina a socio onorario del Club Alpino Italiano. È D) * Come uomo il Carestia non peccava che di un sol difetto: era. troppo modesto! Col ‘suo ingegno avrebbe potuto fare una carriera. brillante dedicandosi esclusivamente alla scienza ed occupare colla sua tempra di scienziato vero e profondo una cattedra universitaria: egli preferì invece il suo paesello ai rumori della città, la sua cap- pella alla scuola, il suo romitaggio (nome col quale era solito chiamare la casetta ove abitava) ed il minuscolo giardino.colla siepe di uva-. spina al più sontuoso istituto ed al più ricco orto botanico: ivi tro- vava la sua quiete, la pace dell’animo: fuori delle ire e delle invidie del mondo contro cui la sua naturale dolcezza avrebbe dovuto urtare,. egli si sentiva felice, l’animo gli sorrideva quando su un’alta cima. mirava di fronte a lui il massiccio superbo del M. Rosa limpido di nubi, calmo, mirabile nella sua maestosa grandezza, oppure ai suoi piedi si ergeva umile un raro fiorellino della montagna, sublime, me-. raviglioso nella sua picolezza. Là sulle erte creste al nord del colle di Valdobbia un fiore umile, raccolto, che pare guardi il cielo gli era più specialmente caro e destava l'ammirazione sua più viva; |’ Eri. trichium nanum, la graziosa borraginea dalla corolla intensamente azzurra, come lui modesta nella sua bellezza, come lui solitaria sulle eccelse vette, umile, ma grande. Benchè amante della vita solitaria, tranquilla fuori dei rumori del mondo non era però misantropo, vo- lentieri discorreva de’ più svariati argomenti con chiunque lo avvi- cinava nelle sue escursioni o nel suo romitaggio ed in tutti questo. uomo sapeva destare la più viva simpatia, la più sincera ammirazione. | Egli era al corrente di ogni fatto e parlava con egual competenza di cosescientifiche come di lettere, di arte, come di politica. Certo predi- ligeva intrattenersi con botanici intavolando discussioni sugli argo- menti più controversi e senza mai imporre il suo modo di vedere, sa-- peva sempre mettere in evidenza i fatti più notevoli che potevano. portare alla migliore interpretazione di un qualsiasi fenomeno. Nè i suoi discorsi e ragionamenti riuscivano freddi, monotoni o pesanti, egli sapeva abbellirli di frizzi arguti, di barzelette che narrava con “ — 201 — «sorprendente vivacità destando il più vivo interesse in chi l’ascoltava. ‘Carattere franco e sincero egli odiava l’adulazione e l’ipocrisia. Sa- cerdote, egli compiva i suoi doveri con scrupolo e diligenza senza’ ‘vantare un falso fervore od un eccessivo zelo: meco si lagnava un giorno che persone invidiose e povere di spirito avevano riferito al vescovo della sua diocesi ch’egli era solito andare in giro per le mon- ‘tagne senza rivestire l’abito talare sì che gli venne l’intimazione di ‘osservare rigidamente i decreti sinodali, quasi avesse commesso un grave sfregio alla religione, mentre ben si poteva comprendere che per un alpinista e botanico l’abito sacerdotale non è il più adatto e il più comodo per inerpicarsi sui monti ed avventurarsi fra le bosca- .glie ed i cespugli in cerca di piante. In questi ultimi anni egli aveva l'abitudine di uscire a prendere un po’ ‘di aria al mattino per tempis- simo nel periodo in cui vi erano villeggianti, richiudendosi poi per tutto il giorno nella sua casetta e ciò per evitare l’incontro di per- sone pronte a simulargli di fronte una ammirazione profonda e di poi per invidia abituate a sindacare le sue azioni e ad ostacolare la .sua libertà. Prima e dopo la stagione di villeggiatura si sentiva più libero ‘fra i suoi convalligiani che lo amavano sinceramente ed allora usciva più spesso per quanto la sua età e la stagione lo permettevano. Ul- timamente si dedicava ancora con speciale accanimento ad una cac- ‘cia pericolosa per quanto utile. Nella stagione propizia attendeva -che uscissero dalle loro tane le vipere, che sono piuttosto numerose nella Valsesia, e con un bastoncello terminante a forca abilmente le immobilizzava ed uccideva prima che avessero il tempo di rivoltarsi. Una volta mi scrisse una lettera molto faceta ove si vantava di aver ‘salvato un’anima dal Purgatorio e ciò per avere nel principio del- l’anno ucciso la prima vipera. Ed argutamente narrava una leggenda popolare secondo la ‘quale la prima vipera uccisa nell’anno dava il diritto presso Dio della liberazione di un'anima dal Purgatorio. E «concludeva — senza troppa persuasione — che se ciò fosse vero molte anime gli avrebbero dovuto esser grate di una tale liberazione! Il peso degli anni non gravava troppo su quella fibra robusta che già quasi ottantenne si sarebbe sentito il coraggio di accompagnarmi nelle mie escursioni alpine, se quella benedetta vista l’avesse servito un po’ meglio! Di questa debolezza crescente specialmente egli st lagnava, dispiacente di non potersi più occupare di ricerche e di «determinazioni e forzato perciò a dare l’addio alla botanica. Fa- .ciant meliora potentes esclamava con santa rassegnazione! Del resto egli prendeva con filosofia gli inevitabili inconvenienti della vec- «, dal quale trascrivo la parte che mi sembra utile per la conoscenza dell’autore ; « Grand’é la previdenza d'Iddio omni» potente d’hauer prodotto tanta uarietà di cose, è tra Valtre dell’ Herbe, così adottate di specifica Virtà con proprii nomi distinti, et a tutte le parti del corpo humano appropriate e finalmente ad ogni sorte di male: disposte e conferenti. Et non è da pensar punto che queste siano le Herbe tutte inseruienti alla medicina, mentre in loco sì angusto non è capace, che di poco numero, mà se Vomnipotente Fattor del tutto m’impresti uita, et gratia, di quante potrò con gl’occhi uedere sopra la terra, et hawere lume d’altrui, di qualunque conditione si sia, le descriuerò tutte al possi- bile con le sue chiare figure, et inscrittione: persuadeteui pure, che tutte sono di specifica virtà dal Sommo Iddio circonscritte, a punto mi so- uiene essere stato più uolte, affermato da uirtuosi, et spetialmente da Ve- nerandi Padri Teologhi in Salisburgo, a Viena, et altrove nella Ger- mania, nell’ Istria, et Dalmatia, in Roma, Fiorenza, Bologna, Venetia, Trewiso et altre tanto più in Padua, quando fui a prender il Laureato in Chirurgia. Volsi ancora fare publica Spiegatine nell’ horto de Sem- plici, erretto dalla Serenissima Republica doue da Diversi Eccell.m Signori Dottori, Spetialmente V Eccell.m° Valisniere, homo de primi nell Europa nei nostri tempi dissero che Salomone con scienza in- fusa componesse un Libro della virtà delle herbe tutte et li pose il nome ecc. ecc. ». — 27 — Nelle carte 7-9 retto vi sta: « Modo di conoscere le qualità e Virtà dell’ Herbe secondo il Crollio, Pinaeo, Horstio, et Sethi ». Nella carta 9 retro vi sta il seguente sonetto scritto a proposito della laurea: Net GLORIOSO LAUREATO 1N CHIRURGIA, IN ARCHILICEO AL -MeRITO SINGOLARE DEL MOLT’ILLUSTRE ET ECCELLENTE Siunor ANDREA pi PETRIS © Dr Sauris nella CARNEA. SONETTO. La fama argiua, od’esculapio ancora aquista noua gloria Andre mio in te risurge per uoler di Dio E per ciò tutto I’ secolo t’adora. A dottorato fosti doue ogn’hora ‘medicando ti mostri saggio, e pio perch’antidoti sei del morbo rio e rimedio alla peste che n’ancora. Palme idume non merti ne anco alloro sendo il tuo crin mirabilmente degno d’esser cinto di stelle all’ Sommo Choro. In ogni region e in ogni Regno Scrito il tuo Nome in fronte del Decoro Perche nel medicar trapass’il Segno. In Segno di Riuerent’Ossequio Na N: Padua, li 10 luglio 1722. Seguono 352 facciate numerate, rimanendo in fine 7 carte affatto bianche. Le figure sono complessivamente 216, delle quali 104 sono disegni «coloriti completi, accompagnati da cenni descrittivi, indicazioni di località più o meno dettagliate e di usi medici: 86 sono pure disegni «coloriti e completi ma non portano che indicazioni nominali: 11 sono disegnate solo in parte: 1 è disegnata completamente a contorno, ma non è stata colorata: 12 o sono ideali o tratte dal Mattioli o da altri autori. Le piante sono indicate dalle seguenti località, che trascrivo col- l'ortografia originale. Cargna, Friule, Paduano, Treuigiano, Monte Tudaja in Cadore presso Lagio, Canal di Sochieue, Gorto, Faghera, Sigilleto sopra Ponti, Frassenetto, Vigo in Cadore, Forno di Sopra, Dondraza, Binckla in Tirolo, Visco, Dael, Feltrone, Voltries, Lungies, Monte S. Anna nella Stiria, Riuiera di Salò, Sauris, Ovaro, Crivello, Viaso, Noghere, valle di Sappada, Forno Auoltri detto in Luza, Ponti, Valcalda di Monai. — 218 — I disegni sono per lo più abbastanza ben fatti quantunque grosso- lanamente e le specie nella grandissima maggioranza vi sì possono "facilmente riconoscere. Citerò qui solamente le specie più interes- santi, col numero della pagina in cui trovasi il disegno e notando con * quelle che portano indicazioni dettagliate di località. 2. Doronicum Clusù *. 4. Galanthus nivalis L. 10. Hypochaeris maculata L. * 14. Selaginella helvetica Spring. 15. Asplenium septentrionale Hoftm. * 16. Linum viscosum L. 17. Thesium alpinum L. 20. Saxifraga aizoides L. 92. Epipactis latifolia All. 26. Pedicularis comosa L. 28. Achillea Clavenae L. 30. Gentiana acaulis L. 32. » verna L. di. » amarella L. 36. » ciliata L. 38. Astrantia maior L. varietas. 40. Cyperus flavescens L. 42. Aster amellus L. * 44, Epimedium alpinum L. * « nel Canal di Sochieue viene chia- mata Forcula », 46. Centaurea transalpina Schleich. 58. Hippophae rhamnoides L. * 60. Melampyrum arvense L. * 62. Kopsia ramosa Dum. 64. Orobanche epithymum DC. 65. Lathraea squamaria L. 66. Menyanthes trifoliata L. * 76. Dentaria enneaphylla L. * 74. Primula auricula L. 78. Sanicula europaea L. 82. Pulmonaria mollis Wolf * prima indicazione per l’Italia. 84. Omphalodes verna Mònch * prima indicazione per l’Italia. 86. Ajuga genevensis L. 88. » reptans L. 90. Fritillaria imperialis L. * « nasce spontanea nel monte dè S. Anna nella Stiria, nella riviera di Salò, e viene repiantata ne-. gli horti >. — 219 — 92. Cephalaria alpina Schrad. * Per dare un saggio della i im por- tanza delle osservazioni botaniche che il Di Petris faceva, trascrivo quanto egli scrisse in accompagnamento alla graziosa ed esattissima figura. « Scabiosa Centauroides Valeriana maiorfolia. Questa bella pianta di Scabiosa Centaurioides nasce spontanea .qui in Sauris di Sopra, sotto et sopra la strada per andare in Cadore, in loco detto im ue- derst lanar, dove ne hò cauata et repiantata aa mio horto, fa una Radice grossa come la Gentiana magiore, di color palido, densa, polposa, non troppo dura, di sapor dolcificante et poco amara, acre, non ingrato, di bon dere Le Foglie sono grande belle, eae ats quanto liscie, et uerde canute, di forma come quelle della centaurea magiore. Fusto grosso quanto un dito, concauo, nodoso, alto sino a tre gombiti, nella somita fa i rami che sl dali in tes nella cui estremità nascono tre fiori per cadaun ramo, in un oi squa- moso, pelosetto, pieno di fiori bianchi giallegianti, nella forma come quelli della Scabiosa magiore, ma più folti et uniti, fiorisce di Lu- glio et Agosto, che poi resta il seme longo cineritio. Qualità caldo et secco in secondo grado. Virtù, radice cotta con Ligueritia, o in Aqua melata uale per li Asmatici et per la tosse ». Per la regione dagli autori moderni non è stata indicata che come raccolta sul Monte Cavallo nel Friuli dal Kellner (1) però fu già in- dicata pei monti di Feltre dal Pontedera (2) e sul Monte Cavallo era già stata raccolto dallo Zannichelli nel 1726 (3). 96. Ophyoglossum vulgatum L. * 98. Plantago alpina L. * 100. Primula acaulis 102. > officinalis Jacq. * 104. Figura e da le località precise di due specie di Primula che non riesco a capire che cosa possano essere, coi nomi: « Primula veris flore rubro minor. Verni » « Primula veris flore rubro maior Autum- nalis >. « Ecco come ne parla: » Nasce copioso la Primula veris del fior rosso, il minore nella valle di Sappada, nelli prati sopra Forno Auol- tri delia in Luza, et quasi per tutti li prati. sopra ponti, nelli prati di ualcalda di monaj, et qui in Sauris solo nelli cercenati, et alla maina nelli prati non mai stati arati, et in Sauris di Sopra no) prato (1) PARLATORE. — Fl. Ital. VII, 200; GORTANI Fl. Friul. 404. (2) PONTEDERA. — Dissertationes 189, n. XIV. (3) ZANNICHELLI. — Opuscula bot. posthuma, pag. 52. ED" ae de Polentarutti, nella riua sotto il Coro Stanliero et altrove — fio- risce di maggio. La Magiore fiorisce di settembre, nasce in Sauris di Sopra sotto li prati segativi, in loco detto imerukarlanar, dove è il Pascolo delli Animali, Ambi fanno picciole radici, Foglie come il Belis minore, parte stratte per terra, Fusto sottile sendò il minore circa una Spanna, nella cui somità sono li Fiori uniti quasi in om- brella Rossi purpurei come la qui figura, di bel aspetto, odore soaue, sapor come il Belis minore. Qualità caldo, et secco nel fine del primo grado. Virtù, aperitiuo et prouocatiuo per la tenuità, resto come l’altre primulaveris ». i Ambedue le figure hanno 1 fiori disegnati col lembo della corolla in piano per cui non mostrano la conformazione del tubo e del calice; ambedue hanno le foglie interissime, la minore un po’ acute, la mag- giore ottuse; i fiori hanno le lacinie della corolla lilacine, il lembo ceruleo e la fauce coccinea. La minore è forse da riferire alla Pri- mula farinosa L., la maggiore forse ad una forma autunnale gigan- tesca, della medesima, certo sono da escludere le primule a corolla rossa della regione. 118. Orchis maculata L.! 120. Nigritella nigra Rchb:! 121. Gymnadenia conopsea var. ornithis (Jacq.) Beck « Palma Christi altera albi flores. Nasce per lo più nei prati, nei monti della Cargna, fa li fiori bianchi ». 122. Orchis purpurea Huds. 124. » pyramidalis L. vel globosa L.? 126.» coriophora var. fragrans Pollin. 127. » mascula L. 128. » wstulata L.! Prima indicazione per l’Italia. 129. Platanthera bifolia! 150. Orchis morio L.! 151. Serapis longipetala! 152. Orchis mascula L. 133. Herminium monorchis! 134. Bicchia Albida! Come ognun vede questa serie di orchidee é interessantissima, anche, per il numero notevole delle specie che ho segnato con l’escla- mativo che essendo state ben disegnate e descritte non lasciano alcun dubbio riguardo alla loro determinazione. 136. Paradisia liliastrum Bert. * 138. Prunella laciniata L. * 142. Datura stramonium L. * scrive che i Friulani la chiamano Farcaria perchè scaccia i Farchi cioè le talpe. wee 15 (RA o rl 144. Atropa belladonna L. * 146. Helleborus viridis L. * 148. Veratrum album L. 152. Galeopsis speciosa Mill. in Sauris è chiamata Joan. Prima indicazione per |’ Italia. 154. Gentiana asclepiadea L.* « Nasce questo asclepias copioso nei nostri boschi e pascoli quiin Sauris, et ne mettono nei fasci che portano a Benedire il giorno della Natiuita di Maria Vergine li 8 settembre ». È una delle migliori figure. 156. Parnassia palustris L. * 158. Bothrychium lunaria L. 160. Iris squalens L. * Di questa interessantissima pianta credo meritevole trascrivere ciò che ne scrive il Di Petris: « Molte sono le spetie dell’Iride, ma hora descriuo della nostrana che noi in ‘Sauris habbiamo negli horti, et altrovo nella Cargna uiene impian- tata sopra le mura de gl’ horti spetialmente vicino le strade, per ornamento, fa la radice tuberosa, grossa, nodosa, con altre fibrose sotto et germogliano assai foglie come spade, longhe et strette, doppie che una uiene fuori dal mezo dell’altra per longo, fusto che fa più rami tondo, nella cui somità produce il suo fiore di vari co- lori ma per lo più estremo (sphalm. prò esterno) Azuro, nel mezzo giallo bianco e variato, seme tondo negro. i Qualità, Ecc. >». Questa è la più antica indicazione di questa pianta per l’Italia che 10 mi sappia. 168. Corydalis cava DC. 170. Soldanella alpina L. 174. Thalictrum maius Jacq. con infiorescenze giovanissime. 176. Spiraea ulmaria L. 178. Asarum europaeum L. 180. Petasites officinalis Moench. 182. > niveus Baumg. (1). 184. Tussilago farfara L. 196. Arum italicum Mill. 198. Daphne cneorum L. 205. Listera ovata RBr. 216. Streptopus amplexifolius DC. 218. Cypripedium calceolus L. (1) Cfr. Tilli H. Pis. (1723) p. 140, col nome: Petasites medius, folio quasi triangolari, inferne candidissimo. D. Micheli. «aa — 222 — . Betonica officinalis L. » alopecuros L. » hirsuta L. . Crocus vernus All. » sativus L. . Hibiscum trionum L. . Allium victoriale L. . Isopyrum thalictroides L. solo quattro foglioline. . Cyclamen europaeum L. . Biscutella laevigata L. porzione della pannocchia fruttifera. . Hypericum perforatum L. » montanum L. » tetrapterum Fr. . Lilium candidum L. >» martagon L. » croceum L. » carniolicum Bernh. . Trigonella corniculata L. . Peucedanum ostruthium Koch. . Archangelica officinalis Hoffm. . Laserpitium siler L. . Lepidium campestre 1. . Polygonum lapathifolium L. » persicaria L. . Ceterach officinarum . Scolopendrium hemionitis Sw. » vulgare Sm. . Adiantum capillus veneris L. . Asplenium ruta muraria L. » trichomanes I. . Lycopodium selago L. Bryum sp. . Solanum miniatum Bernh. . Arabis thaliana L. Hutchinsia petraea R. Br. . Linaria alpina Mill. 338. 352. Euphrasia Rostkoviana Hayn. Sisymbrium alliaria Scop. Non mi trattengo a lungo per dimostrarre ai lettori |’ impor- tanza del lavoro del Di Petris; però non posso fare a meno di ri- chiamare in special modo l’attenzione sulla serie di specie affini così le Gentiana, le Pulmonaria, le Primula, le orchidee, le Pesasites, — 223 — le Detonica, i Crocus, gl Hypericum, 1 Lilium i Polygonum, ecc. ci di- mostrano a esuberanza essere l’autore stato un bravo botanico, mentre il come sono fatti moltissimi dei disegni nei particolari ce lo di- mostra essere stato un ottimo osservatore. Perciò tutto considerato spero di aver fatto bene a far noto il nome di questo altro studioso. della Flora Veneta che quantunque sia rimasto fino ad ora perfet- tamente ignorato da tutti, certamente merita di essere collocato a fianco di qualunque altro benemerito dello studio di quella Flora anche da molto tempo conosciuto. Le poche notizie biografiche di Andrea di Petris che ho, le traggo da quanto egli ha scritto nel principio del suo lavoro che qui rias- sumo. Egli nacque in Sauris nel 1692, prese la laurea in chirurgia il 10 luglio 1722 nell'università di Padova, ebbe a professore tra gli altri il Vallisnieri e sembra che abbia viaggiato parecchio in diverse parti d’ Italia e dell’ Europa centrale. Lascio agli storici locali la cura di darci, se lo crederanno opportuno, notizie biografiche più estese di queste. RR ANSA SNAEANCSMSANAG SOILS NS DD) OD DO OD LY NO) YBN) NY DN Documenti e notizie circa i nomi “Statice Brunii,, Guss. e “ Statice barulensis ,,. Nota di ERMINIO MIGLIORATO (Tav. XI). Nel 1895 pubblicai sui detti nomi una breve noterella (1) con os- servazioni di nomenclatura accompagnate da un brano ricavato da un’opera di Achille Bruni (2), nella quale trovai segnato il nome di Statice Brunii senza diagnosi, nome che non riscontrai in nessuna delle flore italiane, nè in quelle regionali della Terra di Bari, (3) ove la pianta fu raccolta dallo stesso Bruni. Non ò trovato segnato detto nome neanche nelle flore generali e regionali pubblicate dopo il mio articolo (4). © Venuto a conoscenza di altre notizie che riguardano questi due nomi, le riunisco nelle seguenti pagine corredandole di alcune os- servazioni, e ciò per semplice notizia storica. I seguenti documenti A, B, C, sono del Bruni; vengono dopo le mie osservazioni. (1) Mieniorato E. — Documenti relativi ad una « Statice » dell’ Italia me- ridionale. — Napoli 1895. * (2) BRUNI A. — Lezioni elementari d’agricoltura. — Bari 1868. (3) ARCANGELI G. Flora italiana. 1882. MartELLI U. Rivista critiva delle specie e varietà del genere Statice. Fi- renze 1887. CESATI, PASSERINI e GIBELLI — Flora italiana. Milano. PARLATORE e CARUEL — Flora italiana : Plumbaginaceae per A. Mori — Vol. VII, 1888. (4) PALANZA A. — Flora della terra di Bari. Trani 1900 - Pubblicata dopo la morte dell’autore per cura di Ant. Jatta. FroRI e PAOLETTI — Flora analitica italiana Vol. II 1902. Plumbaginaceae per A. Fiori. Addenda id. id. 1907. A (1847). BRUNI ACHILLE. — Di una nuova specie di Statice. All’egregio dott. Giu- seppe Pasquale. (Jl Lucifero, Giornale scientifico ecc., anno X, n. 59, 8 Decembre 1847, pag. 3183. Napoli. « Mi piace, carissimo Collega, comunicarvi talune notizie sopra una so- spettata nuova specie di Statice. « Nel di primo di Giugno 1847, percorrendo le campagne di Barletta tra il mare e le foci dell’Ofanto, rinvenni una Statice quasi in fine della sua fioritura. « La disposizione de’ suoi fiorellini, la delicatezza del loro colore al- quanto pallido, e l’abito intero della pianta mi fecero sospettare che fosse una specie nuova. « A queste probabilità poggiate su i caratteri del vegetabile, s’acccop- piarono talune mie osservazioni che mi confermarono in tale idea. « Di fatti voi vi ricordate che le stagioni di primavera e della state in quest'anno spirante hanno ritardato di un mese la vegetazione, in ge- nerale: or voi conoscete che le Statici ordinariamente nel nostro regno fio- riscono in autunno. Ebbene una Statice quasi in fine di fiorire nel prin- cipio di giugno in una stagione tardiva d’un mese, fa supporre natural- mente che fosse nuova, poichè la sua fioritura era anticipata di tre mesi: e se per lo contrario la stagione in questo anno fosse stata precoce, la ve- getazione trovandosi più presto sviluppata, quella Statice sarebbe stata tro- vata da me fiorita nel principio di maggio, val quanto dire quattro mesi prima dell’ordinaria fioritura delle altre specie comuni. « Un’altra osservazione di fatto m’induce a ciò sostenere; ed è che quella Statice fu da me veduta vegetare insieme con un’altra pianta di Statice serotina (la quale, siccome voi sapete, fiorisce in settembre); ed anche le radici sprofondavansi nella stessa cavità del terreno. « Le diramazioni dello scapo della Statice serotina erano ancora tenere come gli asparagi, e simigliantemente osservai in tutte le altre piante di Statice, essendochè dal primo di giugno a settembre ci volevano altri tre mesi per l’ordinaria fioritura. « Siffatte due osservazioni mi fecero credere una novità in quella pianta da me raccolta; e al mio ritorno in Napoli ne presentai un saggio al chia- rissimo cav. Giovanni Gussone, il quale mi disse che gli sembrava una nuova specie. « Egli consultò vari libri sulle Statici, e maggiormente si confermò nel- l’idea della novità, nulla trovando di comune tra la pianta da me porta- tagli e quelle descritte. Lo pregai che l’avesse illustrata, ed egli mi sog- giunse che attende la monografia delle Statici scritta dal Sig. Boissier; (1) e se nulla vi troverà circa la specie da me raccolta, alallora la descriverà. (1) De CanpoLLe. Prodr. System. vol. XII anno 1848. — Plumbaginaceae, pp. 617-696. (E. M.). O sc « Or voi vorrete sapere perchè non l’abbia descritta io medesimo? per due ragioni: la prima si è che nello studio botanico da me intrapreso sono ormai dodici anni, non ho avuto nessun trasporto a descrivere vegetabili (e voi sapete bene che non tutti abbiamo inclinazione per tutti i rami d’una medesima scienza; ma bensì chi per un ramo e chi per un altro); quindi confesso RO) che per ora la parte descrittiva delle piante non mi entra in testa. « La seconda ragione poi sta in ciò; che se anche io sapessi ben de- scrivere i vegetabili, pure nol farei volentieri, perchè è meglio lasciar fare a chi ha di noi maggiore dottrina e più lunga esperienza. « Tal’é la mia maniera di pensare su questo punto: perciò aspettiamo dal sig. Gussone la descrizione della sospettata nuova Statice. Ed io dal canto mio spero di far riportare sul Poliorama pittoresco la figura della pianta in parola, mercé le note gentilezze usateci sempre dal nostro cor- diale amico sig. Cirelli (1). « Queste cose ho voluto comunicarvi, mio caro amico, giacchè tante pic- cole novità scientifiche, alcune oggi, talune altre domani, unite insieme, di- stendono viemmaggiormente i progressi della botanica, scienza dilettevole e interessante per l’agricoltura. « Amatemi e credetemi i « l’aff.mo amico « ACHILLE BRUNI ». Napoli, Dicembre 1847. B (1857). BRUNI ACHILLE. — Descrizione botanica delle Campagne di Barletta. — Na- poli 1857, pag. 77. Enumeratio Biagtatuni quae in agro barulense sponte proveniunt. Pag. 169: « STATICE .....? Se io fossi un Botanico la chiamerei Statice baru- lensis. Nel mese di maggio 1847 ne raccolsi taluni saggi in piena fioritura vicino le siepi di Atriplex Hulimus che circondano la masseria di Santo Lazzaro, e propriamente dalla parte interna, lungo il canale di difesa in ter- reno argilloso e pantanoso. Era una pianta unica e sola fiorita, e tutte le altre non davano nessun segno di vegetazione. Ivi abbondano a centinaia di migliaia le piante della Statice Limonium e Statice serotina, e cominciano a fiorire verso il cadere del mese di luglio. Il suo portamento, il fogliame, la rami- ficazione, la disposizione dei fiorellini, e lo stesso colorito: tutti questi fatti la facevano distinguere dalle altre specie che io aveva raccolte nell’autunno degli anni antecedenti 1837, 1838, 1840, 1841, 1842, 1844. « L’egregio cavalier Gussone ff Hide: e mi we gentilmente dirmi che se ne sarebbe occupato a studiarla. Io ne aveva solamente due saggi, de’ quali uno per lui e l’altro per me. (1) La figura della Statice non fu pubblicata nel « Poliorama » (E. M.). — 228 — « La particolarità della fioritura, cento giorni prima delle altre piante, ec- citò i miei sospetti che si fosse un’altra specie o varietà positiva. Sul gior- nale il Lucifero ne pubblicai un cenno: Anno 10° N. 39°, li otto dicem- bre 1847». C (1868). BRUNI ACHILLE. — Lezioni elementari d’ Agricoltura. — Bari 1868. Paol OU ecu AE 0) ae ie the DI I Non è superfluo aggiungere alla distribuzione geografica delle piante sulla superficie terrestre, che a cominciar dal lido del mare in sopra, nel nostro Mediterraneo, le principali piante più generalmente spontanee sono le se- guenti . Statice Brunii (V. Gussone che la descrisse nel catalogo del suo erbario, come specie nuova, raccolta da noi presso l’Ofanto nel maggio 1847) ». * Questa Statice esiste nell’erbario Gussone (1) rappresentata da un sol saggio provvisto di tre cartellini, che trascrivo in ordine crono- logico: (Tav. XI). i I. « Barletta || Maggio 1847 || Calycis lobi obtisi!; nervi ca- lycini glaberrimi, basi tantum || calyces pilis nonnullis obsiti. — In St. serotina lobi acuti || et nervis a basi ultra medium pilosis || A. Bruni || Confer. St. tatarica et St. scoparia ». La località, la data e la firma sono di carattere del Bruni, la frase diagnostica ecc. è di pugno del Gussone. II. Il seguente cartellino è di pugno del Gussone: « Statice Brunii Guss. || In inundatis salsis maritimis Italiae australis ». III. Questo cartellino è di pugno del Pasquale (G. A.): « Sta- tice Brunii Guss. est St. Limo || nium neque plus neqae minus. || Pa- squale ». x % Negative mi sono riuscite, invece, le ricerche nell’ erbario Bruni, (2) nel quale un tempo era conservato, a detta del Bruni (doc. B), un saggio della Statice. (1) Conservato nell’Orto botanico di Napoli. Ringrazio l’Illmo Prof. Cavara per avermi favorito, per mezzo dell’ Isti- tuto botanico di Roma, l’esemplare in esame. (2) Codesto erbario è posseduto dall’Ill.mo Prof. Orazio Comes della Scuola superiore d’Agricoltura di Portici. Ringrazio il Prof. Comes per le ricerche che fece nel mio interesse. — 229 — DESCRIZIONE DELL’ ESEMPLARE. È rappresentato dall’apice d’un fusto con quattro foglie, di cui tre deteriorate. Dell’ infiorescenza ce n’é una parte con le spighe molto lunghe, con un fiore per ogni brattea. Le infiorescenze sono unilaterali, però qualche volta si presen- tano distiche. I caratteri sono quelli dati dal Gussone, ma l’esemplare differisce dalla Statice Limonium L., x macroclada Boiss., per avere i calici con i lobi ottusi ei nervi glabri o. appena pelosi alla base, mentre in questa varietà sono più o meno pelosi e acuti. L’unicità dell'esemplare non è materiale sufficiente per decidere sull’entità della forma. Sarebbe, perciò, una varietà Bruni? (Guss.) della Statice Li- montum. L. Sospetto che si tratti d’ un caso di fioritura precoce (V. doc. A.). x Sarò ben lieto se questa nota indurrà qualche florista ad esplo- rare la località indicata dal Bruni. * E E Non solamente la Statice Brunii Guss. non fu descritta nel ca- talogo dell’Erbario gussoniano, (1) (Bruni nel documento C,) ma la diagnosi relativa non fu mai pubblicata; ciò si rileva dall’ accu- © rato elenco delle specie del Gussone contenuto nei « documenti bio- grafici » dello stesso, riuniti dal Pasquale nel 1871 (2). Dal R. Istituto botanico universitario di Roma, 15 Dicembre 1908. (1) Il catalogo dell’Erbario gussoniano è manoscritto del Prof. G. A. Pa- squale e si conserva con |’ erbario. (2) PasquaLe G. A. — Documenti biografici di Giov. Gussone, botanico na- politano, tratti dalle sue opere e specialmente dal suo erbario. Atti Accad. Pon- taniana. — Napoli, 1871. ANNALI DI BOTANICA — Vou, VII. 15 je ——+_++++0S*®*®®®€_ ___—_m———_2__27_222zz111____——————————_—_————— RUE NN AVERE LLANITEISNA NATI VNANNIRL A ISS OF DIO Un codice erbario del secolo XV Nota di Arturo NANNIZZI Questo codice erbario fa parte di una raccolta di manoscritti botanico-medici, esistente nella Biblioteca Comunale di Siena (1). Il medesimo è cartaceo, di mm. 280 X 410, di cc. 220, e reca per titolo: « De rebus vegetabilibus ad medic[in]am spectantibus » (2). La scrittura è a due colonne, gotica, del sec. xv, con iniziali alter- nativamente rosse e azzurre, più o meno rabescate (3). Tl testo, compilato e scritto di propria mano da un tal Manfredi, è diviso in tre parti. La prima che va da c. 1 a., a c. 118 a., consiste in un trattato sui medicamenti semplici, per ognuno dei quali l’au- tore enumera le speciali virtù, le malattie in cui possono esser som- ministrati, le sofisticazioni, etc. Comincia « Dum ego Manfredus in arte spetiaria semper optarim scire virtutem et cognoscere rerum proprieta- tes de simplicibus medicinis... », termina « Explicit liber de simplicibus medicinis. » | La seconda parte comprende due brevi trattati astrologico-medici, intitolati rispettivamente: « A/bedacii philosophi Filii Regis Persarum. Tractatus fortuitorum. » (da c. 118 a. a c. 121 a.); « Tractatus ali- quorum signorum secundum fortunam » (da c. 121 a. ac. 122 v.). La parte terza ed ultima del testo, che va da c. 123 a. a c. 211 ., 6 costituita da un trattato sui vegetali adoperati in medicina, diviso in sette libri. Comincia « Incipit liber I de Vegetabilium. In universa- libus... >, finisce « Explicit liber VII de Vegetabilium. Deo gratias. » Il codice termina con 21 figure di piante, disegnate a colori, e di- stribuite in sette tavole, da c. 214 v. a c. 220 a. (non numerate). Dette figure, se appaiono di ottima fattura dal lato artistico e rispetto anche (1) Pubblicherò tra breve un’ illustrazione completa di questa raccolta, in- sieme ad alcune notizie inedite sui lettori dei Semplici nello Studio senese. (2) Il codice è segnato L, VII, 18. (3) Non è esatta l’assegnazione di questo codice al secolo xv data dai ca- taloghi della Comunale di Siena. VE LASA all’epoca in cui furono eseguite, sono in realtà troppo spesso schema-- tiche o incomplete per potersi sempre identificare con assoluta sicu- rezza, anco perchè le medesime sono prive di qualsiasi denominazione. o di cifre corrispondenti al testo. Ecco l'elenco delle specie: Tav.,I: 1. Sp. ?; 2. Labiata, forse Leonurus o Lycopsis sp.; 3. La- biata. — Tav. II: 4. Lonicera, probabilmente L. Caprifolium L.; 5. Lo- — tus sp.; 6. Melissa officinalis L. ? — Tav. III. : 7. Solanum Melongena L.? 8. Cucumis? sp. — Tav. IV.: 9. Veronica sp.; 10. Lysimachia Nummularia Li. ; 11. Angelica? sp. — Tav. V.: 12. Panicum miliaceum L.:13 e 14. Ombrellifere; 15. Pirus? sp. — Tav. VI.: 16. Chelido-- nium majus L.; 17. Veronica Teucrium L. ?;18. Labiata ? — Tav. VIL: 19. Myrtus communis L.; 20. Quercus sp.; 21. Alnus glutinosa Gaertn. In calce alla prima carta del codice trovasi una miniatura rappre- sentante Ercole in atto di sostenere le fauci spalancate di un leone,. e che reca a tracolla uno scudo con lo stemma dei Petroni. Di questa nobile famiglia senese fece parte Lodovico di Salimbene Petroni, fa-. moso lettore di umanistica nello Studio di Siena nella seconda metà del sec. xv (1) e che forse possedette il codice-erbario. Infatti lo stemma suddetto vedesi similmente tracciato, e a quanto pare dalla stessa mano, anche in un altro manoscritto della Comunale di Siena, contenente un trattato di Alberto Magno, in cui dopo l’explicit, si legge: « Opus Alberti Magni de Animalibus a libro XIV dicavit sacrae bibliothecae Ludovicus Petronius eques et doctor Senen.* MCCCCLIX-»(2). L'autore del codice erbario fu certamente qualche medico che lo compilò circa la metà del quattrocento, attingendo da altri trattati più antichi, secondo l’uso del tempo. Contemporaneamente però ci vien fatto di pensare al noto medico e astrologo bolognese Girolamo. Manfredi, lettore di filosofia e medicina nello Studio di Bologna; nè è da escludersi affatto che il codice possa essere stato scritto dal Manfredi stesso e passato poi, per circostanze che non conosciamo, a Lodovico Petroni. Questi a sua volta vi avrebbe fatta eseguire la mi- niatura col proprio stemma, che sembra invero essere di fattura di- versa e di data alquanto posteriore al testo del codice in parola. Girolamo di Antonio Manfredi, secondo il Fantuzzi (3), è menzio- nato per la prima volta nei Rotuli dell’Università di Bologna alla lettura di medicina nel 1463; è ricordato poi « ad Astronomiam de mane diebus festis » nel 1474, e «ad Astronomiam de mane diebus continuis et (1) UsurcEerrAzzouini I, Pompe sanesi, I. p. 310. Pistoia, Fortunati,. 1642. — Concistori, Tom. 401, f. 35, Ms. in R. Arch. di Stato di Siena. LI (2) Questo codice è segnato L, III, 9. (3) Fantuzzi G., Notizie degli scrittori bolognesi, T. V. p. 197. Bologna, MDCCLXXXVI. ‘ordinarits, cum hoc quod faciat judicium et tacuinum » nel 1477. La sua fama in astrologia gli valse il soprannome di Astrologo datogli dai suoi contemporanei. Scrisse « // novo lume dell’arte overo il Perchè, opera copiosa di varie cognitioni, cioè osservationi per la santità, qualità det cibi, virtà dell’erbe, etc. >, libro questo che ebbe gran diffusione e parecchie edizioni. Il Manfredi morì a Bologna nel 1491 ed ivi fu sep- pellito nella chiesa di Santa Margherita (1). Siena, R. Orto Botanico, ottobre 1908, (1) FAnTUZZI G., L. c.; Cfr. ELoyY, Dizionario storico della medicina, T..IV, p. 168. Napoli, Gessari, 1764, .rr——T——————————————":=>+zzzeIE];©©€-=-=s>""— [NN nrrr___u_“—_ ——= LS SDL DAT VI aoe aT Na NN NO NISSAN A NIN NSN REF RL PRA Osservazioni e ricerche sul Ficus Carica L. di BraGIio LonGo Già brevemente in due note preliminari (1) ebbi occasione di rendere di pubblica ragione i risultati principali delle mie ricerche sul Fico e sul Caprifico ; risultati che, fino ad ora, per ragioni indi- pendenti dalla mia volontà, non ho potuto pubblicare più dettaglia- tamente. In questo frattempo sono stati pubblicati altri lavori sul soggetto, fra i quali ricordo alcuni del Leclere du Sablon. Ho ri- cordato qua subito il Leclere du Sablon giacchè, se con piacere con- stato che i suoi risultati principali sono quelli già da me o ante- cedentemente da altri pubblicati, non posso d’altra parte però fare a meno di notare con meraviglia che egli non mi cita affatto, quindi dà come scoperta sua la moltiplicazione del nucleo secondario del sacco embrionale (origine partenogenetica dell’endosperma) del Capri- fico in seguito alla eccitazione prodotta dalla deposizione dell’uovo della Blastofaga, mentre già io l’avevo scoperta e pubblicata un anno prima di lui! Infatti io la pubblicavo nei Rendiconti della R. Acca- demia dei Lincei il 1° aprile 1906, mentre il Leclere du Sablon faceva la pubblicazione nei Comptes rendus de V Académie des Sciences sol- tanto il 21 gennaio 1907 (2) e più dettagliatamente nella Revue gé- nérale de Botanique il 15 gennaio 1908 (3). Ecco le mie testuali pa- role: « ... dopo la deposizione [nei fiori pristilliferi dei fioroni del Caprifico] dell'uovo della Blastofaga, mentre da esso si va svilup- (1) Loneo B. — Acrogamia aporagama nel Fico domestico (Ficus Carica L.). — Annali di Bot., vol. III, fasc. 1° (luglio 1905), pag. 14. Loxco B. — Ricerche sul Fico e sul Caprifico. — Rendic. d. R. Accad. dei Lincei. Cl. di sc. fis., mat. e nat., ser. 5, vol. XV, 1° sem., fasc. 7 (1 aprile 1906), pag 373). (2) LecLERc pu SaBLON. — Sur la symbiose du Figuier et du Blastophage. — Compt. rend. d. l’Acad. d. Sciences. T. CXLIV, n. 3 (21 janvier 1907). Paris, pag. 146. (8) LecLeRo DU SABLON. — Structure et développement de l’albumen du Caprifiguier. — Rev. gén. de Botanique. T. XX, n. 229 (15 janvier 1908), pag. 14 AT O, rai Na eee oP eni ara De DR TN bi i Te n y te Re SENZA PRI Oey Se aE | A — 236 — pando la latva, ho osservato nel sacco embrionale la presenza di nuclei endospermici (il Solms-Laubach non fa cenno della presenza di tali nuclei), come pure ho osservato moltiplicazione dei nuelei anche in cellule della nucella. Però, sia nel sacco embrionale che in queste cellule nucellari non ho mai osservato figure cariocinetiche, ciò che m’induce a ritenere che, probabilmente, tale moltiplicazione nucleare avverrà per frammentazione; e questo è anche avvalo- rato dal fatto che in qualche nucleo delle suddette cellule della nu- cella ho osservato delle lobature ed anche talora delle strozzature più o meno pronunziate. Questa moltiplicazione di nuclei sia nel sacco embrionale che nelle cellule della nucella è certo in stretto rapporto con la presenza dell’ uovo dell’ insetto: infatti essa non solo è successiva alla deposizione di quest’ uovo, ma non l’ho affatto os- servata nei fiori in cui l’uovo non era stato deposto » (1). Siena, gennaio 1909. (1) LonGo B. — Ricerche sul Fico e sul Caprifico. — Rendic. d. R. Accad. dei Lincei. Cl. d. Sc. fis., mat. e nat., ser. 58, vol. XV, 1° sem., fasc. 7 (1° aprile 1906), pag. 375-576. ; — 290 — Il Fico, com’è noto, presenta i suoi fiori racchiusi in un caratteri- stico soia che non comunica con l’esterno che per mezzo di ‘una piccola apertura, chiusa a sua volta da numerose squamette stret- tamente addossate le une alle altre. La parete interna di questi ricet- tacoli è completamente tappezzata da piccoli fiori numerosissimi, fittamente stipati gli uni agli altri, che raggiungono il loro Sapio) sviluppo nell’ interno stesso del odo nel quale anche avviene la maturazione dei frutti. Di questi ricettacoli del Fico si distinguono ordinariamente ane sorta: gli uni, che maturano alla fine della primavera o al principio dell’estate ; gli altri, che maturano nel corso dell’estate o ai prin- cipi dell’ autunno. I primi sono stati distinti coi nomi di fioroni, fichi fiori, ecc.; gli altri con quelli di forniti, di fichi propriamente detti, ecc. I pati sono stati anche chiamati fichi primaticci ed.i se- condi fichi tardivi; ma questi nomi, che sembrano appropriati quando sì tenga conto soltanto dell’epoca della maturazione, non lo sono real- mente. Infatti, se si studia la formazione e lo sviluppo dei ricettacoli del Fico, si vedono formarsi verso la fine della primavera od al prin- cipio dell’estate sui rami, che si sono formati nella stessa primavera, all’ ascella delle foglie i ricettacoli (forniti) che maturano poi nel ‘corso dell’estate o ai principî dell'autunno. Su questi stessi rami si originano nell’autunno degli altri ricettacoli, che però non si svilup- pano se non nella primavera seguente, e sono appunto questi i ricet- tacoli (fioroni) che si vedono maturare alla fine della primavera o al principio dell’ estate presso le cicatrici delle foglie cadute nel- l’autunno. Il nome quindi di fichi primaticct meglio si adatterebbe ai forniti, e viceversa quello di fichi tardivi ai fioroni, come aveva già giustamente fatto notare il Gallesio (1). I ricettacoli del Fico, sia i forniti che i fioroni, non conten- gono che fiori pistilliferi. Solo è ricordata qualche eccezione di ri- cettacoli contenenti anche fiori staminiferi: così quelli del « Fico di Croisic » osservato dal Solms:Laubach in Francia sulla costa bre- tone (2) e del « Fico di Cordelia » osservato dall’ Eisen in Cali- fornia (3). Anche l’Henslow cita la varietà « Pingo de mel » del Por- (1) GAaLLESIO G. — Pomona italiana, parte scientifica, fascicolo primo con- tenente il trattato del Fico. — Pisa, MDCCCXx, pag. 33. (2) Sormus-LAUBACH (GRAFEN zu) H. — Die Herkunft, Domestication und Verbreitung des gewithnlichen Feigenbaums (Ficus Carica L.). — Estr. dal Bd. XXVIII (1882) degli Abhandl. d. K. Gesellsch. d. Wissensch. zu Géttingen, pagg. 13-14. 7 (3) Eisen G. — Biological Studies on Figs, Caprifigs and Caprification. — Proc. of the California Acad. of Sciences. II Ser., vol. V (January 11, 1896), pag. 920. terloggitr togallo per la presenza di stami, che in questo caso sono però ste- rili (1). I fiori pistilliferi delle due sorta di ricettacoli non presentano in tutto la medesima struttura. In quelli dei forniti l’ovario contiene un unico ovulo ed è provveduto di uno stilo inserito più o meno lateralmente e terminato da due stimmi, d’ordinario molto inegual- mente sviluppati. Lo stilo è pieno essendo occupato nella parte as- sile da un tessuto conduttore collenchimatico, come anche ha osser- vato il Guéguen (2). L’unico ovulo occupa completamente la cavità ovarica; è pendente ma inserito un po’ al disotto della sommità della .- b Fig. 1. Fig. 2. cavità ovarica; è anfitropo e provveduto di due tegumenti. Il tegu- mento interno ricopre l’apice della nucella, mentre l’esterno si ar- resta alquanto al disotto di esso. Nella porzione del tegumento in- terno che ricopre l’apice nucellare non si trova traccia di micropilo nè di canale micropilare, analogamente a quanto descrive il Treub pel Ficus hirta Vahl (3). Le cellule di questa regione sono, relati- vamente a quelle del tegumento esterno, alquanto più, fornite di (1) Henstow. — Staminiferous figs. — Gard. Chr., 3., ser., XXXII, 44. Ref. in Just’s Bot. Jahr. XXX (1902). II Abtlg., pag. 790. (2) GuéGuEN F. — Anatomie comparce du tissu conducteur du style et du stigmate des Phanérogames. — Journ. de Bot., 162 Ann. (1902), pagg. 16-17. (3) Treu M. — L’organe femelle et l’embryogenèse dans le Ficus hirta Vahl. — Ann. du Jard. Bot. de Buitenzorg., 22 Ser., vol. III (1902), pag. 124. — 239 — contenuto. Cellule assai ricche di contenuto si trovano in quella porzione della nucella che è al di sopra del sacco embrionale: esse formano una regione che si distingue perciò nettamente dal rima- nente tessuto nucellare. I fasci che percorrono l’ovario (v. fig. 1 e 2, rappresentanti rispettivamente l’ovario di un fiore di fornito di Fico sezionato longitudinalmente e trasversalmente ed ingrandito 42 volte) provengono da un unico fascio (f) che, penetrato nella base dell’ovario, si divide in due rami che salgono in alto nella parete ovarica diametralmente opposti: di essi l'uno (a), più debole, per- corre la parete ovarica in corrispondenza della parte gibbosa del- l’ovario e si continua nello stilo ; l’altro (5), più sviluppato, percorre dal lato opposto la parete ovarica fin in corrispondenza al funicolo dell’ovulo ove, ripiegandosi, penetra in esso per terminare alla ca- laza. La parete ovarica è dunque percorsa, come ho detto, da due fasci e non da uno solo come inesattamente dice il Guéguen (1). Qualche volta ho osservato in qualche fiore appartenente anche allo stesso ricettacolo un piccolissimo ramo che si distacca dal fascio d,. prima che questo si ripieghi nel funicolo, e che si spinge fin alla base dello stilo od anche lo percorre più o meno. Ho notato che- questo fatto è generalmente in rapporto con lo sviluppo più o meno “ineguale dei due stimmi: in fatti se generalmente, come ho gia detto, i due stimmi sono molto inegualmente sviluppati, può talora uno di essi essere anche completamente abortito e si possono tro- vare, anche in uno stesso ricettacolo, tutti i gradi di passaggio fino a fiori provveduti di due stimmi presso a poco dello stesso sviluppo. Ora dei due stimmi quello più sviluppato si trova sempre in cor- rispondenza al fascio a, ed è appunto quando i due stimmi sono presso a poco uguali che si osserva generalmente il piccolo ramo di cui sopra. Nei fiori dei fioroni Vovario può contenere un unico ovulo ov- vero, ed è il caso più frequente, ne contiene parecchi. Quando l’o- vario non contiene che un unico ovulo questo non differisce nella struttura da quello dei fiori dei forniti: è, in fatti, anfitropo, prov- veduto di due tegumenti costituiti e disposti come quelli dei for- niti, cioè di essi soltanto l’interno copre l’apice della nucella non lasciando traccia di canale micropilare. Inoltre, come nell’ovulo dei forniti, la nucella è provveduta di sacco embrionale normalmente sviluppato. Quando, in vece, nella cavità ovarica-si trovano parecchi ovuli, essi non sono tutti della stessa forma, nè della stessa gran- dezza, ma si presentano più o meno deformati, in differenti stadi (1) GUEGUEN F. — Loc. cit. — 240 — -di sviluppo, taluni con sviluppo così ridotto da non avere affatto la forma nè la costituzione di ovuli e da non presentare traccia alcuna di sacco embrionale. Soltanto alcani, almeno uno solo, degli ovuli contenuti nello stesso ovario si presentano bene differenziati e provveduti di un sacco embrionale normalmente costituito; anche questi però si allontanano per la loro struttura più o meno da quelli normali: spesso ortotropi, possono presentare anche tutti i gradi di passaggio da questa forma fino a quella campilotropa o quasi; mo- dificazioni ‘più o meno notevoli presentano anche nella forma, nella ‘ disposizione dei tegumenti e nei rapporti di questi con la nucella, così non sempre la nucella è coperta dal'tegumento interno, ma talora fuoresce da esso a guisa di un mammellone più o meno ap- puntito. La presenza di ovuli di struttura diversa in uno stesso ovario’ merita di essere notata anche pel fatto che, come è noto, la strut- tura dell’ovulo in generale si ritiene costante in una data specie ed anche in ur intiero gruppo di piante; tuttavia questo del Fico non è un caso isolato: in fatti anche il Miiller osservò in una Bro- meliacea (Hohenbergia) accanto agli ovuli anatropi degli ovuli or- totropi, non che forme intermedie fra questi due (1). Anche nei fiori dei fioroni è dunque sempre esistente il sacco embrionale, trovandosi esso, come ho detto, normalmente sviluppato nell’unico ovulo nel caso di ovario uniovulato, o in uno almeno -degli ovuli nel caso di ovario pluriovulato, e ciò contrariamente alle osservazioni del Gasparrini (2) e del Solms-Laubach (3). Non ho nemmeno mai osservato nei fiori dei fioroni l’ovario bi- loculare di cui parlano gli autori. L’ovario pluriovulato può vera- mente dare a tutta prima l'illusione di un ovario biloculare, ma la presenza di una sola cavità si mostra evidente allorchè si esa- minino le sezioni praticate in serie, sia trasversalmente che longitu- -dinalmente. | L’ovario dei fiori dei fioroni è sormontato anch’esso da uno stilo terminato da due stimmi che sono però in generale ugualmente svi- luppati. Anche lo stilo differisce da quello dei fiori dei forniti es- sendo cavo e percorso da due fasci vascolari. (1) Miniter F. — Geradliufige Samenanlagen bei Hohenbergia. — Ber. d. deutsch. bot. Gesellsch. Bd. XI (1893), pag. 76 con tav. VI. (2) GASPARRINI G. — Nuove ricerche sopra alcuni punti di anatomia e fisio- logia spettanti alla dottrina del Fico e del Caprifico. — Lavoro letto all’Acca- demia delle Scienze di Napoli nella tornata del di 12 dicembre 1848, ed inse- rito nel num. 42 del Rendiconto della stessa Accademia. Pag. 8 dell’Estratto. (3) Soums-LAUBACH ‘GRAFEN Zu) H. — Op. cit., pag. 14. ES ies Io ho potuto stabilire queste differenze comparando i fioroni del Fico chiamato a Roma Fico di S. Antonio con i forniti di una qual- siasi delle razze di Fichi da me studiate. Però queste differenze non sono sempre così distinte quando si osservino anche i fioroni di altre razze; esaminando, in fatti, i fioroni del Fico ottato, del Fico bru- sciotto bianco ed anche quelli di Fichi selvatici viventi sulle mura di Roma, ho trovati tutti i gradi di passaggio dalla struttura su descritta del pistillo dei fiori dei fioroni a quella del pistillo dei fiori dei forniti : così ho trovato talora sviluppo ineguale dei due stimmi, talora lo stilo cavo soltanto nella parte superiore od anche del tutto pieno, talora tutti i fiori di un ricettacolo con ovario contenente un unico ovulo anfitropo. Anche il Caprifico ha i suoi fiori racchiusi in ricettacoli, costi- tuiti essenzialmente come quelli del Fico. I ricettacoli dell'uno e . dell’altro si distinguono però per la qualità dei fiori che essi con- tengono. Inoltre nel Caprifico si possono ordinariamente distinguere tre sorta di ricettacoli: fioroni, forniti e cratiri. I primi sono stati distinti anche coi nomi di orni, grossi, profichi; 1 secondi sono chia- mati anche mammoni, i terzi mamme. I fioroni, analogamente a quelli del Fico, si originano verso la fine di autunno per svilup- parsi soltanto nella primavera successiva e maturare verso la fine della primavera o ai principî dell’estate; i forniti, anche analoga- mente a quelli del Fico, si originano alla fine della primavera e al .principî dell’estate per. maturare verso la fine dell’estate o in autunno; i cratiri si originano verso la fine dell’ estate, si svilup- pano in autunno senza però maturare, passano l'inverno sulla pianta e soltanto maturano nella primavera seguente. I fioroni del Caprifico contengono fiori di due sorta: pistilliferi e- staminiferi. Questi ultimi sono situati tutto all’ingiro al di sotto dell’ostiolo, mentre il resto della superficie interna del ricettacolo è occupato dai fiori pistilliferi, che sono più numerosi degli altri, in numero all’incirca triplo o quadruplo. Talora però qualche fiore sta- minifero si trova anche frammisto ai fiori pistilliferi. Inoltre — fatto degno di nota — in un Caprifico vivente sulle mura di Roma ho tro- vato anche qualche fiore monoclino normalmente sviluppato. Nei fiori pistilliferi il pistillo è costituito come quello dei fiori dei for- niti del Fico salvo che nello stilo, il quale è molto più corto (onde il nome di brevistili e longistili dati rispettivamente ai fiori del Capri- fico ed a quelli del Fico) e percorso da uno stretto canale per lo più allargantesi ad imbuto alla estremità superiore. I forniti ed i cratiri del Caprifico contengono anch'essi fiori pistilliferi come quelli dei. — 242 — fioroni, inoltre i forniti contengono spesso, ma non sempre, dei fiori staminiferi, i quali sono generalmente mancanti nei cratiri. È un fatto noto che l’ovario dei fiori pistilliferi di tutte e tre le sorta di ricettacoli del Caprifico si presenta, nei ricettacoli maturi, generalmente trasformato in galla, onde il nome di fiori galligeni dato a questi fiori. In questi, infatti, un piccolo imenottero, la Bla- stofaga (Blastophaga grossorum Grav.) compie il’ suo sviluppo. La femmina nella primavera depone le uova nell’interno degli ovari dei fioroni, poi, verso la fine della primavera o i principî dell’estate, gli insetti, che si sono sviluppati nell’interno degli ovari al posto del seme, fuorescono dalle galle e le femmine, fecondate, abbandonano il ricettacolo per penetrare nei giovani forniti nei quali, a quest’e- poca, i fiori pistilliferi hanno raggiunto il loro completo sviluppo. In questi fiori la Blastofaga depone le uova, dalle quali si svilup- pano altri individui che raggiungono il loro stadio definitivo verso la fine dell’estate o in autunno. Anche le femmine, che si sviluppano in questi ricettacoli, fuorescono da essi e penetrano nei giovani cra- tiri per deporre le uova negli ovari dei fiori pistilliferi, che ap- punto in quest'epoca hanno raggiunto il loro completo sviluppo. È soltanto nella primavera successiva che le Blastofaghe, nate dalle uova deposte nei fiori dei cratirî, abbandonano questi ricettacoli ibernanti per penetrare nei fioroni. Così s’inizia nel nuovo anno la stessa serie di generazioni intieramente legata alla successione delle tre sorta di ricettacoli del Caprifico. L'uovo della Blastofaga viene deposto nell’ovario dei fiori pistilh- feri del Caprifico nou, come inesattamente ritenne il Gasparrini (1), tra l’ovulo e la parete ovarica, bensì tra il tegumento interno e la nucella, come esattamente dice e raffigura il Solms-Laubach (2), ta- lora però anche nell’interno stesso della nucella in prossimità del sacco embrionale. In tale deposizione però l’ovopositore dell’in- setto segue da prima la via del canale stilare fino alla base, poi, per- forando il funicolo, depone l’uovo nella posizione suddetta. Non è quindi esatto parlare di canale di puntura « Stichcanal » come fa il Solms-Laubach (3) per tutta la via seguita dall’ovopositore nella de- posizione dell’uovo. Se nei fiori pistilliferi del Caprifico non viene deposto l’uovo della Blastofaga, nè ha luogo fecondazione (fatto questo ultimo, del resto, raro), essi vanno a male, anzi (salvo per alcune razze di Capri- (1) GASPARRINI G. — Op. cit., pag. 5, tav. I, fig. 14. (2) Sorms-LaAuBACH (GRAFEN Zu) H. — Op. cit., pag. 21. (3) SoLms-LAUBACH (GRAFEN Zu) H. — Op. cit., pagg. 21-22. — 243 — fico, come vedremo) 1 ricettacoli stessi cadono. Quando in vece tali fiori sono fecondati si sviluppano in essi normalmente l’embrione e l’endosperma. Quando poi nel pistillo vien deposto l’uovo della Bla- stofaga allora la oosfera non si sviluppa in embrione, mentre il nu- cleo secondario del sacco embrionale si divide e suddivide analoga- mente come se si fosse avuta fecondazione, analogamente cioè come se si fosse unito con uno dei due nuclei spermatici, come avviene quando si ha fecondazione (doppia fecondazione). L’endosperma ha quindi sviluppo partenogenetico, e l’eccitazione è determinata dalla deposizione dell’uovo dell’insetto, come nel caso normale dal nucleo spermatico. Inoltre l’impulso determinato dalla deposizione dell'uovo dell’insetto si sostituisce negli effetti di correlazione a quelli pro- dotti dalla fecondazione: in fatti, oltre a determinare la formazione dell’ endosperma, determina anche lo sviluppo ulteriore dell’ovulo e della parete ovarica, non che impedisce la caduta dei ricettacoli del Caprifico. Se si assiste alla fuoruscita delle Blastofaghe dai fioroni maturi del Caprifico, esse si vedono uscire dall’ostiolo così abbondantemente coperte di polline che il loro color nero naturale appare mascherato da una tinta bianchiccia. Mentre, infatti, all’epoca in cui la Blasto- faga entra a deporre le uova nei fioroni del Caprifico, i fiori pistil- liferi hanno già raggiunto il loro completo sviluppo, i fiori stamini- feri dello stesso ricettacolo in vece sono ancora molto giovani ed è soltanto allorchè le Blastofaghe, sviluppatesi dalle uova deposte, stanno per abbandonare il ricettacolo che le antere deiscono lasciando uscire il polline maturo. E per quanto le Blastofaghe, appena uscite dall’ostiolo, prima di spiccare il volo, attendano con cura a liberarsi dal polline, di cui si sono così abbondantemente coperte nell’attra- versare la zona dei fiori staminiferi, tuttavia esse non riescono mai a liberarsene completamente come qualche autore avrebbe preteso (1). Al contrario molto polline resta ancora aderente al loro corpo, e quando gl’insetti, spiccato il volo, portatisi sui forniti, penetrano in essi per deporre, come abbiamo detto, le loro uova, trasportano nel- l'interno con sè numerosi granelli pollinici. Questo fatto è di una importanza biologica grandissima, Se in vicinanza al Caprifico, dai cui fioroni fuorescono le Blastofaghe, si trova un Fico (o se artificial- mente, come vedremo, si trasportino detti fioroni di Caprifico sopra (1) Juni PoNTEDERAE — Anthologia, sive de Floris Natura. — Patavii, MDCCXX, lib. IT, cap. XXXIV, pag. 175. SEMMOLA V. — Della Caprificazione. Esperienze e ragionamenti. — Rendic. d. adun. e d. lav. d. R. Accad. d. Scienze. T. IV, n. 24, Napoli, 1845, pag. 432. — 24 — un Fico), delle Blastofaghe possono arrivare sui forniti di esso ed al- lora vi penetrano come in quelli del Caprifico. Una volta penetrata, la Blastofaga si accinge alla consueta deposizione delle uova; ma in tal caso speciali condizioni di conformazione dello stilo si oppon- gono alla riuscita di questa operazione. Se si confronta, in fatti, un fiore pistillifero del Caprifico con uno del Fico si osserva, come gia si è detto, che in quello del Fico lo stilo è molto più lungo ed in vece di essere percorso da un canale stilare, si presenta riempito nella parte assile da un tessuto collenchimatico. La lunghezza dello, x 5 mS n : ve Fi Pad, ZA | FRAGE WP SI (Re fe Se ( ‘ aie tae | ba We ae big È ì; we ie he 4 Pout ate wie \ DA di ati TA IAA) ni outs ) MR \ ra w Do \ fen Wit ti \ ( on ea \ po QUA \ os rt Ae es ee Vi ee Vos 1 we | i GS rd ‘| A 4 1 } ; ) stilo, sproporzionata a quella dell’ovopositore, non che probabilmente anche la mancanza di un canale stilare, rendono inutili gli sforzi dell'insetto per la collocazione dell’uovo, nell’ovario dei fiori pistil- liferijdel Fico. E mentre l’insetto si aggira nell'interno del ricet- tacolo affaticandosi inutilmente per deporre le uova, deposita sugli stimmi i granelli di polline che aderiscono al suo corpo. Se si esa- minano in fatti al microscopio i fiori di un fornito di Fico nel quale è penetrata la Blastofaga, si osserva sugli stimmi una notevole quantità di polline. Il polline del Caprifico, giunto così sullo stimma dei fiori pistilliferi del Fico, vi”germina e l’esile tubetto pollinico, — 245 — penetrato nello stilo, percorre il tessuto conduttore collenchimatico che ne occupa la parte assile, e, giunto nella strettissima cavità ovarica, scorre sul tegumento esterno fino a raggiungere l’apice del tebumento interno attraverso il quale — mancando il micropilo — arriva all’apice della nucella, e, finalmente, percorrendone quella particolare regione che è, come ho già detto, costituita da cellule assai ricche di contenuto, giunge al sacco embrionale (fig. 3) e vi opera la fecondazione (1). Nel Fico quindi noi riscontriamo un nuovo caso di percorso del tubetto pollinico già scoperto insieme col prof. Pirotta nel Cyno- morium coccineum L. (2) e che distinguemmo col nome di Acro- gamia aporogama pel fatto che la penetrazione del tubetto pollinico avviene per l’apice morfologico dell’ovulo, senza che vi sia presenza di micropilo. Inoltre l'embrione del Fico, almeno nei casi da me studiati, non si origina per partenogenesi, come si era pur sup- posto, ma in seguito a fecondazione. | Dagli ovari di questi fiori pistilliferi del Fico si ottengono frutti fertili, contenenti cioè un seme con embrione ed endosperma. Nel Fico dunque, che è, come abbiamo veduto, normalmente privo di stami, si può tuttavia operare la fecondazione mediante il polline del Caprifico, polline che giunge sugli stimmi dei fiori pistilliferi del Fico mediante uno degli adattamenti biologici più meravigliosi ed interessanti fra piante ed insetti. La Blastofaga, questo piccolo insetto, la cui vita tanto breve è sufficiente appena pei maschi a fecondare le femmine, per le femmine a deporre le uova negli ovari dei fiori pistilliferi del Caprifico, e il cui sviluppo è così intima- mente legato alla successione ed allo sviluppo delle varie sorta di ricettacoli del Caprifico, rappresenta l’unico agente naturale della impollinazione del Fico. Per quanto riguarda i rapporti tra la Blastofaga e il Caprifico è noto che per aversi l’allegamento dei ricettacoli del Caprifico oc- corre che la Blastofaga vi penetri e vada a deporre le uova nei suoi fiori pistilliferi; e tale adattamento è così squisito che, quando per es. durante l’inverno per il gelo o per altra causa i cratiri ca- (1) Longo B. — Acrogamia aporogama nel Fico domestico (Ficus Carica L.). — Annali di Botanica, vol. III, fase. 1° (luglio 1905). (2) Prrorra R.e Lonco B. — Basigamia, Mesogamia, Acrogamia. — Rend. d. R. Accad. dei Lincei. Cl. di sc. fis., mat. e nat. Ser. 5%, vol. IX, 1° sem. (1900). Pirotta R. e Longo B: — Osservazioni e ricerche sulle Cynomoriaceae Eich. con considerazioni sul percorso del tubo pollinico nelle Angiosperme in- feriori. — Ann. d. R. Istit. Bot. di Roma. Anno IX (1900). ANNALI DI BOTANICA — Vou. VII. 16 — 246 — dono o i topi li mangiano, per ottenere l’allegamento dei fioroni (che sono i ricettacoli che occorrono per la caprificazione, di cui ci dovremo occupare) bisogna raccogliere i ricettacoli ibernanti da ‘ quei Caprifichi che ne sono provvisti e trasportarli su quelli che ne sono privi nel periodo in cui stanno per venir fuori le Blasto- faghe (1). Però è da notarsi che vi sono dei Caprifichi i cui ricet- tacoli non cadono, anche se dentro non vi penetri la Blastofaga. To osservai sulle mura di Roma qualche Caprifico (2) nei cui ri- cettacoli non era penetrato l’insetto, eppure i suoi fioroni erano maturati egregiamente: gli stami erano giunti a perfetta maturità e il polline era del tutto normale, soltanto naturalmente gli ovari dei fiori pistilliferi non erano abboniti nè contenevano la Blasto- faga. Anche per i Fichi, come vedremo, vi sono razze per le quali occorre assolutamente che la Blastofaga penetri nei suoi ricettacoli e vi operi l’impollinazione perchè essi alleghino, come ve ne sono tante altre che maturano benissimo i loro ricettacoli senza che la Blastofaga vi penetri affatto. Nei forniti maturi del Caprifico fra i fiori con ovario trasfor- mato in galla, si riscontra spesso qualche fiore con ovario trasfor- mato in frutto, contenente un seme abbonito, provveduto, cioè, come quello del Fico fecondato, di embrione e di endosperma. Questi fiori con frutto abbonito si distinguono facilmente dagli altri aprendo un ricettacolo maturo per avere, tra l’altro, il peduncolo ed il pe- rianzio colorati in rosso. Il Leclerc du Sablon (3) ed il Cobelli (4) hanno trovato semi abboniti anche nei cratiri. Il Solms-Laubach (5) per spiegare l’esistenza di questi frutti isolati nei forniti del Ca- prifico dié come possibili due ipotesi: luna che i fiori brevistili del Caprifico possano essere fecondati e dare semi abboniti; l’altra che nei forniti del Caprifico si possa trovare anche qualche fiore longistilo. Il materiale però che egli aveva a disposizione non gli (1) CavoLINI F. — Memoria per servire alla storia compiuta del Fico, e della Proficazione relativamente al Regno di Napoli. — Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti. T. V. (Milano, MDCCLX XXII), pag. 227. (2) Lonco B. — Ricerche sul Fico e sul Caprifico. — Rendic. d. R. Accad. dei Lincei. Cl. d. sc. fis., mat. e nat., ser. 5°, vol. XV, 1° genn., fasc. 7° (1° aprile 1906), pag. 376. ; (3) LECLERC DU SABLON. — Sur la reproduction du Figuier. — Compt. rend. d. l’Acad. d. Sciences. T. CX LIIT, n.° 20 (12 novembre 1906), pag. 756. ‘ (4) CoBeLLI R. — Jl Ficus carica L. nel Trentino. [Eingelaufen am 16 Ja- nuar, 1907.] Verhandl. d. K. K. zool.-bot. Ges. in Wien. LVIII Bd., 1 Heft [aus- gegeben am 20 Februar 1908], pagg. 27-28. (5) SoLms-LAUBACH (GRAFEN ZU) H. — Die Geschlechterdifferenzirung bei den Feigenbiiumen. — Bot. Zeitung. 43 Jahrg. (1885), pagg. 15-16 dell’Estratto. — 247 — permise di risolvere la questione, ia cui soluzione egli lasciò ai bo- tanici dei paesi meridionali. Il Trabut (1) e il Vallese (2), che am- mettono una assoluta differenziazione fra fiori longistili atti ad ‘essere fecondati e fiori brevistlii (galligeni) non atti alla feconda- zione, credono perciò senz'altro di poter attribuire la presenza di frutti abboniti neli’ interno dei forniti del Caprifico alla presenza -di fiori longistili. Le ricerche più accurate da me fatte su abbon- dante materiale raccolto in Calabria, sulle mura e nei dintorni di Roma, nelle Puglie (nel Barese ed in Terra d’Otranto), mi hanno addimostrato che i fiori pistilliferi dei forniti del Caprifico sono tutti brevistili, non esclusi quelli dai quali provengono 1 frutti ab- boniti, Così pure il Leclerc du Sablon (3) trovò che i frutti abboniti nei cratiri provenivano da fiori brevistilii — Da ciò risulta che, se nei ricettacoli del Fico si trovano sempre fiori longistili atti ad essere fecondati e quindi a produrre semi fecondi, nei ricettacoli del Caprifico invece si trovano sempre fiori brevistili, i quali iu generale sono galligeni, ma possono anche venire fecondati e pro- durre, come quelli del Fico, semi fecondi. Riassumendo, possiamo dunque stabilire in generale delle diffe- renze tra il Fico ed il Caprifico tali, che aprendo un ricettacolo noi possiamo dire se si ha a che fare con un Fico o con un Caprifico. I fiori pistilliferi dei ricettacoli (fioroni e forniti) del Fico sono lon- gistili, mai galligeni; i fiori pistilliferi, invece, dei ricettacoli (/io- roni, forniti e cratiri) del Caprifico sono tutti brevistili ed ordina- riamente galligeni. Inoltre nei ricettacoli del Fico non si trovano che eccezionalmente fiori staminiferi, i quali sì LINGUE, in vece in quelli del Caprifico, almeno nei fioroni. È da notarsi però che si possono trovare anche delle forme di passaggio tra.il Fico ed il Caprifico, anche per quanto riguarda la lunghezza dello stilo. Inoltre è da ricordare che il Pontedera già trovava una forma nettamente intermedia, da lui contraddistinta col nome di Erinosyce (4); lo stesso individuo, cioè, portava fioroni «come quelli del Caprifico e forniti come quelli del Fico. Il Cavo- (1) Trasur. — La Caprification en Algérie. — Gouvernement générale de l’Algérie. Direction de l’Agriculture. Service Botanique. Bull. 32, Décembre. 1901, pag. 128. (2) VALLESE F. — La Caprificazione in Terra d'Otranto. — Lecce, 1904, pag. 11. (3) LECLERC DU SABLON. — Op. cit. (4) JULII PoNTEDERAE — Anthologia, sive de Floris Natura. — Patavii, MDCCXX. Lib. III, cap. XXV. —_4948 — lini (1) mise fortemente in dubbio questo Erinosyce del Pontedera; però ultimamente il Celi (2) riscontrava una forma analoga presso: Napoli. Io (3) già pubblicai di aver trovato sulle mura di Roma un Caprifico con numerosi fioroni normali all’eccezione di due, i quali. invece presentavano tutti i caratteri dei fioroni di Fico: in essi mancavano, in fatti, i fiori staminiferi ed i fiori pistilliferi erano longistili, con lo stilo cavo, percorso da due fasci vascolari e ter-- minato da due stimmi molto sviluppati; l’ovario conteneva sempre un unico ovulo anfitropo e con sacco embrionale normalmente svi-- luppato. Se si aggiunge ancora l’altro fatto interessantissimo, di-. mostrato sperimentalmente, che da semi di Fico si ottengono piante. di Fico e di Caprifico, dobbiamo senz’altro ritenere il Fico ed il Caprifico come individui appartenenti alla stessa specie (4), la quale. sì presenta eminentemente polimorfa. Nè va considerato, come si fa comunemente, il Caprifico come il Fico selvatico, giacchè si tro-. vano frequentemente allo stato selvatico anche dei veri Fichi. Il Gasparrini da prima ritenne il Fico ed il Caprifico appartenenti a ‘specie diverse, anzi persino a generi diversi (5). Però poi ritirò questa. sua opinione in seguito all’aver ottenuto piante di Fico e di Ca- prifico seminando semi di Fico (6). Anche il Leclere du Sablon da prima ritenne il Caprifico come una specie a sè, monoica (7). Però. posteriormente anch’egli si è dovuto ricredere (8). (1) CavoLini F. — Op. cit. pag. 222. (2) CELI G. — Ricerche sulla biologia e filogenesi del fico ed inquadramento: delle relative razze italiane meridionali (Ficus carica L.). — Estr. d. Atti d. R. Istit. d’Incoraggiamento di Napoli. Ser. IV, vol. IV, 1908 [Tesi di laurea nel luglio 1906], pag. 9. (3) Lonco B. — Ricerche sul Fico e sul Caprifico. — Rend. d. R. Accad. dei Lincei. Cl. d. sc. fis. mat. e nat. ser. 5°, vol. XV, 1° sem., fase. 7° (1 aprile 1906), pag. 375. (4) Longo B. — Op. cit., pag. 377. (5) GASPARRINI G. —- Ricerche sulla natura del Caprifico e del Fico, e sulla Caprificazione. — Rendic. d. adun. e d. lav. d. R. Accad. delle Scienze. T. IV,. n. 23, Napoli 1845, pag. 332, 351, 387 e segg. (6) GASPARRINI. — Ficus, in Gussone, Enumeratio plantarum vascularium in insula Inarime sponte provenientium vel oeconomico usu passim cultarum. — Neapoli, MDCCCLIV, pag. 301. (7) LecLERC DU SABLON. — Sur la reproduction du Figuier. — Compt. rend. d. l’Acad. des Sciences. T. CXLIII, n. 20 (12 novembre 1906), pag. 757. (8) LecLERc DU SABLON. — Observations sur les diverses formes du Figuier (F. Carica). — Rev. Gén. de Bot. T. XX, n. 232 (15 aprile 1905), pag. 149. — 249 — La caprificazione, come è noto, consiste nell’appendere sugli al- ‘beri del Fico i fioroni maturi del Caprifico affinchè le Blastofaghe, ‘che fuorescono da essi, penetrando nei giovani forniti del Fico, ne «determinino l’allegamento. L’influenza di questo insetto sull’allega- mento dei forniti del Fico era stata già osservata dagli antichi tanto «che, come fanno fede gli autori dei tempi, la pratica della caprifica- zione è antichissima (1). Erodoto nella sua Storia accenna incidentalmente alla caprifica- ‘zione, paragonando ad essa l’impollinazione artificiale delle Palme praticata dai Babilonesi (2). Un cenno più preciso della caprifica- ‘zione si trova fatto da Aristotile nella sua Storia degli animali (3). Più diffusamente poi se ne occupa Teofrasto, il quale non si limita soltanto a descrivere la pratica della caprificazione, ma ne discute l’importanza e cerca anche di spiegare l’influenza della Blastofaga -sull’allegamento dei ricettacoli del Fico (4). (1) La pratica della caprificazione pare fosse già in uso presso i Babilonesi, ciò che risulterebbe dal Kitab-al-Fellahah di Ibn-al-Aouam. Infatti Ibn-al-Aouam in questo suo libro di agricoltura, scritto a Siviglia nel 1160, tratta anche della -caprificazione, basandosi non sopra osservazioni proprie, ma traendo le notizie relative dall’Agricoltura nabatea di Ibn Ouahschiah, nella quale sono raccolte le tradizioni caldaiche. (Cfr.: TRABUT, La Caprification en Algérie. Gouverne- ment générale de l’Algérie. Direction de l’Agriculture. Service Botanique. Bull. -32, Décembre 1901, pag. 116). (2) «. . . Sunt eis passim per omnem regionem palmae sua sponte na- ‘scentes, pleraeque fructiferae: ex quibus et cibos et vinum et mel conficiunt, curantes more ficorum. Harum, ut aliarum arborum, Graeci masculas vocant, -quarum fructum his quae palmulas ferunt, alligant, ut illinc prodiens culex, palmulas penetrans cogat maturescere, alioqui occasuras. Masculae enim in fructu culices ferunt, quemadmodum caprifici ». Versione latina della Storia ‘di Erodoto fatta da HerEsBACH. Lugduni, 1551, lib. I, pag. 128. (3) « Ficarios culices caprificus generat, suis pomis fit primum vermiculus, mox rupta cute evolat culex, mutataque sede, petit ficus immaturas: quibus se insinuans, facit ne decidant. Quamobrem agricolae appendere ficis caprifici ficus, et iuxta easdem caprificos serere assolent ». Versione latina della Storia «degli animali di ARISTOTILE tatta da Troporo Gaza. Lugduni, 1579, lib. V cap. XXXII, pag. 192. (4) « Lasciano cadere il frutto, innanzi che maturi, il mandorlo, il melo, il melagrano, il pero e, più di tutti, il fico e la palma; per il che hanno pensato a trovare qualche rimedio, e uno è la caprificazione. Questa si fa sospendendo ‘sopra la ficaia i frutti del caprifico, dai quali sbucano i pseni che corrodono e forano l'estremità dei fichi. Il cadere dei frutti dipende dalla natura dei luoghi. In Italia, per esempio, si dice che non cadano punto, per cui non c’è bisogno di caprificazione; non cadono nemmeno nei luoghi boreali e magri, come in Falico nella Megaride e in certe parti del paese di Corinto. Dipende ancora dalla qualità dei venti, cadendo in più copia là dove soffia tramontana «che dove austro, e tanto più quanto il vento è più freddo e frequente. Vi concorre — 250 — Ù Come or ora vedremo Teofrasto emette in proposito un’ipotesi oscura, che del resto non può meravigliarci quando si tenga conto dei tempi e della mancanza di cognizioni relative alla costituzione. dei ricettacoli del Fico. Agli antichi, infatti, furono sconosciuti i fiori del Fico. Essi ritennero i ricettacoli del Fico come veri e pro- pri frutti che si producessero senza essere preceduti dall’appari- zione di alcun fiore. Anzi bisogna arrivare fino alla seconda metà del secolo xvi per cominciare a sentire parlare di fiori nel Fico! È, infatti, il Cordo il primo che riconosce nell’interno del ricetta-. colo « frutto » l’esistenza di fiori simili a stami ammucchiati, ai quali succedono « semi » [frutti cioè] (1). La conoscenza della costi- tuzione interna dei ricettacoli del Fico fa un altro passo col Mal- pighi, il quale raffigura non solo la sezione longitudinale di un gio-. vane ricettacolo « pericarpio » di Fico, ma anche un fiore pistillifero isolato, che egli ben riconosce come tale giacchè parla in esso di ovario « seminum loculus » (2). Il De la Hire poi, nel 1712, scopre- e descrive i fiori staminiferi e ne osserva il polline. Egli raffigura pure la natura degli alberi, poichè quelli che fanno i frutti primaticci li get-- tano, quelli che tardivi, no, come il fico laconico e altri alberi; onde nemmeno per questi si usa la caprificazione. Tali differenze adunque dipendono dai luoghi, dalla qualità degli alberi e dal clima. I pseni sbucano dal frutto del caprifico, come è stato detto, e sono generati dai granelli; e si argomenta da questo che- come siano volati fuori, i granelli non ci sono più. Scappano via ordinaria- mente lasciandovi dentro un piede o un’ala. C’é poi un’ altra specie di pseni che domandano centrine; queste sono insetti oziosi come i fuchi, uccidono quei che rientrano, ma poi muoiono esse stesse. Sono lodati massimamente i capri-- fichi neri, perchè hanno molti granelli; essi provengono da luoghi sassosi. Si riconosce il fico caprificato dall’essere rosso, screziato e sodo, laddove gli altri sono bianchi e molli‘ Si pone il caprifico sulla ficaia che ne ha bisogno, quando piove. Moltissimi e robustissimi crescono i fichi salvatici dove ci sia di molta polvere. Dicono che serva alla caprificazione anche il polio e l’egipiro, dove ce ne siano molti, e le samare dell’olmo, producendosi anche in queste certi ani- maluzzi. Le formiche, se nascono nei fichi, divorano i pseni . .». La Storia delle piante di TroFRASTO volgarizzata e annotata da FiLipPo FERRI MANCINI.. Roma, 1901, lib. II, pag. 69. ! (I) «. . . intra se flores (quod fortasse mireris) concipit figura conferctis staminibus similes, colore in candido purpurascentes, undique e carne exeun- tes, atque ad mediam fructus cavitatem se dirigentes, quibus singula minu- taque succedunt semina, colore tlava, quodammodo leniter compressa, milioque similia, unde etiam Cenchramides à Graécis dicuntur ». VaLERII CorpI, De plantis, liber III. Cap. XVII, pag. 184 (Argentorati, 1561). (2) MarcELLI MaLPIGHII — Anatome plantarum (Bononiae, Calendis No- vemb. 1671). — Londini, MDCLXXXVII, pag. 45. Tav. XXVII, fig. 156.« . . . Ab. interiori concavitate pericarpii, styli seu flosculi minimi F erumpunt cum se- minum loculis G ». np] di il ricettacolo con i fiori staminiferi in alto vicino all’ostiolo « Um- bilic » e con i fiori pistilliferi occupanti quasi tutto l'interno; raf- figura inoltre isolatamente sia il fiore staminifero che quello pistil- lifero (1). Poichè il De la Hire nel suo lavoro parla in generale di fichi, e d’altra parte, come abbiamo già veduto, il ricettacolo del Fico manca normalmente di stami, il Cavolini ritiene che il De la Hire abbia fatto le sue osservazioni sopra un Caprifico (2) al quale appunto fa pensare la presenza e la disposizione dei fiori staminiferi nel ricettacolo descritto e raffigurato (3) dal De la Hire. Però la descrizione dei fiori pistilliferi e ie figure di essi (4) meglio si adat- tano al Fico che non al Caprifico, per cui bisogna ritenere col Solms- Laubach (5) come. probabile che il De la Hire abbia avuto tra mano proprio una di quelle rare varietà di Fico fornite di fiori stamini- feri, come ad esempio il già ricordato « Fico di Croisic ». Final- mente il Pontedera stabilisce l’esistenza di soli fiori pistilliferi nei ricettacoli del Fico, e di fiori pistilliferi (insettiferi) e staminiferi nei ricettacoli del Caprifico (6). Egli inoltre descrive una terza qua- lità di Fico « Hrinosyce >, avente caratteri intermedi tra il Fico ed il Caprifico: caratterizzata, cioè, dall'avere fioroni come quelli del Caprifico e forniti come quelli del Fico (7). Bisogna dunque arrivare fino alla prima metà del secolo xvi perchè sia resa nota la qualità e la disposizione dei fiori nei ricet- tacoli del Fico e del Caprifico. Non deve perciò meravigliarci che Teofrasto, le cui osservazioni si limitavano soltanto alla penetra- zione dell’insetto nei ricettacoli del Fico, ignorando completamente la costituzione interna di questi ricettacoli e ciò che in essi avve- (1) De LA Hire LE Caper. — Observation sur les Figues. — Histoire de l’A- cadémie royale des Sciences. Année MDCCXII. Avec les Memoires de Mathé- matique et de Physique, pour la méme Année. Tirés des Registres de cette Académie. Paris, MDCCXXXI, pagg. 275-278. Tav. 15°. (2) Cavorint F. — Memoria per servire alla storia compiuta del Fico e della Proficazione relativamente al Regno di Napoli. — Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti. T. V (Milano, MDCCLXXXII), pag. 220. (5) DE LA Hire LE CADET. — Op. cit., fig. 1. (4) DE LA Hire LE Caper. — Op. cit., fig. 2-4. (5) Soums-Lausacu (GRAFEN zu). H. — Die Herkunft ecc., pagg. 13-14. (6) Juri PoNTEDERAE. — Anthologia, sive de Floris Natura. — Patavii, MDCCXX, lib. III, cap. XXII-XXIV. (7) « Erinosyce semper bifera est, cujus praecocia poma grossi sunt, apici- bus staminibusque referta, et sine maturitate decidua; serotina vero stamina api- cesque nequaquam producunt, unguibus tantum squamosis, ut in sativis Ficubus, ornata. Haec suam habent perfectionem, et edulia sunt. Est igitur Erinosyce inter sativam Ficum, et Caprificum media; nam pomis praecocibus ad Capri- ficum spectat, serotinis antem ad sativam Ficum ». Lib. III, cap. XXV. — 252 — niva dopo la penetrazione della Blastofaga, vedesse solo nell’atto della penetrazione la causa che rendeva possibile l’allegamento dei ricettacoli. E poichè d’altra parte la penetrazione della Blastofaga era stata insufficientemente osservata dal punto di vista delle mo- dalità con cui si compie, egli ritenne che la Blastofaga aprisse con replicati morsi l’ostiolo dei ricettacoli del Fico e che in tal modo, eliminandosi il soverchio umore nello stesso tempo che era resa pos- sibile l’entrata all’aria ed al calore che li concoceva, i ricettacoli al- legassero (1). Questa teoria di Teofrasto fu per parecchi secoli la sola emessa per spiegare l’influenza della Blastofaga sull’allegamento dei ricet- tacoli del Fico. Plinio, che tratta abbastanza diffusamente della ca» prificazione, non fa in realtà che ripetere al riguardo quanto aveva scritto Teofrasto (2). E persino nel secolo xviri il Pontedera, che pur, come ho già detto, aveva osservato tanto esattamente la co- stituzione morfologica dei ricettacoli del Fico e del Caprifico, e che aveva inoltre veduto e descritto egregiamente l’uscita della Blasto- faga carica di polline dai fioroni del Caprifico (3), serive ancora: «... Quare Culices necessarii sunt, ut, terebrato pomo, aeri solique viam apertant, quibus humor subigatur digeraturque > (4). Veramente, poco tempo prima del Pontedera, il Tournefort, fa- cendo la relazione di un suo viaggio, dice di aver osservato la ca- (1) « Cum autem morsu crebro culices ora ficuum aperuerint, humorem ab- sumunt supervacuum, et aditum liberum auris praebent, et omnino poma spi- rantia efficiunt. Evenit enim, ut cum calore illo conficiente. spiritus quoque aliquid interseratur: ut in his evenit, quae igne coquuntur, quo spiritu semoto una cum humore, exactoque fructus permanent ». THEOPHRASTI, De causis plantarum. Lib. II. Cap. XII (Versione latina di TEopORO Gaza), Lutetiae, 1529. (2) « ... [Caprificus] culices parit: hi fraudati alimento in matre, putri eius tabe, ad cognatam volant: morsuque ficorum crebro, hoc est, avidiore pastu aperientes ora earum, atque ita penetrantes, intus solem primo secum indu- cunt, cerealesque auras immittunt foribus apertis. Mox lacteum humorem, hoc est, infantiam pomi absumunt..» C. Puri Secunpi, Naturalis Historiae Li- ber XV. Cap. XIX, pag. 261 (ed. Basil., 1535). (3) « ... Dum vero involucris spoliatur, huc et illuc revolvitur, et propterea apicum pulvisculo, quo tota pomorum cavitas repleta est, infarcitur, quippe molliusculum. Quare e grossis egressum, et Sole exsiccatum pulverem discutit ad hune modum: stans quatuor anterioribus pedibus innititur, et duobus po- stremis abdomen, lumbos, pinnas pulvere mundat, iterum atque iterum cru- ribus detergens; deinde quatuor posterioribus se se librans, duobus anterioribus caput, dorsum, et cornua purgat. Quemadmodum Feles, et alia elegantiora ani- malia solent. Tunc, deposito onere, evolat ». JULII PONTEDERAE, Anthologia. Lib. II. Cap. XXXIV, pag. 175. (4) JuLIT PONTEDERAE, — Anthologia. Lib. II. Cap. XXXV, pag. 176. — 253 — prificazione nelle isole dell'Arcipelago greco ed emette. in proposito una nuova teoria. Egli ammette come probabile che l'influenza della Blastofaga sull’allegamento dei ricettacoli del Fico sia da attribuirsi alla puntura che l’insetto farebbe rel depositare le uova, e forse anche ad un liquido che, depositato dalla Blastofaga stessa con le uova, determinerebbe insieme col lattice una speciale fermenta- zione (1). Ma anch’egli con queste ipotesi, che non hanno eviden- temente alcun fondamento nei fatti, non fa fare alcun passo alla conoscenza del vero ufficio della Blastofaga nell’allegamento dei ri- -cettacoli. È a Linneo che spetta il merito di avere compreso i veri rap- porti tra l’insetto, il Caprifico ed il Fico: egli, in fatti, pur non avendo mai osservato la caprificazione, intuisce l’ufficio biologico della Blastofaga e pel primo vede nella pratica della caprificazione un mezzo atto ad assicurare la fecondazione. Linneo, per mezzo dell’Hegard, dice in fatti che il Caprifico è il maschio ed il Fico è la femmina. Ora, siccome i fiori del Fico sono chiusi nella cavità .del ricettacolo, il trasporto del polline non si potrebbe assolutamente effettuare senza un provvedimento della natura: questo trasporto vien effettuato appunto per mezzo della Blastofaga, la quale, uscita dai ricettacoli del Caprifico, a guisa di mugnaio, carica di polline « farina antherarum », entrando nei ricettacoli del Fico, non può non deporre il polline sui pistilli e quindi émpregnarli (2). E, di- nanzi all’asserzione del Camerarius « e semine ficus nihil produci >, egli sostiene che ciò è esatto soltanto per quanto si riferisce ai semi dei Fichi prodottisi in Francia, Germania, Inghilterra e Svezia, ove ‘essi riescono sterili per la mancanza del Caprifico, ma non per quelli prodottisi in Italia e nelle Isole Greche, ove, vivendo il Caprifico, 1 semi riescono fecondi (3). Le conclusioni di Linneo non furono tuttavia accettate da tutti gli autori che, dopo di lui, si occuparono della questione. Alcuni, in fatti, negarono che la Blastofaga, penetrando nei ricettacoli del Fico, operasse l’impollinazione e quindi la fecondazione dei fiori in ‘essi racchiusi, e vi fu persino chi attribuì all’insetto un’azione no- civa sull’abbonimento dei semi al punto da renderli sterili! Ma la questione che si è soprattutto dibattuta è quella relativa all'importanza o meno della caprificazione: è, cioè, questa pratica (1) Prrton DE TOURNEFORT. — Relation d’un voyage du Levant, fait par ordre du Roy. T. I (Paris, MDCCxvI), pag. 540. (2) HEGARD CorNnEL. — Ficus (Upsaliae 1744), in LINNAEI CAROLI, Amoe- nitates academicae. Vol. I (Holmiae et Lipsiae mpccxLIX), pagg. 41-42. (3) HEGARD CoRNEL. — Op. cit., pag. 43. — 254 — indispensabile all’allegamento dei ricettacoli del Fico? Le opinioni degli autori a questo riguardo sono state le più disparate e con- traddittorie: mentre, in fatti, gli autori antichi ed anche autori mo- derni non hanno avuto alcun dubbio sull’efficacia di questa pratica. agricola, altri in vece l’hanno ritenuta del tutto inutile o addirit- tura nociva, al punto da non vedere in essa che « un tribut que Vhomme payait a l’ignorance et aux préjugés » (1), al punto da pro- porre d’innestare i Caprifichi « piante agreste ed oziose » onde tra- sformarle in « alberi di Fichi squisiti e gentili » (2)! E dopo tanto dibattito è con un senso non scevro di meraviglia che dobbiamo ri- conoscere che le esperienze e le osservazioni fatte ci conducono og- gid: ad una conclusione che era già stata formulata da Teofrasto, che se vi sono, cioè, razze di Fico, i cui ricettacoli possono giun- gere a perfetta maturità senza bisogno di caprificazione, ve ne sono però altre per le quali essa è assolutamente indispensabile. Ma è forse appunto questo diverso comportamento delle varie razze di Fico rispetto alla caprificazione la ragione precipua della grande disparità delle opinioni dei vari autori che troppo generalizzarono le osservazioni fatte sopra determinate razze. È ben vero, in fatti, che vi sono razze‘di Fico che portano a maturità i loro ricettacoli in località ove non esiste il Caprifico e dove la caprificazione è del tutto sconosciuta; ma è pur vero che per altre razze la caprifica- zione è proprio assolutamente necessaria. E a questo riguardo basta ricordare come prova indiscutibile gli sforzi e le cure pazienti e continuate, in seguito alle quali soltanto gli Americani hanno potuto. ottenere l’allegamento e la maturazione dei ricettacoli dei Fichi di Smirne, importati in California. Benchè, in fatti, fin dal 1880 si fosse cominciata la importazione di piante di Fichi di Smirne in California — importazione che continuò anche negli anni succes- sivi — non si era potuto ottenere l’allegamento di alcun ricettacolo di queste piante, che pur avevano trovato. colà condizioni adatte al loro sviluppo. Tale allegamento non si verificò neppure dopo l’in- troduzione del Caprifico. Mancava ancora l’agente della impollina- zione. In fatti nel 1890 G. C. Roeding otteneva l’allegamento e la maturazione dei primi Fichi di Smirne a Fresno in seguito alla im- (1) OLIVIER, in DUHAMEL, Traité des arbres et arbustes que Von cultive en France. T. IV (Paris, 1809), pag. 230. (2) STELLA G. — Della inutilità della caprificazione nella nostra provincia di Terra d’Otranto, e dell’utile che si potrebbe ottenere dalle attuali piante di caprifico (profico) innestandole a fichi gentili. — Giornale di Economia Rurale: pubblicato dalla Società Economica di Terra d’Otranto. Vol. II, fase. IV (Lecce, 1841). Vie Ra e — 255 — pollinazione da lui artificialmente praticata mediante il polline preso- dai fiori del Caprifico. L’anno appresso il D.” Eisen ripeteva con successo tale impollinazione artificiale a Niles. Dimostrata così la necessità della impollinazione per l’allegamento dei ricettacoli dei Fichi di Smirne, tutti gli sforzi degli Americani si rivolsero ad ot- tenere in California l’introduzione e l’acclimatazione della Blasto- faga, l’agente naturale della impollinazione. E quando, dopo assidue cure e vari tentativi falliti, si riuscì finalmente ad ottenere la mol- tiplicazione della Blastofaga sni Caprifichi in California, allora sol- tanto, nel 1900, i Fichi di Smirne colà coltivati cominciarono a dare, mediante la caprificazione, un prodotto abbondante e non inferiore a quello asiatico (1). Per quanto riguarda le razze che possono portare a maturazione i loro ricettacoli senza bisogno di caprificazione possiamo dire che il Fico presenta quel fenomeno che è stato designato col nome di partenocarpia. La caprificazione non essendo evidentemente che un mezzo di facilitare l’ingresso nei ricettacoli dell’insetto che opera l’impollinazione e rende quindi possibile la fecondazione, possiamo, dire che queste razze si comportano analogamente ad es. a quelle razze di Meli e di Peri che danno frutti maturi senza fecondazione e persino senza impollinazione (2). La ragione intima di questo di- verso comportamento delle varie razze ci sfugge; tuttavia è questo un fatto oramai acquisito, di reale importanza dal punto di vista pratico della coltivazione del Fico come albero fruttifero e del quale fatto il frutticultore potrà trarre profitto nella scelta delle razze da coltivarsi su più larga scala a seconda che le condizioni clima- tiche del luogo siano più o meno adatte per lo sviluppo del Ca- prifico e della Blastofaga e per l'applicazione della pratica della caprificazione. * vo Come appendice alla caprificazione credo bene di accennare qui anche alla pratica della così detta puntura già usata fin dall’anti- chità. È noto che, ungendo con olio di oliva l’ostiolo dei ricettacoli (forniti e fioroni) del Fico: quando essi hanno già raggiunto un no- tevole sviluppo, si ha un’accelerazione nella maturazione di una diecina di giorni all'incirca. Però è da far subito notare che questa (1) Howarp L. 0. — Smyrna Fig Culture in the United States. — Year- book of the United States Department of Agriculture, 1900. (Washington, 1901), pag. 79 e seg. (2) Ewerr R. — Die Parthenokarpie der Obstbdume. — Ber. d. deutsch. bot. Gesellsch. Bd. XXIV (1906), pag. 415. SRD «pratica non ha nulla a che vedere con la caprificazione come avrebbe pur ritenuto qualche autore. La puntura, in fatti, viene operata parecchio tempo dopo il tempo utile per la caprificazione, e mentre questa ha per effetto di non far cadere i ricettacoli dei Fichi delle razze caprificande, la puntura non ha alcun rapporto con l’allegamento o meno dei ricettacoli, nè con l’abbonimento o meno dei semi e non ha altro effetto che quello di accelerare la maturazione dei ricettacoli. Tanto che se si opera la puntura quando i ricettacoli sono ancora giovani (sia di razze caprificande che non caprificande) non si ottiene alcun effetto utile; per avere l’azione dell’anticipata maturazione occorre che si noti nei ricettacoli un principio di maturazione, e nelle razze caprificande che già si sia operata la caprificazione e che l'embrione sia sviluppato o in via di sviluppo. È da notarsi ancora che la puntura non ha alcun effetto utile se invece di ungere le squamette dell’ostiolo si unge il ricettacolo. A questo proposito sono da ricordarsi le accurate ricerche fatte «dal Gasparrini usando, oltre che l’olio di oliva, anche l’acido sol- foriéo ecc. (1) Anzi egli fece notare che l’organo eccitabile è costi- tuito esclusivamente dalle squamette che chiudono l’ostiolo dei ri- -eettacoli (2). Io ho ripetuto per due anni consecutivi e sempre con risultato positivo le esperienze del Gasparrini. È poi una mera affermazione gratuita l’asserire che l’olio, posto sull’ostiolò dei ricettacoli del Fico, serva a facilitare l’ingresso alla Blastofaga! (3) Io non so vedere in quest’azione della puntura che un’eccitazione traumatica, analoga ad es. a quella che ho veduto in Calabria provocare dai contadini torcendo il peduncolo dei po- modori per ottenere una maturazione precoce. (1) GASPARRINI G. — Sulla maturazione e la qualità dei Fichi dei contorni di Napoli. Osservazioni lette all’ Accademia Pontaniana nella tornata de’ 29 novembre 1863. — Estratto dagli Atti dell’Accademia Pontaniana, vol. IX. GASPARRINI G. — Nuove osservazioni su taluni agenti artifiziali che acce- lerano la maturazione nel Fico. — Memoria estratta dal vol. II degli Atti della R. Accademia delle Sc. Fis. e Mat. Napoli, 1865. (2) GASPARRINI G. — Nuove osservazioni su taluni agenti artifiziali che accelerano la maturazione nel Fico, |. c. pag. 13. (3) Coupin H. — La Caprification. — La Nature. XXX Ann. 1902 (1° se- mestre) Paris, pag. 58-59. — A pag. 59 l’A. riporta un brano, senza citare donde, di J. Costantin, nel quale, tra l’altro, parlandosi delle Blastofaghe uscite dai Caprifichi, è scritto: « Ils prennent alors leur vol dans l’air en grand nombre -et arrivent sur le figuier cultivé ‘où les -cultivateurs ont déposé une goutte -«d’huile sur l’ouverture du réceptacle pour leur en faciliter l’entrée ». RR NSP NET ON, ANON NOD INR SIN SANS ABI IM AMANI NAS SINIS SLA SNA, AR A proposito dell’Ematossilina come reattivo delle sostanze pectiche Il sig. Guéguen (1) in una recensione al mio lavoro : Osservazioni. sulla membrana cellulare nelle piante superiori (Annali di botanica vol. VI), scrive: “ M. Carano la considère (l’ematossilina) comme pré- férable au rouge de ruthénium, car elle decèle des traces de matière pectique que le rouge de ruthénium laisserait inapercues (?) ,, Ora mi si permetta di chiedere a mia volta: Ha il sig. Guéguen controllato con esperimenti il mio lavoro o si è semplicemente basato- su convinzioni aprioristiche, come ho ragione a supporre, non risul- tandomi che egli si sia mai occupato di simili studi? Secondo il Guéguen si giungerebbe alla strana conclusione che, trovato un reattivo per una determinata sostanza, al di la di esso non si possa andare. Per le sostanze pectiche ad es. il reattivo non plus ultra per lui sarebbe il rosso di rutenio e qualsiasi altro escogi- tato posteriormente oltre che non superarlo, non potrebbe neanche eguagliarlo! Se il sig. Guéguen ha dei dubbi da manifestare sulle mie osser- vazioni, non credo sia il caso di valersi di una semplice recensione, giacchè ad infirmare le mie idee non credo sia sufficiente il suo sem- plice ed insignificante punto interrogativo. Tengo poi d’altra parte a dichiarare che il Guéguen non ha rias- sunto il mio lavoro che solo in parte ed anche male. A mio avviso avrebbe fatto molto meglio a tradurre le mie conclusioni, rendendo così piacere a me ed una giusta idea ai lettori di quel che real- mente ho scritto. ; Sappia ad ogni modo il sig. Guéguen che in un recente la- voro sulla natura chimica della membrana delle Diatomee il Man- (1) Bulletin de la Société Botanique de France. Tome LV, 1908, n. 6, pag. 498. Mi: a gin (1) ha adoperato indifferentemente l’ematossilina alluminica e il rosso di Rutenio per mettere in evidenza le sostanze pectiche, e che in un lavoro apparso solo in questi ultimi giorni (2) lo stesso autore non ha impiegato che |’ emotossilina soltanto, e preparata secondo il metodo di Delafield. E. CARANO. (1) Manan, L. — Sur la constitution de la membrane chez les Diatomées. Comptes rendus Ac. Se. Paris. Tome CXLVI, 1908, 6 avril, n. 14. Ref. Bot. Centralbl. Bd. 108, n. 6, pag. 148. ( (2) MANGIN, L. — Sur une méthode d’analyse des organismes végétaux du Plancton. — Bulletin de la Soc. bot. de France. T. LV, n. 7, 21 décembre 1908 ___—_——"_+"+++_—rrr€e®eee egaoNo e” ttt ————___—_—_ ———S — ————_——_————————P__ _ _yP____T____y CACACE SR AERERABASANLAXNISA ANAL SSRISDANA NANA NSAGSIL SDL OS Riviste Bercer A. — Liliaceae: Asphodeloideae - Aloineae. — Engler’s Pflanzenreich, Heft 33 — mit 817 Einzelbildern in 141 Figuren und einer Tafel ss. 1-347. — Leipzig — Wilhelm Engelmann 8 Mai 1908. La parte generale di questa monografia comprende la bibliografia, i caratteri morfologici interni ed esterni, la biologia fiorale, la dif- fusione geografica, i rapporti di parentela e la storia dei singoli gruppi ed i cenni intorno alla coltivazione, trattandosi di piante che vengono largamente coltivate nei giardini. . I generi compresi nella tribù delle Aloineae sono nove e si rag; gruppano in due sottotribù : quello che è notevole si è che — ad eccezione di una sola specie, che si trova anche in Australia — sono ‘tutte piante africane. S. trib. I. Kniphofiineae. 1° Kniphofia Moench. 67 sp. Afr.: austr. orient. 2° Notosceptrum Benth. 5 sp.: 2 Afr. trop. austr. occid. 3 Afr. extratrop. austr. orient. — S. trib. II. Aloinae. 8° Chortolirion Berger. 4 sp.: 1 Angola. 1 Afr. austr. centr. 2 Afr. austr. orient. 4° Haworthia Daval. 60 sp.i Afr. austr. 5° Apicra Willd. 9 sp.: Capo. 6° Chamaealoe Berger. 1 sp.: Austr.; Afr. (° Gasteria Duval. 43 sp.?: Afr. austr. 8° Albe L. 170 sp.: Africa. 9° Lomatophyllum Willd. 3 sp.: Isole Mascarene. Il gen. Alée ha qualche importanza per la flora italiana : esso si suddivide in 3 sezioni: sect. 1 - Aloinella. sect. 2 - Lepotoalée. sect. 3 - Hualée. SEO) e e delle sue specie solo 1’ A. vera L. si trova nel dominio della nostra. flora e precisamente nell’It. meridionale : sulle rupi vicino al mare in Calabria, ad Ischia, in Sicilia ed a Malta, località in cui però è certo naturalizzato. Di tale specie l’A. fa tre varietà : var. 1 - officinalis (Forsk.) Bak. var. 2 - chinensis Haw. var. 3 - Lanzae (Tod.) Berger. Chiude la monografia un elenco di numeri di collezioni pubblicate: riferentisi-ad Aloineae ed un copioso indice alfabetico e sinonimico delle specie. FABRIZIO CORTESI. Archiv fiir Zellforschung, pubblicazione periodica in fascicoli a tempo indeterminato, diretta dal prof. Dr. RicHaRD GoLpscHMIDT dell’Università di Monaco. — Vol. 1° fasc. 2°, 3° con 8 tavole, 22 figure nel testo, 12 curve e numerosi prospetti. — Fasc. 4” con 6 tavole e 7 figure nel testo. — Formato in 8°. — Prezzo dei | fasc.2° e 3° marchi 21; del fasc. 4° marchi 11. — (Leipzig, Wil- helm Engelmann 1908). (1) I fascicoli 2° e 3° sono stati pubblicati il 26 maggio 1908 e con-- tengono le Memorie seguenti : Dott. MertHoDI Pororr — Experimentelle Zellstudien. — Memoria di 135 pagine con 18 figure nel testo, 12 curve e numerosi prospetti. L’A., prendendo le mosse dagli ultimi lavori di Gerassimow e di Hertwig, che hanno trasformato completamente il concetto di cellula, nella prima parte del suo lavoro tratta delle esperienze sulla divi- sione e la conseguente riproduzione della cellula, nella seconda, par- tendo dai risultati ottenuti nello studio dei protozoi, cerca di spie- gare i meravigliosi fenomeni che avvengono nello sviluppo delle cel-. lule sessuali, coordina e classifica i fatti già noti e, mediante mi- surazioni ed esperienze, arriva a dare loro una spiegazione fisico-fi- siologica, dimostrando che i processi che hanno luogo nello sviluppo. delle cellule sessuali, non sono che l’espressione di fenomeni ordinari di aumento della cellula, i quali non hanno nulla di particolare, nè sono speciali alle sole cellule, come si riteneva. Il materiale di cui si è servito è: Frontonia leucas, Stylonychia mytilus, e Dileptus gigas. M. G. Svkes — Nuclear Division in Funkia. — Memoria di pag. 20 con 2 tavole e 1 figura nel testo. L’A. ha fatto le sue ri- (1) V. Annali di botanica. Vol. VII, fasc. 1°, pag. 193. — 261 — cerche su materiale raccolto sopra le due specie Funkia ovata e Fun- kia sieboldiana, indica dapprima i metodi seguiti nelle sue ricerche, poi tratta dei vari modi di divisione ed arriva a conclusioni, che rias- sume in 12 alinea dell’ultimo paragrafo. Notiamo che sono stati pubblicati nel 1906 da Miyake e da Strasburger due memorie im- portanti sullo stesso argomento, però le conclusioni di Sykes non perdono per questo del loro interesse. J. DUESBERG — Les divistons des Spermatocytes chez le Rat (Mus decumanus Pall., variété albinos). -- Memoria di pagine 52 con una ta- vola. L’A. studia le divisioni degli spermatociti, tralasciando tutto ciò che si riferisce all’origine delle cellule di Sertoli, ai loro rap- porti colle altre cellule seminifere ; accenna al periodo di molti plica- zione, il primo della spermatogenesi ; e cerca principalmente di orien- tarsi nella nomenclatura così diversa dei varii scrittori che si sono occupati dell’ argomento, di fissare 11 modo di divisione degli sperma- togoni e di riconoscere gli spermatociti di primo ordine, fino dal loro apparire. Del quattro periodi della spermatogenesi, quelli a cui de- dica uno studio più esteso, sono il secondo e il terzo, ossia 1 periodi della cresciuta e della maturazione. Kristine BonneviE — Chromosomenstudien. — È una prima me- moria, di pagine 66, con 5 tavole e 2 figure nel testo. L’A.espone i ri- sultati di studi eseguiti in America negli anni 1906-07 sopra cro- mosomi animali e vegetali; studia dapprima i cromosomi della mitosi nelle due specie Ascaris megalocephala e Allium cepa; poi le strut- ture della cromatina dei nucleo e finalmente l’individualità dei cro- mosomi. L’A. promette una seconda memoria nella quale tratterà di altre questioni relative ai cromosomi. Nella Bibliografia, con cui si chiudono i primi due fascicoli, ALEX. Gurwitsox da un largo resoconto dell’opera magistrale di HEIDENHAIN, Plasma und Zelle. * * * Col fascicolo 4° ha termine il volume primo, esso contiene le memorie seguenti : M. G. Sykes — Note on the number of the Somatic chromosomes in Funkia. — Breve nota di 3 pagine con 1 tavola nella quale |’ A. crede di potere ‘accertare che il numero dei cromosomi nei nuclei somatici di Funkia ovata e di F. sieboldiana è SRO superiore al 40 ed è probabilmente di 48. Dott. Hoxork Lams — Les Divisions des Spermatocytes chez la Fourmi (Camponotus herculeanus L). — Nota di pagine 11 con 1 ta- vola. L’A. ha studiato i fenomeni di maturazione nella spermiogenesi ANNALI DI Boranica — Vor. VII. 17 drop della formica ed ha potuto constatare la verità del fatto già osser- vato dai prof. Meves e DuesBERG, che cioè le divisioni degli sperma- tociti nella formica, avvengono in modo affatto simile a quelle della vespa, salvo in alcuni particolari di minima importanza. AurreD Kiun — Die Entwickelung der Keimzellen in den parthe- nogenetischen Generationen der Cladoceren: Daphnia pulex De GEER und Polyphemus pediculus De Greer. — Memoria di pagine 50 con 4 tavole e 6 figure nel testo. L’A. studia in modo esauriente il ciclo delle cellule genitali e in ispecie il modo di comportarsi del ero- matino nei suoi diversi stati nelle generazioni partenogenetiche delle due specie Daphnia pulex De GEER e Polyphemus pediculus De GEER. Dott. Vuapistav Ruzicka — Zur Kenntnis der Natur und Be- deutung des Plastins. — Memoria di pagine 18. L’A. arriva alla con- clusione che il plastino deve considerarsi come un composto del gruppo degli albuminoidi o molto vicino al medesimo. R. Fick — Zur Konjugation der Chromosomen. — Nota di 8 paginein difesa delle sue vedute, attaccate da A. e K. E. SCHREINER. Friepr. Meves — Es gibt keine parallele Konjugation der Chromo- somen ! R. GonpscHaMmIinpT — Ist eine parallele Chromosomenkonjugation _ bewiesen? — Due articoli polemici in risposta a quello del signor SCHREINER e sua moglie. Teramo, 19 ottobre 1908. GAET. CRUGNOLA. * * Dott. Gustav Senn. -- Die Gestalts-und Lageverinderung der Pflan- zen-Chromatophoren mit einer Beilage: Die Lichtbrechung der lebenden Pflanzenzelle. — Un vol. in 8° gr. di pag. XVI-397, con 83 figure nel testo e 9 tavole. — Leipzig, Wilhelm Engel- mann 1908, prezzo 20 marchi. Il libro del dott. Senn è un importante contributo allo studio della forma e del cambiamento di posizione dei cromatofori delle piante. Le prime ricerche su questo argomento non datano da un’e- poca molto antica. Solo nel 1850 von Mercklin segnalò il fatto, che i granuli di clorofilla dei protalli delle felci hanno nelle giovani cellule una disposizione diversa che in quelle più sviluppate. Però il primo a segnalare che i cromatofori vengono influenzati nella loro posizione da fattori esterni fu Bòhm (1856), con che si stabi- livano i primi capisaldi da dove potevano poi partire le ulteriori ri- cerche. E queste furono numerose; troppo lungo sarebbe il ricordare un Saggi e anche solamente i naturalisti che se ne occuparono; perciò ci limite- remo a segnalare Frank, che nel 1871-72 per primo studiò la causa della diversa posizione dei cromatofori esposti alla luce o nell’oscu- rità: Kraus e Haberlandt (1876) precisarono l’influenza della bassa temperatura, Stahl (1880) dimostrò essere diversa la disposizione in presenza della luce, o nell’oscurità. Alle ricerche relative alla po- sizione, sì aggiunsero quelle riguardanti la forma; ma non ostante le numerose osservazioni fatte, vi sono ancora tanto nell’una, quanto nell’altra questione, numerosi punti molto oscuri e delle contraddi- zioni nei risultati; perciò uno studio più approfondito basato sopra esperienze di laboratorio nuovamente intraprese con un esame cri- tico di tutti 1 materiali che si possiedono era veramente desidera- bile, ed è quello che ha fatto il dott. Senn negli anni dal 1900 al 1901, 1903 e 1908 e che ha raccolto nel libro sopra annunciato. i Sebbene dal punto di vista storico sembrerebbe si dovesse inco- minciare dallo studio del cambiamento di posizione dei cromatofori, VA. preferì invece fare precedere quello delle variazioni della loro forma, poichè queste rappresentano il processo più semplice e sono di ausilio nelle ulteriori ricerche. L’ A. premette dapprima le necessarie nozioni morfologiche sui cromatofori, poi esamina la dipendenza delle loro forme da deter- minate influenze, che possono essere esterne (luce, temperatura, te- nore acqueo, agenti chimici e meccanici), o interne (età delle cel- lule, formazione delle spore, posizione loro). Lo stesso procedimento segue nello studio della variazione di posizione dei cromatofori; gli agenti esterni che vi esercitano un'influenza sono anche qui: la luce, la temperatura, il tenore acqueo, agenti chimici e mecca- nicl; poi visi aggiunge la gravità. L'A. esamina numerosi tipi, e alla fine di ogni serie di esperienze e ricerche riassume i risultati ot- tenuti. In seguito studia in capitoli speciali l’ influenza dello stato dei cromatofori sulla loro disposizione e eccitabilità, quella delle cellule e dei tessuti sui cromatofori in essi contenuti e finalmente l'influenza della forma e posizione dei cromatofori sul colore delle piante, nonchè il valore biologico di esse. Chiude il volume un ca- pitolo nel quale l’A., sulla base delle ricerche, fatte e dei risultati ottenuti, deduce una serie di considerazioni generali, nelle quali sono esposti 1 punti di vista e le idee dell’A., sull'argomento. Le numerose figure e le tavole che accompagnano il libro costituiscono un vero ausilio nel seguire l’A. nella sua esposizione. Teramo, li 25 ottobre 1908. GAET. CRUGNOLA. ANNALI DI BoTANICA — Vou. VII. ge — 264 — Hermann von IgÒerInG, Archhelenis und Archinotis. — Un vol. in 8° grande di pag. 350 con una figura nel testo ed una carta. ‘— Lipsia 1907, Wilhelm Engelmann; prezzo 6 marchi. Il libro annunciato non deve riguardarsi come un’ opera in sè, nel qual: caso il giudizio potrebbe riuscirle sfavorevole, inquanto- chè manca di quell’omogeneità e di quel legame che è parte prin- cipale di uno studio scritto con un determinato intento. Il libro è una raccolta di numerosi articoli pubblicati dall'A. dal 1878 in poi, in sussidio delle sue teorie relativamente a varie questioni di biogeografia, e così considerato, non ostante alcuni documenti che pel tempo hanno perduto della loro importanza, acquista un carat- tere proprio e costituisce un insieme di dati e di dottrine di grande valore nella geografia zoologica e botanica dell'America meridionale e dei paesi circostanti. Le idee principali dell’ A. campeggiano nell’ opposizione alla teoria di Wallace sulla permanenza dei grandi mari e dei mag- giori continenti, e nel valore diverso attribuito alle singole classi di animali; e ne trova la conferma nello studio delle relazioni fra ]’A- merica meridionale e l'Africa. Egli cerca di dimostrare che ’Ame- rica meridionale dall'epoca della creta ha subite delle variazioni geografiche assai importanti, che si riconoscono ancora nella distri- buzione attuale della sua flora e fauna. Secondo l'A. il Brasile del- l'epoca terziaria più antica o Archibrasile, era riunito all’ Africa mediante un continente: Archhelenis, distrutto nel periodo oligo- cene o eocene superiore, mentre la Patagonia, la Terra del Fuoco e le isole di Falkland, che insieme al Chili costituivano l’Archiplata, erano riuniti a un continente antartico, denominato l’Archinotis. Questa idea viene anche sussidiata dalla geologia; infatti Neu- mayr fino dal 1890 aveva detto che al principio dell’epoca terzia- ria era sparito il continente che congiungeva l'Africa coll’America meridionale; per verità la geologia non ci fornisce grandi prove a conferma di questa teoria, invece le troviamo numerose ed esau- rienti nelle analogie e parentele fra le faune e le flore dei due con- tinenti, che dovettero essere uniti in un’ epoca anteriore alla ter- ziaria. Naturalmente tali prove non devonsi ricercare unicamente nella distribuzione odierna delle specie, la quale bene spesso non si spiegherebbe se non si ammettessero emigrazioni in tempi assai più antichi; perciò dai fatti della zoogeografia e fitogeografia non dob- — 265 — ‘biamo tirare delle conseguenze sulla storia dei continenti, se essi mon sono coadiuvati da altri fatti paleontologici indiscutibili. : In quest’ordine d’idee l'Autore attribuisce una grandissima im- portanza alla fauna di acqua dolce e allo studio delle conchiglie, «che ancora adesso forma oggetto principale delle sue ricerche a cui dedica tutto un capitolo (il 13°). Relativamente all’ esistenza del- l’Archhelenis molti specialisti, gli uni indipendentemente dagli altri: geologi, paleontologi, zoologi e botanici sono arrivati alla stessa conclusione del nostro A., e senza dilungarci in citazioni, basterà ricordare un solo fatto; il prof. A. Engler, che nella sistema- tica è il primo botanico del mondo, si era nella sua opera magistrale «Versuch einer Entwickelungsgeschichte der Pflanzenwelt» schierato intieramente dal lato di Wallace; ma dopo la pubblicazione di una «delle memorie del prof. Ihering; riprodotta nel capitolo 9 del libro in esame, nella quale si spiegavano tutti i fatti che Engler aveva ‘creduto di dovere riportare alla teoria di Wallace, Engler stesso in una pubblicazione del 1905, da noi riassunta nel Nuovo giornale bo- tanico italiano (1), abbandonò la vecchia teoria e scese in campo a ‘combattere in favore della nuova. Riassumendo, si può considerare ‘ormai come definitivamente acquisita l’esistenza dell’ Archhelenis nell’epoca terziaria antica, la cui sparizione e conseguente formazione «dell'Oceano Atlantico verificossi solo nel periodo oligocene. Nell’ ultima memoria (aprile 1907) I’ A. si crede in dovere di rettificare alcuni particolari deJia* sua teoria, non avendo potuto tro- vare ancora prove definitive a sussidio dei medesimi. Così per es. dal fatto che faune di acqua dolce affatto diverse possono sussistere nel medesimo continente non lontane l’una dall'altra, senza essere ‘separate da un braccio di mare, non si rende più necessaria l’ipotesi della separazione fra l’Archiplata (repubblica Argentina, Perù, ecc.) «‘el’Archiamazonia o Brasile, che l’A. aveva precedentemente ammessa. Infatti, l’esistenza di questo mare geologicamente non si può dimo- ‘strare; ma nemmeno è stato finora possibile trovare animali eogeni mammiferi nel Brasile, che corrispondano a quelli della Patagonia, mentre se idue continenti Archiplata e Archiamazonia non sono stati veramente separati da un mare, si dovrebbero rinvenire i mam- miferi della Patagonia dell’epoca terziaria più antica anche nel Brasile. Il problema è quindi tuttora insoluto: D'altra parte il fatto ‘che non si conoscono nè scimmie, nè papagalli dell’epoca terziaria primitiva nell'America settentrionale, conferma la non esistenza del mare suddetto fra l’Archiamazonia e l’Archiplata, poichè è indubita- (1) Vol. XII, n. 3 luglio. — 266 — © bile che l'origine dei due gruppi di animali accennati dovrebbe essere» nell’Archhelenis. Dalla breve esposizione fatta i lettori possono formarsi un con- cetto delle teorie dell'A. e della parte principale del suo libro. Nel capitolo 11° troveranno la storia della regione neotropica in cui VA. sviluppatal: idee in modo riassuntivo e completo. Negli altri capitoli tratta argomenti che hanno una relazione più o meno lontana con quello accennato, ma che però rispecchiano sempre il punto di vista dell’A.; così nel capitolo secondo rileva la confusione che suolsi fare. tra le due teorie della selezione e della discendenza, mentre per quest’ultima ogni anno si vanno accumulando sempre nuove prove paleontologiche e biologiche, per quella invece, ossia relativamente. alle cause della formazione delle specie o meglio della varietà de- gli organismi, ci troviamo ancora allo stesso punto di partenza. Il terzo capitolo avrebbe potuto anche omettersi; è una difesa delle teorie di Darwin e di Hickel contro gli attacchidi Bebel; invece tutti. i capitoli successivi hanno una notevole importanza, poichè trattano rispettivamente della distribuzione geografica delle conchiglie di acqua dolce, delle relazioni fra la fauna d’acqua dolce chilena e quella del Brasile meridionale, delle antiche relazioni fra la Nuova Zelanda e l'America meridionale, della paleogeografia dell’ America del sud e simili. Non ostante l’ epoca diversa in cui i vari capitoli sono stati scritti, e l'apparente indipendenza-fra loro, pure, a causa della unità dell'argomento e dell’intento dell'A. di sempre più accumular prove: in favore delle proprie idee, e sottoporle a una rigorosa disamina, il volume acquista il carattere di un’opera, se non del tutto omo- genea, pure organica e di alto valore, che sarà letta con grande in- teresse non solo dai naturalisti, ma da tutte le persone colte che si interessano a questo genere di questioni. Teramo, li 12 luglio 1908. GAETANO CRUGNOLA. Beck v. Mannacetta unp LercgeNAU G. — Vegetationsstudien in den Ostalpen - I. Die Verbreitung der mediterranen, illyrischen und mitteleuropiiseh-alpinen Flora im Isonzo-Thale. — Vol. in 8° gr. di pag. 96 con una carta. (Wien, 1907, Alfred Hélder). Il volume che segnaliamo ai lettori degli Annali è il primo di una serie di studii sulla vegetazione nelle Alpi orientali, che vengono con- dotti sotto gli auspicii ed il sussidio della Imperiale Accademia delle ie: — 267 — -‘scienze di Vienna e della Società per l’avanzamento della scienza, -delle arti e delle lettere tedesche in Boemia. Questo basta per dare un’idea della serietà e importanza degli studî intrapresi; ma per comprenderne anche maggiormente il valore e l’interesse che essi of- . trono, è d’ uopo rilevare che negli ultimi decenni l’attenzione di nu- merosi botanici si è rivolta allo studio della flora delle Alpi per in- -dagarne la costituzione e l'origine. Gli elementi eterogenei sono numerosi e non sempre è facile seguirli nelle loro peregrinazioni an. tiche, per rintracciarne il cammino percorso e il punto di partenza, poichè è avvenuto che si sono raccolti in associazioni chiuse sulle sommità delle Alpi, e solo qua e là singoli rappresentanti delle me- desime discendono al basso nelle valli, inducendo così in errore sulla «direzione delle loro peregrinazioni. Queste flore eterogenee che hanno preso stanza in molti punti del versante meridionale delle Alpi, sono ‘composte di elementi mediterranei e illirici e al botanico che di- scende dal nord offrono un contrasto aggradevole colla flora a cui è abituato. Una delle valli più interessanti sotto questo punto di vista è cer- tamente quella dell’ Isonzo, che si apre sulle spiaggie dell'Adriatico, e per dove la flora mediterranea ha potuto penetrare nella pianura di Gérz e spingersi fino sui versanti delle Alpi al nord di Gorz, dove trova il suo confine, soprafatta dalla flora illirica o del Carso colle sue formazioni tipiche, che a sua volta, a altitudini più elevate, ‘e specialmente sulla catena di montagne in destra riva dell’Isonzo, che termina nel monte Valentino, viene dominata dalla flora alpina -dell’ Europa centrale, e poi da essa completamente sostituita. Gli Autori nella loro delimitazione della flora mediterranea nella valle dell’Isonzo si trovano in contraddizione con Pospichal (1) che la limita alla valle istriana Dragogna, escludendo financo il Golfo di Trieste, e con Gortani (2) e Adamovic (3) i quali, peccando in senso ‘contrario, l’estendono fino al Carso triestino, designando per tipi mediterranei delle specie che sono invece illiriche. Noi riteniamo che Beck v. Mannagetta sia nel vero, perchè il numero di specie medi- terranee tipiche che vengono in Gorz e Gradiska è di 222, ossia di 63 solo minore che nella regione di Trieste, ma anche perchè della stessa opinione sono Grisebach, Kerner, Drude, Ginzberger e Krasan. Infatti nei dintorni di Gòrz vengono coltivati in piena terra e senza difesa contro i freddi invernali, l’olivo, il melo granato, l'alloro, (1) Pospicnar. — Flora des oesterreichischen Kiistenlandes, I, p. XL. (2) L. e M. GortANI. — Flora Friulana, I (1905), 20. (3) Apamovic.-— Die mediterranen Elemente der serbischen Flora nei Jahr- ‘biicher di ExnGLER, XXVII, p. 351. — 265 — Viburnum tinus L., a alaternus L., Zizyphus Du Girtn. ed altre ancora. Delle specie naturali mediterranee, 68 vengono nel bacino su- periore di Gérz e si estendono fino a Solcano, dove trovano il loro li- mite estremo. Prediligono stazioni calde del piano o dei versanti. meridionale e sud-ovest del monte Sabotina a cui appartiene il monte: Valentino, e vanno ancora nelle gore meridionali della foresta Trno- wan, fra le quali l’Isonzo si apre la via nelle Alpi; esse sono: Adiantum capillus Veneris L. Ceterach officinarum Willd. Andropogon gryllus L. Lasiagrostis calamgrostis Lk. (il- lirico-mediterranea). Phleum paniculatum Huds. Scleropoa rigida Guss. Cyperus serotinus Rottb. Fimbristylis annua R. Sch. Arum italicum L. Asphodelus albus L. Scilla autumnatlis L. Asparagus acutifolius L. Ruscus aculeatus L. Gladiolus segetum Ker. Tamus communis L. Serapias hirsuta Lap. Loroglossum hircinum L. C. Rich. Orchis papilionaceus L. Ophrys apifera Huds. (Quercus ilex L. Celtis australis L. Vitex agnus castus L. Heliotropium europaeum L. Stachys subcrenata Vis. Teucrium flavum L. Satureja nepeta Fritsch Scrophularia canina L. Cymbalaria muralis Baumg. Antirrhinum majus L. Chaenorrhinum titorale Fritsch Lonicera etrusca Santi Galium purpureum I. G. litigosum JIC. Campanula pyramidalis L. Ficus carica L, Parietaria ramiflora Mch. Osyris alba L. Thesium divaricatum Jan. vumex pulcher L. Aethionema saxatile R. Br. Iberis divaricata Tausch Cheiranthus cheiri L. Rubus ulmifolius Schott. Colutea arborescens L. Lathyrus sphaericus L. Vicia bithynica L. V. dasycarpa Ten. Pistacia terebinthus L. Althaea cannabina L. Punica granatum L. Eryngium amethystinum Le Buplerum aristatum Bartl. Oenanthe pimpinelloides L. Vinca major L. Borrago officinalis L. Cynoglossum pictum Ait. Campanula rapunculus L. Micropus erectus L. Achillea odorata L. Artemisia camphorata Vill. (illi- rico-mediterranea). Centaurea calcitrapa L. C. diffusa Lam. CU. solstitialis L. Carthamus lanatus L. Carlina corymbosa L. Echinops ritro L. Santolina chamaecyparissus L. Carduus pycnocephalus Jacqu. =i’ 969 Gli Autori esaminano ora le varie località della valle e per cia- scuna di esse indagano la natura della flora; così trovano che poco a poco le specie mediterranee vanno diradandosi, mischiandosi con quelle illiriche e del Carso, senza che ancora appariscano piante alpine, le quali si arrestano sulle vette dei monti e la delimitazione avviene marcatissima, oppure si introducono nelle formazioni della flora illirica, dove fanno capolino anche specie dell’ Europa media. Da Solcano in sopra la maggior parte delle specie mediterranee spa- risce, e solo qua e là, in luoghi bene esposti, troviamo : Ceterach officinarum W . Cymbalaria muralis Baumg. Eryngium amethystinum L. Galium purpureum L. Scrophularia canina L. Campanula pyramidalis L. e mischiate con piante alpine si possono seguire in altre localita den- tro le formazioni della flora illirica, che copre i versanti della valle da Solcano fino a Tolmein; il'che dimostra che le condizioni clima- tiche della valle superiore sono molto diverse da quelle della parte bassa intorno a Gòrz. Le ultime specie mediterranee sono state trovate dagliA. fra Trnovo e Serpenica (Cymbalaria muralis Baumg.) a 450 m. circa di altitudine, in mezzo a una numerosa serie di piante alpine; Galium purpureum L. e Aethionema saxatile R. Br. nel centro della regione prealpina, sopra roccie calcaree, in compagnia di specie illi- riche. Dalle osservazioni fatte si può concludere, che solamente poche specie mediterranee molto resistenti, e che anche in altri luoghi ol- trepassano i confini della flora mediterranea, penetrano nelle valli dell’Isonzo e suoi affluenti, in modo da trovarsi ancora qua e là isolate nella regione alta prealpina, senza però imprimere un carat- tere speciale alla vegetazione. La flora illirica si spinge molto più addentro nella valle dell’I- sonzo in formazioni serrate, fino a Tolmein, e costituisce la massa principale della vegetazione sui versanti della valle, mischiandosi sempre più mano mano che s’ interna e si avvicina alle sommità dei monti, colle specie prealpine. Da Tolmein in sopra non è più così densa e unita, poichè la flora dell’ Europa media prende il sopra- vento. Nella stretta dell’Isonzo, fra Karfreit e Flitsch la flora pre- alpina assume anche nel fondo della valle un predominio tale, che la flora del Carso nella regione montana si ecclissa, per riapparire con nuova vigoria nelle calde convalli di Flitsch; la flora illirica invece perde ogni sua importanza, e poco a poco sparisce affatto, come gli A. dimostrano passando in rassegna le diverse località, in modo analogo come fecero per la flora mediterranea. Nella valle superiore dell’I- ESOTOE sonzo da S. Lucia in sopra, la flora alpina e prealpina dominano la vegetazione anche nelle valli relativamente poco elevate, e ciò si spiega per la vicinanza sempre maggiore delle Alpi. Gli A. nella loro rassegna delle varie località sono minuti e scrupolosi, e non man- cano di fornire dei dati statistici; così per es. sulla collina calcarea di S. Antonio, all’entrata della stretta dell’Isonzo, e sull’altra di prospetto, le cui altitudini non sono molto superiori ai 300 metri, e sui versanti dello Starskivrh (1138 m.) fra Karfreit e Staroselo vi sì trova una vegetazione composta: del 2,83 °/, di specie mediterranee, » 19,81 » » illiriche, i > 44,84 > > dell’Europa centrale in stretto significato, e > 33,02 » > alpine dell’Kuropa centrale. Però le località dove trovansi specie illiriche nella regione preal- pina presentano il carattere di relitti. decimati, che si mantengono solo sopra rocce calcaree molto calde in mezzo alla vegetazione del- l'Europa centrale; ma esse non si possono considerare come un resto di. un’immigrazione in massa della flora illirica che sarebbe av- venuta dopo l’ultima glaciazione dell’epoca glaciale, poichè essendo stato il clima d’allora in poi sempre più favorevole a queste piante amanti di calore e di siccità, avrebbero dovuto conservarsi le strade di congiunzione fra le isole suddette e l’origine da dove le immi- grazioni sarebbero partite, il che in nessun punto è il caso, nemmeno nelle valli dell’ Isonzo e della Save. Finalmente nell’ultima parte del loro libro gli A. con l’indica- zione delle piante raccolte, espongono la distribuzione e il modo di comportarsi delle flore alpina e subalpina nella vallata dell’ Isonzo in relazione colla flora illirica; in una delle località più caratteristiche trovano che vi sono piante appartenenti : Specie o alla flora alpina dell’ Europa centrale 31 46,3 » dell'Europa centrale. . . 24 35,9 » ulliraca: 1. 4s Shee LE 16,4 » Inediterranea: +. aie 1 1,5. Dallo studio dei Prof. Beck v. Mannagetta e Lerchenau si può quindi conchiudere : Che la flora mediterranea è ancora largamente rappresentata nel bacino di Gòrz, e i suoi rappresentanti che si estendono più lon- tano verso il nord, arrivano fino a Solcano e da qui sul monte Sabo- tino, dove non vi è miscuglio sensibile con la flora alpina dell’Eu- ropa centrale. Solo alcune specie mediterranee più resistenti raggiun- n vi ees — 271 — gono la Chiusa di Flitsch nella valle dell’ Isonzo, Grahovo in quella di Baca e Strug nella valle dell’ Idria. Le formazioni chiuse della flora illirica arrivano solo fino alla linea Selo-S. Lucia-Podmelez, e ad altitudini di 630 a 650 m. cedono gia il posto a specie prealpine. In vari punti, nella parte più mon- tana del bacino imbrifero dell’ Isonzo, si trovano qua e là delle isole di specie illiriche, relitti dell’ ultimo periodo interglaciale, decimati dall’ ultima glaciazione. Altre trovansi in compagnia con specie al- pine dell’ Europa centrale, colle quali hanno probabilmente superata l’ultima glaciazione in stazioni favorevoli; esse non sono però ca- paci di estendersi colla migrazione, perchè le condizioni climatiche non sono per loro molto favorevoli. Le formazioni della flora illirica attualmente terminano alle morene estreme dei ghiacciai dell’epoca glaciale. Le numerose specie alpine dell’ Europa centrale, che nella valle dell’ Isonzo, dalla chiusa di Flitsch fino a Gòrz trovansi sulle roccie e in stazioni fresche, nella loro composizione mostrano grande uni- formità e sono residui della flora alpina attuale che nell'ultima gla- ‘clazione è discesa dalle cime dove albergava, mentre le stazioni di ‘essa sulle alluvioni dell’Isonzo al sud di Gòrz, provengono da emi- grazioni recenti che si ripetono annualmente. La flora dell'Europa centrale costituisce un elemento della vegetazione nella valle del- l’Isonzo dappertutto. La percentuale delle sue specie in confronto col numero totale delle specie esistenti, aumenta in quelle forma- zioni nelle quali trovansi specie illiriche, mentre queste nelle stesse località hanno una partecipazione sempre minore. Teramo, 15 luglio 1908. GAET. CRUGNOLA. Dott. Lupwie Prate. — Selectionsprinzip und Probleme der Art- bildung. — Terza edizione assai accresciuta. Un vol. in 8° gr. di pag. VIII-493, con 60 figure nel testo. — Leipzig, Wilhelm Engelmann 1908: marchi 12; legato, marchi 13. L’opera annunciata, del celebre prof. Plate, non ha bisogno di speciale raccomandazione, il fatto stesso che in pochi anni si resero necessarie tre edizioni, dimostra abbastanza il favore da essa incon- | trato presso il pubblico. Ma un’opera tanto speciale: Principio della selezione e problemi della formazione della specie, non avrebbe potuto in così breve spazio di tempo richiedere tre edizioni, quando si fosse diretta solamente agli scienziati che si occupano dell'argomento ; — 272 — ciò è dipeso dal modo come la trattazione è condotta e dall’interesse che il suo A. ha saputo infondervi, per cui non solo agli scienziati, ma a tutto il pubblico colto si rivolge; è un libro di così elevato interesse, che ogni classe di persone, che appena desidera di cono- scere i problemi che si connettono colla teoria di Darwin, non può farne a meno; è un vero Manuale del darwinismo, come è indicato dal suo sottotitolo. Questa terza edizione è, per rispetto alle precedenti, aumentata del doppio in volume, e le 60 figure inserite sono tutte nuove; ma il principio fondamentale dell’A. relativamente alla teoria dell’evo- luzione, è rimasto il medesimo, quello di Darwin e del suo succes- sore E. Haeckel, che cioè la selezione, insieme coll’eredità dei caratteri acquistati, basta a spiegare sufficientemente non solo gli adattamenti degli organismi, ma anche l'evoluzione di questi; non si deve con- fondere il principio della selezione col darwinismo, la teoria della selezione si appoggia su quelle idee di Lamarck che sono dimostrate: da fatti positivi. E all’uopo l’A., nella presente edizione, ha note- volmente accresciuto il numero di esempi, presi dai due regni ani- male e vegetale, appunto perchè il lettore senta ognora il rapporto fra le spiegazioni teoriche e i fatti. La teoria delle mutazioni di De Vries, che nella precedente edizione era stata appena adombrata, viene ora considerata in modo molto. | esteso, per impedire, che, a difetto di un’esatta conoscenza delle idee di Darwin, venga inadeguatamente aumentato il suo valore, mentre essa, fatta astrazione dal problema dell’eredità, in tutti gli altri punti principali concorda colle vedute di Darwin e perciò nulla apporta ’ di nuovo alla teoria della discendenza, mentre tutto ciò che De Vries sostiene con tanta pertinacia contro Darwin, dipende unicamente da malintesi e dal non avere egli sufficientemente studiate le opere del grande naturalista. Il capitolo sull’eredità è stato aggiunto a nuovo. Dalla pubblicazione del libro di Darwin sull’origine delle specie è trascorso quasi un mezzo secolo e nessuna teoria come quella della selezione naturale è stata così furiosamente attaccata e difesa; non facciamo allusione agli attacchi provenienti da persone interessate a sostenere certi punti di vista speciali, o da altre che non hanno ben compreso l’essenza delle idee darwiniste, ma la teoria è stata combattuta anche da scienziati di alto grado e da questi non si può fare astrazione; perciò una gran parte del libro di Plate (da pag. 9 a pag. 157) è dedicata all’esame delle critiche di essi ed alla dimostra- zione della loro erroneità. Il prof. Plate in questo esame si dimostra perfettamente obbiettivo, nulla havvi nella sua esposizione di ag- ì — 273 — gressivo, cosicché le sue argomentazioni, anche se non tutte forse convincenti, sono però tali da meritare il massimo interesse e gettano sulla teoria di Darwin, specialmente nella selezione naturale, una luce vivissima. Egli distingue le obbiezioni sollevate dagli avversari di Darwin in due classi: obbiezioni secondarie o di minor conto e obbiezioni im- portanti. Trascura quelle che provengono da incompleta conoscenza dell'argomento nei loro autori o basate sopra supposizioni erronee, o dirette contro la teoria della discendenza in genere, e mira, sine ira et studio a dimostrare che la selezione nella evoluzione del mondo organico non è altro che un fattore, ma uno dei fattori più importanti. Alla fine dei singoli paragrafi in cui vengono discusse le varie obbiezioni, l'A. molto opportunamente riassume in poche righe tutta la discussione, richiamando così l’attenzione dei lettori sui punti capitali del tema. Nel secondo capitolo lA. tratta delle varie forme della lotta per l’esistenza e della selezione; nel terzo passa in rassegna le principali teorie sussidiarie della selezione naturale; importante e nuova, come già abbiamo detto, è quella di De Vries sulle mutazioni, che basa esclusivamente sul principio della selezione. Essa ammette pure la lotta per l’esistenza e la selezione naturale che ne deriva come rego- latori onnipotenti che dominano la natura; distrugge le variazioni di minore importanza, e dalla costante ripetizione e accumulazione di piccole ma utili variazioni, fa derivare il graduale adattamento. Nulla dice però dell’origine delle variazioni, le ammette come date. ‘In conclusione la teoria delle mutazioni è una teoria della selezione modificata e alquanto più ristretta. De Vries combatte costantemente il principio che la selezione di variazioni indefinite, o spontanee, o « fluctuating » non conduce a una costanza nell’eredità; ma Darwin non ha inteso di dare alla espressione « fluctwating variazione » il significato che le attribuisce De Vries; Darwin intende parlare di piccole variazioni ereditarie, mentre De Vries crede che si voglia in- tendere variazioni non ereditarie. È quindi un equivoco da parte del botanico olandese. Delle molte esperienze intraprese da De Vries, quella solamente relativa all’ Oenothera lamarckiana gli ha permesso di conchiudere,, che le specie variate ottenute dimostrano in modo definitivo espe- rimentalmente la esattezza della teoria dell’origine delle specie;. ma le mutazioni dell’Oenothera lamarkiana sono variazioni di abito, che in molti organi, differiscono dalla forma madre, generalmente però in grado insignificante. D'altra parte non è possibile decidere se quelle mutazioni si produssero per la prima volta in Olanda — 274 — . è nei suoi esperimenti, quindi zn statu nascendi, come ammette il De Vries, ovvero se la proprietà della mutabilità non sia già propria della specie americana allo stato naturale. i È probabile che l’Oenothera lamarckiana sia un bastardo, e che le mutazioni dipendano dal fatto, che certi caratteri composti delle specie incrociate scompongono una parte delle loro componenti in combinazioni definite. Nei successivi due capitoli, coi quali si termina l’opera, l'A. tratta delle ipotesi della selezione naturale: eredità, variabilità e mezzi per isolarsi; e della portata e dei limiti dei fattori ammessi da Darwin e da Lamarck. Senza ulteriormente dilungarci, possiamo conchiudere che l’A. nel suo libro non ha esagerato il valore del principio di selezione e attribuito alla selezione naturale una facoltà onnipotente; infatti questa non ci dà ragione dell'origine dei fenomeni vitali elementari dell’assimilazione, della respirazione, della cresciuta, della propaga- zione e della sensazione. Le cause della variabilità e dell’eredità sono ancora enigmi insolubili. Innumerevoli attributi indifferenti, che per la sistematica della specie e dei gruppi superiori hanno grande im- portanza, 0, come gli organi rudimentari, sono di una forza dimo- strativa concludente, non hanno nulla a che fare colla selezione o solo lontanissimi e parziali rapporti. Egli è poi probabile che non pochi adattamenti semplici e certe proprietà utili degli organismi, come la facoltà di abituarsi a influenze nocive, di possedere un istinto di conservazione basato sopra sensazioni di piacere o di dispiacere, non dipendono dalla selezione, ma sono da attribuirsi a qualità vitali ° elementari, vale a dire che originarono contemporaneamente coi primi esseri viventi. Sarebbe però un errore il volerli per questo ‘considerare come « convenienze (finalità) primarie », poichè per sé stesse danno luogo tanto a mostruosità, malattie e proprietà nocive, quanto a disposizioni convenienti ed opportune. Solo mediante l’azione «continua della selezione, nasce da queste qualità elementari la mera- ‘vigliosa costituzione della convenienza organica. L'osservazione cri- tica, indipendente e scevra di pregiudizio, prova a sufficenza che la natura deve conquistare a fatica ogni progresso degli esseri viventi e che arriva ai gradi superiori solamente passando sopra un campo di battaglia seminato di cadaveri. Già i primissimi esseri del regno vegetale si trovarono continuamente minacciati da variazioni della temperatura, dal tenore più o meno abbondante di sale e gas, o da altri pericoli. E così la lotta per l’esistenza ebbe già principio col primi «elementi viventi del protoplasma e d’allora si è sempre mantenuta . come una lotta di costituzione contro ostacoli fisici di ogni specie e — 275 — contro parassiti, e come lotta degli animali contro le piante affatto- indipendente da qualsiasi eccesso di esseri nei limiti di ogni specie. Allorquando quegli organismi. primitivi sono usciti dalla materia inorganica, trovarono già esistente la continua variabilità delle con- dizioni esterne, e così incominciò subito la selezione, quale principio regolatore della natura e meccanicamente, senza necessità del con- ‘corso di forze speciali dirette a un dato fine, sorse il mondo della vita, evolvendo verso sempre più elevata trasformazione e perfezione. Le forze e qualità proprie alla materia morta e viva erano sufficenti a dare vita nel corso di milioni e milioni di anni ad esseri sempre più evoluti fino all’uomo. Così variabilità, eredità e selezione sono i tre principî organici vitali, la cui azione concomitante ha prodotto lo sviluppo sempre più progressivo degli organismi. Ciascuna di esse singolarmente, non avrebbe avuto la potenza di produrre i risultati accennati, per cui sarebbe erroneo il volere attribuire alle une maggiore valore che alle altre. Con ciò non si è arrivati certamente al termine delle ricerche, più le nostre cognizioni si approfondiscono, maggiore diventa il nu- mero dei problemi; una verità assoluta, ultima, non esiste in alcun ramo dell'umano sapere, perciò anche il darwinismo non chiude le ricerche biologiche, ma richiede che si prosegua con tutta l’energia possibile lo studio della variabilità e dell’eredità, perchè questi due fattori insieme col principio della selezione, determinano lo sviluppo originando degli organismi. La teoria della selezione naturale non è che un passo nel cammino verso i segreti della vita, e il problema della formazione delle specie non deve trattarsi esclusivamente dal punto di vista di Lamarck o da quello della selezione, poichè sola- mente l’azione concomitante di questi due principî uniti conduce . alla meta. Dall’esposizione fatta si vede di quanta utilità è l’opera del pro- fessor Plate, non solo per gli scienziati, ma per tutte le persone che hanno una.certa coltura generale, per cui anche questa terza edi- zione incontrerà senza dubbio il grande favore delle precedenti. Un lunghissimo elenco di opere sul darwinismo e discipline affini chiude: e completa il libro. Teramo li, 25 luglio 1908. GAETANO CRUGNOLA. ef 976; = Srerano Sommier. — Le Isole Pelagie: Lampedusa, Linosa, Lam- pione e la loro flora, con un elenco completo delle piante di Pantelleria. — Un vol. in 8° gr. di pag. 345. — Firenze, stabi- limento Pellas, 1908. Ecco un altro libro di quell’infaticabile botanico che è il cav. Sommier, preparato in un lungo periodo d’anni, ricco di ricerche bibliografiche, storiche e di storia naturale; scritto con stile sem- ‘plice, ma elegante, che è caratteristico dei suoi lavori; una vera monografia naturale, esauriente delle isole Pelagie, specialmente dal punto di vista botanico. Le raccolte, che servirono di base alla com- pilazione del libro, datano nientemeno che dal 1873, quando cioè VPA. visitò quelle isole; ma vi ritornò in seguito prima della sua pubblicazione, e approfittò evidentemente anche delle escursioni fatte da altri per sempre più completare l’opera propria. Lo scritto fu da lui presentato al Congresso di Palermo, ma la stampa degli Atti del Congresso venne abbandonata, perciò l'A. pubblicò il suo libro, dapprima nel Bollettino del R. Orto botanico di Palermo, ed ora, in seconda edizione, nel volume che ci sta davanti. Premesso alcuni cenni sulla denominazione delle isole Pelagie, l’A. ricorda i pochi botanici che le visitarono, indi dà la biblio- grafia delle medesime, ricca di ben 53 numeri, a cominciare dal- l’anno 1558, e nella quale gli scritti botanici sono completi. Di ogni opera il Sommier espone brevemente il contenuto, co- sicchè si viene a conoscere tutto ciò che ‘può interessare relativa- mente a quelle isole. In seguito per ciascuna delle isole: Lampe- dusa, Linosa e Lampione, l’A. illustra in paragrafi distinti la storia, la geografia, i prodotti e il clima; la geologia; la fauna; la flora e le raccolte di piante che vi sono state fatte; chiude con un elenco comprendente la florula di ciascuna isola, e completa l’opera un prospetto riassuntivo, nel quale sono indicate le specie di esse isole, che trovansi anche in Pantelleria, Malta, Sicilia e Tunisia; uno elenco speciale poi contiene le piante mancanti alle Pelagie e da aggiungersi a quelle di Pantelleria, cosicchè si ha per quest’isola un elenco completo della flora vascolare nota a tutt'oggi. Negli ultimi paragrafi dell’opera l'A. fa vari confronti fra la flora delle isole e quella delle terre vicine, e fra le florule delle isole .- stesse, per poi esaminare la probabile origine di esse. Negli elenchi delle singole florule sono numerose le osservazioni critiche dell’A., carta tS a! ee — 207 — tutte fatte con quell’oggettivita, che è propria del dott. Som- ‘ mier; sarebbe da desiderare che le altre isole del Mediterraneo tro- ‘vassero degli illustratori come il nostro Autore. Fra le specie dell’isola Lampedusa troviamo il Cistus Skanbergi Lojacono, che, se fosse una specie nel senso linneano, sarebbe ende- mica dell’isola; ma essa è senza dubbio un ibrido fra il C. Monspe- liensis L. e il C. parviflorus Lam., ambedue mediterranee con una larga estensione verso oriente del bacino la prima, e la seconda propria delle località ‘centrali e orientali. L’ Elatine Hydropiper L. var. Cussonei Som, era stata confusa colla E. macropoda Guss., ma pare ne differisca assal e non si possa con- fondere nè con la var. peduncolata di Moris, nè con la E. macropoda a genuina Seubert. Hypericum Egyptiacum L., abbondante nell’isola. Crucianella rupestris Guss., caratteristica del paesaggio bota- nico. La Stapelia Europaea Guss. come l’unico rappresentante del ge- nere in Europa, è certo la specie più interessante dell’isola; tro- vasi ancora soltanto in Algeria ed in pochi punti della Spagna me- ridionale (Capo de Gata, Almeria), e non in Linosa, come erronea- mente è stata indicata. L’ Allium Ampeloprasum L. in Lampedusa trovasi oltre che nella forma commutatum Guss. anche in un’altra forma non ancora rile- vata, perchè molto simile alla precedente e che l'A. descrive e pro- pone di denominare var. hemisphaericum Tra le alghe trovansi due specie nuove, che Borzì designò Nostoc insulare l’una e Spelaeopogon Sommieri Pala: in onore dell’A. che l’ha trovata e che anni sono aveva costituito il genere Spelaeo- pogon per distinguere alcune forme di stigonemacee prive quasi del tutto di quelle caratteristiche ramificazioni che contraddistinguono questo gruppo di mixoficee, ma dei cui filamenti hanno la strut- tura. Questo genere è davvero un importante acquisto per la siste- matica delle mixoficee perchè segna il passaggio fra le stigone- macee tipiche e le scitonemacee. L’habitat poi da cui sono carat- terizzate le sue specie, le rende importanti anche e forse più dal punto di vista biologico. Questo genere finora non è stato trovato altrove fuori della Sicilia; solo la specie di Lampedusa cresce pure all’isola di Gozo (Malta). Il Nostoc insulare poi, ha la caratteristica a le sue spore pro- cedono dalla trasformazione degli eterocisti, o almeno dalla mag- gior parte di questi, mentre, come è noto, nelle altre specie deri- vano dagli articoli vegetativi, ad eccezione del N. commune. — 278 — Fra le specie di qualche importanza per Linosa troviamo la Fumaria bicolor Somm. che molto si avvicina alla /. flabellata Ga- sparr., molto rara nell’ isola, e fra le due vi sono dei passaggi. Erodium angulatum Pomel var. Linosae Somm. che, sebbene affine agli E. malacoidem W. e E. laciniatum W. non presenta al- cuna forma di passaggio alle due specie, e si avvicina molto più all’E. angulatum anche a giudizio dei signori Battandier e Trabut. che ne hanno data la descrizione nella loro Flora di Algeria. Erodium laciniatum Willd. var. grandiflorum Somm. Echium confusum De Coincy var. bracteatum Somm. Brachypodium distachyum Pal. de Beauv. var. paradoxum Somm. intermedia fra il B. distachyum e il B. sylvaticum. Zoddaea viridis Borzi, genere nuovo di cloroficee, scoperto a Linosa nell’aprile del 1905 dal dott. Zodda e a lui dedicato dal prof. Borzi. Bellium minutum L., pianta rarissima, che Parlatore aveva deno- minata B. Sommierii credendola nuova specie. Castellia tuberculosa Tineo, nota per molto tempo solo di Li- nosa, di Cagliari, poi trovata in un’ isoletta della Grecia, in un punto. dell’ Algeria occidentale e nelle isole Canarie. Finalmente l’A. ha potuto confermare che la Linaria pseudo-laxi- flora del Lojacono è una vera specie, e non deve attribuirsi alla L. virgata come fece Ascherson. La florula vascolare di Pantelleria, in seguito alle ricerche del nostro A., è oggi di 468 specie; escludendo 15 specie, 12 generi e 3 famiglie di crittogame vascolari, si hanno 453 specie, 264 ge- neri e 65 famiglie di fanerogame in quest’isola, ossia una media di 4,06 di generi per famiglia e di 6,97 di specie per famiglia e final- mente di 1,72 di specie per genere. Nelle isole Pelagie mancano endemismi primarî, ossia di specie sulle quali gli autori sono per lo più d’accordo; su un totale di 530 specie, le Pelagie ne hanno 471 (89 ©/,)) in comune tanto con la Sicilia, quanto coll’Africa boreale; delle rimanenti 59 specie, 25 mancano nell’Africa boreale, ma trovansi in Sicilia e 12 mancano tanto in Sicilia, quanto in Africa. Facendo dei confronti anche col- l’isole Maltesi, si viene alla conclusione che la flora delle Pelagie è eminentemente Afro-Sicula; le specie tunisine entrano per 86 °/, nella flora, e le siciliane per 94 °/. La forte proporzione delle piante annue (61 °/,), più marcata in Linosa (66,3 °/.), che in Lam- pedusa (58,2 °/,), è una caratteristica della flora delle isole Pelagie ed è in relazione con le loro condizioni ecologiche, poichè durante la stagione calda si verifica l’arresto della vita nella vegetazione.. oe IT SS NE CITE Tr PI — 279 — Altre caratteristiche sono la frequenza del nanismo, che è pure l’e- spressione di condizioni ecologiche speciali; la scarsità delle psam- mofile marine esclusive, il che denota la piccolissima estensione delle arene marine, e la mancanza di quasi tutte le idrofite. Le Pelagie sono proporzionalmente più ricche di dicotiledoni e più povere di monocotiledoni dell’ Italia e della Sicilia, e viceversa per rispetto all’ Europa. Il paesaggio botanico si è modificato assai in un tempo molto breve; Gussone quando visitò l'isola di Lampedusa la trovò copertu di verdi fruticeti, di dense boscaglie, e in alcuni luoghi di cespugli densissimi e quasi impenetrabili, con alberi di discreta altezza; ora l’isola è diventata squallida e vi predomina l’aridità; la bianca roccia che ne costituisce l’ossatura è messa a nudo e rifrange i raggi solari fino ad offender gli occhi; gli alberi e i frutici sono spariti. Il fico d’India non si trovava che in due soli punti, ora costituisce un tratto saliente del paesaggio botanico insieme con V Oxalis cernua. Nell’ isola di Linosa la macchia e le piante di alto fusto, hanno pure sofferto assai, ma meno che in Lampedusa e il rivestimento vegetale vi è molto più ricco; anche qui l'introduzione volontaria del fico d’ India ha grandemente cambiato il paesaggio, al quale cambiamento ha contribuito in proporzioni notevoli il Mesembryan- themum crystallinum (introdotto per l'estrazione della soda). Dal modo come si comportano le crittogame (delle 8 vascolari le due isole ne hanno una sola in comune, delle briofite il 33 °/,; e dei licheni la proporzione è ancora minore), l'A. ritiene che esse ‘rappresentano un reattivo assai più sicuro delle fanerogame, per rivelare le differenze edafiche in distretti di ugual clima. Quanto all’influenza della. natura chimica del terreno, sebbene nell’una (Linosa) si abbia un suolo esclusivamente vulcanico, e nel- l’altra calcareo, non si è potuto constatare che ciò influisse sulla ricchezza relativa delle due flore, nè sulla diversità della loro composizione, il che concorda con quanto noi pure abbiamo al- trove (1) constatato. Dopo uno studio così accurato era naturale di ricercare l’origine della flora delle isole considerate, ed è appunto ciò che lA. ha fatto nelle sue conclusioni, limitandosi alla via e ai mezzi che hanno condotto la popolazione vegetale alle isole. (1) CrUGNOLA. — La vegetazione al Gran Sasso d’Italia. — Milano, U. Hoepli 1894, pag. 269 e segg. ER get È Per Linosa non vi ha dubbio che l'immigrazione ‘è avvenuta attraverso il mare, esclusivamente col trasporto dei semi a distanza per mezzo di agenti naturali e dell’uomo; la composizione ‘della flora di elementi africani e siciliani è perfettamente di accordo con questa origine, poichè delle 6 sole specie che non sono nè sicule, né africane, 2 solamente vengono dall'Oriente, le altre trovansi nelle vicine isole. Per Lampedusa si deve ritenere la stessa origine, non ostante alcuni geologi amméttano che l’isola sia stata per un certo tempo con- giunta colla costa tunisina, perchè ciò non è provato in modo as- soluto, e la flora tunisina doveva durante il pliocene, essere ben diversa dall’attuale. Questa è una supposizione, ma pare che la flora non fornisca argomenti in appoggio di tale ipotesi; poichè la pre- senza della Stapelia Europaea, di cui abbiamo parlato più sopra, non è prova sufficiente, potendo i suoi semi venire trasportati fa- cilmente attraverso al mare dal vento ed essendo essa comune in Tunisia. Mentre Hypericum Aegyptiacum, Crucianella rupestris e Jasonia glutinosa non esistono affatto in Tunisia e sono delle piante più caratteristiche dell’isola. Da quanto si è venuto dicendo risulta che la genesi della flora & raccogliticcia e volgare, il che si accorda col tipo della medesima. Teramo, 15 novembre 1908. GAET. CRUGNOLA. \NALI DI BOTANIC PUBBLICATI pense E DAL DE Pror. ROMUALDO PIROTTA Direttore del R. Istituto è del R. Orto Botanico di Roma i [oe SI ae Pinca D. — Ricerche di Morfslosia e ; Fisiologia eseguite nel R. Istituto È Botanico di Roma. XXI. Sull’accrescimento in spessore delle foglie A | persistenti «Tav XIV), pag. 821. _ MieLioraTO E. — Contribuzioni alla Teratologia ve; sgetale (Tav. XV), pag. 331. — CiiovENDs E. Francesco Petrolini ESCO: del secolo XVI (Tav. XVI a DE Toni G. ‘Be ee a lettere inedite di Ernesto Mauri, pag. 508. Sourasr, PF. = “Osservazioni contate. pag: 511. ROMA TIPOGRAFIA ENRICO VOGHERA 204 40096" | per numero. Agli a saranno dati gratuitamente. 25 esemplari di estratti. Si potrà tuttavia chiederne. È un numero maggiore, pagando le semplici SPESE di en |. carta, tiratura, legatura, ecc. a Gli autori sono responsabili della forma e del conte. A nuto dei loro lavori. | far DE I a - : . 7 i DI DE LETALI ; N.B. — Per qualunque notizia, informazione, schiarimento, rivolgersi al. È i prof. R. Prrorra, R. Istituto Botanico, Panisperna, 89 B. — ROMA. 3 VI nale a AT dae P re | Vor. VIL. (pubblicato il 30 giugno 1909) Faso. 3° ——_ —_—_——+—_ —r ———_——————_————-_———=-—-— —-——-_-__—_t_t_—-_—__t-—-—---m——+»— — _—_ TE el: SSIS NGI ES SI NSINS LORS NO SLE NOI NA LONI LISI ANANA SISI OT OS Contribuzioni alla Teratologia vegetale © di ERMINIO MIGLIORATO LIBRARY NEW YORK 3@TANICAL = \AR DET o. A Epiascidii apicali (2) fogliari di Smilax aspera L. (Tav. XII, XIII). es Anni or sono (3) fui colpito dall’ insolito aspetto assunto dalle fo- glie di questa specie, le quali conformate ad ascidio davano alla pianta fisionomia d’insettivora (Tav. XIII) e la rendevano oltre- modo elegante. Non avendo trovato menzione di tale anomalia nella « Pflanzen | Teratologie » (4) del Prof. Penzig ein altre opere pensai d’ illustrarla, ma poi ne diedi un semplice cenno, nel 1897, (5) senza alcun par- (1) Per le parti precedenti di queste «contribuzioni » v. Annali di Bota- nica. Roma, vol. II (1905), p. 397; IV (1906) p. 49 e 61; V1I (1908) p. 139. (2) Il Penzig adopera pel primo questa denominazione per distinguerli da quelli basali, vedi la citazione bibliografica a p. 283. VUILLEMIN P. nel suo recente lavoro: Feuilles peltées et feuilles scyphiées dans le genre Geranium (Bull. Soc. Bot. France, vol. 53 pp. 577-533, Paris, nov. 1907) propone di chiamare gli ascidii teratologici scifie (scyphies in tran- cese da cxbpos, coppa), perchè il vocabolo ascidio si appropria meglio alle forme degli ascidii normali di Nepenthes, Sarracenia, Cephalotus ecc. che sono delle cavità panciute. Sicchè l’epiascidio e l’ipoascidio dovrebbero essere chiamati episcifo ed iposcifo. Già il Morren Ch. nel 1849 usò scyphogénie per denomi- nare il fenomeno della formazione di ascidii teratologici su lamine fogliari. (3) 1895 (4) Band II, Genua 1854. DE CanpoLLE Alph. — Monographiae phanerogamarum, vol. I. Smilaceae, par Cas. DE CANDOLLE, p. 23, Monstruosités DeLPINO F. — Contribuzioni alla storia dello sviluppo del regno vegetale. I. Smilaceae. — Atti della R. Università di Genova. — Genova 1880. I Sigg. Proff. Cas. De Candolle e Penzig gentilmente m’informarono per lettere (22 VII 99, 14 XI 99) di non conoscere alcuna pubblicazione riguar- dante detti ascidii. (5) MiGLIORATO E. — Secondo elenco di anomalie vegetali. — Bull. Soc. Bot. ital., 1897, p. 28. Il Ch.mo Prof. Fort. PASQUALE nei suoi Elementi di Botanica (Napoli 1900) cita i miei casi. ANNALI DI Boranica — Vou. VII. 18 JUL 26 1909 x — 282 — ticolare, e rimandai la descrizione ad un lavoro speciale (1), per- chè volevo ricercare altri ascidii e che infatti raccolsi in varie lo- calità e in abbondanza. Descrizione complessiva degli ascidii. Il picciuolo sostiene la lamina come nella foglia normale, il nervo mediano è normale e non piglia parte alla formazione della cavità o asco, come avviene negli epiascidii basali, poichè la la- mina salda od anastomizza i propri margini a principiare dall’a- pice di essa, però non sempre nello stesso modo, come si vedrà dalla descrizione e dalle figure dei singoli casi; codesto fenomeno fa scom- . parire completamente il mucrone apicale e con esso la funzione secretrice della prima età della foglia, scoperta dal De Candolle Alph. e che avviene per mezzo di tale mucrone (2). La pagina superiore o ventrale della foglia diviene quell’interna dell’ascidio e conserva i caratteri normali. * * * Gli ascidii, come le foglie di questa specie, sono di forme sva- riatissime: l’eterofillia abituale non s'è punto cambiata. Dalla punta della foglia appena ascidiata (fig. 22, 228, c, 11, 16), sì passa all’apice ascidiato (fig. 24, 18, 15, 19, 25, 8) e poi man mano all’ascidio, che alle volte interessa metà foglia (fig. 3, 4, 17) poi ancora ad ascidii più profondi (fig. 10, 12, 13, 14, 20, 21) quindi a casi nei quali tutta la lamina piglia parte alla formazione dell’asco ; da questi stadi si passa all’ascidio con bocca piccola (fig. 6, 7)e poi ad un altro con bocca piccolissima quasi larga un millimetro (fig. 5). Le dimensioni dell’ascidio alle volte aumentano nelle foglie suc- cessive ed altre diminuiscono. La direzione e la forma dell’apice dell’asco non sempre sono le stesse; alle volte esso si piega in una elegante curva (fig. 1), tali altre quasi bruscamente in senso orizzontale per poi curvarsi in giù (fig. 2). In generale la bocca guarda in alto. Qualche volta la punta dell’ascidio è lunga e somiglia ad un cirro, che non s’ayviticchia (fig. 10), tal’altra è curva ad uncino (fig. 14, 19). Dalle figure si vedranno tutti i passaggi graduali dalla salda- tura dei margini all’anastomosi completa dei medesimi. (1) Questa nota doveva pubblicarsi, nel 1899, nella Malpighia, per gentile invito del Ch.mo Prof. Otto Penzig, ma poi per l’ interruzione dei miei studii restò inedita, ed ora rifatta piglia posto in dette contribuzioni. (2) DeLPINO. — L. c., p. 28-29. — DE CANDOLLE. — L c. < +0 aj è, - a — 283 — Nelle regioni alte della pianta solamente qualche volta ò tro- vato l’ascidio del tipo della fig. 3. Nelle foglie ascidiate in generale 6 notato la mancanza dei cirri; qualche volta essi esistono (fig. 10, 26 V) nelle foglie superiori. I rami che descrivo erano nelle regioni inferiori delle piante, cioè nell’ascella delle prime foglie o delle squame ipogee. * KOK Casi. simili ad alcuni dei miei sono stati illustrati e figurati nel 1902 dal Prof. Penzig (1) in una pregevole nota; essi provenivano dalle vicinanze di Ventimiglia (Liguria). In questi casi la salda- tura dei margini si effettuava con una linea di sutura in un tratto più o meno lungo, ma non in tutta la foglia. L’ascidio ‘spesso era incurvato indietro. Nel ramo non si osservava graduale passaggio del fenomeno da un ascidio all’altro. Anche il Dott. Trinchieri a descritto simili casi, nel 1907 (2), raccolti nell’Orto botanico di Catania. Egli pure consta che alle volte l’ascidio s’incurva indietro e che è schiacciato ai lati. L’apice diventa sottilissimo. Gli ascidil non anno la linea di sutura come quelli del Penzig. Descrizione dei singoli casi. I seguenti casi furono da me raccolti dal 1895 al 1904 nella provincia di Napoli. Tengo a non far conoscere le località ove crescono le piante che produssero gli ascidii, per evitare che la « pirateria » dei rac- coglitori le distruggano. Distinguero le località con lettere. Località 1895 1896 1897 1898 | 1899 | 1904 BRL DIE TIRI | 4 EEA IL-OSTIE- 98 VI a Bo — ~ = a 23 1V Le BARS Da res ARIA = 28 VI (2) Ugo ee VIII ay LOI = — = RIA =; 28 X (3) be | is Si (1) Fig. 2. — (2) Tipo della fig. 16. — (3. Fig. 4. NB. — Ogni ramo segnato nel seguente quadro è un segmento, cioè la prima foglia di esso non è la prima dopo quella nella cui ascella c’è detto ramo. (1) PenziG O. — Note di teratologia vegetale. II. Epiascidii apicali nelle foglie di Smilax aspera. — Malpighia, 1902, vol. XVI. Tav. IV, fig. 6-8. (2) TRINCHIERI G. — Noterelle teratologiche. I. Smilax mauritanica Desf. — Malpighia, 1907, vol. XX. Ramo bo iss) — 284 — Quadro descritti II appena ascidiata all’ a- pice (fig. 11). Linea di sutura e poi anastomosi. | I OEEeeec appena ascidiata all’ a- pice; tipo della fig. 11. Sutura. ascidiata. La sutura principia dal primo quinto della foglia. | con l’apice appena asci- diato. Anastomosi. eee!) normale. Manca. (Fig. 12°) Però la linea di saldatura dei due margini va fino ad un certo punto (meno della metà della zona di saldatura) poi prin- cipia l’anastomosi. Apice deteriorato. Manca. Asco fino ad un terzo della lamina (fig. 17). Linea di sutura e poi anastomosi. con l’apice appena asci- diato come la fig. 11. FO III ascidiata come quel a della fig. 12 ma ui pochino più grande ascidiata. Fig. 14 e 14 8, Anastomosi completa, come III di 2. Apice appena ascidiato come la fig. 11. Ridotte alla sola guaina | Appena ascidiata all’api ce. Fig. 16. Linea di su tura e poi anastomosi, Apice ascidiato come È fig. 16. 4 Ascidio fig. 17 Anast i mosi. ¢ — 285 — SI singoli casi J = Data = della raccolta si lV | Vv VI- VII - VIII on l’asco abbastanza | ascidiata nel primo | VI appena ascidiata largo. Fig. 13. Ana- terzo a principia- all’apice come fi- stomosi completa re dall’apice come gura 16. Linea di 4 la fig. 19. Linea di sutura. sutura. me la fig. 16. (l’apice è deteriorato) | VI come I di questo X ramo. jcidiata nel primo | normalee così di se- quinto della foglia. guito per le altre Sutura. Fig. 15. foglie. ormale e aosì di se- guito. ———— scidio nel primo quar- , come la fig. 17. VI come III di 5. to della foglia. Dap- VII apice. appena prima si à sutura dei ascidiato come II margini, poi anasto- di 5. mosi. Figura 19. jcidio fig’ 18. L’asco | appena ascidiata al- | VI L’ apice è dete- è più piccolo del JII. | l’apice, come la fi- ‘riorato. 1astomosi. gura ll. VII normale. V-IX ascidii con anastomosi completa (figu- ra 26 I, II, IMI, IV, V). Il V àicirri e l’asco più piccolo dei pre- cedenti. L’ anastomosi è rappresentata dalla fig. 27. - 0 a eee PATER 17 Nov. 1895 17 Sett. 1897 id. id. Marzo 1898 23 Aprile 1899 Ramo 8 10 it 13 14 15 16 iW rappresentata da una punta di natura fo- gliacea a sezione ci- lindricaelunga‘/,cm., somigliante all’apice d’un cirro. come la fig. 1. L’ anastomosi è com- pleta. piccolissima, ascidiata all’ apice, fig. 22 Manca. Con l’apice deteriorato piccolissima 22 6). Anasto- Lamina (fig. mosi. Manca. con la punta appena ascidiata come la fi- gura 11. Invece della lamina esi- ste un’appendice cir- riforme lunga 1 cm. e mezzo e a sezione ci- lindrica. Fig. 9. Ascidio piccolo con'boc- ca piccolissima larga un millimetro. Fig. 5. Anastomosi completa. II appena ascidiata come la fig. 16. come la precedente ma l’asco è più piccolo. ascidiata all’apice come la:fig. IL come la fig. 11, ma con _ lamina più piccola. Ascidio all’apice come la fig. 16. Ascidio, tipo della fig. 19. Linea di sutura. Ascidio come la fig. 18. Anastomosi. come la fig. 16. Linea di sutura. Ascidio (piccolo) come la fig. 15. Anastomosi. Ascidio curvo all’ indie- tro e panciuto con bocea piccola larga 3 mm. Fig. 6. Anasto- mosi completa. III L’apice è deteriorato. Apice appena ascidiat come la fig. 11. Ascidio che finisce in una punta rotonda. È gura 21. Anastome Ascidio, tipo della fig. Anastomosi. | Manca. | Manca. O | Ascidio come la fig. 18 Anastomosi. | 1 Ascidio fig. 23. Liz di sutura e poi anasto mosi / Ascidio che termina ii una lunga punta ci riforme. Anastomos: Figura 10. = Ascidio curvo all’ indi tro con bocca picco! nel tratto A B del figura 7. AnastoBif completa. IV —— scidio che interessa la seconda metà e termi- nante in una lunga punta cirriforme fi- gura 8. Anastomosi. S087 = normale. normale e cosi di seguito. scidio curvo all’indie- tro. Fig. 20. Anasto- mosi. fanca. [anca. scidio comefig.14, L’a- nastomosi è completa ppena la punta è asci- diata come la fig. 11 Scidio (fig. 24) rivolto ad uncino all’ apice Anastomosi Manca la lamina. Manca. Appena la punta è ascidiata come la figura 11 come la fig. 11 come la fig. 16 V1-VII- VIII VI normale, VI, VII, VIII come la fig. 11. Data della raccolta 23 Aprile 1899 id. Marzo 1899 id. id. id id a ae a x . est. Fi ey = . 7 . ele ee . . . . - 3 ' , . . “3° . . . . . . . ee 1 17 Nov. 23 Giu. 1895 1899 I seguenti ascidii non possono pigliar posto nel quadro, perchè raccolti senza i rami. Fig. 1. — I margini si saldano e la linea di saldatura assume l'apparenza d’un nervo. L’apice dell’ascidio è curvo rivolto all'indietro. Località A. 17 novembre 1895. Fig. 2. — La saldatura dei margini è come nel caso precedente. L’ascidio si prolunga in una punta cava e curva rivolta all’in- dietro; codesta punta all’apice si curva in giù. Località A. id. Fig. 8. — Saldatura come nel caso nella fig. 1. L’apice dell’ascidio è diritto. Località id. id. Fig. 4. — L’anastomosi dei margini è completa. Località D. Agosto 1896. Fig. 22c. — Ascidio apicale piccolissimo. Località A. 23 aprile 1899. Conclusioni. E esclusa ogni idea di presenza di cavità per raccogliere il se- creto del mucrone, perchè questo scompare e non è sostituito da nessun tessuto secretore. * * * Secondo il Trinchieri (1) la causa determinante la saldatura dei margini forse è costituita da compressioni delle parti tra loro, e che queste sono generate dall’abbondanza di nutrizione, Dai fatti esaminati da me, pare evidente che le cause che de- terminano la formazione dell’asco sono le pressioni esercitate nella foglia in formazione, appunto perchè la prefoliazione è plicata: quando le pressioni sono abbastanza forti avviene l’anastomosi com- pleta dei margini (fig. 26 III), invece si à solamente la saldatura di questi (fig. 3) quando detta pressione non è tanto forte, per modo che i margini fogliari non s’anastomizzano, ma vengono a ‘ (1) Loc. cit. Taxi _ Epiascidii di Smilax aspera L. 4 i; AN, - x — 289 — saldarsi in seguito all’accrescimento in una fase di sviluppo più avanzata. Di detto argomento e dell’anatomia dell’ascidio dirò nel trattare lo sviluppo di questo in altro lavoro, perchè presentemente non 6 il materiale in alcool presso di me. Dall’Istituto botanico universitario di Roma. 1 Settembre 1908. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tav. XII. Tutte le figure sono di grandezza naturale. Fig, 1. — Ascidio con linea di sutura e apice rivolto indietro. Fig. 2. — Id. id. e apice sottile rivolto indietro. Fig. 3, — Ascidio con linea di sutura. Fig. 4. — Ascidio con margini anastomizzati. . Questa figura è ricostruita in parte, perchè l’ascidio è deteriorato. Fig. 5-6-7. — Questi ascidii appartengono all’istesso ramo e sono successivi, Fig. 8. — Ascidio con linea di sutura e apice lunghissimo. Fig. 9. — Foglia costituita da una appendice cilindrica lunga. Fig. 10. — Ascidio fornito di cirri e d’apice allungatissimo cirriforme. Fig 11. — Foglia appena ascidiata all’apice. Fig. 12. — Ascidio acuminato. » 126. — Lo stesso visto di prospetto. Fig, 18. — Ascidio con anastomosi. L’ascidio è deteriorato. Fig 14. — Ascidio con anastomosi ed apice ad uncino, » 14b. — Lo stesso visto di prospetto, Fig, 15. — Ascidio con linea di sutura. Fig. 16. — Apice ascidiato. Fig. 17, — Ascidio acuminato. Fig, 18. — Ascidio acuminato con l’asco più piccolo del precedente. Fig. 19. — Ascidio con asco profondo e stretto e linea di sulura. Fig. 20. — Ascidio ricurvo indietro. La parte superiore della lamina è dete- riorata. Fig. 21. — Ascidio con punta arrotondata, Fig. 22. — Lamina piccolissima. Ascidio piccolissimo all’apice. » 22b, — Id. con lamina più grande. » 22c. — Ascidio apicale più piccolo del precedente. Fig. 28. — Ascidio con linea di sutura. La lettera o è sul punto di attacco del picciuolo. Fig. 24. — Ascidio con asco stretto e con l’apice rivolto ad uncino. Fig. 25. — Ascidio con l'asco strettissimo. TAV NOL. Fig. 26. — Ramo con cinque ascidii successivi I, II, III, IV, V. » 26a.— La parte inferiore del ramo à quattro guaine: l’infima è la prima epigea. — 290 — Fig. 26 b. I, II, III, IV, V..— Ascidii con anastomosi. I. Sensibilmente curvo all'indietro. II. Curvo all'indietro e con apice lunghissimo. III. Apice curvo in avanti. IV. Come II con l’apice curvo all’indietro. V. Asco più piccolo dei precedenti con l’apice curvo in avanti. Solamente quest’ascidio a i cirri. Le figure che sono a destra del ramo rappresentano gli ascidii visti di lato come sono sul ramo. nà eee _r————P mpmÒèo Wu. ww. I tt IAA LN SMI INALAIM SLI NINE Plantae italicae criticae. Curante Doct. LINO VACCARI FascICULUS I (N. 1-52) PREFAZIONE. La critica sistematica e floristica ha preso in questi ultimi tempi uno sviluppo enorme. Vecchie specie credute finora incrollabili ven- gono di continuo smembrate, entità credute distintissime vengono in- vece fuse tra loro, e molteplici forme nuove, o proposte come nuove, vengono ad ogni pie’ sospinto descritte. Lo studioso si trova perciò dinnanzi a difficoltà sempre crescenti, prima fra cui quella (che talvolta diventa addirittura impossibilità) di avere sotto gli occhi gli esemplari autentici delle entità che sono oggetto delle sue ricerche. E siccome le diagnosi non sono sempre sufficienti a far riconoscere la pianta, sopratutto quando si tratta di forme fluttuanti, le quali per quanto abbiano tassonomicamente scarso valore, debbono pur tut- tavia essere prese in considerazione dal monografo, poichè come dice il Belli, « ... prima di essere sintetizzatori, conviene essere ana- litici, salvo a non dare le ragioni della sintesi, le quali debbono per forza risultare dalla analisi (1) ». Così il sistematico è obbligato a compiere delle ricerche lunghissime, talvolta con risultati incerti od anche errati, ricerche che |’ ispezione di esemplari autentici rispar- mierebbe, offrendo nel tempo stesso più sicure basi di studio. Nè a questo inconveniente ovviano sempre i grandi Erbarî di con- sultazione, perchè i monografi, o chi descrive qualche entità nuova, non sempre possono 0, potendo, ricordano di comunicare gli esem- plari che hanno studiato o descritto, e che soli potrebbero costituire la documentazione tangibile e irrefutabile dei loro concetti. (1) S. BeLLIi, I Hieracium della Sardegna. Memorie R. Accademia delle Scienze di Torino, serie II, t. XLVII, pag. 465, nota 2. ) Fee ide Sanh DI oy | ate DGD x Appare perciò evidentissima l’utilità di una Exsiccata che distri- buisca entità critiche o nuove, le quali siano state esaminate esem- plare per esemplare dai rispettivi monografi od autori e trasformate per effetto di tale studio in veri e propri autotipi. È tale Zasiccata, che col titolo di « Plantae italicae criticae » inizio col presente fascicolo. Essa era stata ideata ed organizzata dal dott. R. Pampanini, il quale per causa di altre occupazioni dovette abbandonarla, onde l’impresa, già da me caldamente approvata, sarebbe forse caduta se il prof. R. Pirotta, comprendendone tutta l’importanza, non mi avesse validamente incoraggiato ea aiutato a farla proseguire. Le Plantae italicae criticae prenderanno posto a canto alle altre Exsiccata di piante vascolari italiane attualmente in corso di pub- blicazione, l’Herbarium siculum cioè e la Flora italica exsiccata. Pren- deranno posto a canto ad esse, ma senza nuocere loro e senza per- dere per questo della propria importanza, così come a canto alla Mycotheca italica del dott. D. Saccardo visse senza recarle danno l’Exsiccata micologica dei proff. Briosi e Cavara « I funghi parassiti delle piante coltivate od utili». Ciò perchè la prima ha carattere generale, mentre questa del Briosi e Cavara ha carattere particolare. La Flora italica exsiccata, che delle due Exsiccata di piante vasco- lari è la più importante, ha |’ intento generale di fornire allo studioso della flora italiana ampio materiale di studio da essere discusso e coor- dinato. Le Plantae italicae criticae invece si limitano ad offrirgli dei sicuri termini di paragone. Così, mentre è indispensabile allo studio della flora italiana la prima, debbono apparire di utilità non dubbia le seconde, specialmente quando si debba prendere in esame o un gruppo ristretto di piante, o una località limitata. A differenza della Flora italica exsiccata, le Plantae italicae cri- ticae, data la loro indole diversa, si limiteranno a poche categorie di piante. 1° Entita che in questa exsiccata verranno per la prima volta descritte. ; 2° Entita determinate dal loro stesso autore. 3° Entita che abbiano formato oggetto di uno studio sistematico particolare e siano state determinate dall’autore di esso. Autotipi nel senso stretto della parola saranno dunque gli esem- plari che rientreranno nelle due prime categorie; autotipi in un senso più largo quelli appartenenti all’ultima, come quelli che formano la documentazione dei concetti dei singoli specialisti che hanno preso a studiare monograficamente o una intera famiglia, o un genere od anche solo una specie o una varietà. — 299 — Per quanto riguarda la bibliografia e la sinonimia le schede sa- ranno redatte dagli stessi monografi od autori, e così pure le osser- vazioni che essi vorranno aggiungervi per illustrare le piante. Queste ultime saranno, con l'approvazione dei rispettivi autori, tradotte da me in italiano quando il testo originale sia stato compilato in altra lingua. Le entità saranno rappresentate anche da numeri bis allo scopo di documentare il più possibile la distribuzione geografica dell’entità. I fascicoli delle Plantae italicae criticae usciranno ad epoche inde- terminate e ciascuno comprenderà una quantità illimitata di numeri principes e di numeri bis. Data la loro indole essi conteranno solo un numero limitato di copie che però, convenientemente distribuite, basteranno, spero, allo scopo cui mirano. Nella speranza che questa mia impresa possa facilitare lo studio della flora nostra, ringrazio intanto i collaboratori che, come mono - grafi o come raccoglitori, mi forniscono gli elementi necessari per la sua realizzazione, ed in modo speciale ringrazio il prof. Pirotta sotto il cui patrocinio la inizio. Tivoli, maggio 1909. Lino VACCARI. ALCHIMILLA. Les recherches récentes ont placé le genre Alchimilla sur une base en- tiérement nouvelle. Il n’y a pas longtemps, l’ A. alpina passait encore pour une espéce uniforme; en 1884 encore, le si judicieux A. Kerner (Fl. Austro- hung. sub n. 816, schedae III, 10) disait qu’il ne pouvait étre douteux ce que représente |’ A. alpina de Linné et en illustration de son opinion il éditait un numéro (n. 2024) dont aucun des trois composants n’ est le véritable alpina Linnéen. Quant àl’A. vulgaris sa variabilité fut dés longtemps remarquée, mais la plupart des auteurs se tiraient d’affaire, en lui accordant, d’une facon aprioristique, un pouvoir de variation désordonnée et illimitée. Passe encore si ces assertions provenaient de botanistes, ne connaissant et ne ju- geant l’espéce que d’après des matériaux d’herbier, mais il y en eut méme, . comme Bertoloni (FI. it. II, 1, 207: Caveant tyrones ne, etc.) qui assuraient que cela ressortait avec évidence de l’inspection locale. Or ce sont précisément les recherches faites sur le terrain qui ont dé- montré que cette variabilité illimitée est une illusion et qu’au lieu de quel- ques « variétés » mal taillées on a affaire 4 un nombre souvent considérable de formes, nettement circonscrites morphologiquement, jouissant de particu- larités biologiques et d’aires géographiques spéciales, souvent énormes. Il y a parmi elles des espéces s’accommodant de tout terrain et d’autres nettement xérophiles, des espéces à aires orientales et d’autres à aires occidentales, des. — 294 — e ubiquitaires allant de la plaine jusqu’aux neiges éternelles et d’autres li- mitées & des zones déterminées, comme p. e. les si curieuses espéces subni- vales. La constance de ces formes est très grande, en quelque sorte « décon- certante » (Murbeck) et si elle s’explique jusqu’a un certain point par la parthénogénése ou l’apogamie découverte pour ces plantes par Murbeck et développée par Strasburger, cette dernière n’en doit pas étre l’unique cause car on l’observe également chez les espéces restées sexuées. En général, ces espéces se trouvent a l’état social et il n’est pas rare d’en trouver une demi- douzaine sur un espace de quelques métres carrés; les stations n’hébergeant qu’une espéce unique, sont plutòt l’exception. Sur cette base nouvelle le genre a éte remis sur chantier dans la plupart des pays européens. En Italie plusieurs botanistes ont suivi le mouvement et leurs recherches ont donné les résultats les plus remarquables. Les environs de Bordighera et San Remo furent ainsi explorés par M. Clarence Bicknell qui est en train de faire la méme chose pour les Alpes de Tende. Lino Vaccari asuivi avec succès les Alchimilles de la Vallée d’Aoste. La Suisse italienne et l’Italie insubrienne ont été parcourues par des botanistes suisses; mention- nons P. Ohenevard et Josias Braun pour le Tessin, E. Steiger pour le Val Misocco, ainsi que plusieurs éléves de'l’Ecole de Zurich: Mario Jaggli pour le M.t Camoghe, Geilinger pour la Grigna, H. Brockmann-Jerosch pour le Poschiavino. Mais nulle part les recherches furent poursuivies avec plus de méthode, de persévérance et de succès que dans le Bormiais par Massimino Longa recherches dont les résultats firet le sujet de notre petit article: « Les Alchimilles bormiaises », dans le Bulletin de l’Herbier Boissier 1901. Dans le Trentin, le déploré Gelmi avait commencé des investigations qui promettaient beaucoup. Quant aux Alpes orientales, aux alpes Vénitiennes, dont les Alchi- milles étaient entiérement inconnues, leur exploration est aujourd’hui en bon- nes mains. C’est surtout l’Apennin pour lequel les données actuelles sont des plus précaires, où la collaboration des botanistes régionaux serait la plus pré- cieuse. Ici tous les renseignements mis au jour auront leur valeur, soit qu'il s’agit de formes nouvelles, soit de contributions propres à fixer l’aire géo- graphique d’espèces connues. Pour la récolte des Alchimilles et la confection judicieuse des numéros dé- stinés aux « Plantae italicae selectae » je voudrais recommander aux colla- borateurs les 5 points suivants: 1° Ne pas prendre trop jeune. — Dépourvues de pétales les Alchimilles n’ont pas besoin d’étre récoltées en 2 phases, fleurs et fruits. Le meilleur état pour la récolte est celui s’approchant de la maturité: alors les inflore- scences, les tubes calicinaux ont acquis leur forme définitive, souvent caracté- ristique. Rien n’est plus décevant que ces jeunes états, 4 inflorescences com- pactes, ressemblant à de petits choux-fleurs qui ne laissent préjuger de ce que la plante serait a l’état adulte. Combien d’indications de « tleurs glo- mérulées » des descriptions sont erronées, parce que fondées sur des états jeunes où les mémes plantes, mfires, auraient eu l’inflorescence diffuse et corymbi- forme. En voyage, on est forcé de prendre ce qu'on a sous la main, mais — 295 — là où l’on peut choisir l’époque de la récolte, mieux vaut prendre un peu tard | que trop tòt. 2° Conserver toute la plante. — Il y des Alchimilles (Heteropodae) dont les feuilles printaniéres sont glabres, tandis que les grandes feuilles estivales sont fortement velues. En dépouillant'les échantillons de ces premières feuil- les, parce que faneés et laides, en « fignolant » le spécimen, on se prive d’éléments nécessaires pour la détermination. 3° Etaler convenablement les feuilles. — Les différences entre espèces affines étant souvent petites, il importe de ne pas se les rendre, è soi-méme et 4 autrui, plus difficiles encore par une préparation défectueuse. Si tout le monde ne peut prétendre au degré de perfection distinguant les échantillons sortis de la main de ]’Abdé Carestia, chacun peut se donner la peine de bien étaler au moins les grandes feuilles estivales. 4° Choisir autant que possible d’échantillons de grande taille. — Plus Véchantillon est petit, moins est aisée la détermination spécifique. Et le clima devenant toujours plus sec vers le Sud, ayant pour résultat un ra- petissement correlatif de la taille, on corrigera ce déficit en portant la re- cherche sur les échantillons de belle venue. 5° Ne pas se borner trop strictement aux parts nécessitées par les « PI. selectae », mais prendre, si faire se peut, un certain surplus d’échan- tillons. Les Alchimilles vivent le plus souvent è l’état social; la nature de la station, ombragée ou ensoleillée, leur confère une certaine ressemblance de port, ce qui est surtout le cas pour les Pubescentes qui tous sont xéro- philes. Dans ces conditions il faut étre bien sfir de son affaire pour faire une récolte exempte de tout mélange. Dés qu’on a done l’impression de ne pas se trouver devant une forme tout à fait uniforme, il importe d’en prendre plus que le nombre strictement nécessaire pour parfaire les 20 parts afin que la récolte puisse supporter le dechet des « mélanges ». Il me reste à dire un mot au sujet de l'A. arvensis. C'est a tort que cette espéce passe pour uniforme; elle n’est pas moins variable ou « collective » que les A. alpina et vulgaris. Au Nord des Alpes, dans toute la Suisse p. e., lA. arvensis est une plante des blés, introduite par conséquent et qui dis- paraîtrait de la flore du pays dés que cesserait la culture des céréales. Tout autre est le cas dans les péninsules méridiopales, et notamment en Italie. A còté des stations où l’arvensis se trouve a la suite des céréales, nom- breuses sont celles où il se trouve en des endroits sauvages, landes de mon- tagnes, terrains incultes, pàturages, plages du littoral et où il fait partie de la flore aborigéne du pays. Tantòt il y existe une seule forme, tantòt plusieurs, 4 l’état social, à l’instar des Erophila avec lesquels les Aphanes ont encore ceci de commun qu’ils sont autogames. Pour le débrouillement de ces formes, pour leur définition précise et la fixation de leur distribution géo- graphique, le concours des botanistes italiens, de toutes les provinces, serait des plus précieux. En les récoltant il s’agirait de noter soigneusement si elles proviennent d’un sol vierge ou d’un terrain cultivé et de choisir, autant que possible, des échantillons de grande taille. R. BusER. — 296 — 1. — Alchimilla alpestris Schmidt (1794). Schmidt, Fl. Boémica inchoata, cent. III, 88 (1794). Syn. — A. vulgaris auct. p. p.: Lestiboudois, Botanogr. belg., 193 (1781); Willd., Fl. berol., 72 (1787); Sp. pl., I, 698 (1798); En. h. Berol., 170 (1809); Schkuhr, non L. — A. conglomerata Schmidt, op. c., 89 (1794). — A. glabra Ney- genfind, Enchirid. bot., 67 (1821); Dumortier in Bull. Soc. Belg., IV, 341 (1865); Kerner, FI. Austr.-Hung. exs. n. 817 (1833), Schedae III, 13 (1884). — A. vul- garis x major Hook., Fl. scot., 56 (1821). — A. glabrata Tausch, Index Canal., 1 (1821). — A. vulgaris var. glabra Mert. & Koch, Deutschl. FI., I, 830 (1823). et auct. non DC. — A. vulgaris var. ciliata Hegetschw. in Labram Schwei- zerpfl. (1826-34). — A. vulgaris a acutiloba f. prior Rchb., F]. excurs., 609 (1832). — A. vulgaris var. glabrata Wimm., Fl. Schles., ed. II, 148 (1844). — A. vulgaris & grandis Blytt, En. pl. circa Christianiam etc., 21 (1844). — A. vulgaris « maxima Schur, En. pl. Transs., 204 (1866). — A. vulgaris y gla- brescens Gren., Fl. chaîne jurass., 677 (1869). — A. glareosa Kerner (nomen nudum) in Regel’s Gartenflora, XXXV, 497 (1886) [f. opima, vegeta]. — A. vul- garis & luteo-virens Focke in Koch, Syn., ed. III. Hallierana, 826 (1891) [excl. syn]. — A. psilophylla Borbas in Oesterr. bot. Zeit., 424 (1891). — A. vulgaris y conglomerata Beck, Fl. N. - Oesterr., 766 (1892). LoNGOBARDIA (Prov. di Sondrio). -—- Bormio : in pratis loco dicto Rino di Poina, alt, 1200 1500 m. — 6. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 1 (a). -- Alehimilla alpestris Schmidt (1794). LoNnGoBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis loco dicto Jet supra Semogo, alt. 1700 m. — 27. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser . — Alchimilla alpigena Buser (1901). Buser in Bull. Herb. Boiss., 2* serie I 716 (1901); Vaccari, Cat. pl. vasc.. Vallée d’ Aoste. 198 (1905). Syn. — A. asterophylla Buser, Notes s. qqs. Alch., p. 4 (1891) [ex Bull. Soc. dauph., 1892, p. 93] max. p. p., non Tausch. — A. Hoppeana Buser in Bull. Soc. bot. Suisse IV; 41 (1894) et ap. Jaccard, Cat. FI. valais. 107 CA max. p. p., non Rehb. PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Argentera: Col della Maddalena, in. herbidis praeruptis, alt. 1850-1900 m. — 26, 28. VIII. 1907. Leg. et determ. R. Buser Ulteriori ricerche mi hanno dimostrato che le piante che nel 1891 avevo desi-. gnato col nome di A. asterophylia (Tausch) e nel 1894 con quello di A. Hoppeana. (Rchb.) non costituivano una razza definita ed unica, ma comprendevano più. ia Va eee a — 297 — specie affini. In seguito, col nome di A. a/pigena (stabilito sul modello di quello di A. alpina), ho chiamato quella specie che fra tutte quelle sorte dallo smem- bramento, è, nel raggio delle mie ricerche personali, la più diffusa e comune Essa è parimenti la specie di gran lunga predominante sui due versanti del Col della Maddalena, nelle alte valli dell’ Ubaye (Basses-Alpes) e della Stura (Prov. di Cuneo), dove abbonda indifferentemente sul calcare come sulla silice, Gli esemplari qui distribuiti hanno un certo aspetto particolare: portamento tozzo, tinta delle foglie oscura ed opaca, foglioline spesso abbreviate, ellittiche od obovate, ben arrotondate all’apice, con denti brevi, un po’ aperti, ma però apicali e conniventi. La vera A. Hoppeana Rchb. (= A. Hoppeana var. angustifoliola Buser olim) è rara entroilimiti della flora italiana, finora essendo stata osservata soltanto nel Trentino, da Gelmi (N. Giornale bot. it., n. s., V, 309 [1898]), e in Liguria, nel vallone di Gravina (Val Pesio), dai sigg. Bicknell e Jaquet. R. Buser 3. — Alchimilla alpina L. (1753). L., Sp. pl., ed. I, 123 (1758) (excl. syn. Bauh.) et auct. omnium Europa. bor. Cfr. Buser in Ber. schweiz. bot. Ges., IV (1894), 41 et seq., t. 2. Syn. — A. alpina ; glomerata Tausch in Flora XXIV, 1, (1841)Beibl. 108, 109 (excl. pl. cors.). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tendu: in pratis loco dicto Baissa di Peirafica supra vallem. Casterino di Tenda, alt. 2000 m., solo siliceo. — 1. VIII. 1907. Leg. C. Bicknell et L. Pollini -- Determ. R. Buser Gli esemplari qui distribuiti differiscono dal tipo per essere più robusti multicauli ed a foglioline larghe e spesso molto ottuse. R. Buser 4. — Alchimilla einerea Buser (1891). Buser, Notes s. qqs. Alch., Grenoble, 1891 p. 12. (ex Bull. Soc. dauph., 1592, p. 101); in Bull. Herb. Boiss. 2° serie, VII, 988 (1907); Bicknell, Fl. Bordighera, 99(1896). ETRURIA (Prov. di Firenze). — Pistoia: in pratis rupestribus latere me- ‘ ridionali montis Uccelliera, alt. 1300 m., solo siliceo. — 23. VII. 1907. Leg. L. Ceroni — Determ. R. Buser 4 (a). — Alchimilla cinerea Buser (1891). f. aprica. PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in pratis apricis vallis Fon- tanalba prope Lago Verde, alt. 2000 m. — 21. VII. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser ANNALI DI BoTanicA — Vou. VII. 19 — 298 — 4 (5). — Alchimilla cinerea Buser (1891). f. vegeta. PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: supra vallem Casterino in loco dicto Baissa di Peirafica, alt. 2000 m., solo siliceo. — 3. VIII. 1907. Leg. C. Bicknell et L. Pollini — Determ. R. Buser 5. — Alchimilla colorata Buser (1891). Buser, Notes s. qqs. Alch., Grenoble, 1891 p. 10. [excl. syn.| ex Bull. Soc. dauph., 1892, p. 99; ap. Jaccard, Cat. Fl. valais., 110 (1895). LoNGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pascuis sterilibus montis Plagheira, alt. 2000-2500 m. — 27. VIII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 5 (a). — Alchimilla colorata Buser (1891). LONGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio : in pratis sterilibus apricis circa pagum montis Oga, alt. 1250-2000 m. — 8. VIII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 6. — Alchimilla erinita Buser (1892). Buser ap. Magnier, Fl. selecta, 1892, n. 2752, Scrinia 256; ap. Jaccard, Cat. Fl. valais., 138 (1895). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pascuis loco dicto Pian de Madier in latere orientali montis Pelmo, alt. 1500 m. - 17. VIII, 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser È questa la prima volta che si constata l’esistenza dell’A. crinita in Italia. In Svizzera questa specie è propria alla zona delle Alpi calcari settentrionali mancando nelle restanti Alpi svizzere centrali. Così non fu osservata nè nel Vallese meridionale, nè nel Ct. Ticino, nè nelle valli italiane dei Grigioni; e neppure fu osservata nella regione di Bormio e nel Trentino. | R. Buser. 6 (a). — Alchimilla erinita Buser (1892). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in herbidis sub ce- spitibus Rhododendri ferruginei in latere orientali montis Pelmo alt. 1900 — 17. VIII. 1907. m. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser — 299 — 7. — Alchimilla cuneata Gaudin (1829). Gaud., Fl. Helv., IV, 638 (1829); Syn., 117 (1836); Vaccari, Cat. pl. vase. Aoste, 200 (1905) non Buser, Alch. valais. Syn. — A. hybrida Thomas, Exs. — A. digitata J. Gay in sched. (ca. 1820). — A. pentaphyllea f A. heptaphylta Schleich. ap. Rchb. Fl. excurs., 609 i — A. pentaphyllea 8 sericans Tausch in Flora XXIV, Beibl. I, 110 (1841). A. multifida Scheele in Flora XXVI, 449 (1843). — A. pentaphyllea 8 cuneata Gren. et Godr., Fl. Fr., I, 565 (1848) non Tissière, Guide bot. S.' Bernard, 42 (1868). — A. alpina (subsericea) pentaphyllea Briigger, Beob. wildw. Pf. bast., 64(1881). PEDEMONTIUM (Prov. di Torino). — Aosta: in montibus convallis S. Marcel. Culta Genavae in hortulo meo. — 30. V. 1907. Leg. et determ. R. Buser L'intera sinonimia qui sopra indicata riposa sullo stesso esemplare colti- vato e moltiplicato nel giardino dei Thomas a Bex. All’epoca di Gaudin l’ori- gine di questa pianta era sconosciuta. Più tardi si seppe ch’essa proveniva dalla valle d’Aosta, (probabilmente sulla fede di un’indicazione dell’Erbario Schleicher) € precisamente dalle montagne di S. Marcel, secondo una etichetta di J. Gay nell’ Erbario Steven, attualmente .nel Museum Fennicum di Helsingtors. Fu- rono fatti vari tentativi per ritrovare la pianta — l’ultimo fu quello di L. Vac- cari nel 1906 — ma, finora, invano. Senza dubbio JA. cuneata è un ibrido dell’A. pentaphyllea con una specie del gruppo alpina, e, probabilmente, a parer mio, con quella forma robusta dell’A. glacialis Buser che L. Vaccari a raccolto nella valle di Champorcher e che, è verosimile, s’incontrera altrove nella valle d’Aosta. Riguardo alle differenze morfologiche fra l’A. cuneata e gli altri ibridi dell’A. pentaphyllea, cfr. R. Buser in Bull. Herb. Boiss., 516 (1905), e riguardo alle caratteristiche della sua sessualità cfr. Strasburger in Jahrb. f. wiss. Bo- tanik, vol. 41, p. 100, 157 (1904). R. Buser 8. — Alchimilla debilicaulis Buser (1896). Buser ap. Steiger, Fl. d. Adulagebirgsgruppe in Verh. naturf. Ges. Basel XVIII? 1906, 361 (alpina var.). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: Val Fontanalba prope Lago Verde, alt. 2100 m. — 27. VII. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser 9. — Alchimilla decumbens Buser (1894). Buser in Bull. Herb. Boiss., II, 44 (1894); ap. Jaccard, Cat. FI. valais., 134 (1895). Syn. — A. fissa Koch, Syn., ed. I, 231 (1835); ed. II, 257 (1843) p. p. (« Folia rarius pilis sparsis obsita ». Herb.!. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in herbidis loco dicto Forcella grande, alt. 2250 m. — 27. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser — 300 — 9 (a). -- Alchimilla decumbens Luser (1894). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in herbidis ad nives deliquescentes loco dicto Mondeval, alt. 2290 m. — 21. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 9 (6). — Alchimilla decumbens Buser (1894). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in ripis udosis parvi lacus delle Baste dicti (loco Mondeval vocato), alt. 2277 m. — 25. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 9 (c). — Alchimilla decumbens Buser (1894). LonGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in herbidis vallis Viola. secundum semitam di Verva dictam, alt. 2000 m. — 5. VIII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 10. — Alchimilla demissa Buser (1894). Buser in Bull. Herb. Boiss., II, 96 (1894); ap. Jaccard, Cat. Fl. valais, 117 (1895). Syn — A vulgaris x demissa Briq. ap. Burnat, Fl. Alp. - mar. III, 147 (1899) [excl. loco!] PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Argentera: Col de Pourriac, rara in latere orientali, frequens in latere occidentali praecipue prope verticem, alt. 2400-2500 m, solo siliceo. — 30. VIII. 1907. Leg. et determ. R. Buser I piccoli esemplari provengono dai prati magri; invece gli esemplari vigo- rosi provengono dalle frane terrose e nude. R. Buser 11. — Alchimilla effusa Buser (1894). - Buser, Alch. valais,. 24 (1894) ex Jaccard, Cat. Fl. valais., 128 (1895). PEDEMONTIUM (Prov. dî Cuneo). — Argentera: Col della Maddalena, in herbosis silvaticis. alt. 1850-1900 m. — 26. VIII. 1907. Leg. et determ. R. Buser 12. — Alchimilla exigua Buser (1894). Buser in Ber. schweiz. bot. Ges., IV, 83 (1894). Syn. — A. pusilla Buser in Bull. Herb. Boiss., I, app. 2%, p. 23 (1893) non Pomel. — A. pubescens collect. p. p. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pascuis prope sta- bulam loco dieto Corotto, alt. 1575 m. — 12. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini. — Determ. R. Buser ART, — 301 — 12 (a). — Alchimilla exigua Buser (1894). VENETIA (Prov. di Udine). — Forni Avoltri: in pascuis umbrosis lateris occidentalis montis Vas, alt. 1100 m., solo calcareo. — 20. VIII. 1907. Leg. L. et M. Gortani — Determ. R. Buser 12 (0). — Alchimilla exigua Buser (1894). LoNGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pascuis sterilibus montis Plagheira, alt. 2000-2500 m. — 27. VIII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 13. — Alchimilla fallax Buser (1894). Buser in Ber. schweiz. bot. Ges., IV, 65 (1894); ap. Jaccard, Cat. Fl. valais. 113 (1895). ETRURIA (Prov. di Firenze). — Pistoia: in herbidis et in dumetis fa- gineis latere occidentali montis Uccelliera, alt. 1300 m., solo siliceo. — 23. VII. 1907. Leg. L. Ceroni — Determ. R. Buser 14. — Alchimilla flabellata Buser (1891). Buser, Notes s. qqs. Alch., Grenoble, 1891 p. 12. (ex Bull. Soc. dauph., 1892, p. 101); ap. Jaccard, Cat. Fl. valais., 111 (1895); ap. Bicknell Fl. Bordighera, 99 (1896). Syn. — A. truncata Rchb., Fl. excurs., 609 (1852) p. p.; Fl. germ. exs., n. 1476 (p. p.) non Tausch. — A. pubescens Koch Syn., ed. I, 251 (1835) et edit. poster. p. p.; auct. helv.!; Rostan, Exs. Pedem., n. 148. non Lam. nec W. nec M. B. — A. hybrida RA Schedae ad Fl. Austr.-Hung. exs., III, 10 (1884), non L. nec aliorum. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in herbidis aridis et saxosis in latere septentrionali-orientali collis Punta della Poina, alt. 2025- 2225 m., solo siliceo. — 8. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 14 (a). — Alchimilla flabellata Buser (1891). LONGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis sterilibus, apricis loco dicto Oga, alt. 1250-2000 m. — 6. VII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser — 302 — 14 (0). — Alchimilla flabellata Buser (1891). LoxGoBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio : in rupibus loco dicto S. Bar- tolomeo, alt. 1200. m. — 17. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 14 (c). — Alchimilla flabellata Buser (1891). AEMILIA (Prov. di Bologna). — Lizzano: in rupestribus aridis latere orientali montis Corno alle Scale, alt. 1900 m. circ., solo siliceo. — 14. VII. 1907. Leg. L. Ceroni — Determ. R. Buser 14 (a). — Alchimilla flabellata Buser (1891). f. aprica. J PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in pratis alpinis vallis Fonta- nalba, alt. 1656 m., solo siliceo. — 15. VI. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser 15. — Alchimilla flavovirens Buser (1903). Buser in Bull. Soc. des Naturalistes de l’Ain, 1903, p. 33; ap. Dérfler, Herb. norm., n. 4645, Schedae II, 205. PEDEMONTIUM (Prov. di Torino). — Perrero: in pascuis loco dicto Fourn prope Praly, alt. 2500 m. — 25. VIII. 1907. Leg. E. Grill — Determ. R. Buser 16. — Alchimilla glaberrima Schmidt (1794). Schmidt, FI. Boémica inchoata, cent. ITI, 89 (1794). — De nomine cfr. Buser ap. Dòrfler, Herb. norm., n. 3621, Schedae 213 (1898). Syn. — A. vulgaris var. glaberrima All. Herb. — A. hybrida? Vill., Hist. pl. Dauph., I. 295 (1786). — A. vulgaris B. A. minor ete. Vill., Hist. pl. Dauph., II, 309 (1787) [nomen postlinnzanum antiquissimum si constaret vocem adjec- tivam « minor » nomen specificum nec phraseos particulam esse]. — A. vul- garis ~ glabra DC. FI. fr. IV, 451 (1805) non alior. — A. glabra Poiret, Dict. encycl. suppl., I, 285 (1810); Buser in Bull. Soc. dauph. 1892, 104, non alior. — A. fissa Giinth. et Schum., Herb. viv. FI. siles., Cent. XI, n. 2 (1819); in Flora 1821, 1, Beilage 60. — A. Pyrenaica Dufour in Ann Sc. phys., VIII, 228 (1821). — A. vulgaris g nana Mutel, Fl. Dauph., ed. I (1830) [n. v.). LonGoBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pascuis subnivalibus montis Sobretta, 2500-2700 m. — 27. VIII. 1907. Leg. M. Longa — Determ: R. Buser — 303 — 16 (a). — Alchimilla glaberrima Schmidt (1794). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in pratis vallis Fontanalba. prope Lago Verde, alt. 2000 m. — 21. VII. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser 17. — Alchimilla glomerulans Buser (1893). Buser in Bull. Herb. Boiss. I, app. II, 30 (1893); Jaccard, Cat. FI. valais., 131 (1895). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Argentera: Col de Pouriac, rara in pascuis in latere orientali, frequens in latere occidentali gallico prae- cipue prope verticem, alt. 2400-2500 m., solo siliceo. — 30. VIII. 1907. Leg. et determ. R. Buser L’A. glomerulans è una delle specie più notevoli e diffuse delle Vulgares. Nell’Europa centrale essa è conosciuta dei Pirenei, del Giura e delle Alpi; dalle Alpi francesi (Basses-Alpes) e piemontesi meridionali fino alla fron- tiera orientale della Svizzera; ma, probabilmente, la sua area è più estesa, come lo indica la recente scoperta del sig. L. Ceroni, il quale l’estate scorsa (1907) incontrò questa specie nell'Appennino pistoiese. Vastissima è l’area settentrio- nale dell'A. giomerulans, comprendendo la Scandinavia, la Russia artica, VI- slanda, la Groénlandia ed il Labrador. R. Buser 17 (a). — Alchimilla glomerulans Buser (1893). f. vegeta. ETRURIA (Prov. di Firenze). — Pistoia: in herbidis umbrosis latere occidentali montis Uccelliera, alt. 1300 m., solo siliceo. — 23. VII. 1907. Leg. L. Ceroni — Determ. R. Buser Questa pianta è assai rara nell’Apennino pistoiese e bolognese. Io non l’ho incontrata che nella suddetta località, dove occupava un’area assai circoscritta (pochi metri quadrati) nè vi abbondava. Specialmente nel fresco essa è assai distinta dalle altre specie, principalmente per il suo portamento e per la forma delle sue foglie. L. Ceroni 18. — Alchimilla heteropoda Buser (1894). Buser in Ber. schweiz. bot. Ges., IV, 73 (1894); ap. Jaccard, Cat. Fl. va- lais., 133 (1895). ETRURIA (Prov. di Firenze). — Pistoia: in herbidis umbrosis latere occidentali montis Uccelliera, alt. 1300 m., solo siliceo. — 28. VII. 1907. Leg. L. Ceroni — Determ. R. Buser — 304 — Questa specie, assai rara nell’Apennino pistoiese e bolognese, dove non Vosservai che nella suddetta località, vi era scarsa e ristretta, insieme all’ A. glomerulans Buser, ad un’area di pochi metri quadrati. L. Ceroni 19. — Alchimilla hirtipes Buser (1901). Buser in Bull. Herb. Boiss., 2° serie, 1, 473. LONGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis Valle didentro loco dicto Pecé, alt. 1450 m. — 20. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 19 (a). — Alchimilla hirtipes Buser (1901). LoNGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis editioribus Osteglio dictis, alt. 1250 m. — 11. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 20. — Alchimilla incisa Buser (1892). Buser ap. Magnier, FI. sel., n. 2730 (1892), Scrinia, p. 255; ap. Jaccard, Cat. Fl. valais., 115 (1895). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Argentera: Col della Maddalena, in herbidis inter cespites Rhododendri ferruginei supra Ricovero reale, alt. 2200-2300 m. — 26. VIII. 1907. Leg. et determ. R. Buser 20 (a). — Alchimilla incisa Buser (1892). Syn. — A. Giintheri Jan, Elenchus pl., 1826, p 3, n. 126, 6; Exs.! ETRURIA (Prov. di Firenze). — Pistoia: in herbidis silvaticis latere occidentali montis Uccelliera, alt. m. 1300, solo siliceo. — 25. VII. 1907. Leg. L. Ceroni — Determ. R Buser A questo numero di questa Hxsiccata si riferisce la pianta dell’Apennino settentrionale distribuita da Jun sotto il nome di A. Giintheri. Questo nome, nel pensiero dell’autore, non è quello di una specie nuova; difatti dal suo Elenchus (1. c.) risulta essere un sinonimo superfluo dell’A. fissa Giinth. (= A. glaberrima Schmidt). R. Buser. 21. — Alchimilla Longana Buser (1901). Buser in Bull. Herb. Boiss., 2* serie, I, 408. LONGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pascuis editioribus montis Braulio, alt. 2400-2600 m. — 15. VIII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser — 305 — Conosciuta, all’epoca della sua pubblicazione unicamente di Bormio, l'A. Lon- gana è stata riconosciuta più tardi come largamente diffusa nelle Alpi orien- tali, dalla Stiria [Dachstein 2700 m leg. Hochstetter fil., Hegelmeier]) attraverso al Tirolo (p. es. Monte Becher 2800 m. presso Riednaun [leg. Hegelmeier]) fino ai Grigioni (Val Languard, 2500 m. |leg. J. Braun]; Scaletta, presso Davos [leg. A. Steiner]). R. Buser 22. — Alchimilla lucida Buser (1906). f. aprica. Buser ap. Dòrfler, Herb. norm., n. 4640, Schedae II, 201 (1906). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: prope Lago Verde, Val Fontanalba, alt. 2100 m., solo siliceo. — 27. VII, 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser 22 (a) — AlchimiJla lucida Buser (1906). f. vegeta. PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in silvaticis loco dicto Baissa di Peirafica supra Val Casterino, alt. 2000 m., solo siliceo. — 1. VIII. 1907. Leg. C. Bicknell et L. Pollini — Determ. R. Buser 23. — Alchimilla montana Schmidt (1794). Schmidt, Fl. Boémica inchoata, cent. III, 88 (1794), non Willd. nec. alior. — De nomine cfr. Buser ap. Dérfler, Herb. norm., n. 3627, Schedae 216. Syn. — A. connivens Buser in Bull. Herb. Boiss., II, 107, (1894); ap. Jac- card, Cat. Fl. valais., 123 (1895). LoNnGoBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: loco dicto Coste d’ Alute, alt. 1250 m.'‘— 3. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 23 (a). — Alchimilla montana Schmidt (1794). LoNnGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: loco dicto Forno, alt. 1800-2000 m. — 21. VII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 24. — Alchimilla nitida Buser (1899, 1903). Buser in Exs. Soc. ét. Fl. fr. - helv., n. 970 (1899) (nomen nudum); in Bull. Soc. Naturalistes de l’Ain 1903, bulletin 13, p. 33 (diagnosis). Syn. — A. asterophylla Buser in Bull. Soc. dauph. 1892, p. 93, min. p. p. non Tausch. — A. Hoppeana Buser in Ber. schweiz. bot. Ges., IV, 41 (1894) min. p. p. non Rchb.; ap. Bicknell, Fl. Bordighera, 97 (1896). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in herbidis vallis Casterino, alt. 1550 m., solo siliceo. — 2. VII. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser — 306 — 25. — Alchimilla obtusa Buser (1894). Buser, Alch. valais., 22 (1894) ex Jaccard, Cat. Fl. valais., 126 (1895). Syn — A. vulgaris var. n obtusa Briq. ap. Burnat, FJ. Alp. - mar., III, 1, 152 (1899) min. p. p.; var. ¢ Cavillieri Briq. (op. c. 151) (specimina depau- perata); var. x demissa Briq. (op. c. 147) (quoad locum; specimina miserrima. subpathologica). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in pratis humidis vallis. Casterino, alt. 1560 m., solo siliceo. — 27. VI. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser 25 (a). — Alchimilla obtusa Buser (1894). LONGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis loco dicto Jet supra Semogo, alt. 1700 m. — 27. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 25 (6). — Alchimilla obtusa Buser (1894). LoxGoBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis loco dicto Rino di Poira, alt. 1200-1500 m. — 6. VI. 1907. ‘Leg. M. Longa — Determ. R. Buser e 25 (c). — Alchimilla obtusa Buser (1894). f. glacialis. LoNnGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: loco dicto Piano d’Om- braglio, alt. 2400 m. — 15. VIII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 26. — Alchimilla pallens Buser (1891). Buser, Notes s. qqs. Alch., 6. (1891) ex Bull. Soc. dauph. 1892, p. 95; ap. Jac- card, Cat. Fl. valais., 107 (1895). — Bicknell, F]. Bordighera, 97 (1896). PEDEMONTIUM (Prov. di Torino). — Perrero: in laricetis loco dicto Coumba la Pisso prope Praly, alt. 1450 m. — 4. VIIL:1907.. Leg. E. Grill — Determ. R. Buser 26 (a). — Alchimilla pallens Buser (1891). f. glacialis. FINES PEDEMONTANO-GALLICI. — In declivibus saxosis loco dicto Ca- banes de Donadieu, Vallon du Lauzanier (Basses-Alpes [Gallia]) prope Col della Maddalena (Pedemontium), alt. 2150 m., solo caleareo. —27. VIII. 1907- Leg. et determ. R. Buser gt i a Pet SY — 307 — La pianta qui distribuita non rappresenta l’aspetto tipico della specie, ma. quella curiosa forma altitudinare che si trova spesso verso il limite superiore del suo habitat: Statura bassa, foglie ben ondulate, verdi-cupe, (mentre il tipo. le ha verdi pallide, glaucescenti al disopra) foglioline con una tendenza mar- cata diavere la più grande larghezza al di sopra del mezzo, denti grossi e rav- vicinati. Tali piante estreme si avvicinano molto all’A. grossidens Buser. La forma, tuttavia, non ha alcuna costanza: trapiantata in giardino essa non tarda a ritornare al tipo. Secondo F. Jacquet (in litt.) lA. pallens è molto diffusa nelle Alpi marittime. R. Buser 26 (8). — Alchimilla pallens Buser (1891). f. glacialis. PEDEMONTIUM (Prov. di Torino). — Perrero: Praly, in pascuis loco dicto Fourn, alt. 2500 m. — 25. VIII. 1907. i Leg. E. Grill — Determ. R. Buser 26 (c). — Alchimilla pallens Buser (1891). f. nana. AEMILIA (Prov. di Bologna). —- Lizzano: in fissuris rupium supra locum la Porticciuola dictum in monte Corno alle Scale, alt. 1700 m., solo siliceo. “— 19. VII. 1907. Leg. L. Ceroni — Determ. R. Buser A parte l'estrema riduzione io non vedo nulla che distingua questa pianta dall’ A. pallens delle Alpi e del Giura. R. Buser 27. — Alchimilla pentaphyllea L. (1753). L., Sp. pl., ed. I, 123 (1753). LonGoBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pascuis editissimis -montis Scorluzzo, alt. 2700 m. — 15, IX. 1907. l Leg. M. Longa — Revid. R. Buser 28. — Alchimilla pratensis Schmidt (1794). Schmidt, Fl. Boémica inchoata, cent. III, 88 (1794). Syn. — 4. vulgaris €. Bauh.; J. Bauh., Hist. pl., II, 398 (1651); Du- mortier in Bull. Soc. bot. Belg., IV, 341 (1865); Buser in Bull. Soc. dauph. 1892, p. 106, non L. — A. vulgaris 2 acutiloba (Rchb.) 3 mixta Mutel, FI fr., 348 (1834). VENETIA (Prov. di Belluno). — 8. Vito del Cadore: in pratis pinguibus loco dicto Zoppè, alt. 1700 m. — 12. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser — 308 — L'A. pratensis è il principale rappresentante del gruppo delle Vulgares nella Penisola italiana ove è diffuso da nord a sud. È in primo luogo l’A. vulgaris «quct. come lo fu al di fuori per Koch, Dumortier e la maggior parte degli autori prélinneani. J. Bauhin (1. c.) ne ha dato una eccellente descrizione che fu ripetuta da Morison. La trasposizione del nome di vulgaris ad un’altra specie fu fatta a sua insaputa (poichè Linneo credeva di essere di fronte alla pianta di Bauhin!) dallo stesso Linneo allorquando descrisse come tipo della vulgaris la specie più comune in Svezia, dove l'A. pratensis manca completamente. R. Buser 28 (a). — Alchimilla pratensis Schmidt (1794). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pratis pinguibus | loco dicto Roan, alt. 1600 m. — 2. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 28 (6). — Alchimilla pratensis Schmidt (1794). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: sapra vallem Fontanalba in pratis prope Pian Tendasco, alt. 1800 m. — 6. VII. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser 28 (c). — Alchimilla pratensis Schmidt (1794). LONGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis pinguibus se- cundum rivulos loco dicto Alute, alt. 1200 m. — 15. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 28 (d). — Alchimilla pratensis Schmidt (1794). AEMILIA (Prov. di Bologna). — Vergine dell’Acero: in pratis loco dicto Possessione, alt. 1250 m., solo siliceo. — 20. VII. 1907. Leg. L. Ceroni — Determ. R. Buser 28 (e. — Alchimilla pratensis Schmidt (1794). f. aprica. PEDEMONTIUM (Prov. di Torino). — Perrero: in pratis aridis loco dicto Bussouna prope Praly, alt. 1470 m. — 30. VII. 1907. Leg. E. Grill — Determ. R. Buser 29. — Alchimilla pratensis Schmidt var. amphitricha Buser. var. n. « Foliis utrinque pilosis subvillosisve a typo diversa ». ETRURIA (Prov. di Firenze). — Pistoia: secundum rivum in latere occi- dentali montis Uccelliera, alt. circ. 1300 m., solo siliceo. — 23. VII. 1907. Leg. L. Ceroni — Determ. R. Buser — 309 — L’A. pratensis ha ordinariamente le foglie glabre al di sopra. È anzi questo uno dei suoi caratteri di facile diagnostica. Tuttavia non è raro il caso di in- contrare dei campioni in cui la superficie delle foglie porta dei peli lungo le pieghe. Tale è anzi il caso per l'esemplare autentico di Schmidt, il quale at- tribui, con forte esagerazione « folia supra pubescentia » alla sua specie. Ma ciò che è affatto straordinario, è di incontrare degli esemplari in cui tutta la superficie sia uniformemente pelosa o subvellutata, come è il caso dei campioni distribuiti in questo numero. A giudicare dalla raccolta di Ceroni, la varietà sembra, al monte Uccelliera, predominare sul tipo nella proporzione di 5 a 3. R. Buser 30. — Alchimilla pubescens Lam. (1791). Lam., Dict., Illustr., 847, n. 1703 (1791), non W. nec alior. Syn. — A. hybrida Miller, Dict., ed. VIII, n. 2 (1763) [nomen in Addendis| non L. — A. montana Willd., Hort. Berol., II, sub t. 79 (1808); Enum.h. Berol., 170 (1809) p. p. et auct. mult., non Schmidt. — A. vulgaris è subsericea Gaud., FI. Helv., I, 453 (1828); Koch, Syn., ed.-I, 231 (1835). — A. glaucescens Wall- roth in Linnaea, XIV, 184, 549 (1840). — A. minor Buser in Bull. Soc. dauph. 1892, p. 98, non Hudson. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pratis saXosis- collis Punta della Poina, alt. 2025-2225 m., solo siliceo. — 8. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser Qualche parola per giustificare il nome specifico adottato. A. HYBRIDA L. — La pianta (A, Alpina pubescens minor H. R. P.) che Linneo ebbe dinanzi agli occhi nell’erbario Cliffort, quando scrisse la sua famosa frase di un ibrido probabile fra A. alpina e A. vulgaris e che più tardi divenne la sua A. hybrida (1751) e la sua A. alpina 8 hybrida (1753), è, come proverò al- trove, documenti alla mano, identica all’A. Lapeyrousei Buser specie propria ai Pirenei e al Plateau centrale della Francia. Quelli adunque che si intesteranno a conservare il nome di hybrida « nomen ineptum >» e deprezzato da confu- sioni una volta e mezzo secolari, dovranno chiamare hybrida lA. Lapeyrousei Buser e non c’è modo di mettere in campo un’A. hybrida Miller (1763) quan- tunque la pianta figurata da Miller e quella del suo erbario appartengano in- contestabilmente all’A. pubescens Lam. A. MINOR Hupson (1762). — La scomparsa dell’erbario Hudson non per- mette una verifica del tipo; la diagnosi è anodina; VA. pubescens Lam. non è stata mai trovata .che io mi sappia in Inghilterra. Ho buone ragioni di cre- dere che l’A. minor Hudson fu un’A. filicaulis g vestita Buser. A. PUBESCENS Lam. (1791). — La descrizione è ben magra, ma gli esemplari dell’erbario Lamarck mettono il nome fuor di dubbio. — È adunque questo il nome più antico della specie. A. MONTANA WILLD. (1808-9). — Quelli che hanno impiegato e quelli che impiegano ancora al giorno d’oggi questo nome, non si fanno alcuna idea delle inestricabili difficoltà che incontra la sua spiegazione. Su cinque fogli dell’er- bario Willdenow non figurano meno di quattro specie differenti! Anche esclu- dendo le specie non germaniche, è impossibile di fronte ai testi (A. vulgaris — 510 — Willd. non L. = alpestris Sehmidt) e all’erbario Willdenow, di stabilire net- tamente se il nome di montana debba piuttosto essere attribuito all’A. vulgaris L. (=pastoralis Buser)o all’A. pubescens Lam, - Wallroth (I. c.) se ne era si bene reso conto, che dopo avere enumerato lui stesso la specie qui distribuita sotto al nome di A. montana W. [Ann. bot. 26 (1815)] gli sostituisce nel seguito quello di A. glaucescens che ho, per ragioni di priorità, gran dispiacere a non poter adottare, poichè è quello il primo nome dato con conoscenza di causa e sulla base moderna. Il nome di montana W. sarebbe del resto inapplicabile per due ragioni: 1° perchè l’A. pubescens Lam. del 1791 gli è anteriore ; 2° perchè esiste un’ altra A. montana Schmidt anteriore (1794) e applicabile. R. Buser 80 (a). — Alchimilla pubescens Lam. (1791). LoncoBaRDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis sterilibus et apricis in valle Valdisotto, alt. 1200-1700 m. — 6. VIII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 30 (0). — Alchimilla pubescens Lam. (1791). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in pratis vallis Fontanalba, alt. 1700 m., solo siliceo. — 19. VI. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser 50 (c). — Alchimilla pubescens Lam. (1 791). f. aprica. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pascuis apricis loco dicto Prendera (Mondeval), alt. 2050 m. — 25. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 31. — Alchimilla reniformis Buser (1894). Buser, Alch. valais , nov. 1904, p. 23 ex Jaccard, Cat. Fl. valais., 127 (1895). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pratis turfosis loco dicto Col del Ferro (M. Pelmo), alt. 1950 m. — 17. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 31 (a). — Alchimilla reniformis Buser (1894). LonGoBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis paludosis loco dicto Resaccio, alt. 2000 m. — 29. VII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser — 311 — 31 (0). — Alchimilla reniformis Buser (1894). f. aprica. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in dumetis Rhodo- dendri ferruginei latere orientali montis Pelmo, alt. 1900 m. — 17. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 81 (c). — Alchimilla reniformis Buser (1894). f. glacialis. PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Argentera: in pascuis loco dieto Col de Pourriac, alt. 2506 m. — 30. VIII. 1907. Leg. et determ. R. Buser La alta stazione in cui queste piante sono cresciute, ha, senza influenzare i caratteri essenziali, cancellato in qualche modo qualcuno di quelli che de- terminano il portamento delle specie nei grandi esemplari. Il portamento è un po’ raccolto, le foglie più arrotondate, i fiori più fitti e più glomerulati che nella forma vegeta. R. Buser 31 (d). — Alchimilla reniformis Buser (1894). f. glacialis. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pascuis prope. par- vum lacum delle Baste dictum (Mondeval), alt. 2277 m. — 25. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 31 (e). — Alchimilla reniformis Buser (1894). f. vegeta. PEDEMONT:UM (Prov. di Cuneo). tt Argentera: Col della Maddalena, abun- dans in silvaticis herbidis, alt. 1850-1900 m. — 26. 28. VIII. 1907. Leg. et determ. R. Buser 31 (7) — Alchimilla reniformis Luser (1894). f. vegeta. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore : in pratis pinguibus loco dicto Zoppé, alt. 1700 m. — 12. VIII. 1907. i ‘ Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser — 312 — 32. — Alchimilla saxatilis Buser (1891). Buser, Notes s. qqs. Alch., Grenoble, dec. 1891, p. 3 [ex Bull. Soc. dauph. 1892, p. 92]; ap. Jaccard, Cat. Fl. valais., 105 (1895). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in pratis in valle Casterino,, alt. 1500-1600 m., solo siliceo. — 5. VII. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser Le foglie strettamente 5-fogliolate, occupanti un livello bassissimo relativa— mente ai fusti che sono molto allungati, rigidi ed eretti, i fiori, che sono i più piccoli del gruppo Alpinae, riuniti in piccoli glomeruli serrati ma ben distinti (per ben mostrare questa particolarità gli esemplari di questo numero sono troppo. giovanili), il calicetto spesso parzialmente, talvolta anche completamente abor- tito, a simiglianza di certe Aphanes fanno dell’A. saxatilis una delle forme più rimarchevoli del gruppo delle A/pinae, e che per ragioni di distribuzione geo- grafica sono condotto a considerare come la specie più arcaica del gruppo. Con- trariamente a quel che avviene nelle altre A/pinae, essa è ribelle alla coltura e nè il sig. Christ [Apergu récents trav. etc. 14 (1907)], nè io potemmo riuscire a. conservarla nei nostri giardini. R. Buser 32 (a). — Alchimilla saxatilis Buser (1891). LONGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in rupibus loco dicto Profa. bassa, alt. 1500 m., solo siliceo. — 31. VII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser Questa stazione bormiana, scoperta dal dott. Cornaz, offre un interesse parti- colare, essendo la più avanzata verso l’Est (Cfr. R. Buser in Bull. Herb. Boiss. 1901, 463. R. Buser 33. — Alchimilla straminea Buser (1894). Buser, Alch. valais., 13 (1894) ex Jaccard, Cat. Fl. valais., 117 (1895). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pratis pinguibus. loco dicto Roan, alt. 1600 m. — 2. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 38 (a). — Alchimilla straminea Buser (1894). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pratis turfosis: loco dicto’ Col del Ferro (M. Pelmo), alt. 1950 m. — 17. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser — 313 — 33 (6). — Alchimilla straminea Buser (1894). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in silvaticis in la- tere septentrionali collis della Sentinella, alt. 1600 m. — 2. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 38 (c). — Alchimilla straminea Buser (1894). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in laricetis vallis Fontanalba, 1700 m., solo siliceo. — 12. VII. 1907. Leg. C. Bicknell et L. Pollini — Determ. R. Buser 33 (d). — Alchimilla straminea Buser (1894). LONGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis secundum rivulos loco dicto Alute, alt. 1200 m. — 6. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 33 (e). — Alchimilla straminea Buser (1894). LONGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis turfosis montis Trela, alt. 2000-2200 m. — 29. VII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 34. — Alchimilla strigosula Buser (1893). Buser in Bull. Herb. Boiss. I, append. 2, 24 (1393); Jacc. Cat. fl. va- lais. 135 (1895); Bicknell Fl. Bordighera 98 (1896). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in pratis vallis Casterino, alt. 1560 m., solo schistoso. — 25. VI. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser 34 (a). — Alchimilla strigosula Buser (1893). f. aprica. LonGcoBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio : in pratis loco dicto Boerio, alt, 2100 m. — 2. VIII. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 34 (0). — Alchimilla strigosula Buser (1893). f. pratensis. LoNGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio : in pratis loco dicto S. Bar- tolomeo, alt. 1200 m, — 17. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser ANNALI DI BoTANICA — Vou. VII. 20 — 514 — 35. — Alchimilla suberenata Buser (1893). Buser ap. Magnier, Fl. selecta, n. 2992; Scrinia, 285 (1893); ap. Jaccard, Cat. Fl. valais., 137 (1895). , LoNGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis loco dicto Pian- delvino, alt. 1450 m. — 20. V. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 35 (a). — Alchimilla suberenata Duser (1893). LoNGOBARDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis apricis prope locum dictum Qga, alt. 1200-2000 m. — 11. VI. 1907. Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 36. — Alchimilla subsericea Reuter (1853). Reuter, Cat. jard. Genéve (1853), 4; in Compte-rendu Soc. Hallér., 1853-4, p- 20, p. p.; emend. Buser in Bull. Soc. dauph. 1892, p. 96. Syn. — A. Scheuchzeri Briigg., Beob. wildw. Pfl. bast., 63 in nota (1881), excl. syn. Scheuchz.! ; PEDEMONTIUM (Prov. di Torino). — Perrero: in pascuis du-Col, alt. 2700 m. — VIII. 1907. Leg. E. Grill — Determ. R. Buser 36 (a). —- Alchimilla subsericea Reuter (1853). f. vegeta. PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda : in silvaticis loco dicto Baissa di Peirafica supra vallem Casterino, alt. 2000 m., solo siliceo. — 1. VIII. 1907. Leg. C. Bicknell et L. Pollini — Determ. R. Buser Superbi esemplari rappresentanti il massimo dello sviluppo di cui la specie sia suscettibile e che si potrebbero designare: var. pseudogrossidens Aschers. et Graebn. Syn. mitteleurop. Fl. VI, I, 390 [1902]) se tal nome avesse il più pic- colo valore tassinomico. R. Buser 37. — Alchimilla tenuis Buser (1894). Buser in Ber, schweiz. bot. Ges.. IV, 1894, p. 76; ap. Jaccard, Cat. Fl. valais., 133 (1895). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in laricetis vallis Fontanalba, alt. 1800 m. — 1. VII. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser — 315 — 38. — Alehimilla tirolensis Buser. Buser in Dalla Torre et von Sarnthein, FI. Tirol., VI°, p. 536 (190...). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pratis turfosis loco dicto Col del Ferro (M. Pelmo), alt. 1950 m. — 17. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 38 (a). — Alchimilla tirolensis Buser, sp. n. f. aprica. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in silvaticis Rhodo- dendri ferruginei latere orientali montis Pelmo, alt. 1900 m. — 17. VIII. 1907. Leg. R Pampanini — Determ. R. Buser 38 (6). — Alchimilla tirolensis Buser, sp. n. f. denudata. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pratis ad nives liquescentes loco dicto Mondeval, alt. 2290 m. — 21. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 39. — Alchimilla undulata Buser (1893). f. vegeta. Buser in Bull. Herb. Boiss., I, app. II, 26 (1893) et Série 2, I, 472 (1901). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: secundum rivulum in latere orientali collis Punta della Poina, alt. 1900 m.—- 12. VIII. -1907. ‘ Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 40, — Alchimilla versipila Buser (1894). Buser in Bull. Herb. Boiss., II, 112 (1894); ap. Jaccard, Cat. FI. valais., 124 (1895). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Argentera: Col della Maddalena in saxosis apricis, alt. circ. 1900 m. — 26. 28. VIII. 1907. Leg. et determ. R. Buser 41. — Alchimilla Vetteri Buser (1893). Buser in Exs. Soc. ét. Fl. franco-helv., 1893, n. 249; Bicknell, Fl. Bordi- ghera, 99 (1896). PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Tenda: in pratis vallis Casterino, alt. 1600 m., solo siliceo. — 16. VI. 1907. Leg. C. Bicknell — Determ. R. Buser 45 È — 316 — Specie largamente diffusa nelle Alpi marittime, ma non superante, verso nord, dal lato francese il bacino dell’Ubaye e da quello italiano il bacino della Stura di Demonte. In una forma gia sensibilmente differente il signor Ceroni Vha or ora scoperta nell’Apennino settentrionale. Al difuori delle Alpi VA. — | Vetteri si ritrova, proveniente probabilmente dalla Spagna, nei Pirenei fran- cesi, da un capo all’altro, donde essa irradia nelle Ceveune per raggiungere, come stazione estrema boreale, il Colombier di Culoz nel Giura meridionale. R. Buser 49. — Alchimilla Vetteri Buser var. euserica Buser, var. n. « Indumento subadpresso sericante a typo diversa ». ETRURIA (Prov. di Pistoia). — Pistoia: in herbidis saxosis latere occiden- tali montis Uccelliera, alt. 1300 m., solo siliceo. — 23. VII. 1907.. Leg. L. Ceroni — Determ. R. Buser È una particolarità dell’A. Vetteri, di fronte alle altre nostre Pubescentes, la tendenza di cambiare l’indumento irsuto di queste in un indumento più o meno applicato e sericeo. Ciò conferisce a certi esemplari dell'A. Vetteri una grande rassomiglianza con l’ A. sericata Rchb. del Caucaso e in qualche modo anche, una molto meno manifesta, con VA. splendens Christ. Questa ten- denza è spinta al massimo in questa curiosa varietà che il signor Ceroni ha scoperta nell’Appennino settentrionale. Se in mezzo al materiale raccolto non si fosse trovato un unico esemplare del tipo, si sarebbe potuto dire che nell’Ap- pennino la var. euserica sostituisce il tipo. Le ricerche ulteriori dimostreranno in quali relazioni numerica e locale si trovino il tipo e la varietà e sopra tutto. come essi si comportino verso i confini delle Alpi marittime. R. Buser 45. — Alchimilla vulgaris L. (1753). L., Sp., ed. I, (1753) 123; Fl. Suec, ed. 2, 1755, 49, Herb.!..— De nomine cfr. Kerner Schedae ad Fl. Austr.-hung. III, 10 (sub n. 816) et Buser ap. Dòr- fler Herb. norm. n. 3633, Schedae 219. Syn. — A. palmata Gilibert Exercit. phyt. II, 1792, 429. — A. sylvestris. Schmidt Fl. Boém. inchoata, cent. III, 1794, 88. — A. vulgaris 4 vulgaris Wim. Grab. FI. Sil. I, 1827, 135. — A. montana, monticola, gracilis, pratensis (?), acutiloba (specimen Opizianum) Opiz in Berchtold, Oec.-techn. Fl. Boehm. II, 1838, 12-18. — A. pastoralis Buser, Notes s. qqs. Alch., Grenoble, dec. 1891, 18 ex Bull. Soc. dauph. 1892, 107; Jaccard Cat. Fl. valais. 1895, 138. — A. vul- garis y, sylvestris Brig. ap. Burnat FI. Alp.-marit. II, i, 1899, 155 (p. p. et excl, locis). VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in herbidis aridis et saxosis latere septentrionali-orientali collis Punta della Poina, alt. 2025- 2225 m., solo siliceo. — 8. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser he Lo ke — B17 — 43 (a). — Alchimilla vulgaris L. (1753). LoncoBaRDIA (Prov. di Sondrio). — Bormio: in pratis vallis Federia, ‘alt. 2000 m. — 25. VII. 1907. ; : Leg. M. Longa — Determ. R. Buser 43 (0). — Alchimilla vulgaris L. (1753). f. vegeta. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore: in pratis pinguibus loco dicto Roan, alt. 1600 m. — 2. VIII. 1907. » Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 43 (c). — Alehimilla vulgaris L. (1753). f. vegeta. VENETIA (Prov. di Belluno). — S. Vito del Cadore : in nemoribus lateris septentrionalis collis La Sentinella dicti, alt. 1600 m. — 2. VIII. 1907. Leg. R. Pampanini — Determ. R. Buser 44. — Bromus Schraderi Kunth « lasiophyllus Goiran (1907). Goiran in Bull. Soc. bot. it., 1907, pag. 6. AGER NICAEENSIS. — In arvis loco California vocato. — VIII. 1906. Leg. et determ. A. Goiran 45. — Cirsium dissimile Porta hybr. n. (= Oleraceum < palustre). « Caulis superne ramosus striatus glaber foliatus. Folia pariter glabra, ra- dicalia petiolata, cetera sessilia, inferiora ambitu obovata, profunde — vel sinuato — pinnatifida, auriculata semiamplexicaulia; suprema et ramealia in- tegra grosse tantum spinoso-dentata; pinnae ovato-lanceolatae, terminales ma- iores, margine inaequaliter spinoso-serratae. Pedunculi pubescentes, in singulis ramis 1-4-cephali Capitula bracteata cylindrica. Bracteae stricte obovatae, mar- gine spinosae, capitulis breviores. Squamae lineares parce arachnoideae, spinulis validis plus vel minus reflexis terminatae. Flores rosei; limbus tubo brevior. — Differt a C. micrantho Treuinfels foliis non decurrentibus minute spinoso-sey- ratis, capitulis bracteatis, floribus roseis et limbo tubo breviore. A C. hybrido Koch caule foliisque glaberrimis, bracteis capitulo brevioribus, atque limbo di- versa ». TiROLIA AUSTRALIS. — Ditione Roboretana Rovereto, ad fossas prope pagum Opio, solo calcareo, alt. 200-300 m. — IX.-X. 1905. Leg. et determ. P. Porta STS a 46. — Cirsium Gelmianum Porta nom. nov. Syn. — C. spinosissimum XK montanum Gelmi in Bull. Soc. bot. it., 1900, p. 66. « Caule erecto, sparse lanato, simplici, perraro ramoso, striato, foliato ; foliis radicalibus petiolatis pinnatifidis, caulinaribus sessilibus ambitu oblongo-obo- vato-lanceolatis, amplexicaulibus auriculatis, sinuato-pinnatifidis, facie vi- ridi sparse lanatis, dorso glaucescente glabris. ad nervos tantum lanatis; pin- nis rhomboidalibus lanceolatis, horizontalibus, binerviis, apice antrorsum versis, 4-5-lobis, margine dentato-spinosis; capitulis bracteatis, erectis, congestis, saepe ad supremas axillas folioram pedunculatis solitariis ; bracteis oblongo-linearibus spinosis capitula superantibus; squamis ovato-lanceolatis in spinulam desinen- tibus, glabris, atro-maculatis, margine tomentosis; corolla alba; pistillo rubros tomentoso ; limbo tubo breviore ». TIROLIA AUSTRALIS. — In Val di Sole, in pratis montis Tonale, solo cal- careo, alt, 1800 2000 m. — VII.-VIII. 1908. Leg. et determ. P. Porta 47. — Cirsium tribadum Porta hybr. n. - (= C. montanum X helenioides >< palustre). « Caule interne glabro, superne tomentoso, angulato, folioso ; foliis radicalibus: petiolatis, ovalibus et obtusis vel obovato lanceolatis et acutis, caulinis inferio- ribus petiolatis vel sessilibus, ambitu oblongo-obovato, acutis, profunde pinnato- partitis; superioribus sessilibus, amplexicaulibus breviter vel late auriculatis, facie viridi glabra, dorso albo-tomentoso, margine serrulato variantibus spinis: pinnis oblongo-acutatis antrorsum versis, leviter vel grosse serratis, uni-bi-ner- vatis; capitulis mediocribus, ventricosis, sessilibus, congestis, vel liberis pedun- culatis, bracteatis vel ebracteatis, subrotundis; squamis linearibus, lanceolatis, exterioribus spina flavida arcuato-reflexa terminatis, interioribus aut omnibus inermibus, apice acutis vel obtusis, sed constanter atro-maculatis; corolla rubra vel purpurascente; limbo quam tubo breviore ». TIROLIA AUSTRALIS. — Val di Sole: in pratis humidiusculis montis To- nale, solo calcareo, alt. 1800-2000 m. — VII.-VIII., 1908. Leg. et determ. P. Porta 48. Cirsium venustum Porta hybr. n. (= C. Erisithales x helenioides Xx acaule). Caule glabro folioso, superne nudiusculo; foliis ovato-oblongis, sinuato-pin- natifidis; pinnis lanceolatis, bi-trinervibus, integris vel bifidis, aut grosse den- tato-spinulosis, facie viridi, dorso albo-tomentoso ; capitulis solitariis,1-5 in fine ramorum, mediocribus, ebracteatis ; pedunculis plerumque oblongis et ad apicem valde tomentosis; squamis oblongo-lanceolatis, apice reflexis, purpurascentibus, “i oS OE Ac Tat PR NRE yak goa raro viscidis, in acumen spinosum desinentibus; corollis roseis vel purpureis; limbo paululum tubo longiore. Differt a Cirsio Pustarico capitulis ebracteatis et corollis roseis vel pun pureis. ‘ Differt a Cirsio Kerneri capitulis liberis et squamis spinulosis. » a Ausserdorferi capitulis liberis, ebracteatis et corollae colore ». TIROLIA AUSTRALIS. — Valdi Fiemme: in pratis di Bellamonte dictis, solo calcareo, alt. 1600-1700 m. — 24. VII. 1907. Varia a seconda del maggiore o minor concorso che l’una o l’altra entità ebbe nella fecondazione, Ordinariamente hanno il sopravvento l’ Hrisithales e l’Helenioides, mentre l’acaule piuttosto che per la forma delle foglie (che in alcune forme potrebbero essere omogenee anche collo spinosissimum) mi si manifesta colla tenuità delle spine. Leg. et determ. P. Porta 49. — Osyris alba L. var. scandens Gotran (1904). Goiran, in Bull. Soc. bot. it. (1904). n. 9, p. 377. AGER NICAEENSIS. — Valle del Varo: prope S. Isidoro, in silvaticis et inter frutices. — VI. 1907. Leg. et determ. A. Goiran 50. — Pistacia Saportae Burnat (1896). Burnat, Fl. Alp.-marit. II, 54 et III, 801. Syn. — P. Lentisco-Terebinthus Saporta et Marion in Ann. sc. nat., ser. 5, Bot. 14, vol. 1,2 et 3 (1871). AGER NICAEENSIS. — In colle St Antoine ad marginem viae. — Rami florentes V. 1907, rami fol. VII. 1906. Leg. A. Goiran — Determ. E. Burnat Tutti gli esemplari raccolti dal Signor Goiran sembrano indubitabilmente avere una origine ibrida le cui manifestazioni differiscono poco, a giudicare al- meno dagli esemplari che mi sono stati sottoposti. Essi appartengono alla P. Len- tiscus per la loro infiorescenza ed alla P. Terebinthus per i loro caratteri fami- gliari. E. Burnat 51. — Salix caesia V2ll. var. angustifolia Bus. in Gremli Neue Beitrige z. Fl. der Schweiz, IV, p. 75. (1887). Syn. — S. Trefferi (arbuscula X caesia) Huter Exs. Tirol. a. 1884; Kerner FI. Austro-hung. exs. n. 1449, Schedae IV, 77. (1886) — S. subcaesia (caesia X purpurea) Briigger in Mitteil. iiber neue u. krit. Form. d. Biindner FI. 1886, 114. — 320 — PEDEMONTIUM (Prov. di Cuneo). — Argentera: Col della Maddalena, in herbidis praeruptis, alt. 1900 m., cum typo rara. — 28. VIII. 1907. A proposito di questa pianta curiosa, ma per nulla ibrida, rimando al mio articolo, l. c. Leg. et determ. R. Buser 52. — Stachys sanguinea Porta, sp. n. « Differt a S. recta L. caule foliisque tomentosis, inferioribus ovato-acutis, superioribus oblongo-lanceolatis; calicibus corollae tubo brevioribus, ad neryos hirsutis; labio corollae superiore dorso tomentoso, toto vel saltem margine sanguineo. TIROLIA AUSTRALIS (Distretto di Riva). — In dumetis infra S. Madda- lena, solo calcareo, alt. 100-200 m. — V.-VI. 1908. Leg. et determ. P. Porta 1rr———_____z—_r.r—T_&—__rr_rr__ VR REDRIBO DIAL AE RIDE, Ricerche di Morfologia e Fisiologia eseguite nel R. Istituto Botanico di Roma XXI. — Sull’accrescimento in spessore delle foglie persistenti. II. — Accrescimento delle foglie di alcune Dicotiledoni per il dott. Domenico DE PERGOLA. (Tav. XIV). Dopo aver comunicato nel precedente lavoro (1) 1 risultati delle ricerche sull’accrescimento in spessore delle foglie di alcune Coni- fere, mi propongo ora di aggiungervi quelli intorno alle foglie per- sistenti di alcune Dicotiledoni. Accingendomi allo studio, sostenuto dalle note risultanze, era mia convinzione, per quanto aprioristica, che avrei confermato anche per le Dicotiledoni le medesime conclusioni. È ovvio ricordare, che qualsiasi organo, capace di accrescimento, raggiunge dimensioni aumentabili anno per anno: così le Conifere hanno foglie, le quali aumentano in spessore anno per anno; aumento lento e compatibile con le funzioni di foglia, aumento che trova la sua ragione d’essere nell’attività del cambio del fascio, ma anche negli altri elementi della foglia e specialmente nel palizzata. Però, considerando che la durata delle foglie nelle Dicotiledoni non sorpassa mai un certo numero di anni, d’altra parte molto infe- riore a quello di alcune Conifere, era spontaneo presumerne la con- seguenza, che, cioè, minore sarebbe apparsa la differenza nello accrescimento. Giova, pertanto, rilevare (cosa del resto nota) come le foglie delle Conifere si presentano generalmente piccole, aciculari, strette, ri- gide, eccezionalmente larghe e, in parecchie specie, avvicinate le une alle altre per la brevità degli internodi, ritorte alla base in guisa da conferire una disposizione, presso a poco, a barbe di penna. Anche l’architettura informa l'individuo a un aspetto ordinaria- (1) Annali di Botanica, vol. VI, fasc. 2. — 322 — mente piramidale, a tronco dritto, sul quale s’impiantano i germogli a falsi verticilli con andamento orizzontale. Questa considerazione è, a mio avviso, di un certo significato, perchè le suddette speciali disposizioni permettono che le influenze di ambiente abbiano il loro valore nell’azione, quasi nella stessa misura, su tutte le foglie, sulla pagina superiore delle quali battono essenzialmente, se non esclusivamente i raggi diretti o la luce diffusa. Al contrario, le foglie delle Dicotiledoni hanno generalmente ampiezza notevole; sono attaccate a internodi per lunghezza varia- bilissimi, onde avviene talvolta di trovare foglie di maggiore età nel folto dei rami; sono disposte in modo svariatissimo e bene spesso oblique alla luce diretta. L’individuo rare volte è piramidale; il suo aspetto muta a seconda degli angoli che l’inserzione dei rami forma. con il tronco. E gli angoli presentano tutte le possibili gradazioni. di ampiezza, per cui si ottengono alberi a chioma tondeggiante, allungata ecc. L’effetto di queste molteplici cause sarà, che in alcune Dicotiledoni le nuove foglie, le quali si sviluppano annualmente su nuovi prolungamenti dei rami, diventando adulte, intercetteranno una gran parte dei raggi diretti. In tal caso conseguirà che le foglie di più anni sì troveranno in condizione di inferiorità rispetto alle ultime formate. Questo breve confronto fra i due gruppi non sarebbe stato oppor- tuno, dato il punto di vista del mio studio; ma mi è parso fosse non trascurabile per le varianti, che forse sarebbero risultate dal- l'esame delle diverse specie vegetali. E ciò per il fatto, che l’inten- sità, la durata e il diverso grado d’illuminazione sono cause, oltre diverse altre, di modificazioni nei costituenti istologici della foglia. Argomenti questi molto dibattuti e che formano tuttora oggetto di investigazioni multiple. Io, però, fermo l’attenzione soltanto a cercare, se anche nelle Dicotiledoni esiste accrescimento in spessore e se per esso si debba tener conto dell’età. Che l’età porti il suo contributo, non è a dubitare, come risulta dalle mie ricerche (1) e da quelle di Reinardt (1) sulle Conifere. Anche J. Bergen (2) ha fugacemente accennato che in alcune Dico- tiledoni le foglie più vecchie aumentano di spessore; non si è preoc- cupato, però, di cercare a quale dei costitutivi della foglia era dovuto l'aumento, fatta eccezione dell'epidermide, che più gli importava. (1) Loc. cit. (2) Relative transpiration of old and new leaves of the Mirtus type. — The Bot. Gazette, Vol. XXX VIII, n. 6, pag. 447, 1904. — 323 — Ma è d’uopo ricordare un esperimento di Mer (1) come quello, che costituisce la prova più evidente, che l’età è fattore sicuro per l'accrescimento in spessore delle foglie. Trapiantò egli in un vaso una foglia di Hedera (var. islandica) la quale non solo attecchi, ma durò per un periodo non breve di 7 anni. Una tale persistenza di vita, cui la foglia venne sospinta da nutrimento abbondante, dovette essere causa di modificazioni di struttura. Infatti, mentre la dimensione di superficie rimase perfet- tamente la medesima, dal lato anatomico egli potè stabilire, che lo spessore aveva oltrepassato di un 3° quello normale di una foglia di 2 anni, sviluppata al sole. Spessore dovuto in gran parte al tessuto a palizzata: al qual proposito l’autore dice: « Dans le limbe, c’est surtout le tissu palissadique, qui a été le siege d’un accroissement considérable, mais dans le sens vertical seulement ». E ciò fino al 4° anno, oltre il quale le cellule del palizzata in corrispondenza dello strato epidermico subirono una divisione multipla, onde l’epi- dermide stessa venne lacerata. Per quanto concerne la struttura del fascio va ricordato per il primo il Frank (2) il quale, dopo avere esposte le conclusioni posi- tive circa l'aumento del fascio fogliare delle Conifere, passa allo studio delle foglie delle Dicotiledoni. Ma qui ie sue indagini non trovano appoggio in dati di fatto e lo affermano nella con- vinzione che «nelle Angiosperme sempreverdi questo fenomeno ha una scarsa, ineguale diffusione ». Fra le Dicotiledoni le specie esaminate sono: 1° Quercus Ilex. . . . con foglie di 1-2 anni 2° Oreodafne californica. » » 13 > o Eagurus'nobilis: «+: » > 1-3 » 4° Rhus integrifolia . . > » 13 >» 5° Ilex Aquifolium . . » > 1-3 » 6° Buxus balearica . . » > 1-3. » 7 Prunus Laurocerasus. » > 1-3 » 8° Raphiolepis japunica È » > 135 » 9° Fabricia laevigata. . > > 13 » 10° Osmanthus Aquifolium » » 1-2 » 11° Hedera Helix ene GRR ats » » 12 » 12° Pseudopanax crassifolium >» > 12 » (1) Des modifications de structure subies par une feuille de Lierre etc. — Bull. Soc. Bot. de France. Tom. XXXIII, pag. 137, 1886. (2) Ein Beitrag zur Kenntniss der Gefissbiindel. — Botanische Zeitung, 22, pag. 185, 1864. — 324 — Come per le Conifere, così per le sezioni praticate sulle foglie delle notate Dicotiledoni ho eseguito misure, delle quali riporto la media nella seguente tabella. Le foglie confrontate appartene- vano a un medesimo ramo. Quercus Ilex . . . . . . «0. + Nessuna differenza. 90 2 . (8° anno mm. 0,246 x mm. 0,085 aaa, cali- ane > 0,236 Palizzata » 0,079 ornica. Pitts Vise Totale aum. » 0,010 Aumento » 0,006 3° anno mm. 0,219 Palizzata (mm. 0,090 dro p= 0,240 | Î » 0,085 Totale aum. » 0,008 Aumento » 0,005 . Laurus nobilis . i È 3° anno mm. 0,544 i (mm. 0,217 ni integrifo- TI RL OTT Palizzata 3. SONE Totale aum. » 0,073 Aumento » 0,062 ! 20 ; 3° anno mm. 0,458 Pi linoate (mm. 0,128 | Ilex Aquifolium. ) 1° >» » 0,429 | » 0,108 ( rotale aum. » 0,029 Aumento > 0,020 \ 3° anno mm. 0,386 Palizzata ) IM 0,128 Buxus balearica ? 1°» >. 30,3851 semanas es 0,105 . Totale aum. » 0,035 Aumento » 0,023 Prunus Laurocerasus Pera sh: Nessuna differenza, Raphiolepis japonica . . _ 9° 2 : min. 0,108 ana: \ 3° anno mm. 0,303 Palizzata \ ) gata. Lr > 0,264 pag. sup. | » 0,089 Totale aum. » 0,039 rent ~ TOI Aumento pag. inf. » ‘0012 Aum. totale palizzata » 0,031 - (2° anno mm. 0,537 Pali mm, 0,155 Osmanthus Aqui- RAC > 0,524 BUZZ » 0,145 folium. ( pera Totale aum. » 0,018 Aumento » 0,010 Tresa SLA ele © Sule ae Ae MST x — 325 — \ 2° anno mm. 0,293 Palizzata | PM 0,089 Hedera Helix .) 1° » > 0,283 RI ae OOS Totaleaum. » 0,010 Aumento » 0,007 (o) È 9 2° anno mm. 0,706 ATA mm. 0,221 Pseudopanax ) 0 , >» 0,656 » 0,184 crassifolium. ~ Totaleaum. « 0,050 Aumento » 0 Dal confronto numerico suesposto, eccezione fatta per le specie a risultato negativo, si deduce che: 1° ha sempre luogo l’aumento in spessore; 2° è dovuto in gran parte al tessuto a palizzata. PARTE SPECIALE. Diamo intanto uno sguardo» particolare alle singole specie esa- minate. Quercus Ilex. Albero a foglie persistenti, alterne, ovali, tomentose, che possono ‘ raggiungere il 3° anno. Confrontando sezioni di foglie di un anno con quelle di più anni non risalta differenza alcuna: tutti i costituenti del mesofillo con- servano uguali le loro proporzioni di grandezza. Si direbbe che la foglia attraverso i periodi annuali è rimasta nello stato definitivo di formazione. Ma osservando l’aspetto ecces- sivamente frondoso dell’albero, a chioma più o meno tondeggiante, si nota come le foglie vecchie, per la crescita annuale dei rami, vengano a trovarsi spostate verso l’interno. Naturalmente la illuminazione diretta non è più sentita in modo squisito e il palizzata, così suscet- tibile di variazioni a seconda dei suoi rapporti con la luce, non tro- vandola sufficiente, permane nelle condizioni di sviluppo, cui giunse dopo il 1° anno. Nel fascio la porzione cribrosa aumenta lievemente nel 3° anno, schiacciando con la produzione dei nuovi i vecchi elementi. Oreodafne californica. Alberetto a chioma alquanto. folta, con foglie sparse, piuttosto strette, allungate, che raggiungono il 3* anno. L'aumento di spessore è scarso, ma tale da dimostrare che ha luogo maggiormente nel palizzata, i cui elementi si allungano sol- tanto nel senso verticale. walang [yee Anche nel fascio vascolare del 3° anno si nota un lieve accre- scimento della parte cribrosa. Laurus nobilis. Albero a foglie ampie, bislungo-lanceolate, persistenti, della du- rata di 3 anni. Anche nel Laurus le foglie aumentano di pochissimo lo spessore, in grazia specialmente del palizzata. Nel fascio il cambio è attivo e in certo modo aumenta la por- zione cribrosa. Rhus integrifolia. È un albero sempreverde, a foglie coriacee, alterne, ovali, inse- rite su rami piuttosto radi. Le foglie raggiungono il 3° anno. Epidermide — 1° anno. È formata da un’unica serie di cellule protette da una sottile cuticola. 3° anno. Si nota un lieve aumento in spessore. Palizzata. — 1° anno. È costituito da 2 serie di cellule. 3° anno. Le cellule si allungano verticalmente e la 2° serie, che nel primo anno era per lunghezza minore della 1°, qui ne rag- giunge le dimensioni. Le cellule merenchimatiche, addossate al sud- detto tessuto, in più punti si dispongono in serie, per cui assumono portamento di palizzata. Il fascio vascolare è molto più sviluppato nel 3° anno ed è evi- dentissimo l’aumento, cui ha atteso la porzione cribrosa. Anche i canali resiniferi, che si originano dal floema, ingrandiscono note- volmente il lume e il loro maggior diametro raggiunto nel 1° anno (fig. 1, tav. XIV) diventa quasi doppio nel 3° (fig. 2, tav. XIV). Generalmente i canali resiniferi nel 1° anno sono circolari; ma per l'accrescimento in spessore della porzione cribrosa, si stabilisce una azione meccanica dall’alto in basso, per cui diventano nel 3° anno elissoidali. Ilex Aquifolium. È un arboscello sempre verde di aspetto piramidale con rami piut- tosto divaricati e tendenti alla direzione orizzontale. Le foglie alterne, coriacee, ovali, inserite a internodi brevi, come brevi sono le vegetazioni annuali, durano per un periodo di tempo, che può toccare il 4° anno. Epidermide. — 1° anno (e, ip. fig. 5, tav. XIV). È costituita, nella pagina superiore, da una sola serie di cellule, esteriormente pro- tetta da una spessa cuticola e rinforzata internamente da un ipo- Be eh ctr Lata bes Ean — 827 — derma, fatto anche da una serie sola di cellule più grandi delle epi- dermiche e a pareti più spesse; serie che in qualche punto si sdoppia e si moltiplica in corrispondenza della nervatura primaria. 5° anno. Le cellule epidermiche e ipodermiche subiscono un lieve ingrandimento nel senso tangenziale (e, ip. fig. 6, tav. XIV). Palizzata. — 1° anno (pl. fig. 5, tav. XIV). E formata da 3 serie di cellule, gradatamente decrescenti in lunghezza verso l’interno. 3° anno (pl. fig. 6, tav. XIV). Le serie si sono in gran parte con- servate nel numero di 3; soltanto si osserva qualche rara segmen- tazione trasversale di poche cellule della 1% e 2a serie. Concorrono poi ad aumentarle in più punti quelle cellule del merenchima a im- mediato contatto del palizzata, dopo aver subito un accrescimento verticale. All’infuori di ciò, le serie di tutto il tessuto si sono allun- gate nel senso dello spessore. Il tessuto spugnoso resta presso che invariato: a mala pena si nota un lievissimo ingrandimento di spessore. Il fascio vascolare non offre nulla di nuovo e il legno non è di- stinto in zone annuali. Per quanto riguarda le formazioni secondarie sl osserva bene come il cambio ha funzionato; tuttavia le misure ese- guite non rilevano alcun aumento. Ma osservando un fascio vascolare di una foglia di 3 anni sì nota come la produzione dei nuovi elementi ha spinto indietro, schiacciando, i vecchi, la cui integrità doveva venir meno, stretti come erano tra le nuove formazioni e la solidissima guaina di fibre ispessite e lignificate. Nel 1° anno invece, tutti i co- . stitutivi della porzione cribrosa erano turgidi e pervi. A Esula da ciò, che lo spazio per i nuovi elementi era fatto a spese dei vecchi, ridotti a lamine sottili. Buaxus balearica. Alberetto a foglie opposte, attaccate a rami annuali corti; perdu- rano le foglie 3 anni. Non ha folta chioma e gli agenti esterni hanno buon gioco su tutte le parti dell'individuo. Nel 3° anno l'aumento totale dello spessore della foglia è in certo modo notevole e, come sempre, l’accrescimento trova la esplicazione maggiore nel palizzata. Anche la porzione cribrosa aumenta, ma non molto. Prunus Laurocerasus. Arbusto a foglie persistenti, ampie, bislunghe, coriacee che pos- sono raggiungere il 3° anno. Le foglie raccolte da un esemplare molto frondoso non hanno dato risaltati positivi circa l'aumento di spessore. See Aha ge CITTANOVA OSIO SEI A eh A { st ¢ Raphiolepis japonica. Arbusto sempreverde con andamento cespuglioso, a foglie sparse coriacee della durata di 3 anni. Non ho notato alcun aumento di spessore. Fabricia laevigata. È un albero a foglie alterne, glaucescenti, obovate: i rami esili sono spioventi. Le foglie, della durata di 3 anni, hanno struttura centrica. Epidermide. — 1° anno (e, fig. 3, tav. XIV). È di un’unica serie di cellule con cuticola spessa e sfrangiata. 3° anno (e, fig. 8, tav. XIV). Come nel 1° anno. Palizzata. — 1° anno (pl. fig. 3, tav. XIV). — La struttura in- terna è costituita in gran parte dal palizzata, che tappezza le 2 facce della lamina. 3° anno (pl. fig. 8, tav. XIV). Le cellule aumentano in lun- ghezza, ma molto ‘di più quelle della pagina superiore. I fasci vascolari sembra non aumentino in spessore: si notano pochi elementi cribrosi schiacciati. Osmanthus Aquifolium. Arbusto a foglie persistenti, opposte, coriacee e somiglianti all’a- quifoglio, come dal nome stesso. Durano 2 anni. I rami annuali brevi sono radig per cui viene agevolata la condizione delle foglie più vec- chie. E ciò trova appoggio nel risultato positivo che si ha confron- tando sezioni di foglie di più anni: il palizzata, infatti, aumenta in lunghezza. Anche la porzione cribrosa del fascio vascolare principale si ac- cresce, schiacciando 1 vecchi elementi. Hedera Helix. Pianta a fusto legnoso, rampicante; le foglie dei rami fruttiferi, sulle quali sono state condotte le osservazioni, sono ovali e durano in vita 2 anni. Le foglie furono raccolte da piante, che rivestivano dei platani colossali, prodighi di molta ombra. Il carattere di palizzata non è molto accentuato; tuttavia lo si riconosce benissimo, e si nota che nelle foglie di 2° anno gli ele- menti di detto tessuto si allungano radialmente. Anche il fascio nel 2° anno ingrandisce e nella porzione cribrosa moltissimi sono gli elementi adulti schiacciati dai nuovi. Fig.5 € DLC o: = pagana ii Seas II di i oy LE VITO ezine (È 7 + Li La = ras e) A Spr enn ) | | | Fie Ta I i] ii secc Il dl Lil o vt a bi | Ì AT Ee Pere meyer ee Pseudopanax crassifolium. È un albero sempreverde con rami eretti molto poco frondosi. Le foglie, sparse, abbastanza grasse e composte del tipo palmato possono raggiungere anche il 3° anno. Le osservazioni sono state rivolte alla sola fogliolina mediana. Epidermide. — 1° anno (e, ip. fig. 7, tav. XIV). È di un’unica serie di cellule a cuticola piuttosto spessa: contro di essa si appoggiano generalmente 2 strati di cellule ipodermiche a pareti grosse, robu- stissime, che si distribuiscono su 3 nei punti delle nervature secon- darie più voluminose; strati che aumentano ancora di numero nella regione della nervatura principale, ove assumono la caratteristica precisa di collenchima. 3° anno (e, ip. fig. 4, tav. XIV). Le cellule non ingrandiscono radialmente, ma sono in maniera lieve stirate nel senso tangenziale. Palizzata. — 1° anno (pl. fig. 7, tav. XIV). Stanno a formarlo 2 serie di cellule, di cui la prima ha elementi molto più lunghi. 3° anno (pl. fig. 4, tav. XIV). Le cellule aumentano in lunghezza, ma in modo.più accentuato la 1° serie; in qualche punto le cel- lule collettrici si allungano disponendosi a perfetto contatto fra di loro e affettano anche qui un 3° strato. Le cellule non subiscono alcuna divisione trasversale. Circa il fascio vascolare, sembra che esso col crescere dell’ eta, non guadagni in spessore. Ma la osservazione accurata fa conoscere quanto più decisamente nel 3° anno gli elementi nuovi hanno spinto verso l’esterno i già formati, schiacciandoli e riducendoli. Inoltre siffatta azione meccanica è riuscita in parte dannosa ai canali re- siniferi, alcuni dei quali risentono gli effetti nella quasi totale per- dita della loro integrità. CONCLUSIONI. La esposizione dei fatti principali sopra enumerati ci porta a concludere che con l’età si determinano delle modificazioni nei co- stituenti della foglia. Ma non tutte le specie esaminate suffragano questa constatazione: come già abbiamo visto l'aumento in spessore è variabile a seconda delle specie; anzi in alcune è appena accen- nato; in altre pochissime è nullo. A che si deve allora, che nelle Conifere l’accrescimento è costante, mentre nelle Dicotiledoni vi sono delle interruzioni, le quali non permetterebbero di estendere a tutte le piante sempreverdi il concetto dell'aumento in rapporto all’età ? ANNALI DI Botanica — Vor. VII. 21 — 5330 — Due sono le considerazioni che a tal riguardo possono farsi: 1° — o che le foglie di alcune Dicotiledoni, una volta raggiunto lo stato adulto, perdono la capacità di accrescere lo spessore; 2° — o che lo stimolo all’accrescimento non viene favorito dalle speciali condizioni, cui vanno incontro le foglie più vecchie di al- cune Dicotiledoni, quelle foglie, cioè, che sono spostate verso l’in- terno dei rami. Alla stregua delle osservazioni condotte in questo lavoro, è da scartarsi la prima ipotesi, perchè la maggior parte delle specie su nominate aumenta lo spessore: aumento lento e alcune volte mi- nimo per quanto si voglia, ma esistente e innegabile; aumento che si esplica in modo eccellente quando le condizioni, principalmente di luce, sono tali da favorire lo sviluppo. Ci informa a tal uopo l’esperienza di Mer (l. c.). Esclusa, perciò la prima considerazione, rimane la seconda più rispondente al caso del Prunus Laurocerasus, Quercus Ilex, Raphio- lepis japonica. Una volta eliminate però le cause determinanti le condizioni sfavorevoli, che possono variare anche da individuo a in- dividuo della stessa specie, non sarebbe improbabile riscontrare un aumento di spessore. Il quale, contrariamente alla mia ricerca, fu notato da Bergen (l. c.) per le foglie di Quercus Ilex. Ciò ammesso, si è indotti a stabilire che l'aumento in spessore delle foglie delle Dicotiledoni varia in rapporto all’età. Certamente nelle Dicotiledoni l'aumento non ha le proporzioni riscontrate nelle Conifere, perchè nelle prime ci si trova di fronte a specie, le cui foglie hanno un massimo di vita di appena 3 anni. Per quanto si riferisce al fascio vascolare delle foglie più vec- chie, si può dire che quasi sempre l’attività del cambio è sensibile; in alcuni casi è più marcata, in altri sembrerebbe cessata, non es- sendo risultato evidente dalle misure l'aumento di spessore nella porzione cribrosa. La qual cosa se da un lato è vera, non è men certo, che molti gruppi di vecchi elementi sono schiacciati e ridotti a lamine, a spese dei quali trovano posto i nuovi. Riassumendo: anche nelle Dicotiledoni: I. L'aumento in ispessore avviene sempre; II. Il palizzata concorre in maggior parte in detto accresci- mento ; III Il fascio vascolare generalmente aumenta anch’esso spe- | cialmente nella porzione cribrosa. x hi Val RO GN ENO BNO ONO GRO BNO NO NOOO LI NI INS, NS NANI VINFXFXIXNINWNIZA Al Contribuzioni alla Teratologia vegetale (1) di ERMINIO MIGLIORATO. (Tav. XV.) 6. Anomalie fiorali e dei frutti di varie specie @ Eucalyptus. Descrivo sinanzie, polimerie di frutti, sincarpie, adesioni di frutti e di fiori appartenenti a specie con infiorescenza. Per la sinanzia e la sincarpia gia diedi un cenno in una nota pre- liminare (2).° Di queste anomalie non trovo notizie nella Pflanzen Teratologie del Penzig e nella bibliografia postuma a quest’opera riportata nel Bot. Jahresb. e nel Bot. Centr. Il materiale che illustro fu raccolto da me nell’Orto botanico di Napoli. Di casi raccolti da me nell’Orto botanico di Roma, e che appar- tengono a due specie, dirò nell’ illustrazione della collezione teratolo- gica di quest’ istituto. E. sp? coLossea F. Muell. (= E. diversicolor F. Mueller). Sinanzia. Ho osservato la sinanzia già sbocciata, quindi man- cando gli opercoli devo limitarmi ad interpetrare la loro forma sulla cicatrice, la quale perchè continua ed ellissoidea dimostra che per lo meno le basi di questi organi erano completamente fuse. 26 marzo 1889. Non posseggo più l’esemplare, perciò non posso figurarlo. (1) Per le parti precedenti di queste « contribuzioni » v. Annali di Bota- nica. Roma, vol. II (1905) p. 397; IV (1906) p. 49 e 61; VII (1908) p. 159 e 283. (2) Notizie preliminari relative ad alcune osservazioni di Teratologia vegetale. Napoli 1890. i » — 332 — , E. PANICULATA Sm. ? Due frutti aderiscono leggermente fra di loro fin quasi agli orlî delle coppe. (Fig. 3). 1900. E. popuLIFOLIA Hook. Adesione di due fiori fino agli orli delle coppe. (Fig. 9). 1901. E. viminaLIs Labill. (= E. persicifolia Loddig.). Appartengono all’ istessa pianta i seguenti casi: i: Il frutto normale à quattro carpelli. (Figg. 1-a, è). Un frutto un po’ più grosso del normale con sette carpelli. (Figg. 1”, 2). Non si riscontra alcuna traccia di sincarpia lungo le pareti esterne del frutto, ove dette traccie sono solite manifestarsi. La bocca del frutto non è circolare, come nel caso normale (fig. 16), ma si scosta. leggermente da questa, fenomeno dipendente dalla sincarpia. LL, Adesione di due fiori anche per gli opercoli, che presentano gli apici liberi. 1900. (Fig. 4). CEL Sincarpia di due frutti aventi ognuno quattro carpelli. (Fig. 6). 1889. | Un sepimento formato dalle pareti, concresciute longitudinal- mente, dei due frutti divide questi. Le cicatrici degli opercoli dimostrano che questi erano liberi fra. loro. (Fig. 7). IV, V. Adesione di due frutti liberi per le bocche. Le figg. 3 e 5 dimostrano la differenza d’adesione dei due casi. 1899 e 1900. E. sALICIFOLIA Cav. L’ infiorescenza normale 4a tre fiori. (Fig. 24). I frutti normali anno tre o quattro carpelli. (Figg. 23, 45, 46). Ho trovato adesioni di due fiori, sinanzie, polimerie del frutto, sincarpie di frutti normali, sincarpie di frutti polimerici, sincarpie a di un frutto normale con un frutto polimerico, adesione di due o tre frutti normali. 1 Dalla descrizione dei singoli casi si vedranno altre particolarità, compresi i passaggi graduali del frutto normale al caso polimerico più pronunciato. 1900-1902. ‘ Adesione di fiori. Sinanzia. Nell’ infiorescenza rappresentata con la fig. 14 il fiore mediano ‘aderisce pel calice a quello laterale. Quest’adesione è più pronun- ciata in altro caso (figg. 15, 16), nel quale il fiore mediano è isolato e di esso se ne vede la cicatrice. L’adesione diventa maggiormente in- tima nel caso delle figg. 17, 18, poi dà le sinanzie rappresentate dalle figg. 10, 11, 19, 20, 21, 22, nelle quali la fusione è completa. Verso la base dei suddetti esiste la cicatrice del terzo fiore, cioè del mediano. Analogo al caso della fig. 21 è quello rappresentato dalla fig. 12. Il caso della fig. 12 rappresenta l’adesione d’una sinanzia con un terzo fiore. Gli opercoli nelle figg. 17 e 19 sono completamente fusi per un certo tratto. Evidente è il fenomeno della sinanzia nei riferiti casi, poichè la infiorescenza normale à tre fiori (fig. 24) e i fiori fusi ànno la cica- trice del terzo fiore libero, che è il mediano. Adesione di frutti. Sincarpie. Polimerie. il ADESIONE DI DUE FRUTTI NORMALI. Dall’adesione di due frutti (fig. 31, 32) si passa ad un grado più completo di questo fenomeno (fig. 29,30) e poi alla fusione delle coppe (fig. 28). Queste adesioni avvengono tra un frutto di 3 carpelli con un altro che ne à 4, oppure tra due frutti di 4 carpelli. Le cicatrici degli opercoli sono separate. Esiste un terzo frutto libero, che nella figura è rappresentato dalla cicatrice. Nella fig. 33 il frutto mediano aderisce al laterale. | gga: de RE: ADESIONE D’UN FRUTTO NORMALE CON UN FRUTTO POLIMERICO. A) di un frutto di 4 carpelli con un frutto di 5 carpelli. B) di un frutto di 4 carpelli con un frutto di 8, 9, 10 car- pelli. V. pure fig. 59, che rappresenta un frutto di 4 carpelli ade- rente ad un frutto di8 carpelli. Le cicatrici degli opercoli sono separate. Esiste un frutto normale come nelle adesioni. ELL: ADESIONE DI DUE FRUTTI POLIMERICI. I pepper hanno i seguenti numeri di carpelli 5 + 5; 5 + 6; 64 8; 8-+ 11. V. pure fig. 60 ove sono rappresentati due frutti polimerici aderenti. Ad ogni frutto corrisponde una cicatrice degli opercoli. Esiste un frutto libero normale come nelle adesioni. LY. ADESIONE DI TRE FRUTTI. A) normali di 4 carpelli ognuno. Dall’adesione d’un frutto di 4 carpelli (fig. 40,41) con un’ ade- sione di due frutti, si passa ad un caso più completo (fig. 36, 37) in cui due coppe sono completamente fuse ed aderiscono al terzo frutto. B) tra un’adesione (d’un frutto di 4 palace con un frutto di 5 carpelli) e un frutto di 4 carpelli. V. SINCARPIA. Tra un frutto normale di 3 carpelli con un frutto polimerico di 5 o di 7 carpelli (fig. 62 e 58). Sincarpia con adesione d’un frutto (fig. 38, 39). Ogni frutto è 4 carpelli. La sincarpia à un solo opercolo. Esiste un frutto libero normale come nelle adesioni. Altro caso con un componente della sincarpia con 5 carpelli e il frutto aderente di 6 carpelli (fig. 63, 64). — 335 — VI PouiMERIE. Dal frutto a 5 carpelli si passa, per l’aumento di un carpello in più del precedente, al caso polimerico di 13 carpelli, poi a 15 carpelli (fig. 54, 55) e a 20 (figg. 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 56, 57). I frutti da 6 a 13 carpelli ànno in giù la cicatrice d’un frutto nor- male come nelle adesioni. Solamente un caso di 7 carpelli non offre tale caratteristica. Anche la polimeria di 20 carpelli à un frutto nor- male, alla base, il quale è di 3 carpelli. La sezione equatoriale delle polimerie va dall’ovaloide (figg. 52, 53) all’ovale (figg. 54, 56). I carpelli delle polimerie sono, dai casi di 8 carpelli in poi, più piccoli dei normali. VIL. SINCARPIA DI DUE FRUTTI POLIMERICI. Fusione (fig. 61) completa delle coppe. Opercoli separati. * k La polimeria, che è sincarpica, si spiega ammettendo non la pre- senza di tre fiori nell’infiorescenza, ma di molti, infatti alle volte si presentano infiorescenze con cinque fiori normali (fig. 25, 26, 27). Appoggiano questa supposizione l’adesione di tre frutti aventi quat- tro carpelli ognuno, ela presenza d’un frutto normale libero in questa stessa infruttescenza (fig. 38). EucaLyPTUS STUARTIANA F. v. M. Adesione di fiori e di frutti (fig. 65 B, d). SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XY. Le figure rappresentano in grandezza naturale. Fig. 1-7. — Eucalyptus viminalis Labill. Fig. 1a. — Frutto normale. B il medesimo visto dalla bocca. Fig. 1 bis. — Frutto polimerico di 7 carpelli. Fig. 2. — Il medesimo visto dalla bocca. Fig. 8. — Adesione di due frutti. Fig. 4. — » » > frutti. Fig. 5. — » > >» frutti. Fig. 6. — » > » frutti. -_ —-836 — Fig. 7. — La medesima vista di sopra. Fig. 8. — E. paniculata. Adesione di due frutti. Fig. 9. — E. populifolia, Adesione di due fiori. Figg. 10-64. — E. salicifolia. Fig. 10. — Infiorescenza con la sinanzia a. Fig. 11. — Sezione della sinanzia a. Fig. 12. — Adesione d’una sinanzia con un terzo fiore. Fig. 13. — Sezione del caso della precedente figura. Fig. 15. — Adesione di due fiori. Fig. 16. — Sezione del caso precedente. Fig. 17. — Sinanzia. Fig. 18. — Sezione del caso precedente. Fig. 19. — Sinanzia con opercoli fusi. Fig. 20. — Sezione della medesima. Fig. 21. — Sinanzia completa. Fig. 22. — Sezione della medesima. Fig. 23. — Infruttescenza normale di tre frutti. Fig. 24. — Infiorescenza normale di tre fiori. Fig. 25. — Infiorescenza con cinque fiori normali. Figg. 26-27. — Infruttescenza di cinque frutti. Nella fig. 26 gi sono due frutti e le cicatrici di altri tre. Il frutto apicale a è di 5 carpelli. Fig. 28. — Sincarpia: fusione completa delle coppe. Fig. 29. — Adesione delle coppe. Fig. 30. — La medesima vista da sopra. Figg. 31-32. — Adesione delle coppe. Fig. 38. — Adesione delle coppe tra il fiore mediano e uno laterale. Fig. 84. — Adesione con un terzo frutto libero. Fig. 85. — La medesima vista di sotto. Fig. 36. — Adesione di tre frutti. Fig. 37. — La medesima vista da sotto. Fig. 38. — Sincarpia con un’adesione Fig. 39. — La medesima vista da sopra. Fig. 40. — Adesione completa di due fiori con un terzo. Fig. 41. — La medesima vista da sotto. Fig. 42. — Adesione di due frutti con un terzo. Fig. 43. — Due di questi frutti visti da sopra. Fig. 44. — Il terzo frutto visto da sopra. Fig. 45. — Frutto normale di tre carpelli. Fig. 46. — » normale di quattro carpelli. Fig. 47. — >» polimerico di cinque carpelli. Fig. 48. — » » sei » Fig. 49. — » » otto » Fig. 50. — » » otto » , ma più grande del pre- cedente. — Fig. 51. — » » dodici » con la cicatrice d’ un frut- to libero. Fig. 52. — Lo stesso visto da sopra: il cerchio interno rappresenta la zona ove s'incontrano i carpelli. Fig. 53. — Id. di altro frutto polimerico. Fig. 54. — Frutto polimerico di 15 carpelli visto da sopra ecc. LIEVE Aun.Botan. VII “Viet E er de a Atei ‘| Te Lai — 337 — Fig. 55. — Lo stesso visto di lato. Fig. 56. — Frutto polimerico di 20 carpelli visto da sopra. Fig. 57. — » » » » visto di lato. Nelle figure 54 e 56 le zone nere rappresentano il punto ove s'incontrano i carpelli. Fig. 58. — Sincarpia, vista da sopra, d’un frutto normale con un frutto poli- merico. Fig. 59. — Sincarpia, vista da sopra, d’un frutto normale con un frutto poli- merico. Fig. 60. — Sincarpia, vista da sopra, d’un frutto polimerico con un frutto poli- merico. Fig. 61. — Sincarpia, vista da sopra, d’un frutto polimerico con un frutto poli- merico. Fig. 62. — Sincarpia, vista da sopra, d’un frutto normale con un frutto poli- merico. Figg. 63-64. — Adesione d’un frutto. polimerico con una sincarpia. Fig. 65. — Eucalyptus sp? Adesione di due fiori e di due frutti. Dal R. Istituto botanico dell’Università di Roma, 1 Settembre 1908. EE NON ITI ER NI RL DI ITNT BI RII RT NI DSI DISD LDRIT ENE OSI PE Francesco Petrollini botanico del secolo XVI del dott. EMILIO CHIOVENDA (Tav. XVI-XXI). Nel 1900, nella biblioteca Angelica, sopra il cornicione che fregia superiormente gli scaffali contenenti i libri del grande salone, si rinvennero cinque grossi volumi contenenti piante agglutinate sui fogli. Il cav. Enrico Celani, bibliotecario della detta Biblioteca, fece noto al pubblico con un brevissimo articolo inserito nel giornale IZ Capitan Fracassa (1) il rinvenimento dell’erbario anonimo e la no- tizia che le sue ricerche al riguardo ne facevano autore il genovese Gerardo Cibo, che lo avrebbe confezionato circa il 1550. Poco dopo egli pubblicò la memoria negli Atti della Società Li- gustica di scienze naturali e geografiche (2), in cui esponeva le ra- gioni per cui fu tratto alla conclusione di attribuire a Gerardo Cibo la paternità dell’erbario in parola, e dettagliate notizie riguardanti la vita di questo personaggio. In questa memoria il Celani modifi- cava notevolmente la notizia relativa all’epoca in cui fu confezionato anticipando (almeno l’inizio della collezione) all'anno 1530 o 1582. Gli argomenti su cui il Celani fondò la sua persuasione si possono riassumere in questi due: i 1° nella biblioteca Angelica esistono parecchi libri di botanica della metà circa del 15° secolo postillati da Gerardo Cibo; avendo egli ritenuto la calligrafia dei libri postillati eguale a quella degli erbarii ne concluse che Cibo doveva aver fatto gli erbarii stessi; 2° essendo il Cibo stato studente nell'Università di Bologna nel 1529 vi dovette sentire le lezioni che colà dettava Luca Ghini; e siccome tra le postille apposte ad un suo esemplare del Mattioli stampato nel 1573 vi era per la betulla la nota: Ch’ contadini di ° Trento la chiamano Bedollo, ed essendo nel 1532 il Cibo passato per* (1) Capitan Fracassa, 15 luglio 1901. (2) E. CeLaNI. — Sopra un erbario di Gherardo Cibo conservato nella R. Biblioteca Angelica di Roma. — Genova 192. Ristampata poco dopo nella Mal- pighia. j 6 — 340 — Trento e nell’erbario dell’Angelica essendovi parecchie piante alpine, perciò in quell’anno dovette iniziare la ricerca delle piante. Poco dopo io che avevo studiato a fondo i quattro volumi dell’er- . bario muniti d’indice, accettando come esatte ie conclusioni pubbli= cate Gal Celani, esposi (1) alcune congetture che fino ad un certo punto almeno potevano maggiormente avvalorare le conclusioni del Celani e specialmente mettevo in rilievo la concomitanza dei due fatti che nell’anno 1553 in cui il Cibo si era recato in Ingolstadt, in questa città insegnava il Fuchs, il cui libro ebbe poi a miniare il Cibo e di più siccome ad un esemplare di Bupleurum fruticosum il confezionatore dell’erbario aveva posto la nota e gallia allatum che poteva significare che egli stesso avesse portato dalla Gallia l’esem- plare, ne traevo (per allora) la certezza che nel 1540 anno in cui il Cibo fece ritorno dalla Francia in Italia egli raccogliesse e conser- vasse piante. Uscì pertanto nel 1904 la completa illustrazione dei cinque vo- lumi fatta dal prof. Penzig (2). Questi ad eccezione di quanto disse per la distinzione di due erbarii nei cinque volumi, poco aggiunse di nuovo per la dimostrazione dell'autore e dell’epoca di confeziona- mento degli erbarii; chè accettò incondizionatamente le conclusioni del Celani, illustrando con maggior ampiezza gli argomenti da questi esposti ed aggiungendone alcuni che vieppiù provassero essere il Cibo stato l’autore materiale di quegli erbarii. Gli argomenti da esso por- tati si possono-+riassumere nei seguenti: 1° le marche di fabbrica delle carte assai antiche che facevano presumere una grande antichità anche nell’erbario. Questo argomento fu solo accennato dal Celani e il Penzig gli diede una grandissima importanza; 2° la provenienza di parecchie specie contenute nell’erbario ; 3° nomi dialettali attribuiti al genovesato patria del Cibo; 4° somiglianza dell’erbario Cibo con quello specialmente di Al- drovandi. Dopo la pubblicazione della mia memoria sopra accennata non mi ristetti mai dal cercare di approfondire la questione e debbo dire la verità che il lavoro del prof. Penzig me lo facilitava assai renden- domi, insieme coi numerosissimi appunti da me già fatti, quasi inu- tile lo sfogliare direttamente i cimelii in parola. Frutto di questi “studi fu una memoria da me letta al Congresso dei naturalisti ita- (1) E. CHIOVENDA. — A proposito dell'Erbario di Gherardo Cibo: in Annali di Botanica del prof. R. Pirotta I (1903), pag. 49-57. (2) O. Penzia. — Contribuzioni alla storia della botanica: I. IMustrazione degli erbarii di Gherardo Cibo. — Genova, tip. di Angelo Ciminago, 1904, in-89, Re ae IT RE liani tenuto in Milano nel settembre 1906 (1) in cui esponevo pa- recchi argomenti i quali dimostravano l’impossibilità che Gerardo Cibo avesse confezionato e neppure posseduto gli erbarii conser- vati nella biblioteca Angelica. Gli argomenti da me ivi esposti si possono riassumere nei se - guenti: 1° la postilla citata dal Celani come fatta dal Cibo al Mattioli per la betulla, dicente ch'i contadini di Trento la chiamano Bedollo, © non è una postilla ma un semplice richiamo del testo, per cui cade la prova che nell’anno in cui il Cibo andò in Germania faceva osser- vazioni botaniche; 2° che le piante più importanti (e ne avevo scelto 50) conte- nute nell’erbario più antico erano state rese note al pubblico scien- tifico o alla metà o anche molto dopo la metà del xv secolo, e fa- cevo rilevare la poca probabilità che un personaggio sconosciuto fino ad oggi agli scienziati fosse stato così valente botanico da riunire tante specie allora sconosciute, prima di chiunque altro e senza che nessuno dei naturalisti contemporanei ne sapesse nulla dei suoi me- riti eccezionali, fosse pur questi un Gerardo Cibo di potente famiglia. 3° tutte le testimonianze botaniche relative al Cibo sono poste- riori al 1553; 4° mandando il Cibo piante all’Aldrovandi le mandava in uno scatolino e non seccate tra le carte come avrebbe fatto chiunque pratico di far erbarii; 5° una lettera di Andrea Bacci che loda assai i meriti botanici del Cibo ne parla solo come pittore e disegnatore di piante; _ 6° Cibo in una lettera al fratello dice che desidera conoscere la pianta del tornasole, mentre questa sarebbe esistita nel suo erbario; 7° in altra lettera al fratello scrive che gli piace mangiare le foglie del Rumex pulcher e ne dà i nomi volgari e questa pianta manca nell’erbario quantunque vi siano parecchie altre specie di Rumex; È 8° in una lettera del Mattioli a Scipione Cibo quegli lodando le fatiche scientifiche del fralello parla solo di disegni e dipinti e non accenna affatto ad erbario; 9° nel diario del Cibo e nelle postille quantunque vi siano nu- merosi accenni a raccolta di piante a disegni e pitture non vi è mai il menomo accenno ch’egli le raccogliesse per farle seccare a scopo‘ di erbario; (1) E. CHioveNDA. — Nuovi studii sui due antichi erbarii della biblioteca Angelica di Roma. — Milano, 1907, pag. 789-819. — 342 — 10° gli erbarii esistevano già nella biblioteca Angelica al prin- cipio del 1600 mentre i libri postillati dal Cibo recando testimo- nianza dei suoi nipoti erano entrati nella biblioteca circa il 1750 quando vi entrò la biblioteca del cardinale Passionei discendente da un cognato di Gerardo Cibo; perciò quegli erbarii non avevano nulla a che fare coi libri postillati. | Rilevasi da ultimo nel mio lavoro che stante la grande analogia tra gli erbarii dell’Angelica e quello di Aldrovandi forse a questi si dovevano attribuire anche quelli. A questa mia memoria risposero il sig. Celani e il prof. Penzig nella Malpighia (1), negando alcune mie argomentazioni, altre cer- cando di spiegarle e attenuandole, e come argomento nuovo recando alcuni facsimili delle calligrafie degli erbarii e delle opere postillate. A questa risposta io replicai (2) presentando un facsimile di let- tera del Cibo la quale dimostrava essere la calligrafia del Cibo dif- ferente da quella degli erbarii e dimostrando mercè nomi apposti nell’erbario più antico che esso era stato confezionato tra il 1550 e il 1560. E a maggior sostegno della mia ipotesi che Aldrovandi fosse l’autore pure dell,erbario dell’ Angelica, riferivo la circostanza importantissima che un fratello di Aldrovandi faceva parte dell’Or- dine Agostiniano cui apparteneva, il fondatore della biblioteca An- gelica; e che per di più era amante e intendente di storia naturale. Intanto che io pubblicavo nel gennaio 1908 questa replica ve- nivo studiando numerosi materiali da me copiati in una visita fatta per una diecina di giorni ai manoscritti Aldrovandiani in Bologna nell'autunno precedente. Frutto di questi studi fu la dimostrazione che l’autore di un certo indice che aveva moltissimi ed evidentis- simi punti di contatto con l’indice dell’erbario angelicano era il medico Francesco Petrollini viterbese, vivente in Cotignola e che questi era pure l’ autore degli erbarii dell’Angelica. Il che esposi in una mia nota preventiva che pubblicai nei Rendiconti dell’ Ac- cademia dei R. Lincei (3). Ho accennato così in breve alle fortunose vicende che subì l’i- dentificazione dell’ autore degli erbarii conservati nella biblioteca (1) E. CELANI ed O. PENZIG. — Ancora sugli erbari conservati nella Biblio- teca Angelica. Risposta al dott. E. Chiovenda. — Malpighia XXI (1907), pa- gine 153-174, tav. I e fig. nel testo. (2) E. Ciiovenpa. — Sugli erbarii della Biblioteca Angelica di Roma. — Replica. — In Annali di Botanica del prof. R. Pirotta, vol. VI (1908), pa- gine 427-448, tav. IX. (8) E. CHIovENDA. — Intorno all'autore dei due erbarii antichissimi che si conservano nella Biblioteca Angelica di Roma. — Roma, 1908, pag. 703-707. La du Angelica: l’importanza di quegli erbarii è considerevolissima perchè l’erbario senza indice distinto colla lettera A dal Penzig (1) è senza dubbio il più antico erbario e fu senza dubbio fatto circa il 1551 e con tutta probabilità anche prima e fu fatto prima che Aldro- vandi iniziasse il 1° volume della sua celebre raccolta che come si sa fu fatto nel 1553. Abbiamo tre erbarii dei quali due esistenti in buone condizioni di conservazione presso la biblioteca Angelica di Roma e furono contraddistinti dal prof. Penzig colle lettere A il più antico in un solo volume senza indice, B il più recente in quattro volumi e mu- nito di indice. Io distinguerò colla lettera C l’erbario oggi rappre- sentato solo dal suo indice conservato tra i manoscritti aldrovan- diani nella biblioteca universitaria di Bologna. Comincio colla pubblicazione integrale dell’indice dell’erbario C che più non esiste. INDEX ALPHABETICUS (*). A. Abbraccia bosco, Periclimenos, Mater sylve, 596. Abies mas, 1. Abies foemina, 2. Abrotonum mas, 3. Abrotonum foemina, Chamaecyparis- sus Fuchsti, Santolina Vulgo, 4. Absinthium santonicum sive galli- cum, 6-7. Absinthium ponticum sive romanum, 5. Absinthium marinum sive Seri- phium, 8. Absinthium Fuchsii, 9. Abutilon Avicennae, 10 Acanos, 11. Acanthus sativa Pederota Galli Bran- cha Ursina, Marmoraria Antiquo- rum, 12. Acanthus sylvestris, 13. Acer, 14. Acetosa off. Oxalis, 564. Acetosa aliquibus, 853. Achillea sideritis qbsdam, 490, Acinos Mentha florentina, 15. Aconitum Pardalianchesqbsdam Herba paris, 582. Aconitum lycoctonon sive cynocto- non, 16. Aconitum lycoctonon album sive Pon- ticum, 17. Aconitum lycoctonon aliud coeru- leum, 18. Aconiti species qbsdam, 664, 670. Acorus vulgaris, 19. Acte, Sambucus p’, 710. Acus muscata, Geranii species, 326. Acuta spina qbsdam Oxacantha, 565. Adiantum album, Paronychia Matth.20. Adiantum nigrum, 21. Aegylops Festuca, 22. Aethiopis, 23. Ageratum, 25, 298. Agnus, Vitex, lygos, 879. Agnus castus ibidem (1) Di questo erbario parlerò in seguito, perchè non presenta nulla oltre alla somiglianza di formazione, che ci dimostri in modo indiscutibile essere esso stato lavoro del Petrollini. (*) Manoscritti aldrovandiani, n, 56, vol. II, carta 292-303. — Le parole in corsivo sono ag- giunte autografe di Aldrovandi, — 344 — Agrimonia vulgo, 297. Agretti vulgo, Nasturtium, 521. Ajuga Chamaepytis, 173. Aizoum, Soda, 732. Alcea Malvaviscus, 26, 27, 28, 29, 30. Alectorolophos, Salvia sylvestris, 31. Alectorolophos verus qbsdam, 380. Alkali qbsdam, Soda Vitrearia, 28. Alkakengi Solanum halicacabum, 351, Wet Allium sylvestre, 32. Allium vrsinum, Sylvestre Pli. 33. Alleluja, Oxys Pli. 853. Alnus, 35 Aloe, 36. Aloe aquatica Stratiotes aliquibus, 37. Alopecurus, Cauda vulpis, 34. Alsine 43. Althea, 38, 39. Altercus, Hyosciamus, Herba appoli- naris, 385. Alysson aliquibus, 40, 41, 524. Alysson Plinii, 42. + Amaracus, 44, 712. Amarantus purp. Heliochrys. Puch. 45. Amarantus purp rus capill., 46. Amarantus luteus, 273. Amarella vulgo Parthenium, 544. [pro 534]. Ambrosia, 47. Amellus Odoni, 178. Ammi, 48. Anagallis foem. sive coerul., 49. . Anagallis mas sive purp. 50. Anagallis parvula, 51. Anagallis aquatica, 760. Anagyris Faba grassa vel, 52. Anagyris Matthioli, 401. Anchusa, 53. Anchusa altera, 54. Anchusae species qbsdam, 434, 456. Androsemon, 55. Anemone phenicea minor, 56. Anemone phenicea maior, 57. Anemone alba, 58. Anemone sativa, 59. Anemone sylvestris, 60. Anethum, 61. Angelica maior, 857. Angelica minor, 858, ® Anonis alba, Ononis, Resta bovis, 62. Anonis lutea, 63. Anonis coerulea, 64. Anthemis purpurea Camomilla eran— themon, 170. Anthemis alba Leucanthemon, 171. Anthemis lutea sive aurea, Chrysan- themon, 172. Antyrrhinum verum, 63. Antyrrhinum album, 66. Antyrrhinum purpureum, 67. Aparine lenis, 68 Aparine aspera, 69 Aphaca, 70. Aphaca altera, 71. Aphuca vera, 72, 479. Apium hortense sive primum, 73. Apium 2" eleoselinum, 74. Apium macedonicum qbsdam, 75. Apium risus qbsdam Herba sardoa Ra- nunculi species, 666. A piastrum qbsdam ibidem, Melisophyl- lum. Apios, 76. Apollinaris, Hyosciamus, 382. Aquifolia Ilex aquifolia, 77. Aquileia coerulea duplex, 78. Aquileia alba simplex, 79. Aquileia coerulea simplex, 80 Arabis, Draba, 266. Archangelica, 84, 85, 86. Arcion, 81, 82, 591, 598. Arction, 83. Arissarum, 91. Aristolochia rotunda, 92. Aristolochia clematitis sive tenuis, 93. Amellus officinis, 702 Arnaglossus Plantago, 625. Aron verum, 87. Aron aliud, 88. Aron vulgaris, 89. Aron maculosum, 90. Artemisia, 94. Artemisia species, 584. Artritica p* Ruellii, 99. Artritica p* Ruellii, 173, Arturon, 83. Asarum, 95. Asarabaccara offic. ibid. Asclepias aliquibus 96. — 345 — _ Ascyron, 97. Aspalathi species aliquibus, 3200 Asparagi species, 99. Asparagus sativus, 98. Asparagus syl., 100. Asphodelus albus, Hastula regia, 101. Asphodelus parvus, 102. Aster atticus, Inguinalis, 103. Aster atticus verus, 104. Aster atticus alius, 105. Aster atticus aliquibus, 391. Astrologia rusticis, 93. Atriplex sativa, 107. Atriplex sylvestris, 108. Atractilis, 106. Auricula muris, 510. Azarolo vulgo Mespilus Aronia, 488. . Ballote, 109, 470. Ballote altera, 110. Balsaminum, 111. Bardana, Personata, 81, 598. Barba capri, 112. Barba hirci, Tragopogon, 834. Barba iaron vulgo, 89. Basecchia, Crithamum, 221. Batrachium Ranunculus, 659, 660, 661, 662, 663, 664, 665, 666, 667, 668, 669, 670. N Bechium 7usilogo, Ungula cabalina, 113. Belis minor alba Margarita, 114. Belis minor purpurea, 115. Belis minor coerulea, 115. Belis maior, 116. Ben album aliquibus Polemonia, 117. Ben album qbsdam, 627. Ben rubrum qbsdam Tripolium ali- quibus, 118. Berberis qbsdam, 567. Beta sylvestris, 119. Betonica, Psychron, 120. Betonica Pauli, 121. Betula, 122. Bezzo sulgo, 614. Biasciola, 769. Bistorta , Serpentaria mas Fuchsii,495. Blattaria, 123. ANNALI DI BOTANICA — Vor. VII. è Blitum, 124. Blitum germanum, Gelosia, 125. Bliti species, 806. Borago alba, 126. Borago rubra, 127. Borissa vulgo, Scorpioides, 731. Botrys, 128. Bozzolone vulgo, 632. Branca leonis, Orobanche, 793. Branca ursina, Achantus sativa, 12. Brassica sylvestris, 129. Brassica marina, 130. Britannica qbsdam, 132, 373. Bruscus off. Ruscus, Oxmirsine, 699. Bryonia, Vitis nigra, 131, 885. Bryonia nigra, 888. Bryon sive muscus, 498, Buglossum verum, 126, 127. Buglossum sylvestre minus, 133 Buglossum syl. maius usuale, 134. Bulbus syl., 185. Buphtalmum, 156 Buxus, 137. Cc. Calamenti species, 138. Calamentum montanum, 139. Calamentum montanum Diosc., 141. Calamentum tertium Diosc., 140. Calamentum 2" Diosc., 142. Calamintha, 139. Calendula Caltha Virg., 143. Caltha, 143. Camomilla rubra, 170. Camomilla usualis, 171. Camomilla lutea, Chrysanthemon, 172. Campanula maior, 886, 766. Campanula minor, 369, 887. Camphorata off. Achileia, 25, 298. Cannapis syl, 144. Canaparia vulgo, 299. Capillus veneris, 21. Capparis, 145. Caprifoglio vulgo, 596. Cardamantica, 388. Cardiaca Lycopus, 146. Carduus benedictus, 147. Carlina vulgo, 167. Carota vulgo, Partinaca sativa, 585. oO 929 — 346 — Carpinus Oriptelea Plinii, 148. Cardamus, 202. Carum, 149. Carvis officinis ibidem. Casia alba Theoph, 150. Casia nigra Theoph., 151. Cassuta, 227. Castanea, 153. -Catanance aliquibus, 143 et 152. Cataputia maior Ricinus, 683, 192. Cataputia minor, 408, 823. Caucalis qbsdam, 537. Cauda vulpis Alopecuros. 34. Cauda vulpis aliquibus, 847, 849. Caurosso vulgo Ligustrum, 420. Cedrogno vulgo Melysophilon, 1%. Celidonia ibidem. Centaurium, 154. Centaurii flos, 155. Centaurium minus Fel terrae, 156. Centaurium minus alter, 157. Centaurea maior, 154, 155. Centaurea minor, 156, 157. Centinodia, 633. Centrum galli, Hormini species, 31,380. Centum capita, 101. Centum erbia, 524. Cepae flos, 158. Cepaea aliquibus, 159. Cercis Theoph, 160. Cerinthe qbsdam dicta, 161. Cerrus, 162. Chamaeacte, Humilis sambucus, 270. Chamaedaphne, 163. Chamaedrys, 164. Chamaedryos species, 165. Chamaelea, 168. Chamaeleae species, 169. Chamaeleo albus, 166. Chamaeleo niger, 167. Chamaemelum eranthemum, 170. Chamemelum leucanthemum, 171. Chamaepytis off., 173. Chamaepytis vera, 174. Chamaepytis tertia, 175. Camaesyce, 176. | Chelidonium maios, 177. i Chelidonia maiur, 177. Chelidonium minus, 178. Condrylla 2* Diosc., 179. Condrylla p* Diosc., 180. * Chrysanthemum, 181. Christa-galli, 31, 380. Christophoriana, Carubalum n Plini, 182, Chritamum spinosum, 222. Chrysogonum aliquibus, 195. Cianus albus, 185. Cianus coeruleus, 183. — Cianeus coeruleus ma., 186. Cianeus phoeniceus, 184. Cianus purp. maior, 187. Cicerbita, 772. Cicercula, 191. Cicerchia vulgo, 191. Cicera, 190. Cicer sativum, 188. Cicer syl. 189. Cichorium, 193. Cichorea, 195. Ciciliana vulgo, 743. Cici, 683, 192. Cicuta. 194. Cicutaria vulgo, 744. Cinera qbsdam, Archilochum, 195. Cineraria aliquibus, 195. Circium qbsdam, 196. Cistus foemina, 197. Cistus mas, 198. Cistus tertia, 405. Citrullus syl. 223. Clematis p°, 199. Clematis 2°, 880. Clematis repens, 882. Clematis species, 305. Clematis species, 506. Clematis daphnoides, 199. Clymenum, 200. Clynopodium, Pes lectuli, 201. Cnicus, 202. Cnicus alter, 203. Coccum gnidium, 8140. Colchicum, 204. Colocasia qbsdam, Arum Aegyptia- cum, gi. Colutea, 205. Colytea ibidem. Conferva, 211. Coniza, 208, 209, 210. Coniza odorata, 206. Coniza inodora, 207. — 347 — Consolida alba maior Symphitum ma- ius, (97. Consolida alba minor, 798. Coriandrum syl., 213. Coriandrum sativum, 212. Corianum sativum, 212. Corianum sylvestre, 213. Coriarius frutex, Rhu obsoniorum, 681. Coris, 214. Coris vulgaris, 215. Corni species qbsdam, 713. ‘Corni species aliquibus, 761. Cornus, 218. Corniale vulgo, 218. Corniola vulgo, 307. Coronopus Stellaria, 216. Corrigiola Poligonum mas, 633. ‘Corruda, Asparagas sylvestris, 100. Costus Ruellii Ageratum maius, 858. Costus qbsdam, 371. ‘Cotinus Plinii, 219. ‘Cotula foetida, 217. Cotyledon Umbilicus Veneris, 220, . Crithamum, 221. Crithmum ibidem. ‘Crispini, 682. ‘Crispigni vulgo, 772. Crocus syl., 204, 202. Croton, 192, 683. Cucumis syl., 223. Cucurbita, 224. Cuminum sylvestre, 225. ‘Cuminella ibidem. ‘Cupressus, 226. Cuscuta, 227. Cyclaminus, 228. Cyclaminus odoratus, 229. Cynia qbsdam, 487. Cynocrambe aliquibus, 487, 96. Cynoglossum vulgatum, 230, 730. Cynoglossum verum, 231. Cynosbatos. Rubus canis, 694. ‘Cynosorchis, 232, 238, 234, 235, 236, 237, 238, 239, 240. Cynosorchis species, 260, 259. Cyparissus, 226. Oyperus, 241. Cytisus, 242. Cytisus, 243. Cytisus, 244. Cytisus 245. Cytisus verus, 246. D. Daneta vulgo Tanacetum, 801. Daphnoide, 247. Daucus off., 586. Delphinium alind, 250, 251. Delphinium vulgo: Cuminum sylvestre Math., 248. Delphinium sylvestre, 249. Delphinium qbsdam, 522. Denararia, Nummularia, 524. Dentaria alba, 252. Dentaria rubra, 254. Dentaria minor, 253. Dictamnum verum, 255. Dictamnum falsum Fraxinelus, 256. Dictamnum vulgo, 257. Digitalis Fuchsii, 258. Digiti citrini Avic. Asplenium, 259. 000. Diosantos. Flos Iovis, 261. Dipsacus sativus, 262. Doria herba, 263. Doronicum maius, 264. Doronicum minus, 265. Draba. Arabis, 266. Dracunculus maior, 267. Dracunculus minor Aloisii, 89. Dracunculus maior Odoni, 89. Dracunculus minor Odoni, 267. Dragontea, 495. Dragontea vulgo, 267. Dragontina herbula, 268. Dragone vulgo ibidem Herba fictitia, Dryopteris, Filix quercina, 269. Dulcis radix. Gliciriza, 657. E. Ebulus, Sambucus 2! Chameacte, 270. Echium, 271. Elaphoscorodon, 82. Elatine, 272. Elioselinum, 74. Elilisphacos minor, 706. Elilisphacos maior, 709. Eliochrysis, 273. — 348 — Eneaphyllon aliquibus, 274. Ensis, 342, 892. Enula campana, 363. Ephemerum qbsdam, 275, 276. Ephemerum letale, 204. Epipactis ybsdam, 277. Epithimum qbsdam, 278. Eptaphyllon Septemfolium, 279. Eptaphyllon aliud, 230 Equisetum p™ Scandens, 282. Equisetum 2", 281. Erica, 283. Erica qbsdam, 737. Eruca sativa, 293. Eruca syl., 292. Eryngium verum, 284. Eryngium vulgatum, 286. Eryngium marinum, 285. Erysimum, 287, 290, 291: Erysimum aliud, 288, 289. Ervum, 554 (cancellato). Erythrodanum sylvestre, 695. Erythrodanum sativum, 696. Esperis minor, 294, Esperis maior, 295. Esula maior off., 833. Esula minor off., 819. Eufragia, 2967. Kufrasia ibidem. Eupatorium Diose. 297. Eupatorium Mes., 25, 298. Euratorium Avic., 299. Euonimos, 296 0. E° Faba sylvestris qbsdam, 870. Fagioli Turchi Dolichum, 765. Fagotriticum, 315. Fagus, 300. Farfara, Tussilago, 115. Farfarella, 113. Fava grassa vulgo, 804. Fel terrae qbsdam. Centaurium mi- nus, 92 Fel terrae aliquibus, 156. Fenocchio marino, Crithamum, 221. Fenocchiella rusticis, 512. Fenocchiella rusticis, 489. Ferula, 801. Festuca, 22, Filipendula vulgo, 536. Filix foemina, 302. Filix mas, 303. Filix aquatica, 304. Fior d’ogni mese, 143. Fior de nocte. Nil Arabum, 523. Flammula, 305. Flammula altera, 306. Flammula repens, 882. Flos Iovis Dyosantos, 305. Flos tinctorius. Corneola, 307. Fluida. Rhus foemina, 308. Foeniculum sativum, 309. Foeniculum syl., 310. Fragaria, 311. Fragula ibidem. Fraxinus, 312. Fraxinella vulgo, 631. Frumentone vulgo, 315. Frumentum racemosum, 313. Fusanus, 2965. Fumus terrae albus PI., 314. G Galliopsis, 518. Gallitricum, 31, 380. Gallium album, 316. Gallium luteum, 317. Gariofillata, 519. Gelosia vulgo, 806. Genista, 320. Genistella, 3205. Gentianae species, 322. Gentianae species, 321. Gentianella vulgo, 321, 322. Geranium p”, 324. Geranium 2™, 325. Geranium 3”, 2", autem Diosc., 326. Geranium 4", p" autem Diosc., 327. Geranium 5", 328. Geranium 6", 329. Geranium 7", 330. Geranium 8", 331. Geranium 9", 332. Geranium 10", 333. Geranium 11", 354. Geranium 12", 335. Geranium 13", 336. “Geranii species, 589. Ghiottone, Githago, 341. *Ghitone ibidem, ‘Gingidium, 337, 338. Gingidium maius, 339. ‘Ginocchiella, 631. Ginocchietti ibidem. Gith, 340, 341. Gladiolus, 342, 892. Gladioli species qbsdam, 394. Gladiolus aquaticus, 343. Glastum sativum, 344. ‘Glastum syl. qbsdam, 345. ‘Glasti species, 395. Glaux, 346. ‘Gliciriza, 657. Gnaphalium, 389, 347. Gralega vulgo, 542. Gramen, 348. Gramen Fuchsii, 349. ‘Graminis species, 547. Graminis species, 635. Graminis species, 780. Granate rusticis, 787. Granum quidium, 814). ‘Gratia dei, 350. ‘Gratiola ibidem. Guadarella. Isatis sylvestris, 395. Guado vulgo, 344. Halicacabus, 351. Halimus frutex, 352. Halimus alter, 353. Halimus herba, 354. Harundo, 355. Hastula regia Asphodelus, 101. Hedera, 356. Hedera terrestris, 357, 358. Hedyssaron, 359. Hedyssarum verum, 360. . Hedyssarum, 361. Hedyssarum qbsdam, 362. Helenium, 363. Helleborus albus, 364. Helleborus niger, 365. Helleborus niger vulgo, 366. Helleborine qbsdam, 277, 274. Helxine, 368. — 349 — Helxine cyssampelos, 369, 882. Heliotropium maius, 367. Heliotropium minus aliquibus, 729. Hemerocallis verus, 370. Hemerocallis qbsdam, 422 et 623. Hephemerum aliquibus, 423. Heraclea syderitis qbsdam, 490. Herba bona, 746. Herba bella vulgo, 770. Herba brusca, Oxalis, 564. Herba carrara vulgo, Holostion, 377. Herba gattara, Calamenti species, 138. Herba iudaica, 746. Herba lucciola vulgo, 443. Herba muralis, 368. Herba paralisis, 862. Herba renae vulgo, 372 et 767. Herba Sti Alberti, 288. Herba Sti Christophori, 182. Herba Sti Laurentii, 373. Herba St® Mariae, 371. Herba di S'° Ioanni vulgo, 865. Herba stella, 2.6. Herba stella vulgo, 377. Herba tora, 553. Herba turea, 147. Hermodactilus, 275 Hermodactilus aliquibus, 204. Hippoglossum qbsdam, 700. Hippoglossum, 375. Hippolopatum, 698. Hippomaratrum, 310. Hipposelinum qbsdam, 75. Holchus pr., 376. Holostium, 377. Hordeum; 378. Horminum sativum, 379 ‘ Horminum syl., 380. Hyacinthus verus, 381. Hyacinthis syl. species, 135. Hydropiper, 382. Hydropiper maculatum, 597. Hyeracium magnum qbsdam, 374. Hyosciamus, 383. Hypericum off., 584 Hyperici p* species, 384. Hyperici 2° species, 97. Hyperici 3* species, 55. Hyperici 4° species, 214. Hyssopus hortensis, 385. Hyssopus montanus, 386. Hyssopus cilicius, 387. Hyssopus aquaticus, 350. I Iberis, 388. Illecebra, 732. Impia, 347, 389. Impia qbsdam, 390. Incensaria vulgo, 391. Intubus, 193. Isatis, 395. Iseppe mulierculis, 385, Tris alba, 392. Iris coerulea, 393. Tris illirica vulgo, 394. Trundinaria, 177. Iva, 173. Iva artritica ibidem, luiuba, 396. Tuniperus tertius, 400. Tuniperi species, 854. Tuncus angulosus, 397. Iuncus rotundus, 398. Tuncus rotundus alter, 398». Juncus parvus, 399. Tusquiamus, Hyosciamus, 383. K Kali aliquibus, 24. L Laburnum Plinii, 401. Lactarola vulgo, 818. Lactuca sativa, 402. Lactuca agrestis qbsdam, 403. Ladanus, 405. Lagopus, 404. Lagrime di San Iobbe, 430. Lamium, 406. Lampsana, 407. Lanaria qbsdam, 795. Lappa maior, 81, 598. Lappa minor off., 82, 891. Lapathum sylvestre, 697. Latyris, 408. Lavendula vulgo, 779. Laver, 759. . Lavari vulgo ibidem, Laveroni vulgo, 763. Laurus sativa, 409 Laurus syl Plinii, 410, Laurus Alex? qbsdam, 375, 700. Lepidium pauli, 415, 619. Leontopetalon, 412. Leontopetali species, 413. Leontopodium, 414. Lentiscus, 415. (lapsus pro 411). Leucas Odoni, 416. Libanotis p*, 418. Libanotis coronaria, 417. Libanotidis species qbsdam, 419, Ligustrum, 420. Ligustrum Servii, 886. Lilium, 421. Lilium syl. croceum, 422. Lilii syl. species, 623. Lilium convallium, 428. Lingua avis, 3120. Lingua canis, 230, 231. Lingua cervina, 609. Lingua serpentina, 543. ‘Linum sativum, 424. Linum syl., 425, 426, 427, 428. Linaria, 459, 429. Liolla vulgo, Hellenium, 363. Liquiritia, Dulcis radix, 657. Litospermum verum, 431. Litospermum rectum, 432. Litospermum magnum, 430, Litospermi species qbsdam, 494. Loiium maius, 455. Lolium minus, 436. Lonchitis altera, 437. Lotus, 438. Lotus, 439. Lotus, 440. Lotus urbana, 442. Lotus sylvestris, 441. Lucia herba, 443. Lucia altera, 444. Lunaria vulgo, 445, 446, 447, 448, 731. Lunaria dal grappolo, 277. Luparia vulgo, Aconitum lycoctonum, Lt Lupinus syl., 449. Lupulus salictarius, 450. — 351 — Lychnis coronaria, 451. Mentastrum, 483. . Lychnis agria, 452, 453, 454, 455. Mentastrum alter, 484. Lycopsis, 456. i Meraviglia, 483. Lysimachia purpurea, 457. Mercurialis mas, 485. Lysimachia coerulea, 458. Mercurialis foem., 486. Lysimachia lutea, 459. Mercurialis montana, 487. Lysimachia lutea altera, 460. Mespilus aronia, 488 Meu, 489. M Meu qbsdam, 755. Millefolium strathiotes, 490. Magiorana, Amaracus, 712, 44. Mille folium verum, 491. Magiorana gentile, Marum, 471. Milium, 492. Mala insana rubra, 640. Milium alterum, 493. Malus insana, 461. Milium indum, 494. Malus insana altera, 462. Milium Turcicum ibidem, Malus medica, 467. Militaria, 491, 794. Malum terrae qbsdam, 92, 228, 412. Militaris herba. 491, 794. Malacodendron, 463. Militia, 491, 794. Malvae species, 465. Mirasole, 192, 683. Malva arborescens, 465. Mirica, 511, 800. Malva vulgaris, 466. Moly Theoph., 496. Mandragoras, 468. Molibdena qbsdam, 495. Mandragoras morio qbsdam, 470. Morsus diaboli vulgo dictus, 497. Maratrum sativum, 309. Muscus sive bryon, 498. Marinus muscus odoni, 498. Muscus alter, 499. Marum, 471. Musci species, 500, 501, 502, 503, 504, Marrubium, 469. 505, 506, 507, 508, 509, 651, 652. Marrubium nigrum, 109, 470. Muris auricula, 510. Martagon, 623. Myrtus alba, 514. Mater sylvarum, 298, 596. Myrtus nigra, 513. Matre selva, 596. Myrtus syl., 699. Matricaria off. parthenium, 584. Myosotis, 510. Medica vera, 472. _ Myosotis aliquibus, 43. Medica altera cum semine, 472. Myrrhis, 512. Medicae species, 473. Medii species qbsdam, 84, 476. N Medium album, 474. Medium coeruleum, 475. * Napus, 515. Melaranci vulgo, 467. Napunculus, 516. Melanthium, 340. Napunculus alter, 517. Melanzane vulgo, 461. Narcissus albus, 518. Melega, Sorgi Fuchsii, 494. Narcissus luteus, 520. Melilotus vulgo, 477. Narcissus qbsdam, 519. Melilotus aliquibus, 478, 479. Nasturtium, 521. Melilotus falsus, 480. Nasturtium aquaticum, 522. Melilotus verus, 481. Nenuphar citrinum, 527. Menta, 482. Nenuphar off, 526. Menta gentile, 15. - Nerium, Rododaphnes, 679. Menta fiorentina, 15. Nigella, 340. Menta aquatica, 762. Nil, 523. — 352 — Noli me tangere, 111. Noli me tangere, 853. Nummularia, 524. Nux Metellae Avic, 525. Nymphaea alba, 526. Nymphaea lutea, 527. Nymphaeae species, 528, 529 o Oculus bovis Buphtalmus, 136. Ocyraum, 533. Ocymoides album, 531. Ocymoides rubrum, 530. Ocymoides species qbsdam, 532 Odontis Plinii, 534. Oenanthe, 535. Oenanthes species, 536, 537. Olivaster, 538. Olea, 539. Olusatrum qbsdam, 75. Onagra, 540. Onagre species qbsdam, 541. Onitis, 545. Onobrichis qbsdam, 542. Ophioglossum, 543. Ophioscorodon, 32. Ophrys, 544. Oppio vulgo, 551. Origanum, 545. Origanum heracleoticum qbsdam, 546. Origani species, 546. Oriza, 543, Oriza Plinii, 547. Ornitogalus minor, 549. Ornitogalus maior, 500. Ornus, 551. Orobanche unicaulis, 552. Orobanche ramosa, 553. Orobus vulgaris, 200, 554, 555, 556, 557. Osiris, 429, 559. Osteocollon, 558, Othona minor, 560. Othona maior, 561. Oxalis maior, 562. Oxalis minor, 563. Oxalis minima, 564. Oxiacantha qbsdam, 565. Oxiacanthae semen, 566. Oxiacantha aliquibus, 567. P Palatium leporis vulgo, 99. Palatium leporis, 570. Palma, 571. Palma Christi, 683, 192. Palma Christi spicchiarata vulgo, 259. Palma Christi odorata, 260. Panax heraclea, 572. Panax chiri qbsdam, 573. Panax asclep. qbsdam, 574. Pancratium, 575. Panicum sativum, 576. Panicum syl., 577. Pancastrello vulgo, 577. Pan porcino Cyclaminus, 228. Papaver nig., 578. Papaver corn., 579. Papaver spumeum, 581. Papaver campestre, 580. Papaver erraticum, 580. Papaver rhaeas, 580. Paralysis herba, 862, 182. Parietaria, 581. Paris herba, 582. Paronichia, 583. Parthenium, 584. Pastinaca, 586. Pastinaca qbsdam, 585. Pastinaca syl., 587. Pastinaca species, 588. Pederota, 12. Pedicularis herba, 784. Pecten veneris, 589. Pelecinum, 359. Pentaphyllon, 229, 590, 655. Perfoliata vulgo, 591. Perfoliatum, 592, 593. Perforata, 384. Periclymenum, 596 Persicaria, 597. Persolata, 598. Personata, 598, 81. Pervenca vulgo, 199. Pes corvinus, 216, Pes leonis, 793. Pes leporinus, 404. Petasite, 599. Peto porcino, 179. Peucedanus, 600. — 353 — Phalangium, 601. Polytrichum apuleii, 637. Phaseolus, 602. Polytrichum alter minus, 638, 639. Phu, 604. Polytrichum off. 838. Phu anglicum, 603. Poma amoris, 640, 462. Phu falsum, 607. Populus alba, 641 Phu Germanum, 606. Populus nigra, 642. Phu verum, 605 Populus lybica, 643. Phylerea, 608. Potamogeton, 644. Phyllitis, 609. Primula veris qbsdam, 114, 178, 862. Phyllitis ramosa qbsdam, 610. Prunus, 645, Phyllon qbsdam, 611. Psyllium, 647. Physalis, 771. Ptarmica, 646. Phyteuma qbsdam, 612, 613, 680. Ptarmicae, 646. Pianella, 113. — Pulegium maius, 649. Picea, 614. Pulegium minus, 648. Pilosella, 615. Pulegiola, 648. Pimpinella vulgo, 618. Pulmonaria, 651, 652. Pinaster, 617. Pulmonaria vulgo, 650. Pinus, 616. Punica malus, 653. Piselli, 622. Pyretrum, 654. Pistacius, 620. Pytilius flos qbsdam, 623. Pistacius syl., 621. Pistacii species, 783. Pistacchio, 620. Q Pistacchio sal. °°, 621. Pisum, 622. Querciuola vulgo, 164. Pistolochia Fuchsii, 418. Quinque folium, 655. Piper aquaticum, 382. Quinque folium vulgatum, 590. Piper indum vulgo, 756. . Piper montanum, 163. Piperitis vulgo, 415. R Piperitis, 619. ‘Pityusa, 833. Radecchio vulgo, 180. Plantago aquatica, 624. Radix, 656. Plantago, 625. Radix dulcis, 657. Platanus, 626, Radix rodia, 658. Poeonia foem., 568. Radix rosea, 658. Poeonia mas, 569. Radicula qbsdam, 795. Polemonia, 627. Ranunculi p™ genus, 659. Polemonia aliquibus, 117. Ranunculi 2" genus, 660. Polium montanum “verum, 628. Ranunculi 3" genus, 661. Polium montanum vulg.", 629. Ranunculi 4™ genus, 662, 663. Polygala, 630. Ranunculi 5" genus, 664. Polygonaton, 631. Ranunculi 6" genus, 665. Polygonum foem., 632. Ranunculi 7” genus, 666 Polygonum mas latifolium, 633. Ranunculi 8™ genus, 667. Polygonum mas stricti folium, 634. Ranunculi 9™ genus, 668. Polygonum mas stricti folium alter Ranunculi X™ genus, 669. qbsdam, 635, Ranunculi XI™ genus, 670. Polypodium quercinum, 636. Ranunculum primum Diosc., 661. Ranuneulum 2" Diosc., 666. Ranunculum 8" Diosc., 667, 668. Rapa, 671. . Raponzeola, 680. | Raponzolo vulgo, 516. Raponzelina vulgo, 517. ; Rapum, 671. Reubarbarum, 672. Rha, 672. Rhabarbarum, 672. Rhabarbarum aliud, 673, 674. Rhamnus p’*, 675. Rhamnus 2°, 676, Rhamnus 3, 677, Rhaphanus, 656. Rhaphanus Arab., 678. Rhus obsoniorum, 681. Ribes species qbsdam, 567. Ribes, 682. Ricinus, 192, 683. Riso vulgo, 548. Rodia radix, 658. Rododaphne, 679. Rododendron, 679. Rodora Plin., 684. Rosa alba, 685. Rosa damascena, 688. Rosa aestiva, 689. Rosa lutea, 691. Rosa purp., 686. Rosa sine spinis, 690. Rosa subpurpu., 687. Rosea radix, 658. Rosmarinus, 417. Rosmarinus p.’, 418. Rostrum porcinum, 179. Roveglia, 622. Rubia syl., 695. Rubia tinctorum s., 696. Rubus, 692. | Rubus canis, 694. Rubus ideus, 693. Rumex, 697. Rumex pal., 698. Ruscus, 699. Rusci species, 700. Ruta, 701. Ruta capraria, 377. Ruta muraria aliquibus, 20. Ruta syl., 702. — 354 — Sabina p*, 703. Sabina 2°, 704. Sagittalis, 705. Salce lactarola rusticis, 816. Salix helix, 707. Salix verteca, 706. Salvia maior, 708. Salvia minor, 709. Salvia salu. rusticis, 762. Sambucus, 710. Sambucus rubens, 711. Sambucella, 621, 783. > Sambucina ibidem, Sambucus, 44, 712. Sanguinalis frutex, 713. Sanguinalis species qbsdam, (61. Sanguinaria foem., 632. Sanguinaria mas., 633, 634, 635. Sannicula mas., 714. Samsucus, 44, 712. Santolina vulgo, 4. Savina vulgo, 717. Saponaria, 795. Saponaria dal fior rosso, 796. Satureia unicaulis, 715. Satureia ramosa, 716. Satyrium qbsdam, 623. Satyrion vulgo, 422. Saxifraga qbsdam, 20. Saxifragia, 718. Saxifragia hircina, 719. Saxifragia hire. minor Mattioli, 720. Saxifragia hire. maior Mattioli, 721. Saxifragia Fucsii, .722. Saxifragia qbsdam, 20. Scabiosa off., 787, 788. Scamonium, 723. Scamonia ibidem, Scandix, 724. Sclarea, 379. Sclarea syl., 380. Scirpus, 398 ». Scissima, 725. Scolopendria off., 609. Scopa regia, 726, Scordium, 727. Scorpioides qbsdam, 728, 729, 730, 731. Scorpiuros qbsdam, 728. — 355 — Scotino, 219. Scrofularia, 318. Scylla' off., 575. Securidaca, 359. Sedum, 732, 733, 734, 735, 736. Segala, 754. Selago, 737, 738 Sempervivum, 732. Sempervivi species, 1£0, 151. Sena, 739. Senecio, 740. , Senecio aliquibus, 147. . Seris, 193 Serpentaria maior, 267. Serpentaria minor, 89. Serpillum repens cedratum, 741. Serpillum repens, 742. Sertula, 481. Seseli Aethiopicum qbsdam, 715. Seseli peloponense, 744. Seseli creticum Mattioli, 755. Sferra cavallo, 745, Sideritis p?, 746. , Sideritis 2° qbsdam, 586, 761. Sideritis 3° qbsdam, 752. Sideritis 4° qbsdam, ibidem. Sideritis qbsdam, 748, 749, 750. Sideritis achillea qbsdam, 490, 752. Sideritis heraclea qbsdam, 490, 752. Sigillum Salomonis qbsdam, 631, 753. Sigillum Sanctae Mariae aliquibus i- bidem. . Siler montanum, 755. Siligo qbsdam, 754. Siliquastrum qbsdam, 756. Siliquastrum longum, 757. Sinapi, 758. Sion qbsdam, 759. Sion Cratevae, 760. Sion Cratevae odono, 763. Siringa vulgo, 761. Sison qbsdam, 759. Sisymbrium, 762. Sisymbrium alterum,763, 522. Sisyringhium Theoph. qbsdam, 764. Smilax hortensis, 765. Smilax lenis, 766. Smilax lenis, 886. Smirnium qbsdam, 372, 767. Smirnium aliquibus, 75. Solanum halicacabum, 771. Solanum ortense, 769. Solanum somniferum, 768. Solanum magnum aliquibus, 770. Soldanella, 130. Solidago saracenica, 773. Sonchus, 772. Sorbus, 775. Sorbus torminalis, 774. Sorgo, 494. Sorgi ibidem. Sparganium, 776. Sparthium, 320. Spatula foetida, 893. Sphondilium, 777. Spina acuta qbsdam, 565. Spica off., 780. Spica vulgo, 773, 779. Stachis, 781. Stachis species, 782. Staphilodendron, 621, 783. Staphisagria, 784, 785. Stafusagria, ibidem. Stafusagna, ibidem. Stebe, 790. Stebe altera, 788, 791. Stebe species, 786, 787. Stebes montanae species. 789. Stechas, 792. Stechadis specie, 778, 779. Stechas citrina off., 273. Stellaria, 793. Stratiotes millefolia, 794. Struthium qbsdam, 531, 795. Sumach arabibus, 681. Symphitum maius album, 798. Symphitum minus qbsdam, 749. Symphiti species, 650. ae Talictrum aliquibus, 314, 809 Tagetes Indica Fuc., 799. Tamariscus, 511, 800, Tamarix, ibidem. Tanacetum, 801. Taraxacon mauritani, 179. Tassus barbassus, 859. Tasso barbasso, ibidem. Taxus, 802. — 556 — Telephium, 803. Telephium qbsdam, 804. Teombrosion Plinii qbsdam, 806. ‘Terebinthus indica Theoph., 783. Testiculus canis, 232, 233, 234, 235, 286, 237, 238, 239, 240. Testiculus sacerdotis, 178. Tetrahit, 746. ‘Teucrium,. 807. Teucrium alterum, 808. Thalictrum qbsdam, 314, 809. Thapsia qbsdam,:809, 810, 811, 812. Theligonum arregonon qbsdam, 805. Thlaspi, 813. ‘Thymaelea, 814. “Thymeleae semen, 814). Thymum, 815. Tirisico, 494. ‘Thytimalus characias, 816. Thytimalus myrtites, 8160 . Thytimalus paralias, 817. Thytimalus helioscopios, $18. Thytimalus cyparissias, 819. Thytimalus cyparissias alter, 820. Thytimalus dendroides, 821. Thytimalus platyphyllos, 822. Thytimalus lathyris, 823. Thytimalus peplus, 824. Thytimalus peplis, 825. Thytimalus chamaesice, 826. Thytimali species 12*, 827. Thytimali species 153°, 828. Thytimali species 14°, 829. Thytimali species 15°, 830. ‘Thytimali species 16°, 831. Thytimali species 17°, 832. Thytimali species 18°, 833. Thytimali species, 408. ‘Tora herba, 553. Tordylium aliquibus, 755. Tormentilla vulgo, 279. Tormentilla altera, 280. Tortorella vulgo, 803. Tostone vulgo, 551. Tragium qbsdam, 257, 720. Tragopocon, 834. Tragopocon aliud, 835. ‘Tragoriganum, 836. Triallis qbsdam, 862. Tribulus terrestris, 837. Tricocum, 488. Tricomanes, 838. Trifolium verum, 839. Trifolium aspaltites, $39. Trifolium, 840. Trifolium pratense album, 841. Trifolium pratense rubrum minus, 843 Trifolium pratense rubrum maius, 844 Trifolium bubulum minus, 845. Trifolium bubulum maius, 846. Trifolium 9", 847. * Trifolium X", 848. Trifolium XI”, 849. Trifolium XII", 850. Trifolium 13", 851. Trifolium 14", 852. Trifolium 15", 853. Trifolium 16”, 842. Trifolium 17 [cancellato]. Trinitas vulgo, 852. Tripolium aliquibus, 118. Trissago qbsdam, 807. Trissago altera, 808. Triticum turcicum, 315. Turbit off., 833. Tussilago, 113. Tunium Odoni, 854, Tymbra, 715, 716. ‘Typha maior, 855. Typha minor, 856. V. Valde bona alba, 857. Valde bona nigra, 858. Valeriana, 604. Valerianona, 607. Verbascum mas, 859, Verbascum foem., 860. Verbascum nigrum’ odorum, 861. Verbascum, 862. Verbascum syl. qbsdam, 863. Verbascum coron. qbsdam, ibidem. Verbenaca recta, 864. « Verbenaca supina, 865, Verbena ibidem et 864, Verdemarco, 607. Veronica foem, 866. Veronica mas, 867. Verrucaria, 367. Vesicaria; 771. Vilucchio maggiore, 866. Vilucchio minore, 369, 887. Vinca pervinca, 199. Vincibosco, 596. Vincitossico, 388. Viola. purpurea, 871. Viola lutea, 872. Viola coerulea, 873. Viola matronalis duplex, 874. Viola matronalis simplex, 875. Viola matronalis arborea, 876. Violae species, 261. Viperaria, 271. Viperina, ibidem. Viscum maius, 877. Viscum minus, 878. Vitalba, 881. Vicia syl., 869. Vicia syl. altera, 870. Vitex, 879. Vitis, 887. Vitis species, 886. Vitis alba, 181. Vitis alba, 885. Vitis nigra, 888. Vitis syl. Dioscoridis, 883. — 357 — Vitis syl., 880. Vitis syl. altera, 882, 881. Vitis syl. coerulea, 884. Vitis syl. species, 523. Vitriolo vulgo, 368. Ulmus, 868. Umbilicus Veneris, 220. Uncula caballina, 113. Volubilis maior, 886, 766. Volubilis minor, 887. Urtica mortua vulgo, 406. Urtica, 890. Uva Ursi Gal. qbsdam, 567. Uva spina, 682. Uva delle biscie vulgo, 89. Usnea arabis, 498. Vulvaria, 889. x. Xanthium, 82, 891. Xiphium, 892, 893. Xiridis species, 19 Xiridis species qbsdam, 394. Z. Zizypha, 396. Jome ebbi a rilevare nella mia nota preventiva la dimostrazione dell’autore dell’erbario cui appartenne questo indice anonimo la sì ricava indiscutibile da due note che Ulisse Aldrovandi redasse di _ piante appartenenti all’erbario e ch’egli desiderava avere. Pubblico senz'altro le due note aggiungendo a fianco dei nomi il numero cor- rispondente al numero d’ordine dell’erbario che però non vi sono nel- l'originale. PETENDA A DNO. FRANC. (*) Veronica femina habens duas spicas. Theligonum Arreghonum. (805) (866) Myrtus nigra. (515) Viola matronalis duplex. (874) Myrtus alba. (514) Viola matronalis simplex. (875). Rosa sine spinis. (690) Viola matronalis arborescens. (876) Mercurialis mas altera. (485). Genistella cum siliquis. (320° ) Iuncus angulosus, (397) Cepea. (159) Iuncus parvus. (399) Herbula ignota 141 magni tomi. Lupinus sylvestris. (449) (*) Manoscritti Aldrovandiani n 98, vol. IV, carte 147 e 148. 358 — PETENDA DNO. FRANCISCO VITERBIENSI. Anemone phenicea minor. (56) Anemone phenicea maior. (57) Beta sylvestris. (119) Cepea qbsdam. (159) Chamaepitys vera. (174) Chondrilla 2*: Taronacum mauritanis. (179) Cnicus: Carthamus: Crocus sylvestris (1). (202) Cnicus alter. (203) Cotyledon: Umbilicus veneris (2). (220) Doronicum minus. (265) Enneaphyllos qbsdam, Helleborine quinque folia habens serrata quorum unum bipartitum est (1). (274) Coniza cannabaria. (299 ?) Geranii 13 species. (324-336) Aconitum lycoctonum «a rufeno album (2). (17) Alcea. (26-30) Alnus cum fructu (2). (35) Aloe aquatica cum flore (2). (37) Althea coerulea. (38 vel 39) Alysson Plinii (2). (42) Anagalis minima. (51) Arisarum cum lingua. (2) (91) Asphodelus ramosa. (2). (102) Coluteae duae species. (205) Conferva cum flore (2). (211) Erysimi species. (287-291) Lucia p°. (443) Lucia 3. (444). Oenanthe. (535) Pulmonaria: Moscus. (2) (651-652) Radix rhodia (2). (658) Anchusa lycopsis. (53, 54, 456) Anisum (2). Anthillis folio Ajuge (2). Umbilicus veneris (2). (220) Erinus. Hircus celtica. Bacharis Orobanche (1). (552-553). (1) Le specie così segnate sono cancellate con una riga trasversale sovrapposta. (2) Le specie così segnate sono sbarrate da una o più righe oblique. Philirea. (603) Radix idea. Gramen. (348) È Hedera baccarum nigrarum (2). (356) Hedissaron verum (2). (361) Hedissaron qbsdam. (362) Hedera terrestris duplex. (357, 358) Hyssopus cilicius. (387) PETENDA A DNO. FRANCISCO (*) Hyssopus montanus. (386) Lauri sylvestris species. (410) Lucia urbana. î i Medicae tres species. (472,473) Melilotus novus (2). (478) Milefolium verum luteum parvum. Milium italicum duplex (2). (492, 493) Polygonum mas augustissimum gra- minis species. (635) Polytrichi duae species cum filamentis rubris. (635, 639) Polytrichum Apulei (637). Potamogeton cum arista. (644) Pulegium maius. (649: Pulmonariae duae Mosci species, (651, 652) Ranunculi XI species. (669, 670) Rhabarbar 3s species. (672-674) Muscus sive Bryon, Usnea Arabis, Ma- rinus. (498). Muscus qbsdam. (499). Musci 11 species. (500, 509) Oleaster. (538) Oxalis maxima. (562) Palma Papirum (3). 571) Papirum (3) Papirum. . Perfoliati minoris duae species. (592, 606) Peucedani 3s species. (601) Phu sive Valeriana Anglica. (603) Phu erraticum, Valeriana 2* Plinii fol. (604) Phu germanicum (2) (606) Phu celticum. Phu falsum: Valerianona: et Verde marcho (2). (607) Phyteuma qbsdam parvum (2). (612, 613) (8) Carta 143 a, Rumex palustris: Hippolapathum.(698) Ruscus maior; Laurus alexandrina ali- quibus. (700) Sabina p? et 2°. (703, 704) Saxifragia duplex. (719, 722) Saxifragia hircina Minor Mattheoli et maior Mattheoli. (720, 721) Smilax. (765, 766) Scamonia. (723) Scorpioidesaliquibus Heliotropium mi- nus. (729) Sedi quinque species. (732-736) Selago duplex. (737, 738) Stebe vera duplex. (786, 787) Thapsiae 8s species. (810-812) Tithimali 18 ‘species. di Thuia maior. Hec omnia synonima huius libri tran- scripsi in magnum abecedarium. Et nomina extraxi quae mihi desunt et in studio et in horto et posui in libris observationum In queste due note sono evidentissimi gli stessi nomi trascritti come già feci rilevare nella mia nota preventiva. La presenza poi delle dette note di specie richieste senza che esistano nell’erbario corrisponde perfettamente a quanto è detto nella lettera che il Pe- trollini scriveva all’ na in risposta a quella che conteneva le dette note: « Voi mi scrivete M.°° M. Ulisse Hon.” ch’io vi mandi certe herbe che non solo io non l’ ho nel mio libro ma non |’ hebbi mai nè haver le posso nè persona credo hoggi l'abbia ». (Cfr. lettere di Petrollini, n. II). * Presento ora allo studioso, nella sua forma originale, I’ indice del- l’erbario B che si conserva nella Biblioteca Angelica. INDEX ALPHABETICUS IN QUATUOR LIBROS. Simplicium. A Abbraccia bosco, 940. Abies mas., 1 Abies foem., 2.‘ Abrotonum foem., 3. Abrotonum mas., 4. Absynthium rom., 5. Absynthium pont., 5. Absynthium gallicum, 6. Absynthium santon. 6. Absynth. marin. 7. Absynth. seriphium, 7. Absynth. Fuchsii, 8. Abutilon, 9. Acanos, 10. Acanthaleuca, 12. Acanthium qbsdam, ibidem Acanthus sativa, 11. Acanthus sylv., 10. Acer, 15. Acetosa of., 13, 896, 897, 898, 899. Achillea sider., 1147. Acinos sat., 14. Acinos sylv., 15. Aconitum pont. vel album, 16. Aconitum lycoctonum., 16. Acon. cynoctonum. subcoeruleum, 17. Acon. cyn. coeruleum, 19. Acon. cyn. album, 18. — 360 — Aconitum pardalianches qbsdam, 921. Aconitum qbsdam 1018, 1028. Acorum vulgatum, 20. Acus moscata, 506. Adiantum album, 21. Adiantum alb. minus, 22. Adiantum nigrum, 23. Aegilops vel brom., 24. Aethiopis, 25. Ageratum, 26, 461. Agnus castus off., 1333, 1334, Agretto, 846. Agrifoglio vulgo, 118 Agrimonium, 459. Aguselli vulgo, 1097. Ajuga, 277. Ajuga qbsdam, 278. Ajuga minima, 279. Albaro, 993. Albatro vulgo, 126. Albertina vulgo, 443. Alcali, 27, 28, 30, 31. Alcali qbsdam, 243, 418, 419. Alcea, 32, 38, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40. Alcea Diosc. 34. Alchimilla, 40. Alegron vulgo, 126. Alectorolophos, 41, 42, 589. Alexandrina laurus, 1068. Alexandrinum vulgo, 117. Alisma seu damasonium, 43, 380, 423. Alisma qbsdam, 564, 873, 971, 972, 1150. Alisma sive damasonium multis, 973. Alisma forte, 1148. , Alleluia vulgo, 1294. Alliaria vulgo, 47. Allium sylv. ophiosce., 43. Allium sylv. Scorod., 45. Allii syl. species, 1108, Allium ursinum, 46. Alnus, 49. Aloe, 50. Aloe aquatica, 51. Alopecuros, 48. Alsines species, 812, 52. Alsines Fuchsii, 269. Althea, 53, 54, 55. Althea Diosc., 55. Altercus, 593. Alypia seu Alypon, 61. Alyssum:qbsdam 56, 57, 58, 849. Alyssum Plinii, 59, 60. . Amaracus sive sampsucus, 62, 1083. Amaracus tenuifol., 743. Amarantus purp., 63. Amarantus capill. 64. Amarantus luteus, 65, 417. Amarella vulgo, 923. Ambrosia, 66. Ambruoscia, 1107. Amellus virg. qbsdam, 160, 161, 283 Ammi verum, 67. Ammi vulgatum, 68. Ampeloprasum qbsdam, 44. Anagallis foem, 70. Anagallis mas, 71. Anagallis alia, 72, 73. Anagallis aq.°*, 74. Anagallis minima, 69. Anagallidis species qbsdam, 269. Anagyris, 75. Anagyris Math., 620. Anchusa p.* onoclaea, 76. Anchusa 2* Acibiadios, 78. Anchusa 3* Anonimos, 79. Anchusa 48 lycopsis, 77, 713. Anchusa qbsdam, 674. Androsace qbsdam, 343. Androsemon, 80. Anemone sat., 82. Anemone sat. punic., 85. Anemone syl. rutila, 83. Anemone sylv. phoenic., 84. Anemone syl. rom, 86. Anemone alba, 87. Anemone nigra, 88. Anetum, 89. Anetum syl. vulgo, 910. Angelica odorata, 90. Angelica alba, 1299, 91. Angelica nigra, 92, 1300. Anisum, 93. Anonis alba, 94. Anonis coer., 95. Anonis lutea, 96. Anthemis p.?, 275. Anthemis 2*, 276. Anthemis 37, 274. Anthericum, 155, 156. Antyllis qbsdam, 178, 378. — 361 — Antyllis altera aliquibus, 279. Antirrhinum sativum purpur., 97. Antirrhinum syl. alb., 97 a. Antirrhinum syl. lut., 97 d. Antirrhinum coer., 98. Antirrhinum lut., 99. Antirrhinum verum, 100. Antirrhini syl. sem., 101. Aphaca qbsdam, 106, 107. Aphacae species, 108, 109. Aphaca vera, 110. Aphaca alia Theoph., 285. Apios vera, 111. Apios, 112. Apium p.™ 115. Apium 2", 116. Apium 8", 116. Apium off., 116. Apium palustre, ibidem. Apium risus, 1016, 1022, 1023. Aparine aspera strictifolia, 103. Aparine aspera latifolia, 105. Aparine laevis strictifol., 102 a. Aparine laevis latifolia, 102. Apar. laev. latif., 104. Aquifolia Ilex, 118. Aquileia alba simplex, 119. Aquileia alba duplex, 120. Aquileia coer. simplex 121. Aquileia coer. duplex, 122. Aquileia coer. ex luteo, 123. Aquileia coer. ex albo, 124, 125. Arabeia, 969. Arabis, 407. Aranci vulgo, 738. Arbutus, 126, Arcangelica vulgo, 129, 130, 131, 132, 133, 184, 135, 136. Arcioffo vulgo, 305. Arcion personata, 127. Arction, 128. Argemone, 137. Argentina, 872. Arisarum, 138. _Aristoloch. rot., 139. Aristoloch. clematitis, 140. Aristoloch. longa off., 16, [sub. 140]. Aristoloch. longa vera, 16, [sub. 140]. Armoracia, 141. Arnoglossum, 979 (laps. cal. pro 974). ANNALI DI BoTANICA — Vou. VII. Arum, 142, 143, 144, 145. Arum maculosum, 143. Artemisia qbsdam, 66. Artemisia tenuif. vulgaris, 146. Artemisia latifolia, 147. Artemisia ténuif. germanis, 923. Articocalus, 305. Artritica p.ma Ruell., 148. Arvilia, 969. Asarum, 149. Asarabaccara off. 16, [sub 149]. Asclepias qbsdam, 150. Ascyron, 81, 151. Aspalathi species, 154, 489. . Asparagi species, 148 Asparagus altilis, 152. Asparagus syl., 153. Asphaltites trif., 1275. Asphodelus albus, 155. Asphodelus luteus, 156. Asphodelus Ramosus, 157. Asplenum, 154. Asteracticus, 158, 159, 160, 161. Atriplex, 163, 164, 165, 166, 167, 168 Atriplex syl., 163, 164, 167, 168. Atriplex sat. nigra, 165. Atriplex alba, 166. Atriplex foetidum, 18343. Attractilis, 162. Avellana, 328. Avena sat., Sterilis. 169. Azarolo vulgo, 768. Baccaris qbsdam, 41. Baccaris, 170.. Balaustium, 171. Ballote, 172, 173, 174. | Balsamine, p.*, 175, 232, 537. Balsamine, 2°, 176. Bardana, 127. Barba capri, 177. Barba Jovis, 178. Barba hirci, 1263, 1264, 1265, 1266, 1267, 1268. Barba hirci qbsdam, 1269. Barba iaro vulgo, 142, 143, 144, 145. Basecchia vulgo, 334. 23 — 362 — Basylico vulgo off., 861, 862. Batrachium, 1015, 1016, 1017, 1018, 1019, ‘1020, 1021, 1022, 1023, 1024, 1025, 1026, 1027, 1028, 1029, 1030. Batrachium p™, 1027, 1029. Batrachium 2%, 1016, 1022, 1023. Batrachium 8%, 1019, 1020. Batrachium 47, 1024, 1025. Bechium, 179, 1295. Belis minor pl., 180, 181, 182, 183. Belis maior, 184, 155. Belvedere vulgo, 1102. Ben album arab., 186, 976. Ben rub., 187. Berberis off., 188, 901. Beta nigra, 189. Beta alba, 190. Betonica, 191. Betonica qbsdam, 192. Betonica pauli, 193. Betula, 194. Biasciola vulgo, 1171, 1172. Biorchis, 362. Bislingua vulgo, 583. Bistorta vulgo, 777. Blactaria, 195, 196, 197, 195, 199. Blitum, 200. Bliti species, 1218. Bonifatia vulgo, 583. Borago sat., 201. Borago hort. alb., 202. Borago hort. purp., 203. Borissa, 1107. Bosso, 215, 216. Botris, 204. Bozzolone vulgo, 982. Branca ursina, ll. Brassica, 205. Brassica syl. qbsdam, 206. Brassica Marina, 207. Brilli vulgo, 1075. Britannica aliquibus, 209, 579. Bromos. Festuca, 24. Brotono vulgo, 4. Bruscus off., 1067. 1 Bryon seu Muscus, 784, 785, 786, 787, 788, ‘89,790, 791, ‘792, 793, 794, 795, 796, 797, 798, 799, 800, 801, 802, 803, 804, 805. Bryon Thalassion, 781, 782. Bryonia alba, 208, 1336, Bryonia Nigra, 1340. Buniados qbsdam, 831. Buglossum majus, 210. Buglossum Minus, 211. Bulbus vom. qbsdam, 212, 591. Buphthaimum, 213, 214. Buxus minor, 215. Buxus Major, 216. Cc Cachrys, 645. Caepa seu caepum, 259. Caepaea, 260. Caepa bovis vulgo, 212, 591. Cairella, 217. Calamintha, p.*, 223. Calamintha, 27, 224, 225, 226. Calamintha, 2* vera, 226. Calamintha, 3*, 221. Calamentum mont. qbsdam, 219. Calamentum aliud, 220. Calamenti mont. specis, 222. Calamenti species, 219. Calamentum usuali, 224. Calamintha alia, 227. Calamenti species qbsdam, 762. Calcifraga, 418. Calendi vulgo, 620. Calendula, 228. Cali seu alcali, 27, 28, 30, 31, 243 © Cali qbsdam, 418, 419. Caltha qbsdam, 228, 287 Camomilla rub., 274. Camom. off., 275. Cam. lutea, 276. Campanula coer., 818. Camp. maior, 1166. Camp. coer. dupl., 1341. Camp. coer. simpl., 1342. Camphorata off., 26, 461. Canaparia, 460. Candarel Ser., 284, 286. Candellaria, 34. Canirubus montanus, 1062, 1063, 1064, 1065. Canis lingua, 348. Cannabis syl., 229. Cannabis syl., 230. — 369 — Capillus ven. alb.; 21. Capillus Nigrum, 22. Capparis, 231. Capnos, 482. Cappellacci vulgo, 127, 944. Caranci vulgo 175, 232, 537. Carciofalus, 305. Cardamantica, 598. Cardamino, 847, 1163. Cardamum, 846. Cardiaca qbsdam, 233, 234, 1037. Carduus bened. off., 235. Carduus, 236, 237, 238. Cardo vulgo, 436. Cardui species, 1155. Carlina bianca, 272. Carlina Nigra, 273. Carota lutea vulgo, 924. Carota rubra, 925. Carpinus, 239. Cartamus, 515. Carvi vulgo, 240. Carum verum, 241. Caryophylli vulgaris, 708, 709, 710, 711. Caryophylli Indi, 894, 895. Casia nigra Theo., 27, 242. Casia alba Teoph., 243. Castanea, 244. Castracani vulgo, 286. Catanance qbsdam, 228, 245. Cataputia minor arab. off., 630, 1246. Cataputia maior, 1045. Caucalis qbsdam, 246, 865. ‘Cauda equina 2°, 429. Cauda vulpis, 48, 247. ‘Caurosso vulgo, 650. ‘Cedrus, 248. Cedrogna vulgo, 282. Cedroncelli salvat., 339. Celidonia off., 282. Centaurium magnum, 249. Centaurium minus, 250. Centaurium minus aliud, 251, 252, 253, 254, 255, 256. Centaurium minus qbsdam, 257, 258 Centaurium off., 295. Centinodia vulgo 983, 984, 985, 986, 987. Centonicum off., 6. Centum capita, 155, 156. Centum orbia, 849. Cephaglione vulgo, 906. Cercis Theoph., 261. Cerinthe qbsdam, 262, 263. Cerrus, 264. Ceterach off., 154. Chamaebatos, 1059. Camaecyssos, 552, 553, 554. Chamaedaphne, 265. Chamaedrys, 266, 267. Chamaedryos species qbsdam, 268, 269. Chamaelaea qbsdam, 270. Chamaelaea, 271. Chamaelaeo albus, 272. Chamaelaeo Niger, 273. Chamaemelum eranthe., 274. Chamaemelum Leucanthemum, 275. Chamaemelum Chrysanthemum, 276. Chamaepytis, 277. Chamaepytis minor, 278. Chamaepytis minima, 279. Chamaepytis 5°, 280. Chamaeriphe Theoph. ex hermolao, 906. Chamaerubus, 1059. Chamaesyce, 281, 1253. Characias, 1239. Cheiri off., 1323. Chelidonium majus, 282. Chelidonium Minus, 283. Chondrylla p.*, 284. Chondrylla species aliquibus, 285. Chondrylla 2%, 286. Christa galli, 589. Christophoriana, 289. Chrysanthemum, 287, 288. Cianus, 290. Cianus ruber, 291. Cianus coerul., 292. Cianus magnus rub., 293. Cianus magnus coer., 294. Cianus maximus, 295, Cicer sativum, 296. Cicer syl. 297. Cicera vulgo, 298. Cicerbita, 1174. Cicercula, 299. Cici, 1045. Ciciliana vulgo, 1182. Cichorium vulgo, 284. Cichorea off. ibid. — 364 — Cichorium sat. 420. Cichorium, 300. Cicuta, 301. Cicutaria vulgo, 1134. Cinara, 305. Cineraria vulgo, 302, 303, 304 Cinquefoglio vulgo, 939. Ciphilio, 906. Ciriegiuoli vulgo, 900. Cirsium qbsdam, 306. Cistus mas, 307. Cistus foemina, 30S. Cistus ladanifera, 307, 309, 623. Clematis p.? 310. Clematis 22, 470 Clematis 2? alia, 471. Clematis altera, 1337, 1338. Clymenum, 311. Clymeni species, 889 Clynopodium, 312. Cnicus cartamus, 313. Cnicus spinosior, 314. Codone vulgo, 429. Colchicum, 315. Colocasia vulgo, 145. Colocynthis, 316. Colombina vulgo, 1216. Colutea. Colytea, 316, 317. Conferva, 318. Coniza inodora, 319. Coniza odora, 320. Coniza alia qbsdam, 321. Consolida maior, 1209. Consolida Media vulgo, 579, 1212, Consolida Minor vulgo off. 1148, 1210, 1211. Consolida germ., 1086. Consolida regia germanorum, 384, Coralli vulgo, 536 Coriandrum. Corianum, 322. syl. 323. Coriarius frutex, 331, 1041. Coris 324. Coris off. 325. Coronopus, 326. Corneola vulgo, 472. Corniale vulgo, 327, Cornus ibidem. Corruda, 153. Corylus, 328. Costus qbsdam, 578. Costus Ruell., 1300. Cotinus pl., 331. Cotula foet., 329, 330. Cotyledon p$, 333. Crategonum Theph., 332. Crataegonum qbsdam, 592. Crataegonum vel Crataeogonum qbs- dam, 942. Crescione vulgo, 847, 1163. Crispigno vulgo, 1174. Crithamum, 384. Crithamum spinos., 335, 336, Crocodilium, 337. Crocus sat., 338. Crocus syl. ibidem. Crocus sarac., 315. Croton, 1045. Cruciata fucsii, 492. Cucumis syl., 339. Cucurbita syl., 316. Cucurbita, 340. Cuminum syl., 341. Cuminella ibidem. Cupressus, 342. Cuscuta, 343. Cyclaminus vulgata, 344. Cyclamen, 344. Cyclaminus od. purpurea, 345. Cyclaminus parva, 346. Cyminum syl., 341. Cynia qbsdam, 766. Cynia. Cynocrambe, 767. Cynocrambe qbsdam, 150, 766. Cynocrambe odon. 1343. Cynoglossum, 347. Cynoglossum vul., 348. Cynoglossum aliud, 349. Cynosbatos, 1062, 1063, 1064, 1065. Cynosorchis, 351, 352, 353, 354, 355, 356, 357, 358, 359, 360, 361, 362, 363, 364, 365, 366, 367, 368, 369, 370, 371. Cynosorchis, 350. Cyparissus, 342. Cyparissias, 1243. Cypirus, 372. Cypirus rotunds, 373. Cytinus off.. 1007. Cytisus qbsdam, 374, 375, 376, 378. Cytisus vera, 377. Cytisi species qbsdam, 317. — 365 — # Damasonium. Alisma, 380. Damasonium qbsdam. 423, 971, 972, 973. Daneta vulgo, 1214. Daphnoide, 379. Daphnoide clematis, 310. Daphne rosea, 1039, 1040. Daucus, 382, d. | Daucus creticus, 881, 1009. Daucus vulgaris off., 382 a, 928. Delphinium qbsdam, 847, 383, 384, 385. Delphinia vulgo. 386, 387, 388. Denararia, 849. Dendroide, 1244. Dentaria alba, 389. Dentaria rubra, 390. Dentaria latifolia, 391. Dentaria strictif., 392. Dictamus falsus, 393. Dictamus 35, 394. Dictamus bonon. 395. Digitalis fuchsii, 396. Digiti citrini Avic.. 397, 398, 399. Dionysia hedera, 549. Diosantos, 400. Dipsacus sat., 401. Dispacus Syl., 402. Dolci pappule vulgo, 940. Dolicum Theoph. et Dioclis, manardo 969. Doria herba, 404. Doronici vulgo, 405, 406. Dorycnium, 403. Draba, 407. Dracontii species, 777. Draco cibarius, 409. Dracunculus major qbsdam, 408 Dragoni vulgo, 409. : Dryopteris, 410. . Ebio, 411. Ebulus, ibid. Echium 412 verum 413. Edipnois qbsdam, 286. Elaeophyllum, 958. Elaphoboscum verum, 415: Elaphoboscum qbsdam, 414, 1094 Elaphoscorodon, 874. Elatine. 416. Elce vulgo, 599. Elaeosellinum, 116. Elichrysum, 417, 65. Elilisphacos, 1078, 1079. Elioscopius, 1242. Empetrum, 418, 419. Endivia, 420. Enola, 561. Enula ibidem. Enneaphyllum, 421. Ephemerum loetale, 315. Ephemerum qbsdam, 422, 423. Epipactis, 424. Epithymum off. 426. Eptaphyllum, 425, 427, 428. Equisetum p", 431, 433. Equisetum scandens ibid. Equiseti pi species, 432. Equisetum alterum, 429. Equiseti species, 430. Erica pl., 434. Erigerum. Senecio, 1126, 1127. -Erinus qbsdam, 435. Eryngium verum, 436. Eryngium aliud, 437. Eryngium marinum, 438. Eryngium vulgatum, 439. Erysimum, 440. Erysimum qbsdam, 441, 442, 443 Erysimum aliud, 444, 445, 446, 447, 448. Erysimum cereale, 449. Erythrodanum sat. 454. Erythrodanum syl., 453. Eruanca Theoph., 885. Eruca syl.; 449, 450. Eruca sat., 451, 452. Ervum 886. Esperis qbsdam, 455, 456. Eupatorium Dios. 459. Eupatorium Avic., 460. Eupatorium off., 460. Eupatorium mes., 26, 461. Eufragia vulgo, 457. Euonimos pl., 458. = Faba sativa, 462. Faba syl. vel Fabaria, 1318. Faba inversa, 75. Faba aegyptia qbsdam, 145. Faciens viduas, 379. Fagiuoli Turchi, 1165, Fagotriticum, 463. Fagus, 464. Farfanacci vulgo, 127. Farfara, 179, 1295. Farfarella 179, 1295. Fava inversa, 75 Fava grassa, 1217. Ferula, 465. Feruzzame gallice ligustro, 650 Festuca. bromos, 24. Fidicula polyp., 988. Figatella vulgo, 207, 424. Figatella qbsdam, 572. Filipendula, 864, 865. Filix mas, 466. Filix foem., 467. Filix Aq.°® maior, 468. Filix Aq.** minor, 469. Finocchiella, 770, 818, 945. Finocchio marino, 334. Finocchino vulgo, 771. Fioppa bianca, 993. Fioppa Nera, 994, 995. Fior di velluto, 65, 64. Fior di notte, 848. Fior d’ogni mese, 228. Fisticum off., 967. Flammula Jovis species, 470 Flammula recta, 471. Flos tinctorius, 472. Fluida pl., 473. Foeniculum sat., 474. Foeniculum syl., 475, 476. Foenum graecum, 477. Folium vulgatum, 478. Fragaria vulgo, 479. Fragula ibid. Frassinella vulgo, 480, 481. Fraxinus, 480. Fraxini semen ibid Frondesella, 578. Frumentone vulgo, 463. DR I ATO Frumentum triang. ibid. Frumentum racemos., 481. Fumaria, 482. Fumus terrae off. ibid. Fumus terrae albus pl., 483 Fusanum vulgo 458. G Galli christa, 589. Galliopsis, 484. Galliopsis matth. 643. Galliopsis qbsdam, 174. Gallitrichum off., 589. Gallium album, 485, Gallium luteum, 486. Gariophyllata off. 487. Garofani vulgo, 708, 709, 710, 712 Gattara vulgo, 218. Gelsumini vulgo, 618, 619. Genista, 488. Genistella, 489. Gentiana, 490. Gentianae species, 491, 492, 493, 494, 495, 496, 497. Gentianella, 493, 494, 495, 496, 497. Geranium p." 499. Geranii p.i species, 501, 503, B04 Geranium 2.™ 502. Geranie 2.i species, 511. Geranium magnum, 498. Geranii species, 500, 505, 506, 507, 508, 509, 510, 511, 512. Ghiaro vulgo, 142, 143, 144, 145. Gingidium qbsdam. 513, 515, 516, 517- Gingidium verum, 514. Ginocchiella, 980, 981. Ginocchietti ibidem. Girasole vulgo, 567, 1045. Gith vel Ghitone vulgo, 518, 519. Gladiolus, 520. Gladiolus Theoph. 521, 522. Gladiolus Theoph. qbsdam, 835. 836 Glastum sat., 523. Glastum syl. qbsdam, 524, 608. Glaux qbsdam, 378, 525. Glaux vera, 525. Gnaphalium, 528, 529. Gnaphalii species, 601. Gnaphalium aliquibus, 526, 527. — 367 — Gramen, 530. Gramen vulgatum, 531. Gramen aliud, 532. Gramen caninum, 533. Gramen fucsii, 534. Graminis species, 845, 987. Grana solis, 672. Granate vulgo, 291, 1102, 1188, 1189. Granatum off., 1007. Gratiola vel Gratia Dei vel Gratietta vulgo, 535. Gregola vulgo 291. Gruaria vulgo 508. Gruoco vulgo 313. Guadarella, 608.. H Halicacabum sol. 536. Halicacabus peregrinus, 232, 537. Halimus, 538, 539. Halimus qbsdam, 540, 541. Harmela Diosc., 1070. Harmel off. ibid. Harundo, 542, 543, 544, 545, 546. Hastula Regia, 155, 156. Hedera alba, 551. Hedera nigra, 547, 550. Hedera helix, 548. Hedera crocea vel Dionysias, 549. Hedera terrestris, 552, 553, 554. Hedera spinosa, 1167. Hedyssarum qbsdam, 555, 556, 557, 558, 559; 560. Hedyssarum verum, 556. Hedyssari species, 106. Helenium, 561. Helenium Theoph., 561. Heliotropium maius 567. Heliotropium Minus, 568. Heliotropium aliquibus, 810. Helleborus albus, 562. Helleborus niger, 565, 566. Hellebori species, 563, 564, 421. Helxine, 569. Helxine cyssamp., 570. Helxine cyss. qbsdam, 571. Hemerocallis, 573. Hemerocallis qbsdam, 574, 652. Hemionitis,- 572. Herba ambruoscia, 1107. Herba bella, 1173. Herba brusca, 899. Herba carrara, 587. Herba Doria, 404. Herba fullonum, 1206. Herba gattara, 218. ° Herba lucciola, 686, 687, 688, 872. Herba muralis, 569. Herba orecchiara, 1109. Herba paris, 575. Herba pedicularis, 1187. Herba rene, 576, 577, 1169. Herba sacra, 1308. Herba S.ti Alberti, 443. Herba S.ti Christoph., 289. Herba S.ti Joannis, 1808. Herba S.ti Laurentj, 579. Herba S.ta° Mariae, 578. Herba S.ti Petri, 334. Herba Sardois, 1016, 1022, 1023. Herba stella, 326. Herba Tora, 883. Herba Turca, 235. Herba Ungarica, 34. Hermodactilus off., 315. Hieracium maius, 580, 581: Hieracium parvum, 582. Hippoglossum, 583. Hippolapathum, 1066. Hippophestum, 584. Hippophaes qbsdam, 585. Hippomarathrum, 475, 476. Hipposelinum vel olusatrum, 117. Hipposel. matt., 114, 644. Hirci barbula, 1268, 1264, 1265, 1266, 1267, 1268. Hirundinaria, 282. Holcus pl. 586. Holostium 587. Horminum sat. 588. Horminum Syl., 589. Hyacinthus, 590. Hyacinthus Syl. 590, 591. Hyacinthus syl. magnus, 212. Hydropiper, 592. Hyosciamus, 593. Hypericum p.® 594 Hypericum 2.", 81, 151. Hypericum 3.”, 80. Hypericum 4.", 324. Hypocistis vel Hypoquistidos off. 595. Hyssopus hort., 596. Hyssopus mont., 596. Hyssopus cilicium, 597. Hyssopus aq.°" off., 535. 1 Jasmes alba, 618. Jasmes lutea, 619. Iberis cardam., 598. Ibiscus, 53, 54, 55. Tlex, 599. Tlex aquifolia, 118. Jovis flos , 400. Jovis glans, 850. Jovis nux ibid. Jovis viola, 400. Imperatoria, 600. Impia, 529. Impia qbsdam, 601, 602, 603. Incensaria vulgo, 603, 604. Inola vulgo, 561. Intybus, 300. Intybus sativa, 420. Tris alba, 605 Iris coer , 606. Ireos off. ibidem. Iris Illirica qbsdam vulgo, 607. Tringus off , 439: Isatis pl., 608. Isatis species, 472, 524. Iseppe vulgo, 596. Juglans, 850. Juncus, 612, 615. Juncus triangul., 610. Juncus rotundus, 611. Juncus planus, 613. Juncus laevis, 614. Juniperus minor, 616. Juniperus major, 617. Juniperus major qbsdam, 1296. Jujuba off., 609. Jusquiamus off., 593. L Laburnum Plinii, 620. Lacryma Job, 669. Lactariae species, 281. — 368 — Lactaria vel lactarola vulgo, 1242. Lactuca sat., 621. Lactuca syl. vulgo, 622. Ladanus 807, 309, 623, 624. Lagopus minor, 625. Lagopus maior, 626. Lamium, 627, 628. Lamium qbsdam, 172. 174, 643. Linaria qbsdam, 860, 1206. Lapathum magnum, 1066. Lappa maior, 127. Lampsana, 629. Lassani vulgo ibid. Latyris, 630, 1246. Latyris species, 537. Lavanda et Lavandula, 1201. Lavari vel Lavaroni, 1163. Laureola vulgo, 379. Laurentiana, 579. Laurus tenuif., 631. Laurus latif., 632. Laurus syl., 633, 634. Laurus Alex.*, 1068. Laurus Alex* qbsdam, 583, 635. Ledon. Ladanus, 307, 309, 623, 624. Leontopetalum, 638, 639. Leontopodium, 640, 641. Lepidium Pauli, 642. Leporis pes, 625. Lens. Lenticula, 636. Lentiscus, 637. Leucas qbsdam, 643. Leucoion, 1320. Levisticum vulgo, 114, 644° Libanotis p.*, 645. Libanotis 2°, 649. Libanotis 3°, 646. Libanotis 4°, 648. Libanotis coronar., 648. Libanotidis cor. species, 647. Ligustrum, 650. Ligustrum Servii, 1166. Lilium sat., 651. Lilium syl. croceum, 652. Lilium syl. pallidum, 653. Lilium syl. crocei species, 574. Lilium convallium, 423. Lilium syl. qbsdam, 573. Limones vulgo, 739. Linaria vulgo, 664,665, 666, 667,668, 892. — 369 — Linaria alia, 893. Lingua avis, 480. + Lingua canis, 348. Lingua cervina, 955. Lingua passerina, 983, 984, 985, 986, 987. i Lingua serpentina, 872. Linum sativum, 654. Linum syl. 655, 656, 657, 658, 659, 660, 661, 662, 663. Liolla vulgo, 561. Litospermum magnum, 669. Litospermum repens, 670. Litospermum repentis species, 675 Litospermum rectum majus, 671. Litospermum rectum minus, 673. Litospermum rectum montanum, 676, ‘ Litospermum ramosum, 672. Litospermi species qbsdam, 674. Livirtigi vulgo, 697. Lobus vel Lobia galeni man., 969. Lolium, 677. Lolium Fuchsii, 519. Lonchitis altera, 678. Lotus arbor sat. 679, 680, 682. Lotus arbor syl., 681. Lotus urbana qbsdam, 683, 684, 1289. Lotus arbor, syl., 685. Lucia herba vel Lucciola vulgo, 686, 687, 688, 882. (laps. pro 872). Lunaria vulgo, 690, 691, 692, 693, 694. Lunaria odorata, 689. .Lunaria graeca, 693. Lunaria dal grappolo, 424. Lupha, 142, 148, 144, 145. Luparia, 16. Lupinus syl., 695. Lupinus sativus. 696. Lupulus salict., 697. Lutea Plin. aliquibus, 608. Lychnis cor., 698. Lychnis agria, 699, 700, 701, 702, 703, 704, 705, 706, TOT. Lychnis agria Dni Lucae Ghinj, 602. Lychnidis species, 708, 709, 710, 711. Lycium, 712. Lycopsis, 77, 713. Lycopsis vera, 714. Lysimachia, 715, 716, 717, 718, 719, 720, 721. * Macedonicum vulgo, 117. Magiorana fina vel gentile, 743. Magiorana vulgo, 1083. Maggiorana gentile vulgo, 1084. Maiorana vulgo, 62, 1083. Maiorana grossa vel pelosa, 876. Malva, 731, 732. Malva vulgata, 733. Malva, 734. 735, 736, 737. Malva arborea, 725, 726, 727, 728, 729, 730. Malvoni vulgo, 7265. Malacodendron, 725, 726, 727, 728, 729, 730. Malvaviscus, 53, 54; 55. Malus insana, 722. Malus insana longa purp., 723. Malus insana longa alba, 724, Malus Medica, 738, 739. Malus Punica, 1007. Mandragoras foem., 740. Mandragoras Mas, 741. Mandragoras Morion, 1173. Mandragorae species, 722, 723, 724. Marathrum, 474. Maraviglia vulgo, 1339. Margarita vulgo, 180, 181, 182, 183. Martagon vulgo, 652, 653, 970. Marrubium, 742. Marrubium nigrum. vel Marrub. foeti- dum, 172. Marum, 743, 1084. Mater sylvarum, 940. Matreselva ibidem. Medica sat., 744. Medica syl. monaci, 745. Medica alia, 746 Medium album hort., 747. Medium coerul. hort., 748. Medium coerul. syl., 749. Medii species, 750, 751. Medii species forte, 129, 130, 131, 132, 138, 134, 135, 136. Medii syl. species, 960. Melaga, 776. Melampyrum seu myagrum, 811. Melanthium, 518. Melanthium falsum, 519. — 370 — Melanzane pavonazze valgo, 723. Melanzane bianche, 724. Melaranci vel Naranci, 738. Melilotus qbsdam, 752, 753, 755, 757. Melilotus off., 754, 756. Melilotus vernus, 758. Melon pepo, 759. Memecillus, 126. Menta, 760. Menta fiorentina, 14. Menta Saracena, 578. Menta grossa vel pelosa, 876. Mentastrum, 760, 761, 762. Mentastri species qbsdam, 221. Mentolina, 224. Mentuccia ibidem. Mercurialis mas, 763, 764. Mercurialis foem, 165. Mercurialis mas. qbsdam, 767. Mercurialis mas. magna qbsdam. 767. Mespilus aronia, 768. Mespilus Sitania, 769. Meu, 770. Milium album. 774. Milium Nigrum, 775. Milium Turcicum. Indum, 776. Milium solis vulgo, 672. Millefolium Mat., 771: Millefolium aliud, 772, 773. Mirasole vulgo, 567, 1045, 1242. Moco vulgo qbsdam, 886. Molybdena aliquibus, 777. Moly qbsdam, 45, 522, 836, 881, 947. Moly Theoph , 778. Morsus diab. vulgo, 779, 780. Mortella vulgo, 819, 820, 821, 822, 823, 824, 825, 826, 827, 828, 829, 830. Mortella gentile, 825. Mortella nana, 826. Mortellone vulgo, 830. Muscus, 784, 785, 786, 787, 788, 789, 790, 791, 792, 793, 794, 795, 796, 797, 798, 899, 800, 801, 802, 803, 804, 805, 806. Muscus buccinea, 807. Muscus alia, 809. Muscus marinus qbsdam, 781, 782. Muscus usualis, 783. Musci species, 1006. Myacanthon, 153. Myagrum. Melampyrum, 811, Myrica. Tamarix, 817, 818 (lapsus pro 816, 817). Myosotidis species aliquibus, 767, 779, 810, 813, 814, 815. Myriophyllum Mat., 1205. Myrrhis, 818. i Myrsinites vel Myrsinoides, 1240. Myrtites ibidem. Myrtus, 819, 820, 822, 823, 824, 825, 826, 827, 828‘ 829, 830. Myrtus nigra tenuif., 819. Myrtus nigra latifol., 820. Myrtus nigra sat., 821. Myrtus Mas vel Sterilis, 822. Myrtus Alba minor, 823. Myrtus Alba major, 824. Myrtus Hispanica nigra 825. Myrtus nigra sat. humilis, 826. Myrtus alba minima, 827. Myrtus nigra sat., 828. Myrtus Hispanica alba, 829. Myrtus latissima, 830. Myrtus syl., 1067. N Napunculus, 959. » alius, 832, 833. Napus syl. qbsdam, 831. Naranci vulgo, 738. Nardus Inda, 843. Nardus celtica, 844. Nardus off., 845. Nardi species germ., 1200, 1201. Narcissus albus simplex campestris, 834. Narcissus albus multiplex palustris, 835. Narcissus alb. alius, 836. Narcissi species, 837. Narcissus alius, 838. » luteus maior, 839. » luteus minor, 840. Narcissus alius, 841, 842. Nasturtium vel Cardamum, 846. Nasturtium aq.um vel Cardamum aq.um, 847. Nenuphar arab., 852. Nenuphar citrinum, 853. — 371 — Nepita vel Nepitella, 224. Nerium vel Rododaphne, 1039, 1040. Nibio vulgo, 411. Nigella, 518. Nil., 848. Noli me tangere, 176, 1294. Nummularia, 849. Nux, 850. Nux Jovis, ibidem. Nux iuglans, ibidem. Nux met. avic., 851. Nux pontica, 328. Nymphaea alba, 852. Nymphaea lutea, 853. Nymphaea Montana, 854. Nymphaea minima palustris, 855. oO Ocellina vulgo, 119, 120, 121, 122, 123, + 124, 125. Ocimastrum, 856, 857, 858. 859, 860 Ocimum minus, 861. Ocimum maius, 862. Ocimoides album minus, 856. Ocimoides album maius, 857. Ocimoides Rubrum maius, 858. Ocimoides Rubrum minus, 859. Ocimoides repens, 860. Oculus bovis vulgo, 213. Odontis aliquibus, 866. Oenanthe, 863. Oenanthe vulgat., 864. ‘ Oenanthe alba vulgata, 865. Oleaster, 868. Olea sativa, 867. Olea syl., 868. Olivella vulgo, 1230. Olmo vulgo, 1311. Olusatrum. Hipposelinum, 117. Ophioglossum, 872. Ophioscorodon, 43, 874. Ophrys, 873. Oppio vulgo, 882. Onagra, 869, 870. Onitis, 875. Onobrichis od., 871. Onobrichis vera. Orecchiella, 1109. Oreoselinum, 116. Origanum onitis, 875. Origanum sativum, 876. Origanum syl., 877. Oriza, 878, 879. Ornitogalus min., 880. Ornitogal. maior, 881. Ornus, 882. Orno vulgo ibidem. Orobanche unicaulis, 883. Orobanche ram., 884. Orobanche alia, 885. Orobeia, 969. Orobus, 886. Orobus vulgat., 887, 888, 889, 890 Orobus off., 811. Osteocollon, 891. Osyris qbsdam, 892, 893, Othonna maior, 895. Othonna minor, 894. Oxalis, 896, 897, 898, 899. Oxalis montana maxima, 896. Oxalis magna, 897. Oxalis syl., 898. Oxalis sat., 899. Oxiacantha off., 188, 901. Oxiacantha matt., 900. Oxiacantha forte, 1043, 1044. E Paeonia mas., 902, 903. Paeonia foem., 904. Palatium leporis, 148. Paliurus, 905. Palma humilis, 906, Palma Christi odorata, 397, 398. Palma Christi inodora, 399. Palma Christi spicchierata, 399. Palma Christi platearii, 1045. Palustrapium. Paludapium, 116. Panax heracl. vel herculeum, 907. Panace Asclepias, 910. Panax chironium, 908. Panax Aliud, 909. Pancratium, 911. Panicum sativum magnum, racemo- sum, 912. Panicum sativum parvum, 913. Panicum syl. maius, 914. Panicum syl. minus, 915. Pan porcino vul., 344. ° Ly o ga Papaver nigrum sat., 916. Papaver album sat., 917. Papaver corn. vel ceratites, 918. Papaver rhoeas, 919, Papaver spum., 920. Paralius, 1241. i Pardalianches qbsdam, 921. Parietaria, 569. Paris herba, 921. Paronichia, 922. Partenium, 923. Passerina lingua, 983, 984, 985, 986. 987. i Pastinacae species, 924. Pastinaca Alia, 925. Pastinaca syl., 926, 927, 928, 929, 930 Pastinacae syl. species, 926. Pater nostri vulgo, 669. Pecten veneris vulgo maius, 937. Pecten veneris vulgo Minus, 938. Pederota, 11. Pedicularis herba, 1187. Pelecinum, 556. Pelecini species, 106. Pelecinum qbsdam, 555, 556, 557, 558, 559, 560. Pentaphyllum, 939. Pentaphyllum qbsdam, 531. Peplos, 1247, 1248, 1249. Peplis, 1252. Perfoliatum vulgo, 931, 932, 933, 934, 935, 936, Perfoliatum qbsdam, 940. Perfoliata qbsdam, 257, 258. Perforata, 594. Perforata 2°, 81, 151. Perforata 3°, 82 (lapsus pro 80). Perforata 4°, 324. Periclymenum, 940, Periclymenum lactescens, 941 Peristereon, 302. Persicaria, 942. Persicus, 943. Personata, 127. Pervenca, 310. Pes columbinus, 502. Pes corvinus, 326. Pes leporinus, 625. Pes leoninus, 40. Petasites, 944. Petroselinum off., 116. Peucedo, 945. Pezzo vulgo, 961. Phalangium. Phalangiris qbsdam, 946, 947, 948. Phaselus vel Phasilus, 949. Phaseolus vel Phasiolus, 969. | Phlomos, 1801, 1302, 1303, 1304, 1305 1306. Phoenix qbsdam, 879. Phylira, 1237. Phylirea, 954. Phyllitis, 955. Phyllitis ramosa, 956, 957. Phyllum arrhegonum, 766, 767. Phyllum Thelygonum, 958. Phyteuma qbsdam, 750, 751, 832, 959, 960. fe Phu, sive Valeriana, 950, 951,952. Phu falsum, 953. Pianatella vulgo, 179, 1295. Piatanella, 283. Piccasorgi, 1067. Picea, 961. Piletro vulgo, 1008. Pilosella, 962. Pimpinella, 966. Pinaster, 963. Pinaster humilis qbsdam, 965. Pinus, 964. Piper Indum rot., 1153. Piper Indum longum, 1154. Piper montanum vulgo, 265. Piperitis vulgo vel Piperella, 642. Pistacchi vulgo, 967. Pistacium ibidem. Pistacium syl., 968. Pistolochia pl., 639. Pisum, 969. Piselli vulgo ibidem. i Pitilius flos. qbsbam, 652, 653, 970. Pitiusa qbsdam, 1260, 1261. Plantago, 974. Plantago aq.°*, 971, 972, 973. Platanus, 975. Platiphyllus, 1245. Plumbago qbsdam, 777. Polegiola vulgo, 1003, 1004. Polemonia, 186, 976. Polium montanum, 977. Polium marinum, 978. ? — 373 — Polygala, 979. Polygonatum, 980, 981. Polygonum foem., 982. Polygonum mas, 983, 984, 985, 986, 987. Polypodium sive fidicula, 988. Polytricum, 1274. Polytricum Apul., 808, 809, 989, 990, 991, 992. Poma Amoris, 722. Pongitopi vulgo, 1067. Populus alba, 993. Populus nigra, 994, 995, 996. Populus lybica, 997. Portulaca Portulaca marina, 1252. Potamogetum, 998. Prunus, 999. Pseudobunium qbsdam, 831. Pseudodictamnum, 393. Pseudomelanthium, 519. Pseudovaleriana, 953. Psyllium minus, 1000. Psyllium maius, 1001. Ptarmica, 1002. Pulegium maius, 1003. Pulegium minus, 1004. Pulicaria off., 319, 320. Pulmonaria off., 1005. Pulmonaria alia, 1006. Pulsatilla, 86. Pungitopi, 1067. Punica malus, 1007. . Punica flos ibid. Pyretrhum, 1008. Q Quinquefolium, 939. R Radicchio vulgo, 284, 305. Radice vulgo vel Ravanello, 1012. Radicotica vulgo, 141, 1013. Radix Raphanus, 1012. Radix syl., 1013. Radix Rhodia vel Rosea, 1014. Ramoraccia vulgo, 141, 1013. Ranunculum seu Batrachium, 1015, 1016, 1017, 1018, 1019, 1020, 1021, 1022, 1023, 1024, 1025, 1026, 1027, 1028, 1029, 1030. Ranunculum primum, 1027, 1029. Ranunculum 2,, 1016, 1022, 1023. Ranunculum 3.”, 1019, 1020. Ranunculum 4.™, 1024, 1025. Raphanus seu Radix, 1012. Raphanus syl., 1018, 141. Raphanus arab. off. 1038. Raponzeolus, 832. Raponzoli ibid. Raponzolina, 835. Rapum sativum, 1031. Rapum syl. Raza vulgo, 1058. Reobarbarum, 1032, 1033, 1034. Reseda vulgo ariminensis, 1144. Rhabarbarum, 1032, 1033, 1034. Rhamnus p *, 1035. Rhamnus 2.8, 1086. Rhamnus 37, 1038. (lapus pro 1037). Rhodia radix, 1014. Rhododaphne vel Rhododendron, 1039,. 1040. Rhu obsoniorum, 1041. Ribes species, 188. Ribes, 901. Ribes vulgata, 1042. Ribes rubra, 1043. Ribes nigra, 1044. Ricinus, 1045. Rincj vulgo, 439. Riso vulgo, 878. Rizum arab. off. ibid. Robertina, 443 Rodora pl., 1046. Rosa alba, 1047. Rosa comunis, 1049. Rosa damascena, 1050, 1051. Rosa lutea, 1054, 1055. Rosa montana, 1053. Rosa purpurea, 1048. Rosa sine spinis, 1052, 1056, 1057. Rosea Daphne, 1039, 1040. Rosea Radix, 1014. Rosette vel Rosule vulgo, 919. Rosoni vulgo, 725, 726, 727, 728, 729, 730. Rosmarinus p.*, 645. Rosmarinus 2", 649. Rosmarinus 85, 646. Rosmarinus 45, 648. Rosmarinus cor., 648. Rosm. cor. species, 647. Rostrum porcinum, 286. Rostrum gruis. Roveglia vulgo, 969. Rovilia ibid. Rovo, 1058. Rovo campagnolo, 1059. Rubia syl., 453. Rubia sat, 454. Rubus vulgatus, purpureus, 1058. Rubus vulg. alb., 1060. Rubus canis montana, 1062. Rubus canis campestris, 1065. Rubus canis alpina, 1064. Rubus canis alius, 1063. Rubus humilis, 1059. Rubus idaeus, 1061. Rumex aquaticus, 1066. Ruta sativa, 1069. Ruta syl. Arm., 1070. Ruta capraria, 587. Ruta muraria, 21. Ruscus, 1067. Ruscus latissima, 1068. Sabina prima, 1071. Sabina secunda, 1072. Sacra herba, 1308. Sagittalis, 1073. Salce lattarol., 1239. Salictum vulgo, 1075. Salix helix, 1075. Salix palustr., 1074. Salix sabulosa, 1075. Salix syl., 1076, 1077. Salsa pariglia, 1167. Salvia minor, 1078. Salvia maior, 1079. Salvia syl. qbsdam, 41, 42, 1186. Sambucus p.s, 1080. » 28, 411. Sambucus alpina floris rub., 1081. Sambucina vel Sambucella, 968. Sambuco sal. ibid. Sampsucus vel Amaracus, 62. — 374 — Sampsucus qbsdam, 1082. Sampsucum tenue, 743. Sampsucum, 1083. Sampsucum tenue qbsdam, 1084. Sanguinalis vel Sanguinaria foem. Sanguinalis vel Sanguinaria mas., 983, 984, 985, 986, 987. Sanguinella vulgo, 531. Sanguinellus frutex, 1085. Sanguisorba fucsii, 966. Sannicula fucsii, 1086. Santonicum, 6. Saponaria vulgo, 1206. Sap. floris rub., 1207. Sardois herba, 1016, 1022, 1028. - Satureia sativa, 1088. Satureia syl., 1087. Satyrium, 1089. Satyrium off., 350. Satyrium qbsdam, 359, 360, 591, 653, 970. Savina vulgo, 1090, 1071, 1072. Saxifragia fuc., 21. Saxifragia sat., 1091. Saxifragia syl., 1092. Saxifragia Montana hirc., 1093. Saxifragia campestris hircin. 1093. + Saxifragia qbsdam, 1094, 1158. Saxifragia fucsii, 1095. Scabiosa vulgo, 1188, 1189, 1190, 1191, 1192, 1193, 1194, 1195, 1196, 1197, 1198. Scalostici vulgo, 650. Scamonium qbsdam, 1096. Scandix, 1097. Scardazzo, 401. Scariola off., 300. Scarlegia, 588. Scirpus, 614. Scissima qbsdam, 1098, 1099, 1100. Schiarea vulgo, 589. Sclarea sat., 588. Sclarea syl., 589. Scolopendria, 154. + Scolopendria off., 951. (laps. cal. pro 955). Scopa regia, 1102. Scorodoprasum qbsdam, 45, 1108. Scordium, 1103, 1221. Scordium montanum, 1104. Scordotis pl., 47. de SL — 375 — Scorpioides qbsdam, 1107. Scorpiuros qbsdam, 1105, 1106. Scotono vulgo, 331. Scrophularia, 484. Scylla, 1101. Scyllae species, 911. Securidaca, 556. Securidacae species, 106. Securidaca qbsdam, 555, 556, 557, 558, 559, 560. Sedum, 1109, 1110, 1111, 1112, 1113, 11174, 1115, 1316, 1117,°1118, 1119. Sedi species, 1217. Sedum maius qbsdam, 1109. Sedum marinum, 27, 28, 29, 380, 31, 243. Selago pl. qbsdam, 434. Selago, 1120. Selago alpina, 1121. Selago maritima, 1122 Selega vulgo, 1151. Sempervivum, 1109, 1110, 1111, 1112, 1118, TE a i BS BS eS “LL 1119. Sempervivum mer., 243. Sena, 1123, 1124. Senae species qbsdam, 316. Senecio qbsdam, ‘235. Senecio vel erygerum, 1125, 1126, 1127. Septemfolia, 425. Seriphium, 7. Seris, 500. Seris sat., 420. Serpentariae species germanis, 777. Serpillum rectum, 1130. Serpillum repens, 1129. Serpillum citratum, 1128. Sertula campana, 758. Sesama, 1131. Seseli Beene ease odonis, 1132. Seseli aethiopic., 1133. Seseli polop., 1134. Seseli Massil., 1135. Seseli creticum vel Tordilium, 1136. Setola vulgo, 429. Setolone vulgo, 430. Sferra cavallo, 1137. Sideritis p.*, 1188. Sideritis altera, 1145. + Sideritis altera qbsdam, 1145, 1214. 27, 28, 29, 30, 31, Sideritis heracl., 1146. Sideritis Achillea, 1147. + Sideritis qbsdam, 1139, 1140, 1141, 1142, 1145, 1144. Sideritis qbsdam, 1210. Sideritis germ., 1102. Siena vulgata, 1124. Sieri montano vulgo, 1152. Sigillum salom., 1148, 1149, 1150. Siler montanum vulgo, 1152. Silibum qbsdam, 1155. Siligo vel Selega vulgo, 1151. Siliquastrum pl., 1153, 1154. Sinapi horten. 1156. Sinapi syl., 1157. Sion qbsdam, 1158. Sion cratevae, 74, 1159. Sion cratevae Odonis, 847. Siringa vulgo, 1161. Sisiringhium Theoph., 1164. Sison, 1160. + Sison aliquibus, 1158. Sisymbrium qbsdam, 1162. Sisymbrium alterum, 847, 1163. Smilax hortensis, 1165. Smilax laevis, 1166. Smilacis laevis species, 848. Smilax aspera, 1167. Smilax vel Taxus, 1215. Smirnium Diose., 114, 644. Smirnium qbsdam, 1168, 1169. Solanum halicac., 536. Solanum hort. nig., 1171. Solanum hort. luteum, 1172. Solanum somnif., 1170. Solanum maius, 1173. Soldanella, 207. Solfanelli vulgo, 683. Solidago sarac., 1178. Sonchus laevis, 1174. Sonchus aspera, 1175. Sonchus ramosa vel arborea, 1176. Sonchus laevis minima, 1177. Sorbus, 1179. Sorbus syl., 1181. Sorbus torminalis, 1180. Sorgi vel Sorgo, 776. Sovero vulgo, 1208. Sparganium, 1182. Spartium vel Genista, 488. = 876= Spatula foetida off., 1347. Sphondilium, 1183. Spica vulgo, 1200. Spica Inda, 843. Spica Celtica, 844. Spicae species germ., 1200, 1201. Spina alba, 12. Spin bianco vulgo, 900. Spine di San Francesco, 436. Splith vulgo, 483. Squilla rub. off., 911. Squilla vulgo off., 1101. Stachis, 1184, 1185. Stachis syl., 1186. Staphusagna, 1187. Staphylodendron pl., 968. Staphis agria, 1187. Stanca bo vel Stanca cavallo, 535. Stellaria vulgo, 40, 326. Sternutatoria, 1002. Sticados arab. off. 1199. Sticas citrina vel Sticas montana, 417. Stirax, 1203. Stirax qbsdam, 1202, 1204. Stoebe, 1188, 1189, 1190, 1191, 1192, 1193, 1194, 1195, 1196, 1197, 1198. Stoebe spinosa, 1198. Stoecadis species, 1200, 1201. Stoecas, 1199. Storace vulgo, 1203. Strotiotes millef., 771, 772, 773, 1205. Strologia vulgo, 139. | Struthium, 1206, 1207. Suber, 1208. Suore vulgo, 232, 537, 175. Sumach vel Sumachium off., 1041. Sycomorus vulgo, 680. Symphitum petreum, 1213, 1233. Symphitum 2.", 1209. Symphiti species, 1005. Symphiti species qbsdam, 1210, 1211, 1212. T Taglieri vel Taglieracci vulgo, 852. Tamarix vel Myrica, vel Tamariscus off., 816, SIT. Tanacetum, 1214. Tarassacon Avic., 286. Tasso vulgo, 118. Tassus barbassus off., 1301, 1302. Taxus vel smilax, 1215. Teglia vulgo, 1237. Telephium, 1216. Telephium qbsdam, 1217. Teombrotion pl., 1218. Terebinthus, 1219. Terebinthus Indica Theoph., 968. Testiculus canis, 350. Testiculus sacerd., 283. Testiculus vulpis, 350. Teucrium qbsdam, 1220. Thalictrum qbsdam, 483, 1222. Thapsia qbsdam, 1223, 1224, 1225, 1226, 1227, 1228, 646. Thapsia bonon. 645. Thapsia vera, 1229. + Thlapsi, 1231. Thymaela, 1230. Thymum alpinum minus, 1235, Thymum alpinum maius, 1236. Thymum hortense, 1232. Thymum montanum gbsdam, 1233. Thymum sativum, 1234. Tilia qbsdam, 1237. Tinus pl., 1238. Tithymalus, 1239, 1240, 1241, 1243, 1244, 1245, 1246, 1247, 1248 1249, 1250, 1251, 1252. 1253, 1255, 1256, 1257, 1258, 1269, 1261, 1262. Tithymalus characias, 1239 Tithym. myrtites, 1240. Tithym. paralius, 1241. Tithym. elioscopius, 1242. Tithym. cypariss., 1243. Tithym. Dendroides, 1244. Tithym. platiphyllos, 1245. Tithym. Pitiusa, 1260. Tithym. latyris, 1246. Tithym. Peplos, 1248, 1249. Tithym. Peplis, 1252. Tithym. peplios species, 1247. Tithym. chamaesye. 1253, Tithym. species, 281, 1250, 1251, 1254, 1255, 1256, 1257, 1258, 1259, 1260, 1261, 1262. Tordilium vel Seseli creticum, 1136. Tormentilla alba, 428 — 377 — Torment. maior, 427. Torment. minor, 425. Tortorella vulgo, 1216. Tostone vulgo, 882. J'racacantha, 1270. Tragium qbsdam, 395, 966, 1093. Tragopocon, 1263, 1264, 1265, 1266, 1267, 1268. Tragopocon qbsdam, 1269. Tragoriganum, 1271. Treplese vulgo, 163, 164, 165, 166, 167. 168. Tribulus Terrestris, 1272. Tribulus aquaticus, 1273. Tricomanes, 1274. Trifolium verum, 1275. Trifolium Asphaltite, ibid. Trifolium bituminosum ibid.” . Trifolii species 752, 753, 754, 755, 756, MD, 1137, 1276, 1277, 1278, 1279, 1280, 1281, 1282, 1283, 1284, 1285, 1286, 1287, 1288, 1289, 1290, 1291, 1292, 1293, 1294 Trifolium acetosum vel Alleluia vulgo, 1294. Trifolium pratense, 1277, 1278, 1279, 1280, 1281, 1282. Trifolium syl, 1292, 1293. Trinitas vulgo, 1291. Triorchis qbsdam, 359, 370. Tripolium qbsdam, 187. Trissago, 776. Trissago qbsdam, 1220. Triticum syl., 283. Triticum Triangulare, 463. Turbith qbsdam, 1261, 1262. Turca herba, 235. Tussilago, 179, 1295. Tunium vel Tunia, 1296. Typha maior, 1297. Typha minor, 1298. V. Valde bona alba, 91, 1299. Valde bona nigra, 92, 1300. Valeriana, 950, 951, 952. Valeriana falsa, 953. Verbascum cor. vel syl., 1306. Verbascum foem. vel Nigra, 18302. ANNALI DI BoranICA — Vou. VII. Verbascum mas vel Album, 1301. Verbascum minus, 1305. Verbascum odoratum, 1303. Verbascum vulgo, 1305. Verbasci species, 1304. Verbenaca, 302. Verbana qbsdam vel peristerion, 1307. Verbenaca supina, 1803. Vermemtach vulgo, 422. Vermicularis, 1111, 1112. Vermicularia marina qbsdam, 243. Veronica vulgo, 1309, 1310. Verrucaria, 567. Veteca vulgo, 1074. Vicia sativa, 109, 1317. Vicia syl., 1812, 1313, 1314, 1315, 1316. 1518. Viciae species, 107, 108, 109, 890. Vinca pervinca, 310. Vinci bosco, 940. Viola alba, 1320. Viola alba duplex, 1320. Viola arborea, 1329. Viola coer., 1321. Viola Jovis, 400. Viola lutea, 1323. Viola matron. vel usualis, 1326. Viola purp., 15319. Viola rubra, 1322. Viola sublutea, 1325. Viola subpurpurea, 1324. Viola usualis, 1327. Virga pastoris vulgo, 402. Viscum minus alpinum, 1330 Viscum maius alpinum, 1331. Viscum quercinum usuale, 1332. Vitex vel Agnus, 1333. Vitex altera, 1384. Vitalba vulgo, 1387. Vitis alba, 208. 1336. Vitis coer., 848. Vitis nigra, 1340. Vitis syl., 1359. Vitis syl. altera, 1338. Vitis syl. species, 1887, 1841, 1342. Vitis vinifera, 1335. Vitriola vulgo, 569. Ulmus, 1811. Umbilicus ven., 333. Unedo, 126. 24 Unghia cavall., 1295. . Ungula caball., 179, 1295. Volubilis maior, 1166. Volubilis minor, 570. Urceola, 569 Urtica vulgata, 1344. Urtica romana, 1345. Urtica mortua, 172, 627. Usnea, 783. Uva Ursi gal., 188, 901. Vulpis cauda, 48. | Vulvaria, 1343. x Xanthium vel lappa minor, 1346. Xiphium, 520. — 578 — Xiphii species qbsdam, 607 Xiris, 1347. Xiridis species, 20, 607. Ve Yasmes, 618, 619. Z. Zaffrano vulgo, 338. Zaffrano salvat., ibid Zaffrano saracinesco, 313. Zizipha, 609. Zucca salvatica, 316. Per avere ora una idea esatta della costituzione dei due erbarii e nel medesimo tempo per fare un esame della perfetta analogia tra i due erbarii, dispongoi nomi contenuti nei due indici secondo i numeri segnati a fianco i quali indicano il numero progressivo degli esemplari nei due erbarii. Dispongo perciò tre colonne: nella sinistra pongo i nomi dell’indice dell’erbario C, in quella a destra i nomi dell’indice dell’erbario B, nella intermedia pongo i nomi linneani delle piante cui si riferiscono i nomi delle colonne late- rali dedotti, ben inteso, dall’erbario B. — 379 — ‘mmmapniaooqus wnuo090Uf9 WNYIUO.YW 3 ‘edo i munque eA “quod tunqruooy ‘i tunt090004] TwNZIUOIY OT ‘TAs SOULDV QT 'VUIZUOTO] VJUOT{ 14¥S SOUTOY FT "HO BsOJOOW EI ‘umqqe ‘ufo wngruooy eT L ‘1007 Gf} ‘eque ‘gone[egguroy ‘wepsqb wuniggueoy ZT ‘As snyjuvoy :02750/ mg IT ‘ejOLOPOT + VUISIN vOUBIG {BATES SNYZUBOV TI ‘Ts snqgueoy fsouvoy oT OTH Udy: 6 ‘isqoni wniyqudsqy 8g uniyditos «ummgditog umigguXsqy Sur wuniyguAsqy ‘unigditog ‘unigduoeg wnmpufsqy Sure wuniqguAsqy “WUNOTUOJUBY ‘Jo tnoraozueg ‘’uogues *urufsqy ‘tumore wnrqgufsqy 9 "OY unigpufsqy 02750/ mms i‘guod wniqzufsqy gq ‘OS[NA OUOJOIG ‘set WINUOJOIQYW PF "MeOJ WNUOFOIQY @ ‘UI903 SOIC VY G ‘SVU SOIQV I ‘ONIII UNNIOA ‘q Neqiq eurdg pe be ‘que ‘49 10g umurgnfoa wurarydpeq ‘yogq umutgnfoa wuniutgd[e(q TT wnuogo09£[ tinqIuooyw “TI 9001 SAYIVIS "TI SIPWIA eQZuoT{ I BEDI “0ugge[d “yw o ‘YT o1gsodugo 1007 "] su[eydavo1eeyds sdouryog I si[owr snqgueoy TT SI[BIQIS[OS tommezuog ‘UPLOVY) OVUUBOIAW UO[1ZNY 7 vrydos twniaqwuAstg ‘TT suodSaTN41900 VISTULOJAW ‘TT SU9DSETNAIG09 VISTULO}LW ‘TT SUedSe[NA900 BISTUOZIY "Ty WNIYAUISGY VISTUOZIYW "T vyeroydurso eistueyry ‘T snsstivdAovmeyo eurpogueg TIEN Bq[e sorqy THIN Bq[@ sorqy ‘Ipengge TUION ‘UINUOJZDOUAD BAIS WNUOJZDODAT WINYUODW 9] ‘os[MA enredar {uno -1yU0g 9AIS Wnq]¥’ WouoZDo0dA]T UINYTUODW pT ‘VUIJUOLOY ZU ‘e]/1qued equa] ‘SOUTOV QT ‘1907 PT *S1I93S0A[IS SNYZUBIW GI *vjOLopod ‘CUISIN BOUBIG ‘BAIGRS SNYZUBOY ZI *SOUvOYV TT “OVUMODTAYW UOoTIgNGV OT ATSTOU VITI TRO VG ‘mnTYydi19G OAIS WHUIIBUL WUNIYZUISQY 8 “UINDTT] VO OATS WMOTMOJUS WUNIYZUISQY 2 ‘UNOL] [VS OATS WINOTUOZUES WWHIYQUISGY 9 ‘UNUBUIOL OATS wINOIguod winITZuISQY Q "BUIULOOT UMUEZOIQY F ‘seu TINUBIOIGY e “BUIULOF SOIQYV G ‘Ss BUI SOY J ‘O oreqaay ter. — 380 — “BOOT "BOOT VW BOOT V “BOOT VW “BOOT V ‘gore dun 68 86 LE 96 E eqieH ‘fere[fopueo i osor(f e00]y ‘8807 FF ‘200]7 "8097 ‘MUTI UMATAT9duIAg SUMUITVUL UNpES ‘Iggo[e nos 1789 ‘I]89]V ‘TUN WIMATATOdUTIG ‘ UNUTIVUI tUNpog ‘Imeo]e nes VM ‘ITMo[y "UNUTIBUI TUNATATOdUTOS | tuMmUTIBTI UMPOg ‘UNUTIBUI TMATATOdWIOK ‘UNULIgUI tunpog ‘ipeo]e nas [VQ ‘ITRo[w MUNULIVUL WN ATALOd eS | am UTI tam pog SOOT, gISIU BISUD fIpeo]e nes 18) ‘ITRo]y ‘sou wntaoyedny {yo eqRiogdue9) ‘i tun9qeioSy ‘stdor]39y *SOUTOI] ‘BONGS “0 ‘eongso,;] ‘somorg ‘’morq [oa sdojASey ‘maia tunuetpy “wna «TU ‘UeA snyIdeg fsnurur wnqpe wngueIpy BLIBINUE BUI {ONT VEVGIFIX «eg f-qye ‘uoA sn[ideo fumqpe tunguerpy ‘soroods stpraty ‘tungea na wnaooy ‘mumajnaooo ‘ufo umqyIuooy CH TE “ABO BIBISISV] “IVA TT VdoTV BALI "I vyeqosou BA[EN ‘I BIVOSOU BATBTN "JT BOOTV BAIEN I Bao[v BATEN *T eurquuugo BoByyLY ‘TT WUINUOIT]Z SNOSIQUIT TT TUNUOTIZ SNOSTQTTT ‘TUN BUITZIIVUI BpowNng ‘TT Bpos V[OS]eS ‘TT- T[B3 BLOSTBS ‘T Bpos Blos[eg ‘TE BSOOIZNAT VIULLOOI[TVG TT umzeIesEe VOT[ITOV ‘TT BoquosIe BIATVS TT 8984 -0 ‘OV 99 ‘AY ®IVISTIVIIZ Sdo[ASoVy *T sueusA sniidvo wngaviIpy “OUTA -OIS ‘YT eran eni wntuse[dsy ‘oupe "T VIUVANU BNI tintTus|dsy ‘Ty snioogpnosd sity ‘ue wunyepnorued tingruooy ‘89017 08 “BOOTY 66 ‘80017 8G "BaTV 28 ‘80017 9G ‘snqtubrye resp * wwepsqb ITexry #3 ‘sep wnrroged «nq ‘gro[[I]qoy yo vyvtoydursg ‘tunquiedy og ‘stdofyqoy Ez ‘sdo[ASoy C6 ‘SIIOUOA sn]pideo ‘tunisia WNZURIPY TZ ‘uepsnqmb eSerjixeg ung wnzueIipy 0g ‘soroads sIpraty ‘stIaRS[na snaooy 6] ‘ume nI909 puije uotro79094[ uno. gI ‘uod£[y :02250/ ms ‘uod“[y nos vidAty 79 "IMITA wusssTy 09 “Tug tunass£ATy 69 ‘uepsqb wnssA[y gg ‘u8psqb wunssApy 7g ‘uepsqb wnssA]y 99 ; 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Il materiale, illustrato nelle pagine seguenti, apporta un contri- buto rilevante alla briologia messinese, che sarebbe stato anche mag- giore se pochi mesi or sono il Bottini non avesse pubblicato un im- (1) Non è dire quali difficoltà presentino allo studio queste piante, e special- * mente alcune forme di muschi, quando non portano gli organi di riproduzione bene sviluppati (e alcuni non li portano mai!); difficoltà spesso insormonta- bili anche da briologi provetti e che possono fare disanimare uno, che tale qua- lità non vanta e non disponga di materiale di confronto abbondante ed esat- tamente determinato. Appunto per evitare il più possibile ogni errore ho curato sempre di far rivedere tutte le forme, per me dubbie o indeterminabili, da briologi di indi- scussa competenza, come può riscontrarsi nei miei saggi briologici già pubbli- cati; però anche questo sistema non elimina completamente ogni errore; di- fatti alcune forme, che il Roth aveva determinato o confermato nella deter- minazione, che io ne aveva fatta, dietro un ulteriore esame, fatto da me stesso o dietro esame fattone dal dott. Bottini di Pisa, debbonsi riferire a varietà o specie differenti e anche alcune specie nuove, istituite dal Roth, sono peranco dubbie, e talune, dietro accurato esame, sono da ritenersi sinonime di altre. Or, poichè l'interesse della scienza è superiore a qualsiasi altro interesse, credo doveroso, prima di intrattenermi delle specie, che apportano nuovo contri- buto alle conoscenze briologiche del messinese, esporre le forme da emendare o dubbie della mia 2? contribuzione, della maggior parte delle quali sono del tutto irresponsabile, non essendo state determinate da me, come ho espressamente — 450 — portante lavoro di briologia sulle isole italiane (1), ove, specialmente . per la parte che riguarda la Sicilia, figura largamente il materiale raccolto e speditogli da me stesso. Quello, di cui mi occupo in queste pagine, comprende oltre mille esemplari, raccolti fino a tutto l’anno 1907 nel messinese e specialmente nei dintorni di Messina, di Taormina e di Francavilla; non ho creduto di pubblicare certe forme di Bryum, di Philonotis e di Amblystegium, di cui alcune si- curamente nuove per la scienza, seguendo in ciò il consiglio, da- tomi dal dott. Bottini, onde raccogliere altro materiale possibil- mente fertile o almeno più abbondante e idoneo per un esame esau- riente. Tutte le forme anomale e che potevano dar luogo a qualche dubbio ho fatte determinare o controllare tanto dal Roth che dal indicato nel contesto del mio lavoro suddetto: Gymnostomum involutum Roth nova species, è sinonimo di Trichostomum crispulum Bruch var. elatum Boul.,. giusta quanto mi avverte il Bottini e quanto io stesso ho verificato; essa di- fatti ha le capsule con peristomio; Pottia cuneifolia Solms. L', determinata da Roth, è P. commutata Limpr ; Tortula Vahliana (Schultz) D Ntrs.: questa cattiva specie devesi riferire a 7. muralis Hedw., della quale meglio sarebbe considerarla come varietà; Hissidens adiantoides (L.) Hedw., esemplare sterile da. riferirsi all’affine F. decipiens D Ntrs.; Webera Zoddae Roth nova sp. è sinonimo. di Mniobryum calcareum Warnst., sebbene il Bottini, come mi avverte il Roth insiste nel ritenerla specie distinta perchè la capsula è pseudo-faneropora, mentre nel Mn. calcareum è criptopora; Bryum marginatum Schimp., deter- minato dal Roth, è una forma robusta di B. atropurpureum Aut; e lo stesso dicasi per B. Mildeanum Iur.; Bryum Bomanssoni Lindb., determinato dal Roth, è una forma nuova per la scienza di B. murale Wils., che descriverò in un ulteriore contributo, come forma minor, (vedi Appendice) dopo che avrò raccolto materiale completo e più abbondante; B. obconicum Hornsch. è la var. platyloma Schp. di B. capillare L.; B. siculum Roth nova species è identico al B. splachnoides di Creta, scoperta importante per la briologia italiana secondo il Bottini, ma il Roth mi scrive sostenendo la differenza fra le due specie di Sicilia e di Creta; Mnium rostratum Schrad. e Mn. Seligeri Jur., determinato dal Roth, da riferirsi alla var. denticulata di Mnium affine Bland., descritta recentemente (1906) da Warnstorf e nuova per tutta l’Italia; Brachythecium rutubulum (L.) Br. eur. v. apuanum Bott., determinata dal Roth. è secondo il Bottini, la var. flavescens della medesima specie; Scleropodium Ornellanum Mol. determinata da Roth, è una forma nuova per la scienza descritta da me in questa stessa contribuzione. (Scleropodium Illecebrum Schwigr v. spininer- vium Zodda); Isopterygium depressum (Bruch.) Mitt. è I. elegans (Hook.) Lindb., specie nuova per la Sicilia e molto più rara della prima. Delle forme, sopra ricordate, da emendare, quattro sole, raccolte sterili, tranne Z'ortula Vahliana, erano state determinate da me e la determinazione era stata confermata dal Roth. (1) Borrint. — Sulla briologia delle isole italiane in Webbia; vol. II; Fi- renze 1907. — 451 — Bottini, e le poche modificazioni che l’uno o l’altro dei prelodati briologi ha portato alle determinazioni da me fatte, saranno rile- vate volta a volta nel contesto del lavoro. | Che questa contribuzione abbia una certa importanza lo si de- sume dal fatto che vi si trova la descrizione delle seguenti forme nuove per la scienza: Anomobryum juliforme Solms L. f. strictiuscula Zodda. Bryum murale Wils. v. subdenticulatum Roth ; Bryum murale forma minor Zodda. Scleropodium Illecebrum Schwigr. v. spininervium Zodda (e forma. scabridum Bottini) ; Eurhynchium hians Jaeg. et Saner. forma flagellare Zodda. Rhynchostegium rusciforme Br. cur. v. turgescens Warnst. f. minor Bottini. Amblystegium Kochii forma maior» Bottini. Un numero rilevante di varietà e di specie mi risulta nuovo per l’Italia, fra cui qualche specie è singolarmente importante. Ri- cordo fra queste forme Dicranella varia f. callistoma e var. tenella, Didymodon sinuosus, Fissidens incurvus f. minor, Bryum alpinum v. viride, Mnium affine f. denticulata, Philonotis marchica v. lara, Ho- malothecium sericeum v. piliferum, Eurhynchium Stokesii v. robustum, E. Swartzii v. robustum, Drepanium cupressiforme v. lacunosum. Da segnalarsi più delle altre Didymodon sinuosus, sulla natura del quale i briologi non sono di accordo, ritenendolo alcuni come uno stato patologico della Barbula vinealis v. cylindrica (Jaratzka, Boulay) ed altri come specie distinta, senza peraltro essere concordi sul ge- nere a cui riferirlo; difatti per Wilson è una Dicranella, per Lind- berg un 7richostomum, per Mitten una Tortula, per Schimper un Didymodon, per Limpricht una Barbula. E importante è anche la scoperta per l’Italia della var. denticulata di Mnium affine, istituita nel 1906 da Warnstorf e propria della Germania settentrionale e la v. lava di Philonotis marchica, propria di regioni più settentrionali. Le forme di muschi nuove per la Sicilia e ricordate in questa contribuzione sono 37 e quelle delle epatiche 3. Eccole: Gymnostomum calcareum var. intermedium, Gyroweisia tenuis tipo, Weisia viridula var. stenocarpa, Rhabdoweisia fugax, Di- cranella Schreberi?, Ceratodon chloropus, Didymodon tophaceus f. ela- to-lingulata e elata-acutifolia, Trichostomum mutabile v. cuspidatum © v.cylindricum, Aloina rigida, Barbula wnguiculata var. brevicaulis, B. convoluta var. commutata, Tortula cuneifolia var. spathulaefolia e var. marginata, Dialitrychia Brébissoni, Fissidens Warnstorfi, Cinclidotus — 452 — riparius, Schistidium. apocarpum f. subepilosa, Grimmia pulvinata var. robusta, Rhacomitrium canescens, Rh. sudeticum, Encalypta con- torta, Entosthodon fascicularis, Mniobryum albicans e var. angusti- folium, Bryum alpinum var. mediterraneum, B. gemmiparum, Bra- chythecium rutabulum v. densum e var. colza Scleropodium Il- lecebrum var. minus, Eurhynchium circina tum f. attenuata, Rhyn- chostegium rusciforme var. inundatum. Rhynchostegiella tenella var. meridionalis, Amblystegium irriguum tipo e var. spinifolium, Dre- panium cupressiforme var. tectorum e Clenidium molluscum var. con- densatum e le epatiche Cephalozia divaricata, Aploziapumila e Me- sophylla odovata. Di alcune delle forme surricordate si conosceva per la Sicilia qualche varietà, ma non ancora il tipo, tali Gyroweisia tenuis e Am- blystegium irriguum. Altre erano conosciute per territori circostanti alla Sicilia e non per quest'isola, così Ceratodon chloropus, le due va- rietà di Didymodon tophaceus, Aloina rigida, Barbula convoluta var. commutata, Dialytrichia Brebissoni; Rhacomitrium canescens, Ento- sthodon fascicularis, Mniobryum albicans, Brium gemmiparum, Scle- ropodium Illecebrum var. minus, Eurhynchium circinatum f. atte- nuata, Rhynchostegiella tenella var. meridionalis, ed altre d’impor- tanza minore. Altre hanno nella Sicilia l’estremo limite meridionale così Rhab- doweisia fugax, Dicranella Schreberi? Didymodon spadiceus, Cincli- dotus riparius, Rhacomitrium sudeticum, Bryum alpinum var. me- diterraneum e var. viride, Amblystegium irriguum var. spinifolium e le tre epatiche sopranominate. Altre infine sono mediterranee ad area geografica molto limitata così Tortula cuneifolia var. marginata della Sardegna, Fissidens Warnstorfi del Napoletano, Séhistidium apocarpum f. subepilosa del- l’Italia centrale, Mniobryum albicans var. angustifolium della Cam- pania ecc. Le seguenti ventotto forme sono nuove per il messinese: Hyne nostomum tortile, Ceratodon purpureus, Didymodon tophaceus var. brevicaulis e var. acutifolius, Pottia minutula, Trichostomum crispu- lum, v. elatum, T. mutabile, T. nitidum, T. viridiflavum, Aloina aloi- des, Tortula atrovirens, T. inermis, T. montana, T. ruralis v. densiretis, v. ruraliformis, Rhacomitriwm lanuginosum, Orthotrichum anomalum, O. stramineum, Funaria hygrometrica v. calvescens; Bryum atropur- pureum v. dolioloides, B. alpinum, B. capillare tipo, Fontinalis Du- riaei, Camptothecium aureum, Brachythecium salebrosum, Amblyste- gium irriguum v. tenellum, Cratoneuron filicinum e fra le epatiche Pellia epiphylla e Clevea Rousseliana. — 453 — Col materiale illustrato nelle mie due note sul messinese già. pubblicate (1) e in questa, ho raccolto molti dati per la geografia briologica di questo distretto, ma aspetto per pubblicarli che esplori alcune limitate contrade di esso, specialmente sul versante tirrenico, così la penisola di Milazzo, il bacino del Muto, del Mela ecc. Quando anche questi tratti avrò potuto esplorare, allora potrò affermare di conoscere minutamente tutto il distretto e di poter parlare con una. sicurezza maggiore di quanto potrei oggi. EPATICHE. IUNGERMANNIACEAE ACROGYNAE. 25. Frullania dilatata D.M. Sopra rupi filladiche: Itala verso 500 metri di altezza, in aprile 1907, con colesule. 3. F. Tamarisci D.M. Sin dal novembre 1904 non mi era riuscito di rinvenire questa specie, che nel messinese sembra più rara delle congeneri. La rac- colsi finalmente in luoghi scoperti montani su suolo siliceo, sopra la foresta di Camaro a circa 800 m. in aprile 1907, colesulifera. 4. Radula complanata Dell. f. propagulifera Iack. Rupi laviche a Francavilla sicula dietro il Castello a circa. 350 m. sul mare, in novembre 1907. i 5. Scapania compacta (Roth) D. M. Oltre che di nuove stazioni, attorno a Messina, come Spartà, Tarantonio, Campo Inglese, valle dei Corsari e del Tono, Annun- ziata, S. Rizzo ecc., ne ho anche esemplari di Itala, raccoltivi da me stesso a circa 600 m. di altezza in aprile 1907, fruttiferi. Se questa specie può ritenersi, come altra volta scrissi (2), fra le più comuni nel messinese, d’altro canto pare che divenga rara o manchi del tutto procedendo verso il sud dell’isola. Così non potei rinve- nirla, per esempio, sui Nebrodi, nè nella vallata dell’Alcantara, nei dintorni di Francavilla, di Kaggi e di Motta Camastra, che esplorai in epoche differenti, nè ancora in quelli di Taormina. Evita i luoghi (1) Zoppa. — Le briofite del messinese. — Contribuz. I, in Atti Accad. Da- fnica, Acireale, 1905; Contribuz. II, in Annali di Botanica, anno 1907. (2) Le briofite del messinese. — Contribuz. II, in Annali di Botanica, 1907. pag. 260. MINE n PE we ni Puch è. — 454 — eccessivamente calcarei; del resto trovasi tanto sull’ hwmus quanto su suolo arenoso-calcareo. 32. Calypogeia arguta Mont. et Nees (= Cincinnulus D.M.). Sterile sulle rupi silicee umide ed ombreggiate: Messina alla Foresta di Camaro a 500 m. in aprile 1907. 33. Cephalozia bicuspidata (L.) D,M. Fruttifera; sulle rupi filladiche umide: Itala da 300 a 600 m. in aprile 1907. 67. **C. divaricata (Sw.) Heeg. Sterile, sulle rupi umide filladiche: Itala, 300 m. in aprile 1907; Messina a Tre Monti, 200 m., in marzo 1907, nelle macchie di Erica arborea sempre commista ad altre epatiche. L’esemplare di Itala è stato determinato dal chiarissimo prof. C. Massalongo. 35. C. Turneri Lindb. Nelle macchie su suolo’ siliceo: Messina a Tre Monti, 250 m., in marzo 1907 con colesule. Il chiarissimo prof. C. Massalongo mi avverte che la Cephalozia dentata, citata nella mia 2 contrib. per briofite messinesi e determinata da lui stesso, devesi riferire a C. Tur- neri; similmente che la C.-Bryhnii, anche da lui stesso determinata, è invece Dichiton calyculatus. 39. Lophocolea heterophylla (Schrad.) D.M. Sulle rupi filladiche umide: Itala (300 m.) in aprile 1907 sterile. 45. Lophozia turbinata (Raddi) Steph. Fra le epatiche più comuni negli stillicidi su suolo calcareo, ma non mancante sulle rupi gneissiche, sulle pegmatiti ecc. Può dirsi comune ovunque attorno a Messina dal mare ai monti fino a 700 m.; difatti oltre che nelle località, già nei miei lavori prece- denti ricordate, l’ho raccolto a S. Rizzo sul gneiss a 350 m., a Ta- rantonio su suolo calcareo da 100 a 300 m., alla Pietrazza, 100 m., su suolo marnoso-calcareo e su terreno della medesima natura fra Camaro e Bordonaro a S. Anna, a 400 m., ancora sulla pegmatite ad Annunziata sotto M. Cicci da 200 a 400 m. di altezza ecc. Più discosto da Messina trovasi a Itala, verso 200 m. sulla fillade e da Scaletta a M. Scuderi a 700 m. Fruttifica abbondantemente ovunque per tutto l'inverno sino ad aprile. 45. Aplozia riparia (Tayl.) D.M. Con colesule; negli stillicidi lungo il torrente Itala a circa 300 m. in aprile 1907. ie Rae A455. — 68. **A. pumila (With.) D.M. Esemplari scarsissimi e sterili sulle rupi umide di fillade; Itala a circa 600 m. in aprile 1907. È specie assai scarsamente diffusa in Italia, essendo nota soltanto del Tirolo, della Lombardia e della Corsica; i due esemplari, da me raccolti e determinati, sono stati controllati dal chiarissimo epatologo K. Miiller. 8. Gongylanthus ericetorum Nees (— Calypogeja). Nelle macchie su suolo siliceo a Itala, 600 m., con colesule in aprile 1907; abbonda nel territorio di Messina anche sul versante tirrenico; così trovasi al Tono, Spartà, Tarantonio, Castanea e altrove. 46. Mesophylla hyalina’ Corb. v. gracillima Schiffn. Negli stillicidi su suolo siliceo, commista alla forma tipica: Itala 300 a.500 m. in aprile 1907 sterile. Nella mia II Contribazione allo studio delle briofite del mes- sinese, per un /apsus calami scrissi M. crenulata invece di M. hyalina. 69. **M. obevata (Nees) Corb. Sulle pareti umide delle rocce schistoso-cristalline lungo il tor- rente Tarantonio a circa 150 m. sul mare in aprile 1907; pochi esemplari sterili, che spedii per controllo al chiarissimo K. Miiller, il quale confermò la determinazione, da me fattane. Specie nuova per la Sicilia e conosciuta per l’Italia dalla Lombardia, dal Piemonte, dal Veneto, dal Trentino e dalla Toscana. 47. Southbya stillicidiorum (Raddi) Lindb. Questa specie, che mostra indole calcicola evidente, non è esclusiva dei muri o del suolo fortemente calcareo, ma si rinviene anche su suolo ove il calcio per lo più trovasi in una percentuale debole, così l'ho raccolta sopra il gneiss presso Messina a S. Rizzo- | verso 400 m.; su suolo arenoso calcareo a Tre Monti fra 150 e 200 m.; sulle rupi arenarie eoceniche presso Francavilla sicula a S. Paolo a 400 m. in luglio 907 e altrove. Attorno a Messina è diffuso dal mare fino a 700 m.; nè manca sulle marne plioceniche fra Camaro e Bordonaro (200 m.), sulle quali si contiene dal 70 all’80°/, di calce. Incomincia a fruttificare in dicembre e termina al piano in feb- braio, sui monti in aprile. 70. Alicularia scalaris (Schrad) Corda. Margini dei campi sui colli marittimi su terreno di trasporto Messina a Castellaccio a circa 100 m. in dicembre 1908 con cole- sule. Questa specie non figura fra le messinesi nei lavori più recenti, — 456 — ma era già stata scoperta dal Nyman nei dintorni di questa città (1) sin dal 1844. 48. Marsupella emarginata (Ehrh.). D. M. v. Mrvor mass. Sugli stillicidi su terreno filladico: Itala fra = e 500 m., in aprile 1907 con colesule. IUNGERMANNIACEAE ANACROGYNAE. 1. Fossombronia angulosa (Dicks) Raddi. Ricordo ancora questa specie, comunissima in tutto il mes- sinese, per averla raccolta sui muri umidi della Cittadella, imme- diati al mare, mostrando una resistenza agli effluvii salini del mare. 52. Blasia pusilla L. v. gemmifera Nees. Sulle rupi umide filladiche lungo il torrente Itala, 400 m,, in aprile 1907. 71. *Pellia epiphylla (L.) Corda. Sugli stillicidi su terreno siliceo: Messina alla Foresta di Ca- maro fra 300 e 400 m. con frutti in marzo 1907; Itala fra 200 e 300 m. con frutti in aprile 1907. 96.54. P. Fabroniana Raddi. Stillicidi su terreno calcareo: Tarantonio presso Messina a 200 m. in aprile 1907 con frutti. MARCHANTIACEAE. 56. Marchantia paleacea Bert. Stillicidi su suolo calcareo: Itala da 300 a 500 m. in aprile 1907 in esemplari maschi e femmine. La stazione, nella quale scopersi questa specie per la prima volta (vedi la mia Contribuzione II per le Briofite del messinese) appartiene idrograficamente al medesimo bacino di questa, ma ap- partiene alla regione montana, essendo alta circa 1000 m. sul mare. 13. Reboulia hemisphaerica (L.) Raddi. Sulle rupi filladiche .umide: Itala, 300 m., con frutti in aprile 1907. (1) Observationes in Floram siculam quas itinere anno 1844 adnotavit C. F. Nyman in Linnaea, B. XVIII, p. 663; Halle, 1844, Potei consultare questo lavoro nella Biblioteca del R. ee Botanico di Palermo. — 457 — 72. *Clevea Rousseliana (Mont.) Leitg. Sulle rupi arenarie a Francavilla sicula dietro il Castello 350 m. con colesule in novembre 1907. È la prima volta, in cui questa specie viene osservata nel mes- sinese e la terza nella Sicilia. Il Sommier la rinvenne anche nell’i- sola di Linosa (1). 57. Plagiochasma rupestre (Forst.) Steph. — (P. italicum De Ntrs). Sopra gli schisti cristallini ai Molini di Camaro a circa 300 m. in aprile 907 con frutti (2). 19. Targionia hypophylla Raddi. Sulle rupi umide : Itala a 300 m., con frutti in aprile 1907 È da considerarsi come specie xerofila comune nella regione marit- tima e collina in tutto il messinese, sebbene non l’abbia ancora rinvenuta nella valle dell’Alcantara; trovasi pero al di la di questo ‘ fiume in territorii facienti parte del distretto etneo. 21. Corsinia marchantioides Raddi. Sulle rupi filladiche umide: Itala da 300 a 400 m. in aprile 1907 con frutti. Attorno a Messina è comune ovunque anche sul versante tirrenico. 60. Riccia Gougetiana Mont. Nei pascoli lungo il torrente Itala fra 400 e 500 m. in aprile 1907 62. R. commutata Jack. Nei pascoli aprici: Itala a 600 m. in aprile 1907; attorno Mes- sina è comune su tutti i colli, specialmente in quelli rivestiti di mac- chia; evita i terreni fortemente calcarei. 63. R. commutata Jack v. acrotricha Lev. Nelle macchie su suolo siliceo: Itala (400 m.) in aprile 1907. Ama i luoghi molto ombreggiati e umidi più che il tipo e più di questo rifugge dai terreni calcarei. 65. Anthoceros punctatus L. v. Husnoti. (Steph.). Sulle rupi umide: Itala a 700 m. in aprile 1907 con frutti. 66. A. dichotomus Raddi. Negli stillicidi: Itala a 600 m. in aprile 1907, con frutti. (1) K. MùLLER — Die Lebermoose in Rabenhorst’s Krupptog-Flora, vol. Vi; p. 343. | i (2) Per l’identità di P. rupestre e italicum vedi MULLER, Op. cit., p. 254. ANNALI DI BorANICA — Vor. VII. 29 DR ii eee MUSCHI. PHASCACEAE. 80. Sphaerangium mediterraneum (Limpr.) Zodda. Sui colli marittimi, in luoghi scoperti fra le macchie e lungo i viottoli: Messina a Castellaccio, 100 m., con frutti in aprile 1907, e a Gravitelli, 250 m., con frutti in febbraio 1907. 81. Phascum cuspidatum Schreb. v. mitraeforme Limpr. Luoghi nudi sabbiosi sui colli: Messina a Castellaccio, 125 m. con frutti in aprile e in dicembre 1907. 76. Ph. rectum With. Lungo le vie campestri su suolo argilloso-calcareo a Gravitelli, 150 m., presso Messina, con frutti in febbraio 1907. WEISIACEAE. 187. *Hymenostomum tortile (Schwgr.) Br. eur. Sterile sulle rupi calcaree aride: Messina a Gravitelli a 250 m. . in febbraio 1907, in società con Crossidium squamigerum. Specie già nota per la Sicilia, ma senza indicazione speciale ; vedi Lojacomo, Primo elenco briologico di Sicilia in Naturalista Sici- liano, anno III, Estratto p. 3. 188. Gymnostomum calcareum Br. germ. Sulle rupi calcaree: Messina a Tarantonio, 150 m.,in aprile 1907 con frutti; e Giardini al Sifone sotto Taormina con frutti in marzo 1884, raccolto in quest’ultima località da Solla; sugli schisti cristal- lini: Messina alla Pietrazza (150 m.) con frutti in aprile 1907; sopra le rupi gneissiche: Messina a S. Rizzo, 450 m., in aprile 1907 anche con frutti. Il tipo è nuovo per il messinese. 85. G. v. brevifolium Schp. Questa varietà è di gran lunga più frequente della forma tipica, colla quale qualche volta trovasi commista. L’ho rinvenuta sulle rupi calcaree presso Messina a Tarantonio da 150 a 200 m. in aprile 1907. con frutti; a Gravitelli a 150 m. in febbraio 1907 con frutti in via di sviluppo; 1’ ho anche di Giardini, raccoltavi dal Solla al Si- fone, 200 m., in marzo 1884 con frutti; vegeta inoltre sulle marne plioceniche fra Camaro e Bordonaro presso Messina e ve lo raccolsi — 459 — fra 200 e 300 m. in aprile 1907 con frutti; sugli schisti cristallini alla Pietrazza presso Messina a 150 m. in aprile 1907 con frutti; sulla fillade lungo il torrente Itala, 600 m., in aprile 1907 con frutti; sulle rocce gneissiche a Messina presso S. Rizzo, 450 m., in aprile 1907 con frutti; sulle rupi umide arenoso-calcaree a Francavilla nel Vallone Torno, 500 m., in luglio 1907 sterile e infine sui muri a Merì (50 m.) in aprile 1900 con frutti e a Tre Monti, 100 m., in marzo 1907 anche con frutti. ° 189. **G. v. intermedium Schp. Pareti verticali di rupi arenarie: Messina a Scirpi, 200 m. in maggio 1907, ivi rara e localizzata. i Questa Sanna per l’Italia, era nota soltanto di Sardegna. 190. **Gyroweisia tenuis (Schrad.) Schpr. Sulle rupi arenarie: Messina a Tre Monti, 100 m.,in marzo 1907 con frutti; Barcellona a M. Lando, 600 m., in aprile 1900, anche quivi con frutti. — Per il messinese era conosciuta soltanto la nuova va- rietà schisticola del Roth, scoperta da me stesso a Mandanici. 89. G. reflexa (Brid.) Schimp. Sui muri: Meri, 50 m., in aprile 1900 con frutti, e sulle rupi calcaree: Gravitelli presso Messina, 200 m., in febbraio 1907 con frutti in via di sviluppo. 66. Weisia viridula (L.) Hedw. Comune molto su suolo siliceo nei dintorni di Messina fin sui monti più elevati; lungi da Messina l'ho raccolta nei pascoli a Castel Mola sopra Taormina, 500 m., in frutto in giugno 1906 e a Fran- cavilla sicula ai Vignari, 600 m., in luglio 1907 con frutti aperti. Questa specie sembra d’ indole silicicola preferente, non avendola ancora osservata su suolo fortemente calcareo. L’ ho di differenti stazioni, così di stazioni arenoso-calcaree come la località di Franca- villa sopra citata, quella di Castellaccio presso Messina, 100 m., e quella di Tarantonio presso Messina, 100 m., inoltre I’ ho raccolta sui muri rivestiti di terra a Tre Monti, 100 m., presso Messina; e ancora sugli schisti cristallini fra le fessure riempite di terriccio alla Pietrazza sopra Messina, 150 m., in aprile 1907 con frutti; sul- l’ humus poi nelle macchie e nei pascoli trovasi ovunque dal mare fin sopra i monti più elevati del messinese. 191. W. v. amblyodon Brid. A questa varietà distinta dal peristomio breve e pallido riferisco alcuni esemplari da me raccolti a Castellaccio presso Messina in aprile 1907, alla Foresta Camaro, 400 m., e a Tre Monti, in. marzo — 460 — 1907 e parimenti altri raccolti a Saponara-in marzo 1906 dal A dott. Campagna. 192. **W. v. stenocarpa Schpr. Sulle rupi arenoso-calcaree: Messina a Tre Monti, 100 m., marzo 1907. 64. E. verticillatum (L.) Br. eur. i Diffuso negli stillicidi su suolo calcareo: Messina a Tarantonio,. 200 m°, in aprile 1907, sterile e anche con frutti; Castel Mola a S. Ve- nera, 400 m. e a Veneretta a 800 m., in giugno 1906; in ambo i luoghi sterile; Francavilla sicula a S. Paolo, 500 m.; in luglio 1907, sterile; non manca però sulle rupi gneissiche, ove forma cespuglietti assai più piccoli che sulle rupi calcaree, così alla Foresta Camaro, da 300 a 400 m.; trovasi anche sulla fillade a Itala, 600 m., ove lo. raccolsi in aprile 1907 con frutti. 193. **Rhabdoweisia fugax (Hedw.) Br. eur. x. subintegrifolia Boul. Un solo esemplare sulle rupi umide silicee: Itala, a 500 m., in aprile 1907 con pochi frutti. — Specie d’indole montana, scono- sciuta dalla Toscana in giù. DICRANACEAE. 91. Dicranella varia Schpr. Comunissima dal mare ai monti, anche nelle stazioni aride: Nei campi su terreno argilloso, Barcellona a M. Lando, 300 m, in aprile 1900 con frutti; a Saponara con frutti in marzo 1906, raccol- tavi dal dott. Campagna; sulle rupi arenarie e sulle pareti rivestite di terra a Tarantonio da 150 a #00 m. in aprile Ot con frutti; e in moltissimi luoghi attorno a Messina. 194. **D. f. callistoma (Dicks.) Schpr. Sulle rupi filladiche umide: Itala da 300 a 600 m., con pochi frutti in aprile 1907. Questi esemplari sono stati riferiti alla presente forma dal chiarissimo briologo Roth. Gli autori italiani sembra che sì siano lasciati sfuggire questa forma, del resto poco differente dalla. tipica, poichè non la trovo ricordata in alcuna delle pubblicazioni riguardanti l’Italia. 92. D. v. tenuifolia Schp. Sui colli in stazioni arenoso-calcaree: Messina alla Pietrazza, 200 m., in aprile 1907 con frutti, e sulle marne plioceniche fra Ca- maro e Bordonaro nella stessa stagione, anche con frutti. gia 195. **D. v. tenella Br. eur. Nei pascoli montani ad Itala sotto M. Scuderi, 700 m., in ‘aprile 1907 sterile. Era stata scoperta nella Sicilia occidentale da Lojacono (1) la D. hReteromalla, colla quale questa varietà può scam- biarsi allo stato sterile, avendo, com’ essa, le foglie fortemente fal- cate, ma queste nella nostra varietà sono assai più piccole che nella D. heteromalla. 196. **D. Schreberi Schp. (?). Piccolo esemplare sterile negli stillicidi: Messina a Tarantonio 300 m. in aprile 1907. Il dott. Bottini, al quale ho comunicato que- ‘st?esemplare, mi scrive: « È una forma ambigua fra D. Schreberi e D. squarrosa depauperata che interessa raccogliere in duono stato. Le foglie hanno il reticolo, il diametro della nervatura e la denti- colazione di quelle della D. Schreberi; hanno l’acume breve, meno sottile e arrotondato all'apice di quelle della D. squarrosa ». LEPTOTRICHACEAE. 197. *Ceratodon purpureus (L.) Brid. Nei pascoli montani da Scaletta a M. Scuderi (800 m.), sterile in aprile 1907. 198. **C. chlorspus Brid. Nei pascoli montani a M. Scuderi alla Portella a circa 1000 m. «di altezza in aprile 1907 con frutti. 93. Leptotrichum subulatum (Bruch) Hampe. Specie esclusivamente silicicola comune nelle macchie sulle pareti terrose sui colli attorno a Messina, quasi dal livello del mare fino a 600 m.; l’ho raccolta anche lungo il torrente Itala sugli schisti a 600 m. in aprile 1907 con frutti; cresce inoltre sulle rupi arenarie «decomposte al Tarantonio presso Messina, 150 m. 94. Distichium capillaceum (Sw.) Br. eur. Fra le fessure delle rupi calcaree-cristalline: Mandanici a circa 1200 m. di altezza, raccolto in stato sterile in giugno 1905 dal prof. Nicotra. (1) Losacono. — Terzo elenco briologico di Sicilia in Rivista Ital. di Sc. Na- turali; anno 1890. Estratto pag. 1. OO — Appunti di briologia italiana in N. G. B.I., XXII,1890, pag. 261. DEI a POTTIACEAE. 199. *Pottia minutula (Schleich.) Br. eur. Sui colli inarittimi in stazioni arenose, nude: Messina a Ca- stellaccio a 100 m., in aprile 1907 con frutti e a Scoppo, 200 m., in dicembre 1907 anche con frutti. cae 95. P. intermedia (Turn.) Fiirn. m. A questa specie deve riferirsi la P. cuneifolia della mia II Con- tribuzione, determinata come tale dal Roth, mentre nell’altra mia pubblicazione (Nuovi muschi del Peloritano) era stata esattamente pubblicata come P. intermedia! Gli esemplari sono stati riveduti dal dott. Bottini, il quale ha confermata la mia primiera determi- nazione. 98. P. Starkeana (Hedw.) Mill. Sempre in stazioni arenose, scoperte: Messina a Gravitelli, 150 m., in febbraio 1907 con frutti; allo Scoppo, 250 e 300 m. in gennaio 1907 con frutti e nei viali dell’Orto botanico in febbraio 1907 con frutti. 99. P. commutata Limpr. Nei colli su terreno argilloso-calcareo: Messina a Gravitelli, 150 m., in febbraio 1907 con frutti, assieme a Phascum rectum; e in luoghi subsalsi presso il mare al Lazzaretto di Messina in marzo ‘1907 con frutti Notiamo che male questa specie si distingue dalla precedente se non ha i frutti maturi, essendo quello delle spore l’u- nico carattere distintivo di una sicura stabilità e controllabile negli individui con le urne già aperte. 62. Didymodon tophaceus (Brid.) Jur. Registro qui altre località, più o meno lontane da Messina, ove ho rinvenuto questa specie, che per solito fruttifica in abbon- danza. Sul versante tirrenico: Massa S. Giovanni, 300 m,, in giu- gno 1906 e a Tarantonio, 200 m., in aprile 1907; sull’ionico: Fran- cavilla all’Alcantara sui muri, 400 m., in novembre 1907. Oltre degli esemplari qui sopra riferiti alla forma tipica. Rispetto alla natura chimica del substrato essa sì comporta da noi, come universalmente, quale calcicola esclusiva, però oltre che sui muri e sulle rupi essenzialmente calcaree, la si trova anche su rocce composte, ove la calce entra come elemento secondario, nè sempre sotto la forma di carbonato; così trovasi sui conglomerati a cemento calcareo (Tarantonio a 200 m.), sul gneiss al Campo In- — 463 — . glese, 400 m., e af Molini di Camaro, 300 m., e infine sulla lava antica a Francavilla nell’ Alcantara, 400 m. 200. ***D. f. brevicaulis Schp. È una forma sparsa sui conglomerati non decomposti e sulle rupi arenarie, un pochino umide d’inverno, ma secchissime nella stagione secca. Tutti gli organi degli esemplari viventi in queste condizioni, compresi quelli di riproduzione, hanno dimensioni ri- dotte, presentando il fenomeno del nanismo, così diffuso nelle piante vascolari, viventi in condizioni analoghe. Nessun autore l’indica esplicitamente per la regione italiana. 101. D. v. lingulatus Boul. Varietà largamente distribuita per tutto il messinese a tutte le altezze; avendolo raccolto dal mare fino a 1000 m. di altezza. Trovasi negli stillicidi su suolo calcareo a Tarantonio presso Mes- sina a 200 m.; sulla fillade a Itala da 300 a 400 m. in aprile 1907; negli stillicidi su rupi arenarie-silicee a Francavilla al Vallone Torno, 500 m., in luglio 1907; sul calcare cristallino presso la por- tella di M. Scuderi a 1000 m.; sul gneiss ai Molini di Camaro, 300 m., in marzo 1907. A questa forma deve riferirsi D. ligulifolius del Roth (vedi la mia II contrib. predetta in Annali di botanica, VI, pag. 245). L’ho raccolto ovunque con frutti. 201. **D. f. elata-lingulata Boul. Nei luoghi umidi ombrosi su suolo calcareo: Castel Mola a S. Venera (300 m.) in giugno 1906, sterile. 202. **D. v. elata acutifolia Boul. Negli stillicidi molto ombreggiati, su suolo filladico in decom- posizione lungo il torrente Itala a 300 m. in aprile 1907, con frutti. Anche questa varietà non è ricordata dagli autori per la flora si- ciliana. 203. *D. v. acutifolius Boul. Nei colli su rupi gneissiche in decomposizione, ombreggiate, ma asciutte: Messina ai Molini di Camaro a 350 m. in aprile 1907. 102. D. v. brevifolius Schp. È la più diffusa fra le diverse varietà di questa specie; l’ho raccolto sui muri umidi esposti alla salsedine del mare alla Citta- della di Messina, quasi al livello del mare, e quivi gli esemplari hanno quasi tutte le foglie scolorate all’ apice per distruzione del contenuto cellulare; sn quelli umidi a Gravitelli, 70 m., e a Fran- cavilla, 350 m. in luglio 1907, e quivi sterile; sulla fillade a MAO PESCE ee TIMO SORTE GRECIA e ai ” sl FASSA PIO RE me if ee PRES, pte td te cee See er oss Gah es 5 - n . *- ‘ — 464 — ae Itala a 300 m.; sulle rupi arenarie: Sparta a 100 m., raccolto quivi Ki da F. De Leo; e sulle rupi calcaree a Tarantonio da 50 a 200 m. e ad Alì a 500 m., sempre con frutti in inverno e primavera. Può 4 dirsi quindi una varietà diffusa su terreni anche debolmente cal- carei per tutto il messinese. 103. D. rigidulus Hedw. Specie molto comune dal mare ai colli in molte stazioni come sui muri, sulle rupi calcaree, sulle arenarie, sugli scisti cristallini, sul gneiss, e persino nei pascoli, da M. Scuderi al C. Rasocolmo e, oltre fino a Tarantonio. Matura i frutti da febbraio ad aprile e si comporta come calcicola preferente. 204. ***D. spadiceus (Mitt.) Limpr. | Nelle macchie di Ampelodesmos tenax: Messina a Scoppo, 250 m. con frutti in gennaio 1907; sulle argille calcaree fra Camaro e Bordonaro 200 m., in aprile 1907 con frutti, e sulle rupi Alec umide a Itala da 350 a 400 m. in aprile 1907 con fratti. Secondo Roth è specie nuova per l’Italia e la determinazione oltrechè da questi è stata confermata dal Bottini. 205. ***D. sinuosus Schp. Sterile sulle rupi vulcaniche nel letto dell’Alcantara a 350 m. in luglio 1907. Anche questa specie mi risulta nuova per l’Italia. 104. Trichostomum crispulum Bruch. Caicicola. Specie comunissima dal mare ai colli ove l’ho rac- colto fino a 900 m. di altezza sul mare. Mostra una decisa preferenza per il suolo calcareo e vegeta su terreni, contenenti fino 180 % di carbonato calcareo, come pure sul calcare cristallino. Oltrechè sul suolo di questa natura, cresce sui muri, sulla lava, sugli schisti cri- stallini, sulla fillade, sui colli arenosi ed anche sui gneiss (1). 84. T. v. elatum Boul. (Gymnostomum involutum Roth in Zodda, Le Briofite del messinese, Contrib. II). ; Il dott. Bottini mi avverte che la specie del Roth non devesi ad altro riferire che alla var. elatum del Trichostomum crispulum : (1) Ecco un saggio delle stazioni differenti da me osservate per questa specie: Calcare marnaceo arido: Camaro a S. Anna; calcare compatto presso Giardini al Sifone, e sul m. Veneretta ; sul suolo di trasporto arenoso-calcareo a Saponara, a Tarantonio, a Gravitelli, a Castellaccio, al Castello di Franca- villa, sul m. Lando; sugli schisti cristallini alla Pietrazza; sul gneiss ai Mo- lini di Camaro; sulla fillade a Itala; sui muri al Cimitero di Messina e allo Scoppo — 465 — del che anch’io mi convinsi dopo avere in essa osservato il peri- stomio caratteristico di questa specie. 105. T. v. brevifolium Schpr. Sui muri: Messina a Tre Monti, 100 m. con frutti in marzo 1907; e anche con frutti sulle rupi calcaree a Gravitelli presso Mes- sina, 200 m., in febbraio 1907; sulla lava nel letto dell’Alcantara (400 m.) in luglio 1907 sterile. i 206 *T. mutabile Bruch. Silicicola. Specie conosciuta per la Sicilia soltanto di Pantel- leria, Linosa e Lampedusa. È sparsa attorno a Messina nelle mac- chie e sembra indifferente alla natura chimica del suolo, difatti cresce. sul calcare, come a Lampedusa e sull’humus delle macchie come attorno a Messina. Io l’ho raccolta, oltre che a Lampedusa, a Itala sulle rupi silicee, 500 m. in aprile 1907 e attorno a Messina in più luoghi, così sugli schisti cristallini alla Pietrazza, 150 m., in aprile 1907; sull’humus nelle macchie alla Foresta Camaro, 450 m., in aprile 1907 e allo Scoppo, 250 m., in gennaio 1907, e a Gravitelli, 256 m., in febbraio 1907, quasi sempre con frutti. 207. **T. v. cuspidatum (Schpr.). Commisto al tipo, sugli schisti cristallini: Messina alla Pie- trazza 150 m., in aprile 1907, con frutti. Esemplare riferito alla pre- sente varietà, (aad Roth. 208. **T. v. cylindricum Schpr. _ Ho raccolto questa varietà due volte sull’hamus nelle macchie, così al Camaro, 300 m., in aprile 1907, e una volta sopra un tronco di Quercus sessiliflora marcescente alla Casazza, 350 m., in marzo 1906; sempre con frutti. Sembra quindi che comportisi come si- licicola. Anche questi due tia sono stati riferiti alla presente varietà dal Roth. 209. *T. nitidum Bruch. Sulle rupi arenarie: Francavilla dietro il Castello, 350 m., in novembre 1907, sterile. 106. T. flavovirens Bruch. Negli stillicidi su suolo calcareo: Messina a Tarantonio, 250 m., in aprile 1907; sui colli calcarei a Tre Monti, 150 m., in marzo 1907, sterile, e sulle rupi arenarie: Francavilla al Castello, 450 m., in no- vembre 1907, sterile. Comportasi come specie calcicola come il T. crispulum. — 466 — 51. Timmiella Barbula himpr. Sembra d’ indole indifferente, poichè l’ho raccolta sull humus, sugli schisti cristallini, sulle rupi arenarie silicee e calcaree, sul cal- care compatto, sul suolo marnaceo. su quello argilloso-calcareo e sui muri ombreggiati. È diffusissima dal mare ad 800 metri, in tutto il messinese. 210, #*Aloina rigida Kindb. Nei colli arenosi: Messina a Castellaccio, 100 m., aprile 1907, a Gravitelli, 100 a 200 m., in febbraio 1907, allo Scoppo, 200 m., in gennaio 1907, nell’Orto Botanico lungo i viali arenosi in febbraio 1907, rara; sulle rupi arenarie a Motta Camastra, 250 m., in no- vembre 1907 con frutti immaturi, nei colli erbosi su suolo arenoso: Francavilla dietro il Castello, 350 m., in novembre 1907 con frutti, e slle marne, Messina aS. Anna fra Camaro e Bordonaro, 300 m., in aprile 1907; sempre con frutti. 211. *A. aloides Kindb. Sui muri: Messina a Gravitelli, 70 m., in marzo 1907; Meri presso Messina, 50 m., in aprile 1900; nelle macchie: Messina a Scoppo, 250 m., in gennaio 1907; sugli schisti cristallini: Messina alla Pietrazza, 100 m., in aprile 1907, sempre con frutti. 58. Barbula unguiculata (Huds.) Hed.w Comunissima attorno a Messina; l’ho raccolta anche lontano da questa città, così a Itala, da 300 a 400 m., a Kaggi, 150 a 200 m. ea Francavilla al Vallone Torno, 500 m. e presso l’abitato a 350 m. In quanto alle stazioni l’ho veduta sui muri, anche prossimi al mare ed esposti alla salsedine come alla Cittadella di Messina, sulle rupi are- narie, sulla fillade, sul gneiss, sugli schisti cristallini, sui colli sopra, la terra vegetale e anche sull’hwmus. L’ho raccolta dal mare fino a 700 m. d’altezza. Trovasi tanto nella forma tipica, quanto nelle se- guenti varietà più o meno ben caratterizzate. 109. B. v. apiculata (Schultz) Schimp. Sui colli marittimi in stazioni arenose asciutte: Messina a. Gravitelli, 200-250 m., in febbraio 1907, a S. Corrado, 200 m., in marzo 1907, a Tre Monti, 150 m,, in marzo 1907, sempre con frutti. 110. B. v. cuspidata (Schultz) Schimp. Sugli schisti cristallini: Messina alla Pietrazza, 100 m., in aprile 1907; sulla fillade: Itala, 350 m., in aprile 1907, in ambo î luoghi con frutti. — 467 — 111. B. v. obtusifolia (Huds.) Hedw. Sulle rupi arenarie umide e ombreggiate: Messina a Tre Monti, 100 m., in marzo 1907; a l'arantonio, 50 a 100 m., in aprile 1907; Itala, 400 m., in aprile 1907, ovunque con frutti. 212. B. v. angustifolia. Nei pascoli aprici sul suolo argilloso sul M, Lando, 500 m, in aprile 1200 con frutti. 112. B. fallax Hedw. Diffusa nelle macchie attorno a Messina sugli schisti cristallini in decomposizione, come al Campo Inglese, ove la raccolsi in frutto nel giugno 1906 a 400 m., sui gneiss in decomposizione, come al Camaro, 400 m., in marzo 1906; sulle rupi arenoso-calcaree a Tre Monti, 150 m. e a Gravitelli, 200 m.; sull’hwmus allo Scoppo, 250 m. e a M. Lando, 600 m., (quivi in individui con anteridii). Fruttifica. da gennaio ad aprile. 213. ** v. brevicaulis (Schwégr.) Breur. Varietà xerofila, che rinvenni sopra una rupe calcarea arida a. Tarantonio presso Messina, 200 m., in aprile 1907; con frutti. 69. B. vinealis Brid. Specie comunissima in tutto il distretto, dal mare ai monti. In quanto alle stazioni l’ho osservata sulle rupi calcaree aride, sugli schisti cristallini, sui gneiss, sulla fillade, sulle rocce gneissiche, sulle lave (Alcantara), sulle argille schistose, sulle rocce arenarie e sul muri; mostrando sempre preferenza per la calce, sebbene in grado lieve, poichè l’ ho osservato anche sull’ humus riposante su substrato calcareo. 113. B. v. cylindrica (Tayl.) Boul. Anche questa varieta é diffusa per tutto il messinese, insieme al tipo. Essa si rinviene nelle stesse stazioni di questo, tranne di quelle fortemente calcaree, quali le rupi calcaree, le marne, i muri nudi ecc.; preferisce le rupi arenarie e le rocce in decomposizione ‘al terreni assolutamente rupestri o argillosi. Conservo esemplari raccolti sulle rupi arenarie a Itala 300- 600 m. in aprile e a Castellaccio presso Messina in aprile; a Franca- villa al Vallone Torno, 500 m., all’ Alcantara, 450 m. e al castello 450 m.; sugli schisti cristallini a Corsari presso Messina in aprile; sul gneiss al Campo Inglese, 400 m. in giugno sterile; sull’ humus sul m. Lando, 500 m., a Tarantonio, 200 m., in aprile; a S. Pier Niceto alle Bocche d’ acqua, 850 m. in novembre; fra le fessure — 468 — «delle rupi calcaree, ricolme di terriccio sul m. Veneretta 800 m. in giugno ecc. i 114. B. revoluta (Schrad.) Brid. Calcicola. Sui muri esposti alla salsedine del mare: Messina alla Cittadella in marzo 1907 sterile; sulle rupi calcaree a M. Lando, 600 m., in aprile 1900 sterile. 214. B. Hornschuchiana Schultz. Sui muri, rivestiti di terra: Francavilla sicula a 350 m. in lu- glio 1907 sterile. Sin dal 1900 ho raccolto quasi ogni anno questa ‘specie nei viali arenosi dell’Orto Botanico di Messina. i 115. B. gracilis (Schleich.) Schwîigr. Sulle rupi calcaree: Messina al Camaro, 400 m., in aprile 1907 ‘con frutti; sul M. Veneretta sopra Castel Mola a 800 m.; in giugno 1906 sterile; nei pascoli secchi: Francavilla a 500 m. in luglio 1907 sterile; lungo l’Alcantara nelle sabbie, 450 m., in esemplari maschili, in novembre 1907; sulle rupi calcaree in decomposizione a Tarantonio, 300 m. in aprile 1907 con frutti; sul gneiss al Campo Inglese, 400 m. in giugno 1906. Nei luoghi elevati e secchi come sulla cima di M. Veneretta e sulle rupi calcaree attorno a Castel Mola, questa specie assume proporzioni molto ridotte negli organi di vegetazione, le foglie specialmente essendo lunghe circa i tre quarti che non nella forma tipica, tanto che potrebbe distinguersene una forma brevifolia. 215. B. convoluta Hedw. v. commutata (Jur.) Husnot. Sugli schisti cristallini secchi in decomposizione: Messina al Campo Inglese 400 m., in giugno 1906 con frutti. Esemplare con- trollato prima dal Roth e poi dal Bottini. 117. B. v. sardoa Schimp. Nei viali del Cimitero di Messina su suolo arenoso in settem- bre 1907 sterile; e sulle rupi calcaree in decomposizione al Tarantonio 100 m., in aprile 1907 con frutti. 62. Tortella squarrosa (Brid.) Limpr. Sterile nei pascoli calcarei a Venerétta 890 m., in giugno 1906 ‘e presso Francavilla a Vignari, 700 m., in luglio 1607. 118. Tortula cuneifolia (Dicks.) Roth. Sugli schisti cristallini: Messina alla Pietrazza 100-150 m. in aprile 1907 al Campo Inglese, 400 m., in giugno 1906; sulle rupi arenarie a Tarantonio 50-200 m., in marzo 1907; sui margini dei campi a Francavilla 350 m., in luglio 1907; sulle filladi; Itala 300- 350 m. in aprile 1907, sempre con fratti. — 469 — 216. T. v. spathulaefolia DNtrs. Sugli schisti cristallini: Messina alla Pietrazza, 100 m., in a- prile 1907 e sulla fillade a Itala, 400 m., in aprile 1907, con frutti. 217. **T. v. marginata Fleisch. Rupi arenarie: Tarantonio presso Messina (200 m.) in aprile 1907 in frutto. È varietà nuova per la Sicilia. 218. T. atrovirens (Dicks.) Sulle rupi arenarie nella valle dell’Alcantara, sotto Motta Ca- mastra, 250 m. in novembre 1907 e a Francavilla al Castello 450 m. in novembre 1907, in ambo i luoghi con frutti. 5b. T. muralis (L.) Hedw. Ricordo questa specie per dire che non solo abbonda sui muri, ma anche vegeta, sebbene meno diffusa sulle rupi calcaree così a Ta- rantonio, 100-200 m.; sugli schisti cristallini presso Messina alla Pie- trazza, 150 m., e ai Molini di Camaro, 350 m.; sulle rupi arenarie presso Francavilla a S. Paolo, 400 m., e sulla lava nel letto dell’ Al- cantara, 400 m. A questa specie deve inoltre riferirsi la B. Vahliana della mia II Contribuzione, non però quella da me raccolta nelle Eolie. 120. T. muralis (L.) Hedw v. incana Schimp. Sul muri, spesso commista al tipo, in tutto il messinese; tro- vasi però, sebbene più scarsamente, anche sulle rupi arenarie come a Kaggi, 150 m., sul gneiss, come al Camaro, 350 m. e al Campo Inglese, 400 m., e sugli schisti cristallini, così alla Pietrazza, 150 m. fruttifica. da dicembre a maggio. Talvolta il lembo fogliare si impic- . colisce tanto e il pelo si sviluppa così da diventare questo da tre a sei volte più lungo di quello e allora i cespuglietti acquistano un aspetto canescente, come nel Crossidium squamiferum. 121. T. v. rupestris Schultz. Sulle rupi arenarie: Francavilla a S. Paolo, 400 m. in luglio 1907 con frutti. 122. T. aestiva (Brid.) PB. Sugli schisti cristallini: Messina alla Pietrazza, 100-150 m. in aprile 1907, sui conglomerati calcarei a Tarantonio, 200 m. in marzo 1907; sui mattoni di argilla; Merì, 50 m., in aprile 1900. È una specie più comune di quanto realmente appaia, ma si scambia facilmente colla 7. muralis, se non si ricorre all'esame microscopico. 54. T. Solmsii (Schpr.) Vent. et Bott. Oltre che nei luoghi anteriormente da me citati, l’ho raccolta nei muri umidi a Tre Monti, 100 m. e a S. Corrado, 100 m., in ambo. — 450 — iluoghi con frutti in marzo 1907 e sugli schisti cristallini alla Pie- trazza, 100 m., in aprile 1907 con frutti. 123. T. subulata (L.) Hedw. v. integrifolia Boul. Sulle rupi silicee umide: Itala, 400-500 m. in aprile 1907 con frutti, e nei pascoli sull’humus al M. Antennamare sul versante tir- renico, a 900 m., in aprile 1906 con frutti. È questa la varietà, che sostituisce nel messinese il tipo, il quale porta foglie dista dentellate. 219. *T. inermis (Brid.) Mont. Rupi laviche: Francavilla dietro il Castello, 350 m. ho vera : 1907 e sulle rupi arenarie al Castello, 450 m., anche in novembre 1907, sterile. ‘ 220. *T. montana (Nees) Lindb. Sulle rupi calcaree: M. Veneretta, 800 m., in giugno 1906 con frutti; determinato dal Roth. 57. T. ruralis (L.) Ebrh. Nei pascoli elevati: Mandanici, verso i 1000 m. d’altezza, in giugno 1906 sterile, raccolto dal prof. Nicotra; nelle macchia sull’ humus a S. Pier Niceto alle Bocche d’ acqua, 800 m., in no- vembre 1904 sterile. 221. *T. v. densiretis Vent. Sulle rupi calcaree aride: M. Veneretta, 880 m.in giugno 1906 sterile; Castel Mola a 500 m. in giugno 1906 con frutti; sulla lava ‘a Francavilla dietro il Castello, 350 m. in novembre 1907 sterile. 222. *T. v. ruraliformis (Besch.). Nei pascoli aridi: Francavilla a Vignari, 600-700 m., in luglio 1907, sterile. 223. **Dialitrychia Brebissoni (Brid.) Limpr. Sulla lava nel letto dell’Alcantara a Francavilla da 350 a 450 m. in luglio 1907 con frutti e in novembre 1907 sterile, FISSIDENTACEAK. 224. **Fissidens Warnstorfi Fleisch. Presso un canale allo sbocco di esso in una vasca: Messina a Gravitelli, 70 m. in febbraio 907 sterile, in maggio 1906 con un sol frutto. — Specie propria dell’Italia STASI e nuova per la Sicilia. — 471 — 49. F. incurvus Starke. L’ho raccolto anche nella regione montana; cosi sul M. An- tennamare a 900 m. con frutti in aprile, e a Itala tra 700 e 800 m. in aprile anche con frutti. 225. ***F. f. minor Limpr. Nei colli in luoghi aridi sopra suolo arenoso: Messina a Ca- stellaccio, 100 m., in aprile 1907 con frutti. Nessun briologo ricorda questa forma per l’Italia. 124. F. tamarindifolius (Don.) Brid. Nelle macchie su suolo siliceo: Messina allo Scoppo, 200 m., in dicembre e febbraio 1907, con frutti; sulle rupi silicee umide: Ta- rantonio, 150 m., e a Itala, 400-500 m., in ambo i luoghi in aprile 1907 con frutti. 125. F. decipiens DNtrs. A questa specie, giusta quanto mi avverte il Bottini, deve ri- ferirsi l'esemplare sterile da me raccolto a Mandanici; e pubblicato nella mia II Contribuzione come F. adiantoides, dopo |’ approva- zione avutane dal Roth. 126. F. taxifolius (L.) Hedw. Oltre che a Messina, l’ho rinvenuto nel territorio di Mon- forte a Seggia in novembre 1904 sterile, e nei pascoli a Itala, 700 m., in aprile 1907 anche sterile. 226. F.v. tenuis Bott. — v. parvulus Ruthe. Nelle macchie costantemente su suolo siliceo: Messina alla Foresta Oamaro, 400 m.; a Tre Monti, 200 m,; allo Scoppo, 200 m.; a Tarantonio, 150 m.; a Spartà, 100 m. (quivi raccolto da F. De Leo), a Scoppo, 200 m., con frutti da febbraio ad aprile. CINCLIDOTACEAE. 227. **Cinclidotus riparius (Host.) Arn. Nelle acque rapide dell’Alcantara, 400 m., in luglio 1907, sterile. GRIMMIACEAE. 70. Schistidium apocarpum (L.) Br. eur. Sui conglomerati e sulle rupi calcaree compatte: Castel Mola a M. Veneretta, 800 m., in giugno 1906 con frutti. An i CRE e de i e i e e ay È o 3 x È a Te ay) we E la aE pie RT v P L Ù =e » > 4 Tae hog 9 sie a. iy MR 298. **§. f. subepilosa Bott. Sugli schisti cristallini sopra Scaletta a Colle Netta, 600 m. in aprile 1906 con frutti e sulle rupi calcaree sopra Castel Mola a M. Veneretta, 890 m. in giugno 1906 con frutti. Determinata la. forma dallo stesso Bottini. 127. Grimmia leucophaea Grev. Molto sparsa in tutto il messinese della regioni collina e mion- tana; l’ho osservata sui gneiss compatti (S. Pier Niceto a° Bocche d’acqua 700 m.); sugli schisti cristallini (Messina alla Foresta Ca- maro, 700 m.); sugli schisti argillosi-calcarei (Castel Mola, 500-m., e M. Veneretta, 850 m.) sulla fillade (Itala, 500 m.); sulla lava (Francavilla all’Alcantara, 400 m.); sui conglomerati al Vallone Torno presso Francavilla, 500 m., sulle rupi arenarie (Messina a. Scirpi, 350 m.). Fruttifica in inverno e primavera. 72. G. orbicularis Br. eur. Rupi silicee : Itala, 500 m. in aprile 1907 con frutti e sugli schisti cristallini a Pizzo Poverello, 1200 m., con Bpomecns in via. di sviluppo in novembre 1904. 73. G. pulvinata. (L.) Smith. Nella prima contrib. avevo citata questa specie come propria. delle rupi calcaree; in seguito l’ ho raccolta su substrati di natura fisico-chimica differente; così sugli schisti cristallini a Itala, 500 m., a Tarantonio, 150 m.; sul calcare compatto sul m. Lando, 600 m., sul m. Scuderi, 900 m, sul m. Rossomanno 1000 m.; sulle rupi are- narie: Francavilla al Castello, 450 m.; solla lava a French 350-450 m.; quasi ovunque con frutti. 129. G. pulvinata (L.) Smith v. longipila Schimp. Sulle rupi calcaree: M. Veneretta, 880 m., in giugno 1906 con frutti; a Bocche d’acqua, 900 m.; in novembre 1904 con frutti gio- vani; sugli schisti cristallini: Messina alla Pietrazza, 100. m.; in aprile 1907 con frutti, a Itala, 500 m.; in aprile 1907 con frutti, sul M. Antennamare, 900 m., in aprile 1907; sulle rupi arenarie : Motta Camastra, 250 m., in novembre 1907 con frutti giovani; sulla lava: Francavilla presso |’ Alcantara, 350 m., in luglio 1907 con frutti. 229. **G. v. robusta Boul. Sulle rupi calcaree: M. Scuderi, 900 m., in aprile 1907 con frutti, sulle rupi arenarie: Francavilla al Vallone Torno, aia m., in inoue 1907. — 473 — 130. G. sardoa DNtrs. Schisti cristallini: Messina alla Pietrazza, 150 m., in aprile 1907; sugli schisti argillosi: M. Veneretta, 890 m., in giugno 1906 sterile; sulle rupi arenarie: Francavilla al Vallone Torno, 500 m. in luglio 1907 sterile: M. Lando, 500 m., in aprile 1900 con frutti; sui conglomerati: Tarantonio, 150-200 m. in aprile 1907 con frutti. 131. G. v. gracilis Warnst. et FI. Sugli schisti cristallini umidi: Itala da 400 a 800 m. in aprile 1902 con frutti. Esemplari riferiti alla var. gracilis dal Roth. 74. G. Lisae DNtrs. Sugli schisti cristallini: Messina al Campo Inglese, 400 m., in giugno 1906 con frutti; fra le fessure delle rupi calcaree: M. Vene- retta 850 m. in giugno 1906 con frutti; sulle rupi arenarie; Franca- villa al Vallone Torno, 500 m., in luglio 1907 con frutti vecchi e sul M. Lando, 600 m., in aprile 1900 con anteridii, Messina alla Pie- trazza, 100 m. in aprile 1907 e ad Itala, 500 m. in aprile 1907; sul gneiss sul M. Antennamarein luglio 1884, raccoltavida Solla; e presso Tarantonio, 100-150 m. in aprile 1907; sulla lava all’ Alcantara, 400 m. in luglio 1907. Ad essa deve riferirsi l'esemplare determinato dal Roth come G. ai Grev. v. lusitanica Schp. (vedi II Contr. pag. 250). 133. G. Schultzii (Brid.) Hiib. Sulle rupi silicee costituite da schisti cristallini: Itala, 500 m., in aprile 1907 con frutti. 69. Rhacomitrium aciculare (L.) Brid. Sulle rupi umide presso una cascatella : Itala, 500 m., in aprile 1907 con frutti. 135. Rh. heterostichum (Hedw.) Brid. Sulle rupi arenarie: Francavilla Sicula al Vallone Torno, 500 m. in luglio 1907 sterile. 230. **Rh. canescens Brid. Nei pascoli sull’humus: M. Antennamare, 800 m., in marzo 1902 sterile ; S. Pier Niceto a Bocche d’acqua, 700 m. in agosto 1901, raccolto quivi dal prof. Nicotra. 231. *Rh. lanuginosum Brid. Sulle rupi silicee umide: Itala, 400 m., in aprile 1907 sterile. 232. **Rh. sudeticum Br. eur. Piccolo esemplare nei pascoli sul M. Scuderi, 1100 m. in aprile 1906 con frutti. Di recente era stato scoperto ad HEN dai signori Martelli e Barsali. ANNALI DI Boranica — Vou. VII. 30 — 474 — ORTHOTRICHACEAE. 233. *Orthotrichum anomalum Hedw. Rupi calcaree aride sulla cima del M. Veneretta, 890 m., in giugno 1906 con frutti. È 139. 0. saxatile Schimp. Sul tronco di un Morus alba presso la via da Scaletta a M. Scuderi, 700 m., in aprile 1907 con frutti; determinato dal Roth. 135. 0. cupulatum Hoffm. Sulle rupi calcaree: M. Veneretta, 880 m. in giugno 1906, con frutti. 234. 0. affine Schrad. Sui tronchi degli alberi; Saponara, 600 m., in giugno 1905 con frutti. 235. *0. stramineum Hornsch. Sul tronco di un Morus alba, lungo la via da Scaletta a M. Scu- deri, 700 m., in aprile 1907 con frutti. ENCALYPTACEAE. 30. Encalypta vulgaris (Hedw.) Hoffm. Nei pascoli sul M. Veneretta 890 m. in giugno 1906 sterile; a Itala sotto M. Scuderi, 800 m., in aprile 1906, con frutti. 236. **E. contorta (Wulf.) Lindb. Pascoli montani su suolo calcareo: Mandanici, a 1200 m., in giugno 1905, sterile, raccolta dal prof. Nicotra. — Notiamo come anche questa specie, d’indole alpina, insieme al Distichium capil- laceum e ad altre, deponga in favore dell’esistenza in Sicilia di una flora alpina. 140. Entosthodon ericetorum (B. et DNtrs) Br. eur. v. Notarisii (Schp.) Sull’ humus nei luoghi ombreggiati sia asciutti che umidi È una specie silicicola eslusiva che viene dal mare sino a circa 1000 m. attorno a Messina. FUNARIACEAE. 47. Entosthodon Templetoni (Sm.) Schwagr. Oltre che attorno a Messina; l’ ho raccolto anche ad Itala, 600 m., in aprile 1907 con frutti. E d’ indole calcicola preferente, neri ge 257. **E. fascicularis Schimp. Nelle macchie sopra terreno siliceo: Messina a Tre Monti, 200 m., in marzo 1907 con frutti; S. Pier Niceto a Bocche d’acqua, 800 m. in agosto 1901, raccolto dal prot. Nicotra; entrambi gli esem- plari determinati dal Roth. 238. E. pallescens Jur. Sui muri umidi: Messina a Gravitelli, 70 m., in marzo 1907 con frutti; lungo il torrente Boccetta in febbraio 1908 con frutti. 142. Funaria dentata Crome. Sulle rupi gneissiche umide: Messina ai Molini di Camaro, 400 m., in marzo 1906 con frutti. 14. F. hygrometrica (L.) Sibth. Sull’humus nei pascoli, sotto M. Scuderi dal lato di Ali, 800 m., in aprile 1906 con frutti; nell’Anfiteatro di Taormina in marzo 1884, raccoltavi in frutto da Solla. 239. *F. v. calvescens Schp. Sulle rupi arenoso-calcaree: Messina a Tre Monti, 150 m., in marzo 1907 con frutti; sporadica; presso Castel Mola a S. Venera 400 m. in giugno 1906. BRYACEAF. 43. Anomobryum juliforme (Solms. L.) Comunissimo sulle rupi umide arenarie o schistose o gneissiche in tutto il messinese, più di rado sull’hwmus. A questa specie appar- tiene l'esemplare, determinato dal Roth come A. filiforme, citato nella mia Contribuzione seconda delle Briofite del Messinese. 148. Epipterygium Tozeri (Grev.) Lindb. (1). Nei pascoli montani sull’ humus assieme a Fissidens incurcus e Pogonatum aloides: M. Antennamare, 900 m., in aprile 1906 sterile; sulle rupi umide silicee: Tarantonio, 100 m., in aprile 1907 con frutti; sulla fillade: Itala, 300-600 m., in aprile 1907 sterile; sulle rupi gneissiche umide: Messina ai Molini di Camaro, 350 m., in aprile 1907 con frutti. (1) Il n. 140, determinato dal Roth come W. nutans var. pseudocucullata devesi riferire invece alla var. subdenticulata (Brid ) Hiib., giusta quanto mi avverte il Bottini e ecme io stesso potei verificare. Questa varietà pare che sostituisca nel messinese il tipo, il quale non ho osservato ancora in nessun luogo. ye Ma ti rn TR LAM pnt ie E MO MAIO ME E dn sE RITA MEL O Rua TO \ È at 7 Mi RATA wart Nin SEG nie: È ‘ ays, , ? iz ofS ele di i Sposa 150. Mniobryum carneum (L.) Limpr. Presso gli stillicidii e le scaturigini sul gneiss: presso Mes- sina al Camaro, 300-450 m.; sulla fillade: Itala, 200-400 m., su rupi calcaree in decomposizione: Tarantonio, 150 m.; sulle marne cal- caree, fra Camaro e Bordonaro, 300 m.; sempre con frutti o con an- teridii in aprile 1907. 240. **Mn. albicans (Wabl.) Limpr. Presso gli stillicidi; spesso consociato alla specie precedente: Messina a Tarantonio, 200-300 m., in aprile 1907 sterile; sulla fil- lade a Itala, 300-400 m., in aprile 1907 con frutti; a M. Lando sugli schisti cristallini in aprile 1900 sterile; sulle rupi arenarie a. Francavilla al Vallone Torno, 500 m., in luglio 1907 sterile. 241. ** Mn. f. angustifolia Negri. Sterile a Tarantonio, 200 m., in aprile 1907; con frutti a Itala, 400 m., in aprile 1907. — È identico all’esemplare autentico raccolto dal Negri nell’agro di Sorrento, comunicatomi dall'autore DI stesso. Però debbo avvertire che questa forma (non varietà) non è ben deliminata, poichè nello stesso cespuglietto rinvengosi indi- vidui che possono riferirsi tanto al tipo che a questa forma. 149. Mn. calcareum (Warnst.) Limpr. Negli stillicidi su suolo calcareo : Itala, 400 m., in aprile 1907, con anteridii e con capsule. Secondo il Bottini a questa specie de- vesi riferire Webera Zoddae (1). 242. Bryum argenteum L. v. lanatum (P..B.). Sul calcare cristallino: M. Veneretta, 850 m., in giugno 1906 sterile; sul gneiss: Messina al Camaro, 350 m., in marzo 1906 con frutti; sulle rupi arenarie; Motta Camastra, 250 m., in novembre 1907 con frutti; nei viali della villa Tobler all’Andria, 50 m., rac- colto quivi da F. De Leo e nei viali e nei vasi da fiori nell’ Orto bo- tanico; sui muri umidi: Francavilla, 350 m., in luglio 1907. 243. *B. torquescens Br. eur. Comune nel messinese: sulle rupi calcaree: Tarantonio, 100 m., in aprile 1907; sulle arenarie calcaree: Gravitelli, 250 m., in feb- braio 1907; sugli schisti cristallini alla Foresta Camaro, 400 m., in aprile 1907 e alla Pietrazza, 150 m., nella stessa epoca; sulla fillade: Itala, 350 m., in aprile 1907; nelle macchie: Saponara in giugno 1905 a 300 m. e sui muri a Tre Monti, 100-200 m., in marzo 1907; sempre fertile. (1) Rory in Zoppa. — Le briofite del messinese. — Contribuz. II. ty Seattle PAL AE, DIET on ee A - % a f — 477 — 42. B. atropurpureum Br. eur. Comune molto anche nella regione collina in tutto il Mes- sinese. “ 244. *B. v. dolioloides Solms L. Nei pascoli: M. Lando, 400 m., in aprile 1900, sui muri: Sa- ponara, 200 m. in giugno 1905, sempre con frutti. Ho raccolto nell’Alcantara sulla lava una forma gemmiformis con innovazioni gemmiformi in alto e perciò in apparenza capi- tati; in tale forma inoltre il. nervo sporge in una resta molto al- lungata. . 152. B. murale Wils. Oltre che sui muri ho raccolto la forma tipica di questa specie sul calcare marnoso (Tarantonio) e su quello compatto (Castel Mola); -sulle marne (Camaro a S. Anna); sul calcare fossilifero (Castellaccio e Gravitelli); sul gneiss in decomposizione (S. Rizzo); sulla fillade: Itala; sugli schisti cristallini alla Pietrazza; sulle rupi arenosu-cal- «caree Gravitelli; sulle arene debolmente cementate (Gravitelli, S. Cor- rado) e infine sulla lava a Francavilla dietro il Castello. 245. B. murale Wils. v. subdenticulatum Roth nova car. in litt. ad me Sul muri aridi: Messina a Tre Monti; 100-150 m., in marzo 1907 con frutti. Differt a typo foliis apicem versus distincte denticulatis, ut, et etiam melius, quam in B. erythrocarpo. 246. *Bryum alpinum Huds. /. typica. Sulle rupi: Mandanici a 1000 m. in giugno 1906 con frutti (leg. L. Nicotra). Esemplare riveduto anche dal dott. Bottini. 247. *B. L. v. mediterraneum Boul. Sulle rupi silicee: Mandanici sopra 1000 m., in giugno 1906, raccolto dal prof. Nicotra; Messina al Camaro, 400 m., in aprile 1907 con frutti; sulla fillade: Itala 300 m. in aprile 1907 sterile. 248. **B. v. viride Husnot. Presso le cascatelle su suolo gneissico: Messina alla Foresta di Camaro (350 m.), in aprile 1907. La varieta fu determinata dal Bottini. 249. **B. gemmiparum DNtrs. Sugli schisti cristallini umidi: Messina ai Molini di Camaro, 300 m., in aprile 1907 sterile; nelle cascate: Foresta Camaro, 350 m., in aprile 1907 sterile; lungo l’Alcantara, 300 m., in luglio 1907 sterile. APP. Polka Le TA AI bu sor dl -< er ATL E, IRR NNO — 478 — 250. *B. capillare L. forma typica. Nel messinese rinvenni il tipo soltanto nei pascoli sul M. Lando a 500 m., con frutti in aprile 1900: due anni or sono lo trovai però abbondante sui Nebrodi ad altezze superiori ai 1000 m. 156. B. v. meridionale Schimp. Può considerarsi come diffusa per tutto il messinese dal mare ai monti su terreni d’indole fisico-chimica differenti, ma sempre in stazioni secche; così cresce ai piedi degli alberi, sugli schisti cri- stallini, sulla fillade, sull’ fumus nelle macchie, sulle rupi calcaree, sulle arenarie, sulla lava e sui muri. Fruttifica in primavera. Non l’ho rinvenuto ancora, nel messinese, ad altezze superiori ai 1000 m.; ma, senza dubbio, vi si troverà, difatti sui Nebrodi lo rinvenni a 1000 m. Un esemplare, che raccolsi nell’ Alcantara, ha gli organi ve- getativi normali, ma i frutti della forma di quelli tipici. 157. B. v. platyloma Schimp. A questa varietà, giusta quanto mi avverte il Bottini, è da. riferirsi B. obconicum della mia seconda contribuzione ; oltre che nella. ocalita, ivi citata, lo scopersi lungo la via da Scaletta a M. Scu- deri, a 900 m., in aprile 1906 con frutti e ad Itala sulla fillade in aprile 1907 a 300 m. con frutti. E una varietà, propria delle rupi umide, almeno durante l’epoca di vegetazione di essa. 39. B. Donianum Grev. Ho osservato questa specie sulle rupi filladiche umide e su quelle gneissiche anche umide; sugli shisti cristallini e su suolo are- noso, quasi ovunque nel messinese. 159. B. splachnoides C. Miill. Il Bottini mi avverte che nessuna costante differenza ha osser- vato fra questa specie e il B. siculum di Roth, pubblicato nella mia seconda contribuzione e siccome la prima è stata descritta con un anno di precedenza, devesi il B. siculum considerarsi come sinonimo della specie di Miiller. Oltre che nella località di Mandanici, tro- vasi nei dintorni di Messina in più luoghi: Molini di Camaro, 400 m. sugli schisti cristallini umidi; a Tarantonio, 200 m., sulle rupi arenoso-calcaree umide; a Castel Mola sotto Veneretta sugli schisti argilloso-calcarei. Ultimamente lo vidi gregario e in abbon- danza fruttificato sulle rupi calcaree marnacee lungo il torrente Tono poco oltre il Faro. 158. B. pseudotriquetrum Schwiigr. Presso le cascate e gli stillicidi: Messina alla Foresta Camaro sugli schisti cristallini e sopra il gneiss; sulla fillade: Itala da 300 — 479 — a 500 m., in aprile 1907; Mandanici in giugno 1905, raccoltovi dal prof. Nicotra e sugli schisti decomposti a Tarantonio, 300 m. in aprile 1907 sterile. 160. ***Mnium affine Bland. f. denticulata Warnst. Nelle macchie: Messina alla Casazza, 350 m., raccoltovi da F. De Leo. A questa varietà, nuova per tutta l’Italia, debbonsi ri- ferire tanto Mn. rostratum della mia seconda contribuzione, quanto Mn. Seligeri (secondo Roth) della stessa mia contribuzione. BARTRAMIACEAE. 28. Bartramia pomiformis (L.) Hedw. Le stazioni, nelle quali ho raccolto questa specie sono di diffe- rente natura fisico-chimica; così ad esempio cresce sul gneiss, sulle filladi in decomposizione, fra le fessure degli schisti cristallini, ma più abbondante che altrove cresce nei pascoli sull’ humus; evita i luoghi calcarei, ed ha la massima diffusione sui monti, da dove scende nella regione dell’ olivo fino a 200 m. sul mare. 29. B. stricta Brid. È della stessa indole della precedente in riguardo all’ appe- tenza chimica del suolo, però è diffusa più di essa, specialmente nei luoghi apici. La raccolsi inoltre su suolo arenoso e sulla lava presso Francavilla. 27. Philonotis rigida Brid. Silicicola. Negli stillicidi sopra gli schisti cristallini decom- posti, sui gneiss; e sulla fillade: Itala, 400 m. in aprile 1907 con frutti; Molini di Camaro, 350 m., in aprile 1907 con frutti; a Massa S. Giovanni, 300 m., in giugno 1906 sterile; a Saponara in giugno 1905 con frutti. . 26. Ph. marchica (W.) Brid. Specie igrofila diffusa sulle rupi silicee dai colli ai monti in tutto il messinese, però, sebbene meno diffusa, non manca sui terreni calcarei, così sul suolo arenoso-calcareo a Castellaccio presso Messina, 100 m. (1). 162. Ph. capillaris Lindb. — (Ph. Arnellii Husnot). Presso gli stillicidi: Messina ai Molini di Camaro, 300-400 m., in marzo 1906; Saponara in giugno 1905, 500 m. Non ho veduto (1) Possiedo altre forme di questo genere, raccolte nel messinese e differenti da queste qui descritte; ma per lo stato sterile di esse, aspetto a pronunziarmi su di esse dopo aver raccolto materiale più abbondante (v. Appendice). Cee de aD all MAT ELIOT ra Ws i FN eM gS OO I PE - a 5 i ARE Va BS ety è SR n — 480 — che esemplari con anteridii; sulla fillade. Itala 300 m. in aprile 1907 con frutti. 25. Ph. calcarea. I Presso gli stillicidi: Messina ai Molini di Camaro sul gneiss, 300 m., in aprile 1907 sterile; a Tarantonio sui conglomerati, 200 m., in aprile 1907 sterile; sulle rupi arenoso-calcaree: Fran- cavilla a S. Paolo, 500 m., in luglio 1907 con anteridii. 163. Ph. fontana (L.) Brid. Presso le scaturigini: Itala sopra suolo siliceo, da 300 m., | fin sui monti a 1000 m. in aprile 1907 con frutti (1). POLYTRICHACEAE. 36. Catharinea undulata (L.) Web. et Mohr. Sulle rupi filladiche umide: Itala, 400 m. in aprile 1907 sterile. 35. Pogonatum nanum (Schreb.) PB. Nelle macchie sull’hamus: Mandanici allo Scalonazzo in no-: vembre 1905 con frutti; Saponara in giugno 1905 con frutti e con anteridii. 34. P. aloides (Hedw) PB. Nei pascoli sull’rumus: M. Antennamare sul vers. tirrenico, 800 m., in aprile 1906 con frutti. 32. Polytrichum juniperinum W. Nelle macchie: Messina a Tre Monti, 200 m., in marzo 1907 con anteridii; a M. Cicci in aprile 1906 con anteridii, raccolto quivi da De Leo, a M. Ariella sopra la Foresta di Camaro, 800 m., in marzo 1906 con frutti; Itala, 300 m. in aprile 1907 con an- teridii. FONTINALACEAF. 251 *Fontinalis Duriaei Schimp. Nelle acque rapide dell’Alcantara presso Francavilla, 400 m., in luglio 1907 sterile. LESKEACEAE. 252. *Pterigynandrum filiforme (Timm.) Hedw. Sul tronco di un albero: Messina a Saponara, 500 m. in giu- gno 1905 sterile. (1) Ne studiai esemplari raccolti dal prof. Nicotra presso Siracusa all’ A- napo su suolo fortemente calcareo. — 481 — CYLINDROTHECIACEAE. 3. Isothecium myurum (Poll.) Brid. 59 pascoli montani: Messina, raccolto dal prof. Nicotra, senza altra indicazione di luogo e di tempo. BRACHYTHECIACEAF. 19. Homalotheeium sericeum Br. et Schp. Ollre che sui tronchi degli alberi più diversi, ho raccolto questa specie sugli schisti cristallini, sui pascoli secchi, fra le fessure delle rupi calcaree riempite di tericcio, sulle rupi arenoso-calcaree e sulla lava. 254. ***Homalothecium sericeum (L.) Br. eur. v. piliferum Roth. Sulle rupi: Itala, 300 m., in aprile 1907 sterile; Francavilla al Castello, 450 m., in novembre 1907 con frutti giovanissimi, sui tronchi delle quercie: M. Lando, 600 m. in aprile 1900 con frutti. Nessun autore cita questa cifra per l’Italia. Esemplasi riferiti a questa varietà dal Roth stesso. 255. *Camptothecium aureum (Lag.) Br. eur. Nei pascoli da Scaletta a M. Scuderi, 800 m., in aprile 1907 sterile; a Francavilla ai Vignari, 600 m., in luglio 1907 sterile; a Messina raccolto sterile dal prof. Nicotra senz’altra indicazione. 256. *Brachythecium salebrosum (Hoffm.) Br. eur. ©. Nei campi su suolo siliceo: Messina a Tarantonio, 200 m., in aprile 1907 sterile; sul gneiss: Messina a S. Rizzo, 450 m., in aprile 1907 sterile. 167. B. rutabulum (L.) Br. eur. Specie polimorfa, di cui ho raccolto molte forme differenti nel messinese e delle quali alcune possono riferirsi a quelle quì sotto ri- ‘cordate, altre hanno dei caratteri intermedii o di più di esse insieme, ‘onde le riunisco al tipo, non credendo legittima l’istituzione per esse di nuove forme. È diffusa in tutto il messinese, ove è sparso nelle macchie mo- strandosi indifferente alla natura chimica del suolo. Tanto per dare un’ idea della varietà delle stazioni sulle quali ho osservato questa specie ricordo le seguenti: Margini dei ruscelli a Saponara; 800- 900 m.; humus nei pascoli montani da Scaletta a M. Scuderi, 700 m., sul m. Lando, 400 m., a Massa S. Giovanni, 350 m.; presso le casca- — 482 — telle a Foresta Camaro, 400 m., rupi filladiche umide: Itala; schist cristallini alla Pietrazza, 150 m. ecc, 275, **B. v. densum Br. eur. Presso le cascate d’acqua: Messina alla Foresta Camaro, 400 m. in aprile 1907 sterile. 258. **B. v. robustum Br. eur. Sulle rupi calcaree ombreggiate: Messina a Gravitelli, 200 m. in aprile 1907 con frutti. 169. B. v. flavescens Br. eur. è» Sui muri umidi: Francavilla presso l’Alcantara; nelle macchie; Messina alla Casazza, 350 m. in febbraio 1906. i A questa varietà devesi riferire l'esemplare, riferito dal Roth alla var. apuanum Bott. e pubblicato nella mia seconda Contri- buzione. 12. Scleropodium Illecebrim (Schwigr.) Br. eur. Non solamente è comune nella regione marittima, come già dissi nella I Contrib., ma da questa sale sin sui monti, ove va diven- tando sempre più raro a misura che si sale. Le stazioni, da esso occu- pate, sono le più diverse: schisti cristallini, rupi arenarie, humus, macchie, gneiss ed anche rupi calcaree fossillifere. 13. Scleropodium Illecebrum v. decipiens Bott. E una forma che predilige i sassi o le rupi ombreggiate e umide: Messina a S. Rizzo sul gneiss in aprile 1907 con frutti, 450 m.; a. Scoppo nelle macchie, 250 m. con frutti in dicembre 1907; alla Pie- trazza, 100 m., in aprile 1907 sterile, 259. §. v. spininervium Zodda nova var. Sin. — S. Ornellanum Roth in Zodda (non Mdo). Differt a typo foliis acutis vel breviter acuminatis; nervo apicem versus dentato et in dentem spiniformem desinente; foliorum cellulis le- vibus vel (forma scabridum Bott.), angulis superioribus prominulis, scabris. È una varietà ottimamente distinta dal tipo ed approvata tanto dal Roth quanto dal Bottini, ai quali comunicai parecchi esemplari. È comune attorno a Messina, ove l’ho raccolta a Gravitelli in larghi cespugli sulle rupi calcaree ombreggiate, 200 m., in feb- braio 1907; alla Pietrazza sugli schisti cristallini asciutti ed esposti a settentrione (100 m.) in aprile 1907 sterile; a Tre Monti nelle macchie, 250 m., in marzo 1907 con frutti; allo Scoppo, 250 m. ea — 483 — Tarantonio, 100 m., in aprile 1907; a Saponara, raccolto dal dr. Cam- pagna, e sui tronchi di querce sul m. Lando, 600 m. in aprile 1900 sterile. 260. **S. v. minus Bruch. Nelle macchie su suolo siliceo e in luoghi ombreggiati: Messina a Tre Monti (200 m.) in marzo 1907 sterile; a Saponara al Castel- laccio, 250 m., in giugno 1905 sterile; allo Scoppo, 200 m., in di- cembre 1907. 261. **Eurhynchium circinatum (Brid.) Br. eur. f. attenuata Boul. Sulle rupi laviche e sulle arenarie : Francavilla dietroil Castello (300 m.) in novembre 1907, con anteridil. È una forma gracilissima a ramni quasi diritti, nuova per la Sicilia. 175. E. Stokesii (Turn.) Bre. ur. v. brachycladum Roth. Sulle rupi umide: Messina alla Foresta di Camaro, 400 m., in aprile 1907, sterile. Esemplare riferito alla varietà sunnominata dal Roth istesso. 262. ***E. var. robustum Roth. Presso le cascatelle d’acqua: Messina alla Foresta Camaro, 400 m., in aprile 1907 sterile. Anche dallo stesso Roth riferita alla varietà cennata. 263. E. hians (Hedw) Iaeg, et Sauerb. Sulle rupi schistoso cristalline umide: Messina ai Molini di Ca- maro, 350 m., in aprile 1907 sterile; quest’esemplare è stato determi- nato dal Bottini; inoltre presso una cascatella; Saponara sotto An- tennamare, 800 m., in giugno 1905 sterile; presso gli stillicidi su suolo silicec: Antennamare, 900 m. in aprile 1907 sterile; al pie degli alberi:Merì, 100., in aprile 1900 sterile. 9. E. Swartzii (Turn.) Curn. Rinvenuto ovunque attorno a Messina e inoltre a Francavilla all’ Alcantara, anche su terreni argilloso-calcarei, evitati dall’ aftine E. Stokestì. 264. ***E. Swartzii (Turn.) Curn. var. robustum Limpr. Nei luoghi umidi e ombreggiati delle macchie: Messina a Tarantonio (100 m.) in aprile 1907 sterile. Riferito alla presente ‘ varietà del Roth. E. pumilum (Wils). Schimp. Su terreni alluvionali umidi presso Messina a Spartà, raccolto da F. De Leo in aprile 1407. e484 LI 178. Rhynchostegium megapolitanum (Brid) Bre. ur. Sui muri umidi: Messina a S. Corrado, 70-200 m. in marzo 1907 sterile; sulle rupi calcaree a Tre Monti, 150 m. in marzo 1907 sterile. 180. Rh. v. meridionale D Ntrs. Nei pascoli sull’Aumus: M. Lando presso Barcellona, 500 m. in aprile 1900 sterile; sui colli arenosi: Messina a Castellaccio, 100 m., in dicembre 1907 con frutti; sui margini dei campi a Tarantonio, 100 m., in aprile 1907 sterile. 4. Rh. confertum (Dicks.) Br. eur. Sugli schisti cristallini: Itala, 300-400 m. con frutti; ai Molini di Comaro, 350 m., con frutti in marzo 1907. 181. Rh. rusciforme (Neck.) Br. eur. v. lutescens Schpr. Presso le cascate: Itala: 600 m., in aprile 1907 sterile; lungo le pareti sommerse di un acquedotto: Francavilla all’ Alcantara, 400 m., in luglio 1907 con frutti. 265. **Rh. v. inundatum Schp. Nelle acque correnti e rapide dell’Alcantara presso Franca- villa; 400 m. in luglio 1907 sterile. 266. Rh. var. turgescens Warnst. f. minor Bott. in litteris ad me. Folia, ut in var. turgescenti cochleariformia ovato-acuta, pluries plicata, sed minora (1,5 mm. longa — 0,9 mm. lata) reticulo sublepto- dermico. È una varietà di un abito affatto particolare, che a prima vista si prenderebbe piuttosto per una forma di Rhynchostegium murale o per un Limnobium. Presso le cascate: Messina alla Foresta di Camaro, 350 m., in aprile 1907 sterile. 6. Rhynchostegiella tenella (Dicks.) Limpr. Sugli schisti cristallini: Messina alla Pietrazza, 150 m., in aprile 1907 con frutti, sulle rupi calcaree umide: Castel Mola a S. Venera, 200 m., in giugno 1906 sterile; su suolo alluvionale sciol- to calcareo: Camaro, 200 m. in aprile 1907 con frutti. 267. ** Rh. v. meridionalis Boul. Sulle rupi calcaree umide: Messina a Tarantonio, 200 m., in * aprile 1907 con frutti. 268. Rh. curviseta (Brid.) Limpr. Sui muri umidi: Messina a S. Lucia sopra Contesse, 150 m., in settembre 1907 sterile; ai piedi degli alberi: Merì, 100 m., in aprile 1900 sterile. Per il messinese si conosceva la f. semidentata Zodda (= Rhynchostegium curvisetum var. semidentatum). ARB Se AMBLYSTEGIACEAE. 269. **Amblystegium irriguum (Wils.) Br. eur. Presso le cascate lungo l’Alcantara, 350-400 m., in luglio 1907 sterile. Il tipo non era ancor noto. per la Sicilia, ma la sola va- rieta tenellum. 270. **A. v. spinifolium Schp. Nelle acque rapide dell’Alcantara, 400 m., in luglio 1907 sterile. 271. *A. v. tenellum Schp.. Lungo gli acquedotti: Messina a S. Lucia sopra Contesse, 200 m. in settembre 1907 sterile (1). 272. *Cratoneuron filicinum (L.) Roth. Presso gli stillicidi: Francavilla all’Alcantara, 300-350 m. in luglio 1907 e in novembre 1907 con anteridii; presso le scaturigini su suolo filladico : Itala, 200-400 m., in aprile 1907 sterile. e con anteridil. 15. *€. commutatum (Hedw.) Roth. Presso le scaturigini su suolo calcareo: Itala, 500 m., in a- prile 1907 sterile. 16. C. falcatum (Brid.) Roth. Presso le scaturigini su suolo calcareo: Messina a Gravitelli in dicembre 1884 sterile; sulla filladea Itala, 300 m., in aprile 1907 sterile; Ali a 500 m., in aprile 1906 sterile. 132.56: v: gracilescens Schimp. Presso le scaturigini; Itala, 400 m., in aprile 1907 sterile, a Mandanici in giugno 1905 sterile, raccolto dal prof. Nicotra. HYPNACEAE. 183. **Isopterygium elegans (Hook.) Lindb. A questa specie deve riferirsi I. depressum della II con- tribuzione. (1) Del genere Amblystegium possiedo una forma importante e forse nuova per la scienza, avente caratteri intermegdii fra A. riparium e A. Kochii, ma per lo stato sterile di essa non mi è possibile pronunziarmi con sicurezza, finchè: non avrò raccolto materiale completo (vedi Appendice). Me! Ml RI 273. ***Drepanium. cupressiforme (L.) Roth. v. lacunosum Loesk. (sec. Roth.). Nei pascoli sull’humus: Messina alla foresta di Camaro, 400 m., in aprile 1907 con frutti. 185. D. v. subjulaceum (Mol.). È diffusa per tutto il messinese preferendo i luoghi aprici delle regioni collina e montana; in quest’ultima anzi è la forma più comune; sale fino alle cime dei nostri monti più alti. 274. **D. v. tectorum Schpr. Ai piedi degli alberi; Meri (100 m.) in aprile 1900 sterile; nelle macchie a Scoppo presso Messina, 250 m., in dicembre 1907 con frutti immaturi. 275. **Ctenidium molluscum (Hedw.) Mitt. v. condensatum Schpr. Sull’humus che riveste le fessure delle rupi calcaree: Messina a M. Scuderi, 1250 m. in aprile 1906 sterile. 11. Hypnum purum L. Ricordo qui questa specie per averla rinvenuta con frutti in dicembre 1907 presso Messina allo Scoppo e sotto M. Cicci in marzo 1908 e ultimamente, settembre 1909, alla Foresta Camaro alle Terre nere, 600 m. R. Istituto botanico di Messina, 4 maggio 1908. APPENDICE. Durante la stampa di questo lavoro potei ristudiare le forme dubbie, ricordate nelle diverse note in esso, e altre sottoposi all’esame di briologi provetti; sicchè sono ora in grado di poterne fare conoscere i risultati molto importanti; si tratta difatti di una forma nuova per l’Italia e di quattro nuove per la scienza. 276. Bryum murale Wils forma minor Zodda nova forma. Sin. — B. Bomanssoni Roth in Zda (haud Lindb). Caespites lari. Caulis floriferus 1-3 mm. alto, innovationibus, 2-4 mm. longis, superatus. Folia minora, pauca. Pedunculus 7-20 mm. longus, purpu- reus vel laete rubens, sursum saepius flavicans. Capsula minor, 1-2,2 mm. operculo excepto, longa, saepe laete rubens vel etiam flavicans, operculo rubente vel aurantiaco, umbonato aut mamillato. Sulle rupi arenoso-calcaree; Gravitelli, 250 m., in febbraio 1907; sui conglomerati. a Tarantonio, 150, ine aprile 1907 sul calcare fossilifero a Tre Monti, 200 m., in marzo 1907 sul calcare marnoso: Camaro a S. Anna, — 487 — 400., in aprile; sul gneiss decomposto: Messina verso S. Rizzo in aprile 1907, ovunghe con frutti. È una forma propria di luoghi NE BORG aridissimi o di eccessivamente calcarei e sterili. 277. ***Philonotis marchica Brid. v. laxa (Limpr.). Presso gli stillicidi: Messina ai Molini di Camaro, 300 m., in aprile 1907 sterile, ma con gemme ascellari; a Itala, 400 m., in aprile 1907, come nella precedente località; Francavilla all’Alcantara, 350 m., in luglio 1907, anch’essa con gemme ascellari. La determinazione di questi esemplari, da me fatta, è stata confermata dal chiarissimo Dismier. 278. Eurhynchium hians (Hedw.) Faeg. et Sanerb. forma flagellare Zodda Sterilis. Caules laxissime breviterque ramosi, filiformes, longi, flexuosi rigidi. Folia parva, remota, ut plurimum, usque ad costam destructa. Sui muri sommersi lungo un acquedotto: Messina a S. Lucia sopra Contesse, raccolta in settembre 1907 dal mio alunno Trischitta. È una forma aberrante, che ha assunto caratteri affatto speciali in grazia dell’anormalita della stazione, in cui vegeta. 279. Amblystegium Kochii Kochii Br. our. forma major Bottini forma nova. Folia caulina magna, ad 2 mm. usque longa. Lungo le acque rapide e presso le cascatelle nell’Alcantara e lungo gli acquedotti presso questo fiume nelle vicinanze di Francavilla, fertile in lu- glio 1907. È una forma molto RIT) la quale ad occhio nudo si può scambiare facilmente coll’affine'A. riparium. 280. Anomobryum juliforme Solms L. forma strictiuscula Zodda nova forma. Caespites ampli, densi. Caules, cum innovationibus gracilibus et longis, verecti, rubentes. Folia minora, lawa, haud nitentia. Ho esaminato esemplari sterili o con anteridii. A Messina su suolo arenoso sciolto, senz’altra indicazione di data e di luogo, raccolto dal prof. Nicotra. Messina, novembre 1908. Contribuzione alla flora delle isole Tremiti del dott. FABRIZIO CORTESI, La flora delle isole Tremiti, le Diomedee degli antichi, tanto in- teressanti per la loro speciale posizione, è fra le meno conosciute delle isole italiane. Su di essa infatti non abbiamo, per ciò che riguarda le piante vascolari, che un elenco di piante pubblicato nel 1837 dal Gasparrini (1), ed una nota del prof. A. Terracciano, ela- borata sui materiali raccolti dal dott. Tellini, comparsa nel 1890 (2). Dopo questa data altri naturalisti hanno visitato queste isole e vi hanno fatto raccolta di piante, ma i risultati delle loro raccolte sono fino ad ora — per.quanto io mi sappia — rimasti inediti. Mio fratello Marcello, ufficiale dei bersaglieri, avendo nel 1906. dimorato per ragioni di servizio nelle isole, che fece conoscere sotto il loro aspetto geografico ed artistico con un articolo pubblicato su di una rivista illustrata (3), mi inviò un piccolo manipolo di piante, da lui ivi raccolte nell’aprile dello stesso anno. La direzione del R. Istituto ed Orto botanico di Torino — che qui vivamente rin- grazio — avendo saputo che io preparavo una breve nota illustrativa su queste piante, volle — con generosa cortesia —inviarmi a studiare il materiale raccolto dall’egregio dott. Giovanni Negri, nella escur- sione briologica da lui compiuta in queste isole nel 1907 (4). È con questi mezzi che io ho preparato il contributo che qui pubblico, ri- servandomi — se e quando mi giungeranno altri materiali, che un gentile corrispondente ha promesso di inviarmi — di ritornare sul- (1) Gasparrini G. — Descrizione delle isole Tremiti e del modo come ren- derle coltive. — Annali civili del Regno delle due Sicilie, vol. XV, fasc. XXX (novembre e dicembre), pag. 79-105. (2) TERRACCIANO A. — La Flora delle isole Tremiti. — (Nota preliminare). Bull. Soc. Bot. it., 1890, pag. 383-390. (3) Cortesi M. — Le isole Tremiti. — Emporium vol. XXV, n. 150, giu- gno 1907, pag. 465-476, con 13 fotografie. (4) NEGRI G. — Contributo alla briologia delle isole Tremiti. — Atti R. Ac- cad. delle Scienze di Torino, vol. XLIJI (1908), estratto di 23 pag. ANNALI DI BoranicA — Vou. VII. S1 _ — 490 — l'argomento con maggior ampiezza e con maggiori dettagli. Le piante pubblicate sono state raccolte sulle isole di San Domino, di San Nicola e di Capperara: per le notizie intorno alla loro storia, geografia, geologia, popolazione ecc., rimando colui al quale questo interessa alle già citate pubblicazioni ed alle altre opere in esse indicate. Dal punto di vista statistico la pubblicazione del Gasparrini comprende 171 specie di piante vascolari; quella del Terracciano arricchiva di ben 50 specie la flora di queste isole, portandone il numero a 221; la presente mia contribuzione enumera 172 specie, di cui 100 non figurano nelle note precedenti e sono quindi nuove per la regione. La flora delle isole Tremiti, per ciò che riguarda le piante superiori comprende quindi — secondo le attuali conoscenze — 321 specie di vegetali, tenendo conto che alcune delle specie pub- blicate dal Gasparrini e dal Terracciano nel mio lavoro figurano sotto altro nome per la sinonimia adottata, ed osservando che non ho calcolato come nuove le varietà e le forme di specie gia indicate dal Gasparrini, perchè — non avendo potuto vedere i saggi da lui raccolti — non son in grado di affermare se i nomi da lui pubblicati si riferiscono a specie tipiche oppure a loro forme. nu 1. Selaginella denticulata (L.) Spring (1). S. Domino, 11. IV. 1907: nel bosco di Pinus halepensis presso la cala degli Inglesi (Negri). 2. Pinus halepensis Mill. S. Domino, 11. IV. 1907: bosco nell’ isola (Negri). 3. Juniperus phoenicea L. S. Domino, 11. IV. 1907: macchie fra lo sbarco e la cala degli Inglesi (Negri). 4. Milium multiflorum Cav. 3 Domino, 10. IV. Lu presso lo sbarco (Negri). . Avena fatua L. y. hirsuta Moench. cai SV: 1907: luoghi erbosi presso i coltivati (Negri). 6. Koeleria phleoides (Vill) Pers. S. Domino, 11. IV. 1907: luoghi aridi presso lo sbarco (Negri). (1) In questo elenco ho seguito in massima l’ordine adottato nella Flora analitica d’ Italia di FroRI e PAOLETTI. Le specie che risultano nuove per la flora delle isole (che non figurano cioè nelle citate pubblicazioni di Gasparrini e di A. Terracciano) sono stam- pate in grassetto. HDI TA NL ISR NOA EIT tye ET RIDI eye ASTI AT OR ELE AIA do VO ONERI RIINA SII +g i TO N CI All + dO y tu pe Ps Li ae 2 ret i SLA mur RL — 491 — ©. Dactylis glomerata L. S. Domino, 11. IV: aridi presso lo sbarco (Negri). 7 bis. Dactylis glomerata B. hispanica Roth. S. Domino, 11. IV: aridi presso lo sbarco (Negri). . 8. Poa bulbosa L. b. concinna Gaud. _ S. Nicola, 5.IV: macchia sull’altipiano dell’ isola; S. Domino. 11. IV: macchia presso la cala degli Inglesi (Negri). 9. Poa annua L. S. Domino, 10. IV : presso lo sbarco (Negri). 10. Schlerochloa rigida (L.) PB. S. Domino, 11. IV: presso:lo sbarco (Negri). 11. Brachypodium distachyum PB. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 12. Brachypodium ramosum R. et S. S. Domino, 11. IV: bosco di Pinus halepensis presso la cala degli Inglesi (Negri). | 13. Hordeum murinum L. b. leporinum Lk. S. Domino, 10. IV: incolto presso Casa Baronessa (Negri). . 14. Schoenus nigricans L. Capperara, 8. IV: luoghi sassosi presso l'approdo (Negri). Osservazione. — Fra gli esemplari di questa specie vi sono dei piccoli saggi dell’altezza di 5-10 cm. che meritano di essere segnalati. Se ne potrebbe fare una forma minor della specie. 15. Carex Halleriana Asso = C. alpestris Hall. S. Domino, 6. IV: nel bosco di Pinus halepensis; S. Nicola, 5. IV: nella macchia sull’altipiano dell’ isola (Negri). 16. Carex glauca Murr. » S. Nicola, 5. IV (Negri). 16 bis. C. glauca Murr. f. erythrostachys Hpe? Ss Domino, 10. IV : nel bosco di Pinus halepensis (Negri). OssERVAzIoNE. — L’immaturità dell'esemplare non permette una più esatta determinazione. 17. Carex distachya Desf. = C. Linkii W. Schk. S. Domino, 10. IV: bosco di Pinus halepensis (Negri). 13. Carex sp. S. Domino, 6. IV: incolto presso la Casa Baronessa (Negri). OssERvazIONE. —- L’esemplare incompleto ed immaturo sembra differente da quelli delle specie precedenti, ma non permette una precisa identificazione. 19. Arisarum vulgare Targ. Tozz. S. Domino, 10. IV: siepe presso Casa Baronessa; S. Nicola, 5. IV: incolti presso si cimitero (Negri). — 492 — : 20. Ornithogalum comosum L. 7 tenuifolium Guss. S. Nicola, 5. IV: macchia bassa sull’altipiano dell’isola (Negri). 21. Ornithogalum narbonense L. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi). 22. Bellevalia romana (L.) Sweet S. Domino, 6. IV: campi presso Casa Baronessa (Negri). 23. Muscari racemosum (M.) Mill. S. Nicola, 5. IV: macchia bassa sull’altipiano dell’ isola (Negri). 24. Leopoldia Calandriniana Parl. S. Domino, 6. IV : campi presso Casa Baronessa (Negri). Osservazione. — Si tratta proprio di quella forma di Muscari co- mosum (L.) Mill. infetta dall’Ustilago e descritta dal Parlatore sotto questo nome. 25. Asphodelus ramosus L. Capperara, 8. IV: macchie alla sommità dell’isola. (Negri) 26. Asphodelus fistulosus L. S. Nicola, 5. IV: luoghi sassosi nel pendio S. W. dell’isola (Negri). 27. Ophrys aranifera Huds. f. gibbosa mihi (1). S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi); id. 5. IV: macchie basse sul- l’altipiano dell’isola; id. macchia nel versante S. W. dell’ isola; S. Domino, 6. IV: presso Casa Baronessa al limite delle coltivazioni (Negri). 28. Ophrys bombyliflora Lk. S. Nicola, 12. IV: macchia bassa sull’ altipiano dell’ isola. (Negri). 29. Ophrys tenthredinifera Willd. Sp. et forma uniflora : floribus solitariis. S. Nicola, 12. IV: macchia bassa sull’altipiano dell’isola (Negri). Osservazione. — È interessante la forma uniflora di questa. specie, che si riscontra nei luoghi aridi e calpestati. 30. Ophrys lutea Cav. var. minor Parl. = O. sicula Tin. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). OssERVAZIONE. — Tutti gli esemplari raccolti da mio fratello ap- partengono a questa varietà, che si distingue abbastanza bene dalla. specie per i fiori più piccoli con labello più stretto che nel tipo. 31, Ophrys fusca Lk. S. Nicola, 5. IV: macchie basse sull’altipiano dell’ isola (Negri). 32. Serapias occultata Gay = S. parviflora Parl. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). (1) Nella sua citata pubblicazione il Terracciano indica una Ophrys sp. senza più precisa identificazione. — 493 — 33. Orchis saccata Ten. S. Nicola, 5. IV: macchia bassa sull’altipiano (Negri). OssERVAZIONE. — Il saggio su cui ho fatto la determinazione è assal meschino, perchè rappresentato da un solo individuo senza tu- beri e con foglie in parte distrutte: pure i fiori, per le brattee por- porine 7 nervie più lunghe dell’ovario, per il labello subintegro più lungo dei tepali superiori esterni e per lo sprone cronico uguale alla metà dell’ovario, sembrano proprio quelli della specie tenoreana. Per mancanza di materiale non posso pronunciarmi sul valore di tale specie e sui suoi rapporti con le forme affini, questo mi ri- servo di fare quando mi sarò procurato tale materiale. La presenza dell’0. saccata Ten. nelle isole Tremiti non ci deve meravigliare, trattandosi di specie esistente nell’ Italia meridionale ed in Sicilia, in Grecia, nell’is. di Creta ecc..... i 34. Urtica membranacea Poir. S. Nicola, i2. IV: rupi del castello (Negri). 35. Urtica dioica L. 7 c. hispida DC. S. Domino, 10 IV: siepe presso Casa Baronessa (Negri). 36. Parietaria officinalis L. S. Domino, 10. IV: incolto presso Casa Baronessa (Negri). 36 bis. Parietaria offiicinalis var. diffusa M. et K. S. Nicola, 12. IV: incolti dell’altipiano dell’ isola (Negri). 51. Daphne collina Smith. S. Domino, 10. IV : nel bosco di Pinus halepensis presso la strada «del Faro (Negri). 38. Thymelea hirsuta (L.) Endl. S. Domino, 7. IV: luoghi aridi presso lo sbarco (Negri). 39. Rumex thyrsoides Desf. fl. et fruct. = R. intermedius Guss. (Gasp. ?). S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 40. Atriplex Halimus L b. latifolium Guss. Capperara, 9. IV: luoghi sassosi sterili (Negri). 41. Chenopodium murale L. S. Nicola, 5. IV : luoghi incolti nell’altipiano dell’isola (Negri). 42. Arthocnemum glaucum (Del.) Ung. ? Capperara, 8. IV: luoghi sassosi aridi (Negri). 43. Sueda fruticosa Fosk. Capperara, 8. IV: luoghi sassosi aridi (Negri). 44. Alsine tenuifolia (L.) Crantz 8. arvatica Guss. S. Nicola, 12. IV: macchie basse sull’altipiano dell’isola (Negri). 45. Arenaria serpillifolia L. %. tenuior Koch. S. Nicola, 5. IV: incolto sull’altipiano dell’ isola (Negri). sap ge 46. Stellaria media (L.) Cyr. vy. Cupaniana Nym. S. Domino, 6. IV: margini delle strade presso lo sbarco (Negri). S. apetala Ucria. S. Dominc, 10. IV: margine dei coltivati presso Casa Baronessa. (Negri). è. apetala Ucria f. Boreana Jord. S. Nicola, 5. IV : incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). 47. Cerastium glomeratum Thuill. S. Domino, 6. IV: margini delle strade presso lo sbarco; id. 10. IV; margine dei coltivati presso Casa Baronessa (Negri). 48. Cerastium semidecandrum L. S. Domino, 10. IV: margine dei coltivati presso Casa Baronessa. (Negri). 49. Silene vulgaris (Moench.) Garcke. x. vesicaria Schrad. S. Domino, 6. IV: coltivati presso Casa Baronessa (Negri). S. Ni- cola, apr. 1906 (M. Cortesi). 50. Silene nocturna L. ©. brachypetala Rob. et Cast. S. Nicola, 12. IV : incolto sull’altipiano; S. Domino, 6..IV: in- colto presso Casa Baronessa (Negri). 51. Tamarix africana Poir. S. Domino, 11. IV: macchie fra lo sbarco e la cala degli Inglesi (Negri). 52. Hypericum perforatum L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 53. Cistus monspeliensis L. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi); id, 10. IV: nella macchia (Negri). 54. Cistus incanus L. var. villosus L. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi); id. 11. IV: macchia fra lo sbarco e la cala degli Inglesi (Negri). 55. Viola Denhartii Ten (?) S. Nicola, 5. IV: luoghi erbosi presso il cimitero (Negri). 56. Reseda alba L. è. Tenoret A. Terr. =: R. undulata Ten S. Nicola, 5. IV: incolto sull’altipiano dell’isola (Negri) 57. Reseda lutea L. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi). 57 bis. R. lutea L. db. crispa Ten. = R. lutea 8. L. S. Domino, 11. IV : luoghi aridi presso lo sbarco (Negri). 58, Matthiola incana (L) R. Br. d. sinuatifolia Guss. S. Domino, 11. IV: roccie a picco sul mare fra la Cala Inglese ed il Faro (Negri). OssERVAZIONE. — Per la mancanza di glandule stipitate, questi Tp — 495 — saggi devono senza alcun dubbio riferirsi alla M.incana, e per la forma delle sue foglie alla var. sinuatifolia di questa specie. 58 bis. M. incana c. fruticosa Rouy et Fouc. Capperara, 8. IV: roccie dirupate sul mare presso I’ approdo (Negri). 59. Sisymbrium Irio on S. Nicola, 5..IV: incolto sull’altipiano dell’ isola (Negri). 60. Cardamine hirsuta L. S. Domino, 10. IV: incolti presso Casa Baronessa (Negri). 61. Diplotaxis viminea (L.) DC. . S. Nicola, 5. IV: incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). ‘ 62. Raphanus Raphanistrum L. 6. maritimus Sm.? Capperara, 8. IV : incolti (Negri). 63. Rapistrum rugosum (L.) Berg. y. orientale DC. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 64. Clypeola Jonthlaspi L. S. Nicola, 12. IV: macchie basse sull’altipiano dell’isola (Negri). 65. Alyssum leucadeum Guss. S. Nicola 5. IV : sulle rupi del castello (Negri). 66. Alyssum maritimum L. S. Domino 11. IV: luoghi aridi alla Cala degli Inglesi; S. Nicola, 5. IV: macchie basse sull’altipiano dell’ isola (Negri). 67. Neslea paniculata (L.) Desv. S. Nicola, 5. IV: campi in riposo presso il Cimitero (Negri). 68. Lepidium Draba L. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi); id. 11. IV: incolti presso Casa Baronessa (Negri). 69. Hutchinsia procumbens (L.) Desv. Capperara, 8. IV : suolo ciottoloso arido presso il faro (Negri). 70. Capsella Bursa Pastoris (L.) Moench. S. Nicola, 5. IV: luoghi incolti sull’altipiano dell’isola (Negri). 71. Fumaria densiflora DC. S. Domino, 6. IV : incolto presso Casa Baronessa nta b. Parlatoreana Kral. S. Nicola, 5. IV : incolto sull’altipiano dell’ isola (Negri). 72. Fumaria parviflora Lamk; S. Domino, 6. IV: incolto presso la Casa Baronessa (Negri). 13. Fumaria parviflora Lamk c. glauca Jord? S: Nicola 5. IV: incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). 74. Anemone hortensis L. S. Nicola, 5. IV: macchie basse sull’altipiano dell’isola; S. Do- mino, 6. IV : nel bosco di Pinus halepensis (Negri). — 496 — 75. Adonis microcarpus DC. S. Domino, 10. IV: incolto arido sul versante S. W. dell’isola (Negri). 76. Nigella arvensis L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). (i: Crataegus monogyna Jacq. f. inermis mihi: ramis inermibus. S. Domino, 10. IV : siepe presso Casa Baronessa (Negri). 18. Medicago sativa L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 79. Medicago sp. aff. litoralis Rohde. S. Nicola, 5. IV : incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). 80. Medicago sp. S. Domino, 6. IV: lungo la strada fra lo sbarco e Casa Baronessa (Negri). Osservazione. — I frutti non maturi non mi permettono una esatta determinazione. 81. Trifolium subterraneum L. S. Domino, 11. IV: incolto presso lo sbarco (Negri). 82. Trifolium stellatum L. S. Nicola, 12. IV : luoghi calpesti presso il cimitero (Negri). 82 bis. 7. stellatum b. canthinum Freyn. S. Domino, 10. IV : luoghi aridi (Negri). 83. Dorycnium hirsutum L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 84. Lotus angustissimus L. S. Nicola, 5. IV: incolti sull’altipiano dell’isola; S. Domino, 6.IV: bosco di Pinus halepensis, radura presso la sommità dell’ isola (Negri). 85. Lotus creticus L. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi); ibid, 6. IV (Negri). 86. Astragalus sesameus L. S. Nicola, 5. IV : incolto calpesto nell’altipiano dell’ isola (Negri). 87. Astragalus hamosus L. S. Nicola, 12. IV : incolto sull’altipiano dell’ isola (Negri). 88. Coronilla scorpioides (L.) Koch. S. Nicola, 5. IV : macchie basse sull’altipiano dell’isola (Negri). 89. n Emerus L. S. Domino, 10. IV: luoghi sassosi aridi presso Casa Baronessa (Negri). 90. Hedysarum coronarium L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 91. Lathyrus sphaericus Retz. S. Domino, 10. IV: versante S. W. dell’ isola (Negri). — 497 — 92. Vicia sativa L. S. Nicola, 5. IV: macchie basse sull’altipiano dell’isola; S. Do- mino, 5. IV: luoghi incolti sull’altipiano dell’ isola (Negri). OssERVAZIONE. -— I nostri esemplari appartengono a diverse forme di questa polimorfa specie: la mancanza di frutti non permette però un’esatta classificazione di tale forme. 93. Vicia villosa Roth. var. dasycarpa Ten. S. Domino: aridi incolti nel versante S. W. dell’ isola (Negri). 94. Vicia hirsuta S. F. Gray. S. Domino, 10. IV: nelle radure del bosco di Pinus halepensis (Negri). 95. Vicia lentoides Coss. et Germ. S. Domino, 6. IV: radura nel bosco presso la sommità dell’isola (Negri). 96. Vicia lenticula Arc. S. Domino, 10. IV: nel bosco di Pinus halepensis (Negri). 97. Vicia sp. S. Nicola, 5.IV.1907; luoghi incolti sull’altipiano dell’isola (Negri). 98. Peucedanum Oreoselinum (L.) Moench. S. Domino, apr. 1906: sul versante dalmato dell’isola (M. Cortesi). 99. Tordylium apulum L. S. Nicola, 7. IV: incolto presso il cimitero (Negri). 100. Daucus hispidus Desf. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi). 101. Daucus siculus Tin. (?) S. Domino, 10. 4. 1907: incolto arido nel versante S. W.. dell’isola (Negri). Osservazione. — Mancano i frutti maturi. 102. Daucus bicolor S. et S. (?) Capperara, 8. IV : nella macchia (Negri). OssERVAZIONE. — Mancano i frutti maturi. 103. Scandix australis L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 104. Bifora testiculata DC. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi). 104 bis. Pistacia Lentiscus L. S. Nicola, 5. IV: macchie basse sull’altipiano dell’isola (Negri). 105. Geranium Robertianum L. 6. purpureum Vill. S. Domino, 10. IV : coltivati presso Casa Baronessa (Negri). 106. Geranium molle L. S. Nicola, 5. IV: lungo i coltivati; S. Domino, 10. IV: incolto presso Casa Baronessa (Negri). Mt 107. Erodium malachoides (L.) W. S. Nicola, 5. IV: lungo i coltivati (Negri). c. subtrilobum Jord. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi); S. Domino, 10. IV: incolto preso Casa Dion (Negri). 108. Erodium cicutarium (L.) L’Herit. 1 Chaerophyllum DC. S. Nicola, 5. IV: incolti sull’altipiano dell’ isola (Negri). e. Jacquinianum Fisch. Mey. et Avé-Lall. Capperara, 8. IV: viottolo presso i campi (Negri). forma prostratum Terr. A. S. Domino, 10. IV: incolto e calpesto presso Casa Baronessa (Negri). 109. Ruta graveolens L. 9. divaricata Ten. ° S. Nicola, 5. IV: macchie sulla sommità dell’ isola (Negri). 110. Malva silvestris L. S. Nicola, 5. IV: altipiano dell’isola incolto e calpesto (Negri). 111. Malva rotundifolia L. S. Nicola, 5. IV: incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). 112. Euphorbia helioscopia L. S. Nicola, 5. IV: altipiano dell’isola incolto (Negri). 113. Euphorbia Peplus L. 2. peploides Gouan. S. Nicola, 5. IV : incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). 114. Euphorbia exigua L. S. Nicola, 12. IV: luoghi calpesti presso il cimitero (Negri). 115. Euphorbia dendroides L. S. Nicola, 5. IV: macchie basse sull’altipiano dell’isola (Negri). 116. Mercurialis annua L. i S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi); id. 5. IV: luoghi incolti nell’al- tipiano dell’isola (Negri). OssERVAZIONE. — L’esemplare raccolto dal Dott. Negri appartiene ad una forma perennante della specie, cespitosa ramosa, con radice a. . fittone piuttosto grossa. 117. Anagallis arvensis L. S. Domino, 11. IV: macchia presso la Cala degli Inglesi (Negri). var. coerulea Schreb. S. Nicola, 5. IV: luoghi incolti sull’altipiano dell’isola (Negri). 117 bis. Statice cancellata Bernh. S. Nicola, 5. IV: luoghi marnosi scoperti sul versante S. W. del- l’isola. b. suberecta Freyn. Capperara, 8. IV: pendii rocciosi aridi. SAO) = = 118. Phyllirea media I. Cavperara, 8. IV: macchie alla sommità dell’isola (Negri). 119. Echium parviflorum Moench. Capperara, 8. IV: luoghi aridi presso il faro; S. Nicola, 5. IV: luoghi arenosi (Negri). 120. Lithospermum arvense L. S. Domino, 10. IV: luoghi aridi del versante S. W. dell’ isola. (Negri). OssERVAZIONE. — Fra i nostri saggi vi sono dei piccoli indi- -vidui di'pochi cm. d’altezza con foglie lineari lanceolate che, pro- babilmente possono ascriversi alla var. Splitgerberi Guss. 121. Myosotis collina Hoffm. = M. hispida Schlecht. S. Nicola, 5 IV: incolto sull’altipiano dell’isola (saggi della microflora di 5-10 cm. d’altezza); S. Domino, 10. IV: nel bosco di pini (Negri). 122. Cynoglossum Cheirifolium L. S. Domino, 6.IV : luoghi incolti versante S. W. dell’ isola (Negri). OSSERVAZIONE. — I racemi fioriferi sono assai raccorciati nel periodo della fioritura così da costituire dell’ infiorescenze dall’ a- spetto globose con fiori strettamente stipati. 125. Convolvulus elegantissimus Mill. d. Argireus DC. 8. Domino, 10. IV: rupi e siepi press Casa Baronessa (Negri). 124. ae albus L. S. Nicola, 5, IV: luoghi incolti sull’altipiano dell’isola (Negri). 125. Verbascum sinuatum L. fruct. S. Domino, 11.IV: macchia arida presso la Cala Inglese (Negri). 126. Linaria arvensis (L.) Desf. y. micrantha Spr. , S. Nicola, 5, IV: incolti sull’altipiano dell’isola (Negri). 127. Anthyrrinum majus L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 128. Veronica Cymbalaria Bod. S. Nicola, 5, IV: incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). 129. Veronica hederaefolia L. S. Domino, 10. IV: luoghi sassosi presso l’imbarco (Negri). 150. Bartsia Trixago L. S. Nicola, apr. 1906(M. Cortesi). 131. Bartsia latifolia S. et S. S. Nicola, 5. IV: incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). 132. Teucrium fruticans L. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi). 133. Teucriwm Polium L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). — 500 — 134. Rosmarinus officinalis L. S. Domino, 11, IV: macchia presso lo sbarco (Negri). 135. Prasium majus L. S. Domino, apr. 1906 (M. Cortesi); id. 11. IV: nel bosco di pini presso il faro (Negri). 136. Marrubium vulgare L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). — c. apulum Ten. S. Domino, 11. IV: macchie aride (Negri). 137. Lamium amplexicaule L. S. Nicola, 5. IV: incolto sull’altipiano dell’isola; S. Domino, 6. IV: nelle radure del bosco #05 Capperara, 8.IV: campi a riposo Meseit 138. Salvia verbenaca L. f. clandestina L. S. Domino, 4. IV: lungo la strada fra lo sbarco e Casa Baro- nessa (Negri). 139. Satureja graeca L. S. Nicola, (M. Cortesi, Negri). 140. Plantago lanceolata L. S. Domino, 10. IV: incolto nel versante S. W. dell’isola (Negri). 141. Plantago Coronopus L. 6. commutata Guss. S. Nicola, 5. IV: calpesto sull’altipiano dell’isola (Negri). 142. Plantago maritima L. S. Domino, 11. IV: luoghi aridi presso lo sbarco (Negri). OssERvAZIONE. — Credo trattarsi di una forma di P.maritima L. un poco anomala perchè affetta da un fungillo. L’esemplare consta d’in- dividui muniti di sole foglie: alcuni con foglie lineari lanceolate un po’ spatolate, nettamente laciniate con lacinie lineari lanceolate, altri invece hanno le foglie intiere ed appena munite di qualche lacinietta. 143. Plantago subulata L. % carinata Schrad. S. Domino, 10. IV: luoghi aridi (Negri). 144. Plantago Psyllium L. S. Nicola, 12. IV: incolti sull’altipiano dell’ ok (Negri). iii — La Flora analitica d’Italia dei Proff. Fiori e Paoletti dà per le is. Tremiti la P.ramosa Asch., ivi raccolta da Gasparrini, a questa specie (che forse è una semplice varietà della P. Psyllium) non possono riferirsi i nostri saggi, che hanno i lobi del calice uguali fra di loro. 145. Galium Aparine L. S. Domino, 6. IV: siepi presso i coltivati (Negri). 146. Galium Vaillantia Webb. = G. saccharatum All. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi): id. 5. IV: incolto sull’alti- piano dell’isola. — 501 — 147. Galium tricorne With. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 148. Galium murale (L.). All. S. Domino, 11. IV: luoghi secchi presso il faro (Negri). 149. Vaillantia muralis L. S. Nicola, 5. IV: incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). 150. Asperula arvensis L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 151. Senecio vulgaris L. S. Nicola, 5. IV: incolto sull’altipiano dell’isola. S. Domino: margine dei campi (Negri). 152. Senecio leucanthemifolius L. var. Ireichembachti. S. Nicola, 5. IV: rupi del Castello; S. Domino, 10. IV: luoghi sassosi, incolti presso Casa Baronessa; Capperara, 8. IV: luoghi sas- sosi scoperti (Negri). 153. Bellis annua L. S. Nicola, 5. IV: incolti erbosi nell’altipiano dell’isola (Negri). 154. Matricaria Chamomilla L. S. Nicola, 5, IV: incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). OssERVAZIONE. — La mancanza di acheni non permette una satta determinazione della forma. 155. Chrysanthemum segetum L. S. Domino, 10. IV: incolto presso Casa Baronessa (Negri). 156. Artemisia arborescens L. foliis tantum. Capperara, 8. IV: roccie dirupate sul mare (Negri). 157. Evax pygmea (L.) Pers. 6. ambigua Fior. S. Nicola, 5. IV: luoghi calpesti sull’ altipiano dell’ isola (Negri). Osservazione. — Credo di dover ascrivere questi saggi alla f. ambigua per la pianta ramosa piuttosto robusta e per le foglie tendenti ad essere acute all’apice. 158. Filago germanica L. y spathulata Presl. S. Nicola, 5. IV. incolti nell’altipiano dell’isola (Negri). 159. Filago germanica L. forma S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 160. Calendula arvensis L. (/l. tantum). S. Domino, 10. IV: coltivati presso Casa Baronessa (Negri). OssERVAZIONE. — I saggi sono muniti di sole infiorescenze, perciò non è possibile un’esatta determinazione della forma. d. sublanata Rchb. (fl. et fruct.). S. Domino, 6. IV: lungo le strade fra lo sbarco e Casa Baro- nessa (Negri). — 502 — 161. Carlina lanata L. S. Domino, 10. IV: macchia arida presso la cala inglese (Negri). 162. Centaurea Diomedea Gasp. = C. alba L. y. diomedea Gasp. S. Nicola, 7. IV: rupi del versante S. W. dell’isola (Negri). 163. Carduus pycnocephalus L. var. tenuiflorus Curt. S. Domino, 11. IV: luoghi aridi presso l'imbarco (Negri). 164. Rhagadiolus stellatus (L.) Gaertn. S. Domino (Negri). 165. Hyoseris radiata L. S. Nicola, 5. IV: laoghi incolti calpesti sull’altipiano dell’isola (Negri). 166. Hyoseris scabra L. S. Nicola, 5. IV: incolto sull’altipiano dell’isola (Negri). 167. Hypochaeris glabra L. S. Domino, 10. IV: luoghi incolti presso lo sbarco (Negri). 168. Hypochaeris aetnensis B. et H. S. Domino, 10. IV: incolto presso Casa Baronessa (Negri). 169. Geropogon glaber L. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi). 170. Sonchus tenerrimus L. d. Gussonei. Fiori. S. Domino, 6. IV: incolto presso Casa Baronessa (Negri). 171. Sonchus oleraceus L. var. levis Bart. Capperara, 8. IV (Negri). 172. Reichardia picroides Roth = Picridium vulgare Desf. S. Nicola, apr. 1906 (M. Cortesi); Capperara, 8. IV: pendii roc- ciosi aridi (Negri). R. Istituto Botanico di Roma, febbraio 1909. SPN ye ot iy ted tt Ae A if a a —_É———_——_ ————__ _ _ ————————_——m—m—————ÉÈ__rT—r_——————_.É OTN ND GOT SSA SH NISNI TALI LASA NAGAI IN NIL INI IO, Due lettere inedite di Ernesto Mauri. G. B. De Tont. In questi ultimi anni si andò intensificando un certo risveglio negli studi relativi alla storia della botanica, manifestatosi sia con indagini pazienti archivistiche e bibliografiche, sia con revisioni di raccolte essiccate e di erbarii dipinti, sia con edizioni frammentarie © complete di codici e di lettere d’argomento scientifico. Questo tri- plice ordine di ricerche mira a preparare il materiale greggio neces- sario per tessere, e riuscirebbe grande onore per noi, la storia del- Vamabilis scientia in Italia. Gli epistolarii rappresentano, fuor di dubbio, una fonte impor- tantissima per tale storia; basterebbe menzionare al proposito il prezioso carteggio Aldrovandiano per la seconda metà del secolo decimosesto, i carteggi, pure cospicui, di Marcello Malpighi, di Gia- cinto Cestoni, di Francesco Redi, di Gianalfonso Borelli per il se- colo decimosettimo, quelli di Lazzaro Spallanzani e di Ferdinando Bassi per il secolo decimottavo ed altri molti, meno copiosi, ma ricchi di notizie le più svariate, per tacere delle raccolte generali come è quella, ben conosciuta, lasciata dal Campori alla Biblioteca Estense di Modena e meritevole certamente di studio da parte di qualche naturalista che mettesse in luce quanto essa contiene di au- tografi d’uomini di scienza. Non è tuttavia da trascurare la prima metà del secolo decimo- nono, alla cui conoscenza riguardo a vicende della botanica e delle altre scienze naturali fornisce un contributo non spregevole una rac- colta di lettere scritte da naturalisti italiani e stranieri a Giovanni Brignoli e da questi lasciate in dono all’Orto Botanico di Modena, del quale fu direttore dal 1817 al 1856 (1). Nel riordinare questa corrispondenza, che conta oltre 700 fogli, m'è avvenuto di rinvenire parecchie lettere le quali o per un motivo o per un altro mi sembrarono degne di venire poste in (1) Cfr. De Toni G. B. — Il R. Orto Botanico di Modena dal 1772 al 1906. Notizie (Malpighia, vol. XX, pag. 277; Genova, 1906, A. Ciminago, 8°). — 504 — luce (1); tra esse sono le due formanti oggetto di questa pubbli- cazione: sono dirette al Brignoli da Ernesto Mauri (2) che fu dal 1820 al 1831 professore di botanica nell’ Università di Roma e prefetto dell'Orto botanico romano, che a quell’epoca si trovava al Gianicolo (3). La prima lettera è senza data (4); dal bollo rettangolare (nella . quarta facciata sopra l'indirizzo: « Al Chiarissimo Signore | Il ‘ Signor Dottor Giovanni de’ Brignoli | Professore di Botanica | Mo- dena ») appare spedita in marzo, ma nulla più; la reputo prece- dente all’altra, che reca la data 6 marzo 1835, per parecchie ra- gioni, più di tutto perchè il Mauri ricorda che venne dichiarato Professore emerito ed in suo luogo venne eletto un dottore in me- dicina e che l’Orto da lui diretto passò in mano di persona « ignara di cose botaniche »; ciò succedette nel 1831 allorquando il medico Carlo Donarelli venne assunto nelle due cariche di professore di botanica pratica e di prefetto dell’Orto romano (5); notisi poi che la (1) Cfr. De Toni G. B. e CHRIST H., La Pteris longifolia L. presso il lago Lario? [è pubblicata una lettera di CANDIDA LENA PERPENTI)] (Atti R. Istituto Veneto di sc., lett. ed arti, tomo LXIII, pag. 561-565; Venezia 1903); DE TonI . G. B., Notizie intorno ad una polemica tra Botanici nél 1817 (sono pubblicati frammenti di lettere di GASPARE BRUGNATELLI, LoRENZo Monti, LuIGI Con- FIGLIACHI, DomENICO Nocca, ALBERTO PAROLINI, ENRICHETTA l'REVES, NICOLÒ ConTARINI, NicoLò DA Rio, Leo HENcKEL] (Madonna Verona, anno II, pa- gine 57-62; Verona, 1908, A. Gurisatti, 8°); De Toni G. B., Una lettera inedita del botanico padovano Giuseppe Meneghini (in corso di stampa nel Bollettino del Museo civico di Padova, diretto dal prof. Andrea Moschetti, annata XII). (2) Cfr. Saccarpo P. A. — La Botanica in Italia, parte prima, pag. 107, parte seconda, pag. 71; Venezia, 1895, 1901, C. Ferrari, 4°. (3) Pare che il BrIGNOLI abbia aspirato alla cattedra di Botanica dell’Uni- versità romana. D. ALBERTINO BELLENGHI, Arcivescovo di Nicosia e visitatore apostolico di Forlì, al BrIiGNOLI (che gli aveva scritto una lettera da Modena il 26 luglio 1830) rispondeva da Forli il 1° agosto 1830: « Non hò mai saputo che nella Università di Roma siavi stato un Pro- fessore Mauri. Il Mauri morto era un Prelato sostituto nella Secreteria di Stato, e nemmeno sò che in quella Università sianvi posti vacanti nelle scienze fi- losofiche, ma potrebbe accadere che in seguito ve ne fossero. Bisogna adunque stare attenti nelle circostanze ». (Autografoteca Brignoli). Del BELLENGHI s’hanno notizie bio bibliografiche in Prrorra R. e CHiovenpa E., Flora Ro- mana, Parte prima: Bibliografia e storia, pag. 237 (Annuario del R. Istituto Botanico di Roma, anno X, fasc. 2; Roma 1901). Da autografi del BELLENGHI,. nella collezione CAMPORI all’ Estense, apparisce che nel luglio 1822 egli era a S. Romualdo in Roma, nel novembre 1823 a S. Gregorio nella stessa città. (4) Lo stesso BrIGNOLI nell’involucro contenente le due lettere del MAURI scrisse: 14 sine data, 2* scripta Romae Anno 1835 mense Martio die 26. (5) Di CARLO DONARELLI nell’autografoteca BRIGNOLI sono conservate so- lamente tre lettere (6 marzo 1837, 9 aprile 1837, 1 aprile 1848), di poco inte- — 505 — Flora Italiana del Bertoioni, alla quale contribuì il Mauri coll’invio di piante pure nel volume primo, fu iniziata nel 1833; d’altra parte, siccome la lettera accenna a recensioni fatte ai primi fascicoli della Iconografia della Fauna italica scritte nella Biblioteca italica di Milano e queste recensioni non apparvero prima dell’estate 1833 (1), 10 sarei propenso a credere che la lettera sia stata dal Mauri scritta nel marzo del 1834. Ma senz’altro facciamo posto alla trascrizione delle lettere di Ernesto Mauri. LETTERA PRIMA. Pregiatissimo Signor Professore, Incomincio dal renderle vive ed umili grazie per la cortese let- tera di cui mi ha onorato e per le obbliganti espressioni che in essa ha voluto usare verso di me. Dal contenuto della medesima m’avveggo ch’Ella ignora le disgraziate condizioni in cui io mi trovo. Fino da cinque anni a questa parte in seguito d’una vio- lenta spinite che mi assalse, sono divenuto paraplegico, quantun- que la mia età non sia per anco avanzata. Per tre anni continuai alla meglio nell’esercizio della cattedra e nella direzione dell’Orto botanico. Avrei voluto evitare quello che è poi accaduto, cioè che il povero orto incominciato dall’amico Sebastiani (2), e da me con tante cure stabilito capitasse nelle mani di persona ignara di cose resse; due lettere (9 ottobre 1828 e 20 luglio 1830) dirette al Conte PaAoLI di Pesaro sono nella collezione CAMPORI. (1) Le recensioni furono scritte da GiusEPPE GENE, professore di zoologia nella R. Università di Torino e portano il titolo di Osservazioni. Quelle sul primo fascicolo della Iconografia della Fauna italica, di CARLO Luciano BONAPARTE, principe di Musignano, si trovano stampate in Biblioteca italiana, Tomo LXXI, luglio-settembre 1833, pag. 165 e seguenti; sul secondo fascicolo, ibidem pag. 353 e seguenti; sul terzo fascicolo. ibidem Tomo LX XIV, aprile-giugno 1834, pag. 52 e seguenti; sul quarto fascicolo, ibidem Tomo LXXV, luglio-ottobre 1834, pag. 13 e segg.; sul quinto fascicolo, ibidem Tomo LXXVII, gennaio-marzo 1835. (2) SEBASTIANI ANTONIO (predecessore di ERNESTO MAURI e suo collabora» tore nell’opera Flore Romane Prodromus edita a Roma nel 1818) morì nel 1821. Di lui, nell’autografoteca BRIGNOLI, sonvi tre lettere dirette al BRIGNOLI nel 1818; in una di esse, dell’8 dicembre 1818, il SEBASTIANI scrive: « Io ho sotto i Torchi un Prodromo della Flora Romana, nel quale coll’aiuto di un mio c.mo amico, e collega nei primi miei studi botanici, habbiamo descritto 12 centurie di piante raccolte presso l’Agro Romano, ed i Monti Latini, Cimini, Sabini etc.». Nella collezione Campori all’ Estense havvi un’altra lettera con la data Roma 15 novembre 1818, in cui il SEBASTIANI scrive al BRIGNOLI press’a poco le stesse ANNALI DI Botanica — Vou. VII. 32 — 506 — botaniche e poco ben intenzionato verso di me. Ma il fatto sta che io fui dichiarato Professore emerito e fu eletto in mio luogo un Dottore di medicina accetto ai regolatori dell’ Università, novizio affatto nella scienza, e mio nemico al punto che nel breve spazio che è decorso ha saputo distruggere quel poco di buono che io ero riuscito a stabilire con tante fatiche. Ora non solo io non ho in- gerenza alcuna nell’Orto botanico, ma mi astengo perfino dal visitarlo per risparmiarmi un vero crepacuore. Quindi mi veggo nella assoluta incapacità di farle alcun invio. di semi o di piante, cosa che in altri momenti mi sarebbe riu- scito assai facile, e di cui avrei incontrato l’occasione con vivis- simo piacere. Allorchè fui assalito dalla infermità che mi affligge preparavo una nuova edizione della Flora Romana, o piuttosto una nuova opera sullo stesso soggetto. Non ho desistito del tutto da simil la- voro, ma progredisce con tanta lentezza che prevedo di non po- terlo condurre a termine. Frattanto ho mandato al Bertoloni le mie piante e quelle poche osservazioni che più credevo meritevoli di comparire innanzi al pubblico, talchè figureranno queste cose nella di lui Flora, se a me non sarà concesso di divulgarle, come purtroppo è verosimile. Uno dei maggiori impedimenti per me sì è la difficoltà materiale di maneggiare i fasci dell’erbario, non avendo alcuno che si presti ad assistermi. Non ho espressioni per rappresen- tarle fino a qual punto mi affligga siffatta impotenza. Non parlo degli incomodi della salute, che sono purtroppo gravissimi: nel mio stato abituale sostenendomi alla meglio posso passare da una stanza al- l’altra, scendere le scale di casa, pormi in una carrozza, e prender così un poco d’aria, ma spesso i miei mali si aggravano, ed appunto al sopravvenire di questo inverno ho avuto un’eruzione alle gambe, ed ulceri così dolorose, che mi è convenuto passare in letto poco meno di quattro mesi. Questo le spiegherà l’involontario ritardo che ho messo nel riscontrarla, perchè in fatto sono soli cinque giorni che mi riesce stare fuori di letto. Incapace di lavorare efficacemente per la Botanica, da due anni mi sono dato alla Zoologia, avendo intrapreso la redazione della Fauna Italica del Principe di Musignano (1). L’autore mio illustre cose: « Le notifico che sta sotto i tipi un Prodromo della Flora Romana che contiene 12 Centurie di Piante, lavoro a quel che mi sembra utile per il modo con cui sono trattate le cose »; non v’é però fatto cenno della collaborazione di Ernesto Mauri. (1) Nell’ Iconografia della Fauna italica di C. L. BONAPARTE: (principe di Musignano), vol. III è proposta una nuova specie, Smaris Maurti, ed illustrata — 507 — ‘e caro amico, attivissimo nel preparare i materiali delle sue opere ha poca pazienza nello stendere il testo, ed 10 mi sono incaricato quasi esclusivamente di questa parte. Ciò mi somministra un’occupazione variata e di mio genio, in quanto lo comportano le mie forze. Di que- st?opera forse Ella avrà veduto i primi fascicoli, che si trovano nelle principali biblioteche d’Italia, e fra le altre in quella di Parma e in quella di Bologna. Ad ogni modo può averne letto qualche sunto nella Biblioteca Italiana di Milano: ma i fascicoli che ora si stanno preparando sono senza paragone migliori dei primi per l’esecuzione delle figure, che veramente riescono bellissime. I soli vertebrati me- ritevoli d’illustrazione ne formano il soggetto, ma specialmente in quelli a sangue freddo sono destinate a figurarvi molte specie nuove o rarissime. Ella mi parla del suo lavoro zoologico-botanico, il quale sicuramente riuscirà degno del di Lei nome, e sarà accolto in tutta Italia e fuori col meritato applauso. Io per la mia parte sono ansioso di ammirare ciò che puo riguardar la Botanica, e il Principe di Mu- signano aspetta con ugual impazienza ciò che è relativo ai rami di Zoologia di cui egli si occupa più specialmente. Si compiacia tenermi informato del progresso che sarà per fare il suo lavoro, al successo del quale le assicuro che prendo una parte vivissima. Ringraziandola frattanto per la degnazione che ha avuta di richiedermi la mia cor- rispondenza epistolare, e pregandola valersi di me liberamente in ciò che io possa mi rassegno con tutta la stima e l’ossequio Suo umiliss. D.mo servo Ernesto Mauri. P.S.— Dopo la Centuria XIII di Piante Romane null’altro ho pubblicato d’argomento botanico, fuori d’una memorietta su due funghi esculenti, che sono stati riprodotti e figurati dal Viviani ne’ suoi fascicoli 1° e 3°. Se però ella si compiace gradire la mia memoria originale me ne dia un cenno, perchè l’avra subito. in una tavola che porta indicato l’anno 1836, nel quale ai 13 aprile morì ER- NESTO MAURI. Il BONAPARTE esprime nel testo relativo allo Smaris Maurii la sua gratitudine per i consigli ed aiuti prestatigli dai MAURI nell’opera, perchè questa riuscisse « meno indegna dell’accoglienza dei filosofi ». ANNALI DI BOTANICA — VOL. VII. aoe — 508 <£ LETTERA SECONDA (1). Roma, 26 marzo 1835. Signor Professore Preg.mo, Non indugio a rispondere alla di lei pregiatissima lettera delli 15 corr. La ringrazio per le tante gentili e belle cose che mi dice. Ho comunicato al Principe di Musignano il di Lei prospetto, ed egli mi incarica pregarla di porre il suo nome fra quelli de’ suoi soscrittori. Non dubito di poterle procurare altri associati, ma vorrei altre copie del suo prospetto. Se le farà giungere a Bologna a Bertoloni, egli avrà modo di rimettermele subito e senza spesa. Il Principe di M. approva assaissimo il bel lavoro, che Ella si è proposto, ed è dispo- stissimo a contribuire in quello che possa alla buona riuscita del medesimo. Se crede che vi sieno oggetti di zoologia su cui possa aver qualche peso la sua opinione non ha che da interrogarlo sia col mio mezzo, sia direttamente. Meglio di tutto però sarebbe, il far al tempo stesso un invio degli oggetti controversi o dubbiosi debitamente con- tradistinti da numeri, come s’usa. Mandi pure qualunque cosa le piaccia al Bertoloni, chè egli ha continuamente occasioni per Roma. Singolarmente interessanti saranno i Pesci d’acqua dolce di cotesti Stati Estensi e sopratutto quelli dei torrenti di montagna, a giu- dicarne da quello che somministra il resto dell’Italia. Le nostre specie di Cyprinus sono per la massima parte nuove affatto, o confuse con altre specie affini da coloro che credono conoscerle. Per ischiarire i dubbj che insorgono non basta possedere i migliori libri e i più recenti, convien avere corrispondenza attiva con gl’ It- tiologi del Settentrione, e possedere oggetti di confronto derivanti dalle varie regioni. In questa parte il Principe di M. ha grandi van- taggi su gli altri zoologi. Mi farò lecito pure richiamare la di lei attenzione sui Batrachj, sui Pipistrelli, sul genere Sorex. In questi gruppi le nostre regioni presentano oggetti singolarmente osserva- bili. Il numero di conchiglie fossili da lei raccolte mi pare veramente rispettabile. Quello degli insetti non dubito che non abbia ad accre- scersi in seguito delle nuove ricerche che sara per fare; credo però che in quel ramo coteste regioni siano naturalmente men ricche delle nostre. (1) Nell’ indirizzo reca: « Al Chiarissimo Signore | Il Sig. Dott. Giovanni de’ Brignoli | Professore di Botanica | Modena ». 809 4 Eccomi a darle le notizie ch’ Ella mi richiede, ed altre che credo possano interessarle. Monsignor Bellenghi é sicuramente qui in Roma, e credo che dimori stabilmente al monastero di S. Gregorio. Al Gis- mondi ha succeduto nella cattedra il Dottor Carpi, uomo di me- rito distinto, scuopritore dell’abrazite, etc., ma distratto forse sover- chiamente dagli studj mineralogici per l’ esercizio prattico della medicina. Non mancano però qui altri che coltivino mineralogia, e che facciano raccolte, e sieno disposti ad entrare in relazione e far cambj d’oggetti. V’é Monsignor de’ Medici-Spada, che ha messo in- sieme una raccolta bellissima. Vi sono pure due giovanotti, il Sig. Ca- landrelli e il Signor Orlandi che raccolgono attivissimamente, e il secondo particolarmente ba serie numerosissime di conchiglie fossili e recenti, marine e d’acqua dolce, nostrali e straniere. Egli è cor- riere pontificio (1) e ciò lo pone in grado di trovarsi in Bologna ‘ ogni 3 o 4 settimane, anzi appunto per di lui mezzo le spedisco oggi gli oggetti di cui le parlerò più sotto. Se ella si sentisse inclinata ad entrare in relazione con questi signori e intavolare concambj d’e- semplari li troverà dispostissimi a soddisfarla. Scriva pure diretta- mente — al Sig. Giuseppe Orlandi, Corriere Pontificio — o a Bologna o a Roma come più vuole. Dopo comparsa la mia Centuria XIII, altre cento piante Romane sono state qui pubblicate dalla signora Fiorini-Mazzanti (2), parte nel n. 53 del giornale arcadico di Roma (anno 1823), parte nel Gior- nale de’ letterati di Pisa n. 41, anno 1828. Più recentemente, cioè nel 1831 la stessa signora ha pubblicato uno Specimen Bryologiae Romanae, inserito esso pure nel Giornale arcadico. Ora si dispone a ristamparlo con l’aggiunta d’altri muschi raccolti presso Terni ove abitualmente dimora. Ho domandato alla signora Fiorini, poichè pre- cisamente in questi giorni è venuta in Roma, se non avesse avuto . qualche esemplare staccato di quei suoi opuscoli, ma non glie n'è , rimasto alcuno. Me ne duole perchè avrei voluto mandarli a Lei. Scordava di parlarle del Maratti.. La Flora di costui è assai antica, benchè stampata dopo la mia. Il Maratti era professore qui in Roma circa il 1760, e lasciò il manoscritto della sua Flora al Convento al quale egli apparteneva (3). Io aveva veduto quel manoscritto prima (1) Il corriere ORLANDI mori di colèra nell'agosto 1837, come risulta da una lettera di ALBERTINO BELLENGHI da Roma in data 10 novembre 1837 (Autogra- foteca BRIGNOLI). (2) Su ELISABETTA FroRINI-MAZZANTI, cfr. SACCARDO P. A., op. ctt., parte prima, pag. 73. (3) Interessanti notizie biobibliografiche su Francesco MARATTI leggonsi in Prrorra R. e CHIOVENDA E, op. cit., pag. 231 e seguenti. — 510 — della mia pubblicazione e consigliai ai successori di lasciarlo giacere inedito, perchè quasi la totalità delle specie in esso enumerate è riferita con nomi linneani e col corredo dei sinonimi che si leggono nello species plantarum; cosicchè tutto si riduce ad un semplice elenco. Il peggio si è che le piante sono mal determinate, le più rare sono date per comunissime, e le più comuni per rare, lo che di- mostra che il buon frate ne sapeva pochino. E poi si danno come piante indigene moltissime piante americane, le alpine sì riferiscono come abitatrici delle sponde del mare, e cose simili. Il giudizio che io avevo dato confidenzialmente su questo scritto fu creduto ispi- rato dalla gelosia, e vi fu chi per amor fratesco fece la spesa del- l'edizione, così ognuno può giudicar ora del merito dell’opera, che veramente è assai scarso. Consegno all’Orlandi un pacchetto a Lei diretto il quale contiene oltre il mio scritto su quei due funghi tre opuscoli del Principe di M. che il medesimo la prega di gradire. L’Orlandi poi le manderà da Bologna il pacchetto sia con la posta, sia con altro ‘mezzo ch'egli indicherà... [la carta è lacerata] ...di, quando occorra. Piacerebbe assaissinio al Principe di M. che cotesta Bibliote[ca] Modenese si fornisse della sua Iconografia. Veda di farne la propo- sizione. Ve n’é un esemplare disponibile in Bologna presso il Ber- toloni (1). Se una volta Ella estenderà i suoi viaggi fino a Roma, oltre la col- lezione del Principe di M. ricchissima in fatto di vertebrati potrà ve- dere quella del farmacista Rolli che comprende più migliaia d’ In- setti indigeni, ed è veramente una cosa bella. Io sto al solito, ma fortunatamente oggi fuori di letto. Pieno d’ossequio mi pregio rassegnarmi Suo D.mo Servitore Ernesto MAURI. (1) Notisi che Anronio BERTOLONI (Autografoteca BRIGNOLI) scriveva da Bologna ai 3 d’ottobre 1835 al BRIGNOLI: « Riguardo all’Iconografia della Fauna Italica questa è già pubblicata in dodici fascicoli, ed ogni fascicolo vale trenta paoli Romani, ossia tre scudi. Io ne tengo una copia per conto dell’autore, e se codesto Sig. Bibliotecario Estense gradisce acquistarla, io potrò fargliela tenere ». e ————+nm—r...r3!._ ————_—_—_—_—__—_—11——————>—>— .—— —-—_»—_-—_-m-me€éèé@ PONENTS TS. AIXINITISDANIEANASIASI NAS NI I RD DAIS BILD I SS Osservazioni teratologiche del Dott. FABRIZIO CORTESI. Stimo non inutile di illustrare brevemente alcuni casi terato- logici (di cui taluno assai interessante): di questi, alcuni furono da me osservati nelle mie escursioni ed altri ne trovai nello studiare le collezioni del R. Istituto botanico di Roma. : ae 1. Digitaria sanguinalis Scop. Infiorescenze con una parte delle spighette prolifere. Liguria: letto del Polcevera tra Teglia e Bolzaneto. 16. IX. 1905. {G. B. Canneva). Osservazioni. — La proliferazione delle spighette è dovuta alla trasformazione del carpello dell’ovario in fogliolina; infatti, fra le glume delle spighette prolifere si osserva una piccola fogliolina ben sviluppata. 2. Ophrys aranifera Huds. Anomalia fiorale. Maccarese: nelle sabbie marittime della pineta, 26. IV. 1907. (F. Cortesi). Osservazioni. — Lo scapo fiorifero del nostro esemplare porta quattro fiori, tutti con labello profondamente fimbriato, diviso in 4-6 lobi un po’ divergenti fra di loro ed arricciati. Il terzo fiore porta un ginostemio soprannumerario (non vi è traccia di saldatura con altro fiore essendo il numero dei tepali normale) munito di due pollinii ben sviluppati, ginostemio che è un po’ laterale a quello normale. 3. Reseda lutea L. Virescenza. i a) Liguria: argine destro del Polcevera tra i massi. Unica pianta lungo il sentieruolo che discende nell’altro di contro al por- tone della fabbrica di maglie Sanguineti. Fegino (Borzoli), 17. VII. 1907. (G. B. Canneva). b) Liguria: unica pianta sull’argine del Polcevera presso la conceria Ghersi e C.; Fegino (Borzoli (G. B. Canneva). OssERVAZIONI. — I saggi che presentano queste virescenze sono abbondantemente ramificati ed anche questa ramificazione è certo ano- mala. Nei fiori inferiori i petali sono sostituiti da piccole squame calici- formi, mentre gli stami e l’ovario sono normali; man mano che si sale verso l’apice dell’infiorescenza si osserva la graduale trasformazione degli stami in foglie (vi sono tutti i gradi di passaggio dallo stame perfetto alla foglia perfetta); nell’ovario sì comincia ad osservare una parziale scissione dei carpelli e la loro parziale trasformazione in foglie, che diviene totale nei ‘fiori superiori in cui l’ovario è so- stituito da tre perfette fogliolina. Cosicchè in seguito a tali me- tamorfosi i fiori superiori sono totalmente sostituiti da un germo- glio foglifero con foglioline intiere, lanceolate, acute. . 4. Plantago major L. Caulescenza. ‘Liguria: sponde del rio Zemignano in Val Polcevera. 27. VII. 1905. (R. Canneva). OsservazioNI. — E un interessante caso di caulescenza, assai raro in questa pianta normalmente acaule. All’estremità di un asse sub- tetragono lungo oltre 20 centimetri si trova una rosetta di quattro foglie subrotonde, di dimensioni minori delle normali (lamina: lun- ghezza 3-5 cm., larghezza 5-6 cm., picciolo: lunghezza 1 */,-2 cm.); all’ascella della maggiore di queste foglie sì trova una piccola spiga fiorifera lunga 22 mm. portata da un peduncolo della lunghezza di 12 mm. All’ascella di un’altra delle quattro foglie si trova un fiore, che porta un frutto maturo. L’asse caulinare si prolunga al disopra di questa rosetta — che quindi è laterale — portando due piccole foglie, all’ascella di ciascuna delle quali si trova un frutto in via di maturazione. Questi fiori ascellari fertili sono molto sviluppati. Il prolungamento dell’asse è troncato all’estremità, in seguito forse a rottura accidentale. 5. Plantago lanceolata L, Caulescenza. Liguria: appena passato il ponte di Morigallo venendo da Bol- zaneto. 11. IX. 1904. (G. B. Canneva). OssERvAZIONI. — Anche della.caulescenza di questa pianta nor- malmente acaule vi sono due saggi: Il primo porta all’estremita di un asse caulinare lungo circa 13 centimetri una rosetta fogliare con sei foglie normali (lunghe da 5-14 cm.) lanceolate acuminate, oscuramente dentate ai margini, lie- vemente asimmetriche ed una foglia ridotta, quasi rudimentale. — 513 — Il secondo saggio ha un asse caulinare lungo 27 cm. un po’ ri- curvo verso l’apice, sul quale vi è una rosetta di foglie normali (lunghe da 6-8 cm.) accompagnate da foglie molto ridotte. Ambedue questi saggi non portano infiorescenze nè fiori isolati. 6. Catananche coerulea L. Torsione caulinare. Liguria: negli erbosi scpra S. Giovanni Battista, sulla costa di Rivarolo. 26. VI. 1907. (Canneva). Osservazioni. — Il saggio è alto 75 cm.; presenta la torsione completa dell’asse principale all’altezza di 20 cm. dalla base e per una lunghezza di oltre 30 cm.; torsione che è accompagnata da ripetute curvature dell’asse stesso. L'asse è abortito all'estremità e porta due infiorescenze ascellari su lunghissimi pedicelli: all’inizio inferiore della torsione, all’ascella di una toglia si è sviluppato un lungo e robusto ramo laterale che porta tre capolini: uno ben fio- tito e gli altri due ancora in boccio. 7. Cichorium Intybus L. Sinfisi fogliare? Liguria: in un giardinetto a Fegino (Borzoli). 19. IX. 1905. (G. B. Canneva). OssERvAZIONI. — L’esemplare è rappresentato da una sola foglia, lunga circa 17 centimetri con i margini inciso dentati che porta saldata sulla sua faccia dorsale per tutta la lunghezza della ner- vatura mediana un’altra foglia ad essa simile, alquanto più breve (15 cm.) e più stretta. Sembra quindi trattarsi di un caso di sal- datura o sinfisi fogliare, ma l’incompletezza del saggio non per- . mette di pronunciarmi con certezza. 8. Crepis vesicaria L. Fasciazione totale. Maccarese: nei prati submarittimi. V. 1905. (F. Cortesi). Osservazioni. — La pianta ha 60 cm. d'altezza: il fusto fino dalla base è diviso in due rami di uguale potenza, ambedue fa- sciati totalmente: uno è molto ramificato, l’altro è leggermente diviso. I capolini fiorali (in boccio) sono riuniti all’apice dei rami su ra- metti secondari: ogni rametto che si sviluppa all’ascella di una foglia porta numerosi capolini (ctascuno dei quali si sviluppa al- l’ascella di una fogliolina bratteiforme) assai ravvicinati fra di loro, così da costituire delle infiorescenze composte, fascicolate, compatte. R. Istituto Botanico di Roma, febbraio 1909. pet Ara nti CISA ) (al == DAZZONES MR re TRL E ASTI IA —anene o lati e armo cca ent cine SM i SEE ee AO TT IONE SZ LL Sec. cell DITTE rm Si ln SOS Ani RARI AS NAS NSN NL SI IN LS EI NS DI SNA NANA NI FA NAS RA EOI II NANI Brevi comunicazioni Nettari extranuziali (1) nella Paulownia imperialis Sieb. e Zucc. del dott. RarrAELLO BELLINI. — La funzione mirmecofila nelle Scrofula- riacee è stata quasi esclusivamente osservata dal Rathay (2) in al- cune specie del genere Melampyrum (M. arvense, nemorosum, bar- datum, pratense), dove i nettarî extranuziali si presentano sulle sti- pole in forma di piccoli otricelli. In questi ultimi tempi, poi, l’ho osservata con sicurezza nella Paulownia imperialis Sieb. et’ Zucc., appartenente al gruppo delle Mimuleae, comprese, nella classifica- zione da me proposta (3), nella terza divisione delle Scrofulariacee (con nettario a disco ipogino e nettaroconca tubulare). La suddetta specie appartiene alla flora giapponese ed è una pianta arborea, con foglie opposte, intere o trilobe, pubescenti per peli glandoliferi bicellulari, la cui cellula apicale è riempita di li- quido. Il fiore è vistosissimo, ha corolla violetta di tipo tubuloso-di- gitaliforme-nototribo; il calice è 5-fido, esternamente peloso e di color ruggine; il tubo della corolla è allungato, 5-lobo; il nettario è a disco ipogino di color plumbeo; vi sono poi due nettarovie bi- costate. Stami prima declinati alla base, indi ascendenti. Stilo con stimma forato all’apice. Il frutto è una capsula coriacea, ovoidea, acuminata, a deiscenza loculicida e polisperma. Preflorazione co- cleare. Leggermente la pianta è proterandra. (1) Così chiama il Delpino quei nettari situati sul calice e sulle foglie, a differenza dei nuziali esistenti nei tre più interni verticilli fiorali. La fun- zione dei nettari extranuziali sembra esser quella di stornar l’attenzione delle — formiche dai veri nettari fiorali. (2) G. RatHay. — Ueber Nectarobsondeinde Trichome einiger Melampy- rummarten. Wien.1880. (3) R. BELLINI. — Criteri per una nuova classificazione delle Personatae. — Annali di Botanica, vol. VI, fasc. I, Roma 1907. — 516 — Osservando alcuni anni addietro una pianta di Paulownia nel R. Orto Botanico di Napoli (quadrato delle famiglie), fui impres- sionato dallo scorgere numerosi corpuscoli addensati specialmente lungo il nervo mediano delle foglie ed i nervi laterali della pagina superiore, nonchè fra i denti del calice. L’osservazione è stata con- fermata in altri individui della stessa Paulownia imperialis, egual- mente da me osservati posteriormente anche in altre regioni. I suddetti corpuscoli, più abbondanti sulle foglie adulte, hanno aspetto ialino e forma globulare se riempiti di liquido; se vuoti la parte superiore è afflosciata ed il corpuscolo mostra aspetto calici- forme; la superficie è abitualmente rugosa per l’incrostamento dello zucchero. Visti ad occhio nudo il diametro loro non oltrepassa '/ od '/, di mm. e sono attaccati al calice ed alla foglia dalla parte basale appena ristretta. All’osservazione microscopica, previo trattamento col reattivo di Fehling, si nota chiaramente la caratteristica reazione del glu- cosio; in quelli vuoti è poi la parete che si colora col suddetto reattivo. i Mi sembra accertato che i corpuscoli in discorso sieno da rite- nersi nettari extranuziali, sia per la loro posizione, sia per la esi. stenza delle formiche, che passeggiano sui rami e sulle foglie. Per quante osservazioni abbia fatto non son riuscito a scorgere un solo afido, con cui poter in altro modo spiegare la presenza dei suddetti imenotteri. Si può quindi ritenere accertata anche nella Paulownia impe- rialis l’esistenza dei nettari extranuziali. Marzo, 1909 ANNALI DI BOTANICA — PUBBLICATI =e DAL . Pro. ROMUALDO PIROTTA Direttore del R. Istituto e del R. Orto Botanico di Roma INDICE. PueLisi M. — Ricerche di Morfologia e Fisiologia eseguite nel R. Istituto Bo- È tanico di Roma. — XXII. Contribuzione allo studio della traspirazione nelle RE, | piante sempre verdi (Tav. XXII), pag. 517. SAS De! Rossi G. — Studi sul microrganismo pr oduttore dei tubercoli delle Legu- minose. — I. Isolamento, diagnosi batteriologica, utilizzazione delle culture ~ nella pratica agricola (Tav. XXIII), pag. 617. — II Sulla fissazione del- —— Pazoto elementare nelle culture pure, pag. 653. Bruscnr D. — Ricerche di Morfologia e Fisiologia eseguite nel R. Istituto Bo- — tanico di Roma. — XXIII. Contributo allo studio fisiologico del. latice, Seep pag. 671. “Acqua C. — Su di una pretesa ionizzazione prodotta dalle foglie delle Coni- e fere, pag. 703. Carano E. — Su una doppia colorazione per mettere in evidenza la cellulosa = ‘e le sostanze pectiche della membrana cellulare vegetale, pag. 707. Averta €. — Avanzi vegetali rinvenuti nella terra della palafitta di Parma, 3 _ pag. ‘709. : | Riviste, pag. 713. ROMA | TIPOGRAFIA ENRICO VOGHERA 1909 gli Annali di Botanica si pubblicano: a fascicoli ey in tempi non determinati e con numero di fogli e ta co vole non determinati. Il prezzo sara indicato numero per numero. Agli autori saranno dati Be 25 esemplari di estratti. Si potrà tuttavia chiederne | a un numero maggiore, pagando le semplici PRE di eee carta, tiratura, legatura, ecc. CCI a Gli autori sono responsabili della luna e del conte | £ nuto dei ter) lavori. N.B. — Per qualunque notizia, informazione, schiarimento, rivale al prob, R. Prrorra, R. Istituto Botanico, Panisperna, 89 B. — ROMA. O EE O RR Ae ese ee POT Vor. VII. [pubblicato il 30 Ottobre 1909] Fasc. 4° NERA Ma LPR SON LE NOT LN TERI NALD RIF NI OI OI RI IS OSE SEIT NINA LIBRARY e A A aa 5 NEW YORK . Ricerche di Morfologia e Fisiologia BOTANICAL eseguite nel R. Istituto Botanico di Roma. GARDEN. XXI. — Contribuzione allo studio della traspirazione nelle piante sempre verdi del dott. MicHELE PUGLISI. (Tav XXII). Facendo seguito allo studio da me già intrapreso intorno al pro- cesso di traspirazione nelle piante sempre verdi, espongo qui i ri- sultati di nuove ricerche da me compiute su alcune Lauracee, che vegetano tutte prosperamente nel R. Giardino Botanico di Roma, dove le condizioni climatologiche sono a un dipresso quelle della parte meridionale del bacino mediterraneo italiano, alla cui flora però non appartiene, fra le specie di cui tratterò, che il solo Lauro comune (Laurus nobilis L.). Di queste Lauracee premetto qui un elenco: Laurus nobilis L. Laurus canariensis Willd. Persea indica Spreng. Persea gratissima Gaertn. (*) Oreodafne californica Nees. (*) Cinnamomum Camphora. Nees. et Eberm. Litsea (Tetranthera) japonica Spreng. Le mie esperienze si seguirono fra l’ottobre e il luglio, quasi ininterrottamente, salvo brevi intervalli in quei periodi di transi- zione di stagione, durante i quali generalmente si verifica nell’atti- vità funzionale delle piante una'relativa uniformità di decorso. Queste parentesi, d’altronde, non pregiudicano la continuità dell’os- servazione, nè vietano di seguire e di definire il fenomeno in ogni fase del suo grande periodo annuale, attraverso i tre punti critici cui la fisionomia di ogni curva funzionale è subordinata. L’esperienza, infatti, mi ha dato fin qui a conoscere, a Roma e per le piante sempre verdi: che l’attività di traspirazione digrada fino a dei minimi (*) Ho lasciato i nomi coi quali queste due piante sono coltivate nell’Orto Botanico, perchè non è stato ancora possibile determinarle con perfetta sicurezza. ANNALI DI BoTanICA — Vou. VII. 23 — 518 — tra gli ultimi di dicembre, il gennaio e non di rado anche il feb- braio; si rileva intensamente in primavera, col nuovo rigoglio ve- getativo, ed è possibile che si esalti al suo massimo valore già alla fine di aprile o nel maggio. L’estate riconduce una limitazione nell’energia del processo, e i calori diurni di luglio possono relati vamente deprimere la traspirazione, come il freddo delle giornate invernali. Il periodo temperato autunnale favorisce, nei vegetali a foglie persistenti, la funzione traspiratoria, e i dati relativi per la seconda metà di ottobre, per lo stesso novembre, non di rado equi- valgono quelli del marzo. Col dicembre, generalmente i valori del fenomeno precipitano in modo continuo verso il minimo. La condotta della traspirazione non varia sensibilmente e non offre particolari di grande interesse negli intervalli che corrono dal tempo in cui è raggiunto il livello critico per una data stagione, al- l'epoca in cui i valori funzionali si elevano o decrescono tendendo verso il livello critico della stagione successiva. Poichè fra le estrinsecazioni della vita e i caratteri morfologici . generali dell'individuo, innegabilmente esistono legami di correla- zione, noi cominciamo col dar qui notizia dei più interessanti par- ticolari morfologici esterni ed interni osservati per ciascuna delle Lauracee prese in esame. Tl Laurus nobilis, ovunque da noi coltivato e diffuso anche allo stato spontaneo nelle parti più calde della penisola e delle isole, è albero aromatico, ricco in tutte le sue parti di olio etereo, dal fo- gliame persistente non sempre assai folto, e dalla ramificazione me- diocre. Le foglie sono bislungo-lanceolate, semplici, coriacee, rigide, lucide sulla pagina superiore e di un color verde tenero, più chiaro . sulla pagina inferiore. Sulle regioni caulinari adulte si trovano diffu- sissime e minute le lenticelle, lineari, ellissoidi, -a losanga, isolate o fuse in piccoli campi irregolari. Manca ogni traccia di lenticelle ed anche di stomi sui cauli e sui rami giovanissimi, di aspetto er- baceo, il cui rivestimento è dato dall’epidermide potentemente cu- tinizzata. Sulle parti caulinari di un’eta media tra quest'ultime e le prime, oltre il deposito enorme di cutina sull’epidermide, sì ha la prima formazione di un periderma, il cui fellogeno si origina a | spese degli stessi elementi epidermici, non uniformemente, ma se- condo striscie, 0 zone più o meno estese ed irregolari. Più tardi un secondo fellogeno compare poco più profondamente, ma questa volta continuo per tutta la superficie della parte. Nei punti ove l’attività di questo secondo meristema si addiziona in grado più forte a quella del primo od ai suoi effetti, si verifica la rottura della cuticola, l’eru- — 519 — zione delle cellule suberificate o dei loro resti, la formazione di una lenticella o di un campo lenticellare, secondo l’estensione del fe- nomeno. Il picciuolo fogliare breve, robusto e senza peli, non reca stomi, nè lenticelle. La nervazione della lamina è ricca e diffusa, e tra le ultime maglie di questa rete vascolare si trovano confinati i piccoli stomi, in numerosi complessi, con disposizione sparsa ed orienta- mento vario. L’epidermide fogliare della pagina superiore risulta di cellule a. margine ondulato, con parete esterna potentemente inspes- sita, pianeggiante e cutinizzata in quasi tutto il sno spessore. Anche gli elementi dell'epidermide inferiore hanno robusta parete esterna; su quest’epidermide si stende un leggero rivestimento di. granuli cerosi che non risparmia nemmeno le fronti e i meati stomatici. Il mesofillo non è soverchiamente compatto, e i tracellulari dello spugnoso raggiungono spesso notevole ampiezza. Il tessuto a paliz- zata è vistoso e comprende due serie di elementi; il parenchima spugnoso risulta di cellule sferoidali o poligonali, che vicino all’e- pidermide inferiore si fanno in alcuni punti più cubiche e più ser- rate, costituendo come un pseudo-palizzata. Nel mesofillo si nota inoltre un discreto numero di idioblasti oleiferi, ricorrenti assai di rado sotto l'epidermide della pagina superiore, quasi mai sotto l’epi- dermide inferiore; spesso invece, tra le cellule della serie interna del palizzata e dello spugnoso, o immerse nella compagine di quest’ul- timo tessuto. Sono foggiati a calice, a bicchiere, i primi; sono sfe- roidali o elissoidi e più piccoli, i secondi: ma tutti hanno parete molto sottile e contengono dell’olio etereo in grosse gocciole. Gli stomi, presenti soltanto sulla pagina inferiore della foglia, sono fortemente infossati e quasi inglobati da due cellule annesse. parallele (fig. 1, tav. XII). I due elementi di chiusura X, stanno come sospesi alle pareti radiali, cedevoli, delle cellule annesse; di queste, A, la parete esterna assai inspessita e cutinizzata, C, si protende come a volta sullo stoma, separandolo dall’atmosfera libera esterna. Siffatta corazza che si solleva quasi sul livello dell’epidermide, limita con le sue due parti un primo condotto e l'anticamera dello stoma propriamente detto; per la cedevolezza delle pareti radiali delle cel- lule annesse includenti, le due cellule di chiusura trovano d’altro canto facilitata la libertà dei loro movimenti di turgore. Tutto il sistema di difesa dell’apparecchio stomatico è qui, dunque, offerto | ‘dalle due cellule annesse e dal loro rivestimento esterno, ma è tale da assicurare la incolumità perfetta dell’ organo che si vuol proteggere. Laurus canariensis. Willd. — È originaria delle Indie orien- tali e delle Isole Canarie. I nostri esemplari hanno portamento piut- — 520 — tosto arbustivo, ramificazione esuberante e denso fogliame, e rag- giungono fino i 6 metri e più di altezza, con un aspetto d’insieme maestoso. Le foglie persistenti, semplici, ellittiche, a margine intero, hanno consistenza quasi uguale a quelle di Lauro, ma non sono lucide sulla pagina superiore che è nuda, di color verde cupo; e possiedono sulla inferiore un leggero rivestimento di peli semplici, unicellulari, morti, ai quali è dovuto l’aspetto più scialbo di questa faccia, ma che scompaiono quasi interamente come la foglia diviene adulta. Le lenticelle, assai minuscole e numerose, aumentano a misura che si procede verso i cauli e i rami più adulti, ma non se ne ha traccia sulle parti assili degli ultimi due anni di sviluppo. Su queste parti che non possiedono nemmeno stomi, si nota invece un fitto feltro di peli, cui è dovuto il particolare aspetto fuliginoso degli assi; sui rametti di formazione recente e fino sui picciuoli delle giovani foglie, dove quel rivestimento è più denso, esso è sensibile anche al tatto. Per quel che riguarda la vascolarizzazione della lamina fogliare, gli stomi, la struttura del mesofillo ecc., si ripetono qui i caratteri enunciati per la foglia di Laurus. Delle lievi differenze tuttavia non mancano. Nel caso del L. Canariensis, infatti, la potenza della cutiniz- zazione per la pagina superiore della foglia, supera quasi del doppio quella della pagina inferiore; su entrambi le faccie, inoltre, sì stende un leggero strato di granuli cerosi; aumenta infine nel mesofillo il numero degli idioblasti oleiferi, ricorrenti perciò con notevole mag- gior frequenza. Queste cellule secretrici di olio etereo non si riscon- trano quasi mai inseriti tra gli elementi della prima serie del palizzata, subito sotto l’epidermide; sono invece allogati, sebbene in scarso numero, nelle due serie più interne del palizzata medesimo, ed hanno quivi forma ovoidale. Il loro riumero cresce poi di molto al confine tra i due parenchimi del mesofillo e nel tessuto spugnoso, dove presentano forma sferica o sferoidica e sì succedono alternati- vamente secondo due ordini, nessuno dei quali sottostà immedia- tamente all’epidermide della pagina inferiore. Per ogni altro par- ticolare istologico riguardante gli idioblasti oleiferi, valga quanto fu notato per il Laurus nobilis. Persea indica Spreng. — È albero di proporzioni modeste, ab- bondantemente ramificato e ricco di foglie ampie, bislungo-lanceo- late, persistenti, semplici, coriacee, superiormente lucide e nude, color verde cupo, con leggera marezzatura di bianco ai margini; sulla pagina inferiore, di un verde assai meno intenso, si notano diffusamente dei peli semplici, piuttosto lunghi, sdraiati in un me- desimo senso. I cauli adulti sono poveri di lenticelle; sugli assi giovanili, di co- È | 2 pat, — lor verde pallido e rivestiti di peli come la pagina fogliare infe- riore, non troviamo traccia di stomi, le lenticelle sono appena ab- bozzate sotto l’epidermide, la cutinizzazione è forte, e i parenchimi, specie quello corticale, sono ricchi di elementi mucipari. Il lungo picciuolo fogliare non ha stomi ed è protetto da denso rivestimento dei soliti tricomi; neanche sulla faccia superiore dellembo non esistono stomi, che sono invece numerosi, piccoli e sparsi sulla inferiore. La struttura anatomica della foglia è nel suo complesso normale, somigliante quella delle Lauracee descritte, sia per ciò che riguarda il mesofillo in generale, come per i caratteri dell’apparecchio sto- matico e per le difese cutiniche dell’epidermide. Di speciale notasi il tessuto spugnoso più compatto, minor profondità di posizione delle cellule di chiusura, una mediocre cutinizzazione della parete epidermica inferiore, e i caratteri degli idioblasti secretori. Questi speciali elementi a parete sottile, si distinguono in due ordini: gli uni a lume molto ampio (fig. 2, M), a forma di bicchiere, si inseriscono tra le cellule della prima serie del palizzata, in gruppi di due a tre, sotto e normalmente all’epidermide della pagina supe- riore; gli altri, estremamente rari, di forma ovoide o tondeggiante e di capacità molto più limitata, ricorrono sporadicamente tra gli elementi del tessuto spugnoso o al confine tra i due sistemi di tes- suti del mesofillo; di rado se ne trovano in prima linea nel paliz- zata. Il contenuto dei grandi -idioblasti a calice è una mucilla- gine assai vischiosa, mentre i pochi e piccoli idioblasti sferoidali contengono dell’olio etereo. Su questa Lauracea, originaria, come la precedente, delle Indie orientali ed Isole Canarie, è poi interes- sante la presenza di olio essenziale nelle cellule epidermiche della pagina superiore, alcune delle quali ne hanno il lume quasi per in- tero occupato. La vascolarizzazione della lamina fogliare è intensamente dif- fusa, e gli stomi sono distribuiti nei soliti campi delimitati dagli ultimi .ramuscoli della nervatura. La Persea gratissima Gaertn., è indigena dell'America tropi- cale, dove attraversa durante l’anno due periodi di vegetazione, con- trosegnati da rigogliosa produzione di foglie. L’esemplare che fu og- getto delle nostre ricerche, è un albero di 5-6 metri d’altezza, ma di scarsa impalcatura di rami, poichè le stagioni estreme, dei forti calori e dei freddi intensi, nuocciono potentemente ai giovani rami di questa Lauracea, determinandone spesso la morte. E anche da - noi, però, una pianta sempre verde, e gode di due cospicui risvegli vegetativi, coincidenti con la primavera (marzo-maggio) e con l’au- tunno (settembre-novembre). ZEN BDL I caratteri morfologici dei cauli e delle foglie sono in com- plesso uguali a quelli della Persea indica, se si eccettua, per la P. gratissima, una maggiore ampiezza e rugosità del lembo fogliare e, sulle regioni caulinari, un più forte sviluppo delle lenticelle, sia per numero che per grandezza; la nervazione meno diffusa, una cu- tinizzazione epidermica meno forte e un rivestimento pilifero as- sai debole e relativamente trascurabile per gli effetti fisiologici. La pagina fogliare superiore non porta stomi; questi sono limitati esclusivamente alla pagina inferiore, hanno cellule di chiusura pic- colissime (fig. 3 S), globulari, orientate orizzontalmente, incluse ed impegnate, come nei casi precedenti, in due grandi cel- lule annesse. Sull’epidermide della pagina inferiore si stende uni- formemente uno strato di granuli cerosi, che conferisce un aspetto glaucescente. La potenza del mesofillo nella Persea gratissima è mi- nore che nell’altra specie congenere; il palizzata risulta di due serie di elementi, delle quali, specialmente la prima, e sottoepider- mica, assai vistosa per la lunghezza delle sue cellule. Il tessuto spugnoso è mediocremente spesso, ma compatto e povero di spazii ae- reatori, massime tra l’ultimo o tra gli ultimi due strati cellulari sot- tostanti all’epidermide inferiore. Abbondano anche qui gli idioblasti oleiferi, con ubicazione e caratteri istologici in complesso non dis- simili da quelli ripetutamente descritti. Nel palizzata, ogni elemento secretore di olio etereo non eccede per lunghezza quella delle cel- lule parenchimatiche della serie in cui si inserisce, presentandosi di forma più ovalare o ellissoide nella prima serie, più sferoide nella seconda serie di elementi del palizzata medesimo. Al confine tra palizzata e spugnoso e in quest’ultimo merenchima, gli idioblasti, pur non mutando di contenuto, si riducono tuttavia in grandezza ed hanno forma tondeggiante (fig. 3, R’ R). Non esistono elementi secre- tori sotto l'epidermide inferiore. L’Oreodafne californica Nees. ha per patria l'America boreale occidentale. Il nostro esemplare è un umile alberetto sempre verde, dalla chioma densa, di vigorosa e tenace attività vegetativa che si ridesta periodicamente in primavera e in autunno. Le sue foglie semplici, lanceolate e di un bel verde, misurano, di confronto con le altre Lauracee prese in esame, la più piccola ampiezza di lembo. I giovani assi caulinari, solidamente difesi da epidermide cutiniz- zata, nudi di peli, di aspetto erbaceo, non portano stomi, nè sono ancora muniti di lenticelle come nei tratti più adulti e manifesta- mente legnosi, dove questi ultimi pneumatodi abbondano. Queste . parti, come del resto l’intera pianta, sono assai ricche di mucilla- gine e di un olio etereo dal profumo acutissimo. Il picciuolo fo- — 523 — gliare è breve, nudo, privo di stomi e di lenticelle; il lembo è ric- camente vascolarizzato, ha cellule epidermiche a margine sinuoso e con parete esterna munita di spessa cuticola e strati cutjcola- rizzati. Sulla pagina fogliare inferiore, la sola che porti stomi, si stende uno straterello di granuli cerosi e si aprono innumerevoli sbocchi di idioblasti secretori interni (fig. 4, A, a), i quali sbocchi, per la speciale disposizione degli elementi epidermici in corrispon- denza e attorno ad essi, osservati di fronte, si rivelano anche ad occhio nudo, sotto forma di minutissimi puntini scuri diffusi uni- formemente per tutta l'ampiezza del lembo. I caratteri generali degli stomi sono quegli stessi che già cono- sciamo per le altre Lauracee. Fra le cellule epidermiche, moltissime contengono dell’olio ete- reo in maggiore o minor quantità, fino ad esserne non di rado af- fatto piene; e ciò, sia per l’epidermide della pagina superiore, che per quella della pagina inferiore. Il mesofillo possiede un parenchima a palizzata di 3-4 serie di elementi, la lunghezza dei quali, come la compattezza tra loro, dimi- nuisce dalla serie sottoepidermica alla più interna. Lo spugnoso ha regolare potenza ed è normalmente ricco di spazi aereatori. Singolar- mente numerosi sono in questa foglia gli idioblasti, che si distinguono in due categorie: alla prima ne appartengono di molto grandi, in forma di bicchiere, ricorrenti con grande frequenza sotto l’epidermide della faccia superiore, tra gli elementi della prima serie del palizzata, e contenenti della mucillagine. Alla seconda categoria assegniamo tutti gli altri idioblasti, uguali tra loro per il contenuto, che è un olio etereo. Questo secondo ordine di idioblasti, però, va distinto in due altre specie, in rapporto alla grandezza e alla ubicazione degli idio- blasti medesimi. Gli uni poco numerosi, tondeggianti, s’ inseriscono nelle serie interne del palizzata e dello spugnoso; gli altri (fig. 5, D), di proporzioni molto più forti, a lume ampissimo, si, allo- gano tra le cellule dello spugnoso. La parete di questi ultimi, verso l'esterno, non giace per intero sotto lo strato di cellule epidermiche di confine, ma per una zona circolare rimane da queste libera e viene quindi a contatto diretto dell’atmosfera esterna, nella quale inoltre si apre per un minutissimo forellino (fig. 4 e5, a) che misura in media 3,30 p di diametro. Gli elementi epidermici che limitano l’area libera dell’idioblasto oleifero, costituiscono attorno ad essa come un cercine, e di fronte si vedono disposte approssimativamente a raggiera, in ordine a un centro di figura rappresentato dall’orifizio dell’idioblasto medesimo. — 524 — Il Cinnamomum Camphora Nees et Eberm, albero aromatico della regione dell’Imalaja, ha ramificazione mediocre e fogliame poco folto. Le foglie semplici, persistenti, di forma ovata, cuoriacee, lu- cide’ sulla pagina superiore, sono, per il colore, marezzate di gial- lognolo e di verde; la seconda di queste tinte occupa la base del lembo ed accompagna le venature, mentre la prima predomina in corrispondenza alle aree parenchimatiche circoscritte dai rami va- scolari. Siffatta bicromia è più attenuata sulla pagina fogliare infe- riore, e non presentasi, del resto, ugualmente marcata su tutte le foglie della pianta. La lamina non è soverchiamente rigida e spessa ; il suo picciuolo è nudo e senza pneumatodi di sorta, la sua nerva- zione è mediocremente diffusa, le due facce senz’altra difesa all’in- fuori di una mediocre cutinizzazione, meno forte naturalmente per la pagina inferiore, sulla quale soltanto si trovano gli stomi con ca- ratteri analoghi a quelli delle precedenti Lauracee. Il mesofillo ri- corda quello di Oreodafne, salvo, in questo caso, il palizzata meno vistoso e lo scarsissimo numero di idioblasti a bicchiere che nel Cinnamomum però contengono un olio essenziale dal profumo di can- fora. Altri idioblasti ugualmente oleiferi, piuttosto frequenti, ma di minore ampiezza e di forma sferoidale, si notano sparsi nel meren- chima spugnoso, fin sotto l’epidermide della faccia inferiore della foglia. Manca in ogni modo qualsisia sbocco diretto di tali elementi secretori alla superficie dell’organo, dove non troviamo a difesa nè peli, nè rivestimenti cerosi. Dell’olio etereo occupa anche il lume di alcune cellule dell'epidermide, specialmente superiore. Meno gli assi caulinari vecchi di più anni, i quali hanno di già assunto la solidità e lo aspetto di parti legnose adulte, è caratteristica di questa pianta la persistenza di uno stato quasi erbaceo, almeno nelle apparenze, per tutti 1 rami delle ultime epoche di formazione. Questi rami man- tengono infatti il color verde chiaro originario, sono rivestiti di epi- dermide a parete esterna potentemente cutinizzata e qua e là inter- rotta da rari stomi sparsi senz’ordine od orientamento, eguali in grandezza a due volte e mezzo gli stomi fogliari. Le lenticelle, di conseguenza, non compaiono su queste regioni, se non, qualche volta, in abbozzo sotto l'epidermide; vanno sempre più facendosi evidenti invece, e per grado di sviluppo e per densità numerica, sui tratti caulinari adulti, dove sono numerose e orientate secondo l’asse lon- gitudinale della parte su cui hanno sede. La Litsea (Tetranthera) japonica Spreng. è un vigoroso arbusto, originario del Giappone, a rami persistenti fin dalla base, e fitti come il fogliame di cui sono copiosamente rivestiti. Nell'insieme ha un aspetto verde tendente al grigiastro, conferitogli dal denso to- ie Oa ear Uy ant TOS A a "a dla » — 525 — mento di peli lanosi che tappezzano i giovani cauli, 1 picciuoli e la faccia inferiore di tutte le foglie. Le lenticelle mancano affatto sui rami degli ultimi anni di formazione, e sugli assi più vecchi si riscontrano così di rado, da potersi affermare che questa pianta quasi ne sia del tutto sprovvista. Sui rami più giovani, su cui l’epidermide non ha ancora ceduto il posto. a un periderma, una valida difesa è assicurata dall'assenza di qualsiasi pneumatode, dalla forte cutinizzazione della parete esterna degli elementi epidermici, e da un censo feltro di peli che conferisce aspetto vellutato alle parti. Sui lunghi picciuoli fogliari Si ripetono condizioni analoghe. Le foglie semplici, coriacee, rigide, di forma lanceolata o ellit- tica e vascolarizzate piuttosto riccamente, mancano di stomi sulla pagina superiore lucida e affatto nuda; gli stomi sono presenti sulla pagina inferiore, ma in numero limitato. L’esame di essi è possi- bile sulle sezioni trasversali del lembo, non potendosi i medesimi osservare direttamente di prospetto, perchè la pagina inferiore della foglia, come fu accennato, è ricoperta da uno spesso tappeto di tri- comi unicellulari, vivi, lunghi, sottili, semplici, lanosi, ed anche perchè ogni stoma giace sul fondo di speciali cripte che lo nascon- dono perfettamente. Nei riguardi anatomici, ancora, la foglia si presenta fortemente difesa nell’epidermide specialmente della pagina superiore, per opera della cutinizzazione; il mesofillo è di notevole potenza, ma: povero di tracellulari e assai scarsamente dotato di idioblasti. Questi ele- menti secretori si distinguono in due ordini, al primo dei quali ap- partengono degli idioblasti grandi, a bicchiere, sottostanti all’epi- dermide superiore, contenenti mucillagine (tav. XXII, fig. 6.M), al second’ordine appartengono gli idioblasti oleiferi (fig. 6, 2), pochis- simo numerosi, piccoli, sferoidali, ricorrenti nella zona di confine tra il palizzata e lo spugnoso, più di rado nella compagine di questo merenchima e sotto l’epidermide della pagina inferiore. Alla povertà di idioblasti secretori in genere, nella foglia di Litsea, si aggiange la tenuissima attività secretrice di quelli che esistono, se si giudica almeno dallo scarso contenuto che in essi si rinviene in qualunque ora del giorno e in qualunque eta si trovi l’organo che noi pren- diamo a esaminare. D’accordo con ciò sta il: fatto che, frantumando una foglia di Litsea, non ci è dato che a pena di indovinare in essa, per il caratteristico profumo, la presenza di olii eterei. Tra le Lau: racee da noi studiate, sarebbe adunque |’ unico esempio, questo, di una specie poco o quasi punto aromatica. L’epidermide della faccia fogliare superiore risulta di elementi — 526 — piccoli, poliedrici, ma ordinati secondo un piano uguale ed uniforme; per la pagina inferiore invece, la linea dell’epidermide si presenta frastagliata in modo complicatissimo, poichè è una successione al- quanto regolare di rilievi, alla cui formazione, oltre l’epidermide, prende parte anche il tessuto spugnoso: e di conseguenti depressioni, più o meno forti, più o meno sviluppate e aperte, e ciascuna delle quali a sua volta si complica di nuove insenature e di nuovi rilievi, come pizzi di una frangia. Si ha l'impressione come di due forze che comprimendo da due lati opposti quella regione fogliare, vi ab- biano determinato lo speciale raggrinzamento che noi osserviamo; illusione, questa, che si completa, notando che molte cellule epider- miche, cutinizzate anche sulle loro pareti radiali, si estroflettono a guisa di lunghe papille, rette o incurvate: quasi che le due ipote- tiche forze sopra invocate, oltre l’intero sistema di tessuti, abbiano nel medesimo senso influenzato i singoli elementi dell’epidermide, schiac- ciandoli ai lati e obbligandoli a protendersi in fuori. Sul fondo degli avvallamenti maggiori, alla base di speciali cripte, di profondi seni formati dalle cellule epidermiche, si aprono glistomi, a cellule di chiu- sura molto piccole sacciformi! munite di cellule annesse (vedi fig. 6). A complemento di quanto ho esposto fin qui, riporto nel prospetto seguente 1 dati relativi al numero degli stomi, alle loro dimensioni, e alla potenza della cutinizzazione sull’epidermide delle due faccie fogliari, per ciascuna delle specie studiate. | 3 | SL Lunghezza | Larghezza Spessore cuticola NOME DELLA PIANTA degli ten | dello dello e strati cutinizzati per em2. di i ene superf. fogliare] stoma /|..;stoma, | pagina | pagina | | Superiore | inferiore PQUTUS nobilis >... 450 26 vs. 19 jn: | are pode 6,7u. Laurus canariensis . . 695 26 » 20 » 6,5 » 3,9 > WECTECOMRALCH SEI a. 459 19 » 13 » 4,9 » 1,8» Persea gratissima . . . | 578 16 » 11 » 3,3 >» 1,6» Oreodafne californica. . 459 23 » 16 » 6,5 » 3,2 » Cinnamomum Camphora . 917 29 » 19 » 4,9» 3,2» Litsea japonica .: . . . — — == 6,6 » 3,3 » Bisogna tener conto del fatto che sul percorso della nervatura non esistono stomi; la densità numerica di questi, espressa coi dati della prima colonna, si riferisce adunque alle areole entro cui gli — 527 — stomi medesimi sono confinati. Per la Litsea japonica poi mancano i valori delle prime tre colonne, per la impossibilità di scorgere gli stomi di prospetto, attraverso l’intrico dei peli e le altre acciden- talità notate dell'epidermide. Le dimensioni di tali stomi, in ogni modo, a giudicare da quel che si osserva sulla sezione trasversale della lamina, sono assai piccole, le più piccole che io abbia osser- vato tra tutte le Lauracee prese in istudio. Ho voiuto particolar- mente segnalare, sottolineandoli, i numeri esprimenti in micron lo spessore della cutinizzazione sull’epidermide fogliare del Laurusnobilis, accusando essi, contrariamente alla regola, maggiore potenza di de- positi cutinici per la pagina inferiore, che non per la pagina superiore. La Persea gratissima e l’Oreodafne californica vegetano in luogo aprico e solatio; gli altri cinque soggetti si trovano in condizioni un po’ meno favorevoli, ma nessuno di essi ha da soffrire per pe- nuria di luminosità e di spazio. Io ho inoltre avuto cura di sotto- porre ad esperienze i rami esposti più favorevolmente, i più vigo- rosi e 1 più sani, quelli che potessero con la loro condotta fornirmi un indice sicuro della funzionalità propria della pianta madre, sotto le condizioni ambienti più normali e- adatte. A proposito ho tenuto conto dell’età raggiunta, all’epoca dell’esperienza, dai rami, dalle foglie sottoposte all'osservazione, ed ho a tal uopo messo a profitto le conclusioni a cui venne Bergen, con un suo lavoro pubblicato nel 1904 (1). I fatti principali che guidarono il mio criterio nella scelta del materiale sperimentale furono i seguenti: 1° una foglia compie prima il suo sviluppo in ampiezza, che in spessore; 2° l’attività traspiratoria non raggiunge un livello normale e caratteristico per la specie in questione, se non quando le foglie at- tingono di già un grado completo di sviluppo anatomico ed un certo limite di età. La traspirazione infatti, a parità di area traspirante e di peso, si dimostra per una foglia più intensa e regolare allorchè questa non è più giovanissima, che non quando essa, pure posse- dendo già la sua massima ampiezza, conta appena due o tre mesi di esistenza; e ciò dicasi specialmente se le foglie, come nel nostro caso, sono persistenti. Nelle esperienze mantenni sempre, per le parti prese in esame, l'esposizione naturale e originaria delle parti stesse. Non essendo disponibili, per ciascuna Lauracea, dei piccoli esemplari radicati in vaso, sui quali potessi adottare speciali sistemi di misura della tra- (1) BERGEN J. JosEPH. — Relative transpiration of old and new leaves of the Myrtus type. — (Bot. Gaz. vol. XX XVIII, n. 6, 1904, p. 446-451). se 5 fee spirazione, ho dovuto sperimentare su rametti scelti opportunamente e separati dalla pianta madre. Ho procurato di turbare il meno pos- sibile l’equilibro di quella corrente fisiologica che lega in unità per- fetta ogni parte, ogni membro dell’organismo vegetale. I rami de- stinati alle ricerche vennero sempre nettamente recisi sott'acqua nelle prime ore del giorno, e sottoposti all'esperienza col cadere del. giorno medesimo, a distanza cioè di sel a dieci ore, per esser sicuro che gli organi avessero intanto reintegrato la propria attività fun- zionale, presumibilmente sconcertata col brusco distacco della ma- trice. Quanto ai mezzi di valutazione e di misura, mi sono servito di potetometri, di apparecchi di Garreau e di controlli con le carte reat- . tive al cobalto; a quest’ultimo ausiliario però noy ho ricorsò che per riprove grossolane, non prestandosi il metodo di Stahl a delle valu- tazioni minute e precise del fenomeno. Ho altresì chiesto il sussidio del microscopio, osservando lo stato degli apparecchi stomatici in principio, in fine e, ad intervalli, durante l’esperienza. Per queste ultime osservazioni mi servivo di rametti non montati sui poteto- . metri, ma esposti in condizioni ambienti uguali a quelli in cui sta- vano i potetometri medesimi. Di potetometri, ho adottato modelli del tipo consigliato da Moll(1) e di un altro tipo già ideato da Pfeffer e rimesso in onore da C. C. Curtis. Questo secondo potetometro da me adoperato consiste in una grande provetta cilindrica di vetro, di calibro uguale per tutta la sua altezza, o meglio ancora, divisa da uno strozzamento, in due ca- mere comunicanti nel senso verticale: la superiore, compresa fra il restringimento e la bocca in alto della provetta; la inferiore, fra il restringimento medesimo e il fondo del vaso. Sulla parete di lato di questo secondo spazio, si apre un foro, 11 quale é attraversato da un tubo sottile che decorre prima orizzontalmente, e si piega quindi ad angolo retto in alto; quest’ultimo ramo verticale ha maggior luce ed è graduato, per la sua capacità, in decimi di centimetro cubo. Si ha così un sistema di due vasi comunicanti, nel più grande e più capace dei quali si pongono a pescare le radici di una piantina in- tera, ovvero un ramo staccato e immerso per la superficie del suo taglio; mentre l’altro, il tubo graduato, segna, col livello del liquido che discende lungo la scala, la quantità di acqua assorbita dalle parti traspiranti. La provetta ha la bocca serrata ermeticamente da un tappo di gomma con due fori, per uno dei quali si impegna a te- (1) V. PuGLISI M. — Sulla traspirazione di alcune piante a foglie sempre verdi. — (Ann. di Bot, vol II, fasc. 8°, 1904, p. 437). .— 529 — nuta d’aria l’assicino del ramo: in esperienza, e per il secondo un termometro che pescando col suo bulbo nell’acqua del potetometro, misura successivamente le temperature di essa. Per evitare che dall’orifizio libero del tubo graduato avvengano per evaporazione diretta perdite di acqua indipendenti dalla traspi* razione del ramo, in principio di esperienza con una pipetta si stende uno -straterello di olio grasso sulla superficie libera della co- lonnina d’acqua del tubo medesimo. Così pure, si procura di esclu- dere ogni bolla d’aria che si allogasse sotto il tappo di gomma, e si bada a ristabilire, prima d’iniziare l’esperienza, l’equilibrio di li- vello del liquido tra i due rami comunicanti, se chiudendo col tappo .la bocca della provetta, tale equilibrio, come accade spesso, viene turbato. Torna ora in campo la questione che altra volta (1) sollevai e discussi, circa l'inconveniente della dilatazione del vetro di tali appa- recchi, nonchè dell'aumento di volume dell’acqua, (per il potetome- tro di Moll anche dell’aria), da essi contenuti; fenomeni che variano con grande irregolarità in funzione delle temperature ambienti, e che sfuggono ai tentativi di un esatto apprezzamento. Nella spe- ranza e nella fiducia che altri risolva presto ed esaurientemente la cosa, 10 propongo per ora un correttivo, che se non elimina ogni causa di errore nel procedimento dell’esperienza, può sensibilmente ridurre l’entità dell’errore medesimo, ed offrire.ad un tempo alla pian- tina o alla sua parte in esame uno stato d’ambiente prossimo a quello naturale. Suppongasi che del potetometro di Moll tutto il serbatoio prin- cipale, la bolla, cioè la parte più dilatata, la metà del tubo gra- duato non occupata dalla scala, il braccio orizzontale e il ricetta- colo destinato ad accogliere la pianta o la sua parte in istudio, siano rivestiti allo esterno di una camicia porosa, che potrebbe esser data semplicemente da carta da filtro o da mussolina; e che in basso, intorno al collo del tubo, compreso tra la chiavetta d’ingresso del liquido e la bolla suaccennata, si trovi uno scodellino con acqua, entro il quale peschi il lembo estremo della camicia porosa. Il li- quido della vaschetta, che si avrà cura diripristinare sempre nella misura del consumo, per capillarità si porta in ogni senso, imbeve la carta o la mussolina e, dipendentemente dalla temperatura am- biente e dal grado igrometrico dell’atmosfera, si libera per evapora- zione, induce un corrispettivo raffreddamento alla superficie del ve- tro, e per questo, nella massa di acqua e d’aria del vetro contenute. (1) V. Puemsi. — Op. cit., p. 438. — 530 — Evidentemente, si verificherà maggiore vaporizzazione in quelle ore del giorno in cui, per la durata e il grado d’insolazione e per altre condizioni a questa subordinate e coordinate, la tensione del vapor acqueo atmosferico, ossia l’umidità effettiva assoluta, raggiunge nella giornata i più alti valori, e viceversa, l'umidità relativa discende ai suoi minimi. E poichè vaporizzazione qui corrisponde ad abbassa- mento di temperatura, avremo, nél nostro caso speciale, che il raf- freddamento del potetometro e del suo contenuto in acqua e in aria, sarà più sensibile, più intenso nelle ore meridiane, in generale in quelle di massima insolazione diretta; nei tratti del giorno cioè, in ‘cul più, od esclusivamente si ha a deplorare il fluttuare nelle indi- cazioni del potetometro, indipendentemente dall'energia traspirato- ria del vegetale in esame. Siffatta disciplina nel funzionamento del- l'apparecchio, tuttavia può, specialmente nelle giornate primaverili più limpide e più calde, passar Ja misura e deprimere il livello di temperatura del potetometro oltre il limite compatibile con la tol- leranza della piantina o del ramoscello, colla capacità e coi bisogni funzionali di essi, in correlazione sopratutto con l’efficacia positiva delle condizioni esterne atmosferiche. Si affaccerebbe così il peri- colo di esporre il vegetale a un contrasto dannoso, di costringerlo cioè a lavorare, per mezzo dei suoi organi immersi in pien’aria e in piena luce, con intensità ben diversa, disparatissima, da quella che la regione o gli organi immersi in acqua siano in grado di consen- tire. A tale minaccia si può, a mio credere, in certo grado agevol- mente ovviare, procurando che la tinta della camicia porosa sia uguale o si avvicini a quella del terreno in cui stava radicata la piantina o vegeta la pianta da cui abbiamo asportato il ramo per l’espe- rienza. Per questo mezzo si potrebbe mitigare l’effetto esagerato della vaporizzazione sul potetometro. Regolando sapientemente il tono, l’intensità del colore, si riuscirebbe a contemperare l’influenza termica, direi, positiva, diretta, dell’insolazione (assorbimento di radiazioni per la tinta scura della camicia porosa), e l’influenza ter- mica negativa, indiretta dell’insolazione medesima e della tempera- tura ambiente, in concomitanza con lo stato igrometrico dell’atmo- sfera (vaporizzazione dell’acqua di capillarità dalla camicia porosa). D'altra parte si conseguirebbe quel che è fine essenziale al nostro espediente: la neutralizzazione almeno relativa di tutte quelle cause di errore alle quali ho avvisato nel mio precedente citato lavoro e che non ho fede si possano, per ragioni che ho reso note, annullare col rimedii escogitati da Detmer e da Kusano. A mio giudizio, con le disposizioni che ho testè descritto, si of- frirebbe al ramoscello, o meglio ancora, alla piantina intera (per la — 531 — quale più si prestano i nostri potetometri), uno stato di cose che non è ‘certamente il naturale, ma che più vi si approssima, rispetto a quelli da altri fin qui creati, potendo noi, con le debite riserve, considerare il contenuto del potetometro come il substrato nutritizio, come il terreno di vegetazione della pianta. Per il potetometro di Pfeffer, non si avrebbe che ripetere il prov- vedimento, rivestendo per intero la provetta (alla base della quale andrebbe collocato lo scodellino di rifornimento dell’acqua), e in parte, cioè sulla metà non occupata dalla graduazione, il tubo verti- cale comunicante. ESPERIENZE COL METODO DI GARREAU. Vanno distinte in tre periodi: invernale (dicembre-gennaio), pri- maverile (marzo-aprile), ed estivo (giugno-luglio). Perle piante dei nostri climi queste epoche coincidono rispettivamente con la mas- sima limitazione: col ridestarsi rapido e col vigore intenso: con lo attenuarsi, finalmente, e con l’assopirsi graduale, dei fenomeni vege- tativi, dei processi funzionali in genere; tutto ciò, in rapporto con l’azione, con le influenze dei fattori atmosferici. Riportiamo qui 1 dati relativi ad alcune esperienze. Laurus nobilis. 2 i=] og DS o Dicembre Aprile : Osservazioni. 1904 | 1905 1905 | | SEPIA ox! oy eo 20 23 21-22. | 6-7 26-27 Esposizione S-W per Temperatura 7 | le esperienze di di- i i È : | cembre e di aprile; . è {4% [pi 9% a) ? Massima SERI 10°, 6 C. 179.0:C 25 4C NW perciisene. Mediante ie eres 69, 3 13952 25°, 8 rienza del giugno. Mamet = ee}. 0°-8 SPE IGO Umidità rel. media . | 76 AT 75 Barometro: pressione | Ted ape seat 769, 2 | 754, 7 (57,8 Cielo-atmosfera . . |Ser. e nuv. - trang. Nuv.e ser.-agitato Ser.- mossa Valori della traspira- | | | zione: | | | Pagina superiore .| gr.0,005 gr. 0, 020 gr. 0,020 | Pagina inferiore .| » 0,026 > 0,110 » 0,610 | Traspiraz. per dm? di | superficie fogliare: Pagina superiore . gr. 0, 06 |. Sf. 0,24 | gr. 0, 014 Pagina inferiore. . DE | e 136 | »9, 440 at di — 532 — Laurus canariensis. Giugno Dicembre Aprile LAI | Pe Tae Osservazioni 1904 5 Giorno 19-20 5-6 23-24 |Esposizione S-W per Temperatura: le esperienze del i dicemb ile Massima. 119,0C 199,10 250,6 C Nip Media. 6°, 5 15°, 8 23°, 5 | rienza di giugno. + Minima . : 0°, 6 10°, 8 18°, 4 Umidità rel. media . 87 70 82 Barometro: pressione media . AI, TASTI Cielo-atmosfera . Ser. - calma |q.ser.-alq.ag. ser. e nuv. - mossa Valori della traspira- | | zione: Pagina superiore gr.0, 020 gr.0, 015 gr. 0, 045 Pagina inferiore . » 0, 100 » 0, 245 » 0, 400 Traspiraz. per dm. 2 di superf. fogliare: | Pagina superiore gr. 0,24 | gr 0,18 gr. 0, 82 Pagina inferiore . » 1,24 » 3, 06 » 2,89 | | Persea indica. Dicembre Aprile Giugno 5 ONE: Sservazioni. 1904 1905 1905 x Vi» | i | er iis) veri Giorno 28-29 | 78 | 27-28 |Esposizione, come Temperatura: nei casi prece- È È | d ti Massima 80,4 C 160,90 DIST è SIANO LE Media. 49, 3 1 A | Spr al Minima . 4 -0°, 5 To, 1 P.ES ate ‘ Umidità rel. media . 71 74 15 | Barometro: pressione media . È 164,9 152,8 | 755,3 Cielo-atmosfera , || ser. - mossa |\vario, alq.ag.| ser. - nuv. calma Valori della traspira- zione : Pagina superiore gr. 0, 018 gr.0, 015 gr. 0, 035 Pagina inferiore . » 0, 062 » 0, 110 » 0, 120 Traspiraz. per dm? di superficie fogliare: | Pagina superiore gr. 0, 22 gr. 0, 18 gr. 0, 43 Pagina inferiore . BLO; 44, » 1,36 » 1,49 Giorno Temperatura: | Massima. Media Minima . Umidità rel. media. Barometro: pressione media . ra Cielo-atmosfera . Valori della traspira- zione: Pagina superiore Pagina inferiore. Traspiraz. per dm? di superficie fogliare: Pagina superiore Pagina inferiore. Giorno Temperatura: Massima. Media .. Minima . DE Umidità rel. media . Barometro:pressione media . Cielo-atmosfera . Valori della traspira- zione - Pagina superiore Pagina inferiore Traspiraz. per dm? di superficie fogliare: Pagina superiore Pagina inferiore . | Ser. oneb. c. — 535 — Persea gratissima. Dicembre Aprile 1904 1905 29-30 7-8 Seat © 16°,9C 4°, 8 13% -0°, 9 CON 74 "4 (5993 (52, 8 ser. - calma gr. 0, 008 « 0,088 Oreodafne californica. ser. 0 V.- MOS. gr. 0,028 « 0,258 gr. 0, 34 « 3,21 Dicembre Aprile 1904 1905 30-31 9-10 12°0C 299,7 C 79,9 189,0 49,5 69,7 68 54 744, 5 752, 5 | gr. 0, 010 « 0,075 gr. 0, 27 « 1,97 299,9 C 250,2 200, 1 75 755, 8 Ser, e nuv.-calma gr. 0, 045 « 0,485 gr. 0, 32 « 3,14 Giugno 1905 26-27 280,4 C 25°, 8 170,8 75 757,8 ser.-alq. agit.| ser. - mossa gr. 0, 010 « 0, 080 gr. 0, 27 «2,11 ANNALI DI BoranIcA — VOL. VII. gr. 0, 023 « 0,275 gr. 0, 060 « 7,25 Osservazioni. Esposizione, come nei casi prece- denti. Osservazioni. Esposizione, come nei casi prece- denti, 34 Bea ahi Cinnamomam Camphora. xe ‘ Dicembre Aprile | Giugno Osserbazioni. 1904 1905 | 1905 : | Giorno . 2. . .| 22-28 9-10 28-29 |Esposizione, come Temperatura: nei casi prece- i fa denti Massima; tte 9, 4°C 229,7 C 30°, 3 Miedragi tia lo e 69, 4 189,0 279,4 Minima ti et 19,0 Er 179,4 Umidità rel. media . 83 oa abd. 68 Barometro: pressione Mediana ites 766, 6 752, 5 763, 7 Cielo-atmosfera . .|Nuv.e ser.-c.| Ser.-alq.-ag.| Ser.- calm. Valori della traspira- zione: Pagina superiore .| gr. 0,020 gr.0, 026 gr. 0, 040 Pagina inferiore . » 0,080 » 0,380 » 0,345 Traspiraz. per dm? di superficie fogliare: Pagina superiore . gr. 0,24 gr. 0, 31 gr. 0, 28 Pagina inferiore. . » 0,99 >» 4,790 Ho ee 2,49 Litsea (Tetranthera) japonica. Dicembre | Marzo-Aprile | Giugno | | | Osservazioni. 1904 | 1905 | 1905 | Gromo (eye oat 20 -21 31/;-1/, 93-94 Esposizione, S-W per Temperatura: le esperienze di : ; di b del Massima. . . . .| 11°,6C 199,00. 269,60. sario pelli Media, baesee ae 7°, 4 15°, 2 23°, per l'esperienza di Minima to RIO 8°, 0 8°, 1 18°, 4 giugno. Umidità rel. media . 63 79 82 Barometro: pressione Media %.° ear 767, 5 759, 7 763, 9 Cielo-atmosfera . .| Ser.- calma (Ser. e nuv.-c./Ser enuv--ag. Valori della traspira- zione; Pagina superiore .| gr.0,022 gr. 0, 022 gr. 0, 050 Pagina inferiore .| > 0,160 » 0,261 » 0,370 Traspiraz. per dm? di superficie fogliare: Pagina superiore .| gr.0,27 gr. 0, 27 gr. 0, 62 Pagina inferiore. . > 1,99 » 3,12 » 4,60 dt? < — 535 — Da un esame sommario di questi prospetti si può subito dedurre che l’energia del processo traspiratorio, da un minimo livello nel. l’epoca più fredda e meno luminosa dell’anno, si eleva a dei forti va- lori nei mesi temperati, nella stagione del rigoglio vegetativo, e ge- neralmente ricade col sopravvenire della siccità, della irradiazione solare intensa, dei calori estivi. Questo declinare dell’attività traspi- ratoria non è però sempre assoluto, poichè in qualche caso, come per la Persea indica, l’Oreodafne californica e la Litsea japonica, un au- mento effettivo sui dati di primavera si può verificare; sebbene tale progresso sia generalmente trascurabile, e in ogni modo non corrispon- dente all’accentuarsi delle condizioni ambienti favorevoli al processo. Osserviamo il fatto che nella stagione più rigida ed inclemente, anche sotto temperature inferiori allo zero termometrico, persino in atmosfera opaca, nebbiosa, agitata, le Lauracee da noi prese in esame persistono a traspirare, ed alcune, anzi, in una misura che non può non sorprendere l'osservatore al quale sia anche nota la struttura ana- tomica degli organi in questione. Le specie che spiccano per maggiore attività fisiologica sono: Oreodafne californica, Cinnamomum glanduliferum e Litsea japonica; il Lauro comune si distingue per caratteri opposti, e tra questi due termini estremi rimangono le due Persea e il Laurus canariensis. Non troviamo una corrispondenza logica fra l’attività funzionale della foglia, significata dai numeri relativi delle tabelle, e la strut- tura, e 1 particolari anatomici dell’organo medesimo. Ricordiamo però che il Cinnamomum è, tra le Lauracee studiate, la più ricca di grandi stomi fogliari; e che la Litsea japonica possiede sulla pagina fogliare inferiore, un densissimo tomento di piccoli peli vivi, ai quali si suole a torto attribuire esclusivamente un ufficio di difesa contro attiva traspirazione. Meno evidente ci resta per ora la ra- gione della tenuissima attività dimostrata dal Laurus nobilis, per la quale possiamo provvisoriamente invocare la straordinaria potenza delle pareti epidermiche cutinizzate. Notiamo altresì che i valori assoluti della traspirazione per la pagina fogliare superiore, non va- riano sempre, per una medesima specie e nelle diverse epoche di esperienza, in misura proporzionale al variare dei valori analoghi per la pagina inferiore dello stesso organo. Mentre poi per questa pagina i valori sperimentali confermano la teoria cui abbiamo più volte accennato, in merito alla curva periodica di traspirazione, per la pagina superiore invece si verificano fluttuazioni e salti imprevedibili ed apparentemente inesplicabili. L'esame dei prospetti, di quelli spe- cialmente relativi al Laurus canariensis, Persea indica, Oreodane californica e Litsea japonica, può bastare alla verifica del mio asserto. — 536 — Trattando delle ricerche coi potetometri descritti, seguiremo lo stesso ordine ; per ciascuna specie converrà tuttavia abbinare i pro- spetti delle esperienze compiute contemporaneamente coi due diversi apparecchi e con rami di sviluppo morfologico uguale o simile. Que- st’ ultima circostanza però, come anche il fatto che i due soggetti provengono da un medesimo individuo, non bastano per ottenere da quelli un accordo assoluto nella loro condotta fisiologica, |’ ugua- glianza aritmetica tra le loro quote di traspirazione; troveremo delle equivalenze, delle affinità più o meno spiccate, e dall’ insieme sol- tanto potremo avere un indice abbastanza fedele della funzionalità di ciascun soggetto medesimo. * Laurus nobilis. — Il giorno 28 dicembre 1904, ore 10 a. m., ini- ziate le esperienze con due rami in apparenza uguali, recanti cia- scuno 9 foglie normali, perfettamente sviluppate. Esposizione S-W. Laurus nobilis — (Potetometro di Moll). aoa FE ILA E 8 a de So 3 È s Ea 3 = is g | na E E Osservazioni 2 fs) a5 8 25 | La A Sg | 09 SIE sul tempo ge | 69 ss (38/82/28 | 22 | Si |e je" lee | 4é| eg és picem. | | | 904 | 28 10 | 0,0 |18° C|12° 0 ) sereno-mosso | | 56 (762,8 | FT o Ba degen, | \ l14 co. 0,64] Seren 29 Oy At Oe 0084 di REA » È (04, » im 93 | ee | 706) | LN > 30 9 2,5 ge 0°, 2 ) 7A lava 3 / » 7 9, » 17 SI 4 6° 89,4 \ | 1,2 » |» 0,55 » 31 9 B70 1 G0 5°, 2 ae) eee nebb. - umido » 17 4,7 | 89,5) 109,6 | quasi sereno tae 1,6 » |> 0,74 1 9 |58|4 | 584] > 53 TAT » 17 | 6,2 | 3,6] 30,8 | ie AG agitato cop. 33 >|» 2 9 | 6,6 | 0° 0°, 6 ) i sereno -agit. > 49 4753,2 » dr NOPD on To) i » 3 9 8,1 |13° | 10°4 | | 1,5 » |» 0,69 . 56 ‘758,9 » 17 | 9 19,5) 20,2 |M o vel sereno 4 | 9 |10,2 |i5° |110,4 7 la, » fi > 17. |10,7 | 3° | Bo | > (760,9 > Si 1, es (1) Laurus nobilis — (Potetometro di Pfeffer). Incremento Totale Traspirazione GIoRNO Ora traspirazione traspirazione per dm? in cc. in 24h. superf. fogliare. 28 dicembre 1904 10 0,0 | » 17 11 | 1,5 cc gr. 0, 69 29 9 1,5 17 2,2 i i 0,9 » » 0,41 30 9 2,4 ) > 17 2,8 ; E I 0,6 » » 0) 27 31 9 BID ) 7 4,3 2 i | 2,0 » » 0,92 1° gennaio 1905 9 5,0 » 17 6,3 | 1,5 » » 0,69 2 9 6,5 \ » air: 6,8 0,8 » » 0,37 3 9 7, 3% » 17 8,4 ) 4 9 9,1% iaia » 0,83 » ed 9,9 \ (1) Per l’esperienza col patetomerre di Pfeffer vengono omessi, nel prospetto relativo, i dati di temperatura, di umidità, di pressione, di stato del cielo, e dell’atmosfera, essendo i medesimi che per l’esperienza compiuta contemporaneamente col potetometro di Moll, di cui nel primo pro- spetto. Cominciamo col constatare che questo periodo invernale fu ec- cezionalmente rigido, così che si ebbero a registrare dei minimi di temperatura anche sotto lo zero del termometro centigrado, nelle prime ore del mattino. Più volte notai un principio di congelazione dell’acqua nei potetometri, sotto forma di aggregati di ghiacciuoli aghiformi o di masse irregolari di ghiaccio natanti; e per gli ultimi due giorni di esperienza, mi convenne ritirare la notte al coperto gli apparecchi montati, onde evitare il pericolo che tutto il loro conte- past. nuto in acqua, congelandosi, determinasse, per l’aumento di volume, la rottura delle pareti di vetro. Con gli asterischi posti accanto ai dati traspiratorii del 3 e del 4 gennaio, ore 9, ho voluto appunto accusare la poca regolarità dei valori relativi, essendosi i medesimi ottenuti in un ambiente, la cui temperatura, come si vede, era ben piu mite che quella dell’esterno. Per i due rami di Lauro, pare esista un certo parallelismo tra le quote di traspirazione nelle 24 ore, da un mattino all’altro, in di- pendenza sopratutto della temperatura. L'attività funzionale insorge ben presto, da che l’esperienza è intrapresa, e per quanto si attenui, non si arresta mai, nemmeno durante la notte, potendo anzi allora raggiungere dei valori note- voli, come nella notte dal 31 dicembre al 1° gennaio, se il cielo è sereno, l'atmosfera tranquilla e la temperatura relativamente mite. Nella notte successiva, in cui si discese a zero gradi o più sotto, i po- tetometri accusarono ancora dell'attività traspiratoria; probabil- mente, le loro indicazioni si riferiscono alla funzione residuale delle prime ore della notte. Col cadere della temperatura verso quel mi- nimo, e perciò nelle prime ore del mattino, la traspirazione se non. affatto sospesa, era ridotta ad un grado al quale i potetometri non sono più sensibili. Nel nostro caso tuttavia, gli stomi si mantene- vano regolarmente pervii, sebbene saggiando con la prova di Stahl,’ non si notassero che traccie assai vaghe di reazione della carta al cobalto. A me non sembra illogico supporre che in tale stato prossimo all’assideramento, le cellule di chiusura dell’ apparecchio stomatico avessero perduto la facoltà di regolazione coi noti fenomeni di turgore, e che attraverso ai loro meati pertanto la- sciassero fluire il prodotto della vaporizzazione tenuissima avvenuta | alla superficie degli elementi del mesofillo confinanti cogli spazi aereatori. i Le ultime due notti, come ho sopra accennato, i due potetometri coi relativi rametti di Lauro vennero ritirati nel laboratorio di fisio- logia e collocati presso le finestre S-W, attraverso i cui vetri poteva giunger loro ugualmente la luce del mattino. La temperatura in questo temporaneo asilo era intorno ai 14° C. per l’aria ambiente, intorno agli 11°C. per l’acqua dei potetometri; e in tali con- dizioni abbiamo notato un effettivo di traspirazione di cc. 9, e di cc. 1,2 nell’un caso, di cc. 0,5 e cc. 0,7 nel caso del secondo soggetto, dimostratosi per tutta la durata dell’ esperienza meno attivo del primo. Segnaliamo adunque del Laurus la vitalità persistente, tale che col ristabilirsi, sia pure temporaneo, di condizioni ambienti propizie, rd. oe n — 539 — i suoi organi sono capaci di reintegrare le loro funzioni essenziali, anche dopo 6 e più giorni di separazione dalla pianta madre e di soggezione alle circostanze artificiali dell’esperienza. Il prodotto di traspirazione giornaliera per dm’ di superficie fo- gliare corrisponde con grande approssimazione a quello desunto con l’esperienza di Garreau, ove si consideri che i numeri riportati in proposito nei prospetti delle esperienze col potetometri, misurano in doppio, vale a dire per entrambe le pagine fogliari, la quantità in grammi del vapor d’acqua traspirato; e che per le foglie sottoposte all’esperienza di Garreau è da invocarsi lo stato di maggior loro freschezza. Colgo qui occasione per annunziare che per l'accertamento dei valori di traspirazione giornaliera per dm’ di superficie fogliare, non mi è parso conveniente seguire il metodo consigliato da Burgerstein nella sua magistrale Monografia (1), anzitutto perchè complicato, imoltre perchè suscettibile di non lievi difficoltà ed errori, ricono- sciuti dallo stesso autore. Io ho invece adottato il seguente si- stema. Servendomi di un numero grande di foglie allo stato fresco, e per tutta la superficie di diverse foglie tagliando con estrema precisione un grandissimo numero di quadratini di 1 cm. di lato, stabilivo il peso medio di una foglia di sviluppo e di dimensioni normali, e quindi il peso medio di 1 cm’ di essa. Il prodotto del peso medio di- una foglia per il numero di foglie esistenti sul ramo in esperienza, diviso per il peso medio di 1 cm’ della foglia stessa, da evidente- mente la superficie totale di tutte le lamine fogliari considerate. Al- lora il quesito si riduce ad una semplice proporzione, che possiamo ‘ enunciare con questa formola: D: 7°: :y: a, dove D rappresenta, ri- dotta in dm*, l’area traspirante di tutte le foglie del ramo in istudio; 7’ indica in grammi la traspirazione relativa a D; y rappre- senta l’unità di superficie, ossia, nel nostro caso, il dm?; ed x final- mente è l’incognita che si vuol trovare, cioè il valore in grammi della traspirazione relativa ad y, cioè al dm’. Il valore di questa incognita deve però assumersi in doppio; esso infatti da solo non ci rappresenta che la traspirazione di un’ unica superficie, mentre sulla lamina fogliare bisogna considerarne due, la pagina superiore e la inferiore. E un inconveniente di questo mio, come di ogni altro sistema escogitato in proposito, consiste appunto nella impossibilità di scindere nel calcolo il prodotto dell'attività della pagina superiore, (1) BURGERSTEIN A. — Die Transpiration der Pftanzen. ~ P.24, Jena, 1904. — 540 — da quello della pagina inferiore dell’organo traspirante, come è age- vole fare con l'apparecchio di Garreau. * * * Apollonias canariensis. — 1l giorno 15 dicembre 1904, ore 17, ini- ziata l’esperienza con due rametti recanti ciascuno 9 foglie a com- pleto sviluppo. Esposizione S-W. GIORNO Dicem. 1904 > 19 » » Ora 17 17 17 Laurus canariensis — (Potetometro di ae e 5 = 0,0 | 10° C 0,0 | 49,5 4,2 | 109,1 GAD ere 8,6 10° 9,6) 7 11,8 ‘10° 13,2 Bo 15,4 | 10° 15,8 | 3° | | 17,4 | 10° Temperatura dell’ acqua Moll). 3 os om cf 279 2/33 | fx | 82 SE 2 2 ae Sian) Osservazioni = is ul ne È È 2g È g DEE sul tempo E sf | on | Fad 2 mM & s E 83 |750,3 Sereno | 4,2cc. | gr. 2,23 » (2-768, 8 » O i 62 |765,6 \ 4,4 » | » 2,34 > » 75 |765,8 \ 3,2 > |» 1,70 i » ) » 82 | 764,9 (> 6» |» 1,91 » | ; » 87 | 763, 4 ( 2,0» |» 1,06 | » | — 541 — Laurus canariensis — (Potetometro di Pfeffer). lncremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione traspirazione p dm? in cc. in 24 h. di superficre fogliare | 15 dicembre 1904 dd 0,0 | 16 9 iis Cl ay SRB ZI CCI gr. 1, 70 » 17 8,2 17 9 4,7.) 2,0» » 1,48 » 17 5,9 ) 18 9 7 ALU CACLI » 1,06 » 17 7,9 19 9 8,8 Î E Be ey » 0,90 » 17 9, 6 i 20 9 10 Î rie ale Os > » 0, 53 » 17 10,6 Le esperienze vennero smontate il mattino del 21 dicembre, es- sendo il cielo sereno e l’atmosfera tranquilla. I due germogli di Laurus canariensis conservavano inalterato il loro aspetto fresco del momento in cui furono staccati dalla pianta ma- dre, ed all’esame microscopico tutti gli stomi si presentavano perfetta- mente aperti. Su questa Lauracea mi è parso più sensibile l’arresto della traspirazione conseguente, sui rami destinati alle ricerche, al distacco di essi dalla matrice. Vedesi infatti, nel primo di questi specchietti, che la funzione non è ancora insorta alle 9 del mattino successivo all’inizio dell’e- sperienza, e che rapidamente nel giorno stesso compare e si eleva fino al valore considerevole di cc. 4,2 alle 5 del pomeriggio. Nel se- condo caso invece il fenomeno è già avviato il mattino suddetto e ‘solo si esalta a cc. 3,2 nel resto della giornata. Si può quindi avvi- — 542 — sare come ad una diversa impressionabilità, propria alla parte inte- ressata: ed a questa diversa sensibilità va in certo modo attribuita la discordanza funzionale, spesso forte, tra due organi apparente- mente simili di uno stesso individuo. All’entità e alla costanza delle condizioni atmosferiche si dimostrano conseguenti, nei due diversi casi, i valori delle quote traspiratorie. Notevole altresì è l’energia traspiratoria dei Laurus canariensis, specie nel caso del primo rametto, sul quale la maggior frequenza di gemme all’inizio dello sviluppo, può avere in proposito influito favorevolmente. Nè la funzione si è mai arrestata di notte; qualche volta anzi, come per il secondo ramo nella notte dal 18 al 19, fra le ore 17 e le ore 9 del mattino seguente, il valore relativo (cc. 0,9) eguagliò quello del giorno precedente (cc. 0,9) tra le ore 9 e le 17. L'intensità dell’energia traspiratoria nel Laurus canariensis pare vada a scapito della persistenza dell’attività funzionale; si vede infatti che. già al quinto o sesto giorno la curva fisiologica è fortemente di- scesa, malgrado i fattori fisici dell'ambiente nonabbiano sensibilmente mutato. Rapportandoci ai dati ricavaticol metodo di Garreau, trovia- mo un accordo quasi perfetto per alcune giornate (17 e 18); in tesi ge- nerale però esiste tra i due ordini notevole differenza, sia che si con- siderinv le quote massime del primo e secondo giorno, sia che si con- siderino i valori minimi del quarto o quinto giorno. Bisogna in pro- posito invocare sempre le peculiari attitudini di singoli organi, anche in apparenza uguali, a disimpegnare una determinata funzione; nonchè le vicissitudini atmosferiche naturalmente svariate nelle epoche o giornate diverse delle diverse esperienze. «Fa Persea indica. — Il giorno 12 gennaio 1905, ore 18, iniziata l’e- sperienza con due rametti recanti ciascuno 10 foglie a completo svi- luppo. Esposizione S-W. — 543 — Persea indica — (Potetometro di Moll). D SE dea z o S sà sg au Ò pa Bok 2 | 3 lees oO 4g Ong gie Leni 13 9 0,2 » ay 1,2 14 9 2,0 » qe DS 15 9 3, 6 » 17 4,0 16 9 4,3 >» | 17 4,9 | | Gennaio 12° | 18 .|-0,0 = E È 3 5 E E È © è s È | Osservazioni al az ge ou o 2 | Bo | sul tempo ge | 3) PS] ao | se | eae | bee Soe 67 | 762,3 Sereno 1° 0°, 4 ) È ) RO 1,2 cc.lgr. 0,85 | Ser. - a vario go 10°, 8 \ \ i Ser. - mosso 09,5 1-09, 2 | Sereno B1 } 759,5 | 1,6 »!» 0,47 i, Ge 8°, 0 \ Sereno - agit. Woe sone, » » 56 | 758,7'1,2 » |» 0,95 19 20, 4 \ » » 15,5 | 12,0 ) Ser - a vario 54 3} 761,1 | 0,9 » | » 0,26 6° 8°, 4 Ser. - mosso Persea indica — (Potetometro di Pfeffer). GIORNO 12 gennaio 1905 13 » Ora Incremento traspirazione in ce, 0,0 1,0 2,7 4,5 bi 6,3 6,5 7,2 7,6 8, 0 Totale traspirazione in 24h. Qe Ce: Traspirazione per dm? di superficie fogliare gr. 0, 80 » 0, 23 — 544 — La durata delle esperienze per la Persea indica, come per la P. gratissima di cui tratteremo appresso, fu relativamente breve, per- chè i rami di queste Lauracee mostrano ben presto di soffrire in seguito al distacco della pianta madre e per le disposizioni dell’espe- rienza medesima, Il rilevarsi dalla traspirazione avviene gradual- mente, ma con notevole sollecitudine la funzione si esalta fino ad un grado massimo, e rapidamente ricade verso un minimo, sì direbbe verso l’estinzione, preannunziata dall’evidente sofferenza dell’ intero germoglio. È bensì vero che circostanze esterne, come la temperatura e lo stato atmosferico non favorirono il fenomeno, essendosi verificato per due notti fino un principio di congelamento dell’acqua delle ca- mere potetometriche, e l'atmosfera essendo stata molto spesso tur- bata dai venti. Ciò nondimeno, l’attività traspiratoria di questa Lau- racea è assai debole, e i risultati della prova di Garreau ce ne danno una conferma. Anche qui son degne di nota le forti perdite di acqua nel periodo notturno; nella notte dal 13 al 14 gennaio, ad esempio, il secondo dei potetometri accusò una perdita di gr. 1,8. Poichè anche la tem- peratura discese sotto zero, giudico che, come ho detto dianzi, gli stomi siano rimasti in tali circostanze come paralizzati nelle loro attitudini fisiologiche e fisiche, si siano ridotti ad uno stato di vita latente, pure conservando un grado di turgore che rende pervio l’ori- fizio. L’afflusso dell’acqua alimentare dal suolo si attenua molto più lentamente che non avvenga della traspirazione propriamente detta: come più tardivamente esso si riattiva, il raffreddarsi del suolo e dell’atmosfera non procedendo di pari passo; è anzi questo fatto che consente il turgore delle cellule stomatiche ancora nelle prime ore della notte. Ma quand’anche la corrente venisse estremamente limitata o quasi sospesa, la vaporizzazione interna dell’acqua, alla superficie delle cellule confinanti con gli spazii aereatori del mesofillo, per quanto infrenata, non verrebbe abolita del tutto, sia perchè non è lecito in tale fenomeno escludere assolutamente l’attività vitale, sia perchè talvolta, come nei casi in questione, l’atmosfera esterna è se- rena o leggermente mossa, ma asciutta. Quest’acqua di vaporizza- zione interna, cui è dato libero sfogo dai meati stomatici, e l’acqua che può evaporare fisicamente alla superficie dell’organo in esame, sono, a mio credere, i determinanti delle segnalazioni che il pote- tometro ci diede spesso per certe notti rigidissime e calme. Di giorno invece, le perdite d’acqua rivelano più, direi, un fatto funzionale, poichè tutte le energie della vita che insorgono, che entrano in gioco, — 545 — che si combinano, si elidono, si moltiplicano, e la luce e tanti al- tri fattori ambienti che concorrono coi loro molteplici effetti, danno al processi di vaporizzazione e di emissione dell’acqua dalla pianta, il carattere completo di fenomeni fisiologici. * * OK Persea gratissima. — Il giorno 12 gennaio 1905, ore 18, iniziata l’esperienza con due rametti, recanti ciascuno 9 foglie a completo sviluppo. Esposizione S-W. Persea gratissima — (Potetometro di Moll). Giorno | Ora | & È serie Ri s S | aa ed 3 = & | Osservazioni oGgl 37 | 25 | 2 | 2d | 285 | S| sul tempo phate” | dt | 72 Se | are) dae ennaio | | 1905 | 12 LSE) 020: | 59 0890 | 67 | 762,3 | Sereno 13 o o e : Ones | a 0°,4 | ae oud ae gr.0, 43 | Ser. - vario » 17 Tao O° hOB. | Ser. - mosso dd 9 D0 609 2) \ Sereno > ee SPA Go Gee re aoe a anda PN OO) ee e 15 9 I Di) OF Be, 09.2) {0,5 © » » Ai a lo e E e I 16 OM eo. 1 Ei. 219 Ser. - vario : Pr 6 6 » 1% |-3,8.|695.|-89,4 A Lei ae Ser. - mosso Persea gratissima — (Potetometro di Pfeffer). Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora | traspirazione | traspirazione p. dm2 in cc. in 24 h. di ‘superficie fogliare 12 gennaio 1905 18 0,0 13 9 Od i 2'eci gr. 0, 39 » 1% 1,2 14 9 1,9 | | È 17 2,5 1,3» » 0,43 15 9 2,9 ; A 17 3,4 | 0,9» » 0,29 16 9 3, 6 : A Me 0,6» » 0,19 SII Per questa seconda specie di Persea, valgono in generale le con- siderazioni fatte a proposito della P. indica. L’energia di traspi- razione si dimostrò molto tenue ed inferiore a quella che potemmo rilevare con la esperienza di Garreau. I freddi intensi succedutisi nella prima decade di gennaio e persistenti ancora all’epoca dell'esperienza, avevano influito in modo deleterio su buona parte delle foglie di Persea gratissima. Le due specie di Persea, sopratutto la seconda di esse, sono tra le Lau- racee studiate, le più sensibili alle inclemenze: della temperatura. Oreodafne californica. — Il giorno 5 gennaio 1905, ore 18, ini- ziata l’esperienza con due rametti, recanti ciascuno 11 foglie a com- pleto sviluppo. Esposizione S-W. Oreodafne californica — (Potetometro di Moll). °° s 9 o. | BE BE zt sÈ 55 » ae. Osservazioni 2a 4 3 3 oe © £ re da i sservazioni RIPETO | Rees fe s2 os È a 3 3 oes ao 8 sul tempo a DO "2 = = = Sa n =} a nD ANC le te a "i Er ely E AS Gennaio ye | i i | |" 1905 | 5 18 1 00) Ue? C1898 Cl’ 769. 14760; 7 | Cop. - calmo 6 9 USS 80 | 10° | Ro eae ? 0, 8 ec.) gr.0,56 | Piov. - mosso 5 17 | 0,8 | 10° |10°,8} % | 759,0) Piov. - calmo 7 Oh ee AD; Bony | Sereno >» | 17 | 2,2 | 10,5] 19,64 8 | 7491 2 SD PRATO 8 9 e Bb 1-70 LO o7 | ) | Ser. - mosso > ele SAT AAT A001 1 pols TT LEA 9 9 | 4,6 | 4° 19,8 | a ) Sereno : ANBETA E 10 4-9 6, 1 "| 180520184) | Coperto > ’ Lees / | n pe » Se ee Pa ah. a | sas \ Nee Rae | Vario- mosso 11 9 |.6,6 -| 40 AP) ) | | Sereno È, 17 | 79 | 7,5] 90 \ 49 | (63, 6 1,6 »|»1, 13 | x 12 9 | 8,2 | 00,5| 00,6) ie ~ | 17 | 9,2 Ise |10ea§ 8% | 762,3( 4,3 >| >0,92) | | | | \ | + Ape LI LE » DI Led Lg 4 — 547 — Oreodafne californica — (Potetometro di Pfeffer). Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione | traspirazione p. dms in cc. in 24 h. superficie fogliare 5 gennaio 1905 18 0,0 | 6 9 0, 3 SR E: TR gr. 0, 63 eae Piss: Lai 0,9 | 7 9 1,2 ) + 1,06 i a 6h 1,5» » 1, 8 9 3, 2 x : 3,0 » 2,12 > 17 5, 4 | dh È a GR { 2,3» » 1,68 » lee Testo 10 9 8,1 î 0,6» » 0,42 » 17 8,3 11 9 ae i 2,0 1,41 > 17 10, 3 | hos Da ao ed Sa > 0,92 > 17 11,6 L’Oreodafne californica diede in entrambi le precedenti espe- rienze, esempio di attivita traspiratoria relativamente intensa e di vitalita tenace, avendo i rami conservato per un periodo non breve, l'aspetto vigoroso che è proprio della pianta intera, e avendo essi dimostrato presso all’ottavo giorno delle attitudini funzionali uguali o superiori a quelle del primo. La traspirazione, sospesa o ridotta assai col taglio, con l'asportazione dei rametti prescelti, si reintegra gradualmente; il fenomeno inoltre, più cospicuo sul ramo del pote- tometro di Pfeffer, probabilmente per la maggiore vigoria di esso ramo, ha rivelato una squisita sensibilità di questa Lauracea alle condizioni dell’atmosfera. Basta in proposito ispezionare le due ta- belle, notando come pigramente le quote traspiratorie crescano nella prima giornata piovosa, come esse si rilevino col ritorno del sereno, e come viceversa quei valori ricadano col cielo coperto e l’atmo- sfera alquanto agitata (giorno 10). Salvo qualche lieve eccezione, non può dirsi che di notte la traspirazione di Oreodafne sia stata rilevante, sebbene non pare che il fenomeno si sia mai arrestato del tutto. Tra i dati dell’esperienza con l'apparecchio di Garreau e que- sti ultimi ottenuti, esiste un accordo quasi perfetto. Cinnamomum Camphora. — Il giorno 28 dicembre 1904, ore 9, iniziata l’esperienza con due rami, recanti ciascuno 8 foglie a com- pleto sviluppo. Esposizione S-W. — 548 — Cinnamonum Camphora — (Potetometro di Moll). È o ® 3 & LS as porter fe ae eet ee eee I Giorno | Ora = 3 £ 8 5 o = E sf S82] £88 | Osservazioni 285] a= Ata E SIA 2st | aos sul tempo 58°| ES | 8s | 53] ss | SER] Pag ici 5 & E È 2 a Z È E | Dicem. Ta | 1904 28 Oa, 0,0 LOC. 12°C Ser. - mosso 56 | 762,3 | » i ge as UL: ee 9°, 6 | 2,0 ce. |gr. 1,23 | » 29 S| ie eee 0°, 8 ) Sereno 71 | (64,9 3 17 38.) 0764 | > 2,2 » |» 1,35 30 94 100 09,2 » 74 | 759,83 » l'as; Gi 60 80, 4 » 18 DSL ‘ 31 921 “6,0 ~| 6° 50,2 ) Nebbioso | 68 | 744,5 ; » aoe A o SO a Quasi sereno i 2,2 » |> 1,85 NIRO a Ago) « | 53 | 747,0 STAN » 157290 13038 V.-agitatiss, Cinnamonum Camphora — (Potetometro di Pfeffer). Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione traspirazione p. dm? in cc in 24 h. di superficie fogliare | | | | 28 dicembre 1904 9 | 0,0 | » Mer 2,5 Ice, gr.1,97 29 1S bao] 3,2 » Ce] 4,8 ) | 2,0 » » 1,23 30 | 9 5,2 \ » maak 6, 1 ) | 1,4 » » 0,86 31 9 GiGi sis) > 17 dd ) , A 16> » 0,98 1° gennaio 1905 9 8,2 \ ' » le) alg 9, 6 2 9 1052 1,9 » me ee » INVE 10,5 — 549 — Il caso del Cinnamomum Camphora mi pare interessante per i singolari rapporti fra l’attività traspiratoria e le condizioni ambienti atmosferiche. A parte l’energia funzionale diversa dimostrata volta a volta dai due rametti in istudio (considerata però nel complesso di cinque giornate di esperienza, essa è quasi uguale in entrambi), la traspirazione di questa Lauracea viene, se non assai favorita, certo non infrenata ed attenuata da fattori che come il freddo e il vento, sono, come d’ordinario si ritiene, nemici della traspirazione stoma- tica, cioè del principal tipo. di traspirazione degli organi fogliari. E noi troviamo spesso un maggiore incremento dei dati funzionali anche in corrispondenza a temperature che rasentarono lo zero del termometro centigrado, e a periodi del giorno in cui l’atmosfera era sconvolta dai venti; sempre però che l’aria ambiente in cui gli organi della traspirazione dovevano esalare il vapor d’acqua, fosse asciutta e limpida. Gli stomi si mantennero sufficientemente pervii, e l’aspetto generale dei rami in prova può dirsi non mutasse meno- mamente per tutta la durata dell’esperienza. Circa l’entità della traspirazione notturna, io richiamo le consi- derazioni e le ipotesi fatte a proposito della Persea indica, confer- mandomi nella persuasione che nelle ore più rigide, specie se l’atmo- sfera è relativamente asciutta, l’eliminazione di vapor d’acqua dalla pianta è pur sempre possibile, sebbene ciò ritenga in tali circo- stanze più del fenomeno fisico, che di quello fisiologico. I prodotti di traspirazione per la notte del 28 al 29 dicembre, in cui la tempe- ratura discese intorno allo zero, quasi si equivalgono con quelli delle due notti successive con temperature sensibilmente più miti. Ciò che sembrerebbe in tal caso paradossale, trova invece la sua ragione di essere, se si ammette per il primo periodo, una specie di atonia, di paralisi temporanea degli elementi stomatici, determinata dal freddo intenso; nel secondo invece, il funzionamento regolare, per quanto attenuato, degli stomi, grazie al minorrigore della temperatura. La corrispondenza coi risultati sperimentali ricavati col metodo di Garreau, è evidente. * * * Litsea (Tetranthera) japonica. — Il 15 dicembre 1904, ore 17, ini- ziata l’esperienza con due rami recanti ciascuno 14 foglie a com- pleto sviluppo. Esposizione S-W. ANNALI DI BoTANICA — Vou. VII. 35 — 550 — Litsea japonica — (Potetometro di Moll). oe a 3 5 "9 4 E os eS Cea en aa Wea a ae bi os sE ag | È 8 CRE Metal St a Osservazioni Giormo | Ora |5a5| 85 | 22 | 28 | Sg | ess | SS] sul tempo dt a | ee) ak ep re eee aséle Mer E a |e È Dicem. | | 1904 | | 15 17.| 0,0 |-10°C| 12°C|. 83 | 750,3 | Sereno BIZ Aes y 3,5 cc. gr.1,11 | Vario Li sa > | 72 758,8 | » Le Spi L08, do}, 1° | Sereno — 9 | 48) 7 | 6° | | Li sata | 62 | 765,6(3,4 » > 1,08 x Fia eGo. 6100. ao | | > | (e DO 4 | | sia SIRO le 75. | 766, 8 | 2,5 »|» 0,79] ° > 17 | 9,4} 10° | 12° | > g 9 Sy? SPE La Dà | i 82 | et,9120 »/> 0,63) ” > 17 | 11,4} 10° | 119,2) \ » 2 a Pri CA a 9 ERP a t N di ? | ( sz | 7634 156° yl a » 17 | 18,0 | 10° |110,6) » i | | Litsea japonica — (Potetometro di Pfeffer). Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione | traspirazione p dm? in cc, in 24 h di superficie fogliare 15 dicembre 1904 17 0,0 16 O 2,5 | 3, 9 ce. gr. 1, 24 » NG 3, 9 17 9 5,80, : 3, 1 0, 99 > 17 DS Alar a 18 9 84 | meh An bier » 0,67 > 17 OFT eh) 19 0 e beste 2,0 » » 0, 63 » dirti Tg \ 20 Och) Yell, Bias 7 12,5 1,4 » » 0,44 Smontate le esperienze, i due rami di Litsea, sebbene conser- vassero della capacità funzionale, mostravano tuttavia un principio di sofferenza. Th eV Fp BAS « — 551 — Il decorso della traspirazione si rivela in perfetta armonia coi dati del tempo e coi fattori fisici dell'atmosfera; dai massimi as- soluti verificantisi nel primo giorno dell’esperienza, si discende in modo continuo, senza oscillazioni. L'intensità del fenomeno non può dirsi elevata, e si è dimostrata in queste esperienze inferiore a quella desunta con la prova di Garreau. Di notte, come al solito, i valori di traspirazione furono sempre apprezzabili; il rapido esal- tarsi di essi nella prima notte non può, a mio giudizio, che per mi- nima parte attribuirsi alla funzione degli stomi; la perdita dev’es- sersi per il resto effettuata fisicamente dal denso feltro di peli che ricopre la pagina inferiore delle foglie di questa Lauracea. Col marzo s’inizia il secondo periodo d’osservazioni, il periodo pri- maverile e medio, attraverso il quale le nostre piante sempre verdi si può dire che rinnovino quasi e ritemprino ogni loro energia, ed in tutte le funzioni della vita attingono l’optimum. Noi seguiremo in questo secondo periodo il procedimento che seguimmo nel primo, ripe- tendo nello stesso ordine di successione le esperienze coi potetometri. * * Ok Laurus nobilis. — Il 25 marzo 1905, ore 18, iniziata l’esperienza con due rametti giovani a completo sviluppo di tutte le parti, e re- canti ciascuno 9 foglie. L’esposizione è sempre a S-W. Laurus nobilis — (Potetometro di Moll). oo 8 si 3 CE ene ks 43 £3 =" ie Giorno | Ora sì È a 5 3 5 5 25 58. 3 aa Osservazioni oes [aa | aa | BE | 28 | 284] 4° sul tempo ae P 5 SI 5 de) P = a È 3 HOR È Lg Marzo | ] 1905 25 18 | 0,0| 9°C |1096C| 89 | 752.0 Coperto 26 9 IRON, | 19,8 | 67 | 756,4 4, 6cc.| gr.2,12 | Sereno 5 18 | 4,6 }12 | 13°,6§ | > Pat! 9 5,0 | 90 Og ) È Î » (2 | 758,1 } 2,2 » |> 1,01 > 18 | 6,8 | 15°,5, 160,25 » 28 9 | 7,6) 14° |18°9 | | ' Mie Re: 765; 7 (9,4 SR ace yey SLIP 16000) Vario - ser. 29 9 | 10,2] 11° | 10°,6 | | , ers (760.0 Caves, oO > 18 | 118} 17° | 180, 4 | » 30: L91260] 1201089) | » (8.| (61,602,2 »| «1,10 » 18 | 14,0 |15°9,5| 170 |) » — 552 — Laurus nobilis — (Potetometro di Pfeffer). | Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora |traspirazione | traspirazione p. dm? in ce. in 24 di superficie fogliare | 25 marzo 1905 18 0,0 / 26 pair) 0, 4 ) 3, 2¢ce gr. 1, 48 | 1348 3,2 \ 27 Brae: L'A 2,8 » » 1,29 » ees 6,0 28 9 675 ) 20 » 0, 92 » 18 8, 0 \ 29 9 | 9,8 ) 3 | + 2,9 » » 1,84 » 18 | 10,9 | 30 95 12,0 ) | ee Oe » 1,25 > 18 | 13, 6 | | | | | Dai dati suesposti si riconosce subito la superiorita nell’energia di traspirazione in questa seconda epoca dell’anno, in confronto coi dati del dicembre-gennaio precedente. La temperatura che si aggira intorno alla media dei 15°C., e che nei meriggi sale ancora notevolmente, insieme col sereno, con l’at- mosfera quieta e relativamente asciutta, sono i principali fattori esterni che promuovono in questa stagione il fenomeno che ci oc- cupa. Di notte i valori della traspirazione furono ora tenui, ora elevati; ed in ciò, ho potuto constatare una squisita sensibilità degli stomi i quali limitavano i loro sbocchi, sempre che l’atmosfera am- biente non offrisse condizioni di assoluto vantaggio (calma, limpi- dezza, ecc.). La traspirazione stomatica di questa stagione, adunque, è un fenomeno eminentemente fisiologico. I rami di Lauro esposti alle ricerche sperimentali rimasero, per tutta la durata di queste, in perfetto vigore; entrambi essi rami erano filiazioni di un medesimo germoglio, e, come è facile rilevare dai relativi prospetti, anche nella loro attività funzionale hanno di- mostrato un sufficiente accordo, pure col ramo che in epoca poco lon- tana fu sottoposto ad esperienza col metodo di Garreau. * * * Laurus canariensis. — Il giorno 10 marzo 1905, ore 18, iniziata l’esperienza con due rami di 9 foglie ciascuno. Esposizione S-W. Laurus canariensis — (Potetometro di Moll). — 553 — in (SINO) Ss only © . Cindro l'ora | 3-2 Ee Pie ans 3 ge | ESE | da Osservazioni 2g 35 | 25 | FE] £4 | 28S] ASÎ| sul tempo Senate It ar = a 2 ean È ad Marzo 1905 | 10 19S LOL0 190] 14°C |A ZO Lo Vario-agitat. 11 9 | 3,.7 9°,5| 892) TA 761.4 | 10,6cc. gr. 5,60 | Sereno » 18 |10,6+| 14° |16° | i » 12 SEI: 9° SA: Vario > | 79 ! Ù [pà > PSU A Oo o A OR n 0 II 13 Soi ba 400 wa / > a 18 ‘i 1 | 15° 16°, 8 \ I (55, 6 | 10 4 > » 5,53 | Vario 14 + a = fe 20 Ut | Coperto | | {39 | 754 7 5 + 3.72 | n: 18 [14,14] 14° |16° | 82 | 754,7 | (,0» |» 3,02 j 15 SAI Ove |) 11°) 109) 6 Sereno | 753,8 ! i Mi Be ei rg e opero 16 9 |10,4 | 13° RICA fe 263 ) e | » h 18 12,8 | 140 169, 8 | (3 ; 750; 1 4,5»|>» 2,39 Wigs Laurus canariensis — (Potetometro di Pfeffer). Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora | traspirazione | traspirazione p. dm? in ce. in 24 h. di superficie fogliare a | | 10 marzo 1905 18 0, 0 | 3 11 9 8, 2 13, 7 ce. | gr. 7, 28 » 18 13, 7* | 12 9 1,5 / od y 79 A 18 7,0 a Oy % 3, (2 13 9 peli) | > TA SIIT ry a Wiha RR ae 14 9 2,9 / a È 18 9 6 ole > » 5,10 15 9 12, 6* } a È 18 9,1 tes » 6,75 16 9 ih Bar, ) 3 18 15.9 6,3 0® » 3,61 i Le condizioni ambienti, meno la temperatura, non furono, come sì rileva dai prospetti, grandemente favorevoli alla traspirazione. Eppure il Laurus canariensis dimostrò tale attività traspiratoria, da indurci a ripristinare nei potetometri, per tre volte nel corso dell’e- sperienza, l’acqua così rapidamente e abbondantemente eliminata, di giorno e di notte. Gli asterichi nella colonna delle quote traspiratorie — 554 — |‘ segnalano rispettivamente il grado massimo a cui era pervenuta nel- l'apparecchio la perdita di acqua, allorchè questa venne rifusa. I rami in studio conservarono la loro freschezza naturale, e gli stomi la loro funzione, per tutto il tempo dell’esperienza. È rilevante assai il valore della traspirazione della prima notte, ed io ritengo che fra le cause di ciò non sia da escludersi la pressione negativa, indotta nei germogli dal distacco dalla pianta madre, e forse non del tutto neutralizzata al principio dell'esperienza. Fin dai primi istanti, in- fatti, potei notare la straordinaria frequenza, con cui nel poteto- metro di Moll le bollicine d’aria salivano a sostituire l’acqua ener- gicamente assorbita dal germoglio medesimo. Questi risultati sperimentali sono superiori di gran lunga agli altri del dicembre, e superiori altresì a quelli dell’aprile ottenuti con l’ap- parecchio di Garreau, sotto condizioni atmosferiche però non molto propizie. Evidentemente, la temperatura mite e spesso (nei meriggi) elevata, e il vigore speciale, il nuovo e intenso rigoglio di vita del vegetale nella primavera delle nostre latitudini, devono considerarsi i due principali ed essenziali fattori di forte attività fisiologica, anche se non sempre consentita, questa, da tant’altre circostanze atmo- sferiche, alle quali comunemente si attribuisce una facoltà regola- trice. * * * Persea indica. — Il giorno 2 aprile 1905, ore 18, iniziata l’espe- rienza con 2 rametti di 5 foglie ciascuno. Esposizione S-W. Persea indica — (Potetometro di Moll). in | oo os 3 s $4 fs 5 Giorno | Ora | a= È LA È S nia È A = E oe er ERE Ooport E ome!) go By E? oo ON! Ro sul tempo | Sas el FE ee Sr aoa HE jes2 80 |# SE Aprile | 1905 \ | 2 18 0,0 |149,5C| 15°C 79 | 759,2). Coperto 3 9 | 20|149,5| 14° | 77 | 756.30 3,8 CC.) gr,2,26 >" > 18" |. 858 | 140.5) 16° 4 ‘ss Sereno ( 9 o | 180 CE: 4 9 4,2 14 | 15: 4 / 79 757, 4 2,5 » » 1,48 » » 18 6,34 149.5) 19/4.) | Coperto 5 9 0 Qo 3 | i ser. 5 Ge ak | o | 1 go | 754,8 1,9» |» 1,13 Quasi ser > 18 8,2 | 15 15°; 8 | | Sereno o 5 | O) AI a L | o 6 9 SA aa 5 | 1454 è 707 48,6 ) 1,0» |» 0,59 Quasi ser. » 18 | 9,2 | 16.5» 17 ) ( | Sereno 74 9 10, 6 | io 11° ( AT 754, | ( 9 9 » | » 1 30 » » 18 | 11,4| 14° | 15°,2§ Nam "| Ser. agit. ae Gt, pe Persea indica — (Potetometro di Pfeffer). | Incremento | Totale Traspirazione GIORNO Ora | traspirazione traspirazione p. dm? | in ce. | in 24 h. di superficie fogliare 31 marzo 1905 18 0,0 1 aprile 1905 9 Leal 4,3 cc. gr, 2, 56 > 18 4,3 2 9 6, 7 È 18 8,9 4,6 » » 2,73 3 9 9,5 > 18 15 8 2, 9 » » 1, (2 4 9 12, 5 a 18 14,1* 2,3 » » 1,86 5 9 1,2 ‘ ie 8.0 | 3,0 » SITO, 6 9 4,3 ) di 18 6,2 ( 3,2 » » 1,90 | Noto, per la Persea indica, una grande regolarità nel procedi- mento della traspirazione, ed una stretta correlazione con tutti gli agenti atmosferici, i cui effetti si rivelano evidentemente, subito o a breve distanza. L’intensita della traspirazione in questo secondo pe- riodo è decisamente superiore a quella del primo, a quella cioè del gennaio; ma si accorda abbastanza nei valori sperimentali, con l’in- tensità valutata poco dopo col metodo di Garreau. Non tutti gli stomi furono in fine trovati normalmente aperti; i rametti nondimeno conservarono fino alla cessazione dell’esperienza il loro turgore. Di notte, i valori della traspirazione furono in com- plesso sempre apprezzabili, nella misura consueta. >» * OK Della Persea gratissima non possiamo dar notizia di esperienze primaverili, poichè i geli persistenti, gli eccessivi rigori dell’ in- verno necrosarono quasi tutte le foglie dell'unica pianta di cui di- sponiamo; i nuovi germogli rimessi in primavera non bastavano da soli a fornire un criterio esatto sull’ entità normale del fenomeno traspiratorio in questa stagione, non avendo ancora raggiunto un grado completo di sviluppo morfologico ed anatomico delle parti. * x» >* Oreodafne californica. — Il giorno 31 marzo 1905, ore 18, ini- ziata l’esperienza con due rametti di 10 foglie ciascuno. Esposi- zione S-W. — 556 — ‘Oreodafne californica — (Potetometro di Moll). 3 53 2s eevee 4/21 fo too. eee PCI LS 28 A S| = 5 an 25 5 Su È a8 Osservazioni eae) 23 | Sa Es È ri 2S° ST "to sul tempo EE: | E [=] | E = 3 Ss È 3 Ho È Qua Marzo | 1905 | ! 31 18 0,0 | 15°C | 16°C 78 761, 1 | | Sereno Aprile 2, 2 cc./gr 1,01 | Ser. - vario 1 9 0,6 | 14° 14° 79 | 759, 3 | Sereno » 18 | 2,2 | 16°,5 | 17° \ ) | V. - coperto 2 912 8g 15° 14° | | ( 79 | 759,2 (2-0 » |» 156| Coperto > iF ig eS as Ra | | \ > 3 9 4, 8 140, 5 | 14° | 77 | 756, 3 | 2, 6 >» 1» 2,03 Se È > is 4f 6,8 | 14,5 | 160 | | | | mon I 7 | ts) | | | » 4 | i) (PER 135,4) 79 | 767, 4 | 2,0 >|» 1,56 | > | 18 | 8,8 | 149,65} 15°, 4( | | Coperto | | 113° | 49 | "Hof 5 | 9 | 9,3 | 13° | 19° | 80 | 7543 121 >|» 164 Quasi sereno Boh 18) 110,91) 159" 158) | ) Sereno Ne | | Oreodafne californica — (Potetometro di Pfeffer) Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora | traspirazione | traspirazione p. dm? in cc. in 24 h. superficie fogliare | 31 marzo 1905 18 Dap Oy 1 aprile oF 1,1 | DI 6¢ec || gr. 2, 03 » 18 2,6 ¢ | 2 9 3, 9 | Di A > 1,96 » ! 18 5,1 3 9 5,6 ine >» 1,40 > 18 6,9 4 9 7, 4 Mine Re > 171 > 18 a | 5 9 Dit.) 4 2, 1 » » if 64 — 557 — Il prodotto di traspirazione per l’Oreodafne, in questa seconda serie di esperienze, non accusa dei forti progressi sui dati del pe- riodo invernale, nè sta in armonia con le nostre precedenti indu- ‘zioni. Complessivamente si può riconoscere un progresso nella atti- vità traspiratoria del soggetto, ma esso è ancora impari alle miglio- rate condizioni dell’ambiente, in seno al quale il fenomeno si compie. Io attribuisco la cosa all’incostanza dello stato atmosferico, al pre- dominio di soverchia umidità, e un po’ allo sconcerto indotto nei rametti in questione con l’asportarli dalla pianta madre e costrin- gerli alle condizioni dell’esperienza. % Cinnamomum Camphora. — Il giorno 23 marzo 1905, ore 18, iniziata l’esperienza con due rami di 10 foglie ciascuno. Esposi- zione SeW. Cinnamonum Camphora — (Potetometro di Moll). | in Gre, Ba ae 38 Sf era a | Bele e ligne Sion Boao ee | SET | Be ENTI ESS) atone. os, = = E 22 CAS i A DIE ead E COSMA oo CR e | ps È | Marzo | a 1905 | 23 18 | 0,0 | 109,5C.| 11°,C.| 77 fe) Piovoso 24 9 |. 0,8 | 109,5 | 10°,6 ESTE 11,1cc. gr. 5,46 > » IBC a 15° \ ; \ Sereno 25 LISI 1 aS as CR gS ) ) | Piovoso 89 (752,0: 1,8» |» 0,88 » 18.| 19,9*|) 90° 9° \ \ | Coperto 26 SEU tia es a aa | / Sereno 67 756,4(12,1»|» 5,96 » 18 | 19,1| 120° |130 | \ » 27 913,04 9 0| 89,2) > 72 | 758,1( 8,6»]|> 4,23 > 18 | 7,7 | 15,6 [17 | > 28 9 | 84/140 | 1894, Vario 76 |855,7, 5,1»|» 2,51 > 18° | 12,8*| 150 16°, 3 ) Quasi sereno 29 DITO; AA TOA hal Oe. I ) | Sereno { 72 (760,0 5,9»|»> 2,90 > 18 | 5,9|17 |19° | | ) > 30 GRU 6,4 alaen a ) » ' 78 |761,6} 4,1»|» 2,01 » 18 | 10,0 | 150,5 | 160 \ » ANIA, ue pur LI 7 - È 4 - "” An pee Po Be BA At ARTO si n 6 Vle 4 i BEAT e \ * po e ea 5 À — 558 — Cinnamonum Camphora — Potetometro di Pfeffer Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione traspirazione p. dm? ‘ in ce. in 24 h. di superficie fogliare 23 marzo 1905 18 0,0 | 24 9 1,4 15,4ce. gr. 7, 58 » 18 15,4 25 9 1, aon 3,7» » 1,88 : 18 19,1* | 26 9 1 0 | 17,5» >» 8,62 » 18 17;5 \ 27 9 18,78.) 15,4» » 7,58 » 18 E SO ERE 28 9 TEA) 10,3» » 5, OF » 18 24, 5% | 29 9 ls 11,6» » 6, 71 » 18 11,6 \ 30 UN 128 8,4» » 4,13 » 18 20,0 | 31 9 DIA 5,7» 3) (32,50 > 18 dao Del Cinnamomum rileviamo anzitutto la intensa attivita traspi- ratoria, la quale persistette a lungo senza che i soggetti in istudio dimostrassero gravi sofferenze. Il turgore, l’aspetto fresco del ger- © moglio, non vennero mai meno. La traspirazione da noi diligentemente misurata, iniziandosi con debole progressione nella prima notte, si esaltava quindi con straor- dinaria rapidità, e per più volte convenne ripristinare l’acqua nei potetometri, come è indicato nei prospetti dagli asterischi ricorrenti nella terza colonna. È notevole la rigorosa concordanza tra le vicissitudini atmosfe- riche e la condotta della traspirazione, potendo per siffatta armonia affermare che il Cinnamomum Camphora gode di elevata capacità a traspirare, ma esige, a favore di essa, che l’atmosfera sia limpida e calma, il grado igrometrico tenuissimo, e ia temperatura più che mite. Ogni sconcerto in siffatto equilibrio, induce nel vegetale, con > — 559 — singolare rapidità, una forte limitazione del fenomeno. I risultati di decembre-gennaio ci lasciavano di già prevedere il progresso co- spicuo che abbiamo testè constatato, nella attività traspiratoria di questa Lauracea; nei dati dell’esperienza di aprile con l’apparecchio di Garreau abbiamo poi la conferma, rappresentando essi tipica- mente, direi, il valore dell’attività medesima in questo secondo pe- riodo di ricerche. — Litsea japonica. — Il giorno 10 marzo 1905, ore 18, iniziata l’e- sperienza con due rami recanti: uno 10 foglie, l’altro 16; il primo venne adattato al potetometro di Moll, il secondo, al potetometro di Pfeffer. Esposizione S-W. Litsea japonica — (Potetometro di Moll). o v- 8 ghe ; BUN cae ete ea Giorno | Ora sì 5 È a 3 z 3 È 5 2 È 3 È È Assen ena ER Pade Weep e oc eat 5 (RE Reg ESS | Sa HES i OLA a ma | I 10°} 18 | 0,0 | 18°C) 14°C| 75 | 759.1 Nero ia 9 Ae QO. STURA 4. 0cc.|gr. 1,78 | Sereno ? > ee 74 2 Pili > 18 | 4,0 | 14° | 16 | PES > 12 9 Sed al Gt OR 9 7) | > 2 SE 2 » 18 | 7,2 | 189,8| 15° | 7 758, 8 8,2 »|» 14 (a 15 9 8,0 | 99,4 |. 9° \ | Vario 3 Call Ha 69 » Poe LOLA a sy ES FILZI ‘pf | Sache \ SIAE E V.- agitato 14 Siete 21425 bate) | Vario , 82 | 754,7'3,4 1,51 > 18 | 14,4 | 14° | 169,65 Gs RGA Coperto LEN Ie, AL? los eae ia 5, | 50> |» 3,98] rene. » 1819 Sebo ELI | C.- alq. agit. Litsea japonica — (Potetometro di Pfeffer) Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione | traspirazione p dm2 | in cc. in 24 h. superficie fogliare | 10 aprile 1905 18 0,0 | ba 9 6,5 \ 11,4 cc gr. 3,18 » 18 11,4 12 9 13, 5 | Bud op > 1,59 » 18 lu, 14 13 ? 2,9 | 6» > 2,12 » 18 ae Ga.) the 2 12, DI 8,9 » » 2,48 » 18 16,5% J 15 9 ASSOLI à 18 8,0 \ 8,0 » » 2, 23 — 560 — o I dati fisiologici della Tetranthera japonica qui riportati, stanno in sufficiente armonia con le condizioni fisiche, non sempre buone, dell'ambiente, e dimostrano all’evidenza, confrontando coi dati del periodo invernale, i progressi notevoli della funzione traspiratoria in primavera. Poichè questa Lauracea è assai validamente difesa contro ogni eventuale eccesso di traspirazione stomatica, e pare non sopporti una esposizione aprica e solatia, io tendo ad ammettere che di giorno le perdite di acqua siano avvenute principalmente per opera dei nu- merosi, esilissimi peli vivi, di cui la foglia stessa sulla pagina infe- riore, come i giovani assi caulinari, vanno rivestiti. Nelle ore meri- diane di queste giornate di esperienza, la temperatura al sole rag- giunse qualche volta fino 135°C e più, e i rametti in istudio che a quel sole sottostavano per qualche tempo, non godevano certo di buone condizioni per il normale funzionamento dei loro apparecchi stomatici. Durante questo stato adunque, e cioè, nelle ore di più in- tensa insolazione, la parte principale del fenomeno, a mio giudizio, spetterebbe ai rivestimenti tricomatosi dell'epidermide. Col declinare del sole, gli apparecchi proprii di emissione del vapor d’acqua, gli stomi, reintegrano, grado a grado, il loro potere funzionale specifico, e nella notte che segue, la traspirazione stomatica, relativamente ele- vata, si addiziona alla vaporizzazione ridotta dell’epidermide e dei peli che la ricoprono. Si avrebbe pertanto una ragione del fatto che per questa Lauracea, una parte notevolissima della quota di tra- spirazione nelle 24 ore si riferisce all’attività del fenomeno nel periodo notturno. Nelle ore calde della giornata, saggiando con la carta al co- balto, ebbi sempre dalla pagina inferiore della foglia una reazione cromatica diffusa, che per la rapidità e per l’uniformità con cui si manifestava, non poteva essere precipuamente indotta che dal vapor d’acqua esalato dal fitto feltro di peli su cui era applicato il foglio reattivo. Nelle ore crepuscolari serali, e nel mattino successivo, la decolo- razione della carta al cobalto si rivelava più pigramente, secondo una topica meno regolare, a zone, a chiazze che una volta comparse guadagnavano d’intensità, fino ad un grado che non ottenevo con la prova precedente. Questi fatti e i dati numerici che ho dianzi riportato nei due qua- dri, presterebbero un appoggio alla mia interpretazione. Del resto, non si saprebbe altrimenti spiegare, se 1 peli rappresentassero ele- menti passivi di rigorosa, assoluta difesa della traspirazione, in qual maniera essi e gli altri mezzi che denunciammo con l’anatomia della foglia (potente cutinizzazione, elementistomatici profondi e minu- tissimi, mesofillo compatto, ecc.) abbiano potuto consentire in ogni — 561 — esperienza delle perdite di vapor d’acqua relativamente fortissime, e come, per ciò stesso, il germoglio intero abbia potuto essere danneg- giato da una temperatura troppo alta, non secondata nemmeno sem- pre, nella sua nocevoleinfluenza, dallo stato igrometrico ed alle condi- zioni generali dell’atmosfera. I dati fisiologici della Litsea sottoposta alla prova di Garreau, si accordano quasi esattamente con quelli testè da noi discussi. Tl terzo periodo di esperienze, condotte sempre con gli stessi cri- teri e con eguali modalità, va complessivamente dalla metà di giu- gno alla fine di luglio, nel qual tempo si verificano generalmente da noi condizioni climatiche decisamente estive preparando e deter- minando nella pianta un notevole rallentamento funzionale. * Laurus nobilis. — Il giorno 24 giugno, ore 19, iniziata l’espe- rienza con due rametti, recanti: uno 10 foglie, l’altro 12. Il primo ramo viene montato sul potetometro di Moll, il secondo sul pote- tometro di Pfeffer. Esposizione N.-W. Laurus nobilis — (Potetometro di Moll). in | oo È HI © + GIORNO Ora È 5 8 z S 5 A = E - È a S E è CRA CRCR BI Scsi a5 S x ond | AD sul tempo & Mo oD = > m so = Dn è. DE # E =] 5 2 D = a È E Ha E Bee Gi | i ie | Agi | 24 | 19 | 0,0 | 28°C.| 10°,6c.| 82 | 763, 9 Cop.-agitato 25 9 | 0,8 | 23°96 | 11°,4 ) | 9,2 ce.ler. 3,83 Vario Seal is) | apatite SITO 3 | | 26 9 | 12,4 | 2805] 10°,2 ) | ee > » 19. | 18,0:| 26°. | 120,6 5 Bei TEE; 8 es a oe Sereno’ 27 9 |19,6|219,5) 89,8) | n » » 19 | 922,8|25° | 120, 8 GOA CGR ES >| 20h Gnasheorane 28 9 | 24,0 280 | 1096 ) dete) : > » 19 | 26,2 26° 130,6 | (Oras e i rca — 562 — Laurus nobilis — (Potetometro di Pfeffer). Incremento | Totale Traspirazione GIORNO , Ora iraspirazione | traspirazione I p. dm? in cc | in 24 h. |. superficie fogliare È \ 24 giugno 1905 i 19 0, 0 25 ss, pad 2,9 13 Vee. gr. 4, 40 > | 19 12,7 26 LOR A Baap | , 10,1 » » 3, 50 > 19 hits tog a 27 9 SEI, Lic Opes » 1,84 » 19 12,6 ea 28 9 i (9 MANNI o, 45 >» » 1,56 » 19 Lit \ | Si nota ancora del progresso nell’energia del fenomeno, d’accordo sopratutto coi maggiori livelli della temperatura. Il più alto valore relativo dei datitraspiratori tuttavia, non è pari alla cresciuta intensità d’azione degli stimoli che favoriscono e ten- dono ad esaltare il processo. La funzione si deprime ben presto, e già al terzo giorno dall’inizio dell'esperienza, si ricade nella media delle quote ottenute in marzo. I rami stessi mostrano talora di soffrire per il calore atmosferico esagerato; il che ci attesta che, asportati dalla pianta madre, dopo qualche tempo la loro traspirazione perde in parte le caratteristiche di fenomeno essenzialmente fisiologico, disciplinato, moderato dai bisogni e dalle facoltà vitali dell'organismo, in armonia con le circostanze fisiche dell'ambiente terreno ed aria. Tanto è vero, che tutte le membra della grossa pianta radicata al suolo ed integra, conservano immutabilmente la loro freschezza, il loro vigore, pure sottostando a condizioni climatiche uguali, e pur disponendo nel substrato di un limitato grado di umidità, inferiore di gran lunga a quello che noi offriamo ai rametti in esperienza, coi nostri potetome- tri. Se aumento si nota, adunque, nei dati di traspirazione estiva, nel nostro caso, esso aumento sarà dovuto a seoncerto nella vitalità dell’or- gano, che noi, separandolo dalla matrice, esponiamo a fattori ostili per intensità eccessiva della loro azione. * * * Laurus canariensis. — Il giorno 19 giugno 1905, ore 19, ini- ziata l’esperienza con due rametti di 8 foglie ciascuno. Esposizio- ne: N-W. — 569 — Laurus canariensis — (Potetometro di Moll) o ® I de si I DI Fiabe eae Rs o (SE Ln i o N CARE è 3 = ® £ Z£2 (Sa £| Osservazioni so Ore Ba 5 32 gd È 5 = 5 È 2 24 | AB sul tempo ERROR OE I ME ED Ro asa] 8 eas | SARA ROTTE È Giugno 3} | 1905 i i 19 19 0,0 |23°,5C|119,6C| 70 |755,7 Quasi sereno 20 9 0.4 |21° 83.) 1,8 cc |gr. 1,07| Ser. alq. agit. TOPPA » 19 | 1,8 [289,5 |11°,6 | “Pat > 21 | 9 | 2,0 |28° | 10,6 | i 73 | 756,7 :3,6 » |» 2,15) Sereno » 19 | 5,4 |200,5 | 9° | ) » 22 9 6,4 |210 Sere di | 74 (57,1 l3 6 » |> 2,15 » « 19.| 9,0 |25° Jig | » 23 S 9,6 (219,5 | 80 7 Moe fe 14,4 » |> 2,63 » » 19 | 13,4 |24 |120 J V.- agitato 24 9 | 13,6 |28e [10° ) 82 |763,9]| i È ‘1,5 » |» 0,89| Cop. agitato . > 19 | 14,9 |24,5 |110,6 | Laurus canariensis — (Potetometro di Pfeffer) Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione traspirazione p dms in ce. in 24 h. di superficie fogliare Giugno 1905 | 19 19 0,0 20 9 0,5 | 4,3 cc. gr. 2, 21 » 19 4, 3 21 9 6, 4 | PR » 5,44 > 19 I8;46 | 22 9 0,8 | 4 2,8» » 1,67 » 19 2,8 23 9 4,0 ‘ 2,1 » » 1,25 » 19 4,9 24 9 5, 6 1,6 » » 0,95 » 19 6,5 — 564 — È evidente, per questa seconda Lauracea, che la funzione traspi- ratoria non si eleva di pari passo con la temperatura, con la du- rata e intensità della radiazione luminosa, ecc. — Nel complesso, si ritorna alle medie della traspirazione invernale, ed in questo senso depongono anche i dati fisiologici ricavati con l'apparecchio di Gar- . reau. Dall’ inizio dell’ esperienza, il fenomeno si eleva in attività più o meno rapidamente fino ad un massimo; dopo di ciò ricade, e di solito questo secondo tratto dell’escursione si accompagna con qual- che segno di sofferenza dell’organo traspirante. ae Persea indica. — Il giorno 30 giugno 1905, ore 19, iniziata l’espe- rienza con due rametti di 7 foglie ciascuno. Esposizione N-W. Persea indica — (Pofetometro di Moll). È | oo 3 3 = gs | LE ca | so 58 ERE E £3 a 25 os <5 A 5 E © £ ale Sak | Osservazioni Giorno! Ora |S 6 | 49 a os Te o E Chet) I | | 2 Be LF I SE 2 2 N har | at E | sul tempo ad a == GO Ps 5 © Sipe) cs are a58 È Su © Sion = È Hi À [A | E = Giugno | 1905 | 30 19 | 0,0 | 28° C.| 14°,8C 64 | 755, 3 Sereno Luglio | / : 1 SONATA 250 129,4 | ( 6, 0 ce. gr. 2,55 » [ ad Ar ; 59 50,5 > 19 | 6,0 | 30°,5 | 199,2 | > 2 9 6,9 | 25° 119,2 ) | > 59 759,0 (3, 2 » |» 1,36 » 19 | 9,2 380 |a2° | > 3 9 | 9,6 | 27,5] 14,8 | oes > 44 757,0 , 2,9 » |» 1,23 » 19 (129,1 |330,5|22° | \ » | | Persea indica — (Potetometro di Pfeffer). | Incremento Totale Traspirazione GIORNO i Ora traspirazione traspirazione p. dm2 in ce. in 24h, di superficie fogliare 30 giugno 1905 19 0,0 1° luglio 9 3,2 | 4,5 ce. gr. 1, 91 » 19 Abin. 9 9 5, 6 3,4 » » 1,44 » 19 1,9 3 9 8,5 od» » 1,31 > 19 i De ENO | — 565 — Valgono per la Persea indica le stesse considerazioni testè fatte per il Laurus canariensis. L'esperienza del giugno-luglio per la Persea ebbe minor durata del solito, perchè le condizioni ambienti non erano compatibili con la limitata resistenza del soggetto, isolato, com’era, dalla pianta madre. * E * Persea gratissima. —Il giorno 30 giugno 1905, ore 19, iniziata la esperienza con due germogli di 7 foglie ciascuno. Esposizione N-W. Persea gratissima — (Potetometro di Moll). SR SI E ag |gs as | Sa | ES |e8 | 8 s|7 ERE Giorno! Ora 2 È | fs È 8 33 Se cine 2 23 = | Osservazioni QUASI ei Dorne a5 S x tons 2° Eb sul tempo ss | 83 | 58 |P | ge] Fa] sae G saree ace & be. © 5 LA À & Giugno | 1905 | 30 19 0,0 | 28°C. | 149,8C| 64 |755,3 ) Sereno Luglio ee i | io | 9 | 1,4) 25° | 19,4 | die 200 > 59 | 757, 5\ » 19 | 9,4 | 30°,5 199,2 | | > 9 9 | 10,8|25° |110,2) | > | 59 |759,0; 4,6 » |» 1,95 aMiika9 1 14,0 390 1220.) > 3 9 | 14,6 | 27°, 5 | 149,8) ) | » | 44 |757,0.4,8 » |» 2,04 » 18 | 18,8 |330,5/22° | | \ » Niners | gene Persea gratissima — (Potetometro di Pfeffer). Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione traspirazione p. dm2 | in ce. in 24 h. superficie fogliare 30 giugno 1905 19 0, 0 1° luglio 9 0,8 5,3.cc. gr. 2,25 » 19 5,3 2 9 9, 4 | bf» » 2,42 . 19 0) 3 9 11,9 2,8 » » 1,19 > 19 13,8 \ ANNALI DI BoranIcaA — Vou. VII. i 36 n Il - | PES TE PE ee I RA E , “ 3 î i 3 jp ee eek AI ¥ = eb È BE a Sk È ary phe Nelle linee generali, la condotta di questa seconda Persea riflette quella della prima, ma i dati traspiratorii segnano un forte progresso sui dati analoghi dell’esperienza invernale. Si tratta, è vero, di fo- glie giovani, tuttochè pervenute a completo sviluppo; ma perla re- sistenza di tutti gli organi traspiranti, ai fattori atmosferici non sempre miti, la Persea gratissima dimostrò delle attitudini funzio- nali più felici che non l’altra specie congenere. I risultati ottenuti quasi contemporaneamente anche sperimentando su rami simili con l'apparecchio Garreau, corrispondono assai fedelmente con quelli che abbiamo riportato in questi ultimi prospetti. * a << Oreodafne californica. — Il giorno 24 giugno 1905, ore 19, ini- ziata l’esperienza con due rametti recanti ciascuno 12 foglie gio- | vani, a completo sviluppo. Esposizione N-W. Oreodafne califormica — (Potetometro di Moll). \c2 s = : zs oe les {2./22|,2|e¢ 13° 1284 cwnro | ora-|z3 | 22 |25| $2] 22 | 28 -| Bak | omervezioni i Page acne E > ot 2s | 255 | sul tempo se) S| 2s | 53] 23 |#ialf.é A =) E DE > = ! = Gi | | | 7596 DS eee eres ee e 2 | 19 | 0,0 |23°C |10°6C| 82 | 763,9 | i ___ | Cop. agitato 25 DL 8 |aep file). ie (Gana 13 2,53 | Vario > 19 9 joe jue ( & Ur | | Vario 26 9 5,0 |23°5 |10°2 , FARO EEA > : 19 | 7.6 | 25 [1906 | 98 [758,6 | >|> 25) | Sereno ia ale ed al e. > x 19 | 121 125° 1908 | (5 | 157,8 4,5 » | > 2,92 | Quasi sereno 28 9 13,2 | 23° P64 ee Aver alla a » A 19 | 15,8 |a5 lip © [1058 |3f>|> 2:40 | Sereno Oreodafne californica — (Potetometro di Pfeffer) | Incremento Totale Traspirazione GIORNO | Ora | traspirazione | traspirazione p. dm: in cc. | in 24h. di superficie fogliare wee | 24 giugno 1905 | 19 | 0,0 ) 5 lg | 2.0 RT oe gr. 5,20 » | 19°F 8,1 26 bd de AR | » | 19 171 } 9,0» > 6,84 27 È Gees | » 19 | 20,9 ¢ 3,3 >» ) > 2,46 28 9 21,8 | > 19 | 24,5 { 3,6> » 2,33 | | a a a — 567 — L’ Oreodafne californica presenta nelle esperienze del periodo estivo un aumento nell’energia traspiratoria in rapporto ai risultati del marzo-aprile; e ancora più forte è in tal senso il progresso ac- cusato dalle esperienze col metodo di Garreau. Durante la notte la traspirazione si mantenne sempre elevata, anche con atmosfera relativamente assai umida o poco tranquilla, come nelle prime due notti. ai Cinnamomum Camphora. — Il giorno 4 luglio 1905, iniziata la esperienza con due ramoscelli di 10 foglie ciascuno. Esposizione NW. Cinnamomum Camphora — (Potetometro di Moll). in oo s ome (RS - Sd pa ae Dei o. Da 253 E 58 Bs a 2 3 3 2 9 (cò) Pi ( See |S a |. SSN sul tempo EGO so ae) Exigo s 2 Sama pe OLS ao 3 Do) è um S uu Pi ® ov & Dine, ° DI sea) a © a |e = a Luglio | | 4 | 19 | 0,0 | 82°, 5C 16°,6C] 62 | 757,38 Ser. - mosso 5 9 3,3) -2%¢9 . | 149,2 .{gr.6,00 | Sereno | \ | | 68 | 751,8 ah DAZ 221309 bi 169,6 | | 6 9 | 12,8 | 269,5 | 150 | ; A 74 | 763,1$ 2,4»|» 1,18 » 19 | 14, 6*| 30° 16°, 8 | » 7 9 1,7 | 249,5 | 12° ) Vario - mosso | T1 | 754,4) 4,8» |» 2,36 » 18 4,8 | 26° 140 I | | Vario 8 9 6,5 | 25° 10°, 8 } » | 68 | 755,6 3,3» |» 1,18 > 19 8,1 | 269,5 | 149,8 | | : Sereno 9 9 8,4 | 2295 | | » vo 56 708,71 9,1» » 1, 03 > 19 | 10,2 | 26°55 | 159,9 ui | > 10 SUICLI, TS 99055 » i (#P6; HORA eal I ye » | 19 | 18,5 | 29° | 16,6 an | » - x af, Ct, Me I RT e I IR I e EAT ie ; x n Haste REV, — 568 — Cinnamomum Camphora — (Potetometro di Pfeffer). Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione | traspirazione p dm in cc. in 24 h. di superficie fogliare | 4 luglio 1905 19 0,0 | 5 90 2,0 b, ( ce. gr 2,80 » 19 5, 1 | 6 9 8, 6 | | ( SiG Ss » 4,23 > 19 14,8% .) | 7 9 1,6 | | 6,7 > | » 3,30 > 19 6,7 | | 8 9 9,0 Î | 5,4 » » 2,66 > 19 19,18 3 4,2 » » 2,06 4 19 4,2 I 10 9 5,4 IRE ARS » 1,18 > 19 7,5 | L’esaltarsi dell’energia traspiratoria nel primo giorno di espe- rienza, nel soggetto del potetometro Moll, non va imputato, secondo me, a un tardo effetto della pressione negativa indotta nel ramo col. distacco della matrice: è invece indizio dell’alta potenzialità fisio- logica di questa Lauracea, di una felice attitudine funzionale, che però esige speciali condizioni per esplicarsi nella sua interezza. É forse conseguenza di questa eccessiva ascensione della prima gior- nata, la depressione che si nota il giorno successivo. In tesi gene- rale, tuttavia, 1 valori traspiratorii rimangono sensibilmente sotto i livelli segnati dai valori analoghi del marzo, nonostante in questo ultimo periodo estivo le condizioni atmosferiche in generale siano state di gran lunga più propizie ad una attività traspiratoria e- nergica. — 569 — Il Cinnamomum Camphora è forse tra le Lauracee studiate, quella che avendo per lunga durata incontrato delle condizioni di ambiente teoricamente favorevoli al fenomeno traspiratorio, più e meglio di tutte dimostri decisamente la riduzione della sua attività fisiologica in estate, e confermi con l’esempio la nostra asserzione riguardante la limitazione più o meno forte imposta dagli eccessi estivi alle piante delle nostre latitudini, e specialmente ai vegetali a foglie persistenti. Le prove con l'apparecchio di Garreau, del resto, de- pongono nello stesso senso. i La traspirazione del Cinnamomum fu sempre apprezzabile du- rante le notti, sebbene per circostanze esteriori approssimativamente uguali, non abbia sempre proceduto, neanche di giorno, con asso- luta regolarità. È in ogni modo, il Cinnamomum, una Lauracea di tenace vitalità; dopo circa sette giorni di esperienza, io potei con- statare lo stato fresco dei rami in istudio, nonchè le buone condizioni degli apparecchi traspiratorii. * * = Litsea japonica. — Il giorno 19 giugno 1905, ore 19, iniziata l’e- sperienza con due rametti di 10 foglie ciascuno. Esposizione N-W. Litsea japonica — (Potetometro di Moll) ORO È om oe Sant Sas fee a sar kee Gidea: Ota È ss E 5 5 5 sa Ea ; È = & | Osservazioni O Aug n= Quei £ ° iti Varo Ep sul tempo u2o = ® a Ss Bm ot IO | | Giugno | me Quasi sereno 19 19 | 0,0 | 28°50./ 12,10} 70 | 755,7 / | tate ‘ | SerJalq. agit. 2 | 9 | 1,6/21°. | 9,8 9:00: ety DS Had 16 | 755,9 Ser. agitato » 19 4,3 | 23° 119,8 » 21 9 5,6 |23° | 100, 6 ) | 73 | 766,7;3,4 »| » 151] go, » 19 7,7|20,5 | go | | ? »91| Sereno 22 | 9 | 12 0# 21° | 904 i I 74 | 67,7 (80 sl Ad » 19 45% | 25° 0 | 190 | » 23 9 | 6,4|219,5 | 8° > 77 | 755,5 15,6 » | » 2,50 » 19 | 10,8 | 24° | 120 > 24 9 11,6 1239 10° V. agitato ( go | 763,9 1,5 >| > 1,92 > 19 | 14,6 |240,5 | 10,8 | Cop. agitato tnt dea Pe ee a En eI — 570 — Litsea japonica — (Potetometro di Pfeffer) | Incremento Totale Traspirazione GIORNO Ora traspirazione | traspirazione p. dm? | in ce. in 24 h. di superficie fogliare Giugno 1905 | 19 [PE 0,0 / 20 e) LI no. ego gr. 2,90 » 19 6 48 21 PA 9,2 ) ¥ | 19 | 11,7 ( 5,2 » » 2,32 22 Re hits | 13, 1 ) | » 19 rie an pees = > 1,33 23 | 9 1,5 | > 184 3,0 RE > 188 24 pia 4,1 | ee 3 19 Bea i Noa eee - Anche le esperienze del periodo estivo confermano le nostre ve- - dute circa il significato speciale da attribuire alle particolari dispo- sizioni anatomiche della Tetranthera. La traspirazione è risultata superiore in valore a quella del periodo primaverile, sebbene le dif- ferenze non ne siano troppo forti. Questo fatto, la correlazione tra la condotta del fenomeno fisiologico e le vicissitudini atmosferiche, dimostrano che sulla Litsea japonica, il tomento della pagina infe- riore fogliare e quello delle giovani parti assili, disimpegnano pre- cipuamente l’ufficio di agenti e dinsieme regolatori della traspirazione, e che perciò il fenomeno acquista in parte il carattere di fenomeno fisico di vaporizzazione. La superiorità dei dati fisiologici di estate su quelli di primavera per la Litsea, è poi decisamente espressa dai risultati delle espe- rienze con l’apparecchio di Garreau. ne La terza parte di questo lavoro tende ad apprezzare i valori fisiologici raccolti per ciascuna delle specie assunte in esame, e a mettere in luce i rapporti in cui i più importanti particolari ana- tomo-morfologici descritti, presumibilmente stanno con la con- dotta della funzione traspiratoria nelle Lauracee medesime. Per assolvere questo compito, non ho saputo esimermi dal ri- chiamare alcune fra le importanti questioni che si sono agitate al riguardo, e di ritornare quindi sui criterii principali formulati e ed. © — 671 — sostenuti nello studio del processo traspiratorio, in dipendenza delle condizioni esteriori ed interne all’organo traspirante. Mesofillo. — Nello studio della traspirazione fogliare si pone mente alle disposizioni di difesa e ai mezzi favorevoli riconosciuti nella foglia, e di cui questa si vale per infrenare o per agevolare la sua funzione; per solito però, a questo riguardo, non si attribuisce che un’ importanza molto relativa al tessuto a palizzata, persuasi a priori che questa parte del mesofillo, cui incombe principalmente il lavoro di fotosintesi, non abbia che un significato trascurabile nei rapporti con la traspirazione. È invece dimostrato che, a luce intensa, cioè sotto forte insola- zione, con substrato di coltura povero di acqua ed atmosfera ambiente asciutta, il palizzata attinge, caso per caso, dei massimi di sviluppo: maggior numero di serie cellulari, elementi più lun- ghi, più ampii e cilindrici, loro decorso più regolare, loro -disposi- zione in ordine più serrato ed uniforme. A questo fatto si accompa- gna sempre una sensibile riduzione nello sviluppo del sistema aerea- tore dello spugnoso; per cui si può in modo generale affermare che il provvedimento abbia per conseguenza indiretta la limita- zione delle perdite di acqua, o meglio, della vaporizzazione interna della medesima. Un’atmosfera molto umida, un terreno ricco in con- tenuto acquoso, un grado debole d’illuminazione, determinano uno stato di cose opposto: il palizzata si riduce più o meno fortemente e può in casi estremi persino mancare come tale; i suoi elementi, brevi od angusti, assumono una figura conica e stanno verso il centro del mesofillo discosti tra loro, così da dar luogo a un vero sistema complementare di lacune aerifere, oltre quello del paren- chima spugnoso, dove anche gli intercellulari assumono maggiore sviluppo ed ampiezza L'intero mesofillo pertanto diviene più soffice e assai meno definito nei due sistemi parenchimatici che normalmente lo costituiscono. Siccome in tali casi si sono verificati più deboli inspessimenti della parete esterna delle cellule epidermiche, più scarsa la cutiniz- zazione, elementi epidermici più ampii nel senso tangenziale, stomi più grandi e più aperti, così si può affermare che nei casi di no- tevole o soverchia umidità dell’ ambiente in cui la pianta è co- stretta a compiere il suo sviluppo, imponendosi una più forte di- spersione di acqua all’esterno, una maggiore attività nella vapo- rizzazione dell’acqua all’ interno degli organi principali della tra- spirazione, ossia delle foglie, siffatto bisogno induce nella struttura anatomica di queste, le modificazioni più o meno protonde che ab- biamo testè enunciate, e tra le prime, la riduzione e le aberrazioni dello sviluppo del palizzata. — 572 — Vesque (1), Lothelier (2), Mer (3), Constantin (4), Bonnier (5) ed altri, per diverse vie sperimentali, sono tutti pervenuti a risultati e conclusioni conformi alla concezione di questi fatti. Lesage si occupò dello studio anatomo-fisiologico del palizzata delle foglie, in modo, direi, più comprensivo (6), e a pag. 89 del suo lavoro: Etudes sur les variations des palissades dans les fewilles, espone per sintesi 1 co- rollari desunti dalle ricerche sue e di tutta una schiera di altri os- servatori francesi, tra cui quelli da noi sopra citati. Si afferma per- tanto, che lo sviluppo del tessuto a palizzata, inteso nel più lato senso, è favorito dalla luce, dall’aria asciutta e libera, dal predo- minio di deboli pressioni atmosferiche, da scarsa umidità e da forte ricchezza di sali nel terreno di coltura; e che inoltre può stare in dipendenza di uno sviluppo difettoso del sistema radicale, determi- nato, questo, dalla natura o dallo stato fisico sfavorevole del suolo. Appare adunque evidente che questo speciale parenchima del mesofillo è capace, in ordine al grado e alle modalità del proprio svi- luppo, di regolare opportunamente l'intensità della traspirazione, in due modi in apparenza diversi ed opposti, ma in realtà cospiranti al medesimo fine. Il palizzata, cioè, può difendere la foglia contro il pericolo ricorrente od immanente di una vaporizzazione più intensa di quello che i bisogni dell'organismo e le sue speciali condizioni fi- slologiche non consentano (cause: la secchezza dell’atmosfera, la lu- minosità eccessiva, la esistenza di basse pressioni barometriche ecc.); e può, d’altro canto, proteggere la pianta contro la soverchia ari- dita del suolo, o I’ insufficiente sviluppo del sistema radicale, o l’esu- beranza di sali nel substrato; delle quali condizioni, le prime due compromettono la regolarità della corrente trofica, l’equilibrio fra le perdite della traspirazione e il ripristino dell’acqua eliminata: la terza, minaccia di accumulare nei tessuti verdi un eccesso di mate- riali inorganici, di portare il succo cellulare ad un grado di con- (1) Vesque J. — De Vinfluence du milieu sur la structure anatomique des végétaux. — (Ann. Sc. Nat. Bot., sér. 6°, vol. XII, 1881, p. 167-176). (2) LorHELIER A. — Recherches sur les plantes è piquants. — (Rev. génér. Bot., V, 5°, 1893, p. 480). (3) MER E. — Recherches sur les causes de la structure des feuilles. — (Bull. Soc. Bot. de France, V, XXX, 1883, p. 110). (4) Constantin S — Etudes sur les feuilles aquatiques. — (Ann. Se. Nat. Bot., sér. 7, V, III, 1886, p. 94-162). (5) Bonnier G. — Compt. rend. Acad. Sc. Paris, V, CXVIII, 1890. (6) LesaGE P. — Sur les rapports des palissades dans les feuilles avec la transpiration. — (Compt. rend. Acad. Sc. Paris, V, CXVIII, 1894, p. 255). — Etudes sur les variations des palissades dans les feuilles. — (Bull. Soc. scientifique et médic. de l’ouest. Rennes, V. III, 1894, p. 89). — 573 — centrazione che non può non nuocere alla funzionabilità del pro- toplasto. Date poi le molteplici correlazioni fra 1 processi traspira- torio e fotosintetico, è assai probabile che la fisionomia strutturale e le attitudini fisiologiche del tessuto a palizzata, o meglio dell’ in- tero mesofillo, nelle foglie verdi, siano sempre la risultante delle esigenze combinate della attività di traspirazione e di assimilazione, compatibimente: coi fattori fisici esterni e con le condizioni biolo- giche del vegetale. Credo anzi opportuno citare a proposito due lavori di Molliard (1), il quale ha compiuto una serie di ricerche intese a stabilire le rela- zioni che esistono tra la morfologia esterna ed interna dei vegetali superiori e la composizione del mezzo organico nel quale si svilup- pano le loro radici. Coltivando delle piante in soluzioni minerali addizionate di zuc- cheri diversi, Molliard ha trovato, per quel che riguarda il mesofillo, che a misura che si eleva il contenuto in zuccheri, quindi l’equiva- lente osmotico delle soluzioni apprestate, la foglia della pianta in esperienza acquista un parenchima sempre più compatto e un tes- suto a palizzata sempre più sviluppato. Di quest’ultimo, le cellule sì allungano progressivamente in direzione normale alla superficie del lembo fogliare, ed aumenta il numero delle loro serie per suc- cessive divisioni di uno strato unico primitivo. Queste modificazioni, che Molliard ha potuto indurre anche mercè l’azione di sostanze organiche non assimilabili, come la mannite e la glicerina, si vorrebbero far dipendere in ogni caso da una disidra- tazione dei tessuti. Molliard quindi ravvicina questi fatti a tutti gli altri già asso- ‘dati, circa i rapporti tra lo sviluppo del palizzata e l'influenza di fattori esterni, quali la secchezza dell’atmosfera (2), il suolo sover- chiamente salato (3), la luce intensa (4), il clima alpino (5); gli ef- fetti di tutte coteste cause, in ultima analisi, sì traducono in un im- (1) MeLLiaRD M. — Action de quelques substances organiques sur la forme et la structure de la feuille. —- (Bull. Soc. Bot. de France, T. LIII, 4e série, VI, p. 61-65, 1906). — Action morphogénique de quelques substances organiques sur les vége- taux supérieurs. — (Revue gén. de Bot., T. XIX, nn. 222, 223, 224, 1907). (2) V. LOoTHELIER A. — Op. cit. (3) V. Lesace P. — Recherches expérimentales sur les modifications des feuilles chez les plantes maritimes. — (Rev. gén. de Bot, T. 2, 1890). (4) V. Durour L. — Influence de la lumière sur la forme et la structure des feuilles. — (Ann. Sc. Nat. Bot., Te série, T. 5, 1887). (5) V. Bonnier G. — Recherches expérimentales sur l’adaptation des plantes au climat alpin. — (Ann. Sc. Nat. Bot., T. 20, 1895). ae poverimento del contenuto acquoso del corpo vegetale. L'azione stessa della luce è analoga a quella del glucosio fornito sperimentalmente alla pianta, poichè una luce intensa, come è noto, accresce la sin- tesi degli zuccheri, quindi il contenuto zuccherino da parenchimi fo- gliari, le cui cellule, di conseguenza, reagiscono nel modo istesso che nel caso in cui gli zucceri vengono introdotti. per opera delle radici. Giustamente adunque si conclude che il più o meno forte svi- luppo del tessuto a palizzata non appare necessariamente concorde con una più o meno intensa attività della fotosintesi. Tanto è vero, che le piante, le cui foglie hanno formato nuovi strati di cellule a palizzata per la presenza, ad es., di glicerina, nel loro mezzo di col- tura, assimilano, anche per unità di superficie, sensibilmente meno che non delle piante normali a tessuto a palizzata più ridotto. Le profonde modificazioni di struttura del mesofillo, nei casì con- siderati, non stanno adunque in rapporto coi bisogni di una funzione normale, ma sono invece indotte per una eccitazione sfavorevole alla pianta; e i provvedimenti di difesa che questa oppone alle cause per- turbatrici delle sue particolari funzioni, non attingono lo scopo che, essenzialmente, limitando l’attività traspiratoria. Stomi. — Intorno agli stomi, le nozioni acquisite sono general- mente ammesse senza controversia, poichè non v’ ha dubbio che la traspirazione sia intimamente legata al numero, alle dimensioni, alla struttura e alla capacità funzionale degli ui stomatici. È anzi opinione comune che di alcune piante una medesima specie abbia la facoltà di regolare il numero dei suoi stomi, producendone di più se costretta a svolgersi in stazione umida, di meno se invece l’ambiente in cui essa si sviluppa è asciutto. Una larga diffusione e forte densità di stomi si associa per solito ad un cospicuo sviluppo. del sistema aereatore interno degli organi verdi, ed entrambi questi fattori sono indice di elevate attitudini alla traspirazione. Il potere regolatore dello stoma venne fin qui messo in rapporto con numerosi agenti e circostanze esteriori ed intrinseci; senza esclu- dere i fatti, a noi pare tuttavia che si debba, in limiti speciali ed in certo senso, attenuare l’importanza delle sue cause e porre in una più giusta luce, con la genesi del movimenti stomatici, le proprietà specifiche delle cellule di chiusura. Sulle Lauracee studiate e su altre piante osservate a caso, 10 ho trovato la grandissima maggioranza degli stomi regolarmente pervii a temperature rasenti lo zero e ai calori di un meriggio di giugno 0 di luglio, in pieno sole; in giornate fosche e piovose, e in un’atmo- sfera serena, asciutta e agitata anche da correnti fortissime; al mat- tino, in tutte le successive ore del giorno e alla sera; mentre le mi- ae A — 575 — sure notturne dei potetometri furono spesse volte così rilevanti da farci fondatamente ammettere una attività notturna degli stomi, non potendo mai la semplice vaporizzazione fisica sulle superficie epider- miche, darci ragione di valori così cospicui. In un mio precedente lavoro (1) ho riportato in proposito un’os- servazione di C. Curtis; cito qui a sostegno delle mie affermazioni, anche i risultati delle ricerche di Leitgeb (2), secondo le quali, chi determina il grado di apertura, o la chiusura completa del condotto stomatico, è, per ragioni facili a intendersi, il quantitativo di acqua disponibile nel substrato, e i bisogni di linfa e il vigore fisiologico della pianta. Il grado igrometrico dell’atmosfera, la temperatura generale del- l’ambiente, il grado d’illuminazione ed ogni altra condizione d’or- dine puramente fisico, influenzano più o meno efficacemente il pro- cesso traspiratorio, lo modificano, fino magari ad arrestare la vaporiz- zazione o ad esaltarla dannosamente. Questi agenti non hanno però mai il potere di regolare direttamente a scrupolo i movimenti delle cellule stomatiche, altro che per incompatibilità, per troppo forte di- saccordo tra le ded di acqua da essi agenti eventualmente in- dotte, e la rifusione di acqua per opera delle radici. Al buio, in ambiente umido ecc., in circostanze cioè in cui la traspirazione si attenua, scema la vaporizzazione, ma gli elementi stomatici che go- dono più che mai del loro pieno turgore, non si accasciano, non pos- sono quindi chiudere il condotto che esse delimitano. Quando poi gli agenti esteriori promuovono in tutti 1 modi l’eliminazione di va- por d’acqua in misura non consentita. dallo stato d’imbibizione del vegetale, dall’attività assorbente delle radici e dal grado di u- midità esistente nel suolo, gli orifizii stomatici si assottigliano e possono anche chiudersi affatto. Ma in tal caso il fenomeno si deve a impoverimento in acqua delle cellule di chiusura, e non è da ri- tenersi che come una conseguenza puramente fisica. A mio modo di vedere, la radiazione luminosa non avrebbe degli effetti sensibili sui movimenti regolatori delle cellule stomatiche, se non in quanto essa, per l’opera non ancora ben chiarita dei corpi clorofilliani, stimola le cellule medesime ad un richiamo più ener- gico, più attivo, dell’acqua che deve renderle o mantenerle turgide. Ciò non urterebbe l’ipotesi di una traspirazione essenzialmente clo- rofilliana, nè l’altra, secondo la quale i cloroplasti, fungendo da sen- (1) PueLIsI. M. — Sulla traspirazione di alcune piante a foglie sempre verdi. (Ann. Bot., Vol. II, fasc. 3°, pag. 453, 1904). (2) LertGEB H. — Beitrdge zur Physiologie der Spaltiffrungsapparate. (Mitteil. d. Botan. Instit. Graz., Bd. I, 1886). CERI sibilizzatori, nel fenomeno traspiratorio rimettono a profitto della vaporizzazione una parte dell'energia luminosa da essi assorbita e quindi opportunamente trasformata in energia termica. Resta però sempre il fatto che, se alle perdite di acqua e ai nuovi, conseguenti bisogni di essa da parte degli organi traspiratorii, il sistema radi. cale non corrisponde in misura proporzionale, perchè impossibilitato dall’aridità, dalla bassa temperatura del suolo, o da altre circostanze negative, gli stomi, almeno di regola generale, si restringono o si chiudono del tutto con grande sollecitudine. In tali casi la luce più propizia non basta davvero ad arrestare il fenomeno o ad indurre la riapertura dell’ostiolo. È precisamente a questo fatto, che con- trappongo la facoltà degli stomi di rimanere, sempre che lo stato d’imbibizione dell'organo lo consenta, pervii per lunghissime ore al buio, ed è al medesimo, che io avviso per attenuare il concetto di una indipendenza assoluta, quasi di una schiavitù delle cellule sto- matiche, di fronte agli agenti atmosferici. Stando a quel che precede, gli stomi ci appaiono bensì i rego- latori della traspirazione stomatica, ma la loro funzionalità si rivela in notevole parte d’indole meccanica e sta essenzialmente alla dipen- denza di leggi idrostatiche e idrodinamiche. La luce, la temperatura, l'umidità, la pressione barometrica, le correnti atmosferiche, pos- sono favorirne od ostacolarne in vario grado le importanti varia- zioni; ma non è lecito, a mio credere, attribuir loro in tesi assoluta il. significato di fattori diretti ed esclusiyi. Ciò che ha efficacia im- mediata ed assoluta sulla condotta fisica delle cellule stomatiche, che è quanto dire, sulle condizioni dello stoma, sono: l’acqua pre- stata dal suolo in cui la pianta stende le sue radici; l’attività fi- siologica generale che si spiega nell’assorbimento, nella circolazione e nell’impiego dei materiali inorganici assunti con la soluzione nu- tritizia. Ricerche positive, concordi tutte nei risultati, attestano quale importanza abbia in proposito il grado di umidità del terreno di ve- getazione. Lasciando dei lavori di Hales, di Sachs, di Hartig ecc., di recente Aloi (1) ha dimostrato la correlazione intima fra la con- dotta degli elementi stomatici e il quantitativo d’acqua che il sub- strato appresta alle radici della pianta, E l’autore afferma, d’accordo in ciò con Ferruzza, che scemando oltre un limite l’umidità del (1) ALor A. — Influenza dell'umidità del suolo sulla traspirazione delle piante terrestri. — (Atti Accad. Sioenia Sc. Nat. Catania, Ser. 4, V, 7°, 1894). — Influenza dell’umidità del suolo sul movimento delle cellule stomatiche — (Il Naturalista siciliano, V, XIV, Palermo, 1894). — 577 — suolo, gli stomi immancabilmente si chiudono, e in tale stato per- sistono, malgrado ogni altra circostanza sia propizia alla traspira- zione, fino a che non ritorni nel terreno l’acqua e nuovamente in- sorga l’attività assorbente delle radici. Sternstròm (1) ha persino tentato un rapporto matematico tra il valore della traspirazione e il grado di umidità dell’atmosfera e del suolo. Egli, rappresentando con 5 l'umidità del suolo, con ZL l'umidità atmosferica, e con 7' la traspirazione, ha stabilito l’equa- SUB | ROC 1 zione 7 — T; d'onde risulta e si può assumere almeno approssima- tivamente, che il valore della traspirazione è direttamente propor- zionale al quantitativo d’acqua che si presta nel suolo. Per quel che riguarda specialmente la luce diretta, non intendo in ogni modo escludere che vi siano piante i cui elementi sto- matici godano di una speciale irritabilità, cioè della facoltà di reagire allo stimolo della radiazione, variandoil loro potere osmo- tico, e di conseguenza il loro grado di tonicità, il loro turgore e la perviabilità della fenditura. In questo campo non sono pos- sibili affermazioni recise e generali, a meno che non si sia portata l'osservazione attentamente su innumerevoli soggetti appartenenti ai diversi gruppi sistematici. Mentre ad esempio, è comunemente ammesso che la radiazione luminosa diretta induce un più denso ed esteso sviluppo del tessuto a palizzata del mesofillo, al quale fatto sarebbe anche legata una difesa, una salvaguardia per la funzione traspiratoria, Hesselmann ha bensì verifiato la cosa per alcune spe- cie, come: Spiraea ulmaria, Geranium silvaticum, Fragaria vesca, Geum rivale ecc., ma ritiene che si possa escluderla per altre come: Convallaria maialis, Allium ursinum, Actaea spicata, Luzula pilosa, Maianthemum bifolium ecc., pur sottoposte ad identico trattamento sperimentale. Barthélemy (2) osservò che una pianta di Solanum bracteatum posta al buio dopo un’esposizione di parecchie ore al sole, prosegui sulle prime a traspirare energicamente, e non discese ad un regime più tenue e costante, che a grado a grado e dopo qualche tempo dal mutamento’ di condizioni che le si era fatto. (1) SternsTtROM K. — Ueber das Vorkommen derselben Arten in verschie- denen Standorten Klimaten, anverschiedenen Standorten mit besonderer Berucksi- chtigung der Xerophil augebildeten Pflanzen. — (Flora, Bd. LXXX, 1895, p. 117). (2) BARTHELEMY A. — De l’évaporation de plantes, des ses causes ‘et de ses organes. — (Revue Sc. Nat., 1874). — 508 — Wiesner (1) studiando le influenze della luce sulla traspirazione, trovò per le piante prese in esame (Hartwegia comosa, Zea Mays ecc.), che per costanti di temperatura, di pressione e di umidità re- lativa atmosferica, una pianta che passa dal buio alla luce, accen- tua dapprima la sua attività traspiratoria, per mitigarla in prosie- guo fino ad un valore stazionario. Nel passaggio inverso, dalla luce al buio, l’energia della funzione si deprime anche fino ad un li- vello stazionario, ma la discesa questa volta è più sollecita che non nel caso precedente. Se una pianta infine viene portata da una luce ad un’altra più o meno intensa, si verificano, nella sua attività tra- spiratoria, delle variazioni concordi rispettivamente coi due casi testè esposti, e solo diversificano i valori di passaggio, in rapporto con le vicende e i gradi dell’illuminazione e dell’oscurità nei tempi suc- cessivi dell’esperienza. Questi due esempi possono prestare un appoggio al concetto che ho più sopra enunciato al riguardo della funzione stomatica. Il ve- getale mantenuto per qualche tempo nell'oscurità e riportato intem- pestivamente in piena luce, eleva le sue perdite per traspirazione poichè entrano in giuoco i cloroplasti, ossia perchè intervengono altri organi ed un altro coefficiente di vaporizzazione. Si può forse anche ammettere, ma limitatamente, che il passaggio rapido agisce come stimolo, inducendo un più alto grado di turgore delle cellule stomatiche, e rendendo perciò più ampio il condotto di emissione del vapore acqueo. La limitazione successiva del fenomeno non è quindi dovuta che alla disciplina imposta dalle regioni assorbenti, la cui capacità funzionale, per ragioni intrinsiche, o per circostanze ambienti, non è consentanea alla misura delle perdite per traspi- razione. Questa pertanto si riduce e perviene ad un livello corri- spondente allo stato di equilibrio tra la funzione assorbente e quella traspiratoria. Il ritorno dalla luce al buio significa sottrazione dei coefficienti cui abbiamo avvisato, e di conseguenza, limitazione im- mediata del processo traspiratorio. Il fatto stesso che l’equilibrio sì raggiunge, in questo secondo caso, più prestamente e senza al- ternative, dimostrerebbe che la luce non influisce sull’attività di traspirazione determinando peculiari modificazioni intime dell’or- gano, tali cioè che persistano alquanto anche dopo la scomparsa di essa luce, come avviene per tanti altri fenomeni fisiologici. La radia- diazione adunque non è quella che governa direttamente il mec- (1) Wiesner J. — Untersuchungen uber den Einfluss des Lichtes und der strahlenden Wirme auf die Transpiration der Pflanze. — (Sitzb. d. K Akad d. Wissensch., Wien, Bd. LXXIV, 1877, p. 477). Sa BIO) canismo delle cellule di chiusura, e una volta eliminata dal teatro sperimentale, il processo che noi studiamo si risolve ad un rapporto logico tra l'assorbimento delle radici, l’attività funzionale dell’or- ganismo intero, lo stato di turgore delle sue cellule, e il grado con- seguente di perviabilità attraverso l’apparecchio stomatico. Questo equilibrio, data la costanza degli altri agenti atmosfe- rici (temperatura, umidità ecc.), presto si raggiunge nel corpo della pianta, e i valori della traspirazione divengono stazionarî. Anche nel caso citato da Burgerstein (1), di piante (Ricinus, Cu- curbita, Tropaeolum, Phaseolus) che portate dal buio alla luce, mo- strano dapprima di traspirare più debolmente che più tardi, con- viene ammettere che gli organi assorbenti raggiungono solo per gradi e lentamente l’attività che esigono gli organi traspiranti sol- lecitati ad un lavoro più intenso per l'intervento dei coefficienti della radiazione. i Le quote di traspirazione perciò si elevano di conserva con l’at- tività funzionale delle radici, e la subordinazione è tanto più rigo- rosa, in quanto si tratta di vegetali erbacei di delicata complessione, a lamina fogliare sottile e poco difesa contro perdite eccessive di acqua (2). (1) BURGERSTEIN A. — Die transpiration der . Pflanzen. — (Jena, 1904, p. 91-92). (2) Avevo licenziato il presente lavoro alle stampe, quando potei prendere cognizione di una pubblicazione di Lloyd, molto importante, e, per il labora- torio e l’Istituto da cui veniva, assai degna di fede (Luoyp F. E., The phy- siology of Stomata. The Desert Botanical Laboratory of the Carnegie Insti- tution. Publication 82-1908, Washington, pp. 142). 1 In questo lavoro .Lloyd espone le risultanze di uno studio accurato sulla condotta degli stomi in due piante del deserto: la Fouquieria splendens e la Verbena ciliata, mirando principalmente a risolvere la questione dei rapporti tra i movimenti stomatici e la regolazione della traspirazione Lloyd fornisce delle prove sperimentali conclusive che in tali piante, se non esistono o non intervengono particolari complicazioni ed ostacoli occludenti lungo il condotto stomatico, gli stomi per sè stessi non sono capaci di regolare la traspirazione secondo i bisogni della pianta. Delle forti variazioni nei valori della traspirazione vennero constatate af- fatto indipendentemente dalla posizione delle cellule di chiusura; ed alla mas- sima perviabilità dello stoma corrispose assai raramente (se mai) una relativa attività di diffusione del vapor acqueo, che è quanto dire, una relativa intensità di traspirazione stomatica. Lloyd ha potuto assodare insomma, che le periodiche variazioni nei valori della traspirazione sono indipendenti dalla periodicità degli stomi. Lo stesso A. afferma, su basi sperimentali, che non esistono rap- porti fra l'umidità atmosferica e la posizione delle cellule di chiusura, se non per ciò, che un alto grado di umidità relativa riduce naturalmente le perdite di acqua per traspirazione dalla pianta, e per via indiretta quindi favorisce — 580 — Fin dal 1859 fu dato a conoscere da Sachs che il potere assor- bente delle radici dipende, oltre che dal contenuto in acqua dispo- nibile nel suolo, anche dalla temperatura del suolo medesimo, alla x quale perciò è strettamente subordinata la traspirazione. Ulteriori precise esperienze di Kohl, di Eberdt e di Molisch hanno dimostrato . che una pianta, di quelle specialmente a struttura poco o punto xe- rofitica, può appassire e persino morire, se il substrato in cui ha le sue radici è tenuto ad una temperatura così bassa, che gli organi di assorbimento dell’acqua disimpegnano in misura inadeguata la loro vitale funzione ; e ciò anche se non v’ha nel suolo penuria di acqua e la temperatura atmosferica sia mite. Se la temperatura poi discende fino al congelamento, il passaggio dell’acqua nel corpo ve- getale si attenua estremamente o si arresta affatto. Prunet (3) ha trovato che anche al disgelo l'assorbimento radicale è quasi nullo, mentre per le profonde alterazioni subite dagli elementi anatomici in generale, l'eliminazione di acqua, che per l'inerzia di ogni ap- parecchio regolatore può ritenersi semplicemente vaporizzazione fi- sica, si compie con elevata intensità e conduce l’organismo al dis- seccamento. Abbiamo sopra ammesso, e i dati numerici dei nostri prospetti sperimentali lo dimostrano con sufficiente evidenza, che sulla con- dotta della traspirazione ha un significato apprezzabile anche la pressione atmosferica, e di conseguenza anche l’attitudine del luogo in cui vive il vegetale. Si tratta però di un agente fisico la cui in- l’aprirsi degli stomi. Lloyd ha inoltre trovato che la chiusura degl? stomi non previene affatto l’avvizzimento della pianta; essa invece si manifesta come una conseguenza dell’avvizzimento stesso, e non è mai completa, nè forte. Nel suo lavoro Lloyd affronta altresì la questione che concerne il signi- ficato delle cellale di chiusura nel processo di fotosintesi. Egli ha trovato in proposito che negli elementi stomatici si ha una spiccata evidenza di attività cloroplastica; per cui è indotto a concludere che i movimenti delle cellule di chiusura sono relativi all’accumulo in esse e alla dissoluzione dell’amido deri- vato dal clorenchima, anzichè da alcun prodotto di fotosintesi delle stesse cel- lule di chiusura. Sarebbe stato opportuno per parte mia un largo commento all’interessante lavoro di Lloyd; ma ciò non è qui possibile. Dopo tutto quel che ero venuto nel mio presente lavoro esponendo al riguardo degli stomi però, le conclu- sioni testè riferite delle ricerche di Lloyd, così eloquenti e così decise, non sono prive di significato, come quelle che prestano un solido appoggio alle mie vedute e confortano le affermazioni da me già fatte indipendentemente, seguendo altre vie sperimentali ed operando su altri oggetti di studio. (3) Pruner A. — Sur les modifications de Vabsorption et de la transpiration qui surviennent dans les plantes atteintes par la gelée. — (Compt. rend. Paris, 115, 1892, p. 964-966). "ade si Sei — 581 — fluenza si esercita sulla vaporizzazione esterna e sulla vaporizza- ‘zione tracellulare degli organi. : A sostenere questo fatto si é autorizzati dalla semplice osser- vazione e dalle analogie col processo puramente fisico della evapo- razione. V’ha anzi chi mette in rapporto la persisterza di deboli pressioni barometriche con la produzione di sostanze aromatiche vo- latili, eteree, nel corpo della pianta, e con la maggior durata di ac- crescimento di questa; sono però induzioni che non crediamo lecito ammettere, se non vengono confortate dall'indagine sperimentale, che nel caso in questione sarebbe attraversata da inevitabili e gravi difficoltà, come è facile intendere. In merito al valore del rivestimento pilifero su di un organo della pianta, come difesa contro la traspirazione, anche noi distin- guiamo, come fu fatto a Fleischer (1) e da Volkens (2), tra peli morti (contenenti aria), e peli vivi (contenenti plasma, succo cellulare). Questi ultimi abbisognano essi stessi di difesa, mentre i peli morti, sebbene a rigore eliminano anche loro dell’acqua sottratta per imbi- bizione agli elementi vivi dell'epidermide, costituiscono tuttavia un mezzo relativamente più efficace di protezione, frenando anch'essi il ricambio gassoso, attenuando l’influenza dell’insolazione e limi- tando perciò la vaporizzazione interna. Che se per la densità questi peli costituiscono un vero feltro, di notte essi fungono come apparato igroscopico, condensando l’umidità atmosferica e favorendo per questo verso l'economia in acqua dell’organo e della pianta. Si presenta ora la necessità di chiarire il significato e 1’ impor- tanza degli oli eterei nell'organismo vegetale; quesito, questo, che tanto più ci interessa, in quanto quasi tutte le Lauracee di cui ci siamo proposto lo studio, possiedono negli organi verdi principali della traspirazione, degli idioblasti contenenti olî essenziali. È nota la scoperta fatta da Tyndall ed assodata sperimentalmente, che cioè uno strato d’aria impregnato dei vapori di un olio etereo, perde in diatermaneita per rispetto all’aria che ne è libera, e tale perdita è diversa a seconda la natura specifica dell’olio essenziale vo- latile che si diffonde nell’atmosfera; così che, ad esempio, mentre l’aria pregna di vapori d’olio di rose assorbe 36 volte più calore che (1) FLEIscHER E. — Die Schutzeinrichtungen der Pflanzenbldtter gegen Ver- trocknung. — (Ref. Bot. Cbl., 1885, Bd. 22, p. 356). (2) VoLKENS G. — Zur Flora der dgyptisch-arabischen Wiiste. — (Ref: Bot. Cbl., 1886, Bd. 26, p. 222). ~ — Die Flora der dgyptisch-arabischen Wiiste auf Grundlage anatomisch- physiologischer Forschungen. — (Ref. Bot. Jahrb., 1887, Bd, 15, II, p. 183). ANNALI DI Boranica — Vor. VII. i 37 — 582 — non l’aria libera, con vapori d’olio d’anici l’assorbimento medesimo va fino a 352 volte. i i a Tyndall ne inferi subito che, se una pianta emette in grande ab- bondanza dell’olio etereo, l’atmosfera che da presso la circonda si opporrà agli effetti di una insolazione intensa, impedirà quindi che la pianta medesima riscaldandosi soverchiamente, elevi in misura anormale e dannosa l’attività propria di traspirazione; d’altro canto, di notte, con cielo sereno, la pianta troverebbe nello stesso mezzo una protezione contro i pericoli di un intenso raffreddamento per irradiazione. Volkens (1) confermò, con le sue ricerche su piante oleifere aro- matiche del deserto, le vedute di Tyndall; e alle conclusioni di Vol- kens, come a quelle di Tyndall, si sono poi associati Haberlandt, Wiesner, Warming, Drude, Griesebach ed altri; quest’ ultimo però attribuisce, e a me pare erroneamente, la limitazione in discorso, al raffreddamento che consegue alla rapida volatilizzazione degli oli essenziali. Contro le asserzioni di Volkens si è in questi ultimi tempi levato Detto (2), il quale in definitiva sostiene che i vapori d’olio etereo non determinano la depressione della traspirazione, se non per danno da essi recato agli organi interessati della pianta; Detto riguarda pertanto la produzione di tali sostanze piuttosto come un provvedi- mento di difesa dei vegetali xerofili contro l’avidità degli animali. Però, non tutte le ragioni che questo A. adduce in difesa della sua interpretazione, sono, a mio credere, giustificate. Si afferma in- fatti che mentre per alcuni domini floristici soggetti a lunghi pe- . riodi di siccità si può agevolmente rilevare il predominio di piante aromatiche, specialmente a ghiandole oleifere esterne, un attento esame della flora germanica lascia escludere una preponderanza ri- marchevole di tali piante tra le formazioni xerofitiche. Al che si può facilmente obbiettare, che la presenza di olî essenziali, lungi dal dover caratterizzare tutte le specie vegetali che popolano una re- gione o paesi di uguali condizioni ambienti, rappresenta uno degli innumerevoli provvedimenti ecologici che, pure rispondendo ad un determinato bisogno della pianta, differisce dagli altri provvedimenti che sullo stesso organismo o su soggetti diversi, ma nelle stesse sta- zioni geografiche considerate, rispondono a loro volta al bisogno me- desimo. A me pare che lo sviluppo di speciali organi, l’elaborazione di speciali sostanze ecc. sull’organismo vegetale, siano dei fatti di (1) VoLKENS G. -- Zur Flora der dgyptisch-arabischen Wiiste. — (Ref. Bot. Cbl. Bd. 26, p. 222, e Bot. Jahrb., Bd. 14, p. 196 e 809). (2) Detto K. — Ueber die Bedeutung der 'citherischen Ole bei Xerophyten. Flora, Bd. XCII, 1903, p. 489). do Lara II — 583 —. una certa peculiarità, limitata od estesa, a un dipresso come lo svi- luppo somatico, la fisionomia generale dell’organismo stesso. Oltre le oscure determinanti insite nell'organismo, invochiamo tutti 1 fattori meteorici e tellurici d’ogni specie, i fattori biologici riconoscibili ecc. e ci accorgeremo subito dell’ impossibilità di definire a priori il ca- rattere prevalente di una plaga floristica, desumendolo dalle circo- ‘ stanze fisiche del luogo, e insieme da analogie con la vegetazione di ‘altre regioni. Una seconda obbiezione di Detto è questa: che, mentre per la pretesa difesa della pianta assicurata dagli olî volatili, ogni altra disposizione protettiva contro 1 pericoli del secco dovrebbe presumi- bilmente ridursi, scemare, si verifica addirittura il contrario, l’incre- mento delle ghiandole oleifere andando di pari passo con l'accumulo di quegli altri provvedimenti contro la siccità. | Anche qui una confutazione è ovvia, poichè notoriamente pos- sono coesistere sul medesimo soggetto due o più mezzi di difesa con- cordi nella finalità, come, ad esempio: rivestimenti cutinici, presenza di tomento, stomi profondi, sistema aereatore ridotto ecc. Si conosce dalle esperienze di Claude Bernard, che gli anestetici, come l’etere, il cloroformio ecc., offerti alla pianta in conveniente quantità, arrestano Ja scomposizione dell’anidride carbonica. Dalle ricerche di Jumelle (1) risulta che contemporaneamente al- l’arresto dell’assimilazione, la traspirazione si eleva. Veniva volta a volta stabilita in tali esperienze, la dose di anestetico sufficiente per sospendere o rallentare l’attività fotosintetica senza uccidere la pianta; . e con questa ed altre cautele, Jumelle potè su diversi soggetti (Quer- cus, Ostrya, Fagus, Solanum) assodare che la traspirazione delle foglie eterizzate era più intensa alla luce, più debole al buio, per rispetto a quelle foglie non eterizzate. Questo A. interpretò la cosa ammet- tendo che quella parte di energia delle radiazioni luminose, assorbita dai corpi clorofilliani della pianta illuminata, e non impiegata per il lavoro di dissociazione dell’anidride carbonica, forse opportunamente trasformata, andasse a profitto della clorovaporizzazione ed elevasse perciò la quota di traspirazione totale. Jumelle non seppe però darsi una ragione esauriente della de- pressione che si verifica al buio; e mentre conferma con le sue con- clusioni, pubblicate nella Revue générale de Botanique del luglio 1901, (1) JuMELLE H — Influence comparée des anesthétiques sur l’assimilation et la transpiration chlorophylliennes. — (Compt. rend. Acad. Sc. Paris, t. CXI, 1890, II, p. 461). — Influence des anesthétiques sur la transpiration des végétaux. — (Rev. gen. de Bot., t. II, Paris, 1890, p. 417). at = Boa la teoria chimica della traspirazione clorofilliana, come l’hanno con- cepita Wiesner ed altri, si trova d’altra parte discorde con le vedute di parecchi osservatori. Pringsheim e Kohl sostengono che l'influenza della clorofilla è puramente meccanica, ba cioè l'ufficio di uno schermo di protezione dei plastidi da certe radiazioni della luce meridiana. Questa ipotesi, in verità, non offre una solida base logica; e se si pensa alla com- posizione chimica complessa, all’esistenza probabile di diverse va- rietà, alla relativa labilità ed alterabilità, del pigmento clorofilliano, ci si persuade di leggeri, che questa sostanza deve avere affidato, in seno al plastide e nell'economia generale della cellula, ben altro uf- ficio che quello di riparo meccanico contro radiazioni eccessive, co- munque sfavorevoli. Potrà magari accettarsi, in via subordinata, que- st’ ultimo compito, per la clorofilla; ma allo stato attuale delle co- noscenze, non potrà escludersi, senza la prova irrefragabile di nuovi fatti, che il pigmento clorofilliano renda nell’organo assimilante e traspirante un importantissimo servigio come sensibilizzatore della energia ricevuta dal sole, e per questo probabile tramite messa a di- sposizione del processo traspiratorio e della organicazione del carbonio. 1 Poichè uno dei principali argomenti addotti dai succitati autori si è questo, che la pianta traspira anche se eziolata, cioè priva di clorofilla, si può qui rispondere che il fenomeno traspiratorio è a base fisica di vaporizzazione, e come tale può compiersi anche in assenza della luce; e che in ogni caso, la clorovaporizzazione non rappresen- tando che una frazione più o meno limitata del fenomeno totale, non potrà, con la sua cessazione per assenza di luce o per mancata pro- duzione del pigmento clorofilliano, altro che assottigliare il valore della traspirazione totale, giammai abolirla affatto, questa. Altri contradditori ha avuto Jumelle; tra questi Verschaffelt e Schneider. Verschaffelt sostiene che l’etere agisce sull’organo traspi- rante elevandone la funzione più al buio che alla luce. Secondo le esperienze di Schneider (1), compiute con piante in- tere e con foglie isolate di Solanum tuberosum, al buio, alla luce dif- fusa, alla piena luce del sole, e sotto l'influenza di radiazioni solari di determinata refrangibilità, l’etere avrebbe in ogni caso effetti de- primenti sulla funzione traspiratoria. Una forte eliminazione di acqua dalle piante anestetizzate dipende, secondo Schneider, dal- l’azione letale dell’anestetico sui tessuti, ed ha perciò, verificandosi, (1) SCHNEIDER A. — Influence of anaesthetics on plant transpiration. — Bot. Gaz., t. XVIII, 1893, p. 56-69). — 585 — il significato di evaporazione fisica, e non di traspirazione nel senso fisiologico. i Le conclusioni di Schneider a me sembrano molto logiche e nel tempo stesso armoniche con le leggi della vita. Per esse si afferma che l’etere attenua l’attività del plasma e, somministrato oltre una certa misura, uccide il protoplasma, limita perciò la traspirazione, come deprime l’assimilazione. Del resto, la conoscenza intima dei due fondamentali processi, il fatto stesso che il periodo del più forte ac- crescimento e del lavorio più intenso di organicazione del carbonio coincide con quello della più attiva traspirazione, dovrebbe, anche a priori, convincere della loro mutua dipendenza, come si è persuasi della correlazione fisica tra le colonne liquide di due vasi comu- nicanti. Woods (1) ha mosso all’opera di Schneider qualche critica restrit- tiva, la quale però riguarda principalmente alcune manchevolezze sperimentali, od errori di giudizio, e poco infirma i corollari es- senziali dell’opera medesima. Dixon (2) finalmente ha rilevato la giustezza delle osservazioni di Tydnall e di Volkens, avendo lui stesso constatato che la tra- spirazione di rami fogliferi di Syringa e di Cytisus Laburnum veniva depressa, se nel medesimo ambiente atmosferico sì fosse diffuso del- Volio etereo di Artemisia Absinthium. Le ricerche di Dixon appa- iono inoltre interessanti, perchè dimostrano che gli olii essenziali volatili diffusi nell’atmosfera, ostacolano e limitano non solo la tra- spirazione, ma anche e quasi in egual misura, la vaporizzazione fisica su di una superficie libera di acqua. Facendo uguale a 100 ciascuno di questi due fenomeni allorchè essi si compiono libera- mente nell’atmosfera normale, Dixon ha trovato che l’intensità di traspirazione si riduce a 82 in aria: eterizzata, a 66,5 in aria con- tenente vapori di cloroformio; e che l'intensità di vaporizzazione dell’acqua discende rispettivamente a S1 e a 59. Questo Autore giudica inoltre che l'abbassamento della traspi- razione sia determinato da quella parte degli olii eterei, la quale penetra nei tracellulari dell'organo traspirante, e che perciò tale abbassamento dipende nella sua manifestazione, per entità e durata, dal peso specifico dei diversi gas, dalla facilità di diffusione di ciascuno di essi, e dalla loro natura chimica. Concludendo sul merito di una questione che si rivela così im- (1) Woops A. — Some recent investigations on the ARTI of water from plants. — (Bot. Gaz, t. XVIII, 1893, p. 304). (2) Dixon H.— On the efetes of stimulative and anaesthetics gases on tran- spiration. — (Ref. Bot. Cbl., Bd. 76, p. 155; e Bol Iahrb., Bd. 25, p 78). — 586 — portante per se stessa e in rapporto allo studio speciale che con- duciamo sulle Lauracee, a noi pare di non poter seguire esclusiva- mente le concezioni e le vedute di uno degli autori citati, senza tener conto delle osservazioni e dei fatti enunciati dagli altri. Accettiamo anzitutto la tesi di Tyndall e dei suoi seguaci, con- vinti, come siamo, che i vapori di un olio essenziale, impregnando un dato volume di atmosfera, ne elevano il potere di assorbimento per le radiazioni termicne; tale atmosfera (di solito gli strati di essa che circondano e lambono gli organi della pianta, od anche quella parte che occupa i tracellulari degli organi medesimi), avrà per tal fatto perduto in diatermaneità, sarà quindi ostacolo al rl- scaldamento dei tessuti che avvolge e alla conseguente vaporizza- zione dell’acqua alla superficie degli elementi di questi tessuti. Non crediamo di dover partecipare ai giudizi di Detto, se non nel solo caso in cui la pianta in esame soggiaccia all’influenza di un’alta e sproporzionata dose di un olio etereo anestetico, che di quell’organismo pregiudichi la funzionalità generale. In natura ciò tuttavia non si verificA4; e però, se riduzione si ha dell'energia tra- spiratoria, si può, se mai, invocare in proposito, e s'intende per una parte soltanto, un leggero grado di anestesia indotta dall’olio ete- reo sul plasma vivo. Le conclusioni di Jumelle ci sem’. no attendibili; senonché siamo d’avviso che l’azione sedativa, deprimente dell’anestetico, esercitandosi parimenti sulla massa viva dei plastidi e su quella del citoplasma cellulare, debba ridurre, più o meno esclusivamente secondo la quantità e l’efficacia dell’anestetico medesimo, il feno- meno della emissione d’acqua, ad una semplice vaporizzazione fi- sica sull’organo interessato. In questo senso si può bene accogliere la spiegazione che, quella parte di energia luminosa assorbita e mo- dificata dal pigmento clorofilliano, non trovando il suo normale im- piego nella dissociazione dell’anidride carbonica per opera del pla- | stide, vada a profitto della vaporizzazione e dia all’osservatore l’il- lusione che, sotto l’influenza dell’anestetico la pianta verde, alla luce, eleva la propria attività traspiratoria, mentre riduce od arre- sta l’attività fotosintetica. È allora naturale che, portata questa pianta al buio e persistendo gli effetti dell’anestetico, poichè viene a mancare, con la radiazione luminosa, una delle cause indirette della vaporizzazione, scemi altresì il quantitativo d’acqua che si elimina sotto forma di vapore. Jumelle si sarebbe adunque data ra- gione della. caduta dei valori sperimentali per la pianta eterizzata sottratta alla luce, se avesse visto nelle perdite di acqua che egli valutava, non l’esponente di un fenomeno fisiologico, ma i dati di — 587 — un fenomeno fisico, con una partecipazione della vitalità limitata o trascurabile. In ogni modo, le conclusioni di Schneider, di Dixon, si accordano sostanzialmente con le teorie di Tyndall, di Jumelle ecc. Si può anzi affermare che non esisterebbe la minima divergenza fra tutti gli osservatori che si occuparono fin qui della questione degli olii eterei negli organi vegetali, qualora le ricerche non si fossero li- mitate a poche specie, e qualora fosse stato possibile, con unità di indirizzo e di mezzi studiare la cosa nello stesso luogo o in paesi che godano di identiche condizioni ambienti. Con le esperienze che ho per conto mio compiute riguardo al- l’azione dei vapori d’olio essenziale sulle piante, ho cercato di as- sodare gli effetti che tali sostanze, elaborate dalla pianta medesima determinano sulla meccanica funzionale dell'organismo e sui feno- meni più caratteristici della vita; in particolar modo poi, sulla tra- spirazione. Informate a questi criterii le ricerche furono rispettivamente con- tenute in due ordini. Ho adoperato gli olii di Lavanda, di Cassia, di Garofano, di Anici, di Origano, di Bergamotto e di Limone; ed ho avuto a con- statare in generale, che l’intensità dei loro effetti, qualunque si siano, decresce dall’olio di Lavanda a quello di Limone, secondo | l’ordine in cui questi olii sono stati qui elencati. I.In alcune grandi capsule Petri, chiuse ciascuna dal proprio. solito coperchio di vetro, deposi su di un letto di carta bibula ab- bondantemente intriso di acqua di fonte, un po’ di quella melma di fondo e di quelle incrostazioni dei margini delle vasche, nelle quali fluttuano caoticamente miriadi di esseri inferiori: dai Proto- zoarii ai minuscoli Artropodi, dalle Schizoficee, alle Cloroficee. In un angolo del cristallizzatore contenente questo materiale, veniva in principio di esperienza e dopo aver fatta la prima os- servazione, deposta o sospesa una spugnetta o un batuffolo di co- tone idrofilo imbevuti dell’olio che voleva sperimentare, e il cui quantitativo determinavo a seconda l’ampiezza dell'ambiente in cui i vapori diffondentisi dell’olio stesso dovevano esercitare la loro. azione. Altre capsule racchiudenti dell’altra fanghiglia di origine identica alla prima e posta nelle identiche condizioni, ma rispar- miata affatto dai vapori di olio essenziale, servivano di confronto. Sulle prime sottoponevo ai vapori d’olio tutto il liquido estratto dalle vasche; con tal sistema però non ottenni alcun risultato d’im- portanza, neanche dopo molti giorni, nonostante il materiale in os- servazione stesse ben chiuso nelle piccole camere delle capsule. Fu IS d’uopo adunque filtrare parzialmente, e disporre le cose nel modo . che ho prima indicato. Fissai la mia attenzione sulle Diatomee e su qualche Oscillaria poichè gli effetti che queste risentivano dall’azione dei vapori d’olio potevano tradursi in un rallentamento, nell’arresto completo o in una modificazione qualsiasi dei movimenti caratteristici di queste Alghe. Dopo 18 ore appena dall inizio dell’esperienza, cominciai a notare maggior pigrizia nelle escursioni delle piccole Diatomee. Dopo due giorni, il ritardo nei movimenti di tutti gli esseri che popolano la fanghiglia si accentua, qualcuno anzi si arresta af- fatto. A distanza di 4 giorni, il fenomeno rivela ulteriore progresso in questo senso; le Alghe verdi filamentose mostrano gia di sof- frire, il loro citoplasma si coarta, in qualche caso persino comincia _a disorganizzarsi, e ogni movimento allora si limita a debolissime oscillazioni delle più minuscole Diatomee pennate. Nello stesso tempo la flora e la fauna contenute nella melma dei cristallizzatori im- muni di olio etereo, non presentano modificazioni di sorta allo stato delle cose osservato in principio dell’esperienza, e che è quello na- turale. Passati in acqua di fonte, e restituiti alla pien’aria in assenza di olii eterei, gli esseri che di questi olii hanno già subito gli ef- fetti, riprendono, ma soltanto in parte, la loro vitalità. Sono esclu- sivamente le Diatomee e alcuni Protozoarti, che riguadagnano ogni energia; le Cloroficee, e ogni altro organismo di quelli che hanno poco resistito all’intensità effettiva dei vapori d’olio, non fanno più ritorno alla vita. Riconosco ad ogni modo, che nel limitato ambiente in cui ven- nero esposti questi esseri, dei vapori d’olio essenziale si raggiunse sempre inevitabilmente un grado di saturazione; l’azione dell’olio perciò è da ritenersi eccezionalmente intensa, per quanto ciò non pregiudichi affatto la portata delle nostre esperienze. Noto infine che le differenze più spiccate tra gli organismi ap- partenenti alle due serie di capsule, si manifestarono sempre nei pomeriggi, cioè nelle ore più calde e più luminose della giornata. Sulle Oscillarie ho potuto verificare gli effetti degli olii essen- ziali, anche macroscopicamente, abbandonando sul fondo di una capsula Petri preparata nel solito modo, una pellicola azzurra stac- cata dalla gronda di un fontanile, e costituita precisamente di lun- ghi fili di Oscillaria. Nulla di nuovo vi si nota in apparenza nei giorni successivi; mentre nella capsula di controllo, cioè priva di olio etereo, una zolla simile alla prima e risultante, come questa, di Oscillarie, irradia nello stesso tempo sul velo acquoso della carta — 589 — bibula, come un’aureola di filamenti verdicci, i quali altro non sono che quelle colonie dell’Alga, che coi loro movimenti oscillatori non paralizzati dall'azione degli olii, si sono lentamente dipartiti dalla massa centrale. II. In cristallizzatori coperti, in capsule Petri, in vaschette di por- cellana chiusa da lastrine di vetro che lasciassero però adito al- l’aria, seminai nello stesso tempo su delle fette di pane inumidito delle spore di Mucor, di Penicillium, di Aspergillus, ed esposi nello stesso luogo, in condizioni identiche i vasi, includenti ciascuno, oltre questo materiale, una spugnetta o un batuffolo di bambagia imbevuti di olio etereo, e i vasi uguali, di controllo, nei quali si trovavano semplicemente i dadetti di pane con le macchie d’in- fezione.. Le spore provenivano, per ciascuna categoria di esperienze, dalle stesse colture. Dopo due giorni, nelle capsule di confronto si notava già sul pane lo sviluppo vegetativo dei funghi; nessun accenno di germinazione invece nelle capsule con olio etereo. In prosieguo di tempo, le muffe compierono regolarmente e rapidamente nelle prime capsule la loro evoluzione; nelle seconde, un principio di germinazione si mani- festò invece verso l’ottavo giorno, e quantunque con estrema len- tezza e con scarso vigore, lo sviluppo continuò nei giorni successivi. Germinazione e sviluppo però cominciarono ad effettuarsi sui punti. più lontani ed opposti alla sorgente dell’olio etereo, ed anche più tardi, allorchè il micelio doveva dar luogo alle parti riproduttive la comparsa e la maturazione delle spore non evvenne che nelle regioni più recondite e più distanti dalla spugna oleifera. Dopo circa venti giorni dall'inizio dell’esperienza, si osservava che le fette di pane prossimali alla sorgente oleifera, e più diret- tamente esposte alle emanazioni di essa, si conservavano affatto immuni dagli attacchi del fungo, di cui nondimeno conservavano ancora, abortite, le spore dell’infezione artificiale. Subito appresso compariva l'intreccio micelico, dapprima esclusivamente vegetativo, e poi, per gradi, sempre più ricco di ife fertili; finalmente nei punti ripeto, più lontani e protetti dai vapori dell’olio, il fungo o i fun- ghi (non trattandosi di colture pure), presentavano l’aspetto loro ca- ratteristico negli ultimi stadii dell’evoluzione. Questo stato di cose non subì ulteriori modificazioni d’importanza. In ogni modo ho constatato che le capsule con olio di Lavanda permettono appena, e dopo un lungo tempo, un principio di ger- minazione delle spore, anche nei punti riparati dalla sua influenza diretta; e che da questo caso, con l’ordine che abbiamo in princi- — 590 — pio descritto, l’energia degli olii adoperati, sebbene sempre evidente per gli effetti che determina, digrada a seconda dell’olio essenziale che si adopera. III. Valendomi delle indicazioni di tecnica del prof. Acqua (1), ho voluto sperimentare l’azione dei vapori d’olio essenziale anche sulla germinazione dei granelli pollinici. Ho scelto come materiale d’osservazione, del polline maturo di Antirrhinum majus, di Papa- ver Rhoeas, di Calystegia sepium e di Acanthus mollis. Adoperavo delle soluzioni di zucchero di canna a titolo varia- bile dal 20 al 30 °/_, delle quali soluzioni veniva imberuta abbon- dantemente la carta bibula su cui il polline avrebbe germinato. Fatte le seminagioni, i substrati così preparati venivano chiusi in cristallizzatori, in alcuni dei quali era presente la solita spugna im- bevuta dell'olio essenziale di cui si volevano conoscere gli effetti, mentre altri cristallizzatori uguali ai precedenti, non includevano traccie di vapori eterei. L'esperienza mi ha fatto preferire le colture in camere umide così preparate, come quelle che permettono di turbare il meno pos- sibile, con le inevitabili manovre sperimentali, i fenomeni di ger- minazione dei granelli e di accrescimento dei budellini pollinici. Non ho creduto opportuno sottoporre le colture a temperatura costante in termostato, volendo offrire al materiale vivo in istudio le condizioni che sono in natura; eccetto però la presenza in un caso, nell’altro l'assenza dei vapori d’olio etereo, siffatte condizioni furono mantenute rigorosamente ugvali per entrambi i lotii. La temperatura durante le esperienze oscillò intorno a 22° C. Esporrò quì ciò che ho notato di più interessante per ciascuna specie. Antirrhinum majus. — In assenza di olio etereo, la germinazione s'inizia già dopo una buona mezz'ora; a distanza di due giorni, il 40 °/, circa dei granelli pollinici si trovano in germinazione, e 1 tu- betti generalmente si sono allungati fino a raggiungere 1435 micron. In presenza di olio di garofano, nello stesso tempo, solo V 1 °/, dimostra appena un principio di germinazione. Con olio di Cassia si va poco oltre l’1 °/.,e in qualche caso il budello pollinico si è allungato fino a 75 micron. Con olio di Lavanda non si ha che qualche incerto e rarissimo accenno a germinazione. Papaver Rhoeas. — In assenza di olio etereo, germinati il 70 e più per cento, con massima lunghezza di tubetto, di 143-287 micron. (1) Acqua C. — Contribuzione alla conoscenza della cellula vegetale. — (Mal- pighia, Vol. V., 1891, p 3-39). — 591 — Con olio di garofano si ha una percentuale di germinazione del- l'1-4°/, con lunghezza massima di tubetto, di 70 micron. Con olio di Cassia e di Lavanda, non si ha germinazione. Calystegia sepium e Acanthus mollis. — I granelli pollinici sono assai tardi a germinare, e però la fuoruscita del tubetto non si ac- centua che verso il quarto giorno dall’inizio dell'esperienza, con una percentuale scarsissima di granelli germinanti. Sotto l’azione degli olii, naturalmente, questo stesso limitato fenomeno non ha luogo. Dopo tali constatazioni, da ciascuno dei cristallizzatori conte- nenti la sorgente oleifera, questa fu allontanata, e il materiale, così come si trovava e sottratto alle emanazioni dell’olio etereo, venne lasciato ancora in riposo all’aria pura. A distanza di sole 12 ore, il polline di Antirrhinwm mostrava già il 40 °/, di grani germinati, con dei tubetti che misuravano fino 157 micron di lunghezza; il polline di Papavero, una percentuale del 25 °/, di granelli germinati e uno sviluppo del tubetto di 57 m.; la Calystegia con l’1 °/, circa di granelli in via di decisa germinazione; l’Acanthus con il 5 e più °/, di granelli germinanti, e con delle massime lunghezze di tu- betto uguali a 46 micron. Noto infine, che avendo su altri pollini messi nelle condizioni solite di germinazione, fatto agire per più lungo tempo (da 4 a 6 giorni) ininterrottamente i vapori degli olii eterei, verso la fine si è constatato un certo progresso nella germinazione dei granelli, per ogni specie in esame, e per rispetto allo stato di cose osservato al secondo giorno: progresso inteso nella cresciuta percentuale di granelli germinanti e nel più forte sviluppo dei budellini pollinici; progressi sempre molto più deboli, tuttavia, di quelli osservati nei cristallizzatori liberi di oli essenziali. Stando adunque ai risultati delle esperienze, pare che le ema- nazioni degli olii eterei abbiano per effetto di ritardare e di limi- tare più o meno fortemente l’attività di germinazione del granello pollinico, non permettendo inoltre che la germinazione e lo svi- luppo di quelli che possiedono, probabilmente per grado di matu- rità, di nutrizione ecc., speciali attitudini alla germinazione stessa. IV. Collocavo in grandi capsule Petri dei fiori giovani 7rade- scantia virginica subito dopo raccolti e col gambo reciso immerso in una pasta di carta bibula abbondantemente intrisa d’acqua e de- posta sul fondo. Delle capsule, alcune contenevano la piccola spu- gna imbevuta d’olio etereo; altre no, e servivano di confronto. Tutte venivano esposte nelle condizioni di luminosità e di temperatura simili il più possibile alle naturali. | Dopo 10 minuti sotto l’azione degli olii, qualunque si fossero, — 592 — ogni movimento del citoplasma nelle cellule dei peli staminali si arrestava, ma era pronto a'riprendere se il fiore si restituiva subito all'aria libera. Alcune cellule del filamento si dimostravano più ~ sensibili, ed anche dopo un quarto d’ora di soggezione ai vapori eterei potevano venirne profondamente danneggiate nella compa- gine citoplasmatica. Con azione più prolungata dell'olio, il fiore intero veniva uc- ciso e necrosato. Sperimentando con modalità analoghe su giovani germogli di Cucurbita per i movimenti circolatori del citoplasma nelle cellule dei loro peli, notavo che dopo un quarto d’ora erano soltanto ral- lentati tali movimenti; dopo 5 ore il ritardo era più accentuato, ma generalmente persisteva nelle briglie più interne del citoplasma medesimo, mentre in alcune cellule, il cui jaloplasma pure conser- vava integra la sua configurazione, la circolazione di esso era com- pletamente sospesa. Le cose procedendo su questa via, dopo 22 ore il protoplasto era morto e disorganizzato negli elementi dei peli più esterni del germoglio, e quindi più direttamente esposto ai va- pori dell’olio in questione; era immobile e più o meno coartato nelle cellule dei peli più riparati; si presentava ancora integro, vivo e circolante con debole attività, nelle cellule dei peli più interni e meglio sottratti all'influenza delle emanazioni della spugna. Pare adunque che gli olii eterei da noi adoperati abbiano per effetto, nei tempi successivi, il ritardo, la sospensione dell’attività citoplasmatica, e in fine, la morte e la disorganizzazione del pro- toplasto. Con la qualità e con l’energia dell’olio adoperato variano naturalmente per rapidità e per intensità i fenomeni dipendenti dalla presenza di esso. V.- Non meno interessanti sono stati i risultati delle esperienze dirette a qualificare e a valutare gli effetti dei vapori degli olii ete- rei sulla traspirazione della pianta. Sul principio mi sono servito degli apparecchi di Garreau. Di una pianta intera di Helianthus tuberosus o di Fagiolo, natural- mente radicata in vaso con terra, sottoponevo contemporaneamente all’esperienza due foglie di ugual vigore, appartenenti al medesimo individuo, una tra le campanelle montate con del solo cloruro di calcio, l’altra tra le campanelle di un secondo apparecchio simile alle prime, ma includenti ciascuna, oltre la solita capsula col clo- ruro di calcio, anche una piccolissima spugna imbevuta dell’olio es- senziale. Riporto quì senz’altro i risultati numerici di due sole espe- rienze compiute su pianta di Girasole e su pianta di Fagiolo. —_—Helianthus tuberosus. — Esperienza in condizioni normali. — 593 — Acqua eliminata in 24 ore, a 24° C, da una superficie traspirante di 10 cm?: pagina superiore gr. 0,030 ; pagina inferiore gr. 0,150. Esperienza con superfici traspiranti esposte ai vapori d’olio di garofano; ogni altra condizione come nel.caso precedente: pagina superiore gr. 0,080; pagina inferiore gr. 0,200. Phaseolus vulgaris. — Esperienza in condizioni normali. Temperatura, superficie traspirante ecc., come nei casi che pre- cedono : , pagina superiore gr. 0,020; pagina, inferiore gr. 0,080. Esperienza con superficie traspiranti esposte ai vapori d’olio di garofano; ogni altra condizione come sopra: pagina superiore gr. 5,050; pagina inferiore gr. 0,100. Tralascio di riportare altri esempii per altri soggetti e per altri olii, poichè tutti quanti nel loro significato si equivalgono. Dai due casi citati si rileva che i valori numerici, per entrambi le pagine, sono superiori per le foglie esposte ai vapori d’olio che non per quelle traspiranti in assenza dell’olio. Questo fatto che ap- pare in contraddizione con le previsioni, mi fece sorgere subito. il sospetto che il cloruro di calcio adoperato assorbisse, oltre il va- por d’acqua traspirato dalla foglia, anche una parte dei vapori di olio etereo, di cui stava anch’esso in presenza. E allora, in un cri- stallizzatore ermeticamente chiuso abbandonai per 24 ore nello stesso ambiente in cui avevo condotto le precedenti esperienze, una cap- sula con del cloruro di calcio di peso noto, e accanto ad essa, una spugnetta imbevuta con dell’olio di garofano. In quel lasso di tempo, il peso del cloruro di calcio, da gr. 14,830 salì.a gr. 15,025 con un aumento adunque di gr. 0,195. Ilcristallizzatore essendo stato perfettamente chiuso, e l’aria da esso contenuta essendo limitatis- sima in ragione della piccola capacità del cristallizzatore medesimo, l'incremento in peso non poteva derivare che dai vapori d’olio as- sorbiti, e ciò era provato anche dal profumo caratteristico di cui il cloruro di calcio s'era durevolmente impregnato. Per le foglie esposte all’azione degli olii adunque, solo una fra- zione dei valori numerici sperimentali ottenuti doveva presumibil- mente riferirsi all’attività della traspirazione ; il resto dipendeva dal quantitativo di vapori eterei fissati dalla sostanza igroscopica adoperata. Difatti, il maggior incremento si notava sempre nel — 594 — peso del cloruro di calcio della campanella superiore, dove la spu- gnetta intrisa d’olio»stava sospesa in alto al disopra della capsulina col cloruro di calcio medesimo; ciò che, come è facile intendere, non si verificava per la capsulina della campanella inferiore. Data l'irregolarità di questo procedimento, l'impossibilità di e- vitarne le cause di errore, ed anche il fatto che le emanazioni di olio incombenti per molte ore sul lembo della foglia, finivano per danneggiarla fortemente e per menomarne la funzionalità, ho ri- corso con molto migliore esito ad un altro metodo. Questa volta ho messo a profitto un potetometro già noto a Pfeffer e consistente in un vaso cilindrico aperto largamente in alto, e co- muxicante con un tubo orizzontale capillare e graduato, per la capa- cità, in centesimi di centimetro cubo. Questo apparecchio offre il van- taggio grandissimo di poter accogliere nell’acqua di cui viene riem- pito, tutto il sistema radicale di una piantina intera, che viene così a trovarsi, durante l’esperienza, in condizioni più felici che non i rametti impegnati nei potetometri del tipo che abbiamo altrove descritto. La piantina nel nostro caso vieu, fissata & tenuta d’aria col suo caulicino attraverso al tappo che chiude ermeticamente la grande apertura superiore del vaso cilindrico, il quale è anche il serbatoio principale dell’acqua entro cui pescavano le radici. Lo spo- stamento della colonnina acquosa lungo la scala graduale del tubo capillare, accusa nei momenti successivi l'assorbimento operato dalle radici, e indirettamente, l’eliminazione di acqua dagli organi aerei per processo traspiratorio. Le misure per ciascuna delle piante adoperate venivano regi- strate solo dopo qualche tempo da che il potetometro era montato; e ciò per esser sicuro che il soggetto in esame fosse pienamente abituato alle condizioni sperimentali testè accennate. Preparai inoltre un imbuto di vetro a larga svasatura, che tap- pezzai internamente di carta bibula intrisa dall’olio etereo di cui investigavo gli effetti; imbuto che tenevo sospeso ad un sostegno, con la grande apertura rivolta in giù. Segnavo per unità di tempo le indicazioni del potetometro al- lorchè la pianta aveva i suoi germogli aerei nell’atmosfera libera e normale. Subito dopo e sotto condizioni climatologiche sensibil- mente uguali, senza mutare di posto, imponevo su tali germogli, come una cappa, l’imbuto, dirò, oleifero, le cui pareti, senza toc- care gli organi traspiranti del vegetale, costituivano attorno ad esso, e su di esso, per la volatilizzazione dei loro olii, un’atmosfera ricca di tali emanazioni, e mobile abbastanza, consentite, la mo- bilità e la circolazione, dalla grande apertura basale in corrispon- — 595 — denza con l’apertura superiore dell’ imbuto medesimo. In queste circostanze, se variazioni avvenivano nelle indicazioni del tubo ca- pillare, la cosa non poteva attribuirsi, a mio credere, che alla pre- senza degli olii ed alla loro azione sugli organi traspiranti. Sperimentai a lungo con piantine giovani e adulte di Helianthus tuberosus, di Phaseolus vulgaris, di Mercurialis annua, di Lycopersicum esculentum. Basterà per lo scopo cui miro, che io riporti qui i risultati re- lativi alla prima di queste piante, come a tipo. Mi propongo del resto di riprendere le ricerche e di approfondire lo studio sui fe: nomeni di questo genere, e non giudico perciò opportuno dilun- garmi per ora oltre i limiti segnati. Helianthus tuberosus. — Piantina con 6 foglie di mediocre gran- dezza, comprese le primordiali. Le letture venivano fatte, nel pe- riodo diurno, di ora in ora; non registrerò qui tuttavia che quella delle 10 del mattino, e quelle del pomeriggio, dalle 4 alle 7, poi- chè credo che al nostro fine bastino i valori sperimentali relativi — alle ore più calde e più luminose della giornata, quelle in cui la pianta presumibilmente trovasi nelle condizioni più felici di fun- zionalità; e perchè i dati corrispondenti a queste ore del giorno furono sempre i più interessanti per le spiccate differenze da essi accusate nella condotta della funzione traspiratoria, in rapporto diretto con le condizioni apprestate artificialmente alla pianta in esame. Ciò che del resto risulta dalle notazioni che qui appresso riporto. 1° giugno — ore 10 — 0 divisioni Osservazioni. » rd: #+000 ate Fel'Ac=09 » FidS== 80 » 29 =—89 » Potetometro libero. Cielo se- reno, atmosfera calma, massima temperatura all'ombra, 27° C. Ore 7, riempito il tubo capillare fino a zero. 2 giugno — ore 10 — 61 divisioni Osservazioni. srl = 08 » a escl » a LS 0 » > 19-88 > Il tubo capillare venne riem- pito dopo la lettura delle 10, e dopo quella delle 19. Giornata se- rena, con atmosfera mossa od agi- tata. Temperatura massima al- l'ombra, 27° C. — Ore 19, sotto- posta la pianta ai vapori di olio di garofano. — 596 — 3 giugno — ore 10 — 46 divisioni se » oi ht = fio, » P= hed » asa, » 4 giugno — ore 10 — 60 divisioni | 6 16S 57 » > Ly. = 66 » odo ND > >» 19—84 i. . Osservazioni. Cielo sereno, atmosfera calma, temperatura 27° C. Ore 19, tolto l’imbuto e riempito il tubo ca- pillare. La piantina non mostra di avere menomamente sofferto. Osservazioni. Il tubo capillare venne riem- pito dopo la lettura delle 10, e dopo quella delle 19. Cielo sereno, atmosfera calma, temperatura 27° | C. Ore 19 sottoposta la pianta ai | vapori di olio di Lavanda. 5 giugno — ore 10 — 45 divisioni | +16 be > >» 17—63 > > do — 0 > 34) SI » 6 giugno — ore 10 — 62 divisioni »iadG=='62 » » Li 09 » >» tes » > 19= 91 » 7 giugno — ore 10 — 58 divisioni | pid ==29 » » 1% Se 36 » » 18 =44 » > Loi > Osservazioni. Cielo sereno, atmosfera calma, | temperatura 27° C. Ore 19, tolto l’imbuto oleifero e riempito il tubo capillare. Osservaziont. Giornata serena, pomeriggio atmosfera agitata. Temperatura 27° C. Il tubo capillare venne riempito dopo la lettura delle 10 e dopo quella delle 19. Ore 19, collocato l'apparecchio con la pianta, al buio, a temperatura presso a poco aguale alle prece- denti. Osservazioni. Il tubo capillare venne riem- pito dopo la lettura delle 10 e quella delle 19. Temperatura mas- sima 25°,5 C. L'apparecchio è ri- i masto al buio. e % r 3 + e 597 — 8 giugno — ore 10 — 57 divisioni Osservazioni. n »'d'oiot > ; » bi ==99 » >» 18—45 > » 9:52 » Il tubo capillare venne riem- pito dopo la lettura delle 10 e quella delle 19. Temperatura 26° C. L’apparecchio è rimasto al buio, e la pianta sottoposta ad imbuto con olio di Cassia. 9 giugno — ore 10 — 86 divisioni Osservazioni. > 16 54 » wu 05 » >ubto:=—;63 » MO == OO > Il tubo capillare venne riem- pito dopo la lettura delle ore 19. Temperatura 250,5 C. Tolto l’im- | buto oleifero; l’apparecchio ri- mase ancora al buio. 10 grugno — ore 10 —41 divisioni . Osservazioni. 20 » ‘ pe ) x Big e an da Temperatura 25° C. L’espe rienza ha termine. Un esame, anche superficiale, di questa tavola, da subito a co- noscere quali effetti abbiano avuto gli olii eterei posti in giuoco, sulla attività traspiratoria della piantina di girasole. Sugli altri soggetti, dei quali mi dispenso di riportare qui in dettaglio i ri- sultati come per l’Helianthus, i fatti assodati sono della medesima natura di quelli che agevolmente si rilevano dal prospetto citato. I valori numerici significano chiaramente che la traspirazione, rivelata dalla sottrazione di acqua dal potetometro, viene, a parità assoluta di ogni altra circostanza ambiente, limitata sempre e in misura notevole, se sulle parti aeree della pianta viene a stabilirsi un’atmosfera ricca di vapori d’olio etereo. L'attività traspiratoria sì rileva per tenui gradi, a misura che l’olio di cui è imbevuta la carta dell’ imbuto, per volatizzazione e per diffusione viene disperso nell'atmosfera libera, come si va verificando col procedere verso la fine del giorno; l’attività medesima si ripristina interamente poi, tosto che l’imbuto viene allontanato e l’azione dell’olio cessa af- fatto. Gli stessi valori numerici dinotano inoltre, che gli effetti degli olii eterei sulla traspirazione del vegetale, qualitativamente non mu- tano sulla pianta tenuta al buio, e che infine, la pianta è in grado di resistere egregiamente all’ influenza temporanea dei vapori di un ANNALI DI BoranICA — VoL. VII. 38 — 598 — olio etereo anche energico ed agente in grande quantità, senza ri- sentirne intimamente conseguenze dannose per le sue attitudini fi- siologiche, per la sua vitalità. Noi giudichiamo adunque che i vapori di un olio etereo, ana- logamente a quelli di una sostanza anestetica (etere, cloroformio, ecc.) più o meno, secondo la loro quantità ed energia, deprimono la tra- spirazione, l'assimilazione ed ogni altra funzione in cui la vita della pianta si estrinseca. La riduzione dell’attività traspiratoria è ‘de- terminata: 1° per l’assoluta adiatermaneità o per la diatermaneità ridotta dell'atmosfera immediata all'organo assimilante e traspi- rante; 2° per un grado variabile di paralisi, per così dire, del plasma. Attenuata così la traspirazione fisiologica, l'emissione di acqua dalla pianta, nella misura consentita, si effettua allora in parte per evaporazione fisica nell'atmosfera esterna e in quella circo- lante per i tracellulari. Alla luce la vaporizzazione è più intensa, perchè si avvantaggia di una frazione di energia luminosa accolta e resa utile dal pigmento clorofilliano; è anzi questo fatto che può aver persuaso Jumelle dell’intensificarsi della traspirazione, con la limitazione o l’arresto della fotosintesi. Al buio il fenomeno si ri- duce nei limiti consentiti o imposti dal grado igrometrico, dalla temperatura e dalla tranquillità dell’atmosfera ambiente. Che se poi per densità e per energia i vapori d’olio etereo giun- gessero ad arrestare, a sospendere le funzioni organiche, ciò che mon ci sembra accada naturalmente, allora la pianta anestetizzata non elimina dell’acqua, che esclusivamente per un processo fisico di vaporizzazione. In ogni modo, conviene escludere che allo stato naturale delle cose, l’olio essenziale agisca sulla pianta danneggiando gravemente il plasma, così daWestituirlo anche della facoltà di un ritorno pieno alla vita, come dai giudizii di Detto, e in certo modo, anche di Schneider, sì potrebbe arguire; altrimenti ogni ricerca, ogni espe- rienza non avrebbero più significato, e nessuna legge potremmo in proposito formulare. In tutti 1 vegetali che possiedono ghiandole secretrici di un olio etereo, sieno esse esterne o interne sull’organo che devono pro- teggere, sì può anzi ritenere che l'efficacia del secreto come agente anestetico sia molto tenue, influendo esso molto di più come rego- latore termico dell’atmosfera che avvolge l’organo stesso e i suoi elementi, e quindi come disciplina della traspirazione. Le forti pres- sioni barometriche, le temperature elevate, lo stato di secchezza dell'ambiente, e in generale le circostanze cui è di solito subordi- 22599" = nata la struttura xerofitica, e che naturalmente costituiscono una minaccia per la normale condotta della traspirazione, sono quelle stesse che cospirano per la produzione, per lo sviluppo di tali idio- blasti oleiferi, e che ne favoriscono il funzionamento, l’attività se- cretrice ed escretrice. In tutti i soggetti di studio, nei quali constatammo la presenza di olii eterei, gli elementi a contenuto oleifero si trovano infatti localizzati in quelle regioni anatomiche della foglia, che piu diret- tamente ed ampiamente hanno contatto con l’atmosfera libera e circolante, e che abbisognano quindi di protezione contro un so- verchio riscaldamento. 1 Nel Laurus nobilis la foglia presenta rari idioblasti nel palizzata sottoepidermico, dove pure ricorre qualche meato tracellulare; e molti idioblasti invece al confine fra i due tipi di tessuti mesofillici e im- mersi tra gli elementi dello spugnoso; uno stato di cose pressochè identico a quello che si verifica per la foglia di Laurus canariensis. Nella Persea indica l’importanza degli olii eterei come difesa della traspirazione, si attenua in certo grado, grazie al concorso di altri mezzi di cui diremo tra poco. Anche qui tuttavia è sempre nella regione media, più aereata, del mesofillo, che predominano le cellule a contenuto oleifero; vi sono però anche gli elementi del- l'epidermide superiore, che con spiccata frequenza si presentano ric- chi degli stessi olii eterei. La foglia di Persea gratissima, come fu detto a suo tempo, è straordinariamente corredata di idioblasti; ma la loro maggior fre- quenza è là dove più sviluppato si presenta il sistema aereatore e più ampia quindi la superficie libera di vaporizzazione delle cellule mesofilliche. L’Oreodafne californica, che tra le Lauracee da me studiate offre il massimo assoluto di sviluppo dei provvedimenti di difesa, ha le ‘ cellule di entrambe le epidermidi in buona parte oleifere, le serie interne del palizzata, nonchè lo spugnoso, sparsi in misura diversa dei soliti idioblasti, e la regione più esterna di quest’ultimo meren- chima interrotta con notevole frequenza dagli enormi idioblasti se- cretori ed escretori che altrove descrivemmo. Anche il Cinnamomum glanduliferum ha cellule epidermiche a contenuto oleifero, specialmente quelle dell'epidermide superiore; sebbene gli idioblasti ad olio etereo si trovino diffusi inoltre in tutte le zone del mesofillo, la maggior loro densità si riscontra nello spu- gnoso, dal confine col palizzata fin sotto l'epidermide inferiore. Nella foglia di Litsea japonica finalmente, dove non solo il nu- mero e le dimensioni, ma anche l’attività funzionale degli idiobla- 2 BOE sti è meschina assai, le ghiandole oleifere sono quasi esclusivamente confinate nella regione limite tra i due parenchimi mesofillici. ; In tesi generale adunque, troviamo gli olii essenziali volatili in corrispondenza di quei tessuti cui particolarmente é affidato nell’or- gano fogliare il processo della traspirazione (merenchima spugnoso); o in mezzo agli elementi che per la loro posizione periferica (epi- dermidi) e per la soggezione alle influenze dirette dei raggi solari (epidermide della pagina superiore), stanno, malgrado ogni altra eventuale difesa, più esposte ai pericoli cui abbiamo prima avvisato. Un altro ordine di idioblasti, gli idioblasti mucipari, ricorrono, com’é noto, con qualche frequenza fra le Lauracee, ma non vi sono mai così largamente diffuse come le cellule oleifere, trovandosi sol- tanto su qualche specie di determinati generi. Di solito gli elementi mucipari giacciono nel tessuto a palizzata, precisamente nella prima serie di cellule, immediatamente sotto l'epidermide, dove qualche volta per la loro densità e particolare distribuzione costituiscono come un delicato reticolo, visibile di fronte anche ad occhio nudo per la tinta più chiara che presenta, massime ad una forte illumina- zione incidente. Le cellule a mucillaggine che superano in ampiezza trasversale di due o tre volte gli elementi del palizzata tra cui stanno inise- riti, sono a questi uguali in lunghezza; assai spesso, nei casi in cui il parenchima è pluriseriato, gli idioblasti mucipari attra- versano le due o tre serie del palizzata medesimo. Questi i caratteri principali degli idioblasti mucipari nelle tre specie di Lauracee, che sono anche le sole, tra quelle da noi stu- diate, le quali ne siano provviste: la Persea indica, |’ Oreodafne ca- lifornica e la Litsea japonica. Ciò che a noi preme di far qui rile- vare, è il fatto che tali elementi secretori si trovano sempre nel mesofillo, e particolarmente nel tessuto a palizzata; nei nostri casi è anzi sempre nel primo strato di questo parenchima, tra le cellule della serie più esterna di esso; che i grandi idioblasti a mucillagine sì riscontrano. È noto che le materie vischiose di natura svariata e complessa di cui sono ricchi i parenéhimi di molte piante grasse, di vegetali a struttura tipicamente xerofitica, tra gli altri uffici fisiologici e biologici, hanno anche quello di assicurare all'organismo un grado relativamente costante di turgore, un quantitativo di acqua indispen- sabile ai bisogni della vita, e che la pianta medesima non potrebbe ricavare per le vie normali dall'ambiente. Siffatto potere delle mu- cillagini, risiede nella luro elevata igroscopicità, e nella conseguente tenacia a trattenere l’acqua di cui si sono imbeyuti. LI ATT TA — 601 — E allora, se gli idioblasti mucipari si localizzano nel parenchima fogliare destinato al lavoro di fotosintesi, e preferibilmente nella porzione di esso parenchima, che più intensamente subisce gli effetti della radiazione luminosa e che di più lavora, è lecito pensare che, in’ caso di bisogno, gli elementi a mucillagine disimpegnino nella foglia il compito di provvedere in parte l’acqua alimentare indi- spensabile ai processi di organicazione del carbonio, e di assicurare in certo modo ai tessuti quel grado di turgore, di tonicità che rende possibile e regola le manifestazioni essenziali della vita cellulare. D’altro canto, i depositi di sostanze, vischiose idrofile, permettono sulla pianta, per le ragioni suesposte, una forte economia in acqua, consentono minori perdite per traspirazione e costituiscono una di- fesa efficace contro i pericoli della siccità. Anche nei riguardi degli idioblasti mucipari adunque, è agevole constatare gli stretti rapporti, diremmo quasi la consonanza, tra le due importanti funzioni, traspirazione e fotosintesi, che si compiono nello stesso organo fogliare. Che gli idioblasti oleiferi e quelli a mucillagine rappresentino, al servizio del processo traspiratorio, dei mezzi di protezione, me- glio di garanzia, nelle Lauracee in questione, lo si deduce anche ‘ da una specie di correlativita che l’esame anatomico ci rivela tra di essi. La foglia di Persea indica presenta sotto l'epidermide su- periore e tra gli elementi dalla prima serie del palizzata, degli ampî idioblasti a calice, raggruppati in plessi di due a tre, e la cui fun- zione è di secernere del muco. Gli elementi a secrezione oleifera si riducono per contro a scarsissime cellule piccole, sferoidali, disperse nella zona media del mesofillo (palizzata e spugnoso), e ad alcune cel- lule dell'epidermide superiore. L’Oreodafne californica ripete in certo modo le condizioni della precedente lauracea. Nel caso dell’Oreodafne tuttavia, dell’olio ete- reo se ne trova in diversa misura in moltissime cellule epidermiche di entrambe le pagine fogliari, e sono note altresi le grosse am- polle a secrezione oleifera aprentisi sull’epidermide inferiore. Pare però che qui si tratti di provvedimenti ecologici, oltre e più che fisiologici; la pianta probabilmente si premunisce contro la vora- cità e gli attacchi degli animali, mercè una esuberante produzione, diciamo, periferica, di un olio etereo acutissimo e repulsivo. Per i bisogni inerenti alla traspirazione e alla fotosintesi, ricorrerebbe agli ausiliari rappresentati dagli idioblasti mucipari del palizzata, dagli oleiferi del mesofillo centrale, e infine agli stessi elementi oleiferi epidermici e sotto epidermici cui abbiamo dianzi avvisato. Nella Litsea japonica finalmente è il caso di asserire che i ri- — 602 — vestimenti tricomatosi tendono ad escludere gli idioblasti a mucil- laginé, e questi gl’ idioblasti oleiferi. Ricordiamo infatti l’enorme sviluppo e densità dei primi, la mediocre importanza dei setondi, il significato trascurabile di questi e degli elementi oleiferi, per l’eco- nomia del processo traspiratorio. Allo scarso sviluppo anatomico si associa, per gli idioblasti della foglia di Litsea, !a tenuissima atti- vità funzionale, così da farci presumere che si abbia a fare con de- gli organiti in via di regressione per disuso delle loro speciali facoltà. Nella foglia di Litsea infatti, la compattezza del mesofillo, la con- figurazione peculiare della faccia inferiore e la conseguente localiz- zazione degli apparecchi stomatici, i tomenti, la cutinizzazione, ecc., sono tali coefficienti, da rendere per lo meno superfluo ogni altro provvedimento atto a difendere l’organo fogliare da soverchie per- dite di acqua e dalla siccità. Dopo tutto quanto abbiamo in quest’ultima parte del lavoro espo- sto, richiamando le nozioni acquisite intorno ai più interessanti caratteri morfologici ed anatomici delle Lauracee in questione, e facendo, alla luce di queste conoscenze, la disamina dei quadri in cui furono ordinati i risultati sperimentali, tenteremo di formulare per ciascun soggetto un giudizio riassuntivo. Possiamo intanto classificare le nostre sette specie in tre cate- gorie distinte, alla prima delle quali ascriviamo l’ Oreodafne californica, il Cinnamomum glanduliferum e la Litsea japonica, come quelle che per attività traspiratoria tengono il grado più elevato. In un secondo gruppo conteniamo le due specie di Persea e Laurus canariensis, la cui attività traspiratoria comporta relativamente un livello me- dio; rimane nel terzo ordine il solo Laurus nobilis, il quale in tutti e tre i periodi si è rivelato di attitudini traspiratorie assai modeste. Un fatto che mi pare degno di attenzione è, a giudicare dai dati fisiologici, la poca concordanza fra la traspirazione superficiale della pagina fogliare superiore e la periodicità e le vicissitudini di stagione; disaccordo che non risulta invece, in grado rilevante per la con- dotta traspiratoria della pagina inferiore. Mi riferisco alle espe- rienze con l'apparecchio di Garreau, e noto la cosa specialmente per il Laurus la Persea indica, l’Oreodafne e la Tetranthera. . Confrontando, ad esempio, per il Laurus canariensis 1 numeri esprimenti in grammi e per decimetro quadro di superficie, le quantità d’acqua eliminate per traspirazione nelle 24 ore, si trova per la faccia fogliare superiore gr. 0,24 in dicembre; gr. 0,18 in aprile; gr. 0,32 in — 603 — giugno; mentre per la pagina inferiore si ha rispettivamente: 1,24; 3,05; 2,89. Î Ripeto qui appresso in uno specchietto i valori in questione per le quattro specie summentovate: Traspirazione per dm.? di superficie fogliare in 24 h. (I valori sono espressi în grammi). Laurus canariensis Persea indica Oreodafne californica Litsea japonica Giug.| Dicembre | Avr. Giug.| Dicembre | Apr. Gar Dicembre M.-A. Giug. 1905 1904 | 1905 | 1905 1904 1905 | 1905 1904 1905 | 1905 ! | | E | | | pag. sup.0, 2A, 0,18 | 0,32 |pag sup.0,22 sia 0,43) pag. sup.0,27 0,27 0,60 pag. sup.0 A 0,270 | “i 4,60 Dicombre | Apr. 1904 | 1905 0,62 pag. inf. 1 di 3,05 | 2,89 | pag. inf 0, 77 iets 1,49] pag. inf. 1,97 a 7,25|pag inf. 1 99/8 Come si vede adunque, le quote traspiratorie per la pagina in- feriore si elevano sempre dal dicembre all’aprile; dall’aprile al giugno in alcuni casi (Persea indica, Oreodafne, Litsea) l’elevazione si ac- centua più o meno sensibilmente, mentre in altri (per es. il Laurus caneriensis fra le quattro specie riportate nel precedente specchietto) si osserva una depressione. Per la pagina superiore invece, dal dicembre all’aprile la quota discende Laurus canariensis, Persea indica) o rimane invariata (Oreodafne, Litsea); dall'aprile al giugno poi generalmente risale,e in qualche caso (Oreodafne, Litsea), di una quantità abba- stanza forte. i Di fronte a fatti di questo genere, mi sono subito domandato se le particolarità anatomiche constatate nelle rispettive foglie in istudio non avessero un significato in proposito; e a me pare che una risposta sia possibile, ove rimanga nel dominio della ipotesi. Se escludiamo infatti il solo Laurus canariensis, le altre tre specie possiedono i noti idioblasti mucipari nel palizzata, in quell’ordine di elementi di esso, che sottostanno immediatamente all’epidermide. In aprile, in primavera, la pianta si sviluppa vigorosamente e può nel più alto grado compiere ogni sua funzione. È allora da una parte attivo il ricambio organico, dall’altra intenso il lavoro di fo- _tosintesi, attivi i processi anabolici cui attende particolarmente il tessuto a palizzata. Si può ammettere pertanto che in ‘corrispon- denza a questa regione del mesofillo più forte sia il bisogno di acqua, e più limitata quella parte di essa che può giungere alla periferia e liberarsene per traspirazione superficiale. Le mucillagini delle nu- — 604 — merose glandole distribuite nel palizzata più esterno, là dove più di- retta e più energica è l’opera dei fattori fisici dell'ambiente nel promuovere l’eliminazione dell’acqua, servirebbero validamente, per ragioni note, ad attenuare coteste perdite. Verrebbe così tenuta in serbo, a disposizione del palizzata, a vantaggio dei piccoli laboratorii della fotosintesi, l’acqua che essi richiedono, e che pertanto più non perviene all’epidermide per esserne traspirata. Nel periodo estivo, con l’attività formativa di parti nuove del ve- getale si attenua, si riduce anche l’energia di organicazione del car- bonio nei tessuti a ciò destinati. Quella parte della corrente acquosa non reclamata allora dal chimismo del mesofillo superiore, sarebbe libera di raggiungere da quel lato la superficie epidermica, ed esal- terebbe quindi, evaporandosi, i valori della relativa traspirazione. Queste considerazioni appunto io invocherei per rendermi ra- gione dell’evidente disaccordo tra la condotta traspiratoria delle due facce della medesima foglia, nei diversi periodi dell’esperienza. Tornando ora ai dati sperimentali ottenuti con l’uso dei poteto- metri e attenendoci alla classifica che i risultati relativi ci hanno con- sigliato, vediamo in che modo sia lecito interpretare i risultati medesimi. Nel primo periodo delle esperienze, le tre Lauracee del primo. gruppo (Oreodafne, Cinnamomum e Litsea) furono attive e resistenti alle condizioni cui vennero sottoposte; solo la Litsea non corrispose pienamente: per la traspirazione diurna, avendo invece dato dei ri- sultati notevoli per la traspirazione di notte. Nel secondo periodo non si ha di nuovo, che dei progressi nella entità del fenomeno, sebbene l’accordo fre .le tre specie sia meno- mato dall’incostanza delle condizioni atmosferiche in cui le espe- rienze dovettero compiersi. Nel terzo periodo, la traspirazione relativamente si eleva ancora sui livelli raggiunti in primavera, ma non si hanno dei guadagni corrispondenti alla cresciuta intensità degli agenti atmosferici. La Oreodafne traspira molto di notte; il Cinnamomum, la cui po- tenzialità funzionale si afferma con indici altissimi nel primo giorno dell’esperienza, in seguito si deprime fin sotto i livelli del marzo, ed anche qui una parte notevole dell'acqua eliminata nelle 24 ore, è dovuta all’attività traspiratoria notturna. La: condotta della Litsea finalmente è più uniforme, e vi si nota maggior moderazione nel processo. Giudico che nel corso dei due primi periodi, i’ Oreodafne e il Cinnamomum abbiano traspirato nella misura e secondo modalità dipendenti dalle vicende nei fattori atmosferici e compatibili con le disposizioni di difesa di cui è munita la foglia. — 605 — Con questi mezzi di difesa tuttavia, non mi risulta siano entrati in giuoco anche gli idioblasti oleiferi, la cui funzione del resto era superflua, dato nell’un caso il rigore, nell’altro la mitezza degli agenti meteorici, ai quali è per tanta parte legato il chimismo e il dinamismo funzionale della pianta. In estate, allorchè l’Oreodafne persiste a traspirare in misura considerevole anche di notte, persino con atmosfera umida e agi- tata, e l’attività del Cinnamomum decade fin sotto le medie del marzo, sebbene di notte essa anche qui si mantenga su dei valori apprezzabili, appare evidente, a desumerla dai prospetti sperimentali, Vinfluenza limitatrice degli olii eterei, i cui effetti naturalmente si rivelano più nelle ore diurne nelle quali più grave è la minaccia di un soverchio esaltarsi della traspirazione. È perciò che, restando immutata la struttura della lamina fo- gliare, il fenomeno che studiamo attinge nel terzo periodo, e di confronto col secondo, nna intensità non corrispondente alla cresciata efficacia degli agenti atmosferici, mentre d’ altro canto la foglia, sebbene sottoposta a condizioni sperimentali, permane a lungo, come in primavera e d’inverno, nel suo pieno vigore fisico e fun- zionale. Per la Litsea japonica ho manifestato dianzi, in seguito ai ri- sultati delle esperienze, e qui confermo, la convinzione che la difesa e la disciplina del processo traspiratorio, si debba assai li- mitatamente all’azione dei rari e rudimentali idioblasti del meso- fillo, ed in massima invece, alla speciale struttura della foglia, al denso feltro di peli che coprono la pagina inferiore. Tuttii parti- colari notati per ciascuna esperienza sono altrettante prove del fatto, e conferiscono al fenomeno un più largo carattere di feno- meno fisico. | i Delle tre Lauracee comprese nel secondo gruppo, il Laurus canariensis è forse quella che ha dimostrato il maggior vigore fun- zionale e la vitalità più tenace nei due primi periodi di esperienze, nel secondo dei quali, cioè in primavera, la sua traspirazione ha avuto delle quote elevatissime, che sembrerebbero încompatibili con le energiche misure di difesa accusate dalla struttura della lamina fogliare. Mi pare qui il caso di ripetere le considerazioni fatte, per le stagioni corrispondenti, al riguardo dell’Oreodafne e del Cinnamo- mum, e di riaffermare il giudizio che le ghiandole ad olio etereo non abbiano alcun significato efficiente allorquando l’organo di cui fanno parte, per la propria capacità funzionale, per i propri bisogni e per la larghezza dei mezzi posti a sua disposizione, può e deve espli- — 606 — care pienamente le sue naturali attitudini, come è il caso in prima- vera; ovvero quando lo stesso organo attraversa una fase in cui le energie della vita sono, si direbbe, limitate, sopite:ciò che si ve- rifica nel periodo invernale. Lo stesso Lurus canariensis ha poi, nelle esperienze del giugno, contraddetto il criterio relativo alla sua vigorosa funzionalità, poichè la sua traspirazione che a tutta prima si esaltava mediocremente, ricadeva subito dopo a delle medie inferiori persino a quelle inver- nali, dimostrando I’ influenza limitatrice degli agenti atmosferici in estate. Il cospicuo sviluppo del sistema oleifero avrà appunto l’inca- rico di proteggere e di favorire tali attitudini, meglio tali bisogni della pianta. La Persea indica ha dimostrato di godere di uno scarso potere | funzionale, per quel che riguarda la traspirazione. Nel periodo in- vernale i volumi dell’acqua eliminata dai germogli in istudio fu- rono piccoli nelle ore diurne, notevolmente più elevati di notte, malgrado la temperatura atmosferica in questo tempo rigidissima. Com’ebbi a dichiarare altra volta, io non attribuisco valore asso- luto di dati fisiologici*che alle sole traspirazioni diurne; di notte l’attività del soggetto sminuiva fortemente, e l’acqua che allora veniva da esso abbandonata in maggior misura, era in massima parte prodotto di un fenomeno di evaporazione fisica, favorito, questo fenomeno, dallo stato di secchezza e spesso dall’agitazione dell’atmosfera. Nel periodo primaverile si ha un progresso relativamente cospicuo nelle medie di traspirazione, sebbene non si raggiungano dei forti livelli. In estate abbiamo ancora dei valori apprezzabili, ma in tesi assoluta mediocri, e 1 soggetti dell’esperienza non reggono a lungo alle condizioni di questa. Anche la Persea indica adunque subisce in maniera sensibile l’azione deprimente, limitatrice della stagione più asciutta e più calda; in tesi generale poi, non dimostra, attraverso tutto il periodo vegetativo, che modesta e mediocre attività funzionale. Le proprietà anatomiche della foglia di questa lauracea giusti- ficano e spiegano in buona parte il fatto, poichè oltre i serbatoi oleiferi del mesofillo e dell’epidermide, per non tener conto che degli idioblasti, hanno qui importanza i numerosi e capaci idioblasti a mucillagine che si alternano, sotto l’epidermide superiore, con gli elementi del palizzata. Della Persea gratissima ripetiamo in complesso, per l’esperienza del gennaio, i criterî esposti per la specie precedente. Nelle espe- — 607 — rienze del periodo estivo, i buoni risultati ottenuti ci dicono che su questa lauracea il processo traspiratorio si compie con notevole fa- cilità, e che nonostante le condizioni esteriori non sempre misurate alle esigenze dell'organismo, il fenomeno non ne soverchia mai, per i suoi effetti, i limiti del bisogno o della tolleranza, grazie al si- stema di ghiandole a secrezione oleifera di cui è largamente corre- dato il mesofillo. Il Laurus nobilis, finalmente, l’unica specie nostrale, tra quelle prese in istudio, si dimostra fisiologicamente adatto alla climatologia della sua naturale regione, e regola la condotta della propria traspi- razione in armonia con le vicende atmosferiche e con le conseguenze climatologiche delle stagioni. I valori traspiratorî infatti, tenui e mi- - nimi nel dicembre, crescono moderatamente nelle esperienze prima- verili, e si elevano a dei massimi cospicui nel periodo estivo. Faccio subito notare però, che nelle esperienze di giugno e di luglio, la li- mitata resistenza che il germoglio in osservazione dimostrava alle condizioni fattegli per necessità di tecnica, menoma il significato di traspirazione che si vorrebbe puramente attribuire ai quantitativi di acqua eliminata dal germoglio medesimo. Poichè le foglie non conservano a lungo il loro aspetto fresco, una parte dell’acqua e- messa, ed una parte che andava naturalmente crescendo con la du- rata dell’esperienza, ho ritenuto proveniente da evaporazione fisica sui tessuti che si avviavano verso uno stato di assoluta inerzia fisio- logica. Solo per questa considerazione ho creduto opportuno di la- sciare per ultimo il Lawrus nobilis, che altrimenti per le sue quote traspiratorie del giugno avrebbe preceduto le tre specie del secondo gruppo. Coi risultati sperimentali di questa lauracea confermasi ancora una volta l’opinione che sotto condizioni ambienti bensì favorevoli al processo traspiratorio, ma eccedenti per intensità d’azione i limiti di tollerabilità della pianta, quelle funzioni che noi prendiamo in istudio, nel nostro caso la traspirazione, subiscono una limitazione più o meno forte, talvolta anche estrema. Un organismo integro in tutte le sue membra e nei suoi organi, libero di svolgere la sua vita funzionale nelle circostanze naturali della stazione e della regione in cui si trova, è capace di sopportare senza grave danno l’azione sfavorevole dei fattori ambienti. Nelle condizioni medesime, la pianta è in grado di disciplinare la sua at- tività alla stregua dei bisogni esteriori ed interni, traendo ogni pro- fitto dalle generali o speciali proprietà anatomiche di protezione e di difesa. In un germoglio, asportato, sia pure con ogni cautela, dalla pianta madre, invece, non si ha più un individuo, perchè noi i — 608 — abbiamo, per questo germoglio, troncato quel sistema di rapporti che corre fra tutte le membra, come fra tutte le cellule, dell'organismo, e che lo integra. Nella esperienza, allora non si potrà più contare sulle provvide facoltà regolatrici, cui si deve se la pianta resiste con vantaggio alle più svariate ed opposte influenze, e se a ciascuna di esse può adattare il regime della propria esistenza fisiologica. In ciò starebbe, a mio modo di vedere, la causa dei fatti in apparenza strani, che nel corso delle ricerche sulle poche Lauracee, ho avuto modo di rilevare, quasi esclusivamente, nei due periodi estremi del- l’anno vegetativo: l’inverno con i suoi eccessivi rigori, l’estate col suo naturale bagaglio di calori e di siccità. Questo stesso concetto ho voluto esprimere nel breve commento che si accompagna ai singoli prospetti sperimentali. Comunque, possiamo concludere che le Lauracee su cui abbiamo condotto il nostro studio, danno a conoscere, per riguardo alla loro funzione traspiratoria, due fatti che stanno in singolare contrasto, ma la cui risultante offre alla pianta le migliori garanzie per la piena soddisfazione dei suoi bisogni vitali. Da una parte troviamo sui principali organi della traspirazione, le foglie, delle condizioni strutturali che rivelano, se non la neces- sità assoluta, l'opportunità almeno, che il soggetto sia in grado, va- lendosi di mezzi efficaci, di infrenare più o meno energicamente la eliminazione di vapor d’acqua. Presentandosi la foglia così poten- temente difesa, possiamo senz’altro affermare anzi, che la sua resi- stenza ad una energica azione, diciamo, positiva, acceleratrice, dei principali fattori meteorici, sia molto tenue, e che la pianta in di- scorso sia in grado, presentandosene il caso, di limitare senza proprio danno il vigore nella circolazione dell’acqua attraverso il proprio corpo, l’attività della propria traspirazione generale. E per queste ragioni che, quando noi esponiamo una parte del vegetale a condi- zioni che contrariano quelle sue attitudini dipendenti dai bisogni suesposti, a condizioni inoltre, che solo la pianta madre nella sua interezza può vantaggiosamente tollerare e superare, il germoglio in. esame non tarda ad accusare nella sua vitalità uno squilibrio che presto si traduce in evidente deperimento e fino nella morte. D'altro canto poi, le nostre specie han dimostrato di potere, spe- cialmente in primavera, elevare l'intensità della loro traspirazione fino ad un grado che sembra voglia quasi contraddire tutti i più va- lidi provvedimenti di difesa che l’esame anatomico degli organi la- minari traspiranti ci rivela. Il contrasto tuttavia, se bene osserviamo, non è che apparente; ciascuno dei due fatti enunciati sta a sè, ha proprie causalità, effi- — 609 — cienze diverse; entrambi rispondono, in diversi momenti del periodo vegetativo, a bisogni diversi dell’ individuo, ma in definitiva conver- gono al medesimo risultato: quello di tutelare, cioè, gl’ interessi della pianta, e di assicurarne il benessere con la moderazione, la di- sciplina di alcuna sua funzione. A mio giudizio, la pianta che gode appieno della sua integrità fisica ed organica, ha facoltà eziandio di ripudiare o di utilizzare, e in grado diverso, i più potenti mezzi di difesa di cui essa si premu- nisce durante la sua evoluzione morfologica. Ciò spiegherebbe le frequenti contraddizioni, di specie, cioè, a struttura quasi xerofitica, capaci, in circostanze determinate, di tra- spirare intensamente. Tutto dipende dalle attitudini proprie e dai bisogni intrinseci del soggetto, nonchè dalle influenze positive, o ne- gative e sfavorevoli dei fattori ambienti. La pianta crea i suoi mezzi di difesa, come degli attributi ai quali ricorre sempre che il bisogno lo richieda, ma di cui fa a meno in- vece quando incombe il pericolo che determinò la produzione dei mezzi medesimi. Se ciò non fosse, da una parte l'organismo imbri- gliato costantemente, anche in periodi della vita che mal soppor- tano una limitazione di funzioni, nella libera ed intensa estrinseca- zione di una sua speciale attività, non potrebbe svolgere, alla stregua dei bisogni, il complicato dinamismo funzionale cui si raccomanda l’esistenza e lo sviluppo somatico e biologico dell’individuo. D'altra parte, dato e non ammesso che le disposizioni di difesa serbassero nei loro effetti invariabilmente ed assolutamente tale significato, non si comprenderebbe più per qual ragione e in che modo la pianta elevi la quota dei suoi prodotti fisiologici, allorchè, come in primavera, essa può, per necessità interiori e per felice rispondenza, alle mede- sime, delle condizioni ambienti, esaltare, talvolta fino ai massimi gradi, i termini della propria funzionalità. E tutto questo appunto le nostre esperienze ci hanno volta a volta rivelato. A sostegno di questo mio concetto, credo utile ricordare quanto ebbe a stabilire Bergen (1) in seguito alle sue ricerche su quattro specie a struttura fogliare relativamente xerofitica: Olea europaea, Pistacia Lentiscus, Quercus Jlex e Rhamnus Alaternus. Bergen infatti si dimostra convinto che non tutte le differenze, forti e minute, che le piante presentano nella condotta della loro traspirazione, trovano una ragione esauriente nella loro speciale conformazione e struttura. (1) Bercen J. S. — Transpiration of sun leaves and shade leaves of Olea europaea and other broad-leaves evergeens. — Bot. Gaz., vol. XX XVIII, 1904, n. 4, p. 285-296). — 610 — Secondo lo stesso Autore, di due pezzi di foglie fresche di Agave americana, l'uno di foglia cresciuta all'ombra, l’altro di foglia so- latia, entrambi esposti per l’esperienza alla stessa luce del sole, con la superficie di sezione spalmata di cera, in guisa da non avere a tener conto che dell’acqua esalata attraverso l'epidermide intatta, la traspirazione del pezzo di foglia solatia sta in un rapporto variabile da 1,5 a 4 volte quella del pezzo di foglia vissuto in ombra (circa il 2°/. di illuminazione). Poichè non si può qui invocare una diffe- renza marcata di sviluppo dei tessuti traspiranti e del loro sistema vascolare, si ha ragione di ritenere con: Bergen, che la discrepanza tra le due foglie derivi dai bisogni diversi e dalle diverse attitudini funzionali contratte dai dne organi nei due ambienti in cui sì sono sviluppati, diversi l’uno dall’altro per grado d'illuminazione. Analogamente trovò Bergen, cimentando le quattro specie su ri- cordate, di confronto con gli esemplari di Ulmus campestris e di Pi- sum sativum, che la loro traspirazione oraria, espressa in milligrammi, per 100 centimetri quadri di superficie fogliare, non differiva note- volmente, come si avrebbe ragione di attendersi stando ai partico- lari anatomici dei rispettivi organi traspiranti. Le misure però ven- nero fatte su foglie solatie di un anno di età, ad una temperatura di 21° C., con umidità relativa del 67 °/., ad una moderata illumina- zione solare : cioè, sotto condizioni optimum per la funzionalità delle esili foglie di una pianta erbacea annuale, come per quella di foglie caduche di una pianta legnosa, e di foglie persistenti e validamente difese di vegetali quasi xerofitici. Conclude perciò il Bergen, ed io mi associo pienamente alle sue convinzioni, che la struttura xerofitica della foglia non è sempre incompatibile con una traspirazione abbondante, ma qualche volta esiste solo perchè la pianta possa ricorrervi nei bisogni per difen- dersi dai pericoli di esagerate e dannose perdite di acqua. Del resto, anche senza esorbitare dal grande capitolo della tra- spirazione, una ulteriore conferma di siffatta opinione io trovo nella condotta degli stessi apparecchi stomatici. La luce, la temperatura, l’elettricità, le scosse meccaniche, l’umi- dita del suolo, i sali contenuti nel terreno, |’ umidità atmosferica, i venti, l’oscurita persistente, hanno, come è noto, degli effetti sulle cellule di chiusura degli stomi, cosicchè la fenditura stomatica viene a chiudersi o a dilatarsi sotto l’ influenza di tali agenti esercitantesi sulla pianta con intensità crescente o decrescente. Tuttavia non è sempre uguale la risposta dello stoma ai medesimi stimoli. Difatti, mentre alcuni stomi sì aprono se la foglia vien posta in acqua, altri stomi, viceversa con lo stesso trattamento si chiudono; degli stomi merita — 611 — si aprono alla luce, altri invece, sotto l’azione dei raggi solari si chiu- dono. E parimenti, mentre una debole corrente elettrica dà origine a un determinato effetto, una corrente intensa esercita un’azione af- fatto opposta alla prima. A me pare adunque che la portata di questa mia opinione, avva- lorata dalle vedute concordi di Bergen, possa essere estesa e che per- tanto non sia sempre fondato il sistema di apprezzare, di fissare quasi, preventivamente, la condotta di un fenomeno fisiologico, per poco che si conosca la morfologia generale e la struttura anatomica del vegetale in cui il fenomeno ha la sua sede. Se un criterio sif- fatto è valevole e logico per un apparecchio, per un sistema mecca- nico, le cui funzioni obbediscono e rispondono rigidamente a delle leggi fisiche o fisico-chimiche, lo stesso criterio si dimostra insuffi- ciente per una pianta viva, al cui servizio, oltre a coefficienti pura- mente fisici e chimici, altri ne concorrono, i quali rientrano nel do- minio della Fisiologia propriamente detta e della Ecologia, e della vita stessa sono caratteristica essenziale e costante. Riassunto e conclusioni. I. L’esame anatomico degli organi principali della traspirazione, le foglie, nelle sette specie di Lauracee da me prese in esame, di- mostra, con i particolari di una struttura vicina alla xerofitica, l’op- portunita, se non l'assoluto bisogno, di una valida difesa contro even- tuali pericoli di eccessive perdite d’acqua, che non consentite dal grado di umidità del suolo, comprometterebbero il benessere o l’esi- stenza del vegetale. I coefficienti più importanti di questa funzione protettrice sono: i depositi cutinici ed altri comuni rivestimenti sulla parete delle cellule epidermiche, |’ incremento nello sviluppo del tessuto a paliz- zata, la presenza e la diffusione di idioblasti oleiferi e mucipari, la struttura dell'apparecchio stomatico. II. Il clorenchima a palizzata risultante di più serie cellulari, di elementi lunghi, ampii e cilindrici, disposti in ordine serrato ed uniforme, ha nei riguardi della traspirazione, significato di regola- tore dell'energia traspiratoria della pianta, poichè indirettamente pre- munisce l’organo fogliare contro il pericolo ricorrente od immanente che deriva dalla secchezza dell’atmosfera e dall’aridità del suolo, dalla luminosità intensa, dalle forti depressioni barometriche ecc. III. Su tutte le specie studiate, la lamina fogliare possiede idio- blasti oleiferi, cioè ghiandole unicellulari secretrici di olio etereo, e il cui numero, la cui grandezza, forma e distribuzione variano FRA SIAE "dra cht neha oan NE 'SAII pati) RT e re CRE Ri MINE A DEA ; : oy 4 2 Sa Da "Ra TR Tig ee eater pento 1 2% we, ope Shea ae ee x Ia — 612 — Ca con la specie che si considera, rivelando sempre, tuttavia dei rap- porti ecologici con le altre proprietà strutturali della foglia, subordi- nate alle leggi e ai particolari bisogni della funzione traspiratoria. L'efficacia dell’olio essenziale, come agente anestetico sui tessuti traspiranti, è molto debole; nelle condizioni naturali invece, il se- creto influisce assai più come regolatore termico dell’atmosfera in cui esso si diffonde, e che è quella che avvolge immediatamente e com- penetra organo traspirante. Gli strati d’aria impregnati di olio etereo elevano il proprio po- tere di assorbimento delle radiazioni termiche, perdono adunque in diatermaneita e divengono ostacolo al riscaldamento e alla conse- guente vaporizzazione dell’acqua sugli organi della traspirazione. I fattori ambienti cui questa è per una parte subordinata, è proba- bile siano ad un tempo gli stimoli che determinano la produzione degli idioblasti oleiferi; come sono le cause che di tali idioblasti fa- voriscono l’attività e determinano gli effetti. Gli idioblasti mucipari, presenti solo nelle foglie di tre delle Lau- racee descritte, e ricorrenti nel clorenchima a palizzata, conferiscono all’organo carattere xerofitico, e per le note proprietà delle mucil- lagini, assicurano un’efficace economia dell’acqua e valida difesa contro gli eccessi della traspirazione e i pericoli della siccità. IV. Gli elementi di chiusura degli stomi sulle foglie delle Lau- racee in questione, in modo caratteristico contraggono, con le cel- lule annesse, dei rapporti anatomici, che mentre limitano di quelli l'indipendenza e la libertà funzionale, ne facilitano il compito che ai medesimi spetta essenzialmente come apparecchi di regolazione e di difesa nel processo traspiratorio. Lo studio della traspirazione stomatica mi induce a ritenere che la funzionalità degli stomi sia prevalentemente d’ indole meccanica, e stia in dipendenza causale di leggi idrostatiche e idrodinamiche; gli agenti atmosferici in generale, non possono che modificarne in vario grado le modalità. A me pare che le condizioni essenziali da cui debbano dipendere direttamente il grado di tonicità, e la con- dotta funzionale delle cellule di chiusura, o meglio, dell'intero appa- recchio stomatico, siano: 1° il quantitativo d’acqua prestato dal suolo alle radici della pianta; 2° l’attività fisiologica che si esplica nell’assorbimento, nella circolazione della soluzione nutritizia, e nel- l’impiego dei materiali inorganici assunti con la soluzione medesima. V. Sulle foglie delle Lauracee da noi studiate, i particolari strut- turali significano limitata resistenza degli organi e dell’ intero sog- getto ad agenti esteriori diretti ad esaltare eccessivamente il processo traspiratorio; e rivelano nel soggetto medesimo la necessità e insieme -— 613 — la facolta di disciplinare per proprio vantaggio quel processo, m op- posizione agli effetti sfavorevoli delle condizioni ambienti. D’altro canto, le piante avute in esame han dimostrato di potere, massime in primavera, elevare intensamente la loro attività traspi- ratoria; e ciò, malgrado gli energici provvedimenti di difesa note- voli sopratutto nella struttura anatomica degli organi fogliari. Effettivamente questi due fatti armonizzano. La pianta che gode appieno della sua integrità fisica e funzionale, ha facoltà eziando di trascurare e di utilizzare, in grado diverso, secondo 1 bisogni del caso, i più potenti mezzi di difesa di cui essa, sotto le influenze dell'ambiente in cui si svolge, si premunisce durante la sua e7olu- zione morfologica. Così ad esempio, l’ufficio degli olii eterei, la cui importanza come mezzi protettivi ci è parsa indiscutibile, non è sempre necessario. La pianta infatti ne fa a meno, allorquando per la propria vitalità esuberante e perla larghezza dei mezzi disponibili, ha bisogno ed è in grado di pienamente estrinsecare le sue naturali attitudini, come è il caso in primavera; ovvero, se attraversa un periodo in cui, come si verifica nella stagione invernale, le energie “della vita sono ridotte d’intensità e come sopite. Questo concetto abbiamo formulato sulla fede dei valori speri- mentali delle nostre ricerche e sulle risultanze degli studii fin qui condotti intorno alla traspirazione vegetale. VI. Dalle esperienze con l'apparecchio di Garreau è risultato, spe- cialmente per i casi di Laurus canariensis, Persea indica, Oreo- dafne californica e Tetranthera japonica, un disaccordo notevole fra la traspirazione delle due pagine fogliari nei tre periodi o stagioni in cui le esperienze stesse furono compiute. La quota traspiratoria per la pagina inferiore della foglia, cresce sempre dal dicembre al- l'aprile; cresce ancora, sebbene in misura diversissima, dall'aprile al giugno, meno per il Laurus canariensis, per il quale invece si deprime. Par la pagina fogliare superiore, i valori funzionali relativi dal di- cembre all’aprile scemano per il Laurus canariensis e la Persea, ri- mangono invariabili per le altre due specie citate; dall’aprile al giugno poi, i valori costantemente si elevano. Opino che la discesa primaverile per le quote traspiratorie della pagina fogliare superiore, stia in intimo rapporto col più intenso la- voro di fotosintesi, in coincidenza con la fase più attiva di accre- scimento, di evoluzione somatica del vegetale. VII. L’energia di traspirazione delle Lauracee da me studiate, presenta il suo grande periodo annuale. Essa ha un minimo che cade nella stagione più fredda e meno luminosa, e precisamente tra la fine di dicembre ele prime decadi del gennaio successivo; raggiunge ANNALI DI BoranIca — Vou. VII. 39 DIET il suo ottimo a primavera inoltrata, allorchè la vegetazione. general- mente si trova nel massimo rigoglio, favorita in ciò dalle più op- portune condizioni d’ambiente; decresce per solito poi col sopravve- nire dei forti calori estivi e della siccità, e può in questa discesa rasentare di nuovo i gradi dell’attività invernale. Nei tre casi (Persea indica, Oreodafne californica, Litsea japonica), in cui l’intensita di traspirazione si eleva ancora nei mesi di estate, questo progresso funzionale è sempre debole ed. assolutamente spro- porzionato all’efficacia degli agenti atmosferici favorevoli al feno- meno traspiratorio. In autunno finalmente, col ritorno delle pioggie, la traspirazione si riattiva, ma precariamente e in modo irregolare, restando sempre lontana dai livelli raggiunti nel periodo primaverile. Dal R. Istituto Botanico, Roma, maggio 1908. Tav. XXII ICP DIC RATTO PETIT SANIRCAVE, DIVA E TRO IRR MIE THON AS YGF Hy Say ee! INIT feti ARTI E al it faut ht ys Nee eb 107 y : ‘ — 615 — SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. TA VOL As Nee Fig. 1. — Figura semischematica di un apparecchio stomatico tipico per le Lauracee esaminate, e visto in sezione trasversale. " A, cellule annesse. — K, cellule di chiusura dello stoma. — C, inspessi- menti cutinizzati della parete esterna delle cellule annesse. — È, camera respiratoria. — H, epidermide fogliare. Fig. 2. — Sezione attraverso il palizzata di una foglia di Persea indica. M, un idioblaste muciparo. Ingrand. 475. Fig. 3. — Sezione trasversale di una foglia di Persea gratissima. E, idioblasto oleifero nel palizzata. — &’; idioblasti oleiferi nel tessuto spugnoso e al confine tra i due parenchimi del meseon le — 8, stoma. nica, vista di fronte. S, stomi. — A, foveole frontali in ee dei grandi idioblasti oleiferi sottoepidermici. — a, orifizio di sbocco degli idioblasti. Fig. 5. — Sezione attraverso il tessuto spugnoso della foglia di Oreodafne ca- lifornica. | D, ghiandole a secrezione oleifera, aprentisi sull’epidermide per mezzo dell’orifizio a. Ì Fig. 6. — Sezione trasversale della lamina fogliare di Litsea japonica ; omesso il denso rivestimento pilifero dell’epidermide inferiore. M, idioblasto muciparo. — J, idioblasti oleiferi. — E, epidermide della pagina inferiore, priva del tomento; vi si notano i grandi rilievi e avval- lamenti, nonchè gl’ inspessimenti ar svariati della parete esterna di alcune cellule epidermiche. Ingrandimento 350. ———————_—_—_—__—_—_—__—_—————_—_——_—_————_—>—P—_—_—————_—__—_—___—_—__—__——__——m— ____ ——_———_———__—_—_—_—___—=€———.:--— ee ———__————€————————6————+——_ NOBILIS GRIN RI RI RSS SIRI VSANANIS NA SI RI IOI DI I OS Studi sul microrganismo produttore dei tubercoli delle leguminose del Prof. Gino DE’ Rosst. (Tav. XXIII). I. — Isolamento, diagnosi batteriologica, utilizzazione delle culture nella pratica agricola. I. — CENNI BIBLIOGRAFICI E SCOPO DEL LAVORO. In una mia precedente pubblicazione (1) io dimostravo che i ca- ratteri attribuiti al Bacillus radicicola dal Beijerinck che per il primo l’isolò, e dai pochi che dopo di lui l’ottennero in cultura pura, sono grandemente indeterminati e del tutto insufficienti a stabilire net- tamente la diagnosi batteriologica del microrganismo in questione. E notavo che questa indeterminatezza ed insufficienza di caratteri distintivi aveva indotto in errore molti autori che si sono occupati di questo argomento : così quelli, cioè, che non accettando il risul- tato degli studi del Beijerinck hanno descritto, come produttori dei tubercoli, microrganismi dai caratteri più disparati e che evidente- mente non hanno nulla a che fare con i veri agenti tubercoligeni, come coloro che supponendo di aver isolato il Bacillo radicicola Beijerinck non avevano coltivato in realtà che specie inquinanti fa- cilmente confondibili con esso, o tutt'al più avevano avuto a che fare con culture impure. (2) (1) Annali d’Igiene Sperimentale. Vol. XVI, p. 493. (2) In una recentissima pubblicazione (Centr. f. Bakter. II Abt. XXIII Bd. p. 59) R E. Buchanan trova ingiustificata questa mia asserzione. Ma, nemmeno a farlo a posta, lo stesso Buchanan, ne fornisce una ulteriore ed evidente conferma! Quando egli infatti asserisce di avere osservato formazione di batteroidi nelle culture di microrganismi isolati da alcune leguminose, ma non averne mai ottenuti, in nessun caso, nelle culture da Vicia faba, Vicia villosa, Lupinus arboreus, («the organism derived from these hosts produced no bacteroids under any conditions» - p. 62), la cosa non può spiegarsi che in un modo: evidentemente egli ha lavorato con vere culture di b. ra- dicicola isolate dal primo gruppo di leguminose, mentre per le altre ha avuto a che fare con culture di quei germi inquinanti, da cui egli, come tanti altri ricercatori, è stato tratto in inganno! (Nota aggiunta, nella revisione delle bozze). — 618 — Invero, anche dalle mie. ricerche sperimentali risultava che sui terreni nutritivi consigliati per l’isolamento del B. radicicola, pure adoperando le maggiori cautele per evitare l'inquinamento da parte di altri germi del suolo, si sviluppano quasi costantemente ed assai rapidamente colonie di microrganismi, alcuni dei quali pur presen-- tando caratteri uguali o assai vicini a quelli con cui viene descritto il B. radicicola Beij., non possono assolutamente identificarsi con esso poichè non sono capaci di riprodurre i tubercoli nelle coltiva- zioni sperimentali. D'altra parte, io potevo seguire colla massima sicurezza il pro- cesso evolutivo del microrganismo specifico tanto nell'interno dei tubercoli di Vicia faba come sui terreni nutritivi, mediante l’esame microscopico diretto, a forte ingrandimento, del materiale stesso dei tubercoli disseminato sulla superficie delle culture di isolamento (1), in modo da precisarne il ciclo biologico e da ottenerne una cultura pura la cui specificità non poteva esser posta in dubbio, e che ve- niva altresì confermata dall’esito costantemente positivo degli espe- rimenti di inoculazione fatti con materiale ripetutamente trapian- tato sui terreni nutritivi. E poichè alcuni caratteri morfologici e biologici sicuramente stabiliti di tale cultura, si differenziavano molto da quelli generalmente attribuiti al B. radicicola Berj., 10 pur ritenendo ozioso il fermarmi a discutere se fossi o no stato il primo ad isolare il vero produttore dei tubercoli, e propendendo anzi ad ammettere che altri già lo avesse coltivato prima di me, affermavo che, data la scarsezza ed incertezza dei caratteri ad esso general- mente attribuiti, quello da me isolato doveva considerarsi come il primo esemplare di cultura pura tubercoligena nettamente indivi- dualizzata secondo le norme positive della tecnica batteriologica, e st- curamente affermata nella sua specificità. i * * Lo studio dell'argomento meritava di essere continuato e appro- fondito. Così restavano da meglio determinarsi varie particolarità morfologiche, culturali e biologiche del microrganismo; si doveva (1) Chiunque non sia digiuno dei principi elementari della tecnica batte- riologica sa che sulla superficie di una piastra di gelatina o di agar su cui sia stato abbondantemente sparso il materiale batterico, lo sviluppo delle co- lonie, specie nei primi stadi, può molto facilmente studiarsi non solo per mezzo dei preparati per impressione, ma anche mediante l’osservazione diretta con un forte obiettivo a secco, E lo stesso dicasi della riproduzione foto- grafica. — 619 — ricercare se le sue culture erano capaci di fissare l’azoto atmosferico; si doveva stabilire se 1 risultati favorevoli dell’ inoculazione speri. mentale erano confermati nella pratica agricola; le ricerche anda- vano estese ad altre specie di leguminose; la questione della unità o pluralità di specie meritava di essere risollevata; e via di- cendo. Non appena le condizioni del mio nuovo laboratorio di Perugia me l’hanno consentito, e cioè nell'autunno del 1907, io mi sono accinto allo studio di tali questioni. E riserbandomi di riferire ulte- riormente circa il risultato di altre parti del mio studio di speciale importanza — almeno per ora — da un punto di vista puramente scientifico, dò conto intanto in questa prima memoria di quelle che hanno non solo una importanza teorica, ma presentano anche uno speciale interesse per |’ applicazione alla pratica dell’ agricoltura. Questa memoria comprende dunque le ricerche tendenti a definire in modo positivo la tecnica da seguirsi per ottenere con sicurezza la cultura pura del microrganismo produttore dei tubercoli delle leguminose e a stabilire 1 più importanti caratteri morfologici, culturali e biologici sui quali (completando e modificando le affer- mazioni dei precedenti AA.) sì può sicuramente basare la dia- gnosi batteriologica del microrganismo stesso, secondo le esigenze attuali della scienza. E poichè appunto la difficoltà dell’isolamento in cultura pura e la insufficienza dei mezzi di identificazione costi- tuivano la causa precipua dell’incertezza finora regnante circa l’ef- ficacia dell’inoculazione delle leguminose per mezzo delle culture, è evidente la opportunità di far seguire alla descrizione della tec- nica che io ritengo adatta per l’isolamento e la sicura identifica- zione delle culture specifiche, il resoconto degli esperimenti dimo- stranti l'efficacia di esse nella pratica applicazione alla coltivazione delle leguminose. Già tali ricerche mi apparivano necessarie per confermare (esten- dendo lo studio a molte altre leguminose) le asserzioni della mia precedente memoria; ma, oltre a ciò, la loro opportunità risulta evidentissima in seguito a un rapido sguardo ad alcuni lavori pub- blicati posteriormente al mio, le conclusioni dei quali, alcune pro- babilmente giuste, altre indubbiamente errate, complicando ancora la questione mi hanno ancor più convinto della opportunità di una ‘trattazione dell’arcomento sufficientemente ampia, ordinata e sicura ’ ? che mi lusingo valga a porre le cose nella loro vera luce. Limitandomi qui a considerare le pubblicazioni che si occupano dell’isolamento e della diagnosi batteriologica del microrganismo tubercoligeno, ricordo anzitutto due lavori comparsi quasi contem- — 620 — È poraneamente al mio, quelli di Schneider (1) e di Kellermann e Be- ckwith (2). E mi basti ricordare che mentre è per me indubitato che su agar o gelatina all’estratto di carne lo sviluppo del micror- ganismo specifico (anche se trapiantato in forti proporzioni da cul- tura pura) è assolutamente negativo, o almeno così scarso da non potere in aleun modo dar luogo a formazione di colonie, quegli AA. affermano che l’isolamento del microrganismo dai tubercoli si fa bene utilizzando quei terreni nutritivi! Ricordo, presso a poco del medesimo tempo, un Da di Ste- fan (3) che pur non occupandosi di proposito della coltivazione del B. radicicola ritiene, senza darne per vero una molto chiara dimo- strazione, che esso sia da ascriversi al gruppo, recentemente studiato da alcuni AA., dei mixobatteri. Maassen e Muller (4) affermano di avere isolato i batteri dei tu- bercoli da 28 specie di leguminose, ma non danno, nella loro bre- vissima nota, nessun preciso particolare circa la tecnica seguita e non portano nessun nuovo contributo di caratteri diagnostici all’in- fuori di quello riguardante la cigliatura dei microrganismi, che — come piu oltre esporrò — io non posso assolutamente -con- fermare. ; Notizie abbastanza estese circa la tecnica seguita nell’isolamento danno Harrison e Barlow (5): ma varie loro affermazioni’e segna- tamente questa, che non solo le culture di isolamento su piastra di agar e di gelatina infettate col materiale interno dei tubercoli o svi- luppano in cultura pura la Pseudomonas radicicola o restano sterili, ma che anche le culture per striscio danno di solito il medesimo risultato, rendono lecito il sospetto che anche questi AA. rientrino fra quelli che hanno avuto a che fare, per lo meno, con culture impure. Non sembra che il Peglion (6) studiando i batteri dei tubercoli della Sulla, si sia preoccupato di stabilire la purezza delle culture. Questa invece è stata sicuramente ottenuta dal Severini (7) che pure sui batteri della Sulla ha pubblicato una memoria che mi sembra meriti (1) Botanical Gazette, 1905, p. 296 (2) Centralblatt f. Bakteriologie. II Abt. 1906, Bd. XVI, p. 540. (3) vi, 1906, Bd. XVI, p. 131. (4) Mitteilungen aus der Kais. Biolog Anstalt. f. Land-und Forstwirtschaft. ecc. 1906, Heft 2, p. 22. (5) Centr. f. Bakter II Abt. 1907, n..7/, e '%/,s. (6) Stazioni sperimentali agrarie italiane, XL. 1907, p. 156. (7) Rendic. della R. Acc. dei Lincei; classe di scienze fisiche eec. 1907. Vo- lume XVI, serie 5%, p. 219. SUG et una speciale menzione sia per il suo valore intrinseco, sia perchè direttamente o indirettamente, conferma le conclusioni del mio precedente lavoro. Il Severini infatti stabilisce anzitutto che nelle culture di isolamento ha luogo con grande facilità lo sviluppo di colonie appartenenti a microrganismi facilmente confondibili con quello specifico ma affatto inattive all’ inoculazione; riconosce che molto spesso avviene di ottenere culture impure nelle quali esiste, al primo passaggio, il microrganismo tubercoligeno e perciò sono attive nell’ esperimento di inoculazione, mentre nei passaggi suc- cessivi, prendendo il sopravvento i germi inquinanti, risultano affatto inattive; conferma che lo sviluppo delle colonie specifi- che ha luogo dai batteroidi seminati sui substrati nutritivi. Egli espone finalmente alcuni caratteri morfologici e culturali della cul- tura pura da lui isolata, dai quali caratteri, egli dice, « si rileva che il bacterio di Sulla si allontana notevolmente da quelli delle altre leguminose, per quanto è possibile giudicare dalle descrizioni ancora controverse che di essi sono state date ». Ora, anche questa affermazione del Severini costituisce una conferma precisa, per quanto indiretta, delle mie precedenti osservazioni inquantochè quei caratteri che egli riferisce si differenziano bensì da quelli co- munemente attribuiti al B. radicicola Beij., ma sono notevolmente concordanti con quelli da me già esposti per il bacillo isolato dalla Fava. In altri termini, le ricerche del Severini condotte secondo una tecnica rigorosa lc hanno portato ad esporre fatti completa- mente attendibili, e le sue conclusioni sono sostanzialmente esatte in quanto stabiliscono che i caratteri del batterio della Sulla si allontanano notevolmente non da quelli delle altre leguminose, ma dalla imperfetta e inesatta descrizione che di essi generalmente si dava finora. Debbo finalmente far parola di un lavoro del dott. A. Rodella stampato in Padova nel 1907 coi tipi del R. stabilimento Prospe- rini, intitolato «I tubercoli radicali delle leguminose, studio cri- tico sperimentale d’alcuni problemi di batteriologia agraria e di fisiopatologia umana » (1). In esso, V’A. vorrebbe attribuire la produzione dei tubercoli a microrganismi anaerobi. Mi limito a riferire testualmente la descri- zione della tecnica seguita dal Rodella per l'isolamento di tali mi- crorganismi. (Cfr. pp. 38-39): « Si piglia il tubercolo radicale in toto, (1) Ripubblicato in parte nel Centralblatt f. Bakt. II Abt. Bd. XVIII, p. 455, eliminandone fra l’altro la introduzione virulentemente polemica della quale non mi curo. — 622 — lo si lava bene in acqua distillata, poi in sublimato all’1°/., poi de nuovo in molta acqua distillata sterilizzata. Non volendo servirsi del sublimato si può con un cucchiaino arroventato, facendo girare il tu- bercolo mediante una pinzetta, sterilizzare ugualmente ‘la sua super- ficie >». Chiunque abbia visto una volta sola un tubercolo di legumi- nosa e non sia ignaro della microbiologia del suolo, comprende subito come con tali procedimenti sia assolutamente impossibile ottenere la completa sterilizzazione della superficie esterna dei tu- bercoli: astrazione facendo dall’arroventamento che costituisce un procedimento impossibile ad applicarsi efficacemente, data anche la piccolezza dei tubercoli, la disinfezione chimica e meccanica anche prolungata per lunghissimo tempo, non riesce mai ad uccidere od allontanare tutti i microrganismi inquinanti, che aderiscono alia superficie dei tubercoli: senza dire poi di quelli che probabilmente esistono spesso nell’interno di essi. Chi non sa che appunto a ciò si tenta di riparare mediante la vecchia pratica delle culture d’iso- lamento fatte col materiale della parte più interna dei tubercoli? Invece il dott. Rodella continua: « Si passa pot il tubercolo, nella sua totalità, nei tubi Burri, oppure nelle comuni provette ove l’agar al glucosio è messo in alto strato. Si tiene per 5 minuti alla temperatura di 80° e stmmerge poi la provetta nell’ acqua diaccia. Il tubercolo ° radicale va al fondo della provetta e dopo 2-6 giorni di dimora a 37°, forma tanto gas che tutta la colonna d’agar è spinta verso l’aper- tura della provetta stessa. Sono necessari di solito parecchi passaggi per avere l’anaerobio in cultura pura». Non v'ha dubbio che, con tale procedimento, il Rodella, dopo avere ucciso mediante l’azione del- l’alta temperatura, 1 microrganismi specifici dei tubercoli, isola qualche banale anaerobio del suolo. Dopo ciò è superfluo dire che egli non accenna, nemmeno di passaggio, nella sua voluminosa memoria, di avere ottenuto risultati positivi dalla inoculazione spe- rimentale delle sue culture! Egli afferma semplicemente (pag. 58) che « coll’immettere questi germi nel terreno contemporaneamente at semi delle leguminose, noi domandiamo loro un servigio ch’ esst possono renderci dopo pochi giorni, cioè quello di penetrare nelle radici della | pianta, .ed ivi mediante i gas producentisi dalla fermentazione degli idrati di carbonio, alla quale essi dan luogo, creare quelle nodosità che devono poi esser preziose per il processo della fissazione d'azoto ». In base a questo concetto egli scopre analogie non sospettate tra « quei rigonfiamenti (!) che si chiamano tubercoli rudicali > e gli aseessi gassosi degli animali, nonchè tra «il processo di fissazione dell’a- zoto nelle leguminose e i fenomeni che si svolgono nell’intestino umano e più precisamente in quello del lattante ». Potrei continuare a i — 623 — lungo nelle citazioni, ma mi pare che sia già sufficientemente dimostrato che la memoria del Rodella non merita di esser presa in considerazione, se non forse come esempio tipico della confu- sione che regna ancora nell’argomento che ci occupa. Ben altra importanza a conferma del mio asserto circa la in- certezza finora regnante nella conoscenza del microrganismo tuber- coligeno, ha un passo di una memoria di Hiltner (1) pubblicata fin dal 1903 ma che mi era sfuggito al tempo della mia precedente pub- blicazione. | In questa memoria, il noto batteriologo tedesco, dopo avere ac- cennato alla possibile presenza di varie specie batteriche inquinanti nell'interno dei tubercoli e dopo avere affermato che probabilmente si tratta di penetrazione verificatasi all’inizio del processo di disfa- cimento del tubercoli, nota (a p. 266) che le cose vanno diversamente per un’altra specie da lui frequentemente osservata in culture di varia origine. Si tratta di un microrganismo che nei terreni nu- tritivi a base di gelatina dà luogo a formazione di colonie non fon- denti, e che si sviluppano molto lentamente. Esso produce batteroidi e si comporta nelle soluzioni zuccherine assolutamente nello stesso modo come il microrganismo specifico dei tubercoli. Una sua pro- prietà caratteristica ‘sarebbe che i singoli individui delle colonie sono molto tenacemente tenuti insieme da una sostanza mucosa. Secondo l’Hiltner questa specie non è capace di dar luogo a forma- zione di tubercoli: e questo è in realtà l’unico criterio in base al quale egli ritiene trattarsi di un microrganismo inquinante, come dimostra la sua affermazione che « solamente la prova se una cul- tura è o no capace di dar luogo a formazione di tubercoli può pro- teggerci da sorprese ». L’Hiltner si proponeva di studiare ancora questa specie batterica, ma avendo invano ricercato nella letteratura un ulteriore suo contri- buto in proposito, ho voluto interpellarlo direttamente, ed egli lia avuto la cortesia di comunicarmi di non aver potuto mettere in ef- fetto il suo proponimento. Ora se si pensa che i due caratteri che specialmente distinguono il microrganismo in questione, e cioè lentezza di sviluppo .sui ter- reni nutritivi e presenza di sostanza niucosa tenacemente conglo- | merante i microrganismi nelle colonie su gelatina di leguminose glucosata sono propri del germe da me isolato e che ho sicuramente dimostrato esser capace di produrre tubercoli nelle coltivazioni spe- (1) Arbeiten a. d. Biolog. Abt f. Land-und Forstw. am Kais. Gesundheitsamte, III, 1903, p. 265. — 624 — rimentali, non sembra lecito l’ammettere che forse l’Hiltner si sia ingannato affermando che il microrganismo da luisommariamente de- scritto sia da considerarsi come una specie inquinante? Che tale ipo- tesi non contraddica punto a quanto ho altrove affermato, che cioè l’Hiltner sia tra quei pochi che hanno isolato anche il vero germe tubercoligeno, sarà dimostrato tra poco. Ma intanto, o voglia ammet- tersi che in realtà l’Hiltner abbia erroneamente considerato come germe inquinante quello che, come vedremo, rappresenta forse la cul- tura più sicuramente pura del microrganismo tubercoligeno, o si pre-. ferisca accettare senz’altro l’ opinione dell’ Hiltner ‘che ritiene il germe in questione così facilmente confondibile con quello speci- fico da potersene sicuramente differenziare solo in base all’ esito dell’esperimento di inoculazione, così nell’uno come nell’altro caso si ha una validissima conferma della necessità di stabilire norme precise per l’isolamento e la identificazione del microrganismo pro- duttore dei tubercoli, dato che la mancanza di esse costituisce ancora una così grave causa di incertezza e di errore. II. — ISOLAMENTO DEL MICRORGANISMO TUBERCOLIGENO. Riserbandomi di tornare presto sull'argomento rimando per ora alla mia memoria, già citata, per ciò che riguarda i caratteri del microrganismo nell’interno dei tubercoli e la sua trasformazione in batteroide normale prima, e poi vacuolizzato; non senza dire però che le mie precedenti osservazioni restano completamente confer- mate dall’esame microscopico dei tubercoli delle specie molto nu- merose da cui ho fatto culture d’isolamento. Esse sono le seguenti: Trifolium repens, Trifolium pratense, Trifolium incarnatum, Medi- cago falcata, Medicago denticulata, Medicago lupulina, Trigonella Feenum graecum, Lupinus albus, Vicia Faba, Vicia villosa, Vicia nar- bonensis, Ervum Lens, Pisum sativum, Vicia Ervilia, Lathyrus sativus, Phaseolus vulgaris, Lotus corniculatus, Hedysarum coronarium. Per moltissime di queste leguminose le culture d’isolamento fu- rono ripetute più volte, utilizzando piante dell’orto sperimentale di questo Istituto agrario, ed altre coltivate in varie località della To- scana e dell'Umbria. Non da tutte (come or ora esporrò) ho potuto ottenere, con sicurezza, la cultura pura: ripeterò la ricerca a sta- gione opportuna per quelle leguminose in cui il risultato è stato finora incerto e lo estenderò anche ad altre per poterne completare il già iniziato studio comparativo (che serva anche a definire la que- stione dell’unità o pluralità di specie); ma i risultati già ottenuti mi permettono ormai di stabilire circa la tecnica d'isolamento e di iden- — 625 — tificazione del microrganismo tubercoligeno norme positive e di por- tata generale. Stimo superfluo riferire il voluminoso protocollo delle numerosissime esperienze di isolamento (più di un centinaio), e mi limito a riferirne il costrutto. I tubercoli delicatamente staccati dalla Medica della pianta ap- pena divelta dal suolo, si lavano abbondantemente in acqua comune, e preferibilmente si tengono per un’ora in acqua corrente. Si pas- sano quindi in una provetta chiudibile con tappo smerigliato e ste- rilizzata, e vi si aggiunge dell’acqua sterilizzata, rinnovandola spesso e facilitando il distacco dei microrganismi aderenti alla superficie esterna dei tubercoli mediante energico sbattimento. Questo trat- tamento dev'essere applicato molto a lungo, specialmente quando si ha a che fare con tubercoli molto piccoli che non è possibile sezio- nare per prelevarne il contenuto. Dopo 2 ore o più, durante il qual tempo l’acqua sterile sarà stata rinnovata 15 o 20 volte si afferrano i tubercoli con pinza sterilizzata e si portano su fogli di carta bibula sterilizzati in capsula di Petri, rotolandoveli in modo da asciugarli il meglio possibile, quindi si dispongono in un’altra capsula di Petri sterile. Ritengo che questo procedimento puramente meccanico sia quello che meglio permette di allontanare, per quanto si può, i germi inquinanti, e che sia preferibile all’uso di disinfettanti (su- blimato corrosivo, acido fenico ecc.) la cui applicazione prolungata è impossibile, mentre per breve tempo riesce inefficace. Lo ha con- fermato l’esperimento diretto, inquantochè piastre d’isolamento fatte con le ultime acque di lavaggio dei tubercoli previa disinfezione 0 puramente meccanica o chimica (immersione per 5 o 6 minuti in soluzione di sublimato corrosivo all’1 °/, seguita da 7-8 lavaggi in acqua sterile) mostravano nel primo caso un minor numero di co- lonie inquinanti. Itubercoli asciutti vengono sezionati, se sufficien- temente grandi, con un bisturì previamente arroventato, ed avendo cura di ripetere l’arroventamento per ogni tubercolo da sezionarsi per evitare il più possibile di trasportare colla lama eventuali mi- crorganismi inquinanti sulla superficie di sezione. Dalle due metà dei tubercoli, afferrati con pinza sterile, con un sottile ago di acciaio una particella del materiale più interno viene trasportata in un bic- chieretto sterilizzato: si aggiungono poche goccie di acqua sterile in cui il materiale si spappola con una bacchetta di vetro ottenendo una omogenea emulsione bianchiccia. Quando si tratta di tubercoli molto piccoli, essi vengono ad uno ad uno trasportati direttamente nel bicchieretto e schiacciandoli contro la parete di esso mediante la bacchetta se ne fa fuoriuscire parte del contenuto, quindi si allon- tanano subito colla pinza a fine di ridurre al minimo la contamina- id zione da parte dei microrganismi ancora aderenti alla loro super- ficie esterna. Con una pipetta sterile si porta qualche goccia del- l'emulsione sulla superficie del terreno nutritivo già solidificato in capsule di Petri. Qual’è il terreno nutritivo preferibile per l’isolamento del mi- crorganismo tubercoligeno ? Numerosissime sono le prove da me fatte con i più svariati materiali, e ne riassumo i risultati nelle SORIA proposizioni: 1. I comuni terreni nutritivi a base di estratto di carne e peptone sono assolutamente da escludersi perchè non danno luogo allo sviluppo delle colonie. 2. Non sono nemmeno consigliabili 1 terreni a base di sostanze favorevoli allo sviluppo del microrganismo, ma solidificati con agar sla perchè questa sostanza è in genere meno favorevole della ge- latina alla cultura d'isolamento del germe tubercoligeno, sia perchè il liquido sparso sulla superficie dell’agar non viene così bene assor- bito come dalla gelatina e quindi i microrganismi non rimanendo fissati isolatamente sulla superficie del terreno nutritivo, spesso non danno luogo a sviluppo di colonie isolate e quindi utilizzabili per ottenere la cultura pura. * 3. Ogni terreno a base di infuso di semi di leguminose (al 5-10 %), o di foglie (al 10-20 %) con aggiunta di zucchero (1-3 %), e solidificato con gelatina può servire bene per le ee di isola- mento, ma quello che’ mi sembra meglio corrispondere è preparato riel modo seguente: a un litro di acqua di fonte si aggiungono 100 grammi di foglie di leguminose, si tiene per 1 ora a 100° nella stufa di Koch, si decanta il liquido e vi sì aggiunge quello spremuto dalla parte solida portando, se è necessario, il tutto a 1 litro con acqua di fonte. Si aggiunge i110 % di gelatina marca oro e l’1,5 % di glu- cosio puro; si mette per 30’ nella stufa di Koch per ottenere la com- pleta soluzione, si neutralizza con soluzione concentrata di carbo- nato sodico saggiando con cartine di tornasole sino ad avere reazione leggerissimamente alcalina; si rimette per 1 ora nella stufa di Koch a 100°, si filtra, si distribuisce in provette e si sottopone a steriliz- zazione frazionata. 4. Per preparare tale gelatina ho utilizzato, con uguale esito favorevole, le foglie di varie leguminose, fra le altre quelle di Fava, Lupino, Veccia, Sulla, Trifoglio, Pisello. Nessuna diversità ho mai po- tuto constatare nello sviluppo delle colonie di una determinata le- guminosa su gelatina preparata a base della stessa o di altra pianta. Al momento di eseguire l'isolamento si versa la gelatina lique- fatta in 4 scatole di Petri sterilizzate e vi si lascia solidificare. Come ho detto, si porta, con una pipetta sterile, qualche goccia del- l’emulsione batterica su una di queste piastre e si distende su tutta la superficie della gelatina per mezzo di una spatola di vetro (serve bene p. es. la spatola del Drigalski o altra consimile secondo ho ri- cordato nella mia precedente memoria). La spatola stessa, senza ca- ricarla ulteriormente di materiale, viene senz’altro sfregata su tutta la superficie della gelatina della seconda capsula ove abbandona il li- quido di cui era rimasta intrisa nella prima capsula: dalla seconda si passa nella terza, da questa nella quarta sfregando sempre accu- ratamente ogni punto della gelatina. Le capsule vengono poi poste in termostato a temperatura di 15-18°, e a partire dal secondo giorno sì sorvegliano giornalmente sottoponendole ad esame macro-e mi- croscopico (a piccolo ingrandimento: 30-40 diametri). Per lo più già dopo 36-48 ore sono visibili ad occhio nudo nella prima capsula colonie fondenti o no, evidentemente dovute a germi inquinanti: talvolta mancano, ma tal’altra sono così abbondanti e così rapidamente crescenti da invadere tutta quanta la gelatina o da fluidificarla prima che il microrganismo tubercoligeno possa dar luogo a formazione di colonie, anche microscopiche. Naturalmente tali colonie inquinanti sono più scarse (di rado mancano) nella 23 piastra; scarsissime o mancanti nella terza e nella quarta. Astrazione facendo da queste colonie inquinanti, e quando il loro troppo rapido e rigoglioso sviluppo non occupa o fonde rapidamente la gelatina, le culture per lo più nei primi giorni dopo l’innesto - non mostrano alcuna modificazione: ma verso il 5°-6° giorno l'esame microscopico (a 30-40 diametri) fa vedere la superficie della gelatina cosparsa di punticini (il cui numero va decrescendo dalla 1% piastra ove sono numerosissimi, verso la 4° la quale talvolta ne è affatto priva) fortemente rifrangenti la luce, che all’esame diretto a forte in- grandimento, o nei preparati per impressione appaiono costituiti da corpiciattoli irregolari, globosi, piriformi, bacillari, ramificati. È que- sta la prima formazione della colonia, di cui nella mia memoria più volte citata, ho dato la riproduzione microfotografica. Ma a volte si ha un reperto assai diverso, il quale mi sembra ci dia la chiave di molti degli errori e delle incertezze che hanno finora così stranamente complicato la questione dell’isolamento del mi- crorganismo produttore dei tubercoli. Si può cioè avere lo sviluppo relativamente rapido di colonie che per i loro caratteri macroscopici — 625 — e microscopici devono attribuirsi al radicicola. Dai protocolli delle mie esperienze rilevo, ad esempio, che nelle culture di isolamento dai tubercoli di Cicerchia, Ginestrella, Lupino, Loto, Capraggine e Lenticchia fatte dal marzo al maggio decorso, le prime due pia- stre, gia al 3° giorno dall'innesto mostravano all'esame microsco- pico piccolissime colonie fortemente rifrangenti la luce che pro- gredendo assai rapidamente nel loro sviluppo, verso il 7°-8° giorno avevano dato luogo, per lo più, a una densa patina confluente nella 1° piastra, mentre nella 2° si avevano numerose colonie del diametro di 1-2 mm. o più, con tutti i caratteri di quelle del radicicola. Solo in alcuni casi la 8°, e una sola volta la 4* piastra presentavano scarsissime colonie simili. Tale fatto, oltre che nelle culture di iso- lamento fatte una sola volta colle surricordate leguminose, sì è iden- ticamente presentato anche in alcune delle moltissime culture fatte in tempi diversi da tubercoli di Fava, Veccia, Trifoglio, Pisello; mentre nella massima parte delle culture fatte da queste quattro leguminose, e in quelle fatte da Sulla, Medicago falcata e dentico- lata, e Fagiolo, ho invece constatato sempre, e in tutte le piastre (eccezion fatta per quelle in cui ciò era reso impossibile dall’inva- sione degli inquinanti, e quelle in cui il materiale d’ innesto non era arrivato) le sole colonie a lento sviluppo. Giova del resto avvertire che anche nei casi in cui si osserva- rono le colonie rapidamente sviluppantisi, queste erano sempre ac- compagnate, a suo tempo, dalla comparsa delle coloniette tardive, microscopiche. Si vegga ad esempio la fig. 1 (Tav. X XII]) che rappre- senta, con un ingrandimento di 60 diametri, l'aspetto della superfi- cie di una piastra (la seconda della serie) all’8° giorno dopo l’innesto con materiale da tubercoli di veccia. In essa le colonie inquinanti erano scarsissime: nella fotografia s1 vedono le grandi colonie coi ca- ratteri di quelle del bacillo radicicola in parte già confluenti, ma fra esse nei piccoli spazi della gelatina non invasi sì vedono numerosi punticini bianchi che altro non sono se non le colonie puntiformi che, a questo stadio di sviluppo, in moltissimi altri casì costituiscono il solo reperto rilevabile nelle culture d'isolamento. Due ipotesi possono spiegare questa rapidità di sviluppo che tal- volta si osserva nelle piastre molto abbondantemente innestate: 0 in esse sl trovano, fra le altre, anche speciali forme del microrganismo dotate di più rapida facoltà riproduttiva, o (ciò che è molto più probabile) tali colonie derivano dallo sviluppo non di singoli germi isolati, ma di ac- cumuli di germi e quindi devono più rapidamente accrescersi ed assu- mere dimensioni macroscopiche. In ogni modo sta di fatto che mentre nelle prime due piastre possono talvolta osservarsi tali colonie che — 629 — sembrano doversi attribuire al microrganismo specifico, ma di svi- luppo assai rapido e che quindi mascherano ed ostacolano la forma- zione delle colonie a sviluppo lento, queste invece hanno sempre agio di svilupparsi regolarmente e di farsi, come or ora diremo, len- tamente visibili ad occhio nudo nelle altre due piastre ove il mate- riale d’infezione è molto più scarso e dove si nota solo eccezional- mente la comparsa di qualche colonia rapida. È ora molto interessante vedere i risultati che ho ottenuto dai numerosissimi trapianti eseguiti dalle due sorta di colonie: appa- rentemente-identici a prima vista, si sono poi dimostrati fondamen- talmente diversi. Infatti nelle ricordate culture di isolamento dai tubercoli di Cicerchia, Ginestrella, Lupino, Loto, Capraggine, Len- ticchia, come in quelle di Fava, Veccia, Pisello, Trifoglio, che dettero luogo a sviluppo rapido di colonie con caratteri di speci- ficità, io fui indotto a fare da esse i trapianti in tubi di gelatina di leguminose per ottenere le culture pure, e in realtà il primo pas- saggio mi faceva per lo più ritenere, per il suo aspetto macrosco- pico e per i caratteri microscopici, di avere così ottenuto la cultura pura non differentemente da ciò che avevo sempre ottenuto, negli altri casi, trapiantando le coloniette microscopiche. Ma ben presto dovetti constatare, non senza sorpresa, che mentre nei successivi passaggi 1 caratteri di queste ultime culture si man- tenevano immutati, invece quelle del primo gruppo molto spesso cambiavano rapidamente. Già al 3°, 4° passaggio le culture su gela- tina di leguminose spesso apparivano fondenti, o perdevano la ca- ratteristica glutinosità, o assumevano speciali pigmentazioni e via dicendo. Contemporaneamente l’esame microscopico veniva per lo più dimostrando mutazione di forma dei microrganismi. Fatti questi non attribuibili certamente ad un pleomorfismo che qualche ricercatore troppo frettoloso ha attribuito al bacillo radicicola, ma evidentemente dovuti allo sviluppo e al graduale sopravvento di germi inquinanti sul germe specifico che, predominante nelle colonie e nelle culture di primo passaggio, viene man mano perdendo terreno nei passaggi successivi di fronte al rapido moltiplicarsi degli altri. Il fatto è stato da me osservato tante volte che non può assolutamente porsene in dubbio la importanza come gravissima causa di errore nell’ isola- mento della cultura tubercoligena. Non è mancato qualche caso in cui la cultura ottenuta col passaggio di colonie di rapido sviluppo si è mostrata pura, mantenendosi tale attraverso numerosi trapianti, e ciò dimostra che in quei casi nell’accumulo di microrganismi spe- cifici da cui avevano avuto origine tali colonie non esistevano germi estranei. Ma per lo più, sia che qualche microrganismo inquinante ANNALI DI BorANICA — VOL. VIL. 40 GIO si trovi inizialmente mescolato coi microrganismi produttori della colonia a rapido sviluppo, sia che questa, per la costipazione del ma- teriale sparso sulla superficie della gelatina, venga» nel suo accresci- mento in contatto con germi estranei che poi nell’eseguire il tra- pianto vengono trasportati dall’ansa di platino, questo è certo, che le culture derivanti da tali colonie non offrono nessuna garanzia di purezza, mentre possono molto facilmente trarre in inganno chi si contenti di esaminarle nei primissimi passaggi. È chiaro che tale inconveniente non può verificarsi se l’isola- mento della cultura si fa da colonie a lento sviluppo e dalle™piastre ove esse non sono troppo numerose. Anzitutto (come dimostra l’e- same microscopico diretto, secondo ho esposto nella memoria prece- dente) le colonie a lento sviluppo derivano dalla moltiplicazione di uno solo o di pochissimi germi vicini, e ciò, secondo un canone fon- damentale della tecnica batteriologica è già una condizione favore- vole alla loro purezza: ma ciò che ha speciale importanza è che la loro stessa lentezza di sviluppo ci offre una valida garanzia inquan- tochè l'eventuale presenza di germi inquinanti ha intanto la mas- sima probabilità di manifestarsi o con formazione della relativa co- lonia, 0 con evidente inquinamento della colonia tubercoligena. É l’esperienza di molte e molte diecine di passaggi, dimostra, dopo turto, che in tali condizioni si è quasi sempre sicuri di ottenere la cultura pura, che solo eccezionalmente può aversi dalle colonie a ra-- pido sviluppo. Quindi, mentre cade ogni contraddizione tra la mia asserzione di una caratteristica lentezza di sviluppo del microrganismo tuberco- ligeno e quella di molti altri autori che parlano di sviluppo assai rapido (e non accenno con ciò a quelli pure numerosissimi che hanno , avuto addirittura a che fare con colonie inquinanti), viene messa in chiara luce una gravissima causa di errore in cui la maggior parte di questi autori sono caduti ottenendo culture per lo più im- pure, e che solo talvolta possono essere state pure. E dopo ciò non appare verosimile la mia ipotesi che anche quello che l’ Hiltner con- siderava, in base ad un esame affrettato, come un germe inquinante, fosse in realtà la cultura più sicuramente pura del microrganismo radicicola ? * Concludendo, l'isolamento del microrganismo deve farsi dalle piastre ove, al 5°-6* giorno dopo l’ innesto esistono, e non troppo nu- merose, coloniette ancora invisibili ad occhio nudo e che ad un in-. grandimento di 30-40 diametri si presentano come piccoli punticini — 631 — fortemente rifrangenti la luce. Già a questo punto può farsi il pas- saggio se dopo aver contrassegnato il luogo ove esiste una colonietta isolata (facendo p. es. con la penna una macchiolina d’inchiostro nella località corrispondente del fondo della scatola di Petri) si tra- pianta direttamente il pezzetto corrispondente della gelatina aspor- tandolo con un grosso ago di platino. Ma è forse meglio attendere il progressivo sviluppo delle colonie. Queste, verso il 7°-8° giorno cominciano a farsi evidenti nelle piastre ove sono molto nu- merose come una fine granulosità, una specie di scabrosità della su- perficie della gelatina, mentre al solito ingrandimento di 30-40 dia- metri si osservano coloniette di varia grandezza a seconda del di- verso stadio di sviluppo, ma di aspetto molto simile, incolore, fina- mente granulose (v. fig. 2, Tav. XXIII). Non conviene far trapianti da queste piastre poichè non mancano in esse le colonie inquinanti, mentre, attendendo ancora qualche gicrno, nelle piastre meno ricche di materiale si fanno chiaramente visibili ad occhio nudo colonie non troppo numerose, rilevate, jaline, bianchiccie, non fondenti la gelatina, composte di un materiale glu- tinoso, filante, assai tenace, per la sostanza mucosa in cui stanno im- mersi i microrganismi che ormai in gran parte hanno la. forma ba- cillare, pur non mancando fra essi forme globoso-irregolari e ramifi- cate. È questo evidentemente il momento più opportuno per otte- nere la cultura pura con certezza di buon risultato. III. — DIAGNOSI BATTERIOLOGICA DEL MICRORGANISMO TUBERCOLIGENO, Senza pretendere di dare qui una descrizione assolutamente com- pleta dei caratteri morfologici, culturali e biologici del microrga- nismo, io mi propongo di esporre un certo numero di dati fonda- mentali su cui si può con sicurezza stabilirne la diagnosi. Essi si basano sullo studio di numerose culture (non meno di 18) derivanti dalle seguenti leguminose: Vicia Faba, Vicia villosa, Pisum sativum, Trifolium pratense, Trifolium repens, Hedysarwm coronarium, Medi- cago falcata, Medicago denticulata, Phaseolus vulgaris. Tutte queste culture hanno presentato un uguale comportamento in tutte le ricerche che sto per esporre: è quindi sommamente pro- babile che si tratti di caratteri propri di tutti i microrganismi delle leguminose e servano a caratterizzarli: ciò, ben inteso, indipenden- temente da possibili differenze che possano rilevarsi dalle indagini più minute, ed estese al maggior numero possibile di leguminose ora in corso di esecuzione (come già ho detto) per risolvere la que- — 632 stione dell’esistenza di eventuali varietà del microrganismo. dei tubercoli. § 1. ASPETTO MICROSCOPICO DEL MICRORGANISMO TUBERCOLIGENO. — Nelle culture sui terreni nutritivi più adatti [agar o gelatina a base di estratti di semi o di foglie di leguminose, con glucosio: vedi più oltre $ 2 a), 5), c), d)], il microrganismo nei primi stadi di sviluppo si presenta come un bacillo di 0,5—-0,6x2,5—3,5 p, diritto o leggermente incurvato (v. fig. 3, Tav. XXIII) per lo più isolato (talora se ne osservano anche di riuniti a due a due, toccandosi per le estremità) senza nessuna particolare struttura. Sono mobili e quindi provvisti di ciglia. Essi non si sottraggono alla legge generale, (sulla quale ho insistito in molti miei lavori sulla mobilità dei batteri in ge- nerale, e sulla colorazione delle ciglia) (1) che solo nei primi stadi di sviluppo delle culture fatte su terreni opportuni (per composizione chimica e per notevole ricchezza di acqua) si può osservare la mobi- lità tipica e si possono metter bene in evidenza le ciglia. Le culture su gelatina nelle quali il microrganismo tubercoligeno cresce inglo- bato in una sostanza organica particolarmente glutinosa sono pure ‘ inadatte; invece servono bene le culture in agar di leguminose gluco- sato, almeno per l’esame della mobilità. La colorazione delle ciglia è invece spesso difficile anche da esse per la presenza della sostanza in cui i microrganismi sono immersi, e che pur essendo abbastanza fluida da non impedirne la mobilità, costituisce pur sempre, come qualunque sostanza organica estranea, un gravissimo ostacolo alla buona riuscita del processo di colorazione delle ciglia. Dopo lunghi e ripetuti tentativi, riusciti per questa sola ragione infruttuosi, sono finalmente riuscito a ottenere buoni risultati dopo aver trovato un terreno nutritivo opportuno. È questo l’agar di fagiolo al 5 °/, pre- parato secondo è descritto più oltre ($ 2, d): viene fatto solidifi- care in scatole di Petri, e dopo infettato viene posto a 18°-20°. Dopo 2 giorni si ha una leggera patina umidissima costituita da bacilli che all'esame in goccia pendente mostrano quella caratteristica mobilità generale vorticosa, che, secondo ho altrove notato (opp. citt.) dà il migliore affidamento della buona riuscita del processo di colorazione delle ciglia. La colorazione riesce in ogni modo tutt'altro che facile, perchè la materia inglobante i bacilli non manca, sebbene assai scarsa e fluida, nemmeno nelle culture sul ricordato terreno nntritivo. Con (1) Rivista d’Igiene e sanità pubblica (1902, 1903), Archivio per le scienze mediche (1900, 1904, 1905, e Annali d’igiene sperimentale (1905). — 633 — tutto ciò ho potuto ottenere preparati sufficientemente dimostrativi, col mio metodo di colorazione, dai microrganismi dei tubercoli di Fava, Veccia, Pisello, Trifoglio, Erba medica, risultandone che la disposizione delle ciglia è identica in tutti, e differisce notevol- mente da quanto si è finora affermato a proposito del bacillo radici- colo. Questo è considerato generalmente come un monotrico, ed anche Harrison e Barlow (op. cit.) ritengono di aver messo in evi- denza l’unico flagello nei preparati sottoposti ai comuni metodi di colorazione semplice (?) presentando anche un fotogramma niente affatto dimostrativo. Maassen e Muller (op. cit.) dicono che i ba- cilli colorati col metodo di Zettnow mostrano a un polo un ciuffetto di ciglia lunghe e sottili, per lo più in numero di 4. Dalle mie ricerche risulta invece che il microrganismo è un tipico peritrico. Naturalmente nei preparati anche ben riusciti esistono sempre bacilli con un solo o con pochi flagelli, ma’ anche questo è un fatto comune alla maggior parte dei microrganismi peritrichi, dovuto alla fragilità delle ciglia che molto facilmente si rompono o si staccano. Ciò avviene specialmente quando la cultura non è molto recente o è fatta su materiale non sufficientemente umido o per altra ragione inadatto e parallelamente si nota negli esami in goccia pendente un numero più o meno grande di microrganismi immobili: quando le condizioni della cultura sono le più favorevoli, il numero dei microrganismi normalmente cigliati è maggiore. Da uno di questi preparati, da cultura di Trifolium repens è riprodotto il fotogramma n. 4 (Tav. XXIII), che rappresenta l'aspetto normale delle ciglia di tutte le culture esaminate: come si vede le ciglia sono in numero di 8-10 (e talvolta, sembra, anche più) e disposte re- golarmente tutto all’intorno della cellula batterica. Il microrganismo si colora bene con tutti i colori basici di ani- lina: non si colora col metodo di Gram. Nelle culture vecchie di qualche giorno sui ricordati terreni nutritivi adatti presenta il fe- nomeno della cosidetta vacuolizzazione, rilevabile dal fatto che uno o più punti del bacillo non assumono le colorazioni (v. fig. 5, Tav. XXIII) Questa vacuolizzazione si esagera coll’invecchiare delle cul- ‘ture, a punto che nelle culture di parecchi giorni si osservano spesso forme ovalari non colorabili, avendosi alla colorazione il fenomeno ovvio, sul quale anche Harrison e Barlow richiamarono l’attenzione, che i preparati mostrano una massa amorfa intensamente colorata (la sostanza glutinosa che ingloba i microrganismi) nella quale spiccano incolore le forme batteriche. Il microrganismo tubercoligeno non presenta mai forme diagno- sticabili come spore. — 634 — § 2. CARATTERI DELLE CULTURE. — È un microrganismo preferi- bilmente aerobio, le cui culture sono specialmente rigogliose in con- tatto dell’aria, ma può svilupparsi anche in condizioni di anaero- biosi. Circa l’azione della temperatura, vedi più oltre ($ 3). Ho ese- guito varie ricerche per determinare la più opportuna reazione dei mezzi nutritivi: si ha sviluppo ugualmente buono delle culture così in terreni leggermente acidi (acidità naturale della gelatina di le- guminose) come in terreni leggermente alcalinizzati con carbonato sodico; e manifestamente nella preparazione dei terreni nutritivi conviene, come regola generale, avvicinarsi il più possibile ad una reazione neutra. Ho studiato i caratteri culturali nei seguenti mezzi, facendo cul- ture con tutti gli esemplari di bacilli or ora ricordati; e con risul- tato assolutamente identico per tutti. La massima parte delle culture è stata ripetuta più volte, in tempi diversi e con microrganismi di diversa provenienza. Di regola tutte le culture sono state tenute a temperatura di 15°-18°. a) Gelatina all’estratto di foglie di leguminose. — Preparata, se- condo ho descritto a pag. 626 con diverse leguminose, con varie proporzioni di glucosio (1-2-8 °/.) e di cloruro di sodio (0-0,25- 0,50 °/,). Gli innesti a striscio (in tubi a becco di flauto) e per in- fissione, fatti con tutte le surricordate culture. dopo 6-10 giorni a 15°-18° presentano in superficie una patina bianchiccia, cerea, assai tenace e filante per la densa sostanza amorfa, glutinosa, in cui stanno immersi 1 microrganismi. Scarso sviluppo lungo il canale d’ infis- sione. All'esame microscopico si osservano 1 bacilli prima completa- tamente colorabili, poi vacuolizzati, con i caratteri già descritti. Le modificazioni nella proporzione del glucosio e del cloruro di sodio non danno luogo a notevoli differenze nell'aspetto macrosopico e mi- croscopico delle culture. b) Agar all estratto di foglie di leguminose. — All’ infuso al 10 °/, di foglie di varie leguminose si aggiunge 1’ 1,5 °/, di agar finamente tagliuzzato: si fa bollire a fuoco diretto per 30', fino cioè ad otte- nersi la completa dissoluzione dell’agar: quindi si tiene a 100° nella" stufa di Koch per 2-3 ore. Si aggiunge l’ 1-3 °/, di glucosio, e il 0,25- 0,50 °/, di cloruro di sodio di cui si facilita la soluzione riponendo il miscuglio per qualche minuto nella stufa. Si alcalinizza leggeris- simamente con soluzione di carbonato sodico; si riporta per un’ora nella stufa, si filtra a caldo attraverso ovatta, si distribuisce in pro- vette e si sterilizza. Sviluppo piuttosto scarso nei primi giorni: ma verso l’8°-10° giorno si ha patina assai abbondante presso a poco — 635 — con gli stessi caratteri di quella delle culture in gelatina, ma più fluida. Anche l’aspetto microscopito è il medesimo. c) Gelatina allestratto di semi di leguminose. — Preparata colla solita tecnica, con infuso di semi di fagiolo 10 % (v. più oltre uw); ) con aggiunta del 10 °/, di gelatina, 1,5 “/, di glucosio, 0,5 °/, di cloruro di sodio. Sviluppo abbastanza rapido di una patina bianca coi caratteri consueti ma assai tenace: solito aspetto microscopico. d) Agar allestratto di semi di leguminose. — Preparato colla tecnica indicata in d) partendo dall’infuso di semi al 5-15 °/, (Fagioli, Veccie, Piselli) con 1,5 °/, di agar, 1-3 °/, di glucosio, 0-0,5 % di clo- ruro di sodio. Lo sviluppo è diversamente rapido a seconda della variabile proporzione dei componenti: in generale più lento quanto maggiore è la concentrazione dell’estratto di semi, e la proporzione di Nacl. Ma, astrazione facendo dalla rapidità di sviluppo, l’aspetto macroscopico delle culture è, suppergiù, sempre uguale, presentan- dosi come una patina chiarissima, molto diffluente, e con discreto sviluppo filiforme anche lungo il canale d’infissione. L’esame micro- scopico dà il solito risultato: notevole la mobilità in goccia pen- dente delle culture molto recenti. e) Gelatina e agar all’estratto di semi di leguminose. con tor- nasole. — Ai due mezzi nutritivi precedenti, versati nelle provette e sterilizzati, prima che solidifichino, si aggiunge, con pipetta sterile, qualche goccia di una soluzione acquosa neutra di tornasole previa- mente sterilizzata, fino ad aversi lieve colorazione che — per la reazione appena alcalina dei mezzi stessi, appare azzurrognola* con riflessi rossicci. — Lo sviluppo e l’aspetto macro e microscopico delle culture è identico a quello che si ha sui terreni non tornasolati: la colorazione resta affatto immutata anche dopo 15-20 giorni. f) Agar all’estratto di terra. — L'estratto di terra mannitato (v. più oltre: 9g); ) si solilifica coll’1,5 °/, di agar, colla solita tecnica. Si ha sviluppo assai rapido a 15° della patina culturale coi soliti ca- ratteri, e anche un sottile filamento lungo il canale d’innesto. So- lito aspetto microscopico. g) Gelatina peptonizzata salata, preparata con acqua di fonte, e il 10 °/, di gelatina, 1 °/_-di peptone Witte purissimo, 0,5 °/, di clo- ruro di sodio: come tutti gli altri terreni nutritivi viene leggeris- simamente alcalinizzata. Le culture per striscio o per infissione danno sviluppo molto lento e scarso di patina bianca, cremosa, non filan- te, mancando — a quel che pare — la sostanza glutinosa che nelle _— 636 — culture precedentemente descritte ravvolge i microrganismi. Le culture per infissione ‘assumono ‘aspetto a chiodino, avendosi verso 1’8°-10° giorno un piccolissimo disco bianco un po’ rilevato in super- ficie e uno scarsissimo sviluppo filiforme lungo il canale d’innesto. Dopo 30-40 giorni lo sviluppo è sempre molto scarso: spesso lungo il canale d’innesto si osservano tante piccole coloniette globose, in serie, come i chicchi di un rosario. Ma ciò che più specialmente in- teressa è l’aspetto microscopico che così dopo 8, come dopo 20 e 40 giorni dall’innesto si mostra identico, e molto caratteristico, per tutte quante le culture. Si vedono cioè bacilli benissimo colorabili coi colori di anilina, di spessore normale, ma sempre molto corti e spesso tanto da assumere aspetto di grossi cocchi (dimensioni circa 0,6 X 0,6 — 17), isolati e talvolta accoppiati. In essi non si osserva mai trac- cia di vacuolizzazione o di altre modificazioni (v. fig. 6, Tav. XXIII). h) Gelatina peptonizzata salata tornasolata. — Caratteri ma- croscopici e microscopici identici a quelli delle culture precedenti: nessuna modificazione del colore del mezzo nutritivo. i) Gelatina all’estratto di carne peptonizzata salata. — Prepa- rata colla solita tecnica aggiungendo ad acqua di fonte 1 °/, di Estratto di carne Liebig, 1 °/, di Peptone Witte, 0,5 °/, di Cloruro di sodio, 10 °/, di Gelatina. Gli innesti per striscio o per infissione danno risultato negativo o quasi. Talvolta sembra verificarsi, nei primi giorni dopo l’innesto, un lieve aumento del materiale inocu- lato, ma in realtà non si ha una vera moltiplicazione dei microrga- nismi o tutt'al più questa è, e rimane sempre, scarsissima. Molto prolabilmente quel principio di sviluppo della cultura è sempli- cemente apparente, ed in rapporto colle modificaziori avvenute nei microrganismi innestati, che mi limito per ora a riferire per la loro importanza diagnostica, senza discuterne il significato. Infatti, l'esame microscopico mostra che mentre una parte dei bacilli innestati mantiene presso a poco il suo aspetto normale, la maggior parte, invece, appaiono variamente trasformati. Alcuni pre- sentano semplicemente un piccolo rigonfiamento centrale o termi- nale ben colorabile coi comuni colori di anilina, come tutto il re- sto della cellula batterica; molti appaiono trasformati in corpi (anch’essi ben &olorabili) di forma sferica, ovale o lanceolata di no- tevoli dimensioni (2,5-3X3-4 4 e più), da cui spesso si veggono emergere le due estremità del bacillo (v. fig. 7, Tav. XXIII): molti altri bacilli poi assumono aspetto ramificato del tutto identico a quello dei batteroidi contenuti nell’interno dei tubercoli (v. fig. 8): finalmente si osservano anche forme le più irregolari e grossolanamente ramificate. — 637 — L'aspetto e il numero di queste forme bacillari, globose o ramifi- cate, varia un po’ nelle diverse culture, e a seconda del tempo tra scorso dall’innesto, della temperatura, e probabilmente anche per lievi oscillazioni nella composizione chimica del terreno nutritivo: ma ad onta di tali piccole varietà e sia che predomini l’uno o l’altro degli aspetti descritti, la fisonomia complessiva dei ‘preparati microsco- pici rimane sempre la medesima ed è assolutamente caratteristica del microrganismo tubercoligeno. k) Agar all’estratto di carne peptonizzato salato. — Come il pre- cedente, sostituendo alla gelatina 1’1,5 °/, di agar. Anche qui le cul- ture risultano negative sebbene nei primi giorni dopo l’inoculazione, se questa è fatta con una quantità piuttosto notevole di materiale, sì osservi sulla superficie dell’agar una granulosità che simula un principio di sviluppo. L'esame microscopico di questo materiale mo- stra le caratteristiche trasformazioni descritte per le culture in ge- latina all’estratto di carne. 1) Patate. — Sterilizzate in tubi alla Roux con o senza previa bollitura per 15’ in soluzione di carbonato sodico all’ 1 °/,. Dopo vari giorni di dimora a 15°-18° le culture presentano un lieve inumidi- mento della superficie della patata: ma l'esame microscopico dimo- stra nessuna o scarsissima proliferazione dei microrganismi che si mostrano in forma bacillare, e talvolta irregolare o ramificata. m) Latte. — L’aspetto macroscopico è immutato dopo un mese dall’innesto, e l'esame microscopico esclude che sia avvenuta una moltiplicazione dei germi. n) Brodo di carne peptonizzato salato. — Acqua di fonte con 1° di estratto di carne Liebig, 1 °/, di Peptone Witte, 0,5 °/ di Na Cl, con o senza il 2 °/, di glucosio: leggermente alcalinizzato. Nessuno sviluppo dei trapianti eseguiti molto abbondantemente. Noto qui una particolarità circa il metodo di esecuzione delle cul. ture nei mezzi liquidi, che ho creduto opportuno seguire, per evi- tare che nei trapianti fatti nel modo consueto lo sviluppo della cul- tura potesse eventualmente venire ostacolato dalla mancanza del con- tatto con l’aria. Tenendo inclinate le provette contenenti i liquidi culturali, io ne sfregavo la parete coll’ansa di platino abbondan- temente carica di materiale, preso da una rigogliosa cultura su mezzo solido, in modo da lasciarvene aderente una stria di una lunghezza e in una posizione calcolate in modo che, raddrizzando le provette, una parte del materiale pescava nel liquido, mentre l’altra, emergendone, poteva approfittare e del suo contatto e del contatto dell’aria per le sue esigenze nutritive. 1 TE SERRE o) Mosto. — Succo di uva, tenuto per 1 ora alla stufa di Koch, a 100°, filtrato, distribuitoin provette e sterilizzato. Le culture hanno esito affatto negativo. p) Estratto di terra glucosato. — A 200 grammi di terra si aggiungono 500 cme. di acqua di fonte: si tiene per 2 ore a 100° nella pentola di Koch. Al liquido filtrato si aggiunge il 2 °/. di glucosio e il 0,1 °/, di nitrato di soda. Si scioglie a caldo, si di- stribuisce in tubi e si sterilizza. Le culture mostrano solo molto tardivamente ur leggerissimo intorbidamento: l'esame microscopico mostra forme batteriche normali o vacuolizzate, qualcuna ramificata: ma è molto dubbio se abbia avuto luogo una moltiplicazione del materiale innestato. i q) Estratto di terra (secondo Lòhnis (1)). — Un chilogrammo di terra fu tatto bollire per due ore, a fuoco diretto, con 2 litri di acqua di fonte. Il liquido filtrato limpidissimo, che per l’ebulli- zione prolungata si era ridotto a circa 700 cme., ed aveva un re- siduo solido, essiccato a 120°, del 0,86 °/,., e un residuo all’arroven- tamento del 0,33 °/.., fu sottoposto ad evaporazione (secondo consiglia il L6hnis) fino ad ottenersi un residuo minerale del 0,4 °/,,. Allora vi si aggiunse il 0,5 °/,_ di K* HPO* e l’1 °/, di mannite (Léhnis (2)): si tenne per un’ora nella stufa di Koch a 100°, si filtro, si distri- buì in provette e si sterilizzò. Le culture dopo 8-10 giorni a 18°-20° hanno dato luogo a lievissimo intorbidamento. L'esame microsco- pico, anche dopo 30-40 giorni, mostra scarsi bacilli ben colorabili. r) Estratto di ceneri di legna (secondo Harrison e Barlow (3) ). — Grammi 15 di ceneri di legna passate per un finissimo staccio vengono scaldati fino all’ebullizione in 1 litro di acqua di fonte: si filtra e si aggiunge il 2 °7 di glucosio, saccarosio o mannite. Si scio- glie a caldo, si distribuisce in provette e si sterilizza. Le culture danno esito completamente negativo. s) Infuso di foglie di leguminose. — Preparato secondo è de- scritto a p. 626 con aggiunta dell’1-2-3 °/, di glucosio e di sacca- rosio. Lo sviluppo delle culture è negativo o molto scarso: l’esame microscopico anche dopo 40 giorni dall'innesto dimostra solo scarse forme bacillari normali o poco vacuolizzate. (1). Centr; cf. Bali Fl Abt. Bi lpr461. (2) Centr. f. Bakt II Abt., B. XIV, p. 582. (3) Loc. cit. gag = t) Infuso di foglie di leguminose con K°H PO'. — Si aggiunge il 0,2 °/, di sale potassico al liquido preparato come in s). Le culture, già dopo 8 giorni presentano un discreto intorbidamento, ma l’esame microscopico dimostra che anche qui la moltiplicazione dei micror- ganismi è molto scarsa. Si osservano pochi bacilli normali o vacuo- lizzati, spesso più o mero deformati. u) Infuso di semi di fagioli bianchi. — A. 50-200 grammi di fagioli bianchi secchi, sì aggiungono 1000 cme. di acqua di fonte e si tiene per 1 ora ‘/, a 100° alla stufa di Koch. Al liquido decantato si ag- giunge l’1-3 °/, di glucosio o saccarosio, e il 0 — 0,5 °/, di Na Cl: si scioglie a caldo, si filtra, si distribuisce in provette, si sterilizza. Lo sviluppo delle culture che non è mai molto rigoglioso, varia a se- conda delle diverse proporzioni dei componenti del liquido: negli infusi più concentrati per lo più è addirittura negativo. Nell’infuso al 10 °/, di semi, col 2°/, di glucosio, si ha dopo 8-10 giorni a 15° (e più presto a 25°) un discreto sviluppo di bacilli grandi, immobili, spesso vacuolizzati e un po’ deformati. v) Infuso di semi di leguminose (secondo Hiltner (1)). — Una certa quantità di semi di leguminose (Veccie, Piselli, Fagioli) sono tenuti per 24 ore in un bicchiere con acqua di fonte in quantità un po’ maggiore di quella necessaria per ricoprirli. Il liquido decantato viene tenuto per 1 ora a 100° nella stufa di Koch, filtrato, distribuito in tubi e sterilizzato, tal quale, o diluito a metà o a un quarto con acqua distillata. Le culture in questi liquidi concentrati o diluiti danno luogo a sviluppo non molto abbondante di bacilli integri e poi vacuolizzati. Da quanto ho esposto risulta chiaramente che i terreni solidi preparati coll’estratto di foglie o di semi di leguminose costituiscono il migliore substrato nutritivo per il microrganismo tubercoligeno, mentre i corrispondenti terreni liquidi sono in generale poco adatti: solo gli estratti di semi danno un mediocre sviluppo, mentre molti altri liquidi culturali o rimangono sterili o danno luogo a una riproduzione lentissima e molto scarsa del materiale abbon- dantemente inoculato. Anche in molti terreni solidi il microrgani- smo tubercoligeno ha sviluppo scarsissimo o nullo; in alcuni di essi — p. es. i terreni all’estratto di carne, e quelli peptonizzati — esso assume forme del tutto caratteristiche e specialmente utilizzabili per la diagnosi batteriologica. — Mette conto di rilevare anche, che le (1) Ardeiten a. d. Biologischen Abt. f. Land u. Forstw. am Kais. Gesund heitsamte, III, fasc. 3, p. 207. — 640 — culture non producono sostanze capaci di modificare la reazione del substrato nutritivo. § 3. ProPRIETÀ BIOLOGICHE. — Di alcune di esse, quali il compor-. tamento del microrganismo tubercoligeno di fronte alle varie so- stanze nutritive, l’azione su di esso degli agenti fisici e chimici, la sua capacità di fissare l’azoto atmosferico ecc. dirò altrove. Qui mi fermo su alcuni fatti di speciale interesse per la diagnosi e spe- cialmente sul comportamento del microrganismo di fronte al calore. Il bacillo radicicola secondo il Beijerinck sarebbe capace di svi- lupparsi tra 0° e 37°, avendo i’ optimum a 15°: sarebbe ucciso tra 60° e 70°. Si accetta anche generalmente l’affermazione del Lau- rent (1) che invece nell’interno dei tubercoli il microrganismo re- siste a un riscaldamento prolungato per 5 minuti da 90° a 95°. Per determinare l’influenza della temperatura sullo sviluppo delle culture ho fatto varie serie di passaggi in tubi di agar e gelatina di leguminose. Una serie fu posta in apposita ghiacciaia ove la temperatura ri- maneva costante fra 0° e 1°: e non si ebbe nessuno sviluppo nem- meno dopo 25-30 giorni. i Una seconda serie tenuta in un ambiente la cui temperatura du- rante il periodo di osservazione oscillò tra 4° e 6°, mostrò sviluppo piuttosto lento ma perfettamente normale delle culture che al 15° giorno avevano un notevole rigoglio. Altre serie furono rispettivamente poste in termostato a tempe- ratura di 15°, 20°, 25°, 30°, 35°, 37° (le ultime quattro serie natural- mente comprendevano solo culture in agar). Il risultato, pressochè identico per tutte le culture esaminate fa uno sviluppo molto abbon- dante per le prime quattro serie (da 15° a 30°) e in generale crescente col crescere della temperatura: l’optimum oscilla evidentemente tra 25° e 30°. Le culture tenute a 35° si sono comportate, nei ripetuti esami, un po’ irregolarmente; danno sempre sviluppo assai più scarso di quelle a più bassa temperatura, e spesso sono affatto negative. Quasi sempre negativo è riuscito l’esito delle culture tenute a 37°: solo eccezionalmente si è avuto un molto scarso aumento del- l'abbondante materiale innestato. Volendo stabilire l’azione sterilizzante delle alte temperature, ho creduto anche opportuno controllare l’asserzione del Laurent che appariva assal strana. (1) Annales de l’Institut Pasteur, vol. V, p. 105, 1891. — 641 — In un primo esperimento, il contenuto di tubercoli di fava, în massima parte composto di batteroidi vacuolizzati fù emulsionato in acqua sterilizzata. Una seconda emulsione si preparò pure in acqua sterile con bacilli di cultura da Fava, di 5° passaggio. In pic- cole provette sterili vennero versate quantità uguali (2 cme.) delle due emulsioni: vennero poi tenute per 10’ a temperatura di 35°, 40°, 45°, 50°, 55°, 60°, 65°, 70°, in apposito bagnomaria a tempe- ratura costante e facilmente controllabile. Quindi col materiale di ciascun tubetto si fecero passaggi in gelatina di Fava glucosata. Dettero luogo a sviluppo di cultura solo i saggi tenuti a 35°, 40°, 45° così dell’una come dell’altra emulsione. Un secondo esperimento fu fatto con emulsione da tubercoli di Fava e di Trifoglio, e da culture di bacilli isolati da Fava, Veccia, Pisello, Trifoglio, Sulla, Erba medica, in soluzione fisiologica di cloruro di sodio. Esposte nel solito modo per 10' a temperatura di 40°, 45°, 50°, 55°. Sviluppano solo i passaggi fatti con le emulsioni esposte a 40° e 45°. Un terzo esperimento fu fatto con emulsione da tubercoli di Veccia e di Trifoglio, e da culture di Fava, Veccia, Trifoglio, e con tubercoli di Veccia e di Trifoglio interi e dai quali fu, dopo il ri- scaldamento, preparata l’emulsione per saggiare la vitalità dei mi- crorganismi. I saggi furono esposti a 40°, 45°, 50°, 55°. Sviluppano 1 passaggi fatti con emulsioni tenute a 40°-45°; il materiale dei tu- bercoli esposti interi al calore, si mantiene ancora vivo a 50°, ma è ucciso a 55°. Un ultimo esperimento con emulsioni di tubercoli di Trifoglio e di Sulla, con le culture delle stesse leguminose, e coi relativi tu- bercoli, saggiando l’azione del calore per 10' a 45°, 47°, 50°, 55° di- mostrò che la temperatura di 45° e 47° non sterilizzava'le emul- sioni mentre la temperatura di 50° non uccideva i microrganismi nel- l’interno dei tubercoli che erano però uccisi a 55°. Da questi esperimenti risulta che nessuna differenza esiste tra i batteroidi dei tubercoli e i bacilli delle culture artificiali (quando sieno emulsionati in acqua o in soluzione fisiologica di Na Cl) per ciò che riguarda la temperatura mortale: l'esposizione per 10' a 47° basta così nell’uno come nell’altro caso a spengere la vitalità del mi- crorganismo, che resiste invece alla temperatura di 45° per ugual durata di tempo. La resistenza dei batteroidi ancora contenuti nel- l'interno dei tubercoli è leggermente superiore, potendo essi resi- stere, a parità di tutte le altre condizioni, per 10’ a 50°, non però a 55°. Un altro carattere biologico che io ho molto a lungo sperimen- %* — 642 — tato è quello della attitudine tubercoligena delle culture pure da me isolate. Per ognuna di esse ho seguito esperimenti di inocula- zione sulle relative piante coltivate in vasi con terreno sterilizzato, e seguendo una tecnica identica a quella degli esperimenti riferiti nella mia prima memoria alla quale quindi per brevità rimando. Il risultato delle inoculazioni fu positivo per tutte le culture inquan- tochè ognuna di esse si dimostrò capace di dar luogo a produzione di tubercoli radicali nella leguminosa da cui era stata isolata. Ma credo inutile dilungarmi su questi esperimenti, tanto più che a di- mostrare la attitudine tubercoligena delle culture valgono anche meglio gli esperimenti in grande, di applicazione alla pratica agri- cola, che sto per descrivere. IV. — APPLICAZIONE DELLE CULTURE PURE NELLA PRATICA AGRICOLA, Come è noto, Nobbe e Hiltner (1) furono i primi a proporre l'uso di colture pure per introdurre nei terreni nuovi alla coltiva- zione di leguminose, i microrganismi tubercoligeni. Furoro così messe in commercio varie Nitragine, cioè una serie di culture in gelatina, per le varie specie di leguminose, la cui inefficacia fu però ben presto dimostrata. Ma l’Hiltner ritenne di avere ovviato alle cause di insuccesso, modificando il metodo di isolamento delle cul- ture e il modo di inoculazione nel terreno. Secondo l’Hiltner e al tri (2) riferiscono, questa nuova nitragina darebbe risultati favorevoli in una notevole percentuale di casi: ma non mancano opinioni opposte. Così Demolon (3) riferisce di numerose esperienze eseguite in Svezia Norvegia e Danimarca nelle quali l’inoculazione per mezzo del trasporto di terra avrebbe dato risultati sempre superiori a quella fatta con nitragina. Risultati negativi dalla nitragina di Hiltner sembra aver ottenuto Voelker (4). E pure una recente pubblicazione di Weitmann e Hiltner (5) parla di una grande incostanza di ri- sultati. L’ Hiltner attribuisce gl’insuccessi o alla scarsa virulenza delle culture, o a sfavorevoli condizioni metereologiche, o a inadatta composizione chimica del suolo: ma non è lecito ritenere che anche la maggiore o minore purezza delle culture abbia la sua parte nel- l’incostanza dei risultati? (1) Die Bodenimpfung fiir Leguminosen mit reinkultivierten Bakterien 1897 (2) Cfr. fra le altre, le memorie di HIiLTNER (Arb. a. d. Biol. Abt. d. Kais. Gesundh. Vol. III, fasc. 3) e quelle di VogEL e di VoGeL E Geraci (Centralbl. f. Bakter., II Abt, Vol. XX). (3) Journal d’agriculture pratique, 19 dicembre 1907. (4) Cfr. EICKEMEYER. — Die Impfung von Leguminosensamen ecc. (Fiihlings landw. Zeitung, 1907, riferito in Centr. f. Bakter. II Abt. Vol. XX, p. 169). (5) Jahrb. der Deutschen landwirtschaftliche Gesellsch. 1908, p. 281). — 6435 — Lo stesso può dirsi a proposito di una nitragina preparata da Harrison e Barlow: i risultati della sua applicazione pratica così sì riassumono da una pubblicazione di Edwards e Barlow (1): negli anni 1906 e 1907 ne furono distribuite 747 dosi; si conoscono 1 ri- sultati solo di 244 esperimenti, di cui 179 avrebbero avuto esito favorevole. Se la efficacia delle ricordate nitragine può essere oggetto di discussione, nessuna discussione seria meritano altri preparati messi in commercio prima dal Moore (2) e poi dal Bottomley (3) ed accolti con entusiasmo tanto grande quanto immeritato. Senza dilungarmi troppo, ricorderò che si tratta così nell’uno come nell’altro caso, di pretese culture pure del b. radicicola essiccate in batuffoli di cotone idrofilo o su terriccio e che dovevano moltiplicarsi in apposite solu- zioni nutritive a base di zucchero e di sali minerali, per preparare il liquido da servire per la inoculazione. Ora, a parte che il microrga- nismo tubercoligeno è privo di spore e quindi difficilmente può am- mettersi che esso sia capace di resistere molto a lungo all’essicca- mento, basta tener presente che esso anche nelle condizioni le più normali si sviluppa molto lentamente e stentatamente specie nei mezzi liquidi, e che d'altra parte nelle soluzioni nutritive preparate secondo le istruzioni del Moore o del Bottomley non possono a meno di capitare germi estranei che in esse si moltiplicano molto rapida- mente, per poter concludere a priori, senza bisogno di nessuna con- ferma sperimentale, che il liquido che deve servire per l’inocula- zione, preparato secondo le norme del Moore e del Bottomley non può essere che un miscuglio di forme batteriche le più varie, tra le quali certamente il microrganismo tubercoligeno o non esiste o si trova solo in proporzione affatto trascurabile. E questo io ho potuto ripetutamente constatare esaminando il liquido ottenuto col prepa- rato del Bottomley, e seguendo scrupolosamente le sue istruzioni. Del resto si hanno anche le constatazioni dirette del Remy (4), del Gorini (5), dell’ Hardings (6) e di molti altri, circa l'assoluta mancanza nel preparato del Moore di microrganismi specifici capaci di molti- plicarsi. Il preparato del Bottomley è ancora troppo recente ma non v’ha dubbio che esso non vale più di quello del Moore. Ciò non di (1) Legume bacteria seed inoculation by Canada farmers in 1906 and 1907 (Ontario dept. of Agricolture. Toronto, Bull 164, 1908). (2) Soil inoculation for legumes (Washington, 1905). (3) Seed and soil inoculation for legumes (London 1907). (4) Centr. f. Bakter. II Abt. Vol. XVII, p. 660. (5) Agricoltura moderna, 1906 n. 3; 1907 n. 11. (6) Centr. f. Bakt. IT Abt. Vol. XVI, p. 539. — 644 — meno — e questa strana constatazione valga a dimostrarci quanto bisogna andar guardinghi nell’apprezzare il valore di esperienze di coltivazione eseguite senza una sufficiente base scientifica, senza un © serio controllo e affidate alla inesperienza e suggestionabilità dei pratici! — tanto il preparato del Moore come quello del Bottomley vennero annunziati con larghissimo corredo di prove e di esperi- menti dimostranti risultati addirittura maravigliosi! Al preparato del Moore oggi non si dà più nessuna importanza (1), e già di quello del Bottomley può dirsi che nessun esperimento rigoroso e conve- nientemente condotto ha potuto dare un risultato sicuramente dimo- strativo in suo favore (2). Una bella conferma della facilità di cadere in gravi errori nel- l’interpetrazione di esperienze di coltivazione poco rigorosamente. condotte, si rileva dalle recenti interessanti esperienze del prof. Gi- glioli (3), secondo le quali, mentre l'applicazione del liquido otte- nuto mettendo in contatto il preparato del Moore colla apposita so- luzione di zucchero e di sali o è affatto inefficace o sembra dare un lievissimo vantaggio, bene spesso invece bagnando i semi o innaf- fiando la terra colla semplice soluzione zuccherina e salina (senza aggiungervi la Nitragina di Moore) si otterrebbero risultati alquanto più favorevoli in confronto coi controlli che non hanno subito nessun trattamento! È chiaro quindi che in molti dei pretesi esperimenti positivi fatti con una o con un’altra nitragina, questa non vi ha avuto nulla a che fare. * * * L’avvenire della pratica dell’inoculazione del terreno per la col- tivazione delle leguminose, sta dunque nell’uso di culture fresche, recenti, pure, e sicuramente identificate. Mentre metto a disposizione di chi voglia sperimentarle le culture sicure che adesso posseggo e quelle che man mano verrò isolando e identificando, riferisco intanto il risultato di alcuni esperimenti culturali eseguiti nella stagione 1907-08, con le culture che possedevo nell’autuano 1907 (Veccia, Fava, Trifoglio). Altre più estese, sono adesso in corso nella tenuta di Casalina annessa al nostro Istituto. (1) Tanto è vero che la preparazione e la distribuzione ne sono state sospese. : (2) «We know of no properly conducted experiments whit these cultu- res that have given definite positive results ». Nature, 28 gennaio 1909. (3) Nuovi concetti e nuove esperienze nella concimazione ed inoculazione dei terreni (Estratto, con qualche aggiunta, dal Bollettino della Società degli agri- coltori italiani, Anno XIII, n. 22). — 645 — Gli esperimenti sono stati fatti con culture di 5°8° passaggio; 10 o 12 giorni prima di quello della semina facevo un passaggio per ‘ strisciamento in una provetta di gelatina di leguminose, solidificata a becco di flauto, che a temperatura di 16°-18° nel periodo di tempo rieordato dava uno sviluppo assai rigoglioso. Sono note le idee dell’ Hiltner (1) circa le precauzioni da aversi nell’infettare i semi colle culture. Egli ritiene che non convenga me- scolare la cultura con terra da spargersi poi nel suolo, perchè in tali condizioni l'infezione dei semi non si verificherebbe che eccezio- nalmente. Egli crede poi che nella germinazione dei semi, sulla superficie di questi si producano speciali sostanze dotate di potere battericida o tali almeno da ostacolare lo sviluppo dei microrga- nismi e da impedire quindi la formazione dei tubercoli. Perciò egli attribuisce almeno in parte l’insuccesso delle inoculazioni colla nitragina alla pratica primitivamente consigliata di bagnare con essa i semi immediatamente prima della semina; per evitare tale inconveniente egli consiglia o di eseguire l’inoculazione dei semi dopo che questi sono stati fatti germogliare su sabbia umida, o di bagnare i semi prima della semina, ma con una diluizione della ni- tragina fatta non in acqua semplice, ma in acqua coll’ 1 °/, di glu- cosio e di peptone, oppure in latte. Senza stare qui a discutere tali affermazioni, noto che i miei esperimenti sono stati eseguiti con varie modalità corrispondenti alle diverse condizioni indicate dal- l’ Hiltner. Ho usato cioè come materiale di inoculazione: a) la patina batterica di 10-12 giorni asportata dalla cultura e diluita in tanta acqua quanto era necessaria per bagnare i semi; 6) la patina batterica diluita in acqua coll’ 1°/, di glucosio e 1’ 1°/, di peptone; c) tutto quanto il materiale della cultura (gelatina e patina batterica) liquefatta mediante immersione in bagno maria a 30°32° e allungata poi con la quantità opportuna di acqua. I semi talvolta furono bagnati colla diluizione della cultura al momento della inoculazione; tal altra furono bagnati previo germo- gliamento appena iniziato, altra volta furono tenuti per 48 ore a con-. tatto colla diluizione della cultura ottenendosi così il germogliamento a contatto con essa. È inutile dire che i singoli esperimenti furono sempre eseguiti comparativamente con semi non inoculati, adoprando ugual numero (1) Cfr. HiLTNER e altri: varie memorie nel già citato fasc. 3 vol. III de- gli Arb. a. d. Biolog. Abt. f. Land. u. Forstw. ecc. 1903. ANNALI DI BoranIcA — Vou. VII. 41 — 646 — o ugual peso di semi, e terreni in identiche condizioni di struttura, composizione, concimazione, umidità, insolazione ecc. I’ ESPERIMENTO. — Hseguito nel giardino dell’ Istituto d’igiene della Università di Pisa, dove leguminose probabilmente non erano mai state coltivate, e sicuramente vi mancavano da moltissimi anni. Otto appezzamenti uguali, presso a poco dell’area di 1 mq. ciascuno, furono seminati il 4 ottobre 1907 con un peso medesimo (20 gr.) di semi di veccia. Due ricevettero semi senza nessun trattamento, tre ri- cevettero semi inoculati al momento della seminagione con cultura di microrganismo isolato da tubercoli di veccia (da 5-6 mesi: 6° pas- saggio), l’inoculazione essendo fatta colle modalità sopra indicate in a), 5), c); finalmente gli altri tre ebbero pure semi inoculati se- condo a), b), c), ma previo iniziale germogliamento per dimora di circa 48 ore in sabbia umida. Durante tutto il periodo di sviluppo le sei piantagioni inoculate mostrarono un’evidente precocità e un maggior rigoglio. Nel maggio 1908, terminata la fioritura, le piante di ciascun appezzamento furono sradicate con ogni cura, e dopo al- lontanata ogni traccia di terra dalle radici lavandole in acqua, fu- rono essiccate all’aria e quindi pesate. I risultati sono i seguenti: 1. Semi senza nessun trattamento. - (Peso del rac- colto seccato all'aria) . . . rion Ae le ae 2. Semi senza nessun peatienenios (ids) Su eee.) cpt 8. Semi inoculati con patina batterica diluita in agg a(aG.) ola » 580 4. Semi RT] con Gn Did diluita in SDI di peptone e glucosio (id.) . . . . : » 470 . Semi inoculati con tutto il materiale Sella oats tura, DR COMpresa \(G0.) >i). al ie) Dia, Sg RO 6. Semi previamente germinati Ia con pa- tina Bee AML Qa (Ade at gle = | Oa) pepe RM . Semi previamente germinati o con pa- tina dilaita in soluzione di peptone e glucosio (id.). . » 400(?) 8. Semi previamente germinati inoculati con tut- to il materiale dellaicoltura (idi)} ll se goa Gd LI Con qualche inevitabile oscillazione, e coll’eccezione dell’espe- rienza 7, il cui risultato è certo da attribuirsi a qualche causa per- turbatrice che mi è sfuggita, è evidente che l’inoculazione della cul- tura si è mostrata sempre molto vantaggiosa: tale effetto appare del tutto indipendente dalla modalità dell’ inoculazione. — 647 — Contemporaneamente si constatava la completa mancanza di tu- bercoli nelle piante dei primi due appezzamenti, mentre tutte le altre , presentavano le radici ricche di tubercoli normalmente sviluppati. II° EsPERIMENTO. — Due appezzamenti di terra di circa 20 mq. ciascuno, d’ un orto nel sobborgo di Pisa, vengono seminati il 15 feb- braio 1908, ciascuno con 300 grammi di semi di fava rispettivamente senza nessun trattamento, o immersi poco prima della seminagione in poca acqua in cui si era diluita la patina di una cultura di 8° pas- saggio isolata dai tubercoli della fava. Lo sviluppo delle piante non dimostrò nessuna differenza apprezzabile sia per il tempo che per l'aspetto. Il raccolto del seme fu di 5980 gr. nell’appezzamento non inoculato, 6260 in quello inoculato; una differenza piccolissima che probabilmente rientra nei limiti delle oscillazioni casuali. Varie piante sradicate in diversi momenti dello sviluppo avevano in media lo stesso peso e presentavano così nella parcella inoculata come nell’altra, una identica ricchezza di tubercoli radicali. Risulta da questo esperimento che il terreno già contenente il microrganismo specifico rimane insensibile all’ inoculazione. III° EsPERIMENTO. — Un ampio appezzamento di terreno pianeg- giante, nella tenuta di Casalina, nel quale da lungo tempo non si erano coltivate leguminose, fu diviso in 9 parcelle ognuna di circa metri 9 X 10, e il 27 novembre 1907 ne fu eseguita la seminagione nel modo seguente: 1% parcella. — Gr. 1000 di seme di favetta. 2% parcella. — Gr. 1000 di seme di favetta, bagnato, poco prima della semina, con la patina di una cultura (isolata dalla stessa legu- minosa, e passata 5-6 volte in gelatina) diluita in tanta acqua, quanta era sufficiente per bagnare i semi. 3° parcella. — Gr. 1000 di semi di favetta trattati nello stesso modo, ma diluendo in acqua (riscaldata a 32°-33°) tutto quanto il materiale della cultura, gelatina compresa. 4° parcella. — Gr. 1000 di semi di favetta trattati come i precedenti 48 ore prima della semina e che perciò appaiono rigon- fiati o in principio di germogliazione. 5° parcella. — Gr. 1500 di semi di veccia. 6° parcella. — Gr. 1500 di semi di veccia bagnati, poco prima della semina, colla patina di una cultura isolata da vari mesi da pianta di veccia (e passata 6-7 volte in gelatina) diluita in acqua. 7° parcella. — Gr. 1500 di semi di veccia trattati nello stesso modo, ma diluendo nell’acqua calda anche la gelatina della cultura. — 645 — I semi risultandone conglomerati, e quindi essendo difficile spargerli uniformemente nel terreno, furono mescolati con sabbia secca che in parte ne rivestiva la superficie rendendoli bene isolati l’uno dal- | l’altro mentre il resto si sparse insieme coi semi stessi. 8° parcella. — Gr. 300 di semi di trifoglio pratense. 9* parcella. — Gr. 300 di semi di trifoglio pratense bagnati poco prima della semina con cultura isolata dal trifoglio nel mag- gio 1907 {di 7° passaggio), diluita nella quantità necessaria di acqua. Anche qui si dovette aggiungere la sabbia, per evitare l’agglomera- ~ mento dei semi. Disgraziatamente i ripetuti geli sopravvenuti nel gennaio 1908 distrussero completamente le piantine appena spuntate nei due ap- pezzamenti a trifoglio: inoltre, per ragioni indipendenti dalla mia volontà, l'esperimento non fu potuto completare, colla pesata dei rac- colti, nemmeno negli altri appezzamenti. Ma le ripetute ispezioni di questi, in varie epoche, e specialmente 1’ ultima del giugno, a fio- ritura terminata, dimostrarono in modo chiarissimo i seguenti fatti: 1°. Nessuna differenza era rilevabile nello sviluppo delle piante di tutti i quattro appezzamenti a favetta, la vegetazione dei quali appariva normale ed uniforme; numerose piante sradicate mostra- vano che le radici erano dappertutto ugualmente ricche di tuber- coli: evidentemente nel terreno esisteva già il microrganismo spe- cifico e l'aggiunta di nuove quantita di esso era riuscita inutile, come abbiamo visto nell’esperimento precedente. 2°. Invece era manifesta a prima vista una notevolissima diffe- renza nei tre appezzamenti a veccie: quello seminato senza aggiunta | di cultura presentava piante di gran lunga più piccole degli altri due, fra i quali non era rilevabile alcuna differenza. Sebbene non abbia potuto fare determinazioni esatte, non vado lungi dal vero affermando che lo sviluppo erbaceo nelle due parcelle inoculate era forse doppio che in quella non inoculata. Sradicate molte piante si osservava che quelle di quest’ ultima o non presentavano tubercoli di sorta 0 ne avevano scarsissimi e molto piccoli: mentre le piante delle altre due parcelle avevano tutte le radici cosparse di numero- sissimi tubercoli del tutto normali per grandezza, aspetto ecc. Questo esperimento dunque, se anche non confortato dall’esposi- zione di dati numerici, dimostra chiaramente la grande efficacia del- l’inoculazione delle culture (indipendentemente dal modo come essa è eseguita) e conferma che tale inoculazione è inutile quando il ter- reno già contiene il germe specifico dei tubercoli. — 649 — IV’ esperimento. — Il 10 febbraio 1908 in 4 parcelle di circa 1 mq. ciascuna, nel giardino dell’ Istituto d’igiene dell’ Università di Pisa seminai quantità esattamente pesate di favetta (2 parcelle, cia- scuna con 20 gr. di semi) e di veccia (2 parcelle, ciascuna con 15 gr.) bagnate con cultura del rispettivo microrganismo (di 8° e di 6° passag- gio), diluita dn toto in acqua di fonte: 4 parcelle identiche furono semi- nate colle stesse quantità di semi bagnati -con liquidi preparati nello stesso modo, ma previa sterilizzazione al calore delle relative cul- ture (1). Le parcelle inoculate mostrarono una grande precocità di sviluppo: infatti alla metà di maggio la massa erbacea appariva in esse molto maggiore che nelle altre. Se ne ebbe la conferma falciando una delle due parcelle di ciascun saggio; il raccolto fu il seguente: Favetta: parcella non inoculata: raccolto fresco gr. 1110; rac- colto seccato all’aria gr. 295. » » inoculata: raccolto fresco gr. 2050 ; raccolto seccato all’aria gr. 510. Veccia: >». non inoculata: raccolto fresco gr. 855; rac- 8413 colto seccato all’aria gr. 210. > > inoculata: raccolto fresco gr. 1300: raccolto seccato all’aria gr. 365. Tutte le piante inoculate sono ricche di tubercoli, delle non ino- culate quelle di veccia ne sono assolutamente mancanti, quelle di fava presentano piccolissimi e scarsissimi tubercoli. A sviluppo completo la differenza tra le piante inoculate e quelle non inoculate, pur es- sendosi fatta un po’ minore, era pure assai evidente. Infatti, a com- pleta maturazione del frutto, si ebbe, come raccolto seccato all’aria: Favetta: parcella non inoculata gr. 480; con un contenuto di azoto di gr. 9,63. > oie inoculata gr. 690; con un contenuto di azoto di gr. 16,32. (1) Volli in tal modo prevenire l’obiezione che i vantaggi dell’inoculazione fossero da attribuirsi non all’azione tubercoligena della cultura, ma alle so- stanze con essa aggiunte al terreno. Le mie esperienze, mentre dimostrano la reale efficacia dell’inoculazione microbica, non contraddicono punto a quelle or ora riferite (e che allora non potevo conoscere) del Giglioli, secondo le quali anche quelle sostanze zuccherine e saline possono di per sè avere un certo ef- fetto, poichè io non ho fatto nè — dal mio punto di vista — avevo ragione di fare coltivazioni di controllo senza nessuna aggiunta. L’azione favoreggiatrice delle sostanze contenute nei mezzi nutritivi può essersi manifestata nelle col- tivazioni del Giglioli in confronto con altre fatte senza nessuna aggiunta o con aggiunta delle culture affatto inattive del Moore; ma è chiaro che quando si usa una cultura attiva, l’azione dei microrganismi si mostra di gran lunga più efficace che non quella — pure possibile — delle sostanze che li accom- pagnano. » — 650 — Veccia: parcella non inoculata gr. 325; con un contenuto di azoto di gr. 6,38, » > inoculata gr. 495; con un contenuto di azoto di gr. 10,12. Persisteva la notata differenza circa la presenza di tubercoli sulle radici. Come si vede, in quest’ ultimo esperimento ho voluto anche eseguire la determinazione dell’azoto totale del raccolto. Questa fu fatta sopra saggi preparati colla massima cura (in modo che rap- presentassero colla maggior possibile approssimazione la composi- zione media di ciascuno dei quattro materiali) seguendo il metodo di Iodlbaner. Il vantaggio dell’inoculazione risulta, anche sotto questo rapporto, evidente. V. — CONCLUSIONI. 1. L’esame della pit recente letteratura conferma la mia prece- dente asserzione che mentre molti ricercatori hanno scambiato germi banali del suolo per il bacillo radicicola Beijerinck, altri, pure avendo avuto a che fare col vero microrganismo tubercoligeno ne hanno ot- tenuto solo culture impure. L’errore dei primi evidentemente dipende dalla incertezza fin qui regnante nei metodi di isolamento e di iden- tificazione della specie in questione: d’altra parte coloro che hanno ottenuto sulla gelatina di leguminose colonie a rapido sviluppo con caratteri generalmente attribuiti a quelle del b. radicicola, solo ec- cezionalmente possono da queste avere ottenuta la cultura pura del microrganismo tubercoligeno. 2. Il sicuro isolamento del microrganismo tubercoligeno si ottiene mediante culture per spandimento del contenuto batteroidico dei tu- bercoli sulla superficie delle piastre di gelatina all’estratto di legu- minose glucosata. Su questo come su altri terreni nutritivi si osser- vano talvolta, nelle piastre molto riccamente seminate, colonie a rapido sviluppo, con caratteri macroscopici e microscopici del microrganismo tubercoligeno; ma esse molto spesso contengono germi inquinanti, e perciò danno culture chesolo nel primo o nei primissimi passaggi hanno aspetto di purezza, ma che nei passaggi successivi dimostrano chiaramente il loro inquinamento. Invero, soltanto le colonie superficiali, sufficientemente distanziate e a svi- luppo molto lento (visibili microscopicamente al 5°-6° giorno, e ma- croscopicamente non prima del 10°-12°) quali, di regola, si otten- gono nelle piastre infettate con scarsissime quantità di materiale batteroidico offrono garanzia quasi assoluta di purezza e devono — 651 — essere utilizzate per ottenere la cultura pura. La conferma della purezza della cultura e la sua definitiva identificazione può aversi facilmente in base a una serie di caratteri morfologici, culturali e biologici esposti nel capitolo III della presente memoria e che in gran parte differiscono da quelli finora attribuiti al bacillo- radicicola Beijerinck. 3. Dei vari preparati fin qui proposti per l’inoculazione dei ter- reni da coltivarsi a leguminose, quelli a base di culture essiccate del Moore e del Bottomley sono assolutamente da rigettarsi: è certo in- fatti, così per elementari considerazioni aprioristiche come per dirette constatazioni di fatto, che essi o non contengono il microrganismo ‘produttore dei tubercoli o lo contengono in condizioni tali da non potere in nessun modo spiegare la sua azione. Quanto alle culture fresche, anche per la Nitragina dell’ Hiltner che è indubbiamente la più accreditata, le opinioni non sono unanimi circa la sua effi- cacia. Lo stesso Hiltner riconoscendone l'incertezza dei risultati Vattribuisce così a cause estrinseche (metereologiche o telluriche) come a cause intrinseche (virulenza, modalità d’inoculazione ecc). Ma è possibile (per le ragioni sopra indicate) che una causa di insuc- cesso sia anche per la Nitragina Hiltner l'eventuale impurezza delle culture. 4, Nei terreni dove il microrganismo produttore dei tubercoli già non esisteva, l’inoculazione dei semi di varie leguminose con culture pure del microrganismo specifico da me isolato da piante della me- desima specie, e sicuramente identificato, ha fornito risultati molto soddisfacenti dando luogo alla comparsa dei tubercoli sulle radici delle piante, che altrimenti ne sono prive, e ad uno sviluppo più precoce e rigoglioso . delle coltivazioni, nonchè ad un rilevante aumento del loro contenuto di azoto. Le varie modalità con cui può eseguirsi la inoculazione non hanno modificato in nulla il risultato: non sembra quindi potersi confermare |’ influenza sfavorevole che Hiltner e Stormer attribuiscono a sostanze esistenti nel terreno 0 sulla superficie dei semi nei primi momenti della germinazione. Ed è lecito anche dubitare della possibilità (affermata da questi e da qualche altro autore) che l’inoculazione delle culture aumenti il prodotto delle coltivazioni di leguminose, anche nei terreni ove già il microrganismo tubercoligeno esiste: in questo caso, infatti, le mie esperienze hanno sempre avuto risultato negativo. * RUE La spiegazione delle microfotografie (Tav. XXIII) è data nel testo (capitoli II e III). Esse sono state da me eseguite con un apparecchio . — 652 — microfotografico piccolo modello, di tipo Ruffini, raccordato a un mi- croscopio Koristka. L’ ingrandimento è di 60 diametri per le figure 1 e 2, di circa 800 per le altre. Le prime due sono state prese diret- tamente dalla piastra di gelatina; le altre rappresentano preparati microscopici colorati col violetto di genziana. Le negative non hanno subito nessun ritocco. Laboratorio di batteriologia dell’Istituto superiore agrario di Perugia, Gennaio 1909. ads ANN. BOT. VII TAV. XXIII Fot. Danesi - Roma ———.—.—.+---=- "e ‘' RIN UNA SINGENANA ES SNLIZA AG NARA NS ORS RIT NI I PIRI SIRES Studi sul microrganismo produttore dei tubercoli delle leguminose. del Prof. Gino DE’ Rossi II. — Sulla fissazione deli’azoto elementare nelle culture pure. Molt: di coloro che hanno isolato o creduto di isolare il micror- ganismo produttore dei tubercoli delle leguminose, hanno voluto ricercare se esso nelle culture pure sia capace di compiere quella che nella sua simbiosi colle piante superiori sembra la sua precipua fun- zione, la fissazione cioè dell’azoto elementare dell'atmosfera. L’ im- portanza di questa ricerca appare chiara solo che si pensi che ove essa avesse dato risultato positivo, se fosse cioè stato possibile di- mostrare che il microrganismo tubercoligeno era di per sè solo ca- pace di utilizzare l’azoto atmosferico per la costruzione del suo pro- toplasma, la funzione azoto-fissatrice delle leguminose avrebbe sen- z’altro avuta quella chiara e semplice spiegazione che invano tuttora si aspetta. Mentre il Berthelot (1), portando in una soluzione nutritiva i tu- bercoli radicali pestati, vide che in questa condizione veniva fis- sata dopo un lungo periodo di tempo una notevole quantità di azoto, il Beijerinck (2) invece, usando la cultura pura da lui per il primo isolata, e coltivandola in brodo di fagioli coll’1-2 °/, di saccarosio (e con aggiunta di asparagina, solfato ammonico e nitrato di po- tassa) riferisce di avere ottenuto risultati estremamente incerti, e tali da lasciare la. questione affatto irresoluta. Lo stesso può dirsi delle successive ricerche del Prazmowski (8), del Frank (4), dell’Immendorf (5), dell’Heinrich (6), del Gonner- (1) Comptes rendus de lV Academie des sciences, 1903, CXII, (2) Versl. en med. d. K. Akad. ecc., Amsterdam, 1891. (3) Landw. Versuchsstationen, 1890, p. 55. (4) Landw. Jahrb., XXI, 1892. (5) Id. XXI, 1892. (6) II Bericht d. landw. Versuchstat. Rostock, 1894, p. 272. — 654 — mann (1), di Stutzer Burri e Maul (2), i quali autori, coltivando i batteri da loro isolati nei mezzi nutritivi i più vari ottennero ri-. sultati o completamente negativi o contraddittori o così scarsa- mente e incertamente positivi da non potersi assolutamente consi- derare come dimostrativi di una reale fissazione di azoto da parte dei microrganismi. Il Mazé (3) per il primo ritenne di avere positivamente stabi- lito un guadagno di azoto nelle culture del microrganismo tuberco- ligeno; e sulle sue ricerche, da alcuni anche oggi considerate come decisive nella questione, mette conto di fermarci un momento per stabilire se e quanto sieno attendibili i loro risultati. Il Mazé dopo aver constatato che tutti i tentativi dei prece- denti AA. erano rimasti presso a poco sterili, non essendo essi riu- sciti a dimostrare che la fissazione di quantità di azoto assoluta- mente minime, oltrepassanti di molto poco, nei casi più favorevoli, i limiti degli errori di esperimento, attribuisce gl’insuccessi dei precedenti ricercatori al fatto che essi, come egli si esprime, hanno usato il saccarosio un po’ timidamente, all’1-2 °/., (?) e non hanno curato il rinnovamento dell’aria. Egli ha usato un brodo nutritivo risultante da un’ infusione a 100° (per mezz’ora) di fagioli bianchi: non ne indica la proporzione, ma dice che il brodo conteneva circa */ 0009 di azoto. Vi aggiungeva il 2 °/, di saccarosio, l’1 °/ di clo- ruro di sodio e tracce di bicarbonato di soda. Questo beads fu dal Mazé adoperato tal quale o solidificato col 15 °/,, di agar. Questi mezzi nutritivi venivano distribuiti in istrato sottile sul fondo piatto di grandi recipienti appositi che, dopo seminati col materiale culturale, si disponevano in serie facendoli attraversare da una lenta corrente d’aria (20 litri in 24 ore) purificata da ogni compo- sto azotato mediante passaggio a contatto di ritagli di rame riscal- dati al di sotto del rosso cupo, e di pomice imbevuta di acido sol- forico. Tre esperimenti furono così eseguiti (2 coll’agar, 1 col brodo di fagioli), della durata di 15 giorni ciascuno, a una temperatura di 20°-25°, ottenendosi abbondantissimo sviluppo delle culture e note- vole aumento del contenuto di azoto: il substrato nutritivo conte- neva rispettivamente gr. 0,0621 — 0,0707 — 0,0224 di azoto al principio dell’esperimento, mentre alla fine si ottennero gr. 0,1029 — 0,1182 — 0,0458, con un guadagno di gr. 0,0408 —- 0,0475 — 0,0234 di azoto! (1) Landw. Jahrb., XXIII, 1894. (2) Centr. f. Baten II. Abt. — Vol. II, 1896, p. 665. (3) Annales de l’Inst. Pasteur, 1897. — 655 — Questi esperimenti del Mazé apparirebbero dunque grandemente dimostrativi per la fissazione dell’azoto atmosferico. Quanto alla contraddizione fra l’esito delle sue ricerche e quelle dei precedenti autori, il Mazé non esita a ricorrere alla spiegazione (invero un po’ troppo semplice!) già accennata nell’introduzione del suo lavoro. < La dose di zucchero, egli dice nelle sue conclusioni, non può ca- dere al di sotto del 2 °/,, perchè gli sperimentatori che hanno ope- rato con mezzi contenenti solo 1°/, non hanno constatato arricchi- mento sensibile di azoto. L'accesso facile dell’aria esercita del pari un’ influenza molto favorevole sulla fissazione dell’azoto..... È per non avere adempiuto a questa condizione di aerazione, che Beijerinck non ha osservato che una fissazione troppo debole per essere affer- mativa ». In una memoria successiva il Mazé (1) insiste su queste sue affermazioni. E considerando la sostanza muco-gommosa che accompagna lo sviluppo dei microrganismi in molti terreni di cul- tura come un prodotto azotato, elaborato dal bacillo delle legumi- nose e risultante dal suo potere di assimilazione dell’azoto atmo: sferico, crede di avere senz’altro dimostrata la ragione ed il mec- canismo della funzione azoto-fissatrice delle leguminose ammet- tendo che anche nell’interno dei tubercoli il microrganismo sia ca- pace di elaborare questa sostanza azotata che sarebbe mano a mano utilizzata dalla pianta. Tale teoria del Mazé viene contraddetta dalle recentissime ac- curate ricerche di Robert Earle Buchanan (2) dimostranti che la sostanza gommosa in questione non contiene traccia di azoto com- binato. Ma nemmeno la semplice constatazione di fatto della fis- sazione di azoto nelle culture può accettarsi in base alle ricerche del Mazé. Prima di tutto, come altrove ho notato, (3) i caratteri che egli nelle due memorie ricordate, e nella terza che loro fa se- guito (4), riferisce per ie culture da lui isolate e con cui eseguì i suoi esperimenti, sono così differenti da quelle reali del micror- ganismo tubercoligeno e nello stesso tempo così confusi e incerti che non può non riconoscersi che egli per lo meno ha sperimentato con culture impure. Di tale opinione è anche Hiltner (5) il quale giustamente nota che le culture del Mazé, secondo egli stesso rife- risce, avevano un forte odore di formaggio imputridito! Una con- ferma indiretta ma esplicita e sicura della mia asserzione, ho poi (1) Ann. Inst. Pasteur, 1898, p. 1. (2) Centr. f. Bakteriol. II Abt. — Vol. XXII, 1909, p. 371. (3) Annali d’Igiene sperimentale XVI, p. 497. (4) Ann. Inst. Pasteur, 1898, p. 728. (5) Lafar. Handbuch d. Technisch. Mykologie, III, p. 50. re wr E — 656 — ‘ trovato recentemente (quando cioè l’andamento delle mie ricerche, come or ora vedremo, ha richiamato su questo punto speciale la mia attenzione) nella seconda memoria dello stesso Mazé. Infatti men- tre egli, come ho riferito, basa la dimostrazione della fissazione dell’azoto su esperimenti di cultura fatti in terreni nutritivi pre- parati con brodo di fagioli contenente il 2 °/, di saccarosio e1’1°/, di cloruro di sodio, pochi mesi dopo nella sua seconda memoria (loc. cit.)‘afferma che la coltivazione del microrganismo tubercoli- geno riesce bene solo nel brodo di fagioli senza cloruro di sodio « qui à la dose de 5 °/., paralise le developpement du microbe »! E gli esperimenti ulteriori di fissazione dell’azoto, riferiti nella terza me- moria del Mazé divengono così mal sicuri e contraddittori da co- stituire, se pur ve ne fosse bisogno, una conferma ulteriore che quelli esposti nella prima memoria (e che — lo ripeto — si conti- nuano da molti a considerare come dimostrativi di una reale fis- sazione di azoto elementare da parte delle culture di bacillo radi- cicola) presentano cause di errore tali da menomare grandemente l'attendibilità dei loro risultati. Merita quindi completa fiducia lo Smith (1) che usando vari mezzi nutritivi, compresi quelli preparati secondo le indicazioni del Mazé, esperimentando così con culture pure del microrganismo tubercoligeno, come con questo in simbiosi con altri germi isolati dai tubercoli, dice di non aver mai osservato il più piccolo gua- dagno di azoto. Più tardi il Lòhnis (2) ricercò il potere di fissazione dell’azoto elementare delle culture di vari microrganismi, quali il B. pneumo- niae, il B. lactis viscosus, il B. prodigiosum, il Radiobacter..., e di due stipiti di B. radicicola, del trifoglio e della veccia, fornitigli dall’Hil- tner (3). Egli coltivava i microrganismi ricordati in soluzione com- posta di estratto di terra (che aveva il 4 °/,, di residuo minerale) (4), con 0,05 °/, di K HP O, e 1°/, di destrosio, versata, in strato sot- tile, in grossi matracci di Erlenmayer. Dopo 3 settimane di dimora a varie temperature (10°, 20° 30°) il Lòhnis dosava l’azoto col me- todo di Kjeldahl-Wilfarth. Le cifre che egli ottiene dimostrerebbero per il bacillo radicicola un guadagno di azoto, ma straordinaria- (1) Centr. f. Bakter. 1I Abt. — Vol. VI, 1900, p. 371. (2) Id., vol. XIV, p. 582. (3) Non è inutile ricordare che queste due culture, secondo il Lòhnis, ri- sultarono affatto inattive negli esperimenti di inoculazione di piante di tri- foglio e di veccia. (4) Centr. f. Bakter, II Abt. Vol. XII, p: 461. Cfr. anche la mia precedente memoria in questo volume degli Annali di Botanica, p. 638. — 657 — mente piccolo, ed inferiore quasi sempre a quello ottenuto nelle culture degli altri microrganismi. Così, mentre in 100 cme. della soluzione nutritiva sterile si aveva un contenuto di azoto oscillante, nei varii saggi, da 2,66 a 2,80 mg., nei liquidi ove era stato colti vato per tre settimane il bacillo radicicola il contenuto di azoto oscil- lava da 2,80 a 4,30 mg, mentre nei saggi col B. pneumoniae si ave- vano da 3,50 a 4,20 mg., e in quelli col B. prodigiosum da 3,36 a 4,48 mg. Finalmente Hiltner e Stòrmer (1) coltivando per 4 mesi bacilli da Pisello, Soja e Robinia in varie soluzioni nutritive, non otten- . nero mai il più piccolo arricchimento di azoto. Sembra invece che Golding (2) abbia ottenuto aumento di azoto nelle culture di batteri tubercoligeni, allontanandone. man mano. i prodotti solubili delricambio per mezzo di un filtro Chamberland. Tale affermazione, che non ha avuto sinora nessun controllo, e quella del Mazé, di cui ho dimostrato la scarsa attendibilità, sono finora le sole in favore di un guadagno di azoto da parte delle culture del bacillo radicicola. * Una volta ottenute le culture pure e sicuramente identificate del microrganismo produttore dei tubercoli delle leguminose, io non potevo a meno di riprendere lo studio della questione; ed ho perciò eseguito una serie di esperimenti nelle condizioni le più varie, te- nendo anche presenti le indicazioni dei due autori che dicono di aver ottenuto esito positivo nelle loro ricerche. Descrivo senz'altro i singoli esperimenti eseguiti dal gennaio al luglio 1908. ‘ Esperimento I. — Usai un substrato nutritivo preparato con estratto di foglie di leguminose (fava) al 10 °/,, aggiungendovi il 2 °/, di glucosio, il 0,5 °/, di cloruro di sodio e il 10 °/, di gelatina; leg- gerissimamente alcalino, filtrato fino a perfetta limpidezza, e distri- buito in provette, in quantità esattamente misurate. Le quantità di terreno nutritivo, così in questo come in tutti gli altri esperimenti, furono misurate non a volume ma a peso, il chedava una molto mag- giore garanzia di esattezza. A tale scopo una certa quantità di ge- latina liquefatta e riscaldata verso 70° era versata in un palloncino di vetro chiudibile con tappo smerigliato : dopo aver pesato il tutto (1) Arbeiten aus d. Biolog. Abt. f. I and-und Forstwirthsch. am K. Gesundh. Vol. III, p. 207. 1 (2) The journal of agricultural Science, 1905, p. 59 (rif. da Behrens in Lafar-Handbuch der Techn. Mycologie III, pag. 457. — 658 — coll’esattezza del milligrammo si versava in una provetta una certa quantità di materiale evitando ogni perdita (tranne quella in pra- tica affatto trascurabile dell’evaporazione di vapore acqueo nel breve tempo in cui il palloncino rimaneva stappato): si ripeteva la pesata, ottenendosi per differenza l’esatta quantità di gelatina nutritiva ver- sata nella provetta. Preparai così 6 provette di gelatina che, dopo sterilizzazione, furono fatte solidificare a becco di flauto. Ne infettai poi 3 con cultura da tubercolo di fava (di 4° pas- saggio) e 3 con cultura da sulla (di 5° passaggio), usando sempre la stessa quantità di materiale. e cioè una piccola ansa di platino piena. Una delle tre provette infettate con cultura da fava, e una . di quelle con cultura da sulla furono nuovamente portate nella pen- tola di Koch (10° a 100°), quindi lasciate solidificare a becco di flauto. Tutte le 6 provette furono poi tenute a temperatura di 18° 20°, nel termostato, per 20 giorni: la superficie delle 4 culture non sterilizzate a questo punto era coperta di una densa abbondante pa- tina del tutto caratteristica, mentre le altre due erano rimaste sterili. i Adevitare ogni disperdimento, portai senz’altro tutto quanto il ma- teriale di ciascuna provetta entro un grosso pallone (da 500 cme. circa) di vetro di Jena, alungo collo, nel quale si doveva eseguire il primo tempo del metodo di Kjeldahl per la determinazione dell’azoto. Ciò facevo, intaccando con una limetta la parete della provetta in 3 0 4 punti e quindi tagliandola con l’aiuto di un carboncino Berzelius, e facendone direttamente cadere i pezzi colla gelatina aderente nel pallone. Eseguii così la determinazione dell'azoto totale col metodo di Kjeldahl modificato da Jodlbauer, seguendo esattamente le prescri- zioni del Fresenius (1). Ecco il risultato dei vari dosamenti dell’azoto, riportati a un unico peso iniziale di 10 gr. di gelatina nutritiva versata nelle provette : i Azoto in 10 gr. di gelatina, Contenuto medio di azoto, grammi: grammi : 1. Gelatina (infettata con cultura da tubercolo di 3a i E E TU KANE, in 10 gr. di gela- fava, e poi sterilizzata) 0,18814 | tino SIL esa ri 2. Gelatina (infettata con | cadi 7 | J se. cultura da tubercolo di i suila e poi sterilizzata) 0,19084 / (I) Traité danalyse chimique quantitative, 7° edit. francaise. — 659 — 3. Gelatina infettata con cul- \ a da tubercolo di fa. o) | 0,18970 in gr. 10 della stessa . . . . - . . b) u + a 4 a o Ò DI - 4. Come la precedente . . 0,18984 pe vate 5 2 ) gliosamente sviluppata la cultura del microrganismo tubercoligeno. 5. Gelatina infettata con cul- tura da tubercolo di sulla SS o n) e 18900 6. Come la precedente . . 0,19054 Esperimento IT. — Visto l'esito negativo del 1° esperimento, volli farne un secondo nelle medesime condizioni, ma facilitando il ri- cambio dell’aria a contatto colle culture. Ottenni ciò esponendole in ambiente percorso da una corrente continua di aria privata del suo pulviscolo batterico e della sua ammoniaca mediante passaggio attraverso un denso filtro di amianto e ad acido solforico: questo mi parve sufficiente per un primo saggio riserbandomi di esagerare nelle precauzioni (per eliminare ogni traccia di composti azotati dall’aria) se questa prima ricerca avesse avuto esito positivo per la fissazione dell’azoto. Utilizzai un comune essiccatore, cioè un recipiente di vetro a larga apertura chiudibile ermeticamente con un coperchio forato a cui si adattava un tappo di gomma a due fori: questi por- tavano due tubi di vetro, uno cortissimo, l’altro assai lungo che si prolungava fino a 4-bcm. dal fondo del recipiente. Il tappo di gomma coi due tubi fu sterilizzato nella stufa di Koch: l'interno del reci- piente fu disinfettato versandovi una certa quantità di soluzione di sublimato corrosivo all’1 °/, che vi fu sbattuta a lungo e quindi al- lontanata per la massima parte, in modo da lasciarvene in fondo solo uno strato di circa 1 cm. Nove provette con gelatina all’estratto di | leguminose (preparata nel solito modo, partendo da infuso al 10 °/, di foglie di veccia) infettate con la tecnica esposta nel precedente esperimento e nel modo indicato nel sottoposto specchietto, vennero introdotte in posizione inclinata, dopo averne allontanati i tappi di ovatta, nel recipiente già pronto che fu subito chiuso col suo coper- chio. Si trattava quindi di attivare per mezzo dei tubi di vetro una corrente di aria che prima di penetrare nel recipiente si liberasse dai suoi microrganismi e dall’ammoniaca; ed uscendone gorgogliasse attraverso una soluzione titolata di acido solforico per tener conto dell’ammoniaca eventualmente sprigionantesi dalle culture. L’espe- rimento fu dunque così disposto: i 1° Una torretta con piccoli pezzi di pietra pomice imbevuti di acido solforico. — 660 — 2° Un tubo di vetro orizzontale con un grosso batuffolo di amianto in filamenti, il tutto previamente sterilizzato. 3° Una bottiglia di lavaggio con acqua distillata sterilizzata, per rendere all’aria essiccata dall’acido solforico, un certo grado di, umidità. Va da sè che anche i tubi di gomma che congiungevano queste diverse parti fra loro erano stati sterilizzati nella stufa di Koch. 4° Recipiente contenente le culture. 5° Bottiglia di lavaggio con 50 cme. di acido solforico decimo normale. 6° Aspiratore a caduta d’acqua che si caricava due volte al giorno (mattina e sera) avendosi così attraverso il sistema un pas- saggio continuo di aria di circa 200 litri nelle 24 ore. Il tutto era disposto in una camera oscura, la cui temperatura, nel tempo di questo esperimento si mantenne tra 17° e 20°. Dopo un mese, smontato l'apparecchio, si trovò che i tubi di controllo erano perfettamente sterili meno uno (infettato con cultura da pi- sello e poi sterilizzato) che aveva dato luogo a sviluppo di muffe e fu gettato; gli altri avevano abbondantissimo sviluppo di cultura caratteristica: anche di questi ne furono scartati due (infettati con cultura da veccia e da pisello) che presentavano qualche muffa. De- gli altri fu determinato nel solito modo l’azoto, coi risultati qui esposti. La titolazione dell’acido solforico della bottiglia di lavaggio (n. 5) dimostrò che esso non aveva subìto nessuna perdita di ti- tolo: le culture non avevano quindi perso azoto sotto forma di am- moniaca. Azoto in )0 gr. di gelatina, Contenuto medio di azoto, grammi: grammi : — . Gelatina (infettata con cultura da tubercolo di fava e poi sterilizzata) 0,15848 { 0,15918 in 10 gr. di gela- 2. Gelatina (infettata con ) tina all’estratto di lequmi- cultura da tubercolo di \ nose. veccia e poi steriliz- | zata) . 0,15988 | 3. Gelatina infettata con cul- tura da tubercolo di fa- DIOR IM ARTO Come la precedente. Ta 0,15708 gelatina in cui si è rigo- SEI i gliosamente sviluppata la ae 0.16198 cultura del microrganismo 6. Gelatina infettata con cul- i tura da tubercolo di pi- selon asia ian 00807 0,15841 tn 10 gr. della stessa ous — 661 — Esperimento III. — Volendo pormi nelle condizioni sperimen- tali riferite dal Mazé, eseguii anzitutto un esperimento con agar preparato secondo le sue indicazioni. Egli, come già ho detto, non precisa la proporzione di semi di fagiolo da lui usata per prepa- rare il brodo, ma dice che questo conteneva °/,,,,, di azoto. Facendo bollire per 1 ora 100 gr. di fagioli in 1 litro di acqua di fonte ot- tenni un liquido che conteneva, in 10 eme., gr. 0,0049 di azoto: quindi lo utilizzai aggiungendovi il 2 °/, di saccarosio, l’1 °/, di clo- ruro di sodio e solidificando coll’1,5 °/, di agar, colla solita tecnica. Ma senza stare a descrivere minutamente l'andamento dell’esperi- mento, dico subito che, al termine di esso, constatai con molta mia meraviglia che le culture avevano dato esito completamente nega- tivo. Solo più tardi (come già ho detto) constatai che lo stesso Mazé afferma che basta gia un contenuto del 5 °/, di cloruro di sodio per ostacolare lo sviluppo del microrganismo specifico. In realtà, nemmeno questa asserzione del Mazé può ritenersi assolutamente esatta, poichè nè il 0,5 9/,, e nemmeno l’1 °/ di Na Cl ostacola di per sè solo lo sviluppo del microrganismo tubercoligeno, se il terreno di cultura non è già troppo ricco di sali. Ma nell’agar preparato nel modo or ora ricordato (la cui composizione è esattamente quella del substrato nutritivo sul quale il Mazé nella sua prima memoria asserisce di avere constatata la capacità azoto-fissatrice della cultura pura del radicicola), la presenza dell’1°/, di Na CI rende talvolta nullo, talvolta scarsissimo lo sviluppo del microrganismo dei tuber- coli. Pertanto io ripetei l'esperimento riducendo il cloruro di sodio al 0,25 °/,: Vagar fu distribuito (col solito sistema della doppia pesata) in 6 palloni a lungo collo del volume di circa 250 cme. (circa 15-20 gr. per ciascun pallone). Dopo sterilizzazione e solidificazione dell’agar, i 6 palloni furono infettati con culture da fava, pisello, trifoglio (di 4°.6°-4° passaggio), versando in ciascuno di essi */,, di cme. di una emulsione in acqua sterile della rispettiva cultura e distendendola sulla superficie dell’agar per mezzo di un’apposita spatola di vetro a lungo manico. Due palloni furono poi nuovamente sterilizzati. Fi- nalmente il tappo di ovatta di ciascun pallone fu sostituito con un . tappo di gomma a due fori con doppia tubulatura di vetro portante appositi tubi di gomma (il tutto previamente sterilizzato nella stufa di Koch con l’opportuna protezione di carta e di ovatta) in modo da potere congiungere i sei palloni in un sistema unico che messo in rapporto coll’aspiratore e coi mezzi di purificazione del- l’aria (in modo identico a quello del precedente esperimento) fu te- nuto per 30 giorni a temperatura di 20°-25°, all’oscuro, in corrente ANNALI DI BoranICA — Voc. VII. 42 — 662 — di aria pura e che all’uscita dalla serie dei palloni gorgogliava at- traverso soluzione titolata di acido solforico. Dico subito che que- sta mantenne il suo titolo. Dopo 30 giorni la superficie dei 4 pal- loni infettati era coperta da abbondantissima patina caratteristica; degli altri due, uno era sterile, l’altro presentava 2 o 3 piccole co- lonie gialle. Il primo tempo del metodo di Kjeldahl fu eseguito direttamente nei palloni, il che, se rese il processo un po’ lungo (causa l'abbondanza del materiale) dava però la massima garanzia di esattezza. La determinazione dell’azoto dette il seguente risultato: Azoto in 10 sr. di agar, Contenuto medio di azoto grammi: grammi: 1. Agar (infettato con cul- aia bubere ae one Î 0,00742 in 10 gr. di agar. sello e sterilizzato). 0,00714 : n na all’estratto di semi di fa- 2. Agar (infettato con cul- tura da tubercolo di tri- gelo: foglio e sterilizzato) 0,00770 | 3. Agar infettato con cultu- | ra da tubercolo di fava —0,00826 4. Come la precedente 0,00742 | 0,00752 in 10 gr. dello stesso 5. Agar infettato con cultu- agar in cui si è abbondan- ra da tubercolo di pi- temente sviluppata la cul- sello . 1 cl 120 DOBNZ tura del microrganismo 6. Agar infettato con cultu- tubercoligeno. ra da tubercolo di tri- | foglio . 0,00770 | Esperimento IV. — Volli anche saggiare culture di 1° passaggio, appena isolate. Feci perciò piastre di isolamento da tubercoli di fava e di veccia, e appena ottenuta la cultura pura ne infettai 6 dei soliti palloni a lungo collo contenenti gelatina all’estratto di foglie di leguminose e agar all’estratto di semi di fagiolo. L’espe- rimento, condotto nel modo consueto, fu protratto per 42 giorni, a temperatura di 15°-20°. Anche qui non si ebbe a notare nessuna per- dita di titolo della soluzione di acido solforico posta tra l’ultimo pallone e l’aspiratore. Lo sviluppo delle culture era rigogliosissimo. Risultato della determinazione dell’azoto: — 663 — Azoto in 10 gr. del substrato Contenuto medio di azoto, grammi: nutritivo ; grammi: 1. Gelatina (infettata con ) 0,12548 in 10gr. di gelatina cultura da tubercolo di \ all’estratto di foglie di fava e sterilizzata). . 0,12548] weccia. 2. Gelatina infettata con cul- 0,12271 in 10 gr. della stessa tura da tubercolo di vec- gelatina in cui si è abbon- BASTA RR) E LOCE dantemente sviluppata la 3. Gelatina infettata con cul- \ cultura del microrganismo tura da tubercolo di fava —(0,12623 tubercoligeno. 4. Agar (infettato con cul- 1 0,00504 in 10 gr. di agar tura da tubercolo di fa- all’estratto di semi di fa- va e sterilizzato) . . 0,00504 giolo. 5. Agar infettato con cultu- 0,00526 in 10 gr. dello stesso ra da tubercolo di vec- | agar in cut st è rigogliosa- cio . . .. +... 0,00504 > mente sviluppata la cul- %. Agar infettato con cultu- tura del microrganismo tu- ra da tubercolo il fava 0,00548 bercoligeno. EsperIMENTO V. — Sebbene il risultato delle mie ricerche in pro- posito, (1) mi avesse dimostrato che i mezzi liquidi non sono in generale adatti allo sviluppo del microrganismo tubercoligeno, cre- detti opportuno di sperimentarne almeno uno, che mi si era mo- strato più conveniente, cioè il brodo di fagioli al 10 °/, col 2% di glucosio. L'esperimento fu fatto in palloni, colle consuete moda- lità. L'infezione fu eseguita con ‘/,, di cme. di una emulsione in acqua sterile di patina culturale del microrganismo da tubercolo di fava (2° passaggio). Dopo 40 giorni a 20°-25° nei palloni non steri- lizzati dopo l'infezione, il brodo era fortemente intorbidato e pre- sentava un deposito non molto abbondante. Il liquido di ciascun pallone fu acidificato con acido solforico ed evaporato a bagno ma- ria fino a secchezza; poi ne fu dosato l’azoto nel modo solito, col seguente risultato: (1) Questo volume degli Annali di Botanica, pag. 637 e segg. = BRE = Azoto in 10 gr : di brodo di fagioli, Contenuto medio di azoto, grammi: grammi : 1. Brodo di fagioli (infet- tato con cultura da tu- a en 10 gr. di brodo bercolo di fava, e steri- \ di fagioli. lizzato) . si 0,00532 2. Brodo di fagioli infettato 0,00511 tn 10 gr. dello stesso eon cultura da tuberco- brodo în cui st è sviluppata - lo di fava. . . .-. 0,00546 la cultura del microrgani- 3. Come il precedente . . 0,00476 smo tubercoligeno. EsPERIMENTO VI.—Ho detto che, secondo Behrens riferisce, Golding avrebbe ottenuto un aumento di azoto in culture liquide, a patto di allontanarne man mano che si formano i prodotti del ricambio ma- teriale, mediante una candela Chamberland. Non mi è stato possi- bile prender direttamente visione del lavoro del Golding: ma non era certamente difficile ideare un dispositivo che permettesse di realizzare la condizione essenziale da lui stabilita, di ricambiare cioè tratto tratto il liquido nutritivo evitando con sicurezza ogni perdita di esso e del ma- teriale batterico. Ho quindi eseguito qualche ricerca per con- trollare Il affermazione del Golding, col solito brodo di fagioli al 10. °/,, col 2 BANNAN GLO rots, ro Tage e ot Kaen eee evn ek, Paceherl: ri Authoring. ST 5 brace: DAVCCIE {Ua Lo ee ele | sla, Sace Minime RATINGS Me E oh lee oy La, IRINA hey Roe ARE EERO: Il latice in gennaio, cioè durante il riposo della pianta, riempie completamente i laticiferi, ma sgorga solo in piccola quantità da tagli eseguiti sui rami dell'annata. Nei rami più vecchi, pure riem- piendo i canali laticiferi, non sgocciola dalle ferite, ma compare su queste in forma di piccole goccioline appena sufficienti a bagnare la superficie del taglio. Il latice in questo periodo è molto poco denso ed ha un colore biancastro tendente al giallognolo. All’esame microchimico presenta i soliti globuletti di grasso, però in quantità molto minore; sempre abbondanti, sebbene diminuite, sono le albumine, è invece forte- mente aumentato lo zucchero riduttore. Questo aumento di zuccheri continua nel latice di Ficus Carica fino a quando getta i nuovi ger- mogli, epoca in cui il latice diventa più denso, riprende il suo aspetto perfettamente latteo e s’arricchisce di nuova quantita di glo- buli di grasso (14 marzo); da quest’epoca la quantità di zuccheri ri- duttori va continuamente diminuendo fino ad accusarne minime tracce nel periodo di massima attività vegetativa (maggio-giugno). La costituzione del latice si mostra quindi costante in tutto il periodo vegetativo variando solo la quantità e non la qualità delle sostanze che lo compongono. Costante si mostra anche la presenza di determinati enzimi. Per dimostrare la presenza di alcuni di questi nel latice provai il metodo Beijerinck, il quale consiste nel fare agire, su piastre di gelatina al 10 %, o di agar-agar al 2%, più 1% della sostanza su cui deve agire l'enzima che si vuol riconoscere, una certa quantità del — 650 — liquido in cui si suppone esservi quel dato enzima. Ho eseguito anche l’altro metodo molto più semplice di far agire direttamente delle gocce di latice sulla sostanza liquida o solida. Ho finito poi per seguire le seguenti procedure: Per le proteasi di carattere triptico ponevo alcune gocce di latice su piastre di gelatina al 10 % più 0,5 % di acido fenico come antiset- tico, e così seguivo la gelatinolisi; (ole immergevo dei pezzetti di fibrina (conservati in alcool) in un tubo contenente 2 cme. di acqua distillata nel quale si lasciava cadere da 5 a 10 gocce di latice. Per le proteasi di carattere peptico facevo coagulare in un tubo una piccola quantità di chiara d’uevo e poi vi depositavo sopra d- 10 gocce di latice; oppure, preparato del glutine dal lavaggio prolun- gato della farina vi facevo direttamente agire il latice. Per l’amilasi versavo in 5 cme. di salda d’amido all’ 1% 5 gocce di latice, quindi tenevo il tutto in bagno per un’ora alla temperatura di 55°; poi esaminavo il liquido; l'aumento degli zuccheri riduttori, rispetto a quelli già esistenti prima della prova indicava la presenza dell’amilasi (in senso lato). Per la pro-amilasi Beto il tubo così preparato in terion tee alla temperatura di 25°, ove lo tenevo per alcuni giorni, dopo di che determinavo lo zucchero riduttore, e subito ponevo il tubo in bagno alla temperatura di 55°, determinando dopo un’ora nuovamente gli .zuccheri riduttori. La differenza in più fra le due determinazioni di amilasi è un criterio della trasformazione dello zimogeno in amilasi. Per l’invertasi si usò il medesimo metodo dell’amilasi, solo che le goccie di latice si fanno cadere in 5 cme. di saccarosio al 20 %. Per le chimasi ponevo alcune gocce di latice in 5 cme. di latte e tenevo il tubo in bagno alla temperatura di 53° fino all’inizio della coagulazione. Per la lipasi facevo agire il latice su 5 cme. di olio di oliva neutro e ne determinavo di tanto in tanto l’acidità. Quando in queste esperienze occorrevano antisettici usavo il ti- molo od il cloroformio. Con queste prove sono giunta a stabilire che nel latice di Ficus Carica si presentano i seguenti enzimi: Proteasi triptica, che a temperatura ordinaria scioglie la gelatina in piastra determinando intorno alle gocce di latice grossi aloni tra- sparenti, che presto fondono e poi si confondono in modo che in 24- 48 ore tutta la piastra di gelatina viene disciolta. La tripsina è più attiva nel periodo di ripresa della vegetazione. Proteasi peptica, che discioglie superficialmente la chiara d’ovo coagulata ed attacca il giutine di farina di grano. Pepsina ce n'è — 681 — sempre nel latice di fico (cfr. Carica papaya). Questa proteasi attacca anche prima, corrodendo e poi frammentando, i pezzi di fibrina in 15 giorni a 25°, disciogliendoli completamente in circa 45 giorni. Amilasi,*/, cme. di latice privo di zucchero, agendo su 5 cme. di salda d’amido all’ 1% in bagno a 55° per un’ora dettero mg. 38 di CuO. Non riuscii a dimostrare la presenza di pro-amilasi. Infatti ‘/,cme. di latice tenuto con 5,5 cme. di salda d’amido all’1 % in termo- stato a 25° per 12 giorni dette per 1 cmc. del liquido così preparato mg. 91 e per tuttie 6 mg.546 (‘/,) di CuO. Addizionati gli altri 5 cme. rimasti di questo liquido con nuova salda d’amido (5 cmc.) e tenuti a bagno-maria a 55° per un’ora dettero tutti col Fehling mg. 370 (’/, di CuO, dando così in questa prova una diminuzione di mg. 102 - di CuO. Ciò prova che la gran quantita di sostanze riducenti trovate erano dovute all’azione dell’amilasi già esistente e agente sulla salda d’amido per un periodo di 12 giorni alla temperatura di 25°. Invertasi, ‘7, cmc. di latice, privo di zucchero, agendo in 5 cme. di saccarosio al 5 % dette col Fehling mg. 8 di CuO. Chimasi, coagula immediatamente a temperatura ordinaria (20°) il latte (5 cme. di latte e 2-3 gocce di latice) (1). Manca di Zipasi poichè l’olio non divenne acido in circa due mesi, nè vi è ossidasi stando a la reazione con la tintura di guaiaco. Tutte queste azioni sono enzimatiche, poichè se in 2 cme. di acqua distillata si fanno cadere diverse gocce di latice e si pone tutto a bagno-maria a 100° per alcuni minuti, il latice dopo perde le sue proprietà enzimatiche, cosa che non avviene se la tempera- tura non raggiunge i 100° malgrado la diluizione subita dal latice. Posto in autolisi il latice (in aprile) non subisce alcuna alterazione (5 cme. d’acqua distillata e 10 gocce di latice a 25° in termostato per 30 giorni); solo tutte le sostanze solide precipitano al fondo del tubo e prendono una colorazione giallastra. Gli enzimi si trovano nel latice in qualunque periodo vegetativo della pianta; forse ne varierà la potenza d’azione; ma ciò non ho potuto determinare poichè è impossibile con piccole quantità di la- tice fare determinazioni quantitative. Dopo queste osservazioni penso che non sia il caso di considerare il latice di Ficus come un prodotto di escrezione. E se i grassi alcune volte nella pianta sono da ritenersi come un prodotto della disgre- gazione di alcuni albuminoidi, qui è da credere che non ne sia il caso, poichè essi aumentano quantitativamente nel periodo di mas- ‘1) Cfr. Bruscur. Sopra alcune chimasi o presami vegetali. Rendic. Accad. Lincei, 1907, II. Sem. p. 360. — 682 — sima vegetazione della pianta, mentre aumentano pure le albumine del latice e diminuiscono quando la pianta è in riposo ed ha perduto le foglie. Essi si trovano poi sempre in maggiore quantità nei laticiferi delle foglie verdi e nei giovani rami, e se si pongono questi rami al buio i grassi diminuiscono fortemente in poche ore, quindi essi si comportano piuttosto come prodotto di assimilazione che di escre- zione. Le albumine poi e gli zuccheri non sono da ritenersi come so- stanze di escrezione; d’altra parte l'aumento degli zuccheri nel pe- riodo di riposo invernale mentre spariscono i grassi potrebbe far sup- porre che questi, per essere usufruiti dalla pianta, vengono nei la- ticiferi stessi, per processi chimici, trasformati direttamente in zuc- chero, così come è noto per i rami di altri alberi etc. Riguardo agli enzimi non ci si può fermare per ora che alla con- statazione della loro presenza, perchè se l’azione della tripsina, pep- sina ed altre proteasi possono spiegare perchè nel latice ie albumine s’incontrino prevalentemente allo stato disciolto, mi pare un po’ az- zardato attribuire a la presenza di amilasi, che in realtà già a 25° ha una potenza idrolitica molto forte, la mancanza assoluta di amido e di altri polisaccaridi dal latice di Ficus Carica (mancano realmente anche le destrine e l’amilodestrina). Lo stesso vale per l’invertasi, perchè non si trova saccarosio in questo latice, che porta anche ben poco zucchero riduttore. Oscura è anche la funzione della chimasi. Il. Ficus Pseudo-carica. I semi maturi di questa specie di /icus sono del tutto simili a quelli del Ficus Carica, ed hanno per riserva albumina e forte quan- tità di grasso. Posti in termostato a germinare a 25° in terreno di giardino ed inaffiati con acqua di fonte, germinano dopo dieci giorni. Esaminate le piantine dopo trenta giorni dalla semina, esse pre- sentano dei laticiferi riconoscibili dopo il trattamento con il reat- tivo di Millon, ciò che prova che il latice di essi contien forte quantità di albumina o per lo meno di tirosina; si scorgono in essi chiaramente anche le gocciole di grasso, simili a quelle che trovansi nel latice della pianta adulta. Tagliato il fusticino della piantina, sgorga dalla ferita qualche goccia di liquido che presenta al microscopio tutti i caratteri del latice di questa pianta, ma che pure non ha l'aspetto bianco-latte, mostrandosi quasi del tutto trasparente, il che forse è dovuto alla — 683 — povertà in gocciole di grasso. Contiene anche una certa quantità di zuccheri riduttori e manca completamente di amido, il quale si trova, ma sempre in quantità non notevole, nei tessuti parenchi- matosi. Non ho potuto seguire oltre il destino del latice per il cre- scere molto lento di queste piantine, che le rende assai delicate nel primo periodo di vita. Il F. Pseudo-carica adulto presenta un latice di costituzione in tutto e per tutto simile a quello del 7. Carica, e le sostanze in esso riscontrate sono : Albumine, forte quantita (forse maggiore che nel F. Carica). Grasso, gran quantità in globuletti solidi con ilo eccentrico, come quelli del F. Carica. Zucchero riduttore, in piccola quantità, che diviene maggiore ed anche considerevole nel periodo di riposo (inverno) nel quale dimi- nuiscono le sostanze grasse. i | Caucciù, piccola quantità. Acidi organici liberi, forse in quantità maggiore che nel F. Ca- rica, essendo l'acidità di questo latice un po’ superiore a quella del nostro fico comune. Mancanza assoluta di amido, polisaccaridi, zuccheri non ridut- tori e tannino. Usando i metodi adoperati per il F. Carica e facendo le espe- rienze contemporaneamente a quelle del F. carica ho riscontrato nel F. Pseudo-carica 1 seguenti enzimi: Proteasi triptica, che discioglie tutta la piastra di gelatina più presto di quella del F. Carica (18-26 ore). Proteasi peptica, che discioglie la fibrina (più energicamente di quella del /. Carica), l’albumina d’ovo coagulata ed anche il gla- tine di farina di grano. Amilasi, meno energica di quella del Ficus Carica poichè 1/2 emc. di latice con 5,5 cme. di salda d’amido all’1 0/9 a bagno maria per un’ora a 55° dette poi mg. 20 di CuO. Lasciato invece in termostato per 12+ giorni si aveva per 1 eme. di liquido, preparato sempre nella proporzione di 1/2 cme. di latice e 5 cme. di salda d’amido all’1 0/0), mg. 39 di CuO e per tutti 6 cme. del liquido mg. 234 (1/6). I 5 cme. rimasti dopo la prova, addizionati con 5 cme. di nuova salda d’amido, e tenuti a bagno maria a 55° per un’ora, davano per 2 cmc. del liquido così preparato mg. 72 e per 6 cmc. del liquido primitivo mg. 432 di CuO. Il che proverebbe che in questo latice l’amilasi trovasi in preferenza allo stato di proenzima, cosa che non avviene per il F. Carica. — 684 — Invertasi, molto debole, dando col Rehlmne mg. 8-9 di CuO (forse qui come per il Y. Carica questa piccola inversione può essere dovuta all’acidità del latice piuttosto che ad un vero e proprio enzima). Chimasi, una sola grossa goccia di latice coagula immediata- mente 5 cme. di latice. (Cfr. Bruschi, lavoro su citato). Manca la lipasi e l’ossidasi. In complesso si può dire che per la qualità dei componenti, non esclusi gli enzimi, la costituzione del latice di I’. Psewdo-carica è assai prossima a quella di F. Carica. Troviamo però più energici gli enzimi degli albuminoidi nel latice di F. Psewdo-carica, mentre sono più energici gli enzimi dei carbidrati nel F. Carica. MII: Ficus elastica. Il latice di questa pianta è più povero di sostanze nutritizie di quelli degli altri due Ficus. Macroscopicamente esso si presenta, in tutto il periodo vegeta- tivo delia pianta, bianco, lattiginoso e molto denso. Sgorga dalle ferite a goccie che però ben presto si rapprendono in grumi che da prima si stirano in fili e poi prendono l’aspetto di concrezioni calcaree, fragili, che impediscono lo sgorgare di nuovo latice. Per ottenere una nuova quantità di latice basta tagliare il ramo poco al disotto della prima ferita. Se però il taglio è avvenuto sul pic- ciuolo di una foglia con distacco di questa, ed alcuni giorni dopo si va a tagliare il moncone lasciato, per quanto questo sia ancora turgido e d’aspetto non alterato, pure col nuovo taglio non si ot- tiene più emissione di latice, oppure escono piccole e poche goccie di densità molto diminuita ed opalescenti, non più lattee, per la forte diminuzione dei globuli di grasso nel latice di questa parte della foglia. i All’esame microchimico il latice di /. elastica si presenta co- stituito delle seguenti sostanze (1): Grassi, in forte quantità in minutissime goccioline simili ai glo- buletti di grasso degli altri due Ficus. Caucciù, in rilevante quantità in globuli privi di ilo con con- torno qualche volta irregolare e con rifrangenza maggiore di quella dei globuli di grasso, e facilmente distinguibili da questo per la mancanza delPalone periferico. (1) Borzi A. — Ricerche e studii su la cultura delle piante da gomma elastica in Sicilia. — Bull. Ministero agric. Anno 1905. Vol. IV, p. 783-794. IL 665 Acidi organici liberi, in piccola quantità, forse combinati col Magnesio. (1). Acidità del latice non molto forte. Resine, tracce. Mancano assolutamente l’amido, gli zuccheri riduttori e non ri- duttori ed il tannino. Trattato con alcool questo liquido si. rapprende, cosa che non av- viene per i latici dei due Ficus precedenti. Con etere si può estrarre dal latice di F. elastica una certa quantità di grasso, bianco, di consistenza simile a quella della va- sellina, ed una forte quantità di caucciù che si è potuta ricono- scere per mezzo dei reattivi di queste sostanze (2). Infatti esso si presentava in masserelle che coloravansi in gialliccio con le soluzioni iodate e non si alteravano sotto l’azione di acido solforico concentrato. L’acqua di Javelle, la potassa caustica e l’alcool le lasciano in- tatte; in etere cambiano di forma ma non si sciolgono (3). Nel latice di Ficus elastica ho riscontrato nella stagione prima- verile i seguenti enzimi: Triptasi (sopra gelatina) a temperatura ordinaria (20°) molto debole. Pro-amilasi, tenuto il latice con 5 cme. di salda d’ amido al- V1°/, in termostato a 25° per 17 giorni, acquista proprietà amila- siche e idrolizza la salda d’amido dando col Fehling mg. 85 di CuO. Chimasi, una goccia di latice coagula 5 cme. di latte alla tem- peratura di 53° in 35’. Mancano: la pepsina, la proteasi (per la fibrina), l’amilasi e la invertasi. Non si ha neppure lipasi, poichè versando del latice in 5 cme. di olio di oliva neutro e tenuto il tutto in termostato a 25° non si ottiene mai la formazione di acido. Si ottiene però in breve tempo _ (10 giorni) la decolorazione dell’olio; cosa che non avviene con gli altri latici. Non ho potuto stabilire a che cosa sia dovuta questa decolorazione. (1) ApRIANI. — Jahresber. Fortschr. Ch., 1901, p. 520. (2) Merz. — Anatomie der Laubblittern der Celastrineen mit besonderer Beriicksichtigung des Vorkommens von Kautschuk. — Beihefte zum Bot. Cen tralbl. Band XV. Heft 2-1903. i (3) Secondo le analisi riferite dal Borzi (lav. s. ¢ p. 792) il caucciù greggio di Ficus elastica ha la seguente composizione: Perdita per depurazione ed asciugamento . . 6,85 PIEsinen A tO ra ON CRI (GET TZi O A Sa ab oA a E n A ig 215 (CETO LIO A TI SEE Party ead GIN ESRI TI, — 686 — Anche in questa pianta la composizione qualitativa del latice non varia durante l’intero periodo annuale di vegetazione, però quando soffre il digiuno, il latice diviene meno denso e più povero di globuletti di grasso. LV. Euphorbia splendens. Il latice di questa Euphorbia è bianco, di aspetto lattiginoso e di densità molto rilevante; appena esce dalla ferita si coagula in modo che ben presto cessa di sgorgare. Si ottiene però di nuovo abbondante facendo una nuova ferita poco al di sotto della prima, e ciò anche dopo parecchio tempo che si è distaccata la parte. Esso sì trova in tutte le parti della pianta, rami, foglie, fiori, perfino negli aculei trovansi dei laticiferi considerevoli. Microchimicamente questo latice si mostra composto (dal no- vembre al giugno) di: Grasso, in uno stato di emulsione estremamente fina, tanto da non potere essere posto in evidenza se non con previo trattamento di potassa o di etere. Amido, in discreta quantità, in forma di bastoncelli qualche volta rigonfi ad una estremità. Zuccheri riduttori, abbondanti. Resine, in forte quantità (reattivo: acetato di Cu). Acidi organici liberi, in certa quantità. Acidità libera piuttosto forte. Mancano assolutamente tannini, Di enzimi ho in esso riscontrato i seguenti: Triptasi, molto debole, attacca leggermente la gelatina. Amilasi, '/, cme. di latice e 5 cme. di salda d’amido all’1 % dava col Fehling dopo un’ora a 55? mg. 81 di CuO. Invertasi, '/, cme di latice e 5 cme. di saccarosi al 20% dopo un’ora a 55° da col Fehling mg. 26 di CuO. Mancano : pepsina, lipasi ed ossidasi; è incerto se presentasi una vera e propria chimasi. In autolisi anche questo latice non mostra alterarsi nè pare ven- gano attaccati i grani d’amido che in esso sono contenuti, per quanto il latice contenga dell’amilasi. A Inngo tutto il liquido tende a pren- dere una colorazione rosea. Il latice di Huph. splendens conserva costante la sua composizione qualitativa nelle diverse stagioni. Solo sgorgava da le ferite più ab- bondante e con maggior veemenza nella primavera (aprile-maggio). E ga Tenendo in ambiente poco illuminato VE. splendens per circa un mese, le sue foglie si eziolarono parzialmente, alcune anzi cad- dero. Ciò nonostante il latice del fusto non mostrava alcuna varia- zione nella sua composizione qualitativa, per quanto riguarda le dette sostanze, nè per le sue attività enzimatiche. Via Euphorbia Candelabrum. In questa pianta si ha un latice bianco, lattiginoso, di densità elevata e sgorgante a lungo da punture che si possono fare sui suoi rami carnosi simili a foglie. All'esame microchimico presenta (in maggio-giugno) la seguente composizione : Amido, molto, in bastoncelli od ossicini molto raccorciati e for- temente rigonfi ad ambedue le estremità. Zuccheri riduttori, in abbondanza. Grassi, in fortissima quantità, ma emulsionati, facili a mettersi in evidenza con trattamento di etere o di potassa. Resine, che Rebuffat (1) ascrive al tipo euforbone e perciò chiama candeuforbone. Acidiorganici liberi, non in gran quantità; perciò, acidità poco forte. Di enzimi ho trovato: Tripsina, debole. Amilasi, debole. Invertasi, un po’ più energica, ma non così da permettere mi- sure quantitative. Mancano: la pepsina, proteasi, lipasi ed ossidasi. Anche in questa Euphorbia non ho notato alcun cambiamento nella costituzione qualitativa del latice, neppure per le sue atti- vità enzimatiche, nelle diverse stagioni. VI Euphorbia Ipecacuanha. Il seme dell’E. Ipecacuanha ha nel suo albume per materiali di riserva una forte quantità di grassi, aleurona e sostanza amiloide depositata come strato di spessimento su la parete di cellulosa. L’embrione, che mostra i cotiledoni ben sviluppati, ha le sue cellule ricche di albumine, ma allo stato di riposo non presenta nè amido, nè zucchero riduttore, e solo piccola quantità di grasso. ‘1) Chem. Cent., 1903, p. 1330. — 688 — N In esso sono difficili a scorgersi i laticiferi, che però possono porsi in evidenza trattando le sezioni col cloruro ferroso, non già perchè si colorino con questo reagente, ma perchè il preparato ac- quista una certa trasparenza che permette di scorgere nei cotile- doni i più grossi laticiferi, e che percorrono il cotiledone lungo il margine esterno, mentre mandano ramificazioni verso il margine interno, margine che corrisponderà poi alla pagina superiore della foglia cotiledonare, dove si svilupperà il tessuto a palizzata. Le ul- time diramazioni non si possono seguire per l’esiguità dei canali e per la difficoltà di ottenere preparati più chiari. Per quanto abbia tentato di colorare con violetto di genziana, verde di metile, sa- franina, rubina (1), fuchsina acida, Sudan III, reattivo solfo-vanil- lico (così adatto per la colorazione in bleu dei laticiferi di Laccta- rius), pure non potei ottenere una netta colorazione dei laticiferi nelle diverse parti di questi semi in riposo. Non così accade quando il seme è in germinazione. Infatti messi a germinare in acqua di fonte ed in termostato alla temperatura di 5° dopo 24-48 ore i semi (se in buono stato) avevano già iniziata la germmazione, ed esaminato il seme vi si po- tevano subito osservare i laticiferi, almeno i tronchi principali, poi- chè questi erano posti in evidenza dall’amido che si trova da prima solo nei laticiferi e con la forma caratteristica per il latice delle Euphorbiacee, cioè in lunghi bastoncelli che si colorano in bleu scuro collo jodio. Il latice sin da questo momento presenta anche zuccheri ridut- tori e sostanze grasse emulsionate. In questo stato i laticiferi sono colorabili col violetto di genziana fino nelle loro più delicate dira- mazioni nelle foglie cotiledonari. Intanto l’albume si svuota dei suoi materiali di riserva. Il grasso che come nell’albume di ricino si presenta nel seme in riposo in- timamente unito col protoplasma, viene ora ad apparire in grosse gocce chesi colorano coi reagenti cromatici dei grassi. Gli ispessimenti di amiloide si assottigliano, le sostanze albuminoidi diminuiscono. Nello svilupparsi della piantina l’amido oltre che nei laticiferi sì presenta anche nei tessuti parenchimatici, ma non in forma di bastoncelli, bensì di piceoli granuli; il grasso invece pare che si trovi sempre solo nei laticiferi; gli zuccheri riduttori si prone abbondanti in tutta la piantina. Questo quadro varia poco sino al completo esaurimento delle so- stanze di riserva dell’albume; di queste la prima a scomparire è (1) Metodo adoperato da Pirotta e Marcatili. Lavori su citati. sche: nn ee ee ee ee — 6896 la sostanza amiloide delle pareti, poi vengono le albumine ed in- fine scompaiono tutti i grassi. La piantina non attacca la cellulosa delle pareti delle cellule, le quali vuotate si disseccano e cadono al- l’aprirsi dei cotiledoni. Il latice in questo periodo si mostra poco denso, di aspetto biancastro opalescente, e contiene amido, zucchero riduttore, grassi (ma non in gran quantità) ed acidi organici. È privo di tannino, e non acquista una densità maggiore nè prende un colore più latteo se non più tardi, quando la piantina ha messo numerose foglie. Gli enzimi che ho potuto dimostrare nei primi tempi della for- mazione del latice sono due soli: invertasi ed amilasi. La composizione qualitativa del latice in questa pianta si pre- senta costante in tutto il periodo di vegetazione; solo negli organi ammalati o vecchi il latice diminuisce, è meno denso e diviene per- sino trasparente, acquoso; gli zuccheri e i grassi diminuiscono; ma si presenta sempre abbondante l’amido. Per osservare cosa avvenga del latice quando si sopprima l’as- similazione clorofilliana posi un vaso con piantine di H. Ipecacua- nha bene sviluppate in camera oscura. Dopo 5 giorni le piantine possedevano latice soltanto nella regione apicale del fusto, però di densità e costituzione quasi identica a quella del latice delle altre piantine coetanee allevate alla luce; ma nelle altre parti della pianta trovai un liquido quasi trasparente, in piccola quantità, povero di zucchero riduttore e di grassi, ma ricco sempre di ba- stoncini d’amido, ed anche quando le piante dopo altri due giorni morirono, mentre tutti i tessuti si mostravano privi d’amido, que- sto non era affatto scemato nei laticiferi, mentre le altre sostanze nutritive erano notevolmente diminuite. i Infatti contati i bastoncelli d’amido per mezzo di una camera contatrice di Jeiss che potevano trovarsi in un preparato microscopico formato con una goccia di latice avuta da una piantina posta in piena luce si aveva, eseguendo una media di ben 30 letture, un nu- mero di bastoncini d’amido uguale a 13 e per una goccia ottenuta da un ramo della medesima grossezza di una pianta tenuta all’o-. scuro, un numero di bastoncelli d’amido uguale a 12, con la diffe- renza d’un solo bastoncino d’amido. Le letture al microscopio erano fatte prima agli angoli del ve- trino e verso il centro, poi alla metà dei lati e nuovamente al cen- tro; di tutte le letture eseguite se ne faceva poi la media. I laticiferi si riscontrano in tutte le parti della pianta adulta dalle foglie alla radice, percorrendo sia la regione corticale, sia il cilindro centrale. È da notare però che nella corteccia sono più nu- — 690 — merosi e di calibro molto maggiore (quasi il doppio) di quelli che percorrono il cilindro centrale; nelle foglie essi terminano fra le cellule del tessuto a palizzata, il quale in condizioni normali si pre- senta ricco di glucosio e di amido. Nel tessuto a palizzata non si scorgono sostanze grasse che sembrino proprie del latice. I latici- feri si diramano, quando la pianta fruttifica, nell’involucro del frutto; quivi essi presentano un latice molto più denso, di colore perfet- tamente latteo e più ricco di sostanze grasse. Durante la maturazione del seme nell’albume si ha da prima una forte formazione di amido in piccoli granuli, poi l’amido scom- pare ad un tratto ed appare in sua vece il grasso mentre si depo- sita l’aleurona; solo nell’ ultimo stadio si ha formazione degli spessimenti di amiloide (emicellulosa) su le pareti dell’albume. Frattanto l'embrione si è sviluppato, il latice cessa di affluire al frutto, tanto che distaccandolo, il latice non sgorga più dalla ferita nè esce dalle punture che si possono fare nell’involucro del frutto. Si può dire dunque che qui il latice si comporta come un liquido nutritizio, che viene prodotto in relazione all’assimilazione clorofil- liana nelle foglie e poi usufruito dalla pianta, specialmente nei punti di massima attività vegetativa, dove viene trasportato per mezzo dei laticiferi. Non si spiega però la persistenza dell’amido nei laticiferi, se non supponendo che esso possa derivare dai grassi stessi del latice. È anche da notare che in questa pianta i tubi cribrosi sono poco numerosi e poco sviluppati, e che in tutta la piantina vi è scar- sezza di amido. Questo carboidrato si trova generalmente in piccoli grani raggruppati nell’ interno della serie di cellule parenchimatiche che seguono i laticiferi nel loro percorso nel fusticino. VIL. Euphorbia Peplus. Nell’albume del seme di questa pianta troviamo come materiale di riserva grassi e sostanze albuminoidi; manca qualunque traccia di amido e di sostanza amiloide nelle pareti. Non appena s’inizia la germinazione, il latice riempie immedia- tamente i laticiferi che si possono subito mettere in evidenza, nel modo più semplice, con la tintura di jodio. L’amido ha la solita forma di bastoncelli od ossicini caratteristici delle Euphorbiaceae. L’a- mido oltre che nei laticiferi si riscontra anche nei parenchimi della pianta, qui però in forma di granuli, e mai in rilevante quantita. Il latice di E. Peplus in completo sviluppo (aprile) non è molto — 691 — denso, è bianco, lattiginoso e contiene le medesime sostanze riscon- trate nel latice della piantina in germinazione, e cioè: Grassi, forte quantità, ma in uno stato di finissima emulsione. Amido, forte quantità, in bastoncelli. Zucchero riduttore, abbondante. Acidi organici, in poca quantità. Acidità libera debole. Manca il tannino. Gli enzimi notati sono: Amilasi,5 cme. di salda d’amido all’1°/, ed alcune gocce di la- tice (10-15) tenuti a bagno maria a 55° per un’ora danno col Fe- hling mg. 17 di CuO. Invertasi, 5 cme. di saccarosio al 20°/, e 15 gocce di latice tenuti a 55° per un’ora, col Fehling danno mg. 12 di CuO. Chimasi, 5 cmc. di latte e 10-15 goccie di latice a 53° si coa- gulano in 1! 6’. Mancano: tripsina, pepsina, proteasi, lipasi ed ossidasi. La composizione qualitativa di questo latice e le sue attitudini enzimatiche si mostrano costanti durante tutto il periodo vege- tativo. L’ E. Peplus si mostra resistente a condizioni sfavorevoli, e si è prestata quindi per esperienze di digiuno. I. EspERIENZA. — Tre piante coltivate in vaso con terra da giar- dino furono poste in camera oscura; mentre un secondo vaso con 3 piante fu messo sotto una campana tubulata contenente un reci- piente con KOH; attraverso la campana facevo passare una cor- rente d’aria priva di CO,. Il tutto era posto dinanzi ad un finestrone perchè potesse ricevere la massima luce possibile. Altre piantine di controllo feci crescere in condizioni normali. Il latice nelle piantine poste al buio dopo dieci giorni presen- tava solamente una leggera diminuzione di densità, ma sempre la medesima quantità di amido e di zucchero riduttore, dopo dodici giorni il latice era meno denso ancora e tendeva a prendere un colore opalescente, diminuiva la quantità dei grassi e dello zucchero riduttore, mentre si manteneva costante l’amido ; tanto che contati i bastoncelli, che potevano trovarsi in un preparato microscopico formato con una goccia di latice avuta da un ramo tagliato di milli- metri 2 di diametro di una piantina posta in piena luce si aveva, e seguendo la solita media di 30 letture, un numero di bastoncini di amido uguale a 27: e per una goccia ottenuta da un ramo, della me- desima grossezza di una pianta tenuta all’oscuro un numero di ba- stoncelli d’amido uguale a 24, con la differenza di soli 3 bastoncini d’amido. E per un ramo più sottile (circa ‘/|, mm. di diametro) e più — 692 — vicino all’apice si aveva rispettivamente per il preparato ottenuto dalla pianta posta in piena luce bastoncini d’amido 22, e per quello della pianta al buio bastoncini d’amido 20, con una differenza in meno di 2 soli bastoncini. i i Trattato il liquido con soda o con potassa si hanno cristalli di ossalato o di malato in quantità maggiore che nel latice delle pian- tine tenute in condizioni normali. Dopo 24 giorni le piantine sono molto sofferenti, cadono le foglie, gli apici vegetativi sono eziolati, il latice è piùfluido, escein piccola quantità dalle ferite, è quasi limpido ed è povero di grassi e dì zuc- chero riduttore; resta costante l’amido. Dopo 27 giorni posi fine all'esperienza. Tagliando i rami ed il fusto non si otteneva uscita di latice, e facendo sezioni si riscon- travano tutti i tessuti in istato avanzato di fame, come si può dedurre dall’assenza completa di amido, eccetto che nei laticiferi dove si presentava in abbondanza sotto forma dei soliti bastoncelli. Tutte le altre sostanze del latice, se non scomparse, erano diminuite fortemente. Riguardo agli enzimi non ho potuto notare alcuna variazione. Le piante poste in ambiente privo di CO, alla luce dettero dei risultati meno soddisfacenti, forse perchè riuscirono ad usufruire dell'anidride carbonica emessa nella notte. Infatti dopo un soggiorno di 19 giorni davano ancora una quan- tità di latice piuttosto abbondante, nè si poteva notare una minore densità, nè una decolorazione notevole. L’esame microchimico indi- cava la presenza dei soliti componenti di questo latice e solo poteva accennarsi ad una diminuzione degli zuccheri riduttori. In tutti gli altri tessuti della pianta si notava una diminuzione dell’amido, ma non la sua scomparsa, ed anzi sì trovava in quantita quasi normale nella serie di cellule fiancheggianti i laticiferi della corteccia. È da notarsi che, eccetto nella radice, dove nella pianta adulta non si riscontra latice, nè laticiferi, tutto il sistema dei vasi cri. . brosi è poco sviluppato. VIII. Euphorbia Lathyris. Quest’euphorbia avendo semi di dimensioni maggiori delle due precedenti, si è prestata meglio di queste ad osservazioni embrio- logiche. Essa inoltre è molto resistente a condizioni sfavorevoli di vegetazione ed ha un latice di costituzione molto complessa. — 693 — ; ‘ L’albume del seme ha come materiali di riserva aleurona e forte quantita di grasso, tanto che pestati 7 gr. di semi di HE. Lathyris e trattati con etere, si potè estrarre gr. 1,1208 di olio, di aspetto e densità simile in tutto a quella dell’olio di ricino, però inodoro. Mancano completamente l’amido e gli zuccheri. L'embrione che nel seme maturo è bene sviluppato, presenta gia laticiferi, che partendo da due centri posti ai lati dell’ apice vegetativo dirigonsi a guisa di cordoni in alto lungo la parete esterna dei cotiledoni, ed in basso lungo la periferia della radichetta e verso l’apice radicale, mentre un ramo congiunge i due centri da cui partono questi primi laticiferi; altri tubi poi di calibro minore costituiscono un reticolato nei cotiledoni e vengono a terminare nei grossi tronchi. Nell’embrione non ancora in germinazione però non si possono scorgere questi laticiferi per la ricchezza di materiali di riserva (in ispecie albumine) contenuti in tutti i tessuti dell'embrione, ecce- zione fatta per i tronchi più grossi, che, sebbene adoperando tutti i mezzi gia usati per l'embrione d’ EL. Ipecacuanha non riuscissi a co- | lorarli nettamente, però potel scorgere trattando la sezione con cloruro ferrico. Non vi è nell’embrione, come non vi è del resto nell’albume, traccia di tannini, per quanto questi compariscano nel latice poco dopo iniziata la germinazione; allora divengono perfettamente colorabili col violetto di genziana 1 laticiferi, dei quali si possono scorgere le diramazioni più minute anche in un periodo di germinazione della pianta in cui nei cotiledoni non è differenziato il tessuto a palizzata e si ha appena uu accenno alla differenziazione delle cellule del si- stema fibro-vascolare. La germinazione dei semi fu studiata in sabbia umida e tenen- doli in termostato alla temperatura di 25°. La germinazione si inizia (se i semi sono in buono stato) 3-5 giorni dopo la semina, ma, perchè il periodo di germinazione sia finito, in modo che la pianta abbia esaurito tutti 1 suoi materiali di riserva, occorrono 25-30 giorni. Appena l'embrione incomincia a gerrainare, si riscontra nei suoi tessuti solo una gran quantità di glucosio, ma mancano amido e grassi, che si trovano in questo periodo solo nei laticiferi; più tardi compare l’amido sempre in quantità non rilevante e con jodio prende una tinta piuttosto bruno-rossastra, invece di bleu-nero, anche nei tessuti parenchimatosi della piantina. | laticiferi si trovano in mag- giore quantità e di calibro maggiore nel cilindro corticale del fu- sticino, dove trovansi ridotti i vasi cribrosi; trovansi però anche ANNALI DI Boranica — Vou. VII. i 44 a.) a 3 > nella radichetta e ripieni sempre di latice, mentre il sistema cribroso radicale appare normalmente sviluppato. Le radichette secondarie tagliate non lasciano mai uscire il latice. In tutto il periodo di germinazione ho potuto riscontrare nel Jatice, per mezzo dell'analisi microchimica, le seguenti sostanze: Albumine, non in gran quantità (reagiscono col reattivo di Millon prendendo un colore arancio e solo col riscaldamento acquistano il colore rosso bruno). Grassi, fortissima quantità. Amido, in abbondanza in forma di grossi bastoncelli colorabili in bruno collo jodio. Riscaldati sul vetrino in presenza della tin- tura di jodio i bastoncelli perdevano la loro colorazione, mentre tutto il liquido prendeva un colore roseo-viola. Trattato il prepa- rato nuovamente a freddo con lo jodio, i bastoncelli non appari- vano più, ma si riscontravano dei grumi di minutissimi granellini colorati solo in roseo-bruno pallidissimo. Ciò però avveniva quando il liquido era ben mischiato col reattivo, in modo da essere impe- dita la coagulazione di esso, chè se il liquido poteva coagulare, si riotteneva, sebbene più debolmente, la colorazione dei baston- celli, i quali si mostravano solo molto deformati e rigonfiati, tanto da occupare un volume due tre volte maggiore del primitivo, ma senza aver perduto la loro individualità. Tannini, in quantità rilevante. Acido malico ed ossalico, trattando con la potassa dopo qualche tempo si aveva forte quantità di cristallini di ossalato (monoclini) e di malato (prismi esagonali). Del resto molto malato di calcio trova Dietz (1) in questo latice. Acidità del latice era forte. Resine, piccola quantità. Mancano zuccheri. Confemporaneamente riscontrai i seguenti enzimi: Tripsina, molto energica, d’intensità sempre minore di quella del Fico comune; non riesce mai a sciogliere tutta la piastra di gelatina, ma solo vi forma grossi aloni. Amilasi. Questa amilasi, mentre attacca i grani d’amido divi- dendoli in piccoli frammenti colorabili in roseo-viola pallido (amilo- destrina, mai li trasforma in zuccheri riduttori). Chimasi, alcune gocce di latice coagulano 5 cme. di latte in 5 minuti alla temp. di 55°. Temendo che tale coagulazione fosse dovuta ad altre sostanze contenute nel latice piuttostochè ad enzimi, si portò il latice alla temperatura di 100° e vi si tenne per alcuni minuti; aggiungendo (1) Just. bot. Jahresber. 1883, Bd I, p. 410. — 695 — poi del latte e portando tutto alla temp. di 55° la coagulazione non avveniva più. Si otteneva però una coagulazione quasi istan- tanea ancora alla temp. di 95°. Mancano: pepsina, proteasi, invertasi, lipasi. Come ho già detto, la composizione del latice sì mantiene co- stante durante il periodo germinativo, mostrandosi questo liquido molto denso e con un aspetto latteo; all’aria prima prende un color roseo, poi rapidamente imbrunisce, lasciando depositare al fondo del tubo delle sostanze colorate in nero. Se però dopo che la pian- tina ha usufruito di tutte le sue sostanze di riserva, si continua a tenerla al buio in modo che non possa formare nuovo materiale d’assimilazione, il latice dopo qualche tempo diviene meno denso e quasi trasparente; diminuiscono i tannini, le albumine, i grassi, ma non compariscono in esso mai zuccheri riduttori, nè si nota una diminuzione di amido. Se invece si tiene la piantina in condizioni normali, favore- voli al suo sviluppo, la composizione del latice non si altera, solo esso diviene un po’ più denso, più latteo, arricchendosi di grassi e di tannini. Il latice diluito nell'acqua ed esposto all’aria non di- venta più roseo, ma annerisce in brevissimo tempo. Gli enzimi si mostrano sempre costanti. Nel tessuto a paliz- zata delle foglie cotiledonari nel periodo germinativo e delle foglie verdi in tutto il periodo vegetativo non si riscontrano mai grani d’amido, ma solo glucosio e goccioline di grasso. Piccoli granelli d’amido che si colorano in bruno con sfumatura rosea si trovano sempre nelle cellule stomatiche. Forte quantità di grani d’amido si. riscontra nelle cellule dei tessuti parenchimatosi della cor- teccia, ed in ispecial modo nei parenchimi posti al di sotto di pic- cole gemme che cominciano a svilupparsi nell’ipocotile ma che poi non si svilupperanno ulteriormente. Si trovano anche granuli d’a- mido riuniti in gruppo nelle due serie di cellule parenchimatiche fiancheggianti grossi laticiferi della corteccia. Nelle cellule epidermiche trovansi poi anche dei tannini, poichè si colorano in bleu o nero col cloruro ferrico, ma si colorano anche in rosso vino oscuro collo jodio (sostanze perossidanti). Per osservare se avvenissero delle intense variazioni nella co- stituzione del latice, variando le condizioni di vegetazione per la pianta, feci con questa euphorbia una serie di esperienze: I EspeRIENZA. — Piantine bene sviluppate (5 mesi di età) col- tivate in terreno di giardino, innaffiate con acqua di fonte, ven- nero messe in camera oscura. Le piantine restarono in quest’ambiente per ben 44 giorni (2 mag- gio-15 giugno), | — 696 — Nella costituzione del latice rispettivamente dopo 15, 22, 30, 38, 44 giorni non potei notare differenze notevoli. Solo esso inco- minciava a sparire dopo 30 giorni dalle foglie più basse, le quali via via andavano distendendosi lungo il fusto e pol venivano a ca- dere, mentre tutto il latice si ritirava, verso le foglie più alte e verso l’apice vegetativo. Negli ultimi giorni però, quando le pian- tine sembravano avere sofferto molto, il latice pure mostrandosi sempre latteo, appariva più fluido e mostrava piccole diminuzioni di albumine, tannini e grasso; l’amido invece si mostrava sempre in abbondanza in grossi bastoncelli. che non sembravano affatto attaccati o diminuiti di volume in confronto a quelli delle pian- tine vegetanti in condizioni normali. Nell’ ultimo esame, quando l’esperienza fu tolta, tagliando le foglie ed il fusto della piantina non si aveva più uscita di latice, il quale conteneva sopratutto amido; negli altri tessuti in istato avanzato di fame non si riscontrò la più piccola quantità di amido, nè di grasso. II EspeRIENZA. — Piantine della medesima età dell’esperienza I vennero poste sotto campana, esposte a luce diffusa, la cui aria era privata di CO,. L’esperienza durò 41 giorni (dal 16 maggio al 26 giu- gno). Quest’esperienza non mi dette alcun resultato serbando il la- tice costante la sua composizione; sole le foglie inferiori, piegan- dosi in basso, si addossavano al fusticino e davano piccola quantità di latice. Quando tolsi l’esperienza, causa un’infezione di Botrytis, le piante ancora sane non mostravano di avere sofferto; eccetto una piccola diminuzione (non mai sparizione) di amido nella serie di cellule lungo i canali laticiferi del fusticino, non si ebbe a notare nessuna differenza rispetto a le piantine vissute in ambiente nor- male. Nelle cellule a palizzata delle foglie si aveva la scomparsa delle piccole goccioline di grasso e comparivano di tanto in tanto minutissimi grani di amido. I grani d’amido delle cellule stoma- tiche erano sempre presenti. Gli enzimi non cambiarono le loro attività. i III EspeRIENZA. — Piantine di sei mesi di età vennero poste sotto campana in atmosfera di anidride carbonica, alla luce. L’e- sperienza durò 35 giorni (dal 26 giugno al 31 luglio). In quest’ambiente le piantine invece di soffrire crebbero rapi- damente tanto che da un’altezza di 38 cm. che avevano prima di ‘essere poste sotto la campana, in sette giorni crebbero ben 16 cm. arrivando ad un’altezza di 54 cm., e piegandosi in tutti i sensi non trovando più modo Wi crescere. Dopo 11 giorni (7 luglio) il latice si mostrava molto denso e ricco delle sue sostanze caratteristiche, come grassi, tannini, albu- Pe. — 697 — mine, ma non sembrò aumentare la quantità dell’amido che anzi sembrava un po’ diminuire,tanto che eseguite le solite letture mentre Il latice delle piantine vissute in ambiente normale presentava nel campo del microscopio 49 bastoncelli d’amido, quello delle piantine di quest'esperienza ne mostrava solamente 31. Il 31 luglio un micelio sottile cominciava a svilupparsi a la base di alcune piante, per cui l’esperienza fu tolta, tanto più che molte foglie davanu segni di avvizzimento. L’apice del fusto dava solo con forte pressione un latice assolutamente trasparente, acquoso, sottile, in cui non si trovava grasso, nè altri componenti figurati, bensì tracce di zucchero riduttore e una potente ossidasi. I baston- celli di amido erano rarissimi, ma di forma normale, e si coloravano in viola con lo jodio. Dal fusto inferiore si spremeva un succo (latice ?) bruno-nero che conteneva molte gocciole di grasso, ma nessuna traccia di amido, nè di altri. componenti figurativi, nè di zucchero. Esso attaccava la pasta d’amido fluidificandola. Le foglie, anche quelle verdi e turgide, non davano alcun succo. IV EspeRIENZA. — Piantine di sei mesi vennero poste in atmo- sfera di CO, in camera oscura. L’esperienza durò 29 giorni (dal 2 luglio al 31). Quando il 31 luglio l’esperienza fu tolta, le piantine si mostravano sempre turgide, con foglie un pò avvizzite, pallide. Il fusto pre- sentavasi pallido superiormente, rosso inferiormente per eritrofilla. Le foglie davano poco latice, acquoso, trasparente, bruniccio, con molte gocciole di grasso, bastoncini di amido più abbondanti che nella precedente esperienza. Tl fusto nella parte apicale dava latice solo sotto una forte pres- sione, esso era acquoso trasparente, gialliccio, contenente poco grasso, rari bastoncini di amido, granelli di caucciù, minutissimi, neri, ma rari e qualche grumo di albumina. Fluidificava la pasta d’amido, di farina e la gelatina. Il fusto nella parte inferiore dava latice (?) sotto forte pressione, acquoso, trasparente, bruniccio, il quale teneva in sospensione so- stanze diverse, ma niente amido, e rarissime gocciole di grasso. TX Nelumbium speciosum. In ultimo tentai di esaminare il latice di Nelumbium speciosum, ma volendolo ottenere da piantine in germinazione, non potei, per arresto di sviluppo delle piantine, mandare avanti le mie ricerche. — 698 — Il Nelumbium ha un seme con endosperma ricco di sostan z a milacee e di sostanze rigonfiantisi potentemente nell'acqua, che co- stituiscono le pareti cellulari. Non appena s’inizia la germinazione, per la quale occorre dai 30 ai 40 giorni, tutte le sostanze amilacee scompaiono e nel seme sì trova una forte quantità di grasso, che sì ritrova nel piccoli laticiferi della piantina e che insieme alle albumine è il costituente essenziale di questo latice. | Il grasso di questa pianta, almeno nel periodo germinativo, non si mostra come nei Ficus in piccoli globuletti caratteristici, ma bensì intimamente emulsionato; dopo trattamento con etere o con potassa si libera il grasso neutro o il sapone in gocce. Ho accennato a questo inizio di studio per fare osservare che anche qui il grasso è uno dei costituenti, e forse il più importante, del latice. Conclusioni. Il latice si forma nelle piante di Euphorbia Ipecacuanha, Peplus, Lathyris non appena iniziata la germinazione e subito si mostra ricco di grasso, di albumina, di bastoncelli od ossicini d’amido, e di zucchero riduttore, quando questo entra come componente del latice. La quantità del latice, la pressione con cui esso sgorga dalle ferite, il suo aspetto lattiginoso subisce variazioni con la stagione nel Ficus Carica e Pseudo-carica. Nelle Euphorbie non si potè no- tare alcuna variazione con la stagione. Tenendo al buio i rami di /. Carica si ottiene che il loro latice diventi più fluido e trasparente, più povero di grasso; il latice delle E. Ipecacuanha e Lathyris al buio viene dopo molte settimane riossorbito quasi completamente e diviene trasparente, acquoso 0 addirittura bruno. Lo stesso accade se si tengono per varie settimane queste Ecphorbie in atmosfera di CO, al buio; alla luce in queste condizioni il riassorbimento e la decomposizione del latice sono assal più lenti. In tutti i casi occorre spingere il digiuno fino a produrre quasi la morte della pianta per ottenere il riassorbimento del latice. Fra i componenti del latice, le albumine vi si trovano sempre allo stato disciolto, abbondanti nel Ficus Carica e Pseudo-carita; assai scarse nel /. elastica e nelle Euphorbie da me esaminate. Ho potuto constatare unayvariazione della loro quantità solo nel F. Carica e Pseudo-carica in cui sono abbondanti tutto l’anno, meno nel mesi di riposo da gennaio a marzo (a Roma). Nelle altre piante "— 699 — pare che le albumine del latice non subiscano variazioni durante l’intero periodo di vegetazione. Però in casi di estremo digiuno esse scompaiono totalmente dal latice. Di enzimi proteolitici s'incontra nel latice dei Ficus Carica, e Pseudo-carica, non nel Ficus elastica, nè in alcuna delle Euphorbie una energica pepsina, che liquefa la chiara d’ovo coagulata ed il glutine di frumento; la sua azione è presso che eguale tutto l’anno. Più comune è la tripsina che fluidifica la gelatina e discioglie la fibrina; essa è forte nel latice del Ficus Carica, Pseudo-carica, Euph. Lathyris, debole nelle altre Huforbie nel Ficus elastica, manca forse nella E. Peplus, non varia d’intensità nelle diverse stagioni, aumenta però nelle E. lathyris nei momenti di estrema fame. La chi masi o chimosina o lab o presame si trova più o meno forte in tutti i latici, meno forse nell’ E. splendens e candelabrum, ma quale ufficio vi compia mi è ignoto. Il grasso è senza dubbio il principale componente dei latici ed è quello che con le sue variazioni getta un po’ di luce sulla fun- zione di questo meraviglioso liquido organico; esso è abbondante in tutte le piante che ho esaminato, nei Ficus ha la forma di goccie semifluide minute, nell’ Huforbie è emulsionato così finamente da non potersi distinguere se non dopo saponificazione o separazione completa. La quantità di grasso nel latice segue gli alti e bassi della alimentazione della pianta; al buio o in aria priva di CO, dimi- nuisce più o meno rapidamente; per buona assimilazione clorofil- liana si accumula nel latice; durante il riposo invernale diminuisce quasi completamente (nel F. Carica e Pseudo-carica) non vi ha dubbio che, se anche il latice nel suo insieme non può considerarsi come un liquido nutritivo, pure esso ci appare nelle piante latici- fere il serbatoio dei grassi, che vi si trovano evidentemente in forma facilmente saponificabile ed assimilabile. Il latice deve quindi contenere anche una vigorosa lipasi, che agisce tanto idroliticamente come sinteticamente a seconda delle condizioni, ma non mi è riu- scito di rintracciarla facendo agire i latici su olio di oliva neutro. Ciò pers non dimostra nulla data la specificità degli enzimi. In autolisi asettica il grasso del latice diminuisce, questo prova che l’agente acceleratore della loro emulsione e saponificazione esiste nel latice. Rimane un enigma il portamento dell’amido. Nel latice dei Ficus esso manca sempre; in quello delle Euforbiacee c’ è sempre molto abbondante nella caratteristica forma di bastoncelli od ossi- cini. Non sono stata molto più fortunata dei miei predecessori nei tentativi di farne variare la quantita; però mi è riuscito, a somi- — 700 — glianza di quanto osservarono Schullerus ed altri, spingendo la fame della pianta fin quasi alla morte, od asfissiandola in ambiente di CO,, ad ottenere la sparizione o almeno una forte diminuzione dell’amido, soprattutto nel latice delle parti adulte. Credo che la ragione dell’indifferenza dell’amido del latice di fronte a qualsiasi variazione nel ricambio della pianta risieda nel- Vamilasi che, pur essendo presente in tutti i latici da me esami- nati (nel F. elastica a lo stato di zimogeno) è sempre estremamente debole, e solo poco prima della morte della pianta per fame ho po- tuto osservare un aumento della sua intensità. In autolisi asettica l’amido del latice rimane inalterato. La mancanza di un amilasi sufficientemente attiva fa si che l’amido dei laticiferi si comporti quasi come sostanza aplastica, e siccome gli autori per lo più hanno posto la loro maggiore attenzione sull’amido, così si spiega perchè anche il latice goda ormai la fama di liquido escrementizio total- mente aplastico. Zucchero riduttore si trova in buona quantità nel latice delle Kuforbie, scarso nel F. Carica e Pseudo-carica manca nel F. elastica, aumenta un po’ durante il periodo di riposo del F. Carica e Pseudo-carica; nelle Euforbie. pare che non varii sensibilmente durante la vegetazione. In casi di fame diminuiscono fino a scom- parire completamente. Destrine, zuccheri non riduttori, gomme non ne ho potute trovare, microchimicamente s'incontra però nel latice di /. Carica e Pseudo-carica e delle Euforbie meno la E. Lathyris una debolissima invertasi. Acidi organici liberi si trovano di regola nei laticiferi, ma in piccola quantita; l'acidità dei latici da me esaminati è sempre netta, non dovuta ad acido carbonico. Il caucciù è un costituente tipico del latice di F. elastica, si trova in quantità minime nel latice di F. Carica e Pseudo-carica, manca nel latice delle Euforbie, che contiene invece sempre una forte quantità delle ben note resine, le quali viceversa mancano o sono presenti solo in tracce nel latice di Ficus. Tannino l’ho incontrato solamente nel latice d’£. Lathyris e pare che nel digiuno estremo subisca una diminuzione. Nel latice appena spremuto dalla ferita, da parti sane, non ho mai trovato ossidasi; ciò pare sia in contrasto con i dati di Molisch, secondo cui la leptomina di Raciborski (ossidasi) si troverebbe anche nel latice. S’incontra però talora una debole perossidasi e nel latice esausto degli organi morti per fame anche un’ossidasi abba- stanza forte. Catalasi è presente in tutti i latici. — 701 — Riunendo tutti questi dati mi pare se ne possa trarre la conclu- sione che il latice dei Ficus e dell’Euforbie non è un liquido com- pletamente aplastico; Molisch sostiene con ragione che esso è un succo cellulare circolante più o meno entro un sacco protoplasmatico pa- rietale, vivo. Si può aggiungere che questo succo cellulare, come quello delle cellule di molti serbatoi alimentari, contiene sostanze più facilmente utilizzabili ed altre meno, che l'utilizzazione è collegata con l’attivazione ed attività dei relativi enzimi, e che, siccome il latice si forma e conserva entro organi sufficientemente forniti di materiali alimentari da l’assimilazione clorofilliana, il suo sfruttamento si rende necessario solamente quando tutte le altre provviste sono esaurite. L'indifferenza dell’amido dei laticiferi di fronte ai bisogni della pianta (tranne i casi estremi) è in relazione: 1° con la mancanza di un’amilasi abbastanza energica per attaccarlo; 2° con la facilità con cui il grasso viene utilizzato o accumulato, il quale rappre- senta la principale e forse esclusiva sostanza plastica del latice. dI PIO {1 a Se ee i e em me NEE TER ES Fn ne ar WA SIO SNS RIOT. NI I ORR SL ROLLER I ORS ORDO SD OVI BID ORIOL DI Su di una pretesa ionizzazione prodotta dalle foglie delle Conifere del Prof. C. Acaua. In una nota pubblicata nelle Memorie della Pontificia Acca- demia dei Nuovi Lincei(Vol. ventesimoquinto, p. 177)1 sigg. Costanzo e Negro espongono i risultati di alcune ricerche per le quali le foglie di Cedrus Deodara e Cedrus Libani avrebbero la singolare pro- prietà di ionizzare l’aria. Gli autori si servono di un elettrometro a dispersione, nella cui , scatola superiore (nella quale si contiene il corpo dispersore) intro- ducono le foglioline da esaminare. Ne risulta un aumento nella dispersione elettrica, che poco dopo rapidamente decresce fino a ridursi al valore normale. Gli autori cercano se ciò sia dovuto a radioattività indotta od anche alle variazioni igrometriche del reci- piente di ricerca, che devono necessariamente prodursi per l’introdu- zione delle foglioline, ma quest’ultima ipotesi viene esclusa per la seguente considerazione: che col crescere dell'umidità dovrebbe dimi- nuire la dispersione elettrica. Ora énecessario notare che questo giudizionon deve ritenersi esatto, poichè è cosa nota come per eseguire ricerche precise in proposito bisogni innauzi tutto premunirsi contro l'umidità. Senza dilungarmi, basti il rammentare quanto Paolo Becquerel comunicava all’Acca- demia di Scienze di Parigi il 2 gennaio 1905 a proposito di osserva- zioni analoghe a quelle di cui è oggetto nella presente nota, com- piute dal Tommasina, il quale aveva parimenti trascurato di tener conto delle variazioni igrometriche provocate da vegetali freschi te- nùti in un ambiente chiuso. Il Becquerel dimostrò che, prendendo delle precauzioni minuziose contro il vapor d’acqua emesso per la traspirazione dei vegetali, era assolutamente impossibile con un elet- trometro sensibilissimo di mettere in evidenza la minima traccia di ionizzazione. Le curve adunque riprodotte dai signori Costanzo e Negro non rappresentano probabilmente altra cosa che le curve della traspirazione fogliare in un recipiente chiuso. _— 704 — Ho creduto opportuno scrivere queste brevi osservazioni perimpe- dire che delle idee erronee si diffondano intorno ad un argomento sul quale molti hanno sperimentato, ma con esito assolutamente negativo. To stesso me ne sono lungamente occupato, però, attesi 1 risultati del tutto negativi, non ho creduto pubblicare la descrizione delle mie esperienze. Ma poichè ora, a proposito di questa breve nota critica, ho occasione di accennare all’argomento, riassumerò brevissimamente le ricerche compiute circa due anni or sono. In una serie di ricerche fu impiegato l’elettrometro già da me descritto in altre mie note (1). Nel piattello, sotto il disco di disper- sione, vennero fatti germinare semi di numerose piante. Quando, in un piccolo recipiente di vetro, si ebbe cura di aggiungere una sostanza capace di assorbire il vapore acqueo, non si ebbe mai ad osservare una scarica maggiore di quella verificatasi nelle osserva- zioni di controllo. Altre esperienze nelle stesse condizioni vennero anche eseguite con foglie verdi. In questo caso conveniva anche compiere delle ricerche durante il processo della fotosintesi; ma per ciò s’incontra- rono delle difficoltà. Sotto l’azione della luce aumenta la dispersione elettrica; quindi conveniva nell’osservazione di controllo tener conto di questo fatto, esponendo l’elettrometro ad uguali condizioni d’illu- minazione. Il risultato fu anche qui negativo. Furono poi cimentate, senza miglior fortuna, parecchie alghe di acqua dolce e marina. In un’altra serie di esperienze volli tentare la ricerca su piante non più costrette a vivere in condizioni anormali, come quelle por- tate sul piattello dell’elettroscopio in presenza di sostanze disseccanti, ma su piante allo stato normale. Usai per tali ricerche una coppia di elettroscopi identici e che si scaricavano pressochè in eguale tempo, a pari carica iniziale. Gli elettroscopi erano così formati. Al disotto di un tavolinetto metallico si trovava la scatola in cui era sospesa un’asta di rame alla quale era attaccata una fogliolina d’oro; l’asta era in comunicazione, a traverso un tappo di zolfo che a sua volta traversava il piano del tavolino, con il disco di dispersione, che così si elevava di alcuni centimetri sopra il piano del tavolo. Un cappello metallico ricopriva il disco con questa particolarità che il suo fondo, il quale veniva a trovarsi alla distanza di mezzo centimetro circa dal disco stesso, era costituito da una sottilissima lamina di alluminio. | OT ee Pen | e I DT eee (1) V. Sull’accumulo di sostanze radioattive sui vegetali. R. Acc. dei Lincei, Vol. XVI, 2° sem. serie 5* fasc. 5. Sull’azione dei sali di uranio e di torio nella vegetazione. Annali di bota- nica Vol. VI, fasc. 3. Pe dite) ct me tico — 705 — La lettura dell’abbassamento delle foglioline era fatta per mezzo di un piccolo microscopio avente un micrometro. La carica iniziale era di circa 250 volts e la perdita di carica accusata dall’abbassa- mento della fogliolina era determinata campionando l’apparecchio con una batteria di pile argento-zinco-acqua. I due apparecchi erano protetti dalla luce da un panno nero più volte ravvolto intorno all’orlo di ciascuno dei due tavoli, in modo che la scatola contenente la fogliolina d’oro si trovasse — fatta eccezione del momento in cui si faceva la lettura — costantemente al bnio; il disco di dispersione era parimenti protetto dal cappello metallico. Una sostanza atta ad assorbire il vapore acqueo (carburo di calcio) era posta tanto in un tubetto comunicante con la camera posteriore, quanto in un piccolo recipiente contenuto nella camera superiore formata dal cappello. In queste condizioni si misurava diligentemente la scarica-nei due elettroscopi per più giorni di seguito, avendo cura di segnare le eventuali piccole differenze tra i due apparecchi, le quali dif- ferenze, essendo gli apparecchi posti in eguali condizioni, rappre- sentavano una costante. Poi si procedeva all’esperienza, avvicinando al fondo di alluminio di uno dei due apparecchi piante in pieno sviluppo, come semi germinanti, tusti e foglie giovani ed in accresci- mento, e che quindi si trovavano nella pienezza della loro atti- vità fisiologica. Se radiazioni — capaci di traversare la lamina di alluminio —- fossero state emesse, esse avrebbero dovuto provocare la ionizzazione dell’aria racchiusa nello spazio limitato dal cappello dell’elettrometro e questo avrebbe dovuto accusare una maggiore dispersione in confronto del testimonio. Ora i risultati di queste esperienze, che talvolta si prolungarono per l’intera giornata, furono del tutto negativi. Si deve notare che le lamine di alluminio usate, per quanto sottili, dovevano intercettare i raggi x. Con la descritta disposizione sì aveva quindi lo svantaggio di non utilizzare l'eventuale emis- sione di questi raggi, ma si aveva in compenso il vantaggio di operare con vegetali posti in condizioni assolutamente normali. Dal complesso adunque delle ricerche fin qui compiute si deve rinunciare — per ora almeno — a parlare di radiazioni emesse dai vegetali, capaci di provocare la ionizzazione dell’aria e la conse- guente scarica di un. elettroscopio. sa as Si ————--.r-r_—r_—rr___———r.r._, ————————————————@ MANIE NIN SISSA RN RP SIE IHXA PEA SL NINA NA NASA NTXAS NAT Su una doppia colorazione per mettere in evidenza ia cellulosa e le sostanze pectiche della mem- brana cellulare vegetale. del Dr. E. Carano. In un precedente lavoro (1) ho sostenuto come l’ematossilina pre- parata secondo la formola del Delafield (2) fosse un ottimo reattivo colorante delle sostanze pectiche. Associando ora alla sua azione quella del Rosso Congo che, come è noto, si fissa sulla cellulosa, si ottiene nei preparati una doppia colorazione elegante e nello stesso tempo molto dimostrativa per le sostanze pectiche e la cellulosa. Quest'ultima però è preferibile asportarla dalle pareti, precipi- tarla nell’interno delle cellule in forma cristallina, secondo il pro- cesso indicato dal Gilson (3) e colorarla cristallizzata. Per ottenere delle buone preparazioni non tutti i materiali si prestano ugualmente bene. Meglio è scegliere quelli che posseggono abbondanti tessuti parenchimatici a cellule grandi ed a pareti sottili. Così io ho ottenuto ottimi risultati, lavorando su sezioni ottenute dai cauli di parecchie specie di Gigliacee arborescenti (Yucca aloi- folia, Dasylirion serratifolium, Nolina longifolia ecc.). Ugualmente bene si prestano le sezioni praticate nelle grosse radici a fittone di Beta vulgaris e di Daucus Carota. Bisogna escludere però subito i materiali contenenti amido nelle loro cellule. Ecco le diverse operazioni da seguire per ottenere la doppia co- lorazione suindicata: Si lavano le sezioni in alcool assoluto, poi in etere, poi di nuovo in alcool assoluto per togliere, se ve ne sieno, tracce di sostanze grasse. Quindi si introducono in acqua di Javelle, per allontanare (1) Carano E. — Osservazioni su la membrana cellulare nelle piante supe- riori. Annali di Botanica del prof. Pirotta, vol. VI, fasc. 2, 1907. (2) Benrens W. — Tabellen zum Gebrauch bei mikroskopischen Arbeiten. Dritte Auflage, 1898, pag. 113. (3) Gitson E. — La cristallisation de la cellulose et la composition ®himique de la membrane cellulaire végétale. La cellule, vol. IX, 1893. — 708 — dalle cellule anche il protoplasma; dimodochè non rimane infine che il solo scheletro costituito dalle membrane. In acqua di Javelle le sezioni si lasciano da 10 a 15 minuti; poscia .si lavano a lungo ed accuratamente in acqua distillata. Ciò fatto le sezioni s’introducono per 48 ore in liquido di Schweizer (1) per estrarre dalle pareti la cellulosa. È bene rinno- vare il liquido dopo 24 ore. Per precipitare in sferocristalli la cellulosa nell’ interno delle cel- lule, si decanta adagio adagio il liquido di Schweizer, e si lavano le sezioni a parecchie riprese con ammoniaca al 15 % (= 19 gradi Baume) finchè sia allontanata ogni traccia di idrato di rame am- moniacale. Quindi le sezioni che sono diventate molto fragili si la- vano accuratamente con acqua distillata. ‘ Se tutto è riuscito bene, aggiungendo del cloro-joduro di zinco ad una sezione convenientemente distesa su un porta oggetti, si de-. vono vedere al microscopio le membrane perfettamente incolore e nell’ interno delle cellule grande quantità di arborescenze cristal- line elegantissime tinte in violetto. | Si prendono allora delle sezioni, s’introducono in una soluzione acquosa molto concentrata di Rosso Congo, resa alcalina dall’ag- giunta di qualche goccia di ammoniaca e vi si lasciano per 15 mi- nuti. Dopo si lavano in acqua e s’ introducono per 5 minuti più o meno in una debole soluzione di Ematossilina Delafield; quindi si lavano di nuovo in acqua. Le sezioni così colorate si montano sul portaoggetti in glicerina. Osservando al microscopio, gli sferocristalli di cellulosa si presen- tano di un colore rosso ranciato o rosa a seconda dell’azione del Rosso Congo e le pareti, risultanti ora esclusivamente di sostanze pectiche, restano tinte in un delicato color violetto dall’Ematossilina. (1) Il liquido di Schweizer che mi si è prestato ottimamente, l’ho ottenuto in questa maniera: ho preparato una soluzione concentrata di solfato di rame in un ampio eristallizzatore; poscia con una soluzione di soda caustica al 10 9/0 ho precipitato pian piano, agitando continuamente, dalla soluzione di solfato di rame l’idrato di rame. Il precipitato l’ho raccolto sul filtro e l’ho lavato lun- gamente finchè il fitrato, saggiato con idrato di bario, non s’intorbidava più. Allora ho sciolto l’idrato di rame, così lavato, in poca ammoniaca a 28 gradi Baumé ed ho filtrato la soluzione così ottenuta attraverso lana di vetro. Tale soluzione, messa al buio, ha conservato per molti mesi la sua efficacia. ; lh ee 5 Avanzi vegetali rinvenuti nella terra della palafitta di Parma del Prof. ‘C. AVETTA Gli scienziati italiani che nel settembre dell’anno 1907 numerosi convennero in Parma al primo congresso per la fondazione della « Societa italiana per il progresso delle scienze » ricorderanno cer- tamente che in tale occasione fu preparato dall’illustre paletno- grafo senatore Giovanni Mariotti uno scavo nel giardino della casa Mauri, situata all'estremità orientale della città lungo la via Emilia, per mettere allo scoperto la palafitta di Parma. Questa palafitta appartenente alla pura età del bronzo fu sco- perta e per la prima volta parzialmente esplorata fin dal 1864 ed i risultati delle ricerche allora fatte sono esposti in un'appendice alla memoria (1) di Pigorini e Strobel « le terremare e le palafitte del Parmense » in cui sono anche descritti gli avanzi vegetali rinvenu- tivi, che vennero studiati dal prof. Giovanni Passerini. Sui risultati della nuova esplorazione eseguita nel 1907 verrà pubblicata un’ampia relazione dal senatore Mariotti il quale in- tanto mi pregava di cercare e determinare gli avanzi vegetali ve- nuti fuori in questo scavo recente e metteva perciò a mia disposi- zione il legname dei pali e una buona quantità della terra uliginosa estratta. La ricerca di tali residui non è delle più facili e confesso che la messe non fu molto ricca; tuttavia ritengo non del tutto inu- ‘ tile far conoscere i risultati della mia indagine, sia perchè essa aggiunge alcune piante nuove (2) a quelle già trovate e descritte dal Passerini, sia e soprattutto perchè viene a correggere un errore che, a parer mio, fu fatto nella determinazione di uno di questi avanzi della terramara di Castione. ‘ (1) P. Stroper ed L. Picorini. — Le tervemare e le palafitte del Parmense. Seconda relazione. Atti della Società italiana di Sc. Naturali, vol. III, Milano, 1864. (2) Le piante nuove da me trovate sono precedute nell’elenco da un aste- risco. ANNALI DI BorANICA — Vou. VII. i 45 — 710 — Ciò premesso io passo senz’altro alla enumerazione sistematica degli avanzi da me trovati, senza occuparmi menomamente del loro significato in rapporto alla vita di quelle antiche genti perchè ciò non è di mia competenza. CRITTOGAME. Briofite. Anomodon viticulosus Schimper. Pteridofite. *Pteris aquilina L. Felce aquilina. Abbondanti residui di pic- ciuoli fogliari ben conservati. FANEROGAME. MoNOCOTILEDONI. Graminacee. Triticum vulgare L. Frumento. Poche cariossidi carbonizzate, probabilmente della var. turgidum L. o grano duro. *Panicum miliaceum L. Miglio. Le sole buccie o gusci degli acheni, ma assai ben conservati e in quantità grandissima. DICOTILEDONI. Amentacee. Quercus robur L. Rovere. Una sola ghianda intiera accompa- gnata dalla sua cupola ed abbondanti buccie allo stato carbonizzato. Tl legno della maggior parte dei pali. Castanea vulgaris L. Castagno. Legno di alcuni pali. Corylus Avellana L. Nocciòlo. Frammenti di gusci delle nocciole. Ulmacee. Ulmus campestris L. Olmo. Legno di alcuni pali. Poligonacee. Polygonum persicaria L. Persicaria. Semi rari. Asteracee. *Arctium Lappa L. Lappa, bardana. Squame uncinate del capo- lino ed achenî. Cornacee. Cornus mas. L. Corniolo maschio. I noccioli del frutto ben con- servati ed abbondanti. Pomacee. Pyrus malus L. Melo. Semi, per lo più le sole buccie. — 1 — - Rosacee. Rubus fruticosus L. Rovo. Pochi semi. Amigdalacee. Prunus spinosa L. Prugnolo. Abbondanti noccioli a superficie rugosa, talora rosicchiati ad una delle estremità. Vitacee. Vitis vinifera L. Vite. Numerosi semi o vinaccioli e qualche pez- zetto di tralci. Celastracee. Staphylea pinnata L. Falso pistacchio. Due soli semi ben con- servati. Ranuncolacee. Clematis Vitalba L. Vitalba. Striscie di fibre della corteccia. Premesso questo corto elenco delle piante di cui mi fu dato trovare qualche residuo nella terra da me esaminata, debbo ag- giungere poche parole a proposito di una di esse, cioè di quelle buccie o gusci degli achenî del Panicum miliaceum che dissi aver trovato in maggiore abbondanza di tutti gli altri avanzi vegetali. Che queste buccie appartengano senza alcun dubbio al gen. Pa- nicum e molto verosimilmente alla sp. P. miliaceum L. mi risulta oltrechè dall’esame dei caratteri esteriori anche e soprattutto dalla struttura microscopica di esse. Le caratteristiche cellule dello strato esterno del guscio a pareti laterali profondamente ondulate e reciprocamente incastrate le une colle altre, sono un carattere di tale stabilità da offrire garanzia più che sufficiente sulla esattezza della diagnosi. Tali cellule che nei gusci di achenî freschi sono visibili in tutte le loro particolarità di struttura al semplice esame in acqua, tutto al più addizionata con un po’ di potassa, ed a modesto ingrandi- mento, son pure visibilissime nei gusci semicarbonizzati se si ha cura d’immergerli per qualche ora in una miscela conveniente- mente diluita di acido nitrico e clorato potassico a freddo (miscela di Schulze). Esaminando dunque queste buccie di Panicum imbrunite dal processo di semicarbonizzazione e schiacciate dalla compressione che hanno subito nel terreno, notai che esse presentano qualche lon- tana rassomiglianza esterna colle buccie di semi di lino e d’altra parte non avendo io trovato traccia di questi semi di lino che il Passerini dice abbondantissimi nella terra da lui esaminata, mi balenò il lontano sospetto che i presunti semi di Linum usttatesse- ANNALI DI Boranica Vou. VII. 45* Pio SESTA e e i ig È ont Se . N eh Pee eh nn Le EG) e ; mum dell’elenco del Passerini potessero essere per avventura achenî di Panicum uguali a quelli da me trovati. Tale mio sospetto divenne certezza quando potei vedere il materiale che era stato studiato nel 1864 dal prof. Passerini. Questo materiale, coi cartellini scritti di pugno del Passerini, è conservato nelle collezioni del Museo di Geologia di questa Univer- sità che in quei tempi era diretto dal prof. Pellegrino Strobel ed io ho potuto esaminarlo con tutto mio agio mercè la cortesia del dott. Domenico Sangiorgi che, in assenza del direttore del Museo, lo mise a mia disposizione. Orbene l’esame microscopico dei pretesi semi di lino della ter- ramara di Castione mi ha dimostrato subito che essi erano identici ai gusci di miglio da me trovati in abbondanza nella palafitta di Parma, per cui come conclusione più importante della mia ricerca emerge il fatto che neanche nella terramara di Castione non furono trovati semi di Linum usitatissimum e che quelli i quali erronea- mente vennero dal Passerini attribuiti a tale specie vanno invece - ascritti al Panicum miliaceum (1). R. Orto botanico di Parma. (1) A nessuno verrà in mente, spero, che con ciò iò intenda rivedere le buccie (è il caso di dirlo) all’illustre professor Passerini. La fama di Giovanni Passerini come botanico e come afidologo è collocata su basi troppo sicure perchè un errore di tale natura possa anche minimamente offuscarla. Ma tutti gli uomini, anche i migliori, possono sbagliare ed è dovere di chi rileva o erede di rilevare l’errore il segnalarlo per togliere gli equivoci cui l’errore può ingenerare. Nel caso nostro era doppiamente doveroso il farlo perchè, se in altre loca- lità — palafitte della Svizzera (Heer), stazione lacustre della Lagozza in Lom- bardia (Sordelli) — furono segnalati i semi ed anehe intiere capsule di lino perenne Linum angustifolium Huds., il lino annuale Linum usitatissimum L. non è stato indicato, che io sappia, da nessun altro all’infuori che dal Passerini per le terramare del Parmense. CA; —_——— Ty rr EC Ct___——————_—_——__——@m_—_—__—_———— ENSIGN NICO ONIN nN NS INL PRT EIN OS RRS LS SDAI NIT IA Riviste Dalla casa editrice Henry Holt and Company di New Jork è stato pubblicato: Vernon L. KeLLoc. — Darwinism to-day, 1 Vol. di XII, 403 p. L'autore degli American Insécts e di altre opere zoologiche, pro- fessore nella Leland Stanford Fr. University, espone nel presente volume lo stato attuale delle critiche fatte alla teoria darviniana della selezione in modo ‘conciso ma strettamente scientifico e tratta delle altre teorie proposte sulla origine della specie. I principali capitoli dell’opera trattano delle critiche al darwi- nismo e della sua difesa (Capit. 3-5 e 6-7) e delle altre teorie sul- l’origine della specie che vengono in appoggio della selezione o che tentano di sostituirla nella spiegazione del fenomeno (Cap. 8-11). L’opera è ben condotta, l'esposizione è facile, ricca la bibliografia; non mancano osservazioni ed esperimenti dell’autore. R. PIROTTA. BrEFELD Oscar. — Untersuchungen aus dem Gesammtgebiete der Mykologie. B. XIV, Miinster i. W. 1908. Nel nuovo grosso volume dell’opera pregevolissima del chiaro mi- cologo sono riunite tutte le conclusioni intorno alla coltura dei funghi che nel lungo lavoro l’autore ha potuto raccogliere. È in- somma un contributo prezioso alla metodologia delle ricerche sullo sviluppo dei funghi. Applica poi in una seconda parte dell’opera i criterii dedotti dalle colture a risolvere la questione dell’origine dei funghi. E lA. conformemente alle opinioni, sempre sostenute, nega ogni carattere ' di sessualità ai funghi superiori, Ascomiceti e Basidiomiceti, e so- stiene che essi hanno avuto origine dalle Alghe isogame, ed oogame costituendo due serie, delle quali la oogama ha ben presto cessato il suo sviluppo, mentre la isogama ha avuto ricco sviluppo di forme, — 714 — che adattandosi alla vita terrestre, con produzione di sporangi e di conidii, dai primi dei quali originarono gli aschi e gli Ascomiceti, dai secondi i basidii ei Basidiomiceti, perdendo ogni traccia di sessua- lita, perché nei funghi domina la riduzione continaa della sessua- lita e lo sviluppo sempre maggiore della EN che condusse alle forme esclusivamente asessuate. R. PIROTTA. IL Ruwenzori. — Relazione scientifica, 2 volumi, Milano, Hoepli, 1909. Della splendida opera intorno al viaggio di S. A. R. il Principe Luigi Amedeo di Savoia, è ora uscita per le stampe la parte che illustra le osservazioni e le collezioni scientifiche. Il 1° vol. è dedicato alla Zoologia e alla Botanica. Il materiale relativo alle piante, assegnate al R. Istituto Botanico di Torino, fu studiato dai professori O. Mattirolo (funghi), R. Pirotta (Pteridofite e Gimnosperme), dottori E. Chiovenda e F. Cortesi (Angiosperme), dottori G. Gola e G. Negri (Briofite), Prof. G. B. Toni e. dottor A. Forti (Alghe), dottor A. Jatta (Licheni). Il totale delle specie raccolte fu di 357, delle quali 27 funghi con 1 genere e 6 specie nuove; 39 Alghe; 83 Licheni con 5 specie nuove; 33 Epatiche con 16 specie nuove; 38 Muschi con 22 specie nuove: 24 Pteridofite con 4 specie nuove; 93 Fanerogame con 18 specie nuove; in totale cioè 71 nuove specie. 48 tavole illustrano le specie nuove, rare o critiche di piante. R. PIROTTA. Il dottor Troporo FERRARIS professore di Patologia vegetale presso la R. Scuola di Viticoltura di Alba ha iniziata la pubblicazione di un Trattato di Patologia e Terapia vegetale, che egli destina ad uso delle Scuole di Agricoltura. L'opera completa costituirà un volume di circa 600 pagine con oltre 200 figure in gran parte disegnate dall’autore. Uscirà a fasci- scoli di 80 pagine l’uno, al prezzo di L. 2 Il primo fascicolo contiene le generalità sulle malattie delle piante, cioè: il concetto di malattia; cenni storici della Patologia vegetale; origine delle malattie delle piante; cause determinanti le malattie; ae = condizioni di ambienti favorevoli al loro sviluppo; predisposizione; influenza della coltivazione; resistenza, immunità; ereditarietà; effetti delle malattie; nemici dei parassiti; mezzi di lotta; classificazione delle malattie. La parte speciale si inizia coi Missomiceti e coi Bat- terli patogeni. L'opera è ben concepita e ben condotta, e dimostra nell’autore conoscenza vasta e profonda dell’argomento. Auguriamo che il resto del lavoro corrisponda alla buona promessa data dal primo fascicolo. R. PIROTTA. T. Husnor. — Joncées. Descriptions et figures des Ioncées de France, Suisse et Belgique. — Un vol. in-8° gr. di pag. 28 con 7 tavole fuori testo. — (T. Husnot, a Cahan, par Athis (Orne) 1908. Prezzo 5 lire). Nel Nuovo giornale botanico italiano (1) abbiamo reso conto al suo apparire della Monografia sulle ciperacee della Francia, Sviz- zera e del Belgio di T. Husnot; ora siamo lieti di annunciare una seconda Monografia dello stesso autore, che fa seguito a quella, ed è dedicata alle giuncacee degli stessi paesi, condotta con la stessa diligenza e semplicità, illustrata con: un numero grandissimo di fi- gure, disegnate tutte dall'A. medesimo sopra esemplari vivi o di erbario, che sono di grande giovamento per la distinzione delle varie specie. i L’A. ha descritto come specie i tipi, il cui complesso di carat- teri, principalmente quelli tratti dagli. organi florali e dai frutti, presenta delle differenze notevoli, riserbando il nome di sotto specie, varietà e sotto varietà a quelli che sono meno distintamente carat- terizzati. In tal modo ha ristretto il numero delle specie, il che, secondo il nostro avviso, è preferibile all’altro metodo che molti- plica le specie, senza che queste siano contraddistinte da caratteri fissi ben determinati. Nei sinonimi è stato parco, così pure nelle citazioni degli autori, ma sufficiente rinviando alla Monografia di Buchenau e all’opera di Richter per una sinonimia completa, e così l’opera sua si è mantenuta in limiti perfettamente in armonia col l’uso cui è destinata. Le descrizioni sono chiare, particolareggiate e ben fatte: la distribuzione geografica è pure completa, e si estende anche ai paesi al di fuori della Francia, Svizzera e Belgio. Ogni (1) 1905, N. 3. E ano, genere è preceduto da una chiave dicotoma per la classificazione delle specie. La famiglia delle giuncacee secondo l’A., in Europa non si com- pone che dei generi Juncus e Luzula; Narthecium e Aphyllanthes vengono con Engler relegate nelle gigliacee. Il genere Juncus com- prende 35 specie, in Italia, secondo l’Arcangeli, ne abbiamo 38; ma il paniculatus Hoppe, viene dall'A. giustamente considerato come una varietà del glaucus; il fistulosus Guss. come. una var. di J. ef- fusus L.; e così pure i seguenti: J. multibracteatus Trs., J. bottnicus Waute., J. ambiguus Guss., J. Sorrentini PARL. sono descritti come varietà rispettivamente colle specie J. acutus L., J. compressus JAca., J. bufonius L.; a quest’ultima specie l'A. ascrive come varietà tanto il Sorrentini PARL. quanto l’ambiguus di Gussone, e ciò contraria- mente a Bucnenav il quale fa il primo sinonimo di J. pygmaeus e il secondo di J. Tenageia Eur. Ma la pianta di Parlatore ha i se- pali ineguali, gli estremi più lunghi e lungamente acuminati in cuspide; mentre il J. pygmaeus ha tepala lineari-lanceolata, aequi- longa, obtusiuscula vel rarius acuta. La pianta di Gussone poi era già stata ben distinta da lui dal .J. fenageia. J. Thomasti Ten. è pianta pontica, non viene nè in Francia, nè nella Svizzera, nè nel Belgio; J. sylvaticus è lo stesso di J. acuti- florus Enr.; J. Gussonii Pari. è endemica della Sicilia, J. monanthos è pure estranea ai tre paesi indicati. L’A. indica 16 specie di Luzula, delle quali L. Desvaurii KuNTE, L. Lactea Mey., L. pallescens Bess. e L. sudetica D. C. mancano at- fatto all'Italia, invece, secondo l’ArcanGELI, da noi si avrebbe, L. sicula Paru. oltre le altre tredici comuni con la Francia, la Sviz- zera e il Belgio. L. sicula è endemica della Sicilia; BucHENAU però la considera come una sottovarietà della Siebert che a sua volta è una varietà della L. stlvatica GaND. e in realtà non differisce dalla specie che per la picco- lezza della sua inflorescenza e la poca densità; della medesima; secondo noi la differenza maggiore consiste nella distribuzione geo- grafica, non essendo stata osservata che in Sicilia, mentre tanto la specie, quanto la varietà Siebert non discendono al di qua delle Alpi, e fanno nell'Europa occidentale dalla Norvegia al Portogallo, in Grecia e nel Caucaso. Luzula pediformis D. C. è la stessa che Husxor designa col nome di L. nutans Duvat-Jouve. È noto che le giuncacee, sebbene, nell’abito e nella forma dei loro organi di vegetazione rassomiglino alle graminacee e ciperacee, nella struttura dei fiori, frutti e semi, appartengono al ciclo delle gigliacee. sila sa à , Lo PORTI i ST RI RITA TITO or RI L’A. indica anche, in un'breve cenno, gli usi a cui servono, ma questi sono ben pochi, poichè i giunchi sono piuttosto nocivi che utili. Il valore principale della Monografia in esame consiste nelle diagnosi, ed auguriamo che si pubblichino presto altre Monografie analoghe alle quali VA. attende. Teramo, 7 dicembre 1908. GAETANO CRUGNOLA. Beck G., Rirrer voy ManNnAGETTA und LercHENAU, — Bemerkungen ‘ ùiber Cerastium suBTRIFLORUM Reich. und C. sonticum n. sp. aus dem Isonzothale. — Estratto dall’ « Oesterr. botan. Zeitschrift » Wien 1908, pag. 8. L’A. ha trovato il Cerastium sonticum nella valle dell’Isonzo, dove è comune e fu certamente raccolto da molti botanici, ma con- fuso col C. silvaticum. Egli ne dà una diagnosi completa e dimostra ‘che non può confondersi col C. silvaticum nè col C. apuanum Par- latore, invece trova delle analogie col C. subtriflorum che da Reichen- bach per primo nel 1841 era stato classificato come varietà del C. lanuginosum Willd, ed è pianta delle Alpi Giulie che ha rapporti filogenetici col C. silvaticum W.e K. L’A. riferisce ciò che le varie flore contengono su questa varietà e ne deduce che non può appli- carsi alla nuova specie Cerastiwm sonticum, ma che però le due specie sono in stretta parentela, e dà la diagnosi di ambedue le specie; non hanno invece relazione col C. silvaticum. Non crede di poter con- ‘siderare il C. sonticum come sottospecie del C. subtriflorum sebbene geneticamente si appartengano, invece questa è la varietà (del tipo) alpina, abbastanza rara, quello la pianta della regione inferiore e montana dalla quale forse il C. subtriflorum è derivato. Finora non è stato trovato nè nel Tirolo, nè in alcuno dei distretti italiani vi- cini il C. subtriflorum. Teramo, 2 gennaio 1909. GAETANO CRUGNOLA. — 718 — PrantL. — Lehrbuch der Botanik. Edito in una nuova revisione per cura del dott. FERDINAND Pax. — Tredicesima edizione. Un vol. in-8° gr. di pag. 498 con 462 figure nel testo. — Leipzig, Wilhelm Engelmann, 1909. Legato marchi 6. Nel Nuovo Giornale botanico italiano, vol. XI, 1904, abbiamo an- nunciata la dodicesima edizione del trattato di botanica di Prantl, | ed ora siamo lieti di segnalare la tredicesima edizione del mede- simo. Essa è edita per cura dello stesso dott. Ferdinando Pax che ha pubblicato la precedente, ed è condotta nello stesso modo. Egli ha sottoposto il trattato ad una particolare revisione, introducendo non poche aggiunte e modifiche in relazione alle pubblicazioni fatte posteriormente all'ultima edizione ed all’esperienza acquistata nel- l’uso del libro come testo d’insegnamento. Ciò nonostante è stato possibile di limitare a 19 il numero di pagine aggiunte, e questo abbreviando qualche parte prolissa. Le figure da 439 sono cresciute a 462. Il capitolo sui regni botanici della terra è molto breve, ma tuttavia giova, così come è, a far comprendere le notizie sulla geo- grafia botanica sparse qua e là nel testo, dove sono necessarie. Non crediamo di dover trattenerci sul merito dell’opera, il trattato è ormai entrato nel dominio pubblico, universalmente apprezzato e il nu- mero delle edizioni è la migliore lode che possa avere. Noi siamo lieti di confermare anche per questa tredicesima edizione quanto abbiamo detto della dodicesima, ed auguriamo ad essa lo stesso esito. Teramo, 25 aprile 1909. GAETANO CRUGNOLA. ScHWENDENER. — Vorlesungen iiber mechanische Probleme der Bo- tanik gehalten an der Universitit Berlin, raccolte ed edite per cura del prof. dott. CARL-HoLTERMANN. — Un vol. in-8° gr. di pag. VI-134, con 90 figure nel testo e il ritratto di ScHWENDENER — Prezzo 3,60 marchi (Lipsia, Wilhelm Engelmann 1909). La Botanica ha dei problemi di meccanica abbastanza compli- cati, il cui studio richiede nozioni non solo di fisica, ma anche di calcolo differenziale e integrale. Il dott. Schwendener, come è noto, ne ha fatto oggetto di studi profondi e nel semestre estivo di ogni anno tiene nell'Università di Berlino, un corso speciale il quale non è per allievi principiauti, ma per botanici già provetti. Tuttavia per renderlo accessibile a un numero maggiore di uditori, nelle sue le- — 19 — zioni fa astrazione dal calcolo differenziale e integrale, e si attiene solo alle matematiche elementari. Queste lezioni sono state raccolte dal prof. dott. Carl Holtermann per incarico dello stesso Schwen- dener che ha riveduto il manoscritto e le bozze del libro, che ora viene pubblicato presso il noto editore W. Engelmann. Non abbiamo quindi una riproduzione letterale delle lezioni di Schwendener, ma l’espressione del modo com’egli tratta i problemi che formano ar- gomento del libro annunciato, scritto sulla scorta delle lezioni stesse, delle sue opere e delle sue comunicazioni orali al dott. Holtermann. Le lezioni consistono in una serie di capitoli staccati, che non hanno fra loro un nesso intimo, ma che però tutti si riferiscono ad argomenti, la cui trattazione è suscettibile di metodi meccanici. Così per es. il primo di essi tratta dei vari tessuti cellulari che costi- tuiscono lo scheletro delle piante ed hanno la stessa funzione delle ossa negli animali vertebrati e del chitino negli insetti; A. designa questi tessuti col nome generico di « sistema meccanico ». Le forme di cellule da considerarsi, sono innanzi tutto quelle del libro e gli elementi del legno analoghi alle medesime; di esse l'A. ricerca la resistenza, per potere poi giudicare dell’importanza del materiale per le varie costruzioni meccaniche; in uno specchietto riporta per cinque diverse. piante (Phormium tenax, Fritillaria imperialis, Lilium au- ratum, Papyrus antiquorum e Secale cereale) l'allungamento per mille, e la resistenza a portare per millimetro quadrato; e trova che il primo varia fra un minimo di 7,° (Lilium auratum) e un massimo di 15, (Papgrus antiquorum) e la seconda fra 15 e 20 chilogrammi. A titolo di confronto riporta i dati relativi ad alcuni metalli da cui si rileva che il libro per rispetto alla resistenza a portare al li- mite di elasticità può mettersi in linea non solo col ferro fucinato, ma colle migliori qualità di acciaio; al di là del limite di elasticità‘ anche di una quantità piccolissima, il libro subito si rompe, mentre per es. i fili di ferro subiscono un allungamento permanente e solo dopo un carico molto maggiore si rompono. Dopo alcune conside- razioni sui risultati ottenuti A. applica varie proposizioni della resistenza dei materiali alle disposizioni dei tessuti dello scheletro delle piante, e cioè disposizione delle cellule meccaniche negli or- gani soggetti alla flessione, poi negli organi soggetti a trazione, e sviluppa tutta una serie di teoremi presi dalla resistenza dei ma- teriali ed applicati a queste forme. Abbiamo insistito alquanto su questo primo capitolo, per ben far comprendere l’oggetto delle lezioni del prof. Schwendener e il modo come applica la meccanica allo studio delle varie parti delle piante e loro funzioni. É Ver 2 — 720 — In un successivo capitolo si occupa della teoria delle posizioni delle foglie; in questo argomento l’avevano preceduto i fratelli L. e A. Bravais (1), A. Braun, Karl Schimper, e Hofmeister; si tratta di indagare gli spostamenti che si verificano negli organi circolari, e in quelli elittici; poi le variazioni che hanno luogo nei vari organi durante il loro sviluppo, il rimpiccolimento degli organi; il passaggio dalla posizione spirale a quella dei verticilli, l’addos- samento o sovrapposizione di nuovi organi a quelli già esistenti, ecc. . Senza ulteriormente dilungarci, ci sembra, colle indicazioni date, di avere mostrato il contenuto del libro annurciato. Aggiungiamo solo che in seguito ad ogni capitolo, vi sono delle note riferentesi ai vari problemi che si collegano coll’argomento, o alle divergenze che su esso esistono fra gli studiosi, indi un elenco completo delle opere, opuscoli e memorie che vi si riferiscono: è un libro vera- mente geniale e che interesserà certamente tutti i botanici. Teramo, 27 marzo 1909. GAETANO CRUGNOLA. (1) Essai sur la disposition des feuilles curvisériées. ERRATA-CORRIGE. Pag. 282, linea 18: secolo xV, leggasi: secolo XIV. 3 (OTE » Ss XX MEER leggasi: XXIII. ‘ AL POR NA MUR LLCS Sek DEL LAGHI CRATERICI DEL M. VULTURE Poe è a He Supplemento: al Vol. VII degli Annali di Botanica % N * | TIPOGRAFIA ENRICO VOGHERA 1908 Dorr. A. FORTI e Dorr. A. TROTTER AIANERIALL PER UNA MONOGRAFIA LIMNOKOGICA ‘ DEI LAGHI CRATERICI DEL M. VULTURE Supplemento al Vol. VII degli Annali di Botanica LIBRARY . ROMA TIPOGRAFIA ENRICO VOGHERA 1908 INDICE Parte Prima del Dott. A. Trotter. Introduzione, considerazioni generali, sguardo botanico, cenni sulla morfologia fisica e sulla biologia I — Introduzione e: II — I Laghi - Considerazioni preliminari Lago Piccolo Lago Grande als III — Prospetto delle "piante superiori vegetanti nei laghi di Mon- ticchio i é ae Set ey EN IV -- Considerazioni ed ipotesi sull’immigrazione del plancton nei laghetti del Vulture PaRrTE SeconDA del Dott. A. Forti. Analisi del materiale microscopico e principali deduzioni che se ne possono trarre in relazione alla morfologia fisica I — Il Plancton II — I saggi di fondo III — Riassunto NOV 11 1908 LIBRARY NEW YORK BOTANICAL GARDEN. Pag. 05 > 5 » 8 » 16 » 15 i 9 » 25 Pag. 31 DIGI » 102 » 110 PARTE PRIMA del dott. A. TROTTER INTRODUZIONE, CONSIDERAZIONI GENERALI, SGUARDO BOTANICO, CENNI SULLA MORFOLOGIA FISICA E SULLA BIOLOGIA. « E però quel luogo importante alle perlustra- « zioni del naturalista sotto tutti gli aspetti. Le « sue vulcaniche produzioni, le piante che al- « l’esterno ed all’interno vi vegetano, special- « mente le Ninfee candida e gialla che vivono « nel lago, la copia degli insetti, gli uccelli che « annidano, i pesci che ne popolano il Lago... ». Costa, Fauna del Regno di Napoli: Pesci. Introduzione. Tra la Basilicata ed il Principato Ulteriore, lungo quel tratto dell’ Ofanto, tuttora lungisonante come al tempo d’Orazio, che ne segna il confine, nell’angolo formato dalla sua confluenza con la Fiumara di Atella, s’erge, con le sue sette punte, il Monte Vulture che al Pizzutto di Melfi, la più elevata di queste, raggiunge la mas- sima quota di m. 1330 sul mare. Monte celebre e classico quan- t’altro mai: per la sua origine ignea, riconosciuta dall'abate Dome- nico Tata nel 1778, per Venosa che giace ai suoi piedi e che diede i natali ad Orazio, per le interessanti colonie di genti albanesi ivi giunte da secoli, per l’estesa ed incessante trasformazione agricola, per la ricchezza e la peculiarità della sua fauna e della sua flora, delle sue rocce e delle sue sorgenti minerali, per le due magnifiche monografie infine che il De Lorenzo ci ha dato, fonti preziosissime per la storia geologica, civile ed artistica di quella regione. Il Vulture, vulcano schiettamente continentale, sorse sul prin- cipiare del periodo pleistocenico, durante il grande diastrofismo ch diede luogo al definitivo sollevamento dell'Appennino meridionale. Pe coped Poggia sopra una larga ed alta pila di materiali sedimentari, già emersi prima di ogni processo eruttivo, i quali s’innalzano in qualche luogo sino ai 6-700 metri sul mare. A circa 900 m. s’apre l’ampia caldèra, aperta verso sud-ovest, mentre è chiusa verso oriente dalle varie creste del monte disposte a semicerchio. Entro questa più ampia, s’apre, in basso, a circa 600 m., una seconda caldèra, residuo . di un cono esplosivo eccentrico, il vulcano di Monticchio, apertosi Fig. 1. — I laghi di Monticchio visti dal Monastero di S. Michele - A, Trotter fot. nel lato di sud-ovest, il cui fondo è ora occupato dai due crateri- laghi. Il monte Vulture, com’é facile immaginare, conta un’estesa bi- bliografia geologica, già criticamente registrata nell’opera del De Lorenzo. Assai limitate sono invece le notizie biologiche ad esso relative, specialmente poi quelle che hanno attinenza con il bios lacustre, cioè con la limnologia. Si riuniscono qui alcune notizie storico-bibliografiche sulla biologia del Vulture. Gia il vecchio botanico venosino Bartolomeo Maranta (sec. xv1) aveva segnalato qualche pianta del Vùlture « ubi, egli scrive (p. 67), plantarum rarissimarum ingens adest copia ». Solo però in tempi più prossimi a noi si effettuarono indagini degne di più particolare ri- cordo. Salirono al Vùlture, ancora nel 1888, oltre il Gasparrini, che RESO. vi era stato l’anno precedente (1), Gussone e Tenore, « su quel fa- moso monte le mille volte da lungi vagheggiato »; una di quelle tante esplorazioni che rendono veramente classica la floristica del- l’Italia meridionale nella prima metà del secolo scorso. Più tardi, cioè nel 1869, sempre sulla flora del Vulture, apparve il lavoro del Terracciano nel quale, con le molte nuove, sono anche riportate tutte le specie raccolte da Gussone e Tenore. Posteriormente, segnala- zioni floristiche di minor conto trovansi in due note pubblicate dal Poli, nel 1885, quindi dal Fiori, nel 1899. Il monte fu pure visitato, intorno il 1875, dai ben noti raccoglitori Porta e Rigo che limita- rono però le loro escursioni ai dintorni di Melfi. In talune delle pub- blicazioni registrate nella bibliografia trovansi anche elencate non poche specie vegetanti dentro od intorno i laghi; sono però semplici segnalazioni topografiche, prive perciò di carattere od interesse lim- nologico. Ancor più scarse sono le notizie riguardanti la fauna del monte o dei laghi. Nella Fauna del Regno di Napoli (Crostacei) del Costa, trovasi la sola descrizione di una nuova specie di Entomostraceo, la Cypris Vulturis, ch'egli dice « frequente nei laghi del Vulture di prima- vera ». Purtroppo è una specie non identificabile per l’imperfetta descrizione, mentre poi il materiale originale, raccolto dallo stesso Costa, o non esiste o quanto mai è introvabile. Secondo il Masi do- vrebb’essere una Cypridinopsis, affine alla C. villosa. (Jur.) od alla C. Newtoni Br. et Rob. Nella Fauna del Regno di Napoli e nel la- voro del Gussone e Tenore trovansi anche ricordate le tre specie di pesci che vivono in quei laghi. Sono l’Anguilla, meravigliosamente saliente a quell’altitudine, la Tinca vulgaris var. maculata Costa, una varietà però di dubbio valore, infine il famoso Leuciscus vul- turius descritto dallo stesso Tenore, localmente noto col nome di Sardella. La sua determinazione però fu completamente errata, giac- chè, come fu dimostrato dal Gatti, il Leuciscus vulturius non è altro che |’Alburnus alborella, comune nell’Italia settentrionale, il quale non è poi che una varietà meridionale dell’Alburnus lucidus, più largamente distribuito nell’ Europa media. Questo scarso contingente di notizie biologiche o documen- tato nella seguente bibliografia: Costa A. ed O. G., Fauna del Regno di Napoli: Crostacei, Pesci. De Lorenzo G., Studio geologico del Monte Vùlture. Atti R. Ac. Se. fis. e mat., Napoli 1899, v. X, ser. II, n. 1, p. 207, con tav. e fig. (1) Alcune specie raccoltevi dal GASPARRINI si conservano nell’ « Erbario Gussone ». LG Sle De Lorenzo G., Venosa e la regione del Vùiture. Istituto d’arti graf., Bergamo 1906, 116 pp. con 120 ill. ed 1 tav. Fiori Adr., Resoconti di una escursione botanica nelle Puglie e Ba- silicata. Bull. Soc. bot. it. an. 1899, p. 209. Gasparrini G., Descrizione delle Isole Tremiti e del modo come ren- derle coltive. Ann. civ. del Regno di Napoli, v. III f. XXX, an. 1838. Gatti M. A., Contribuzione alla conoscenza del genere Alburnus in Italia. Boll. Soc. romana per gli studi zoolog., v. VI, an. 1897, p. 161-176. Maranta Bart., Methodi cognoscendorum simplicium libri tres. Ve- netilis, typis V. Vaia an. 1559. Masi L., Sugli ostracodi viventi nei dintorni di Rate ed osserva- zioni sulla dine delle Cypridae. Boll. Soc. zoolog. it., v. VI, an. 1905, ser. II, p. 115-186, p. 191-204, con 2 figure. Poli A., Contributo alla Flora del Vàlture. Nuovo Giorn. bot. it., v. XVII, an. 1885, pp. 144-146; Bull. Soc. franc. bot. de Toulouse, an. 1885-1886. Tenore M., Sul Ciprino del Vilture. Atti R. Ac. Sc. fis. mat. Na- poli, an. 1844, v. V, p. 1, con 2 fig. nella tav. a p. 140. Tenore M. e Gussone G., Ragguaglio delle peregrinazioni effettuate nella state del 1838 in alcuni luoghi di Principato Citeriore e di Basi- licata. Memoria terza: Il Vulture. Atti R. Ac. Sc. fis. mat. Napoli, v. V, P. I, an. 1843, p. 383, p. 427. Terracciano A., Prodromo della Flora lucana. V.I, Caserta, S. Ma- rino, an. 1893. Terracciano N., Florae Vulturis Synopsis, etc. Atti R. Ist. d’ In- coragg. Napoli 1869, 2a ser., v. VI. I laghi. Considerazioni preliminari. I laghi craterici del Vulture, detti anche Laghi di Monticchio, situati a circa 650 metri sul mare, sono due laghi gemini, separati . l’uno dall’altro da una stretta diga costituita da materiali eruttivi, larga 250 m. circa, lunga meno di un chilometro. Il Maranta, gia’ ricordato, in poche righe li scolpisce assai bene (p. 125): « Ita et in Monte Vulture, Apuliae finitimo, eandem Paeoniam iuxta lacus vidimus, qui gemini sunt; atque ab eo monte in plurimos altis- simos colles diviso, veluti circulo quodam sepiuntur, alveumque profundissimum praebent ». ; LIO La Come già l'aveva supposto il Melograni (1808), essi occupano il posto non di uno solo, ma di due crateri distinti, o per meglio dire il eratere distoma del bacino esplosivo di Monticchio. Un canale artificiale, detto corso dei Laghi, attraversa la diga mettendo così in comunicazione i due bacini. I laghi sono di forma leggermente ellissoidale, a perimetro non molto accidentato, solo qua © là leggermente sinuoso. Sono contraddistinti, in causa della loro diversa ampiezza, coi nomi di Lago Piccolo e Lago Grande. Le pareti Frzzuli CE ; ; 1330 Masrcu sa dei fazze Pantaize der Rlor i == 5 2 e Pere SW. vello del mare Fig. 2. — Profilo geologico del cratere di Monticchio (da De Lorenzo). e: Flysh eoconico — pl: conglomerati plioc. e pleistoc. — t, 1: tufi e lave del gran cono — c: probabile materiale esposivo della coldera — s: materiale esplosivo del crateré di Monticchio, della caldera, specialmente intorno al Lago Piccolo e sul versante che guarda a tramontana, scendono ripide, tappezzate di rigogliosi boschi di faggio che bagnano nelle limpide acque le radici seco- lari. Sugli opposti versanti, meno declivi, il bosco fu tolto ed il ter- reno adibito a svariate colture. I due laghi sono alimentati, sul fondo, da alcune rigogliose sor-. genti che pullulano facendone lievemente increspare lo specchio nelle giornate. di perfetta calma. Quelle del Lago Grande sono di minor importanza ma pur esse son situate nei punti di maggior profondità. Un canale, detto lo scaricatore, praticato ad ovest del Lago Grande ed opportunamente modificato in questi ultimi tempi, convoglia all’Ofanto le acque soverchie, ed il livello dei laghi potè mantenersi d’allora pressochè stabile durante tutto l’anno. Tre giorni (6-8) del luglio 1905, furono impiegati da uno di noi (Trotter) nell’esplorazione limnologica dei due laghi. I campioni planctonici raccolti sono in numero di tre: due per il Lago Grande ed uno per il Lago Piccolo. Per ognuno dei laghi fu anche raccolto un campione di limo, facendo uso di una sondatrice a serbatoio: per il Lago Piccolo a circa 33 m. di profondità, a circa 32 m. per il Lago Grande. Il fango del primo campione, appena uscito dal- l’acqua, aveva una temperatura di 9°.2 soltanto, quello del Lago FY OF Grande ancor meno, cioè 7.4. E un limo finissimo, di un colorito plumbeo-nerastro, assai ferruginoso. Per i campioni planctonici le condizioni del prelevamento furono le seguenti: per il Lago Piccolo la pescata fu orizzontale, dall’imboccatura del corso det Laghi sino al Convento. Il campione fu raccolto alle 8.30 ant. del giorno 8 luglio; la temperatura dell’aria era di 22°.4, la temperatura superficiale dell’acqua 25°.7; la porzione di lago per- corsa dalla reticella era tranquilla e di già illuminata dal sole; per il Lago Grande il campione superficiale fu raccolto alle 9 ant. del giorno 7, attraversando il lago da est ad ovest; il campione profondo fu raccolto lo stesso giorno, poco prima del tramonto, spingendo la reticella sino a 15 m. circa di profondità. Va qui ricordata la compagnia dell’amico dott. G. Stegagno (1), al quale si è anche debitori dello schizzo planimetrico dei due la- ghi e dei dati batometrici che accompagnano il presente lavoro. Così non può dimenticarsi la larga e simpatica ospitalità del cav. R. Buccico il quale rese in ogni modo agevoli lassù osservazioni e ricerche. Vadano ad essi le espressioni della più viva e sincera ricono- scenza. Premesse tali notizie generali verranno ora esaminate partita- mente le condizioni geofisiche e biologiche di ciascun lago. Lago Piccolo. Caratteri geo-fisici. — L'area è di mq. 162,080; il perimetro è di m, 1555. Massima larghezza m. 524, massima profondità m. 38, media. profondità m. 23.45. Il De Agostini vi ha pure trovato una profon- dità di m. 38-39, a quanto riferisce il De Lorenzo, alla p. 161 della sua Monografia, il quale ne conferma per proprio conto la cifra. L’abate Tata (1778) dava per esso palmi napoletani 172, pari a. m. 45. Limite di trasparenza, misurato con disco Secchi bianco, a m. 4.30. Il colore corrisponde al VII grado della scala di Forel. Alle ore 8.50: (1) Egli ha ora in corso di pubblicazione, nel periodico il « Mondo sotter- raneo » (an, 1908) un lavoro geo-fisico sui due crateri-laghi del Vulture, al quale lavoro noi rimandiamo per maggiori notizie geografiche. v9025 09 avorbay “9 LO NEO Ct TINY dies ; yeyber weg MISTE e n a i DITO ORI RA 0008 54 P) PIL DES da Ce ee © è - ~ ree PIA]: 13 os 2 BY Ca VANE ay. 4] — The me ee ee eal ve —° —* ti della vegetazione. imi l 100 tri ime schizzo plan Fig. 3. — I due Laghi di Monticchio LT del mattino la temperatura dell’aria era di 22°.4, quella superficiale dell’acqua, presso la riva, 25°.7; alle ore 10 ant. temp. dell’aria 24°, temp. superficiale dell’acqua 26°.2. Tale temperatura va però diminuendo abbastanza rapidamente con la profondità: a circa 5m. è di 24°, a 6m. 14° a 20 m. 10° (mi- surazioni fatte con termometro a rovesciamento Negretti-Zambra). I fianchi del monte o, per meglio dire, le pareti del cratere, scen- dono ripide al lago per buona parte della sua circonferenza, mante- ste NO NY Fig. 4. — Profilo del Lago Piccolo (Scala plan. 1: 8000, Scala bat. 1: 2000). nendo però dovunque, al disotto del livello dell’acqua, una notevole pendenza (pendenza media 15°. 8°. 18”) come si può desumere dalle seguenti cifre: 1 da 0 a 10m. , 25°.38' 10 a 20 » 25°50' 20 a ‘90. >< 16.38" 30 a 35 » 18°.8' 35 a 38 » 1°.40’. Non esiste perciò una vera spiaggia e neppure uno scanno subac- queo, cosicchè le condizioni generali della vegetazione litoranea ri- specchiano perfettamente queste difficili condizioni di suolo. Immediatamente presso la riva la profondità è di circa m. 1.50, sino a 5 m. lungo la sponda Nord. La vegetazione. — La flora litoranea del Lago Piccolo possiede tutta la irregolarità di associazione quale esiste nei laghi privi di spiaggia e di scanno, a rive cioè rapidamente inclinate. Potrebb’es- sere questo, forse, un carattere molto frequente nei laghi craterici, per quanto difettino, si ritiene, studi limnologici sui laghi di questo tipo; nè esistono per i laghi craterici italiani, i quali pur non man- . cano nella parte centrale della nostra penisola. Un bosco rigogliosissimo di faggi scendeva tutto all’intorno sino al lago, e scende tuttora ma per circa metà soltanto del suo perimetro, lungo il versante che guarda a tramontana. I faggi secolari inclinano le fronde lucenti sulle tranquille acque e più presso alle rive si peg arie scorge sul fondo qualche ceppaia. di vecchie piante cadute. Assieme al faggio, che però sale sino alla vetta delmonte, non mancano lungo le rive, esemplari di Alnus glutinosa, che qua e là di sotto all'acqua manda rigogliosi germogli, Corylus Avellana, Tilia europaea, Populus alba, Salix Caprea, S. babylonica, S. incana, S. pedicellata Desf., Ilex aquifolium. Con la flora legnosa scendono alle rive del lago anche non poche delle specie erbacee o suffruticose che ne costituiscono il sotto- bosco, come Circaea lutetiana, Geranium striatum, Rubus fruticosus,, Fig. 5. — Il Lago Piccolo: Nymphaea e Potamogeton sotto i Faggi, lungo la riva orientale. - A. Trotter fot. Clematis Vitalba, Pteris aquilina e molte altre. Un insieme di piante cioè che non si è soliti incontrare così presso le sponde di un lago, cinte come sono quasi sempre da associazioni igrofite caratteristiche.. Qua e là invece, dove le condizioni delle rive sono meno ingrate, sì sono costituite delle piccole ma irregolari associazioni di idrofite. Cosi, sotto il Convento, esiste una breve cintura di Phragmites com- munis; più all’interno una zona di 4-5 m. costituita da Nymphaea alba, con fiori, data la profondità, portati da lunghissimi peduncoli, frammista a poco Potamogeton natans e P. lucens, piante che, assieme alla Cannuccia, si mostrano qua e là nel modo più irregolare lungo tutto il perimetro boscoso del lago. Le macrofite sono più varie, e là ESE (i iS soltanto si addensano, in corrispondenza della diga, lungo quel tratto di essa che, dal così detto approdo, va a raggiungere l’imboccatura del corso det laghi; poggiano sopra un ristrettissimo scanno a circa un metro e mezzo di profondità. Anche qui la Cannuccia forma la cintura più esterna, cui succedono Potamogeton lucens, P. natans, più raro P. crispus, assieme a Nymphaea alba, Ceratophyllum demersum, Myriophyllum spicatum. Il limite del potamogetoneto è a circa 4 m. di profondità. Presso l’imboccatura del corso esiste molto Salix Caprea unitamente a pochi individui di Juncus conglomeratus, Scirpus lacu- ster, Cladium Mariscus. È frequente poi dovunque intorno al lago ed FUN <- Fig. 6. — Associazioni di idrofite nel Lago Piccolo. A destra: a) potamogetoneto ; a sinistra: a) canneto, 5) potamogetoneto. a diversa profondità la Fontinalis antipyretica, la ben nota muscinea idrofita i cui steli, assieme a ramoscelli secchi di altre piante som- merse o cadute, sono rivestiti da rigogliose colonie di Euspongilla lacustris. In complesso sì scorge come il Lago Piccolo sia assai povero di specie e di associazioni. Manca una vera spiaggia lacustre, soggetta a temporanee sommersioni, e con essa la cintura esterna che in mol- tissimi laghi è così estesa e così ricca di igrofite, mentre invece è qui sostituita dal bosco e dalle piante che lo accompagnano, oppure da una formazione pratense costituita da mesofite od anche da xerofite. La zona del canneto, 0 palustre, è saltuaria e solo rappresentata dalla Phragmites communis, quando poi non si passi direttamente alla zona stagnale essa pure saltuaria e mediocremente rappresentata da Nym- phaea alba e qua e la da Potamogeton natans. La zona lacustre è costituita da Potamogeton lucens, Ceratophyllum, Myriophyllum e Fontinalis. Manca una zona profonda, o se mai questa potrà essere rappresentata dalla Fontinalis antipyretica testè ricordata. suis) sete Lago Grande. Caratteri geo-fisict.— Area mq. 418720; perimetro m. 2456; mas- sima larghezza m. 856; massima profondità m. 35, media profon- dita m. 19.5 Il De Agostini (in De Lorenzo l. c. p. 161) ha pure trovato una profondità di m. 34.35, mentre l’abate Tata, già ricor- dato, ne aveva determinata la profondità in palmi napoletani 151 pari a m. 39,5. Limite di trasparenza, misurato con disco Secchi bianco, am. 3.30; il colore sta tra il IX ed il X posto della scala di Forel, Condizioni di temperatura, nella parte però più profonda, non molto diverse da quelle constatate per il Lago Piccolo. Un cam- pione di limo tratto dalla regione più profonda, appena uscito dal- l’acqua aveva una temperatura di 7°.4 C. 5 to 15 90 25 30 350. 39 20 10 5 N 0. ‘ , LU ‘ Li SM (a 7 R 77 ' UN 4 ' [il moria ' i ‘ ' ‘ (i! WARE BEN Fig. 7. — Profilo del Lago Grande (Scala plan. 1:8000, Scala bat. 1:2000). La pendenza delle rive è mediocrissima (media pendenza di 4° 34’.26") come si può desumere dai seguenti dati: da- Oca beni 4°20’ da bla 10" ts 3° — da 10 a 15 » 39.52' da 1b a, 20% 140,28" da 20 a 25 >» la da 25 a 30° » 17° — da 30 a 35 >» 42.305 Esiste perciò an ampio scanno con una pendenza di circa 5°.5’, cosicchè la vegetazione sommersa può spingersi assai lungi dalla riva, specialmente verso sud-ovest ove lo scanno raggiunge quasi la regione mediana del lago. Se non esistesse verso nord-est un ampio imbuto, profondo sino a 35 m., il Lago Grande avrebbe piuttosto i caratteri di un Zago-stagno che quelli di un vero lago. Questa spic- cata diversità dei due laghi, che ha così grande influenza sulla di- stribuzione e sulla intensità delle associazioni litoranee, è forse da STR attribuirsi a condizioni morfologiche originarie, per quanto possano aver contribuito a modificare la struttura primitiva anche le deie- zioni torrentizie le quali hanno avuto, come lo hanno tuttora, più largo campo di esplicarsi sul Lago Grande che sul Lago Piccolo. « Ancheal giorno d’oggi, scrive il De Lorenzo, nella già citata. monografia (p. 134), le acque fluviali continuano a trascinare questi materiali facilmente disgregabili da monte a valle e hanno formato ai piedi della collina una bella conoide di deiezione, lunga circa. cinquecento metri, che si protende verso il Le piu grande e ne preannunzia il uighi riempimento ». La vegetazione. — Per le favorevoli condizioni di suolo già esposte, la vegetazione vi è rigogliosa e varia. Le diverse associazioni lito- ranee vi sono tipicamente distribuite: ne vien data qui l’analisi se- condo la loro naturale successione. ZONA ESTERNA. Le igrofite proprie di questa zona sono numerose, per quanto non tutte rappresentate da un numero notevole di individui; nessuna di esse perciò prevale così da poter servire di tipo a qualche partico- lare associazione. Questa cintura esterna in passato doveva essere più ampia. Con la riduzione del livello dei laghi (per quasi 1 m.) artifi- cialmente ottenuta in questi ultimi anni, in seguito all’abbassamento del canale scaricatore, si sono prosciugati non pochi tratti di terreno in prossimità delle sponde i quali davano ricetto indubbiamente ad una più ricca vegetazione di igrofite. Ciò forse può spiegare l'assenza. di uon poche specie citate da precedenti osservatori, da attribuirsi secondo ogni probabilità al rimpicciolimento od alla scomparsa delle loro stazioni favorite. Le Ciperacee vi sono discretamente rappresen- tate da Cyperus longus, Carex divulsa, C. hirta, C. Pseudo-Cyperus, C. remota, C. vulpina etc.; le altre piante più frequenti o caratte- ristiche sono: Alopecurus geniculatus, Glyceria aquatica, G. plicata, Alisma Plantago, Juncus conglomeratus, J. lamprocarpus, Polygonum amphibium, P. Persicaria, Rumex sanguineus, Nasturtium officinale, Ranunculus repens, R. sceleratus, Apium nodiflorum, Lysimachia vul- garis, Myosotis palustris var. strigulosa, Solanum Dulcamara, Scro- phularia aquatica, Veronica Anagallis, Mentha ep. var., Galium elon- gatum, Inula Helenium, etc. | ALA yi LAGO PROPKIAMENTO DETTO. I. Zona, Z. del canneto, Z. palustre. — L'associazione della Phrag- mites communis è ampiamente sviluppata tutto intorno al lago con una potenza talora di 10-20 m. La parte periferica di questo /rag- miteto, non sempre bagnato dalle acque, è più o meno compenetrata da talune delle specie proprie alla zona esterna. Tra le più frequenti notasi : Alisma Plantago, Polygonum amphibium, Scrophularia aquatica, Veronica Anagallis, Myosotis strigulosa, Solanum Dulcamara, arram- picantesi lungo i culmi della Cannuccia, Lysimachia vulgaris, Mentha, ° y ee "ae gg = Later ESSE ES i= == ESME Tess a AE 6 == AGA GRAS SS SS SSN SSS = Wye ew =< Sor 7 AYA)’ Y 6 ay i AL At LA Mi a e d e b Fig. 8. — Associazione di idrofite nel Lago Grande. a) Phragmites, b) Typha, c) Nymphaea, d) Potamogeton, e) piante sommerse. Carea:, etc. Più all’interno, stanno sospese nelle acque basse £vanun- culus aquatilis var. trichophyllus, Callitriche, qualche raro esemplare di Potamogeton, e poche altre specie accidentali. La anes sì estende sino alla profondità di circa 2 m., cui segue dai 2 ai 3 m. di profondità una ristretta zona di Typha iaia, Questa specie per il suo comportamento sostituisce lo Scirpus lacustris, il quale, nei laghi, assai di frequente forma, dopo la. Phragmites, un’associazione distinta, un vero scirpeto; qui invece, nel Lago Grande, si ha un t- feto, associazione perciò rappresentativa dello Scirpus, che nei laghi del Vùlture non forma aggregati degni di ricordo. II. Zona, Z. del lamineto, Z. stagnale. — È largamente rappre- sentata da Nymphaea alba e, qua e là, da Potamogeton natans che può anche sostituirsi completamente alla Ninfea, come avviene ad esempio lungo la sponda nord e nord-est. L'estensione del lamineto è ordinariamente dai 3 ai 5 m.; in profondità si spinge dai 2 a 3'/,m.; Nuphar non ne fu A per quanto l’accenno fattone dal Costa, riportato nel motto, ne etnia supporre l’esistenza. 2 — Supplemento al vol. VII degli Annali di Botanica. ea] Fae III. Zona, Z. delle piante sommerse, Z. lacustre. — È questa la zona che nel Lago Grande ha più largo sviluppo, che è più ricca di specie sempre abbondantemente associate. S’inizia d’ordinario col Potamogeton pectinata il quale forma dei banchi estesi ed intricati, nel luglio di un colorito giallastro caratteristico. Questo potamoge- toneto può anzi talora sostituirsi completamente al lamineto succe- dendo perciò immediatamente alla zona della Phragmites e della Typha. Al Potamogeton pectinata seguono Ceratophyllum demersum e Myriophyllum spicatum. Lungo la riva nord le associazioni si succedono come segue: can- neto, cui segue il Potamogeton natans; il Potamogeton pectinata è qui sostituito dal Potamogeton lucens cui succedono poi il Ceratophyllum ed il MyriophyUum. Un'altra pianta, talora abbondantemente dif- fusa tra le piante sommerse, specialmente in prossimità dello scari- catore, è una Caracea, la Tolypellopsis ulvoides (Bert.) var. laxa, en- tità prima d’ora non segnalata per la flora dell’Italia, mentre il tipo è noto di varie località della valle padana e così pure del Lago di Bientina in Toscana (1). IV. Zona, Z. profonda. — Sono ignote per il Lago Grande delle idrofite, le quali possano rappresentare questa quarta zona, come ad esempio Caracee od anche la stessa Fontinalis antipyretica la quale è invece comune nel Lago Piccolo. Fu già accennato all’esistenza nel Lago Grande di un estesissimo scanno subacqueo il quale esclude perciò su larga estensione del lago, data la sua mediocre profondità, una flora profonda, la quale invece non è possibile che in prossimità della sponda nord. Qui però il fondo va troppo rapidamente ab- bassandosi d’ogni intorno perchè sia possibile una qualche forma di vegetazione. Gli scandagli fatti furono senza risultato. Il limo ne- rastro non ha che gusci di Diatomee ed è poverissimo di sostanze or- ganiche cadutevi.S’aggiunga poi che il salto'termometrico avviene a pochi metri di profondità, cosicchè a dieci metri dal livello superfi- ciale, la temperatura è forse troppo bassa per permettere l’esistenza di piante ad esigenze termiche più spiccate. Tanto nel Lago Pic- colo che nel Lago Grande si ha una zona, dai 15 m. in giù, a temperature basse (dagli 11° in sotto) e poco variabili, anzi sul fondo esiste una vera temperatura abissale, inferiore probabilmente a + 7°, dacchè il limo tratto dal fondo, e misuratane la tempera- tura in contatto dell'atmosfera, aveva, come già fu accennato + 9°. 2 per il Lago Piccolo, + 7°. 4 per il Lago Grande. (1) Secondo BeGUINOT e FoRMIGGINI, in Bull. Soc. bot. it. an. 1907, p. 102. RA os Il Lago Grande offre perciò, per quanto fu detto, una tipica ‘successione di macrofite, costituenti una vegetazione litoranea am- piamente sviluppata, la duale consente di qualificarlo come un lago «adulto, pervenuto cioè al 3° degli stadî che, secondo la classificazione di Forel, costituiscono la vita di un oo Il Lago Piccolo è invece un lago giovine, che conserva cioé quasi immutato il rilievo pri- e ee È E = — i Fig. 9. — Lago Grande: Z. del canneto e del lamineto lungo il versante occidentale. A. Trotter, fot. i mitivo. Però, data la probabile contemporanea formazione dei due laghi, si arguisce che a determinare l’età ed il grado d’invecchia- mento di un bacino lacustre, il tempo è un fattore relativo e spesso perciò subordinato. Maggiore influenza invece sembrano avere e la conformazione originaria del bacino e le diverse contingenze d’am- biente, oro-idrografiche, le quali con maggiore prontezza, congiunte ai fattori biologici, ne possono affrettare l'evoluzione e la fine. Prospetto delle piante superiori vegetanti nei laghi di Monticchio. CONSIDERAZIONI FITOGEOGRAFICHE. Credesi utile riunire, nell'elenco sistematico che segue, le piante che costituiscono la vegetazione igro- ed idrofitica dei dine laghi, molto più che nelle pagine precedenti ed in particolar modo per la zona esterna, non furono registrate che le più caratteristiche e sol- Le A tanto quelle che si osservarono rappresentate da un maggior nu- mero di individui. Si é creduto poi interessante contrassegnare con un asterisco quelle specie che si ritengono inedite per la flora la- custre dei laghi di Monticchio, o che riescono nuove per l’intera. regione del Vulture. Le abbreviazioni usate non hanno bisogno di spiegazione essendo di facile intelligenza: * Tolypellopsis ulvoides (Bert. ) Bég. et Form. var. laxa Migula. — Lago Grande; III zona. È specie nuova per la flora meridionale: e pur rara per l’intera penisola essendo, il tipo, stato sinora indicato soltanto delle acque della pianura padana e del Lago di Bientina. in Toscana. Tol. ulvoides è un’ entità vicaria di Tol. stelligera (Bauer) Mi- gula, nota della Francia, Belgio, Inghilterra, Scandinavia, Finlan- dia, Germania, Boemia. * Fontinalis aatipyretica L. — Lago Piccolo; III, IV zona. Si presenta per lo più sparsa, mai inte aggregata. È. pianta largamente distribuita in tutto l’emisfero boreale. Alopecurus agrestis L. — Terracciano; zona esterna. " Alopecurus geniculatus L. — Lago G.; z. esterna. *Glyceria aquatica (L.) Wahl. — Lago G. e P.; z. esterna. — Pochi individui. E una specie poco comune nella flora meri- dionale. Glyceria plicata Fr. — Tenore e Gussone, Terracciano, Lago G. e P.; z. esterna! Phragmites communis Tin. — Ten. e Guss., Terr. — I zona; ha un largo sviluppo specialmente nel Lago G.! Carex distans L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Carex divulsa Good. — Terr.; z. esterna. Carex hirta L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Carex paniculata L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Carex pseudo-Cyperus L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna.! Carex remota L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna! Carex riparia Curt. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Carex vulpina L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. * Qladium Mariscus (L.) R. Br. — Lago P.; z. esterna. Scarso. Cyperus longus L. — Ten. e Guss., Terr.; z, esterna! — Il Cyperus tenuiflorus, riferito per i laghi da Tenore e Gussone, non è che una forma di Cyperus longus e corrisponde al C. Preslii Parlatore. Heleocharis palustris (L.) R. Br. — Ten. e Guss.; z. esterna. ‘Scirpus lacuster L. — Ten. e Guss., Terr.: I zona. Scarso! fu unicamente raccolto nel Lago P. Scirpus maritimus L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna, I zona. one dei È_A = À crd TM Me iI IT..." nn Ae N n N MA R©RA A Nn o i Ann E ET fare o PT Sparganium ramosum Curt. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna, I zona. Typha latifolia L. — Ten. e Guss., Terr.; Lago G., I zona! Forma una speciale cintura, qua e là nella parte interna del /ragmiteto. Viene detta volgarmente « oglia! » * Potamogeton crispa L. — Lago G. e P.; III zona; piuttosto raro. Potamogeton densa L. — Ten. e Guss., Terr.;? I zona. * Potamogeton lucens L. x. — Lago G. e P., III zona: più comune del precedente, specie nel Lago G. Potamogeton natans L. — Ten. e Guss., Terr.; Lago G. e P.!, II zona. * Potamogeton pectinata L. — Abbondantemente sviluppato nel Lago G., III zona; manca nel Lago P. — Questa specie è cono- sciuta localmente col nome di « lippa bianca ». I Ceratophyllum, My riophyllum vengono invece collettivamente chiamati col nome di « lippa nera >. Potamogeton pusilla L., 8 trichoides (Chm. et Schl.), b. tubercu- lata (Ten. e Guss.). — Potamogeton tuberculatum Ten. e Guss. — Ten e Guss., Terr. — Meno abbondante della precedente alla quale è spesso frammisto lungo le rive. Questa forma, sin qui nota soltanto dei laghi del Vulture, fu dagli scriventi scoperta di recente anche nel lago del Matese. Zannichellia palustris L. — Ten. e Guss., Terr.; ? I zona. * Alisma Plantago L. — Lago G., z. esterna. Juncus acutiflorus (Ehrh.). — Ten. e Guss.; z. esterna. Juncus acutus L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Juncus bufonius L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Juncus conglomeratus L. — Ten. e' Guss., Terr.; Lago. G. e P., z. «esterna! Juncus diffusus Hpe. — Ten. e Guss.; z. esterna. Juncus fasciculatus Bert. — Gasparr.!, Ten. e Guss., Terr.; z. ‘esterna. * Juncus lamprocarpus Ehrh. — Lago G; z. esterna. Juncus striatus (Schousb.). — Ten. e Guss.; z. esterna. Iris Pseudo-Acorus L. — Ten. e Guss; z. esterna, I zona. Polygonum amphibium L. — Ten. e Guss., Terr., Fiori; Lago G.!; z. esterna e I zona. Polygonum Persicaria L. — Ten. e Guss.; z. esterna. Rumex sanguineus L. — Fiori; Lago G. e P.; z. esterna! Cardamine flexuosa With., 2 glaberrima N. Terr. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Nasturtium officinale R. Br. — Ten. e Guss.; z. esterna e I zona. — 2 — Nymphaea alba L. — Ten. 5 Guai Terr.; in ambedue i laghi; II zona. — Questa pianta vi è Soi col nome di « stampi » dalla. forma delle foglie, le quali, secondo una leggenda locale, rappre- senterebbero l’impronta di uno zoccolo di cavallo, precipitatosi as- sieme al suo cavaliere, ma salvato miracolosamente da S. Michele,. * Ceratophyllum demersum L. — Lago G. e P.; III zona. * Ranunculus aquatilis L., e trichophyllus (Chaix). — Lago G., I zona. Ranunculus repens L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Ranunculus sardous Cr. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Ranunculus sceleratus L. — Ten. e Guss., Ter.; Lago G., z. esterna! i Trifolium suaveolens Ten. e Guss. — Ten. e Guss. — Non è che una forma di Trifolium resupinatum; z. esterna. Epilobium hirsutum L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Epilobium tetragonum L.,? — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. * Myriophyllum spicatum L. x. — Lago G. e P.; III zona. Myriophyllum verticillatum L. — Ten. e Guss., Terr. ; III zona. Apium graveolens L. — Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. | . Apium nodiflorum (L.) — Rehb. fil. — Ten. e Guss., Terr. ; Lago G.,. z. esterna! | Callitriche verna L. — Ten. e Guss.; I zona! * Lysimachia vulgaris L. — Lago G., z. esterna. Myposotis palustris (L.) Lam. — Terr ; z. esterna del Lago G. — La pianta segnalata è, molto probabilmente, riferibile alla var. Ùi strigulosa (Rehb.) f. parviflora, riscontratasi comunissimal * Solanum Dulcamara L. — tn G.; I zona. Scrophularia aquatica L. — Ten. e Guss., Terr. — Lago G., z. esterna e I zona! * Veronica Anagallis L. — Lago G.; z. esterna e I zona. Lycopus europaeus L. — Ten. e Guss.; z. esterna. Mentha aquatica L. — Ten. e Guss. — I zona. * Galium Mollugo L. 2 elatum (Thuill.). — Lago G., z. esterna. *Galium Mollugo L. var. tyrolense (W.). — Lago G., z. esterna. Galium palustre L. è elongatum (Presl). — Gal. elongatum, Ten. e Guss., Terr.; z. esterna. Inula Helenium L. — Ten. e Guss., Terr. ; z. esterna. Fig ‘ Le piante igrofile ma sopratutto quelle decisamente aquatiche,. godendo, per le peculiarità stesse del mezzo ambiente, di una larga distribuzione geografica (numerosi esempi di cosmopolitismo ci sono- precisamente offerti dalle piante aquativhe), meno delle terrestri sì. | |. AO prestano a deduzioni fitogeografiche. Vi sono però non pochi casi, nei bacini lacustri ad esempio, nei quali alle specie largamente di- stribuite altre se ne possono associare aventi un’area più ristretta o saltuaria (ad es. [soétes lacustris ed echinospora di alcuni Laghi subalpini, Meleocharis Lereschii etc.); queste perciò, non meno delle piante terrestri, potranno portare utili argomenti od aggiungere nuovi fatti per la soluzione dei problemi fitogeografici che inte- ressano una determinata regione. Quando poi il lago stesso non dia ricetto, per lo stato di relegazione che gli è proprio (in ciò para- gonabile ad un’isola o ad un gruppo montuoso) a delle forme pro- prie, cioè a dei veri endemismi lacustri, da interpretarsi o quali entità mesogeniche o forse, nel maggior numero dei casi, solo neoge- niche, non per questo ad ogni modo meno interessanti. Valgano gli esempi della Trapa natans var. verbanensis e del Potamogeton densus var. stipulatus, entità proprie ad alcuni dei nostri laghi subalpini; del Nuphar jurianum, della Chara jurensis e Ch. Magnini (1), carat- teristiche dei laghi giuresi così bene illustrati dal Magnin; del Thamnium alopecurum var. Lemani del Lago di Ginevra, della Fon- tinalis arvernica dei laghi dell'Alvernia, dell’Isoétes Brochoni dei laghi pirenaici, del Potamogeton natans var. corsicus del Lago Nino in Corsica, etc. È pure da aggiungersi Myosotis Rehsteineri segnalata nella parte nord del Lago Maggiore, e nota solo sin qui per i laghi di Costanza e di Ginevra. Myosotis Rehsteinert è una interessante sottospecie di Myos. palustris; essa manca ai Compendi sulla Flora italiana. Le stazioni lacustri poi, in questo non dissimili dalle altre, pos- sono anche offrire, come già fu avvertito, un contingente di specie e razze le quali per possedere un’area più ristretta od anche sal- tuaria, valgono ad aggiungere nuove prove sulla migrazione e pro- venienza dei vegetali, prove che sin qui in larga misura, come è ben naturale, sono tratte dalle piante strettamente terrestri. Nei laghi giuresi più su ricordati, esistono ad esempio, non poche en- tità ora più largamente distribuite nelle regioni boreali d’Europa, talune delle quali attingono perciò in quel distretto il loro limite più meridionale; entità microtermiche le quali un tempo dovevano godere senza dubbio di una distribuzione assai più larga. (1) La Chara Rabenhorstii A. Br. del Lago di Sant’ Egidio o San Giovanni nel Gargano (del resto da qualche anno prosciugato !) non pare possa essere ele- vata a dignità neppure di specie elementare, non essendo, secondo MIGULA, che una mera ed incospicua variazione di Chara foetida. — Ricordata anche, quale possibile entità vicaria, dai Signori BEGUINOT e FoRMIGGINI, Bull. Soc. bot. it. 1907, p. 115. SETA de Da ciò si comprende come non pochi lati interessanti e di por- tata generale offre anche lo studio della vegetazione lacustre; oltre. un interesse proprio ed una propria finalità, da raggiungersi con una più estesa comparazione delle diverse idroflore, per una più precisa conoscenza delle associazioni lacustri ed una più esatta definizione ecologica delle specie. Anche i laghetti del Vulture, pur essendo due soli (quelli del Giura studiati dal Magnin sono 74!) forse per le particolari condi- zioni di tutta la regione appenninica, come si vedrà, non mancano di offrire qualche fatto interessante che sì connette con i problemi fitogeografici già accennati. Il Rumex sanguineus e la Glyceria aquatica, ivi trovate, sono tra quelle specie largamente distribuite al centro ed al nord dell’Italia, mentre al sud sono rare ed a distribuzione saltuaria. Il Galium tyro- lense W. (= G. insubricum Gaud.) poi è solo noto sin qui del Canton Ticino, Lombardia, Trentino e Friuli; è del pari nuova per la flora meridionale la Caracea Tolypellopsis ulvoides (Bert.), entità vicaria di Tolypellopsis stelligera (Bauer) Mig., la cui distribuzione decisa- mente boreale fu già fatta notare nell’ elenco. Risultati non dissi- mili si ebbero dallo studio della vegetazione delle Paludi pontine, ove non sono infrequenti generi e specie a distribuzione settentrio- nale, come Caltha palustris, Rhyncospora alba, Eriophorum, Sium la- tifolium, ecc. (1), superstiti di una flora più propria ad un clima freddo, come già fu avvertito dal Caruel per la palude di Bientina (2) in Toscana. Sono questi degli esempi che le stazioni lacustri e sta- gnali come e meglio delle altre, hanno potnto conservare delle specie a distribuzione più boreale anche in paesi meridionali; fatto questo che, nel caso speciale dell'Appennino, si collega all’altro della più larga distribuzione delle stazioni lacustri in tutta la catena durante il periodo pleistocenico, come sarà più largamente detto fra poco. I neogenismi, nei laghi del Vùlture, sono solo rappresentati dal Potamogeton tuberculatus Guss. e Ten. (3), il quale, pur rientrando nell’ambito di Potamogeton trichoides Cham. et Schl., non cessa per questo di rappresentare una di quelle variazioni alle quali fu già accennato e che sarebbero ancora di maggior rilievo se quelli che si potrebbero chiamare gli endemismi terrestri del Vùlture, non rima- nessero tali solo per l’insufficiente esplorazione della flora meridio- nale. Ad ogni modo omettendo quelle piante per le quali si è po- (1) BeGUINOT A. — Bull. Soc. bot. it. 1899, p. 23; Nuovo Giorn. bot. it., v. VI, an. 1899, p. 284. (2) CARUEL T. — Statistica botanica della Toscana, p. 369. (3) Scopertosi di recente anche nel Lago del Matese. TIRI. IT TOS Tra è è Bg BUGIE eo tuto allargare l’habitat oltre la zona del Vulture e le altre non sufficientemente individualizzate (1), rimarrebbero pur tuttavia le seguenti entità, non sempre però di ordine gerarchico tra loro para- gonabile, proprie alla regione del Vulture: Thestwm montanum Ehrh. b. serrulatum Ten. ex Arc., Nigella arvensis var. Catenae (= N. Ca- tenae Ten. e Guss.), Coriandrum sativum var. melphitense (= Cor. melphitense Ten. e Guss.), Reseda lutea var. pauciflora N. Terr., Res. lutea var. tenuisecta N. Terr., Rumex thyrsoides var. pubescens N. Terr., Scorpiwrus vermiculatus var. pusilla N. Terr., Romulea Bulbo- codium var. collina N. Terr. Possono avere queste piante un qualche valore sistematico, e perciò un interesse fitogeografico? Troppo è recente la storia del Vulture e troppo legata è la sua flora a quella dei territori finitimi, di certo più antichi, perchè tali entità possano avere una qualche consistenza che ricerche future potranno dimostrare insussistente; © quanto mai il loro habitat dovrà certo estendersi oltre i confini del Vulture. Altri fatti possono invece invocarsi, come sarà detto tra poco, per gli organismi inferiori lacustri, per i costituenti cioè del plancton. Considerazioni ed ipotesi sull’immigrazione del plancton nei laghetti del Vulture. I laghetti del Vulture, monte vulcanico isolato, occupando il fondo di un cratere, a 650 m. sul mare, alimentati da sorgenti sotter- ranee, sono dei tipici laghi chiusi, 11 cui popolamento perciò deve es- sersi effettuato per immigrazione passiva, col sussidio delle svariate agenzie proprie ai diversi ordini di organismi aquatici. Siccome poi possiedono anche un discreto contingente di veri organismi limne- tici, è insostenibile per essi l'ipotesi del compianto prof. Pavesi (1883), secondo il quale tutti i bacini lacustri d’Italia, dotati di un bios pelagico, sarebbero da considerarsi come reliquati marini 0, quanto mai, almeno nell’inizio, direttamente influenzati dal mare, e che di conseguenza la tipica fauna pelagica non sarebbe che una fauna marina mediterranea adattatasi poi al nuovo mezzo la- (1) L’Orobus exaltatus Ten. e Guss., ad esempio, ricordato in nota nella Flora anal. d’Italia (v. II, p. 108) non è altro indubbiamente che un vero Oro- bus niger; come ci si convinse per l’esame degli esemplari autentici conser- vati nell’« Erbario Gussone ». — Il Dianthus vulturius Ten. e Guss., fu di re- cente scoperto da A. TERRACCIANO anche in altri luoghi di Basilicata (Nuovo Giorn. bot. it., v. XIV, an. 1907, p. 129). Rai eee REI Sr Ye ey er OUTER Paty gt custre. Questa ipotesi, oltre che da Forel e da altri, fu qui in Italia più di recente combattuta con validi argomenti, prima dal Gar- bini (1), più tardi, e proprio lo scorso anno, dal Dr. De Vescovi (2), il quale adduce appunto come prova alcuni tipici laghi craterici delle Azzorre. Si ritiene dai più che i planctonobii e sopratutto le faune lim- | netiche del nostro emisfero abbiano avuto come centro di origine la regione litorale artica e che perciò i laghi d’Europa abbiano de- rivato buona parte dei loro organismi, direttamente o indiretta- mente, dal centro di dispersione scandinavo-finlandese. Il Garbini (1. c.), così benemerito in questi studi, del quale i lim- nologi italiani lamentano il troppo lungo silenzio, così si esprime al riguardo: « A mio credere la propagazione della fauna limnetica nei nostri laghi subalpini sì fece, dal centro dispersivo Scandinavo- . Finlandese, attraverso la larga zona lacustre europea che copre la Prussia, bagna la Boemia e la Baviera, rende pittorica la Svizzera, e finisce negli splendidi nappi d’acqua che sfiorano le falde meri- dionali delle nostre Alpi; la via è naturale: una catena non in- terrotta di bacini lacustri che riuniscono il Baltico all’Adria- tico ». E questa origine e questo legame di vita lacustre si rendono an- che più evidenti dall’impoverimento di forme quale s'incontra dal Nord procedendo verso il Sud; cosicchè i nostri grandi laghi su- balpini si mostrano più poveri di rappresentanti limnetici in con- fronto dei laghi più boreali. Il plancton vegetale non offre a questo riguardo un comportamento dissimile, salvo una maggior ricchezza. di forme, una più grande adattabilità, un centro dispersivo meno definibile. Anche a prescindere dal carattere spiccatamente boreale che qui in Italia per quanto si è detto, è più o meno comune a tutte le asso- ciazioni lacustri e che già a priori è possibile ammettere; per quanto si riferisce invece ai laghi dell'Appennino credesi interessante ri- chiamare l’attenzione dei limnologi sopra alcuni fatti di corologia limnologica, che, congiunti ad alcuni fatti geofisici positivamente accertati, potranno gettare una più viva luce sulla storia biologica della nostra penisola. (1) GARBINI A. — Primi materiali per una monografia limnologica del Lago di Garda. Att. Ac. Agric. Arti, Comm. di Verona, ser. III, v. LXIX, an. 1893. . (2) De Vescovi P. — Notizie sulla formazione di un nuovo lago nella pro- vincia di Roma e considerazioni dal punto di vista della fauna lacustre. Boll. Soc. romana studii zoologici, v. V, an. 1906, p. 55-71. ROTM I laghi del Vulture e con essi gli altri pochi laghi sparsi attual- mente lungo |’Appennino, non sono altro che il residuo di un grande sistema lacustre pleistocenico. Il paesaggio appenninico perciò, du- rante quel periodo, non doveva essere molto dissimile dal paesag- gio svizzero attuale e del pari le idrofite e tutto il complesso del bios lacustre, vi dovevano avere un largo sviluppo; ciò che non può dirsi oggidi, specie nelle parti più meridionali della penisola. i I bacini lacustri pleistocenici dell’Italia meridionale furono ma- gistralmente studiati dal De Lorenzo (1), mentre altri geologi, tra. i quali il De Stefani, hanno contribuito all’illustrazione dei bacini di altri laghi ora estinti dell’ Appennino settentrionale e centrale. Anzi, secondo l’opinione di quest’ultimo autore, l’esistenza di tali laghi si dovrebbe far risalire ad un periodo ben più antico, cioè al pliocenico, mentre il De Lorenzo persiste a ritenere che ad essi pure, come agli altri dell’Italia meridionale, debba essere asse- gnata un’età pleistocenica. Comunque stieno le cose a tale riguardo è però indubitata l’esistenza di numerosi laghi, taluni dei quali per ampiezza, non inferiori ai nostri maggiori subalpini. I depo- siti di questi laghi hanno rivelato la presenza di gusci di numero- sissime specie di Diatomee, la più parte tutt'ora viventi nelle acque appenniniche, di Molluschi, di spicule di Huspongilla lacustris, specie boreale la quale riscontrasi anche oggidi nei laghi del Vulture, inoltre numerosi resti dell’ Hlephas antiquus e di altri grossi Mammiferi (2). Molti di tali laghi si sono esauriti in epoca ormai remota, altri invece in epoca storica, di altri ancora non vedonsi più che miseri residui, destinati pur essi ad estinguersi. (1) Ne fa cenno nella monografia del Vulture, già citata, e negli Stud? di geologia nell’ Appennino meridionale. Atti R. Ac. Sc. fis. mat., Napoli, vol. VIII, ser. II, n. 7, an. 1896; diffusamente poi nell’altro lavoro: Reliquie di grandi laghi pleistocenici nell’Italia meridionale, Ibid., vol. IX, n. 6, an. 1898, pp. 74 con tav. e fig. (2) Notizie più estese su tali fossili lacustri: trovansi nell’ultimo dei la— vori precedentemente citati del De Lorenzo. Inoltre, per gli stessi bacini plei- stocenici meridionali, in: BONETTI F., Microflora fossile dell’antico lago del Mér- cure. Atti Ac. Gioenia Sc. nat. Catania, vol. X, ser. IV, an 1897. — DE An- GELIS D’Ossat G., L’Hlephas antiquus Fale. nei dintorni di Laino-Borgo (Co- senza). Bull. Acc. Gioenia Sc. Nat. Catania, fasc. XXXIX, 27 genn. 1905, pp. 24-25. — Peri bacini lacustri dell’A ppennino sett.: DE STEFANI, Les terrains tertiaires supérieurs du Bassin de la Méditerranée. Ann. Soc. geol. de Belg. tom. XVIII, an. 1891, p. 313; Le ligniti del bacino di Castelnuovo di Garfa- gnana. Boll. Com. geol. it. 1887; JZ Zago pliocenico e le ligniti di Barga nella valle del Serchio. Ibidem, 1889; Il bacino lignitifero della Sieve in prov. di Fi- renze. Ibidem, 1891; Risrori, 12 bacino pliocenico del Mugello. Boll. Soc. geol. it., 1889. Sesia Quanto ai due laghi di Monticchio è certo che la loro forma- ‘zione, per quanto meno remota, avvenne però in un tempo nel quale molti specchi lacustri dovevano tuttora esistere, sia pur ridotti nella loro ampiezza primitiva. Alla base stessa del Vulture anzi, men- tre questo ancora ardeva, trovaronsi per lungo periodo di tempo i due grandi laghi che il De Lorenzo chiama lago di Vitalba e lago di Venosa e, più immediato ancora, ove ora sorge la collina di Melfi, un altro lago più piccolo e degli altri ancora più antico. Nello stesso territorio di Basilicata furono illustrati, nel lavoro già citato del De Lorenzo, gli ampi bacini dell’Agri, del Mèrcure, del Noce, mentre nell’Appennino centrale e settentrionale, furono occupati da laghi i bacini del Mugello, della Garfagnana, la conca di Terni, di Aquila, di Sulmona ecc. ecc. Data l’assenza o l’attenuazione del fenomeno glaciale in buona parte dell'Appennino durante il pleistocene, è a ritenersi come molto probabile che questo ricco sistema di laghi, anche non concedendo a molti di essi un’ antichità pliocenica, preesistesse da gran tempo al costituirsi del sistema lacustre delle nostre Alpi e Prealpi: giac- chè anche i nostri maggiori laghi, come ad es. il Garda, si forma- rono molto probabilmente, come raccolte di acqua, solo dopo la se- conda grande glaciazione. È del pari probabile che perciò stesso an- che il bios di tali laghi meridionali sia stato di una immigrazione assal più remota; conservatoci e tramandatoci quindi a mezzo dei pochi laghi residuali ora esistenti nell'Appennino. I laghi appenninici, in altre parole, potrebbero aver derivata la loro fauna e la loro flora limnetica in un’epoca assai più antica, non coll’intermezzo dei laghi delle Alpi o delle Prealpi, come si potrebbe pensare, che non esistevano, ma direttamente per immigrazione passiva, da paesi più boreali o da altre antiche regioni lacustri. Se l’immigrazione si fosse effettuata gradualmente dai laghi delle no- stre Alpi a quelli dell’Appennino, quest’ ultimi dovrebbero avere una minor varietà di organismi lacustri e perciò un plancton più povero. I fatti sin qui acquisiti mostrano invece che il fenomeno è ben altrimenti. Non solo i laghi appenninici sono qualitativamente ricchi di plancton, nia per di più posseggono numerosi organismi ignoti sin qui ai nostri laghi delle Alpi, anzi taluni da ritenersi come del tutto nuovi e ad essi perciò peculiari. Per quanto lo studio biologico dei nostri laghi prealpini, pur essendo più progredito, lasci ancora non poche lacune, rimarrebbe ad ogni modo oscura la ragione per cui i laghi centrali e meri- dionali d’Italia abbiano, fin dalle prime e sommarie esplorazioni, arricchito la limnobiotica italiana di numerosi organismi animali he = I ee 33 es e vegetali i quali, se comuni, avrebbero pur dovuto trovarsi nei nu- merosi laghi già ripetutamente esplorati delle nostre Alpi. Ecco alcuni fatti: Lo studio parziale del lago di Bracciano (1) ha fatto conoscere una nuova varietà laevis del Cyclops strenuus Fisch., l’esistenza del Cam- thocampus crassus Sars delle acque della Germania e Scandinavia, una nuova specie di Diaptomus (D. etruscus Losito), la var. pellu- cida (Sting.), della Bosmina longirostris (0. F. Mull.), infine un’ Ano- donta, forse nuova, che il prof. Meli (2) ha denominata sabatina. Numerose Idracnide, del pari nuove per l’Italia, tra le quali una anche nuova alla scienza, sono uscite dallo studio, fatto dal Ma- rucci (3), di alcuni laghi dell’Italia centrale. Le ricerche compiute da uno degli scriventi intorno al plancton del piccolo bacino lacustre del Laceno nell’A vellinese (4) hanno valso pure ad aggiungere nuove specie alla limnobiotica italiana: fra le Alghe Cloroficee, Oocystis lacustris Chod., Richteriella botryoides (Sch.) Lem., Chodatella longi- seta Lemm., tra i Rotiferi Brachionus angularis e Br. amphiceros Ehr. Il plancton poi dei laghetti del Vulture è ancor più ricco di specie interessanti, le quali nell'insieme gli conferiscono un carat- tere spiccatamente boreale. Le specie che risultano nuove per la limnobiotica italiana e la cui distribuzione geografica sarà chiarita nella seconda parte del presente lavoro, sono le seguenti: Micro- cystis Flos aquae (Wittr.) Kirch., Spirulina abbreviata Lemm., Peri- dinium quadridens Stein, Staurastrum bifidum (Ehr.) Breb., Staur. Arachne Ralfs, Crucigenia triangularis Chod., Tetrastrum stawroge- niaeforme (Schréd.) Chod., Anuraea quadridentata (Ehe.), Brachionus rubens Ehrb., Ploeosoma Hudsoni Imh., Graptoleberis reticulata (Lilljeb.) G. O.Sars. . Sembrano esser questi indiscutibili esempi della peculiarita della limnobiotica dei laghi appenninici, in conseguenza dei fatti. geo- logici sopra esposti. Nè a questa più antica immigrazione di or- (1) Losito C. — Entomostraci pelagici del lago di Bracciano. Ann. di Agri. coltura, an. 1904, n. 233, pp. 225-342, con 2 tav. 2) MELI R. — Sulle Anodonte pescate nel lago di Bracciano. Boll. Soc. romana di studi zool., vol. VII, an. 1898, pp. 70-75. (8) MaruccI V. — Contributo alla conoscenza degli Idracnidi del Lazio. Boll. Soc. zool. it. ser. II, vol. VII, an. 1906, p. 282-288, con 1 fig. (4) Trorrer A. — Il Plancton del lago Laceno nell’ Avellinese. Nuova No- tarisia, ser. XVI, an. 1905, pp. 39-53 con 1 tav. ed 1 fig. — La gentile coopera. zione del chiaro specialista Dr. Vorer ha valso a chiarire la determinazione di tre specie quivi dubbiosamente elencate, delle quali però era stata data una sufficiente figura. Esse sono: Diaphanosoma brachyurum (fig. 37), Brachionus angularis (fig. 40), Brachionus amphiceros Ehrb. (fig. 45). agg E gavismi lacustri si opporrebbero ragioni fisiche, conseguenza della più profonda discontinuità del mezzo lacustre, discontinuità che avrebbe potuto rendere più difficile l’immigrazione degli organismi dai laghi più boreali a quelli appenninici, dato che l’ origine di molti planctonobi debba ricercarsi proprio in regioni boreali. L'im- migrazione passiva dei planctonobii, fatto comune, è precipuamente affidata agli uccelli acquatici potenti volatori, i quali durante le loro periodiche migrazioni dal nord al sud, avranno potuto benissimo oltrepassare le Alpi nevose e rivestite di ghiacci, per arrestarsi in- vece poco più al sud, cioè ai primi laghi dell'Appennino. Non ci nascondiamo che gli studi limnologici compiuti sinora nell’ Italia, specialmente peninsulare, non sono tali da permetterci delle conclusioni più sicure. Ci mancano quelle più larghe cono- scenze, quegli elementi comparativi, non solo sulla vita dei laghi ma anche delle acque dolci fluviatili e stagnali, indispensabili per poter valutare in modo sicuro la portata geografica di queste nuove scoperte. L’origine degli organismi limnetici è del resto un problema, qui e dovunque, aperto tuttora ad appassionate discussioni, nè finora risolto. I fatti sin qui esposti, altri, quanto mai, potranno uscire da uno studio più largo e più approfondito, autorizzano però a dover repu- tare i laghi dell'Appennino come oltremodo interessanti per gli s@ndi di biologia lacustre; quanto è già a nostra conoscenza rende del pari assai probabile l'ipotesi più sopra avanzata, della relativa indipen- denza della loro fauna e della loro flora, dalla fauna e flora dei laghi delle Alpi di immigrazione più recente. PARTE SECONDA del dott. AcHILLE FORTI ANALISI DEL MATERIALE MICROSCOPICO E PRINCIPALI DEDUZIONI CHE SE NE POSSONO TRARRE IN RELAZIONE ALLA MORFOLOGIA FISICA. I. — II Plancton. I saggi planctonici che qui si avranno da sottoporre all’ analisi sono tre: due d’essi vennero raccolti alla superficie delle acque, uno, verticalmente, traendo la reticella attraverso a tutti gli strati pro- fondi. Quest'ultimo fu preso nel Lago Grande. Lo specchietto che segue servirà a dare, a primo aspetto, un’idea comparativa dei risul- tati ottenuti con l’analisi di un ragguardevole numero di prepara- zioni, onde l’enumerazione delle forme si potrà ritenere a sufficenza completa, almeno per i saggi finora osservati: (1) Myxophyceae. . Chroococcus limneticus Lemm.. . . . . .. + + . Microcystis Flos-Aquae (Wittr.) Kirchn. . Spirulina abbreviata Lemm. . DE dv Flagellata. 4. Phacus Pleuronectes Nitzsch Peridinieae. . Ceratium Hirundinella (0. F. M.) B. . Peridinium tabulatum Ehr. . Peridinium quadridens St. . Peridinium umbonatum St. . Glenodinium Pulvisculus Ebr. . Glenodinium uliginosum Schill. + + ++ 5 d DIS Vi ++++++ +++++ 1 (1) Si contrassegna con 1 il saggio preso alla superficie del lago Grande, con 2 quello preso verticalmente nello stesso lago e con 8 quello raccolto alla superficie del lago Piccolo. DO w N DO la He Uo Do wo Ww W bo Gn Cre (0 0) Bacillarieae. . Cymbella cymbiformis Ehr. . Cymbella parva W. Sm. . Cocconeis Placentula Ehr. . Gomphonema subcapitatum Ehr. . Epithemia turgida (Ehr.) Kuetz. . Epithemia Sorex (Ehr.) Kuetz. . . Rhopalodia gibba (Ehr.) 0. M. . Eunotia gracilis Rab. . Synedra capitata Ehr. : . Synedra Ulna (Nitzsch) Ebr. . Synedra delicatissima W. Sm. . Melosira varians Kg. ; : . Melosira crenulata (Ehr.) Kuetz. Conjugatae. . Closterium aciculare T. West . Closterium Dianae Ehr. . Cosmarium Meneghinii Bréb. . Cosmarium sphalerosticum W. et N. . . . . . . Staurastrum dejectum Breb. var. mucronatum Kirchn. . Staurastrum bifidum (Ehr.) Bréb . Staurastrum cuspidatum Bréb. . Staurastrum punctulatum Bréb. . . Staurastrum gracile Ralfs . . Staurastram paradoxum Mey. . Staurastrum Arachne Ralfs Chlorophyceae. . Scenedesmus obliquus (Turp.) Kuetz . . Scenedesmus quadricauda (Turp.) Br. (. Crucigenia triangularis Chod. A ae . Tetrastrum staurogeniaeforme (Schroed.) Chod. . Ancistrodesmus falcatus (Cda.) Ralfs . . Pediastrum Tetras (Ehr.) Ralfs . . Coelastrum sphaericum Naeg. Ehyzopoda. . Arcella vulgaris Ehr. Rotifera . Cathypna Luna (Ehr.) Gosse. . Euchlanis dilatata Ehr. +++++ + +++ +++++ ++++ ++++ + ++ ++ ++ ++ tee ++++++ +++++ + da mee ie ip DA nd RR aE A Md y Pia CIALE Eos Mastisocerca bicornis Ehr: 0002 eee 46. Mastigocerca capucina W. et Z. 47. Anurea squamula Ehr. . 48. Anurea quadridentata Ehr. 49. Polyarthra platyptera Ehr. 50. Triarthra longiseta Ehr. 51. Brachionus urceolaris Ehr. 52. Brachionus rubens Ehr. con ovo. 53. Brachionus Bakeri Ehr. 54. Ploesoma Hudsoni Imhof . RE, ++ ++ ++ + + + + Crustacea. 55. Bosmina longirostris O. F. M. 56. Scapholeberis mucronata O. F. M. 57. Diaphanosoma brachyurum Liev. DS. Moina brachiata Jur. ...-. . . 59. Graptoleberis reticulata (Lillj.) Sars 60. Pleuroxus exiguus (Lilljeb.) Schoedl. 61. Cyclops oithonoides 2 G. O. Sars . 62. Cyclops phaleratus Koch . 63. Cyclops serrulatus Claus 64. Canthocamptus minutus Muell. . 65. Nauplii Copepodum plurimorum +++ +++++ ++ —- +4 + -- Insecta. 66. Corethra plumicornis Fabr. larva . . . . . . + In complesso è dunque un considerevole numero di entità, quali più, quali meno interessanti, sia per la loro natura, sia per loro abituale distribuzione geografica; questo però risulterà più chiaro da quanto verrà esposto nell’analisi. Quarantuna sono le specie vegetali, venticinque le animali, talune frequentissime, talune più scarse, le più osservate di rado, alcune anzi una sola volta. Di tutte le specie vegetali prevalgono in numero: Nel primo e nel secondo campione Ceratium Hirundinella, nel terzo Synedra delicatissima. Di tutte le animali invece: Nel primo, Ploesoma Hudsoni, Polyarthra platyptera : nel secondo, Polyarthra platyptera, Nauplius sp. sp., Bosmina longi- rostris: nel terzo poi la fauna è relativamente scarsissima, in con- fronto a quanto si era notato per gli altri due saggi; in prevalenza si trovano i Rotiferi ed in modo speciale Ploesoma Hudsoni Imh. Come dal lato qualitativo, così dal lato quantitativo l’impressione più certa, che subito si ricava, si è quella della maggior quantità nu- merica degli elementi vegetali in rapporto agli elementi animali; 3 — Supplemento al vol. VII degli Annali di Botanica. FECE questo prevalere poi, diventa immenso nel saggio raccolto alla su- perficie del Lago Piccolo, ove la quasi totalità della massa è costi- tuita di Synedra delicatissima. Le specie d’alto lago, veramente trasformate anche nella loro co- stituzione anatomica per la vita eulimnetica, si può dire facciano difetto in tutti e tre questi saggi, e, d’altra parte forse, questo fatto era di facile previsione se sì tenga conto dell’area ristretta oecupata dai laghi di Monticchio. La prima di tali circostanze, per vero, limita l'eventuale presenza di forme euplanctoniche a quelle sole specie che’ non possono abbisognare di grandi profondità, sia per condizioni statiche, sia per condizioni biologiche; infatti l’area ristretta dello . specchio lacustre — salvo rarissime eccezioni — corrisponde per l’or- dinario ad una profondità non molto rilevante (1), perchè di certo non si possono prendere in considerazione taluni bacini artificiali o certe doline, così diverse per conformazione e così ristrette di specchio da non offrire più 1 requisiti per il paragone. Non si hanno dunque nè Leptodora hyalina nè Bytotrephes longi- - manus nè perfino Botryococcus Brauni nè Dinobryon divergens nè al- cun’altra di quelle forme che pur da sole conferiscono la caratte- ristica ad un plancton eulimnetico di un grande lago, a seconda degli strati acquei, spesso al punto di comparir siffattamente gregarie da far parere avventizio ogni elemento che le accompagni (2). Invece, nel caso attuale, sono specie prevalenti quelle che con egual faci- lità si adattano alla vita di alto lago, pur spingendosi ad abitare anche nei laghi minori e negli stagni. Parecchi Rotiferi come Ploe- soma Hudsoni e Polyarthra platyptera, altri esseri come Ceratium Hirundinella, Synedra delicatissima e Bosmina longirostris sì con- fanno egregiamente a queste abitudini, onde niuna meraviglia se sì rinverranno frequenti in questi saggi. Quanto si venne a dire più addietro riguardo al prevalere nume- rico di forme eulimnetiche particolari può esser sufficente per assi- (1) E tanto più la regola ha un valore nel caso attuale in cui ci troviamo di- nanzi a laghi che hanno una fortissima inclinazione relativa della sponda e pre- sentano una delle massime profondità osservate in bacini d’area non molto estesa. (2) In altri termini, seguendo lo ZscHoKKE, mancano ai laghi di Monticchio tutte le caratteristiche proprie della fauna stenotermica, ossia di quella pro- pria dei bacini nordici e da noi presente solo in grazia di trasporti passivi. Essa abbisogna di ambiente adatto per acclimatarsi. Da ciò la giustificazione del rinvenimento di organismi stenotermici nei nostri laghi subalpini perchè in essi occupando, almeno periodicamente, gli strati profondi delle acque la fauna a carattere nordico o glaciale si sa più o meno facilmente adattare. (Cfr. ZscHoKKE F. — Die Tierwelt der Hochgebirgseen — Denkschriften der Schweiz. Naturf. Gesellsch. Bd. XXXVII [1900)). 1% eee LUPA do SR TI Le n ING PO oo. cesso «curare come la facies dei campioni sia lacustre, ma sta il fatto che per varietà di specie prevalgono le forme ticolimnetiche (1). » Nello specchietto che segue vien messo in chiaro — per quanto riuscì possibile — il diverso comportarsi delle singole forme, sicchè le somme assegneranno il criterio di proporzione qualitativa tra le ‘specie planctoniche vere e le avventizie (2). Myxophyceae. Whroococcus limneticus.. Lemmi. ii ei n + Microcystis Flos Aquae (Wittr.) Kirchn. . . . . . +? mepirolina abbreviata Lema. 0, 0) MORE Fa a a Flagellata. menicus Pleuronectes. Nitasech) i. ei one ph Peridineae. Ceratium Hirundinella (0. F. M:) Bergh. . . . . + Peridinium tabulatum Ehr. + Peridinium umbonatum Stein . = Pemnanium quadridens' Stein UT salle lo 3 SA ae re lees enc Glenodinium Pulvisculus Ehr.. 10. Glenodinium uliginosum Schill. Bacillarieae. 11. Cymbella cymbiformis Ehr. . — 12. Cymbella parva W. Sm. . + 13. Cocconeis Placentula Ehr. + lA: Gomphonema subcapitatum Ebr.. i... 0... 8 15. Epithemia turgida (Ehr.) Kuetz. . I 16. Epithemia Sorex (Ebr.) Kuetz. -- 17. Rhopalodia gibba (Ehr.) O. M. == 18. Eunotia gracilis Rab. . RI LISA, Sly oR a iWasiswnedra capitava Mg oe. ore hse) aM etn tr ome (1) Riesce in particolar modo interessante il constatare che anche nei laghi delle alte Alpi si verifica quest’abbondanza di specie di stagno e di palude fram- miste al plancton (cfr. ZscHoKKE F., op. cit., pag. 378: « Das Plankton um- schliesst im Hochalpsee zahlreiche Teich-und Sumpfbewohner »). (2) Molti dati di questo specchietto figurano ‘in contraddizione — almeno ‘apparente — con quanto verrà esposto di volta in volta nell’analisi che suc- cede; siccome però qui si è seguito l'apprezzamento più invalso per comune accettazione, là invece spesso si è seguito l’individuale, ogni volta se ne tro- verà, per quanto si potè, debita discussione od epesegesi. — Nello specchietto si usò T per notar le forme ticolimnetiche od avventizie ed E per dire euli- ‘mmetiche o veramente del plancton. AI nd AT A PETER ae PERSI so tic FIT ~ er Dee tis . Synedra Ulna (Nitzsch) Ehr. . Synedra delicatissima W. Sm. . Melosira varians Ag. È . Melosira granulata (Ehr.) Kads Conjugatae. . Closterium aciculare T. West . . Closterium Dianae Ehr. . . Cosmarium Meneghinii Bréb. 27. Cosmarium sphalerostichum W. et N. . . Staurastrum dejectum var. mucronatum Kirchn. 29. Staurastrum bifidum (Ehr.) Bréb. . Staurastrum cuspidatum Bréb. . Staurastrum punctulatum Bréb. . Staurastrum gracile Ralfs . Staurastrum paradoxum Mey. . . Staurastram Arachne Ralfs . Chlorophyceae. . Scenedesmus obliquus (Turp.) Kuetz. . Scenedesmus quadricauda (Turp.) Bréb. . Crucigenia triangularis Chod. . date OK . Tetrastrum staurogeniaeforme (Schréd.) Chod. 39. . Pediastrum Tetras (Ehr.) Ralfs. . . , . Coelastrum sphaericum Naeg. . Ancistrodesmus falcatus (Corda) Ralfs . Ithyzopoda. . Arcella vulgaris Ehr. . Rotifera. . Cathypna Luna Ehr. . Euchlanis dilatata Ehr. . Mastigocerca bicornis Ehr. . . Mastigocerca capucina W. et Z. . . Anurea Squamula Ehr. . Anurea quadridentata Ehr. . . Polyarthra platyptera Ehr. . . Triarthra longiseta Ehr. . . Brachionus urceolaris Ehr. . . Brachionus rebens Ehr. con ovo . . Brachionus Bakeri Ehr. . Ploesoma Hudsoni Imhof. IRR er ++ sai E RIE Crustacea. fr Bosmina longirostris O. Pi Mull’. (0.0.0, -- 56. Scapholeberis mucronata 0. F. Miill. 57. Diaphanosoma brachyurum Liev. . 58. Moina brachiata Jurine SE SOS We -59. Graptoleberis reticulata (Lilljeb.) Sars. oO) Plenroxus exiguus (Lilljeb.) Schédl.. °°... 0. Fei velops; O1thonoides Sars .. 2° i e +? 62. Cyclops phaleratus Koch. 63. Cyclops serrulatus Claus . Bra rics I SLI age 64. Canthocamptus minutus Muell. . . ....:. a. 65. Nauphi Copepodum plurimorum . + b++ + |. -| Insecta. 66. Corethra plumicornis Fabric. larva . -- Riassumendo: Myxophyceae . 2 Flagellata . 1 Peridinieae . 5 Bacillarieae. 12 Conjugatae . 5 Chlorophyceae. 4 Rhyzopoda . 1 Rotifera . € Crustacea 6 Insecta if 44 22 Perciò la differenza fra 2 ed 1; differenza giustificabile col fatto «della molta maggior copia di specie esistenti lungo la riva dei la- hi che non nella regione limnetica; sicchè, se anche pochi indi- vidui neritici, per una qualsivoglia ragione, si frammischiano al plancton non è difficile possano essere rappresentati da un numero relativamente maggiore di specie che non i planctonobii. Ciò per la maggiore diversità che presenta in generale la costituzione delle varie associazioni neritiche in confronto a quella delle limnetiche. Ed invero si giustifica benissimo come la sponda ed il fondo in generale siano sempre ambienti che offrono molta maggior varietà _ di forme che non la regione limnetica. Questo avviene tanto per la maggior copia e diversa natura di sostanze plastiche che la sponda ed il fondo possono offrire ai singoli organismi, quanto per la varietà indefinita di ambienti che può crearvi la differenza di = 53 22 ; ‘ vegetazione alle rive, così intesa nel senso quantitativo come qua- litativo, quanto altresì per la differenza di costituzione chimica nelle roccie-bacino, per la proporzione tra l’elemento organico, vivo e morto con il minerale nella composizione del fondo, ecc. Il plancton,. al contrario, trovandosi in un elemento fisicamente e chimicamente più omogeneo e, per l’ordinario almeno, non essendo a contatto im- mediato con una simile officina di trasformazione, e, d’altra parte, es- sendo già costituito di specie assai ben differenziate all’uopo, è più difficile risenta con rapidità di simili coefficenti di mutazione. Al più talune forme, trovando nelle acque in soluzione od in sospensione qualche elemento contrario al loro svolgersi, non si moltiplicheranno. in modo così spontaneo come vuol loro natura o addirittura non si potranno moltiplicare. Ogni modificazione importante, in vista. allo speciale differenziamento che già ebbero a subire i planctonobii per adattarsi alla vita in sospensione, riesce assai meno facile, forse: meno stabile, certo meno frequente (1). Di certo osservando il rapporto 44:22 viene fatto di affermare. di prima impressione che siccome la quota maggiore è data dalle forme eleoplanctoniche sommate con le ticolimnetiche, conclusion logica sarebbe il reputare il plancton come stagnale. Ma tenendo: conto di quanto si espose prima, in merito ai rapporti quantitativi delle singole specie, e considerando come Ceratium Hirundinella sia. la forma che prevale in numero su tutte le altre nel plancton del lago Grande e Synedra delicatissima rispettivamente nel lago Pic- colo, si arriva di nuovo alla conclusione che tutti questi plancton sono eulimnetici, sebbene le specie siano per qualità in prevalenza neritiche e stagnali. Del resto le forme più interessanti sono co- muni ad ambedue i bacini ed in particolar maniera le specie vege- tali, come del resto risulta chiaro dal seguente specchietto. In esso. sono enumerate nella finca G le forme contenute nel lago Grande, nella finca P quelle contenute nel lago Piccolo. Gi Myxophyceae. 1. Chroococcus limneticus Lemm. . a 2. Microcystis Flos Aquae (Wittr.) Kirchn.. . . . + 3. Spirulina abbreviata Lemm. .°. . . .... 040 (I) A questa asserzione si potrebbe contrapporre il polimorfismo di certe forme che come Cerat. Hirundinella, Daphnia hyalina e Bosmina longirostris mutano assai spesso di forma da una località all’altra. Ma simili mutazioni sono, almeno per ora, sempre ristrette entro limiti bene definiti e sono assai meno im- portanti di quelle che dovrebbero avvenire prima che vi si potesse scorgere um vero e proprio differenziarsi specifico. i vedi nen eno 2: Flagellata. . Phacus Pleuronectes Nitzsch . Peridinieae. . Ceratium Hirundinella (0. F. M.) aa . Peridinium tabulatum Ehr. . J . Peridinium umbonatum Stein. . Peridinium quadridens Stein . . Glenodinium Pulvisculus Ehr. . Glenodinium uliginosum Schill. . Bacillarieae. . Cymbella cymbiformis Ehr. . Cymbella parva W. Sm. . Cocconeis Placentula Ehr. . Gomphonema subcapitatum Ehr. . Epithemia turgida (Ehr.) Kuetz. . Epithemia Sorex (Ehr.) Kuetz. . Rhopalodia gibba (Ehr.) O. M. . Eunotia gracilis Rab. . Synedra capitata Ebhr. AR . Synedra Ulna (Nitzsch) Ebr.. . Synedra delicatissima W. Sm. . Melosira varians Ag. . . Melosira crenulata (Ehr.) Kiel: Conjugatae. . Closterium aciculure T. West. . Closterium Dianae Ehr.. . Cosmarium Meneghinii Bréb. . Cosmarium sphalerostichum W. et Nord . Staurastrum dejectum var. mucronatum Kirch. . . Staurastrum bifidum (Ehr.) Bréb. . . Staurastrum cuspidatum Bréb.. . Staurastrum punctulatum Bréb. . Staurastrum gracile Ralfs . Staurastrum paradoxum Mey. . . Staurastram Arachne Ralfs . Chlorophyceae. . SCO obliquus (Turp.) Kuetz. . Scenedesmus quadricauda (Turp.) Kuetz.. . Crucigenia triangularis Chod. . +4+++++ +++ +++ +44 +++ ++++4+++4++++ +++ +++++ r | b ++ -++4 38. ‘59. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52 53. 54. ~~ DO. 56. 57. 58. 59. 60, 61. 62. 63. 64. 65. 66. ep. 1 Yael Tetrastrum staurogeniaeforme (Schroed.) Chod. . Ancistrodesmus falcatus (Corda) Ralfs . Pediastrum Tetras (Ehr.) Ralfs. Coelastrum sphaericum Naeg. . Ehyzopoda. Arcella vulgaris Ehr. . Rotifera. Cathypna Luna Ebr. Euchlanis dilatata Ehr. . Mastigocerca bicornis Ehr. . Mastigocerca capucina W. et Zach. Anurea Squamula Ehr. , Anurea quadridentata Ehr.. Polyarthra platyptera Ehr. . Triarthra longiseta Ehr. . Brachionus urceolaris Ehr. Brachionus rubens Ehr. cum ovo. Brachionus Bakeri Ehr. . Ploesoma Hudsoni Imhof Crustacea. Bosmina longirostris O, F. Muell. Scapholeberis mucronata 0. F. Muell. Diaphanosoma brachyùrum.Liev. Moina brachiata Jurine pe Graptoleberis reticulata (Lilljeb.) Sars. Pleuroxus exiguus (Lilljeb.) Schoedl. Cyclops oithonoides G. O. Sars £ Cyclops phaleratus Koch Cyclops serrulatus Claus. Canthocamptus minutus Muell. Nauplii Copepodum plurimorum - Insecta, Corethra plumicornis Fabr. larva * * E + ++ +++ LL DE ++4+++4++ +++ + ++++++4+++ ++ ++ a ++ ++ La differenza di diciotto specie è rilevante assai se si vuol considerare in sè, senza tener conto della loro frequenza relativa. Analizzando per altro un poco, è chiaro che questa differenza è più e, 5 e a i We AY eS ‘apparente che reale, almeno per quanto riguarda i vegetali e l’aspetto generale del plancton (1). Delle Missoficee due sono comuni ad ambedue i bacini, la terza è stata trovata scarsa soltanto nel saggio verticale del lago Grande. I Flagellati, rappresentati dal Phacus Plewronectes Nitzsch, specie pret- tamente avventizia, sebbene visti nel solo lago Grande non hanno importanza alcuna. Delle Peridinee cinque si osservano in ambedue i bacini, laddove G. uliginosum Schill., sempre raro, si vide nel solo lago Grande e soltanto assai di rado. Le Bacillartiee mostrano parec- ‘chie irregolarità di distribuzione; ma pur essendo tra gli organismi meglio adatti a svilupparsi nei bacini di Montiechio — come si met- terà in chiaro più innanzi — è evidente che in questi saggi sono state raccolte parecchie specie neritiche e da questo le disugua- glianze di risultato. Nel lago Grande se ne trovarono dieci specie, di fronte a dices che se ne osservarono nel lago Piccolo. Strano peraltro come ancora talune forme quali Cymbella cymbiformis Ehr. e Cymbella parva W. Sm. si poterono rinvenire comuni ai due laghi e piuttosto frequenti, dato il loro speciale carattere di epifite e perciò di accidentalità. Cocconeis Pla- centula Ehr., Synedra Ulna (N.) Ehr., Epithemia Sorex (Ehr.) Kuetz, $1 trovarono nel lago Grande e non nel Piccolo, Gomphonema sp., Melosira varians Ag. e Melosira crenulata(Ehr.) Kuetz, si rinvennero nel lago Piccolo e non nel Grande. Tutte queste forme però, malgrado siano poco adatte al vivere in sospensione nelle nostre latitudini, sono così diffuse da comparire lo stesso anche altrove per l’ordinario ‘come ticolimnetiche. Non è quindi meraviglia se nell'occasione at- tuale vi si sono ritrovate, benchè questo sia avvenuto per una cagione affatto fortuita e potesse anche non avvenire così per l’uno come per l’altro dei due laghi. (1) Del resto la maggior quantità di specie che si riscontrano nel plancton «del lago Grande può avere una ragione: se si considera il profilo dei due crateri- laghi di Monticchio, si rileva una grande diversità nella loro conformazione. Il lago Piccolo ha sponde ripidissime ed una forma regolare a coppa, degradante cioè verso il mezzo. Il Grande, per un lungo tratto della zona periferica, anzi fino quasi a raggiungere il centro del lago dal lato meridionale, è assai poco pro- fondo e s’inabissa soltanto repentinamente nel punto ove raggiunge le maggiori profondità. Quest'area periferica poco profonda, presenterà senza dubbio caratte- ristiche di stagno, e ne fa fede la copiosa vegetazione di fanerogame. Con questo si può giustificare la maggior copia di elementi neritici in quest’ultimo lago (e più precisamente di fauna neritica). E da simile fenomeno risulta pure giustifi- «cata la differenza numerica considerevole tra il totale degli elementi dell’un plancton in confronto a quello dell’altro. So L’importante si è che le forme più caratteristiche e più frequenti come sarebbe Synedra delicatissima W.Sm., sono comuni ad ambe- due i bacini, anzi nel minore costituiscono la parte più voluminosa del plancton. L'unico Rizopodo elencato fu osservato in ambedue i laghi. I Fotiferi invece sono in gran parte stati notati nel Jago Grande; cioè undici specie contro cinque per il Piccolo. La sproporzione è enorme, se considerata nelle cifre soltanto, ma si attenua se si nota che tutte le forme osservate nel lago Piccolo fu- rono anche riscontrate in quello Grande e che appariscono tra le più frequenti e, per la maggior parte, tra le meglio adatte alla vita lim- netica. Dei Crostacei, undici si trovarono nel lago Grande, cinque nel Piccolo. Di essi Canthocamptus minutus O. F. Muell. fu riscon- trato una volta sola nel lago Piccolo e giammai nel Grande, è perciò un’osservazione isolata e non presenta altro valore che quello della segnalazione per la località. Gli altri quattro crostacei rinvenuti nel lago Piccolo sono: Bosmina longirostris, Cyclops phaleratus, Nau- plius sp. sp. e Cyclops oithonoides. Tutti, meno quest’ultimo, che è soltanto accidentale, sono relativamente i più comuni Crostacei osser- vati in questi saggi, onde, anche per ciò, la disparità va in conclusione divenendo minore. L’ unico Jnsetto fu visto solo nel lago Grande. In effetto, se anche nei particolari le differenze potevano essere: notevoli, il complesso non doveva presentare grandi diversità e ciò sia per la vicinanza dei due laghi tra loro, che permette libero e continuo ricambio d’acque col mezzo d’una comunicazione brevis- sima, sia per la relativa somiglianza di conformazione nei due ba- cini se si riguardano dal lato della considerevole profondità in rap- porto al non grande esterdersi dei loro specchi. Ed ora, prima di incominciare a discutere a quale dei tipi lacu- stri si potranno attribuire i laghi di Monticchio, considerandoli dal lato dalla composizione del loro plancton, sarà utile osservare quali diversità si riscontrano nella composizione dei saggi che furono raccolti nel lago Grande di Monticchio, ossia tra quello raccolto. alla superficie e l’altro preso verticalmente. Ciò servirà a dedurre, appena ci riuscirà possibile, qualche dato: sulla distribuzione verticale dei planctonobii, in quel bacino ed in quel determinato momento. Uno specchietto varrà meglio di qualsi- voglia dimostrazione a mettere in chiaro le differenze esistenti e forse aiuterà a ricavarne con miglior agio le conclusioni (1): (1) O.T. significa organismo ticolimnetico osservato nel saggio raccolto oriz-: zontalmente ; 0.E. organismo visto nel medesimo campione, ma eulimnetico; V.T. organismo notato nel saggio preso verticalmente, ticolimnetico; V.E. or- ganismo osservato nello stesso campione preso verticalmente ma eulimnetico.. ~~ SA en OT: 0,E VIEsVv.E Myxophyceae. 1. Chroococcus limneticus Lemm. ... .. . + . Microcystis Flos Aquae (Wittr.) Kirchn.. . +? 3. Spirulina abbreviata Lemm. . . .. - + 1 - bo Flagellata. 4, Phacus Pleuronectes Nitzsch. . . . . . + Peridinieae. 5. Ceratium Hirundinella (0, F. M.) Bergh. . + + 6. Peridinium tabulatum Ehr. 4 - 7. Peridinium umbonatum Stein . . . . . + 8. Peridinium quadridens Stein. + 9. Glenodinium Pulvisculus Ehr. . . . . . + 0. Glenodinium uliginosum Schill. . . . . + Bacillarieae. 11. Cymbella cymbiformis Ehr. es EN p ise yiibella, parva. Ws Smart sei ye =e 13. Cocconeis Placentula Ehr. + 14. Epithemia turgida (Ehr.) Kuetz. 15. Epithemia Sorex (Ehr.) Kuetz. e 16. Rhopalodia gibba (Ebr.) O. M. . . . . . + hie munoiavcractls hab oo ow) eo 18!) /Synedra. capitata; Ehr, (bit i 0. + al 19. Synedra Ulna (Nitzsch) Ebr.. . . . . 2. + 20. Synedra delicatissima: W.'Sm... . .. . af ni + Conjugatae. 21. Closterium aciculare T. West... . . PME | hoa 22. Closterium Dianae Ehr. . SAI PEDARA e — 23. Cosmarium Meneghinii Brèb.. . . ... + a 24. Cosmarium sphalerosticum W. et N. | 25. Staurastrum dejectum var. mucronatum ici +? 26. Staurastrum bifidum (Ehr.) Bréb. . . . . a 27. Staurastrum cuspidatum Bréb. . . .. . sa ( 28. Staurastrum punctulatum Bréb. . . . .. + 29. Staurastrum gracile Ralfs. . . 1.) 20. 2 + 30. Staurastrum paradoxum Meyen oh 31. Staurastrum Arachne Ralfs. + — 44 -- Chlorophyceae. 2. Scenedesmus obliquus (Turp.) Kuetz. . Scenedesmus quadricauda (Turp.) Bréb. . Crucigenia triangularis Chod. . : . Tetrastrum staurogeniaeforme (Schréd.) Chod. . Ancistrodesmus falcatus (Cda.) Ralfs. . Coelastrum sphaericum Naeg. . ; Ehyzopoda, . Arcella vulgaris Ehr. Rotifera. . Cathypna Luna (Ehr.) Gosse . . Euchlanis dilatata Ehr. . Mastigocerca bicornis Ehr. . . Anurea Squamula Ehr. . Anurea quadridentata Ehr. . Polyarthra platyptera Ehr. . Triarthra longiseta Ehr. . . Brachionus urceolaris Ehr. . . Brachionus rubens Ehr. . . Brachionus Bakeri Ehr. . . Ploesoma Hudsoni Imh. . Crustacea. . Bosmina longirostris O. F. M. . . Scapholeberis mucronata 0. F. M. . Diaphanosoma brachyurum Liev. . Moina brachiata Jurine, . Graptoleberis reticulata (Lalijub): Sars. . Pleuroxus exiguus (Lilljeb.) Schédl. . Cyclops oithonoides Sars. : . Cyclops phaleratus Koch . Cyclops serrulatus Claus . Nauplii Copepodum plurim. Insecta . Corethra plumicornis Fabr. larva Rae © Oe oe = i +++ + e + + + + + + + a + == + + + + + + + | - Hi +? + + + + + 28 16 17 12 — v@t@#1 " “°"#© 44 29 pvt ao Notevole intanto la forte sproporzione numerica fra gli elementi ticolimnetici e quelli veramente limnetici. Questo fenomeno erasi notato anche più indietro, quando si trattò di separare con una qualche approssimazione dalla lista completa le specie appartenenti all’una categoria da quelle che sono dell’altra. Allo scopo poi, di determinare — per quanto è possibile — la distribuzione verticale dei planctonobii, tutti gli elementi ticolim- netici non presentano verun interesse, onde l’attenzione sarà da ri- volgere soltanto alle finche che riguardano gli elementi eulimnetici. A seconda però che gli organismi si troveranno nell’una o nell'altra o in ambedue le categorie, all’ingrosso si potrà ritenere siano stati — almeno in quell’epoca ed in quel momento della giornata — di- stribuiti negli strati superiori soltanto o solo negli inferiori o più o meno uniformemente per l’intera massa delle acque. Ecco dunque le specie segnate esclusivamente nella finca OK e che perciò potevasi ritenere occupassero in quel momento gli strati superficiali soltanto: Chroococcus limneticus Lemm., Closteriwm act- culare T. West, Staurastrum cuspidatum Bréb., Staurastrum gracile Ralfs, Staurastrum paradorum Meyen, Staurastrum Arachne Ralfs, Tetrastrum staurogeniaeforme (Schroed.) Chod., Ancistrodesmus fal- catus (Corda) Ralfs, Cyclops oithonoides G. O. Sars. Esclusive alla finca VE. e cioè osservate soltanto negli strati inferiori si trovano: Staurastrum dejectum var. mucronatum Kirchn., Anurea Squamula Ehr., Triarthra longiseta Ehr., Diaphanosoma brachyurum Liev., Co- rethra plumicornis Fabr. larva. Le forme comuni ad ambedue le regioni sono: Ceratium Hirun- dinella (O. F. M.) Bergh, Synedra delicatissima W. Sm., Crucigenia triangularis Chod., Polyarthra platyptera Ehr., Ploesoma Hudsoni Imh., Bosmina longirostris O. F. Muell., Nauplii Copepodum pluri- morum. Dunque tutte le specie più comuni del plancton di questi laghi appartengono a questa terza categoria ed, escludendo forse C. trian- gularis Chod., che non comparisce per l’ordinario frequente al paro delle altre, queste si possono reputare ancora le forme più comuni di tutte, anche comprendendòvi insieme le ticolimnetiche. È possibile peraltro che i dati prima espressi, a proposito di quelle specie che si riscontrano alla superficie soltanto o solamente negli strati profondi, possano anche dipendere da scarsità di ma- teriale, e, per conseguenza, da insufficiente osservazione, onde, al- e i I e ae e ee A O de TO RETRO ue oe A : as ; EN de be ee on e VAG tt gt Nes oa è i ; Maes TE om Sat STORIA fk strip DOS meno per ora, non saranno per certo da prendere alla lettera. Delle nove specie che sono indicate nel saggio superficiale soltanto, de- stano interesse per la loro relativa frequenza Stawrastrum para- doxum Mey. ed Ancistrodesmus falcatus (Cda.) Ralfs. Delle cinque rinvenute nella pesca verticale e non nell’altra, particolarmente ca- ratteristiche riescono Triarthra longiseta Ehr. e la larva di Corethra. plumicornis Fabric., che assolutamente giammai si poterono osser- vare nell’altro saggio; fenomeno questo alquanto degno di nota e che, considerando la conformazione particolarissima di questi due organismi, lascierebbe per essi supporre, con una certa sicurezza, una, sia pur temporanea, predilezione per la regione più profonda. Descritto dunque, così in generale, dal lato qualitativo il plancton dei laghi di Monticchio, sarà di certo utile cercar di vedere con quale tipo di bacini si possono raffrontare questi laghi, conside- randoli dal punto di vista del plancton che contengono. Gli indici migliori per denotare la variazione qualitativa del plancton e quindi per conferire il carattere ai varî tipi di plancton, secondo che si intendono in rapporto alla forma del bacino, sono i vegetali (1), e questo fu il criterio che generalmente venne pure seguito da tutti gli autori. Si deve premettere però che i laghi di Monticchio presenterebbero di primo acchito la conformazione e la disposizione più propizia ‘per il moltiplicarsi del plancton. Sono infatti a lento ricambio d’acqua, non avendo lo scaricatore che una azione lentissima, quando il livello si innalza per eccesso di pioggia; perciò, riguardo al plancton, tanto il coefficiente di morte per seppellimento dei planctonobii sotto il materiale sospeso im- portato dagli affluenti, quanto quello di asportazione per ecces- siva rapidità di efflusso sarebbero da ridurre a ben poco (2). Forse la considerevole elevazione sul mare contribuisce a diminuire — almeno in parte — la rapidità di riproduzione dei singoli orga- nismi componenti il plancton, se pure, nelle nostre regioni, valgon le leggi riscontrate per i paesi più settentrionali (3). In ogni modo (1) A questo, di necessità fanno eccezione quelle specie a tipo prettamente pelagico che non si osservano se non nei grandi bacini ad acque assai pro- fonde. Esse per lo più sono animali. (2) Cfr. HurrrELDT-KAAS H, — Planktonundersegelser i Norske Vanta: —_ Cristiania, 1906, pag. 180. (3) Lo Zschokke e, dietro lui, la sig.* Monti sono d’opinione contraria, Essi dicono che la frequenza o meno dei planetonobii nelle acque dei laghi alpini è collegata alle condizioni d’origine del bacino stesso e non alle condizioni di altitudine. — Indipendentemente peraltro dal fatto dell’altimetria, è certo che anche nei laghi alpini deve aver considerevole influenza la profondità delle acque tanto sulla quantità quanto sulla qualità del plancton, almeno per quei oa NT nti izi a CA E il plancton è relativamente scarso e lo è in particolare nel lago Piccolo, dove pertanto la considerevole trasparenza dell’onda (m. 4.30) lasciava già prevedere siffatto scarseggiare. Nel lago Grande, altresì, a minor trasparenza (m. 3.30) corri- sponde anche maggior copia di plancton, od almeno di zooplancton, perchè la parte vegetale, essendo in questo caso formata di specie jaline ed'assai trasparenti, poca azione potrà avere sul penetrar della luce attraverso agli strati d’acqua. Premesso dunque tutto questo, è utile ritornare sull'argomento cui prima si è accennato. A nessuno dei tipi di plancton lacustre descritto dagli Autori, sarebbe in verità da attribuire quello dei la- ghi di Monticchio. La divisione proposta dallo Apstein (1) in laghi presso Pavia (R. Monti, 0. Zacharias), nell’ acquario del R. Orto botanico di Mo- dena, di nuovo nel lago di Varano (0. Zacharias) ed anche nel lago Lacéno che fu la prima stazione in cui si riscontrò planctonico nel mezzogiorno d’Italia (Trotter). 37. — Crucigenia triangularis. Chodat R., Sur trois genres nouveaux de Protococcoidées et sur la flore plan- ktonique d’un étang du Danemark. — Mém. de l’Herb. Boissier n. 17, pag. 7 fig. 14-19; Algues vertes de la Suisse pag. 206. Secondo G. S. West (2), questa specie sarebbe forse da iden- tificare con C. quadrata Morr. Certamente si tratta di due forme assal somiglianti e, se, con il tempo, sì potrà giungere a simile ri- sultato, sarà peraltro da riunire alla forma collettizia che ne risul- tera, anche Crucigenia Tetrapedia (Kirchn). W. et G. S. West, dato che essa sì possa riconoscere per una forma di Cloroficea senza dubbio distinta dalla Croococcacea Tetrapedia, ed anche se l'identità che G. S. West ne proclama con Lemmermannia emarginata Chod. divenisse un fatto accertato. In ogni caso si tratta di forme assai minute, assal poco note nel loro ciclo biologico, e perciò ogni apprezzamento in proposito riesce prematuro. Non fu mai osservata ‘in Italia.. Nulla si può affermare circa il modo suo di trovarsi nel plancton; Vaverla anche rinvenuta, e non di rado, in tutti e due i laghi di Monticchio, non può esser ragione sufficiente per indurne definiti- vamente se si tratti di un vero planctonobio o no. Il Chodat la scoperse in un « étang » insieme con molte altre specie di Cruci- (1) Per avere un’idea della distribuzione geografica di questa specie, in- sieme con un elenco di parecchie delle principali stazioni lacustri in cui si vide planctonico, cfr. DE Toni G. B. e Forti A. — Contributo alla conoscenza del plancton del lago Vetter. — Atti del R. Ist. Veneto 1899-900, T. LIX, parte II. (2) The British freshwater Algae.- Cambridge biological Series (1904) pag. 216. Le Geen genia, le quali, sebbene non siano — a quanto si conosce — vera- mente sessili, hanno per lo più abitudini neritiche, onde è per lo meno probabile che pur questa specie segua il costume delle altre forme; perciò è da presumersi che sia una specie ticolimnetica per natura, ma che per la sua esiguità e forse per la sua confor- mazione propizia possa invadere anche le regioni d’alto lago. 58. — Tetrastrum staurogeniaeforme. (Schroed.) Chod, Algues vertes de la Suisse (1902), pag. 208; Cohniella stau- rogeniaeformis Schroed. in Ber. d. Deutsch. bot. Gesellsch. XV, 373, tab. XVII, 5a et 6; Stawrogenia Schroederi Schmidle in Berichte d. Deutsch. bot. Gesellsch. XVIII, pag. 156. Questa Protococcacea si osserva per la prima volta in Italia e fu vista in ambedue i saggi presi alla superficie. Anche siffatta specie venne osservata troppo poche volte perchè si possa aver campo d’esporre una qualsivoglia supposizione sul suo comportamento eco- logico. Bruno Schroeder la scoperse nel laghetto dell’. orto botanico di Breslavia (1), poi il Lemmermann la rinvenne una seconda volta nel Vaterneverstorfer Binnensee (2), indi G. S. West l’osservò nelle vicinanze di « Rievaulx Abbey, N. Yorkshire » in Inghilterra (3), infine il Lemmermann la notò in un’altra occasione come raccolta in uno stagno presso Oppeln in Slesia (4). Forse sarà stata veduta qualche altra volta ancora, ma si potrà sempre ritenere quale osser- vazione isolata soltanto. Lo Schmidle ed il Chodat, che discussero sul valore sistematico di questa specie, non accennarono peraltro nessuna stazione nuova dove l'avessero veduta. In ogni modo finora, da quanto sembra, venne riscontrata soltanto negli stagni, ma non sarà per questo molto strano il suo rinvenimento nei laghi di Mon- ticchio, tanto più che vi si osserva sempre assai scarsa. Di certo però, con il moltiplicarsi delle ricerche, Tetrastrum staurogeniaeforme Sl rinverrà in altri luoghi e forse anche in diverse condizioni; cer- tamente l’esiguità delle cellule e la loro trasparenza, fanno in modo che spesso quest’alga sfugga, specialmente all'osservazione affrettata. (1) Bruno ScHaRroEDER. — Attheya, Rhizosolenia und andere Planktonorga- - nismen im Teiche des Botanischen Garten zu Breslau. — Berichte d. D. Botan. Gesellsch. Bd. XV, pag. 373, tab. XVII, fig. 5 a, 5b. (2) LEMMERMANN E. — Das Plankton schwedischer Gewaesser. — Arkiy for Botanik, utgift af Kongl. Svenska Vetensk. Akad. (1904), vol. 2, n. 2, pag. 27. (3) West G. 8S. — A Treatise on the British freshwater Algae. — Cambridge (1904), pag. 216. (4) LEMMERMANN E. Beitraege zur Kenntniss der Planktonalgen, XX. — Phytoplankton aus Schlesien. — Pliner Berichte, XII (1905). Lo Ra ran A SPERA Si o e TA e e ae bo NZ IE DS gin LO es RPS Pie: } a Ta pe Sle e Ve Fue ears Ù vee ee. mts ; 2 Si Sp 39. — Ancistrodesmus falcatus. (Corda) Ralfs Brit. Desmids. ‘pag ‘180, t. XXXIV: fig. 3, a, b. c! Micrasterias falcata Corda Alman. de Carlsb. (1835), pag, 121, tab II, fig 29; Raphidium poly - morphum Fresen, var. falcatum (Corda) Rab. Fl. Europ. III. Algar. pag. 45. Come del resto riesce evidente dal sinonimo del Rabenhorst, questa forma non è che una varietà della specie collettizia Raphi- dium polymorphum Fresen. È caratteristica per le cellule estreme lunate, ad apici molto acuti, tanto che certe varietà di Scenedesmus acutus Mey., viste di lato, si possono al momento confondere con essa. Nello Scenedesmus però, le cellule sono sempre riunite in tetradi e son tutte disposte in un piano e le cellule estreme, pur essendo falcate, non assumono: mai quell’aspetto sigmoide che, alle volte, si riscontra negli Anci- strodesmi. Anche A. falcatus non si può ritenere una specie eu- planctonica quantuaque altre volte, e con una certa frequenza, venne ritrovata in laghi ed in stagni. Ad esempio in Italia si vide già nel lago di Toblino dal Maggi, in materiale raccolto dal Pavesi, e, prima ancora, il De Notaris la elencava tra le Desmidiacee di Valle Intrasca (1) perchè, seguendo. il Ralfs, che ne dettò anche dietro tale riflesso la.denominazione, a questa categoria di organismi erano da ascriversi gran parte delle attuali Protococcacee e tutte le Pediastree. Riscontrata per certo nel plancton, lo fu già dal Trotter per il lago Lacéno e perciò in una stazione relativamente vicina a questa. Si vide in tutti e due i laghi del Vilture, non mai però di frequente. Tale scarsezza ne confermerebbe viemmeglio il carat- tere di accidentalità, almeno secondo quanto sembra potersi finora accertare, laddove la conformazione, secondo il pronunciatissimo. tipo atractoide, deporrebbe in favore per un possibile e facile adat- tamento alla vita pelagica. 40. — Pediastrum Tetras. (Ehr.) Ralfs Ann. and Magas. of Nat. Hist. X1V pag. 469, tab XII, fig. 45. Brit. Desmids. pag. 182, t XXXI, fig. 1; De Toni, Syll. I pag, 581. Sebbene lo Schroeder indichi questa specie come facente parte del tipo planctonico a disco (discoidi del Garbini, Scheibentypus dello Schroeder) pure essa non si può in verità chiamare eulimnetica. (1) Questo dato è altresì confermato dal Martel (il quale nel 1887, mira- bile dictu, conserva ancora « Ankistrodesmus» trale Desmidiacee) nel suo studio eseguito sui materiali classici del De Notaris (Cfr. Contribuzioni all’ algologia italiana. — Ann. Ist. bot. di Roma (1887) vol. III, fase. I, pag. 13). = en Se si confronta quanto vien detto in proposito nella Sylloge Algarum, si trova: « In stagnis, imprimis turfosis, per totam Ku- ropam et Americam passim, imprimis ex Italia...» Ora non è certo frequente trovare elementi, che sian per solito gregari nei bacini- torbiere, i quali estendano la loro adattabilità sino a divenire plancto- nobii tipici; perciò P. Tetras non sarà forse da ritenere per un vero planctonobio. In Italia, finora per lo più, si osservò negli stagni ed anche neritico nei laghi, e non deve esser raro, perchè fu molte volte osservato, fino dall’epoca del Meneghini, negli stagni del Padovano (1) e poi dal De Notaris in Valle Intrasca (2) e più di recente di nuovo negli acquarii dell’Orto botanico padovano dai dottori De Toni e Levi (3). Nel plancton finora si vide soltanto in pochi esemplari in un saggio raccolto nel lago Lacéno (Trotter). Nei laghi del Vul- ture si rinvenne una sola volta nel lago Piccolo. Nell'un caso e nel- l’altro, del resto, il rinvenimento non presenta nulla di particolare perchè il lago Lacéno, per lo sviluppo della macroflora litorale, e per la scarsissima profondità (m.1-2,5) si può affermare senza ti- more che abbia maggiore aspetto di stagno che non di lago; il laghetto piccolo di Monticchio, sebbene profondissimo, è troppo ri- stretto d’area per poter ricevere tutti gli attributi del vero lago, eliminando per intero quelli dello stagno. Anche dai fatti resta dunque confermata l'affermazione premessa, almeno fino a prova contraria. 41. — Coelastrum sphaericum. Naeg..Gatt. einzell. Algen pag. 98, t.5, C, 1; De Toni Syll. I pag. 570. Quantunque questa specie si possa ritenere come un planctonobio caratteristico a tipo sferoide, sia per la sua forma sferica, sia per 1 meati intercellulari, che permettendo il passaggio dell’acqua anche nell'interno debbono rendere più agevole la vita in sospensione, pure nei laghi italiani, forse perchè assai profondi e trasparenti, ‘è rara, anzi, nel plancton, non fu rinvenuta che una sola volta, nel lago Maggiore, dal Garbini. Come alga neritica però, venne osser- vata in altre occasioni, ad esempio sulle sponde del lago di Garda, (1) MENEGHINI J. in Linnaea (1840), pag. 211. - Cfr. DE Toni, Syll. I, pag. 581. (2) De Noraris G. — Elementi per lo studio delle Desmidiacee italiche, con 9 tavole. — Genova 1867. (3) DE Tonr G. B. et Levi D. — Flora algologica della Venezia. — Parte III, Cloroficee pag. 80 (sub Pediastro Ehrenbergii). 6 — Supplemento al vol. VII degli Annali di Botanica. as: eee presso Torbole (1), dal Kirchner. Nel plancton del lago Grande del Vulture, si incontra scarsissima, in piccoli cenobii; non si rinvenne nel Piccolo. RHYZOPODA. 42. — Arcella vulgaris. Ehr. in Abhandl. Akad. der Wissensch. in Berlin (1831); Infusionth, pag. 133 t. IX fig. V.; Leidy, Freshw. Rhyzopods of N. Amer. pag. 170, p. XXVII, fig. 13. Nel plancton è sempre accidentale, quasi sempre è morta; ossia vi si trova il solo involucro vuoto. Peraltro nei laghi piccoli, o non molto grandi, non è raro rinvenirla trasportata dall’onda, divenendo dopo morta insommergibile. Nei bacini più ampî questo fenomeno non si verifica che assai di rado, data la maggiore sproporzione esi- stente tra l’ambiente d’origine e quello di occasione. Una sol volta perciò si è osservata in un grande lago e fu in quello di Como (Maggi). Ovunque lungo la sponda si trovino le Spongille sarà facile rin- venire questa specie; perciò non fa meraviglia se venne di fre- quente elencata fra i planctonobii. Nel Carso il Car la nota come veduta nei bacini di Njivice, di Prolozac, Ponikva e Svica; nel Trentino il Buffa nei laghi di Can- zolino, di Lasés, della Seraja; nel Canton Ticino l’Amberg l’osservò nel lago di Muzzano. Si ritrovò poi nei laghi di Brinzio e di Como (Maggi), d’Orta (Parona), Superiore di Mantova (Garbini) e perfino in Sicilia, nel lago di Lentini, ove fu vista dal Moniez, in raccolte eseguite dal signor Golldfuss. Nel lago Piccolo del Vulture si vide una sola volta, e così pure nel Grande, nel saggio raccolto alla su- perficie. RoTIFERA. 45. — Cathypna Luna. (O. F. Miill.) Gosse in Hudson et Gosse, The Rotifera or weel-animalcules pag. 94 tab. XXIV, fig. 4; Huclanis Luna Ehr. Infusionth. (1838) pag. 462, tab. LVII' fig. 10. Il Gosse osserva come questa specie sia comune dappertutto nelle acque dolci; il Levander (2) dimostra peraltro che essa per l’ordi- nario non estende il suo vivere oltre la zona neritica dei laghi. Il (1) Cfr. GARBINI ADRIANO. — Alghe neritiche del lago di Garda (Nova Nota- risia 1899) pag. 15. (2) Acta Societ. pro Fl. et Fauna Fennica XII, 3, pag. 10. ‘ Re ie Dm poro da Garbini (1) conferma l’asserto del Gosse e per di più la rinviene nelle acque termali di Caldiero e nelle acque di scolo delle risaje nel basso Veronese, tra le alghe ed i detriti organici. Del resto, sembra che anche per C. Luna abbia a ripetersi quanto si dice per molte delle forme neritiche più comuni; che cioè facilmente pos- ‘sono osservarsi frammiste al plancton, se questo proviene special- mente da un lago piccolo e fu preso vicino a sponda. Non fa dunque meraviglia se già si conosce ticolimnetica per il Benaco, per il lago Maggiore e per il lago Superiore di Mantova (Garbini). Anche nei laghi delle regioni confinanti o sui confini stessi, potè esser rinve- nuta con una tal quale frequenza; si rinvenne dunque dal Buffa nel plancton dei bacini di Canzolino e di Lasés nel Trentino e dal Car nel lago Jmotski del Carso. Nei laghi di Monticchio è rara e sì trovò due o tre volte soltanto in quello Grande, nella presa di superficie. 44, — Euclanis dilatata. Ebr. Infusionth. (1838) pag. 463, tab. LVIII, fig. 2; Huds. et Gosse, The -Rotif. or weel Animale. II, pag. 90 tab. XXIII, fig. 5. È una specie frequente negli stagni e nella fauna neritica dei laghi; nel plancton invece non si suole riscontrare che in via acci- dentale. In questi saggi è rara e fu scorta, un pajo di volte in tutto, nel campione raccolto alla superficie del lago Grande. Anche gli ‘autori sono concordi nel ritenerla impropria al vivere limnetico ed infatti alcuni, come il Gosse, la reputarono, per lo più, abitare gli stagni, se anche contengono acque trasparenti. Altri, come il Levan- der, (2) ritiene si rinvenga anche nella zona neritica lacustre, altri ancora, pur avendola osservata e nei laghi e negli stagni, la cre- dono però più caratteristica delle acque vallive o palustri, nessuno accenna ad averla rinvenuta frequente nel plancton. Ticolimnetica peraltro non sembra del tutto infrequente e per vero fu notata dal Garbini nel lago Superiore di Mantova, dallo Zacharias nel lago di Garda, nel lago Maggiore ed in quello di Bracciano. (1) Fauna Veronese, in Monografia Statistica econom. della Provincia di Verona del Sen. Sormani Moretti pag. 306. (2) Acta Societ. pro F. et F. Fennica, XII, n. 3, pag. 10. È. le 45, — Mastigocerca bicornis. (Ehr.) Huds. et Gosse The Rotifera or weel Animalcules, vol. II, pag. 63, tab. XX, fig. 5; Monocerca bicornis Ehr. Infusionth. (1838) pag. 423, tab. XLVIII,. fig. 8. L’ Ehrenberg rinvenne questa specie « nicht selten in Torfwasser. 7 zwischen Conferven, zuweilen mit Volvox globator »; i signori Hudson e.Gosse « in ponds and lakes around London » e poterono. ottenerne largamente la riproduzione in un vaso. Tutti questi fatti sarebbero a dimostrare come M. bicornis sia passibile di adatta- mento ad ambienti piuttosto diversi. E perciò non di rado, si rin- venne anche nel plancton di laghi non molto estesi, sebbene alcuni. autori, come lo Jennings (1) ed il Levander (2), dicono non averla. trovata che littorale. In Italia fu osservata nel plancton del lago. di Mantova dal Garbini, nonchè nel Benaco; ma in quest’ ultimo fu vista sempre neritica. Nel Trentino venne raccolta nei laghi di Caldonazzo, di Val Fornace e della Seraja dal Buffa. Nei saggi dei laghi del Vulture si riscontra, con una certa frequenza,. tanto in quéllo raccolto in senso verticale del lago Grande, quanto. in quello del lago Piccolo. Nessuno peraltro di questi due bacini è siffatto da poter presentare nella regione centrale, più lontana dal- l'influsso della sponda, un vero e proprio plancton eulimnetico; è probabile perciò che M. bicornis non si spinga per ordinario nella vera regione eulimnetica dei grandi laghi, ma invada soltanto la zona più prossima alla sponda. 46. — Mastigocerca capucina, Wierz. et Zach. in Zeitschr. fiir. Wissensch. Zoolog. Bd. LVI (1893) pag, 242.. taf, XIII, fig. 11-13, Plòner Berichte I pag. 24 fig. 15. Al contrario di M. bicornis Ehr., sembra, a detta degli autori, che M. capucina si presti meglio alla vita pelagica che non a quella delle sponde. Ed, in effetto, anche in Italia oltre che esser stata rinvenuta nel plancton del Garda (Garbini) del lago Maggiore (Gar- (1) Jennincs H. S. — A List of the Rotatoria of the greath Lakes and of some of inland Lakes of Michigan. — Bolletin of the Michigan Fish Commis- sion n. 3. — Lansing (1894), pag. 19. (2) Levanper K. M. — Materialien sur Kenntniss der Wasserfauna in der Umgebung von Helsingfors, mit besonderer Berucksichtigung der Meeresfauna II Rotatorien. — Acta Soc. pro FI. et F. Fennica XII, n 3, pag. 10. Indicata come. veduta nel « Moostiimpel » nei « Teiche » e nei « Graeben », giammai « Pe- lagisch ». ; F È Ù . N as Ba bini, Burchardt) e del lago di Como (Zacharias), venne osservata ripetutamente anche in bacini minori, come sarebbero quelli di ‘Caldonazzo, (Buffa, Brehm e Zederbauer) di Canzolino, di Val Fornace, di Lasés, della Seraja e delle Piazze (Buffa) di Lavarone ‘e di Terlago (Largajolli), di Muzzano (Amberg) di Monate (Garbini), ‘e forse altrove. Nei saggi del Vulture si vide piuttosto di rado e soltanto nel campione raccolto nel lago Piccolo. Nei primi tre grandi laghi, più sopra menzionati, non si trovò peraltro giammai frequentissima; forse dunque si tratta di una specie non del tutto adattata alla vita pelagica, e se ne avrebbe riprova dal fenomeno del suo più frequente ricorrere in quei bacini dello Holstein, ove venne scoperta dallo Zacharias, negli stagni presso Cracovia, ove per primo l’osservò il Wierzejski. Il Levander la dice raccolta con la rete pelagica nel lago Lo- hijàrvi (1), ma tanto nel bacino finlandese, quanto in quelli olsa- tici, o polacchi, non si riscontrano certo le condizioni fisiche che si hanno nei nostri bacini subalpini, onde è probabile che, sebbene Mastigocerca capucina si sia potuta ritenere forma pelagica nelle condizioni e negli ambienti dove venne scoperta, questa stessa af- fermazione non sarà da ripetere con tutta sicurezza per la nostra regione, 0, più in generale, per tutte quelle ove i laghi sono pro fondi ‘e trasparenti. 47. — Anurea squamula. (O. F. Muell.) Ehr. in Abhandl. Akad. der Wissensch. von Berlin (1831), pag. 144, Infus. (1838) pag. 504, tab, LXII, fig. 3; Brachionus squamula O. F. Muell. Animalc, infus. pag. 334, tab. XLVII, fig. 4-7 (!) Lamarck, Hist. nat. des anim. «sans vertébres, II, pag. 34 (1816). Questa forma sarebbe, secondo i signori Hudson e Gosse, da in- scrivere fra le dubbie. Come per la specie seguente, devesi affer- mare che è difficile il pronunciarsi sul modo di vivere suo preferito; ‘è probabile peraltro che, anche in questo, non sia troppo dissimile dalle congeneri. Del resto, ora, A. squamula non lascia più dubbio sui suoi caratteri, perchè fu osservata più volte ancora e con maggior precisione. Soltanto, da alcuni autori recenti, si fa adesso quistione se si tratta di un’entità specifica bene differenziata o no. In altri ter- (1) Op. cit., pag. 37. — Cfr. anche lo schizzo riportato alla figura 16 della . tav. II, finora uno dei più chiari per riconoscere questa specie. CAS mini essi (1) ritengono non sia che una varietà di Anur. aculeata- Ehr., in cui gli aculei posteriori della lorica ed il prolungamento corrispondente al punto ove si troverebbe il piede siano andati man mano accorciandosi fino alla più completa obliterazione; la chiamarono perciò Anurea aculeata var. squamula (Ehr.) H. Kaas. E da notarsi pertanto che, se per la forma della parte anteriore della. lorica, le due specie in questione sembrano collimare quasi in modo perfetto, sta il fatto che la differenziazione indotta dagli aculei posteriori, se, per ora forse, non costituisce a rigore un carattere di importanza specifica, potrà col procedere del fenomeno divenirlo, tanto più che le dimensioni di queste appendici sono per ora assai variabili. Nell’Italia meridionale è stata osservata ora per la prima . volta nel plancton e non si rinviene che nel saggio preso verti- calmente nel lago Grande; nel trentino invece si conosce già per i laghi di Lavarone e di Tòvel (Largajolli). 48. — Anurea quadridentata. Ehr. in Abhandl. d. Akad. des. Wissensch. 1833 (32) pag. 197; Infusionth (1838) pag. 504, tab. LXII, fig. 2, 3. I signori Hudson e Gosse, nella loro classica opera sui Roti- feri, aggregano questa specie alle poco note nell’appendice ed anche l’Ehrenberg mette in dubbio che le loriche vuote, da lui rinvenute e che gli servirono per descriverla non possano appartenere ad un Brachionus fors'anco a Brachionus Pala Ehr. Se si considera peraltro attentamente la figura, c'è da concludere che nulla osta al fatto che non si tratti invero di una specie di Anurea, molto affine alla notissima ed elegante Anurea curvicornis Ehr.; dalla quale non dif- ferirebbe che per la forma diritta delle due appendici mediane dell’estremita anteriore in cambio di essere come in quella falcata e ad apici rivolti all’infuori. È certo peraltro che gli esemplari veduti nel plancton del lago di Monticchio non erano da attribuirsi ad un Brachionus, ma soltanto ad un’Anurea, mancando di quei prolungamenti della lo- rica che stanno al lato posteriore, immediatamente prossimi al piede. (1) HurrreELDT Kaas H. — Planktonundersoegelser i Norske Vande, — Chri- stiania Nationaltrykkeriet 1906. i | o 4 ‘ ea peer 49. — Polyarthra platyptera. Ehr. Infusionth. pag. 441, tab. LIV, fig. 3 (1838); Hudson et Gosse, The Ro- tifera or wheel- Animalcules, vol. II, pag. 3, tab. XIII, fig. 5. Questo Rotifero venne osservato frequentissimo in tutti e tre i campioni raccolti nei laghi di Monticchio ed, in particolar ma- niera, lo era in ambedue quelli raccolti nel lago Grande. È certo certo però che esso presenta un’adattabilità sorprendente agli am- bienti anche i più svariati. L’Ehrenberg trovò per primo questa specie in certi bacini di scolo delle acque piovane, (1) insieme con alcune Clamidomonadi e con Triarthra longiseta. I signori Hud- son e Gosse lo dicono frequente negli stagni e nelle torbiere. Nel plancton dei laghi, anche a detta del Levander, (2) è comune, anzi lo Jennings riferisce che nel Lake St. Clair (8) è il più comune di tutti 1 Rotiferi. In Italia venne osservato in moltissimi bacini, di spesso assai comune, e questo, tanto nella regione settentrionale, quanto nella meridionale, senza riguardo a limiti d’altitudine, dalle Alpi alle rive del mare. Ecco le principali stazioni lacustri finora segnalate: Per il Trentino: Laghi di Canzolino, di Val Fornace, di Lasés, della Seraja, delle Piazze, di Lagorai delle Stellune (Buffa), di Caldo- nazzo (Buffa, Brehm e Zederbauer), di Loppio (Brehm et Zederbauer), di Lavarone e di Terlago (Largajolli). Per altre regioni delle Alpi: Lago di Muzzano (Amberg), Lago del Ruitor, lac Gris, lac Vert, de la Pierre rouge (Rina Monti Stella). Per la regione subalpina e per gli anfiteatri morenici: Laghi d’Annone, di Pusiano e di Varese (Imhof); laghi di Como e Maggiore (Imhof, Garbini, Zacharias); laghi di Garda e di Monate (Garbini); laghi di Lugano e di Varàno (Zacha- rias); poi ancora nell’acquario dell’orto botanico di Modena ed in quello della stazione di pesca a Roma, nel lago di Bracciano; fi- nalmente è noto anche per la verde Irpinia e fu visto nel lago Laceno (Trotter). (1) Cfr. ERRENBERG G. C. — Infusionsthierchen, pag. 441, tab. LIV, fig. 3: In « Sturmtiissern zu Berlin ». (2) Op. cit. pag. 4. (8) «the commonst of all Rotiters in |. St. Clair » pag. 12, Michigan Fish Commission Bulletin n. 3. — A List of the Rotatoria of the great Lakes and of some of the Inland lakes of Michigan. — Lansing (1894). JOR a 50. — Triarthra longiseta. Ehrenb. Infusionth. (1838) pag. 447, tab. LV, fig. 7; Hudson et Gosse, the Ro- tifera or weel-animalcules, II, pag. 6, tab. XIII, fig. 6. Questa diffusissima specie di Rotifero invade di frequente anche la regione limnetica, anzi alcuni autori sogliono distinguere una varietà dimnetica, a spine più lunghe, e perciò forse più atta a si- mile tenor di vita (1). Certo peraltro che oltre la regione pelagica dei laghi, questo rotifero si spinge eziandio ad invadere la regione neritica e perfino gli stagni, specie se un po’ profondi. In Italia la sua distribuzione geografica è già largamente documentata. La prima volta venne rinvenuta nel lago di Lentini in Sicilia, (2) (Mo- niez) poi nel plancton del Garda e del lago di Monate (Garbini), quindi nei laghi di Canzolino, di Val Fornace, di Lasés, della Se- raja, delle Piazze (Buffa), di Caldonazzo (Buffa, Brehm et Zeder- bauer), di Lavarone (Largajolli);. nel lago di Muzzano (Amberg), nel lago Maggiore e perfino negli stagni di Villa Boboli e di Villa Borghese (Zacharias). Nell’Illirio fu rinvenuto nel lago di Cepic dal Largajolli. Nei laghi di Monticchio non si trovò che in quel saggio preso verticalmente nel lago Grande; è chiaro che dunque non si trovava -— o per lo meno era scarsissima — alla superficie. 51. — Brachionus urceolaris. + Ehr. in Abhandl. d. Akad. der Wissensch. zu Berlin (1830), pag. 48, Infus. pag. 512, tab. LXIII, fig. III; Weber E. F., Notes sur quelques Rotateurs des environs de Genève (Arch. de Biologie 1888) pag. 54, tab. XXXYV. L’Ehrenberg, tra la sinonimia di questa forma, pone anche « ani. . maluccio-corona » espressione usata, secondo il suo avviso, da Bo- naventura Corti per indicare questo Rotifero (3). In Italia percio sarebbe stato conosciuto gia da parecchio tempo, né cid farebbe meraviglia, considerando la vastissima area di distribuzione che gli vien attribuita gia dallo stesso Ehrenberg, nonché dai molti scien- ziati che lo illustrarono dopo di lui. Il Weber, uno dei più recenti, nella completa descrizione che fa di questa, specie, la dice raccolta negli stagni e nelle paludi intorno a Ginevra. (1) Cfr. Zacuartas O. — Fauna des Grossen Pliner See’s — Ploner Be- richte, I, (1893) pag. 23. (2) Montez R. — Note sur la faune des eaux douces de la Sicile — Feuille des jeunes Naturalistes (an XX) 1°, XII, 1889, n. 230. (3) Osservazioni microscopiche sulla Tremella, pag. 85, 177, tav. II, fig. VIII e XIV non la VII (1774). PA dice der è yee e On Il Levander (1) la osservò nelle, torbiere; anzi in quello spec- chietto che egli redigeva allo scopo d’offrire a colpo d’occhio la distribuzione ecologica delle varie forme di Rotiferi da lui rinve- nuti intorno a Helsingfors, non fa verun accenno al fatto che questa specie si possa trovare anche nei laghi, onde si può indurre con certezza che egli giammai non ve l’ebbe a rinvenire. Si tratta perciò di un'osservazione occasionale ed è la prima volta che in Italia si trova limnetico. Non è però la prima volta che quivi trovasi nei laghi. Il Garbini (2) la vide «nel Benaco (Desenzano, Peschiera, Garda) tra le alghe edi detriti organici, comune ». 52. — Brachionus rubens. ‘ Ehrenb., Infusionthierchen (1838) pag. 511 t. LXIII, fig. II. Nel vicino lago Laceno vennero osservati due congeneri che secondo le determinazioni del Voigt sono da attribuirsi a Brachio- nus angularis Gosse ed a Brachionus amphiceros Khr. Differenti altre specie si rinvennero ancora in altri laghi della penisola, come il B. Pala Ehr,, nei laghi di Lentini (Moniez) e di Muzzano (Am- berg), ed il Brachionus vulgaris Ehr., nell'acquario dell'orto botanico di Modena (Zacharias). B. rubens si osserva ora per la prima volta nella nostra penisola ed è alquanto frequente nel plancton di tutti e due i laghi di Monticchio. Ciò non toglie però che esso non si abbia a considerare con ogni probabilità quale forma ticolimnetica; seb- bene i pareri degli autori sul comportarsi dei Brachionus nel planc- ton siano spesso in aperta contraddizione con questo asserto. In- fatti il Levander (3), a proposito del Brach. Pala, afferma: « mas- senhaft im pelagischen Plankton im Sud-Hafen von Helsingfors » ed il Lemmermann (4) asserisce: « Besonders charakteristich war dagegen zur Zeit meiner Untersuchung fiir das Plankton des Bin- nensees das massenhafte Vorkommen von B. amphiceros Ehr., Br. angularis Gosse.... >» cui farebbe contrapposto la mancanza assoluta delle specie di Brachionus negli elenchi già pubblicati per le faune pelagiche dei nostri maggiori bacini, stesi.da italiani e da stranieri. (I) In Acta Societ. pro Fauna et Flora Fennica XII, n. 3 pag. dI, (2) Fauna Veronese, pag. 306. (3) Materialien zur Kenntn. der Wasserf. in der Umgeb. von Helsingfors. — Acta Soc. pro F. et F. Fennica XII, 3 (1894) pag. 57. (4) Der grosse Vaterneverstorfer Binnensee — Ploner Berichte, t. VI (1898) pag. 182. IE 53. — Brachionus Bakeri. Ehrenb. Infusionth. (1838) pag. 514, tab. LXIV, fig. 1; Huds. et Gosse, The Rotif. or wheel-animale. II, pag. 120. Questa è una specie alquanto comune nelle acque dolci, special- mente se non son molto correnti, e si trova tra 1 Potamogetoni e le alghe. Peraltro la sua struttura tozza si presta male a farne un essere adatto alla vita pelagica; tanto piu perché la lorica, piuttosto spessa, contribuisce a rendere vieppiù pesante questo Rotifero. Infatti anche gli autori, per l’ordinario tengono B. Bakeri quale specie stagnale o neritica. Soltanto il Levander (1) ne vide esempii nel plancton del lago Nurmijirvi, dell’interno della Finlandia; nello specchietto però che premette a quello studio e nel quale cerca determinare i limiti più propizii alla vita delle varie forme, non inscrive B. Ba- keri tra quelle atte alla vita pelagica, onde è chiaro che quell’esem- plare che egli disse di aver trovato per il Nurmijirvi non lo ri- teneva che per un caso fortuito. In Italia si rinvenne parecchie volte, in certi casi anche co- mune: Dice il Garbini (2): « Nelle acque lentamente correnti (Ron- chetrin di Gazo) fra le piante acquatiche... comune ». Nei saggi raccolti nei laghi di Monticchio è rara, anzi non si trovò che in quello preso alla superficie del lago Grande ed in scarsissimi esemplari. Nel Trentino il Buffa lo raccolse nel lago di Canzolino. 54. — Plesoma Hudsoni. Imhof, Fauna des Suesswasserbecken, in Zoolog. Anzeig. Bd. 10, pag. 577 (1888): Jennings H. $S. List of the Rotat. of the Great Lakes, in Bullet. of the Michig. Fish. Commiss. n. 3, pag. 13; Gastroschiza flexilis Jaegersk. Zwei der Euchlanis Lynceus. verwandte neue Rotat., in Zoolog. Anzeig. (1892) pag. 447-49; Levander Mater. zur Kenntn. der Wasserf. v. Helsingf., II Rotatorien — Acta Soc. pro F. et F. Fenn. XII, n. 3, pag. 28; Bipalpus vesiculosus Wierzej. et Zachar. in Zeitschr. fir wissensch. Zoolog. Bd. LVI, (1893) pag. 236; Zacharias O. Fauna des Grossen Pl6- ner See, in Forschungsber. der Biolog. Stat. zu Plòon T. I, pag. 24, t. il, fig. 15; (1) Op. cit. (2) Fauna Veronese, pag. 306 — Monogr. stat. econ. della Provincia di Verona. (1904). — RATE TT nn ET) ee Dictyoderma hypopus Lauterb. in Zoolog. Jahrb. Bd. VII (1893) pag. 268, tab. 11, fig. 1, 2, vix Euchlanis Lynceus Ehr. Infusionth. (1838) pag. 464 (saltem p. p. ? nec Bipalpus Lynceus Wierz. et. Zach. qui Ploesoma foveolatum Jaegersk. sistit). Questo interessantissimo Rotifero è la prima volta che si osserva in Italia, perciò riesce difficile, senza dati, stabilire quali regioni lacustri abbia abitudine di prescegliere, tanto più che, sebbene nei saggi di plancton che qui si illustrano sì rinvenga sempre comune, per l’ordinario invece non si trova giammai frequente, almeno da quanto si può dedurre per le ripetute osservazioni degli autori che in altre regioni lo poterono aver sott'occhio. Forme analoghe si rinvennero alcune volte pure in laghi italiani e furono raccolte tanto in acque profonde quanto in acque superficiali. E perciò sì sa che fin dal 1886 Euchlanis Lynceus, la problematica specie collettizia dell’Ehrenberg, veniva raccolta nel lago Maggiore dall’Imhof (1) a 349 m. di profondità, stazione oltremodo interessante se si consi- derano le abitudini di solito neritiche di tutti i Rotiferi. Gastro- schiza truncata Levand. veniva trovata prima nei laghi di Caldo- nazzo e di Levico dal Buffa (2) per esser veduta successivamente anche nel plancton del lago di Como dallo Zacharias (3). Infine, non è molto, il Largajolli elencava Bipalpus Lynceus come un elemento del plancton per il lago di Lavarone (4) e soggiungeva che, sebbene il Rotifero gli sembrasse abbastanza comune in quei materiali, pure era quella la prima volta che egli lo riscontrava nel Trentino. Con- cludendo perciò, anche se si volesse indurre dalle forme congeneri qualche congettura circa il modo di vivere preferito da questa specie, ammesso che in questo caso il ragionamento è possibile, se si tien conto della forma e della costituzione presso a poco simili (per quanto riguarda la statica) di tutti i Rotiferi cui si è accennato, non si saprebbe per ora esporre nulla di certo. E per vero se anche questo genere di organismi lascia intravedere la tendenza a ren- dersi più frequente nei bacini non molto estesi, l’essere stato osser- vato nel lago di Como e sovratutto tra la fauna profonda del lago. (1) Cfr. Neue Resultate ueber die pelagische und Tiefsee-fauna einiger im Flussgebiet des Po gelegener Suesswasserbecken — Zoolog. Anzeig. (1886) pag. 46. (2) Sulle condizioni fisiche e biologiche di taluni laghi del Trentino. Atti della Società Veneto-Trentina di Scienze Naturali, serie II, vol. IV, fasc. 2 (1902). i (3) Hydrobiologische und Fischereiwirtschaftliche Beobachtungen an einigen Seen der Schweiz und Italiens — Pliner Berichte, Band XII (1205) — Sub no- mine Ploesomatis. (4) LARGAJOLLI VITTORIO — Ricerche biolimnologiche sui laghi Trentini — Rivista mensile di pesca — Anno VIII n. 1, 2, 3 (1906). RA Maggiore, dimostrerebbe una certa quale facilità ad estendere la propria area d’invasione anche in regioni che non sono soltanto la sponda o la zona nerio-planctonica, ma sono le vere regioni lim- netiche (1). CRUSTACEA. 5d. — Bosmina longirostris. (O. F. Muell.) Baird The natur. Hist. of british Entomostr. pag. 105, tab .XV, fig. 5, Lynceus longirostris O. F. M. Zoolog. Danicae Prod. n. 2394. Questo Cladocero elegante è uno dei più diffusi in Italia e nel mondo e si può annoverare fra i più frequenti in questi campioni. Non si può chiamar forma esclusivamente limnetica, sebbene in- vada spesso le regioni più lontane dalla sponda. Nei grandi bacini tende a mantenersi sempre negli strati d’acqua superiori e questo fatto giustifica la frequenza con cui si riscontra anche in laghi mi- nori come questi e spesso perfino nei grandi stagni. È stato osser- vato in tutta Italia, a cominciar dal Friuli, dove fu raccolto nei laghi di S. Daniele e di Cavazzo (Senna), dal Veneto, nel lago di Garda (Garbini), da molti bacini del Trentino (Pavesi, Buffa, Lar- gaiolli) nonchè di Lombardia, del Canton Ticino (Pavesi, Garbini, Zacharias, Amberg, Bianchi) e del Piemonte (Pavesi), fino agli stagni di villa Boboli in Firenze (Zacharias). Anche in Istria e nel Carso fu osservato ripetutamente dal Car; onde si può concludere non esser affatto un fenomeno strano l’aver scoperto Bosmina longirostris. così frequente nei laghi di Monticchio, tanto più se si considera esser uno dei crostacei più frequenti a comparire in sciami e che perciò all’occasione si può prestar, più agevolmente che non altre specie meno comuni, al trasporto passivo col mezzo degli uccelli. Si riscontrarono ambidue i sessi ed anche, sebben di rado, le uova ibernanti. (1) Per confermare questa asserzione, valga il fatto che tale specie fu ripetutamente ritrovata dallo Huitfeldt-Kaas (Planktonundersoegelser etc. 1906 pag. 191) in parecchi laghi norvegesi, dove però egli non lo trovò alla superfic ie, ma invece particolarmente comune tra i 5 ed i 10 m. di profondità. MET LN 56. — Scapholeberis mucronata. (O. F. Mill.) Schédl, Branch. der Umgeb. von Berlin, pag. 23, in Jahresb. tiber- die Louisenstiidtische Realsch. von Grohnert (1858); S. mucronata var. fronte laevi P E. Muell, Danmarks Cladocera in Kroyer’s Naturhist. Tidsskr. (1868); Daphnia mucronata O. F. Muell. Entomostr. pag. 94, tab. XIII, figg. 5, 6. D. mucronata var. obtuse rostrata Baird Brit. Entomostr., pag. 99, tab. X, figg. 2, 3. Questa specie, per l’ordinario, ha abitudini neritiche, come già fece notare il Garbini (1), il quale la trovò nelle acque vallive del Veronese a Gazo (Tartaro), nonchè nel porto di Garda sul Benaco.. In questo lago poi fu rinvenuta nel plancton dal Brehm. La prima volta però che essa venne riconosciuta in Italia, fu nel lago di Fraele, in Valtellina, dal Pero che la chiamò con la denominazione pit antica di Daphnia mucronata. Più spesso invece venne osservata nel . Carso, dove il Car la notò nel lago Vrana, in quello di Gradinovac, in quello di Kozjak ed in quello di Milanovac. Di recente infine 1 dott. Brehm e Zederbauer la raccolsero nel lago Diirren, ora quasi scom- parso, presso Schluderbach, sul confine tra l’Ampezzano e la Pusteria. Nei campioni raccolti nei laghi del Vùlture, si è vista soltanto nel lago Grande, sia nel saggio preso verticalmente scarse volte, sia nell’altro, dove riesce più frequente, senza divenir però giammai comune. La varietà a fronte cornuta, in Italia, sembra ancora meno frequente. Quanto poi alle abitudini di Scapholeberis mucronata quan- tunque essa sia già stata notata con una tal quale frequenza anche nei bacini illirici, poco c’è da aggiungere a quanto si venne accennando più sopra, esser cioè la sua stazione più caratteristica la sponda la- custre. Astrazion fatta per il lago di Garda infatti, dove venne osser- vata limnetica, ma però scarsissime volte, per opera del Brehm e dello Zederbauer, tutti gli altri bacini, in cui si ritrovò, sono così esigui da non modificare per nulla l'opinione che si tratti di un planctonobio non caratteristico o ticolimnetico; sicchè il caso spo- radico riscontrato nel lago di Garda, viemmeglio risulterà per un’ec- cezione. (1) Fauna Veronese in Monogr. statist. econom. della Prov.* di Verona,. pag. 317. Sere Ss BRS 57. — Diaphanosoma brachyurum 79. (Liev.) Rich. Révision des Cladocéres 1°; Annales des Sciences naturelles Zoo- logie, sér. 7, t. 18, pag. 354 (1895) Daphnella brachyura (Liev.) Sars Norges Ferskv. Krebsdyr. Cladoc. pag. 44, tab. II, figg. 16-24 (1865); Pavesi, Altra serie di ricerche e studii sulla fauna pelagica (1883) pag. 361, t. IX Sida brachyura Liev. Danz. Geg. pag. 20, tab. IV, figg. 3-9 (1848). È forse il più diffuso tra i Cladoceri limnetici che ci sia in Italia, ove fu segnalato per la prima volta dal prof. P. Pavesi, (1) nei laghi Trasimeno e d’Albano, con la denominazione originale di Sida bra- chyura, quale gli venne conferita dal Lievin. È il più diffuso, perchè, come pure venne già notato (2) in altro luogo, con il suffragio di quanto dice lo Huitfeld Kaas, (3) siccome Diaph. brachyurum suol mantenersi di solito negli strati superiori dell’acqua, ha perciò la capacità di estendere la sua distribuzione relativa nei laghi dalla zona più prossima alla sponda fino ai punti da essa più lon- tani in senso orizzontale, sicchè, anche meglio delle altre forme limnetiche, sa adattarsi ad invadere anche gli stagni ed i laghi di scarsa profondità, inadeguati certamente ad accogliere le specie ste- notermiche che a volte abbisognano per vivere delle acque pro- fonde. Con questo risulta facile giustificar Ja frequenza con la quale si può scorgere in quasi tutti i saggi di plancton, specialmente se sono raccolti lungo le sponde. Tanto sotto la denominazione di Daphnella brachyura (Liev.) come anche quale Diaphanosoma, questo crostaceo venne elencato per moltissimi laghi alpini e subalpini e cioè per il lago di Fraele e di Malghera in Valtellina (Pero), per quelli di Piano, di Viverone, di Orta, Mergozzo, Maggiore, Lugano, Como, Alserio, Annone, Endine, Iseo, Garda, Caldonazzo, Levico, Re- vine-Lago, S. Croce (Pavesi); per quelli di Lasés, delle Piazze e di Caldonazzo (Buffa, Brehm e Zederbauer),di Lavarone e Terlago (Lar- gajolli), di Garda (Pavesi, Garbini, Brehm e Zederbauer), di Como (Zacharias), di Monate (Garbini, Zacharias), di Pusiano, Comabbio e (1) PavesI P. — Nuova serie di ricerche della fauna pelagica dei laghi ita- liani. — Rendic. R. Ist. Lombardo, 5, VI, 1879. (2) FORTI ACHILLE. — Alcuni appunti sulla composizione del plancton estivo dell’ Estanque grande nel parco del Buen Retiro in Madrid. — Atti della So- cietà dei naturalisti e matematici di Modena, serie IV, vol. VIII (1906), pag. 9 dell’estratto. | (3) HuitrELDT Kaas K. — Planktonundersoegelser i norske Vande. — Chri- stiania Nationaltrykkeriet, (1906). e: US Varese (Imhof), di Varàno (Zacarias) ecc. ecc. Nell’Italia media ve- niva notato oltrechè nei laghi Trasimeno e d’Albano (Pavesi), anche in quelli di Nemi (Rizzardi) e di Bracciano (Losito), mentre il Voigt (1) ne confermò l’esistenza nel lago Laceno (2), lago-stagno giacente sul « piano » omonimo. Non si osservò nei laghi di Mon- ticchio che una sola volta e fu nel saggio raccolto verticalmente nel lago Grande, fatto questo al tutto infrequente, considerate le abitudini gregarie di Diaphanosoma brachyurum. 58. Moina brachiata. (Jur.) Baird Brit. Entomostr., pag. 102, tab. IX, figg. 1-2, nec P. E. Muell. ; Monoculus brachiatus, Jurine Hist. des Monocles des Envir. de Genève, p.131, tab. 12. A dire del Baird, questa è una forma caratteristica, o che, almeno, è più frequente negli stagni, che altrove. Ed anche la sua congenere rectirostris, da noi forse più frequente, ha proprietà simili e si osserva nelle stesse condizioni. In ogni caso e luna e l’altra specie, nella nostra regione, sembrano essere assal rare, anzi i rinvenimenti accertati sono riducibili a due. Mozna bra- chiata, fu vista dalla sig.a R. Monti-Stella nel lago Roggia dell’alpe Vighezzina, nel punto meno profondo del lago, dove l’acqua era meno chiara (3). Sebbene dunque si. tratti di una stazione lacustre, in effetto non.si può tenerla per tale, se si considera la condizione fisica della scarsa profondità che validamente sempre contribuisce a man- tener un aspetto eleoplanctonico anche ai saggi raccolti al largo, in bacini che simile conformazione presentano per tutta la loro esten- sione. Moina rectirostris, poi fu trovata nel Veronese « nelle acque stagnanti, paludose e fangose (Gazo), ricche in detriti organici vege- tali; rarissima » (4). Nei laghi di Monticchio pure è da ritenersi come un rinvenimento del tutto occasionale; fu vista due volte soltanto, nel saggio raccolto alla superficie del lago Grande. (1) In litteris ex A. Trotter. (2) Cfr. perciò lo studio preventivo di A. TRoTTER. — Il plancton del lago Laceno nell’ Avellinese. — Nuova Notarisia (1905). (3) Monti Rina. — Physiobiologische Beobachtungen am den Alpenseen zvi- schen dem Vigezzo-und dem Onsenonertal (1904), Ploener Berichte (1905), pag. 63. (4) GARBINI ADRIANO. — Fauna Veronese, pag. 317 (Monografia stat. econ. della provincia di Verona, 1904). matte O) SES MORSE IGT AAT taney DIO ATTICI Seas en AREA CRE em IONI GE PIE RE Sa Ra RN DIC Sf gi”) MAN è ni DAR Ibi #3 3 ¢ 4 . r De : ‘Gr i rag cr ar Ue 3) +> oe of 4 DN » 4 Die oats ‘ \ x, ‘ P » 4 x 4 > LOG 7 59. Graptoleberis reticulata. (Lilljeb.) Sars Crust. Cladoc. i Omgn af Christiania, pag. 289; Herrick and Turner Entomostrac. of Minnesota, pag. 236. Alona reticulata Baird Brit. Entom., pag. 132,. tab. XVI, fig. 3; P. E. Muell. Danm. Cladoc., pag. 180. Lynceus reticulatus. Lilljeb.. De Crustat. ex ordin. tribus, pag, 83, tab. VIII, figg. 6-7. Questa specie di Cladocero venne sempre osservata sporadica; anzi il Fric (1), a proposito dell’averla rinvenuta in Boemia, a Skupice, dice esser sempre « sehr selten ». Parimente il Baird non elenca che: due sole località inglesi dove ebbe a vederla. Da ciò, è per mera com- binazione che il saggio, raccolto alla superficie del lago Grande del Vulture, offre per la prima volta il motivo d’ inscriver questa forma tra 1 Cladoceri italiani. La rarità non permette certo nessuna, indu- zione sul fatto dei costumi, e, specialmente nel caso attuale, dove si tratta di una forma veduta unu sola volta. Peraltro sarà, per lo meno, probabile supporre avvenga anche nel caso di Graptoleberis reticu- lata quello che succede per quasi tutti 1 Linceidi, i quali, avendo. la corazza piuttosto pesante, non si prestano certamente bene al vi- vere del plancton. 60. Pleuroxus exiguus. (Lilljeb). Schoedl. Neue Beitr. zur Naturg. der Cladoc. Berlin, 1863, pag. 51 ; P. E. Muell. Danmarks Cladocera in Kroyer’s Tidsskr. (1868), pag. 187; Lynceus exiguus Lilljeb. de Crustac. ex ord. tribus etc., pag. 79, tab. VII, fig. 9-10. P. E. Mueller dice che per trovar questa specie è utile ricercarla. tra le Lemne, ove altresì non si rinviene giammai di frequente. Par- rebbe quindi che si trattasse di una forma stagnicola. Il Fric, in- vece (2), senza peraltro specificare, dice di averla rinvenuta nei laghi di Boemia e, quantunque si tratti sempre d’un incontro poco comune, Pleuroxus exiguus potè essere ritrovato anche in alcuni laghi della nostra Peniscla ed anche nel plancton; anzi la prima volta fu osser- vato nel lago di Lentini, in Sicilia, per opera del Moniez. Al fatto che non di rado questo crostaceo si ritrova sebbene sporadico nel plancton, contribuisce anche la sua piccolezza e l’agilità della sua conforma- zione, che, per certo, eserciterà un’azione sulla sua mobilità, e, forse, sulla facilità di venir trasportato dall’onda. La sig.a Monti inoltre (1) Fric Anron. — Die Krustenthiere Béhmens, in Archiv der Naturw. Lan- desdurchforsch. von Bihm. II Band, IV Abth., pag. 244. (2) Die Krustenthiere Bihmens, pag. 247. — « Fundorte: Die Seen des. Boòhmerwaldes, juni 1871 ». 3c A Teall OR N e a aan BN les, lo nota per il bacino di Planaval-Licone. In questi campioni s’ in- contra alcune volte in quello raccolto alla superficie del lago Grande . giammai non si vide negli altri. E certo però che, sebbene si tratti di specie ticolimnetica, quando le osservazioni saranno più copiose, questa forma verrà riconosciuta per varî altri bacini e ne fanno fede le regioni confinanti, come il Carso, ove venne già trovato dal Car in due laghi, quello d’Imotski e quello di Svica, in materiale raccolto dal prof. dott. Gavazzi. 61. — Cyclops oithonoides 9. Sars, Overs. af de indenlandske Ferskvands Copepoder, pagg. 241-242; Schmeil Deutschl. freileb. Suesswasser-Copepoden Cyclopidae (1900), pag. 64, tab. IV, fig. 6-11. È una delle specie di Cyclops che meglio si adattano alla vita pelagica o — per lo meno — che più di frequente si rinviene anche ad una certa distanza dalle sponde. Ciò non toglie peraltro che la regione caratteristica, abitata da questo intricatissimo genere di Co- pepodi, non sia giammai la limnetica. Nel lago Grande di Mon- ticchio si rinvenne una sola ed unica volta, troppo scarsamente per permettere un’argomentazione qualsivoglia in proposito. Del resto in Italia fu osservato ancora nel plancton del lago di Garda e del lago Maggiore dal Garbini. O. Amberg lo rinvenne nel piccolo lago di Muzzano. In Dalmazia ed Istria, fu trovato con molta maggior frequenza dal Largajolli e dal Car; lo raccolsero nei laghi di Cepic. Prosce, Gradinovac, Kozjak, Modrooko e Svica. Non sarà dunque improbabile che, quando le osservazioni biolimnologiche anche da ‘noi saranno moltiplicate, si possano avere dati più copiosi sulla di- stribuzione locale di questo Copepedo elegantissimo. 62. — Cyclops phaleratus JQ. Koch Deutschl. Crustac. Heft, 21, n, 9 (1835); Schmeil Deutschl. Suessw. Copep.: Cyclopid. (1900), pag. 170, tab. VIII, figg. 1-11; Cyclops canthocarpoides Fisch. Beitr. zur Kenntn. in der Umgeg. von S!. Petersb. sich findend. Cyclopiden (1851), pag. 426- 429, tab. X, figg. 24-25 e 32-38; Fric, Krustenth. Bohm, pag. 213, fig. 19. Il Camera (1) elenca erroneamente, senza esserne certo però, Cyclops phaleratus Koch quale sinonimo di Cyclops coronatus Claus; poche pagine avanti notava Cyclops canthocarpoides Fisch. = Cyclops longispina Templeton come specie autonoma. I più autorevoli siste- (1) CAMERA C. — Ricerche sui Copepodi liberi del Piemonte. — Bollettino dei Musei di Zoolog. ed Anatom. comparata della R. Università di Torino (1892), n. 120 pag. 3. 7 — Supplemento al vol. VII degli Annali di Botanica, pr Mete matici moderni per i Copepodi accennano a riunire C. canthocar- poides Fisch. a C. phaleratus Koch; ed in effetto, pur non conoscendo la figura originale del Koch, se si paragonano le diagnosi e le il- lustrazioni del Fric per C. canthocarpoides e dello Schmeil per C. phaleratus, si deve concludere trattarsi della forma medesima o, per lo meno di forme assai affini. Dai non molti dati che si hanno fi- nora in Italia sulla fauna carcinologica, C. phaleratus Koch do- vrebbe essere sufficientemente diffuso. Uno dei primi a segnalarlo fu il Pero sotto il nome di C. canthocarpoides Fisch. Egli lo ri- trovò nel lago Porcile di Valtellina. Indi la sig.a Monti-Stella lo trovò nei laghi del Ruitor, laddove nelle vicine regioni veniva ancor prima notato dallo Zschokke per il lago di Sils, nei bassi Grigioni, e dal Car per il bacino di Prosce nel Carso. È il Copepode più abbondante che ricorra nei saggi dei laghi di Monticchio, e, sebbene in rapporto ad alcune delle altre specie tra le più comuni, non si possa dir frequentissimo, considerata altresì la sua relativa mole, non si può neanche dir raro. Del resto Cyclops canthocar- poides Fisch., secondo il Camera, non deve esser raro in Italia, perchè egli dice (1): « Questa specie è una delle più diffuse, ed io la trovai comunissima nelle acque dei dintorni di Torino e di Alba. » Indirettamente altresì, per questa affermazione, si riconferma di quanto sia ancor dubbia la partecipazione dei Cyclops alla vera vita limnetica, perchè le specie euplanctoniche che subirono una trasformazione morfologica per adattarsi alla vita limnetica, non si rinvengono giammai in altre regioni che non sian quella per la quale subirono la trasformazione, se non per un caso puramente fortuito; ora, nè intorno a Torino, nè intorno ad Alba si trovano bacini che possano venir detti laghi. 63. — Cyclops serrulatus 2. Fisch. Beitraege zur Kenntn, der in der Umgeg. von St. Petersb. sich findend. Cyclopiden (1851), pag. 423-25; Schmeil, Deutschl. freileb. Copep. p. 141, Tab. V, fi- gure 6-12. A detta degli autori che già si occuparono di biologia delle acque, questa specie sarebbe tra le più diffuse in Italia. Venne riscontrata una delle prime volte nel lago di Avigliana, prima dal Pavesi, poi dal Camera; il quale, per la forma osservata in quel bacino, pro- pose una var. aviglianensis, per ora endemica (2). (1) Loc. cit., pag. 4. (2) Cfr. op. cit., pag. 4-5. Sagra Oltrechè nel lago piemontese, il Pavesi lo osservò nei laghi di ‘Ritom, Lugano, Mantova, Toblino, Caldonazzo, Levico, Santa Croce, Alleghe, Trasimeno e d’Albano; il Garbini nel Garda e negli stagni di Montorio e di Sant'Ambrogio; il Pero in numerosi laghetti al- pini di Valtellina; il Lorenzi nel lago di Mediana; il Largajolli nel lago di Santa Massenza; la sig.a Monti-Stella in parecchi ba- cini Ossolani e Valdostani; il Rizzardi nel lago di Nemi e final- mente il Car in buona parte dei laghi Illirici e Carsici, studiando materiale raccolto dal dott. Gavazzi. Anche soltanto dalle prime osservazioni del Pavesi, si poteva, del resto, prevedere che l’area di distribuzione di questa specie sarebbe stata estesa e che, con tutta probabilità, non si sarebbe limitata alla sola parte superiore e cen- trale d’Italia. In ogni modo averlo trovato ora nel lago Grande del Vulture, sia pure sporadico (si osservò due sole volte) è d’ un certo interesse, considerando come questa stazione — alio stato attuale delle nostre nozioni — rappresenti il punto più meridionale, in Italia, finora segnalato per questa specie. La frequenza pertanto con cui si rinvenne nelle altre regioni del mondo, lascia supporre che l’area di distribuzione sarà per certo da estendere anche oltre questo limite meridionale, tanto più che Cy- clops serrulatus fu già rinvenuto nelle più differenti condizioni e nei paesi tra loro più lontani, essendo noto per il Turckestan (Uljanin) e per la Norvegia (Lilljeborg); per il Minnesota (Her- rick) e per il Tirolo (Heller) e quanto ad estendersi verticalmente, anche in Italia si trovò già in alcuni laghi Ossolani a più di 2000 metri e presso Torino. Quanto infine ai costumi di questo Cyclops rispetto alla sua distribuzione nelle varie regioni del lago, son si- mili a quelle delle specie affini; il caso presente poi — data la sua sporadicità — non può servire di nessuna illustrazione. 64. — Canthocamptus minutus. Claus, Die freilebende Copepod. pag. 122, tab. XII, figg. 1-3; XIII, fig. 1; Schmeil Deutschl. freileb. Suessw. Copepod. II Teil, pag. 31, tab. II, figg. 1-14 (1893) nec «O. F. Muell. Fu visto una sola volta nel lago Piccolo di Monticchio ed era un esemplare femmina senza uova. Del resto questa forma non è infrequente sia in Italia, sia nei paesi limitrofi, ed infatti, per li- mitarci alle osservazioni più recenti, la sig.a Monti-Stella la rin- venne nei bacini di Pisola d’ Engadina; il Buffa in vari laghi del Trentino; infine il Car nei laghi Gradinovac e Kozjak del Carso. — 100 — A quanto riferiscono gli autori che precedono questi citati, si _ potrebbero riportare ancora alcune altre località lacustri italiane per questa specie, ma sono tutte dubbie. Già da tempo il Rehberg ed altri scienziati, secondo quanto affermò lo Schmeil, vollero ricono- scere in Canth. staphylinus Jur. lo stesso essere che in Cyclops (Canth.) minutus O. F. Muell. Ed in effetto il Garbini (1), sotto la denomi- nazione di Canthocamptus minutus Mull., riunisce anche le entità di Monoculus e Canthocamptus staphylinus rispettivamente del Jurine. e del Claus. Ciò significa che, secondo il concetto dello Schmeil, le due specie vennero confuse 0, per lo meno, non si vollero tener separate. Anche: il Camera (2) cita un Cyclops minutus Claus che di certo noh è a confondersi con la specie presente ma è da riferirsi piuttosto al Cy- clops diaphanus Fisch.; sempre se la sua determinazione — come ri- ferisce — fu eseguita sui caratteri offerti dal Claus; ma sotto Can- thocamptus staphylinus Jurine egli riporta anche il problematico Cy- clops minutus O. F. Miill. di cui lo Schmeil (3) pur affermando esserne: « absolut ummoglich » l'identità con C. staphylinus Jur. sente il bi- sogno però d’affermare subito dopo che « Mueller’s Form ist absolut umbestimmbar ». Il Camera inoltre riporta varî altri sinonimi rife- ribili più alla nostra specie che non al Canth. Staphylinus Jur. Di certo non sono da identificare con Canth. minutus Claus quelle forme cui venne conferito dal Pavesi e dal Senna (4) il nome di Cyclops minutus Claus. Esse meglio si potranno attribuire ad una specie au- tentica di Cyclops, pur forse a Cyclops diaphanus Fisch., siccome ne fu accertata la presenza nella regione illirica (.Sostaric) e tirolese (Heller) e perciò in località assai prossime alla nostra regione. (1) A. GARBINI. — Intorno al plancton dei laghi di Mantova. — Vol. LXXIV. serie III, fasc. III degli Atti e Memorie Acc. di Verona (1899). (2) CAMBRA CARLO. — Ricerche sui Copepodi liberi del Piemonte. Bollettino ‘dei Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della R. Università di Torino, n. 120 (21 aprile 1892). (3) Freilebenden Copepoden (1863) pag. 102, tab. X, fig. 106. (4) Laghi di Candia, Viverone, Orta, Mergozzo, Alserio, Pusiano, Annone, Endine, Iseo, Idro, Garda in Paves P.— Altra serie di ricerche sulla fauna pe- lagica dei laghi italiani (1883). Atti della Società Veneto Trentina di Sc. Natur. pag. 380, Di Cavazzo e di S. Daniele in A. SENNA, — Escursione zoologica a due laghi friulani. (1891). Bullettino Società Entomologica italiana, XXII. anno (1890-91). — 101 — INSECTA. 65. — Corethra plumicornis. Fabr. larva, Cfr. K. Lampert Das Leben der Binnengewaesser pag. 124 e seg. <. fig.; Miall Natur. Hist. of aquat. Insect. pag. 113 e seg. c. fig. Questa larva di dittero, già da tempo venne riconosciuta es: ser quella che meglio si addice alla vita lacustre, quando il Pavesi ne rivelava la presenza nel lago di Revine (1) su dati offertigli dal ‘Saccardo (2). In seguito è stata ancora veduta parecchie altre volte nel plancton di altri bacini, assai diversi sia per condizioni fisiche, Sla per posizione geografica, onde viemmeglio fu possibile convin- cersi che quanto riferiva il Pavesi per il lago di Revine non era già un fenomeno isolato. i Ne risultò chiara l’adattabilità di questa specie alla vita pelagica. Dopo il Pavesi, venne osservata dal Garbini nel lago di Garda, dal Buffa nei laghi di Canzolino, Lasés e della Seraja, dal Car nel lago ‘di Nijvice ed infine dalla signora Monti-Stella in alcuni laghi del massiccio del Ruitor e nel Lac Vert di Val Vighezzo. Come vedesi, queste località sono assai differenti essendovi tra i nominati, dei laghi alpini e subalpini e perfino, laghi costieri come il Nijvice. Con tutto ciò pertanto, se, anche per i laghi, si potesse fare la distin- ‘zione già introdotta nella nomenclatura biologica dei mari,di plancton neritico e di plancton pelagico, comprendendo nella prima di queste categorie tutti quei saggi raccoltiin piccoli bacini od anche in grandi ma non così lungi dalla riva da vederne distrutta ogni influenza, e nella seconda quelle prese di superficie od anche profonde raccolte però così al largo da non esser costituite che di soli veri plancto- nobii, modificati anche nella loro struttura, per potere opportuna- mente adattarsi a simile esistenza; Corethra plumicornis Fabr. non sarebbe da annoverare che fra i vlanctonobii neritici. Ed invero, pur non potendosi questi organismi ritener equivalenti alle specie ti- colimnetiche, che si rinvengono nel plancton sempre per puro caso e non per ispeciale adattamento a simile vita, non si possono spin- (1) Cfr. Larva curiosa d’insetto in alto lago. Rendiconti R. Istituto Lom- bardo 1881 (2), vol. XIV, pag. 615. (2) Cfr. Cenni storico-naturali intorno agli animaletti entomostraci viventi nella provincia di Treviso con la descrizione di un nuovo genere e con la in- dicazione delle poche altre specie finora trovate nelle provincie venete. Treviso 1864. Ed anche: Pavesi P.,—Nuova serie di ricerche sulla fauna pelagica nei daghi italiani. Rendiconti R. Istituto Lombardo, 1879. — 102 — gere nelle regioni più allontanate dalla sponda, forse perchè la loro costituzione non è ancora così modificata da non permettere un mutamento fondamentale nel modo di vivere. Se si considera infine come un insetto abbisogni per la massima parte dei casi di passare un periodo della sua vita in terraferma o presso la terraferma, si comprenderà benissimo come sia necessario che la larva di Corethra plumicornis abbia a rimanere ticolimnetica. od, al massimo, sl spinga ad occupare una zona che consenta all’in- setto perfetto un ritorno alla riva. Tuttiibacini in cui fu vista la. larva di Corethra del resto son piccoli, salvo il lago di Garda. Il Garbini però non accenna mai ad avervela rinvenuta planctonica, fatto che egli non avrebbe certamente trascurato di notare essendo. conosciutissima la sua precisione nell’osservare (1). II. — I saggi di fondo. Non furono raccolti che due soli saggi di fondo, l’uno nel lago Grande a m. 82, l’altro nel lago Piccolo a m. 33 di profondità. Sono due fanghi di color grigio ferro con aspetto del tutto limoso, ad elementi assai sottili, di guisa che disseccandosi aderiscono al vetro in modo assai tenace. In tale stato riescono avidissimi d’acqua, di cui st imbevono assai rapidamente, ma che cedono poi con una certa lentezza; onde risulta chiaro come allo stato di completa imbibizione riescano ad opporre una valevole resistenza all’ulteriore compene- trazione, offrendo in tal maniera alcuni caratteri di quella speciale FACENTI propria di tutte le argille. Ed argillose in verità si potrebbero dire queste fanghiglie, se si nota come derivino in tutto da disgregazione di minerale siliceo, malgrado l’allumina non vi sia nella proporzione voluta per render caratteristici l’assoluta imper- meabilità, l’odore tutto speciale delle vere argille bagnate, e quel- l’untuosità al tatto tanto pronunciata specialmente nelle varietà smet- tiche. Questi fanghi, trattati con acido cloridico concentrato, si può (1) Infatti negli Appunti per una Limnobiotica italiana, III Arthropoda dopo avere a pag. 8 accennato in generale al rinvenimento della larva di C. plu- micornis nel Benaco, non dice più nulla in particolare di questa specie, ed in un lavoro successivo di sintesi (che è spiacevolissimo non sia ancora pubblicato» separatamente dal grosso lavoro di cui fa parte) dice: « Nel Benaco, nel Fibbio, nelleacque vallive...larva acquatica, comune ovunque, diffusa per lo più in pianura, quasi sempre numerosissima, estiva, > e nulla più. (Cfr. Fauna Veronese; nella Monografia statistica economica amministrativa del senatore conte Luigi Sor- mani-Moretti, Firenze 1904). — 103 — dir non diano nessuna effervescenza. In qua ed in là soltanto ope- rando su materiale abbondante si svolgono alcune bolle gasose senza una regola speciale. I gas, che si liberano dietro l’azione dell’acido, non saranno, 0 saranno in piccola parte soltanto, derivati da decomposizione di carbonati o di solfuri o di altre roccie o minerali che in condizioni simili sogliono reagire con abbondante svolgimento gasoso, ma pro- babilmente per lo più risulteranno dalla decomposizione della so- stanza organica. Questa si rinviene frammista in forte percentuale alla sostanza minerale e proviene in massima parte da disgregazione od infracidamento delle piante della riva; può aver origine peraltro ancora da materiale trasportato dalle acque d’influsso. Con il disseccare divengono palesi le traccie di ossidi di ferro che nella reazione suddescritta con l’acido cloridrico colorano vi- vacemente il reattivo in giallo-aranciato. Si raccolgono alla super- ficie per opera di batteriacee le quali, con ogni probabilità, ces- sando l’umidità periscono o s’incistano. Maseè possibile asserire a priori che il ferro è presente nelle fan- ghiglie fin dall’origine,. sia perchè entra nella loro composizione chimica, sia perchè si riscontra anche nella composizione di molte delle roccie bacino, non così si può dire delle batteriacee che lo se- gregano sotto forma di Fe, O, e delle altre molte forme di schi- zomiceti le cui colonie variopinte ricoprono di chiazze verdi, ne- rastre o brune, la superficie del fango finchè è umido. Ed in fatto non essendo stati i saggi raccolti in recipienti previamente steri- lizzati e, per di più, essendo rimasti esposti all’aria libera, essi possono, con tutta facilità, esser stati invasi dopo raccolti dai bac- teridi, anche se prima (cosa poco probabile anzi quasi impossibile) ne fossero stati esenti. In altra occasione dunque l’esame della flora batteriologica bentonica su saggi opportunamente raccolti, basti in questo studio preliminare un rilievo di quanto risulta non dubbio e più evidente. È logico che una roccia silicea in posto, pur degradando per azione del tempo, delle acque o degli organismi conservi la sua co- stituzione silicea anche quando ha perduta la sua coesione; perchè 1 composti del silicio, a temperatura normale, son quasi tutti solidi e solubili in modo assai parco o nullo nell’acqua pura. Sarà dunque conseguenza facile da dedurre che gli organismi, che hanno un rivestimento od uno scheletro siliceo, potranno per tal ragione agevolmente svilupparsi in quei bacini dove il fondo è costi- _ tuito per intero od in prevalenza di detrito siliceo. Era facile perciò presupporre che le diatomee si sarebbero trovate frequenti nei la- Weer A DIRO, OTT LIA tees ee gets Mai — Fy ue mae ant eee Lay FONTI i SERA a (tr rie ie 1 7 N. vor I bt ae tek x fg Cay } een eet & ate AIN es MORE LITI ghi del Vulture; difatti questo si potè agevolmente osservare. Il residuo minerale che rimane dopo l’eliminazione della sostanza or- ganica, oltre che esser formato di minutissimo detrito sabbioso ed argilloso, trovasi costituito di copiosi, assortiti frustoli di Diatomee e di spicole di Spongiarii. Le Diatomee sono specialmente nume- rose nel saggio raccolto nel lago Piccolo, le spicole di Spongiarii in quello raccolto nel lago Grande. i Nel primo il residuo minerale sabbioso od argilloso è scarsis- simo, anzi quasi nullo; non così nell’altro, i cui preparati riman- gono ingombri per modo da risultar esteticamente brutti e mala- gevoli da esplorare. Ciò non toglie che il numero delle specie no- tate sia maggiore nel fondo del lago Grande, e questo si rileva dallo specchietto che segue: 1. Amphora ovalis Kuetz. 2. Amphora Pediculus Kuetz. . 3. Cymbella pusilla Grun. -4, Cymbella cymbiformis Ebhr.. 5. Cymbella parva W. Sm. . 6. Cymbella lanceolata Ehr. . Encyonema caespitosum Kuetz. 8. Stauroneis anceps Ehr. ENO 9. Stauroneis anceps anphicephala sia, Grun. 10. Stauroneis Phoenicenteron Ehr. 11. Stauroneis Legumen Ehr. 12. Mastogloja lacustris Grun. . 13. Navicula nobilis (Ehr.) Kuetz.. 14. Navicula major Kuetz. . Navicula . Navicula . Navicula . Navicula . Navicula . Navicula . Navicula . Navicula . Navicula 4. Navicula 5. Navicula . Navicula (. Navicula . Navicula viridis (Nitzsch) Ehr. Brebissonii Kuetz. gibba (Ehr.) Kuetz. borealis (Ehr.) Kuetz. oblonga Kuetz. radiosa Kuetz. . radiosa tenella Breb. . Menisculus Schum. Placentula Ehr. elliptica Kuetz. quinquenodis Grun. sphaerophora Kuetz. . cuspidata ‘Kuetz. ambigua Ehr. ++ ++4++ ++4++4++4++++++++ ++ tH+t+t++t+ +++++ ++++++4+% 67. 69 '— 105 — . Navicula limosa Kuetz. . Navicula dubia Ehr. . Navicula Pupula Kuetz. . . Navicula Pseudobacillum Grun. . Frustulia vulgaris Thawait. . Amphipleura pellucida Kuetz. . . Gomphonema capitatum Ehr. 36. . Gomphonema subclavatum Grun. . Gomphonema angustatum (Kuetz.) Gr. . Gomphonema intricatum Kuetz. . . Achnanthes exilis Kuetz. . Cocconeis Placentula Ehr. : . Rhopalodia gibberula (Ehr.) O. M. . Rhopalodia gibba (Ehr.) O. M. . Rhopalodia ventricosa (Grun.) O. M. . . Epithemia Sorex Kuetz. . oar . Epithemia turgida (Ehr.) Kuetz. . Epithemia Westermanni (Ehr.) Kuetz. .° . Epithemia Argus (Ehr.) Kuetz. . Epithemia amphicephala Grun. . Epithemia Zebra proboscidea Grun. . . Eunotia gracilis (Har.) Rab. . Eunotia pectinalis (Dillw.) Rab. . -Hunotia pectinalis elongata Gr. et V. H. . Eunotia lunaris (Ehr.) Grun. 55. . Synedra capitata Ehr. . Synedra Ulna longissima W. Shi. . Synedra Ulna danica Kuetz. . Synedra Ulna subaequalis Grun. . Synedra Ulna tenuirostris Grun. 61. . Synedra Acus fossilis Grun. . Synedra Crotonensis (M. Edw.) V. i. . Fragilaria construens (Ehr.) Grun. . Fragilaria construens venter Grun. 5. Meridion circulare C. Ag. . Asterionella formosa gracillima (Hantzsch) Grin, . Denticula inflata W. Sm. . Hantzschia amphioxys Grun. . . Nitzschia sigmoidea (Nitzsch) W. ce Gomphonema subcapitatum Grun. Eunotia alpina (Naeg.) Grun. Synedra Acus Kuetz . ++ +++ +++++ + ++ -+ > + +++ +++ +++ pa L +++ ++44 +++ + ++++4+++4+4+ a, os “bis Bix tie oe nd De) pese "i È Se : = ix x sl ee oS gemiti ie. RG ae een ana seg RT =e 3 a ¢ PI F s we — 106 — 71, Nitzschia Heufleriana Grun. ~ (ici . 2S 72. Nitzschia Palea (Kuetz.) W.Sm. . . ... . . (3. Campy lodisens norieas inte Ste ren ee ht. pane 7A. Melosira crenulatakKietz:y = te ck ae eo, 75. Melosira italica Kuetz . . . . 76, Melosita Roeseanarivabs RO (ax Molosita warians Agus, Seat kos ete, cis e RO 78. Cyclotella antiqua W. Sm. . AAP Dyes 19. sCyclotella Sp IE fh eras ak eee nee A +4 aE cee APR I IRR Totale n. 58. 61 Le specie più comuni nel saggio bentonico del lago Piccolo sono: Synedra Crotonensis (M. Edw.) che prevale di molto, numericamente, su tutte le altre specie di Diatomee; ad essa per frequenza fanno séguito: Cymbella cymbiformis, Cocconeis Placentula, Melosira cre- nulata e Synedra capitata. Nel lago Grande invece Synedra Croto- nensis è assai meno comune, pur potendosi annoverare tra le specie. più frequenti. Con essa, veggonsi: comunissime Synedra Ulna longissima, Sy- nedra capitata, Synedra Ulna subaequalis, Epithemia turgida, Rho- palodia gibba, Asterionella formosa gracillima. Fuorchè Synedra crotonensis, Melosira crenulata ed Asterionella. formosa gracillima che sono per l’ordinario nel plancton, tutte le altre forme sono sessili e perciò è presumibile non possano rinve- nirsi viventi in tanta quantità se non neritiche. Nei saggi di fondo dunque sarà certo che, almeno per la massima, parte, non si rin- verranno che morte. Ed in fatto i frustoli raccolti sul fondo, salvo quelli di alcune Rhopalodia, che ancor lasciavano scorgere l’endo- croma molto danneggiato, erano sempre vuoti. Anche. volendo considerare ogni possibile ipotesi per giustificare. questo fenomeno, non si può partire che dai seguenti presupposti: O le Diatomee possono esser vissute sul fondo un tempo ed ora non più, o vi si posson trovare vive anche al presente in determinati pe- riodi dell’anno, o non vi furono mai vive, o solo per poco tempo. appena vi vennero trasportate. Considerando dunque partitamente tutte queste proposizioni, si. scorge di primo acchito che, almeno per le forme sessili, le prime due non possono reggere. E per vero, non è logico che organismi di così pronto adattamento abbiano cessato di vivere in un ambiente: ove prima ebbero facilmente a moltiplicarsi, a meno che non fos- sero sopravvenute modificazioni fisiche talmente notevoli che la geo- logia non tarderebbe a svelare. Inoltre le specie sessili, essendo mu- BT È POE ing tg gg See SK NONE SITAM I ZI LETTI, TI PONT as nite pes l’ordinario di valve piuttosto pesanti, non sono tanto agili nel muoversi, quando siano strappate dal loro supporto, onde si vo- glia anche ammettere che verso il fondo si possano trasportare in forma autocinetica. E nemmeno finalmente si può supporre che sul fondo si abbiano a sviluppare, mancando in quel luogo il materiale adatto a servir di supporto, come le alghe filamentose o gli altri organismi vegetali od animali che per solito si trovano ricoperti delle specie suddescritte; perchè la loro distribuzione nei laghi si limita alla sponda. i Quanto poi al credere che le Diatomee sul fondo abbiano a com- parire periodicamente, si può dire a priori non esservene ragione quando si rifletta che le condizioni fisiche ad una certa profondità tendono tutte a divenire più uniformi perchè lo strato d’acqua so- vrapposto funge da forte coibente per le rapide mutazioni di clima e per le periodiche mutazioni di stagione. Inoltre, d’altro lato, le Diatomee resistono assai bene, anche lungo la sponda, all’alternarsi delle. stagioni, anzi furono rinvenute vive anche sotto il ghiaccio. Per conto dunque della temperatura, le Diatomee —in genere — potrebbero agevolmente affrontare anche le maggiori profondità la- custri; ma parecchie altre sono invece le condizioni fisiche che mu- tando possono aver azione sullo sviluppo di queste specie sul fondo dei laghi. Prima di tutto la luce che, sebbene parecchi autori affer- mino non influisca in modo essenziale, (1) certo rimane talmente attenuata anche a lieve profondità, da non permettere una funzione clorofilliana assai vivace. Si potrà contrapporre che, essendo questi organismi forme assai semplici ed unicellulari, come tutti gli esseri a loro somiglianti, saranno facilmente passibili di attenuazione o di rallentamento nelle funzioni vitali. Ma se questo fatto sarà tollerabile come una con- dizione precaria, non si potrà di certo voler succeda per un tempo indefinito, perocchè, a lungo andare, le specie, finchè si troveranno in ambiente dove la luce filtrerà con sufficienza, sopperiranno con l'ingrandimento dei cloroplasti, appena poi la luce andrà scemando, o si dovranno modificare verso il saprofitismo per sopperire all’atrofia dei cromoplasti, o — come è più probabile — degenereranno e si estingueranno. Poi ci sarà da tener conto della pressione aumentata, la quale esige apparecchî di protezione assai più resistenti; onde, (1) Cfr. CAsTRACANE FR. DEGLI ANTELMINELLI. Nuove osservazioni sulla profondità cui giunge la vegetazione delle Diatomee in mare. — Mem. Acc. Pont. N. Line. tomo XXXVII, fasc. I (1883). — Quale sia l'estensione della vita vegetale nelle profondità del mare. — Atti del Congr. Naz. di Bot. Crittog. in Parma Fasc. II (1888). — 108 — se alcune specie si possono adattare alla vita bentonica, si dovranno con facilità riconoscere dalla maggior espansione dei cromatofori e dalla maggior resistenza e peso delle valve. In ogni modo però tanto la pressione, quanto la luce, non sono coefficienti da variare sul fondo di un lago siffattamente durante l’anno, da portar seco modificazioni rilevanti nella composizione della flora diatomacea secondo le sta- gioni. L’ unico fatto invece che interessa si è il rapido decrescere della luce con l'aumentare della profondità ed il progressivo cre- scere della pressione in rapporto alla profondità. Questi ultimi fatti poi avvengono con tale intensità da lasciar supporre che per ciascun bacino, oltrepassato un limite determinato, la vita vegetale abbia a cessare, se non repentinamente, quasi. Nel Sebino, fino a 25 m., si riscontrarono già, viventi ed in piena vegetazione, Melosira arenaria, alcuni Campylodiscus, grosse Cyclotellae ed altre specie a valve oppor- tunamente inspessite (1); sarà interessante notare il limite cui si può spingere la vita e se l'osservazione saprà convalidare quanto le ipotesi, basate sulle proprietà fisiche, seppero suggerire..Dato e concesso dunque che le specie bentoniche vere non esistano, od al- meno non si trovino frequenti nei laghi di Monticchio, è interes- sante anche ricercare come le specie neritiche riescano a pervenire sul fondo e come le specie planctoniche pur esse contribuiscano a formarvi i depositi bentonici. Che la variazione in profondità delle acque abbia un potere di selezione spiccatissimo a regolar la distri- buzione dei vegetali lungo le rive, Jo provano le varie zone di vege- tazione della sponda che, in molti bacini, hanno un limite fissato ed immutato per tutto il loro perimetro; nulla impedisce dunque, seb- bene ciò non sia ancor dimostrato, che questo fenomeno si verifichi anche per la vegetazigne microscopica. Si supponga perciò che una specie neritica abbia a morire; i frustoli abbandonati, costituiti di silice o di silicati, resistentissimi alla più parte delle azioni chimi- che dissolventi, resisteranno per un tempo considerevolmente lungo. In tal maniera si potranno sedimentare insieme con i detriti orga- nici prima lungo le sponde, poi, sia per opera delle acque influenti, sia specialmente per azione dell’onda di risucchio, potranno adagio adagio venir trasportati verso il mezzo del bacino, dato che sia la parte più profonda, donde non è possibile ritornino più verso riva. Con il trascorrere degli anni avviene in tal modo l'accumulo del detrito pro- (1) Cfr. AcHILLE FORTI. — Contributo alla conoscenza della flora diatomologica dei Sebino, in Contribuzioni diatomologiche I-III (Atti del Reale Istituto Ve- neto 1899). — 109 — veniente dalla sponda verso la parte più profonda del bacino (1); le sostanze organiche spariscono,, perchè, essendo soggette a più o meno rapide azioni di decomposizione, si trasformano, per lo più a lungo andare, in sostanze solubili ed in materiali gasosi, che si svolgono. I frustoli silicei invece, restando inalterati, seguiteranno a depo- sitarsi sul fondo fino a formarvi un sedimento che sarà più o meno frammischiato a materiale sabbioso a seconda che il risucchio ne avrà trasportato volta per volta insieme con loro ed a seconda inoltre che il fondo si prestera ad essere elaborato dalle acque. Una riprova pertanto di quello che si venne esprimendo si ha nel graduale scar- seggiare delle forme' sessili quanto più al largo in un bacino assai vasto si raccolgono i campioni, fino a non trovarne più affatto. Segue una zona "caratterizzata da forme vagili o bentoniche e nella parte centrale, più allontanata, quasi sempre non si trova più nulla, perchè il risucchio, per quanto potente, non può aver azione va- lida fin là. E giustificato perciò come nei laghetti di Monticchio, e specialmente nel Grande, più ricco di vegetazione’ alla sponda, le forme neritiche si ritrovino copiosissime anche nelle massime profondità e nella regione centrale. Più facile poi ancora riesce. la spiegazione della presenza di Diatomee planctoniche sul fondo; essa coincide, per lo più, con la scomparsa delle forme stesse dal plancton; scomparsa che spesso succede a breve intervallo dal massimo di frequenza. Il degenerare dipende spesso da un eccesso di riproduzione vegetativa per scissione, senza un adeguato ringiovanimento della specie; questo fatto poi è subito seguito dalla precipitazione dei frustoli morti sul fondo, ove rimangono, in' breve, privati della so- stanza organica che scompare perchè si decompone. Siccome infine le Diatomee planctoniche, per l’ordinario, hanno valve assai meno (1) Questo fatto si può notare anche nel mare. A riva viene per lo più lan- ciato il materiale galleggiante, che nel movimento pendolare dell’onda tiene il posto della lente del pendolo stesso. Sicché avvicendandosi ad un’ondata più Innga, una più breve, il galleggiante lasciato sulla riva dalla prima non viene più ripreso. Il fenomeno che accade sul fondo è, in parte, diverso. Il mobile che giace sul fondo è di peso specifico superiore all’acqua, subisce perciò l’a- zione della gravità, sicchè trascinato dal risucchio, dal suo peso o da qualsiasi altra ragione in un punto più profondo di quello antecedentemente occupato non potrà ritornar indietro a meno di non essere a questo forzato da una causa meccanica estranea, come sarebbe un trasporto passivo, che dopo finito lascerebbe riprendere al mobile la sua marcia in balia delle onde, della forza di gravità e della forza d’inerzia. Sci robuste delle altre specie, così si spiega come prima delle altre queste tendano a scomparire. Del resto nel caso attuale le specie di Diatomee planctoniche vere che si osservarono sul fondo sono riducibili a tre, una delle quali poi non si può dir nemmeno carat- teristica e sono: Synedra Crotonensis, Melosira crenulata ed Asterio- nella formosa gracillima. La Synedra delicatissima W. Sm., tanto co- mune nel plancton d’ambedue i bacini, manca sul fondo; peraltro tutte le altre specie di Diatomee osservate nel plancton e che, del resto, non erànvi che avventizie, si ritrovarono ancora nei saggi di fondo. ‘ É Concludendo, in questi bacini non si rinviene una caratteristica flora diatomacea bentonica, come si avrebbe in altri laghi più estesi; le specie che si trovan sul fondo sono neritiche o planctoniche, quasi sempre perciò morte od in via di spegnersi. Alcune delle esposte considerazioni saranno da ripetersi per conto delle Spongille, di cui si ritrovano sul fondo le sole spicole. Nel lago Piccolo ne furono vedute di quelle di Euspongilla la- custris Liebk.; in quello Grande anche di quelle di Ephydatia Muel- leri Liebk. La prima d’esse, infatti, è frequentissima lungo le rive del lago Grande, sui culmi di Phragmites con e senza il simbionte suo abituale Chlorella vulgaris Beyer., e spesso anche invasa da un rizopodo commensale che ne abita le cavità acquifere, da Arcella vulgaris che già si rinvenne avventizio nel plancton. III. — Riassunto e deduzioni generali tratte dall’analisi microscopica in rapporto alla morfologia fisica. Da quanto si è venuti esponendo, nella parte prima, si ricava come i laghi di Monticchio si possan dire gli unici veri laghi del- l’Appennino meridionale; perchè, sebbene altri bacini in loro con- fronto — come quello del Matése — dimostrino avere un’area più estesa, o non sono perennemente così, o, con ogni probabilità, sa- ranno destinati a diminuir di perimetro, fino alla disseccazione, se pure le condizioni meteorologiche non muteranno in avvenire. Molto più difficile invece sarà lo scomparire per i laghi di Mon- ticchio, od almeno, se non avvengono cataclismi, questo fatto suc- cederà assai più lentamente che non per gli altri, che hanno scarsa profondità d’acque. Questo fenomeno di restrizione d’area nei laghi meridionali del resto è già incominciato da molto tempo ed oltrechè essere ciò dimostrato con tutta evidenza ormai con la scomparsa — ll — dei grandi laghi pleistocenici intrapenninici, succede di continuo anche al presente. La conformazione nei due bacini è un po’ diversa; nel Piccolo sì scorge un minore sviluppo nella zona neritica e perciò una mag- giore monotonia nel plancton; per contro invece la maggior ripi- dezza media della riva, facilita l'accumulo delle Diatomee neritiche sul fondo, al punto che vi si trovano allo stato di quasi assoluta purezza. Di più, l’area ristretta e le favorevoli condizioni di lentezza di efflusso e di diffusione di affluenza, facilitano di assai, in ambedue i bacini, la copiosa tormazione del fitoplancton, le cui spoglie, che nei saggi bentonici si riducono ai frustoli delle Diatomee, — riscon- transi pure sul fondo copiosissime. — Mancano i rappresentanti della flora e fauna stenotermica e non sono comuni quelle Diatomee che si adattano a vivere nelle regioni più profonde. In ambedue questi casi si adatta a spiegazione il notare come i laghi del Vulture, sì trovino isolati rispetto agli altri laghi della Penisola ed il rilevare come le forme bentoniche risultino difficili da trasferire d’uno in un altro bacino per immigrazione passiva; ma poi devesi ancora considerare il fatto che nel lago Grande la regione profonda è un bàratro, nel lago Piccolo riducesi ad un vo- lume assai esiguo, per cui, tanto i planctonobii stenotermici, quanto le specie bentoniche avrebbero ben poco spazio di cui fruire; da ciò ne riesce giustificata la loro scarsezza od anche addirittura la loro mancanza. Concludendo infine: Sebbene i laghi del Vulture ger ampiezza di specchio d’acque, siano tutt’altro che estesi, per la loro profon- dità son veramente qualificabili per laghi; nel plancton, questo fatto si rileva con tutta evidenza, perchè, massime il fitoplancton, pre- sentasi come quello dei veri laghi; nel fondo invece il fenomeno riesce meno chiaro e questo si attribuisca alla ristrettezza dei bacini. At FORTI A. e TROTTER A, - Laghi del Vulture. Tav, | Plancton - Lago grande di Monticchio - Pesca supepficiale. ELIOT. CALZOLARI R FERRARIO MILANO FORTI A. e TROTTER A. - Laghi del Vulture. Plancton - Lago grande di Monticchio - Pesca verticale. ELIOT CALZOLARI R FERRARIO MILANO FORTI A. e TROTTER A. - Laghi del Vulture. Tav. Ill. | tO Gy i 4 Dì 4 le \ fi bei & « be Plancton - Lago piccolo di Monticchio - Pesca superficiale. ELIOT. CALZOLARIB FERRARIO-MILANO nt um numero maggiore, pg le sem ‘nuto dei loro lavori. i { | ig 2 ‘ IRE aes N, $ Maioli A ) 4 j h CA. ) } i AY, j È / ‘7 È at Y 7 4 a i ‘ - 4 y ti ; È m4 j , Fs 7 j 4 f d ¥ i i A hi 4 thy 1 7 4 d ¢ P ] ay DE hy 3 i vi UVA | È L è la i si i vi j i ‘ na pais LA 7 = vf (Si ‘ 1, Ì “hi Kr. 4 ARC. > #7 vi; MERCI 4 i } Ki MEA it Ù ud ; ‘ ar ye i } pre i INNO n Fa x 7 % SIL NS ri 4 pe y { 4 LI SA 7 eee P hie i 7 Thee A i : uf f Ù SG id, Wise PI 4 as ay VA, 4 Gee 8 th INI UA Weil) VAI it DAY wnt N) AVES TAL AWE DHRC NT TUIN MLV PNY a Gt i DIANA, MAMA ALA Np ab Dy ANC Ids DIRI A et eT I HET Mh i i DNA Mec Ù mu WIRD Ty) 3 5185 00280 3052