sisi PORCI È, n LRRITTE Ù PIEIEITINTI eiilaiatai Terst STILE ci i tI datate Tinelelilalato: CICISTEITRETIA Us nti sla “ sisietote totteti i 1858 tataiati martato sarstoi Tatavari sta ib nitida! TOTATTTSTECI ERtIA x He si tras diete PISTTTICRETZI Gerpcacatot simisl mertziatei sbaiate EITITIt iTit.io) te n essi a tessinse Siesa tod Hi srsestoto tsqsisisiote ti È dei Tesansio, indsi astsraree Pri TTT alatgipenioti debessiotal® ITTITERÀÌ IRETTERITI que st si pretesa disssia IRTAPTTITÀTI mentare sasareresetriptestio th acsrote IRETZEST Fi tenti tise abetacgto ot nta! diatgisià ta ta tits dmigimizionatetdiat sto PEItItI sf, titer Stitatatorace: PILTSZTI alsisis atatslani! brprproti da tati na "i Miitats dard. ga Uri Tala: * & Va V. Fasorenio. RE i tia 8 «& TO] ; ns di Vitigni bimestre si i publica fascicolo proel È si SOTA RA Ù se prezzo del intera amnaia e id ‘paoli romani : pi È ter “per loi stato ‘Pontificio, per l’ estero, tà Dust cia la ‘francazione finò ai confini, d'ita- dite e RE intesi Dan ESE banb E | MAGRI 3a ì ri è “ nE A PI BACI ù a Ct tlitiàà. Di alcuni Libri nuovamente entrati nel Negozio Marsicti in Bologna. | > | 1005 prot inf de Ne Vi " 7 i A prògo du Systeme de la “Nature, par Linné .traduit per Gilidert, | +) 3gros in 8.° avec 68 planches:, 1805. | oO I AR ACCURATA classificatio Vegetabilum recens collecta et Rerum No= ‘' \(warum instructa’, Lilia Casta Floris, in 8.° 18a3, Sc. 1. «Di Arte di congervare gli Alimenti tanto! vegetabili che animali. Sc. -- 300, | BERTOLONII. Amoenitates Italicae Sistentes Opuscula ad Rem. -. IHerbarium et Zoologiam Italiae ato » in 4.° fig. Sc. 3,33. 0000 BERTOLONII. Praelectiones Rei Herbariae quae et Prolegomena 000 ‘ad Floram Italîicam , in 8.0 ‘1827. Sc 1. "32 Je Ì 3 BERZELIUS. Trattato elementare di Chimica Teorica e Pratica , con n “+ laggiunta del. Frisrani , in 8.° Tomi 4. Milano 1828. Sco 6. Rd 18 BL'IMENBACH. Manuale di Storia Naturale, in 8.° Vol. a. Lugano "uf 18 + 11826. Sc. 1. 60. j fest BREISLAK . Introduzione alla Geologia, in 8.° Vol. a. Se. a. 80. mlt Traité sur la Structure exterieure du Globe. Trois Vos 0° lume avec un Atlas de 56 Planches 1822. Sc. 9. î 1 URINE CAMPANA. Farmacopea Ferrarese, prima edizione Torinese sull’ot- °° tava Fiorentina col ritratto dell’ Autore e con numerossime aggiune | — te, in 8.° Torino 1823. Sc. -- 70. , PN CARBONELL. Elementi di Farmacia fondati sui principj della Chi...’ mica moderna, con note e nuovi Articoli dal Farmacista Antonio | |. Ecipy, in 8.° Ascoli 1825. Sc. -- 75. i i Catalogo di alcune Opere attinenti alle Scienze, Arti, ed altri bisogni dell’ Uomo . Sc. -- 60. Di i C. JULII CAESARIS itemque AULI HIRTII quae extant omnia, | illustrata cura J. B. GIANI , in 8.° Tomi 3. Sc. 3. imica per le Donne. Tomi 2. Sc. -- 80. CLASSI I Italiani del Secolo XVIIMI: in'8.°in Tomi 130. Milano. Sc. 152. Questa Collezione comprende tuttociò che và di più perfetto nella ' moderna letteràtura’Italiaia . Ognî Opera è corredata della Vita e. del Ritratto dell’-Aytore , arrichita delle necessarie Illustrazioni. Codice Farmaceutico , ossia I'armacopea I'rancese. Se. 1. 20. ) DANDOLO. Enologia, ovvero l’Arte di fare, conservare @ far viag-. ; \ Il terzo ,\ed ultimo esemplare passò in Inghilterra nella libreria del fu Sig. Giacomo Odoardo Smith già fondatore, e presidente della Società» Linneana. di Londra; la qual cosa rilevasi dal vederlo per lo stesso Signore citato nel tomo secondo del Prodro- imus Florae Graecae , e nella Flora Graeca del Sib- thorp, opere illustrate da esso Smith, come pure ‘nel vederlo annoverato nel catalogo de’ libri addotti nel suddetto Prodromus tom. 2. p. 366. Quale sia lo stato dì questo esemplare, non è noto; ma se è. ve- ro , che questo sia quello già posseduto da France- sco Chiarelli, siccome sospetta il Brocchi ( Bi2/. Ital. tom. 27. p. 197 ) allora esso sarebbe l’ esemplare più perfetto di tutti, del che ci fa avvertiti il Rafines- que ( Manif. e prospet. della Pamphys. Sic.) dicendo, che ,, la copia più esatta e compita è quella, che dal detto Sig. Chiarelli si possied&. ,, Tre pure sono i frammenti dell’ edizione del Par- phyton 1713., i quali fino ad ora si conoscono. Uno sta nella biblioteca del Senato di Palermo, e questo contiene in tutto 262. tavole, più il solito frontispi- zio, ed il ritratto del Cupani. Il secondo, formato di 169. tavole, è presso il Sig. Vincenzio Tineo Pro- fessore di Botanica in Palermo. Il terzo, che è di tavole 155., fu acquistato, e portato in patria dal Sig. Schow Danimarchese . Per questa meschina edizione del Parphyton non si spense in Sicilia il desiderio di averne una seconda, che fosse completa, ed Antonio Bonanni Gervasi, rinomato botanico Palermitano, si accinse a darla, e pose mano al lavoro protetto egli pure da D. Giu- seppe del Bosco Principe della Catolica, a da D. Giuseppe Alliata Principe di Ventimiglia , siccome il Mongitore allora vivente ebbe cura di annunziare in un’ appendice al tomo secondo della Bib/. Sic. pag. \ II ;TO%. stampata nel 1714., il quale Mongitore non solo palesò il frontispizio di questa seconda edizione, ma avvertì, che si era già cominciato a porla sotto il torchio. E che il Bonanni desse mano in realtà al- l’opera, e la mettesse in qualche maniera in tor- ‘chio, lo mostrano più copie impresse, e tuttavia e- sistenti, di 187. tavole effettive di questo Parphy- ton, sebbene l’ultima di esse porti il numero 198. La ragione di questo salto di numeri è, che tra le. tavole 176., e 185. se ne sono trovate mancare nove, come pure due altre mancano tra le tavole 192., e 195. In questa edizione tutte le tavole sono nume- rate, e sono impresse da ambedue le facciate di ogni carta. Le figure sono quelle stesse del Cupani, mol- te volte ritoccate, e corrette. Per lo più ad ognuna è addotta una frase del Cupani, tratta dal Hortus .Catholicus quivi citato colle lettere iniziali H. C., alla quale frase il Bonanni talora aggiugne poche parole del suo, ed in alcuni casi vi unisce una se- conda frase tutta sua, perchè egli si avvisò di ri- ferire quella pianta ad altro genere , Ma. anche questa intrapresa cominciata sotto sì favorevoli auspizii ebbe lo stesso esito dell’ altra; perchè il Bonanni venuto a morte nel 1719. non po- tè dare compimento alla medesima. Che egli poi a- vesse posto. mano ad accomodare eziandio il testo lasciato confuso, ed imperfetto dal Cupani, chiara- mente lo dice il Rafinesque nel suo Manifesta e Prospetto della Pamphysis Sicula sulla fede de’ ma- noscritti ritrovati presso il Signor Francesco Paolo, Chiarelli. Anzi egli ci avvisa, che il'Bonafini ave- va disposto questo testo per ordine alfabetico , cosa già stata annunziata dal Mongitore (Bibl. Sic. tom. 2. append. pag. 101.), e che ne aveva modellata la sinonimia a seconda del sistema di Tournefort. Per lo che è forza confessare, che questo lavoro del Bo- nanni realmente mirò a compiere, e migliorare l’ im- 12 ‘perfetto Panphyton Cupaniano, siccome era stato promesso dal Mongitore ( Bib/. Sic. 1. c.). 1 Di questa edizione cominciata per le cure del Bo- nanni se ne serbano, come già dissi, più copie, e vengo assicurato, che queste sieno circa quaranta, la maggior parte delle quali è stata trovata giacen-. te, ed ignorata presso gli eredi di Francesco Paolo Chiarelli, ed è poi stata acquistata dal Sig. Barone Antonino Bivona-Bernardi di Palermo, Con ciò si vede, che tale edizione, non ha certamente la rari- tà del Panphyton del 1713. ; non ostante non manca di essere rara, e ben lo mostra il caro prezzo, col quale riesce acquistarla. Giova altresì osservare, che pochissimi sono gli esemplari della medesima, i quali posseggano le 187. tavole effettive, delle quali ho parlato di sopra , perchè quasi generalmente questi esemplari hanno soltanto 168. tavole in serie numerica continuata , e-tali sono quelli da me veduti, e che io posso aggiugnere al novero delle copie ricordate dal Brocchi ( Bib/. Ital. tom. 27. p. 198.). Uno de’ medesimi fu già di Pier Antonio Micheli, ed ora sta nella libreria del mio buon amico il Sig. Prof. Ot-, taviano Targioni-Tozzetti per acquisto, che il padre di lui fece, di tutta la supellettile scientifica Miche- liana. Questo esemplare ha altresì la particolarità , che ha la tavola 47. impressa nel luogo della tavola 42., e viceversa, ed è di questo stesso esemplare, che io mi giovai, allorchè nell'anno 1822. misi alla lude le. mie Lucudrationes de re herbaria . Bononiae -typis Annesii de Nobilibus, in 4°, nelle quali appli cai i nomi di Linneo, e de’ sistematici venuti dopo di lui a molte piante del Cupani. Un secondo esem- plare del Panphyton Bonanniano trovasi in Inghil terra nella libreria del fu Giacomo Odoardo Smith, come si può conoscere dal catalogo delle opere ho- taniche posto appiè del tomo secondo del Prodromus Florae Graecae di Sibthorp pag. 360. Il terzo è nel- "13 la magnifica Biblioteca di S. A. I. il Serenissimo Granduca di Toscana acquistato dall’ augusto suo Padre Ferdinando terzo di sempre felice ricordazio- ne, ed a questo esemplare fu fatto apositamente un frontispizio a stampa per le cure dell’ egregio Signor \ Francesco Tassi allora bibliotecario. Il quarto fu da me procurato alla biblioteca dell’ Università di Bologna . Ed il quinto infine superbamente legato sta ne’ miei libri per regalo del munificentissimo Re delle due Sicilie Francesco I. Dice il Bivona ( Sic. pl. cent. 1. p. 9. in praef.), che il Chiarelli si avesse queste tavole riprodotte dal Bonanni come il quarto tomo del Panphytor Si- culum } ma non. può tenersi per quarto tomo un’ 0- pera , “nella quale sono ripetute le stesse tavole de’ tomi precedenti; onde è forza riconoscere il lavoro del Bonanni; come una seconda edizione del Pan- phyton del Cupani, migliorata in qualche parte, siccome era stata annunziata dal Mongitore, sebbe= ne poi questa restasse incompleta. Dopo avere premesse le poche, ma ben. discusse notizie intorno all’ edizione del Panphyton del Bo- nanni, ragion vuole, che io mi valga del lume di rigorosa critica, onde, liberare, non meno Antonio Bonanni, che, Vicenzio suo padre , da i ingiuriose tac- cie. Il Sig. Antonino Bivona-Bernardi fu il primo a dire, che Antonio Bonanni tantum abfuit , ut Cupani jam vita functo gratum‘animum praestiterit , quin po- tius , quas summo studio perficiendas ille curaverat ta- bulas , hic nullo pene labore suas facere contenderit, nullaeque sibi duxerit religioni ex diruto praeceptoris opere suam sibi laudem comparare ( Sic. pl. cent. pag. 10. in praef.), e se questo non basta, aggiu® gne poco dopo , i/lud Bonanni opus tantum abesse, quin Panphyto quartum weluti volumen adsciscatur , ut potius turpe plagium censendum sit (Ibid. pag. 11). Nè minore amarezza .contro- il Bonanni adopera il 14 Ù ) Brocchi, se non che egli confonde l’ Antonio col Viri- «cenzio padre di lui, cui chiama oscuro farmacista , il quale colse l’ occasione propizia di procacciarsi gloria detraendo possibilmente a quella del Cupani, +... e che le tavole del Cupani furono in progres- so manomesse, e disperse, e rimase defraudata la scienza dell’ opera di quell’ insigne botanico per la malvagità di un discepolo ( Bibl. Ital. tom. 27. pag. 200. 20I1.). Ora io dimando di qual guisa il Bonan- ni aveva fatto annunziare dal Mongitore questa sua fatica, perchè si potesse chiamare un plagiario ? Forse come opera sua, soppresso il nome del Cupa- ni? No certamente ; bensì la fece annunziare come opera già cominciata del P. Cupani: Opus olim in- cohatum ab adm. Rev. P. Francisco Cupani.... Bo- tanosopho sui temporis celeberrimo ( Bibl. Sic. tom. 2. app. p. 101.). Sotto quali frasi il Bonanni quasi ge- neralmente espose le piante della sua edizione? AI certo sotto quelle del Cupani, come già mostrai di sopra , e se vi introdusse qualche sua aggiunta, 0 vi unì altra sua frase, la pose distinta dalla Cupa- niana . Di qual plagio dunque si può incolpare una persona , che ha tenuto un contegno cotanto rispet= toso , ed esatto verso il Cupani? Di nessuno al cer- to, se vogliamo essere giusti. Che se nell’ annunzio del Mongitore fu detto altresì opus... nunc vero per- fectum, omnibus numeris absolutum , et in lucem edi- tum summo studio, et labore Antonii Bonanni, et Ger- vasi, Panormitani ( Bibl. Sic. tom. 2. app. p. 101.), ragion voleva, che si desse anche al Bonanni quel- lo che era del Bonanni, poichè esso mirava a con- grere , e perfezionare un’ opera non finita, la qua- era del più grande interessamento per la Sicilia, e per le scienze naturali, e se lo facesse, lo dimo- strano abbastanza i manoscritti superstiti, de’ quali ho già parlato , e fino le tavole stesse, migliorate ora nel contorno , ed ora nelle frasi giusta le viste 15 sistematiche del nuovo editore. Riguardo poi allo attribuire questa edizione al Vincenzio Bonanni, e non all’ Antonio, siccome fa il Brocchi ( Bi2/. Ital. tom. 27. pag. 200.), io voglio credere, che questo sia un errore sfuggitogli dalla penna, perchè il Mongi- tore autore contemporaneo non parla d'altri, che di Antonio Bonarni, e non ricorda punto il Vincenzio padre di lui, il quale forse a quell’ epoca era man- cato di vita, lo che sarebbe cosa certa, se questi fosse il Vincenzio Bonanni di Enna, il quale per attestato dello stesso Mongitore obiit Panormi anno 1702. ( Bibl. Sic. tom. 2. p. 277.). Ma anche indi- pendentemente da questo fatto, come si può supporre il Vincenzio Bonanni capace di tanta malvagità, e di tanta ingratitudine verso il Cupani, egli che fu amicissimo di esso Cupani, e per confessione di lui fu persona morigeratissima: Fidissimus meus Vincen- tius Bonanni Seplasiarius, ac Spargiricus diligentissi- mus , vir certe morigeratissimus , ac polyenus (Cup. Hort. cath in praefat.)? i Nè qui finiscono le incongruenze del Brocchi, per- chè non più uno, ma due vuole, che sieno gli edi- tori del secondo Parphyton, cioè il Vincenzio Bo- nanni, ed un Gervasi, di cui suppone essere stato maliziosamente tacciuto il nome per poterlo far pas- sare per l’ antico Nicola Gervasi autore delle Bizar- rie botaniche di alcuni semplicisti di Sicilia, e rim- provera il Bohemero , perchè nella sua Bid/. script. hist. nat. par. 3. tom. 1. p. 280. aveva riuniti in una persona sola i cognomi dei due pretesi editori Bo- nanni, e Gervasi. In verità che egli avrebbe dovu- to rimproverarne del pari anche il Rafinesque, il quale fa la stessa unione nel suo Manifesto , e Pro- spetto della Pamphysis Sicula pubblicato nel 1807; se non che l'errore del Brocchi è troppo grossolano, e palese per non avere egli capito il Mongitore, da cui intende avere ricavata la notizia. Il Mongitore 16 nella Bibl. Sic. tom. 2. append. p. 101. chiama 1’ è- ditore del nuovo Parphyton Antonio Bonanni, e Ger- vasi facendo copulativa di casati, e non di soggetti diversi, siccome evidentemente risulta dal resto del periodo: Antonius Bonannus , et Gervasius ; Panormi- tanus, acerrimi judicii eximius botanophylus.. tantum opus .... perficendum , et absolvendum summo labore ac studio suscepit, nè dice già Panormitani, Bota- nophyli susceperzrt. Adunque Antonio Bonanni e Ger- vasi è la stessa identita persona, nè devono recare meraviglia i due cognomi di lui, giacchè sappiamo dal Cupani stesso ( Hort. Cath. in praef.), che Vin- cenzio Bonanni padre di Antonio fu genero di Nicolò Gervasi, donde la famiglia Bonanni probabilmente ereditò cogli averi anche il cognome nell’ estinzione della linea mascolina de’ Gervasi. I ( Sarà continuato ) 17 DESCRIZIONE DELLE OSSA 4 COMPONENTI IL TESCHIO DI UN IPPOPOTAMO D’ EGITTO : ED OSSERVAZIONI DI CONFRONTO SULL’ INTERO SCHELETRO DELLO STESSO. ANIMALE COGL’ ALTRI GIA' CONOSCIUTI DI ANTONIO ALESSANDRINI PROFESSORE DI ANATOMIA COMPARATA E VRTERINARIA NELLA F. UNIVERSITA! Di BOLOGNA» e i A benchè negl’ ultimi tempi pei travagli princi- palmente del sommo anatomico e zoologo Sig. Baro- | ne Cuvier (1) La osteologia di questo grande qua- drupede sia stata sommamente illustrata e colla de- serizione dello Scheletro dell’ ippopotamo vivente, e coi preziosi detagli raccolti intorno gli avanzi fossi- li delle specie perdute, rimangono tuttavia a chia- rirsi parecchi dubbi relativi all’ attuale esistenza di una sola, o di più specie, od almeno di più varie- tà costanti di ippopotami; e sulla rassomiglianza che - l’ippopotamo fossile maggiore conserva coll’ una o coll’ altra delle varietà medesime. Mancando finora, per quanto esser può a mia co- gnizione , descrizioni, e disegni esattissimi di indi- vidui abitanti nelle diverse regioni dell’ Affrica, uni co paese nel quale sembra viva presentemente code- sto animale, il confronto degli scheletri potrà ba- own (1) Recherches sur les ossemens fossiles, nouvelle ed. Paris 1821, T. 1 pag. 270, 4 Tom. I. 2 Hi 18 stare allo scioglimento di tali dubbii, dopo che que- sto solo mezzo condusse il genio del chiarissimo sul- lodato autore ad arrichire la storia naturale di un nuovo ramo di scienza, ed una sola frazione d’ osso fu sufficiente in molti casi per stabilire nuovi gene- ri, nuove specie d’ animali , che il giro dei secoli, e le catastrofi del globo sembrava avessero per sem- pre sottratte alle indagini dell’ attento osservatore. La punta australe dell’ Affrica verso.il Capo di buona speranza, il Senegal, e l’ alto Egitto, o piuttosto la Nubia, sono le provincie di questo vasto continente che hanno più di recente mandato al- I Europa le pelli, o gli scheletri di diversi indivi- dui; dell’ ippopotamo vivente, i quali presi quindi a tanta distanza l’ uno dall’ altro sembrano sufficien- temente idonei a somministrare mediante il confron- to tali caratteri pei quali o sia dimostrata la comu- ne derivazione loro , o la esistenza originaria e pri- migenia di più specie distinte. Essendo mio inten- dimento di ragionare in questo articolo soltanto sui - caratteri che dedurre si possono dal confronto delle varie regioni dello scheletro, noterò, che relativa- mente a quello dell’ ippopotamo del capo di buo- na speranza nulla resta a desiderarsi dopo l' esatta descrizione , e le fisure pubblicate nella lodata ope- ra ; che per lo scheletro dell’ altro del Senegal una notizia abbastanza esatta la dobbiamo al valente Sig. Desmoulins (1); e che per quanto spetta alla osteo- logia dell’ ippopotamo d’ Egitto mi studierò di espor- la brevemente descrivendo lo scheletro che in lu- glio del 1826 fu inviato in regallo, unitamente alla pelle, a questa Pontificia Università dal prestantis- simo Sig. Giovanni Bosari medico di Mehemet-Alì (:) Determination de deux espèces viventes d’ Hippopotame par A. Desmoulins . (Journal de Physiologie par M. F. Magendie Tom. v. pag. 354 -366 Octobre 1825 ). = S) I Vice Re d’ Egitto; scheletro tratto da un individuo ucciso nel territorio di Berber al dissopra di Don- gola (1). Quantunque di grandi dimensioni, essendo lungo dall’ estremità del muso all’ origine della co- da tre metri e quaranta millimetri, alto 1,580, ed (i) Crederei di mancare al più giusto dovere trascurando di fare în questo luogo onorevole menzione del dotto ed ottimo giovane _Si- gnor Dottore Stefano Giorgiani alle prermure e mediazione del quale presso il sullodato di lui zio Sig. Bosari deve la nostra Università il possedimento di due oggetti tanto preziosi; anzi frequentando egli a quell’epoca come uditore le scuole della facoltà Medico-Chirurgica , ed onorandomi della sua amicizia lo pregai a volermi ptoctirare la 1 pi del luogo nel quale era stato preso l’animale , e Mpa pochi. mesi dopo mi consegnò un foglio spedito dal Cairo in> cluso in una lettera dello Zio, ‘corttenente le seguenti particolarità che verbalmente trascrivo. = L’Ippopotamo inviato al Museo di co- testa Pontificia Università fu preso nello spazio di Nilo che resta tra le città di Berber, e Sundi, Questi animali vegonsi ordinariamente ap- pajati maschio e femmina; il luogo in cni più frequentemente dimo- rano è quella parte del nilo che resta al dissopra di Dongola fino al fiume bianco , lungo il lato destro dell’ isola di Sennar La discesa di questi animali nel basso egitto accade talvolta, però soltanto riel temi- po della periodica escrescenza del nilo ; ed occorse appunto , nove anni sono, (dunque nel 1817 ) che nel luogo stesso in cui Zerenghi prese î suoi due ippopotami , cioè presso Damiata, ne fosse ucciso un al- tro la pelle del quale trovasi in Vienna. L’ippopotamo esce dal nilo soltanto la notte , e cred’io possa in allora rimanere a terra in gra- zia delle abbondanti rugiade che quivi cadono, senza delle quali sa- rebbe fotse obbligato di ritornare riell’ acqua . Tale ipotesi è fondata sopra un fatto reale da me osservato l’anno scorso in presenza di un gran numero di persone tanto europee che mussulmane abitanti in questa Capitale. ‘Trovasi quà un ippopotamo di si tenera età che l’anne ultimo passato quando fu condotto nutrivasi ancora di latte 3 in pna circostanza che S. A. il nostro Vice Re ordinò si traslocasse . dal sno domicilio al forte delia citadella più d’ un?’ ora distante ; fu n versatgli per molte volte dell’ acqua sul capò in abbondan - za @nde sottrarlo ad una specie di sincope in cui spesse volte cadeva. La natura dell’ ippopotamo è assai docile, pur ciò non ostante è stato osservato da Maho Bey, e dalle sue truppe, che nel mese di ago=. sto d’ogni anno veggonsi tra Sundi, e Berber scendere lango il nilo da una parte, e salire dall’ altra numerose truppe di Ippopotami , i quali incontrandosi si battono furiosamente facendo un orribile fra- casso, tanto per l’incontro scambievole de’ loro denti, quanto pel dibattersi che fanno nell’ acqua che rendono lattiginosa e spumante - Questo spettacolo spesse volte attira per curiosità le truppe che colà trovansi di guarnigione onde godere la vista di un si strano combatti= mento. = i 20 : avendo di periferia al ventre 3,000, è questo indi- viduo molto giovane perchè le epifisi nelle ossa lun- ghe sono ancora staccate, i varii centri di ossifica zione delle vertebre anche distinti, e le .sutture del- le ossa. del cranio, e. della mascella superiore per modo aperte, che ho potuto colla massima facilità staccarne le diverse frazioni , e rappreseritarle in tan- te figure separate. Credendo io di far cosa grata ai coltivatori dell’ anatomia comparata ho voluto far recedere alla descrizione dellò intero scheletro quel- a delle singole ossa del capo disgiunte, onde ren- ere così più compiuta la storia osteologica dell’ ip- popotamo . Ossa del cranio. Quantunque parecchie ossa principali del cranio, l’ occipitale p. e., lo sfenoide, il frontale, sieno an-. cora suddivise in varie porzioni ugualmente che nel feto, o nei mammiferi molto giovani; altre però co- me il frontale coll’ etmoide e la porzione anteriore dello sfenoide, i parietali tra loro , sono così stret-. tamente unite che mi è stato impossibile il separar-. le, volendo pure conservarle intatte, ed in tale con- dizione da poterle di nuovo riunire. Tuttavia con- servandosi ancora apparentissime le suture ne ho se- guiti esattamente i limiti, come meglio apparirà . dalle figure che passo a descrivere. 1. Occipitale ( Tav. I. fis. 1.* veduto esternamente. di fianco ; fig. 2.* veduto nella faccia interna (1). . il. Quest osso è ancora diviso nelle quattro sue por- « Zioni lambdoidea“cioè ; o superiore; 4, condiloidee, PRA TAL RERRE OA pegnen DTTE, Blei è IE ET a : PRE 2 Di LAVIS TRI PIO, TE VARIO (©) Tutti i pezziisono in queste figure ridotti ad un quarto della grandezza naturale. Nelle descrizioni considero la testa collocata oriz- zontalmezite, e le singole ossa come se giacessero nella naturale loro Pa ® Pal - ta DI ‘0 laterali 23, e basilare od inferiore, c; la porzione lambdoidea è la più estesa e robusta, la maggiore sua larghezza è di 164 millimetri, l'altezza di 0,122, l'esterna superficie alquanto convessa pre- senta in 4, la tuberosità media molto prominente ed aspra, e che si continua nella spina, e, estesa in- feriormente fino al punto d’ unione delle regioni con- diloidee tra loro, giacchè la predetta porzione lam- bdoidea non arriva, come ordinariamente succede nei mammiferi , al foro occipitale, a comporre la periferia del quale entrano soltanto le altre tre re- gioni dell’ osso. Poco sopra la detta tuberosità , a destra ed a sinistra vedonsi due estese superficie’, ff, scabre ed irregolari, prolungate fino al margine della cresta occipitale superiore, gg. Questa cresta si compone quasi di due semicircoli toccantisi ad . angolo acuto colla: loro interna estremità, giacchè dal centro del lembo parietale della stessa porzione lambdoidea sorge una grossa e lunga apofisi, &, che si interpone prima agl’ angoli posteriori-superiori dei parietali', e si prolunga in seguito fino a coprire il terzo posteriore della suttura sagittale (a, fig. 8). Alla base di questa apofisi, cioè 0,045 sopra la tu- berosità occipitale vedesi un piccol foro , i; il qua- le mette in un canale lungo, 0,072, chè attraversa- ta obliquamente la sostanza dell’ osso si apre nella di lui faccia interna o cerebrale in, X, destinato pro- babilmente al passaggio di vasi emissarii. L' interna superficie della porzione lambdoidea entra soltanto con una piccola frazione centrale ed inferiore a com- C_—__mo;7T7.———mn= posizione. Per non aver bisogno di nominare così spesso le figure mon ho ripetute le stesse lettere in quelle che rappresentano un 0ss0 solo veduto in varie posizioni se non allorquando segnano la medesi- ma cosa, di modo che sarà ben facile il ritrovare la lettera indicata © nell’ una o nell’altra delle due figure rappresentanti ciascun 0530 + La figura sarà citata solo nel caso in cui appartenga ad un osso di- verso da quello che descrivo + 29 porre parte ‘dell’ ossea. parete: della cavità cerebrale, giacchè il rimanente s' addossa , e raddoppia i pa-,' rietali, ed i temporali. Quel tratto perciò di que- sta superficie che tocca gl’ inviluppi cerebrali è lar- go appena; 0,082, ed alto 0,057; è quasi piano, soltanto legermente prominente nel centro ,- coperto di molti forellini pel passaggio dei vasi nutrizii due dei quali molto ampii, /Z, sono colocati presso la suttura. lambdoidea . Il lembo corrispondente. dei parietali sormonta alcun poco nell’ interno e verso il centro l’ occipitale formando una grossa ed aspra spina in (aa fig. 9) per l'inserzione del tentorio, lasciando al disotto una profonda doccia pei seni laterali della dura madre. Il giro della larghissima ed aspra superficie mediante la quale l’ occipitale si articola coi parietali, e coi temporali è di 0,220, e la massima sua larghezza arriva ai 0,057. Le due porzioni condiloidee o laterali riunisconsi tra loro in, m, pel tratto di, 0,025, ed il foro oc- cipitale perciò è superiormente circoscritto dalle me- desime. Misurando dall’ una all’ altra punta artico- lare, 2n, di queste porzioni coi temporali hassi la maggior larghezza dell’ intero osso occipitale che è di 0,264. Ciascun condilo, xv, ha la figura /di un mezzo cono colla base incavata e del diametro di 0,052 diretta obliquamente verso il foro occipitale, essendo l’ asse lungo , 0,062. I fori condiloidei infe- riori, 00, di figura alquanto irregolare hanno il diametro maggiore di 0,013; non esistono fori con- ® diloidei superiori per i vasi emissarii, invece se né ‘ trovano due da ciascun lato superiormente dove que- st’ osso si unisce al temporale, che considerare si potrebbero come gl’ analoghi anche dei mastoidei; comunicanti con un doppio canale, 77, scavato in. parte nell’ occipitale, in parte nel temporale, e che termina nella faccia interna presso la fossa che con-.. tiene l’ estremità dei seni laterali 4 Una profonda | (1 23 incavatura , larga nel centro, 0,026, separa i con- dili dalla porzione mastoidea, 9 9g, dell’ occipite non tanto prominente, ma molto larga per la ferma ar- ticolazione coi temporali. L' interna superficie di queste regioni condiloidee può essere divisa in due porzioni l’ una, rr, levigata, regolarmente concava, formante gran parte del canale occipitale, l’ altra, ss, aspra e disuguale per l’ articolazione col tem- porale , e la formazione del foro lacero posteriore. Il lembo superiore articolantesi colla porzione lam- bdoidea è in ciascun osso candiloideo lungo, 0,002, largo al centro, 0,024; la massima larghezza della faccia temporale è di, 0,082, la lunghezza al cen- tro di 0,041, Il canale occipitale corrispondente- mente al centro dei condili è largo, 0,068, La porzione basilare non è molto ampia in pro- porzione della mole dell’ occipite, la sua faccia in- terna è legermente concava, l’ esterna molto con- vessa verso l’ estremità che tocca lo sfenoide. Il margine occipitale, Z, molto sottile incavato in arco di circolo ha il diametro di, 0,038, la massima lunghezza dell’ osso è di 0,065, la larghezza di, 0,080, la grossa estremità sfenoidale è alta: 0,033, larga, 0,049; la suttura d’ unione colle porzioni la- terali è lunga, 0,062. Il canale ed il foro occipita- le, come lo abbiamo detto, è formato soltanto dal- la riunione degl’ ultimi tre pezzi, non è circolare, ma oyoide trasversalmente, per modo che l’ asse dall’ uno all’ altro condilo è di, 0,067, ed il dia- metro verticale di soli, 0,044. 2. Sfenoide (fig.. 3. e 4. le due porzioni vedute ester- namente ; fig. 5. la porzione posteriore rovesciata all’ indietro e veduta quindi nell’ interno . ) Anche lo sfenoide è interamente diviso nelle due regioni anteriore e posteriore: quest’ osso è molto 24 lungo, ma piuttosto ristretto, la totale sua lun- ghezza misurato esternamente dal margine del lem- bo occipitale del corpo , 4, alla punta della lungà apofisi azigos, o spina media, 4, è di, 0,154, la massima larghezza, cd, della porzione posteriore è di, 0,126. Esaminato l’osso intero nell’ esterna superficie : presenta posteriormente i processi pteri= goidei molto prominenti, soltanto però nell’ ala in- terna, ee, terminata dalla grossa e breve apofisi uncinata, f, e formante un pezzo staccato, unito per suttura al rimanente dell’ osso come si vede in, gg. Il corpo è interamente solido nella porzione posteriore , giacchè i seni nasali appena si insinua- no alcun poco nel pezzo anteriore ai lati della spi- na media , ed alla di lei base, 4. Lateralmente al corpo nel punto in cii si uniscono le due porzioni formasi un ampio e semplice foro di figura quasi circolare , di 0,018, di.diametro il' quale rappre- senta la fessura sfeno orbitale, ed ; Tori rotondo , ed ovale riuniti. Il foro ottico, XX, in proporzione della mole del capo assai piccolo, avendo il diame- tro di soli cinque millimetri è colocato presso l° e- stremità anteriore dello sfenoide, molto lontano quin- di dal gran foro orbitale sopra indicato. La spina ‘ media , o rostro , è, lunga settanta millimetri co- pre , e sostiene l’intera lamina verticale dell’ etmoide colla quale è stabilmente incorporata , non esistendo più verun indizio di suttura, e comincia a mostrarsi prominente su tutta la metà anteriore del corpo. A destra presso la radice del rostro, situato l’ osso nel- la naturale posizione, colocasi il cornetto sfenoideo dell’ etmoide (i, fig. 6.) formante un ossicino tri- angolare interamente isolato, lungo quaranta milli- metri, largo diecinove , il quale nel lato opposto è interamente unito alla porzione orbitale dell’ etmoi- de in modo da non-apparir traccia della precedente separazione. La faccia interna o cerebrale dello sfe- 25 noide è molto più estesa in larghezza nella regione posteriore che nella anteriore, arrivando codesta di- mensione nella prima regione ai, 0,112, e nella se- conda soltanto ai 0,078; la totale lunghezza poi di questa stessa superficie è di, 0,098. Dei processi clinoidei che circondano ordinariamente 1’ incavatu- ra contenente la glandola pituitaria esistono, ma anche poco prominenti, soltanto i posteriori, /Z, al disotto dei quali è scavato un profondo solco , 72, » per la carotide interna , circoscritto esternamente da una piccola spina, n, alla radice della quale si vede un foro, 0, destinato a riceyere dei vasi nu- trizii dell'osso. La fossetta p, entro la quale giace la glandola pituitaria è poco profonda , circolare , del diametro di, 0,015, anteriormente ad essa la superficie dell’ osso si fa alquanto convessa al centro continuandosi sotto questa forma fino alla sua arti- . colazione coll’ etmoide : l’ apertura interna del ca- nale contenente il neryo ottico, lungo trentasei mil- limetri, mostrasi sotto la forma di una fenditura trasversa alta appena quattro millimetri al di dietro della quale il margine superiore, g, del gran foro orbitale protubera alquanto in, », unico rudimento dei processi clinoidei anteriori, Lateralmente alla sella turca vedesi un profondo solco, ss, che at- traversata tutta la faccia interna della regione po- steriore dello sfenoide arriva al margine inferiore , t, del foro orbitale maggiore; questo solco perciò contiene le tre branche del quinto pajo unitamente agl’ altri tre nervi estrinseci dell’ occhio. Tra la. suttura d’ unione dell’ ala anteriore dello sfenoide, uu, coll’ angolo anteriore inferiore del parietale scorre un canale osseo lungo , 0,028, contenente l'arteria meningea , lo sbocco esterno del quale , abbastanza ‘ampio, si vede in, vv, quasi alla metà del margine laterale della porzione anteriore. Il cor- po dello sfenoide è molto ingrossato nel punto in 26 | cui unisconsi le due regioni, la di lui sezione per- pendicolare ha la forma quasi circolare del. diame- tro di trentacinque millimetri. i 3. Etmoide (fig. 6, veduto dalla faccia inferiore, con- tenuto nella incavatura del frontale dal quale non si è potuto staccare), Quest’ osso non è di struttura tanto complicata come suol essere nel maggior numero dei mammife- ri anche erbivori, giacchè le due masse laterali formano pochi ravvolgimenti spirali, o turbinati, La linea punteggiata, «4, segna i limiti tra que- st'osso ed il frontale nella regione orbitale a de- stra, è stata condotta arbitrariamente mancando qua- lunque indizio di suttura , ed essendo la superficie orbitale dell’ etmoide interamente confusa ed imme- desimata col frontale : esiste soltanto dallo stesso lato in 3, la suttura che distingue dal rimanente dell’ osso il cornetto sfenoidale rappresentato a par- te nella vicina figura segnata i. La lamina verti- cale, c, oltrepassa appena la metà della lunghez- za delle masse etmoidali laterali; la di lei maggio- re altezza anteriormente è di settanta millimetri, in alto poggia contro la suttura media del fronta- le, le lunghe apofisi nasali, 44, del quale oltre- passano l’ etmoide , e vedonsi perciò scoperte in, e, anteriormente alla lamina verticale tra le due mas- se etmoidali. La lamina cribrosa, f, è suddivisa in due profonde incavature mediante la spina, me- dia, g, analoga all’apofisi cristagalli; e continua- zione della lamina verticale ; ciascuna delle due in- cavature ha la forma di un ovato l’ asse del quale obliquamente diretto dall’ alto al basso è di trenta- due millimetri, ed il diametro trasverso di vent’ uno. La totale lunghezza delle masse laterali arriva ai 0,142.; la loro superficie rivolta verso il setto del- | 2 le narici è suddivisa: da ‘ciascuna parte in tre. n cipali accartocciamenti o turbinati, il superiore mol- to più voluminoso è anche il più semplice, nella scanalatura che lo divide dal secondo esiste un am- pio foro pel quale si entra nel seno frontale. Il se- condo ravvolgimento, semplice alla sua origine si suddivide nella estremità che guarda il setto in due masse ripiegate in senso opposto , in alto cioè, ed in basso, e distinte da profondo solco. L’ ultimo turbinato etmoidale esso pure molto complicato di- scende fin presso il piano inferiore delle fosse nasali empiendone tutta l’ estremità superiore; molte aper- ture colocate nel solco interposto a questi ultimi | due turbinati comunicano colle numerose cellule et- moidali medie , ed inferiori. Nella descritta fig. la porzione , 4, del sinistro palatino che non si è po- tuto staccare copre la maggior parte della massa laterale corrispondente dell’ etmoide . 4. Frontale (fig. 6. veduto nella faccia inferiore unito all’ etmoide ; fig. 7. veduto esternamente) . Anche in quest osso è aperta la suttura media che lo divide in due porzioni, però cominciava d’ essa ad obbliterarsi verso l’ estremità articolantesi coi parietali. La massima lunghezza dell’ osso dalla suttura coronale 4, fig. 7 all'estremità dell’ apofisi nasale, 4, è di 0,194. La massima larghezza che cor- risponde all’ estremità superiore dell’ arco sopraorbi- tale, ii, arriva ai, 0,242, L’ esterna superficie del- l'osso apparisce molto incavata verso il centro per- chè la volta orbitale è molto prominente; è sparsa di fori e solchi irregolari pel passaggio di vasi nu- trizzi; la linea, XX, circoserive la porzione ante- riore dell’ osso coperta dai nasali, e terminata in quattro apofisi o spine, due medie, dd, due late- rali, /Z. Posteriormente all'arco sopraorbitale sor- 28 ge una piccola cresta, mm, resa più prominente dal lembo corrispondente del parietale, e che cir- coscrive la regione anteriore della fossa temporale: queste due linee prominenti convergono all’ indietro verso la suttura coronale dove le loro estremità so- no distanti solo quarantàquattro millimetri. L’ arco sopra orbitale, 77, è esternamente aspro, disugua- le, molto robusto, rappresenta un arco di circolo molto aperto, la corda del quale è di, 0,062. La re- gione orbitale , 00, del frontale è profondamente in- cavata in forma di doccia assai larga verso il margine orbitale superiore, ma internamente dove si unisce all’ etmoide si fa molto prominente. Presso il margi- ne posteriore di questa doccia, ed in vicinanza del lembo che si unisce collo sfenoide esistono i due fori orbitali interni molto ampii , il posteriore p, pel nervo nasale della branca oftalmica, l’ anteriore, g» pel passaggio di vasi, e trovasi difatto collocato alla estremità di una profonda doccia scavata in parte anche sulla superficie orbitale dello sfenoide, e contenente i grossi tronchi diramazioni della ma- scellare interna che dà anche la meningèa, pene- trante nel cranio mediante il foro situato nella op» posta estremità della doccia. Il margine orbitale superiore del frontale è intero nè esiste foro o scis- sura sopraorbitale. Anteriormente la lamina orbi» tale », discendendo quasi verticalmente per unirsi alla corrispondente regione dell’ etmoide si allontana dalla lamina superiore od esterna dell’ osso, intercet= tando così uno spazio triangolare non molto esteso , e chiuso internamente dall’ etmoide , spazio forman- te il seno frontale, in proporzione del volume del- l’ osso assai piccolo avendo di larghezza, 0,058, e di profondità , 0,052. Misurata la distanza che passa dal foro ottico al centro del margine orbitale del frontale, e quindi la profondità dell’ orbita, si è trovata di 0,120, il foro intraorbitale anteriore è 2 distante dallo stesso margine ottanta millimetri . Pic- cola porzione dell’ osso entra a comporre la parete interna della cavità cerebrale, e questa superficie interna è incavata nel centro, s, dove si inserisce la falce, ed è contenuto l’ incominciamento del seno longitudinale superiore. Dal margine della incava- tura etmoidale alla suttura coronale avvi la distan- za di, 0,042., ed il diametro trasverso della cavità del cranio corrispondentemente al frontale è di no- vantasei millimetri. 5. Parietali (fig. 8. veduti esternamente ; fig. 9. rove= sciati all’ indietro onde se ne veda l’ interno). Le due ossa sono rappresentate unite perchè la suttura sagittale è nell’ esterno interamente oblite- rata, rimanendone appena un indizio nella superfi- cie interna. Ciascun osso ha la forma di un qua- drato irregolare , essendo molto più lungo il margi- ne anteriore del posteriore, e molto più prominenti gl’ angoli anteriori-inferiori. Le linee aspre che da ciascun lato del cranio circoserivono superiormente le fosse temporali, al centro dei parietali si tocca- no, e si confondono in, è, divergendo tra loro tan- to anteriormente che posteriormente in modo da cir- coscrivere due spazii angolari, ac, coperto il primo dal prolungamento dell’ occipite . L’ esterna superfi- cie di queste ossa è piuttosto levigata, appena con- vessa al centro, ma molto ellevata tanto verso il margine anteriore sovraposto al frontale, quanto ver- so il posteriore ascendente fino alla cresta ‘occipita- le. Presso l'angolo posteriore inferiore esistono tre forellini, 4, nel parietale destro, ed uno solo, ma molto più ampio nel sinistro, péi quali passavano probabilmente dei grossi rami emissarii dell’ arteria meningea, giacchè comunicano con un largo, e lun- go canale che scorrendo pel tratto di sessantaquattro :30 millimetri tra la parte squamosa del temporale, ed il corrispondente lembo del parietale termina in- ternamente nel cranio nella principale incavatura formata dalla predetta arteria. Presso l’ angolo an- teriore superiore si prolunga in avanti una lunga a- pofisi, ff, tagliata obliquamente dall’ esterno al- l’ interno, e divergendo dall’ opposta s’ addossa al frontale seguendo la direzione della linea prominen- te, mm, fig. 7, che in quest ultimo osso circoseri- ve, come si è detto, la fossa temporale . L° angolo anteriore inferiore, gg, non tanto prominente ma robusto e disuguale è ricevuto in una profonda in- cavatura delle ali maggiori dello sfenoide. Presso il margine occipitale queste ossa si restringono, ma in- grossano enormemente avendo la spessezza di trenta sei millimetri; 1 angolo anteriore inferiore è come troncato obliquamente, ed ha una spina acuta, 4, molto prominente che s’incastra nella corrisponden- te regione del temporale. Anteriormente le due os- sa unite hanno la periferia di 0,283, laddove nella regione posteriore arriva appena ai 0,190. Presso il margine inferiore l’ esterna faccia, ii, di ciascun parietale è aspra, irregolare perchè coperta dalla regione squamosa del temporale che vi è sovraposta per l’ estensione in altezza di 0,041. La totale lun- ghezza dell’ osso presa dai due angoli superiori è di 0,102, e quindi molto più lungo il margine infe- riore, o temporale che arriva ai, 0,138. Presso il lembo frontale del parietale sinistro si vede in, kk, un ampio foro con margini irregolari e laceri pro- dotto per quanto apparisce da un colpo d’ arma da fuoco. L’ interna superficie dei parietali è regolar- mente concava , quivi al centro esiste ancora traccia evidente della suttura sagittale , 2, sulla quale 1’ os- so è incavato in una larga ma poco profonda doc- cia continuazione di quella che incomincia al cen- tro della faccia interna del frontale, contenente il 3I seno longitudinale superiore ; d’ essa s’ allarga anche di più posteriormente dove è come divisa in due canali laterali mediante la grossa e breve spina , mn, corrispondente al punto d’ unione degl’ angoli poste- riori superiori. Tanto la predetta spina, quanto la superficie dei canali laterali sono sparse di molti forellini ed asprezze pel passaggio di vene nutrizie, e per la più ferma adesione degl inviluppi cerebra- li. L’orlo interno del lembo posteriore dei parietali è prominente perchè al di dietro di esso, e sulla suttura lambdoidea colocansi i seni laterali. Nella faccia interna dell’ angolo sfenoidale , g fig. 9, ve- donsi i profondi solchi ramosi dell’ arteria menin- gea, i principali dei quali situati nel ceutro del- l'osso si prolungano fino alla suttura sagittale : po- chissimo apparenti sono le fossette e prominenze se- gnate dalle circonvoluzioni intestinuliformi del cer- vello. Essendo, come abbiamo detto , i parietali molto grossi, e tagliati per lo più obliquamente dall’ indentro all’ infuori nei loro margini, l’ inter- na superficie è molto meno estesa dell’ esterna; an- teriormente sulla suttura coronale gira, 0,198, e posteriormeute , 0,140. La lunghezza del lembo su- periore è di, 0,083, quella dell’ inferiore , 0,086. 6. Temporali (fig. 10. temporale sinistro poggiante sul- la faccia interna, e veduto quindi esternamente , e superiormente ; fig. 11. lo stesso veduto nella faccia interna.) I temporali sono robusti e pesantissimi, ma poco estesi singolarmente nella regione squamosa ; la prin- cipal massa è formata dalla porzione petrosa , e dal- la robusta apofisi jugale, non esiste più traccia di quelle divisioni che nel feto, o nell’ animale giova- nissimo mostrano tanti centri distinti di ossificazio- re, circoscrivendo così, e separando le varie por- .32 zioni dell’ osso. La parte squamosa , aa, ellevasi ap- pena all'altezza di quaranta milimetri; esternamen- te è convessa, levigata, ed uguale, terminata in alto in un margine scindente, 2, legermente inarcato con dentellature che si applicano sulla esterna faccia del parietale: 1’ interna superficie, c, di questa medesima porzione squamosa è tutta sparsa di solchi e promi- nenze irregolari, coprendo ‘la regione inferiore del parietale, perciò piccolissima parte dell’ osso tempo- rale entra a comporre l’ interna parete cerebrale del cranio , e quella soltanto sulla quale è scavato il foro o fossa uditiva interna, circoscritta nella fig. 11. dalla linea, ddd. Osservata la grossa apofisi jugale nel luogo dove si stacca dalla parte inferiore della regio- ne squamosa, si vede che il di lei margine superiore, ef, prolungasi sull’ osso stesso in una rillevata spina diretta orizzontalmente all’ indietro, ascendente alcun poco verso la sua posteriore estremità, f, dove termi- na nel punto in cui il temporale si articola coll’ an- golo posteriore inferiore del parietale ; formando così questa linea prominente come la continuazione del- la cresta occipitale che limita posteriormente, ed. esternamente la gran fossa temporale. Al di sotto di questa spina jugale del temporale trovasi in, g, l’a- pertura esterna del meato uditivo, di forma ovale ed assai piccola, non oltrepassando il di lei diametro i nove millimetri ; invece il meato, o canale uditivo osseo che incomincia da questa apertura, e termina nella cavità del timpano è lungo ottantatre milli- metri. Nella interna superficie dell’ apofisi jugale le- germente incavata, e larga settantatre millimetri e- siste un foro, 4, comunicante con un lungo canale , il quale dopo avere alla base della porzione squamo- sa, attraversata tutta la grossezza dell’ osso per l’ e- stensione di, 0,058, si apre nella fenditura, è , in- terposta alla estremità anteriore della porzione squa- mosa ed alla cassa del timpano, analoga alla fessura 33 del Glaser . Dalla radice dell’ apofisi jugale si prolun-. a obliquamente in basso una seconda spina la qua- le limita esternamente la superficie articolare che riceve il condilo della mascella inferiore; internamen- te poi questa stessa superficie è circondata da un mar- gine assai prominente che è in continuazione col lem- bo inferiore. dell’ apofisi dell’ arco zigomatico. Questa fossa articolare legermente incavata trasversalmente nel centro è lunga 0,092, larga, 0,053, non è accer- chiata da apofisi robuste, o molto prominenti, e perciò la mascella inferiore può eseguire liberamente in qua- lunque direzione i diversi movimenti, come sucede generalmente nei grandi erbivori. Siccome 1’ osso ju- .gale si prolunga molto all’ indietro , così la di lui e- stremità posteriore applicata contro l’apofisi jugale si estende fino a formare piccola pòrzione del margine anteriore della descritta fossa articolare. La estremità dell’ apofisi jugale incurvata quasi a semicircolo al- lo indentro , è tagliata obliquamente nella sua fac- cia esterna in tutto quel tratto che si applica sul jugale, e che si estende a novantasei millimetri. Le superficie colle quali il jugale, e l’apofisi corrispon= dente del temporale si toccano sono levigate , senza incavature o prominenze; per modo che è un sem- plice addossamento di ossa piuttostochè una vera u- nione per suttura . La regione mastoidea, 77, molto robusta e disu- guale per la ferma articolazione colle regioni late- rali dell’occipite, non è tanto prominente ma solida nell’ interno per cui alla medesima non si ‘estendo- no , almeno negl’ individui giovani, le cellulosità o concamerazioni comunicanti colla cavità del timpano. Tra la porzione mastoidea e la cassa scorre un’ am- pio e profondo solco, nm, il quale, articolato 1’ os- so colla corrispondente porzione dell’ occipite , for- ma la continuazione del acquedotto del Folloppio contenente il nervo comunicante della faccia, che Tom. I. 3 n 34 ta esce pel foro stilo mastoideo al quale termina il _canale medesimo. i | go La porzione petrosa , 7, è in proporzione del ri- manente dell’ osso ben poco estesa, lo è alquanto di più la cassa, o tamburo, 0, riempiuto interna- mente da larghe cellule ossee comunicanti tra loro, e colla cavità del timpano. La maggior lunghezza del tamburo è di 0,052, largo alla base, 0,033; termina all’esterno in un margine ottuso molto ri- stretto: sul di lui lembo anteriore è scavato un pro- fondo solco, 7, penetrante nella cavità del timpa- no, e che rappresenta la porzione ‘ossea della tuba Eustachiana. La fossa uditiva interna, g, poco pro- fonda è suddivisa come in due porzioni mediante una spina ossea prominente che si interpone ai due rami del settimo pajo dei nervi cerebrali l’ acustico cioè, ed il comunicante della faccia. Una profonda fenditura terminata da una parte alla fessura del Glaser , 7, dall’ altra all’ estremità del canale, nm, contenente il comunicante della faccia, mantiene an- cora separata internamente la rocca dalla porzione squamosa e mastoidea dell’ osso, e quella vedesi in perfetta continuazione eol tamburo le pareti del quale sono levigate, dure , compatte come lo è la stessa rocca ..Il lembo posteriore, r/, dell’ osso tem- porale che si articola coll’ occipite e col parietale è molto aspro, disuguale , lungo, 0,134. Misure della cavità cerebrale del cranio . Avendo riunito insieme parecchie delle ossa del cranio in modo da potere esaminare l’ interno del medesimo contenente la massa encefalica, ho trova- to che la maggior lunghezza di questa cavità presa dal centro della spina etmoidale, all’ angolo inferiore della faccia interna della porzione lambdoidea del- l’occipite è di 0,140. La. maggior larghezza, che 35 corrisponde quasi al centro del lembo inferiore dei parietali è di, 0,115. Da questo punto tanto ante- riormente , quanto posteriormente codesta cavità va ‘gradatamente impiccolendosi, per modo che la di lei forma generale è quella di un ovato quasi regolare veduta dai lati, e superiormente; nella regione po- steriore però non si restringe tanto come nell’ ante riore, continuandosi col largo canale occipitale. L'altezza massima della medesima., che corrisponde al centro” della fossetta media della sella turca, ed al terzo posteriore della suttura interparietale arriva ai novantotto millimetri. La misura poi presa dal centro del lembo superiore della incavatura etmoi- dale del frontale, seguendo la faccia interna della volta del cranio fino al centro del margine superio- re del gran foro occipitale è di 0,221, e la totale lunghezza della base del cranio dal centro della cresta etmoidale interna (apofisi cristagalli ) al cen- tro del margine inferiore dello stesso foro, occipitale è di 0,159. La massima distanza delle superficie in- terne opposte dei temporali corrispondentemente, al lembo anteriore dei fori o fosse uditive interne è di 0,109. ' Ossa della mascella superiore. Come ordinariamente accade nei mammiferi l’ os- so mascellare è il maggiore ed il più solido tra i diversi pezzi componenti la mascella superiore, at- torno al quale vengono, quasi direi, a colocarsi tutte le altre ossa della faccia come ad un centro comune. Tutte le sutture d’ unione dei molti pezzi componenti questa mascella erano meno strette di quelle che univano le ossa del cranio, e con mag- giore facilità si son potuti separare totalmente gl’ uni dagl’ altri i diversi ossi. | 36 7. Mascellari maggiori (fis. 12. mascellare destro ve- | duto esternamente ; fig. 13. lo stesso dall’ interno.) La particolarità più singolare che presenta il ma- scellare superiore maggiore dell’ippopotamo consiste nella grossa tuberosità, 4, che termina il di lui lembo anteriore , e che forma il vasto alveolo del- l'enorme dente canino: questa tuberosità allargando molto l’ osso nella regione palatina anteriore rende le due serie dei denti molari, parallelle, anzi tal- volta alcun poco divaricate anteriormente, disposi- zione propria esclusivamente di questa specie, come lo ha dimostrato l’ illustre Cuvier già citato. La straordinaria prominenza dell’ estremità anteriore del mascellare fa sì che la di lui esterna superficie appa- risca verso il centro molto incavata. Il foro infraor- bitale, 2, molto distante dall’ orbita occupa quasi il punto medio dell’ osso ed è molto ampio, di for- ma ovoide, oltrepassando il diametro maggiore i ventitre millimetri. Dalla esterna faccia dell’ alveo- lo del canino prolungasi all’ indietro una grossa spi- na , cd, che scorrendo al disotto dell’ indicato fo- ro termina posteriormente prolungandosi in una lar- ga e grossa apofisi 4, che sostiene e si articola col- l’ osso jugale ; al di dietro di questa apofisi il ma- scellare forma l’ampia tuberosità, e, che contiene gli alveoli degl’ ultimi due molari . La faccia interna o nasale, f, dell’ osso regolar- mente concava e liscia presenta posteriormente in, g, una profonda incavatura entro cui si coloca l’ os- so lagrimale al disotto del quale il seno mascellare si dirige all'infuori, e va ad occupare porzione del- l’ osso jugale; giacchè, almeno in questo individuo molto giovane, codesto seno si estende ad una pic- «cola porzione dell’ osso dal quale riceve il nome, al disopra dell’ alveolo del quarto molare, ed è inve- ce ampliato dal prolungamento discendente del la- 37 rimale che chiude tutta la incavatura, non che dalla sinuosità del jugale. La regione palatina, #, del mascellare è pochissimo prolungata, e di fatto. lo spazio interposto alle due serie dei molari è ri- strettissimo , robusta poi e grossa fuor di misnra è questa regione giacchè l’ aspra superficie, î, che uni- sce tra loro i due mascellari è nel centro larga tren- totto millimetri. Dove termina anteriormente questa superficie articolare, éd in parte ancora al di fuori della medesima si prolunga una fossa poco profonda, k, suddivisa in due da una spina media appena prominente, nella porzione interna della qual fossa an- teriormente si colloca l’ apofisi palatina dell’ interma- scellare, posteriormente la punta del vomere ; la por- zione esterna anche più incavata si prolunga sull’ osso intermascellare , e termina nella di lui incisura pala- tina. Probabilmente questa seconda fossetta è para- | gonabile a quella che negli altri mammiferi , e prin- cipalmente nel cavallo contiene l’ apparecchio di per- fezionamento dell’ organo dell’ olfato detto dallo sco- È pritore organo di Jacobson. La superficie palatina, mm, dell’ osso mascellare è piuttosto aspra presso il margine alveolare, e munita di molti forellini di va- ria grandezza per il passaggio di vasi e nervi che dall’ interno della sostanza ossea discendono alla membrana del palato od alle gengive, giacchè nel- la grossezza della porzione palatina dell’ osso è con-. tenuto un lungo canale formato posteriormente di due rami, uno comunicante colla doccia che con- tiene il nervo mascellare superiore presso la fossa sfeno mascellare ; I’ altro colla incavatura, 7, che scorre tra la suttura d’ unione del mascellare col pa- latino, destinata pei nervi palatini posteriori ; termi- nato anteriormente nell’ ampio e semplice foro, 0, presso il punto d’ unione del mascellare coll’ inter- mascellare, Chiaramente si vede perciò che code- sto canale contiene grossi filamenti nervosi, e vasi 38 insigni produzioni del mascellare superiore, e delle. arterie che accompagnano il medesimo, e che lun. go il tragitto distribuisce ramificazioni ai denti mo- lari superiori, al canino, ed alla membrana corri- spondente del palato. La continuazione poi di que- sti vasi e nervi dopo che è discesa pel foro, 0, verso la punta del palato scorre per un breve cana- le, scavato nella faccia palatina dell’ intermascella- re, e che termina al foro palatino anteriore. Non parlerò nè del margine alveolare , nè dei denti, giac- chè tali parti saranno esattamente descritte allorchè tratterò delle dimensioni dell’ intera testa, 8. Intermascellari (fig. 14. il destro veduto esterna- mente; fig. 19. lo stesso dalla faccia: nasale . ) La regione alveolare, o la parte estrema di queste ossa è assai larga, e robusta dovendo sostenere i quat- tro incisivi superiori molto grossi, e profondamente impiantati. Una larga ed aspra tuberosità, 4, colo- cata al disopra del margine alveolare rende anche. più voluminoso il corpo dell’ osso che sostener. deve il peso dell’ enorme labbro superiore , e delle narici esterne . La superficie nasale, è, è regolarmente sca- vata in forma di doccia, e terminata superiormente nelle due lunghe apofisi la mascellare, c, e la pa- latina; d, tra le quali scorre la incavatura, e, che termina nella incisura palatina, f, in proporzione della mole del capo piuttosto piccola, di forma eli- tica col diametro maggiore di soli dieciotto milli- metri: esternamente a questa incisura , ed in mag- gior prossimità quindi del margine alveolare scorre il canale che termina nel foro palatino anteriore, g - La mole notabile degl’ ossi intermascellari, 1’ ingros- samento e divaricamento «della porzione corrispon- dente dei mascellari fanno sì che l'estremità della mascella superiore sia enormemente larga, dando così 39 al capo di quest’ animale una singolarissima confor- mazione. Notar si deve ancora che gl’ intermascellat! unisconsi stabilmente coi mascellari soltanto in età moltissimo innoltrata . @ Palatini (fig. 16. il destro veduto esternamente ; fig. 17. rappresenta la faccia interna , 0 nasale del medesimo . ) î Queste ossa alquanto estese in lunghezza arrivan- do ai, 0,150, lo sono molto meno in altezza , quan- tunque la piccola porzione, 4, arrivi, come per l’ ordinario sucede fino al fondo dell’ orbita. La regione più robusta è quella che compie posterior- mente. la volta ‘del palato, abbenchè sia molto più sottile della corrispondente regione del mascel- lare maggiore . Il margine posteriore libero di que- ste ossa è legermente incavato a forma di arco nè eccede in ciascuno di essi la lunghezza di trent’ ot- to millimetri. Molto aspra e disuguale si è la super- ficie, è, mediante la quale le due ossa si riunisco- no-tra loro compiendo così la suttura palatina me- -dia, e la volta ossea del palato. Del rimanente queste ossa poco si allontanano dalla condizione or- dinaria, e per la forma loro, e per le relazioni ed unioni colle ossa vicine e del cranio, e della faccia. 1o. Turbinati inferiori ( fig. 18. il sinistro veduto nella faccia rivolta verso il setto delle narici; fig. 19. lo stesso veduto nella faccia opposta .) Queste ossa non sono nell’ippopotamo di struttura molto complicata, la loro massima lunghezza è di, 0,154, la maggiore altezza nella parte posteriore, di soli cinquantaquattro millimetri. Il margine inferio- re, ab, è regolarmente tondeggiante, scorre in li- nea parallella al piano inferiore delle fosse nasali po- 40 I chissimo distante dal medesimo: tanto la superficie interna, quanto l’ esterna sono convesse, e la maggior grossezza dell’ osso arriva ai trentadue millimetri , il margine superiore è tagliato obbliquamente dall’ in- dietro all’ avanti, e perciò il turbinato è molto ristret- to nell’ estremità-anteriore, largo e più rigonfio nella posteriore . Esaminato l'osso nel margine superiore meglio apparisce la di lui conformazione, giacchè si vede composto di una lamina centrale, ccc, median- te la quale si unisce ed è come sospeso alla super- ficie interna dell’ osso nasale; codesta lamina discen- de fino alla faccia interna del margine inferiore do- ve si conforma in due accartocciamenti ripiegati in alto sopra se stessi, ed ascendenti fin presso il lem- bo superiore della descritta lamina, di maniera che uno di questi ravvolgimenti segnato, 4, corrisponde al setto delle narici, e rigonfiasi posteriormente in modo da oltrepassare la laminetta centrale, l’altro, e, rivolto verso l'osso nasale ascende meno , e lascia scoperta porzione della laminetta centrale, ccc, più volte nominata. La superficie interna ed esterna di questi accartocciamenti è disuguale , solcata, e cri- briforme . ; 11, Lagrimali (fig. 20. il destro rappresentato pog- giante sul lembo suo superiore o nasale; fig. 21. lo stesso veduto nella faccia interna .) . Singolarissima e del tutto irregolare si è la forma di quest’ osso, la di lui superficie esterna, 4, poco estesa e legermente concava si. prolunga al disotto dell’ orbita, ed è contenuta tra il nasale, il fronta- le, il mascellare ,, ed il jugale, superiormente ter- mina in un margine tondeggiante, è, che per l’ e- stensione di vent’ un millimetri entra a comporre parte dell’ orlo orbitale internamente. Da questo punto incomincia la faccia orbitale, c, nella quale prg I alla distanza di trenta millimetri dall’ orlo dell’ or- bita è scavata la profonda fossa, d, che contiene il sacco lagrimale , e si prolunga nel canale nasale. Questa superficie orbitale rigonfiasi all’ indietro del- - l'orbita, ed al disopra della tuberosità mascellare in una sottil lamina, e, che chiude il prolungamen- to del seno mascellare; il rimanente dell’ osso è for- mato da lamine molto sottili variamente ripiegate , che riempiono l’incavatura, g, fig. 13 dell’ osso ma- scellare , estendendo il seno di questo nome, facen- dolo comunicare superiormente col seno frontale, e- sternamente col jugale mediante la larga apertura , Ff. La massima lunghezza di quest? osso presa dal- la punta dell’ apofisi, g, che si articola colla fac- cia interna del mascellare, alla tuberosità o rigon- fiamento orbitale, e, arriva ai, 0,124, la. maggior altezza dal lembo nasale, 4; al punto opposto, i, che si approfonda nell’ incavatura del mascellare è di ottantasette millimetri. Quest’ ossò è incastrato profondamente tra le vicine del cranio e della fac- cia per modo che restano visibili soltanto le due su- perficie facciale, @, ed orbitale, ce. i 19. Nasali (fig. 22. il nasale destro veduto superior- mente , ed esternamente ; fig. 23. lo stesso rove- ‘sciato all’ indietro onde” apparisca la faccia in- terna . ) Le ossa nasali sono molto robuste, ristrette, e di forma allungatissima , arrivando la loro totale lun- ghezza ai, 0,324. La superficie esterna, 2, è ugua- le , levigata , legermente convessa verso il centro, appianata alle due estremità ; la massima sua lun- ghezza superiormente dove si articola col frontale è di quarantatre millimetri, laddove nella estremità opposta arriva appena ai dieciotto. Il lembo o mar- gine esterno , 28, conformasi in una lunga superfi- ho cie discendente quasi verticalmente in tutto quel tratto che si articola col mascellare, e coll’ interma- scellare , cioè dal punto, c, fino all’ estremità an- teriore. L’ interna superficie di quest’ osso è molto ir- regolare; superiormente è conformata in una profon- da doccia dd, la quale, unite insieme le due os- sa, compone la volta delle fosse nasali; inferior- mente s' innalza una lamina, ee, molto ellevata, ripiegata alcun poco all’ indentro presso 1’ estremità frontale dell’ osso, e che diminuisce insensibilmente dirigendosi verso l’ estremità opposta dove totalmen- te si perde in vicinanza della spina nasale. Questa lamina tanto prominente nelle fosse nasali può pa- ragonarsi ad un turbinato di semplice struttura, ed infatti turbinato nasale fu detta dagl’ ippotomisti questa stessa lamina ugualmente esistente nell’ osso nasale del cavallo. Sembra però più consentaneo al vero l’ammettere, che detta lamina altro non sia se non il prolungamento del turbinato superiore etmoi- dale, il quale nella sua estremità anteriore , coper- to, anche negl’ altri animali, dagl’ ossi nasali , mol- to per tempo si unisce, e si incorpora coi medesimi per modo che nel separarli si tronca il turbinato stesso etmoidale, e la di lui anteriore estremità re- sta unita al nasale. Collocato infatti quell’ osso nel- la naturale posizione chiaramente si vede la predet- ta lamina continuata col turbinato , e la irregolarità del di lei lembo superiore, f, abbastanza dimostra l’ accaduta rottura. Al disotto della lamina descrit- ta l’ osso nasale forma una seconda incavatura, gg, però molto meno profonda della prima nel solco me- dio, &, della quale si articola il turbinato inferiore. 13. Jugali (fig. 24. il destro veduto esternamente ; fig. 25. lo stesso rovesciato .) Quest’ osso è molto robusto poco incurvato , ester- 43 namente presenta sotto il margine orbitàle una gob- ba segnata, a, molto prominente ed aspra alla qua- le nella faccia interna dell’ osso corrisponde la pro- fonda fossa, 4, in cui termina il seno mascellare dopo avere attraversato, come lo abbiamo detto di- sopra , la parte inferiore ed interna del lagrimale. Il diametro maggiore di questa fossa è di 0,057, il minore di, 0,030, la profondità di venti millimetri. Verso la metà del lembo superiore dell’ osso si vede la profonda incavatura semicircolare, cd, la quale forma l’orlo inferiore e posteriore dell’ orbita , con- tinuandosi anteriormente in 4, colla porzione dello stesso margine formata dal lagrimale, e posterior- mente mediante la lunga apofisi , c , congiungendosi col lembo sopraorbitale del frontale. La parte del- l'osso molto più ristretta che si prolunga all’ indie- tro al di là dell’ apofisi frontale, c, è tagliata. obli- quamente dallo infuori all’ indentro ; e sostiene l’ e- stremità corrispondente dell’ apofisi jugale del tem- porale che compie l'arco zigomatico. Nella faccia interna oltre l’ incavatura , 4, già descritta vedonsi le varie superficie mediante le quali l’ osso si arti- cola coi vicini, e cioè una molto larga ed aspra per molte punte assai prominenti segnata , e, esistente nel lembo superiore anteriormente , in cui si artico- la il lagrimale; una seconda superiore posteriore, f,- per l'apofisi jugale del temporale, ed una terza anteriore inferiore, g, molto estesa pel mascellare maggiore. Nella superficie orbitale esiste un foro, h, piuttosto ampio pel passaggio di vasi nutrizii. La massima lunghezza dell’ osso è di, 0,230, L' al- tezza presa dalla estremità dell’ apofisi frontale, c, al lembo inferiore arriva ai novantatre millimetri. LI 4. ici (fig. 26. veduto dal lato destro nella na- turale posizione inclinato alquanto all’ indietro ; fis. 27. veduto dal lato opposto, ed inclinato all’ avanti onde meglio apparisca il doppio lem- bo superiore .) Quest’ osso ha nell’ippopotamo una forma tale che perfettamente somiglia lo strumento d’ agricoltura dal quale ebbe il nome presso gli antichi anatomi- ci, la sua metà anteriore è diffatti depressa, allar- gata, robusta, coi margini laterali scindenti, inca- vata superiormente , conformata a spina prominen- te nella faccia inferiore, e terminatà in un apice acuto. La metà posteriore è invece compressa, mol- to sottile nel lembo inferiore, incavata a doccia nel superiore. La massima lunghezza di quest’ osso è di 0,367 , l altezza maggiore , 48, di, 0,053, e nella regione anteriore nel puuto, c, si allarga fino ai quaranta millimetri. Il lembo inferiore del vomere dall’ estremità sua posteriore , 4, fino al punto , e, ‘mostrasi sottile , rettilineo, unito, e si approfonda nella suttura d’ unione dei palatini, e della regione posteriore dei mascellari; ma nel punto , e, questo margine si divide in due linee divaricate , ec f, de- stra e ‘sinistra, che riunisconsi di nuovo soltanto al- la punta del vomere circoscrivendo così una larga superficie g, che presenta nel centro anteriormente una spina , 4, alquanto prominente ; superficie. che si coloca nella fossa, %, fig. 13. della faccia interna dei mascellari, interponendosi la spina alla estremi- tà anteriore della suttura media palatina formata dagl’ intermascellari. Il margine superiore, 4i, pre- senta una profonda doccia, nella porzione posteriore ki, della quale è contenuta la spina media dello sfenoide , e nel rimanente la grossa lamina cartila- ginosa che compie anteriormente il setto delle nari- ci. La profondità massima di questa doccia , corri- 45 spondente al punto, /, dell’ osso è di trentacinque millimetri, la larghezza media di quattordici. Il lembo posteriore libero, 72 4, che separa le apertu- re nasali posteriori è sottilissimo , e della lunghezza appena di trentatre millimetri. Mascella inferiore . È questa ancor divisa nella sinfisi del mento , ed i due rami riunisconsi mediante una larga superficie aspra e dentata di forma ovoide un poco irregolare, il diametro maggiore della quale diretto dall’ avanti all'indietro è di, 0,172, il minore di, 0,074. Le altre particolarità di questa stessa mascella relative alle sue dimensioni, e singolarmente poi alla di- sposizione e conformazione dei denti saranno deta-. gliatamente esposte allorchè parlerò dei denti anche della mascella superiore, e, delle misure dell’ intero teschio . \ ( Sarà continuato Y ‘6 ‘Hortus regius Litiniche end descriptus ab Hen- rico Friderico Link &c. Tomus I. Berolini apud G. Reimer 1827. 82, 1% uest’ opera è destinata a contenere la storia com- pleta delle piante, che si coltivano nell’ orto bota- - nico Reale di Berlino, e porge una bella illustra zione non meno dell’ opera anteriore dello stesso Link intitolata. Enumeratio plantarum horti regi bo- tanici Berolinensis altera, che di tutte le opere bo- taniche del Willdenow predecessore del Link nella cattedra Berolinese. Nel presente lavoro il Link, ab- bandonato il sistema Linneano, si è attenuto al me- todo chiamato naturale , e principia coll’ esporre le famiglie delle Graminacee, e delle Ciperoidee . «Le famiglie , ossia ordini, le sezioni loro, ed i ge- neri sono dichiarati per succinti, ed esatti carat teri ; le specie sono esposte per mezzo di caratteri a modo di .descrizioncella , e vengono corredate di ben ponderati sinonimi, tra i quali primeggiano quelli del Willdenow. Troppo vi vorrebbe a dire tutto il bello , ed il buono, che si trova in questo libro; non per questo intendo dire, che tutto vi sia ugualmente bello, e buono, che anzi io mi per- metterò di quì mostrare alcune coserelle , le quali sembranmi meritare o maggiore ponderazione, 0 cor- rezione . Il nome specifico di Hordeum strictum Desf. è pre- ferito a quello di Hordeum bulbosum L. E perchè ciò? Lo Smith, che aveva gli esemplari Linneani sotto gli occhi, ha mostrato bastantemente nella F7o- ra Graeca, che que’ due nomi indicavano la pianta stessa . I Brachyopodium phoenicoides, Hostii, e Plukeneti, che si considerano per tre distinte specie, sono la 7 cosa stessa, cioè la Festuca phoenicoides L. Anche- quì lo Smith ci dà lume, e certezza nella Flora Graeca . . Al Catapodium loliaceum, che è il Triticum lolia- ceum di Smith, è indebitamente riferito il Triticum unilaterale di Villars. Alla Phalaris caerulescens non appartiene Y addot- tavi Phalaris nitida di Pres, la quale è una buona specie per se, vicina alla Phalaris canariensis , seb- bene distinta pel racemo spiciforme assai più picco- lo, e per le due valve esterne della corolla piane, nude , e molto più minute. Alla Festuca ovina di Linneo quivi è cambiato il nome in quello di Festuca tenuifolia , ed alla Fistuca duriuscula L. è dato il nome di Festuca ovina. E perchè fare tale cambiamento? Nè questo era ne- cessario, nè la Festuca ovina L. è in realtà una buo- na specie, bensì è una insigne varietà della Festuca duriuscula L. Chi ha veduto la pianta nel sito nati- Vo, conosce assai bene questa varietà, la quale non emerge con tanta chiarezza dagli esemplari secchi , o da piante coltivate in ristretto, ed in piccol nu- mero . Parimente vanno .riferite a scherzi della Festuca duriuscula L. le quattro specie Festuca pallens, glau- ca, alpina, e amethystina. Le due piante sotto il nome di Festuca pulchella, e nigrescens non sono elleno varietà di un solo , e medesimo tipo ? Le Dactylis glaucescens , hispanica , abbreviata , e capitellata in che dieci aio dalla Dactylis glomerata L? Il Bromus diandrus perchè è | posto diverso dal Bromus matritensis L? Già lo Smith nelle Transazio- ni Linneane aveva mutato il nome di Bromus ma- tritensis in quello di diandrus » Il Bromus maximus Desf. è una lussureggiante va- DI re 43 rietà del ‘Bromus sterilis L., ovvia ne’ campi d'’ Ita- lia, e non è già una specie per se. | Ù La Poa badendis non si può disgiungere dalla Poa» alpina L. L Eragrostis megastackya non è, che una varietà maggiore dell’ Eragrostis poaeformis . Lo Smith ci a- veva giustissimamente avvertiti dell’ identità della specie nella Flora Graeca . L’ Eragrostis verticillata è ‘precisamente identica colla Fragrostis pilosa. Le Sesleria elongata, tenuifolia, e nitida sono scherzi della Ses/eria caerulea communi in Italia. La Digitaria ciliaris non può considerarsi, che co- me una varietà della Digitaria sanguinalis . L’ Anthoxanthum amarum è identico coll’ Anthoxan- thum odoratum . Invece l’ Anthoranthum ovatum di La- gasca è ben diverso dall’ Anthoranthum ‘gracile di Bivona, che il Link gli unisce, e dico questo sulla fede die esemplari autentici dell’ una, e dell’ altra specie . Alla fine dell’ sc hbeliione delle piante graminacee l’autore pone un ragionato discorso sopra quest’ or- dine, dove, premessa l’ anatomia delle parti , ed una ‘descrizione dell abito loro, passa a discutere l’ ipotesi del Raspail sulla formazione del fiore , e degli embrioni contenuti nel fiore, e sulla loro se- parazione dalla pianta madre. Il Raspail, non ha guari, pretese, che Vl aborto, o il mancamento »del nervo di mezzo di una valva del fiore passi a forma- re il gambetto di un altro fioretto, come pure , che gli stami derivino dall’ aborto, o mancamento di un nervo delle squamme del nettario, e che 1’ embrio- ne del seme risulti dal nervo abortito del suo tuor- lo, o cotiledone sotterraneo ; inoltre nega la poten za generatrice , e ravvivatrice del polline , anzi in- il , che questo possegga la virtù di mortificare la base dell’ embrione , affine di distaccarlo dalla fo- glia, donde proviene. La falsità di questa dottrina fu per me già abbastanza mostrata altrove ( Praelect. rei herb. p. 131.), e fu là, che io esposi una ragio- ne, la quale comprende il ragionamento del Link, per abattere così strana ipotesi. Imperciocchè fu per me in .quel luogo dichiarato essere impossibile, che da un nervo di semplicissima struttura nasces- sero cose di struttura tanto complicata, e tra loro diverse. Infatti come mai da. un nervo, il quale pos- siede pochi vasi linfatici, pochissimi vasi tracheali, pochissimo parenchima, può risultare tanta dovizia di vasi linfatici, quanta ve ne vuole per arricchire tutte le parti del fiore, tanti vasi tracheali, quan- ti se ne trovano negli stami, e pistilli, tanto pa- renchima, quanto ne esiste nel solo albume, per non dire poi di tutto ciò, che si trova nell’ embrione della pianta futura? Ora il Link osserva, che il pe- duncoletto , il quale secondo il Raspail nasce dal nervo di mezzo mancato nella valva del fiore, pos- siede tre distinti fascetti di vasi, mentre il nervo, che lo avrebbe prodotto, non ne possiede, che un fascetto solo, la qual cosa essendo assurda, assurda pur anco risulta l’ ipotesi del Raspail. In questa circostanza però io non posso ommettere di osservare, che il Link, allorchè dice, che i pe- rigonii non sono altro, che guaine superstiti di fo- glie, e che le reste sono la lamina di una foglia non bene sviluppata , si abbandona di troppo alle fantastiche teorie di alcuni moderni, perchè di ques sta guisa egli viene a conchiudere, che i perigonii, e le reste sono foglie abortite. Acciocchè questo in- segnamento fosse vero, sarebbe stato prima mestieri dimostrare, che la natura si era prefisso di quivi creare vere foglie , e che poi, cangiato pensiero; le fece abortire. Aborto non è, dove prima non fu nascimento , nè lo stato ordinario delle cose fu mai considerato per un aborto. Tom. I. 4 50 . di L’ Autore finisce questo articolo coll’ esporre una nuova disposizione metodica delle gramigne , per la quale esse vengono divise in Graminacee 1.° con spi- ga unica terminale , 2.° con spighe laterali oltre la terminale, 3.° con pannocchia di glume uniflore , 4.° con pannochia di glume subbiflore , 5.° con panno- chia di glume moltiflore, 6.° con fiori poligami, 7.° con fiori diclinii. Questa distribuzione è al certo utile, ma non perfetta, perchè in una divisione non si da carattere tale, che escluda sempre quello del- la divisione prossima ; voglio dire, che si trovano individui o della medesima specie , o del medesimo genere, i quali partecipano dei caratteri di due , o più divisioni, e con ciò bisogna per lo meno fare violenza ai generi, e lacerarli in brani contro natu- ra per adattarli alle stabilite divisioni , ed avviene persino, che la stessa specie per mezzo de’ suoi scherzi somministri individui , che dovrebbero appar- tenere a due, o più generi, non che a due, o più sezioni diverse. Tanto egli è vero, che questa, al pari di tutte le sistemazioni fin quì conosciute, è opera della mano degli uomini. > Ora vengo ad aggiugnere poche cose intorno alle Ciperoidi, di che il Link tratta in questo libro . La Fimbristylis annua è una mera varietà della Fimbristylis dichotoma . Tutti gli acquitrini del litto- rale d’Italia sono pieni zeppi di questa specie, e varietà, che nascono promiscuamente , e fanno co- noscere tutte le gradazioni dell’ una all’altra. Ac- cade alla Fimbristylis dichotoma quello, che accade al Cyperus fuscus, il quale ora ha valve verdeg- gianti, ed ora nere, o fosche, e non per questo, nè per avere maggiore, o minor numero di spighette se ne sono ammesse due specie, sebbene ciò siasi tentato di fare. Gli esemplari autentici poi dello Scirpus annuus di Allioni esistenti nel mio erbario, e provenienti da Ignazio Molineri mostrano ad evi- i SI denza, che tale pianta è Ila stessissima Fimbristylis dichotoma del Link; o Scirpus dichotomus L., come ‘aveva saviamente detto lo Smith nella Flora Grae- ca, onde anche posto, che la Fimbristylis annua fosse buona specie, il sinonimo dell’ Allioni non potrebbe addursi a lei, siccome vi è stato addotto dal Link. Il Cyperus globosus All. non è altro, che uno scher- zo del Cyperus glaber L. col capolino delle spighet- te fatto sessile , cosa ovvia ne’ Ciperi. L’ Eriophorum latifolium non è l Eriophorum poly- stachyum di Linneo, bensì è l’' Eriophorum pubescens Smith Engl. FI. 1. p. 68. fo |. La Carex schoenoides non è specie diversa dalla Carex divisa . \ | La Carex praecox , che si può chiamare il proteo delle Carici, è identica colla. Carex umbrosa, e la Carex nitida è una varietà della medesima col frut- to glabro, e niente più. La Carex ornithopoda è precisamente la stessa del- la Carex digitata, solo che la prima rappresenta la pianta in fiore, e colle spighette avvicinate , l' altra. rappresenta la pianta in frutto, e colle spighette re- mote, perchè la rachide si è allungata alquanto. Ripetuta osservazione già da molti anni mi accertò di questo fatto, il quale di poi è stato confermato da altri, sebbene qualcuno abbia inteso contradirlo, al certo senza osservazioni sopra le piante vive. L'articolo delle Ciperoidee è chiuso da un discor- so generale sopra quest’ ordine , nel qual discorso l’ Autore espone l'anatomia, le abitudini, le rela- zioni di tali piante, e questo discorso è del più alto Meegto , siccome nello insieme lo è tutto quanto il ibro . AnTOoNIO BERTOLONI. 5a NOTIZIA INTDRNO DUE NUOVI MINERALI SCOPERTI A_Cu- LEBRAS NEL Messico DAL Sic. A. peL Rio. ( Annal. des scienc. nat. Aout 1828. ) Messico il 1.° Dicembre 1827. y I una escursione che il Sig. M. I. de Herrera fece a Culebras, presso il Mineral del Doctor, trovò e- gli un minerale , che rassomiglia al cinabro epatico, accompagnato da mercurio nativo, nel calcare so- vraposto al grès rosso, c me ne dette parecchi pez- | zi. Poco tempo dopo ne ricevetti alcuni altri dal \ colonello Robinson, il quale mi fece sapere nella stessa occasione, che il Dott. Magos aveva estrat- to due oncie, e mezzo di mercurio per ciascuna libbra del minerale. Questo abbruccia al tubo fe- tuminatorio con una bella fiamma violacea , tra- mandando un fumo, che ha l'odore di cavoli impu- triditi, e lascia per residuo una terra bianco-gri- giastra : io gli darò il’nome di miniera rossa . È: ac- compagnato , ed intimamente mescolato con altro mi- nerale somigliantissimo all’ argento grigio, per modo che da prima io stesso sono stato ingannato. La so- la considerazione, che 1’ argento grigio; ed il cina- bro non si trovano uniti me ne fece dubitare. La polvere di esso ‘è più nera, e macchia più di quella dell’ argento grigio : dà al tubo feruminatorio lo stes- so risultato della miniera rossa, ed il suo peso spe- cifico è di 5,56 dopo averlo con diligenza separato dal calcare, che strettamente lo inviluppa. Il peso specifico della miniera rossa è di 5,66, fatta la stessa operazione; peso ben diverso da quello del cinabro epatico, che oltrepassa 5,8. Darò al secondo minera- le il nome di miniera grigia , finchè ne conosceremo la composizione. e 53 . La sua analisi è facilissima, allorquando non si ricerhi grande esattezza. Non si ha che a metterne 5o. grani entro una piccola storta e scaldarlo : poco dopo si vede il mercurio , il selenio, ed un poco di zolfo sublimarsi.,.resta nel fondo della storta ossido di zinco. La polvere grigia, che s'atacca alla parte superiore della storta - sì conosce essere selenio pel colore rosso , che acquista collocata davanti ad una candela, e per la grande lucentezza metallica . La materia, che resta nella storta è ossido di zinco, come lo prova la sua solubilità negl’ acidi, nei quali è precipitato dalla soda, dalla potassa, dall’ammoniaca, e sciolto di nuovo da un eccesso d' acido; al tubo si conosce per la sua fosforescenza nel momento, in cui comincia a svilupparsi il fumo bianco , che s'atacca attorno al carbone, egualmen- te che allo smalto, che forma col borace, e col sale microcosmico è» . Per determinare la proporzione dei principii costi- tuenti l’ ho trattato coll’ acido solforico concentrato, che scioglie il mercurio ed un poco di zinco, in seguito coll’ acido nitrico, che scioglie il resto dello zinco , e dopo coll acido nitro-muriatico per ossida- re il selenio. In questa operazione si separa un gra= no, e mezzo di zolfo senza la minima tinta rossa, e che suppongo puro. Distillato l acido, si sublima nel collo della stor- ta l'acido selenico parte ‘in aghi, e parte sotto for- ma di una massa bianca, densa, e per metà fusa, e semitrasparente ; resta nel fondo solfato di calce derivante dall’ acido solforico impiegato da princi- pio, e dalla calce mescolata accidentalmente col mi- nerale . Ia Da queste esperienze e da molte altre io deduco, che la miniera grigia è composta PA te 94 v di \0 e. fr Di Selenio e 0000 - Zinco i. 006% +24 Mercurio . Lollo Via tia di 155 . . . . . hd \0 * Malef icone Rua se : 99:5 La calce non deve essere considerata che come ac- cidentale (1). Questo minerale è dunque un bdi-sele- niuro di zinco con un protosolfuro di mercurio, il qua- le comunica, per quanto io credo , il colore grigio. Il minerale rosso è un altro bi-seleriuro di zinco, ma con un bisolfuro di mercurio, che comunica il color rosso . Io considero dunque, dietro Berzelius, questi due minerali come dne specie diverse , ugualmente come l’orpimento , ed il realgar. Le formole sono pel minerale grigio, ZrSe4 + HgS, e pel minerale rosso, Z nSe+H gs°. SoPRA UNA COLLEZIONE DI FOSSILI VEGETABILI, ED ANI= MALI, E DI ROCCE DEL PAESE DEI BiRMANI PRESENTATA ALLA SocietA' cEoLogIcA DI Lonpra naAL Sicnor J. Crawrurn. MemorIA DEL Sic. BuckLAND ProrEssoRE DELL’UniversitA' DI OxForp. ( Ann. des Sciens. natur. Juillet. 1828. ) I Sig. Crawfurd raccolse questi fossili durante il suo viaggio sull’ Irawadi in un batello a vapore , —__i==-s= me-i .(3) Distillando il solo minerale dopo aver messo dell’ alceol-nel re- cipiente, vidi nel fondo una goccia d’ un olio, cha dopo kerto tempo coloriva l’ alkool d° un bel giallo, colore, che l’acqua faceva scomparire senza produrre precipitato. Io presumo, che quest’ olio debba essere lo stesso di quello, che Berzelius ha trovato come. risultante dalla mi- | 55 all’ occasione di un ambasciata ad Ava, verso la fine dell’anno 1826. L'autore di questa memoria li giudi- ca di grande importanza per questo, che offrono una risposta alla questione curiosa, e non decisa ancora, se. nelle regioni meridionali dell’ Asia esistono o no avanzi di quadrupedi fossili analoghi a quelli, che trovansi in tanta copia dispersi nel di/uvium del- l' Asia settentrionale , dell’ Europa, e dell’ America. Li documenti, che il Sig. Crawfurd ha sommini- strato consistono in un gran numero di pezzi di le- gno , d’ossa fossili, e di rocce, onde sono formati gli strati, che trovansi seguendo il corso dell’ Irawa- di da Prome sino ad Ava, i quali due punti sono fra loro distanti 500 miglia circa. La maggior parte de’ legni è totalmente convertita in selce; gli altri legni sono calcari, Quasi tutti sono porzioni di gran- di alberi monocotiledoni, che trovati furono nella valle dell’ Irawadi tra Ava, e Prome. Le ossa sono state raccolte in un piccolo distretto, vicino ad al- cune sorgenti di petrolio, distante quasi ugualmente dalle due città sunnominate sulla riva destra del fiu- me. Dall’ esame, che ne ha fatto il Sig. Clift , sembra, che sebbene non v’ abbia alcun osso d’ Elefante fossi- le, sianvi però gli stessi pachidermi fossili, che si associano all’ elefante in Europa, e cioè il Rinoceron= te, l’Ippopotamo, il Mastodonte, ed il Porco. Vi si riconoscono pure due, o tre specie di ruminanti, che somigliano al bue, all’ antilope, al daino, ed in oltre il gaviale, e l’alligatore, ed anche due testug- gini d’ acqua dolce, cioè il trionice, e l’ emide. _ I denti di mastodone appartengono a due specie sconosciute di questo genere; sì l'una, che l'altra scela degl’acidi selenico, e muriatico anidro, col selenio, e se ciò fosse, questi due acidi esisterebbero nel minerale. Il nitrato d’ ar- gento mi ha indicato la presenza dell’ acido muriatico , ma la disso- Juzione nitrica del seleniato d’ argento trattato coll’acqua fredda non diede verun precipitato, forse a mottivo della piccola quantità. ‘56 per la grandezza s’ accosta ai maggiori elefanti. Il Sig. Clift ha chiamata l’ una mastodon latidens , V al- ì tra mastodon elephantoides , 1 denti provengono da ani- mali di ogni età, e fra questi fossili vi hanno pure molti frammenti d'avorio, i quali probabilmente ap- partengono essi pure al mastodonte. Gli avanzi di mastodonte sono i più abbondanti, ed.arrivano al numero di centocinquanta. Vi sono dieci frammenti di ossa di rinoceronte, due di una piccola specie d’ippopotomò, uno di porco, e venti di ruminanti, che somigliano al bue, all’antilope, al daino. Sonvi cinquanta frammenti di ossa di ga- viale, e di alligatore, e venti di emide; e di trio- nice. Uno dei frammenti di emide è sì grande, che. l’animale, di cui fece parte dovette avere molti piedi di larghezza. ) Essendo queste ossa penetrate d’ idrato di ferro, hanno per ciò molta solidità, e trovansi in uno sta- to di perfetta conservazione. Non ve n’ ha alcuno addivenuto siliceo , e per errore è stato detto in al- cuni giornali, che lo erano. Il distretto, ove sono state trovate tali ossa è si- tuato un poco al nord della città di Wetmasut, ed è formato da sabbie sterili. e da strati di ghiaja tagliati da burroni, e riuniti qua, e là in una brec- cia per mezzo del carbonato di calce, ed alcuna volta dell’ idrato di ferro. Sulla superficie di queste colline sono dispersi i frammenti d’ ossa; e di legni) alcuna volta affatto scoperti, nudi, e spogliati ; al- tra volta sepolti per metà nella sabbia, e nella ghia- ja. Molti frammenti di legno trovansi nel fondo de’ burroni. Un terzo circa delle ossa è stato alquanto rotolato, e tutto il resto fu rotto prima di essere de- posto nel luogo, in cui il Sig. Crawfurd le trovò, ove sembra pure siano state disperse , e sepolte per l’ a- zione di quelle stesse acque, che produssero la sab- bia e la ghiaja diluviana, donde poi sono state e- 57 stratte, e lasciate a nudo per l’azione della pioggia, e dei torrenti . i Concrezioni di sabbia, e di ghiaja sono attaccate a molte di queste ossa, ma non contengono alcun indizio di conchiglie, e mineralogicamente differi - scono da tutti i pezzi di rocce di questa collezione; che io giudico appartenenti agli strati terziarj, e di acqua dolce. Trovansi indizj di formazione d’ acqua dolce in un luogo non lontano dalle ossa' fossili ; tali indizj consistono in una marna argillosa cerulea; ricca di conchiglie d'una specie del genere cyrene , grande , e ben grossa . Le rocce terziarie sono 1.° un calcare schistoso di colore fosco, che racchiude molte conchiglie dal Si- gnor Sowerby giudicate identiche con quelle dell’ ar- gilla di Londra; 2.° un calcare giallo, e sabbioso , che contiene conchiglie, e somiglia il calcare gros- solano ; 3.° un grés verdastro, e fino, che somiglia quello della nostra argilla plastica. Quest’ argilla, e questo calcare grossolano somministrano una nuova località di questa formazione da aggiungersi a quelle indicate co' pezzi delle rocce descritte nella prima parte del primo volume della seconda serie delle Transazioni geologiche dal Sig. Colebrooke, il quale aveva già provato l’esistenza di questa formazione verso le frontiere N. E. del Bengala. Il Sig. Crawfurd dimostra chiaramente, che la si- tuazione delle ossa, e l'origine delle colline, che le contengono , non si può ‘attribuire all’ azione del fiume attualmente esistente. Le colline sono sessanta piedi al disopra delle acque più alte di detto fiume. Osserva in oltre, che l’ effetto delle operazioni at- tuali di esso è manifesto nelle isole mobili di li- mo, e di sabbia, che abbondano lungo il corso di un tale fiume, al livello delle sue più alte acque, e nel gran delta di alluvione, che incomincia un poco al disotto di Prome, e si estende sino a Ran- goon , ed al golfo di Martaban. 58 Le ossa, ed i legni moderni, ch'egli vide dispersi in alcune di queste isole, non tendevano già a mi- neralizzarsi, ma al contrario distruggevansi rapida- mente . S | L'esistenza di un sì gran numero di fossili ani- mali analoghi a quelli, che s'incontrano nel dilu- vium di Europa, in una matrice, che somiglia tanto il diluvium, e che differisce tanto dalle alluvioni, e. dagli strati terziarj, e d’acqua dolce dei paesi adia-. centi, sembra autorizzarci a credere questa matrice un deposito diluviano simile al diluvium d’ Europa, formato nella valle dell’ Irawadi, ed irregolarmente sovrapposto agli strati terziarj, e ad altre rocce stra- tificate, che formano la base di questo distretto. Nella collezione oltre gli strati terziarj testè ri- cordati vi hanno pezzi di grauwacke , e di calcare di transizione di molti luoghi distanti dalla valle dell’ Irawadi, fra Prome, ed Ava, ciò che rende probabile, che la rocce fondamentali di questa val- le appartengano alla serie di transizione . i Al nord di Ava vi hanno catene di montagne pri- mitive, nelle quali abbonda il marmo statuario as- sociato, come lo è ordinariamente, all’ ornibleuda , ‘ed al micaschisto . Dunque noi appoggiati alle note, ed ai pezzi pre- sentati dal Sig. Crawfurd, possiamo considerare co- me certo, che il paese dei Birmani contiene non so- lamente gli avanzi degli animali fossili superiormen= te enumerati, ma che un tal paese offre pure esem- pj delle formazioni geologiche seguenti, che posso- no essere risguardate come identiche con quelle del- l Europa, e cioè: 1. A/luvium; 2, Diluvium ; 3. Mar- na d’acqua dolce; 4. Argilla di Londra, e calcare grossolano ; 5. Argilla plastica, colle sabbie, e ghia- je della medesima ; 6. Calcare di transizione, e grau- wacke ; 7. Marmo primitivo, e micaschisto . (Proced. of. the geol. Soc. of. London, 18 Avril 1828.) N 59 DE OVI MAMMALIUM ET HOMINI8 CENESI Ecc. = LETTERA. ALL’AccADEMIA IMPERIALE DELLE ScrENZE DI Pietro- BURGO INTORNO LA FORMAZIONE DELL’ UOvo DE? MAM= \MIFERI E DELL’ vomo, DI CarLo Ernesto A BAER. Lipsia presso Leopoldo Vossio 1827. in4.°, di pag. 40. con una tavola. ( EstrATTO) x uesta memoria quantunque di data piuttosta antica merita che se ne faccia parola trattando un argomento importantissimo , e contenendo parecchie nuove. ed utilissime osservazioni. Il dotto autore si è occupato principalmente dell’ esame di quei feno- meni che si manifestano nell’ ovaja, e nell’ uovo nei primi momenti della fecondazione, e dello svilup- po, ed ha con sodi argomenti e con fatti incontra- stabili dimostrata la grande analogia, anzi quasi di- rei l’ identità di struttura e composizione che esiste tra l’ uovo degli ovipari, e quello dei vivipari, fin dal momento in cui incomincia appena lo sviluppo. Nelle vescichette di Graaf visibili nelle ovaje dei mammiferi e contenenti le vere uova di questi ani- mali, finchè rimangono unite nello stato naturale all’ ovajo, si possono distinguere la parte inviluppan- te o guscio ( putamen ), e la parte racchiusa o no- civolo (nucleus’). Il guscio si compone di uno esterno inviluppo o camicia; chiamato dall’ aut. in- dusium , e che costituisce l’ esterno integumento ge- nerale dell’ ovajo stesso, formato 1.° dall’ epitelio pe- ritoneale ; 2.° dalla tela cellulosa detta anche da al- cuni anatomici albuginea. Questo esterno inviluppo però copre soltanto la porzione delle vescichette pro- minente dalla superficie dell’ ovajo , essendo il’ ri- manente impiantato nell’ interno parenchima di que- sto stesso organo, La seconda porzione del guscio detta capsola (theca), inviluppante tutto intero il nociuolo, è composta; 3.° di uno strato esterno "» 60 sottile, ma tenace, semitrasparente, formato da cellu- losa compatta, munita di molti vasi le estremità dei quali trasmette allo strato che segue; 4.° di uno strato interno più grosso, molle, maggiormente opa- co, l’interna superficie del quale è umida , e. sot- tilmente granelloso-villosa , e 1’ esterna aderisce stret- tissimamente allo strato esterno. É necessario l’ am- mettere la divisione della capsola nei due strati de- scritti, perchè questa disposizione serve a dimostra- re la formazione del corpo luteo. Di fatto quella porzione di essa che dopo la fecondazione si rom- pe ; qualche tempo prima mostrasi sottile ciò che sembra dipenda singolarmente dai cangiamenti effet- tuatisi nello strato interno . Spesse volte infatti ap- parisce nelle vescichette tumide. della scrofa certa macchia pellucida circondata da margini biancastri, drregolari, quasi corrosi, somigliantissimi al. lembo frangiato che cinge da principio l’ apertura del cor- po luteo. Questa macchia , avente forma diversa nel- le varie vescichette , dipende dall’ assottigliamento , e pellucidità parziale acquistata dallo strato inter- no: una tal macchia o stigma non si manifesta sem- pre in tutte le uova mature. Dopo la rottura e Piu scita del nociuolo i descritti inviluppi formano sul- l’ovajo il calice . JIl nociuolo spogliato degli invilup- pi suddetti si compone ancora; 5.° di una membrana granellosa che contiene l’ umore della vescichetta Graafiana, molto somigliante alla membrana del tuor- lo degli uccelli, però non mai tanto sottile e tra- sparente come in questi; 6.° dell’ umore predetto , il quale,.come tutti i fluidi organici, gli escremen- tizii eccettuati, è formato di un'luido nativo , e di granelli innati ; spesse volte però vi sono mescolati ancora dei globoli oleosi. I piccoli granelli sono ir- regolari, quà e là si raccolgono in piccole masse, e somigliano i globoli del tuorlo degli ovipari. Il fluido nativo, analogo alla linfa alquanto addensa- 6: ta, indurisce mediante la bollitura, e l’ immersione nello spirito mostrando in allora la natura del- l’albume dell'uovo. 7.° Entro il descritto umore nuota , od è al medesimo sovraposto il disco proli- gero (discus proligerus), ed il cumolo (cumulus), composti di granelli strettamente uniti, e pel loro bianco colore diversi dagli altri nuotanti nell’ umo- re albuminoso. Il disco proligero è circondato qual- che volta da sottili aloni, e l’ aut. ne me uno ben grande nell’ erinaceo ‘Non è tanto facile il deter- minare la naturale posizione di codeste parti; nel cane, qualche rara volta anche nella scrofa, essen- do molto vicina: l’ epoca della rottura degli invilup- pi trasparisce attraverso dei medesimi assottigliati l’ uovo col proprio .disco. Avendo collo ‘spirito di vino allungato , indurate alquanto le parti trovò il disco giacente sull’ nmore per tal modo addensato, e dire si può che più spesso occupa la parte più pro- minente dell’ uovo di quello che'‘il di lui fondo. La parte più prominente del cumulo è sempre rivolta verso l’ interno ; la di lui forma varia anche nella stessa specie , forse in ragione del diverso grado di sviluppo. 8.° Finalmente nel cumulo, e nello stesso disco proligero è collocato l’ovicino; fu questo con grande sua sorpresa veduto dall’ aut. la prima volta, nuotante entro le vescichette di Graaf di una ‘capra, attraverso degli inviluppi che le uniscono alle ova- je, sotto la forma di un punto di color bianco gial- liccio , che , aperta la vescica, potè estrarre e sot- toporre al microscopio . Ripetute in seguito ‘codeste osservazioni sopra moltissimi altri individui della stessa specie, in veruna delle molte ovaje osservate trovò mancare, nel maggior numero delle vescichet- te almeno, i uovicini visibili attraverso delle mem- branose pareti che le circondano. Tuttavia nelle ca- pre più giovani, per la prima volta fecondate, so- no meno copiose e visibili sì fatte uova, giacchè PO 62 s sembra che dopo il primo accopiamento oltre le uo- va già fecondate altre più celeremente se ne svilup- pino , dal qual fenomeno potrebbero forse ricevere spiegazione le famose osservazioni di Home e Giles che cioè i frutti d’ una seconda fecondazione rasso- migliano spesso molto più al maschio impiegato nel primo accopiamento, di quello che al vero padre. ‘Questi vovicini estratti dall’ ovajo presentano un cen- tro opaco granelloso , circondato da una zona od alone, che mediante l’ ajuto del microscopio appa- risce formato di globetti semitrasparenti strettissima- mente unita all’ uovo, essendo riuscito una sol vol- ta a denudare parte della membrana esterna o cor- ticale. Questa zona, o congerie di granelli non è globosa ma in forma di disco , rassomigliando sotto il microscopio all’ anello di Saturno. La grandezza dei uovicini contenuti nelle vescichette canine va- ria secondo il diverso grado di sviluppo: le maggio- ri hanno il diametro d’ un ventesimo, o di un tren- tesimo di linea del piede parigino; le più piccole , il centro delle quali è anche meno opaco, uguaglia- no appena nel diametro un cinquantesimo di linea . La lamina in forma di anello, o disco proligero esiste sempre; nelle uova meno sviluppate è più sottile, supera circa due volte il diametro dell’ uovo. La parte media strettamente unita al uovicino è mani- festamente più grossa, e cinge per modo l’ uovo da coprire tutta la di lui faccia inferiore. Non manca ne anche il cumulo quantunque nei cani mon sia tanto prominente come in parecchi altri mammiferi. Relativamente alla storia dello sviluppo di sì fat- te parti confessa l’autore di non potere determina- re se si formi prima l’ ovicino, o la vescichetta di Graaf, quello che è certo si è che esiste di già l’ uovo col proprio disco proligero , ed abbastanza visibile, anche nelle vescichette di recentissima |\for- mazione. Molti cambiamenti poi manifestansi in tut-. 63 te le descritte parti nello sviluppo successivo del germe. La membrana granellosa sembra nell’ esterna superficie si cuopra di un sottilissimo strato albumi- noso ; il disco proligero si condensa, l'uovo poco a poco dal medesimo si stacca, inviluppato dalla pro- pria membrana corticale, e circondato dalla zona globulare, semitrasparente. Formasi entro l’ uovo una cavità centrale, tendendo i globetti di cui si com- pone verso la periferia, come succede in qualunque formazione che si dirige sempre dal centro alla pe- riferia. Che all’ innoltrarsi dello sviluppo anche il disco proligero e l’ ovulo s’ innoltrino verso la super- ficie lo dimostra il confronto istituito coll’ uova de- gli altri animali. Nelle vescichette mature finalmen- te lo strato interno della capsola si fa più grosso as- sottigliandosi invece la macchia o stigma. Seguendo laut. il distacco dell’ uovo dall’ ovajo ; e la formazione del corpo luteo stabilisce 1.° che nella parte immersa nell’ ovajo di esso corpo si può discernere un solo involucro corrispondente allo stra- to interno della capsola. 2.° L'apertura del corpo luteo non per anche formato conferma la prima as- serzione , essendo cinta da un peristomio frastaglia- to, che nella vescichetta intera circoscriveva la macchia o stigma esistente, come si è detto, nello strato interno. 3. Espulso il nociuolo della vesci- chetta di Graaf resta ancora qualche poco di fluido albuminoso nella di lui cavità. 4.° Esiste il corpo subito dopo uscito l’ uovo: in un individuo in cui l’ uovo stesso era ancora contenuto entro il canale tubario vide il corpo luteo cavo , largamente aperto , non molto grosso, rugoso nell’ esterna superficie , in- ternamente disuguale, coperto di grossissimi villi, e di ampii vasi visibilissimi senza preparazione veruna e ad occhio nudo . 5.° Ma anche prima dell’ uscita del nociuolo si persuade l’ aut. che lo strato interno della capsola si cambii nel corpo luteo; giacchè 64 aperte nelle scrofe delle vescichette molto tumide,, trovò lo strato interno della capsola molto ingrossa= to, e di colore tendente al gialliccio, coll’ apparen- za in somma propria della cavità d’ un corpo luteo di recente formazione. Sembra quindi che. nell’ in- turgidirsi della vescichetta di Graaf l'interno strato della capsola ingrossi, e rotto l’ esterno involucro, questo contraendosi formi le rughe, e le interne di- suguaglianze del corpo stesso. 0.° In parecchie ve- scichette di scrofe fuor di misura morbosamente in-. grossate trovò pure che l’ interno strato della capso- la acquistato aveva tali caratteri per cui rassomi- gliava ad un vero corpo luteo . 7.° Infine in una giovine donna quantunque le vescichette fossero an- che chiuse, vide lo strato interno della capsola del tutto gialliccio; ed in un’ altra che si era uccisa da se, forse per timore di seguito concepimento , il corpo luteo era anche aperto, e molto maggiore di quello esser lo possa in qualunque bruto mammi- fero, avente però le interne prominenze meno vi- sibili . Caduto 1’ uovo entro la tuba percorre questo ca- nale quasi senza subire veruna metamorfosi, s° imbe- ve soltanto di muco albuminoso gelatinoso per cui aumenta alcun poco di mole cresce l’ interna di lui cavita che si riempie d’ un liquido . Passato nell’ ute- ro più celeremente cresce imbevendosi d’ una maggior quantità di liquidi, e fassi sempre più cavo e tra- sparente. I globoli che da principio ne formavano la massa dirigonsi sempre più verso la Periferia , e dall’ esterna superficie trassudano una materia dalla quale viene composta una sottilissima cuticola, alla cui faccia interna perciò aderiscono i globetti del tuorlo nell’ uovo degli uccelli. Vestigii ‘di villi ap- pariscono nella membrana corticale “anche quando l’ uovo si muove libero entro l’ utero . Quindi la me- tamorfosi dell’ uovo del tutto corrisponde a quella | i globuli diretti alla periferia compongono la mem- I 65 della vescichetta di Graaf, giacchè anche in questa piane del tuorlo. Nella vescichetta di Graaf esiste lo strato proligero col cumulo ; al che corrisponde la storia del blastoderma ; e della gleba o manticel- lo (tumulus) del tuorlo. La membrana corticale di quest’ ultimo fa le veci della capsola a doppio strato della vescichetta i i Prima che nell’ uovo si facciano vedere i rudimenti del feto sembra si aumenti lentamente però puossi con maggior facilità separare la tunica esterna o cor- ticale dalla interna; o del tuorlo sulla quale bene si distingue per la maggior opacità il Blastoderma . Il feto si sviluppa nello stesso modo come negli uc- celli. Sembra che in primo luogo si manifesti un vestigio di spina dorsale dalla quale si prolungano prima le lamine dorsali (plicae primitivae Panderi ), e poco dopo le lamine ventrali; giacchè in tutti i vetebrati la evoluzione sempre centrifuga s’ aggira at- torno al centro della colonna vertebrale; e le lamine superiori ravvicimandosi tendono a formare la cavità per l’ asse cerebro-spinale; e le inferiori quelle con- tenenti gli altri visceri. La midolla spinale non si forma prima della riunione delle lamine dorsali che che ne dica l’ illustre Serres; invece nel mezzo del- la colonna vertebrale ben presto, stante la sua opa- cità, si vede la corda dorsale; comune a tutti i vertebrati; consistente in un sottile cilindro esteso lungo la parte media del corpo di tutte le vertebre; e che si ingrossa in forma di un tubercolo corrispon- dentemente al capo; cilindro carttilagineo ligamen- toso che si conserva talvolta per tutto il corso della - vita dell’ animale come succede in certi pesci car- tilaginosi gli storioni p. e. e le lamprede. È questa corda legamentosa che da Serres; e da Prevost e Dumas nelle rane è stata descritta per la. midolla | spinale, la quale solo molto più tardi è visibile . Tom. I. 66 Nel mentre che si sviluppa l’ embrione il blastoder= ma ingranditosi aderisce alla membrana del tuorlo, formante , come negli uccelli il vero sacco intesti- nale . 1 villi della membrana più esterna o cortica- le vegetano maggiormente , ed uniscono l’ ovo al- l’ utero; le villosità del quale aumentano in propor- zione. Le sostanze nutrienti somministrate negli uc- celli dalla copia grande degli umori dell’ albume, e del tuorlo, derivano invece nei vivipari dall’ utero , mottivo per cui nel primo periodo soltanto si aumen= ta il sacco intestinale, o vescichetta ombelicale , e le altre membrane crescono, e diventano più com- plicate invece durante tutto il tempo della gesta- zione . Confronto dell’ uovo dei mammiferi con quelli degl’ altri animali. Per ciò che spetta alle uova degli uccelli merita- no , al dire dell’ aut. d’ essere ricordate alcune re- centi osservazioni del chiarissimo Purkinje (1); nelle uova degli uccelli giacenti ancora nell’ ovajo, sotto la membrana del tuorlo, avvi un sottilissimo strato di globetti del tuorlo in forma di zonula, (il disco proligero ) alla superficie interna della quale è uni- to un cumulo mammelliforme degli stessi globetti rivolto verso l’ interno del tuorlo. Nella regione più prominente del cumulo esiste un poro pellucido di forma circolare occupato da una esilisma vescichet- ta, la quale immersa entro la sostanza globolare presenta libere soltanto le faccie rivolte verso la membrana del tuorlo e l’ opposta. La vescichetta ad (1) Joan. Fried. Blumenbachio etc. Summorum in medicina hono- yum semisaecnlaria gratulatur ordo medicorum Vratislaviensium inter- prete Joanne Ev. Purkinje P. P. O. Subiectae sunt symbolae ad ovi avium historiam ante incubationem ; cum duob. lithographis, Vrati- slaviae typis universitatis ( anno 1825 mense Sept. edit. ). Li e 67 contiene un umore scorrevole limpidissimo; mai si trova nella cicatricetta delle uova o contenute nel- l’ ovidutto, od emmesse, ma solo nel tuorlo finchè resta unito all’ ovajo, ed anche nei minimi. Pur- kinje sospetta che questa vescichetta formi i primor- dii dell'uovo. A tuttociò il nostro autore aggiu- gne di aver veduto la vescichetta di Purkinjè nei uovi minimi anche trasparenti per la mancanza dei globetti. Nelle uova aumentate al diametro d’ una mezza linea, o di una linea già divenuti opachi e bianchi non si vede la vescichetta senza ricorrere alla sezione; a quest’ epoca essa non giace sullo strato globolare; ma al disotto, lasciando sulla faccia interna del medesimo l'impressione comé suc- cede nei mammiferi. Avendo poscia ricercata questa. vescichetta in altre uova la trovò sempre se non nelle stesse relazioni, almeno in molto simili; quin- di può assicurare che in tutte le uova esaminate e- siste la vescichetta di Purkinje:-prima che sia com- piuto lo sviluppo. Nei mollusci vide delle vesci- chette trasparenti prima delle vere uova ciò che for- se è riferibile anche ai lombrichi, e sanguisughe . Il cumulo negli animali delle classi inferiori non è così manifestamente globuloso : nei mollusci somiglia quasi l’ albume condensato, negli insetti, e nei pesci non ha potuto per anche vederlo, giacchè in que- sti ultimi la vescichetta abbastanza grande presto è coperta da uno strato di globetti oleosi. Nei batrac- ci nei quali la vescichetta è /molto grande distinta- mente si vede vicino ad essa una particolar massa che sarà forse il cumulo. Le nova mature degli insetti, abbenchè contenute ancora nelle ovaje , so- no prive di questa vescichetta , molto visibile nelle immature ; sucederebbe forse che nella fecondazio- ne la medesima si potesse rompere ? Sembra che nò giacchè nei batracini le uova contenute negli ovi- dutti, anche molto tempo prima che si effettui la fe- 68 condazione, son gia prive di questa vescichetta. Ne- gl'ovi non galati passati nell’ ovidutto manca ugual- mente la ripettuta vescica. Propone come semplice ipotesi, l’'aut.l' opinione che questa vescichetta som- ministri all’ uovo un principio attivo per parte della femmina, come esiste nel seme prolifico del maschio; la di lei dissoluzione dipenderebbe dalla maturità , e forse dalla irritazione dell’ uovo; quello che è certo si è che dopo la fecondazione il. blastoderma si sviluppa nello stesso luogo in cui fu versato 1’ u- more della vescichetta, sembra che in tutte le uova prima dello sviluppo del blastoderma si formi un certo strato granelloso analogo al disco proligero de” mammiferi . Finalmente è di parere che le uova forminsi nel parenchima che dir si può ( stroma ) delle ovaje ne- gli animali superiori molto più compatto; tal: volta sono immerse nel medesimo , tall’ altra semplicemen- te applicate, come nelle sanguisughe, nel primo ca- so un inviluppo generale le copre esternamente. Di più esiste la capsola che inviluppa ciascun uovo .co- me nei mammiferi, o che è comune a molti come nei mollusci acefali. Le ‘vescichette di Graaf dei mammiferi stessi avuto riguardo alle parti costituen- ti sono somigliantissime alle uova degli altri ani- mali, cioè alla porzione albuminosa , e contengono diffatti il piccolo uovicino analogo al tuorlo degli ovipari . Relativamente poi allo sviluppo , negli ovi- pari l’ intero uovo si stacca ed esce, dovendo il ger- me portare con se l’ alimento, laddove nei vivipa- ri discende nell’ utero la sola porzione analoga al tuorlo, ed in proporzione piccolissima dovendo attrar- re l’ alimento dall’ utero materno; è sempre vero quindi che la massima analogia, e rassomiglianza si trova nel confrontare tanto le uova quanto il germe delle diverse classi di animali appartengano essi al- la divisione dei vivipari, e vipari, od a quella de- gli ovipari. 69 SU GLI AVANZI FOSSILI DI DUE NUOVE SPECIE DI Masto- DONTE, E DI ALTRI ANIMALI VERTEBRATI , TROVATI SULLA RIVA sINIsTRA DELL’IrRAwADI. DEL SIG. CLIFT CONSERVA- ‘ tore DEL Museo DEL COLLEGIO REALE DEI CHIRURGHI pi Lonpra. (Ann. des Scienc. nat. Juiliet 1828. ) , i L autore essendo stato invitato a descrivere gli avanzi fossili scoperti dal Sig. Crawfurd sulla riva sinistra dell’ Irawadi , s' è limitato ai detagli zoolo- gici, ed anatomici, ch’ egli espone seguendo il si- stema del Sig. Cnvier. PacHIDERMI A PRoBoscIDE — Il solo genere di ‘un tal ordine, che sia indicato da questi avanzi fossili è il Mastodonte . Ve n° hanno due specie, e cioè il Mastodon latidens, ed il Mastodon elephantoides , le quali specie degne sono di un attento esame non solamente perchè nuove, ma eziandio perchè ci dan- no a conoscere esservi fra i mastodonti già descrit- ti, e gli elefanti un passaggio veramente singolare . Paragonando i denti del Mastodon latidens con quel- li del Mastodonte dell’ Ohio (M. giganteum ), si trova, che i tubercoli dei denti ( denziculi ) del pri- mo-sono in maggior numero, e meno fra loro di- stanti, e che l’interstizj sono meno profondi, che nel secondo ; i denti cioè cominciano a prendere l’ aspetto di quelli degli Elefanti. Allorchè poi si esamina il Mastodonte elefantoide, questi tratti di somiglianza scorgonsi più sviluppati; i tubercoli a molte punte sono anche in maggior numero, e più vicini fra loro; e la struttura, eccettuato però lo smalto , è quasi la stessa di quella dei denti degli Elefanti. In queste due specie, quantunque i denti siano formati secondo quella stessa norma, che ‘di- stingue i denti di Mastodonte da quelli d’ Elefante, la corona del dente è divisa piuttosto come quella degli Elefanti, che alla guisa di quella degli altri Mastodonti . lo) i caratteri delle specie sono i seguenti . Mastodon latidens ; M. dentibus molaribus latis- simis , denticulis rotundatis » elevatis ; palato valde angusto + La dentizione somiglia molto quella dell’ Elefan- te. Il dente molare è per gradi spinto all’ innanzi, e s’ innalza a misura, che nuovi tubercoli siano ag- giunti al medesimo, secondo il bisogno cagionato dalla distruzione di quella parte della corona, ch’ è soggetta allo sfregamento , e dal riasorbimento dei tubercoli anteriori, che ne viene in seguito; ond’ è, che mentre la parte posteriore del dente non ha per anche tagliata la gengiva, l’ altra parte è affatto lo- gora. Anteriormente veggonsi gli avanzi del dente precedente , il posto del quale viene progressivamen- te occupato dal dente, ch'è in attività. La mandibola inferiore di questa specie è meno quadrata, e meno profonda di quella del M. gigan- teum. Le zanne poi, volendone giudicare dagli al- veoli, devono essere state pel volume uguali a quel- le dei più grandi Elefanti viventi. Le misure se- guenti appartengono al Mastodon latidens, Piedi Pollici ( inglesi ) La maggiore larghezza di un frammento di cranio (la mandibola superiore colla maggior parte dei due molari) . . . 1 La lunghezza di detto frammento ... . La maggiore lunghezza del molare ante- riore destro ( composto di 6 tubercoli, e di una porzione liscia, e posteriore) o . 8 La maggiore larghezza nel sito, ov’ è il terzo tubercolo ... . Pub dll SIT La circonferenza della mandibola inferio- - re misurata nella superficie superiore del dente ne AR Dl IL RS a LITRI La maggiore lunghezza di questo dente . o 11 DOW Pl ZI Piedi Pollici ( inglesi ) La maggiore larghezza del medesimo . o 44 La circonferenza dell’ estremità inferiore Mel temore "destro . Lia Le digg 008 2 La circonferenza dello stesso osso attorno MET 1 RARO TIT VERROLIE MI SRI Paoli GE. Mastodon elephantoides — M. dentibus latis , denti- culis numerosis compressis . Questa specie dovette essere più piccola della pre- cedente. Vi ha un bel pezzo della mandibola infe- riore , che ha il dente molare al maggior grado per- fetto. Esso è lungo 11 pollici, e largo 3; è fornito di 10 tubercoli; ognuno di questi tubercoli ha pic- cole punte ,'che lo rendono mammellato ; il minor numero di tali punte su di ognun de’ tubercoli è di 5, ed il maggiore è di 8; innanzi a questo den- te veggonsi gli avanzi del dente precedente distrut- to, e vicino a scomparire affatto; posteriormente poi vedesi la cavità , ove il giovane dente , destina- to a succedere all’ antico, si va formando. I tuber- coli sono molto più icompressi di quelli della specie ultimamente descritta; sono anche più vicini gli uni agli altri, ed il dente intero somiglia ancor più quello dell’ Elefante, e la mascella s’ accorda col- la forma esteriore del dente. PaAcHrDERMI oRDINARJ. In questo gruppo noi ab- biamo gli avanzi dei generi Porco, Ippopotamo , e Rinoceronte. Non vi ha che un pezzo del primo; - consiste esso in una piccola porzione della mascella | inferiore, in cui evvi un dente molare, ed il fram- mento di un altro. Pochi sono i frammenti d’ Ip- popotamo e non presentano caratteri sufficienti per determinare la specie, la quale deve essere stata piccola, Evvi una porzione della mascella superiore di Rinoceronte, nella quale sono due denti molari; vi hanno eziandio porzioni della mascella inferiore 2 Y sof molari, che pajono più somiglianti ai molari del Rinoceronte di Iava, che a quelli delle altre specie viventi. i RuminanTtI. Di questo gruppo abbiamo fram- menti di Bue, e di Daino. RETTILI. CHELONII Cuv. Sonvi molti frammenti di una grande specie del genere Trionyx, ed alcuni di un’ Emys; ma questi avvanzi non presentano caratteri sufficienti per poterne dare una descrizione specifica. SaurII. Famiglia dei Cocodrili. Noi abbiamo avanzi fossili di due generi di questa famiglia, e cioè un Leptorkynchus vicino, se pure non è identico, al Gavialo, ed un Cocodrilo, che somiglia al Croco-. dilus vulgaris. Sonvi porzioni della mandibola in- feriore, e molte vertebre del primo ; evvi 1’ estremità anteriore d’ una mandibola inferiore dell’ altro, la quale appartenne senza dubbio ‘ad un grandissimo individuo . Set In generale, i pezzi non sembrano aver sofferto altro cangiamento nella loro composizione chimica in fuori di quelli di aver perduto la parte gelatino- sa, e di essere stati abbondantemente impregnati di ferro , ciò indica, che anticamente furono incrostati in un terreno , il quale non era molto compatto; i denti del Mastodonte dell’ Ohio, che trovansi in un' argilla cerulescente, e compatta hanno conser- vata quasi tutta la materia animale. In quasi tutti i pezzi le ossa sono rotte, e riflet- tendo alla solidità del tessuto della maggior parte di queste , alla direzione , e precisione della rottu- ra , ed alla sottigliezza degli orli, ben si conosce, che la rottura deve essere stata 1’ effetto di una for- za dirò così immensa; la quale operando con una violenza instantanea, sembra avere agito nell’ epoca stessa della distruzione dell’ animale , o appena do- dor Proced. of. the geol. Soc. ‘of. London. 18 April 1020 ). tari i : : : k 73 ESAME DELLA SABBIA PLATINIFERA DELL OvurRAL DEL Sic. Brerrnaurt. ( Annal. des mines 1828. 2.4 livr.) IR questa sabbia si trova 1.° il platino granulare ; 2.° l'oro parimente in grani; 3.° l’ iridosmino, o sia l’ osmiuro d’ iridio; 4.° grani schiacciati di colore bianco argentino ; 5.° l’ iserino, I grani di platino sono di due sorte ; gli uni sono identici col platino d’ America, e la figura di essi deriva dal cubo; gli altri sono debolmente magnetici, ed hanno una gra- vità specifica, che varia da 14,6 sino a 15,7. Que- sti sono leghe di ferro, e di platino. La figura del- l’iridosmino è un prisma esagono divisibile con tut- ta precisione. parallelamente alla base; la gravità specifica n'è di 18. I grani bianchi, schiacciati so- no probabilmente di palladio; il peso specifico è di 12-13. (1) j i EsTRATTO DI UNA MEMORIA DEL Sic. P. BeRTHIER SUL- L’HamincERITE. ( Ann. des mines 1828 2.40 Livr. ) ira nuova specie è dedicata al Sig. Haidin- ger valentissimo mineralogista , che abita ad. Edim- burgo . Non si è per anche trovata in cristalli re- golari, e compiuti; talvolta. però si rinvengono rudi- menti di cristalli prismatici, i quali sebbene non siano rigorosamente determinabili, sono però sufti- cienti per poter dire, che la figura principale di cotesta specie è diversa da quella del solfuro di an- x (1) Il platino è stato scoperto nella Siberia nel 1824» Dopo que- st’ epoca sino al 1.° gennajo 1827 se ne sono estratti 540 chilogrammi circa. Nel mese di giugno del 1827 vicino a Nijnei-Taguile ne fu trovato un pezzo ; la cui circonferenza superava un piede, ed il cui peso era di 10-11 libbre. Questo pezzo era compatto, coperto però \di protuberanze , e con molte cavità, di colore grigio di piombo. timonio . Questo nuovo minerale ordinariamente tro- vasi in masse confusamente lamellari , frammiste al uarzo ialino , alla calce carbonata ferrifera fulva, ed alla pirite in grani cubici. Ha un colore grigio di ferro, sovente con un’ iride superficiale; è alquan- to meno splendente del solfuro di antimonio, nè ha in alcun modo quell’ ombretta cerulea , che si osser- va in quest’ ultimo ; non è punto magnetico. Non ha l’autore potuto averne pezzi abbastanza puri on- de esattamente determinare il peso specifico . Ridotto in polvere si fonde facilmente al tubo ; ma non presenta alcun carattere particolare . L’ aci- do muriatico l’ attacca facilmente, e l’azione co- mincia ad aver luogo anche a freddo; si svolge quindi gas idrogene solforato puro , e tutto. si di- scioglie, eccettuata una piccola quantità di quar- zo, e di pirite, senza però alcun deposito di zolfo : nel liquido non è disciolto, che antimonio, ferro , ed una piccolissima quantità di zinco. Questi ca- ratteri sono bastevoli per mostrare, che l’ Haidinge- rite è composta di solfuro d’ antimonio , e di solfu- ro di ferro, e che i due metalli vi si trovano al minimo grado di solfurazione . Il risultato medio di molte analisi è stato il se- guente . Quarzo è è « è e è 0,032 Pirite di ferro . » + 0,032 Solfo . è + + e e è 0,283 Autimonio + è + + 0483 Ferro . + 0 0030 0,I4( ZINCO. è 0 è è è + 0,00 0,982 ovvero indipendentemente dalla ganga Solfo + è « è + 0,303 e ciò dà Solfuro d’ antimonio . «+ 0,715 Antimonio »+ «+ 0,520 / Pioto-solfuro di ferro . 0,255 Ferro ; » + + + 0,160 Solfuro di zinco . .. + 0,005 ZiNc0 + è è e + 0,003 I ———— C,979 0,986 - 75 In seguito di questo risultato è evidente, che l’ Haidingerite è composta di 4 atomi di solfuro di antimonio , e di 3 atomi di proto-solfuro di ferro ; giacchè in questa supposizione il calcolo dà Solfo. . + 0,2985 -- 18 at, o sia Solfur. di Antim, +, 0,732 -» 4 at. Antimonio 0,5330 «= 4 at. Protosolf. di ferro . . 0,268 -- 3 at. Ferro. . + 031685 == at. i 1,000 1,0000 La formola è adunque 3fS* + 4555. Questa formola apparentemente complicata , esprime però un rapporto semplicissimo , giacchè fa vedere, che l’ Haidingerite è composta in guisa, che nel solfu- ro negativo (il solfuro d’ antimonio ) vi ha il dop- pio di solfo, che nel solfuro positivo (il solfuro di ferro). Lo stesso rapporto s’ è trovato nella Iamme- sonite analizzata dal Sig. H. Rose, la quale è com- posta di 4 atomi di solfuro di antimonio combinati con 3 atomi di solfuro di piombo . Sembra non potersi dubitare, che 1 Haidingerite sia una specie particolare. Imperocchè 1.° I solfuri, di cui è composta vi sono in proporzioni atomiche, ed in un rapporto semplice; 2,° Uno di questi solfuri, cioè il solfuro d’ antimonio, trovasi è vero isolato in natura , ma l’altro solfuro, cioè il proto-solfuro di ferro nou vi è mai in questo stato, mentre la piri- te magnetica , ch’ è il minor solfuro di tutti i sol- furi di ferro nativi, è una combinazione di proto- solfuro, e di persolfuro. Finalmeute essendo il pro- to-solfuro di ferro magnetico al maggior segno, se esso si trovasse soltanto mescolato al solfuro di an- timonio nel minerale, di cui si parla, gli comu- nicherebbe senza dubbio la proprietà di far muo- vere l'ago calamitato; ma, come ho già detto, l’ Haidingerite non ha questa proprietà; dunque nel- l’Haidingerite i due solfuri sono combinati insieme . L' Haidingerite trovasi vicino al villaggio di Cha= zelles nell’ Auvergne in una formazione di gneiss. 76 CARATTERI DELL’ ORDINE DEI TESTUCGINATI, E DELLE FAMIGLIE, E DEI GENERI, CHE VI SONO COMPRESI. Der Sic. Tommaso Ber. ( The Zool. Journ. n.° 12 January - April. 1828. ) Classe . Rettili. Ordine . Testugginati. i Kgoss a due orechiette , e ad un sol ventricolo, diviso da un tramezzo. Polmoni separati, cellulosi ; ed entranti nell’addomine; Bocca senza denti, fatta a becco, e che si chiude a guisa di una scattola, giacchè la mascella inferiore va dentro la superiore. Lingua larga. Stomaco semplice. Cieco nullo. Ve- scica urinaria grandissima. Membrana del timpano ricoperta dai comuni integumenti. Chiocciola nulla. Pene semplice, canalicolato. Vagina semplice. Ova molte, ricoperte da un guscio duro. Vertebre del collo 8-9 mobili. Vertebre del dorso 8, le quali colle coste, e collo sterno si consolidano in un guscio fatto a volta, Scapole, clavicole, e pelvi rinchiuse nel guscio osseo. Piedi 4. La cute del dorso; e dello sterno cornea, o coriacea, attaccata al guscio osseo . A. Digitati. Famiglia 1. Testugginide. ( Testudinidae ) Terrestri. Erbivore. Testa alta, ottusa. Mandibole cornee , seghettate. Piedi squamosi , fatti a guisa di mazza, dita indistinte; le unghiette de’ piedi ante- riori 5, de’ posteriori 4, ottuse. Guscio alto, gob- bo, consolidato per la massima parte collo sterno, e coperto di scudi cornei; gli scudi dorsali 13; gli sternali 12. Genere 1. Testuggine. ( Testudo. Auct.) Guscio del tutto immobile. Piedi fatti a guisa di mazza , grossi, ottusi. 7 Sp. tipo. Testuggine greca. (Testudo graeca Py Genere 2. Bossolo . ( Pyzis. Bell. ) Lobo anteriore dello sterno mobile. Piedi fatti a guisa di mazza. Sp. Tipo. Boss. aracnoide ( P. aracnoides . Bell. Act. Linn. XV. pag. 395 t. XVI. ) Genere 3. Chinissa. ( Kinixys. Bell.) Parte posteriore del dorso mobile, unita all’ ante- riore, mediante un legamento quasi elastico. Sp. Tipo. Chinissa Homeana. (XK. Homeana. Bell. Act. Linn. XV. p. 400 t. XVII.) Famiglia 2. Emidide. ( Emydidae .) Fluviabili, o lacustri. Carnivore. Testa quasi de- pressa. Piedi appianati, palmati; dita distinte; un- ghiette de’ piedi anteriori 5, de’ posteriori ( eccettuata l’Hydrapsis galeata) 4, lunghe, aguzze. Guscio de- presso, per breve tratto unito allo sterno, coperto di scudi cornei. Scudi del dorso 13, dello sterno 12-13. a. Collo sterno mobile. Genere 1. Terrapene . ( Terrapene . Merrem. ) Sterno bivalve ; sì Vl una, che l’altra valvula mo- bile sullo stesso asse; la valvula posteriore costitui- sce il lobo medio, ed il posteriore. Sp. Tipo. T. chiusa. ( T. clausa. Auct.) Genere 2. Sternotero. ( Sternothaerus. Bell.) Sterno univalve ; lobo anteriore mobile; i due lo- bi posteriori riuniti, ed immobili. Sp: Tipo. S. Leachiano. (.S. Leackianus . Zool. Journ. II. p. 206. Tab. supplement. XV.) Genere 3. Chinosterno. ( Kirosternon. Spix. ) Sterno bivalve ; lobo medio immobile, l’ anterio- re, ed il posteriore mobili, articolati col medio per mezzo di legamenti. Scudi marginali 23, ster- nali 11. ‘Sp. Tipo. Chinost. a coda lunga. ( Kinosternon longicaudatum . Spix. Rept, Bras. p. 17. tab. XII.) 78 < \ b. Collo sterno immobile. Genere 4. Idraspe. ( Hydraspis. Bell.) > Testa depressa. Rostro quasi aguzzo. Collo lungo. Primo scudo vertebrale larghissimo ; scudi dello ster- no 13. Sp. Tipo. Idrasp. coll’ elmo. ( Testudo galeata . Auct.), Genere 5. Emide. ( Emys. Brogn.) Sterno largo; scudi sternali 12. Sp. Tipo. Em. dipinta. ( Emys picta. Auct.) Genere 6. Chelonura. (Che/onura . Fleming. ) Collo lunghissimo, così pure la coda. Sterno ri- stretto. Membra non mai totalmente rinchiuse nel guscio . 9 Sp. Tipo. Chel. serpentina . ( Testudo serpentina. Auct. decatà 7. Chelide . (Chelys. Dumeril. ) Labbra molli ; naso prolungato a guisa di probosci- de. Collo fimbriato . Sp. tipo. Ch. fimbriata . ( Testudo fimbriata. Auct. ) Famiglia 3. Trionichide. ( Triorychidae .) Fluviatili. Carnivore. Testa coperta da una cute coriacea , così pure il guscio. Collo lunghissimo, con- trattile. Piedi appianati, digitati, palmati, a. cinque dita , triunghiettati. Sterno imperfetto. Coda breve. Genere unico Trionice . ( Trionyx. Geoffr. ) Sp. tipo. Tr. coromandeliano. (T. coromandelianus Geoffr. ) B. Co’ piedi in forma di alette. Famiglia 4. Sfargidide . ( Sphargididae ) Martine. Erbivore. Testa coperta da una pelle co- riacea; /così pure le membra, ed il corpo. Scudi cornei nulli. Mandibola superiore smarginata, e che riceve entro se l’ apice dell’ inferiore . Genere unico . Sfargide. ( Sphargis. Merrem. ) Sp. unica. Sfarg. mercuriale. (.Sphargis mercu- rialis. Merrem. ) i n Famiglia 5. Cheloniade. (Cheloniadae . ) ® Marine. Erbivore. Testa coperta di scudi cornei, così pure il guscio. Collo, e piedi squamosi. Rostro aquilino. Mandibola superiore uncinata nell’ apice . Piedi in forma di alette. Genere unico . Chelonia. (Che/onia . Brogn.) Sp. tipo. Ch. Mida. ( Testudo Mydas . Auct.) Sura Wacnerite. DeL Sic. A. Levr. (Ann. d. Mines 1828. 2. livr.) °° La Wagnerite è stata trovata nella valle di Holt- graben vicino a Worfen nel Salzburghese, inserita | in piccole vene di quarzo, in mezzo ad uno schisto argilloso. Ha il colore, la trasparenza, e lo spen- dore del topazio del Brasile. La gravità specifica della medesima è di 3,01. Fusch l’ha trovata com- posta di Magnesio. su ii D4000 Acido fosforico. . . ». + + . 0,4173 Acido fluorico . .. +. +... 0,0650 Ossido di ferro . ..... 0,0500 Ossido di manganese . . . 0,0050 1,0039 Essendo questo minerale assai raro, non se ne conosceva ancora la figura; io ho potuto ultima- mente determinarla mediante un bellissimo cristallo, che trovasi nella collezione del Sig. Heulaud. Que- sto cristallo è assai complicato; tuttavia ho trovato, che deriva da un prisma romboidale, in cui due | piani formano fra loro un angolo di 95°, 25'., ed hanno un’ inclinazione sulla base di 109°, 20': il rapporto degli spigoli è di 1 a 0,204. 80 Sura BREUNNERITE (1). ( Ann. des mines 1828. 2. livr. ) | La Breunnerite è essenzialmente composta di car- bonato di Magnesia: ne sono state annalizzate sei varietà, che hanno dato i seguenti risultati : (3)0 > (apt (9) (4), (5) (6) Carbon. di magnesia 0,8434 - 0,8605 = 0,8479 = 0,8289 = 0,8756 = 0,8970 Carbon, di ferro » + 0,1002 =0,1315 = 0,1382 = 0,1697 = 0,1052 = 0,1802 Carbon. di mangan + 030319 = .+6:00.4= 00069 + 030075 = 0,0099 = 030244 Materia combustibile 0,0162 = ..arssr in sice00d4 = crssegre = sve00009 = O3QOTT (1) Breunnerite dell’ Hartz cristallizzata in romboedri di 108°, 15, nerastra, analizzata da Walmstedt. (2) Id. del Tirolo cristallizzata in romboedri di 107°,30. (3) Id. della valle di Ziller, di colore giallo di vi- no, cristallizzata in romboedri . (4) Id. della valle di Fassa nel Tirolo, in romboe- dri di colore giallo-brunastro pallido, ed in- serita nella clorite schistosa . (5) Id. del S. Gotardo , in fasci romboedrici, di co-. lore giallo di pece. (6) Id. di Hall nel Tirolo, in fasci romboedrici , neri . Le quattro ultime varietà sono state annalizzate da Stromeyer, il quale ha trovato, che non si sepa- ra compiutamente il manganese dalla magnesia col mezzo degl’idrosolfati; e quindi preferisce l’uso del seguente processo : egli acidifica la soluzione, e la. sa- tura d’ una quantità sufficiente di cloro gazoso, indi vi versa poco a poco carbonato alcalino neutro, che ne precipita il manganese allo stato di perossido: dopo di aver filtrato , egli precipita la magnesia per mezzo del solfato di soda, e di ammoniaca. Cn (1) Questo minerale vonne per lo addietro cousiderato come appar- tenente alle calce carbonate magnesifera di Haiiy; raschia la calce carbonata pura, è raschiato dalla calce fosfata ; il peso specifico del medesimo è di 3,00 — 3,11. ( Trad.) Sr HisrorrE NATURELLE DES Porssons — STORIA NATURALE DEI PESCI DEI Sicnori Barone Cuvier, E VALEN= crennes = T.I.e II. in 8.° con un’atlante in fogl. di 8. tavole Anatomiche, e con un fascicolo in 8.° di 32 tavole rappresentarti altrettante specie, del- le quali è trattato nel 2.° tomo. A Parigi 1828. F. G. Levrault. ( ARTICOLO PRIMO ) ] I Celeberrimo Sig. Barone G. Cuvier a fine di dare, il più presto possibile, compimento a questa importantissima opera, della quale s° occupava egli da parecchi anni, chiamò a parte del suo lavoro il valente zoologo Sig. Valenciennes. Abbondantissima poi è la copia di pesci, che il Sig. Cuvier si è pro- cacciata dai mari, dai fiumi, e dai laghi di presso- chè tutte le parti del nostro globo: molti di tali pesci erano per lo addietro in niun modo, o assai | poco conosciuti: un buon numero di essi è stato dal Sig. Cuvier anatomicamente esaminato. La presente opera quindi non può a meno di essere doviziosa= mente ricca di nuovi fatti rilevantissimi, e de’ pre- ziosi risultati di que’ molteplici confronti, che il Sig. Cuvier ha avuto campo di fare, i quali sono tanto necessarj all’ esatta determinazione delle spe- cie, ed alla metodica loro distribuzione. I due primi tomi, che hanno testè veduta la pubblica luce, e de’ ‘pe si da quì un estratto, giustificano pienamente "idea, che di cotest’ opera s' erano anticipatamente formato i naturalisti, e cioè, che tale essere doves- se da procurare agli autori somma lode, e da recare all’ Ittiologia grandissimo incremento, e perfezione. Il primo Libro, che ocupa 270 pagine, contiene un prospetto storico completissimo dei progressi della Ittiologia dalla sua origine fino ai nostri giorni, ed una esatta bibliografia di tutte le opere, e memorie pubblicate sopra questo argomento. Tom. I. 82 LIBRO SECONDO. Idea generale della natura, e dell’ organizzazione de’ pesci. Capritocro I. Caratteri generali, e natura essenziale dei pesci. Sono i pesei animali. vertebrati, ed a sangue ros- so, che respirano per delle branchie coll’ intermezzo dell’acqua. Il loro sangue. è freddo; la vitalità , l’ energia dei sensi e dei movimenti è minore che nei mammiferi, e negli uccelli: il cervello essendo piccolissimo , tra i vertebrati sono quelli che danno minori indizii apparenti di sensibilità. Sono muti, manca l’ orecchio esterno, e nel laberinto la chioc- . ciola ; l’ occhio gode di poca mobilità, 1’ iride non si dilata nè si restringe, e la pupilla resta sempre la stessa a qualunque grado di luce; la lagrima non spalma quest’ occhio, nè la palpebra lo difende. An- che la lingua fornita di nervi esili, e talvolta co- perta di lamine ossee, e di denti gode di poca sen- sibilità. L’odorato non più attraversato da correnti d’ aria esser deve molto ottuso; il tatto poi è reso quasi del tutto nullo alla superficié del corpo dalle scaglie e dalla pelle dura ed arida, ed esiste in poche specie a sufficienza attivo soltanto nelle labbra molli, e pieghevoli. Capriroco II. Caratteri esterni dei pesci. 1 Il loro corpo è ‘conformato in modo da poter mo- versi liberamente nell’acqua, quindi allungato , e terminante per lo più in punta alle due estremità ; 83 talvolta però è rotondo, e quasi sferico come nei diodons può essere ancora cilindrico ; come nelle anguille, o compresso ora orizzontalmente nelle raz- ze, ora verticalmente nel maggior numero delle al- tre specie. La testa può essere or più grossa del corpo, come nel lofio pescatorio, or più piccola come in moltis- sime altre specie ; può essere rotonda, o compressa in diversi sensi, ottusa , o straordinariameute allun- gata, talvolta prolungata la sola mascella inferiore tal’ altra la superiore, come nelle razze. La bocca si apre quando all’ estremità del muso come nel maggior numero delle specie; quando al dissotto come nelle razze , o superiormente comè negli ura= noscopi; e può essere più o meno divisa mostrandosi | dall’ estensione d’un piccolo foro circolare come nei centrischi, fino a quella di una smisurata aper- tuta come nel Lofio. All’ esterno vedonsi soltanto gli organi di due sensi, gli orifizi delle narici, € gli occhi; i primi possono essere o semplici come nelle razze, e squali , 0 doppi come nel maggior numero degl’ ossei. Gl’ occhi variano estremamente per la grandezza, .e qualche ‘volta si nascondono sotto la pelle, come nella muraena caeca, la loro direzione varia ugualmente passando dalla ordinaria posizione laterale a rivolgersi interamente in alto 3 Y intero genere dei p/euronectes ha ambidue gl’ oc- chi da-an solo lato della testa. Una sola famiglia di pesci quella dei cartilaginosi ha il margine esterno delle branchie fissato alla pel- le, e tante aperture per l'uscita dell’acqua quanti sono gl intervalli frapposti alle branchie stesse ; tutti gli altri hanno le branehie libere nel margine éster- “no, e la loro apertura diversa per la forma, gran- dezza, e posizione nelle varie specie ; il symbrarcus presenta un solo foro per le due cavità branchiali . Il copetchietto branchiale vario per ? estensione, e 04 la figura ha l unita membrana branchiostega or mol- to estesa, or piccola, or con molti, or con pochi raggi. Parte delle natatoje è verticale , queste dalla po- sizione diconsi dorsali; anali, caudali; le laterali an- — teriori, analoghe agli arti anteriori degl’ altri verte- brati diconsi pettorali, le posteriori ventrali. Anche queste parti soggiaciono a variazioni; le anguille non hanno ventrali, le murene mancano di pettora- li, e di ventrali; la muroena coeca non ne ha di veruna qualità. Diconsi ma/acopterigi i pesci ossei che hanno tutti i raggi delle natatoje articolati ; acantopterigi quelli che ne hanno una parte dei sem- plici od in forma di spine. Le mascelle possono essere armate di denti di tutte le qualità, che qualche volta si etendono a tutta la bocca, e fino nella gola. Le labbra sono qualche volta munite di molli apendici come nei barbii. Esi- ster possono dei brani carnosi sparsi su tutto il cor- po come nelle scorpene. Alcuni dei raggi vedonsi talvolta staccati dalle natatoje, e sono suscettibili di movimenti indipendenti . Finalmente la natura degli integumenti sia del corpo , sia della testa, sia delle natatoje può varia- re notabilmente ; i pesci di fatto possono essere nu- di, scagliosi, spinosi, scudettati generalmente, parzialmente ; le scaglie, gli scudi possorio variare all’ infinito per la grandezza, pei contorni, per le dentellature del margine, e le disuguaglianze della superficie. La linea formata da ciascun lato del cor-. po da una serie di pori, o di piccoli tubi scavati nelle scaglie, è più o meno apparente , e ravvicina - ta alla spina. La distribuzione poi e varietà dei co- lori è in questa classe d’ animali sommamente diver- sa, e vanno quasi sempre uniti ad un brillante me- tallico il più elegante. 85 EaApPriroro III OsrrEoLocra. Considerata semplicemente la tessitura delle ossa dei pesci li divide in ossei, fibro-cartilaginosi , e cartilagi- nosi veri: lo scheletro di questi ultimi, detti ancora condropterigi, si compone di cartilagini omogenee, se- mitrasparenti, talvolta rivestite nella loro superficie di piccoli grani opachi calcari come nelle razze, e negli squali, ma qualche volta ancora restano assoluta- mente membranose come negli ammoceti o /ampredo- ni: il genere storione però in molte cartilagini della testa, e della spalla presenta una lamina della loro superficie completamente ossificata. Male a proposito alcuni autori unirono i pésci fibro catilaginosi ai ve- ri cartilaginosi, giacchè quelli diversificano dagl’ os- sei solo in quanto che il loro scheletro poco abbon- da di fosfato di calce, ed i vari pezzi non acqui- stano la durezza ed omogeneità propria delle vere ossa ; diffatti variando nei diversi generi appartenenti alla divisione dei fibro cartilaginei la solidità del loro scheletro e diventando sempre maggiore , si pas- sa insensibilmente ai pesci ossei. A torto si è sup- posto nei pezzi dello scheletro dei pesci ordinari od ossei maggiore flessibilità, una natura più ‘molle ed estensibile di quella propria dei vertebrati delle classi superiori, giacchè invece in molte specie le ossa acquistano anzi maggior durezza, e tale omo- geneità da apparire all’ occhio quasi vitree . Non esi- stono neipesci nè epifesi nè canali midollari, in al- cuni però , p. e. nelle trote , il loro tessuto osseo è più o meno penetrato da un suco oleoso , in altri, come nella dorata, l'interno di certe ossa si man- tiene cartilagineo , anche allorquando la superficie è perfettamente ossificata, e finalmente dannosi ancora della specie, p. e. il luccio, nelle quali alcuni pez- zi restano permanentemente nello stato di cartilagine quantunque il rimanente dello scheletro acquisti grande solidità . » 86 Relativamente alle articolazioni presentano i pesci le stesse varietà che negl’ altri animali, solo quelle che permettono movimenti determinati, l’ artrodia , il ginglimo , s incontrano più di rado non dovendo eseguire i loro membri movimenti moltissimo yaria- ti: invece hanno due modi proprii di articolazione , quella cioè mediante due annelli che s’ abbracciano| a vicenda came quelli d’ una catena; e l’altra che a volontà dell’ animale diviene or mobilissima, ora quanto mai ferma. La sostanza fibro cartilaginosa interposta alle vertebre acquista talvolta , come nel- lo storione, e nella lampreda, la forma di una lunga corda tesa dalla estremità anteriore alla po» steriore attraverso del corpo di tutte le vertebre, , Composizione chimica delle ossa dei (pesci. Dietro le ricerche fatte dal Sig. Chevreul ad istan- za dell’ autore sonosi ottenuti mediante l’ analisi i seguenti risultamenti , Delle ossa di carpione, e di perca ridotte a |per= fetta essicazione hanno dato sopra cento parti, Materia azotata cartilaginosa . . 30,5. Materia oleosa formata in gran par- te ‘di ioleima; udita a, atei ara Wosfatoi di calte luana e ese Sotto carbonato di calce . . . . 5,5. Fosfato di magnesia ed ossido di enRai i ira Ò e. Quo Sottocarbonato di Ania la di i Coda, e.sal' marino... e vie O 100. (E sr Le vertebre dello squalo grànde (squalus maximus) analizate nello stato fresco. DN det a 87 Peep I AT a e 90. Materia azotata, cartilagine, ed olio 6,485. Bolfato. dicsida ina A 0: . Cloruro di sodium, o sal marino . 1,302. Sotto carbonato di soda . . . +. 0,2 Fosfato di calce, di magnesia, ossi= do di ferro, allumina e silice, . 0,094. =] 100, aa Dalle stesse vertebre nello stato di perfetto essic- camento si è ottenuto Materia azotata ed olio . . . + 64,85. MOLTO" CI 'SOUA' la al To 96 a E e ae o MALE RANAI: d Ai Sotto carbonato di soda ». . . . 2 Fosfato di calce ec. . +. +. » + 0,94 100. i __ La cartilagine delle ossa dei pesci non è simile a quella dei mammiferi, e degl’ uccelli perchè bolita nell'acqua non dà gelatina. L'olio si compone in gran parte di oleina alla quale si uniscono in pic- cola quantità un principio odorante, ed un principio colorante giallo. Quest’ olio si cangia facilmente in sapone, è dà dell’ acido oleico, della glicirina, e qualche poco d’ acido margarico, di modo che se quest acido provenisse dalla stearina contenuta nel- l’ olio questa dovrebbe trovarvisi in piccola propor- zione. Chevreul crede che i sali solubili delle car- tilagini vi esistano in dissoluzione nell’ acqua, però il liquido delle cavità intervertebrali di questo stes- so squalo non presenta che tracie legere di solfato di soda quantunque le cartilagini tanto ne abbon- dino: di più questo liquido contiene del cloruro di sodium, del sotto carbonato di soda, ed una piccola 88 quantità d'olio; e di sostanza azotata della carti- lagine. Disposizione generale dello scheletro dei pesci ossei. Si compone questo scheletro 1.° della testa alla quale è unito l’ apparecchio respiratorio; 2.° del tronco colle natatoje verticali dorsale, dell'ano, e caudale ; 3.° delle estremità che sono le natatoje pettorali (arti anteriori), e le ventrali (arti poste riori ) . La testa, è suddivisa in tre principali regioni, del cranio colle mascelle, e gl’ ossi che a quello le uniscono; degli opercoli che chiudono le aperture branchiali, e degl’ ossi quasi esterni che circondano le narici, gl’ occhi, o che coprono una parte. della guancia , i L'apparecchio respiratorio comprende l’ osso joide e le di lui appendici, i raggi bianchiostegi cioè, gl’ archi bianchiali, i diversi. pezzi che li sostengo- no, e che tutti insieme adempiono le funzioni della laringe, e della trachea; come pure gl’ossi colocati all’ ingresso della faringe formanti quasi delle secon» de mascelle. Il tronco si compone delle vertebre divise uelle so- le regioni del dorso e della coda; delle coste; de- gl’ ossi interspinosi che sostengono le natatoje verti- cali, e dei raggi di queste stesse natatoje . Ben di rado esiste nei pesci lo sterno, e trovandovisi è composto di pezzi quasi esterni che riuniscono le estremità inferiori delle coste. L’ estremità anteriore comprende la spalla, semi- cintura ossea composta di più pezzi, sospesa supe» riormente al cranio, unita in basso colla corrispon- dente del lato opposto , ciascuna di queste semicin- ture contiene non solo i pezzi analoghi alle vere ossa della spalla, ma pur anche gl’ altri che rap; 89 presentano l’ omero, l’ ulna, ed il raggio, anzi gl’ ul- timi due portano una serie d’ ossicini che sembrano analoghi a quelli del carpo, e che sostengono dif- fatti i raggi della natatoja. L’ estremità posteriore variabile nella sua posizio- ne si compone di quattro ‘ossa dei quali i maggiori, che sono anche i più costanti, possono paragonarsi ad una specie di pube, e sostengono direttamente i raggi della natatoja senza ossicini intermedii che dir si possano analoghi al femore, alla tibia, al perone, od agl’ ossi del tarso . Passa in seguito il nostro celebre autore a descri- vere detagliatamente i pezzi componenti le diverse regioni indicate, e per facilitare lo studio di que- sta parte importantissima della osteologia associa al- le descrizioni delle note eruditissime sui lavori già pubblicati relativi a sì fatta materia, e delle esat- tissime figure rappresentanti in tutti i suoi detagli lo scheletro della perca, e formanti le tre prime ta- vole in fol. delle otto unite al primo volume; cia- ‘ scun vede perciò che una materia in tal modo trat- tata non è suscettibile di estratto, potendo essere con profitto studiata soltanto sul originale ; mi limi- terò quindi alla semplice indicazione dei varii pezzi ossei ammessi nelle differenti regioni, onde acquistar si possa alcuna idea della importanza, profondità, ed estensione di questo lavoro . La scatola cerebrale è colocata nei pesci tra i quattro apparecchi, mascellare, sotto orbitale, pte- rigo-timpanico , ed opercolare; il cranio degl’ acan- topterigi è quello che si compone di pezzi più com- pleti, e meglio sviluppati e può formare quasi il primo tipo al quale facilmente riduconsi le variazio- ni ché s incontrano nelle specie delle altre divisio- ni. Le ossa principali componenti il cranio negli . animali mammiferi adulti restano permanentemente suddivise nei pesci in modo che distinguere si pos» ‘+ 00 EN di nel loro cranio ventisei pezzi: sei appartengo- no all’occipitale, e sono 1.° il basilare od occipitale inferiore ; 2, e 3. gli occipitali esterni, 4. 5. gli oc- cipitali laterali; 6. l’ occipitale superiore od inter- "parietale; sette allo sfenoide , 7. sfenoide principale o posteriore, 8. sfenoide anteriore, 9. vomere, 10. 11. ali maggiori o temporali , 12. 13. ali minori od orbitali; 14. l’etmoide; sei pezzi al frontale, 15. 16. frontali principali, 17. 18. frontali anteriori, 19, 20. frontali posteriori; quattro ai temporali, 21. 22. ossi mastoidei, 23. 24. ossi petrosi, e per ultimo 25. e 26. i due parietali, di modo che sei di queste ossa sono centrali o dispari, e le altre venti disposte due a due a destra e sinistra. Sulla faccia esterna dell’ occipite posteriormente sorgono per lo più cin- que punte prolungate in forma di creste, delle quali la media corrispondente alla spina occipitale appar= tiene all’ occipitale superiore ed interparietale, le intermedie agli occipitali esterni, queste si prolun- gano in avanti sui parietali, e servono all’ articola- zione dell’ estremità superiore della zona ossea della spalla; le spine esterne appartengono all’ osso ma- stoideo , e al disotto delle medesime articolasi l’ ap- parecchio palatino e temporale . Relativamente ai fori del cranio s’ incontrano del- le varietà, essendo or più or meno circoscritti dai pezzi ossei, secondo che più o meno completa è la scatola ossea anteriormente . Così nella maggior par- te degli acantopterigi ,- presi per tipo di questa de- scrizione, i nervi olfatori, gli ottici, quelli del ter- zo, e del quarto pajo attraversano soltanto le mem- brane che chiudono la grande apertura situata tra i frontali, le ali orbitali, e lo sfenoide anteriore; le tre branche del quinto ed il sesto pajo nella perca escono per tanti fori distinti aperti nelle ali mag- giori; l'ottavo per due fori esistenti ai lati degli occipitali laterali, i quali presso il foro occipitale I 9I presentano altro foro distinto vel grande ippoglosso. Tra la fossa media, e posteriore del cranio esistono le cavità dell’ orecchio consistenti 1.° in due grandi fosse scavate nella base del cranio , circondate dal- le grandi ali, dagli occipitali laterali DG dal basi- lare, e contenenti le grandi pietre ; 2.° in diversi sol- chi ed incavature ocupanti l’ angolo laterale posterio- re del cranio, ed estendentesi negli occipitali ester- ni, mastoidei, occipitali laterali, ed un poco anco- ra nei parietali , frontali posteriori , ed ali maggio- ri, e contenenti in parte i canali semicircolari mem- branosi .. Mascelle, ed ossi dei coperchietti branchiali. Le ossa mascellari ed intermascellari distinguonsi esattamente nel salmone , e nella trota essendo col- locati nello stesso modo che in tutti i mammiferi, e nei rettili. Come il cranio anche le mascelle formate sono di un numero maggiore di pezzi nei pesci che negl’ altri vertebrati : tntte le ossa componenti la ma- scella superiore sono doppie, destre cioè e sinistre, e possono essere distinte in tre classi, in quelle ossa che esistono ancora nei mammiferi, nelle altre for- mate dallo smembramento di parecchie regioni del- le ossa principali del cranio, ed in una serie di pez= zi proprii esclusivamente dei pesci. Appartengono alla prima classe; 27. i nasali ; 28. i mascellari, suddiviso ciascuno qualche volta in tre pezzi come melle aringhe ; 29. gl’ intermascellari i quali ugual- mente hanno talvolta la loro apofisi ascendente se- parata dal rimanente del corpo; 30, i palatini spes- so armati di denti; 31. i jugali all’ angolo inferiore dei quali si articola la mascella inferiore ; 32. i la- grimali, rappresentati probabilmente dal primo pajo dei pezzi superficiali sotto orbitali . Per completare il numero della ossa della mascella superiore dei 92 ’ mammiferi mancano solo i turbinati inferiori, giac- chè il vomere si è unito alle ossa del cranio. Le cinque paja di ossa che seguono sono regioni stac- cate delle ossa del cranio, come lo indica anche il loro nome conservato dall’ aut. 33. temporali sca-. gliosi ai quali inferiormente si unisce uno stiletto osseo che porta il ramo dell’ osso joide, analogo al- l’ osso stiloideo dei mammiferi; 34. timpanici ridotti alla forma di un disco piatto, giacchè non devono più contenere nè la cavità media, nè gli ossicini del udito. Questi primi due pezzi nei mammiferi vanno uniti al temporale principale , i tre che se- guono sono in questa stessa classe dipendenze dello sfenoide; 35. trasversi (forse i processi pterigoidei esterni ); 36. i pterigoidei interni; 37. i simplectici che l' aut. considera come analoghi ai pezzi detti dal Sig. Geoffroy Saint-Hillaire uro-serriali, e per- ciò anche questi considerare si possono come uno - smembramento dello sfenoide . Finalmente la serie dei pezzi superficiali della mascella superiore è for- mata ; 38. dai sotto orbitali , e 39. dai sopra tem- porali, due zone ossee composte ciascuna di più pezzi enumerandosene otto paja nella perca ; s’ è già detto disopra che i due primi pezzi sotto-orbitali potrebbero considerarsi ancora come gli analoghi dei lagrimali. Ì La mascella inferiore è composta ordinariamente nei pesci di quattro paja di pezzi detti; 4o. dentarj, ai . margini superiori dei quali aderiscono i denti; uni- ti fra loro anteriormente formano la porzione prin- cipale della mascella , posteriormente portano ; 4r. gli articolari così detti perchè su di essi esiste la faccia articolare ; 42. gli angolari situati al disotto dei precedenti nell’ angolo posteriore della mascel- la; 43. gli analoghi degli opercolari dei rettili. No- tar si deve però che soltanto in un piccol numero di pesci può la mascella inferiore essere chiaramente i 3 divisa nei molti pezzi indicati, quasi come ni tili, ma questi esempii sono sufficienti per dimostra- re l’ innamissibilità dell’ opinione del Sig. de Blain- ville il quale suppose che questi ossi, mancando nelle mascelle dei pesci, si trasformassero in essi nei pezzi del coperchietto branchiale . Il coperchietto perciò si compone di ossi proprii in numero di quattro per ciascun lato, che sono, 44. i preopercoli; 45. gl opercoli ; 46. i sotto-oper- coli, e 47. gl inter-opercoli. Questi pezzi insieme uniti formano una lamina ossea che copre, e chiu- de l’ esterna apertura delle branchie. Dal sin quì esposto si rileva che la testa propriamente detta si compone ordinariamente nei pesci ossei di ottanta pezzi, cioè 26 pel cranio; 22 per la mascella supe- riore; 16 per l'armatura ossea superficiale delle guancie ; 8. per la mascella inferiore ; otto per il coperchietto branchiale . Ossa dell’ apparecchio respiratorio . T molti pezzi ossei formanti il sostegno dell’ orga- no respiratorio possono essere suddivisi in parecchie serie o gruppi, e sono r.° quelli dell’ osso joide e della membrana che chiude le branchie ; 2.° gli al- tri che portano direttamente le branchie ; 3.° i pezzi faringei . L’ osso joide è formato di dodici pezzi due dei quali semplici collocati al centro, e gli altri dispo- sti cinque per parte. I pezzi medii sono 1. l’ osso linguale ; 2. l’ osso verticale, o coda dell’ osso joi- de; 3 e 4 gl’ ossi stiloidei, che uniscono l’ intero os- so joide al cranio, articolandosi col temporale sca- glioso; 5. 6. gl’ ossi laterali maggiori posteriori; 7. 8. i laterali maggiori anteriori; 9. 10. i laterali mino- ri superiori; 11. 12. i laterali minori inferiori . Siccome i pezzi del coperchietto non possono chiu- 94 dere esattamente l’ apertura esterna della cavità re- spiratoria, così il lembo libero del medesimo si pro- lunga in una membrana più o meno estesa flessibi- le, e sostenuta da parecchi pezzi ossei stiliformi , detti perciò appunto raggi della membrana branchio#. stega. Articolansi questi sui pezzi laterali maggiori dell’ osso joide, la loro forma è variabilissima, co- me lo è pure il numero, giacchè nel carpione sè ne trovano soltanto tre, laddove nel genere e/ops arrivano al numero di trenta . Molti sono i pezzetti ossei destinati a sostenere. l'organo respiratorio ossiano le branchie , questi so- no disposti l’ un dietro Y altro in tante fila incurva- te ad arco, dette perciò archi branchiali ; siccome può variare il numero delle branchie, così varia ancora quello degl’ archi; per lo più nei pesci ossei se ne trovano quattro da ambi i lati, collocati verti= calmente entro la cavità respiratoria. L’ estremità inferiore di ciascun arco si unisce ad una serie di pezzetti situati nel centro del cavo della bocca, e formanti quasi continuazione cogli ossetti medii della. serie joidea, e singolarmente col linguale, tre sono questi pezzi; anteriore cioè , medio, e poste riore. L' estremità superiore degl’ archi diretta ver- so la base del cranio si unisce a parecchi ossicini armati di denti ed applicati al cranio stesso , che sono i faringei superiori. Gli archi sono composti ciascuno di tre pezzi articolati 1’ uno dietro l’ altro, ad eccezione dell’ arco posteriore che ne ha soltan- to due . Sulla concavità degli archi, singolarmente anteriori, sonovi delle piccole laminette o coni os- sei, spesso munite di denti le quali chiudono in parte gli spazii interposti agl’ archi branchiali, on- de coll’acqua non si introducano nelle cavità respi- ratorie corpi stranieri. La convessità poi degl’ archi sostiene le laminette o barbule sulle quali si dispie- ga la parte molle vascolosa dell’ organo respirato- 5 rio. I pezzi ossei principali dell’ apparecchio tai chiale arrivano quindi almeno al numero di venti cinque, tre centrali inferiori, ed undici per ciascun lato formanti gli archi. Tra gli archi branchiali superiormente , ed al di dietro di essi inferiormente, sono collocati parecchi ‘ pezzetti ossei detti faringei perchè circoserivono qua- si l’incominciamento del canale faringeo, o meglio esofageo. Otto sono ordinariamente gl’ ossi faringei quattro per ciascun lato, due inferiori sei superiori sottoposti all’ estremità de’ tre archi branchiali po- steriori ,. giacchè l'anteriore, è sospeso al cranio mediante un piccolo stiletto osseo che occupa il luo- go del faringeo mancante . » f. Ossa del tronco « | Facilmente distinguonsi le vertebre dei pesci per la fossa conica scavata nella faccia anteriore, e po- steriore del loro corpo; la parte anullare della pri- ma vertebra è molto spesso separata dal ‘corpo per tutto il tempo della vita. Le vertebre collocate al disopra della cavità addominale hanno delle apofi- si trasverse, che spesso, come nei ciprini, restano lungamente distinte dal corpo. Le coste ora sono sospese a queste apofisi, ora attaccansi al di dietro di esse direttamente al corpo della vertebra. Spesso le apofisi trasverse nella regione caudale dirigonsi verticalmente in basso, s' uniscono fra loro lascian- do presso il corpo della vertebra un anello inferiore che contiene i grossi vasi, e sirtnulano così delle a- | pofisi spinose discendenti. Le ultime apofisi della co- da uniscono le loro apofisi cogl’ ultimi ossicini inter- spinosi, formando così una lamina triangolare ver- tica'e, al margine posteriore della quale articolansi i raggi della natatoja caudale. Il numero e la figura delle vertebre è variabilissimo nelle diverse spe- n S/N 96 cie , nè è sempre proporzionato: alla lunghezza sl : corpo. Le coste colla loro testa semplice aderiscono cia- scuna ad una vertebra soltanto ; mancano le porzio- ni sternali, e quindi |’ ds intimità inferiore termina libera tra la musculatura: allorquando esiste una specie di sterno, i pezzi scagliosi che lo formano presentano spesso delle spine o reste dirette verso . le costè, che potrebbero considerarsi quali rudimenti di coste sternali. Dalle coste, talvolta ancora dalle vertebre, partono dalle spine sottili che perdonsi nel- la spessezza degli strati muscolosi, e che moltipli- cano più o meno nelle diverse specie le reste. Le coste spesso esistono solo in rudimento , qualche ra- ra volta ancora mancano totalmente . I raggi che sostengono le natatoje verticali costi- tuiscono una serie di pezzi a ggiunti al rimanente degl’ ossi componenti il tronco in questa classe di animali. Ciascun raggio si compone di una parte interna detta osso interspinoso, che forma come la radice approfondata tra le carni e le apofisi spinose delle vertebre; e di una parte esterna che è il rag- gio propriamente detto. I raggi si articolano per ginglimo coi corrispondenti ossi interspinosi, e quin- di godono di movimento più o meno libero. Una parte di questi raggi verticali sono in forma d’ ossa acuminate robuste, e diconsi raggi spinosi: gl’ altri sono solidi soltanto alla base, componendosi il rima- nente di molte piccolissime articolazioni spesse volte ramose detti perciò raggi articolati, molli, o ramo- si. Spessissimo anche i raggi spinosi detti semplici dividonsi tongitudinalmente mediante una suttura in due metà destra, e sinistra. In molti pesci le apofisi spinose inferiori delle prime vertebre caudali, e gli ossi corrispondenti interspinosi della natatoja anale sviluppandosi straordinariamente formano una specie di robusta cintura ossea che limita posteriormente l’addome, e rappresenta quasi, od almeno fa le ve- ci, di una piccola pelvi. Ossa delle estremità anteriori ; e posteriori . . Le estremità »anteriori sono sostenute da una cin tura ossea che circoserive posteriormente le cavità branchiali , composta di dué archi uniti tra loro infe- riormente ,. ed articolantesi col cranio nell’ opposta estremità. Ciascuno degl’ archi è formato di più pezzi, comprendendo le regioni della spalla, e del- l’ omero o braccio $ la prima può considerarsi quasi composta di tre ossi rappresentanti la scapola in più pezzi divisa , e che perciò. sono denominati 1.° so- prascapolare ; 2.° scapolare ; 3.° coracoideo; picco- lo osso stiliforme per lo più diviso in due pezzi. La seconda regione dell’ arto anteriore è formata al solito da un solo pezzo l’ omero, mediante il quale i dune archi si toccano e si uniscono ; quest’ osso ne sostiene altri due collocati l'uno al disopra dell’ al- tro, componenti la terza regione dell’ arto, éd ana- loghi all’ ulna,; e raggio col lembo libero dei quali si articolano quattro o cinque ossicini formanti il carpo ; e che sostengono i raggi della natatoja pet torale che stanno invece del metacarpo, e delle falangi. Le estremità posteriori nei pesci presentano una struttura, e composizione molto più semplice , giac- chè le regioni dell’ osso innominato, del femore , della tibia e fibola, e del tarso riunite sono da cia- scun lato in un solo osso; per lo più di forma tri- angolare, ma più o meno complicato. di apofisi , e lamine prominenti. I raggi della natatoja corrispon- dente , sono in parecchie specie suddivisi. come in due serie, la prima di queste composta di pezzi maggiori, e più distinti sarebbe analoga al metatar- so, la seconda alle falangi. Oltre che nei diversi Tom. I. Ti TÀ “> 8 elit è variabilissima la posizione degl’ arti poste- riori spinti talvolta tanto innanzi da unirsi al cingo- lo osseo delle estremità anteriori; s’ incontrano an- cora molte specie nelle quali le estremità medesi- me, o mancano totalmente, come nelle anguille, nei gimnoti, ec., ovvero esistono in uno stato rudi- mentario come nei Lepidopus . Scheletro dei Pesci cartilaginosi . Il cranio nei veri cartilaginosi, le razze, gli squa- li, è composto di un semplice inviluppo , nel quale in verun epoca della vita dell’ animale sono visibi- li traccie di sutture che lo dividano , come negli ‘altri vertebrati a scheletro osseo, in più pezzi di- stinti; questa scatola cartilaginosa però è d’ altron- de modellata quasi sulle forme di quella dei pesci ossei, per cui possono essere distinti i medesimi fo- ri, le stesse regioni, fosse, e prominenze. La fac- cia ancora presenta una semplicità analoga di strut- tura ; I’ arcata palato-temporale si compone di due pezzi per ciascun lato, uno dei quali discende dalla faccia inferiore del cranio per articolarsi colle ma- scelle , il secondo sta in luogo della mascella supe- riore e porta i denti, giacchè i mascellari e gl’ inter- mascellari sono ridotti a piccoli rudimenti nascosti nella. grossezza del labbro superiore. Anche la ma- scella inferiore non ha che un osso, analogo all’ ar- ticolare dei pesci ossei , però esteso in modo da u- nirsi anteriormente in forma d’ arco a quello del la- to opposto , e sostiene i denti mandibolari della se- rie inferiore. Nella grossezza del labbro inferiore sono pure nascosti piccoli rudimenti degl’ altri pez- zi ossei che compor dovrebbero questa mascella . Manca l’ apparecchio opercolare , invece i pezzi formanti l’ osso joide , e gl’ archi branchiali somi- gliano gli analoghi dei pesci ossei; di più negli 99 squali in faccia all’ inserzione esterna di ciascuna branchia avvi un osso gracile sospeso sotto i comu- ni integumenti, che è un vero vestigio di costa, ben diverso però dai raggi branchiostegi, che nei pesci ossei si sono voluti considerare quali coste sternali., Il complesso delle parti formanti le bran- chie è situato molto all’ indietro nei condropterigi, ocupando in parte la regione sottoposta alle prime vertebre, ed in proporzione è spinta all’ indietro an- cora la cintura che sostiene le estremità anteriori . Questa cintura composta di un solo pezzo, è sospesa fra le carni negli squali, arrivando ad unirsi coi processi delle vertebre soltanto nelle razze. Da cia- scun lato porta una serie più o meno numerosa di pezzi che sostengono i raggi della natatoja pettorale. La pelvi è pure composta di un solo pezzo collo- cato trasversalmente alla spina senza articolarsi col- la medesima, e che sostiene ai lati una lamina sul- la quale si inseriscono i raggi della corrispondente natatoja. Questa lamina prolungata in forma di cla- va nei maschii acquista una struttura complicatissi= ma di cui si parlerà altrove, Relativamente .alle cartilagini del tronco incon- transi dei pezzi della colonna spinale néi quali più vertebre sono insieme saldate formando una specie di tubo con fori laterali pel passaggio dei varii tron- chi nervosi spinali , particolarità che si trova anche nelle prime vertebre delle razze; tanto in queste quanto negli squali gli anelli superiori vertebrali sono in numero doppio di qnello dei corpi; o delle regioni inferiori delle vertebre stesse , giacchè oltre la parte anullare ordinaria , avvene una seconda sulla linea d’ unione dei diversi pezzi . Le coste spi- nali o mancano totalmente, o sono molto piccole, se si eccettui il genere Storione che le ha assai gran- di, ne è questa la sola differenza che distingue lo scheletro di codesto cartilaginoso; parecchie ossa 100 ; della testa, e tutte quelle della spalla sono dure, e quasi lapidee nella superficie, ma non fibrose, per cui potrebbe formare il passaggio dai veri cartilagi- nosi agl’ ossei; d’ altra parte però il cilindro fibroso che attraversa il corpo di tutte le vertebre non pre- sentando strozzature , come succede negl’ altri gene- ri, questo carattere ravvicina gli Storioni alle Lam- prede . In queste tutte le parti dello scheletro sono anche più semplici che iu qualunque altro cartila- ginoso descritto. La spina singolarmente è assai molle, mancano gli archi branchiali, e le branchie nell’ interno aderiscono soltanto ad un canale mem- branoso ; nell’ esterno all’ opposto sostenute sono da un apparecchio composto di pezzi analoghi alle co- ste, di cui si è trovato un primo indizio negli squa- li, e che nelle lamprede sono ramose in modo da unirsi trasversalmente le une alle altre. Negli am- moceti (lampredoni ) manca ancora il vero schele- tro cartilagineo , essendo l’ intero carcame ridotto ad un semplice tessuto membranoso, per cui codesti ani- mali , sotto questo rapporto, rassomiglierebbero piut- tosto ai vermi che ai vertebrati. . CaritoLo IV. Myotocra. sue Movimenti dei quali è suscetibile lo scheletro ‘dei pesci. La spina incurvasi facilmente a destra e sinistra de- scrivendo una o più curve secondo la varia lunghezza dell’ intero corpo. Le apofisi spinose superiori ed in- feriori delle vertebre limitano più o meno secondo la : varia loro lunghezza e robustezza la flessione nel senso | verticale. Le natatoje dispari ellevandosi, od. abbas= sandosi, aumentano od impiccoliscono la superficie | del corpo; quelle che rappresentano le estremità anteriori seguono in primo luogo il movimento del- IOI l’ ossea cintura che le sostiene portandosi ora allo in- nanzi ora all’ indietro ; poi godono di estrema mobi- lità in qualunque direzione nei loro raggi, e qual- che rara volta ancora le diverse regioni ossee del- l’ arto stesso muovonsi le une sulle altre. Le nata- toje ventrali, od arti posteriori , godono di movimenti alquanto più limitati agendo a guisa di remi, lad- dove le anteriori talvolta allargatissime si dispiegano in forma di ali, e possono ellevare l’intero corpo fuori dell’acqua facendogli descriverenell’ aria delle curve molto estese come sucede nell’ exoceto e nella triglia volante ( exocaetus evolans, et trigla volitans. L. ) la testa poco movibile sulla spina gode di mo- vimenti molto estesi e variati nelle mascelle, nelle arcate palato temporali, osso joide, archi branchia- li, ossi faringei, ed opercoli. L'intero corpo di molti pesci ascende o discende , anche per la varia compressione esercitata dagli strati muscolari latera- li sulla vescica natatoria, l’ ampliarsi o restringersi della quale dà al corpo stesso un peso specifico or maggiore, or minore. In generale la fibra muscolare è più palida nei pesci che negli altri vertebrati , il tessuto tendineo ed aponevrotico, è invece bianchis- simo ed argenteo . à Fa Grandi muscoli laterali del tronco . n ( La miologia descritta nella perca è rappresentata nelle fig. delle tav. iv. -v. e vi. unite alla grand’ 0- pera ). Sa Dei muscoli laterali non se n ò distinguere es- senzialmente che uno, esteso dalla»testa in alto, dalle ossa della spalla in basso fino ai lati, della ba- se della natatoja caudale; quest’ ampio museole, pe- rò è molto complicato, e rappresenta i tre del sacro spinale degli altri vertebrati. Jl: musco laterale dell’ un lato è separato dall’ opposto i 102 dalla spina, questa larga fascia muscolosa è inter- rotta posteriormente pel passaggio delle pinne vyen- . trali; anteriormente, diviso in due porzioni, queste abbracciano le estremità anteriori, e ciascuna sud- divisa in più linguette termina sulle ossa vicine del capo, e della spalla, non che sul pezzo dispari dell’ osso joide. I grandi muscoli laterali sono divisi trasversalmente da lamine aponeurotiche in tanti strati di fibre, quante sono le vertebre, disposizio- ne che sotto la bollitura fa apparire la carne dei pesci come lamellare. Può ciascun muscolo essere Jongitudinalmente distinto in tre striscie per la vya-’ ria direzione delle fibre, delle quali la superiore sarebbe analoga allo spinoso del dorso; la media al lungo dorsale; la inferiore, sotto la coda, al lom- bo sotto-caudale inferiore dei mammiferi, e sotto } addome fa le veci dei muscoli addominali . Sono questi muscoli destinati a piegare ai lati to- talmente, od in parte il corpo facendo eseguire. al medesimo quei movimenti alternati di estensione e di flessione pei quali è trasportato in avanti. La porzione anteriore inferiore, che dalla simfisi de- gl’ ossi omerali va al corpo dell’ osso joide, e rap- presenta lo sterno , e cleido joideo, concorre col genio joideo a deprimere la mascella inferiore . Ne” pesci ossei i muscoli laterali muovono ancora il ca- po , non così nei cartilaginosi nei quali questa re- gione ha dei muscoli pròprii , Ù Muscoli gracili del tronco superiori, ed inferiori , Nell’ intervallo dei due grandi muscoli descritti dal lato del dorso, e spesso aficora da quello della coda collocati sono due muscoli gracili che ordina- riamente sono interrotti soltanto dalle natatoje dor- sale ed anale, alla base anteriore, e posteriore delle quali si inseriscono, e servono perciò a muoverle d 103 inenrvando ancora il tronco in alto od in basso. La | varia posizione e numero delle natatoje dorsale, ana- le, e ventrali modifica ancora l’ andamento di code- sto muscolo tanto nella regione superiore che nella inferiore suddividendolo ancora in due , tre, e più fascii. Muscoli proprii della natatoja caudale. | Dividonsi in tre classi cioè dei superficiali, profon- ‘ di, e parziali, diretti dall’ un raggio all’ altro. 1 su- perficiali staccansi dall’ aponeurosi che termina poste- riormente i grandi muscoli laterali e si inserisco- no sui raggi della natatoja. I profondi si vedono solo tolto interamente il muscolo laterale, nati dal- l’ ultima regione della spina, e principalmente dal- l'osso triangolare che sostiene la natatoja, terminano alla base dei raggi della medesima; si può spesso separarli in due strati; la loro inserzione alla base dei raggi si fa mediante linguette nascoste da quelle ‘della aponeurosi terminale del gran muscolo laterale. Talvolta, singolarmente nella perca, esiste un terzo muscolo che nasce dalla metà dell’ altezza della pre- detta vertebra tra i due precedenti, ed ascendendo si dirige alla parte superiore della natatoja dove termina, e perciò deve restringerla deprimendola . Muscoli proprii delle natatoje del dorso , e dell’ ano . Sono questi muscoli uniformemente: disposti, e ciascun raggio ne ha sei, due superficiali, e quattro profondi . 1 primi distesi trasversalmente sui grandi - muscoli laterali aderiscono alla pelle , e terminano sui lati della base dei raggi uno a destra, a sinistra l’altro, e possono perciò inclinare ai lati codeste natatoje. I profondi, nascosti in parte tra i grandi muscoli laterali , dagli ossicini interspinosi. passano 104 alla base dei raggi corrispondenti, collocati due an- teriormente, due posteriormente servono ad ellevare, e deprimere i raggi stessi, ma Muscoli della Spalla, fi si L’ ossea cintura formante la regione della spalla delle estremità anteriori dovendo servire come di bas se ‘alle altre regioni non è suscettibile di movimenti molto. estesi, soltanto la porzione anteriore dei gran- di muscoli laterali attaccata alla cintura stessa, e che da questa va in parte ad inserirsi ancora sul l’ osso joide può condurre alquanto -all’ avanti, od allo indietro la cintura medesima. In alcune specie però esiste un muscolo che dal- la regione posteriore-inferiore del cranio si dirige alla porzione superiore ed anteriore dell’ osso. ome- rale coprendo in parte la membrana che serve di diaframma tra la cavità branchiale, e qnella del corpo. Agisce questo muscolo sulla spalla ma debol- mente , per cui l’ uffizio suo principale sembra quel- lo di comprimere l’ indicato diaframma agendo così sui visceri addominali. i Lo stiletto coracoideo, è semplicemente invilup- pato dagli strati del grande muscolo laterale, qual- che volta soltanto presta inserzione ad uno strato muscolare sottile ed obliquo, che cuopre l’ indicato muscolo . } ° Muscoli della natatoja pettorale . Nelle molte specie che hanno gli ossi del. carpo piccoli questi AR si inseriscono soltanto nei rag- gi. In ciascuna delle due superficie della natatoja isolare si possono due strati di muscoli ; formanti tante linguette tendinee distinte di inserzione quanti sono i raggi. Lo strato superficiale anteriore che de- riva dall’ osso omerale discende; il profondo nato \ 105 dalla faccia esterua, e dal margine inferiore del- l osso cubitale ascende. Gli strati posteriori invece hanno un andamento inverso . Contraendosi contem- ‘poraneamente i due strati anteriori poro in avan- ti la natatoja , il movimento opposto è operato dai posteriori. Ciascun strato agendo separatamente ora innalza , ora deprime la natatoja secondo la varia direzione delle sue fibre, Mediante la combinazione poi di queste diverse azioni la pettorale ora si al- larga , ora si contrae. Codesti strati muscolari au- mentando gradatamente di mole negli squali, di- ventano finalmente gli enormi muscoli delle ali del- le razze. Muscoli della pelvi. I muscoli gracili inferiori del tronco, dei quali si è di già parlato, portano all’avanti, ed all’ in- dietro le ossa rappresentanti nei pesci la: pelvi: gli anteriori provengono dalla estremità inferiore degli omerali: i posteriori, dopo aver circondato l’ ano, poggiano sui muscoli grandi laterali, e talvolta si in-. seriscono ancora sui primi interspinosi della natatoja dell’ ano. Le ossa predette si ravvicinano fra loro mediante muscoli trasversi collocati sotto la loro fac- cia inferiore, muscoli però che non sono costanti. I grandi ‘muscoli laterali somministrano pure a queste ossa una teniola mediante la quale stirati lateral- mente si allontanano l’ uno dall’ altro. Muscoli delle natatoje ventrali . Le ossa della pelvi sostengono parecchi strati mu- scolari mediante i quali queste natatoje godono di movimenti variatissimi. Due strati a. fibre alquanto decussate ocupano ciascuna faccia degli ossi innomi- nati’, e verso la natatoja suddividonsi in tante stri- scie tendinee quanti sono i raggi, che muovono in n 106 tutte le direzioni. Questi. muscoli propri dei raggi delle estremità anteriori, e posteriori possono essere paragonati ai flessori, ed estensori brevi delle dita delle lucertole, e singolarmente dei cocodrilli. Muscoli delle mascelle . Riuniti sono questi muscoli in una sol massa adea rente a tutta la faccia esterna della parte posteriore dell’ arcata palato-temporale: ella è spesso divisa in tre ventri, qualche volta ancora in quattro. Dal lembo anteriore di questa massa escono due tendini , uniti mediante aponeurosi;, uno dei quali si inseri- sce sulla mascella superiore , l’ altro sulla inferiore al di dietro dell’ apofisi coronoide . L’ aponeurosi si spande sulla membrana che unisce le due mascelle. In questi muscoli veder si possono gli analoghi del crotafite , e del massetere dei mammiferi, manche- rebbero quindi i pterigoidei, ed il digastrico, l’abe bassamento della mascella inferiore si eseguisce per lazione del genio joideo. Ma la mascella inferiore potendo nei pesci accostare più o meno i suoi rami è provveduta di un muscolo proprio a ciò destinato, collocato trasversalmente nell’ angolo che formano i rami stessi, al di dietro della sinfisi, ed al disopra della inserzione anteriore del genio joideo . Muscoli dell’ arcata palato-timpanica . L’ arcata palatina composta dagl’ ossi palatino , pterigoideo interno , pterigoideo esterno, jugale, cas- sa 0 timpano, e dal temporale si muove sopra due articolazioni , una anteriore che appartiene al pala- tino , l’altra posteriore del temporale, I suoi movi- menti principali consistono nella adduzione e dedu- zione della parte inferiore con quella del lato oppo- sto; qualità di movimento che influisce pure sulle | | i | ariani icona 107 Missili , e sull’ apparechio opercolare ed è essen- ziale alla respirazione , L’ adduttore dell’ arcata palatina , dalla faccia in- feriore dello sfenoide passa trasversalmente al mar- gine superiore dell’ arcata stessa . i RAIL depressore più grosso, e meno esteso, deriva dalla regione inferiore e laterale del cranio , ma non è (costante » potendo servire alla depressione anche il precedente . L’ elevatore nasce al di dietro dell’ orbita sotto il margine del frontale posteriore, e si inserisce in al- to sulla faccia esterna del temporale, ed in parte sul pterigoideo esterno . Muscoli dell’ opercolo . L' elevatore si inserisce principalmente lungo la cresta esterna formata dall’ osso mastoideo . Il de- pressore deriva dalla faccia laterale inferiore del cranio dove l’ ala maggiore, e la porzione petrosa si uniscono tra loro, e col mastoideo, terminano ambi- due sul pezzo del coperchietto branchiale detto oper- colo. Qualche volta le due masse muscolari descrit= te si suddividono in più ventri o muscoli distinti. Fa duopo osservare ancora che i muscoli destinati ad accostare le branchie all’ osso joide, ed a muovere la membrana branchiostega , contribuiscono pure alla adduzione degli apparecchi palatino , e branchiale. Muscoli dell’ osso joide . Il principale corrisponde al genio joideo; deriva dalla faccia interna ‘dei rami della mascella presso la simfisi, termina sui lati dell’ osso joide nel pri- mo dei due ossi maggiori. Fissata la mascella infe- riore. porta in alto ed in avanti l’ apparecchio joi- deo. Spesso una striscia muscolare trasversa unisce tra loro i due rami di quest’'osso; di più la porzio- ne del muscolo laterale del tronco che arriva fino 108 all’osso joide lo deprime e lo porta allo indietro co- me farebbe lo sterno joideo. Muscoli della membrana branchiostega . Il corrugatore è formato da uno strato di fibre col- locate attraverso della faccia interna dei raggi bran- chiostegi, una porzione delle quali deriva dalla super= ficie interna dell’ opercolo ; l’altra dal subopercolo . Il tensore, che può mancare, và, inerocicchiandosi col compagno, dal raggio inferiore d’ una delle mem- brane , al ramo opposto dell’ osso joide. Esistono qualche volta ancora dei piccoli muscoli parziali a ciascun raggio , nati dalla vicina porzio- ne del ramo joideo, e che secondo il vario anda- mento delle loro fibre contribuiscono ora all’ allar- gamento , ora al corrugamento della membrana . Muscoli dell’ apparecchio branchiale , e faringeo . Questi muscoli possono dividersi in più fascii o grupi che sospendono codesto apparecchio al cranio, alla spina , o lo uniscono al corpo dell’ osso joide , all’ osso omerale , comuni quindi a tutto 1’ apparec- chio ; ma parecchi altri che dir si potrebbono in- trinseci uniscono le diverse parti tra loro. Un primo fascio è attaccato al cranio, e si divi- de in due ordini di striscie, quattro esterne, e due o tre interne. Le prime si inseriscono sui pezzi su- periori dei quattro archi branchiali ; le interne sui due primi faringei. Innalzano la parte superiore dell’ apparecchio, portano gli archi in avanti , dila- tando così gli intervalli delle branchie . Un secondo fascio, nato ugualmente dal cranio al di dietro del depressore dell’ opercolo, si compone di due striscie, una anteriore che va al pezzo superiore del quarto arco, ed uno posteriore terminato nel tessu- 109 to della faringe al di dietro del terzo faringeo su- periore . Sono analoghi ai precedenti nell’ azione . Un terzo fascio si compone di un solo muscolo, ma considerabile, che nato dal lembo interno e po- ‘steriore del terzo faringeo superiore , scorrendo tra- sversalmente alle fibre della faringe, termina sulla colonna spinale, e porta allo indietro ed in alto tutto l’ apparecchio . i La regione superiore del secondo arco ha un mu- scolo particolare derivante dalla base del cranio nel punto d’ unione dell’ ala maggiore coll’ osso basila- re, che è pure un elevatore. Tre muscoli agiscono sull’ apparecchio mediante il faringeo ‘inferiore nel quale si inseriscono. Uno di essi si stacca dalla cresta superiore del corpo del- l’ osso joide, deprime e porta in avanti il faringeo predetto ; gli altri due nati dall’ osso omerale tira- no all’ indietro il faringeo deprimendolo alquanto . Tra questi tre muscoli ed i loro congeneri del lato opposto è situato il cuore col pericardio . Dei muscoli intrinseci dell'apparecchio gl’ uni so- no trasversi, gl altri obliqui. Questi ultimi collocati nella faccia inferiore in numero di quattro da cia- scun lato, vanno dalla catena media degli ossicini, alla regione inferiore, di ciascun arco che deprimo- no. Ire sono i trasversi superiori diretti da ciascun faringeo alla porzione vicina dall’ arco; uno soltanto inferiore, ma robusto che và dall’ uno all’ altro os- so fatingeo inferiore. Questi quattro muscoli restrin- gono alquanto l’ apparecchio nella linea trasversa . Relativamente all’ analogia tra questi muscoli, e quelli dei mammiferi, il fascio dei sospensori può essere paragonato cogli stilo joidei, e stilo faringei dell’ uomo ; ed i trasversi superiori agli io, e crico faringei. Differenze notabilissime s’ incontrano nelle con specie per la varia conformazione ed esten- ione dell’ apparecchio osseo . ” IIO Nicolai Thomae Host. Caes. Reg. Archiatri. Flora Austriaca vol. 1. Viennae sumptibus Car. Ferd. Beck 1727. 82 L questo volume sono descritte le piante della Flora Austriaca, le quali appartengono alle prime undici classi del sistema Linreano. Premessa una let- tera dedicatoria all’ augusto Imperatore FrANcESco I., l’ autore in una succinta prefazione dichiara, che 9 avendo egli acquistato per i molti suoi viaggi, e per quelli de’ suoi amici una più estesa cognizione del- le piante, le quali nascono nell’ impero Austriaco, vide, che la sua Syropsis plantarum in Austria pro- vinciisque adjacentibus sponte crescentium, Vindobonae, Wappler, 1796. 4.° era diventata un lavoro ‘troppo imperfetto; per lo che dovette dar mano all’ opera presente , nello scrivere la quale egli protesta di a- vere seguitato quel metodo, che più si confà colle leggi di sana filosofia botanica: ‘nr i/lustranda tot plantarum historia methodum cum philosophiae botani- cae legibus concordantem, et omnibus botanicis acce- piam semper prae oculis habui. E inverità egli ha. mantenuto la parola; conciosiacosacchè in questo la- voro risalta quasi da per tutto ]’ esattezza, e quel tatto botanico, proprio soltanto di coloro, che at- taceati ai precetti del sommo Linneo hanno acqui- stato il colpo d’occhio scientifico , per cui emergono , specie giuste, solide, basate sopra organi essenziali , e non affidate a quelle lievissime circostanze, nè a quello stravolgimento di idee teoretiche, con che oggidì è deturpata’' l’ amabilissima scienza di Flora, e pressocchè minacciata di rovina, se le idee stram- be , e storte potessero avere lungo dominio . Ora venendo alle particolarità di quest’ opera gio-. va osservare essere essa eseguita col metodo seguen- te. I generi, e le specie sonovi esposti per caratteri essenziali precisi. È molta sobrietà ne’ sinonimi ag- giunti ad ogni pianta, e forse taluno la taccierebbe III di soverchia; ma non è mai soverchio quello , che conduce all’ esattezza, e chi è pratico di somiglianti lavori, conosce troppo bene, quanto sia difficile lo addurre sinonimi sicuri; quindi a che pro servirebbe una filastrocca di sinonimi, che mettessero dubbiezza? .L' indicazione del luogo nativo, il tempo del fiorire , l’abito della pianta, ed una succinta descrizione sono le altre cose, colle quali ogni specie è dichiarata . Nella classe Monandria null’ altro è da osserva- re, se non che i generi Ca/litriche, e Salicornia so- no stati trasportati ad altre classi. Nella classe Diandria il genere Veronica possiede le seguenti specie nuove : 1. VERONICA ELATA ; foliis oblongis lanceolatis argu- te serratis pubescentibus oppositis ternis quaternisve , cau- le ramoso , bracteis linearibus pedunculo longioribus . Nasce neli’ Austria, e nell’ Ungheria. Fiorisce nel Giugno , e Luglio. Perenne. 2a. VerRoNIcA cENICULATA: foliis ternis glabris li- neari-lanceolatis canaliculatis serrulatis , caule stricto superne pubescente . ‘Nasce nella contea di Sza/bocs, e Szathmar . Fio- . risce nel Luglio. Perenne. 3. VeroNICA cLUSII: viscido-pubescens, foliis oblon- gis serratis canaliculatis petiolatis , inferioribus opposi- tis, superioribus alternis , calycinis laciniis ciliatis . Nasce nelle colline, e selve del Viennese. Fiori- sce dal Giugno all’ Agosto. Perenne. 4. VERONICA STERNBERGIANA : foliis petiolatis op- positis serratis villosis obovato-oblongis lanceolatisve , bracteis subulatis, caule adscendente . Nasce nel Tirolo meridionale, e nel monte della Grappa vicino a Bassano. Fiorisce nel Luglio. Perenne. 5. VERONICA N1TENS : florum racemo longissimo , foliis oblongis , inferioribus petiolatis obsolete crenatis, superioribus alternis integerrimis , caule stricto . Nasce ne’ prati della Carniolia, e nelle vicinanze del fiume Savo. Fiorisce nel Luglio, e Agosto. Perenne. 172 i - Al genere /Vulfenia sono giustamente riferite col- la scorta del Vahl la /Wu/fenia chamaedryfolia , e la Wulfenia lutea , colla prima delle quali l’autore ha inteso tanto la Paederota Bonarota, quanto la Pae- derota chamaedryfolia del Brignoli Fasc. rar. pl. Fo- roj. p. 6. 7.5 e colla seconda le-due altre specie, che lo stesso Brignoli aveva chiamate Paederota ur- ticaefolia, e Paederota Zannichelii l. c. pag. 8. 9. Saviissimo divisamento , perchè risulta anche per le mie osservazioni, che la Paederota chamaedryfolia , e Zannichelii del Brignoli non sono buone specie, come meglio si vedrà nella F/ora Italica . Tra le Sa/viae sono nuove le due seguenti: 1. SALVIA ELATA: caule herbaceo ramosissimo , fo- liis radicalibus caulinisque ovatis eroso-dentatis basi cordatis inaequalibus , rameis oblongo-lanceolatis; bra- cteis ciliatis calyce brevioribus . i Nasce ne’ prati sterili dell’ Austria vicino. a Dor- nau. Fiorisce nel Maggio, e Giugno. Perenne. 2. SALVIA VARIEGATA: foliis rugosis duplicato-cre- natis ciliatis , caulinis oblongo-cordatis; rameis lanceo- latis , lancinia intermedia corollae labii inferioris emar- ginata . - Nasce ne’ prati secchi dell’ Ungheria. Fiorisce nel Giugno e Luglio. Perenne. ue specie sole di Salicornia sono quivi ricevute, e poste nella classe Diandria, cioè la Salicornia herbacea, e la Salicornia fruticosa di Linneo. Con ciò è rimasta giustamente esclusa la Salicornia macro- stachya del Moricand F/. Ven. 1. p.2., la quale non è buona specie, bensì è uno scherzo della Salicorria fruticosa L., siccome io stesso essendo in Venezia nello scorso Settembre, e percorrendo quelle isolet- te ricche di Sa/icorniae allora in fiore, ho potuto assicurarmene , segnatamente esaminando quelle rac- colte nella strada ,.che conduce al porto di Ma/a- mocco ; ove il Moricand dice di avere trovata la sua Salicornia macrostachya. Sta in fatto, che la Sali 113 cornia fruticosa è una pianta variabilissima; ora ha numerose spiche fiorifere , ed ora assai poche; que- ste ora sono grosse, ora più sottili ; il loro primo articolo inferiore sterile ora è cortissimo , e pajono sessili, ora è allungato per piccol tratto, e sem brano pressochè peduncolate . Anche la statura, ed il rameggiare della pianta variano all'infinito, di guisa che rientra negli scherzi di lei anche la Sa/- sola radicans di Smith, siccome esso Smith ne ave- va avuto sospetto tanto nell’ English Botany p. 2467., quanto nell’ English Flora 1. p. 3. allorchè | parla de’ caratteri della Sa/icornia fruticosa : «* It is »» not impossibile, that this characters may all take +» place in our Sa/sola radicans t. 1691. Engl. bot. 1. c. La classe Zriandria monogynia ha la seguente Va- leriana nuova : 1. VALERIANA REPENS: foliis caulinis pinnatis, fo- liolis dentatis sessilibus ; inferioribus oblongo-ovatis , superioribus lanceolatis , radice repente . Nasce nell’ Austria nelle isole del Danubio. Fiori- sce nel Giugno, e Luglio. Perenne. Per le Valerianae locustae di Linneo, oggidì por- tate ad un genere particolare, l’autore ha preferito il nome generico di Va/erianella a quello di Fedia introdotto dal Vahl, nel che candidamente confesso non potere convenire con lui; perchè la parola Va- lerianella non somministra altra idea, che*quella di un diminutivo di Va/eriana ; nè l’ essere diminutivo nelle piante può mai costituire l’ essenza di un ge- nere, onde il nome di Va/erianella come generico è assolutamente escluso dal foro botanico per tutti i canoni della filosofia , e della critica botanica . Nel genere Crocus è soppresso il Crocus albifforus di Rohl Deuth. FI. 1. p. 407., che nasce a Trieste , specie sopra la quale io ebbi al certo dubbiezza nella Descriz. de’ zaffer. Ital. n. 2. sospettando , che fosse uno scherzo del Crocus vernus, e la cosa par- Tom. I. 8 1I4 mi ora dimostrata tanto per quello, che già ne dis- se il Sig. Gay nelle sue Observations sur deux me- moires de botanique pag. 4., quanto per il contegno, che ora tiene il Sig. Host nella sua Flora; ma non veggo ragione , perchè sia stato ommesso in questa Flora il Crocus serotinus Bert. l. c. n. 8., cioè Cro- cus longiftorus di Rafinesque, e Crocus odorus del Bivona, il quale è comunissimo in tutta la Dalmazia, donde ne ebbi anche l’ anno scorso molti esemplari dall’egregio Sig. Dott. Visiani, e questi esemplari confermano pienamente l’ identità della pianta di Dal- mazia con quella di Sicilia contro le dubbiezze mos- se sopra di lei dal Gay Observat. p. 7. n. 8.,- om- messa per ora l’altra questione suscitata dallo stesso Gay /. c. p. 7., se questo mio Crocus serotinus sia, o no il Crocus serotinus di Salisbury Parad. 30. | La pianta quì ritenuta sotto il nome di Scirpus annuus All. non è altro, che un ovvio scherzo del- lo Scirpus dichotomus L., come ho già avvertito in un altro luogo di questi Annali. dg Con molta giustezza tutte le piante graminacee sono ridotte alla Diandria disynia sotto il nome di famiglia Gramina, e per conoscere se queste piante sieno esposte con esattezza , basta sapere , che è lo stesso autore de’ Gramina Austriaca quegli, che le ha ordinate, e descritte. Tuttavolta non potrei convenire secolni di dover ritenere sotto il nome di Andropogon Ischaemum L. l Andropogon angustifolius di Smith, perchè lo stesso Smith possessore dell’ erbario Linnea- no ci avvisò nel Prodr. F/. Graec. 1. p. 47-; che il vero Andropogon Ischaemum L. corrisponde all’ An- dropogon n. 4. Gerard. Gallopr. p.'107. tab. 4. E nem- meno rinunziare posso a quanto dissi nelle Amoer. ;. ital. p. 2. 3. sopra ‘le Agrostris vulgaris, sylvatica , varia , stolonifera, decumbens, diffusa del Signor Host, quali titengo essere varietà dello stesso tipo. Nel genere Molinia è addotta una muova specie sotto il nome , e frase seguente : robi 115 t. MoLrtNIA LiTORALIS : panicula longissima nutan- te; paniculae ramis laxis, spiculis acuminatis , foliis . facie glabris, radice repente. = Nasce ne’ luoghi palustri presso i° lidi del mare Adriatico. Fiorisce nel Luglio. Perenne . Anche nel genere Avena è una nuova specie : I. AVENA STRICTA: spica erecta , spiculis quinque- floris aristatis , foliis levibus , basi pilosis . Nasce ne’ luoghi arenosi della Carniolia vicino al fiume Savo. Fiorisce nel Giugno. Perenne. La distinzione di Eragrostis in major, e minor, quali due specie diverse, è erronea. Posso assicura- re per ripetuta osservazione, che esse sono scherzi del medesimo tipo ;.e di ciò aveva giustissimamente avvertito anche lo Smith nel Prodr. FI. Graec. 1. p. 54. n. 184. Le Sesleriae juncifolia , tenuifolia , caerulea appar- tengono alla stessa specie, di cui sono modificazio» ni, e della quale pure è un’ insigne varietà la Se- sleria elongata . Le Fustucae duriuscula , hirsuta , stricta , dura, a- methystina ; pallens , ovina esprimono lo stato poli» morfo della Festuca duriuscula L. Nemmeno il Triticum. litorale , e glaucum ‘possono essenzialmente separarsi dal Triticum repens . Nella classe Tetrandria monogynia sono riferite co- me. nuove tre specie di Scadiosa, e queste sono. 1. ScAzros4 DiPsacIFoLIA: corollulis quadrifidis radiantibus, foliis radicalibus et caulinis inferioribus oblongis integris vel laciniatis , anthodii foliolis mem- branaceis , exterioribus ovatis , caule stricto . Nasce nella Stiria superiore, e nelle vallate alpine dell’Austria . Fiorisce nel Luglio, e Agosto. Perenne . 2. SCABIOSA HLADNIKIANA: corollulis quinquefidis radiantibus, foliis hispidis , inferioribus obovatis crenatis, superioribus pinnatis: foliolis laciniatis , caule stricto . . Nasce ne’ luoghi alpestri della Carniolia ; Fiori- sce nell’ Agosto , e Setteinbre. Perenne . 116 3. ScaBIosA HuMmrLIs: corollulis quinquefidis ra- diantibus , foliis inferioribus oblongis crenatis laciniatis- ve, superioribus pinnatis» pinnis laciniatis, caule gla- bro adscendente. Nasce appiè delle alpi Giulie , vicino a Gemona. Fiorisce nel Luglio, e Agosto. Perenne . L'autore molto esattamente annovera tra le .Sca- biosae della Flora Austriaca la mia Scabiosa holoseri= cea Amoen. Ital. p. 12., la quale è stata trovata in Dalmazia nel monte Biokovo dal Sig. Dott. Visiani secondo gli esemplari autentici, che a me pure so- mo stati dal medesimo mandati. i ; Non' convengo poi, che debbasi chiamare Scabio- sa ucranica L. quella specie, a cui Linneo pose con certezza il. nome di Scabiosa argentea. La Flora Graeca 2. p. 9. tab. 108. ci garantisce abbastanza il nome vero Linneano di questa specie, nè lo Smith si è mai ideato di quivi addurre il sinonimo di Scabiosa ucranica L. Anche il genere P/antago possiede due specie nuove. T. PLANTAGO LANATA: foliis ovato-lanceolatis lana- tis, scapis adscendentibus , floribus capitatis . Nasce ne’ luoghi erbosi della Dalmazia. Fiorisce nel Giugno. Perenne.. 2. PLANTAGO RUBENS © foliis lineari-lanceolatis quin- quenervibus integerrimis scapisque villosis , spica glo- | bosa , bracteis flore brevioribus . Nasce nella vetta del Biokovo in Dalmazia. Fio= risce d’ estate. Perenne. A Nella Pentandria monogynia si hanno le seguenti specie nuove. I. Myosorrs srtvarica: foliis radicalibus obovatis emarginatis , caulinis lingulatis apice deffexis , caule erecto angulato hirsuto ramosissimo : ramis tortuosis. — Nasce ne’ luoghi montuosi, ed umidi. Fiorisce ' dal Maggio al Luglio. Bienne . dA 2. Myosorrs pecumBENS © calycibus quinquepartitis, Foliis radicalibus caulinisque inferioribus longe petiolatis 117 ovatis vel ovato-lanceolatis, caulinis superioribus oblon- gis amplexicaulibus , caule ramisque decumbentibus . | Nasce ne’ luoghi montuosi della Carintia, e del- la Carniolia. Fiorisce nella primavera, e nell’ esta- te. Perenne. 1. PULMONARIA MEDIA: foliis radicalibus petiolatis oblongo-lanceolatis , caulinis sessilibus subamplexicau- libus , filamentis medio tubi corollae insertis . ‘ Nasce nelle selve, e prati. Fiorisce di primave- ra. Perenne. 1. Ecnium PETRAEUM : foliis linearibus margine revolutis, caule suffruticoso . Nasce nella Dalmazia montuosa. Fiorisce nel Giu- gno, e Luglio. Perenne, e suffruticoso + 1. Prrmura venusTA; foliis oblongo-obovatis undu- latis glabris ‘repando-denticulatis , floribus umbellatis nutantibus , calyce tubuloso quinquefido . | Nasce nel Baldo, a Lubiana, e ne’ luoghi alpestri del- la Contea di To/muz. Fiorisce di primavera . Perenne, Nel genere Campanula è riferita come distinta specie la Campanula pusilla , la quale è con tutta certezza una modificazione della Campanula rotun= difolia L. Lo stesso posso dire della Campanula ela - tinoides , la quale è una mera varietà villosa della Campanula Elatine L. Le foglie variano più o meno grandi, profondamente cordate, o subcordate tanto nella specie, che nella varietà, ed io posseggo un esemplare della varietà villosa favoritomi dal Sig. Pollini, il quale esemplare ha le foglie cordate con incavo squisitissimo ..Le lacinie del calice sono del pari dritte, o patenti e nella specie, e nella va- rietà. In somma la Campanula Elatine possiede la sua varietà villosa, precisamente come la possiede la Campanula diffusa. Il Sig. Host poi ommette una specie di Campanula indigena della Dalmazia ; la qualè è assai bene distinta dalle già conosciute. Questa è la Campanula Portenschlagiana Rim. et Schult. Syst. veg. 5. p. 93.;-la quale per gli esem- (RBB plari, che ne ho ayuti dal Sig. Dott, Visiani; è certamente diversa dalla Campanula floribunda Viv. ‘FI. Libyc. spec. p. 67., Campanula isophylla Morett. Dec. 7. pag, 6., siccome il Prof. Moretti aveva già. fatto osservare con molta esattezza. E nuova tra le Violae la pisa 1. VroLa NIiTENS: acaulis glabra, foliis cordato- ovatis nitidis , radice repente . Nasce nella Carniolia, e Croazia ne’ luoghi palu- lustri. Fiorisce di primavera . Perenne . Diyerse specie nuove di Verbascum si incontrano in questa Flora. Dio voglia, che siano buone ; giac- chè io non oserei farmi garante nemmeno di tutte le specie nuove di Verbascum pubblicate dallo Schra- der. Ecco quelle del Sig. Host; I. VERBASCUM PYRAMIDALE ; foliis rugosis crenatis acuminatis, radicalibus et caulinis inferioribus oblongis latis, rameis ovatis, caule ramosissimo : ramis erectis . | Nasce nell’ Austria ai margini delle selve. Fiori- sce nel Giugno, e Luglio. Bienne. 2. Verzascum orcHIDEUM ; foliis oblongis crenatis, superioribus cuspidatis, caule angulato paniculato , co- rollae laciniis superioribus conniventibus , lacinia infe- riore patula . Nasce nell’ Austria, Ungheria, Moravia, e Boemia ne prati, e colline. Fiorisce dal Maggio al Luglio. Bienne. 3. Verrascum rHyrsorDEUM : foliis oblongis cor- datis latis repando-lobatis , caule simplici , forum ra- cemo terminali denso . Nasce ne’ luoghi montuosi, e appiè de’ monti della Carniolia . Fiorisce nel Maggio, e Giugno. Bienne. 4. VerBascum viRENS : foliis oblongis rugosis un- dulatis crenatis utrinque concoloribus , caule angulato scabro ramosa . Nasce nella declività de’ monti della Stiria, Carin- tia, ed Austria. Fiorisce nel Giugno, e Luglio. Bienne + Tra i Ribes è nuovo il i, RIBES VITIFOLIUM; inerme, racemis longissimis 119 | pendulis , floribus confertis, petalis calycinisque laci- niis reflexis . i Nasce nella Croazia. Fiorisce nel Maggio. Frutice. Il genere Corispermum è stato dal Sig. Host tras- portato alla Classe Pentandria digynia , e due spe- cie nuove ne vengono da lui annoverate, cioè : I. CORISPERMUM MICROSPERMUM : floribus axilla- ribus solitariis distantibus , foliis bracteisque linearibus, caule pubescente . | Nasce ne’ luoghi campestri , arenosi dell’ Unghe- ria. Fiorisce nell’ estate. Annuo. 2. CorrspPERMUM ELATUM <; floribus axillaribus soli- tariis , foliis lineari-lanceolatis margine cartilagineis , caule tomentoso . Nasce , e fiorisce col precedente. Il genere Ulmus è arrichito di tre specie nuove: t. Urmus coryLIiFoLIA: foliis lato-ovatis scabris basi oblique cordatis duplicato-serratis: dentibus latis obtusis , fructibus obovatis , ramis patentibus . Nasce nelle selve montuose dell’ Austria . Fiorisce di primavera. Albero. io: 2. Urmus TILIAEFOLIA:; foliis lato-ovatis glabris Facie nitidis duplicato-serratis basi inaequalibus , flo- ribus subsessilibus , fructu obovato glabro . i Nasce nelle selve della Boemia , e ne’ monti del» l’ Austria. Fiorisce nel Marzo, e Aprile. Albero . 3. ULmus rortUOSA : trunco ramisque’ flexuosis, fo- liis ovato-lanceolatis , fructu obovato glabro . Nasce nelle colline dell’ Ungheria. Fiorisce di pri- mavera . Albero mediocre , e sovente arbusto. Tra le Ombrellifere è posto come nuovo il 1. Lrcusricum carNnIoLICUM > foliis radicalibus tri- ternatis: foliolis decursive pinnatis ; pinnis pinnatifi- . dis, involucro polyphyllo: foliolis apice dentatis . | Nasce nella Carniolia nel monte Grosskah/enberg Fiorisce nell’ Agosto. Perenne . Per alcuni esemplari di questo Ligusticum carnioli- cum favoritimi dal Sig. Barone di Welden veggo, che 120 a lui corrisponde esattamente l’ Athamanta Golaka Hacq. PI. alp. Carn. p. 14. tab. 5., la quale era stata impropriamente riferita al Ligusticum pelopon- nesiacum Schult. Syst. veg. 6. p. 548. 549. Ora tale Athamanta Golaka Hacg., o Lisusticum carniolicum Host , nell’anno 1820. fu trovata in gran copia nel monte Corno, nel monte Vettore, e Vettoretto del- l’ Abruzzo, e nel monte detto /a Rosa nel Norcino dall’ infaticabile Orsini, ed il Gussone nel 1824. la rinvenne nella Majella, ed altrove, e la pubblicò nelle sue Plant. rar. pag. 132. sotto il nome di L& gusticum Hacqueti , il qual nome deve essere prefe- rito per diritto di anteriorità, Il Sig. Host ommette ne’ Seselî il \Seseli tomento- sum Visian. Stirp. Dalm. specim. p. 6. tab, 3. f. 1., che nasce a Sebenico in Dalmazia, del quale io pos- seggo esemplari autentici mandatimi dal Sig. Visiani. Questo Seseli costituisce un’ ottima specie, diversissi- ma dal Seseli leucospermum della Flora Ungarese , Nella Pentandria Pentasyriia è nuova la I. STATICE CANEscENS> floribus capitatis, foliis linearibus scapisque glabris, calycibus aristatis . Nasce ne’ monti della Dalmazia , Fiorisce d’ esta= te, Perenne. ‘Venendo alla classe Hexandria monogynia giova osservare, che all’ A/lium magicum è riferito a torto l Allium multibulbosum Jacq. Austr. 1. p. 9. tab. 10., il quale costituisce una buona specie per se, sicco- me già osservai nella stampa; che ha per titolo Horti botanici Bononiensis plantae miventes cum aliis plantis wiventibus comutandae anno 1820. Bononiae . Typis Riccardi Masi. 4° pag. 3. . Nella Hexandria polygynia non è ben riferito al Colchicum montanum L,, sicuramente indigeno della Dalmazia , il Co/chicum montanum All. FI. Ped. 1. p. 117. tab. 74. f. 2., il quale appartiene ad una varietà del Co/chicum autumnale L., siccome mostrai nelle Amoen. Ital. p. 24. O 121 Al genere Epilobium della classe Octandria mono- gynia è addotta la seguente specie nuova : 1. ErrLoBium NIiTtIDUM; foliis ovatis denticulatis nitidis oppositis alternisve, petalis bifidis, stigmate qua- dripartito . Nasce ne’ monti dell’ Austria , e della Stiria, Fio- risce nell’ estate. Bienne . A questa stessa classe, ed ordine è riferito dal Sig. Host il genere Acer ; ma non è esatto il sino- nimo di Acer neapolitanum citato all’ Acer obtusatum. Il primo ha le. ale de’ frutti divergenti, e non con- vergenti, come le ha il secondo . . Nella classe Decandria digynia è fatta distinzione tra il Dianthus atro-rubens di Allioni, e di Jacquin, ed il Dianthus Carthusianorum di Linneo, e di Sib- thorp; ma la figura della Flora Graeca tab. 392. riferito all’ ultimo è identica con quella di Jacquin Ic. rar.! tab. 467. addotta al primo, nè è dubbio alcuno, che il Dianthus Carthusianorum di Linneo non sia lo stesso del Dianthus atro-rubens di Allioni . x Nella Decandria Trigynia è nuova l’ Arenaria se- guente : I. ARENARIA MacROcARPA; caulibus geniculatis mu- ricatis diffusis , foliis linearibus recurvis aculeato-cilia- tis, floribus paniculatis , capsulis oblongis . Nasce ne’ luoghi alpini, e subalpini della Croa- zia . Fiorisce d’ estate. Perenne . Queste sono le cose nuove, o principali, delle quali ho creduto convenevole discorrere. Infinite al- tre poi ne sono nell’ opera , le quali meritano at» tenzione, sia per la singolarità delle specie rare , sebben già conosciute, di che trattano , sia per l’e- ‘sattezza delle distinzioni, e descrizioni; e questa Flora, siccome si estende alle piante dell’ Istria, del Friuli, di Venezia, e del Baldo, riesce sommamen- te interessante anche per i lumi, che sparge sopra Ja Flora Italiana. AnTOoNIO BERTOLONI . ‘1292 | Inpicazione peLLE MeMoRIE DI Srorra NATURALE, cUE SONO STATE RECENTEMENTE OÎ IMPRESSE NEGLI ATTI DELLE ACCADEMIE , 0 LETTE NELLE SEDUTE DELLE | © MEDESIME , OVVERO INSERITE NEI GIORNALI. Fi O etc. Memorie della Società di Fisica, e di Storia Naturale di Ginevra, Tomo 4.° parte 1.* Ginevra 1828 in 4.° con tay. in rame. Decandolle — Sulla famiglia delle piante combreta- cee ; Macaire-Prinsep — Sulla colorazione autunnale delle foglie; Necker L. A. — Sopra un pezzo rimarche- vole del minerale chiamato da Haiy rame idro-silicioso, e da Leonhard Kiesels Malachit ; Prevost — Sulla cir- colazione del feto nei ruminanti; Moricand — Sopra al- cune mostruosità del becco di uccelli indigeni; Macaire= Prinsep — Sopra alcune parti del suolo dei contorni di Lione; Decandolle — Sopra alcune piante osservate in fiore nel mese di gennajo 1828 nella stufa del Signor Saladin; Macaire-Prinsep — Sull’ avvelenamento de’ ve- getabili per mezzo di sostanze derivate dai vegetabili medesimi. è Nova acta ete. Nuovi "atti Fisico-Medici dell’ Acca- demia Cesarea Leopoldino — Carolina dei Curiosi del- la Natura Tom. .XIV. parte prima. Bonn. 1828 in 4.° con.tavole, le une in rame, le altre litografiche. (Tut- te le, memorie inserite in questo volume sono scritte in lingua tedesca, ad eccezione di quella di Weber, ch’ è scritta in latino). Soemmering Samuele Tommaso — Sulla lesione sanata. di un cranio di Jena fossile ; Biscoff. G. G. — Storia Na- turale della Salvinia natans Schreib.; Muller Gioanni — Sopra un sistema nervoso proprio degl’ intestini degl’ in- setti, analogo al simpatico; Weber M. J. — Sulla cat- tiva conformazione dell’ encefalo, della testa, e della pelvi di nn uomo; Wied Principe Massimiliano — Sul. Quetz Paleo di Seba, cioè sull’ Uromastye Cyclurus di Merrem; Boie Federico — Intorno ad una specie non per anche descritta del genere Cordylus Gronov., Cor= dylus cataphractus Boie ; Schlegel Enrico — Ricerche 123 sulle glandole salivali dei serpenti a denti solcati, in comparazione di quelle degli altri serpenti velenosi, e non velenosi; Rathke-Enrico — Sullo sviluppo dell’ ap- parecchio respiratorio negli uccelli, e ne’ mammiferi; Ritgen F. A. — Saggio di una nuova classificazione na- turale degli uccelli; Ritgen F. A. — Saggio di una cla- sificazione naturale degli amfibii ; Ritgen F. A. — Con- siderazione comparativa dell’ apparecchio solido , che por- ta, e circonda gli organi della generazioae (Sezione 1.* Pesci ) ; Otto A. G. — Descrizione di alcuni crostacei trovati nel mediterraneo negli anni 1818 e 1819; Gloger Costantino. —- Del nido, o letto del Mus minutus Pall. , con alcune osservazioni sul modo di costruire dei mam= riferi paragonato a quello degli uccelli; Gruithuisen Fr. P. — Sulla Daphnia sima , e sulla circolazione del- la medesima ; Gruithuisen Fr. P. — Sulla Mais diapha- na, e sulla Mais Diastropha , e sul loro sistema sangui- gno , e nervoso, Melo pera Accademia R. delle Scienze di Parigi. Seduta dell’ 8 Decembre 1828. Geoffroy St.-Hilaire a nome ancora di Serres fa una relazione favorevolissima della memoria del Dottore Rou- lin relativa ai cangiamenti sopravvenuti negli animali domestici trasportati dall’ antico continente nel nuovo . Da ciò, che questi animali sono oggidì, si vede mani- festamente, al dire di Geoffroy, che alcuni de’ loro caratteri sono acquistati , ed altri sono naturali. Dalle osservazioni , e ricerche di Roulin trar si possono le: seguenti deduzionì: 1.* Che quando si trasportano ani- mali in un nuovo clima, non solo gl’individui, ma le razze ancora hanno bisogno di assuefarvisi; a. Che mentre ha luogo quest’ assuefazione ( acclimatation), accadono comunemente nelle razze certi cangiamenti du- revoli, che mettono la loro organizzazione in armonia coi climi, ove hanno a vivere ; 3.* che le abitudini da Geoffroy dette d’ indipendenza , fanno prontamente ri= salire le specie domestiche verso le specie salvatiche , da cui derivano. Questi risultati, prosegue Geoffroy, sono in se stessi preziosi, e tali da spargere qualche nuo» 124 vo lume $u quistioni complicatissime. Passa quindi il relatore a considerare le modificazioni , che hanno po= tuto provare le razze , e le specie, quando l’ influenza delle circostanze esteriori era più valida, e più este=. sa. Aggiunge in oltre, che Isidoro Geoffroy St.-Hilaire. nelle sue considerazioni generali su i mammiferi ha mostrato , che le molte varietà del bue, del porco, del cavallo, e della capra sono prodotte dalla domesti- chezza. i Seduta delli 19 Gennajo 1829. Cordier annunzia, che nell’ estremità occidentale del. Dipartimento del Gard, e precisamente verso la parte su- periore della montagna di essone , che è sul limite della pianura calcare di Larrao dal lato della valle di Herault evvi una grotta, entro la quale sono state trovate mol= te ossa di mammiferi, La base dell’anzidetta mon= tagna è formata dal grés screziato ( grés bigarré ), il quale ricopre l’ espansione del terreno di carbon fossi= le magnesiano alternante colle marne screziate. La par= te superiore della montagna è formata dal calcare detto lias corrispondente al calcare a grifiti della Borgogna, e del nord della Francia, Sembra, che la grotta sia posta fra il calcare magnesiano , ed il Zias. Quindi ey- vi molta analogia fra la situazione di questa grotta, e ‘ quella delle famose caverne di Gayleureuth in Germa- nia. Le ossa trovate nella grotta della montagna di Fese sone sono coperte d’ una concrezione calcare rossiccia , e molte di esse sono state riconosciute appartenenti ad NA del genere orso , la quale non si sa, che viva oggidì. i Seduta delli ab Gennajo 1829. Savart legge una memoria,. la quale contiene la re lazione dei risultati delle sue ricerche sulla struttura de’ corpi, che cristallizzano regolarmente. L’ autore s’ e proposto in questo lavoro di determinare per mezzo del- le vibrazioni sonore lo stato elastico del cristallo di mon= te, o sia quarzo ialino, e della calce carbonata. Egli è giunto a scoprire, che in questi due minerali sono 3 si= stemi di assi d’ elasticità, i quali si riferiscono alla for= ma primitiva di ognuno. Quindi nel cristallo di monte le piccole diagonali delle 3 facce romboidali, cne forma= 125 no l’ angolo solido ottuso del romboide primitivo posse- dono lo stesso grado di elasticità , ed ognuna di queste linee è 1’ asse della maggiore elasticità de’ sovrindicati ‘sistemi; mentre le grandi diagonali delle stesse facce so= no gli assi dell’ elasticità mezzana; e gli spigoli del rom- boide ( paralleli La 4; e per conseguenza riducibili a 3, mentre ve n’ hanno r2) sono la direzione della mi= nore elasticità. In oltre Savart ha mostrato, che la disposizione delle linee nodali di una lamina circolare di cristallo di monte, inclinata in qualsiasi modo per rapporto all’ asse ottico, si trova sempre intimissimamen» te collegata alla direzione di quest’ asse, o della sua projezione sul piano della lamina, mentre tutte le lami- ne parallele all’ asse non godono della stessa proprietà per riguardo alle vibrazioni sonore , sebbene sembri, che si comportino ugualmente per riguardo alla luce. Quin di una differenza fra i risultati delle ricerche sinora in= | dicate di Savart, e quelle di alcuni fisici, i quali han- no per mezzo dell’ ottica cercato di determinare l’intima struttura de’ corpi. Seduta delli 9 Febbrajo 1829. Cordier comunica all’ Accademia una lettera di Tour- nal figlio, di Narbona, colla quale egli annunzia di con- tinuare gli scavi nella grotta da lui scoperta a Bise nel dipartimento dell’ Aude. Questa grotta è scavata nel cal- care antico , In tutte le altre grotte di questo genere scoperte in Francia, o ne’ paesi stranieri non si sono trovate che spoglie di animali, gli analoghi de’ quali non si sa che vivano eggidi. È sempre stata una qui- stione del più grande interesse quella, che risguarda l’ esistenza, o non esistenza di. ossa fossili umane. In questa grande disputa agitata fra i naturalisti abbiamo veduto la maggior parte di quelli «tegli ultimi tempi pro- pendere per la negativa. A tutti sono note le ricerche , e le opinioni di Cuvier, di Geoffroy St-Hilaire, di Vau- quelin , di Thenard , di Julia-de-Fontenelle jec. relati- vamente al preteso uomo fossile col proprio cavallo stati lungamente esposti alla pubblica curiosità. Quasi tutti quelli, che si sono occupati di questo importante og- getto, mentre negavano , che si fossero finora trovate 126 ossa fossili umane, convenivano essere possibile, che un giorno se ne trovassero. Tale è appunto la scoperta di Tournal figlio, Quèsto giovane geologista assicura di a- vere rinvenuto nella caverna di Bise fra le ossa di bruti anche quelle d’ nomini, già pietrificate . Sì fatti pezzi formeranno il soggetto di un lavoro speciale , di cui e- gli si occupa attualmente in unione di Marcel-de-Serres. Si deve desiderare , che questa scoperta si confermi: essa aprirà un vasto campo a nuove osservazioni . È _no- to , che quattro anni fa circa Julia-de-Fontenelle scoprì alla distanza di tre leghe dall’ anzidetta grotta una mi- niera di zolfo con ossa fossili, uno de’ quali sembrava la testa di un omero umano. (La clinique des Hopitaux Tom. 3. n. 78. à Paris 12 Fevr. 1829.) Accademia Gioenia di Scienze Naturali di Catania. Per rendere il miglior conto degl’importanti lavori fatti da” membri di quest’ illustre società nel quarto an- no accademico s° inserisce qui per intero la parte, che risguarda la Storia Naturale della relazione letta all’ Ac- cademia "stessa nella seduta del 22 Maggio 1828 dal Dottore Antonino di Giacomo Segretario generale ; e stampata poscia in Catania nello stesso anno. Can. G. Alessi A sommo vantaggio della scienza vulcanologica io re= puto la Storia critica delle: eruzioni , della quale letto ci aveva il Sac. C.° Giuseppe Alessi la prima parte ; e la seconda ci fe’ sentire nell’anno già scorso, che tutta rac- chiude l’ epoca meno favolosa e più sincera della domi-. nazione dei Romani in Sicilia. E facendo capo il nostro Socio snll’ autorità di Alfonso Borelli , il quale asserisce essere meglio di 80, o di 100 le eruzioni dell’ Etna ac- cadute sotto l’ Impero latino , sebbene avviluppate e con- fuse in modo da non potersene giovare la filosofica ri- cerca , prende egli in disamina col lume della critica un periodo di 84o anni, nel quale si comprende l’ epo- ca romana ; e diparte la sua-fatica, descrivendo in pri- mo luogo le eruzioni di epoca certa rapportate dagli , 127 Storici 3 e rintracciando in secondo le eruzioni di epoca incerta nel vasto oceano dei classici Scrittori di quell’ e- poca. Così risale all’ eruzione descritta da Giulio Obse- ‘quente circa l’anno Giro di Roma, consoli Cepione e Cajo Lelio , ed all’ ultima discende nel secolo quinto dell’ era volgare da Fozio indicata, e pochissimi Storici vi rinviene, e poco numero di certe eruzioni, e niente corrispondente all’ osservazione del Borelli. Quindi è che con tutta la diligente pazienza di un critico, apre i Classici numerosi, e cerca frugare nelle loro immense o dotte pagine dei fatti e delle testimonianze, onde rim- piazzare il vuoto, e completare l’ intrapresa cronologia . Che se nella prima parte delle eruzioni certe, molte e- poche rettifica secondo la cronologia di Glareano ; nella seconda un gran numero ne rinviene , e le probabili e- poche vi assegna ; avvegnachè di alcuni Scrittori certo sembri , che parlato si avessero dei fuochi di Mongibel- lo, ma non egualmente certo che gli avessero eglino stessi veduti, o inteso a rapportare come succeduti. alla loro età . Questo freddo e faticoso lavoro sugli ardenti fuochi dell’ Etna , il cui seguito nei tempi oscuri e barbari ci ha già preparato il benemerito nostro Socio , lascerà certamente poco da desiderare intorno a sì fatto ramo di Storia. \ E di vero in questo senso, e di un lavoro così fatto, voglio credere che parlato si avesse il Poeta di Venosa 4 allora quando disse di Empedocle: ardentem frigidus Ztnam insiluit. Che se Strabone gettò dei dubbi fon- dati su quel fatto, grave Scrittore de’ nostri tempi ab- bastanza discusse sul calzaretto empedocleo rigettato dal- le fauci del Vulcano, per dimostrare così la inverisimi= glianza di quella vecchia tradizione . * \ C. Maravigna. Mentre il Critico intanto 1’ epoche rinvanga ed il nu- mero delle eruttate lave, vi ricerca il Mineralogo le .' spezie minerali, che nella pasta delle stesse si generano o si nascondono, e non si appalesano che alle disamine di esatto osservatore: inveniendum quid natura faciai, 128 aut ferat. Era opinione invalsa presso i vulcanologisti , che l’ Etna poco abbondasse di varietà mineralogiche, e che il Vesuvio all’ incontro presentasse al mineralogo di=' rei un intiera collezione di siffatte spezie. L'e fatiche di molti scienziati sopra quel monte, e quelle dell’ Illustre nostro Socio corrispondente Signor Covelli, ne avevano rese una chiara testimonianza. Ma il Soc. Carmelo Ma= ravigna nel rapportarci alcune specie di minerali recen- temente da lui osservate nelle lave degli estinti Vulca- ni della Valle di Noto, ci mostra coi fatti la falsità di quella opinione; e ci fa fondatamente sperare, che i nostri Campi flegrei, ed il nostro Mongibello non la ce= dano al Vesuvio, e che nuova ed abbondante vena som- ministrino alle diligenziose ricerche de’ Soci, onde l’ Ac= cademia nostra in molto onore si estolla. Dopochè egli ci indica di passaggio come ritrovasi il carbonato di cal- ce nella forma regolare primitiva negli strati di calca- reo, che cuoprono le antiche lave di quella Valle ; e 1’ arragonite irregolare, o in forma globulosa disseminata nella massa vulcanica; discende, a dimostrarci come per la prima volta si è da lui ritrovata, e descritta in quel= le lave /° analcime cubo-ottaedra , e la trapeziodale, a- nalcime , che Dolomieu rinvenuta avea negli Scogli dei Ciclopi, dominante solo nella forma trispuntata . Ritro= va inoltre la Mefelina o la Sommite nella sua forma pri- mitiva, giacente sopra uno strato di calce carbonata terrosa ; o globuliforme , o mista a questa ed all’ anal- cime, | > Dimostra esistere nelle stesse lave la Retinite ( Pech= stein ), sostanza che ha diviso il parere dei mineralo- gisti circa la sua origine, credendola alcuni indipenden- te dai Vulcani, ed altri prodotto degli stessi; e erede che questo suo rinvenimento possa togliere i dubbi sul» la esistenza di una Retinite vulcanica .. Passa finalmente a descriverci un minerale in piccoli dodecaedri, che dopo molta disamina ridotto in gelatina dall’ acido nitrico , alfin riconosce per una Sodalite , e per tale 1’ annunzia. E quì per amore di vero. giova, l’ osservare», come questa stessa sostanza abbia fissato l’ attenzione dell’ illustre Covelli, cui aveva il Maravi= gna rimesso piccoli esemplari. Qnell’ insigne Mineralogo 129 dopo alcuni tentativi la crede nn minerale non ancora veduto , nè fra i prodotti etnei e vesuviani, nè tampo=. co fra gli esotici; la ritrova nella cristallizzazione un’ e- saedro regolare terminato da ambe la estremità da tre rombi; e nell’ analisi chimica un idro-=silicato d’ allumi- na e di calce con abbondanza d’ allumina ; vede di con- venire col Cabasio più che con altri minerali ; ma nuo- va sperando di ritrovarla, dopo ulteriori saggi, si pro- pone chiamarla Maravignite in onor dello scopritore. Questi minerali tutti, illustri Socii, furono a voi presen- tati, e conservati sono nel vostro Gabinetto di Storia Naturale. Nè a ciò si arresta il diligente nostro Socio , ma un suo trattato ci promette di Orittognosia etnea, primo lavoro di tal natura sul nostro Monte. C. Gemmellaro . Vasto in vero è il campo di tali ricerche sulle antiche e recenti lave in tutte l’ epoche abbondanti ed ammon- ticchiate, come vasta è l’ estensione del Vulcano , la cui sola base orientale bagnata dal mare Jonio, che mi- ra rimpetto l’ antico Peloponneso e che al par di quello fu famosa nella storia , porta 1’ estensione di 30 miglia circa di lunghezza. Sembra che questa spiaggia che for- mar dovea parte non ispregevole del progetto di Topo- grafia etnea che ci siamo proposti, abbia voluto breve- mente descrivere C. Plinio in quelle poche parole = Flumen Asines, mons Etna nocturnis mirus incendiis ..... Scopuli tres Cyclopum , portus Ulyssis , colonia Cata- na , flumina Simaethus, Terias, intus Laestrigonit cam- pi = e questa spiaggia istessa ha formato 1’ oggetto di una dettagliata memoria del nostro soc. Carlo Gemmella- ro. Ed avvegnachè egli molto travagliato avesse su tali materie , e partitamente sulle rocce basaltiche e sulle lave di quella contrada; volle pure presentarci un in- sieme di quel confine marittimo, ricco di belle osserva- zioni e di riflessioni più belle. Dall’ antica Nasso , oggi la punta di Schisò , e dall’ Onobola sino al Simeto non ritrova, percorrendo questa spiaggia con occhio geolo= | go, che tre sorte di terreni: il terziario cioè, l’alluvia> le, ed il vulcanico, il quale in basaltico e vulcanico Tom. I. 9 130 moderno suddivide ; e fa, vedere come frammezzo alle antiche e moderne lave il terreno terziario in alcune piccole collinètte si estolla ed in altri punti dalle lave non iugombri si mostri ; e come l’alluviale ne’ bassi fondi si giaccia. Questo piccolo littorale , forse il più ricco di produzioni naturali dell’ Isola, che il nostro Socio in una carta geologica ha delineato, ad ogni sor- ta di stndii e di ricerche dà campo. Così la Grotta del- le colombe simile per la regolarità, e disposizione dei prismi della lava recente all’ Argine dei giganti nell’ I- sola di Staffa; il rapido ciglione di Aci-reale di 400 palmi di altezza, e lungo quasi un miglio, e torreggian- te per cinque in otto strati di lave alternate con terre- no di trasporto; le colline basaltiche fra Trezza, ed Aci- castello ; i famosi Scogli dei Ciclopi miniera di analci- mi; la gran massa di breccia sotto al Castello ; il Salto del corvo di 100 palmi di altezza; e le grotte incavate dal mare nelle lave seguenti, oggetti sono doviziosi pel Vul- canologo e pel Mineralogista, e la lunga serie dei seco- li portano scolpita nella loro fronte. Così la piccola ba- ja di Schisò spettatrice un giorno delle battaglie navali dei Romani e dei Cartaginesi ; la ‘spiaggia sabbionosa e malsicura di Riposto che di giorno in giorno fiorisce pel commercio, donde si spediscono all’estero fiumi di vino e di acquevite ; il piccolo lido sotto 1’ erta salita di Aci- reale ; il Capo dei molini ; la rada della Trezza e di Aci-castello; lo scaro dell’ Ognina un tempo famoso por- to di Ulisse ; la marina di Catania chiave del commer- cio delle derrate tutte del monte, della vasta Piara, e della Valle di Noto, interessano 1’ Ittiologo, il Conchio- logista , il Botanico, e sino il Commerciante. Così il fin- me Onobola, il freddo Acesine, il rapido Aci che an- cor fa mostra dî vene sanguigne, le Acque grandi, quel- le della Reitana , e quelle che in diversi posti scatu- riscono dal littorale sino a Catania, il sotteraneo ed in- termittente Ameraro, il maestoso Simeto formano la maggior parte di una Idrologia dell’ Etna, ed interessa- no l’ Agronomo e l’ Economista, mentre ci richiamano "x immaginazione i favolosi aneddoti dell’ oscura anti- chità . i I3I C. Gemmellaro . È da questa base orientale dell’ Etna che si presenta pure allo spettatore che vagheggia 1’ alto cratere del monte, la più ridente e rigogliosa vegetazione ferace di ubertosi prodotti e di frutti soavi. Il fiume Onobola mandò dalla sua riviera la prima volta all’ Italia, al dir del Bembo, gl’indigeni e maestosi Platani, che ornaro- no le passeggiate di quel popolo sovrano, come ornato avevano le selve di Academo; e l’ uva Eugenia di Ta- ormina trapiantata in Roma e sulle campagne di Alba- no, diè quel pregevole liquore, che deeorò la prima volta le cene trionfali di Cesare , ed al vino mamertino venne anteposto. Or la diversa vegetazione delle piante, la quale sembra stabilire con più di certezza che il ter- mometro , la vera temperatura delle varie altezze delle montagne del Globo, doveva attirar 1’ attenzione degli studiosi dell’ Etna in seno alla nostra accademia. Dimo- strata aveva lo infaticabile ed immortale Humboldt dalla sola osservazione del pinus sylvestris vegetante pa- ralello alla linea del ghiaccio, che non è poì questa li- nea paralella essa pure alla superficie della terra, ma che forma intorno ad essa una ellissi, di cui l’ asse maggiore passa per l’ equatore, cosa dal fisico dimostrata ugualmente col calcolo. Da queste osservazioni sospin- to, e sulle orme sicure di Humboldt il soc. O. Gemmel- laro intraprende una simile fatica. Aveva egli in com- pagnia del Signor Schouw danese nostro socio corrispon- dente stabilito 1’ altezza barometrica di vari punti del Vulcano; conosceva dalle esatte e lunghe osservazioni termometriche del soc. Mario di lui fratello e dalle sue proprie la media temperatura della cima del Monte, e della casa così detta di Gemmellaro ; come pure quella di Nicolosi e di Catania; quindi altro non rimanevagli | che verificare con un viaggio sull’ Etna (il quale intra- prese nel 1825 e reiterò nel 1827), i varii siti occupa» ti da alcuni pochi vegetabili, su di cui amò egli limi | tare le sue ricerche + Ed annota primamente come l’ al- | tezza della vegetazione delle stesse piante è molto supe- i) riore nella plaga orientale e meridionale del Monte, an» Ì zichè nella occidentale e settentrionale, locchè dimo- ti PA leo d ‘ si deine 132 strano il triticum spelta, l’ opuntia, 1° ulivo, gli aranci, ed i limoni loro compagni , la vite, il castagno ecc. e quindi che la zona vegetante è inclinara dal sud-est al nord-ovest; e come si abbiano due climi diversi alle stesse altezze nel piccolo perimetro del cono dell’ Etna . E volendo considerare in ordine ascendente la vegeta- zione delle varie piante ; mentre la quercià vegeta sino all’ altezza di 5,300 piedi sul lido del mare; il faggio, il pino selvatico , e la betola occupano una zona supe- riore ; il ginepro va più oltre ; indi il tanaceto, e 1’ a- stragalo etnense ; poscia /? anthemis montana; e final- mente il serecio chysanthemifolius Enc. (S. squalidus L.) che vive all’ altezza di 8,850 piedi, dove tutti gli altri vegetabili si muoiono. E quì egli propone una di- stribuzione geografica delle principali piante etnee , la- voro pregevole da intraprendersi dalla Classe fitologica . Nè di ciò contento; confronta il saggio Osservatore 1’ al- tezza della vegetazione di alcune piante sul nostro Mon- te con quella di altre regioni del Globo, dove le stesse piante si vedono a prosperare poco sopra del livello del mare. E finalmente più oltre addentra le sne dotte ri- cerche ; e volendo situare nella gran carta delle altezze delle montagne del Globo del sig. Humboldt quella del- l’ Etna, mentrechè per situazione geografica dovrebbe 1’ Etna alzarsi fra Mont-perdu, e la montagna del Mes- sico e tra quelle latitudini; con sua sorpresa la vede prender posto fra il Mont-Blane , ed il Mont-perdu dei Pirenei in ordine alla vegetazione . F. Cosentini. Sulle stesse pianure dell’ Etna, ma di un’ altra natura è il lavoro del soc. Ferdinando Cosentini. Segue egli il lodevole progetto di una Flora etnea, di cui dato a- vea nel primo anno accademico una parte col suo sag= gio di topografia botanica dell’ Arena di Catania al qua» le appose il catalogo delle piante indigene a quel suolo, che si estende dal Simeto alle falde del Monte, come . leggesi al primo volume degli Atti. Porta adesso un col- po d° occhio generale sulle tre regioni dell’ Etna , così detta Piedemontana , Nemorosa, Discoperta ; e par che i LA 1 133 si arresti alla prima. E dopo di aver lungo tempo visi- tato le plaghe etnensi tutte, ed i monti, e le valli e le ripide lave d’ ogni età, e fatto ciò in tutte le stagio- ni dell’ anno, per sorprendere nei suoi varii periodi la natura vegetante = quid natura faciat , aut ferat = viene a renderci conto come innumerevoli, e di molto interesse sieno le piante della Piedemontana ridente re= gione ; piante non mai prima attentamente osservate , nè con precisione descritte. Che se il signor Rafinesque Schmaltz nel 1813 pubblicato aveva per le stampe di Palermo la sua CHloris aetnensis suddivisa in quattro Florule, limitandola come si propose alle sole piante più pregevoli e rare, pure molti granchi vi prese, e molto inviluppò il suo catalogo, classificandolo con nuovo me- todo analitico. E quì dottamente osserva il nostro so- cio , come con positivo equivoco alloghi il Rafinesque nella Florula della prima e seconda regione piante che non mai vi provarono ; a meno che non le avesse egli a caso vedute coltivate in qualche Orto botanico parti- colare. E mentre il Rafinesque taccia alcuni Scrittori, anche moderni, di aver eglino falsamente annoverato fra le etnee l’ anacardium orientale , il laurus cinna- momum , il convoloulus turpetum ; il rheum palmatum; situa poi egli stesso mal a proposito nell’ arida regione nemorosa la mentha aquatica, la sylvestris, il pulegium ec. che solo allignano nei luoghi paludosi ; e molte af- fatto esotiche al Monte non che all’ Isola di. aver tro- vate si dà vanto, Indi si ferma il nostro autore a contemplare a prefe- renza la misteriosa classe. delle Crittogame non istudiata abbastanza, e fra queste la famiglia delle Felci, di cui un’ intera collezione a secco ha consegnato nel Gabinet- to, e dove rileva il blechnum radicans indigeno in Ma- dera e nella Virginia, la cheilanthes odora, una nuova specie di pteris, e due altre di asplerium , la prima delle quali ama chiamare a. pygmeum, e 1’ altra a. bi- furcatum , e 1° acrostichum catanense da lui discoperto ed annunziato all’ Accademia in una memoria , che già fa parte del secondo volume degli Atti. Più una varie- tà di adiantum, altra elegante di polypodium vulgare presa da talun botanico per Doradilla, ed altre molte \ . ’ Pi NO i 134 i d varietà di Licheni. Tien discorso egli ancora ‘sulla ri» cerca delle piante microscopiche, e molte belle ossetva- zioni mette in campo di piante acquatiche terrestri e marine , che nella rada dell’ Ognina antico porto d’ U- .lisse, luogo prediletto di sue osservazioni, egli ha rin- venute, e di cui darà all’ Accademia dettagliato raggna- glio. E qui permettetemi, che io vel dica, ,amatissimi consocii; fu questo piccolo mare dell’ Ognina ricco a do- vizia di conchiglie , di crostacei, di idrofiti, di pesci; fu il santo trasporto di conoscere quelle naturali bellez= ze; fummo pochi amici, che per istudioso diporto ivi ci conducevamo , che le prime idee fomentarono della no- stra, ora onorata Accademia, e del nostro Gabinetto di Storia Naturale ; e ci sarà sempre dolce il rammen» rarcelo 1’ un l’ altro. Seduta del 19 Giugno 1828 della stessa Accademia Gioenia. Il Sig. Professore Ferdinando Cosentini incominciò la lettura di una sua memoria sulle produzioni naturali dell’ antico porto di Ulisse, e particolarmente sulla zo- stera oceanica. Rendette egli esatto conto delle osserva» zioni da lui fatte su questa pianta singolare dal suo nascere sino alla sua fruttificazione; siccome pure indi= cò alcune particolarità di struttura interna della me- desima. Sedata del 28 Agosto 1828. Il Sig. Canonico Giuseppe Alessi lesse la continuazio- ne della sua storia critica dell’ Etna. In questo suo ter zo discorso confermò egli coll’ autorità di diversi S. S. Padri della Chiesa quanto nell’antecedente aveva pro- vato colla testimonianza di varii scrittori profani circa la continuità delle eruzioni etnee dal primo al quinto secolo dell'era volgare. Proseguì poscia le sue ricerche sull’ epoca posteriore sino al secolo duodecimo, tratto mon prima da altri illustrato, e che presentava un vno- to nella Storia delle eruzioni etnee ; provò esservene state in ciascun secolo, e lo desunse da alcuni cenni, che trovansi sparsi negli antichi scrittori, e che egli con giudiciosa critica prese a spiegare. The zoological journal etc. Giornale zoologico N.° XIV Luglio — Ottobre 1828. Londra in 8.° con fig. color. Yarell Guglielmo — Sulla supposta identità dei pesci È 135 chiamati in lingna inglese Whitebait, e Shad. ; Sowerby G. B. — Sulle specie viventi del genere ovulum ; Bro- -«derip W. J. — Descrizione di una nuova specie del genere cypraea ; Guilding Landsdown — Osservazioni sulla zooiogia delle isole caribee; Deshayes G. P. — A- natomia , e monografia del genere dentalium (estratto della memoria letta alla Società di storia naturale di Pa- rigi li 18 Marzo 1825); Sowerby G. B. — Alcune os- servazioni sulla precedente memoria di Deshayes; Bro= derip W. ]. — Sulle abitudini, e sulla struttura dei paguri, e di alrri crostacei ; Yarell Guglielmo — Sul Tapir d’ America; Indice delle specie del genere cypraea descritte da Gray nella monografia del medesimo; So» werby G. B. — Note alle aggiunte , e correzioni fatte da Gray alla sua monografia del genere cypraea ; Brode- rip W. J. — Descrizione di una nuova conchiglia ter- restre dell” America meridionale, con una nota addizio= nale sull’ Argonauta; Westwood J. O, — Osservazioni sul genere scaphura di Kirby, e descrizione di due nuo» ve specie ; Westwood J. O. — Nota sull’ accopiamento desli aracnidi ; Yarell Guglielmo — Sull’ uso dell’ osso xiphoide s'e dei muscoli del medesimo nel corvorant ( pelecanus carbo Linn.) Horsfield Tommaso — Norizia di una nuova specie del genere mustela trovata nell’ Iu- die dal generale-maggiore Tommaso Hardwikej; Osser- vazioni sopra alcuni pesci, ed alcuni rettili di Deme- rara mandati alla società zoologica da G. Hancock, contenute in una lettera al secretario della stessa so- cietà . Annales des sciences naturelles etc. Annali delle scien- ze naturali. Fascicolo di Gennajo 1829 Parigi in 8.° con tavole. flourens — Esperienze sopra i canali semicirco- lari dell’ orecchio; Roulin — Ricerche sopra alcuni can- giamenti osservati' negli animali domestici trasportati dall’ antico nel nuovo continente; Geoffroy Saint — Hi- laire, e Serres — Rapporto fatto alla R. Accademia del- le scienze sulle anzidette ricerche di Roulin ; Cassini ‘-- Rapporto fatto alla R. Accademia delle Scienze intorno una memoria di Turpin sulla riproduzione di una pianta fanerogama, medianti gemmnle sviluppatesi dalla super- ficie delle foglie della medesima; Van-der-Linden — 130 Nota sopra due insetti dell’ ordine degl’ imenopteri , 1’ u- no de’ quali è il maschio, 1’ altro la femmina della stes- sa specie, e ch’ erano stati annoverati in due famiglie diverse (1); Edwards Milne H. -- Ricerche zoologiche per servire alla storia delle lucertole, estratte da una monografia di questo genere ; Brogniart Alessandro — Osservazioni aggiunte alla notizia sulle miniere di ferro pisiforme , la posizione delle quali è analoga a quella delle brecce ossee; Necker-Saussure — Estratto di lette- ra ad Alessandro Brogniart intorno alle brecce ossee , e ferruginose delle miniere di ferro della Carniola; Rou- lin — Sopra una nuova specie del genere pastinaca (trygon Cloquet ) trovata nel fiume Méèta dell’ America meridionale , Costa — Nota sulla carinaria vitrea ac- compagnata da una figura colorita che rappresenta al naturale un individuo vivente; Dujardin Felice — Su i pudinghi, che nel turennese stan sopra la creta gros- solana.” i Bibliothèque universelle etc. Biblioteca universale di scienze , belle lettere, ed arti, fascic. di Gennajg 1829. Ginevra in 8.° Macaire-Prinsep — Esame di un nuovo combustibile fossile (la scheirerite di Stromeyer); Decan- dolle — Notizia sull’ Arracacha, e su alcune altre ra- dici leguminacee (/eguminieuses) della famiglia delle ombellifere. Mo \ Zeitschrift fur Mineralogie ete. Scritto periodico di mi- neralogia ; nuova serie pubblicata dal Consigliere K, C. Ritter di Leonhard. fasc. di Ottobre 1828. a Heidelberg in 8.° Lill v. Lillienbach — Rapporti generali di giaci- tura degli strati di sal gemma nelle alpi; Blum Bernar= do — Su i vulcani ardenti nell’ Isola di Java, e su i prodotti dei medesimi. Giornale arcadico di scienze, lettere, ed arti. Ottobre, Novembre, e Dicembre 1828. Roma in 8.° Cappello Ago- stino — Sopra un nuovo fenomeno geologico al gran sasso d’Italia, o sia al Monte Corno; K. =. — Curiosità su- bacquee dei laghi di Bolsena, e di Vico. (1) Latreille ha chiamato il maschio tengira Sanvitali la femmi» - na metioca ichneumonides . I) 137 Giornale ligustico di scienze, lettere, ed arti. Anno ‘ 2.° fasc. 4.° Luglio, e Agosto 1828. Genova in 8.° Gui= doni Girolamo — Osservazioni geognostiche , e minera- logiche sopra i monti, che circondano il golfo della Spezia + i / ANNUNZI DI NUOVI LIBRI DI STORIA NATURALE + Libri di Zoolagia + Faune francaise etc. Fauna francese, o sia storia na= turale degli animali, che trovansi in Francia permanen= temente ; o di passaggio , tanto sul suolo, che sulle ac- que , che lo bagnan» ec. composta da Vieillot, Desmarest, Ducrotay de Blainville , (Audinet-Serville , Le Pelletier de Saint-Fargeau, wWalkener. fascic. 17.° a Parigi 1808. presso Levranlt con tavole . VICI i Histoire naturelle etc. Storia naturale generale , e particolare dei mammiferi , e degli uccelli scoperti dal 1788 sino a nostri giorni. Di Lesson. tom. 2.° , in cui si tratta delle razze umane. Parigi 1828 presso Baudoin in 8.° 3 ; Abbildungen zur Naturgeschichte brasiliens etc. Figure per la storia naturale del Brasile pubblicata da Massi, miliano Principe di Wied. fasc. XII.° in fol. Weimar 1828. Questo fascicolo contiene le figure colorite , e 1’ esposi= zione in lingua tedesca , ed in lingua francese dei ca- ratteri distintivi delle specie seguenti. Phyllostoma ma- crophyllum ; Phyllostoma brevicaudum; Trochilus brasi= liensis ; Crocoduus sclerops ; Testudo tabulata ; Emys radiolata. Do, VI Histoire naturelle des mammifères etc. Storia naturale dei mammiferi con figure originali , colorite , e copiate da animali viventi. Di Geoffroy Saint-Hilaire, e di Federico Cuvier. fasc. 58.° in fol. Parigi 1828 presso Be- lin. Questo fascicolo contiene la descrizione , e le figu= re delle seguenti specie . Simia Belzebuth ; Felis rufa ; di un gatto del Brasile , di cui non è per anche deter= minata la specie ; contiene in oltre le sole figure di un delfino :;a-muso ottuso (marsoviz) del Capo di B. Spe- ranza ; del Felfino imbrigliato, e dell’addax maschio, ‘ 138 ch” è un’ antilope della sezione delle strepsiceres di De=. smoulins. ì | ‘Atlas des Oiseaux etc. Atlante di figure rappresen- tanti gli uccelli d’ Europa , che serve di compimento al Manuale d’ Ornitologia di Temminek. di D. I. G. Verner pittore del Museo di storia naturale di Parigi, fascicoli 9.°, e 10.°, che contengono dieci tavole colorite degli uccelli insettivori, Parigi 1828 presso Belin in 8.° Nouveau recueil des planches coloriées d° oiseaux ere. Nuova collezione di tavole colorite di uccelli, di Teme minck, e di Meifren-Laugier. fasc. 78.° Parigi presso Dufour, e d’ Ocagne, in fol. Questo fascicolo contiene la descrizione delle specie seguenti . Falco maurus Temm. tav. 461 (l’ adulto ) ; Perdix megapodia Temm. tav. 462 ( il maschio ) tav. 463 (la femmina );. Parra gallinacea Temm. tav. 464 (1° adulto); malurus gracilis mus. fran- cf. rav. 466 fig. 1.; Malurus clamans mus. franef. tav. 466 fig. 2. ; Malurus polichrous Temm. tav. 466 fig. 3. ; Coccycus Delalandei 'Temm. tav. 440; Columba venusta Temm. tav. 341. fig. 1. ( il maschio ) ; Columba capensis Linn. tav. 341. fig. 2. (il maschio giovane ) ; ed in ol- tre l’ esposizione dei caratteri del genere Timalia Hors- field, l’ enumerazione, e la sinonimia delle specie, che vi sono comprese e l’ indicazione delle abitudini co- muni alle medesime. American Ornithology etc. Ornitologia americana, o sia storia naturale degli uccelli, che abitano negli Stati Uniti, non riferiti da Wilson con figure disegnate , in- cise , e colorite al naturale . di Carle Luciano Bonapar- te. Vol s.° Filadelfia 1828 in fol. Di questo prezioso libro , che ci è testè pervenuto renderemo conto in ap= presso , Catalogo d’ Ornitologia di Genova compilato da Giro- lamo Calvi. Genova tipografia dei fratelli Pagano 1828 «in 8,° Non poche nuove, e belle osservazioni, delle qua- li è renduto conto in questo libro , lo rendono assai pregevole. Descriptiones , et icones amphibiorum. Auctor Dr Jo- annes Wagler fasc. 1.5 cum XII. tab. pictis. Monachii, et Stuttgardiae , et Tubingae 1828 in fol. I rettili de- scritti ,, ed effigiati in questo fascicolo sono i seguenti : 139 Python Peronii Cuv. tab. 1.* ; Aspidoclonion semifascia= tum Wagl. tab. 2.°; Hydrophis melanurus Wagl: tab. 3.°; Coluber Lichtenstenit New. tab. 4.*; Cylindrophis resplendens Wagl., et Hysia Scitale Hemp. tab. 5.*; Cyclodus flavigularis Wagl. tab. 6.* ; Helicops carinicau- ‘ dus Wagl. tab. 7.* ; Dipsas dendrophila Reinw tab. 8.* ; Gonyosoma viride Wagl. tab. 9.#; Dryophis fulgidus H. Boie wab. 10.°; Echidna arietans Merr. tab. 11.°; Poly= chrus virescens New. tab. 12.* The genera of recent and fossil shells etc. Generi delle conchiglie viventi , e fossili con figure originali di G. Sowerby. fasc. 30.9 Londra 1828 iu 8.° con fig. color. I generi de’ quali trattasi da Sowerby in questo fascicolo sono i seguenti: Clausilia, Fasciolaria, Murex, Triton. Beytrag zur monographie der gattung Crania etc. Sag= gio di una monografia del genere Craria. di I. V. Hae- ninghaus. Crefeld 1828 in 4.° con una tavola. Oltre i caratteri del genere , l’ autore dà quelli pure di 3 spe- . cie , e sono : Crania personata, Crania ringens , Crania ‘rostrata . Elementi di Conchiologia linneana di C. J. Burow tradotti dalla 2.* edizione inglese dal Marchese France- sco Baldassini coll’ aggiunta di copiose note. Milano presso Giegler 1828 con tavole in 8.° Il libro di Bur- row , e le note dol dotto traduttore saranno di molta utilità a chiunque voglia applicarsi allo studio della conchiologia. Zoological researches ere. Ricerche, ed illustrazioni, 0 sia storia naturale di animali o non prima descritti, o imperfettamente conosciuti, esposte in una serie di me- morie. N. 1.° Cork 1828 con 4 tav. L’ autore iu questa primo fascicolo tratta dei crostacei appartenenti ai gene- ri Zoea, e Mysis, e con prove di fatto mostra, che in essi ha luogo una metamorfosi , non però compiuta ; mentre le parti si sviluppano successivamente, e cangia= no non poco di figura esteriore. Quindi la difficoltà di stabilire le specie , ed il bisogno di osservare attenta- mente questi animali articolati nelle varie epoche della loro vita. Fauna insectorum Europae cura E. F. Germar. fasc. 13.45 Halae 1828 in 12 cum tab. pictis. Venticinque sono gl’ insetti, de’ quali si dà la figura in questo fascicolo . La maggior parte di essi era già nota, e quindi l’au- tore si limita ad indicarne i caratteri , ch’ egli crede es- senziali con una breve frase, e a darne la’ sinonimia + I nuovi sono il Dytiscus grammicus Muller; il Trachy= phoeus stipulatus Hoffmansegg ; la Phrygannea fumigata Germar , la Conops brevirostris Lafren . " Die Schmetterlinge etc. Le farfalle d’ Europa (conti nuazione dell’opera di Ochsenheimmer) di Federico Treit= sche. Tomo sesto parte seconda. Lipsia 1828 in 8.° In questo volume sono descritte le specie de’ generi Acida- lia, Larentia , Cidaria, Zerene, Minoa, Idaea con un supplemento alla prima parte dello stesso tomo 6.° Essai sur une monographie des zygenides ete. Saggio di una monografia delle zigenidi con un prospetto metodi- co dei lepidopteri d’Europa; di Boisduval. Parigi 1829 in 8.° con tavole colorite. Libri di Anatomia comparata: De l’ oreille essai etc: Saggio di anatomia, e di fisio= logia dell’ orecchio , preceduto dall’ esposizione delle leg- gi d’ acustica. di I. Ch. Teule. Parigi 1828. in 8.° Ueber die Ur-theile des knocken etc. Intorno le parti essenziali dell’ apparecchio osseo, e conchigliare. Di Car- lo Gustavo Carus. Lipsia 1828. in fol. Contiene quest’ o- pera una teoria generale dello scheletro, e particolar- mente della vertebra, assai diversa da quelle adottate da altri anatomici, ed un’ applicazione di questa teoria alla testa dei pesci,. i Recherches sur I° organisation vertèbrale etc. Ricerche sull’ organizzazione vertebrale dei crostacei , degli aracni- di, e degl’ insetti. Di J. B. Robineau Desvoidy. Parigi 1828. Libri di Botanica. Florae Melitensis thesaurus , sive plantarum enumera- tio , quae in Melitae, Gaulosque insulis aut indigenae , aut vulgatissimae occurrunt etc. curante Stephano Zera= pha M. D. etc. Fasciculus 1. Melitae 1827. apud Dupont. In 4.° picce. Quest’ opera ancora sconosciuta nel nostro I4I continente sarà più ampiamente dichiarata in altro nu- mero de’ presenti annali. Plantae rariores, quas in itinere per oras Jonii, ac Adriatici maris , et per regiones Samnii, ac Aprutii col- legit Joannes Gussone M. D. etc. Neapoli ex Regia ty= pographia 1826. cum 66. tabulis aeneis . In 4.° Opera in- signe , di cui si darà il sunto in appresso. Quantunque essa fosse stampata per la maggior parte nel 1826, tut- tavia non è stata compiuta, e fatta di pubblica ragio- ne, che nel Decembre del 1828. Florae Siculae prodromus , sive plantarum in Sicilia ulteriori nascentium enumeratio secundum systema Lin=- naeanum disposita. auctore Joanne Gussone M. D. etc. vol. I. Neapoli ex Regia typographia 1827. In 8.° An- che quest’ opera provò ritardo nella pubblicazione. È il più ricco tesoro della Flora Siciliana, come mostreremo in seguito . In essa non sono tavole , perchè queste de- vono formare un’ opera a parte sotto il nome di /Zcones Florae Siculae in fol.° con figure colorite; anzi in que- sto momento siamo avvisati che ne è stato pubblicato il primo fascicolo, del quale ci affretteremo rendere con- tezza, appena che ci perverrà. Stirpium Sardoarum 'elenchus:, auctore Josepho Hya- cintho Moris M. D. , fasciculus 1. et a. Carali ex typis Regiis 1827. , et fasciculus 3. Taurini, typographis Chi- rio et Mina1829. In 4.° Dallo stesso Appendix-ad elenchum stirpium Sardoa- rum, Angustae Taurinorum , tipographis Chirio, et Mi- na 1828. In 4.° | Tutti questi preziosi lavori sono destinati a preparare alla Sardegna una Flora tanto bella, quanto quella, che la Sicilia ora riceve dal Sig. Dott. Giovanni Gussone. Flora Veneta disposta secondo il sistema Linneano ec. ossia descrizione delle piante , che nascono nella provin- cia di Venezia. Di Fortunato Luigi Naccari ec. Vene- zia presso Leone Bonvecchiato 1826-1829. Sei volumetti in 4.° con una tavola in rame. Questa Flora ora com» pinta è molto interessante per le illustrazioni fattevi dal Ch. Autore, non meno che per quanto è stato in essa introdotto ricavandolo dalle precedenti Flore del Ru- chinger, e del Moricand , e dai manoscritti inediti ‘del 142 Bottari ampliati dal Prof. Renier. In fine vi è un com- piuto trattato dell’ Algologia adriatica modellato sulle opere dell’ Agardh , insigne algologo de’ nostri tempi, il qual trattato è ben meritevole di encomii per la ricchez- za del novero delle specie. Catulogus plantarum horti Regii Panormitani ad an- num 1827. a Vincentio Tineo. Panormi ex regali typo- graphia 1827. In 8.° Questo libro, tuttochè porti la da- ta 1827, escì in luce nel 1828. Contiene un ricco cata- logo alfabetico tanto di piante ‘esotiche, che di piante indigene della Sicilia. L’ autore vi ha aggiunto in fine la descrizione di venti specie , le quali in parte sono nuove , in parte sono contradistinte da nomi nuovi per evitare confusione, e tutte, meno due, appartengono alla Sicilia. Flore Lyonnaise etc. Flora Lionese, o descrizione del- le piante , che crescono ne’ contorni di Lione, e sul monte Pilato. Del Dott. G. B. Balbis ec. Due tomi (il primo de’ quali è in due volumi ). Lione, nella stam- peria di C. Coque 1827-1828. In 8.° Quest’ opera è compiuta , ed è un bell’ elogio per essa il sapere , che ne è autore il chiarissimo Professore Balbis. Ovunque vi si vede la precisione ne’ caratteri delle piante , ne’ loro sinonimi, e nelle descrizioni, e talora vengono som- ministrati preziosi schiarimenti o sopra piante delì’ Al- lioni, o sopra piante del Decandolle. Examen de deux memoires etc. Esame di due memorie. di fisiologia vegetabile , seguitato dall’ esame di un pas- so di una terza memoria , pubblicata come le due altre a Ginevra setto il titolo di Morographiae generis Poly- goni prodromus. Parigi. È senza millesimo , ed in for= ma di 8.° Questo libro escì alla luce nel Novembre del 1827, e ne è creduto autore il Sig. Aubert Dupetit- Thouars . Recherches sur la reproduction etc. Ricerche sopra il riproducimento de’ vegetabili. Del Sig. Lecoq. Clermont 1827. appresso Thibaud Laudriot, È un volume in 4.° con una tavola litografica. Flore de l’Anjou ete. Flora dell’Anjou secondo 1’ ordi- ne delle famiglie naturali , con alcune osservazioni bo= taniche, e critiche. Del Sig. A. N. Desvaux 1827. Anger, 1-13 appresso. Tourier-Mane . Parigi, appresso Arthur Ber- trand. E un volume in 8.° Enumeratio plantarum Javeae , et insularum adjacen- tium minus cognitarum , vel novarum ex herbariis Rein- wardtit, Kuhlit, Hasseltit, et Blumii ; auctore Carolo Ludovico \Bleme M. D. Fasc. I. Leydae 1827., Van- Leeuwen. In 8.° Lachmann H. W. L. Flora Brunsvicensis etc. Braun- schwic , 1827. Mayer . In 8.° con tavole litografiche. Sadler I. Flora comitatus Pèstiensis. Pars I. II. Mo- nandr-Polygamia . Pestini , 1827. Hartleben. In 8.° Gaudin I. Flora Helvetica sive historia stirpium huc- usque cognitarum in Helvetia et in tractibus conterminis aut sponte nascentium, aut in hominis animaliumque usus vulgo cultarum continuata . Tiguri . 1828. Orell, Fiis- sli, et Soc. Sei volumi in 8.° con tavole colorite , o ne- re. Sono già stati stampati i tre primi volumi di que- st° opera , la quale sarà un bel monumento della Flora alpina Europea , offrendoci le piante alpestri della con=, trada , che ne è la più rieca in Europa. In seguito si farà meglio conoscere in questi annali. Torrey John Account of a collection etc. Notizia di una raccolta di piante delle Montagne-rocciose ( Rocky mountains) e delle contrade adjacenti. Di Giovanni Tor- rey M. D. Nuova-York 1827. Giovanni Seymour. In 8.° con tre tavole litografiche. Libri di Mineralogia, e di Geologia. Memoires pour servir à la description ete. Memorie per servire alla descrizione geologica dei paesi bassi della Francia, e di altri luoghi vicini. Di J.J. Omalius d’ Hal- loy. Namur 1828. in 8.° Discorso sulle rivoluzioni della superficie del globo. Del Barone Cuvier, tradotto dal francese, ed illustrato con note da Ignazio Paradisi. Tom. 1.° Firenze presso Conti 1828. in 8.° Histoire des vegetaux fossiles etc. Istoria de’ vegetabili fossili, o sia ricerche botaniche, e geologiche su i ve- getabili fossili, che trovansi nei diversi strati del nostro globo . Di Adolfo Brogniart. fasc. 1.° Parigi 1828. 144 A Magazin fur die Oryktographie ete. Magazzino del- 1’ Orittografia della Sassonia. Di I. GC. Friesleben. fasc. 1.° Freiberg 1828. in 8.° An introduction of the Geologie ete. Introduzione alla Geologia, che comprende gii elementi di questa scienza considerata nel presente stato di avvanzamento, e se- condo tutte le recenti scoperte. Di Roberto Balewell. 3.° edizione interamente rifatta, ed assai accresciuta con nuove tavole ec. Londra 1828. in 8.° Die lagerstatte etc. Della giacitura dell’ Oro, e del Pla- tino nei monti Ural esaminata da M. V. Engelhardt. Riga 1820. in 8.° —— muuzzee— L’Accademia R. delle Scienze di Parigi propone come soggetto del gran premio delle Scienze Naturali , che sa- rà distribuito nella seduta pubblica del primo lunedì di Gennajo 1830 = Una descrizione accompagnata da figu- re sufficientemente dettagliate, dell’ origine, e della di- stribuzione dei nervi ne’ pesci. I concorrenti avranno cura di comprendere nel loro lavoro almeno un pesce condropterigio, e s'è possibile una lampreda, un acan- | topterigio toracico, ed un malacoptrerigio addominale. Quelli, che avranno la facilità di estendere le loro osser- vazioni ad un maggior numero di specie, potranno far- lo. Si desidera però sopratutto, che il numero delle specie non rechi nocumento al dettaglio, ed all’ esattezza del- le descrizioni; di modo che un lavoro, che fosse limi= tato a tre sole specie , e contenesse l’ esposizione com- piuta dei nervi di esse sarebbe preferito a quello , che abbracciando un maggior numero di specie , le descri- vesse più superficialmente. Il premio consisterà in una medaglia d’ oro del valore di tre mila franchi. Le me- morie dovranno essere consegnate al segretario prima che cominci 1” anno 1830. Questo termine è di rigore + Tavola .I . 22. TRA tone VI ICCAZAI Lilog. Cipria pria, _simu Ma ela Lug Diana) ; 6 4 1768. $ c. D PO EI. Systema natali per tria regna » curante J. F. GME- N, in8° 10 grossi tomi fig.. Lugd. 3796». Pa 12, i —— Entomologia s curante de ers, in 8 Lu 4 Tom. cum. I. . 4. formatì fig. Lung..1787. Scw7: = Systema vegetabilium » ‘curante , in 8.° 2 tres.gros Vol. ; ngd 1797. Sci 5»: pi “ di Hasezinazia ‘compilato da Giulio pr in Pia papi as. ATTI. Pio romana . Vol 2. Se. 2. "Gol i ia Stuarda.. Tragedia di. Federico ScHILLER ; versione del MA Ani. drea Ma rel col ritratto + Milana 1828. Se. -='50. e dell” antichfasimnà ittà d’ Ascoli. Sc. --125, 3. morie di, Storia "Naturale. Tomi 2: Sc. 2 pi î: L tichi. inediti, fregiati ed illustrati da Giovanni, Mischa É MANN Piofetto delle Antichità ‘di Roma, col SEPE soprai:. n° Apoline della Villa. dell” Eminentissimo Cardinale Alessandro; ni, in tre, Tomi.in folio con ricco coredo di Rami. Sc. af y N. Cptices Libri. accedunt Tectiones opticae et ‘opuscola omnia; ae. et salarea pertinentia 2 2 part, en un Vol. in ti rp Patav. 3 73. 2.7 i dI Ag aa ‘ultime utili scoperte’ d anna di in % “i 0 30. La Zooatria . Wol. 4 figurati . so. agua na OTTI . Patologia induttiva .. «Macerata 1828, Sc. = 90» pirito di ‘partito. che saranno, riuniti in Tomi digci, di citi fin? ora . sono a comune soddis azione sortiti Tomi otto, contenenti ‘în com- , plesso N}° 178 diversì oggetti.,,molti dei quali‘sona inediti. L’ impore to de’ Tomi pubblicati, per li Signori Associati è di romani Sè. 6. 93, , et li sid associati di Sc. 8. 50. } ANZANI. Elementi di Zeolizia. È di. Storia Naturale in 13 Voluè mì; con tavole in Rame. So. 13! neil des Portraits: (autantiques des: Emperenrs,.Rois; et Hommes Illu= stres. del Antiquitè-, in:8.° 3 gros, Vol..figurati.. Se: 14,:.. , anrazione della, Scienza Politica» oyvero Teoria: dello, Stato, Naturale : sudovico de Harrer. Tomi:5..1828. Sè. 2. 20. " Zoologia. Fossile delle. Proyi e Austto, Varato si di ’animiaio! tonio CatuLLo , in 4.9 figuratoi. Padova:1827, Se. 3... È emian] Medion. Vegatabile Toscana , in-foghio, figarato. Fireuze! ( dl). iacorso di oMareucci. Bologna 1828, Sc. =» 25.) 7 E, vga equite ALOXSIO, «ROS=; Pi Bai «Vola 3.. i804,$ DEVA Pa a CORRA Ian Rpg LA Ze dei Cavalli, dell’. Alibate, GF. € > ES1 . se.d a.tres-gros .Vol. fig «Paris 1786. S E F, fol. 2. Paris. Sc. 1..80. , e Funghi, con annotazioni dî Storia Naturale, Bo. -- 1555 +Teonographie «Giano sin 8.° Vol. 3. Sabatini. n. hie Hi fi to... .5.:3,5 Lite emer 8 gx Vaia o» sa Ò gioni Ser VIRA e - ra ‘intorno a va rie Le di Acque Solfurea , © saline nelle!; "0 ta di Opuscoli Medici in Lingua Italiana di ogni getiére, e senza 4 siae, opposta , alla. suposizioner,di uno, Stato Civile Fattizio, cale 4 néntaire erolaaFiai dai Electrico.alvamque: i Sa: Da Luos Gg » IN con fig. multis carta magna et nitida . ") VI monyementi a patent.des corps Laga per Dionis du:-Sisovna pi pi lagin} SERA TTTUS TATA TAVOLA Delle materie contenute nel Fascicolo I. PARTE PRIMA. MemoriIE, ED Esrrattri ‘Sopra Ja storia, ed i pro- De ‘ovi mammalium , et gressi della botanica insulare hominis genesi. auct.C. E. italiana -- di A. BerToLONI a Baer (estratto) . . pag. ( articolo 1.° ) . ..e + page. I Sugli ayanzi fossili di due | Descrizione delle.ossacom- . ‘:;f nuove specie di Mastodonte ponenti il teschio di un Ip- ec. trovati sulla riva sinistra popotamo d’ Egitto, ed os- dell’.Irawadi -- di CLIFT a . servazioni di confronto. sul. sj . Esame della sabbia pia l’intero scheletro.dello stesso { nifera dell’ Oural -- di Brer- | l "| animale cogli altri già cono- WIAUPT = fecero è:;010 0 ema 705 sciuti == di A. ALESSAN= Sull’,Haidingerite -- di P., DrINI (articolo. 1.° ) .. s, 17 | BertHIER ( estratto.) ...‘,, Hortus regius botanicus ° «Caratteri dell'ordine dei berolinensis descriptus ab - Testugginati, delle famiglie, H., Fr. Link etc. ton..1.us e-;dei generi, che'vi ‘sono ‘(estratto ): . . + + + + 39. 46 | compresi -- di T. Beit. 3, Notizia di due nnovi mi- , Sulla Wagnerite -- di A. nerali scoperti -a Culebras VERVE RI Lie die re nel Messico -- di A. del... f Sulla. Braunnerite. ... ;s Ri10 . + +0 00 00 » +0 39; 03] Storia nat. dei pesci tom. Sopra. una collezione di 1,°, e 2.° += di G. Cuvier 1 fossili vegetabili, ed anima- ( estratto: articolo. 1 Petty li, e di.rocce del paese dei Flora austriaca, Nio, Th, Birmani -- di BuckLanD. ,3 54 | Host.vol, 1.um (estratto) 3, : i PARTE SECONDA . ] InDicazioni; ED ANNUNZI i , Memorie: della Società di rali di Parigi. Genn.1829.pag. Î Fisica; e'di Storia Natura- °_ Biblioteca ‘universale “di le «di Ginevra ‘tom. 4.° p; Ginevra Gennajo ‘18291°,, 1.3. ce i e e page 122 Scritto periodico ‘di Mine Nuovi ‘atti fisico - medici ralogia. di Leonhard. Otto- dell’Accademia Cesarea L'eo- bre x1828he ia ivi {'poldino -- Carolina dei Cu- Giornale arcadico di Ro- riosi della Natura. Tom. 14.° ma .. Ultimo trim. 1828. ,; i più. a e +++ + 39 ivi Giornale ligustico.. Lù- \ Sedute della P.. Accade= + if'glio, e Agosto 1828. 1.0, mia delle Scienze di Parigi ,,,128 Nuovi libri di Zoologia ‘3; Sedute‘ dell’ Accademia Nuovi libri di Amatomia Gioenia di Scienze naturali comparata (+ s''>0ì è 4 i di Catania. ‘00025403, 126 Nuovi libri .di Botanica ,, 7 Giornale zoologico di Lon- Nuovi libri di Mineralo= dra . 4.° bimestre 1828 . ‘3, 134] gia, e di Geologia... .,) Annali delle scienze natu- Premj è + 0060100 33 ANNALI DI RICRIB i ITOSUD 3090 LL) Mo ri ? si n , 9 iper > ì pa, RICCO L2 ppi Wi ___P—€@ IRA FAsciodio 1 Alvin ber » cf x pa fr d vi # 3 4 È vi indio | 4 ai è fi SZ friire di of ESSE si udc un dine s ti «di questo giornale . MINE 9 Re i IL prezzo dell’ intera annata. è ud pooli SAT i ) trentasei per lo stato Pontificio. , per 1 estero; Pi ' | compresa la francazione find at cino i di pres nicol Tdé méntidne } è pa centesimlto © cia ss DUDOII8: î Og I (BOLOGNA 1 1039. SG sal x E x TIPOGRAFIA MRRATELE Pi alt con 'AbenoV Azioni V* Avvio 0 Î ) 4 I Sig. FRANCESCO PASTORI; onde. agevolare io commercio librario , ed assicurare, per quanto è in ARL suo potere, la, proprietà degli autori ha stabilito | in Parma un centro di deposito delle -stamperie italiane. Egli è da un tale centro che si parte la Bibliografia Italiana che si pubblica per opera dello e stesso. Sig. Pastori. Invita egli quindi tutti gli stampatori italiani a denunziargli per lettera 1.° il titolo dell’opera; ‘2.° il nome dell’ autore; 3° il formato; 4.9 il numero de’ volumi; 5.° se per ‘ associazione ; 6.° il prezzo in lire italiane; 7.° il nome dello stampatore; 8.° i capitoli dell’ opera; ed a spedirgli per la posta sotto fascia un solo. esemplare del manifesto, appena sarà stampato. Invita in oltre il Sig. Pastori i proprietarii delle ‘edizioni a depositare al centro anzidetto tre esem- plari dell’ opera denunziata, consegnandoli in ogni piazza alla persona, che verrà da lui indicata. I tre esemplari poi dovranno essere accompagnati. da piccola fattura, che indichi il prezzo di catalogo, e lo sconto che si accorda: : sul prezzo netto saran- no detratte ‘le poche spese postali occorse, non 145 Histoire NATURELLE DES Porssons, par MM. Le B.on Cuvier et VALENCIENNES, a Paris 1828. T. 1. (Estratto , artic. 2. ved. pag. 81.) CafitoLo V. Cervello e nervi dei pesci. I sistema degl’ organi sensitivi si compone nei pesci, egualmente come negli animali delle classi superiori, dei sensorii esterni; di un apparecchio midollare centrale; e di nervi formanti comunica- zione tra queste diverse parti. L'apparecchio midol- lare centrale, 1’ encefalo cioè; ed il midollo spinale, occupano la cavità compresa nel cranio, e nella colon- na vertebrale . Cervello . Ciò che più sorprende all’ aspetto del cervello dei pesci si è la di lui estrema piccolezza; non solo in confronto della totalità del corpo, ma pur aneo ri- ‘spetto alla massa dei nervi che ne escono, ed alla cavità del cranio entro la quale è contenuto ; egli infatti non riempie totalmente codesta cavità , giac- chè tra la pia madre che lo cinge ; e la dura me- ninge che intonaca il cranio internamente, avvi uno spazio molto esteso riempito da morbida cellulosa, o da una specie di aracnoide, molto spesso imbevuta di sostanza oleosa, e qualche volta ancora, come nello storione ; di pinguedine assai compatta (1). Si PI | —r____éè,M"']!)ditPy)]1!: 2 1) Questo liquido di particolare natuta ; aovraposto alla pia madre nell’ organo cerebro-spinale dei pesci, parmi considerar si possa qua= si analogo all’ umore encefalico-rachidiano trovato dal celebre Cotun- mio nel cervello umano : scoperta che dir si può rinnovata, e som- mamente ampliata in questi ultimi tempi dall’ illustre fisiologo il Sig. F. Mangendie. = vedi Journal de Physiologie experimentale T. V. Pag- 27. (A) om. I. 10 146 è osservato che questo spazio riempiuto dalla so- stanza adiposa è molto minore nei giovani individui di quello lo sia negli adulti, il che prova che il cervello non cresce nelle stesse proporzioni col ri- manente del corpo . I lobi formanti l’ encefalo collocati sono in ‘serie longitudinale l’ uno dietro l’altro, rappresentando spesso quasi una doppia fila di globi strettamente uniti. Ma trovansi ancora dei tubercoli, e qualche volta assai numerosi, nascosti nell’ interno, od al di sotto d’ alcuno dei’ grandi lobi . Onde poter conoscere esattamente 1’ analogia di questi lobi, e tubercoli con quelli del cervello del- le altre classi, fa duopo partire da un punto fisso e determinato , che il nostro autore stabilisce nel cer- velletto. Diffatti codesta parte è tale che sulla di lei natura non può cadere verun dubbio, caratteriz- zandolo abbastanza la sua posizione attraverso, ed in alto del midollo, che cinge ai lati a guisa d’ un ‘ponte ; ed il non essere diviso in lobi simetrici destro e sinistro, come succede generalmente delle altre par- ti dell'encefalo . Al davanti del cervelletto si vede nella faccia su- periore dell’ encefalo un primo pajo di lobi, l' in- terno dei quali è costantemente cavo, e che sono preceduti da uno, e qualche volta da due altre pa- ja generalmente solidi. Siccome avvi tra gli anato- .mici disparità d’ opinione relativamente al modo di denominare codesti lobi, e di paragonarli colle par- ti analoghe del cervello degli altri vertebrati, ‘così prima di discendere a questa determinazione , vuole il chiarissimo aut. notare le particolarità più impor- tanti visibili nei lobi stessi, seguirne le variazioni nelle varie età , e nelle diverse specie , onde poter più fondatamente , e dietro il confronto di tutti i caratteri di maggiore entità stabilirne la vera co- struzione , e la più naturale analogia. Sr (To 147 Nell’ interno dei primi lobi (analoghi agli emisferi cerebrali ), quelli cioè collocati subito al. davanti del cervelletto, e sul piano inferiore della loro ca- vità, esistono molto spesso uno, o due paja di pic- coli tubercoli, considerati come gli analoghi dei ‘corpi quadrigemini, perchè situati sono sull’ acque- dotto che fa comnnicare la cavità o ventricolo dei lobi stessi roll’ altra situata sotto il cervelletto, e ‘pa- rago: ab'!. al 4.° ventricolo dei vertebrati delle clas- si s » .riori; e perchè al di dietro dei medesimi si vede l'origine del quarto pajo dei nervi cerebrali . Il numero le forme ; e proporzioni relative di que- sti tubercoli variano secondo i generi; ora sono più sviluppati gli anteriori , ora i posteriori 3 nel tonno ‘ne esistono tre paja, invece i cartilaginosi nè man- cano interamente. Oltre i corpi quadrigemini ; ed al lato esterno dei medesimi , vedonsi, nel piano infe- riore di questi ventricoli dei lobi cerebrali, altre due prominenze una per ciascun lato analoghe ai corpi striati, e tra di essè una incavatura media pa- ragonabile all’ infundibolo , nella parete posteriore del quale è aperto l’ acquedotto del Silvio che pas- sa sotto i corpi quadrigemini ; e nell’ anteriore sono tese trasversalmente delle striscie di materia midol- lare formanti la commissura anteriore. Dal lembo esterno dei corpi striati, incurvati alquanto all’ in- dietro fino ad oltrepassare i corpi quadrigemini, el- levansi delle fibre midollari incurvate ad ‘arco, e convergenti verso la linea media in modo da com- porre la volta che chiude i ventricoli; e forma lo strato superiore convesso dei lobi stessi. Nel mag- gior numero dei pesci questa volta.sovraposta ai ven- | tricoli cerebrali si compone di una doppia lamina: Vl esterna grigia, bianca l' interna. Le fibre della lamina esterna scorrenti obliquamente dall’ indietro all’avanti dirigonsi, per la maggior parte, ai nervi ottici a comporre i quali entrano ancora altre fibre 148 derivate le une dal lobo inferiore (talamo ottico), le altre dalla midolla allungata, pareechie ancora dai lobi olfatorii. Le fibre dello strato interno mol- to più visibili costituiscono direttamente la volta so- vraposta al ventricolo e dirigonsi al margine esterno dei corpi striati. Le due volte destra, e sinistra u- nisconsi trà loro nella linea media ciò che forma una specie di corpo calloso, ed una cresta prominente al- l’ indentro senza però discendere fino al piano dei ventricoli in modo da dividere il destro dal sinistro : perciò questi due ventricoli unitamente al medio, o terzo ventricolo; compongono una cavità comune, co- me succede anche nei mammiferi allorchè troncate le gambe anteriori del fornice si rovescia all’ in- dietro il corpo calloso, e la volta ‘a tre pilastri. Le particolarità di struttura fino ad ora esposte di mostrano evidentemente l’ analogia che esiste tra questi grossi lobi collocati subito al davanti del cer- velletto, e gli emisferi cerebrali degli altri verte- brati, mottivo per cui meritano il nome di lobi ce- rebrali . I lobi situati al davanti dei cerebrali ora sem- plici, ora doppii sono certamente gli analoghi dei lo- bi olfatorii, e mostransi diversamente modificati nel- la forma, disposizione, e grandezza nei varj generi di questa classe. Allorquando non sono interamente uniti tra loro; comunicano invece l’uno coll’ altro mediante una, o due striscie trasverse vere commis- sure di questi lobi . | La posizione della glandola pineale, di rado esi- stente nei pesci, avrebbe cambiato posizione, qualo- ra considerar si volesse come rappresentante la me- desima quel piccolo globulo di materia grigia, col- locato nell’ anguilla , e singolarmente nella muraena . conger al davanti dei lobi cerebrali, ed inserito me- diante due piccoli cordoncini nel lembo posteriore dei lobi olfatorii. Nel Gadus Morruha , ed in altri pesci 149 in luogo di codesta glandola avvi un piccolo filetto midollare flutuante libero nella stessa posizione . In quanto al cervelletto, la di lui grandezza re- lativa è considerabile sorpassando spesso in volume le parti collocate al davanti di esso. I di lui lobi laterali o non esistono, o non formano che delle le- gere prominenze. La forma, ed il volume ‘è varia- bilissimo singolarmente nei pesci cartilaginosi , giac- chè ora è ridotto ad una semplice striscia -trasver- sa, come negli storioni, e nelle lamprede ; ora vo- luminosissimo , di figura rotonda, od ovale, oppure diviso in lobi, come nelle razze. Qualche volta la di lui esteîna superficie è solcata trasversalmente , ed essendo liscia, come per l’ ordinario acade, si vede nell’ interno della di lui sostanza un asse mi- dollare che manda diramazioni della stessa natura nella materia corticale: il cervelletto copre una ca- vità analoga al quarto ventricolo dei mammiferi. Non è difficile seguire l’ andamento verso la re- gione anteriore dei fascii della midolla. allungata , e di vederli, oltrepassato il ceryelletto, dirigersi, i più esterni ai lobi cerebrali, e gli interni ai lobi ol- fatorii. Una particolarità del cervello dei pesci con- siste nei lobi collocati al di dietro del cervelletto lateralmente al quarto ventricolo, e quindi sulla mi- dolla allungata , e formanti talvolta a guisa del cer- | velletto un ponte attraverso di questa cavità. Le varietà relative alla loro mole, forma, e connessio- ni sono numerosissime ; nelle razze, squali, ed an- che nello storione, hanno la forma di pieghe; o di cordoni che prolungano da ciascun lato il lembo posteriore della base del cervelletto. Nella maggior parte delle specie consistono in due tubercoli toc+ ‘cantisi al di sopra del ventricolo ed uniti mediante una commissura. Questi lobi sono stati paragonati alla piccola striscia grigia, situata nei mammiferi attraverso dei corpi restiformi; ma in tal caso que - 150 ste striscie acquistato avrebbero nei pesci una mole enorme . O i Sul fondo del quarto ventricolo vedonsi dei solchi longitudinali superficiali che segnano di già la divi- sione dei fasci indicati della midolla allungata. Esaminato 1’ encefalo nella superficie inferiore, nulla si trova che rassomigli la protuberanza anul- lare ; invece vi si vedono dei solchi che sembrano destinati a separare i fascii dei quali si è parlato. I mediani rappresentano le piramidi, ma non è visi bile verun inerocciamento di fibre : mancano i cor pi olivari a meno che non vogliansi considerare per tali i tubercoli, o lobi di sopra descritti situati ai lati del quarto ventricolo ; ma in tal caso sarebbe- ro risaliti molto in alto, ed avrebbero acquistato una mole notabilissima. Sui lati della midolla allungata vedonsi i fascii restiformi diretti al cervelletto. La glandola pituitaria esiste nella posizione ordinaria all’ estremità dell’ infundibolo ; è piuttosto volumi nosa, e munita spesse volte di appendici membrano- se, e vascolari rimarcabili singolarmente nelle raz- ze. Qualche volta, come nel Lophius, V infundibo- lo si prolunga in forma di gracile filamento, e la glandola pituitaria in tal caso portasi malto all’ a- vanti. Ai lati dell’ infundibolo, sempre nell’ infe- riore superficie del cervello, esistono i due grossi lobi detti perciò inferiori, probabilmente analoghi ai talami ottici, da alcuni creduti i corpi quadrige- mini, da altri i corpi candicanti dei mammiferi, generalmente sono nei pesci molto grandi, di figura ovale , o reniforme , di rado cavi nell’ interno, e qualora esiste questa cavità comunica col terzo ven- tricolo. Evidentemente questi lobi mandano fibre ai nervi ottici. i 151 i VASZIÙO Dei nervi, e della midolla spinale . ‘I nervi olfatorii escono dai lobi di questo nome, | € spesso alla loro radice evvi un secondo rigonfia- «mento: variano molto per la grossezza , e la com- ‘| posizione: ora sono capillari, ora grossi, quantun- que semplici, talvolta dopii, o tripli, ovvero com- - posti di numerosi filamenti riuniti in fascetti. In Ù mol specie prima di distribuirsi nella pituitaria ri- — gonfiansi in un ganglio, ciò succede principalmente allora quando manca il secondo lobo alla loro origine. o Gli ottici si decussano davanti 1’ infundibolo, e spesso senza unirsi tra loro , di modo che nella per- . ca, nel gadus morrhua, facilmente si scioglie 1’ in- crocciamento , e si dimostra che il nervo ottico si- | nistro si dirige all'occhio destro, e viceversa. Ma nelle razze nel punto della decussazione sono riuniti, e confusi per modo, che il passaggio delle loro fi- bre da destra a sinistra è problematico ugualmente come nei mammiferi. La loro struttura in parecchie specie di pesci ossei ha questo di particolare, che la sostanza midollare si conforma a guisa di larga fetuccia piegata longitudinalmente in modo da riem- piere il tubo formato dalla dura madre ; singolarità di struttura dimostrata per la prima volta dall’ il- lustre Malpighi. Il terzo pajo ( motor comune ) nasce al di dietro dei tubercoli inferiori, (lobi ottici) e precisamente . nel solco che li separa dal rimanente della midolla allungata. Il quarto ( patetico ) trae origine invece dalla fac cia superiore dell’ encefalo , posteriormente ai lobi È cerebrali ed ai tubercoli quadrigemini dal medesimo coperti. Il quinto ( trigemini ) si stacca dai lati del quar- to ventricolo al di sotto, e vicinissimo alle promi- _nenze collocate al di dietro del cervelletto. nnt SI tina tb 152 Ii sesto ( abdutorio ), come ordinariamente avvie- ne , nasce dalla faccia inferiore della midolla allun- gata , all’ incirca tra le radici posteriori del quinto . L' ottavo ( pajo vago) quasi tanto voluminoso quan- to lo è il trigemini, nasce al di dietro di questo , più spesso in formia di numerosi filamenti disposti in linea longitudinale l’uno dietro l’ altro ai lati della midolla allungata . Questi fili prima di suddividersi riunisconsi in un ganglio . ! Tra il quinto e l'ottavo è collocato il settimo pa- jo, l acustico: ordinariamente al davanti dell’ otta= | vo esiste un nervo particolare corrispondente al glos- so faringeo. Nei pesci non sono visibili i nervi del nono pajo ’ distribuiti come nei mammiferi, tuttavia esiste un nono ed ultimo tronco cerebrale al di die- tro dell’ ottavo, che dà un ramo al natatojo, va alla regione anteriore della spalla, ai muscoli diretti dal- l’ omero all’ osso joide , ed alcuni rami si anastomiz- zano ancora col primo spinale, formando il plesso pei muscoli della pinna pettorale , . Relativamente alla distribuzione dei nervi cerebra- li si osserva una grande rassomiglianza tra i pesci, e le classi superiori. Il terzo abbenchè mandi dei rametti nell’ interno del globo dell’ occhio e, dia fi- lamenti alla coroide ; sembra però che non formi il ganglio oftalmico . Il quinto esce dal cranio per un foro dell’ ala maggiore, spesso diviso in due da un osseo filamento. La suddivisione di questo nervo in rami, o branche fassi in diversi punti nelle varie specie, e costantemente manda 1.° la branca oftal- mica , che passa nella regione superiore dell’ orbita, si dirige verso le narici, distribuendosi sulle parti adiacenti sino all’ estremità del muso ed all’ osso in- termascellare ; 2.° il mascellare superiore, che pas- sando sotto l’ occhio va alla guancia alla mascella su- periore, e manda un ramo verso le narici che si ana- stomizza col pterigo-palatino ; 3.° il mascellare infe- n + @ N - chez i 155 riore, che spesso è una suddivisione del precedente; «dà filamenti alla parte posteriore del palato; e si insinua nel canale dentario della mascella inferiore; 4.° il pterigo-palatino , che attraversa il fondo del- l orbita sotto i muscoli dell’ occhio , segue la dire- zione del vomere, passa tra questo osso ed il palati no terminando alla punta del muso, dove forma spesso delle notabili anastomosi col mascellare supe- riore ; 5.° il ramo opercolare che scorre per un cana- le dell’ osso temporale, dà rami al crotafite, alla guan- «cia, ai muscoli dell’opercolo , all’ opercolo stesso ; penetra più internamente, si unisce al mascellare inferiore, distribuendosi posteriormente sui pezzi oper- colari inferiori, e sulla membrana branchiostega; 0.° il ramo dorsale del tronco, quasi sempre esistente , che ascende verso la regione superiore del cranio, si unisce con un ramo dell’ ottayo , esce per un foro del parietale ed interparietale, scorrendo lungo il dorso ai lati delle natatoje dorsali, ricevendo dalaz menti da tutti gli intercostali, e somministrandone ai muscoli, ed ai raggi di queste stesse natatoje. Questo nervo è assai grosso nei siluri, ed è stato descritto da Weber nel siluro comune, e nel gadus lota . Il settimo pajo si unisce spesso a dei filamenti dell’ ultima branca del quinto , ed alla prima del- l'ottavo , od al glosso faringeo . Singolarmente nella distribuzione dell’ ottavo am- mirare si deve la costanza colla quale ciascun ner- vo in tutte le classi serye alle medesime funzioni. Il glosso faringeo esce per un foro dell’ occipitale laterale, o della rocca distribuendosi alla prima branchia, ed alla lingua. Il yago propriamente det- to esce per un foro maggiore dell’ occipitale latera- le, e dilatasi in un ganglio che fornisce rami alle tre ultime branchie, ed ai faringei inferiori. La con- tinuazione del tronco discende sulla faringe , e l’e- 154 sofago fino allo stomaco. Ma questo pajo dà ancora un nervo, e qualche volta due, le relazioni dei quali con quelli delle classi superiori sono meno ap- parenti. Il primo è un ramo che esce, ora dalla ba- se anteriore del tronco , ora dal margine posteriore del suo ganglio, e và in retta linea sino alla estre- mità della coda. In molti pesci, e singolarmente nella perca, dopo aver dato un filo superficiale, che segue il principio della linea laterale, questo nervo cammina in linea retta. nella grossezza dei muscoli laterali, tra le coste, e le loro appendici, rice- vendo da tutti i nervi della spina particolari fila- menti, e somministrandone alla pelle attraverso de- gli strati muscolari ; in altre specie , come nel gadus morrhua è superficiale in tutta la sua lunghezza. Il secondo di questi nervi è quello che si unisce ad un ramo del quinto per formare il nervo dorsale di cui si è di già parlato. Dall’ottavo esce pure il ramu- scello che dà filamenti al diaframma . La costruzione e figura della midolla spinale è alquanto diversa nei varii generi appartenenti a que- sta classe: in alcune specie , p. e. nel pesce luna, è la midolla per modo breve, che rassomiglia ad una piccola prominenza conica dell’ encefalo , e dal- la quale si staccano le diverse paja di nervi in for- ma della coda di cavallo. In altre, come nel cyc/o- pterus lumpus , è allungatissima, e si rigonfia in tùt- ti i punti dai quali escono i nervi. Le prime paja di nervi spinali riunisconsi in fol, ma di plesso per distribuirsi nella natatoja pettora- le. Nelle razze, nelle quali questa natatoja è enor- me , riceve nervi da quasi tutti i spinali. Nei pesci in cui le ossa innominate sono sospese a quelle del- la spalla, ricevono filamenti dal 3 e 4 dei spinali, e talvolta anche dal 5. Nei pesci detti jugulari che portano le ventrali anteriormente alle pettorali, que- sti nervi s ineurvano all’ avanti onde distribuirsi. a 155 queste stesse parti . Negli aidbntai invece le stes- se pinne ventrali ricevono filamenti da nervi collo- cati più all’indietro , cioè al di là del quinto. Il ri- manente dei nervi spinali si distribuisce alle regio- ni posteriori del tronco, e della coda. Il gran simpatico riceve filamenti al solito da tut- ti i tronchi spinali , € forma diversi plessi e ganglii distribuendosi ai visceri. È tale la di lui sottigliez- za che facilmente sottraendosi alle ricerche degli os- setvatori meno diligenti parecchi negarono la di lui esistenza singolarmente nei candropterigi . Nel pesce luna i ganglii del gran simpatico sono molto volumi- nosi; può seguirsi nella testa fino alle sue comuni: cazioni col quinto , ma non è stata ancora a suffi- cienza. comprovata la di lui anastomosi col sesto, quantunque creda l’aut. di averla veduta nel gadus morrhua . i CariroLo VI, Organi dei sensi esterni + L’odorato, la vista, l udito hanno nei pesci de- gli organi analoghi a quelli delle altre classi; se il loro gusto sembra debole, v' ha luogo a credere ciò non ostante che risieda negli integumenti -della lingua, a meno che i singolari tessuti che vedonsi nel palato di alcune specie, come nei carpioni, non ne siano ugualmente la sede. In quanto al tatto in- dipendentemente dai generali integumenti , la sensi» bilità dei quali varia all’ infinito , delle disposizioni particolari di certe parti od appendici, formano per questo senso talvolta degli organi singolarissimi. I, Dell’ Ala po . La posizione , direzione } e grandezza degl’ occhi è variabilissima nei pesci : in certe specie dei gene- 156 ri anguilla, e siluro questi organi sono piccoli per modo che appena sono discernibili, quando invece in altre del gen. acanthias e pomatoma sorpassano pel loro diametro proporzionale tuttociò che si co- nosce delle classi superiori , Mancano! le vere palpebre , in poche specie forma- no gli integumenti una piega adiposa intorno l’ oc-= chio, però immobile , e senza muscoli proprj: gli squali nell’ orlo orbitale inferiore hanno una piega più estesa, alcun poco mobile, munita ancora nel pesce luna d’ una specie di sfintere muscolare. La congiuntiva, opaca in qualche raro caso , come nel le cecilie, nei gastro branchii, nasconde qualunque vestigio d’ occhio. Manca l’ apparecchio lagrimale: il globo intero è poco mobile ; nelle .razze, e negli squali è sostenuto da un pediciuolo cartilagineo mo- bile attaccato al fondo dell’ orbita tra le origini dei muscoli retti; è costantemente fornito di sei musco- “a quattro retti, due obliqui: l’ obliquo superiore manca della troclea esistente nei mammiferi ; man- ca ugualmente il muscolo imbutiforme profondo pro- prio dei quadrupedi . L’ orbita, e gli intervalli che rimangono framezzo alle indicate parti sono riem- piuti da molle cellulosa distesa da un fluido gelati- noso , o dà grasso proprio a facilitare i movimenti del bulbo. RA, La superficie anteriore del bulbo è poco conves- sa, l’umor acqueo trovasi in poca copia; il rima- nente della superficie è una sferoide qualche volta irregolarissima . Nelle razze l’ occhio è superiormen- te appianato, ed ha la forma di un quarto di sfe- ra. Un occhio di singolarissima struttura è quello del cobitis anableps , che ha due cornee separate da una linea opaca , e due pupille aperte nella stessa iride, di modo che sembrerebbe doppio, ma il vi- treo , il cristallino , e la retina sono semplici. Distinguonsi nell’ occhio dei pesci quattro od an- SOLI! 157 che cinque tuniche generali; cioè 1.° la sclerotica ; 2.° la membrana adiposa ; 3.° lo strato argenteo, 0 membrana di color metallico ; 4.° la coroide ; 5.° la retina. La sclerotica è grossa, fibrosa, sostenuta nel maggior numero delle specie da due pezzi cartilagi- nosi, che talvolta formano un inviluppo sferico com- pletamente osseo, che lascia i soli orifizii per 1’ in- gresso del nervo, e per l'inserzione della .cornea. Nei cartilaginosi iuvece la sclerotica è uniformemen- te cartilaginea, e questa cartilagine presenta poste- riormente una prominenza per l’ articolazione col pe- diciuolo del bulbo. La cornea è al solito lamello- sa, e lo strato più interno è qualche volta tinto in giallo o in verde. In molti pesci sotto la sclerotica si trova un tes- suto celluloso di natura pinguedinosa , formante spes- so uno strato assai grosso, che perciò merita il no- me di membrana adiposa , d’ esso però può mancare, come sucede nel gadus morrhua . Più internamente si scopre una membrana assai sot- tile, quasi senza consistenza; che a prima vista sem- bra piuttosto una spalmatura, di colore argenteo dorato ; ed è questo strato appunto, che continuan- dosi sulla faccia anteriore dell’ iride gli da il bel colore metallico . La coroide è pure divisibile in due lamine, 1° in- terna più sottile, più semplice è una vera Ruischia- na: prolungata al solito sulla faccia posteriore del- l’ iride acquista il nome di uvea; e nel luogo dove esistono i processi ciliari nei mammiferi forma la ruischiana un circolo di pieghe raggiate e finissime , senza però arrivare alla capsola del cristallino, co- me succede dei veri processi ciliari. La pupilla non gode della proprietà di cangiar diametro , il di lei margine. snpetiore però forma in certe specie una singolare produzione; che può in qualche caso chiu- dere la pupilla stessa, come si vede nelle razze. 158 i I L’ interna faccia della ruischiana è pure munita di una specie di vernice, o spalmatura più o meno ne- ra, il nero pigmento degli altri vertebrati , - Tra la coroide, e la membrana di color metalli- co avvi un-.apparecchio proprio esclusivamente dei pesci ossei. Consiste questo in una striscia , forman- te un anello irregolare ed incompleto che circonda a qualche distanza l'ingresso del nervo ottico : qual che volta è diviso in due parti; ovvero rappresenta una mezza luna, e mostra sempre una soluzione di eontinuità nella regione inferiore ; il colore è rosso vivo , la tessitura vascolosa , ed è forse paragonabi- le ad un tessuto errettile analogo a quello dei cor- pi cavernosi, e che ha qualche influenza per accome- dare la forma dell’ occhio alle distanze , ed alla den- sità dei mezzi. Il cristallino e sferico, voluminòsissimo , per cus in proporzione è molto piccolo lo spazio cl resta, e che deve essere riempiuto dal vitreo; di più la dî lui faccia anteriore tanto si avvicina all’ uvea ed al- la pupilla , che la camera posteriore per tal modo è quasi obliterata. Durissimo è il nocciolo della lente, non tanto i di lei strati esterni; la capsola o cristalloide poi è piuttosto molle. Approfondata la lente nell’ umor vitreo è trattenuta nella naturale posizione da un legamento cireolare prodotto dalla membrana del vitreo, che la circonda a guisa del- l’ orizonte d’ un globo geografico . In un gran numero di specie trovasi ancora nel- l’occhio un legamento in forma di falce, il. quale incomincia all’ ingresso del nervo ottico , segue di- scendendo la concavità del bulbo, € si approfonda nel vitreo. Contiene vasi e nervi, la di lui punta inferiore, la più vicina all’ uvea, si attacca alla capsola del cristallino. In certe specie questo lega- mento è opaco e nero, come la faccia interna della ruischiana ; nella muraena conger ne esistono due di tl en na ein sh sestri tg 159 questi legamenti, ma piccoli, uno anteriore 1’ altro posteriore . i Il nervo ottico si compone in molti pesci, almeno tra gli acantopterigi, d’ una membrana longitudinal- mente piegata sopra se stessa, ed inviluppata entro una tunica che termina nella sclerotica. Si inserisce nell’ occhio assai lontano dal centro: attraversata la sclerotica gli rimane ancora lungo tratto da percor- rere nel corpo pinguedinoso , e nell’ anello vascolo- so prima di arrivare alla coroide ; moltissimo si re- stringe sulla faccia interna della ruischiana , ed al- lorquando il nervo è membraniforme e ripiegato , lo è pure la retina, la quale cingendo il vitreo si e- stende fin presso l’ uvea. Esistendo il legamento fal- ciforme , la retina si divide per lasciarlo passare. Facilmente può questa membrana essere separata in due lamine, l’interna più sottile e fibrosa, polposa l’ esterna. Pare che stante la forma sferica del cri- stallino , l’immobilità della pupilla, l’ impossibilità di variar forma al bulbo, l'occhio dei pesci agir debba molto più imperfettamente di quello dei ver- tebrati superiori . Orecchio . Quest’ organo nei pesci è ridotto quasi al solo la- berinto , per molti rapporti anche meno complicato di quello dei quadrupedi, e degli uccelli. Manca l’ orecchio esterno , quando, non si volesse accor- dare un tal nome ad una piccola cavità “qualche volta un poco contorta in spirale, situata davanti a quella specie di finestra ovale che si trova nella raz- za; cavità intieramente nascosta sotto la pelle, e che unitamente alla finestra ovale manca totalmente nei pesci ossei, in parecchie specie dei quali esisto- no soltanto delle aperture nel cranio coperte dalla pelle, mediante le quali le oscillazioni del liquido ambiente possono essere comunicate al laberinto. In 160 altre.specie , il cranio è aperto alla base, e l’ orifi- cio è chiuso da una membrana alla quale aderisce il natatojo. Mancano i pesci del timpano, degli os- sicini nel medesimo contenuti, della tromba di Eu- stachio. L'idea di Weber che vede gli analoghi i gli ossicini dell’ orecchio nei pezzi ossei collocati teralmente alle prime vertebre, e chie sostengono il natatojo dei carpioni; e dei siluri, non è del tutto da disprezzarsi ; però quantunque questi pezzi ab- biano una connessione mediata col laberinto , questa non somiglia alla disposizione degli ossicini del tim- pano nei vertebrati delle prime classi: e dato anco- ra che dimostrato fosse concorrere questi pezzi ossei all’ esercizio dell’ udito, non sarebbe men vero, co- me lo ha stabilito Geoffroy; consistere i medesimi in un semplice smembramento dei processi trasversi delle prime vertebre. L’ analogia d’ altronde non rende probabile che esister debbano ossicini dell’ u- dito nei pesci, poichè vedonsi decrescere nel nume- ro e volume dai puadrupedi alla salamandra, alla sirena dove ridotti sono ad una semplice piastra rap- presentante l’ ultima metà della staffa . Il laberinto membranoso nelle razze è interamente contenuto in un laberinto osseo più largo , scavato sui lati della regione posteriore del cranio: esso la- berinto membranoso aderisce mediante un legamen- to ad un punto della faccia superiore del cranio, munito di piccola apertura, chiusa da membrana sulla quale esiste una piccola cavità membranosa coperta dagli integumenti . Lo storione, il pesce lu- na hanno soltanto i canali semicircolari inviluppati dalla sostanza solida, il resto del laberinto è con- tenuto nel cranio stesso; avvi qualche cosa di simile anche nel luccio. Nel maggior numero dei pesci ossei tutto il laberinto membranoso è sospeso entro il cranio, in una incavatuta laterale del cavo cere- brale: di laberinto osseo rimane soltanto qualche - adele die da 161 briglia ossea o membranosa intorno della quale gi- rano i canali semicircolari; ed una cavità scavata al disotto dell’ osso basilare dove discende il sacco del- le pietre . Merita di essere descritto un legamento principale che sospende za calcare ; nella loro tessitura nulla presentano. (per cui rassomigliare si possano alle ossa; i più duri so» miglierebbero alquanto nella struttura alle conchi- glie : In ciascuna specie hanno una figura diversa; ma costante . | Il nervo acustico esce dall’ encefalo quasi in fac=. cia al punto d’ unione del vestibolo col sacco : man- da superiormente un filamento all’ ampolla di cia- scuni canale semicircolare : altra porzione del nervo sì perde nel vestibolo; ma la massima. parte di esso Tom. I. si 162 ; - sotto la forma di una infinità di esili filetti si sparg sulla parete inferiore del sacco . Nelle razze, e negli squali il vestibolo, ricevuti i canali semicircolari, si unisce ad un ampio saceo ovale munito di due prolungamenti, anteriore l’ u- no , posteriore l’altro. Questa appendice del vesti- bolo deve essere considerata come analoga alla chioc- ciola dei vertebrati superiori: diffatti codesta parte di laberinto, molto semplice nei rettili, contiene anche in essi una piccola massa somigliante a del l’ amido. Lo stesso dicasi del sacco dei pesci ossei , il quale di più è spesse volte, e forse sempre, divi- so in due cavità mediante un setto membranoso . Quantunque l’ organo dell’ udito dei pesci si mo- stri di tessitnra meno perfetta, o a meglio dire più . semplice, che nelle classi superiori , tuttavia si han- no prove evidentissime , che questi animali odono , e distinguono le diverse qualità di suoni. Relativa- mente poi ai particolari apparecchi che in certe spe- cie, come nei carpioni, rendono più complicato que- st’ organo, non se ne deve far parola in questo luo- go, non appartenendo all’ intera classe . Organo dell’ olfato . Le narici consistono nei pesci in due fosse più o meno profonde , rotonde od ovali , scavate . verso la regione anteriore. del muso, non più comunicanti colle fauci; e nelle quali la pituitaria regolarmente ripiegata ne investe tutto il fondo, e le pareti la- terali. Ciascuna cavità presenta un foro esterno or semplice come nei cartilaginosi , or doppio come ne- gli ossei: queste aperture esterne delle fosse nasali situate sempre presso l’ estremità del muso ora ocu- pano la di lui faccia superiore , ora'i lati, spesso an- che il piano inferiore ciò. che si verifica nelle razze. Nelle lamprede collocate sulla sommità del capo, le 163 due fosse presentano una sola apertura comune beh ‘piccola . Le narici del Lophius piscatorius sostenute sono da un piccolo pediciuolo , e somigliano ad un fungo , la testa del quale incavata forma la fossa nasale. Le pieghe della pituitaria variano moltissi- mo pel numero, la forma, e l’ellevatezza loro, e ‘sono continuamente spalmate da abbondante muco- sità. Il nervo olfatorio ora semplice, ora doppio, ora. diviso in più filetti, si dirige alla faccia convessa , e chiusa della narice dove spesse volte si ingrossa formando un ganglio come puossi vedere nei carpio» ni, ed in molti ciprini: i filetti esilissimi di questo | nervo penetrano poscia in tutte le pieghe della pi- tuitaria terminando presso il loro margine libero . Nè l inviluppo membranoso delle fosse nasali, nè gli esterni orifizj presentano muscoli particolari , od | indizii di movimenti distinti. È ben dimostrato che i pesci godono della facoltà di percepire gli odori, nè avvi ragione per dubitare che la sede di questa facoltà non sia nell’ organo descritto. Ciò non ostante potrebbe darsi ancora che questa membrana semplicissima e delicata destinata fosse a riconoscere le sostanze miste all’ acqua , 0 sciolte in questo liquido, abbenchè non fossero per se odorifere, ed a dirigere per tal modo i pesci nel- la scelta delle acque che loro esser possono più fa- vorevoli. Organo ‘del gusto . I pesci, poche specie eccettuate , deglutiscono ra- pidamente l’ alimento senza masticarlo ; quelle spe- cie medesime in cui le mascelle armate sono in mo- do da potere incidere e triturare gli alimenti , non | possono lungamente trattenerli entro il cavo della bocca per la posizione ‘ed il movimento continuo dell’ organo respiratorio ; veruna glandola salivare 164 versa nella bocca liquidi idonei ad. umettare, e sciogliere il cibo, e sembra che l’ organo del gusto sia in questa classe debolissimo , dannosi delle spe- cie infatti nelle quali il piano inferiore del cavo della bocca non presenta veruna ellevatezza parago- nabile anche ad un semplice rudimento di lingua : in quasi tutte le specie poi.è breve, poco staccata , mai presenta muscoli proprii. Anche allorquando apparisce molle, e quasi muscolosa , la di lei sostan- za consiste semplicemente ‘in un tessuto celluloso , o legamentoso applicato sugl’ ossi linguali ; spessissimo ancora la di lei superficie è coperta di denti stret- tamente nniti gli uni contro gli altri in modo da togliere alla medesima, ogni sensibilità . Pochi nervi distribuisconsi in questo organo tanto imperfetto: il solo glosso faringeo manda alla lingua alcuni esili filamenti dopo che si è quasi per intero distribuito sulla prima branchia . Supporre si potrebbe che una porzione della farin- ge, o del palato supplir potesse alla lingua nel sen- so del gusto ; singolarmente nelle specie del genere ciprino nelle quali la volta del palato è guernita di sostanza molle, e carnosa, che riceve molti nervi dall’ ottavo , ma è ben difficile il determinare ciò che iu questa ipotesi esser vi possa di reale. Una particolarità che presenta quest’ organo palatino con- siste nella di lui grande irritabilità, per cui punto in qualunque tratto della di lui superficie il luogo forato si solleva in forma di un botone conico, fe- nomeno che potrebbe essere l'oggetto di esperienze fisiologiche interessanti. Organo del tatto . Anche quest’ organo nei pesci si presenta pure po- chissimo sviluppato , e quasi imperfetto : poche spe- cie possono esplorare la forma dei corpi solo me- 165 diante le labbra molli; le appendici dette barbj e- sistenti in più specie; i filamenti, o raggi staccati della natatoja pettorale , chiamati dita nelle triglie , nei polinemi , gli altri raggi mobili dei quali è mu- nita la testa del lofio, separati dalla prima natatoja dorsale, loro servono piuttosto per avvertirli del l avvicinamento dei corpi che a far conoscere la forma, e le altre qualità tangibili . Il generale inviluppo del corpo, almeno nelle spe- cie coperte di scaglie, non permette al medesimo di godere:d’ una sensibilità squisita . Queste scaglie so- no produzioni integumentali della natura dell’ un- ghia, o della sostanza cornea e più spesso ancora contenenti in copia della materia calcare. Di fatto la loro chimica composizione offre la più grande rassomiglianza con quella delle ossa e dei denti. Il Sig. Chevreul dalle scaglie di un Lepisosteus, di un chuetodon , e di una perca punctata ha ottenuto il seguente risultamento dopo averne tolta l’acqua e- sponendole per sei settimane al voto asciutto. Cento parti di Scaglie del del della Lepisosteus! choetodon |p. punctata Materia grassa. formata in gran parte di oleina . . 0,40 0,40 |, 1,00 Materia azotata +... ..|] 44,10 55,00 51,42 Cloruro di sodium . . .. tracia tracia Sotto carbonato di soda . | 00,10 00,10 1,00 Solfato di soda ...... 00,00 0,00 Sotto carbonato di calce . 10,00 3,06 3,68 Fosfato di calce (delle ossa) | 46,20 37,70 42,00 Fosfato di magnessia . . . 2,20 0,90 0390 Perossido di ferro .. ...| tracia id. id. Perdita. ® 0 s 0 es e 0 0 0 0 0,00 | 2,84 0,00 100,00 | 100,00 | 100,00 166 i 3 Mediante il dissecamento le scaglie del Zepisosteus avevano perduto 11,75 per cento; quelle del choe- todon 13 ; della perca punctata 16. Variabilissima è la figura, grandezza, e solidità delle scaglie nelle diverse specie; nei diodon vesto- no la forma di lunghe e robuste spine , laddove nel- la maggior parte dei condropterigi sono punti pro- minenti, talvolta piccolissimi che rendono aspra la pelle di questi animali che a prima vista sembre- rebbe nuda. Le ul le più sviluppate, e che me> glio mostrano la natura analoga a quella dei denti sono i così detti chiodi, o claye di certe razze, consistenti in spine robustissime la base delle quali approfondata nella pelle è circondata da un noccio- lo calcare di color bianco quasi lapideo . Il tessuto dermoideo secerne , al di sotto delle scaglie, la ma- teria che dà lo splendore metallico argenteo vivissi= mo alla pelle di molte specie di pesci; è composta questa sostanza di piccole lamine levigate , quasi so- miglianti a dell’ argento brunito, che staccasi facil mente mediante la lavatura sia dal cuajo, sia dalle scaglie ; con questa materia si coloriscono le perle fal- se : se ne trova ancora tra le produzioni del peritoneo inviluppanti certi visceri, e particolarmente nel na- tatojo. Le scaglie della linea laterale del corpo di- stinguonsi dalle altre mediante uno , o diversi pic- coli tubi dai quali sono incavate, e talvolta anche per altre particolarità ,_ Capriroro VII. Organi della nutrizione + Le funzioni vegetative dei pesci seguono l’ ordine proprio degli altri vertebrati, si parlerà quindi in questo capitolo della manducazione, della digestio- ne, della circolazione , della respirazione, e delle ‘escrezioni , 167 Relativamente alla manducazione i pesci possono avere dei denti aderenti a tutte le ossa che invilup- pano il cavo della bocca, e della faringe, e talvol- ta ancora mancarne totalmente. I denti hanno nome dalle ossa sulle quali sono impiantati , quindi distin- ‘«guonsi i denti intermascellari, mascellari , mandibo- lari, vomeriani, palatini, pterigoidei, linguali , bran- chiali, faringei superiori, e faringei inferiori. La lo- ro forma è pure variabilissima, e dà luogo a degli ‘| epiteti ancor più numerosi; sono semplici per la mag- gior parte e formati da un germe polposo ugualmen- te semplice, il loro ingrandimento operasi mediante l’ applicazione di nuovi strati dall’ interno all’ ester- no come nei mammiferi : il loro aumento però mai arriva al punto di comporre una radice che si appro+ fondi in addattato alveolo. Formati essendo i denti dei pesci dalla sola corona, compiuto il di lei svi- luppo il nocciolo polposo sul quale si è formata si ossifica : quando il dente deve cadere si rompe, e si stacca da questo nocciolo , che rimasto in luogo si incorpora colla mascella. In alcune specie però, p. e. l anarrhicas lupus, il nocciuolo divenuto più grande del dente, e formando una prominenza sul- la mascella staccasi dalla medesima , nel modo stes- so che si staccano le corna del cervo, e probabil- mente mediante un mecanismo analogo, cadendo u- nitamente al dente. Il rimpiazzamento dei denti con- tinua per un lungo periodo della vita dell’ animale senza regola, e senza epoche fisse. Il nuovo dente può nascere al disotto, di fianco, davanti, o di die- tro del dente in luogo. Nei generi Diodor, e Tetrao- don trovansi dei denti composti formati da lamine applicate le une contro le altre. Le Chimere anco- ra hanno denti composti, nati, e cresciuti sopra di germi in forma di filamenti, non già lamellari. I denti piatti, e larghi delle razze del gen. Myliobatis Dumer. possono essere annoverati tra i composti in 168 È quanto che la loro sostanza si forma sera moltissi- mi filamenti polposi, coperta, da uno smalto comune. Negli squali a denti taglienti il loro germe mantie- ne sempre la natura cartilaginosa , ciascun dente ne ha molti altri di rimpiazzo , collocati sempre al di dietro, ed inclinati verso la faccia interna dei. mar- gini mascellari, mettendosi in direzione verticale so- lo allorquando sono caduti i più esterni. In parec- chie specie di squali le larghe e grosse lamine den- tali potrebbero considerarsi quali denti composti for- mate essendo di molti filamenti , o. cilindretti quasi come nelle razze del gen. Myliobatis , La deglutizione nei pesci operasi mediante un me- canismo loro proprio: in moltissime specie esiste al di dietro dei denti anteriori in ambidue le mascelle una larga piega della mucosa , rivolta verso le fau- ci, che sollevandosi nell’ atto della deglutizione si oppone , quasi a modo di valvola, al rigurgito del- l’ alimento, e dell’acqua ancora, che passar deve nelle cavità contenenti le branchie. Chiuse le aperture branchiali interne per 1’ accostamento degli archi, ed avvicinate tra loro le mascelle, l'alimento precipi- ta facilmente pel larghissimo esofago nello stoma- co, quasi sempre senza aver subita prima triturazio- nie veruna entro il cavo della bocca. Dire non si può che in questo passaggio il cibo si mescoli alla saliva, mancando non ustini le glandole salivari , ma ancora altri organi , che ne possano fare le veci: a dir vero i ciprini, ed alcuni altri generi di pesci hanno il palato guernito di un grosso strato di. so- stanza molle, rossigna, abbondantissima di nervi, che trassuda dalla superficie libera per dei pori im- percettibili della mucosità ; tuttociò però non basta a caratterizzare una glandola salivare, e ne anche una vera glandola d’ altra natura: è questo un particola- rissimo tessuto molto sensibile, probabilmente desti- nato all’ esercizio di un senso più 0 meno analogo 169 al gusto. Qualche volta esiste tra ‘le tuniche del- 1 esofago una sostanza glandolosa, apparentissima nelle razze, che somministra umore atto a spalmare questo canale assai breve, munito di fibre muscolari ssi RA assai robuste che spingono nello stoma- co l'alimento deglutito . Del canale intestinale è I visceri digerenti contenuti sono nella cavità ad- dominale , separati anteriormente da quella che rac- chiude’il cuore mediante una specie di ristretto dia- framma formato da due lamine, una produzione del pericardio , e l’altra appartenente al peritoneo, man- | cante perciò di fibre muscolari. Una terza cavità scorre lungo la faccia interna della spina, conte- nente i reni, ed il natatojo : il peritoneo la separa dall’ addome propriamente detto entro il quale oltre i visceri chilopojetici protuberano ancora, inviluppa- ti da particolari pieghe , gli organi della generazio- ne, e la yescica orinaria. Una, singolarità rimar- cabilissima in molte specie di pesci quali sarebbero p- e. le razze, gli squali , gli storioni, le lamprede , i salmoni , teneri in due fori Dollokzi lateralmen- te all’ano, e comunicanti colla cavità dell’ addome di modo che la lamina interna del peritoneo si con- tinua colla epidermide , ed appartiene all’ ordine del- Je membrane mucose. Altri due fori, almeno nelle razze, e negli squali, estendono la comunicazione del cavo peritoneale fino entro il sacco del pericar- dio. Queste particolarità di struttura erano già note al celeb. A. Monrò che le descrive ,.,e le rappresen- ta con fig. nella sua anatomia dei pesci. La grandezza dello stomaco, la di lui figura. , la Spessezza delle pareti , il modo di comunicazione e coll’ esofago e cogli intestini variano all’ infinito, e queste variazioni non possono essere esposte che nel- } | 170. la storia particolare delle specie. Lo stesso dir si. deve del canale intestinale , il quale talvolta , come nelle lamprede, non arriva alla lunghezza dell’ intero corpo dell’ animale, laddove in altre specie p. e. in quelle del gen. Loricaria L. è gracile, ripiegato in spirali , e di tale lunghezza da uguagliare tredici o quindici volte quella del corpo. Verso' l’ ano spesso esiste una valvola che distingue la regione anteriore dell’ intestino dalla posteriore ; nelle razze, negli squali, nello storione trovasi ancora nella porzione posteriore dell’ intestino; estesa fin presso l’ ano, una piega che in forma di spirale, o di chiocciola scorre sulla faccia interna del canale, e rende più lento il corso della ‘materia alimentare contenuta . In molti pesci ossei presso il piloro trovansi dei piccoli tubi o cieche appendici, dette per la posi- zione loro piloriche, le quali somministrano in co- pia grande un umore denso, che versato nel cavo intestinale credesi possa supplire alla mancanza del- la saliva, e del suco pancreatico. La posizione del- l ano percorre nelle diverse specie tutta la linea in- feriore del corpo dell’ animale esistendo ora presso la gola, ora presso la base della natatoja caudale . Il mesenterio dei pesci è molto incompleto , essendo spesse volte ridotto a sottili funicoli isolati che con- | tengono i principali vasi degli intestini, però la lo- ro tunica peritoneale forma in molti luoghi delle appendici pinguedinose, o dei piccoli epiploon. Giam- mai nel mesenterio trovansi glandole conglobate ab- benchè esistano i vasi lattei come negl’ altri verte- brati . Il fegato è generalmente assai voluminoso, più e- steso a sinistra che a destra, munito sempre di ve- scichetta del fiele , talvolta assai lunga, e distante dal viscere; i condotti epatici successivamente si in- seriscono nel cistico che si apre nell’ intestino , or- dinariamente_presso il piloro, e qualche rara volta 171 nello stomaco medesimo, disposizione trovata dal- l’ aut. nel pesce luna. | La milza, ch’ esiste costantemente in tutte le spe- cie, è per lo più situata verso il centro dell’ addo- me tra le ripiegature del canale intestinale, è al so- lito di tessitura vascolosa, e manda al fegato il san- gue venoso. mediante un sistema analogo a quello della vena porta degl’ altri animali. Il pancreas nelle razze, negli squali è una vera glandola conglomerata che versa, come nei, quadru- pedi ,..l umore preparato entro l’ intestino mediante un condotto comune, nel maggior numero delle al- tre specie manca totalmente, e le appendici pilori- che in parecchi generi suppliscono ancora in parte alla di lui mancanza, Circolazione , I pesci ugualmente come gli animali a sangue caldo hanno una circolazione completa pel corpo ; e per gl’ organi della respirazione, ed una circolazio- ne addominale particolare che si dirige al fegato mediante la vena porta. Il loro carattere proprio però consiste in ciò che solo la circolazione bran- chiale, o dell’ organo respiratorio è munita nel pri- mo suo tronco di un apparecchio muscolare cioè di un cuore che corrisponde al ventricolo ed orrec= chietta destra dei predetti animali a sangue, caldo ; mentre nulla di somigliante esiste alla base del si- stema di circolazione pel corpo, mancando il ven- tricolo ed orecchietta sinistra; giacchè le vene bran- chiali mutansi in arteria centrale od aorta senza tra- sportare di nuovo il sangue al cuore dal quale le branchie stesse lo ricevono mediante l’ arteria bran- chiale . L’apparrecchio muscolare quindi della circolazio- ne dei pesci si compone di un sol ventricolo; e di 172. ‘una sola orecchietta da quello parte poi 1’ arteria polmonare o branchiale, che appena isolata dal cuo- re forma un rigonfiameuto detto bulbo al quale in- ‘ternamente corrispondono parecchi ordini di valvole semilunari collocate le une al davanti delle altre. La orecchietta riceve il sangue che ritorna da tutte le parti del corpo, versandolo nel ventricolo ; è preceduta essa pure da un ampio seno formato dal- la riunione di tutte le vene. Il cuore è nei pesci in proporzione piuttosto piccolo , contenuto entro un pericardio ampio, posteriormente reso più robusto da una membrana che limita anteriormente la ca- vità dell’ addome; la forma del cuore è diversa al- quanto nelle varie specie ; spesso il ventricolo so- miglia ad una piramide triangolare, alla base del- la quale esistono due fori, l’ arterioso comunicante coll’ arteria branchiale, il venoso coll’ orecchietta ; muniti ambidue di appropriate valvole. In quanto poi alla distribuzione dei vasi l’ arteria branchiale scorrendo sotto la catena dei pezzi dispari che unisco- no gli archi branchiali, e dirigendosi in avanti man- da tanti rami trasversi quanti sono gli archi stessi , i quali percorrendo la loro convessità distribuiscon- si in forma di minutissime diramazioni sulla mem- brana che cuopre le barbule di quest’ organo respira- torio, e quivi comunicano col sistema venoso. Le vene branchiali uscite dall’ estremità dorsale dell’ ar- co , farmo l’ uffizio di arterie suddividendosi da tron- chi in rami, le anteriori distribuisconsi alla testa, al cuore, a diverse altre parti della regione toraci- ca; ed i tronchi venosi delle quattro ultime bran- chie riunendosi compongono la grande arteria che manda sangue ai visceri, ed a tutte le altre parti del corpo: per tal modo questo semplice apparec- chio vascolare fa le veci delle cavità sinistre del cuore dei mammiferi , e degli uccelli. Il sangue è poi ricondotto al cuore mediante un generale siste- Ì 173 i ma di vene che lo versano prima nel seno Mii ; ed in seguito nella vicina orecchietta. Le vene pe- rò dello stomaco , della milza , del pancreas degli intestini, alcuni piccoli rami eccettuati, formano al solito il sistema della vena porta. Secondo Jacobson ‘+= De systemate venoso in permultis animalibus ob- i servato 1821 — nei. pesci, come negli uccelli, e nei rettili, esiste una specie di porta renale, formata da } parecchi rami che raccolto il sangue da una porzio- } ne dei*muscoli del tronco confluiscono in una vena | grande che scorre pel canale vertebrale al di sopra È della midolla, e va distribuendo dei tronchi trasver- È salmente ai reni: siccome però la porzione di questa vena collocata al di là dell’ addome comunica me- _ diante rami laterali colla vena cava che scorre sot- to la spina, si può ben credere che rientri perciò nella classe delle vene ordinarie. Respirazione . — | ® Mediante la suddivisione quasi infinita dei vasi sulla superficie delle lamine branchiali , il. sangue dei pesci subisce l'influenza del liquido ambiente, l’ acqua diffatti passa attraverso delle branchie, ed è continuamente rinovata mediante i movimenti del- le mascelle , e degli apparecchi joideo , ed operco- lare; l’azione però dell’ acqua sul sangue è molto più debole di quella dell’ aria. La piccola quantità d’aria mista coll’acqua è quella che serve alla san- A guificazione , giacchè l’ organo respiratorio. non ha attività di decomporre l’acqua stessa, come prete- sero alcuni fisiologi: privata ieri la bolitura dell’aria mescolata , l’acqua in tal caso non è più idonea a questo uffizio ; e l animale muore pronta- | mente costretto a vivere immerso nella medesima . Molte specie ancora devono di quando in quando a- scendere alla superficie delle acque onde respirare 174 ù Get in natura. Nella respirazione dei pesci ,-come in quella degli animali delle classi superiori , l’ atia atmosferica, ovvero quella contenuta nell’ acqua, abbandona l’ossigene, l’ assorbimento però di questo gaz puossi dire minimo in proporzione, calcolàndosi che un uomo ne consumi cinquanta milla volte più d’ una tinca . Tutto l’ ossigene non è impiegato nel- la formazione del gaz acido carbonico, mentre ne rimane sempre un poco nel corpo del pesce il quale conserva ancora notabile quantità d’ azoto, imtpiega- ta forse in parte a riempiere il natatojo. Dannosi ancora dei pesci che deglutiscono l’ aria atmosferi- ca, e convertono il di lei ossigene in acido carbo- nico facendolo passare attraverso degli intestini. Que- sto fenomeno è stato verificato nel cobitis mediante i curiosi esperimenti di Ehrmann. In tutte le specie poi nella pelle al di sotto delle scaglie ha luogo una chimica operazione analoga alla descritta. Al- lorquando i pesci estratti sono dall’ acqua periscono prontamente non già per mancanza di ossigene , ma perchè disseccansi le branchie , ed il sangue non può liberamente circolare nelle medesime. Escrezioni , e secrezioni particolari . I reni sono nei pesci più voluminosi che in qua- lunque altra classe , e percorrono tutta la lunghez- za del cavo addominale ai lati della spina. Gli ure- teri terminano in una comune dilatazione che fa le veci”di vescica , l’ orificio esterno della quale e’ col- locato subito dietro l’ano, e al di dietro ancora dell’ apertura degli organi genitali che vedesi ora” al di dentro, ora al margine stesso dell’ ano, ma avviene posteriormente ciò che è l’ inversa di quanto succede nei quadrupedi. Qualche volta ancora , co- me nei cartilaginosi, gli orifizi degli ureteri, e quel- li dei vasi deferenti apronsi in una cloaca comu- ne, od almeno nella stessa fenditura . Rai J HA i i, i 5 175 La cute dei pesci è umettata da diversi umori preparati da vasi particolari che apronsi esternamen- te ora in un luogo, ora in un altro nei varj gene- ri: consistono generalmente sì fatti umori in una specie di muco che difficilmente si scioglie nell’ ac- qua. Nelle razze esiste nella superficie inferiore del loro corpo un vaso grande che circonda il muso for- mandovi degli angoli, e dei giri regolari, versa l’ u- more preparato mediante tre 0 quattro condotti ai lati del muso, si ripiega in alto dove termina in più aperture distinte . All’ angolo esterno delle bran- | chie da ciascun lato esiste ancora una ‘piccola borsa rotonda e bianca nella quale penetra un grosso ra- | mo del quinto, e di dove esce copia grande di lun- | ghi vasi semplici che camminano in forma di fasci raggianti in quattro o cinque direzioni , aprendosi in diversi punti della pelle a notabilissima distanza gli uni dagl'altri. Quasi tutta la grossezza del mu- so degli squali è riempiuta da cellulosità contenen- te della sostanza mucilaginosa dalla quale partono dei fascj di tubi versanti la mucilagine stessa pei pori della pelle: vi si vedono di più dei grossi vasi regolari l’ uno dei quali scorre lateralmente per tut- ta la lunghezza del corpo. Anche la linea laterale dei pesci generalmente parlando presenta qualche apparecchio secretorio , svilupatissimo, nel tonno (Scomber thynnus L.) nel quale sotto la detta li- nea si estende un corpo di un rosso più fosco del rimanente della carne, dal quale partono i piccoli tubi formanti i pori della linea : ciascuno dei tu- betti riceve un filamento dal nervo laterale, e ver- sano un umore vischioso particolare che spalma il corpo in questa regione . Una delle secrezioni più notabili dei pesci è quel- | la dell’aria che riempie il loro natatojo: è almeno | ben certo che nei molti generi nei quali questa ve- scica manca di comunicazione coll’ esterno l’ aria che 176 i contiene non può che essere: il prodotto di una, se: crezione , per effettuare la quale esiste infatti un or- gano glandoloso variamente modificato nelle differen- ti specie. Gualt. Needham, nel trattato de formato foetu , è stato il primo a stabilire che l’\aria si in- troduce per secrezione nel natatojo. Quest’ organo è formato nell’ interno da una tonaca finissima; e d’ una seconda a questa sovraposta. più grossa, di natura fibrosa particolarissima ; tolla quale si prepa- ra la miglior cola di pesce: esternamente è coperta dalla produzione del peritoneo. La figura del nata- tojo varia al variare delle specie ; egli è in quelle della divisione degli addominali principalmente che comunica mediante un sottil tubo col canale alimen- tare, sia. coll’ esofago, come nei carpioni, sia col fondo dello stomaco; come nelle aringhe . Qualche volta è munita di muscoli proprj come in molte spe- cie dei generi Sciaena Lac. e Salmo Lin. L’ aria con- tenuta nel natatojo consiste generalmente in mol- to ‘azoto, misto a pochissima quantità d’ ossigene 0 d’ acido carbonico : osservazione dovuta pel primo a Fourcroy . Ciò non ostante Configliacchi (1) assicura di avervi trovato fino a quaranta centesimi di ossi- gene . Biot (2) ha osservato che nelle specie abitua- te a vivere nelle grandi profondità trovasi in mag- gior copia questo gaz ; avendone una volta misurato fino ad ottantasette centesimi. L’ uso più apparen- te di questa vescica è quello di mantenere il pesce equilibrato coll’acqua, e di renderlo or più or me- no pesante della medesima mediante diversi gradi di compressione sul riatatojo esercitati dai grandi mu- scoli laterali. Si è creduto che potesse essere ancora un ausiliario dell’ organo respiratorio (3); è ben (1) Sull’ analisi dell’ aria contenuta nella vescica natatoria dei pe= scr; mem. di Pietro Configliacchi, Pavia 1809. (a) Mem. d’Arceuil 1. Vol. 1807. pag. 252. a 3) Gothelf de Fischer, sulla vescica natatoria dei pesci. Lipsia 1799 : :177 dimostrato, che privando un pesce della vescica nata- toria, la produzione dell’ acido carbonico mediante le branchie è quasi ridotta a nulla. Relativamente però alla opinione di quelli che la considerano ma- terialmente come l’ analogo del polmone , perchè in certe specie comunica coll’ esofago , nè è sproveduta di cellule e vasi; quasi come i polmoni delle sala- mandre, non sembra basata sopra verun fondamen- to reale. Del resto qualungne sia l’ opinione che seguir . si voglia relativamente agli usi di questo strumento è ben difficile lo spiegare come un orga- no di tanta importanza manchi in un gran numero di specie; nè solo in quelle che ordinariamente re- stano tranquille al fondo dell’acqua p. e. le razze ed i pleuronectes, ma in molte altre ancora che di- stinguonsi per la facilità, e la rapidità dei loro mo- vimenti; come lo Saia scombrus Li. Il potere a poche specie di pesci accordato di produrre delle scosse elettriche deve essere annove- rato tra le maggiori sirigolarità di loro organizza- zione, € ciò tanto maggiormente in quanto “che gli organi mediante i quali esercitano questo potere so- no ben diversi nelle varie specie. Nella torpedine ; specie elettrica la più anticamente conosciuta ; aven= done parlato Oppiano ; e Claudiano ; consiste l’ or- gano in questione in una quantità di tubi membra- nosi, pieni di mucosità ; divisi da sepimenti trasver- si, strettamente uniti gli uni agl’ altri, e separati in due grupi situati sui lati della testa; e che ricevo- no enotmi tronchi nervosi dal quinto e dall’ ottavo. Nel gimnoto, il potere elettrico del quale fu tro- vato da Richer nel 1677; è un apparecchio che 0o- cupa tutta la regione inferiore del di lui corpo, che si estende a notabile profondità; ed è compo- sto di lamine parallelle separate da sottili strati di mucilagine. Nel siluro ; fatto conoscere da Adanson nel 1751 ; due strati di sostanza diversa sono collo- Tom. 1; i2 178 | quo tra la pelle ed i muscoli, e si estendono sulla maggior parte del corpo: lo strato più esterno è celluloso aponenrotico nella interna superficie , e riceve nervi dal quinto pajo: lo strato interno pre- senta una tessitura fioccosa, ed i nervi sono al me- desimo diretti dagli intercostali . Mediante questi apparecchi, nei quali pel modo con cui si alterna no strati di differente tessitura si è creduto di ve- dere qualche cosa di analogo alla pilla di Volta, le specie che ne sono munite possono a volontà im=- primere su di quelli che li toccano, o li avvicinano delle vere commozioni elettriche. Questo potere pe- rò si indebolisce coll’ esercizio, e l’ organo abbiso- gna di riposo onde ricaricarsi: è questa per le spe- cie che munite ne sono un ottima arma diffensiva , e loro serve probabilmente ancora per istupidere , od anche uccidere gli individui che formano il loro pasto . i CaprirorLo VIII Organi della generazione . Le razze; gli squali, e le chimere che depongo- no delle uova grossissime, munite spesso di guscii «corrtei robustissimi, e che danno alla luee anche dei piccoli già viventi, hanno gli organi genitali somi- gliantissimi a quelli dei rettili. Ma gli altri pesci, non eccettuate le specie vivipare e che devono per- ciò essere fecondate internamente, presentano questi. stessi organi semplicissimi. Nella femmina trovansi due sacchi membranosi le pareti dei quali aventi in- ternamente un numero vario di pieghe contengono le vuova finchè acquistato abbiano il necessario svilup- po ; staccansi in allora lacerando la membrana che li univa all’ ovajo. Ugualmente nel maschio due sacchi analoghi contengono gran copia di liquor prolifico separato dal tessuto glandoloso delle loro pareti. 179 La forma, e grandezza delle ovaje è variabilissi- ma: nei pesci ossei vivipari , B/ernnius, Silurus, Ana- bleps ecc. non trovasi notabile differenza: le loro ovaje infatti rappresentano due sacchi composti di due tuniche, nell’ intervallo delle quali nascono le nova : ingrandendosi formano prominenza ; e gonfia- no la tunica interna che si applica sulle medesime , di modo che unite sono alla borsa solo per mezzo di un.sottil pediciuolo ; in questa posizione feconda- te, il germe si sviluppa; come quello di un pesce ovipero cresce nell’ acqua. I due sacchi delle ovaje per. lo più riunisconsi in un canale comune aperto al di dietro dell’ano, ed al davanti dell’ orifizio orinario. Lo stesso succede dei condotti deferenti. In certi pesci, nelle anguille p. e. ; nelle lamprede, le ovaje esternamente dividonsi in un gran numero di lobi riuniti dalla membrana comune avendo così la forma non già di sacchi, ma di lamine addossate le une alle altre. In tal caso non esiste un canale co- mune che ricever possa le uova mature, e portarle fuor del corpo, ma staccandosi successivamente ca- der devono entro l’ addome ed uscire per uno dei fori situati ai lati dell'ano, di già descritti, e co- municanti col cavo addominale. Il numero delle uova nelle specie fecondate arriva molto spesso a più centinaja di migliaja. Trovansi talvolta tra i pesci ordinarj degli indi- vidui che da un lato presentano un ovaja, dall’ op- posto un testicolo, e che per conseguenza sono veri ermafroditi; ma sembra ancora che certe specie riu- niscano naturalmente, e costantemente gli organi dei due sessi in un solo individuo. Cavolini am- mette questa particolarità in un acantopterigio , la perca di mare, ed Everardo Home nell’ anguilla , e nella lampreda: in quanto a quest’ ultimo genere Magendie, e Desmoulins eredono che esistano dei veri maschj, ma infinitamente più rari delle femmi- 180 ne. Relativamente al Serranus, o perca di mare, il nostro aut. confessa di aver veduto che nelle ovaje la loro porzione posteriore presenta tessitura diver- sa, e simile a quella del testicolo: resta però da provarsi che realmente far ne possa le veci. Le razze, gli squali, e le chimere hanno gli or- gani genitali molto più complicati: i testicoli delle razze situati molto innanzi nell’ addome composti so- no di lobi piuttosto duri, rotondi, divisi in picco- lissimi loboli , e d’ una parte più molle, molto si- mile a testicoli ordinarii dei pesci ossei. Negli squa- li sono i testicoli grossi cilindrici tortuosi, divisi in- ternamente in una infinità di piccoli vasi. Dalla re- gione superiore di questi corpi staccansi due epidi- dimi composti da un solo vaso deferente mille volte ripiegato sopra se stesso; dirigendosi il canale verso l’ano ingrossa , e diventa meno tortuoso finchè dopo essersi rigonfiato in una specie di vescichetta semi- nale si apre, unitamente a quello del lato opposto, in una conica prominenza della faccia superiore del retto intestino presso l’ ano: la qual prominenza con- siderare si potrebbe quasi come una piccola verga, od almeno come organo destinato all’ accopiamento . Le femmine di queste specie medesime presentano una doppia ovaja nella quale i tuorli ingrossano comè nelle ovaje delle galline: staccandosi abbracciate so- no dal padiglione degli ovidutti situato al di sotto del fegato, vicinissimo al diaframma. Questi ovidutti sonò membranosi e sottili fino verso la metà della lo- To lunghezza dove ciascuno attraversa una grossa glandola in forma di rene, di particolare struttura ; la quale per mezzo di numerosissimi pori versa nel- 1’ interno dell’ ovidutto la sostanza che formar deve il guscio alle uova : gli ovidutti in fine. terminano ai lati d'una borsa collocata sopra il retto, analoga ad una vera matrice, e che si apre con ampio fo- ro nella faccia superiore del retto. stesso presso la 181 di lui estremità . Ha luogo in questi animali la fe- condazione interna, ed i maschj hanno nelle nata- toje ventrali delle appendici complicatissime median- te le quali trattener possono la femmina , e render | più facile Vl’ accopiamento . Lo storione ha i testicoli sospesi al mesenterio , e senza canale deferente, ma un tubo assai largo a- perto in forma di padiglione nell’addome vi riceve lo sperma, discende obliquamente verso la regione posteriore dell’ uretere entro il quale versa l’ umor prolifico . I gusci delle uova dei pesci cartilaginosi essendo di natura cornea, ne potendo esser rotti con quella facilità colla quale cedono negli uccelli agl’ urti del nuovo animale, presentano ad una delle estremità l’ addattata apertura che allargata dal piccolo già maturo gli accorda libera l’ uscita. Si e creduto an- cora che si fatta apertura permetta il passaggio al- l’acqua onde il feto possa respirare, ma il nostro autore si è assicarato che una tal fenditura è co- stantemente chiusa da sottil membrana, la quale si lacera solo allorquando il feto è maturo. Negli squali vivipari nei quali i piccoli sviluppansi o’ ne- gli ovidutti, o nella matrice, il feto è circondato da un inviluppo membranoso nel quale però esisto- no ancora i cordoni tortuosi proprii delle muova co- riacee delle altre specie. Relativamente al modo di deporre le uova pre- sentano i pesci molte singolarità : certe specie cari - cansi delle proprie uova , e le portano talvolta fin- chè ne sono usciti i piccoli; le specie del gen. Syr- gnathus a cagion d’ esempio munite sono al di sotto lella base della coda , ed al di dietro dell’ ano , di una fossa chiusa mediante due pezzi scagliosi , en- tro la quale deposte sono con ordine le uova , e vi rimangono finchè sieno completamente sviluppate : i Platisti ( Aspredo lin.) le portano sospese alla pelle 192 del ventre ; il maggior numero però le sparge nel- l acqua aglutinate mediante una mucilagine che le inviluppa, e le attacca alle pietre , alle piante acqua- tiche ora in grupi, ora in forma di cordoni, o di reti. Queste uova hanno la figura di globetti traspa- renti nel mezzo dei quali si vede il giallo: in que- sto stato il maschio le feconda irrorandole collo sperma . I germi si mostrano più o meno sollecita- mente nelle uova fecondate secondo che la tempera- tura è più o meno calda , in generale però l’ accre- scimento ne è assai lento, ordinariamente il piccolo pesce squarcia colla coda il debole inviluppo che lo circonda ed esce dall’ uovo anche prima d'’ essersi alquanto ingrandito. Tutte queste uova si compon- gono , oltre il feto; di un tuorlo che comunica me- diante un sottil canale coll’ intestino del feto, e che diminuisce di mole a misura che il feto cresce; e di uua membrana esterna corrispondente a quella del guscio dell’ uovo degli uccelli, e che abbraccia tanto il feto quanto il tuorlo. Confessa l’ aut. di non aver potuto fino ad ora distinguere un vero amnio a meno che non si voglia riguardare come tale la tunica interna della membrana generale, in tal ca- so però codesto amnio circonderebbe tanto il tuorlo quanto il feto. Il tuorlo presenta due tuniche, l’ u- na, e l’altra complete abbenchè finissime, 1’ ester- na continuasi colla pelle mediante la sua lamina e- steriore , e col peritoneo mediante l’ interna: la tu- nica interna poi, quanto mai vascolosa , è in con- tinuazione colle membrane proprie degli intestini, e colla loro tonaca peritoneale, per modo che la so- stanza emulsiva del tuorlo passa direttamente nel cavo intestinale che trovasi in perfetta continuità col sacco del tuorlo stesso: in certi generi, gli squali p. e. si vede spesso nascosto entro l'addome del fe- to un lobo di tuorlo formante quasi una cieca ap- pendice all’ intestino . Le arterie dell’ interna tona- dia 193 ca del tuorlo derivano dalla celiaca, le vene termi- nano nella porta . Ciò che distingue essenzialmente -le uova dei. pe- sci, e quelle dei batracci ancora, dalle altre ap- partenenti ad animali che usciti dall’ uovo respirano tosto mediante i polmoni , si è l’ assoluta mancanza dell’ allantoide , e dei vasi ombelicali, che sembra non si manifestino in verun epoca dello sviluppo : perciò manca altresì la vera placenta anche nei pe- sci vivipari, ciò non ostante:sembra che il tuorlo , abbenche molto impiccolito avvicinandosi l’ epoca del- la nascita, aderisca alla matrice quasi come succede in una vera placenta. Il tuorlo entra poi gradata- mente nell’ addome che spesso presenta nel luogo corrispondente un rigonfiamento formato dalla dila- tazione della pelle, che mostra di già delle piccole scaglie tra loro distanti, ma che sotto. il di lei cor- rugamento s' accostano, e dispongonsi come nel ri- manente del corpo. Qualunque sia stato il modo di sviluppo primitivo del pesce , uscito dai suoi inviluppi, e interamen- te abbandonato a se stesso provveder deve senz’ al- tro soccorso ai proprj bisogni: quindi un grandis- simo numero di questi piccolissimi animali peri- sce divorati dai pesci maggiori, dagli uccelli acqua- tici , dai rettili; quelli che sopravivono crescono più o meno rapidamente secondo le diverse specie, e tale accrescimento dura in alcune per tutto il tempo della vita, abbenchè in molte sia lunghissi- ma . Si è preteso di poter dimostrare che dei car- pioni abbiano vissuto più d’ un secolo, ma questa lunga durata della vita, attribuita da alcuni al len- to induramento delle ossa, non è certamente stata accordata a tutte le specie . Qui termina la parte anatomica premessa dal chia» i | rissimo autore al trattato zoologico di questa classe d’ animali, e contenente le generalità applicabili al 184 maggior numero delle specie; proponendosi di far precedere alla descrizione dei varj ordini, generi, e specie quelle particolarità di ‘struttura interna ed esterna , che saranno loro proprie ; e costituiranno! anzi spesse volte il fondamento principale ‘delle di- visioni medesime . Riepilogato quindi nel capitolo IX quanto è stato detto nei precedenti intorno l’ orga- nizzazione dei pesci passa tosto nel decimo a tratta- re della loro "distribuzione metodica . SULLA SCHEIRERITE , uesto minerale, al dire di Macaire-Prinsep, ( Bibl. Univer. Janv. 1829 ) fu scoperto due o tre anni fa in un deposito di ‘lignite , o piuttosto di le- gno appena fossile , che si scava vicino ad Urnael nel cantone di S. Gallo, Pare che il Colonello Emi- lio Scheirer sia stato il primo ad eccitare l’ atten- zione dei chimici, e dei mineralogisti sopra questa sostanza , la quale è tuttora assai rara. Scheirer la trovò combustibile , la giudicò identica colla nafta- lina, e quindi propose di chiamarla naftalina natura» le. Stromeyer (Karsten Archiv. 3. Bergbau. band. 10) la risguarda come una combinazione binaria d’ idro- geno , € di carbonio analoga alla naftalina, e le ha imposto il nome Scheirerite. Macaire-Prinsep la crede diversa dalla naftalina non già perchè sia composta di altri elementi in fuori di quelli, ond’ è formata la naftalina; ma bensì perchè vi si trovi- no in diversa proporzione . Questo chimico tien per certo, che nella naftalina .il numero degli atomi d’ idrogeno superi d’ assai poco quello degli atomi di carbonio, mentre da un’ analisi da lui fatta della scheirerite deduce essere in questa il numero degli atomi d' idrogeno duplo di quello degli ato- mi di carbonio. La Scheirerite trovasi in laminet- te riunite a formare una sorta di crosta, in aghi, 185 in grani cristallini, frapposta alle fibre dell’ anzi- detto legno. fossile ;: ha un colore bianco appena gialliccio, ‘una lucentezza di grasso, la quale. par- tecipa alquianto della lucentezza di madreperla ; è friabilissima , un poco più pesante dell’ acqua, non ha sapore, nè odore; a renderla odorosa , al dire di Macaire-J?rinsep, nulla giova lo sfregamento; Stro- meyer affertna, che riscaldata tramanda un forte odore di aroma, ed empireumatico ; aggiunge egli, che questo minerale abbruccia con una fiamma ap- pena fuliginosa , spandendo un debole odore di re- sina, e non lasciando alcun residuo . La Scheireri- te è insolubile nell’ acqua , disciogliesi facilmente nell’ alcool, nell’ etere, negli olj grassi , negli. olj volatili, e negli acidi nitrico, e solforico. Macaire- Prinsep dall’ analisi di una piccola quantità di que- sto minerale, ha ottenuto il seguente risultato = Carbonio 73 ; Idrogeno 24. De wasis sanguiferis quae villis intestinorum tenuium hominis brutorumque insunt. Dissertatio auctore D.' Y. DoELLINGER . Monachii sumptibus Josephi Lindauer , 1828, in 4.° di pag. 18 con una tavola in rame. ( EsrrarTO . ) I questa memoria il chiarissimo autore si occu- pa ‘singolarmente dell'andamento dei vasi sanguigni attraverso delle tuniche intestinali. Questi vasi ar- rivati per la duplicatura del mesenterio all’ intesti- no, tra la membrana adventizia o peritoneale € da cole mirabilmente ramificati dividonsi in due strati, il più esterno dei quali addossato al tessuto muscoloso , e formante la prima membrana cellulo- sa dell’ Haller, si compone di sottilissimi rami, men- tre lo strato interno deriva da più grossi tronchi ; i quali passando pei vani lasciati dalle fibre muscola- ri, al di sotto di esse suddivisi in minime ramifica- 186 zioni formano la tunica vascolosa, seconda membrana cellulosa di Haller. La membrana muscolare inter- posta a questi due strati di vasi riceve dei, ramuscel- li dall’ uno e dall’ altro, maggiori dallo strato inter- no , più piccoli dall’ esterno ; e suddivisi nel paren- chima muscolare in vasi minimi , le ultimne dirama- zioni seguono l’ andamento delle fibre: la qnale di- sposizione essendo propria di tutti i tessuiti muscola- ri, può essere considerata come un segnio caratteri- stico di codesto sistema. Questi vasi che dir si po- trebbono proprii della fibra muscolare , clifficilmente per la loro tenuità negli intestini umani possono es- sere dimostrati mediante le artificiali injezioni, inve- ce evidenti sono in molte specie di bruti singolar- merite della classe degli uccelli, e 1’ aut. li rappre- senta nelle fig. 1. e 2. della tavola unita alla mem., tratte da una preparazione dell’ intestino dell’ azas anser . i Alla tunica vascolosa aderisce internamente un sottile strato artificialmente separabile e da quella, e dalla sottoposta villosa senza notabile lesione di ‘tessitura, e di continuità, strato composto ugual- mente di vasi, aventi però una singolare e distinta disposizione. Sembrerebbe a prima vista che questa tunica considerar si dovesse come analoga alla terza cellulosa dell’ Haller , ma questo sommo fisiologo at- tribuisce ad una tal membrana caratteri che certa— mente in questo strato non s'incontrano. Relativa- mente alla struttura del medesimo notar si possono le seguenti particolarità ; 1. I vasi sono più rari che nella vera tunica vascolosa, e tra i medesiwi esiste maggior copia di sostanza non injettabile anche nel- le più felici injezioni. 2. E’ formato di una lamina semplice , laddove nella membrana vascolosa i varii ordini di diramazioni sono sovraposti a strati renden- do così molto grossa e robusta questa stessa mem- brana. 3. Le arterie, e le vene maggiori strettamen- -—————6__— » “_ 187 te s' uniscono tra loro, gli ultimi rami però si sepa» rano , e passano così disgiunti nella membrana. vil: losa. 4. I vasi che dalla vascolosa a questo strato di- rigonsi non sono dell’ ultimo ordine, ma rametti piuttosto larghi facilmente discernibili ad occhio nu- do. 5. I rami passando dalla vascolosa nel ripettuto strato conservano ancora un andamento alquanto fles- suoso , ben presto però si separano in tronchi distin- ti senza forma nè di archi nè di ramificaziani mol- tiplicate; camminano in linea retta, hanno quasi tutti lo stesso diametro , s' accostano tra loro sotto varii angoli imitando quasi la forma di. plessi negli interstizii de’ quali nuovi plessi più piccoli si for- mano. 6. Dai vasi dei plessi minori visibili sotto la forma di esili macchie, emergono dei brevi rami, che dove nascono imitano la forma arbuscolare , to- sto terminati in ramificazioni troncate; e queste in- fatti altro non sono che vasi lacerati i quali dallo strato retiforme vanno alla vyillosa. L’aut, protesta però che colla lunga narazione delle ‘proprietà di questo strato vascolare non intende di accrescere il numero delle tuniche intestinali ammesse dagli altri anatomici, ma volle soltanto dilucidare il modo di passaggio, di metamorfosi, e di dispersione dei vasi sanguiferi da strato a strato . Allo strato retiforme descritto aderisce la tunica villosa, con somma eleganza e verità delineata dal celebre Lieberkihn, e vedonsi nelle figure imitanti diligentissimamente la natura, le vene separate dal- le arterie, queste copiosissime , quasi tutte della medesima grandezza, serpentiniformi, ed anastomiz- zantesi senza ordine tra loro in più luoghi. In que- sta separazione delle arterie dalle vene pare consi- sta il carattere proprio della villosa , imperocchè co- desti yasi non mostransi d’ una sottigliezza maggiore di quella propria dei tronchi distribuiti nella vasco- losa, la qual membrana anzi presenta vyasellini di 188 tutti gli ordini, e molti assai più piccoli di quelli della villosa. Questa congerie di vasi ellevandosi sotto la figura di processi fioccosi forma i così detti villi degli intestini : è opinione di anatomici celebra- tissimi che formate siano codeste ellevatezze mediante la duplicatura d’ una membrana piana ; sottoponendo infatti al microscopio dei fiocchi isolati vedonsi for- mati d’ un doppio strato di rete vascolare. Qualun- que volta però nei diversi generi di animali si stac- chi la villosa, i villi rimangono illesi, e conservano la loro forma, nè mai si potè scioglierli o dispiega- re la doppia pagina di cui si compongono; ne la distribuzione dei vasi si mantiene nei villi sotto la medesima forma come nella lamina sulla quale sono impiantati, giacchè in quelli si fanno più sottili, é mediante copiosissime anastomosi compongono una re- te delicatissima . La forma, e la grandezza dei villi intestinali dei diversi generi degli animali, e nelle varie regioni dell’ intestino d’ uno stesso individuo , è abbastanza nota dopo i lavori pubblicati sopra questo argomen- to dai celebratissimi Rudolphi, A. Meckel, e Buer- ger. I diversi autori che trattarono dei villi inte- stinali dell’ umana specie furono spesso di contrario parere non solo relativamente alla figura loro, ma nel modo ancora di delinearli e di descriverli : tale disparità di opinioni può però in gran parte dipen- dere dal metodo impiegato nel preparazli , e nel- l’osservarli, e ne possono far variare la forma molte cause accidentali relative all’ età, al metodo di vi- ta, alle malattie precedute , ai medicamenti presi , all’ essere i villi stessi o vuoti, o gonfii di liquido assorbito , e di cui si imbevono facilmente anche dopo la morte. Qualunque sia però o nell’ uomo , 0 nei bruti la figura dei villi, la loro tessitura e com- posizione è sempre la stessa, formati cioè di una re- te vascolosa; di materia non penetrabile dall’ inie- î 1809 zioni, che sotto il microscopio mostra figura globa- lare ; e d’ un inviluppo sottilissimo produzione del- l’ epidermide. Dove si elleva il villo emergono dal piano vascoloso che lo sostiene tre o cinque ramet- ti arteriosi, e conservando quasi sempre lo stesso dia- metro unisconsi in più parti componendo una rete elegantissima. Quando i fiocchi inturgidiscono que- sta rete o membranella si dispone in forma di un cilindro, o di un cono compresso, la cavità chiusa del quale contiene più o meno di sostanza globula- re. All’apice del fiocco o villo incomincia un vasel- lino che tosto cresce di volume e raccogliendo il sangue disperso nella rete arteriosa, lo traduce alle vene della tunica. Più spesso in ciascun villo trova- si una sol vena che conduce tutto il sangue; non di rado però ne esistono due corrispondenti a cia- scuno dei lembi della piega. Queste vene nel di- scendere verso la base del: cono, ed attraversando la rete arteriosa molti rami di questa rete apronsi direttamente in quelle per cui acquistano celeremente una mole notabile. Quantunque la struttura vascolosa sanguigna dei villi sia stata ammessa dalla maggior parte degli a- natomici, tuttavia i celebri Rudolphi, ed A. Meckel rinnovarono ultimamente gli antichi dubii intorno sì fatta struttnra, concedendo che qualche cosa di. va- scoloso esista nei fiocchi, ma negando ai medesimi vasi sanguiferi arteriosi, e venosi. Confessa però il nostro autore, che variando in mille modi gli espe- rimenti è sempre stato costretto dal fatto, e dall’ e- videnza ad ammettere la struttura vascolare comé è stata superiormente descritta ; e che anzi oltre i va- si ed il sottilissimo epitelio che forma una vagina ai villi non esiste in questi se non la materia gra- nellosa , o globulare interna, che avidamente, an- che nel cadavare, si imbeve dell’acqua in cui ven- ga immerso ; per cui si allarga la rete vascolosa , le 190 lamine della piega sì distendono , ed il villo mostra la forma tubulare o conica indicata : enesta piccol massa non contiene vera cellulosa; qualora non si voglia confondere il concetto di cellulosità eoll’ idea di porosità « Se oltre i vasi sanguigni esistano nei villi anche dei linfatici unicamente destinati all’ assorbimento ; se questi con bocuccie libere incomincino all’ apice del villo, laut. confessa di non poterlo nè afferma- re nè negare , nen essendogli mai accaduto di chiara- mente distinguere sì fatta disposizione. Per spiegare il passaggio della materia nutriente, o di qualunque altro fluido dal cavo intestinale nel sangue non è ne+ cessario ammettere un sistema particolare di vasi, non sarebbe difficile che la massa granellosa contenuta nel centro del villo attraesse il chilo, come attrae l’acqua, lo contenesse per certo spazio di tempo , e passasse in seguito nei vasi scorrenti sotto la base del cono, che esser potrebbero anche ramificazioni dei lattei miste ai sanguigni. Delle sette figure contenute nella tav. unita alla mem. le prime due ; come si è detto dissopra , rap- presentano la distribuzione dei vasi sanguigni nella tonaca muscolare ; la 3., la rete vascolosa interna dalla quale sorgono i villi : la 4. i villi dell’ inte- stino digiuno di un fanciullo di quattro anni ; la 5. gli stessi dell'intestino di lepre; la 6. ugualmente è villi della regione superiore del tenue di civetta; la 7. quelli dell’ oca . Hvscuxe DI JENA - SvLLA TESSITURA DEI RENI con fig- (Isis T. xx1. N.° v. e vi. 1828 pag. 560. — e Bul- letin de Ferrusac Sc. medical. N° 11. Novemb. 1828. ) (artic. segnato; S. G. L.) 9 TI Li autote ha esaminato reni di mammiferi, di uccelli ,. e di rettili. Sui reni dell’uomo, del. ca- = i 19I .vallo ecc, è è pervenuto ad injettare i canali oriniferi per la strad .a degli ureteri ; adopera per, far ciò l’ an- tlia pneum: atica. Fissata una canula nell’ uretere si sospende il rene entro un vaso comunicante col re- cipiente de :lla machina: questo vaso è esattamente chiuso med iante una lastra di metallo, e non ha al- tra apertur: a tranne quella chè lascia passare la ca- nula , aperi tura che si luta esattamente. La canula proveduta « li un robinetto comunica con un imbuto che riceve la materia da injettarsi: facendo agire l’antlia co n precauzione, ed aprendo il robinetto della canul a, la massa da injettarsi penetra per l’ u- retere nella . pelvi del rene, e sino nei canali corticali di Ferrein, di modo che la superficie dell’ organo viene intier amente colorata, come nel cavallo, od in parte sol tanto, come nell’ uomo ed in altri mam- miferi. Ord. inariamente riempionsi i soli canali ori- niferi; qual che volta piccola porzione della massa injettata per retra nella rete venosa, giammai arriva nelle granu! lazioni di Malpighi. I tubi Belliniani cominciano 3 aelle pupille , si suddividono per bifor- cazioni, e s eguono un andamento totalmente retto divergendo t ra loro. Il numero di questi tubi è sta- to esagerato da Eysenhardt. Pervenuti nella sostanza corticale for mano le piramidi di Ferrein agglomeran- dosi in fasce :tti. Alla superficie dell'organo si fan- no tortuosi 1 ‘estringonsi poco a poco, inclinandosi verso la sost anza midollare senza pérvenirvi. Final- mente scomj variscono senza penetrare nelle granula- zioni di Ma lpighi. Le papill: e sono diversamente conformate nei varii mammiferi: nell’ uomo ed in molte altre specie for- mano delle prominenze coniche nei bacinetti o ca- lici; nel ca vallo i canali di Bellini incominciano non su di promi nenze, ma entro incavature, essendo co- sì conforma ta l’ estremità della papilla. Questa par- te della sos tanza midollare è abbondantemente pro- veduta di s anguigni. 192 La distribuzione delle arterie è sufl icientemente. conosciuta. Le granulazioni di. Malpigl ii non sono che agglomeramenti arteriosi, dei quali però l’ aut. non è pervenuto a conoscerne la strutt ùra. Queste granulazioni formano una rete vascolosi i finissima , che Eysenhardt aveva di già ben veduto ', e che cir- conda i canali corticali: Nella sostanz a midollare questi vasi prendono la direzione medesi ima dei tubi di Bellini; mottivo per cui sono stati s pesso confu- si con questi stessi tubi; e gli amatomic i che hanno fatto delle injezioni soltanto pei vasi sar iguigni han- no creduto che i tubi di Bellini incominc liassero nel- le granulazioni di Malpighi: queste in proporzione sono più abbondanti nei bambini; ed i canali ori- niferi corticali sono quasi tanto larghi cc jme nell’ età più avanzata. i HEAR. i Nella classe degli uccelli Huschke 1 ia esaminato i reni nei colombi ; oche ; anitre; le i njezioni sono meglio riuscite in queste ultime . I ca tali oriniferi non sono retti come nei mammiferi, m ia ramosi . Il loto andamento è un poco ondulato, e ' la direzione convergente dalla circonferenza di un 'lobulo verso il centro della sua superficie ; non pa è che le loro estremità si anastomizzino tra loro. Le + granulazioni di Malpighi non sono in comunicazion ‘# che coi va- sì arteriosi, e senza connessione coi, ca nali oriniferi. Nei rettili fece delle injezioni sull a \rana bruna i ( rana fusca ) ,, il coluber flavo viridis ,\\ € la vipera. Ì La struttura dei reni dei serpenti Pa tane qualche 4 modificazione , la stessa di quella « li uccelli . 0ì Nelle rane le granulazioni di Malpighi." non sono in Ip comunicazione , come negli animali su periori , che È coì vasi sanguigni arteriosi. L’iniezic ène fatta perfy, l' uretere passa colla massima facilità ne }1 sistema ve? bi noso di Jacobson.I canali oriniferi sonc.} di due spe- me cie ; quelli della faccia inferiore del re ‘ine sono tra. tudo loro attortigliati, e rassomigliano fino : \d un certo Ù Ì 193 punto a quelli dei mammiferi ; gli altri della faccia superiore escono invece dall’ loghere sopra una sola linea, e prolungansi , legermente serpeggiando , ver- so il margine interno dell’ organo : in questo tragitto non comunicano tra loro, solo alcuni si biforcano per rigonfiarsi in una piccola vescichetta che li ter- mina. Queste vescichette devono bene essere distinte dalle granulazioni di Malpighi, formano una. specie di coroncina lungo il margine interno del rene. Delle figure ingrandite rappresentano nella mem. originale queste disposizioni ma in un modo ar- bitrario . i Grorroy SAINT-HrrrArRE — DE LA vision CHEZ LA TAUPE — SULLA FACOLTA' DI VEDERE DELLA TALPA — Mem. letta all’ accademia R. delle Scienze li 15 Settembre 1828. ( Bulletin universelle de Ferrusac, Sciences nat. et Geologie T. xv. pag. 388, e 389. Novembre 1828 , articolo di Julia Fontanelle .) \ Li talpa gode ella della facoltà visiva? Aristoti- le, e tutti i filosofi greci la credettero cieca; -Gale- no al contrario sostiene che la talpa. vede, egli af- ferma che ha tutti i mezzi della visione. Ai nostri giorni la quistione è stata di nuovo agitata; i na- turalisti hanno trovato 1’ occhio dell’ animale, egli è piccolissimo , al più del volume d’ un grano di miglio, il colore è nero d’ ebano, ed è molto duro. Oltre la palpebra che lo copre è diffeso da lunghi peli deeussati; gli anatomici non vi hanno trovato il nervo ottico, particolarità che fece di nuovo prevalere l'opinione di Aristotile. Però delle esperienze di- rette hanno dimostrato nel modo più incontestabile , che la talpa si serve degli occhi poichè si rivolge onde evitare gli ostacoli oppostigli ; ma come acca- . de questo senza il nervo ottico? Serres aveva credu- Tom. I. 13 194 to che potesse supplirvi il ramo superiore del quin- to pajo analogo all’ oftalmico di Willis. Secondo l’ aut. questo traslocamento di funzioni non esiste; la talpa vede mediante un nervo particolare, ma que- sto nervo non potendo per la soverchia estensione dell’ apparecchio olfatorio seguire l’ ordinario anda- mento fino al lobo ottico, si unisce col ramo del quinto. L’ osservazione di certe mostruosità somini- stra esempii di analoghe anomalie. È un fatto assai conosciuto , che ciascun organo dei sensi è proveduto di due qualità di nervi, uno speciale, e principale che mantiene la vita dell’ ap- parecchio , 1’ altro accessorio . Questi nervi per l’ o- dorato sono l’ olfatorio, ed il nasale del quinto; per Ia vista l’ottico, e l’ oftalmico ; per l’ udito l’ acustico , ed il ramo della chiocciola. La talpa possede pure i suoi due nervi oculari, giacchè le due azioni mervose essendo contrarie di direzione , e simultanee non possono eseguirsi mediante un solo ramo . Di fatto la talpa oltre il nervo che occupa il fondo dell’ occhio , posizione che porta a consi- derarlo come l’ ottico, ne ha un altro il quale nella sua origine trovasi in un punto della periferia del globo dell’ occhio stesso: questo sembra provenire da un tessuto mucoso o glandoloso , forse esce da una vera glandola lagrimale. I due nervi sono rac- chiusi. in una guaina comune entro lo stesso neu- rilema . DELLE BRANCHIE, E DEI VASI BRANCHIALI DEGLI ANIMALI VERTEBRATI. Mem. del Professore Carro Ernesto BaER. ( Estratto.) I una lettera ultimamente ricevuta dall’ onorevo- le mio amico il dottore Rathke, sono parole dell’ il- lustre autore, mi da notizia di avere finalmente tro- vato tracie di branchie negli embrioni umani, e [] 195 ‘singolarmente in uno di sei a sette settimane il quale ne presentava due da ciascun lato del collo, una cioè anteriore più ampia, l’altra posteriore molto più piccola (1). Questa comunicazione mi richiama alla mente le ricerche fatte nell’ inverno ultimo pas- sato sopra embrioni umani: i più piccoli di essi non mostrarono fenditure branchiali, elleno mancano pu- re negli embrioni di altri vertebrati nella prima e= poca di loro formazione del che mi sono convinto più di una volta osservando embrioni di uccelli, rane, e serpenti. L'età nella quale meglio si ve- dono negli embrioni umani sembrami quella delle cinque settimane , a giudicarne almeno da un indi- viduo al quale assegno questa età dietro il confronto con altro embrione che sapevo essere certamente di sei settimane; questo non presentava più indizio di aperture branchiali, ed era molto più sviluppato di quello dell’ età medesima figurato da Soemmerring . L’embrione di cui parlo era munito di tre fenditu- re branchiali poco riconoscibili all’ esterno , ma. che divennero distintissime aperta la faringe : io però non dubito che non esistano anche nell’ uomo, come in tutti i vertebrati terrestri, primitivamente quattro fenditure branchiali, le quali probabilmente non si formano nè scompariscono nello stesso tempo . È di già noto per le ricerche di Huschke (Isis vol. xx. p. 4o1 ), che negli embrioni degli uccelli a ciascun arco branchiale corrisponde un vaso in forma d’ ar- co, il quale nasce da un tronco comune che si stac- ca. dal cuorè e che costituisce Y incominciamento dell’ aorta ; percorsa la branchia; ed unito agli altri rami analoghi, compone la doppia radice che formar s È fi. D 4 (1) La memoria di Enrico Rathke nella quale descrive e rappresenta con figure i rudimenti di aperture branchiali , singolarmente nei feti dei mammiferi , è inserita nei = Nova, Acta Physìco medica Academiae ©. L, G. Naturae curiosorum T. x1v. pars prior, pag. 159-216. ( R.) 196 pe la continuazione dell’ aorta stessa. Singolaris- sima quindi è la disposizione dell’ aorta negli em- brioni dei vertebrati, e subisce diverse essenziali modificazioni, e metamorfosi, al perfezionarsi dello sviluppo . Infatti negli uccelli finchè rimangono a- perte le branchie il bulbo, od incominciamento dell’ aorta, nato semplice dal corrispondente sini- stro ventricolo del cuore , si divide tosto in otto , o dieci rami cinque per parte, ciascuno dei quali si dirige ad una branchia, e dopo averla. percorsa i cinque rami di ciascun lato confluiscono in un tron- co, il quale innestandosi con quello del lato oppo- sto, costituiscono così uniti la continuazione dell’ aor- ta od arteria comune del corpo. Ciascun vede per- ciò a quanti cambiamenti deve andar soggetta que- sta arteria prima che nei vertebrati superiori acqui- sti l'andamento e distribuzione propria dell’ indivi- duo adulto. Questi cinque archi vascolari nati da ciascun lato del bulbo dell’ aorta; mai sono tutti in attività contemporaneamente: tra di essi formansi quattro aperture branchiali, le quali pure non esi- stono simultaneamente aperte: codeste fenditure li- mitano quattro archi branchiali, e vascolosi , giac- chè l’ultimo non è separato dal rimanente del cor- po . Di queste cinque paja di arcate vascolari la prima , e seconda di ciascun lato, e la quinta del lato. sinistro ben presto si obliterano : il terzo arco di ciascun lato diventa il tronco brachio cefalico od innominato : il quarto del lato destro forma il tron- co dell’ aorta discendente; il quinto del lato destro, ed il quarto del sinistro si convertono in arterie pol- monari. Il tronco comune brevissimo delle due ar- terie polmonari, ugualmente che quello dell’ aorta formansi per la suddivisione in due canali distinti dell’ unica ‘cavità del bulbo aortico , che divideva- si da prima nei dieci archi branchiali . Quando si paragona il sistema vascolare dei ret- i 197 tili saurii ed ofidii, delle lucertole cioè , e dei ser- penti adulti con quello degli uccelli , trovasi in pri- mo luogo che in quelli l’ aorta nasce, o si forma di due radici assolutamente uguali a quelle che risul- tano composte negli embrioni degli uccelli dalla riu- nione degli archi vascolosi branchiali; perciò parte ‘della organizzazione che mostrasi passagera in que- sti, persiste nei rettili immutata per tutto il tempo della loro vita. Di più negli embrioni delle lucer- tole le cinque arcate vascolari branchiali vedonsi in attività contemporaneamente , laddove negli uccelli, come si e detto, mostransi soltanto successivamente ; probabilmente codesta particolarità è comune anche a serpenti, e si potrebbe forse dietro queste osser- vazioni conchiudere che tutti gli embrioni dei ver- tebrati che non si sviluppano nell’ acqua hanno cin- que paja di archi vascolari branchiali, che manife- stansi successivamente nelle specie più ellevate , gli uccelli, ed i mammiferi, e simultaneamente nelle specie inferiori appartenenti agli ordini dei saurii, e degli ofidj. Rimarebbe ora da ricercarsi se i ver- tebrati viventi nell’ acqua abbiano o nò lo stesso nu- mero di archi vascolari branchiali. A dir vero nel- le larve, o girini dei batracci conosconsi soltanto quattro paja dei detti archi vascolari, che però du- rano un tempo assai più lungo che nei vertebrati superiori, sarebbe però necessario di assicurarsi se in un'epoca anteriore a quella in cui sono stati fi- no ad ora notomizzati sì fatti girini non esistesse un quinto arco in avanti sotto l’ inferiore mascella, che presto si sviluppa. i I pesci ossei hanno, come è a tutti noto, quattro archi vascolari branchiali che durano per tutto il tempo della vita nelle loro branchie permanenti. Sa- rebbe utile, e curioso il ricercare se in questi ani- mali nello stato di feto esista ancora un quinto ar- co vascolare obliterantesi poscia nell’ individuo adul- 198 dina Blainville sosteneva nna volta che tutto il ic dei pesci non passava, pei. vasi branchiali , ma che una parte era distribuita alla testa senza a- vere attraversate le branchie; egli ha in seguito cambiato di parere, se una tale asserzione fosse sta- ta dal fatto sostenuta, in questi vasi diretti alla te- sta si potrebbero riconoscere i ressidui d’ un quinto arco branchiale esistente soltanto nell’ embrione. In fatti nello storione s° incontra costantemente una di sposizione analoga a quella sospettata da Blainville in tutti i pesci; ma questa arteria cefalica non de- riva immediatamente dal tronco comune dell’ arteria branchiale , ma esce da ciascun lato dal ramo bran- chiale il più anteriore. Finalmente nei pesci carti- laginosi detti Plagiostoni da Dumèril, le chimere cioè, gli squali, e le razze esistono cinque vasi bran- chiali, e cinque branchie permanenti da ciascun la - to , e somministrano quindi l esempio di vertebrati nei quali nissuno dei vasi branchiali in verun epo- ca della vita si perde, e si oblitera. I cartilagino- si ciclostomi, le lamprede » presentano ancora un nu- mero maggiore di vasi branchiali persistenti: ma questi animali diversificano per modo dagl’ altri ver- tebrati che si potrebbe quasi attrihuire ai medesimi un tipo proprio di organizzazione , od almeno una deviazione considerabilissima dal tipo degli animali vertebrati propriamente detti, Avendo avuto in seguito occasione di esaminare embrioni di animali mammiferi posso con osserva- zioni positive stabilire, che anche in questi esistono cinque paja di archi vascolari branchiali tra il cuo- re, e l’aorta. In cinque embrioni di cane arrivati a tal grado di sviluppo che corrispondere potrebbe a quello del pulcino al quarto giorno di covatura ; e nei quali l’allantoide era di già considerabilmente portata in avanti, l’ intestino vedevasi quasi total- mente chiuso rimanendovi soltanto una ristretta fen- 199 ditura, il cavo addominale esso pure chiuso quasi allo stesso grado, ma che non presentavano ancora sviluppato il cordone ombelicale: in tutti le quat- tro fenditure branchiali erano ancora aperte . Que- ste quattro aperture branchiali unite all’ apertura della bocca limitavano, nello stesso modo che nelle lucertole, cinque archi branchiali di ineguale esten- sione. Nel primo vedevasi distintissimamente il pas- saggio alla mascella inferiore, e nel secondo l’ oper- colo allungavasi, e diveniva prominente allo infuo- ri. In ciascuno dei tre archi branchiali posteriori esisteva un grosso vaso gonfio di sangue : il più po- steriore di questi archi vascolari mandava , almeno nel lato destro, un ramo collaterale diretto alla faccia laterale del corpo. Ho veduto con sorpresa che pres- so il margine interno, e concavo di ciascun arco vascolare eravi ‘un altro vaso sottile del quale però non ho potuto bene comprenderne le relazioni colle vicine parti: nei due archi branchiali anteriori non discernevansi più gli archi vascolosi . Poco tempo dopo istituite queste osservazioni no- tomizai ancora una femmina di coniglio nella quale trovai delle uova di diverso volume, e negli em- brioni nelle medesime contenuti vedevansi pure le quattro aperture ed i cinque archi branchiali dispo- sti come negli embrioni di cane. Dalle quali osser- vazioni puossi dedurre, ché trasformandosi gli archi branchiali più anteriori 1’ uno in mascella inferiore, l’altro nell’ opercolo , l’ accrescimento di sostanza è maggiore nel margine esterno di quello lo sia nel- l'interno, quindi ne viene che gli’ archi vascolari diventano invisibili all’ esterno molto prima che scom- pariscano realmente del tutto . Agli anatomici sembrerà forse cosa strana che i va- si branchiali, e singolarmente le aperture delle bran- chie esistano simultaneamente più nei mammiferi che negli uccelli : questo fatto però della certezza del 200 0A Î quale le mie osservazioni non mi permettono di du- bitarne, dipende senza dubbio dalle particolarità che distinguono la classe degli uccelli nella serie degli esseri: d’ essi infatti nella provincia dei vertebrati mostrano grande analogia con ciò che sono gli in- setti fra gli invertebrati, non sviluppandosi come questi simultaneamente ma in periodi successivi, però sempre in grado minore di quello proprio degli in- setti medesimi , i spot 3 \ Per ciò che concerne l’ apparecchio branchiale passagero dei vertebrati terrestri devo, prima di terminare Il esposizione di queste osservazioni, spiega- re perchè io ammetta un maggior numero di archi, e di vasi branchiali di quello addottato dagli altri scrittori di simile materia : la circostanza che l’ a- pertura branchiale la più anteriore si abbrevia mol- to per tempo, e che la sua parte superiore dura più lungo tempo della inferiore sembra essere stato il motivo per cui Huschke ha preso questa stessa aper- tura per l’ orifizio del condotto uditivo , il quale è costantemente collocato molto più in alto, e solo l’ apertura della tromba gutturale nella faringe mo- stra qualche rassomiglianza coll’ orifizio interno di ciascuna cavità branchiale, singolarmente nell’ em- brione poco sviluppato (1). (A. Alessandrini . ) — (1) Non essendo questo layoro accompagnato da figure che chiara- mente rappresentino le singolarità di struttura descritte, in molti luoghi difficilmente si intende ciò che voglia dire l’ autore; p. e- parla egli sempre di arterie branchiali nate direttamente dall’ aorta mediante un bulbo comune , le quali, percorsi gli archi branchiali, e riunen- dosi in un tronco formano l’aorta discendente ; ma se pure codeste branchie passagere influir devono, come ordinariamente acade, sul sangue che le percorre , le arterie branchiali si ramificheranno nelle medesime , per poscia conformarsi di nuovo da rami in tronchi , che dir si potrebbono vene branchiali , le quali riunite formeranno l’ aor- ta. L° autore medesimo parlando in fatti delle branchie degli embrio- ni dei mammiferi dice di aver veduto con sorpresa presso il margine concavo di ciascun arco formato dalle arterie branchiali un altro va- so sottile del quale non ha potuto bene comprendere le relazioni colle 201 SULLA CIRCOLAZIONE DEL FETO NEI RUMINANTI, nota del Dottore Prevost.( Mem. de la Soc. de Phys. et d° Hist. nat. de Geneve T. ir. part. 1. 1828. ) Li diversità di diametro tra i globoli del san- ‘gne del feto, e quelli della madre, mi permisero di inferirne che non esisteva comunicazione diretta tra i sistemi sanguigni della madre , e del feto. Una osservazione fatta di recente verrebbe a confermare la prima asserzione. Mi fu portato l’ utero d’ una pecora di recente uccisa, e gravida da poco tempo: apertolo nell’ acqua calda ne estrassi il feto colle membrane intatte ciò che riuscì molto facile, giac- chè a quest’ epoca il corion non ha contratta anco- ra ferma adesione coll’ utero. M’ avvidi che il cuore del feto pulsava ancora; desideràndo di approfittar- ne per esaminare la circolazione colocai l’ ovo con _—_—_———————_ —a vicine parti : questo yaso però esser deve sicuramente la yena bran- chiale corrispondente. Il preteso arco branchiale anteriore che' solle- citamente si converte in mascella posteriore che altro esser può se non il primo rudimento della mascella stessa , che per la posizione piuttosto che per l’ uso emula le forme degli archi branchiali ? Que- ste mie ritlessioni però non deyono riguardarsi come fondate opposi= zioni, trattandosi di cose di fatto ; mi propongo quindi, presentandosi l’opportunità, di ripettere queste importantissime osseryazioni, e di informare il pubblico dei risultamenti delle mie esperienze, Intanto relativamente alla circolazione branchiale; ed alla metamorfosi delle arterie e yene di questi organi non permanenti in certe specie di re- tili, consultare si potranno gli importantissimi layori sopra questo argomento pubblicati dagli illustri Configliachi, e Rusconi, la let- tura dei quali ha daro motiyo alle suriferite mie riflessioni. = Descriziane anatomica degli organi della circolazione delle Larve delle Salamandre acquatiche fatta dal Dottore Mauro Rusconi = Pa- via 1817. i = Del Proteo anguino di Laurenti, Monografia pubblicata da Pie- tro Configliachi, e da Mauro Rusconi = Pavia 1819. = Amours des Salamandres aquatiques et developpement du tetard de ces Salamandres depuis l’ oeuf jusqu” a l’animal parfait, ouvrage du Docteur Mauro Rusconi membre de plusieurs Sociètèes = Milan 1821, (R.) \ 203 precauzione in un vaso di vetro riscaldato, e lo esposi ai raggi d'un sole d'estate: il calore, ed il contatto dell’aria animarono rapidamente i movi- menti del cuore. Sottoposto in allora l’ uovo stesso al microscopio seguj attentamente l’ andamento del sangue pei vasi: i tronchi delle arterie ombelicali ramificavansi in una rete finissima sopra certi punti del corion, destinati a formare più tardi la porzio- ne fetale del cotiledone, o placenta dei ruminanti. Dopo essersi questi vasi in tal modo suddivisi, riu- nivansi tra loro mediante innumerevoli anastamosi , formando finalmente una o due vene che riconduce- vano di nuovo il sangue al feto (1). Questa porzio- ne fetale di cotiledone nello stato rudimentario che descriviamo nen offriva alla vista veruno di quei prolungamenti in papille che più tardi si approfon- dano nelle corrispondenti incavature della placenta uterina. La trasparenza degli oggetti permetteva di vedere distintamente che le arteriuzze si prolunga- vano senza interruzione di tessuto intermedio nelle vene rientranti. Veruna traccia vedevasi di sangue sparso sulla superficie dell’ uovo che indicar potesse qualche lacerazione accaduta nel separarlo dall’ ute- (1) Codesta diretta comunicazione tra arterie e vene degli invilup- pi del feto, dimostrata fino all'evidenza dal chiarissimo autore, era già stata supposta anche da molti fisiologi ed anatomici degli andati tempi , desumendola principalmente dalla facilità colla quale le ma- terie colurate spinte mediante injezione artificiale per le arterie del tralcio, passano a riempire ancora i rami ed il tronco della vena om- bilicale, senza che sia accaduta veruna lacerazione visibile . Questo pas- saggio però difficilmente ha-luogo nei bruti, più facilmente nell’ uma- na specie , ed anche nel museo di anatomia comparata di questa Pon- tificia Università al N.° 567 trovasi una placenta umana da me in questo modo preparata saranno circa otto anni. Siccome però nelle artificiali injezioni accade facilmente che i liquidi si aprono strade e comunicazioni non naturali, così dire si può che l’ osservazione sola suesposta dell’ illustre Prevost ha convertito una semplice ipotesi in una verità di fatto, dimostrabile mediante esperimenti che potranno essere da chiunque ripetuti (R.) Mi 203 ro; premendo il cotiledone uterino vedevasi uscire dalle piccole di lui cavità , esistenti appena in ru- dimento , qualche goccia di liquido bianco il quale incominciava a presentarsi, ma che in un epoca più innoltrata della gestazione trovasi in gran copia, ed è indubitatamente destinato ad alimentare il feto; preparato nella superficie del cotiledone uterino è ripreso dai vasi del corion che sotto forma di pa- pille molto prolungate insinuansi profondamente nel- le cavità dei cotiledoni, o placente uterine mede- sime . La conseguenza necessaria delle precedenti osser- vazioni è dunque , che l’ uovo forma un tutto isola- to dall’ utero, che questo prepara un liquido parti- colare assorbito dai vasi del feto, e destinato al di lui accrescimento, e che perciò il modo di sviluppo dell’ embrione dei mammiferi somiglia, anche più di quanto si è fino ad ora creduto ; quello dell’ em- brione degli ovipari. Quì il chiarissimo autore enur mera detagliatamente le principali analogie esisten- ti nel modo di formarsi, di nutrirsi, e di crescere dell’ uovo , e dell’ embrione delle due grandi divi- sioni suddette degli animali, dei vivipari cigè , e der. gli ovipari, e dall’ istituito. confranto ne deduce per ultimo, che le differenze ridurre si possono, 1.° ' al non partecipare l’ ovajo in verun modo nei mam- miferi alla nutrizione del feto, quando invece negli ovipari il tuorlo preparato dall’ ovajo stesso è un serbatojo di materia che deve essere in seguito con- sumata, e ridotta a quest’ uso ; 2.° all’ essere l’ ute- ro nei mammiferi incaricato esclusivamente di que- sto uffizio, somministrando poco per volta, e per J intermezzo della placenta uterina, un liquido di particolare natura , il quale assorbito prima dai va- gi del corion o delle placente fetali, di continuo passa nei vasi del feto che alimenta e fa crescere. Addottando questa maniera di vedere , prosegne ]’ aut. 204 saressimo forse condotti a considerare i corpi lutei delle ovaje dei mammiferi come gli analoghi dei tuorli degli uccelli; i quali corpi essendo innutili nei primi non fanno che mostrarsi per essere di nuo- vo riassorbiti. Due osservazioni sembrano favorevoli a questa opinione, 1.° il corpo luteo è elaborato dal- la stessa rete vascolosa che prepara il tuorlo negli ovipari, 2.° la materia colorante che tinge i corpi lutei della vacca , trattata coi reagenti dà gli stessi effetti che proprii sono ancora della sostanza del tuorlo . Tali osservazioni però servir possono sempli- cemente come indizj , non già quali prove dirette della suenunciata ipotesi. ( A. Alessandrini. ) SU i MINERALI PARASSITI — DI W. HAmIiNGER (Trans. of Edimb. t. 10.) I do il nome di minerali parassiti ; 0 sia di for- mazione parassita dei cristalli , ai minerali, che trag- gono origine da un cangiamento graduale di compo- sizione, mentre le forme esteriori rimangono le stes- se. Da lungo tempo erano noti alcuni cangiamenti di questa natura, gli uni chiamati pseudomorfosi, gli altri epigenie. Ma la maggior parte di quelli, che io faccio conoscere in questa memoria sono il risultato delle mie proprie osservazioni. L’ espressione di pa- rassito è stata da me preferita a qualunque altra, perchè dà essa meglio l’idea del rimpiazzo di alcu- ni elementi di un minerale con altri per formare un nuovo composto . Art, 1.° Canciamenti nei minerali aventi n (o) f . . la stessa composizione . Il solfato di Zinco, secondo le circostanze, nelle quali ha luogo la cristallizzazione , assume due figu> — re tra loro incompatibili. Allorquando la soluzione 205 non è abbastanza concentrata, perchè si formi una pellicola cristallina nella superficie, e la temperatura non arriva al gr. 126.° di Fahrenheit (52.° centi- gr.), si ottengono cristalli derivati da una piramide a quattro facce scalene, nelle quali li tre assi sono fra loro perpendicolari. Quando poi la temperatura è più alta, i cristalli, che si depositano derivano da una piramide a quattro facce scalene , nella quale l’ asse è inclinato sopra la base. La compo- sizione chimica di queste due specie è la stessa, ed è rappresentata dalla formola Z2S° + 14Ag. Allorchè un cristallo appartenente al primo siste- ma cristallino è riscaldato a una temperatura supe- riore al 126.° grado di Fahrenheit, si osserva, che certi punti della superficie divengono opachi. Da tali punti divergono gruppi di cristalli appartenenti all’ altro sistema del solfato di zinco; ben presto il cangiamento è completo. Durante questa trasforma- zione non si separa punto d’ acqua , circostanza , che prova. l’ identità di composizione delle due specie . Il solfato di magnesia, la cui base è isomorfa coll’ ossido di zinco , dà risultati analoghi. L’arragonite, allorchè è riscaldata, diviene opaca, e spontaneamente si divide in un gran numero di piccoli frammenti prima di perdere alcuna porzione del suo acido carbonico. È probabilissimo, che sia essa allora trasformata in ispato calcare, il quale occupa uno spazio maggiore di quello, che viene occupato dall’ arragonite , nella proporzione di 29 a 27. i Art. 2.° Cangiamenti, che dipendono dalla presenza dell’ acqua . La calce solfata epigenia di Haiiy, com'è noto, È l’anidrite cangiata in gesso per la combinazione di una certa quantità di acqua. Le fessure paralel- 200 le al clivaggio (1) dell’ anidrite, che si osservano nella calce solfata epigenia non danno motivo suffi- ciente per negare la distinzione delle due specie ; mentre in queste fessure, e più manifestamente ‘n altre, le quali attraversano la massa sotto varie di rezioni, si sono formati cristalli di gesso. Alcuni sali divengono deliquescenti , assorbendo l’ acqua, altri per l’ opposto fioriscono perdendo una porzione della loro acqua di cristallizzazione . Di queste molte decomposizioni una qui citerò os- servata dal Professore Mitscherlich. I cristalli d’ i+ dro-protosolfato di ferro , il cui sistema eristallino è semi-prismatieo , immersi nell’ alcool bollente sì decomposero , conservando però la loro forma este: riore. Questi cristalli estratti dal liquido alcoolico , erano internamente cavi, e le pareti di tale cavità venivano ricoperte da cristallini di figura prismatica a otto- facce, appartenente al sistema prismatico . L'analisi di questi cristalli mostrò, che avevano es* si precisamente la metà dell’ acqua ; ch’ entrava nel- la composizione de’ primi . Art. 3.°Cangiamenti nei minerali, che contengono rame . Si danno cristalli di ramnîe carbonato bleu di Ches+ sy , eomposti di Malachite fibrosa. Io ho osservato i | passaggi successivi, i quali non lascian luogo a du+ bitare, che il cangiamento di natura nen sia pro- gressivo , e che i cristalli non siano originariamente È n “ (1) Il Chiarissimo Sig. Professore Tondi nel primo vélunie de’ sudi elementi di Orittognosia alla pag. 11. dichiara la nozione del clivaggio nel seguente modo == Ne?” fossili di tessitura laminosa è necessario considerare la direzione delle lamine ; le quali si frastagliano sotto, angoli costanti, é determinati, che noî chiamiamo clivaggio ; dal i risaltano le forme regolari; particolari a ciascuna specie di ossile. ranieri x 207 nello stato di carbonato bleu. Durante questa de- composizione , il carbonato bleu perde una piccola porzione del suo acido carbonico , ch’ è rimpiazzata da una piccola quantità di acqua . I cristalli ottaedrici di rame ossidulato van sog- getti ad un cangiamento analogo. La superficie dei medesimi si trasmuta in una pellicola di. carbonato verde , fibroso. Per lo più la decomposizione non è in essi perfetta , e resta un nocciolo di rame ossi- dulato ; ve n’ hanno però degli affatto decomposti. Il rame metallico, e sopratutto il bronzo subisco- no cangiamenti importantissimi . Io ho veduto un frammento d’ un vaso egiziano , avente ancora la primitiva sua figura, e che quasi del tutto è trasformato in piccoli cristalli ottaedrici di rame ossidulato , alcuni de’ quali sono visibilissi- mi ; questi eristalli si disgregano facilmente fra le dita. Il Dottore John Davy, all’ occasione di un viaggio , che fece alle isole Jonie, vide un’ arma- tura antica, nella quale avevano avuto luogo can- giamenti analoghi; vi si era formato del carbo- nato , del muriato, dell ossidulo, e dell’ ossido di rame , ed in oltre dell’ ossido di stagno, e del rame puro. Davy attribuisce questi movimenti interni del- le molecole all’ azione elettro-chimica, ed in realtà il rame nativo non va mai soggetto a queste trasfor- mazioni . Il rame solforato prismatico , e le piriti di rame soffrono cangiamenti successivi nella loro composi- zione, mentre le forme loro rimangono le stesse. Si danno cristalli in prisma a sei facce appartenente al rame solforato , i quali sono passati. in parte allo stato di rame screziato , altri sono in parte trasfor- mati in piriti di rame; la decomposizione ha luogo per istrati, partendo dalla superficie; qualchéè volta essa è compiuta, e nella frattura vedesi soltanto rame screziato, o rame piritoso . 208 In altri casi il rame solforato è trasmutato, in ra- me ossidato nero ; sovente questa decomposizione è parziale , e si vede soltanto nella superficie dei. cri- stalli uno strato di ossido nero. Allorchè è compiu- ta, i cristalli perdono la loro figura, e son rldotti a masse terrose , e nere. Art. 4.° Cangiamenti ne’ minerali, che con- tengono ferro . Dal Brasile sono stati portati in Europa, cristalli ottaedri appartenenti ad una specie singolare del genere ferro. Alla figura sembravano cristalli di ferro ossidulato, ma ciò non poteva ammettersi, at- teso il colore della polvere, ch'è rosso. Esaminati diligentemente tali cristalli, si riconobbe, ch’ era- no composti di gruppi di piccoli cristalli romboe- drici analoghi per la figura al ferro oligisto. Un saggio recato dalla Siberia dal Dottore Crichton ha presentato lo stesso fenomeno , eccettochè i romboe- dri erano poco discernibili. Finalmente Allan pos- sede un gruppo di cristalli del Vesuvio, che serve a rendere ragione di questa trasformazione. Esso è composto di piccoli romboedri piatti, riuniti in di- verse direzioni per modo , che ne risultino ottaedri. Il ferro spatico rimanendo esposto all’ aria, passa allo stato di ferro ossidato idrato; allorquando sì fatta decomposizione è perfetta, perde la sua figura , ed ha l’aspetto di una massa terrosa brunastra. In alcuni casi formasi una geode a pareti coperte di ematite ‘bruna. L’ Ankerite, ch’ è un composto di carbonato di ferro, presenta una simile decomposizione . Le piriti ferruginose passano anch’ esse allo stato d’ idrato, ma ordinariamente conservano la loro fi- gura primitiva . ;i d | \ 209 Art.° 5. Cangiamenti ne° minerali, che | contengono piombo . Il minerale chiamato minio nativo è probabilmen- te il prodotto della decomposizione del solfuro, © del carbonato di piombo. Per formarsi una idea del cangiamento , che ha luogo nell’ ultimo caso, è duopo supporre, che uno degli atomi di carbonio contenuti nel carbonato di piombo, se ne separi al- lo stato di ossido carbonico, mentre l’altro atomo se n’esce allo stato di ossido di carbonio, e che un atomo di ossigeno sia impiegato .a far passare l’ossido giallo del carbonato di piombo allo stato di ossido rosso . Il piombo solforato esaedro , composto di un ato- mo di piombo, e di due atomi di solfo, viene tra- sformato in solfato di piombo } nel quale il piombo , e lo solfo sono nelle stesse proporzioni. La forma originaria del piombo solforato, non è sempre rico- noscibile , sebbene sia certo, che spesso i cristalli di piombo solfato devono la loro origine ad una tale decomposizione . Il Sig. Weissenbach di Freiberg ha veduto pezzi di solfuro di piombo della miniera detta Unverhofft gluck un der Achte , i quali erano trasformati in un miscuglio di carbonato e. di fosfato. Vi si scorge- va tuttavia la figura ottaedrica, ma gli ottaedri ri- sultavano dall’ unione di piccoli cristalli gli uni bian- chi, gli altri verdi. Il piombo bleu, o sia piombo solforato epigenio di Haiy è il prodotto della trasformazione del piom- bo fosfato in piombo solforato. Talvolta il nuovo minerale è compatto, ma ordinariamente ha il cli- vaggio cubico proprio della galena; in alcuni casi le lamine sono riunite per guisa, che il clivaggio sia parallelo alle facce del prisma esaedro . Tom. LL 14 210 Art.° 6. Cangiamenti nei minerali , che cont engono MAnganese . La composizione chimica degli ossidi di manga- nese non è per anche abbastanza certa per. potere stabilire chiaramente quali siano i cangiamenti , cui vanno soggetti tali ossidi. Tuttavia si osserva, che i cristalli prismatici di ossido di manganese danno ordinariamente una polvere grigia, che in essi il pe- so specifico varia fra 43, e 44, e che la durezza dei medesimi è almeno uguale a quella dello spato fluore. Ma io ho veduto cristalli della stessa figura, che danno una polvere nera, ed il cui peso speci- fico è di 47, e la durezza minore di quella della calce carbonata. Quest’ ultima varietà forma soven- te una crosta attorno alla prima. Hl Sig. Professore Gmelin ha egli pure riconosciuto, che dalle masse cristalline di manganese ossidato idrato; per la per- dita, che questo fa dell’acqua, e per l’ assorbi- mento dell’ ossigene, deriva l’ ossido nero . Art.° 7. Cangiamenti nei minerali, che contengono barite . La specie indicata col nome di barito calcite , composta di un atomo di carbonato di calce, e di un atomo di carbonato di barite, passa talvolta al- lo stato di solfato di barite, conservando la figura della prima sostanza . Il carbonato di barite , o sia la witherite presenta essa pure diversi gradi analoghi di decomposizione ; quindi non rare volte vedesi la superficie di un sag- gio di tale specie passare allo stato di solfato, e si vede pure talvolta il carbonato stesso ricoperto’ da piccoli cristalli di solfato . 11 ha de fi ni $ } x di allumina . L’andalusite contiene 83 per cento di 211 Art.° 8. Cangiamenti ne’ minerali , che contengono antimonio . L’ antimonio nativo assorbe l’ ossigene, e copresi d’ una crosta terrosa, biancastra d’ ossido d’ antimo - nio. Il solfuro d’ antimonio, il cui sistema cristal- lino è prismatico, e ch’ è composto di un atomo di questo metallo , e di tre atomi di solfo, per la de- composizione è trasformato in una massa terrea, opa- ca, giallastra, che contiene ancora solfuro , ma che in oltre racchiude acqua , ed ossido di antimonio. In generale questa decomposizione è parziale , e non altera la figura; allorquando è compiuta la figura scompare , come avviene nel ferro spatico . Art.° 9. Cangiamenti nelle pietre , ec. Dalle osservazioni del Professore Mohs abbiamo appreso, che l’andalusite presenta un esempio di tali trasformazioni. Il peso specifico della medesima è ordinariamente di 35, mentre l’andalusite grigia ha un peso, che non oltrepassa 32. Mohs in oltre ha riconosciuto, che i cristalli grigi sono composti di uno svariato numero di piccoli cristalli di distene in diversi modi collocati, però bastevolmente gran- di per poterne distinguere il clivaggio. Il distene è composto di un atomo di silice, e di due atomi queste due sostanze nelle stesse proporzioni, ed in oltre 35 di trisilicato di potassa . Il Sig. Allan ha nel suo gabinetto molti saggi di trappo, ne’ quali i cristalli appartenenti all’ analcimo sono interamente composti di piccoli cristalli di pre- nite aggregati insieme . . To ho già descritto cristalli, che hanno la figura dello scheelino calcare, i quali erano interamente composti di scheelino ferruginoso . 212 L' Jatorite, sostanza nuovamente scoperta, è sta-' ta già il soggetto d’ ipotesi contradittorie. Levy la risguarda come avente una figura identica a quella della specie da lui chiamata Humboldtite . Tutti gli altri mineralogisti, che l’ hanno esaminata affer- mano , che non differisce dalla calcedonia. Brewster inclina a credere, che sia datholite, nella quale la silice sia sottentrata alla calce, ed all’acido bora- cico. Non essendosi però fino ad ora trovati saggi, ne’ quali rimanesse una certa quantità della sostan- za, che si suppone essere stata decomposta, è im- possibile il definire con sicurezza i progressi di que- sta decomposizione . La calce carbonata è una delle specie, sulle quali l'atmosfera esercita una azione maggiore; quindi spesso trovansi cristalli di questa sostanza in parte distrutti; sovente non resta, che uno schelettro cal- care, che conserva la figura originaria del cristallo, mentre l'interno è affatto vuoto. Talvolta quest’ in- terno è in parte riempito da altri cristalli. Non è raro di trovare queste cavità piene di cristalli di spato , che imbrunisce, ed in alcuni casi i cristalli hanno la superficie corrosa, come se fossero stati attaccati da un acido. i La calamina di Sommersetshire, ‘che trovasi sotto la figura di cristalli metastatici appartenenti alla calce carbonata, sembra in alcuni saggi, avere gra- datamente rimpiazzata la calce, e non già essersi depositata in uno stampo, che avesse questa figura. Il quarzo rimpiazza abitualmente i cristalli di cal- ce carbonata , e di gesso : si suppone generalmente 5 che i cristalli di queste diverse sostanze; essendo stati decomposti, la silice vi si sia depositata come in uno stampo, e quindi abbiano avuto origine i pseudomorfi ;. ma io credo assai più probabile , che questo rimpiazzo abbia avuto luogo per una filecom- posizione successiva, ed analoga a quella, che 213 ho indicata per le altre specie descritte in questa memoria . A simili decomposizioni voglionsi pure attribuire le masse terrose, e verdastre del Tirolo, e della Transilvania, che presentansi sotto la figura del pi- rossenio, e varie specie di steatite provenienti dalla Siberia, le quali mostransi colla figura del granato, o del feldispato , o di altre specie minerali . RicERCHR ANATOMICHE SULLA CIRCOLAZIONE, LA RESPI- RAZIONE, E LA RIPRODUZIONE DEGLI ANELIDI ABRANCHI , pi Antonio Ducès, Professore nella Facoltà Medica di Montpellier. (Presentate all’ Accademia R. delle Scienze di Parigi li 15. Settembre 1828. = Estratto . ) ArtICOLO 1.° Determinazione delle specie esaminate . Gi anelidi che il celebre autore ha notomizzato diligentemente onde determinare la posizione, struttu- ra, e relazione reciproca degli organi inservienti al- le predette funzioni sono stati diverse specie di Lom- brici, di Najadi, e di Sanguisughe. Sei specie ben caratterizzate di Lombrichi furono sottoposte ad esa- me, e cioè; 1.° il lombrico gigante = L. gigas = specie che fornisce gl’ individui di maggior mole ar- rivando alcuni a dieciotto pollici di lunghezza, ed alla grossezza del dito auricolare. 2.° Lombrico tra- | pezoide = L. trapezoides = (Tav. iv. fig. 13. 14. e 21.) che arriva appena agli otto pollici, ma è mol- to più comune del precedente . 3.° Il Lombrico ana- tomico = L. anatomicus = (Ib. f. 17. 18. e 23. ) as- sal comune nei terreni umidi, molto piccolo arrivan- do appena alla lunghezza di tre pollici. 4.° Lom- 214 brico compianato (Ib. f. 25.) = L. complanatus: enterion octaedrum? Savigny = piuttosto rara, di 6. pollici di lunghezza . 5.° Lombrico amfisbena = L. amphisboena = (Ib. f. 19. 20. e 24.) enterion tetraedrum? Sav. —, comunissimo sulle sponde dei ruscelli, molto agile, lungo tre pollici. 6.° Lombrico cilindrico = L. teres (Ib. f. 15. 16. e 22.) =, spe- cie la più rara di tutte, e che pare non possa oltre- passare 'i nove pollici di lunghezza. Di tutte queste specie espone l’autore detagliatamente i diversi ca- ratteri. Fra le Najadi, la Naiîs elinguis Muller ha dato luogo alla verificazione di alcuni fenomeni relativi al- la generazione, e singolarmente poi alla circolazione; ma le ricerche principali sono state istituite sopra un’ altra specie molto maggiore, e che sembra la = Najade filiforme di Blainville =; malgrado l’ as- serzione di questo dotto, e laborioso Naturalista, l’ au- tore crede poterla riportare alla fig. 1. 2. 3. della tav. 54. dei vermi figurati da Bruguiere nell’ Enci- clopedia metodica. Qnesta apparente contradizione deriva da una circostanza che da prima mi aveva indotto , dice l’ autore , a distinguere due specie che ora credo dovere essere riportate allo stesso tipo . Gli individui pres in un’ acqua corrente e pura por- tano in ciascun anello un pajo di penacchi formati di setole numerosissime 4. o cinque delle quali più lunghe, e 20. più-brevi, più fine, quasi lanuginose (Tav. 2. fig. 1.): queste ultime esistono solo nei se- gmenti della coda. Al contrario in un acqua lima- ciosa e stagnante trovansi degli individui malaticci, che hanno conservate soltanto le setole più lunghe in numero d’ una o due, come lo ha veduto Blain- ville, e pei quali caratteri credette doverne forma- re una specie a. parte. Relativamente alle sanguisu- ghe seguirò costantemente la nomenclatura addotta- ta da Moquin nell’ eccellente sua monografia . DS Lp (i (157 | ArtICOLO 2.° Circolazione , e Respirazione . , S. 1. Najadi. La trasparenza perfetta degli in- viluppi nella specie da me studiata mi ha permesso di distinguere colla lente due grossi vasi, e le loro numerose anastomosi. Il più voluminoso , il dorsale poggiante sul canale alimentare , che quasi uguaglia in volume , trasporta il liquido contenuto, come lo aveva di già veduto Bonnet, dalle parti posteriori verso le anteriori. Per induzione, piuttosto che con- dotti da esatta osservazione, si può ammettere che lo stesso liquido scorri in senso inverso pel secondo vaso longitudinale, il ventrale: questo più piccolo della metà , meno flessuoso , e meno contrattile sem- bra riceva il sangue dal primo verso la parte rigon- fia dell’ animale al davanti degli organi genitali; là diffatti si vedono delle larghe anastomosi , e singo- larmente da ciascun lato di esso una grossa vesci- chetta contrattile, una specie di doppio cuore , che si gonfia quando il vaso dorsale contraendosi vi cac- cia il sangue, e si restringe in seguito per spingerlo innanzi pel vaso ventrale. Oltre queste marcatissime anastomosi che mettono in comunicazione i due va- si, avvene ancora copia grandissima di capillari a- derenti alla pelle , e moltiplicatissime verso la coda dove servono indubitatamente a riportare il sangue dal vaso ventrale al dorsale, ed a rendere per tal modo compiuto il circolo fisiologico del corso del sangue; ma questo sangue non rientra nel vaso dor- sale senza avere subito delle particolari modificazio- ni: attraversando la rete vascolosa caudale erasi mes- so quasi in immediato contatto coll’ acqua nella qua- le la coda stessa sta sospesa quasi come un fogliet- to branchiale . S. 2. Lombrichi. Anche in questi anelidi, come 216 nelle Najadi il sangue è di color rosso, colore che sembra si mantenga uguale nelle diverse qualità di vasi che percorre; puossi in anticipazione dire al- trettanto anche di quello delle sanguisughe , abben- chè sia stato asserito il contrario . Se il vaso dorsa- le apparisce tendente al blù o violaceo nei lombri- chi, ciò dipende dall’ essere collocato più profonda- mente che non lo è il ventrale, ed anche perchè è coperto ordinariamente dalla pelle di color bruno nella regione del dorso: essendo anche il vaso dor- sale più voluminoso del ventrale deve naturalmente presentare un colore alquanto più fosco . Esaminato il sangue di questi animali al microscopio mi è pa- ruto che contenga dei globbli molto più rari, e più piccoli di quelli del sangue umano (1). Per ben vedere i vasi sanguigni dei lombrichi , e scoprirne facilmente il mecanismo naturale della cir- . colazione, fa duopo scegliere un giovine individuo della Sp. detta L. anatomico. Collocando uno di questi piccoli animali nell’ acqua entro un vetro d° o- rologio facilmente si verificherà la maggior parte delle osservazioni che vado ad esporre: soltanto on- de estendere l’ esame anche alle maggiori specie, e | | (1) Avendo io, coll’ idea di verificare questa osservazione, sotto= posto al microscopio del celebre Professore Amici, il sangue del lom- brico gigante, fui sorpreso di non trovare nel medesimo 1 globoli in- dicati dall’ autore. Solo allorquando, fatta una sezione trasversa nell’ animale, e spremendo con forza il sangue, mescolavasi al me- desimo un poco dell’ umore pinguedinoso interposto agli strati mu- scolari sottocutanei , apparivano nel sangue stesso evidentemente dei globoli, ma raccolti in masse irregolari, ne ugualmente distribuiti nel liquido come chiaramente si vede nel sangue dei vertebrati . Per ottenere poi questo liquido nello stato di massima purezza praticavo delle incisioni longitudinali sul derso dell’ animale, estraendolo di- rettamente dal vaso dorsale ; e ripettuto così più volte l’ esperimento mai mi fu dato di vedere i pretesi globuli, ricorrendo anche al mas- simo ingrandimento di 1020: volte in diametro. Sottoposto al mede- simo esperimento anche il sangue della sanguisuga medicinale ne ot- tenni lo stesso risultamento., nè potei mai nel puro sangue di questi anelidi discernere veri globuli. ( R.) 217 per osservare le parti | più profondamente situate ri- correre si deve alla dissezione , od alla vivisezione. Per | seguire l andamento dei vasi non mi sono servito delle injezioni mezzo sempre incerto , e spesso infe- dele: il sangue è stato la sola mia guida, e l’ ho tro- vato qualche volta coagulato specialmente negli in- dividui fatti perire nello spirito . | Ugualmente come nelle najadi anche nei lombrici esiste un vaso dorsale (Tav. 3. fig. 1. A), tortuoso e contrattile sovraposto al canale digerente; ed un vaso addominale (ivi, B) più piccolo della metà, e suscettibile soltanto di sistole , e diastole genera- li: di più il cordone nervoso è accompagnato in tut- ta la sua lunghezza da tre filamenti vascolari, dei quali uno medio ed inferiore maggiore, e ben visi- bile attraverso della pelle, non presenta veruna fles- suosità : noi lo chiameremo vaso sotto-nervoso (ib. C); delle importanti anastomosi fanno comunicare tra loro questi vasi. Quantunque il vaso ventrale si estenda sino alla testa, ed ivi comunichi col dorsale mediante copio- se Radici» ; onde spiegare il movimento circola- ‘torio del liquido contenuto non è necessario esten- dersi fino a questa regione ; giacchè al livello degli ‘organi genitali, anzi delle ovaie , fra le quali s' in- | trecciano , esistono sette ad otto paja di grossi rami ‘comunicanti, composti di tante serie di rigonfiamen- | ti, o vescichette rotonde sommamente contrattili, le | quali ricevono il sangue dal vaso dorsale, e lo di- | rigono al ventrale ; chiamerò questi vasi d’ anasto- mosi, moniliformi » 0 dorso-addominali (ib. D): ‘ciascuno di essi enumerare si possono dodici vesci- ‘chette. Nel rimanente del corpo esiste pure corri- | spondentemente a ciascun anello comunicazione tra il vaso dorsale , e l’ addominale, ma per mezzo di canali molto più piccoli, che denominare si possono rami addomino-dorsali profondi (ib. E). Ellevansi LU 218 questi rami trasversi di anastomosi in linea perpen- dicolare , abbracciano il canale intestinale, e man- dano al medesimo copia grandissima di rami formanti una rete a maglie quadrate, la quale copre ancora un organo particolare , aderente al canale intesti- nale, creduto analogo al fegato; organo veduto da Willis, da Redi, e riguardato da Tiedemann, e Gme- ‘lin come un’ organo depuratore succedaneo all’ organo | respiratorio. Anche il vaso detto sotto-nervoso man- | tiene numerose relazioni col dorsale, e l’ addomina- le, e puossi forse considerare quasi una produzione dello stesso vaso: dorsale: almeno questo vaso diviso in due rami, e molto .assotigliato verso la testa con- tinuasi evidentemente mediante uno dei detti rami (ib. H ) col sotto-nervoso. Nel rimanente del corpo sulla parte posteriore di ciascun anello esiste un vaso finissimo , non tortuoso , cilindrico, che stacandosi dal vaso sotto-nervoso si dirige al dorsale , e che può meritare il nome di ramo addomino-dorsale su- perficiale (ib. F). Nel suo tragitto comunica que- sto ramo mediante un insigne anastomosi colla vici- na branca addomino-dorsale profonda. Da codesto sistema di vasi superficiali , e dalle loro suddivisio- ni si forma una rete cutanea analoga alla rete splan- cnica or ora indicata. S Ma vediamo l’uso cui sono destinate le parti fino ad ora descritte: nel lombrico intero e vivente il sangue scorre dall’ indietro all’ avanti pel vaso dor- sale, rigonfia i vasi trasversi moniliformi , e discen- de per essi direttamente nel vaso ventrale; ma una. porzione del liquido continua ancora il suo viaggio allo innanzi fin presso la testa , e passa mediante 1’ anastomosi in forma d’ arco (ib. H) dal vaso dor- sale nel sotto nervoso; quindi tanto in questo quan- to nel ventrale il sangue scorre* in senso inverso di- rigendosi dall’ avanti all’ indietro, cioè dalla testa. verso la coda. Troncato di fatto nn lombrico per 219 traverso , nella porzione posteriore , il sangue conti- nua a gemere dall’ apertura del solo vaso dorsale , laddove nella parte anteriore esce invece dai vasi ventrale , e sotto neryoso ; esperimento che conferma il naturale andamento, già descritto , del liquido, visibile nell’ individuo vivente esaminato colla lente. Rimane però a determinarsi ancora la strada per la quale il sangue è di nuovo ricondotto al vaso dor- sale: ciò si esegnisce mediante i rami addomino-dor- sali superficiali e profondi (ib. F. E), i superficia- li infatti mettono in comunicazione il vaso sotto nér- voso col dorsale ; ed i profondi il vaso ventrale col dorsale medesimo: dimostra l'andamento del san- gue in questa direzione l’ osservare che i predetti rami addomino-dorsali, o trasversi negli individui morti di languore sono injettati in basso, vuoti in alto presso il vaso dorsale. Durante la vita. mo- stransi injettati o palidi nel modo stesso che lo sono i vasi addominali (sotto nervoso , e ventrale) da cui tragono orrigine. Una incisione longitudinale prati- cata a diverse profondità sulla regione laterale del corpo d’ un grosso verme vivente , Pp. e il L. gigas, dimostra she, il sangue geme quasi solo dal labro inferiore della ferita , perchè somministrato di con- tinuo dai vasi addominali ai trasversi od addomino- dorsali troncati. Fa d’ uopo però notare che relati- vamente a questo movimento del sangue accadono delle anomalie nel mentre che si suo e tormen- tano questi animali ; anzi alcune variazioni possono rimanere permanenti, e diventare normali: così p. e. il pezzo posteriore di un lombrico troncato per metà ricostruisce ben presto una regolare circolazione ; il | sangue discende dal vaso dorsale’ agli addominali in . vicinanza della ferita mediante i rami stessi ad- domino-dorsali, pei quali invece ascendeva intatto l animale, e ciò perchè non più esistono i yasi mo- ì niliformi che servivano-da prima a questo uffizio . 220 Gettiamo ora un colpo d’ occhio sulle modificazio- ni che il sangue deve subire nelle diverse parti del circolo descritto: considerando i vasi moniliformi co- me una specie di cuore moltiplicato noi li vedremo cacciare il sangue nel vaso ventrale ; questo parago- nabile all’aorta ne inafia i visceri, e rimanda al dorsale ciò che non ha servito alla loro nutrizione (1): il vaso dorsale lo rimette in parte nei monili- formi, in parte, mediante il prolungamento ante- riore, lo fa passare nel vaso sottonervoso le suddi- visioni del quale alimentano la pelle ed i muscoli, e nello stesso tempo mettono il loro contenuto in contatto mediato coll’ aria ossigenendolo prima di restituirlo allo stesso vaso dorsale , e farebbe insom- ma questo vaso sottonervoso le veci del circolo pol- monare ; per modo che il vaso dorsale distribuireb- be alle parti un sangue misto , cioè in parte arte- rioso , in parte venoso . — In quanto alla respirazione, Willis aveva conside- rato quali stigmate i pori dorsali dei lombrici, per- chè l’aria introdotta pei medesimi si fa strada tra gli inviluppi e l’ intestino passando facilmente dall’ uno all’ altro segmento: ripettuto l’ esperemento dal no- stro autore ha egli pure veduto che codesti pori, in- vece di corrispondere agli sbocchi di cripte mucipa- re, attraversano la spessezza degli inviluppi dermo- (:) Non bene s° intende in qual modo il vaso ventrale possa con- temporaneamente eseguire le funzioni di aorta che distribuisce il sangue alle parti, e di vena che ne riconduce ; mediante i rami ad- domino-dorsali profondi , una parte al vaso dorsale o vena comune ; sembra quindi più probabile che dalla radice od incominciamento dei tronchi addomino-dorsali si, stacchino in 1 Tav. 3. fig. 1. i minuti rami che distribuiscono il sangue alle parti, e che il rimanente de- gli stessi tronchi riceva mediante yeri rami venosi il sangue refluo dalle parti, e lo versi nel vaso dorsale : come è facile in questi ani- mali il vedere e dimostrare l’ andamento del sangue nei principali tronchi è impossibile, anche coll’ ajuto delle migliori lenti, seguirlo nei minuti rami che formano delle reti complicatissime, e che fre- quentemente si riuniscono mediante larghe e patenti anastomosi. (R.) 221 muscolari, e comunicano con una cavità comune in- termedia ai muscoli ed all’ intestino , cavità imper- fettamente divisa in più concamerazioni mediante dei setti trasversi incompleti. La quale cavità siccome contiene anche un umore proprio lattiginoso , carico di corpiciuoli pulverulenti , anche questo umore esce colla medesima facilità dai pori dorsali, ed in tan- ta copia; premendo ed esponendo all'aria l’ anima- le, che inaffiata ne viene l’intera superficie del cor- po (1). i of i Ma ai lati dell’ intestino in questi animali trovan- si ancora certe vescichette intestiniformi , ripiegatis- sime,; bianche, e simili ad una striscia membranosa quando sono vuote; cristalline allorchè 1’ acqua le di- stende, e flutuanti nella comune cavità. Formano un ansa in ciascun anello; e queste anse sono maggiori verso la coda: le due estremità di ciascuna di que- ste vescichette cilindroidi sembra si aprano all’ ester- no mediante dei pori estremamente ristretti, situati al di fuori di ciascuna delle linee inferiori delle se- tole, almeno nel lombrico gigante ; i pori erano di già stati oscuramente indicati anche dal Redi, Ev. Home , forse non a torto, crede che anche questi or- gani contribuiscano alla respirazione + S. 3. Sanguisughe . In questi anelidi esistono quat- (1) Questi pori dorsali esaminati colla lente fanno spesso vedere un particolare movimento ora restringendosi, ora allargandosi, indipen- dentemente dal movimento dell’ intero corpo deì lombrico : ho vedu- to ancora più volte che tagliati longitudinalmente. gli integumenti , e lo strato muscolare nella regione superiore, contraendosi violente- mente le fibre troncate strozzano ; e comprimono i visceri e vasi con- tenuti, interrompono momentaneamente il circolo del sangue, il quale geme non di rado da parecchi dei pori dorsali posteriori, misto al» . l’umore acquoso che codesti pori naturalmente tramandano. Questo esperimento dimostra, che nelle cavità colle quali comunicano \i pori stessi le pareti vascolari sono per modo sottili che il sangue può fa- cilmente trassudare dalle medesime; particolarità di struttura che di- stingue sempre le espansioni vascolose degli apparecchi respirato» rj.(R.) 2922 tro tronchi longitudinali, dei quali due mediani , dorsale l’ uno, addominale l’altro, e due laterali anche più voluminosi, e contrattili : dei due primi l’uno è evidentemente l’ analogo del vaso dorsale degli altri anelidi ; il ventrale, strettamente unito al cordone nervoso , pare debba essere paragonato al sotto nervoso , e forse anche nello stesso tempo al ventrale dei lombrichi: in quanto ai due altri pos- sono considerarsi quasi come gli analoghi o di un vaso ventrale doppio , o dei vasi laterali della coda delle najadi, o dell’ asse nervoso dei lombrichi. Questi quattro vasi comunicano tra loro non solo me- diante le anastomosi dei capillari che spargono in tutti gli organi, ma ancora mediante rami volumi- nosi . Questi sono 1.° gli addomino-dorsali , staccansi dal vaso ventrale , al livello di ciascun ganglio , ab- bracciano il sacco digerente, e vanno al vaso dor- sale: 2.° i rami /atero-addominali ( Tav. 3. fig. 2.D), che mettono in comunicazione fra loro i due vasi la- terali ( ibid. A): 3.° i Zatero-dorsali, che dai vasi laterali stessi vanno al dorsale (ibid. C). Da que- sti rami principali partono dei vasellini destinati al- la nutrizione generale, ed alla respirazione cutanea; ma avvi ancora in questi animali una respirazione polmonare che si eseguisce in ciascun segmento me- diante un doppio apparecchio , composto di vasi par- ticolari e di una borsa, o serbatojo, non d’aria, come lo ha detto Thomas, ma di acqua senza dub- bio aereata. Questo liquido riempie la borsa mem- branosa , F ibid., aderente al vaso laterale (A), a- perta all’ esterno verso la faccia inferiore dell’ ani- male : la situazione di queste vesciche potrebbe far- le paragonare alle vescichette intestiniformi dei lom- brichi . Le indicate borse respiratorie delle sangui- sughe ricevono vasi 1.° da un ramo (E) delle bran- che latero-addominali; 2.° da una grossa ansa vasco- lare (B) flessuosissima, a pareti carnose, grosse , \ 223 moltissimo contrattili, la cavità interna della quale è ristrettissima nello stato di contrazione come lo mostra la fig. 3. Quest’ ansa che dire si può po/mo- nare è una produzione ugualmente del vaso laterale (A); ella e circondata da una rete vascolosa finis- sima che deriva singolarmente dal ramo latero dor- sale (C). Onde meglio vedere il movimento del liquido con- tenuto nei vasi delle specie appartenenti a questa «famiglia, fa d’uopo servirsi di quelle che per la lo- ro trasparenza mostrano la disposizione delle parti interne senza aver bisogno di ricorrere alle sezioni ; quindi è che la nefelide volgare è opportunissima per queste osservazioni. Sembra infatti che in questa \specie, e probabilmente anche in tutte le altre del- la stessa famiglia, il liquido scorra dalla coda ver- so la testa nei vasi dorsale, e laterale sinistro , ed invece della testa verso la coda nei vasi ventrale , e laterale destro: nei vasi ‘poi trasversi di comuni- cazione tra i quattro vasi longitudinali principali il liquido scorre da sinistra a destra nei rami trasver- si della metà anteriore del corpo , e da destra a si- nistra nella metà posteriore; di modo che esiste un vero torrente circolatorio che gira attorno al centro dell’ anelide in un piano orizzontale , nel mentre che nelle Najadi, e Lombrichi, gira in ur piano verti- cale. Così incominciando a tener dietro al movimen- to del liquido irrigatore nel vaso dorsale , e latera- le sinistro si vede dirigersi per questi canali all’ a- vanti; oltrepassata la metà del corpo, mediante le anastomosi trasverse anteriori, portarsi all’ addominale e laterale destro, che lo riconducono verso la regio - ine posteriore del corpo facendolo di nuovo passare , mediante le anastomosi trasverse di questa stessa re- gione, nel vaso dorsale, e laterale sinistro . Notare Si deve ancora che oltre le grandi anastomosi tra- erse più volte nominate, una rete di fine anasto- 224 | mosi rappresentata nella ( fig. 4. tav. 2,) unisce di continuo tra loro i lunghi vasi laterali inferiori. Gli apparecchj polmonari, e singolarmente le lo- ro anse vascolari, egualmente che i tronchi longi- tudinali laterali contro i quali sono collocati; come si vede nella (fig. 2. tav. 3.), arrossano ed impali- discono alternativamente dal lato destro, e dal si- nistro , sempre a mottivo dell’ opposta direzione se- - guita dal sangue negli stessi vasi ; e qui ancora di- re si può che circola sempre pel corpo un sangue. misto , giacchè i vasi polmonari non costituiscono un sistema a parte. Guardando di fatto alla fig. 2. sucitata chiaramente si vede che il grosso vaso late- rale, A, manda il sangue mediante il ramo, E, pa- ragonabile ad un arteria polmonare, alla vescica re- spiratoria, F, dalla quale nasce l’ altro tronco com- plicato, B, paragonabile ad una vena polmonare , che riconduce il sangue al vaso laterale, A, dal quale era partito . ArtiIcOLO 3.° \ Riproduzione . Oltre la riproduzione sessuale, alla maggior parte degli anelidi abranchi è stata accordata in eminente grado anche la riproduzione scissipara ; principal- mente dopo le osservazioni, e le esperienze di Reau- mur, e di Bonnet. Avendo l’autore ripettuti parec- chi degli esperimenti da questi, o da altri celebri naturalisti istituite ne ha ottenuto per risultato ; che troncato per métà trasversalmente un lombrico, la metà anteriore riproduce sollecitamente l’ ano me- diante il semplice restringimento della piaga: ma la. metà posteriore lungamente conservata viva non ha. dato verun segno di riproduzione che paragonar si potesse alla testa di nuovo formata. Tagliati invece,, (1° 225 sempre nel lombrico trapezoide, soltanto i primi quattro , od otto anelli, in modo però di asporta- re una parte d’esofago; e di sistema nervoso , al- meno il ganglio cefalico, dopo dieci giorni, (nel me- se di giugno, e con circa 18 gradi di calore del termometro di Rèaumur ) avendo troncati solo quat- tro anelli; dopo uno spazio duplo , o triplo se il numero era di sette od otto, vedevasi, come lo a- | veva» di «già osservato Bonnet; sorgere dal centro . della piaga un bottone conico, e rossigno: tenendo . dietro allo sviluppo ulteriore di questo bottone , il che non era stato fatto da ‘Bonnet, otto o dieci giorni più tardi diventava appuntito, molto contrat- tile, rosso, umido, e vi si distinguevano perfetta mente gli anelli troncati, il labro anteriore, e la’ bocca ancor piccola , ma colla loro forma normale . Pervenuta la parte riprodotta a questo grado di svi- luppo l’animale si insinuava nel terreno colla testa, e la regione anteriore del corpo, e si alimentava | come un qualunque altro individuo non operato, e I questa nuova parte acquistava in fine le stesse di- O mensioni e qualità di quella che era stata amputa- ta. Nelle najadi questo genere di riproduzione , co+ me fu veduto anche da Bonnet, e da Muller, ha luogo ancora troncato 1’ animale per metà. Ma pas- siamo a parlare della riproduzione sessuale. S. 1. Najadi. Bonnet le credeva vivipare da pri- ma, ma ben presto riconobbe il proprio errore. Bosc, e Blainville opinano ragionevolmente che la massa allungata di color diverso da quello degli intestini , sviluppaniesi verso la primavera nei due terzi poste- | riori del corpo sia una vera ovaja (1). (1) Intorno l’ anatomia delle najadi, e singolarmente sul modo di s>: loro generazione, e sugl’ organi genitali, quasi contemporaneamente a questo è stato pubblicato altro importante lavoro negli Atti dei cu- riosi della natura, vedi — Mem. sulla Nais diaphana; e sulla N. diastropha col loro sistema sanguigno, e nervoso del Dottore F, V.P. om. I. ra 290 1.° Organi genitali presuposti maschili. Da ciascun lato dell’undecimo anello (Tav. 2. fig. 1. B, B, e fig. 2) si vede nelle najadi una piccola fenditura trasversa : ad ognuna delle due aperture corrisponde un canale alquanto tortuoso, di varia lunghezza, terminato in una borsa trasparente ugualmente di fi- gura variabile, talvolta molto distesa, ed in allora contiene un liquido limpido e dei corpi vermiformi , la natura dei quali non puossi tanto facilmente de- terminare, e ne anche il numero (fig. 2.); la loro lunghezza arriva talvolta ad una linea; uno di essi vedesi delineato nella fig. 4. ingrandito 36. volte in diametro. Sono questi entozoi parenchimatosi, od animaletti spermatici? La loro forma e posizione fa- vorirebbe quest’ultima opinione, ma le dimensioni sembra vi si oppongano , giacchè in tal caso i ver- metti spermatici non potrebbero essere più riguardati come uno degli elementi del futuro embrione , poi- chè sono tanto grandi quanto lo è il feto al com- pleto sviluppo. i . 2.° Organi femminei . Il. dodicesimo segmento pre- senta pure due aperture, meno laterali, essendo al- quanto più inferiori delle precedenti ; compresso l’a- nimale il loro orlo protubera sotto la forma di piccola papilla pertugiata nel centro (ib. fig. 1. C, C, e fig. 3. A). Il foro comunica con un canale composto di due porzioni, una breve, grossa, opaca ( fig. 3. B), cilin- droide o fusiforme ; l’altra più stretta, più trasparen- te, lunga, flessuosa, conformata in lunghe pieghe o circonvoluzioni framiste alle ovaje (fig. 1. e 3. C,, e D) nelle quali termina allargandosi, ed assotiglian- do le proprie pareti: questo canale è un vero ovi- dutto. Le ovaje formano quattro masse principali, ma trovansi pure degli ovuli isolati lungo l’ ovidutto . Gruithuisen = Nova Acta physico-medica Acad, G. L. C. Naturae curiosorum T, xiv. pars prior page 407. Tab. xxv, = Bonn. 1828» 5 ì È pico 227 3.° Funzioni degli organi genitali. L' autore confes- sa di non aver mai veduto evidentemente l’ accopia- mento in questi anelidi; ma trovansi spesso agglo- merati insieme nel pantano, e forse ivi ha luogo la copula. La fecondazione non può operarsi che me- diante il concorso di due individui, i quali senza dubbio danno, e ricevono a guisa dei lombrichi . Di fatti non si trova veruna interna comunicazione tra gli organi dei due sessi, e la situazione dei loro orifizj rende impossibile qualunque esterna co- municazione in un individuo isolato ; a meno ehe non si supponesse, come accade nelle Salamandre , | Che il liquor prolifico effuso, e misto all’ acqua. pe- | netrasse poscia nell’ ovidutto , o che le muova stesse _ fecondate fossero dopo deposte . 4. Uova , e feto. Avendo conservato durante una parte dell’ inverno del 1827. al 1828. alcune Najadi filiformi, verso la metà del mese di febbrajo vide ‘l’autore delle vescichette tendenti al grigio , di tre quarti di linea di diametro , disperse alla superficie del limo coperto d’ acqua abitato da questi anelidi. Quasi tutte le uova trovavansi sull’ apertura d’ alcu- no dei fori dai quali usciva la coda delle najadi ; ne rinvenne fino al mese di maggio, e potè quindi studiarli comodamente. Essendo semitrasparenti tro- | | vò, esaminati colla lente, che ciascun uovo contene- | | va sette od otto vescichette più piccole ( Tav. 2. fig. È 5.) . Questo era dunque un uovo o guscio parago- nabile a quelli delle sanguisughe, e che ugualmente | Verso i due poli opposti presentava due nodosità i prominenti. Alcuni di questi guscii o bozoli erano PI vuoti, le nodosità aperte, ed i margini dell’ apertura | ripiegati all’ indietro : in allora veder si poteva che | questo guscio componevasi di due membrane, 1’ e- | sterna lassa, e molle, l’interna più elastica. In | quanto alle piccole vescichette racchiuse in ciascun uovo il loro volume era quello dei uovicini più grossi 228 delle ovaje, cioè al più di un quarto di linea di diametro ; in alcune vedevasi soltanto una polpa o- mogenea , in altre un piccolo verme ripiegato in dop- pia spirale, ed in forma di S (ivi fig. 6.), e mani- festamente vivente. Così uno di questi ovuli compres- so e rotto tra due vetri lasciava uscire un anelide la lunghezza del quale variava da una mezza linea a due linee (fig. 7.). Quest ultima misura fu pur quella delle giovani Najadi nate spontaneamente da alcune uova conservate con dell’acqua in un vetro da orologio. Posto ‘ciò sembrerebbe , che gli ovuli passassero uno ad uno! nell’ ovidutto , si dirigessero nella parte rigonfia e grossa di questo canale, ivi si accumulassero inviluppandosi d’ una, o due membrane comuni per essere così espulse in massa. S. 2. Lombrici. Willis aveva benissimo veduto., e determinata la natura degli organi genitali interni dei lombrici ; ne aveva distinte le vescichette semi- nali, e le ovaje; aveva anche presuposta la connes- sione delle aperture esterne , o vulve cogli organi interni, ma non aveva potuto dare a questo sogget- to tutta la desiderabile precisione. Redi aggiugnen- dovi alcuni detagli copiò un asserzione che pare erro- nea, quantunque sia stata in seguito ripettuta da Bose , Montègre , da Cuvier, e da altri. naturalisti ugualmente celebri. Secondo questi autori le uova staccate dalle ovaje dirigonsi, percorrendo tutta la lunghezza del corpo, verso 1’ ano, dove sono caccia- te fuori mediante due supposte aperture situate pres- so quella dell’ ano. Anzi secondo Montègre non s0- no già uova, ma feti che percorrono codesta strada , ed i'‘lombrichi devono essere perciò annoverati tra gli animali vivipari . 1.° Le pretese uova che trovansi tra l’ intestino , e gli inviluppi muscolo cutanei sono di due quali- tà; gli uni molto simili ai globoli contenuti nelle ovaje, che si descriveranno in seguito , conservano 229 sempre un diametro molto piccolo , e contengono frequentemente dei piccoli vermi viventi sotto forma di ascaridi,.o vibrioni microscopici molto diversi dagli embrioni e dai veri feti dei lombrici. Sono queste realmente uova abortite uscite dall’ ovaja per una accidentale rottura; ovvero appartengono essi ad una particolare specie di vermi entozoi? Tutto- ciò di cui si può esser certi si è che giammai sem- | brano acquistare il volume che hanno le vere uova ; contenute nello stesso ovajo, o nell’ ovidutto . La | seconda qualità di vescichette, che ugualmente po- trebbero essere riguardate quali vere uova, e che |’ autore ha trovato in gran copia in alcuni indivi- dui del L. gigas, appartiene agli entozoi del genere .Echinococcus Rudolphi, e ne costituisce una specie nuova e microscopica che dir si può Echin. amigda- loide, e che sarà altrove descritta . Questa idatide I somiglia alle uova delle najadi. i 2.° In quanto ai pretesi feti di Montègre , egli è singolarmente verso la coda che si trovano, liberi da qualunque aderenza , ma talvolta ancora persino nelle ovaje principalmente nei lombrici gigante, e trapezoide : consistono essi in vescichette levigate, molli , appianate , ovali, semicircolari od in forma di reni ( tav. 4. fig. 5.), variabili per. la grandez- za}; ed aventi qualche volta una linea é mezzo di lunghezza : il loro colore è verdastro , o di un bru- no nero, e l’ interno riempiuto ‘d’ una polpa dello stesso colore nel mezzo della quale incontransi tal- volta di quei piccoli vibrioni di cui si è di sopra parlato : ma più costantemente vi si rinviene un nu- mero assai considerabile, da (5, a 30 ) di corpi al- lungati , rigonfii nel mezzo, dove si vede una spe- cie di piega o di incavatura; assotigliati nelle estre- mità , semitrasparenti, verdastri, immobili, senza traccia di anelli, senza apparenza d’ organi interni , ‘© di esterne aperture ( fis. 5.): questi corpi la natu- 230 ra dei quali difficilmente è determinabile potrebbero pure essere vermi entozoi.. Infatti altri entozoi ben più manifestamente tali trovansi negli umori, o nell’ in- testino dei lombrichi ( Goéze e Rudolphi t. 3. p. 288. ecc. ) che con maggiore verosimiglianza avrebbero potuto essere riguardati quali feti di questi animali. Organi maschili dei lombrici. Le sole parti che pos- sono considerarsi come tali sono le vescichette semi- nali , o testicoli : consistono questi in sacchi roton- di, di due linee di diametro nel loro maggiore svi- luppo, situati in serie longitudinale a destra, e si- nistra, uno per ciascun degli anelli che seguono il settimo ( Tav. 4. fig. 1. B). Queste serie non han- no sempre la medesima estensione , giacchè il nume- ro delle vescichette varia da due a sette per ciascun lato. Queste differenze sono elleno specifiche, come lo crede Savigny ? ovvero non sembra più probabi- le che codeste parti variando di figura , e di volume all’ avvicinarsi dell’ epoca degli amori variar possino ancora di numero ? Le vescichette descritte aderisco- no mediante un brevissimo peziolo alla parete infe- riore della cavità splancnica, consistente in un ri- stretto canale esternamente aperto mediante un pic- colo poro già veduto da Savigny stesso. Questi pori collocati sono verso il margine posteriore di ciascun . anello al livello della serie esterna della striscia ad- dominale delle setole. Qualchè volta si può far pas- sare da una vescichetta all’ altra 1’ umor bianco che contengono , e rendere così visibile un canale di co- municazione esteso tra le medesime. L° umore conte- nuto nelle vescichette esaminato al microscopio mostra copia grande di filamenti viventi strettamente uniti ed intreciati, e diluendolo con acqua codesti filamenti appariscono sotto la forma di veri vermetti spermatici fusiformi , lunghi, stretti (Tav. 4. fig. 3.), la coda dei quali singolarmente è agitata da un movimento ondulatorio vivissimo : la loro lunghezza sembra s' a-. | ‘cesti ad un sesto di linea . fr 231 Organi femminini. Ciò che maggiormente colpisce gli occhi nell’ esaminare esternamente la maggior par- ‘te dei lombrichi si è la loro cintura. L'autore con- fessa di non essersi potuto assicurare , come lo pre- tende Savigny, che il numero dei pori sotto questa | cinitura esistenti, molto meno poi la loro distribuzio- ne, sia in armonia col numero, e la disposizione delle vescichette seminali; sembrano anzi analoghi a tutti gli altri pori di questa regione del corpo comunicanti colle vescichette acquifere di già descritte. Non si intende perciò di quale utilità possa essere alla fe- condazione il ravvicinamento della regione delle ve- scichette seminali d’ un individuo alla cintura d’ un altro, fenomeno che pare sia stato comprovato dal- le osservazioni di Montègre, e Savigny : ma in tal caso come potrebbe essere assorbito l’ umor prolifi- co? Non sembra più ragionevole il supporre che questo assorbimento abbia luogo mediante gli orifizj vulyari del sedicesimo segmento? L’ osservazione ana- tomica infatti è ben più favorevole a questa opinio- ne , giacchè dimostra, che da codeste vulve hanno orrigine nell'interno due ristretti canali, qualche volta gonfii in forma di vescichetta nel loro incomin- ciamento, canali che scorrono verso la regione ante- riore, situati al di dentro della linea composta dal- le vescichette seminali, ma senza comunicare colle medesime (tav. 4. fig. 1. D). Arrivati sotto le ovaje questi canali biforcansi; ciascun ramo si porta al di dentro , e termina in un rigonfiamento globuloso che ‘esaminato colla lente si conosce essere formato dalla continuazione dello stesso canale molto allargato, ed agglomerato in pieghe disposte a raggi sopra due se- rie concentriche circondate , e mantenute in posizio- ne da una membrana comune (ib. fig. 2.). Questi due canali, che denomineremo ovidutti, ed i quat tro ripiegamenti (ib. fig. 2. BB ) da cui sono ter- minati , in certe epoche sono pochissimo apparenti , 232 ed anche invisibili; nel tempo degli amori divengono ben visibili perchè distesi da un fluido lattiginoso, che probabilmente è lo sperma introdotto mediante l’accopiamento , quantunque non sieno discernibili i vermicelli spermatici , ma soltanto dei globoli ag- gregati in masse irregolari, come si vedono nelle vescichette spermatiche della ‘\sanguisuga. officinale (ib. fig. 4. e 4. bis). (1) Le ovaje (ib. fig. 2. A A; fig. 3, C) unite sono due a due mediante un inviluppo, membranoso ‘in continuazione con quello che contiene gli ovidutti ripiegati: il loro colore tende al grigio, la forma è irregolare; la sostanza polposa ; e piena di vescichet- te scolorate o biancastre: queste ad una determinata epoca acquistano un diametro considerabile, e riguar- dar si devono, anche dietro le osservazioni di Willis, bern--E*È* iL: (x) Che lo sperma introdotto mediante 1’ accopiamento possa racco- gliersi entro particolari recipienti uniti agli organi del-sesso femmi= nino, ed ivi soggiornare lungamente per poscia fecondare le uova nel loro passaggio è provato da molte altre osservazioni anche di antica data. I'abrizio d’ Acquapendente «= De formatione ovi, et pulli, Opera omnia Lipsiae 1687. pag. 3. = ammette, che la piccola vescica posta in vicinanza della cloacca della gallina e con essa co- municante considerar si debba come il luogo nel quale il gallo in- tromette il seme ed ivi poi è lungamente conservato. Questa ipotesi combattuta da Francesco Cigna ' nelle sue’ riflessioni ed esperienze sulla fecondazione dell’ novo inserite nel Tomo iv. delle Memorie di Fisica, e di Matematica della Società Italiana, è stata riconfer- mata dai più moderni osseryatori . Negli insetti poi lo stesso Malpi- ghi ammise questa particolarità, e credette di averla dimostrata al» l’evidenza ; nella sua eccellente monografia = De Bombycibus; Opera omnia Londini 1686. pag. 36. Tom. 11. = descrive il sacco globoso 4 collocato in vicinanza dell’ ano nelle femmine, nel quale intromesso il pene yiene ejacolato lo sperma, ed ivi ritenuto finchè nel passag- gio delle nova ‘le irrora e feconda. Io medesimo nel 1821. intento ad altre ricerche nella larva, e nella farfalla del bombyx mori, volli verificare la snriferita osseryazione del Malpighi, e trovai in tutte le femmine state fecondate la nominata vescichetta rigonfia di sperma, che sottoposto al microscopio mi fece yedere distintamente i vermetti spermatici molto maggiori di quelli dei mammiferi, e degli uccelli . Il celebre Audonin Victor dimostrò poscia l’ esistenza, e l° uso di questa vescichetta in quasi tutte le altre specie di insetti che potè esaminare = Annales des Scienses Nar, T. n. page 281. juillet 1824 = (R.) 233 ‘ e di Redi, quali vere uova. Poco a poco il loro nu- | mero diminuisce , le ovaje appassiscono , e pare che . le uova percorrano nell’ uscire quel canale medesi- | mo nel quale si è supposto introdursi lo sperma . Uova e feto. Nella terra che conteneva i lombri- ‘. chi trovò l’autore nel mese di marzo delle. vesci- |‘ chette di color giallo lucido , di consistenza simile . a quella della pergamena bagnata, di forma ovale od elittica, aventi il diametro maggiore di tre linee, ne fu difficile il riconoscere in queste le uova dei lombrichi . Quelle nelle quali ha seguito lo svilup- o appartenevano alla specie detta L. trapezoides . ei diversi periodi di evoluzione il volume di que- ste uova non cangia, ma varia moltissimo invece la loro apparenza : infatti ben presto si distingue nelle medesime uno, e più spesso due giovani. lombrichi (Tay. 4. fig. 6.) che poco a poco ingrandiscono . Il i primo uovo aperto mostrò un singolare fenomeno, giacchè ne uscì insieme colla materia viscida un ani- male vermiforme vivente, bianco, molle, rugoso tra- sversalmente (ib. fig. 12.), composto di un. corpo assai largo terminato da due appendici contorte in senso opposto . Era questo un mostro formato dalla riunione di due individui, come ha potuto. verifica- re in seguito parecchie altre volte. Le uova prima | che si mostri l’ embrione presentano due cicatricette (ib. fig. 7.) sulle quali si van formando i nuovi in- dividui: da prima piccolissimi, a corpo grosso‘e bianco, offrono di già le traccie dei loro anelli o | segmenti : una delle loro estremità è più assotiglia- ta dell’altra, ed è la testa che si mostra ancora più contrattile: sono in allora incurvati sulla parte anteriore (fig. 09.). Più tardi maggiormente si al- lungano , ed è in allora la coda che si fa più sot- tile, dissegnansi i vasi sanguigni (fig. 11.) e perfe- zionasi la loro contrattilità, e la facoltà di moversi; ben tosto una delle estremità dell’ uovo si apre, DS 234 questo che era di già divenuto rugoso e flacido si rigonfia dî nuovo : l’ aria prende il posto dell’ albu- me assorbito dal giovane animale che impiega più giorni ad uscire dall’ uovo. Nei lombrichi appena nati non si vede traccia degli organi genitali esterni, hanno allo incirca un pollice di lunghezza , e sono molto più palidi , e molli degl’ adulti . Nota l’ autore, che uova molto maggiori di lom- brichi erano di già state vedute da Courty, e de- scritte da Leon Dufour = Annales des Sciences Nat. T. v. pag. 17., e T. xiv. pag. 216. = ma che ap- partenevano certamente al lombrico gigante come glie lo hanno in seguito comprovato le proprie osserva- zioni avendone trovato di quelle che avevano sette , ed otto linee di lunghezza. Pare ancora che Swam- merdam conosciuto avesse benissimo le uova di que- sti anelidi, almeno delle specie più piccole ( Biblia naturae pag. 304. e 305. ) . 3. Siguisughe . Essendo gli organi genitali ed i fenomeni della fecondazione , e dello sviluppo de- gl’ embrioni stati esattamente descritti da parecchi celebri naturalisti : e singolarmente da Moquin, il nostro autore verificato avendo colla propria osser- vazione tutti i detagli esposti a questo proposito dai medesimi , per non perdersi in innutili ripetizioni si | limita soltanto ad accennare alcune particolarità di | non lieve importanza e sfugite agli scrittori che lo | precedettero. Nelle vescichette seminali non trovansi che dei globetti composti di un aggregato di moleco- | le più piccole, e qualche volta aderenti ad un glo- bulo un po meno voluminoso , che pare loro formi @ un poco di coda (Tav. 4 fig. 4. e 4.bis ). Ciò però che merita un esame più attento si è il confronto delle uova composte della famiglia delle sangui- sughe con quelle degli altri anelidi abranchi. La | moltiplicità degli ovuli, o dei germi è un carattere comune a tutta questa divisione degli anelidi, ma 235 fa duopo stabilire tra i loro prodotti una distinzio- ne essenziale: 1.° nelle Najadi p. e. troviamo sotto un solo inviluppo un certo numero di piccole uova aventi ciascuna il loro inviluppo particolare. Per quanto regolare sia un simile adunamento non può | megarsi che non si avvicini molto ai cordoni, o. pic- cole masse di uova deposte in una sol volta dai Ba- tracini, dai Pesci, Limnee, Tipule‘ecc. Un coadu- namento più regolare si osserva talvolta nell’ oxyuro o ascaride del rospo ( Tav. 2. fig. 8.) . Costantemen- te trovansi due uovicini contenuti entro lo stesso in- viluppo in quello del Grillo-talpa (fig. 8.bis ), nel- I Ancylus fluviatilis lo-stesso guscio contiene cinque uova (fig. 9.). Finalmente una osservazione comu- nicata all’ autore dall’ amico Sig. Courty suddetto di- ‘mostra ancora la composizione dell’ uovo della Blatta comunis: sapevasi da lungo tempo che questo insetto depone*un uovo grosissimo , ed il sullodato natura= | lista si è assicurato, che quest’ uovo contiene una | dozzena di logge trasverse ( fig. 10) in ciascuna del- le quali si forma un feto. (1) 2.° L’ uovo nelle spe- cie della famiglia delle sanguisughe, a giudicarne almeno da quello della Nephelis vulgaris è ben di- versamente conformato : la di lui membrana interna racchiude soltanto una massa d’ albume nella quale sparsi sono i germi. Lo stesso osservasi nelle uova del genere P/lararia di codesta divisione medesima, e_come si è di già dimostrato , anche in quelle dei lombrichi: e siccome in sì fatti animali un uovo co- | mune serve alla formazione , od a meglio dire con- | tiene nello stesso tempo molti individui , la mostruo- ——————————————n" (+) Questa osservazione del Sig. (‘ourty dire non si può nuova, «come pare opini l’ aut., giacchè Latreille fra gli altri scriveva. fino nel 1816. — Le femmine (del gen. Blatta ) emettono uno, o due gorpi Sopraleri quasi altrettanto grossi quanto la metà del loro ven= tre, di forma, all’inciîrca ovale, ciascuno dei quali contiene sedici uova = Nouveau Dictionnaire d’ Histoire nat. T, 11. p.475. =(Rk.) 236 sità per riunione parziale di due o più individui fa- cilmente s'intende. Questi germi poi nuotanti. nel- l’ albume sono paragonabili al tuorlo dell’ uovo de- gli altri ovipari sul quale, ed a spese del quale, da principio almeno, sviluppasi il nuovo individuo, che fimalmente racchiude entro di se codesto recipiente che evidentemente si dimostra essere un prolungamen- to, od appendice transitoria del canale alimentare . SPIEGAZIONE DELLE FIGURE . Tav. IL Fig. 1. Metà anteriore della Najade filiforme BI. - in- grandita otto volte în diametro - A, labbro ante- riore della bocca ; BB, pori od aperture del sesso mascolino ; CC, pori femminini ; DD, ovaje. Fig. 2, Vescichetta seminale , o testicolo moltissimo in- . | grandito ; dello stesso animale . Fig. 3. Ovidutto con una delle ovaje ; ridotto pure al massimo ingrandimento - A, orifizio esterno; B, specie di matrice , 0 vagina ; C, ovidutto ; D, ovaja. | fa Fig. 4. Vermicello spermattico? contenuto nella vesci- ‘chetta spermatica , fig. 2., ingrandito 36. volte in diametro . Fig. 5. Uovo composto della najade filiforme, pieno di uovicini ; ingrandito 16. volte . 3 ni Fig. 6. Tre dei uovicini predetti , contenenti il feto | quasi maturo . i | Fig. 7. Piccola najade uscita dall’ uovo, e guscio che la conteneva . i Fig. 8. Due uova composte del ozxiuro = Oxyurus Rudolphi = , od ascaride del rospo. F.8.bis Id. | del grillo talpa . } Fig. 9. Uovo composto dell’ = Ancylus fluviatilis = Pi 4 mollusco a conchiglia univalve . Fig. 10. Uovo composto della = Blatta communis = insetto ortoptere comunissimo nelle nostre case . ° È 237 Tav. IL Fig. 1. Circolazione del Lombrico gigante - A, vaso dorsale ; B, vaso ventrale ; C, vaso sotto ner- voso, ‘D, vasi moniliformi E, rami addomino- dorsali profondi s F; rami addomino-dorsali su- perficiali ; G.; grossi tronchi diretti dal vaso dor- sale allo stomaco; e prolungati merso il vaso wentrale ; H, insigne anastomosi anteriore tra il ' vaso dorsale , ed il ventrale ; I, tronchi che fan- no comunicare fra loro i rami addomino-dorsali superficiali , e profondi. Fig. 2. Uno degli apparecchi polmonari della sangui- suga officinale - A, vaso latero-inferiore ; B, ansa polmonare ; C , branca latoro-mediana dor- % sale: D, branca latero-mediana ventrale bifor- | catà, 5 E, ramo polmonare della medesima ; F, sacco ; 0 borsa polmonare . Fig. 3. Porzione dell’ ansa polmonare lacerata per far vedere il piccolo lume del vaso centrale . Fig. 4. Rete cutanea dorsale della Nefelide volgare , distesa nell’ atto della respirazione cutanea ; la doppia linea punteggiata indica lo stato del va- so dorsale contratto , durante la respirazione polmonare . . Tav, IV. Fig. 1. Porzione anteriore del lombrico gigante , aper- : ta nella regione dorsale - A, secondo ganglio : nervoso , 0 primo ganglio sotto esofageo ; seguito dalla catena degli altri ganglj ; B. Le sette ve- scichette seminali del lato destro coi loro con- dotti di comunicazione ; C, le quattro paja d’ ova- je; D, fine degli ovidotti . ( Questa figura è di grandezza naturale . ) (Fig. 2. Qvaje, ed ovidotti ingranditi - AA, le ovaje contenenti le uova ; BB, doppia fano tortuosa È; Sormata dall’ meri prima di comunicare col- l ovaja , e che probabilmente riceve e trattiene il liquore prolifico . 2 238 RITO Fig. 3. Vermicello spermatico del lombrico gigante , ingrandito 180. volte in diametro i. || Fig. 4. Molecole le quali aggregate in tante masse, come si vede nella fig. 4.bis, formano i globi composti esistenti nel liquore prolifico della san- guisuga officinale , e che probabilmente costitui- » scono i loro animaluzzi spermatici. Fig. 5. Una delle vescichette talvolta visibili nella ca- vità viscerale dei lombrichi , ingrandita sette ad otto volte in diametro , credute da Montègre , i feti di questi stessi animali , ma che contengono invece dei piccoli vermetti di forma singolare quali si vedono nelle due figure 5' , appartenenti probabilmente ad una specie particolare di verme intestinale . Fig. 6. Uova del lombrico trapezoide a diversi gradi — di maturità, e di naturale grandezza. Fig. 7- Uovi dello stesso animale come vedonsi conte- nuti ancora nell’ ovaja , e moltissimo ingrandi- ti -- F. 8. Uovo composto della Nefelide vol- gare -- F. 9. Feto di Lombrico poco innoltrato nello sviluppo -- F. 10. Un feto maturo, pure di lombrico , veduto dal lato del dorso, ed in- grandito tre volte -- F. 11. egione anteriore dello stesso molto più ingrandita -- F. 12. Due feti mostruosi în parte uniti -- F. 13. e 14. Estre- mità anteriore del lombrico trapezoide veduta di profilo , e dal lato del dorso. ( Queste e tutte le altre figure che seguono rappresentano gli og- getti duplicati, o triplicati in diametro) -- F. 15. e 16. Id. del L. rotondo -- F. 17. e 18. Id. L. anatomico -- F. 19. e 20. Id. del L. amfisbe- na —— F. ar. Sezione trasversa del L. trapezoi- de, presa verso la coda -- F. 22. id. del L. ro- j tondo — F. 23. Id. del L. anatomico -- F. 24. Id, del L. amfisbena -- F. 25. Id. del L. com-. pianato . (A. Alessandrini . ) 239 Il rimanente del discorso del Prof. ANTONIO BerTOLONI sopra la storia, ed i progressi della botanica insulare Italiana . Cola morte di Antonio Bonanni si spense la fa- miglia di lui, e ne passò l'eredità ne’ Signori Chia- relli di Palermo, come giustamente osserva il Broc- chi ( Bibl. Ital. tom. 27. p. 197.). Difatti Francesco Paolo Chiarelli nel suo Discorso che serve di preli- minare alla storia naturale di Sicilia, Palermo 1789. în 4° ripone nel numero de’ suoi maggiori tanto il Vincenzio, che l’ Antonio padre, e figlio Bonanni, e mostra possederne le opere manoscritte, aggiugnen- do, che queste erano destinate ad essere incorporate in un più vasto lavoro sopra la storia naturale della Sicilia, cominciato da Giuseppe Chiarelli padre di . lui, e continuato da Steffano, e da esso Francesco Paolo fratelli Chiarelli, del qual lavoro ora darò piena contezza , come di cosa appartenente allo sco- po di questo mio favellare. Le cure congiunte dei tre Chiarelli sopradetti si volsero ad ampliare i la- vori imperfetti del Cupani, e del Bonanni nei tre rami della storia naturale, ed il manoseritto da lo- ro composto sopra queste materie fu portato a se- «dici volumi, per quanto ne dice lo stesso Francesco Paolo Chiarelli nel già addotto Discorso che serve di \ preliminare alla storia naturale di Sicilia pag. 7. Fu loro divisamento in tal opera di aggiugnere quanto di più recente sapevasi non solo per riguardo agli | oggetti presi di vista, come ancora per riguardo ad applicarvi la sinonimia , specialmente quella degli autori Siciliani, ed a classificarli secondo il sistema di Linneo ‘introdotto intorno a que’ tempi. Eransi preparate le cose di questa guisa, ed il Francesco Paolo Chiarelli meditava di darle in luce colle stam- manì 240 pe, quando recossi da lontane regioni ad abitare in Palermo il Sig. Costantino Rafinesque Schmaltz cal- do di zelo per tutto quello, che riguarda la storia naturale , e venuto in cognizione del rarissimo Pan- phyton Cupaniano del 1713, tosto si avvisò di ri- produrlo con nuove incisioni copiate dalle antiche ; ma saputo altresì, che il Francesco Paolo Chiarelli ‘possedeva il manoscritto annunziato di sopra, e che pensava di darlo alle stampe, parvegli convenientis- simo unirsi con lui, onde mettere congiuntamente in luce un nuovo Parpkyton colle antiche tavole del Cupani per una parte, e col testo del Cupani, del Bonanni, de’ Chiarelli, e suo per l’altra, cambia- to .però il nome di Parphyton in quello di Pamphysis. Di questo suo divisamento egli diede minuta contezza in un foglio a stampa sotto il titolo di Manifesto e prospetto della Pamphysis Sicula, in cui aggiunse il frontispizio dell’opera, concepito ne’ seguenti ter- MINI : PamphysisSicula sive historia naturalis animalium, vegetabilium , et mineralium, quae in Sicilia vel in circuitu ejus inveniuntur. Opus incaeptum a R. P. Francisco Cupani , tertii Ord. S. Francisi in PanPHyTo Sicuro, continuatum suppletumque ab Antonino Bo- nanno Gervasi, Panormitano , et tandem absolutum @ Josepho, Stephano , et Francisco Paulo Chiarellis , Panormitani (sic) variarum Academiarum socii (sic), et in Regia Panormi Studiorum Universitate Chemicae et Historiae naturalis demonstratoribus , et ab hoc su- perstite typis mandatum. Sub auspiciis C. S. Rafines-. que Schmaltz Linnaeanae Philadelphiae Academiae Socio , ejusque observationibus annotationibusque locu- pletatum. Imaginibus aereis circiter 700. ab ipsis Cu- pani schematibus excriptis et exacte denuo incisis per Salvatorem De Ippolito. Panormi 1807. Ex typogra- pi Jo. Baptistae Giordano. Superiorum permissu - n4° © A | » ti 241 Inoltre volle unirvi anche una tavola per saggio delle incisioni , e questa tavola mostra nella figura prima il Trifolium elegans di Savi; e nella figura seconda la Vicia bithynica di Linneo. E già aveva | fatto incidere 120. tavole in rame; copiate, e scelte . dal Panphyton del 1713. esistente nella libreria del | Gesù in Palermo, quando nel 1810. avvisò il pub- . blico nella prefazione del suo libro intitolato Ca- Bess di alcuni nuovi generi e nuove specie di ani- | mali e piante della Sicilia pag. 3: 4.; che era stato obbligato da varie circostanze a rinunziare a questa impresa; quindi si ristrinse a fare aggiugnere a quelle | 120. tavole già incise il ritratto del Cupani; € così le portò al mumero di rar. tavola, la prima delle quali contiene il ritratto già detto del Cupani; e l’ultima le figure della Malva sylvestris ; e del La- thyrus Nissolia.: Non le accompagnò di alcun fron- tispizio, nè di alcun testo; quantunque nella co- perta del suo libretto intitolato Précis de découvertes sémiologiquess Palerme 1814. sembri annunziatle con una specie di frontispizio concepito in questi termi- ni: Cent vinght planches choisies du Panphyton sicu- lum de Cupani; e più chiaramente ancora nel primo tomo dello Specchio delle scienze; Palermo, 1814. p. 38. adduca il frontispizio seguente delle medesi- i, di cioè Cento venti tavole del PanpHyron Sicurum | di Cupani nuovamente fatte incidere col ritratto del to upani dal Sig. C. S. Rafinesque=Schmaltz ; Paler- \ mo 1812. fol ; ed in ultimo nel suo Circular ad- dress on Botany and Zoology; Philadelphia 1816. pag. 16. le distingua col nome di Panphyton Sicu- \ Zum, with one hundred, and twentyone plates. Ratis- sime poi oltre modo sono quieste tavole, ed a mé è solo nota con certezza l’esistenza di due copie del- le medesime, una delle quali è presso il Sig. Gio- vanni Gussone Botanico de’ giardini; e siti Reali di S. M. il Re delle due Sicilie , e l’ altra fu per lui Tom. I. 16 242 depositata nella libreria dell’ orto R. di Boccadifalco . | Forse si potrebbe credere, che una terza copia ne | stia presso il Sig. Prof. Decandolle a Ginevra, de- | ducendolo dal veder riferita quest’ opera nel supple- mento alla Biblioteca botanica posto alla fine del tomo secondo del suo Regni vegetabilis systema na- turale pag. 709.; ma la cosa è molto dubbid, per- chè il titolo, col quale il libro vi è manifestato, è evidentemente copiato dallo Specchio delle scienze tom. 1. p. 38., titolo, ehe in realtà non esiste nel libro stesso, come ho già fatto osservare . La cagione poi di così grande rarità di queste tavole ce la svela lo stesso Rafinesque nel Circular adress on. Botany and Zoology pag. 6., e 16., ‘ca- gione, la quale, comecchè non avente riparo , rie- sce infinitamente disgustosa. Le convulsioni politi- | che, donde era agitata 1° Europa intorno all’ anno | 1815. determinarono il Sig. Rafinesque ad abbando- narla per recarsi a cercare tranquillità nell’ America settentrionale. Adunque egli lasciò la Sicilia ai due di Luglio dell’anno 1815. facendo vela pel nuovo mondo , e già toccava le spiaggie Americane, quan- do il dì tre di Novembre, insorta fiera burrasca, il - naviglio, in che trovavasi, fece fatalmente naufra- | gio, ed in quel naufragio perirono tutti i libri, e manoscritti di lui, perirono le tavole, i disegni, l’erbario , le collezioni di animali, e di minerali, che costata gli erano la fatica di anni ed anni, e_ con queste cose perì pur anche tutto il materiale. dell'edizione delle 120. tavole del Cupani, compre-. so il testo, che doveva accompagnarle, il quale ol-. tre ai nomi di Linneo, e de’ moderni autori appli- cati alle figure del Cupani conteneva la descrizione di circa un centinaio di specie nuove, ed esso Has finesque potè a gran fatica salvare la propria vita. col prender terra vicino alla Nuova-Londra nel Con. Cu necticut. i vit. (E TE sen en tg: mute cn i 243 Se da una parte le tavole Cupaniane riprodotte \-dal Rafinesque non sortirono il bramato effetto, nem- meno il voluminoso manoscritto de’ Signori Chiarel- li lo sortì, perehè giacque inoperoso , e dimentica- to. Il Brocchi ( Bibl. Ital. tom. 27. p. 197.) es- sendosi recato a Palermo fece ricerche di questo manoseritto presso gli eredi del Francesco Paolo Chiarelli già mancato di vita, da’ quali seppe, che | era stato comperato dal Sig. Barone Antonino Bivo- na-Bernardi, e dallo stesso ceduto alla biblioteca del Senato di Palermo. Così per grande disavventura . della scienza sinistramente finirono tutti i tentativi fin quì fatti per ridare il Panphyton del Cupani, libro il più sfortunato, e mello stesso tempo il più desiderato da’ botanici. Ed oh! nascesse pure una mano benefica, che volesse riprodurlo in tutta la sua semplieità;; quale lo. ebbimo nella rarissima edizione del 1713. , e secondo la copia, che ne esi- ste nella biblioteca di Catania, come quella che è la più ricca di tavole, soppresse però quelle quat- tro, che il P. Guttadauro assicurò essere duplicate nel Catanese esemplare. Di nulla più abbisogna og- gidì la scienza, la quale delle figure degli oggetti naturali lasciate dagli antichi al certo fa conto as- sai, non eosì de’ loro scritti, comecchè imperfettis- simi in confronto di quelli, che si producono adesso in mezzo a tanto lume delle scienze della natura . Dopo la morte del Bonanni la botanica della Si- | cilia restò lunga pezza in silenzio, almeno fino al _ comparire del grande Linneo , il. quale avendo de- | stato altissimo amore della scienza ne’ suoi amici, e discepoli fece sì, che costoro si spandessero per tutto il mondo in traceia di piante, che a lui di ‘poi trasmettevano ; e vennero in Italia il Rathgeb, ed il Koehler a farsi ricchi non meno delle nostre specie continentali, che di quelle ancora della Si- cilia, «se bene mi avviso; perchè io intendo attri- VA 244 buire alle loro raccolte le molte piante non regi- strate nelle opere del Cupani, e del Boccone, alle quali il Linneo assegnò per patria la Sicilia nelle due edizioni delle Species plantarum, Holmiae im- pensis Laurentii Salvii 1753. la prima, e 1762. 1763. la seconda, ciascuna in due volumi in 8.° Mancato il Linneo, sorse in Sicilia stessa un va- lente botanico, il quale giovandosi delle dottrine Linneane allora invalse per tutta 1’ Europa con tan- to vantaggio della botanica diede mano ad un la- voro, che comprende molta parte della Flora Sici- liana. Questi fu il P. Bernardino da Ucria della provincia di val di Mazzara, il quale fu dimostra- tore delle piante nella R. Università di Palermo, ed ebbe la direzione dell’ orto. botanico Palermitano ., Pertanto egli pose ogni industria a conoscere le piante, che spontaneamente nascono nella Sicilia , e di queste poi diede un copioso elenco nella sua opera intitolata Hortus regius Panormitanus etc. , Pa- normi 1789. , typis regiis ; in 4. piccolo, dove le unì colle piante esotiche coltivate notandone oltre i ca- ratteri distintivi il nome vernacolo Siciliano; il luo- go di loro nascita nell’ isola; e le virtù, e manipo- lazioni, quando erano di uso. Inoltre avendo sco- perto trentadue specie nuove indigene della Sicilia si avvisò di descriverle in un’ altra memoria, che intitolò Plantae ad Linnacanum opus addendae, et secundum systema Linnaei noviter descriptae, e che fece inserire nel tomo sesto p. 244. della raccolta di Opuscoli di autori Siciliani; Palermo 1793. per le stampe di Solli . ILARIA E quasi nella stessa epoca si fece illustratore di piante Siciliane il Sig. Giovanni Sibthorp Professo- re di Botanica nell’ Università di Oxford, il quale negli anni 1785., e 1795. avendo per ben due vol- te intrapreso il viaggio della Grecia per tesserne la Flora percorse del pari 1 Italia, e la Sicilia, ove I ) { sica 245 pure raccolse piante, di cui diede schiarimenti,. e talvolta figure; ma immatura morte gli impedì di mettere al giorno i suoi preziosi lavori, i quali di poi ebbero la sorte di essere pubblicati, ed ampliati per le cure del fu Giacomo Odoardo Smith, che è quanto dire del primo de’ botanici allora vivi, ed escirono sotto i titoli seguenti: 1. Florae Graecae Prodromus: sive plantarum omnium enumeratio , quas in provinciis, aut insulis Graeciae in- venit Johannes Sibthorp etc. Hic illic etiam insertae sunt pauculae species , quas vir idem clarissimus , Grae- ciam versus navigans, in itinere, praesertim apud Ita- liam , et Siciliam invenerit (sic). Characteres, et sy- nonyma omnium cum annotationibus elaboravit Jacobus Edvardus Smith etc. vol. 1-2., Londini: typis Ri- chardi Taylor, et Socii etc. 1806 - 1813. In 8.° gran- de. Questi due volumi sono distribuiti in quattro parti, e l’opera è compita. 2. Flora Graeca; sive plantarum rariorum historia , quas in provinciis aut insulis Graeciae legit , investi- gavit , et depingi curavit Johannes Sibthorp etc. Cha- racteres omnium , descriptiones , et synonyma elabora- vit Jacobus Edvardus Smith etc. Londini: typis Ri- chardi Taylor, et Socii etc. 1806. et seq. vol. 1-0. In fogl:°, con figure colorite, le quali sono del più bello , e del più utile effetto. È dolente, che per la morte dello Smith avvenuta nel mese di Marzo del- l’anno scorso questa Flora sia rimasta sospesa col sesto volume, che arriva a comprendere parte della classe Didynamia . Giova però sperare, che gli am- ministratori del lascito Sibthorpiano destinato alla pubblicazione della medesima daranno opera, per- chè venga continuata, ponendola in quelle mani più abili, che colla scorta dell’ erbario Linneano possa- no rendere meno sensibile la perdita del suo primo illustratore . Finalmente il celebre Domenico Cirillo tra i bo- 246 tanici di questa centuria parlò di alcune poche spe- cie della Sicilia nel libro, che intitolò Plantarum rariorum regni Neapolitani fasciculus secundus , Nea- poli, 1792. In foglio con tavole. h Avvicinavasi frattanto il secolo decimonono, de- stinato a dare alla Sicilia uno scelto drappello di botanici insigni, i quali gareggiassero nell’ illustra- re la Flora di quell’ isola beata. Il primo di loro a mostrarsi fu il Sig. Barone Antonino Bivona-Ber- nardi, del quale ho fatto più volte menzione in questo discorso. Fervido, e perspicace d’ingegno egli si diede nel fiore di gioventù allo studio della botanica, ed io, che lo conobbi di passaggio per Sarzana nel 1804., e poi in Pisa nel 1806., nella quale occasione corremmo erborizzando insieme il monte della Nuda vicino a Sarzana, ed il monte di S. Giuliano sopra a’ bagni di Pisa, ben m’avviddi di quanta speranza egli fesse per la scienza , e con ca- Jore gli feci animo a perseverare in quello studio, e particolarmente ad | lfustrae le piante della Sicilia . Nè le mie parole furono vane. Conciosiacosacchè il Bivona tornato in Palermo sua patria prese immedia- tamente a raccogliere le piante dell’ isola, delle quali per due volte gentilmente mandommi ricca serie di esemplari secchi, e dopo avere ben ponde- rate le specie per lui raccolte, fece di pubblica ragione le sue osservazioni intorno alle medesime colle opere seguenti, le quali spirano esattezza, e gravità di sapere per ogni dove, che si rimirino. Eccone 1’ elenco . 1. Sicularum plantarum Centuria prima, et secun= da , Panormi apud Philippum Barcavecchia 1806. - - 1807. Due volumetti in 4.° piccolo con tavole in rame. 2. Monografia delle Tolpidi. Palermo 1809. per le stampe. di Sanfilippo . In fogl.° con tavole in rame. 3. Descrizione di tre nuove piante di Sicilia AsrRA- rate a 247 GALUS SICULUS, ANTHOXANTHUM GRACILE, e BARK 4U- SIA HYEMALIS. Sta nel Giornale letterario, e politico di Palermo anno 1810. n. 4. 8. 10. : 4. Stirpium rariorum minusque cognitarum in Sicilia sponte provenientium descriptiones nonnullis iconibus au- ctae Manipulus 1. Panormi typis Regiis 1813. — Ma- nipulus 2. Panormi, typis Laurentiù Dato 1814. — Manipulus 3. :Panormi, typis Vincentii Lipomi 1815. — Manipulus 4. Panormi, typis Laurentii Dato 1816. Tutti in 4° piccolo con tavole in rame. 5. Scinaia algarum marinarum novum genus. Me- moria inserita nell’ Iride Giornale di scienze , lettere , ed arti per la Sicilia n. 5. Marzo 1822. E riguardo alle opere anzidette solo mi permet- terò di fare un’osservazione intorno alla Monografia delle Tolpidi. Quivi l’ autore pubblica come nuove co’ nomi di To/pis quatriaristata pag. 19. tab. 1., € di Tolpis sexaristata pag. 11. tab. 2. due specie, che io avevo già fatto di pubblica ragione nel' mio li- briccino intitolato Rariorum Liguriae plantarum De- cas prima, Genuae 1803. typis Societatis aemulationis , la prima sotto il nome di To/pis umbellata pag. 13. , e la seconda sotto quello di To/pis virgata pag. 15. Nè era questa mia decade ignota al Sig. Bivona, sebbene egli tacesse della medesima nella sua /Mo- nografia ; del quale suo tacere avvidesi il Rafinesque, e nello Specchio delle scienze tom. 1. p. 39. annun- ziando l’opera del Bivona fece notare, che delle cinque specie ivi annoverate la sola creduta nuova , cioè la To/pis quatriaristata , era la mia 1olpis um- bellata. Ma ciò sia detto per incidente. Del resto poi è da dolersi altamente, che il Sig. Bivona ora distratto da altre occupazioni abbia troppo presto abbandonata la botanica patria, della quale si era reso con tanta celebrità, e merito illustratore dili- gentissimo . Intorno al tempo, in che il Bivona prese a pub- 248 ' blicare le sue opere sopra le piante Siciliane venne ad abitare in Palermo il Sig. Costantino S. Rafines- que Schmalz zelante naturalista , il quale non sì to- sto pose piéde a terra, che tutto si diede a studia- re gli oggetti di storia naturale della Sicilia, a qualunque ramo appartenessero ; nè tardò a fare di pubblica ragione colle stampe le molte sue osserva- zioni di questo genere. Non è mio scopo di quì ri- ferire tutte le opere divulgate dal Rafinesque sopra la Sicilia ; ma è mio dovere di fare principalmente conoscere quelle , nelle quali tratta delle piante ivi nascenti. È } Adunque nel 1807. egli pubblicò primieramente in Palermo colle stampe di Gianbattista. Giordano il Manifesto e Prospetto della Pamphysis sicula , del quale ho già dato abbastanza contezza . Il secondo suo lavoro ebbe per titolo Caratteri di alcuni nuovi generi e nuove specie di animali e pian- te della Sicilia con varie osservazioni sopra î medesi- mi, Palermo 1810. per le stampe di Sanfilippo. In 4.° piccolo, con tavole in rame. Tutta la seconda parte di questo libro, la quale dalla pag. 71. va sino alla fine del medesimo, è dedicata alla descri- zione delle piante, e queste sono pregevolissime , e per la maggior parte nuove. Di alcune poche vi è data la figura, ma rozzamente, e tra queste figure si osserva quella della Xo/antha racemosa, ivi tav. 18. . fig. 1., di che giova far cenno per avvertire i bo- tanici principianti di quanto bisogna andare guar- dinghi nell’ addottare generi, e specie nuove. Im- perciocchè un esemplare del Cistus guttatus L., nel quale era caduta la corolla per essere passate le nozze, ne impose per modo al Rafinesque da repu- tarlo pianta appartenente ad un nuovo genere, e ad una nuova specie. La terza opera è la Statistica generale di Sicilia de’ Signori D. D. Giuseppe Emmanuele Ortolani Av- i | 249 VW i. vocato e Mineralogico, e Costantino S. Rafinesque Schmaltz negoziante e naturalista in due parti, nella prima si descrive il Fisico della Sicilia , nella secon- da il suo morale. Palermo 1810. Dalla reale stam- peria . In 4.° piccolo con due carte geografiche, una della Sicilia moderna, e l’altra della Sicilia antica. In questo libro dalla pag. 26. alla pag. 32. fu po- sto dal Rafinesque il catalogo delle piante indigene della Sicilia, indi si tratta degli altri vegetabili, che ivi si coltivano, Quì cade la stampa delle 120. tavole tratte. dal Panphyton del Cupani, le quali erano finite intorno all’anno 1812. Di queste ho dato bastante notizia di sopra mostrando essere un’ opera non finita. Segue il libretto intitolato Précis des découvertes et travaux sémiologiques de M. C. S. Rafinesque- -Schmaltz entre 1800 - 1814. , ou choix raisonné de ses principales découvertes en Zoolozie , et en Botanique, pour servir d’ instruction è ses ouvrages futurs . Paler- me, Royale typographie militaire 1814. In 4.° picco- lissimo , che sembra un 8.° piccolo. È in questo li- bro, dove l’ autore comincia a sfoggiare la sua stra- boccheyole smania per le innovazioni tanto nel re- gno animale, che nel regno vegetabile; quindi in- troduce nuove classificazioni, nuovi ordini, e soyente ancora nuovi generi. Nel che al certo egli non si rese commendevole ; ma commendevoli sono le molte specie nuove di.piante Siciliane quivi descritte dal- la pag.' 35. sino alla fine del libro. Dopo ciò venne in luce la sua Ch/oris aethnensis, o le quattro Florule del monte Etna, catalogo meto- dico delle piante di quel vulcano, e questo lavoro si trova inserito nell’ opera del Recupero intitolata Sto- ria naturale e generale dell’ Etna del Canonico Giusep- pe Recupero segretario de’ Pastori Etnei, socio de’ Colombarii di Firenze, e membro degli Antiquarii di Londra: opera postuma arricchita di moltissime inte- 250 ressanti annotazioni di suo nipote Agostino Recupero . Catania , dalla stamperia della Regia Università degli studii 1805. Tomi due in 4.° con figure. Finalmente trovansi alcune memorie del Rafines- que sopra piante nuove della Sicilia nell’ opera periodica, che egli prese a pubblicare in Palermo sotto il titolo di Specchio delle scienze, o Giornale enciclopedico di Sicilia, deposito letterario delle mo- derne cognizioni, scoperte, ed osservazioni sopra le scienze ed arti, e particolarmente sopra la Fisica, la Chimica, la Storia naturale, la Botanica, l’ Agri- coltura, la Medicina , il Commercio , la Legislazio- ne , l Educazione. Palermo , 1814. Dalla tipografia di Francesco Abate q. Domenico . In 4.° piccolo. Nè uscirono soli due tomi con due tavole. E’ pare , che egli avesse preparato il manoscritto della Flora sicula , il quale comprendeva due mila specie , e sarebbe stato accompagnato da parecchie tavole; ma questo perì nel fatale. naufragio già per noi annunziato, siccome esso Rafinesque dice nel Circular address pag. 16. da: Mancato il Rafinesque , seguitò ad illustrare la Bo- tanica Siciliana il Sig. Vincenzio Tineo producendo- si al pabblico con un opuscoletto , in cui descrisse venti specie tra nuove, o rare indigene della Sici- lia, al quale opuscoletto fece il seguente titolo : Plantarum rariorum Siciliae minus cognitarum pugillus primus, Panormi 1817., typis regiis. In 12° Di poi il Sig. Tineo divenuto professore di Botanica, e di Materia medica nell’ Università di Palermo, e diret- tore di quell’ orto botanico pubblicò il Catalogus plantarum horti Regii Panormitani ad annum 1827. Panormi ex regali Typographia 1827. In 4.° piccolo. Quivi non meno riferì i nomi delle piante coltivate in quell’orto, che quelli delle piante spontanee del- la Sicilia, ed in fine aggiunse sotto il titolo di Ad - notationes le caratteristiche di diciotto specie Sici- liane è rare, o nuove. n ‘ DOI E frattanto , che il Tineo si occupava di questi suoi lavori, venne in Sicilia il Sig. Dott. Carlo Bo- riwog Presl di Praga, il quale vi raccolse con molta cura le piante, nè tardò a concepire l’idea di dare una Flora sicula ordinata secondo il sistema sessua- le. Di questa aveva già fatto stampare quattro fogli in 8.° grande segnati da A. sino in D., numerati di 64. facciate, la prima delle quali comincia colla prefazione senza alcun frontispizio , che la preceda, e l ultima finisce colla descrizione della P/antago subulata ; ma giunto a questo punto desistè dall’ in- . trapresa . Io ho veduto una sola copia di tal lavoro presso il Sig. Giovanni Gussone, e credo, che sia l’ unica esistente tra noi. Non per questo il Presl abbandonò il pensamento di mettere al giorno le sue osservazioni, e scoperte fatte in Sicilia , che anzi egli cominciò ben presto a produrre la seguente operet- ta, la quale sembrami fatta con una parte de’ fogli stessi, di che ho parlato dianzi, mutate le poche cose , che erano da mutarsi. Eccone il titolo : Cy- peraceae et Graminaceae Siculae , Pragae 1820. apud D. Hartmann. In 8.° grande, Di poi nel primo vo- lume delle sue Deliciae Pragenses historiam natura- lem spectantes, Pragae sumptibus Calve 1822. In 8.° pag. 1., pose un interessantissimo opuscolo intitolato Plantarum rariorum Siciliae aliarumque minus cogni- . tarum diagnoses et descriptiones . Infine riasunse il la- voro della Flora Siciliana, cui ordinò secondo il metodo naturale, e già ha dato in luce il primo volume della medesima sotto il seguente titolo: F/o- ra sicula exhibens plantas vasculosas in Sicilia aut sponte crescentes , aut frequentissime cultas secundum systema naturale digestas . T'omus primus . Pragae sum- tibus A. Borrosch 1826. In 8.° grande. In tutte que- ste opere il giovine Presl si mostra ardentissimo di arricchire di nuove specie il regno di Flora, e non è dubbio, che non siavi in parte riuscito, Tuttavia 252 h vorremmo dire , che egli intende averne trovate più assai, che in realtà non sono. Poco dopo del Presl viaggiarono per la Sicilia al- tri zelanti botanici oltramontani, ed Italiani, il Sig. G. F. Schow Danimarchese , il Sig. Giorgio Jan Vien- nese Professore di Botanica nell’ Università di Parma, il nostro Gianbattista Brocchi di chiarissima memo- ria, ed il Sig. Steffano Moricand di Ginevra. Alcu- ni di questi diedero un qualche saggio delle cose, che ivi osservarono, e raccolsero. Lo Schow mise alle stampe in lingua tedesca un opuscolo, il cni titolo volgarizzato è, come segue : Prospetto di una descrizione geografica delle piante d’ Italia, e di Si- cilia, con un saggio di monografia delle specie del genere CAMPANULA indigene dell’ Italia , e questo o- puscolo fatto voltare in Italiano, ed arricchito di osservazioni dal Ch. Sig. Professore Giuseppe Moret- ti fu inserito nel Giornale di Fisica, Chimica , Sto- ria naturale ec. de° Professori Configliacchi, e Bru- gnatelli Dec. 2. tom. 7. pag. 23. Il Prof. Jan an- ‘nunciò tutte le piante per lui osservate in Sicilia nell’ anno 1825. nel suo E/ernchus plantarum , quae in horto Ducali Botanico Parmensi anno 1826. colun- tur, et quae exsiccatae pro mutua offeruntur commu= tatione. Parmae 18206. - 1828. In foglio grande. Del quale catalogo i fogli pubblicati sino al giorno d’ og- «gi comprendono le piante, che dalla Monandria giungono sino a tutta la Diadelphia. Per vero que- Sto si può dire l’ elenco non dell’ orto botanico Par- mense, ma del ricco erbario del Prof. Jan, ove le piante Siciliane sono fatte conoscere con un apposi- to segno , ed alcune di queste ‘sonovi indicate per nuove. Del Brocchi nulla si ha alle stampe su que- sta materia, e se si adduce qualche pianta di quel- l’ isola nelle sue Osservazioni naturali fatte in alcune parti degli Apennini degli Abruzzi inserite nella Bi- blioteca Italiana tem. 28. pag. 209.; e tom. 29. pag. 253 79. , ciò è sull’ autorità altrui, e non per sua pro- pria osservazione; anzi la disgrazia avendolo condot- to a perire nelle aduste arene dell’ Etiopia conviene forse deplorare come perduta alla scienza la sua rac- colta delle piante di Sicilia. Per ultimo il Moricand avendo passate al Chiariss. Decandolle le piante da lui messe assieme in quell’ isola, noi le veggiamo fi- gurare nelle insigni opere del Decandolle intitolate: t. Regni wegetabilis systema naturale etc. Parisiis sumptibus sociorum Treuttel, et Wiirtz etc. tom. 1-2. 1818 - 1821. In 8.°; opera da continuarsi. 2. Prodromus systematis naturalis regni wegetabilis etc. Parisiis sumptibus sociorum Treuttel, et Wiirtz etc. Pars 1-3.1824 - 1828. In 8.°; opera da continuarsi. E frattanto, che tutti questi botanici ‘gareggia- vano nel dar luce alla Flora Siciliana, sorgeva in Catania l’ Accademia Gioienia principalmente desti- nata ad illustrare la storia naturale patria. Lo che con quanto zelo, e con quanto onore per lei'si e- seguisca, ne fanno chiara prova i due tomi de’ suoi Atti messi alle stampe sotto il titolo di Atti dell” Ac- cademia Gioienia delle scienze naturali. Catania da’ torchi della R. Università degli studii 1825. 1827. In 4.° con tavole. Pertanto le memorie, che riguardano la botanica Siciliana, inserite in questi due tomi sono le seguenti: |. i 1. Trattato dei bosci dell’ Etna del Prof. Salvatore Scuderi. Ivi tom. 1. pag. 4o0., e pag. 241. 2. Saggio di topografia botanica della campagna detta l’ arena di Catania col catalogo delle piante, che spontaneamente vi nascono del Prof. Francesco Cosentini. Ivi tom. 1. pag. 147. 3. Continuazione del trattato de’ boschi dell’ Etna del Prof. Scuderi. Ivi tom. 2. pag. 19.; ove però non è più questione delle specie di piante, che for- mano que’ boschi, bensì della posizione, estensione , qualità del terreno ec. de’ medesimi. SN 254 4. Saggio di una Flora medica Catanese, ossia ca- talogo delle principali piante medicinali, che sponta- neamente crescono in Catania , e ne’ suoi contorni, con la indicazione delle loro mediche azioni, del Prof. Carlo Maravigna . Ivi tom. 2. pag. 67. Questo è un egregio lavoro, nel quale ogni specie è descritta colla debita esattezza scientifica, ed è corredata di quelle osservazioni , le quali ne additano le pro- prietà chimiche, e mediche con verità, e non colle ordinarie millanterie . ._ 5. Memoria sull’ AcrostIcHUM CATANENSE del Prof. Ferdinando Cosentini. Ivi tom. 2. p. 207. con una tavola, la quale rappresenta questa rara pianta, non però esclusiva della Sicilia, perchè fu trovata dal Prof. Moris in Sardegna, e ila altri nelle coste della Spagna, della Barbaria, e nelle Canarie, essendo essa in realtà l’ Acrostichum velleum. dello Swartz, e del Willdenow , ossia la Motholaena vel- lea del Desvaux. Se non che la gloria di portare la Flora Sicilia- na al colmo della sua perfezione, e celebrità era ri- serbata al Chiarissimo Giovanni Gussone. Destinato egli dal già Principe di Calabria, ed ora FrAncESco I. Re delle dne Sicilie, alla direzione dell’ orto bo- tanieo di Boccadifaleo situato vicino a Palermo non sì tosto assunse l’incarico, che tutto si diede allo studio delle piante di quell’ isola percorrendola qua- si per ogni lato, senza che le fatiche , i pericoli, e le pene lo distogliessero mai da così bella intra- presa , e dopo avere radunata la più ricca suppel- lettile di piante; che mai fosse stata ivi raccolta , dopo averla con ogni diligenza esaminata , e studia- ta cominciò a pubblicare alcune specie nuove di que- sta Flora in un’ appendice al suo Caztalogus planta- rum quae asservantur in Regio horto Serenissimi Fran- cisci Borbonii Principis juventutis in Boccadifalco prope Panormum ; Neapoli ; typis Angeli Tani 1821. 8°, ed 255 annoverò altresì in questo stesso catalogo una numero- sa serie di piante indigene della Sicilia contrassegnan- dole di un asterisco. Adoperò della guisa stessa ne’ fogli a stampa sotto il titolo di Index seminum anni 1825., 1826., 1828., ne’ quali indici seguitò a da- re i caratteri distintivi di qualche specie nuova Si- ciliana. Ma finalmente riunendo tutte le sue os- servazioni, e scoperte pose mano al gran lavoro della Flora della Sicilia, cui divise in due opere; all’ una fece il titolo dì Florae Siculae prodromus , sive plantarum in Sicilia ulteriori nascentium enumeratio etc. Neapoli, ex Regia typographia, 1827. In 8.°, e questa è ripartita in due tomi, il secondo de’ quali sta ora sotto il torchio; all’ altra pose il nome di Flora Sicula sive descriptiones ;, et. icones plantarum rariorum Siciliae ulterioris Francisci I. Borbonii Re- gis utriusque Siciliae regni jussu edita a Joanne Gussone etc., Neapoli, ex Regia typographia, 1829. In fogl.° con figure nitissime , tirate a colori, e di questa è usci- to sino ad ora il solo primo fascicolo ; a. cui succe- deranno gli altri con alacrità , dovendosene pubbli - care almeno quattro all’ anno. Amendue le opere poi furono dall’ autore dedicate all’ augusto suo. ME- ceNATE, .e per la loro esattezza, e splendidezza ben può dirsi, che sono lavori degni del gran MECENATE delle scienze fisiche e naturali della più bella parte dell’ Italia . Siami in ultimo concesso di annoverare tra i bo- tanici benemeriti della Sicilia il Sig. Antonio Arro- sto di Messina , il quale, se non diede alle stampe lavori, che della Flora patria appositamente trat- ‘ tassero , fu generoso altrui del suo erbario, e delle sue vaste cognizioni sopra le piante Siciliane, sie- come ne fanno ampia testimonianza il Sibthorp, il Bivona, il Rafinesque , il Presl, ed il Gussone nelle opere loro, che io già feci conoscere. Non è da aspettarsi, che io abbia a tenere un di- ti 256 scorso egualmente lungo intorno alla storia botanica della Corsica, e della Sardegna. Le costoro popo- lazioni non ingentilirono di costumi così presto come la Sicilia, perchè non coltivarono così da antico le scienze, come le coltivarono i Siciliani; laonde non è a meravigliare , se più tarde, e più incomplete si ebbero le notizie intorno alle loro produzioni natu- rali. E per cominciare dalla Corsica dirò, che il primo botanico , il quale la visitasse, fu Paolo Boc- cone , siccome risulta dalle sue Osservazioni naturali ec., Bologna per il Manolessi, 1684. In 12.° con una tav., come pure dal suo Museo di fisica, e di esperienze , e meglio ancora dal Museo di piante rare già per noi addotti. Il Mongitore poi sulla fede del- l’ Oldoino assicura nella B:0/. Sic. fom. 2. p. 328. , che esso Boccone non si era limitato alla sola bota- nica , ma che aveva preparato un opera sopra tutta la storia naturale della Corsica, la quale opera per vero non vide mai la luce. tà Dopo il Boccone passò lungo intervallo senza che alcuno si occupasse delle piante Corse, e finalmen- te il Dott. Domenico Valle di Torino recatosi nel- l’anno 1747. in quell’ isola prese a raccoglierne le piante, non che le altre produzioni naturali; ma sorpreso da febbre micidiale prestamente perì senza potere pubblicare cosa alcuna delle sme scoperte. Il celebre Carlo. Allioni acquistò di poi le raccolte, ed i manoscritti del Valle ( A/lion. in Rar. Pedem. stirp. specim. 1. p. 23. in adnot.); € sebbene gran parte di quelle piante Corse, per incuria di chi le ebbe dopo la morte del Valle, perisse: tuttavia perven- nero all’ Allioni quelle delle medesime; che erano state trovate intorno a S. Fiorenzo, quali esso Al- lioni rese di pubblica ragione coll’ operetta intitola ta Felicis Valle Florula Corsicae edita a Carolo Al- lioni, ed inserita nella collezione oggi addivenuta assai rara delle Miscellanea Taurinensia tomus alter , i 257 ossia Mélange de philosophie et de mathématique de la Societé Royale de Turin pour les années 1760. 1761. Turin, de l’ imprimerie Royale. In 4.° pag. 204. Poco al certo somministrava questo lavoro al re- «gno di Flora, quindi rimaneva larga messe da mietere ad altri botanici. Visitarono di fatti la Corsica ne’ tempi a noi più vicini i Signori Labil- lardiere, Lasalle, Robert, Martin, Salzmann; Miot, Noisette, Requien, Puzolz, Soleirol; Thomas, e Se- rafino ; e questi per la maggior, parte passarono a mano di altri valenti botanici le piante; che vi sco- prirono, pochissimi di loro pubblicandole da per se. Quindi si videro molte belle specie della Corsica re- gistrate dal Decandolle nella F/ore Francaise ou de-. scriptions succintes de toutes les plantes qui croissent naturellement en France, troisieme edition etc. tom. 1-5. ( six volum. ) Paris 1805 - 1815. Chez Desray,; et Agasse ; 8.°, siccome pure ne’ volumi già per noi addotti tanto del Regni vegetabilis systema naturale , che del Prodromus systematis naturalis. Parimente molte piante Corse ; e forse in maggior numero, veg- gonsi riferite dal Loiseleur Deslongchamps nelle sue opere; che hanno per titolo : 1. Flora Gallica seu Enumeratio plantarum in Gal- lia sponte nascentium < pars 1-2. Lutetiae, ex typis Matthaei Migneret 1806. 1807. In sesterno con tav. Della quale opera si è pubblicata la seconda edi- zione Parisiis 1828. Bailliere. Due vol. in 8.° con tavole . a. Notice sur les plantes è ajouter à la Flore de France. Paris J. B. Sajou 1810. In 8.° con tav. 3. Nouvelle notice sur les plantes è ajouter à la Flo- re de France. Paris au secretariat de la Société Lin- néenne 1827. In 8.° Operetta quasi intieramente dedi- cata ad esporre specie nuove, o rare della Corsica . Infine il Dott. Steffano Serafino di Bonifacio mandò al Chiariss, Sig. Prof. Domenico Viviani suo maestro Tom. I. 17 \ 258 la bella serie di piante per lui rinvenute in quell’ i- sola, e segnatamente ne’ monti Coscione, e Cagna, non che in altre isolette vieine, ed il Prof. Viviani le fece principalmente conoscere ne’ due opuscoletti intitolati : 1. Florae Corsicae specierum novarum, vel minus cognitarum diagnosis . ‘Genuae , 1824. Typographia Pagano . In 4.° 2. Appendix ad Florae Corsicaè prodromum. Ge- nuae 1825. T'ypis Gravier. In 4.° con una tavola . Inoltre annunziò alcune piante della Corsica nel suo insigne F/orae Libycae Specimen etc. Genuae ex typographia Pagano 1824. In fogl.° con tav., e se- gnatamente nell’ appendice posta a carte 67. di que- sto libro sotto il titolo di /Novarum specierum dia- gnosis etc. Riguardo poi agli autori, che di per se pubblicarono le piante da loro scoperte in. Corsica, questi sono il Labillardiere , siccome vedesi nelle sue Icones plantarum Syriae rariorum descriptionibus et ob- servationibus illustratae. Decas I-V. Parisiis apud Prevost etc. 1791 - 1812. In 4.° con tavole, il Mar- tin in una memoria intitolata Note sur quelques plan- tes de Corse, ed inserita nella Bibliothéque physico- -économique n. 5. Pluviose An XIII. , il Requien pu- re in una memoria intitolata Observations sur quel- ques plantes rares ou nouvelles de la Flore Frangaise . posta negli Annales des sciences naturelles tom. 5. p- 381., nella qual memoria si descrivono nove specie nuove della Corsica, ed una della vicina isoletta de’ Lavezzi, e finalmente il Salzmmann nella Enumeratio plantarum rariorum etc. Monspelii ‘1818. In 8.° e nel Flora oder botanische Zeitung an. 1821. vol. 1. p. 111. Le piante della Sardegna ebbero anche meno e- sploratori di quelle della Corsica, perchè tranne qualche cenno in Plinio dello Apiastro reputato ve - lenoso : sed in confessa damnatione venenatum est in Sardinia Plin. Nat. hist. lib. 20. cap. xI.; ebbesi 25 la prima meschinissima cognizione di piante Sarde per mezzo del Fasciculus stirpium Sardiniae in diae- cesi Calaris lectarum pubblicato da Carlo Allioni nel tomo primo delle Miscellanea philosophico-mathematica Societatis privatae Taurinensis , Augustae-Taurinorum ex typographia Regia 1769. , 4°, pag. 88., il qua- le fascicolo comprendeva una picciola serie di pian- te, che erano state osservate , e raccolte nelle vicinanze ‘di Cagliari da Michele Antonio Piazza Chirurgo Torinese, primo botanico , che si facesse a visitare quell’ isola. Dopo il Piazza venne in Cagliari quel Professore di Botanica e di Materia medica il Dott. De Giovan- ni, e parimente venne in Sassari nella stessa. quali- tà il Dott. Pitalis, amendue Piemontesi, e questi si diedero a raccogliere le piante indigene delle vici- nanze di quelle due città ; ma le loro raccolte pe- rirono senza alcun emolumento della seienza . Anche il celebre Martino Vahl toccò la Sardegna, e vi raccolse piante, e tra le altre vi rinvenne una specie nuova di Gerista , o Spartium , che mandò al Decandolle , siccome questi mi scriveva in una let- tera in data dei 18. Marzo 1825., ove pure mi av- visava , che l'avrebbe pubblicata nel suo Prodromus syst. natur. col nome di Genista ephedrioides , come ve la pubblicò di fatto rel tor. 2. p. 147. n. 18. escito in luce nello stesso anno 1825., mentre che tanto il Gussone , quanto il Viviani la pubblicarono contemporaneamente al Decandolle , il primo sotto il nome di Spartium Gasparinii nell’ Index seminum anni 1825. pag. 11., ed il secondo sotto quello di Spartium gymnopterum nell’ Appendix ad Florae Corsicae pro- dromum pag. Il Dott. Gianbattista Badarò di Laigueglia, già mio discepolo , il quale ora percorre le contrade del Brasile in traccia di piante, visitò per due volte la Sardegna settentrionale ,- e vi raccolse non poche 260 belle specie, delle quali mi fu cortese. Di alcune di queste .trovate nel primo viaggio fece cenno in una memoria intitolata Osservazioni sopra diverse piante della Liguria occidentale ,. e della Sardegna , cui egli inserì nel Giornale di Fisica, Chimica , Sto- ria naturale ec. , de’ Professori Configliacchi, e Bru- gnatelli dec. 2. tom. 7. pag. 363. Anche il Dott. Steffano Serafmo rammentato di sopra visitò la Sardegna settentrionale relle vicinan- ze di Castel Sardo, e mandò le piante ivi raccolte sì a me, che al Prof. Viviani, il quale le addusse nelle stesse opere sopra le piante della Corsica, che ho già annunziate . Delle specie poi, che in quel- Y isola hanno rinvenute tanto il Thomas figlio ; che il Francesco Muller colà espressamente mandato per raccogliere piante dalla Società di Ratisbona nulla si conosce ancora per le stampe. Ed era omai tempo, che anche la Flora di questa vasta, ed importante isola venisse fatta, sebbene l’ impresa fosse ardua per più’ ragioni, giacchè la Sardegna ‘si rende poco accessibile per l’ aria pesti- fera delle sue coste, per la poca ospitalità, e per la mancanza di strade nel suo interno . Tuttavia la So- vrana beneficenza dell’ augusto suo Re ha vinto ogni ostaccolo affidando 1’ incarico di fare questa Flora al valente botanico Sig. Dott. Giuseppe Giacinto Mo- ris nell’occasione, che egli tenne per circa un quin- quennio la carica di Medico clinico nell’ Università di Cagliari, ed il Moris dopo avere imperterrito percorsa in più anni, e stagioni tutta l'isola ha pubblicato 1’ elenco delle specie trovatevi co’ titoli seguenti : 1. Stirpium Sardoarum elenchus. Fasciculus 1. et 2. Carali, ex typis regiis, 1827. 4.° Fasciculus 3. Tau- rini , typographis Chirio et Mina, 1829. 4.° 2. Appendix ad elenchum stirpium Sardoarum, Aug. Taurinorum , typographis Chirio et Mina, 1828. 4° 261 In questo elenco poi egli ha particolarmente di- stinto con una frase specifica tutte le piante nuove per lui rinvenute, ed ora si accinge a dare la Flora Sarda corredata di tavole, la quale sarà senza fal- lo di pregio pari alla celebratissima Flora Siciliana del Gussone . vo, Le isole minori, che fanno colle maggiori corona all’ Italia, hanno esse pure avuto i lori botanici esploratori, @ per cominciare da quelle vicine alla Corsica, ed alla Sardegna, quali sono le picciole Isole Sanguinare , l'isola de Lavezzi, e delle Formiche ; quella del Cavallo, e di S. Pietro, la Maddalena, la Tavolara , e VAsinara , osserverò, che queste furono esaminate dai Sig.i Lassalle, Moris, e Serafino, e che le piante trovatevi figurano nella Flora Gallica, e nella Notices del Loiseleur Deslongchamps, nelle ope- re sopra la Flora Corsica del Viviani, e nell’ elen- co, ed appendice sopra le piante Sardé del Moris, libri tutti, che già sono stati da me annunziati . Maggiore è il numero delle isolette vicine alla Si- cilia, tra le quali primeggia Malta. Questa ebbe già in antico Paolo Boccone, e Filippo Cavallini quali illustratori delle sue piante, del che fanno fe- de le Icones, et descriptiones rariorum plantarum Si- ciliae, Melitae , Galliae , et Italiae del Boccone già da noi riferite, ed il Pugillus meliteus , seu omnium herbarum in insula Melita , ejusque districtis enascenz tium perbrevis enarratio etc. del Cavallini, la quale operetta si trova in calce, e con numerazione con- tinuata di pagine in un altro libro dello stesso Ca- vallini col titolo Brevis enumeratio plantarum prae- senti anno a publico Sapientiae Romanae medicinalium simplicium Professore ostensarum etc. Romae. Typis Jo. Baptistae Molo. 1689. In 12.° Ora poi questa stessa isola è per avere una Flora compitissima mercè del- le cure del Sig. Dott. Steffano Zeraffa, il quale ha già cominciato a pubblicarla sotto il titolo di o- 262 rae Melitensis thesaurus , sive plantarum enumeratio , quae in Melitae , Gaulosque insulis aut indigenae , aut vulgatissimae occurrunt. Fascicul. 1. Melitae, 1827. In 4. piccolo. Il Gussone prese nell’ anno scorso a perlustrare e Malta , e Lampadosa, e Ustica, e tutte le Eolie co- gliendovi le piante, siccome aveva già adoperato nel-, la Favignana , ed in altre isolette vicine al Lilibeo, e come attualmente sta facendo nella Pantellaria . Della ricca messe di piante per lui fatta in tutte queste isolette darà in breye contezza in un’ opera apposita, onde è, che io mi taccio sopra quanto di più raro vi ha scoperto, e che a me è ben noto, e appena mi permetterò di dire , che la Flora italiana per le scoperte del Gussone è pervenuta a possedere persino una Stapelia , genere di piante, che sino ad ora sembrava confinato entro i limiti dell’ Africa, Del resto un nuovo Citiso fu già da lui stesso an- nunziato nell’ Index seminum anni 1828. sotto il no- me di Cytisus aeolicus dal luogo, dove lo rinvenne, e posso aggiugnere, che gli accadde di raccogliere la Periploca angustifolia nella stessa Lampadosa, do- ve fu scoperta dal La Billardiere, il quale toccò que- sta isoletta nell’ andare in Levante , e descrisse, e diede la figura della Perip/oca succennata nella De- cade seconda delle già addotte Icones plantarum Syriae pag. 18. tab. 7. Seguono le isolette del golfo di Napoli, e la pri- ma ; che si affaccia, è quella di Capri, la quale somministrò a Paolo Boccone, innanzi che ad altri, qualcheduna delle sue belle piante, di che egli par- lò nel Museo di piante rare . Indi e l'isola di Capri, e quella d’ Ischia intorno agli anni 1772-1774. furono esplorate da Luigi Gi- raldi, il quale non meno si occupò delle loro pian- te, che di tutti gli oggetti di antichità, che prin cipalmente incontransi nella prima, e lasciò copiosi | 263 manoscritti, e disegni di queste cose, i quali giac- quero inoperosi presso i loro eredi, e giacionvi tut- tavia, come io stesso ebbi occasione di vedere . Un bellissimo tripode poi, ed un piede di bronzo, che si attribuisce ad un Apollo, dal Giraldi rinvenuti in Capri, passarono nel Museo delle antichità dell’ Uni- versità di Bologna, ed un Argonauta seccato, e per- fettamente conservato, nel quale erano assai cospi- cue le due braccia velifere , così bene a dì nostri illustrate dal celebratissimo naturalista mio collega , ed amico Monsignore D. Camillo Ranzani negli Opusc. scient. di Bol. tom. 3. p. 198. e seg. tav. 8. fig. 4. A. A., fu allo stesso Ranzani donato. E poichè il Giraldi fu cultore espertissimo della botanica , come abbiamo da Saverio Manetti : A/oysius Giraldi Fer- rariensis Medicinae Doctor , et in Gymnasio Romano Chymiae Professor publicus, ac Botanices cultor ex- perientissimus etc. Manet. Virid. Flor. pag. 108. , non è a meravigliare, che egli prendesse gran cura di rac- cogliere, e seccare le piante di Capri, e d° Ischia , le quali pochi anni fa passarono nel mio erbario per acquisto, che feci di quello del Giraldi, di guisa che , se queste piante non poterono per lo addietro procurare al loro raccoglitore quella gloria, che gliene sarebbe venuta, almeno potranno un giorno renderne cara , e durevole la memoria nella Flora Italiana . Domenico Cirillo ne’ tempi a noi più vicini parlò di poche, ma scelte specie di Capri ne’ suoi Plantarum rariorum regni Neapolitani fasciculus 1- 2., Neapoli , 1788 - 1792. In fogl. con tav. Ma più estesamente poi trattò e di quelle di Capri, e di quelle d’ Ischia il luminare della Botanica Napoletana il Sig. Prof. Michele Tenore nelle sue opere intitolate : 1. Flora Napoletana ec. vol. 1. Napoli, nella stam- peria reale, 1811 - 1815., e vol. 1. part. seconda 0s- sia tom. 2. Napoli 1820. nella tipografia del Giorna- le enciclopedico . In fogl. con tav. colorite. L'opera e in continuazione . 264 2. Flora medica universale , e Flora particolare del- la provincia di Napoli, doro. 1-2. Napoli, dalla tipografia del Giornale enciclopedico , 1822. In 8.° La quale opera forma altresì il volume quarto , parte prima , sezione prima, e seconda del suo Corso de/- le botaniche lezioni . , 3. Ad catalogum plantarum horti regii Neapolitani anno 1813. editum appendix prima. Neapoli, ex ty- pographia Amuliana . 1815. In 8.° Del qual libro si ha una seconda edizione seaarelia ex 9 pograplia Diarii encyclopedici 1819. In 8 4. Florae Neapolitanae Pradrotni appendix quarta. PA > 1023. Ex typographia Diarii enciclopedici . iii 5. Ad Florae Neapolitanae prodromum appendix quinta etc. Neapoli , apud R. Marotta , et Vanspan- doch, 1826. In 4° 6. Semina anno 1825. collecta , quae Hortus bota- nicus Neapolitanus pro mutua commutatione offert. Ac- cedunt ad rem herbariam pertinentes observationes non- nullae. In foglio, senza luogo di stampa, e senza nome di stampatore. . 7, Appendix ad indicem seminum horti regii Nea- politani , pro anno 1827., a cui sta unito: Lr Florae Neapolitanae prodromum addenda, et emendanda . In foglio di sole 4. carte. senza luogo di stampa, e senza nome di stampatore Nè è da tacere, che l’ indefesso Gussone fu pure raccoglitore di piante in Capri, delle quali fece parte a’ botanici senza averne per anco parlato nel- le sue opere. Le isolette del mare Toscano , il Giglio, l’ Argen- tarola , V Elba, la Capraja, la Gorgona, ed altre sono per vero quelle, che sino ad ora siano state le meno esaminate da’ botanici. Tuttavia osserverò , che Pier Antonio Micheli parla di qualche pianta dell Elba nel suo libro Nova plantarum genera etc. , i ae ‘ 265 Florentiae 1729. , typis Bernardi Paperinii, in fogl.° con tavole, che Luigi Giraldi raccolse piante nel Giglio , le quali ora’ stanno nel mio erbario , che il "Ch. Prof. Gaetano Savi fu nell’ Argentarola, dove rinvenne la Lavatera arborea , che descrisse nell’ au- rea sua operetta intitolata Due centurie di piante ap- partenenti alla Flora Etrusca , Pisa per Ranieri Pro- speri , 1804. , in 8.°, che in questi ultimi tempi vi- sitarono 1’ E/ba il Dott. Brunner di Berna, ed il Conte Girolamo Bardi di Firenze estinto da pochi giorni , i quali vi raccolsero piante, e di queste ge- nerosamente mi fecero parte, e che infine ho otte- nuto alcune piante della Capraja , e della Gorgona dal cortesissimo Giuseppe Luigi Bonjean di Chambery. Ma tutto questo è poco per poter dire , che si co- nosca bene la Flora delle isolette Toscane, onde io faccio voti, perchè qualche persona potente , e so- pratutto la Società Fiorentina di geografia , statisti- ca, e storia naturale patria voglia dare una mano benefica a questo importante lavoro , il quale per il poco , che già ne conosco , metterà una bella com- municazione tra la Flora del continente Italiano , e quella della Corsica , e della Sardegna. Nel mare Ligustico le due isolette Pa/maria , e Tiro all’ imboccatura del golfo della Spezia furono - pienamente esaminate da me, siccome l’ isola Ga/li- nara vicino ad Albenga lo fu dal diligentissimo Sig. Dott. Agostino Sasso , che ebbe la compiacenza di meco dividere la sua raccolta. Appena merita , che io quì riccordi , che ho parlato di qualche pianta delle succennate isolette del golfo della Spezia nella Rariorum Italiae plantarum decas tertia , Pisis; typis Rayneriiù Prosperi, 1810., in 8.°, e nelle Amoenita- tes Italicae , Bononiae , typis Annesiù de Nobilibus , 1819., in 4.°, giacchè verrà il tempo di parlarne estesamente nella Fora italica . Dalla parte del mare Adriatico rimangono da esa- 260 I minarsi le isolette de’ Tremiti vicine alla costa del- la Capitanata, ed è veramente a desiderare, che qualche botanico vi si rechi, giacchè io penso, che. le medesime offriranno non poche specie communi. alla nostra penisola colla Dalmazia, e colle isole Jonie ., o” Le numerose isolette della laguna Veneta ebbero dovizia di botanici, che ne colsero, e determinaro- no le piante. I primi, e più antichi di loro si contentarono di parlare di qualche specie soltanto, e questi sono Luigi Anguillara nel suo libro intito- Jato Semplici, in Vinegia, appresso Vincenzo Val- grisi 1561., in 8.°, Mattia Lobelio nei [Nova stirpium adversaria, Antuerpiae apud Christophorum Plantinum, 1575. , in fogl°, Giovanni Bauhino nella Historia plan- tarum universalis etc. tom. 1-3. Ebroduni 1650-1651. in fogl.°, Gaspare Bauhino nel Prodromos Theatri bo- tanici, Francofurti ad Moenum, typis Pauli Jacobi , 1620. , in 4°, come anche nel Pinax Theatri bota- nici etc. , Basileae , impensis Joannis Regis 1671., in 4:°, e Paolo Boccone nel Museo di piante rare. Ma. più di questi si segnalarono in ciò Antonio Donati col suo Trattato de’ semplici, Pietre , e Pesci mari- ni ec., Venetia 1631., appresso Pietro Maria Bertano, in 4° piccolo, e Gio. Girolamo Zannichelli coll’ ope- ra intitolata Istoria delle piante , che nascono ne? lidi | intorno a Venezia ec. , in Venezia 1735. , appresso An- tonio Bortoli , in fogl.° con tav., opera postuma, la quale fu pubblicata, ed accresciuta da Gian Jacopo Zannicchelli figliuolo dell’ autore. Recossi ancora a visitare quelle isole il celebre Pier Antonio Micheli grande amico del Gio. Girolamo Zannicchelli, e di molte piante ivi per lui raccolte parlò nel Cata/ogus horti Pisani auctore Michaele Angelo Tilli etc. Flo- rentiae 1723. , in fogl.° con tav., libro che venne alla luce per le particolari cure, che ne prese esso Mi- cheli. Che se il Prospectus Florae Clodiensis ct lito- 267 rum Venetiarum di Bartolomeo Bottari, il quale sta inedito presso il Ch. Prof. Renier fosse stato fatto _ di pubblica ragione, avremmo avuto più presto una ricca, e prima storia metodica di quelle piante , quale poi ebbimo a dì nostri per/le cure dell’ e- gregio giovane Giuseppe Ruchinger nella sua Fora dei lidi Veneti, in Venezia presso Gio. Giacomo Fuchs, 1818., in 8.°, come pure per quelle dell’ indefesso raccoglitore Sig. Stefano Moricand di Ginevra nella sua Flora Veneta seu enumeratio plantarum circa Ve- netiam nascentium etc. , vol, 1., Genevae, ex typ. J. J. Paschoud ctc., 1820. , in 8.°, ai quali autori devonsi aggiugnere l’ illustre Ciro Pollini per la menzione che fa delle piante Venete nella insigne sua Flora Veronensis, quam in prodromum Florae Italiae septen- trionalis exhibet etc. , Veronae , typis et expensis So- cietatis typographicae , tom. 1-3. 1822 - 1824., in 8. con tav., il zelantissimo Giorgio Martens par la Flora Veneta inserita nel tomo secondo del suo Reise nach Venedig etc., Ulm in der Stettin° schen Buchan- dlung , 1824. , tom. 1- 2,, in 8.° con tav., e final- mente il meritissimo Fortunato Luigi Naccari, il quale colla sua Flora Veneta o descrizione delle pian- te, che nascono nella provincia di Venezia ec. , vol. 1-0., Venezia 1826 - 1828., presso Leone Bonvec- chiato , in 4.° con una tav., ha dato la storia più compiuta , che si conosca, delle piante delle isole , e spiaggie Veneziane. Molte piante ancora furono da me, e da mio fi- glio Giuseppe raccolte nelle isolette Venete, di che darò poi contezza in altro più opportuno luogo . Frattanto non posso chiudere il presente articolo senza ricordare il zelantissimo Cavaliere Nicolò Con- tarini del fu Bertucci, il quale, siccome è istruito in molti rami della storia naturale , lo è poi in par- ticolare nella botanica , perchè ha dato ogni opera a raccogliere le piante del patrio suolo , delle qua- v - 268 li si compiacque arricchîre il mio erbario, e genti- lissimo, come egli è, volle farsi mio compagno , e mia guida, allorchè visitai nella scorsa‘estate le de- liziosissime isolette, che fanno corona alla sorpren- dente Venezia. Anche le isolette dell’ Istria, e segnatamente quel- la de’ Brioni, hanno avuto Botanici esploratori. Uno di questi fu il già ricordato Gio. Girolamo Zannic- chelli, che diede l’ elenco delle piante trovatevi nel libro pubblicato dopo la morte di lui da suo figlio sotto il titolo di Opuscula ‘botanica posthuma , Vene- tiis, 1730., in 4° Un altro botanico più recente si è il benemerito Sis. Bartolomeo Biasoletto di Trie- ste, il quale mi è stato cortesissimo di quanto ha. raccolto non meno in queste isolette, che nel con- tinente vicino. Ed eccomi pervenuto alla fine del mio discorso sopra la storia, ed i progressi della botanica insu- lare Italiana , per compimento del quale aggiugne- _rò, che immensa è la suppellettile di piante rac- colte nelle isole accennate, la quale ora serbasi nel mio erbario della Flora Italica, e basti il sapere, che quanto dal Gussone è stato rinvenuto nella Si- cilia, e nelle isole adiacenti, quanto dal Moris è stato trovato nella Sardegna, e nelle isolette prossi- me, tutto è in mio potere, come pure sono in mio potere circa due mila esemplari di piante della Cor- sica, provenienti dal Serafino, e dal Bonjean, per non dire di quelle, che ho avuto da altri botanici e per contò delle isole maggiori, e per conto delle minori, le quali cose meglio risulteranno dalla Flora Italica, ove religiosamente dirò di coloro, che se ne resero benemeriti coll’ avermene somministrati i ma- teriali. ANTONIO BERTOLONI. i 269 Concordanze de’ nomi di alcune piante co° veri nomi già imposti alle medesime da Linneo. Del Dott. WaAunLBERG. iù Sig. Dott. Wahlberg Professore nell’ Università di Stockolm passando pochi giorni fa per Bologna volle farmi grazia di venire a trovarmi, ed in que- sta occasione mi donò un foglietto a stampa già da lui presentato all’adunanza de’ Naturalisti tenuta nell’anno ora scorso in Berlino, il qual foglietto contiene le concordanze de’ nomi Linneani di alcu- ne piante con quelli dati loro da’ altri autori po- steriori, o sostituitivi dallo stesso Linneo. Io mi pregio di quì riprodurre questo foglietto per comodo degli studiosi, e per utilità della scienza. Antonio BerrroLoNI. NomINnA LINNAFANA. NominA RECENTIORUM. Veronica agrestis .....0 cos. = ».. Veronica pulchella Roem. et Schult. Agrostis rubra....rnserenien = e Agrostis vulgaris Schrad. -— stolonifera......... =... = alba Schrad. Panicum sanguinale (77. Sla )eeocrcrrerevenerreserecesses = «. Digitaria humifusa Pers. ‘ Potamogeton gramineum.. = ... Potamogeton heterophyllus Schreb. ( foliis natantibus destitutus). -——— zosterifolius Schum . ————< MarinUM., =, ——- filiformis Pers. Myosotis arvensis.... ssi =... Myosotis intermedia Link. Viola montana.n.seis =. Viola canina var. montana Hornem. Gentiana Amarella.......... =. Gentiana uliginosa Wi//4. Drosera longifolia 00.0. = +. Drosera anglica Smith. Ornithogalum luteum...... = ..+Ornithogalum sylvaticuam Pers. i —————6@4mminimum..=..-—-—— Sternbergii Hoppe » ir compressum. E 00 270 yo C NominA LINNAEANA . Nomina REGENTIORUM . Allium Scorodoprasum..... =... Allium arenarium Smith. —— arenarium,...0..0.... es vineale Lin. —— oleraceum... sr... = «. — — carinatum Smith. — Carinatum seceserereeo E sec — carinatum Fries. Juncus articulatus.....n.... =... Juncus lampocarpus Ehrk. Rumex aquatict15....-.00000 = «a Raumex Hydrolapatum Huds. obtusifolius var.(R. sylvestris Wallr.) — CLISpus.seseeece serre = e = domesticus Hartm. Polygonum Persicaria....... = ... Polygonum lapathifolium a acutus ecs esscorsoseree TT aes . Curtis. /(Cerastium vulgatum........ ==. Cerastium viscosam Smith. ——-—— Viscosum.....00. =en vulgatum Smith. Sedum rupestre .....3..0.00.0. = +. Sedam reflexum Lin. Rosa cinnamomea Bessl. (ex loco). —— pimpinellifolia Lin. (e descr.). Rubus plicatus Rosa spinosissima. sesssreeese = 00 Rubus fruticosus (1)... = — nitidus brcihe. — fastigiatus Ajuga alpina ....ccreresnn =. Ajuga genevensis Lin. Betoniea officinalis......:.... =... Betonica strieta JIMill. Thymus Serpyllum (2)... =». Thymus angustifolius Pers. Geranium rotundifolium.. = ... Geranium pusillum Smith. Hypericum quadrangn- 1um (3)..eccccrercrereserer see = «0 Hypericum dubinm Leers. Filago montana... = +. Gnaphalium arvense Wild . Hieracium Anuricula........ = ... Hieracium dubium Wild. -— dubium........ ==, ===. cymosum Lin. murorum f} syl- Vaticum...s.sscerececiosioios 2 i, = murorum Smith. Quercus Robur e... = ... Quercus peduneulata Smith. Salix cinerea....vvririn n = +. Salix acuminata Hoffin. Rationes vide in Wahlenb. Flor. Suec. et Friesii Nov. Fl. Suec. Ed. 1I. (1) Rubus fruticosus Smith ete. est Rub. frut. var. canus Wahlenb. Fl. Su. , Rub. Smithii Hartm. (2) Thimus Serpyllum Pers. etc. est Th. Chamaedrys Fries. (3) Hypericum quadrangulare Smith est H. tatrapterum Zries. DPI Icones algarum Europaearum. Représentation d’ algues Européennes suivie de celle des espèces exotiques les plus rémarquables recemment décowvertes , publiée par. C. A. Agardh Professeur è Lund etc. Livraison 1.re Leipzic, Leopod Voss, editeur. Paris J. B. Bail- liere. Londres, méme maison. Amsterdam, Miiller . et Compagnie 1828. 8° Planches 1-10, uesta è la quarta opera sopra le Alghe inco- minciata dall’ illustre Agardh, la quale di quanta utilità sia per essere alla scienza non è mestieri, che io il dica. Le Alghe sono protei. Chi non può vederle nelle acque native, difficilmente saprebbe farsene idea dagli esemplari secchi, da compendiate note caratteristiche, e da sole descrizioni, L’ opera presente ce le porge fisurate, e colorite nel loro vero stato, che è.quanto dire, ci trasporta a ve- derle , e studiarle, come se fossero vive, e questo è tutto quello, cne desiderare si può dai curiosi della natura. Sommamente proficua poi riesce per noi, perchè tratta delle Alghe, che il Sig. Agardh raccolse due anni fa nel mare di Trieste, e di Ve- nezia, molte delle quali egli intende essere nuove . Ecco pertanto le prime dieci specie, delle quali è data la figura in questa distribuzione . I. FRUSTULIA APPENDICULATA: strato mucoso fu- sco nitido, frustulis novi-lunaribus ad utrumque api- cem globo hyalino ornatis et obtusis composito Tab. 1. Trovasi a Carlsbad nel fiume Tepel, e nelle ter- me di Mihlbrunn. È incerto se appartenga più al regno vegetabile, che all’ animale. 2. FRUSTULIA COFFEAEFORMIS ; strato submucoso luteo-fusco , frustulis cymbiformibus in ellipsoidem coa- dunatis luteis versus apicem hyalinis composito Tab. 2. Alle ripe del Tepel vicino a Carlsbad. 272 3. SCHIZONEMA TENUE: caespite affiro fusco-luteo lubrico , filis e seriebus paucis frustulorum compositis , horumque separatione ramosis , ramis ultimis elongatis uniseriatis; frustulis utrinque lanceolatis et globulo hya- lino instructis Tab. 3. A Trieste nelle fosse marine . 4. Micromeca corNIcuLATUM : fronde basi dila- tata , vage ramosissima, ramis divaricatis s ramulis conico-acutis Tab. 4. A Trieste nel mare sopra le Alghe maggiori, e forse sopra i sassi. 5. HomoEocLADIA MARTIANA: filis transverse ru- gosis , pluries umbellatim ramosis Tab. 5. Nel mare intorno a Venezia sopra i sassi. 6. SPHACELARIA cALLITRICHA: caule filis confer- voideis vestito ; ramis bipinnatis , pinnis ad quodque geniculum emittentibus pinnulas minutas aculeatas, ar- ticulis diametro parum longioribus Tab. 6. Sphacelaria callitricha Ag. Syst. p. 106. Alle isole Maluine. 7. SPHACELARIA CRASSA : filis decomposito-pinnatis, pinnis elongatis ad quodque geniculum emittentibus pin- nulas minutas aculeiformes oppositas; articulis diametro aequalibus Tab. 7. Fucus rudis Esp. Tange t. 27. Abita forse alle spiaggie della Francia. 8. Dasra sPinutosa: caule filiformi ramoso inferne spinuloso , spinulis furcatis , superne emittente penicil- los ramulorum articulatorum Tab. 8. Nasce nel mare a Trieste, principalmente ‘sopra le chiocciole. Questa specie era stata da me trovata nel Golfo della Spezia già da molti anni, e l'avevo chiamata Ceramium penicillatum , come può vedersi nello Strp. Sard. elench. fasc. 3. pag. 23. del Moris. Parmi pe- rò; che la figura, e le caratteristiche datene dal Sig. Agardh sieno cavate da un esemplare alquanto sciuppato dalle onde. 2753. Q. ALSIDIUM CORALLINUM Tab. 9. A. corallinum Ag. nov. sp. et gen. Ne’ sassi marini vicino a Trieste. 10. THAUMASIA ovaLis: fronde ovali, simplici Tab. 10. T. ovalis Ag. Syst. alg. p. 195. Forse nasce ne’ lidi dell’ America meridionale vi- cino a S. Fe di Bogota. Delle cinque seguenti specie sono state date nella presente distribuzione i caratteri, e le descrizioni, ma non le figure; che però si avranno in seguito . 11. Prorococcus MonA4s: strato viridi tenui, glo- bulis minutissimis sphaericis inordinatis , i Ne’ muri vicino-a terra nella Svezia. Nasce in- sieme col Protococcus viridis; e colla Lyngbya muralis. 19. PALMELLA BOTRYOIDES: frondibus aggregatis , minutis ; globosis granulis minutissimis sphaericis . Byssus botryoides Dill. Musc. p. 3. t. 1. f. 5. Palmella botryoides Ag. Syst. p. 14. ( synonymis plerisque tam ad hanc speciem, quam ad Protococ- cum ‘viridem pertinentibus ). «Ne luoghi ombrosi umidi dell’ Europa settentrio- nale . 13. PaLwELLA MINUTA: frondibus sparsis minutis hemisphaericis , granulis minutis globosis . Ne’ sassi de’ fimmi della Germania, p. e. dove il Tepel si unisce coll’ Eger. 14. ParmeLLA TERMINALIS: fronde difformi loba- ta elastica , granulis globosis subquaternis . Nelle acque dolci della Svezia, e della Germa- nia, p. e. nel Tepel sopra i sassi. 15. TETRASPORA LUBRICA: fronde expansa varie waricosa foraminibus crebris majoribus minoribusve re- ticulata . T. lubrica Ag. Syst. p. 188. Ulva lubrica Ag. Sp. p. 415. Nelle acque dolci, e pure delle fosse, e de’ fiumi Tom. I. 18 274 placidi della Scandinavia, della Germania, della Fran- cia, e dell'America settentrionale. AnTtOoNIO BERTOLONI . Descrizione di una specie nuova di CARDUUS. Del Prof. Antonio Bertoloni. Se havvi un genere di piante, il quale meriti illustrazioni, al certo si è il genere Carduus, e ren- derebbe gran servigio al-medesimo, chi ne facesse la monografia ricavata dalle piante vive. Affine di dar mano a chi volesse assumere questo incarico , io quì ne descrivo una nuova specie, la quale sino di quattro anni fa fu scoperta nelle' campagne di Ravenna da uno de’ miei migliori allievi il Signor Dott. Sebastiano Fusconi, e fummi dallo stesso man- data pet essere determinata. Io poi per fare questa cosa con maggiore esattezza non me ne stetti agli “esemplari secchi, ma ne richiesi i semi, i quali affidati alla terra nel nostro orto botanico produsse- ro la pianta, da cui ritrassi i seguenti caratteri prendendoli dal vivo . Carpuvs acicularis « foliis decurrentibus, pinnati- fidis, dentato-spinulosis, villosis, subtus canescen- tibus; pedunculis unifloris, nudis; squamis calyci- nis lineari-aciformibus, rectis; patulis, externis flo- sculos subaequantibus , intimis brevioribus. Ann. Floret Junio, Julio. v. v. Nascitur in agro Ravennati . i Radix parce ramosa. Caulis erectus, sesqui-bipe- dalis, angulatus, striatus, villosus, parce ramosus, totus alatus, alis inaequaliter inciso-dentatis, crispis, spinulosis. Folia pinnatifida, integre decurrentia , inaequaliter denticulato-spinulosa , spinulis tenuibus, betta 279 supra, costàque villosa, subtus subtomentosa, cane- scentia , radicalia, et caulina infima petiolata, pe- tiolo plus minus alato. Folia, et alae caulis huc illuc maculis albissimis pictae, praecipue in apice, et in basi externa laciniarum. Pedunculi 1-3., in superiori caule , ramisque , uniflori, teretes, striati, nudi, subinde foliolo sessili ad medium instructi , albo tomentosi, modo longi, modo breves. Calyx oblongus , squamis imbricatis, lineari-aciformibus , rectis, superne patulis, spinula tenui, lutescente mucronulatis, virentibus, vix arachnoideis, longis, et flosculos fere aequantibus, intimis exceptis, quae breviores, apice scarioso-flavidae, muticae. Flosculi omnes aequales, purpureo-rubelli, calycem aequan- tes, aut vix superantes. Corollae tubus tennis, lon. gus, albus; faux subventricosa; limbus quinquefi- dus, laciniis lineari-angustissimis. Filamenta villo- sa. Antherae inclusae, purpureo-rubellae . Stilus exertus. Stigma sulco albo utrinque notatum. Pap- pus simplex, sessilis, sordide albus. - 276 INDICAZIONE DELLE MEMORIE DI Storta NATURALE, CHE SONO STATE RECENTEMENTE 0 IMPRESSE NEGLI ATTI DELLE ACCADEMIE, O LETTE NELLE SEDUTE DELLE } MEDESIME ) OVVERO INSERITE NEI GIORNALI. | ferre ete. Transazioni della Società Geologica di Londra; seconda serie volume 2.° parte 3.* Londra ; 1828 in 4.° con 16 tavole. Poulett Scrope — Sul distretto vulcanico di Napoli; Roderick Impey Murchison — Riflessioni supplementari su gli strati della serie oolitica, e sulle rocce associate ad essi nella contea di Sutherland; e Ross, e nelle Ebri= ‘di; William Clift — Sugli avvanzi fossili di due specie nuove di Mastodonte, e di altri animali, rinvenuti sul- la riva sinistra dell’ Irawadi; William Buckland — Re- lazione geologica di una serie di avvanzi animali, e vegetabili, e di rocce raccolte da J. Crawfurd in un viaggio ad Ava, lungo l’Irawadi negli anni 1826, e 1827 ; J. B. Pentland — Descrizione degli avvanzi fossili di alcuni animali, trovati nella frontiera nord-est di Bengala; William Buckland — Sulle cycadeoideae , fa- miglia di piante fossili, trovate nelle cave di oolito del- l’ Isola di Portland. Accademia R. delle Scienze di Parigi . Seduta delli 16 Marzo 1829. Cordier comunica due lettere scrittegli da Tournal fi- glio, e da Marcel de Serres. In una di queste lettere Tournal ripete ciò, che aveva di già annunziato (1) in- torno alla mescolanza delle ossa di bruti con ossa uma- ne nella Caverna di Bize. Aggiunge poi di avere trova- to denti molari certamente umani forniti ancora del loro smalto, ed in oltre pezzi di vasellame di terra. Le ossa sono in una quantità prodigiosa ; rinvengonsi nel limo ne- ro, ond’ è ingombra la caverna suddetta; talvolta sono (1) Vedi quello , che se ne riferì alla pag. 124 di questo volume. Ù i 277 esse compiutamente alterate; di rado sono-insieme na- turalmente unite; non sono corrose; fra esse sino ad ora s’ è trovato un solo dente di carnivoro ; lo stesso limo nero, che contiene avvanzi fossili di bruti, i quali non si sa se vivano oggidì, racchinde le ossa umane, che in gran parte hanno perduta la materia animale , in un con conchiglie terrestri, alcune delle quali non vivono oggidi nelle vicinanze di Bize, con conchiglie marine, con frantumi del vasellame suddetto, con ciot= toli di grès verde, di calcare grigia, e bianca, e con pezzetti di carbone di legno : la volta poi, e le pareti della caverna sono in più luoghi rivestite da una brec- cia ossea formata dal limo nero collegato da un calcare stalattitico . Seduta delli 23 Marzo 1829. Geoffroy St. Hilaire legge una memoria su i rapporti di struttura organica, che possono esistere fra gli ani- mali attualmente viventi, e le specie di animali antidi- luviani. L’ autore tien per fermo, che abbia avuto luo= go una successione non interrotta del regno animale ope- rata per via di seguite generazioni dalle prime età del mondo sino a nostri giorni. Vero è che gli antichi ani- mali , le spoglie de’ quali trovansi fossili differiscono quasi tutti, più o meno, da quelli che ora esistono; questo pe- Tò non è motivo sufficiente per credere, che non possa- no essere stati gli ascendenti di quelli, che attualmente vivono. Infatti , prosegue Geoffroy, la più grande analo- gia unisce le specie antidiluviane alle attuali. L’ autore a fine di solidamente stabilire la suna opinione si assume di mostrare, che le differenze della costituzione atmos- ferica hanno potuto essere assai grandi, e porenti ‘per condurre li diversi generi, e specie dai tipi, che pre- sentarono all’ origine delle cose, allo stato in cui attuale mente si trovano. Geoffroy adduce di ciò varie prove desunte principalmente dalle osservazioni fatte da Rou- lin sulle modificazidni, che hanno sofferto gli animali, che dall’ Europa furono trasportati in America (1), e | ATTRITI RIA - (1) Vedi quello , che di tali osservazioni si riferì alla pag. 123 di questo volume . 278. il . » sgo . . . da osservazioni fatte nello stabilimento d’incubazione artificiale di Auteuil. i, Seduta delli 12 Aprile 1829. Il Barone Cuvier fa un rapporto sulla memoria di Roulin , che ha per soggetto = La storia naturale del genere Tapiro, e particolarmente quella di una nuova specie , che Roulin ha scoperto nelle alte regioni delle cordigliere delle Andi. Il relatore enumera i caratteri anatomici, per li quali la nuova specie distinguesi da quella di Sumatra, e dall’ altra americana conosciuta da lungo tempo. II nuovo Tapir somiglia più degli altri al paleotherium ; notabili però sono le differenze rela- tive ai molari di detto Tapir, e quelli dei paleoterii, ed alle altre parti dello schelettro , e merita una spe- ciale attenzione 1’ essere i tapiri ne’ piedi anteriori for- miti di quattro dita, mentre i paleoterii ne hanno tre ‘solamente. ; Società Filomatica di Parigi. Seduta delli 3. Gennajo 1829. Audoin annunzia di avere osservato l’ animale della Siliquaria, della quale si conosceva soltanto il tubo cal- care. I zoologisti erano fra loro discordi sulla classe, cui appartiene questo animale; gli uni lo annoverarono fra gli annelidi, gli altri fra i molluschi. L°organizzazione del medesimo è stata da Audoin trovata quale si con- viene ad un mollusco, e molto somigliante a quella del Vermet di Adanson (vermetus lumbricalis Lam.) Il mol- lusco, di cui ora si tratta è fornito di un coperchietro rosso, e corneo ; ha il mantello diviso da un’ estremità all’ altra ; ha le branchie soltanto nel lato sinistro ; e non già in ambo i lati, come ha creduto Blainville. La par» te posteriore del medesimo finisce con un attortigliamen- to; la testa è distinta, e fornita di due occhi situati alla base di piccoli tentoni cilindroidi, appena rigonfj nell’ apice . Seduta delli — Marzo 1829. Audoin comunica alla società una memoria, che contie- ne le osservazioni da lui fatte nel principio dell’anno 1828 sull’ animale della glycimeris siliqua Lam., e sull’ ana- ug tomia di questo mollusco. Esso è nella parte anteriore fornito di un piede assai robusto, ch’ esce da una fes- sura ben ristretta del mantello; il mantello poi è molto grosso , e posteriormente si prolunga in un tubo sem- plice grossissimo, che non rientra, fornito di piccoli tentoni, coperto al pari delle altre parti, da un’epider- mide nerastra, rugosa, e diviso soltanto internamente , mediante un setto carnoso, in due sifoni; le branchie sono assai sviluppate , il tessuto delle medesime è den- so: i tentoni della bocca sono assai lunghi, sottili, ri= volti all’indietro, e quattro di numero; 1’ addomine è rigonfio, cilindroide , e troncato posteriormente. L’ispe- zione anatomica ha mostrato, che il tubo digerente di questo mollusco è assai sviluppato nella parte intestina- . le, che incomincia con un esofago breve, cui segue uno stomaco vastissimo : quest’ ultimo è circondato dal fega- go > i lobi del quale sono distinti assai bene, e di co- lore verdastro. I sistemi nervoso, circolatorio, e gene- ratore sono stati successivamente esaminati dall’ autore; ed egli gli ha trovati molto analoghi a quelli delle Mie. Infatti, giusta il parere di Audoin, a niun altro mollu- sco più che alle Mie somigliano le Glicimeridi, e deb- bono quindi essere collocate vicino ad un tal genere, come ha fatto giudiziosamente Cuvier nel suo Regno ani- male. Questa memoria accompagnata da tavole colorite sarà fra poco inserita negli Annali delle scienze naturali di Parigi. Accademia Gioenia di Scienze Naturali di Catania . Seduta del 13 Novembre 1828. Il Dottore Carlo Gemmellaro lesse una memoria sulla fisionomia delle montagne di Sicilia, nella quale dotta- mente parlò dei terreni, e delle rocce , che costituisco= no tali montagne , e dell’ aspetto esteriore delle mede- sime . Seduta del ar Dicembre 1828. Il Canonico Giuseppe Alessi lesse una importante me- moria sopra gli ossidi di silicio, ed i silicati esistenti nella Sicilia, e. che l’arte potrebbe mettere a profitto . Parlò quindi di molte varietà di quarzo, del feldspato, 280 del granato, del peridoto, del pirossenio, della turma- lina ec. , ‘ed indicò l’ uso, che far se ne potrebbe per commodo ; diletto , e lusso della vita. Seduta del 23 Febbrajo 1829. Il Professore Maravigna lesse la prima memoria di un suo nuovo lavoro, che porta il titolo = Materiali per servire alla formazione della mineralogia etnea = L’auto- re distribuisce in varie memorie la materia della quale s’ è assunto di trattare. Nella prima, letta in parte in que- sta seduta, tratta delle Antraciti. Dopo di avere nel di- scorso preliminare esposto le cause, che hanno ritardato i progressi della mineralogia etnea, passa a descrivere le specie, che appartengono alla suddetta famiglia, e cioè il Petrolio, o Nafta, l’idrocarbonato di Soda, il carbonato di calce romboedrico. L’antore non solamente rende conto delle varietà di forma, di colore delle spe- cie, ma eziandio della giacitura, La descrizione è se- guita da alcune considerazioni sulla probabile forma- zione delle specie; per quanto è permesso in un ramo di sapere sì complicato e così poco conosciuto . The zoological journal etc. Giornale zoologico N.° XV Ottobre — Gennajo 1829. Londra. in 8.° Macleay W. S. — Note sul genere capromys di Des- marest ; Berkeley M. G. — Descrizione della struttura anatomica del cyclostoma elegans ; Heineken GC. — Espe- rimenti, ed osservazioni sulla perdita, e riproduzione delle gambe nei granchi, e nei ragni; Blackwal I — Fatti relativi alla storia naturale del Cuculo ; Ogilby W. — Descrizione di una nuova specie di paradoxurus ; Scouler I. — Rilievi sulla conformazione del cranio de- gl’ indiani dell’ America settentrionale; Hardwicke F. R. S. — Osservazioni sulla struttura del goramy del- l’ India ( tricopus goramy Shaw); Yarell W. — Note sull’ anatomia comparata di molti animali esaminati do- po morte nella collezione della Società Zoologica ; Gu= thrie G. I. — Osservazioni sulla struttura del cuore della testudo indica , fondate sull’ esame di un indivi- duo della Società Zoologica ; Holberton T. H. — Note prese nell’ esame di un individuo della testudo tabulata morto ultimamente nella collezione della Società Zoolo= 281 gica; Duglas D. — Osservazioni sul vultur californianus di Shaw; Duglas D. — Osservazioni sopra due specie non descritte di mammiferi dell’ America settentrionale ( cervus leucurus; ovis californianus); Ricardson I. — Sull’ aplodontia nuovo genere dell’ ordine dei roditori ( il tipo di questo genere è il Sewellel aplodortia lepo- rina, animale, che yive entro una tana sulla costa nord-ouest dell’America); Lowe R. T. — Descrizione dell’animale, cui appartiene la conchiglia chiamata dal Barone di Férussac helicolimar Lamarckii ; Vigors N. A. — Schizzi di Ornitologia ; Broderip W. J. — Osservazioni sopra nuovi, ed interessanti molluschi conservati, per la maggior parte, nel Museo della Società Zoologica ; Horsfield T., e Vigors N. A. — Osservazioni sopra al- cuni mammiferi conservati nella collezione della Società Zoologica. The philosophical etc. Magazino filosofico, ed annali di filosofia di R. Taylor, e R. Phillips: nuova serie. N.° 25.°; Gennajo 1829. Londra in 8.° Bigsby I. — Ab- bozzo della topografia, e della geologia del Lago Onta- rio; Children I. G. — Estratto dei caratteri generici de” lepidopteti d’ Europa , secondo Ochsenheimer, con os- servazioni ec. N.° 26.° Febbrajo 1829. In questo fasci- colo vi ha il compimento della memoria di Bigsby, e la continuazione di quella di Children poc’ anzi indicate . N.° 27.°; Marzo 1829. Von Oeynhaus, e Von Dechen — Sull’ unione del granito alle rocce chiamate Xi//as nel Cornwall; Children I. G. Continuazione dell’ anzidetta memoria; Tavola dell’ arrivo, e della partenza di alcuni uccelli estivi di passaggio vicino a Carlisle negli anni 1827, e 1828, con osservazioni ec, I) Annales des sciences naiurelles etc. Annali delle scien- ze naturali. Fascicolo di Febbrajo 1829. Parigi in 8.° Rozet — Memoria geognostica sopra una parte delle vicinanze di Aix, Dipartimento delle bocche del Roda» no; Quoy, e Gaimard — Descrizione dei disegni rap- presentanti la carinaria del mediterraneo , ed osservazioni di Rang sopra una nuova specie da lui chiamata cari | maria depressa; Girou de Bazareingues — Esperienze in- torno alla generazione delle piante ; St. Hilaire Augu- sto — Sopra una varietà rimarchevole di z2ais del Bra- 282 sile ; De Serres Marcello — Sulle circostanze, che sem- bra abbiano accompagnati i depositi dei terreni terziarj5 Prevost — Nota sulla circolazione del feto nei ruminan- ti; De Villeneuve H. — Nota su i terreni a carbon fos- sile ( howz/lers ), e sulle calcari sottoposte ai medesi- mi nel Belgio; Denojers I. — Osservazioni sopra un in sieme di depositi marini del bacino della Senna; Cuvier Federico — Rapporto fatto all’ Accademia R. delle Scien- ze sopra una memoria d°’ Isidoro Geoffroy St. Hilaire , che ha il titolo seguente = Osservazioni su i caratteri attribuiti alle simie americane, e descrizione di un nuo- vo. genere chiamato Eriodo. Fascicolo di Marzo 1829. Serres — Anatomia trascendente, Memoria terza. Della legge generale delle formazioni organiche: sviluppo de- gli organi dalla circonferenza al centro, o legge centri- peta di formazione; Lesson R. P. — Descrizione del Palangista Cookii Geoffr. ( Petaurus Cookii F. Cuvier); de Bonnard — Sulle giaciture del manganese di Roma- neche; Cuvier G. — Rapporto verbale sulla Monografia delle Aplisie di Rang; Rang = Notizia sul Litiopa nuo- vo genere di molluschi gasteropodi; San Giovanni — Descrizione di un sistema particolare di organi nei mol- luschi cefalopodi; San Giovanni -- Dei varii ordini di colori dei globuli cromofori in parecchi molluschi cefa- lopodi ; descrizione di alcune specie nuove , e specialmen- te dell’argonauta; Cuvier G. — Rapporto fatto all’ Ac- cademia delle Scienze sulla parte zoologica del viaggio della nave chiamata chevrette nei mari dell’ India . Annales des scienses d’ Observations ete. Annali delle Scienze d’ osservazione ec. di Saigey , e Raspail Tom. 1.° N.° 1.° Gennajo 1829 Parigi. in 8.° Osann — Nuovi me- talli trovati nel Platino dei monti Oural; Raspail — No- ta addizionale sulla perforazione dell’ ovulo vegetabile ; Daurier A. — Sulla giacitura della stronziana solfata di Bonvron ; Petit F. -- Notizia sopra un’ombellifera (ar- gelica scabra Petit ); Raspail -- Nota sul genere Cen- trophorum; Raspail -- Nota sul parto viviparo di mol- luschi del genere zrio Brug. N,° 2. Febbrajo 1829. Ra- spail -- Storia naturale delle Belemniti accompagnata dalla descrizione, e dalla classificazione delle specie, che Emeric de Castellane ha raccolte nelle basse alpi i 283 della Provenza. N.° 3.° Marzo 1829. Raspail =- Sulla specie vegetabile iu generale, ed in particolare. sulla specie nelle gramigne ; Raspail -- Monografia di due specie del genere panicum ; Petit -- Sull° Altheria nuo- wo genere di piante, Bibliothèque universelle etc. Biblioteca universale di scienze , belle lettere, ed arti fasc. di Febbrajo 1829. Ginevra. Macaire Prinsep -- Sull’ esistenza in natura della silice nello stato gelatinoso. fasc. di Marzo 3829. Roulin =- Ricerche sopra alcuni cangiamenti osservati negli animali domestici trasportati in America; De Can- dolle A. P. Collezione di memorie per servire alla Storia del regno vegetabile. Isis von Oken. Isis di Oken tom. XXI. fascicolo VIII, ‘e IX. 1828. Keferstein Ch. -- La germania presentata geonostico- geologicamente ; Glocker -- Memorie per servire alla co- gnizione mineralogica dei Monti Sudeti nella Slesia ; Kunch -- Generi delle piante terebintinacee; Boxburgh -- Flora dell’ India; Ficinus, e Carus -- Rivista del regno animale; Wagler += Prosperto di una classifica- zione sistematica degli Amfibj ; Faber -- Storia naturale delle specie danesi del genere pleuronectes; Gloger -- Aforismi sopra il genere mus ; Brehm -- Sull’ emigrazio- ne degli uccelli; Baer -- Sullo sbuffare dei cartacei; Wiegmann -- Ibridi singolari di una lupa, e di un ca- ne; Kittel -- Sul crabro parisinus; Agassiz =- Descri= zione del cyrocephalus Wagleri. Karsten Archiv etc. Archiyj di mineralogia, e di me- tallurgia rom. 18.° fase. 1.° Berlino 1828. in 8.° Marti- , mi GC. -- Osservazioni geognostico-metallurgiche. Zeitscrift fur Mineralogie etc. Scritto periodico di Mi- neralogia; nuova serie pubblicata dal Consigliere K, C. Ritter di Leonhard. fasc. di Novembre, e Decembre. - 1828. Heidelberg. in 8.° Hoff -- Scoperta di Salgemma presso Gotha; Blum Bernardo -- Su i vulcani ardenti dell’ isola di Java, e su i prodotti dei medesimi; Leo- nhard -- Agenda geognostica, Giornale arcadico di scienze, lettere, ed arti. Feb- brajo 1829 Roma in 8.° Carpi -- Su di un’ antica cor- rente di lava scoperta nelle vicinanze di Roma. , 294 Giornale sulle scienze, e lettere delle .provineie vene- te. N.° gr. ‘Gennaro 1899. Treviso in 8.° Catullo T. +- Memoria epistolare su i petrefatti degli Euganei. N. ga. Febbrajo 1820. Catullo T. -- Continuazione della me- moria testè indicata. N.° 93. Marzo 1829. Geoffroy St. Hilaire -- Sul Cocodrilo sacro agli egiziani; Audubon , e Bartram -- Osservazioni sull’ Îstoria naturale dell’ Al- ligatore ; Eichwald -- Progetto di un sistema di oritto= zoologia. Giornale dignstico di scienze, Jerizat ed arti. Anno 2.9 fasc. 5.° Settembre, e Duobie 1828. Guidoni Giro- lamo -- Doaninauzione lle osservazioni geognostiche , e mineralogiche sopra i monti. che circondano il golfo della Spezia. Fasc. 6.° Novembte, e Dicembre. Guidoni Girolamo -- Continuazione , e fine delle osservazioni an- zidette: Pareto Lorenzo -- Giunta aile osservazioni geo- gnostiche fatte nel Dipartimento del Varo. ANNUNZI DI NUOVI LIBRI DI STORIA NATURALE, Libri di Storia naturale generale. The magazine etc. Magazino di Storia Naturale di I. C. Loudon. Vol. 1.° con tavole. Londra 1828. Libri di Zoologia. C. Plinii Secundi libri de animalibus cum notis va- riorum , curante J. B. Fr. Steph. Ajasson de Gransagne . Notas, et excursus zoologici argumenti adjecit G. Cu- vier. In 8.° Parisiis 1827. Element of Natural etc. Elementi di Storia naturale degli animali di J. Stark, con tav. vol. 2. in 8.° Edin- burgo 1828. Allgemeine Zoologie etc. Zoologia generale esposta in tutti i suoi rappresentanti generici da J. A. Kaup. In 4.° fasc. 1-5. Darmstadt 1828. Le Régne Animal etc. Il Regno animale distribuito secondo la sua organizazione ec. del Barone Cuvier. Edizione 2.°* con importantissime aggiunte. Parigi 1829. Iconographie etc. Iconografia del Regno animale del 285 Barone Cuvier, di F. E. Guerin Fasc. 1.° Parigi 1829. Spicilegia zoologica etc. Figure originali, e descrizioni sistematiche di animali nuovi, e non descritti. Di I. E. E. Gray. fase. 1.° in 4.° con 6 tav. litogr. Londra 1828. Handboek der Dierkunde etc. Manuale di Zoologia di Vander Hoeven: tomo 1.° fasc. 1.° e 2.° Rotterdam. In 8.° con tav. 1828. INA ETO The zoologlcal etc. illustrazioni zoologiche di W. Swan- son . 2.° serie. Fasc. 1-3. Londra 1829. The thower menagerie eto. Storia naturale degli ani- mali ; che si mantengono vivi alla Torre di Londra con notizie sul carattere, e sulle abittidini dei medesimi, e colla figura di ciascun animale copiata dal vero. Londra 1828. in 8.° j Zoologia Americae borealis , or the zoology etc. Zoolo- gia delle parti settentrionali dell’ America inglese , cioe notizie dei quadrupedi, uccelli, e pesci, che abitano il paese percorso nelle ultime spedizioni del Capitano Frank- lin. Parte prima, che contiene i quadrupedi con tavo- le. Londra 1829. Faune Francaise etc. Fauna francese. Fasc. 18.° Nel testo di questo fascicolo ch” è lavoro di Blainville, si trat- ta di tutti i molluschi cefalofori; che vivono nei mari , ond’ è bagnata la Francia ; e si comincia il trattato dei paracelalofori di Blairiville. Le tavole unite al testo rappresentano animali di varie classi, niun de’ quali è mollusco. Des caractères etc. Dei caratteri fisiologici delle razze umane di W. F. Edwards. Parigi 1829. in 8.° Histoire Naturelle etc. Storia naturale degli uccelli così detti mosche. Di R. P. Lesson. Fasc. 1.° e 2.° Pa- rigi 1829. Manuel d’ Ornithologie etc. Manuale d’Ornitologia ; 0 sia descrizione dei generi, e delle spocie principali di uccelli. Di A. P. Lesson. Parigi 1828. . An introduction etc. Introduzione all’ Entomologia , 0 sia Elementi della Storia naturale degl’ inserti di W. Kirby, e W. Spence: quinta edizione in vol. 4. in 8,° con tavole, e.coi ritratti degli autori. Londra 1829. Histoire naturelle etc. Storia naturale degl’ insetti. Di Edwards. In 32.° Parigi 1828. 296 Crustacès de la Mediterranèe etc. Crostacei del Medi- terraneo , e del suo litorale descritti, e rappresentati in tavole litografiche colorite. Fasc. 1.° Marsiglia 1828. L’autore darà gratis a chi si associerà prima della pub- blicazione del 6.° fascicolo una colleziene di crostacei composta di 100 individui appartenenti a circa sessanta specie del maggior numero di generi, che sarà possibile , Description etc. Descrizione di quaranta specie di sca- rabeidi del Brasile del Conte G. G. Mannerheim, in 8.° con 2. tavole colorite. Parigi 1828. Prospetto di una nuova divisione metodica del genere coccus di Linneo ec. di Oronzio-Gabriele «Costa. Napoli 1828, in 8.° Libri di Notomia comparata. i Beytrige zur Anatomie ete. Supplementi, ed aggiunte all’ anatomia; e fisiologia degli organi sensorj dell’ wn0- mo , e dei bruti. Di G. R. Treviranus. Fasc. 15 conte- nente le illustrazioni relative alla struttura dell’ occhio, ed alla facoltà visiva. Brema 1828 in fol. Grundziige der vergleichenden Anatomie ete. Principj di Anatomia, e fisiologia comparata di E. G. Carus. 3 vol. in 8.° con fig. Dresda 1828. Ueber der Ohrknoten etc. Dissertazione anatoraico-fisio- logica sull’ orecchio interno. Di Fr. Arnold. Heidelber= ga 1828. in 4.° con figure. Libri di Botanica. Flora sicula , sive descriptiones et icones plantarum rariorum Siciliae ulterioris, Frawcisi I. Borbonii Regis utriusque Siciliae regni jussu edita a Joanne Gussone etc. Fasc. 1. Neapoli ex Regia typographia 1829. In foglio con cinque tavole tirate a colorì. Questo è il comincia- mento di una splendida opera . Se ne darà l’estratto in altro numero. i Del Fico d’ India sua coltivazione in Sicilia e modo di ottenere i frutti tardivi. Saggio storico-agrario del Dott. Stefano Coppoller. Palermo dalla stamperia reale , 1827. In 8.° Il libro non contiene cose nuove, ma dà per 287 riepilogate tutte le notizie intorno a sei specie di pian- te conosciute sotto il nome di ico d’ India, cioè il Ficus indica Lmk., la Musa \sapientum, e paradisiaca L., il Cactus curassavicus , il Cactus cocchinillifer , ed il Cactus Opuntia L. L° autore p. 29. mette per cosa certa , che il Cuctus Opuntia L. sia identico coll’ Opun» tia di Plinio Mat. hist. lib. 21. cap. 27. , con che in- tende dire, che tale specie non sia di sola origine Ame- ricana, come sembrano essere pressocchè tutti i Cactus. Inoltre asserisce p. 23. 24. , che il Cactus Opuntia, ed il C. Ficus indica L. sono identici, o tutto al più va- rietà uno dell’ altro. Nè l’una, nè l’altra cosa noi gli meniamo buona, perchè Plinio parla di un erba dolce, ed il Cactus Opuntia non è una pianta erbacea, nè la sua sostanza, tranne quella de’ frutti, è dolce. Nessun classico autore poi troverà tra moderni, il quale non distingua quali due specie i sopraccennati Cactus, e vegga tra gli altri libri, che trattano di ciò, il ragguar- devole Hortus Kewensis edit. 2. vol. 3. p. 178. 179. n. 17. 18. Index seminum et plantarum viventium , quae in horto Regio Neapolitano pro mutua commutatione offeruntur, vel venalia prostant anno 1829. Accedunt de re herbaria adnotationes nonnullae . In 4,° senza luogo di stampa, e senza nofne di stampatore. È produzione del Ch. Signor Prof. Tenore, ed è pregevole per le illustrazioni, che contiene, sopra molte specie o nuove, o rare tanto in- digene dell’ Italia, che esotiche. In fine è una faccia- ta, in cui stanno Zr F/orae Neapolitanae prodromo emen- danda et addenda . i Sulla coltivazione della Barata dolce di Guglielmo Ga- sparrino . Palermo, tipografia del Giornale letterario 1829. In 8.° Vi si tratta della coltivazione del Corvolvulus Ba- tatas L., la quale riesce a meraviglia nella Sicilia per le sperienze fattene dall’ egregio Sig. Gasparrino custode dell’ orto Reale di Boccadifalco . Iconografia di scheletri di diverse foglie indigene ed esotiche preparati ed impressi da Tommaso Luigi Berta in Parma 1828. ln 4.° con So. tavole. L’ ingegnosissimo Sig. Berta migliorando il metodo del Corinaldi è arrivato con un particolare processo a spogliare le foglie delle ili.) 2898 piante della loro epidermide, e della sottoposta sostanza cellulare, e messo così a nudo il sistema vascolare lo ha fatto servire di matrice per imprimere le sue tavole , le quali sono riuscite assai esatte; ma siccome le opera- zioni necessarie per conseguire tale scopo portano seco gravi difficoltà î cosi egli non è pervenuto ad ottenere che soli cinque o sei esemplari dell’ accennato libro , quattro de’? quali sono stati distribuiti a persone diver- se, ed uno di essi accompagnato dagli scheletri delle foglie è stato regalato al Prof. Bertoloni per la congiun- ta gentilezza del Sig. Berna; e del Sig. Conte Stefano Sanvitale di Parma. E’ pare che dallo insieme di questi tentativi si possa dedurre qualche. fatto di più a pro della fisiologia vegetabile, perchè siccome in essi si ot- tiene la separazione netta dell’ epidermide dalle sottopo- ste parti : così abbiamo ina prova ulteriore per ricono= scerla una membrana sui generis contro 1’ opinione in= valsa in passato dietro la dottrina del Malpighi, Inoltre la facilità, con cui si ottiene la distruzione del tessuto cellulare primitivo a fronte della resistenza; e perma- nenza del tessuto vascolare, e segnatamente dei tessuto vascolare linfatico, è una palpabile dimostrazione , che questi due sistemi non si possono confondere assieme, siccome intendono confonderli alcuni moderni. Flora Gallica, seu Enumeratio plantarum in Gallia sponte nascentium secundum Linnaeanum systema digesta- rum , addita familiarum naturalium synopsi. Auctore J. L. A. Loiseleur-Deslongchamps etc. Editio secunda; au- cta ei emendata cum tabulis XXXI. Parisiis 1828. Bail- liere. Due volumi in 8.° ° Compendium Florae Belgicae. Auctore A. L. S. Le- jeune , et KR. Courtois. Liege 1828. Collardin. Un volu- me in 12° Prodromus systematis naturalis regni vegetabilis etc. Auctore Aug. Pyramo De Candolle. Pars tertia sistens Calyciflorarum ordines XXVI. Parisiis, Treuttel et Wurtz etc. 1828. Un vol. in 8.° Iconographia botanica seu plantae criticae. Icones plan- tarum rariorum, et minus rite cognitarum Florae Euro- paeae etc. Auctore H. G. Ludovico Reichenbach etc. Quin= ta centuria tabularum. Lipsiae apud Fridericum Hof- meister , 1627. In 4.° con tavole colorite . , ’ n È. 4 ) d | | x . î | , 289 Enumeratio plantarum phuenogamarum in Germania ‘ sponte nascentium. Auct. A. Guil. Roth etc. Pars 1., sect. 1.; class. 1-5. 1827. Lipsiae , Gleditsch. Un vol. in 8.° Flora Silesiae ete. Auct. Fr. Wimmer, et H. Grabow- ski etc. Pars 1. Clas. 1- x. cum tabulis lithographicis 8. Vratislaviae 1827. Guil. Teoph. Korn. | Flora of the northern and middle sections of the Uni ted States etc. Flora delle sezioni settentrionali e medie degli Stati uniti, ossia disposizione sistematica, e descri- zione di tutte le piante sino ad ora scoperte negli Stati uniti settentrionali della Virginia. Di Giovanni Torrey ec. Nuova York G. Swords, vol. 1. 1824. In 8.° Questo primo volume è uscito in tre successive distribuzioni , e comprende le piante dalla Classe Monandria sino ad una parte della Pentandria digynia. Ne abbiamo in viaggio la continuazione, e frattanto possiamo assicura= re, che questa è una delle più esatte Flore Americane, ‘che si conoscano , la quale non solo espone lo stato delle piante indigene, ma quello ancora delle non poche pian- te, che vi sono passate dal mondo antico per acquistar- vi al pari degli uomini il domicilio. Address of Earl Stanhope ete. Discorso del Conte Stan- hope Presidente della Società Medico-botanica , tenuto nell’adunanza anniversaria dei 16. Gennajo 1829. Lon- dra: G. Wilson 1829. In 4.° piccolo. Se ne darà la ver- sione Italiana in altro numero. Icones filicum ad eas potissimum species illustrandas destinatae , quae -hactenus. vel in herbariis delituerant | prorsus incognitae , vel saltem nondum per icones botani- ‘cis innotuerunt. Auct. W. Jackson Hooke, et R. Kaye Graville. Fasc. I. - VI. 1827. 1828. Londini. Flora Javae, necnon insularum adjacentium , auct. C. L. Blume, et adjut. J. B. Fischer: In fol. cum tab. Bru- xellis. Fasc. 1.5 et 9.dus 1828. -Plantae Banatus rariores, iconibus, et descriptionibus illustratae. Auctore A. Rochel. In fol. cum tab. Pesthae 1828. Libri di Mineralogia di Geologia. . Traité de Geognosie etc. Trattato di Geognosia di J. Tom. I. 19 290 F È Audicinion de Voisins, seconda edizione tomo r.° in 8.° con una tavola. Parigi 1828. L’ autore ha in questa nuova edizione aggiunte alcune cose assai rilevanti. Tatular wiew of volceanic phenomena etc. Quadro. dei fenomeni vulcanici, che comprende un elenco dei vul- cani, che hanno arso prima, o dopo i tempi istorici ec. di C. Daubeny. Un gran folio. Londra 1828. Questo qua- dro è un’ appendice all’ opera pregevolissima su i vul- cani dello stesso autore. Memoires pour servir etc. Memorie, che servono alla descrizione geologica dei Paesi bassi della Francia, e di alcuni paesi vicini. Di J. J. d’ Omalius de Halloy, in 8.° con una mappa a colori , ed nna tavola di spaccati ec. in 8,° Namur 1828. Di questa preziosa raccolta non può far senza chiunque voglia com successo applicarsi allo studio della geologia. Geognostiche beschreibung etc. Descrizione geognostica dei terreni fra il Taunus; ed il Vogelsgebirghe , sopra- tutto per rapporto alle sorgenti minerali di questi paesi . Di A. Wille In 8.° con 2 carte geologiche colorite. Ma- gonza 1828. r Ueber die fossile Reptilien etc. Su i rettili fossili di Wurtemberg. di G. Fr. Jaeger. In 4.° con 6 tavole lito- grafiche. Stuttgard. 1828. Topographische uebersicht etc. Saggio topografico del- la mineralogia dei due dipartimenti del Reno. Di Voltz. In 8.° Strasburgo 1828. Recherches etc. Ricerche sulle ossa fossili del diparti-' mento di Puy-de Dime dell’ Abate Croiset., er. Jobert il Seniore. 1.° volume in 4.° del testo. Fascicoli 1-9 dell’ arlante delle tavole . Parigi 1858. Handvòrterbuch der mineralogie etc. Lessico manuale di mineralogia , e di geognosia di K. F..A. Hartmann. In 8.° con ro tavole litografiche. Lipsia 1828. i Commentatio de Psarolithis ligni fossilis genere. Auct. Antonio Sprengel cum tabula aeri incisa. Halae 1828 in A new Sysem etc. Nuovo sistema di Geologia + Di Andrea Ure.in 8.° con molte tavole . Londra. Discorso snlle rivoluzioni della superficie del globo del Barone Cuvier tradotto dal francese, ed illustrato con le a 7 le fn Ri Sme “| 201 note da Ignazio Paradisi tom. .° Firenze presso , Conti 1828. in 8:°. In questo secondo,volume oltre il compi- mento del discorso del Sig. Barone Cuvier vi sono pure i seguenti opuscoli = Lettere su le rivoluzioni del Glo- bo del Sig. Alessandro Bertrand , 2.* ediz. Parigi 1828. Compendioso volgarizzamento con note = Rapporto de’ Signori Cuvier, e Brogniard sopra una memoria presen- tata all’ Accademia delle scienze sulle ossa fossili delle caverne di Lunel-Vieil, VIAGGI. Il Signor Belanger nel suo gran viaggio da Parigi a Pondicherì, ed in altri quattro in'varie parti dell’ India ha diseccato un grandissimo numero di piante, fra le quali 3000 circa da lui trovate’ nella Persia, ha fatto una raccolta dei pesci del Gange, di parecchie centina- ja di uccelli, di crostacei; e di molluschi ec. Egli è ben a credere, che fra questi oggetti molti vene siano per lo innanzi sconosciuti. Il Sig. Mertens naturalista del viaggio attorno al glo- bo della spedizione russa del Capitano Luùtke, ha rac- colto un sì gran numero di animali invertebrati, che per descriverli esattamente dovrà egli impiegare alquanti anni. Sulle coste poi di Kamtchatka ha trovato una fo- ca appartenente, a quel che pare, ad una specie nuo- va, della quale ha egli conservato non solamente la pelle, ma ancora lo scheletro. Nell’ estremità inferiore della trachea arteria di questo animale vide Martens una fessura lunga più di due pollici, che introduceva ad un sacco, il quale era un prolungamento immediato della membrana mucosa del canale respiratorio; questo sacco si insinuava nel lato destro, fra il grande, ed il piccolo muscolo pettorale sino alle coste spurie, ed era talmente vasto, che senza difficoltà vi si poteva intro» durre il braccio sino al gomito ; fornito era un tal sacco - di molti vasi sanguigni derivanti dalle arterie interco- stali; anche i nervi derivavano dagl’intercostali. L’ani- male aveva i polmoni perfettamente sani, nè presentava alcun ‘indizio , che potesse indurre Martens a credere , che 1° indicata struttura fosse uno stato patalogico. Da 292 persone poi degne di has: seppe egli, che questa ca aveva la facoltà di gonfiare il lato destro del petto. Nien- te di simile trovò Martens nella Phoca ursina , di cui fece parimente la sezione anatomica. I Signori Ledeburh , Mayer, e Bunge nel viaggio lo- ro ai monti Altai hanno fatto sì abbondante raccolta di piante , che il numero de’ generi monta a più 1600, de’ quali 4-500 sono affatto nuovi; hanno pure raccolto animali appartenenti a 700 generi, molti minerali, e Peli oggetti trovati nei sepolcri dei Tschuktschi. ‘ LerTERA SCRITTA DAL Srenor Avvocato Lurcr Corra AI DIRETTORI DI QUESTI ANNALI SOPRA IL VIAGGIO DEL Sc. Dorrore BrrtERO NEL CHILI. Torino 16. di Maggio 1829. Na Bullettino delle Scienze naturali diretto dal Si- gnor Barone De-Ferussac dello scorso Gennajo alla pag. 112. evvi l’estratto d’una lettera del nostro Naturalista Piemontese Dottore Bertero datata da Rancagua a’ 12. Luglio 1828, ed indiritta al Sig. Guillemin, nella quale lettera, premessi alcuni particolari sulle cose fisiche , e morali” dell’ interno del Chili, si fa qualche cenno di botanica, e di poche piante nuove. raccoltevi da quel generoso Viaggiatore. Le mie relazioni col Bertero mi pongono in grado di somministrare qualche più estesa e più interessante notizia circa tale viaggio, la quale pen- so poter essere gradita dalle SS. LL. chiarissime per far- me menzione nella seconda parte dei loro preziosi Anrali di storia naturale , ove si propogono di parlare de’ viaggi intrapresi da’ naturalisti . Partì il Bertero da Havre le grace pel Chili sugli ul- timi giorni del Settembre 1827, e già mi preveniva che io non avrei potuto ricevere notizie di lui se non dopo. lo spazio di mesi otto circa , calcolando mesi quattro pel suo arrivo a Valparaiso. Vi giunse però in 112, giorni, e nella sua prima lettera datàra da S. Jago V’ 11. Mar= zo 1828. mi annunzia come in que’ contorni fossero le ba den Preti dn, ‘203 campagne allora arse dalla siccità e calore} come ai piedi stessi della prima catena delle Cordi/lieres per otto mesi dell’ anno non cadesse una goccia di pioggia , come gli fosse riusciro malagevole di ottenere da quelle autorità locali le facilità che si richiedono ad un viaggiatore , e per fino la facoltà di esercitare la medicina, come egli si proponesse di recarsi fra poco a Rarcagua situata alla distanza di 25. leghe al sud di S. Jago, e quinci tre mesi dopo a S. Fernando, a Talca, a Caricò , a Ilata, a Chilian, ed in fine alla Concezione, e come a malgra- do delle incontrate difficoltà, e della stagione niente propizia per la vegetazione, avesse già raccolte più di 150. specie , fra le quali parecchie nuove od assai dub- ‘biose, annoverandomi le seguenti fra le più rare che ivi avesse incontrate = Quillaja Molinae Dec. = Malheser- bia sp. nov. = Malva sp. nov. = Coccoloba sagittifolia Ort. = Baccharis glutinosa, et linearis = Hoffmanseg- gia chilensis Bertero = Lilaea subulata Bumb. = Azolla magellanica = Limosella sp. nov, = Flaveria angusti- folia Gav. = Tagetes minuta L.= Conanthera bifolia = Teucrium heterophyllum Cav. = Gardoquia multiflora R. et Pav. = Croton Colliguay Molin. = Cuscuta chilensis = Amaranthus prostrato simillimus = Zapania nodiflora var. = Celastrus Maytenus = Anona Cherimolia = Boer- rhaavia glutinosa Bertero = Centaurea chilensis Bertero = Lepidium nov. sp. = Bowlesia an nov. sp.? = Cas- sia fleruosa Bertero = Stachys quadridentata Lindl. = INicotiana angustifolia = Gnaphalium cheiranthifolio pro- xximum = Lythrum albicaule Bertero = Chara clavata Bertero = Xanthium macrocarpum = Peumus fragrans Pers. ec. ec. Da Kancagua poi sotto il 17. Maggio mi fa un’ assai patetica descrizione di quel paese , dicendomi essere egli esposto a continue privazioni d’ ogni sorta, ed anche delle cose le più essenziali alla vita, essere il clima quasi insopportabile in quella stagione invernale a cagione del=- le continue pioggie , de’ geli, e del meschino stato delle poche abitazioni che vi si trovano, essere l’ interno del paese privo affatto di strade praticabili , la massa del po- polo piena di pregiudizj, e mancante di buon senso = Tu a 3» sono forzato (egli soggiunge ) a fare il Medico il Chi- £ ì eci 204 3, rurgo e lo Speziale, ma per godere di qualche credi- 3) to conviene guarir l’ ammalato in una’ sola visita e con un solo rimedio, ancorchè si tratti di malattia gravissima od inveterata, giacchè quivi si licenzia il Medico se nello spazio di 24. ore l’ ammalato non >» prova un notabilissimo miglioramento =. » Passando alle cose le quali hanno relazione colla bo- tanica, egli dice, essere quella contrada situata in una pianura di cinque leghe di larghezza, avente dall’ un lato la catena delle Cordillieres , e dall’altro piccole mon= tagne e colline, scorrere per quella valle dal N. al S. il rivo dato Cachapual, ed essere questa valle divisa in piccole proprietà cinte con muri , coltivate a pascolo di Alfalfa ( Medicago sativa ), e destinate per i bestiami che ivi si racchiudono, di maniera che per raccogliere poche piante conviene allontanarsi moltissimo da quel borgo , e ritornarvi la sera per non ritrovarsi anche a grandi distanze il menomo ricovero. In mezzo a questi ed altri ostacoli in quella lettera minutamente riferiti riuscì al coraggioso nostro botanico di fare ricca messe di piante, fra cui mi nota le seguenti come più rare — Oxalis perdicaria Bertero = Ozxalis gyrorhiza Bertero == Molinaea micrococos Bertero = Peziza chamaelea Berte- ro = Agaricus micaceus Bull. Peziza stercorea Pers. = Agaricus variabilis Pers. = Tulostoma brumale Pers. = Sphaeria corticis Fries = Arcyria punicea Pers. = The- E) lephora rosea Pers. = Cyathus crucibulum Hoffm. = He- lotium aciculare Pers. = Thelephora lactea Fries = Con- ferva velutina Dillw. = Peziza muscorum Holmsk. = Peziza leucotricha Alb. et Schw. = Diderma difforme Pers. = Physarum capitatum Link. = Merulius bryophi- lus Pers. = Peziza melaloma Alb. et Schw. = Peziza her- barum Pers. = Peziza imberbis Bull. = Agaricus coma- tus Mull. = Boletus cervinus Schw. = Veronica arven- sis L.= Eccremocarpus sepium Bertero = Agaricus squa- mosus Pers. = Agaricus campestris L. vulgo Cayampa solus ibi edulis = Boletus pupulatus Bertero = Thele- phora candida Schw. = Spumaria mucilago Pers. = Lo- ranthus tetrandrus R. et Pav. = Peziza atrata Pers. = Cactus coquimbanus Molin. = Oxalis megalorhiza Yacq. = Francoa sonchifolia Spr. (genus fortasse diversum , 2095 vel character Francoae emendandus) —=-Azara dentata R. et Pav. — dAzara serrata R. et Pav. = Puccinia Cestri Bertero = Sphaeria Cestri Bertero = Uredo Cestri Bertero = Blandovia striata Willd. = Sophora macro- carpa Sm. = Drymis chilensis Dec. = Laurelia serrata Bertero = Zuccagnia punctata Cav. = Acaena trifida R. et Pav. = Aristotelia Macqui Herit.= Baccharis genistel- loides Pers. = Acacia Cavenia Bertero ( Mimosa Molin. ) = Prosopis siliquastrum Dec. = Cucurbita Siceraria Mo- lin. = Acacia strumbulifera Willd. = Ranunculus murica- tus var. tucumanensis Dec. = Erodium moschatum W illd. = Malva umbellata Cav. (genus diversum ) = Gyno- pleura linearifolia Cav. = Dipsacus fullonum L. = Ésca- lonia thyrsoidea Bertero = Escalonia resinosa Pers. = Zannichellia palustris L. = Hydrocothyle ranunculoides L. = Hydrocothyle asiatica L. = Uredo Hydrocothylis Bertero = Pteris triphylla Bertero = Pteris chilensis Bertero = Lardizabala biternata R. ev Pav. = Gevuina Avellana Molin. = Hymenopappus glaucus Spr. = Tri- cuspis dependens Pers. = Litrea venenosa Mi. = Loasa wolubilis. Jass. = Bovista nigrescens Pers. = Duvaua dependens Dec. = Marchantia chenopoda L. = Mimulus luteus L. — Mimulus punctatus Bertero = Solanum cri- spum R. et Pav. = Solanum chenopodioides Lamk. = Conyza chilensis Spr. =. Gnaphalium chilense Spr. = Chenopodiumi multifidum L. = Phytolacca chilensis Mi. =- Colymbaea quadrifaria Salisb. = Polygonum lapathi- . folium Curt. = Polygonum aviculare L. cum var. caule erecto = Pourretia coarctata R. ev Pav. = Baccharis montevidensis Pers. = Xanthium spinosum L. = Equi- setum bogotense H. et B. = Fuchsia macrostemma R. et Pav. Ho voluto conservare l’ordine, in cui furono riferite dall’autore le anzidette piante, per nulla variare su quan- to egli mi scrisse, e nulla anticipare sulli- suoi interes- santissimi lavori , essendomi pure astenuto dal fare la menoma osservazione , come prego le SS. LL. di prati-. care , per conservare allo stesso Autore ogni sorta di an- teriorità . Certamente più precise notizie io potrei avere, se me- no difficili fossero le comunicazioni, annunziandomi il 296 Bertero nell’ anzidetta lettera che quella era la quarta che mi scriveva, che una collezione di piante secche e di semi stava egli per ispedirmi, e che avrebhe con- tinuata con assiduità Ja sua corrispondenza ; ma io non ebbi più di quanto comunico alle SS. LL., anzi per - maggiore disgrazia ricevo lettera da un mio corrispon- dente di Bordeaux , nella quale egli mi partecipa che la nave, la quale veleggiava per Valparaiso , il cui Ca- pitano erasi incaricato della mia corrispondenza , aveva fatto naufragio . 4 NecROLOGIA « ' 74 Il giorno sei di Maggio dell’ anno corrente cessò di vi- vere in Firenze sua patria il celebre Sig. Dott. Ottaviano Targioni-Tozzetti nell’età di circa 74. annî, dopo avervi occupata per 45. anni consecutivi la cattedra di Botani- ca, ed in parte de’ medesimi quella pure di Agricoltu- ra. Egli fa del pari insigne e nelle scienze , che, pub- | blicamente professò , e negli altri rami della Storia na- turale , della qual cosa accertano e le molte opere, che diede alla luce, e 1’ ingrandimento, che procurò al Mu- seo di Storia naturale lasciatogli dal padre. La Toscana ha fatto una grave perdita nella perdita di lui, se non che egli è per sopravvivere nel Sig. Dott. Antonio suo fi- glio, mercè del quale l’ eredità scientifica, e particolar- mente quella della Botanica serberassi nella casa Tar- gioni, che ne è posseditrice per più generazioni da Pier Antonio Micheli in poi. Del resto il Prof. Ottaviano, ol- trechè era ornato di vaste dottrine, fu pure un mo- dello specchiatissimo di morali virtà, e fu talmente ca- ro agli amici, ed a chiunque lo conobbe , che la sua perdita ha destato non piccolo dolore nell’ animo di ognun di loro. NortizIiAa. La Società Linneana di Londra ha comprato l erba- rio di Linneo, l’erbario del fu Giacomo Odorardo Smirh, e tutta la biblioteca di lui per il prezzo di circa 78,000 franchi, ld Tao Tom.I do A Ninni dis. Lutog, Cipriani, e [è 24 LA L'itog Cipriani,e c.C. ai. Li ‘che l’ importare annuo” dt 1° esemplare” della Bix| nÌ IC | bliografia italiana, giacchè il'Sig. Pastori consi- Ri ‘dera come naturalmente associati tutti quelli, che Ì (O onorano di loro corrispondenza. Per la somma , ol zione, il Sig. Pastori darà) in compenso opere nuo-. È ve annunziate nella bibliografia contro lo sconto, fog voorzianato a ciascun articolo. Lespese di por-/ pae SE Sad opere, ‘che verranno date in compenso , ‘rimangono |. È; gprere a carico del committente . n Agata de? ì riceve în dina della bibliografia italiana x Final- mente il Sig. Pastori ‘prega i letterati, gli scien- | | ziati, e gli artisti d’ ogni sorta. a somministrargli * sulle \opere nuove, che escono in’ Italia; 3 ‘se /non f. un? Re compiuta , almeno. brevi cenni critici; | che facriano conoscata qual frutto ih arreca» È i. associazione per la Bibliografia è di franchi. i per un anno , quello del. foglio indicato dì. Frate poli 10 similmente annui, cdi cui rimane :ereditore «il proprietario dell’ edi- 55) | to dei tre esemplari, di deposito , e quelle per le;. 18 STIA V OLA Delle materie. contenute. nel ‘Fasbieplo, È: "0 È , IPA Pra lp «dei pescictam.n:° LEA . + » 184 [BE is ingigfeici quie' in tinoru tenute ELE tati ptatdramdlit t J. Poellin=. Da GTO gitivi o I SASA, Sulla Aessituta fa cadi 1,4 Huéchke :( estratto ne: i98. 190 oltà di vedere ella 1, Lai Geoffroy. St. (estratto); . AI i, AGI 199 ki ranchie; e- © Aranchiglà de vertebratà' -=" fn Fastratto dii anno Sulla circolazione r1onei suminanti +! di; Eri 00: eo ei OI Sito TuN99 3 È DIC È S Sulla piace! {pre ) AR mati Baer tot ig -194 Da PA he È9 serie 10133) parte 3 spa, Sedute, della R, Accademia SLY Siena: ‘di’ "Parizita DO ai edut ed La pt: | . Ì ppi Transazioni! della 0 -sogietà sl geologica d di Londra. 2,% Oietà filoma- MEG: Parìg AAA eb4,t edyt l’Acca loda nai pai “na Calata Giornale zoologico. . . . ,, Magazino filosofico di Tay- lot, e Phillips: +... ,3 Annali delle Scienze natu- rali. Annali delle Scienze d'0s- servaziOne + + + + 0.0 + 59 202 Biblioteca universale . +33 283 Isis. +. dY4:i emia Gioe... torali di d-* 279 280 n ha Sea e E 35 2811 ivi PORT RAT pe PE IE RE CR 0, . PARTE PRIMA) 0101 “ ini ts uf ViiiMewonie, ED EstrartpDiI © i È Tri BI inabile fa ag) "876 »Senitto. (Su î minerali ‘parassiti -di auf .s Hajdinger . . + +. ag. 204 |, e michei e stà, : circolazione, respirazione, ‘ el rijiréduzione degli! an 00 nelidi. abranchi - «= «di. Du- (+2 | gès) (‘estratto YA DI, Gontinuazione, e fine del di- pas “opra la Storia i gd +91. ro ressi della union îi ‘Snsalare italiana (2 e; to oni «fe 395 ET. de' ‘dini di alli s.ii une-pla te eoi veri noîmi } HERO siii i Li attiene ropiedrdi A Lig ate: amore: Cra Ri E N” [S) uòdva di Carduus --. Meo S Hat A salon A £D ANNUNZIO Archiyii di ominefilogia me di, m tallurgia . vpag. ‘feriddica: ‘di. adgpino logia, 0 «0g Giornalè: arcadico) ..ì, DINI ivi br {Giggnala delle provincie ve. iti eRi.JAd. anobii d Gi orn ale vLigu ustico . Libro ndòvi i Storia) ristu. |. rale MER s3 i Libri muovi di Zoologia Libri nuovi di Anatomia comparata es» Libri nuovi di Botanica . 3, ivif Libri nuovi di Mineralo- { gia, e di Geologia . . 33 iaggi è 0 0 è Necrologia è + è 0 + è + #3 INOCIZIOA (i = e aa le DI i RE 37 5 060. » e 000 0 0 39 fot | n 286 | ( N DI. nr STORIA NATURALE < - Fa SCIGOL % III.° l Sul finire di ogni bimestre si pubblica n fascicolo di questo giornale. i : Il prezzo dell’ intera annata è di paoli romani trentasei. per lo stato Pontificio , per l'estero, liane lire ventidue, e cinquanta centesimi. " BOLOGNA 1899. TIPOGRAFIA MARSIGLI con APPROVAZIONE e me < = —@—€——€tt@@———1t111111111—@—1>@ —_———————mr - x rs - = == TIZI ESZIETINST RISRARZZAR I DPAIIETIVA AI compresa la francazione fino. ai confini, d’itas . iv bee sl ilo ae “ sasa dat SSSSSIANISS, SSVSSSITISI —-<@———@@@__————@—È€——1—@2&#—)wPA@r_————_—_— —@-( CIZZZSTTA —————@___ - st EI I Sig. FRANCESCO Pasrori di Parma bra- moso di contribuire, per quanto è in suo potere, ai progressi delle scienze, e del- le buone lettere in Italia non contento di avere stabilito in Parma un deposito delle stamperie italiane, e di avere in- irapresa, € lodevolmente continuata la pubblicazione della Bibliografia italiana, s'è accinto ancora a mettere in luce un foglio periodico intitolato 1’ Eccletico, il quale principalmente trae dalle opere pe- riodiche straniere quanto in esse trovasi di più direttamente risguardante agli Ita- liani; Un Foglio commerciale italiano, edi un Giornale delle pubbliche lezioni pronune ciate nelle scuole, accademie, collegi, e 297 Sopra alcuni terreni adeguabili alla formazione di sedimento inferiore delle Provincie Austro-Venete, e sopra varie specie fossili trovate nel terreno di sedimento medio j} memoria di T. R. CaruLto + Le osservazioni che ardisco presentare al pub- blico hanno una stretta connessione con le altre stam- pate fin quì intorno alla zoologia fossile delle Pro- vincie Venete; anzi si può dire ch’ esse partono dal medesimo centro; e sono come quelle dirette a-rin= | tracciare la verità per la via meno fallace che ci additano i petrefatti. E tanto più facilmente mi so- no persuaso a pubblicarle quanto meglio io vedeva il bisogno di delucidare alcuni punti di pura geo- gnosia che mi furono controversi da chi non si cu- rò gran fatto di ponderare le ragioni che ho allegate per sostenerli, \ Dividerò lo scritto presente in due paragrafi . L' e- same di alcune rocce di origine contrastata formerà il primo; e la descrizione di varie specie organiche fossili discoperte in questi ultimi due anni costitui- rà il secondo. Quanto alle conseguenze che mi parve di poter. ricavare dall’ orittognosia e dalla chimica costitu= zione di certi calcari, dirò ch’ elleno stanno in per- . fetto accordo con le dottrine universalmente abbrac- | ciate dai geognosti di professione de’ quali tocco di . volo quel tanto delle loro opinioni che può bastare ) allo scopo mio. ; Gil” Delle rocce di sedimento inferiore sopra cui si eleva la formazione di sedimento medio presso Belluno. Non era difficile ‘afferrare i rapporti intrinseci e Re; diretti fra il calcare alpino che si eleva “netti lto Zon. I. 20/Dw & 2098 Blindo , e quello che costituisce la parte inferio- re de’ monti posti al nord di Belluno , stante la na- tura della roccia che si vede al di sotto de’ detti calcari, la quale mi servì a rilevare la corrispon- denza, e mi consigliò annodarli ad una medesima formazione . Gli uni hanno per base l’ arenaria ros- sa antica (1) ( Agerdino Zoldiano ec.) , gli altri sono adagiati sopra lo scisto siliceo (2) ( Serva, presso Belluno) » che per essere inquinato di bitume, ci pre- lude in qualche luogo l’esistenza dell’ Eleantrace il più antico , (3) quand’ anche non si volesse por men- te al forte odore di bitume che si diffonde lungo la valle dell’ Ardo duranti le fiumane. È appunto del- la roccia calcaria sovrapposta allo scisto del monte Serva ch'io debbo trattenere il lettore, come quel- la che mi servì di scorta a decidere dell’ età di tut- . ti gli altri calcari che si trovano sulla medesima li- nea geognostica, cominciando dalla valle di Maè e progredendo fino ai confini del territorio Feltrino. Collo stesso metodb cercai sceverare il calcare alpi- no dal calcare jurese, ove il primo fosse stato di- viso dal secondo da altre rocce zoologicamente. affi- ni ad un terreno di data meno antica. Il calcare alpino chio presi per tipo della forma- zione di sedimento inferiore ( nei contorni di Bellu- no) fu da me considerato sotto tutti gli aspetti pos- sibili, e debbo dire che trovai nelle assidue ricer- che mie un equivalente compenso. Oltre i caratteri che si ricavano dallo studio delle sovrapposizioni e dall’ esame de’ fossili, v ha un terzo fonte affatto diverso, al quale si può attingere lumi per meglio chiarirci dell’età relativa de’ terreni, e questo fon- te ci viene indicato dalla costituzione chimica di una (:) Rothe-todte-Ligende de’ Tedeschi . (2) Kieselschiefer , de’ Tedeschi, o Phtanite dell’ Haùy. (3) Stetakokle de” Tedeschi, o Howille de’ francesi. 99 rotcia messa al confronto con quella di un’ altra roc- cia che gli sia vicina. Io aveva osservato da gran tempo che il calcare delle più basse stratificazioni di monte Serva si mostrava scintillante all’ acciajo , tuttochè fosse intieramente privo di focaja; ma co- me questo carattere era comune ad un altro calcare di data meno antica, e destituto di silice ( Va/dart, al sud di Belluno ) (1); così io pensava col Gillet Laumon che si dovesse attribuirlo alla durezza del- la pietta, e non alle molecole, selciose frammesse nella massa calcaria prima che si fosse consolidata. Però , la circostanza di aver veduto più volte le sue stratificazioni coricate sopra lo scisto mi mantenne nel dubbio, che fra i componenti di essa vi potes- se esistere la silice , e deliberai assicurarmi col mez- zo di esperienze analitiche, di cui darò più sotto il risultato. Quì fu dove la chimica ajutò la geogno= sfa. Vista la grande quantità \di silice contenuta nella roccia calcaria, mi corse alla mente il pen= siero che questa terra potesse esistere del pari nelle marne alpine che in varie maniere accompagnano il calcare , e volli sottoporle anch’ esse all’ analisi on- de meglio appoggiare i miei ragionamenti sull’ indo- le geognostica di quel terreno. La molta silice di- scoperta. in tali marne aggiunge nuovo peso alla credenza che il terreno inferiore del Serva appar- tenga alla formazione del calcare alpino, e sia di un'origine quasi simultanea a quella dello scisto che gli soggiace (2). Pa RE ME CRI . ti (1) Veggasi Ie mie Osservazioni sopra i monti che circosérivono il distretto di Belluno, pag. 194 Verona 1828., 8.° (2) Humboldt, ove prende in esame la costituzion chimica delle | \arne riferibili ai calcari di tutte le epoche, ci fa osservare; che le % marne intercalate alla formazione del jura si mostrano più calcarifere di quelle che accompagnano i calcari antichi ( essai, pag. 241). |. «questo un fatto di più per dimostrare |’ intimità de’ rapporti che vi esiste tra il calcate del Serva ed il ealcate alpino degli altri paesi. 300 Ognuno intende, o dovrebbe intendere , ché il partito ricavato dalla presenza della silice non può valere se, non quando le-rocce appajono accompa- ‘gnate da circostanze che gli sono peculiari, come appunto son quelle che distinguono le rocce del Serva; avendovi altri molti calcari più moderni del- I alpino che contengono in gran copia la silice. Ora, tra le circostanze ch’ io trovo essenziali nel caso no- stro, e che debbonsi riputar esclusive degli antichi sedimenti marini, la prima si è la posizione occu- pata dalla roccia, e la seconda ci è offerta dalla sua struttura. E’ dietro la considerazione di tali im- portantissimi caratteri che il calcare silicifero de’ contorni di Dublino fu collocato fra le rocce di transizione (1); e che quello delle alpi illustrato dall’ Escher e dall’Ebel fu del pari risguardato co= me più antico del calcare alpino (2). Il calcare del Serva è solido, compatto , di frat- tura scagliosa , di tinta grigio-chiara, disposto in i- strati sopra lo scisto selcioso. Im qualche sito ‘le marne occupano il posto del calcare E riescono per conseguenza più selicifere delle altre/che si veggo- no intercalate al calcare medesimo, e tutte. sono prive di fossili. Noterò ancora, che gli strati. cal- \carei più vicini allo scisto sono del pari : mancanti di avanzi organizzati > € solo all’ altezza di venticin- que metri, sopra il piano della valle ritrovai le im- pressioni d’ un ammonite e qualche esemplare della Terebratulites variabilis di Schlotheim (3). A que- st’ altezza gli strati cominciano a conservare una giacitura che più si avvicina all orizzontale, men- tre gli strati calcarei del fondo s’incurvano e 5’ in- trecciano in guisa, che in qualche sito (Mortis) Daubuisson Traitè Tom. 2, pag. 225°, ) Brongniart s Classificat, des roches pag. 64. Paris 1827. 8.° 3) Saggio di Zoologia fossile pag. 82. 85'. E 30I «raffigurano altrettanti circoli spirali, non dissimili da quelli osservati dal Saussure e dal Brocchi, il primo nella valle di Salanche ; il secondo alla sini- stra riva del Mella, quasi di prospetto alla Terra di Eto (1). Questa formazione si eleva a giudizio dell’ occhio per due cento metri e finisce precisa- mente coll’ arenaria variegata, dando luogo ad un’ al- tra qualità di roccia (2) che continua fino al vertice della montagna. Per brevità ho omesso nel Saggio di Zoologia fos- sile di entrare in tutti questi particolari intorno alla geognosia del Serva , nella lusinga che il già pub- blicato sulla nettezza delle sovrapposizioni che mi offerse quel monte potesse bastare all’ intelligenza de’ lettori; ma sfortunatamente vidi dappoi che non tutti si curarono intendermi , e che taluno voleva anche intenderla a modo suo , senza-aver mai mes- so il piede ne’ paesi de’ quali \cercai specificare le rocce e individuare le formazioni (3) . Allora fu che deliberai pubblicare questa nota per far sentire, a chi più mostra averne bisogno , che le rocce infe- riori del Serva spettano effettivamente al terreno di sedimento inferiore . - Ove anche tacessero i caratteri di sovrapposizio- ne, la sola contemplazione degli attributi chimici delle due rocce coricate alternativamente sopra gli strati scistosi, trascinerebbe la ragion nostra a cre- derle coeve allo scisto siliceo dal quale sono state ad evidenza modificate. - E LI MIE_-=--i-s@©i 1) Brocchi, miniere del Mella, T. 2. pag. 247. 2) Calcare del jura , o jurakalk de’ Tedeschì. (3) Giornale dell’ Italiana Letteratura T. II, Serie IV. Bim. di Luglio e Agosto 1828, 302 Caratteri orittognostico-chimici delle marne alpine che si vegsono talvolta al contatto dello scisto siliceo, Queste marne , di tinta cinerea, esistono fra gli strati del calcare selcioso, e più di rado veggonsi immediatamente adagiate sopra lo scisto. Hanno la frattura terrosa, talvolta oscuramente concojde ; si lasciano intaccare dall’ unghia , ed i loro frammen» ti riescono indeterminabili. L’ alito yi rileva un o- dore di fango , e l’acqua può ridurle in una massa quasi incoerente, qualora vogliasi lasciarle per qual- | che giorno in riposo dentro a questo liquido. | I. Sopra cento parti di marna alpina polverizzata si fece reagire per due ore l’ acido nitrico concen- trato ; poscia si allungò la soluzione (A) con acqua distillata , e si filtrò per carta preventivamente la- vata con acqua acidulata d’ acido muriatico . 2. La materia rimasta sul filtro (silice, a/lumina, e ossido di ferro) fu trattata a caldo per due ore coll’ acido solforico allungato (B), e mediante la, filtrazione si ottenne la silice, che lavata, asciut- tata, e posta alla bilancia, pesava 51 grani. La so- luzione (B) fu messa da parte (7). 3. La soluzione nitrica (A), a cui sono stati ag- giunti i rispettivi lavacri, si evaporò a secchezza affine di spogliarla dell’acido esuberante. In questa operazione si è decomposto il nitrato di ferro, risol- vendosi in puro ossido . 4. La materia ottenuta coll’ evaporazion della so- luzione (A) fu ridisciolta nell’ acqua distillata, e passata dappoi per filtro ci somministrò 1 ossido di ferro , il quale lavato e asciugato pesava 4 grani. 5. Le acque di lavacro, unite che furono alla so- luzione de’ nitrati, vennero trattate col prussiato triplo di potassa, il quale indusse nel liquore un lieve intorbidamento roseo appena sensibile, ed in- 303 calcolabile. Dentro tali acque, rese limpide me- diante la semplice filtrazione , si versò in eccesso il carbonato neutro di potassa, il quale precipitò il carbonato di calce misto ad un poco di allumina . Per mezzo della potassa caustica si segregò tre quar- ti di grano di quest’ ultima terra , e rimasero intat- ti 35’/ srani di carbonato di calce . 6. Separati i carbonati di calce e di allumina col ministero del carbonato neutro di potassa, si tolse a riscaldare la soluzione residua, a cui, come di- cemmo, furono aggiunte le acque de’ lager) Si ottenne per questo mezzo un precipitato bianco, che fu raccolto sul filtro, il quale lavato ed asciugato ; , si diede a conoscere per carbonato di magnesia (1). Il suo peso era di due grani. 7. Presa quindi in esame la soluzione solfa (B) si pensò innanzi tutto renderla neutra, poscia si trattò col succinato d’ ammoniaca. Il USURA di ferro si precipitò ben tosto sotto la forma di fiocchi leggieri colorati in rosso brunastro , il quale raccol- to, e calcinato convenevolmente, ci diede tre grani di ossido di ferro . 8. L’ammoniaca, da quest’ ultima soluzione, ci somministrò una materia gelatinosa, riconosciuta per allumina. Codesta dopo averla bene esiccata pesava tre grani È Le marne alpine del monte Serva sono quindi corn- poste di Silice. de a IU Le ADI Dssidot da'ferrot lil Alma ia 2 Carb. di REL VIA MTA «++. di magnesia...... 2. Perdita. Ue DI 1 (1) La presenza della magnesia non sarà mai una prova che la marna spetti alla formazione del jura , giacchè questa terra può esistere egualmente nel grés Bigueràè , nella creta, nei calcari terziarj ec. ( Humboldt essai pag. 256). 304 Caratteri orittognostico-chimici del calcare alpino di monte Serva . Il suo colore è grigio di cenere, talvolta più ca- rico, o tendente al grigio bluastro — Percosso col martello si rompe con difficoltà, ed i suoi frammenti sono piuttosto lamellari che angolosi, nè mai offro- no l'aspetto di piccoli solidi romboidali, o triedri, come son quelli che si ottengono da più altri calca- gii — La sua durezza riesce significante, e battuto coll’ acciajo dà molte scintille — Mostra di ayere una .frattura decisamente scagliosa — Al cannello soffre un principio di vetrificazione, senza diyenire attirabile dalla calamita; e se in tale sperimento lo si unisce al borace questo sale acquista la tinta vio- letta — Posto nell'acqua forte si scioglie risveglian- do una viva effervescenza , e lasciando indietro un copioso deposito . ; 1. Cento grani di calcare alpino del Serva ridot- to in finissima polvere , furono messi nell’ acido ni- trico rettificato, il quale risvegliò sul momento una viva effervescenza , sviluppando 1’ acido carbonico dalla sua combinazione con la calce, e sciogliendo gran parte della polvere sottoposta alla sua azione. Dopo sei ore si decantò il liquido sopranuotante, e. sulla materia residua si versò del nuovo acido nitri- co per ispogliare la silice di ogni qualunque porzio- ne di calce che per avventura fosse rimasta indi- sciolta . La silice resa pura, dopo essere stata esat- tamente lavata e asciugata, pesava grani 28 E° 2. Le soluzioni, a cui furono riunite le acque de’ lavacri, si fecero lentamente evaporare per ridurre il miscuglio salino a siccità . 3. La massa fu poscia disciolta nell’ acqua pura, dalla quale si precipitò l’ ossido di ferro sotto for- ma di fiocchi rossiccj. La materia fiocconosa lavata, e seccata pesava grani 27. - ( ‘305 4. Nella soluzione da cui erasi segregato l’ ossido di ferro, si aggiunse il prussiato triplo di potassa , e si ottenne per tal mezzo un deposito bianco, che fu senza indugio separato col filtro, e riconosciuto per prussiato di manganese , il quale, raccolto di- ligentemente , e calcinato ci somministrò 1’ ossido di manganese, che pesava grani 5’. 5’. Ciò che rimase disciolto nel liquido fu cimen- tato col carbonato di ammoniaca , il quale separò una materia di aspetto gelatinoso , che raccolta con somma cura , pesava grani 647. Il liquore, evapo- rato fino a siccità, non lasciò nel vase alcun re- siduo, 6. Sopra i grani 64% di materia conseguita per mezzo del carbonato di ammoniaca , si fece reagire la potassa caustica liquida, la quale tolse alla ma- teria predetta ventidue grani di peso , Neutralizza- to il liquore alcalino con un acido , e trattato po- scia coll’ ammoniaca, si ebbe un precipitato, che staccato ancor umido dal filtro, e quindi asciugato, pesava grani 22. I caratteri di quest’ ultimo edotto erano quelli dell’ allumina . 7. Li residui grani 42} che non furono attacca- ti dalla potassa caustica, si trattarono coll’ acido a- cetico allungato , nel quale si sciolsero compiuta- mente. La soluzione acetica fu dappoi cimentata coll’ ossalato di ammoniaca, e per tal guisa si giun- se a conoscere che il materiale rimasto dopo la ‘se- | parazione dell’ allumina era carbonato di calce . Unendo insieme gli edotti di quest’ analisi si vede che le proporzioni de’ materiali contenuti nel cal- care alpino del Serva calcolati sopra cento grani, sono i seguenti ‘ È 306 Carbonato di calce....... 4ot Silice, Bei calate 287 Allumina i a. Piedi LI nana Ossido di ferro: 227,074 ta nel Saggio sul volo degli insetti ( Journal de Phy- sique ec. T. 90. e 91. 1820. et Mèmoire sur la Lo comotion, lu à l’Acadèmie des Sciences, le 20. aott | 1827. = Journal des progrès des Sc. med. 1828 =), i credendo in allora che le due qualità di muscoli indicati agissero separatamente, e dove attribuivo forse troppa influenza all’ aria interna, ed alla ela- stieità delle parti solide cireondanti il torace ; quan- tunque non si possa negare una eerta influenza di queste cause sulla maggior facilità del volo. Di più le parti dure sottoposte alle ali, ed inviluppanti gli organi interni, destinate sono ancora a proteg- gerle contro la violenza dei movimenti del volo, ed a contribuire alla dilatazione del torace riagendo per la loro elasticità alla pressione operata dall’ in- nalzamento delle ali. (1) (1) Questa breve memoria è aecompagnata da tre tavole in ottavo Fappresentanti, le prime due in sei figure i diversi strati dei muscoli , | ( preparati nell’amtra domestica ), che direttamente od indirettamente contribuiscono. al vofo negli uccelli : e la terza contenente cinque fi- gure , l’apparecehio medesimo negli insetti, e particolarmente nel Syrphus inanis , e nell’ Aeshna grandis . 339 y v attor 9 MuxLLer J. —= Sur LA mfrAMmorrHOosE Etc. — SULLA |. METAMORFOSI DEL SISTEMA NERVOSO NEL REGNO ANI- mare = (Journal complèmentaire du Dictionnaire des Sciences Medicales T. xxxIir. pag. 27 - 42. Mars 1829.) = (Estratto .) Sa TICA A si voglia; dice l’autore, tener die-- tro allo sviluppo del sistema nervoso dal tipo il più semplice alle forme più perfette e complicate fa duopo studiare la serie degli animali ascendendo dai moluschi , agli articolati, ed ai vertebrati. Il pro- blema relativo al modo più giusto di confrontare non solo l’intero sistema nervoso degli invertebrati con quello dei vertebrati, ma pur anco di mettere in armonia le diverse loro parti e regioni ha di già formato il soggetto degli studj, e meditazioni di . anatomici reputatissimi. Ackermann, Reil, Bichat hanno preteso di trovare la più grande analogia tra il sistema a. ganglj degli invertebrati, ed il gran simpatico dei vertebrati. Dopo molti travagli intorno il sistema nervoso intrapresi da Serres e Desmoulins hanno i dotti autori abbracciato, e si sono compia- ciuti di codeste opinioni; invece Scarpa, Blumen- bach, Cuvier, Gall, I. F. Meckel, ed Arsaky hanno rigettato questa supposta analogia fondandosi sopra eccellenti ragioni, e la maggior parte di essi senza esitare hanno confrontato la midolla ventrale degli | articolati colla midolla spinale dei vertebrati. Me- ckel, e P. F. de Walther addottarono più partico- larmente l’ opinione, che il. prolungamento del cer- vello nel tronco degli animali invertebrati debba es-. sere considerato come la riunione del sistema ner- voso del midollo spinale, e di quello che costituisce il gran simpatico , in modo però che questo sistema composto degli invertebrati più si accosti ‘a quello deli 333 della midolla spinale negli. articolati, più al tipo del gran simpatico nei molluschi. Carus si è pure dichiarato in favore di questa opinione, almeno ne- gli ultimi suoi scritti (1). Rudolphi però è stato quello che più francamente d'ogni altro ha addottato codesto modo di conside- rare il sistema nervoso degli invertebrati fondando anzi sopra questa opinione una divisione singolaris- sima degli animali (2). Egli infatti oppone agli ani- mali vertebrati, cioè a doppio sistema nervoso , ( di- ploneura ) gli animali senza vertebre a sist. nervoso semplice ( oploneura ); nei quali sviluppasi più par- ticolarmente, ora il sistema a ganglj del gran sim- patico ( ganglioneura ), come nei molluschi; ora più particolarmente il tipo della midolla allungata (mye- loneura ), come negli ‘animali .articolati . Finalmente Treviranus e E. H. Weber hanno cre- duto di dover considerare negli invertebrati ‘la serie dei ganglj quali rappresentanti quelli dei nervi spi- nali dei vertebrati, ed i cordoni che riuniscono in serie longitudinale i ganglj stessi degli articolati , quale rudimento dello spinal midollo . | Codesta quistione tanto agitata è perfettamente { -——___mm EI --— — "ses (:) Nota l’ autore che altra volta Carus credette di_dovere piutto- sto considerare analogo al gran simpatico il sistema nervoso degli in- vertebrati, credendo di trovare nel vaso dorsale degli insetti l’ inco- minciamento d’ una formazione d’ordine superiore analoga alla midolla spinale. Ma rinunziò a questa opinione dopo la pubblicazione della dotta sua mem. = Sulla scoperta d’ una circolazione semplice attivata da un cuore nelle Larve degli insetti lmenopteri = pubblicata, nel 1827 ; anzi in questa memoria riferendo che fino al 1825. non aveva | potuto indicare veruna comunicazione tra questo vaso ed altri ‘orga- ni, ha dimenticato di dire , che fino dal 1823. 1’ autore scoprì in un grandissimo numero d’ insetti d’ ordini diversi, descritti, e figurati nel 1825. ( Acta Acad. G. L. C. Naturae Cur. Vol. xxm. P. 11.), | . la connessione che unisce il vaso dorsale ai tubi delle ovaje, e per la quale mediante tubuli estremamente fini il fluido contenuto nel cuore, che è il vaso dorsale, passa direttamente entro le o0va]e è (2) Vedi Rudolphi Beitraege zur Anthropologie + { 334 sciolta dall’ osservazione , che cioè nella maggior par- te degli animali articolati, gli insetti p. e., indi- pendentemente dalla midolla ventrale o ganglionare collocata dal lato ventrale, esiste ancora un secondo sistema nervoso destinato esclusivamente ai visceri; | e che codesto sistema, composto egualmente d'una ‘ ‘serie di ganglj più piccoli, acquista il suo maggior sviluppo sul canale intestinale, ed in particolare sullo stomaco dove forma dei plessi ben visibili; invece si unisce al cervello ed alla midolla spinale solo mediante esili radici. Di già Meckel, e Treviranus avevano indicato una analogia tra il gran simpatico , ed il nervo ricorren- te dispari descritto da Lyonnet (1), e che scorre sul canale alimentare. Ciò non ostante questo nervo non era che la forma più semplice e meno svilup- pata d’ un sitema nervoso speciale, del quale ho studiato le variazioni in quasi tutti gli ordini della classe degli insetti. Questo sistema allorquando si mostra più sviluppato, nasce dal cervello mediante radici molto sottili, e dirigendosi sulla regione supe- riore del canale alimentare scorre tra questo ed il cuore, e pervenuto allo stomaco produce un plesso particolare derivante da un ganglio considerabile ; e notar si deve che in questo caso la parte stoma-' cale, e centrale di codesto sistema è sempre più ro- busta e visibile della superiore comunicante col cer- vello. Il tronco poi che scorre sul canale alimen- tare ora nasce da due radici, e si dirige in seguito sotto la forma di un cordone dispari sino allo sto- maco dove produce il proprio ganglio ; ora esistono due piccoli tronchi, i quali a guisa della midolla ventrale riunisconsi di distanza in distanza mediante piccoli ganglj, e mandano dall’ ultimo rigonfiamento (1) Traitè de la Chenille pag. 597. PI. xuu. fig. 1, 385 più insigne il plesso dello stomaco. Poste ciò nòn rimane verun dubbio che Ja midolla ventrale degli insetti malgrado i suoi ganglj non sia paragonabile alla sola midolla spinale. , Siccome nei radiarj mostrasi per la prima volta il sistema nervoso distinto e'separato dalla sostanza ge- nerale: converà nella esposizione dei fatti separare gli uni dagli altri i diversi tipi degli animali senza vertebre, ammettendo fra gli invertebrati il tipo dei raggiati; quello degli animali a visceri; ed’il terzo degli articolati, che abbraccia gli anelidi, i cro- stacei, gli aracnidi, e gli insetti. 1.° Tipo dei raggiati. La forma primitiva del si- stema nervoso negli invertebrati è quella dell’ anel= lo detto comunemente collare esofageo . Nei raggiati questo anello si mostra nella maggiore semplicità senza ganglj, senza prolungamenti in cordoni mi- dollari: la distribuzione dei suoi rami segue la di- visione raggiata del corpo, e sono fra loro uguali in tutta la periferia del circolo. ‘2.° Tipo degli animali a visceri, molluschi. L' ani- male considerato esternamente non è che un sacco viscerale muscoloso : in quanto ai nervi dei sensor), cominciano a manifestarsi quasi soltanto dei filamen- ti pel tatto, esiste il collare esofageo che manda dei nervi viscerali irregolari: ma il collare esofageo, ed i nervi dal medesimo prodotti in questo grado di maggiore sviluppo hanno formato dei ganglj che di- ventano altrettanti centri per la irradiazione della mi- dolla nervea. Ecco quali sono i gradi di questo ti- po di sviluppo. a. Rigonfiamento semplice, doppio, o triplo del collare esofageo con altri rigonfiamenti sparsi nei nervi che dal collare derivano. Acefali, Gasteropodi. b. Collare esofageo sotto la forma di una midolla cerebrale con dei ganglj sparsi nei nervi viscerali . Cefulopodi . - 336 3.° Tipo degli animali articolati. Successione di. membri analoghi od uguali, contenenti parti analo- ghe od uguali; divisione secondo la. lunghezza del corpo . In tal caso il collare esofageo ed.i suoi gan- glj devono ripettersi come anelli, e ganglj midollari del corpo articolato. Lo sviluppo in questo tipo presenta le seguenti gradazioni, À fr a. Il collare esofageo con un ganglio esteriore , ed uno posteriore, si prolunga in collari, e ganglj midol- lari del corpo articolato più volte ripettuti. Annelidi . 5. Il collare esofageo col ganglio anteriore pei sen- si, ed una serie dei ganglj midollari del corpo ar- ticolato , riuniti mediante anelli midollari. Insetti, Crostacei, Quivi il ganglio posteriore del collare eso- fageo è di già il primo ganglio della midolla ven- trale. Negli insetti si vede apparire di più sul dorso del canale alimentare un sistema nervoso particolare dei visceri che sullo stomaco acquista il suo. mag- gior grado di sviluppo, e che mediante radici parti- colari comunica col cervello, e colla midolla ventrale. c. Fusione degli anelli della midolla ventrale in un cordone solido; riunione del collare ‘esofageo in una midolla allungata solida, le coscie della quale non abbracciano più l’esofago. Alcuni insetti . In molti insetti i cordoni inferiori del funicolo midollare sono di già riuniti nello stato di larva . Durante il passaggio allo stato di grisalide, e di insetto perfetto, altri ganglj fino a quel tempo se- parati riunisconsi, alcuni scompariscono , altri si confondono . 1 ; In diversi altri insetti tutti i ganglj e cordoni della midolla ventrale riuniti sono da un cordone midollare solido,, dal quale partono in forma di raggi tutti i nervi del corpo articolato; cordone che non è più in comunicazione col ganglio cerebrale se non mediante il collare esofageo aperto. Questa dispasi- zione è propria dello Scarabeo nasicorne, anche nel- 337 i ‘lo stato di larva. Swammerdam ha figurato una di- sposizione simile in un aptere, ed in un diptere. Dannosi anche degli insetti nei quali gli stessi cordoni del collare esofageo sono riuniti, e l’ esofago invece di attraversarli passa al di sopra di una massa midollare cervicale solida, e sul cervello per diri- gersi alla bocca, il che ho verificato nelle larve della famiglia dei Mantes. A dir vero nello scor- pione (Nova Acta Acad. Nat. Cur. T. x. tab. 1. fig. 1. ) la midolla allungata, ol’ incominciamento della midolla ventrale , è ancora fessa:; l’ esofago pe- rò non passa attraverso un collare, ma scorre sul cervello per dirigersi alla bocca. Finalmente negli aracnidi Ja midolla ventrale incominciando dal. cer- vello è solida, e senza collare come lo. dimostrano le osservazioni di Treviranus. In questo caso gli, al- tri anelli del cordone midollare, sono ora aperti, come negli scorpioni, ora in parte riuniti per, una grande estensione come nelle fasme (Phasma Fab ), ora finalmente del tutto uniti negli araneidi. In tal modo, ora il collare esofageo scompare, nel mentre che quelli del corpo restano, ed ora questi si riuniscono in un sol cordone nel mentre che quelli del collare esofageo rimangono distinti. Se di la si passi al sistema nerveo dei vertebrati. nei quali i cordoni sono perfettamente saldati, i ganglj scom- ‘parsi, e le parti centrali riunite nel cervello , si per- viene al massimo della complicazione di quest’ orga- | no importantissimo + Anelli del sistema nervoso saldati, cordoni di- stinti, formazione di un cordone e di ganglj sono cose. meno tra loro essenzialmente diverse di quello si sarebbe tentati a crederlo, Queste varie forme so- mo transizioni dall’ una all’ altra, ed il cervello colla midolla spinale non differisce molto in quanto alla fondamentale conformazione dal sistema degli ani- mali senza vertebre. Così nei vertebrati delle classi 338 inferiori ricomparisce la formazione ganglionare nei luoghi dove si staccano dalla ‘midolla spinale i nervi più insigni, come nella regione cervicale della tri- glia , e nella brachiale e lombare dei chelonj, e egli uccelli . i Siamo perciò costretti a rigettare totalmente l’ in- ° gegnosa ipotesi di Treviranus, e di E. H. Weber, che cioè i gangli degli insetti paragonabili sieno ai ganglj spinali dei nervi dello spinal midollo: questi nervi spinali hanno ganglj solo nelle radici ‘poste- riori, di più i cordoni interposti ai ganglj negli ar- ticolati, e che dai sullodati celebri naturalisti ri-. guardansi soli come primi rudimenti del midollo, forniscono essi stessi alle parti dei filamenti nervosi come lo dimostrano le osservazioni. del Lyonnet, - contro l’ asserzione di alcuni moderni anatomici . Infine evidentemente si vede in parechj insetti il pediculus capitis, la musca putris; lo scaraboeus na- sicornis , che la riunione dei ganglj produce un cor- done solido analogo al midollo spinale dei verte- brati. Non si può ne anche attribuire una grande impor- tanza al parallello completo istituito da molti ana- tomici tra il sistema nervoso dei molluschi, ed il gran simpatico dei mammiferi. La mancanza della continuata catena di ganglj nei molluschi dipende dalla disposizione del corpo non articolato. Infatti allorquando nei veri articolati la forma di articoli moltiplicati scomparisce , od è ridotta ad un minor numero di pezzi, la catena ordinaria dei ganglj è sostituita da ganglj sparsi dei nervi cerebrali simili ' . . x » ° . . x . a quelli esistenti nei molluschi come si vede nei fa- langisti; ed i molluschi pure mostrando nel loro corpo traccie di articolazioni disposte in serie lon- gitudinale , sviluppasi in proporzione la catena dei ganglj , come nei balani. Perciò dire si deve soltan- | to 1.° che i nervi viscerali sono più sviluppati nei - 339 ‘molluschi, e lo sono meno i muscolari ; 2.° che l’ in- versa sucede negli altri invertebrati . Sviluppo del sistema nervoso nell’ embrione. È già stata dimostrata innutile dai più accreditati moder- ni scrittori di anatomia, e di fisiologia la quistio- ne che risguarda la precedenza nella apparizione , o nello sviluppo del cervello, o del midollo spi- nale: nulla giammai si forma in modo che una cosa dir si debba derivata da un’altra di già pro- dotta. Gli organi circolatorj stessi dell’ embrione so- no gli ultimi membri della circolazione nel blasto- derma : ad un grado anche innoltrato di sviluppo continuano ad essere parti subalterne di un tutto generale, ellevanidosi in seguito al posto di parti isolate l’azione delle quali sopprime quella del tat- | to da cui da prima dipendevano. Questo succede di fatto allorquando dopo la nascita il circolo che si stabilisce nel nuovo individuo rende innutili molti .vasi , molti organi, i quali finchè restò unito alla madre od agli inviluppi formanti l’ uovo erano in- dispensabili, e primeggiavano anzi nell’ uftizio di far cir colare il liquido riparatore pel corpo’. : Il sistema nervoso dell’ embrione ‘nell’ atto che si forma, esser non deve ganglionare nel momento del- la prima apparizione, ma contenere i rudimenti, spesso invisibili, e della midolla e del cervello per potere in seguito diventare e l'uno e l’altro. Infatti la prima traccia del sistema nervoso che nell’ em- brione si mostra sotto la figura di un filamento omo- geneo nell’ asse del germe non rappresenta soltanto la midolla spinale, come comunemente si dice, ma e questa ed il cervello ancora, per così dire in po- tenza, non pervenuto cioè a tal grado di sviluppo da poterlo discernere dal rimanente. Se ad un’ epo- ca in cui il primo vestigio del sistema nervoso sotto Ja forma di un filamento medio del blastoderma non ‘è ancora nè cervello, nè midollo discolto ; ma l’ uno 340 e l’altro insieme in tutte le sue parti ; se, dissi, in tal caso la porzione superiore di questo tronco, od il blastoderma stesso si divide, ciò che in mancanza di questa supposizione sarebbe stato semplice, deve di- ventar doppio; e questa diplogenesi, o doppia forma- zione, avrà una estensione proporzionatata a quella della divisione primordiale. La duplicazione del tron- co allorchè la testa resta unica. deriva ugualmente da una scissione che ha cominciato in basso , Così in . ciascun’ epoca della formazione tuttociò che non ha - ancora prodotto il particolare; l' isolato, l’ unico, può duplicarsi; da ciò dipende la duplicazione dei membri , l'apparizione dei.diti.sopranumerarj , e si- mili altre mostruosità. Noi,non.ci azardiamo di di- re quale possa essere la causa di-questa imperfetta divisione del germe nei primi periodi della vita del- l'embrione, se esser debba interna od esterna: tutto- ciò che si può asserire in proposito si è che la di- plogenesi parziale è tanto facile e naturale in. que- sti casi quanto lo è negli animali i meno ellevati nella serie , nei quali il gioco della mutilazione ba- sta a produrre notabilissime diversità di forme, Non è quindi necessario l’ ammettere una intusussezione di due germi, o semifusione dell’ uno nell'altro per spiegare la formazione di un mostro doppio qua- lunque. Ciò non ostante importa molto di far osser- vare per la interpretazione esatta di apparenti ec- cezioni, che, quantunque i germi realmente doppj nell’ novo. fino dalla sua formazione restino , gene- ralmente parlando, liberi e distinti, possono ciò non ostante in casi molto rari divenire aderenti me- diante parti esterne di formazione posteriore, e per- sino mediante le ossa del cranio: in tal caso però le parti interne dei due embrioni rimangono distinte (1) . ==" o eos (1) I. C. L. Barkow, de monstris duplicibus verticibus inter se junctis diss., Berolini, 1821. 34I . Mrcket A. — Osservarions AnATOMIQuES = ( Bulletin de Ferussac Sciences medicales T. xvi. pag. 382. Mars 1829. et Meckel Archiv. etc. 1828. N. 2. pag. 167. Nu cocodrillo d’ America C. Alligator le arte- rie che partono dal cuore presentano ‘nell’ interno del pericardio l’ aspetto del bulbo dell’aorta, od arteria branchiale dei pesci; la loro separazione in- terna non è indicata al di fuori che mediante solchi longitudinali poco profondi. Solo al di là del pe- ricardio mostransi separati e distinti i tronchi delle arterie aorte, e delle polmonari. Osservasi di più relativamente all’ andamento dei principali tronchi arteriosi del cocodrillo alligatore che la riunione mediante il ramo trasverso,, che fa comunicare tra loro nel cavo addominale le due aorte discendenti , è gracilissima nè in proporzione con quella che tro- vasi comunemente nelle grandi testuggini. La vena ombelicale è nel cocodrillo suddetto uno dei princi- pali rami della porta, osservazione che era già sta- ‘ta fatta anche dal Jacobson: il canale venoso tro- vasi obliterato nell’ individuo adulto . Il modo di terminare dei bronchi nel polmone dello stesso animale è analogo a ciò che si trova negli uccelli, tranne le superficiali aperture che in questi ultimi fanno passare l’aria dal viscere all’ ap- parecchio delle grandi cellule aeree. I muscoli che vanno all’osso joide, ed alla lin- gua formano un insieme di fascj regolarissimi sotto quest organo . Cigno. In questa specie di uccello avvi, a diffe- renza delle altre ,- una epiglotide tanto sviluppata’, che reca meraviglia come non sia stata veduta più presto . LE, 342 i Anas clangula. Oltre la laringe inferiore che ha comune colle altre specie 1° A quattrocchi pre- senta nella trachea un’altra dilatazione corrisponden- te alla regione inferiore del collo. Gli anelli tracheali formanti questa dilatazione sono quadrupli nella lo- ro circonferenza confrontati con quelli del rimanen- te del canale. i Vertebre dei pesci. Diversi pesci ossei (e forse tutti ) hanno una traccia di canale vertebrale comune, a- nalogo a quello che trovasi tanto sviluppato nelle lamprede , storioni, e simili. La macerazione delle ‘vertebre ossee prolungata per del tempo fa appari- re un foro piccolo nel centro del setto interposto alla conica incavatura superiore ed inferiore dei cor- pi delle vertebre stesse. Questa particolarità è stata dall’autore scoperta nella trota salmonata, e nel- l’anguilla. Sordo muto. Ha trovato in un sordo muto i bulbi ‘dei nervi ottici sviluppatissimi, invece i nervi udi tivi non presentavano veruna anomalia . Anas anser. In un individuo domestico mostruo- so, avente cioè qaattro zampe, trovò l’ autore. che le sopranumerarie poco sviluppate erano imperfette , fra loro anchilosate, sostenute da una pelvi rudi- mentaria , fissata ‘al rimanente dello scheletro me- diante fibre legamentose abbastanza ‘ robuste . La cloacca unica conteneva però due peni, ed il retto intestino era munito d’ una terza appendice cieca . Vaso linfatico comunicante apparentemente con una vena . In una preparazione anatomica conservata nel Museo di Berna (luogo in cui dimora l’ autore ) ve- desi sul mesenterio preparato di un cavallo un vaso linfatico , injettato col mercurio , il quale da un ansa dell’ intestino tenue si prolunga fino ad una glan- dola verso il centro del mesenterio , ed in *ssa sì ramifica. Da questa glandola partono due rami di comunicazione che si dirigono ad ‘un’altra glandola 343 situata non molto distante, in questa pure si dira- mano , e, per ultimo parte dalla medesima un terzo | vaso che termina direttamente in un tronco della | vena mesenterica nella quale per la indicata strada è pure penetrato il mercurio. Resta a determinarsi, dice l’autore, se il vaso che dalla glandola. pene- tra nella vena riguardar si debba come linfatico, o venoso : a vero dire l’ aspetto somiglia piuttosto a quello delle vene, ma notar si deve che nei cavalli i linfatici, e le vene talmente si rassomigliano che non è tanto facile distinguerli rigorosamente (1). Nell’ imboccatura del ramo ultimo descritto nella vena meseraica collocate sono due valvole, RoLanpo Lurcr — SCOPERTE ANATOMICHE SUL CERVEL= Lo. ( Annali Universali di Med. di Omodei Tom. 50. pag. 224. Aprile 1829.) Di nuove ricerche fatte dal celebre Professore Rolando sulla struttura degli emisferi cerebrali, e lette li 18. Gennajo alla R. Accademia delle Scien- ze di Torino si raccoglie, che ha ridotto a forme e posizioni determinate, o costanti i processi enteroi- (:) Abbenchè i vasi lattei somiglino alquanto alle vene nel me- senterio del cavallo allorquando e queste e quelli trovansi vnote , ciò ‘non ostante distesi che siano dalla injezione , singolarmente a mercu- rio, facile si è il distinguere gli uni dalle altre. I rami venosi of- frono delle frequenti suddivisioni in ramuscelli più piccoli, ciò che non succede dei lattei i quali scorrono per lunghissimo tratto pel mesenterio senza ramificarsi, e soltanto di tratto in tratto i diversi tronchi accostandosi gli uni agli altri, tra loro si anastomizzano ad angoli acutissimi ; formando delle reti, e delle anastomisi, più va- riate e frequenti soltanto verso il centro del mesenterio. Ma un al- tro, carattere anche più patente atto a far distinguere nel cavallo i lattei, e linfatici injettati a mercurio consiste nella disposizione delle valvole apparentissime , e più ancora nei grossi rami ché nei piccoli, perchè il peso del mercurio dilatando soverchiamente il vaso rende più manifeste le frequenti, e profonde strozzature che segnano la po- sizione precisa di questi interni sepimenti ; la quale disposizione, come \ognuro sa, manca generalmente nelle ramificazioni della porta ( A. ) \ : 344 i I dei. Come tali ammette i processi dell’ isola nasco= | sta nella fessura del Silvio. — Il processo che cir- conda la fessura ovale predetta. — Quattro processi che chiama verticali, perchè s° innalzano da quest’ ul- timo, e si dirigono poi, due verso la regione fron- tale, e due verso l’ occipitale. — I processi che si estendono lungo il margine interno degli emisferi, e quello che circonda il corpo calloso. | 00° Tutti i processi enteroidei sono formati da fibre divise, o biforcate nel luogo corrispondente ai sol- chi, in modo che ciascun processo è sempre formato da fibre provenienti da due distinti strati; che non si ripiegano , ma finiscono alla sostanza cinericcia . I veri strati di fibre midollari sono 1.° qnello del- l’isola; e della valletta di Silvio; 2.° quello dei processi verticali assai esteso; un 3.° fofmato' dalle fibre dei peduncoli degli emisferi. Ed un 4. che viene dai talami e va a formare il corpo calloso. ‘ Sono questi strati simmetrici divisi da ammassi di sostanza cinericcia ( corpi striati), di modo che ta- gliando per traverso gli emisferi, si possano dalla reciproca posizione distinguere gli strati menzionati. - ‘ Heusincer = Sur LA cAviré pECRITE ETC. INTORNO LA CAVITA' DESCRITTA NELLA DECIDUA DELL’ UOVO UMANO pA BrescHet E VeLreAu = ( Zeiftschrift fur die or- ganische Physik ; Tom. 11. fascic. 5. 1828. pag. 513 ; et Bulletin de Ferussac Sc. med. T. xvi. pe 383. Mars 1829.) 9 L autore ha esaminato un uovo umano benissi- | mo conservato ; e di recente uscito dall’ utero ; 1° em- $ brione appariva di sette settimane, la vescichetta ombelicale era di già molto appianata , il suo pedi ciuolo gracilissimo , e fissato all’ amnios mediante. l’allantoide. La decidua sulla quale fissò principal - 345 «mente la sua attenzione non presentò veruna aper- tura dal lato dell’orifizio dell’ utero, quantunque Breschet sostenga il contrario contro l’ opinione di Carus. La decidua non discende tanto abbasso nel collo dell’ utero cotne Catus stesso lo ha detto nella nuova ediz. della sua Gyroekologia i la sostanza della caduca componevasi di un tessuto celluloso omoge- neo, molle, facile a laceratsi, attraversato da molti fori. Questa membrana non presenta verun carattere delle sierose colle quali Velpeau ha voluto parago- narla. Una incisione fatta dal lato in cui noti arri+ va l’ uovo aperse tna cavità a pareti ineguali, e cellulose contenente un grumo fibrinioso ed una massa di sangue coagulato . Questa cavità che invece di un liquido linfatico conteneva accidentalmente del san- gue è riguardata dall’ autore come quella che Bre- schet e Velpeau hanno descritto , e che Bojanus ave- va di già molto tempo prima rappresentato con fi- gure. L’ uovo mostravasi per un terzo circa del suo contorno prominente in questa cavità ‘ era coperto da un inviluppo celluloso e disuguale (la decidua re- flessa ), il quale sui margini sembrava passasse nel- la decidua propriamente detta, da cui ciò rion ostante separavasi facilmente. Relativamente al modo di for- rnazione della decidua reflessa 1’ autore addotta 1’ opi- nione di Catus che è pure quella di Meckel: non crede però che le maglie ed i fori di questa mem- rana dovuti sieno ai fiocchi del cotion; imperocchè Queste maglie; e questi foti esistono ancora nella decidua propriamente detta. Ugualmente non am- mette la cavità rappresentata da Carus tra la deci dua reflessa ed il cotion; queste due membrane es- sendo immediatamente applicate l'una sull’ altra. Se: io non m' inganno, soggiugne l’autore, i fiocchi del corion etano più lunghi e robusti nel luogo corrispone dente alla cavità della decidua cioè precisamente nel | punto opposto a quello in cui si forma la placenta . Tom. l. 23 346 DIA SuLt' OGKENITE NUOVA SPECIE MINERALE — DEL'DortoRE pe Koser (Archiv. 'fur die gesammte Naturlehre. ta e B Rte9 Heft, Gip Da Ì 43 3° 1 giss oi I maggiore Petersen ha portato dalla’ Groenlan- dia a Monaco ‘questo minerale in un coni'‘molti altri di quel paese. Trovasi.a Kudlilat-Waygèt nell’ isola . . ) . più . ;]° «cri gi | di Disco. Vi forma una massa amigdalare'a strut- |, tura fibrosa , talvoltà raggiata, che passa alla fessi tura compatta. Ha un colore bianto', ‘o bianco-gial- astro, o cerulescente ; è traslncido;, ‘ed ‘ha'*uno splendore somigliante quello della madreperla; ‘ha una durezza media fra quelle del feldispatò'; é del- la calce fluata . Il peso specifico dell’ Ockenite è ‘di’ 2,28. Al tubo, riscaldato sino al 16.° grado reamu- riano, fondesi in uno smalto bianco; col’borace sciogliesi in un vetro senza colore. Assoggettato al fuoco in un matraccio dà molt’'acqua’. ‘È composto di centes. 55,64 di silice ,' di 26,59 di calce, e di 17 di acqua. Quindi la formola, che esprime la com- | posizione dell’ Ockenite è la seguente: CS#+ 2Aq. A torto alcuni lo hanno giudicato una varietà della — zeolite fibrosa ; esso differisce da tutte le altre zeo- liti sino ad ora conosciute, e vi ha giusto motivo di considerarlo come una specie distinta, la quale dovrà star vicina alla Wollastonite. Kobell ha de- dicato questa nuova specie al celebre naturalista Ocken . i 347 dA Apress or EARL STANHOPE ETC. Discorso peL Conte SrAnHope Presidente della Società Medico-Botanica detto nella radunanza anniver- saria della medesima li 16. Gennaio 1829. Londra. Wilson. 1829. 8:° n L mi chiamo ben fortunato perchè nell’ indiriz- zare ‘a' voi le mie parole in questo giorno anniver- sario , trovo ‘molti argomenti di gioja, e di congra- tulazione, quantunque alcuni ve n° abbia di contraria tempra, i quali mi obbligano a condolermi con voi. La dispiacevole perdita che recentemente ha sofferta | questa Società ‘per la rinuncia dell’ eccellente e rive- rito suo Presidente, il Cavaliere Giacomo McGrigor, non può non eccitare ‘il più profondo cordoglio ne- gli animi di tutti quelli, clie debitamente apprezza- no i suoi meriti, e i suoi servigi. Egli esigeva il vostro rispetto pel molto suo ingegno , e per le mol- te sue cognizioni acquistate a mezzo di lunghe, e nu- | merose sperienze; per la sua grande e ben meritata © riputazione , per l’alto grado, ch’ ei tenne fra quei della sua professione, e per l'importante posto. al «quale chiamavalo il suo Sovrano . Egli si rese caro | a tutti voi per l’ amabile indole sua, per la urbanità e cortesia de’ suoi modi , per l’ ardente suo zelo a pro vostro ; pel suo impegno riel procurare i vostri interessi ;. meritò la vostra calda gratitudine , e rice- verà , io ne son certo , i vostri cordiali ringraziamen- ti per le paterne sollecitudini colle quali promosse tutto quanto è oggetto di questa Società, la quale a lui va debitrice della protezione, onde ha goduto, e della prosperità , onde furono accompagnati i progressi di lei. La rinuncia di tal Presidente ad una carica, i ._cui doveri adempiva con tanto onor di se stesso , € | con tanto vantaggio di questa Società, è una disgra- 348 zia non meno deplorabile, che irreparabile; e ciò, che solo può esserci di alcun conforto, si è la di lui permanenza nel nostro Consiglio, e la promessa da. lui fattaci , che il medesimo zelo V anima ‘ancora, e che sarà. perseverante nell’ impegno, col quale procurerà, che tutto a noi felicemente riesca . Dob- biamo, però a nostro conforto rifletteré, ch’ ei non fu strappato dalle nostre braccia per la crudel ma- no di morte; ma ch’ ei vive ancora pel bene de’ suoi amici , ai quali è meritamente caro , per la felicità del suo paese , a cui rende considerevoli servigi, e per utile di questa Società, che a ragione va super- ba di aver avuto un tal Presidente. Dobbiamo poi rendere ogni giustizia alle ragioni, onde \mosse la sua rinuncia, ed ai sentimenti suoi delicati, pei qua- li conobbe, che l'alto, e difficile suo impiego, non poteva essere da lui pienamente esercitato senza ne- gligere in maniera per lui dispiacevole , per noi dan- nosa i doveri, che il legano a questa Società. Una tal considerazione il determinò ad abbandonar que- sto seggio, ed a non accettare la offertagli Presiden- za della Società Medico-Chirurgica : circostanza da lui toccata nella sua lettera di rinuncia. Nè voi i- gnorate che non frettolosamente, nè senza matura ponderazione addottò il pensiero, cui diè poscia ef- fetto ; poichè negli atti dell’ ultima nostra anniver- saria adunanza trovate registrato, ch’ egli manife- stò il suo dispiacere di essere stato troppo frequen- temente impedito dall’ intervenire alle vostre convo- cazioni, non meno che il suo desiderio, e la sua lu- singa, che nell’anno venturo gli avreste permesso di scendere dal suo posto. Tutti voi sentite profondamente quanto dispiacere, e quanto inceppamento abbia cagionato il suo allon- tanarsi da noi; io parlo con tutta la sincerità del mio cuore, quando asserisco , che questi sentimenti sono particolarmente più vivi nell’ individuo , che at- | 349 tualmente ha l'onore di parlarvi , in quello , che a voi piacque di eleggere, perchè gli succedesse . So- ‘pra di me solo cade il grave peso di un officio , che non fu da me ambito, nè ricercato, poichè non eb- bi mai nè la vanità, nè la presunzione di credermi iddatto a sostenerlo. E quantunque io sia verso di ognuno di voi gratissimo della cortesia , e della par- zialità usatami, quantunque io apprezzi , quanto il merita , quest’ onore, che riconosco dalla vostra fidu-. cia in me, e dalla vostra buona opinione, non posso ignorare , che io debbo sfortunatamente per me esi- bire un risaltante contrapposto alle qualità che di-- stinguevano l’ altro vostro Presidente, mentre io non posso vantarmi di quelle scientifiche doti , e di quel sapere in Medicina, che abbisognano , e che posso- no riguardarsi come indispensabili nella situazione , alla quale fui da voi destinato. Non ignoro, che a quest’ officio è più particolarmente addattato un Me- dico di vaglia, simile all’ ultimo vostro Presidente : e se in questa occasione un’ uomo di tal fatta venisse proposto , vi prego di rendermi giustizia, e credere, che non vorrei entrare in concorrenza seco ; nè in vero il potrei fare senza venire tacciato d’ imperdonabile presunzione. Mi abbandono però volontieri alla dol- ce lusinga, che io sarò favorito di vostra cortese indulgenza, tanto a me necessaria nel disimpegna- re i doveri del mio officio, e che avrò la fortuna da me cotanto desiderata di promuovere i vostri vantaggi per mezzo della mia instancabile assiduità, per mezzo della mia opera, la quale con tanto mag- giore impegno potrò impiegare in servigio vostro, in quanto che io non sono addetto a professione veru- na, nè da pubblici carichi vincolato, e the tutto pos- so a voi consecrare quello zelo, del quale fui sem- pre acceso per gli oggetti, che formano lo scopo di | questa Società , vivissimo zelo, fondato sulla mia ferma persuasione , che siano essi fra tutti i più 350 importanti oggetti i più giovevoli a questo Paese, ed a tatta l’ Umanità . I miei frequenti viaggi in Germania, ove tutto ciò , ch'è utile, istudiasi con pazienza, con perse- veranza , e con altissimo successo, dove la. pratica della Medicina differisce d’ assai dalla nostra, sa- ranno , io spero , di qualche vantaggio alla Società col somministrarmi i mezzi di taccogliere interessan- ti, e preziose notizie. E quì concedetemi di assicu- rarvi, che se mai questo mio assentarmi talora , me- ritasse la vostra censura, o se mai preferiste di ave- re a vostro Presidente un medico di professione sx se alla prossima; o ‘ad altra successiva. radunanza desideraste, che io abbandonassi quest’ officio » Sen- za esitanza il lascerò , godendo di. vederlo più de- gnamente locato; e in qualunque situazione io fossi posto , sia come Presidente » sia come privato Mem- bro di questa Società, sarò sempre disposto ad im- piegare a vostro servizio le mie deboli forze, ove e quando. possano essere di qualche utile, con in». stancabile attività, e col medesimo zelo .. ped Ma non è la rinuncia del Presidente. l’ unica. per- dita , che ha incontrata la Società ; perchè nel cor- so dell’anno trapassato fu privata di uno de’ suoi più splendidi ornamenti per % morte del Cavaliere Giacomo Odoardo Smith fondatore, e per. quaran- t'anni circa Presidente della Società Linneana . De- dicatosi dalla prima gioventù allo studio della Bo+ tanica egli seppe distinguersi fino all’ ultimo per le. sue laboriose ricerche in questa scienza ; nè limitol» le soltanto a quelle rare, e curiose piante, che lon- tana terra produce, le quali sogliono essere il. prin cipale oggetto , se non l’ unico , di studiose investi, gazioni, ma ebbe il merito di preferire in esse ad ogni altra considerazione l’ utilità, diriggendo parti- colarmente l’ attenzione sua a quelle piante , che so no naturali del suolo, sul quale ebbe anch'egli i : i / -351 matali. Egli acquistò l’ erbario di Linneo, e ben fu degno di possederlo, perchè questo nelle sue mani continuò ad essere adoperato con grande vantaggio pratico , e non fu meramente serbato come oggetto di sua curiosità , o come ornamento di un museo. Le opere sue numerose, ed inaprezzabili, eterno monumento della sua riputazione ,. assicureranno al nome di lui la venerazione de’ posteri, ugualmente che quella de’ contemporanei, la cui gratitudine , ed ammirazione egli si. procacciò con tanta ragione. La perdita di questo grand’ uomo, è una grave, ed irreparabile disavventura per la Società Linneana, che voi ed io rispettiamo altamente, ed alla quale il mondo deve grandemente il mezzo, ed il felice suc=. cesso, col quale ha coltivato la Botanica, e le altre parti della Storia naturale. Merita poi egli di es- sere profondamente compianto da questa Società, della quale era uno de’ più antichi Socj Onorarii, ed insieme uno de’ più caldi amici, perchè intima- mente. era persuaso. del valore, e dell’ importanza degli oggetti di nostre cure, ed informava il pub- blico de’ nostri. travagli sempre colla più Jusin- ghevole approvazione .. MI, Abbiamo eziandio a compiangere, la morte del ‘ Dottore Carlo Pietro Thumberg, Cavaliere dell’ or- dine di Gustavo Vasa, che per molti. anni ebbe l’o- nore di cuoprire la cattedra, che altre volte occu- pava Linneo nella Università di Upsal, in qualità di Professore di Botanica, e di Medicina. Questi, Membro corrispondente della Società nostra ,, fu a ragione assai celebrato pe’ suoi viaggi botanici al Ca= po di Buona Speranza , ed al Giappone , “troppo .da voi conosciuti, per non abbisognare che vi sian ram- mentati; compose anche molte dissertazioni, e cor- |. tesemente a noi donolle, in occasione di emendare b) la Farmacopea Svedese . Per l’immatura e tragica morte di un Socio cor- \ . 352 rispondente di questa Società, il Sig. Choris, abbia» mo' perdute molte interessanti notizie, che speraya- © mo , frutto de’ suoi viaggi nell’ America meridiona- ‘ le, Era questo Artista già salito a qualche grado di eccellenza , ed altra volta aveva fatto il viaggio in- torno 1 globo col Capitano Kotzebue, figlio di . quell’ autore, il cui nome si è reso immortale. Egli partì di Francia sotto gli anspicii della Società Geo- grafica di Parigi, la quale gli affidò diverse istru» zioni. Dopo di ayer visitato il Bahamas, Cuba, e la nuova Orleans prese terra alla Vera Cruz, e nel- l'andare d’indi a Jalapa cadde vittima d’infami . ladroni, i Pochi mesi addietro morì anche nel nonagesimo - anno dell’ età sua un altro Membro corrispondente di questa Società il Sig, Luigi Agostino Guglielmo _Bosc. Nato in Parigi aveva avuto la fortuna di stu- diare la Botanica sotto Jussieu, e dopo di aver soste» nuti diyersi impieghi affidatigli dal Governo della sua patria, proscritto nel principio della francese rivolu- zione passò nell’ America settentrionale, ove molte osservazioni raccolse sulla Botanica , sulla Geologia, sull’ Agricoltura, Fu nel 1803. nominato Ispettore de’ semenzai di Versailles, e nel 1825. Professore. di coltivazione nel giardino del Re, Fu Membro della Reale Accademia delle Scienze, e i Saggi nu- merosi , che egli pubblicò in diverse opere periodi- che, fanno testimonianza onorevole delle scientifiche sue cognizioni , Da queste lugubri materie, fra le quali mal vo- lontieri ho dovuto spaziare , passerò a farvi menzio- ne di un’ avvenimento, il quale in yero forma un’ e- poca nella storia di questa Società, ed ispirò uni. versal gioja non meno che illimitata gratitudine . Non avrei bisogno di aggiungere, che io alludo al- la graziosa bontà di S. M. nel condiscendere a di- venire il Protettore della Società nostra, dandoci in = * n i ì 853 “tal modo un contrasegno del suo Regio favore, da noi sì ansiosamente, e sì ambiziosamente desidera- to. La benefica protezione da lui accordata a questi ‘oggetti, per loro stessi già preziosi, la quale tende a promuovere la felicità, ed il ben essere de’ sud- diti suoi, aggiungerà , io spero, vigore a tutti i no- stri sforzi, ed ecciterà nel cuore di ognuno de’ Membri un ardente desiderio di cercare con ogni mezzo di sempre più meritare la protezione del no- stro Sovrano . Il migliore, il più accetteyole tribu- to, che il grato animo nostro offrir possa al nostro grazioso Monarca , sarà quello delle nostre zelanti, continuate , e felici ricerche sugli oggetti, pe’ qua- li questa Società fu stabilita, e raccomandata al suo favore, e noi dobbiamo tener per fermo, che grande- i mente contribuiremo alla sua Reale soddisfazione , se il nostro impegno, com’ è lodevole ed utile nella sua intenzione, così poi riescirà ne’ suoi effetti vera- mente benefico ai sudditi di lui, ed a tutta l’ Uma- nità, Nel corso dell’ anno passato fummo altissimamen= te onorati dalla condiscendenza, e cortesia colla. quale si degnarono di farsi Membri di questa So- | cietà l’ Imperatore d’ Anstria , 1 Imperatore del Bra- sile , il Re di Prussia, il Re di Svezia, ed il Prin- cipe Reale suo figlio. Questi distinti favori sono e- stremamente consolanti per noi, nè può non essere che non abbiano a giovar grandemente all’ avanza- mento de’ nostri studii, onorati dai nominati Sovra- ni di un sì lusinghevole contrasegno della loro ap- provazione. Dobbiamo anche ricambiare con sincera gratitudine il vivo interesse, che pei nostri progres- si hanno manifestato i Ministri, che li rappresentano in questo paese, alcuni de’ quali si sono compiaciu- ti di assistere alle nostre adunanze, tutti poi di e- primere il vivo lor desiderio di facilitare le nostre. municazioni, e di portar più oltre le nostre mire . ‘354 Dalle relazioni de’. vostri Segretari, avete avuta la soddisfazione di rilevare che il numero de’ Membri Corrispondenti si è di molto accresciuto sul Conti- nente in particolare, ed abbiamo ragione di sperare da essi rilevanti notizie. Abbiamo anche ricevuto un aumento di cinquantasei Socj addizionali, e mi conforta di trovare fra questi molti soggetti di alta fama nella Medica professione . ‘ Questa Società sempre accoglierà con gioia, e con applauso l’ accessione di soggetti che appartengono a qualche ramo dell’arte salutare, i quali molto apprezzino le cose, che formano l’ oggetto nostro, ed abbiano in alto grado i mezzi, onde promuoverle. Il dotto ed illustre Presidente del Collegio de’ Fisici, al quale già da venticinque anni professo la più grande venerazione, ed amicizia, è nostro Socio O- norario ; e quantunque ven dolga, non potete per altro essere sorpresi dell’ assenza sua dalle nostre a- dunanze , poichè siete certi, che egli è sempre oc- cupato con tutta l’ attività, ed utilità a rendere al- trui la salute , o ad alleggerire le pene de’ malati, . quando l’ arte sua non basta a guarirli Sono veramente consolanti le relazioni ‘eziandio del Bibliotecario , e quelle del Conservatore, i qua- li vi hanno informati, che un numero considerevole di Libri, e di Opuscoli si è accresciuto alla no- stra Collezione, e che sono stati donati dodici Er- barii contenenti non meno di 77995 piante . Per mu- . nificenza e cortesia del Re di Baviera, e del Gran Duca di Toscana avete ricevute collezioni di pian- te, che sonò'indigene dei loro dominii. Anche la Compagnia delle Indie vi ha gentilmente arricchiti di un gran numero degli esemplari duplicati delle piante Medicinali da lei possedute. L'ultimo nostro | Presidente ci fe il caro dono dell’ Erbario da lui stes- | so raccolto nell’ Isola di Jersey, e il Dott. Beniami- | no Guido Babington di una collezione di piante x 355 «dell'Isola di Maurizio ; il Dott. Hancock liberalissi- . mamente affidò a voi un pregiabilissimo Erbario di nuove ed assai curiose piante, e dal Dott. Giorgio Barclay aveste le piante già raccolte nell'Isola di S. Vincenzo secondo ile istruzioni del. mio. Prede- cessore ; ed ultimo in questa enumerazione , ma non minimo , il vostro direttore. vi fece un presente del- la sua immensa collezione frutto delle fatiche ch’ ei | V’ impiegò per sette anni. | Nel corso dell’ anno furono nelle nostre adunanze i lette molte memorie altamente importanti, tra le «| quali, senza nulla detrarre al merito delle altre, |. richiede la preferenza, ed ha diritto alla Medaglia d’ oro dal nostro Consiglio decretata quella del Dot- tor Hancock in proposito della Corteccia dell’ An- . gustura,la quale, come sapete, è stata tra noi portata in considerabile quantità , ed impiegata.con grande vantaggio . Questa erroneamente fu chiamata Bor- | plandia trifoliata , ma dal.Dott. Hancock prima che .— da altri fu accertato appartener essa ad un genere . affine, ed ora chiamasi. Galipea officinalis. Questa grande e preziosa scoperta, la quale somministra «una prova ulteriore della estrema utilità , che alla . Materia Medica viene apportata della Botanica, me- | rita la grata vostra riconoscenza, e l’ importanza . delle cose da lui comunicatevi molto, cresce. di pre- | gio per aver egli con gran successo, impiegata la | Corteccia dell’ Angustura in casi di malattie conta i giose. Ma quello, che mi dà particolare soddisfa | zione, si è, che abbiamo il piacere di vedere in | questa occasione il Dott. Hancock seduto fra noi, onde ho l’ opportunità di ringraziarlo in nome della _ intera Società, di esprimergli il nostro rispetto pe’ . suoi talenti , l’ ammirazion nostra pe’ suoi travagli, :. le nostre calde speranze di godere sovente della sua | benefica assistenza , spesso ricevendo da lui relazioni _ istruttive, ed eccellenti, e finalmente di offerirgli i 356 nostri più fausti augurii per la prosperità sua, e per la continuazione della sua buona salute in quelle remote regioni , nelle quali ha destinato di ritorna- re (1). i Altra memoria di gran merito, e di grande cu- riosità fu anche scritta dal Dott. Hancock sulla Van- dellia diffusa , la cui decozione agisce in qualità di Emetico, e adoperasi tanto nelle febbri continue, che nelle intermittenti, e questa pianta si usò con ottimo successo anche nelle malattie croniche del fegato. In questi casi sarebbe molto a desiderare, che si trovasse un efficace sostituto a quelle preparazioni mercuriali, che possono essere pericolose nella loro applicazione , i La medaglia d’argento di questa Società è stata dal Consiglio destinata al Professore Lamberto Fre- scobaldi di Firenze per le preziose cose da lui co- municateci intorno all’ Erbario donatoci dal Gran Duca di Toscana, e sarà a lui fatta giungere per la più presta occasione. Dal Dott. Berthelot Professore di Botanica nel Col- legio di Oratava in Tenariffa abbiamo ricevuta una : eccellente , ed utilissima informazione sulla Visnea mocanera , la quale amministrasi internamente come astringente , ed è stata impiegata con buon succes- so nei casi di ostinata emorragia, Ci è stato manda- . to un poco di Sciloppo preparato da questa pianta, e desidero che la sua efficacia sia sperimentata nel nostro paese, e se l’esperienza ci darà favorevoli risultamenti , il Professore Berthelot avrà gran dirit- to a conseguire un premio d’onore da questa Società. Uno scritto ammirabile è stato comunicato dal Dott. Grateloup di Bordeaux sulla utilità, che dal- la Botanica recasi alla Medicina, e colla massima , (1) Quì il Presidente s’Indirizzò al Dott. Hancock, e gli fece presente della Medaglia d’ Oro. 357 quelli, che 1’ udirono recitare in una delle prossime passate adunanze. Il nostro Consiglio si lusinga che alcuni di questi Scritti preziosi saranno stampati nel volume delle nostre transazioni, la cui pubblica- zione abbiamo ragione di credere, che accaderà in capo a sei settimane. Se poi breve cenno soltanto | vi ho dato di questi opuscoli, ciò fu perchè non era mia intenzione di anticiparvi il piacere, che trarrete dalla loro lettura , e quindi mi limito a farvi men- . zione soltanto delle importanti Memorie del Signor | Read sopra le piante Medicinali delle Azore, di quella del Cavaliere H. Willock sulla Indivia, e di quella del Colonnello Ready sopra il Geum Cana- dense ; il quale sembra essere un tonico eccellente da riescire particolarmente utile nella diarrea de’ fanciulli , la quale è stata guarita con questa me- dicina, dopo che se ne erano somministrate altre sen- Za SUCCESSO . -In conseguenza del grande aumento nel numero de’ Membri Corrispondenti, e delle comunicazioni , che abbiamo avuto la buona fortuna di stabilire con . diverse Scientifiche Società del Continente, fu dal | Consiglio giudicato espediente di nominare un Co- mitato di corrispondenza, il quale vi fu altre . volte . molto utile, siccome adesso ardentemente desidera di promuovere i vostri interessi, e vi si adopera ef- ficacemente. | Dopo di questo generale Sommario degli avan- zamenti fatti da questa Società nel corso dell’ anno passato , mi sarà permesso, io confido, di offerire poche osservazioni sugli oggetti di questa Società . | Essi sono concisamente, ma precisamente definiti n O î i Cc If) | PIE SAI IT FRATI 7 pra £ istituita perchè L= Investighi per mezzo di Relazioni, Lettere, | Esperimenti le medicinali proprietà delle Piante, i $i soddisfazione sarà letto da tutti voi, ed anche da - | nel Prospetto , il quale pone, che questa Società. fu: / Hi 358 loro caratteri botanici, e i loro chimici costituenti. = Promova lo studio della Materia medica vege- tabile di ogni Paese. oa = Raccolga, descriva le varie sostanze, rca a Vigne sì appartengono . ti = Migliori le loro farmaceutiche preparazioni4! = Dissemini per corrispondenze e stampe le sco- “perte; che si faranno sopra nuove piante medicinali, o ‘sopra nuovi usi, e LibE Ergo di quelle già co- nosciuté. î Da: = Aggiudichi ricompense onorevoli, o in denaro agli autori di tali scoperte. stia = Coltivi le piante Medicinali. = bo RI A questo piano generale pertanto appartiehe Il’ e. stensione ; ed il miglioramento della Materia :medica vegetale per mezzo di ricerche botaniche ; di viana- lisi chimiche ,, e di mediche sperienze , ed ‘investi@ gazioni'. Noi non 'nutrimmo giammai nè brama; nè intenzione di stabilire nuove teorie, che sono sem- pre rischiose , ‘e possono riuscire dannose esponendo- ci meritamente alla censura del mondo, e più spe- cialmente a quella della Medica fano Non abbia- mo per iscopo , nè tentiamo di fare una rivoluzione in Medicina, o di*sovvertirne le dottrine, o di sop- piantare la pratica , che noi trovammo già stabilita; noi siamo scevri di questa: presunzione, e non cammi- niamo su tali principii . Abbiamo pensato , e fortis- sime ragioni ci persuadono a pensare tuttavia, che ron siano state per anche sufficientemente determi- nate le proprietà mediche delle piante , nè diligen- temente conosciute , e che meritino assolutamente pazientissimi esami, ed accurati processi . E per addurre una prova di quest’ assertiva, sen- za riferirmi agli antichi trattati di piante, presso i quali molte di queste non sono per avventura defi- nite con esattezza , mi basta indicare soltanto , che opere moderne di tale specie , particolarmente sopra Pu TO i 359 . la Botanica medica, fanno frequente menzione in . aria di dubbio, e d'incertezza delle virtù, che si attribuiscono a tale, o tal’altra pianta, non c' in- formano dei processi, se alcuno pur ne fu fatto, per assicurarsi della loro efficacia, e pur troppo soven- ti volte ridondano di contradditorie asserzioni . . ‘Questo sventuratamente si'è il destino di molte . delle nostre piante indigene, delle quali una miglior . conoscenza dev esser degna delle nostre cure , e può fi essere di somma importanza. È stato anche trovato, . che alcune malattie furono: felicemente sanate per mezzo. di piante, alle quali per verità qualche scrit- tore concede una. certa efficacia, ma le considera come dotate di proprietà del tutto opposte a quel- . le, che sarebbero giovevoli per tale infermità . Tutti ‘ questi! sono argomenti d’ imperfetta cognizione di | esse, sopra de’ quali non potendosi riporre intera fi- . ducia, è necessario di procedere ad ulteriori ri- î cerche. i AMIR ._Per‘queste ricerche la botanica riesce della mag- | giore importanza porgendoci schiarimenti sopra quel- di le piante ; che sono prossimamente legate con qual- | sivoglia altra, rendendoci atti a distinguere le velo- È nose da ‘quelle, che sono innocenti, e quelle che | sono riconosciute per medicinali da quelle, che ora non si hanno per tali. Nè questo è il solo uso e hi l’ unico vantaggio, che può ritrarsi da questa scien- . za-nello studio della Medicina; ma dessa ci rende | capaci ancora di formare qualche giudizio delle pro - | prietà di una pianta per àmezzo de’ suoi caratteri e- | steriori. ea Il mondo và debitore a’ Wioachino Camerario di Norimberga della prima scoperta di quel principio ‘preziosissimo , confermato poi da»Linneo e. da Jus- sie, che — /e piante, le quali nelle forme esteriori | st rassomigliano fra loro, si rassomigliano ancora nelle loro proprietà. = Sul fondamento di questo princi- \ 360 N \ | ( pio possiamo avanzarci a nuove scoperte, movendo da quelle piante, le cui medicinali qualità sono ben conosciute , procedendo poi a quelle, che sono men note ; ed anche a quelle, che del tutto ci sono in- | cognite. Considerata la Botanica sotto questo aspet- to, invece di essere, qual sembra talora, una me- ra classificazione, ed una nuda nomenclatura del Regno vegetabile, prende un aspetto piacevole, e lusinghiero ; 1’ immensa e quasi infinita varietà delle piante, che miriamo d’ intorno a noi, diviene allora un’ oggetto degno delle nostre cure, e noi ci trovia- mo fra queste, non già come se fossimo in mezzo di una folla di stranieri, bensì fra persone di nostra conoscenza ; delle quali ci sono ben note le paren- tele, e i caratteri. Non si supponga però, che noi vogliamo trar van- taggio soltanto dalle persone addottrinate in Botani- ca, e che stimiamo richiedersi assolutamente una profonda cognizione di ‘essa per costituire un Mem- bro utile di questa Società . Io sono, come. tutti ben conoscete, e come le precedenti osservazioni hanno a sufficienza dimostrato, pienamente convinto della grande importanza della Botanica: ma sosten- go che la pratica sperienza di qualunque vegetabile , la quale venga fatta con pazienza, e con acutratez- za da un Membro della Medica facoltà , e venga ac- compagnata da felice successo, sia sommamente ap- prezzabile ed utile, quantunque lo sperimentatore non fosse capace di. dare una descrizione botanica della pianta , e neppure di nominare il genere, e la specie a cui essa appartiene. Può la Botanica in molti casi servir di guida alle nostre ricerche, ma non deve limitarle in nessuno , e la testimonianza de’ fatti dee sempre considerarsi, come veramente lo è, superiore ad ogni altra. Per esempio le radici del cormine Trificum repens; erba . vile, ed importuna delle nostre praterie, vengono 361 nel Continente a gran beneficio somministrate in de- cozione qual blando 4periente colla intenzione di purificare il sangue, abbenchè per botanica analo- gia non sembri, che questa pianta posseder debba tali proprietà , essendo urta delle Graminacee ; nelle quali solo alcune parti sono tenute per nutritive. La chimica analisi di un vegetabile è senza dub- bio ‘curiosa; utile, interessante: ma tutti sappiamo essere più imperfetta, e meno soddisfacente dell’ a- nalisi delle sostanze appartenenti al regno minerale . La reale essenza, che costituisce la virtù di un ve- getabile, e che produce gli effetti medicinali di quel- lo, può talora eludere ogni chimico esame , e tut- tavia questo ‘esame si deve fare colla mira di sco- prire quanto per noi si può +. i ' La natura e le qualità di quelle sostanze, che impartiscono ad un vegetabile il suo particolare sa- pore; e che possono ancora dargli le particolari qua- lità, che esso possiede; non sono sempre a portata dell’ analisi chimica; e spesso dopo le più accurate sperienze. il chimico non trova di aver fatto altro , fuorchè un’ imperfetta enumerazione de’ vari princi- pii, che quel vegetabile contiene. i L’ utilità dell’ arte chimica nella medicina è dimo- strata nel più alto grado per le farmaceutiche prep. razioni, nelle quali ricercasi indispensabilmente, che , si procuri; per quanto è possibile; di fissare quello; che è volatile, di conservare quello, che è facile a cor- rompersi ; e sempre mai di ritenere quelle proprietà, rielle quali si è riconosciuto ‘consistere la virtà, di una pianta. E non meno è necessario di evitare tan- to le decomposizioni, che imperitamente possono es- sere prodotte dall’ ignorare le affinità ; quanto il peg- | gioramento; il quale può derivare da un’ impropria preparazione » Un curiosissimo scritto fu letto: ulti- | Imamente in una raunanza di questa Società sul Gua- . co, che l’esperienza ci ha insegnato essere atto alla Tom. I i o 24 i 362 cura di quei, che furon morsi dalla Serpe a sona» glio , ed essere stato sempre felicemente adoperato. come preservativo contro i morsi di questo rettile : ora da un gentiluomo, ornamento di questa Società, e della professione a (cui appartiene, parlo del Te- nente M. C. Friend:, sono stato informato ; che. il succo spremute da questa pianta , il quale era stato perfettamente efficace nell’ assicurare gli animali, che ne erano stati inoculati, dai morsi della Serpe a sonaglio, perdè in due giorni a causa della fermen- tazione gran parte» del suo potere, e le sperieaze, ehe allora se ne fecero, non furono accompagnate dalla medesima felicità . di 4 Sono di principale importanza alle mire di questa. Società le investigazioni, e gli sperimenti de’ Medi- ci, e devono essere proseguiti con zelo, e costanza, e nello stesso tempo con diligenza, e cautela; nè io saprei abbastanza ‘(raccomandarvi, che vi occupiate di accurati sperimenti sopra le medicinali proprietà dei vegetabili, convinto come io sono, che nulla inve- ro sia più a desiderare, nulla che possa cotanto con- tribuire a spingere più avanti le nostre vedute, ad estendere, a migliorare la Materia medica. E per questo non devesi procedere temerariamente 0 igno- rantemente , o sovra basi; che non siano sufficienti ad assicurarci dell’ esattezza degli sperimenti . Han- novi casi, ne’ quali l’ esperienza vuol farsi in seque- la di confronti botaniei fra la pianta, che si assog- getta alla prova, e quelle di cui note sieno le qua-, lità medicinali. In altri casi questi tentativi saranno ben raccomandati dall’ analisi chimica ; quando; essa dimostri, che la pianta possieda quel tal prineipio, nel quale si crede consistere la virtù medicinale di un altro vegetabile, e quando un tale ‘principio tro- visi in questa pianta non mescolato a' qualità ,. che possano contrariarne l’effetto, 0 renderlo: sotto al- tri ‘aspetti pregiudicevole. ‘Altri casi vi sono, nei 363 quali vuolsi cominciare lo sperimento dal sapere, che un vegetabile è stato usato con buon successo in varie occasioni da gente , che non appartiene al- ‘la facoltà medica: nè deve essere trascurata, nè disprezzata la testimonianza della tradizione, che spesso si incontra, riguardo alla virtù di qualche pianta .. Io so, per esempio ; che l’ infusione in .ace- _ to delle foglie del Carcioffo comune è stata con | grande vantaggio amministrata in casi di reumati- smo, senza che sempre agisca come diaforetico, cons ducendo però a buon fine la cura; per la quale al- tri rimedii erano riusciti vani; quantunque una tal pianta dagli scrittori di Medicina venga riguardata come unicamente diuretica; ed utile nell’ idropisia. Può darsi; è vero ,, che questa osservazione riguardi le sole parti esculenti di tal pianta, e non le foglie dello, stelo, che si adoperano contro i dolori reuma- tici: e tutti sappiamo darsi alcuni casi, ne’ qualiî- differentissime sono per natura, e per qualità le se= erezioni, che. fannosi nelle differenti. parti di uno + stesso vegetabile, del che abbiamo nel Pesco un’ e- | sempio chiarissimo « ph PONOnI Mi Quando sì amministta un vegetabile combinato | con altre sostanze, e non nel semplice suo stato ; . lo sperimentato Medico-pratico investigherà colla più | grande accuratezza la natura della prescritta prepa- razione, e considererà quali sieno le chimiche. affi- | nità de’ suoi componenti, se dalla loro mistura ven- | ga prodotta aleuna decomposizione, o chimica alte- razione ; quali di esse utili siano, quali possano co | me inutili riguardarsi , o soltanto servano come vei- . colo per le altre. E senza avventurarmi a mostrare alcuna opinione , poichè sarei giudice incompetente ; sopra la Medicina omeopatica; secondo la quale nes- | suna sostanza devesi con altra combinare , con faci | lità ci accorderemo a pensare; che la semplicità di | Rna preparazione di per se stessa è una prezios& o 364. raccomandazione, la quale rende più facile al me- dico pratico di formare n ‘più certo giudizio intor- no agli effetti, ch’'essa deve produrre. Non saria bastante, non di soddisfazione a questa Società lo stabilire in termini generali gli effetti, che sono stati prodotti dall’ applicazione di tale, o di tal al- tro vegetabile ; ma è necessario, che ogni caso ven-. ga distintamente, e minutamente specificato , e che sia formata una piena relazione di tutti i sintomi, di tutte le circostanze relativamente al malato. Io colla più grande ansietà, colla più viva impa- zienza prevedo da lungi, quanto vantaggio sia per ridondare da tali processi a grand’ onore della no- stra Società , ad avanzamento di quelle cose, che formano l’oggetto della medesima, a miglioramento della Medicina. Desidero ardentemente di vedere comunicati a questa Società, e per mezzo delle sue transazioni al mondo intero questi felici risultamen- ti, e se l'umile opinion mia, se le mie caldissime raccomandazioni potessero esser degne di qualche ponderazione, ed ottenere alcuna influenza, mi vol- gerei a scongiurare i Membri della nostra Società, alla facoltà medica appartenenti, perchè ‘adoperas- sero ogni loro potere, ponessero ogni loro sagacità, ed ogni loro ingegno nel conseguire un’ oggetto di una tanto inestimabile, ed incaleolabile valuta. Saria di per se onore distinto della Società nostra e somministrerebbe un decisivo argomento de’ suoi meriti, e de’ servigi suoi, se la conseguenza delle sue ricerche fosse quella semplicemente d’ insegnare a sostituire piante indigene ad alcune di quelle, che si recano da lungi, e si comprano a ‘caro prezzo. Tutti sappiamo quanto spesso queste vengano adul- terate, e pur troppo anche falsificate, e quantun- que in ciò possa essere alquanto di esagerazione, nulladimeno troppo di vero disgraziatamente si tro- va, qualora ne siano fatte le verificazioni da un — formano lo scellino +» 365 abile Chimico. Io seppi, che una persona esaminata parecchi anni addietro da un Comitato della Camera de’ Comuni nella sua dichiarazione aveva detto di aver portato in Inghilterra una quantità immensa di amido : interrogata con qual’ intenzione ne avesse fatto sì grande provvista, rispose con meravigliosa franchez- za, che l'aveva comperato in Lisbona a un perry (1) la libra, e l’aveva rivenduto al minuto sotto il nome di radice di Maranta ( Arrow-Root ) a più scellini per ‘libra. Io non credo, che questa falsificazione sia tanto facile a discuoprirsi colla chimica analisi, la quale cotante, e sì utili scoperte ha pur fatte in molti casi di adulterazione. E quindi per ciò che riguarda le piante indigene, possiamo esser certi, che su queste non cade nè alterazione , nè falsifica- zione, e vi è inoltre il vantaggio di poterle adoperare senza che siano state pregiudicate da lunghi viaggi, nè dal passaggio dell’equatore. Possono essere an- cor più appropriate alle malattie di coloro, che vi- vono sopra il suolo medesimo , sotto il cielo stesso , che le produsse, di quello che lo siano altre, che giungono a noi da lontani climi, totalmente dal no- stro diversi. Convengo quindi del tutto nell’ opinio- ne del Sig. Loiseleur Delongchamps, riferita dal Dott. Grateloup nella sua eccellente memoria , che vi ho già ricordata, cioè nor esser necessario , che ci procuriamo da un altro emisfero le droghe, le quali usiamo . Ho ancora fortissima ragione di cre- derè , che alcune piante, comunissime in queste no- stre campagne , somministrerebbero eccellenti medi- camenti da sostituirsi ad altri molto costosi: e che questi succedanei sarebbero della massima importan- za per le più povere classi, le quali per la grande (1) A due baiocchi nostri corrisponde il penny, dodici dei quali ‘366 carezza di alcuni medicinali stranieri ‘non possono comperarli, e intanto la malattia, che li affligge, as- sume un carattere pericoloso , e diviene difficile a ben curarsi. Sarebbero inoltre di massima utilità negli ospedali, e nel servigio navale, e militare, e faciliterebbero ai primi la maniera di estendere molto più ampiamente di quello, che or possono, la pubblica beneficenza . n dh Ma non è questo per altro tutto quello, che de- sideriamo , e con fiducia speriamo di veder: compiu- to. Io tengo ferma e ben fondata convinzione , che le ricerche della nostra Società scopriranno piante , molte delle quali potranno esser per noi indigene, che non solo saranno al caso di essere con soddi» sfazione sostituite ad altre adoperate adesso, ma che scaccieranno eziandio quelle minerali preparazioni, che con poco giudizio , e molto danno si sommini> strano, e guariranno più speditamente, con minor pericolo, e con maggiore certezza le malattie, di quello , che ora si possa fare. Sappiamo , che il Creatore, ed il Conservator dell’ universo , infinito nella sapienza, nella bontà, e nel potere nu/la mai fece in vano , e che nell’ or- dine della sua Provvidenza non fece cosa che ne- cessaria non ‘sia, niuna superflua, niuna che non contribuisca alla esecuzione della sua saggia e bene fica volontà . Se contempliamo le sue fatture nel regno vegeta- bile, troviamo , che molte di esse furono .create a deliziarci di loro bellezza, di loro vivacità, di loro fragranza: che molte furono destinate a nostro alimento, o a quello dei bruti: che molte sono medicinali, ed altre ‘atte ad essere utilmente im- piegate nelle arti, e nelle manifatture. Una im- mensa moltitudine però ne rimane, che il nostro certo vedere, il nostro sapere limitato , il nostro imperfetto giudizio considerano come cose di niun, pl pr astra o bll DE Sirene ri, . 367 valore. Alcune di loro trovansi nella maggiore ab- bondanza , moltiplicano se stesse con istraordinaria facilità, e in diverse maniere, e furono mirabil- ‘mente create per questo fine dalla Provvidenza: ma siccome esse vengono sradicate colla massima difficol- tà, e siccome noi ignoriamo i veri usi di loro; sono per tutto riguardate come ospiti molestissimi , e chia- mate erbe ‘cattive. Mi diceva il' mio dotto paren- te il defunto Cavaliare Giuseppe Banks, che erbac- ‘cia deve solo chiamarsi quella pianta , che cresce fuori di suo posto, che quindi una pianta di Tuli- pano , una radice di Rabarbaro, se venisse trovata in un campo di grano , meriterebbe di essere chia» mata erbaccia, come una Rapa, o una Patata, che si vedesse in un giardino di fiori. È colpa di nostra ignoranza il disprezzo, col quale. noi le guardiamo ; ma non possiamo dubitare, che quelle piante , lè quali di per se'sono di solo ornamento, nè, per quan» to finor conosciamo , di alcun servigio per gli uomini o per gli animali, non sieno state create con quel- la facoltà di riprodursi, di che sono largamente do- . tate, e con quella tenacità di vita, che le rende difficili ad estirparsi, senza essere anche state de- stinate a qualche oggetto di sommo vantaggio , e profitto. Noi possiamo per altra parte coneludere , che esse non sarebbero state dotate delle accennate ualità, ma che a somiglianza di molti fiori ,' che . abbelliscono i nostri giardini, e che sino ad ora sem- brano distinti solo per la loro leggiadria, o fragran- za , sarebbero state soggette agli stessi accidenti , ed avrebbero richiesta la stessa cura, nè si sareb- bero fatte a noi conoscere per mezzo della loro fe- racità, ed abbondanza . Fu detto da un Poeta, che Ben più d’ un fior modestamente inostrasi , Dov’ uom nol mira, e pei deserti campi Dell’ aere vano il grato odor disperde: 368 è i e nella stessa maniera noi osserveremo,; che .sonovi molte piante, ora da noi spregiate quali erbaccie , e industriosamente estirpate, le quali, quando ben co- nosciute fossero le loro virtù, meriterebbero di essere ‘ accuratamente raccolte , ed utilmente adoperate. Nulla è al mondo cosi importante, nulla così i- struttivo , nulla, che ad un colto ingegno più piac- «cia, di quel che lo sia la contemplazione delle ope- re della divina Provvidenza : e perchè il mondo ve- getabile, come giustamente nota il Dott, Grateloup, è il più ferace di medicinali sostanze, sapendosi che ne produce molte non meno attive, nè meno poten- ti, di quel che facciano gli altri regni della natu- ra, apresi con questo' un yastissimo campo agli im- portanti e benefici lavori della nostra Società . - È l'utilità un’ ottima prova , un certissimo crite- rio de’ vantaggi di ogni studio, di ogni investiga- zione , ed a parlar più vero, di ogni cosa, che a questo basso Mondo appartenga , e servendomi di questa come di sicura bilancia, non esito a dichia- rare , che gli oggetti di questa Società sono di pre- ponderante importanza . Siamo uniti fra noi sopra un principio di utilità, nè vogliamo, nè possiamo trastullare alcuno, nè allettarlo con pompose mo- stre: noi solo aspiriamo a meritare*la pubblica ap- provazione , a ricevere favore, ed incoraggiamento , dai nostri concittadini, a rendere servigi preziosi a tutto il genere umano Nessuno ignora, che la prima benedizione del Cielo è la salute, senza la quale non possiamo go- dere di alcuno degli altri beni, neppure del pieno possesso delle facoltà nostre mentali, e questo hen si conosce da noi, quando assaliti dalle malattie, o dai varii incomodi, ai quali siamo soggetti , noi siamo per qualche tempo privi della salute. La preservazione ed il ristabilimento di essa è di massimo interessè per tutti noi, ed è lo scopo dell’ arte medica , la qua- nb . sn) le, più di ogni alto benefica, non può per essenza starsi disgiunta dalla Materia medica , la cui am- pliazione, e. miglioramento, per quanto si riferisce |. al Regno vegetabile , è oggetto principalissimo della nostra Spcietà i E quì, prima che io termini di ragionarvi, con- .cedetemi, che vi assienri, non esser io per manca- re di servirvi con tutto l'impegno, e che vi espri- ma, come io nutra giusta fiducia , che il Consiglio da voi nominato per l’anno presente , sarà per im- piegare tutto il suo zelo, ed assidyità nel soddisfa- re ai doveri, che gli avete imposti, costantemente procurando il ben essere di questa Società. Permet- tetemi ancora , che io vi preghi di profondamente imprimere nelle vostre menti , che i Soc], corrispon- denti sparsi pel mondo , ed i Corpi scientifici, coi . quali siete entrati in relazione , tengono gli occhi “e Sd ia sopra di questa Società, e si aspettano , che i vo- stri sforzi abbiano ad essere proporzionati alla gran- dezza, ed all’ importanza degli oggetti , ai quali so- no rivolte le nostre cure, e che a voi si appartiene di procurare, che il vostro fai industria , la per- severanza , i talenti coronino le comuni speranze DS meritino di più in più nel felice corso de’ vostri progressi la benigna protezione del nostro Sovrano , e l'approvazione del Mondo. 370 Srirpium SARDOARUM ELENCHUS, auctore Josepho | Hyacintho Moris etò. Fasc. 1-11. Carali ex typis regiis 1827. - Fasc. 111. Taurini, typographis Chi- rio et Mina 1829. In 4.° CORSIE - APPENDIX AD ELENCHUM STIRPIUM SARDOARUM, auctore J. H. Moris. Aug. Taurinorum, typographis , Chirio et Mina 1828. In 4° f LÀ Chiarissimo Autore di questi opuscoli premette nel primo fascicolo un discorso , col quale mostra, come dalla Regia munificenza dell’ Augusto CarLo FeLice Re di Sardegna fu a lui affidato 1’ onorevole incarico di fare la Flora Sarda, per lo che essen>. dosi immediatamente accinto all’ impresa col percor- rere le diverse parti di quell’isola, non che le iso- lette adiacenti, ora rende conto delle piante, che vi ha trovate, annunziandole a modo di catalogo, cioè per mezzo de’ loro nomi generici, e specifici, accompagnati dall’ indicazione del luogo, dove la pianta è stata per lui osservata. Avverte altresì, 4 i Îì come gli è sembrato convenevole collocare ‘la serie . di queste piante secondo un ordine , che più si av- vicini alla natura, ed ha prescelto per questo il me- todo naturale esposto dal Decandolle nel suo Jibro intitolato Théorie élémentaire de botanique edit. 2., e quanto ai generi dice di avere adottati quelli, che si trovano nella decimasesta, ed ultima edizione del Systema regetabilium data dallo Sprengel. Nell’ adur- re i generi alle rispettive famiglie egli non ha vo- luto prendersi altro arbitrio, che quello di traspor- ; tare il Cynomorium coccineum L. dalle Balanofore al- le Aroidèe. Chiude finalmente il suo dire chiedendo scusa al lettore, se di troppo si affretta a pubbli- care alcune specie per nuove; ma il lettore, mentre che loderà questo modesto parlare, non potrà non i 371 ammirare la molta precisione adoperata dal Signor Moris nello stabilire le sue belle specie nuove. L’ elenco del. primo fascicolo comincia col no- vero delle piante dicotiledonali, alle quali sono ad- ‘dotte le famiglie seguenti , cioè le Ranunculacee, le Berberidèe, le Ninfeacee , le Papaveracee , le Fuma- riacee , le Crucifere, le Capparidèe , le Cistinee, le Violarie, le Droseracee , le Poligalèe ,. le Fran. keniacee , le Cariofillèe, le Linee ,, le Malvacee, le Ipericine , le Acerine, le Geraniacee , le Ossa- lidèe, le Zigofillèe , le Rutacee , le Celastrinee, le Ramnee , le Terebintinacee, le Leguminose , le Ro- sacee, le Salicarie, le Tamariscine , le Mirtinee, le Cucurbitacee , le Onagrarie , le Ficoidèe , le Pa- ronichie , le Portulacee , le Grossularie , le. Crassu- lacee , le Sassifragie, le Ombrellifere , le Caprifo- gliacee , le Rubiacee, le Valerianèe , le. Dipsacee, . le Composte , le Campanulacee ,, le Lobeliacee , le Ericine, le Oleinee, le Apocinee , le Genzianèe , le Convolvulacee , le Borraginee, le Solanacee, le Antirrinee ; le Rinantacee, le Labiate , le Pirenacee, le Acantacee, le Primulacee, le Globularie , le Plumbaginee, le Plantaginee, le Amarantacee, le Chenopodiacee , le Poligonacee , le Allorinee, le Ti- meleacee , le Santaleacee, le Aristolochiacee, le Eu- forbiacee , le Orticacee, le Amentacee, e le Coni- fere. Le specie nuove di questa. prima serie sono annunziate colle frasi, che seguono . 1. Rawuxcutus eymbalarifolius : radice fasciculata ; fo- liis subhirsutis, radicalibus longe petiolatis , crbi- cnlatis, trilobis, lobis grosse crenatis; canle ramo- so-dichotomo , nndiusculo , filiformi; carpellis le- vibus uncinatis Moris. Fasc. 1. p. 2. Perennis. Habitat juxta rivulos montis Genargentu. Floret Junio, Julio. Affinis Ranunculo palustri B corsico Dec. Syst., sed foliorum radicalium lobis crenatis, nec inciso-dentatis, ceterisque differt, È sull’autorità del Ch. Balbis, che il Sig. Moris 19 372 ‘pubblica questa specie .come nuova, e ben a rag- ne, e come tale è stata addottata dallo Sprengel fi- glio nel Tentam. suppl. pag. 15. n. 53. Posso assi- curare, che non ha che fare col Ranunculus palu- stris B corsicus Dec., il quale secondo l’ esemplare originale, che ne posseggo , ha le foglie radicali pro- fondamente tripartite, cogli angoli rientranti roton- dati per essere i loro lati concavi, e co’ segmen- ti flabelliformi, di nuovo inciso-dentati di denti a- cuti. Inoltre queste foglie sono assai più grandi, e più irsute, ed il fusto è più grosso, per non dire di altre differenze nelle foglie del fusto, e nel fiore . 2. Isrnis integerrima : basi suffrutescens, superne prui- noso-pubescens; foliis oblongo-spathulatis , carnosu- lis integerrimis, subconcavis, superioribus ciliola= tis ; siliculis racemoso-corymbosis, emarginatis Mor. Fasc. 1. p. 4. Species media inter /ber. Tenoreanam Dec. , et Iber. Pruiti Tin. Crescit /glesias ad-fodinam Monteponi, et Marganai (carb. cale. ): in asperis Tonneri d’ Irgini (carbon. calc.). Floret Majo, Junio. Co- rolla dilute rubella , vel alba. Le foglie di questa specie sono assai più larghe di quelle dell’ Iberis Tenoreana Dec., e dell’ Iberis Pruiti Tin., che è varietà della Teroreana . Sono poi interissime nel margine, nè mai dentate come nel- le altre due. La silicula è più rotondata , e lo stilo è più corto, perchè appena sporge fuori de’ ‘due denti laterali della silicula . . 3. Sirene undulatifolia : glanduloso-hispida; caulibus | erectis ; foliis crassiuscnlis, oblongo-obovatis , lan= ceolatisve , undulatis ; floribus paniculato=dichoto- mis, erectis ; calycibus clavatis ; petalis subemargi- natis Mor. Fasc. 1. p. 8. Annua. Habitat in arvis Cagliari, Quarto. Floret Mar- tio, Aprili. Corolla purpurascens. Questa specie.era già stata trovata in Sicilia dal Sig. Antonino Bivona-Bernardî, il quale me ne favorì un de 373 esemplare senza nome specifico sino dell’anno 1806., ed io lo posi in erbario dandogli il nome di Si/ere | sicula. Dopo il Bivona fu puré ritrovata in Sicilia dal Gussone, il quale se la ebbe perla Si/ene pseu- do-atocion Desf. FI. Atl. 1. p. 353., e con questo nome l’ annunziò prima nel Cat. plant. in Boccadi- fal. pag. 81., indi nel Prodr. FI. Sic. tom. 1. p. 506. Il Dott. Badarò poi la rinvenne nella Liguria occidentale vicino a S. Remo, giusta l’ esemplare ivi racco, che mi mandò senza nome specifico. Per verità non veggo in questa pianta i caratteri precisi assegnati dal Desfontaines alla sua Si/ene pseudo- -atocion, perchè non ha le foglie glabre, e le infe- | riori obovato-spatulate, nè i suoi calici sono /on- ge clavati, nè la lamina de’ petali è lineare. Quin- di io propenderei a credere tale specie nuova; qua-' le l’ha proposta il Moris, e l’ ha adottata lo Spren- gel Syst. veg. 4. par. 2. pag. 182., se non che mi rimane il dubbio, che essa possa essere la Si/ere divaricata Dec. Prodr. 1. p. 376., almeno i caratte- ri di questa le convengono assai meglio di quelli della Si/ene pseudo-atocion Desf., ed il sinonimo di Silene sicula Cyrillo, che il Decandolle adduce alla sua pianta mi conduce sempre più a crederla iden- tica colla Silene undulatifolia Mor. L' autopsia po- trà decidere ogni questione. Lo Sprengel /. c. ha assegnato alla Silere undulatifolia del Moris le fo- ui su glie, ed il fusto glabri, ed i calici glaberrimi, ma certamente è caduto in qualche equivoco di esem- plare . 4. Lavarera moschata : stellato-tomentosa ; caule fru- ticoso ; foliis undulatis, crispis, obsolete quinquelo= bis , lobis rotundatis , summis trilobis ; stipulis fo- Ri liaceis ; pedunculis axillaribus; aggregatis, unifloris, petiolo brevioribus; involucello tripartito Moris. Fasc. 1. p. 9 Crescit in insula S. Pietro, ev Masu ad sepes. Floret Majo. Corolla purpurascens, receptaculum fructus conicum exertum. Tota planta moschum redolet. 374 i : L’ Autore di poi nel Fasc. 3. pag. 5. dichiara ‘so+ spettare; che questa pianta .sia una varietà più lussureggiante della Lavatera triloba L., distinta ,, 3 ramis magis foliosis , floribusque confertioribus , 5 hirsutie majori, stipulis magnis foliaceis denta- 33 tis incisisve, odore totius plantae fragrantissimo ,, I. c. E per verità posso giudicare tanto dall’ esempla- re secco , che me ne ha favorito; quanto dalle pian- te, che ne sono nate nell’ orto botanico di Bologna, che non differisce essenzialmente dalla Lavatera trilo= ba L. Il suo odore è disgustoso, e dire si può ; che hircum olet. x 5. Hrrericum annulatum: einereo-pubescens, superne glabrum ; caule herbaceo ; foliis ovali-oblongis, am- plexicaulibus, pellucido-punetatis, margine nigro- -punctatis; bracteolis glandulis confertis pedicella- tis basi annulatis, sepalisque lanceolatis, acutis .. ciliato-glandulosis Mor. Fasc. 1. p. 10. Habitat inter ropium schistosarum fissuras in summo monte S. Vittoria Esterzili. Floret Julio. Stili tres . Antherae nigro-punctatae. è Le ghiandolette nere pedicellate, che sono nume= rosissime, e folte alla base delle brattee, tosto fanno distinguere questa specie dalle sue affini. Essa è stata giustamente adottata da Antonio Sprengel nel Tentam. suppl. p. 21. 6. Asrracarus genargenteus: ftutescens; petiolis sti- pulatis, spinescentibus; foliis ellipricis , hispido- -canescentibus, multijugis ; pedunculis axillaribus $ subquinquefloris folio brevioribus ; calycinis denti= us angustis, acutis, brevissimis Mor. Fasc. 1. p. 11. Corolla ochroleuca, carina apice atro-purpurea. Spe= _cies media inter Astrag. Massiliensem Lmck, , et Astrag. aristatum L° Herit. Habitat in editioribus pascuis Genartgentu Sardiniae montis prinecipis ; 1810. metr. circiter supra maris superficiem. Questa specie ommessa dallo Sprengel nel Syst. veg., e dal suo continuatore nel Tent. suppl. dovrà pure prender luogo nelle collezioni sistematiche del- P 379 | le specie. È un frutice ramosissimo, e spinosissimo per i picciuoli superstiti induriti, e fatti pungenti all’ apice. Le sue foglie, i calici, ed i legumi sono coperti di peli setolosi, adagiati, più o meno bian- castri, il quale carattere a colpo d'occhio lo rende distinto dall’ Astragalus aristatus L' Her. I peduncoli cortissimi, e di gran lunga più corti delle foglie , e non uguali alle medesime, î denti del calice linea- | ri, e non dilatati, la corolla gialla colla carina al- P apice nereggiante-porporina , e non tutta bianca, la mancanza di qualunque sorta di vero tomento ne' rami giovani, e nelle foglie lo rendono del pari | distinto dall’ Astragalus massiliensis Lmck. lo ho rice- vuto esemplari di questa pianta anche della Corsica . 7. Asrracatus verrucosus: pilosus, decumbens; stipulis concretis, oppositifoliis, lanceolato-subulatis; folio- lis oblongo-obovatis, 10 - 12jugis ; racemis-folio lon- gioribus multifloris ; leguminibus arcuatis, oblon- ‘ go+acuminatis, subuncinatis, piloso=verrucosis Mor. Fasc. 1. p. 12... Mii. Annuus., Corolla purpurascens.;. Habitat, in pascuis aridis: maritimis. circa Flumentorgiu. Floret Apri- Misa Malo. ro Î ° ‘spenta Ottima specie ,addottata da Antonio Sprengel nel Tentam. suppl: p. 21. ) «8. Genisra microphylla: hirsuta ; foliis alternis , trifo- liolatis, subsessilibus, summis simplicibus , foliolis oblongo-linearibùs, acutis; complicatis, superne glabris, infimis obovatis ; ramis confertis, spinosis= | simis, alternis, junioribus falcatis; floribus race- | —mosis Mor. Fasc. r. p. 33. . Suffrutex pedalis, cubitalisve. Crescit in pascuis aridis | —‘‘saxosis Siligua , Samassi, Uras. Floret Majo, Ju= _».. nio. Corolla glabra. Legumina tetra-hexaspermia, (_}. .linearia, villosa., , | Desiderasi questa. pianta. nel .Sysf. veget., e nel Tentam. sup. dei due Sprengel;. non per. questo è men vero , che essa sia una eccellente specie nuova, i Al Lotus coimbricensis di Brotero indigeno delle 2: 376 colline maritime di Geremeia, e Villacidro in Sar- degna l'Autore ha dato la seguente nuova frase pér definirlo con maggiore chiarezza . 2 MAG: 9. Lorus coimbricensis : herbaceus; glabriusculus; fo- liolis obovatis, lateralibus inaequalibus , acutiuscu- lis, stipulisque ovatis, glabris; ciliatisve ; peduncu- lis axillaribus, solitartis, brevibus 5 leguminibus tereti-linearibus , subarcuatis ; aristatig Mor. Fasc. t. p. 14. 10. Mepicaco sardoa: glabriuscula 5 foliolis rliombeo- -obovatis , denticulatis, mucronatis 5 stipulis laci- niatis ; pedunculis multifloris; leguminibus cochlea- tis, cylindricis, utrinque planis, anfractibus 4., reticulato-nervosis, margine utrinque sulcatis, bre- vi aculeolatis , aculeolis conicis Mor. Fasc. 1. p. 15. i Species affinis Medic. catalonicae Schrank., et. Med. spinulosae Dec. Fl. Frang. Crescit. inter segetes. Floret Aprili, Majo. Annua. Questa specie è adottata nel Tent. suppl. pag. 20. dello Sprengel figlio. Per quanto sia affine alla Me- dicago catalonica Schr., pure ne è essenzialmente di- versa per essere glabra , per avere le foglioline mi- nori, per i legumi più grossi, con sole tre o quattro spire, intensamente reticolate, delle quali le due estreme sono piane, e per gli aculei rilevati, e più lunghi, che le adornano. 11. Vicra sativa var. macrocarpa : leguminibus pilosis; . reticulatis, foliolisque magnis Moris. Fasc. 1. p. 17. La singolare grandezza di tutte le parti di questa pianta a fronte di quella molto minore dell’ ordina- | ria Vicia sativa L., e sopra tutto la mole vistosa de’ legumi a colpo d'occhio avrebbero fatto cre- dere , che questa fosse non una varietà, ma una nuova specie, se l’ estrema cautela adoperata dal- l’Autore nell’ introdurre nuove specie non lo avesse condotto ad esaminare 1’ andamento , e le gradazio- ni degli individui, che se ne incontrano, ed a rico- noseere la costanza, ed identità de’ caratteri nelle i | 377 parti essenziali sì della specie, che della presento varietà. Bell’ esempio a’ moderni facitori di specie a braccia e croce! 12. Cerasus humilis : caulibus depressis, floribus sub- ‘solitariis , subpedicellatis 3 calycibus tubulosis; fo= liis oblongis, ovatisve, inaequaliter serratis, utrin= que glabris, virentibus , subtus reticulato-veno= sis; fructibus ovatis Mor. Fasc. 1. p. 17. Frutex habitu Cerasum prostratam Ser. referens , cae= terum foliis nunquam subtus incano-tomentosis , 4 ramis junioribus haud virgatis, caeterisque diver- sus. Petala ovata, dilute rosea. Habitat in petro- sis,, rupestribusque summi montis Genargentu (su Xuxu ). Fioret Junio, Julio . È un frutice basso, ramosissimo, tortuoso, di scorza grigia. Le foglie sono acute, piccole, bre- vemente picciuolate, di sotto verdi-pallide, e non bianco-tomentose. Alla base del picciuolo sono due stipule setacee. I fiori sono solitarii, sessili, o bre- vemente pedunculati. Lo stilo è lungo, nella parte inferiore è irsuto di peli patenti, nella superiore è glabro . Manca questa eccellente specie nuova nel Syst. veg., e nel Tent. suppl. degli Sprengel. 13. PorentItLA glauca: viscosissima, caulibus ascen- dentibus, foliis radicalibus quinatis, superioribus ternatis , simplicibusque , foliolis obovato-cuneifor= mibus, utrinque pubescentibus, apice obtuse, ae- qualiterque multidentatis ; corymbo paucifloro Mor. Fasc. 1. p. 18. Perennis . Species ad Potentillam caulescentem L. ha= bitu accedens, at praeter descriptas notas foliolo= rum dentibus haud conniventibus, stipnlis, caly= cibusque acutiusculis; neutiquam vero acuminatis diversa. Corolla albo-lutescens. Non è dubbio alcuno sulla validità di questa specie, . quantunque assai affine alla Potentilla caulescens L. | Essa è stata con ragione registrata dallo Sprengel . figlio nel Tentam. suppl. pag. 14., se non che egli | erra nel dire, che la Potenzi/la caulescens L. si di- Tom. I. 25 1878 Minone da questa per non avere viscosità alcuna. Posso con tutta certezza assicurare, che anche la Pontentilla caulescens L., la quale è stata' da me trovata în grandissima copia nell’ alto delle alpi A- puane, è viscosa, e non poco; onde bisogna toglie- re questo carattere dalla differenza specifica delle due piante, lasciandovi quello della diversa intac- catura delle foglie. Ma quì la verità, e l’ esattezza vuole, che io dica, che questa specie era già stata pubblicata dal Ch. Prof. Viviani sotto il nome di Potentilla crassinervia. Append. ad FI. Corsic. prodr. pag. 2., di che mi è garante un bell’ esemplare fa- voritomi da lui stesso ; onde il nome dal Viviani im- posto alla pianta deve essere preferito per diritto di anteriorità. Egli ebbe i suoi esemplari dal monte Coscione di Corsica , ed io ne ho avuto anche dal monte Grosso della stessa isola, oltre a quelli, che ebbi dalla Sardegna. 14. Crassura globulifolia : glabra ; caule humili, foliis ovato-sphaericis, imbricatis, basi solutis; racemis foliosis , confertis, corymbosis; petalis erectis, ca= rinatis , acutis Mor. Fasc. 1. p. 20. Annua. Habitat in apricis montanis aridis. Floret Ma= jo, Junio. Flores albi, roseive. Non è molto, che io ho ricevuto un esemplare di questa stessa specie raccolto a Calvi in Corsica, emi è pervenuto sotto il nome di Crassula andega- versis Dec. Debbo però confessare, che nella. Cras- sula andegavensis Dec. si trovano caratteri, che non si incontrano nella Crassula globulifolia. La prima somiglia per il suo abito al Sedum atratum, la secon- da no. La prima ha i follicoli la metà più corti di .quelli della Crassula Magnolii, la seconda gli ha - uguali. Il colore della prima è verde carico , e qua- si nerastro ne’ calici, e ne’ frutti, il suo fusto è sottilissimo, e diviso in tre rami corti, e dritti. Il colore della seconda è verde pallido, e ne’ frutti rossastro, il suo fusto è grossetto, e sciolto all’ apice 379 in una cima molto ramosa, i cui rami piuttosto al- lungati , e nel lato superiore fioriferi si ricurvano. Là le foglie sono ovoidi, i fiori piccoli, i petali o- vati, gli stami in numero di cinque. Quà le foglie so= no sferiche, i fiori non tanto piccoli, i petali ova» to-lanciuolati, carinati, due in tre volte più lunghi del calice, gli stami in numero di dieci , cinque al- terni abortivi. Parmi da ciò poter conchiudere , che le due piante sono diverse, e che la Crassula globu- lifolia del Moris è una buona specie, tuttocchè non inserita nel Syst. vweg., e nel Tent. suppl. degli Sprengel. i 15. Seovw glandulosum: piloso-glandulosum ; caule erecto ; foliis cylindraceis, erectis, basi solutis ; recemis multifloris ; petalis ‘oblongis , acutis Mor. Fasc. 1. p. 20. 7 Ì Annuum. Affine Sedo villoso L., sed foliis , petalis, racemis multifloris, antherisque flavis diversum . 1 Flores albo, roseoque variegati. Habitat in udis montanis Morgongiori, et Genargen- tu. Florer Junio. Questa pianta è sparsa di peli più decisamente ca- pitati all’ apice, radi, e non densi, come sono nel Sedum villosum L. Inoltre ha le foglie cilindriche , i ottuse, minori’, ed i fiori assai più piccoli, che in i quello. È buona specie, ed è ommessa dagli Spren- gel nel Syst. veget., e nel Tent. suppl. Nulla ha che fare col Sedum glanduliferum Guss. Prodr. FI. Sic. 1. . PD. 919. i Ù 16. Brxrrvm crassifolium: caule folioso, foliisque pi- losis , longe spathulatis, erassis, integerrimis ; pe= dunculo nudo, unifloro Moris Fasc. 1. p. 26. Perenne . Habitat inter rupium maritimarum fissuras S. Elia (carb. cale.) Cala-Vinagra in insula S. Petri ( trachit. ) . Floret Majo, Junio. Flores ma- gnitudine Be/lidis perennis. Semina 4 - 6aristata .. I fusti escono a cespuglio dalle radici. Le foglie sono lunghissimamente picciuolate , e spatulato-ro- 380 ‘tonde, ma tra la maggior. parte di queste se ne veg» gono alcune giuniori minime, e sorrette da .picciuo+». lo cortissimo. I semifioretti del. raggio sono bian- chi, o bianco-rosei; ed i fioretti del. discb sono. gialli. Questa bella specie è addottata dallo Spren- gel nel Syst. veg. tom. 4. part. 2. p. 303., e vi è riferita come distinta dal Be/lium nivale , che il Re- quien ha scoperto nella parte più elevata del mon- te Rotondo, e Coscione della Corsica. Per vero io posseggo un esemplare di quest’ ultimo , raccolto nel monte Rotondo, il quale sebbene mostri una pianta assai affine al Bellium crassifolium , tuttavia io in- clino a riguardarlo collo Sprengel come distinto , giacchè esso è un vero. pigmeo in paragone del pri- mo ; ha le foglie più tenui, più decisamente veno- se, spatulato-bislunghe; e non spatulato-rotonde, tut- te sorrette da cortissimi picciuoli , cioè lunghi due in tre linee; non ha fusto; ma scapo poco più lun- go di un pollice, terminato da un fiore infinita-" mente più piccolo di quello del Be/lium crassifolium. 17. Carpuus Morisii : toliis sinuato-pinnatifidis , inter- rupte decurrentibus, segmentis laciniaro-palmatis , crispis, dentato-spinosissimis, arachnoideis ; floribus glomeratis ; squamis anthodii subsessilis lanceolà= tis, adpressis, nitidis, spinulosis, summis inermi» bus Mor. Fasc. 1. p. 26. Biennis ? Habitat in montanis Perdisterris, Buddui , in collinis insulae S. Pietro. Floret Majo , Junio. Flores albi; caulis appendices alares confertae, spinae implexae. Questa specie scoperta dal Moris nella Sardegna, e mandata al Ch. Balbis, ed anche a me, prima che se ne parlasse da alcuno colle stampe, meritò , che venisse privatamente denominata dal Balbis Car- duus Morisii, col qual nome fu poi pubblicata dal Moris; ma nell’ intervallo , che passò dalla determi- nazione fattane dal Balbis alla pubblicazione del pri- mo fascicolo dello Stirp. Sard. elench. del Moris , il fi Lg i 381 Sig. Prof. Viviani avendo ricevuta Ia stessa specie dalla Corsica , la fece di pubblica ragione nell’ Ap- pend. ad FI. Corsic. prodr. p. 6. sotto il nome di Carduus fasciculifltorus. Lo Sprengel figlio nel Ten. suppl. p. 22. la riferisce sotto il nome datole dal Prof. Viviani. : 18. Scorzowera callosa: villosa 3 foliis linearibus, pla= nis, nervosis , apice callosis ; caule basi subramo- so; anthodii squamis lanceolatis, margine villosis ; pappo sessili Mor. Fasc. 1. p. 29. Perennis. Habitat in pascuis aridis calcariis Arcidano, Oliastra. Floret Junio. Flores flavi, extus purpu= rascentes. Semina glabra, pedicellata. (Podospere mum Dec.) Questa specie era stata mandata dal Moris a di- versi botanici sotto il nome di Scorzonera sardoa, e lo Sprengel nel Syst. veg. tom. 4. par. 2 p. 347. ap- punto la pubblicò sotto quésto nome non sapendo , . che il Moris l’ aveva già fatta-di pubblica ragione sotto quello di Scorzorera callosa , il quale deve es sere per ogni ragione preferito. 19. Verzascum plantagineum : fulvo-tomentosum ; fo- liis obsolete crenulatis, crassis, caulinis decurren= tibus,/confertis, oblongis, radicalibus, imisque in petiolum attenuatis, ovato-ellipticis , obtusis 3 ra- cemis dense spicatis; filamentis croceo-villosis Jo= ris. Fasc. 1. p. 33. i Bienne. Affine Verdasco thapsoidi Hoffmans. et Link. FI. Port. Differt foliis vix crenulatis, crassioribus, caulinis infimis, atque radicalibus breviter produ- ctis , caeterisque. Crescit in pascuis collinis aridis Cala d’ostia Pula, et circa Teulada . Floret Majo. Le foglie di questa pianta sono piccole, ma di molta spessezza , e quasi intiere: nel loro contorno. Tutte le inferiori sono picciuolate , e le cauline su- periori sono sessili, e semidecurrenti per breve trat- | to con ala cuneata. Il racemo è semplice, denso. Il tomento copioso, stellato, e corto è di colore gial- CÈ lo d’oro, tendente al biancastro nella pagina infe- 382 } riore delle foglie. Manca questa specie nel Sysf. ve-. get. dello Sprengel, e nel Tent. suppl. del figlio di lui. 20. Rrcrnus scaber : foliis peltatis, palmatis, lobis ob= longo-acuminatis y inaequaliter serratis; caule fru- ticoso , glauco-pruinoso ; petiolis scabris ; capsulis echinatis Moris. Fasc. 1. p. 4r. Bert. in litt. Frutex a icino africano W. caule semper. glau- co-pruinoso, petiolis constanter scabris diversus. - Stigmata tria, bifida. Crescit in arenosis F/umini- -major , Pula, Sarrabus , Barì , Orosei. Florer au- tumno. Anche prima di ricevere questa pianta dalla Sar- degna io aveva posto attenzione alla medesima, giac- chè coltivavasi ne’ giardini d’Italia promiscuamente cogli altri Ricini, ed io la vidi per la prima vol. ta nell’ orto botanico a S. Marco in Firenze, dorde ne ebbi i semi. La tinta verde-glauca del suo fusto, ed i picciuoli scabri di minute punterelle mi fecero conoscere, che essa era diversa dal Ricinus commu- ris L., e molto più poi dal Ricinus africanus W., nel quale manca la nebbia glauca, e gli stigmi so- no bipartiti, e non bifidi. Sembrami un poco stra- na l’idea dello Sprengel di ridurre ad una specie sola, o per meglio dire a scherzi della ‘stessa spe- cie molti de’ Ricini conosciuti. Veggasi sopra ciò il suo Syst. veg. tom. 3. pag. 878. 879. Inverità egli non sarebbe stato dello stesso pensamento , se aves- se veduto queste piante vigorose, e fiorenti, quali noi le veggiamo ne’ nostri giardini . Succedono in questo stesso fascicolo alle piante dicotiledonali le monocotiledonali , alle quali vengo- no addotte le famiglie seguenti, cioè le Alismacee, leOrchidèe , le Iridèe, le Amarillidèe, le Smilacine, le Liliacee , le Colchidèe, le Iuncee, le Palmee, le Tifacee , le Aroidèe, le Ciperacee, le Graminacee. A queste appartengono le poche specie o rare, o muove, di che l’ Autore porge frasi, e particolari notizie, e sono \ x ) 383 — ar, Rorrra maritima « spiralis : spadicibus ad anthe- sim emergentibus, pedunculis longe productis, fru- ctiferis in spiram contractis demersis Moris. Fasc. . p. 43. B recta: pedunculis fructiferis breviter productis, rectis Mor. l. c. Var. « in stagnis maritimis Simìw Carbonara, et Mu- ravera. Aprili, Majo. Var. @ in stagnis maritimis insulae S. Pietro, et Cagliari. Majo, Julio. Utraque varietas perennis. Antherde octo, sessiles. Ovaria totidem pedicellata, pedicellis post anthe- _ sim productis. L'Autore ha voluto procedere con molta cautela intorno alle due varietà, in che egli ha distinto questa specie. Per vero la sua varietà « spiralis ha le foglie molto più tenui, oltre al possedere la par- ticolarità dei pedunculi fruttiferi assai allungati , ed attortigliati a spirale. Altri forse ne avrebbe fatto una specie distinta ; ma l’ osservazione del Hooker, che l’attortigliarsi a spirale de’ pedunculi fruttiferi è cosa variabile nella Ruppia maritima; forse lo ha trattenuto , ed a me pare con ragione , almeno fin chè non se ne possano ricavare caratteri più fermi. Frattanto giova avvertire, che la sola varietà g del nostro Autore corrisponde precisamente alla Ruppia maritima L. 29. Anraericum fugax: bulbosum; glabrum ; foliis. lineari-filiformibus , canaliculatis , scapo tortuoso simplici brevioribus ; floribus laxe racemosis ; pe- dunculis articulatis ; filamentis medio subincrassa- tis Moris. Fasc. 1. p. 46. Habitat in collinis aridis Sardiniae australioris . Flo- ret Augusto, Septembri. Flores ephemeri. Perigo= nium profunde sexpartitum , laciniis candidis , li- nea media purpurante. L’Anthericum fugax è senza fallo una specie nuo- va; tuttocchè gli Sprengel non lo adducano nel Syst. weget., e nel Tent. suppl. Il Sig. Moris non solo me . ne favorì gli esemplari secchi, ma ancora i semi, mo. È ‘384 ) i a da’ quali sono natè parecchie piante nel giardino botanico di Bologna. Ecco la descrizione, che ne ho fatta dal vivo. > . AnrHErRIicum FuCAX Mor. Nascitur in Sardinia. Floret decedente Julio, et ve- niente Augusto. Perenn. Scapus teres , nudus , gracilis , adscendens, vel ere- ctus, irregulariter flexuosùs, tres, quatuor uncias longus, ex viridi pallide rabens. Racemus ter- minalis, simplex, pauciflorus., floribus alternìis , remotiusculis. Bracteola sub quovis pedunculo , basi producta in appendiculam subulatam, longiu- sculam, deorsum flexam. Peduncauli flore breviores, nudi. Perigonium simplex, hexasepalum, sepalis, oblongis , obtusis , albis cum aliquo rubore , ner- vo insigni viridi-.rubente dorso diremptis, in anthe= si patentibns, post anthesim clausis, et in flore ad medium constricto persistentibus , marcescentibus . Stamina perigonio paulo breviora , orta e basi se- palorum. Filamenta subulata, compressa, alba. An- therae oblongae, incumbentes, biloculares, luteae. Pollen lutenm. Pistillam staminibus aequale, ant vix longius. Ovarinm superum, oblongum, obtu- se trigonum, angulis dorso leviter sulcatis. Stilus filiformis, albus. Stigma simplex, glanduloso-pa- pillosum . Filamenta, et stilus nunc curtvantur, nunc eriguntur. Flores evigilant paulo post meri- diem, et clauduntur circa horam sextam vespera- scentis diei, Folia filiformia, firmiuscula, supra canaliculata, variant curva, aut flexuosa, strictiu= scuela , aut jacentia, uni-triuncialia ; passim dispa= rent ante ortum scaporum florigerorum, nec tamen id semper evenit. Tora planta glaberrima. 23. Carzx microcarpa: spicis tereti-linearibus ; termi- nali mascula, subsvlitaria; androgynis superne ma- sculis , subquinis, inferioribus incluse peduncula- tis, remotis; fructibus ovato-triquetris, apiculatis, truncatis, subemarginatis, squama ovato-acumina= ta paullo longioribus Moris. Fasc. 1. p. 48. C. microcarpa Bert. in litt. Planta bi-tripedalis: culmus foliosus, triqueter. Sti- 385 gmata tria. Est frequens in montibus juxta rivu- los. Floret Majo. Questa pianta è singolare per le sue spighe assai lunghe, e gracili, una, o due delle terminali tutte maschie, le altre all’ apice maschie, di rado tutte feffi- minee, e le inferiori sorrette da lunghi pedunculi chiu- si dentro le guaine delle foglie, ed hai frutti as- sai più piccoli; che qualunque delle affini. È rife- | rita dallo Sprengel figlio nel Tent. suppl. pag. 30. 24. Arewa gracilis: panicula subovata, spiculis sub- quadrifloris , aristis geniculatis, corollis basi bar= batis, apice bifido-setigeris, calycem aequantibus ; “culmo erecto ; foliis brevissimis, rigidis; radice fibrosa. Perennis. Species affinis Avenae distichophyllae Vill., sed radice nec articulata, nec repente, culmis neutiquam repentibus, spiculis saepius quadrifloris | plane diversa, Habitat in pascuis montis Genar- gentu ; montis S. Padre, et Macomer. Floret Junio. E un'ottima specie, addottata dal figlio di Spren- gel nel Tent. ‘suppl. p. 6. I suoi culmi nascono a cespuglio, e sono alti al più cinque, o sei pollici. La pannocchia è corta, e piuttosto densa; le spi- | ghette senza resta sono lunghe poco più di due li- \nee, e le reste sopravanzano le spighette di altret- tanta lunghezza , o poco meno, i Dopo ciò seguitano nel fascicolo presente le Crit- togame delle famiglie delle Najadi, Equisetacee , . Marsigliacee, Licopodiacee, e Felci, e tra queste non è annoverata alcuna specie nuova. Nel fine poi dello stesso fascicolo l’ Autore ha posto un A4denda; nel quale esibisce come nuove le tre specie se- | guenti, È 29. Barnarra rupicola : caespitosa ; foliis inferioribus Ù; longe petiolaris, simplicibus , sublyratisve, lobo x terminali cordato-ovato , summis inciso-pinnatifi= ì dis; siliquis longiusculis , rectis ; petalis obovato=- asa e -spatbulatis Moris. Fasc. 1. p. 55. Perennis. Species affinis Barbareae praecoci Br., ha- 386 bitu vero diversa. Habitat inter fissnras rupium in montibus. Floret Majo. | Gli Sprengel non hanno questa specie nel Syst, veg., e nel Tent. suppl. Essa è distintissima dalla Barbarea praecox per la forma delle foglie , che piut- tosto somigliano a quelle della Bardarea vulgaris, e per le silique più patenti, e sorrette da un pedun- culo lungo almeno tre linee, mentre che le silique della. Barbarea praecox hanno un pedunculo lungo circa una linea, e più grosso. Nell’ una e nell’ al- tra specie poi esse sono lunghe due pollici, e termi- nano in punta per ragione dello stilo persistente. 26. Gariom maximum : glabrum; foliis senis, oblongo= -linearibus, margine antrorsum scabriuscnlis, ob» tusis, rameis quaternis ; caule laeviusculo, ramo= sissimo; pedunculis trichotomis ; fructu glabro Mor. Fasc. 1. p. 55. Perenne. Planta tri-quadripedalis, corolla alba acutiu= scula. Habitat inter dumeta in pascuis udis mari» ‘timis. Floret Junio . Questa specie fu pubblicata dallo Sprengel nel Sy- st. veg. tom. 4. par. 2. p. 338. sopra gli esemplari secchi, che gliene vennero dal Moris, poco dopo, . che il Moris avea pubblicato il suo primo fascicolo dello Stirp. Sard. elench. Io la coltivo in giardino nata ‘da semi, che ho ricavati dagli esemplari favoritimi dallo stesso Sig. Prof. Moris. Il fusto di lei talvolta si rinviene scabrosetto agli angoli correndovi sopra colle dita dal basso in alto, e ivi guardandolo col- la lente si veggono alcuni minutissimi corpicciuo- li, o punterelle callose , diafane , tra di loro alquan- to distanti, le quali cagionano l’accennata scabrez- za; ma queste non sonovi sempre , € allora il fusto riesce perfettamente glabro. Credo di poter dire con buon fondamento , che tale pianta è una mera va- rietà lussureggiante del Galium palustre L. 27. Cemravrea ceratophylla : foliis subvillosis , inferio= ribus decursive subbipinnatis, pinnis, foliisque. 387 summis indivisis, lineari-subnlatis; caule sulcato; anthodii squamis pectinato-ciliatis, apice spinulo- sis, recurvis Moris. Fasc. 1. p. 55. I Perennis. Habitat inter fissuras rupium (carbon. cale.) Garteli , Dorgali, Oliena, Baunei. Floret Junio . Corollulae albae, apice roseae . Questa bella specie era stata per vero già pubbli- cata dal Sig. Prof. Viviani’ nell’ Appendix ad FI. Corsic. prodr. pag. 6. sotto il nome di Centaurea fi- liformis ; onde è , che lo Sprengel figlio la riferisce col nome del Prof. Viviani nel Tent. suppl. p. 22. Nel fascicolo secondo 1° Autore premette le Dicoti- ledonali, come nel primo, e vi adduce le piante ap- partenenti alle famiglie delle Cruciformi, delle Ci- stinee , Resedacee , Cariofillèe, Malvacee, Ramnee, Lesuminose, Rosacee , Salicarie, Portulacee , Sassi- fragèe, Ombrellate , Caprifogliacee, Rubiacee, Vale- rianèe, Dipsacee, Composte, Genzianèe , Convolvu- lacee, Borraginee , Solanacee , Antirrinee , Rinanta- cee, Labiate, Plumbaginee , Timelèe, Urticacee, Amentacee, Conifere. Le specie nuove di queste fa- miglie vi sono esposte nel modo, che segue. 28. Ra4mnus persicifolia ; erecta ; ramis apice spine- scentibus ; foliis crenatis, oblongo-lanceolatis, ob- tusis, subtus reticulato-venosis, pilosis Mor. Fasc. DI più: Frutex altitndinis 2. 3. metr. Bacca tetrasperma. Fo> lia neutiquam coriacea. Flores hactenus non vi- di. Habitat in sylvis Barbargiarum. Deleas in Elench. fasc. 1. p. 11. Ramnum amygdalinam Desf., quam pro hac habui. Nè il Syst. veget. dello Sprengel, nè il Tent. sup- | pl. del figlio possiedono questa specie. Le sue foglie sono lungamente picciuolate , e minutamente crenel- late s dal loro nervo di mezzo partono successiva- Li mente molte vene, che a guisa di nervi si diriggo- no verso l’ apice della foglia stessa, oltre alle reti laterali, ramosissime , e minute. I pedunculi sono uniflori, fascicolati, nudi, lunghi circa tre linee. | \ 388 < 29. Mepicaco olivaeformis: pubescens; foliolis rhom= beo-obovatis, denticulatis; stipulis lanceolatis, den- tatis ; pedunculis paucifloris; leguminibus coclea- to-ovatis, pubescentibus , anfractibus senis, cras- sissimis , subconcretis , reticulato-nervosis , margi= ne verrucoso-tuberculatis Moris. Fasc. 2. p. 3. M. olivaeformis Guss. ined. | Aunua. Habitat in arvis. Floret Aprili, Majo. , Questa specie era stata scoperta dal Gussone nella Calabria orientale tra Melito e Cassano , e tuttocchè egli non l’ avesse ancora fatta conoscere colle stam- pe; allorchè il Moris pubblicò il fascicolo secondo del suo E/ench. stir. sard. , pure esso Moris sapendo la cosa ebbe la delicatezza di serbare al Gussone l onore della scoperta. In seguito poi anche il Gus- sone ha parlato di questa sua specie nelle Plant. rar. pag. 390. dandone oltre ai caratteri specifici una succinta descrizione, Manca nel Syst. meg. dello Sprengel, e nel Tent. suppl. del figlio. 3o. Cenrramnruvs nervosus : foliis omnibus oblongo-lan- ceolatis, in petiolum attenuatis, tri-septemner= viis, integris, glaberrimis ; floribus corymbeosis , subcaudatis Mor. Fasc. 2. p. 4. Valeriana trinervis Viv. Fl. Cors. Corolla rosea. Genitalia vix ipsà longiora. Stamen unicum. Habitat in montanis Oliena. Floret Ju- nio. Perennis. Il Prof. Viviani pubblicò per il primo questa nuo- va specie nella sua Flor. Corsic. diagnos. pag. 3. chiamandola Wa/eriana trinervis. Lo Sprengel figlio la riferisce nel suo Tent. Suppl. pag. 1. sotto il no- me di Centranthus nervosus datole dal Moris. 3». Carpvus fastigiatus : foliis sinuato-pinnatifidis , in» terruprè decurrentibus, subtus lanatis , laciniis palmato=angulatis , spinoso-dentatis ; pedunculis uni-bifloris, fastigiatis; squamis anthodii arachnoi- dei lanceolatis, brevi-spinulosis, rectis, laxis, sum- mis scariosis Mor. Fas. 2. p. 5. l Affinis Carduo corymboso Ten. Habitat ad margines Si agrorum . Floret vere. Flores purpurascentes. An- nuns è» Questa specie è affine al Carduus acanthoides L., ed al Carduus corymbosus Tenor. Dal. primo differi- sce per la statura minore , per le foglie bianco-co- tonnose nella pagina inferiore, per i tiori assai più piccoli, e più decisamente corimbosi, e per le squam- me dell’antodio rette . Si distingue dal secondo, per- chè più grande, per i pedunculi più corti, e foglio- si fino in cima, per gli antodii ovali, e non cilin- drici, fatti di squamme più corte, e più larghe, e non aeiculari. Le foglie nel mio esemplare sono in- tieramente decurrenti. Questa specie manca nel Sy- st. veget. dello Sprengel, e nel Tenz. suppl. del fi- glio. À 32. Carpvus confertus: foliis interrnpte decurrentibus, sinuato-pinnatifidis, subtus tomentosis, laciniis palmato-angulatis, dentato-spinosissimis; floribus terminalibus , confertis , subpedicellatis ; squamis ; anthodii cylindrici subulatis, glabriusculis, diver= y gentibus , summis inermibus Moris. Fasc. 2. p. 5. Annuus ? Habitat secus vias Sardara, S. Luri. Floret Aprili, Majo. Flores albi. ._ Anche questa specie si desidera nel Syst veg. del- do Sprengel, e nel Tent. suppl. del figlio. Le sue | foglie sono intieramente decurrenti ne’ due esemplari, \ che ne posseggo, formano ale più vistose , e sono " uarnite di spine più valide, che nella specie pre- cedente . I fiori sono spesso a tre a tre sessili nella ‘cima di corti rami, e questi rami tra loro avvicina- ti rendono giustissimo il nome specifico dato a tale ‘pianta. J i 33. Cartima macrocephala : canle subsimplici ; foliis ; lanceolatis » sinuato-pinnatifidis , dentato-spinosis , i sublanatis , floribus subcorymbosis 3 involuero fo= _liaceo, anthodio lanato duplo longiore Mor. Fasc. : 2. p. 5. . Perennis. Affinis Carlinae lanatae L., sed anthodio majori, caule nunquam di-trichotomo, caeterisque 7.08 390 diversa. Squamae radii extus snbviolaceae, intus; et in apice albae, Habitat in pascuis saxosis, aridis. montis Gerargentu. Floret Julio . Le foglie somigliano a quelle della Carlina corym- bosa L. , solo che hanno qualche cosa di lanuginoso sopra di loro; e particolarmente sopra il nervo di mezzo. I fiori sono sorretti da pedunculi molto cor- ti, e sono fastigiati. Manca nel Syst. veget. , e nel Tent. suppl. dei due Sprengel. 34. Semecio Marmorae : giauco-pruinosus ; caulibus caespitosis , ascendentibus, fistulosis ; foliis semiam= plexicaulibus , oblongo-obovatis , integris, denta= tisve; corymbo terminali; radio revoluto Mor. Fasc. 2. p. 6. i Pte sa Annuus. Habitat in uliginosis circa Ariola, et Paulie “latino. Floret Aprili , Majo. Flores flavi. Species dicata egregio viro Alberto Ferrerio a Marmora ' itinerum mihi socio devinctissimo , de historia Sar- doarum rernm naturalium optime merito . Il fusto di questa specie è grosso , scannellato nel- la superficie , e fistuloso internamente . Le. foglie so- no indivise, sessili, alla base dilatate in due picco= le orecchiette, abbracciafusto. I fiori sono piccoli, numerosi ,-ed in corimbo composto. Gli antodii so- no caliculati, colle foglioline lineari-angustissime, tutte. terminate da una punta scarioso-bruna. ‘Le brattee sono situate all’ apice de’ peduncoletti, e sì esse, che le squammette , che rinforzano l’ antodio , sono minute , setacee, terminate da una punta bru- na più lunga, e più acuta di quella delle altre squamme dell’ antodio. Questa specie è addottata dallo Sprengel figlio nel Tent. suppl. p. 24. 35. Ancausa Capellii : strigoso-hirta, procumbéns ; fo- | liis lanceolatis, obiter denticulatis ; radicalibus un- dulatis; bracteis ovato-lanceolatis , semiamplexi- caulibus; floribus laxe racemosis; calyce quinque- fido ; fructifero inflato, nutante Mor. Fasc. 2. p: 6. Speciem ab affinibus Anch. officinali, et angustifolia L. floribus haud imbricatis, foliis, caeterisque abun= 391 i de diversam nuncupavi Clariss. Taurinensi Bota= ; nices Professori, qui Floram Sardoam jampridem mecum suscipere avebar, susceptam enixe adju- vVavit. I fiori tra loro notabilmente distanti danno un a- spetto proprio, e particolare a questa specie .. Le corolle sono cerulee. È registrata dal figlio di Spren- gel nel Tent. suppl. p. 8. 36. Lirmosrermum minimum : hispidnm; caule erecto, sunbramoso ; foliis ALI EST infimis spa- thulatis; subo corollae hirsuto, calycem subduplo superante ; fructibus muricatis Mor. ‘Fasc. 2. p. 7. Planta palmaris. Corolla caerulea, in centro flave- scens. Habitat in pascuis maritimis S. Zlia. Flo- ret Martio, Aprili. Annua. E una pianta assai più piccola in tutte le parti, che non è il Lithospermum incrassatum Gusson. FI. Sic. prodr. 1. p. 211. L’ erba è più biancastra per le setole più numerose, e più vistose, che la cuo- prono standovi sopra adagiate. La corolla al di fuori è molto ispida, particolarmente nel tubo, e attorno alla fauce; è assai minuta, e tuttavia supe- ra il calice. I pedunculi sono cortissimi, e talora mancano , nè ingrossano tanto, quanto nel Lithosper- \mum incrassatum. Queste due piante però sono mol- to affini. Nè luna, nè l’altra, furono riferite da- gli Sprengel nel Syst. veg. e nel Tent. suppl. » Nicorrawa auriculata : foliis oblongo-lanceolatis , acuminatis, basi omnibus auriculatis , amplexicau- libus ; corolla fauce inflata, laciniis, acuminatis Mor. Fasc. 2. p. 7. Est spontanea, et vulgatissima ad margines agrorum circa Orosei, originis, probabili conjectura , exo- ticae. Floret Majo. | Le foglie inferiori di questa pianta sono più gran- ” ed ovate , le superiori sono bislungo-lanciuolate , | tutte quante si ristringono inferiormente , senza però formare picciuòlo ; ; sono sessili, ed alla base si dila- ‘tano di quà e di là in una orecchietta rotondata , dI y % “. 392 ed SORBONA la quale nelle foglie inferiori scorre un pochetto per lo stelo, I fiori sono più pic- coli di quelli della /Nicotiana Tabaccum, ma dello stesso colore ; la loro fauce è bislungo- -enfiata ,. il lembo è quinquefido, co’ segmenti larghi, ed acumi- mati. Tutta la pianta è pubescente-viscida. Ne pos- seggo piante secche originali della Sardegna , e l' hò ancora vivente in giardino nata da semi, che mi mandò prima il Bertero, e poi il Moris. È certa- mente una specie diversa da quelle dell'America, che noi conosciano, e manca nel Syst. veget., e nel Tent. suppl. degli Sprengel. 37. Verzascum conocarpum: albo-tomentosum ; foliis subcrenatis, inferioribus ellipticis, oblongigve , pe- tiolaris, summis ovato-acuminatis, subdecurrenti= bus ; florum fasciculis laxe racemosis; capsulis ob- longo-conicis, acutiusculis Mor. Fasc. 2. Di T Perenne . Habitat inter fissuras rupium maritimarum circa Bosa. Floret Majo, Julio. Corolia flava, in centro pulchre violacea. Filamenta lana purpureo- -violacea , duo longiora superne nuda. Le foglie sono piccole , crasse, e molto cotonnose, le radicali, e le cauline inferiori sono brevemente picciuolate, le altre sono sessili, acute, co’ lati alla base rotondati, cosicchè pajono cordate, e con que- sti lati, od orecchie aderiscono al fusto. Il racemo ora è semplice, ora con uno, o due rami inferior- mente. I fascetti parziali sono un pochetto scostati tra loro. Il calice è quinquepartito , co’ segmenti lanciuolato-lineari, acuminati . Il frutto è esattamen- te conico, lungo una volta e mezzo il suo calice. Si avvicina al Verbascum bicolor di Badarò; ma que- st' ultimo è più grande, più sensibilmente cotonno- so-fioccoso , ha le foglie inferiori sostenute da pic- cioli assai più lunghi, pettinato-pinnulate alla ba- se, e contornate da denti più grandi; anche le sue foglie superiori sono più evidentemente dentate, e queste poi si distinguono per essere acuminato-cu- Sal 393 spidate. Il frutto è appena più lungo del calice. Il Verbascum conocarpum è riferito dallo Sprengel figlio nel Tent. suppl. pag. 8. 38. Seropuuraris rivularis: caule tetragono, alato ; î ‘foliis infimis ovatis, summis oblongo-lanceolatis, crenato-dentatis , glabris, in petiolum decurrenti». bus; racemo terminali, subnudo , pedicellis ramo- sis Mor. Fasc. 2. p. 8. S. oblongifolia Lois. Nouv. not? Corolla obscure purpurea, labello virescente . Facies “a Scrophulariae aquaticae L., sed caulis, petiolo- rumque ala magis conspicua , foliis obtusiusculis, obtusiusque dentatis, caeterisque diversa. Peren- nis. Habitat juxta rivulos in montibus. Floret «Majo. Deleas ex Elenchi fasc. 1. pag. 34. Scrophu- —_ lariam aquaticam L. Le foglie sono sorrette da un picciuòlo più o me- no lungo, contornato di larga ala, la quale poi scor- re nel fusto ; sono intaccate di grossi denti , sovente di nuovo dentati; sono ottuse, e quasi rotondate al- l'apice, particolarmente le inferiori; sono glabre , e ricche di nervi, e vene reticolate. Nasce anche in Corsica, ed è quella, che il Sig. Prof. Viviani an- ‘ munziò sotto il nome di Scrophularia betonicaefolia L. nella sua Flor. Corsic. diagn. p. 10. Il figlio del- lo Sprengel la riferisce nel Tent. suppl. p. 16. 39. Scropavtaria subverticillata :. caule tetragono , glanduloso-punctato , foliis oblongo-lanceolatis , du- plicato-dentatis, inferioribus pinnatis; racemi ter- è) minalis subaphylli pedunculis oppositis, distanti= bus, brevibus, dense cymosis Moris. Fasc. a. p. 8. Habitat juxta rivulos circa Ozieri, Bono. Floret Ma- jo, Junio . Corolla intense purpurea + Folia subtus pilosa. Perennis. Le foglie inferiori hanno un aspetto singolare. So- no fatte di pinnule disuguali, quella in caffo è bis- . lunga, e grandissima in paragone delle laterali. i Queste sono orizontali, sovente opposte, di muovo | picciuolate, altre maggiori, lanciuolate, altre minori, Mi Tom Lo (Ca LA - 394 e quasi in rammenti lineari. Ordinariamente tra due coppie laterali minori se ne trova una coppia mag.-. giore. Tutte le coppie poi sono tra loro distanti. Il piccinolo commune è leggermente alato. Questa bel- la, e buona specie manca nel Syst. veg. dello Spren- gel, e nel Tent. suppl. del figlio di lui. i 40. OrozancHE condensata: caule superne villoso ; squa- mis , bracteisque solitariis lanceolato-acuminatis ; calyce bipartito, laciniis subbifidis ; corollae labio superiore subbilobo 3 spica elongata, cylindrica, compacta ; stylo glabro ; staminibus basi pilosiu- | sculis Mor. Fasc. a. p. 8. Species radicibus Genistae corsicae Dec. utplurimum innascens. î Affinis Orobanchae speciosae Dec. Sup. Differt caule basi valde incrassato, squamosoque, squamis omnibus lanceolatis, neutiquam remotis , pilis haud glandulosis, .caeterisque. Corolla san- guinea ; lohi crispi, crenulati. Deleas ex Elen- chi fasc. 1. p. 35. Orobanchem speciosam Dec. Dubbio non è, che esistono più specie di Oroban- ché, che non si credeva. L' illustre Vaucher ha aper- to iin nuovo campo allo studio delle medesime col- la sua Monographie des Orobanches . Egli ci richiama ad osservare con diligenza, su quali piante nascano parassite, e questa cognizione porge già per se gran- dissimo lume , siccome io ho sperimentato ; alla qua- le se si aggiungano i caratteri della forma de’ labbri della corolla, delle ghiandole o sotto Povajo, o appiè degli stami, dell’ inserzione degli stami, del- lo stato della loro superficie riguardo alla pelurìa , o nudità, dello stesso stato nell’ ovaio, e nello sti- lo , dell’apertura;, e colore dello stigma, al certo noi avremo uno spazioso campo per distinguere le specie con maggiore precisione di prima. È appunto sopra tali osservazioni , che il Moris ha stabilito la novità della sua specie , la quale ha un fusto lun- go sino a circa otto pollici, grosso, e vieppiù ingros- sato in tubere alla base, ha la spiga de’ fiori den- l li I 395 sissima, ed ha i lobi della corolla ‘acuti, od acu- minati. Si desidera nel Syst. veg. dello Spreng., nel Tent. suppl. del figlio. 41. Srarior tenuifolia: caule basi suffruticoso , ramo- so«dichotomo , folioso ; foliis imbricatis 3 glaucis, asperis , rigidis, linearibus , obtusis, apice mucro- nulatis Mor. Fasc. 2. p. 8. Statice tenuifolia Bert. in Litt. Habitat in aridis saxosis maritimis $. Catterina-pitti- nuri.. Flores hactenus non vidi, .. Sino dell’anno 1825. questa pianta fu scoperta nelle coste della Sardegna dal Sig. Dott. Badarò , il quale. me ne favorì un ‘esemplare senza nome speci- fico. Io mi avvidi, che essa era nuova; e né av- vertii lo stesso Badarò dicendogli, che la chiamavo Statice tennifolia , finchè a lui non piacesse pubbli ‘carla, con altro nome. Nel 1826. il Badarò ritorna to in "Sardegna vi raccolse nuovi esemplari della me- ‘desima, e me ne mandò uno sotto il nome di Stazi ce rupicola » che però non manifestò mai colle stam- pe. Il Sig. Prof. Moris si avvenne egli pure in que- sta specie nelle scogliere Sarde , e a “colpo d’ occhio ‘se l’ ebbe per nuova; ma avvertito da me della sco- \perta già fattane dal Badarò >» @ del nome da me ‘impostole s SÌ compiacque annunziarla. sotto questo è hac nome. Di poi guari non andò, che il Reichen- h ach, ricevutone un esemplare dal Sig. Prof. Mo- etti, la pubblicò sotto il nome di Statice acutifolia nella” Cent. 3. p. 23. tab. 225. fig. 274., se non che egli errò nell’ assegnarle per patria Genova invece della Sardegna. E un suffrutice alto al più un pal- imo , e assai ramoso. Le sue foglie sono lineari, quasi spatolate, acute, o mucronulate , folte, glau- che, e glabre. I rami ‘Rovifari sono annuali, spad l dichotomi, ma poco suddivisi. Le brattee sono mi- mute, e acute. I fiori sono piuttosto remoti tra loro. La corolla è uinquefida , co’ segmenti bislunghi, ottusi, e co tania all’ apice. Il Reichenbach /, c. GA 396 | i (oo sospetta, che questa pianta possa corrispondere alla | Statice minuta L., nel che io non saprei convenire, | perchè la Statice tenuifolia non ha le foglie muti- che assegnate da Linneo alla Statice minuta Mant. 59. È vero, che dalle due figure del Boccone ad- dotte da Linneo alla sua pianta nulla si ricava per la determinazione esatta della medesima , giacchè nè l una, nè l’altra le appartiene; ma parmi, che non le disconvenga quella del Plukenet Alm. p. 221. tab. 200. fig. 5., ed in questo caso la Statice minuta L. sarebbe. perfettamente identica colla. Statice minuta Reich. Cent. 2. p. 78. tab. 186. fig. 324. 325. e con | quella del Decandolle F/. Franc. 3. p. 423., cosa; | che il Reichenbach non inclina a credere. Debbo però aggiugnere per ulteriore schiarimento , che. io posseggo esemplari di questa Stazice. minuta prove- nienti dall’ isola di Capri, ie dalla Corsica, per i quali entro in sospetto, che tale specie Linneana non sia buona, ma che esprima una delle non po- | che variazioni della Statice oleifolia Sibth. Lo Spren- gel non sapendo; che il Moris aveva pubblicato per il primo la Statice tenuifolia la introduce. nel suo | Syst. veg. tom. 4. pat. 2. pag. 127. sotto il nome di Statice acutifolia del Reichenbach, e ripete il co= | stui errore di assegnarle per patria la Liguria. ì: 42. UrrIca grandidentata : caule basi suffruticoso, fo= || liis setosis, petiolatis , oppositis, inferioribus sub- | rotundis, superioribus ovatis ,, profunde, argute= | que dentatis omnibus, basique cordato-cuneatis | Mor. Fasc. 2. p. 9. 2,09 ci 700 U. atro-virens Reg. in Lois. Nov. not? do In umbrosis montanis vulgatissima +. Floret. Majo; Junio» Un esemplare dell’ Urtica atrovirens Reg. in. Lois.. | Nowv. not. pag. 4o., il quale proviene dalla Corsi-. | ca, e mi è stato favorito dal. Sig. Bonjean , mette | fuori di dubbio; che essa è identica coll’ Urtica grandidentata del Moris. Questo ultimo nome è al. hi 4005) OE IRSEATE ca «e ca» ria * LA 397 | certo più conveniente alla pianta , che non è il pri- mo, ma quello ha il diritto dell’ anteriorità. Gli Sprengel non l’ hanno posta nel Syst. veget., e nel Tent. suppl. nè sotto l uno; nè sotto l’ altro nome. Le famiglie delle monocotiledonali riferite in que- sto dBA fascicolo sono le Orchidèe , le Liliacee, le Iuncee, le Ciperacee,, le Graminacee, e dia sola pianta nuova seguente è annunziata tra le ctr sime.. i 43. Aztrom Sardoum: caule folioso ; foliis tereti-subu- Jlatis; umbella fastigiata, cansulifera, petalis ob- longo-linearibus, obtnsis ; sraminibus exertis , al= ternis tricuspidatis Mor. Fasc. 2. p. 10. Habitat in pascuis aridis circa Mandas. Floret Julio, Augusto . Petala alba, carina virescentia. La spata è più corta dell’ ombrella , è membrana- cea, tenue, in fine. scariosa ,, e Ridi in due, 0 tre segmenti, ovati, acuti. Il fusto è rotondo, piut- tosto sottile, lungo circa un, piede e mezzo; verso il suo terzo, superiore è nudo. Non è nel Syst. veg. e nel Tent. suppl. degli. Sprengel . Le Crittogame di questo fascicolo comprendono poche piante appartenenti alle famiglie delle Naia- di, e delle Felci, e non offrono alcuna specie nuova. : L’ Appendix ad elenchum stirpium Sardoarum ven- ne in luce dopo il secondo fascicolo dell’ E/erchus , e questa contiene quattro specie muove spettanti al- le Dicotyledonali ; e due altre pure nuove della se- zione delle Acotiledonali. Nessuna di esse ritrovasi nel Syst. veget., e nel Tent. suppl. degli Sprengel. Eccole. 44. Lrnom Mulleri: caule suffruticoso, hirsuto, basi ramos®; foliis omnibus alternis , ellipticis, ciliatis ; calyoibus ovato-lanceolatis , acuminatis , margine glandulosis' Mor. App. p. 1. Habitat in collibus Sardiniae australis . Strenuus Bo= tanicus Franciscus Mullerus specimina fruétifera circa Iglesias lecta: mihi dedit. Floret Majo, Ju- 398 i Pro. Corolla flava calyce duplo longior. Folia snpe- riora saepe elliptico-linearia. Species ab affinibus Lino maritimo L., et Lino setaceo Brot. foliorum. forma , hirsutie caulis, caeterisque facile distin- guehda . Il fusto di questa specie è sottile, alto un piede, o, un piede e mezzo , inferiormente irto, all’ apice soltanto peloso , o quasi glabro; è semplice , o con ochi rami inferiormente . Le foglie sono elittiche , o elittico-lineari , piccole, cigliate , folte nel basso del fusto, poche, e rade nell’ alto. Fiori pochi in. una pannocchia terminale. Il calice è cigliato-ghian- doloso. La corolla è due o tre volte più lunga del ca- lice. I petali sono obovati. 45. Bvrarz4rnvm inuloides : hirrum, viscosum; caule basi suffruticoso ; foliis alternis, inferioribus ova= to-oblongis, grosse serratis, in petiolum attenua- tis, summis lanceolatis , sessilibus ; anthodii squa» mis, radio brevioribus Mor. App. p. 1. Habitat inter fissuras rupium insulae Zavolara. Flo- ret Majo. Semina peripherica membranacea, cae- tera apice dente marginali praedita , } Il fusto è alto più di un piede. Le foglie inferio- ri sono sorrette da lungo picciuolo , il quale via via decresce nelle superiori, e nelle ultime scompari= sce. Queste sono assai più piccole, più distanti tra loro, e meno dentate delle altre. Fiori gialli. Corol» le del raggio lunghe più del doppio dell’ antodio , all’ apice intaccate di quattro, o cinque dentellini . Tutta la pianta è minutissimamente pubescente di peli incurvati, ed è ruvidetta al tatto, 46. Lacruca longidentata: glabra; foliis caulinis basi auriculatis , decurrentibus , radicalibus lanceolato= -spathulatis, in petiolmm attenuatis, omnibus glau- cescentibus , pinnatifido-subruncinatis, laciniis lan ) ceolatis, acuminato-dentatis; paniculis confertis , ramis mulvifloris, patulis Mor. App. pag. 1. Habitat in rupestribus calcariis montis Albo Sirziscola , et Gartelli, Floret Majo. Flores flayi. Bienn, ru aio» per E 39 E bizzarra la sbrandellatura delle foglie di c. PA sta pianta, perchè altre delle loro lacinie sono vol- tate allo insù , altre allo ingiù, ed altre sono oriz- zontali, e talora le stesse lacinie sono di nuovo in- cise. I peduncoletti parziali sono corti, e sparsi di brattee. L’antodio è di squamme lanciuolate , acu- minate, le superiori il doppio più lunghe delle in- feriori . I semi sono solcati, neri, e molto assottiglia ti all'apice. Il pappo è niveo, facilmente deciduo , sotto la lente comparisce scabrosetto, ed è più cor- to della lunghezza del seme. 47. Onosanche denudata ; piloso-glandulosa ; caule e- lato ; calyce simpliciter bisepalo, angusto, bracteis= que solitariis, lanceolato-acuminatis , spica brevi, corollae quinquelobae lobis subaequalibus , denti» culatis; stylo, staminibusque inclusis, piloso-glan= ._ dulosis Mor. App. p. x. ®_ \- Habitat in umbrosis montanis humidis circa Belvì; Floret Junio. Tota planta lutea. Orobanchae graci- li Sm. similis ,, sed characteribus memoratis plane diversa . Il fusto è alto circa dodici pollici, ed è gracile in proporzione di questa lunghezza ; è quasi nudo, perchè porta poche squame , tra loro remote; quel- le della base però sono piuttosto fitte. La spiea è terminale , corta , densa , conica. La corolla è pic- cola. Il Sig. Moris non ha fino ad ora manifestato sopra qual pianta 1’ ha trovata parassita, lo che è necessarissimo a sapersi . jp 48. Riccra papillosa : fronde crassa, lineari, dichoto- ma, supra punctata , papillosaque , longitudinali= ter sulcata ; sporangiis immersis Mor. App. p. 2. Habitat circa stagna maritima , Cagliari alla Madda- lena, locis limosis, Decembri, Januario. Species papillis in fronde confertis a caeteris facile distin= _ guenda, La fronde di sotto nella carina è fibrillosa, di so- pra è tutta sparsa di vere papille, che ne rendono scabra la superficie, e stabiliscono una buona di- 400 stinziore tra essa, è la Riccia minima 8 major Radd. D'altronde i segmenti della sua fronde sono. un po= chetto più angusti di quelli della detta, Riccia mi- nima B+ , It} 49. Isrpium mammillosum : crusta tartarea | solida, al ba; podetiis coalitis, simplicibus,, ramosisque , longiusculis, mammillosis , cinereo-flavescentibus ; apotheciorum lamina purpurea JMor, App. p. 2. ‘Habitat ad rupes vulcanicas in summo monte Punta della Trebina. Podetia praeter propter ejusdem lon- gitudinis, ac in Zsidio corallino Ach., sed multo crassiora, quibus, et crusta, er apothecioraum la- mina omnino purpurea, caeterisque nostra' species ab Zsidio corallino Ach. satis distinguitur. 11 tallo si fa areolato per secchezza ; è ‘tutto co- perto di tubercoli, o podezii cortissimi, depresso- -convessi , e, fatti a foggia di mammelle , ora sem- plici,, e terminati da un solo apotecio, ed ora con- fluenti .con altri, e allora portano due; o, tre, apo- tecii. Non si può attribuire a questa specie un a- spetto veramente ramoso ne’ podezii, bensì mam- melloso . E van 1 Le Dicotiledonali del terzo fascicolo abbracciano piante appartenenti alle famiglie delle Cistinee,, Ca- riofillèe, Linee, Malvacee, Sarmentacee , Gerania- cee, Ramnee, Leguminose , Rosacee, Onagrarie , Pa- ronichie, Ombrellate,, Composte , Oleinee, Borragi- nee; Antirrinee, Rinantacee , Labiate , Plumbagi- nee , Chenopodiacee, Santalee, Amentacee, e le se- guenti specie rare, o nuove figurano tra fe medesime . 50. Eropivx corsicum: pubescens; foliis cineraceo-tg- mentosis, ovatis, crenato-lobatis,, basi cuneatis, subcordatisve , radicalibus longe petiolatis; petiolis, caulibusque ascendentibus rigidis, pedunculis uni- =bifloris , aristis barbatis Mor. Fusc. 3. pi 6. E. corsicum Dec. Fl. Frang. i E. malopoides f:corsicam Dec. Prodr. , Spreng. Syst. Habitat ad rupes. maritimas in' insula Asinara locis dietis il Castellazzo ,,, ev. Cala d’ Arena; in insula ) x -40r © Tavolara ; èt Longo-Sardo. Floret exeunte Aprili, et Majo. Petala obovato , vel obcordato-cuneata , calyce lanceolato duplo longiora, pallide violacea, venis purpurascentibus variegata, ut in Cyroglos- so picto. Caules adulti ramosi, Species ab ZErodio malopoide W. foliis lobatis, ovatis, non subrotun=. dis, raro basi subcordatis, saepius cuneatis, pe- dunculis constanter unitloris etc. diversa. Non si può comprendere, come sia avvenuto , che questa ottima specie sia stata reputata una varietà dell’ Erodium malopoides W. , il quale ha un fusto più grande, sparso di peli radi, e lunghi , le foglie più grandi, e acutamente dentate, i pedunculi più cor- ti della, foglia sottopposta’,. all’ apice ombrellati, i fiori assai più piccoli, e manca affatto del ‘tomento cinereo particolare all’ Erodium corsicum . La faccia dell’ uno è dissomigliantissima da quella dell’ altro . SI. Ononis bicolor : villoso-viscosa,, glandulosa ; fo- ©. lis trifoliolatis, foliolis oblongo-obovatis, superne serrato-dentatis ; stipulis magnis, petioli longitudi- ne; pedunculis axillaribus , aristatis, uni-bifloris , folia subaequantibus; corolla duplo, leguminibus- que cernuis triplo calyce longioribus Mor. Fasc, 3. Ai in campis Sardiniae australis. Floret Martio , Aprili. Annua, Corolla albo-flavescens, carina a- pice purpurea. Habitu accedit ad Ononidem visco- sam x L., sed foliolis omnibus aequalibus, pedun- culis_nni-biforis , corolla , leguminibusque calyce multo longioribus nostram speciem facile distinguas. Ab Ononide geminifftora Lag. Nov. sp. p. 22., et ab Ononide biftora Desf. differt pilis apice glandulosis, glandulis rmbris , corolla majori, nusquam praeter carinae apicem purpurascente , foliis non magni- tudinis Ononidis Natricis L., uti de Ononide bi-- flora Desf. Atl. 2. p 143., sed duplo majoribus ete. Il fusto dell’ Onoris bicolor è angoloso , e stria- to; le intaccature delle foglie sono poco profonde; i pedunculi sono striati, e finiscono in una resta, che non supera mai la lunghezza del calice. Il ca= 402 lice è striato, ed ha le lacinie lineari-subulate. Que= sta specie manca nel Syst. veg., e nel Tent. suppl. degli Sprengel. 52. Vicia trichocalyx : pubescens ; foliolis elliptico-ob- longis, mucronulatis ; cirrhis ramosis ; stipulis se- misagittato-lanceolatis , dentatis; pedunculis mul- tifloris, folia subaequantibus ; floribus secundis , confertis; calycis villosissimi dentibus setaceis, tu- bo multo longioribus ; leguminibus hirsutis JMor. ‘Fasc. 3. p. 7. sha Annua . Habitat inter segetes. Floret exeunte Aprili, et Majo . Species valde affinis Viciae atro-purpureae Desf. Differt inflorescentia aliquanto tardiori, par- tium omnium dupla , triplave magnitudine , caly- cibus villosioribus , corolla alba, apicem versus rosea. Varietas ? pia I denti del calice sono lunghi, setacei, e piumo- si; i due denti superiori però sono più corti degli inferiori. I legumi sono assai meno irsuti di quelli della Vicia atro-purpurea. Desiderasi questa pianta nel Syst. veg., e nel Tent. suppl. degli Sprengel. 53. Carpuvs cephalanthus : caule interrupte alato, su- perne , pedunculisque breviter ramosis dense la- nato , foliis sinuato-pinnatipartitis , laciniis palma- tis spinulosis ; floribus terminalibus , confertim ag- gregatis , subcorymbosis 5 anthodii cylindrici squa- mis adpressis, lanceolatis, levibus, inferipribus brevi spinulosis, sublanuginosis Mor. Fasc. 3. p. 9. C. cephalanthus Viv. F7. Corsic. Diagn. p. 14. Species in solo natali omnium pulcherrima. Habitat in ruderatis Longo-sardo , et in insula La Madda- lena, loco dicto la Trinità. Floret Aprili; Majos Accedit ad Carduum litigiosum Nocc. et Balb., Carduum acanthoidem All. ; differt foliis arachnoi= deis quidem , sed utrinque virentibus , costa me= dia lanugine canescente, floribus 20 -40, dense ag- gregatis, corolla omnino purpurea , sqamis anthodii adpressis, brevi spinulosis + Il Moris ha somministrato nuove illustrazioni sopra questa specie già pubblicata dal Viviani, e mala. 403 mente confusa dallo Sprengel col Carduus pycnoce- phalus nel Syst. veg. 3. p. 385. n. 30. Oltre agli e- semplari originali, che io ne posseggo in erbario, la coltivo ancora in giardino già da parecchi anni; . il suo fusto rimane più corto di quello del Carduus pycnocephalus , ed i suoi numerosi fiori densamente aggruppati in teste, o fascetti terminali le danno un aspetto tutto suo proprio, che l’ allontana le mil- le miglia da quella ‘specie. 54. MNepera foliosa : villoso-viscosa ; foliis ovato-acu- tiusculis, rugosis , serratis, basi cordato-cuneatis , inferioribus petiolatis; cymis axillaribus pauciflo- ris, brevi pedunculatis , summis congestis , omni- bus foliosis , foliis lanceolatis; calycibus striatis , quinquefidis, acuminatis Mor. Fasc. 3. p. 10. Perennis. Habitat in montibus calcariis Oliena. Flo- ret Majo, Junio . Corolla caerulea , Species visco» sitate , cymisque foliosis a caeteris maxime distin- guenda . i Tutta la pianta è coperta di villosità biancastra. Le intaccature delle foglie sono in grossi denti. Le foglie florali sono sessili , o quasi sessili , le altre so- no picciuolate, ed i picciuoli delle inferiori \ sono via via più lunghi. In queste la base è incavatà a cuore, e dal mezzo dell’ incavo la foglia si prolun- ga a guisa di cuneo nel picciuolo . Non è riferita da- gli Sprengel nel Syst. veg., e nel Tent. suppl. Le Monocotiledonali di questo terzo fascicolo ap- partengono alle Orchidèe, Smilacee, Ciperacee, Gra- minacee , le Crittogame alle Licopodiacee, ai Mu- schi , alle Epatiche, ai Licheni, ai Funghi, ed al. le Alghe; delle sole Crittogame è data qualche spe- cie nuova nel modo, che segue. 55. Srerrocavton intricatum: thallo cinereo-flavescen- te, ramosissimo, verrucoso-fibrilloso , ramis longiu= sculis, confertis , tortuosis , implexis; apotheciis solitariis , lareralibus , termipalibusque , olivaceo» fuscis, demum subglobosis Mor. Fasc. 3. p. 23, Stereocaulon corsicum Pyzolz et Sol. ined? 404 Species affinis Stereocaulo ramuloso Ach, Syn.; a quo characteribus memoratis satis distinguitur, Habitat s ad arbores in monte Burcei. — FIR E certo, che questa specie nasce ancora in Cor- .sica , donde io pure ne ho avuto un esemplare. sot- to il nome di Stereocaulon corsicum. Il suo. tallo è rotondo , superiormente assai ramoso , con. suddivi- sioni, che tendono ad essere dicotome, e sempre più assottigliate, quanto più vanno in su, e le ultime sono pressocchè filiformi. 56. Tvser arenarium : arhizon , subglobosum , soli- dum, inodorum, extus nigrescensy laeviusculum, «intus albiduam, demum flavescens , ivenosum. IMor. Fasc. 3. p. 22. ; endot'èi Edule. Vulgo Tuvara de arena .. Copiosissime prove- nit Martio, Aprili sub terra arenosa maritima; Ter- iralba, Oristano, Sorso etc. Species a. caeteris odo- ij; re omnino nullo, aliisque memoratis notis diversa. Quae exteriori ejus superficiei propior est caro , te- «0. muissimas arenae moleculas referre solet. , Il cormo di questa specie è piuttosto piccolo , .0- vato., 0. globoso. Nella superficie. ora è affatto li- scio., ed»ora quà e là verrucoso , così pure varia in essa superficie o tutto nero, o del colore di terra -d’ombra quà e là macchiato di nero . La carne in- terna è venata ,, e biancastra, e si fa poi gialliccia coll’ invecchiare , particolarmente nelle venature . 07. Ceramiom Morisianum : caespitosam, violaceo-ru- fescens, fronde capillari, ramosissima , levi, ramis, ramulisque alternis , dense implexis 5 articulis bre- vibus, cylindricis, pellucidis ; sperangiis lateralibus, sessilibus , turbinatis Moris. Fasc. 3. p. 23. Ceramium Morisianum Bert. in litt. Griffithia Ag? Habitat in mari Porto-scuso ad rupes. Sub forma flocculorum pollice vix longiorum ‘ejus caespites se praebent. ‘ Il Sig. Moris avendomi mandato parecchi esempla- ri di quest alga parvemi chiaramente , che apparte- nessero ad una. specie nuova, alla quale apposi il ad 7 Toei aalti 405 nome di Ceramium Morisianum dal suo scuopritore. Il cormo è cespitoso, ramosissimo, tenuissimo”, e più che capillare, delicatissimo, flessibilissimo ; di colore violaceo, diviso in articolazioni lunghe circa tre vol- te il loro diametro nella parte inferiore , e più cor- te nella parte superiore . : 58. Crramivn penicillatum: roseum, dichotomunm, ra- mosissimum , pellucidum ; geniculis verticillato-fila= ‘mentosis ; filamentis terminalibus coadunato-peni= cillatis; sporangiis subpedicellatis, turbinatis Mor. Fasc. 3. p. 23. Ceramium penicillatum Bert. FI. Ital. ined., non Dea cand. À Filamenta verticillorum tenuissima, plusquam capil- laria, creberrime articulata, in vetustioribus ramis evanescentia . Sporangia alia sunt rerminalia, soli taria in medio penicilli, alia lateralia, omnia tur- | binata. Dasia Ag? Habitat in stagno salso S. Ar: tioco ad Zosteras, aliaque corpora. Species in Lu- nae portu jampridem inventa a Bertolonio. Questa specie è delicatissima, ed elegantissima . Facilmente viene guastata dalle onde, particolar- mente ne’ ramoscelli, o fili tenuissimi, che stanno a modo di verticillo attorno ai nodi. Ho già detto alla pag. 272 di questo volume. de’ nostri Annali , che la Dasia spinulosa Ag. Icon. alg. Europ. fasc. 1. p. 8. tab. 8. è identica col Ceramium penicillatum Mor., e vorrei anche aggiugnere , che è ‘parimente identica con esso la Dasia spinella Ag. Flor. od. bot. Zeit. ann. 1827. n. 41. p. 644. , sebbene l’Agardh non faccia parola di lei sotto alla Dasia spinulosa , e ponga qualche lieve differenza tra le note caratteri- stiche dell’ una, e dell’ altra. Un esemplare, che di recente ne ho avuto dal Sig. Biasoletto da Trie- ste mi conduce a riconoscere questa identità . ‘Nessuna delle Crittogame quì riferite si trova nel» «Syst. veg. di Sprengel, e nel Tent.. suppl. di suo glio . 1 ANTONIO BERTOLONI . 406 Osservazioni del Prof. AnroNIo BERTOLONI sopra due piante diverse, che vanno sotto il nome di Satureja montana L. Li pubblicazione della Flora Graeca del Sib- thorp, e dello Smith mi ha chiarito di un errore invalso intorno alla Satureja montana L., errore, nel quale caddero quasi tutti i Botanici, perchè ti- rativi dallo stesso Linneo, come farò vedere in se- guito. Frattanto comincierò dal premettere le note caratteristiche, ed i sinonimi genuini della vera Sa- tureja montana L. per indi passare a dire di un’ altra pianta, che fu presa in iscambio per quella, e co- sì dilucidare , il meglio che saprò, questo punto di controversia . ° 1. SarurerA4 montana suffruticosa ; foliis obverse lan- ceolato-linearibus , acutis, mucronulatis, puncta- tis ; racemis confertis, subsecundis ; laciniis caly- cinis labii inferioris longioribus. S. montana Sp. pl. 794. Sibth. et Smith Fl. Graec. 6. p. d5. tab. 543. Scop. Fl. Carn. ed. 2. tom. 1. p. 428. n. 738. tab. 30. f Satureja n. 2. Scop. Carn. ed. 1. p. 461. S. subspicata Bart/. Exsicc. Visian. Stirp. Dalm. spe- cim. pag. 11. tab. 4. S. pygmaea Sieb. Exsicc. Habui ex subalpinis Goritiensibus a BerInIo, ex al- pibus Carnicis, ubi suam repererunt Scopolius, Bartlingius, et Sieberus, a Prof. BernHARDIO Er- furtensi, ex Montespaccato agri Tergestini a Bra-. soLETTIO, et Visiamio. Insuper Cl. Prof. MorerTIvs legit circa Duinum, et Visranivs in monte Biokovo Dalmatiae . Suffrut. Florer Septembri . Questa specie differisce dalla seguente per la sua statura minore, per le foglie più strette, più coria- - cee, più dure, meno appuntate, impresse di minor numero di pori, e verso la base cigliate di ciglii 407 | radi, e lunghetti, per il racemo totale denso, il qua- Je mentisce la forma di una spica, che tende ad avere i fiori voltati dallo stesso lato, per i racemetti secondarii sorretti da un pedunculo cortissimo, e ta- ‘Jora mancante, di guisa che i fiori allora compari- scono fascicolati nelle ascelle, per il calice più lun- go, d’ordinario violetto all'apice, più profondamen- te diviso, e colle due lacinie del labro inferiore più Aunghe delle tre lacinie del labro superiore, per le corolle porporine , per l'odore della pianta , che si. avvicina a quello del Mirto, e per la parte erbacea. annuale glabra. Del resto sì in questa, che nella seguente specie il calice è nervoso, punteggiato di pori, setoloso nella fauce , cigliato nella lacinie , e la corolla è pelosetta all’ esterno. Tale pianta, men- tre è ovvia nella Grecia, e nelle situazioni montuo- se poste al levante dell’ Italia, non è ‘stata per an- che trovata in veruna altra parte della medesima, e nemmeno nella Francia; per lo che è erronea la patria, che Linneo le assegna nelle sue opere : Cre- scit in glarsosis Hetrutriae , et Narbonae Hort. Cliff. p. 308. n. 4. La figura, che ne dà l'egregio Sis. Dott. Visiani 1. c., è forse presa da una pianta col . tivata, e rappresenta le foglie. troppo più larghe, | che non sono nello stato naturale. 2. SarurerA hyssopifolia : suffruticosa ; foliis obverse lanceolatis, acuminatis, mucronulatis, crebre pun- ctatis ; racemis laxis, secundis ; dentibus calycinis omnibus subaequalibus . S. montana Savi FI. Pis. a. p. 4o. , et Bot. Etr. 2. p. 139. n. 487. Decand. FI. Franc. 3. p. 523. n. 2516. Bert. Amoen. ital. p. 158. n. 156., et p. 376. n. 171. Visian. Stirp. Dalm. specim. p. 13. S. perennis Riv. Monop. irreg. tab. 44. S. durior Lugd. hist. 1. p. 897. Camer. Epit. in ap- pend. ad Saxifragam secundam pag. 717. cum ic. Ipsemet copiosam observavi in montibus dell’ Acqua santa retro Voltri in Liguria occidua , et in mon- , 408 ; tibus del Bracco in Liguria orientali, tum in mon» te Sagro alpium Apuanarum; et in lapidicinis Lu nensibus. Habui ex montanis di Castellerno prope ‘ lbingaunum;in Liguria occidua a Doct. SAssio , ex montanis Albae Pompejae a BeRTERIO, ex mon= tibus Camerinensibus a Prof. OctTAVIANIO, ex mon- tibus Nursinis ab Equite PerRuccIo |, ex mon- tibus Praetutioram ab Ursinio, et Gussonio , ex montibus Sublacensibus a Prof. Mavurio, et ab ELisasetH FLoRrINIA, ex insula Caprearum ‘ab Aroysro GiraLpio . Praeterea Cl. Savius copiosam reperit in montanis Etruriae. Suffrutex . Floret Septembri. ii alt Il fusto è più alto di quello della precedente. Le foglie anche nello stato naturale sono più larghe , più appuntate , di pagina più sottile, perciò più pie- ghevoli, impresse di pori molto più numerosi, e più fitti, e ver la base cigliate dî ciglii più corti, e più vicini. Il racemo universale porta i fiori voltati da un lato solo, è rado, è formato di racemetti corim- bosi, solitari, ascellari, e sorretti da lungo pedun- culo. I calici sono più piccoli, e meno. profonda- mente divisi in cinque denti tra loro uguali, o quasi uguali, larghetti alla loro base. La corolla è bian- ca. Quella parte della pianta, che è annuale, è pubescente di corti peluzzi curvi, altri voltati allo insù , ed altri allo ingiù; l’ odore di lei è assai fra- grante, tra quello del Timo, e della Santoreggia ortense. Ora , mi si dirà, come è avvenuto , che que- sta pianta, e non la precedente, siasi generalmente presa per la Sazureja montana L.? Linneo, fino dal primo momento , che addottò la Satureja montana nel Virid Cliff. p. 57., nel Hort. Cliffort. p. 308., e nel Hort. Ups. p. 161. assegnò alla medesima per patria l’ Etruria, e Narbona, e parmi chiaro, che egli desumesse questo luogo nativo dal Dodoneo , e non già da certa notizia, che ne possedesse . Imper- ciocchè egli addusse in quelle opere qual sinonimo rale tape ai = ' 409 della sua specie la Thymbra Dod. Pempt. 288., del- la quale il Dodoneo dice: ,; In Germania ac Belgio ,» temere fuerit alibi quam in hortis querere. Fertur 3, in Narbonensi Gallia locis quibusdam asperis, et 3, incultis provenire. Bellonius huic haud dissimi- 3» lem; si non eadem, in Thyrreni maris littoribus »» nasci refert ,, /. c. p. 289. Se non che Linneo an- ‘dò errato nel supporre identiche le due piante ; per- chè la Thymbra del Dodoneo avendo le foglie linea- ri-angustissime, ed i fiori assai più piccoli non poteva essere , e non era la Satureja montana L., ma più probabilmente corrispondeva alla Satureja graeca L.; e la pianta de’ lidi Toscani, a cui alludeva il Bellonio, ragionevolmente parlando era la .Sazureja juliana L. Qual meraviglia dunque, se Linneo , sba- gliato il sinonimo della sua Satureja montana; sba- gliasse ancora l’ indicazione del luogo nativo di es- sa desunto dal luogo nativo della pianta appartenen- te a quel sinonimo ? E questo sbaglio poi fu la ca- gione dell’ altro; per cui gli autori successivi scam- biarono la nostra Satureja hyssopifolia colla Satureja montana L.; imperciocchè ne’ paesi indicati da Lin- neo per l’ ultima specie trovandosi invece la sola Satureja hyssopifolia ; la quale avesse per i suoi ca- ratteri stretta attinenza colla Satureja montana L., indipendentemente dalla Saiureja graeca, o juliana , che ivi ancora nascessero; i botanici dovettero di ne- cessità credere, che la pianta corrispondente alla Satureja hyssopifolia fosse la vera Satureja monta- na L. Tom. I. 27 4io Sulla Couseranite di CHarPENrIER-D1 DurreNOY. ( Annales des mines, 2. série 5.0 livraison 1828). EstRATTO . Li forma primitiva di questo minerale è un pri- sma romboidale obbliquo , nel quale gli angoli die- dri sono presso a poco di 84° e 96°, e quelli della base di 92° a 93°; il rapporto fra le due diagonali è presso a poco quello di 9:10. È questa pure -la forma predominante, negli spigoli ottusi della quale spesso trovasi una troncatura, che ha sulle faccie del prisma un’ inclinazione di circa 138° gradi. La frattura paralella alla piccola diagonale è appena lamellare , la trasversale è concoide, e disuguale . I cristalli sono longitudinalmente striati ed opachi; lo splendore n’ è vivacissimo, vitreo, e resinoso . La Cou- zeranite raschia il vetro ma non il quarzo ; il colo- re della medesima è ordinariamente nero: sembra però che talvolta passi al ceruleo d’ indaco carico, ed anche al grigio Ha un peso specifico di 2,069; fondesi al tubo in uno smalto bianco ; col sal di fosforo. dà un bottone di colore lattiginoso; non è attaccata da verun acido. Charpentier trovò questo minerale nel calcare di transizione dei Pirenei, e spe- cialmente in\quella parte della catena, ch’ è detta Couzeran; quindi il nome di Couzeranite. L’ analisi fattane da Dufrenoy ha mostrato che la composizio- ne chimica di questo minerale è la seguente : ossigene Silice ...+.000,5237 .+00+.+0,2720 28 Allumina . + «. 0,2402. + + ..0:0,1123 12 / Calep te ao 0 O;1199s a 0 se 1/0 00S Magnesia +. «+ 00140 è + 000 0,004 4 Potassa ... ++ 0,0552 «00 00 e 0,0094 I Soda... .. + 0,0396 + + ne 00» 030103 I n] 0,9912 Quindi la formola potrà essere (K) Shia (1) s' + 6A5. 4ii Continuazione e fine delle osservazioni sullo scheletro «di un Ippopotamo d’ Egitto di AntoNIO ALESSANDRINI ( vedi pag. 17.) Lo stato della dentizione dell’ individuo lo sche- letro del quale mi sono proposto di descrivere è ta- le che merita il più attento esame, giacchè in par- te esistono ancora in luogo parecchi dei denti di latte o decidui, ed i permanenti a diversi gradi di sviluppo e di logoramento mostrano chiaramente in questo solo teschio i successivi loro cangiamenti, e l'ordine col quale si vanno presentando sulle ma- scelle . Considerando poi che nell’ insieme delle al- tre ossa di questo scheletro la ossificazione è ‘ben poco innoltrata chiaro apparisce , che, o in questa specie :di quadrupede la dentizione procede più cele- remente che negli altri mammiferi dei generi vicini, o che invece il perfezionamento dello scheletro, e l’intera ossificazione dei varj pezzi che lo compon- gono; esige uno spazio di tempo molto maggiore . La mascella superiore presenta in totalità, e più o meno prominenti fuori degli alveoli dieciotto denti, ‘nove per parte ; dei quali quattro incisivi, due ca- mini, sei molari: di questi ultimi il primo ed il ‘quarto sono ancora quelli di latte , il secondo, ter- \Z0, quinto, e sesto appartengono ai permanenti (1). « l'’incisivo medio di forma conica si inclina tutto intero allo infuori per cui l'apice oltrepassa di sei eni MPT (x) Noterò per essere meglio inteso anche dai meno prattici di si fatte materie , che la dentatura completa dell’ Ippopotamo,, secondo Je osservazioni singolarmente dell’ illustre G. Cuvier si compone dì Mpesrenee denti, venti per mascella, cioè otto incisivi, quattro cani= mi. vent’otto molari. La prima dentizione è formata da ventiquat- tro denti, otto incisivi, sedici molari: i primi quattro molari di lat «te non hanno denti di rimpiazzo, ed una volta caduti nell’ epoca or- dinaria della muta non più si presentano, quindi i denti di latte | soggetti a cambiamento sono venti soltanto, e la dentatura completa ‘al individuo adulto non è che di trentasei denti. DEAD 1A ia «in millimetri la porzione corrispondente dell’ orlo al- veolare: la punta è legermente incurvata all’ indie- tro ; la totale altezza della porzione del dente pro- minente fuori dell’ alveolo è di cinquant’ otto milli- metri, la di lui base di forma elittica ha il diame- | tro maggiore diretto dall’ infuori all’ indentro di tren-. ta millimetri, il minore di ventitre: l’ apice che in- || cominciava a logorarsi termina in un piccolo piano | levigato, circolare , di nove millimetri di diametro, Jegermente inclinato all’ indentro . sapa +» AE Il secondo incisivo è molto meno inclinato del pri- mo, ma incurvato alcun poco di più all’ indietro, e | dall’ apice alla base. L’ altezza sua oltrepassa di tre millimetri quella del primo, è però molto più sotti- | le, e la di lui base quasi circolare ha il diametro | di soli venti millimetri: l’ apice termina ugualmente | in una faccetta levigata, incavata , e diretta, quasi | in linea perpendicolare, dall’ infuori all’ indentro. | In ambidue gli incisivi l’ esterna superficie liscia e | legermente solcata per lo lungo mostra verso l’ api- | ce uno strato di smalto alquanto prominente al di | sopra della levigata superficie dell’ avorio, e che si estende lungo tutta l’ esterna faccia del dente sotto | forma di striscia larga diecisette millimetri nel pri- | mo incisivo , alquanto più stretta nel secondo. | Il centro molto inclinato all'infuori, ben più di. quello si vede nel teschio di individuo adulto pos- | seduto. da questo. gabinetto di Notomia comparata , | e nel fossile di Val d'Arno di Nesti, fig. 3., è lun- || go (sempre fuori dell’ alveolo) 0,113. largo alla base $ trasversalmente 0,038., legermente incurvato all’ in- | dietro in tutta la sua lunghezza, profondamente sol- | cato nella faccia interna, come si trova costante-. mente ; coperto di smalto in tutta la sua estensio-. ne , se si eccettui piccolo tratto della faccia inter- na, e tagliato obbliquamente dall’ indietro all’ avan- @ ‘ti verso la punta nella faccia anteriore ed un poco 413 interna pel logoramento portato dall’ attrito del cor- rispondente canino inferiore; ma trattandosi di un individuo molto giovane poco estesa è.la superficie elittica di logoramento, essendo lunga soltanto cin quanta millimetri. Relativamente ai molari il primo, od il dente ca- duco , quantunque si sia perduto nella macerazione o nel trasporto, l’ alveolo però segna la di lui posi- zione, distante cinquantasei millimetri dal canino, e trentuno dal primo molare permanente. La profondità dell’ alveolo stesso, che discende in direzione obliqua all’ indietro per venti millimetri, dimostra che per lungo tempo ancora questo dente sarebbe rimasto nel- la mascella, e trovasi infatti delineato nella serio dei denti superiori anche in un individuo adulto dal chiarissimo Sig. Federico Cuvier (1), mottivo per cui ammette Egli venti denti nella mascella superiore di questo quadrupede , esistenti contemporaneamente , e | dieciotto soltanto nella inferiore perdendosi i corri- spondenti caduchi di questa mascella molto per ‘tem- po, e prima che sieno spuntati tutti i molari a ren- dere compiuta la serie. La forma dell’ alveolo del molare di cui si parla dimostra ancora che ha una doppia radice, ed è piuttosto robusto , essendo l’ a- pertura dell’ alyeolo lunga venti millimetri , larga al centro dodici, e munita quivi di una spina discen- .. dente, tanto nella faccia interna quanto nella ester- na, fino al fondo dell’ alveolo per cui anche il cor- | po del dente esser doveva conformato a due lobi. x Il primo dei molari permanenti è semplice , aven- te cioè una sola collinetta centrale di forma conica, a punta piuttosto acuta non ancora intaccata dal confricamento . Ellevasi sopra il piano dell’ apertura dell’ alveolo ventisette millimetri, è lungo alla base G) Des dents des mammifères consideràes comme earactères Zoe- Togiques. Paris 1825. pag. 206. tav. 84. 414 dall’ avanti ‘all’ indietro quaranta millimetri, } ni! ventinove, + Il secondo molare , molto. somiglia ali progenie , È è però più robusto, meno innoltrato nello. svilup po, giacchè protubera dall’ alveolo, per soli die- ciotto millimetri, e nel lembo posteriore è munito d'una seconda punta o collinetta. ugualmente co- nica che si innalza quindici millimetri sopra ‘il pia- no della corona, larga alla base quattordici , in gui- sa che si passa per tal modo gradatamente dai mo- Jari semplici anteriori ai posteriori complicati. E quì fa duopo riflettere che questo carattere di inci- piente complicazione nel secondo dei molari perma- | nenti, carattere che probabilmente sarà più eviden- | te nel terzo, coperto ancora dal molare di latte ed | appena sviluppato, parmi di tale importanza da me- ritare tutta l’attenzione dei Zoologi ; giacchè , com». binato questo ‘carattere coi molti altri non meno e- videnti che in seguito esporremo,, costituisce un tale complesso di prove pel quale si rende sempre. più probabile l’ opinione che esistano più specie. od al- . | meno più varietà distinte anche tra gli Ippopotami viventi. Consultando infatti.i diversi scritti, e’ le figure relative a questo. argomento trovo. che. non solo negli Ippopotami viventi del Senegal, e del Ca- po; ma nei fossili ancora principalmente di Val d’ Arno, nulla di simile si rinviene. Io ho attualmen- te sott occhio un pezzo di mascella ‘superiore prove- niente dall’indicata località e che presenta in luogo tre denti molari, e cioè il secondo dei permanenti , il quarto dei decidui, ed il quarto dei permanenti, i quali denti mostrano la singolare particolarità. di trovarsi nel medesimo periodo di sviluppo di quelli dell’ Ippopotamo d’ Egitto che. descrivo. In questo caso perciò non può esistere il dubbio che le diffe- renze, se pure se ne trovano, dipender possano dal- @ Vetà; ma anche in questo secondo molare perma- J 4r5 - mente fossile come nel corrispondente dell’ ippopota- mo del Capo, e del Senegal manca qualunque in- dizio di punta o collinetta secondaria tanto visibile nel nostro Ippopotamo + x Il terzo alveolo contiene ancora il molare nltimo di latte solidamente impiantato, e che perciò avreb- be tardato molto a cadere naturalmente. È questo dente di forma complicata rassomigliando, come suc- cede quasi sempre, agli ultimi molari permanenti : protubera dall’ alveolo ventitre millimetri; la mas- sima sua larghezza alla base è di trentasette; la lunghezza di quaranta. Nel piano triturante sono vi- sibili le sezioni degli apici troncati delle quattro collinette, o punte in forma di piramidi triangolari alquanto solcate nelle tre faccie per cui codesta se- zione ha l'apparenza di quattro foglie del trifoglio, unite due a due per la base nella linea media e longitudinale del dente. Una disposizione affatto si- mile si vede nei sei ultimi molari di ambidue le mascelle in tutti gli Ippopotami, pervenuti che sie- no i denti stessi ad un certo grado di logoramento. Schiantato violentemente questo molare di latte on- de esaminare lo stato delle di lui radici ed il grado di accrescimento al quale era pervenuto il sottopo- sto dente permanente, vidi, che delle quattro distinte radici di cui è provveduto questo dente , le due in- terne erano di già quasi totalmente logore, la cavi- tà corrispondente dell’ alveolo obliterata in gran par- te mostrava la lamina ossea del proprio fondo in più luoghi pertuggiata, ed al dissotto la cavità conte- nente il nuovo dente, del quale era appena formata la punta più prominente. Le due radici esterne poi, e principalmente l’' anteriore, erano ancora ben gros- se ed approfondavansi per trentacinque millimetri nell’ alveolo : tuttavia la loro superficie scabra e lon- gitudinalmente solcata faceva evidentemente conosce- re l’ incominciato assorbimento della dura sostanza di cui sono composte . 416 . Il quarto molare incominciava appena ad appia- nare le punte delle due collinette anteriori : la mas- sima sua ellevazione dal piano dell’ orlo alveolare è di trentanove millimetri, la maggior larghezza alla base di quarantotto , la lunghezza di cinquantaset- te: notar si deve però che la porzione del dente corrispondente alle colline anteriori è alquanto più ristretta che non lo è la posteriore. "n Il quinto molare finalmente mostra appena la pun- ta delle sue quattro piramidi o colline perfettamen- te intatte fuori dell’ alveolo, ed in opposizione di quanto si vede nel quarto dente or ora descritto , le collinette anteriori sono più prominenti, più ‘grosse, e tutto il dente è più lungo in questa regione che non lo è nella posteriore, I si i Del sesto ed ultimo molare permanente esiste sol- tanto l'ampio cavo alveolare nella tuberosità ma- scellare , alveolo di forma ovoide, la parete poste- riore del quale, che forse non ‘era ancora ossifica- ta, si è perduta nella macerazione, e quivi perciò nella stessa tuberosità mascellare esiste un ampia a- pertura che lascia vedere l’ interno dell’ alyeolo. Invece l’alveolo stesso è quasi del tutto: chiuso dal lato del margine dentario, ed il luogo nel quale doveva in seguito spuntare il dente è segnato da ri-, strettissima apertura ovoide, il diametro maggiore della quale è appena di quattordici millimetri. En- tro di questa cavità si trovarono già formate le pun- te di due collinette fra loro staccate. La mascella inferiore manca dei due incisivi med} stati perduti; gli alveoli che li contenevano soro larghi, profondissimi, e fanno evidentemente cono- scere che questi denti esser dovevano robusti, gros- si, molto prominenti, e tali appunto si trovano in tutti gli ippopotami. Misurato l’ alveolo dell’ incisi- vo medio del lato destro , la di lui profondità ar- riva ai} 0,152. ed il diametro dell'apertura, quasi circolare, è di c,042. I XESZZIA 4v7 Il secondo incisivo , od incisivo laterale, è molto piccolo , s' allunga per sessanta millimetri fuori del- ’ alveolo, la di lui faccia esterna è legermente com- pianata , mostrasi longitudinalmente solcato in tutta la sua periferia, termina in una punta piuttosto a- cuta, coperta da bianco smalto, il quale discende an- cora per breve tratto lungo la faccia anteriore del dente, La punta di questo incisivo cominciava a lo- gorarsi presentando una faccetta compianata circola - re di otto millimetri di diametro . Nella base il den- te è di forma elittica l’asse maggiore diretto dalla regione posteriore alla anteriore, considerando la mascella in posizione orizzontale, è di venticinque millimetri, il minore di soli dieciotto. Il modo di inserzione di questo dente nell’alyeolo è tale che la sua direzione s' avvicina molto più alla perpendicolare al piano orizzontale della mascella di quello abbia luogo nel primo dente, che scorre quasi in linea oriz- zontale come lo prova la posizione dell’ alveolo: di più è il secondo dente collocato più verso la faccia in- terna della mascella arrivando l’ orlo inferiore del di lui alveolo alla metà del giro esterno di quello del primo incisivo. La distanza tra il secondo incisivo ed il corrispondente’ canino è di soli trentun millimetri . Il canino della mascella inferiore è al solito mol- to più robusto e prominente di quello della mascel- la superiore. La di lui figura è di piramide trian- golare o prismatica dlquanto inclinata all’ indietro : la superficie di questo dente è longitudinalmente solcata in tutta la sua estensione tranne una picco- la striscia corrispondente alla incavatura del dente, striscia che mostrasi ancora molto più levigata del rimanente, nuda di smalto che invece si estende a coprire tutto ciò che resta del dente. Delle tre fac- -cie di questa piramide la più estesa è la interna che alla base del dente è larga quarantanove millime- tri: le altre due superficie più piccole sono dirette 418 all’ esterno, una'è posteriore, l’altra anteriore per modo che 1’ angolo che risulta dalla loro unione è interamente rivolto all’ esterno; quindi il dente to» talmente compianato nella faccia interna ha i suoi tre angoli collocati uno posteriormente, il secondo anteriormente; il terzo esternamente . Questo canino protubera molto dall’ alveolo essendo la di lui al- tezza di 0,162, La periferia alla base arriva ai 0,142, ? termina in una punta molto acuta perchè tagliato obliquamente dall’ alto al basso nella faccia poste- riore pel logoramento portato dal corrispondente ca- nino superiore, logoramento che si estende dalla punta fino alla distanza di soli quarantadue mìllime- tri dal primo molare di latte, ed il-lembo superio- re del di lui alveolo corrisponde quasi all’ inferiore di quello del secondo incisivo . Sei denti molari esistono contemporaneamente fuo- ri degli alveoli in ciascuno dei rami della mascella inferiore, manca quindi soltanto l’ ultimo dei’ per- manenti; Il primo dei decidui sta già per. cadere. es- sendo il di lui alveolo, a differenza di quello della mascella superiore, quasi interamente appianato. , Il primo dei permanenti a collinetta semplice pro- tubera dall’ alveolo trenta millimetri : la corona com- pressa alquanto dall’ indietro allo infuori ha il dia- metro maggiore di 34. millimetri alla base. Il secondo dei molari permanenti è alquanto più innoltrato nello sviluppo di quello lo sia il primo all’ opposto di quanto si vede nella mascella supe- riore nella quale più prominente e sviluppato è il pri- mo , molto meno il secondo. Anche questo secondo molare inferiore presenta la singolarità del rudimen-. to di una seconda collinetta abbastanza visibile pres- so il lembo posteriore: la di lui punta , quantunque coperta ancora interamente dallo smalto, camincia- va però ad essere assai levigata abbenchè non vi fos- se opposto altro dente dal quale potesse essere con- sumata mediante l'attrito . pece 419 Il terzo molare è ancor quello di latte, ben' fer- mo nell’alveolo , poco consumato, e che doveva tar- dare ancora ben molto a cadere: è questo dente moltissimo compresso ai lati, ristretto anteriormente, più largo posteriormente. La totale sua lunghezza è di cinquantadue millimetri; la massima larghezza di trenta; confrontato questo dente coll’ analogo rap- presentato nella fig. 4. &. Tav, II. di Cuvier Ani maux fossiles etc., trovo che nelle sue forme è mol- to più complicato di quello non solo ma più ancora dei molari posteriori di questa stessa mascella. Nella ‘ regione anteriore, invece di un semplice rudimento di collinetta (talon di Cuvier) vedonsi due colline in- tere poco minori delle altre: questo dente perciò presenta la singolarità di avere nel piano triturante sei colline che decrescono di mole dalla regione po- steriore alla anteriore. Di più al di là delle ulti- me due colline posteriori avvi ancora un piccolo ta- lone simile a quello che distingue il quarto e quin- to molare della stessa mascella . Il quarto molare incominciava già ad appianare la punta delle quattro colline, e quella ancora del- la quinta rudimentaria , mottivo per cui evidentissi- me, più che in qualunque altro dente, sono le figu- fe del trifoglio nelle faccette di logorameuto . Ta massima lunghezza di questo dente è di cinquanta- sette millimetri: la larghezza alla base delle colline posteriori di trentanove, ed a quella delle anteriori di soli trentacinque .: Del quinto molare mostravansi fuori dell’ Beni le sole punte delle quattro colline , la quinta rudi- mentaria o talone trovasi ancora sotto il piano del- l'orlo alveolare. Le colline anteriori più alte, più grosse € robuste delle posteriori si innalzano per ventisei millimetri: avendo le punte perfettamente intatte, in questo dente si può chiaramente dimo» strare la singolare figura del piano triturante della 420 corona , e delle punte prominenti o, colline simili ciascuna ad una piramide triangolare colle tre. su- perficie solcate nel centro; le due facce però delle piramidi che si toccano scambievolmente, a poca di- stanza dall’apice si appianano perdendo il solco che nelle altre due si fa invece sempre più profondo. . I rudimenti che compor dovevano il sesto molare nascosti sono profondamente nell’ ampio alyeolo , ed in questi rudimenti si può seguire il modo di prima formazione di un dente di così complicata struttura . Aperto infatti l’ alveolo ho estratto quattro porzioni, o regioni elementari di dente già formate, ma non » ancora tra loro riunite . Il pezzo anteriore maggiore si compone delle due colline anteriori, più di un piccolo rudimento d’ una terza prominenza lineare, formante 1’ orlo ellevato che giace verso la base del- le indicate colline nella loro faccia anteriore. I due pezzi medj sono le due colline posteriori perfetta mente separate ancora dall’ apice alla base, ma toc- cantesi nella faccia interna meno solcata delle altre due. La quinta porzione è la collina rudimentaria o talone dei Francesi, simile in quanto alla figura al- la punta delle colline descritte, ma colla faccia in- terna profondamente solcata. Si vede quindi che i molari dell’ippopotamo sono veri denti composti in quanto che parecchj germi distinti ne preparano con- temporaneamente, ed a notabile distanza gli uni dagli altri, le separate regioni le quali riunisconsi in un corpo semplice soltanto verso la base, e le punte da «prima solamente addossate le une altre, incorporansi in seguito pel trassudamento di una sostanza analoga al così detto cemento dei denti composti dell’ elefante. Ma lasciate queste particolarità è ormai tempo che discenda a trattare del confronto delle diverse regioni, e delle principali ossa componenti l’ intero carcame , e perchè a colpo d'occhio ciascuno veder possa chiaramente le differenze più notabili, espor- 421 rò in un solo quadro le diverse dimensioni în misu- re metriche degli Scheletri dell’ Ippopotamo d' Egit- to, di quello del Capo di Bona Speranza, del Se- negalense, e del Fossile maggiore di Val d’ Arno. Queste misure, relativamente all’ Ippopotamo del Ca- po, sono tolte dall'opera del più volte lodato Sig. Barone Cuvier ( Ricerche su gli animali fossili ecc. se- conda edizione). Per quello del Senegal dalla memo- ria già citata del Desmoulins, riducendo soltanto alla misura metrica quella del piede di Parigi data dall’ illustre aut.; ed inquanto in fine all’ Ippopota- mo maggiore fossile ho trascritto il Nesti — Descri- zione osteologica dell’Ipp. magg. fossile etc. = pu- re citata, riportando però soltanto le misure dell’ in- dividuo segnato N.° 1., principalmente rispetto al ‘ capo, e questo per non moltiplicare soverchiamente i confronti; e perchè le differenze di dimensioni sen- sibili nei due esempi riportati dal Nesti sullodato non sono di grande importanza, e dipendenti proba- bilmente soltanto dalla diversa età; di più quello da me prescelto essendo il più giovane meglio serve al confronto coll’ Ippopotamo d’ Egitto giovanissimo come l ho di già dimostrato. Affinchè poi nel confronto possano esser messe a calcolo le differenze dipendenti dalla diversa età e. generali dimensioni degli individuî esaminati , avver- tirò, che lo scheletro dell’ Ippopotamo d’ Egitto ap- parteneva ad un individuo lungo 3,320. quello del capo 3,590. del Senegal 3,912. Il primo dei quali individui era giovinissimo ; il secondo completamen- te adulto, quello del Senegal più innoltrato in età. . È innutile il dire che le generali dimensioni del- l’ ippopotamo fossile che servirà pel confronto mon si possono determinare , giacchè. quantunque il Nesti abbia avuto a sua disposizione moltissimi materiali , per comporre ciò non ostante uno scheletro quasi completo, ha dovuto riunire i varj pezzi da un nu- mero vistosissimo di individui diversi . 422 DIMENSIONI DEI TESCH) DELL’ IPPOPOTAMO VIVENTE ; E DELL IPPOPOTAMO FOSSILE MAGGIORE+ Cranio e mascella superiore uniti; i dimensioni longitudinali . d' | del | del | Fossile ; Egittto.| Capo. {Senegal-| m. Distanza dalla somità della cre- sta occipitale al margine su- ‘e periore delle aperture esterne i delle narici è... +2 44, + |03907:|0 4 mera Dalla estremità posteriore del-|, l’apofisi temporale del jugale|. all’ orlo superiore del. foro Mu infraorbitale.. ..;.110.0/+5+ 210297.(01280:7, 0,340. Dal margine inferiore del. foro ivi infraorbitale, al margine po- steriore dell’ alveolo del cani- i . no dello stesso lato. .. .....|0,151. panno; 181... Lunghezza del margine alveo- lare;dei;molari sg ciuionii 0,300. Distanza dalla estremità ante- riore del margine alveolare del primo molare .al lembo posteriore dell’ alveolo del id; perso: GALEDD: vuitton: sf: IE ,I70. Dallo stesso luogo all’ alveolo dell’ incisivo medio. . .... 0,128. Dal foro occipitale alla. spina posteriore. della volta. pala- tina. LL eee e]0195. 0,148. Distanza dal punto più promi ‘nente dell’ estremità del mu- so, 0 degli intermascellari alla spina media posteriore delle ossa palatine . ... è... Id. tra la estremità della. sut- tura media palatina degli in- 0,210, 0,185. 0,412. termascellari, ed il margine o suttura anteriore dei pala- MM ARTS lr 0,180. Dal margine posteriore dell’ a- ‘ pofisi mastoide all’ anteriore dell’ alveolo del canino. . . .40,546./0,521..0 | Massima lunghezza dell’ intera testa presa dal punto più pro- minente di un condilo occi-| pitale a quello dell’ interma-| scellare corrispondente. . . .,0,606. Dimensioni trasverse . Dal margine superiore di un orbita all'altro.juW iis 0,242. 0,336. 0,300. Dal punto più prominente di un zigoma' all’ altro .. . . .10,370.|0,440. 0,450 Distanza tralle due somità del- le arcate zigomatiche . ++ .[0,360.l0,432. 0,455. | Jd. dalle due estremità ante- teriori delle arcate stesse . .|0,254.10,270.[0,257. ‘ Profondità della fossa zigoma- tica presa dalla faccia inter- na della regione dell’ arco zi- gomatico maggiormente di- stante dalla parete del cra- i | RSA STATIONS SAPETE be 0,090./0,133. 0,130 | Larghezza della testa presa su- | | periormente in faccia ai fori Mibiporbitali . 0) ag. i PM, 0,125./0,153. | Larghezza della cresta occipi- | tale tra le due arcate. . . .[0,162.[0,172. 0,250. Id. dall’ alveolo di un canino Mlcalito..}...:..;; 0. F. e «0,201. 0,350. i Minor «della testa” inferior- 424 \ berosità che porta i canini, presa dal lembo Biveolteg in- tento aa ee cono 0,207. Id. dal lembo eta aa esterno .|0,260.| Dallo stesso punto alla regio- ne media della cresta occi- peo lic eco sia dae. Larghezza della testa presa da un angolo inferiore della cre- sta occipitale all’ altro . . . .[0,267.|0,292. Larghezza dello spazio interpo- sid inferiormente, ossia nel- la faccia palatina, al margi- ne alveolare interno dei due 13:91) RMPIIINI POREESPAIAI CORINNA BIBBIA Toi 7 Id. tra gli incisivi esterni . . .10,131. Id. fra.gli incisivi interni o | 0,243. med) . aree 15 TO2a Maggior larghezza della tegio- ne palatina delle ossa di que- sto nome. . >. . «+ + + + + + »,0,071. Massima larghezza del palato osseo corrispondentemente al centro del quarto molare . . 0,079. Dimensioni verticali . Altezza della testa presa in fac- cia al foro sotto orbitale par- tendo dal margine alveolare superiore. . + +, + + + + +» «0; 152. 0157. Dal margine superiore del. foro occipitale al centro della sig sta dello stesso nome. . . . +(03198. 0,135. Misure parziali . Diametro trasverso delle orbi- te all’ orlo . DE O, 081.] Diametro Verticale . . . :. + .[0;065. Distanza dal margine anteriore dell’ orbita all’ orlo posteriore del foro ottico, ossia profon- dità di questa cavità. . . . . 0,130. Altezza del gran foro occipita- le presa al centro del di lui Mapeine (e ie ape e 0,046. 10: 058. I Larghezza dello stesso foro al- . l’orlo interno dei processi condiloidei. . . .. . + + + +[0,068.[0,070. Larghezza del canale occipitale al centro della faccia inter- na dei processi condiloidei delll'occipite; 1.10. 1. KIPOTRA sn Altezza delle aperture nasali interne o posteriori. . +. . . .|0.042.]0,065. Larghezza delle aperture me- Messinese «+ «10,069. 0,081. Mascellà inferiore . | Lunghezza della mascella dal margine superiore anteriore dell’ alveolo di un canino, al- | la parte più lontana del lem- bo posteriore del ramo ma- scellare dello stesso lato. . .0,475.|0,575. . {0,560, Lunghezza della linea alveola- sega molari | 1.00. Lp 0,280. 0,310. della sinfisi ... +. 0,169. 0;167-10,189. Distanza dalla punta dell’ un- cino mascellare all’ alveolo del canino inferiore . .... 0;336.10,360.|0,330. Dal margine posteriore della faccia articolare dal condilo al margine posteriore della punta dell’ apofisi sigmoide, ,,0,100.,0120. Tom. I. 28 0,143. 426 Lunghezza dello spazio interpo- sto alla apofisi coronoide, ed al corrispondente condilo . .{0,067. 0,079. | Larghezza della règione ante- riore della mascella presa dalla faccia esterna più pro- minente degli alveoli dei ca» PERI OR OSSA Estensione trasversa della linea alveolare dei quattro incisivi. Distanza da ‘un condilo all’ al- tro presa dalla parte più e- sterna, o prominente all’ in- dC) MPI DAG Mad Tot 0,315. 0.306.10,370. 0,158.]0,182. 0,407 Malga" desio Latrol./ .[0,216.]0,230 -— tra i due angoli po- Y steriori inferiori... ...., 0,378.[0,420 »———-— tra i due rami della mascella al margine anterio- re dei fori mascellari interni .'0,218. Tra il lembo alveolare interno dei due primi molari . . . . .[0,093. | È d'una apofisi coronoide al- | Tra i due penultimi molari al centro dell’ alveolo. .... .lo,105. Più breve distanza tra i due uncini del mascellare inferio- Te , presa nell’ Ippopotamo d'Egitto al centro della loro | i punta posteriormente. . . , . 0,326.[0,372 Altezza dei rami della mascel-! la dall’ angolo posteriore id feriore alla somità del SU dilagi io is Lio .10,262.|0,340. Dallo stesso punto alla somità del processo coronoideo . . . 0,298. / T Altezza del ramo mascellare cor- rispondentemente al terzo mo- 1 AIRETÀ, SUE N An 0,128. Id. dal lembo inferiore dell un- cino alla somità del condilo .‘0,261./0 vi 0,305. Dallo stesso punto alla somità dell’apofisi sigmoide . . dolo ,208.10;333. lo,320. Dimensioni dell’ Asse del vertebrale ( I). Egitto. | Capo. | Fossile. Lunghezza della regione cervi- CL O Pane PRI 0,452.10:478. Id. della regioue dorsale 0. i CAI Della regione lombare . ... .{0,283.l0,370. t Del' sauro... ul. 002 04 2010;39410,418. Del cocige o caudale, . . . . .10,460.[0,480. Lunghezza totale dell’ asse ver- tebrale, compresa -la regione della testa... 0.060: -13,147.13:374: Queste misure sono state pre-| | i se nell’Ippopotamo d'Egitto sul: la colonna spinale a cartilagini | intermedie disseccate, ed in quel- lo del Capo totalmente man- | | canti. _ —Vertebre del collo. | 0,074.|0,160. 0,308.|0,340. No i 0,156.[0,190. | grossezza del di lui corpo. . Maggior larghezza. . ...... | Larghezza dell’ asse compresa Lunghezza dell’ atlante , mA l’apofisi odontoide. . . ... | c 3 (1) Siccome il Desmoulins nella sua memoria sull’ ppopotamo del Senegal riporta soltanto parecchie delle dimensioni del capo, così in guarito non potrò citare che quelle delle altre tre specia, 428 Larghezza della stessa vertebra . . Mancavano nello Scheletro del- l’ Ippopotamo d’ Egitto queste pri- me vertebre . 0:239 0,173: | 327: , 0,190. | Vertebre del dorso . Altezza dell’ apofisi spinosa nai prima vertebra dorsale . ..; .... Altezza della terza vi è la a) lun :RRMCILICACI A LICIESCACICITIE . 0,279. 0,088. Vertebre dei lombi . Lunghezza dall’ una all’ altra estre- mità delle apofisi trasverse del- la prima vertebra, presa nel pia- mo smperigre: . 8 4 LIMO La stessa misura presa nell’ ultima. 0,370. 0;355. | 0,460. Vertebre del sacro . Maggior larghezza del primo xl zo del sacro presa nella di lui faccia ‘anteriof@: è . i. lv dt 0,315. Id. dell’ ultimo pezzo o settima È Vertebrati) pb ih LO gala DOS TORE Dimensioni delle coste. 1.° Costa. Di lei larghezza dalla punta del tubercolo alla estre- mità che si continua colla por- zione cartilaginea ........- Maggior larghezza della estremità sternale >. Lera. Ag. Ta | 0,046. | È - i TE kE ì Quest’ osso in gran parte ancora Corda dell’ arco formato dalla co- sta stessa ...... ER.) ga DIMII: 3.°* Costa. Lunghezza come sopra. |0;379. Maggior larghezza corrispondente- mente all’ angolo superiore ... .{0,005. presso l’ estre- egaternadie nn; aLe 0,050, Massima lunghezza della corda dell’ arco. formato dalla costa Li ita Ari Rie na 0,335. 8.° Costa. È questa la più lunga di tutte; seguendo la conves- sità del di ls REC GA n 0,738. 0,528. Lnnghezza della corda dell’ arco. . Diametro maggiore della testa od estremità vertebrale .... a. .|0;045. Maggior larghezza della costa. . ..| 0,043. Larghezza del solco situato nella faccia interna del margine po- BRSEELTOFE Boi DO ce, cielo, Piooo site 0,020. 15. od ultima ‘costa; Lunghezza seguendo la convessità. . . ... 0,427. Lunghezza della corda dell’ arco ..| 0,370. Lunghezza della faccetta articola- re vertebrale ........ n Maggior larghezza della costa... Dimensioni dello Sterno . . II TETI Sn o cartilaginoso si compone di sei pezzi il posteriore dei quali è del ‘tutto cartilagineo . Massima lunghezza di quest’ osso . . . . .1 0,446. Massima altezza verticale nella re- gione anteriore . . ..... - | 0,096. | Larghezza maggiore della regione compianata del corpo dell’ osso. | 0,073. 0,040. 0,030. 430 Il primo pezzo o manubrio è com- presso ai lati, alto quindi nel senso. verticale, molto sottile ar- rivando appena alla grossezza di. Questo primo pezzo è ancora il più lungo la massima sua lunghez- 0: 000 E © RPS RPRTTIO TALI PENNE VPPIPOTISPIA DE Il terzo pezzo, che è il più robu- sto, nel lembo anteriore è alto . Estremità anteriori . Scapola (1), Lunghezza di quest’ osso dal mar- gine superiore anteriore della cavità cotiloide all’ angolo supe- piene anteripreg: do. 0040510 +88 Dal margine posteriore della pre- detta cavità all’angolo superio- repoasterione Fd Lusazia fa Lunghezza del lembo compreso tra i due angoli superiori... .. + Larghezza del collo: . Lu... Lunghezza della spina dal margi- ne dell’ omoplata alla punta di quella i; ix 0dioxo Lc. mor 86 Massima ellevazione della spina. . Lunghezza della cavità cotiloide . Larghezza della stessa , ..... Ù Ellevazione dell’ apofisi coracoide al di sopra del margine della il cavità cotiloide. . . ..... +]0;109.[|0,084.|0,105., 0,293. | 0,340. | 0,480, | 0,237. 0,091. 0,326.| 0,416. | 0,089. | 0,125. |} 0,400. { 0,460. | 0,064. | 0,093. | 0,092. | 0,092. 1 0,084. 10,117. 0,074. | 0,073. | O,114. | 0,290. .L 0,591. | CO nn —_—_——— ____1(’ '_’_r@ssjtct;É*’8@—— rr ___omÈ@l1_T————_____m __Ém_É_—m@@ Coi (1) Notarsi deve che alcune misure di quest’ osso appariranno straor- dinaramente brevi nell’ Ippopotamo d’ Egitto perchè essendo non del tutto completa in esso la ossificazione si sono perdute le parti carti- laginose, come il lembo superiore, porzione della spina, e del rudi= mento di processo coracoide. Omero . Di lui lunghezza dalla somità del- la tuberosità maggiore al piano sul quale poggiano i condili . . Diametro della testa superiore , compresa la tuberosità, preso dalla regione anteriore alla po- steriore , considerato l’ osso nel- la posizione naturale . ..... Diametro trasverso della stessa, compresa la tuberosità minore . Larghezza della testa inferiore da un’eongllo all'altro .... ....: Larghezza in linea trasversa della faccia articolare inferiore. . .. Diametro preso dall’ avanti all’ in- dietro della più stretta incava- tura della faccia articolare di questa. eStFGINItÀ. <.1 <-> 10 0 Diametro antero-posteriore del se- gmento di sfera formante la fac- cetta artrodiale della testa PARE FIOLE: GS; cl RT ERA ‘Diametro trasverso della parte più sottile del corpo dell'osso. . . . Distanza da questo punto alla so- mità della grande tuberosità . Cubito . Danghezza...!. ... Lunghezza della ES ‘sigmoide meniara zo Pe Li 0,081. Maggior lunghezza. dell’ olecrano presa dal margine posteriore del- articolazione; ib. velo dè 0,121. Altezza dell’ olecrano dal margine superiore articolare , collocato l'osso verticalmente sopra di un 1 ERRO A AREA aa e vera PO 0,442. | 0,454, | 0,535. 0,163.1 0,188. | 0,205. 0,124. | 0,135.| 0,150, 0,138. 10,136. | 0,179. ttt 0,051. Bre i et Pte i dr e i "SR o, 1 © D O o, ò - 42 Lunghezza della faccetta articola- re pel carpo ....... 0,051. | 0,042. Larghezza della stessa Fabcia artio colare nel mezzo. +. . ++. .| 0,031. Raggio , | : Totale lunghezza . . .... .|0,2895. | 0,290. Diametro maggiore della ‘di lui faccia articolare omerale . . . .{0,094.| 0,096, Piccolo diametro corrispondente al- 0,076, 0,329. 0,144. e i( II _———_—1_ cg_aeao_o_oo....—————ZÈ4——m- la ellevatezza media, ... .|0,048. 0,054. | 0,058, Diametro maggiore della fa sia ar- io ticolare pel carpo . ........ 0,100. | 0,078. 0,139. Piccolo ‘diametro . . . 5 0,049. | 0,052. | 0,056. Diametro dall’ avanti all indidiro . della regione media dell'osso. .1 0 ,041. | 0,050. 0,067. trasyerso. fia , | 0,046. Ossa del carpo . ie Scafoide. Maggior lunghezza del- N. a.° 1 LEFT." MEMBRI MICREONCN ERI Pasi bogic Si gl) ARI nt 0,085. Larchezza fo. a Ta . -|0;5029. | 0,028 ET. POSATI SOA A Re 0,039. 0,086. so ,069. Diametro maggiore della faccetta t'abdiale, Wi. (0. 2 VT DIOR: 0,060. trasverso sd centro » + +} 0,020, maggiore della faccia in- "3.1 "T70 CLI TAMMARO CIRIE NEPI MRO IA 0,055. | 0,060. trasverso al ventro della ] j stessa: faceig. ili pet 10,028. Semilunare . Lunghezza maggiore , | 0,079. | 0,067. è Altezza nel davanti. |... .... 0,063. | 0,059. | 0,082. ‘ Larghezza nella regione anteriore cd Inferiore: Do, aula 0,044. | 0,037. Diametro maggiore della falcelta i superiore o radiale, ..,....|0,073. 0,0 7. _— MMI. nola dI PIT Diametro antero-posteriore della faccetta inferiore per l’osso gran- de, e l’unciforme . 0... ; Diametro trasverso nel centro. . . Cuneiforme. Lunghezza . . .... Altezza nel davantì.' 41%. 90! Massima larghezza della fattia cù- Male LO Ln Maggior lunghezza della faccia stes GIO DOPRRERICIO Saia dig o AR EIA Larghezza della inferiore superficie articolantesi col cuneiforme. -. , Lunghezza della stessa. ...,.. Pisiforme, Lunghezza maggiore, .! Grossezza nel mezzo . . ....., Diametro maggiore della superfi- cie articolare pel cuneiforme, . . — trasverso nel centro di ESSA |. + 00 00 0 0 000 00 0 00 Trapezio ; osso del pollice di Cu- wier Imnshezza +40. POPONOL Grossezza Muapnilte 0% 110, MIU Diametro maggiore della faccia tra-| iprsoldale: 0 1 n VARO, Diametro minore della stessa . . . Trapezoide . Lunghezza antero-po- MAlfezza 1° SARE LI ate IA Maggior larghezza della faccia ar- ticolare superiore o scafoidea. . i Lunghezza della stessa... .... Massima lunghezza della faccia in-; feriore pel metacarpo . .... ; Osso grande. Lunghezza maggiore . dall’avanti all'indietro. . . ... Larghezza nel davanti +... 0.0. 0,045, 0,046. 0,040. | 0,045. 0,045. | 0,044. 0,033. 0,051. 0,039. 0;044. 0,079; 0,023. 0,038. 0,023, 0,044. 0,020. 0,023, 0,021, 0,025. 0,035. 0,034. 0,085. 0;053. BERTADIES dritte nre e a 8; 097, 1040: 0,080. 0,044. 0,080. arr SI Diametro. antero-posteriore della stessa faccetta al centro . . . . . della faccetta. inferiore pel metacarpo. . +: . «+-+ Maggior larghezza della stessa nel dadi RL eat nel Unciforme. Lunghezza maggiore . Larghezza nel davanti . . . . . . : Maggiore altezza ........<. Metacarpi . 1. Metacarpo, dell’ indice , o primo dito. Lunghezza . +... +. .:+|0140. Diametro trasverso della testa in- feriore o falangea . ... . + <« +. «| 0039. ——_ maggiore della faccia ar- ticolare pel carpo . + -. . » . +| 0032. 2. M., del medio, Lunghezza . . 0,162. Di lui larghezza nel mezzo . . . . 0,04I. Diametro antero-posteriore della faccetta pel carpo al centro . . . 0,049. Maggior lunghezza della testa ar- ticolantesi col carpo. . . . - » - 0,054, Diametro trasverso o dall’ interno all’ esterno della testa falangea Seen i a e 0,044, 3. M., dell’ annullare. Lunghez- PI (PMLI (AT: VITA NOA IPA ETRE Diametro antero-posteriore della faccia superiore pel carpo. . . . 0,041. Maggior larghezza della testa su- periore . . . +... AU e Legio vedere 0,054. Diametro trasverso, cioè da destra a sinistra, della testa falangea presa al centro. . . . ... 0,043. 4. M., del piccolo dito. Lun- Bliema ito. «vi OE Diametro dall’ avanti all’ indietro della faccia pel carpo. . . .. .{0,038. Maggior larghezza della testa su- periore, + . +... 400 0 10,042. Larghezza della' testa inferiore .al BERTO: ie +06 #7 p 0,037: Falangi del dito medio o È maggiore. Larghezza massima della faccia ar- ticolare superiore. . ... +... .|0,048. Id. della inferiore... lb. <4k0,040 2.* Falange . Lunghezza air Jac FO0O49. FO, 084% Larghezza maggiore della faccia. articolare superiore . ... .... .| 0,044. 5A della: inferiore; Lem cin; 0,040. 1. è Falange od urgueale, Lun does i ato » . + + +]0,033.1 0,024 Larghezza massima della di leil faccia articolare. ..L\ 0... | 0,038 Grossezza alla base. ........ 0,021. Estremità posteriori . Ossa innominate. Distanza tra il margine posteriore della cavita cotiloide e. l’ estre- mità superiore della tuberosità snebiatica nt. i. È Ur ie 0200: “Tra il margine falena della ca- vità cotiloide , e l’ estremita an- teriore della sinfisi del pube . .|0,111.|0,142.|0,263. Distanza tra la spina esterna de- 1.° Falange. Lunghezza . .... Î | 0,293. 1 0,220. 436 gli ilei ed il margine anteriore della cavità cotiloide .....,|0,330. Id. tra l’ estremità posteriore della sinfisi, e l’ estremità inferiore / 0,250, della tuberosità ischiatica ... .|0;124. Si 0,370. 0,300. Distanza fra le spine esterne degli Pie prrgraitta dla ao Dist iti OR: ‘tra le due estremità su- periori delle tuberosità ischiati- chef to ubeiiià cisl 19408881 Diametro della cavità cotiloide. .0,095.|0,079. Larghezza del luogo più ristretto del collo dell’ileo .........{0,091.[ 0,087. Lunghezza della sinfisi del pube .|0,200.{0,250. Distanza dalla estremità superiore della tuberosità ischiatica alla | . inferiore. + ... . RRGIBOA MARANO, (tit MUC Diametro maggiore ‘ab foro ovale. | 0,144. 10,154. Di lui larghezza ........+...|0;083.|0,080. Maggior larghezza del primo | 0,770 et zo dell’ osso sacro interposto agli ilei, presa) nella di lui faccia snbegna e NI Red SUE O Femore . Lunghezza di quest’osso dalla so- mità della testa al punto più prominente del condilo interno . Maggior larghezza superiore dal punto più prominente della te- sta a quello del gran trocan- LG Si SESTA E (GS, 0,168. Diametro della testa. ......-]0;084. Larghezza maggiore della estremi- tà inferiore dell’ osso presa con- tro

A m e) RR A 0,155. | 0,184. nai 0,499. ue 0,685, 0,180. { 0;213. 0,073. | 0;105. i Distanza tra il' margine posteriore del condilo interno , e l’ angolo anteriore interno della faccia ar- ticolare per la rotola . . +... Distanza tra il margine posteriore del condilo esterno, e l’ angolo anteriore esterno-della faccia ar- ticolare suddetta . . ... «ik Lurighezza media della superficie articolare per la rotula . .... Larghezza della stessa nel mezzo. Diametro trasverso del luogo più | sottile del corpo del femore . . Larghezza della fossa interposta posteriormente ai condili . . . pi Per Grossezza del condilo interno nel centro presa all’ orlo della fac- manasticolare N. f280/ LU È Id. pel condilo esterno. . ..... Diametro longitudinale della fac- cia articolare del condilo in- EBBERO AR de E I dh Td: ‘per .1’ esterno ©" M//0 ba ei Distanza dal centro della incava- tura interposta al capo, ed al trocantere maggiore ; ; e V estre- mità superiore di quest’ ultimo . | 0,091. Distanza dalla punta del trocante- re maggiore all’ estremità supe- riore del minote . .... A e Rotula . | EUCE MERE PIRRO E DI Mineral dura rasoi sil. ano 0407 Tibia . Lunghezza dell’ osso dal centro h della testa superiore a quello 0,123. 0,185. O, rho 0,084. 0,078. 0,063. o poi 0,100. 0,140, 0,130. 0,060. 0,072. 438 dell’ inferiore , presa nella spina ELIO anteriore. . è... ...0+ + +. + +10,325,£0,346; Lunghezza presa dal piano sul quale si è collocato l’ osso ver-, ticalmente, al punto più pro- minente della faccia articolare superiore. .00 0. > aiuta’ a fl0}ZFIO, Diametro trasverso della testa su- periofe:! vi dI i rr ò;t49. OTO antero-posteriore tra le sue due faccette articolari . . .} 0,100. O,I112. trasverso della testa od ‘estremità inferiore ........|0,099.| 0,080. dall’ avanti all’ indietro della regione media della stessa ! tentata au Leti 05060; Distanza dal fondo cita faccia articolare vicina , alla punta del maleolo interno, ossia promi- . nenza del maleolo stesso in bas- : i 0 IO RIMSIOR: REBORIVULA è POT GURS Pagan (Etero ta Diametro trasverso del luogo più sottile della diafesi dell’ osso . . | 0,056. | Id. della faccia articolare pel con- dilo interno del femore preso al È 0,417. RISE I: MPNERIO SISI CRD CDR IST IO O A | O glio conoscere nel seguente volume de’ nostri Annali di storia naturale . Appendice al Prodromo de:la Flora Romana di Eli- sabetta Fiorini In 8.° Questo libretto pubblicato di re- cente consiste di copie volanti di un articolo inserito nel 458 Giornale de’ Letterati di Pisa an. 1828. Le piante, che vi sono descritte, sono delle più scelte della Flora Ro- mana, e l’ esattezza del lavoro è una prova ulteriore della perspicacia della valente Signora Fiorini. Le piante fanerogame Euganee. Padova. Tipografia del Seminario. 1898. In8.° È un catalogo co’ nomi del» le piante indigene de’ colli Euganei pubblicato dal be- nemerito Sig. Abbate Girolamo Romano. Oh quante belle specie possiede un piccolo punto dell’Italia! . Sommario di Botanica Medico-Farmaceutica, e di Ma- teria Medica per uso degli studenti di Farmacia del Dott. Antonio Targioni-Tozzetti. Tomo 1. Firenze presso Giuseppe Galletti 1828. In. 8. Questo libro è della più grande utilità per coloro, che si addicono allo studio delle arti salutari. Nel mentre che la botanica univer» sale ha fatto immensi progressi, la botanica farmacen= tica è rimasta stazionaria; ed è piuttosto divenuta re- trograda. Io attribuisco questo inconveniente all’ intro= duzione delle droghe straniere, che a poco a poco han- no fatto dimenticare lo studio delle nostre piante, e la necessità degli antichi arboristi. I farmacisti pigliano le droghe, quali vengono dal commercio, e non si danno altra briga. Il medico ordina, lo speziale vende quello che ha, il medico, ed il malato vivono di buona fede, e Dio lo sa quante volte 1° uno e l’ altro sono burlati! Se la Medicina omeopatica prenderà piede, se le filan= tropiche vedute della Società Medico-botanica di Londra avranno effetto, lo studio delle piante medicinali, e segnatamente delle nostrali riprenderà 1’ antico piede. Allora si conoscerà 1’ importanza delle opere botanico-far= maceutiche, e l’alto pregio di quella, che ora annun» ziamo, e che non possiamo commendare abbastanza , Mycologia europaea seu completa omnium fungorum in wariis Europae regionibus detectorum enumeratio , metho- do naturali disposita etc. elaborata a C. H. Person. Se= ctio tertia. Particula prima. Erlangae in libraria Pal- mii. 1828. In 8.° In questo classico lavoro si dà comin» ciamento alla Monografia degli Agarici, Tentamen supplementi ad Systematis vegetabitium-Lin- neani editionem decimam sextam. Auctore Antonio Spren= gel. Gottingae . Sumptibus librariae Dieterichiane. 1828. 459 In 8.° Noi facciamo coraggio all’ Autore; perchè conti- nui a darci altri supplementi di questa natura, onde tenere al giorno i botanici delle nuove scoperte. Flora Batava o figure , e descrizioni delle piante Bel- giche de’ Signori Prof. Kops e van Hall. Amsterdam. Sepp. e figlio. Fascicoli 79. 8c. Quest'opera seguita col- la stessa splendidezza,\ed esattezza di figure. Nel fa- scicolo 79. si danno le figure dell’ Agrostis alba, del- 1’ Agrostis vulgaris, della Lychnis sylvestris, della Bi- dens tripartita, e dell’Arnica montana. Quanto a quella dell’ Agrostis alba crediamo potere assicurare, che non esprime niente altro, che uno degli infiniti scherzi del- 1’ Agrostis vulgaris. Nel fascicolo 80. si hanno le figure della Phalaris canariensis, della Viola palustris , della Viola odorata , dell’Arenaria trinervis, del Lamium in= cisum . Flora Helvetica sive historia stirpium hucusque cogni- tarum in Helvetia, et in tractibus conterminis aut sponte nascentium aut in hominis animaliumque usus vulgo cul- tarum continuata. Auctore J. Gaudin etc. Volumen quar- tum cum quinque tab. aeneis. Turici sumptibus Orelii , Fusslini et Sociorum. 1829. In 8.° Con piacere vediamo continuarsi la pubblicazione di questa Flora importante, di cni abbiamo ricevuto tutti i quattro volumi con fi- gure colorite le quali per verità sono alquanto rozze e riguardo al disegno, e riguardo al colorito ; ma quello che particolarmente ci ha colpito in quest’ opera si è una curiosa espressione , che sovente è sfuggita. all’ Au- tore. Quando egli trova, che un botanico adduce il nome di una pianta sotto altra pianta di diverso no- me, dice sovente, che lo adduce audacter. Il galateo Italiano non sopporterebbe al certo un vocabolo così po- co urbano, e tanto meno lo sopporterebbe, quanto che potrebbe del pari essere ritorto contro colui, che lo ado- pera, e così servirebbe al doppio inconveniente di of- fendere e il criticato, e il criticante. Libri di Mineralogia, e di Geologia. ‘ Handbuch etc. Manuale di Mineralogia ec. di F. A. Walchner. Parte 1.° che contiene 1’ Orittognosia con 4 tavole litografiche. Karlshruhe. 1829. 450 a Handbuch etc. Manuale di Mineralogia di J., F. L: Hausmann. Parte 1.* che contiene l’ introduzione alla “Mineralogia , con 2 tavole in rame. Gottinga. 1828. Monographie etc. Monografia della montagna di Per- rier vicino ad Zssoire ( Dipart. di Puy-de-Dome ) e di due specie fossili del genere felis, scoperte in uno stra» to di alluvione della stessa montagna. Di Aug. Bavard. Clermont. 1828. Abhandlungen etc. Dissertazione sulle fossili impres= sioni di piante del grès di Stuttgart di G. F. Jaeger con. fig. Stuttgart. 1827. De Mappis geognosticis auct, J. H. Bredsdorf. Hav- niae. 1828. Das Kaiserlich-Kònigliche etc. L’imperiale, e reale gabinetto mineralogico di corte , ossia: Esposizione del nuovo ordinamento del medesimo secondo il sistema mi» neralogico di Mohs, Di P, Partsch, con una tavola ico- nografia. Vienna, 1828. Histoire etc. Storia delle piante fossili, di Adolfo Brogniart. Fasc, 2.° a Parigi. 1829. in 4.° con tavole, In questo fascicolo si compie la descrizione delle specie del genere fucoîdes, si espongono esattamente i caratteri dei generi muscites, equisetum , e delle specie fossili che se ne conoscono, si dà inoltre un’ idea accurata del genere calamites , e sì intraprende la descrizione delle specie , che vi sono comprese, la quale sarà continuata nel seguente fascicolo. Premj. Non essendo stata giudicata degna di premio alcuna delle memorie presentate alla Reale Accademia delle Scienze di Parigi pel cuncorso al premio fondato da Al- ‘ humbert, sulla quistione seguente = Esporre in modo completo , e con figure i cangiamenti y che provano lo , scheletro ed i muscoli delle rane e delle salamandre nèel- le diverse epoche di loro vita = 1’ Accademia stessa lo ripropone fissando il termine di rigore per l’invio delle memorie al 1.° Aprile 1831, avvertendo che ai 12c0 franchi prima proposti se ne aggiungono altri 300 che rimangono pure a disposizione dell’Accademia . , 461 ACCADEMIA DE’ FILERGITI DI FORLI PROGRAMMA NI Premio d’ una medaglia d’ oro stabilito nella convoca= zione accademica dei 30 maggio 1828. Progetto di Codice o Statuto Agrario, che contenga le leggi civili, criminali, amministrative, ed economiche re- lative ai contadini, ai terreni, alle acque, alle coltiva zioni; ai mercati, ai pascoli, e a tutto ciò , che può ri- guardare le campagne forlivesi. CONDIZIONI DEL CONCORSO r. Tutti i nazionali ed esteri, Accademici, e non Ac- cademici potranno concorrere al premio , purchè non facciano parte della Direzione . a. I concorrenti dovranno rimettere i lavori manoscritti in carattere di forma intelligibile, e liberi da ogni spesa al Segretario dell’ Accademia in Forlì prima del 31. dicembre 1829. 3. I concorrenti non si faranno conoscere, ma porranno invece del proprio nome un motto o una sentenza — in fronte ai loro scritti. Questo motto o sentenza dovrà ripetersi sopra un biglietto sigillato , che rac= chiuderà il nome e l’indirizzo del concorrente. 4. Questi biglietti saranno aperti nel solo caso, in cui i concorrenti abbiano ottenuto il premio, o 1’ accessit. 5. Le memorie e scritture premiate, ovvero onorate del- l’accessit resteranno di proprietà dell’ Accademia . Tutte le altre saranno restituite a chi si presenterà col motto o colla sentenza snddetta . 6. Il giudizio e la distribuzione del premio si faranno nel mese di gennajo 1830 con quelle formalità e s0- lennità, che saranno credute più convenienti ed opportune. 7. Stampandosi le memorie e scritture premiate non po- _ trà farsi variazione d’ alcuna sorta. Forlì 1 marzo 1829. M., A. ROSA DIRETTORE G. B. AV.° SEGRETI GEGRETARIO 462 INDICE DELLE MEMORIE, ED ESTRATTI CONTENUTI IN QUESTO PRIMO TOMO, rie MinERALOGIA, E GEOLOGIA. N otizia di due nuovi minerali scoperti a Culebras nel Messico — di A. del Rio . . . . pag. Sopra una Collezione di fossili vegetabili, ed animali , e di rocce del paese dei Birmani — di Buckland ,, Sugli avanzi fossili di due nuove specie di Masto- donte ec. trovati sulla riva sinistra dell’ Irawa- di ce, di Clift . . . . . DI . . . . . 23. Esame della sabbia platinifera dell’ Oural — di Brei- EIA RETE OE SO E O de E 100: Sull’ Haidingerite — di P. Berthier (estratto) . , Sulla Wagnerite — di A. Levy . . . 0... Sulla Breunnerite . . . .°. . » Sulla Scheirerite +... . +. +. 7” Sui minerali parassiti — di Haidinger. - Sopra alcuni terreni adeguabili alla formazione di se- dimento inferiore delle Provincie Austro-Venete P e sopra varie specie fossili trovate nel terreno di sedimento medio — di T. A. Catullo . . . 3 Sull° Ockenite — del Dott. di Kobell . . . . Sulla Couzeranite — di Dufrenoy . . . è. » BorAnICcA . Sopra la storia ed î progressi della botanica insulare italiana — di Antonio Bertoloni . . . + » Seguito . . SU@ERO TA SAC SI e DIE OOO Te Hortus regins botanicus berolinensis deseriprus ab 9 se 95 207 I46 410 I 239 K.. Fr. Link ete."T. r.s (estratto) . 0, è conf 40) Flora austriaca Nic. Th. Host. vol. 1,um (estratto) » Concordanze de’ nomi di alcune piante co’ veri nomi già imposti alle medesime da Linneo — di Wahl- DEBB a a alia Lal RAS RE 269 463 Jcones algarum ue etc. auctore C. A. Apardblii i 00. * pag. 27I Descrizione di una specie Hina id Calde — di Antonio Bertoloni . . é LAV, ei Discorso letto alla Società Medico-Botanica di Lon- } dra — del Conte Sthanhope. . . . +. + » 347 Stirpium Sardoarum Elenchus cum appendice auct. MERI. Moris . 50. ai" ai AL Osservazioni sopra due piante diverse; che vanno sotto il nome di Satureja montana Li — di A. Ber- PUTTI. ARROSTI VERRERS > io RO ZOOLOGIA . Caratteri dell’ ordine dei testugginati , delle famiglie e dei generi , che vi sono compresi — di T. Bell li;/70 Storia naturale dei pesci — di G. Cuvier T. 1.° e 2.° a i e O Seguito . . . > 145 Sulla facoltà di ledere della Talpa” odi Geoffrey St. Hilaire (estratto) è +. . . . +. — 3) 193 ANATOMIA COMPARATA. Descrizione delle ossa componenti il teschio di un Ippopotamo d’ Egitto , ed osservazioni di confron= to sull’ intero selieletro dell’ istesso animale cogli altri già conosciuti — di Antonio Alessandrini ,, 17 Seguito. + >. 0006 + 00 e DI De ovi mammalium et huminis genesi auct. C. E. a Baer" (estratto!) a+ vi gag e 509 De vasis sanguiferis, ‘quae villis intestinornm te- ‘ nuium hominis, brutorumgqne insunt auct. J. Doellinger (estratto) . + AR PA 185 Sulla tessitura dei reni — di Hsschke (estratto) . 3) 190 Delle branchie e dei vasi branchiali degli animali. vertebrati — di Baer (estratto) . . . 39 194 Sulla circolazione del feto nei ruminanti. vidi Pre- vot. v ° aa 201 23 Ricerche anatomiche sulla circolazione, respirazione ‘e riproduzione degli anelidi abranchi — di Du- gès (estratto). . MIS >>, Spiegazione del volo degli Uccelli e ‘degl’ Insetti —_ di J. Chabrier. . . aida Tieni apra Sulla metamorfosi del sistema nervoso nel regno ani= 464 male — di J. Muller { estratto) . ... pag. 332 Osservazioni anatomiche — di A. Meckel pista },. 34T Scoperte anatomiche sul cervello — di si Rolan- do (estratto) . . » 343 Intorno la cavità dricziata stella ‘decidua "dell ao umano da Breschet e Velpeau — di Heusinger Geremia mio Limiansià. sound liel ERRATA CORRIGE Errori Correzioni |... pag. lin. va n € 9 ‘3 Pertatanto Pertanto SI 1. Intdrno Intorno 53 2 ricerhi ricerchi ivi 6 s’ataca S’ attacca ivi It. negl’acidi negli acidi ivi ib s’atacca s’ attacca 55 ult. lin. mottivo motivo 113 7-8 Salsola radicans Salicornia radicans ivi 13. Salsola radicans Salicornia radicuns 114 22 Diandria Triandria | 137 7 Zoolagia Zoologia 143 3. Javeae Javae 283 25 catacei cetacei 285 54. spocie specie 297 5. T.R. Catullo T. A. Catullo 303 4o Biguerè Bigarré VIDIT Pro Emo; et Revino D. D. CaroLo Carp, . OpPizzonio Archiepiscopo Bononiae P. A. Barbetti Ord, Min. Conv. VIDIT pro Eccelso Gubernio ° Dominicus Mandini S. T. D. Coll. Prior Par.” et Exam. Sinod. Die 19 Julii 1829. IMPRIMATUR Leopoldus Arch. Pagani Provic. Gen, A Alu LOT L ttog. Ciprian el di società. e lettere; ‘di. scienzò sed indue stria della Francia, e date in luce da una" società di professori , e di uomini di lettere ‘sotto la direzione di Prospero Chalais a "A Parigi. L’ abbonamento per 1° Eccletico (di cuil è uscito il primo fascicolo) è di L. ital. 20 per un anno: pel Foglio commerciale italiano (di cui è uscito un saggio, ed è’ sotto stampa il 1.° numero, e se ne dà . uno per settimana) è di L. ital. 10 al- Panno: per le Lezioni pubbl. della Fran- - cia è di L. ital. 20 per un anno; 35 pei ‘due anni 1828, e 29, sottoscrivendo -in- . sieme. La corrispondenza, e i pagamene. ti, (che devono essere tutti anticipati di semestre in semestre ) dovranno. essere . , diretti a Francesco Pastori str. S. Miche- | 43 i le N.° 116 in Parma. Tab i AVA CHESS € Sopra ari terreni ade- guabili alla formazione di sedimento inferiore delle De “e sopra Varie specie fossili trovate nel, terreno di se- | [dimento.mediò (= di IT. A. Catullo. - pag. — -— —.—@=m-=reto cnsrzea: di:J. Cuyiero: eci e ag mia nervoso nel regno ani- 2. tmale -- di J. Muller {e Leto a Asia Bi me EE Osservazioni _anatomiche -- Tdi A, Meckel (estratto) ; ss. ‘Scoperte ‘anatomiche sul cer- vello -- di Luigi | Rolando (estratto.).. DIA e CC facr » nella!» decidua dell’ uovo umano da Breschet, è Vel , R. delle Scienze di gi (Vol, g:;° Nuovi Catidonatat; Lone È Accademia delle Scienze dt Gottinga) (Vol. 6.0 Atti ‘della R. Accademia dell le *Scienze di ‘(Berlino per "anno 18257 Attidella Società degli Ami. ci della. parure di Berlino Tom 1,° part. 6.%. . ,, Sedute della R. Accademia delle Scienze di Parigi. ,, Annali delle Scienze. natu- alte 0 0°. Ne) Adegt 0.39 CODE E Isis di Oken. . + +. 1° 39 Archivj. entomologici di Delle materie \cotenute nel Fascicolo, ZII. ES sw PARTE PRIMA, { ® Memoriz, rd EstrAfTE 0) Dai : Provincie Ausìro-Vienete, T Spiegazione del. yolo degli. Uccelli; è dègl’ Insetti --- Sulla) metamorfosi del siste-)) | | la cavità descritta ; -PARTE SECONDA. Invicazioni, ED ANNUNZI Niovi atti dell’ Accademia } ivi Gallo siste la 8 Gn ia 3 406 LA peau -- di Heusinger n SITALtO) +. è. e +0 sea “\ ì Sull” Ockenite »- del Dott. pic] cdi Kdbell, 6, Medico» Botanica, di ta n MRI «dra (= !del'Conte Sthan=. | Li N | hope. i... È 347 DA | Stirpiaum _Sardoarum -Elen=, chus' cum appendice , au- è; fr ctore J. H. Moris ..,, 370] (S Osservazioni sopra due pian-. Si ia te diverse, che vanno sotto $ _ilmome ;di Satureja mon. ‘tana' -- di Antonio Ber- toloni fr SV SulJa Couzeranite -- di Du- ‘ frenoy. j 1 Continuazione ; © fine delle. osservazioni sullo ‘schele=! 37 tro di un Ippopotamo d’E. } gitto --fdi Antonio Ales= .J \ sandriùi .” DE A + dit | 297 . . e »°® . 327 332 "Mar «00 0 00 = - 3343 fia della. Sassonia +. ,.. 59 ivi È è Archivj di mineralogia; e / € .[f di ‘metallurgia. SECSRI 455 Ò Annali delle ‘mimere. & 3 3, ivif 18° Scritto periodico di minera- logia. ....... SIRIO) ivi. Giornale arcadico. . . +. 3, ivi ] NS Libri nuovi di Zoologia . » ni RA Libri jnyovi di; Anatomia? comparata . VAN 357 (i Libri nuovi di Botanica + sa ivi f. N Libri nuovi di Mineralo- gia, .e di Geologia . . 33 459 Premjs + + + + +00 + + + +» 460 Indice. dell’ intero 1-° to- MOL e è 160. glie Cee le SSA + 450 451 ivi _——_—_— _—— —t—--—0TTtTt een tai IRICIRIEZI METITZIZI ossstatotototozztz TRICICh FITiTo tI IITITIITItT:ITTECICh prirsrttttotittiphttttrototi + tti : pittperetati erosttsitoeiziziza Gia lststatita tI n:03t.2 IISIETSITOTI s s z É GIanita zii: (PITITH > sisi: 1ziize. ; : aursalisice FIRISILI esi SE Tilz;tti7 ' : STItLTIT MEPTBERI: ti PITITSLITI stansasneesnzosna sa poine