fn aloE 1 8% | A 1 SS TIBRARY 0F_ SZ i sE NEW YORK BOTANICAL GARDESS i ANNUARIO DEL R. ISTITUTO BOTANICO DI ROMA REDATTO DAL Pro. ROMUALDO PIROTTA DIKETTORE DELL'ISTITUTO Anno I. — 1884. CON XIX TAVOLE LITOGRAFICHE LIBRARY NEW YORK BOTANICAL GARDEN DUPLICATA DE LA BIBLIOTHEQUE DU CONSERVATCIRE BOTANIQUE DE GENEVE VENDU EN 1922 ULRICO HOEPLI LIBRAIO-EDITORE. MILANO NAPOLI = PISA 1885 - Ada. go” SEA) Bra. BOTANIQUE * tutto —> L Ipo» PRETE NOVE C EI ESRCMOT 0 e RR (0-2 4 DES, PL iL (0 itaca e, 54, ALLA MEMORIA DI GIVSERPETDETNOTARIS EMI NICOLA ANTONIO PEDICINO ì ") j Wife, y Riuniti nel presente volume sono la maggior parte dei lavori scientifici ese- guiti nello scorso anno 1884 nel Laboratorio dell’ Istituto Botanico della R. Università di Roma, che ho l’onore di dirigere. Il loro numero e sopratutto la loro indole mi pare valgano a dimostrare quale sia l’indirizzo, che io ho cercato di dare agli studî pratici per coloro, che, superato il tirocinio delle esercitazioni, vogliono entrare nel campo delle ricerche scientifiche. È mio proposito che tutte le parti della Scienza siano coltivate, senza ostracismi e senza predilezioni ingiustificabili, onde possibilmente offrire agli allievi che frequen- tano il mio Laboratorio il mezzo di potersi fare un concetto abbastanza esatto di tutti i rami della Botanica, pure occupandosi ciascuno di argomenti speciali e disparati. Per quanto io mi sappia, è la prima volta, che un Istituto Botanico universi- tario italiano presenta al publico riunito in un volume il prodotto del suo lavoro scientifico. Tuttavia io oso sperare, che l'accoglienza favorevole che già ebbe la prima parte pubblicata lo scorso anno non abbia a diminuire, confortandomi a con- tinuare nell’ opera, che, pure conoscendone le difficoltà, ho creduto poter intraprendere. Roma, Aprile 1885. Prof. R. PirotTA | 7 î a DI pradya | si ta ‘ b INDICE Avetta C. Ricerche anatomiche ed istogeniche sugli organi vegetativi della Pueraria Thumbergiana Benth. . . pag. Baccarini P. Osservazioni anatomiche sopra alcuni ricettacoli fiorali. . >» Id. Intorno ad una probabile funzione meccanica dei cristalli di ossalato calcico Id. ed Avetta C. Contribu Baldini A. Sw! tallone di alcune Cucurbitacee Lanzi M. Fungi in ditione Florae romanae enumerati zione allo studio della Micologia romana . . » Martel E. Contribuzione alla conoseneza dell’ Algologia romana . . . >» Pirotta R. Sulla strutturà del seme nelle Oleacee Tamburlini F. Prima contribuzione alla Lichenografia romana . . . » Pag. 40 » Sl » "il » 74 > » 84 » 86 » 87 > VANI » 93 » 118 » 120 » 154 » 159 ERRATA chrysophylla esportando Peyer angolo intorno acquista una parte casi di retta periginia emergere gli stami portano le nervature esportando laboratium homini nigrescenti Gingo Convolyolus CORRIGE Olea chrysophylla asportando Payer angolo interno acquista una parete casi di netta periginia emergere negli stami partono le nervature asportando laborantium hominis nigrescentis Gingko Convolvulus AUG 7 = 1923 LIBRARY NEW YORK BOTA NICAI GARLEN ru F—FTEFT ---<-----------=<-<-<->-—----<>—--£-£---F-----F---rF;/rF—-<- Sulla struttura del seme nelle Oleacee del prof. R. PIROTTA. (Tavole I-V). I semi delle piante offrono agli studiosi della anatomia un campo vasto e fertile, ma ancora poco esplorato. Per quanto riguarda le Angiosperme si sono pub- blicati, è vero, sopratutto in questi ultimi anni numerosi ed importanti lavori, la cui enumerazione è stata fatta quasi per intero fino al 1880 dal Lohde, dal God- frin e dal Bachmann ('), pochi altri essendo quelli usciti in luce negli ultimi due anni. Tuttavia sono ancora poche le famiglie, delle quali si possa dire, che la struttura del seme ne sia abbastanza nota. Quasi affatto sconosciute a questo riguardo sono le Oleacee circoscritte nei limiti ad esse assegnati dalla maggioranza dei sistematici, cioè con esclusione del gruppo delle Gelsominacee, dello studio anatomico delle quali mi occupo da parecchi anni. Scarse notizie trovansi sparse qua e colà in lavori anatomici generali ed in opere di botanica medica, delle quali sarà tenuto conto a luogo opportuno. Pochi, incompletissimi e talora anche erronei sono i dati, che si possono raccogliere dai libri di sistematica, tanto più che molti di essi sono copiati a vicenda o copiano sopratutto il Gaertner. Lavori speciali su alcuni generi o specie, che tocchino più o meno direttamente l’argomento che ci occupa, non conosco all'infuori di quelli del Pasquale, del Papasogli e del Decaisne. Il Pasquale si occupa dell’olivo (*); ma le sue ricerche sono piuttosto morfolo- giche e sistematiche; poca parte è fatta alla fina anatomia degli organi e meno di tutto a quella del seme. Anche il Papasogli (°) trattò dell’olivo. Ma egli pure mentre si diffonde sulla morfologia e sulla storia genetica ed anche alquanto sulla (') Lohde G. Ueber die Entwickelungsgeschichte und der Bau einiger Samenschale. Naumburg a. S., 1874. — Godfrin T. Etude histologique sur les téguments séminaur des Angiospermes. Nancy, 1880. — Bachmann E. Die Entwickelungsgeschichte und der Bau der Samenschalen der Sero- phularinceen. Nov. Act. Ak. Leop. Car. B. XLIII. Halle, 1880. — Tatti però hanno dimenticato di ricordare il bel lavoro di Adolfo Targioni-Tozzetti, ricco di osservazioni nuove ed interessanti rela- tive a moltissime famiglie di piante e illustrato da disegni egregiamente eseguiti, pubblicato fino dal 1855 (Saggio di studi intorno al guscio dei semi. Mem. r. Accad. scienze Torino. Ser. II, t. XV, 1855, p. 359, con 4 tav.). (*) Pasquale G. A. Studi botanici ed agronomici sull'Ulivo (Olea europaea) e sue varietà. Ren- dic. Acc. sc. Napoli, A. XII. 1873, p. 76 con tav. (*) Papasogli G. P. Studi genetici ed istologici sopra l'Ulivo. Nuovo Giorn. bot. ital. Vol. X. 1878, p. 109 con tav. Ann, Ist. Bor. — Von. I. ; 1 Di anatomia di aleuni organi, poche parole dedica allo studio del seme. Il Decaisne (') poi prendendo occasione da un lavoro monografico sistematico dei generi Ligustrum e Syringa, espone brevemente la morfologia fiorale dei due generi ed anche quella del seme. Nulla o quasi però è detto della struttura, cadendo anzi in alcune ine- sattezze, che saranno fatte rilevare a suo luogo. Scopo del presente lavoro si è pertanto lo studio della struttura sopratutto istologica del seme maturo delle Oleacee, quindi delle diverse parti, che lo costituiscono. Sic- come però per la retta intelligenza dell’origine e della natura morfologica del guscio del seme è utile, anzi necessario lo studio del suo sviluppo, così, intendendo a questo scopo, lù dove mi fu possibile il farlo, alle ricerche istologiche aggiunsi le istoseniche. I miei studî furono istituiti sopra un considerevole numero di specie appartenenti ai seguenti generi, che rappresentano tutti i oruppi o tribù, nelle quali, specialmente per la natura del frutto, le Oleacee vengono divise dalla maggio- ranza degli autori: Frarinus Tourn., Fontanesia Labill., Syringa L., Forsythia Vahl., Ligustrum Tourn., Phyllirea L., Visiania DC., Picconia DC., Olea L., No- telea Vent., Chionanthus L. Una sezione trasversale o longitudinale mediana del seme di tutte le Oleacee ce lo mostra costituito dalle note tre parti ben distinte l’una dall’altra anche ad occhio nudo per il diverso colore ed avviluppantesi. Dall'esterno verso l’interno tro- viamo cioè una pellicola superficiale più o meno sviluppata ma sempre sottile, che costituisce il tegumento del seme od il suo guscio; segue immediatamente il secondo strato di spessore più considerevole, l’endosperma o mandorla, all’interno del quale sta una cavità occupata in gran parte dall’embrione. Di queste tre porzioni la più variabile, benchè entro limiti abbastanza ristretti, è il tegumento. Esporrò quindi partitamente genere per genere la sua struttura, riunendo invece in un tutto unico quanto riguarda rispettivamente l’endosperma e l'embrione. A. TEGUMENTO. I. Struttura del tegumento. Fraxinus Toun. (*). Come è noto in tutte le specie del genere Mrarinus il seme è contenuto in un frutto capsulare indeiscente o samara più o meno compresso, ovato-oblungo, stretto, fornito di un'ala fogliacea o membranacea, stretta sui lati del frutto, dilatata al suo apice. La consistenza della capsula è coriacea o membranacea nella maggioranza dei casi, talora spugnosa (Frarinus epiptera Vahl.). In causa dell'aborto quasi costante degli ovoli meno uno, una sola loggia dell’ovario biloculare si sviluppa in frutto e (') Decaisne F. Monographie des genres Ligustrum et Syringa. Nouv. Arch. d. Muséum. 2° Sér., t. II, 1878, p. 1. (*) Per l'indole stessa di questo lavoro dovetti conservare i nomi, coi quali le diverse specie studiate mi sono pervenute; non potei pertanto utilizzare i lavori sistematici del Wenzig sul genere Frazinus (Die Gattung Frarinus Tourn. Englerìs Botan. Jahrbich. B. IV.) e del Decaisne sui generi Ligue strum e Syringa. (9) == ) — contiene quindi un solo seme pendente dall’apice della " Pareso divisoria abortita delle logge, alla quale aderiva il funicolo. Il seme è nei Frassini piuttosto piccolo, lungo la metà, due terzi o poco più dell'intero frutto e variabile di dimensioni secondo le specie. Ha forma ovale-allun- gata od a fuso od anche più o meno compressa ed appiattita (fr. racemosa Hort., F. lentiscifolia Desf.), sempre lievemente assottigliato alle due estremità ordina- riamente ottuse. La superficie sua è rarissimamente liscia; d’ordinario è segnata da solcature più o meno numerose, di cui la mediana dei due lati di solito più profonda, dirette nel senso longitudinale, di rado diritte, più di frequente flessuose o quasi giranti a spirale (Fr. americana L.); percorrono tutta la lunghezza del seme o solo una parte considerevole, del medesimo. A queste solcature si deve la figura del con- torno nella sezione trasversale del seme, che è subcircolare (Mr. epiptera, F. Bungeana), ovale (#r. obliqua, lentiscifolia, pallida) o reniforme (/r. pennsylvanica) od elittica ad estremità ottuse (Fr. dimorpha, racemosa, americana, heterophylla), di rado quasi eguale nel contorno (/r. pennsylvanica, racemosa, americana, pallida), ordinaria- mente più o meno ondulata, talora profondamente (Fr. dimorpha, heterophyla). Osservato un seme alla lente si presenta poi in tutte le specie da me esami- nate colla superficie finissimamente zigrinata. I rilievi che costituiscono la zigrina- tura sono più o meno manifesti, di rado visibili ad occhio nudo (fr. obliqua), più 0 meno convessi e sporgenti, simili di figura, lucenti, disposti di solito in serie, che possono essere continue od interrotte, di rado diritte, d’ordinario flessuose, dirette per la maggior parte in senso longitudinale benchè senza regolarità, talora anche oblique o senza direzione ben manifesta. ; Il colore del seme è sempre un bruno più o meno intenso, più spesso castano o cioccolatte. Da uno dei lati, lè dove corrisponde il rafe, il seme presenta una piccolissima aletta prismatico-triangolare, più o meno acuta verso l'esterno, membranacea, non egualmente sviluppata in tutta la lunghezza del seme e più o meno a seconda della specie, manifesta (fr. racemosa, lentiscifolia, dimorpha ecc.), piccola (Fr. americana, epiptera ecc.). Il tegumento è sottile assai, ma sempre ben manifesto, essendo il suo spessore variabile da 1/5 (Fr. dimorpha) fino ad !/,, di quello dell’endosperma. Ha color giallo o bruno più o meno intenso, che spicca sul color pallido dell’endosperma. Esso non è quasi mai eguale nel suo contorno, ma presenta delle ondulazioni più o meno marcate, più o meno regolari, il più spesso non uniformi, che sono dovute alle corrispondenti offerte dall’endosperma. La maggiore dilatazione la presenta nel- l’ala percorsa dal rafe, dove infatti il tegumento si separa per così dire in due porzioni verso la metà del suo spessore, delle quali l’interna segue l’endosperma, l’esterna si solleva, lasciando uno spazio, nel quale sta il fascio vascolare. Gli elementi anatomici costitutivi del tegumento sono sempre così compressi nel senso radiale e stirati quindi nel tangenziale, ad eccezione delle serie più esterna e più interna, che riesce impossivue il discernerne la struttura, senza ricorrere all'impiego dei reagenti. Di essi il migliore si è la soluzione Lene di potassa caustica fatta agire per parecchie ore sulle sezioni, dalle quali si è prima estratto il SE, grasso coll’etere a caldo, lavandole poscia con acqua distillata ed osservandole nella glicerina concentrata. Però in tutte le specie, esaminando le sezioni anche nel- l’acqua o nella glicerina a deboli ingrandimenti, si distingue uno strato o zona esterna quasi trasparente, uno strato mediano fortemente colorato in giallo-bruno ed in non pochi casi (Fr. Bungeana, anomala ecc.) una zona interna più sottile, immediatamente in contatto coll’endosperma diversamente colorata dal resto del tesumento. L'azione poi dei diversi reagenti, come pure lo studio dello sviluppo ci dimostrano, che in tutte le specie del genere il tegumento si compone di una epidermide esterna, di uno strato mediano e di una epidermide interna. Nello strato mediano poi stanno innicchiati i fasci vascolari. L’epidermide esterna costituisce sempre una serie di cellule unica, distintissima, continua, sottile, ma variabile di spessore a seconda dei casi. Nel seme secco e nelle sezioni state soltanto in glicerina concentrata talora ha uno spessore inferiore a quello del resto del tegumento (/r. heterophylla, pallida, dimorpha), tal’altra ne è uguale od anche superiore (fr. pennsylvanica, racemosa, americana, Bungeana). La maggior parte di queste cellule sono rigonfiate, distese, colla superficie esterna più o meno convessa ed alle volte sporgente assai ed in modo irregolare all’esterno (l. epiptera). La parete interna è meno convessa, le radiali piane o quasi. Esse cellule variano alquanto di dimensione anche nella stessa specie, poco di forma, ed i limiti nelle specie da me studiate sono segnati dal £r. anomala, che le ha molto piccole e dal /r. pallida, che possiede le più grandi. Queste cellule per il loro contenuto si possono distinguere col nome di ghiandolari. Sono appunto esse, che sporgono sulla superficie del seme e rendono la medesima zigrinata. Le sezioni trasversali e sopratutto le longitudinali del seme stesso dimostrano che queste cellule ghiandolari sono disposte in serie ordinariamente semplici, quasi a contatto o staccate, talora regolari e continue (Mr. dimorpha), tal’altra e più spesso irregolari, quindi interrotte ed a interruzioni più o meno manifeste (tav. II f. 4). Il numero degli elementi cellulari concorrenti a costituire ciascuna serie è variabile secondo la specie ed anche nella stessa specie secondo i punti del seme. Osservate dalla superficie del seme, le si veggono flessuose, assottigliate alla estre. mità, sporgenti, dirette nel senso della lunghezza dell’organo (tav. I. f. 16 gh.). La forma delle cellule epidermiche ghiandolari è ordinariamente quella di prismi a base quadrata ad angoli arrotondati, mon di rado per compressione late- rale irregolari sul margine, quindi cuneati, disposti nel senso normale alla dire- zione dell’intera serie, quindi tangenzialmente. Viste dalla superficie si presentano ovali-allungate, rettangolari, ottuse, 2-4 volte più lunghe che larghe, a seconda della specie e della posizione che occupano nella serie, di dimensioni diverse nelle diverse specie, benchè entro limiti non molto considerevoli (tav. II. f. 1 gh.). In sezione trasversale si presentano ovali, ovali-allungate, più o meno regolari, nelle sezioni longitudinali subquadrato-ovali o subrettangolari ad angoli arrotondati (tav. II f. 6). Sull’ aletta del rafe formano sempre una serie continua, sono più arrotondate e più brevi, talora ammassate irregolarmente ed in numero considerevole. Le pareti delle cellule epidermiche trasformate in ghiandole sono coasiderevol- mente e quasi uniformemente ispessite; la membrana è fortemente cuticularizzata ed a all’esterno rivestita da uno strato considerevole di cuticula lievemente ondulata. Le rimanenti cellule dell’epidermide, quelle cioè, che non si sono trasformate in ghiandole, sono assai più piccole, non sporgenti, di forma somigliante ma meno regolare, ordina- riamente prismatico-rettangolari, assai compresse nel senso radiale, quindi disposte pure nel senso tangenziale, a parete esterna più ispessita delle altre, ma meno di quella delle cellule ghiandolari (tav. II. f. 1 ep.). Queste ghiandole epidermiche contengono un olio etereo, che le riempie perfet- tamente, di odore poco marcato, non disaggradevole, incoloro o giallognolo, traspa- rente o pieno di granellini solidi tondeggianti, minutissimi. Si scioglie perfettamente nell’alcool a freddo, nell’etere ed in tutti gli ordinarî solventi di queste sostanze, lasciando qualche residuo solido in forma di granelli finissimi o di globettini in- colori. Diventa bruno o giallo verdiccio, quando lo si tratta colla tintura di iodio, ed allora compajono d’ ordinario nelle cellule molti granelli solidi di varie dimensioni : la lunga azione dell’ammoniaca lo tinge in giallo vivo, in giallo d’oro il reattivo di Fehling, in giallo verdognolo 1)’ acido solforico concentrato. Lo strato mediano del tegumento è la parte meno facile a riconoscersi nella sua struttura, perchè gli elementi cellulari, che la compongono sono nel seme ma- turo e secco straordinariamente compressi nel senso radiale. Lo strato mediano è però sempre sottile, cioè nel seme maturo sempre più sottile assai dell’ endosperma, del quale misura a seconda dei casi da ‘/5 — !/a e non sempre è più largo dell’ epider- mide esterna. Ho già detto che il suo colore è un bruno più o meno intenso a seconda dei casi e che nella sua disposizione segue l’andamento dell’ endosperma, sul quale si modella presentando quindi dei rialzi e delle depressioni corrispondenti a quelle offerte da quella parte. La lunga azione dell’acqua sopratutto a caldo e meglio quella della potassa diluita inducono la distensione degli elementi cellulari, cosichè può diminuire con- siderevolmente la differenza tra la grossezza dello strato mediano e quella dell’en- dosperma. Allora se ne riconosce facilmente la struttura, che è abbastanza semplice. Tutta la massa consta di un parenchima a cellule più lunghe, più strette e più compatte verso l'interno, che formano delle serie irregolari, disposte in senso tan- genziale, variabili di numero secondo le specie, da 2-3 (/. pennsylvanica) fino a 10 circa (#. dimorpha). Di esse le più interne hanno forma di prismi rettangolari compressi in senso radiale, ad angoli arrotondati, a cavità stretta, le esterne diven- tano mano mano più brevi affusolate, ovali, irregolari, a cavità più grande. Epperò nella sezione trasversale appariscono le più interne rettangolari più o meno regolari o lanceolate, flessuose, verso l’ esterno ovali-allungate od ovali-tondeggianti, irregolari. Nella sezione longitudinale sono brevemente ovali o circolari e pressapoco eguali di forma e dimensioni, quando le serie sono in numero piccolissimo (tav. II. f. 4, sm); ma dove queste sono parecchie le cellule più interne sono più brevi, ovali-irregolari (tav. III. f. 6, sm), le mediane un po? più lunghe, ovali, assottigliate, le esterne più grandi ancora, ovali allungate od anche rettangolari. Attorno ai fasci vascolari e dove esistono ingrossamenti dello strato tegumentale le cellule mediane di esso si arrotondano o si fanno irregolari, diventano più grandi e lasciano spesso tra loro degli spazî intercellulari. Le cellule dello strato mediano MS si adattano perfettamente alle due epidermidi esterna ed interna. Però quelle che stanno immediatamente al disotto delle ghiandole epidermiche, costituiscono una serie il più delle volte abbastanza nettamente distinta per forma e disposizione degli elementi dal rimanente tessuto mediano e che per lî sua posizione può designarsi col nome di strato ipodermico. Consta di cellule più piccole o subeguali a quelle del resto dello strato mediano del tegumento, lasse, prismatico-irregolari, variabili di lunghezza, a pareti sottili, flessuose, a contatto fra loro. Le cellule dello strato medio sono tutte a pareti sottili, senza accidentalità di struttura, colla loro cellulosi modificata, poichè si colorano in giallo colla potassa e col elorojoduro di zinco. Contengono oltre a poco grasso, in quantità più o meno considerevole dei grani grossi o minuti, tondeggianti, ovali od irregolari, di una sostanza di color bruno più o meno intenso. I caratteri da essa presentati sotto l’azione dei reagenti, sopratutto del percloruro, dell’ acetato di ferro e del bicro- mato di potassa, la farebbero ascrivere al gruppo dei piementi provenienti dal tannino. Infatti gli indicati sali di ferro, agendo più o meno lentamente e più o meno inten- samente a seconda dei casi, producono sempre in tutto lo strato mediano del tegu- mento, come pure sul resto di esso una colorazione verde-giallastra o verde-sporca che poi diventa quasi nera. Col bicromato di potassa poi la colorazione che si mani- festa è hruno-rossiccia. L’epidermide interna fa direttamente seguito allo strato mediano del tegumento. Essa si dà talora a conoscere anche a piccolissimo ingrandimento, perchè forma una linea più intensamente colorata del resto del tegumento (fr. Bungeana, dimorpha). Questa linea la si vede seguire regolarissimamente in tutte le sue ondulazioni, de- pressioni e rialzi l’endosperma, contro il quale aderisce esattamente, ma dal quale possono completamente staccarla la lunga azione di alcuni reagenti, quali la potassa. Risulta costituita da una serie di cellule a perfetto contatto fra di loro e colle cel- lule vicine, regolarmente disposte, variabili più di dimensioni, che di forma a seconda delle specie. Questo straterello è sottilissimo di regola tenendosi tra !/a ed 1/7 dello spessore dello strato medio del tegumento; soltanto di rado lo raggiunge od anche lo supera (fr. Bungeana, anomala). Le cellule dell’ epidermide interna sono pris- matiche-quadrangolari, d’ ordinario assai brevi, un po’ ristrette alle due estremità, a pareti piuttosto convesse, poco ispessite, aderenti perfettamente fra loro ed alla parete esterna dell’ endosperma, contro il quale s’ adattano seguendone tutte le flessioni. In sezione trasversale ci si presentano irregolarmente subquadrato-rettangolari, ovali- allungate, a parete interna ed esterna convessa, le radiali diritte od oblique, subeguali in lunghezza (tav. III. f. 6 epi.); nella longitudinale di forma pressapoco eguale, ma sempre di lunghezza minore (tav. II. f. 4 epi.) La loro cavità è sempre ripiena di una sostanza amorfa, di colore tra il giallo ed il bruno, rosso bruno intenso nel /. Bungeana, compatta, sparsa uniformemente o raccolta in grumi. La natura di questa sostanza è difficile a stabilirsi; dalle reazioni però la si può, come quella del resto del tegumento ascrivere al gruppo delle materie coloranti provenienti dal tannino. Il grasso trovasi in queste cellule in quantità piccolissima. In tutte le specie da me studiate il seme offre dal suo lato esterno e nel senso longitudinale una piccola dilatazione del tegumento, l’aletta più sopra menzionata. Essa è percorsa dal rafe, quindi dal fascio vascolare considerevole, che essenzialmente Pie et lo costituisce. Esso entra nel seme subito al disopra del micropilo, che si trova in una piccola depressione, scorre leggermente flessuoso, seguendo il margine esterno (rispetto all'asse della cavità ovarica) del seme fino all’apice ; quivi finisce qualche volta, più spesso si continua ancora un poco (tav. IV fig. 11) sormontan- dolo e giungendo dal lato opposto, dove talora si divide in due piccoli e brevi rami, che scorrono lungo il margine interno o sulle faccie del seme (/r. ano- mala, obliqua ecc.). Questi fasci variabili di grossezza a seconda delle diverse spe- cie si compongono tutti, almeno per un buon tratto del loro decorso di un gruppo di tracheidi rappresentanti la parte vascolare o xilema circondato da uno strato di cellule allungate rappresentanti la porzione cribrosa o floema. I più piccoli di essi però perdono ben presto la loro porzione vascolare e si riducono ad un cor- doncino sottile di sole cellule del floema. La direzione dei fasci è ordinariamente longitudinale, decorrono diritti o flessuosi e trovansi precisamente in corrispondenza di quei rialzi (fr. dimorpha, obliqua) o di quelle depressioni (Mr. heterophylla, lentiscifolia, cpiptera) che osservansi già alla superficie del seme e che corrispon- dono ad altrettante dell’ endosperma, e quando queste non sono manifeste, nella massa dello strato mediano del tegumento (fr. americana, pennsylvanica, racemosa, Bungeama, pallida, anomala ecc.). Nell’aletta occupata dal rafe si distende il parenchima simile a quello dello strato mediano del tegumento, avviluppando il fascio. Però le cellule, che attor- niano il fascio del rafe sono più larghe e sferoidali-poligonali od irregolari, non compatte, ma lasse, cosichè non di rado lasciano fra di loro degli spazî intercellulari piccoli ed irregolari. Il fascio del rafe è un cordone a prisma trigono, ad angoli molto arrotondati, col lato più largo verso l'interno, quindi in sezione trasversale triangolare. I suoi rami, quando esistono, hanno ordinariamente forma di cordoncini, diversi di grossezza nelle diverse specie, schiacciati o compressi nel senso radiale ed assottigliati alle due estremità; quindi nella sezione trasversale si presentano ovali, allungati ed assot- tigliati più o meno alle estremità, col diametro massimo nel senso tangenziale. La massa vascolare è considerevole nel grosso fascio del rafe, assai minore, talora scarsissima negli altri. Spesso, sopratutto nel rosso fascio del rafe, i vasi mancano nel centro del gruppo da loro formato, lasciando una cavità irregolare più o meno ampia, dovuta certamente alla distruzione di parte di essi. I tracheidi sono pressapoco tutti eguali di diametro con parete molto grossa. Lo strato sempre considerevole di floema che avviluppa i fasci è -giallognolo nel fresco. Gli elementi ‘che lo compongono sono sempre molto minuti e così com- patti, che è ‘difficile, anche coll’aiuto dei reagenti, quali l’acido acetico glaciale, l’ anilina, il chiarirsi della loro struttura. Le cellule sono lunghe, strette, di figura tra il prismatico ed il cilindrico, ma irregolare, a pareti più o meno flessuose, colle loro estremità piane od oblique. La membrana si colora in giallo col cloro- ioduro di zinco, è fortemente ma non uniformemente ispessita e l’ispessimento minimo nelle cellule periferiche va aumentando verso 1’ interno. Epperò questo gruppo di tessuto è da considerarsi come la parte cribrosa del fascio ridotta alle sole cellule cambiformi modificate fortemente durante lo sviluppo del seme. a NR a Fontanesia Labill. Il seme delle Fontanesia è contenuto in un frutto capsulare o samara, di solito a due, talora a tre logge, di consistenza cartacea o subcoriacea, obovato, smarginato dai due lati e fornito nel contorno di due o tre ali membranacee, strette. Sono solitarî nella loggia per aborto di uno dei due ovuli, penduli per mezzo di un breve ma distinto funicolo che lo attacca alla sommità della loggia, ed inversi. Il seme stesso è assai piccolo, allungato-ovale, quasi lineare, ottuso, tre a quattro volte più lungo che largo, quasi piano o appena depresso dal lato interno, legger- mente convesso dal lato opposto. Questo lato è fornito di una leggera aletta per- corsa dal rafe; essa si distende un po’ di più verso il funicolo, ove è a punta ottusa. Epperò in sezione trasversale il seme appare verso l’apice dei cotiledoni in forma di cuneo (tav. I, fis. 2), dal lato radicellare ovale (tav. I fig. 3), con un lato un po’ piano, l’altro un po’ più convesso, a contorno continuo, regolare. Il seme è di color verdastro sporco o giallo bruniccio, più smunto sull’aletta. La superficie vista alla lente è zigrinata e più chiaramente sull’ aletta che sul corpo del seme, a zigrinature lievemente convesse ed uniformemente disposte su tutta la superficie. La struttura grossolana del seme è la medesima di quella dei Frassini e del resto di tutte le Oleacee studiate. Il tegumento è sottilissimo, assai compatto per compressione reciproca delle cellule, di color giallo-bruno o verdastro più o meno intenso; secondo i punti misura da 4-V4y dello spessore dell’ endosperma. Lo strato delle cellule epidermiche è semplice, sottile, chiaro e trasparente, gialliccio, più stretto del resto del tegumento , eguale in tutta la superficie del seme. In corrispondenza del rafe si solleva alquanto per formare colla corrispondente parte dello strato mediano del tegumento 1’ aletta. L’ epidermide esterna risulta for- mata da cellule simili, a perfetto contatto fra loro, grandette, disposte in serie regolari, col diametro maggiore secondo la lunghezza del seme. Hanno forma di prismi compressi nel senso radiale, subregolari od allungati, più grandi e più rego- lari verso il centro, che sui margini e sugli apici. Viste dalla superficie si mostrano poligonali esagone, irregolari, poco sporgenti, diverse di grandezza (tav. I f. 18); in sezione trasversale sono rettangolari, strettissime in tutto il seme meno le alette, dove sono subquadrate e quasi cuneate, 4 a 6 volte più lunghe che larghe, a pareti quasi piane, le esterne abbastanza ispessite, diritte od appena convesse in modo da for- mare una linea continua e regolare, le interne relativamente sottili, le radiali flessuose, diritte od oblique, molto più ispessite verso l’esterno, che verso l'interno (tav. DI fi 10; 10 tep:). Tutte le cellule epidermiche contengono dell’olio volatile solubile facilmente nell’ alcool a freddo, quasi incoloro e di odore appena sensibile. Vi si trovano inoltre dei granelli minuti assai, che nel seme fresco e maturo stanno raccolti in ammassi irregolari al centro o presso le pareti delle cellule. Siffatti granuli bruni nel seme secco sono invece tinti in verde come la clorofilla nel fresco, tondeggianti, eguali di dimensioni, in numero variabile a seconda delle cellule. Alcune volte essi sono grossi e talora come fusi in masse irregolari verdi, nelle quali è più o meno difficile riconoscere OS la traccia dei grani. L’ alcool assoluto esporta rapidamente a freddo la materia colorante, diventando torbidamente verde. L’ acido solforico concentrato colora i grani in giallo-rossiccio speciale. Siffatti granelli, che molto probabilmente sono residui di corpi clorofilliani in decomposizione, esistono anche ed abbondanti negli altri elementi cellulari del tegumento, meno forse l'epidermide interna. Finalmente nelle cellule epidermiche si contengono ancora numerosi e minutissimi cristallini aghi- formi di ossalato di calce, raccolti in piccoli mucchietti, sopratutto negli angoli delle cellule. Lo strato mediano del tegumento è sottile assai, 4, 14 circa dello spessore dell’endosperma nel secco, giallognolo, più intenso quasi bruno nella sua parte interna, uguale di spessore in tutto il seme, meno che all’intorno del rafe, dove si dilata a formare l’aletta, leggermente ondulato dal lato concavo per seguire l’endo- sperma, compatto assai sopratutto nella parte più interna, la quale insieme all’epider- mide interna non prende parte alla formazione dell’aletta, ma resta sotto al rafe. Gli elementi che lo compongono sono compressi fortemente gli uni contro gli altri nel senso tangenziale e si dispongono in 4-6 serie compatte. Nella sezione tra- sversale si vede sotto 1’ epidermide lo strato ipodermico poco manifesto, a cellule prismatiche, irregolari, lunghe, a pareti flessuose, poco ispessite; (tav. II. f. 9. 10 ip.); poi una o due serie di cellule rettangolari, irregolari, larghette, a pareti sot- tili; finalmente altre due serie di cellule rettangolari, assottigliate alle due estre- mità, più brevi e più strette, quasi fibrose (tav. II. f. 10 sm.). Nel taglio longitu- dinale le cellule ipodermiche sono ancora rettangolari, le altre ovali-allungate, più o meno assottigliate alle estremità, più grandi verso l’ esterno, che verso 1’ interno (tav. II. f. 9 sm.). In corrispondenza del rialzo od aletta occupata dal rafe le cel- lule più esterne dello strato medio diventano più grandi, più brevi, tondeggianti, irregolari e lasciano tra loro degli spazî intercellulari. Le cellule di questo strato contengono molto grasso e dei granelli simili a quelli segnalati nei Frassini, più abbondanti nelle serie interne che nelle esterne, di color bruno più o meno intenso. Questi grani si comportano coi reagenti, come quelli dei Frassini, epperò somigliante se non identica deve esserne la natura. I semi maturi e raccolti di fresco contengono ancora dei granelli verdi analoghi a quelli riscontrati nelle cellule epidermiche. L’ epidermide interna risulta formata come nei Frassini da una sola serie ondulata di cellule, compatte, prismatiche, ad angoli arrotondati e un po’ assotti- gliate alle estremità, disposte in senso tangenziale, più lunghe che larghe (3-8 volte), strette ed a parte esterna ed interna convesse, perfettamente aderenti alla superficie esterna dell’endosperma (tav. IL f. 9. 10; tav. IV. f. 4 epi.). Contengono abbondante- mente la materia colorante giallo-bruna, che offre anche qui le reazioni del tannino. Nelle due specie di questo genere da me esaminate, il fascio del rafe penetra per l’ilo vicinissimo al micropilo, percorre il lato convesso od esterno del seme e scorrendo semplice e flessuoso nella piccola dilatazione del tegumento od aletta sopradescritta, giunge fino all'apice opposto all’ilo, dove cessa (tav. IV. £. 8. 9. 19). Di rado il fascio dopo aver percorso un certo tratto del seme, si divide in due rami, che, divergendo alquanto, corrono fino all'apice cotiledonare (tav. IV. f. 8). Ann. Ist. Bor. — Von. I. 9 — I) Il fascio è relativamente grossetto, tondeggiante o compresso nel senso radiale ed assottigliato sui lati, epperò ovale nella sezione trasversale (tav. I. f. 1. 2.3 ra.), diviso quasi in due porzioni da una leggera soleatura che trovasi nel mezzo del lato esterno dell’ ala. Consta, come nei Frassini, di un gruppo centrale di tracheidi, in piccolo numero e da un abbondante strato di cellule cambiformi, i cui elementi concorrono in tutto con quelli descritti nei Frassini (tav. IV. f. 4 fv.). Syringa L. Il seme delle Syringa è contenuto in un frutto capsulare, coriaceo, un po’ com- presso, ovato-lanceolato o subcilindrico, biloculare, loculicido-bivalve, a valve navicolari, settifere nel mezzo. I semi di solito due per loggia, pendono dall’apice del sepimento; sono piccoli, compressi, ma a facce convessette, sopratutto una, forniti di due ali nei due lati opposti assottigliati, più sviluppate agli apici del seme che nel resto, con uno o due rilievi longitudinali sul lato convesso ed una leggera solcatura dal lato concavo manifesta sopratutto nelle S. Josikaea Jacq. e persica L. Il colore è bruno cioccolatte piuttosto pallido (S. vulgaris L.) 0 bruno pallido e la superficie è lievissi- mamente (S. vulgaris) o distintamente zigrinata. Delle due ali, come è dato veder nella sezione trasversale, l’una, quella che contiene il fascio del rafe, è prismatico- quadrata, irregolare, coi lati un po’ concavi, sopratutto quello esterno, dove trovasi una depressione a margini arrotondati. L’ altra aletta opposta alla prima è invece trigona ed assottigliata nella parte libera. Le ali sono formate dalla dilatazione della parte esterna dello strato mediano del tegumento ricoperta dall’epidermide, mentre la parte interna di esso gira attorno all’ endosperma. Il tegumento è sottile assai, circa !/3-'/s dello spessore dell’endosperma, più colorato in bruno-rosso all’interno, meno all’esterno e nelle ali. L’epidermide esterna consta di una unica serie di cellule, a perfetto contatto, poco sporgenti, diverse di dimensioni, formanti uno straterello di color bruno-ros- siccio quasi eguale alla metà di tutto il tegumento nel fresco. Le cellule che lo com- pongono sono prismatiche-quadrangolari, più grandi verso il mezzo, col diametro lon- gitudinale 2-4 volte maggiore degli altri. Viste dalla superficie le cellule epidermiche compaiono subeguali, esagonali, irregolari, col diametro maggiore nel senso della lunghezza del seme, poco convesse, a parete esterna finamente granulata. Nella se- zione trasversale si presentano rettangolari-ovali, 3-5 volte più lunghe che larghe, colle pareti esterna ed interna convesse all'infuori, sopratutto nella S. persica, e di esse la prima molto grossa, fortemente cuticularizzata, continua o lievemente ondulata nel suo decorso, l'interna più sottile, flessuosa; le laterali son più brevi, diritte od oblique (tav. III. f.9 ep.); nelle longitudinali sono pure parallelogrammiche ad angoli ottusi, più lunghe che nella sezione trasversale. Sulle alette le cellule epidermiche sono assai più strette, quindi in sezione trasversale molto più brevi e cuneate. Tutte contengono, come al solito, dell’olio volatile. Lo strato medio è assai sottile nelle parti laterali compresse del seme, costi- tuito da 6-7 serie di cellule disposte in senso tangenziale e fortemente schiacciate, facilmente distinguibili in due zone delle quali la più interna di color bruno ros- siccio risulta formata di circa 2 serie di cellule e segue l’ endosperma nelle sue Rae ondulazioni leggere, l’esterna di color bruno più pallido ad elementi più grandi che in corrispondenza delle ali si dilatano occupandone tutto lo spazio. Gli elementi cellulari sono prismatici, irregolari, più piccoli e più brevi verso l'interno che verso l’esterno, a parete piuttosto sottile (tav. III. f. 9 sm.). Nella sezione trasversale le più interne ap- pariscono ovali-allungate, schiacciate, larghette; quelle che seguono tosto più lunghe assai, molto strette, colle pareti quasi a contatto, flessuoso-rettangolari od a losanga, le più esterne ovali-fusiformi, brevi. Nelle ali le cellule della zona esterna dello strato medio sono disposte in due o tre serie, più grandi assai sopratutto intorno al fascio del rafe, di forma ovale-poligonale irregolare, talora con piccole prominenze colle quali si toccano, lasciando dei piccoli spazî intercellulari. Nella sezione longitudinale le cellule all’interno sono più piccole, assai compatte, ovali-brevi, poi ovali più lunghe, quasi rettangolari, quindi ovali grandi. Lo strato ipodermico è abbastanza manifesto, a cellule lunghette, rettangolari regolari, a pareti flessuose. Le cellule esterne dello strato medio contengono poco grasso con qualche scarso granello bruno; le interne sono invece abbondantemente fornite della solita sostanza bruna, che riempie anche totalmente la cavità e presenta sempre le stesse reazioni coi sali di ferro e col bicromato di potassa. L’epidermide interna costituisce uno straterello dello spessore di circa un quarto dello strato medio, a cellule subeguali, grandi, prismatico-rettangolari, ad angoli ar- rotondati, !/,-2 volte più lunghe che larghe (tav. III. f. 9 epi.). Contengono una considerevole quantità della solita sostanza colorante bruna. In tutte e tre le specie da me esaminate il fascio vascolare del rafe, entrato per l’ilo vicino all'apertura superiore del canale micropilare, che dista alquanto dal- l’apice radicellare dell'embrione, scorre semplice nel mezzo dell'ala dal lato suo più largo, fa un’ ansa in corrispondenza dell’apice opposto del seme, curvandosi verso i cotiledoni, presso i quali si termina talora (individui di S. vulgaris) ovvero giunto al- l'apice cotiledonare segue il dorso del seme mantenendosi semplice (S. Josikaea) od anche dividendosi in due ramuscoli (S. persica, individui di S. vulgaris). È grossetto, cilindrico, compresso, ovale-subrotondo in sezione trasversale, a decorso lievemente flessuoso, composto di pochi tracheidi e di molte delle solite cellule del floema. Forsythia Vall. I semi nelle Forsythia provengono da un ovario biloculare con logge pluri- ovulate, che si trasformano in frutto capsulare deiscente in due valve, coriaceo, duro, a due logge settifere nel mezzo. Sono in numero variabile a seconda non tanto delle specie, quanto forse delle condizioni in cui avvenne la fecondazione, avendo io esaminati frutti contenenti molti semi (8, 10 e più) o pochi (2-4). Maturi sono pic- coli di dimensioni, ovali allungati, subreniformi, ottusi agli apici, circondati da una aletta, la quale dal lato convesso del seme è molto più estesa, superandone la lar- shezza, che non dal lato opposto, dove è brevissima. È membranacea, sottile, di color bruno pallido, mentre il resto del seme è bruno più intenso, quasi cioccolatte. La superficie è finamente zigrinata con zigrinature distinte, poco convesse, unifor- memente distribuite, lucenti, meno manifeste sull’aletta. In sezione trasversale il seme si presenta ovale o subrotondo colle due appendici dovute alle alette quasi Sho opposte e di esse l’ una breve, ottusa, grossetta, l’altra molto più lunga, un po’ sol- cata, acuta, più sottile (tav. I. f. 7). L’integumento è sottile, misurando da metà a due terzi dello spessore dell’en- dosperma e possiede la struttura più volte ricordata. Lo strato delle cellule epidemiche è considerevole, eguagliando od anche supe- rando nel seme secco lo spessore di tutto il resto del tegumento. Consta di cellule prismatiche, compresse, le quali viste dalla superficie appariscono grandette, poligo- nali, a 4-6 lati, subregolari nel mezzo delle due superfici, più allungate nel senso della lunghezza del seme verso i margini e sui rialzi, colla faccia libera finissima- mente granellosa. Nel taglio trasversale ci appariscono disposte in serie compatte, uniformi, subeguali, di figura rettangolare, ristrette talora al punto di contatto (f. vi- ridissima), col diametro trasversale appena più lungo del verticale (F. Fortunei, su- spensa) 0 2-4 volte più lungo che largo (/. viridissima), più piccole sempre e come cuneate in corrispondenza delle curve, all’apice delle ali ecc. Le pareti sono gros- sette, uniformemente ispessite, l’interna fortemente cuticularizzata, leggermente con- vessa, l’interna fortemente, le radiali diritte o lievemente flessuose (tav. III. f. 4. 13; tav. IV. f.2 ep.). Nella sezione longitudinale le cellule epidermiche hanno il loro asse maggiore o longitudinale 2-4 volte più lungo di quello trasversale. Contengono abbondante il solito olio volatile, che forse tiene disciolta qualche sostanza resinosa, come ne fa- rebbero supporre l’odore e l’essere molto attaccaticcio. In alcune cellule osservansi inoltre dei cristallini di ossalato di calce. Lo strato medio del tegumento è assai sottile non eguagliando lo spessore del- l'epidermide e come al solito si distingue in due porzioni 1’ una esterna di color bruno più o meno pallido, che segue l’epidermide e che riempie tutto lo spazio da essa limitato nelle ali (tav. III. f. 4 sm.); l’altra interna più sottile e più compatta, che aderisce all’epidermide interna ed insieme a questa segue l’ andamento dell’ en- dosperma (tav. III. f. 4 smi.), non concorrendo quindi alla formazione delle ali e degli altri piccoli rialzi che qua e là talora si riscontrano. Il numero delle serie di cellule e Ia forma di queste è variabile a seconda del punto del seme, che si consi- dera. Nelle parti compresse del seme, cioè dove non havvi l’ala, le serie di cellule sono da 3 a 7 per la porzione esterna dello strato medio, da 2 a 4 per l’interna. Ma in corrispondenza delle ali e degli altri rialzi il numero delle serie della prima porzione di solito aumenta od almeno gli elementi che la compongono ingrandiscono di molto. Nelle parti laterali del seme tra l’una e l’altra ala le cellule dello strato medio sono compatte e compresse. Immediatamente sotto 1° epidermide trovasi uno strato di cellule ipodermiche prismatiche, a parete sottile, piccole, irregolari, allungate, talora due serie, delle quali allora le esterne sono molto più piccole e meno regolari (tav. III. f. 5.19 ip.); poi una o due serie di cellule più grandi, più lunghe, subregolari, varia- bili di forma, a parete flessuosa; quindi tre serie circa di cellule prismatiche-allungate a grossa parete, lunghe, tangenziali, fortemente compresse, a cavità piccola, quindi strette, assottigliate lungamente in punta, più allungate e più strette quanto più sono interne. Verso le ali le cellule dello strato medio, che stanno sotto la porzione ipodermica, si dilatano, si fanno più grandi, quadrato-rettangolari in sezione, tondeg- gianti-subovali. Nella piccola ala e negli altri piccoli rigonfiamenti del tegumento, queste stesse cellule sono grandi, ovali e subcircolari in sezione, lasse, quasi eguali fra loro e lasciano spesso degli spazî intercellulari, irregolari, piccoli e numerosi (tav. III. f. 5 sm.). Verso il centro delle due ali sopratutto alla base della maggiore diventano irregolarmente ramose ed allora gli spazî lasciati sono molto più grandi. Nella parte sottile dell’ala grande, le cellule centrali sono schiacciate, allungate in senso radiale, assottigliate alle estremità. Laddove esiste il parenchima lacunoso o ramoso lo strato di cellule sottoepi- dermiche contro il quale esso va ad adattarsi presentano all’ interno delle piccole sporgenze ottuse, alle quali si adattano i rami delle cellule sottoposte. Le cellule dello strato sottoepidermico contengono abbondantemente della ma- teria bruna granellare o compatta, la quale sì riscontra pure abbondante nella parte interna dello strato medio, mentre le cellule intermedie ne contengono pochi gra- nellini o punto. Questa materia colorante si comporta sempre allo stesso modo coi reagenti. Il grasso è abbondantemente diffuso nelle cellule dello strato medio del tegumento, sopratutto in quelle del parenchima lasso ed a grandi elementi delle ali e dei rialzi. Inoltre è notevole in due specie di questo genere (/. Fortunei, su- spensa) la presenza di particolari corpi a struttura raggiata nelle piccole cellule dello strato sottoepidermico, quelle cioè che si trovano immediatamente sotto l'epidermide. In esse si veggono dei corpiccioli variabili di grossezza e di numero ma sempre assai minuti, in forma di mezza o di tre quarti di sfera, i quali aderiscono al lato interno della parete esterna della cellula con una superficie piana, mentre la superficie libera è convessa. Questi corpi di color bruno pallido hanno struttura raggiata e precisa- mente sembrano costituiti come da un nucleo centrale, attorno al quale si dispon- gono degli strati concentrici diversi di spessore e attraversati da tanti piccoli raggi. L’epidermide interna difficile a discernersi nelle sezioni fresche, si può agevol- mente riconoscere col mezzo di reagenti. È sottile, regolare, costituita dal solito straterello di cellule prismatiche, schiacciate, subregolari, a pareti poco ispessite, di- sposte in senso tangenziale e che nel taglio trasverso appariscono subrettangolari, 3-7 volte più lunghe che larghe, strette, a pareti laterali diritte o leggermente oblique. Contengono dei grani bruni simili a quelli del resto del tegumento ed in quantità variabile a seconda dei casi. Nelle tre specie da me studiate il fascio vascolare del rafe si comporta in modo assai simile a quello delle Syringa; entra cioè nel seme appena sopra 1’ apertura esterna del canale micropilare, scorre indiviso nel margine libero della grande ala fino all’apice cotiledonare del seme, si curva verso i cotiledoni per cessare ben tosto. È assai piccolo e costituito di pochi elementi (tav. IV. f. 7 fv.). Chionanthus L. La drupa carnosa ad endocarpio duro, quasi osseo procede da un ovario biloculare, quadriovulato; ma per aborto è di regola monosperma. Il seme è ovale-ellittico assot- tigliato alle due estremità, più acuto dalla parte radicellare, colla quale aderisce all’endocarpio. Ha colore grigiastro quasi nocciola e presenta molti solchi flessuosi, RIA eo aleuni più profondi diretti in senso longitudinale, gli altri nel trasversale. Tutta la superficie del seme è zigrinata finamente, con zigrinature poco convesse ed opache. Nella sezione trasversale il seme si presenta ovalée-circolare, acuto verso l'estremità radicellare, ottuso verso quella cotiledonare, a contorno ondulato o flessuoso. Il tegumento è sottilissimo, non misurando che !/;9-'/; dello spessore dell’en- dosperma, il quale è in questa specie considerevolmente abbondante ; la sua struttura grossolana è sempre la medesima ricordata per le altre Oleacee. L’epidermide quasi trasparente ed incolora costituisce uno straterello, che eguaglia in grossezza all’incirca il resto del tegumento. Consta di cellule prismatiche irrego- lari, compresse nel senso radiale, diverse di grandezza e di forma, più piccole in cor- rispondenza delle depressioni. Viste dalla superficie ci appaiono poligonali irregolari, a 4-6 lati diseguali o subeguali, qualche volta col diametro longitudinale più lungo degli altri, colle pareti radiali a coroncina (tav. I. f. 14 15). Nel taglio trasversale sono rettangolari, disuguali, 2-4 volte più lunghe che larghe, colla parete esterna diritta, l’interna convessa, le radiali diritte od oblique (tav. II. f. 7 ep.). Le pareti sono piuttosto sottili ad eccezione dell’esterna, che è poco cuticularizzata, e tutte uniforme- mente ispessite ad eccezione delle radiali, le quali, unica eccezione fra le Oleacee da me studiate, sono punteggiato-lineate. Le linee d’ispessimento sono parallele, dirette dall’ esterno all’interno nel senso radiale e lasciano degli spazî non ispessiti di figura ovale-allungata (tav. II. fir. 2 a.). Le cellule epidermiche contengono tutte il solito olio volatile, benchè in quantità piuttosto scarsa. Lo strato medio del tegumento è sottilissimo, bruno, più pallido nella sua parte esterna, che è anche meno compatta, bruno intenso nella parte interna compattissima. Consta di 5-8 serie di cellule disposte nel senso tangenziale e schiacciate dall’esterno verso l’interno, prismatiche irregolari, piuttosto brevi e piccole, subrotonde, poligo- nali o brevemente ramose nelle depressioni più grandi del tegumento, sopratutto dove sono i fasci vascolari (tav. II. f.7 sm.). Esiste lo strato sottoepidermico a cellule prismatiche, lunghette, che in sezione trasversale appaiono irregolarmente rettangolari a pareti flessuose (tav. II. f. 2.7 ip.). Fa seguito uno strato di due 0 tre serie di cellule pure prismatiche irregolari, a parete flessuosa, più brevi, ma quasi uguali in larghezza a quelle dello strato ipodermico. Vengono poscia le tre o quattro serie delle cellule della parte interna compatta del tegumento, che sono a losanga in sezione trasversale e tanto più strette ed allungate in senso tangenziale, quanto più interne. Verso le depressioni ed in esse le cellule della parte esterna dello strato medio si fanno più lasse, diventano tondeggianti-irregolari e attorno ai fasci vascolari lievemente ramose, in modo da lasciare degli spazî intercellulari ampî e di forma ordinariamente ovale. Le cellule dello strato sottoepidermico contengono i soliti granelli irregolari di materia colorante bruna; assai minor quantità se ne riscontra nel parenchima lasso, molto invece ne contengono le cellule compatte della parte interna. L’epidermide interna presenta la solita struttura. È sottile straterello a cellule piccole, brevi, prismatiche ad angoli arrotondati, a pareti sottili, e che in sezione trasversale si presentano ovali-rettangolari, brevi, un po’ ristrette in corrispondenza delle pareti radiali (tav. II. f. 7; tav. III. f. 15 epi.). Sono ripiene di materia colorante giallo-bruna. — J5 — Lateralmente al micropilo, ma più lontano che nei generi precedenti, penetra nel seme il cordone del rafe. Esso si adagia nella ricordata depressione longitudi- nale, che percorre fino a circa due terzi della lunghezza del seme, dirigendosi verso l'estremità ottusa o cotiledonare, e formando un bendello o striscia biancastra. Ivi si scioglie in 4-7 fasci più piccoli, che seguono le depressioni segnate sulla super- ficie esterna del seme. Di essi alcuni (2 di solito), curvandosi tosto, tornano indietro verso l’apice acuto o micropilare; un altro raggiunge la sommità cotiledonare e spesso la sorpassa, percorrendo poi la linea mediana della faccia opposta; altri due si di- rigono sui lati del seme (tav. IV. f. 20). Quando nelle logge sono due semi, e quindi la loro forma è emisferica, l’ilo ed il punto di divisione dei fasci sono sul margine del lato piano. Da questo punto partono allora in senso opposto 2 grossi fasci, che percorrono tutto o quasi il margine stesso ed altri due, che si dirigono alle facce (tav. IV. f. 21). In ogni caso i rami primarî ne mandano molti di ordine inferiore, i quali si anastomizzano fra loro, formando su tutto il seme una rete a maglie irregolari. I fasci sono piuttosto piccoli, cilindroidi o molto compressi nel senso radiale. Li compongono un numero variabile di tracheidi circondati dal solito straterello di floema modificato. Olea Tourn. Nelle Olea il seme proviene da un ovario biloculare con due ovuli per ogni loggia pendenti dall’apice del dissepimento, perchè il funicolo scorre lungo la parete della loggia stessa, salendo dal fondo. Il frutto però, che è una drupa ad endo- carpio osseo, benchè variabile di grossezza e di durezza, per aborto è il più delle volte ad una sola loggia e contiene un solo seme. Questo è variabile di grossezza, più grande nelle Olea ewropaca, ilicifolia, verrucosa, più piccolo nell’O. angusti- folia. Ha però sempre forma ovale più o meno allungata, colle due estremità quasi egualmente assottigliate e più o meno ottuse, più o meno convesse. La sua super- ficie è in alcune specie reticolato-venosa in causa di rialzi più o meno marcati, come piccole vene, anastomizzati a rete, le cui maglie variabili di forma e dimen- sione sono però sempre dirette nel senso della lunghezza del seme. In altre (0. ili cifolia, verrucosc, capensis) la superficie del seme è uniforme, senza solcature ma- nifeste, nè reticolature. Nel primo caso la colorazione del seme è duplice, essendo di solito giallicci più o meno pallidi i rialzi, brune, bruno-verdastre le parti de- presse; nel secondo il colore è uniformemente bruniccio. In tutte le specie la su- perficie del seme è lievemente e finamente zigrinata. In causa delle indicate solca- ture le sezioni trasversali dei semi si presentano, quando circolari-ovali a contorno regolare o quasi (0. ilicifolia, verrucosa, capensis), quando irregolari, col contorno non uniformemente ondulato, a rialzi e depressioni più o meno manifeste (0. ame- ricana, chrysophylla, angustifolia) (tav. I. f. 9. 10.11). Il tegumento è sempre sottile, più o meno sviluppato anche relativamente allo sviluppo maggiore o minore dell’endosperma. Esso può misurare a seconda dei punti e delle specie, da metà ad !/,; dello spessore dell’endosperma stesso. L’epidermide esterna costituisce anche nelle Olea uno straterello trasparente, regolare, il cui spessore è pressapoco di metà quello dell’intero tegumento (0. undu- ui = lata) o di circa un terzo nelle altre specie. Consta di cellule prismatiche a base rettangolare, fortemente compresse nel senso radiale, ad angoli arrotondati, 17!/, voltà più lunghe che larghe, disposte in senso longitudinale nelle maglie della superficie del seme, sulle costoline o rilievi invece secondo la direzione dei medesimi. Osser- vate dalla superficie si presentano poligonali, subesagonali più o meno regolari, col diametro longitudinale di solito maggiore, a pareti subregolari (tav. I. f. 12). In sezione trasversale appaiono rettangolari, diverse di grandezza, assai più lunghe che larghe sui rialzi formati dai fasci, più brevi e più regolari nelle depressioni inter- medie. Le pareti sono sempre uniformemente ispessite, ma l’interna è assai sottile relativamente alle radiali ed esterna, le quali ad eccezione di 0. chrysophylla ed undulata, in cui la cuticularizzazione è poco considerevole, sono assai più grosse e fortemente cuticularizzate, collo strato intermedio manifestissimo (tav. I. f. 13). Le cellule epidermiche contengono, in quantità poco considerevole l’olio volatile traspa- rente ed incoloro spesso raccolto in grosse gocciole, che non occupano che parte della cellula. Lo strato medio del tegumento è come al solito distinto in due porzioni diverse per struttura, l'una esterna più stretta, meno compatta, l’altra interna più larga, compattissima. Le due porzioni si slontanano l’una dall’altra in corrispondenza dei fasci vascolari. Il suo colore è ordinariamente giallo, bruno o verdiccio, più in- tenso nella porzione interna. Lo strato ipodermico esiste sempre manifesto e più o meno distinto dal tessuto sottostante. Consta di uno strato di cellule prismatiche, abbastanza regolari, diverse di grandezza nelle diverse specie, ma sempre più pie- cole delle cellule epidermiche, tangenzialmente disposte, a pareti diritte o flessuose, sottili (0. chrysophylla ecc.), grossette (0. europaea ece.), di figura tra la quadrata e la rettangolare in sezione longitudinale. Il rimanente della porzione esterna dello strato medio del tegumento consta secondo i casi di 2-5 serie di cellule grandette subeguali o diverse, compatte assai nel secco e che distese colla potassa allungata si mostrano di forma prismatica, poli- sonale od irregolare a seconda delle specie. Nella porzione depressa del tegumento là dove mancano i fasci vascolari, le cellule sono più regolarmente disposte, più ampie verso l’esterno dove differiscono talora anche pochissimo per le dimensioni dalle cellule dello strato ipodermico. In sezione trasversale si presentano poligo- nali-ovali, romboidali, col diametro maggiore nel senso tangenziale, a pareti sottili di solito, lasse, flessuose; nella longitudinale romboidali strette ed allungate, assot- tigliate alla estremità, a cavità sempre più strette quanto più interne, o subovali, subeircolari, irregolari. In corrispondenza dei fasci vascolari le cellule delle 2-3 serie mediane si fanno più grandi, irregolari, a pareti flessuose, spesso (0. americana, ver- rucosu) con rami e sporgenze, quindi lacunose. La porzione interna dello strato me- diano è stretta, ad elementi compattissimi nel secco, compressi molto nel senso tan- genziale. Costituiscono 2-3 serie circa di cellule prismatiche, allungate nel senso tangenziale, a cavità strettissima, romboidali in sezione trasversale o parallelogram- miche, subeguali, a pareti diritte o flessuose (0. ?licifolia). Le cellule dello strato medio del tegumento sono ricche d’olio grasso, special- mente quelle del parenchima lasso e lacunoso. In tutte inoltre, massime in quelle ZII della porzione interna trovasi abbondantemente distribuita la materia colorante bruna o giallo-verdiccia. L’epidermide interna è costituita come d’ordinario da una serie subregolare di cellule prismatiche, brevi, subquadrato-rettangolari nella sezione trasversale, rettan- golari più lunghe nella longitudinale, ad angoli arrotondati, disposte nel senso lon- gitudinale col loro massimo diametro. Sono strette assai (0. americana, europaea, undulata, chrysophylla, angustifolia), talora più grandi di molto (0. ilicifolia, ver- rucosa, capensis). Questa epidermide si stacca spesso dall’endosperma, cui aderisce, sopratutto in seguito all’azione della potassa e degli acidi inorganici. Contiene in quantità maggiore o minore la solita materia bruna. Il sistema vascolare è molto sviluppato nelle lea. I fasci si trovano in quei rialzi o linee più o meno sporgenti, che limitano le areolature della superficie del seme, o nelle depressioni e rialzi leggeri della medesima, dove essa non è reticolata (tav. I. f. 9.10.11 fv.). Al sommo della estremità acuta sotto una piccola sporgenza dovuta al micropilo sta una depressione con un punto bianco, l’ilo, per dove penetra il fascio del funicolo. Esso si dirige lungo la linea mediana, mantenendosi semplice per breve tratto (0. ecuropaca), oppure fin quasi al polo opposto; ivi si divide in tre o quattro rami, dei quali i primi due fanno un’ansa all’indietro e ritornano, ramificandosi, verso il mieropilo; l’altro o gli altri raggiungono l’apice, lo sorpassano, e sull’apice stesso o subito dopo sulla faccia opposta si sciolgono in potenti rami, che ritornano flessuosi e pure ramificandosi, verso il mieropilo, attorno al quale terminano i prin- cipali. I rami tutti si mandano delle anastomosi oblique, cosichè nel tegumento del seme corre una rete fitta con maglie a losanga od elittiche (tav.IV, f. 21. 22. 23. 24).I fasci hanno forma cilindroidale, poco 0 molto compressi nel senso radiale, quindi nelle sezioni trasversali si presentano ovali-allungati o lenticolari. Nel taglio fresco appa- riscono bianchicci spiccando sul color giallo del tegumento; constano di un numero considerevole di tracheidi subeguali fra di loro, grossetti, a cavità subcircolare e della ordinaria forma e struttura. La spirale loro è spesso doppia ed incrociata. Attorno al gruppo di tracheidi trovasi poco sviluppato lo straterello delle cellule cambiformi. Picconia DC. Il frutto della Picconia excelso somiglia a quello dell’olivo selvatico, possiede però un endocarpio duro, ma non osseo, che cede sotto una forte pressione delle dita almeno verso la sua parte mediana dove è più sottile. Esso proviene da un ovario bilocu- lare; ma per aborto diventa uniloculare ed uniseminato. In tutti i semi da me esa- minati provenienti da diverse località, benchè il frutto sembrasse giunto a perfetta maturanza, tuttavia il seme non era mai buono e sempre ridotto ad un piccolo corpicciolo ovale, ad estremità assottigliate, aderente per un lato alla parte supe- riore della linea mediana della già parete divisoria delle logge. Questo seme abor- tito è bruno, un po’ concavo da un lato, convesso dall’altro a zigrinatura fina e lu- cente con una leggera solcatura mediana longitudinale, da cui partono poche e brevi solcature laterali. La sezione trasversale di questo seme ce lo mostra costituito da un tegumento regolarmente sviluppato, il quale racchiude una cavità ripiena non ANN. Ist. Bor. — Vot. I. 3 PN già dall’endosperma e dall’embrione, bensì da una massa mucilagginosa granellosa, perfettamente anista e che gonfia alquanto coll’acqua. Il tegumento è bruno o bruno-nero, rigido, fragile, assai duro. Pare che non avendo avuto luogo lo sviluppo dell'embrione e dell’endosperma, le cellule com- ponenti il tegumento non subirono pressione alcuna durante la formazione del frutto, per cui sono distese e non compresse come d'ordinario nel senso radiale. L’epidermide esterna è a cellule grandette, poligonali, subesagone, tavolari, pressapoco eguali, a pareti lievemente flessuose, di color bruno. Nel taglio trasver- sale si presentano, 1-3 volte più lunghe che larghe, colla parete esterna discreta- mente cuticularizzata poco sporgente, l’interna convessa, le radiali diritte 0 flessuose, piuttosto sottili (tav. II. f. 8 ep.; tav. III. f. 1 ep.). Contengono il solito olio volatile. Lo strato mediano del tegumento si compone di un ipoderma non ben distinto, a cellule prismatiche, strette, tangenziali, irregolari, a pareti flessuose (tav. II. f. 8; III. f.lip.); poi di poche serie di cellule parenchimatiche lasse, sferoidali, ovali, poliedriche, a pareti sottili e flessuose, quindi con piccoli spazî intercellulari, più strette o più lun- ghe, un po’ compresse verso l’interno. Dove trovansi i fasci vascolari il tegumento si rigonfia considerevolmente ed allora lo strato medio è costituito da un numero mag- giore di serie di cellule, più grandi, più irregolari ed all’intorno del fascio anche ramose e lacunose. L’epidermide interna è molto manifesta, costituisce un largo straterello a cel- lule prismatiche brevi, che in sezione trasversale si presentano subquadrate o bre- vemente rettangolari con parete interna molto più grossa delle altre e cuticularizzata, le altre flessuose, più sottili d’assai (tav. II. f. 8 epi.). Il loro colore è bruno, più intenso che nel resto del tegumento; contengono pochi granellini bruni della solita materia colorante. Lo scarsissimo numero di semi abboniti che potei esaminare, non mi permise di studiare il decorso dei fasci vascolari; pare tuttavia dalla disposizione dei me- desimi nelle sezioni trasversali e longitudinali, che rassomigli a quella descritta per il Chionanthus, benchè il numero dei rami sia assai minore. I fasci sono grossetti, cilindroidi, costituiti da numerosi tracheidi raccolti in gruppo irregolare e da uno strato considerevole di cellule cambiformi piccole, prismatiche, lunghe, compatte, gialle, subesagonali in sezione trasversale. Notelea Vent. Il frutto drupaceo uniloculare ed uniseminato per aborto di una loggia dell’ovario e di tre degli ovuli, racchiude un seme pendulo, inverso, attaccato quasi alla sommità della parete membranacea divisoria della cavità seminale primitiva, che aderisce all’en- docarpio duro, ma non osseo. Esso seme è grossetto, ovale, con una estremità molto ottusa, l’altra assottigliata e che porta all’apice un piccolo forellino tondeggiante. Sulla linea laterale di attacco del seme, cioè verso la parte grossa ed ottusa havvi un punto, in cui esso aderisce di più e dal quale partono in tutte le direzioni delle depressioni, che si dirigono ramificandosi ed assottigliandosi verso l’apice, presso il quale terminano, formando nel loro complesso un reticolo a maglie irregolari. Ha color bruno cioccolatte e la sua superficie è abbastanza manifestamente zigrinata. — 19 — In sezione trasversale ci appare dal lato radicellare quasi circolare nel suo com- plesso, con depressioni profonde variabili di numero e di posizione reciproca, in fondo alle quali stanno i fasci vascolari. Dei rialzi che stanno fra le depressioni uno è più grande e quasi piatto, più degli altri sporgente dalla linea comune cir- colare. Dal lato cotiledonare la sezione è più grande, circolare-ellittica, con depres- sioni molto meno profonde e più strette. Il tegumento è molto sottile a paragone dell’endosperma, che è assai svilup- pato, superandone a seconda dei punti da 7-15 volte lo spessore. L’epidermide forma uno straterello più grosso del resto del tegumento, ad elementi regolarmente di- sposti, della solita forma prismatico-tavolare. Visti dalla superficie si presentano subquadrato-esagonali, subregolari, grandetti, spesso col diametro longitudinale più lungo, diversi di grandezza, maggiori in corrispondenza delle depressioni (tav. I. f. 19). Nel taglio trasversale offrono forma rettangolare, col diametro tangenziale un po’ più lungo. La loro parete esterna è fortemente cuticularizzata, grossa, quasi retta, le radiali e l’interna relativamente sottili, ondulate. Contengono dell’olio volatile in discreta quantità. Lo strato medio è sottile, giallognolo, ad elementi fortemente compressi e dif- ficilmente visibili nel secco. In corrispondenza dei fasci si divide nelle due porzioni o strati esterna od interna, che li abbracciano. Lo strato ipodermico è a cellule piut- tosto grandi, prismatiche, subregolari, rettangolari in sezione, col diametro maggiore tangenziale. Il resto dello strato medio si compone di circa cinque serie di cellule compatte, prismatiche, compresse, quindi in sezione trasversale ovali-allungate, più o meno acute agli apici, strette, più grandi verso l'esterno. Attorno ai fasci vasco- lari però e nelle depressioni da essi percorse le cellule più esterne dello strato medio sono in numero maggiore, più grandi, ovali od irregolari, con piccoli spazî inter- cellulari. Tutte le cellule dello strato medio contengono molto grasso e sopratutto quelle delle serie interne sono completamente ripiene della solita materia granel- lare gialla. L’ epidermide interna si compone di una serie di cellule aderenti fortemente all’endosperma, in sezione trasversale ovali-allungate, brevi, colle pareti radiali oblique. Contengono la sostanza gialla raccolta in masse sferoidali. Anche per questo genere debbo ripetere quanto dissi per la Picconia, poichè la disposizione dei fasci è simigliante nelle sezioni. I fasci stessi sono grossetti, cilindrico-compressi, costituiti da numerosi tracheidi, spesso distrutti verso il cen- tro dove trovasi allora una cavità irregolare, circondati da uno straterello di floema della solita struttura. Phyllirea L. L’ovario simile a quello delle Olea dà origine ad un frutto hacciforme con endocarpio cartaceo, poco resistente, biloculare, più spesso per aborto uniloculare ed allora con due 0 più comunemente un solo seme aderente alla parte superiore del dissepimento spinto da un lato. Quando i semi sono due si guardano ed aderiscono verso l’interno, essendo separati dalla lieve membranella del dissepimento, alla quale si attaccano verso l'alto in un solo punto. I semi in questo caso sono quasi emisferici —-20 — N con un lato convesso esterno, l'interno concavo; se il seme è unico, è rotondo- ovale, assottigliato verso l’alto. Il colore è un giallo rossigno o ranciato; le due su- perfici sono segnate da poche ma distinte solcaturè, che partono tutte, almeno le principali dal punto d’attacco del seme. La superficie è finamente ed unifor- memente zigrinata. La sezione trasversale del seme ha forma di ovale o di mezza circonferenza, col contorno lievemente ondulato, sopratutto dal lato non convesso, che presenta anche di solito una leggera depressione nel mezzo. Gli angoli quasi retti formati dall’incontro della parte convessa colla piana, sono lievemente solle- vati in forma di piccola costicina. L’integumento è assai sottile, misurando da 1/;7!/7 dello spessore dell’endo- sperma. È giallo-bruno o giallo-rossiccio, compattissimo, costituito del resto come d’ordinario. L’epidermide esterna forma uno straterello considerevole, spesso del doppio più grande che il resto del tegumento, trasparente ed incoloro. Consta delle solite cel- lule tavolari, compresse nel senso radiale e viste dalla superficie poligonali a 5-6 lati, subregolari, subeguali (tav.I.f.17). Nella sezione trasversale sono rettangolari, un po’ ri- strette alla estremità, quasi tanto lunghe che larghe, più corte e più strette in corrispon- denza dei rialzi (tav. III. f. 7 ep.), pressapoco subquadrate nel taglio longitudinale, colle pareti poco cuticularizzate, l'esterna poco più grossa delle altre. Contengono in poca quantità dell’olio volatile. Lo strato mediano del tegumento è giallo-bruno, compattissimo, un po’ irre- golare nel suo spessore, perchè segue le ondulazioni dell’endosperma e ne riempie le depressioni. Consta di uno strato ipodermico a cellule grandi prismatiche, ret- tangolari in sezione trasversale, diverse di dimensione, a pareti oblique o flessuose (tav. III. f. 7 ip.). In corrispondenza dei fasci vascolari e delle depressioni si fanno subquadrate o tondeggianti in sezione trasversale, ed allora sporgono verso l’interno per attaccarsi alle cellule sottostanti, lasciando delle piccole lacune. Sotto lo strato ipo- dermico, dove non esistono fasci nè rigonfiamenti trovasi uno strato di 4-6 serie di cellule prismatiche, compresse nel senso radiale, che in sezione trasversale si presen- tano ovali-allungate e strette o romboidali, colle estremità acute nelle mediane, che sono le più lunghe, mentre le interne sono più brevi e più piccole. Le esterne delle cellule di questa porzione sono a pareti flessuose, quindi lasciano dei piccoli spazî in- tercellulari, i quali si fanno più grandi e più numerosi in corrispondenza delle depressioni dell’endosperma e dove si trovano i fasci vascolari, perchè ivi le serie di cellule sono più numerose e quelle più esterne, più grandi, ovali o subtondeg- gianti (tav. III. f. 7 sm.). Tutte le cellule dello strato medio contengono dell'olio grasso ed una quantità considerevole di materia colorante, più scarsa nello strato ipodermico. L’epidermide interna è sottile, aderisce perfettamente all’endosperma, è a cellule grandette, prismatiche ad angoli arrotondati, con pareti radiali oblique (tav. III. f. 7 epi.), piene zeppe di materia giallo-bruna, raccolte in una massa unica, che occupa gran parte delle cellule. Verso la metà della lunghezza del seme si trova una leggera depressione oc- cupata dall’ilo, il quale pertanto è alquanto lontano dal micropilo, che sta al sommo ICI, pre dell’estremità acuta. Il fascio, entrando, si dilata quasi tosto in una placca trian- golare, dalla quale partono, raggiando, parecchi grossi fasci, che si dirigono flessuosi in tutte le direzioni, giungendo colle loro estremità fin presso al micropilo, che circondano. Essi si mantengono indivisi per un piccolo tratto, poi si ramificano abbon- dantemente, ma presentano poche anastomosi (tav. IV. f. 25. 26. 27). I fasci sono piccoli, cilindroidi o compressi. Nelle sezioni trasversali dei semi emisferici si vede che di essi uno occupa la depressione mediana del lato interno e piano del seme, due altri trovansi ciascuno negli angoli formati da questo lato piano colla parte curva, altri più piccoli e variabili di numero trovansi nella parte curva. La loro ERO struttura è identica a quella delle altre Oleacee. I.igustrum Toun. Il frutto proviene da un ovario biloculare con due ovuli per ogni loggia, che pendono dall’apice del dissepimento. È una bacca globosa o quasi, biloculare, con endocarpio di consistenza cartacea o membranacea; contiene di rado quattro semi, più d’ordinario tre, due, od uno solo in seguito ad aborti. I semi variano di gros- sezza e di forma anche nella medesima specie a seconda del numero loro nel frutto. Quando sono soli hanno per lo più forma ovale-elittica, colla estremità radicellare più sottile, leggermente compressi da un lato, l’interno. Quando sono in numero maggiore, il più spesso sono ovali, convessi dal lato esterno, concavi o piani dal lato interno (rispetto alla loro posizione nel frutto), un po’ piriformi, più sottili dal lato radicellare (tav.I.f. 4.5). Talora però, se i semi sono quattro (Ligusirum vulgare L. ecc.) diventano piriformi angolosi, subtrigoni, colle due faccie, che guardano gli altri semi quasi piane, l’altra convessa fortemente. Nella stessa loggia i due semi aderiscono leggermente tra loro, cosichè si possono portar fuori insieme uniti in un corpo solo, e siffatta aderenza è dovuta ad una disposizione speciale della parte esterna del tegumento delle due facce, che si guardano, cioè la piana, formando essa delle rien- tranze e delle sporgenze, che ingranano fra loro (tav. I. f. 8). Epperò da questo lato il seme presenta due ali, una più breve nella parte anteriore della sua porzione grossa, l’altra più lunga diretta all’indietro nella parte posteriore ed assottigliata. La superficie del seme non è uniforme, ma presenta una solcatura più o meno manifesta e più marcata verso l’estremità radicellare nel mezzo della parte convessa ed una a tre altre in quella piana. Oltre alle ricordate alette, in corrispondenza dei fasci vascolari principali ed anche altrove si trovano rialzi più o meno forti in tutte le direzioni specialmente longitudinale, cosichè la superficie del seme appare come leggermente solcata e pieghettata. Il colore del seme è sempre bruno, ma quando cioccolatte (£. japonicum Thbg., longifolium, robustum Hook. et Thm.), quando intenso, quasi nero (L. nepalense Wall., vulgare L.). La sua superficie è finamente ed uniformemente zigrinata, a zigrina- ture manifestissime, il più spesso turgide, opache, o lucenti. In sezione trasversale il seme ci appare a seconda della sua forma e del punto tra il subcircolare ed il semicircolare a contorno ondeggiato; nella longitudinale subovale con un lato con- vesso, l’altro assai meno, talora quasi piano. Il tegumento è in tutte le specie sottile, misurando da !/371/7 fino ad !/j3 (L. lon- — 29 gifolium) dello spessore dell’ endosperma, di colore variabile dal giallo-bruno al bruno-rossiccio, ondulato in causa delle pieghe dell’endosperma, al quale aderisce fortemente colla sua porzione più interna, mentre-la parte esterna spesso e facil- mente si stacca, quando il seme è maturo e secco; è poco resistente, talora però duretto e fragile (L. vulgare). Anche qui, come sempre, il tegumento si distingue facilmente nei tre strati epidermico, mediano ed interno. L’epidermide esterna costituisce uno straterello ondeggiato di una sola serie di cellule, di color bianco-gialliccio o bruno (L. nepalense) o bruno intenso (L. lon- gifolium), che misura da !/, (L. ovalifolium) a tre, quattro volte lo spessore del resto del tegumento (Z. robustum). Consta di cellule prismatico-tavolari, molto com- presse nel senso radiale, che viste dalla superficie si presentano di forma poligonale, più spesso esagonali, subregolari, quando pressapoco eguali in grandezza, quando di- verse, a membrana uniformemente ispessita, grossa. Nel taglio trasversale le cellule si presentano rettangolari-ovali, più o meno lunghe, strette e cuneate nelle ali e sulle curve, subconvesse verso l’esterno e verso l’interno, diritte od oblique ai lati (tav. III. f. 2. 3. 8. 10 ep.). In sezione longitudinale non differiscono molto dal modo di presentarsi della trasversale (tav. II. f. 3 ep.; tav. III f. 11. 12 ep.). La membrana esterna è sempre fortemente cuticularizzata. Tutte le cellule contengono abbondantemente dell’olio etereo, incoloro o gialliccio, più o meno trasparente, di odore leggero e gradevole. In esso liquido sono però spesso contenuti dei minuti granelli, numerosi, talora raccolti in masse più o meno considerevoli e brune (L. japonicum). Lo strato medio è bruno più o meno intenso, più scuro verso l’interno e verso l'esterno, più chiaro nel mezzo. È sottile, misurando !/, o meno dell’endosperma nel secco. Consta di parecchie serie di cellule variabili di numero nelle diverse specie ed anche nella medesima, da 4-8 (L. japonicum, ovalifolium) a 10-15 (£. vul- gare, robustum) (tav. III. f. 2. 3. 8. 10. 11. 12. 14 ip.). Lo strato ipodermico è sempre ben distinto per struttura ed anche per colorito, essendo di un bruno più intenso, che tutto il resto del tegumento. Consta di cellule prismatiche disposte tangenzialmente col loro diametro massimo, più piccole delle cellule epidermiche, subeguali in grandezza fra loro, a parete bruniccia, grossetta, diritta o flessuosa, irregolarmente rettangolari in sezione (tav. II. f. 3. 5; III. f.2.3.8. 10.11.12 ip.). La loro parete interna presenta di solito delle piccole prominenze, che servono a dar attacco alle corrispondenti del tessuto lacunoso. Le cellule ipodermiche contengono in ab- bondanza la materia colorante bruna, che riscontrasi anche in altre cellule dello strato medio, ma meno abbondante e meno colorata. Si presenta in forma di grani variabili di grossezza e di forma, di color bruno scuro nel complesso, bruno rossicci o quasi violacei se isolati e sottili. Sotto lo strato ipodermico sta disposto un numero variabile di serie di cellule sub- parallele, il-più delle volte assai compresse nel senso radiale, disposte tangenzialmente, lasse verso l'esterno, compatte verso l'interno. Questo strato di color bruno più o meno intenso si distingue, come al solito, in due porzioni. Le cellule esterne sono prismatiche ovali, più o meno irregolari, grandette, a pareti sempre sottili, disposte in due o più serie, che in sezione trasversale compaiono ovali od ovoidali o rettangolari-irregolari, (913) ES a pareti flessuose. Le cellule che seguono e che costituiscono la parte interna sono disposte in più serie, compresse assai, quindi in sezione trasversale rettan- golari, allungate, fusoideo-ovali, strette tanto più quanto ci portiamo verso l’epi- dermide interna, dove di solito le ultime o le due ultime serie sono a cellule pic- cole e brevi, serrate, parallele a quelle dell’epidermide interna. La parete è più grossa e colorata in queste ultime cellule, che nelle esterne. Talora dovunque, talora soltanto dove il tegumento si allarga, una o due serie od anche tutte le cellule esterne dello strato medio diventano lacunose od anche ramose e lasciano fra loro degli spazî intercellulari elittici, ovali od irregolari, di solito col mag- giore diametro nel senso tangenziale, il più spesso ampî, talora appena manifesti (L. lon- gifolium) (tav. INI. f. 3.8 sm.). Tali cellule sono assai variabili di forma, prisma- tiche, brevi o lunghe, ad angoli ottusissimi, substellate, irregolari, con due o più rami ottusi, brevi, o lunghi, diretti in tutti i sensi, che vanno ad attaccarsi a quelli delle cellule vicine od alle sporgenze dell’ipoderma. Questo tessuto è manifestissimo dove l'epidermide si solleva, facendo dei piccoli rialzi, assai meno nel resto, dimi- nuendo il numero e la grandezza dei rami, quindi degli spazîì intercellulari. Attorno ai fasci vascolari poi e nelle ali lo sviluppo del parenchima lacunoso raggiunge il suo massimo. Attorno al grosso fascio aumenta il numero delle serie, che si dispon- gono talora regolarmente (L. nepalense) abbracciandolo tutt’all’intorno; le cellule sono più larghe e meno lunghe, che altrove, incolore o quasi. Le alette sono costituite oltrechè dall’epidermide e dallo strato ipodermico, dal parenchima lacunoso, il quale è spesso veramente stellato ed è visibile chiaramente nei tagli longitudinali. Le cel- lule cioè sono fornite di braccia dirette da tutti i lati, numerosi, lunghetti, irre- golari, cilindroidi, ad estremità ottuse, colle quali si attaccano fra di loro e colle cellule ipodermiche. Le lacune sono più grandi nel centro dell’aletta e attorno ai fasci, diminuiscono verso la periferia. Le cellule dello strato medio contengono la sostanza giallo-bruna, più abbon- dante nella parte interna, in forma di granelli rotondi od irregolari variabili di grossezza. Più o meno abbondante è pure contenuto nelle cellule di questo strato dell’olio grasso. L’epidermide interna forma uno straterello sottile adattato perfettamente allo endosperma, molto colorato, giallo-bruno, giallo-rancione (L. vulgare) o bruno intenso, a cellule piccole o mediocri (L. ovalifolium, nepalense), lunghe il doppio almeno dell'altezza, a perfetto contatto colle loro pareti laterali, che sono un po’oblique di solito, convesse all’esterno ed all’interno, ovali-ellittiche o subrettangolari nel taglio trasversale, a parete mediocre, talora flessuosa (tav. III. f. 2. 3. 8. 10.11. 12. J4. 16 epi.). Contengono in quantità sempre considerevole la materia bruna amorfa in grani tondeggianti, ovali, che riscontransi anche nelle cellule interne dello strato medio. Sulla faccia ventrale del seme, vicino al micropilo trovasi l’ilo in forma di una macchiolina ovale, pel quale penetra il fascio del funicolo. Esso corre per un tratto più o meno lungo sulla linea mediana e verso l’estremità ottusa o cotiledonare, dove si divide in due (L. vulgare) 0 tre rami (L. japonicum). Nel primo caso i rami diver- gono portandosi obliquamente verso l’apice cotiledonare, che sormontano lateralmente RESO) PEA scorrendo sulla faccia opposta e ritornano verso il mieropilo; nel secondo caso dei tre rami i due laterali curvandosi all'indietro raggiungono i margini del seme e ne percorrono le ali fino quasi a raggiungere il micropilo, il mediano giunto all'apice o poco al di là si divide in due, che quasi paralleli e flessuosi percorrono il dorso del seme pure fino in vicinanza del micropilo (tav. IV. f. 12. 13. 14. 15). Tutti questi fasci mandano piccoli e scarsi rami, che però non si anastomizzano o soltanto di rado. I fasci primarî sono grossi, più grossi che in tutti gli altri generi studiati; sono cilindrici o compressi, quindi circolari od ovali in sezione trasversale (tav. I. f. 4. 5. 6. 8. fv.). Constano, come al solito, di una porzione legnosa, che occupa il centro ed è circondata all’intorno da uno strato più o meno abbondante di cellule cambiformi della ordinaria struttura. La porzione legnosa risulta di un numero considerevole di tracheidi, tutti eguali tra loro o con alcuni più grandi, disposti in senso radiale, compatti, a pareti molto ispessite, col dia- metro trasversale brevissimo, il longitudinale breve. La parte interna del fascio è spesso occupata da una cavità irregolare dovuta alla distruzione di parte dei tra- cheidi. I piccoli fasci contengono pochi elementi vascolari e spesso anzi verso la loro terminazione constano delle sole cellule cambiformi modificate. Visiania DC. Il seme, unico quasi sempre per aborto degli ovuli, è contenuto in una piccola bacca rotonda, ad endocarpio cartaceo poco resistente. Somiglia per forma a quello dei Ligustrum, ma è più piccolo, subovale, compresso da un lato, subpiano dall’al- tro, un po’ assottigliato dalla parte dei cotiledoni. Sulla faccia piana presenta una solcatura mediana abbastanza profonda, un’altra sulla convessa ed alcune meno mar- cate sui lati. Il suo colore è bruno-cioccolatte o bruno-scuro; la superficie è fina- mente ed uniformemente zigrinata. Nella sezione trasversale del lato cotiledonare il seme si presenta ovale con due piccole prominenze od alettine poco manifeste sui lati come nei Ligustrum. Il tegumento è sottilissimo, bruno-scuro all’esterno, più chiaro nel mezzo, bruno- ranciato all’interno, assai più sottile (da ‘/y-!/s) dell’endosperma, che è sviluppatissimo. L’epidermide esterna forma uno straterello grosso da !/a ad 1/3 dell’intiero tegu- mento e consta di cellule dalla solita forma, grandi, diseguali di dimensioni, che viste dalla superficie appaiono poligonali-irregolari, in sezione trasversale sono ovali ottuse: hanno parete grossa, fortemente cuticularizzata all’esterno, bruna, convessa; sono ricche del solito olio volatile. Lo strato ipodermico è manifesto ; consta di cellule prismatiche, disposte in senso tangenziale, che in sezione longitudinale sono rettangolari-irregolari, strette, subeguali, 2-4 volte più lunghe che larghe. Contengono in abbondanza la sostanza granellare bruna. Il resto dello strato medio consta di 5-7 serie di cellule compresse, strette, allungate nel senso tangenziale, compatte all’interno, a parete piuttosto sottile; nella sezione longitudinale si presentano ovali-allungate, larghette verso l’ esterno, più brevi, assottigliate agli apici verso l’interno. Contengono molto grasso e pochi e pic- coli granelli bruni. Il numero delle serie delle cellule aumenta dove sono le alette, i rialzi, ed attorno ai grossi fasci le cellule diventano subrotonde, irregolari 0 VU ramose, con spazî intercellulari di diverse dimensioni. L’epidermide interna è mani- festa, a cellule grandi, in sezione longitudinale subrettangolari-ovali, un po’ ristrette al loro punto di contatto, convesse all’esterno, flessuose ed oblique sui lati, piene di materia granellare giallo-ranciata e con poco olio. Il fascio del funicolo penetra nel seme in una leggera depressione, che sta un po’ al di sotto del micropilo; percorre la depressione mediana del lato interno, for- mando una curva più o meno prominente e mantenendosi semplice fino all’ apice cotiledonare; ivi si divide in due o più rami, dei quali uno ritorna spesso indietro lungo il margine del seme verso il micropilo, l’altro o gli altri sorpassano l’estre- mità cotiledonare e si sciolgono in due o più rami, che continuano pure fin presso al micropilo. Da questi rami primarî ne partono dei secondarî, che si distribuiscono per tutto il seme (tav. IV. f. 16. 17. 18. 19). I fasci sono a cilindro un po’ compresso, quasi ovali in sezione, grossi i primarî, composti di molti tracheidi e di poco tessuto cambiforme. II. Nervazione ('). Come si è esposto più sopra, la distribuzione dei fasci vascolari ed il loro modo di divisione o ramificazione nel seme, che Van Tieghem e Lemonnier chiamarono sistema di mervazione del seme, non è punto uniforme nelle Oleacee; ma offre di- versi modi, che credo utile riassumere almeno nei loro tratti principali. L’ovulo delle Oleacee, quando è maturo, si presenta esattamente anatropo: epperò il mi- cropilo e l’ilo si trovano assai vicini l’un l’altro, spesso quasi a contatto. Lo stesso osservasi nel seme, nel quale, come è noto, ne’ suoi tratti generali la disposizione dei fasci vascolari è identica a quella dell’ovulo. Nell’ovulo e nel seme delle Oleacee, come del resto in tutti gli ovuli e semi anatropi, il fascio del funicolo ombellicale penetra per l’ilo più (Syringa, Fraxinus, Fontanesia, Forsythia) o meno (Vea, Chionanthus, Phyllirea, Ligustrum) vicino al micropilo. Qualche volta questo fascio scorre lungo un lato od una faccia del seme, spesso parallelamente al suo asse longi- tudinale, e si dirige fino al centro della base di inserzione della nucella sul tegu- mento, cioè della calaza, che nel seme corrisponde all’apice cotiledonare dell'embrione, ed ivi cessa. Allora costituisce il rafe nella sua forma tipica. Osservai questo modo di nervazione nei semi di /Fontanesia e di certi fraxinus. Altre volte il fascio del rafe giunto alla calaza, non s’arresta, ma invece si prolunga più o meno al di là di essa, si porta dall’altro lato del seme e lo per- corre per uno spazio più o meno lungo giungendo talvolta sino al margine del mi- cropilo. In quest’ultimo caso tutto o quasi tutto il seme è circondato da un’ ansa vascolare, che dall’ilo, attraversando la calaza e girando il seme giunge al micropilo. (') Lo studio della distribuzione dei fasci nei semi, almeno di quelli a tegumento sottile e poco resistente è reso meno difficile, facendoli bollire per qualche minuto nell'acqua pura od alla quale si aggiunse una traccia di idrato potassico, quindi levando con cura col mezzo di fini aghi e col- l’aiuto del microscopio di preparazione l'epidermide e la porzione esterna dello strato medio del tegumento. Ann. Ist. Bor. — Von. I. 4 i — Lo osservava per la Syringa vulgaris L. il Van Tieghem ('); io lo riscontrai nella S. persica, Josikea ed in alcuni Frazinus. Tanto nel caso in cui il fascio s’arresta alla calaza quanto in quello in cui la sorpassa, esso può rimanere semplice (Syringa vulgaròs, Frarinus, Fontanesia), ov- vero, come spesso avviene, sciogliersi in due o più rami (Syringa persica, Fonta- nesia), talora distribuito in modo palmato (Visiania, certi Ligustrum) e che per- corrono in senso vario il resto del seme (°), tenendosi nella porzione esterna dello strato mediano del tegumento e giungendo talora anche fino al margine del micropilo. Essi di rado si mantengono semplici (Syringa persica, Fontanesia), più spesso si divi- dono alla loro volta, anastomizzandosi anche e formando, una rete vascolare. Ma non sempre esiste nelle Oleacee un vero rafe, cioè non sempre il fascio vascolare del funicolo, penetrato per l’ilo giunge fino alla calaza. Non di rado il fascio sì arresta più o meno presto nel suo decorso (Olea, molti Ligustrum) e tal- volta persino appena entrato per l’ilo (Chionanthus, Phyllirea). Allora esso si scioglie in molti rami, producendo una nervazione più o meno manifestamente palmata, i cui rami si spandono ben tosto scorrendo sul seme e vascolarizzandolo completamente. Questi fasci secondarî ordinariamente si ramificano e si uniscono fra loro, co- stituendo nel seme una vera rete vascolare spessa e complicata, a maglie diverse di grandezza, ma per lo più di figura ovale od a losanga. La maggiore complica- zione sotto questo rapporto la troviamo nelle Olea e nei Chionanthus, nei quali, come già per alcune delle prime osservava il Lemonnier (*), il sistema vascolare è rimarchevole per la larghezza dei fasci e la loro frequente anastomosi. Da quanto precede chiaramente risulta, che nel seme delle Oleacee troviamo tutti i gradi intermedî tra la presenza di un vero rafe e la sua totale mancanza, benchè il seme sia perfettamente anatropo. Epperò non a ragione il Lemonnier (*) pone le Oleacee tutte nel terzo ordine della sua classe prima dei modi di nerva- zione dei semi, cioè fra i semi anatropi senza rafe. Parimenti è inesatta l’altra asser- zione dello stesso autore (’) che ad eccezione delle Olea in tutti gli altri generi la nervazione si riduce ad un solo fascio. Come vedemmo, se ciò può valere per molti Frazinus, Syringa, Fontanesia, non vale di certo per Ligustrum, Notelea, Picconia, Visiania e Chionanthus. I fasci vascolari nelle Oleacee, come del resto in generale, scorrono nel paren- chima dello strato mediano del tegumento, più spesso nelle depressioni speciali dell’endosperma, talora nelle prominenze membranose od ali del tegumento. La struttura dei fasci vascolari come risulta da quanto si disse partitamente più sopra, è sempre uniforme e molto semplice, benchè talora essi raggiungano (') Ph. Van Tieghem, Notes sur les divers modes de nervation de l'ovule et de la graine. Ann. sc. nat. V® Sér. t. XVI, 1872, p. 228. () Il Van Tieghem, l.c., aserive a questo gruppo anche i Mrarinus, i quali avrebbero cinque rami. Io non ho mai osservato nelle specie di questo genere che un solo fascio talora diviso in due. (*) G. Lemonnier, Recherches sur la nervation de la graine. Ann. se. nat. Sgr. V° t. XVI, 1872, p. 278, pl. XII, f. 4. x) L. c. p. 252. (6) ctp:t278: Ron considerevoli dimensioni (QOlea, Ligustrum ecc.). Infatti a comporli entrano sol- tanto per la porzione vascolare o xilema dei tracheidi, di rado qualche trachea; per la porzione cribrosa o floema le sole cellule cambiformi (cellule conduttrici del Lemonnier). I grandi elementi dei fasci ordinari, vasi punteggiati, rigati, cri- brosi e gli elementi sclerosi delle due porzioni mancano completamente. Come av- viene in generale ('), anche nelle Oleacee da me studiate il gruppo di tracheidi, costituenti lo xilema, i cui elementi sono disposti irregolarmente ovvero in serie regolari raggianti, è circondato tutto all’intorno dalle cellule cambiformi. Le quali sono prismatiche a parete non uniforme, ondulata, discretamente ispessita nel seme maturo e secco. I vasi sono fortemente lignificati a parete grossa, brevi o lunghi secondo i casi, a spirale semplice o doppia. III Tannino. Si è sempre ritenuto come regola generale, che il tannino, che del resto è una sostanza abbondantissimamente diffusa nel regno vegetale, si riscontri relativa- mente di rado nei frutti, rarissimamente poi nei semi (*), nei quali inoltre, quando si riscontra, si trova nel tegumento, mancandone l’endosperma e l’embrione. Tut- tavia, migliorati i mezzi di ricerche microchimiche, si poteva presto constatare, che questa asserzione era ben lontana dall'essere esatta. Sempolowski (°) trovava il tan- nino a far parte della materia colorante bruna del tegumento del seme delle Linee e di altre famiglie di piante; Beck (*) nel pigmento della buccia del seme di Vicia e Faba, ed il Kutscher (") recentissimamente ne dimostrava la presenza nel tegu- mento di quasi tutti i semi secchi da lui studiati. Tutti questi autori o non fanno cenno della presenza del tannino nell’endosperma e nell’embrione o la negano affatto ("). Soltanto il Méller (") e Dufour (°) dimostravano non ha guari che nella Bassia lati- folia Roxb. e nel Chrysobalanus Icaco L. il primo, nelle Borraginee, nelle Composte, nelle Enoteree il secondo, non solo il tegumento del seme contiene più o meno abbondante il tannino, ma anche l’endosperma e specialmente l'embrione non ne vanno sforniti. Il tannino dei semi trovasi mescolato a qualunque sorta di sostanza contenuta _nelle cellule, anche all’olio grasso, e spessissimo costituisce col concorso di altri (') Lemonnier, lc. p. 246. (*) Lo Schell, (Phrysiologiseche Rolle der Gerbsàure, Kazan, 1874, sunto dal russo nel Botan. Jahresber. di Tust. t. III, 1875, p. 872), al quale si deve uno dei più estesi studî sul tannino, asserisce, che delle 639 specie di piante da lui studiate soltanto 15 contenevano tannino nel loro seme. (*) A. Sempolowski, Beitr. =. Kennln. d. Baues der Samenschale. Leipzig, 1874, passim. (‘) G. Beck, Vergleich. Anatomie d. Samen v. Vicia und Ervum. Sitzungsber. d. k. Akad. d. Wissensch. in Wien. B. LXXVII. Abth. I. 1878 (estratto passim). (5) E. Kutscher, Veb. d. Verwendung d. Gerbsàure im Stoffwechsel d. Pflanze. Flora, T. 66. 1883. p- 33 fl. (°) Kutscher, l. c. p. 73. (7) J. Moeller, Veber afrikanische Oelsamen. Dingler's polyt. Journal. 1880. B. COXXXVIII, p. 252. Ref. in Bot. Centralbl. VI, 1881, p. 50. (*) J. Dufour, Éfudes d'Anatomie et de Physiologie végétale. Lausanne, 1882. p. 10 TENTA RR principî delle. sostanze coloranti, che, sopratutto nel tegumento, si depositano in forma di grani sparsi per tutte le cellule o soltanto in uno o più strati speciali di esse (strato pigmentare), ai quali si deve il colore‘particolare della superficie del seme. In generale tutti questi tannini si colorano in rosso-bruno col bicromato di potassa ed in violaceo intenso, quasi nero coi sali di ferro, specialmente col clo- ruro e coll’acetato. Per quanto riguarda le Oleacee, io Schell (1. c.) contrariamente alla asserzione del Wigand che le diceva prive di tannino in tutte le loro parti ('), dimostrò che ne contengono molto in tutti gli organi ad eccezione del seme. Egli avrebbe pure osservato, che nella Syringa vulgaris il tannino mentre abbonda nel pericarpio, manca totalmente nel seme. Le mie ricerche, che cercai condurre colla massima cura (°), mi hanno portato, come vedemmo nei casi particolari, ad una conclusione molto diversa, che cioè il seme secco contiene in tutte le specie ed abbondante- mente il tannino. Il tegumento ne è riccamente fornito e vi si trova sopratutto allo stato di sostanza colorante deposta nelle cellule in forma di granuli bruno-rossicci e bruno-giallicci ed anche imbeve le membrane stesse (°). Esso si colora ordinaria- mente in bleuastro quasi nero coi sali di ferro e dà la caratteristica colorazione bruno-rossa colla soluzione di bicromato di potassa. La sola epidermide di solito ne manca; è più scarso nella porzione esterna dello strato mediano del tegumento, aumenta nella porzione interna dello stesso, per raggiungere il suo massimo nel- l'epidermide interna e spesso (ZLigustrum ecc.) nello strato ipodermico. Nell’endosperma e nell’embrione (*) la presenza del tannino è molto meno facile a constatarsi; però esso vi si trova. Coi sali di ferro sopra ricordati, agendo sopra sezioni fresche ottenni dopo parecchie ore nei due organi una leggera colo- razione verdastro-sporca, la quale aumenta alquanto, specialmente nell’embrione, lasciando agire più a lungo il reagente. Col bieromato di potassa in soluzione discretamente concentrata e lasciando agire per qualche giorno, le due indicate parti, sopratutto l'embrione, si colorano in (') Wigand, Einige Satze veber d. physiolog. Beileutung d. Gerbstoffes ecc. Bot. Zeitg. 1862, p. 121. ff. Questa asserzione del Wigand è ripetuta dal Bherens (M#i/fsbuch zur mikroscop. Untersuchung. Braunschweig. 1883, p. 370) non avendo conosciuti i lavori dello Schell. (°) Come principali mezzi di ricerca del tannino mi sono servito dei sali di ferro (cloruro ed acetato) e sopratutto del bicromato di potassa. Quest'ultimo reagente proposto primamente dal Sanio (Einige Bemerkungen ueb. Gerbstoff. u. s. Verbreitung b.d. Holzpflanzen, Bot. Zeite. 1963, p. 18), e raccomandato poscia specialmente dallo Schell e dal Kutscher (1. c.) lascia dietro di sè tutti gli altri reagenti consigliati per lo studio microchimico del tannino. Esso infatti formando con questo corpo una sostanza insolubile, quindi non diffondibile ci permette di riconoscere anche dopo molto tempo e con certezza in quali tessuti ed in quali cellule il tannino si trova; il che è relativamente difticile ottenere coi sali di ferro. — Le sezioni non troppo sottili si lasciano per un tempo variabile (da 1-4 giorni) in una soluzione discretamente concentrata di bicromato, quindi o direttamente o dopo lava- tura con acqua distillata, sì portano nell'acqua stessa o nella glicerina per la osservazione. (*) Il Marloth (Ueb. mechan. Schulzmittel d. Samen gegen schàdl. Einflisse von aussen. En- gler’s Botan. Jahrb. B. IV, p. 240, 244), dice pure che le membrane delle cellule del tegumento di Syringa e Ligustrum contengono tannino. (‘) Credo opportuno aggiungere qui il poco rissuardante queste due parti del seme, per com- pletare quanto concerne il. tannino. 290 — bruno-rossiccio spesso intenso; la lavatura coll’acqua distillata diminuisce l'intensità della colorazione, che però resta sempre abbastanza sufficiente per dimostrare la presenza del tannino. Con tali mezzi lo constatai nell’endosperma e nell'embrione delle seguenti specie da me studiate per questo scopo: Morsythia suspensa, PF. Por- tunei, Syringa persica, Pra®inus ornus, F. heterophylia, Olea undulata, 0. chvy sophylla, Ligustrum lucidum, L. nepalense. IV. Sviluppo del tegumento. L'ovulo di tutte le Oleacee, come quello delle Dicotiledoni gamopetale in gene- rale, è fornito di un solo tegumento, che è però molto sviluppato in confronto della nucella. Appartiene quindi al gruppo degli ovuli monoclamidati del Warming, il quale nel suo noto lavoro ricordò fra le Oleacee la Syringa vulgaris ('). Il tegu- mento stesso consta di un numero variabile di serie di cellule, delle quali l’esterna e l’interna sono già ben distinte; risulta cioè di due epidermidi, che limitano un parenchima intermedio. Da queste cellule procedono in seguito a divisioni e diffe- renzazioni successive i tessuti costitutivi del tegumento seminale. All’epoca dello sbocciamento del fiore l’ovulo è completamente formato e pronto ad essere fecondato. In questo stadio nelle specie da me studiate (/razinus eacelsior, Syringa vulgaris, Forsythia viridissima, Fontanesia phyllireoides, Ligustrum vul gare), la sezione trasversale dell’ovulo si presenta ovale o subovale, col lato corri- spondente al rafe più o meno appianato. Il tegumento sviluppatissimo è molto più grosso nella parte che forma il rafe, più sottile sui lati dell’ovulo. Consta di parec- chie serie di cellule a perfetto contatto, simili, disposte in serie subregolari a pareti sottili, piene zeppe di materie, fra le quali dell’amido. Le due serie limitanti, esterna ed interna sono già meglio delineate e distinte, regolari, avendo anche sopratutto la prima la parete esterna già alquanto ispessita. Dopo la fecondazione, quando l’endosperma non ha però ancora incominciato ad orga- nizzarsi, le cellule della porzione mediana del tegumento cresciute di numero, cominciano a differenziarsi. Le cellule cioè delle 2-3 serie più interne a ridosso della epidermide interna rimangono a contatto e si allungano in senso tangenziale, delimitando già la porzione interna del tegumento seminale; le esterne invece si arrotondano, ingrandiscono sopratutto attorno al fascio del rafe e tendono a sco- starsi per lasciare dei piccolissimi spazî intercellulari. Epperò a quest'epoca la porzione mediana del tegumento è già differenziata nettamente in due porzioni, l’interna in forma di sottile lamella di solito già un po’ bruna, ad elementi compressi, l’altra esterna, più larga, a serie parecchie di cellule non compresse. Siffatta distinzione è nettamente segnata anche dai fasci va- scolari, i quali nel tegumento servono da piano di orientazione, poichè essi sin dalla loro comparsa, come già osservava il Lemonnier (°), rappresentano nell’ovulo e nel seme un piano fisso, tantochè, qualunque sieno le modificazioni del tegumento (4) E. Warming, De l'ovule. Ann. sc. nat. VIe Sgr. t. V, 1877, p. 207, 209, pl. XIII, f. 15-17. (@) Ch. Lemonnier, l. e. — a) durante lo sviluppo del seme, la totalità della zona esterna ai fasci nel tegumento del seme proviene dalla zona esterna del tegumento dell’ovulo, e così per l’interna. Nel nostro caso i fasci trovansi sempre all’esterno dello straterello compresso del tegumento. In uno stadio più avanzato, quando cioè il seme è già cresciuto parecchio e l’endosperma sta organizzandosi — presentando dei grossi nuclei forniti di nucleolo immersi in una massa protoplasmatica, che col mezzo di numerosi filamenti va ad attaccarsi alle giovani pareti — ed è limitato dalle cellule epidermiche interne del tegumento, le serie interne allungate dello strato medio cominciano a risentire gli effetti della pressione esercitata dall’endosperma e si allungano e comprimono sempre più, mentre resiste l'epidermide interna, che ha le pareti ispessite. Le cellule della porzione esterna dello strato mediano si fanno irregolari, si allungano sopratutto quelle che stanno attorno ai fasci e per accrescimento non uniforme delle pareti diventano flessuose sempre più e ramose, lasciando man mano fra loro degli spazi intercellulari, che sono considerevoli attorno al fascio, sempre meno verso la peri- feria ed ai lati del seme. La serie sottoposta all’epidermide si differenzia prestis- simo, costituendo lo strato ipodermico, che soltanto sulla parete interna si fa fles- suoso per dar attacco alle corrispondenti sporgenze delle cellule successive. Ma ben presto in seguito al progressivo e rapido sviluppo dell’endosperma e dell'embrione, anche le cellule dello strato medio del tegumento subiscono una compressione sempre maggiore, cosichè perdono poco a poco la loro forma primitiva e lo strato medio tutto resta schiacciato tra le due epidermidi che nel frattempo hanno ispessite e cuticularizzate le loro pareti, mentre l’intero tegumento si riduce ad una sottile pellicola bruna. Contemporaneamente a questi fenomeni, le cellule si svuotano mano mano del loro contenuto, procedendo dalla periferia verso il fascio vascolare, attorno al quale infine si riscontrano le ultime traccie dell’amido e delle altre sostanze della cellula, e in queste rimangono soltanto poco grasso e dei pic- coli corpiccioli e delle piccole masse di sostanza, nelle quali si deposita mano mano la sostanza colorante bruna, che tinge ed imbeve anche le pareti cellulari nella mag- gior parte dei casi. Inoltre nei luoghi dove maggiore è lo sviluppo dello strato medio, sopratutto attorno ai fasci, le cellule centrali si sciupano scomponendosi. Questi due fenomeni facilitano l’opera di compressione continua eseguita dall’endosperma. È di solito durante quest’ultimo stadio, che le cellule epidermiche vanno riempiendosi d’olio volatile. Nei Frassini però, nei quali, come si disse, una parte soltanto delle cellule epidermiche si trasformano in ghiandole, l’ingrossamento di parte di esse, dapprima tutte uniformi, comincia più per tempo. La formazione delle ali nelle specie, e sono la gran maggioranza, nelle quali il seme maturo ne va fornito, è opera di un identico processo. A differenza di altri casi, nei quali le ali sono od un semplice prodotto dell'epidermide paragonabile alle formazioni pelose, od una specie di emergenza ('), nelle Oleacee esse sono dovute ad accrescimenti locali più o meno vigorosi e sopratutto alla compressione ed anche (') E. Bachmann, Die Entwickelungsgeschicthe und der Bau der Samenschalen d. Serophularineen. Nov. Acta. Ace. Lepold. Carol. B. XLIII, 1880, p. 51 dell'estratto. a parziale distruzione della parte esterna del tessuto mediano del tegumento, non prendendo parte alla loro formazione la porzione interna del medesimo. Le ali sono sempre formazioni posteriori, cioè si producono durante lo sviluppo del seme, non essendovene traccia nell’ovulo maturo. In questo infatti, come si è detto, dal lato del rafe e in generale tutt’in giro al seme lungo il decorso del fascio vascolare unico o del principale, o sulla linea della sua continuazione, la parte esterna del tegumento è molto più sviluppata, e composta di parenchima più lasso, che nel resto. Ma ben presto, per opera degli stessi processi sopradescritti specialmente dell’abbondante ramificazione delle cellule e della scomparsa del loro contenuto, esso si fa floscio assai e talora si distrugge. Allora per la scomparsa turgescenza e quindi per la conseguente diminuita resistenza, le due epidermidi opposte si avvi- cinano mano mano racchiudendo fra loro i residui della porzione esterna dello strato medio del tegumento; e così hanno origine le ali. A seconda poi del punto e della direzione secondo i quali questi fenomeni si operano, hanno origine le diverse loro forme descritte partitamente. Nella Syringa vulgaris ad es. all’epoca della matu- razione dell’ ovulo, questo ha il tegumento a contorno regolare, piano dal lato del rafe dove è più sviluppato; in uno stadio successivo la parte piana in seguito ad arresto di sviluppo delle cellule mediane ed alla produzione di abbondanti lacune comincia a farsi concava, mentre al limite tra il rafe ed il resto del seme in via di sviluppo si palesa una depressione ed un’altra simile si produce dal lato opposto. Queste depressioni aumentano sempre più persistendo l’azione delle cause che loro diedero origine, finchè le epidermidi dei due lati vengono quasi a toccarsi, dando luogo alla grande ala bifida ed alla piccola ala semplice del lato opposto. Da quanto precede è lecito conchiudere, che in generale l’ala del seme delle Oleacee proviene dalla massa del parenchima del rafe atrofizzata, contenente il fascio vascolare e racchiusa fra due porzioni di epidermidi. Qualche volta soltanto lo stesso fenomeno si verifica in altri punti ed allora hanno origine le piccole alette prive di fascio vascolare nel loro interno. B. ENDOSPERMA. Le notizie intorno all’endosperma delle Oleacee sono assai incomplete e scar- sissime; anzi si limitano quasi affatto a quei brevissimi cenni, che ne fece il Gàrtner nella sua ricordata opera, e che furono più o meno letteralmente copiati dalla gran maggioranza dei sistematici che vennero dopo di lui. Questa parte del seme è molto sviluppata in tutte le famiglie, però assai più in alcuni generi (Phyllirea, Ligustrum, Chionanthus ) ('), che in altri (Syringa, Fontanesia) in proporzione anche colla grossezza del seme. x (') Come è noto Girtner e, ripetendolo, Payer, Decandolle, Endlicher ecc. scrissero essere Chio- nanthus privo d’endosperma. Primo a correggere questo grave errore (poichè il Chionanthus è fornito di abbondantissimo endosperma) fu Bentham in un lavoro importante: Noles on the gamopetalous Orders belonging lo the Campanulaceous and Oleaceous groups. Journ. Linn. Soc. London t. XV, p. 14. Veg- gasi anche Bentham et Hooker, Genera plantarum t. II, p. 677. Quasi tutti gli autori ad eccezione del Decaisne attribuiscono all’albume delle Oleacee un colore bianco 0 candido; Decaisne lo dice opalino nel fresco ed invero esso colore è un ceruleo più o meno pallido. Anche quanto al suo aspetto ed alla sua consistenza discordano gli autori. In realtà la consistenza dell’endosperma, va- riabile del resto anche nelle specie dello stesso genere, è quando molle assai (Olea americana, 0. curopaca, O. undulata), quando quasi carnosa (molti #razinus), quando finalmente dura assai, quasi cornea (Phyllirea, Ligustrum, Visiania). Non è mai farinaceo l’endosperma delle Oleacee, come dissero l’Endlicher ed il Decandolle per Olca e per Phyllirea e nemmeno subcartilagineo, come è detto da Gaertner, Endlicher, Nees, Decandolle e Decaisne per certi Ligustrum. Quando l’endosperma è assai molle, anche il suo aspetto è grasso, quasi oleoso. Esso è naturalmente più abbondante dal lato radicellare, che dal cotiledonaro dell'embrione, che avviluppa completamente, chiudendolo in un sacco a grosse pareti e limitando una cavità di forma diversa a seconda della specie e precisamente a seconda delle dimensioni e della figura dell'embrione, sopratutto dei cotiledoni. La superficie esterna dell’endosperma di rado è liscia, continua, uniforme (/or- sythia); più spesso è ondulata leggermente o con depressioni profonde regolari 0 meno (Fhyllirea, molte specie di /rarinus e di Ligustrum), che corrispondono a quelle, che si trovano sulla superficie del seme e che sono occupate dall’epider- mide interna, dalla porzione interna dello strato medio del tegumento e talora anche da porzione della parte esterna dello stesso (tav. I. f. 9. 10. 11; tav. III f. 6. 14 ed.). L’endosperma consta di un tessuto parenchimatoso a cellule poliedriche adat- tate perfettamente le une contro le altre, disposte talora senza ordine apparente, meno le più esterne (fraginus Bungeana, F. americana ece., Fontanesia californica, Syringa vulgaris), più spesso in serie regolari od anche regolarissime (Ligustrum sinense, L. lucidum, Notelea, Olea europaea ecc.). Il numero di queste serie è variabile assai, da 5-8-10 (Fontanesia, Forsythia), a 20-30 (Phyllirea, Ligu- strum, Olea ecc). E questo numero varia non soltanto colle diverse specie, bensì anche nella stessa specie evidentemente a seconda dello sviluppo proporzionale dell'embrione (tav. IV. f. 1. 2. 4. ed.). Talora il maggior numero si trova nei due lati paralleli all’asse longitudinale di quest'ultimo, il minore ai due apici radi- cellare e cotiledonare, in quest’ultimo caso solo quando l’embrione giunge fin quasi contro il tegumento da ambe le estremità (Ligustrum japonicum ece.), poichè altre volte avviene l'opposto, il maggior numero di serie è dal lato dei cotiledoni, perchè questi non oltrepassano col loro apice i due terzi della lunghezza dell’endosperma. Allorchè le cellule sono disposte regolarmente, formano delle serie tanto nel senso tangenziale quindi concentriche, quanto nel radiale, come è facile vedere sopratutto nei tagli trasversali (Ligustrum, Chionanthus, Olea curopaea, Notelea, Forsythia For- tunei, Phyllirea ece.). Non di rado in corrispondenza delle depressioni sulla superficie dell’ endosperma, le serie di cellule partono con regolarità molto maggiore che nel resto (Notelea). Le cellule dell’endosperma sono sempre di dimensioni più piccole verso l'esterno e vanno ordinariamente aumentando verso l'interno. Talora però le mediane sono le maggiori (Ligustrum lucidum). Le cellule dello strato più esterno o periferico Sag costituiscono una serie regolare di elementi più piccoli, nettamente distinti dal resto, una specie di epidermide; in sezione trasversale esse compajono di figura subqua- drata o rettangolare col maggior diametro nel senso radiale, più di rado poligonali (Notelea), subeguali in grossezza, colla parete esterna più 0 meno convessa, le ra- diali piane, diritte od oblique, liscie, uniformemente ispessite. Le cellule sottostanti sono in sezione trasversale irregolarmente poligonali, con 4-6-8 fino a 10 (Fontane- sia californica) lati, ineguali o subeguali, con diametri quasi eguali nelle mediane, col radiale o più spesso il tangenziale maggiore. Le loro pareti sono sempre piut- tosto grossette, diritte o flessuose, curve talora, liscie, uniformemente ispessite o più grosse al punto d’incontro di tre o più pareti di cellule vicine. Il limite interno dell’endosperma è un pochino ondulato e tra lui e l'embrione esiste sempre più o meno sviluppato e manifesto uno straterello, che gonfia facil- mente nell’ acqua e nella glicerina allungata, composto di cellule poligonali-irrego- lari, grandi, spesso compresse ed allungate nel senso tangenziale, a pareti sottilis- sime, flessuose, come mucose, e che sono il residuo della massa endospermica non perfettamente sviluppatasi. La membrana di tutte le cellule endospermiche, meno le esterne o periferiche, è incolora, costituita da pura cellulosi, come lo dimostrano sopratutto le reazioni col clorojoduro di zinco; cellulosi la cui purezza è sempre maggiore quantopiù ci portiamo verso l’interno. Infatti sotto l’azione dell’indicato reagente il tessuto mu- coso tingesi in azzurro quasi puro, mentre il colore si fa sempre più violaceo, quanto più ci portiamo verso. l'esterno. Per contrario la membrana esterna dello strato periferico è sempre molto più grossa delle altre e cuticularizzata di rado debolmente (Ligustrum lucidum, Olea angustifolia, Visiania), più spesso fortemente (Fontanesia, Forsythia ece. ). La parete stessa ha nel fresco color giallognolo pallido, si tinge fortemente in giallo-bruno sotto l’azione del clorojoduro di zinco, diventa giallo-verdastra per la lunga azione della potassa, assorbe fortemente i colori di anilina, diventa rossa colla tintura d’alkanna. La lunga azione della potassa o del clorojoduro di zinco rende manifesto che la membrana stessa si compone di tre strati, dei quali l’interno non è cuticularizzato e degli altri due il mediano lo è più dell'esterno. La cuti- cularizzazione invade spesso in parte maggiore o minore anche le pareti radiali delle cellule esterne dell’endosperma (frarinus dimorpha, Notelea, Ligustrum, Olea americana, europaea, Visiania ecc). Anzi in alcuni casi si estende alle pareti ra- diali e tangenziali di una serie più o meno considerevole di cellule (fino a 6, 7), cosichè sembra, che dalla periferia partano delle appendici ramificate più o meno lunghe e dell’aspetto di fibre selerose a cavità obliterata, flessuose, ramose, che penetrano più o meno verso l’interno e nelle pareti laterali delle cellule vicine (Ligustrum longifolium, Chionanthus) (tav. III f. 5. 12. 14. 15. 16 a.) Siffatta costante ed ordinariamente considerevole durezza della porzione esterna dell’endosperma pare a me abbia un significato biologico importante, quello cioè di servire come strato protettore del seme. Si ammette da alcuno come regola generale, che i semi a tegumento resistente provengono da frutti deiscenti od a parete poco solida od anche da bacche, che ben poca difesa offrono ai semi che contengono, e E ANN. Ist. Bot. — Vo. I. 5 — 34 — che i semi a tegumento non resistente provengono da frutti non deiscenti ('). Lo studio delle Oleacee ci dimostra, come questa regola sia lungi dall’ essere costante. Come abbiamo visto infatti il tegumento di tutte le Oleacee è tenue ed assai poco resistente, provenga il seme da frutto secco deiscente od indeiscente o da drupa o bacca ad endocarpio cartaceo od osseo. È anche noto come nella gran maggioranza dei casì, qualunque sia la natura del tegumento e la provenienza del seme, esiste nel tegumento stesso uno strato protettore o duro più o meno sviluppato, costituito quando dall’ epidermide, quando da serie speciali di cellule più o meno profonde. Ma nelle Oleacee non troviamo nessuno strato protettore, qualunque sia la natura del frutto dal quale proviene il seme, non potendosi tale funzione attribuire come vorrebbe il Marloth (1. c.) all’epidermide, trasformata in tessuto ghiandolare e re- lativamente assai poco cuticularizzata. Lo Strandmark (°) aveva del resto già con- statato, che lo strato protettore, qualora manchi nel tegumento, viene spesso sosti- tuito da una non comune consistenza dell’ endosperma o dell’ embrione. Analoghi fatti osservò il Bachmann (*) in alcune Scrofulariacee, ad es. nella Gratiola. Le cellule dell’ endosperma delle Oleacee tutte contengono un olio grasso e degli albuminoidi in quantità considerevole; allo stato maturo manca affatto, come è noto, l’ amido. x Il grasso non è uniformemente distribuito in tutte le specie; abbonda in certi casì (Prarinus, Olea, Notelea), è relativamente scarso in altri (Ligustrum, Fontanesia). Si presenta cogli stessi caratteri e dotato delle medesime proprietà in tutti i semi da me studiati. Più o meno denso, talora esce tosto dalle cellule sotto forma di gocce, tal’ altra si mostra più denso, quasi solido. Occupa gli spazî lasciati liberi dalle masse protoplasmatiche ed anche le avviluppa così da mascherarle completa- mente alla vista. È incoloro, quasi insolubile nell’alcool a freddo, solubile lentamente nello stesso a caldo, più facilmente nella benzina cristallizzabile, nel solfuro di car- bonio e soprattutto nell’etere massime a caldo. Assorbe avidamente la tintura d’ al- kanna, colorandosi in rosso vinato più o meno intenso a seconda della durata del- l'assorbimento. La quantità di grasso è di solito minore nelle cellule dello strato periferico dell’ endosperma. Lo studio dei protoplasmi contenuti nelle cellule dell’ endosperma non è pos- sibile senza ricorrere a molti artificà e senza il soccorso di non pochi reagenti. Anzitutto è sempre utile lo sgrassamento coll’etere, sia colla lunga digestione a freddo, sia colla rapida azione a caldo. Serve discretamente allo scopo anche il sol- furo di carbonio. L'osservazione microscopica dei pezzi freschi venne sempre fatta nella glicerina concentratissima (mediante prolungata bollitura o disidratazione con acido solforico) o con maggior vantaggio nell’olio d’oliva finissimo. L’ olio di garofano serve pure (') Godfrin J. Études histologiques sur les téguments stminaux des Angiospermes. Nancy, 1880, pag. 102. (*) Strandmark E. Bidrag till hennedom om froskalets biggnad. Lund, 1874 (see. Ref. in Just 3otan. Jahrbiich. 1874 I. p. 508). (°) Bachmann, Die Entwickelungsgesch. u. d. Bau d. Scrophularinceen. N. Act. Ac. Leop. Car. B. XLIII. Halle, 1880, p. 115, 172 dell'estratto a parte. egregiamente, ma rende troppo trasparenti gli oggetti. Per la distinzione delle diverse sorta di protoplasmi e per il loro studio servono assai bene sopratutto 1’ azione del reattivo di Millon e della soluzione alcoolica di sublimato corrosivo e 1° alcool acidificato con traccie di acido solforico consigliati dallo Pfeffer e dal Tangl nei loro pregevolissimi lavori ('); poi la colorazione colle diverse tinte di anilina, colla eosina, colla tintura d’ alkanna. Benchè non fosse mio scopo lo studio microchimico completo del contenuto del- l’ endosperma, tuttavia estesi le ricerche a quasi tutte le specie di Oleacee da me studiate. Ed i risultati a cui giunsi furono abbastanza uniformi, cosichè si pos- sono riassumere con una certa brevità. Tutte le cellule dell’ endosperma contengono un protoplasma fondamentale e dei grani d’aleurone innicchiati in esso. Il protoplasma fondamentale consta di una massa ialina, nella quale stanno im- mersi numerosi granelli finissimi e variabili di forma. Questa massa presenta una porzione parietale aderente alla superficie interna della parete cellulare ed una por- zione centrale che occupa il centro od un altro punto della cavità della cellula. Fra loro corrono numerosi filamenti i quali limitano delle cavità regolari occupate dai grani d’aleurone (tav. V. f. 3 pf.). Ordinariamente la porzione centrale del protoplasma fon- damentale avviluppa un grosso nucleo, di solito più piccolo nelle cellule dello strato pe- riferico, centrale od eccentrico, tondeggiante-ovale, a contorno irregolare, fornito talora di manifesto e ‘grosso nucleolo, tal’ altra di piccole e rare granulazioni (tav. V. f. 3. 4n.). Levando il grasso coll’etere, poscia trattando col reattivo di Millon, si osservano distintamente il nucleo ed i grani aleuronici; la rete protoplasmatica fondamentale si rende chiaramente manifesta sopratutto agendo a lungo colla benzina cristalliz- zabile, poi coll’acqua o meglio colla tintura d’alkanna, che colora e fa spiccare il nucleo, poi coll’acqua distillata che discioglie i grani aleuronici. I colori d’ anilina in genere adoperati in soluzioni diluitissime e con lunga azione servono mirabil- mente a far spiccare le tre sorta di protoplasmi, in quantochè il nucleo, come al solito, si colora molto più intensamente dei grani d’aleurone, e questi più del pro- toplasma fondamentale, che ha sempre una tinta più pallida d’assai. I grani d’ aleurone trovansi e numerosi in tutte le cellule dell’ endosperma. Di rado subeguali variano invece d’ ordinario di dimensioni anche nelle medesime cellule, trovandosene riuniti insieme di grandi e di minuti; sono però ordinariamente più grandi nelle cellule più interne, sempre poi più piccoli d’ assai nelle cellule dello strato periferico. Nella Phyllirea media per es. misurano da 10 a 40 millesimi di millimetro. Sono sempre incolori, di forma subregolare, tondeggiante (sopratutto quelli dello strato periferico), ovale o più spesso poligonale regolare, a numero di faccie variabile, non egualmente lunghe, nette. Quelli che occupano il centro delle cellule sono più di solito a faccie diritte, i periferici con quelle esterne anche curve. Stanno innicchiati nelle maglie del protoplasma fondamentale, assai avvicinati fra loro e disposti attorno al nucleo che è il centro organico della cellula (tav. V. f. 3. 4. 5. 6. 7. 8.9). (') Pfeffer W. Untersuchungen ‘ber die Proteinkòrner. Jahrbiich. f. wissensch. Botanik. von Pringsheim. B. VIII, 1872, p. 441, 492. — Tangl E. Das Protoplasma der Erbse. I. Sitzungsber. k. Akad. d. Wissensch. Wien. B. LXXVI. 1877, p. 65, dell'estratto a parte. — 30 — Il grasso li avviluppa completamente, nascondendoli alla vista. Sono solubili nell’ ac- qua, quindi anche nella glicerina diluita; sì sciolgono pure in parte nell’ etere, nell’ al- cool, nell’ acido acetico, poichè infatti, evaporando questi solventi, si ottiene un leggiero residuo bianco-gialliccio, opaco che col reattivo di Millon si colora in rosso e presenta gli altri caratteri dei corpi proteici. Come il nucleo i grani d’aleurone assorbono avida- mente i colori d’anilina, l’eosina, la tintura d’alkanna ecc. ; si tingono in giallo colla soluzione di iodio, in bruno con quella di cloroioduro di zinco, in rosso mattone col reattivo di Millon; ma in ogni caso la loro tinta è meno intensa di quella che coi medesimi reattivi assume il nucleo, più intensa di quella del protoplasma fonda- mentale. Talora i grani d’ aleurone sembrano uniformi; più spesso però presentano nel loro interno una o parecchie piccole areole o cavità sferoidali od ovali, che racchiu- dono secondo i casi dei cristalloidi, dei globoidi o dei cristalli. Trattando delle sezioni mediocremente sottili di endosperma colla soluzione al- coolica di sublimato corrosivo e quindi coll’ acqua, bene spesso i corpi racchiusi nel grano si rendono nettamente manifesti. La glicerina allungata poi e l’olio di garofano servono pure assai bene, la prima perchè scioglie poco a poco il grano, il secondo perchè lo rende trasparente. Quando l’ acqua distillata o la glicerina allun- gata agiscono per qualche tempo, scompare ogni traccia di grano d’aleurone e le cellule contengono allora una massa finamente granellosa e disgregata, nella quale stanno numerosi e liberi, i globoidi ed i cristalli dapprima chiusi nei grani aleuronici (GAv:ONc RES 2829: N10). I cristalloidi sono piuttosto rari, e stanno contenuti nelle piccole cavità od areole sferoidali centrali 0 più spesso eccentriche dei grani di aleurone di parecchie specie (/ra- xinus americana, Ornus, ecc. Phyllirea) ('). Hanno di solito forma di ottaedri rom- boidali e si dispongono secondo il diametro della cavità in cui stanno, attaccandosi coi loro due apici alle pareti limitanti la cavità stessa. I globoidi sono invece diffusissimi. Malgrado il loro nome sono variabilissimi di forma. Più d’ ordinario sono piastrine a contorno leggermente poligonale, com- patte ovvero con una depressione od anche un foro nel mezzo, d’ onde la loro ap- parenza nel secondo caso di piccoli anelli (/frazinus americana, anomala, Syringa). Altra volta sono sferoidali od ovali (Phyllirea, Ligustrum lucidum) 04 anche irregolari. Variano di dimensioni, e sì riscontrano od isolati in ogni grano oppure due o pa- recchi nello stesso grano, quasi sempre eccentrici (tav. V. f. 10, c. 11). I cristalli che sono tutti a quanto sembra di ossalato di calce, si presentano pure numerosi e variabili di forma. Si possono distinguere in due categorie secon- dochè sono isolati (di rado geminati) o riuniti in gruppi compenetrati o druse. I cristalli isolati sono sempre piccolissimi, regolari, di rado geminati, di tutte le forme del tipo di cristallizzazione dell’ossalato di calce, brevi o lunghi, isolati o riuniti in gruppi più o meno numerosi, ma sempre liberi. Si trovano abbondantemente in tutte (') Th. Hartig (Weil. Mitth. d. Klebermeht (Aleuron) betreffend. Bot. Zeitg. 1856 p. 261, 265) afferma, che nei /Mrarinus il grano aleuronico è uniforme, non presenta cioè inchiusi; ma in tutte le specie da me esaminate i globoidi ed i cristalli li osservai distintissimi. om (e le specie da me esaminate (tav. IV. f. 28. 29; V. f. 10, a. d.). Le druse sono molto più rare. Nel Chionanthus ad es. sono piccole ma distinte e si riscon- trano eccentriche in piccole cavità dei grani aleuronici; nelle Phy/lirea sono molto più grosse ed irregolari ed occupano il centro del più grosso dei grani d’ aleurone di cui vanno fornite le cellule interne dell’endosperma (tav. V. f. 5. 9. 10 d.)('). Nell’ endosperma di parecchie specie da me studiate in modo particolare ho trovato traccie più o meno abbondanti di tannino, come più sopra ho ricordato. Il tessuto endospermico si sviluppa non di rado anche in quei semi che non sono abboniti, nei quali cioè manca l'embrione (Frarinus heterophylla, Forsythia viri- dissima ece.). Le cellule però in questo caso hanno pareti molto più sottili dell’or- dinario, non contengono che aria o qualche piccolo granellino che ingiallisce sotto l’azione del clorojoduro di zinco e la cavità dell’ embrione è piccola ed occupata dal tessuto mucoso. È notevole però che in tutti i semi di Picconia provenienti da diverse località e sempre non abboniti, l’endosperma non era rappresentato che da una massa informe senza organizzazione cellulare. C. EMBRIONE. L’embrione nelle Oleacee è sempre molto sviluppato, occupa in tutto od in parte soltanto (Chionanthus) la larga cavità lasciata dall’endosperma. Il suo colore di rado è pallido distinguendosi appena dal colore del resto del seme (Olea chry- sophylla); quasi sempre è invece di un bianco gialliccio, che spicca distintamente sul colore ceruleo dell’endosperma. Esso è assile, ma non sempre diritto, piegan- dosi talora alquanto la radichetta in modo da fare un piccolo angolo colla dire- zione dei cotiledoni, pur seguendo sempre l’asse dell’endosperma (Ligustrum lu- cidum, Forsythia suspensa ecc.). Misura di rado soltanto circa la metà della lunghezza del seme (Oea ilicifolia), più spesso i due terzi od anche più, giungendo sulla linea mediana non solo dal lato radicellare, ma anche dal cotiledonare fino quasi contro il tegumento. I coti- ledoni e la radichetta sono ben sviluppati, ma non havvi traccia di piumetta o di asse epicotileo, poichè la sommità vegetativa del ‘fusticino è costituita soltanto da una piccola sporgenza ottusa posta tra i due cotiledoni al punto di loro inserzione. I cotiledoni, sono fogliacei, variabili di forma, lineari od elittici stretti, lieve- mente assottigliati all'apice ed al luogo di loro inserzione (Fraxinus, Phyllirea, Syringa), ovali od ovali-lanceolati, larghi (Olea, Visiania, Ligustrum, Chionanthus), talora quasi cordati alla loro base (certe Olea), sempre ottusi al loro apice, che talora presenta anche una intaccatura (certe Olea, Forsythia, Chionanthus). Si adattano l’uno all’altro colle loro faccie interne e di solito non esattamente in modo cioè da adattarsi i relativi margini; ma l’uno sporge col suo margine un po’ più fuori che (') Lo stesso Th. Hartig (1. c. p. 262) ritiene i corpi drusiformi delle cellule dell’endosperma delle Phillirea per globoidi. Ma essi isolati coll’acqua, resistono all’azione dell’acido acetico, mentre si sciolgono nel cloridrico allungato nello stesso identico modo dei cristalli di ossalato di calce. La porzione, che si colora non di rado col nitrato mercurico, col iodio e coll’anilina, è un residuo di protoplasma, che occupa gli interstizii delle druse cristalline. DRISRRSE non l’altro (Olea, Ligustrum, Fontanesia ecc), ed anzi in alcuni casi pare che uno dei cotiledoni sia più largo dell’altro (Olea chrysophylla, angustifolia ece.). Le superfici loro quasi sempre lisce, talora (Olea europ. sativa, Chionanthus) con qualche rilievo e depressione irregolare, sono di rado piane in ambi i lati (Phyllirea); d’ordinario i coti- ledoni sono piano-convessi, e precisamente convessi verso l’esterno (relativamente alla superficie del seme), quasi piani verso l’interno. Sulla faccia interna esiste di solito una solcatura longitudinale mediana più o meno marcata a seconda delle specie, sempre più profonda nella parte più vicina alla inserzione dei cotiledoni, che viene a limitare uno spazio prismatico a sezione trasversale romboidale (tav. I. f. 9. 11 eb.). Talora i due cotiledoni adattandosi si piegano ad S più o meno marcatamente (certi Li- gustrum, Olea, Syringa persica, Visiania), altre volte ancora si piegano coi loro margini verso il lato interno, cosichè nella sezione trasversale i cotiledoni formano nel loro insieme una curva colla concavità verso l’interno (Ligustrum vulgare ecc.) (tav I. f. 5 eb.). I cotiledoni sono sempre più larghi e più lunghi della radichetta, persino del doppio ed anche più (Olea chrysophylla, Ligustrum japonicum, Frarinus Ornus ece.). Le maggiori dimensioni in lunghezza essi le raggiungono poi in alcune Olea, Ligu- strum e Frazinus e le maggiori m larghezza nelle Olea e Chionanthus. Lo spes- sore è più considerevole nei Ligustrum. Anche la radichetta è sempre ben sviluppata cilindrico-terete, cioè assottigliata alquanto verso l’apice che è ottuso, un po’ ristretta talora al luogo d'inserzione dei cotiledoni (Chionanthus), talora un po’compressa, quindi circolare o leggermente ovale in sezione trasversale. È breve assai in confronto dei cotiledoni (specie di Olea, Notelea, Chionanthus) 0 molto lunga, benchè non ne raggiunga mai le dimensioni (Frarinus, certi Ligustrum). Le maggiori dimensioni in lunghezza e larghezza le riscontriamo in alcuni Frazinus e Ligustrum, le minori in larghezza pure in alcuni Fraxinus, in lunghezza in certi Ligustrum ed Olea. La radichetta non è sempre perfettamente diritta; talora ( Visiania, certi Ligustrum) forma un angolo colla dire- zione del resto dell'embrione, pure mantenendosi però sulla linea longitudinale me- diana del seme. All’apice della radichetta si osserva spesso qualche cellula disposta in serie breve l’una sull’altra, residuo del sospensore. La struttura dell'embrione, con differenze poco apprezzabili è sempre la stessa in tutte le specie. I cotiledoni posseggono una epidermide, che costituisce una pellicola continua, ben distinta, più sottile nella faccia esterna che nella interna. Si compone di cel- lule poco variabili di dimensioni nelle diverse specie, prismatiche-poligonali, tavo- lari, a tre o più lati, subeguali fra di loro e subregolari meno che in corrispon- denza del decorso dei fasci, sui quali sono diverse di grandezza, ma sempre allun- gate più o meno, col diametro maggiore 2 — a parecchie volte superiore al trasver- sale disposto nel senso dell’andamento del fascio (tav. IV. f. 3. 5. 6 ep.). Le pareti delle cellule epidermiche sono piuttosto sottili, l’esterna però più ispessita e con un principio di cuticularizzazione, poichè col clorojoduro di zinco si colora in violaceo sporco e non in bel violetto come le altre pareti cellulari, ed assorbe, colorandosi lievemente, il violetto d’anilina in soluzione diluitissima. La parete cellulare è però sempre uniforme, cioè senza accidenti di ispessimento e non ho mai potuto constatare in nessun caso quanto asserisce il Decaisne ('), che cioè « l'epidermide dell’em- brione è...... a cellule irregolari e punteggiate nelle Olea, a cellule allungate a pareti spirali nel gruppo degli Ornus ». Sotto l'epidermide partendo dalla faccia interna trovasi in tutte le specie lo strato a palizzata già ben distinto e differenziato, a cellule disposte in una sola serie, cilindriche, grandi, lunghe, ottuse, a pareti sottili assai e che raggiungono fino il terzo dello spessore dei cotiledoni ed anche più (specie di Zigustrum) (tav. IV. f. 3. 5. 6 tp.). A lui fa seguito una serie regolare, talora poco distinta (Chionanthus), a cellule brevi, prismatiche, un po’ più lunghe che larghe, che si può ritenere una sua dipendenza. Finalmente tra questo e la epidermide esterna trovasi una massa parenchimatica, che rappresenta la base del futuro tessuto spugnoso, distribuita in 3-5 serie abbastanza regolari di cellule a pareti molto sottili, piuttosto grandi, ovali o sferoidali, talora poligonali irregolari, più o meno lasse o compatte in modo da non lasciare spazîì intercellulari o soltanto minutissimi (/orsythia suspensa ece.), oppure mostrarli ben distinti, benchè non mai considerevoli (tav. IV. f. 3. 5. 6 tsp.). Talora (Ligustrum ecc.) lo straterello che sta immediatamente al disotto dell’epider- mide esterna, è compatto e regolare, a cellule più piccole, distinte dagli altri. Verso i due margini del cotiledone le cellule del tessuto a palizzata si abbreviano sempre più e fanno mano mano passaggio a quelle dello strato spugnoso. Epperò la struttura nel cotiledone è già manifestamente bilaterale, come già facevano osservare il Dufour per il /rarinus excelsior (*) ed il Papasogli per l’olivo (°). In ciascun cotiledone penetra dalla base un fascio vascolare unico, il quale segue la linea mediana od assile dell'organo, giungendo fino quasi al suo apice. Da questo fascio sempre considerevole partono da un lato e dall’altro alternativamente parecchi rami, variabili secondo le specie, ma non mai numerosi, che si dirigono con angolo acuto verso l’esterno ed in alto e giunti a qualche distanza dal margine del cotiledone si uniscono al ramo immediatamente superiore. Da questi rami par- tono talora pochi altri più piccoli, che si dirisono per breve tratto verso l’esterno o verso l'interno delle maglie fatte dall'unione dei rami primarî stessi (Mrarinus, l'orsythia). Talvolta le ramificazioni son più numerose e ripetute e le anastomosi terminali meno manifeste (Ligustrum, Syringa ecc.). Nelle Olea ed altre Oleacee a cotiledoni allargati alla loro base, quasi subito all’entrata del fascio parte da cia- scun lato un ramo diretto in alto ed all’esterno, molto più grosso e più sviluppato degli altri fasci laterali successivi i quali ultimi sono anche poco ramificati. L’estre- mità apicale del fascio si divide ordinariamente in due metà, che si curvano tosto all’infuori ed all'indietro per attaccarsi alla sommità dei rami che precedono imme- diatamente. I fasci scorrono nel parenchima che sta sotto l’epidermide esterna, ma vicino alle cellule del tessuto a palizzata. Essi si trovano allo stato di procambio, ma già nettamente distinti (tav. IV. f. 3. 6 fv.); anzi talora nel grosso fascio (') Decaisne, Monogr. l. c. p. 11. (#) Dufour, 1. c. p. 8. (*) Papasogli, 1. c. p. 126. Pigs mediano si riscontrano già dei tracheidi a spirale completamente differenziata (Ligu- strum sinense) (tav. IV. f. 5 fv.) (*). La porzione di radichetta, che dalla base dei cotiledoni si estende fino a quella parte dell’apice che non è coperta dalla cuffia, forma l’asse îpocotileo dell'embrione. Esso risulta costituito da una epidermide ben distinta, a cellule compatte, piutto- sto piccole, poligonali-regolari, simili per forma e struttura a quelle della epi- dermide dei cotiledoni, ma più regolari e disposte in serie longitudinali; in sezione trasversale si presentano sub-rettangolari, a parete esterna poco convessa e coll’in- terna più spesso obliqua, le radiali diritte. Sotto di esse stanno uno (Ligustrum vul- gare, Fontanesia californica, Syringa persica, Phyllirea ecc.) 0 due strati (frarinus obliqua ecc.) di cellule, talora più grandi (Fontanesia californica), tal’altra più piccole (fraxinus americana) delle epidermiche, regolari, compatte, prismatiche, ret- tangolari-brevi in sezione trasversale, ben distinte dal resto dei tessuti e costi- tuenti lo strato ipodermico. Ad esse fa seguito il parenchima della corteccia pri- maria che è molto sviluppata, a cellule grandi, prismatiche, ad angoli netti, un po’arrotondati, in sezione trasversale poligonali, il più delle volte ad otto lati alter- nativamente disuguali. Sono disposte in serie regolarissime nel senso radiale e nel tangenziale, variabili di numero, però entro limiti ristretti, nelle diverse specie, e che crescono sempre portandosi verso i cotiledoni. Le cellule della corteccia pri- maria sono più piccole verso l'interno e lasciano sempre fra di loro degli spazî intercellulari abbastanza grandi ed il più delle volte pure assai regolari. Queste cel- lule si attaccano alla cerchia dei fasci vascolari, i quali, benchè allo stato di pro- cambio sono già ben distinti e distribuiti in una zona regolare. Gli elementi, di cui risultano, sono di dimensioni minori di molto di quelli della corteccia e del midollo. Il quale occupa la parte lasciata libera dalla cerchia dei fasci e si fa sem- pre più ampio, quanto più si allontana dall’apice vegetativo. È costituito da cellule prismatiche, regolari, poligonali in sezione trasversale, a perfetto contatto fra loro, più grandi nel mezzo che alla periferia, dove si continuano nei raggi midollari, che non si possono aneora ben distinguere dal resto del parenchima, che fa parte dei fasci vascolari, se non per le loro dimensioni un po’ maggiori. La struttura dell’apice vegetativo della radichetta, con poche differenze rela- tive al numero degli strati o serie di cellule costituenti le diverse parti, è pur sempre la medesima in tutte le specie da me studiate (*). Consta infatti di tre ('*) In un seme di 0lea europaea v. sativa l'embrione in luogo di due portava tre cotiledoni. Essi erano larghetti, eguali fra loro, disposti a verticillo. Formavano nel loro insieme un corpicciuolo a tre costoline alternanti con tre depressioni, perchè ognuno dei cotiledoni si piega incompletamente sopra se stesso ed all'infuori nel senso longitudinale, presentando per tal modo dne faccie rivolte verso l'interno, ciascuna delle quali si adatta perfettamente alle corrispondenti degli altri due cotiledoni. (?) Non tutte le Oleacee furono da me studiate sotto questo punto di vista. A chi è nota la dif- ficoltà di questo genere di ricerche sarà facile il comprenderlo. Studiai accuratamente Chionanthus virginica, Frarinus excelsior, Ligustrùm vulgare, chrysophylla. Esaminai poi molte altre specie assai meno attentamente. — Per lo studio della struttura dell’apice vegetativo della radichetta mi sono valso oltrechè degli ordinarì mezzi di schiarimento anche del metodo al cloruro di calcio secco pro- posto dal Treub e lievemente modificato dall Eriksson. i strati o meristemi (istogeni di Reinke), cioè di un pleroma o cilindro centrale, di un periblema o corteccia primitiva e di un dermocaliptrogeno o generatore del- l'epidermide e della cuffia nettamente distinti e delimitati. Se si pratica attraverso l’apice vegetativo di una radichetta di Chionanthus virginica un taglio longitudinale mediano, si osservano i tre indicati strati disposti dall’ interno all’esterno l’uno den- tro l’altro e costituiti almeno i primi due da serie longitudinali di cellule sempre meno numerose quanto più ci portiamo verso la sommità (tav. V. f. 1). Il pleroma considerevolmente sviluppato consta di un numero di serie cellulari variabili naturalmente a seconda della distanza dall’apice. In esso però possiamo sempre distinguere due porzioni, una interna, mediana, ampia, formata da cellule più grandi, in serie più regolari e diritte, che daranno origine al midollo (tav. V. f. 1 pl. m.); la seconda periferica, più stretta, a cellule più piccole, in serie meno regolari, più compatte, costituenti il procambio 0 tessuto generatore dei fasci vascolari. La serie più esterna di esso, che segna il limite col periblema, è distinta dal resto, molto regolare, ad elementi un po’ più grandi, si differenzia per la prima e costituisce il pericambio o strato rizogenico (tav. V. f. 1 pc.). Esso giunge sin quasi all’ apice del cilindro centrale, avviluppandolo in una specie di guaina e si termina con una zona o serie trasversale semplice di cellule od iniziali speciali in numero di quat- tro, che colla loro divisione radiale danno origine subito presso all’apice al peri- cambio (tav. V. f. 2 i'). Sotto di esse sta immediatamente un altro gruppo di cel- lule irregolarmente disposte, che costituiscono l'iniziale comune di tutto il resto del pleroma (tav. V. f. 2 i.). Dalla divisione prima radiale poi tangenziale di queste iniziali hanno origine le serie di cellule che costituiscono poi il pleroma stesso, mano mano più numerose quanto più lontane dalla sommità. La divisione radiale delle cellule, qui come nel periblema, dà luogo all’accrescimento in lunghezza del meri- stema, la tangenziale a quello in grossezza, poichè infatti nel primo caso si aumenta il numero delle cellule costituenti ciascuna serie, nel secondo cresce invece il nu- mero delle serie. Qui nel pleroma, come nel periblema, la divisione delle serie, cioè la formazione di due di esse da una preesistente ha luogo nel seguente modo. Una cellula della serie già costituitasi aumenta alquanto le sue dimensioni, poscia si di- vide per un setto tangenziale in due parti ordinariamente eguali e su ciascuna di esse in seguito a divisione radiale si produce una nuova serie, che a un certo punto ripete il fenomeno sdoppiandosi di nuovo. Le due iniziali speciali per il pericambio e per il resto del pleroma non sono però ammesse da tutti gli autori. Infatti mentre il Fleischer (') e l’Eriksson (*) la ritengono particolare ad un gruppo di dicotiledoni fra le quali quest’ultimo ascrive anche il Frazinus ezcelsior, il Janczewski (*) e più (') E. Fleischer, Beitràge zur Embryogenie der Monocotylen und Dicotylen. Flora, 18974, p. 432. (*) T. Eriksson, Veber den Vegetationspunkt der Dicotylen-Wurzeln. Vorl. Mitth. Bot. Zeitg. 1876. p. 641. — Idem, Veber das Urmeristem der Dicotylen-Wurzeln. Jahrbiich. f. wissenschaftl, Botanik. von Pringsheim. B. XI, 1877, p. 393-94. (°) E. Janczewski, Recherches sur l'accroissement terminal des racines des Phanérogames. Ann. se. nat. Ve Sér. t. XX, 1874, p. 180. Ann. Ist. Bor. — VoL. I. 6 SIMS recentemente il Flahault (') che pure studiò il Frassino ritengono comune a tutto il pleroma l’iniziale costituito dalle cellule che occupano la sommità del medesimo. Nel Chionanthus però, come è facile persuadersene dall’ispezione delle figure citate la distinzione dei due iniziali è manifesta. Il periblema, che fa immediatamente seguito al pleroma è molto sviluppato e consta pure di un numero considerevole di serie, variabile secondo la distanza dal- l’apice, più uniformi, più regolari, a cellule più grandi e più lunghe di quelle del pleroma (tav. V. f. 1 pb.). Tutte queste serie diminuendo mano mano di numero vanno a terminare alla sommità in un gruppo di cellule disposte in due o tre serie o serie iniziali, immediatamente al disopra delle iniziali del pericambio, disposte con poca regolarità, ordinariamente in numero di quattro per serie (tav. V. f. 2 i°). Esse danno luogo alla produzione di serie cellulari, che si sdoppiano più volte, sopratutto quelle derivanti dalla serie interna, che quindi è quella che produce la massa maggiore del periblema. Partendo da questo gruppetto terminale il perible- ma aumenta rapidamente di volume, cominciando tosto a disporsi in serie longitu- nali, di cui il numero aumenta di più in più per opera di sdoppiamenti successivi analoghi, ma molto più manifesti e regolari a quelli descritti pel pleroma. Tale struttura corrisponde a quella data pel /razinus ercelsior dal Flahault (°); il quale nota giustamente che non si può quindi, come fa l’Eriksson (*), ascrivere il Frassino a quel gruppo di Dicotiledoni, nelle quali il periblema proviene da una sola serie trasversale di poche cellule (Melianthus annuus, Raphanus sativus ecc.), benchè questo caso sia il più comune nelle Dicotiledoni (*). La differenziazione o l'ordine di sviluppo del periblema dell’ apice vegetativo della radice, come già osservava per l’Helianthus ecc. il Janczewski (*) e conferma- vano di poi l’Eriksson ed il Flahault come regola generale per le Dicotiledoni, è anche nel Frassino e nelle altre Oleacee prettamente centripeta, differenziandosi per la prima la serie più esterna e sottoepidermica, per ultima la serie più interna che nelle radici sviluppate costituisce poi la guaina vascolare (Gefassbindelscheide di molti autori, couche protectrice di Janczewski, Kernscheide di Eriksson). Il dermatogeno nel Chionanthus, come pure nelle altre Oleacee, a somiglianza di altre molte Dicotiledoni non ha iniziali proprie. Esso ha origine dalla divisione tangenziale successiva di quello strato od iniziale, che produce anche la caliptra o cuffia; per cui in questo caso, essendo comune l’origine di quest’ultima e del der- matogeno, cioè procedendo da un’ iniziale medesima, meglio si adatta a questo tes- suto meristematico il nome di dermocaliptrogeno proposto dall’Eriksson (°) in luogo di quelli di strato caliptrogenico del Janczewski o dell’altro più usato di dermatogeno, (') Ch. Flahault. Recherches sur l'accroissement terminal de la racine chez les Phanérogames. Ann. sc. nat. VI° Sgr. t. VI, 1878, p. 104. (3) Lie. ip.Ce. (*) Bot. Zeitg. p. 642 e Pringsheim. p. 395. (‘) G. H. Holle, Veber den Vegetationspunkt der Angiospermenwurzeln, insbesondere die Hauben- bildung. Bot. Zeitg. 1876, p. 247. (6) L. cc. p. 181. (') Im Pringsheim, 1. c. p. 401. — dB — da riservarsi per altre modalilà di struttura. Epperò nel caso delle Oleacee come pure delle altre Dicotiledoni simili per struttura non si può considerare, come vogliono il Reinke e l’Holle (') per una produzione secondaria avente origine dal dermatogeno, nè, come vuole il Janczewski (*) una produzione primaria, dalla quale derivi per diretta trasformazione, quindi come produzione secondaria, il dermatogeno. Siffatta distinzione mi pare oziosa in quanto e l’uno e l’altro dei tessuti derivano dall’attività del dermocaliptrogeno, cioè di un tessuto meristematico comune. Infatti seguendo il vero dermatogeno già differenziato, che nella radichetta dell'embrione è sempre coperto dalla caliptra, si giunge ad un piccolo gruppo di cellule disposte in serie unica trasversale, come pure vi si giunge, seguendo il più interno degli strati della cuffia (tav. V. f. 2 i°). Queste cellule od iniziali colla loro divisione tangenziale danno luogo verso l'interno ad uno strato di dermatogeno, verso l’esterno ad uno di caliptrogeno, che vanno quindi mano mano differenziandosi per divisioni radiali. Di conseguenza la faccia esterna del dermatogeno dell’apice vegetativo delle radici non può essere nel nostro caso piana nel suo contorno; presenta invece tanti gradini come assai propriamente si esprime il Janezewski (*) per l’Helianthus, ai quali si attaccano le serie della caliptra. Il dermatogeno consta di una serie di cellule a perfetto contatto, che dall’in- terno dell’apice vegetativo si porta mano mano all’esterno diventando finalmente su- perficiale e costituendo allora la epidermide di quella parte di radichetta, che devesi considerare come asse ipocotileo (tav. V. f. 1. 2 d.). La caliptra è ben distinta nel Chionanthus, benchè mediocremente sviluppata, ed è costituita di 4-5 serie di cellule disposte tangenzialmente rispetto all’ apice vegetativo della radichetta, e che costituiscono delle curve abbastanza regolari, adat- tantesi perfettamente le une alle altre, sopratutto nel mezzo o porzione assile (tav. V. f. 1. 2 cl.), dove però non sono disposte in file verticali, come si riscontra in altre piante a struttura simile (Raphanus sativus ecc.), costituendo la così detta colonna dell’ Holle (*). Simigliante è la struttura e la disposizione nel Frazinus excelsior, dove il nu- mero delle serie cellulari della cuffia è secondo Flahault (°) di sei. La radichetta di Ligustrum vulgare secondo Flahault (°) differisce poco da quella di Fraxinus ezcelsior, essendo soltanto un po’ meno netto lo sviluppo del periblema e meno regolari gli strati della cuffia, che del resto non ne è più grossa. Anche nelle radichette di Olea chrysophylla, Fraxinus Ornus, Ligustrum Ibota da me stu- diate, le differenze che riscontrai nella struttura sono di così poco momento, che non val la pena di rilevarle. Siffatta struttura dell’apice della radichetta nelle Oleacee corrisponde nei suoi tratti generali a quella dell’ Helianthus del Reinke e di altri autori, i quali però p. 249. p. 183, 193. p. 182, 194. p. 257. p. 104. . p. 104. ( MN A. (Coll.) fusipes Bull. t. 106 et 516, f. 2; Fr. Mymen. Eur. p. 111. Ad truncos Quercus autumno ad Rocca di Papa, ubi lungo d’intengo vulgo dicitur. — — var. contortus Bull. t. 36; Fr. Aymen. Eur. p. 112; Battarr. t. 9, f. F. Cum precedenti iisdem locis. A. (Coll.) longipes Bull. t. 232; Fr. Hymen. Eur. p. 110; Battarr. t. 20, f A. — A. subulatus Raddi in Soc. ital. In sylvaticis umbrosis octobri-novembri. A. (Coll.) radicatus Fr. S. M. I, p. 118; Hym. Eur. p. 109. Ad bases truncorum in sylvis autumnali tempore. A. (Clitocybe) laccatus Scop. p. 144; Fr. S. M. I, p. 106; Hym. Eur. p. 108; Battarr. t. 18, f. G-I. a var. rufo-carnea Fries, l. c. b var. lutea lamellis carneis Fr. l c. c. var. prleo luteo-violaceo sicco ochraceo, lamellis violaceis Fr. 1. c. d var. obscure violacea, pileo sieco canescente Fr. l. c. e var. tota alba. Hanc varietatem ab aliis non allata, forma pilei, sporarum dimensione et toto habitu, praeter colorem, cum specie tipica et varietatibus con- venit. Vide tab. nostram XIV, A in fine allatam. Speciem et varietates frequentes in campis circa Romam novembri-decembri. Varietatem albam fere quotannis vidi. A. (Clit.) fragrans Sow. t. 10; Fr. S. M. I, p. 171 et Hym. Eur. p. 105; Brigant t. 19; Comes, /. Nap. p. 13. In terra humosa inter muscos ad Terracina, Piperno, Nettuno. A. (Clit.) cyathiformis Fr. 1. c. p. 173 et L c. p. 100. In campis muscosis et in sylvis novembri ad Acqua Traversa, et in mense decembris 1882 a doct. Avetta nuper lectum. A. (Clit.) catinus Fr. Epicr. p. 72; Zcon. Sel. t. 51, f. 4; Hymen. Eur. p. 99. In sylvis inter folia Tia ad Marcigliana, Bravetta, Prima Porta. A. (Clit.) zizyphinus Viv. t. 21, f. 1-4; Fr. Z/ym. Eur. p. 92. In sylvis frondosis ad Decima, Malafede autumno. A. (Clit.) flaccidus Sow. t. 185; Fr. Sì M. I, p. 81; Hymen. Eur. p. 97. Ad Pigneto Sacchetti et Bravetta octobri-novembri. A. (Clit.) inversus Scop. p. 445; Fr. Hym. Eur. p. 96. In sylvis ad Acqua Traversa, Giustignana et Villa Borghese autumno. A. (Clit.) geotropus Bull. t. 573, f. 2; Fr. Hym. Eur. p. 96. In sylvis ad Macchietta di Mattei, Acqua Traversa et Marcigliana novembri- decembri. A. (Clit.) gilvus Pers. Syn. p. 448; Fr. S. M. I, p. 80; Hym. Eur. p. 95. In sylvaticis circa Romam autumno. A. (Clit.) infundibuliformis Schaeff. t. 212; Fr. Elench. p. 12; Hym. Lur. p. 93. In sylvaticis montanis Latii et Ciminorum octobri-novembri. A. (Clit.) fumosus Pers. Syn. p. 348; Fr. S. M. IL p. 115; Zcon. Sel. t. 54, f. 2; Hym. Eur. p. 91. — 110 — In sylvis autumno ad Tolfa. A. (Clit.) candicans Pers. Syn. p. 456; Fr. S. M. I, p. 91; /e. Sel. t. 51, f. 3; Hym. Ew. p. 88. In sylvaticis inter folia circa Romam, septembri-octobri. A. (Clit.) cerussatus Fr. S. M. I, p. 92; /#ymen. Eur. p. 86. In nemoribus et sylvaticis ad terram octobri-novembri circa Romam vulgo Fungo Caprino, Caprolatte. In solo pingui et fimo bovino stercorato luxuriat, et Agaricum obtextum Lasch. refert. A. (Clit.) odorus Bull. t. 556, f. 3; Fr. H#/ym. Eur. p. 85. In sylvis ad Rocca di Papa octobri. A. (Clit.) subalutaceus Batsch. f. 194; Fr. S. M.I, p. 90; Hym. Eur. p. 84. In nemoribus extra Portam Flaminiam Romae autumnali tempore. A. (Clit.) nebularis Fr. S. M. I, p. 86; Hym. Eur. p. 79. In sylvis ad Manziana et Tolfa mense octobris. Agaricus Cardarella Fries, S. M. I, p. 84 et Hym. Eur. p. 80 ad Ag. Eryngii referri debet inter Pleurotos, ut supra dixi. A. (Tricholoma) subpulverulentus Pers. Myc. Eur. IMI, p. 221; Fries, Hymen. Eur. p. 76. In campis graminosis ad Prima Porta Romae autumno. A. (Trich.) melaleucus Pers. Syn. p.355; Fr. S. M. I, p. 114; Icon. Sel. t. 44, f. 1; Hymen. Eur. p. 74. In sylvis et vineis extra Portam Cavalleggeri et S. Pancrazio Romae octobri- novembri. A. (Trich.) cinerascens Bull. t. 428, f£. 2; Vivian. t. 20; Fries, Monogr. II, p. 287; Hymen. Eur. p. 73. In sylvaticis ad Marcigliana, Bravetta, circa Romam autumno haud frequens. A. (Trich.) nudus Bull. t. 439; Fr. /M/ym. Eur. p. 72. Ad terram in sylvaticis, octobri-novembri. A. (Trich.) personatus Fr. S. M. i, p. 50; Aymen. Eur. 1. e. In campestribus et sylvaticis locis circa Romam ad Marcigliana, Bravetta, Villa Borghese, autumno. A. (Trich.) acerbus Bull. t. 571; Fr. Mym. Eur. p. 71; Vittad. Mang. p. 350; Vientur. it: 1384 £007008; In sylvis ad terram sero autumno. A. (Trich.) leucocephalus Fr. Epicr. p. 47; Hymen. Eur. p. 71; Icon. Sel. t. 43, f. 2. In sylvaticis circa Romam, fuori le Porte del Popolo, Salaria, S. Paolo. A. (Trich.) albus Fr. S. M. I, p. 53; Mymen. Eur. p. 70; Icon. Sel. t. 43, f. 1; Battarr.: 020. 01 In sylvis frondosis circa Romam et montanis, autumno. A. (Trich.) conglobatus Vittad. /. Mang. p. 319; Fr. Hym. Eur. p. 69. Ad terram in sylvaticis circa Romam autumno post pluvias. A. (Trich.) effocatellus Mauri, Giornal. arcad. tomo 54, Roma; Viviani, t. 18; Fr. Hymen. Eur. p. 91 (inter Ag. Clitocyhes). — 111 — Im carbonariis frequens ad Rocca di Papa septembri-octoari, et vulgo venditur sub nomine Sfogatello o Sfogatello di Carbonara. Observ. — Ob stipitem carnosum, lamellas sinuatas et postice rotundatas, sicut Prof. Mauri descripsit ac delineavit, et ego ipse quotannis observavi, nec non ob cortinam albam, araneosam, fugacem in margine pilei, inter Agaricos Tricholo- mates referendum putavi. A. (Trich.) albellus D. C. /. Frane. pr. p; Fr. Hym. Eur. p. 67. Ad terram in sylvaticis montanis, mense aprilis. A. (Trich.) Georgii Fr. Epicr. p. 43; Hym. Eur. p. 67; Vittad. F. Mang. t. 12. Ad terram in sylvaticis martio-aprili circa Romam ad Porcareccia, Testa di Lepre, Ardea et ad Mentana, Palombara: vulgo Prugnolo o Brugnolo cum precedenti et sequenti dictum. A. (Trich.) gambosus Fr. S. M. I, p. 50; Aym. Eur. p. 66; Ventur. t. 11. In locis graminosis montanis Apenninorum circinatim vere et estate ineunte minus frequens. A. (Trich.) sulphureus Bull. t. 168; Fr. S. M.I, p. 110; Aymen. Eur. p. 63; Ventur. p. 21, t. 23, f. 4, 5. Solitarius ad terram in sylvis montium autumno. A. (Trich.) elytroides Scop. Flor. Carn. p. 424; Fr. Monogr. I, p. 73; con. Sel. t. 33, f. 2; Hym. Eur. p. 63; Battarr. t. 17, f. D. In locis graminosis et sylvaticis autumno. A. (Trich.) terreus Sow. t. 76; Fr. in Linn. 1830, p. 723; Hymen. Eur. pod AVentur str Diet 4, 15Ì In regionibus campestribus et sylvaticis frequens octobri. Ad Rocca di Papa et Romae venditur sub nomine Fungo di zeppo. A. (Trich.) vaccinus Pers. Syn. p. 293; Fr. S. M. I, p. 42; Aymen. Eur. p. 56: Brigant. /. Nap. t. 9 haud bona; Comes, /. Nap. p. 70 et 113. In sylvaticis hbumosis Latii autumno. A. (Trich.) columbetta Fr. S. M. I, p. 44; Jcon. Sel. t. 29, f. 2; Hymen. Eur. p. 55. Ad terram in sylvaticis montanis, septembri-octobri. A. (Trich.) impolitus Lasch. n. 507; Fr. Aymen. Eur. p. 55. In Sylvis frondosis ad Acqua Traversa circa Romam et ad Monte Rosi et Nepi. A. (Trich.) luridus Schaeff. t. 69; Fr. Epicr. p. 31; Hymen. Eur. p. 54; Briganti, !. Nap. t. 7; Comes, /. Nap: p. 70 et 113. Ad terram in sylvaticis circa Romam ad Marcigliana, Bravetta, aliisque simi- libus locis octobri-novembri. A. (Trich.) rutilans Schaeff. t. 219; Fr. S. M. I, p.41; Hymen. Eur. p. 53. In sylvis ceduis et meridionalibus romanae provinciae Mattone, Cisterna, Monte S. Giovanni, autumno haud frequens. A. (Trich.) albo-brunneus Pers. Syn. p. 293; Fr. Obs. 2, p. 118; Hymen. Eur. p. 51; Vivian. t. 32. In sylvaticis latialibus et tiburtinis vere et autumno. A. (Trich.) fulvellus Berkl. Outl. p. 98; Fr. Hymen. Eur. p. 50. — 112 — In sylvaticis circa Romam octobri et novembri. A. (Trich.) equestris Linn. Mor. Svec. n. 1219; Fr. El. I, p. 6; Hymen. Eur. p. 48; Brig. Nap. t. 6; Comes, /. Nap. p. 88. In pinetis ad terram ad Castel Fusano haud frequens autumno. A. (Armillaria) mucidus Schrad. Spic. p. 116; Fr. Mymen. Ewr. p. 46. In fagetis subapenninis ad truncos arborum estate et autumno. A. (Arm.) Vivianii Fr. Mymen. Eur. p. 45. — A. Piopparello Vivian. PROFUSO: Ad radices Populorum autumnali tempore. A. (Arm.) melleus /or. Dan. t. 1013; Fr. Mymen. Eur. p. 44; Vittad. F. Mang. t. 3; Vivian. t. 51. Vulgatissimus in sylvis circa Romam, ad Rocca di Papa aliisque locis. Vulgo lamiglivola dicitur. A. (Arm.) albosericeus Brigant. /. Nap. t. 4, f. 1, 2; Fr. Monogr. II, p. 330; Hymen. Eur. p. 42. Solitarius ad terram in horto botanico ad Panisperna novembri lectum. A. (Arm.) caligatus Vivian. t. 35; Fr. Hymen. Eur. p. 41. In sylvaticis circa Romam ad Bravetta, Monti di S. Paolo, Decima, autumno. A. (Lepiota) naucinus Fr. Epicr. p. 16; Hymen. Eur. p. 34; Vent. t. 48, f. 6. In campis graminosis circa Romam mense octobris. A. (Lep.) holosericeus Fr. Epicr. p. 16; Hymen. Eur. p. 34. In nemoribus et hortis autumnali tempore. A. (Lep.) colubrinus Krombh. t. 1, f. 10, 11. In sylvaticis circa Romam ad Castel Porziano, Bravetta, Giustignana octobri- novembri. A. (Lep.) Vittadinii Fr. Zpicr. p. 16; Hymen. Eur. p.33. — Amanita Vit- tadinii Moretti, Bot. Ital. t. 1; Vittad. Aman. t. 1. In sylvis latialibus autumno post pluvias, haud frequens. A. (Lep.) clypeolarius Bull. t. 405, 406, f.2; Fr. S. M. I, p. 21; /con. Set. t. 14, f. 2; Hymen. Eur. p. 32; Ventur. t. 44, f. 3, 4. In sylvis latialibus et Ciminorum et circa Romam ad Acqua Traversa septembri- octobri. A. (Lep.) acutesquamosus Weinm. Sylt. I, p. 70; Fr. Hymen. Eur. p. 31. — A. aculeatus Vittad. /. Mang. p. 348. In graminosis sylvaticis nec non in hortis autumno. A. (Lep.) excoriatus Schaeff. t. 18, 19; Fr. M/ymen. Eur. p. 30; Vivian. t. 49; Vittad. /”. Mang. t. 35; Ventur. t. 7. In campis ubique circa Romam mense octobris. Vulgo Ombrellini. A. (Lep.) procerus Scop. Mor. Carn. p. 418; Fr. S. M. I, p. 20; H#ym. Eur. p. 29; Vivian. t. 8; Vittad. 1. c. t. 24. Ad terram in sylvaticis circa Romam ad Bravetta, Castel Porziano, Acqua Tra- versa octobri. Vulgo Mazze da tamburro. A. (Amanita) vaginatus Bull. 04. t. 98, 512; Fr. S. M. I p. 14; Hymen, Eur. p. 27; Vittad. l. Many. p. 126, t. 16; Ventur. t. 5. — Amanita livida Pers. Sin. p. 247. — 113 — var. a) fulva. Amanita spadicea Pers. LL c. p. 248. — A. fulvus Schaeff. t. 95. var. b) tota alba. Agaricus fungites Batsch. f. 79. — Amanita ni- valis Grewill. Scot. t. 18. In sylvis latialibus ciminis et circa Romam septembri, octobri. Vulgo Bi/zetto. A. (Am.) rubescens Fr. S. M. I, p. 18; Hymen. Eur. p. 23; Vittad. f. Mang. p. 316, t. 41; Viviani, t. 22 e 27. var. a) circinata Pers. Syn. p. 255; lor. Dan. t. 2140. In sylvis ad Rocca di Papa et circa Romam septembri-octobri. A. (Am.) excelsus Fr. S. M. I, 17; Aymen. Eur. p. 21. In sylvis montanis ad Tivoli, Subiaco, Rocca di Papa, autumno. A. (Am.) strobiliformis Vittad. /. Mung. p. 59, t.9; Fr. Hymen. Eur. p. 21; Ventur. t. 4; Inzeng. Sic. I, p. 50. var. a) minor pileo sine verrucis. In sylvaticis ciminis ad terram, Fabbrica, Canepina, Vallerano, septembri octobri. A. (Am.) pantherinus Fr. S. M.I, p.16; Hymen. Eur. p.21; Vittad. F. Mang. t. 39; Vivian t. 26; Inzeng. £. Sic. I, p. 66. 7 In sylvis Latii, Ciminorum, et circa Romam, septembri octobri. A. (Am.) muscarius Linn. Mor. Svec. 1235; Fr. S. M. I, p. 16; Hym. Eur. p. 20; Vittad. f. Mang. t. 5; Vivian. t. 29. var. a) regalis Fr. Il. c. b) formosa Fr. l.; Gonn. et Rab. t. 10, f. 2. c) umbrina Fr. l. c. Vivian. t. 26. d) puella Fr. 1. ce. — Amanita puella Pers. Sym. p. 253. In sylvis romanae provinciae autumno : var. puella lecta in luco Nymphae Ege- riae prope Urbem. A. (Am.) mappa Fr. Epicr. p. 6; Aymen. Eur. p. 19. — A. citrino-al- bidus Vittad. F. Mang. t. 11. var. a) minor absque verrucis Fr. Il. c. Schaeff. t. 241. In sylvis Latii et Ciminorum autumno. A. (Am.) vernus Fr. Hymen. Eur. p. 18; Vittad. F. Mang. p. 336, t. 44. In sylvaticis humosis circa Romam et montanis estate et autumno. Vulgo Aga- rico bulboso. A. (Am.) phalloides Fr. S. M. I, p. 13; Hymen. Eur. p. 18. — A. vi- rosus Vittad. f. Mang. p. 135, t. 17; Vivian. t. 15. var. a) alba Bolton. t. 48; Vittad. 1. c. t. 17, f 3; Inzenga, f. Sic. I, t. 2, £.2. ©) Cinninp das, vr ds Mine ib ei, E c) virescens Flor. Dan. t. 1246. d) viridis Pers. Champ. Comest. t. 2, f. 3. e) olivacea Krombh. t. 69, f. 10-17. f) fusca Fr. Hymen. Eur. p. 18. Ad terram cum varietatibus in sylvis montanis et circa Romam, autumnali tempore. A. (Am.) ovoideus Fr. Epicr. p. 3; Hym. Eur. p. 18; Vittad. F. Mang. p.9, t. 2; Vivian. t. 84; Brigant. F. Nap. t. 1. ANN. Ist. Bor. — Vot. I. 15 — lil - In sylvis ad terram ad Vallerano, Canepina et circa Romam ad Acqua Traversa, Marcigliana, septembri-octohri. Vulgo £urinuecio. A. (Am.) coccola Scop. FI. Carn. II, p. 429; Fr. Epier. p. 3; Hymen. Eur. p. 18 — Leucomyces pectinatus Battarr. p. 27, t. 4, f. D; Lanzi, Funghi della provincia di Roma tav. 2. In sylvaticis collinis ad terram extra Portam Flaminiam ad Acqua Traversa, Giustiniana, Prima Porta, mense octobris. Vulgo Coccolu, UVovolo selvatico bianco. A. (Am.) caesareus Scop. Flor. Carn. II, p. 419; Fr. S. M.I, p. 19; Aymen. Eur. p. 17; Vittad. /. Mang. p. 1, t. 1; Vivian. t. 30. var. a) albus Lanzi, Fung. della Prov. Rom. p. 11, t. 1. In sylvis ubique ad terram augusto-octobri: varietatem albam in Latio et Ci- minis fere quotannis nascentem vidi. Polysaccum crassipes D. C. Flor. fr. 6, p. 103; Fr. S. M. III, p. 53; Mich. G-OPI- 4.98, E. I; Battarr. t. 31, dg AL In sabuletis maritimis, autumno et hyeme. Hunc amicissimus Prof. Hector Rolli in sylva Neptuni legit. Lycoperdon gemmatum Fr. S. M. III, p. 36. var. 8 Fr. Lyc. perlatum Fr. l. c. p. 37; Micheli, G. PI. t. 97, f. 1. var. e Fr. Lyc. furfuraceum Fr. l. c. p. 38. var. y Fr. Lyc. papillatum Schaeff. t. 184. — Lyc. pratense Pers. ex parte. fd Species et var. & in sylvis, e in campis muscosis autumno, 7 in locis sterilibus et campis arenosis post pluvias. L. pyriforme Schaeff. t. 189; Fr. JMWcAp-038! Ad terram arenosam, aestate et autumno. L. coclatum Bull. Ch. p. 130, t. 4380; Fr. S. M. II, p. 32. In pratis pascuis, aestate et autumno. L. giganteum Batsch. f. 165. — L. Bovista Fr. I. c. p. 29. In terra graminosa vere et autumno. Bovista plumbea Pers. Obs., p. 5; Fr. 1. c. p. 24. In campis circa Romam autumno. Gaester mammosus Chev. par. p. 359; Fr. 1. c. p. 17; Michel. G. PI. t. 100, f. 3. In ericetis maritimis autumno. G. fimbriatus Fr. 1. c. p. 16; Mich. G. PI. t. 100, f. 1. In campis octobri-novembri circa Romam. G. striatus D. C. FI. Fr. 2, p. 267; Fr. 1. c. p. 13; Mich. t. 100, f. 2 (non per errorem typographicum a Fries aliisque citata). In sylvaticis autumno. Tulostoma mammosum Fr. S. M. III, p. 42. — Lycoperdon album mam- mosum ete. Michel. Gen. Plant. p. 217, n. 10. In sylvaticis et sepibus ad marginem viarum circa Romam autumno. Ill. E. Fio- rini Mazzanti in Colosseo legit. Nidularia pisiformis Tul. Ann. Se. Nat. 1844, I, p. 100. Ad ligna et ramos putridos autumno. DI — 115 — Crucibulum vulgare Tul. 1. c. p. 90; Micheli, 1. e. t. 102, f. 3. Ad ligna et truncos in sylvis autumno. Cyathus vernicosus D. C. — Nidularia campanulata Fr. S. M. II, p. 298; Micheli Aes 2f8/e a tarr IRE Ad ligna in sylvaticis, hortis etc. septembri-novembri. C. striatus Hoffm. Cr. t. 8, f. 3. — Nidularia striata Fr. I. c. Inter folia putrida ad terram et ad basim truncorum in sylvaticis circa Romam et in Latio, autumnali tempore. Clathrus cancellatus L. Syst. Veget. p. 1017; Fr. S. M. II, p. 288; Mich. G. PI. p., 214, t. 93; Battarr. t. 2, f. E. In sylvaticis, arundinetis ad Marino et ad margines viarum a Bolsena ad Gra- doli mense octobri. Cynophallus caninus Fr. S. MII, p. 284. — Phallus alpinus ete. Micheli, Gen. Plant. p. 202. — Phallus exilis Marattae Battarr. p. 76, t. 9, f. F.? In sylvis inter folia ad Latium autumno. Phallus impudicus Linn. /lor. Svec. n. 1261; Mich. Gen. PI. p. 201, t. 83. In sylvis ceduis et nemoribus aestate et autumno post pluvias. CLASSIS IV. Ascomycetes. Morchella esculenta Pers. Syn. p. 618; Fr. S. M. II, p. 6; Michel. G. PI. uo e do Bam i Ve Ia Ad terram in sylvaticis circa Romam martio-aprili. Vulgo Spugnole, Spongole, lunghi trippetti, cum varietatibus. var. y fulva Fr. l. c. p. 7; Michel. p. 203 n. 3. var. è conica Fr. I. c. M. semilibera Fr. S. M II, p. 10; Michel. G. PI. t. 84, f. 3. In graminosis sylvaticis, vere. M. gigas Pers. Syn. p. 619; Michel. G. PI. p. 202, t. 84, f. 1. In arenosis maritimis martio-majo haud frequens. Helvella crispa Fr. S. M. II, p. 14; Michel. t. 86, f. 7; Battarr. t. 2, f. G; Wienroe di Siad In sylvaticis circa Romam Pigneto Sacchetti, Bravetta ete. octobri-decembri. H. lacunosa Afzel in Vet. Ac. Handl. 1783, p. 303; Fr. lc. p. 15; Mich. (i. PI. p. 204. var. a maior Fr. — H. mitra Schaeff. t. 162. var. b minor Fr. — H. monacella Schaeff. t. 162. In sylvaticis circa Romam ad Acqua Traversa, Bravetta, Marcigliana, novembri- decembri. Hi sulcata Atl 'cs0l7/85, pi 305); Erli ce. p. 15: Battarr. pi24t98, f BI In locis umbrosis sylvarum ad terram autumno: in Villa Burghesia Romae. H. infula Schaeff. t. 159; Fr. ]. c. p. 17. Ad terram in locis humidis sylvarum autumno.. — 1160 — H. monachella Fr. l. c. p. 18; Micheli, 1. e. t. 86, f. 8; Battar p. 24, t. 2, THE SPOrta Mist ieXC e s0) P In sylvis montanis ad terram cum Morchellis vere. Verpa digitaliformis Pers. Myc. Eur. p. 202, t. 7, f. 2-3; Fr. S. M. IT, p. 24; Vittad. F. Mang. p. 117, +. 15, £. 1-4. In sylvis, nemoribus circa Romam, vere. Mitrula paludosa Fr. S. M. I, p. 491. In sylvaticis paludosis inter folia putrida in Agro romano et ad Tivoli, aestate et autumno. Leotia lubrica Pers. Syn. p. 613; Fr. S. M. II, p. 29; Michel. Gen. PI. t. 82, f. 2. In sylvis humidis circa Romam autumno. Clar. D. Avetta mense decembris 1882, ad Bravetta legit. Geoglossum difforme Fr. S. M. I, p. 489. In sylvaticis circa Romam, septembri-octobri. D. Avetta ad Acqua Traversa eodem tempore legit. G. hirsutum Fr. l. c. p. 488. In graminosis udis autumno. D. Baldini et D. Tamburlini ad Castel Malnome in Agro romano legerunt. Vul Peziza cochleata Huds. Bull. t. 154; Fr. S. M. II, p. 50; Michel. Gen. PI. p. 206. In umbrosis frondosis solo pingui, autumnali tempore. P. cerea Fr. l. c. p. 52; Boccon. Mus. I, p. 300; Michel. 1. c. p. 206, n. 1. In vaporariis et fimetosis aestate, autumno. P. vesiculosa Fr. 1. c. Michel. 1. c. p. 207, t. 36, f. 2. In terra pingui et fimo equino ad Storta octobri-novembri. P. haemastigma Fr. S. M. II, p. 74. D. Baccarini legit in horto botanico in Panisperna. P. coccinea Fr. l. c. p. 79; Battarr. t. 3, f. N. 0. Ad ramos putridos ad terram dejectos ad Acqua Traversa vere et autumno. P. aurantia Ml. Dan. t. 657, f. 2; Fr. 1. c. p. 49. Ad radices arborum autumno. In horto botanico ad Panisperna quoque lecta. P. nigrella Pers. Syn. p. 648; Fr. 1. e. p. 81; Micheli, Gen. PI. p. 206, n. 10. In terra ad quisquilias Pini in horto botanico ad Panisperna, sero autumno. Ascobolus aerugineus Fr. S. M. II, p. 164. In phimo caballino cultam ad Panisperna autumno et hyeme. Bulgaria inquinans Fr. 1. c. p. 167. Ad truncos et ramos emortuos Quercuum, autumno. Tuber brumale Micheli, G. PI. p. 221, t. 102; Vittadin. Tuberac p. 37, t. 1, > — Tuber cibarium Fr. l. c. p. 290. In sylvaticis Apenninis prope Nursiam aliisque locis autumno et hyeme foditur. go Tartuffo nero. T. magnatum Pico Melet. p. 97; Vittad. 1. c. p. 42,t.1,f4et.2,f. 9; Pollini F. Veron. III, 748. — Tuber griseum Fr. 1. c. p. 292. quo In sylvaticis ciminis et prope Sublaqueum, autumno minus frequens. Romae tannis fertur ab Italia septentrionali et venditur sub nomine 7artu/fo di Piemonte. ie Terfezia Leonis Tulasn. Annal. Sc. Nat. 3 ser. 111, p. 350. — Tuber ni- veum Desfont. MI. Au 11, p. 436; Fr. I. c. p. 292. In Monte Circeo ad Pontinas abunde, vernali tempore. Elaphomyces muricatus Fr. S. M. III, p. 59. — Elaph. variegatus Vitt. Eycop. p. 68, t. 4, f. 4. — Lycoperdon solidum L. Svec. n. 1281 (Scle- roderma cervinum Pers. Sym. p. 156, var. {f). In sylvis montanis sub terra ut precedentes. Hysterium pulicare Pers. Syn. p. 98; Fr. S. MW. II, p. 579; Michel. G. PI. p. 102, t. 54, £. 2. Sph. Ad ramos Quercuum in sylvaticis ad Monte Mario. Fumago vagans Pers. In foliis Oleae europeae Prof. Cuboni in Monte Circello legit. Claviceps purpurea Tulasn. Ann. Se. Nat. 1853, 20, p. 43; Fr. 1. c. p. 325. Ad segetum semina, mense junili. Stiomatea chaetomium Fr. S. M. II, p. 563. Ad folia viva Ruborum circa Romam. Sphaeria arundinacea Fr. l. c. p. 429. Ad culmos denudatos Arundinis donacis, vere. Sphaerella carpinea Awd. bot. Tuuschv. — Spheria carpinea Fr.1.c. p. 523. Ad folia Carpini betuli, autumno. Sphaerella Buxi Awd. in Rabenh. #ung. Eur. 940; Cesati et De Not. Schem. p. 237. Ad folia Buxi sempervirentis, autumno et hyeme. S. Berberidis Gonn. et Rabenh. Myc. Eur. 5; p. 3, t. 3, f. 41. Ad folia Berberidis vulgaris, autumno. S. Lisustri Cook in Journ. of Bot. Aug. 1866. — Sphaeria Ligustri Rrgltcap=8196% Ad folia Ligustri vulgaris, autumno et hyeme. S. Laureolae Gonn. e Rabnh. 1. c. p. 9, t. 4, f. 45. Ad folia Daphnes laureolae ad Palazzola, Frascati, hyeme. S. Evonymi Rabnh. 1. c. p. 10, t. 3, f. 40. Ad folia Evonymi europei, hyeme. S. Pteridis D. Not. Sfer. Itai. p. 87, fig. 99; Saccardo, Syll. Fung. p. 531. Ad folia Pteridis aquilinae. S. aquilina Gonn. et Rabenh. 1. ec. p. 20. — Sphaeria aquilina Fr. S. M. II, p. 522; Sace. I. c. p. 532. Ad folia exsiccata Pteridis aquilinae. S. graminicola Fuck. Symb. Myc. p. 101. Ad folia sicca Tritici repentis, aestate et autumno. S. Scirpi-lacustris Awd. Myc. Eur. Pyr. p. 18, f. 73; Saccard. Syll. Pung. I, p. 529. Ad folia Scirpi lacustris, autumno. Valsa microstoma Fr. Summ. Veget. Scand. p. 411, S. M. II, p. 388. In ligno et ramis exsiccatis ad Macchia Mattei. , — 18 Diatrype quercina Tul. Carp. II, p. 98, t. XII, f. 1-15. — Sphaeria quer- cina’ Pers. Sym. p. 24, t. 1, f. 67. 5 Ad Quercus in sylvis ad Acqua Traversa. Onygena equina Pers. Syn. p. 343; Fr. S. M. III p. 207. Ad ungues equorum in locis humidis diu asservatas. Rbytisma acerinum Fr. S. M. II, p. 569. Ad folia arborum in Latio. Eurotium aspergillus-slaucus De Bary. — Eurotium herbhariorum Link. SPIMRAPA9: Ad plantas exsiccatas in herbariis, aliasque substantias varias frequens. Ascotricha chartarum Berkl. Ann. N. H. n. 116. Ad chartas typographice impressas, et libros. Erysiphe communis Levell. Ann. Sc. Nat. 1851, XV, p. 171, t. 11, f. 38. Ad folia Ranunculacearum et Papilionacearum, autumno. E. graminis Lev. 1. c. p. 165, t. 10, f. 33. Ad Graminum folia languescentia aestate et autumno. Huius forma conidialis est Oidium monilioides Link. Sepedonium roseum Fr. S. M. III, p. 488. In Agaricis frequens autumno. Hanc et sequentem Tulasne statum conidialem Sphaeriacearum (Hypomyces) esse putat. 5. chrysospermum Fr. l. c. p. 438. Mm Boletis praesertim exsiccatis pluries vidi. Monilia fasciculata Berkl. Out!. p. 351. — Briarea elegans Corda, H. 3, t. 6. Ad gramina languescentia aestate et autumno. Qidium favorum B. et Br. Ann. N. H. n. 762, t. 16, f. 14. — Microsporon Audini Remate. In capillitii favo. 0. porriginis B. et Br. 1. c. n. 546. — Achorion Schoenleinii Remate in Robin t. 3, f. 10. In capite homini porrigine decalvante infirmo. Penicillium candidum Fr. S. M. III, p. 409. Ad fungos et fructus putridos autumno. P. crustaceum Fr. 1. c. p. 407. — Pen. glaucum Grev. t. 58, f. 1. In cibariis et fructibus aliisque substantiis vulgatissima species. Cladosporium herbarum Link. Sp. I, p. 39; Fr. 1. e. p. 370. -- Sphaeria Pers. Ad caules et folia plantarum languescentium, ad ligna et varias res domesticas vulgatum. Acrospeira mirabilis Berk. /ntr. p. 305, f. 69 a. Ad semina Castaneae vescae. Fusarium lateritium Nees. f. 26; Fr. S. M. IIL p. 470. In ramis exsiccatis Ficus caricae. Bactridium Helvellae B. e Br. Ann. N. H. n. 816, t. 9, f. 3. In pileo Helvellae crispae. Polythrincium Trifolii Kunze Cooke, Brit. F. p. 582. — 119 — D. Baccarini in horto botanico in Panisperna legit. Torula sporendonema B. e Br. 1. c. n. 462. — Sporendonema casei Desm. Ann. Sc. Nat. XI, p. 246. In caseo vetusto. T. herbarum Link. Spic. I, p. 128; Fr. lc. p. 501. Ad caules plantarum putrescentium, autumno. T. graminis Desm. Ann. Sc. Natur. 1834, II, t. 2, f. 6; Fr. l: en p. 1502. Ad folia sicca graminum. Hendersonia sarmentorum West. Bull. de Brux. XVIII, n. 60, f. 2 Ad ramos Vitis viniferae L. in vineis. Excipula vermicularia Corda, IM, Tab. 7, f. 77. In ligno putrescenti autumnali tempore. Il. E. Fiorini-Mazzanti in Colosseo legit. Phoma Hederae Desm. £ws. n. 350; Fr. Zlench. II, p. 119. Ad folia Hederae. P. samarorum Desm. Frs. n. 349; Berk. e Br. Ann. N. H. n. 398. Ad Samaras Acerorum. P. concentricum Desm. Ann. Sc. Nat. XIII, p. 189. — Depazea agaves Mont. Ann. Sc. Nat. I, p. 344. Ad Yuccarum folia et Agaves in.hortis et viridariis. CLASSIS V. Myxomycetes Wint. Trichia serotina Schrad. Journ. Bot. 1799, II, p. 67, t. 3, £.2; Fr. S. M. III, p. 184. — Trich. Botrytis f. Pers. Syn. p. 176; Quelet. Champ. du Jur. 3 Part. p. 468. Ad tabulas Abietis in cubiculo humidiori, hyeme. Stemonitis fusca Fr. l. c. p. 157; Michel. G. PI. t. 94, f. 1. Ad lignos putridos, et in horto botanico in Panisperna culta. Physarum album Fr. 1. c. p. 147. Ad cortices et folia, autumno. P. sulphureum Fr. l. c. p. 134 Ad folia decidua, TOCDILIO Spumaria alba Fr. S. M. III, p. 95; Battarr. t. 40, f. G, H. In terra graminosa, nec non ad folia et culmos vivos, aestate. Aethalium vaporarium Pers. Syn. p. 161; Mich. G. PI. t. 96, f. 2 In vaporariis ad corticem molitam. ‘A sepucum CRE e. po 093: Pers, Ze! Pick. 0 pol Ad ligna, cortices, et folia in sylvis aere calidiori et pluvio, nec non in vaporariis. Reticularia umbrina Fr. 1 c. p. 87; Mich. 1. c. t. 95, f. 1. Ad truncos exsiccatos, et in horto botanico in Panisperna culta. MN CLASSIS VI. Zigomycetes Wint. Pilobolus crystallinus Fr. S. M. III, p. 312. In fimo frequens, praesertim cultus. Hydrophora tenella Fr. 1. c. p. 314; Michel. 1. e. t. 95, f. 2. In culmis gramineis et in Sterquiliniis autumno. H. stercorea Fr. S. M. III, p. 314. — Mucor stercoreus (Grev, ZI. Ed. p. 448. In stercore locis humidis. Mucor stolonifer Fr. 1. c. p. 321. In ramis foliisque Vitis autumno. M. caninus Pers. Syn. p. 201; Fr. 1. c. p. 320. In mucerdis, autumno et hyeme. M. mucedo L. Sp. Pi. 2, p. 1655; Fr. l. c. Michel. G. PL. t. 95, f. 1. In pane aliisque corporibus putrescentibus loco humido asservatis. Ascophora elegans Corda, III, f. 43. — Thamnidium elegans Link. 0bs. I, p. 28, f. 45. — Mucor elegans Fr. l. c. p. 322. In ramis Ricini exsiccatis D. Avetta legit in horto botanico in Panisperna, hyeme. A. mucedo Tode Mekl. I, p. 13, t. 3, f. 22; Fr. Lc. p. 810. Ad corpora putrescentiaetoto anno frequens. Zasmidium cellare Berkl. Vutl. p. 407. — Antennaria cellaris Fr. Jeep 229% In cryptis et cellis vinariis dolia investit. CLASSIS VII. Oomycetes Wint. Peronospora candida De Bary, Ann. Sc. Natur. 1863, XX, p. 120. Ad folia Cichorei Intybi circa Romam. P. Urticae De Bary, l. c. p. 116. In foliis Urticae haud frequens. P. nivea Cooke. Micr. F. p. 273. — Botrytis crustosa Fr. S. X. III, p. 403. Ad folia Chaerophylli Sylvestris in collibus Latii. P. gangliformis (Berk.) Cooke, Micr. f. t. 14, f. 265. In foliis Lactucae. Hane et sequentes Clarissimus D. Pirotta legit in horto botanico in Panisperna. P. Viciae (Berk.) Cooke, 1. c. t. 15, f. 266. In foliis Viciae sativae. P. trifoliorum De Bary, Ann. Se. Nat. 1863, XX, p. 117. In foliis Trifolii nigrescenti. P. Viticola (Berkl. et Curt.) De Bary l. c. p. 125. Vites viniferas L. in hortis et vineis infestans. — 21 — Cystopus candidus Lev. Ann. Se. Nat. Berkl. Oul!. p. 334, partim. Ad folia Cruciferarum plurimarum. C. capparidis De Bary 1. c. p. 181. In foliis Capparidis spinosae. Saprolegna ferax Kitz. Phyc. Gen. p. 157, t. 1. Ad muscas et pisces demortuos, autumno. Achlya prolifera Nees, Ktz. l. c. Ad muscas aliaque insecta submersa insidens. EXPLICATIO TAB. XIV. A Agaricus laceatus Scop. var. alba. Fig. a. Fungus naturalis magnitudinis. » b. Fiusdem sectio. » cc. Sporae albae 825 vices auctae. ANN. Ist. Bor. — Von. IL Prima contribuzione alla Lichenografia romana del dott. FRANGESCO TAMBURLINI. (Tav. XIV. B.). Intorno ai licheni che vegetano nella Campagna romana e provincie vicine non esistono che poche notizie, le quali, per quanto mi è noto, possono ridursi alle seguenti : 1° Il Maratti nella sua lora romana descrive 29 specie di licheni, che credo utile di trascrivere colla stessa nomenclatura linneana usata dall’autore, specialmente perchè molte di esse non sono state raccolte posteriormente: Lichen geogra- phicus L. — L. rugosus L. — L. sanguinarius L. — L. fagineus L. — L. candelarius L. — L. tartarius L. — L. pallescens L. — L. saxa- tilis L. — L. olivaceus L. — L. parietinus L. — L. physodes L. — L. stellaris L. — L. pulmonarius L. — L. fuciformis L. — L. pru- nastri L.—L. aquaticus L.— L.resupinatus L — L.pustulatus L. — L. polyphyllus L.— L. piniperinus L. — L. cocciferus L — L. fim- briatus L. — L. cornutus L. — L. subulatus L. — L. fragilis L. — L. Roccella L. — L. plicatus L. — L. hirtus L. — L. vulpinus. L. 2° Il Rabenhorst in un elenco di crittogame da lui raccolte in Italia enumerò 16 specie di licheni delle provincie romane e tra i suoi Lichenes Ewropaei easiccati, ne pubblicò due raccolti presso Roma dal Beltrami-Pisani cioè la Ramalina maci- formis Del. e la Roccella phycopsis Duf. var. Cecilia Metella Beltr. Pis. 3° La contessa Elisabetta Fiorini-Mazzanti, tanto benemerita degli studî crit- togamici, si occupò principalmente dei Collema, che sostenne essere trasformazioni de’ Nostoc; studiò e cercò d’indagare la natura di un lichene che copre abbondan- temente le vetuste mura del Colosseo; e infine enumerò nella sua /loruta del Co losseo parecchie specie di licheni. 4° Il sig. dott. Matteo Lanzi con una sua Nota spiegò la natura del lichene che covre le mura del Colosseo, descritto dalla Fiorini-Mazzanti, riferendolo al Placo- dium albescens Kérb. Queste sole sono le pubblicazioni esistenti per quanto io mi sappia, intorno alla Lichenografia romana. Negli erbarî della Fiorini-Mazzanti e del Sanguinetti, appartenenti oggi al r. Istituto botanico della Università romana, si contengono in buona quantità esem- plari di licheni raccolti nella campagna di Roma. Gli esemplari del Sanguinetti, in maggior numero, come pure quelli della Fiorini-Mazzanti, spesso non portano che — 123 — le indicazioni del luogo in cui furono raccolti e spessissimo sono inesattamente nominati. Valendomi di questo materiale ed aggiuntovi quello raccolto in questi ultimi anni dai dott. Cuboni, Avetta e Baccarini, dal sig. G. B. Canepa e da me stesso, ho compilato questo primo catalogo di più che 200 specie di licheni, parecchi de’ quali importanti e rari, finora ritrovati nelle provincie romane. Ho seguìto in questa enumerazione l’ordine indicato dal Kérber con le varia- zioni apportate nella partizione delle famiglie dal sig. Antonio Jatta nel suo III manipolo di Lichenes Italiae meridionalis. Devo qui dire, che lo stesso sig. Jatta cortesemente mi aiutò in questo mio primo lavoro lichenografico, sia rivedendo le mie diagnosi, sia fornendomi indicazioni bibliografiche, e di ciò gli esprimo la mia gra- titudine. Come pure non posso far a meno di non esternare la mia riconoscenza al compianto prof. Pedicino direttore dell'Orto e Istituto botanico della r. Università ro- mana, il quale con ispeciale cortesia mi permise di esaminare e studiare questi licheni. Prospetto della letteratura lichenologica romana. 1. Maratti, Flora romana, 1822, vol. IT, pag. 430-442. 2. Rabenhorst, Systematische Uebersicht der auf meiner italienischen Reise beobacheten Kryptoga- men, in Regensburg's Flora, 1850. 3. Rabenhorst, Lichenes Europaei ersiccati, n. 958 e 960. 4. Fiorini-Mazzanti, Sulla identità del Nostoc con il Collema. Roma, 1857. 5. Fiorini-Mazzanti, Nota critica sulla anormalità di un'organismo crittogamico , in Mem. del- l’Accad. Pontificia de’ Nuovi Lincei, giugno 1871. 6. Fiorini-Mazzanti, Slorula del Colosseo, in Mem. dell’Accad. Pontificia dei Nuovi Lincei. feb- brajo 1878. ". Lanzi, Sul Placodium albescens K6rb. del Colosseo, Nota in Mem. dell’Accad. Pontificia dei Nuovi Lincei, aprile 1880. I. Lichenes Heteromerici Wallr. Fam. I. USNEFAE. 1. Usnea barbata (L.) Ach. Meth. 313; Fr. L. Eur. 18; Th. Fr. Scand. 15. a fiorida (L.) Fr. L. Eur. 18; Schaer. En. 3; Nyl. Syn. 267. — U. florida Ach. Meth. 307; Kòrh. Syst. 3. — Exs. Schaer. L. H. 398; Mass. L. /t. n. 51; Rbh. L. E. 409, 549. Sui tronchi degli alberi ad Ostia (Sang. in herb.). 8 hirta (L.) Schaer. En. 3; Fr. £. Eur. 18; Nyl. Sym. 267; Kòrb. Syst. 4; Th. Fr. Scand. 15. — U. florida var. hirta Ach. Meth. 309. — Exs. Schaer. £. H. 399. Ad Albano, Fiumicino (Herb. Sang.); sui tronchi alla vetta del Circeo (Fior. in herb.). y dasypoga (Ach.) Fr. L. Eur. 18; Nyl. Syn. 268; Th. Fr. Scand. 16. — U. plicata y dasopoga Ach. Meth. 312. — U. barbata var. dasopoga Schaer. En. 4; Kòrb. Syst. 3. — Hxs. Schaer. L. MH. 402; Erb. crit. it. II, 725; Rbh. £. E. 245. Sulle quercie a Monte Lucretile (Sang. in herb.). — 124 — ò articulata (L.) Ach. Meth. 313, Syn. 306; Schaer. En. 4; Nyl. Syn. 268; Th. Fr. Scand. 16. — U. articulata Kòrb. Syst. 4. — Exs. Schaer. L. H. 497, Erb. crit. it. II, 14. Sulle quercie a Monte Lucretile assieme alla varietà precedente, Albano (Sang. in herh.). : ceratina (Ach.) Schaer. En. 3; Nyl. Sym. 268; Bagl. e Car. An. L. Vals. in Atti Soe. crit. it. 153. — U. ceratina Ach. Syn. 304; Kòrh. Syst. 4. — Exs. Schaer. L. H. 400. Sulle quercie a Monte Lucretile con le varietà precedenti, Villa Pamphyli (Sang. in herb.). 2. Bryopogon jubatum (L.) Kòrb. Syst. 5. — Alectoria jubata Ach. Syn. 291; Nyl. Syn. 280; Th. Fr. Scand. 24. — Parmelia jubata Ach. Meth. 272. — Evernia jubata Fr. L. Eur. 20. — Cornicularia jubata Schaer. En. 5. a prolixum (Ach.) Korb. Syst. 5. — Alectoria jubata « prolixa Ach. Syn. 291; Th. Fr. Scand. 24. — Exs. frb. crit. it. I, 1315; Rbh. L. E. 246. Sulla terra muscosa ad Albano (Sang. in herb.). * canum (Ach.) Kòrb. Syst. 5. — Exs. Schaer. L. H. 496; Erb. crît. it. I, 1415; Rbh. L. E. 212. Sulle quercie a Monte Lucretile assieme con l’Usnea barbata (Sang. in herh.). { chalybeiformis (L.) Korh. Syst. 5. — Alectoria jubata f chaly- beiformis Ach. Syn. 291; Th. Fr. Scand. 25. — Cornicularia jubata E chalybeiformis Schaer. En. 5. — Evernia jubata b. chalybeiformis Fr. L. Fur. 20. — Exs. Schaer. L. H. 396. Nelle selve che circoserivono il Piano del Castelluccio (Sang. in herb.). y implexum (Hoffm.). — Alectoria jubata var implexa Th. Fr. Scand. 25. — B. jubatum a prolixum xxx implexum Kérh. Syst. 5. — Evernia Jubata c. implexa Fr. L. Fur. 21. — HExs. Schaer. £. H. 397; Erb. crit. it. I, 1415. Sulle quercie a Monte Covone (Sang. in herb.). 3. Ramalina fraxinea (L.). Ach. Z. Un. 602, Syn. 296; Schaer. En. 9; Kérb. Syst. 38. x ampliata Schaer. En. 9. — R. calicaris « fraxinea Fr. L. Eur. 30; Nyl. Syn. 294; Th. Fr. Scand. 34. — Parmelia fraxinea Ach. Met. 258. — Exs. Schaer. £. H. 492; Erb. crit. it. II, 61; Rbh. L. E. 248. Sulle querce a Monte Vettore (Sang. in herb.); sui tronchi a M. Cavo (Cub.). f} angustata (Rbh.). — Exs. Rbh. L. E. 249. Sopra i faggi a M. Cavo (Sang. in herb.). 4. R. calicaris (L.). Fr. L. Eur. 30; Kòrb. Syst. 39; Nyl. Syn. 293; Th. Fr. Scand. 34. — R. fraxinea y calicaris Schaer. En. 9. — Exs. Schaer. L. H. 493; Rbh. E. E. 247. Ad Albano ed a Castel Fusano presso Ostia sui ginepri (Sang. in herb.). £ fastigiata (Pers.) Fr. L. Eur. 30; Kòrb. Syst. 39; Nyl. Syn. 294; Th. Fr. Scand. 34. — Exs. Schaer. L. /. 491; Erb. crit. it. II, 62; Rbh. L. E 101. Alla Ruffinella (Sang. in herb.); sui tronchi a M. Cavo ed a M. Gennaro (Cub). — 125 — * minuscula (Nyl.) Th. Fr. Scand. 35. A valle dell’ Inferno presso Roma (Sang. in herb.). 5. R. pusilla Le Prév. in Fr. L. Eur 29; Schaer. En. 8; Nyl. Syn. 295. var. dilacerata Mass. Z. N. n. 175. — Exs. Mass. L. /. 175. Sui tronchi a M. Cavo (Cub.). 6. R. pollinaria Ach. £. Un. 608, Syn. 298; Fr. L. Eur. 31; Schaer. En. 8; Korb. Syst. 40; Nyl. Syn. 296; Th. Fr. Scand. 38. — Parmelia pollinaria Ach. Meth. 264. — Exs. Schaer. L. H. 393; Erb. crit. it. II, 463; Rbh. L. E. 102. Sui tronchi a villa Borghese assieme alla Ramalina Durieui DNtrs (Sang. in herb.). (Jat.). 7. R. farinacea (L.) Ach. L. Un. 606, Syn. 297; Schaer. En. 8; Kòrh. Syst. 40. — Parmelia farinacea Ach. Meth. 263. — R. calicaris var. fari- nacea Fr. L. Eu. 31; Nyl. Syn. 294; Th. Fr. Scand. 35. — Exs. Schaer. L. H. 494; Erb. crit. it. I, 420; Rbh. L. Er. 892. Sui tronchi alla Ruffinella presso Roma, ad Albano (Sang. in herb.); a Monte Cavo (Cub.). 8. R. Durieui De Notrs in Gior. bot. v. II, 216. Sui tronchi degli alberi e frutici a M. Cavo (Cub.); a villa Borghese (Jat.). 9. R. maciformis (Del.) Nyl. Syn. 297.— Parmelia maciformis Delile, FI. Eg. (XIX) 388. — R. evernioides Nyl. Prodr. 47. — Exs. Rbh. L. E. 960. Sugli olivi a villa Borghese (Beltrami-Pisani). Oss. Gli esemplari raccolti dal ch. Beltrami-Pisani e pubblicati dal Rabenhorst sotto il nome di R. maciformis Del. potrebbero essere considerati come una varietà della specie precedente (Jatta in epist.). 10. Evernia prunastri (L.) Ach. Syn. 245; Fr. L. Eur. 25; Kòrb. Syst. 42; Nyl. Syn. 285; Th. Fr. Scand. 285. — Parmelia prunastri Ach. Meth. 250. — Physcia prunastri DC.; Schaer. En. 11. — Exs. Schaer. £L. HM. 391; Erb. crit. it. IT, 829, II, 363; Rbh. £. E. 47. Comunissima in tutta la provincia romana, nei boschi della Maremma e nei monti dell'Umbria e Piceno (Sang. in herh.); sui tronchi a Castel Fusano (Cub.). 11. E. furfuracea (L.). Mann; Fr. L. Eur. 26; Korb. Syst. 43; Nyl. Syn. 284. — Parmelia furfuracea Ach. Meth. 254. — Borrera furfuracea Ach. Syn. 222. — Physcia furfuracea DC.; Schaer. 4n. 10. — Exs. Schaer. L. Ml. 387; Erb. cri. it. I, 65; Rbh. L. E. 250, 251- Ad Ostia nella macchia (Sang. in herb.). 12. E. vulpina (L.). Ach. L. Un. 448, Syn. 246; Fr. L. Eur. 23; Kòrb. Syst. 41; Th. Fr. Scand. 32. — Parmelia vulpina Ach. Meth. 267. — Cornicularia vulpina DC.; Schaer. En. 6. — Chlorea vulpina Nyl. Syn. 274. — Exs. Schaer. £.. H. 390; Mass. L. I. 1; Erb. crit. it. I, 31; Rbh. £. E. 191. Sui legni vecchi a Castel Fusano (Sang. in herb.). 13. Roccella phycopsis Ach. L. Un. 440, Syn. 243; Schaer. En. 7; Nyl. Syn. 259. — Exs. Erb. crit. it. I, 19; Rbh. L. E. 55. Sulle rupi a Terracina (Fior. in herb.). var. Cecilia Metella Beltr. — Exs. Rhb. £. £. 958. Sulla tomba di Cecilia Metella presso Roma (Beltrami-Pisani). — 126 — Fam. II. CLADONIEAF. 14. Cladonia endiviaefolia (Dicks.) Fr. £. Eu: 212; Schaer. En. 194; Korb. Parer. 9; Nyl. Syn. 189. — Cenomyce endiviaefolia Ach. £L. Un. 528, Syn. 250. — C. alcicornis ff endiviaefolia Th. Fr. Scand. 94. — Exs. Schaer. L. H. 456; Erb. crit. it. I, 570; Rbh. L. E 281, 792, Clad. Eur. I, 1. Comune sulla terra nei boschi presso Roma (Sang. in herb.); al Palazzo dei Cesari (Fior. in herb.); ad Acqua Traversa (Cub.). 15. 0. pyxidata (L.) Fr. £. Eur. 216; Korb. Syst. 17; Nyl. Syn. 192; Th. Fr. Scand. 88. — Cenomyce pyxidata Ach. Syn. 252. a neglecta Schaer. En. 192. — Exs. Schaer. L. H. 268; Rbh. L. E. 298, Clad. Eur. VII. Comune nei boschi del Romano, nella località detta « Pigneto Sacchetti » a valle dell’ Inferno (Sang. in herb.); al Colosseo (Fior. in herb.). £ Pocillum (Ach.) Nyl. Syn. 193; Th. Fr. Scand. 88. — Cenomyce Po- cillum Ach. Syn. 253. — Exs. Rbh. L. E. 840, Clad. Eur. supp. X, 9. Sulla terra presso Roma (Sang. in herb.); al Colosseo (Fior. in herb.); ad Acqua Traversa (Cub.). y chlorophaea (Flk.) Th. Fr. Scand. 88. — C. fimbriata dè chlorophaea Kéorb. Syst. 23. — C. chlorophaea Schaer. Zn. 192. — Exs. Schaer L. H. 266, 267, Rabenh. Clad. Eur. X, n. XVII, 2. Nei boschi del Romano assieme alla var. neglecta, e nella località detta « Pigneto Bighi » a valle dell’ Inferno (Sang. in herb.). Ò symphicarpea Ehrh.; Korb. Syst. 18; Schaer. En. 1933 Bagl. En. Lich. Lig. 41. — Exs. Schaer. £. H. 279; Erb. crit. it. I, 423. A « Pigneto Sacchetti » a valle dell'Inferno (Sang. in herh.). 16. C. fimbriata (L.) Fr. L. Eur. 222; Schaer. En. 190; Korb. Syst. 22; Nyl. Syn. 194; Th. Fr. Scand. 16. — Baeomyces fimbriatus Ach. Meth. 341. — Cenomyce fimbriatus Ach. Syn. 254. var. tubaeformis (FIk.) Fr. L. Eur. 222; Kòrh. Syst. 22. — Exs. Schaer. L. H. 58; Rbh. L. E. 284, Clad. Eur. XX, XXII, 2. A « Pigneto Sacchetti >, ed a villa Borghese (Sang. in herb.); al Colosseo (Fior. in herh.); ad Acqua Traversa (Cub.) 17. C. ochrochlora (Flk.) Kérb. Syst. 24. — C. fimbriata var. ochro- chlora Schaer. En. 191. — C. cornuta var. ochrochlora Nyl. Syn. 198. — Exs. Schaer. £. H. 640; Erb. crit. it. I, 942. Comune nelle selve e sulla terra muscosa presso Roma (Sang. in herb.); ad Acqua Traversa (Fior. in herb.). 18. C. cornuta (L.) Fr. L. Eur. 225; Schaer. En. 196; Korb. Syst. 125; Nyl. Syn.198.— Baeomyces cornutus Ach. Meth. 343. — Exs. Rbh. Clad. Eur.X,XII,1. Sul terreno ad Acqua Traversa (Cub.). 19. C. squamosa Hoffm.; Fr. L. Eur. 231; Schaer. En. 198; Kérb. Syst. 32; Nyl. Syn. 209; Th. Fr. Scand. 75. — Baeomyces sparassus Ach. Meth. 346. — Cenomyce sparassa Ach. Syn. 273. or a macrophylla Schaer. En. 198. — Exs. Schaer. L. /. 278; Rbh. L. E. 293, 297, Clad. Eur. suppl. XXVII, 32. Sul terreno ad Acqua Traversa (Cub.). f asperella Flk. Kòrh. Syst. 33. — C. squamosa var. microphylla Schaer. En. 198. — Exs. Schaer. L. H. 72, 74. Sulla terra ad Ostia (Sang. in herb.). 20. C. furcata (Hoffm.) Fr. L. Eur. 229; Schaer. En. 201; Kéòrb. Syst. 34; Nyl. Syn. 205; Th. Fr. Scand. 78. — Baeomyces furcatus Ach. Meth. 357. — Cenomyce furcata Ach. L. Un. 560. a racemosa (Wahlb.) Fr. L. Eur. 230; Schaer. En. 202; Korb. Syst. 34; Nyl. Syn. 205; Th. Fr. Scand. 78. — Exs. Schaer. L. H. 80; Rbh. L. £. 273. Sul terreno ad Acqua Traversa (Cub.). * squamulosa Schaer. Zn. 202. — Exs. Rbh. Clad. Eur. XXXII, 4. Sul terreno presso Roma (Fior. in herb.). xx. recurva (Hoffm. Schaer. En. 202; Korb. Syst. 34. — Exs. Rbh. L. £. 274. Nelle selve di Camerino (Sang. in herb.). £ subulata (L.) Schaer. En. 202; Kòrb. Syst. 35; Th. Fr. Scand. 79. — Exs. Schaer. £. H. 81; Rbh. L. E. 275, 276. A « A Pigneto Bighi » a valle dell'Inferno (Sang. in herb.). 21. C. pungens (Sm.) Kéòrb. Syst. 35..— C. furcata var. pungens Fr. L. bur. 230; Nyl. Syn. 207; Th. Fr. Scand. 79. — Bacomyces pungens Ach. Meth. 354. — Cenomyce furcata var. pungens Ach. £. Un. 562. — 0. fur- cata var. rangiformis Schaer. En. 202. — Exs. Schaer. L. H. 459; Erb. crit. it. I, 572; Rbh. L. E0277. A « Pigneto Bighi » a valle dell’ Inferno (Sang. in herb.); sul terreno ad Acqua Traversa (Cub.). 29. 0. stellata Schaer. En. 200; Korb. Syst. 37. var. uncialis (L.) Korb. Syst. 37. — C. uncialis Fr. L. Eur. 244; Nyl. Syn. 215. — Baeomyces uncialis Ach. Meth. 352. — Cenomyce uncialis Ach. Syn. 278. — Exs. Schaer. £. H. 82, 83; Rbh. Clad. Eur. DEXOXT, 12 3. Nella macchia della Fagiola (Sang. in herb.). 23. C. sylvatica (Wahlr.) Rbh. Clad. Eur. exs. XXXV, 1-3. — C. rangi- ferina £ sylvatica Schaer. En. 203; Fr. L. Eur. 243; Nyl. Syn. 212. — Cenomyce rangiferina var. sylvatica Ach. £. Un. 564, Syn. 277. — Exs. Schaer. L. H. 78; Erb. crit. it. I, 940; Rbb. L. E. 270, Clad. Eur. XXXVII-3. Sul terreno ad Acqua Traversa (Cub). 24. Thamnolia vermicularis Schaer. En. 243; Nyl. Syn. 264. — Baeomyces vermicularis Ach. Meth. 359. — Cenomyce vermicularis Ach. L. Un. 566. — Cladonia amaurocraea, vermicularis Kérh. Syst. 27. * taurica (Wulf.) Schaer. En. 244; Kòrh. Syst. 27. — Exs. Schaer. LI. 86; Rbh. L. E. 250. A villa Pamphyli in Roma (Sang. in herb). — 128 — Fam. Ill. PARMELIFAB. 25. Cetraria islandica (L.) Ach. Meth. 293; Syn. 229; Fr. L. Eur. 36; Schaer. En. 15; Korb. Syst. 44; Nyl. Syn. 298; Th. Fr.. Scand. 98. — Exs. Schaer. £. H. 22; Rbh. L. E. 40, 132, 208. Sul terreno fra i muschi ad Acqua Traversa (Cub.). £ campestris Rbh.; Jatta, Lich. It. mer. M. I, 19. — Bxs. Erb. crit. it. I, 1417. A M. Vettore (Sang. in herbh.). 26. 0. glauca (L.) Ach. £. Un. 509, Syn. 227; Fr. L. Eur. 38; Schaer. En. 12; Korb. Syst. 46; Th. Fr. Scand. 105. — Platysma glaucum Nyl. Syn. 313. — Kxs. Schaer. L. H. 252; Rbh. L. E. 48, 669. Sui tronchi delle quercie a villa Pamphyli (Sang. in herb.); presso Roma (Fior. in herb.). 27. Cornicularia aculeata (Ehrh.) Ach. Meth. 302, Syn. 299; Kéorb. Syst. 8; Jat. Lich. It. mer. m. I, 15. — Cetraria aculeata Fr. £. Eur. 35; Nyl. Syn. 300; Th. Fr. Scand. 101. — Exs. Schaer. £. H. 254, 255; Erb. crit. it. 1, 727; Rbh. L. E. 46. Nelle piccole selve a M. Mario ed a M. Vettore assieme alla Cetraria islandica (Sang. in herb.). 28. Peltigera canina (L.) Hoffm.; Fr. L. Eur. 45; Schaer. En. 20; Kòrb. Syst. 58; Nyl. Sym. 324. — Peltidea canina Ach. Meth. 284, Syn. 239. — Exs. Schaer. L. H. 28; £rb. crit. it. I, 516; Rbh. L. E. 68. Sulla terra muscosa a M. Gennaro (Cub.). £ ‘vlorrhiza Schaer. En. 20. — Exs. Rbh. L. £. 560. A M. Vettore assieme con la Peltigera rufescens, a Rocca di Papa, M. Cavo sulla terra muscosa (Sang. in herb.). 29. P. rufescens (Neck.) Hoffm.; Fr. L. Eur. 46; Schaer. En. 21; Kòrb. Syst. 59; Nyl. Syn. 324. — Peltidea canina var. crispa Ach. L. Un. 519, Syn. 239. — Exs. Rbh. L. E. 352. A M. Vettore e Pizzo di Sivo (Umbria) sopra i muschi (Sang. in herh.); sulla terra a M. Cavo (Fior in. herb.). £ innovans (Fw.) Korh. Syst. 60. Sul terreno muscoso a Castel Fusano (Cub.). 30. P. horizontalis (L.) Hoffm.; Fr. L. Eur. 47; Schaer. En. 21; De Notr. Oss. s. Pelt. in Mem. Ace. Sc. di Tor. s. II, 131; Kòorb. Syst. 61; Nyl. Sym. 327; Mass. Mem. 20. — Peltidea horizontalis Ach. Syn. 238, Meth. 288. — Exs. Schaer. L. H. 27; Rbh. L. E. 689. Sulla terra muscosa ad Albano, a M. Vettore e nelle macchie di Vallepietra (Sang. in herb.). 31. P. polydactyla (Neck.) Hofîm.; Fr. L. Eur. 46; Schaer. En. 21; De Notrs, Oss. s. Pelt. in Mem. Ace. se. di Tor. s. II, 132; Kòrb. Syst. 61; Nyl. Syn. 326. — Peltidea polydactyla Ach. Meth. 286, Syn. 240. — Exs. Schaer. L. H. 30; Erb. crit. it. T, 564; Rbh. L. E. 559. Sul terreno muscoso a M. Compatri (Sang. in herb.); a M. Gennaro (Cub.). — 129 — 32. Nephroma lusitanicum Schaer. £n. 323; Bagl. Zich. Surd. in N. gior. bot. it. XI, 55; Jatta, Zich. It. mer. m. III, 206. — Exs. Zro. crit. it. II, 803. Sui tronchi degli olmi e delle quercie ad Albano (Sang. in herb.). Oss. La frase specifica che ne dà il Schaerer (1. cit.) è incompleta, mancando i caratteri microscopici, e non avendola mai alcun altro lichenologo completata credo - utile di farlo, aggiungendovi pure una figura: « Thallus supra glauco vel olivaceo « Viridis, siccus plumbeus vel castaneo-fuscus, subtus incanus vel fuscus, calvus, « intus aureus, prostratus, laciniato-lobatus, laciniis minutis, multilobis; lobulis « rotundatis, subcrenatis. Apothecia badia, majuscula » (Schaer). — Ascis ventricoso- clavatis, 8-sporis. Paraphysibus obvallatis. Sporiidis ellyptico-fusiformibus, subin- curvis, diam. 2 ‘/,-3 longioribus, luteolis, nucleis viridulis (Tab. XIV, B. £. 1). Il carattere che distingue meglio il Nephroma lusitanicum Schaer. dagli altri, è l’essere il suo tallo «intus aureus»; perciò non credo che ad esso possa, come alcuni vogliono, riportarsi il Nephr. papyraceum De Ntrs. che non presenta tale carattere. 33. Solorina saccata (L.) Ach. Syn. 8; Schaer. En. 22; De Notrs, Oss. s. Pelt. in Mem. Ace. se. di Tor. s. II, 138; Kòrb. Syst. 63; Nyl. Syn. 330. — Peltidea saccata Ach. Meth. 290. — Peltigera saccata DO.; Fr. L. Eur. 49. — Exs. Schaer. L. H. 25; Erb. crit. it. 1, 117; Rbh. L. E. 56. Sulla terra a M. Vettore (Sang. in herb.). 84. Sticta pulmonacea (L.) Ach. Syn. 233; Fr. L. Eur. 53; De Notrs, Gen. Sticta 159; Nyl. Syn. 351. — Parmelia pulmonacea Ach. Meth. 220. — S. pulmonaria Schaer. En. 30; Mass. Mem. 28; Kérb. Syst. 67. — Exs. Schaer. L. H. 384; Mass. L. /. 30; Rbh. L. E. 54. Abbondantissima sui tronchi di varî alberi, nella macchia della Fagiola, ad Albano (Sang. in herb.); a Castel Fusano, a M. Gennaro, M. Cavo (Cub., Tamb.). £ sorediata Schaer. En. 30. — S. pulmonacea £ papillaris Delis; Bagl. Z. Sard. in Giorn. bot. it. V, XI, 66. Sui tronchi ad Albano (Sang. in herb.). 35. S. herbacea (Huds.) Ach. Syn. 341; Fr. £. Eur. 55; De Notrs, Oss. g. Sticta in Mem. Ace. sc. di Tor. s. II, 156; Korb. Syst. 68. — Parmelia her- bacea Ach. Meth. 218. — Parmelia laetevirens Schaer. En. 35. — S. lae- tevirens Mass. Mem. 29. — Ricasolia herbacea De Notrs, Fram. Lich. in Gior. bot. it. II, 180; Nyl. Syn. 369. — Exs. Schaer. £. H. 560; Rbh. £. E. 233. A M. Vettore (Sang. in herb.). 36. S. glomulifera (Lightf.) Del.; De Notrs, Oss. g. Sticta in Mem. Ace. sc. di Tor. s. II, 156; Fr. £. Eur. 54; Korh. Parer. 7. — Parmelia glomuli- fera Ach. Meth. 218, Syn. 195. — Parmelia amplissima Schaer. En. 33. — Ricasolia amplissima De Notrs, Fram. Zich. in Gior. bot. it. II, 179. — Ricasolia glomulifera Nyl. Syn. 368. — S. amplissima Korb. Syst. 68. — Exs. Schaer. L. H. 559; Erb. crit. it. I, 32; Rbh. L. E. 189. Sui tronchi muscosi nella macchia de’ Cappuccini ad Albano (Sang. in herb.); Monti Laziali (Fior. in herb.); abbondantissima specialmente a M. Cavo (Cub., Chierici, Tamb.). 37 S. scrobiculata (Scop.) Ach. £. Un. 453, Syn. 234; Fr. £. Eur. 53; Schaer. Ann. Isr. Bor. — Vol. I. ) I — 130 — En. 31; K6rb. Syst. 66; Nyl. Syn. 353. — Parmelia scrobiculata Ach. Meth. 219. — Exs. Schaer. £. H. 490; Rbh. £. E. 188, 837. Sui tronchi ad Albano (Sang. in herb.); a MCavo (Fior. in herb.); (Bace. e Tamb.); Subiaco ed Alatri (Rbbh.). 38. S. sylvatica (L.) Ach. Meth. 281, Syn. 236; Fr. £. Eur. 51; Kòorb. Syst. 65; Bagl. e Car. An. Lich. Vals. 179. — Stietina sylvatica Nyl. Syn. 348. — Exs. Schaer. £. H. 258; Rbh. E. 4. 910. Sui tronchi a Rocca di Papa (Sang. in herb.). 39. S. linita Ach. Sym. 234; Schaer. En. 30; Mass. Mem. 30; Kòrb. Syst. 67; Nyl. Syn. 353. — Exs. Schaer. £. H. 385; £rb. crit. it. I, 566; Rbh. L. E. 207. Assieme con la Sticta pulmonacea a M. Cavo (Sang. in herb.). 40. $. limbata (Sm.) Ach. Meth. 280, Syn. 236. — Fr. L. Eur. 52; Schaer. En. 32; Kérb. Syst. 68; Nyl. Syn. 346. — Exs. Schaer. L. H. 557. Sui tronchi muscosi a Sermoneta (Sang. in herh.); a Subiaco ed Alatri (Rbh.). 41. Imbricaria olivacea (L.) DC.; Kérb. Syst. 77.— Parmelia olivacea Ach. Meth. 313; Fr. L. Eur. 66; Mass. Mem. 52; Schaer. En. 47; Nyl. Syn. 395; Th. Fr. Scam. 121. — Exs. Schaer. L. H. 370, 371; Mb. crit. it. I, 18; Rbh. L. £ 447. Sui tronchi a M. Gennaro (Cub.). 42. I. aspera (Mass.) Kòrb. Syst. 78.— Parmelia aspera Mass. Mem. 53. — Collema exasperatum Ach. Syn. 320. — Parmelia olivacea var. aspi- data Ach. Meth. 214; Th. Fr. Scand. 122. — Parmelia olivacea bh. furfu- racea Schaer. fn. 47. — Parmelia exasperata De Notrs, N. Car. d. Parm. in Mem. Ace. sc. di Tor. s. II, 382; Nyl. Syn. 396. — Exs. &rb. crit. it. II, 672; Rbh. £. E. 66. Sui tronchi a Pizzo di Sivo (Sang. in herb.); a M. Gennaro (Cub.). 43. I. acetabulum (Neck.) DC.; Kòrb. Syst. 77. — Parmelia acetabulum Dub.; Fr. L. Eur. 65; Schaer En. 35; Mass. Mem. 49; De Notrs, N. Car. d. Parm. in Mem. Ace. Sc. di Tor. s. II, 379; Nyl. Syn. 394; Th. Fr. Scand. 121. — Par- melia corrugata Ach. Meth. 215, Syn. 199. — Exs. Schaer. L. Ml. 547; Erb. crit. it. I, 1418; Rbh. L. E. 64. Sui tronchi a Pizzo di Sivo e a M. Vettore (Sang. in herb.); presso Roma (Rbh.); a M. Gennaro (Cub.); a M. Cavo (Tamb.). 44. I. tiliacea (Hoffm.) Korb. Syst. 70. — Parmelia tiliacea Ach. Meth. 215, Sym. 199; Fr. L. Eur. 59; De Notrs, N. Car. d. Parm. in Mem. Acc. d. sc. di Tor. s. II. 380. — Parmelia quercifolia « tiliacea Schaer. En. 44. — Exs. Schaer. L. H. 358, 359; Erb. crit. it. I, 465; ‘Rbh. L. E. 99. Sui tronchi delle quercie nella Macchia della Fagiola, ad Albano e presso Roma (Sang. in herb.); a Castel Fusano e M. Cavo (Cub., Tamb.). 45. I. sazatilis (L.) Korb._Syst. 72. — Parmelia saxatilis Ach. Meth. 204, Syn. 203; Fr. L. Eur. 61; Schaer. En. 44; Nyl. Syn. 388; Th. Fr. Scand. 114. — Exs. Schaer. L. Ml. 488; Rbh. L. E. 429. A « Pigneto Sacchetti » nella valle dell’ Inferno (Sang. in herb., Tamb.): a M. Gennaro (Cub.); ad Albano (Botto). — 151 — £ leucochroa (Wallr.) Kòrb. Syst. 72. — Parmelia saxatilis « reti- ruga (DC.) Th. Fr. Scand. 114. — Exs. Schaer. L. MH. 362; Erb. crit. it. I, 118. Sui tronchi ad Albano (Sang. in herb.); sulla terra nella macchia presso Tra- gliata (Cub.). 46. I. perlata (L.) Kòrb. Syst. 69. — Parmelia perlata Ach. Meth. 216, Syn. 197; Fr. L. Eur. 59; Schaer. En. 34; Nyl. Syn. 379; Th. Fr. Scand. 111. a innocua (Wallr.) Korb. Syst. 69. — Exs. Schaer. L. Y. 360; Rbh. L. E. 670. Sui legni e sui tronchi ad Acqua Traversa, Bosco Madama ed al Colosseo (Tamb.); a Bosco di Castel Malnome (Avetta e Tamb.); a Castel Fusano (Cub. e Tamb.); a M. Gennaro (Cub.); all’Orto botanico (Can.); a Villa Pamphyli ed a Pizzo di Sivo (Sang. in herb.). B vlophylla Wallr.; Jat. Lich. Jt. mer. m. I, 21. —I. perlata.« innocua * ulophylla Kòorb. Sist. 70. — Exs. Erb. crit. it. I, 930. A Villa Borghese (Sang. in herb.). y ciliata (DC.) Korb. Syst. 70. Sulle rupi a M. Cavo ed Acqua Traversa (Cub.); all’Orto botanico (Can.). 47. I. caperata (L.) Korb. Syst. 81. — Parmelia caperata Ach. Meth. 216, Sym. 196; Fr. L. Eur. 69; Schaer. En. 34; Nyl. Syn. 376: Th. Fr. Scand. 127. — Hxs. Schaer: L. Hi 877: Erb.‘crit.it. I, 729; Rbh' E. E. 98. Sui tronchi di varî alberi e sui muschi a Villa Borghese ed a Villa Pamphyli ad Acquasparta (Sang. in herb.), all’Orto botanico (Can.); presso Roma ad Acqua Traversa (Cub., Tamb.), a bosco Madama (Tamb.); a bosco di Castel Malnome (Avetta e Tamb.); a bosco di Manziana e nella macchia di Tragliata (Cub.); a Ter- racina (Fior. in herb.), 48. I. conspersa (Ehrh.) Kérh. Syst. 81. — Parmelia conspersa Ach. Meth. 205, Syn. 209; Fr. L. Eur. 69; Schaer. En. 46; Nyl. Sym. 391; Th. Fr. Scard. 128. — Hxs. Schaer. LL. H. 379; Rbh. £. E. 65. Sulle roccie a M. Cavo (Cub.). 49. I. Borreri (Turn.) Kérb. Syst. 71. — Parmelia Borreri Ach. Syn. 197; Fr. L. Eur. 60; Nyl. Syn. 389. — Parmelia dubbia Schaer. En. 45; Mass. . Mem. 51. — Hxs. Schaer. L. H. 361; Rbh. L. EF: 184. Sui tronchi ad Albano nella Villa Doria (Fior. in herb.); a Villa Borghese (De Notrs). 50. I. dendritica (Fw.) Anzi, Cat. 29. — Parmelia dendritica Pers.; Fr. L. Eur. 68; Schaer. En. 48; Mass. Mem. 52. — I. Sprengelii (Flk.) Kòrb. Syst. 80. — Exs. Schaer. L. H. 372; Erb. crit. it. I, 1067. Sui sassi a Tor di Quinto nella località detta « Saxa rubra » (Cub.); sopra un tetto dell’Orto botanico (Tamb.). 51. Parmelia stellaris (L.) Fr. £. Fur. 82; Schaer. En. 39; Korb. Syst. 85. — Physcia stellaris Nyl. Syn. 424; Th. Fr. Scand. 138. — Anaptychia stel- laris Mass. Mem. 37, — Hagenia stellaris De Notrs, /am. Lich. in Giorn. bot. it. II, 185. x adscendens (Fw.) Korb. Syst. 85. — Physcia stellaris var. tenella Nyl. Syn. 426. — Borrera tenella Ach. L. Un. 498, Syn. 221. — Anapty- chia tenella Mass. Mem. 35. — Exs. Schaer. L. H. 352; Rbh. L. £. 378. Sui tronchi di varî alberi a valle dell'Inferno, a Villa Pamphyli, ad Albano (Sang. in herb.); ad Acqua Traversa e M. Gennaro (Cub.); a Rocca di Papa e M. Cavo (Bace. e Tamb.); a Terracina (Fior. in herb.). B hispida Fr. L. Eur. 82; Schaer. En. 40. — Physcia stellaris var. le- ptalea Nyl. Syn. 425. — Exs. Schaer. L. H. 562. Sui vecchi tronchi ad Albano (Rbh.). y ambisua (Ehrh.) Schaer. En. 39; Kòrb. Syst. 85. — Exs. Schaer. L. H 351. Sui tronchi a Villa Pamphyli assieme con la var. adscendens (Sang. in herb.); a M. Cavo (Cub.). ò aipolia (Ehrh.) Schaer. En. 39; Kòrb. Syst. 85. — Exs. Schaer. L. H. 350; Rbh. L. E. 185. Sui tronchi nella macchia de’ Cappuccini ad Albano (Sang. in herb.); a M. Cavo e Terracina (Fior. in herb.). 52. P. tribacia (Ach.) Schaer. En. 39. — Lecanora tribacia Ach. L. Un. 415. — P. erosa (Borr.) Arnold, Lich. Ausfliùig. in Tirol, XVII, 579. var. isidioidea Schaer. En. 39. — Exs. Rbh. L. E. 909. Sopra i legni fracidi a Villa Borghese (Sang. in herb.). 53. P. obscura (Ehrh.) Fr. L. Eur. 84; Schaer. En. 36; Kéorb. Syst. 88. — Physcia obscura Nyl. Syn. 427; Th. Fr. Scand. 141. — Anaptychia ob- seura Mass. Mem. 38. — Hagenia obscura De Notr. Fram. Lich. in Gior. bot. it. II, 184. — Exs. Rbb. L. E. 553. Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub.). £ orbicularis (Neck.) Schaer. En. 37; Kòrb. Syst. 88. — Physcia obscura y orbicularis Th. Fr. Scand. 142. — Exs. Schaer. £. H. 351. Sui tronchi a Villa Borghese (Sang. in herb.). y chloantha (Ach.) Schaer. En. 37; Kéòrb. Syst. 88, Parer. 34. — Exs. Schaer. L. H. 353. Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub.). ) dò cycloselis (Ach.) Schaer. En. 3/; Korh. Syst. 88, Parer. 35. — Ana- ptychia obscura f cycloselis Mass. Mem. 38. — Exs. Schaer. L. H. 355; Erb. crit. it. I, 1376; Rbh. L. E. 461. Sui tronchi a Villa Pamphyli assieme con la Parmelia pulverulenta var. an- gustata Ach. ed a valle dell'Inferno (Sang. in herb.); a M. Cavo (Tamb.). 54. P. pulverulenta (Schreb.) Ach. Meth. 210, Syn. 214; Fr. L. Eur. 79; Korh. Syst. 86. — Physcia pulverulenta Nyl. Syn. 419; Th. Fr. Scand. 136. — Anaptichia pulverulenta Mass. Mem. 36. — Hagenia pulverulenta De Notr. N. Car. d. Parm. in Gior. bot. it. II, 183. a vulgaris Kòrb. Syst. 86. — Physcia pulverulenta « allochroa (Ehrh.) Th. Fr. Scand. 136. — Exs. Schaer. L. H. 376; Erb. crit. it. I, 1220; Rbh. L. E. 96, 187. 7 Sui tronchi alle Ville Albani e Borghese (Sang. in herb.); a M. Cavo (Cub., Tamb.); a Terracina (Fior. in herb.). £ angustata Ach. Syn. 214; Kòrb. Syst. 87. — Exs. Schaer. £. HM. 486. Sui tronchi a Villa Pamphyli (Sang. in herb.); a M. Cavo (Tamb.). y grisea (Lamk.) Schaer. &n. 38; Kòrb. Syst. 87. — P. pityrea Ach. Syn. 201. — Physcia pulverulenta var. pityrea Nyl. Syn. 420; Th. Fr. Scand. 136. — Exs. Schaer. L. H. 487; Rbh. L. E. 587. Abbondantissima sui tronchi di melo a Rocca di Papa, e sui tronchi di ci- presso sulla Via Appia nuova (Tamb.); alla Villa Albani (Sang. in herb.). ò venusta (Ach.) Schaer. En. 39; Korb. Syst. 87. — Exs, Erb. crit. it.I, 207. Sui tronchi nelle selve dei M' Laziali (Sang. in herb.); a M. Cavo (Chierici, Tamb.); a Terracina (Fior. in herh.). e muscigena (Ach.) Schaer. En. 38. — P. muscigena Ach. L. Un. 472. — Physcia pulverulenta var. muscigena Nyl. Syn. 420; Th. Fr. Scand. 136. A M. de’ Fiori nel Piceno (Sang. in herb.). 55. P. speciosa (Wulf.) Ach. Meth. 198, Syn. 211; Fr. L. Eur. 80; Schaer. En. 39; Korb. Syst. 88. — Physcia speciosa Nyl. Syn. 416; Th. Fr. Scand. 134. — Anaptychia speciosa Mass. Mem. 36. — Hagenia speciosa De Notrs, Mram. Lich. in Gior. bot. it. II, 184. — Exs. Schaer. L. MH. 357; Rbh. L. E. 486. Sui tronchi a Villa Pamphyli (Sang. in herb.); nella macchia di Castel Malnome (Tamb.) e di Castel Fusano (Can.). Oss. La diagnosi di questa specie interessante m’ offrì grandissima difficoltà specialmente per l'esemplare del Sanguinetti molto alterato dal tempo, alterazione che in generale può dirsi subirono tutti gli esemplari vecchissimi di questo er- bario. Mancando gli esemplari in esame d’apoteci, non potei trarne l'importante ca- rattere diagnostico delle spore. Mi servirono molto invece î caratteri chimici con la reazione della potassa sul tallo, caratteri notati dal Th. Fries nella sua TTiche- nographia Scandinavica a p. 134, cioè: « K colorem luteum thalli partibus eaternis internisque tribuit ». L'aspetto esterno inoltre di questa specie è ben caratteristico; così la forma stellata, pinnatifido-laciniato-imbricata del tallo, le lacinie anguste con l’apice dilatato, le rizine nere, i soredi marginali ed interni orbiculari, con una leggiera colorazione viridula. 56. P. caesia (Hoffm.) Ach. Meth. 197, Syn. 216; Fr. L. Eur. 83; Kòrb. Syst.86. — Physcia caesia Nyl. Syn. 427; Th. Fr. Scand. 140. —P. pulchella Schaer. En. 41 — HExs. Schaer. L. H. 347, 348; Rbh. L. E. 907. Sui ruderi del palazzo de’ Cesari in Roma (Fior. in herb.). 57. P. ciliaris (L.) Ach. Meth. 255; Fr. L. Eur. 77; Jat: Lich. It. mer. m. NI, 208. — Physcia ciliaris DC; Schaer. £n. 10; Nyl. Sym. 414; Th. Fr. Scand. 132. — Hagenia ciliaris De Notrs, Fram. Lich. in Gior. bot. it. II, 182. — Borrera ciliaris Ach. Syn. 221. — Anaptychia ciliaris Kòrh. Syst. 50; Mass. Mem. 35. — Exs. Schaer. £. H. 388; Erb. crit. it. I, 1162; Rbb. L. E. 64. Comune nelle selve, sulla terra e sui tronchi a Roma (Sang. in herb.); a Villa Borghese (Rolli, Tamb.); a Castel Fusano e M. Gennaro (Cub.); a Rocca di Papa e M. Cavo (Tamb.). 58, P. intricata (Desf... — Evernia intricata Fr. L. Eur. 27. — Ha- — 134 — genia intricata De Notrs, /ramm. Lich. in Gior. bot. it. II, 182. — Phy- scia intricata Schaer. En. 11; Nyl. Sy». 408. at atlantica Ach. Meth. 50. — Borrera atlantica Ach. Syn. 223. Sui tronchi ad Ostia e Castel Fusano ove accompagna la Physcia villosa Duby (Sang. in herb.); (Fior. in herb.); (Can., Tamb.); sui frutici a Villa Borghese (Cub.). 59. Physcia villosa Duby; De Notrs, N. Car. d. Parm. in Mem. Ace. se. di Tor. s.II, 385; Schaer. £n. 10; Nyl. Syn. 407. — Evernia villosa Fr. L. Bur. 27. — Parmelia villosa Ach. Meth. 254. — Borrera villosa Ach. Syn. 223. — Exs. Rbh. L. E. 903. Sui frutici a Castel Fusano (Cub., Can.); sui ginepri ad Ostia (Fior. in herb., Sang. in herb.); accompagnata dalla Parmelia intricata (Desf.). £ calvescens De Notrs, N. Car. delle Parm. in Mem. Ace. se. d. Tor. s.II, 385. Assieme con la specie sui ginepri ad Ostia (Sang. in herb.). Oss. Sono caratteristici gli spermogoni di questa specie, che sono sparsi abbon- dantemente sul tallo. Essi si mostrano come mameloncini rilevati di un colore giallo ranciato e di un diametro di circa '!/; di millimetro: sarebbero le pustulette gial- lognole notate dal De Notaris (op. cit.). Questa specie con la sua varietà, come ebbi occasione d’osservarlo più volte, è caratteristica nelle località di Ostia e Castel Fusano, ove cresce abbondantissima specialmente sui ginepri, accompagnata sempre dalla Parmelia intricata (Desf.). 60. P. chrysophthalma (L.) DC; Schaer. En. 12; De Notr. N. Car. d. Parm. in Mem. Ace. se. di Tor. s. II, 386; Nyl. Syn. 410. — Parmelia chryso- phthalma Ach. Meth. 267; Fr. L. Eur. 75. — Borrera chrysophthalma Ach. Sy.n 224. — Tornabenia chrysophthalma Mass. Mem. 42. — Exs. Schaer. £. H. 389; Erb. crit. it. I, 37; Rbh. L. E. 62. Sui tronchi a Villa Borghese (Sang. in herb.). 61. P. parietina (L.) De Notrs, N. Car. d. Parm. in Mem. Ace. se. di Tor. s. II, 387; Korb. Syst. 91; Nyl. Syn. 40. — Parmelia parietina Ach. Meth. 213; Fr. L. Eur. 72; Schaer. En. 49.— Xanthoria parietina Th. Fr. Scand. 145. a vulgaris Schaer. Zn. 49: Kòrb. Purer. 37. — P. parietina « platy- phylla (Fw.) Kérb. Syst. 91. — Exs. Schaer. L. #, 380. Sui tronchi, sulle rupi e sui tetti ovunque (Cub., Sang. in herb.). * corticicola Rbh. /. E. exs. 97. Sui tronchi a Camerino (Sang. in herb ). f granulata Schaer. En. 50; Kòrb. Parer. 37. Sui tronchi presso Roma assieme alla var. vulgaris (Sang. in herb.). y lobulata Schaer. En. 50; Kòrb. Parer. 37. — P. parietina « vul- garis * lobulata Korb. Syst. 91. Assieme con le var. precedenti (Sang. in herb.). ò livida De Notrs, N. Car. d. Parm. in Mem. Acc. se. di Tor. s. II, 387. Sui tronchi nell’Orto botanico di Roma (Sang. in herb.). Oss. Mancando la frase diagnostica di questa interessante varietà, credo utile qui di riassumerla, aggiungendovi una figura degli sporidii. « Thallus suborbicularis, membranaceus, adpressus, flavicante-albidus, subtus- « concolor lobis rotundatis planis. Apothecia minuta pallide-aurantiaca, margine « integro. Asci subventricosi utrinque attenuati, octospori; paraphyses apice incras- < satae, sporidia elliptica diam. 1!/ longiora, mucleis polaribus rotundatis » (tab. XIV B, £.2). Fam. IV. UMBIMCARIEAE. 62. Gyrophora polyrrhizos (L.) Kòrb. Parer. 41; Th. Fr. Scand. 158. — Um- bilicaria polyrrhizos Fr. L. Eur. 358; Schaer. En. 29. — G. pellita Ach. Syn. 67, Meth. 108. — G. spadochroa @ polyrrhizos Hepp. Sl. Eur. 307. — Exs. Rbh. £L. £. 811. Sulle rupi a M. Vettore (Sang. in herb.). 63. G. vellea (L.) Ach. Meth. 109, Syn. 68; Kòrb. Syst. 97; Th. Fr. Scand. 153. Umbilicaria vellea Fr. £. Eur. 857; Schaer. En. 23. — Exs. Rbbh. L. E. 679. 861. ; Sui sassi a Pizzo di Sivo e M. Vettore (Sang. in herh.). Fam. V. LECANORFAE. 64, Pannaria lanuginosa (Ach.) Kòorb. Syst. 106; Anzi, Catal. 35. — Par- melia lanuginosa Ach. Syn. 201; Fr. L. Eur. 88. — Exs. Schaer. L. H. 378; Rbh. L. E. 379, 854. Nella grotta di Palazzuola presso Albano (Sang. in herh.); al Colosseo (Fior. in herbh.); sul terreno muscoso ad Acqua Traversa (Cub.). 65. P. coeruleo-badia Mass. Ric. 111. — Parmelia rubiginosa f coe- ruleo-badia Schaer. En. 36. — P. conoplea Ach. £. Un. 467. — P. rubi- ginosa £ conoplea Kérb. Syst. 105. — Exs. Rbh. L. E. 478, 661. Sui tronchi d’olivo a Terracina (Fior. in herb.). 66. P. triptophylla (Ach.) Korb. Syst.. 107; Mass. Ric. 112: — Lecidea tryptophylla Ach. L. Un. 215; Schaer. En 98 (a). — Parmelia trypto- phylla Fr. L. Eur. 91. — HExs. Schaer. L.-/7. 159; Rbh. 4. E. 431. Sui tronchi a M. Gennaro (Cub.). 67. P. plumbea Delis.; Korb. Syst.109, Purer. 45; Mass. Ric. 110. — Par- melia plumbea Fr. 4. Zur. 87; Schaer. En. 35. — Exs. Schaer. L. H. 564. Sui tronchi a Villa Borghese (Sang. in herb.); Ariccia (Rbh.); M. Cavo (Tamb.). £-myriocarpa (Delis.) Mass. Ric. 110. — Parmelia plumbea £ myrio- carpa Schaer. En. 36. Sui tronchi a M. Cavo (Chierici). 68. P. hypnorum (Vahl) Kérh. Syst. 108. — Parmelia lepidora Ach. Meth.185.— Lecanora hypnorum Ach. Syn. 193. — Parmelia hypnorum Fr. L. Eur. 98; Schaer. En. 53. — Lecanora (Psoroma) hypnorum Th. Br. Scamd. 232. — xs Schaexr 4. H..546: Rbh. 5 E 215. Sulla terra a M. Vettore (Sang. in herb.); sui muschi a Subiaco (Rbh.). 69. P. microphylia (Sw.) Mass. Ric. 112; Kòrbh. Syst. 106. — Parmelia mi- crophylla Fr. £. Eur. 90. — Lecidea microphylla Schaer. En. 98. — Exs. Schaer. L. /. 161; Rbh. L. E 79, 708. — 156 — Sui tronchi a M. Cavo (Bacc. e Tamb.). 70. Candelaria vitellina (Ehrh.) Mass. Monogr. Lich. Blast. 66; Kéòrb. Syst. 121. — Parmelia vitellina Ach. Meth. 1765 Fr. L. Eur. 162. — Lecanora vitellina Schaer. Zn. 80. — Caloplaca vitellina Th. Fr. Scand. 188. — Exs. Schaer. L. H. 450; Rbh. L. E. 57. Sui tronchi a Villa Pamphyli (Sang. in herb.); sui legni lungo la via Ostiense presso S. Paolo (Tamb.); sui ruderi presso Roma (Rbbh.). 71. Amphiloma callopisma (Ach.) Kòrb. Syst. 112. — Lecanora callo- pisma Ach. Syn. 184, L. Un. 437; Schaer. En. 69. — Physcia callopisma Mass. Mon. Lich. Blast. 57. — Caloplaca callopisma Th. Fr. Scand. 169. — Exs. Schaer. L. H. 337; Mass. L. /. 103; Erb. crit. it. I, 1379; Rbbh. L. E. 198, 228. Sui ruderi presso Roma (Sang. in herb., Tamb.). 72. A. aureum (Schaer.) Kòrh. Syst. 112. — Lecanora aurea Schaer. En. 64. — Parmelia aurea Fr. £. Eur. 118. — Gyalolechia aurea Mass. Ric. 17. — Exs. Schaer. L. H. 165. Sulla terra nelle selve del Piceno (Sang. in herb.). 73. A. murorum (Hoffm.) Kérh. Syst. 111. — Parmelia murorum Ach. Meth. 195; Fr. L. Eur. 115. — Lecanora murorum Schaer. En. 63. — Phy- scia murorum Mass. Mon. ich. Blast. 54. — Caloplaca murorum Th. Fr. Scand. 170. — Exs. Schaer. L. H. 479; Erb. crit. it. II, 164; Rbb. L. E. 227. Comune sopra î muri, sui ruderi, sui tetti per tutta Roma, a Porta S. Pan- crazio (Sang. in herb.); sulle rupi a M. Cavo (Cub.). LB pulvinatum Bagl., Mass. Symm. 15, Sched. crit. 66. — Exs. Erb. crit. it. I, 668; Mass. L. /. 97. Assieme con la specie sui muri a Roma (Sang. in herb.). 74. Ricasolia candicans (Dcks.) Mass. Mem. 47; Bagl. En. xich. Lig. 24. — Parmelia candicans Fr. L. Fur. 123. — Lecanora candicans Schaer. En. 59. — Amphiloma candicans Kérh. Syst. 113. — Exs. £rb. crit. it. I, 1068; Rbh. L. E. 748, 848. Sul travertino ad Ascoli (Sang. in herb.). 75. R. Cesatii (Gar.) Mass. Mem. 47, Sched. crit. 90; Bagl. Sp. it. d. gen. Ric. in Comm. Soc. crit. it. I, 120. — ? Lecanora Montagnei £ calcarea Schaer. En. 63. f olivacea Bagl. loc. cit. 121. — Exs. Erb. crt. it. I, 368. Sulle roccie basaltiche a M. Cavo (Tamb.). 76. Callopisma luteo-album (Turn.) Mass. Mon. Lich. Blast. 80, Syn. Lich. Blast. 11; Kéorb. Syst. 128. — Lecidea luteo-alba Schaer. En. 147. — Exs. Schaer. L. H. 475; Erb. crit. it. I, 21; Rbb. L. E. 459, 460. Sui tronchi a M. Cavo (Chierici); M. Mario (Bace. e Tamb.). £ Personianum Krempelh. in /l. Lich. Bav. — Exs. Rbh. L. E. 694. Sulle roccie basaltiche a M. Cavo e Palazzuola (Tamb.). 77. C. haematites Mass. Syn. Lich. Blast. 42; Korb. Parer. 64. — Parmelia cerina y haematites Fr. L. Eur. 169. — Lecidea cerina è haematites Schaer. En. 148. — Exs. Mass. L. LZ 170; Erb. crit. it. 733; Rbh. L. E. 156, 643. — 137 — Sui tronchi a M. Mario (Bacc. e Tamb.). 78. C. aurantiacum (Lightf.) Mass. Mon. Lich. Blast. 77; Kòrb. Syst. 129. — Lecidea aurantiaca Ach. Sym. 50; Schaer. En. 148. — Caloplaca auran- tillaca Th Br. Scand: Ul. var. salicinum (Schrad.) Kòrb. Syst. 130. — Lecidea aurantiaca a sa- licina Schaer. En. 149. — Exs. Schaer. £. H 337; Erb. crit. it. I, 192. Sui tronchi d’ontano ad Albano (Sang. in herb.); M. Gennaro (Cub.). 79. C. variabile (Pers.) Korh. Syst. 131. — Parmelia circinata (b) Fr. L. Eur. 124. — Lecanora radiosa (d) Schaer. En. 61. — Parmelia varia- bilis Ach. Meth. 190. — Lecanora variabilis Ach. Syn. 165. — Pyreno- desmia variabilis Mass. Mon. Lich. Blast. 125; Kòrb. Parer. 131. — Calo- placa variabilis Th. Fr. Scand. 172. — Exs. Rbh. L. £. 569, 794. Sui ruderi presso Roma (Cub.). 80. 0. ferrugineum (Huds.) Bagl. e Car. Anaer. 221; Jat. Lich. /t. mer. m. II, 215. — Lecidea ferruginea Schaer. En. 144. — Parmelia ferruginea Fr. L. Eur. 170. — Caloplaca ferruginea Th. Fr. Scand. 182. — Blaste- nia ferruginea Mass. Mon. Lich. Blast. 102; Kòrb. Syst. 183. — Exs. Schaer. EVA: 5835; Erb. crit. it. I, 199; Rbh. L. E. 24 Sulle corteccie di varî alberi a valle dell’ Inferno, ad Albano (Sang. in herh.); M. Cavo (Cub., Tamb.); sugli olivi a Terracina (Fior. in herb.). 6 sazicola Mass. L. /. exs. 223. Sulle roccie basaltiche a Rocca di Papa, M. Cavo e Palazzuola (Cub., Tamb.). 81. C. Pollinii (Mass... — Blastenia Pollinii Mass. Syn. Lich. Blast. 15; Bagl. e Car. Anacr. 221; Bagl. En. Lich. Lig. 73. — Blastenia ferruginea var. versicolor Caldesi in Rbh. L. E. ces. — Rxs. Mass. L. Z. 60; Erb. crit. I, 200; Rbh. L. E. 213. i Sui rami di ginepro a Castel Fusano (Canepa). 82. Placodium radiosum (Hoffm.) Mass. Ric. 22; Bagl. £n. Lich. Lig. 24. — Lecanora radiosa « Schaer. En. 61. — P. circinatum « radiosum Kòrb. Syst. 115. — Squamaria circinata Anzi, Cot. 47. — Exs. Schaer. L. /. 328; Erb. crit. it. I, 667; Rbh. L. E. 504. Sulle rupi presso Roma e M. Cavo (Cub.). 83. P. saxicolum (Poll.) Mass. Ric. 23; Kòrb. Syst. 115. — Parmelia saxi- cola Ach. Meth. 191; Fr. £. E. 110. — Lecanora muralis x saxicola Schaer. En. 66. — Lecanora (Placodium) saxicola Th. Fr. Scand. 226. — Exs. Schaer, L. H. 332; Eb. crit. it. I, 1378; Rbb. L. E. 359. Sui sassi a Villa Borghese, all’Ariccia (Fior. in herb.). £ diffractum (Ach.) Mass. Ric. 24; Kòrb. Syst. 115. — Lecanora dif- fracta Ach. L. Univ. 432. — L. muralis f diffracta Schaer. En. 66. — Parmelia saxicola £ diffracta Fr. L. Eur. 111. Sui muri presso Roma, valle dell’Inferno, sulle rupi ad Albano (Sang. in herb); M. Cavo (Cub.). y albo-pulverulentum (Schaer.) Kòrb. Parer. 54. — Lecanora muralis < albo-pulverulenta Schaer. En. 67. — Placodium albo-pulverulen- tum Mass. Ric. 24. — Exs. Schaer. L. MH. 334. ANN. Ist. Bor. — Von. I. 18 ET Comune sui ciottoli del Testaccio (Sang. in herb.). ò versicolor (Pers.) Kòrh. Syst. 115. — Exs. Rbh. L. £. 674. Sulle roccie lungo la via Appia nuova ed a M. Mario (Tamb.). 84. P. albescens (Hoffm.) Mass. Ric. 25; Kéorb. Parer. 53. — Lecanora galactina Ach. L. Univ. 424; Kòrb. Syst. 145. — L. muralis è albescens Schaer. En. 67. — L. albescens < galactina Th. Fr. Scand. 252. — Par- melia saxicola « galactina Fr. L. Eur. 111. — Exs. Schaer. L. H. 616; Mass AU 33RM95: Sopra i sassi ed i ruderi frequente, Villa Pamphyli (Sang. in herb.); Colosseo (Fior. in herh., Lanzi). 85. P. crassum (Huds.) Jatta, Lich. /t. mer. III, 217. — Parmelia crassa Ach. Meth. 183; Fr. L. Eur. 100. — Lecanora crassa Ach. Syn. 190; Schaer. En. 58. — L. (Placodium) crassa Th. Fr. Scand. 220. — Psoroma cras- sum Mass. Ric. 18; Kérb. Syst. 119. — Exs. Schaer. L. /. 343; Rbh. L. £. 18, 739; Erb. crit. it. I, 186. Sulle rupi a Villa Borghese. f caespitosum Schaer. En. 58; Mass. Me. 19; Jatta, Lich. It. mer. m. II, 217. — Fxs. Schaer. L. H. 344; Rbh. L. E. 242. Sui sassi presso Acquasparta (Sang. in herb.). 86. P. lentiserum (Web.) Jatta, Lich. /t. mer. m. INI, 217. — Parmelia len- tigera Ach. Meth. 192; Fr. L.E.103. — Lecanora lentigera Ach. Syn. 179.— L. crassa < lentigera Schaer. En. 38. — L. (Placodium) lentigera Th. Fr. Scand. 220. — Psoroma lentigerum Korb. Syst. 119; Mass. Ric. 20 — Exs. Schaer. L. H. 484; Erb. crit. it. I, 730; Rbh. E. E. 19. Presso Roma (legit Pirazzoli in Herb. Fior.); sulle rupe a valle dell’ Inferno e a M. Vettore (Sang. in herb.). A 87. P. gypsaceum (Sm.) Jatta, Lich. It. mcr. m. IN. 217. — Parmelia gypsaceaFr. L. Eur. 101.— Lecanora crassaegypsacea Schaer. En. 59. — L. (Placodium) gypsacea Th. Fr. Scand. 222. — Psoroma gypsaceum Mass. Ric. 20; Kéorh. Syst. 120. — Exs. Schaer. L. H. 344; Erb. crit. it. I, 1377; Rbh. L. E. 241. A valle dell'Inferno sulla terra muscosa assieme al Placodium lentigerum (Sang. in herb.); sulle rupi presso la Caduta delle Marmore (Fior. in herb.). 88. Lecanora tartarea (L.) Ach. Univ. 371, Syn. 172; Schaer. £n. 79; Th. Fr. Scand. 233. — Parmelia tartarea Ach. Meth. 165; Fr. L. Eur. 133. — Ochrolechia tartarea Mass. Ric. 30; Kérb. Syst. 150. a sagorum Schaer. En. 79. — Ochrolechia tartarea f saxorum Mass. Ric. 30. — Exs. Schaer. L. HM. 541; Erb. crit. it. I, 676; Rbh. L. E. 324. Sulle rupi presso Vallepietra (Sang. in herb.). £ arborea Schaer. En. £0. — Ochrolechia tartarea £ arborea Kòrb. Syst. 150. — Exs. Schaer. £L. H. 318; Erb. crit. it. I, 673. Sui tronchi a M. Cavo (Cub.); nel Lazio (Fior. in herb.). 89. L. pallescens (L.) Schaer. En. 78; Th. Fr. Scand. 235. — Parmelia parella Ach. Meth. 164. — L. parella Ach. Syn. 169. — Parmelia palle- scens Fr. L. Eur 132. — Ochrolechia pallescens Korb. Syst. 149. x tumidula (Pers.) Schaer. En. 79; Th. Fr. Scand. 235. — Ochrolechia pallescens « tumidula Korb. Syst. 149; Mass. Ric. 31. — Exs. Schaer. /. HR: 0RpIRIN0EM639) Sulle quercie nella macchia di Marino (Sang. in herb.). 5 parella (L.) Schaer. En. 78; Th. Fr. Scand. 235. — Ochrolechia pal- lescens y parella Kérb. Syst. 149. — Ochrolechia parella Mass. Rie. 32. — xs. Eb. crit. it. I, 671; Rbh. L. E. 433. Assieme alla varietà tumidula sulle quercie a Marino, a Villa Pamphyli, sul travertino a Villa Corsini (Sang. in herb.); sulle rupi ad Albano e M. Cavo (Cub., Tamb.). 90. L. atra (Huds.) Ach. Univ. 344, Syn. 146; Schaer. En. 72; Korb. Syst. 139. — Parmelia atra Ach. Meth. 154; Fr. L. Eur. 141. — Fxs. Schaer. £. H. 307; Erb. crit. it. 569, 570; Rbh. E. E. 95. Sulle rupi e sui tronchi presso Roma (Sang. in herb.); al Colosseo, a Terra- cina (Fior. in herb.); a villa Borghese, M. Mario (Tamb.); a M Cavo (Bace. e Tamb). 91. L. subfusca (L.) Ach. Univ. 393; Schaer. En. 73; Mass. Ric.5; Kòrb. Syst.140; Th. Fr. Scand. 238. — Parmelia subfusca Ach. Meth. 167; Fr. £. Eur.136. a vulgaris Schaer. En. 73; Kéorb. Syst. 140. — Exs. Schaer. L. MH. 308; Erb. crit. it. I, 933. Comunissima sui tronchi presso Roma, a villa Pamphyli, valle dell’Imferno (Sang. in herb.); villa Borghese, Acqua Traversa, M. Cavo (Cub.); Rocca di Papa (Tamb.); Albano e Terracina (Fior. in herb.). 6 argentea (Hoffm.) Kérb. Syst. 140; Th. Fr. Scand. 239. — Exs. Zrb. CEI RELA Sui tronchi a valle dell'Inferno (Tamb.). y pinastri Schaer. En. 74; Mass. Ric. 7; Korb. Syst. 141. — Fxs. Schaer. RTAS 10 ERbESEREAIOZE Sui tronchi presso Roma (Sang. in herb.). ò geographica Mass. Ric. 6. Sui tronchi di castagno ad Albano (Sang. in herb.). e detrita (Ach.) Mass. Ric. 7; Kéorb. Syst. 141. Sui tronchi presso Roma (Sang. in herb.). % chlarona Ach. Syn. 158. — Exs. Rbh. L. £. 803. Sui tronchi presso Roma (Sang. in herh.). allophana Ach. Univ. 393; Kérb. Syst. 141. — Exs. Rbh. £. E. 240. Sui tronchi a villa Borghese (Sang. in herb.); a M. Mario (Bace. e Tamb). discolor Fr. —- Lecanora subfusca $ cateilea Ach. Univ. 394. — Lecanora cateilea Mass. Ric. 9. Nella macchia di valle dell’Inferno sulle quercie (Tamb.). 92. L. intumescens (Rebent.) Kòrh. Syst. 143. — L. subfusca intume- scens Th. Fr. Scand. 240. — Exs. Eb. crit. it. I, 1071; Rbh. L. E. 916. Sui tronchi a M. Gennaro (Cub.). 93. L. Hageni Ach. Univ. 367, Syn. 167; Korb. Syst. 143, Parer. 80; Th. Fr. Scand. 250. — ? Parmelia stellaris e caerulescens Schaer. En. 40. — L. umbrina Mass. Ric. 10. — Exs. Z4rb. crit. it. I, 936; Rbh. L. E. 888. — 140 — Sui tronchi a M. Cavo (Cub.). 94. L. pallida (Schreb.) Schaer. En. 78; Mass. Ric. 8; Korb. Syst. LM. — L. albella Ach. Meth. 163; Th. Fr. Scand. 243. — Parmelia subfusca 7 al'b'ellla Er. LL. Eur. 139 xs: iSchaer. &. Hi 315 RR E 20043! Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub.). 95. L. varia (Ehr.) Ach. Univ. 377; Schaer. En. 82; Mass. Ric. 13; Korb. Syst. 146; Th. Fr. Scand. 259. — Parmelia varia Ach. Meth. 178; Fr. L. Eur. 156. « vulgaris Korb. Syst. 147; Th. Fr. Scand. 259. — L. varia & palle- scens Schaer. En. 82. — Exs. Schaer. L. H. 325; Zrb. crit. it. 1223; Rbh. L. E. 450. Sui tronchi a villa Borghese (Tamb.). 96. L. ? ocrinaeta (Fr.) Kòrb. Syst. 148, Parer. 86. — Parmelia ocri- naeta Fr. £. Eur. 159. — Parmelia rubina y melanophthalma Schaer. En. 52. Sul calcare a Pizzo di Sivo (Rbh.). 97. L. sulphurea (Hoffm.) Ach. Univ. 339; Mass. Rie. 13; Th. Fr. Scani. 258. — Parmelia sulphurea Ach. Meth. 159. — Zeora sulphurea Kòrb. Syst. 136. — L. polytropa è Schaer. En. 82. — Parmelia sordida £ sul- phurea Fr. £. Eur. 179. LB tumidula Bagl. in Comm. crit. it. I, 437. — Exs. Eb. crit. it. I, 1074. Sui sassi a villa Pamphyli (Sang. in herb.); sulle roccie basaltiche a Rocca di Papa (Bace. e Tamb.). 98. L. sordida (Pers.) Th. Fr. Scand. 246. — Zeora sordida Kérb. Syst. 133. — Parmelia sordida Fr. £. Eur. 178. — L. rimosa Schaer. En. 71; Mass. Ric. 2. 2 glaucoma (Hoffm.) Th. Fr. Scand. 246. — L. glaucoma Ach. Univ. 362. — Parmelia sordida < glaucoma Fr. L. Zur. 178. — Zeora sor- dida a glaucoma Kòrb. Syst. 134. Sulle rupi presso Albano (Sang. in herb.). 99. Rinodina lecanorina Mass. Sched. crit. 48; Kòrb. Syst. 74; Th. Fr. Scand. 204. — Michoblastia lecanorina Mass. Ric. 41. — Exs. Mass. L. /. 50; Eb. crit. ît. I, 374; Rbh. L. E. 614. Sui ruderi presso Roma (Tamb.). 100. R. metabolica (Ach.) Kòrh. Syst. 123. — Lecanora metabolica Ach. Univ. 351, Syn. 153. — Parmelia sophodes c exigua Fr. £. Fur. 149. — R. exigua < pyrina Th. Fr. Scand. 201. — Exs. Schaer. L. H. 569. Sui tronchi di quercia ad Acqua Traversa (Cub.); a valle dell'Inferno (Tamb.). 101. Aspicilia cinerea (L.) Korb. Syst. 164. — Lecanora (Aspicilia) cinerea Th. Fr. Scand. 280. — Urceolaria cinerea Ach. Meth. 143; Schaer. En. 86. — Parmelia cinerea Fr. £. Fur. 142. x vulgaris Kérh. Syst. 164. — Urceolaria cinerea « vulgaris Schaer. En. 86. — Exs. Schaer. £. H. 125, 126; Rbh. L. E. 568, 921. Sulle rupia Vallepietra ed a valle dell'Inferno (Sang. in herb.); ad Albano (Cub.). — dl — 102. A. calcarea (L.) Kirb. Parer. 94. — Lecanora (Aspicilia) cal- carea Th. Fr. Scand. 274. — Urceolaria calcarea Ach. Meth. 142; Schaer. En. 91. — Parmelia calcarea Fr. £. Eur. 187. — Pachyospora calcarea Mass. Ric. 42. — A. contorta « calcarea Kòrb. Syst. 166. — Rxs. Schaer. L. H. 476; Mass. LE. I. 266; Rbh. L. E. 672. Frequente sui ruderi presso Roma, al Colosseo (Fior. in herh.); sulle rupi calcari ad Acquasparta, a M. Cucco (Piceno) (Sang. in herb.). 103. A. viridescens (Mass.) Bagl. Zn. Lich. Lig. 38. — Pachyospora viri- descens Mass. Ric. 45. Sulle roccie basaltiche a M. Cavo (Tamb.). 104. A. verrucosa (Ach.) Kérh. Syst. 167. — Lecanora (Aspicilia) ver- rucosa Th. Fr. Scand. 273. — Urceolaria verrucosa Ach. Univ. 339: Schaer. En. 97. — Parmelia verrucosa Fr. ZL. Eur. 186. — Pachyospora verru- cosa Mass. Ric. 44. — HExs. £rb. crit. it. I, 938. Sulla terra vicino a M. Rosso (?) (Sang. in herb.). 105. Urceolaria seruposa (L.) Ach. Meth. 147, Syn. 142; Schaer. En. 89; Kòrb. Syst. 168; Th. Fr. Scandl. 302. — Parmelia scruposa Fr. L. Eur. 190. a vulgaris Schaer. #n. 89; Kéorb. Syst. 168. — Exs. Schaer. £. 7. 289; RIESI Sulla terra e sulle roccie a valle dell'Inferno (Sang. in herb.); sulle roccie basaltiche a M. Cavo, e sulla via Appia nuova (Tamb.). LB eypsacea (Ach.) Kòrh. Syst. 168. — U. gypsacea Ach. Univ. 338, Syn. 142. — U. scruposa s cretacea Schaer. En. 90. — U. cretacea Mass. Ric. 35. — Hxs. Schaer. £. H. 291; Rbh. £. E. 637. Sulla terra a valle dell’Inferno assieme alla var. vulgaris (Sang. in herh.); a bosco di Castel Malnome (Tamb.). 106. U. ocellata (Vill.) Schaer. En. 90; Kérb. Syst. 169. — Lecanora Vil- larsii Ach. Univ. 338, Syn. 163. — Parmelia ocellata Fr. L. Eur. 190. — HixsWSchaert E 040477: MMass. (ISA0 Eb Menta rito 22 ER 08 1228 Sulla terra a valle dell'Inferno assieme con la specie precedente (Sang. in herb.); sulle rupi a Subiaco ed a Terni (Rbh.). 107. Gyalecta cupularis (Ehr.) Schaer. En. 94; Fr. £. Eur. 196; Kérb. Syst. 172. — Lecidea marmorea « cupularis Ach. Syn. 46. — Exs. Schaer. L. RL IBSS IA, crd vi 870) Rn 5 VETO: Sul peperino presso ad Ascoli-Piceno (Sang. in herb.). 108. Pertusaria communis DC.; Schaer. En. 229; Fr. E. Eur. 420; Kòrb. Syst. 385; Gar. e Gib. Comm. Pert. 19. — Porina pertusa Ach. Umwv. 308, Syn. 109. — Exs. Schaer. ZL. 7. 118; Rbh. L. E. 116. Sui tronchi delle quercie nella macchia della Fagiola (Sang. in herb.); a M. Gennaro (Cub.); M. Laziali (Fior. in herb.). f variolosa Wallr.; Korb. Syst. 385; Gar. e Gib. Comm. Pert. 21. — Exs. Schaer. L. MH. 596. Sui tronchi presso Roma (Sang. in herb.); a M. Gennaro (Cub.). y orbiculata (Ach.) Korb. Sy. 385; Gar. e Gib. Comm. Pert. 21. — 142 — Sui tronchi presso Roma (Sang. in herb.). ò discoidea (Pers.) Kòrh. Syst. 385; Gar. e Gib. Comm. Pert. 21. — Va- riolaria discoidea Ach. Meth. 14. — Exs. Schaer. L. H. 597; Rbh. £. E 218. Sui tronchi alla villa Albani (Sang. în herb.); a M. Cavo (Fior. in herb.). 109. P. Wulfenii (DC.) Th. Fr. Scand. 312 (non Mass. Ric. 189). — P. fal- lax A. corticciola Gar. e Gib. Comm. Pert. 31. — P. fallax @ variolosa Kéorb. Parer. 319. — P. Wulfenii # variolosa Fr. £ Zur. 424. — Exs. Rbh. L. E. 200. Sui tronchi a villa Pamphyli (Sang. in herb.). 110. P. leioplaca (Ach.) Schaer. En. 230; Mass. Rie. 188; Kéorh. Sust. 386; Gar. e Gib. Comin. Pert. 22. — Porina leioplaca Ach. Univ. 309. — P. com- munis è leioplaca Fr. L. Eur. 421. £ leucostoma Kòrb. Syst. 386; Anzi, Catal. 113. — P. leucostoma Mass. Ric. 188. — P. leioplaca @ piglandis Hepp. /l. Eur. 425; Kòrb. Parer 317; Gar. e Gib. Comm. Pert. 23. — Exs. Mass. 4. I 261; Erb. crit. it. I, 847; Rbbh. L. E, 152, 477. Sui tronchi a villa Pamphyli assieme con la Arthopyrenia Prarinii Mass. (Sang. in herb.). Fam. VI. LECIDEAE. 111. Psora lurida (Sw.) DC.; Mass. Ric. 90; Kérh. Syst. 176. — Lecidea lurida Ach. Meth. 77, Sym. 51; Schaer. En. 96. — Lecidea (Psora) lurida Th. Fr. Scand. 413. — Biatora lurida Fr. L. Eur. 253. — Exs. Schaer. L. HATE Mast tIs0iN61 (68: MErb era 079: SRO! Sulla terra a Sermoneta assieme con la Psora globulifera (Sang. in herb.). 112. P. globulifera (Ach.) Mass. Ric. 91; Kòrb. Syst. 178. — Lecidea glo- bifera Ach. Univ. 213, Syn. 51; Schaer. En. 97. — Lecidea (Psora) glo- bifera Th. Fr. Scand. 411. — Biatora globifera Fr. L. Eur. 254. — Exs. Schaer. L. H. 158; Erb. crit. it. I, 1231; Rbh. L. E. 642. Sulla terra a Sermoneta (Sang. in herb.). 113. P. decipiens (Ehrh.) Mass. Ric. 91; Kòrh. Syst. 177. — Lecidea decipiens Ach. Meth. 80, Syn. 52; Schaer. En. 95. — Lecidea (Psora) decipiens Th. Fr. Scand. 418. — Biatora decipiens Fr. L. Eur. 252. — Exs. Schaer. L. H. 164; Mass. LZ. 70; Erb. cret. dt. I 73; Rbh. LL. E 17%. Sulla terra a Sermoneta ed a Pizzo di Sivo (Sang. in herb.). 114. Thalloidima vesiculare (Ach.) Mass. Ric. 95; Korb. Syst. 179. — Le- cidea vesicularis Ach. Univ. 212; Fr. L. Eur. 236. — Lecidea caeruleo nigracans Schaer. Zn. 101. —Toninia caeruleo-nigricans Th. Fr. Scand. 336. — HExs. Schaer. L. H. 168; Erb. crit. it. I, 1168; Rbh. L. £. 484. Sul terreno a M. Cavo (Fior. in herb., Tamb.). 115. T. diffractum Mass. Mem. 121. — T. vesiculare { diffractum Mass. Ric. 95. — Bxs. Erb. crit. it. I, 1080. Sopra le pietre a M. Vettore (Sang. in herb.). 116? Toninia aromatica (Sm.) Mass. Symm. 54; Kéorb. Parer. 122; Th. Fr. — 15 — Scand. 332. — Lecidea aromatica Ach. Univ. 178, Syn. 19. — Biatora aromatica Hepp. /l. Eur. 283. Sulle pietre a villa Pamphyli (Sang. in her.) 117. T. sanguinaria Bagl. Yn. Lich. Lig. 65. Sopra i ruderi del Colosseo (Sang. in herh.). 118. Biatorina cyrthella (Ach.) Mass. Ric. 134; Kòrh. Syst. 190. — Lecania Guai Id dà Sergi POE = iis NERO VIDE VALONA ER: Rbh. £. E. 457. Sui rami degli alberi a villa Borghese (Rbh.). 119. B. sambucina Kérb. Parer. 137. Sui tronchi a villa Borghese (Tamb.). Oss. Di questa specie descritta dal Korher credo utile di completare i caratteri microscopici ed aggiungervi una figura degli aschi e degli sporidii: « Aschi abbondanti, angusti, subclavati — Parafisi stipate, flessuose, obvallate, « leggermente giallognole all’apice. Spore jaline diblaste, ellisoidi allungate fusi- « formi a volte un po’ incurvate sopra un lato, lunghe 0,014-,0,016 mm. — « largh. 0,003-0,006 mm. » (Tab. XIV. B f. 3). 120. B. Griffithii (Sm.) Mass. Ric. 134; Kérh. Syst. 191. — Lecidea ano- mala Ach. Syn. 38. — Lecidea anomala @ Griffithii Schaer. Enum. 139. Sui tronchi all’Ariccia (Rbh.). 121. B. proteiformis Mass. Sched. crit. 93; Kòrb. Parer. 139. a Rabenhorstii (Hepp.) Kòrb. Parer. 139. — Patellaria Rabenhorstii Hepp. Fl. Eur. 75. — Exs. Mass. L. I. 144, 148. Sui ruderi del Colosseo (Lanzi). 122. Biatora decolorans (Hoffm.) Kòrh. Syst. 193. — Lecidea decolorans Ach. Syn. 37. — Lecidea granulosa % Schaer. En. 137. — Lecidea (Bia- tora) granulosa Th. Fr. Scand. 442. — Exs. Schaer. £. 4. 213; Rbbh. L. £. 222. Sulla terra a Pizzo di Sivo (Sang. in herb.). 123. B. sylvana Kérb. Syst. 200. — Lecidea (Biatora) sylvana Th. Fr. Scand. 430. Sulla corteccia degli alberi a M. Cavo (Cub.). 124. B. olivacea (Hoff.) Hepp. — Lecidea olivacea Mass. Ric. 71; Kérb. Parer. 217; Anzi, Catal. 83. — Lecidea enteroleuca « olivacea Schaer. En. 128. — Lecidella enteroleuca « vulgaris 1 olivacea Kérh. Syst. 44. — Bxs. Erb. crit. it. I, 275; Rbh. L. £. 92. Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub.). 125. B. Cadubriae Mass. Sched. crit. 176; Kòrb. Parer. 157. — Lecidea (Biatora) Cadubriae Th. Fr. Scand. 468. — Exs. Mass. £. LZ 332; Erb. crit. CE Z0 Rbh E E7801 ; Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub.). 126. B. denigrata (Schaer.) Kòrb. Syst. 199, Parer. 160. — Lecanora varia var. denigrata Schaer. En. 83. — Exs. Schaer. L. MH. 327. Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub.). 127. B. De Candollei Hepp. /l. Eur. 254; Kòrb. Purer. 156. — B. geogra- phica Mass. Deser. di Lich. nuovi 16. — Exs. Rbh. L. E. 580. AA Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub). 128. B. ambigua Mass. Ric. 124, Sched. crit. 176; Kéorb. Parer. 160. — B. tabescens Korb. Syst. 203. — Exs. Mass. L. 7 333; Rbh. L. L. 732, 760. Sui tronchi a Tivoli (Sang. in herb.). 129. Bilimbia hexamera De Notrs, /Mam. Lich. in Giorn. bot. it. II, 191; Mass. Ric. 120.— Lecidea sphaeroides var muscorum Schaer. En. 140; Korh. Syst. 213. — B. hypnophila Th. Fr. Scand. 373. — Exs. Erb. crit. it. 1, 202. Sui muschi a Terracina (Fior. in herbh.); a M. Cavo (Cub.). 130. B. syncomista Korb. Parer. 170. — B. milliaria « terrestris Kòrb. Syst. 214. — B. milliaria « lignaria Th. Fr. Scand. 382. — Lecidea li- gnaria Ach. Syn. 26. — Exs. Rbh. £. E. 603. Sulla terra muscosa fra Albano e Rocca di Papa (Sang. in herb.). 131. B. sabulosa Mass. Ric. 122; Kòrb. Syst. 214; Anzi, Catal. 72. — Leci- dea sabuletorum £ alpestris Schaer. En. 134. Sui muri al Colosseo (Tamb.). 132. Pyrrospora quernea (Dicks.) Kòrb. Syst. 209. — Lecidea quernea Ach. Meth. 62, Syn. 36; Schaer. En. 141. — Biatora quernea Fr. L. Eur. 279; Mass. Ric. 126. — Lecidea (Biatora) quernea Th. Fr. Scand. 425. — bxs. Mass. £. /Z 311. Sulle quercie presso Roma (Rbh.). 133. Bacidia rosella (Pers.) De Notrs, /ramm. Lich. in Gior. bot. it. II, 190; Korb. Syst. 185; Mass. Ric. 117; Th. Fr. Scand. 343. — Lecidea rosella Ach. Meth. 57 (a); Schaer. En. 141. — Biatora rosella Fr. £. Eur. 259. — Bxs. Schaer. £. H. 217; Rbh. 4. ‘E. 30. Sui tronchi a M. Cavo (Cub.); a Castel Fusano (Tamb.). 134. B. rubella (Ehrh.) Mass. Ric. 118; Kòorb. Syst. 186, Paror. 131; Th. Fr. Scand. 344. — Lecidea rubella Schaer. En. 142. — Biatora vernalis « luteola Fr. /. &ur. 260. — Exs. Schaer. £. MW. 210; £rb. crit. it. I, 122; Rbh. IRESIIE Sui tronchi a villa Pamphili presso Roma (Sang. in herb.); a valle dell’Inferno (Bagnis). 135. B. anomala (Fr.) Korb. Syst. 188, Purer. 132. — Biatora anomala Fr. L. Eur. 269. — Exs. Rbh. L. E. 523. Sopra la corteccia degli aceri a Maccarese (Sang. in herb.). 136. B. atrogrisea (Delis) Korb. Parer. 133. — Biatora atrogrisea Hepp. I. Eur. 26. — B. endoleuca Th. Fr. Scand. 347. — Exs. Rbh. L. £. 365. Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub.). 137. Scoliciosporum holomelaenum (Flk.) Mass. ‘tic. 104; Kérb. Syst. 269. — Lecidea holomelaena Schaer. En. 134. — Bacidia holomelaena Anzi, Catal. 71. — Exs. Schaer. LZ. H. 586. Sulle roccie basaltiche a M. Cavo (Bacc. e Tamb.). 38. Lecidea enteroleuca Ach. Syn. 19; Fr. L. Eur. 331; Schaer. En. 128; Mass. Ric. 70. — Lecidella enteroleuca Kòrh. Syst. 243. u wulgaris Korb. Syst. 244. — Exs. Schaer. L. #. 530; £rb. crit. it. I, 1427; Rbh. L. E. 341. — 145 — Sui tronchi presso Roma comunissima; a Tivoli (Sang. in herb.); a M. Cavo (Cub.); ad Albano (Fior. in herb.). * grandis (Fw.). — Lecidella enteroleuca a vulgaris 4 grandis Kòrh. Syst. 244. Assieme alla varietà tipica a Tivoli (Sang. in herb.). ** fallax (Kòrb.). — Lecidella enteroleuca « vulgaris 3 fallax Kéòrb. Syst. 244. Abbondante sui tronchi a M. Mario e sulla via Appia nuova (Tamb.). *** euphorea (Flk.).. — Lecidella enteroleuca y euphorea Kòrb. Syst. 244. — L.sabuletorum è euphorea Fr. L. Ewr. 340; Schaer. En. 133. — Exs. Schaer. L. H. 472. Sui tronchi a Tivoli (Sang. in herb.). 139. L. sabuletorum Ach. Syn. 20; Mass. Ric. 65 (escl. y e dè). — Lecidella sabuletorum Kòorb. Syst. 234. — L. sabuletorum var. coniops Fr. £. Eur. 340; Schaer. En. 133. — Exs. Schaer. L. H. 193; Erb. crit. it. I, 686; Rbh. L. E. 1722. Sulle rupi a M. Cavo (Cub.); al Colosseo (Fior. in herb.). 140. L. platycarpa Ach. Univ. 173; Schaer. En. 123; Korh. Syst. 249; Mass. Ric. 67. — L. contigua f? platycarpa Fr. L. Eur. 300. — L. macrocarpa var. platycarpa Th. Fr. Scand. 505. — Exs. Schaer. L. H. 228; Rbh. L. E. 491 (f. minor). Sulle rupi ad Albano (Cub.); nei M. Lepini (Fior. in herh.); M. Cavo (Bace. e Tamb.). 141. L. fumosa (Hoffm.) Schaer. En. 110; Kòrb. Syst. 253. — L. fusco-atra Ach. Syn. 22; Fr. L. Eur. 316; Th. Fr. Scand. 525. — Psora fumosa Mass. Ric. 93. — Exs. Rbh. £. E. 521. Sulle rupi ad Albano (Cub.). 142. L. psoroides Bagl. e Car. in Comm. Crit. it. II, 82, Anacr. L. Vals. 263. — L. fumosa Ach. var. ocellulata Schaer. En. 110; Kéorb. Syst. 253. — Exs. Erb. crit. it. I, 1083. Sulle rupi ad Albano (Sang. in herb.). 143. L. contigua (Hoffm.) Fr. /. Eur. 298; Mass. Ric. 75; Kòrb. Syst. p. 247. — L. contigua « vulgaris Schaer. En. 119. — L. albo-caerulescens Th. Fr.- Scand. 508. — Exs. Schaer. £. H. 446; Erb. crit. it. I, 685. Sui muri fuori di porta S. Pancrazio (Sang. in herb.). 144, L.? plumbea Garov.; Mass. Ric. 74; Anzi, Catal. 81. — Lecidella plumbea Korhb. Parer. 201. Sulle rupi all’Ariccia (Rbh.). 145. Buellia parasema (Ach.) Kéòrb. Syst. 228; Th. Fr. Scand. 589. — Le- cidia punctata x parasema Schaer. En. 129. — Lecidea parasema Fr. L.-Eur. 330. — B. major De Notrs, framm. Lich. in Gior. bot. it. II, 197; Mass. Ric. 81. — Exs. Schaer. L. H. 197; Rbh. L. E. 396, 394. Sui tronchi a M. Cavo (Cub.) 146. B. canescens (Dicks.) De Notrs, Fram. Lich. in Gior. bot. it. II, 197. — Lecidea canescens Ach. Syn. 54; Fr. L. Eur. 284; Schaer. En. 105. — Di- ANN. Ist. Bor. — Vot. I. 19 — 146 — ploicia canescens Mass. Ric. 16; Kérb. Syst. 174. — B. (Catolechia) caneseens Th. Fr. Scand. 587. — Exs. Schaer. L. H. 576; Erb. crit. it. I, 196; Rbh. E. E. 6. £ Sui tronchi presso Roma, a villa Borghese (Sang. in herb., Fior. in herb.; De Notrs.); al Colosseo, ad Albano (Fior. in herb.); a valle dell'Inferno (Tamb.); a M. Cavo (Cub.). 147. B. Ricasolii Mass. Sched. crit. 28; Bagl. En. Lich. Lig. 72; Kòrb. Parer. 189. — Abrothallus Ricasolii Mass. Ric. 89. — Exs. Mass. L. 1. 3; Erb. crit. it. I, 197; Rbh. L. E. 181. Abbondante sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub. e Tamb.); al Colosseo, e presso S. Paolo (Tamb.). 148. Celidium stictarum Tul. Mem. sur les Lich. 121; Korb. Syst. 217; Anzi, Catal. 116; Mass. Miscel. 14. — Sphaeria stictarum De Notrs, Oss. sul gen. Sticta in Mem. Ace. se. di Tor. II, 160. — Sticta pulmonaria y pleuro- carpa Schaer. £n. 30. —— Exs. Schaer. L. H. 550; Erb. crit. it. I, 740; Rbh. VINES AZIO Sugli apoteci della Sticta pulmonaria ad Albano ed a M. Cavo (Sang. in herh.). 149. Catillaria premnea (Fr.) Korh. Syst. 231. — Lecidea premnea Fr. L. Eur. 329; Schaer. En. 130. — C. grossa (Pers.) Th. Fr. Scand. 581. — Exs. Rbh. L. E. 484. sh Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub.). 150. Diplotomma albo-atrum (Hoffm.) Kérb. Syst. 218; Mass. Sched. crit. 186, Ric. 98. — Lecidea albo-atra Fr. £. Fur. 336; Schaer. En. 122. — Rhi- zocarpon albo-atrum Anzi, Catal. 92. — Buellia (Diplotomma) albo- atra Th. Fr. Scand. 607. — Exs. Schaer. L. H. 230; Rbh. E. E. 384, 489. Sui ruderi presso Roma. {£ corticicolum (Ach.) Korh. Syst. 218. — Lecidea atro-alba ft cor- ticicola Schaer. En. 122. — Fxs. Schaer. L. 4. 445; Rbh. L. E. 346. Comunissima sui tronchi presso Campo Verano e sulla via Appia nuova (Tamb.). 151. D. populorum Mass. Ric. 99, Sched. crit. 158; Kòrb. Parer. 176. — D. albo-atrum «* leucocelis Kérb. Syst. 218. — Fxs. Mass. L. /. 290, 291; Erb. crit. it. I 271; bb. L. E. 538. Sui tronchi presso Roma (Sang. in herb.); a M. Mario assieme alla Lecanora subfusca var. allophana Ach. (Tamb.). 152. D. petraeum (Wulf.) Jatta, Lich. It. mer. m. III, 229. — Rhizocar- pon petraeum Kòorb. Syst. 260 (p. p.). — Lecidea petraea Ach. Syn. 15. — Rhizocarpon confervoides Schaer. En. 113; Mass. Ric. 101. — Exs. Schaer. L. H. 183; Rbbh. L. E. 83, 109. Sui sassi presso Roma (Tamb.). 153. D. geographicum (L.) Jatta, Lich. /t. mer. m. III, 229. — Rhizocar- pon geographicum DC.; Kòorb. Syst. 262; Th. Fr. Scand. 622. — Lecidea geographica Fr. L. Eur. 327; Schaer. En. 105. — Lecidea atrovirens y geographica Ach. Meth. 45. — Exs. Schaer. L. H. 172: Erb. crit. it. I, 1086; Rbh. £. E. 518. Sulle rupi ad Albano (Cub.); a villa Borghese (Sang. in herb.). — 147 — Fam. VII. GRAPHIDEAF. 154. Graphis scripta (L.) Ach. Univ. 265; Mass. Mem. 107; Kòrb. Syst. 287. — Opegrapha scripta Fr. L. Eur. 370; Schaer. En. 150. a limitata (Pers.) Kéòrb. Syst. 287. — Opegrapha scripta a limitata Schaer. En. 150. — Hxs. Schaer. £. H. 87, 88; Rbh. L. E. 165. Sui tronchi a villa Pamphili ed a villa Borghese (Sang. in herb.). E pulverulenta (Pers.) Mass. Mem. 108; Kérb. Syst. 287. — Opegrapha scripta y pulverulenta Schaer. En. 151. — Exs. Schaer. L. H. 89; Rbbh. L. E. 173. Assieme con la varietà precedente (Sang. in herb.). ‘y serpentina (Ach.) Mass. Mem. 108; Kòrh. Syst. 287..— Opegrapha scriptas serpentina Schaer. En. 151. — Exs. Schaer. E. H. 91; Rbh. E. E. 584. Sui tronchi a Frascati (Sang. in herb.). 155. G. dendritica (Ach.) Univ. 271; Kòrb. Parer. 256. — Opegrapha dendritica Ach. Meth. 31; Fr. L. Eur. 372; Schaer. En. 152. — G. scripta var. dendritica Mass. Mem. 108; Kòrb. Syst. 287. — Exs. Schaer. £. H. 585; Rbh. L. E. 606, 826. Sui tronchi a valle dell’Inferno (Sang. in herb.); a Porta S. Maria Maggiore (Tamb.). 156. Bactrospora dryina (Ach.) Mass. Ric. 133; Kòorh. Syst. 299. — Lecidea dryina Ach. Syn. 24; Schaer. En. 126. — Exs. Rbh. Z. E. 13, 617. Sulle vecchie quercie attorno a Roma (Rbh.). 157. Opegrapha varia (Pers.) Fr. L. Eur. 364; Schaer. En. 156; Mass. Mem. 103; Kéorh. Syst. 285. a pulicaris (Hoffm.) Fr. L. Eur. 364; Schaer. En. 156; Mass. Mem. 104; Kòrhb. Parer. 253. — 0. vulvella Ach. Syn. 77. — Exs. Schaer. L. H. 97, 518, 520; Erb. crit. it. I, 842. Sui tronchi a Roma ed Albano (Sang. in herb.). LB Qiaphora (Ach.) Fr. L. Eur. 365; Schaer. En. 157; Mass. Mem. 104; Kéòrb. Parer. 253. — Exs. Schaer. L. H. 98, 519; Rbh. L. E. 215. Sui tronchi ad Albano (Sang. in herb.); ed Acqua Traversa (Cub.). y lichenoides (Pers.) Schaer £n. 156; Mass. Mem. 103. — Exs. Schaer. L. H. 282; Rbh. L. E. 533. 4 Sui tronchi presso il Colosseo (Tamb.). 158. 0. atra (Pers.) Fr. L. Zur. 366; Schaer. En. 153; Mass. Mem. 106; Korb. Syst. 283. a vulgaris Korh. Syst. 283, Purer. 254. — 0. atra a denigrata Schaer. En. 153; Mass. Mem. 106. — O. denigrata Ach. Univ. 260. — Exs. Schaer. L. H. 93, 461; Erb. crit. it. I, 203; Rbh. L. E. 164. Sui tronchi a Roma (Sang. in herb.); ad Acqua Traversa (Cub.); a M. Mario (Tamb.); ad Albano (Fior. in herh.). (6 vulgata (Ach.) Schaer. En. 154; Mass. Mem. 106; Korb. Parer. 254. — O. vulgata Ach. Syn. 73; Anzi, Catal. 95. — 0. atra var. abbreviata Kérb. Syst. 283. — Fxs. Schaer. L. H. 516; Erb. crit. it. I, 841; Rbh. L. E. 497, 820. — 148 — Sui tronchi a Pizzo di Sivo (Sang. in herb.). y bullata (Pers.) Schaer. En. 153. — O. bullata Pers.; Kérb. Syst. 284, Parer. 254. — Exs. Schaer. £. H. 586. Sui tronchi presso Roma (Sang. in herb.). 159. 0. saxatilis DC.; Schaer. En. 159; Mass. Mem. 102; Kòorh. Syst. 281. — Exs. Rbh. L. E. 334. Sui sassi al Colosseo (Fior. in herb.). 160. 0. Mougeotii Mass. Mem. 103. — 0. saxatilis f pruinosa Korb. Syst. 281, Parer. 252. var. Pisana Bagl.; Jatta, Lich. /t. mer. m. III, 232. Sulle roccie ad Acqua Santa presso Ascoli (Sang. in herb.). 161. Lecanactis lyncea (Sm.) Mass. Ric. 53; Kéorh. Syst. 278. — Opegrapha lyncea Schaer. En. 158. — Exs. Rbh. L. FE. 498. Sui tronchi a bosco Madama ed a valle dell'Inferno (Bagnis, Tamb.). 162. Arthonia vulgaris Schaer. Spic. 246; Kòrb. Syst. 290, Parer. 265. — A. astroidea Hepp. /l. Eur. 351. var. astroidea (Ach.) Schaer. Spic. 246; Kéorb. Syst. 290. — Opegrapha atra x astroidea Schaer. En. 155. — A. astroidea var. anastomosans Hepp. fl. Eur. 353. — Exs. Schaer. £. H. 16; Rbh. L. £. 393. Sui tronchi presso Roma, a villa Pamphili, a M. Vettore (Sang. in herb.); a Terracina (Fior. in herb.). 163. A. galactites DC.; Korb. Parer. 267. — A. punetiformis Mass. Ric. 50. — Naevia punctiformis Mass. Sched. crit. 28. — Naevia galactites Beltr. Lich. Bass. 280. — A. epipasta Anzi, Catal. 93. — Exs. Mass. L. /. 4; Rbh. L. E. 143. Sui tronchi di faggio a M. Gennaro (Sang. in herbh.); su quelli di pioppo a Terracina (Fior. in herb.). 164. A. epipasta (Ach.) Korh. Syst. 292, Parer. 266. — A. microscopica Schaer. Spicil. 246. — A. griseoalba Anzi, Catal. 94. — Exs. Erb. crit. it. II, 417; Rbh. L. E. 431. Sui tronchi d’acero presso Ascoli (Sang. in herb.). 165. A. coniangioides Bagl. Lich. sard. in n. Gior. bot. it. XI, 110 (Tab. IV, fig. 26). — Exs. Zyd. crit. it. II, 119. Sui! tronchi nella località detta « Pigneto Sacchetti » a valle dell’ Inferno (Sang. in herb.). 166. A. gregaria (Weig.) Kòrb. Syst. 291, Parer. 264. — Coniocarpon gregarium Schaer. En. 242; Mass. Ric. 46. — Coniocarpon cinnabarinum DC.; Fr. L. Eur. 379. — Exs. Schaer. L. H. 239; Erb. crit. it. I, 127; Rbbh. L.-E. 120. Sulle quercie a valle dell'Inferno (Sang. in herb., Bagnis, Tamb.); ad Acqua Tra- versa e bosco Madama (Tamb.); a M. Mario (Bagnis). 167. A. ochracea Duf.; Schaer. En. 242; Kòrb. Syst. 292. — Coniocarpon ochraceum Fr. L. Eur. 380; Mass. Ric. 47. — Exs. Mass. L. / 14; Rbh. ia 15 GENE Sui tronchi a bosco di Castel Malnome (Tamb.). — 149 — 168. Leprantha impolita (Ehrh.) Kòrb. Syst. 295. — Arthonia impolita Schaer. En. 242; Kòrb. Parer. 268. — Parmelia impolita Fr. L. Eur. 183. — Pachnolepiaimpolita Mass. Framm. 6.— Arthonia pruinosa Ach. Syn. 7: Mass. Ric. 51. — Exs. Schaer. L. H. 506; Erb. crit. it. II, 170; Rbh. L. £. 16. Sui tronchi presso Roma ed a villa Pamphili (Sang. in herb.). Fam. VIII. CALICIEAE. 169. Calicium pusillum Flk.; Korb. Syst. 308; Anzi, Catal. 100. — 0. sub- tile Fr. L. Eur. 388. — C. nigrum var. pusillum Schaer. £n. 169. — Cy- phelium pusillum Mass. Mem. 158. — Exs. Rbh. ZL. £. 463. Sui tronchi presso Roma assieme alla Leprantha impolita Korb. (Sang. in herb.). 170. Acolium tigillare (Ach.) Fée.; Mass. Mem. 150; Kòrb. Syst. 303; Anzi, Catal. 98. — Calicium tigillare Ach. Syn. 55; Fr. L. Eur. 400; Schaer. En. 165. — Fxs. Schaer. L. H. 451; Erb. crit. it. I, 124; Rbh. L. E. 214. Sui tronchi di pino presso Roma (Rbh.). 171. A. viridulum De Notrs.; Mass. Mem. 150; Kérb. Syst. 304. — Cali- cium viridulum Fr. /. Eur. 400; Schaer. En. 165. — Exs. Schaer. L. H. 295. Sui tronchi di pino a villa Borghese (Rbbh.). 172. Coniocybe furfuracea (L.) Ach.; Fr. L. Eur. 382; Schaer. Enum. 175; Kérb. Syst. 318; Anzi, Catal. 99. — Exs. Schaer. L. H. 14; Erb. critt. it. I, 699; Rbh. L. E. 37. Sui tronchi all’Ariccia (Rbh.). Fam. IX. ENDOCARPEAE. 173. Endocarpon miniatum (L.) Ach. Meth. 127, Syn. 101; Fr. L. Eur. 408; Korb. Syst. 100; Mass. Ric. 183. « leptophyllum (Ach.) Fr. L. Eur. 408; Kérh. Syst. 100. — E. lepto- phyllum Ach. Meth. 127, Syn. 102. — E. miniatum « umbilicatum leptophyllum Schaer. En. 232. — Fxs. Schaer. £. H. 112; Rbh. L. £. 3. a. Nella grotta di Palazzuola presso Albano (Sang. in herb.). B complicatum (Sw.) Schaer. En. 232; Mass. Rie. 183; Kòrh. Sym. 100. — E. complicatum Ach. Meth. 128, Syn. 102. — Exs. Schaer. L. MH. 113; Rbh. LE 190. Assieme con la varietà precedente a Palazzuola, e sulle rupi di M. Vettore e di M. Calvo (Sang. in herb.). 174. Endopyrenium pusillum (Hedw.) Kérb. Syst. 323. — Endocarpon pusillum Fr. L. Bur. 411; Schaer. En. 233. — E. hepaticum (Ach.) Kérb. Parer. 302. — Endocarpon hepaticum Ach. Univ. 298. — Placidium rufescens ff trapeziforme (Schrad.) Mass. Sched. crit. 114. — Exs. Schaer. L. H. 115; Mass. £. I. 189; Rbh. £. E. 150, 405. Sulla terra nuda nelle selve di M. Vettore (Sang. in herb.); al Colosseo (Fior. in herb.). — 150 — Fam. X. VERRUCARIEAF. 175. Polyblastia cupularis Mass. Ric. 148; Korb. Parer. 342. — Exsice. Rbh. L. E. 163. Sul calcare a Roma (Sang. in herb.). 176. Acrocordia gemmata (Ach.) Kòrb. Syst. 356. — Pyrenula gemmata Hepp. Fl. Eur. 104. — Verrucaria gemmata Ach. Syn. 90. — Arthopy- renia gemmata Mass. Ric. 166. — Verrucaria alba (2) Schaer. En. 219. — Exs. Schaer. £. H. 105; Erb. crit. it. I, 741. Sui tronchi a villa Borghese (Sang. in herb.); a villa Pamphili (Rbh.). 177. Microthelia micula (Flw.) Korb. Syst. 373. — Verrucaria biformis Fr. L. Eur. 446; Schaer. En. 222. — M. biformis Mass. Miscell. 28. — Py- renula biformis Hepp. /. Eur. 108. — Exs. Schaer. LZ. H. 109; Rbh. L. E. 391. Sui tronchi ad Acqua Traversa (Cub.). 178. Leptorhaphis oxyspora (Nyl.) Korh. Syst. 371, Parer. 384. — Verru- caria oxyspora Nyl. Prodr. 191. — Campilacia oxyspora Anzi, Catal. 112. — Verrucaria epidermidis è albissima Schaer. En. 220. — Exs. Erb. critt. it. I, 1242; Rbh. L. E. 117. Sui tronchi nella macchia della Fagiola (Sang. in herb.). 179. Arthopyrenia cinereo-pruinosa (Schaer.) Kérb. Syst. 368, Parer. 391. — Verrucaria cinereo-pruinosa Schaer. En. 224. — Pyrenula puncti- formis è cinereo-pruinosa et : lactea Hepp. FI. Eur. 105, 107. — Exs. Mass. L. I. 197-203; Rbh. L. E. 328, 630. Sui tronchi a M. Cavo (Cub.). 180. A. frazini Mass. Ric. 167; Kérb. Parer. 390. — A. punctiformis var. fraxini Anzi, Catal. 108. — Exs. Mass. L. / 298, 299; Rbh. L. E. 146. Sui tronchi a villa Pamphili assieme con la Pertusaria leioplaca f leucostoma Kérb. (Sang. in herb.). 181.? A. amphilomatis Jatta in Zpist. et in Lic. It. mer. Man. IV, p. 141. Sugli apoteci del Callopisma ferrugineum (Huds.) Jatta, raccolto sulle roccie basaltiche a M. Cavo (Tamb.). 182. Pyrenula nitida (Schrad.) Ach. Syn. 125; Schaer. En. 212; Mass. Ric. 162; Kérb. Syst. 359; Anzi, Cata. 109. — Verrucaria nitida Fr. L. Fur. 443. — Exs. Schaer. £. H. 111; Rbb. L. £. 2. Sui tronchi a valle dell'Inferno (Sang. in herb.); ad Albano (Fior. in herb.); Subiaco (Rbh.). f nitidella (FIk.) Schaer. En. 212; Kòrb. Syst. 359. — P. nitida b. minor Hepp. Fl. Eur. 468; Anzi, Catal. 109. — Exs. Erb. critt. it. I, 524; Rbh. L. E. 86, 451. Sui tronchi a valle dell'Inferno ed altrove comunissima (Sang. in herb.). 183. P. Coryli Mass. Ric. 164; Kéorb. Parer. 334; Hepp. Ml. Eur. 465. — Exs. Rbh. L. E. 85. Sui giovani rami di salice presso Roma (Sang. in herb.). 184. Verrucaria purpurascens Hoffm.; Mass. Ric. 173; Kòorb. Syst. 347. — Amphoridium purpurascens Mass. Mem. 145. — V. rupestris è pur- purascens Schaer. En. 217. — V. Hoffmanni (Hepp.) Anzi, Casal. 111. — Exs. Schaer. £. 4. 440; Mass. L. I 207; Rbh. L. E. 699. Sulle roccie calcari ad Acqua Santa nel Piceno (Sang. in herb.). 185. V. nigrescens Pers.; Fr. L. Eur. 438; Mass. Ric. 177; Anzi, Catal. 109. — Lithoicia nigrescens Mass. Mem. 142. — Pyrenula nigrescens Schaer. En. 210. — V. fusco-atra a munda Kòrb. Syst. 341. — Exs. Schaer. L. H. 439; Mass. 4. Z 172; Rbh. £. F. 665. Sulle roccie a Sermoneta e sui muri in Roma (Sang. in herb.). 186. V. controversa Mass. Ric. 177. — Lithoicia controversa Mass. Mem. 142. — Pyrenula nigrescens f} areolata Schaer. En. 210. — V. fu- sco-atra g controversa Kérb. Syst. 841. — Exs. Mass. L. / 195; Rbbh. L. E. 821. Sui muri al Pincio ed al Colosseo (Sang. in herb.). 187. V. muralis Ach. Meth. 115; Schaer. En. 218; Mass. Ric. 175; Korh. Syst. 347. — Exs. Schaer. L. H. 441; Rbh. L. E. 408. Sui muri al Pincio (Jatta); e sulle roccie a Camerino (Sang. in herb.). 188. V. hydrela Ach. Syn. 94; Mass. Ric. 174; Korb. Syst. 344. — Lithoicia hydrela Mass. Mem. 174. — Pyrenula hydrela Schaer. £n. 209. — V. margacea Fr. L. Eur. 440. — Exs. Schaer. L. A. 521. Rbh. L. A. 333. Sulle rupi ad Albano (Cub.). 189. V.? viridula (Schrad.) Schaer. En. 215; Korb. Syst. 343; Mass. Ric. 171. — Sagedia viridula Fr. L. Eur. 414. — Exs. Rbh. L. E. 875. Sui ruderi al Colosseo (Fior. in herb.). II. Homoeomerici Wallr. Fam. XI. COLLEMFAF. 190. Collema pulposum (Bernh.) Ach. Syn. 311; Schaer. En. 258; Mass. Mem. 81; Kòrb. Syst. 404; Nyl. Syn. 109. — Exs. Schaer. L. H. 428, 429; Mass. VS ACI ASERE O RITA 21 RI STNIEA72Ì Sul terreno e sui muri a Roma, al Colosseo (Fior. in herb.). 191. 0. multifidum (Scop.) Schaer. En. 254; Mass. Mem. 82; Kòrb. Syst. 409. — C. melanum Ach. Univ. 636, Syn. 315; Nyl. Sym. 108. a complicatum (Schl.) Schaer. En. 254; Kéorb. Syst. 409. — Exs. Schaer. L. H. 418, 419; Mass. L. I. 345; Rbh. L. E. 890. Sui muri del Colosseo (Sang. in herb, Fior. in herb.); sul terreno muscoso a M. Gennaro (Cub.); ad Albano (Fior. in herb.). { jacobeaefolium (Scrank.) Schaer. En. 255; Korh. Syst. 422. — Exs. Schaer. E. H.-422; Rbhb.-L. E. :617. Sulla terra presso Roma (Pirazzoli in Herb. Fior.). 192. 0. tenax (Sw.) Ach. Univ. 635, Sym. 314; Schaer. En. 254; Mass. Mem. 83; Kòrb. Syst. 404. — C. pulposum 5 tenax Nyl. Syn. 110. — Exs. Schaer. IATA TE RD IAEMERo Sì sal Sul terreno all’Ariccia (Fior. in herb.). 193. C. cheileum Ach. Univ. 630, Syn. 310; Mass. Mem. 81; Korb. Syst. 402; Nyl. Syn. 111. — C. crispum furfuraceum Schaer. En. 257. — Exs. Schaer. L. H. 426. Sul terreno a villa Borghese (Fior. in herb.). 194. C. cristatum (L.) Schaer. En. 255; Mass. Mem. 84; Kòrb. Syst. 408. — Exs. Schaer. L. H. 417; Rbh. L. E. 252. Sul suolo al Colosseo (Cub., Fior in herb.). f laciniatum Fw. in Linnaea 1848, p. 382. Sul terreno all’Ariccia (Rbh.). 195. C. microphyllum Ach. Univ. 630, Syn. 310; Mass. Mem. 83; Kòrb. Syst. 406; Nyl. Syn. 113. — C. nigrescens è microphyllum Schaer. En. 252. — Exs. Schaer. £. H. 411; Mass. L. /. 182; Rbh. L. E. 416. Sopra i tronchi ad Albano (Fior. in herb.). 196. Synechoblastus flaccidus (Ach.) Korb. Syst. 413. — Collema flac- cidum Ach. Syn. 322; Nyl. Syn. 107. — Collema rupestre « flaccidum Schaer. En. 252. — Lethagrium rupestre Mass. Mem. 92. — Exs. Schaer. L. H. 412; Mass. L. I. 341; Eb. critt. it. I, 1244; Rbh. L. E. 129, 612. Sulle rupi a M. Cavo (Cub.); all’Ariccia (Fior. in herb.); e presso Roma (Rbh.). 197. S. Vespertilio (Lightf). — Collema nigrescens « Vespertilio Schaer. En. 252. — Collema nigrescens Ach. Univ. 646, Syn. 321; Nyl. Syn. 114. — Lethagrium nigrescens Mass. Mem. 92. — Exs. Schaer. L. Hi 410; Mass. L. I 925 Rbh. L. E. 158. Sui tronchi presso Roma, ad Albano (Sang. in herb.); M. Cavo (Cub.); Su- biaco (Rbh.). 198. S. ruginosus (Duf.) Kérb. Parer. 420. — Collema ruginosum Schaer. En. 251. — Leptogium chloromelum Nyl. Syn. 128. Sui tronchi a Tivoli (Cub.); sugli olivi a Terracina e sulle rupi all’Ariccia (Fior. in herb.). 199. S. conglomeratus (Hoffm.) Korh. Syst. 412. — Collema conglome- ratus Mass. Mem. 83; Nyl. Syn. 115. — Collema fasciculare y conglo- meratus Ach. Univ. 640, Syn. 313. — Collema nigrescens y conglome- ratus Schaer. En. 252. — Exs. Schaer. L. H. 415; Mass. L. I 112; Erb. critt. it. I, 429; Rbbh. L. E. 254, 920. Sui tronchi alla Ruffinella (Sang. in herb.). 200. Leptogium lacerum (Swartz) Fr. Korb. Syst. 417; Nyl. Sym. 122. — Collema lacerum Ach. Univ. 657, Syn. 327. — Collema atro-caeruleum Schaer. En. 248. — L. atro-caeruleum Mass. Mem. 87. a maius Korb. Syst. 418. — Exs. Schaer. L. MH. 404; Rbb. L. E. 74, 127. Sul terreno muscoso a M. Compatri (Sang. in herb.); a M. Cavo (Cub.); al Colosseo (Fior. in herb.). 201. L. oyanescens (Schaer.) Kòrb. Syst. 420. — Collema eyanescens Schaer. En. 250. — L. tremelloides Fr. Mass. Mem. 87; Nyl. Syn. 124. — Collema tremelloides Ach. Univ, 655, Syn. 325. — Exs. Schaer. L. /. 409; Mass. L. /. 218; Rbh. L. E. 644. — 153 — Sul terreno muscoso a M. Gennaro (Sang. in herb.); e sui vecchi alberi fra i muschi attorno a Roma e presso Ascoli (Rbh.). Fam. XII. LIcHINEAE. 202. Lichina Elisabethae Mass. Misc. Lich. 32. — Exs. Erb. crit. it. I, 279. Sugli scogli marini a Terracina (Fior. in herb.). SPIEGAZIONE DELLA TAV. XIV. B. Fic. 1. Nephroma lusitanicum Schaer. a) asco con sporidii. b) parafisi. c) sporidii. . Physcia parietina var. livida Dntrs. DO » a) asco con sporidii. b) parafisi. c) sporidii. » 3. Biatorina sambucina Ké6rb. a) asco con sporidii. b) sporidii Ann. Ist. Bor. — Von. I. 20 — 154 — Intorno ad una probabile funzione meccanica dei cristalli di ossalato calcico. Nota preliminare del dott. P. BACCARINI. (Tavola XV). In una breve Nota sulla distribuzione degli sclerenchimi nelle Cirtandracee e nelle Gesneriacee (') il compianto prof. Pedicino esprime l’idea che i tessuti scle- rosi di queste piante possano nelle Acantacee venire sostituiti dai cistoliti. Rite- neva inoltre (quantunque non ne abbia fatta menzione in alcuno dei suoi scritti) che anche le cellule a cristalli di ossalato calcico potessero esse pure funzionare da tessuti meccanici. Non so che questa idea sia stata emessa da altri, salvo forse dal Licopoli (@) per quello che riguarda i cristalli di silice nelle palme, a cui egli attribuisce la proprietà di dar saldezza ai tessuti; credo quindi utile segnalare in questa Nota preliminare alcuni fatti di recente osservati, che mi sembrano venire in appoggio alla idea del mio maestro, riserbandomi a miglior tempo uno studio più particolareggiato della questione I cristalli possono trovarsi in una pianta in tre diverse maniere e cioè: o si incontrano disseminati nel tessuto fondamentale della corteccia e del midollo, o fanno parte dei tessuti fibrovascolari ed accompagnano i fasci nel loro cammino, o si accumulano in organi determinati a costituire un vero tessuto. In tutti e tre i casì presentano con gli apparecchi meccanici degli organi, nei quali si trovano interessanti rapporti, potendo a mio parere sostituire tutte e tre le forme di tessuti protettori (collenchimi, fibrenchimi e seleriti) che il Vesque (*) distingue nella corteccia. Così ad es. la corteccia ed il midollo di talune Viola sono ricchissimi di macle e di druse cristalline e privi quasi del tutto dei suaccennati tessuti; mentre nel fusto di Hymenanthera il midollo è lignificato ed i cristalli vi sono piuttosto rari; mancano nella corteccia, i cui tessuti sono collenchimatoidi e si trovano sparsi nel libro duro, accumulandosi maggiormente in corrispondenza ai raggi midollari, dove s’arrestano gli archi di fibre del libro. In un fusto bienne di Rhamnus alaternus, procedendo dalla epidermide verso l’interno, si trova uno strato di collenchima, a cui seguono il parenchima verde della corteccia e le produzioni del libro costituite da piccoli gruppi di fibre, da vasi cribrosi e da parenchima liberiano, in mezzo al (') Pedicino N. A. Degli sclerenchimi nelle Gesneriacee e nelle Cirtandracee Rendic. Reale Acc. di Napoli 1879, fase. 2°. (*) Licopoli G. Ricerche anatomiche e microchimiche sulla Chamacerops humilis ecc. Atti reale Accad. di Napoli, vol. IX, 1881, p. 5. (*) Vesque, Anal. comp. de l'écorce. Ann. des sc. nat. Bot. 6° série, T. II, p. 82. — 155 — quale stanno numerose cellule con druse di ossalato calcico; nel Ccanotus azu- reus il libro duro è assai più sviluppato ed i cristalli sono più radi e tabulari; nella Colletia spinosa manca lo strato collenchimale incontrato nel Ahamnus ed il parenchima verde sottostante alla epidermide è ricchissimo di produzioni cristalline ; il libro duro è molto sviluppato ed il libro molle sottostante è relativamente agli altri generi povero di cristalli; cosicchè in questo gruppo di piante sembra, che sì possa stabilire che i cristalli di ossalato di calce sono più abbondanti, dove i tessuti protettori della corteccia sono meno sviluppati. Nel fusto delle Mirtacee trovansi grandi quantità di cellule sclerose, che con- corrono ad aumentare la solidità dei tessuti, sparse ora nella corteccia ed ora nel midollo, senza che ciò escluda la presenza di produzioni cristalline; mentre in talune Melastomacee non si incontrano più i tessuti meccanici sopracitati; bensì grossis- sime druse, che riempiono intieramente la cavità cellulare. Sono bellissime nella Centradenia (') e si accumulano in maggior quantità ai nodi foliari alla stessa ma- niera che in talune Cirtandracee fanno i noduli di sclerenchima (°). Nelle Opuntia tutta la massa del parenchima è seminata di druse di ossalato calcico, che riempiono le cellule e diventano più fitte dove pel divergere dei fasci fibrovascolari tra di loro la massa di parenchima diventa più rilevante, il qual fatto è, specialmente nel fiore, evidentissimo. I tessuti prosenchimatosi e sclerosi sono piuttosto rari in queste piante e soltanto sotto l’epidermide fortemente cuticularizzata si osserva uno strato collenchimatoso di tre o quattro piani di cel- lule, il più esterno dei quali contiene in ciascuno dei suoi elementi una grossa drusa di ossalato di calce, alla stessa maniera che nella RAypsalis cassytha (*) è nella Ochna mozambicensis (*), formando così un vero e proprio tessuto cristal- lino, a cui va attribuita in gran parte la solidità della corteccia di queste piante. E ciò trova una conferma nel fatto, che negli altri generi di Cactee (Cereus ad es.), in cui questo strato cristallino manca, i tessuti collenchimatosi sottoepidermici sono assai piu robusti. Il fusto di Eryngium maritimum ha la superficie esteriore del fusto a rilievi e scanalature (°); in corrispondenza delle quali il tessuto sottostante presenta dei gruppi di cellule cristallifere allineati longitudinalmente, mentre in corrispondenza ai rilievi si notano dei cordoni di collenchima; e non è certo fuor di luogo l’attribuire a quei gruppi di cellule cristallifere una funzione meccanica analoga a quella del collenchima situato loro di fianco. Nelle Apocinee e nelle Asclepiadee si ritrovano di nuovo le stesse relazioni giù segnalate più in alto per le Ramnee. Così avviene che nella Vinca major e nel Trachelospermum scandens, dove i tessuti collenchima- toidi e il fibrenchima del libro sono ben sviluppati, sono piuttosto scarsi i cri- (') Voechting, Der Bau und die Entwicklung des Stammes der Melastomaceen. Abhandlungen von Hanstein. Dritter Band, erstes Heft, p. 9, Tab. 6, fio. 2. (*) Ped. I. cit. (°) Voòchting, Beitràge zur Morph. und Anat. des Rhipsalideen. Prings. Jahrb. T. IX, p. 371, Tav. XXXVIII, fig. 7. (‘) Vesque, l. c. p. 109. (*) Poli, / cristalli di ossalato calcico nelle piante. Roma 1881, p. 20, tav. I, fig. 14. — 156 — stalli; mentre nell’Apocinum venetum, dove le produzioni collenchimatoidi sono molto più deboli ed il libro duro appena accennato, i cristalli sono più numerosi; Nel Nerium Oleander all’ incontro una ricchissima e multiforme produzione cri- stallina accompagna le formazioni collenchimatose e fibrose non meno robuste che nella Vinca e nel Yrachelospermum; ma se si osserva, che il fusto del Nerium è eretto e quello delle altre due Apocinee citate scandente, non sembrerà: fuor di luogo attribuire la maggior robustezza del fusto di Neriwm alla enorme ricchezza in cristalli dei suoi tessuti. Nella /oya carnosa il midollo è sparso di noduli sele- rosi e la corteccia presenta un anello di sclerenchima che ricinge tutto attorno i tessuti più interni; i cristalli vi sono scarsi tanto nel midollo che nella corteccia; mentre nella Arauya sericifera e nel Gomphocarpus fruticosus, dove questi scleren- chimi difettano, si trovano tanto nel midollo che nella corteccia agglomerate in grande quantità druse, macle e cristalli semplici di ossalato di calce. Un altro esempio evidente di queste relazioni tra gli sclerenchimi ed i cristalli lo fornisce la famiglia delle Conifere dove sono notevolissime le produzioni eristal- line specialmente nello spessore della parete cellulare ('); ma nel Pinus Cedrus, che è ricco in noduli sclerosi, i cristalli sono assai meno frequenti che nell’AVies ewcelsa relativamente povero di scleriti ed assai più ricco di cristalli; nella Gingo biloba il libro duro è pure molto ridotto e sono invece ricchissime le produzioni cristalline sotto forma di gruppi di cellule a grosse druse di ossalato calcico (*); nel libro di Cephalotarus Fortunci gli sclerenchimi sono anche più rari che nei casi prece- denti, ma si trovano invece numerosissime fibre liberiane, colle pareti inspessite dal lato interno e ricchissime di cristalli incastrati nello spessore della membrana (*). Così seguitando, si potrebbero radunare moltissimi casi simiglianti, in cui si pre- sentano possibili queste relazioni tra i tessuti sclerosi ed i cristalli. Citerò ancora le serie longitudinali di grosse druse cristalline che si trovano sotto l’epidermide dell’ovario di Pistia Stratiotes in corrispondenza agli avallamenti dell’ovario stesso (tav. XV, fig. 6a), e il tessuto ricco di cristalli che il Borgman descrive nel- l’Ephedra monastachya, tessuto che si mostra più esteso negli spazî interposti ai grossi cordoni sclerosi della pianta, similmente a quello che si è ricordato più sopra per l’Eryngium. Anche la membrana protettrice del fascio, la quale nelle monocotiledoni (spe- cialmente nelle radici) si sclerifica fortemente, formando un robusto tessuto protet- tore, raggiunge questo medesimo scopo in talune dicotiledoni collo inspessire me- diocremente la parete cellulare e riempirne la cavità mediante un cristallo semplice nella Pueraria e in generale nelle faseolacee a fusto perenne; e con druse elegan- tissime in taluni Meterocentron. Nè è da trascurarsi che i cristalli che accompagnano i fasci fibrovascolari più frequentemente si trovano dispersi nei tessuti del libro, sia attorno ai tessuti meccanici di questo, sia in mezzo al parenchima molle, mentre (') Solms-Laubach — Veber einige geformie Vorkommnisse oralsauren Kalkes in lebenden Zellmem- branen. Bat. Zeit 1871 p. 508 tav. VI. (°@) Borgman A. Studier Gfver Barkens inre Bygnad i coniferernas stam. Lunds Univers. Arsskr. t. XIV. Tav. III, fig. 25. (") Bertrand, Anas. des Gnelacbes et des Coniféres. Ann. des se. nat. sér. 58. T. XX, p. 175. — 157 — nella parte legnosa del fascio che è generalmente più robusta, questi cristalli sono assai più rari. Il Vesque cita soltanto la Clusia ('), nella quale l’ indurimento del tessuto legnoso è assai debole e lento. Inoltre questi cristalli sparsi pei tessuti del libro sono disposti secondo un ordine dato entro cellule che procedono dalla trasfor- mazione di elementi prosenchimatosi, che in luogo di inspessirsi si segmentano in parecchie concamerazioni, ciascuna delle quali contiene un cristallo od una drusa, talora liberi, talora avviluppati da produzioni cellulosiche. Così ad es. le druse della Nauclaea e della Cuffaea sono disposte in linee longitudinali di 6 od 8 cellule, che nel loro insieme rappresentano un elemento prosenchimatoso (°); nel Convol- vulus arvensis sono disposte in serie ancora più lunghe (tav. XV, fig. 8) (*); co- sicchè anche dal lato dell’origine la analogia tra i tessuti meccanici e le cellule a cristalli viene in questo caso confermata. I tessuti cristallini sono piuttosto rari nella maggior parte del corpo vegetale. Tali ad esempio sono quelli citati più sopra per la Opuntia, la RAypsalis e 1 Ochna, e sono invece frequentissimi in taluni organi fiorali. Il Rosanoft ed il Poulsen pei primi studiarono le produzioni cristalline nel frutto della Rosa e del Kerria; questi cristalli, piuttosto scarsi nel fusto, vanno man mano crescendo di numero nel peduncolo fiorale, a misura che i fasci fibrovascolari vi si indeboliscono, e diven- tano numerosissimi nel ricettacolo fiorale specialmente nel midollo al posto mede- simo, dove in altre piante (4ugenia ad es.) si trovano degli scleriti a sostenere la massa parenchimatosa. Nel carpello di Rosa poi, sul bordo interno della cavità ovarica formano uno strato fittissimo (tav. XV, fig. 3a), che certamente funziona da tessuto protettore, tanto più che i tessuti meccanici non vi sono ben sviluppati e nei carpelli di altre piante, ad es. le Crucifere per non citarne altre, si trova allo stesso posto un tessuto a palizzata colle pareti cellulari fortemente inspessite. Nel Poterium Samguisorba e nella Agrimonia Eupatorium lungo il margine interno del ricettacolo, benchè esso sia ricchissimo di sclerenchimi e di prosenchimi, si osserva una zona continua più spessa in corrispondenza agli avvallamenti del ricet- tacolo e meno di fronte ai rilievi, formata di quattro o cinque piani di cellule contenente ciascuna un grosso cristallo cogli spigoli non sempre netti, il quale è interamente avviluppato da produzioni cellulosiche (tav. XV, fig. 1, 4, 2a). Questa zona è giù chiaramente costituita all’epoca dell’antesi del fiore; ma diviene in se- guito così compatta da costituire un tessuto resistentissimo e che mal si presta alle ricerche istologiche. ‘I carpelli del Poterium presentano pure nel mesocarpio (tav. XV, fig. 1%) un piano di cellule con un cristallo tabulare ciascuna; piano che contribuisce certamente alla solidità dell’organo. Nell’ovario di £ucalyptus syde- rooylon gli sclerenchimi, così frequenti e così robusti in altre specie vicine, sono assai scarsi ed invece tutto attorno alle loggie si trova uno strato di cellule a cristalli più spesso sul dorso della loggia stessa ed alquanto meno sui lati lungo i (') Vesque, ]. c. p. 114. (*) Riemsdijk, Anas. Onderzock. van het Hout vun eenigen tropische Rubiaceen, Leiden, 1875, p. 87, fig. 8; p. 48, fig. 15. (*) Vogl, Beitràge zur Anat. und Histol. der unterirdische Theile von Convolvulus arvensis. Verh. k. k. zool. bot. Gesellsch. Wien. XIII B, 1863.-p. 280, tav. VII, fig. 13, — 158 — dissepimenti (tav. XV, fig. 7 a, d). Inoltre esternamente alla zona dei fasci fibro- vascolari si incontra un altro anello di tessuto cristallino molto più debole di quello marginale alle loggie, ma pur sempre importante” In altri Eucalyptus, VE. vimi- nalis ad es., questi tessuti a cristalli coesistono coi tessuti sclerosi; ma non credo che ciò osti alla opinione sostenuta; soltanto la robustezza dell'organo è in questo caso molto maggiore e la funzione protettrice ripartita tra due tessuti diversi. Le brattee dei capolini di molte Composte hanno le loro cellule fortemente ispessite ed a ciò appunto devono la loro rigidità; mentre in talune Dipsacee la devono invece alla costante e regolare presenza di un grosso cristallo in ciascuna cellula del piano immediatamente sottoepidermico di coteste brattee. Il fatto è evidentissimo nella Scabiosa Columbaria (tav. XV, fig. 10), in cui anche l'involucro calicinale presenta una interessante disposizione nelle cellule cristallifere. Quivi è l’epidermide esterna dell’ involucro che contiene questi cristalli, i quali sono disposti in tante fascie longitudinali sul dorso delle forti creste rilevate dello involuero stesso e sul fondo degli avvallamenti interposti; fascie cristalline riunite tra di loro dai tratti laterali delle creste completamente sprovviste di queste produzioni (tav. XV, fig. 5). Come casì favorevoli alla tesi sostenuta potrebbonsi ancora addurre la ricchezza in cristalli e del pericarpio delle Leguminose e delle Geraniacee ('), e del testa di moltissimi semi; giacchè questi organi la cui funzione è essenzialmente protet- trice, se nel maggior numero dei casi raggiungono lo scopo colla robusta seleri- ficazione dei loro elementi; in molti altri casi adempiono al loro ufficio collo accu- mulare dentro gli elementi che li compongono grandi quantità di ossalato (Ulmus, Cyclamen, Geranium, Chelidonium, Centaurea). Dai fatti suesposti adunque mi sembra che si possa con abbastanza certezza conchiudere : 1° Che i tessuti collenchimatosi della corteccia possono in molti casi venire sostituiti da cellule a cristalli (Colletia, Ochna, Rhypsalis, Opuntia, Eryngium). 2° Che i fibrenchimi del libro possono essere alla loro volta rimpiazzati o rafforzati da cellule a cristalli. Il caso in cui sieno del tutto sostituite è piuttosto raro e non lo si è osservato forse, che nelle Violariee; mentre la presenza di elementi a cristalli, come tessuto ausiliario del fibrenchima liberiano, è assai più frequente (A/ymenanthera, Ramnee, Nerium, Conifere in generale e più specialmente Cephalotarus e Pinus). 3° Che anche gli scleriti si trovano in uguali rapporti colle cellule a cri- stalli, potendo queste sostituirli talora completamente e presentando una disposi- zione nel corpo della pianta analoga a quella, che gli seleriti sogliono presentare (Viola, Rosa, Kerria Japonica, Arauya, Gomphocarpus, Centradenia, Ginkgo biloba). 4° Che gli elementi cellulari a cristalli possono in date circostanze accumu- larsi in tanta quantità in taluni organi — di preferenza ricettacoli, carpelli e tegu- menti seminali — da costituire un vero e proprio tessuto cristallino, che per com- pattezza e resistenza non la cede forse a nessun altro tessuto vegetale (Poterium, Agrimonia, Scabiosa ecc.). i (') Gulliver George, On the Crystals in the Testa and Pericarp of several Orders of plants ecc. Monthly microscopical Journal. Vol. X, p. 259. — 159 — SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XV ('). Fic. 1. Sezione trasversa del ricettacolo ed ovario di Poterium Sanguisorba: (a) zona cristallifera del ricettacolo; (0) zona cristallifera dei carpelli. » 2. Sezione trasversale ingrandita maggiormente del ricettacolo di Polerium, che mostra la confi- gurazione della zona cristallina (a). » 3. Sezione trasversale di un carpello di Rosa: (a) zona cristallina; (b) fasci fibrovascolari. » 4. Sezione trasversa del ricettacolo di Agrimonia Eupatoria: (a) zona cristallina. » 5. Sezione trasversa del calicetto di Scabiosa: (a) serie di cellule epidermiche contenenti un grosso cristallo. » 6. Sezione trasversa di Pistia: (a) serie di cellule a druse cristalline. » "7. Sezione trasversa dell’ovario di Eucalyptus syderoxylon: (a) zona cristallina interna, che circonda le loggie carpellari; (b) zona cristallina esterna ai fasci fibrovascolari ; (c) fasci fibrovascolari. » 8. Fibre cristalline di Convolvolus (Dal Vogl l. c. tav. VII, fig. 13). » 9. Sezione attraverso gli strati esteriori di un fusto di Opuntia: (a) epidermide; (b) strato cri- stallino; (c) collenchimi. » 10. Druse cristalline di una squama del capolino di Scabiosa viste attraverso l'epidermide della pagina inferiore. (') Le figure 1, 3, 4, ©, 6, 7 sono schematiche. 4 1) Na; di ; 1 pi p: se Gta Ann. Ist Bot Roma_I L_ Miur Mm - i I SOTA, aa dh Un IAN 01) a J) Ra SU S - ) us ban 22701 fee =» SS a i Spithower Cromo-Lit lit Fi Fazzo n R. Pirotta dis (A o SUA io i oa > » fi) asa ad De R. Pirotta dis. F. Fazzone lit 20 ale, Cromo-Lii Spithover. Ann Ist Bot Roma_l Tav. II > PÒ \ FRODI = 2 INS A R.Pirotta dis. E Fazzone lit Cromo-Lit Spithover NC” CEE » Pa, Ra - 1 7 2 È »I ci 4 SA . n ” Hai fi di Ann Ist Bot Roma_I ep È = pere R. Pirotta dis. Fl Fazzone lit Cromo-Lit Spithorer Tav.V. Ann Ist Bot Roma _IÎ Cromo-Lit Spithover R.Pirotta dis. F Fazzone lit Ann. Ist Bot Romedli Tav. VI Lilli dis. F. 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Fazzone lit ni Ù PCI | n = = pe Ya on ia hi LS di ra x i i ni -- SA Pa e Ò : : 7 a | È i | s\ x vi : pera ph ii DE n Ca Ù |} SS L'ORO TRAI COTTE _ itaca E _ 6 sd ind AVE — 161 — Contribuzione allo studio della Micologia romana dei dott. P. BACCARINI e G. AVETTA. (Tav. XVI.) La conoscenza della Micologia romana, malgrado gli studî importanti del com- pianto Carlo Bagnis ed in ispecie del ch. prof. M. Lanzi, è in talune sue parti ben lungi dall’ essere intera. Che se per opera di quest’ ultimo sopratutto possediamo un catalogo ricchissimo degli Schizomiceti ed Imenomiceti romani, per quello che ri- guarda gli altri gruppi di funghi molto ancora resta ad investigare. È appunto nell’onesto desiderio di supplire a cotesta mancanza, che abbiamo intrapresa fin dal principio dell’anno corrente l’ esplorazione della provincia romana, raccogliendo materiali, dei quali presentiamo come saggio questo primo manipolo di Pirenomi- ceti. I punti esplorati fino ad ora si limitano quasi esclusivamente ai terreni del- l'Orto botanico a Panisperna, ad alcuni orti urbani e suburbani nelle vicinanze di Porta Pia e San Lorenzo, ed alle macchie della Farnesina poco oltre Ponte Molle; pochi sono i funghi raccolti in località più lontane e provengono quasi tutti da due rapide escursioni a Tivoli ed a Monte Gennaro. La ristrettezza del territorio ci sembra però compensata abbastanza dalla varietà delle forme trovate, giacchè tra le specie, di cui diamo l’ elenco, sedici soltanto e cioè: Erysiphe Martii— E. gra- minis—Eutypa ludibunda— Diatrype disciformis — Rosellinia Aquila—R. mastoidea— Anthostoma turgidum— Hypoxylon coc- cineum —Laestadia buxi—Melanomma obducens— Xylaria poly- morpha— Nectria synopica—N. sanguinea — Lophiostoma caulium — Gloniopsis curvata, figurano negli anteriori cataloghi del Bagnis e del Lanzi; mentre parecchie altre: Diatrype caricae — Anthostomella pisana Leptosphaeria galiicola—Metasphaeria pinnarum— M. spatharum — Pleospora syringae — P. principis — P. agaves — Microthyrium mauritanicum — furono raramente od una sol volta segnalate nelle regioni italiane; ed altre ancora — Eurotium lateritium — Coprolepa fimeti — Diaporthe Desmazieri — Didymosphaeria diplospora — Meta- sphaeriacomplanata—Zignoella pygmaea—Pleospora orbicularis — P. papillata — Pyrenophora setigera— Melanospora Zobelii, per la prima volta furono da noi riscontrate in Italia. Tre soltanto e cioè : Chaetomi- dium pircuniae—Metasphaeria ferulae—Cucurbitaria hirtella— ci sono sembrate nuove del tutto e queste, se altri più accorto di noi per già note ANN. Ist. Bor. — Von. I. 21 — 162 — ed antiche riconosca, non saremo certo dolenti di veder scomparire nella confusione della sinonimia micologica. È pregio dell’opera-notare, a rendere vieppiù manifesta la necessità di accurate ricerche micologiche in queste provincie, che nell’erbario di questo Istituto, non ostante che tra le altre collezioni micologiche vi si anno- verino pure quelle ricchissime del De Notaris, nessuna delle specie enumerate in questo manipolo era rappresentata da esemplari di località romane; le raccolte del Bagnis, così interessanti per queste regioni, dopo la sua morte restarono sventura- tamente in mano a privati od andarono disperse; e noi ne conosciamo solo quel poco che venne publicato nelle Micoteche del Thuemen. Nello studio di queste prime raccolte fummo grandemente agevolati dalla Sylloge del Saccardo, la cui disposizione abbiamo interamente seguìta; e se le accoglienze a questo nostro lavoro saranno quali vorremmo sperarle verremo man mano pubbli- cando il catalogo degli altri miceti raccolti o da raccogliersi ancora. Roma, dicembre 1884. Pyrenomyceteae Fam. I. PERISPORIACEAF. 1. Erysiphe Montagnei Lév. (') — Saccardo, SyU.I, p. 17. — Léveillé, Org. du genr. Erys. p. 64, tav. XI, fig. 86. — Cooke, Brit. Fun. II, p. 651. — Fuckel, Symb. Myc. p. 85. — Exs. E. Montagnei Cooke, F. B. ed. II, 287. — Oudemans, F. Neer. 76. — Erb. criit. it. 445. — E. Xanthii Thiim. Myc. Un. 356. Sulle foglie dello Xanthium macrocarpum Dec. lungo le sponde del Tevere intorno a Roma, settembre 1884. 2. E. Martii Lév. — Sace. SyU. I, p. 19. — Lév. 1. c. p. 58, tav. X, fig. 34. — Cooke, Brit. Fung. p. 651. — Fuck. Symb. Myc. p. 83. — Winter, Pilze in Rab. Krypt. Fl. II, 31. — Baguis, Mic. Rom. Cent. I, p. 12. — Exs. Thiim. F. Au. 145; Myc. Un. 2057. Sace. Myc. Ven. 68. — Cooke, F. B. ed. I, 96. Sulle foglie di Convolvulus arvensis L. a Panisperna, settembre 1884. s. E. graminis Dec. — Sace. Syll. I, p. 19.—Lév. 1. c. p. 63, tab. X, fig. 33. — Tulasne, Sel. Fung. Carp. I, p. 212. — Cooke, Brit. Fun. II, p. 651. — Fuck. Symb. Mic. p. 83. — Wint. Pilze 1. c. p. 30. — Bagnis, 1. c. Cent. II, p. 8. — Exs. Rab. /. Eu. 671. — Thiim. F. Au. 1244; Myc. Un. 257. — Erb. crit. it. 286. — Sace. Myc. Ven. 606. Sulle foglie di Bromus madritensis L. ai giardini Palatini nell’ ottobre 1884. 4. Eurotium herbariorum Wigh. — Sace. Syl. I, p.26. — Link, Obs. I, p. 29, fig. 44. — Fries. Syst. Myc. II, p. 332. — Cooke, Brit. Fung. II, p. 654. — Sace. Myc. ven. p. 92. — Fuck. Symb. Myc. p. 90. — Eurotium aspergillus glaucus De Bary, Beitr. zur Morph. der Pilze. Dritte Reihe, p. 19, Tav. VIII. — Lanzi, lung. Rom. en p. 32. — Exs. Thim. F. Au. 656; Myc. Un. 848. — Sace. Myc. Ven. 152, 634, 905. (') Citiamo soltanto quelle opere descrittive ed iconografiche e quei saggi disseccati, che potemmo avere sott'occhio ed esaminare. Il sistema di misura seguito è quello della Sylloge del Saccardo. — 163 — Sull’imenio di un Polyporus igniarius Fries. abbandonato in un angolo umido e buio a Panisperna nel luglio 1884. 5. E. lateritium Mont. — Sacc. Syl. I, p. 26. — Montagne, Six. Cent. Plant. cell. p. 54, n. 45; Syll. p. 257, n. 918. Osserv. Sembrandoci molto incompleta la diagnosi, che il ch. Montagne dà del suo fungillo 1. c., crediamo utile il completarla servendoci dei caratteri che gli esemplari romani presentano : Perithectis celluloso-membranaceis, luteis dein ochraceis, floccis dense conteatis, lanaeformibus, luteoaurantiacis immersis vel interdum fere denudatis, uu 100 = 120 latis ; ascis globosis vel ellypticis, uu 16 = 12, evanescen- tibus, octosporis ; sporidiis sphaeroideo-polygonis, vel biconveris, luteis, pu 7 = 5, episporio crasso. Sulle foglie secche di Eucalyptus conservate in erbario. Roma agosto 1884. 6. Chaetomidium pircuniae n. sp. — Peritheciis membranaceis, globulosis, su- perficialibus, astomis, ochraceis, denique (ob sporidia atra inclusa) nigricantibus, undi- que pilis albis, longissimis, ramosis, vestitis, circulariter deiscentibus, uu 330 latis; ascis cilindricis, octosporis, brevissime stipitatis, cito evanidis, aparafisatis, uu 100 = 18: sporidiis atris, ovoideis vel ellypticis, continuis, uno tantum apice appendicula _hyalina leuticulari praeditis. — Tav. XVI, fig. 1. Nelle cavità interposte agli strati legnosi di un tronco putrescente di Pircunia dioica L. Panisperna, settembre 1884. Fam. II. SPHAERIACEAE. 7. Eutypella ailanthi Sace. Sy. I, p. 151. — Fung. It. aut. del. 473. — Valsa ailanthi Sace. Myc. Ven. Spec. p. 130, tab XII, fig. 51-56. — Exs. V. ailanthi Sacc. Myc. Ven, 194. — E. ailanthi Thim. Myc. Un. 1955. Sopra un palo di Ailanthus glandulosa Desf. nell’ Orto botanico a Panisperna, settembre 1884. 8. Eutypa ludibunda Sace. 6y02. I, p. 167. — Valsa vitis Fuck. Symb. Myc. p. 199. — V. lata Sace. L. c. tab. XIV, fig. 21-23. — V.ludibunda Sace. Mich. I, p. 18. — V. vitis Pirotta, Fun. par. deî vit. in Arch. bot. critt. II, p. 175 pp. — E. ludibunda Th. Die Pilze Wein. p. 104. — V. ludibunda Bag. Mic. Rom. Cent. II, p. 13. — Exs. V. cerviculata, Zrbd. critt. it. ser. II, 641. — V. refer- ciens Sacc. Myc. Ven. 197-198-1200. (Perithecia uu 400 — asci 36 = 7; sporidia 9 = 2). Sui sarmenti morti di Vite lungo le siepi fuori Porta Pia, giugno 1884. 9. E. lata Pers. — Sace. Sy02. I, p. 170. — Sphaeria lata Pers. Sym. Myc. IL, p. 369. — Fries, Syst. Myc. II, p. 367.— Valsa lata Nitsch. Pyr. Germ. p. 141. — E. lata Tul. Sel. Fung. Carp. p. 56. — Sace. Myc. Ven. Spec. p. 128, tav. XIV, fig. 21-23 — Exs. Rab. F. Eu. 935. — Cooke, F. B. ed. II, 471. — Plow. Sph. Brit. cent. II, 13. , Sui colmi marcescenti di Arundo Donax L. nelle siepi fuori Porta S. Lorenzo, aprile 1884. — 164 — 10. E. lejoplaca(Fr.). — Sace. Syl. I, p.170. — Cooke Brit. Fung. II p. 800. — Sphaeria leioplaca Fr. Syn. Met. II, p. 370. — Diatrype leioplaca Fr. Summa p. 785. — Curr. Linn. Trans. XXI p. 370. — Valsa leioplaca Nitsk. Pyr. Ger. 151. — Exs. Sphaeria Fries. Scler. Suec. 1126. — Eutypa Plow. Sphaer. Brit. 14. d Sul legno di Castagno a Panisperna nel Dicembre 1884. 11. E. heteracantha Sacc. Syl!. I, p. 177. — Valsa heteracantha Sace. Myc. Ven. Spec. p. 129, tav. XIV, fig. 35-42. — Exs. Sace. Myc. Ven. 203-205, 740,1186. Sui rami secchi di Ficus Carica L. alle Terme di Tito; di Sambucus a Villa Corsini e di Adlanthus glandulosa Desf. a Panisperna, maggio 1884. 12. Cryptovalsa protracta DNtrs. — Sace. $y0/. I, p.187.— Sphaeria protra- cta Fr. Syst. Myc. II, p. 425. — Diatrype (Cryptovalsa) protracta Ces. et DNtrs. Schema in Com. Critt. I, p. 203 p. p.— C. protracta DNtrs. Sfer. It. p. 40, tab. 41 p. p. — Nitsch. Pyr. Germ. p. 155. — Fuck. Symb. Myc. p. 212. — Fabre Spher. Vauc. in Ann. se. nat. bot. VI série, vol. IX, p. 71 p. p. — Sace. Mye. Ven. Spec. p. 134, tav. XIV, fig. 11-13. (Perithecia uu 480; asci uu 74 = 8; sporidia uu 9 = 2). Sui rami secchi del Rhamnus alaternus L. ad Acqua Traversa intorno a Roma, aprile 1884. 13. C. ampelina Nitsck. — Sace. Sy0!. I, p.187.—C.protracta DNtrs et Ces. Schema p. 203 p. p. — DNtrs. Sfer. It. p. 40, tav. 46 p. p.— V. ampelina Nitsck. Pyr. Germ. p. 156. — C. ampelina Fuck. Symb. Myc. p. 212 — Pirot. F. par. dei vit. 1. c. p. 177, tav. XIII, fig. 1-3. — Thim. Pilze Wein. p. 107, tav. V, fig. 8. (Perithecia uu 220; asci uu 75 = 7; sporidia uu 8=2). Sui sarmenti secchi di Vite a Panisperna nel giugno 1884. Osserv. Nell’ erbario DNtrs. non abbiamo rinvenuta traccia della €. protracta che egli indica (1. c.) contemporaneamente sull’acero e sulla vite; e ci è quindi riuscito impossibile di verificare coll’ esame degli esemplari autentici, se debbano seguirsi gli autori che ne derivano due specie distinte, o gli altri che danno ancora a questa specie il significato Notarisiano; nel dubbio abbiamo accettata la distin- zione proposta dal Nitscke ed ammessa dal Saccardo; facendo però osservare che il fungillo della vite presenta spesso forme del tipo della €. protracta Nitsk. (non DNtrs) e che i caratteri della €. ampelina indicati dal Nitske (1. c.) non ci sem- brano così netti e costanti da caratterizzare una muova specie. 14. C, Nitschkei Fuck.—Sace. Sy0.I, p. 188.—Valsa mori Nitsk. Pyr. Germ. p. 157.— C. Nitschkei Fuck. Symb. Myc. p. 212. — Sace. Myc. Ven. Spec. p. 134, tab. XIV, fig. 14-16; Mich. I, p. 22.—C. protracta 8 Nitsckei Fab. Sphaer. Vau. 1. c. p. 72. — Exs. Sacc. Myc. Ven. 209, 1187. (Asci 70= 8; sporidia 8 = 17). P Ulmi campestris Sace. Mich. I, p. 23. (Asci 60 = 9; sporidia 7 = 2). Sui rami secchi a Villa Corsini nell'aprile 1884; la forma $ sui rami secchi di Ulmus subero:a Ehrh. lungo le siepi fuori Porta Pia, maggio 1884. ? — 165 — 15. C. Rabenhorstii (Nitsk). — Sace. Sy0. I, p.190.—Valsa Rabenhorstii Nitsk. Py. Germ. p. 158. — Cr. Rabenhorstii Sacc. Myc. Ven. p. 135, tab. XIV, fig. 17-20.—C. Rabenhorstii.f. Fici Caricae Sace. Mich. I, p.22.—Thim. Pilze Wein. p. 105, tav. I, p. 7 — Exs. Rab. /. Eu. (Sphaeria spiculosa v. Robiniae). Sur rami secchi di /icus Carica L. a Panisperna nel giugno 1884. Osserv. Abbiamo citati gli esemplari del Rabenhorst soltanto sulla fede degli autori; giacchè gli esemplari della sua collezione appartenenti all’ Erbario romano presentano sotto il nome di Sphaeria spiculosa v. Rubiniae una Sferopsidea. 16. Diatrype disciformis Hoffm. — Sace. Sy0l. I, p.191.—Sphaeria discifor- mis Hoffm. Veg. Cript. I, p. 15, tab. IV, fig. 1. — Pers. Syn. Fung. p. 24. — Fries, Syst. Myc. II, p. 358. — Curr. 1. ec. XXII, p. 268, tav. XLVI, fig. 64. — DNtrs. Mycr. It. dec. VIII, n. I, fig.1.— D.disciformisTul. Sel. Fung. Carp. II p. 102. — Nitsk. Pyr. Germ. p. 67.— Fuck. Symb. Myc. p. 231. — Cooke, Brit. Fung. II, p. 812. — Sace. Myc. Ven. Spec. p. 150, tab. XV, fig. 15-17; Fung. It. tab. 462. — Bagn. Mic. Rom. Cent. II, p. 12. — Exs. Sphaeria disciformis Fr. Seler. Succ. 71, — DNtrs in herb.— Diatrype disciformis Rab. /. E. 137. — Thim. l. Au. 257; Myc. Un. 64. — Cooke, F. B. ed. II, 48. — Erb. critt. it. 340. — Sace. Myc. Ven. 249. Sui rami secchi di Faggio a Monte Gennaro, agosto 1884. 17. D. Caricae DNtrs. — Sacc. Syll. I, p. 198. — DNtrs. Sfer. it. p. 28, tav. 28. — Exs. DNtrs. in herb. (Asci uu 37 ==5; sporidia uu 9=2). Sul legno di un vecchio troneo corroso di /icus Carica. L. a Panisperna, luglio 1884. 18. Diatrypella decorata Nitsk. — Sace. SyU. I, p. 203. — Nitsk. Pyr. Germ I, p. 79. — Fuck. Syimb. Myc. p. 233. — Sace. Mich. I, p. 596. Sui rami secchi di Faggio a Monte Gennaro, agosto 1884. 19. Sordaria fimiseda Ces. et DNtrs. — Sace. Sy0!. I, p.322.—Podospora fimi- cola Ces. Hedw. I, n. 15. — S. fimicola Ces. DNtrs. Schema 1. c. p. 226. — DNtrs. Sfer It. p. 22, tav. XIX. — Cercospora fimiseda Fuck. Symb. Mye. p. 244. — S. fimiseda Speg. F. Cop. Ven. in Mich. p. 226. — De Bary, Beitr. III, p. 8, tav. II-V. — Exs. Podospora fimicola Ces. Herb. Myc. 259.— S. fimi- seda Sacc. Myc. Ven. 1181. (Perithecia. uu 720; asci uu 400 = 40; sporidia uu 55 = 29; appendi- Ricula9ri9)} Sullo sterca di cavallo a Panisperna, giugno 1884. 20. Hypocopra macrospora Auw. — Sace. Sy0!. I, p. 241. — Niessl. Beitr. p. 30, tav. VI, fig 43. — Wint. Deut. Sord. p. 15, tav. VII, fig. 4. — H. stercoris Fuck. Symb. Myc. p. 241. — Exs. S. macrospora Rab. F. Eu. 954. — Thim. Myc. Un. 655. Sullo sterco di vacca e di capra, luglio 1884. 21. Coprolepa fimeti (Pers.). — Sace. Syl!. I, p. 248. — Sphaeria fimeti ff vaccina Pers. Syn. Met. p. 61. — Fries, Syst. Myc. II, p. 373. — Hypocopra fimeti a vaccina Fuck. Symb. Myc. p. 240. — Massaria fimeti Cooke Brit. — 166 — lung. II, p. 847.—Hypocopra fimeti Fab. 1. c. p. 77, tav. IX.— Sordaria fimeti Wint. Deut. Sord. p. 14, tav. VII, fig. 3, Sullo sterco di vacca a Panisperna, aprile 1884. 22. Rosellinia Aquila (Fr.), — Sace. SyU. I, p. 252. —Sphaeria Aquila Fr. Syst. Myc. II, p. 442. — Bagn. Jie. Rom. Cent. I, p. 16. — R. Aquila DNtrs, Sfer. It. p. 21, tav. 18. — Tul. Sel. Fung. Carp. II, p. 250, t. 33, fig. 1-6. — Fuck. Symb. Myc. p. 148. — Sace. Myc. Ven. Spec. p. 108; F. It. tav. 586. — Exs. S. Aquila Cooke F. Brit. 486. — R. Aquila Rab. F. E. 1016. — Sace. Mye. Ven. 80. Sui rami secchi di Pruno alle Terme di Tito, di Robinia Pseudoacacia, L. di Ulmus campestris L. e di Vitis vinifera L. per le siepi nei dintorni di Roma, maggio e luglio 1884. 23. R. rimincola Rehm. — Sace. Sy0. I, p. 265. — Wint. Liagn. und Not. in Flora 1872, p. 9. — Sace. Fung. Ven. II p. 329; Mich. I, p. 507; F. It. t. 590. (Ascis, p. p. uu 78= 7; stipite uu 5 = 7 quam in forma tipica breviore; sporidiis pu 12 = 7). Sui rami secchi di Pistacia a Macchia Madama, aprile 1884. 24. R. mastoidea Sace. SyW. I, p. 258; Mich. II, p. 54. — R. mammifor- mis Sace. F. /t. 589. Sui colmi putrescenti di Arundo Donax L. lungo le siepi fuori Porta Pia, aprile 1884. 25. Anthostomella pisana Pass. — Sace. SyU. I, p. 280. (Perithecia. uu 190; asci uu 70 = 5; sporidia uu 12 = 4). Sulle pinne foliari di Chamaerops humilis L. a Panisperna nel febbraio 1884. 26. A. sphaeroidea Speg. — Sace. Syl!. I, p.281. — Speg. Fung. Arg. I, p. 179. Sui picciuoli foliari del Sabal Adansonii Guerus. a Panisperna nel febbraio 1884. Osserv. È nostro debito il dichiarare che la determinazione di queste due specie per noi molto critiche ci fu confermata dalla gentilezza del ch. prof. Sac- cardo, al quale rendiamo publicamente grazie. 27. A. Tomicum (Lév.). — Sace. Sy. I, p. 282. — Sphaeria Tomicum Curr. 1. c. XXII, p. 324, tab. LVIII, fig. 87.— Cooke, Brit. Fung. II, p. 894. — A. Tomicum Sace. Mich. I, p. 374; F. It. 373. Sui sarmenti di Smilax aspera L. a Porto d’Anzio nel maggio 1884. 28. A. limitata Sacc. Syll. I, p. 284; Fun. Ven. ser. IV, p. 1; #. It. tav. 129. Sui rametti putrescenti di Ephedra a Panisperna, maggio 1884. 29. Anthostoma turgidum (Pers.). — Sace. Sy0.I,p.303.— Sphaeriafaginea f turgida Pers. Syn. Fung. p. 44. — S. turgida Fr. Syst. Myc. IL, p. 400. — Valsa turgida Curr. 1. c. XXII, p. 278, tav. XLVII, fig. 139. — Cooke, Brit. Fung. II, p. 836. — V. Bagn. Mic. Rom. Cent. II, p. 13. — A. turgidum Nitsk. Pyr. Germ. I, p. 121:— Fuck. Symb. Myc. p. 214. — Sacc. Fun. Ven. Ser. IV, p. 18; Mich. I, p. 327; F. It. t. 168. — Exs. A. turgidum Rab. /. Eu. 1144. — Sacc. Myc. Ven. 1442. Sui rami di faggio a Monte Gennaro nell'agosto 1884. — 1607 — 30. Xylaria polymorpha. ‘9 spathulata (Pers.).— Sace. Sy0l. I, p. 309. — Sphaeria polymorpha d spathulata Pers. 0bs. myc. p. 64, tav. II, fig. 2; Syn. Met. Fung. p. 8.—Xylaria polymorpha f.spatulata Tul. Se/. Fung. Carp. II, p. 9, tab. XIX, fig. lo=21.— Nitsk. Pyr. Germ. 17.— Sace. FP. It. 581. —Exs. S. polymorpha. Fr. Scler. Suec. 221. — Xylaria polymorpha Cooke F. Br. ed. II. 214. Sul legno di un vecchio palo sepolto nel suolo a Panisperna, ottobre 1884. 31. Hypoxylon coccineum Bull. — Sace. Syll. I, 353. —Sphaeria radians Tod. F. Meck. II, p. 29, tab. XII, fig. 101. — S. fragiformis Pers. Syn. p. 9. — Fries, Syst. Myc. II, p. 832. — Curr. 1. c. XXII, p. 265, tav. XLV, fio. 29 — H. coccineum DNtrs. Sfer. /t. p. 14, tav. 10. — Tul. Sel. Fung: Carp. II, p. 34, tav. IV, fig. 1-6. — Cooke, Brit. Fung. II, p. 794. — Fuck. Symb. Myc. p. 233 — Sace. Myc. Ven. Spec. p. 152; F. It. tav. 566. — Bagn. Mic. Rom. Cent. I, p. 16. — Exs. S. fragiformis Fr. Scler. Suec. 47. — H. coccineum Herb. Myc. 146. — Rab. F. E. 920. — Thiim F. Au. 258. — Cooke, Brit. Fung. ed. II, 466. — Plow. Sphaer. Brit. Cent. II, 12. — Sace. Myc. Ven. 252. Sui rami secchi di Faggio nelle selve di Monte Gennaro, agosto 1884. 32. H. cohaerens (Pers.). — Sace. Syll. I, p. 361. — Sphaeria cohaerens Pers. Syn. p. 11. — Fries. Syst. Myc. II, p. 338. — Curr. 1. c. XXII, p. 266, tav. LV, fig. 41. — H. cohaerens DNtrs. Sfer. It. p. 15, tav. XI. — Nitsk. Pyr. Germ. p. 42. — Fuck. Symb. Myc. p. 234. — Cooke, Brit. Fung. p. 795. — Exs. H. cohaerens, Thim. F. Au. 1267. — Rab. F. Eu. 918. — DNtrs. in herb. Sui rami secchi di Prunus all’Orto botanico a Panisperna nel luglio 1884 e sulle bacchette di un cestello in serra. 33. H. serpens (Pers.). — Sace. Sy. I, p.378. — Sphaeriaserpens Fr. Syst. Myc. IL, p. 341. — Curr. 1. c. XXII, p. 267, tav. XLVI, fig. 48: — Cooke, Brit. Fung. p. 797. — H. serpens, Nitsk. Pyr. Germ. p. 46. — Fuck. Symb. Myc. p. 234. — Sace. Myc. Ven. Spec. p. 152. — Sace. F. It. tav. 575. — Exs. S. ser- pens Fr. Seler. Suec. 47.— H. serpens Plow. Sphaer Brit. 10. — Sace. Myc. Ven. 254. — DNtrs in herb. Sui rami putridi di Ailanthus glandulosa Desf. a Ponte Molle, ottobre 1884. 84. Daldinia concentrica Ces. et DNtrs. — Sacc. Syl. I, p. 393. — Sphaeria tunicata Tod. F. Meck. II, p. 59, tav. XVII, fig. 130.—S.concentrica Pers. Syll. p. 8. — H. concentricum Tul. Sel. Pung. Carp. II, p. 31, tav. XII, fig. 11- 16. — Nitsk. Pyr. Germ. p. 25. — D. concentrica Ces. et DNtrs. Schema L. c. p. 198. — Sace. Myc. Ven. Spec. p. 153. — Exs. Cooke, F. Br. ed. II, 216. — Thim. Myc. Un. 69, 696, 1154. — Sace. Myc. Ven. 697. — DNtrs. in herb. Sui rami di quercia nei dintorni di Roma, aprile 1884. 35. Laestadia buxi (Desm.). — Sace. Syl2. II, p. XXXI. — Sphaeria buxi Desm. X, Not. Ann. sc. nat. 1843. p. 143. — Sphaerella Buxi Fiick. Symb. Myc. p. 100.— Bagn. Mic. Rom. Cent. I, p. 17. — Exs. S. Buxi Rab. /. Eu. 940, 5931. — Thòm. F. Au. 936. Sulle foglie di Buzus sempervirens L. alle Terme di Tito, aprile 1884. — 168 — 36. L. nebulosa (DNtrs).— Sace. Sy0.II,p.428.,—S. nebulosa veneta DNtrs. Hedwigia Band. V, p. 44 — Exs. S. nebulosa veneta, Erb. crit. it. 1283. — DNtrs in herb. Sui rametti secchi d'un’ ombrellifera a Tivoli, giugno 1884. 37. Phomatospora Berkeley Sace. Sy. I, p. 432. — Sphaeria phomato- spora Berk. und Brow. Not. of. Brit. lung. n. 467, tav. XI, fig. 33. — Cooke, Brit. Fung. p. 884. — Sacc. F. Ven. ser. II, p. 306; F. It. tav. 605 non 604. — Comes, Rel. Mic. Not. p. 22. — Exs. DNtrs, in herb. (sec. Comes). Sui rametti secchi di una Solanacea a Panisperna, settembre 1884. 38. Physalospora gregaria Sacc. Sy. I, p. 435; Mich. I, p. 491, 506; II, p. 137; F. It. tav. 432. — Exs. Sace. Myc. Ven. 1486. (Perithecia. uu 395; asci uu 111 = 12; sporidia 29 = 5). Sui rami secchi di Awbus lungo le siepi fuori Porta Pia, nell'aprile e sopra un palo di castagno a Panisperna nel novembre 1884. 39. Diaporthe spiculosa (Alb. et Schw.).— Sace. Sy0!. I, p. 633. — Sphaeria circumscripta Mont. Ann. sc. nat. ser. II, vol. I, p. 298, tav. 13. — S. spi- culosa: Alb. et Schw. Consp. Fung. p. 16. — Valsa circumscripta Mont. Sy. p. 220. — D. spiculosa Nitsk. Pyr. Germ. p. 256. — Fuck. Symb. Myc. p. 211. — Sacc. Mich. I, p. 508. — V. circumscripta Cooke Brit. Fung. p. 834. — Exs. Thòm. Myc. Un. 865. (Asci uw 45-53 = 7; sporidia uw 11-12 = 3-3, 7). Sui tronchi putridi di Ricinus communis L. a Panisperna, luglio 1884. 40. D. nigrella (Auers). — Sace. SyU. I, p. 648. — Niessl. Beitr. p. 51. — Sace. Mich. II, p. 317. — Diaporthopsis nigrella Fab. ‘. c. p. 35, tav. I, fig. 3. (Perithecia. uu 255; asci uu 40 = 5; sporidia 14 = 3). Sui rami secchi di un’ ombrellifera a Tivoli, giugno 1884. Osserv. Noi pure come il Fabre abbiamo osservato molto dubbiamente il setto trasverso negli sporidii di questa specie; con tuttociò la struttura degli aschi e dello stroma e la probabilità che il setto degli sporidii apparisca nettamente sol- tanto più tardi, ci hanno fatto ritenere questo fungillo sotto il genere Diaporthe. Gli sporidii, che il Fabre disegna 1. c. ci sembrano però alquanto diversi dalla forma tipicamente assegnata dagli autori a questa specie, e che i nostri esemplari presentano. La Gnomoniella Angelicae Fuck. è molto probabilmente essa pure (almeno stando agli esemplari dell’ Erbario romano) una forma immatura di questa Diaporthe. 41. D. Arctii (Lasch). — Sace. Sy. II, p. 653. — Nitsk. Pyr. Germ. p. 268. — Fuck. Symb. Myc. p. 210. Forma ostiolis elongatis, flexuosis vel secundis; ascis uu 40 = 7; sporidiis pun 12= 4. Sui rami secchi di una Composita a Panisperna, settembre 1884. 42. D. Desmazierii Niessl. — Sace. SyU!. I, p. 656. — Sphaeria inquilina (Desm) Niessl. Beitr. p. 53. — S. (Diaporthe) labiatae Cooke, New Brit. Fung. in Grev. V, p. 63. — Sace. Fung. Ven. ser. IV, p. 12. — 1609 — 43. D. dulcamarae Nitsk. — Sace. Sy02. I, p. 658. — Nitsk. Py. Germ. p. 250.— Sacc. F. Ven. ser. IV, p. 12; £. It. tav. 1265. — Exs. Thim. Mye. Un. 867; 1752. — Sacc. Myc. Ven. 773. (Asci uu 55-60 = 7; sporidia uu 18 = 4). Sui rametti secchi di un Solanum a Panisperna, agosto 1884. 44. Didymosphaeria conoidea Niessl. — Sace. SyMi. I, p. 702; /. /t tav. 208. (Per. uu 165; asci uu 60-67 = 6; sporidia uu 10 = 6). Sui rami secchi della Ferula communis L. a Panisperna nel giugno 1884. OsseRv. A proposito di questo fungillo il prof. Saccardo 1. c. nota che esso si trova frequentemente socio alla Leptosphaeria Doliolum Pers., « a qua extus non est distinguenda » e nel N. Gior. bot. vol. VII p. 314. osserva, come parecchie volte gli è accaduto di incontrare nello stesso peritecio aschi e sporidii di Leptosphaeria assieme ad aschi e sporidii di Qidymosphaeria. Il fatto è dovuto a ciò, che molte volte i peri- tecii della Didymosphaeria, si sviluppano non fra i tessuti della Ferula, ma bensì dentro gli stessi peritecii della Leptosphaeria, talchè sembra a prima vista che uno stesso peri- tecio presenti due forme di sporificazione diverse. Questa singolare disposizione da noi osservata per la D. Conoidea e la L. Conoidea DNtrs., è rappresentata dalla fig. 2°, Tav. XVI, e rende ragione del fatto osservato per la prima volta dal Saccardo; ma fa cadere le supposizioni fatte da lui intorno ai nessi genetici tra le due forme. 45. D. epidermidis (Fr.) — Sace. Syl. I, p. 709. — Sphaeria epidermidis Fr. Syst. Myc. II, p. 499 — Cooke Br. F. II, p. 891. — Curr. 1. c. XXII, p. 329, tav. LIX, fig. 119 S. atomaria Wall. Mor. Crypt. p. 772. — D. epidermidis Fuck. Symnb. Myc. p. 141. — Sace. F. Ven. ser. II, p. 323. — HExs. S. atomaria Thim. /. Au. 965. — D. epidermidis Rab. f. Eu. 1839. Sui rami secchi di Scrophularia canina L. a Tivoli nel giugno 1884. 46. D. brunneola Niessl. — Sace. Syll. I, p. 709. Sui rami secchi di Rubus ad Acqua Traversa, aprile 1884. 47. D. diplospora (Cooke). — Sace. Sy0. I, p. 710 — Sphaeria diplospora Cooke, Brit. lun. II, p. 891. -— D. Rubi Fuck. Symb. Myc. p. 141. — Fab. 1. c. p. 83. — Exs. Plow. Sphaer. Brit. Cent. II, 72. Sui rami secchi di Pistacia ad Acqua Traversa nell’ aprile 1884. a permutata (Sacc.).. — D. diplospora Sace. Mich. I, p. 375; F. 1.372. — D.permutata Sace. Sy. 1, p. 706. Sui sarmenti di Rovo ad Acqua Traversa, aprile 1884. 48. Valsaria insitiva Ces. et DNtrs. — Sace. Sy. I, p. 741. — Ces. et DNtrs. Schema 1. c. p. 205. — DNtrs. Micr. It. dec. 7°, p. 105, fig. I. — Ces. Hedw. 1855, n. 10, p. 71. — Rab. ibidem n. 18, p. 116, tav. XV, fig. 8. — Sphaeria insitiva Fr. Syst. Myc. II, p. 366. — Myrmaecium abietinum Niessl. MHedw. 1874, n. 3, p. 42. — V. insitiva Thim. Pilz. Wein. p. 126, tab. III, fig. 17. — Sace. Myc. Ven. Spec. p. 48, tab. XV, fig. 5-10. — Exs. Thiim. Myc. Un. 466. — Sace. Myc. Ven. 147, 240, 241 ece. — DNtrs in herb. Sopra alcuni rami secchi a Villa Corsini nell'aprile 1884; sul Prunus spino- sa L. fuori Porta Pia nel maggio 1884; su di una Poinciana e di una Rosa e sopra un palo di Ailanthus glandulosa Desf. a Panisperna nel giugno 1884. Do N Ann. Ist. Bor. — Von. I. — 170 — 49. Massaria inquinans (Tod.). — Sace. SyU. II, p.5.—Sphaeria inquinans Tod. F. Mekl. II, p. 17, tab. X, fig. 85. — Fries, Symb. Myc. II, p. 486. — S. gyga- spora Curr. l. c. XXII, p. 326, tab. LIX, fig. 100. — M. inquinans Fuck. Symb. Myc. p. 153, tab. VI, fig.7.— M. Bulliardi Tul. Sel. Fung. Carp. II, p. 326.— M. inquinans Cooke, 8. £. p. 846. — Sace. Myc. Ven. Spec. p. 109, tab. 10, fig. 52, 53; F. IL 413. — Exs. Rab. F. E. 1526.— Thim. Myc. Un. 1950. — Plow. Sph. Brit. 48. — Sace. Myc. Ven. 82. Sui rami secchi di Pistacia ad Acqua Traversa nell'aprile 1884. 50. L. conoidea DNtrs. — Sace. Syl!. II, p. 14. — DNtrs. Micr. It. dec. IX, p. 466, tav. VIL — Sace. £. It. tav. 500; F. Ven. ser. II, p. 314. — L. doliolum ff co- noidea Sace. Myc. Ven. Spec. p. 103. — Cooke, Brit. lung. II, p. 902. — S. Hele- nae Curr. l. c. XXIV, p. 831, tav. LIX, fig. 137. — Exs. Erb. crit. it. 879. — Sacc. Myc. Ven. 76. — DNtrs. in herh. Sui rami secchi di Ferula communis L. a Panisperna nel giugno 1884. 51. L. dumetorum Niessl. — Sace. Sy0. II, p. 15. — Niessl. Beitr. p. 26, tav. III, fig. 19. — Sace. F. Ven. ser. II, p. 316; Mich. II, p. 63; F. 4 498. — Exs. Sace. Myc. Ven. 682. (Asci 80 = 7; sporidia 18 = 3). Sui fusti secchi di un’ ombrellifera a Panisperna, luglio (884. 52. L. galiicola Sace. v. brachyspora Sacc. Syli. II, p. 22; F. It. 494; F. Ven. ser. II, p. 815; Mich. II, p. 599. (Asci 82 = 7; sporidia 16 = 5). Sui rametti secchi di Veronica pulchella Bast. a Panisperna nel settembre 1884. 53. L. vagabunda Sace. Sy0. II, p.31.— Sphaeria fuscella Sace. Mye. Ven. Spec. p. 97, tav. IX, fig. 37-46. — L. vagabunda Sace. F. Ven. ser. II, p. 318; Mich. I, p. 511; F. It. 520, 428. — Fab. 1. c. p. 88. — Exs. Sacc. Myc. Ven. 72-73. (Perithecia. 300; asci 92 = 11; sporidia 20 = 6). Sui rametti secchi di un’ ombrellifera a Tivoli nel giugno 1884 e della Cle- matis vitalba L. lungo le siepi fuori Porta Pia nel luglio 1884. 54. L. modesta (Desm.).— Sace. Sy0!. II, p.39.— L.setosa Niessl. Beitr. p. 28, _tav. III, fig. 20. — L. Passerinii Sace. Mich. I, p. 37; F. /. 291. — Exs. Rab. F. Eu. 948. — Erb. crit. it. ser. II, 591. Sui rami secchi di una Scabicsa a Monte Gennaro, agosto 1884. Osserv. Le appendicule ialine degli sporidii di questa specie non ci sembrano essere costanti neppure negli sporidii provenienti dallo stesso peritecio ed uguali tra di loro per colore, dimensione e nettezza dei sepimenti. Non avendo potuto esaminare gli esemplari del Desmazières e neppure quelli della L. Cibostii DNtrs. ci siamo limitati a citare i libri e i saggi disseccati, che abbiamo potuto consul- tare, non occupandoci della complicatissima bibliografia di questa forma. 55. Melanomma fuscidulum Sace. Sy//. II, p.99; Mich. I, p. 450; F. Ven. ser. II, p. 5; PF. It. 294. (Perithecia. 320; asci 80 = 7; sporidia 17 = 4). Sui rami secchi di una /eru!a a Panisperna nel giugno 1884. — 71 — 56. Melanomma obducens (DNtrs).— Sace. Sy0. II, p. 99.—Sphaeria obdu- cens Fr. (non Schum) Syst. II, p. 456. — DNtrs. Micr. It. dec. VIII. p. 124. — Ces. et DNtrs. Schema 1. c. p. 221. — DNtrs Sfer. It. p. 65, tav. LXVI. — Bagnis Mic. Rom. Cent. II, p. 15. — Exs. DNtrs. in herb. (Perithecia. uu. 300; asci 74-80 = 7-11; sporidia 18 = 5). Sui rami secchi di Pistacia ad Acqua Traversa nell'aprile 1884. Osserv. Tanto nel fungillo in quistione, quanto negli esemplari autentici della S. obducens DNtrs. il loculo medio degli sporidii presenta in qualche non raro caso un sepimento longitudinale; con tuttociò i due fungilli restano tanto per il loro aspetto generale quanto per la forma degli sporidii sempre diversi dalla Sphaeria miskibrutis DNtrs. (Theichospora obducens), colla quale la riunisce il Tul. Sel. lung. Carp. II, p. 245, tav. XXVIII, fig. 4-13. 57. Pseudovalsa hapalocystis (B. et Br.). timimoni*SaceSS.SyI5, carattere che insieme agli altri indicati dallo stesso autore, si può ritenere abbastanza attendibile in considerazione del gran numero di specie da esso studiate. Nel lavoro di Beck sull’anatomia comparata dei semi di Vicia ed Ervum, viene esposto nei più minuti particolari tutto quanto riguarda l'anatomia tanto dei tegu- menti come dell’albume e dell'embrione di buon numero di specie, diffondendosi sopra tutto sulla V. Faba L. Da ultimo comparve il lavoro di Godfrin sui tegumenti seminali delle Angio- sperme, in cui l’autore si propone di cercare sino a qual punto sia vero che la composizione anatomica dei tegumenti possa esser costante e diventare un carattere di famiglia. In quanto alle Leguminose si può dire che riassume ciò che è già stato detto da quelli che lo precedettero. In conseguenza di che io mi limiterò, per quanto riguarda il seme, a esporre brevemente i risultati delle mie ricerche, per non ripetere per questa pianta in particolare ciò che è già stato detto e così bene da altri sul seme delle Leguminose in generale. Il seme di Pueraria ha le dimensioni e la forma di un piccolo fagiuolo. Ovale, schiacciato, un po’ reniforme, esso presenta una superficie liscia e lucida di colore giallo-bruno con chiazzature più chiare. L’ilo rappresentato, nel centro del lato concavo del seme, da una depressione allungata orlata di un doppio margine rilevato, è di color bianco uniforme. In questo seme si distinguono facilmente tre parti: il tegumento, l’albume, l'embrione. Tegumento. — Il tegumento, che costituisce la buccia del seme, è fatto da uno strato esterno di tessuto duro, resistente (M/artschicht di Beck), e da parecchi strati sottostanti al primo di tessuti molli, acquosi (Quellschiehte). (*) J. Chalon, La graine des Légumineuses. 1° Cellules de la carapace. 2° Albumen. Mons, 1875. (?) G. Beck, Vergleichende Anatomie der Samen von Vicia und Ervum,in Sitzungsber. d. k. k. Akad. d. Wissensch. Wien, B. LXXVII, 1. Abth. Mai-heft, 1878. (*) J. Godfrin, Étude histologique sur les liguments seminaux des Angiospermes. Thèse. Mons, 1880. (‘) Schleiden und Vogel, Veber das Albumen insbesondere der Leguminosen. Nov. Acta d. Leop. Carol. Akadem. XIX, pars II, p. 51. (*) Chalon, 1, c. p. 10. — 203 — Lo strato di tessuto duro o meccanico è fatto da cellule selerose a palizzata, prismi per lo più esagonali, molto stretti e lunghi, a immediato contatto tra di loro, ricoperti esternamente da uno straterello di cuticcla e che formano una serie semplice per quasi tutta l’estensione del seme (tav. XVII, fig. 2, sp), tranne che per la regione dell’ilo dove sono in serie doppia (ibidem, spd). La cavità di queste cellole è, come è neto, complicata dalla presenza di tante costole della parete, che a poca distanza dalla base incominciano a protuberare verso l’asse del prisma sin quasi a raggiungerlo nella parte superiore; dal che ne viene, che visti di fronte questi prismi mostrano una piccola cavità, per lo più stretta ed allungata, con tante ramificazioni raggianti che sono gli spazî fra costola e costola. Il contenuto giallognolo di queste cellule, in cui stanno sospesi liberamente uno 0 più corpuscoli angolosi minutissimi che il Beck ritiene composti di sostanza orga- nica imbevuta di acido silicico ('), viene distrutto colla macerazione di Schultze e la sostanza inorganica si raccoglie allora sul fondo della cellula in una massa globulare. La linea luminosa, curiosa particolarità dello strato a palizzata, che si mantiene sinora refrattaria a qualunque spiegazione soddisfacente, corre nella Pueraria, come nel fagiuolo, immediatamente al disotto della cuticola, e soltanto nella regione dell’ilo dove lo strato a palizzata è doppio, si addentra alquanto. Gli strati molli, sottostanti a questa buccia protettrice, sono costituiti essen- zialmente da due tessuti diversi, cioè il tessuto a colonne ed il parenchima sotto- stante ad esso. Il primo di questi, che unitamente al tessuto a palizzata è caratteristico dei tegumenti seminali delle Leguminose, consta di un piano unico di cellule a colonna (cellules en sabliers di Chalon) (*) che, come dice il nome, sono fatte di una porzione cilindrica terminata da due rigonfiamenti e sono riunite in modo che i rigonfiamenti si toccano da tutte le parti, mentre attorno ad ogni tratto cilindrico resta un meato circolare. Tutta la porzione cilindrica della cellula è piena di plasma gialliccio ed ha parete debolmente inspessita, mentre i rigonfiamenti sono generalmente vuoti ed a parete sottile (tav. XVII, fig. 2, sc). Per quel che riguarda la disposizione loro nel seme, ho già detto, che queste cellule formano un piano solo i cui elementi, molto più corti e più tozzi di quelli a palizzata, raggiungono gradatamente il loro massimo sviluppo a una certa distanza dall’ilo, per poi diminuire di nuovo grada- tamente e trasformarsi, unitamente a quelle del parenchima sottostante, in un tessuto a cellule irregolarmente ramose, a pareti inspessite (tav. XVII, fig. 2, cr), che circonda il fascio vascolare, che entra nel seme. Questo fascio (tav. XVII, fig. 2, f), che in sezione trasversale appare fusiforme ed in sezione longitudinale allungato, è composto unicamente di tracheidi reticolate brevissime, accompagnate al loro esterno da uno straterello di elementi allungati a parete sottile, fittamente schiacciati, che rappresenta la porzione cribrosa del fascio. Sotto al tessuto a colonne sta un parenchima ordinario (tav. XVII, fig. 2, sm), (') G. Beck, 1. c. p. 4. (*) J. Chalon, Il. c. p. 27. — 204 — a cellule ovali leggermente schiacciate, con meati, che nella parte più interna dove, vengono a contatto coll’albume, sono molto compresse e percorse dalle ultime rami- ficazioni del fascio. Nei tegumenti abbonda il tannino, come appare subito dall’ annerimento del rasoio, ma trattando i tagli con hicromato potassico, si vede che esso è contenuto specialmente nelle cellule a palizzata, dove sono in serie semplice e nel tessuto a cellule ramose che circonda il fascio. Albume. — Nel loro classico lavoro sull’albume delle Leguminose, Sehleiden e Vogel ci danno come affatto prive di albume tutte le Faseolee da loro esaminate. Chalon ('), dopo aver accennato alla grave confusione che esiste a questo pro- posito nelle opere di botanica, dice delle Faseolee, che non hanno albume che per rara eccezione, e difatto dei 21 generi di questa tribù da lui esaminati 4 soltanto ne ha trovato provvisti di albume e non sono i più affini alla Pueraria. Non avendo a mia disposizione che pochissime delle Faseolee esaminate da Chalon, non ho potuto verificare che per esse l'esattezza dei suoi risultati, sui quali non parrà strano il conservare qualche dubbio, nonostante che esso sia osservatore esatto, dal momento che anch'egli p. es. mette tra le Viciee exalbuminate i generi Vicia ed Ervum, che invece posseggono un albume dei meglio caratterizzati, benchè molto ridotto, come già dimostrò il Beck nel suo lodato lavoro (OL Nel seme di Pueraria io ho sempre incontrato una piccola quantità d’albume, che sì riduce per quasi tutta l'estensione del seme ad una serie sola di cellule 0 poco più e raggiunge il massimo spessore in corrispondenza della depressione, che si trova sul dorso di ciascun cotiledone, adattandosi in questi due avvallamenti sotto forma di due papille formate da più serie di cellule (tav. XVII, fig. 1, e). Lo strato più esterno dell’endosperma, che è a contatto immediato col testa, è formato di cellulette cubiche, a pareti debolmente inspessite (tav. XVII, tig. 2, e), e dove l’endosperma è più spesso sta sotto di esse una massa di cellule a pareti enormemente inspessite e confondentisi l’una coll’altra. Internamente è limitato da uno straterello di elementi tanto schiacciati che difficilmente si distinguono. Il con- tenuto delle cellule endospermiche si riduce ad un plasma abbondante con grossi nuclei tondi ben visibili. Col liquore di Fehling ho potuto constatare la presenza di una grande quantità di glucosio disciolto in questo plasma, che non contiene alcuna delle sostanze solide così comuni nell’endosperma della maggior parte dei semi, come amido, grasso, aleurone, ecc. Embrione. — L'asse embrionale piuttosto piccolo in confronto ai cotiledoni, presenta la porzione ipocotilea molto sviluppata, mentre la radichetta e la porzione epicotilea son ridotte a ben poco. L'apice della radichetta è composto di un meristema a numerosissime cellule uni- formi, piccole, a parete delicata, piene di plasma nueleato, sovrapposte in serie lineari tanto verticalmente che trasversalmente in modo da formare una zona trasversa uni- forme, in cui si confondono le iniziali dei diversi tessuti ; fatto già stato descritto e figu- (') J. Chalon, l. c. p. 51. (*) G. Beck, I. c. p. 15. i opa rato dal Janezewski ('), dall’Eriksson (?) e ultimamente dal Flahault (*), per parec- chie Leguminose, che costituiscono il miglior esempio pel Janezewski del suo quarto, e per l’Eriksson del suo terzo tipo radicale che si corrispondono tra di loro. A una certa distanza dall’apice meristemale, il fascio procambiale assile della radichetta si divide in quattro branche che formano una cerchia limitante il midollo. Tanto il parenchima midollare quanto il corticale sono formati da grosse cellule sferoidali, con meati tetraedrici, ripiene di plasma finamente reticolato. L’epidermide è fatta da uno strato solo di cellule piene, di plasma omogeneo, con grosso nucleo e con la parete esterna già discretamente inspessita e cutinizzata. I quattro fasci procambiali i cui elementi non presentano ancora la benchè minima differenziazione, si continuano nell’asse epicotile sino al punto di vegetazione del fusticino, man- dando due rami in ciascun cotiledone, rami che si mantengono paralleli nel picciolo poi variamente si suddividono nella lamina cotiledonare, ma sempre allo stato di puro procambio. Oltre ai cotiledoni esistono già nell’ embrione le due prime foglie, che ricoprono l’apice vegetativo del fusticino, brevissimo, a forma di papilla conica depressa, come quella delle due gemme, che stanno nell’ ascella delle foglie co- tiledonari. Questi cotiledoni (tav. XVII, fig. 1, c), sono, come quelli di fagiuolo, carnosi, un po’ schiacciati, colla pagina superiore, con cui stanno a contatto, piana e l’infe- riore od esterna convessa con una leggiera depressione nel centro. La loro epider- mide continua, val dire senza traccia di stomi, è fatta di piccole cellule cubiche, punto cutinizzate e piene di plasma omogeneo. Tutto il resto è un parenchima che presenta già una manifesta differenziazione dorsiventrale, inquantochè è lacunoso dalla parte convessa dei cotiledoni (tav. XVII, fig. 2, pl), mentre dalla parte piana dei medesimi presenta due serie di elementi a palizzata (tav. XVII, fig. 2, pp). Tanto l’uno che l’altro parenchima contengono un plasma reticolato pieno di sostanze di riserva, come legumina, granelli aleuronici, zucchero ecc. ad eccezione di amido, di cui non ho trovato traccia in nessuna parte del seme. Germinazione e piantina. Affidati al terreno o ad altro substrato conveniente, i semi incominciano a ger- mogliare dopo dieci o dodici giorni, quando ben inteso si trovino in condizioni oppor- tune di temperatura e di umidità. Sotto lo sforzo dell’asse embrionale, che cresce, il tegumento si squarcia in corrispondenza dell’ilo, la radichetta vien fuori e pie- gandosi ad angolo retto s’addentra nel substrato, solievando i cotiledoni ancora coperti dalla buccia (tav. XVII, fig. 3). A questo primo stadio ne succede un secondo, in (') E. Janezewski, Recherches sur l'accroissement des racines des Phanérogames. Ann. des se. nat. 5° sér. t. XX, 1874, p. 25, pl. XVI, fig. 3. (?) T. Eriksson, Veber den Vegelalionspunki der Dikotylen-Wurzeln, in Bot. Zeit. 1876. p. 612. — Idem, Veber das Urmeristem der Dikotylen-Wurzeln, in Jahrbich. f. wissenschaftl. Botanik. von Prings- heim. B. XI, 1877, p. 415, Taf. XXIV, fig. 19, 20. (°) Ch. Flahault, Recherches sur l'aceroissement terminal de la racine chez les Phanérogames. Ann, des sc. nat. 6° sér. t. VI, 1878, p. 144, pl. 6, fig. 37. — 206 — cui l’asse ipocotileo acquista un rapido sviluppo, distruggendo la curva fatta dalla radice nel venir fuori e porta su i cotiledoni cheliberati dalla buccia ed esposti alla luce inverdiscono rapidamente e si distendono, costituendo così il primo paio di foglie carnose della giovane pianticella, precisamente come nel fagiuolo (tav. XVII, fig. 4). Il lavorìo che ha luogo nell'interno del seme durante la germinazione, cioè le modificazioni chimiche che avvengono nelle sostanze di riserva contenute nel mede- simo, affinchè possano servire alla nutrizione ed alla nuova formazione delle cellule del giovane embrione che si sviluppa, non devono essere complicate, poichè non v'ha in tutto il seme nè amido, nè grasso, nè altra sostanza solida che debba venir sciolta, all’infuori di poco aleurone. Esaminando un seme dopo tre o quattro giorni da che fu messo in terra, si trova che è scomparsa la disposizione reticolata del plasma, il quale è diventato omogeneo, e subito dopo incomincia, naturalmente dapprima nei cotiledoni e special- mente nelle cellule a palizzata dei medesimi, la formazione dei corpuscoli clorofilliani ancora scolorati. Formatosi poi anche il pigmento, i cotiledoni inverdiscono, assimilano, e sotto l’azione della luce si formano i primi granelli d'amido. L’ accrescimento ulteriore della giovane piantina avviene con molta lentezza e i pochi internodi che si formano sono brevissimi. Le prime foglie che si sviluppano sopra i cotiledoni, incrociate con essi, sono foglie opposte, semplici, picciolate, munite di due stipole per ciascuna alla base del picciolo, il quale presenta due cuscinetti, uno alla sua base, dove s’impianta sul fusto, e l’altro al suo apice cioè alla base della lamina (tav. XVII, fig. 5). Questa è ovale, subcordata, pelosa specialmente sulla pagina inferiore, dove abbon- dano dei piccoli stomi, che non hanno nulla di particolare. I peli che rivestono le foglie come tutte le altre parti giovani della pianta, sono appressati sulla superficie dell'organo, cutinizzati, pedicellati, cioè fatti da una fila di cellule sovrapposte di cui l’ultima si prolunga a pelo, e le grosse cellule epidermiche che li portano sono incassate àd un livello inferiore delle circostanti, che son disposte radiatamente intorno ad esse. Le foglie che seguono a questo primo paio non sono più semplici e neppure opposte, bensì trifogliolate e alterne (tav. XVII, fig. 6); identiche a quelle però nell’ aspetto e nella struttura anatomica, di cui dirò più oltre, poichè per procedere coll’ ordine seguìto parlando dell’embrione, ci tocca esaminare partitamente la radice, il fusticino e le appendici laterali di questo. Quando la radichetta rompe i tegumenti ed esce fuori, la modificazione più importante, che avviene in essa, è la differenziazione degli elementi del fascio pro- cambiale assile. In questo fascio si vanno man mano formando per differenziazione centripeta quattro raggi vascolari, che s'incontrano o quasi al centro, formando una croce e alternamente a questi quattro raggi, quattro massoline cribrose, che, quantunque a formazione centripeta ancor esse, s'avanzano poco verso l’interno. I quattro raggi vascolari sono fatti di soli vasi spirali riuniti in modo da dare in sezione trasversa quattro cunei che si guardano colle loro basi (tav. XVII, fig. 7, 2). Le masse eribrose si differenziano più tardi che le vascolari e sono difficili talora da distinguere dal tessuto procambiale che le circonda. Cinque o sei strati == di cellule parenchimali, formano la zona corticale primaria della radice limitata esternamente dall’epidermide, che a breve distanza dall’apice dà origine per un certo tratto a peli radicali semplici con parete sottilissima. Il passaggio dalla radice all’asse ipocotileo avviene molto regolarmente. Benchè la disparità di diametro tra radice e fusto non sia tanto spiccata come nel fagiuolo, pure ci accorgiamo anche esternamente, dove è il limite tra l’una e l’altra, da un subitaneo aumento in grossezza oltre che dal differente aspetto esterno dell’epidermide. Ecco intanto come si passano le cose nell’interno. Ciascuno dei quattro raggi vascolari cuneiformi a incominciare dal centro si apre in due, prendendo in sezione l’aspetto di una V ad apertura dapprincipio molto stretta e rivolta verso l’interno (tav. XVII, fig. 8). Le due branche della V costi- tuite ognuna da poche trachee spirali, facendo perno nella trachea che le tiene unite, si aprono con quel movimento speciale chiamato dal Gérard (') « mouvement de volet », che si può dire forse meglio movimento a ventaglio. Tale movimento continua sino a che i due rami della V vengono a trovarsi quasi in linea retta tra di loro e dirimpetto alle massoline cribrose, con cui invece prima erano alterni. Le conseguenze immediate di questo cambiamento di posizione della parte vascolare del fascio sono due, cioè la comparsa di un midollo e il cam- biamento di struttura del fascio che da radiale diventa collaterale. Il passaggio avviene molto speditamente ed è intieramente compiuto molto prima d’arrivare ai cotiledoni. Questo modo di passaggio col movimento a ventaglio delle masse legnose, a quanto dice Gérard (*) è abbastanza comune nelle Papilionacee: anzi la Pwueraria appartiene per questo rispetto alle Papilionacee più semplici, poichè ve n’ ha di quelle (Vicia, Ervum, Lathyrus), in cui il passaggio dalla struttura radicale alla caulinàre, incominciato un buon tratto sotto i cotiledoni, non si compie che nel se- condo o nel terzo internodio; per cui in tali piante questi primi internodi presen- tano una struttura assai complicata, dovuta alla simultanea presenza di fasci a struttura nettamente caulinare e di fasci che ritengono ancora della struttura radi- cale (*); fatto già segnalato antecedentemente per la Vicia sativa dalla signora Goldsmith (°). Appena compiuto il passaggio abbiamo dunque nell’asse ipocotile una zona quadrangolare di trachee spirali in dodici gruppetti di due o tre trachee ciascuno, provenienti dalla divisione in tre di ciascuno dei quattro raggi vascolari primari della radice (tav. XVII, fig. 9). Le trachee che sono ai quattro vertici del quadrangolo, alterne colle quattro massoline cribrose, sono quelle che stettero ferme ossia funzionarono da cardini nel movimento a ventaglio delle masse vascolari; mentre gli otto gruppi che formano (') R. Gérard, Recherches sur le passage de la racine à la tige. Ann. des sc. nat. 6° série, tome XI, 1881, p. 279. (*) R. Gérard, I. c. p. 346. (*) Id. 1. c. p. 354. (‘) S. Goldsmith, Beitràge zur Entwickelungsgeschichte der Pibrovasalmassen im Stengel und in der Hauptwurzel der Dicotyledonen. Ziirich, 1876, p. 22. — 208 — i lati del quadrangolo, sono quelli che si mossero e vennero a sovrapporsi alle masse cribrose, restando tra le une e gli altri una zona di-cellule rigeneratrici che produce come vedremo tra poco le formazioni secondarie. Questa struttura primaria si mantiene così semplice per tutto l’asse ipa soltanto avvicinandosi ai cotiledoni le quattro masse cribrose e le vascolari che stanno loro di fronte si vanno costituendo in quattro fasci sempre più spiccati, mentre persistono isolati i quattro gruppetti di sole trachee accennati più su. In prossimità dei cotiledoni poi l’asse sì comprime normalmente alla loro linea d’ in- serzione e i quattro grossi fasci si piegano in fuori, due da una parte due dall'altra, andando a innervare i cotiledoni stessi e le due gemme ascellari di questi, mentre i due gruppetti di sole trachee che stanno nel piano normale alla linea d’inserzione cotiledonare e che nel frattempo si sono ingrossati e completati, acquistando la porzione cribrosa dai fasci vicini, passano nell’asse epicotile, dove li ritroveremo tra poco. Intanto i due fasci che entrarono in ciascun cotiledone, si mantengono paralleli, non solo per tutta l'estensione del picciolo, ma sin quasi all’apice della lamina di cui formano la rachide principale e al loro entrare nella medesima mandano ciascuno un piccolo rametto che corre dividendosi e suddividendosi parallelo all’ orlo co- tiledonare. La struttura anatomica delle foglie successive ai cotiledoni è semplicissima. Le due epidermidi a cellule tabulari con contorni sinuosi, contengono un mesofillo regolarissimo formato nella sua parte inferiore da parenchima lacunoso e nella su- periore da uno strato di cellule a palizzata; al limite tra i due parenchimi corrono i fasci vascolari. Interessante è il percorso dei fasci fogliari, cioè il modo di com- portarsi dei fasci che discendono dalla foglia in relazione a quelli, che già sono nel fusto. Meglio che le parole chiarisce la cosa uno sguardo alle fig. 14 e 15 della tav. XVII e fig. 1 e 2 della tav. XVIII, che rappresentano appunto diversi stadi di innervazione di dette foglie. Dei dodici fasci, che vi si trovano in cerchia (tav. XVII, fig. 44), sei provengono dalla divisione in tre di ciascuno dei due fasci provenienti dall'asse ipocotileo, mentre gli altri sei sono formazioni dell’asse epicotileo stesso. In vicinanza delle due foglie il numero dei fasci arriva a sedici per divisione e ramificazione di alcuni di essi (tav. XVII, fig. 15), e di questi sedici fasci in cer- chia ellissoidale, i quattro che sono ai poli dell’asse maggiore e dell’ asse minore della ellissi, sono più grossi e vanno nelle foglie piegandosi i due primi diretta- mente in fuori e gli altri due dividendosi prima e mandando ciascuno un ramo alla foglia di destra e un ramo alla foglia di sinistra (tav. XVIII, fig. 1 e 2). Nel picciolo questi fasci si suddividono formando una cerchia discontinua, che circonda un vero midollo, tranne nei cuscinetti, dove la cerchia è più fitta e le cellule midollari hanno inspessite le loro pareti in modo da dare ur tessuto di rin- forzo. Quanto alla dispersione di questi fasci nella lamina, queste foglie apparten- gono al tipo reticolato venoso, colle ultime tracheidi spirali che terminano libere in ciascuna areola, come figura il De Bary (') per la Psoralea bituminosa. Le foglie (*) A. De Bary, Vergleichende Anatomie der Vegetationsorgane der Phanerogamen und Farne. Leipzig, 1877, p. 287, fig. 172, 173. — 209 — trifoliolate alterne che succedono, ripetono anche nell’innervazione quello che avviene per ciascuna delle precedenti; di più il loro picciolo è già fornito negli spazî tra un cuscinetto e l’altro di due spigoli rilevati vicini e paralleli tra loro, percorsi ciascuno da un fasciolino. Intanto che si sviluppano le foglie, radice, ed asse ipocotile continuano a crescere, quella specialmente in lunghezza per opera del suo meristema apicale, dando un fittone con poche radicelle; questo sovratutto in grossezza per opera del meristema cambiale, alla cui attività sono dovuti i quattro gruppetti di vasi punteggiati e rigati e di parenchima legnoso che sono rappresentati nella fig. 13 al dorso di ciascun lato del quadrangolo vascolare primitivo (tav. XVII, fig. 13, ls). A questo punto appena incominciano a differenziarsi i primi elementi del libro duro, cioè quelle fibre sclerose interessantissime, di cui dirò a proposito della ve- getazione annuale della pianta adulta, perchè ivi ne ho seguìto lo sviluppo essendovi più abbondanti e non facendomi difetto il materiale. Ho già accennato alla lentezza di acerescimento delle piantine nate da seme. È qui il caso di tornarvi su per aggiungere che le poche superstiti, che hanno ormai raggiunto l’anno di età, non posseggono più di cinque o sei internodi brevi a tal segno che il giovane fusto non raggiunge tutt'assieme più di tre o quattro centimetri di altezza. In compenso esso è discretamente grosso e presenta all’esterno un tal quale aspetto di rusticità dovuto più che ai pochi strati di cellule sugherose, ai residui delle stipole e alle cicatrici delle foglie cadute. La gemma terminale esiste ancora, ma le gemme late- rali avranno il sopravvento su di essa come già ben si vede in qualcuna delle piantine più robuste, che ha ripresa di questi giorni la vegetazione, emettendo dei ramettini volubili ad accrescimento molto rapido. Il midollo e la corteccia son ridotti a poca cosa pel grande sviluppo che ha preso la zona fibrovascolare, e contengono amido e quest’ ultima pure qua e là qualche cristallo d'ossalato calcico. Ma dove l'amido abbonda è nel piccolo tubero fusiforme che sta sotterra in continuazione diretta del fusticino, dovuto alla tuberizzazione non solo del fittone radicale primi- tivo, ma pure di quasi tutto l’asse ipocotileo fin sotto ai cotiledoni. L'estrema lentezza di queste piantine nel crescere, da principio mi stupì non poco, trattandosi di una pianta arrampicante, al punto che credevo doversi attribuire a imperfetta costituzione del seme o alle non adatte condizioni di ambiente; ma ora, in seguito a queste ultime osservazioni, mi pare piuttosto doversi ritenere per un fatto normale, non essendo per niente strano che la vegetazione del primo anno si riduca a poco e che la pianta, essendo perenne, attenda ad acquistar robustezza e ad accumulare materiali nutritizî per la vegetazione successiva che già fin d'ora promette d'essere rigogliosa. Pianta adulta. L'ordine dianzi seguìto a proposito dell'embrione e della piantina, vorrebbe che ci occupassimo prima della radice, poi del fusto e in ultimo delle foglie; ma credo invece più opportuno incominciare dal fusto, che ho studiato con maggiori dettagli. Fusto. — I giovani sarmenti, che vengon fuori ogni anno dai fusti preesistenti e che hanno un accrescimento rapidissimo, tanto che in poco più di due settimane ANN. Isr. Bor. — Von. I. 23 — 210 — rivestono di folta vegetazione tutta la pianta, si avvolgono costantemente da destra a sinistra, o attorno ai sostegni o gli uni agli altrî, aggrovigliandosi in mille guise. Come la maggior parte delle liane, la Pueraria appartiene per la disposizione del suo legno alle piante a fusto anomalo, senza che all’esterno appaia traccia dell’ano- malia, anche nei fusti più vecchi. Facendo un taglio netto in un fusto di una certa grossezza, si vede, anche ad occhio nudo, che la struttura non è normale. Difatto si scorge, attorno ad un piccolissimo midollo, una prima zona continua, molto larga, di un color giallo di solfo, tutta piena di grossissimi fori; poi, con- centrica ad essa, un’ altra zona bianca, stretta e continua, a struttura molto com- patta, al di lè della quale ricomincia un’ altra volta la porzione gialla, in tante masse interrotte ed isolate da striscie della zona bianca che s’insinuano tra di esse; poi finalmente il sughero. La zona bianca è il floema con tutte le formazioni ine- renti ad esso; la zona gialla tutta porosa è lo xilema, diviso da sottilissimi raggi midollari in tanti spicchi fatti prevalentemente da grossissimi vasi, che lo rendono leggero come sughero. Ci sono pertanto dei gruppi di xilema, sparsi regolarmente tutt’ attorno nel floema, ed in un fusto più grosso, una porzione di taglio attraverso al quale è rappresentata nella fig. 9 della tav. XVIII, c' è persino le prime traccie di una terza zona di xilema. L’anomalia è dunque palese, ma per capire meglio in che consista e come si origini, credo utile considerare il fusto dalla sua prima origine, e seguirlo nell’ap- parizione successiva dei suoi diversi elementi, sino a formazione completa. Se si seziona un giovane ramo a poca distanza dal suo apice vegetativo, si vede che nel parenchima omogeneo del suo meristema, in una zona intermedia tra il centro e la circonferenza ma più vicina a quest’ultima, si circoscrivono dei grup- petti ovalari di cellule più piccole, che sono i primi fasci allo stato di procambio, che daranno origine, trasformandosi in tessuti definitivi, alle formazioni primarie del fusto. Ma avanti che si differenzi la prima trachea o il primo elemento del libro duro, o per lo meno contemporaneamente, si vengono formando nel midollo e in quella che sarà poi la porzione cribrosa dei fasci, numerosi canali tanniferi a contenuto granuloso giallo-bruno. Questi canali, che nel midollo sono più grandi e disposti tutt’attorno secondo una linea sinuosa che costeggia le punte dei fasci procambiali, hanno origine lisigenica cioè per distruzione di cellule. Formatisi questi canali o lacune tannifere, che accompagnano i fasci in tutto il loro decorso, incomincia la regolare differenziazione dei cordoni di procambio in tessuti stabili: legno dalla parte del midollo, libro dalla parte della corteccia. Chiuso il periodo delle formazioni pri- marie, cioè quando tutto il procambio primitivo s° è differenziato, ad eccezione di un sottile strato che resta quale zona generatrice tra le diverse porzioni cribrose e vascolari dei giovani fasci, noi troviamo nel fusto, incominciando dall’esterno, oltre l’epidermide, tre regioni distinte: il floema, lo xilema ed il midollo. L’epidermide consta di uno strato superficiale di cellule, piccole, regolari, con moltissimi peli pedicellati come quelli già descritti e di uno sottostante di cellule iden- tiche alle prime, di cui molte contengono un liquido color violetto. Il floema è co- stituito da una zona di giovane parenchima corticale, pieno di plasma, che arriva sino a contatto degli archi liberiani, e tra un arco e l’altro è in comunicazione col =-SOffje.22 midollo per mezzo dei raggi midollari primari; gli archi di fibre liberiane a parete già inspessita ma ancora piene di piasma; infine sotto a questi archi, i gruppi di vasi cribrosi, di cambiforme e di parenchima liberiano, coi numerosi piccoli canali tanniferi. Lo xilema primario, separato dal floema per merzo della zona generatrice, consta sostanzialmente di fibre legno:e, di vasi spirali ed anulari è di tracheidi spirali. Le fibre legnose, o libriforme di Sanio, sono disposte in una zona continua, non interrotta che dai raggi midollari, in contatto colla zona generatrice; i vasi e le tracheidi costituiscono lo spigolo del fascio che s'interna nel midollo. In quest’ul- timo è da notare che alcune delle sue cellole diventano la sede di una attiva segmen- tazione, prodotto della quale sono tanti gruppetti sparsi di piccole cellette, in ognuna delle quali si genera un cristallino prismatico di ossalato calcico. Uno di questi gruppi di cellule midollari a cristalli è rappresentato nella fig. 7 della tav. XVIII. Colla produzione di queste cellole a cristalli si può dire esaurito il periodo di attività pel midollo, poichè esso cresce pochissimo e le formazioni secondarie non lo interessano affatto. Interessano invece moltissimo il floema e lo xilema, in cui avvengono numerose e importanti modificazioni. Anzitutto si delimitano nel parenchima corticale tre regioni per ora ben di- stinte. I suoi strati più esterni passano allo stato di collenchima ipodermatico, ad elementi prosenchimatosi, discretamente sviluppato (tav. XIX, fig. 1, 2, co), come av- viene in molte altre Papilionacee ('); sotto di esso resta una piccola quantità di parenchima verde, e lo strato più interno, o guaina amilifera dei fasci, non tarda a inspessire mediocremente le sue pareti dal lato con cui sono a contatto cogli archi liberiani, e a riempire ciascuna cavità cellulare, prima contenente amido, con un cristallino, per lo più un ottaedro, o un prisma a base quadrata, di ossalato calcico (ibid. 9) cosa già indicata pure dal Mori (*) nel suo studio sul fusto della £ry- thrina cristagalli, e che il Moeller (°) estende alla maggior parte delle Papilionacee. Altri cristalli si formano qua e là nel prosenchima ipodermatico, taluni ele- menti del quale, invece di collenchimarsi, si dividono in tante concamerazioni, ognuna delle quali contiene un cristallo. È molto probabile che questi cristalli compiano ivi una funzione meccanica (O) tanto più che gli elementi meccanici del libro, in vista della loro speciale struttura, presentano moltissima elasticità e flessibilità, ma poca resistenza. Ma le modificazioni più interessanti sono senza alcun dubbio quelle che av- vengono nelle fibre del libro. Queste fibre lunghissime, semplici, acuminate, riunite in archi per quel che spetta al libro primario, dopo un certo tempo cessano di sclerenchimare la loro parete, e incominciano a segregare, dal plasma che ancora contengono, una seconda membrana di cellulosa, molle, flaccida, che da principio (') J. Moeller, Anatomie der Baumrinden. Berlin, 1882, p. 375. (@) A. Mori, Sulla strullura del fusto dell’Erythrina cristagalli. Nuov. Giorn. bot. it. vol. X, 1878, p. 41. (") J. Moeller, 1. c. p. 376. (‘) P. Baccarini, Intorno ad una probabile funzione meccarica dei cristalli di ossalato calcico. Ann, dell'Ist. bot. di Roma, I. 1884, p. 156. — 212 — mal si adatta sulla faccia interna della parete sclerenchimata, ma forma delle anse, delle introflessioni nella cavità della fibra. Il contrasto tra la linea rigida del reti- colato seleroso e quella sinuosa delle giovani membrane contenute in ciascuna maglia del reticolato stesso, spicca moltissimo al microscopio; ma spicca anche di più coi reattivi coloranti, poichè allora le due membrane si colorano diversamente. Così, coi colori d’anilina, metilvioletto, violetto di Hanstein, metilverde, fucsina ecc., la mem- brana interna si mantiene incolora e l’esterna si colora fortemente. Col iodo ed acido solforico, o col eloroioduro di zinco, questa si colora in giallo, come tutti gli sclerenchimi, quella in azzurro, come tutte le membrane di cellulosa pura. Però in prosieguo di tempo, la sostanza di questa membrana, che continua lentamente a depositarsi, cambia di natura. Essa diventa più molle e gelatinosa, scompaiono le anse che prima faceva nell’interno della cavità, che si viene riempiendo poco a poco di un contenuto candido, lasciando al centro un lume piccolissimo che talora si obli- tera pur esso. Questa cellulosa modificata, su cui il rasoio lascia traccia del suo passaggio sotto forma di striature nel senso del taglio, si comporta pure diversa- mente colle sostanze coloranti. Il cloroioduro di zinco, che continua a colorar in giallo la parete esterna, colora questo contenuto della fibra in un bel rosso mattone, che passa al paonazzo scuro col soggiornare dei tagli nel liquido colorante. Questi caratteristici elementi liberiani, che il Moeller (') chiama a parete se- condaria gelatinizzata, sono diffusissimi nella Pueraria; poichè, oltre a costituir la massima parte del libro primario e secondario, entrano pure in ragguardevole proporzione nella costituzione del legno secondario. Nel libro di seconda formazione questi elementi non sono più disposti ad archi, ma sotto ciascun arco del libro primario si formano, al dorso di ciascuno spicchio di legno, tanti gruppetti di questi elementi sovrapposti radialmente gli uni agli altri, alterni con parenchima liberiano e limitanti tra di loro uno spazio in cui sono radunati tutti i vasi cribrosi e le cellule cambiformi (tav. XIX, fig. 3, cr). I tubi cribrosi sono abbastanza abbondanti e nettamente visibili. Sono di me- diocri dimensioni, quasi perfettamente cilindrici, molto simmetricamente disposti uno accanto all’altro, coi setti che si corrispondono nello stesso piano orizzontale. I cribri sono limitati ai setti trasversi che sulla parte inferiore specialmente pre- sentano un grosso callo (tav. XIX, fig. 2, cr). Il legno secondario si distingue subito per la natura dei suoi elementi e per il loro ordinamento. Anche la maggior parte delle altre Papilionacee, presenta si- mili particolarità di struttura, notate da quelli che s'occuparono dell'anatomia com- parata del legno di queste piante. Anzitutto non è un legno compatto, perchè, oltre ad essere diviso in sottilissimi spicchi da numerosi raggi midollari primarî e se- condarî, ciascuno di questi spicchi non è continuo in senso radiale, ma suddiviso tangenzialmente in tanti gruppi legnosi separati da strati concentrici di parenchima, il che li fa rassomigliare lontanamente, come osservava di già Netto (*) a proposito ) J. Moeller, 1. c. p. 377. ( (*) L. Netto, Sur la structure anormale des liges des Lianes. Ann. des sc. nat. bot. 5e sér. t. VI, p. 322. — 213 — del Cissus, col legno delle monocotiledoni. Ciascun gruppo legnoso è a sua volta formato da uno o due grossi vasi punteggiati (tav. XIX, fig. 1, 2, v), circondati da uno strato solo o da una certa quantità di parenchima legnoso (ibid. p 1) e poi da un certo numero di gruppetti regolarmente disposti di fibre liberiane ('). Anche nelle fibre legnose, che costituiscono la zona compatta di libriforme attorno al midollo, si forma una seconda parete interna di cellulosa (*), ma questa non finisce per riempire la cavità della fibra, ma resta allo stato di membrana sottile e colo- rabile in azzurro col cloroioduro di zinco. Siccome l’indurimento del tessuto legnoso è assai debole e lento, ne viene che il complesso del legno ha una consistenza spugnosa, e quindi si spiega facilmente la presenza di numerose fibre a cristalli, che accompagnano nel loro decorso gli elementi del legno, specialmente i cordoni di fibre liberiane, come accompagnano gli elementi del libro, compiendovi una funzione meccanica delle più evidenti. Alcune di queste fibre a cristalli sono rappresentate nelle fig. 5 e 6 della tav. XVIII. Mentre si compiono queste differenziazioni, lo strato di cellule sottoepidermiche passa allo stato di meristema fellogenico, che determina la formazione di uno strato di sughero e la caduta dell’epidermide stessa. Contemporaneamente si vengono for- mando negli spazî parenchimatosi tra i diversi archi di fibre liberiane primarie, numerosi noduli sclerosi, talora allineati in serie verticali, che sono fatti dalla riu- nione di alcune cellule parenchimali, cubiche o prismatiche, che inspessiscono for- temente la loro parete (tav. XIX, fig. 1). Col differenziarsi di questi gruppi sclerosi, che riuniscono gli archi della zona di libro duro primario, si viene ad avere nel giovane fusto un anello seleroso continuo, misto (*); la cui continuità però dura assai poco, e già nel secondo anno lo troviamo pel rapido crescere del fusto, rotto in più punti (tav. XIX, fig. 3, cs). Simiglianti noduli sclerosi, troviamo pure, un po’ più tardi, sparsi nel parenchima sottostante al sughero (ibid.), indicati giù da Netto pel Cissus (*), e da Moeller (‘), tra le Papilionacee, come particolari ai generi Virgilia e Geoffroya. Alla fine del primo anno di vegetazione, il fusto presenta, poco più poco meno, la struttura che son venuto finora indicando. Essa è rappresentata in complesso nella fig. 8 della tav. XVIII, che mostra pure il disuguale sviluppo della zona vascolare, la quale cresce pochissimo lungo la linea di contatto del sarmento col sostegno, come ha pure osservato il signor Leclerc du Sablon (°) nel fusto di Wistaria Sinensis. (') La natura del lavoro, limitato ad una specie sola, che presenta per giunta delle anomalie di struttura, mi dispensa dall’entrare, a proposito del legno, nel campo dell'anatomia comparata; in cui esistono molti lavori, dei quali ho tuttavia preso conoscenza. I principali di questi suno : J. Moeller, Beilrige zur vergleichenden Anatomie des Holzes. Wien, 1876. — Th. Jaensch, Zur Anatomie einiger Leguminosenholzer. Bericht der deutsch. Bot. gesellsch. B. II, 1884, p. 268. — W. Jinniche, Beitrage zur vergleichenden Anatomie der Papilionaceae. Inaug. Dissert. Marburgh, 1884. (*) P. Duchartre, Él6ments de Bolanique. 3° 64. 1° partie, Paris, 1884, p. 226. (*) J. Moeller, Anat. der Buumrind. p. 380. (‘) L. Netto, l. c. p. 320. :(°) J. Moeller, 1. c. p. 880 e 388. (°) M. Leelere du Sablon, Sur la tige de la Glycine (Wistaria sinensis). Bull. de la Soc. hot, de France, t. XXX, 1883, p. 275. — 214 — Col riprendere della vegetazione, continuano a crescere regolarmente i tessuti che abbiamo seguìto nel loro sviluppo, dalla loro formazione sino ad ora. Ma verso la fine del secondo periodo di vegetazione, tutt’attorno nella regione liberiana primaria, in numerosi punti tra di loro staccati, il tessuto ringiovanisce, ossia riacquista la facoltà di segmentarsi attivamente; e ben presto si organiz- zano tanti nuovi centri procambiali, che si differenziano alternativamente in raggi midollari e corrispondenti fasci legnosi e liberiani, che, come nella zona normale dei fasci, restano in rapporto per mezzo di uno strato rigeneratore continuo, da cui ricevono il loro successivo incremento (tav. XIX, fig. 3). La struttura di questi nuovi fasci, quando hanno raggiunto un certo sviluppo, è uguale a quella delle forma- zioni secondarie normali. Colla comparsa di questa seccnda zona di fasci, non cessa però l’attività della zona rigeneratrice normale; che continua a produrre elementi di xilema e di floema, anche quando, all’esterno della seconda zona, compaiono le prime traccie della terza (tav. XVIII, fig. 9). Non avendo a mia disposizione fusti più grossi, non posso sapere come siano gli stadî di ulteriore accrescimento. È tuttavia probabile che continuino a compa- rire, a intervalli di tempo forse sempre più lunghi, nuove zone incomplete di fasci; e m’induce a crederlo quel che avviene in molte altre piante, nelle quali è stata osservata la stessa anomalia di struttura. Siccome tra queste piante vi sono pure alcune Papilionacee volubili, studiate sotto questo rapporto, sarà utile vedere quanto è stato detto in proposito, almeno per quei casi che ci toccano più da vicino, anche per far meglio spiccare le differenze che la /weraria presenta. Un lavoro che, benchè antico, è pur sempre importante, pel gran numero di tipi esaminati e per l’esattezza di osservazione, è quello di Criger ('). A proposito del nostro tipo di anomalia, cioè per formazione di anelli legnosi successivi, descrive quanto avviene nella Securidaca volubilis: però siccome la Securidaca non è una Legu- uminosa, e che i suoi risultati si trovano riassunti in lavori più recenti, non credo di dovermici trattenere di più. Più importante per me è il lavoro di Fritz Miller (*), specialmente dove parla dell’anomala struttura che presenta la Mucuna sp., faseolacea vicinissima alla Pu- erario, di cui rappresenta schematicamente assai bene la struttura (*). Dice che in essa il legno cresce regolarmente sino ad uno spessore di cinque a sei centimetri e più; al di là si forma, dopo un certo tratto d’interruzione, un secondo anello legnoso, oltre il quale l’autore, in un fusto di quattordici centimetri di spessore, trovò pure i principî di un terzo anello legnoso non continuo. L’autore non dice però, per quanto mi pare, se, col comparire delle zone legnose successive, cessa l'accrescimento delle preesistenti, come lo lascierebbe supporre il fatto che il secondo anello compare quando il primo ha già uno spessore considerevolissimo. (') H. Cuiger, Einige Beilrige sur Kennlniss von sogenannien anomalen Holzbildungen des Diko- tylenstammes. Bot. Zeitg. 1850, p. 97. : (?) F. Miiller, Veber das Holz einiger um Desterro wachsenden Kletterpflanzen. Bot. Yeitg,, 1886, p. 57. (*) Id. ibid. Tav. III, fig. 13, Della radice poi non parla affatto. I singoli risultati delle numerose ricerche fatte sino a quel tempo sulle ano- malie dei fusti, sono raccolti e distribuiti sotto i rispettivi tipi, al capitolo « Anoma- lie di accrescimento nelle Dicotiledoni » nella Vergleichende Anatomie del De Bary ('). Nel tipo che ci riguarda, di « Anelli legnosi producentisi per formazione succes- siva (°) », l’autore dopo aver esposto in che consiste questo genere di anomalia, distingue due modi di questa formazione. Il primo modo è quello, quando tutte le zone che vengono dopo la zona normale di accrescimento, hanno origine nella cor- teccia esterna. È il caso del Cocculus laurifolius tra le Menispermee, di alcune Cicadee, Avicenniee ecc. Nel secondo modo, che comprende molto più numerosi casi, ed anche il nostro, è la zona liberiana stessa il luogo d’origine delle formazioni successive; e veramente, o la sua regione più esterna (primaria), come nella Phytolacca, o la più vecchia zona del libro secondario, come nella maggior parte delle piante che presentano questo tipo di struttura anormale. Cita tra queste in primo luogo le liane, dove è singolarmente diffuso, specialmente nelle volubili, come Wistaria, Mucuna tra le Leguminose, Securidaca tra le Poligalee, Gnetum tra le Gnetacee, di cui dà anche una figura schematica (*), ece. Dice infine che in alcune delle pre- dette liane, Wistaria, Securidaca, Menispermee, la struttura in discorso si avanza sin nella radice, ma che la maggior parte non sono ancora studiate sotto questo rapporto. Ultimamente in una breve nota sul fusto della Wistaria Sinensis, il signor Le- clere du Sablon (*) richiama specialmente l’attenzione sul fatto della simultanea presenza in esso fusto, di più zone rigeneratrici, l’una normale, le altre che com- paiono successivamente nel libro, e che continuano a funzionare simultaneamente ; fatto non prima notato forse da alcuno, poichè il De Bary (1. c.) dice esplicitamente che nei casi sin allora osservati col comparire del secondo cambio, cessa quasi con- temporaneamente l’attività del cambio normale. Come si vede adunque, l'anomalia di accrescimento da me osservata nella Pwe- raria, non è un fatto nuovo, ma rientra nel tipo più comune forse e più numeroso di anomalie del fusto; il che non le scema l’importanza che ha e come nuovo caso aggiunto ai già conosciuti, dalla comune dei quali si differenzia per essere il luogo d'origine delle formazioni successive il libro primario e non il secondario, e spe- cialmente come conferma del fatto osservato dal citato Leclere du Sablon, della simultanea presenza ed attività nello stesso fusto, di più zone cambiali. Foglie. — Sono trifogliolate, ampie più di quelle del comune fagiuolo di cui hanno la forma, col picciolo lungo da due decimetri e più, sottile ma robusto, sca- nalato lungo tutta la sua faccia ventrale, tranne che alla sua base, dove per un tratto di un centimetro e mezzo circa, è ingrossato in un cuscinetto carnoso, cilindrico, di cui vedremo tra poco la struttura speciale, e parimente alla base di ciascuna fogliolina, dove si ripetono dei cuscinetti minori. La fogliolina terminale è fornita di due stipulette lineari, persistenti, le iaterali ne hanno una per ciascuna; alla base del picciolo, sul fusto, si trovano due grosse stipule a larga inserzione, ugualmente (') p. 582. — (°) p. 603. (*) De Bary, l. c. p. 603, fig. 233. — (*) 1. c. — 216 — prolungate al disopra e al disotto della linea d'impianto, in due laminuccie trian- golari, acuminate. d Come ho già detto a proposito della piantina, interessantissimo è il modo di comportarsi dei fasci che vanno nella foglia. Siccome la maggior complicazione av- viene in un tratto brevissimo, ho creduto bene rappresentare i più importanti mo- menti di questo passaggio, con alcune figure schematiche (tav. XIX, fig. 4-14), in cui non è tenuto conto d’altro che del decorso dei fasci stessi. Cinque cordoni fibro- vascolari si staccano, sotto alla foglia, dalla cerchia di fasci del fusto e piegano in fuori. Di questi cinque cordoni i tre più vicini alla foglia (tav. XIX, fig. 5, /f.) pas- sano quasi totalmente nel picciolo di essa, mentre i due più lontani (ibid. /s) sì esauriscono nelle due stipule insieme ad alcune deboli diramazioni di quelli. Mentre l'arco di fasci che entrano nel picciolo, viene avvicinando i suoi margini in modo da chiudersi e formare una zona continua, alcune ramificazioni dei margini stessi si piegano in dentro, di guisa che nel cuscinetto basale del picciolo, la cerchia compatta dei fasci, che costituisce il principale sostegno di quest’organo, circonda tre o quattro fasciolini isolati, che contribuiscono ad aumentarne la già notevole resi- stenza. Tutti gli elementi dei fasci, sono, in questa regione carnosa e mobile del picciolo, disposti e modificati in modo da contribuire allo scopo della maggior robu- stezza e flessibilità. Oltre ad essere in cerchia fittissima, le fibre liberiane si tra- sformano, per questo tratto, in fibre collenchimatose, salvo a ritornare alla loro strut- tura primitiva appena oltrepassato il cuscinetto. Parimente, le poche cellule del midollo inspessiscono agli angoli la loro membrana, contribuendo anch’ esse per la loro parte, a questo speciale ufficio meccanico (tav. XIX, fig. 15 co, co). All’uscire dal cu- scinetto, questa struttura si modifica. I fasci, prima serrati l'un contro l’altro, si scostano pur rimanendo in anello chiuso; i fasciolini intramidollari si piegano in fuori, escono dalla cerchia, e unendosi tra di loro in modo da dare due soli cor- doni press’ a poco delle stesse dimensioni, vanno a collocarsi nei due spigoli salienti del picciolo, che percorrono, protetti da un arco di collenchima, sino alla base dei cuscinetti secondarî, dove, ripiegandosi un’ altra volta in dentro, tornano a rioccu- pare il posto che occupavano nel cuscinetto basale, di cui questi altri ripetono la struttura. Uscendo da questi cuscinetti, i fasci si disperdono nelle lamine fogliari, che, al pari di quelle della piantina, appartengono per questo riguardo al tipo reticolato venoso ('); colla sola differenza che mentre in quelle le maglie del reticolato sono quasi tutte appendicolate, in queste invece per lo più non lo sono. Anche le estreme ramificazioni di questi fasci, sono accompagnate da numero- sissimi prismi di ossalato calcico. Radice. — Ho già detto che nella pianta adulta di Pueraria, il sistema ra- dicale è fatto da alcuni grossi rami che corrono, a una certa profondità, quasi oriz- zontalmente nel terreno, mandando di tratto in tratto delle radici secondarie, fortemente ingrossate, che costituiscono dei tuberi carnosi allungati, sulla cui superficie, benchè irregolare, si scorgono subito dei grossi rilievi che li percorrono in tutta la loro (') De Bary, l. c. p. 815. — 217 — lunghezza. Anche le grosse radici primarie presentano di tratto in tratto dei lievi restringimenti ed ingrossamenti, per cui ricordano alla lontana i tuberi di Apios tuberosa, da cui differiscono sostanzialmente perchè questi son cauli mentre quelle son radici ingrossate, ed anche nell’apparenza esterna che è lungi dall’essere re- golare come quella dell’Apios. La tendenza all'ingrossamento si manifesta prestissimo e troviamo tutti i gradi di passaggio, dalle radici più sottili alle più voluminose. Incominciando da quelle, esse presentano, a poca distanza dall’apice vegetativo, un cilindro centrale di procambio che sarà la sede d’importanti modificazioni, e un inviluppo corticale di parenchima lasco, che si modifica poco o punto. Prima a dif- ferenziarsi, al limite tra queste due regioni concentriche, è la membrana rizogena o pericambio, che è tuttavia assai poco distinguibile. Subito dopo, all’ interno di questo strato rizogenico e contro di esso, incomincia in determinati punti simme- tricamente disposti, la formazione dei primi elementi vascolari; e la differenziazione procedendo, com'è noto, dall'esterno verso l’interno, si vengono ad avere altrettanti raggi di elementi vascolari che confluiscono al centro e che hanno quindi in sezione l'aspetto di una stella. Le estremità dei raggi, che furono le prime a formarsi, sono fatte di elementi a lume piccolo, vasi spirali, mentre il corpo del fascio, costitui- tosi per ultimo, è fatto di grossi vasi punteggiati. Il numero di questi raggi, che d’ordinario è costante per una stessa specie, talora per uno stesso genere, talora persino per intere famiglie di piante, e che nelle Faseolee è generalmente di quat- tro, è invece variabilissimo nella Pueraria, da due a sei, con evidente predominio, per le radici da me esaminate, dei tipi quattro e sei. Negli spazî tra i raggi vascolari, immediatamente al disotto dello strato rizogenico, si circoscrivono altrettanti gruppi di elementi liberiani in cui si differenziano molto presto i primi elementi del libro duro, cosa che non accadeva per la radice della piantina. Chiuso così il primo periodo, delle formazioni primarie, incomincia quello delle formazioni secondarie, che interessano esse pure soltanto il cilindro centrale, poichè nel parenchima corticale, che intanto s'è acere- sciuto, avviene una prima ed unica modificazione, che consiste nella comparsa di uno strato di meristema fellogenico immediatamente al di fuori del pericambio, determinando la morte e la caduta di essa corteccia, che viene sostituita da uno strato più o meno grosso di sughero. Le formazioni secondarie hanno origine da una zona rigeneratrice continua, esterna rispetto al legno, interna rispetto al libro primari, che produce, per la mag- gior parte della sua estensione, parenchima congiuntivo, cui è dovuto il rapido au- mento in volume della radice; e solo in corrispondenza degli archi liberiani e quindi di fronte alle insenature del legno primario, genera, esternamente elementi cribrosi che s’addossano ai preesistenti, ed internamente elementi vascolari che si succedono, non in zona continua, ma in gruppetti isolati, fatti per lo più di uno o due grossi vasi rigati o punteggiati, circondati da uno strato di parenchima legnoso. La fig. 3 della tav. XVIII, rappresenta appunto la sezione trasversale di una di queste gio- vani radici delle più complicate; la fig. 4 della stessa tavola, rappresenta in det- taglio una piccola porzione della figura precedente. Gli elementi meccanici del libro, cioè le fibre a doppia parete, sono in preva- lenza, ma non mancano tra di essi gli elementi del libro molle, vasi clatrati e cellule cambiformi, accompagnati da numerose fibre cristallofore. ANN. Ist. Bor. — Voc. I. 28 — 218 — La radice cresce in questo modo sinchè raggiunge la grossezza di circa un cen- timetro di diametro; se allora noi sezioniamo questa radice, che è ancora perfetta- mente cilindrica, la sezione ci mostrerà: al centro la piccola stella di legno primario che già incomincia a deformarsi; poi, alterni coi raggi di essa, i piccoli gruppetti di legno secondario allineati in raggi discontinui, e che spiccano a mala pena in mezzo all’ abbondantissimo parenchima amilifero, i cui elementi hanno una orien- tazione raggiata attorno ad essi; ed all’esterno di questi, le fibre sclerose, non più aggruppate, ma disperse qua e là senz’ordine,e per lo più isolate. I gruppi più esterni del legno secondario, sono un po’più avvicinati tra di loro, in modo che formano, sotto alla cerchia di sughero, una ristretta zona vascolare più fitta. Più tardi compaiono sulla superficie di questa radice un certo numero di co- stole che la rendono ottusamente poligonale, e questi rilievi, per lo più in numero di quattro, sono dovuti ad una anomalia di accrescimento in grossezza, che appar- tiene allo stesso tipo di quella descritta pel fusto, ma ne differisce per due rispetti. La prima e più importante differenza, è che i nuovi gruppi di fasci si origi- nano qui, non già nella regione cribrosa, ma nel parenchima che sta tra essa e il sughero; la seconda è inerente alla struttura radicale e consiste in ciò che la nuova zona di cambio non è continua tutt’attorno, ma è interrotta in parecchi punti, che corrispondono ai prolungamenti dei raggi vascolari primarî; dal che ne viene che le nuove formazioni da essa prodotte, fasci e parenchima, non formano un anello ugualmente sviluppato tutt'in giro, ma tanti spicchi, cui è appunto dovuta l’irrego- larità della superficie radicale ('). Riassumendo, i principali risultati di queste mie ricerche sono i seguenti: 1. Il seme non presenta, quanto a tegumento, aberrazione alcuna dal tipo normale descritto per le Leguminose. 2. Esiste sempre in questo seme una discreta quantità di endosperma, che forma uno strato continuo tutt’attorno sotto al tegumento; per cui la Pueraria va aggiunta alle poche Faseolee albuminate che già si conoscono. 3. Come quella di quasi tutte le Leguminose sinora studiate, la radichetta appartiene pel suo meristema al quarto tipo di Janezewski, o al terzo di Eriksson, che si equivalgono; presenta cioè una zona trasversale di elementi tutti uniformi, in cui non si distinguono le iniziali dei diversi tessuti. 4. Quanto al contenuto di questi diversi tessuti, abbonda nei tegumenti il tannino, specialmente nelle cellule a palizzata e nelle cellule ramose della regione ombelicale: nell’endosperma e nell’embrione abbonda invece lo zuechero, e questo ultimo è ricco pure di granuli aleuronici, ma in nessuna parte del seme esiste la benchè minima traccia di amido. 5. La piantina che nasce da questo seme, eresce molto lentamente, ed in un anno di vegetazione non ha raggiunto più di tre o quattro centimetri di altezza, con pochi internodi brevissimi. Non è però a dire che manchi di robustezza, chè anzi tuberizza assai presto il suo fittone radicale e gran parte dell’asse ipocotile, (') Non avendo avuto a mia disposizione queste grosse radici che molto tardi, cioè quando le tavole erano già composte, non ho potuto figurare niente di quanto si riferisce ad esse, == accumulandovi i materiali di riserva per la vegetazione del secondo anno, che già pro- mette di essere rigogliosa. Le foglie son trifogliolate ed alterne, ad eccezione del primo paio sopra i cotiledoni, che son semplici ed opposte. 6. Quanto a struttura, la radice è di tipo tetrarchico, cioè il fascio che ne occupa il centro è fatto di quattro raggi vascolari alterni con quattro raggi ceri- brosi. Il passaggio dalla struttura radicale alla caulinare, avviene per movimento a ventaglio delle due metà di ciascun raggio vascolare, ed è intieramente compiuto buon tratto sotto i cotiledoni. 7. Il fusto cresce normalmente per i due primi anni, e nelle produzioni pri- marie e secondarie che si formano in questo frattempo, sono caratteristiche le fibre legnose a doppia parete, l'esterna lignificata, l’interna sinuosa di cellulosa pura, e le fibre liberiane a doppia parete pur esse, l’esterna sclerenchimata, l’interna, che riempie uniformemente tutta la cavità della fibra, di cellulosa modificata colorabile in bel rosso mattone col cloroioduro di zinco. Tali fibre liberiane abbondano pure nello xilema secondario, distribuite con un certo ordine attorno ai grossi vasi pun- teggiati e al parenchima legnoso che lo costituiscono. Questi elementi non formano una zona continua in senso radiale, ma tanti gruppi radialmente sovrapposti, separati da straterelli tangenziali di parenchima. 8. Per questa struttura, pei grossissimi vasi che lo percorrono, e per essere l’indurimento dei suoi elementi debolissimo e lento, questo legno presenta una con- sistenza poco più che spugnosa, per cui si spiega l'abbondanza degli elementi mec- canici del libro in mezzo ad esso, aiutati nella loro funzione meccanica da numerose fibre a cristalli, che li accompagnano nel loro decorso. 9. Verso la fine del secondo anno di vegetazione, incomincia l'anomalia di accrescimento, che consiste nella formazione successiva di anelli discontinui di nuovi fasci, all’esterno della zona di fasci normale, e precisamente nel parenchima della regione liberiana primaria; a differenza di quanto è indicato avvenire nelle altre liane che offrono questo tipo di anomalia, in cui gli anelli successivi si formereb- bero nel libro secondario. Le diverse zone di meristema continuano a funzionare simultaneamente, almeno per un certo tempo, fatto già notato da Leclere du Sablon pel fusto di Wistaria Sinensis. 10. Le foglie presentano di particolare la struttura dei cuscinetti, che sono percorsi in tutta la loro lunghezza da numerosi fasciolini intramidollari che ne accrescono la robustezza e la flessibilità, al quale scopo concorrono pure il collen- chima midollare e quello periferico ai fasci, limitati a questa regione del picciolo. I canali tanniferi ed i cristalli di ossalato calcico, accompagnano questi fasci sin nelle ultime diramazioni del reticolo fogliare. 11. Il sistema radicale è fatto da alcune grosse radici principali che pre- sentano tratto tratto delle strangolature e dei rigonfiamenti poco sensibili, e dalle radici secondarie rigonfiate in lunghi tubercoli carnosi, la cui superficie presenta, dove il tubero è più grosso, dei rilievi e delle depressioni che la percorrono nel senso della lunghezza. SCO i 12. Queste radici crescono normalmente per un certo tempo che non ho po- tuto stabilire; trascorso il quale, incomincia anche per esse l'anomalia di aceresci- mento, dello stesso tipo di quella del fusto, cioè per formazione di zone successive di fasci; colla sola differenza che il luogo d’origine di queste formazioni anormali non è, come nel fusto, la regione liberiana, ma bensì il parenchima esterno ad essa; e che, giusta la struttura radicale, questi fasci non sono in anelli più o meno con- tinui tutt'attorno, ma in tanti spicchi, cui sono appunto dovute le costole che dissi scorgersi sulla superficie dei tuberi. Leo SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tav. XVII Fic. 1. Figura complessiva di un taglio trasversale mediano del seme: f. fascio vascolare, sp. strato a palizzata, sc. strato a colonne, sm. strato molle parenchimatoso, e. endosperma, c. coti- du) ledoni. si » 2. Porzione dettagliata della figura precedente: /. fascio vascolare, sp. strato a palizzata, spd. strato a palizzata doppio, sc. strato a colonne, sm. strato parenchimatoso, e endosperma, cr. cellole ramose della regione dell’ilo, pl. parenchima cotiledonare lacunoso, pp. parenchima cotiledonare a palizzata, fp. fasci cotiledonari procambiali È » 3-6. Diversi stadì di sviluppo della piantina 2 » "7-9. Passaggio dalla struttura radicale alla caulinare, col movimento a ventaglio delle porzioni DOSE o o . È : 33 vascolari primarie ; 7. porzione vascolare, li. porzione cribrosa Ti » 10-12. Innervazione dei cotiledoni : pe. piccioli dei cotiledoni, fe. fasci che vanno nei cotiledoni i » 13. Taglio trasversale nell’asse ipocotile di una piantina di un mese, mostrante le quattro mas- soline cribrose primitive Zi., e le quattro massoline vascolari primarie /p., e secondarie /s. È » 14-15. Tagli trasversali nel fusto epicotile, per mostrare l'innervazione del 1° paio di foglie semplici opposte sopra i cotiledoni: 7. porzione vascolare dei fasci, li. porzione liberiana dei medesimi = (6 Tav. XVIII. Fig. 1-2. Stadì successivi d'innervazione delle predette foglie: /f. fasci fogliari, g. gemme all’ascella delle due foglie si » 3. Sezione trasversale di una giovane radice: s. sughero, /l. gruppi di fibre liberiane, p. paren- chima, fs. fasci isolati di formazione secondaria, fsc. fascio centrale a sei raggi, di forma- [a c ao) zione primaria 7 220 » 4. Porzione dettagliata della figura precedente, colle stesse lettere Sa 6 5 È 14 » 5. Fibra a cristalli di ossalato calcico, isolata colla macerazione di Schultze © » 6. Porzioni di altre fibre con cristalli di forma diversa 10 15 >» ‘7. Cellula del midollo contenente cristalli di ossalato I (') La linea luminosa è stata omessa nel disegno per non generar confusione. 0909 dn Ca ie Fic. S. Sezione trasversale di un ramo dell'annata alla fine della vegetazione, dove si vede il mi- nimo sviluppo delle formazioni cambiali dalla parte dove il ramo tocca il sostegno: es. gruppetti di cellule selerose, lp. archi di libro duro primario, lis. porzioni cribrose secon- darie, in cui i gruppetti di libro duro sono segnati con tinta più carica, ls. porzione : : è e ° : Alco 5 10 vascolare di formazione secondaria, /p. la stessa di formazione primaria, m. midollo ST » 9. Porzione di un taglio trasversale in un grosso fusto di parecchi anni, dove si vede la zona normale molto sviluppata, e le due zone successive anormali: s. sughero, Zip. libro duro primario, lis. libro secondario in cui i gruppi di libro duro sono rappresentati da tratti più 5 LEA . ; YU scuri, /p. legno primario, /. legno secondario, p. parenchima 3H Tav. XIX. Fic. 1. Porzione di un taglio trasversale in un giovane ramo di un mese: e. epidermide, co. zona quasi continua di collenchima sottoepidermico, gr. guaina amilifera in cui l'amido viene ben presto sostituito da cristalli, lip. libro duro primario, cr. libro molle, cf. canali tanniferi nella porzione eribrosa e nel midollo, ca. zona”cambiale, v. grossi vasi punteggiati, pl. pa- renchima legnoso che li circonda, /b. libriforme, tr. tracheidi spirali, x. cristalli nelle cellole 0 midollari 2 » 2. Porzione di un taglio longitudinale in un ramo della stessa età del precedente. Le lettere 90 sono le stesse T » 3. Porzione di un taglio trasversale in un ramo di due anni, in cui incomincia a formarsi la prima zona di fasci successivi: s. sughero, cs. gruppetti di cellule sclerose, lip. archi di libro duro primario staccati gli uni dagli altri pel crescere del fusto, cr. porzione cribrosa, v. e E 20 porzione vascolare, l. libriforme, p. parenchima T » 4-14. Passaggio dei fasci dal fusto nella foglia: /f. fasci fogliari, fs. fasci stipulari, /. porzione liberiana, v. porzione vascolare dei fasci, fe. fasci centrali nel midollo, fa. gli stessi, che uscendo dal midollo si portano nei due spigoli salienti della faccia ventrale del pic- agli [ap ciolo 1 (0)S » 15. È la fig. 11 ingrandita, cioè una sezione trasversale del cuscinetto basale del picciolo verso la sua metà: co. cerchia di collenchima che avvolge i fasci, co'. collenchima midollare, fc. fasci centrali nel midollo È (') Le figure 4-10 sono affatto schematiche e le proporzioni colle seguenti son conservate ad occhio, Ann Ist Bot Roma.I cena si RA No < S CHX A (4 ) 10 XVII Tav TUNE AMB ima DO Fazzone lit Ann Îst Bot Roma.I © i) tene È ESTE Spithex e omo-Lit Cr LI E Fazzone lit li dis Joi alia New Y SAL |_3 si Mm X J POE