41 ii i fot, de GS A a RE e i Le ui = > Se Se a dr a lo miei del da “a ra MI G (CU i) N 4 “ na dg È N 7 ro î A 4 RIRTTRTI Rene Sg Lervbazara ©. | 4 E SR be 42 i e ® “ ta alga A ANTOLOGIA OTTOBRE, NOVEMBRE, DICEMBRE. 1023. TOMO DUODECIMO FIRENZE AL GABINETTO SCIENTIFICO E LETTERARIO DI G. P. VIEUSSEUX TIPOGRAFIA DI LUIGI PEZZATI MDCCCXXIII, da È | Ta r ; i À KA MSRT a ATA I si I. Ma; e. » siii i n La Mr GEL GEAR rr va Lenti VR LIS Resa St A a si) 1 ser an e ce 4 Fe gr RETE 1) Mu Mia si gici Pi # _ E LIT ENO 4 +) CRI ANTOLOGIA N° XXXIV. Ottobre, 1823. Lettera al Direttore dell’ Antologia, sulla situazione economica dell’ Inghilterra. . I, leggendo l’articolo inserito nel N.° 30 del vostro giornale, nel quale vien dato conto delle due operette pubblicate dal sig. Giovanni Barton in Londra negli an- ni 1817 e 1820, relalive in sostanza al critico attuale stato in cui trovansi gli operai in Inghilterra stante l’ab- bassamento dei loro salari, e la disproporzione del prez- zo delle granaglie ed altri prodotti che servono essenzial- mente in quel regno al principale nutrimento del popolo, mi si è affacciato alla mente quanto è stato scritto in pro- posito dal nostro celebre concittadino cav. Giovanni Fabbroni, di cui non è molto che disgraziatamente abbiam dovuto piangere la perdita inaspettata , ed irreparabile piang P ’ per le vaste cognizioni che egli aveva in ogni ramo di.‘ scienza. Nelle diverse opere di quest’ uomo dotlissimo toc- canti la pubblica e la politica economia, ho creduto di poter desumere, dalle notizie non meno che dalle mas- sime che vi si trovano sparse, tanto da concludere quan- to basta per dimostrare con quali fàcili mezzi potrebbe, a mio parere, quella grande ed industriosa nazione liberarsi per sempre dalle frequenti carestiè che di tanto in tanto la opprimano, non meno che dalla orribile piaga della da” 4 mendicità, che una notabil parte divora delle sue pe- cuniarie risorse. o i Fino dagli antichi tempi ha sempre tra non lunghi intervalli l’ Iughilterra sofferta or la pestilenza, or la fa- me, come ne accertano anco i diversi scrittori della sua moderna storia. Pubblicata nel 1689 la legge frumentaria, che quel regno dovè a Guglielmo II{. che un premio per la estra- zione dei grani determinava , quando di troppo ne era stato abbondante il raccolto, e che un premio pure d’ in- coraggimento per la introduzione di tal cereale stabiliva, quando all’ opposto quello era quasi che affatto mancato, l’ effetto fu tale , sebbene un tal provvedimento sia lungi dall’ esser atto per sè stesso a produrre la sicurezza di un bene continuato e costante , che nel tempo in cui per il vincolativo sistema di Colbert di tanto erasi diminuita la produzione del grano in Francia (1), che l’ Inghilterra fu in caso di potere estrarre dal suo territorio tanto gra- no, da superare la quinta parte di quello che al consumo occorreva dei suoi abitatori, avendone nel 1741 esportato per la enorme quantità di 6,670,000 staia (2). Non fu per altro iasciata sussistere lungamente tal legge, poichè nel 1757 fattosi luogo a timore, ( esagerato in allora forse al di là di quello che le circostanze del momento avrebber potuto portare ), di scarsità di raccolta per il grano, che venne improvidamente ordinata della legge medesima la sospensione, dal che tosto ne derivò (1) Sur le tombeau de Colbert retentissent encore les repro- ches que lui adresse la postérité pour avoir sacrifié l’ agriculture à l’industrie manufacturière, au lien de les faire marcher d’un pas égal. Des sommes exorbitantes furent dévorées par les spécu- lations lointaines , tandis que des landes immenses couvroient la France. Gregoire. Essai Historique sur l’etat de l’ agriculture en Europe au seizième siècle. (2) Dirom — Review of the Corn Laws — \ 5 che non solo videsi cessato di subito; ed in progresso di tempo maggiormente, quella esportazione che formava un carico annuale di 170,000 tonnellate ( poichè non meno di 848, 660 Quarter (3) contavasi il quantitativo. del grano che d’anno in anno ne veniva trasportato al difuori); ma subentrata, come necessità lo esigeva, una ro- vinosa importazione, ne derivò tosto la penuria, e frequen- te si rese la carestia. Mentre venne verificato che nell’intervallo del tempo che trascorse dalla rammentata epoca del 1689 a quella del 1756, le variazioni che il prezzo del grano aveva sa ferte non eccederono mai la proporzione di 24a 25; saltuarietà che sì vistose ebbero luogo di poi nei ‘Li doveronsi ripetere assolutamente dai diversi proyvedi- menti che alterarono la primitiva legge frumentaria. Bau- deau (4) infatti non mancò di rilevare, essere accaduto lo stesso in Francia dopo la morte di Enrico IV. in occasio- ne di restrizioni consimili , dicendo, dans les annees presque toutes de prohibition il ya eu des variations incroyables; c'est a dire très bas prix deg à 10 livres monnoie actuelle, et des chertes de 60 à 97 livres. Approvato di poi dal Parlamento nel 1770 un prov- vedimento diretto ad incoraggire l’ introduzione dei gra- ni nel regno della gran Brettagna, vie più venne a sce- mare di essi la coltivazione; il loro prezzo dai 33. 8 ster- lini ascese a 45. 10. Questo sistema rovinoso d’introduzione crebbe enor- memente negli anni successivi, per cui computata per de- cennio, nel suo quantitativo giunse l'introduzione me- desima , (3) Il Quarter di grano ragguaglia a 674 circa delle nostre libbre quanto al suo contenuto ; vale a dire a mezzo moggio, poichè il nostro sacco di grano si calcola ordinariamente di libbre 165. (4) Eclaircissement. pag. 251. nel 1770 ad 269,732 quarter 1780 a 515,636 1790 a 613,088 1793 ad 1,322,280 Nel 1782 fu tale e sì scrub la carestia, che perfino morirono alcune persone di fame nelle contee settentrio- nali dell’ Inghilterra. Nel 1785 diversi altri provvedimenti vincolatori furono pur anco adottati, e progredendo con essi ; final- mente nel 1791 altra restrizione più formidabile, e d’ogni altra mai la più perniciosa si giunse a stabilire median- te il vincolo proibitivo dell’ interna circolazione dei grani (5) per cui, siccome racconta il citato Dirom , (6) l’ agricoltura venne maggiormente a decadere ; gran parte del terreno fu lasciato incolto ; incominciò a de- crescere la popolazione, e divenire proporzionatamente minori le pubbliche entrate, e costrette le manifatture a alimentarsi a gran prezzo con le produzioni agricole degli. altri stati a detrimento della nazionale ricchezza. Infatti nel 1795 il prezzo del guarter di grano giunse in Inghilterra alla esorbitante somma di oltre cen- (5) Combien est insensée et fatale à l’agriculture la con- duite des nations qui apportent des limitations au commerce des grains, et surtout de celles qui renferment le marché du culti- vateur, pour ainsi dire, dans les limites de son champ, en lui interdisant le transport de son superflu de subsistance non seu- lement hors de leurs territoires, mais dans l’ intérieur méme de lenrs territoires d’ une partie à l’autre........ l’ expérience la plus invariable prouve que le deficit est toujours en raison directe de l’ étendue de l’interdiction apportée à la libre circu- lation des grains, c'est à dire, qu'il est grand, lorsque ‘le‘col- tivateur n’ a pas la liberté d’exporter ses grains à l’étranger, et très grand lorsque à l’interdiction du commerce extérieur se joint l’interdiction du commerce intérieur d'une province à l’autre, 7» Herenschwand discorso fondamentale ‘sulla popolazione, pub- blicato in Londra nel 1986. Traduzione firancese pag. 179 € 182»). (6) pag. 71. dell’opera citata. 7 to scelini., per la qual cosa il governò arrivò a segno, di ordinare per proprio conto che venisse acquistato del grano all’ estero; ma avendo di subito veduto in fatto a qual mai rovinosa intrapresa andava incontro con ciò, fu ‘ assai sollecito da quella desistere , e più tosto dica ‘do nel regno, come non poteva a meno, la mancanza di quel primo nutrimento dell’uomo, per cui le somministra- zioni dal di fuori nel 1800 si videro giungere tra grano e farina ad 1,242,507 ; e nell’anno successivo alla quan- tità ancor maggiore di 1,396,360, credè espediente il por- re nuovi vincoli sulla macinatura del grano, di proibire le manifatture dell’ amido, lo stillare acque viti; la qual cosa produsse, come doveva accadere , la miseria di molti operai; ma tutto ciò non fu creduto sufficiente , e si giun- se fino al punto di dettar prammatiche sulla manipolazio- ne e cottura del pane, e ad ordinare pur anco che questo non fosse venduto nè mangiato, se non che già divenn- to duro, credendo che minore così ne sarebbe stato ‘il - consumo. Ecco da che ha origine la mal proporzionata quantità delle mercedi che vengono date in Inghilterra agli operai, col prezzo dei generi; ecco la vera sorgente degli incalco- labili danni che l’agricoltura ed il commercio risentono in quel regno , altronde sì fortunato. Se l'Inghilterra volesse vedere stabilito il vero e naturale equilibrio tra le mercedi ed il vitto, e non sen- tire altrimenti le lagnanze degli operai, che rendendosi oziosi e per conseguenza indigenti gravitano doppiamente in danno della nazione , non avrebbe se non che a procla- mare una illimitata libertà di commercio, ed in un subito sarebbe essa stessa testimone della cessazione dell’estremo languore che attualmente affligge le sue campagne, e quindi nascer vedrebbe ed ST nel suo seno la na- zionale ricchezza con l’allontanamento delle disgraziate cause che han per certo contribuito non poco, e che ser- 8 vono di fomento esse pure alle parziali ed ognor rina- scenti popolari sommosse specialmente dell’Irlanda, ed allora la Inghilterra non avrebbe di che temere di quegli oziosi, che al dire di Macchiavelli vivendo senza aver cura alcuna , o di coltivare, o di alcun altra necessaria atica a vivere, sono perniciosi in ogni paese. Che infinitamente nocivi all’ Inghilterra siano stati, e lo siano i moltiplici vincoli che inceppano la sua agri- coltura, il suo commercio, i fatti sopraccitati incontrasta» bilmente lo persuadono. Che nemmeno esser possa ad essa poi pienamente profittevole il ritorno che facesse alla fa- mosa sua legge frumentaria del 1689, facile cosa è il com- prenderlo, ed insieme il persuadersene. Grandi furono i: vantaggi è vero che da quatto legge l’ Inghilterra ritrasse, siccome abbiam rilevato, vantaggi che aveva egualmente già ritratti l'Olanda; che. fu la prima a stabilirla nel suo seno: ma occorre osservare che essa non può essere, come non lo è stata di fatto, capace di allontanare la carestia dal suo insolare territorio. Infatti l'Inghilterra stessa nel tempo che tal legge trovavasi nello stato medesimo in cui venne emanata e nel suo pieno vigore, andò soggetta a diverse carestie; ne sof- ferse una nel 1699 sì grande, che molte persone morirono di fame, e da altra pure fu percossa nel 1756, mentrechè in Toscana da che fortunatamente cominciovvi a regnare la pienezza della libertà commerciale, sebbene sia qual- che rara volta giunto l’importare del grano ad un prezzo eccedente, mai è mancato però al suo consumo, quando che mancanza più che scarsità ne ha con frequenza ai nostri modernissimi tempi sofferta, come abbiam già ve- duto , l’ Inghilterra medesima. si effetto prima che possa darsi luogo a determinate del premio d’introduzione, nel caso appunto di penuria , da quella legge previsto, è necessario che primieramente la carestia sia manifesta ai mercati , che quindi ne venga 9 istruito il governo, che se ne sia discusso per le vie e con le forme ministeriali il relativo manifesto da pubbli- carsi, e che finalmente dai diversi [negozianti e specula- tori vengano date le commissioni opportune, ove l’inte- resse loro gli suggerisce ed intanto! ed intanto la pe- nuria cresce ‘ed incalza] a passi di gigante, la fame gli succede, e finalmente la Dio mercè questa cessa quasi sempre, come la esperienza lo ha dimostrato più volte, al cessare del bisogno, e così avanti che i carichi degli speculatori siano giunti in soccorso; così appunto accadde in Francia nel 1740, in Spagna nel 1764, ed a noi stessi toscani nel 1766, avanti che dalle providissime cure del nostro illuminato Governo fosse stata stabilita la libertà frumentaria. Nel caso poi inverso che l’abondanza del raecolto consigli il determinare un premio all'effetto d’ incoraggire la estrazione del superfluo del prodotto, vassi incontro ada mostruosissima resultanza di fare concepire al popolo in- glese, che altrove, per esempio in Olanda, si mangerà il pane fatto col suo grano a minor prezzo di quello che starà vendendosi in paese; e frattanto da chi sarà stato pagato il premio della estrazione medesima? Tolga adunque l’ Inghilterra ogni e qualunque prov- vedimento regolamentario che al presente la governa, e rese che essa abbia così libere l’agricoltura e le arti, ve- drà nella maggior parte delle sue provincie, ora le più abbondanti di oziosi e di poveri, che ogni famiglia sarà posta in stato di supplire al mantenimento di ciascuno | dei suoi respettivi individui: presti un campo libero alla industria, ed allora vedrà nel suo seno, come si è veduto è già gran tempo in Toscana, costantemente accrescere il numero degliagricoltori, ed estendersi la coltura delle terre; ed ancorchè da essa non si volesse fare alcun sforzo ten- dente ad aumentare la massa delle proprietà disponibili, e nemmen promuovere la fabbricazione delle case rurali 10 con rilevanti sovvenzioni; e neppur imprestare alle cam- pagne dei grandi capitali a tenue frutto e non repetibili,. lo che produrrebbe per certo il più gran bene; lasci almeno liberamente agir l'industria in modo che non trovi, mai questa stessa industria alcun’ ostacolo, anco il più piccolo, nel suo pieno esercizio. Macchiavelli stesso insegnò che il Principe.. .... deve animare i suoi cittadini di poter. quietamente esercitare gli esercizi loro:nellemercanzie; e nell’ agricoltura. Abolito per tanto ogni vincolativo provvedimento , ed ancorchè null’altro si facesse in special benefizio del- l'agricoltura. e dell’ industria, pur. sempre un bene im- menso ne resulterebbe per l’ Inghilterra come per qualun- que altro paese, poichè dal nulla fare, da questo stessa NIENTE, siccome saviamente dissero ed. il celebre Mira- beau e l’intendente Gournais, ne deriverà immancabil- mente quella libertà vivificatrice d’ogni nazionale prospe- rità; per cui i mari, le distanze ed i rischi, non sono d’alcuno ostacolo alle speculazioni; quando che si tratta di provvedere al bisogno, al necessario della umana sus- sistenza ; siccome non lo sono pur anco quando si tratti di cose che il diletto della vita ed il lusso possono richiedere. Allora non si verificherà quel mostruoso contrasto, parto di regolamentarie vincolative disposizioni, accaduto nella primavera dell’anno scorso, che mentre un milione e mezzo di contadini irlandesi trovavansi affatto mancanti nella parte meridionale dell’ isola di vettovaglie; gli aflit- taioli inglesi dall'altra parte del canale sopraggravati si trovavano da una enorme quantità di grano senza poterne fare alcun ritratto. Ma forse a quei medesimi che persuasi della eccellen- za del sistema di tale libertà ne volessero, adoprando la loro influenza negli affari governativi, consigliare l’ado- zione, non mancherebbe chi sollecito si fasi a ragiona- re, se sebbene in effetto ottime conseguenze abbia pro- 1I dotto, come non cessa di produrhe in Toscana la libertà frumentaria , pure essendo l'Inghilterra un paese mani- fatturiero e non agricola come il nostro, meritar dovesse una eccezione la regola dalla natura stessa prescritta , mostrando poter essere alla Gran Brettagna inconvenien- te e nociva, perchè le sue arti e le sue manifatture ver- rebbero a restar prive di quei soccorsi e di quei capitali, che al bene solo della agricoltura allor sarebbero rivolti, per una migliore, più estesa e più utile coltivazione delle . campagne. Facile è per altro il replicare insieme col citato nostro egregio economista Fabbroni a sì fatta opposizione, per- chè più speciosa, che solida e vera. È incontrastabile ‘che gli uomini non vivono essen- zialmente di manifatture, ma con i prodotti primi essen- zialmeute anzi sussistono, e da ciò deriva che la superio- rità dell’ agricoltura sulle manifatture è eguale a quella della necessità sopra i piaceri, ed in conseguenza a queste essa mon può esser posposta (17). Vero è che il paese manifatturiero trascura ordinaria- mente la produzione dei generi alimentari, perchè occupato nella manifattura; è persuasodi potergli avere in conguaglio dei suoi generi manifatturati dai paesi con i quali ha com- mercio. Ma se una guerra; una gelosia nazionale , un mi- glioramento e perfezionamento ‘ancora d’industria sorga nei vicini che faccia cessare lo smercio di quei tali oggetti i} (7) Les mammelles de l’état sont, dit-on, l’ agriculture et le commerce; mais celui-ci est fils de celle-là, et si elle ne fournis- soit les matières premiéres, où trouveroit-on des objets d’échange? 3 Gregoire, già citato. ,, Non vi è omai chi non sappia che la ricchezza di ciascuna nazione consiste nel valore dell’annua riproduzione, e della sua industria. » Vasco della università delle arti e mestieri. ,, ' 12 manufatturati , da dove tratrà allora il paese manifattu-. riero i mezzi di sua sussistenza ? È per altro vero del pari che il manifattore pie come una stessa cosa il suo lavoro e la sua sussistenza , perchè dall’effettuato lavoro ritrae in mercede del denaro col quale provvede il bisognevole per sussistere: e potreb- be egli mai provvedere alla propria sussistenza con tutto il suo denaro, se, o nel suo paese; o in un altro non venisse coltivato almeno un campo per la di lui fisica sussistenza? Sempre che adunque una nazione ridondi nella sua popolazione e nei prodotti della terra che essa ricuopre, è certissimo che da sè medesima senz'altro impulso penserà ben presto ad impiegare, e non cesserà di dedicare l’ec- cesso delle sue ricchezze per procurarsi ogni bene, sala- riando operai e manifattori, e con tal mezzo verrà a vie- più estendere la riproduzione del suolo ; le sue fabbriche; e conseguentemente la sua potenza, osservando sempre per altro che la nazionale ricchezza, come saviamente rilevato fu dal Vasco nel suo già citato trattato della università delle arti e mestieri, scema piuttosto che crescere me- diante i privilegi che vengono concessi a qualche arte, a qualche manifattura particolare, poichè per queste si syol- gono i capitali e l’industria da quelli oggetti cui sareb- bero invitati dalle locali convenienze, per impiegarsi ad altri oggetti meno utili e profittevoli. Se verrà sì facilissimo quanto utilissimo sistema di plenaria libertà commerciale adottato in quel paese per tanti rapporti fortunato e felice, (8) mentre da un lato (8) Il Fabbroni in una delte di lui note apposte alla .seconda traduzione italiana dello scritto del cav. Gualberto Blane, Ricerche sulle cause e sui rimedi della passata ed attual scarsità, Pi- sa, 1818, disse: chi ha garantito per più di So anni la Toscana dalla fame ? non fu già una numerosa soldatesca, ma la sem- plice libertà di commercio. L’ ADOTTI L'INGHILTERRA, E NON TEMA. 13 scorgerà migliorare ed accrescere a dismisura la coltiva-. zione delle sue terre, sentirà contemporaneamente cessare le grida degli operai, e vedrà diminuire ed estingnersi la numerosissima poveraglia, che qual sanguisuga trasformata in un’idra ognor rinascente succhia una enorme massa della sua nazionale ricchezza, massa che invece di essere malamente rivolta all’alimento dell’ozio e del vizio, potrà esser con gran profitto impiegata nell’util giro delle com- merciali speculazioni. A quest’ultimo importantissimo tesgliato per altro non potrà giungere quel gran paese, se non sopprime, contemporaneamente però alla soppressione di ogni vin-, colo, che che ne abbia detto il sig. Barton, quella tassa da cui è sì fortemente aggravato , e che serve a far sussi- stere senza punto astringere al lavoro, coloro che hanno vo- lontariamente prescelto, siccome comodissima cosa, di vi- vere senza spargere il sudore dalla propria fronte, profit- tando della sorte loro propizia. L’imporre una tassa sulla gente comoda per sussidiare i mendichi, per alimentarli soltanto, senza obbligarli al lavoro, mentre forma un aggravio non tenue che per na- tura sua finisce con divenire gravosissimo , insopportabile e perpetuo, si viene inoltre a condannare con esso la stessa industria, a fomentar l’ozio e l’infingardaggine tanto inerente alla umana natura, quando una volta sia tolto all'uomo il pungolo della indispensabile necessità che ha per oggetto il procacciarsi la propria sussistenza. Quantunque anco in Inghilterra molti ragionatori fi- losofi siansi occupati di suggerire dei mezzi onde porre un riparo, un argine alla mendicità, alcuna cosa è stata fatta che diretta fosse a cicatrizzare, od a restringere almeno questa piaga cancerosa degli stati, ed anzi si è conti- nuato a lasciar sussistere ed a sempre più gravitare l’ og- gimai inveterato sistema veramente anti-economico, quan- 14 to anti-politico in ogni rapporto , quello cioè della ognor crescente ed illimitata tassa delle parrocchie (9). i Questa tassa, che al dì d’oggi noi possiamo valutare almeno a duecento milioni delle nostre lire (10). do- vrebbe a prima vista persuadere che attesa la enormità di tanto soccorso non dovesse in quel paese esister mendicità; ma tutto anzi all'opposto si verifica, poichè sopra una po- polazione di 14,000,000 quale conta la Gran Brettagna, oltre due milionidi poveri vi si trovano, lo chè forma il settimo della sua popolazione medesima; proporzione che passa quasi la credibilità, mentre ai calcoli di Burnet; nei paesi ove lo spirito elemosiniero veramente si distingue, i poveri non giungono alla trentesima parte della popolazione re- spettiva. (11) i Chiaro resulta adunque, che tal soverchia soprabbon- danza di poveraglia è parto non tanto dei perniciosi effetti del vincolativo sistema commerciale, ma ben anco, e d’as- sai, della prenunciata tassa destinata unicamente a nu- trire il povero, senza costringerlo con mezzi coattivi al lavoro. Il conte di Winchelsey in occasione di parlare di ciò che era stato fatto per i poveri di Wexfort disse non sono molti anni, che gl’ individui, che alimentati dalla parrocchia per un certo tempo si trovano, perdono intie- (9) ;, Cent voix éloquentes se sont élevées pour les proclamer, et par tout ils ont été accueillis; mais il semble que le moment de leur application s’ éloigne sans cesse,,;} — E/emens d° economie politique, par monsieur le comte d’Hauterive. Paris 1817. — (10) Il sig. De Montveran nella sua /Histoire critique et rai- sonnee de l’ Angleterre au S. Janvier 1816. vol. 1. cap. I. pag. 288, esaminando quali sono le imposizioni che gravitavano a quell’epoca sull’ agricoltura, faceva ascendere la tassa dei poveri, in ragione della miseria, alla somma di otto milioni di lire sterline, cioè a 240 milioni delle nostre lire. (11) In Danimarca sopra 1,603,200 abitanti si trovano non, più di 56,000 mendichi, vale a dire; oltre un ventottesimo. 15 ramente la voglia di lavorare ; e cercano ogni via per illudere le disposizioni dei ministri incaricati della di- stribuzione dei sussidi.... osservò inoltre il detto nobile - ‘conte, che se si dispongono le cose in guisa da render utile al povero il simulare indigenza, non dobbiamo re- star sorpresi se cerca d’ingannarci per vivere senza far nulla. E Tommaso Bernard dando conto di quanto era stato fatto dalla società di Cork per render migliore la condizione dei poveri, e parlando dei molti sussidiati dalla | parrocchia si espresse: 7202. vanno mai alla chiesa, fan debito alle botteghe per beversi il loro denaro alla bet- tola, e si maritano senza avere i mezzi di alimentare la famiglia , perchè la figliuolanza numerosa è uno dei più efficaci mezzi per eccitare la pietà e far moltiplicare il sussidio. Infatti nel 1816 si contavano in Londra 130,000 fanciulli privi di educazione, 4,000 dei quali da- genitori si vendevano ai mendichi per valersene ad eci citare la pubblica commiserazione. Per evitare adunque un tanto male, ed insieme le dannosissime conseguenze che ne derivano, siccome da delitto hannoorigine, potendosi ben per tale considerare la inoperosa mendicità, (12) non dovrebbe altro fare V’In- (12) Il dottissimo sig. Luigi Valeriani, esimio professore di pubblica economia nella università di Bologna, nei suoi opuscoli a siffatta scienza relativi stampati in detta città nel 1815 dice in fra le altre.... Za mendicità scioperata volontariamente è un delitto, e perciò deesi proibire e punire a tenore delle legali sanzioni.... trattasi di poca gente che comparisce molta perchè ognor sulle piazze. ..... gente insaziabile , che quanto più ac- catta , tanto più divora. ..... gente spietata con la sua fami- glia l'abbia, o non l'abbia, che lascia in abbandono; sempre senza costumi, e senza religione. ...:.. lmaestrati municipali, il Sovrano, ed i.suoî ministri studiansi di dar da mangiare a costoro; di sopire i latrati non tanto della loro fame, che della loro perversità, e questo stesso. aumenta il male rendendoli sem- pre più insolenti e numerosi........ trai mendicanti sono per- 16 ghilterra , primieramente in lasciando l’agricoltura ;e la industria alla lor piena libertà, se non che fare ogni sforzo . per ricondurre alla retta via ed all'amore del lavoro quella già viziata ed insieme pericolosa attual generazione di mendichi, che brulica nel suo seno; con richiamare gli in- dividui oziosi e provetti alla vita laboriosa ed attiva per mezzo di una non molto lunga coatta educazione, mediante la quale apprendessero una qualche opera manuale che fosse di utilità permanente, e di per sè stessa capace ad assuefare le loro membra ad un temporario lavoro alquanto grave e forzato; quanto poi alla ancor tenera figliuolanza, utile, proficua cosa sarebbe al certo che assunta ne fosse l'educazione, e che questa avesse per scopo d’insinuare a quegli individui, che la loro ancor giovine età non ha per- messo di rendersi incalliti nell’ozio e nei vizi che ne de- rivano, tutto il ribrezzo e l’orrore alla mendicità ; con. addestrare le loro mani ad utili lavori, che rivolti in pri- ma al vantaggio di loro stessi, gli ponessero poi in caso di esser utili agli altri unitamente al profitto proprio. - Questo è ciò che in replica alle speciose, se dir non sì voglia erronee dottrine che dal sig. Barton son state pub- blicate, traendone ben anco egli stesso una qualche infe- lice non tanto, quanto funesta conclusione, creduto ab- biamo di dover rilevare sulla scorta dei fatti, non meno che delle massime economiche proclamate dal Fabbroni nei diversi scritti da esso pubblicati sulla materia della quale si tratta, nella pur dolce lusinga che avendo essi fortunatamente contribuito non son molti anni a stabili- re e mantenere ad onta di critiche circostanze in un vi- cino stato d’Italia la libertà commerciale, possano almeno, questi pochi rilievi tratti da quelli scritti medesimi con sone per malattia, per età degne in tutto della nostra commi-. serazione; ma qual commiserazione è il lasciare’ sulle vie i fanciulli e le donne semenzaio di un nuovo genere di plebe, i cui vizi più sfrenati si collegano con la più deplorabile miseria?. 57 l'appoggio ‘di’ fatti inconcussi , servite di eccitamento e di stimolo agli uomini saggi ed influenti della Gran-Bret- tagna , onde tentare di svolgere ed annichilare una volta | quelli ostacoli perniciosissimi , che dai regolamentari e vincolativi provvedimenti son derivati ; poichè nella sus- sistenza loro non è dato che quella rispettabile nazione conseguisca giammai i beneficantissimi effetti di quella estesa libertà commerciale, prima sorgente della vera pub- blica felicità che noi godiamo da oltre mezzo secolo, e che fortunatamente continuiamo a possedere e gustare sotto - l'ottimo Principe che ci governa. Dalle Rive dell’ Arno Lì 20 Luglio 1823. Uno dei Vostri Associati. Ki nia cri Della strada nuova da NizzA a SARZANA. Memoria di C. L. Bixio di Genova. (continuazione V. Vol. X. A. p.3.) Uscendo da Genova per la porta dell'Arco, si presen- tano i due borghi della Pace e di s. Vincenzo. Riescono ambidue sul prato del Bisagno; il primo quasi in linea retta per mezzo della porta Pila, l’ altro obliquamente per porta Romana. Qui s’offrono allo sguardo bellissime viste pittoriche. Il torrente di Bisagno, chiamato pure il Feritore, attraversa il Prato. Due ponti, uno detto della Pila dalla porta cui sta rimpetto, l’altro di s. Agata dal titolare d’una vicina cappella, mettono alle due colline di s. Martino e di s. Francesco d’ Albaro. La nuova strada romana , aperta dai francesi nel 1808, comincia fra i due ponti con un lungo ed ampio stradone, in mezzo agli 'T. XH. Ottobre 2 18 orti (1) spiranti perpetua vergura , popolati di case e di ulivi, ed abbondevoli in erbaggi d’ogni qualità. Alla foce del torrente è un comodo lazzaretto, costrutto sin dal 1467 da Paolo Giustiniani, con.allato un cantiere da fabbrica- re e rimpalmare ogni sorta di navi. Dalla parte dei mon- ti è da vedersi il secondo giro delle mura, e sui loro spalti un gran tratto dell'acquedotto, opera ammirabile, che dal- la distanza di 15 miglia somministra l’ acqua alla città, con sommo dispendio pubblico e privato. Sul monte più vicino è un convento di frati di s. Francesco de’M. Rifor- mati, e procedendo sul dorso della montagna, s'incontra- no le rovine di un antico monastero detto Camaldoli. I tre forti di Quezzi, di santa Tecla e di Richelieu dominano dai monti sovrastanti la valle e le colline d’ Albaro. La nuova strada pel Parmigiano , costrutta lungo il torrente, offeriva pur essa, non son molti mesi , un altro bel pun- to di vista; ma venne quasi distrutta dall’impeto dell’acque che caddero a rotta il 25 di ottobre scorso, e che, aven- do ingrossato da ogni parte il Bisagno, si sollevarono nel prato all'altezza di più palmi, ruppero i due ponti, ed, abbattute le muraglie dei vicini poderi , offersero l’aspet- to di un vasto lago che confondevasi col (2) mare. Oltre il torrente s'incontrano ad ogni tanto le amene villeggiatu- re di che sono sparse le collinette di Albaro. Le bellissi- (1) Il forestiero per godere tutto l’incanto che produce l’aspetto del prato , degli orti, della collina di S. Francesco, che quasi in linea retta si estende fino al mare, e dei monti in lontananza ; che permettono all’ occhio di contemplare a suo bell’agio ogni cosa, e possono considerarsi come il fondo di un bellissimo qua- dro, si recherà sulle mura della città, così dette di Santa Chiara, le quali sovrastano al sobborgo della Pace. (2) I due ponti furono restituiti al commercio nella . scorsa primavera. A quello della Pila si sostituì un bel ponte di legno, ed in quello di Sant'Agata si costruirono di legno i soli archi che n’erano caduti. at) me di Polcevera possono sole disputare a queste il vanto di prime. Nun è da me il decidere simile gara: bene spes- so ove gli occhi soli e la mente dovrebbero far ragione del vero, cento care abitudini e cento tenere rimembran- ze crescono il peso della ragione, e fanno traboccar la bi- lancia, concorde al giudizio del cuore. Se non che qui tutto è delizioso: l’aria pura, le frutta eccellenti: quà e là verdeggianti albereti ed ogni sorta di fiori concorrono ‘ad accrescere l'incanto di mille variate prospettive. Qui le scelte dipinture e la ben intesa architettura di molti palazzi invitano l'amante delle belle arti a passarvi inte- re giornate. Sarebbe impossibile di svolgere a parte a parte tutto ciò che è degno di osservazione: non tacerò per altro gli a fresco dei due palazzi dell’ albero d’oro e del Laradi- so, opere del Cambiaso e del Tavarone ; non l'architettura del palazzo Giustiniani, disegno forse di Micbelangiolo, ed opera di Galeazzo Alessi, che riunisce alla bellezza delle forme la eleganza dell’ornato. E perchè ciò che rammenta il nome degli uomini celebri non deve porsi in silenzio, mi piace notare che dopo s. Francesco, alla parte destra, nella‘chiesa di santa Maria del Prato ( chie- sa fabbricata nel 1172 dai canonici regolari di s. Agostino, ed'ora abbazia della famiglia Fornari ) riposano le ceneri di Costanza Raimondi Fornari, che con la celebre Tere- sa Pelli Fabbroni divise l'amicizia e la stima del Pignotti, il quale le intitolò la epistola sui palloni (3) votanti. Il ponte della Pila conduce alla piazza di santa Zita, dalla quale, volgendo a sinistra, e passando sulla riva del Bisagno, si entra dopo breve tratto nello stradone. Dal principio di esso e al suo termine partono, a gran distanza fra loro, due comode strade aperte di recente. Quella alla destra unisce lo stradone all’autica strada di (3) Ved. l’elogio di Lorenzo Pignotti seritto da Aldobrando | Paolini, alla nota 49. 20 san Francesco, che parte da santa Zita; quella alla si- nistra conduce al paese di san Fruttuoso, tra sant’ Agata e san Martino, ov'è la salita a N. S. del Monte, ed il palazzo dell’ albero d’oro. La strada nuova; finito appena lo stradone con che comincia (4), scorrendo sul pendio della collina, che separa le villeggiature di san Francesco da quelle di san Martino, passa alla destra di quest’ ulti- mo. Di là con sensibile declive si avvia alla riva del ma- re, e più non se ne allontana per lunghissimo tratto. Ivi scorre il torrente di Sturla; e vi si costruiva un solido ponte, che è pure di assoluto bisogno , e che ora sarebbe quasi finito , se la pioggia del mese di ottobre non avesse qui pure accresciuto tanta forza al corso dell’acque, da non lasciare vestigio delle grosse pietre ond’erano formati i pilastri. La strada tra Genova e Sturla è spesso sostenuta, nel pendio della costa, da muri della massima solidità , e tra san Martino e la chiesa dell'Annunziata di Sturla, che le sovrasta alla sinistra, è pure talvolta più ‘alta delle vil- le che le sono dai lati. Passato il torrente, la strada segue lungo il mare, su ristretto molo, che ad ogni tanto ne rimane danneggiato. Indi per forse tre miglia è resa sta- bile dalle rocce di cui è attorniato quel littorale. In que- sto tratto si passano tre rivi coi loro ponti, e non s'in- contrano che due o tre case infino a Quinto; perchè i pae- si di Quarto e della Castagna sono sull’antica strada che (4) Costraendo un ponte sul Bisagno nella linea dello stradone, si entrerebbe nella città dalla porta Romana, che gli sta a fronte. La strada ne acquisterebbe, ma Genova ne sarebbe adontata. Il sobborgo di S. Vincenzo è stretto ed irregolare ; e gli verrebbe posposto quello della Pace che infinitamente è migliore. Senza che esiste il progetto di ampliare la strada di questo sobborgo, in modo che le due porte dell’Arco e della Pila possano rimanere l’ una a dirimpetto dell’ altra, tagliando parte delle case che vi si frappongono, tra la piccola piazza dell’Arco, e le chiese della Pace e della Consolazione. 21 resta più dentro terra. La nuova strada passa alla destra di Quinto nel luogo detto i Piani. Quinto aspirò alla glo- ria d’esser patria del gran Colombo. È dubbio s’ egli vi. dimorasse: ma certamente i suoi antenati vi abitarono, e può indicarsi il luogo della loro dimora. Esistono nel- l’archivio di Savona due scritiure degli anni 1470 e 1474, nelle quali è menzione di due Domenico Colombo di Quinto; e Ferdinando, figlio dello stesso Cristoforo, dice di suo padre: îo vidi alcune sottoscrizioni dell’ammiraglio, prima che acquistasse lo stato, ov’ egli si sottoscriveva Columbus de Terrarubra. Ora partendo dai così detti Piani di Quinto, per la vecchia strada, trovasi alle falde del monte Fasce una decente casa, in mezzo a campagna murata, detta da quei terrazzani la Rossa. E in questa campagna è un’ antico pozzo, chiamato per tradizione il pozzo dei Colombi. Nel portico poi della casa furono sco- perte, non ha molto , varie pitture relative alla impresa di Cristoforo, e che sembrano appartenere alla seconda metà del secolo XVI. Io non osserverò quanto a queste pitture se non (5) il motto solus solis emulus, che distin- gue un colombo che vola ardito vicino al sole ; perchè nelle ottave del 15.° canto della divina Gerusalemme, che si riferiscono al nostro immortale Navarca , si trova la medesima idea in questi versi: Fia che il più ardito allor di tutti i legni Quanto circonda il mar circondi , e lustri ; E la terra misuri, immensa mole , Vittorioso ed emulo del sole. i. : Nell’oratorio di s. Pietro e Paolo di Quinto è un quadro di Perino del Vaga, ed è forse un voto per una sofferta burrasca , dalla quale si salvò a questa spiaggia : | (5) Spero che l’amico mio Salvaltore Bertolotto pubblicherà fra breve una sua memoria su queste dipinture, che possono aver molta parte nell’ illustrare la origine della famiglia dei Colombi, e nell’accrescere i monumenti delle arti patrie. 22 al basso del quadro è dipinta la tempesta ed il mavicello. La strada continuando a radere il lido, che presenta luoghi attissimi ai bagni di mare, passa pei paesi di Mervpi; Bogliasco, Sori e Rondo . Nella chiesa parrocchiale di Tiri è sepolta il celebre avvocato Luigi Corvetto (6). (6) Il più breve ed il più bello elogio storico. che possa farsi a questo illustre genovese è espresso nella seguente iscrizione del prof. Gagliuffi: Heic. conditus. est. — Ludovicus. Dominici. f. Cor- vettus— Vir. clarissimus — Natus. Genuae. IV. eidus. quinctiles. anno MDCCLVI. egregiam. corporis. formam. et. mentis, alacri- tatem. morum. disciplina. optimarumqgue: artium. instrumento. ‘ab. adolescentia. decoravit! jaris. pradentiam. confestim. professus, pro» bitate. doctrina. eloquentia. floruit! Senatus. populique. Genuensis, extimationem! et. gratiam. singulari, felicitate. acquisivit. — Pa- triam. suam. multis. gravibusque. detrimentis. afflictam. quum. vide- ret. justo. dolori. non pepercit. et. tamen. in. quinqueviratu. Liguri. quo. solemnia. suffragia. bonorumque. preces. invitum. collocarant, de. re. publica. non. desperavit. eamque. integerrime. gessit —do- mesticae. ubi. primum. licuit. quieti. et. clientium, consuetudini, reslitutus. lites. ex. aequitate. SÌ. quis. erat. concordiae. locus. dirimere. quam. judicio. persequi. maluit. in. forentium. .conten- tionum. discrimine. neminem. nec. chirographo. nec. verbo. loesit. calumniam. et. iniuriam. verecunde. perspicue. copiose: redarguit. pauperum. capiti. et. fortunis. ingenua. caritate. prospexit. — Temporibus. denno. immutatis.' a. Napoleone. summam. imperii. Francorum. obtinente. comes. nuncupatus. supremi. consilii. par- ticeps. adesse. jussus. magnisque. negotiis. expediendis. praefectus. tanta. dicendi. agendique. solertia. et. facilitate. constanter. excel- ltt. ut, italum. hominem. novi. cives. inipense. diligerent. maxi- mo. in. pretio. babendum. judicarent. — Regis. Ludoviei XVIII. voluntatem. veneratus, vires. suas. prope. jam. fractas. Galliae. laboranti. devovit. aerarium. incredibili. difficultate. pressum- mi- rifice. administravit. fidem. publicam. celerius. quam. sperare. fas. esset. domi. forisque. restituit. torque. legionis. honorariae. dunatus. est. missionem. quam. valetudinis. vitio. ingravescente. flagitarat. honestissimam. amicissimam. impetravit. — Genuam. tito. brevi. gaudio. gestientem. reversus. morbum. diuturnum. acerbissimum.- fortiter. tulit. religionem. divinam. quam. incolumis. rite. coluet at. adiutricem. moriturus. adhibuit. pulcherrimam. virtutis. memo- Jiam. nibil. divitiarum. reliquit — obiit. placidissimus. X. cal'Ju- 23 Sori fu saccheggiato dai turchi nel 1584. Recco è borgo insigne con buoni edifizi. La sua chiesa parrocchiale pos- siede uno de’ più bei quadri di Valerio Castelli, e fu di fresco adornata di elegante facciata , sotto la direzione del genovese signor Laverneda , giovine architetto di molto merito. Lungo il fiume di Recco fu scoperta, saranno due anni, una cava di ardesia. Il proprietario dello stabile vi fece lavorare, e formò così un nuovo ramo d’industria pel suo paese. Da Quinto sino a Nervi si va quasi in linea retta: qui pure sono solidi sostegni di muro da una parte e dal- l’altra. La strada passa quindi in mezzo a Nervi, e si sta ultimando il traverso, ch’era così impedito da varie case, ‘che le vetture incontrandovisi erano obbligate a dar vol- ta. Negli stabili Cataneo è un bel ponte in pietre riqua- drate. lin qui arrivarono i lavori dei francesi. La strada ‘fino a Bogliasco si continuò nel 1814 per ordine dell’ at- tuale governo. Queste due miglia furono felicemente ese- guite, lungo la costiera; dalla capella di s. Erasmo e sul dorso di Capolungo, fino al confine dei Comuni di s. Ila- rio e Bogliasco. Questo punto era segnato da un dirupo assai scosceso. al mare; ma la ripidezza della costa del monte dalla parte di terra non permetteva di aprirvi al- tro passo. Simile imperiosa necessità superata, e il solidis- simo ponte sul torrente di Bogliasco , rendono degno di molta lode:questo tratto di strada. Da Bogliasco a. Sori e da Sori a Recco la strada fu eseguita nél.1817 e 1818. Ai confini di Sori col superiore paese di Pieve è un altro dirupo al mare, detto .il taglio di s. Gaetanò ; ed ivi per due larghe chine discendesi, al magnifico ponte sopra il torrente di Sori, composto. di . nias. anno. MDCCCXXI — M. Anna. Antonii. Schiaffipi. filia. — conjugi dulcissimo. — M. Magdalena. et. Josephus. Nic: f. Schiaf- finus — A. Catharina. et. Thomas. Jan. Bapt. f.‘ Litardius. — Patri. optimo. socero ineomparabili — pacem. aeternam. precantur. 24 due piccoli archi laterali con in mezzo un altro arco.di grande apertura. Sori rimane alla foce di un canale che lo traversa ; ed è un bel vederlo dalla strada che vi pas- sa di sopra sulle due colline che lo fiancheggiano. La stra- da tra Sori e Recco è su di un piano uniforme. Il. ponte sul fiume di Recco ultimato da più d’un anno, è un’ opera assai commendevole : è di tre archi, e prende da una: ri- pa all’altra quasi 300 palmi, e più di 200 nel-vivo. Pas- sato Recèo la strada, quantunque bella , incomincia ad essere faticosa per la salita di Azta. Passa tra campagne olivate , vignate e fruttifere , e presenta l'aspetto della bella valle di Camogli e del paese che sembra sorgere dal- l’onde. Era impossibile condurla a livello della chiesa di s. Michele, all’ antico passo del colle, senza dare troppo pendio alla discesa di Rapallo. Si aprì quindi sotto la chiesa un traforo, che non si potè per altro mantenere alla lunghezza primitiva, a cagione dello scolo dell’acque e della caduta de’ massi superiori. Ne fu tagliata più del- la metà, ed il resto che è pure di 75 metri; si. fortificò con un volto, che impedisce i primi disordini. Circa 200 passi prima di arrivare al foro di Ruta trovansi .due . al- berghi, ultimamente fabbricati e discretamente provvisti pei forestieri; che vi si sogliono fermare tanto venendo a Genova, come andando a Chiavari. Il mods di Ruta essendo tagliato mella duo del fanale di Genova , e ulimifdodìs 261 metri dal pelo del mare , è facile idearsi la bella vista che presenta al- l'occhio del viaggiatore. Se, appena passata la Galleria, il forestiere si volge a ponente, vedrà;:con un cielo sere- no, in mezzo allo sbattimento scuro'di quella, e in?un bel quadro , Nervi, Quarto, la parte a levante; della. colli- na d’Albaro, la città di Genova, il porto e la lanterna, la quale resta precisamente in mezzo, lasciando, scoperta a sinistra buona parte dei paesi della riviera di ponente. Emula forse a questa sorpresa quella che si gode allorchè 25 giunti alla lanterna, scuopresi il sobborgo di San Pier d’Arena; e gran parte del littorale che sì estende quasi in bell’arco fino a Savona. Nella chiesa di Ruta è un quadro del Grocifisso coi due Ladroni. La. Madonna che è svenuta ai piè della Croce ha molta espressione, e sono assai ben dipinte le carni della Maddalena, che piangente abbraccia i piedi del Redentore. Questa dipintura è per altro falsamente attribuita al Vandik e dal Ratti, e da quei del luogo, che narrano non averlo voluto, vendere a molti viaggiatori inglesi, che pure lo volevano comprare, per tante. monete d’oro, quante richiedessero a coprirne la superficie. La nuova strada a misura che si avvicina a-_futa si va scostando dal mare, lasciando. così dalla destra il monte di Portofino , il quale sporgendo gran tratto in mare meglio può chiamarsi promontorio ; ed alle di lui falde le acque son fuor di modo profonde. Vicino a' Rec- co, al principio del monte è Camogli , borgo:con porto artificiale, il quale ebbe già una fortezza fatta demolire «dai genovesi nel 1460. Fra Camogli e la punta da ponente del monte è una tonnara ; ed un’ altra ve n’ha sul lato da «mezzogiorno, tra detta punta ed un piccolo seno con poca «Spiaggia, luogo detto s. Fruttuoso; già badia dei padri Bene- dettinì.In cima al fianco del promontorio; da levante, bavvi un piccolo ma sicuro porto fatto dalla natura; perchè il mon- te si avanza qui in forma triangolare ed a.modo di peni- sola. È questo il porto detto anticamente porto. Delfino. È difeso da un antico castello, ed ha accanto un piccolo paese che or nomasi Portofino. Da questa parte, prima della Cervara, si trova un luogo detto i Paraggi,a riva di un:canale ove sono molti mulini; Il monastero della Cer- vara } gia dei padri di s. Benedetto , fu fondato nel 1364 da Guido Scetten o settimo, (7) arcivescovo di ‘Genova, (7) Guido Setten fu genovese; e nacque! in; un paese, della Lunigiana. Fu amico e coetaneo del Petrarca; che.ce ne conservò 26 che' vi è sepolto. Vi alloggiò Gregorio XI andando a .Ro- ma nel 1376; e l’anno 1525, dopo la battaglia di Pavia, vi fu tenuto prigioniero il re Francesco I, che era con- dotto in Ispagna dai generali di Carlo V. Nei primi anni dell'impero francese vi soggiornarono ‘alcuni religiosi della Trappa: da indi in poi la Cervara restò abbandona- ta. Dopo questo antico fabbricato si trovano, in un picco- lo seno, il casale di Corte ed il borgo delizioso di santa Margarita. L’appalto della strada da Recco a Ruta, e quindi da Ruta a Rapallo, fu dato nel 1818. Da Genova a Recco la distanza è di 19230 metri, e quella da Recco ‘a Rapallo è 1 uk Recco e Rapallo sono stazioni di cambio, e a Rapallo è accordato un terzo cavallo. Dal foro ‘di, Ruta fino a Rapallo la discesa è amena' e ridente quanto altra mai. La ‘strada si ravvolge per buon tratto. tra fronzuti boschi di ‘castagni; dopo i quali si offre allo sguardo il sito pittoresco di sar Lorenzo della costa , ornato di bei Cipressi, e gran parte dei lidi e dei monti, che formano il golfo di Rapallo, fino a Sestri. A tramontana sì vedono del- le montagne sparse di olivi, e tra esse e la strada sono bellissime ville nella pianura; con una chiesa in mezzo, che appartiene all’ antico monastero dettò /7alle Christi. Da quando a quando si scopre eziandio l’antico ‘sentiero. il ritratto in una sua lettera al Boccaccio , sul di lui viaggio ad Avignone. Ecco la traduzione del passo che riguarda il nostro ar- civescovo:, Poichè le difficoltà della strada , la diffidenza nelle tue forze e gli ordini della patria non ti permettevano di venir da me, avrei almeno desiderato che tu visitassi l’ arcibescovo di Genova mio amico, con cui vissi familiarmente sino dalla ‘in- fanzia. Avresti veduto un uomo; idebole di corpo; ma. pieno di vigore nello; spirito . È un E5ande ospite in una casa, caduca : ne converresti se il conoscessi: è in somma un grand’ uomo. Cosa rara în tutti i tempi, ma più ancora nel secolo nostro. Ved. la opera dell’ abate de Sade : Mémoires sur la vie de Pétrarque, tom. 3. p, 663. i | | Fin qui la strada è sul pendio del monte da levante, e quasi sul di lui dorso; ma quando lascia alla destra la chiesa di san Lorenzo e le tre amene villegiature che. le sono alle spalle, passa precisamente sulla costa del mon- te, ed ha alla sinistra un terreno sparso d’ alberi di frut- ta d’ogni qualità. Da s. Lorenzo si scopre la parte destra del golfo , e si vede il monte di Portofino, che, degra- dando a poco a poco, presenta in fine l’aspetto di tre pic- coli colli. Fino alla chiesa della Costa la strada è al tutto deserta: indi scendendo a Rapallo s'incontrano varie case da una parte e dall’ altra. La tavola dell’ altar maggiore di San Lorenzo, ov’ è dipinto il martirio del Santo, è ottima dipintura di Luca Cambiaso , e i due quadri della risurrezione di Cristo e del convito di Cana sono di Lu» ca d'Olanda. La strada lasciando la costa discende sem- pre tortuosamente sul pendio de’ monti dalla parte del | mare; e se perde la vista de'primi oggetti a tramontana ed a levante, acquista molto più da mezzogiorno. Si aggira tosto sopra i seni di Corte e di santa Margherita , ed offre spettacolo veramente dilettevole. Si vede alla de- stra il monte di Portofino, sparso da questa parte di verdi ‘oliveti e di alti castagni; a faccia gran parte di golfo ;' al di sotto i paesi suddetti , posti in vaghi seni di mare, circondati da fertilissime ville, e tra le loro chiese parrocchiali il maestoso palazzo , già un tempo Durazzo, ora Centurioni. In quel tratto di'strada s'incontra un bel casino alla sinistra sotto un boschetto di roveri; e poco dopo , prima di voltare a destra , una gran casa rossa pur ‘essa dalsinistra. È questo forse il vero punto da cui sì può godere pienamente l’ incanto di simile prospettiva. Dopo alcuni giri su que’ colli, discendendo alla punta di Lan- ‘ganò ‘ov’ è il molo di Rapallo , si perdono di vista Corte e Santa Margarita , e apparisce in loro vece, lungo un piccolo seno, s. Michele di Pagana. Dalla punta di Lan- gano la strada discende a Rapallo; radendo una ‘collina 28 di castagni che sta a fronte al paese. Qui si: vede tutto Rapallo, il suo torrente , il suo ponte , i suoi orti, e sul ripido ed alto monte che gli resta alle spalle e che pre- senta tre cime, fra la seconda e la terza , il santuario de- dicato alla B. V. sotto il titolo di N. S. di Monte Allegro; per cui sì celebra, ogni anno e per tre giorni, con istraor- dinarie illuminazioni di terra e di mare , il ricorso del 2 di luglio. Il ponte sul Bogo è di elegante apparenza; ma quei tre suoi archi sono men alti del necessario , concios- siachè questo rivo raccolga l’acqua da più di.18 miglia di scoscese montagne , donde il letto del torrente è soggetto ad alzarsi. Rapallo è borgo assai popolato: ha bei fabbricati e comode strade: la sua chiesa parrocchiale è di tre navate. Dà il nome al golfo, formato dal monte di Portofino alla destra, e dal lido de’ paesi di Zoagli, di Lavagna e di Sestri, alla manca. Questo golfo fu già detto Tigulio, e Tigulia il paese, per testimonianza di Plinio. Nel 1079, mentre i genovesi stringevano d’ assedio Vado sul littorale tosca- no, i pisani, avendo spinto un’ armata per la riviera di levante, espugnarono e posero a ferro e a fuoco Rapallo, traendo seco loro le donne con le mani Jegate. Nel 1494 nella battaglia di Rapallo, in cui furono scacciati dal ge- novesato ‘gli aragonesi, combattevano fra gli altri, sotto gli occhi del Doge, 400 pretoriani, tutti gladiatori esimi, e famosi per duelli sostenuti con gloria. Nel 1549, il pira- ta Dragut espugnò e saccheggiò questo paese. Il celebre medico, Fortunio Liceti vi. nacque nel 1577. Fu questi professore in Pisa, in Padova; ed. in Bologna, . pubblicò molte opere di filosofia, di matematica e di medicina, e morì in Padova quasi ottuagenario. si Nel 1819 e 1820 si è costrutta la strada,da Rapallo a Chiavari. Si esce da Rapallo seguitando alcuni tratti di strada nel piano, e si ascende poi fino a s. Pantaleo, Poco lontano, sulla riva del mare, è il paese di Zoagli, i cui 9 abitanti sono dediti alla navigazione. Il sito è montuoso , con piccola spiaggia. La strada lascia questo paese alla destra, e passa , a certa distanza, il di lui torrente con un arco di grande apertura. Qui la strada, lasciando le belle coltivazioni a viti e ad ulivi, è condotta sopra burroni che minacciano ad ogni istante caduta, e sotto dirupi che la ingombrano di sassi e di terra. La più infe- lice tra le nuove strade della riviera si è questa fra. Zoa- gli e Chiaveri; mentre la prima fra Rapallo e Zoagli, sebbene passi sovente fin sulle punte che sporgono in ma- re, è però sempre sui ciglioni dei monti che le servono di parapetto. Ad un miglio a levante del rivo di Zoagli, sotto la parrocchia di san Pietro di Rovereto, havvi un banco enorme di terra, ed è bisognato aprirvi il passo con due trafori. I loro strati verticali si smossero sin dal principio, epperò vi furono costruiti due volti come alla galleria di Ruta. Dopo il secondo traforo la strada è di nuovo sul mare, ov'è il muraglione detto della Chiappa. Internasi quindi nuovamente, e ricompare al lido con viva ‘ascesa al capo s. Sebastiano. È questo capo, ove pas- sa la strada, di semplice terra : il perchè sono necessari forti basamenti, e mura di sostegno sopra e sotto di es- sa. La discesa al capo di Bello sguardo, a levante della chiesuola delle Grazie , ha due punti di viva inclinazione, ove è necessario l’ aiuto del terzo cavallo. All’ingresso di Chiavari , presso il ponte di Rupinaro, si sono abbattute alcune case, ed altre se ne tagliarono, onde non defor- massero la strada, che offre per mezzo miglio una linea retta fino alla piazza di san Francesco. Prima del borgo di Rupinaro la strada lascia alla destra gran parte di un folto pineto. La parrocchia di Rupinaro fu già com- menda dei cavalieri di Malta. Chiavari o Chiaveri è città molto popolata, con bel. li edifizi, ampie piazze, e strade con portici a loggia. Ha una bella collegiata, vi sono pubbliche scuole, uno spe- do dale ed una società d’incoraggiamento per le manifatture, É patria di Gregorio Giuseppe Solari , celebre nelle ma- tematiche e nelle lettere, che diede dl Italia in altret- tanti versi le opere di Viball e di Orazio, e le metamor- fosi di Ovidio. Sortì qui pure i natali Luca Andrea Solari, non so se miglior professore o cittadino, al quale nel 1820 la gioventù che egli erudiva nelle leggi, la gioventù sin- cera , e liberissima estimatrice del vero merito, decretò spontanea ed unanime i funebri onori. Da Elan ari per andare a Lavagna si varca il fiume di questo nome, det- to pure l’Enzella. Nella Divina Commedia, al canto XIX del Purgatorio , papa Adriano V, della famiglia dei Fie- schi, fa così menzione di questo fiume: Intra Siestri e Chiaveri s’ adima Una fiumana bella , e del suo nome Lo titol del mio sangue fa la cima. Ed in fatti la sua famiglia traeva origine dal paese di Lavagna, di che i Fieschi erano conti, e che nell’ anno 1198 cederono alla repubblica di Genova. Le passeggiate di Chiavari dalla parte di levante sono amenissime. Se- guitano il corso dell’ Entella, sempre in pianura, fra pioppi altissimi, e rammentano, tranne le strade più strette, le famose Cascine di Firenze. Avanzandosi lungo il fiume, alla distanza di più che un miglio dal mare, tro- vasi l’antica chiesa di san Salvatore, ove dicesi arrivasse il mare, e fossevi un porto di quel nome. Le strade del- l’ Entella portano alla grossa borgata di Lavagna. La sua chiesa parrocchiale sì per la sua costruzione, sì per la ric- chezza dei marmi, è la più bella della riviera. Tra Lavagna ed i Cavi, due miglia dentro terra, sono le colline donde si estrae l’ ardesia. Non sarà discaro al lettore udire in succinto la descrizione dei luoghi che forniscono le lastre, dette in volgare genovese chiappe. Alle spalle di Lavagna s’ innalza una collina, che divide- sì in varie altre, cui sta sopra il monte san Giacomo, al. 31 to sul livello del mare quasi due mila piedi. In tutte que- ste colline sono cave di ardesia, e le migliori sono quelle dette di s. Giulia e di Cogorno, a mezzo cammino tra Lavagna e la vetta di san Giacomo. Altre cave di ardesia si trovano sul colle di Nostra Signora di Munte Allegro, in vari luoghi di Sestri; e se ne rinvengono nel monte di Pignone; ma di gran lunga inferiori a queste di Lavagna. Le così dette Chiappare sono ora una 50.2 , e molte se ne vedono di abbandonate dagli artefici. Si entra in queste cave per una o più aperture coperte, che superano di poco laltezza di un uomo, ed hanno larghezza bastevole a che gli operai entrino ed escano senza scambievole inco- modo. I minatori preferiscono di scavarle orizzontalmen- te, e le più profonde arrivano a circa 100 palmi. Termi- nano esse in una sala in cui possono capire circa 50 per- sone, e talora per impedire ogni avvallamento, si mettono ad ogni tanto nella strada coperta delle colonne di pietra. Si entra nelle cave col favore dei lumi ad olio, ma vi risplendono essi a pena tanto da diradare le tenebre: ta- lora si è obbligati a fuggire, perchè quelle stanze sotterra- nee si riempiono d’ acqua : spesso sì corre pericolo di re- starvi schiacciati dai massi sovrapposti, e di esservi se- polti vivi, chiudendosi la bocca della cava. L' ardesia si trova disposta nelle cave a’ strati orizzontali, colla incli- nazione al S. O., e divisi fra loro o naturalmente, o da pietre o terra frapposte. Gli operai staccano a forza di picconi e di coni le lastre che vogliono lavorare , e che, fendendole dalla parte superiore secondo la direzione degli strati, dividono poscia in lastre sottili. Sono impie- gate alle cave circa 4oo persone, tranne le donne che portano le lastre al paese, e gli scarpellini che vi danno l’ ultima mano. L’ ardesia serve a coprire i tetti, a fascia- re le cisterne ed i pozzi per l'olio, a formare dei truogoli e dei pilastri, degli architravi, e de’ quadrelli per le stra- de. Sulla lavagna si dipinge a olio ed a fresco. Il bel qua- 32 dro di Pellegro Piola, che si vede in Genova nel vico de- gli orefici (38), e che fu cagione della violenta morte del suo autore, è dipinto su questa pietra. Si fa commercio dell’ ardesia per tutta l’Italia ed in Ispagna, nella Sicilia e nella Sardegna. L’ardesia nelle viscere della terra è tanto dura quante all’ aria aperta ; ha però nel primo sta- to maggiore facilità di dividersi in sottili laminette, oltre un colore più oscuro, a cagione della umidità che regna in que’ sotterranei. Il sottil polverio che si solleva dalla lavagna , e che è respirato dagli scarpellini, li rende sog- getti a frequenti malattie di petto. Gli artefici che la ta- gliano nelle cave, ove la polvere è pochissima , non sono soggetti a questo inconveniente; ma e pel difetto della luce solare , e per l’umid'aria in cui vivono , perdono il colorito del volto, e sono spesso molestati dalla idropisia, dalla perdita delle forze muscolari, e dalla debolezza del- la vista. Perciò gli artefici sono vecchi passato che abbiano i 40 anni, mentre gli scarpellini aggiungono ben sovente la età ordinaria dell’uomo. Chi bramasse conoscere l’ana- lisi e la fisica descrizione dell’ardesia, può leggere la bel- la memoria dettata dal professore Antonio Mongiardini su questo argomento, ed inserita a carte 247 nel 2.° volu- me dei lavori dell’ Istituto ligure. (8) Il giorno 25 novembre del 1640, in cui era stata esposta al pubblico quest’ opera del Piola , allora in età di 23 anni, fu egli invitato alla sera da alcuni amici a passeggiar seco loro. Dopo breve giro vennero questi tra loro a contesa, ed all’armi. Pelle- gro nel ritirarsi dalla mischia , in che non avea parte di sorta , fu mortalmente ferito. Morì nel giorno seguente, e fu attribuito il delitto all’invidia di alcuni uomini dell’arte. — L’ottimo amico mio Giuseppe Piaggio incise di recente questo quadro del giovine pittore, e n’ha il doppio merito di sodisfare al desiderio del pub- blico, e di essere primo a rendere sì bell’ omaggio alla memoria del suo infelice concittadino. Rappresenta il quadro la Vergine con in grembo il Bambino , ai piedi San G. Batista, e S. Eligio in disparte . 33 | Chiavari è stazione di cambio. Da Rapallo a Chiava- ri vi è 1 posta e 374, e la distanza è di metri 12378. Dal- la piazza di s. Francesco la strada passa sul magnifico ponte di legno, lungo da 450 palmi, che è forse la più bell’ope- ra che facessero i francesi nella Liguria. Passato il ponte sull’ Entella la strada è sulla spiaggia del mare, e va qua- sì in linea retta fino alla punta della chiesa dei Cavi. A poca distanza di essa è il paese in riva al mare. I cavi di Lavagna sono poche case, in luoghi folti di abeti e di pini. Lavagna (il Borgo ) rimane alla sinistra della stra- da passato appena l’ Entella. Dopo i Cavi sono le roccie del monte di sant’ Anna. Questo passo fu per ia prima volta aperto dai francesi nel 1810, e da quel tempo sì è ogni anno lavorato onde impedire il divallamento degli enormi massi che sovrastano alla strada, e che cadendo da quando a quando la ingombrano. Gli attuali lavori danno speranza di poterne ottenere una sicurezza defini- . tiva. Nel tempo in cui i francesi aprirono questa strada a forza di mine, tentarono pure di aprire lungo il lido una via tra Zoveli e Chiavari; ma essendo ivi troppo are- noso il terreno, divenne impraticabile poco. dopo la sua apertura, e appena ne restano leggeri vestigi. Girato il monte di sant’ Anna entrasi in capo al ridente seno di Sestri. La strada antica passava da Casazza, donde comin- cia la salita dei poveri, che ripida, angusta e scoscesa, termina molto prima del Bracco sulla strada attuale. Si è ora prescelto il giro più al mezzogiorno dal paese di Trigoso: sì traversa l’;estremità del paese di Sestri, lungo il torrente Gromolo sino al ponte di santo Stefano, e di là volgendo a destra, e varcato il bel ponte sul torrente Petornia, si entra in Trigoso , da dove la nuova strada si avvia al Brico Questo tratto dal Gramolo al Petornia è ‘antico, e benchè siasi reso più largo e più comodo, è però sempre malagevole in tempo di pioggia. Sestri detto di Levante, per distinguerlo da quello T. XII. Ottobre 3 34 ca ni dell'altra riviera, è nobile borgo, chiamato da Plinio, Segesta Tiguliorum. È diviso in due parti: una è sul lido «lla foce del Gromolo, l’altra è sopra una piccola penisola munita dalla natura di ripidi scogli, e dall’arte, di un recinto di mura e di uh forte castello. Fra la‘vicina punta di Manara e la penisola , ove ora la spiaggia è mal sicara, vi fu già il porto di santo Stefano. Il golfo di Rapallo veduto. da Sestri è forse di maggior effetto. che veduto da san Lorenzo della Costa, e dalla punta di Lan- gano: nulla uguaglia per altro il diletto che provasi da chi lo traversa per mare. Vi sono in Sestri alcuni conven- ti, varie chiese ed uno spedale. Nella parrocchia fu posto da più d’un anno un bassorilievo del genovese sculto- re (9) Giuseppe Gaggini: rappresenta l’Amicizia che pian- ge sulle ceneri di Maria Brignole Balbi, e vi si ammira quella ben intesa imitazione della natura, la quale non illude, ma appaga, non d'improvviso sorprende; ‘ma sì ‘fa strada al cuor dolcemente, e mette il ‘diletto nelPani- ma. Il territorio di Sestri è una bella pianura abbondan- te di agrumi e di frutta d’ogni qualità, d’ortaggi, legu- mi, di grano, d’olio e di vino. Se non che in generale dal Bisagno fino al Gromolo quasi tutti i' paesi sono ‘ugualmente fertili, ugualmente ‘sparsi di belle villeggiature, massime sino a Camogli; e tutti im una distinti fra loro per qualche bella mamifattura ‘0 per la eccellenza. di qualche prodotto del suolo. Quarto, la Castagna, Quinto e Sori, paesi (9) Ecco la bella iscrizione del prof. Gagliuft , che è sulla tomba: Maria. Francisci. F. Brignole — Domo. Genua — Vixit. annos. XXVII. Quievit: Pisio: XII. cal. Mart. MDCCCXXI. — In. hoc: Sacello —.Quo. diebus. ad.:rasticandum, datis — mirifice. delectabatur — composita. est. ex. pietate — Thomae. Balbi. co- njugis. et. Joannae. matris. et. Jacobi. fratris — Lagent — Fran- ciscus. et Jacobus. filii — Alter. septennis. alter. triennis. minor — Infeliciores. essent. si. scirent— Quam. parentem. amiserint. 35 Re: 4 una temperie d’ aria dolcissima abbondano in ogni tempo di fiori, e le sovrastanti montagne sono ARI uliveti. Nervi sembra tutto un giardino sparso di limoni e d’aran- ci. A Recco si filano i lini con arte singolare , e ne è noto il bel refe col nome di fil di Recco. A Camogli son frutta di squisito sapore. A santa Margherita e a Rapallo si lavo- rano, trine e merletti d’ogni maniera, ed una gran parte della popolazione. sì, occupa in Seti ed in Corsica nella pesca dei coralli. Nel golfo di Rapallo si fa ogni anno una ricca pesca di tonno, la quale sarebbe pratica- bile anche nel golfo della Spi e nel seno di Noli. In Zoagli gli abitanti sono ottimi tessitori di dommasco e di ot A Chiaveri si fa gran commercio della teleria del Tuogo. A Lavagna , oltre galli scavo dell’ardesia , gli ‘abi- tanti sono eccellenti marinai, ed hanno delle grosse navi, A Sestri sono stimatissime le fabbriche di cera, le paste ‘che vi si lavorano, e le conce de pesci che si esitano mel Parmigiano. N [OSS (Sarà continuato) Or. BO Nel precedente articolo ‘inserito ‘nel gn di aprile sotio corsi i segueoti errori di stampa. : i Ca SI » Errata [bi Corrige p.;14. lin. (28... il ‘casale di dora il casale di d8dfgi n 339» 7, ra Bazzi 9 Tra Borzi 111138;,,17,,29; 1,6 dovette Pasti, ed ebbe riempito il , suo porto e ec i DIL d EM blini n : ;b 33 , La, Garzo,, vicino: a . l Gazzo vicino a Lp Dar du 4 : A gi 0133 nice 36 piiastà Osservazioni sull’ origine e progressi dell’ arte d' is<’ truire i Sordo-muti dalla nascita. Dacchè l’ab. di Condillac stabilì con quella precisa chiarezza che lo distingue, che il linguaggio è uno stro- mento d’ analisi, e che non serve esso solamente a mani- festare altrui le nostre idee, ma ancora a produrne alcune ed a fissarne altre moltissime; dacchè i successivi scritto- ri determinarono il grado d’influenza che i segni esercita- - no sulle idee, e Tracy e Degerando, e La Romiguière ed altri riposero le lingue tra i primi mobili della nostra in> telligenza , le scienze ideologiche hanno preso la direzione verso un genere d’utilità, che non avevano avuta sicura- mente nei secoli precedenti. Ma mentre gli scrittori han- no atteso moltissimo ad ogni genere d’argomento che poteva perfezionare la sublime teoria del linguaggio , uno ne hanno a senso mio trascurato, che era sopra ogni altro atto a provare la verità delle nuove dottrine, ed a formarne la parte sperimentale. Il sordo-muto dalla nascita è forse il grande argomento veemente della verità della teoria del linguaggio: egli è nel tempo stesso il solo istrumento per osservare e sperimentare in questo genere di cose no- bilissime, il solo mezzo per produrre un numero grande di fatti che rendano sperimentale propriamente la scienza ideologica: ed io che per disposizione e munificenza del clementissimo e mio ottimo PRINcIPE .ho di questi infeli- ci la cura, e sento per essi quella speciale affezione che a noi ministri dell’ Evangelio pare per un corso di secoli parti- colarmente comandata dal Cielo, mi dolgo che i primi tra gl’ ideologi abbiano trascurato di prendere cognizione della loro causa, che non è la causa solamente della uma- nità, della religione , e della politica, mentre è diretta a convertire de’ consumatori dannosi e brutali in uomini industriosi, intelligenti, e virtuosi cristiani, ma è nel mio. concetto la causa della buona filosofia. Io vorrei quindi 37 eccitare i filosofi a considerare particolarmente i sordo- muti, e istituire su di essi le osservazioni e l’ esperienze più utili sull’ origine, sulla generazione, sul progresso del pensiero , sul mezzo di favorire con esso lo sviluppo e la perfezione dell’uomo intellettuale e morale : ed a questo grande oggetto ho pensato di ripigliare in pochi cenni la storia dell’istruzione (1) de’sordo-muti, per tirare le prime linee, comunque rozze, e per mostrare quel che si è fatto per gl’infelici sordo-muti, e per paragonare tempo per tempo i fatti coi risultati, e per vedere ciò che resti da fare, e per trovare chi mi aiuti tra gli amici della sapien- za e della umanità a fare ciò che è possibile, e ad applica. re utilmente le dottrine e gli esperimenti alle rimanenti parti del sapere, e singolarmente alla ideologia e alla pe- dagogia . Quantunque io abbia molto cercato, non mi avvenne fin qui di riscontrare tra gli antichi traccia di questo modo d’ insegnamento. Era la dotta antichità sulla strada della scoperta: essa nelle maravigliose sue scritture di verso e di prosa usava veramente il linguaggio come uno stru- mento d’analisi : conosceva mirabilmente le varie specie di traditiva, per servirmi della parola di Bacone; e niuno meglio degli antichi ha mai adoprato il grande istrumen- to del linguaggio di azione. Gli antichi mimi erano certa- . mente ben da più de’ moderni ballerini de’ nostri teatri ; lunghi e complicati drammi si rappresentavano da essi parlando agli occhi solamente dello spettatore, ed era il loro parlare per gesti sì analogo, sì metodico, sì analitico, che noi sappiamo per la storia essersi chiesti alcuni di costoro da un re straniero per condurgli con sè, ed istitui- (1) Seguirò in questa parte sino all’epoca del Pereira (facen- però que’ cambiamenti , mutazioni ed aggiunte che crederò op- portune ) il celebre ab. Andres, che nella lettera alla sig. Donna Isabella Parreno ha raccolto le più interessanti notizie che spet- tano al presente argomento. 38 i re per tono mezzo utili comunicazioni tra vii suo, o, regiio e. i popoli barbari.che avea dattorno, c ‘che non. ‘avevano co” suoi sudditi comunione 0 commercio di lingua parlata. Ma gli antichi non eransi occupati gran fatto della teoria del linguaggio: contenti della loro i immensa ricchezza, super: bi dell'armonia e della docilità della lingua ‘che posse- deano, la credevano al dire di Platone quasi discesa dal cielo, e contenti (di usarne, non cercarono sottilmente lc ori- gine e la natura di lei. Arictotilo infatti fu di sentimento che i sordo-muti dalla nascita potessero emettere un arlo, ma non mai articolare alcuna parola (2). Nè vediamo pres- so alcuno de’ filosofi. i quali vennero dopo di esso finchè la vandalica ignoranza ricoperse CE Europa , » ‘nè, dop Ò il risor gimento delle scienze, sia stata maî ‘smentita RED à Dini Ponce spagnuolo così fatta asserzione: la quale co- sa a parer nostro è una prova presso che invincibile del- l’ignoranza' dell’ arte di dare la loquela, a'nati sordo- ‘muti, poichè non potrebbe mai supporsi, ‘che essendosi abiece- dentemente scoperta, non sorgesse qualcuno il quale hon avesse notato lo sbaglio, d’ Aristotile, autore, che drovavasi nelle mani di tutti, e che aveva tanta auiorilà ‘nelle scuo- le, nè che se ne sia perduta la traccia dopo.) il risorgi- mento delle lettere. sp pula "i primo | fra. Ì sordo. ai che mostri di essersi istrui- to, ‘s incontra. al tempo dell’ olandese Ridolfo A ricola. [Upi PI (3) Ei, ci narra di. aver veduto, senza dirci se in Oland: la ) IG. ì PEXL È È Vi Ì i i È} DES ivi n LI oli inesido “ziezzo sita al 14 dmn ve for slo ©) Qui/surdi, nati sont, postquam, adoleverunt, vocem squi- dem omnes emittunt: et sermone?» nullum. ZZistor. animal. po ": (3) Nacque dalla famiglia degli Agricoli circa il 1442, in un aggio cognominato ‘Rafflon distante due ‘miglia’ ‘da Groninga: morì, nel 1685) a’,18 d'ottobre, e fu sepolto in Haidelberga.” — A tre, libri. de inventione dialectica, stampati la prima, ‘volta; nel 1516, sono il suo capo d’ opera.’ V. Bayl. art. Agi ric. . Adam: "Vit: German: philosoph; cd altri. sera } 39 oin Italia, (4) o in altro luogo mentre che viaggiava, un sordo-muto , il quale avea imparato ad intendere tutto quello che da altri scrivevasi, ed esso medesimo al pari di chi sapeva parlare, scriver poteva i pensieri della sua mente (5). Ma questo essere che, isolato e solingo in mezzo alla moltitudine, circondato da un profondo iui che ovunque e continuamente lo accompagnava , in qual mo, do pervenisse ad acquistare le prime idee; se, per mezzo di precettori sistematicamente, 0, per fortuite combinazio; ni di\circostanze che difficilmente s'incontrano si promuo+ vesse ed aiutasse lo sviluppo delle sue facoltà intellettuali, e s’istruisse nell’arte di comunicare altrui i suoi propri pensieri, dal citato illustre scrittore non vien fatta men- zione. \.Ma come ali sento obiettarmi, rimanesse quest’arle quasi che in una totale oscurità; al segno di essere appena conosciuta da pochi? A ciò, ‘a parer nostro, potrebbe rispou- dersi che quest'arte potevasi generalmente riguardare co- me-un' oggetto d’ inutile curiosità: filosofica’, infecondo di conseguenze ; ‘e non atto a darci cognizione veruna intor- noialla storia dell’ umano intelletto , sulla quale rion ave ‘va per anco la speculazione e l’esperienza gettato, quellà luce, che cominciò a diftondersi soltanto ne’ tempi poste- riori, e che è indispensabile onde si apprezzino quanto. si ‘meritano que’ fatti che. possono poi coadurci. all’ analisi dell’uomo morale. Ma questo argomento da noi presentato ‘come puramente ipotetico; viene a combinarsi in argormneni ‘l (4) Dimorò: due anni‘in Ferrara; ove insegnò it'latino, im- parò il greco ;.e; studiò!la filosofia sotto Teodoro Gazza. Na Bayle. «14 c. Adam. lic. ec. (O) Qua in re ut miracula transeam, quae vidi , surdum a ee vitae annis, et quod « consequens est mutu, didicisse tamen t quaecumque scriberet aliquis iutelligeret , et ipse quoque tam. ‘quam loqui sciret, omnia mentis'cogitata' perscribere posset: Agric* .jAe.invent. 1. 3..c. 16. p. 1289. dicrcbia ii to di fatto, riflettendo a quello che in seguito abbiam veduto accadere rapporto a quest’ arte medesima, la qua- le in pochi anni non solo fu abbandonata , ma se ne per- dè affatto la memoria, di modo che ogni qual volta tor- nava a risorgere, cagionava tanta maraviglia come cosa non veduta mai nè sentita. E procedendo più oltre, non è forse vero che anche a’ dì nostri il nome di de 2’ Epee da per- tutto risuona come quello d’inventore del vero metodo d’istruire i sordo-muti dalla nascita? — Pretendono alcu- ni che s’inventasse in Italia l’arte di dare la parola a’ sordo-muti, ma tutte le ricerche ed indagini che abbiamo noi fatte per assicurarcene riuscirono infruttuose, e con nostro sommo rammarico abbiam dovuto rinunziare in questa occasione alla speranza di rivendicare alla nostra patria questa bella scoperta. Dopo il fatto. però , riferito così nudamente come abbiamo veduto dall’Agricola chesi trattenne per del tempo in Italia, noi troviamo che nel secolo decimo sesto da Pietro Ponce di Leone'in Ispagna, virtuoso e modesto monaco benedettino del monasterodi s. Salvadore d’Ogna, fu inventata e resa palese nella sua scuola l’arte d’insegnare a parlare a’ sordo-muti, e d’istru- irli in ogni sorta di studi. E in quanto all’avere il Ponce insegnato a parlare a questi infelici, ne abbiamo una locu- lentissima testimonianza nella seguente partita del libro necrologico appartenente al monastero di s. Salvadore d’ Ogna, ove il Ponce morì, e riportata dal: benedettino Feijoo « Obdormivit in Domino frater Petrus de Ponce hujus Omniensis domus benefactor, qui inter caeteras virtutes, quae in illo maximae fuerunt, in hoc praecipne floruit, ac celeberrimus toto orbe fuit habitus; scilicet mutos Da docendi. Obiit an. 1584 mense Augusto.» Che oltre a trovare il modo d°’ insegnare a parlare a’ sordo-mu- ti avesse potuto anche pervenire ad abilitarli in ogni sorta di studi e di discipline , costa da due pubblici istrumenti legalizzati nel medesimo monastero dal notaro Giovann; 4t Palacios in agosto del 1578, i quali furono legalmente ri- messi al Feijoo dallo stesso padre generale dell’ ordine, fra Iniago Ferreras (6). « In uno di questi s' instituisce dal Ponce una cappelania, ed altre opere pie co’ danari ricevuti dalla marchesa di Berlanga, e da don Pietro | Velasco, e da altri principi e signori per avere loro in- segnato a parlare quantunque nati fossero sordo-muti, e per averli resi capaci d’ ogni istruzione che al grado Tor conveniva ». Si fa una particolar menzione nell’ altro delle molte cose che sotto la direzione del Ponce que’sor- . do-muti imparavano: « parlare, leggere, scrivere , l’arit- : metica, «la dottrina cristiana, le lingue latina, greca e italiana, oltre la nativa spagnuola, fisica e astronomia, storia patria e straniera , politica , e ogni genere di disci- plina.Porgli in istato di diventare ecclesiastici e militari , e di entrare nel dominio de’ beni e feudi paterni, erano i frutti della scuola del primo inventore di quest'arte, il religioso e modesto monaco Pietro Ponce ». Alla autenti- cità di tali documenti sì aggiunge ancora l’ autorevole te- stimonio di vari illustri scrittori dello stesso secolo e della stessa nazione. Fra Giovanni da Castanizza nella storia della vita di s. Benedetto, facendo menzione della singola- re virtù del Ponce ci dice: « che contro l’asserzione d’Ari- stotile, aveva egli scoperta per una vera filosofia la possi- | bilità d’ insegnare a parlare a’ muti, e lo provava in un ‘ libro che aveva scritto su tal argomento, e che quei che | umanamente non potevano udire, li faceva udire, parlare ed imparare la lingua latina ed altre, scrivere e dipingere, ed altre cose, come n’ è testimone don Gaspero di Gurrea figlio del governatore d'Aragona suo discepolo, e alcuni altri (7). Che parimente non pochi sordo-muti appartenenti a (6) V. Andres. I. c. Fey: T. 14. p.95. Fabr. Giorn. delett- T.53. (7) V. Niccolò Anto. Bibl. De T. a. p. 1833. Roma 1672.— Andr. I. c. 43 3 signorili e magnatizie famiglie; siano stati istruiti dal Ponce ; lo attestano monumenti autentici da sè stesso la+ sciati (8); su’quali non può cadere eccezione, avuto: riguar: do alle sue molte ed ‘eminenti virtù. È degno pure di es ser letto ciò che si trova scritto a tal proposito in Ambro- gio di Morales (9), conosciutissimo scrittore; il. quale ‘ci racconta: « che il Ponce insegnò a ‘parlare a' dle fratelli e ad una‘ sorella del contestabile di Castiglia sordo-muti; e tra questi Don'Pietro:da Velasco, che non'giunse‘all’an- no ‘vigesimo dell’ età sua; recava maraviglia' come» egli avesse tante cose imparato. Oltre la sua lingua vernacola) parlava e scriveva in latino senza solecismi; e talvolta anche ‘con ‘eleganza, e scriveva. pure con caratteri greci (10). Dallo stesso Morales viene riportato in biglietto serit: to di propria mano dallo stesso idon Pietroy'in'cui'rispon: de alla domanda fattagli intorno a quell’ arte e alla: forma con cui egli l’aveva trovata così utile. Soggiungevin'fine) «che non sembra sia stato.mai:stampato quelilibro; che il | Castanizza' aveva detto essere. stato. scritto su ‘Quest’ arte dal Ponce 11)». Oltre i già mentovati ‘ed'altri ‘scrittori di . quell'età che vanno .per'le mani di tutti e:chessintrovano . quasi: da per ‘tutto; (12)‘anche;il rinomatissimo Niccolò Antonio nella sua biblioteca spagnuola (1 3); lasciò ‘scritto Ù li TV. SI Fat RIPARO 29 RVATA, dda Ù%) Vi Amdr. I è. j varni So tb > (9) {In descript. iivvon fol. 38(Andr: 1. ca Nic. Anton. e. (10) L’Andres, traduce ,, e iche, scriveva altresì in greco. A. m sembra però che passi molta differenza dallo scrivere in greco, ‘allo scrivere con caratteri propri della lingua' greca. Di sopra hà ‘detto ‘lo stesso autore. pe scribebatque Vatina. So A ld e: scriveva in latino. ACE 0 10 ìcuovog dot :(11);Il Perez tdliae che. il ero non; pensò mai, d° insegnare ad altri quest’ arte. Ma è più facile che sia caduto în errore il Perez, più moderno del Castanizza ; può scusarsi però non n essendo ‘mai venuta alla ‘luce 1’ opera del Ponce. i) (12) Andre. e quit. 16 UL (13) Art. Petrus Ponce. dici | 43 che « fra Pietro Ponce monaco benedettino del. conven- to dis. Facundo ( volgarmente sahagur ) nel secolo pas: sto trovò: l’arte d’insegnare. a’ muti ‘a parlare y seri vere, la grammatica e la lingua latina, la qual cosa Ari: stotile (1. 4. de hist. animal. c. g.) per natura: essere cosa impossibile giudicò. Ma il nostro. monaco , con metodo filosofico, e quello che molto. più importa, con l’ espe- rienza, dimostrò il contrario » . Il sin qui detto ci sembra bastevolmente provare che la notizia della invenzione del Ponce e la fama de’ suoi prodigiosi sforzi .non-poteva fare a meno di) propagarsi, non tanto per la novità del feno- meno, quanto ancora per la ‘nobiltà. e grandezza de’ perso- naggi ‘che egli istruiva: Che se poi hanno parlato di que- DA invenzione medesima! vari conosciutissimi scrittori di que "tempi; se il Ponce secondo i documenti ‘che abbia- mo ‘già riportati e che'da molti anni in qua son pubbli- cati nell’ opera assai comune del benedettino F eijoo (14) , rendeva così abili e così eruditi i svoi allievi, non sappia- mo comprendere come mai Ì posteriori scrittori i quali di quest'arte han trattato ; non parlano ‘punto nè poco del Ponce; e come :gli Enciclopedisti assai superficialmente’, per not ‘dir con disprezzo, ne. ragionano rapporto soltanto ‘all’invetizione dell’arte d’ insegnare a’ sordo-muti ‘a’ pr lare; notarido unicamente che un certo religioso, ((ed è credibile che' sia‘ Pietro Ponce spasnuolo ) abbia inventa- to l’arté di dare a’ muti la parola; ‘non citando che il :Wallis e Amman; e nessuna differenza facendo tra essi ,e il monaco spaguuolo, che oltre «ad esserne stato l’inven- itore.; andò ;anche più innanzi di loro. ava tosti "A gli scrittori che hanno fatto menzione del Ponce, si ‘aggiungono ‘dall’ Andres anche il medico Stefano Roilri- guez. de Castro , ed il cav. Digby. Egli è d’ opinione che ne abbia a il piso nel suo commentario al libro die di uil ERI y È PT La : : w Gi (14) Audr. l. c. i ro ga a Muro) oo) 44 | d’ Ippocrate (de alim. sect. 2.), ed il secondo nel suo trat- tato della natura de’corpi (c. 28. n.° 8.). Ma'ci sembra che non possa avere gran peso questa sua asserzione, per quan- to almeno si conosce dal contesto de’ due mentovati scrit- tori, e dal confrontare le diverse epoche loro con quella del Ponce. Il Rodriguez (15) nella citata opera stampata in Firenze nel 1635 così si esprime: « Mihi relatum est ab illustrissimo equite Puteano redeunte ex Hispania il- lic nuperrime artem inventam esse, qua istiusmodi muti docentur loqui, immo esperimento fuisse comprobatam : ipse vero Zibrum de hac arte afferebat, quem. mihi ostendere non potuit , quoniam eum cum reliqua suppel- lectile in navigio Romam transmiserat». Ora chi oserebbe affermare che il Rodriguez qui parlasse del Ponce? Se egli avesse avuto in animo di parlarne, non lo avrebbe forse personalmente nominato, giacchè per il corso di circa 25 anni era stato suo contemporaneo? Il Ponce ave- va già compiuta la carriera di questa vita mortale nel 1584, eil Rodriguez passato in Italia dopo il 1586, fu no- minato professore della università di Pisa nel 1617, e pubblicò in Firenze il suo commentario , come abbiamo veduto , nel 1635. Nello spazio dunque che rimane tra queste due epoche, seppe il Rodriguez dal cav. dal Pozzo reduce dalla Spagna « illic nuperrime artem inventam esse, qua etc: » l’espressione pertanto nuperrime non può sicuramente riportarsi ad un’epoca assai più remota (16) (15) Nacque a Lisbona nel 1559, o come vogliono alcuni nel 1562. Si laureò nel 1586; passò in Italia, e fu professore in Pisa con l’onorario di sc. 700. Occupò la sua cattedra per lo spazio di anni 22, morì nel 1637 secondo alcuni, secondo altri nel 1640. Fu stimato assai come poeta molto più che ordinario, e come buonissimo filosofo; come medico poi fu chiamato la Fenice della medicina. V. Fabbr. Ist. dell’Accad. pisan. T, II. Biografia, univ. ed altri. (16) V. i due già riportati pubblici istramenti legalizzati dal notaro Giovanni Palacios in Agosto 1578. ; 45 ‘qual’ è quella anteriore al 1584, nel qual tempo cessò di vivere il Ponce. Quanto poi al libro che dalla Spagna avea portato seco il dal Pozzo, neppur questo noi credia- mo che appartenere possa a fra Ponce , poichè abbiamo già veduto, che secondo il Morales, il libro di cui par- la il Castanizza, come scritto dal mentovato Pietro Ponce, «sembra che non abbia mai veduto la luce, nè sappiamo che in seguito sia stato mai pubblicato. Noi per questo inclineremmo a credere che ‘il contesto del Rodrigues sia da riferirsi al Bonet anch'esso spagnuolo, e non al Ponce, e che il libro il quale aveva portato seco il dal . Pozzo appartenesse al Bonet medesimo, da cui era già ‘stata pubblicata un’opera ad istruzione de’ sordo-muti nel ‘1620, epoca compresa fra il 1617 e il 1635 ,'( nel qual tempo fu professore il Rodriguez a Pisa) e alla quale co- me più prossima si possono naturalmente riferire le espres- sìoni nuperrime artem inventam esse etc. + Quanto poi all’avere l’ab. Andres opinato che il cav. Digby parli del Ponce nel surriferito capitolo del tratta- to della natura de’corpi, noi vogliamo credere che sia stato indotto in tale opinione dalla traduzione che fece il Lanis, non già per intiero, di quella parte che ri- guarda il nostro soggetto, e dall’ Andres stesso trascrit- ‘ta nella citata lettera alla sig. Parreno, avendo egli omesso, per quanto sembra, di consultare l’autore nel pro- priò originale. Che se usata avesse una tal diligenza, sareb- besi egli assicurato che nel Digby, come nel Rodriguez, non s’ incontra neppure una volta il nome del Ponce, e solamente vi si legge che « ur certo monaco spagnolo si offeri ad insegnare non solo a parlare, ma anche ad intendere le parole degli altri al fratello minore del contestabile di Castiglia, sordo-muto dalla nascita in modo , che non udiva neppure una bomba sparata vicino alle sue orecchie ». La narrativa di questo fatto è in con- tradizione con quello riferito dal Morales, che realmente 46 nomina il Ponce, il quale aveva istruito dia fratelli. e una sorella del contestabile di Castiglia, enon il solo fratello minore ceme si legge nel Digby. Questi afferma di aver più volte parlato con quel nobile spagnuolo, senza che gli abbia fatto conoscere di contare nella propria fa- Risa altri compagni dello stesso infortunio. Eppure que- sti infelici sono natural mente inclinati a manifestare (quan- do sono. in grado di farlo ) agli altri anche non pria ve- duti nè conosciuti, per poco che a lor si avyicinino con segni esteriori di amorevolezza e di benevolenza, quanto ha con essi il minimo rapporto: tanto ci dimostra l’ os- servazione ela giornaliera esperienza. Il Morales inoltre, che entra in qualche dettaglio sui tre sordo-muti della anzi- detta famiglia, in quella guisa appunto che nomina don Pietro da Velasco per la sua più che ordinaria istruzione, (17) non avrebbe forse per la particolarità del fenomeno, nominato anche quei che non sentiva l’ esplosione d’ una bomba sparata vicino alle sue orecchie? Ma udiamo il Digby stesso non tradotto in questo luogo dal Lanis. « Se taluno sia curioso di conoscere per quai gradi, o con.qual metodo questo precettore, (il sacerdote spagnuolo) abbia proceduto nell’ istruire, potrà sodisfarsi leggendo il .libro da lui scritto su:tal soggetto in idioma spagnuolo:...... Que- sto sacerdote, il cui libro e l’arte in quello descritta dettero ‘occasione a un tal racconto, trovasi adesso al servizio del principe di Carignano, come hointeso da alcuni, esercitando colà il medesimo ufficio d’istitutore che praticava una volta, allor quando istruiva il fratello del contestabile, cui ho più volte : parlato nel trovarmi in Ispagna in compagnia del principe di Cambridge, ora nostro re serenissimo» ;. An- che qui si parla nuovamente di un libro composto per uso (17) De quorum altero Petro a: Velasco nuncupato', : mirum esse ait, quae et quanta intra vigesimuîm aetatis anduîr, ad quam vixit aetatem , didicerit. Nicolaus Anton. l. c. 47 dicoloro che avesser voluto occuparsi di quella sorte d’istru- zione. Crediamo inutile affatto il trattenerci a dimostrare che quell’ opera non poirebbe appartenere a fra Ponce, dopo quello che abbiamo detto antecedentemente allorchè parlammo del Rodriguez anteriore al Digby. Ma. ciò. che mostra ad evidenza l’abbaglio preso dall’ Andres, e che pone , come suol dirsi, la flo alla radice, si è che quel sacerdote spagnuolo , così dimostra il. contesto, viveva è tempi dello stesso Dighy « 4dhue (ut a dla ac- cepi ) in > famulatu principis Carignani degit ec. ». Come dunque possiamo suppotre che il . Bone j il quale era ‘già morto nel. 1584, fosse contemporaneo del Digby che RAG nel 1603? (18) Avendo in tal modo mostrato, per quanto ci.sembra, che nè il Rodriguez, nè il Digby hanno potuto parlare del Ponce, siccome è stato creduto dall’Andres, riprenderemo ‘il filo del nostro ragionamento. (© Dall’aver. conosciuto quali, e quanti erano, i. frutti ‘che produceva la scuola che s'incontra come la prima la «quale sia stata aperta a benefizio della umanità per; opera ed industria del tante volte mentovato fra! Ponce', forse taluno ricercherà qual. fosse il metodo da esso adottato per istruire i sordo-muti dalla nascita in tante e. sì varie co- gnizioni. Noi però, mentre non osiamo da un lato conget- turare qual possa essere stato il.suo metodo! d’ istruzione, - francamente affermiamo dall’altro, che un sistema comu- (18) Il Digby (Kenelme) conosciuto sotto ‘il’ nome'' del Cav. Digby, ‘fu ‘chiarissimo per la sua virtù e sapere. Nacque in.In- ghilterra ‘da antichissima famiglia nel. 1603. Passò | in; Francia nel 1644, ove fece amicizia con Cartesio, e col quale, conferì molto sul.suo trattato dell’immortalità dell’anima, «che pubblicò nel 1651. Tornò a Londra quando Carlo IL fu ristabilito sul trono. " Morì in quella città agli rt. dì Marzo , ci cal della sua nascita ; ; nel 1665. V. Bayl. e altri, 48 nicativo esister doveva senza dubbio tra l’i istitutore ei suoi allievi, poichè con l’unico mezzo della pronunciazio+ ne non poteva il maestro entrare e mantenersi in. comu- micazione con gli scolari, onde procedere allo sviluppo delle lor facoltà intellettuali. Lasciando adunque da parte tutto ciò che spetta all’ arte di far parlare i sordo-muti ; convien confessare che ideologica fosse sino dal suo bel principio l'istruzione del Ponce. E che fosse tale, appari» sce secondo quel che ci sembra, dalle seguenti espressioni che al C. 3.° del comunissimo libro de sacra philosophia del celebre medico Francesco Vallesio si leggono: « Petrus Poncius Monacus s. Benedicti amicus meus natos surdos docebat loqui non alia arte quam docens primum scribere, res ipsas digito indicando, quae caracteribus illis signifi- carentur , deinde ad motus linguae, qui caracteribus re- sponderent provocando ». Abbiamo pertanto la presenza d’ un oggetto sensibile , l’ intiero complesso delle lettere componenti la sua nominante, e il confronto di questa con l’oggetto medesimo esistente in natura. Dunque il Ponce dimostra col fatto 1.° che onde fare acquistare a’ sordo- ‘muti l’idea de’ differenti oggetti sensibili, convien sotto- porli alla immediata loro ispezione, affinchè conosciuta- ne prima la figura e la qualità, passino poi a comprendere i segni scritti, che a quegli oggetti materiali corrispondono. 2.° che caratteri astratti e privi d’un determinato valore, nulla dicono allo intendimento de’ sordo-muti. 3°. final- mente che le forme de’ corpi sono di base e di fondamen- to alla novella loro educazione. Ma dopo questi primi pas- si s come avrà egli potuto mantenersi in comunicazione co’ suoi allievi senza il soccorso del linguaggio d’ azione ? e se vuolsi negar ciò, con qual’ altro mezzo avrà egli sup- plito per conversar seco loro, per dirigerli, per procedere a fare ad essi percepire l’idea de’ segni scritti e da loro pronunciati, non corrispondenti però ad oggetti materiali e ini ctr etnie SR ù 49 sensibili? (19) Non è forse vero che la natura ci ha dato ‘non meno le altre membra del corpo che la lingua me- desima per esternare le nostre volontà e palesare i nostri desideri? (20) Che i gesti, i muovimenti del viso uniti agli accenti inarticolati furono i primi mezzi de’ quali si servissero gli uomini per comunicarsi scambievolmente i loro pensieri? Poteva inoltre avergli suggerito l’idea d’ instituire un tal mezzo di comunicazione quel passo di Plinio (21) ove dice: « che nell’intima parte d'oriente alcuni popoli si servivano de’ gesti invece delle parole »; ‘o l’aver letto anche in Pietro Martire d’Anghiera (22) che gli abitatori della Ispagniola ( isola s. Domingo ) con gli spagnuoli che vi approdarono, nel chieder loro la pace, in luogo di parole adoperarono i segni, conoscendo senza dubbio che il proprio linguaggio non sarebbe inteso da que’non provocati aggressori. E prescindendo da tutto que- sto che in senso semplicemente ipotetico esponiamo, sic- come è cosa pur troppo naturale che abbiano i sordo-mu- ti mostrato al Ponce con quai segni rappresentar volesse- ' (19) I gesti sono segni rappresentativi del senso delle pa- role ; certi metodi ingegnosi che sogliono chiamarsi processi, costi» tuiscono la parte metafisica della istruzione. (20) Giovanni Bonifazio ‘giureconsulto pubblicò nel 1616 l’ar- te de’ cenni divisa in due parti. Quantunque non possa dirsi che quest'opera sia diretta allo scopo d’istruire i sordo-muti; pure comparisce assai graziosa ‘e piena d’ ingegno. (21) Quibusdam pro sermone nutus motusgue membrorum est.. Hist. nat. l. 6. c. 30. (22) Pacem orant,, quantum per signa et nutus colligere pos- sunt. Neque enim verbum ullum nostri se intellixisse fatentur. In pacis optatae signuna nostros egregiis muneribus donarunt. De rebus oceanicis ec. L. 7. p. 187. +. Pietro Martire d’Anghiera nacque ad Arona sul lago Maggiore nel 1455, passò a Roma ove si trattenne per molto tempo , e ar là in Ispagna, ove dimorò la maggior parte della sua vita ; dopo aver fatto il militare abbracciò DR stato ecclesiastico. Morì a Granata nel 1526. i T. XII. Ottobre 4 do to quegli oggetti i quali cadevano sotto il loro sguardo, così egli da quel gran filosofo che era, (siccome ce lo fan- no conoscere i felici resultamenti della sua scuola ) non poteva dall’ altro canto omettere di fare le necessarie 0s- servazioni, e sulla scambievole loro conversazione, e sul modo di manifestare i loro affetti, desideri e bienni ,e giungere benissimo in tal guisa a formarsi appoco appoco un linguaggio d’ azione, onde sesvirsene per giudarli alla intelligenza di quanto non cadeva sotto i sensi della vista e del tatto, ed alla percezione delle idee le più astratte e metafisiche. Finalmente, se circa trentasei anni dopo, dal- l’altro spagnuolo Gian Paolo Bonet la necessità di questo linguaggio onde istruire i sordo-muti fu conosciuta, se ne hanno fatto uso dopo il risorgimento di quest” arte tutti gli altri posteriori maestri, i quali sì occuparono della rigenerazione di questi esseri sventurati, non crediamo che si possa negare un tal mezzo di comunicazione al Ponce , sebbene il primo di cui si possa fondatamente as- serire che inventasse l’ arte di far parlare i sordo-mauti , e che conducesse i suoi allievi a quell’ alto grado d'’ istru- zione intellettuale che abbiamo poco innanzi veduto. Quautunque fosse il Ponce celebrato come un por- tentoso ingeguo dagli eruditi e connazionali e stranieri (23) per la sua maravigliosa scoperta; quantunque il suo no- me fosse di grata e preziosa memoria a’ genitori tutti d’ogni classe e d’ogni ceto, ciò nonostante, per quanto apparisce | dal generale silenzio, quell’arte stessa, cui aveva egli me- desimo data la vita, e che per sua industria e fatica avea veduto crescere adulta, rimase dopo la sua morte infrut- tuosa e negletta sino a’ tempi di Gian Paolo Bonet segre- tario del Contestabile di Castiglia . Ei pubblicò in Madrid nel 1620 il suo metodo per insegnare a parlare, ed istruire i sordi-muti dalla nascita, dedicando alla Maestà di don (23) V. Fra. Ant. Perez. 5I Filippo III quell’ opera che ha per titolo reduction de las letras, y arte para ensegnar a ablar los mudos , e che Piibiido l'opinione dell’ Andres è la prima che su tale argomento sia stata resa di pubblico diritto; e sebbene la prima, potrebbe forse riguardarsi da taluno come già nel suo genere perfetta, giacchè vi troviamo assai materia per ragionare intorno a un’arte così importante e così dif- ficile a trattarsi. | Ma due sommi difetti sono imputabili a senso nostro al Bonet; erudizione in varì luoghi sovrabbondaute e inu- tile affatto allo scopo che si era prefisso, e difetto di ana- lisi appropriata al sordo-muto nella parte grammaticale. Nel prologo al leggitore, in cui egli dà una idea ge- nerale del piano che sarà per isviluppare nel complesso dell’ opera , confessa di essersi indotto ad occuparsi di quel suo lavoro per l’ attaccamento ed obbligazioni che professava alla casa del Contestabile suo signore, onde poter essere ut.le a un di lui fratello rimasto sordo-muto alla età di due anni, per cui vantaggio si erano tentati invano tutti i rimedi possibili, e prodigate spese eccessive (24). L’ opera del Bonet è divisa in due libri: accenna nel pri- mo quali lingue hanno influito alla formazione del lin- guaggio volgare castigliano; parla in qual modo furono inventate le cifre proprie della lingua latina ; ragiona del- l’inventore, nomi, e cambiamenti loro, e di altra simile erudizione tutta spettante alle lettere dell’ alfabeto ; dà la definizione della voce j addita per qual causa i fanciulli perdono moltissimo tempo prima che imparino a leggere; fa conoscere in qual maniera e per mezzo di quai muovi- menti delle labbra, della lingua , e degli altri organi della fipiiola si pronunzi ciascuna lettera; ed esibisce in ulti- mo luogo l’ abecedario dipuuito, vale a dire la serie (24) », A esto me movieva el amor y obligaciones de la casa del Condestable mi senior. ec. 92 ia tutta de’ rami indicanti la forma dell’alfabeto manuale, | «come lo debbono imparare i sordo-muti. | Ricerca nel secondo quali sono le cause della mutità; parla dell’età in cui si debba istruire un sordo-muto a «pronunziare; e prima di dar principio a questa sorta d’in-, segnamento, propone che gli si faccia conoscere la corri- | spondenza dell’ alfabeto figurato dalle dita con l’ alfabeto scritto. Venendo poi a ragionare della pronunzia delle let- lere, fa osservare all’ allievo i movimenti della bocca del maestro , e spiega a parte a parte quei che ogni lettera ri-_ «chiede per ben pronunziarsi; e affinchè si tolga l’occa- sione al maestro medesimo d’introdurre i. suoi diti nella bocca dello scolare, e arrecargli così alcun incomodo e molestia, indica l’ uso d’ una piccola lingua di cuoio , la quale potrà ei muovere e piegare alla vista di lui, e po- scia indurlo ad imitare que’tali movimenti e posizioni, con la sua propria, secondo che le circostanze della istruzione richiederanno. Termina finalmente col cap. 7.° del libro suddetto questa parte d’insegnamento, trattando del modo di unire colla pronunzia le lettere e le sillabe, e di pro- nunziare speditamente le intiere parole. . Ma dopo avere in tal guisa più che esuberantemente adempiuto a quanto prometteva il titolo della sua opera, procede più oltre, e ci presenta in quindici capitoli un breve corso grammaticale per uso de’ sordo-muti, onde sviluppare le facoltà loro intellettuali. Questa seconda parte, che il Bonet per verità avreb- be dovuto trattare la prima , e con metodo più analitico di quel che non ha fatto, come quella che interessa mag- giormente il ben essere di questi infelici, sebbene sia commendevolissima per la sua anteriorità a qualunque altra opera di questo genere, e per trovarvisi tracciati gli elementi che costituiscono la nostra scienza, i quali abbiamo in seguito veduto svilupparsi con somma filosofia | da’ moderni, pure non possiamo negare che sia difettosa LE 53. in ciò che spetta alla generazione e concatenazione delle | idee, ed a’ processi analitici; i quali difetti non potevano” | non rendere il metodo d'istruzione più laborioso e più: complicato. Egli che già insegnato aveva a parlare al sordo-muto, nel formare la sua grammatica ha creduto,. se pur non m'inganno, di procedere in tal materia come se sì trattasse di persona che realmente udisse e parlas- se, e che in conseguenza vedesse le cose sotto quell’ as-. petto medesimo che le vediamo noi stessi. Dà principio pertanto alla istruzione intellettuale col fissare immedia- tamente le parti del discorso, riducendole a tre 3 (25) no-» minante cioè, attribuente e congiungente, per Ja quale. intende quelle voci che mancano di genere, di numero e di caso. Data poi la definizione delle nominanti, ne forma due vastissime classi: nella prima son poste quelle che: chiama dimostrative reali, che è quanto dire nominanti : di oggetti, come sedia, cappello, cavallo: abbraccia la se- conda le dimostrative non reali, cioè le nominanti di astratti, come elezione, distinzione, conformità, amore, odio ec. e nel modo che il Bonet qui prescrive per fare intendere e le une e le altre al sordo-muto , ritroviamo l’ origine del linguaggio d’ azione (26). Quanto alle nominanti dimostrative reali; egli opina» che il precettore possa farne percepire l’idea al sordo-' muto , appropriando con azioni dimostrative la simili- tudine de’ segni alla cosa che egli vorrà dare ad intende- re allo scolare. Ma il Bonet con questo metodo preveniva il suo allievo nel formare il linguaggio d’azione, ed inse- gnava in tal guisa‘al sordo-muto un linguaggio ad esso» incognito affatto. Allorquando egli esibiva alla ispezione dello scolare un oggetto qualunque, doveva egli stesso at- tenderne da lui medesimo il seguo corrispondente , cor- (25) L. 2. p. 155. (26) Le traccie di questo linguaggio s’ incontrano anche in vari altri luoghi della grammatica. 54 soli reggerlo se non fosse stato troppo esatto, conservandone' Î però la radice, ed aiutarlo ancora, se mai si mostrasse ti- tubante ed incerto. A tal proposito avvertì molto oppor- tunamente il celebre ab. Sicard, (27) quando disse « Ce n'est pas moi qui doit inventer ces signes .. Il n'y a que des signes donnes par le sourd.muet lui meme, à l’occa- sion des actions dont on le rend teimoin, et à la vue des objets qu'on lui presente, qui puissent remplacer le langage articule . Si mostra più coerente il Bonet a questo principio quando tratta delle nominanti dimostra- tive non reali , che prive sono d’ oggetto materiale e sen-.— sibile da sottoporsi alla ispezione del sordo-muto. Ma il | duvere aspettare, com’ ei propone, l'occasione in cui l’al- lievo manifesti nelle sue azioni qualche passione d’ ani- mo (28), ed allora insegnargli il vocabolo di quella tale sensazione che prova , ci sembra questo un metodo assai imperfetto , scounesso e prolisso. Quindi parla delle con- giuuzioni, degli avverbi, delle declinazioni de’nomi, loro . generi e numeri, de’ verbi e loro variazioni, de’ con- trapposti, del modo di fare dialogizzare il sordo-muto, in quai libri si debba far leggere, e termina il suo corso grammaticale col confutare il metodo di coloro che inse- gnar volessero a’sordo-muti ad intendere quel che si dice, col solo osservare i muovimenti delle labbra di colui che parla, avendo anche in questa parte preceduto il Pereira, il de l’Epèe, e gli altri moderni (29). Dopo quello che abbiamo detto e del Ponce e del Bo- net, noi crediamo che ancor questi aver potessero qualche diritto alla pubblica stima, e che non meritassero di esser (27) Prima di Sicard, aveva conosciuta la stessa teoria Bacone da Verulamio. (28) L. 2. p. 159, e seg. (29) V. Andres. c. Analizzò molto sensatamente nel suo voto medico-forense il sig. Dott. Pietro Betti l’ influenza che può avere i moto delle labbra sulla pronunzia delle parole. Ved. Ant. Vol. VIII. pag. 252. | E. tanto trascurati é negletti. Nè si opponga che sieuo stati sconosciuti i documenti che riguardar potevano al Ponce ed al Bonet. Parlano del primo, come abbiamo già di sopra ve- duto, vari scrittori di quella età, che si trovano quasi da per tutto, e se ne parla nell’opera assai comune del Benedettino Feijoo, di cui furon fatti alcuni tomi di estratti in Inghil- terra, e alcune traduzioni in Francia e in Italia. (30) Si ‘rinvennero eziandio degli esemplari del Bonet a’ tempi di de l’ Epèe, di Andres, e a’ nostri ancora. Si tributino pure le meritate lodi ai de l’Epée, ai Sicard e ad altri istitutori nostri contemporanei, ma non siano dimenticati questi due geni che animosamente calcarono un ignoto e non pria tentato sentiero. Successe al Bonet nel 1622 Emmanuele Ramires de Carrion, che in quell'epoca pubblicò un’opera, la quale riprodusse avendole dato un maggiore sviluppo nel 1629, in cui si trattava dell’arte di far parlare i sordo-muti. Ma il Ramires, quantunque si studiasse d’adornare e ri- vestire di molti e vari soggetti l’opera sua , non oltrepas- sava poi, siccome tutti gli altri che lo seguirono, la parte accessoria soltanto da’suoi due predecessori trattata e messa in pratica. Nè vogliamo supporre che fosse così presto di- menticata presso i dotti l’opera del Bonet, o che gli esem- plari di questa non sì potessero facilmente ritrovare in, Ispagna; giacchè non erano trascorsi che soli due anni dalla loro pubblicazione. E tanto meno varrebbe a senso nostro l’obiettare che in quella guisa appunto che a’ tem- pi del Bonet erano andati in dimenticanza i prodigi del Ponce , così ai giorni del Ramirez si fossero onnina- mente obliati gli scritti del Bonet. Poichè la distanza di tempo che passa dalla morte del primo all’ epoca della produzione dell’opera del secondo è di circa anni 40, e quella che passa ‘dal secondo al terzo si residua al (30) Andr. l. c. 56, breve periodo di soli due anni Quanto a noi, s: piuttosto inclinati a credere che facendosi poca © punta menzione in quelle contrade del libro del Bonet fra la generalità delle persone) e per essere un’ opera riguar- dante la classe la più ristretta e insieme, per somma sventura, la più trascurata e negletta della società, e. per essere un’ opera che versava intorno ad un argomento atto ad eccitare le indagini e la curiosità de’pochi, e di pochis- simi l’interesse (mentre gli uomini come sono tenaci nelle. stravaganze loro e bizzarrie, così non curanti si mostrano nel ritenere ciò che di buono e di utile per essi fu ritro- vato), simmaginasse forse il Ramirez che tra le altre ma- raviglie della natura , quella d’ insegnare a. par lare a’ sor- do-muti prender potesse sotto la sua penna un aspetto di novità, limitandosi a trattare di quella parte d’istruzione,, che avendo in sè più di maraviglioso, dovea senza dubbio, maggiormente sorprendere. In questa. ipotesi adunque avrebbe fatto comodo anche al Ramirez, siccome a molti altri, di non fare ze verbum quidem dell’autore che gli era servito di guida, e che gli aveva somministrato i ma- teriali per l’ edifizio che voleva inalzare. Qualunque però sia stata la cagione del silenzio che tenne il Ramirez rispetto al Bonet che lo aveva preceduto, e dell’essersi puramente arrestato alla parte meccanica ed accessoria , senza punto prendersi cura della parte assolu- tamente intrinseca all'istruzione, di quella cioè che ri- guarda lo sviluppo delle facoltà intellettuali; dall’ epoca di questo scrittore si può ripetere il principio della deca- denza di un'arte così utile e così interessante per l’uma- nità, la quale in seguito fu dimenticata fino al 1635, cioè fino al Wallis. Tale era lo stato in cui si trovava l’arte d’istruire i sordo-muti nell’ età di Bacone da Verulamio. Noi, sicco- me abbiamo innanzi osservato, non conosciamo propria- mente il metodo scoperto dal Ponce, ma se crediamo, dietro * ds | ; 59 all'autorità de'citati scrittori, agli effetti della sua istru- zione, bisogna stimarlo e vero e filosofico. Quanto a’suc; cessivi istitutori però non possiamo tenere la stessa opi- nione. Erasi conosciuto da essi che a’ sordo-muti dovevasi restituire il linguaggio, ma non conoscendosi probabil- ‘mente il valore di quel lirguaggio di cui mancavano, | non si era peranche inteso bene e perfettamente, che il linguaggio supplementario doveva essere come il nostro usuale, un linguaggio analitico, analogo, metodico, e sin- golarmente comune al sordo-muto ed a quelli che parlano, sicchè potesse egli e. intendere ed essere inteso. Abituando . il sordo-muto a proferire le voci e i suoni della vita co- mune, non si poneva in istato di udire i nostri, e non si dava ad esso chiara idea della importanza de’ suoni mede- simi che egli emetteva. Formando per lui una serie di ge- sti si rischiava che imparasse il segro, ma non ne pene- trasse il sezzso. Bacone, occupandosi della gran ristaurazione delle scienze, vedde da lungi che v'era un linguaggio, un modo di comunicazione di traditiva , che era poi l’ unico mezzo con cui le comunicazioni col sordo-muto dovevano stabilirsi; ed ecco come osservando i sordo-muti, vide egli che già esisteva questo linguaggio, e conobbe la gran ve- rità, che non doveva insegnarsi a’muti, ma sibbene impa- rarsi da loro, e che que’soli lo conoscevano, che lo avevano da essi imparato. Sacerdote MarTEo Marcacci Direttore, e Institutore nell’ I. e R. Istituto de’ sordo-mutî. ( Sarà continuato. ) 58 General Report of Scotland ec. Rapporto soncrisetnatii: sani agronomico e politico della Scozia, steso per l’uso delle Società destinate a promuovere V avan- zamento dell’ agricoltura e dell’ economia interna. Sotto la direz. del cav. SincLa1r, ec. Edimburgo 1814. Vol. 5. in 8.° ( Contin. Vedi Antol. vol. 11. A p. 72.) Fu talvolta falsamente supposto, che come nel co- piosissimo numero di vegetabili; dei quali la natura fu prodiga donatrice, alcuni ve ne hanno, i quali sommini-. strano salubre e gradito alimento all'uomo, così dovessero gli agricoltori industriosi di queste più pregevoli specie estender la cultura ; e quella di tutte le rimanenti esclu- dere. Ben presto però la maestra di tutte le cose, l’espe- rienza, dimostrò che minor vantaggio avrebbe arrecato un tal sistema, e che ogni natural prodotto è preziosissimo quando sia convenientemente impiegato. Quel terreno che generoso diè nel primo anno abbondante la raccolta del grano , si mostrò più avaro nel secondo, e quasi sembrò aver perduta ogni attitudine successiva a riprodurre il' medesimo cereale, nè la riacquistò nella sua integrità fin-'. chè non ebbe servito alla riproduzione di attra specie di vegetabili, i quali o men desiderato, o niun’ immedia- to alimento al coltivatore offerirono. Ma quelle semente , le quali con maggiore utilità furono sull’istesso terreno avvicendate col grano, somministrarono se non all'uomo, almeno a molte specie d’ animali un opportunissimo so- stentamento; e questi o divennero essi medesimi cibo del- l’uomo, o servirono a procurargli altre comodità: di modo che furono finalmente ridotte a vantaggio dell’ umana specie tutte le raccolte, le quali si ricavarono da terreni ben coltivati, o in natura, o cambiate in carne o nei ser- vigi degli animali. Sotto il qual punto di vista molti degli animali potrebber denominarsi istrumenti conceduti al- l'agricoltore per convertire a profitto dei suoi simili i pro- dotti di alcuni vegetabili, che un corretto sistema d’agri- PA IO lara ce 3 coltura insegna a coltivare, e che senza un tal cangia- mento non sarebbero appropriati ai loro bisogni. La- onde pregevolissimi dovran reputarsi tali istrumenti, e meritevole d'esser con ogni studio perfezionato il modo d’impiegarli. Per giungere al quale scopo interessantissi- mo util sarà il non dipartirsi da quelle regole fondamen- tali, sulle quali dovrebbe fondare i suoi calcoli ogn’ uomo industrioso che volesse istituire una qualche manifattura in un dato paese. Infatti costui dovrebbe esaminar la qualità e la quantità dei prodotti greggi che potrebbe pro- porsi di lavorare, e dovrebbe ricercare qual genere di lavo- razione fosse per riescire il più conveniente. Chi vorrà dun- que intraprender l'educazione degli animali, sarà obbligato a calcolare la qualità e la quantità del cibo che potrebbe . loro offrire, e a prevedere a qual oggetto potrebbe far ser- vire quelli con vantaggio più grande. Ella è quindi cosa manifesta che i medesimi animali non potranno con egual profitto esser tenuti in vari climi, e che in ognuno quel - la specie dovrà preferirsi, la quale sarà in grado di ren- dere, per il nutrimento che può esserle somministrato, quel contraccambio, che le locali circostanze posson far giudicare di maggior prezzo. Considerando pertanto gli animali da educarsi dagli agricoltori come macchine, e il cibo come il prodotto greggio da lavorarsi , i risultati di questa specie di mani- fattura, indipendentemente dal concime, saranno carne, latte, lavoro, e lana. I quali quattro prodotti non son si- multaneamente somministrati da alcuna specie di anima- ° li, sebbene da molti possano attendersene tre variamente combinati, essendovene pur di quelli che uno solo ne | arrecano. Ma l’ attitudine che può avere una data specie d’animali a render in maggior numero gl’indicati prodot- ti, non può in alcun modo divenire un motivo per il qua- | le ad essa accordar si debba la preferenza senz’altre con- sìderazioni. Ove un rigido clima o un suolo ingrato die- 60 no poveri e scarsi i.pascoli ,:converrà ristringer la scelta, fra quelle specie le quali possano per la lor sobrietà col minimo danno sopportar delle inevitabili privazioni ; ; nel modo istesso che nei luoghi ove abondantissimi si trovino i pascoli, sarà più utile educar le sole specie, le quali pro- sperar. non potrebbero senza tanta ricchezza di cibo; e ovunque poi quella dovrà preferirsi , la quale con uno o - più dei suoi prodotti pagherà più caro il suo alimento. E ben facilmente verrà fatto di osservare che non solamen- te le specie diverse degli animali, ma le diverse varietà della specie medesima, non arrecano in egual quantità nè di egual qualità i prodotti istessi: troverassi, a cagion d’ esempio, che la miglior lana non è prodotta da quelli armenti che han la maggior. tendenza ad ingrassare . Dalla quale osservazione deriva una regola fondamentale da seguirsi da chiunque voglia con vantaggio occuparsi dell'educazione degli animali. ‘Questa consiste nella correzione di un errore pur trop-_ po comune in addietro fra gli agricoltori, i i quali mal cal- colando i loro mezzi, speravano assicurarsi un guadagno cambiando degl’individui in stato di deperimento , con altri dell’istessa specie di migliori forme, di maggior ro- bustezza. Forse la causa del deperimento vi primi era la poca convenienza del clima o dei pascoli ai quali doveano assuefarsi; e allora la medesima funesta conseguenza s’ebbe necessariamente a rinnuovare nei secondi. Tali coltivatori avrebber vedute sodisfatte le loro speranze, se cambiando varietà o cambiando specie, si fosser procurati degli ani- mali dotati di quelle qualità, la mancanza delle quali era stata l’ origine della cattiva riescita dei primi. E d’altro pregiudizio non men dannoso dimostra pur l’ assurdità la regola indicata, di quello cioè che facea credere esser stata ottenuta la massima utilità allorchè si eran ridotti gli ani- mali alla più grande statura possibile, avendosi riguardo soltanto al prezzo finale per cui tali animali potean ven-. i Gi 'dersi, e non al valor del cibo consumato da loro in quel tempo che è bisognato lasciar decorrere ‘acciocchè acqui- stassero la desiderata statura. Egli è da tutto ciò manife- sto, che inutili riesciranno talvolta tutti gli sforzi onde' mi- gliorare certe razze non adattate alle circostanze dei luoghi nei quali dovrebber vivere, e che un miglioramento im- | portante sarà in tali casi conseguito col cambio di una data specie o varietà di animali in altra varietà o specie , dalla quale si ottenga un rapporto più vantaggioso fra i consumi e i prodotti , essendo questi e quelli esattamen- te calcolati. i «Nella più esatta e più felice sricinina degli espo- sti principi alla pratica , consiste il modo col quale si educano gli animali dagli agricoltori scozzesi. Per questa ragione nelle provincie più settentrionali di quel paese, nelle quali piccolissima o nessuna provvisione di foraggi può essere fatta per l’inverno, trovansi solo quegli animali, i quali han robustezza bastante per sussistere coi pochi avanzi dell'estate, per affaticarsi a procacciarseli da loro stessi vagando, e per sopportare i rigori d’un’ atmosfera fredda, procellosa e variabile. E poichè l’esperienza ha dimostrato che gli armenti, e specialmente alcune varie: tà di tali animali, sono a preferenza di tutti gli altri adat- tati alle sfavorevoli circostanze di quelle provincie, così vi si trovano essi estesamente moltiplicati in sostituzione del bestiame grosso che mal vi prosperava , e rendeva in carne più scarso prodotto del montone, anche non com- putato il valore della lana. Nelle provincie di mezzo ri- piene di colline per la maggior parte sterili, ma a luoghi coltivate, vi si educano varie specie di ‘animali, a se- conda dei prodotti naturali, della popolazione , e. dei suoi | bisogni. E nella parte meridionale finalmente, ove si fanno con regolarità gli avvicendamenti ,e può conservarsi abbon- CR raccolta di foraggi per l’inverno, il bestiame gros- è mantenuto in. gran quantità , senza che affatto man- 62 5 - chino gli armenti (1). Nè potrebbe bastantemente com- mendarsi il sistema di regolare, sulla quantità e qualità del vitto disponibile per l'inverno, il numero e le specie degli animali da tenersi. È sempre causa di danni irrepa- rabili la poca cura usata nel distribuire a qualsivoglia animale il vilto, senza aver riguardo alla sua età, alla sta- gione, alle qualità nutritive del cibo medesimo. Quelle pasture che ponno essere utilissime per individui adulti ; sono bene spesso dannose nelle prime età; e l'alternativa troppo frequente o troppo subitanea, da un grasso a un, magro alimento , e reciprocamente, produce sempre dei notabili sconcerti, Non v’ ha dubbio che molti coltivatori debbono attribuire ben spesso la cattiva riescita dei loro. animali , e ancor gran parte delle malattie alle quali van soggetti, all’ uso riprovatissimo di lasciarli pascere srego- latamente in estate, e di farli scarseggiare di cibo nell’in- verno. Nel qual dannosissimo errore si guardan bene dal- l’incorrere gli scozzesi; e perciò specialmente ricavano notabil vantaggio dall’ educazione dei loro animali. E a tal proposito non è egli deplorabile che sì raramente si trovi fra i contadini toscani, d’ altronde tanto industriosi, una saggia economia di tal genere? Nulla è più comune del vedere i bestiami ad essi affidati esposti all’alternati- va di una smoderata abbondanza di vitto, e di una crudel carestia ; alternativa tanto più sensibile, in quanto che al volume differentissimo dei cibi loro somministrati, pure sì accoppia la variatissima loro attitudine al nutrimento. Nella bella stagione i più bei fieni ancor verdi e fioriti, le lupinelle appetitose, le mediche succulenti, la dolce saggina son loro a piena mano somministrate ; nel rigido inverno, poca paglia , ed altre magrissime piante affatto (1) Pochi anni indietro fu calcolato che fosser nutriti sull’in- tiera superficie della Scozia e dell’Isole che le appartengono, n.° 243,489 cavalli, n.° 1,047,142 capi di bestiame grosso, e n.° 2,851,1857 capi di bestiame minuto ,-in n.° 4,142,498 individui. ì : 63 secche s' introducono nei loro stomachi, più per deludere l’ appetito che per sodisfarlo. Quanto meglio sarebbe eco- momizzare per tempo onde nou manchi poi il necessario ; per non parlare dei tanti perfezionamenti che nel modo di far consumare le biade al bestiame sono stati adottati dagli stranieri. E finalmente non può trascurarsi qui di parlare d'un altro danno che arreca all'agricoltura la necessità, nella quale si trovano i nostri contadini , di la- sciar irare agli affamati bestiami l’intiera raccolta del- la paglia. Opportunissima quella a procurare un comodo letto piuttostochè un conveniente alimento, aumentereb- be, se fosse impiegata a quell’uso, con incalcolabile uti- lità la massa dei concimi , e contribuirebbe a mantenere più prospera la salute degli animali, i quali son pur troppo spesso costretti a dormire sulla nuda terra, o sopra i loro istessi escrementi. A render differenti prodotti possono poi destinarsi gli animali medesimi con maggiore o minor vantaggio, se- condo che le circostanze cousigliano. Così gli scozzesi in vicinanza delle grandi città, come Edimburgo , Glascovia e altre, si procurano gran duse di latte e di burro fresco dai loro animali, la propagazione dei quali appena otte- nuta, si destinano al macello; mentre a grandi distanze dal- le città medesime quel latte serve al nutrimento dei nati, e l’avanzo è ridotto in burro salato e in formaggio. E perchè non sia consumata per il nutrimento dei giovani allievi quantità maggiore di latte di quella che è stata riconosciuta bastevole per il loro prospero sviluppo , e ne risulti per altri oggetti più grande l’ avanzo, non son lasciate liberamente poppar le madri dai figli (2), ma (2) Prendo quest’occasione per richiamare l’attenzione degli agricoltori toscani sopra un tentativo che un possidente da me ben conosciuto ha fatto in quest'anno con un felice successo , af- 64. ad essi è data in bevanda quella dose di latte che dee loro bastare, munta precedentemente dal custode , e unita a piccola parte d’altre sostanze ridotte prima molli col mezzo della cottura, delle quali poi si aumenta la pro- porzione, e si diminuisce la cottura, finchè crude e sole, divengano dopo un discreto periodo di tempo un - salubre succedaneo all’alimento somministrato dalle ma- 13 finchè dietro il di lui esempio altri vengano a parte di eguali vantaggi. Il mio amico osservò che lasciando , nei greggi di pecore che si trovano affidate ai coloni di una fattoria; allevare in cia- scuno un numero d’agnelle per quindi con esse far fronte all’an- nua mortalità di qualche pecora, non si otteneva che un meschino prodotto di formaggio dalle altre pecore, per mungere le quali se ne vendono i figli. Vide di più che non tutti i pucseli di ciascun podere erano egualmente adattati per questi teneri animali, e che in essi appunto con gran facilità contraevano delle malattie. Da tali considerazioni ecco ciò che divisò di fare, e che immediata- mente mandò ad effetto. Scelto il podere i di cui pascoli fossero i migliori, lasciò al gregge ad esso appartenente tutte le agnelle nate per allevarsi, e vendè tutti i maschi , sostituendo al loro posto altrettante agnelle nate in altri armenti ; così da quel podere ebbe tutte le nuove agnelle da spargersi poi negli altri armenti della fattoria , e le ebbe tutte sane e robuste, poichè non mungendo mai le madri , e non scarseggiando queste di alimento, nulla mancò al bene essere delle figlie. Nè il contadino si dolse, poichè nel prezzo di questi animali oramai allevati trovò.compenso alla per- dita fatta del formaggio. I greggi poi ai quali ogni alievo era stato tolto, munti del loro latte, somministrarono quasi il doppio di for- maggio; poichè è provato che le agnelle tenute al gregge ove re, stano delle pecore prive della propria prole, poppano la madre non solo, ma ancora le altre, che divengono nutrici a scapito dell’in- teresse del proprietario, ed anche della salute delle allieve, non essendo raro il caso di vedere perire molte agnelle per latte indi- gesto. In questo sistema, la quantità d’agnelli che si vendono. per il macello si mantiene l’istessa che nel sistema comune, e però uguale ne è il prodotto ; ma quasi doppia è la quantità di for» maggio che si ottiene, ed assai migliori sono le giovani agnelle che si conservano per propagare la specie. PI i " : a i Tan | 65 dri: Pur non ostante, ove un, tal sistema d’educazione d’animali è seguito, le premure dei proprietari son diret- te ad ottenere la massima quantità di carne. Al qual og- getto rivolgendo le loro osservazioni hanno essi rieonosciu- to, che generalmente son più utili le razze di un precoce sviluppo , poichè più sollecitamente rendono il profitto; che il più certo segno, per distinguere se ad un più tardo periodo di vita un animale ingrasserà notabilmente , si è la tendenza che potesse avere a conseguir questo miglio- ramento nei primi periodi dell’età sua, che gli animali ‘avvezzati in principio alle privazioni danno un ricco guadagno essendo trasportati ove si trovino ricchi pascoli, poichè ingrassano straordinariamente con quella quantità istessa di cibo, che appena basterebbe a saziare un animale ‘educato nell’abbondanza; e sanno in fine che gli animali sono di valore comparativamente più grande, secondo che la loro carne è di migliore qualità, e secondo che per la loro struttura riesce più grande l’eccesso del peso delle parti più pregievoli sopra quello delle men pregievoli, e più grande l’ eccesso del peso delle une e dell’altre cu- Bi; insieme sopra quel degli avanzi. In seguito di queste e altre utili osservazioni hanno gli scozzesi notabilmente migliorate le loro razze. Fu loro una volta d’inciampo la falsa supposizione che non doves- ser prendersi dall’istessa famiglia i maschi e le femmine, ancorchè quelli e queste avesser le qualità appropriate alle circostanze di un dato luogo, superiormente ad alcuna altra varietà. Deesi a Bakewelle l’ onore d’aver distrutto un sì fatale errore, e d’aver dimostrato col fatto che animali dell’ istessa famiglia, sempre rinnuovata in sè stessa, hanno per lunga serie d’anni conservate le buone qualità per le quali si meritaron la preferenza in princi- pio, e costantemente arrecarono al loro educatore ricca ricompensa delle sue premure. Ma se talvolta fu utile la conservazione di una data razza, fu anche spessissimo non I. si Ottobre 5 66 "SÙ men vantaggioso l’incrociamento di varie , fra le quali si trovavan divise quelle qualità , che riunite in una sola ’ l’avrebber resa pregievolissima. Son noti abbastanza i prodigiosi risultati che si sono ottenuti nelle produzioni vegetabili, dopochè si è quasi violentata la natura col mez- zo delle fecondazioni artificiali, e con l'innesto: non cer- tamente minori di quelli sono i vantaggi che ha l’uomo ottenuti dirigendo a suo volere la procreazione degli ani- mali, e formandosi gradatamente delle nuove varietà di una data specie, che per l’abitudine, i bisogni e i prodot- ti appena si crederebbero a quella primitiva appartenere. Così nelle razze delle parti meridionali si son trasportati i pregi di quelle delle settentrionali, e i pregi di queste furono in contraccambio restituiti a quelle, ad onta dei pericoli ai quali s'incorre facilmente nel passaggio da uno ad un altro clima. Ben pochi son gli agricoltori scozzesi i quali servonsi di bovi per lavorar le terre; quindi pochissime razze son rilevate per rendere un tal servizio, nel quale quasi da per tutto sono impiegati i cavalli. Fu lungamente agitata fra gli studiosi dell’agricoltura in quel paese, come in mol- ti altri, l’antica questione se sia preferibile il lavoro dei cavalli o quello dei bovi. L’ esempio degli antichi popoli agricoli della Grecia e di Roma, e quello dato più di re- cente dagli abitatori dell Indostah' della Spagna e di molte provincie d’Italia ioamivistiaragà dei validi argo- menti a coloro che avrebber voluto vedere esclusi dai la- vori campestri i cavalli, i quali, a parer loro soverchia- mente moltiplicati, con una parte del loro cibo consumano dei generi appropriati ai bisogni della crescente popolazio- ne; ed opponendo un ostacolo alla maggior propagazione dei bovi, fan sì che si trovi minore quantità di carne atta a servire di vitto; la quale ancorchè sovrabbondante , po- trebbe con opportuno processo esser conservata per lungo tempo con grandissimo vantaggio dei navigatori. Alle 67 quali opposizioni contro l’uso dei cavalli nelle faccende campestri rispondono altri, che non debbono addursi gli esempi di antiche o moderne nazioni, le quali per qual- che circostanza non comune alla Scozia potevano, e pos- sono tuttora , trovar più utile il lavoro dei bovi di quello dei cavalli; che è falso il supporre una divisione d’inte- ressi fra la classe degli agricoltori, e il rimanente di una popolazione; e che per conseguenza, se è stato dai primi riconosciuto coll’esperienza un dato sistema preferibile a qualunque altro, l'adozione di quello arreca indirettamente anche contro ogni apparenza la massima utilità all’intiera provincia. Aggiungono inoltre, che i bovi confinati al la- voro dell’atatro e degli strumenti che poco ne differisco- no restano oziosi gran parte dall’ anno, mentre i cavalli potrebbero impiegarsi a trasportare le raccolte e impor- tare i concimi anche da luoghi distanti, senza che il gelo apponga un ostacolo al loro lavoro; che i cavalli per la maggior rapidità dei loro movimenti son più opportuni per erpicare, e son più capaci per quelle operazioni le quali occorre indispensabilmente compire in breve spazio di tempo nelle tarde primavere, e nelle variabili stagio- ni di una prolungata mietitura e di una difficile battitura. Hanno osservato gli scozzesi che il ritardo di pochissimi giorni al di la dei primi di luglio ad eseguire alcune se- mente arreca un danno, che si calcola ascendere alla metà del prodotto. Infine i cavalli lavorano in proporzione del nutrimento che ricevono, e presto col riposo riacquistano le forze perdute in uno straordinario affaticamento, men- tre i bovi non possono senza grave pericolo sottoporsi ad un forzato lavoro; e ove siano tolti dal loro passo, risento- no per lungo tempo i tristi effetti del sofferto strapazzo. Giò non ostante non può chiamarsi completamente riso- luta una sì importante questione , e perchè lo fosse, biso- gnerebbe con esattezza calcolare il valore del nutrimento necessario all’una e all’altra delle suddette specie d’ani- x 68 mali, il prezzo dei lavori che posson respettivamente eseguire, e quello del deperimento che fa loro subire il tempo e il lavoro; ed è appunto sotto questo ultimo aspetto, che sembra grandissima la differenza d’utilità fra l’impiego dei bovi e quello dei cavalli. É stato già detto con quanto vantaggio si sieno mol- tiplicati gli armenti nelle parti settentrionali della Scozia, e che non era trascurata la loro educazione nelle provin- cie di mezzo non tanto, quanto ancora nelle basse terre ( towlands ). Vuolsi ora aggiungere che han gli scozzesi molte cure impiegate nel miglioramento delle lane, im- portando dall'estero delle razze pregievolissime per l’ ot- tima qualità di un tal prodotto, o incrociandole con quel- î le fra le indigene che pei migliori velli si distinguevano. Poichè per. altro le abitudini di tali animali si oppongono talvolta al buon successo dei corretti sistemi. d’ agricoltu- ra, essendo ben difficile, e forse impossibile, il difendere le giovani piante e le raccolte dai danni , che molte va- rietà d’armenti arrecano ; così nelle terre arabili , sono state conservate sole alcune razze commendabili per la loro indole quieta e domestica, fra le quali primeggia una di Leicester: col qual giudizioso sistema sono stati assicu- rati i vantaggi che coi concimi e cogli altri prodotti gli armenti somministrano, ed evitati quei danni che grande- mente ne diminuirebbero il pregio. Per lo che appunto i coltivatori del mezzogiorno della Scozia han dovuto aste- nersi dall’intraprendere l'educazione della pregievol raz- za dei merini , per l’ulteriore propagazione della quale si fanno ovunque i più costanti tentativi. I soli abitatori delle montagne son riusciti a render comunial loro paese ibene- fizi delle pecore spagnole. Per altro l’ atmosfera umida e fredda del settentrione della Gran-Brettagna , le fatiche che debbon sopportar in quei luoghi gli armenti per procu- rarsi nelle lunghissime invernate poco e non sodisfacente alimento, erano ostacoli potentissimi alla prosperità dei de- Prete e Slan PT SEE E Et OE) n td lt la 69 licati merini. Quindi molto studio e molte cure occorsero perchè quegli animali a sì forti cangiamenti si accomo- dassero ; e come allorchè si volle fra moi trasportare l’ albicocco, il pesco; il moro, il pomo d’oro, si fece a gradi risentire a quei vegetabili la mutazione del clima, co- sì piuttostochè dalle primitive razze di Spagna, furono scel- ti tra i migliori nati nelle più fredde provincie di Francia i merini da inviarsi nella Scozia. Dai quali, attentamente custoditi , si procurò di ottenere copiosa prole , e a questa solamente fu fatta esperimentar l’ austerità del sistema di vita comune-a tutti gli armenti delle montagne di Scozia. Così sulle coste di Caienna si ottenne abondante la rac- colta dei grani d’E Suropa, allorchè si seminarono quei po- | chissimi granelli che ivi produsse per la prima volta il seme importatovi dalle nostre contrade. Non ostante per altro il felice successo delle precauzioni che sono state usate per acclimatare le razze dei merini in Iscozia , più recenti esperienze han convinti quasi tutti gli agricoltori, che da questa specie di gregge la massima utilità è stata arrecata nel suo incrociamento con un’altra razza di bel vello ( Theviot Breed) nativa del paese, poichè in tal caso risulta una varietà d’armenti dotata d’assai maggior ro- bustezza dei puri merini, e coperta di una lana finissi- ma, da quella di Spagna poco o punto dissimile (3). Oltre le descritte, molte altre specie di animali sono educate dagli agricoltori scozzesi: poichè per altro il loro numero è poco considerabile, e di non grande importanza il loro prodotto, così non ne sarà fatta menzione in questo luogo; rifletteremo piuttosto che in un paese come la Sco- (3) È inconcepibile come mai siasi posto tanto interesse per introdurre nelle temperate province d’Europa i delicatissimi merini, piuttosto che le pecore robuste, e d’altronde di finissimo vello, di Botany Bay, le quali hanno posto gl’ inglesi nel caso di inalzare la loro esportazione di questo genere fra greggio e manifatturato a .144,000,900 di franchi. 70 zia, e come molti altri nei quali i prodotti naturali non lalitema ad alimentare l’intiera popolazione, riesce d’eguale utilità il ritrarre doppia dose di grano e doppia dose di carne da quel terreno, che senza le più diligenti premure usate dal suo cultore, produceva la metà di quello o di que- sta; che per conseguenza ove non può sperarsi un au- mento di prodotti naturali, occorre studiar con premura i metodi più ‘opportuni La convertire, quelli i 1 quali ne son suscettibili, nella massima quantità di carne, e nel maggior numero degli altri vantaggi che gli animali possono arreca- re; e in fine che l’esperienza ha completamente dimostrata la duplice utilità del sistema di alternare le raccolte; che somministrano alimento all'uomo, con quelle che lo som- ministrano agli animali; poichè con tal sistema si'ottiene maggior quantità dell’ una e dell’altra specie d’alimen- to, e si fa sì che non resti compressa la fertilità delle ter- re sotto permanenti pasture , o dissipata dalle continue semente del grano. 391 Ferpinanpo Tartini SALVATICI. > Dci rapporti del gusto e del bello lettrario , coi sensi e con la ragione. — Memoria accademica. ((*) Leggendo io la memoria coronata dall’ accademia di Lucca intorno alle tragedie di Vittorio Alfieri, ho am- (*) Lettera del sig. Av. Ald. Paolini, al Direttore dell’ Antologia. La drammatica letteratura, con dotta critica ed elegante- mente discorsa, nella parte che risguarda l’Italia, dall’ egregio scrittore dell’articolo ad essa relativo , e contenuto nel n. 32. della Antologia (agosto 1823. ) fu sempre da me considerata come la bella ausiliaria della filosofia morale ; e con tal concetto, io lessi nel 18 decembre 1806 nell’ adunanza dell’accademia pistoiese una mia memoria, di che fece menzione nella sua storia analitica degli studi di quella dotta società il professore Pietro Petrini ga nta in molti luoghi di essa il criterio e il bel dire del censore ; ma o sia in me seduzione di orgoglio nazionale, o dell’alta filosofia, che sembra più dignitosa sotto il’ manto di Melpomene; o sia veramente ragione, ho sentito dolore, considerando che l’Italia stessa tenta di abdicare quel sommo grado ; che le conquistò con tante vigilie e (Atti dell ‘accademia pistoiese, tom. I. Pistoia, presso Bracali 1808; to per cui la patria e il genio delle scienze dolgonsi ancora colla morte acerba, che lo rapì nell’ epoca, e nella età la più feconda di belle e grandi speranze. In leggere l’articolo sopra citato, v'incontrai molti pensieri simiglianti a quelli da me già manifestati fino dall’ anno 1806, e per vero dire , il mio amor proprio si compiacque in riconosce- re che io combinava nelle massime letterarie di quell’anonimo, la di cui scrittura fa rispettabile per gusto, per giudizio, e per dottrina. E specialmente eravamo concordi nella opinione di non dovere il poeta drammatico secondare e blandire il gusto popo- lare quando falso o capriccioso si giudica dalla ragione. E pa- rimente eratvamo d’accordo nell’ altissima venerazione che egli professa pel sovrano cantore dell’amor di patria e delle virtù cittadinesche ; per quel creatore di nuova tragica scuola in ‘Italia, che avea trovata cotanto ammolita dalla musica e poesia della debolezza e della frivolità; per quel genio trascendente, che cercò il bello drammatico nel bello intellettuale, clie non ha le sorgenti nella rappresentazione delle consuete e volgari situazioni del sensibilismo , ma in quella del sensibilismo commosso dalla ra- gione. Se vi piace, signor direttore, di onorare la mia memoria ac- cademica di un posto nella vostra preziosa Antologia, darete per essa maggiore sviluppamento alle teorie del bello drammatico, che amlerei d’insinuare nell’ animo di tutti coloro. che scrivono o giudicano opere serie teatrali, valutandole io quali mezzi effica- cissimi a migliorare il gusto, il cuore , e il costume. Noi viviamo sventuratamente fra molte cause naturali di corruzione morale; e perchè vorremo aggiungerne delle artefatte, snaturando le isti- tuzioni dirette a diffondere le utili virtù civili ? Io mi confermo rispettosamente i Dev. Servitore A. ALD. PAOLINI. Firenze 15. Settembre 1823. 72 con tante battaglie la forza del genio, e la virtà poetica del tragico d’Asti. Pur troppo l’ emule nazioni } invidian- doci le prime glorie nelle arti , nelle lettere e nelle scien- ze, hanno spogliato, o tentato di spogliare il bel paese, ed plagio, con la calunnia e ‘con la Violenza } di cere tutti i doni delle muse e di Minerva. L’ombre di Machiavelli e di Galileo, sono ancora irritate per la irriconoscenza e persecuzione dei contem- poranei, e al loro magnanimo sdegno, volsi ‘aggiungere anco quello di Alfieri, che appena oltrepassato il fiume inremeabile , ode a tergo una voce che lo esilia dal'tea- tro, ove, a Buon dritto, aspirava all’ onore del principa- to. CK si nega l’apeteosi drammatica, perchè ha più inteso alla aa del suo genio, che a quella dell’arte; pef- chè ha parlato più Alano ist che al sentimento ; per- chè ha eccitato piuttosto le grandi passioni politiche che i pianti della debolezza; perchè ha ardito elevarsi' così altamente , che non può essere raggiunto dai voli ordina- ri; perchè ha tentato di migliorare il gusto pubblico, anzi che secondare ciecamente quello dei suoi contempo- ranei; perchè finalmente ha sacrificato spesso alla filosofia della lingua, il meccanismo della parola. questa, o signori e colleghi, l’analisi dei motivi, che hanno persuaso il dotto autore della coronata memo ria a giudicare il nostro tragico per eccellenza, un peri- coloso modello di teatrali componimenti per i giovani artisti. Io v'invito, o signori, per l’onore della patria. co- mune, per l'interesse delle lettere, per la gloria del tea- tro, a ponderare nella vostra saviezza il giudizio solenne dell’areopago di Lucca, e a riproporre la causa?dél poeta filosofo, dopo di aver discusso separatamente i vari artico- li che formano altrettanti dubbi contro il di lui merito nell'arte drammatica. Essi tutti si sostanziano in quei principi di ragione scientifica che ho raccolti nella me- 73 moria laureata, e che ho avuto il dispiacere di‘annun- ‘ Ziarvî, come'altrettante violazioni dell’arte scenica im- putate ad Alfieri, e per le quali si è creduto di concludere, che esse porterebbero alla rovina dell’arte , se fossero adottate come teorie e bellezze della tragedia. Io ne scelgo intanto due sole, che mi sembrano fra le molte più interessanti. Vuolsi in primo luogo conoscere ‘se vero sia il principio, che in fatto di gusto letterario, non si possa dal tribunale del popolo appellare a quello ‘della ragione. Vuolsi in secondo luogo esaminare, se lo | scrittore drammatico debba ciecamente servire al gusto dei contemporanei. To vi tratterrò brevemente în queste discussioni. Vi sia non discaro il mio zelo, e offerite di buon animo alla memoria di Alfieri, nell’attenzione che domando per esso, un tributo di stima e di riconoscenza . Per decidere rettamente se le questioni sul gusto lette- rario sono della competenza esclusiva dei sensi ‘o ‘della ra- gione, o sehannorapporti ineguali con gli uni e con l’altra, a me pare. che rimontar si debba alla vera idea del gusto e del:bello letterario, e che questa idea, non si debba at- tingere servilmente nelle definizioni dei retori, ma nella natura delle cose, che ‘è sempre invariabile in fisica ed in morale. Considerato il gusto letterario nella-sua: essen- za come» principio agente, egli è una potenza’ dello spi- rito, che abbellisce l’ opere del genio con le grazie della ‘fantasia, e con le Veneri dello stile, che agiscono sopra i ‘sensi: Le concezioni della ragione hanno d’uopo della mano dell’artista per ‘essere, direi quasi, personificate, ‘e sotto forme sensibili, eccitare nell'uomo più o meno ‘suscettibile. di questa eccitabilità, quelle forti e vivaci ‘sensazioni , che sono le necessarie sequele del bello. mo- | irale..La scienza de’ mezzi eccitanti queste piacevoli sen- sazioni, si chiama. nei respettivi casi , poetica, ed elo- | «quenza; e nell’ arte: pratica di bene applicare questi 74 mezzi, si risolve l’analisi del buon gusto; o sia:della cos gnizione e del sentimento del bello. Il gusto, dunque è ‘una specie di tatto privilegiato, che io inclinerei a. creder- lo più fisico che morale, e per di cui virtù l’uomo che n’è dotato, sceglie per istinto, tra i molti mezzi eligibili, quelli che sono i più nale alle circostanze; i più di- retti al fine, e i più eccitanti idee ‘muove, chiare € distinte. 19 9 Se tale è la natura dels gusto attivo, ‘eguale ornbie deve esser quella del gusto passivo. Se il/gusto iche crea, suppone un tatto privilegiato nell'uomo, per identità di teoria, anche il gusto che sente, suppone un tatto si- mile nell'essere che percipe., e che sente il. piacere re- sultante dall’ opere del gusto.creatore. La cognizione: del bello deve essere la prerogativa dello scrittore, e mel.tem- po stesso non può essere una scienza straniera! a. ve che vogliono giùdicarne. 4 In fatti il bello letterario. essendo nellé idee, e non già nella testa materiale di chi lepercipe ;. ced spesso che per mala disposizione della testa il. bello. non si sen- te , benchè esista nelle idee. che si percipe ; e ‘quindi si accusa di imperfezione il gusto dello scrittore, in vece di’ riconoscere la malattia del proprio spirito. | Hanno quindi mal definito il bello morale ‘e il gusto letterario coloro che lo hanno parificato al-bello fisico, asserendo, che il primo, come. il secondo, agisce. sopra l’uomo grossolano del volgo, come. sopra le persone di spirito ben coltivato ; e che perciò le bellezze dello stile oratorio e. poetico, per essere veramente tali ) debbono sentirsi indistintamente da tutti , più per meccanismo, che per discernimento intellettuale. Costoro hanno di- menticato, che il bello letterario è una ‘creazione del gusto letterario, e che non può esservi creazione se non per l'unione di certi e invariabili elementi, conosciuti dal gusto, che ha l’arte di combinarli, e i quali sono ag- 95 | graditi dal gusto, che ha la scienza per distinguerli. Que- sta scienza , come tutte le altre, è un misto della natura e dell’ arte, e non è mai il fisico sentimento universale degli uomini. i Anche quando si volesse ammettere, che certe bel- lezze dello stile fossero più sentite che intese perchè il piacere previene la riflessione, anche in questo caso il grado della sensazione NIRO da questo bello, sarebbe relativo al grado della delicatezza sentimentale , e non co- mune ed identico in ogni organismo. Per bene intende- re questa teoria, sviluppiamo in brevi parole la vera idea dello stile. Il comune dei retori non metafisici ha fatto consiste- re il bello dello stile, più nel semplice meccanismo delle parole; più nell’arte di armonizzare i versi e i periodi, che nell’ uso filosofico delle lingue. In quanto a me, la costruzione e la natura delle parole, è la parte esteriore dello stile componente quella chiarezza e dolcezza che sono gli elementi del bello fisico, che produce certe sen- sàzioni amiche del cuore‘, le quali sono più sentite che © . definite dall’ uomo pensatore e dal volgo. Ma queste medesime sensazioni hanno un rapporto con le fisiche predisposizioni di quelli che sentono. Non in tutti indistintamente il tatto è sicuro, esatto il giudizio» ed eguale la potenza dell'armonia. L’ orecchio degli anti- chi greci era più sensibile ai tuoni musicali, di quello sia attualmente l'orecchio degli italiani i più esperti nella misura:delle proporzioni numeriche della voce. Gli orga- ni dell'armonia, nei negri dell’Affrica, sono dotati di così rara eccitabilitàj che le vibrazioni musicali dell’aria si veggono espresse in tutti i muscoli del loro corpo ignudo, che si atteggia sempre in concerto con la voce di un can- tore, o con la corda di uno istrumento. Attesa questa differenza fisica nella intensità e nel grado delle medesi- me sensazioni , deve preferirsi dalla critica , nel conflitto 76 delle identifiche sensazioni , il. voto di quelli ; che hanno per natura, per abitudine o.;per artifizio, ;un più verisi- mile raffinamento in tutto .il sistema del “CORRA sen- sibilismo . Quindi il giudizio retto del bello fsi dello Jmtile , io non lo desumo indistintamente dall’ tto volgare e , dal tatto civilizzato degli uomini. In fatto di gusto;lette- rario, io non do la palma scientifica a colui che ha .rac- colto i.voti maggiori, ma solamente a quegli, che ha me- ritato i voti migliori. La grossolanità degli organi volgari, li rende insensibili a quelle delicate impressioni, che for- mano la delizia degli organi nobilissimi e raffinati. È dunque una falsa regola di critica, anche nelle questio- ni del gusto e del bello esteriore dello stile oratorio e poetico, appellare al tribunale del. popolo; comune, e costituire in giudice della perfezione armonica una massa | d’organi imperfetti per naturale meccanismo; e per difet- to di esercizio miglioratore. Se il popolo in massa non è giudice competente della parte meccanica dello stile, considerato cioè. come suono e armonia, lo sarà molto meno della parte inter- na, o sia del bello morale ;.che resulta dalla filosofia del- le parole, considerate come segni delle idee. Ognuno in- tende facilmente, che questa specie di bellezza non è della competenza eclusiva dei sensi. ma di essa gode, e ‘ne. giudica più rettamente la. intelligenza. Una nuda e fredda modificazione del pensiero sarà un linguaggio par- .lato o. scritto; ma non già la ostensione di una idea at- ‘teggiata, e colorita dalla. mano dell’ artista. per interes- sare in una sola scossa la ragione e il sentimento. Questa bellezza morale, ché eccita insieme i sensi. e lo spirito, che piace al cuore e all’intelletto , che agita nel foro la mobile plebe, e insidia il rigore dell’insettucibile areo- pagita , è il prodotto della lingua filosofica, che parla al- l'immaginazione con tanta chiarezza e fia d’idee, che 77 lo spirito le vede ‘senza fatica, e le vede in un ordine così distinto, che non perde tempo a combinarle. E come mai si vorrebbe far giudice di questa sorta di bellezza l’incul- ta natura di un popolo, che non può essere eccitato che dalle idee: del bello che egli conosce? È una conseguenza di questo falso principio L'altra teoria, con cui si vorrebbe assoggettare il gusto dello scrittore al gusto predominante nei contemporanei. Il gusto letterario associato alle opere del genio, non le ador- ma, o per meglio dire, non le sfigura giammai con false tinte o con forme sproporzionate, per adulare l'altrui ignoranza del vero bello, o per sostituire al gusto della ragione, il gusto corrotto della nazione o del secolo. Se ip fatto di bellezze letterarie si dovesse dagli scrittori secon- dare ciecamente l'umore del. popolo per comprarsi , in una approvazione volgare, una gloria passeggiera, le bel- le lettere sarebbero ancora stazionarie, e l’archetipo della perfezione dello stile sarebbe nella fantasia del volgo, e «non mai nell’ingegno dell’individuo, che la natura aveva creato per essere originale, e per civilizzare il gusto del volgo. I pensieri del genio sarebbero sempre stati scritti in lettere di ferro dopo la decadenza dell’ età dell’ oro, e sarebbe stato un delitto in Dante, in Boccaccio e in Petrarca la riforma del gusto del secolo, e della lingua del genio. è Sei letterati e i filosofi, convenendo nelle regole assolute del bello come teorici, le praticheranno come artisti, io credo possibile di modificare a loro talento il gusto pubblico, creando a poca a poco nello spirito del popolo le immagini del bello, e assuefacendo i sensi a tro- vare il piacere negli oggetti che lor si presentano per produrlo. La conosciuta influenza delle abitudini sul sen- sibilismo, e le diverse vicende di esso nelle. varie educa- zioni dell’uomo, provano chiaramente la possibilità di sostituire dei temperamenti artefatti a quelli della natura. 78 Per queste fasi della umanità, diventa sensazione piace: vole quella stessa idea, che in avanti era disgustosa e alterante. Per questa causa, un popolo intiero da un se- colo all’ altro è colpito Lifilicnalito dai medesimi og- getti, e presenta il vario spettacolo di costumi e di gusti predominanti. Se il gusto dello scrittore dovesse accomodarsi ser- vilmente al gusto dei contemporanei, il bello letterario sarebbe indipendente da regole assolute e dimostrabili, e nella scienza dei retori si introdurrebbe l’incertezza e la volubilità della moda, che accomodandosi ‘alle circo- stanze dei tempi, fece belle le prediche del padre da Momigno, ed anche più belli i versi dell’ Archillini. L’istoria stessa del teatro è una prova di fatto della ve- rità della massima che difendo. Ii fatti, se il gusto del popolo fosse il tiranno neces- sario del gusto della ragione, Melpomene in veste caprina sarebbe ancor trascinata sui carri delle ambulanze. sceni- che, ed Eschilo non avrebbe ardito di erigerle un teatro e di calzarle il coturno , per non urtare i piaceri di abi- tudine della greca plebaglia. Se il riso inurbano del po- polo fosse preferibile al riso della ragione, la scurrilità della commedia infetterebbe ancora le scene delle nazio- ni illuminate , e l’ austera morale declamerebbe a buon dritto sul pericolo dei costumi, e sull’ abrutimento d’un popolo che trasforma il teatro nell'inferno, e vi rappre- senta, ridendo, le battaglie dei demoni e dei maghi con arlecchino. Questo gusto del popolo, deve secondarsi mec- canicamente da una truppa di strioni avviliti dalla mise- ria, per popolare il teatro in una nazione, o incolta, o corrotta; ma non già dallo scrittore drammatico, che si propone la riforma dei costumi, la migliorazione dei pia- ceri pubblici, e la conversione delle passioni, anzichè una momentanea distrazione alla noia inquieta, un lenocinio alle depravate affezioni del cuore, una degradazione degli de 4 spiriti, e la consolidazione degli errori dell’ abitudine e della infanzia. Il teatro, nella ipotesi della coronata memoria , dovendo essere servilmente congeniale al po- polo, non è più la scuola della morale in azione, non è più il direttore o l’ istitutore del gusto pubblico, ma uno schiavo miserabile ed avvilito, che prostituisce la dignità dell’uomo alle voglie di chi lo paga. In letteratura , come in politica , è falsa la massima di accomodare lo spirito degli scrittori e delle leggi ai costumi predominanti. Se questo principio fosse stato sem- | pre adottato, la legislazione dei popoli non conterebbe un Giustiniano, un Czar Pietro, un Federigo, un Leopoldo. L’istoria delle lettere non conoscerebbe i secoli di Peri- cle, di Augusto, di Leon X, di Luigi XIV, e quello del- la filosofia. Il bello beviclrta adunque ha i suoi elementi certi , conosciuti, dimostrabili, e indipendenti dalla moda. Chi- unque ha il talento di riunirli quando sono dispersi , è creatore del vero bello , ad onta del disgusto pubblico, che in principio è schivo per inabitudine del sentimento, e in ultimo ne diventa entusiasta per abitudine e per ri- flessione. Le tragedie del grande Astigiano recitate in principio davanti a un popolo morto alla patria, compar- vero creazioni inanimate; ma riprodotte poi davanti lo stesso popolo da morte desto, furono elleno non solo sti- mate di grande anima piene, ma la forza diffusiva di questa grand’anima penetrò in tutti i cuori, e gli ascoltanti sortivano dal teatro orribilmente tocchi dalla smascherata crudeltà di Filippo, dalla sfrontata brutalità di Nerone, e dalla usurpata tirannide di Creonte. E il Goldoni, dopo avere lungamente lottato con attori corrotti, e con spet- tatori male educati dalla corruttela degli attori e dei poe- ti drammatici, riformò finalmente il teatro comico in Italia, riconciliò la morale con la commedia , e si fece diodètt, nel suo genere, di tutti i secoli futuri. 80 E qui gli oppositori alla riforma alfieriana, vanno j dubitando, se la nuova scuola possa diventare sorgente di un falso bello tragico per quegli imitatori, che mancano di forze abili a volare fino all'altezza ove il bello vero risiede; e ciò nonostante più ambiziosi di volare vagamen- te che di pervenire all’archetipo del bello sublime, smar- riscono le traccie del capo-scuola, e per sostenersi in alto, fanno prove di sforzi inutili, e non, di forze naturali; e nei loro sforzi prendono atteggiamenti manierati e situa- zioni così caricate, che sformano il bello fisico, e rendono mostruoso il bello morale. Questo pericolo è posto a debi- to della scuola, e si cita come un demerito o un vizio del riformatore. Ingiustissima accusa , e tendente ad impedire qua. lunque miglioramento nelle arti e nelle umane invenzioni, Ella sarebbe comune a tutti i capi-scuola, che per mancan- za di geni consimili e a loro posteriori, hanno avuto falsi imitatori o superbi , che per farsi originali o mag giori di quelli , hanno cercato altre vie per andare alla perfezione , la quale non avea che una strada sola, e già scoperta dal loro maestro. Applichiamo questo riflesso alla nostra scultura. Mi chelangiolo s° impadronì dello scettro delle arti, sicco- me Alfieri di quello del tragico teatro. Quel genio ardente erasi avanzato così rapidamente nella sua carriera, che parea non avere incontrato ostacoli; e giunto alla meta, presentò al mondo la bellezza delle forme, congiunta alla sublimità della espressione. L’ esempio di sì grand’ uomo volle imitarsi da molti: alcuni, per essere originali in qual- che cosa, abbandonarono la via battuta da lui, con la ingannevole speranza di scuoprire strade più corte per giungere alla perfezione e alla celebrità. Vollero rivaleg- giare con Bonarroti , senza conoscere i principi di qui dotto artista, o se gli avevano scoperti, non ebbero quegli emuli la virtù di conoscere, che ad applicarli mancavano 4 81 .diquel genio di.cui non mai comparve il maggiore, dopo che fu in Toscana riedificato il tempio delle arti. . Da ciò ne avvenne le corruzione del buon gusto; gli ‘scultori si proposero di affettare una grande nobiltà di stile Michelangelico con la sforzata contrazione dei musco- li, o con la esagerata espressione dei movimenti; e a loro similitudine, certi poeti, con sforzata asperità o concisione di parole, credonsi d’imitare la sublimità dell’ Alfieri; gli artisti a scalpello abbandonarono appoco appoco i model- li di Michelangiolo per creare una energia ideale, che mancava di grazia e di verità ; e i falsi allievi dello Asti- giano potranno egualmente, ocitapilca dalla sua scuola , deformare la natura aglio troppo ingigantirla. Ma che perciò? Sarà il Bonarroti accusabile di avere dato causa alla corruzione del gusto nella scultura? Se nol sarà egli, e perchè incolpare il tragico divino di essere stato troppo eccellente e sublime nella riforma del gus- ito e:della moralità nella drammatica letteratura italiana? Jo ben comprendo la segreta ragione di questa ingiustis- “sima accusa. Egli vivificò certe passioni che si voleano morte, e le risvegliò in un tempo in cui il loro sonno era rispettato , e blandito da tutti coloro che ne temevano il risvegliamento. Molto potrei accrescere il mio ragionamento; ma parlo ad uomini, per i quali basta il segnale delle idee. Io non ho inteso che di eccitare gl’ingegni vostri ad una nobile gara, per farvi campioni e difensori illustri di un eroe nelle lettere, che non essendo più che un’ ombra invisibile, ha conii, in morendo, la sua corona di lauro al patriottismo de’ dotti, all’onore dell’Italia, e alla tutela di Melpomene e di Minerva. A. ALposranDpo PAOLINI. T. XII. ©ttobre 6 82 La Grèce , où description topographique ec. La Grecia , i 0 desiato topografica della Livadia, della Mo- | rea, e dell’ Arcipelago, di G. B. DerPîme, coh una carta della Grecia, e con vedute ec, — Parigi #0 tomi 4. in 18. Fra i grandi avvenimenti per i quali distinguesi il nostro secolo, non è certamente il meno interessante quello per cui i discendenti di Milziade, di Temistocle, di Cimone infiammati dall’ amore della libertà, tentano di rispingere di nuovo di là dall’ Ellesponto l’ asiatica oppressione , e vinvovellano i prodigi delle Termopile e di Maratona. - L'Europa pende attenta sull’esito di questa impresa , fa- cendo voti per la vittoria de’ greci, accogliendo anziosa tutte quelle opere dalle quali può attingere le cognizioni relative a questo popolo coraggioso : e l’Italia più di tutti interessata nella causa del medesimo per diritto di, vici- nanza, contempla con occhio indagatore le vicende di questo dramma politico. L'Italia , e principalmente la parte meridionale di lei, situata geograficamente nel cen- tro del mediterraneo , si è veduta fin qui ridotta dalle relazioni politiche pel confine di quella linea che separa la civiltà dalla barbarie, l’ impero delle leggi dal capric- cio del dispotismo. Quali speranze per il di lei commercio e traffico, se quel limite prescritto dalla forza retroce- desse verso l'oriente, e si riaprissero le relazioni naturali fra le due sponde dell’ Adriatico e dell’ Jonio! E quanto debb’ essere sollecita di conoscere per tempo lo stato pre- sente di quelle provincie, che possono divenir nuove sor- genti d’industria per lei, come a’ tempi dei Dandoli e dei Morosini! Ciò appunto può ottenersi in parte dall’ opera di cui parliamo, pubblicata dal sig. Depping, assai noto per altre applaudite produzioni letterarie e geografiche. In essa trovasi , come sì esprime uno de’ più applauditi gior- SI ‘89 nali (2) chiarezza è precisione : è una compilazione degli ultimi viaggi fatti in quelle terre: è una specie di ma- ‘muale e di repertorio , che può servir di guida per tener dietro agli attuali avvenimenti. Perciò lasciando da parte le coste asiatiche abitate da’ greci ,.la Macedonia ; l’ Albania, e le isole ioniche in | parte; l’autore non si occupa che di quelle provincie le quali sembrano destinate a formare un nuovo corpo di na- zione. Queste provincie sono la Livadia, cioè l’antica Gre- cia propria, ossia grande; la Morea, nota sotto il nome clas- sico di Peloponneso, e le isole dell'Arcipelago. Prima però ‘d’incominciare la loro descrizione, il sig. Depping ha voluto ‘gettare un’ occhiata sul popolo indigeno da cui sono abitate, sui discendenti degli spartani, degli ateniesi, degli argivi; sui greci moderni, premettendo un prospetto fedele ed imparziale del loro stato politico, morale e religio- so. Noi faremo conoscere ai nostri lettori prima di ogni altra cosa questa introduzione, servendoci quasi delle parole me- desime dell’ autore, onde senza deferire al nostro favorevo- le giudizio, possa ciascuno meglio accertarsi del merito di essa, non dubitando di fare in tal modo cosa a tutti più grata. « La speranza, incomincia il nostro autore , di veder rivivere il popolo greco, è uno de’ più belli con- cepimenti del nostro secolo. Da gran tempo l’ Europa ‘desidera che i turchi con la loro barbarie ripassino in Asia; ma questo voto era piuttosto dettato dal fana- tismo che dalla umanità, fintanto che l’ Europa me- desima conservava in sè gli avanzi della sua propria barbarie. Della qual cosa fanno fede i discorsi e gli atti pubblici, quando eccitar volevasi la cristianità contro i turchi; e neppur sospettavasi che altro nobil motivo po- ‘tesse esistere. A popoli non liberi la schiavitù de’ greci | (1) Rivista enciclopedica. Marzo 1823. . 84 ispirava poco interesse; e volendesi «oltanto il trionfo del culto, credevasi adempiuto ogni dovere quando Roma in- viar poteva qualche vescovo nel prisco impero d’Oriente»: | « La nostra illuminata età, da sentimenti più elevati | e degni dell'umanità viene ravvivata e commossa. Vuolsi la libertà , l'indipendenza di una nazione , i di. cui ante- nati hanno insegnato al mondo ; come beni tanto preziosi si acquistano e si difendono ; nazione, il di cui deplora- bile scadimento ha sensibilmente scosse tutte le anime capaci di sentire il peso di sì enormi infortuni. Allorquan- do nel 1820 si manifestarono i primi sintomi di una sol- levazione dei greci, tutta l’ Europa da un capo all’ altro | ebbe una general simpatia ; tutti i popoli inciviliti trova- ronsi disposti a soccorrere gli oppressi, a pagare ai discen- | denti una parte del debito contratto dal mondo coi loro | antenati » . don i Ma questa inclinazione europea in favore dei greci non ha giovato quanto desideravasi alla lor causa, per- chè vari interessi politici vi si sono opposti :»e deploran- done quindi l’infausta circostanza, così continua il sig. | Depping. y « La Grecia devastata ha stese inutilmente le mani . supplici all’ Europa, implorando da lei pietà in nome di. quella religione di dolcezza , comune ad essa con tutta la cristianità; ha esposto invano alla vista dei popoli indi- pendenti la sua miseria e i suoi danni profondi: ella è stata negletta, rispinta, abbandonata alla sua dispera- zione » . 2 E seguitando tal nobile esordio, passa l’autore ad espor- rei motivi che lo hanno determinato a dare al pubblico la sua opera. Qualunquesia l’esito, egli dice, della lotta dei gre- ci coì turchi, lotta, in cui non farebbe meraviglia vedere i primi soccombere per la sproporzione delle forze, giova sempre il conoscere qual fosse la Grecia quando ha incomin- ciato a scuotere il giogo de’ suoi tiranni; l’ esaminar quel 85 terreno, dove gli antichi hanno dati sì luminosi esempi di tante ‘civiche virtù; il contemplar gli avanzi delle loro arti ed imprese. Valendosi delle indagini fatte in questi ultimi tempi dai viaggiatori francesi ed inglesi, e parago- nandole con quelle de’ viaggiatori del secolo antecedente, imprende a delineare un abbozzo dello stato attuale di questa classica regione. : « Io non ho voluto; continua, far l'elogio de’ gre- ci: il nascondere ch’ essi sono degenerati , sarebbe cosa ‘superflua : anzi fa meraviglia, come sotto l’ oppressione crudele in cui più secoli sono vissuti, non siansi peggio corrotti; ed il loro primo passo verso la libertà è più degno di ammirazione, perchè sembrava che la tirannia dei tur- chi avesse spenta in loro ogni speranza, e qualunque desi- «derio di miglior sorte. Giacchè dunque i greci in mezzo alla profonda lor depressione avevano ancora il diritto di essere ammirati dai contemporanei, sarebbe slealtà il sup- porre in loro qualità che non avevano, e adularli a_ spese della verità. Mentre un popolo rigenera sè stesso, è anche ‘ cosa pericolosa l’approvare i di lui difetti, potendo egli trascurare. qualche necessaria riforma, e supporre non ;avere altro a correggere. So che la disgrazia merita indul- genza per i popoli come per gl’individui, e conosco che sarebbe inumanità l’attenuare l’interesse generale ispirato «da una nazione oppressa in sì insidiosa maniera : pure ‘mon solo la verità è il primo dovere di uno scrittore, ma ‘ancora i vizi e i difetti dei greci essendo per la maggior -parte prodotti naturalmente dal loro lungo e duro ser- ‘vaggio, debbono farci detestar sempre più il barbaro di- ispotismo oppressore di un popolo dotato di tutte le di- sposizioni per essere grande, felice, pregevole, degno in una «parola degli avi suoi ». 400) Il primo ragguaglio che ci dà delle cose. greche trat- «ta.della lingua romaica , cioè del greco moderno, nato «dalla corruzione dell’antico , e questa prodotta dalla de- 86 cadenza dell'impero di Oriente @ dalla. irruzione de' bar: bari. In quei bassi tempi passarono: vari; secoli. in cui.i greci non ebbero altra letteratura che quella dei. loro antichi, o almeno, se n’ ebbero, noi l’ignoriamo. Nato nel duodecimo secolo qualche gusto per. le lettere ,;so: pravvennero le crociate a riaprire nuove. relazioni. fra l'oriente e l'occidente, fra i saraceni e i cristiani ; ;i greci e i latini; e nonostante l’ odio violento! fra gli orientali e gli occidentali, l’ opposizione fra il carat-. tere pieghevole e astuto dei greci e «la ‘barbara rozzezza dei latini, nuove idee, nuove, parole; ‘nuove espressioni , s’introdussero nello spirito e nella lingua dei greci. Allo» ra formossi l’idioma romaico, sopra cui grande influenza esercitarono gl’ italiani col loro dominio; e questo idioma diventò nazionale, quantunque fosse quasi tanto diverso dal greco antico, quanto dal latino l’italiano. E forse ‘in mezzo ai barbari e presso i latini più si sarebbero i:gre- ci dal lor antico armonioso linguaggio allontanati; se: que- sto non si fosse conservato nella lor: liturgia, in cui si era introdotto fin dalli primi tempi del' cristianesimo, ram- mentando loro lo spirito filosofico de’ greci antichi. Da ciò si deduce ancora l'uniformità nel linguaggio dei-greci moderni anche lungi dal centro della Grecia, talchè'quei della lor nazione che abitano la Russia e:'1’ Asia minore, parlano la lingua medesima che quelli ‘della Livadia, dell’ Arcipelago , della Morea, eccetto qualche:piccola dif- ferenza per la prossimità de’ franchi e de turchi. Gli val- banesi medesimi , stabiliti da più di sei‘ secoli principal mente nella Beozia, Attica ed Argolide, sebbene diversi da’ grecì sotto altri rapporti, hanno adottato SEI la lingua , di questi. FFOSNIR]e Il greco antico si è trasformato nel:romaico moderno non solamente per le parole, espressioni, e' frasi prese dalle lingne europee, ma ancora per molte alterazioni nel- la grammatica antica. L'oreechio delicato degli‘ateniesi:di- 37 stingueva allora diligentemente gli. accenti diversi; ora. sono tutti confusi. Le aspirazioni sono ancora notate nella lingua scritta, ma più non si pronunziano . Alcune vocali e, dittonghi: distinguevansi, probabilmente sl un, l’ altro dagli antichi; adesso pronunciansi tutte in un modo. Così l'e ( .eta.),,l’w,idittonghi ei oi sì pronunziano, tutti co- me l'è; anzi pretendono i greci che tale fosse la vera lor pronunzia presso gli antichi. Varie dispute hanno perciò con gli occidentali , de’ quali si.burlano ancor talvolta; i come fece, quella dama greca a cui un ellenista della scuo- la.di Erasmo voleva persuadere doversi pronunziare il 6 greco deta'e non vita; dandole per ragione che i greci avevano desunta quella lettera dal belar delle pecore. Oh, interruppe la greca, bisogna che io creda, poichè non in- tendo il parlar: delle bestie. «Se trovasi però qualche, indizio di antichità nella “insai moderna. de’ greci ;, è. vero. altresi, che. nelle parole, passate dall’ antico greco nel latino, le vocali e i dittonghi.sono sempre fra loro distinti; e se il metodo i iorende la. pronunzia più dolce, produce ancora nel discorso una confusione assai incomoda per gli stra- mieri. | I.moderni si. son presi altre, grandi libertà intorno pr parole, alcune slugandone, accorciandone, altre, can- giando una in un’ altra lettera ; togliendo 0 Atina da nel mezzo delle parole e arpa e vocali, mutandone il significato, e dando ad esse un senso novello. Il nume- 6 duale proprio del greco, antico, i casi, obliqui nelle .declinazioni: si sono perduti; nè più esistono nella gram- «matica ; i verbi ausiliari. avere .e volere, per indicare il ‘passato e il futuro come nelle moderne lingue, l'articolo in- .definito;i. pronomi personali nei verbi sono stati introdotti: itutte cose prese dalle lingue.d’Europa; ma altronde i greci hanno rinunziato alla ricchezza de’tempi, di cui era dotato 88 l'antico linguaggio. Notasi però, che ì marinai € pescatori iù che altri han conservate le antiche parole; che‘i'momi dati da essi alle piante ed ai pesci assomigliano per la mag- gior parte a quelli, con cui da Dioscoride e da altri naturali- E IO sti sono indicati. Dicesi, che nell’ Attica, dove la lingua già più puramente parlavasi, trovisi adesso il più corrotto dia- letto e l’ortografia varia molto, priva ancora di regole ai per mancanza di scrittori autorevoli. Da un popolo oppresso per tanti secoli non si. può pretendere una brillante letteratura: esso non ha avuta cit- tà capitale , non stabilimenti grandi d'istruzione, non ec- citamenti alle lettere disprezzate dai suoi barbari domi- natori, non tipografie prima dell’ultimo secolo ; nè rice- veva che da Venezia e da Trieste i libri devoti; i soli che generalmente si trovassero a vendere. Così l’ istoria della letteratura romaica non è molto lunga; é secondo le in- dagini intorno ad essa fatte dal sig. Martin Leake, in poche linee possono accennarsene i principali avvenimenti. ‘ Omettendo i ritrovati frammenti di opere scritte negli ultimi tempi del basso impero, troviamo fra le mo- foto un poema epico intitolato Erotocrito, prima com- posizione grande, pubblicata in lingua romaica da Vincenzo Cornero cretese, discendente da una famiglia veneta. Egli ha voluto seguir le orme degli antichi; ma non' essendo nè originale nè buon imitatore ha fatto un' poema’ privo di gusto, quantunque rimarchevole per il tempo in cui fu scritto, e di qualche riputazione anche ‘al presente in Creta e nelle isole, dove ignoransi i buoni modelli. Da Creta vien pure la tragedia di £rofilo di Giorgio'Chor- tatzi, la qual dimostra ‘un desiderio grande 'd’ imitare i greci antichi; e il poema‘ intitolato: Z'oscopoula ; di 119 stanze, nel genere patetico , in cui un pastore di A po- horona, cioè di una spiaggia cretese, prg» la ori della sua bella. 89 mos "Questi: ‘tre. ‘poemi ‘sono i soli dei secoli anteriori al | decimottavò: i poeti si sono di poi moltiplicati, e più nu- | merose son diventate le lor produzioni. ‘VA tutti i‘popoli, e più a quelli fra i quali.i diletti dello spirito non son molti, piacciono assai le canzoni : così formano esse per i greci il più favorito solazzo, e forse ‘da molto tempo; ma noi non conosciamo che le loro ‘canzoni ed ariette moderne, delle quali forse le più antiche; se hanno ‘esistito, eran più semplici, e quindi migliori. Nel canto popolare moderno i poeti danno trop- po a diveder l’arte: alcune loro idee son buone, certe immagini son poetiche, lo stile è spesso interessante ‘e pieno di fuoco; ma quasi sempre sono inferiori ‘alle can- zoni spagnuole, ed'alle ballate del Nord. La ragione di ciò si è; che mentre queste erano frutti di un’immagina- azione originale ; produzioni ‘semplici di popoli che non ‘vevano ‘avuto verun modello , i poeti romaici; stimolati dal ‘buon ievento: dell’italiana poesia ad esercitarsi nella propria lingua, sono imitatori che restano al di sotto degli originali. Ma siccome il popolo si appaga facilmente quando non conosce il meglio, così le canzoni mediocri de’ greci gli hanno consolati nella loro servitù. Queste canzoni eranò in principio di due specie, cioè le erotiche, e le cleftiche ( clephtica tragoulia ). Le seconde celebravano le gesta di qualche clefte, o sia di qualche ladro di strada; mestie- re ‘niente affatto disonorevole in alcuni distretti della Grecia ; in cui le persone più oneste non ‘hanno scrupolo ‘di infestare, come gli albanesi loro vicini } le strade mae- stre; ‘edi vivere delle lor prede, quando hanno la devo- ‘zione di fare le loro offerte a qualche panagia, 0 imma- gine ‘della Vergine. Così queste canzoni equivalgono agl’in- ‘mi‘eroici delle altre nazioni: in fatti i personaggi dell’ Ugo ‘non ‘eran che clefti nobilitati da Omero. Gli'avvenimenti politici, dopo il cadere dell’ultimo » 90. secolo, han creata una' terza specie di.canzoni, cioèle po- litiche; vere. ed energiche espressioni dei sentimenti dai ’ quali è ‘stata ravviyata.la nazione. alla speranza; della sua futura liberazione. Quella, composta sulla caduta di;Souli, ad imitazione:di un’ antica fatta. già sulla perdita di Cox stantinopoli.;;è stata il modello;di molte altre del, imede- simo genere. Non sono questi cantici per verità, composti da un Tirteo , ma servono ad. infiammar. la nazione;-e nel 1821.e, 22i.greci marciarono contro i musulmani! can; tando.il Deuze paides,una:di: esse. Anzi i. tratti/più eroici dei»cittadinijin: difesa! della causa. urta SONO; abati ‘messi in versi; e.ripetuti. da tuttii: ol odbits MEFETITtITISE 0» Pochesaltre poesie ha la.lingua;romaica sides di es” ser.offerte:a chi ama/la di lei liifontiinini Per, ina: pittura severa dei costumi greci, non per; il merito. poético i. può esser citata! la satira nota col.nome; di. «Ross AA nglo;Gallos,, la: quale consiste: in una conversazione; ifra un russo, un inglese e un francese, che yiaggiando linsieme..per lai Gre, cia, ed. ossetvandune. il. deplorabilestato.;, interrogano sulle cause di esso un vlackbey, cioè un principe vallacco, un negoziante ;'ediun codgi-bachi.o primate. i. il iS Il numero degli scrittori prosaici, si è molto .aumenta- to in questo secolo. Prima la,teologia! era la.loro ordinaria ‘occupazione:; ordtrattano essi altri; ‘interessanti: | sog ggetti. Sono state. tradotte.in lingua romaica! molte» belle, sopere degli altri paesi d' Lupiopa ; le. quali. vi: hanno introdotti tanti lumi. e. tante (cognizioni; da modificare ed; ‘estende i re le idee dei greci, daga che essi. incominciano ad;avere interessi:nazionali. Già. lo;.stile; prova, l'influenza) della straniera letteratura ;: le. frasi dei.(classici. delle, lingue. de- rivate dal..latino sono! introdotte nel greco nioderno; e d’altrondeigià motasi una, ‘propensione, di ;avvicinarsi,;ai capi d’opera dei greci, antichi; E poichè sembra, che .si rigeneri lo spirito della nazione; [forse la. lingua ancora proverà l’ effetto di: tal cangiamento;» e sebbene si pre- A cs PIO GI 9* vegza che il, genio di essa resterà sempre il Misibia ia 3 cr non si può dir finora ch’ essa siasi fissata. n... : Prima del presente secolo non esisteva neppure una stamperia in tutta la: Grecia, e chi voleva ‘acquistare qualche letteratura non poteva averla che ne’ chiostri; dove si conosceva poco-più che le sottigliezze scolastiche; e pochi monaci erano che ‘conservassero il. gusto per lo studio de’ classici. Finalmente le relazioni con i paesi più inciviliti d’ Europa , il commercio, i viaggi, la venerazio: ne con cui visitavansi dagli stranieri le rovine dei bei secoli della Grecia, ispirarono ad una parte della nas zione il gusto per studi di maggior:rilievo. E mentre i greci del Fanale (1), più istruiti degli altri, separandosi dal corpo di lor nazione ‘conservavano per sè soli-i;lumi ele cognizioni, € maneggiavansi per ottenere il favore della corte ‘ottomana , alcune famiglie greche, mosse::da .mag- gior patriotismo e filosofia; animarono i giovani a .fre- ‘quentare le straniere università, fondarono in patria scuo- le , collegi, biblioteche, e moltiplicarono per mezzo della stampa! le opere classiche dell'antica: Grecia. Finalmente, ‘poco: prima della insurrezione, fu stabilita nella! isola» di ‘Scio'una stamperia; e nonostante l’ opposizione d’ un par- tito, il quale amava meglio restar :-nelle tenebre, e. man- tenervi la:nazione ; i lumi e le cognizioni sì diffusero ra- span i. Le memorie “metin dagli sratialai greci del loro, salto bliioncidelle loro feste. religiose sono rimembranze ‘poetiche ; ed..i.giuochi pitici, i misteri eleusini,le, pompe .delfiche.rapiscono ed incantano, la. mostra. immaginazione. .Ma se quel culto si sveste delle poetiche forme apprestateli dalgenio nazionale,vi rimane una rozza, superstigione) incul- cata ai popolida una casta di furbi i ae pagano Vera un’appa- ofYLK4 4 ; >. TÉ Mulas ri vii (1) Nome' di un quartiere di siga op te ana dalle n° cospicue famiglie greche, ' i 9? renza di culto creato per le belle.arti e per i piaceri dello spi- rito, mentre il despotismo dei sacerdoti faceva agire le molle segrete con le quali si perseguitavano i filosofi, se ardi- vano sollevarsi sull’aer crasso respirato dal popolo; s°in- catenavano tutti i passi del greco repubblicano con do- veri da essi inventati, e l’uomo, libero nella condotta civica, era schiavo della superstizione. E guai per chi im- preudeva ad illuminare i suoi concittadini! Socrate non potè salvarsi dalla vendetta di Anito. I tesori (donavansi largamente ai templi ed agli oracoli bugiardi. 1 sacrifizi umani, insanguinati per lungo tempo gli altari , non ces- sarono prima che la civiltà progrediente gli facesse abbor- rire. Ordinavansi al popolo minute pratiche; il terrore sparso dai sacerdoti scuoteva gli animi, e sconfortava la ragione. E quando il cristianesimo abbattè quelle super- stiziose imposture', l’immaginazione e.la vivacità dell’ an- tico culto trasportate furono nel nuovo dallo spirito nazio- nale. Allora fu diviso l'impero da meschine controversie sopra scolastiche sottilità. Si unì l’importanza de’grandi interessi: alla questione se fosse creata o nò la luce. del monte Tabor; le statue dei santi furono furiosamente ‘spezzate; le credulità dei pagani sulla magia , sulla male- dizione dei sacerdoti; sull’efficacia delle pratiche devote si ‘propagarono, e ‘si conservarono come opinioni nazionali. Qui si diffonde |’ autore in descrivere gli abusi introdotti nella greca religione durante lo scisma che 1’ ha separa- ‘ta ‘dalla ‘chiesa romana; osservando che i.greci hanno sempre ‘conservate alcune forme repubblicane nella lor «chiesa ; e considerano come ‘residente negli arcivescovi, vescovi, metropolitani: e patriarchi ‘il potere gerarchico. ‘! Quattro fra ‘essi patriarchi ; elletti. da’simodi ‘e resi- denti a' Costantinopoli, Antiochia; Gerusalemme ,.Ales- sandria, hanno un’autorità uguale : quello di Costantino- poli però vien rispettato come primate, ed esercita qual- che autorità temporale in un consiglio di archimandriti,, | 93 ‘arcidiaconi , altri preti e monacî a cui presiede. Ogni ‘vescovo decide le cause litigiose dei greci secondo i codi- ci di Giustiniano e Teodosio, e le leggi di Basilio Macedo- ne. La qual temporale giurisdizione risulta non già dal sistema religioso, ma dallo stato civile dei greci, i quali non avendo altra autorità superiore che i loro vescovi e patriarchi, hanno amato piuttosto dipendere da codesti giudici nazionali, che dai tribunali dei turchi loro oppres- sori. Niun patriarca però fa pompa di fasto, e generalmen- te i costumi dell’alto clero greco sono commendabili per la modestia e semplicità. La loro vita conserva sempre l’ uniformità claustrale degli ordini monastici, da’ quali son tratti, senza escludere però le discordie e gl’in- trighi, che sembrano favoriti dall’ ozio. Essendo però tutti i monaci soggetti all’ ordine di s. Basilio, sono restati più attaccati alle lor prime istituzioni; e senza riprodursi nelle città, i calogeri abitano in luoghi solitari, fra rupi e deserti. Pochi sòno i ricchi monasteri, e questi non abu- sano delle loro ricchezze. La maggior parte di essi ha ri- dotti a cultura i terreni che li circondano, e li mantiene in buon stato: ma non si può dissimulare; che i monaci greci sono generalmente immersi nella più crassa ignoran- za. Alcuni assoggettano il loro corpo alla vita austera degli anacoreti , e quasi diventano spettri ambulanti. Ciò ‘nonostante , siccome lo stato monacale conduce al vesco- vato, ed anche al patriarcato, così l’ ambizione in lor non si estingue; e sebbene morti al mondo, sembrano tal- volta estremamente agitati, percorrendo l’avidità tutti.i gradi della gerarchia. Imperciocchè il patriarca, per poter ‘pagare la sua dignità ai turchi, spreme denaro dai metro- ‘politani, e questi dai vescovi, i quali-pongono a contribu- zione i monaci e le parrocchie ; si vendono fino.i mobili ‘di chi non paga, si fanno debiti a carico delle: comunità. ‘ Il basso clero , cioè la classe dei Papas, i quali. non sperano di giugnere alle dignità ; si abbassano ad occupa- 9Ì n zioni spesso assai vili per mantenere la lor famiglia ;-«la quale non è dalla chiesa ad essi interdetta. Talvolta que- sti papas sono agricoltori o pastori, i quali avendo imparati a memoria alcuni riti e formule della chiesa, hanno com- prato il presbiterato da qualche indulgente vescovo; e facendo denaro di tutto, vendono nell’occorrenza. assolu- zioni, sacramenti, esorcismi, reliquie. Così tutta la’ loro religione consiste in cerimonie e. superstizioni, le quali probabilmente saranno soppresse, quando verrà compiuta l'emancipazione del popolo greco. ‘fiat dorsi Si osservi però che questo culto, tuttochè supersti- zioso , ha contribuito a mantenere.i greci uniti come in un corpo di nazione; ed è stato un vincolo fra gl’individui, un mezzo di propagar la lingua, i costumi, gli usi nazio-. nali, assurdi in parte, ma conformi allo spirito della nazione. Sarebbe però necessario liberare lo. spirito del popolo dalle credulità puerili di cui è imbevuto. Im- ‘perciocchè i greci sono, più superstiziosi dei turchi e -de’giudei, e sembra che abbiano riuniti i pregiudizi. di ‘tuttii popoli e di tutti i.tempi, per adottarli in massa. Veggono da per tutto l'influenza degli spiriti maligni: ‘hanno santi protettori per qualunque disgrazia e combina- zione: hanno popolata la natura di spiriti invisibili;.i «morti stessi non riposano, ma se non vi si pone riparo, appariscono come vampiri o broucolahas. Tournefort par- ‘ra una storia piacevole d'un broucolakas, o sia spirito di ‘-un defouto, il quale inquietava tutti, e si ebbe gran pena per farlo desistere. Se ne occupò tutto un villaggio, il ‘quale tentò ogni via per metter fine agli scherzi che il morto faceva. In veruna parte la magia trionfa come in Grecia, dove non solo è creduta, ma si suppone vederne dovunque gli effetti. Tutti si occupano nel preservarsi da essi, e nella notte i sogni somministrano alla su- ‘perstizione nuovi alimenti. E qui il nostro autore rife- risce le parole medesime del sig. Pouqueville, il. quale starci ZE Zia et 95 ha ‘enumerati tutti i pregiudizi de’ greci. « Le febbri | pe- ‘riodiche, dice questo viaggiatore , sono attribuite ‘a ma- ligna. influenza ; così bisogna ppt dall’ ammirar la ‘bellezza, o parli della buona salute di qualunque indi- viduo o‘animale , se non si:sputa subito dopo, e. si pro- nunzia la parola scordor (aglio ) per allontanare l’aria cattiva. Per tener lungi da una casa gli spiriti, si confic- ca il chiodo di una bara alla porta di essa. Per liberare un ‘infermo da una data malattia;si scrive il nome di essa sopra ùna carta triangolare, la quale si appicca all’ingres- so della camera in cui giace. Si prendono auguri dal can- to delle donne prezzolate per piangere i morti. Si spezza una pentola nel momento che trasportasi un morto al ‘cimitero. Il tremolar d’ una fronda, il grido di una civet- ta fa fremere.: Un augello notturno getta lo spaventa in tutto un quartiere , quando la di lui voce interrompe il | silenzio della notte. Se una lepre attraversa la strada di una carovana , questa’ si fermerà fintanto che un passag- giere, il-quale non l’abbia veduta, non rompe l’ incanto battendo la via. Si teme d’incontrare un papas, un monaco sul nascer del sole , perchè in quel giorno si deve neces- sariamente cader da cavallo , o provare qualche ‘inaspet- tato infortunio. I baleni dal lato d’ oriente son paventati dagli RAI, le ecclissi son riputate annunzi di cala - mità .... Se alcuno stende la mano presentando le cinque ‘dita; cio credesi una malia. Pronunziando il numero cin- que, che è di cattivo procedere e di pessimo augurio, bisogna chieder scusa .... È pure cosa pericolosa il ra- gionare di corna , delle quali non si debbe neppure arti- colare il nome ». Sono infiniti i digiuni a cui son sottoposti i greci ‘per una gran parte dell’ anno ; e nella quaresima anche.i malati e le donne gravide osservano una rigorosa astinenza» ‘Al sol mirare l’erbe di cui si nutriscono, erbe che noi lasce- remmo quasi alle bestie ruminanti; i polipi e gli altri ani- 96 ‘mali marini mezzo putrefatti che in quel tempo; seryon loro di cibo , si concepisce appena , come questi intrepidi digiunatori possano sostenersi. Però, avvicinandosi la Pa- squa, procurano di ricompensar l’astinenza sofferta : la domenica delle palme si ornano le chiese con rami di ar- boscelli odorosi : nel giovedì santo si assiste alla messa se- condo il rito della chiesa primitiva , che celebrava in tal cerimonia un banchetto di pace e di amor fraterno: il ve- nerdì santo è un giorno di totale astinenza in cui la devozione è prolungata fino a notte avanzata, ma nella vigilia della Pasqua tutti si dispongono a quella gran festa. Si netta la casa ; si gettano per la finestra i vecchi piatti che hanno servito nella quaresima ; si cavano dall’arma- dio gli abiti più preziosi; si compra l’ agnello pasquale per il pranzo solenne; la lira ed il cembalo, abbandonati in quaresima, si riprendono; l’aurora della domenica vien salutata finalmente con colpi di fucile e gridi di gioia; si offrono agli amici uova dipinte, e focaccie fatte dalle donne ; si mangia in famiglia l’ agnello pasquale con li- bazioni di vino, e chiasso che dura otto giorni, degene- rando spesso in estrema licenza. I turchi di Costantinopo- li, dopo aver venduto a contanti ai greci il permesso di celebrar queste feste nel cimitero di Pera, osservano con la loro flemma ordinaria queste pazzie , castigando a col- pi di bastone quelle che eccedono i limiti: e quel popolo infelice, oppresso da essi per tutto l’anno , è ridotto a ser- vir Joro di spettacolo in quel giorno in cui si distrae dal suo perpetuo avvilimento. « Il battesimo de’greci è fatto per immersione; onde essi accusano i latini d’averne alterata la cerimonia fa- cendolo per aspersione, come se un poco più o meno d’acqua costituisse l’ essenza del battesimo, nè bisognasse aver riguardo alla diversità del clima. La lor comunione è una distribuzione di pane di frumento e di vino, il qual pasto frugale, a cui si aggiunge nelle campagne 1 97 l agnello nei dì di festa, rammenta l’agape dei primi cri- scel In ciascheduna chiesa è riservato per l’uffizio un santuario in cui non entrano i laici, e quando si tratta di comunicare, o di leggere l’ Evangelio , ì sacerdoti si avanzano verso la nave. Non vi si vedono che immagini dipinte sul legno, e di mediocre lavoro. Quelle di maggior fama son visitate da’ pellegrini del continente e delle isole, particolarmente ne’ giorni di festa, celebrati presso fonti già sacri per le greche repubbliche ». « Il popolo greco, avido di sensazioni novelle, abbrac- cia tutte le occasioni di festa, e perciò ve ne sono per tutti gli umani accidenti. Nei paregiri o. feste di chiesa si lare; si canta, si balla in onore del patrono, finchè il popolo non cade vinto dalla stanchezza. Si direbbe » che un.greco prima di ritornare nel suo villaggio alla servitù, sì rallegra per una settimana, un mese ,'un anno con fre- nesia simile ai negri infelici, i quali passano le notti in- tere nel ballo, per dimenticarsi delle pene sofferte nel giorno ». ‘« Se gli. uomini in Grecia non hanno moderazione nel giubilo, le femmine non sembrano averla nelle affli- zioni, Per la perdita del marito è finita in perpetuo la fe- licità della vedova, la quale urla spaventosamente, sì strappa i capelli, si lacera il volto, abbandona la società, trascura la propria persona, e di rado passa .a seconde nozze. I costumi attemprano questo lutto nelle incivilite città, ma nelle isole e nelle campagne esso conserva tut- ti io: eccessi. Nè basta che la donna mostrisi desolata , ma lagrimatrici prezzolate danno lo spettacolo disguste- vole di una finta disperazione , unita ad elogi caricati del defunto. Se mancano le lagrimatrici di professione , le ‘vicine suppliscono a quell’uffizio, ed in più luoghi si ‘espone il morto alla chiesa, dove i parenti e gli amici vanno a dargli il bacio estremo » . « Il lutto profondo a cui dall'uso son condannate le (IT. XII Ottobre - 98 greche vedove, nasce da quella superiorità che gli. n mini si arrogano ne” paesi mezzo inciviliti, ne’ quali ( che la dRo0 non conti più nulla , quando la morte le ha tolto il marito. Questo imperio del sesso maschile, così grave in oriente, rinserra, nelle classi più sublimi della società , come Or antichi tempi, le donne dentro i i lor ginecei, dai SA non escono che velate, per far visita ai parenti o frequentare le chiese. Si occupano così isolate nel ricamo, nella musica, e ne’ racconti favolosi; e reste- rebbero inculte e stupide, se la natura non avesse dotato questo popolo di una gran vivacità, la quale si manifesta nello scintillar dei loro occhi, nel moto della lor fisono- mia quasi sempre piacevole , e nell’agilità delle lor mem- bra. È cosa dolorosa che il cattivo gusto , invece di secon- dare questi naturali vantaggi, li alteri e li corrompa. Un vestir grave, e un denso liscio inviluppa e cuopre tali donne , le quali non avrebbero a far altro che mostrarsi senza apparecchio, per comparire belle e graziose : i bagni frequenti e la nuia dell’ozio fanno appassire per tempo i vezzi degli anni più teneri , e la decadenza dell’età si an- nunzia in esse prima che sien giunte al mezzo della lor carriera. La fatica del lavoro produce ordinariamente nel- le classi inferiori lo stesso effetto, che nelle altre il giogo dell'abitudine e la, mollezza. Le donne greche uniscono , con un’ estrema inclinazione per i ricchi ornamenti, una total negligenza per la nettezza della biancheria; e colei che ricuopresi d’ essenze e di odori, avrebbe talvolta” bi- sogno di ricorrere all’ acqua pura ». « La pulitezza nell'interno delle case di rado è mag- giore di quella delle persone , sebbene più facile a man- tenersi; poichè nelle case greche i mobili consistono ‘in alcuni sofà, ed armadi o casse per chiudervi gli abiti, e le materasse che si distendono la notte per riposare: non vi sono nè tavole nè seggiole, se tavole non voglian dirsi perte panche alte uno o due piedi: il braciere coperte, 99 presso il quale le donne passano tutte le giornate dell’ in- verno, non è quasi più alto: finalmente qualche imma- gine compie la mobilia delle camere ». . .« Regna meno uniformità e stranezza di vivere fra le donne nelle città ed isole, che hanno maggior com- mercio coi popoli d’ Europa: ivi non sono esse escluse dalla società; ma affabili e gaie accolgono con tanta più grazia. i viaggiatori quanto usano meno maniere studiate e convenute. Non è cosa rara sotto il bel clima dell’Arci- pelago udir le donne, sedute avanti le lor case, occupate in filare o ricamare, dirigere parole amabili ai passeggieri, ed offrire ad essi l'ospitalità , se son viaggiatori. Quale | straniero potrebbe resistere all’incanto di tali inviti , fat- ti in una dolce ed armonica lingua, avvalorati da begli occhi neri, e da vivace e spiritosa fisonomia ? Talvolta esse chiedono ai passaggieri una moneta, come per buona ven- tura, preghiera a cui è pur difficile di non arrendersi. Vedesi che queste povere greche non trascurano i picco- coli mezzi di esser felici; e in fatti ne hanno bisogno per sopportare uno stato di vivere così insulso. L'educazione nen somministra loro come scacciar la noia; i loro mariti, o per navigare le lascian sole come Ulisse lasciò Penelope, 0 le trattano un poco alla turca , giacchè presto s' imitano ì cattivi esempi » . « Essendo pertanto interesse delle donne greche il ‘cercar la felicità , prima di maritarsi, e anche dopo, esse consultano la sorte e le indovine. I sogni le interessano infinitamente. Per far più solenni presagi, vi sono delle . fanciulle, le quali prima di andare al riposo , mangiano ‘certe schiacciate preparate con erbe saporite, secondo la ricetta di una indovina, e si attacano al collo un sacchet- ‘to, che rinchiude un fiore bianco, un rosso, ed un giallo. Quando la mattina la fanciulla si desta, il primo fiore ch’ estrae dal sacchetto indica il marito ch’ essa avrà: se è il bianco, sposerà un giovane; se è il rosso, ur uomo di 7, 100 \ età matura ; se il giallo, un vedovo. Il sogno ch’essa ha fatto Ja notte le indica se lo sposo sarà amabile, e se avrà tutte le qualità che desidera in lui. Per la. ti dis. Giovanni le giovani greche usano altri mezzi onde esser felici nella 1h vita domestica futura : attingono l’acqua in alcuni vasi, in cui mettono dei pomi, e poi li espongo- no alla rugiada ; quindi si lavano con l’ acqua medesima, recitando alcune formule : ovvero se ne vanno molte in compagnia alla pubblica piazza con un paniere, in cui hanno messo fiori, frutta, nastri, ed altre bagattelle. I giovani radunansi intorno ad esse; si estraggon dal panie-, re gli oggetti rinchiusi ad uno ad uno ; ad ogni estrazione .f i giovani dicono all'improvviso dei pesi , e quella a cui l'oggetto estratto appartiene, se ne appropria il presagio. Il clidona è pure presso i greci un oracolo quasi simi- le. La vigilia del giorno destinato per questo giuoco, dice Guys (i ), due. ragazze prendono da tutti quelli che debbono essere della partiti, ciò che ognuno di loro deve mettere nel vaso, cioè un anello, una moneta, o altro si- mile pegno. Quindi serbando il più religioso silenzio , vanno a riempire quel vaso di acqua di fonte, lo cuoprono con mirto ed alloro, e fino al giorno dopo lo conservano. diligentemente esposto all’ aria aperta. Nell’ ora indicata la compagnia si riunisce; una delle vestali scuopre in presenza di tutti il vaso, e l’altra recita la strofa fatta espressamente per il giuoco, il che dicesi aprire il clidora. Ciascuno nominato da quella che fa il giuoco recita un distico greco, e tirasi nel tempo medesimo dal vaso un pegno, che rendesi a chi appartiene. Si applica al posses- sore il senso dei versi recitati a caso , e si interpreta o in favore o in svantaggio di lui. Si fa uso ancora dell’ acqua che resta, e si beve misteriosamente per scuoprire se ciò che si pensa è vero, se ciò che si desidera accaderà. (1) Voyage litt. dans la Grèce. Parigi, 1771. prg. a : 107 Hinnio l’ acqua ; all’ appressarvi il labbro, sembra bollir nella tazza, è buon segno; in caso diverso non v'è nulla a sperare ». ‘. .« La poesia serve non solo, come abbiamo veduto, alla credulità de’ greci, ma contribuisce ancora al loro divertimento. Le donne sanno molte canzoni, che le ral- legrano nel lavoro, nelle riunioni dei panegiri o dei bagni, dove le novelle, inventate da novelliste di professione , rammentano le notti arabe, poichè simili a queste sono nella complicazione delle avventure, nella lunghezza, e nel lusso d’immaginazione. Il soggiornar lungo ne’ bagni si | accorda perfettamente con la non curanza delle donne | orientali. Esse vi passano le ore intere a profumarsi, un- gere i capelli, tingere le ciglia, e per mancanza di occu- pazione migliore , le ricche vi consumano pian piano in abbigliarsi la giornata intera ». « Le ragazze delle infime classi si riuniscono vicino ai pozzi e alle fonti, come in tutto l’ Oriente , e vi si di- vertono senza spesa in conversazioni animate, a cantare - e ballare ». ‘« Non si creda di trovare ne’ balli greci le grazie ed i vezzi antichi; le tradizioni del buon gusto in questo si son perdute, e le loro danze hanno anche presi i nomi dei popoli moderni, chiamandosi la candiotta, la arnoutta, la vallacca. Ciò non ostante, siccome tutte le danze del mondo più o meno si rassomigliano, così le presenti pos- | sono essere state usate dai greci RED Pertanto Guys crede che la candiotta, in cui una ragazza incomincia lentamente i suoi passi, e poi riscaldandosi a poco a poco descrive moltissime figure e fa infiniti giri, sia quella dan- za in cui gli antichi rappresentavano Arianna, che sal- vava Teseo dal laberinto di Creta; danza eseguita da Te- seo medesimo a Delo insieme con le giovani ateniesi. Cer- to si è, che le figure e i giri di un’ abile danzatrice greca rappresentano così bene un labirinto , che poco costa al- “i 102 l’ immaginazione il figurarsi in essa un’ Arianna novella, L’arnoutta è diretta dalla sferza e dal bastone, presso a poco come si lascia condurre il popolo di cui ha preso il nome. La danza guerriera che usasi dai mainotti e spahioti, rammenta la pirrica degli antichi. Finalmente i greci dell’ Asia minore, che par si risentano ancora della mollezza dei loro avi, si divertono i in danze effemminate e lascive ». «Essendo i greci così amanti dei piaceri, le lor nozze debbono dar luogo a molti divertimenti; e di fatti se ne occupano ì SILE interi. Si fanno in molte isole le pro- posizioni di matrimonio dai proxeneti. Alla chiesa gli sposi si coronano. Entrando in casa del marito, la eda sposa è portata a braccia sulla soglia di essa, peranae Sessa la toccasse, sarebbe cattivo augurio; talvolta dalla sposa medesima si fa sfondare un LIutni: usanza ‘mistica che le annunzia la perdita vicina della propria innocenza. Si distribuiscono al popolo mandorle , noci , ed altri frutti: il pasto è è ordinariamente boot e si beve come si usa in Grecia ». « È inutile l’informarsi dello stato delle belle arti in questo paese, in cui il genio di esse più non soggiorna, | sebbene }’ Elicona e il Parnasso 'v’ innalzino ancora alle nuvole le loro cime. Come mai arti cotali, figlie del lusso e della prosperità, avrebbero potuto svilupparsi sotto un go- verno, cui qualunque indizio di ricchezza serve di pretesto per una vessazione novella? Più il greco apparisce povero, meno alletta la cupidigia insaziabile degli ottomani. Una fabbrica sontuosa gli costerebbe qualche molestia , che gli farebbe maledire l’idea di averla eretta; e il solo aspet- to della miseria , conviene alla di lui quiete e situazione. Non v'è dn da cercare architettura, pittura, nè scul- tura. Le chiese son piccole ed umili: quelle che si distin- guono per la costruzione sono stale erette ne’ tempi del basso impero e degli italiani, o riatiate con l’atùto dian - 103 richi. frammenti. Ma non vi sono altri pubblici edifizi, eccetto i “monasteri, fabbricati senza gusto, e. spesso senza simmetria. La scultura, bandita, come abbiam veduto, da’ tempi, in quai luoghi avrebbe mai potuto far di sè e, La pittura, coltivata alquanto da’ monaci , è ancor nella infanzia. Quali sono in grecia i modelli, su quali potreb- bero formarsi gli artisti ? La civiltà ; la barbarie, i roma- ni, gl’italiani, i goti, i bulgari, i turchi hanno rapiti o distrutti i capi d’ opera dell’arte creati dal genio dei greci antichi, e ciò che ne rimane nulla è valutato dalla na- zione, mentre gli stranieri a poco a poco ne portan via i preziosi frammenti. Perciò il paese, che Pa ppasso già le maggiori ricchezze iu genere di belle arti, n’ è oggi il più povero. È tanto ignoto ai greci lo studio delle medesime, che per uguagliar gli altri popoli , bisognerà che ricomin- cino ad apprenderne i primi rudimenti » . « La musica presso i greci moderni è piuttosto un mezzo di distrazione e di divertimento, che un’arte. Nel- le chiese il clero si contenta di salmodie meschine , dalle quali non: ha mai pensato a slontanarsi; e nelle unioni di società , basta a rallegrare la brigata un cattivo istru- mento, un motivo favorito, un limitato suonatore. Essen- do così facili a contentarsi, sebben con orecchie sensibili alla buona musica, non vi farebbero grandi avanzamenti. Per verità Guys pretende, che le loro ariette sentimen- tali, i loro canti di duolo, sieno commoventi in modo dolce e sensibile. Ciò forse sarà vero in qualche circo- stanza ; ma non ne ha il merito la loro musica, poichè l’ armonia non può ispirare un popolo povero e servo >. « Più praticate son le arti meccaniche, delle quali è maestra la necessità; ma non si può paragonare in esse l’ oriente all’occidente. Però il viaggiatore è tosto sorpre- so dalla semplicità del loro meccanismo, la quale sembra trasmessa in parte dagli antichi, più qual risultato di lun- ga sperienza, che qual saggio di meccanica. I Viaggiatori 104 stessi raccomandano agli européi come modelli ‘alconi di queste macchine comode e semplici. La qual semplicità per altro osservasi in tutto l’oriente, e spesso è una pro- va della sterilità d’invenzione » . « Le fortune mediocri ed i piccoli stabilimenti dispensano altronde talvolta dall’ uso di macchine com- plicate. Così nelle isole dell’ Arcipelago si fa uso della ‘vanga in vece dell’aratro , perchè i campi son tanto pic- coli che non vi è bisogno di grandi istrumenti » . « Un'altra circostanza viene osservata dai viaggiato- ri, ed è la conformità di certe pratiche con quelle a cui si allude nelle opere degli antichi autori. Così mescolansi ancora come anticamente le pine col vino; così i pescatori prendono in alcuni luoghi il pesce con i stavelioità e - al lume di fiaccole nella notte, o li istupidiscono ne’ luoghi ove si ritirano ‘con alcune erbe macerate » . __ « In tutta la Grecia si fabbricano gli oggetti di prima necessità. Si lavora il cuoio, vi sono tintori , tessitori di cotone e di seta, ed altre arti meccaniche a minuto, e nelle case particolari: così i greci non hanno bisogno di procurarsi dall’ estero null’altro che gli articoli di lusso o di comodo , per i quali posson dare in cambio il super- fluo de’ loro prodotti, come grano, olio, vino, frutti ec. Ciò ha dato occasione Livalta ad un commercio lucrati- vo; ma perchè il bilancio di esso fosse in favore de’greci, tartibe d’ uopo che l’ agricoltura fosse perfezionata, per aumentare la massa dei ida 3 migliorare la lor quali- tà, e il modo di prepararli. Ma per ottener ciò, bisognereb- be ancora che l'agricoltore non fosse più oppresso, e vivesse sotto l'impero delle leggi. Ed ecco come gli ef- fetti del dispotismo i in Grecia paralizzano ogni cosa ». « È egli poi da maravigliarsi se gli uomini sotto tal regime si NE TR » perdono l’amore del lavoro. e dei miglioramenti, vivono alla giornata, e finalmente si compiucciono della loro apatia? Mal si giudicherebbe da LI h: Ì ER > fui quello che i grecî sono, ciò che potrebbero essere : nulladi- meno fa d’ uopo dire quali ora siano. La sollevazione. del 1821 e 1822 ha dimostrato la grandezza da un lato, e dall’ altro la debolezza della nazione. Quinci abbiamo ammirato un eroismo grande, un odio implacabile con- ‘tro la tirannia, un trasporto per l'indipendenza e per l’onor ‘nazionale e la conservazione del culto; quindi alcuni tratti di millanteria nelle fortune, di pusillanimità nelle disgrazie. Talvolta hanno sbalorditi tutti i popoli con i colpi di ardire : così due squadre del capitan Pascià fau- rono arse da essi nel corso del 1822, e nelle loro astuzie sì sono riconosciuti i popoli, fra quali comparve un Sino- ne pronto a riuscir negl’inganni o ad incontrare la morte. Hanno sacrificato il riposo , i piaceri della vita, vinta la loro apatia per giungere al nobile scopo che si eran prefisso; ma nel medesimo tempo le risse e le gelosie ap- pena estinte alla presenza del nemico non ci rammentan | che troppo gli eroi sdegnosi ed ostinati dell’ Iliade » . Questo imparziale e conciso prospetto è terminato dall’autore con un breve racconto delle azioni e del ri- | sorgimento de’ greci in questi ultimi cinquant’ anni. Pre- mette egli un’ osservazione verissima, cioè che i soli pro- | pri lor mezzi, e un impulso spontaneo li ha fatti emergere dal profondo loro avvilimento, dappoi che sonosi di nuovo applicati a coltivar quelle lettere, in cui sì celebri furono i loro avi. Lo studio di Omero, Tucidide e Platone ha esposto ai loro occhi lo spaventevole precipizio in cui’ . eran caduti, e l’incalcolabile distanza in cui si trovava- no dagli antichi ateniesi e spartani. Quindi fecero sforzi incredibili per afferrare la civiltà, ed acquistare un posto . fra i popoli dell’ Europa moderna ; quindi l'ingegno svi- luppato, avvalorando il sentimento d’indipendenza, ha accresciuta l’ energia del basso popolo. Lo sbarco delle truppe russe nel 1770 sulle coste del Pe- loponneso diede il primo impulso al popolo grecò per spez- 106 zare i legami dell’ asiatica servitù. Ma gli effetti di questa Ò “forza motrice non furono così pronti come forse. crede- p vasi, nè i greci poterono comprendere in quell’ istante | quanto fosse favorevole la circostanza. Perciò la flotta di Caterina II, il di cui sbarco non era stato preparato da sufficiente prudenza, non fu secondato quanto era neces. - sario, ed i turchi si vendicarono con la lor barbarie or- dinaria delle piccole insurrezioni quà e là scoppiate. | Ma il pensiero di conquistare la libertà restò fisso fin da quell’ epoca nella mente de’ greci, e quel debole barlume bastò a promuovere gli sforzi fatti per istruire ed illumi- nare sè slessi, per rinnuovare i vincoli sociali, per interes- sare l'Europa nella loro sorte, per scuotere il vile giogo delle ordè stupide , che opprimeva la loro patria. La spedizione dei francesi in Egitto fece nascere una novella speranza nei greci, perchè trovavansi vicini al teatro di quella guerra; e Rhigas lor poeta e guerriero . compose una canzone nazionale ad imitazione del celebre inuo marsigliese. Ma i soccorsi sperati. svanirono con la spedizione Sang e il novello Tirteo peri a Belgrado per mano de’ da Nulla di meno il sangue di quel patriota e degli altri men celebri caduti con lui, non av- vili, ma finan la nazione; e la canzone di Rhigas è degli oggidi l’aria di guerra delle truppe greche. Finalmente, dopo avere indarno atteso che qualcuno de’ grandi avvenimenti da cui fu agitata l’ Europa in que- sto secolo influisse sulla lor sorte, i greci presero consi- glio dalla lor sola disperazione; e vedendo quante nazioni si riorganizzavano , si sollevarono nel 1820 e 1821 con più api che pradenza. Imperocchè senza aver più abi- tudine al maneg ggio dell’armi, nè altro mezzo di difesa contro i propri oppressori , si trovarono esposti all’ ira de’ musulmani avvezzi a reprimgne tante altre ribellioni dell’ impero ottomano, nè ebbero alcuno aiuto dalla po- litica europea. Per la qual cosa le vittime perirono tosto 107 a migliaia; ma la lor perdita non disanimò il loro patriot- tismo. Tutti i popoli presero interesse alla causa pubblica e fecero prodigi: nè solo vinsero le truppe nemiche, ma superarono ancora la propria mollezza, e sul campo di battaglia obbliarono le divisioni intestine. Simili ai loro padri, usarono spesso l’astuzia là dove il coraggio solo non bastava, e senza altro soccorso , se non di voti sterili e di privati miseri sovvenimenti di denaro, hanno tentata intrepidamente la liberazione del proprio paese. « Gli storici, conclude l’ autore, narreranno i fatti per cui è reso illustre in questa lotta sanguinosa un popo- lo, il quale incomincia ad ottenere un posto in Europa: io non mi occuperò che della posizione attuale di esso. Appena le città liberate poterono avere comunicazione fra di loro ed intelligenza degl’ interessi comuni, conob- bero universalmente il bisogno di ùn potere centrale. Perciò riunissi nell’ antica città d’ Argo un congresso na- zionale; e nel principio dell’anno 1822 una costituzione provisoria , la quale garantisce i diritti dei cittadini, co- me in molti altri stati, ordinò la convocazione di un senato legislativo e di un consiglio esecutivo. Questi due poteri sono ora organizzati , e sso a Corinto dappoi- chè gli eserciti greci hanno passato l’ istmo, e data la li- bertà a quasi tutta la Grecia grande. Così 13 Morea e la Livadia, eccetto alcune piazze fortì ritenute tuttora dai turchi, riconoscono il governo nazionale. Molte isole del- l’Arcipelago protette dalle flottiglie delle tre isole d’ Idra, Spezia ed Ipsara, le quali rappresentano tutta la marina militare della Grecia, si uniscono a questo stato novello, .e danno speranza che tutto l’Arcipélago possa venire ad accrescere le forze nazionali. Per verità l’ esito definitivo della lutta fra i greci ed i turchi non può prevedersi con certezza; ma tutto porta a credere, che tanti vantaggi ottenuti con sacrifizi così grandi, non saranno inutili. E poichè i greci finora debbono i loro felici ‘eventi sol - rod. tanto a sè stessi ed ai pochi. atnici dell’ umanità ‘che di È lianno secondati, vi è. fondamento di tredere che essi condurranno a fine la loro gloriosa impresa, e fonderanno la loro indipendenza su basi tanto più solide; quanto meno a veruna possanza del mondo ne saranno obbligati » .- #5 Be Go (Sarà Verna OpE OLIMPICA III. A Terone d’ Agrigento. Argomento. Si ignora qual sia la vittoria di Terone cantata in quest’ode, se sia quella stessa, che è lo scopo dell’ode precedente, o un’al- tra. Secondo lo scoliaste fu fatta per le Teoxenie , cioè in occa- sione d’ un sacrifizio fatto da Terone nella festa in onore di tut- ti gli Dei, che dicevasi instituita da Castore e Polluce. Ma i moderni editori di Pindaro hanno tolto quel titolo , cui credono essere una invenzione dello scoliaste. Proposizione e invocazione ai Dioscuri e ad Elena ( v. 1 — 16 ). Si narra l'istituzione de’gio- chi olimpici, principalmente per ciò che spetta alla corona del- Y oleastro ( v. 17 — 67 ). Finalmente si loda il vincitore ( v- 68 — $i ). Dell’ inclita Agrigento Mentre echeggiar fo il nome, Mentre a Terone , al prode, Cui l’ olimpico fregio orna le chiome, E al fior degl’ instancabili destrieri ù Invi sciolgo di lode , Accogli ta benigna i versi miei, Tindarida ospital prole gemella , E tu per belle chiome Elena bella. 1o Di suo favor cortese La Musa a me discese, Tal che novi trovar modi poss’ io, Perchè ai Dorici numeri si sposi (Sui 15 20 25 30 35 4o 45 50, 109 Della pompa ornamento il canto mio. ‘ Delle eriniere polverose il serto Questo da me debito officio impetra,, Onde il clangore delle tibie , e il suono Della soave cetra . D’ Enesidemo al figlio Collo splendor de’ carmi io porga in dono. E Pisa ancor me all’ opra invita e chiama : Pisa , donde mercè de’ numi amici Movon gl’ inni sonanti AI beato mortale , Cui ’1 giusto degli agoni arbitro Etolo Il crine orna e circonda Della glauca d’ olivo eterna fronda... Dalla prima dell’ Istro opaca fonte Questa recò d’ Amfitrion la prole Bell’ ornamento del certame eleo. Memore la chiedeo All’ iperborea , del signor di Delo Cultrice ultima gente, Onde il sacro a Saturnio ospital bosco Della.novella aceresca ombrosa pianta : E all’uman seme di valor sudato La diè premio onorato. Già l’are a Giove erano sacre ; intera Sull’ imbrunir del giorno Già della Luna la pupilla ardea, Che a mezzo del cammino Sul cocchio aureo giunt’ era. Egli puro giudicio al grand’ agone, Egli il quint’anno avea Prescritto a rimenar la sacra pompa Sull’ ardua dell’ Alfeo divina riva. Ma di Pelope il campo in val di Cronio Niun di verde fronda onore offriva, P E l’ acuto del sol raggio sferzava L’ ignuda orba campagna. Quando l’ alma bramosa al suol lo Fpins , Cui l’ Istro fende e bagna. De’ corridor |’ agitatrice Dea , La vergin figlia di Latona accolse 55 .60 65 70 80 90 95 Ivi l’eroe, che da' recessi cupi . | E dai gioghi d’ Arcadia il piè movea : Poi che dal divo genitor prescritta Necessitade ai cenni d’ Euristeo La veloce a predar cerva lo spinse , Cui d’ auree corna armata l’ ardua fronte Taigeta già feo Sacra alla Diva dell’ Ortosio monte. Mentre l’ insegue fuggitiva , il suolo , Che dell’ algente Borea a tergo giace, Al guardo suo s’ offrio.. i Egli s’arresta )\e.i novi, Di che s’ adorna il loco, arbori ammira E il prende un bel desio La perigliosa meta Ombrarne intorno , che sei volte e sei Schivano i procellipedi corsieri. Ed or propizio in sì solenne giorno Della vezzosa Leda Coi due divini figli ei fa ritorno , Cui quando al regno degli Dei levossi Dell’ olimpico agon cesse l'impero , Che al valor de’ mortali, e al lieve corso Delle fervide rote ‘ Apre d’ onor sentiero. Dunque l’alma a cantar ora mi sprona , Come il favore de’ Ledei gemelli D’ Enesidemo al pro figliuol concesse , E all’Emmenida gente Quella onde vanno alteri alma corona : Poichè ad ambo costoro offrir son usi Sovra ogni altro mortal dono frequente D’ ospitali conviti , E pii servan ‘de’ numi î sacri riti. Se il primo onor devesi all’ acqua.) e P oro Fra ’l più ricco tesoro Ave il pregio sovrano, Or ché alla meta estrema Recar Terone le natie virtudi, Tocca ei d’ Alcide i segni, A cui oltre varcar non è concesso III Del paro ai saggi ed ai vulgari ingegni. Non chieggo più. Nutrire Maggior desio fora insensato ardire. ‘ Annotazioni V. 5. Qui e al v. 15. si nominano i cavalli, co’ quali vin- se Terone. È danque' certo ,‘che la sua vittoria fu nel corso dei cocchi.' Se ne ha una conferma anche al v. 78. V.'9: Suppongono gl’interpetri , che i Dioscuri ed Elena £os- sero divinità tutelari d’ Agrigento , o della famiglia di Terone, e per cs sieno lin invocati. Ma almeno pei primi si può asse- gnare un’ altra’ più sicura causa , cioè che erano divinità tutelari de’ da olimpici. Si veda sotto'v. 72 — 76. V. 14. Nella prima edizione io aveva detto, Delizia de’con- viti il canto mio , e il ch. signor professore Mezzanotte non aveva disapprovata questa spiegazione. Megliore però mi pare la sua , che ora ‘ho' seguita. VV.'25. I giudici de’ giochi olimpici erano d’Elide, e gli Elei si dicono ‘ancora Etoli. ‘Vi 28 Degua è di maraviglia |’ ignoranza della più parte dei greci nella geografia. Pibduro pone l’ origine dell’ Istro nel paese degl’ Tperborei : e nello stesso errore cadde Erodoto lib. 2. cap. 33. e 34. e l’autore de mirab. ausc: Cap. 112. V. 31. Molto si affaticano intorno a questo passo alcuni dot- ti grecisti, e principalmente il Beck e }’ Hermann, emendando , come sogliono spesso , il testo. Niun bisogno pù vedo di. cor- reziohe ; e tutto mi par chiaro consideriado alte, come verbo in vece di Yre, petebat » ovvero leggendo g/re?, petit. V. 33. Apollo aveva culto speciale nel paese degl’Iperborei, ‘che gli sacrificavano degli asini. V. Pind. Pyth, 10..v. 51. Anton. Lib. a Cap. 20. Callim. Fragm. 187. 188. V. 44. Gosì Sofocle chiama il Sole occhio del giorno. Ant. v. og Ercole aveva stabilite le leggi e gli usi de’ giochi olim- pici, apprestato il luogo per celebrarli , e stabilito che si faces- sero ogni quinto anno nel plenilunio d’ ecatombeone , che presso a poco risponde al nostro luglio. Forse si fecero allora , ed egli. stesso fu primo agonista, come si può raccogliere da qualche scrittore antico, e dalla famosa iscrizione Farnesiana illustrata dal P. Corsini e da altri. Su questa è da vedersi un’ ottima emendazione dell’ Heyne ad Apoll. Bibl. Lib. 2 cap. 7. sect. =. 112 Ma la campagna era deserta, nè v'erano alberi, all'ombra de’ qua- ‘lì si riparassero gli spettatori, e delle frondi si, coronassero. i vincitori. Intanto Euristeo gli comandò d’ andare a. prendere la celebre cerva sacra a Diana, e portargliela viva. Quindi partì Ercole, e mentre l’ inseguiva vide. nel paese degl’ Iperborei V oleastro ; alla qual vista memore degl’ instituiti giochi olimpici deliberò di portar quella pianta nel luogo ai medesimi destinato. Pertanto dopo: aver raggiunta e presa la cerva impetrò da quel. popolo l’ oleastro , e .lo trapiantò a Olimpia. Un dotto. e .inge- gnoso grecista e valoroso poeta , che di presente si travaglia . di tradurre Pindaro, e già ne ha dato un bel saggio, probabilmen, te ravviserà in altro modo questo fatto, nè io condanno la sua opinione. Ho però seguito quell’ avviso , ud Lia mi ‘piace, senza pretendere che sia il più sicuro. V. 53. Diana. V- 62. Taigeta figlia d’ Atlante, essendo amata da oi fa | da Diana trasformata in cerva , affinchè non eadesse in balta di lui. Passato il pericolo la tornò nella forma primiera ,.e Taigeta grata al benefizio le consacrò una cerva colle corna: d’ oro. Que- sta è la cerva, di cui si è parlato nell’ annotazione al v..44.;I naturalisti diranno, che le cerve non hanno corna; ma i;mito- grafi non badano gran fatto a queste minutezze. Aggiungerò; fi- nalmente che la dea del monte Ortosio è Diana , detta Ortosia dal pap Ortosio ovvero Ortio d’ Arcadia. V. 64. Il paese degl’ Iperborei. V. 70. Castore, e Polluce erano fra gli Dei tutelari de’ giuo- chi olimpici, come ho detto al.v. 9. V. 83. Gli Emmenidi erano la tribù secondo lo scoliaste., o piuttosto la famiglia di Terone detta così dall’ avo suo Em- menide. V. 89. Ripete qui in parte la similitudine che si è vedata in principio dell’ ode prima. Come l’acqua è il primo e il più no- bile fra tutti, gli elementi, come l’ oro è il genere di ricchezza pregiato sopra ogni altro , così la gloria di Terone per la riportata vittoria supera ogni altra. CESARE LUCCHESINI. 113 Lettera sul CAnor4, tradotta dall’ inglese. La seguente lettera, inserita nel giornale inglese, The literary gazette N. 334. Giugno 14. 1823, non sarà sen- za pregio per ogn’italiano che pianse al pianto della patria, e per chiunque in Italia, e ( non aeciecato da invidia ) nel- l’estero è ammiratore del genio , e amante della virtù. La sig. Federica Brun al sig. F. Matthisson Canova più non esiste. Grande come rigeneratore dell’arte sua, d’indole così amabile che non può dirsi con parole, è stato accompagnato al sepolero dalle bene- dizioni di quanti lo conobbero, e dalle lacrime d’innu- , merevoli persone, che in lui ebbero un amico, e un generoso benefattore. Caro Matthisson! Roma, la città eterna, deve per me considerarsi, nel più stretto senso della frase, come il tempio consacrato alla memotia. Quanti potrei nomiparvi che abbiamo miseramente per- duti! Fernow, che io conobbi soltanto in Roma ; Angeli- ca Kaufmann; Zoega, di cui è irreparabile la perdita; il venerando D’ Agincourt ; Gmelin, e adesso Canova. Siccome la vostra amicizia con quest’ ultimo non è stata delle più intime , ed egli meritò tanto di esser co- nosciuto , voglio riunire alcune rimembranze del tempo felice, per delinearvi il ritratto di Canova, quale esso mi sì presentava. Nell'inverno del 1802 ebbi per la prima volta il contento di avvicinarmi a Canova. Allora egli potea dirsi nel pieno vigore degli anni, e giunto all’ apice della sua fama. Egli era di mediocre statura e robusto; il colore del volto pendeva al bruno, come quello degl’ italiani in generale , apparentemente pallido, ma di salute; forti i suoi tratti, senza essere particolarmente notabili; l’aspet- to animato e parlante; la fronte alta ; l'occhio nero, pro- fondo , ardente, annunziatore del fecondo pensiero, e acceso nella luce del genio. Ogni ora passata in comipa- T. XIT. Ottobre $ 114 gnia di tant’uomo era ministra d'istruzione e di diletto, sia che ci ricevesse in alcuno dei suoi studi, o venisse a trovarci nella pittoresca nostra residenza della villa di Malta. Franco e interessante com’ era sempre in conver- sazione , compiacevasi egualmente d’ascoltare che di par- lare. Con lui poteasi ragionare in modo utile e piacevole, d’istoria, di letteratura e d’arti, ch’ei n'era perfetta- mente al fatto, pieno di schiettezza, e della più nobile imparzialità. Di questa voglio recarvi alcuni esempi, mostrandovi a un tratto ch'egli era affatto scevro d’ irritabile amor. proprio, e quanta fosse l’ingenua sincerità del suo carat- tere, come mi si rese manifesto nel lungo tempo che lo conobbi. Io andava assai spesso nei suoi studi sola, o in com; pagnia di qualche artista tra i miei amici di Roma. Si diceva liberamente la nostra opinione sulle opere che ci stavano innanzi, ed io quasi mi beava tra tanti e così di. versi lavori. ; Così vidi con profonda ammirazione il primo busto È di Napoleone, allora primo Console, che mi parve egua- le a qualsiasi antico lavoro. Lo stimai un capo d’opera per ispecialita d’ espressione, per fisonomia, e per arte di mo- dellare. Quando poi egli ebbe finito quella che può chia- marsi la statua eroica dell'Imperatore (mi pare nel 1807), Canova fu tanto cortese, che m’invitò a vederne il model- lo non ancora asciutto. La statua, considerata nell'in- sieme, si mostrava bella, maestosa, e le parti in perfetta armonia fra loro. Pure vera alcun che da rendermi dub- biosa. Egli se ne accorse. Ma parlate , disse egli animan- domi, ditemi tutto quel che pensate. Allora mi arrischiai a dirgli che i,muscoli del braccio sostenente il globo, non mi parevano ben pronunziati. Regardes à present bien attentivement, parlando come il suo solito ora fran- cese ora italiano, e facendo voltare la statua. Ze £roupez- | x 15 vous encore? ‘Risposi affermativamente. J'y penserai, replicò egli. Mi sia lecito aggiungere, a gloria di Canova, e non per appagare sentimento di piccola vanità , ch'egli venne a trovarmi pochi giorni dopo, e mi disse; Avete avuto ragione: ho mutato quel braccio. Canova non si rendeva mai tanto caro che quando, animandosi il dialogo, o per servire all’ espressione dei suoi affetti, s' interrompeva col dialetto patrio, il veneziano, che è forse il più dolce fra tutti i dialetti provinciali. Un giorno andammo egli ed io nella più vasta del- le sue stanze. Dopo aver parlato con entusiasmo dell’ am- mirazione e del diletto, che mi cagionavano le statue d'Amore, Psiche ed Ebe, alcuni busti maravigliosi , le figure per il monumento dell’arciduchessa Cristina , le prime Danzatrici ec. non feci che tacere passando in mezzo ai gruppi colossali dell’ Ercole furioso e Lica , e del Teseo e Minotauro: su di che egli disse sorridendo. Je gois bien que vous n’ aimez pas mes colosses. — Franchement avoue, risposi , Je prefère vos Hebes , vos Psyches, vos Amours, et vos Venus. La mia franchezza non gli dispia- | cque, quantunque ei tenesse in gran pregio le sue’ figure colossali. La Maddalena penitente era sopra tutto la pré- ferita. In altra occasione fece avvicinarmi a questo lavoro singolare, ch’ io aveva più volte veduto , e del quale avea giudicato secondo il mio sincero parere. Ma allora io ta- ceva , ed egli come chi si sente leggermente offeso: £%- bene non vi piace ; ? Cher Canova , il me parait que vous avez là peint avec le ciseau, comme Raphael Mengs a souvent sculpte avec le pinceau. Non potè a meno di ri- dere, e rispose: Per Lacco, potrebbe essere che aveste ragione. Quando fu esposta la prima statua di Thorwal- dsen , quell’ ammirabile Giasone, che fece così gran stre- pito nel 1803, egli disse: quest’ opera di quel giovane danese è fatta.in uno stile nuovo e grandioso. Un'altra volta entrando non aspettata nello studio 116 di Canova ; lo trovai che era: appresso a perfezionare . una < delle Sii sue statue di Venere. Mi si accostò in aspet- | to d’ uomo malcontento, ed io supposi che gli era spiaciu- | to d’essere stato interrotto, e me ne partiva. /Vò: non è questo, disse egli amichevolmente , ma sono già quattor. dici giorni ch'io sudo. intorno a quel maladetto ginoc. chio. Sarebbe pur stato meglio ch’ io mi fossi fatto pit. tore. Mi accadde di Sori a queste parole, e gli doman- . dai, se sì era mai provato. Signora sì, mi fu prin, e domani vi mostrerò i miei quadri. Il giorno seguente ci condusse alla sua modesta abitazione, dove avea riunite le sue pitture di dodici anni prima, mentre risedeva nel paese nativo, e raccontò la loro origine all’incirca in questi termini — Era in un tempo ch'io non avea nulla da fare; possessore di un bel- lissimo modello, senza sapere affatto dipingere. Spesso mera nata l’idea di provarmi, ma i pittori, coi quali mi consigliai, ze facevano il mistero della Santissima Trinità. Ebbi a perdere la pazienza; comprai tela, tinte, pennelli e tavolozza , e dipinsi ciò che vedete. Ma sic- come non sapeva L'a la tela, se osservate bene, troverete i fili da per tutto visibili. Queste pitture, le quali cuoprono i muri di un ap- partamento non piccolo ; sono la più parte di grandezza naturale o poco meno, eseguite leg ggermente, e come si direbbe alla prima. Bieprità al colorito e la carnagione uguagliano ciò che si è dipinto ai nostri tempi di più vero. e piacevole. Se non prevaleva la primitiva sua vocazione ‘ per la scultura, è ben da credersi che un pennello come questo, guidato da un occhio così egregiamente veneziano, avrebbe congiunto lo splendore del Tiziano alla dolce na- turalezza del Correggio. E così Canova, ch’ ebbe in sorte tante rare qualità per riuscire pittore, divenne scultore sublime, ma scultore che talvolta dipinge. . Canova stesso compiacevasi del suo pennello, e lo i; Lo 117 | splendore di quell’ occhio, riposi sopra tali quadri , esprimeva come ci sono care le dolci memorie della giovinezza! (*). Nella primavera del 1809 egli avea terminato il modello della statua equestre di Bonaparte, ed io ebbi il piacere di vederla in sua presenza. Il cavallo non era per- fezionato , e la statua sostenevasi sopra una specie di pal- co. Bellissimo era il lavoro, forse troppo bello. Nell’espres- sione della fisonomia imperiale si vedeano insieme com- binati i tratti più piacevoli della famiglia, gl’ individui della quale sono piuttosto belli, e fra loro somiglianti. . Mais mon cher Canova, vous rendrez donc la posterite amouruse de ce cruel conquerant! Ce n’ est pas là V’expression du premier buste. Egli subito rispose. Ah! questi occhi di pesce morto metteranno paura ai nostri ' nipoti ("*). In conclusione non potè mai risolversi ad imitare tante volte quell’ aspetto così imperiosamente austero, sebbene fosse tale di fatto. Ma sopra tutto il seguente aneddoto serve a render perfettamento noto il suo carattere, e come uomo, e come artista. Nell’ estate del 1808 eravamo a godere l’ aria fresca di Montalbano. Nel corso della primavera Thorwaldsen avea modellato il Marte, e nell’estate fu terminato anche l’ Adone. Una mattina siamo piacevolmente sorpresi dal nostro amico Canova. Il sole non essendo ancora troppo 1 (*) Mentre scrivo queste parole, ricevo notizie da un mio | amico non ha guari partito dall’ Italia , e conoscente di Canova. | Sento che questo gran scultore avea dipinto il quadro per |’ al- tare della chiesa , che ha fabbricato nel suo paese nativo , dietro un modello da lui stesso fatto. _(**) Così fino dal 1802 quando ritornò da Parigi dove avea modellato il busto, egli mi parlava del guardo freddamente smorto , dell’ occhio immobile di Napoleone , immerso in profon- di pensieri, mentre egli gli sedeva accanto. Ù LI 13, I : 6 alto, ci avviammo con lui verso la ‘pittoresca villa Doria; e mentre si errava tra quegli ombrosi boschetti, Canova . improvvisamente si ferma, e dice. Avete veduta quel- l’ultima statuetta del vostro compatriotto ? Risposi che la stagione troppo calda me lo avea impedito, ed egli con molta vivacità: Questa statua è bella, è nobile, è piena di sentimento. Il vostro amico è davvero un uomo divino. Fece una breve pausa, e poi soggiunse in france- se: Il est pourtant dommage que je ne sois plus jeune. Fu tale la profonda commozione, il diletto, che mi fece provare l’ingenuità di quel bell’animo, manifestata- si in poche parole, ( le quali furon dette con tanta sem- plicità, e quasi senza saperlo )-che gli occhi mi si bagna- rono di lacrime, e così, tacendo, strinsi affettuosamente al seno quel braccio che sosteneva il mio. Non vuolsi spie- gare con parole sensazioni così delicate e così pure. Cano- va seppe intendermi ! S. U. Geografia moderna universale ec. di G. R. Pagnozzi ; Volume IV, distribuzione VII e VIII. [mperio Cine- se, Siberia, Giappone , Liukiù, America. (*) Quando le opere voluminose che vengono alla luce con vari interstizi di tempo sono accette al pubblico, l’autore nelle pubblicazioni posteriori raddoppia la pre- mura e la diligenza, ed il lavoro si rende sempre più utile e interessante. Così avviene all’ opera di cui parliamo, la quale presenta nel quarto volume alcuni articoli di mag- giore importanza dei precedenti. Tali sono quelli sul no- me dell’ America, sulla di lei popolazione , sulle scoperte fatte dagli europei in quel continente, e nelle isole da es- so dipendenti. Che Amerigo Vespucci abbia dato il nome () ( V. Antologia vol. XI. A. pag. 8j. ) 119 suo al nuovo mondo , è cosa a tutti notissima; ma ch'egli non vi abbia contribuito con intrighi nè con tro mezzo indiretto , per la prima volta Rion si prova dal nostro autore con l’ Li capo nuda dei fatti. È certo che Amerigo scoprì ne’ suoi viaggi dal 1497 al 1501 la ‘costa orientale della Guiana , quella del Brasile e di Bue- nos Ayres; ma il solo Brasile, e non da tutti i geografi, fu chiamato colla denominazione d'America. Anzi il Bra- sile medesimo fu detto nel 1500 da Cabral terra di san- ta croce, poichè egli vi inalberò una croce sulla costa , e così fu continuato a nomarsi qualche anno dopo. Il sig. Pagnozzi fa l’enumerazione di moltissime carte pubblicate ‘în varie città d’ Italia, come in Venezia, in Torino, in Messina, in Genova; rammenta altre carte impresse a Lione, a Zurigo; il globo terraqueo di ferro lavorato da Francesco Basso a Milano; cita il Munstero, l’ Errera , Gemma Frisio, Giovanni Leks, e molti altri cosmografi e geografi , le cui opere uscirono alla luce fino a tutto il 1595; e trova che i paesi scoperti verso occidente por- tarono in principio la denominazione generica di mon- do nuovo, di terra nuova , d’ Indie nuove ; e poi conclude giustissimamente « che il nome di America ‘non ven- ne attribuito nel corso del decimo sesto secolo altro che al Brasile e neppure da tutti, e che per conseguenza se si estese dopo a tutto il continente, mentre doveva limitar- si al paese fra l’ Orenoco ed il Potosi, ed al Brasile, ciò non accadde nè per l’ ingiustizia del re di Spagna, nè per i raggiri d’ Amerigo, il quale fin dal 1512 viaggiava tra i morti ; nè per l’ ingiustizia della posterità, ma per un abuso introdotto nella geografia fin dal tempo di Ero- doto , vale a dire fin dall'infanzia della scienza, di applicare ai paesi de’ quali s’ ignora il nome , quello dei paesi vicini. Accadde altrettanto per i nomi di Libia, Africa, Asia, Europa, Alemagna, Italia, e niuno si lagnò dell’ ingiustizia della posterità ». A noi sembra che 1.20 questa sia la più decisiva risposta che. possa darsi ai de- trattori del Vespucci, senza scendere al confronto dei di- ritti di lui con quelli del Colombo, diritti che possono di- sputarsi eruditamente in dissertazioni accademiche, ma che per essere riconosciuti, hanno bisogno del libero assenso dell’ uman genere. In coerenza di ciò, nell’articolo delle scoperte degli europei in America , l’ autore facendone la storia cronolo- gica, coi fatti dimostra che prima dello stesso Colombo, sebbene per semplice accidente , o per mire particolari, vi penetrarono alcuni norvegi dall’ Islanda per la Groen- landia, e alcuni islandesi videro nel secolo XI. la costa del Canadà; e che alcuni abitanti «del paese di Galles probabilmente approdarono alla costa della Carolina nel secolo XII. Narra le avventure di sei pescatori frislandesi gettati dalla tempesta sulle coste dell’Estotitland, uno dei quali avendo fatti de’ viaggi nei paesi più al mezzo- giorno di quella terra, e divenuto ricco, tornò in Frislan- da nel secolo XIV. Delle notizie avute da costui valendo- sì Zichmni, principe corsaro della medesima provincia , unitamente ad Antonio Zeno veneziano, fece una. spedi- zione alla volta di occidente e di Libeccio, trovò nuove terre e nuovi porti. « Se Colombo, dice il sig. Pagnozzi, giunse posterior- mente al nuovo mondo per una strada fino allora ignota, non ne dovette la scoperta al proprio genio, come dicono i suoi panegiristi, ma ad una serie di errori magistrali, che d’ altronde erano comuni a tutti 1 cosmografi e navi- gatori del suo secolo. Ferdinando suo fiiglio, che ne scris- se la vita, non da panegirista ma da vero istorico , enu- mera tutti i falsi principi, che concorsero a suggerirgli l’idea di una spedizione all’ India per l’ occidente, e non gli trae dalla propria immaginazione, ma dagli scritti del padre. Colombo sapeva bene che il nostro pianeta è una sfera, e lo divideva con tutti i cosmografi del tempo in ven- 121 tiquattro parte uguali, ma credeva, prendendo per vere le longitudini assegnate all'India da Marino di Tiro e da Tolomeo, che tra il confine orientale dell'India conosciu- ta da Marino e da Tolomeo e l’ isole Azore, vi corresse so. lamente la distanza di otto parti o d’un terzo della sfera, e che siccome Marino e Tolomeo non conoscevano tutta l’ India, bisognava diminuirne la distanza; e ne conclu- deva , che se lo spazio intermedio era un oceano, si do- vrebbe attraversarlo in pochi giorni, andandovi per la via di occidente, e se era terra, si dovrebbe scoprirla anche pri- ma. Lesse in Etesia, che l’ India è grande quanto il resto dell’ Asia, in Onesicrite ed in Nearco che è la terza parte del globo; quindi concluse, che l’ India era realmente vicinissima alle isole del Capo verde. D'altronde valutava con Alfagrano i gradi della sfera solamente a cinquantasei miglia e due terzi, con che diminuiva la distanza fra YIn- dia e le isole del Capo verde di un altro quindicesimo, e ne concludeva che troverebbe l'India nella prima terra, in cui s imbattesse all’ occidente. Lesse in Averroe ed in Alfagrano , che si può passare da Cadice all’ India in po- chi giorni; in Pietro d’ Aliaco e in Giulio Capitolino , che l'India e la Spagna son vicinissime, e che secondo Plinio si può navigare in pochi giorni tra la fine dell’ Af- frica occidentale, ed il principio dell’ India. Lesse le re- lazioni di Marco Polo e di Giovanni Mendeville , i quali estendevano l'Asia molto più all’ oriente che Tolomeo e Martino; e quindi nella carta che mandò a Paolo Toscanelli, pose solamente ventisei spazi di 250 miglia fra Lisbona e Quinsai, e solamente dieci fra l’isola Antilia e il Giappone. D'altronde sull’ autorità de’ dotti del tem- po credette, che dal confine della Spagna al confine del l’India troverebbe molte isole , alle quali si potrebbe ar- restare al bisogno; e le relazioni di Vincenzio Martin, di Pietro Correa , dei navigatori delle Azore , d’ Antonio di Leone, il viaggio di Diego di Tiene in cerca dell’Antil- 122 ; la ; i racconti di Pietro Velasco, e le relazioni del viaggio di‘Vincenzio Dias, lo confermarono nella sua opinione. Con tanti argomenti per credere fermamente che giun- gerebbe in pochi giorni nell’India, Colombo non aveva bisogno di un cuor di leone per tentare la scoperta; do- veva piuttosto armarsi di pazienza infinita per soffrire in pace il rifiuto di D. Giovanni re di Portogallo, e il primo rifiuto di Ferdinando e d’ Isabella ». Noi non crediamo che sia intenzione dell’ imparzial nostro autore di attenuare con tali riflessioni il vero me- rito di Colombo, che consiste appunto nell’ essersi servito . dei progressi fatti fino al suo tempo dallo spirito umano, quali essi erano, per avanzarsi nella carriera delle nuove invenzioni, e non fu la sua la prima nè l’ultima ipote- si erronea, sulla cui base i grandi ingegni hanno scoperte utilissime verità. Un coraggio straordinario, se così vuolsi, non gli si accordi per avere tentata la già preveduta scoperta, ma si riconosca il di lui petto cinto del triplice bronzo oraziano quando si accinse all’ esecuzione del progetto, quando in mezzo a’ suoi pallidi ed insubordinati compagni, che vo- levano gettarlo in mare, o a forza ricondurlo in Europa, non cambiò d’ aspetto nè di linguaggio, e promise fra tre giorni di scuoprire terra ; presagio, che per bene di lui e di tutto il genere umano volle la Provvidenza che si avve- rasse. Che se un mal inteso spirito municipale avesse lasciato scorrere dalla penna del nostro autore una sì poco misurata espressione, noi non potremmo sentire senza dispiacere che le questioni private fra una provincia ed un’ altra arrechino veruna ombra alla gloria universale della penisola. I viaggi fatti per trovare al nord ovest un passaggio dall’ Atlantico al Pacifico , l’ultimo de’ quali è quello del capitano Parry, terminano la enumerazione di dette sco- perte. Il nostro autore crede provata l’esistenza della co- O e | i 123 municazione fra i due mari, perchè fin dal 1653, quan- do naufragò Stamel sull’ isola di Quelpaert presso la Corea, prendevano verso le coste del Giappone un gran numero di balene, che portavano addosso i ramponi dei pescatori francesi ed olandesi. Le balene dunque girano abitualmente; dall’Atlantico al grande oceano orientale, e sicuramente non vi vanno, come i nostri navigatori , per il capo di Buona Speranza, nè per il capo Horn. Ma conclude con molta ragione che « l’ oceano artico per cui viaggiano le balene, non sarà mai navigabile per i nostri grandi bastimenti di commercio, finchè il sole non cangierà di carriera. E i nostri speculatori non acconsenti- ranno mai ad affidare i tesori dei due mondi ad un oceano nel quale ogni passo è un naufragio; e i nostri marinari non acconsentiranno ‘mai a girare per quei paraggi ab- borriti dalla natura, ove un viaggio è un eterno suppli- zio, e il minor dine la morte. DIRTI non si voglia ripor- uf il commercio tra l’ Europa e l’ India al suo antico nido, all’ Egitto , bisognerà continuare a tener la lunghis- sima strada del capo di Buona Speranza, e quella anche più lunga del capo Horn, finchè non si trovi un mezzo diretto di comunicazione nei fiumi dell’ America superio- re. E chi sa, che al nostro secolo non sia riserbato a ve- dere una muova Alessandria ed una nuova Berenice in America ». Sono degni di esser patiti ancora in questo volume gli articoli sopra i ghiacci dell’ oceano artico , sopra i po- poli abitatori della Siberia, come ripieni di erudizione profonda, e di giudiziose osservazioni. Lodevole pure è ciò che si dice riguardo al gran Lama, ed intorno alla defini- zione della parola steppe adoperata talvolta abusivamente ed impropriamente da alcuni geografi come sinonimo di deserto , quando significa pianura abbondante d’erbe. Ma questo passaggio che fa il nostro autore dall'Asia all’ America, dal vecchio al nuovo continente, questo 124 voltar di nuovo le spalle all’ Europa, mentre dai. monti Urali era ovvio il passaggio a Pietroburgo, ci fa curiosi di ‘sapere la causa, per cui egli tiene quest’ ordine inverso al desiderio comune di conoscere prima degli altri il pae- se che abitiamo. La sagacità, e il retto raziocinio a noi ben noto del sig. Pagnozzi, non ci fa dubitare che il di lui motivo sia ben fondato: solamente desideriamo, ch' ei voglia farne in qualche modo consapevole il pubblico e gli associati, che prendono tanto interesse per ‘questo veramente italiano lavoro. \ F. G. Lettera del sig. G. R. Pagriozzi al Direttore dell’ Antologia. Incomincio dal rendervi distinte grazie per la maniera ve- ramente cortese, con cui vi. siete. compiaciuto di render. conto della mia opera in tre articoli del vostro giornale, e vi ‘prego poi di gradire l’ attestato sincero della mia riconoscenza per i soccorsi che mi avete accordati, onde migliorare il lavoro, po- nendo a mia disposizione tutti i giornali letterari , le collezioni di carte , e l’opere geografiche e statistiche, delle quali è for- nita la vostra biblioteca . La mia opera, lo sapete bene , era scritta originariamente per i giovani studiosi, i quali poco sodisfatti delle cognizioni acquistate nelle scuole , imparando meccanicamente a memoria e per poche ore una lista di città, di fiumi , di monti , che si chiama compendio di geografia , volessero istruirsi nella scienza. più estesamente e con maggior frutto . In Lombardia fu creduto da qualche dotto e da qualche librajo, che avessi scritto per le scuole, e si fecero le meraviglie che io avessi pensato ad intro- durre nelle scuole un’ opera di dieci volumi. Ed anch’ io feci le meraviglie che mi si fosse attribuita una idea così strava- gante |. Il fatto sta che l’ opera non è andata nelle scuole , ove non doveva andare, nè fra le mani dei giovani, studiosi per i quali. era destinata , e i quali per ora non si curano di leg- gere libri geografici, benchè parlino, o pretendano di parlare di geografia nei caffè e nelle conversazioni ; e con qual buon sen- so! I dotti per i quali non era scritta , !' hanno invece accolta gencrosamente , ed hanno incoraggito l’ autore a continuarla . E 125 l’autore riconoscente, sapendo bene che il lavoro nel suo primogetto non era tale da interessare i dotti, si è fatto un dovere di rifonderlo , e di migliorarlo. E di ciò-vi sarete bene accorto confrontando il pri- mo volume cogli altri. S. A. I. e R. si è degnata di accordarmi la permissione di frequentare la sua privata. biblioteca , ricchissi- ma n ogni genere di sapere, e straordinariamente ricca in viag: gi, boni li geografici , opere statistiche., in tutto ciò che può inspitare il gusto per la scienza . Questo nuoyo e prezioso soccorso non sarà gettato , e ne avrete una prima prova nella descrizione dell’ America. Si sarebbe desiderato che avessi incominciata la descrizione, dall’ Italia piuttosto che dall’ Asia. Questo desiderio è degno dei buoni Italiani. Ma la mia situazione particolare non mi per-, metteva di aderire al desiderio dei più, e sono obbligato in proposito a dir due parole per mia giustificazione . Potrei ri- levare, che lo scrittore d’ una geografia universale non è più Italiano che Americano , e che descrivendo tutta la terra cessa di appartenere ad una sua parte, e il suo dovere è quello di dare ad ogni parte del globo quel posto , che le accorda la na- tura, non quello che le assegnerebbe il suo cuore; che 1’ Asia è la cuna del genere umano , la cuna delle scienze e dell’ ar- ti; che quando gli uomini fondavano Babilonia nel moderno impero turco , l’Italia era un deserto, e che i suoi abitanti, le sue piante alimentarie, i suoi lumi vennero dall’ Asia. Qual diritto avrebbe la tarda nipote ad esser preferita a quella pri- ma madre delle nazioni? Ma tutto ciò poteva dirsi da tutti i geografi del mondo , ed io aveva un altro motivo più incal- zante per non trar principio dall’ Italia. Si ha un bel dire: scrivete la geografia dell’ Italia. Con quali materiali ? Che sap- piamo noi dello stato presente di questo bel paese? Chi si è mai presa la pena ai nostri giorni di fare un giro per l’ Ita- lia, non già volando come gli oltramontani per le città grandi, ma fermandosi egualmente in ciascuna città, in ciascuna grossa terra ; in ciascun borgo; per informarsi della sua popolazione, dell’ industria dei suoi abitanti, per valutare È importanza d’ 0- gni ramo d’ industria ; per conoscere le produzioni importanti del suo terriforio, i progressi dell’ agricoltura, le relazioni com- merciali tanto coll’ estero che colle provincie vicine ? Doveva io come i compilatori di compendi e.di dizionari geografici copia-, re ciò che ne dicono i vecchi libri, senza critica e senza discer., nimento , e. contribuire così a perpetuare i vecchi errori, ed. a moltiplicarli , giacchè in geografia ciò che era vero venti anni 126 prima è falso oggi, per tutto ove la popolazione e l’industria | progrediscono ? Se avessi descritta |’ Italia quale era al tempo di Jagemann non mi avrebbero lapidato ? Che far dunque nella presente miseria di materiali? Ciò che fece Jagemann quando — tradusse il Busching , ciò che ne scrissi al direttore della Bib. Italiana gli 8 ottobre 1821. ,, Invitare per mezzo dei giornali » letterari, (che di questi ve ne sono in tutta l’ Italia) tutti gli uomini culti d’ ogni nostro paese a dare le notizie necessarie per descrivere l’ Italia nel suo stato presente. ...Ma quest’ invito fatto da un uomo oscuro, e che non ha verun titolo alla pub- blica stima, avrebbe eccitate le risa. Bisognava dunque incomin- ciaré dal cercare di meritare questa stima, e pubblicare per conseguenza una parte di quest’opera; per la continuazione della quale si cercava il soccorso di tutta l’ Italia. ,, Passo all’ articolo dell’ atlante. Si vorrebbe un atlante fatto a bella posta per la mia opera; è ‘un lavoro ineseguibile secondo me . Le longitudini e le latitudini. di 3, delle città o dei bor- ghi che ho descritti sono ignote, e niuno fra noi saprebbe dove delinearle . Si ometteranno ? benissimo: allora non v'è bisogno d’ un atlante nuovo. Nelle descrizioni topografiche , per le qua- li sole è necessario un atlante, io ho tenuto sempre sotto glì occhi quello di Lapie del 1816, e dopo aver veduti tutti gli atlanti elementari che sono in giro, credo che questo sia il migliore di tutti, non solo per l’ esattezza delle longitudini e delle lati- tudini, ma anche per la verità dell’ insieme, e per quel chiaro- scuro , che è tutto proprio di Lapie , e che nessuno ha saputo imitare . Prendete le sue carte della Svizzera, dell’ impero chi- nese, dell’ Asia minore; e vedrete quale idea luminosa vi pre- sentano subito sulla costruzione geologica di quelle regioni . Le vallate della Svizzera, quelle del Tauro, il gran deserto di sab- bia dell’ Asia centrale vi son rappresentati con una chiarezza che non sî è mai veduta in unatlante elementare. I lettori; che vogliono un atlante, potranno dunque consultare utilmente quello di Lapie , ed il suo] prezzo discretissimo a Parigi, sebbene non tanto a- Firenze , lo rende di facile acquisto per tutti. Troverete strano, leggendo 1’ ultima parte del quarto volu- me, che io sia passato dall’ Asia in America, mentre mi. con- sigliavate di. passare in Europa . Era mia intenzione di seguire i vostri consigli, lo aveva promesso, e credeva di poterlo fare nella lusinga che la descrizione dell’ Europa di Malte-Brun , la quale era annunziata sotto i torchio fim dal principio dell’ anno decorso , sarebbe giunta quà prima che io terminassi il. giro 3) 2) at-37 ' dell’ Asia. Quel benedetto torchio si muove con una lentezza in- | concepibile. Prima di pubblicare ciò che ho fatto io, voleva wedere ciò che ha fatto Malte-Brun , onde aggiungere e correg- gere al bisogno , perchè infine Malte-Brun è maestro, ed a, Pa- rigi, ove le biblioteche pubbliche sono riccamente assortite , si deve saperne molto, ma molto più che a Firenze. Terminata la pubblicazione della descrizione dell’ America, scriverò anch’ io come Jagemann la mia circolare agli amatori degli studi geografici di tutta l’ Italia, e son persuaso che voi caldo amatore di ogni studio utile non mancherete d’ assistermi . G. R. PAGNOZZI FE R------i."=;-#@@ sclerosi Lettera al Direttore dell’Antologia,sul futuro raccolto delle olive . Giacchè foste sollecito, o Signore, di pubblicare le poche avvertenze che credei vantaggioso di proporre in occasione della vendemmia allora imminente ,. vi prego a volere adesso secon- darmi nel far conoscere agli agricoltori un’ importante opera- zione, che dalla lor diligenza aspetta la preziosa pianta dell’ olivo. L’anno scorso, favorito dalla siccità la più ostinata, un pernicioso insetto attaccò le olive, e penetrato nel nocciolo di esse vi distrusse la mandorla. AI. cominciar dell’ autunno. ven- nero delle pioggie, e le olive ingrossando caddero, essendosi af- fatto rotta ogni comunicazione tra il frutto ed il picciolo. Non tutti gli oliveti furono attaccati come si è detto , specialmente perchè molti di. questi non dettero frutti. Osservando le olive cadute vidi che contenevano nel nocciolo le uova dell’ insetto, ed era facile il prevedere che da quelle uova dovea moltipli- - carsi all’ infinito la razza ; preso da questo timore, per. il peri- colo che sovrastava alla futura raccolta tentai di. persuaderne i contadini, ma non ottenni alcun effetto dalle mie premure. L’ in- dolenza di questi vinse la mia ragione, e divenni freddo spet- tatore di ciò che fosse per accadere. In quest’ anno le olive son già cadute in gran copia attaccate dai medesimi vermi, i qubli | hanno al solito forato il frutto presso al picciolo; e passati nel nocciolo dal foro di lui, ne hanno distrutta la mandorla e vi hanno depositato le solite moltissime uova Osservo che non sono attaccati gli olivetti ove anno non fu- rono olive ; che poco lo sono quelli ove anno si ebbe scarso frutto ed ove poche olive caddero per la detta ragione ; e che per lo contrario sono ‘attaccate orribilmente dai vermi quelle 128 piantate, le quali anche l’anno scorso andarono molto soggetti a a questa disgrazia . Da tutto questo è facile di concludere che le nova si ra sero pur troppo , ed ebbe luogo la propagazione della specie in proporzione degli elementi che vi erano per produrla ; così ove poco erano attaccate le olive anno passato , non poco, ma più lo sono quest’ anno ; ed ove molto lo furono, lo sono quest’ anno moltissimo. Così continuando sarebbe inutile sperare in quest’ul- timi luoghi di raccogliere olive nell’ anno venturo. La natura però suole alternare i suoi doni fra noi ed i nostri nemici, e non fa mai che una lunga serie d’ anni sia propizia agli uni sen- za che sia tramezzata da una serie propizia agli altri. Così lo sviluppo di tali insetti favorito dall’ aridità di questi due anni, può essere pregiudicato da uno stato meteorologico diverso, o da _ mille altre cause, fra le quali la più efficace, la più probabile e la meno grata si è forse la non produzione e la non alle- gazione delle olive. ; Ma perchè fidare la nostra salute per così dire a una di- sgrazia peggiore del male, o all’ indole incertissima delle stagio- ni? Noné egli meglio raccogliere |’ olive cadute ove sta chiuso adesso il nostro nemico, e distruggerlo così intieramente nella sua cuna ? Dico intieramente, perchè sull’ albero non son restati frutti attaecati dal verme, e perchè il terreno che ora è nudo permette di raccogliere in totalità le olive cadute. A queste operazioni deve il cultore essere invitato dal solo desiderio. di giovare alla sperata fatura raecolta , poichè dalle olive che adesso riwnisce non può ottener olio perchè desse non ne contengono del ben formato., e preme di abbruciarle subito ‘onde non re> sti dubbia la distruzione delle nova. Prima di chiuder la. presente debbo avvertire che anno le olive furono: doppiamente attaccate dagli insetti, cioè prima nel» | l’ interno del noceiolo, e poi all’ esterno di questo nella sostanza della polpa. Io ho fin qui parlato del primo caso, e mi lusingo di non aver da richiamare l’ attenzione del pubblico sul secondo, che porrebbe il colmo alla nostra disgrazia . Credetemi intanto o signore n Bibbiena 1°. ottobre 1823. Vostro Affezio. amico COSIMO. RIDOLFI i i È (Ha b, 129 bu esposizione dei così detti piccoli premi, fatta nell’ I. e R. Accademia delle Belle Arti, in Fi- | renze, nel mese di Settembre 1823. Nell’ atto che osserviamo con piacere, che l’ _4n. tologia consacra. una gran parte de’ suoi fogli ad argo- menti che, le belle arti riguardano, ci duole non po- tere in quest'anno somministrargli un articolo, che tratti con molto favore della esposizione dei così detti piccoli premi fatta nella I. e R. Accademia delle Belle Arti di | Firenze nei giorni 14 al 21 settembre. Niuna delle classi, ‘a cui il premio è stato conferito, ha dato motivo a parer nostro. da potersene formare elogi, e perciò crediamo migliore in questo caso il silenzio. i C'intratterremo invece alquanto sopra diverse pro; duzioni di alcuni e professori e studenti, tanto esteri che appartenenti all’anzidetta accademia , i quali in questa occasione hanno concorso ad abbellire con le medesime il locale alla esposizione destinato : e ‘comincieremo dalla | stanza così detta della pittura. ka Appena posto il piede sul limitare di essa , si offriva dirimpetto alla vista dello spettatore un quadro di figure grandi al naturale del sig. professore Giuseppe Bezzuoli, maestro aiuto per la classe del disegno in detta I. e hh. Accademia, tratto dal seguente argomento. Clodoveo 4, dopo di avere assoggettato al regno di Francia diverse provincie rimaste ai romani nelle Gallie, ‘andò ad attaccare i popoli della Germania, e nella batta- glia ch'ei dette a Tolbiac vicino a Colonia nel 496, ve- dendo piegare alquanto le sue truppe in mezzo alla mi- schia, fece voto di abbracciare la religione della sua sposa, la principessa Clotilde figlia di Chilperico re de’ borgo- guoni, se avesse ottenuta vittorio. Presero allora muovo coraggio le truppe, e vinta la battaglia, fu battezzato il IT. XII. Ottobre 9 130 giorno di Natale da S. Remigio vescovo di Reims, e molti i de’ suoi ne seguirono l’ esempio. Il momento di sì sacra funzione è stato scelto dall professore Bezzuoli . Circoscritta la fantasia dell’ autore dalla misura del luogo ove il quadro va collocato , sem- bra invece ch’ egli abbia scelto appunto quello spazio per adattarvi la sua composizione, tanto essa è bene immagi- nata e disposta. Sorge sul piano di una gradinata il santo Vescovo, e alzati gli occhi al cielo, imponendo la sinistra mano sul capo di Clodoveo , sta per versargli con la destra l’ac- qua battesimale. Questa figura non può essere mossa più dignitosamente, e la sua fisonomia, che par viva, è piena di quella fiducia, che un sommo sacerdote deve avere in quella circostanza, perchè la grazia del Signore scenda sul suo neofito. Lo assistono alla sacra cerimonia due mi- nistri, il più giovane de’ quali non può essere nè più na- turale nè più vero, e chiude in addietro questo gruppo altra figura del seguito episcopale. Piega genuflesso in avanti il gran guerriero, che po- sando le gomita sulla pila di bronzo, porta le giunte mani alla fronte, a cui servono loagariivhre d’ appoggio. L'atto però tale! e devoto della figura non distrugge del tutto la fierezza, e forse anche la ferocia della fisonomia pro- pria del suo carattere. Ben a proposito sono collocati alla sinistra di lui due giovani paggi, l’avvenenza e la deli- catezza de’ quali, e singolarmente del primo , fanno un bellissimo contrapposto con la marziale robustezza del loro signore. Veggonsi indietro alcune figure di astanti, e la pia principessa in ginocchio sul davanti della gradinata chiude il quadro alla diritta dello spettatore. Una composizione sì dignitosa insieme e leggiadra, è eseguita con una maestria di pennello da sorprendere, e tale , che sembra (ci sia permesso il dirlo ) abbia pur an- i 13r che sorpreso il proprio autore, mentre occupato forse quasi esclusivamente di quella, pare non abbia evitato abba- stanza d’imbattere in qualche error di giudizio , che ar- diremo di brevemente accennare e per amore dell’ arte , e dell’ artista insieme, che bramiamo porti le opere sue a quella perfezione, a cui ci sembra tanto prossimo a giungere. Questo plausibile motivo, speriamo che ci farà perforare la nostra arditezza se avremo errato, e che vorrà Pprrere buon grado l’ autore, se avremo detto il | vero. . | ._ > La figura di Clodoveo posa il ginocchio destro sopra un guanciale di velluto , le pieghe del quale danno a di- vedere esser molto soffice , e tale essendo, dovrebbe di più nascondersi in esso il ginocchio ela gamba ; stante il peso che sovra si appoggia; ma questo è un neo dirim- petto alla posizione della gamba medesima , la quale se- guendo la situazione e il moto reale della figura, e non | iscorciando , come scorciare non dee, ha i due punti di ‘appoggio, il ginocchio cioè ed il piede, situati in modo , che dovrebbe soggiacere per la prospettiva al massimo | de’ scorci, mentre n ginocchio posa in mezzo allo scaglio- ne sulla linea prospettica che sfugge, ed il piede giunge alla punta dello scaglione medesimo sulla linea orizzon- ‘ tale retta in avanti. fon pure non sembra che si adatti alla posizione della figura l’altra gamba, di cui sotto il real manto veggonsi le tracce. La porpora di cui il principe è coperto, e l’estremità della quale è retta da uno de’ paggi situato in linea più lontana di esso ci sembra tale, che sciogliendosi fosse per ‘essere un poco. troppo abbondante: nè sì magnifica e grandiosa poteva essere quella inviatagli in dono da Ana- stasio, imperator d'Oriente quattordici anni dopo col titolo di console e di Augusto. Troviamo poi île mani del santo vescovo di un di- verso carattere tra loro, giacchè quella che viene in avanti 133 è più piccola e più scarna dell'altra , differenza che si potrebbe più tollerare in grazia della proaputnii » se fosse all’ opposto. Si dovrebbe pur dire qualche cosa, sul costu- me e sugli abiti, se siano o no adattati a quell’ epoca. È certo che Clodoveo dovrebbe avere i capelli lunghi sparsi sulle spalle, distintivo degl’ individui della stirpe reale (1). E quanto alla convenienza, pare che almeno non avrebbe dovuto presentarsi a ricevere quel sacramento con la spa- da al fianco. Riguardo agli abiti episcopali non avrà creduto l’au- tore che quella veste, e quella specie di diadema che usavano i vescovi nel quinto secolo si prestasse , tanto e alla dignità episcopale, e a un certo sfarzo pittoresco, a cui forse meglio si adattano le forme de’ sacri vestimenti de’ nostri giorni : e vogliamo poi perdonare all’ autore questa specie di anacronismo in grazia di averli così bene; trattati. Non però vorremmo che tali esempi fossero spes- so da’ giovani artisti imitati, mentre è debito de’ pittori l’ usare le fogge degli abiti che si costumano ai tempi del- le istorie ch’ essi rappresentano. E troviamo in acconcio a questo proposito di manifestare la nostra sorpresa insie- me e il nostro cordoglio, nel vedere quanto i nostri gio- vani alunni poco curino questa parte tanto essenziale della loro nobile professione, giacchè sappiamo, che mentre dovrebbero pur ascrivere a grande fortuna il poter pro- fittare delle lezioni di storia e di mitologia ec. ec. ec. del non mai abbastanza encomiato segretario dell'accademia sig. Gio. Batista Niccolini, non trovasi questi mai nel caso di svolgere i ricchi volumi della sua dottrina, per non es- servi chi si presenti a dirozzare con quelli la propria ignoranza . (1) De Sismondi, Julia Severa, ou Van 492. t. 1. pag. 191. edit. de Paris. 1822 ,, Clovis parut...... mais il était distingué du reste des francs par les longs SA flottans qui tombaicnt sur ses épaules. C° était la distiuction de la race royale. ,, 133 ‘. Del resto, ritornando al quadro del sig. Bezzuoli, tanto le teste phe gli accessori sono assai ben dipinti, e wi regna in generale un sugo di colore, che da pochi in Firenze, e forse altrove , si potrebbe ottenere. Eccellente pur anche il sig. Bezzuoli nel genere de' ritratti, tre ne ha esposti di grandezza del vero; di donna uno, l’ altro d'uomo, e di fanciullo il terzo. In essi , per quanto se ne dice da chi conosce i soggetti, sembra otte- nuto il primo scopo, la rassomiglianza. Riguardo a ciò che appartiene all’ arte, ci è sembrato lodevolissimo quello di donna, che vestita di una gran pelliccia, lascia vedere un braccio nudo dipinto con tanta maestria, che non farebbe disdoro ad uno de’ buoni veneti maestri: la pelliccia è vera, | ed il rimanente del quadro sta col tutto in armonia. Quel- lo d’ uemo si vuole che dimostri maggiore età della per- sona che dee rappresentare. Bello, bellissimo è quello di fanciullo, dipinto con una delicatezza, e freschezza insie- me di colore, che incanta; e siccome è così perfetto nella testa , si sarebbe gradito dai più scrupolosi che fosse un poco più studiata la posizione delle braccia relativamente al petto. Un altro quadro finalmente si vedeva del sig. Bez- zuoli rappresentante una scera di famiglia, che per dire il vero dagli intelligenti non fu creduto a bella prima di quell’autore, tanto esso differiva dalle altre produzioni ‘ di quell’ingegno. Si voleva che vi fossero sproporzioni di grandezza tra le teste degli adulti e quelle de’ fanciulli , anche calcolati due piani diversi relativi alla posizione delle figure, non che la conosciuta regola di doversi or- | dinariamente tenere alquanto grandi le teste de’ bambini. Riguardo all’ effetto, convenivano i conoscitori che tutti quanti gli oggetti dhe, trattati con colori troppo bril- lanti, senza essere mescolati e smorzati all’ uopo, dal che ne resultava una generale disarmonia e crudezza. |. Erano collocati dopo quelli due ritratti del sig. 4n- 134 i di tornio Guuldi parmigiano, che da alcuni anni studia nella nostra accademia. In essi apparivano le tracce di buoni studi, e dobbiamo sperare che così continuando, ( tutta- volta che la diligenza irmpiegata nelle parti non gli fac- cia trascuragigl esattezza nel tutto) diventarà il sig. Gual- di un buono artista. Tre ritratti dei sigg. Z. Atkins, e Guglielmo Furse, autori inglesi , ne conseguitavano, ai quali uniremo altro quadro rappresentante Z'erzere e Amore, sebbene in altra stanza collocato , e ciò per parlarne una sol volta. In essi si ravvisava, che in generale l’attuale scuola di quella nazione credendo di tutto trovare nel vivente pittore cav. Laurents, artista d'altronde di merito non ordinario per vari titoli, corre quasi esclusivamente dietro lui solo, e ricusa così di consultare la'natura, vera maestra delle arti e di coloro che con successo amano di eserci- tarle. Non vorremmo che si avverasse per gl’ imitatori del cav. Laurents il vaticinio che Michelangiolo , parlan- do ‘del suo stile, minacciò ai propri seguaci ( Vedi Lanzi stor. pitt. t. 1. pag. 184. ediz. di Bassano ). Del resto poi que’ dipinti non mancavano di dar prove non equivoche d’ ingegno, di cui non intendiamo di defraudare i respet- tivi loro autori. Diremo pure una parola sopra una copia a olio del- la Natività di Gherardo delle Notti , fatta dal sig. Emi- dio Cateni: essa in generale era bene eseguita, ma ci sembrava alquanto fredda wel colorito , e le teste non bene in carattere con l’originale, il quale a questo riguar- do ci veniva più rammentato da altra copia in miniatura della sig. Zsabella Bozzolini; se non che in questa restava a desiderarsi qualche correzione nella testa di s. Giuseppe. Il Sig. Giuseppe Fini ci ha dilettato assai con la ve- duta di una rusticale cucina, composta ed eseguita con tanta grazia, che ci ha lasciato vivo desiderio di vedere cose maggiori del suo pennello. In questo piccolo quadro . 135 era così bene intesa la prospettiva aerea, ed i tuoni locali,. che produceva una vera illusione.Si bramerebbe ‘che trat- tasse del pari la prospettiva lineare. La Visitazione di santa Elisabetta, di figure circa la metà del vero, opera del sig. Taliani, merita non lieve elogio per diversi riguardi . La composizione è * dignitosa insieme ed. elegante , il disegno in generale purgato , e nelle estremità aghi bene imitato il vero. Il colorito però. tende troppo al bello, e sembra che l’ autore, illuso sulle prime dallo splendore di esso, abbia temuto di menomar- ne la bellezza smorzandolo , ed'abbassandolo ov’ era più necessario. Si dubita dai conoscitori, che se il sig. Taliani non farà gran forza per ispogliarsi di questo difetto , an- drà ben presto a divenire un coloritore manierista anzi- chè un eccellente pittore, come; diversamente operando, vi è luogo di sperare: Non ùusciremo dalla stanza della pittura, senza ac- cordare la sua parte di merito ai paesi eseguiti‘ dal sig. Maldura, romano, e dal sig. G. Gherardi, fiorentino. Passando ora alla stanza de’ disegni, due se ne offriva- no a prima vista del sig. Giuseppe Ciardi di Prato, al- lievo ‘di‘questa accademia, i quali ci dettero luogo di am- mirare a quale grado di nettezza insieme e di bravura ab: bia egli portato il meccanismo della’ matita. Ne venivano in seguito diversi altri, in gran parte eseguiti da signore dilettanti, con maggiore o minore buon successo. — Sta- vamo per passar oltre, quando una raffaellesca composi- zione ci fece soffermare alquanto il'passo;e ci avvedemmo: allora dell’ errore in cui eravamo incorsi prendendo una’ stampa in rame peruno de’ sovraccennati disegni. Questa. era la stampa del sig. Girolamo Scotto genovese , tratta dall’ originale di Raffaello d’ Urbino, rappresentante la’ Vergine col Bambino e s. Giovanni , non ha molto di- scoperto in Genova dal nostro sig. cav. professore Pietro’ 136 Benvenuti, direttore dell’I. e R: accademia: discoperta, che dette luogo ai seguenti disticì estemporaneamente dettati. dal celebre professore Galiuffi : Ignotam tabulam dum Benvenutus adorat Ridebat illum tacita turba virum, At ille surgens: veneraminor, inquit, amici; Hoc opus aut fecit quis Deus, aut Raphael. Il sig. Scotto ci aveva fatto conoscere il disegno a ma- tita egregiamente da esso eseguito ; e per verità si at- tendeva da quello una stampa, che alla purità de’ con- torni unisse ancora un bell’ effetto, un grande rilievo; ma ci è sembrato, che invece di crescere in effetto , come ordinariamente suole la stampa in rame supe- riormente al disegno a matita, se ne sia menomata una gran parte, non che diminuita la grazia de’ con- torni , che nell’ anzidetto disegno pur si trovava. Cre. diamo però che, ciò sia avvenuto non per mancanza di sapere, ma per troppa fretta di pubblicare il suo rame, mentre la sua preparazione era tale, che con un inde- fesso lavoro avrebbe potuto ottenere se non altro un maggior rilievo. Fu detto che il sig. Scotto già allievo del professore Longhi di Milano si portasse a Firenze per attingere anche dal Professore Morghen dei lumi sull’ arte , ch’ entrambi i suddetti celebri maestri con tanto buon successo esercitano: sarebbe di ‘nostro vero rammarico, s° egli anzichè profittare delle istruzioni del cav. Morghen, abbandonasse quelle del cav. Longhi. Un quadro di una sola figura, rappresentante Pro-. meteo legato alla rupe, era ivi collocato, opera del sig. Andrea Martino siciliano. E questo uno de’ primi saggi del detto giovane artista, in cui si manifestano de’ nota- bili avanzamenti, da sperarne produzioni migliori. in 137 ‘ seguito. La figura del Prometeo è sufficientemente espres- ‘siva, ma,vien raffreddata l’azione dalla poca voracità dell’avvoltoio, il quale dovrebbe mostrare maggior fie- rezza nella posizione degli artigli , e tutto nascondere il rostro nella ferita, onde chiaro apparisse lo strazio ch’ ei fa di quel misero cuore. .Gon molto piacere abbiamo osservato gli agrumi di- pinti in acquarello dalla sig. Rachele Cioni. Dopo questo saggio del suo talento per tal genere di pittura, non ci . fa meraviglia il sentire che ne darà uno nuovo in una delle prossime dispense dell’ importante opera, che con tanto zelo ed onore dell’Italia viene pubblicata dal sig. Gallesio di Genova, e per le cure del sig. Palmerini di Firenze , sotto il titolo di Pomona italiana, a ornar la quale è concorsa con molto applauso la sig. Bozzolini, co- mosciuta non meno per molti bellissimi lavori in miniatu- ra. Prenderemo quindi occasione di osservare quanto bene addica alle signorine che hanno il tempo di occuparsi delle arti del disegno, di farlo col studiare quella parte così amena della storia naturale , quale è la bottanica. In molti paesi d’oltrermonte una pittrice di fiori troverebbe delle scolari in quantità: ci rincresce il dover confessare che fra noi è molto trascurato questo ramo dell’educazio- ne feminile , e che ben poche sono quelle che se ne oc- cupano. Prima di lasciare questa stanza si vuole da noi fare lodevole menzione di alcuni mazzi di fiori egregiamente eseguiti in cera dal sig. Luigi Calamai. Ne veniva finalmente la così detta galleria de’ qua- dri , ove oltre gli studi degli alunni pel concorso, si tro- ‘vavano pure esposti oggetti di pittura, scultura ed archit- tettura. E non volendoci molto intrattenere sopra le non poche copie di pittura ivi esistenti, non lasceremo di dare la dovuta lode a quelle della Maddalena da Carlo Dolci, di anonimo, e della Caccia di Diana dal Dome- r38 pi nichino ; eseguita dal sig. Tommaso Gazzerini pensiona- - to toscano a Roma, sebbene ’chi conosce a fondo le bel- lezze di quell’originale fosse di opinione , che la copia, singolarmente nel disegno e nel carattere, ne diferisse non poco, Altro quadro, però d’ invenzione, aveva inviato da Roma il sig. Gazzerini di una sola figura, grandezza na- turale, con cui volle rappresentare Bacco dormiente, ed eccone la nostra qualunque siasi opinione. Fu sempre lodevol cosa nelle belle arti lo imitare gli esemplari de’ sommi maestri, e non isdegnò questo precetto lo stesso Urbinate, che tanto bene seppe giovar- si del nostro Masaccio. Ma allorquando per nascondere questa imitazione si è obbligati a tradurre in peggio gli esemplari imitati, ci sembra tra i vizi che può avere un artista quello il più biasimevole. È Se questa riflessione avesse fatta il sig. Gazzerini , avrebbe pensato che altro è un ferito a morte (1), altro è un ebro dal vino, e che ciò che conviene per un uomo semivivo , non può convenire ad uno che dorme. Quindi in una sola figura non esservi per così dire alcuna parte di reale , ma tutto in iscorcio, è un procedere; che offen- de e stanca moltissimo l’ occhio anche il più portato per simili stranezze : diciamo stranezze, quando si cercano a bella posta col campanello simili attitudini, e non quan- do la composizione di un gran quadro ne porta la neces- sità. Per variare il citato autore la posizione della testa dal- l’originaleche ha voluto imitare, è incorso in un errore il più grave, mentre un uomo che dorme, non può stare com’egli lo ha collocato. La testa, che pesa, tende sempre a cadere in basso, e non potrebbe reggersi in quella situa- zione, che mediante un ben grosso e duro guanciale che (1) Il Samaritano, del sig. professore Benvenuti. la y 139 le-facesse puntello. Tutte le membra dovrebbero pure par: tecipare dell'abbandono di quell’azione, ed invece tutte le vediamo tese e contratte, come chiaramente si può distin- guere anche dai meno periti, sia nel collo, nel torso, nel ventre, e nella gamba sinistra, che sta semi-elevata dal- l’altra. È vero bensi che tale è precisamente nell’ originale imitato, ma dobbiamo ripetere che là è un uomo contrat- to da wu fiero dolore, e qua esser dovrebbe un uomo ab- bandonato ad un fierissimo sonno. Ci duole, che neppure nelle piccole cose il sig. Gaz- zerini si sia fatto scrupolo di imitare il vero, poichè il vino . contenuto nella tazza rovesciata dovrebb’ essere rappreso, ‘per istare come nella pittura egli sta. Vi è poi in detto quadro qualche pezzo ben dipinto, ma avremmo volentieri bramato che si evitasse quello sfoggio di cenerini nel torso, che fanno divenire livide le tinte delicate della carnagione. Abbiamo con estrema sodisfazione , mista ad intenso cordoglio, osservato due produzioni dell’estinto ingegno del | mostro Lori, non ha molto rapito alle arti da morte imma- | tura. Una di esse, in rilievo della grandezza del vero, rap- presentava Zeda, e l’ altra, in basso rilievo, Paride feri- to; presentato da'suoi alla bella Elena. Non si può ab- bastanza descrivere la grazia con cui era mossa la figura ‘ di Leda tutta amorosa verso il suo cigno: il disegno n'era puro, di buona scelta le forme , in cui però non era sover- chia pompa di bello ideale a danno della semplicità e verità della natura . i La composizione del basso-rilievo dava a divedere quanto il Lori sarebbe riuscito anche in questa parte, se non si fosse troncata quasi al principio la sua carriera. Il Sig. Francesco Pozzi, ci favorisce ogni anno con diverse statue di sua mano, e tre n’erano esposte anche in questa circostanza, (Silvia col cervo, Latona coi figli, e ninfa seduta) ma se non si ‘era cauti ad osservare gli em- rjo i: blemi, che dalle altre già esposte le FFORETRORERA sarerme — mo incorsi nella mancanza di non parlare di lui, giacchè Fi a prima vista credevamo fossero le stesse di ogni anno, tanto esse si rassomigliano nelle mosse e nelle forme, le quali sono tutte sue, senza consultazione nè della natura, nè de’ modelli antichi. Ameremmo pertanto , che questo novello professore ci facesse veder meno opere, e che le poche fossero studiate, naturali , vere. Due statue di grandezza naturale erano esposte, del sig. Westmacolt, la Psiche, ed una famiglia indiana. L’azione della prima era bene immaginata, e le forme erano gentili, quali alla giovinetta Psiche si convenivano: la composizione dell'altra era adattata al carattere di que'po- poli, e mostrava non comune verità nelle sue parti. Fra alcune cose esposte dal sig. Ottavio Giovannoz- zi abbiamo osservato con piacere il ritratto di S. A. I e R. l’ Arciduca Leopoldo, che oltre essere stato trovato generalmente somigliante, era modellato con bravura ed intelligenza. Il sig. Pampaloni ha egregiamente scolpito il ritrat- to del celeberrimo Anatomico Paolo Mascagni. Il pensionato in Roma da questa accademia per l’ar- chitettura, sig. Giovanni Silvestri, mostra di avere bene inteso lbarano primo della sua missione , mentre invece di occuparsi a, delineare monumenti di sua invenzione , studia sui celebri monumenti antichi, onde farsi corredo di sì utili materiali, per quindi esercitare con buon succes- so l’arte sua , scopo che si dovrebbe avere sempre in vistà dai pensionati di tutte le classi. Fra i suoi acquarelli ve ne sono alcuni eseguiti con gusto e bravura; ma non vor- remmo che abusasse della sua troppa facilità, che potreb- be trascinarlo al manierato. Chiuderemo questo articolo con sincera protesta, che se .ci siamo permessi di esporre con libertà le nostre qua- lunque siansi osservazioni, non vi fummo spinti nè da al- 14I cun partito, nè da alcuna parzialità per. uno più che per un altro artista, che amiamo tutti ugualmente, ma bensì per amor vero delle arti, che vediamo da qualche tempo sì ben fiorire in questa I e R. Accademia, mercè le cure indefesse e l’ottima direzione del Cav. Pietro Benvenuti direttore, e maestro di pittura nella medesima, il quale non solo amorevolmente comunica ai suoi alunni i sani precetti dell’arte con la viva voce, ma ben anche ne dà i | più luminosi esempi con le moltiplici e grandiose sue opere. X. Nuovo dizionario geografico di Vosgien, nuova edi- «zione interamente rifusa , riveduta e corretta colla massima cura . . . «+ + da Lurer NARDI, e da que- sto arricchita di copiose aggiunte. — Livorno. Ti- pografia Vignozzi. 1323. Una società di geografi francesi aveva annunziata fin dal principio dell’anno scorso la sua intenzione di pubblicare un nuovo dizionario geografico, ed adduceva tra i motivi, che l'avevano determinata a questa intra- presa, quello dei molti errori riconosciuti nel vecchio dizionario geografico di Vosgien, del quale si son fatte tante edizioni, senza che siano stati tolti gli errori che vi erano originariamente, nè quelli che nascevano natural- mente dai tempi, e dalle vicende politiche, nè quelli che vi aggiungeva l'ignoranza dei compilatori nelle. ri- stampe. Così questo dizionario, che era mediocre in ori- gine , è divenuto un vivajo di errori, a segno che i geo- grafi francesi riconoscevano la necessità di farlo dimenti- care con un dizionario veramente originale , nel quale si proponevano di descrivere la terra quale è oggi, non qua- le era al tempo di Vosgien. Questo annunzio avrebbe. dovuto determinare tutti gli stampatori, che speculano sulle ristampe, a rivolgere le loro speculazioni puramente cc 142 i mercantili a. tutt’ altro che a ristampare il Vosgien. I sig. Vignozzi, che non aveva mostrato finora ‘nessuno in- teresse per i progressi delle scienze geografiche, è entrato. improvvisamente nella carriera colla ristampa del Vosgien. Dico colla ristampa, perchè sebbene egli dichiari nel fron- îespizio che è una edizione interamente rifusa, riveduta e corretta colla massima cura, dopo aver letto pagina per pagina e articolo per articolo tranquillamente tutto il primo volume , e dopo averlo confrontato articolo per articolo coll’ edizione di Parigi del 1819, mi sono assicu- rato che tutti i vecchi errori , e-le omissioni dell’autore , son religiosamente conservati in questa nuova edizione , che il lavoro del signor Luigi Nardi è una pretta letterale traduzione, e che le sue aggiunte per le lettere A e B si limitano alla lista che riporto qui in nota, lista dalla qua- le i lettori potranno giudicare dell’importanza di queste aggiunte e dell’ altre (1). (1) Abetone dogana; Sant Agata casale nel Mugello; Sant” Albano borgo in Savoia, che torna in scena col nome d’Albens; Albiano borgo unico della Lunigiana, che fra le mani del tra- duttore divien doppio, restandone uno nel Genovesato , e pas- | sando l’ altro colla Lunigiana nel granducato di Toscana ; »l Ambrosiana villa reale ; il'casale di sant’ Andrea vicino a Buti; Angera borgo del Milanese, che torna dopo in scena sotto il vero nome d’Anghiera ; i borgo di sant’ Antonio nello stato dei presidi; la villa d' Artimino ; i bagni d’ Asciano ; Asso co- mune del Milanese; Arassi città imaginaria, la quale coniparisce prima sotto il suo vero norme d°’ Alassio; 7 monti d’ Astruno presso a Pozzoli; la Sadia rovinata di San Galgano; la badia Tedalda , paese di capre; Bagnacavallo terra del Ferrarese; Ba- grasso comune in Piomibiteis i bagni di Casciana; Bagno di Romagna; Bagnone ; Barberino di val d’ Elsa; Barbiano luogo insigne; Barga grossa terra in Toscana; Berignone castello ro- vinato ; Bibbona terra d’aria catliva in Maroma. Boccheggiano AI in maremma ; Bo/gheri ‘terra del ar Brondolo piccolo luogo sull’Adriatico ; Brozzi terra del Fiorentino ; Bw- cine castello in Toscana; Budrio villaggio del Ferrarese, Bon- convento castello in Toscana; e Buriano. 143 Non è mio scopo di dare un indice di tutti gli errori, che esistono nell’ originale e nella traduzione livornese del Vosgien (2). Mi limito all’ Italia, e: ab uno disce omnes. Le popolazioni son calcolate in gran parte sopra ‘ vecchi dati, quindi false (3), e ciò che è peggio, l’ autore per non entrare in imbarazzo, prende spesso il partito più comodo di non parlare di popolazione. Sopra una settan- tina di città del regno di Napoli, che son nominate nel primo volume, la popolazione vi è indicata solamente per . cinque o sei; e sopra più di cento del regno lombardo, appena per una dozzina. Ma quando in un dizionario | geografico non si danno le popolazioni delle città d’Italia che possono sapersi sempre, è inutile il dire città piccola o città grande. Ferrara è un sesto più grande di Firenze, (2) Basta un esempio per tutti. L’ America superiore è di- visa in Groenlandia, Messico, nuovo Messico, California , Flo- rida, Stati Uniti, Canadà, Terranuova , ed isole Antille. I no- ‘stri ragazzi di scuola sanno a Firenze che il Groenland non è nell’ America , che il nuovo Messico e la California son parti ‘ del Messico , che la Florida è parte degli Stati Uniti. E così secondo l’autore sono sparite dal globo 1’ America Russa , l’ A- merica libera fra il Rio Gila e la Sierra nevada, l’ America ‘ inglese interna tra i monti gialli e il mar d* Hudson e di Baf- fin, la nuova Scozia, la nuova Brunsvich , coll’ isole che ne dipen- dono, e la nuova Caledonia. Nell’ America inferiore 1’ autore cita Ja terra ferma, che fa parte della nuova Granata , e non.cita né la nuova Granata, nè il Caracas, due paesi, che probabilmente sono sprofondati nell’oceano come gli altri, e poi nomina il Brasile ed il paese dell’ Amazoni, che fa parte del Brasile. E tutto ciò si ri- stampa a Livorno nel 1823!! (3) Per esempio, si danno alla Basilicata 360,000 abitanti , mentre fino dal 1821 ne aveva 402, 367; al Bari 340,000, mentre mne aveva 364,721; Coni 9000, mentre fino dal 1806 ne aveva 16,724; a Chambery 10,000, mentre fino dal 1«806 ne aveva 11,768; a Cherasco 8000, mentre fino dal 1809 ne aveva 11,166; a Alessandria della paglia 19,000, mentre se ne contarono recente- mente 30,216; a Chiavari 2900 , mentre nel 1807 he aveva 7684. 144 ' È e non ha un.quarto della sua popolazione. Le descrizioni — son tutte tanto magre, che non danno nessuna idea posi- _ tiva delle città, alle quali si applicano; si nomina lo sta- to al quale appartengono, il fiume, si dà la longitudine, | si aggiunge qualche volta una lista di tre o quattro arti- coli delle sue manifatture, o del suo commercio. Non v'è | neppure un verso di. statistica , sebbene, l’ editore abbia | stampato sulla coperta il titolo pomposo di nuovo dizio- nario geografico storico, statistico, commerciale. L’istoria consiste nell’ indicare l’anno in cui le città furono o fon- date, o distrutte, o prese , e nel dare una lista di due o tre uomini illustii, che vi nacquero. Infine la geografia dell’ Italia , che doveva essere nella traduzione la più , ricca, è invece la più miserabile. Confrontando il dizio- nario colla geografia di Busching ho trovato , che nelle sole lettiere A B e C il traduttore ha omesso nel regno di Sardegna 24 fra città, borghi e villaggi degni di menzio- ne; nel regno lombardo, nel modenese e nel piacentino niente meno di 97; e nel reguo di Napoli senza la Sicilia | 26. E mentre in un solo volume si sono omesse più di 150 città, borghi e villaggi, che meritavano una descri- zione nell'Italia, si è copiata scrupolosamente la lista lunga e sterile di tutti i luogucci della Francia , molti dei quali non si conoscono che di nome. Per la geografia della Toscana eccone un saggio: | Bagno di Romagna borgo in Toscana nel Fiorentino a | sei leghe da Modigliana (4); Castiglion fiorentino grossa terra in Toscana nel Fiorentino a sei leghe da Pistoia (5); _ (4) Vi corrono realmente ventiquattro miglia in linea relta, e bisogna farne cinquanta per andarvi. (5) I pistoiesi rideranno assai di trovarsi ravvicinati di cin- quanta buone miglia a Castiglion fiorentino. Vosgien poneva Ga- | | stiglione città piccola a 6 leghe da Pistuia , e Castiglione fioren- tino a tre leghe da Arezzo. Il traduttore ha fatto di duo luoghi uno solo, dopo averne fatti due d'uno, d' Albiano, r45 Bibbiena borgo di Toscama sull’ Arno; Caeinana luogo iu Toscana fil Fiorentino ; Cimigticial antica terra dh Toscana nel Fiorentino sui fiume (Lima, goo abitanti; Ci- goli piccolo luogo in Toscana nel Fiorentino , nelle vici- nanze di san Miniato; Brozzi antica terra in Toscana nel Fiorentino poco distante da Firenze, fabbriche di cappelli di paglia; Campi borgo in Toscana potesteria suburbana a Firenze; Bagno a Ripoli piccolo borgo di Toscana fuori della porta san Niccolò di Firenze; Cerreto borgo in Ta- scava nel Fiorentino presso al monte della Vernia; Ca- praia castello in Toscana rimpetto a Montelupo nel Fio- rentino; Barberino di Valdelsa piccolo villaggio nel Fio- rentino; Bucine castello in Toscana con potesteria nel Fiorentino; Panino castello sopra una collina, appiè della quale v° è un paese detto borgo a Buggiano; Asina- lunga vicariato, Toscana provincia senese. Se tultociò pos- sa chiamarsi descrizione geografica, statistica , storica, com- merciale, i lettori possono deciderlo da sè. Queste poche osservazioni bastano, credo io, per pro- ‘ware il merito di questa ristampa. | Ci giunge a proposito per parle d’ un nostro corri- spondente piemontese un piccolo errata-corrige, che ri- - guarda il Piemonte , e che riportiamo qui, dia tro- vate giuste le correzioni. ERRORI CORREZIONI Albiano borgo del genovesato borgo del Piemonte, provincia d’ Ivrea. Albisola borgo del Piemonte borgo del genovesato, provincia di Savona. Arona piccola città del regno del Piemonte, provincia di Pal- lombardo veneto lanza. Aulla terra sulla Magra, stati stati Estensi. sardi Bardinetto borgo del Piemonte viilaggio piccolissimo del geno- tz: i vesato, provincia d’Albenga, T. XII. Ottobre * 10 Bisagno fiume Bobbio provincia di Voghera Boglio diocesi di Glandeves Borgomanero nel regno lombar- do-veneto Borgo san Dalmazzo diocesi di Mondovi Calizzano borgo del Piemonte Carloforte forte. Cuorgne Castelvecchio forte Catasca borgo Cavalier maggiore nel circonda- rio di Savigliano Chamouni confederazione sviz- zera Chiaveyan borgo Ciano Cunio o Conio Bracco borgo Boneville nel cantone di Ginevra Bra borgo Belbo fiume , che ha la sorgente presso Finale, e si scarica nel Po ad Alessandria. Cluse città del cantone di Ginevra; Bonne villaggio ugual- mente del Ginevrino ; Cortemaggiore borgo di Toscana; e Ariano borgo d’ Italia , meritano ugualmente un errata corrige. I due PA ; torrente: provincia di Bobbio. diocesi di Nizza. . stati sardi, provincia di Novara. diocesi di Cuneo. del Genovesato, provincia d’ Al- benga. borgo. ‘Cuornio. villaggio. ignoto. provincia di Saluzzo. stati sardi. Chiaverano. È non si conosce, forse voleva dire: Cigliano. Coni o Cuneo stazione di posta in un monte di- _|\' sabitato. negli stati sardi, e capitale del È Faussignì. città. Finale si trova sulla costa, ed | La catena degli Appennini divide | la prima dalla seconda. Tutti | i fiumi della terra discendono; | il solo Belbo ha in grazia del nostro geografo il privilegio di Alessandria nell’ interno. ascendere dalle terre basse della costa alle terre alte degli Appennini. mi appartengono al re di Sardegna , e sono nella Savoia; il terz è nel Parmigiano , e il quarto nella delegazione di Venezia , regno lombardo. G. R. PAGNOZZI. 147 Estratto di una notizia sull’ isola è sulla città di Capick, del BARONE di FeRuss4c — inserita nel gio: - nale dei viaggi. Agosto 1823. Il porto di Cadice tiene un posto distinto tra i porti principali dell’ Europa per ricchezza, per situazione geo- grafica, per importanza commerciale e militare. La sua fama incomincia coi bei giorni di Tiro e di Cartagine. Le meraviglie della fondazione della sua città, le grandi imprese dei suoi abitanti, la riputazione e le ricchezze dei suoi negozianti, la celebrità dei suoi navigatori e delle «sue ballerine, i grand’ uomini che vi nacquero, il bel cli- ma di cui gode, tutto contribuisce a renderela sua istoria interessante. Così non sarà disgradevole una descrizione dello stato attuale di questa città , resa tanto più celebre dagli ultimi avvenimenti. Cadice a tempo di Strabone era una città di due mi- glia di circonferenza, compreso il quartier nuovo ; di cui dovette la fondazione al proconsole Balbo. Sotto i romani divenne ricca per la navigazione e il commercio; all’inva- sione dei goti decadde. Sotto gli arabi era un porto ordi- nario. Alfonso il savio la tolse agli arabi nel 1262, e dopo restò sempre alla corona di Spagna. Gl' inglesi |’ as- salirono nel 1596 con Essex ed Effingham, e una. flotta di centosessanta vele; sbarcarono sulla costa per deva- starla , e si rimbarcarono subito dopo. Nel 1626 vi torna- | rono con Cecil e con una flotta di cento vele, e vi sbarcaro- no dodicimila uomini al forte di Puntales. La fermezza del duca di Medina Sidonia, e il coraggio degli abitanti gli obbligò a ritirarsi. Un nuovo attacco per parte degli inglesi e degli olandesi nel 1702 non ebbe miglior successo, come non l’ebbero neppur quelli del 1737, del 1797, e del 1800. Una peste terribile sparse la desolazione nella città nel 1649 , la febbre gialla anche più nel 1800. Da Cadice sì estese ad un terzo della Spagna, e morirono solamente 148 i in Cadice secondo le relazioni del tempo quasi 12;000 per= 9 sone . Alla scoperta dell’ America gli abitanti:di Cadice sì _ ricordarono. che il commercio era la sola via* d’arricchir- | ‘si, e si arricchirono di fatto. i Il navigatore che entra nella baia di Cadice si vede a sinistra Rota, di faccia santa Catalina e il porto santa Maria, a destra .i forti di Matagorda e di Puntales, e la città - di Cadice, e in lontananza l’isola di Leone. Più lungi i nella direzione del porto Santa Maria sorge Medina Sido- i nia, che domina sul declivio d’una collina. La prospettiva; 4 che si presenta al porto Santa Maria è anche più pittoresca. Il lungo istmo che congiunge Cadice all'isola di Leone, . sì distingue appena, e si confonde coll’acque, sicchè pare . che la città sorga di mezzo al golfo. I suoi edifizi si mostra- no distribuiti a guisa d’anfiteatro , qualcuni con grandi e | belle facciate, e terminano in cima con un terrazzo, che | domina su tutti i contorni. Una foresta d’ alberi di navi. e di bandiere di diversi ‘colori circonda la città. La bian- | chezza e l'altezza delle case, gli edifizi pubblici, le for-, tificazioni regolari che formano il suo recinto, le danno, | un aspetto grande e maestoso. Si vorrebbe trovarvi anche . un poco d’ombra e qualche gruppo di verdura, e non si | ‘vedono invece che pochi alberi stentati e giallastri dispo- | sti in viali nell’Alameda, e ad eccezione delle vigne di. | Rota e di Santa Maria, tutto è melanconia e sterilità. Seb- | bene vi corrano due leghe e mezzo dal porto Santa Maria, È a Cadice, si vede distintamente col camocchiale la gente che passeggia. À Come città militare Cadice è sicuramente tra le più forti per la sua situazione sulla punta d’una striscia di | terra stretta e a fior d’acqua, ove le rupi e gli scogli im- pediscono d’avvicinarsi, e dove non bastano i. cannoni, ordinari per nuocerle, mentre non è accesibile che.in un punto solo. Le sue fortificazioni sono in buono stato e ben provviste di tutto ciò che si richiede per una lunga, | difesa. ‘Gr'ingegori ed i militari più intelligenti la giu- dicano più sicura da un colpo di mano che Gibilterra ; la pensava così, dicono, il generale Marescot. La sua si- tuazione per il commercio non è tanto vantaggiosa ; vi manca un buon porto, la baia è poco sicura ed esposta ai ‘venti ; nelle cattive stagioni le flotte sono obbligate a can- giar di posto, e lo font malvolentieri; non possono tenersi allora che sotto al N E, e non sono neppur difese dai tem- porali. Inoltre la piccolezza della terra sulla quale è cus- truita non permetterà mai d’ingrandirla; al contrario le | frane che vi cagionano l’ondate, e l’azione continua del- l’acque fanno temere che diminuisca il piccolo spazio che | occupa. Vi starebbe meglio un fortedestiuato a far rispettare - il porto che una città, e la città starebbe meglio nella baia di Portoreale, ove si trova riunito spazio, sicurezza, bellez- Za dì situazione, e vasto territorio all’intorno. Cadice im- pedirebbe allora ‘agli assalitori d’avvicinarsi alla - costa , mentre il fuoco delle batterie di Mitagorda e Puntales Che s’' incrocia difenderebbe l'ingresso della baia , e la ‘renderebbe inaccessibile. La baia offre nelle sue rive una ‘figora ellittica, che risulta da Matagorda, dal forte san Lui- gi, Portoreale, dalla foce del rio san'Pedro, dalla punta della i Catitera, dalla foce del rio Arillo e dal forte Puntales:a dir ‘vero è quasi interamente ingombra di banchi di sabbia, fra i quali domina l'isolotto del Trocadero di poco fondo. ‘Non ostante alla Carraque, ove costruiscono i grandi ba- ‘stimenti, sì trovano da venti a sedici piedi di fondo inttem- po di calma. Il porto potrebbe dunque stabilirsi alla Car- | raque, e i magazzini a san Carlo, il quale a forza d’ingran- ‘ dirsi verrebbe a formare una sola città con san Fernando. II rio Arillo, che attraversa la parte più stretta dell’ istmo è un piccolo canale di mare, che divideva anticamente Pisola di Leon da quella di Cadice, e si gettava nel rio. . san ‘Pedro presso la sua foce; costeggianilo la ‘base: del- | Talture, ove sì trovano i magazzini ide polvere, e del 150 sa monte dei martiri, che offre tuttora le traccie dell’antica comunicazione chiusa dalle sabbie. Il rio Arillo segna og- gi il confine del territorio delle due città di Cadice e di san Fernando; si passa sopra un ponte di legno. L'isola presente è divisa dalla terra ferma per mezzo d’ una spe- cie di canale naturale pronfondissimo, che sbocca da un lato nel golfo interno di Portoreale alla Garraque, e dal- l’altro nel mare all’ isola di san Pedro, a tre leghe e mezzo da Cadice. Si passa il canale sul ponte Suazo, che è la sola comunicazione per la quale si possa andare a Cadice per terra. Il ponte è diviso in cinque archi , lungo circa settanta piedi e largo quindici, ed è costruito di grandi pietre da taglio tratte dall’ isola di san Pedro; e poste l’ une sull’altre senza calce, ad eccezione d’un pon- te levatoio di legno per il passaggio dei bastimenti: ne at- tribuiscono la prima fondazione ai romani; si conservò sotto i goti, lo rovinarono gli arabi, e lo ricostruirono sugli antichi pilastri. Alfonso il savio fece costruire un forte per difenderne l’ingresso. Cadice vi teneva un. go- vernatore. Don Giovanni II diede il ponte ed il forte a Juan Sanchez Suazo, di cui conserva il nome. Carlo V lo fece risarcire nel 1540, e gli assegnò una rendita d’ uno per cento su tutte le merci di levante e di ponente che eutrerebbero nella baia; rendita principesca. Le due teste del ponte son fortificate per mezzo di bastioni; i canali che gli circondano si riempiono d’ acqua in tempo d’ alta marea, e siccome tutto il territorio all’ intorno è fangoso e pieno di vasche d’acqua salata , non si può viaggiarvi. La sola strada grande, e una Hiecala striscia sui lati è pra- ticabile. Al principio del ponte si trova la caserma del- l’ artiglieria, e più oltre sui due lati della strada, due file di bastioni. Nel 1809 al tempo del blocco gli abitanti ta- gliarono un arco del ponte, e la strada in diversi punti. Il canale porta il nome di ruscello di Carraque dall’arse- nale della Carraque fino al ponte, e dal ponte fino all’iso- I5I la di san ‘Pedro si chiama rio san Pedro. L’ acque della baia di Portoreale si dirigono verso il ponte ove la terra si alza, e ne diramano molti canali inferiori che tagliano Îl paese in diverse direzioni. Uno va alla piccola e gra- ziosa città di Chiclana. L'ingresso del rio san Pedro è Pe” | ricoloso a marea bassa anche peri piccoli bastimepti, motivo degli scogli che si nascondono sott’ acqua. Nel. | lalte maree i bastimenti di duecento a trecento ton- mellate possono entrarvi con un piloto esperto. Del res- to il canale è navigabile per tutti i bastimenti me- diocri; presso il ponte vi sono ventitrè piedi di fondo a marea bassa. Dalla parte dell’ oceano il suo ingresso è difeso da un fortino costruito sull’isola di san Pedro. Pas- ‘sato il ponte di Suazo si arriva a san Fernando, città mo- derna , che non era niente verso il 1750, ma crebbe in pochi anni in grazia d’un duca d’Arcos, dell'a famiglia dei Ponce. di Leon, che le diede il suo nome. Prima della fondazione di san Carlo serviva di stazione al corpo della marina. I negozianti di Cadice, molti dei quali vi avevano una villa, si trasferirono a Chiclana. Le ville abbandonate servirono ad ingrandire la città, che si estese rapidamen- te per la facilità di costruire , giacchè vi trovavano le pietre sul posto scavando i fondamenti. Prima della rivo- luzione vi contarono 40,990, abitanti, e la popolazione cre- sceva ogni g giorno. La città è costruita sopra una collina donde a sul mare; non cede a Cadice per pulizia , nè per eleganza. Tutte le case hanno un terrazzo. Merita d’ essere citato il bell’osservatorio che vi hanno trasferi- to da Cadice, il quale dicono è provvisto di buoni istru- menti, e dalla piccola altura sulla quale è situato si scuo- pre tutta la baia, e serve di faro ai navigatori per diri- gersi all’ ingresso del canale di san Pedro. Gli astronomi che vi risiedono sono incaricati di fare l’ almanacco nau- tico, e di pubblicare annualmente l’ efemeridi. Presso l’ osservatorio v'è un’ alta torre con un telegrafo, il quale 1343 TARE i D DE: comunica con quello di Torre Gorda, è serve d’i nterinditta rio per i segnali del telegrafo di Cadice , e gli trasmette sulla costa, ove altre torri simili, come ta Bermeia; sono ugualmente provviste di telegrafi. I contorni dell’osser- vatorio , della torre del telegrafo, e dei magazzini delle polveri , che sono sull’ altura di Setina, offrono una bella prateria ricca di pascoli. I magazzini di Setina ‘apparten- | gono a Cadice, e son destinati alla sua guarnigione. I magazzini delle polveri per la marina son situati ‘sulla / punta della Cantera. V'è un molo che serve‘allo sbarco ed' 7 all'imbarco della polvere per i bastimenti. Altri magaz zini che servono per i viveri della flotta reale, e‘si'chià- mano Caseria de Osios, si trovano più lungi: dirimpetto | a san Carlo; vi fabbricano il biscotto, vi salano fe carni; 1 e v'imbarcano l’acqua che attingono nei pozzi dei ‘con- | torni per mezzo di macchine. Tra la Caseria de Osios e i | magazzini delle polverì della marina v'è un lazzeretto. A destra di san Fernando s'incontra san Carlo città nuova fondata nel 1776 a tempo del ministrò Gasteion - per istabilirvi il dipartimento della marina , il quale così (| è più vicino alla Carraque, che quando era a san Fernan- |} do. Tutti gli stabilimenti di sua competenza che si trova-_ vano una volta a Cadice, son riuniti qui da qualche anno, Gli edifizi di san Carlo son costruiti sopra le'‘cave di pie-. tra, donde trassero i materiali per fabbricare san Fernan-, do. Il governo vi fece costruire a sue spese una chiesa ; |} caserme, palazzi per il capitano generale; per l’intenden- 4 te, e per l’amministrazione generale della marina , ‘e fe- | ce aprire un superbo canale per comunicare ‘colla :Balia el col canale della Carraque, il quale taglia così l’estremità. dell’ isola di Leone. Un ponte di pietra che lo attraversa. e al quale termina una bella strada, serve di ‘comunica=. zione colla Carraque. San Carlos ha inoltre ‘una scuola per l’ istruzione dei piloti, un’ accademia di guardie della mara , e in fine tutti gli stabilimenti ebe son necessari Tar +53 penbiriire.; eli alunni. Non vi sono abitazioni di privati, ‘perchè il governo voleva vendere le terre a un prezzo ec- cesivo, E così la città è restata molto ‘al’ di sotto di ciò che si pensava, e siccome era quasi deserta, la giunta-sta- bilita @ san Fernando nel 1810 riunì l'una e l’altra in una sola città, e le chiamò san Fernando. “I magazzini della marina come pure gli arsenali sono in gran parte alla Garraque , che si trova di faccia a. san Carlo ‘in'una specie d’ isola alla foce del canale naturale, che circonda l’ isola di Leone. Questo stabilimento è cir- condato di canali e di vasche d’acque salate , che lo ren- dono‘inaccessibile, e consiste in un vasto edifizio quadri- latero; vi risiede un governatore speciale. Tra i suoi lati più lunghi uno guarda sul canale che separa l’ isola di Leone dalla terra ferma; s' entra per mezzo di un molo ed'n barca; vi sono i cantieri per costruire i bastimenti, e’ tre darsene per risarcirli. Il piccolo canale di Las Gule- bras fa il giro di altri due lati, e si avanza dentro terra per dividersi ‘in più rami. Il quarto lato: che è di faccia al- sp isola. di sant’ Agostino, ne è separato dalla continuazione «dele gran canale ille divide l’ isola di Leon; e si congiun- ge al piccolo canale di'Las Culebras. I bastimenti dilartias ti son distribuiti sui rami interni del canale di Las Cule- ‘bms. I magazzini nei quali conservano gli attrezzi dei stimenti sono sul secondo lato lungo dell’edifizio. I magaz- zini degli alberi da nave sono sul canale più grande della ficciata che guarda la terra ferma, e sul piccolo v'è la fab- brica delle gomene. I due canali dei lati corti restano a | Secco a marea bassa. Dalla Carraque:fino alla grande stra- da sutto il territorio è ingombro di saline, che lo rendono ‘impraticabile. ‘Il territorio sul quale son costruite san Fernando e i fino alle alture di Setina e dei martiri è piut- stosto alto e di clima salubre ; come anche verso la baia di -Patoreale, al magazzino dei viveri della marina , 6 1540 alla punta della Cantera; tutto il resto è basso, paludoso e e. impraticabile. Partendo da san Fernando la strada è diritta dai a Torre Gorda , e attraversa prima di arrivarvi il rio Arillo» . Le sue rive son coperte di saline, principalmente verso la baia; dalla parte del mare non tanto, perchè la terra è sabbiosissima da Torre Gorda al rio san Pedro. La pianura che è. meno alta dell’ acque a marea alta resta inondata quando trabocca il rio Arillo, e solamente le piccole altu- re di sabbia la difendono un poco dalle inondazioni del mare. lidi Passato il rio Arillo si arriva al punto in cui l’ istmo sì ristringe, e si va a Cadice per una strada‘ magnifica ; l’ acque non cessano di urtare nell’ istmo dai due lati per romperlo e per cangiar Cadice in un’ isola: Dalla Torre | Gorda, fino alla porta di Cadice la strada è tutta diritta sopra una linea di quattro miglia. La torre è cinta da una . batteria, costruita sopra una spianata più alta della stra- da. Verso la metà della strada l’istmo è tagliato da un canale, sul quale domina il forte di san Fernando; lavoro del 1808 , ed è situato nella parte più stretta dell’ istmo , cosicchè a marea alta l’ acque bagnano dalla parte d. NO il muro dell’ argine , e allora la distanza fra le due rive si riduce a cinquanta o sessanta tese, Dopo la Cortedura ; che è a 374 di lega da Cadice, si lascia a destra Puntales, che è costruito sopra un’ altura che sporge in fuori all’in- gresso della jbaia di Portoreale. Presso la riva a sinistra si incontrano diversi edifizi di legno , che servono di magaz- zini per gli articoli necessari a risarcire i bastimenti di commercio. La terra dalla strada al forte ed anche sopra è coperta di ginestre, che vi hanno piantate espressamen- te per impedire alle terre, sabbiose di smoversi; precau- zione impraticabile sulla costa dirimpetto, ove ì venti non permettono ai vegetabili di radicare. Sulla costa dopo Puntale vi sono tre batterie Girim- 155 petto alle rupi che si chiamano Corrales. Presso la prima vèl’Aguada ove i bastimenti di commercio vanno a far acqua , attingendola nei pozzi, e v è uno spedale. Si arriva dopo alla chiesa di san pagina o della porta di Cadice , chiesa moderna che è la parrocchia degli abitan- ti dei sobborghi , ove le case son di legno. Dopo ld Aguada tutto l’ istmo è è ingombro di sabbie. Infine prima di giun. gere a Cadice si passa una fila di orti, nei quali raccolgono tra le sabbie buoni legumi per il consumo della città. I contorni di Cadice hanno per gli abitanti dei Pire- nei una fisonomia tutta nuova. Gli aloe vi sono aggrup- pati a siepi come in tutta l’ Andalusia. Poche palme ed altri alberi, che non si sogliono vedere nell’interno, dan- no al paese un aspetto straniero. Cadice è costruita sopra un gruppo di rupi piuttosto alte, sulle quali si frangono continuamente |’ acque del. l’oceano. All’occidente sporgono in fuori due prominenze, o due penisole, in una delle quali è costruito il forte san- ta Catalina, e sull’ altra la lanterna e il forte san Seba- ‘stiano; che si trova fuori del tiro del cannone. Gli scogli che lo circondano da ogni lato lo rendono in- accessibile; comunica con Cadice per mezzo d’ un argi- ne tagliato sul nudo sasso: un canale trasversale che fu aperto alla fine dell’ ultitao secolo riceve le scialuppe can- noniere, le quali si risparmiano così la pena di fare il giro degli scogli, coi quali termina la penisola; e un ponte che attraversa il canale stabilisce le comunicazioni per terra. Cadice è presso a poco un quadrato ; la sua situazio- ne la rende soggetta all'influenza dei venti ; così i tempo- rali non son rari, e si rendono terribili particolarmente | negli equinozi. Quando soffiano i venti australi il mare minaccia d’inghiottire la città bassa. Per rimediarvi v’in- I alzarono fino dal 1711 un muro folto e forte; ma a dispet- to della sua solidità l’ondate ne distrussero una. parte , e lo spavento si sparse fra gli abitanti. Il muro fu risarcito 156 No La AE n jrtog senza risparmio di spese; ma înutilmente. Stavano per ri» nunziarvi , quando Tommaso Munoz ingegnere abile pro» pose un lido artificiale e solido per diminuire la forza delle acque , ‘e per evitarne l’ urto perpendicolare unì la riva al muro per mezzo d’una spalletta ad arco di cerchio. La riva artificiale comincia a settanta piedi di distanza dalla riva vera ; il muro è lungo 2683 piedi; lo termina- rono nel 1790. A dispetto di tutto, il mare distrusse quasi interamente il lavoro. Cadice è a 109 leghe da Madrid , a 24 da Siviglia, a 45 da Cordova, a 47 da Badaioz. Benchè piccola è è po- polata , dicono, di 80,000 abitanti senza la guarnigione. Di cinque porte quattro guardano sul mare. Le strade son quasi tutte strelte, ma superbamente lastricate;, ed oltremodo pulite. Così vi si cammina a bell’agio , e nel- | l’ Andalusia dicono, che per vedere con quanta nobiltà e seduzione si può camminare bisogna andare. a vedere le donne nelle strade di Cadice, Le case sono altissime ‘e dj grazioso aspetto, ma i terrazzini che sporgono in fuori dalle facciate rendono le strade anche più strette. Del resto le case son meglio distribuite ed ammobiliate che nel rima- nente della Spagna. I pavimenti sono tutti ammattonati; e nei palazzi dei ricchi le scale son di pietra e di marmi. Il buon gusto inglese vi prevale sul gusto spagnolo. Tutti gliorna- menti e tutta la mobilia vengono d'Inghilterra e di Francia. Ogni casa ha un terrazzo ‘invece di tetto, donde si gode! la - vista della rada e del mare. Siccome la città è eccessiva= mente popolata in confronto della sua grandezza , non vi sono nè grandi piazze , nè spazi da occupare, e le‘ pigio- ni delle case sono eccessive, ed arricchiscono i proprietari. Si ‘vedono poche carrozze da passeggio , e meno di treno. Anche'i calessini son rari. ’ Vi manca'un elemento ‘essenziale pér la vita; j acqua di fonte ;'ma ogni casa ha un pozzo sotto il cortile che vi supplisce. Nonostante i ricchi vogliono 1’ acqua del porto 157 # } di Santa Maria, e si pretende che spendano sopra 90,000 piastre all’anno per procurarsela. 11 fatto sta-che si è mol- to esagerata la;penuria dell’acque di pozzo di. Cadice, e che sarebbe una idea ridicola di volerla prendere per sete. Il blocco del 1810 e del 1812 provò che l’acque di pozzo ‘ bastano non solo per tutta la popolazione, ma anche per una numerosa guarnigione straordinaria. | Cadice non vanta nessun monumento importante. La cattedrale è un vecchio edifizio che manca di gusto al di fuori, ed è splendidamente decorato nell’ interno , e pieno di piccole cappelle ricchissime di marmi fini. Non v'è nessun quadro di gran merito, ma son degne di. ve- | dersi le statue che vi portarono da Roma, ove le fece Palatano nel 1693. Il tesoro della chiesa è ricco di orna- menti d’oro e d’argento, alcuni dei quali con pie-, tre preziose sono doni di spagnoli. che tornarono dal nuovo mondo. La nuova .cattredale che non è peranche terminata , sebbene vi lavorassero fino dal 1722, non de- sta interesse se non che per la bellezza dei. marmi; la fece costruire il corpo dei negozianti, e costò più d’ un miltione di piastre fino al principio del nostro secolo; il mare minaccia i suoi fondamenti. Sul lato che guarda il mare l’aria ha cangiato il colore dei marmi. L’interno è d’ ordine corintio. La cupola non è per anche incomincia- ta. La chiesa del convento dei cappuccini contiene i due migliori quadri di Cadice, opere di Murillo. Uno rap- presenta la crocifissione, e non lascia nulla a desiderare per espressione e colorito. L’ altro non era terminato alla morte dell’autore; vi pose l’ ultima mano il suo mi- gliore allievo Quorio Meneses: rappresenta il matrimonio d’una santa, e la Vergine col figlio tra le braccia. Nel giardino del convento mostrano come rarità un albero dal sangue di drago. Vi sono nella città quattro ospedali ben tenuti per i marinari, per gli esposti , per gli uomini e per le donne delle classi povere. V’è una scuola di chirur- » 158 Ù gia , un giardino bottanico piuttosto piccolo, e una acca- demia di disegno. La piazza di sant Antonio che è circon- data di belle case serve di passeggio , di borsa per i ne- gozianti , e di piazza d’ armi per l’ esercizio della guarni- gione. L’ Alameda o il passeggio che fa il giro delle mura dalla parte del mare, non meritava gli elogi che ne fa Ponz nella relazione del suo viaggio. Fra i saggi d’industria spagnola si fa vedere il mulino a vapore d’ Irujo;, che macina 4000 staia di grano al giorno. Il mercato è ben provvisto di ortaggi e di legumi, e più anche di frutti. I legumi ed i frutti formano gran parte del nutrimento del popolo. Si consuma poca carne anche nell’alte classi perchè è di qualità mediocre. Gli agli sono un articolo in gran credito. La cucina è un mi- scuglio di francese e di spagnuolo. La marina reale è attualmente a san Carlo. Antillon la citava come lo stabilmento più completo che esistesse in Europa; giudizio un po’ sospetto in uno spagnolo. Cadice è la sede d’un vescovo fino dal 1264, in cui Alfonso il savio vi trasferì quello d’Assido. La sua diocesi è ben piccola, ed è suffraganea dell’arcivescovado di Siviglia. La prosperità di Cadice era tutta‘una conseguenza del commercio. Il suo porto si trova in una situazione supe- riormente favorevole per entrare in relazione con tutte le parti del mondo, giacchè dall'ingresso del mediterraneo, ove si trova, tutto può passare più presto che da altri porti dell'Europa in levante, sulle coste dell’ Africa , ed anche in America e all'India. Ma d’ altronde non potrà mai profittare dei vantaggi della sua situazione, perchè non è un vero porto, ma una cattiva rada, nella qualei bastimen- ti non trovano sempre un asilo sicuro. Se il Portogallo fos- se restato unito alla Spagna, Lisbona col suo magnifico porto si sarebbe impadronita di tutto il commercio di Cadice. Nei primi anni dopo la scoperta del nuovo mondo, 19 tutto il commercio d’ America era nelle mani dei nego- zianti di Siviglia; che lo conservarono fin verso la metà del XVI secolo. I depositi accumulati alla foce del Gua- dalquivir resero inutile il suo porto, e i grandi bastimen- ti presero l’uso di arrestarsi prima a s. Lucar di Barrame- da, dopo a Cadice. Dal 1720 fino alla dichiarazione della ° libertà del commercio sotto il ministero di Galvez Cadice prese il posto di Siviglia, fu così il deposito esclusivo di tutto il commercio colle colonie del nuovo mondo, e divenne fin d’ allora il primo porto della Spagna. Ma la sua prosperità non doveva durar lungo tempo. I tesori del- l’ America crebbero, la Spagna si inondò di metalli pre- ziosì , l'industria nazionale e l'agricoltura decaddero. I tesori passarono dalla Spagna ai popoli industriosi, che la provvedevano non solo d°’ articoli di lusso ma anche di viveri, e la nazione s’impoverì. Il commercio di Cadice consisteva quasi unicamente in articoli di commissione ; non vendeva altro in proprio che il sale di Portoreale, frutti, vino, ed olio. Ad eccezione di pochi telai, nei quali ‘fanno nastri e reti di seta, non vè ombra di manifatture. Ma tutte le produzioni dell’ Europa erano depositate nei suoi magazzini prima di passare in America, e ciò bastava per farne il più ricco porto dell’ Europa. Riceveva le fari- ne da Bordeaux e dagli Stati Uniti; il vino dalla Francia e dal resto della Spagna; le tele dalla Brettagna, dal- l'Olanda, e dalla Slesia; i panni, le chincaglie, gli arti- coli di lusso e di mode dalla Francia; il baccalà di Terra- nova; le stoffe leggere di seta, le tele dell’India dagl’inglesi; il sapone da Marsilia e dal levante. Partiva ogni anno da Cadice una flotta considerabile per Ja nuova Spagna, che diffondeva il suo carico in tutte le colonie vicine, e un’al- tra che si chiamava dei galeoni al Perù , che rivendeva a tutta l'America australe. Queste flotte riportavano in cam- bio i metalli preziosi del Messico e del Perù , il legno di campeggio e di verzino l’indaco di Guatimala, il zucche- ‘ E; 160 Ù ro di Cuba e del Messico; il-caffè di Caracas, il ‘caccao | di Guayaquil e di Caracas; e tutte l'altre, produzioni territoriali delle colonie. È N Quando fu proclamata in Spagna la libertà del com- merciò Cadice cessò d’esserne il deposito esclusivo, ma in $ grazia.della sua situazione conservò le relazioni più estese, ed i bastimenti che tornavano dal nuovo mondo deposi- " tavano sempre i metalli preziosi nel suo porto. I negozian- — ti di tutta 1’ Europa vennero a stabilirvisi in folla. colla speranza d’arricchirsi. E così gl’ inglesi, i francesi, gli | scozzesi, i tedeschi, gl’italiani formarono quasi la, metà della popolazione. Si videro allora in Cadice stranieri di | tutte le nazioni. Tutte le grandi case di commercio del- l’ Europa vi tenevano corrispondenti e magazzini., Il suo porto riceveva ogni anno da mille a mille duecento basti- menti d’ ogni dimensione , e da tutte le parti del mondo. L’oro e l’ argento vi girava a carrettate, spetacolo. nuovo per gli stranieri, e vi si trattava una quantità incredibile d’ affari. Così qualche casa era immensamente ricca. I così dettì capitalisti , oltre i capitali prodigiosi che impie- gavano in commercio, possiedevano iu numerario.un; fon- do di quattro a cinquecento mila piastre, che formavano la sicurezza e la garanzia della casa. Dopo la perdita delle colonie d’ America Cadice non può sperare di riprendere l’importanza che aveva. cinquan- t'anni prima. Ma se gli spagnoli si.determinano in fine a divenire un popolo coltivatore e manifattore , Cadice sarà sempre un porto ricco. (*) Nen si prova pena a credere che un popolo il quale si occupa esclusivamente di.speculazioni commerciali non può interessarsi molto per Varti e per. le scienze. Così è inutile che cerchiamo in Cadice i grandi stabilimenti (*) Sopra tutto se riconoscendo l’ indipendenza delle loro co- lonie , ristabiliscono relazioni commerciali di reciproco vantaggio , prima di essere prevenuti da altre nazioni. . /Vota dell'editore. | 161 I Séfentifici delle’ mostre città interne. Vi si contàvano vén> | {ammi ‘prima parecchie collezioni preziose, fra le quali quella d’Ocruley, che consisteva in una superba raccolta di medaglie , di cammei e di pietre incise, e di ‘minerali dei due mondi. Le ricchezze di questo genere son passate in gran parte coi metalli preziosi agl’ inglesi. Vi è una accademia di medicina e di MISI e una società. di scienze naturali’ di poco gr ido. v Relativamente ai costumi, agli usi , al tenore di vita | degli abitanti, Cudice nou ha niente che fare col resto della | Spagna. Il gran concorso di stranieri che vanno e ven- gono continuamente, la diversità originaria dei popoli che Wi'risiedono, tutto contribuisce a far sì che Cadice somiglia perfettamente tutte le città dell’ Europa , nelle quali. si mena lieto vivere. Quando si giunge a Cadice dalla Spagna interna par d'entrare in un paese straniero; e quando si vien di fuori,e si passa da Cadice a Siviglia o in altre cit- tà vicine, pare di passare in un altro mondo..dl con- trapposto e veramente sensibile , e così è raro che gli abi- tanti di Cadice stiano volentieri altrove in Spagna. Cadice è la Parigi della Spagna, la sede del buon tuono; il punio di riunione dei piaceri. Vi amano la società } perchè vi sì divertono molto. Il lusso vi è giunto all'eccesso. Gli. stra- mieri sono bene accolti e bem trattati. I francesi che vi ‘abitarono quando: v’ erano:in staziu- ne le flotte cogli ammiragli Loison e Rosily, si ricorderàn- no per lungo tempo di questa città e delle belle Andaluse, de quali a Cadice sono più amabili che altrove, vive, al legre, avide di piaceri, forse un pò troppo libere; ma meglio eilucate che net resto della Spagna; a Cadice son più graziose, a Malaga più belle. E quindi si va a Cadice come a Parigi per prendere il buon tuono, e questa città per | buon tuono gode di maggiore ripulazione che Madrid. Si gioca slo a Gitice: come in tutta la Spagna. Il teatro'è il divertimento delle ‘classi distinte, ‘edo ‘spetta: T. XII. Ottobre Ii 16a È [ colo dura tre ore. Il vestiario: degli attori e le decorazioni mostrano molto gusto. Il teatro è lungo, stretto ed inco- modo per gli spettatori; ogni posto della platea appartie- ne ad un particolare, ad eccezione di poche panche, sulle quali siedono quelli.s che non hanno nè palco nè posto in proprio. Gli abitanti di Cadice vanno spesso a passare la bel- la stagione nelle ville deliziose che hanno a Chiclana , a porto Santa Maria e a Portoreale; molti anche nei contor- ni di san Fernando e a Rota. lvi si divagano dalle occu- pazioni, e cercano un sollievo nei piaceri della campagna. Si riconosce a prima visia che tutte queste città son vici- ne a Cadice, giacchè son meglio fabbricate del solito , e gli abitanti son più socievoli, più affabili, e più avvezzi a trattare cogli stranieri. L’opulenza di quelli che ven- gono ad abitarvi, e sono in gran parte ricchi negozianti, 4 le ha ripiene di belle ville, ove tutto respira la gaietà ed il gusto. Rota è un piccolo porto dirimpetto a Cota con un molo e un vecchio castello ; raccolgono nel suo territorio vino famoso. Tutta la costa è piena di vigne, e il vino è per tutto eccellente. Il castello di santa Catalina si trova viaggiando sulla costa sopra una specie di promontorio, mezza lega prima di arrivare .al porto di Santa Maria. Dalla parte. del, mare i suoi bastioni son guarniti da una catena di rupi; ma siccome la costa fino al porto di Santa Maria è tutta ingombra di sabbie, vi mettono a secco i battelli pescarecci, che provvedono Cadice ed i contorni di pesce. Il castello di santa Catalina e Cadice formano l’ ingresso della baia, ma non possono difenderla , perchè jon troppo distanti l’ uno dall’ altro. Del resto l’ingresso è snaccessibile per chi non lo conosce, a motivo degli scogli | che vi si nascondono sott’ acqua. . Il porto Santa Maria con 8000 abitanti è in una situa- zione deliziosa presso la foce del CiuadAlta sulla ‘sua riva 163. destra dirimpetto a Cadice. Ma disgraziatamente un banco di sabbia, pericolosissimo nell'inverno, nuoce moito alle Ò comunicazioni per mare con Santa Maria. «x Il Guadalete è navigabile fino a Xeres, facilita il «commercio di quella città, servendo al trasporto dei suoi vini preziosi che vanno all’estero, ed arricchisce così anche il porto di Santa Maria che n’ è il deposito. Nei contorni, benchè aridi e nudi, si trovano parec- ‘chie ville graziose. Nella città vi sono non poche fabbri- che d’ indiane. La grande strada, che è lunga quasi un quarto di lega termina con una foresta, ove gli abitan- ti vanno a preudere il fresco. Un’altra passeggiata, ben- chè più breve e meno ombrosa, segue la riva del fiume, ed è ugualmente piacevole ; vi si gode oltre il vento fe sco, d’ una bella prospettiva ; termina ad una bella fonte tanto ricca di acque che basta per il consumo della ciità, e per i ricchi di Cadice, e per i bastimenti che padiate e vengono nel porto ; la fecs costruire Tommaso Idiaquez al tempo di Filippo V. L’ acque ed i viveri che manda Santa Maria a Cadice sono le sue sole ricchezze. » I castelli di Matagorda e forte Luigi chiudono, uniti a quello di Puntales, Pi ingresso della bai di Portoreale, Il primo è costruito sul continente in un istmo che si chiama Trocadero, ove lo stato ha dei magazzini, ed una darsena per risarcire le fregate ; è guarnito d’ un lido, che segue la riva del canale di Trocadero. Anche l’altra: riva ha un lido, e isola di Trocadero è ugualmente provvista di magazzini. In questo canale stanno i bastimenti di commercio disarmati, e ivi pure gli risarciscono. Il secon- do forte di san Luigi è sull’estremità dell’isola di Troca- dero, e unito a quello di Matagorda difende l’ ingresso del | canale e della baia. Portoreale dovette la sua fondazione alla regina Isabella di Castiglia , che ne fece dono a Xeres nel 1488. 164 È Crebbe molto in portissino lotpb; e vi contavano negliî ultimi anni 10,000 abitanti. La sua situazione, sebbene nel . centro di saline immense, è deliziosa per la prospettiva di cui vi si gode. 1 bastimenti di basso bordo vi trovano un i acoraggio eccellente. Portoreale pare una città nuova per — la pulizia che vi STAGE vi passa la grande strada. Nel | centro del lido v'è un molo per l’ alte maree ; a marea i bassa un piccolo canale conduce al porno, ì La ‘strada dopo il porto Santa Maria è superba. Si pas-. sano due ponti di battelli sui due rami del Guadalete. Il primo sul rio san Pedro è lungo 250 piedi. Tutto il territorio da Portoreale fino a Chiclana è pieno di monticelli di sale , e di vasche d’ acqua di mare. Queste saline appartengono in gran parte al re, e per il ‘resto ai privati. Vi preparano annualmente ventidue mil- lioni di cantari di sale, e ne mandano in Spagna, in Svezia, Danimarca , nell’ Olanda , nell’ Inghilterra , in P:ortaal lo, ed anche in Francia. Chiclana fu fondata sulle rovine d'un! casale del''suo nome nel 1303 da Alonzo Peres di Gusman: è composta quasi interamente di graziose case di delizia , che appar- | engono agli abitanti ricchi di Gadice ; son tutte gaie, pu- lite ed ‘eleganti ; passa perl’ Aranjuez di Cadice. La popoli one vi cresce come a Portoreale ed a Santa Maria. Vi è una sorgente d’ acqua frédda, della quale vantano l'efficacia per la medicina. Dalla cima del monte di sant'Anna, che è situato ac- canto a Chiclana, si gode d’una bella prospettiva soprà un paese un poco arido , giacchè è coperto per ogni tato dal- la costa fino a Purtereale, ed anche sopra di boschi di pini; ma la prospeltiva) è abbellita dalla vista di Chiclana, e delle ville che la circondano. pl LE 16. REP. di. 365 BULLETTINO SCIENTIFICO | N°. I. Ottobre 1823. Ri, ° Lo stabilimento del Gabinetto scientifico e letterario precedette d’ alcuni mesi questo giornale; e ne fece nasce= re l’idea. i U.:11 proprietario e direttore vedendo con compiacenza che i dotti, i letterati, ed in genere le persone colte e ‘studiose della capitale, apprezzavano convenientemente il ‘vantaggio che offriva loro la riunione dei più accreditati giornali scientifici e letterarii, e dei più-interessanti o più curiosi fra i libri nuovi, pensò di render comune un tal ‘vantaggio agli abitanti delle provincie , agli esteri, e so- ‘prattutto a quelli i quali non possono o non vogliono dare alla lettura che un tempo limitato, presentando loro riu- nito nell’ Antologia ciò che di più interessante o di più sin golare si trovasse di mano in mano in quei fogli periodici ed in quei libri. . E sebbene in seguito , con ‘miglior consiglio, anzi che ristringersi a sole traduzioni dalle lingue straniere , si ri- solvesse a dar luogo in questo giornale a molti articoli ori- ginali, pure ebbe sempre in animo di far sì che gli ami- ci delle scienze vi trovassero sollecita e concisa. notizia .d’ogni loro notabile avanzamento. ! Lo confermò in questo suo proponimento il favore di- stinto con cui il pubblico ha accolto il Bu//ettino genera- le ed universale degli annunzi e delle nuove scientifiche (*) , che fino dal principio del corrente anno si pubblica a Pa- -(*) BULLETIN GENÉRAL ET UNIVERSEL des annonces et des nouvelles scieniifiques , dédié aux savans de tous les pays et | a lalibrairie nationale et etrangère: publié sous la direction de M. le Banon DE FERUSSAC, officier supérieur au corps royal d’ état major, chevalier de S. Louis et de la Légion d' honneur, membre de. plusieurs sociétes savantes, nationales et étrangères. (A PARIS, au bureau du Bulletin, Rue de l’ Abbaye, N. 3. Ne viene si ri ogni mese un fascicolo di.8. in 10 fo- gli di stampa ; «+ fascicoli formano un volume, e 4. volumi sa- © ranno chiusi “a un indice. Il prezzo dell’ associazione è di 35. | franchi; ; edi circa L. 80 tosc. compreso il porto fino a Fi irenze, ‘156 St rigi sotto la direzione dell’ egregio ‘sig. BARONE DI FERUS= sac, e che egli riguarda con ragione come una nuova mi= niera singolarmente feconda di quei materiali appunto che egli si proponeva di raccogliere ovunque, per Ngiri nn riu= niti al colto pubblico. ui Arricchito ora il suo gabinetto di quasi tutti i gior=! mali scientifici e letterari d’ Europa, non ha voluto ritar= | dare ulteriormente l’ esecuzione del suo progetto. Però d’o fa in poi immancabilmente in ogni mese il corrispondente fascicolo dell’ Antologia conterrà , sotto il titolo di Bullet- tino scientifico,un ragguaglio delle più importanti scoperte, annunzii, e nuove opere relative alle scienze , e di tutto. in somma ciò che ad incremento di esse siafatto o scrit= to presso qualunque colta nazione, non trascurata la no- stra Italia, da ogni parte della quale alcuni dei nostri col- laboratori hanno assunto l’ impegno di raccogliere le nuo=%| vità scientifiche, invocato il soccorso delle società dotte’, e -degli scienziati più distinti della nostra penisola. Il bullettino dovendo ordinariamente comporsi d’ un numero non piccolo d° articoli diversi , ciascuno di questi sarà conciso quanto respettivamente lo comporti il‘ sogget= to , supplendo bensì la chiarezza alla prolissità, cosicchè | nè i dotti vi trovino particolarità e minuzie a loro super flue, ed i meno istruiti conseguiscano d’ ogni articolo fa=. cile e piena intelligenza . È i Sebbene per questo primo mese non siasi potuto: pro-| fittare dell’ opera che di alcuni dei collaboratori che d’ o=. ta in poi ci favoriranno, pure, a modo di saggio , ‘comin= ‘ ceremo fin d’ora ad offrire un certo numero di nuovità. importanti relative a varie scienze. 4 Egli è altronde da considerare che quantunque. un gran J numero d’ uomini di sommo merito coltivino senza inter=. ruzione le scienze, pure le scoperte, o i risultati brillantili dei ‘loro ‘studi, non seguono periodi regolari e costanti. Quin= di potrà avvenire, anzi avverrà di fatto, che il bullettino di qualche mese, sterile di fatti e risultamenti relativi ad. alcune scienze, sia fecondissimo di quelli che si riferiscono ad altre, quali bensì saréino sempre solleciti di raccoglie. xe e d’inserire nel bullettino. (dg 169 Mapa soli: ilo "iteteoratigia:) M sig: Fresnel ha dato una nuova ed ingegriosa spie gazione del modo onde le nuvole si elevano nell’ atmosfe= ra. Si sa che l’aria e gli altri gas privi di colore non si ‘ riscaldano se non per il contatto di corpi solidi o liquidi - dei quali i raggi solari o il calorico raggiante abbiano al= “ zato la temperatura, Ammesso ciò , e supposta una nuvola ‘ formata di piccolissimi globuli d’ acqua , 0 di minutissimi ‘ cristalli di neve, è chiaro che l’aria compresa nell’ inter- «no della nuvola ed aderente ad essa, e le di cui particel- ‘ le sono per questo a contatto di quelle dell’ acqua o della ‘neve, sì riscalderà più dell’ aria ambiente, e però diverrà È più rarefatta e più leggiera di lei. Quindi il peso totale dell’acqua e dell’ aria formanti la nuvola essendo minore del peso d’ un volume eguale dell’ aria ambiente, la nu- vola dovrà elevarsi finchè arrivi ad una regione dell’ at= mosfera ove quei due pesi divengano eguali fra loro, | Il sig: Harvey membro della società astronomica di . Londra con molte esperienze fatte in terra, in mare, in ° paludi , ed in fiumi ha confermato i principii del sig: Da | vy intorno alla generazione della nebbia, che si forma, se- “condo esso, ove la temperatura della superficie terraquea è più devata di quella dell’ aria sovrastante . Cogli stessi principii si è preso a spiegare un fenome= ‘no assai curioso , che si osserva in una ghiacciaia natura= | le esistente presso il villaggio di Baune nel dipartimento ‘. del Doubs in Francia. L’ acqua che ne cuopre il fondo, | gelata in estate, si scioglie in parte nell’ inverno, em- cai frattanto la grotta di densa nebbia. Sopravvenen= o, la calda stagione il ghiaccio si accresce, e la nebbia Mia. Vi è qualche analogìa fra questo fenomeno e i Holio dei vasi di terra porosi, nei quali la sottrazione del calorico operata da una parte dell’ acqua che si evapora raffredda notabilmente la rimanente. Un fenomeno d’ un altro genere è stato osservato in un’ altra ghiacciaia vicino ad Oswestry nell’ isole britan= \ niche . L'aria contenutavi trovandosi: incapace a mante» dk * uu AR a 708 nere la cave mat fu-sottopostaiall* analisi chimica, che la dimostrò composta di 79. parti di azoto , 16. d° ossige= ‘ne, e 5. d’acido carbonico . Altre cavità vicine assai pro= fonde non presentando nell’ aria inclusavi differenza dal- l’aria esterna, si è tentato di rintracciar la causa del fenomeno in qualche; circostanza per cui quella prima cavità diversi» fichi da queste. Nè ha potuto riconoscersene alcun’ altra ap- parente se non questa, che il terreno soprastante alla cavità nel cui interno l’ aria è alterata ; è ricoperto di grandi al- beri, i quali potrebbe credersi che influiscano a produrre e mantenere quell’ alterazione , assorbendo una quantità notabile d’ ossigene, ed esalando un poco d’ acido carbonico. Varie osservazioni tormometriche fatte dal sig: Wallman nell’interno della miniera di Falhun rei hanno di. mostrato che i lumi, i quali i minatori necessariamente ‘ v.impiegano, vi alzano di più gradi la temperatura dell’a- ria, il qual’ effetto per altro è tanto più notabile, quanto è più profonlo il luogo ove si discenda col lume, perchè ivi l’azione riscaldante di questo è meno controbilancia= ta dall’ azione dell’ aria. atmosferica. Al che riflettendo il sig. Torselles pensa che a queste ed altre circostanze ac- cidentali debba ragionevolmente riferirsi l’ accrescimento di calore che è stato osservato in varie miniere d’ Europa e d’ America a misura che si discende in esse più profon- damente , e che aveva prestato appoggio all’ ipotesi d’una temperatura propria della terra che andasse crescendo ver= so il di lei centro, 11 sig: canonico Bellani di Monza, che si è girati con tanto successo del perfezionamento dei principali strn- menti. meteorologici, ha riconosciuto che col progresso del tempo .i termometri a. mercurio soffrono un cambiamento per cui il zero e conseguentemente gli altri gradi;si tro- vano sensibilmente elevati. I sigg: Pictet e Gourdon a Gi- nevra hanno, verificato l’ esattezza. di, quest’ osservazione , ed il sig: Flangergues, ha creduto di ravvisar la causa del fenomeno. nella. pressione chel’ aria esterna esercita sulla palla di vetro, la quale, a parer suo, deve cedere alla lun- - ga a motivo del wnoto interno dello strumento, | —..u 169 nl 11 Fisica e Chimica. . È noto che il fregamento è uno dei mezzi di svilup- nie il calorico. Il Cav. Morosi, operando in piccolo con un meccanismo di sua invenzione, ha ottenuto dall’applicazione di questo mezzo un sì grande effetto, che è giunto a far bol. Lir.i° acqua con molta facilità e prontezza. Ma in grande- | V’effetto non ha corrisposto. Nel.corso di quest’ esperienza egli riconobbe che i varii metalli hanno varia attitudine ad eccitare il calorico per fregamento. Il piombo dette i mi- gliori risultamenti. Riconobbe ancora che la quantità del ca- lorico sprigionato è proporzionale alla pressione ed alla ve- locità, delle quali per altro la prima v’influisce più che la seconda. A spiegare i fenomeni della luce, i. più maravigliosi forse della natura, e senza i quali lo spettacolo di tutti gl altri non io sigi per noi, due diverse ipotesi sono state imaginate, ed hanno divisa l’opinione dei filosofi fi» no dall’antichità. Nella prima, che sembra la più naturale, la luce è reputata una materia particolare, che emanando continuamente e senza interruzione dal sole, e dagli altri corpi luminosi, si diffonde in ogni parte. Nell’altra, sen za ammettersi alcuna sostanza particolare, come causa dei fenomeni luminosi, si attribuiscono questi ad. um moto di vibrazione © d’ondulazione che i corpi luminosi imprima- no ad un mezzo o fluido tenuissimo sempre. esistente nel- l’immensità dello spazio. La prima ipotesi, perchè la più facile ad ‘affacciarsi alla mente, perchè suggerita dal cri- terio dei sensi, e soprattutto. Rezia adottata dal gran Newton, è stata ed è quasi generalmente seguìta. Bensì in ogni tempo si sono dichiarati per la seconda alcuni uo- mini di sommo ingegno. Forse oggi essi sono in MAERIAE numero che mai. Fra questi il Sig. Fresnel sl Parigi si è apertamente di chiarato per ìl sistema delle vibrazioni o delle onde, e con- tro quello dell’ emissione. Dopo varii altri scritti relativi, ha recentemente prodotto due interessanti memorie, in una delle quali, risolvendo le obiezioni ‘opposte da Newton ‘al 170 ‘sistema delle vibrazioni, rileva le difficoltà che presenta l'ipotesi degl’accessi di facil riflessione , e di facil trasmis- sione, imaginata da quel grand’uomo , ipotesi che per al- tro diviene indispensabile nel sistema dell’emissione, onde spiegare come le molecole luminose sieno ora reflesse ora rifratte dallo stesso corpo diafano. Nella seconda di dette memorie, presentati con sin- golar chiarezza i principali elementi della teoria delle on- dulazioni, e specialmente il principio delle interferenze, che ha fatto riconoscere relazioni intime fra quelle pro- prietà della luce che sembravano più diverse e più indi- pendenti, prende a mostrare come per l’ applicazione di questa teoria si arrivi facilmente a spiegare e calcolare i fenomeni dell’ottica, fra i quali alcuni sono inesplicabili nella teoria dell’emissione. Il suono è una sensazione che noi proviamo per un movimento che i corpi sonori imprimono all'aria, é che questa trasmette al nostro sensorio. Senza l’itermezzo del- l’aria non vi è suono, come provano gli esperimenti della macchina pneumatica. Conosciutesi diverse specie d’aria, era presumibile che non tutte fossero egualmente atte alla propagazione del suono. Alcuni esperimenti relativi erano già stati intrapresi. Modernamente il Sig. Leslie si è assi- curato che il gas idrogene è un cattivissimo mezzo per tra= smettere il suono. ; La piccolissima diminuzione di volume che l’acqua pro= va per la pressione, aveva potuto lasciar lungamente come indecisa la questione della sua compressibilità, finchè non furono imaginati apparati atti a rendere evidente la dimi- nuzione del suo volume comunque piccola. Ed anche tro- vati questi, restava il dubbio che la diminuzione del vo- lume dell’acqua fosse apparente, e dipendesse dalla dila- tazione del vaso che la contiene, operata dalla pressione che si ha intenzione d’esercitare sull’acqua sola. Immune-da questa e da ogni altra eccezione è un'in- gegnòso apparato imaginato e recentemente perfezionato dal Prof. Oersted , per cui la compressione dell’acqua ope- rata con forze mediocri è resa sensibilissima , nel tempo 171 ‘ttesso che "n° è esattamerite misurata la quantità, non meno che la potenza delle forze comprimenti , ed esaminata l’in- flnenza della temperatura. Il vaso è ‘una boccetta, che ha per collo un tubo capillare, che s’ empie d’acqua purgata d’aria, introducendo poi nel tubo una piccola goccia di mercurio, che col suo discendere o salire indica la com- pressione o la dilatazione dell’acqua. La dilatazione di que- sto piccol ‘vaso è resa impossibile, con im mergerlo in al- tro maggior vaso pieno anch'esso d’acqua. Questa compres- sa direttamente, comprime in modo eguale l’acqua conte- nuta nel minor vaso , ed il vaso stesso, il quale essendo compresso egualmente ed all’esterno e nell’ interno, non può soffrire nè dilatazione nè ristringimento . Un tubo chiuso da una parte aperto dall’altra., con- tenente una certa quantità d’aria, ed immerso coll’ aper- tura volta in basso nell’acqua del maggior vaso , dà, per la diminuzione di volume che prova l’aria inclusavi, il mezzo di calcolare, mediante la legge del Mariotte , la forza impiegata nella compressione. Con questi mezzi il Prof. Oersted ha trovato che gua, sottoposta ad una pressione eguale a quella dell’aria , prova nna diminuzione di volume corrispondente a 45 millions sime parti del volume totale. Risultato molto conforme a à quelli ottenuti già da Canton più di sessant'anni addietro. Egli ha anche riconosciuto che la compressione del- i l’acqua. non produce sviluppo di calor sensibile. Il Sig. Parkins in alcuni esperimenti fatti alla presen- ‘za del Sig. Clément ha sottoposto l’acqua ad ‘una pressio- ne eguale a quella di 1r20 atmosfere, per la quale il di lei volume è diminuito di sei per cento. Una pressione di 1400 atmosfere esercitata sopra l’acqua del. mare e sopra altre dissoluzioni saline ha determinato la cristallizzazione ‘dei sali che vi erano contenuti. ’L’acido acetico concentratissimo dei Sigg. Mol/erat,espo- sto ad egual pressione, si è in parte cristallizzato , restan- done allo stato liquido una parte assai più debole ed acquo- sa. Un poco d'alcool reso opaco ‘con mescolarvi per agi= “razione dell’ olio di bergamotta, è divenuto perfettamente x n 172 trasparente mediante una fortissima pressione , fa quale per altro sembra operare diversamente sopra diverse sostanze, facilitando la dissoluzione d’ alcune, e separandone altre dai loro dissolventi. È i Effetti singolarissimi sono stati anche ottenuti da al- cuni chimici sottoponendo varii corpi ad una forte pres sione artificiale. Il Sig. Faraday introducendo; per sugge- gerimento del.Sig. Davy, dei cristalli d’idrato di cloro in un:forte tubo di vetro, chiudendo questo, e scaldandolo in modo che una porzione trasformata in gas comprimesse vio. lentemente il resto, ha ottenuto due liquidi, dei quali uno giallo-pallido sembrava acqua, 1’ altro giallo-verdastro, non miscibile all’ acqua, era cloro liquido. Con processi analo- ghi sono stati ridotti in liquidi varii altri gas, come dallo stesso Sig. Faraday gli ossidi di cloro: e d’azoto, gli acidi idrosolforico e carbonico) ed il cianogene, e dal Sig. Davy anche 1’ acido idroclorico. privo d* acqua . Non si sono po= tuti fin qui ridur liquidi i gas ossigeno, idrogene , azoto , ed altri. Alcuni fatti curiosi ed interessanti osservati moderna» mente fanno pensare che effetti anche più singolari pos= sano esser prodotti dall'azione combinata del calore e d’una grande pressione; e che sieno avvenuti di fatto nella for= mazione d’alcuni minerali. S'incontrano talvolta ‘alcuni di questi specialmente fra.i più duri, come i silicei, i quali presentano nel loro interno cavità ripiene di un liquido; e più spesso in parte di liquido o‘in parte di sostanza area, Il Sig. Davy, raccolte ed esaminate’ queste sostanze, ha riconosciuto essere il gas puro azoto , ed il liquido acqua quasi pura, contenente solo una piccola quantità di sol- fato alcalino. Egli concepì poi l’idea ingegnosa di cercare nelle sostanze incluse in tali minerali lo scioglimento della questione che tiene divisi i geologi intorno alla loro ori» gine acquea o ignea, congetturando che se la sostanza aerea rimase inclusa in una materia fatta liquida per fusione ignea, e però ad un'altissima temperatura, dovrebbe trovarsi, comparativamente alla nostra aria atmosferica, d’una pic» colissima densità, o in uno stato di notabilissima rarefazione, ‘ ” . ] 7 In fatti applicati ‘a queste delicate ricerche mezzi ale ‘‘trettanto esatti quanto ingegnosi, riconobbe che il gas rac> chiuso in alcuni di quei minerali dei quali l'origine è più generalmente attribuita al fuoco, era da 60 a 70 estro più raro dell’aria atmosferica. All’opposto in un cristallo di rocca del Brasile, con- tenente ‘acqua , trovò un gas talmente compresso, che al momento della perforazione del cristallo si dilatò grande= mente, occupando uno spazio 10 a -12 MIO maggiore del primitivo. 7 Da questa ed altre osservazioni analoghe il Sig. Davy è stato indotto nell’opinione che ad un “alta temperatura e sotto una gran pressione (condizioni che si ‘sarebbero ve. rificate: nell’ interno del globo fuso per' 1’ azione del fuòo- co) potesse esistere una combinazione liquida d’acqua e di silice contenente in dissoluzione dell’acqua, dalla‘ qual com- binazione si siano separate ‘nel raffredìdamento l’aria e l’acqua , concretandosi o solidificandosi ‘la silice Mentre in generale nelle cavità contenenti aria riconobbe essere il liquido acqua quasi pura, all’opposto trovò che una cavi= tà priva d’aria era pre cat un liquido viscoso di natura di- versa. i 73 SOL] Ricerche dello stesso genere hanno presentato al Dot. Brewster risultamenti dissimili, ‘e lo hanno condotto a con- clusioni* diverse. Operando egli sopra topazi di varii paesi, ‘afferma aver trovato nelle loro cavità un liquido molto vo- i latile, e dilatabile 30 volte più dell’acqua, che ‘in alcuni sibili aderisce alle pareti delle’ cavità che lo conten- gono , ‘e che è quasi sempre accompagnato da un'altro li- quido, cui non' si mescola, e'che non è dilatabile come lui. i È poi sinvolare ciò che ‘egli dice d’un crisoberillo , il quale È nello spazio d’un settimo di pollice quadrato compren- * deva non mèno di trentamila piccole cavità , contenenti cia- scuna il nuovo liquido, la-piccola quantità del quale non ha fin ‘qui permesso d’analizzarlo. Il Dot. Brewster pensa all'opposto del Sig. Davy'‘che questi minerali possano ès- sere d’origine acquea ‘anzichè ignea. ‘La scoperta fatta dal Prof. Oersted dell’ influénza che 174 un conduttore metallico . | percorso dalla corrente. voltaica esercita sopra l’ago magnetico, mettendo. in evidenza. fra. l’elettricità ed il magnetismo una stretta relazione già so= spettata da alcuni fisici, aprì la via e diede l’impulso ad, un gran numero di ricerche, le quali hanno ansidbliito la scienza di molti nuovi fatti. Gli apparati elettromotori impiegativi in principio , sebbene varii di forma e di struttura, pur riunivano le con- dizioni dell’elemento voltiano,.cioè il contatto di due me= talli dissimili, ed un corpo umido o conduttore più 0.me- no imperfetto. Recentemente il.Sis. Seebeck ha fatto cono- scere la. produzione d’una. corrente’ elettrica, per la rottura dell’equilibrio di temperatura fra le diverse parti d’un anel= lo o cerchio composto di due metalli diversi, senza .inter= mezzo di corpi umidi. Formato a modo d’esempio questo, cerchio per una metà di bismuto , per l’altra.d’ antimonio esattamente uniti, o piuttosto saldati insieme, se si riscal- da 0 si raffredda uno dei punti di congiunzione dei due metalli, e più ancora se se ne riscalda uno e se, ne raffredda l’altro, si stabilisce nel cerchio stesso ‘una corrente ‘elet= trica resa evidente per la sua influenza sull’ago calamitato; che avvicinato al cerchio vi prova quei modi stessi di de» viazione che presso il filo congiuntivo della pila ordinaria. Il Sig. Seebeck ha proposto ;di dare ;a. questo..nuovo .cir= cuito il. nome di termoelettrico ,; chiamando idroclettricò; quello della pila. 1] hi Anche questa scoperta, si è \mostrata. già feconda di nuovi fatti e di nuove cognizioni. I Sigg. Oersted. e Fouri- er hanno provato coll’esperienza che moltiplicando le parti diverse di quest’apparato si, può aumentare l’effetto termo= elettrico, come si accresce l’ effetto idroelettrico della pila del Volta moltiplicandone gli elementi. Altri fisici, e specialmente il Sig. Deaglio ar eccitato Iuliis termoelettrica servendosi d’un solo me- tallo di cui diverse. parti erano diversamente. riscaldate; ed il circuito idroelettrico per l’ azione ineguale d’acidi, 0. d’al- tri agenti. chimici sopra le due estremità d’uno stesso filo metallico. ; È # ; Par ‘Già da qualche tempo alcune osservazioni intorno al, concorso dei fenomeni elettrici nell’ esercizio delle azioni chimiche avevano fatto inclinare uomini di sommo merito ad ammettere l’identità delle forze elettriche e chimiche . Riconosciuta l’elettricità. capace d’analizzare i composti chi- mici, separandone e trasportandone gli elementi, fu con- getturato che reciprocamente due corpi al momento di com- binarsi chimicamente dovessero trovarsi in due stati elettrici opposti. Il lodato Sig. Becquerel ha modernamente resi evidenti gli effetti elettrici in molte combinazioni chimiche. Posti a contatto fra loro due corpi diversi adattati pri» ma alle due estremità d’uno stesso filo metallico , questo per la sua influenza sulla direzione dell’ago magnetico ha dimostrato l’esistenza del circuito.elettrico tutte le volte che i due corpi impiegati erano tali da dar luogo ad una vera combinazione chimica. L'effetto è notabilissimo ove s’im= pieghi un acido ed un alcali, un poco minore ma ben sensibile con un alcali ed un ossido metallico . In quelle combinazioni chimiche dalle quali risulta un precipitato l’effetto non è osservabile se la formazione del precipitato sia istantanea, ma lo diviene benissimo se si procuri di renderla lenta e successiva. Gli effetti elettrici si osserva- no ancora immergendo inegualmente le due estremità d’uno stesso filo metallico in uno stesso acido capace d’attaccarlo, immergendole egualmente in due diverse porzioni d’ un acido stesso, ma di concentrazione diversa, ed in varii al- tri modi che inducano qualche differenza nelle condizioni dei due estremi del conduttore metallico. Indicheremo alcune altre fra le moltissime osservazioni re- lative all’elettricità ed al magnetismo recentemente prodotte. Il sig: Murray attribuisce allo sprigionamento del ca- lorico per il circuito elettrico la deviazione dell’ ago ma» gnetico, anche allorquando essa è determinata dall’ avvici» mamento dell’ ago al filo congiuntivo della pila . Egli si appoggia ad alcune esperienze , nelle quali ha potuto in- ‘durre varii movimenti in un ago magnetico delicatamente . ‘sospeso , con avvicinargli in varie guise un lume a spiri» to di vino s 176 Il Sig. Brande, avendo posto’ sotto il recipiente. ‘della. macchina pneumatica un ago magnetico involto in un sot til pannolino bagnato di chto di zolfo, liquido evapo- rabilissimo , e che per la sua pronta evaporazione nel vuno- to produce un raffreddamento intensissimo, si assicurò che l’ago così raffreddato continuava a fare in un tempo dato quasi lo stesso numero d’ oscillazioni ‘che prima. Conser- vando il vuoto, ed alzando‘la temperatura, il numero del- le oscillazioni fu pochissimo aumentato. Dal che. egli ha — concluso che il freddo influisce pochissimo a GBA l’ intensità degli effetti magnetici . Epino aveva riconosciuto che due corpi , dei culi uno almeno è poco buon conduttore, compressi uno con- tro l’altro e staccati rapidamente, si trovano in due stati opposti d’ elettricità . Il sig. Becquerel ha confermato per esperienze | dili- genti questo risultamento, aggiungendo, che se i corpi par- tecipano notabilmente della qualità conduttrice , non si produce elettricità se non mediante una grande relgliità nel distaccarli, e che due corpi omogenei, î quali com- pressi un contro l’altro e poi distaccati non sviluppano elettricità , possono svilupparla portati a temperature di- verse . Influiscono su questi risultamenti lo stato igrome- trico dei corpi impiegati, e l’ eguaglianza © levigatezza della: superficie. Il sig. Murray, servendosi dell’ apparato di Wollaston caricato con una mescolanza d’ acido nitrico e d’ acqua, è giunto non solo ‘ad infuocare e fondere molti fili metalli- ci, ma alcuni di essi, e specialmente quelli d° acciaio e di platino, sono stati infuocati ancorchè immersi nell’alcool, nell’ etere , nell’ olio d’ oliva, nella nafta, ‘e nel solfuro di carbonio. Si sono egualmente infuocati nei gas acido, car» bonico , idrogene , cianogene , ed oleofacente . Non è stato per altro possibile d’infuocarli nell’ acqua . Una singolare influenza del magnetismo sopra i feno- meni chimici è stata osservata dai sigg: Maschmann ed Hansteen .In un sifone voltato colle aperture in alto s'in- troduce una piccola quantità di mercurio , che ‘posandosi RETE IO PO TTIAR PV art 4 197 wel basso della curvatura non empia. il diametro del tu». bo; ma-lasci sopra la sua superficie una comunicazione fra le due braccia del sifone, che si empiono d’una so- . huzione: di nitrato d’ argento . Questa toccando il mercuria determina ordinariamente la formazione d’'una specie di vegetazione salinometallica , che i chimici chiamano a/be- bero di Diana. Ora questo: è prodotto lentissimamente se il sifone sia collocato in un piano perpendicolare al me- ridiano magnetico, ed: all'opposto si forma con molta ra-- | pidità , e presenta una grande bellezza, se il sifone si tro- vi nel piano del meridiano magnetico, o se restando nel. i l’altra posizione, se gli avvicini una calamita, i cui polî ‘seguano: la direzione dei due bracci del sifone ; nel i . caso: la precipitazione è più abbondante in quel lniiboio che guarda il polo sud della calamita. Il sig. Berthier ha intrapreso un gran numero d’espe- rimenti intorno alla scomposizione dei solfati, scaldati in creginoli vestiti internamente di carbone . Argomentandò dalla diminuzione di peso ritrovata nei solfuri: che ‘ne'rià sultano , diminuzione che equivale esattamente alla quan-- tità dell’ ossigene contenuto sì nell’ acido che nella base, ha.concluso: che nei solfati gli alcali e ‘le terre alcaline e sistono spogliati d’ossigene o allo stato metallico. Ha ope- rata ancora la scomposizione di alcuni solfuri per mezzo del carbone, ottenendo frattanto un: solfuro di carbonio. Fix. nalmente ha scoperto l’esistenza e riconosciuto le proprie- tà d’ alcuni solfuri a due basi, non conosciuti prima-di lui. | L’ iodio. non ritrovato finora che in alcune piante. ma» rine e nell’ acqua del mare , è stato recentemente scoper- to in un'acqua minerale, che scaturisce presso Sales, vil. laggio della provincia di Voghera nel Piemonte, da un ter- reno argilloso-calcare. Quest’ acqua non è) termale, il suo peso specifico è 1,0502 , è torba ‘e d’ un color giallastro, ha un’ odor forte e spiacevole, un sapor salmastro piccar» te ; dal fondo del bacino in cui si raduna si sprigiona ua gas di cui non è stata determinata la natuva. Il celebre Volta vi aveva riconosciuto il sal marino, ed il sig: Ro= mano anche altri muriati e 1’ ossido. di ferro . Recentenien= T. MI, Ottobre r2. 178 SÙ sei sig: Angelini vi ha scoperto -l’ sad trattandola col- l’ amido, che ha sviluppato un color ischia Forse egli. è stato indotto a congetturarlo dai buoni.effetti che da lune ‘ go tempo” si ottenevano dall’ uso di queste acque nelle affezioni scrofolose, e specialmente nel gozzo . Il sig: Gorham ha scoperto nella farina del granturco Zea mais; una nuova sostanza che egli ha chiamata zeina. Essa ha qualche somiglianza col glutine , da cui per altro differisce per non contenere azoto, per la sua inalterabilità | all’ aria, e per la solubilità nell’ alcool. Anche. gli oli volatili, ed in parte gli acidi e gli alcali la disciolgono. Questi caratteri e la sua infiammabilità la ravvicinano in qualche modo alle resine. Si estrae facilmente dalla farina 3 del granturco facendola digerire per alcune ore nell’ alcool | caldo, filtrando, ed evaporando . Cento parti di farina nel suo stato naturale ne contengono tre di zeina . I sigg: Stodart e Trader in una serie d’ esperimenti diretti a combinare l’ acciaio a diversi metalli, sono giun- ‘ti non solo a comporre varie leghe , alcune delle quali do- tate di qualità assai pregevoli, ma hanno osservato alcuni | fenomeni interessanti. Per esempio le leghe di platinoe d’ac- | ciaio trattate con un acido allungato son disciolte più rapida- mente, e danno una molto maggior quantità di gas che l’ ac- ciaio solo. Il sig. Wollaston riguarda questo come un fenomeno elettrico , considerando la lega come una serie. d’ elementi — voltaici posti a contatto, e che svegliano l’ elettricità . i Esaminando comparativamente le proprietà degli aci- | di benzoico e succinico, i sig. Lorbat e Lecanu figlio hanno | trovato che, sebbene per il loro diverso odore e sapore, e per la diversa solubilità nell’ acqua e nell’olio di terebin- tina si considerino giustamente come diversi, pure hanno comuni molti caratteri chimici importanti, essendo ambe- due indecomponibili perl’ acido nitrico, egualmente atti a se- parare il ferro dal manganese , formando egualmente col rame , collo stagno , e coll’ argento precipitati insolubili, che l’ acetato di potassa ed il nitrato di soda disciolgono facilmente , e sui quali il nitrato di potassa, il solfato ed il muriato di soda non hanno azione . | 179 Tl sig: Dalton'ha formato un gas idrogeno catburato il. quale contiene una quantità di carbonio doppia di quel- la che si trova nel gas detto o/eofaciente ; però egli lo ha chiamato gas sopraoleofaciente. Si conosceva 1’ azione che esercitano alcuni metalli sopra alcune sostanze aeriformi, come per esempio quella del ferro, del rame, e di alcuni altri sul gas ammoniaco, Un fatto molto più singolare e degno di special conside razione ha recentemente annunziato il sig: Dobereiner pro- fessore a Iena, Il gas idrogene spinto in sottil getto contro. | una massa di pigiine spongioso posta a discreta distanza, ‘si combina a contatto di questo all’ ossigene dell’ atmosfera. ) che ha traversato; formando acqua, e ciò con tal vivacità, | e'con tale sprigionamento di calorico, che il platino s° in- fuoca intensamente. Se poi il platino spongioso s’ immer ga in una mescolanza di un volume di gas ossigene e due di gas idrogene , succede nell’ istante una forte detonazione. Fisiologià I muscoli sono gli agenti di quei movimenti che for- ; “mano l’ espressione della fisionomia; i nervi li dirigono nel-. "le loro contrazioni ; ma il viso riceve più nervi distinti, e specialmente due per parte, dei quali uno è detto facia/e, l’ altro massi/lare . Il sig. Bell ha preso a ricercare qual dei due sia. 1’ agente di comunicazione fra i muscoli del | viso e le sensazioni interne . A quest’ effetto egli ha taglia- ‘to da una parte il nervo faciale d’ un asino. Immediata- mente son cessati da quella parte i movimenti , special» anente delle palpebre e delle labbra: Alla vista degli alimenti il lato intatto della faccia eseguiva i movimenti esprimen- | ti l’ appetito, mentre le parti corrispondenti del lato onde il nervo faciale era stato reciso restarono inerti e senza ‘ espressione. Ma amministrati gli alimenti, queste parti stesse eseguirono tanto bene quanto le corrispondenti del lato in tatto i movimenti della masticazione . All’ opposto reciso il nervo massillare, lasciando intat- to il faciale , mentre sussistevano dal late ieso i movimene 180 ti d’ espressione, mancavano quelli della masticazio Vi era anche distrutta la sensibilità, benchè 1’ altro né " che’ si distribuisce alla faccia fosse intatto . \ L’asino non sembrando un animale molto opportuno per osservare’ i movimenti espressivi della fisionomia, fu= rono ripetuti li esperimenti sopra una scimmia, che ma- nifestò in un modo assai - più evidente gli effetti stessì . I moti adunque delle palpebre, delle narici, delle labbra, che formano l’ espressione della fisionomia, dipendono dal nervo faciale ; la sensibilità delle parti stesse, ed i movi- menti relativi alla masticazione son diretti dal massillare. ) Anche più importante di questa è un’ altra scoperta fisiologica fatta, dal Dot: Magendie , cui le scienze medi- che debbon già tanto. E noto che i nervi servono nel tem= po stesso a due funzioni distinte e fino ad un certo punto indipendenti fra loro, cioè alla sensibilità ed ai movimen- ti volontarii. Erano state riconosciute nelle masse che com- pongono il cervello sedi diverse di quelle due facoltà. S'ignorava bensì, a malgrado delle ricerche di più anato- mici, se nel tessuto stesso dei cordoni nervei esistano fili distinti affetti particolarmente a ciascuna di esse . Il loda- to diligentissimo osservatore ha scoperto che essi esistono di fatto. I nervi, partendo dalla midolla spinale , ne deri- vano e vi comunicano per due specie di radici o filamen- ta, impiantate le une nella parte anteriore, le altre nella posteriore, e che uscendo dalla spina si riuniscono per for- mare il tronco d’ ogni paio di nervi. Tagliando in un cane vivente le radici posteriori d’al- cuni nervi, con lasciare intatte le anteriori, il Dot. Magen= die ha osservato che il membro corrispondente diveniva insensibile, conservando l’ attitudine al movimento. All’op- posto (lo che riesce più difficile e richiede maggior de- strezza ) tagliate le radici anteriori, salve le posteriori, il membro corrispondente diveniva immobile, conservando la sensibilità.‘ Invenzioni e novità utili e speciose. Il sig: Aikin ha aggiunto notabilissimi miglioramenti alla tromba a vapore, per i quali essa occupando uno spa UA "Her 1] I ; 181 | gio discretissimo, e consumando una quantità di combusti= bile incomparabilmente minore dell’ ordinaria, è nel tempo | stesso esente da ogni pericolo. In seguito di esperimenti diligenti il sig: Turrellinci= sore inglese ha riconosciuto la necessità d’ impiegare acido nitrico puro in quel modo d’ incisione sul rame che vien . detto a// acqua forte, risultando notabili inconvenienti dal- q l’ uso di quello che contiene acido solforico. Il sig. Dobereiner ha fatto conoscere un’ apparato di sua invenzione per estrarre facilmente ed abbondantemente dal- le materie, specialmente vegetabili, i principii solubili con- | tenutivi. Quest’apparato si compone d’un vaso cilindrico aper- to superiormente, e che termina inferiormente in un tubo per lo scolo del liquido; il qual tubo, inserito prima in un turac- ciolo di sughero forato , deve potersi introdurre nel collo d’ un pallone di vetro chiudendolo esattamente. Si pone in fondo al cilindro la sostanza di cui si vuol far l’ estratto , dopo aver co- perto il foro del tubo con una tela fine , onde non resti turato dalla materia, e si versa sopra di questa 1’ opportuno dissolvente, sia acqua, alcool, o altro. Allora, versata nel pallone di vetro una piccola quantità d’ alcool, e vaporiz- zatolo rapidamente ‘per discacciar l’ aria dall’ interno del pallone, s’ introduce nel collo di questo il tubo di vetro col sughero adattato, chiudendolo diligentemente. Raffreddan- dosi il pallone ed il vapore alcoolico, si forma un vuoto, mediante il’ quale, la pressione atmosferica esercitata sul liquido del cilindro, e non controbilanciata inferiormente, spinge con forza il liquido stesso a traverso della materia contenuta nel cilindro, della quale sono prontamente e co- piosamente disciolti i principii solubili. . Per distruggere molte specie d’ insetti dannosi o inco= modi il sig: Virey propone un liquore fetido ed amaro, che si compone così. Si fanno putrefare per alcuni giorni tre libbre di funghi di bosco in cento libbre d’ acqua, nella quale sia stata prima sciolta una libbra di sapon tenero. Si agita frequentemente il liquido, al quale si aggiunge poi un poco di noce vomica stemperata nell’ aequa. 152 Si verde in Franeia come segreto una polvere bevi! ehe serve a chiarificare-il vino .Ilsig: Gay-Lussac ha ni to noto che essa non è altra cosa che sangue di bove o d'altro animale disseccato a calor blando , il quale nona= | gisce se non per l’albumina che contiene, ed al quale. è però preferibile il biarco dell’ uovo. Dei ponti di filo di ferro, e dei topi che fanno agire le macchine per filare il cotone sono tali nuovità , che sem- plicemente annunziate non otterrebbero fede. Pure nulla è più vero della loro esistenza. i I sigg. fratelli Seguin proprietarii d’una manifattura. di panni di lana ad Annonay, concepirono primi l’idea d’un ponte di fil di ferro ch’ essi stessi eseguirono, e che offri- va comodo e sicuro passaggio ai pedoni sopra un canale largo 50 piedi. Esso non costò che franchi 50 per i mate- riali impiegativi, non contata l’opera prestata in gran par- te dagl’inventori. Divulgatasene la notizia neltempo in cuisi trattava di costruire a Ginevra un ponte sopra due fossati fra loro contigui ed adiacenti alle mura della città, per stabilire una comunicazione che mancava fra la città stessa ed una parte amena della vicina campagna, i sigg. prof. Pictet e De Candolle si portarono a visitare il nuovo ponte, del quale riconosciuto e fatto sentire ai loro compatriotti il ‘pregio e l’utilità , fù aperta e tosto compita una soscri- zione per la somma di franchi 16159, colla quale, e sotto la direzione del sig. Colonnello Dufour ufiziale del genio, è stato eseguito sopra i detti due fossati (dei quali uno è largo piedi 108, l’altro 77) il proposto ponte, che alla comodità ed alla sicurezza riunisce anche una certa ele- sanza. i Ecco in che. consiste sostanzialmente l’ingegnosa co- struzione di tali ponti. Due fasci formati di fili di ferro, in numero e di calibro calcolato per resistere esuberante= mente allo sforzo che debbono provare , sono tesi a guisa di corde da una patte all’altra del fosso, parallelamente fra loro, e ad una distanza eguale alla larghezza che viol 183 darsi al ponte. Da ciascuno di questi pendono un, certo numero di fasci minori, che corrispondendosi uno in fac- cia all’altro sulle due corde, sostengono dei correnti o le- gni traversi su i quali posano le tavole che formano il pia- no del ponte. È chiaro che dando alle corde principali la resistenza necessaria, si possono ricuoprire le tavole di ghi- aia, di terra, o d’altro. Si sceglie una qualità di legno at- ta a resistere lungamente all’ umidità, da cui si difendono i fasci dei fili di ferro, cuoprendoli di ‘tinta a olio. Un gentiluomo di Kirkaldi in Scozia ha fatto eseguire e tiene in azione una macchina per la filatura del cotone, di tali dimensioni, che è messa in moto da un piccolo topo. Altrettanto aveva fatto, forse anche prima, il sig. Hat- ton di Dunferline . Il modo onde il peso ed il movimento di questi animali è messo a profitto, è quello stesso in cui i malfattori fanno muovere dei molini in alcune case di forza dell'Inghilterra. Siccome uno dei piccoli topi dei quali si serve il sig. Hatton si nutrisce per 5. settimane con tanta farina duo. quanto è il valore d’un soldo di Francia; cal- colata la quantità di cotone che in un giorno egli fila, torce ed innaspa, il sig. Hatton computa che un tal topo, dopo pagato il suo nutrimento , il frutto del capitale im- piegato nelle macchine, i mantenimenti e restauri di que= ste, guadagna 6 scellini all’anno. Però ha intenzione di prendere in affitto un grande edifizio , nel quale conta di collocare diecimila piccole macchine da esser messe in moto da altrettanti topi, aspettandone un annuo benifizio di 2,300 lire sterline. Senza contrastare a questa invenzione il merito d’una nuovità singolarmente curiosa, avremmo assai da opporre alla pretesa sua utilità. È indubitato che ogni genere di spese cresce in una grande proporzione ove. "Did Lo può fare una sola gran macchina voglia ottenersi da moltissime piccole. Basti osservare che se in vece di applicare ad al- ‘trettante macchine diecimila topi, ciascuno dei quali pesi mezz’ oncia, come calcola il sig. Hatton, egli applicasse 384 d ad una sola macchina ‘proporzionata un somaro del pes. di libre 350, ‘otterrebbe un prodotto almeno eguale con una spesa di gran lunga minore. Mentre i topi in 5 settimane mangerebbero per diecimila soldi, o franchi .500, il somaro non ne mangerebbe 50; vi vorrebbero poi un molto mag- gior numero di persone impiegate a dare a diecimila ani- mali il nutrimento, a somministrare. a diecimila macchine la materia greggia e ritirarla lavorata, ec, €C. che non ad un solo animale e ad una macchina solai ‘GIUSEPPE GAZZERI. ‘ Lettera al Direttore dell’ Antologia sulla critica letteraria. Io forestiero ed avente curiosità di leggere i vostri giornali letterarj, mi è venuto nelle mani un certo libricciolo intitolato Farinello Semoli, nel quale ho ritrovato esser trattata la ‘ora mai tanto noiosa controversia della vostra lingua ; ed a me pare che tutto lo studio sia posto nel fare questioni, e poco nello scrivere bene, e con buono gusto degli migliori scrittori , Ed in vero io che italiano non sono, e che imparo non a scrivere, ma ad intendere vostra lingua negli autori più estimati, ora in leggendo certi scrittori moderni, ed ‘anche quelli che fanno tribunale, non trovo altro che degli scritti a musaico ; ed ognuno di questi scrittori adopera stile differente dall’ altro, e differen- tissimo dai buoni antichi, ed anche ‘dai non da gran tempo stati; ed a me che non ho le orècchie assuete alla vostra limgua par- lata, ma .solamente ho l’ acchio e l’ intendimento esercitato alla lingua buona scritta , subito apparisce quella diversità che dissi. Nè a me questa cosa fa grande maraviglia, perchè sò che nè le accademie, nè le questioni hanno fatto mai i buoni e i bra- vi scrittori; ed abbiamo veduto che la lingua latina si guastò a dispetto dei tanti grammatici , e degli studiosi dei vocaboli antichi ; come si conferma anche per lo esempio di quel Fron- tone che ha ritrovato il Maio; dove non può vedersi peggiore stile accompagnato con maggiore studio delle parole dello an- zichissimo latino, e possiamo giudicare , o che quelli scritti non siano del tanto lodato Frontone, o che quelli che tanto il lo- È . 185 drrono ‘erano d’un gusto poco buono, come i lodatori di cer- ‘to stile barocco dei vostri moderni studiosi della Hogna, antica; i quali non sanno scrivere nè alla antica maniera ,. nè alla mo- derna . Ed in verità di quale tempo potremmo giudicare uno modo di scrivere che adopera dei vocaboli antichi; e delle frasi ora non più in uso con un’ andamento del periodo moderno ; © che con un giro del periodo antico adopera delle parole di uso comune moderno ? Sonovi poi altri che scrivendo modernamente . ambiscono di usare vocaboli meno adoperati, ed in questa maniera ‘si danno ad intendere d’essere scrittori eleganti; e non sanno che il pregio di uno scrittore consiste nello spiegare ed esprimere idee proprie e corrispondenti al soggetto, con verità e fantasia per mezzo di parole adatte , nette, e comunemente intese; e insieme colle- gate nel modo che gli uomini pe’ quali scrive sono assuefatti a udirle, e per questa ragione nelle lingue di molti secoli i buoni scrittori hanno costituito le varie epoche sssuitando principal- mente nel suono del periodo l’ uso degli uomini co’ quali par- lavano , e pe’ quali scrivevano ; guardandosi solamente dall’ ado- perare voci nuove e straniere , quando vi erano le buone e le proprie e sppaalmente in uso ai loro tempi Vengo ora ad un’altra questione che è della maniera del fare le critiche , e considero che due sono i modi oggi ado- perati : uno di dire villanie, ed usare dei motteggi e dei sali che fanno ridere e pongono in dispregio la persona , con. ag- giungervi anche buone ragioni per mostrare lo errore, ed è questo lo modo tenuto dal Semoli ; di che la prima parte non sem- pre è da lodare, specialmente se siane fatto abuso; sicchè pa- ia che sia più vituperato 1’ uomo, che emendato lo errore . Ma nondimeno è questa maniera per avventura più sincera e più veniente dall’ animo x e anche dirò così più somigliante agli antichi esempi; solo che non sia scioccamente villana, e anco turpe . | La seconda per contrario, è una mescolanza di dolcezza e di amarezza , di lode e di biasimo , introdotta quando la fin- zione ha preso a dare una vernice alla naturale ruvidezza del gridare e dire oimè quando ti senti ferito , o del contorcere la bocca quando gusti lo amaro. Ma alle volte. è tanto grande quella finzione che assai difficile sia distinguere la lode dal bia- simo,, ] Approvazione dal rifiuto ; e la verità resta tanto invi- luppata ne’ titoli di chiarissimo, di dottissimo autore, di primo filosofo o medico o archeologo del secolo, che quando si viene 186 a mostrare gli errori, i meno esperti credovo come è iipnatsità che quello tanto grande baccelliere abbia potuto dire quelli che vogliono farsi credere spropositi ; e i dotti se la critica trovino vera , vedono precipitare giù a rotta di collo da quelle alture dottissime e chiarissime, e dalle cime del secolo, il tanto lodato autore. Io dirò quello a me pare, ed è che la vecchia maniera credo essere più sincera e , solo che rimanga dentro i termini della decenza , non trovo male che sia sparsa di un poco di sale, perchè invitasi così a leggere quello che per le sole questioni non leggeria forse veruno, o pochissimi se ne diletterebbero ; e anche ritiene gli uomini dal produrre o troppo facilmente, o troppo negligentemente le cose loro a stampa . L’ altra ma- nicra , invece , dà uno passaporto all’ errore , perchè e 1’ auto- re prende per se tutte le lodi, ed i titoli di chiarissimo di dot- tissimo di primo scrittore d’ Italia , e di Fraricia, o di Lama- gna, ed il poco instruito lettore ne rimane abbarbagliato ; e lo errore apparisce meno biasimevole , o scusabile, e come uno contrapposto di scuro ed ombra nella “pittana per fare compa- rire la lucentezza del chiaro . In nostro paese si fanno critiche come nel vostro, ma lo er- rore (vero, o tale creduto ) chiamano subito errore , senza a- vere niente riguarilo a chi lo ha detto o fatto, e dalla qua- lità dello errore prende colore la critica e riesce più o meno salata, ma con decènza, senza neppure conoscere (dirò così ) lo autore i ed in questo modo senza tanti chiari-scuri lo erro- re rimane veduto a colpo di occhio, come il reo nella gogna, e non si cuopre con ferraiuolo di panno chiarissimo , e illu- strissimo , e di altre lodi. Datemi perdono se ho avuto ardire di scrivere con lingua italiana questo mio giudizio intorno alla maniera dello scrivere’ e del criticare adoperato nella vostra Italia ;- e l’ ho fatto per esercitarmi alla meglio a scrivere in vostra lingua che tanto a me piace, e con tutta la stima sono di VS. 5. Settembre 1823. Devotissimo servitore UNO VOSTRO ASSOCIATO. 187 Necrologia — P. Betlr-BLANES. Paolo Belli-Blanes fiorentino, mancato di vita ne'15 di questo mese, ha delle sue virtù e del suo ingegno lasciato negli amici il desiderio, e nel mondo la fama. Noi pei quali fu certo ch'egli era uom dabbene lo credem- mo volentieri egregio attore: ma s’altri del suo valor nel- latte comica facesse giudizio diverso non vorremo sde- guarcene , perchè teniamo la bontà in maggior conto del talento. Pur non dubitiamo d’ affermare che l’Italia sof- fre tanta penuria di valenti comici, ch’ella dee della mor- te del Blanes come di non lieve perdita dolersi. Non ci è nascoso ; che questa sentenza troverà meno oppositori fra l'altre genti del (1) bel paese, che in alcuni de’ nostri concittadini, i quali non intendiamo per questo notare di bassa invidia, nè lodar di giudizio squisito. La diversità de’ pareri nasce dall’ indole dell’arte nella quale il Blanes sì esercitava: essendo in questa poche e dubbie le regole, e molti coloro che s’ arrogano di giudicare, mal si dispen- sa il biasimo come la lode. A fato uguale soggiacciono tutte le discipline le quali non possono ridursi a principi evidenti , onde le critiche il più delle volte non fruttano che sdegno nella razza dei letterati e degli artisti. E non sempre a ragione e gl’ uni e gli altri si accusano co- me troppo teneri dell’ opere loro, perchè quando un cen- sore approva in esse quello che un altro condanna, non può senza pericolo d’errore seguitar all’ ammonizione l’ e- menda. Paghi di queste considerazioni , osserveremo che il Blanes calzando a vicenda il socco e il coturno , sostene- va così bene alcune parti, (2) che poco gli emuli in lui potevano riprendere e gli amici desiderare. (1) Quando nel regno d’Italia si vole istituire una compa- gnia nazionale , il Blanes fu tra i prescelti. (2) Ex. gr. quella dell’ abate de 1’ Epée nella commedia che ne porta il nome, e quella di Ciniro nella Mirra. E ognun sa che l'animo sparso e diviso in molte cose diventa a ciascuna di esse minore. Ricordiamoci che qua-0 lunque in Francia e nell’ Inghilterra riesce a ben rap- presentare sulle, scene un solo personaggio, acquista fama e sostanze: noi presso i quali la prima dipende da conflit- to d’ opinioni e popoli così discordi, e delle seconde non offriamo agli attori nemmen la speranza; rendiamo nei nostri superbi fastidi immagini di quei poveri orgogliosi, che con sottil dispendio ottener vorrebbero , non dirò le morbidezze di coloro che nacquero fra gli agj, ma le pom- pe insolenti di quei figli della fortuna, ai quali da pubblico lutto vengono improvvise e malnate ricchezze. L’ istoria della malattia che condusse il Blanes al sepolcro accrescerà negli amici il recente dolore: ma vien prodotta nel nostro giornale colla speranza che recar possa utilità non lieve a quanti con animo di giovare all’ uman genere esercitano l’arte salutare. X. Relazione Medico- Patologica ‘Merita particolar menzione la perdita dispiacentis- sima non ha molto accaduta in questa città del sig. Paolo Belli-Blanes sommo ornamento dell’ arte comica; rapito da immatura morte ai suoi di cui era l’unico sostegno, ai molti amici dei quali formò la delizia, e le di cui eccel- lenti qualità lo resero caro ad ogni ceto di persone in tutta quanta l’ Italia , non esclusi i grandi che gli elargi- rono i loro favori. La malattia irreparabile che troncò lo stame d’ una vita così interessante avendo presentate non poche singolarità, e molto più la sezione del cadavere che ne fu istituita, non sarà inopportuno di render conto brevemente dell’ una e dell’ altra. Quest’uomo,d’anni 49, di struttura assai vegeta ma de- licata, e dotato di somma vivaeità ed avvenenza, aveva \ 139 acceanata fino dai suoi primi anni, per quanto si rileva dalle relazioni, una certa Sdi pasteiaie nel tratto dei vasi aerei, riconoscibile da una voce molto rauca , da un frequente incitamento a tossire, da una’ respirazione la- boriosa allor quando parlava molto e declamava, e final- mente da delle affezioni bronchiali che si presentavano costantemente nell’andamento di qualurique sua più pic- cola malattia, mentre si racconta fra le altre che , molti anni indietro nella città di Milano , essendo stato curato dal celebre Monteggia d’una febbre gastrica reumatica, fu necessario applicargli sul termine della malattia molte mignatte per salvarlo dalla minaccia ‘d’una bronchitide. Ciò premesso, ebbe moltissimi strapazzi e dispiaceri negli ultimi mesi; viaggi disastrosi e rapidissimi in cat- tivi legni, i primi trovati per la maggior sollecitudine, lunghissime gite a piede prima per Roma al caldo, e al- l’acqua alternativamente, quindi per Firenze, in seguito per vari punti della Toscana precederono la catastrofe che va ad annunziarsi. Finalmente, senza aver mai un sol momento di tregua , il di 3 e 4 ottobre 1823, giorni pio- | vosissimi , si bagnò molto senza aver tempo di variare il suo vestiario. La mattina del di 5 fu sorpreso da un gran- dissimo freddo che durò molto, e che fu susseguito da un largo e copiosò sudore, dopo il quale gli sembrò di passar la notte alquanto meglio. Il dì sei a ore dieci di mattina fu chiamato alla cura lo scrivente, che non 1’ aveva mai nè trattato nè medicato, e lo trovò in un accesso febbrile il più terribile. Fortissima orripilazione per | cui scuotevasi il letto , somma jattazione , freddo eccessi- vo, per cui si era avviluppato inutilmente fra moltissimi ‘involucri oltre la coperta e il coltrone, polsi piccoli, ce- Jeri e quasi impercettibili, incitamento al vomito, lingua sordida ed arida, intensa cefalea, furono i sintomi che si presentarono. In tale stato di cose, premessi tutti gli ante- cedenti, si dubitò subito di grave malattia; non fu creduto 190 proprio di prescrivere. «per il momento che due scnapismi ai piedi, e al termine del freddo una limonata catartica; veduta l’ urgente necessità di purgare. Rivedutolo alle ore tre pomeridiane, era cessato di circa mezz’ ora il freddo, cui subentrò immediatamente un larghissimo sudore, con- tinuando sempre la cefalea , la smania e la jattazione con polsi più celeri e più = La sera alle ore sette visi- tato nuovamente era immerso in un lago di straordinario sudore, che aveva inzuppate nel corso di tante ore le ma- ierasse tutte, e le coperte del letto; molte camice che si era variate eran grondanti di umor traspirabile in modo da risvegliare l’idea spaventevole del sudore anglicano, e della perniciosa diaforetica descritta egregiamente dal Torti, tanto più che i polsi piccolissimi, minuti con fre- quenti lipotimie, e flebili lagnanze del malato che accu- sava un estremo languore e deperimento nelle forze vi- tali, ne rinforzava il sospetto. Eran comparse non poche deiezioni ventrali dietro la bevanda catartica. Si fecero prendere per il momento dei frequenti ristorativi nutrien- ti, e fu rivisto alle ore dieci. Era divenuto allora decisa- mente apirettico con assai minor sudore, ma in una som- ma prostrazione ed abbattimento. In tale stato di cose vedendo che il gastricismo era in parte sgombrato per la pronta amministrazione del summentovato purgativo, e d’altronde incalzando l’occasio praeceps, s'affacciava alla inente, trattando appunto della perniciosa diaforetica, il detto del gran Borsieri assai. più attendibile degli artifi- ziosi rilievi di chicchessia: Quod misi in illa ipsa acces- sione mors accedat in proxima certissime expectanda est (1). Immediatamente si prescrissero in tre dosi grani quindici di solfato di chinino, assai meglio adattato della corteccia peruviana alla suscettibilità dell’ infermo. Una dose fu presa alle ore dieci , una alla mezza notte, la ter- (3) "oi . Bad O (1) Ton 1 pag 101. Igi za alle ore quattro della notte stessa. sla mattina succes- siva del dì 7 a ore otto era senza febbre, aveva dormito pochissimo, ma era più contento di sè, si lagnava mol- tissimo d’ una somma atonia, diceva che si sentiva rotte tutte le ossa, e che la sua macchina era come in un fascio, le orine che rendeva scarsissime gli sembravano fuoco; la sua pelle pareva che si desquammasse. Alle ore dodici in circa era tornata la febbre con piccoli brividi ed assai più mite, ma con la medesima cefalea, la quale non cedè ma nè alle mignatte alle tempie, nè ai mamiluvi, nè ai sena- pismi, nè alle ventose, finchè non declinò marcatamente la piressia. Vennero dei sudori, ma molto meno copiosi. | La sera circa le ore undici era apirettico. Supponendo troppo forte la dose antecedente dell’indicato rimedio, e vedutane una minor necessità; soli dodici grani in tre volte se ne prescrissero. La mattina susseguente del dì 8 non tornò febbre alcuna, non vi era cefalea, vennero copiosi sgravi intestinali procurati da qualche leggera dose di manna, si lamentava soltanto di quella da lui det- ta rottura di ossa, e dell’insonnio. La sera prese nel solito modo in tre porzioni 10 grani di solfato di chinino per impedire la recidiva, passò la notte più tranquilla, e dormì quattro ore. La mattina posteriore del di 9 era assai più contento. Dicendo sempre che gli pareva di giacer sulle spine, richiese di rifare il letto, il che aveva fatto senza permesso anche il giorno avanti; gli fu accordato d’ al- zarsi per brevi momenti. Si è saputo posteriormente che nel corso di detta giornata era pià volte sortito dal letto alla poltrona e viceversa, vestendosi e spogliandosi, e trafficando anche a tavolino. La sera si ripeterono nell’ i | stessa forma grani nove di solf. di chinino in tre volte La mattina seguente del 10 assai per tempo dopo un ur- gente chiamata fu visitato , e si rilevò che era stato sve- glio tutta la notte per un fiero dolore al lato destro de petto con tosse frequente , accompagnata da un forzato < VI 192 E spurgo giallastro. La respirazione non era alterata; esatmi: | nato lungamente il polso si trovò affatto apirettico, fu ordinata una mistura espettorante con carbonato di po- tassa , e la frizione alla parte dolente com la pomata di Autenrieth ; questa quasi per incanto dissipò il dolbre; sulla sera parimente non vi era febbre, ma la tosse era pertinace col solito spurgo, e si faceva più laborioso» ib respiro; si sospese l indicazione del noto febbrifugo-, sè proposero gli epispastici alle braccia, ma egli vi si oppose; e sì ordinarono soltanto alcuni boli di gom. amm.» con qualche grano .di storace del sylvio per conciliare anche una certa quiete che tanto desiderava, supponendo che l’altro rimedio espettorante, anzi che esasperare, potesse . rendere meno pertinace la tosse. La notte fa molto ango- sciosa, ed irrequieta ; la mattina del di 11 i suoi polsi erano ‘assai meno tranquilli, erano piccoli ed uniti come lo furono. sempre , mà sembravano disporsi ad uno stato febrile. Respirazione assai più laboriosa, tosse pertinace,, con.spurgo sempre giallastro e più grave, erano i sintomi che imponevano. Si insistè nuovamente sull’ applicazione . degli epispastici ma invano; cosicchè s'intimò un consul- to. per l’ore una. Venuto il.medico sopracchiamato gli fu esposto quanto sopra; ed essendosi manifestata una certa febbre , ed incalgando ancor ‘più i descritti sintomi com. respiro sibilante , corto, e quasi stertoroso, si crederono indispensabili i.vessicanti alle braccia, e furono applicati; . fu consigliata la continuazione di qualche blando catar- tico, e qualche fomentazione, e fu fatto insieme un triste prognostico. Fu opinione del curante che una innormalità qualunque, non facilmente determinabile, esistesse in vi- cinanza dei bronchi, e l’ egregio consultore ne confermò. il sospetto. Crebbe sulla sera enormemente la febbre; com polsi più . validi, ‘respiro amgosciosissimo e. soffogante,, — spurgo sanguigno, e quasi per: spremitura. Immediata mente 10'mignatte in vicinanza dell’ iuguloy e si avvisò Ù 193: ifrpurtroco: Dopo una tal deplezione: molto. sollievo. Con- — tinuando nonostante il vigore della febbre edei polsi , st. | istitu intorno la mezza notte un salasso di. ro ‘once cob È polso in mano. Si fece più ampla la circolazione , e parve- | utile‘ una tale prescrizione. i «Sebbene la notte per qualche ora fosse un poco più: . tranquilla, ciò nonostante la mattina susseguente del 12. | assai per tempo la febbre non aveva niente declinato ,. | grave! era il respiro, e clangoroso col solito spurgo. Nell’i- stante una sanguigna di sett'oncedal braccio. In ambedue i. . i ‘easi il sangue era assai cotenmoso. Non fu pessima la gior-. | matasi variò lo spurgo; e si fece più denso, più facile, e tendente ad ungiallo cupo, ‘sulla sera si credè opportuuo- | «Il ripetere le mignatte al luogo indicato. Non si ottenne. | questa volta alcun sollievo. Il di 13 sul far del giorno si cohfermò sempre più la gravezza del male.Si prescrissero. | altri epispastici alle cosce, sembrando per allora mimorato. Y eccitamento; soddisfece per cautela agli obblighi reli- | giosi , e alle sue ultime disposizioni. Si ripetè inoltre ‘un: | secondo consulto col primo sopracchiamato., e ‘com altro. | medico sperimentato. Questi riunendosi insieme col cu- | rante con vero spirito:di fraternità convennero d’un terzo. | salasso di so once, e dei soliti rimedi espettoranti, e si | associarono kid una cura così malagevole. Qualche sollievo . sullalsera, ma poco durevole. Tal :pertinacia malgrada id rimedj cosi decisivi confermò sempre più ikpreconcepito so» | Spette;.d’.unà qualche organica lesione nel tratto dei vasi; | aerei. Qualche altra sanguigna fu ripetuta nel giorno suc- pro so con vantaggio sempre! fugace. Il kermes, il'carb. di | Potassa, gli altri più vantati \espettoranti furono a vicen- cda impiegati, visto mancare quasi affatto lo spurgo , e fi applicato alle‘ore:5' pomeridiane un vasto vessicatorio sul Petto, sembrando diminuita ‘alquanto la diatesi di stimolo; | sebbene;il.sangue tutte-le: volte presentasse la crosta flo gistica. Nella;notte veniente; che: sembrava esser dowésse 1: XII. Ottobre 13 n 194 30 l’ultima di sua vita , tanta era d’angoscia che l’opprime». va circa la ore 12, trovò all’ opposto un certo maggior Ù sollievo, e specialmente sul far del giorno. Si rese più co- pioso, e d’ un indole migliore lo spurgo , era scemata al- quanto la dispnea, eran venute copiose deiezioni ventrali,, | i suoi polsi si fecero notare:quasi apirettici f l'aspetto’ era . | soddisfacientissimo come lo fu in tutto il corso. della ma- | lattia; all'opposto di ciò che ‘costantemente si riscontra nei ì peripneumonici, ma dei segni spaventevoli, fra i quali non j | . era l’ultimo certamente una costante ed assoluta insen- -| sibilità al male, rimovevano l’idea di qualunque speran- _ za. Questa giornata del 15 presentò infinite variazioni , e fu.il malato continuamente alle prese con la morte. Fi- . nalmente. alle ore 8 della sera prendendo ‘un sorso di | brodo spirò. ì La mattina del 17 alle ore otto fu fatta eseguire ; dal sottoscritto la sezione del cadavere. nell’ Imp. e R. ‘Arcir spedale di. s. Maria Nuova in presenza a molti. medici. @ chirurgi , ed altri individui di relazione del defunto, . Ed ; eccone il resultato. Autossia cadaverica. Alzato lo sterno siè messo allo scoperto il pericardio, aperto il quale lo abbiamo trovato ripieno d’ un'fluido rossastro, non costituendo morbosità per la sua quantità. Il cuore era flaccido, e nello stato naturale. L’arteria aor- ta per fino alla sua arcata era nello stato normale ,. pas- sato il qual punto era sede d’un tumore aneurismatico da. assomigliarsi sì per la figura che per la mole al cuore. istesso., he Poggiava, precisamente sopra ‘alla 2.3 3. da e 5a vertebra. del dorso, contate le medesime dal disopra al disotto. Erano erosi a sinistra i corpi delle medesime: La roitura dell’arteria si era fatta lateralmente, di modo, È | 195 “eli” il’sacco aneurismiatico si estendeva da sinistra a ‘ destra. Aperto il suddetto, ci abbiamo trovati ‘molti strati fibrinosi applicati i insieme a guisa di tante fette, quali a ‘ misura che si discostavano dalcavo arterioso si facava no più ‘densi; e nel luogo corrispondente al tumore il cavo stesso arterioso era un terzo più grande del restante del lume dell’ arteria. Nel resto l’aorta era un poco infiammata, ed aveva più qua e più là diversi punti induriti, ‘e perfino ossificati ‘nel posto in cui Sped ga alla 2. verteHki iù lombi. I polmoni erano ambidue adesi alla pini costale. con adesione antica, poichè vi mancavano quelli strati fibrinosi che soglion trovarsi in occasione di recenti ade- renze. Tagliati per tutte le part i hanno mostrato un in- Zuppamento notabilissimo di sangue , tale da costituirli d’un colore fosco , e dotati non già di ciò che si chiama epatizzamento flogistico , ma d’ uno stato di somma flac- cidezza. ‘© La laringe e la trachea all’ esterno dela mostrava- no d’innormalità, se non che una somma dilatazione, | ma aperto questo canale continuato , abbiamo trovata in- fiammata la membrana muccosa dalla quale è tappezzato. I bronchi erano alquanto compressi e impiccoliti di ca- libro, e quasi ridotti ad un grado di obliterazione e d’ ot- turamento : una tal compressione nasceva dal contatto | eseguito dal tumore pocanzi nominato. |‘ ‘Aperto il basso ventre , si'è ritrovato il fegato cre- sciuto molto di volume e quasi disorganizzato, la cistifel- lea d’uncolore biancastro non contenente bile, ma vuo- ta affatto. Nel bordo superiore convesso corrisponden- te al diaframma, e precisamente a destra, esisteva un tumore del volume d’ un pugno contenente delle idatidi di diversa grossezza , ed uua sostanza sebacea e steato- Îmatosa . da.. K \ 496 | AE + Dalle fin qui esposte condizioni patologiche osservate . posteriormente anche dallo stesso sig. Soprintendente di |. detto Arcispedale e da vari altri egregi professori colà.portati da un’ istruttiva curiosità, chiaramente si rileva che delle | ‘antiche innormalità invincibili, come fu. generalmente | presagito, preesistevano tel detto individuo; che il descritto. tumore aneurismatico, voluminosissimo comprimeva for- | lemente e quasi obliterava i-vasi aerei, da fur nascere secondariamente la ritrovata, bronchitide , e. da .produr». re facilmente la soffogazione; che questo vizio impor:, tantissimo, presso la sorgente quasi direi del.sistema; irri- ‘gatore,doyea portareuna maladistribuzione delsangueancor meno ossigenato nei diversi. organi, quindi l’ inzuppa: | ‘mento morboso, e non già 1’ epatizzamento flogistico dei | polmoni, e per più remoto camnaino la. degenerazione. del fegato , e la fllacciderza e deperimento di vita organicanel» de diverse parti del corpo. Questa idea luminosa ed ampia- ‘mente istruttiva non sta punto in discrepanza, ma collima | all’opposto perfettamente con la perniciosa terribile ed innegabile che precedè una tal catastrofe, laddove esu- berantemente vi furono anche delle cause esteriori at- te a produrla. Che se nei giorui successivi della notatà apiressia , o qualche incuria di. mal serbata traspirazio- ne, o una stasi prodotta dallo stesso. impeto. febbrile antecedente, o qualche strapazzo di macchina mon:ben conosciuto dette luogo, ad un’ affezione secondaria all’ organo; respiratorio , che presentò tutti i caratteri di pe- . r pneumopia insanabile, non è maraviglia.:Il metodo an- tiflogistico in tal caso reclamato imperiosamente dalla circostanza esser non poteva che l’unico mezzo precario;, che diminuendo la massa del sangue, rendesse meno dif- ficile il passaggio di questo fluido a traverso ai predetti . ” ORME R, ? ’ ostacol:, convevieutissimo d’ altronde perl’ accennata fle- gmasia del canale aereo. Come in tanto disordine, e:scans 197 olta armionia:d’organismo. nulla indicasse egli in avanti} per quanto vien uià, o di dolore alla spina, o alle braccia , o d’altri sintomi morbosi, meno quelli che furo- mo in principio avvertiti; e come all’ opposto capace fosse di menare una .vita attivissima., e ancor più di sostenere negli scorsi mesi degli sttapazzi appena credibili , egli è sun fenomeno che non s'imprende così facilmente a spiegare. Non mancano d’ altronde altri esempi nelle pre- ziose osservazioni e di Morgagni, e d’ altri sommi patolo- gi, da cui si rileva che delle profonde lesioni organiche . han potuto. rimanere ugualmente sorde e latenti. Forse che nel caso di lentissime malattie, e che in lungo spazio di tempo si producono e si sviluppano, in forza di ciò che chiamasi abitudine, si riduce talvolta in grado la fibra senziente di tollerare, e quasi di non avvertire le morbose impressioni gradatamente progressive che ne derivano , finchè un urto qualunque viene a scomporre il vacillante e mendicato equibbrio, ed a troncare il sottilissimo stame di quella vita precaria. Non essendo rimasto sorpreso que- st eccellente soggetto da una tal malattia, era molto pro. babile che calzando il coturno fosse colpito da una morte istantanea sulle scene , e che verificando la tragedia, spa- ventasse un'intera popolazione. In altro individuo stima- bilissimo sotto altri rapporti incontrò il sottoscritto sven- turatamente una malattia non molto dissimile, son già | pochi mesi, ma la autossia cadaverica confermò pure i pre- concepiti sospetti. Questa è la pietra di paragone, funesta sì, i ama la sola che rimane a porre in salvo nei casi TO, i la riputazione dei medici che si propongono di uniformarsi al precetti dei sommi padri dell’arte. È sotto quest’ egida impenetrabile che sta tranquillo eimperturbato , e si ripara dagli avversi colpi il curante, e giustifica la sua diagnosi, la prognosi, e la stessa varietà della cura. Possano questi fatti parlantissimi illuminare. coloro. che perfino, senza 198 cognizione di causa son così facili a giudicare. Possa una yolta la vera classe dei medici rivestire quel manto de- coroso che più si compete, riunirsi in una perfetta fra- tellanza, e sollevarsi su i gridi e su i sarcasmi della schiera volgare, e della gelosa mediocrità. Dortor Lurcr MAGHERI. Adunanza solenne dell’ I. e R. accademia dei Georgofili del dì 28. Settembre 1823. | Il prof. Gazzeri segretario degli atti lesse l’istoria degli stu- di accademici in un estratto ragionato delle molte e diverse men morie lette da varii socii nel corso dell’ anno. Il segretario delle corrispondenze Sig. march. Ridolfi , data notizia delle principali opere inviate all’ accademia dai suoi so- cii corrispondenti , e presa da alcune di esse occasione di pre- sentare varie giudiziose ed importanti riflessioni , compianse in. fine in un breve ma interssante elogio la perdita d’ un socio cor= rispondente singolarmente benemerito dell’ agricoltura toscana, cioè dell’ agente di campagna Agostino Testaferrata . In assenza del prof. Ottaviano Targioni Tozzetti direttore dell’ orto sperimentale , il sig. Dot. Calamandrei lesse per esso il consueto annuo rapporto dell’ esperienze ed osservazioni fatte nell’ orto suddetto, specialmente intorno al prodotto comparativo di varie specie di cereali, all’ andamento delle stagioni, alla lo- ro influenza sul processo della vegetazione delle varie piante, e conseguentemente sulle respettive raccolte . Il segretario degli atti recitò 1’ elogio del cav. Giovanni Fab- broni morto nel corso dell’ anno accademico . Il sud. dot. Calamandrei, come membro e relatore della De-, putazione, lesse il voto o giudizio di questa intorno alle memo- rie presentate al concorso per il premio di zecchini 25. destina- to alla miglior soluzione del seguente problema ,, Determinare ,, se debba. preferirsi il sistema di allevare le viti coll’ appog- , gio al palo 0 al pioppo, avuto riguardo alla differenza dei ,; terreni , dei climi, e delle situazioni. Due erano le memorie venute al concorso ; delle quali l'a Deputazione aveva giudicato doversi concedere il premio a quella che era distinta dall’ epigrafe : Ps è ARABIC ‘99 1 + + + + validis amplexae nexibus ulmos de consurgunt vites ; e doversi stampare unitamente ad essa anche l’ altra portante l' epigrafe ,, Quippe solo natura subest, assai pregevole anch'essa. Aperti i biglietti sigillati, fu trovato appartenere la prima al sig. Sabatino Baldassarre Guarducci socio corrispondente , ed esser opera l’ altra del sig: Vincenzio Pieracci. In fine il sig. dot. Tartini Salvatici espose in un rapportg ragionato i principali progressi che nel corso dell’anno ha fatti presso di noi l’ industria specialmente delle manifatture. _»L’Avutologia farà conoscere le più interessanti fra le indi- . cate letture. x Fine del Fascicolo XXXIV. Errata. Corrige. ; Pag. 138. nota, ZZ Samaritano ©» Nel Samarita no. Murri: dint i, Mei ES À PITAPATI conii fog ee osmosi IL VEGA, gears Isa A © sini sil ue. | OSSERVAZIONI ' METEOROLOGICHE ATTE. NELL’ OSSERVATORIO XIMENIANO nie n ii DE DELLE SCUOLE PIE DI FIRENZE stima 100 Alto sopra il livello del mare piedi 205. — SETTEMBRE 1823. Lo) — >| 5 i 5 [A luo fl 9 a 5 7 Ora 3 D LÀ P_|gs.| 9.8 Stato del cielo i ° - pa) d d, Q ° 5 . 9 9 È Breil Bri Pilo $ poll. lin. Chan o | arti $, | 7 mat. 28. 24 | 18,6: 70 Lev.Sc | Nebbioso Calma | | merzog. 28: 2,2. ani 22,0! 59 Pon. Ser. con. nuv. Ventici| | rt'sera |28. 2,2.) 23,5 20;9' 45 Tram. Sereno. .’ «Calma AG 28. 2,15 | 23,1] 24,0/ 34 Pon. |Nuvoli. Ventic, | ri'sera (28. 2,5. 23,1] 20,0] So Scir. |Nuv.rotti.. Calma ‘7 mat. 28. 27 | 21,8] 17,8| 56 Lev.Se |Sereno. Cal:na ji Pilizzog: 28. 2,3 22,7] 22;0| 44 |P. Lib. |Ser. con nuv. Ventic. 11 sera |28. 2,5 | 23,11 . 29,9] 58 jOs.Lib. Sereno. Calma {7 mat. (28. 2,4 22,0] 189 i {Ostro |Ser nebb. .....Calma ‘7 mat. |28:2,35 | - 22,2 19,01 50 | Lev. |Ser. con nuv. Ventic. j merzog. |28. ‘2,0 | - 22,4| 2I 531 40 Scir. |Ser. con nebb.Calma | tr sera /28. (2,6 23,1] 20;0' 56 P. Lib.|Ser. nebb... Calma \7 mat. 28. 3,0 21,3] ‘018,7 60. |Scir, |Ser. calig. . Ventic. | mezzog. |28. 2,9 | 22,71 22;2| 35, Sc. Lev|Ser. con nuv.: Ventic.|i i bri” sera |28. ‘2,8 | 23,1] 20,0) 30 Lib. | Sereniss. Ventic. 7 mat. (28. 2,7 | - 21,3] 18,5/ 70 Scir. |Ser. calig.... Ventic. og. 128: 2,0 | 2,22] 213] 44 «Lib. |Ser. con nuv. Ventic. 1 ‘tn sera 128: 2,0 2;23) 19,5 LA Lib. {Sexenis. Calma Ta8. 1,3 | 20,4] 3050) 50. Scir. |Ser.con neb. Ventic. g 21,3) 20,9) 49 Lib. {Ser.conneb. Calma. 22,0) 2050) 54 Lib. Ser. con nuv.: Vento posa È Dpr: ‘imàt: ba 11,8 ‘70 sera ‘28. .1;85 Dazion 21,1} | (8! mezzog. 27. 11 ‘8 21; ri sera: 128. | 0,7 200 7 mat. 28. 1,6 | 18,7 | gl mezzog. 28.:‘#;8 | \1g,t ri sera ‘28. 1,6 17,0 | 7 mat. |28. 1,65 17;3| tai mezzog. |28. 1,5 18,71 ro sera |28. 1, di 195 i ” mat. 128. 2,0 | 1 ri mezzog. 138; 119 | 8 ao sera, 28. 2,8 |. 200 7 mat. |28. 2,9 18,3 |12] mezzog. |28. 3,5 19,5 © [rr sera .|28: ‘2,8 20,4 si "7 ‘mat. 28. :3,7 POI 19,2 r3 mezzogi. 128» 3,4 | . 20,0 ro!sera'|28.. 3,0 20,7 ‘| imati:|28. -2,9 | 119,6 v4 ‘inezzog. |28. (2,7 | . 20,2 ro sera |28..-2;0 | 21,3 ‘pi mat. |28. 11,5 | 20,2 ni ‘rmezzog. |28. 1,5 |. (20,4 fue 10)sera |28. ; 1301. 21;4 ‘mat. |28. 0,4 20,7 16|.mezz0g. (28. 0,1 21,1 “roisera |28: 10,0 20,9 Vo: sm mat. .|28. 0,1 | . 20,3 r7|:mezzog. |28.. 0,0 |. 19,5 [oro sera ‘28.::0,;3.| 118,3 ty mat. .:|28. 0,4 | 117,8 18 mezzog. 128. 0;65 | 18,0 tolsera 28. 4,55. 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Ser. con nuv. Ventic 2121 SE {P. Lib.'Ser. con nuy..Calma || 19;5] :63:| .|Sc.Ley]Ser. con nuv:Calma | 21,9] 48. Lev. |Ser. connuv..Ventic. 19,6 o. 0,05 ee Lor: Lev. ;Nuvoli , e Ventic.| | 16,7,68;5 | 0,06 Scir. (Pioggia 10rCalma }| 17,3 70'|0,43 Lib. Pioggia ..... Ventied 17,4 ‘68.! 0,22 Sc. Lev Nuvoli. Ventic 14 ' 16;6| 78° | 0,02|Scir.. © {Nuvoli, + Galma | Ig;i| 57: Scir. |Nnvoli, x =‘ e var] » - . urto cdl sug dscantitaa per OI “Sieico.n eb Got: Cp ge] do Mor: Gato ico cd tt Bet. ie set agorione (i sai di “ei “ot ora A at deli do,0 18: det 68 ” 3 aicl Und È Dad tf Li BO Ue retti. xT tetta da LO) | $ pt Ro Me [da Mt. se [oc PRE SE È = uw + i la È iS w ©. ui bist É ls’ if Alnar te I i Li, prego swiadi L di ip iena = sf y sh È su) PR VI 0 dit | gni wi St a è: ì Pili 1921 Lodo «i i *; e sì ti bo et Pré Li casleg db cod dg if sti sd! Cuts Got ì PE - Erto ig PU SITI n smuiacani ii ie siae” or ot DAS. der. S"NE i pietre: VIS UA I la tea Fai . 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La strada da Sestri al Bracco fu eseguita nel 1819 e nel 1820. Dalla villa. del Bracco (1) sino al passo det- (1) Si è pubblicata in quest’ anno in Firenze una Guida dei viaggiatori in Italia, e all’isole di Sicilia e Malta , coi torchi di Niccolò Pagni figlio e C.° L’ autore dice nell’ CARE che è suo scopo di presentare al lettore una guida che sia capace di accompagnarlo con sicurezza, con verità , e con la più serupo- losa analisi geografica per le strade e città d° Italia ......E nel vero la idea dell’ opera non può essere migliore , e tutto in essa fa fede dell’ ingegno e della erudizione dello scrittore, Ma io temo che su certe cose di fatto il viaggiatore potrebbe rima T. XII. Novembre I 2 to Bocca di Vasca, la strada è lungo la cresta del monte, ‘ed esposta ai venti che vi piombano dagli appennini da tramontana a levante. Da Bocca di Vasca alla così detta Baracca di Levanto e a Materana la strada fu appaltata nel dicembre 1819, e finita nel 1822. A Bocca di Vasca si vedono per breve tratto alcuni castagni. Za Baracca era sul principio una capanna , eretta in quel luogo da un certo Ferrari ex-cannoniere ligure, il quale in se- guito vi fece alzare intorno le muraglie , e vi abitò per nerne più volte ingannato. Noterò soltanto alcune cose relative alla strada di cui scrivo. Le poste da Lavenza a Genova sono tutte sbagliate. Vedi pag. 497. Da Lavenza a Sarzana la Guida nota una posta, e ve n’ ha 1 e 1/9. Da Sarzana alla Spezia nota simil- mente una posta, e sono 2 1/4. Dalla Spezia al Borghetto nota 1 1/2, e sono 3, ec. A carte 214, parlando della strada da Lavenza a Genova dice : sì passa pel luogo ove esisteva l’ antica città di Luni, vedendovisi tutt’ ora alcuni avanzi delle rovine di Sarza- nello. Ma le rovine di Luni sono al mare nel luogo detto Mari- nella, e Sarzanello, che è-un forte, e le rovine del suo antico paese sono sopra Sarzana alla distanza di alcune miglia. A carte 216: Moneglia produce il miglior vino del paese ; quindi si passa al Bracco ...... Moneglia è un borgo sul mare, a levante di Sestri, più centinaia di metri lungi dal Bracco, e neppure la strada antica, per andare da Moneglia a Sestri, passava dal Brac- co, poichè o radeva il lido, o ascendeva a Casazza. A carte 217: Si vede in casa Durazzo la Madonna ai piedi di Cristo, capo d'opera di Paolo Veronese: leggi la Maddalena. A carte 218: Ze altre più considerabili ( chiese ) sono l’ Annunziata, san Siro, sant° Ambrogio, la chiesa di Carignano e s. Stefano. Poteva di- re: e N. S. delle Vigne : chè in s. Stefano non è da osservarsi se non il quadro del martirio del santo, di Giulio Romano. A car- | te 224: Prima di arrivare a questa città ( Savona ) si passa per Voltri, Novi, Sestri di ponente e Albisola , villaggi che non rac- chiudono oggetti degni di osservazione. Ma merita osservazione il trovare sulla strada di Savona, Novi che è 58337 metri lungi da Genova sulla strada di Milano, e l’ udir porre tra villaggi una città, a cui 4 pagine addietro si accordarono 6000 abitanti , ed i paesi di Sestri e di Voltri, il primo di 3126, e l’altro di » 4892 anime. | 3 più di 12 anni: ora vi è una discreta osteria. Negli anni scorsì era essa l’unica abitazione che s'incontrasse tra il . Bracco e Materana; ora ne furono fabbricate due altre alla sinistra della strada e a poca distanza. Tutta la stra- da alla villa del Bracco è al mezzogiorno; prosiegue quin- di a levante sino al punto di Bocca di Vasca , in veduta della valle di Sestri. Da questo luogo, che divide il comu- ne di Moneglia da quello di Deiva, la strada nuova passa da tramontana alla prima, e ad un miglio e mezzo, in vista del paese di Mezema, attraversa l’antica passan- dovi al sud. Quindi con alcuni giri volge alla piccola piazza della Baracca. Questo punto è assai importante per lo crocicchio delle strade a Caro Castello e Val di Vara, da tramontana; al fertile paese di Levanto sulla riviera, per la sommità de’ monti, da mezzogiorno ; e le due al Bracco e a Materana, a ponente e a levante, Grandi opere in muri di sostegno sono sulla strada dal Bracco a Baracca ; poichè ella è condotta sempre sul ciglione del monte, e sotto la costiera su cui ravvolgesi l’antica strada, troppo alta e troppo esposta alla furia dei venti. Materana è stazione di cambio. Tra il Bracco e Ma- terana vi è una posta e mezzo, e la distanza è di metri 12222. La discesa da Materana a Carrodano superiore si fa ammirare pel suo dolce declive , e per le forti scarpe che la sostengono ove è di considerabile altezza. L' aper- tura di questa strada fa ordinata nell’anno 1817. La fer- tilità di un suolo ricco di vigne e di ulivi dopo Materana, compensa alquanto lo sterile aspetto che presentano i monti passato il Bracco, coperti solo di sterpi e di arbusti. Tutti que’ dintorni potrebbero servire al pascolo delle capre; e sembra strano come qui pure sia proibito ai pro- prietari l’unico ramo di rurale economia, che possa of- frire, coltivandolo , qualche profitto. La strada da Carro- dano a Pogliasca è su di un piano uniforme , e scorre in mezzo a belle campagne. Il ponte che si passa dopo Car. 4 i rodano sottano , sul torrente Malacqua, prima della salita sotto la parrocchia di Lago , fu costrutto due volte. Materana e i due Carrodani formavano un tempo una po- desteria soggetta al governo di Levanto, da cui dipendeva pur anco il consolato della Pogliasca. Da questo paese al Borghetto si ammirano bei rettilinei in mezzo a boschi e campi sul margine del limpido ruscello di Pogliaschina. La strada daCarrodano al Borghetto tu eseguita nel 1819. In una villa di Carrodano sottano è una cava di amianto. La strada traversa il Borghetto, sulla riva destra del fiume Vara, paese di circa 50 fuochi con due alberghi. Nel 1300 vi si ritirò la famiglia nobile degli Ivani, pro- fuga da Verona per la persecuzione degli Scaligeri. È sta- zione di cambio, ed è accordato il 3.° cavallo. Da Matera- na al Borghetto vi è una posta e mezzo, e la strada per- corre 12183 metri. Tra il Borghetto e Pedivarma la strada è in costru- zione alle falde dei monti, che sono alla destra della Vara. Vi lavorano circa 300 persone, e nell’ autunno sarà ter- minata: sì continua intanto a passare sulla ghiaia del fiume. Lungo la Vara si vedono a tramontana, oltre la riva sivistra, sì. Zazzero , s. Francesco, e la città vescovile di Brugnato nel piano; e sui colli a levante, i paesi di Sta- domello e Prato. A mezzo cammino tra il Borghetto e Padi- varma la strada passerà sotto la chiesa di s. Maria della Castagna. Padivarma è sulle due sponde della Vara, e la sua chiesa è oltre il fiume. Il ponte che riuniva le due parti del paese è mancante di due archi. A Padivarma la nuova strada lascia la Vara, e costeggia per qualche tratto il torrente Opiana ossia di Riccò , e lo traversa lasciando a destra i paesi di Riccò e di Ponzò. L’antica strada traversava il paese di Riccò, e passava in quella di san Benedetto. Nel territorio di san Benedetto si vede una spelonca detta la Sprugora de'Zegori , e forse le derivò tal nome o | 5 dal ricevere che fa l’ acque del torrente Zegori; È di spa- ventosa profondità , secondo si è poluto argomentare dal ‘ sordo e prolungato romore che vi produce il getto di una pietra. Si pretende che le sue acque diano origine alla . sorgente che è tra i seni di Cadamare e Marola, distante un miglio dalla Spezia a 65 piedi da terra . Sorge questa a guisa di vortice, e gorgoglia alla superficie. Sebbene al- quanto amareggi, perchè verso la superficie del mare s'insala, pure attingendone per mezzo di un apposito tubo , si trova realmente un’ acqua dolce della più leggie- ra. La nuova strada scorre nel piano sotto il paese di san Benedetto: indi ascende tortuosamente al Colle della Foce. In questo tratto s'incontra alla sinistra il luogo detto la Crocetta, ove è una osteria. Al Riccò si vedono i prati della Carresana, e terreni coltivati messi a viti, e sparsi d’ alberi d’ oppio; ma fino alla Foce la coltiva- zione non prospera molto. Dal Colle alla Spezia la cam. -pagna è tutta ridente , e abbondante di olivi, di pioppi e di viti sui pali. Dalla cima del Colle della Foce si rivede li mare, e «si presenta il bel Golfo della Spezia. Fu esso più volte soggetto al profitto degli ingegni; epperò sarebbe difficile il dirne molto in poche parole, ed il dettarne una ade- «guata descrizione recherebbe forse il mio scritto ad. altro fine che non a quello cui mi proposi. Mi contenterò dun- :que di accennare le cose precipue che vi si ammirano. Strabone non potea dare un’idea più precisa dell’ampiez- za e bellezza di questo golfo. È il massimo e bellissimo ‘de’ porti : egli dice , che ne abbraccia altri molti, e tut- ti di sì grande profondità, che facilmente potrebbe di- | venire ricettacolo di quanti terigono l'impero del mare. \Èlungo5 miglia, e largo 4 nella sua maggiore ampiezza. Il «porto di Luni, quello di Venere e di Lerici sono forse l’istessa cosa del golfo della Spezia. Al ponente del gol- fo è l’isola Palmaria, che ha al sud due altre isolette AAC 6 i chiamate il Tiro ed il Tiretto, oppure Tino e Tinetto: il golfo ne rimane difeso dai venti del mezzogiorno . Per tre imboccature si entra nel golfo: la prima è tra il capo — del Corvo-ed il Tino; la seconda è tra il Tiro e la Palma- ria; la terza, chiamata la bocca stretta, è uno spazio di circa 250 piedi che separa da Portovenere l’ isola istessa. La Palmaria ha un circuito di 3 miglia. Dalla parte me- ridionale è dirupata ed inaccessibile, ma da settentrione ha belle colline di uliveti e di viti: vi è una cava di marmo nero screziato di macchie dorate, e una batteria sulla punta verso il golfo. Vicino a questa batteria sorge un piccolo scoglio detto la scuola. GI’ inglesi nel 1800 ne minarono il fortino di figura pentagona, capace di 10 pez- zi di cannone di grosso calibro. Entrando nel golfo dalla bocca stretta, trovasi alla sinistra il borgo di Porto Vene- re con un antico castello alto dal mare, ed inutile. La piccola batteria sulla punta di s. Francesco che ne difen- de il seno a fior d’ acqua, è molto più vantaggiosa. Porto- venere, al riferire di Flavio Biondo, è colonia dei genovesi. Fa 200 e più fuochi, ed ha una chiesa antichissima. Il pro- montorio che segue è la punta della Castagna: sull’altro ap- presso è la fortezza di santa Maria, fabbricata nel 1569, re- staurata nel 1798,e minata dagl’inglesi nel 1800. Questo for- teè Ja più ampia e regolare fortificazione del golfo. I france- si ne ripararono i danni, e nel 1814 si difese per tre giar- ni, e onorevolmevte capitolò. Fra questo ed il terzo capo è il seno del Varignano, che dà il nome al magnifico laz- zeretto posto sulla punta del monte, ed eretto dai. ge- novesi dopo la peste di Marsiglia del 1720. Tutto il seno del Varignano è circondato da un muro: il mare vi è sì profondo, che qualunque nave può starvi, raccomandan- dosi agli anelli degli scali. Sul quarto promontorio è il forte del Pezzino, detto anche di s. Andrea, fabbricato nel 1745. Il forte è in cattivo stato, ed ha una buona batteria a fior d’ acqua. Qui è il seno delle Grazie, e vi- SIT 7 cino al lido vi sono delle cavé di marmo. Le due coste de’:monti che formano il capo del Pezzino e della Casta- | gna si uniscono in un sol punto dopo lungo tratto, e for- mano la cima della Castellana, ove i francesi aveano ca- minciato il forte Napoleone. I quattro capi che seguono sporgono in mare un.terzo forse de’ primi, ed i seni che formano prendono il nome dai paesi che vi sono, di Pani- gaglia, di Fezzano, di Cadamare, di Marola. Sul settimo capo è un forte, minato dagl’ inglesi nel 1814, e all’Est, a poca distanza, la Polla d’acqua dolce. Dopo Marola è il paese di san Vito, e quindi, passato il prossimo seno, la Spezia. Alla sinistra della Spezia s'incontrano lungo i] golfo delle terre coltivate , e tra queste ed il primo ca- po della costiera di levante, i così detti stagnori, luoghi paludosi ed incolti. Dai Cappuccini al detto capo ov'è la batteria di s. Bartolommeo, il golfo è più regolare che altrove, bagnato da molti rivi, e adorno di spiaggia. Tra la nominata batteria ed il seguente capo, ov'è il forte di santa Teresa, fatto nel 1745 e minato nel 1814, che in- crocicchia con l'opposto di santa Maria , sono due seni di mare. Qui si fabbricano de’ bagni per le acque minerali, che trovansi sotto il paese di Pitelli. Tra santa Teresa e la batteria di Maralunga, è un lungo seno con due piccoli seni laterali. In esso vi sono i paesi di san Terenzo e di Lerice. Gli abitanti di san Terenzo sono quasi tutti dediti alla pesca: il suo castello è un'antica torre. Zerice è — la scala principale d’ Italia per viaggiare a Genova. Si noleggia una feluca per sei zecchini, s° imbarca la vettu- ‘Ta, e sì percorre, costeggiando la riviera, uno spazio di 60 miglia. Prima dell’ apertura della nuova strada per la To- scana, era forza di fare cotal tragitto. L'Italia è debitrice allo scalo di Zerici di una bella tragedia d’ Alfieri, che tutta spira i liberi sensi del Foro — di Roma (2). Il castello di Lerice è un'alta torre, ca- (2) Mentre l’ Alfieri aspettava da Genova la feluca col suo 8 x sà pace nella sua sommità di un mortaio, con una batte- ria molto elevata dal livello del ‘mare. "Sì. ‘sta rendendo sicuro il porto di Lerice dal libeccio, per mezzo d’ un molo, che si costruisce sotto il castello. Nel 1174, paci- ficatisi i genovesi con Morello ed Obizzo Malaspina, com- prarono il poggio di Lerice. Nel 1212 venne in ‘potere dei pisani, che vi fabbricarono un borgo, e fra le due torri della porta posero una lapida, in cui era ‘scolpito un fardello di pannine con la celebre inscrizione: Scopa boca al Zenoese, Crepacuor al Portovenerese, Streppa borzello al Lucchese. Nel 1256 i genovesi ripresero Lerice, e la lapida fu tolta. La batteria della Maralunga è la prima fortificazione del golfo da levante, ed è fatta a ferro di cavallo. Dopo tre piccoli seni è il borgo di Telaro. Da questo la costa segui- ta con pochissima tortuosità fino al capo del Corvo. Que- sto promontorio è celebre presso gli antichi scrittori. Dis- se Petrarca nell’ Itinerario Siriaco : habebis Corvum fa- mosum scopatum, et ostia amnis Macrae ..... e Fazio degli Uberti : ‘Non vo, disse Solin, che passi orbo : Da questa selva Toscana incomincia , Che cade in mare al monte dello Corbo. Sul capo del Corvo e sulla bocca della’ Magra , che scorre alla sinistra del capo, è il castello di Monte-Marcello, luogo insigne, che gode un clima temperatissimo, come il ri- manente del golfo; ed una vista deliziosa da terra e da mare. Il monte Caprione forma la costiera del golfo a levante, ed è rinomato per una grande caverna, che, bas- sa e stretta all’ apertura, si dilata poi sino nelle viscere del monte. legno, ebbe da un prete, fratello del mastro di posta, un Tito Livio; e gl’ infiammati discorsi di Icilio sì l’ animarono, che ideò la Vir- ginia, e l’ avrei, dic’ egli, estesa d’ un fiato, Ved: Alfieri. Vita, Epoca 4. c. 4. 9 ‘Dal Colle della Foce la strada discende fino al ca- nale della Chiappa, da dove sino alla Spezia è quasi sempre in pianura. Si traversa il canale di Bargonasco ed il rivo di Stagno Bordigone. La strada da questo punto fino alla Spezia è l'antica, e non lascia d’ essere alquanto tortuosa. Si entra nella città della Spezia per la porta di Genova. La Spezia è stazione di cambio. Tra il Borghetto e la Spezia vi sono 3 poste, e la distanza è di metri 21414. Tra Sestri e la Spezia potrebbe accadere qualche ‘ variazione nelle poste. La strada muova di Riccò pel colle di S. Benedetto fu terminata nell’autunno del 1819. La Spezia è bella e popolata città, e dà il suo nome al golfo. Fu anticamente posseduta dai conti Fieschi di Torriglia. Vi è uno spedale, e alcuni conventi ed oratori. La chiesa parrocchiale , fabbricata nel 1437, ha titolo di collegiata abbaziale. La Spezia è patria di Bartolommeo Fazio, colto ed elegante scrittore , celebre (3) per le sue contese col Valla, per la storia del re Alfonso di Napoli, per quella della guerra di Chioggia tra i genovesi e i veneziani, e per essere stato primo ad illustrare la storia letteraria de’ tempi suoi. La Spezia ha al suo ponente una fertile pia- nura, ed è circondata da belle colline, sulle cui cime vedesi il castello di S. Giorgio, e più alto un vecchio tor- rione , detto la Bastia. Ma e il castello e la bastia meri- tano poco riguardo per la loro distanza dal mare. In generale poi le fortificazioni del golfo devono essere considerate semplici difese marittime, perchè sono co- “mandate quasi da terra a tiro di fucile. Nel territorio della Spezia, alla destra del canal della Chiappa sono due bellissime grotte dette Bocca Lupara e Nympharum Do- mus. Si entra nella prima per un’angusta porta, sotto un dirupo coperto di frondi. L’altra ha un’ entrata più spa- (3) Vedi la vita che il Mehus premise all’ opera del Fazio de viris illustribus , € le notizie che ce ne lasciò Apostolo Zeno nelle dissertazioni Vossiane. 10 ziosa, e vi è scritto sopra il suo titolo. Sono sparse ehtram- be di stalattiti. Nelle adiacenze di Riccò sono ‘due cave, una di marmo al Pignone , l’altra di magnesia a Casale. La strada tra la Spezia e Sarzana fu aperta dai fran- cesi nel 1810. L’ antica uscendo dalla porta Romana, e scorrendo il borgo del Torretto, passava sotto il Colle dei cappuccini, sulla punta che è tra il convento ed uno sco- glio poco distante da terra, con sopra la casa della sanità. La nuova, traversando la città in una linea, riesce alle porte della marina. Qui si dilata in un ampio stradone tra spessi alberi d’acacia, e mette capo în una piazza ovale in riva al golfo. Si vede lo scalo per scendere al mare con due casette laterali, una della sanità, e 1’ altra delle dogane. Alla destra poi della piazza comincia la bella strada, costrutta pur dai francesi nel 1810, lungo gli amenissimi seni della costiera a ponente del golfo, onde unire il magnifico lazzeretto e Portopezere con la città della Spezia; e parte dalla sinistra la muova strada a Sarzana. Rade questa il lido fino al Campo Santo, da dove si avvia a Migliarino, seguitando la direzione dell’ antica. Rimane alla sinistra la valle di Lora e la cappella di s. Cipriano. Da questa cappella fino al canale del Zribio si va quasi in linea retta; ma dal canale a Migliarino la stra- da è tortuosa. Prima di questo luogo si lasciano a sinistra alcune case, dette Mercantorie:, da dove parte la strada di Bollano. Tra la Spezia e Migliarino si trovano quasi sempre dei campi coltivati a sinistra e alla destra. La vi- te nella pianura è sui pioppi, e sulle colline è sui pali. A Migliarino , presso la chiesa di san Giovambatista, so- pra la porta di una casa, alla sinistra della strada; è una iscrizione incisa sull’ ardesia. Vi è scritto in antico italia- no, che Ciafer, corsaro tripolino, scese nel paese nel 1565, e vi fece alcuni danni. Dopo Migliarino si passsa la Dorgia ed il carnale di san Venerio. Si radono alcune collinette coperte di cespugli, chiamate i Boschetti , e si lasciano ———————_—__————— k[( @@ 73" at it alla sinistra le case di Melara , in piccola altura. Si vedo- no alla destra dei campi in dolce declive, e si scopre una parte di golfo , che poi si perde al tutto di vista. Passato il ponte di Basuolo, s'incontra un luogo detto Zermo, da un termine che sta alla dritta della strada. In questo punto la nuova strada volge a sinistra , per evitare la sa- lita di Arcola; dove che l’ antica entra innanzi, seguendo l’acclive del colle, e passa tra Arcola ed il suo antico ospitale. Arcola fu anticamente posseduta dai vescovi di Luni, e poi dai Malaspini. La nuova strada arriva con vari giri fin sotto Vezza- no. Qui, al luogo detto Forziola, offre la vista della gran vallata della Magra, e dei paesi di Caprignola , di santo Stefano, di Ponzano e di Falcinello, oltre il fiume. Alla sinistra superiormente è il letto della Vara, che reca tri- buto alla Magra. Alla destra in lontananza è il mare, e verso il levante, la gran pianura della Toscana. La strada, abbandonando Bocca di Fornola, ritorna per un lungo “stradone vicino ad Arcola, ne traversa il canale, e lascia il paese alla diritta. La strada in questo tratto ora è lungo la Magra, ora se ne allontana , perchè il corso del fiume è tortuoso. Si passa quindi sotto Zrebbiano, scorrendo alle falde dei monti, che si stendono fra Arcola e detto paese, e di là volgono a Lerice. Qui la nuova strada si unisce all’ antica per Lerice , e tutto quel tratto che è fra Treb- biano ed il fiume, e dal fiume a Sarzana , è comune ad entrambe. Presso al monte di Trebbiano si trova una mi- niera di ossido nero di Manganese, che sarebbe utilissimo per la fabbricazione dei vetri e delle stoviglie. Quando la Magra impedisce il passaggio alle carrozze , si passa il fiume sopra una Scafa. La Magra ai tempi di Augusto fissava il confine della Liguria. Macra Liguriae finis, scrisse Plinio, e Ligures alpium jugis sd dis- se Floro, dale Varum et Macram. Ma forse la Magra mon era nei tempi davanti il termine orientale del suolo 13 dei liguri. Si trova presso Strabone, che in un luogo detto Macra, fra Luni e Pisa, molti stabilivano i confini della Etruria con la Liguria; e certamente non è questo il fiume Magra, il quale non fu giammai tra Pisa e Luni. Si entra in Sarzana per porta vecchia, attraversando un sobborgo, e sì esce per la porta Bonlgii Sarzana è stazione di cambio. Tra la Spezia e Sarzana vi sono 2 poste e !7;, e la nuova strada, percorre sino al suo termine 17072 metri, Sarzana è città nobile ed antichissima. È situata alla sponda sinistra della Magra, tre miglia lontano dal mare. Non è certa la sua origine; è però certo che esisteva prima della distruzio- ne di Luni. È munita di mura e circondata di fossi. È città vescovile, ed ebbe moltissimi privilegida re e da sommi pon- tefici,come dimostrano i diplomi di Carlo Magno nel 795, di Federigo I nel 1163, di Federico II nel 1226 e 1244, di Lodovico V nel 1328, di Federico III nel 1469, di papa Paolo II nel 1465. bei concordati fatti tra questa città , il re Carlo VI di Francia ed il comune di Genova, venne ‘ per la prima volta in potere dei genovesi nel 1407, e fu quindi accordata alla banca di san Giorgio nei successivi decreti del 1484, 1496, 1562 e 1734. Si ricava dai ri- cordi di Lorenzo de’ Medici, pubblicati nell’ opera di Roscoe, che i fiorentini comprarono Serezzana e Serezanel- lo da Messer Lodovico e M. Tommasino da Campo Fre- gosi, nel 1467. Questa compra fu origine d’ una guerra tra la repubblica fiorentina e la genovese. Il duomo di Sarzana è una bella chiesa a tre navi, e ornata di stucchi dorati. La tavola della cappella Casoni con i santi Euti- chiano, Filippo e Genesio, tu dipinta in Napoli dal Solime- ne. La cupola della cappella del Sacramento è dipinta da Sigismondo Betti, e le due belle lunette ad olio sono di Domenico Fiasella, detto, il Sarzana, celebre pittore di questa città. Vi è in Sarzana un buono spedale, ed un bel teatro eretto da pochi anni ove era la chiesa di san 13 Domenico. Sarzana è patria di Niccolò V, assiduo culto- re e largo proteggitore d’ogni maniera di studi: pontefice, al dire del Tiraboschi , saggio, mansueto, magnanimo, e liberale. Ne trasse pure i ‘natali Agostino Mascardi, eletto da Urbano VIII professore di eloquenza nella sa- pienza di Roma, autore di un ottimo libro sull’ arte storica. Il territorio di Sarzana abbonda in vino, canapi, : granaglie, ed ogni sorta di frutta; e confina da mezzo- giorno col mare, da ponente con Arcola, Vezzani e Treb- biano; da tramontana con Albiano e Caprignola del Gran Duca di Toscana; da levante con Fosdinovo e Caniparola, e col ducato di Massa e Carrara. Nel Sarzanese si trovano due miniere di carbon fossile; la prima si estende da Pian Paganello a Caniparola, la seconda è nel piano di Castelnuovo, a due miglia da Sarzana verso il S. E. Sopra Sarzana è l’antico e nobile castello di Lunigiana, detto Sarzanello. V'ha opinione che la sua origine rimonti al tempo di Desiderio ultimo re de’ longobardi nel 772. Molti storici dicono che sia stato fabbricato nel 1314 da Castruccio, allorchè governò i sarzanesi. Nel 1458 Pierino Fregoso, doge di Genova, l’accrebbe di un’ alta torre. Questo castello è spesso celebrato nelle storie del Guic- ciardini. Nel 1747 e 1748 furono accresciute le sue forti- ficazioni per ordine del duca di Richelieu, il quale, onde renderlo più forte, fece tagliare in giro gran numero di alberi, e demolire la chiesa, l'oratorio, e le case del paese sottostante. Quegli abitanti si ridussero fin d’ allora ad abitare in un luogo vicino, detto Pianpaganella. A Sarza- nello è ora una guarnigione di veterani: vi si gode una delle viste più amene. Si vedono in fatti le valli e le col- line del Sarzanese, il fiume Magra, un gran tratto di mare, le rovine di Luni, il forte di Lavenza, Viareggio , la città di Pisa, il porto di Livorno, e l’isole di SIR e della Gorgona. Dopo Sarzana la strada è l'antica, ma non è meno, 14 larga della nuova. S’ incontrano successivamente i torrenti- Pisellino, s. Michele, Isorone, san Lazzaro, Bettina, e Parmignola, che serve di confine agli stati di S.M. Sarda col ducato di Massa e Carrara. Tutti questi torrenti, me- no l’ultimo, recano tributo alla -Magra. L’Isorone è senza ponte, e dalla parte di Sarzana la sua riva è alquanto scoscesa. I ponti sui torrenti di san Lazzaro e del Bettina sono di costruzione|antica , ed alti dalle due estremità. Quest'ultimo torrente è incanalato con degli argini di ter-, ra, come i fiumi dello stato lucchese . Alla sinistra della strada, prima del confine, è l’antica cappella dei Gar- giuoli, ove ora abitano i doganieri. Dal Parmignola fino a Zavenza, e di là fino a Massa la strada è in cattivo sta- to, e non è da paragonarsi in modo alcuno con la bella strada nuova del Genovesato, e con le hellissime di Tosca- na. Tra Sarzana non s'incontra altro paese che quel di san Lazzaro, alla destra della strada, e da cui prende nome une dei succennati torrenti. Prima di san Lazzaro, e dalla parte opposta è il bello stradone di Cariparola con un arco al principio. Questo viale, dopo Caniparola, continua, aggirandosi sulla collina , fino al paese di .os- dinovo. Partono pure dalla sinistra della strada le salite ai bei paesi di Castelruovo e di Ortonovo. Da Sarzana a Lavenza vi è una posta e ‘/a . La distanza da Sarzana ai confini dello stato è di metri 8044. Tutta la strada da Genova sino al ducato di Massa, calcolando i 2400 metri che sono dalla piazza dell’ Annunziata di Genova, ov’ è la posta, fino alle porte della Pila, percorre lo spazio di 136392 metri. L'antica strada era 87 miglia e 3/4 di 75 a grado,e la nuova e di g1 e 54. Questa differenza deve at- tribuirsi allo sviluppo maggiore che fu necessario di dare alla nuova strada , onde evitare varie salite che giungono nell’antica sino al 15 e al 20 per cento. . Tra il torrente Bettina ed il Parmignola, in vicinan- za de’ confini, è alla destra un’ antica strada che conduce 15 alle rovine di Luni. Questa celebre città, che diede il nome di Lunigiana al vicino territorio , offre ora l’ aspetto di vari ruderi qua e la sparsi, gli avanzi di due torri, le rovine d’un vasto anfiteatro , e i vestigi d’una chiesa detta san Pietro. Luni sofferse molti infortuni, ma è in- certo il tempo preciso della sua totale rovina. Si legge in alcuni storici che Alarico re de’ goti distrusse Luni, per- chè uno tra i principali cittadini violò una bellissima gio- vine dei goti. Fazio degli Uberti, nel libro 3, canto 3 del suo Dittamondo, parlando dell’ eccidio di Luni, al- lude a consimile fatto. Ma Dante nel\16 canto del Para- diso ne attribuisce la rovina alle discordie civili; e nè Procopio, famigliare di Belisario, nè Leonardo Aretino (de Bello Gothico) parlano di cotal fatto. Ad ogni modo non rimase distrutta, poichè Rutilio Numanziano, che viaggiò nel 416, ci descrive Luni nel secondo litro del suo itinerario. È probabile opinione che Luni fosse di- strutta dai normanni, come nota Georgio Stella, all’anno 857. Ma fu pure scritto che Musatto, principe saraceno, dopo avere invasa la Sardegna, fece una scorreria nella Lunigiana, e messe Luni a Ani e a fuoco: e nel 1325 Federigo re de’ romani, creando Castruccio duca de’ luc- chesi e de’ lunesi, nomina la città di Luni. In tanta va- rietà di opinioni e di fatti tra loro discordi, il miglior partito è forse quello di credere, che avendo la Magra al- zato il lido del mare, lasciando ‘delle paludi in vicinanza di Lupi, ne sto a poco a poco molte famiglie, e ne restasse in fine disabitata la città. E in fatti Paolo Gio- vio nel libro primo delle istorie scrisse, che Sarzana fu ‘accresciuta a poco a poco dalle rovine di Luni; e Giovan- ni Villani nel secolo XIII scrisse: Zuri è deserta, e la contrada è mal sana. Fra le maremme di Luni ed il mare è la spiaggia della Marinella, che si estende per un miglio e mezzo, dal lato destro del fiume Magra sino 16 alla foce della Parmignola. La sua elevazione media dal livello del mare è di 7 piedi. È quasi intieramente coper-,. ta d’un’arena atta a formare una solida base; è difesa dal sirocco da una costiera di monti che si estendono dal N.E. sino al S. E. Siccome confina al ponente colla Magra, lungo il cui corso scorre il vento maestrale , il più oppor- tuno all’evaporazione delle acque, e siccome il sole la per- cuote dal nascere fino al tramontare, fu già proposta per lo stabilimento d’una salina. Ecco ciò ch’ era degno d’ osservazione nei din- torni di Sarzana. Se la nuova strada postale da Mas- sa a Carrara e da Carrara a Sarzana sarà eseguita, co- me sembra prometterlo il bel ponte di marmo bianco di 47,000 cubi alzato sul Frigido, la famiglia degli italiani sarà grata al governo di Massa, che voglia procu- rare direttamente al viaggiatore la vista delle belle ca- ve di Carrara, e di quell’illustre accademia. La strada nuova della Liguria terminando a Sarzana, avrei forse dovuto dar fine in quel punto alla mia memo- ria; ma credetti che le riflessioni e le descrizioni che vi aggiunsi non fossero estranee all’ argomento. Che se nel guidar gli altri lungo le riviere della mia patria, o sem- pre non mi apposi al vero, o mi falli talora la memoria di alcuni oggetti importanti , vagliami la cortesia del lettore. L del SPE cen» - Di Di | E 17 Biografi fa universale antica e moderna ; opera affatto ‘nuova compilatain Francia da una sii di dotti, ed ora per la prima volta recata in italiano con ag- ‘giunte e correzioni. — Venezia, 1323. presso Go. Barisra MissracriA (*) Vol. IX. X. e XI. lett. CAB- CEI. Il primo contenente la biografia di Axw7onzo CANOVA, scritta dal conte LEeoPoLDOo CicocnarA. Biografia d’Anronro CAnora agg dal cav. Lro- ‘porno CiconARA, aggiuntivi ,1.° il catalogo com- pleto delle opere del Canova: 2° un saggio delle sue lettere familiari: 3°. la storia della sua ultima malattia scritta dal dott. Paolo Zannini.—Venezia, 1823. editore G. 8. Missragzia. 8°. Ovunque sono in pregio tenute le cose delle belle arti; le immortali opere ed il nome di Antonio Ca- nova non hanno minore celebrità di quelli de’ sommi artefici che onorarono i secoli di Pericle, di Augusto, di Leon X; e quando il di 13 di ottobre del 1822 morte | privò l’Italia di questo nuovo lume e ristauratore della scultura, nacque in tutti ardentissimo desiderio di cono- scere ogni particolare della patria, della condizione, degli studi, e delle pubbliche e private vicende del perduto artefice. Il conte Leopoldo Cicognara, presidente della I. e R. Accademia di belle arti di Wa lniai non tardò ad appagare i comuni voti, pubblicando la di lui vita unita- | mente alla relazione del medico Paolo Zannini , intorno alla fatale malattia che lo trasse al sepolcro. E chi con più amore poteva farlo di Gicognara, nelle cose della scultura, come tutti sanno, così profondamente versato, ed al Canova | instrettissima domestichezza da molti anni congiunto! Com- peadiando questo interessante libro, non mi farò scrupolo (*) Vedi Antologia , vol, XI. p. A. 46. "T. XII. Novembre a 18 $ - pr di omettere poche cose dettate dall’ amicizia, ma per sav- ventura non necessarie a far. meglio conoscere i meriti ‘ del sommo artefice , ed alcune osservazioni andrò invece richiamando, che il dottissimo biografo di Antonio Gano- va fece nel III volume dell’egregia sua Storia. della” Scultura. In Possagno, piccolo villaggio del territorio trivigia- no, nasceva di poveri parenti, nel 1757 , Antonio Cano- va. Quella inclinazione ad imitare la natura, che suole d’ordinario manifestarsi ne’ fanciulli di svegliato ingegno, lo fece conoscere al. patrizio Falier , che frequentemente villeggiava presso Possagno, e sembrandogli che potrebbe per avventura riuscire valente artefice quando le naturali sue disposizioni fossero per poco aiutate e dirette da buoni ammaestramenti , otteneva dal padre che fosse alle sue generose cure affidato. I primi tocchi della felice matita d’Antonio giustificarono le concepite speranze; e parve da principio incerto se si ponesse in su la via corsa da Fidia 0 da Zeusi; ma nella robustezza delle proprie membra fi- dando, scelse quella di Fidia, non però così che posta l’altra in non cale, non v’ abbia di quando in quando impresse luminose orme. Allora il benefico mecenate non volendo contrariare le sue inclinazioni, lo collocava in Venezia presso lo scultore Torretti il vecchio, che di que’ tempi aveva nome in quella città di valente pure E perchè il maestro moriva avanti che il giovinetto alun- no avesse potuto tutto conoscere il meccanismo dell’ arte , restava col di lui nipote fino al 1777, nel quale anno cominciava a lavorare da sè sotto i claustri di s. Stefano, * poscia in più vasto studio, presso al traghetto di s. Maurizio. Non è però che anche prima di quest’ epoca non avesse il Canova fatte alcune opere di scultura , che sebbene ac- cusino la fanciullezza dell’artefice, si palesano lavoro di un fanciullo ch'era destinato a richiamar l’ arte all’anti- 19 opigionia. Eseguì di 14 anni in marmo due ceste di frut- ti pel suo mecenate, che furono trovate degne di ornare la magnifica scala del palazzo Farsetti. Nel susseguente anno condusse in pietra di Cortosa di Vicenza una statua d’ Eu- ridice di\grandezza simile al vero per la villa dello stesso Falier, dove tre anni dopo ( 1776 ) fu pure collocata la . statua d'Orfeo, dopo essere stata esposta tra le altre ope- re degli accademici, in occasione della fiera dell’ Ascen- sione. A tale epoca non poteva in patria temere una gagliar- da opposizione, non essendovi a Venezia aristarchi sì forti in fatto di scultura, da far vacillare la costanza de’ buoni principi da lui adottati. Ivi la scultura era nel suo estremo decadimento, e da non chiaro scalpello traen- do egli i primi rudimenti, andò tentando da sè, con que’ sussidi che poteva dargli la patria accademia, di as- secondare il genio felice che lo faceva riguardar la natura come men dubbia d’ ogni altra guida, pel conseguimento del primo scopo dell’arte dell’ imitazione. E forse alla mediocrità stessa degli scultori d’ allora dobbiamo l’ ec- cellenza. di questo, poichè non è maraviglia che il sorgere di un ingegno svegliato trovasse in patria al- lettamenti e conforto, dove non emuli generosi, non invida gelosia movevansi a distornarlo dal suo preso andamento. Anzi egli trovò in Venezia l’aura più se- conda a’ suoi rapidissimi progressi, poichè maraviglian- do delle prime opere sue eseguite in tenera età, si festeggiò dall’ amor patrio la giovine mano da cui esciro- i no, e l’ universale compiacenza alimentò così in lui quel coraggio, che forse altrove avrebbe potuto sulle prime essere depresso. Stabilita così quanta solidità era pur ba- | stevole a fissare le sue idee , potè poscia in Roma soste- nere meglio que’ primi contrasti, che attender dovevasi da’ suoi antagonisti. E già il giovinetto scultore sialikai in Venezia acqui- f 20 stando nome, ondé non'gli venivano meno impoftanti commisioni per parte de’ più distinti patrizi. Per ordine. di Angelo Querini modellava il ritratto del doge Renier rel 1776, e ne’ due susseguenti anni faceva in marmo un secondo Orfeo per il senatore Marc’ Antonio Grimani; una statua che s'accosta ad Esculapio, con testa indican- te il ritratto del senatore Alvise Valaresso , e le statue di Apollo e di Dafne, che poi non furono che abbozzate a cagione della morte del procuratore di s. Marco, Lodo- vico Rezzonico , che le aveva ordinate. Intanto andava meditando quel famoso gruppo di Dedalo ed Icaro, clie frapponeva tanto spazio tra le sue opere e quelle de’ suoi contemporanei, e che fu trovato degno di essere posto sotto gli occhi della difficilissima Roma, sebbene l’ imitazione della bella natura non fosse ancora aiutata dallo studio dell’antico. Era in allora am- basciadore della repubblica di Venezia presso la Santa Sede il cavaliere Girolamo Zuliani, il quale ammirando le virtù del giovane artefice , e conoscendo quanto gli tornerebbe utile la dimora in Roma, lo invitava con oneste condizio- ni a recarsi in quella capitale delle belle arti. A_ ciò mi- rava da più anni il giovane artista , al quale stava in su- gli occhi il pentimento di Tiziano di non essere andato a Roma molt’anni prima, ed il vivo desiderio di trovare nel- le statue degli antichi la giustificazione de’ principi che aveva adottati; onde sarebbe subito partito, se alcune ope- re di già imcominciate , e fra queste Za statua del mare chese Poleni che doveva collocarsi nel Prato della valle di Padova, non lo avessero trattenuto in Venezia fino al 1781. Le felici sue predisposizioni naturali, in Roma poten- temente aiutate dallo studio dell’antico, non tardarono ad operare quella grande rivoluzione, che dalla medio- crità in cui giaceva, sollevò la scultura a quell’alto grado di perfezione che più non aveva ottenuto dopo il decadi- mento delle arti in Grecia ed in Roma. 21 we La prima opera , nella quale studiando d’ imitare la matura , vi associò le osservazioni sulle antiche sculture con visibile progresso, fu il Teseo sedente sul Minotau- ro, dove la grandiosità e la scelta delle forme dimostrano immediatamente la forza del genio, e la squisitezza del ‘gusto. Vero è che anche nel gruppo di Dedalo ed Icaro sono visibili certi tratti del bello stile non ancora a per- fezione ‘condotto, ed è questa l’ opera che meglio d’ ogni altra giova a provare per quale via si operò il passaggio dallo stato infelice dell’ arte guasta e corrotta al purgato stile dominante dell’ epoca presente. Toccava allora Ca- nova i ventitrè anni, ed il suo cuore palpitò fra il timore e la speranza mentre pendeva il giudizio dell’ illustre consesso che doveva pronunciare sul suo lavoro. Egli ben sentiva che la nuova via da lui battuta era la sola che conduceva alla perfezione; ma l’ esempio di più secoli di traviamento anche degli artefici nel meccanismo dell’arte eccellentissimi , lo tenevano dubbioso. Fortunatamente la filosofia, mercè le utilissime scritture di Algarotti, di “Winckelmann, di Milizia, di Azara ec, cominciava a di- rigere le menti de’ conoscitori delle belle arti, e Canova trionfo. | Vuolsi qui accennare di volo il concorso delle circostanze che preparato avevano così felici cangiamenti nell’ arte , che li promossero maggiormente , e che li accompagnarono al giungere di Canova in Roma, poichè a vero dire non poteva bastare la forza d’ un solo ingegno a ricondurre sul deviato sentiero questi studi, quando poi dal sussidio di uomini di retto intendimento , e dal favore di qualche circostanza non venisse rimondo da’ a chi e dalle spine che il tenevano ingombro. E in fatti la forza delle abitudini e il sagrificio dell’ orgoglio de’ contemporanei fu- ‘rono già per Canova bastanti ostacoli da vincere ; alla qual in- itrapresa ‘giova il conoscere. quanto gli fosse più proficua una certa. trepidazione modesta , diquellochè gli sarebbe stata oppor- tona la presunzione , là quale troppo acerbamente flagella ed irrita l’ultrui amor proprio. Ma già gl’ incitamenti a’ buoni studi; che in Napoli aveva dati il marchese Tanucci , vero modello dei ministri di stato, la. LL 22 protezione che alle lettere ed alle arti era stata. accordata som- mamente alle corti di. Carlo. III, di Leopoldo, di Benedetto XIV, di Clemente XIV , di Pio VI, e dal cardinale Silvio Valenti (il Colbert della Santa Sede), dagli Albani, dai Zelada e dai Borgia; gli studi dei Mazzocchi, dei Bajardi, dei Galliani, dei due Venati , del Maffei, del Gesnero , del Gori, del Passeri, del Paoli, del- l Amaduzzi ; il gusto che diffondevano i Cochin ; i Bellicard , i Mariette , sir William Hamilton, Bourlington ; le scoperte, erco- lanesi ; i viaggi del Saint-Non, di Norden , di Pocoke , di Vel- lher, di Spon, di Revet, di Stuard ; ai edifizi misurati con precisione dal Desgodetz ; tà antichità pubblicate con ‘magistero sorprendente dal Piranesi ; le gallerie e i musei illustrati e col mezzo dell’ intaglio fatti di pubblica ragione; le terme dissepolte» le logge vaticane studiate, gli scavi moltiplicati; de ; iscrizioni raccolte , espurgate , illustrate dai Morcelli, dai Marini, dai Zoe- ga , dai Fea, dagli Akerblad ; le grandi opere dei Visconti ’ dei Winckelmann ; |’ Rateitdna per questi studi del conte di Bri- stol , dell’ ambasciatore a Azara ; l'ingegno e l’ erudizione’ ster- hic di Hancarville; le sicnolta preziose degli Hamilton ,:dei Jenkin, degli Agincourt ; la. perfezione degl’ intagli, di, Pikler,; l’ ardimento nelle invenzioni di Flaxman ; l'arniii che \ sparse in ogni dottrina il coltissimo Algarotti ; i pregiudizii che vinse il tremendo Milizia ; le fatiche del Temanza e del Lanzi, tatta questa suppellettile immensa dai aiuti confortarono il Fidia ‘rina- scente , e gli parve essere quello il momento di condur la: scul- tura in una diversa direzione da quella che tenevano vallora }i viventi maestri. ( pag. 8») Conosciuto capace de’ più grandi lavori , più non ‘gli mancarono commissioni. Aveva,in Roma, oltre il Teseo, di già scolpito in marmo: Apollo che si incorona: da'sè medesimo , e fatte altre opere di non molta importanza’, quando sui 1783 gli venne affidato il mazsoleo di Papa Ganganelli ( Clemente XIV ),; che eretto quattro anni dopo nella chiesa de’ss. Apostoli, sorprese. tutta Roma. «.Il Canova, scriveva il Milizia, è un antico , non'si sa'serdi Atene o di Corinto. Scommetta che se in Grecia! e' ‘nel più bel tempio di Grecia si avesse avuto a scolpire un papa ; non si avrebbe scolpito diverso da questo ...». Gli artisti più intelligenti e galantuomini lo giudicano, fra 23 tatte le moderne sculture la più vicina all’antico. Fin | ‘gli stessi ex-gesuiti todano e benedicono papa Ganganelli di marmo. <... È questa un’opera perfetta , e»tale. vien «dimostrata dalle censure de’ berninisti e borroministi ...... Desidero che i giovani artisti si mettano in sul buon sen. tiero di Canova e che le belle arti finalmente risorgano. » Confessava Canova d’avere avuta quest'opera per i buoni uffici del suo dolcissimo amico e compatriotto Gio- vanni Wolpato ; al quale volle lasciare un pubblico te- stimonio della sua riconoscenza in un ricco basso rilievo in marmo col di lui busto somigliantissimo, sotto al qua- le leggesi: Zo. Yolpato. An. Canova. quod. sibi. agenti an. XXV. Clem. XIV mon. Sepul. fac. locaverit. probaveri- tque. amico. optimo. mnemosynon. de. arte. sua. pos. Dal 1787 al 1792 faceva una statua d’un Amorino, rappresentante il principe Czartoriski in età di undici ‘anni; un altro amorizo con testa ideale; il gruppo di Adone sedente e di Venere che lo cinge di ghirlande, con un amorino a canto, di altezza simile al vero; la . statua di Psiche, figurante una fanciulla di quattordi- ci anni; una terza statua di Amore; ed inoltre vari bassi rilievi con figure metà del vero, rappresentanti : La morte di Priamo. — Achille che restituisce Briseide. — Socrate che beve la cicuta. — Socrate che congeda la famiglia. — Il ritorno di Telemaco in Itaca. ‘Ma aveva di poco terminato iil mausoleo Ganganelli quando gli fu commesso di far quello del Rezzonico, (Clemente XITI. ) che nel 1792 fu innalzato nella basi- lica di .s. Pietro. Dopo avere spiegate le maraviglie del- - l’arte e dell’ingegno in quello del Ganganelli , dubitavasi ‘da’ ‘suoi stessi ammiratori; che potesse un altro scolpirne ‘di egual merito; ma il dabbio si cambiò in maraviglia quando fu scoperto il grandioso deposito del Rezzonico. Invano alcuni severissimi critici non portarono favorevo- le giudizio de’ panneggiamenti della statua della Religione. 24 I due bellissimi leoni , uno dormiente l’ altro. svegliato:, che sono a’pie dell’urna ; quel genio veramente divino ‘ nelle di cui membra vedonsi tutte le più sublimi.parti | del bello ideale; la gigantesca figura del Papa genuflesso ; il quale sembra veramente in colloquio con Dio, . In quel ciglio mostrando e in quelle gote . Quanta parte di nume in lui si serra imposero silenzio all’ invidia, e può dirsi che Canova do- po tale epoca più non avesse che ammiratori. E convien osservare ehe non erano in uso allora le pratiche che a poco a poco egli stesso andò introducendo ,.cioè di valer- si delle braccia subalterne per digrossare i marmi fino'all’ ultimo strato di superficie , il che fu da lui immaginato col perfezionare all’ ultimo grado i modelli sulla grandezza precisa in cui debbe condursi il marmo , ‘onde mediante l’ esattezza dei punti è ‘delle misure potesse meccanicamente avanzarsi il lavoro : V ultima ma- |; no però fu sempre da lui posta alle opere sue , portando: con questa i sassi a quella morbidezza, a quella dolcezza di contor- ni, a quella finezza di espressione , che inutilmente si è cercata, e difficilmente si troverà nelle opere de’ suoi contemporanei ; e la somma distanza che rimarrà fra questi e il Canova pare ver- rà segnata particolarmente da queste ultime finezze dell’arte, alle quali non potrà giunger mai chi non è addimesticato: al.. maneg- gio dei ferri, e crede raccomandar la sua gloria alle braccia su- balterne de’ lavoratori. L’ ultimo passo nelle arti, e le minime differenze sono quelle che costano il' più di sudori, e portano ai sommi risultamenti ; e in questo si ammirò l’ insistenza di Cano- va sino nell’ ultima delle opere sue. Ma pur troppo che I° abuso delle forze nei primi anni in cui condusse i gran monumenti, e la mancanza di quella fortuna che in seguito poi lo rese più,agia- to e più guardingo , valendosi di braccia subalterne nei \}isggni maggiori , indebolì grandemente la sua fisica costituzione;: e più volte egli stesso confessava di non essere più in caso di'sòstener l’ enormi fatiche che costato gli avevano i leoni nel. monumen- to Rezzonico, ‘certi paneggiamenti in quello di Ganganelli,,.e varie altre ardite e laboriose operazioni , che per l’ uso del tra- pano appoggiato al petto gli avevano di già prodotto una depres- sione nelle costole , e predisposto fors’ anche fino da quell’ epo- ca la malattia, per cui gli fu forza soccombere immaturamente. ( pag. 15. ) 7 25 ‘Troppodovrei scostarmi dagli angusti confini di com= pendiatore ; se additando le eovltissini opere di Canova, il quale lavorava con una celerità prodigiosa ( trattandosi di marmo e di perfezione) tutte volessi descriverle: onde sebbene la mia narrazione possa avere talvolta l’andamen- tod’ indice, non perciò mi scosterò dalla proposta brevità. Nello stesso anno 1792 terminava il nostro artefice la testa in marmo di un amorino , e cri bassi rilie- vi, cioè: . Ecuba colle matrone troiane, che presentano il «peplo a Pallade per mano della sacerdotessa Teano.— Danza de’ Feaci alla presenza d’ Alcinoo e di Ulisse.— L' apologia di Socrate innanzi a’ suoi giudici ed accu- satori, e-— Critone che chiude gli occhi a Socrate. : Nel 1793 replicava la statua della Psiche. Il suo splendido protettore, il cavaliere e senatore Zulian, aveva mostrata grandissima predilezione per la statua di questa ‘divina giovinetta; e Canova pensò, che difficilmente po- trebbe dargli una più sensibile testimonianza della sua gratitudine, quanto coll’ offrirgli una replica dell’ amica d’ Amore. Mentre stava lavorando intorno alla prima statua di Psiche, aveva pur fatto il modello del gruppo di Amore e di Psiche giacente, e questo condusse in marmo nel presente anno. Altra volta scolpì Canova questo maraviglio- ‘so gruppo; « e due volte dai duri marmi la più soave voluttà discese al cuore degli osservatori con magico incanto. ». i vw Nel .1794 consacrava alla gloria patria il monz- ‘mento che la riconoscenza nazionale ergeva nell’ arse- ‘male di Venezia all’ ultimo eroe della repubblica , il ca- val. Emo. i | Perl marchese Salsa Berio di Napoli faceva wr al- ‘tro gruppo di Venere ed Adone in piede nel 1795; e due ‘bassi rilievi, la scola de’ fanciulli, ed una Carità. Nel 26 susseguente anno terminava la. bellissima statua della Maddalena , ora, posseduta dal caval. Sommariva ; quella ‘ di Ebe che poi replicò più volte, ed un amorino salle ali per il principe di Goussouppof. Eseguiva nel 1797 un piccolo Apollo; preso dal model- lo del giovinetto Czartorisky, cinque bassi rilievi rap- pibeo i — Roma scrivente intorno ad un ritratto.— Danza di Venere colle Grazie alla presenza di Marte. — Morte di Adone. — Nascita di Bacco. — Socrate che difende Alcibiade nella battaglia di Potidèa. Il gruppo d’ Amore e Psiche in piedi ; che. con- tende di bellezza coll’ altro di Psiche ed. Amore in più .voluttusa attitudine ; un basso rilievo rappresentante Za città di Padova. Nel 1800 replicava per. madama Giu- seppina , poscia imperatrice , il gruppo d'Amore! e Psiche . in piedi; modellava una deposizione di Croce. eseguita in marmo dal signor Antonio d’ Este; fece in. marmo per il parziale suo amico, il pittore Giuseppe Bossi, la statua di Perseo col volto di Medusa, la quale per la;sorprendente sua bellezza piacque al pontefice Pio VII di collocare nel museo vaticano , dove pure furono collocate le statue; dei gladiatori Creugante e Damosseno, terminate in ‘quello stesso anno. Eseguiva unareplica del Perseo, con, leggeri cambiamenti, e lavorava intorno alla statua cinica di Ferdinando IV re di Napoli. Appartiene al 1802 il gruppo colossale di daia e Lica , in cui volle il nostro artefice smentire. coloro che lo credevano atto soltanto a trattare soggetti teneri e. gra- ziosi; ed.al.1803 la statua colossale in marmo: di Carra- ra rappresentante l’imperatore, Napoleone y al. quale oggetto era stato chiamato a Parigi, e colà ne aveva fatto il modello. La statua di Palamede, maggiore del vero, fu fatta nel 1804; ed eseguì nel .1805 il busto di Pio VII da Canova regalato ‘all’ imperatore Napoleone; quello di S = M. Imperadore Francesco I, ed il grandioso monumen- - to sepolcrale eretto alla memoria di Cristina arcidu- . Chessa d’ Austria, che fu collocato nella chiesa. degli’ ‘agostiniani in Wien Modellava nello stesso anno un basso rilievo per un monumento alla memoria d’ Alferi; terminava la statua sedente della madre di Napoleone; quella della Z'enere vincitrice giacente , nel di cui volto aveva ritratta la principessa Paolina Buonaparte Bor- ghese ; la statua di Zenere che esce dal bagno, poco più grande della Medicea; e dava cominciamento al gruppo colossale di Teseo trionfatore di un Centauro, ed alla sta- . tua di urna danzatrice. Nel .1806 faceva il monumento sepolcrale destinato alla figlia della marchesa di Santa Crux, nata Holstein, di cui non può vedersi nè più bella nè più commovente invenzione ; un vase sepolcrale con piccolo basso rilievo eretto alla memoria della baronessa Deed, e la statua sedente che rappresenta la principessa ca Este- ic Lictenstein. Un secondo monumento sepolcrale in. marmo con figura colossale rappresentante l’ Italia in piedi che piange sull’urna d’ Alfieri è lavoro del 1807, ed. ora esiste‘in Firenze nella chiesa di santa Croce ;..come pure ‘appartengono: allo stesso anno un altro lnetà in marmo «di Pio VII; due altri busti simili del cardinale Fesch e della principessa Paolina ; due statue di Paride, una per l’ imperatrice Giusoppitlal l’altra per il principe ere- ditario di Baviera; il modello: della colossale statua eque- | stre di Napoleone che doveva fondersi in bronzo; ed un | piccolo modello d’ingegnosissima invenzione per un me- numento da'erigersi all’ ammiraglio INelson: Ho di già parlato della memoria sepolcrale eretta da Canova al suo illustre amico Giovanni Volpato ; sebbene non eseguita che nel 1808; nel quale anno eseguì altri quattro cenotafî; due al conte di Sousa, ambasciatore porto- 28 ghese presso la Santa Sede ; uno al suo primo mecenate j il sig. Giovanni Falier ; verso il. quale:conservò fino-alla. ‘ morte la più viva riconoscenza ; l’ultimo al principe Fe- P derico d'Orange. Cominciava dello stessso anno'la statua eroica maggiore del vero rappresentante Ettore nudo colla clamide sulla spalla sinistra ; la statua della musa T'ersicore ‘ordinatagli dal cav. Sommariva , ed una repli- ca della stessa per il caval. Simone Clarke. Faceva inoltre il busto della principessa di Canino , ed una replica del Paride per l’ ambasciatore di Francia. Per commissione del principe Eugenio vice re d’Italia faceva un’altra Maddalena, e due danzatrici per altri personaggi nel 1807; e ne' due susseguenti anni, la statua sedente che rappresenta Maria Luigia imperatrice di Francia; figurata sotto il simbolo della Concordia, (1) che fu poi trasportata a Parma, e quella di 4jace semi- colossale, che viene ad essere la compagna di. quella di Ettore. Finalmente nel 1812, dopo avere fatti i ritratti di | tanti illustri personaggi, fece il proprio busto in. marmo di. forma colossale. Per le provincie venete fece nello stesso. anno la statua sedente della musa ‘Polinnia; il busto della principessa di Lucca Maria Elisa'!; una sta- tua in piedi rappresentante la Pace, ordinatagli del con-. | te di Romanzoff; due busti simili al vero del re Murat e della regina sua sposa ; due cenotafi per la sposa e per lo zio del conte Giacomo Mellerio, ed uno alla memoria della sua madre e della ‘signora Luigia Giuli; alle. quali l’amoroso. Canova professava piirticolare;o amicizia e rico- noscenza. ;, Ne” enna anni trovavasi semipre,. occupato in. (1) fo statua è stata recentemente illastrata dal chiar. sig. M. Leoni, in un’ operetta che porta il seguente titolo — Descrizio- ne di due statue di A. Canova. Prosa dî M. Leoni. Le più: Chirio e' Mina. 1823. 29 far repliche de’ precedenti lavori, avidamente ricercati da tutti i signori che hanno gusto per le belle arti; onde non ricorderò che: Il modello colossale fatto nel 1815 di una statua PPFOrcntardo la Religione ja eseguirsi in marmo, proporzione di palmi Hel e più; e su questa idea, con | qualche variazione , replicò altra statua della Religione di grandezza maggiore del vero per un signore inglese . La statua sedente di Washington, in atto di scri- vere gli ultimi avvisi all’ assemblea degli Stati Uniti. Fu terminata in marmo nel 1820, e trasportata in America. Statua colossale del pontefice Pio VI. terminata nel 1822, e collocata a s. Paolo. Non tenendo conto delle opere cominciate e non finite nello studio, l’autore ha scolpito di propria mano: 53 statue, 12 gruppi, 14 cenotafi, 8 gran monumenti , 7 colossi, 2 gruppi colossali, 54 busti, dei quali sei colossali , e 26 bassi rilievi modellati, dei quali uno solo condotto in marmo. Dimodochè scolpì oltre cento statue di tutto tondo nelle t76 opere di scultura che non uscirono dal suo studio senza es- sere da lui perfezionate ; e dipinse 22 quadri, non conteggian- dosi l’ immenso numero di studi, disegni, modelli che sono rac- colti nel suo gabinetto. Se non fosse indicato il luogo ove ciascuna ‘ delle citate opere si conserva , potrebbe credersi questo catalogo esagerato , poichè , detratti i lavori giovanili, tutto questo fu ese- guito nel giro di 30 anni circa. Dei diversi quadri da lui eseguiti, non riéanderò che | quello fatto per la chiesa di Possagno sua patria, alto pal- mi 27, rappresentante l'apparizione dell’ eterno Padre alla Beata Vergine Maria , alle Marie e discepoli, sopra il suo Divino figliuolo morto. I sommi ingegni apppartengono a tutte le nazioni, e le vicende politiche che sogliono inceppare nell’incerto loro cammino i-mediocri; contribuiscono alla maggiore celebrità dei primi. Canova occupato ne’ suoi studi si ten- | ne lontano'da tutto ciò chè poteva rapirgli alcuni de’pre- ziosi istanti sacri alle arti; e quando stanco del lungo 30 operare sui duri marmi deponeva lo scalpello ; la' pittu= ra ponevagli in mano i suoi pennelli, invidiando alla sua. sorella il moderno Fidia , che ben poteva essere 1’ A.pelle del nostro secolo, se i primi suoi studi si fossero volti al- le tele e non ai marmi. Poche cose io dirò della vita privata: di così grand’ uomo, il di cui bell’animo , la dolcezza, l'amicizia, la gratitudine , il disinteresse si palesano ne’ suoi lavori. Di carattere modesto e timido anzi che no ;, innanzi agli augusti capi della Ghiesa ed ai gran re che lo onoravano della splendida loro protezione , si mostrò ri- spettoso senza viltà; e mai:non invanì del favor loro, ac- cogliendo con grato animo, senza però ricercarle, le onc- rificenze , le pensioni, i titoli, onde vollero ricompensare le sue virtù. Alle corti di Parigi, di Vienna, di Londra, di Napoli, conservò illibati quegl’ingenui costumi che l’ave- vano accompagnato dall’ umile Possagno a Venezia ed a Roma. Affettuoso cogli amici, urbano, dolce, generoso cogli artisti, non isdegnava di consultarli nelle difficoltà; dell’ arti, e generoramente li soccorreva ne’loro bisogni. E per tal modo l’invidia sforzata al silenzio dalle immortali sue ope- re, avrebbe dovuto rispettare un uomo, le di cui virtù mo- rali onoravano quelle del sublime artista. Ma egli aveva in Parigi caldamente arringata la causa di Roma e del- l’ Italia, quando vi fu mandato per chiedere ai sovrani, che in allora avevano in mano i destini dell’ Europa, i tanti antichi e moderni monumenti delle belle arti por- tati tre lustri prima al di là delle alpi; e si formò tanti nemici e detrattori, quanti erano in Francia gli artefici’ e gli appassionati amatori delle arti. Ma Canova obliava quest’ingiusta guerra tra le dolci cure delle arti, ed in particolare dell’ augusto tempio ch’ egli inalzava all’ Ente supremo nell’ umile villaggio che lo aveva veduto nascere, e che fu da lui renduto non meno famoso del vicino Cadore che produsse Tiziano Ve- cellio. Ma questi non aveva fatto per abbellire la sua pa- Pr gn: 31 tria che pochi quadri, ed i cartoni peri freschi della chiesa principale: Canova invece ergeva in Possagno un . magnifico tempio , che doveva essere il più illustre testi- | monio delle profonde sue cognizioni, e dello squisito suo | gusto nel trattare le arti sorelle, come della sua pietà verso Dio, e carità verso la patria. A questo magnifico lavoro | consacrava quasi ogni anno alcuni mesi, e le sue ricchez- ze; ma essendovi venuto nel 1822, mentre trovavasi a Venezia , fu sorpreso da grave infermità di petto, di cui già da alcun tempo ne aveva sentito i sintomi, e spirò con filosofica rassegnazione tra le braccia del fratello e degli amici. Il medico Paolo Zannini nell’ accurata descrizione della malattia che lo rapì alla gloria delle arti nell’età di 64 anni, osserva che negli ultimi istanti, e quando già la morte occupava quasi tutte le sue membra ; il volto improvvisamente si colorì, i suoi occhi brillarono di nuo- ‘va luce, ed apparì quasi assorto in profonda estasi. Erano a ciò presenti i suoi amici, e tutti ne furono maravigliati. La di lui anima avvezza a meditare i divini concetti , e le maravigliose invenzioni dell’arte sua, svolgendosi dal- le mortali spoglie, mosse per l’ultima volta gli organi per cui riceveva tante belle immagini. Al grand’ uomo, che tanti immortali monumenti eres- se in Italia e fuori, si apparecchiano in Venezia ed altro- ve splendidi mausolei , che serviranno ad incoraggiare i giovani artefici sulla difficile via della gloria ch'egli apriva loro, e ad attestare la gratitudine degli italiani, e l'amore loro per le belle arti; ma che nulla possono aggiungere alla fama che Antonio Canova acquistò colle sue opere. E qui crediamo dover riportare alcune considerazioni con cuì il nostro biografo chiude il suo interessante lavoro, non sembrandoci suscettibili d’ analisi. Numerosissimi furono gli scrittori che trattarono di Canova e delle sue opere , lui vivente ; alcuni riguardandole come og- getti d’arte, e tenendo il linguaggio proprio a tal uopo, altri 32 i sfiorando: eleganza di concetti sulle invenzioni , e ragionando di. lui come suol farsi in un commentario , ed altri abbandonandosi interamente all’ inspirazione poetica : tutti però sotto qualunque aspetto gli resero omaggio. Ma difficilmente potrà da tai scritti la posterità rilevare abbastanza il merito dell’ Artista , poichè o nudi di tavole, o accompagnati da piccoli e magri contorni. Del qual modo d’ intaglio , come si legge nelle sue lettere, egli era alienissimo e mal soddisfatto. L’ unica opera veramente grande che , per quanto da disegno e da intaglio si possa render con- to del rilievo, potrà soddisfare la posterità , è quella che pub- blicò egli stesso in gran foglio ,‘a ciò avendo impiegati li primi disegnatori e i primi intagliatori di Roma con enorme dispendio. Se questa verrà scortata da un testo suecinto e succoso, e pre- ceduta dalla vita dell’Artista , sarà il mezzo più atto a render ragione di lui presso tutti coloro che non ebbero la sorte di am- mirare i suoi marmì. Il grado di stima, che presso tutte le nazioni ottenne il Canova vivente, è uno de’ più bei fasti dell’ arte e del merito retribuito : chè non solo in Italia riscosse l’ ammirazione de’ suoi contemporanei , ma in Francia ebbe per sinceri ammiratori gli uomini del gusto più delicato e gl’ imparziali giudici del bello , che che ne abbia detto taluno , che a torto volle gravare i fran- cesi di fredda estimazione per un tanto uomo , mentre n’ ebbero ibfinita ; e l’ accoglienza che ne’ consessi dei dotti egli ottenne, e il culto che vi ebbero le sue opere, e il prezzo a cui venne taluna di queste venduta , e il dolor pubblico che sentirono tut- ti quei buoni per la sua morte, faranno pur sempre conoscere come i francesi opinarono intorno a Canova; che non valse a scemare agli occhi loro il di lui merito reale nell’ arte lo zelo ardentissimo ch’ egli dimostrò per ritornare dalla Francia all’Ita- lia le spoglie preziose ch’ egli venne inearicato di ottenere. Lo stesso può dirsi, e ancor più , dell’ Inghilterra, ove passò per brevi momenti «dopo il suo ultimo viaggio a Parigi, e dove gli onori e le accoglienze le più distinte gli vennero prodigate con esuberanza veramente generosissima. Ma ciò che più avidamente e più comunemente sentesi do- mandare allo storico si è , se Canova giugnesse alla greca eccel- lenza, in qual parte la adeguasse , e per qual modo si alzasse sugli scultori che ricomparvero in Italia ne° secoli di Giulio e di Leone. La gelosia dei viventi, non tanto degli scultori, quanto degli altri artisti che coltivando studi, nei quali l’odierna medio- crità è a molta maggior distanza da Raffaello , che non lo è Ga- 33 nova! da’ Michelangelo 3 non vorrebbe sentir pronunziare una tal | decisione. La lealtà dell’ interno sentimento però di chi abbia dimestichezza colle arti appianerà le difficoltà che affacciar si po- trebbero in questo esame , e il voto ingenuo della posterità met. terà l’ artista inappellabilmente al suo tego! | Noi veggiamo che gli scultori del quattrocento condussero ‘l’arte a un ‘grado di eccellenza , particolarmente in ciò che ri- guarda l’ espressione , e quell’ unzione e semplicità , con cui si raffiguravano i soggetti devoti, mentre le arti servivano al culto che prima d’ogni altra causa contribuì al loro risorgimento ; e fu allora che i marmi spirarono timidamente tutta la dale È la pietà, il commovimento religioso, dettato dalla pura imitazio- ne del naturale , finchè poi subentrò 1’ avida brama di sorpren- dere e mettere più in evidenza |’ artista col sagrifizio dell’ inge- nuità degli affetti. Allora fu che impadroniti nelle pratiche gli artisti del 500 , scolpirono con maggior ardimento , ma col tipo del loro ideale, cercato poi fuor. dell’ antico colla speranza d’ emergere più originali, scossero quel che credevano giogo di servile imitazione della natura ; e largheggiarono troppo per uno spazio , nel quale di licenza in licenza ogni severità venne ab- bandonata da coloro che successero nell’ età posteriori ; e privi della forza e della scienza del Bonarroti , non seppero farsi per- donare que’ difetti ch’ egli riescì come scultore a far quasi ido- | latrare nel suo secolo. ‘ Ognuno quindi troverà CiiMeatemcdte Canova ‘al disopra dei luminari di queste due epoche ,. mentre non arida e non timida la sua imitazione del vero , non falso o conducente all’ errore. il suo largheggiare nell’ ideale , trovò quel punto medio della felice e inseparabile unione dei due generi di imitazione , tra’ quali è il sentiero della perfezione ; e se il Bonarroti lasciò gran nome di sè nelle opere di pennello e nelle architettoniche , non.è d’uopo che lo storico divinizzi i quadri che Canova dipiose , nè il gran tempio che costrusse per tenerlo in bilancia con Michelangelo, mentre la superiorità gagliarda dello scarpello equivale con ri- dondanza a ciò che potesse mancargli nelle altre due facoltà. Quanto egli poi s’ accostasse alla greca eccellenza vedranlo tutti coloro , che in mezzo a molta libertà e novità di concepimenti; i quali nell’ antico ‘e nel cinquecento non hanno prototipi , e nei quali egli emerse affatto orignale, vi scorgeranno una giustezza, una sobrietà , una proprietà di stile che non isfoggia mai e non confonde in un’ opera le prerogative essenziali di un’altra, ma in tutte poi, qualunque sia la varia scelta delle forme, dei pan- T. XII. Novembre 3 34 neggiamenti , delle parti componenti il suo tutto 3 vi ammirerà una perfezione scrupolosa nelle estremità , una somma dolcezza in ogni contorno , un singolar modo di grazia che senz? affettazio- ne fa muovere il collo, dando un bel giro al capo e una collo- cazione oltremodo felice alle spalle ; una giustezza singolare in ogni giuntura : e sopra ogni cosa poi troverà un magistero non discosto da quel degli antichi nell’ esprimere la carnosità e» gli effetti della pelle , senza mai cader nel minuto o nella imitazione . troppo servile. Direbbesi aver egli impresso da prima tutto il divino dell’ ideale nelle sue figure , per poi richiamarle , quasi direbbesi , allo stato della umana condizione , spargendovi qua e là quelle piccole orme di naturale ch'egli attentamente spiava nel vero, e che come ultimi tratti di magistero egli imprimeva nelle opere sue, le quali cessavano dall’ esser pietra , e si ram- morbidivano cogli ultimi suoi tocchi , acquistando ‘una straordi- naria mollezza. si Della finezza poi e proprietà dell’ espressione avranno diritto e debito di parlare tutti coloro che , dotati di percezione squisita hanno osservate le opere sue senza bisogno di essere iniziati nel- l arte. La veemenza: con cui Ercole scaglia Lica nel mare; la nobiltà eroica con cui Teseo doma il Centauro ; la varietà de’ ca- ratteri dell’ Ettore e dell’ Ajace , desunta dall’ essersi impadroni- to dell’ omerica dottrina ; la devozione del pontefice ‘ Rezzonico ; il dolor cupo della famiglia nel deposito della Santa-Crux ; la forza elevata del Creugante , la fellonia del Damosseno , la di- gnità senza orgoglio con cui siede il Vashington, la commozione che desta negli animi il gruppo della Pietà , senza parlare degli oggetti dolci e delicati che conducono a sentimenti di voluttà sempre però pura e innocente , tutto questo servirà di scorta per misurare il merito dell’ artista in qualunque confronto. Quantunque Canova possa non aver raggiunta l'eccellenza de’ greci maestri , specialmente in quelle pochissime opere, ove si ravvisa una qualche imitazione dell’antico, benchè troppo a discapito del moderno scultore tornar dovea la greca perfezione , e le prevenzioni ben giuste , e la fama di cui godevano da tanti secoli quegli aurei modelli, nondimeno Canova è il solo finora che abbia ciò osato con non comune fortuna , siccome attestano le sue statue del Perseo e della madre di Napoleone, le quali ricordano con grande evidenza , senza rimaner di tropo oscurate, l Apollo e l’ Agrippina. E altresì ognuno vedrà come poi allor- quando non si trattò di spigolar sui campi mietuti, ma di emer- gere ‘veramente originale , produsse tali opere da onorare assai ar a ft: 35 - fiiabaimente il suo. secolo. Sono per anche poco conosciute le due statue colossali dell’ Ettore e dell’ Ajace, cui non mancava che Lil pulimento , le quali teneva egli nel suo studio per operarvi . ‘qualche modificazione, ove gli fosse accaduto di conoscerla neces- ‘ saria avanti di emaneiparle ; e sembra che que’ due lavori mol- to' serviranno un giorno a far venerare il nome dell’ Artefice , quanto la: figura del Pontefice orante , il Cieco nel Monumento di. Cristina, la Maddalena , i Leoni, i Pugillatori , il Paride, l’ Ebe, la Polinnia, il gruppo della Pietà , dei quali non trova- ‘sì indicazione veruna , non che ricordo nelle opere dell’ anti- ‘chità. Riescirà fra breve d’ istruttivo e piacevole jtfattenimento il ‘vedere esposti nel suo gabinetto gli studi fatti sui varii carat- iteri del vero. d’ ogni età, d’ ogni sesso; i saggi d’ ogni genere di ‘pieghe poste sul vivo e sul modello con infinita varietà di stof- fe per la. differenza degli effetti ; i pensieri originali in carta, in creta , in cera, in grande e in piccole dimensione ; dalle quali ‘cose trarrà infinito. pascolo }’ amatore e 1’ artista. L’ estensore della sua vita dovrà dare forse alcune più precise indicazioni sui suoi difetti : indicazioni che diede candidamente egli stesso : ma la ristrettezza di proporzione , in cui dovea tracciarsi questo Qua- «dro prospettico della sua vita, non permetteva di farne gran conto: e si sarebbero perduti nell'oceano della luce che egli ha ‘diffusa , oltre di che volendosi presentare con pochi tratti l’idea dell’uomo straordinario, i piccoli nei non potevano apparire sen- ‘sibili che alla lente del pedantismo. T. Sulla lingua SAMSKBDAMICA, detta volgarmente Sam- SCRITICA, sui progressi che si sono già fatti, e su Quelli che si vanno presentemente facendo in .. Europa netto studio della medesima . Hagnbaliicntà di Domenico. VALERIANI. " i * Cento anni sono, conoscevasi in Europa appena il nome dell’ idioma samscritico; e nessuno fra i dotti di quel tempo s'attentava peranco a rivolgere le sue cure a «coltivarne lo studio, perchè si reputava come impossibile il conseguimento di un linguaggio, non solo difficilissima, 36 ma eziandio il più recondito ed arcano, come chiamavasi allora (1). Credevasi pertanto, che la cognizione e l'e- (1) Questa lingua infatti presenta grandissime difficoltà a tutti quelli che vogliono apprenderla, non tanto per la moltipli- @ cità delle regole grammatieali , per la copia delle parole e per la loro difficile costruzione , come pure per la semplice lettu- ra; avvegnachè non usandosi alcuna specie d’interpunzione nei. - P testi samscritici , ed ancora le ultime vocali di alcune voci pas- sando nelle prime delle voci seguenti, elidendosi e cangiandosi , e di due sorgendone bene spesso una terza, che non è nessuna di quelle, ma vî° sono incorporate ambedue, ne avviene per tutte queste ragioni che un intiero verso, € talvolti una intiera pagi- na sembra una sola parola. E ciò fece credere, non mi ricordo a qual viaggiatore inglese, che nella lingua del rel vi si trovassero delle prole di cinquanta , sessanta, ed anche di cento sillabe. Questo povero diavolo non intendeva niente di samascritico, e non aveva neppure tanto ingegno da capire, che non vi è lena umana che possa proferir tali parole ; e che essendo le lingue ope- ra degli uomini, deve credersi che le abbiano formate tali da potersi anche pronunziare dagli uomini. Alle difficoltà sopra enunciate circa la lettura , si aggiungono ancora quelle che procedono dalle lettere dette dui brahmani , completorie , le quali si pongono fra una parola e l’altra, così che talvolta non si può conoscere nè il principio , nè il fine delle voci, collegandosi esse insieme come anelli di una catena, e non, possono distinguersi e separarsi l’ una dall’ altra , che da te: sia peritissimo della lingua. Ed a proposito delle difficoltà di questa lingua, racconta l’ autore dell’ a/fabeto indostano, a pag. 105, che il Brahmane Balgovinda gli diceva, che ne trovava Mt giorno delle nuove, come vi trovava sempre nuova copia di pa- role e di frasi, nuova maestà e nuove eleganze. Lo stesso dice- va al P. Paolino da S. Bartolommeo un altro Brahmane suo maestro che si chiamava Xrshna , che aveva più di cento scolari, ed erano quindici anni che l’insegnava. E finalmente il signor IVinkins, avendo interrogato il Brahmane Kdshinàtha, cosa pen- sasse della grammatica brahmanica maggiore , gli rispose, che era certamente una selva inestricabile ed oscura. V. Asiatik. Rescarches, pag. 351. Tutti questi ostacoli però, e tutte queste spine. spaventar non possono che gli animi timidi e da poco; ma non mai gli animi nobili e generosi per i quali debbono servire di maggiore so AE 37 sclusivo possesso della lingua sacra dei sapienti dell’ In- die Orientali fossero riserbati ai soli Brahmani, come vquelli:che sono: i soli depositari della sapienza e della re- . ligione ad un tempo in. quelle già fortunate contrade. Il | fatto però ha mostrato ai giorni nostri tutto il contrario , poichè si studia oggi quest’idioma al pari di tutti gli altri dell’ Oriente, e sì trovano presentemente in Europa dei dotti, così versati nella favella samscritica, come lo sono . altri nella greca e nella latina. Nè passeranno forse altri | venticinque o trent’ anni ancora, che questa antichissi- ma, ricchissima, dottissima, e bellissima lingua, si ren- derà tanto. comune e tanto generale fra gli europei, quanto lo sono fra loro quelle dell’antico Lazio e del- l’Attica. E se questo avverrà, come abbiamo tutta la DA: ragione di lusingarci s mercè le assidue cure di tanti no- bili ingegni che impiegano tutti i loro sforzi onde pro- pagare i mezzi di apprenderla , ridonderà senza dubbio . in grandissimo vantaggio dei buoni studi, giacchè si po- tranno rischiarare , s' io mal non mi appongo, mediante la cognizione di essa, e col tradurre ed illustrare le ope- re che visi trovano scritte e che rimontano ad epoche ‘ assai.lontane, moltissime dubbiezze ed oscurità; e vin- cere tutti quegli ostacoli , che si giudicarono insuperabili finquì, e che si incontrano ad ogni passo in tutte quelle opere antiche, le quali servono di fondamento e di base ‘alle storie da noi conosciute. Potremo allora riempierne facilmente le mancanze, rettificarne le date, correggerne la cronologia, che si trova sommamente shate lia ed eccitamento onde intraprendere con più fermo proposito lo studio di una sì bella lingua, sicuri di vincere colla determinata volontà tutti gl’ impedimenti che s'incontrano pel di lei conseguimento; e riflettendo che tanto maggiore è il nostro merito, e tanto più sentita è la nostra compiacenza , nel giungere ad uno scopo che ci eravamo proposti, quanto più numerose furono le difficoltà, € quanto maggiori gli ostacoli che incontrammo per via.- 38 in Erodoto ed in altri greci scrittori, e teglierne i “pone quelle incertezze e quella confusione: che .i bene spesso i lettori anche 1 più ‘circospetti. ‘e. più seni Ml e li fanno andar soggetti ad un grandissimo: numero di . grossolani errori. Spariranno allora dalla storia antica mol: ti nomi di eroi, di re, di conquistatori, e non poche ri- devoli divinità dalla mitologia dei greci e dei romani ; che non sappiamo il più delle:volte ove collocare, nè per: il tempo nè per il luogo ;-e vi comparirà in quella: vece la realtà delle cose e dei fatti. E trovato così il modo di . porre tutte le cose al loro posto ed alla .loro epoca: nella storia, si spargerà una nuova’ ed'inaspettata luce nel- l’Archeologia di ogni maniera; ed ‘aprirassi una: strada’ più facile e più sicura alle indagini di quelli che ‘amano . d’investigare le vere origini dei popoli ; le loro mescolan= ze ed affiliazioni; e Je vicende' politiche e religiose che ne hanno cambiati, guasti, o corretti gli usi ed'i costumi. AI che potrebbero contribuire» non: poco le strepitose!sco- perte fatte in questi ultimi tempi dai viaggiatori europei nell’alto Egitto e nella Nubia, e quelle che vi si faran= no in seguito , se gli archeologi fossero più dotti di quello che sono generalmente, e volessero portare.un:poca più di filosofia e di critica nello studio delle cose egiziane; spogliandosi prima ‘di tanti piccoli pregiudizi nazionali ; ed anche municipali , che non' servono ad altro che ad arrestare ed impedire i pani della iscienza:ida lor coltivata . | itlindì Ma per tornare al punto d’ onde mi son sdiparcitai ;$ farò una brevissima storia della lingua samscritica, e par- lerò più rapidamente ch'io possa della sua antichità; della sua maternità, e de’ suoi pregi. Mostrerò quindi: come; quando, e per qual modo si cominciò ad averne qualche notizia in Europa; ed indicherò i in fine i principali | lavori fatti finora intorno ad essa, ed in quale stato,si trovi pre; î sentemente lo studio della medesima, fra gli ewropei , n È) ssi PE ASOLO 39 citando-anche i nomi degli uomini più periti. nella cogni- zione di essa } affinchè questo mio qualunque .siasi ragio- namento proteda con’ quell’ ordine e con. quella chia- | rezza'che si richiedono.in ogni scrittura ,e principalmente in quelle del genere didascalico. “La lingua samscritica, come volgarmente e corrot- tamente si chiama in Baropa s ed il di cui nome vero, sincero; genuino ed originale è samskrdamica, come vien detta nel sublime vocabolario brahmanico, denomi» nato Amarasinha dal suo autore, altro non è che una lingua accuratamente coordinata,ed in tutte le sue parti perfetta, secondo il significato del suo stesso nome; poi- chè la voce samskrda , vuol dire, cosa ben disposta, cosa perfetta , cosa accuratamente coordinata , cosa in tutte le sue parti compiuta. \ Ella si dice ancora impropriamente gramthamica, dai libri formati di foglie di palme, che in samscritico son dette gramthàm, e nei quali questa sacra lingua è Scritta e contenuta; come se dir si volesse lingua dei libri, avvegnachè non è questa in fatti una lingua co- munemente parlata, ma solamente scritta , come sa noi la latina ; ed è riserbata soltanto per le cose sacre, per le scienze più sublimi , e per la poesia, essendo ordinaria- mente dettate in versi tutte le opere più antiche finquì conosciute in questo nobilissimo linguaggio. E lasciando da parte gli altri moltissimi momi tutti erronei, che fu- rono dati e si danno ancora dagli ezropei a questo idio- ma , passerò a parlar brevemente della sua antichità. © L’antichità della lingua samscritica non può essere che remotissima , poichè la di lei origine rimane involta nella ‘caligine delle favole ; e se dovessimo prestar fede al racconto che ne fanno i brahmani , ella rimonterebbe al principio del mondo. « Fingono essi dunque, che il loro supremo Nume Ishvara; che significa signore, padrone, nella creazione 4o stessa del mondo, ardentemente. bramasse. di compiere questa ‘creazione ,.e che fosse preso dal più vivo desio di possedere una:donna; il tutto però per forza d’ immagi- nativa,e per l’energica sua virtù. Investito da questa bra- ma violentissima, nacque improvvisamente alle sue spalle, o meglio ancora al suo fianco, una donna chiamata Sakti, che vuol dire, forza, potenza; virtù suprema. Allora il maschio Dio Zshivara si tolse. immanti- nente in moglie costei; ed il primo discorso, anzi la pri- || ma parola che questo Signore e Creatore pronunziò , fu, Hum, cui la dona divenuta già Dea, rispose, Om. Quindi acceso dell'amore di compiere Ze. generazioni. e le produzioni, ed incominciando la grand’opera della creazione , disse a Sakti; Hum? vale a dire: vuoi tù? a cui la dea rispose Om, od 4m, le quali voci significano ambedue, sì voglio; sì certamente si faccia; così sia. Alla quale Ishvara nuovamente disse : Hum nama Shi- vaya ? che è quanto dire: Non si debb’ egli adorazione a Shiva? cioè ad £shvara, che è lo stesso che Shiva. Il. che equivale a queste altre frasi: Si deve egli adorar Shiva? Vuoi tu che si adori Shiva? E la dea soggiunse, Om, cioè, sì voglio che così si faccia; voglio che si adori Shiva. Donde ebbe origine questa orazione liturgica celebre in tutta le Indie orientali; Hum nama Shivaya, Om; che vuol dire, come. abbiamo osservato. Z°woi tu che si adori Shiva ? Sì certamente, voglio che cosi si faccia, voglio che si adori. La quale orazioncella , tolte però la prima el ulti- ma parola Yum ed Om, vien chiamata in Samscri- tico, Panciaksharam, ossia l’orazione di cinque lettere; ed è la principal nota caratteristica della setta shiperitica, di quella cioè che adora Zshvara, o il Dio Shiva. Ed è pure la prima e la più santa orazione, nella quale è fondata la scienza e la devozione, e nella quale consiste la religione degl’indiani. Quelle due particelle poi, Zum i hi ed Om; sono.sacre per tutti i popoli dell’ Zndie e del |. Tibet chele hanno sempre in bocca, e formano la base ed il fondamento della religione indico-tibetana, e della devozione gentilesca. Composta che ebbero il Dio e la Dea questa prima orazione ; la seconda così prese a dire al primo, cioè Sakti ad Zshvara. Hum Narayana namà ? cioè: si deve egli adorare Narayana, ossia il Dio Vishnu ? A cui ri- spose il primo: 072; cioè, sì, si faccia , si adori. Questa seconda proposizione, od orazione, è il principal distinti- vo della setta vishnuvitica , ossia di quella che. adora ‘principalmente il Dio Vishnu; e la ripetono così spesso i suoi seftarii;, e con tanta fiducia , che nei pericoli, in punto di morte e nelle malattie, la pronunziano conti- muamente , nè sorgono mai dal letto senza dirigere que- sta orazioncella al loro Dio Vishnu. Dal che si conchiude con ogni certezza che questa è il cardine della setta vishnuvitica e della sua religio- ne, come lo è l’altra della shiveritica e della sua reli- gione. Ed è questa anche l'opinione stabile, ferma ed ‘universale di tutti gl’ indiani, che i due culti, cioè di Shiva e di Vishnu, fossero istituiti nella creazione del mondo, nello ‘stesso principio delle cose, dal supremo Dio Zshvara e dalla Dea Sakti; come tengono pure per certissimo , che fossero ancora proferite in quel tempo medesimo le due particelle Yum ed Om, colle quali son persuasi che siano state create e prodotte tutte le cose. : Compiute queste due orazioni , il Dio Zshvara, 0 Shiva , e la sua moglie Sakti, proseguendo l’opera della creazione , formarono per mezzo di un ulteriore colloguio . le cinquantaquattro lettere dell’ alfabeto , cioè le radicali, dalle quali risulta l’ alfabeto samscritico. E quindi nasce che gl’ indiani, egualmente che i tibetani, hanno tanta devozione per queste lettere, e le tengono in tanta stima, ‘ perchè sono persuasi che queste siano state pronunziate 4a, da Dio , e da lui siano state ene e “prodotte” nella creazione del mondo: ‘ Ri Benchè però l’ origine ‘della ting samscritica, 0 samskrdamica , tal quale si racconta dai brahmani sia ridicola e favolosa, ciò nulla nuoce alla'di lei remotis- sima antichità; anzi ne serve di valido argomento, perchè è già provato che le favole sono più antiche delle vere . istorie; e non mancano prove che ne convincano dell’uso di questa lingua nei più antichi tempi. Plutarco nel suo libro de Iside, alla voce Mitra o Mithra, che fa usata dagli antichi persiani per denotare il sole , o come scri- ve Quinto Curzio, lib. 4. cap. 13; per indicare il. fwoco . sacro ; e vedasi pure lo stesso istorico, lib. 8, Cap. 19; alle voci Meron e Nysa. Si osservi anche l'iscrizione în marmo del’ Toro Borghesiano esistente nella villa Borghesi posta ’ sul monte Pircio , uno dei sette colli di ‘Roma; pubblicata nel libro de mortibus persecutorum, dal P. Edoardo da Santo Saverio , insigne editore delle opere di Lattanzio da Fermo; la ua suona così: Vama Sebesio , cioè Deo. Soli. a viétos Mithrae. Vedasi poi il commentatore di , Aristofane nella commedia intitolata gli Uccelli, ove chiama Sebesio, Dionisio, ossia it Bacco indico, vò TE CeR&ésiv, cioè, dalle liceo di ellera. E Cicerone nel li- bro secondo delle Zeggi ove dice, che Sebatius, et qui- dam alii Dii, peregrini judicati, e civitate eiciuntur. E Plutarco stesso nel libro della vita di Alessandro Magno ; ove asserisce che il nome del Brahmano Calano era stato corrotto dai greci. i Finalmente, per tralasciare gli fintichi e venire ai moderni, vedasi Niebuhr, tom. 2.°, alle voci’ Radya e Nakshi ‘Rustram, sibeda le quali furono da lui tra* scritte dalle rovine di Persepoti. E se vengasi a dimo- strare che queste voci sono indiane e precisamente sam skrdamiche , basterà ‘questo solo argomento, per tacere 43. degli altri, , onde persuadere che la lingua samscritica, non solo è antichissima nelle. Indie} ma' eziaridio , che molti vocaboli di essa si sparsero anche nella Persia non solo. ed in altre regioni dell’ Asia } ma ancora nella Grecia e nel Lazio. Cominciando dal vocabolo Mitra, per dimostrare che esso è di origine indiana e ‘samskrdamica, basterà aprire il sopracitato vocabolario brahmanico, detto Ama- rasinha ; e si vedrà nel primo cap. sorgga varggam, che il Wécabolo Mitra significa infallibilmente il sole , i di cui nomi son questi: Sura, Suraya, Aryama, Bashkara, Tarani, Mitra, Grehabadi, Bhanu, Mahira, e simili. Onde suol dirsi in samscritico, Mitra prabhà, per signi- ficare lo: splendore del sole. Così leggesi pure nel libro intitolato Sambhavam, ossia genesi delle cose. Mitrende raéshmi polum cellade pukàn'; cioè, affihchè i raggi dél sole non lo molestassero, entrò in una selva. . Mitra poi; che si deve scrivere senza l’/, la quale vi è stata.intrusa ‘dai grecî che lo scrissero col 8, come fu- rotio ‘\da' essi corrotte ‘molte. altre parole indiane , a con- fessione dello stesso Plutarco , nel luogo citato ; significa fra-le altre ‘cose anche amico. Intorno ‘al qual significa- to’ sì \consultino il Zessico ‘samskrdamico del P. Ernesto Hanxleden, missionario apostolico alle Indie, ‘ed uomo peritissimo dell’idioma' samscritico; il dizionario del Pimentelio', Arcivescovo di 'Cranganor, ed il lessico del P. Biscoping. | Ela ragione di ‘un’ tal significato, è dedotta dalla pitt poichè nella manièra stessa che il sole risplende ; arde riscalda, ‘e fomenta } così i doveri dell’ amico, sono di'risplendere, ‘ardere ; riscaldare, e fomentare; come ‘saviamente riflette il dottiàciimo P. Paolino da s. Bartolommeo, nelle sue osservazioni sopra Amarasinha. Sulla'di ‘cui abitichiao ed aùtenticità non può cadere alcun dubbio; ‘essendo questo'il ‘primo classico che posseggano 44 gl’indiani, e quello che faccia la maggiore antorità Bi. fatto di lis samscritica: Male a proposito pertanto viene censurato Fortina» so Hide, per aver sostenuto che mitra significa, amico ; e peggio ancora fanno tutti quelli che osano asserire che questo nome non può essére che egiziano; i quali si pos- sono vedere presso il P. Agostino Giorgi, uomo. super- ficialissimo e di nessuna mente, alle pag: 79; 84, e se- guenti, del suo alfabeto tibetano, che non è altro che un pesantissimo e confuso infarcimento di erudizione male ordinata e peggio intesa. TICO, Ora dunque, se Shiva, terzo Dio della Trinità india na, o della Zrimurti significa fuoco e sole, come si raccoglie con ogni certezza dagli epiteti che gli sono dati da Ama- rasinha, e se questo stesso Shiva fu anche ai tempi no- stri corrotto e male scritto da diversi europei ,. così che alcuni lo scrissero ‘Chiva, secondo l’ uso della lingua fran- cese, altri Siba, altri Shio, altri Seda, ed alcuni inglesi Shiw , ed altri finalmente anche in altro modo, come fu gia osservato da Sornerat, tom. 2.° all’ articolo Chipa; chi potrà dubitare che anche gli ‘antichi, corrompendo questo medesimo nome , scrivessero invece di Shiva, St- ba e Sebe, ed all’ uso latino, Sebesius s Sebatius ed anche Sedazius ? Nessuno fra i dotti revoca ora in dubbio che: Nama sia un vocabolo indiano, e precisamente genuino sam- skrdamico , ed eccone gli esempi: Shri Gaenavadiè Na- mà ; cioè adorazione al Dio Genesa, o Ganesa ; la quale invocazione o adorazione, si. trova nel principio del li- bro intitolato Bhaeavadanti ove si cantano in, purissimo stile ed..in elegantissimi versi ‘l’apparizione: del Dio Krshna,le sue gesta, la sua:stirpe ed i soccorsi pre- stati ai i fratelli Pandavi. E così pure Mamà Guru, adorazione al inianetna ° Shivaye Namà ; adorazione al Dio Shiva; Namà Pida; 45 adorazione al padre; Narayena Namà, adorazione al Dio Narayen, o Vishnu; Deva Devaya Namo Namà, adorazione al Dio degli Dei, e simili, sono tutte for- mule che si vedono in fronte di tutti i Vibri indiani, e sono pure accennate nell'alfabeto Grandonico Malabari- co del P. Clemente Peanio Alessandrino, e nei dizio- narii citati qui sopra. Il senso dunque dell’ iscrizione borghesiana , riferita pocanzi, è quello ivi accennato, cioè adorazione a Sebesio , ossia al Dio Sole, invitto Mitra, | Non bisogna però confonder la voce Nàmam, o Nà- ma, coll’ a lunga nella prima sillaba, con /Namà, che ha la prima a breve, e l’ultima aspirata o lunga ; poichè la prima significa nome , vocabolo, e la seconda adorazione, essendo questa la radice del verbo adorare, che si coniu- ga così: ramadi , egli adora, (cominciando i brahmani tutte le loro coniugazioni dalla terza persona singolare del presente dell’ indicativo, diversamente dagli ebreî, siri, caldei, arabi, etiopi ed altri, che cominciano dal- la terza persona del perfetto }; namàsi, tu adori, namàmi, io adoro, ec. namàdu , adori quello, ec. Vedasi Amara- sinha , e la grammatica brahmanica intitolata Sidha- rubam, o l’altra più ampla e più sublime detta 77yd- karana . Esposte pertanto brevemente queste cose, per pro- vare la remotissima antichità di questa maravigliosa Îin- gua passerò a dimostrare la sua maternità , la sua ric- chezza ed il suo pregio. Si leggono nel primo tomo del Tesoro epistolico di . Teofilo Sigefredo Bayero, le seguenti parole citate an- che dal P. Giorgi !nella sua prefazione all’ alfabeto ti- betano, pag. 6, parlando delle lettere tangutiche. Tangu- tica elementa , dice egli, a Brahmanibus esse accepta y eodem tempore, quo indorum superstitio, septemtrio- nem, scythasque pervasit. Ed il signor Za Croze, nel- 46 i nin RR l’ epistola 42, a Giovanni Chamberlaino , conchiude “nella stessa sentenza, dicendo: Zndorum litterae, ab iis derivantur, quas Hamscrit , ( voleva dire Samscrit ) appellant, quibus brahmanes utuntur, quod et ceteras indorum gentes , superstitiones suas ab iis hausisse ap- pareat, Xacumque, qui vanis religionibus orientales plogas obligavit, inter brahmanes educatum , multa confirment. In questa sacra lingua sono scritte tutte le antichis- sime iscrizioni in lamine di rame, riportate dagli inglesi di Calcutta nelle loro asiatick researches, come pure tutti gli antichissimi libri brahmanici liturgici. Alle quali ragioni si può aggiungere ancora l’insu- ‘perabile pertinacia dei Ho ate per la conservazione di questa lingua medesima ;. e della loro antica religione a lei consegnata, per non perder la quale si espongono piuttosto a perdere la vita , come fecero moltissimi negli anni 1787, 1788 e 1789, nella persecuzione eccitata \da Tipu Sultan Bader contro i brahmani medesimi, e della quale fu tesimone oculare il prelodato P. Paolino da s. Bartolommeo, allora missionario apostolico alle . Indie orientali per la propaganda di Roma. Un'altra ragione che prova la remotissima artichi- tà e la maternità di questa bellissima lingua si è, che gli antichi persiani presero le lettere del loro alfabeto dal samskrdamico , nè altro sono le più antiche lingue della Persia, cioè la lingna zendica e pehlvica, che due vetustissimi dialetti di questo nobilissimo idioma. E perchè possa ognuno andarne persuaso, addurrò in esem- pio alcuni vocaboli in samscritico ed in quelle due lin- gue, dai quali si rileverà chiaramente 2’ affinità e l'af- filiazione delle medesime colla prima: | PADRE, per esempio si dice pider, e pide in sam- scritico; fedre,in zendico; abider in pehlvico; e peder e pedar , in persiano moderno. Mapre, in samscritico , i | | 4% madr e mada; in zendico, matè; amider in pehlvico; ‘e mader in persiano. FiGLIo, in samscritico putra; in ‘zendico pothre; ed in pehlvico putrè. FreriA,in samscri- tico, duhida; in zendico, docter; ed in pehlyico, dogdè, FraATELLO, brader in samscritico ; berur in pehlvico ed in persiano ; ed in kurdo, brader parimente , ed anche bra, e burider. Mort4LE, in samscritico, mrda e mrija; ed in zendico, mreta, che si dice murdeh, in pehlvico. PAROLA SEGRETA, in samscritico, mandra, ed in zendico ‘manthrè. Riceve, si dice in samscritico, grehnàdi; ed in zendico, guerèvned ; vakshyadi, in samscritico, vuol dire egli parla; e si dice in zendico , vakhsch. Qui si può osservare l’ andamento cul quale il dia- letto zerdico si allontana dall’idioma primitivo samzskr- damico , e come ne differisce. Nella voce Pidr, a cagion d’ esempio , cangia la lettera P in /, della quale è pri- va la lingua samscritica, e della quale non incontrasi alcun elemento nei vetustissimi suoi libri. Fèdre, dunque è una corruzione, come il peder, peklvico, mutò la lettera î in e. Nella voce pothrè poi, il dialetto zerdico ag- giunse l’ &, che non sopporta il samskrdamico , putra, figlio, putrì, figlia, putradhana, ricchezze dei figli, pu- tràrtham, denaro dei figli, e le altre radici dalle quali deriva pothrè. Nella voce bhagani , sorella, il dialetto zerdico so- stituì Xhezgè, che dv dall’ altra voce samskrdamica, kanyà, kanyàga , vergine, fanciulla ; la quale significa- zione si allontana dalla radice bhagari, ovvero sahòdara, che vale sorella, o femmina che sia nata dal medesimo utero dal quale è nata un’altra; poichè udara, significa utero, ventre; e sahodara, simul ex uno ventre nata. Dalla voce prema , amore , il dialetto zerdico, ha fatto frèm, amico ; cangiando nuovamente il p, in f; nella voce mreta, ha intruso inutilmente un e, che non sì trova nel samscritico, mrtyu, morte, che n° rè la radi- ce; da cui viene nirda, toariales donde poi coll’ @ priva- 48 | tiva all’ uso greco , si fa amara, ovvero amrdja , immor: | tale, e l’astratto amrda, immortalità ) ed anche nettare. | ed ambrosia , per la quale disputarono fra loro i genii - buoni e cattivi. Vedasi il sistenza giacere del prelo- dato P. Paolino, a pag. 228. La radice grata voce mandra, parola segreta, di- scorso segreto , è il verbo PA GENERA ; in dalai 3 mandricunu, che vuol dire parlare in segreto, consulta- re alcuno, ed anche recitare, pensum legis. Quindi mandra, oltre le indicate significazioni; vuol dire anche recitazione della legge , consiglio, e simili; e mandra- shàla, vale, aula del consiglio ; mandravishrava, auditio, exceptio consilii ; e mandri, consigliero. Malamente per- tanto i signori Anguetil du Perron ed Alter pongono la voce manthrè ,\0 mantre, genericamente per qualun- que parola. La voce zendica, guerevned , riceve, prende, è un’ altra corruzione del verbo samscritico, grehnàdi, egli prende , o comprende, che sì dice in malabarico, grehi- cunu, quello comprende; tvam prehnàsi, tu comprendi, ricevi, odi, intendi; aham grehnami, io comprendo, odo ; intendo; Agrehnàl , egli comprese ec. Agrìhnida , tu Cia pieno ec. 4 Uri io compresi ec. Grehnà- du , comprendi tu ec. ‘Dalla quale analisi ognun vede che la lingua zer:- dica è affine alla samskrdamica , non solamente nei no- mi, ma eziandio nei verbi; e si potrebbe dimostrare lo stesso nelle particelle , negli avverbîî, in alcuni casì e | numeri , ed in tutto il suo meccanismo grammaticale , se la brevità che mi sono proposto in questo discorso non mi vietasse di farlo. Laonde si può con tutta sicurezza as- serire che essa differisce meno dalla samscritica , di quello , che ne differiscano le lingue , marastica , malabarica , e tamulîca, le quali nessuno dubita che non siano sue figlie. . I tibetanî, che non si disputa più da nessuno che, siano una delle più antiche nazioni del mondo, adottaro» Eta p di Tv 49 no essi pure, e tuttavia ritengonio , le lettere e ba lingua: liturgica dei bralimani. E la formula che quei primi | pongono in fronte a qualsivoglia loro scrittura, e che dice, «Namo kuru, non è altra cosa che quella che vi appongo- 5 «no i dbrahmani in lingua samskrdamica, che dice namo guru, oppure, namà guru, che in tibetano vuol dire, adoro il maestro, ed in samscritico., si adori Ganesa è Ganevadi, che è il Dio della sapienza e della scienza , e nou già Sciaka, come va soguandu il 2. Giorgi, nel- lalph. tibet. ì Nella qual formula di adorazione , si vede che i ti- | betani, corrompendo essi pure, la genuina lingua madre, i» pougono il & in luogo del g, come accade spessissimo it tutte le voci delle lingue neatrici, passando in quelle che ne derivano ,.o nei loro dialetti. ‘ Anche. la seguente formula d'orazione; usata essa pure nel Zibet, Om-Xa:thi si than, è stata evidentemen- te corrotta da quest’ altra samskrdamica, Om Shaktò shudham, cioè, sì, si adori la Dea Shakti, vale a dire la. moglie. del Dio Shiva; o Parvadi, o Bavani, sia santa, sè adori.0 più familiarmente, sia benedetta la Dea Shakti. Ma la maternità e l’ estensione ad un tempo della lingua samscritica si renderanno viepiù manifeste dagli esempi che addurrò in seguito. Servano. per il primo esempio i nomi del Zio Ganesha; che si trovano regi- strati nel vocabolario brahmanica di Amarasinha, e che son questi: “N — Gaenavadi, che vuol dire, presidente dell’assembtec, delle congregazioni. È Ganèsha, o gunèsa , signore dei consessi. «_ Yinayàga, gran siguore. . Egadandam, che ha un solo dente. Heramba, che ha un vasto corpo. CT XI. Nosembre 4 Lambodaram, che ha un gran ventre. |} de Gaegianana, che ha il volto di elefante. 0/0 Del primo di questi vocaboli si servono i ‘malabaresi; del secondo gl’indostani, propriamente detti, i nagarici , oi nepalesi s i telugici MY i marastici ; del terzo, i na mulici, i mayssuresi,i madwresi, ed i tanjauresi con- finanti lai malabaresi.Il vocabolo è diverso presso ognuno, di questi popoli, ma significa sempre lo stesso oggetto. Del quarto poi, del quinto , del sesto, del settimo, dell’ ottavo e del nono, fanno uso promiscuamente' gli eruditi nelle loro scritture poetiche; ed è ben raro che si odano tali vocaboli nella bocca del popolo. Lo stesso avvenir suole negli altri nomi propri ed appellativi, Questo Gaenavadi è un Nume grande, e dovunque noto ed adorato presso gl’ indi ; ed'alcuni lo chiamano Polleyar in lingua volgàre. Esso è il'Dio delle scienze, della sapienza; del consiglio , della morte, del matrimo- nio, dei numeri, ossia del calcolo e delie ragioni; ed è presidente di qualunque onesta @durianza che consulti intorno ad affari. È pure Dio del destino , del maleficio, e della malà sorte, che impedisce l” avversa fortuna, che toglie i mali presenti, promuove i deri , ed allontana è cattivi genii; ; poichè il topo o ghiro sul quale si asside , era un sconto o demone ; ossia un genio malefico che fu trasformato in quell’ animale; e vî si asside, per indicare che questo sapientissimb Dio lo vinse, lo incatenò , e se lo sottomise. Il capo di elefante poi, aio la sapienza e la prudenza; e lai proboscide’, denota 2 energia e la fortezza per togliere ed allonianare î mali. Dopo questa breve digressione, che non è del tutto. fuor'di proposito , rientro in cammino, e produrrò un al- trò esempio per. sempre più dimostrare la verità del mio assunto ; @ questo sia tratto'dai seguenti vocaboli in, puro samscritico , ed in tre altre lingue indiane che ne di- scendono . 537 o: buona dea, Dharma , SArisanbiMico, Legge, Vèda Vergine, Kanya, Bastone, Danda, Causa, Karèna, Simile, Iva, Contemplazione, Tabassa, Santo, puro, Sciudha ; Inimico, Vairi, Scienza, Shàstra; Serpente, Sarpa Donna, Strì, Manmella , Staria, Spiegazione, Artha, Sad AR nt InposraAnICoO, Bèd, Kanya, Dand ; Kàr, Iw, Tapesja , Sudd, Beeri, Sciàstr, Sarp, _ distri, Astan, Arth, Darm, MaraBarico, Vèdam, Kanyaga kanì kanya, Dandam, Kàaranam, Ivam, ‘abassam ; Shudham,; Vairi; Shàstram,; Sarpam , Strì, Stanam, Artham , Dharmam,. Tamutico, Vedam. Kaniì, Dacndam. kumari. Karenam Ivam. Tavassam. Sciuddam. Bairi. Tciàstram. T'arpam Strì. Tanam. Arttam. «e Arman. 52 ; i E Jo stesso far si potrebbe cogli altri vocaboli; nòn solo indostani , malabarici e tamulici ; ma eni die coi talenganici , coì marastici , coi bohedbral coi canarini, e con tutti quelli delle altre lingue dell’ Zndie orientali, che tutti convengono fra loro; di modo che chiunque pos- segga perfettamente la sacra lingua letterale samskrdami- ca, è in caso d'intendere tutte le altre lingue gentilesche dell’ Oriente; essendo essa il fonte ed il tipo dì tutte le lingue naturali indiane, come lo è in gran parte la Zatina delle lingue italiana , francese, spagnuola e portog ghese, e differendo meno dalla loro madre, di quello che ne differiscano queste. Si debbono però eccettuare da questà categoria la lingua persiana moderna , V’ arabica , la tibetana volgare, e la peguana parimente volgare ( per- chè la peguuna liturgica, ossia la lingua pali , ne deriva certamente ) che tutte si parlano alle Indie Orientali, ma che vi sono avventizie e trasportatevi d’ altronde, nè Lanno alcuna connessione colla sarescritica. E non solamente le lingue finora indicate sono fi- glie della samscritica, ma traggono da essa in qualche modo la loro origine, besichà, più remota, molte altre ancora , @.fra queste la greca, la teutonica, e la latina medesima, come fu già osservato dal chiarissimo signor Federigo “E leukbr della sua opera intitolata : Abhan- dii zen iiber die Geschichte, und Alterthiimer , die Kiinste Wissenschaften und Litteratur Asiens, e dal più volte lodato P. Paolino da s. Bartolommeo in vari luoghi delle diverse sue opere sulle cose delle /rdie !0- rientali. Ed io pure ne darò un saggio, ma il più breve che sia possibile, per non trarre soverchiamente in lungo questo mio qualunque siasi ragionamento. RC Padre, Madre, Tre, Sto, Primo, Stabilità, Nome, Uomo, Maschio, Piede , Vedova , Porta, Figlia, Naso , Figlio , Fratello, Astro, Altro, SAMSscRITICO, Pider, Madr , Tri, tria, l'istami î Prathama , Stema, steivaya, Nama , Naraya , Màn , Pàd , pàda, Vidhava, Tirà, (cortina ) Duhida , NNàsì , nàsiga Sunu, Bhrader, Scàrana , Andara, Greco, TATÙP » pùrup Tpeis, tpia eau, TpPETOG sabepdrys, QVojua , (22734 78, ® è è» è so Jopa , Suyaràp ’ piep e D'0 ORE e 79 &Gpoy , dSÙp , ETEpos, TEvrownico, Fater , Mutter, Trey , Drey Stehe , Standaftigkeit, Name , Mann, Fuss, Witve , Thor, Tochter , Nasen , Sohn , Bruder, Stern, Ander , Larino. Pater. Mater. Tres tria. Sto. Primus. Stabilitas. Nomen. Vir. Mas. pes H Vidua. Porta. INasus. Frater. i Astrum, stella. Alter. 5% Ù SamscRITICO TeuronIcO Città, Pur, Purì, Burg. pr. Infinito, Ananda, Unende, unendlich. Fine, Anda , Ende. Cuore , Herda, Hertz. Unghia, Nùgha , Nagel. Cielo , Himala, Himmel. Margine, Marggha, Mark. Vacca. Go, gau, Kuh. Curto, Kuriada, Kurtz. Pace, Prida, Fried. Amplesso, Ashlésa , Shliessen. Petizione, Bhiksa, Bitte. Abominevole, Tschandèla, Shandlich. Obbrobbrio, Tschanda, «Shand. Carezze, Manmatha, Mamonti, mammen. Casa, Vàsa, Haus. Parola, Varta , Word. Uomo, Mànusha , Mensch. Castigo , Shasiga , Chestiga. Andare, Gamana, Gehen. Amore, Lipsa , Lieb. Umbilico, Nabha , Nabel. Anno, Iaharar , Iahr. Portinajo, Duaravàrti , Dorwartel. Porta , Duar, Dor. Amicizia, Prema, Fre und, freundschaft Cenacolo, Gheha, Dhama, Gegadame. Dente ,. Dend , Zend, zahn. Benda , Bendha, bendhana, Band , binde. Ed altri vocaboli senza numero citar potrei,..per comprovare sempre più la mia asserzione, ma si uscireb- be dai limiti che mi sono proposti; onde mi conviene - SAmscrITICO Larino Deva, Deus, divus. Divya , Divinus. Devatuam , Deitas, divinitas. Cartr, Creator. Cartrì, Creatrix. Sodaraya ) Sodarì ) Soror. Bradaraya i Fraternitas. Balam , Valor. Nau , Navis. Iavica , Navarchus. Danam, Donum. Udaram, Uterus. Naptri, NNeptis. Gunu , Genu. Vamathu, Vomitus. Paduca, Pedum calcei. Mrtyu. Mors. Mrta, Mortuus. Uttama, Optimus. Luvana, Inventus. Eti, It. " Santi , Sunt. di, Asmi, Sum. n Santu , Sint. 5A Esi, Ls. Wi Etu, Eat, Itàl, Ito. “Jie. Ita, i diama , Eamus. Addanti , Edunt. Datta, Datus. Adhi, Ede. Adjam, Edam. Iuncta, Iunctus. Madjè , Medio. Tava , Tuus. Mama , Meus. Sva, Suns. Iti, Ita. Itar , Aiter. Clamathu , Clamor. Adja, Hodie. Tam, Te. Nactam. Noctu. Me, Mei. Nau, Nos. Iugam, Iugum. Kuimute , Quomodo. Geneitrì, Genitrix. . Vahati, Vehit. Vahasi , Vehis. Genaca , Geniîtor. Dhama, Domus Dadati , Dati. Iunigia , Iunge. Dva. Duo. YEN E cento, e ‘mille altre voci, tratte dai nomi, dai pronomi , dai verbi; dagli avverbi, dalle congiunzioni. e dalle particelle d’ ogni maniera, non meno che dai par- ticipii e dai supimi dei verbi medesimi, che qui potrei. annoverare , e che per brevità si tralasciato; bastando allo scopo le già addotte. | que ramo di filosofia, e di qualunque altra scienza. E di | % Avendo dimostrato ,per quanto lo permetteva la ri- strettezza di un articolo da giornale, che la lingua sacra samskrdamica è senza dubbio veruno il primo tipo ge la primitiva madre, anche delle lingue latina, teutonica e greca, parlerò ora brevemente della ricchezza e dei pregi della medesima, onde compiere la mia promessa. . In quanto alla ricchezza ed ai pregi di questa bel- lissima lingua, ripeterò qui prima di tutto il giudizio che ne pronunziarono gli autori delle Ricerche Asiatiche , a pag. 422 della loro opera, ed al quale aggiungerò alcune altre considerazioni. Z'he samscrit language, whatever be its antiguity , dicono essi, îs of a wonderful struc- ture ; more perfect than the Greek, more copious than | the latin, and more exquisitely refined tham either. Ed i medesimi autori sono di parere con molta ra- gione, che tutte le opinioni dei greci filosofi , tutti i loro dogmi, e tutte le loro sette, sieno derivate dalla scuola. brahmanica; tanto è grande l’ affinità, che si scorge fra luna e le altre. Fra le tante ragioni che provano la verità di questa |asserzione , io mi contenterò di aggiungere le seguenti, cioè: 1.° che la lingua samscritica abbonda superiormen- te a tutte le lingue finora conosciute di nomi, di verbi, e di voci di ogni maniera : 2.° che non v'è lingua al mon- do la quale possegga un sì gran numero di vocaboli di ogni specie, e particolarmente astratti e tecnici, per potere scrivere con precisione ed esattezza non solamente su qualsivoglia materia letteraria , ma eziand:o su qualun- più vi sì trova sì gran copia di termini teologici e meta- Jisici , quale non ebbero mai la metafisica, e la teodozia , 9 egiziana o greca o romana, e neppure la nostra feolo- ‘gia scolastica: 3.° che ha un maggior numero di declina- zioni e di coniugazioni di tutte le altre lingue: 4.° che oltre ad aver tre numeri, come hanno la lingua greca e molte 58 3 altre, la samzscritica ha pure un mag cain numero di cast Sa declinazioni dei nomi, e di tempi nelle coniugazio- »i dei verbi; poichè i Brahmani hanno sette casi oltre il vocativo, che non lo contano per caso, non essendo che , il nominativo con avanti la particola fe, ed hanno tre perfetti, tre futuri e tre imperativi, uno dei quali si direbbe imperativo assoluto, il secondo imperativo desi- derativo, ed il terzo permissivo: e quindi una gran quan- lità di participii , gerundii, supini, e simili; ciò che porta una immensa varietà nelle frasi , e quella precisio- ne ed esattezza nelle espressioni, che non si ottiene quasi mai nelle altre lingue: 5.° finalmente, che il meccanismo della grammatica samscritica è molto più ragionato e più filosofico, che non è quello della gram- matica di tutte le altre lingue, e che per ogni voce che occorra , avvene una quantità incredibile nel gran Dizio- nario di Amarasinha. Alla straordinaria varietà e ricchezza della lingua samscritica, si potrebbe opporre da taluno che vi è la lingua araba, la quale pure è ricchissima, e grandemen- te variata nelle sue espressioni e nelle sue frasi. E v'è chi sostiene, che gli Arabi hanno fino a cento vocaboli per dir fonte, trecento per dir rosa, cinquecento per dire spada, e fino a mille per dir camelo; ma io rispondo, che non trovandosi registrate tutte queste voci in nes- sun Dizionario arabo conosciuto, ove anzi non se ne tro- vano neppure la decima parte, deve credersi che questa non sia altro che una di quelle iperboli orientali, di cui tanto abbondano e tanto si dilettano gli autori arabi, e convien riguardarla per una esagerazione simile a quella ch'io lessi una volta , non mi ricordo in qual libro, che un principe arabo aveva un dizionario della sua lingua, che ci volevano sessanta cameli per portarlo. Io son per- suaso che non siasi trovata mai nell’ Arabia una biblio- teca intiera , la quale contenesse tanti libri da caricare 5 ssessanta cameli. Non è però così della maravigliosa ric- chezza della lingua samzscritica: e chiunque voglia ve- «ere la prova inconcussa di quanto ho detto, non deve far «altro che aprire la grammatica brahmanica detta sidha- rùbam,\altra intitolata Yyàkarana che è di 4 marasinha, ‘ed il dizionario dello stesso autore. Eppure, una lingua così bella , così dotta, così filo- ‘sofica, così ricca, e così utile per la retta intelligenza «di molti antichi monumenti , e per internarsi nel san- tuario della sapienza dei primi filosofi del mondo, mon solamente rimase per molti. secoli sepolta nelle | sue native contrade , e riserbata ai soli brafhmari che ne facevano il più profondo mistero agli europei; ma non ‘se ne conobbe in Europa neppure il vero 4/fabeto prima dell’anno 1772, in cui lo diede alla luce, coi tipi della Propaganda di Roma , il Padre Clemente Peanio Ales- sandrino carmelitano scalzo , e missionario apostolico a Verapoli nelle Indie orientali. Egli dunque, benchè gli dasse un nome un poco erroneo, perchè intitolò il suo li- bro, che è di 100 pagine in 8.° Alphabetum Grandonico- Malabaricum, sive samscrudonicum, fu nondimeno il primo che diede all’ Europa letterata i veri caratteri sacri dei brahmani, o samskrdamici, uniti a qualche notizia meno inesatta intorno a questa lingua: poichè il suo libro, che è preceduto da una dotta, prefazione di 28 | pagine dell’ eruditissimo Cristoforo Amaduzi , allora | presidente della stamperia di Propaganda, contiene, ‘oltre l'alfabeto colla sua spiegazione, anche la maggior parte delle combinazioni o nessi di lettere, per potere | scrivere in samscritico e leggere le opere che vi sono ‘scritte: ed inoltre alcune brevi nozioni grammaticali , ma elementarissime, ed anche le note numeriche fino a I dieci millioni, comprese in otto tavole , poste in fine del libro medesimo. «Del resto, tutto quello che fino allora si conosceva No) 60 d'Indiano, erano gli alfabeti di alcune altre lingue di quella i immensa regione , e fra queste particolarmente al: cuni saggi della lingua Telugica e della Tamulica, pub- blicati per:opera di "Regina Schultz, il quale diede in luce in Zala Mag Wdeblia l’anno 1746 anche un catechismo, ed altri opuscoli di etica scritti in quella lingua; come pure le istituzioni grammaticali della lingua T'amulica di Bartolommeo Ziegenbalgio, Missionario del re di Danimarca, erano state cala sta cipato fino dall’ anuo 1716. Avea per verità risuonato alle oca dei letterati il nome dei caratteri Grandonico Malabarici o Samscru- ‘ donici, e sì pretendeva che fossero quelli coi quali si vedono scritti i nomi delle erbe nell’ Orto Zndico-Ma- labarico, opera pubblicata in Amsterdam nella tipo- grafia di Gio. Van Semerez, e distribuita in nove tomi in foglio, fino dall’anno 1678, da Enrico Van Reed, Governatore del Malabar, e da Giovanni Caseario, ec- clesiastico nella Cochinchina , colle note ed i commen- tarii di Arnoldo Sienio, e di Giovanni Comelino. Si ve- dono raccolte in quest’ opera tutte le piante più rare del Malabar, e vi sono delineate coi loro fiori, frutti e se- mi, e coi nomi espressi.in caralteri latini, malabarici arabici e brahmanici. Ma oltre che mon si trovano in quest’ opera tutti i caratteri dell’ alfabeto, e quelli che vi si vedono non sono espressi colle forme tipografiche, essendo incisi in rame, non sono quali vennero spac- fl ciati, ma bensì malabarico-tamulici volgari. Sono parimente famulici quelli che ripubblicò iz carta ‘massima l’anno 1759, col nome di matabarici , l'inglese Carlo Martonio, medico e segretario della R. Società di Londra, nell’ opera intitolata , letteratura del mondo erudito , di Eduardo Bernardio di Oxford , ossia nella tavola 27 degli alfabeti, la quale fu da lui ri- staurata, ed auche accresciuta con alcuni supplementi. TA” SERE SIA JE OE I 9 ST a ; Gr «Manca eziandioil samscritico in quell’ampia collezio- ne di alfabeti,cui è aggiunta l’orazione domenicale espres- sa in duecento lingue ed altrettante specie di caratteri , ‘e pubblicata in Lipsia da Gio. Federigo Fritz, cuì si | unì Zo Schultz l’anno 1748, coi tipi del Rumfio, e col- lo specioso titolo, Orientalisch , und Occidentalisch Sprachineister ; poichè suno tamuliche anche le lettere che ivi si danno per malabariche . È finalmente manca , pure nel gran dizionario enciclopedico , ove si annovera- no tutti gli alfabeti del mondo, benchè però vi si dia l'alfabeto grandonico, sacro per i brahmani, e vi sì toc- chi ancora qualche cosa, ma assai Ieggermenta, del sam- scrudonico , 0 samskrdamico. CR per brevità di accennare ciò che ne. dice erroneamente il doitissimo Poliglotto Atanasio Kircher nella sua China illustrata, ove riporta diversi caratteri brahmanici in varie tavole in rame. quali però sono tutti indostani , 0 nagarici, e non già samskrdamici, che egli siano: A e ras it pure ciò che ne Uibino anche altri, in altre opere, allontanandosi sempre dal vero. Non posso però negare un tributo di giusta. lode al più volte da me citato dottissimo ed istancabile P. Pa0- lino da s. Bartolommeo , uomo fornito a dovizia di ogni maniera di dottrina, e nelle cose e nelle lingue indiane versatissimo. Questo benemerito. missionario fece dono prima d ogni altro alla dotta Europa di una vera! grammatica samskrdamica con i suoi veri caratteri sffbtdo in Roma, coi tipi di Propaganda nel 1790, la sidharùbam dei Buco da lui tradotta in /atino, illustrata con osservazioni , ed arrichita ancora di una, dotta disserta- zione istorico-critica sulla lingua samskrdamica ye di | varli ‘pezzi di poesia tratti dal Bhagavadam, e da lui pure tradotti ed illustrati. 62 Pubblicò poi l’anno seguente il suo sistema bdrak- manico, ed ivi pure commentò e tradusse varii testi ori- ginali samskrdamici tolti da differenti autori, ed aprì così ai dotti un nuovo campo di una curiosa, utile, e fino allora ignota ‘erudizione. Della quale accrebbe la supellettile nel. 1792 colla illustrazione dei manoscritti indiani della Biblioteca di Propaganda; e più ancora nel 1793 con quella dei manoscritti del rinomatissimo Museo Bor-. giano. E finalmente diede nuovi e luminosissimi saggi del- la profonda sua perizia nell’idioma samskrdamico e del- l’estesissimo suo sapere , colla traduzione della prima sezione del gran Dizionario di Amarasinha, che ornò: anche di dottissime note e pubblicò nel 1797, e colla traduzione della Yydkarana del medesimo autore , che- egli pubblicò pure in Roma nel 1804 — (1). Siamo però debitori dei progressi che si sono fattì nello studio del sacro idioma samscritico anche alle due- (1) Prima del P. Paolino, quello che aveva fatti degli utili. lavori per coloro che volessero imparar questa lingua , era stato- il gesuita P. Gio. Ernesto Hanxleden, missionario esso pure alle- Indie orientali , ove morì nel 1737. Egli era peritissimo nell’ idio-. ma samscritico, e ne fece una grammatica, tratta da quella bral= A manica detta sidharùbam , che egli intitolò Gram. grandonica, e che dettò in latino. Questa Gram. in quanto agli elementi ed; alle regole, combina perfettamente con quella del P- Paolino. medesimo , tratta dallo stesso libro dBralmanico. Fece poi anche un dizionario tratto da quello di Amarasinha , e che dettò in. lingua portoghese, che era la sua nativa, e lo intitolò Dictiona- rium malabarico-lusitanum. Queste opere sì trovano manoscritte nella diblioteca di Propaganda , e nel museo Borgiano. Prima del P. Haunx/eden, lo studio della lingua samskrda- mica , e per la copia e per la varietà degli elementi, sembrava agli europei una cosa impossibile. I La lingua samskrdamica , del pari che tutte le lingue dell” . Indostan, si scrive e si legge sd sinistra a destra come le lingue: d'Europa. è 63 società, l’ una detta Za Battista delle missioni, fondata fino dal 2 ottobre 1792 e che risiede in Serampore, e del- la quale abbiamo fra gli altri lavori 74 reovo testamento col Pentateuco ed i libri storici, tradotti in samscritico, e pubblicati, oltre molte altre traduzioni dei libri sacri, | im varie Zingue volgari indiane. E della seconda detta asiatica di Calcutta, fondata- vi dai signori Zastings e Jones nel 1785, e che si occupa ‘ indefessamente fino da quell’epoca nelle ricerche le p'ù importanti sulle antichità , sulle religioni, sull’ istoria-e sulle scienze dell’ Asia , abbiamo molti bei pezzi riguar- ‘danti quest’ antichissima lingua inseriti nella sua collezio- ne intitolata Asiatit Researches, e molte opere ancora stampate a parie. Fra queste ultime si annoverano, l’ Hitopudesciu, 0 salutary Instruction, favole tradotte dal sanscrito in inglese da Goluku Nathu, stampate in Calcutta nel 1801. Il Buttriscia sing- ROTTA ovvero the Thirty-tow Tmaged- Throne, pubbicati nel 1805; un trattato di etica stampato nel 1808; e varie MORETTI e dizio- nariì di questa medesima lingua, pubblicati tutti in Calcutta dalla stamperia della società negli anni 1805, 1806, 1807, 1808, 1809, 1812, e 1815, dai signori, BISON, Carey, Forster, Colebr vali Briga, DD EGR ÉA! Vopudevu , Umuru- sing-hu , e da altri, a cui sì possono aggiungere varii libri, di leggi, di filosofia, e di poesia. Fra gli inglesi che si sono più segnalati negli studi È samscritici si deve dare il cat posto a dotto, infatica Mitiizione del abate signor Piuverizo Nè ‘sì deve defraudare di una giusta ae: anche il signor Bopp, che | ha ‘tradotto letteralmente in latino, ed illustrato con note il /Va/o, poema epico di Muhabharato in 26 canti, e che è come un episodio del gran poema epico, intitola - to Yudhishthiravigeasossiano le vittorie del re Yudistira; 64 che è il più gran poema sanzskrdamico che si conosca, Vi:sono poi altri valenti professori di samscrito ed al col- legio di Forte Guglielmo a Calcutta, ed in quatto dà Hertford i in frplilecira: x In Souza , il più celebre coltivatore di questa lingua è il signor 4. G. Schlegel, dottissimo professore nell’ Università di Bonn. Egli pubblicò nel 1820 sotto il titolo di diblioteca indiana ( Indisch bibliotek,) un’ ope- ra periodica consacrata unicamente a raccogliere i tesori filologici e filosofici dell’ antichità indiana, che non era conosciuta finallora che per mezzo di sparsi frammenti. Il primo fascicolo di questa raccolta contiene un saggio molto esteso sullo stato attuale della filosofia indiana e su quello della poesia, preceduto da tre trattati. I prima dei quali si aggira sul ritmo epico degl’indiani ; il secon- do sull’esametro tedesco, e l’ultimo sull’ortografia e sulla pronunzia indiana. Segue poi l'imitazione, in 423 esametri tedeschi, di un poema intitolato Za difesa della Dea Ganga. Il qual poema, diviso iu due cauti, è seguito da note lie sulla mitologia degl’indiani Hindù, e dalla critica del Nalo tradotto pi o: Molti altri belli ed utili lavori sul samscrito , abbiamo tutta la ragione da aspettarci dalle cure indefesse di questo valentissimo ed instancabile orientalista. In Fraucia non conosco, finora che il signore Chezg professore di questa lingua al collegio firancese, detto al- trimenti di Errico guarto, e del quale ho tette alcune belle traduzioni: da. Iui fatte dal samscritica in franeese, ed inserite nel giorrale asiatico. Ed altri uomini valent, in questa lingua sono sparsi nelle varie città d’ Europa come. a Pietroburgo, a Coppenhagen, ed altruve,. Ma dopo le giuste lodi che ho date di buon; animoi alle nazioni straniere intorno al loro amore per to studio dell’idioma samscritico, e per gli utili lavori, che vi han, no fatti finora, specialmente gl’inglesi ji francesi ed i nr °° MU ___ So 63 tedeschi, cosa dovrò dire degl’italiani? Non essendo a mia notizia che vi sia presentemente in Ztalia nessuno che abbia rivolte di proposito le sue cure a questa anti- chissima e nobilissima lingua, non mi rimane a fare altro che porgere sinceri voti, affinchè rivolgano essi pure le loro meditazioni a questo bellissimo ed utilissimo ‘studio, che può spargere grandissimi lumi in tutta l'archeologia, e togliere mille incertezze , e spianare tut- te le difficoltà che s'incontrano spessissimo nelle antiche «storie. Ed al tempo stesso, io desidero ardentemente che venga pure rianimatoin Italia, e particolarmente in Zoscana, anche lo studio delle altre lingue orientali, che per verità è presentemente un poco troppo avvilito e negletto. E benchè non manchino neppure adesso nella nostra penisola degli uomini che privatamente le col- tivano, anche con buon successo, e ne conoscono Lutte le più squisite bellezze, nondimeno, non essendo questi animati o dall’ emulazione o da altro stimolo, i frutti delle loro meditazioni ed i sudati lavori di questi studio- si non sono rivolti a pubblico vantaggio, ma rimangono sepolti nei loro privati gabinetti. E che giovano i buoni studii, quando non sono diretti all’utilità dei nostri simili! Non ad altro che ad una vana e passeggera pom pa letteraria. E quanti non sono mai i vantaggi reali, oltre il pro- prio diletto, che trar si possono dall perfetta cognizione delle lingue orientali? Non è egli vero che, prescindendo ancora da quello, per noi importantissimo , di potere col ‘mezzo di queste rettamente intendere ed inter petrare ì sacri libri, giova moltissimo la perizia delle lingue orien- «tali per la miglior cognizione ed intelligenza degli auto- ri profani, e particolarmente dei greci e dei latini ? Chi mai potrà presumere d’internarsì senza pericolo di erra- re nel santuario dell’antica sapienza dei nostri padri, T. XII. Novembre "tg 66 quando non sia ‘almeno spticienbenionte dniziato A naiga studii orientali? — pino ) pinto ro Ma quando ancora non ci fossero tutti questi e tubo ti altri vantaggi che c’invitassero allo studio delle lingue orientali, e ad applicarci ad esso con ogni fervore, bastar dovrebbe il solo amor proprio, inseparabile dall’ umana natura, e la propria. nostra sodisfazione: a farcelo ab- lidicioni: Chi non sapesse immaginarsi quale vero piacere si provi a conversare nel suo respettivo linguaggio, e sen- za esporsi ai pericoli di faticosi viaggi, col siro, coll’ar4- bo, col perso, coll’armeno, còl palestino, col turco, col- l’ egizio, col tartaro, col chinese, coll’ indo, coll’ etiope e col caldeo, lo iinagti al prodigioso piotigloià signor | professore Mezzofante, e .son certo che la risposta di quel dottissimo , e l’ esortazione d’un uomo che. possie- de tante lingue quante forse nessuno mai ne possedetie fra noi, sarà di efficacissimo eccitamento per ogni animo gentile e fatto per gl’ingenui studii, perchè sì consacri con ogni maggior cura anche a quello delle lingue orien- tali, così utile, così nobile e così dilettevole. Ed io mi auguro ancora di vedere in Firenze, madre feconda di generosi ingegni, ristauratrice un giorno e propagatrice di tutti gli studii liberali, di tutte le arti e di tutte le scienze, ed asilo ospitale delle muse esuli già dalla Grecia, eretta una cattedra delle lingue orienta- li, onde i toscani, che furono di molte cose i primi mae- stri agli altri popoli d’ Europa , possano anch’essi almeno emulare i francesi, gl’inglesi e i tedeschi, in questo nobilissimmo studio. E ciò potrà facilmente accadere, se prenderemo ad imitare il fervore e lo zelo, con cui si coltiva dai dotti dell’ antica società asiatica di Calcutta, e da quelli della nuova di Parigi. Per chi avesse vaghezza di conoscere almeno i titoli. dei libri più celebri nelle Zndie orientali , aggiungerò i » 67 loro nomi e la materia di cui trattano. Il primo dunque è it Brahmapuràna, che è una istoria delle gesta del Dio Brahma, della creazione degli elementi, delle anime, e dell'origine dello stesso Dio Brahma, dalla Dea Bha» vani, o dalla ratura. Il secondo è il Yishnuparàna, che tratta del Dio Zishnu, conservatore del mondo j} e delle cose create. Il terzo è il Shivapuràna, ossia Mahadeva- puràna, ove si parla del Dio Shiva e delle sue gesta, e della distruzione delle cose da eseguirsi per opera sua. Il quarto è il Yiîshnupuràna, cda si divide in altre diecì Purane,che son queste. La prima è la Curmapuràna, che parla dell’ incarnazione del Dio /ishrmw in testuggine; la seconda è la Massyapuràna , che tratta della di lui incarnazione in pesce; la terza la Zayàhapuràna, che parla della sua incarnazione in cinghiale; la quarta, la Narasinhapuràna, della sua incarnazione in leone; la quinta, la /Yamanapuràna , della sua incarnazione in na- no ; la sesta, la Parashriramapuràna, della sua incar- nazione in re; la settima, la Ràmapuràna, della sua incarnazione nel Dio-Rama e delle sue gesta, delle quali tratta il libro detto Ràmayena; l’ottava, è la Zalagapu- ràna , Balapuràna od anche Krshnapuràna, che tratta della sua incarnazione nel Dio Krskna fanciullo. A ciò sì riferisce il libro Bhagavadam celeberrimo in tutta Vl Zndiu, il quale tratta particolarmente di questo Arshra. La nona è la Budhapuràna , ove si parla dell’ incarnazione del Dio Vishnu in Budhka; e la decima finalmente è la Ca- langhipturàna, che tratta della sua incarnazione nel re conduttore del sister , per punire e distruggere il mondo. Si REA a questi, il Zingapuràna, che tratta della istituzione del culto Zirgamico, e dei sacrifizii che gli sono dovuti. Il Marcandadevapuràna, che parla degli antichi re e delle loro guerre ; l'Anandapuràna, che contiene istorie morali, dialoghi e rst ; ela Mahadbha 68 rada, ossia grande istoria favolosa, che è un poema epi- co, una parte del quale è il libro intitolato Yudhishtira. E tutti questi libri furono scritti nella loro origine , in versi ed in lingua samskrdamica . I libri volgari poi sono, ll Adiparva, che tratta dei principii delle cose e del Dio Yishnu ; il Bhishmaparsa, del gigante Bhima; il Devayànikatha, o istoria delle femmine Devayani e Sharmistha; la quale istoria si con- tiene nel libro intitolato Sambhapa, od in tutta l'opera che ha per titolo Mahdbharada; il Shagundalakatha o istoria dell’ Eroiria Sagundola, ed altri. . Si aggiungano ancora molti altri libri di scienze, co- me astronomici, medici, astrologici, botanici,e libri partico- lari, che trattano delle sette e delle opinioni degl’ indi; al- cuni libri d’ istoria naturale, come delle proprietà, e dell’ educazione dei serpenti , scritti in lingue volgari in- diane, che il più volte citato P. Paolino vide ed ebbe fra mano. Ed intorno ai varii libri che appartengono alle sette tilosofiche, alla meditazione delle cose celesti ed umane, come pure alla grammatica , all’ astronomia ed ai costu- mi, si consultino, il libro intitolato Asiatik Researchesa tomo primo paragrafo 18, pag. 340; il codice Ms. del P. Marco dalla Tomba esistente nel Museo Borgiano a Velletri, pag. 193 e seguenti, ove però imbroglia molte cose ; la grammatica samskrdamica dalla pag. 62 fino alla 78; Il Zourmont, nel catal. dei cod. e dei MS. della R. Bibl. di Parigi, foglio 434 , anno 1739; cd Anque- til du Perron, Recherches historiques sur l’Inde, 2. part. pag. 553, e seguenti. Avrei dovuto e voluto scrivere tutte le parole sam- skrdamiche, o di altre lingue che occorrano in questo discorso coi loro proprii elementi; ma la mancanza di tali caratteri in tutte le nostre tipografie, mi ha obbli- gato a renderle, per quanto si può, colle lettere latine. 69 ‘Avvertasi però, che nessuno degli alfabeti usati in Eu- | ropa, è capace a rendere esattamente il suono delle paro- . le samscritiche. Histoire littéraire d’Italie ec. Zstoria letteraria d’Italia di P. L. Gincuené ec. continuata da F. Sarri T. X. Parigi, per P. Dufar; 1823. Il sig. Salfi nostro illustre letterato italiano, continua- tore della storia letteraria d’Italia del sig. Ginguené , ha dato ultimamente alla luce per le stampe di Parigi il pri- mo tomo del suo lavoro, e decimo della detta istoria. Noi siamo stati solleciti a procurarci questo libro per renderne conto nel nostro giornale ; ma abbiamo creduto che l’ elo- gio del sig. Gihgudag dalle stesso sig. Salfi disteso , e posto infine di detto tomo, dovesse precedere a quanto siamo per dire di un’ opera, che sì dappresso c’ interessa, incominciata e dettata fino al nono tomo da autor fran- cese verso di noi e della nostra letteratura amorevolissimo, e continuata da tale che fa sì grande onore all’ Italia no- stra. « Gl'italiani ( dice il sig. Salfi nella breve prefazione anteposta a questo tomo ) gl’italiani sono debitori al sig. Ginguené di questo omaggio, ed io gliel’ offro come in- terprete delle loro intenzioni, e della loro gratitudine » . Elogio di P. L. Gincuene. Nel tesser l'elogio d’uno dei più ragguardevoli let- ‘terati di Francia, non è mio ‘intendimento rammeutare ai francesi i diritti ch'egli nella qualità di loro concitta- «dino si è con tanta gloria acquistati alla loro estimazione. Questo è un tributo di riconoscenza che io come italiano «pago all’ammiratore della italiana letteratura , all’ amico 70 della mia nazione. Onorino pure i fraricesi la. memoria | di lui per i segnalati servigi pubblici e letterari da lui re- si alla patria comune; de’ quali io conosco il pregio. al pari di loro: io intendo soltanto di porre in chiara luce quelli pei quali l’Italia è particolarmente debitrice al sig. Ginguené. Vedrassi ch’ ei consacrò alla gloria letteraria di questa bella regione la maggior parte delle sue studio. se vigilie: ma nel tempo stesso farassi manifesto che men- tre serabrava occuparsi degl’interessi d’una nazione stra- niera, egli serviva principalmente alla Francia. P. L. Ginguené nacque nel 1748 a Rennes in Breta- gna. Suo padre, sebbene di nobil famiglia, aveva già \cono- sciuto a prova che la nobiltà che conta solo genealogie; senza essere sostenuta da beni di fortuna, non ha altro ri- fugio che il merito personale di chi brami farla rivivere. Convinto di questa verità, fece uso di tutti i mezzi che gli rimanevano per dare al proprio figlio una educazione veramento nobile e completa. Il giovine Ginguené appre- se in breve le lingue dotte di Virgilio e di Omero , come pure quelle del Milton e dell’ Alighieri ; e inoltratosi ap- pena ne’ suoi primi studi sì sentì chiamato alla poesia e alle belle arti. I primi dipinti ch’ei vide, provar gli fece- ro quelle sensazioni che l'imitazione della natura suole svegliare negli spiriti ben fatti: ma la musica e la poesia fecero in lui più profonda impressione , e non le. abban- donò mai più, e gli furono di conforto nella vita. Se l’istruzione ch’ ei potè ricevere in una città di provincia non fu tale da svolgere le sue facoltà intellet- tuali quanto nella metropoli , fortificò almeno quel carat- tere di raccoglimento, di modestia e di franchezza! , che sempre conservò fra le distrazioni di questa ultima. Ave- va soli ventiquattro anni quando si recò a Parigi. In que- sta città ove si riconcentrano i lumi di tutta la nazione, fece tesoro di tutto ciò che mancavagli, e seppe altempo zi stesso preservafsi da quello spirito di' dissipazione e di leggerezza; che spesso rende inutili se non pericolosi i ta- lenti. A quei tempi certe idee, nuove e per tendenza e per indole occupavano tutte le menti, e questo movimento della metropoli della Francia si propagava successivamen- te nelle più incivilite parti d’ Europa. La. filosofia, che avevalo preparato 0 piuttosto datogli occasione , sperando frenarlo:e dirigerlo, non fu valevole a prevenirne o al- Jontanarne tutti gli abusi e tutti i traviamenti, i quali era- mo conseguenza dello svolgimento di quello. Le opinioni, i pensieri e le virtù stesse ne. restarono affette. In breve ‘tempo questa fantasia si diffonde, occupa tutto, e trascina o rovescia quanto se le presenta. In mezzo a questo vorti- ce Ginguené .ferimo ed immobile, tenendosi lontano ‘ugualmente; dagli estremi, segue il suo corso e come. let- terato e.come.cittadino. Non devia mai da’ suoi principi, mon perde di..mira il suo scopo; e fatto accorto dei perico- :li.di,questa crise politica e letteraria, coltiva le muse nella ‘sua solitudine, e dedicato a'loro pacifici studi, non si sta -dall’amare e dal servire Ja sua patria. ‘J primi saggi ch’ei diede ‘al. pubblico de’ suoi studi e della sua maniera di pensare furono alcuni brevi com- ; ponimenti; che di tantoin tanto comparvero nell’Almanac- co delleMuse, i quali si distinguevano daglialtri non dettati - dallo! stesso spirito: e sebbene vi si scorgesse l’età giovanile dell’autore, e li desse come frutti d’ozio e di letterario - riposo, manifestavano pur. nonostante ch’ ei serviva a più igrand’interesse, mostrandosi sempre il difensore di gran- «di ed. utili verità, imprimendo l’erronee preoccupazioni . col sigillo del ridicolo: ) .. Fra questi leggeri componimenti rammenteremo /a confessione di Zulmè , poemetto in forma di novella, il ‘quale ebbe gran credito in tutta la Francia appena com- parve alla luce in Parigi. Ma essendo pubblicato senza 72 nome d’ autore , alcune'cornacchie della Ibtterabuna se lo appropriarono; e per render legittima questa loro usurpa- zione, osarono sfigurare in parte quel bel poema. Ginguené ne riprese la proprietà, e lo riprodusse per le stampe nel 1779 ripurgato da ogni alterazione fattavi, e tale qua- le a lui perteneva. Pure i suoi plagiari furono tanto im- pudenti da accusar lui di plagio : accusa che coprì quel- li di vergona, e diè risalto al merito del vero autore. (1) Questi primi prosperi successi non distolsero il sig. | ‘Ginguené da più seri ed utili studi. Ei li rifece di nuovo e li perfezionò, e risalì fino a quei principi comuni alla logica e alla grammatica, che gir sempre dovrebbero di pari passo, e che agli occhi dei volgari sembrano tanto diversi fra loro. Forte delle cognizioni che a lui sommi- nistrò questo genere d’ indagini ideologiche , volle cono- scere a fondo l’ indole della propria lingua punicmiolibi in confronto con quella delle lingue morte e delle. viventi che erangli note, e ne rilevò i vantaggi e le imperfezioni. Forse la dovizia, la maestà, la pieghevolezza e l'armonia degli altri idiomi lo fecero ancor più accorto della penu- ria, e di quella regolarità del suo proprio, talvolta trop- , po incomoda , ed increscevole per monotonia. Egli osò proporre ad esempio certi scrittori, i quali, sebbene og- gigiorno stimati scorretti e fuor di moda , aveano dato maggiore varietà ed armonia alla composizione e al giro dei loro periodi , ed ‘arrivò in somma a preferire il Mal- herbe a G. B. Rousseau. Analizzando nella stessa guisa gli altri rami di let- teratura e di filosofia , si mantenne indipendente fino al 1780. Ma l’ amore istesso ai suoi studi sentir'gli fece che eragli necessario l’ accettare qualche pubblico impiego , mercè del quale agevolarsi i mezzi onde continuarli. Gli (1) I plagiari furono specialmente Borde di Leone, de la Fare di s. Germano, e Pezay. L’accusatore fu Merard di s. Giasto. 73 fu conferito un posto nell’ ufizio del registro generale: al- lora ei temè da prima di dover fare un sacrificio della sua cara libertà, ed abbandonare gli studi prediletti delle mu- se; ma seppe conciliare il suo nuovo impiego colle sue letterarie occupazioni, e trovare tempo per adempimento de’ propri doveri , e per la continuazione de’ suoi studi. Qualche anno dipoi , il suo merito e i politici avve- nimenti gli aprirono strada a incombenze più onorevoli e più degne di lui, nell’ adempire le quali diè nuovi saggi dei suoi lumi e delle sue virtù. Venne successiva- mente nominato capo dell’ufizio della pubblica istruzione, ambasciatore, tribuno: ma più meritevole mostrossi della stima generale quando fu veduto talvolta proscritto, e più spesso negletto per non sapere approvare gli eccessi della licenza, nè piegarsi ai capricci del dispotismo. Noi non lo seguiteremo nella spinosa carriera che ei corse cittadino incoruttibile , amico della libertà e del proprio paese. Pu- re se talora\ciò dovrem fare, gioverà per far conoscere i beni che sovente dalle condizioni politiche ritraggono le lettere e i loro cultori. I primi saggi che nello studio letterario ei diede del suo gusto e dei suoi principi furono, il suo poema sulla morte di Leopoldo duca di Brunsvick, e le sue lettere sul- le confessioni di Gian Giacomo Rousseau. Nell’ 1785 l'accademia francese invitò al concorso ‘di un premio straordinario, assegnato dal conte di Artois; e propose per soggetto d’ un componimento poetico la morte del giovine duca Leopoldo , il quale vittima del- la sua eroica pietà, s'annegò nell’ Oder per salvare alcuni sventurati che correvano lo stesso pericolo. I magnani- ‘mi sensi che mossero quel giovine eroe a sì bell’atto ‘d’umanità, ispirarono al filosofo il poema ch'egli in quel- “la occasione compose. L’ anno seguente lo rifuse di nuo- ‘vo; mà ad onta delle nuove cure ch’ ei vi adoprò, e della superiorità del suo lavoro, il Ginguené vedde preferirsi 74 un certo Terrasse di Marsilia; che sconoscituto, ‘per quan? to dicesi, in Parnaso, si era fatto conoscere alla corte ba- stantemente per ottenere il premio accademico. Per quan- to tali giudici sien rari, il pubblico più severo e più im- parziale degli accademici è ben lontano dal raffermarli : e pel solo motivo, che oggi si legge tuttavia il poema del Ginguené, non ha diniomtichio il nome del cortigiano favorito. Riproducendo l’autore colle stampe questo suo: com- ponimento nel 1814, sebbene non ne dissimuli le imper- fezioni, pur nonostante confessa di avergli amore. E avea ben egli ragione: il suo lavoro n’ era meritevole, come Hiferte* oggi è degno della generale estimazione. Trovasi in esso una felice unione di ciò che la filosofia e la poesia, cospirando amichevolmente , potevano ispirare al poeta. Ei fa sentire tutta l’importanza ga du trepas genereux. D'un prince devone' pour d’ obscurs malheureux, Powr ce peuple courbe sous le poids des misères; Vulgaire meprise par des princes vulgaires. Questa sola volta il Ginguené encomiò un principe. Si compiacque solo nel far soggetto di sue lodi i/dotti, gli artisti, 1 filosofi, come Le Bons Ghenier, Ducisy Helve- ‘zi, Gabanis, Piccini; o collo strappare la maschera a certi. insigni ipocriti, che fanno abuso del loro potere e della "EE; religione. \ ‘ ‘Ma l’uomo che più richiamò l’attenzione del Gingue- né fu Gian Giacomo Rousseaù. Venuti in luce gli ultimi libri delle confessioni: di quel filosofo; tanto calunniato.in vita e in morte, il Ginguené non si lasciò sopraffare dall’au- torità di quelli scrittori, sotto qualche aspetto piùo meno , ragguardevoli, che si mostrarono ingiusti verso il Rousseau. Egli animosamente giudicò l’ accusato e gli accusatori ; e il suo giudizio è il più evidente riscontro della severità 75 del suo carattere. Questo è il subietto delle sue Zettere sulle confessioni del Rousseau. Vennero queste in luce nel 1791 nell’ occasione che l’ assemblea costituente, a nome della nazione de- cretò che fosse posta una statua all’autore dell’ Emilio e del contratto sociale. Parve ad alcuni laudabile , ad al- tri scandalosa tal determinazione: ma il Ginguené non potè perdonare a’ suoi concittadini una nuova ingiustizia; è pubblicò la somma della sua disamina. In quella espo- ne le sventurate condizioni, contro le quali dovè Gian Giacomo combattere ; svelò il modo di procedere de’ più accaniti nemici di lui, e spezialmente di coloro che erano tanto più pericolosi ,in quanto s’infingevano avere amici- zia per lui. Ivi nota le debolezze e gli errori de’ quali più che al Rousseau potrebbesi a buon dritto dar colpa agli autori della sua trista condizione. Ivi finalmente osa pro- fessare in mezzo alla Francia e al suo secolo , che Ber as- saporare le bellezze da Gian Giacomo sparse ne’ suoi scritti, fa di mestieri esser fornito di sane e rette idee e di gusti semplici e delicati , frutto d’ una educazione affatto diversa da quella che comunemente sì riceve a Parigi. Vi si scorgeva lo spirito, Ì’ oggetto e il disegno di ciascheduna delle di lui opere immortali ; la correlazione fra queste, e quella meravigliosa unità che dimostra una sola verità, svolge un solo pensiero. La profonda venerazione , concettà dal Ginguené | per le qualità intellettuali e aibrali di Gian Giacomo, gli ispirò una sorta di predilezione per tutto ciò che gli ri- chiamava la memoria di lui. Sarebbe agevole trovare molta conformità fra l’ uno e l’ altro; poichè il Ginguené amò il ritiro, la semplicità, la Frantbbiai aborrì il dispo- | tismo, e più ancora il servaggio che lo fa nascere e lo ‘mantiene in vita. Non si stette mai contento ‘al viver ‘suo, che fu sovente travagliato, se non quando potè godere di una piccola villetta presso a quel romitorio , reso caro 36 ai veri amici della filosofia per essere stato. la: dieci del I Rousseau. Ivi ne’ solitari passeggi procurava a sè stesso la nobil soddisfazione di tributar lacrime e omaggi alla me- moria del filosofo. Sebbene però con una spezie di religiosità venerasse tutto ciò che a Gian Giacomo appartenesse, era ben lun- gi dal partecipare quello spirito di diffidenza , pel quale quest’ ultimo rinunziò ad ogni umano conversare ; e forse anco alla vita. Il Ginguené amava la. solitudine, ma non isfuggiva la conversazione; e la severità de’suoi prin- cipi non alterò mai l’indole sua dolce e: benefica; e ad onta del suo dispregio per l'idolo dell’ ambizione, non isdegnò d’ingerirsi ne’ pubblici affari: e la carità ‘del luogo natio pareva che andasse crescendo a misura che, venendogli tolti gl’ impieghi, se gli toglievano i mezzi di adoperare a prò della patria. Essendo: membro dell’Istitu- to , poco mancò che non se gli negasse l'onore di avervi seggio. In qualunque condizione ei sì trovasse posto, di- sapprovò sempre modestamente g gli abusi e gli eccessi dei despoti che avevano usurpato il governo della cosa pub- blica. Così, pronto sempre a consecrarsi di nuovo a lei, riprese asilo presso le muse, e datosi tutto al loro. pacifi- co commercio diede opera unicamente ai suoi studi favo- riti. E allora fu che mostrossi sempre più ammirabile e come letterato cittadino , e vero savio, che animato dal- la brama di giovare a’suoi contemporanei ed ai suoi com- patrotti, invece di abbandonarsi ad un ozio infecondo, dal seno del suo ritiro servì loro co’ suoi lumi e. coi suoi scritti. Sarebbe questo il luogo , ove annoverare tutte quel- le memorie che arricchirono e dieder credito a, parecchi giornali letterari. Queste, diverse affatto da quelli scritti fugaci ed efimeri che tutto il merito ripetono dalle cir- costanze , e che letti appena sono per sempre. obliati; queste si tornan sempre a rileggere con un nuovo interes- se: e se non danno nel genio ad una certa, classe di . uo- È TN mini, sventuratamente troppo numerosa, i quali non cer- cano in leggendo se non un’ alimento alla loro sciopera taggine , esse saranno sempre una sorgente d’ insegna- mento per coloro che amano di sapere. Sarebbe desiderabile che separate queste da tante memorie indegne di star loro appresso fossero riunite, e in ordine conveniente disposte ; poichè l’autore avendo scritto sempre col medesimo intendimento, e giusta il proprio sistema , questa raccolta verrebbe a formare, non già un fascio di scritti sciolti e senza veruna correlazione fra loro, ma bensi un trattato completo di critica lette- raria e filosofica , utile del pari agli estrani, e ai francesi. In questo si conoscerebbe quell’orpello che deturpa il Genio del Cristianesimo, e che anzi sembra snaturare io spirito di quella religione che l’autore si ascrive ad onore di professare. In questo vedrebbesi come le stesse ragioni d’ interesse inspirarono a G. F. La Harpe la sua pretesa conversione, e gli dettarono la sua DEA filoso- fia, da lui successivamente abiurata. In questo s'impare- soli a render giustizia a’ meriti civili e letterari della maggior parte degli scrittori, come i Fontenelle, i Mon- tesquieu, i Condillac, i d’ Alambert, i Condorcet, ec. che onorarono il secolo trascorso e la Francia , e che da taluni ssi adopera i in vano per coprirli di oblio o di calunnie. Fra tanti altri il Duclus fu assalito da alcuni pigmei della letteratura: il Ginguené , sdegnato della loro viltà , pren - de la difesa di quel letterato filosofo, il quale, fedele sem- | pre a’ suoi principi e al suo carattere, conservò fino alla _ sua ultim’ ora |’ indipendenza di pensare e la lib-rià di. | scrivere ciò che pensava. Il Ginguené patrocibava pure al tempo stesso, e la causa de’ popoli oppressi, e degli scrit- tori calunniati. Il Rulhière pubblicava la sua storia del- V anarchia di Polonia; ed egli abbracciò questa occasio- ne per porre in vista come un gran misfatto lo smembra - mento di quella repubblica. Ei consérva la stessa severità 78 e la stessa franchezza quando pronunzi giudizio di opere puramente letterarie. Nè si credano già questi giudizi dettati da uno spi- rito di orgoglio e di vanità, nè da quella specie di umore satirico per cui gli uni disapprovano ciò che di migliore gli altri han fatto. Sebbene le sue considerazioni sieno sovente alcun che severe , ei teneva però in gran conto i singolari talenti del sig. de Chateaubriand, e le cognizioni letterarie del sig. de la Harpe, e sopratutto il colorito poe- tico dell’ abate de Lille, di cui però non apprezzava gran fatto la versione del paradiso perduto del Milton: ma fa- ceva maggiore stima dei talenti e del gusto di un Ducis, di un Lebrun, d'un Chenier, d’un Cabanis, di un Garat, d’ un Daunon, di tutti insomma quelli scrittori che sep- pero conservare un perfetto accordo fra le qualità dello spirito e quelle del cuore. Così egli colla stessa imparzia- lità portava giudizio dei filosofi e de' loro nemici. Discor- rendo queste analisi si scorge che aveva per iscopo di convincere sè ei suoi lettori di ciò che gli sembrava vero e giusto; e quindi sono talvolta un poco troppo particola- rizzate, ed appariscono ancora un poco increscevoli a colo- ro che desiderano imparare senza fatica e senza pena. Incontrasi la stessa indole e la stessa esattezza nelle memorie e ne’ rapporti che il Ginguené come membro dell'Istituto lesse alla classe cui apparteneva , la raccolta dei quali formerebbe un’ opera considerevole. I suoi col- leghi lo avevano prescelto per iscrivere la continuazione dell’ Istoria letteraria di Francia cominciata già dal Maurini, e lavorò a questa opera insieme coi signori Pa- storet, Brial, Daunon; essendosi egli addossato di trattare la parte di questa istoria risguardante ai poeti francesi e ai trovatori provenzali del XII e del XIII secolo. Annoverando io le qualità di lui come letterato fran- cese, potrebbe forse pensarsi che avessi perduto di vista il mio subietto. Ma volendolo anco segnalare uno dei più 79 distinti letterati italiani, avrei io potuto dimenticarmi che debbo parlare d’un francese ? Dirò di più: non è for- se questo un titolo che anzi dà risalto maggiore al di lui merito letterario; merito che non è tanto comune, nè tanto agevole quanto si crede? Gli uomini per la massima parte sogliono amare il proprio paese perchè la sorte ve li fè nascere, affezionati- si di poi per abitudine ad oggetti indifferenti , e talvolta ancora ridicoli. Il preteso patriottismo , che è il solo ri- masto ai popoli moderni, spesso non ha fatto altro che ispirare un eccessivo disprezzo per tutto ciò che è forestie- ro agli occhi loro. In conseguenza le mazioni anco più incivilite, piuttosto che illuminarsi e soccorrersi a vicen- da, non sì sono state dal calunniarsi e diffamarsi. Que- sto maligno spirito di discordia impossessandosi di tutte le classi della società , è stato ancor più scandaloso aven- do invaso persino la repubblica letteraria, alla cui pro- sperità la concordia è un’indispensabile elemento. Il Ginguené , accortosi appena del funesto influsso di questa erronea preoccupazione , uscì in campo a combatterla, e a dimostrare ]’ assurdità del di lei principio e delle sue conseguenze. Una fortunata combinazione di circostanze richiamò la di lui attenzione sui capi lavori che ha conti- nuamente riprodotti e moltiplicati l’ Italia favorita alun- na dei greci e dei latini. D’ allora in poi parve ch’ei vo- lesse trar profitto dai lumi e dalla critica de’ suoi concit- tadini per meglio apprezzare il merito letterario e il genio degl’ italiani. Aveva appreso il Ginguené fino dalla età sua giova-. nile il bello idioma italiano , ed era in grado di leggere le opere più celebri in quello dettate. Una fra le prime che eccitarono l’attenzione di lui fa lAdone del Marino. Ad onta della incantatrice seduzione copiosamente spar- sa in quel lungo poema, gli fu agevole l’accorgersi dei vistosi difetti dai quali è inquinato , e fatto più pericoloso 80 per essere tanto dilettevole. Formò quindi il concetto di. espurgarlo da tutto quel falso splendore, e di farne un poema erotico in francese, abbreviando in cinque canti il meglio contenuto nel poema italiano. Ei riprese per manò, ritoccò il suo componimento, ed avealo quasi re- cato a compimento, quando in un viaggio fatto a Parigi gli furono involati i tre ultimi canti, e non potè pubbli- carne che i soli due primi. ni Trovando egli interessante un poema dagl’italiani istessi disapprovato, e considerato anzi come uno scandalo della loro letteratura, doveva credere a buon dritto che il Parnaso italiano fosse dovizioso di molte più pregiabili bellezze. Quindi si propose di penetrar sempre più adden- tro nella cognizione dei capi lavori che tanto onorano l’ Italia e la moderna letteratura ; e ad eccitare questa sua prima disposizione concorse ancora una inaspettata circostanza. La musica italiana avea già cominciato a richiamare l’ attenzion de’ francesi. Gian Giacomo Rousseau aveva più d’ ogni altro scossa dal sonno la loro indiferenza ; e a dispetto de’ di lui tristi presagi non tardarono a far cono- scere che essi pure , al pari degl’italiani avrebbero potu- to avere una musica. Il Piccini portossi in Francia ; e niun’altro compositore poteva meglio di lui far gustar ed apprezzare la melodia italiana. Per mala sorte il Gluck avealo preceduto, ed avendo già migliorata. non poco l'armonia drammatica erasi fatto un gran numero di partigiani, le affezioni de’ quali opponevano nou lievi, ostacoli al perfezionamento di questa bell’arte. Il talento del Piccini dovè cominciare dal lottare contro queste preoccupazioni: ma poco tardò ad avere egli pure i suoi ammiratori e suoi partigiani. La disputa si accende fra i due partiti. L’abate Arnaud e il Suard sono i corifei del- l’uno ; il Marmontel, il La Harpe e. il Chastelleux com- pariscon alla testa dell'altro. Uno sciame di scrittori sì ritto SI unisce a questi ultimi; ma al numero di questi prepon- dera l'eccellenza e il valore de’loro avversari. Il Gingue- né venne in rinforzo di questi; e conoscendo al pari del- Arnaud e del Suard la teorica e la pratica dell’arte, colle stesse armi sostenne la causa e il partito del Piccini. Educato fino allora secondo i principi del Rousseau, appena udì la melodia del celebre compositore italiano, sentì per esperienza ciò che aveva per speculazione con- .getturato. Ei fu adunque l’ammiratore più che il difensore del Piccini, e finì per diventare il suo amico, e l’aposto- lo della musica italiana presso i francesi. Un opuscolo ch’ egli avea composto per sostenere il merito di questo grande artista , gli fece acquistar diritto all'amicizia e alla gratitudine del medesimo. Il Ginguené cominciò a conversar frequentemente seco lui, ed am- mirò tanto più i talenti del Piccini, in quanto che ei ren- deali più aggradevoli e più pregiabili colle proprie dome- stiche virtù. Ei non era del numero di quei compositori che d’ordinario sono l’ opera del clima e della natura; ma oltre l’avere tutte le cognizioni riguardanti l’arte sua, ne possedeva molte altre ancora. Godeva il Ginguené tro- vandolo sovente leggendo o il Racine o il Voltaire, e più d’ ogni altro il Rousseau, pel quale l’ artista italiano aveva concepita una speciale predilezione (2). Quindi fe- cero ambidue un cambio reciproco delle loro osservazioni e dei loro lumi ; e mentre l’uno ne approfittava per ren- dersi familiare la letteratura francese , l’altro ne faceva (2) ,, Io l’ho sorpreso più d’una volta, dice il Ginguené, e sempre leggendo il Racine, il Voltaire, il Rousseau. Il suo spirito natu- ralmente filosofico, e la sua anima che per natura molto sentiva, gli facevano prediligere l’ autore dell’ Emilio. Discorrendo seco in proposito di ciò ch’ ei leggeva , mi ha fatto maravigliare la giu- stezza e la perspicacia delle sue vedute ( motizia ec. p. 32.) ,,. To posso aggiungere che tornato a Napoli continuava sempre nella stessa abitudine; e queste letture furono un dei motivi che lo fecero calunniare e perseguitare da de’barbari. ,, T. XII. Novembre 6 32 profitto per sempre meglio conoscere il pregio delle let- tere e delle arti in Italia. Mercè di queste interessanti e piacevoli conversazioni il Ginguenè si affezionò sempre più al Piccini; lo consolo, lo assistè nelle’ sue. sventure, e solo la morte potè troncare una sì salda amicizia. Il let- terato francese espresse il rammarico per la fatta perdita, sparse lacrime sulla tomba dell'amico, e consacrò alla memoria di lui una 7zz0tizia , che fa onore e all’ artista , e all'autore che gli rese giustizia, e alla Francia che lo ave- va protetto. Questo dotto opuscolo pubblicato nel 1801 contiene tutto ciò che riguarda i progressi dell’arte musicale in Italia ed in Francia nel corso d’un mezzo secolo, e le belle rimembranze , le quali mostrano fino a qual segno l’autore amasse l’ artista italiano, e quanto questo meritas- se di esser amato da’ sapienti del merito del Giuguené. La prima operetta che quest’ultimo aveva già pubblicata non appariva affatto scevra di spirito di parte; ma la notizia, di cui ora parliamo, è dettata dal solo amor dell’ arte e della verità. Nè questa è la sola occasione in cui il Ginguené sia- si studiato a far chiaro il merito del Piccini,e a diffonde- re per la Francia il gusto e i principi di lui. Concorse a compilare l’Enciclopedia metodica perciò che apparteneva alla musica, succedendo al Suard per la parte istorica che questi erasi addossata. Ma il Ginguené non si limitò alla storia della musica presso i diversi popoli, ma vi aggiunse quella dei vari oggetti che alla scienza medesima si rife- riscono. Gli LIE de’ quali egli arricchì i primi due volumi di questa divisione dell’ Enciclopedia , mostrano non solo quanto fosse istruito nella teorica e nella pratica dell’arte, ma fanno eziandio palese come per illustrare ancor più il suo subbietto principale, ei sapesse trar patta da’ diversi rami della letteratura italiana. La musica , quell’ arte incantatrice che tanto impe. 83 ro esercita ad un tempo sù sensi , sul cuore e sulla ragio- ne, più che ogni altra maniera di talento dà indizio del genio, dell’indole e de’ progressi del popolo che con mi- glior successo la coltiva. Per di lei mezzo si giudica della felice organizazione degl’individui , della delicatezza di lo- ro sensibilità, della forza ed estensione del loro spirito. Il Ginguené considerò la musica italiana sotto questo aspet- to, la confrontò con quella delle altre nazioni più o meno filarmoniche; nè molto vi volle per accorgersi che la de- cisa superiorità che l’ una ha avuta sull’ altra è argomen- to, se non altro, delle favorevoli disposizioni a tutte le belle arti e a tutte le maniere di letteratura, le quali hanno maggiori correlazioni colla musica. La prima di queste correlazioni che ei riconobbe mercè delle sueindagini fu quella dell’idioma. Vi trovò la stessa armonia , la stessa flessibilità , la stessa ricchez- za. Pregiò ancor più quel linguaggio poetico, diverso tan- to dalla prosa da potersi considerare come un particolat dialetto, fatto per incantare chi ha la fortuna d’ assaporar- lo. Qualunque possa essere l’influenza che ogni lingua eserciti su certe facoltà dello spirito, conobbe tosto il Ginguené quanta attitudine debba avere l’idioma a fecon- dare e moltiplicare ogni maniera d’ italiana letteratu- ra. Il gran numero delle opere del Piccini avevagli fatto dire esser difficile a comprendersi come un solo uomo nel corso di venti anni , avesse potuto produrre ciò che fuori d’Italia avrebbe occupata la vita di più uomini. Egli scorse la stessa dovizia , la medesima originalità in altre arti di genere affatto diverso; e conobbe potersi dir lo stes- so del Vinci, di Raffaello ; del Machiavello, del Tasso. E allor fu che tutto si diede allo studio de’ capi lavori della letteratura italiana; di che fanno indubitata fede l’opere che a noi ha lasciate, To pongo in questa classe la versione del bel poema di Catullo, le uozze di Peleo e di Teti; non perchè questo componimento possa riguardarsi come italiano d'origine, ma perchè il Ginguené lo ha volgarizzato in francese do- po parecchi italiani, del lavoro dei quali si è giovato. L'abate Conti, geometra , letterato e buon poeta italiano, notissimo in Francia, aveva tradotto e commentato questo epitalamio del poeta latino, di cui nissun francese nè pri- | ma nè poi aveva tentato farne una versione. Il solo Ar- naud aveva tratte dal Conti le sue osservazioni di mag- gior importanza senza mai citarlo; e fra i tedeschi il Doering seguì l'esempio dell’ Arnaud. Il Ginguené con imparzialità restituisce all'Italia la sua proprietà, e leal- mente confessa quanto abbia profittato dagli altri comen- tatori e volgarizzatori di Catullo. Egli fece ancor più: osò attingere nell’ originale quell’ arditezza di stile tanto pro- pria dei latini e degl’italiani, senza cui non evvi poesia, e che forse aveva fino allora distolto i francesi dall’impren- der ciò. Nel 1802 presentò il suo lavoro all’ Istituto che ne riconobbe il merito, e lo pubblicò nel 1812. In mezzo alle più importanti occupazioni, non cessò mai il Ginguené dal culto delle muse, sue predilette fino dall'infanzia. Il genere di poesia ch’ei preferì per qualche tempo fu quello stesso, in cui il Lafontaine lasciossi in- dietro chi lo precedè, e tolse quasi ai suoi successori la spe- ranza d’ aggiungerlo. Non ostante che molti altri avessero corso con poca fortuna lo stesso stadio, pure il Ginguené volle animosamente gettarvisi, forse non tanto per appa- gare il proprio gusto per questo genere d’intertenimento, quanto ancora perchè aprivagli strada a perseguitare i vizi de’ despoti del proprio paese e de’ loro vili corteggiatori. Le di lui favole uscirono in luce nel 1810, epoca in cui l’uomo correva pericolo a dire la verità ancora velata dal- l’allegoria. La prudenza imponeva all’autore di serbarne a tempo più opportuno alcune, la cui applicazione sem- brar poteva troppo diretta , e non furono pubblicate se non quattro anni dopo. Se a giudicio del pubblico non si trova “e è 85 nelle sue favole l’ingenuità, il genio, e la rapidità del Lafontaine, sotto un certo aspetto il Ginguené è più mo- rale e più utile di quello, come è superiore a tanti altri per lo stile e per lo spirito. Ma quello che qui dobbiamo specialmente notare , è il pensiero che diedesi il Ginguené di far conoscere i principali favoleggiatori del parnaso italiano ; nel qual ge- nere l’Italia non è da meno d’alcun’altra nazione. E sebbe- ne non fosse tale nel secolo XVI, è stata poi tanto feconda di siffatti componimenti nel secolo XVIII, da poter con- trastar la gloria a quelle stesse nazioni che in questo si dan vanto di superiorità. Pure in mezzo alla sua ricchezza, ella era mal nota; poichè i francesi avevano messo in onore le favole tedesche, spagnuole ed inglesi o voltando- le nella loro lingua, o imitandole; ma lasciate avevano intatte le italiane , le quali da pochi sapevasi che esistes- sero. Il Ginguené volle riparare a questo torto e supplire a tal mancanza: e da questa fonte non tocca attinse i su- bietti di quasi tutte le sue favole. Sono queste in numero di sessanta; e tranne alcune poche prese da Orazio, da Abstemio, dal Lessing e dal Gellert, tutte le altre sono imitazioni libere di quelle di Giulio Cesare Capaccio, di Giambatista Roberti, d’ Aurelio Bertola, di Gherardo de’ fossi e dell’ abate Casti. Assicurato di non meritare verua rimprovero per aver fatto quello di che avevano dato esempio gli altri favoleggiatori da Esopo in poi, non eccettuato lo stesso Lafontaine , indica le sorgenti onde ha tratti i subietti delle sue favole; i quali sebbene non sieno nuovi , pure può dirsi avergli esso vestiti in un modo suo proprio , che li distingue dagli altri, e ai quali l’au- tore ha saputo dare forme più spiritose e più argute. ‘La sua precipua occupazione era allora la storia let- teraria dell’ Italia, della quale aveva già formato il dise- gno e preparati i mezzi onde mandarlo ad esecuzione. La. maggior parte degli scrittori francesi che prima o poi 86 si erano occupati intorno a questo subietto, altrò non ave- vano fatto se non tener dietro ad una spezie di tradizione nazionale, conseguenza di una preoccupazione di cui, sen- tivano l’influsso. Il Ginguené si fu accorto che i materiali di questa storia si dovevano trarre dalla sorgente medesi- ma ; e che il pregio degli autori italiani non poteva meglio desumersi che dalle opere loro. Incominciò dal formarsi una doviziosa libreria in questo genere, per la quale, ven- duta allo straniero, i francesi amanti della letteratura ita- liana devono sentirne grave rammarico. Conobbe eziandio la necessità e concepì la speranza di recarsi sul posto, ove riscontrare nelle biblioteche: e prendere il parere dei let terati sul soggetto delle sue indagini. Ma nel tempo che a migliaia si spedivano francesi in quell’ Italia, della quale erano loro affatto estranei i costumi; il linguaggio ;. la let- teratura e le arti, era scritto, come dice egli stesso, che a lui non sarebbe mai ciò toccato in sorte, e che saria mor- to senza vedere quel bel paese di cui erasi occupato; tutto il tempo della sua vita. Andò a Torino nel 1797; amba- sciatore della Repubblica francese, vi si trattenne sette mesi; fece un viaggio a Milano di pochi giorni: ma questo fu come vedere il proscenio d’ un magnifico teatro. Secondo ch’ ei procedeva nella sua impresa , sempre più avvedevasi dei gravi torti fatti dagli stranieri agl’ ita- liani; poichè quando non potevano negar qualche lode, questa era vaga ed equivoca; ed era data a un piccol nu- mero di opere e di autori; ma sì ricattavano. in. certo modo con non curare o svilire tutto il resto. Il Ginguené convinto da per sè stesso della verità, volle disingannare i suoi concittadini: e con tale scopo nel 1802, e 1805 die- de un corso di lezioni all'Ateneo di Parigi. Fu favorevol- mente accolto dal pubblico il saggio delle sue analisi ch’ei diede alle stampe nel 1811. In quelle incominciò dal dire francamente, che di tutte le letterature, quella che i fran- cesi giudicano abitualmente con tuono più decisivo ye che + 87 meno conoscono , è la letteratura italiana: Fondato su i principi della ragione universale e del gusto di tutti i secoli, osò far manifesto alla sua nazione il vero merito di questa letteratura, o piuttosto volle entrare a parte co’ di lei più illuminati concittadini del piacere e dell’incanto ch’ ei sentì nell’ analizzare i suoi capilavori. Avea già l’Italia storie letterarie in gran numero ; ma le più erano biblioteche o cataloghi, per l’ ordinario circoscritti ad alcune città o province, o a qualche ramo particolare di umane cognizioni, e appena se ne possono eccettuare la biblioteca del Fontanini, e il vasto Dizio- mario degli scrittori d’Italia del Mazzucchelli. La poesia è stata trattata da parecchi storici, i quali ne hanno scrit to più o meno completamente , come il Crescimbeni e il Quadrio. La filosofia ne manca assolutamente , perchè tutto ciò che abbiamo del Buonafede è estratto dall’opera del Brucher per lo più snaturato dallo spirito di setta di uno scrittore ambizioso. Per ciò che riguarda alla lettera- tura in generale, il Gimma fuxil primo che al principio del Seca XVIII tentò di fare un abbozzo di un quadro generale dell’istoria letteraria; pure l'esecuzione non cor- risponde al bel titolo dato alla sua opera. Il Bezzinelli riuscì assai meglio nella sua intrapresa, e il suo risorgi- mento d’ Italia, sebbene alcuna volta troppo rapido, alcun’ altra poco esatto, nonostante è ingegnoso in modo da farsi leggere con interesse. Negli scritti del Denina s'in_ contra più estensione, più dedite; ed una maggior con- nessione . La storia del Zîraboschi è di gran lunga superiore tutte quelle da noi citate, ed anzi ha fatto BPAdicda che in que. sto genere non vi fosse da aspettarsi nulla di migliore. La grande estensione del disegno, la varietà delle indagini ,. la ‘moltiplicità degli oggetti, le notizie esatte ‘e curiose circa la vita e gni scritti degli autori , tutto ciò insomma che ha cittelaziohe colla storia letteraria ia Italia si trova 88 riunito nella sua grand’ opera. Pure bisogna confessare che quantunque l’autore siasi proposto di dar l’istoria del- la letteratura italiana, ba compilata quella degli uomini letterati e dei loro avvenimenti, piuttosto che quella dei loro scritti e de’ loro pensieri: e si è piuttosto. occu- pato della biografia degli scrittori, che dell'analisi delle opere loro. Nè intendiamo già di dire avere egli neglette le notizie di questo genere: ma esse sono ordinariamente troppo vaghe, troppo superficiali, e talvolta non ha fatto altro che replicare ciò che prima di lui altri avevano detto senza giustificarlo. Quando ancora un tal modo di fare bastasse per gl’ italiani, che si devono supporre int- ziati a conoscere le opere classiche del proprio paese, non sarebbe sufficiente per gli estrani, che non conoscono la maggior parte di queste opere. Non parlerò in questo luo- go della storia letteraria pubblicata dal sig. Corniani sotto il titolo di secoli della letteratura italiana, che in sostanza altro non è che un catalogo cronologico delle vite dei più distinti autori, quantunque incontrisi qual che analisi delle opere loro; cosa che cercherebbesi inva- no nell’istoria del Tiraboschi. Un tal merito si scorge an- cor più nel dotto di lui continuatore il sig. CamzilZo Ugoni. Conobbe il Ginguené il difetto dominante della mag- gior parte di queste storie letterarie , e diede alla sua un carattere più didascalico e più accomodato ai bisogni degli stranieri. Éi ci pone sott'occhio ciò che gli autori hanno pensato e scritto, piuttosto che le circostanze spes- so monotone o indifferenti della loro vita. Rende conto de’ loro sforzi, tien dietro a’ loro progressi, analizza le più notabili loro produzioni letterarie. Talvolta si trattiene a narrare la vita loro per notare ciò che più ebbe parte allo svolgimento delle loro facoltà , al genere de’loro studi, e alla composizione delle opere loro. In vece di pronun- ciar o ripetere gli altrui giudizi, ei giudica da persè, e po- ne il lettore nella necessità di ragionare seco lui. Così;la —rr—t—rr————————-I-—— iz, 89 storia del Ginguené può considerarsi come il più comple- to corso di letteratura generale applicato spezialmente alla letteratura italiana. Egli è pur troppo vero che un siffato metodo non può appagare il gusto di molti lettori dei nostri giorni, che leggono solo per passatempo ; nè quello di molti au- tori che scrivono unicamente per dar pascolo ad una ozio- sa curiosità. Costoro danno la preferenza a’ compendi, ai ristretti, ai sommari, in una parola a quei libri che di tutto trattano superficialmente, che insegnano a discor- rere di tutto senza sapere nulla, a creder tutto senza disamina. Siamo ben lungi però dal pretendere che non possa esservi libro di tal genere meritevole dell’ elogio fatto già da Catullo alle dotte pagine di Cornelio Nipote. Ma tali libri sono ben rari; e quando anco per questa parte fossero perfetti, a che altro servono fuorche ram- mentarci ciò che già apprendemmo, o farne sentire il bi- sogno di cercare altrove ciò che da loro non possiamo im- parare ? Ma l’istoria del Ginguené non è di questo gene- re: è fatta per chi leggendo vuole istruirsi. Altra notabile qualità distingue questa dalle storie che l’ hanno preceduta, cioè lo spirito filosofico del quale è debitore l’autore al suo secolo e alla sua nazione, spiri- to che combina gli oggetti di letteratura e di filosofia con gl’interessi della religione e della politica; che ne rileva le importanti correlazioni; sebbene le meno vistose , e ci fa conoscere l’indole degli autori e delle opere loro non solo, ma quella ancora della nazione e del secolo che li ha prodotti. Non già che tali osservazioni sieno onnina- mente sfuggite all'attenzione degl’ italiani; ma per mala sorte sono molto: rare ne” loro scritti , e talvolta ci si in- contrano mire affatto opposte. L’istoria del Tiraboschi tiene della condizione di lui: il Bettinelli si sforza di ap: parire quel che non è. Il solo Derira si mostra più fran- 90 co in alcune parti; ma perde ogni merito. quando sagrifi- ca Vl onore delle lettere e la indipendenza dei letterati agl’ interessi de’ mecenati e dei loro cortigiani. Anco il Corniani si lascia trasportare dallo stesso spirito. Ma il Ginguené diverso affatto da questi scrittori rispetta l’in- dipendenza della filosofia , della letteratura e di quei che la coltivano, rigetta qualunque sorta di preoccupazione che potesse esser loro nocevole, e cerca solo e raccomanda ciò che appartiene ai progressi del gusto e della ragione. Erasi in Italia e altrove riconosciuto il vantaggio di distribuire 1’ istoria della letteratura secondo i suoi vari generi; e il Ziraboschi aveva meglio di tanti altri ordinata la sua, avevale data maggiore estensione e mi- gliore ordine e simetria.. Sembra però avere egli dato più d'importanza a certe parti che meno ne meritavano, ed aver fatto minor conto di certe altre che più ne chiede- vano. Rispetto a ciò il Ginguené si è avvantaggiato sul biografo italiano. Le lunghe indagini da lui fatte sulla origine della letteratura italiana , l’ analisi più severa da lui istituita su i nostri capilavori, lo hanno posto in istato di rilevare cose che i suoi antecessori avevano quasi af- fatto neglette o superficialmente trattate. Così tendendo giustizia a certi autori, e ad alcune opere delle quali non erasi fatta grande stima, pare che dica agl’ italiani: voi siete ancor più ricchi di quel che credete. Egli dà principio alla sua istoria da quei tempi fu- nesti ne’ quali la barbarica invasione distrusse ogni ve- stigio di antica letteratura. Questa è l’ immagine del caos in mezzo al quale comparisce una face che deve diradar- ne le tenebre, e ricondurre un nuovo ordine di cose e d’idee. Dopo aver trascorso rapidamente l’ intervallo di otto secoli tenebrosi , 1’ istorico filosofo al sorgere del se- colo XIII saluta l'aurora di quel bel giorno che nasce ad illuminare l'Europa intera. Questo periodo, che com- QI prende più di dieci secoli e arriva sino alla fine del seco- lo XV, costituisce la prima parte di questa istoria, che in tre volumi fu pubblicata nel 1811. L'accoglienza del pubblico a quest’ opera lo incorag- giò a proseguire nel suo grande intraprendimento. Egli aveva disegnato di consecrare al secolo XVI una seconda parte, d’estensione presso appoco eguale alla prima: e quindi in una terza esporre un prospetto del secolo se- guente: ma s’ingannò. Questo secolo XVI, sebbene gli sembrasse maraviglioso, non gli parve tanto esteso e tan- to ricco, quanto gli riuscì fra mano discorrendolo. Si tro- vò adunque necessitato a distendere in quattro o cinque volumi ciò che da prima aveva creduto poter compren- dere in tre. E se pei generi letterari che intendeva tratta- re avesse voluto, giusta la loro importanza mantenere la stessa proporzione, si sarebbe accorto che neppur questo numero di volumi bastava all’ abbondanza delle materie. In fatti, pubblicati nel 1812 i tre primi volumi della seconda ‘parte della sua istoria, dovette cangiar disegno e metodo; ‘e vi avrebbe anco portati altri miglioramenti , se morte gli avesse dato tempo di compire il suo lavoro. Così non potè terminare l’istoria del XVI, non che dar principio a quella del decimo settimo secolo. grande sventura che sia quest’ opera rimasta im- perfetta , e che l’ autore non abbia potuto darle i’ ultima mano ; ma tale quale è discorre la maggior parte delle produzioni che formano il tesoro letterario d’Italia al se- colo XVI. L'autore le paragona , ne espone i pregi, le fa conoscere a quelli che le ignoravano; e fa arrossir co- loro che le avevano in dispregio. Esamina profondamen- te, e da giudice imparziale rifiuta o rettifica i giudizi az- -zardati e superficiali del Despreaux, del Voltaire, del De :‘Laharpe, del Marmontel, e di tutti coloro che altro non ‘fecero se non ripetere le opinioni di quelli. Si può dire che la sua istoria è una apologia della letteratura italiana, ma 92 fatta da un critico illuminato e severo, che senza perdo- nare alle imperfezioni che incontra, viene così ad accre- ditare di più le bellezze che. vi discopre. i La letteratura italiana non è stata estranea alla Francia, spezialmente ne’ tempi più favorevoli alle. let- tere e alle belle arti. La corte di Francesco I, distinguea- si pel lustro che le davano gli artisti e i letterati italiani, e gli onori che a questi prodigamente si compartivano, erano altrettanti contrassegni di stima per le arti e le scienze che essi professavano. In giorni meno felici il Tasso, il Marino e molti altri ebbero da’ francesi plauso universale. Sotto il. regno di Luigi XIV non solo vi fu comunicazione fra gli artisti delle due nazioni, ma uno dei più illustri scienziati d' Italia fu dai francesi ricolmo di favori, in guisa che credè dovere per gratitudine ratu- ralizzarsi in Francia ed obliare in certo modo il paese natio. Ciò che abbiam detto dimostra che ad. onta delle preoccupazioni nazionali, che ordinariamente signoreg- giano la moltitudine , i veri sapienti francesi han sempre tenuto in conto la letteratura italiana, e quegl’ italiani che ne sostenevano l’onore. Si annoverano eziandio de’ let- terati francesi che studiarono e si resero famigliare la lingua italiana in modo da scrivere correttamente, in prosa e in verso: ei nomi del Menagio e dell’ abate Regnier Desmarais onorano del pari l’Italia e la Francia. E i loro versi, qual che ne sia il merito, provano almeno che le lettere italiane sono state amate e spesso coltivate dai francesi. ; Ma niuno di loro avea peranco fatta gustarne la ma- gia e l’importanza con tanto discernimento, e con tanta co- pia di particolarità, quanta trovasene nell’opere del Gin- guené. È merito di lui l’aver colle sue lezioni e col suo esem- più creato in mezzo a'francesi un novero di addottrinati smatori di questa letteratura; i quali ne portano giudizio, e l’assaporano al pari degli stessi italiani. Quante volte, sen- 93 tendoli io ragionare giusta le di lui osservazioni sulle ricchez- ze letterarie d’Italia, quante volte non mi sono inorgoglito di esser nato in quel bel paese? Non si sente discorrer più come prima di Dante, del Petrarca , dell’ Ariosto, del Tasso con quella leggerezza ch’ era argomento non del merito di quei poeti, ma dell’ iguoranza dei loro giu- dici. Non si riducono più ad un piccol numero gli scrit- tori classici d’Italia, perchè si sa che ne possiede d’ogni maniera ; e se lo straniero ne ha perfezionate parecchie, l’ Italia avevalo sempre preceduto, ed ha conservato fino ai dì nostri quel gusto del bello ideale e perfetto , di che abbondano tutti i suoi capi lavori ad onta dei concetti del Marini, che come una passeggiera meteora aveva abba- gliato gl italiani e i forestieri di quella età. Così conoscen- do sempre più siffatte verità, vedremo in breve dissipar- sì e sparire quello spirito di preoccupazione che ha suvente divise due nazioni degne di stimarsi scambievolmente, le quali riconciliandosi ognor più, trarranno dai loro lumi e dai loro mezzi un reciproco vantaggio. Il Ginguené avrebbe affrettata questa pacifica rivolu- zione, se morte rispettato avesse le nobili di lui intenzioni. lo ebbi sovente la fortuna di conversar seco lui negli ul- timi mesi del viver suo: ei mi manifestò parecchi oggetti che sperava di esaminare o separatamente, o Fran dui alla sua storia, i quali però qual più, qual meno riguar- davano alla gloria letteraria d’ Italia. Egli portava a que- sto paese tale e tanta affezione, che nell’ ultima sua ma- lattia il parlarne , l’occuparsene, era per lui un sollievo. Mi si permetta adunque di riportare in questo luogo le memorie di un dotto e di un amico che io stimo, e della cui perdita mi dolgo. Queste meritano d’ essere conosciu- te e dagl’italiani e da’ francesi. Ad onta delle strane bizzarrie spacciate sulla versi- ficazione italiana , indizio della ignoranza e della teme- rità de’ loro autori, volle il Ginguené studiare e profon- 94 damente conoscere quest’arte, che non è tanto facile © quanto si dice. Egli aveva esaminato e confrontato quan- to avevano asserito su tal soggetto i più distinti critici ita- liani come il Sacchi, il Venini, il Bonesi, ed erasi accorto ch’ eran caduti nell’estremo opposto , soffogando con una farragine di regole un’ arte , di cui la sola natura somministra gli elementi primi, e che fanno meglio sentire ed apprezzare i ben conformati organi dell’ armo- nia, che un ammasso di precetti minuti ed imbarazzanti. Ebbi occasione di accertarlo chei più bravi verseggiatori italiani, in far versi, trovavano minor difficoltà che nel- l’intendere qualche dotto trattato di versificazione. Lo stesso Parini che ha dato esempio della meglio elaborata ed intesa versificazione , non ha mai seguite queste teo- riche tanto inutili, quanto affettate e speziose. Avea conosciuto il Ginguené che l’idioma italiano doveva accomodarsi meglio di molti altri a quella versifi- cazione armoniosa ed imitativa, a quei colori poetici, che lo distinguono fra i moderni linguaggi. Ma ; ciò che è straordinario per uno straniero , ei comprese quanto stu- dio doveva custare il compor versi come quelli di Dante , del Casa, del Parini, dell’ Alfieri, differentissimi da quel- li che in Italia si perdonano solo agl’ improvvisatori. So- leva spesso ricercare se fosse più difficile far de’ buoni versi italiani, o de’ buoni versi francesi. Egli però era d’avviso che il successo degli ultimi dipendesse dall’ im- magine e dal pensiero più che dal colore e dall’ armonia, cose che talvolta ne’ versi italiani fan trascurare qualità molto più importanti. E questa differenza appunto faceva sì ch’ei considerassé come impossibile una perfetta tra- duzione in francese della Divina commedia di Dante, del Canzoniere del Petrarca, della Gerusalemme del Tasso. Fu spesso vivamente disputato della pronunzia de’ versi latini, e di quella armonia che sembrano tuttavia 99 onservare. Sebbene si consideri come totalmente perduta la pronunzia degli antichi, bisogna però convenire, che seppure per tradizione ne resta qualche vestigio, ne furo- no probabilmente eredi gl’ italiani. Pure ogni nazione pronunziando gli stessi versi diversamente dalle altre, avvisa trovarci lo stesso ritmo che sentivasi in Roma ai giorni di Cesare e di Augusto. Ginguené, come molti al- tri, rideasi di questa ridicola prelensione , e sperava di avvantaggiare studiandosi di pronunziare i versi latini giusta la quantità delle lunghe e delle brevi. Ma tutti questi sforzi dopo lunga fatica e molta noia nulla rileva- rono, non potendosi determinare nè indovinare il come gli antichi facessero sentire e il tempo, e gli accenti delle sil- labe loro. Or dunque, perchè gl’ italiani nel pronunziar questi versi, e spezialmente gli esametri, gli endecasillabi, e i saffici vi rinvengono tale armonia, che spesso han fatti de’ versi italiani sull’ istesso ritmo, e qualche volta anco- ra improvvisano in versi latini? Dopo ripetuti saggi ed in- .dagini, il Ginguené potè accorgersi che questo vantaggio procedeva unicamente dal caso; e che gl’italiani nel pro- nunziarli alla loro usanza vi pongono una tal combinazio- ne di accenti, che dà a questi versi una tal quale armo- nia, la quale di sicuro non conoscevano i latini; e in tal guisa diventano una specie di versi italiani: e parevagli tanto meritevole d'attenzione il risultamento delle proprie os- servazioni, che intendeva stenderne uno scritto per l’Isti- tuto . Gli studi fatti dal Ginguene sull’ arte musicale gli | aveano suggerito il disegno di compilare una storia della | musica moderna presso tutti i popoli. Erasi provvisto di molte opere di questo genere; dalle quali aveva molto profittato. Una riprova delle sue cognizioni e del suo gusto nella teorica e nella pratica di quest'arte, sia ciò ch’ ei ne disse nella sua 720tiziu sulla vita del Piccini, e negli ar- 96 ticoli dell’ Enciclopedia metodica relativi ‘alla musica; î quali ci fan condolere che non abbia ultimato un lavoro che tuttavia manca alla storia delle belle arti. Gi avrebbe insegnato meglio di tanti altri a stabilire il merito e Vin- dole di quegli artisti e delle loro composizioni, che han fatto la delizia e la gloria delle nazioni che li hanno pro- dotti. L'Italia avrebbe indubitatamente occupato in que- sto genere lo stesso posto che occupa in letteratura ; e l’autore avrebbe dato un nuovo argomento del suo affetto per questo bel paese, e del suo zelo pel progredimento delle belle arti. La preminenza che per tanti capi attribuiva all’ Ita- lia non lo tratteneva dal notarne nel tempo stesso i difetti. Investigava sovente il perchè dopo tante tragedie uscite nel secolo XVI, che altro non sono se non imitazioni servili delle tragedie greche, questa nazione non possa contrapporre ai poeti forestieri altro che il solo Alfieri. Nè questo vuoto nella letteratura italiana debbe attribuirsi alle circostanze politiche, che han del pari dominato i migliori poeti degli altri paesi. Dovrebbe egli forse darse- ne colpa all’indole intellettuale e morale degli italiani, la quale dando loro sì grande attitudine a generi men dif- ficili, tanto inferiori li rende nel tragico? Hanno spesso creduto scolparsi dicendo non avere nè attori, nè teatri idonei a fare i saggi necessari al progresso dell’arte dram- matica. Ma quali attori , quali teatri eranvi a’ tempi dello Shakspeare e del Cornelio? Anzi l’Italia ha avuti teatri ed attori prima che a di lei esempio ne avessero le altre nazioni. Il Ginguené aveva fatto il proponimento di se- guitare le. sue indagini fino a tanto che gl’ italiani non avessero risoluto questo problema, componendo tragedie pari in eccellenza alle altre produzioni letterarie. Spiaceva pure al Ginguene la povertà del parnaso italiano di poemi del genere propriamente detto filosofico. Due giorni prima di morire tenne non breve discorso su i 97 questo proposito al sig. Botta suo antico amico.Non trovava . nullache reggesse al confronto del poema del Delillesu i tre regnidella natura.Purel'Italia vanta i due poemi latini del | Cerae dello Stay, dopo i diversi saggi datine nel secolo _ XVI; e può eziandio gloriarsi della traduzione di Lucre- zio fatta dal Marchetti. Si potrebbero citare ancora i poe- mi del Cassola sulla astronomia, del Rezzonico sul si- stema de’cieli, cel Mascaroni sulla fisica e la storia na- turale, del Mazza sull’Antro platonico: i quali mostrano ciò che la lingua e la poesia italiana potrebbero sommini- strare ai poeti che intendessero a correre lo stesso stadio. Finalmente in quella conversazione letteraria che fu l’ultima della sua vita, si occupò unicamente dell’ Italia e della sua Storia letteraria. Proponeva di far venire nuovi, libri da questo paese per conoscerlo e apprezzarlo ancor meglio; dimenticava la sua trista condizione discor- rendo delle nuove produzioni che via via si pubblicavano in Italia ; desiderava specialmente di morire con la tradu- zione di. Omero del Monti allato (1). Queste erano le sue intenzioni; questo fu l’ultimo pensiero al momento del suo passaggio; e richiamando un residuo di forze, raccomandò al signor Daunon, uno dei suoi più grandi amici, il suo ma- (1) Dal seguente estratto della lettera scrittami dal signor Botta in data di Parigi mentre io mi trovava a Meulan si de- duce un nuovo documento del suo modo di pensare e della sua imparzialità. Dopo aver molto lodato il talento del Delille, sog- giungeva; che se ne voleva morire con quel poema di Delille a lato. Poi ricominciò; ed anche con la traduzione di Omero di Monti a lato voglio morire. Gran piacere mi fece questo, ed anche perchè il vidi rivolto a parlare della letteratura nostra. Qui mi disse cose troppo belle, perchè i0 /e possa ripetere. Basta che noi altri italiani vogliamo eternamente riverire il suo nome e wenerar quelle ossa ec. "I. XII. Novembre 7 98 noscritto dell’ Istoria d’ Italia. Egli .spirò il dì 16 di novembre dell’ anno 1316 , in età di sessantotto anni . nick i ” Fino ad ora ho considerato il Ginguené sotto l’aspet- to di un illuminato amatore e di un istorico imparziale de)la letteratura italiana. Ma io debbo aggiungere che, a proporzione che ne conobbe il merito, divenne il di-. fensore e l’ amico dei più pregevoli italiani che . professa- vano gli stessi suoi principi, o che avevano sofferto le stesse sue ingiustizie. Ei li considerava a Parigi, dirò così, come suoi concittadini e compagni, e de’ loro interessi . prendeasi cura come dei propri. In fatti dalla ringhiera del Corpo legislativo fece intendere ai francesi dovere essi. proteggere la causa degl’italiani, che refugiatisi presso. loro eran degni d’ogni benigno riguardo. Éì fu quegli che tentò porre in qualche modo riparo al grave torto fatto dai governanti a Zittorio Alfieri nel toglier lui la più cara fra le sue propietà, i suoi libri e i suoi mano- scritti: e perdonò anzi a quel gran poeta a buon dritto irritato ,, gli eccessi della sua. indignazione. Infine non, eravi italiano in Parigi che non esperimentasse gli effetti della di lui oli | Dopo tante testimonianze di stima e di benevolenza che da questo letterato francese ricevette l’ Italia , non debbe far maraviglia se tutti gli scenziati di alici na- zione gli han dati contrassegni di gratitudine e di amici- zia. L'accademia di Torino e quella della Crusca l’aveano già scritto nel ruolo dei loro membri: tutti gli altri italia- ni haw riconosciuto in lui l’uomo che ha più d’ogni altro ‘ adoperato che fosse resa loro giustizia da' forestieri. Cita- no frequentemente la di lui autorità, come quella che è. del maggior peso, per giustificare i titoli della lor. gloria. letteraria, e talvolta eziandio Je loro pretensioni. In conseguenza la sua istoria vien considerata in Italia co- 99 me il'più bel monumento da mano straniera inalzato alla letteratura italiana. Ma importa assai più il riguardar quest’ opera conte un pegno d’ alleanza letteraria fra due popoli sempre fra. loro divisi per ingiuste preoccupazioni da una parte , per vivi risentimenti dall’*altra. Seguendo l’ esempio del Gin- guené; del quale han riconosciuto l’importanza ed i buo- ni effetti molti e molti scienziati, il più degl’ italiani, il- luminatisi, han sentito il dovere d’ essere più giusti e più imparziali. Non fanno oggidì più pompa di quelli elogi tante volte ripetuti, i quali levando al cielo il merito de’ padri loro, potrebbero in un tal modo prendere l’aria di rimprovero pe’ loro contemporanei. Conoscendo i loro vantaggi e i loro difetti, unica via per profittare degli uni e guardarsi dagli altri, abbracciarono parecchi giudizi del critico francese, sebbene opposti ad opinioni che si conservavano come nazionali; e rispettano la severità e franchezza di quello quando ancora non son d’ accordo nel modo di pensare. Dirò ancor più. Seguendo il di lui esempio portano la loro critica per sino a trovar troppo favorevoli alcune sue asserzioni , e quasi come dettate da una specie d'indulgenza. In tal guisa sì è comunicato un nuovo movimento fra due illuminate nazioni, che essendo rivali per gloria letteraria, vanno sempre più ravvicinandosi fra loro. Si sono moltiplicate le relazioni, si è ravvivato quel cambio di libri, di scoperte, di pensieri, il quale per più riguardi . sembra stabilire maggior conformità fra i due più incivi- liti popoli dell’ Enropa. Qual dolce cosa per chi li,ama e lì stima del pari mirarli nello stesso stadio stimarsi ed imitarsi a gara , mantenendo ciascun di loro l’ indole pro- pria e la dignità nazionale! Quali vantaggi non aspettarsi da questa scambievole influenza di lumi e di sforzi, degna 100 del secolo che la produsse e che .gnora le ‘nazioni’ che | sanno spargerla e profittarne ! Ù imparato] Ecco sotto quale aspetto vedono dl italiani; il: Gin guené come letterato francese. Se è vero che il. servigio più grande, che possa rendere al suo paese uno serittor filosofo, è quello d’ illuminare i Suoi concittadini .m9 sAttoi loro posto in chiara luce il merito degli stranieri; di estinguere ogni rivalità , ogni risentimento dei; popoli; e di accrescer così il numero degli ammiratori e,,degli amici della propria nazione, chi potrebbe contrastare al Ginguené il merito di avere inteso, e di essere aggiunto.a segno sì nubile e glorioso? A noi dunque resta, solo, far, voti perchè 1 letterati come. lui benefici ed illuminati;, adoperino imitandolo a ripararne in parte la perdita, e a, concorrere collo stesso suo zelo ai progressi delle lettere e. delle arti, alla prosperità della Francia e dell’Italia, (1) 4 "0, (1) Io testifico la mia gratitudine all’ autore della notizia sopra il sig. Ginguené posta in fronte al catologo ,dei libri della sua biblivteca, e in special modo al sig. Amaury-Duval che ne ba pubblicata una ancor più estesa. nel XIV tomo dell’istoria di . * Francia. Il Joro lumi mi hanno scorto nella stessa carriera, ai II 101, poi ine e I greciei turchi. Pago Artic. L © Un autore di gran genio e criterio ha già detto che pet la diversità degli usi, delle abitudini e.della coltura fra ‘gli europei e gli orientali , riesce impossibile ai pri- mi'di formarsi in generale un'idea esatta della maniera - sia dei secondi. ‘L’assersione generica di questo autore è giusta anche fet rispetto ai greci ed ai turchi. È vero che i primi profes- sano la religione cristiana, che percorrono tutta l'Europa, che da parecchi anni frequentano in folla le scuole e le università europee, e che hanno infiniti contatti con gli abitatori dell’ Europa colta: eppure chi conosce più da vicino'il vero stato dei greci , vede tuttavia con maravi- glia che nè i loro amici, nè i loro nemici non hanno una esatta ‘nozione delle cose loro. In quanto ai turchi, o si ascolti ciò che ne dicono i giornalisti, o si presti orecchio a ciò che con maggior gravità ce ne asseriscono i viaggia- tori, gli scrittori diplomatici e le più autorevoli persone , spesso sì crede di-sentir ragionare dei-chinesi o dei pata- goni, piuttosto che di loro. È vecità in oggi generalmente riconosciuta , che per potere bene apprezzare un popolo, conviene avere non so- lamente un criterio giusto e la mente fornita di cogni- zioni esatte e bene ordinate, ma possedere altresì bene la lingua del paese, sul quale uno si decide a parlare. Inol- tre a nulla giovano tutte queste preparazioni preliminari, se l’autore non impiega moltissimo tempo ad osservare ‘attentamente le differenti classi della nazione che vuol de- Strivere, e se non è d’altronde fornito dei requisiti necessa- ri, onde cattivarsi l’affezione e la fiducia della medesima. Ma se tutto UE si riconosce . vero ed indispensa- | bile relativamente ai paesi dell'Europa colta ( la quale è 102 composta di nazioni che non presentano fuorchè-un certo numero di differenze parziali, con “molte somiglianze ge- nerali ) cosa dovremo inferirne , allorchè vorremo farne l'applicazione alle regioni ciiegitali? Dobbiamo forse ma- ravigliarci se fino adesso gli europei hanno imperfetta- mente conosciuti sì i turchi che i greci? Il governo ; la religione, il linguaggio, le costumanze, gli usi, e tutto in fine in quei paesi è talmente diverso da ciò che si osserva nell’ Europa colta, che senza un lungo soggiorno in Tur- ‘ F | to] chia, e senza circostanze favorevoli , nessun europeo può lusingarsi di ben giudicare o l'uno, o l’altro di quei popoli. Il governo è dispotico-teocratico ; dimodochè il sultano, il quale vien creduto agire per ispirazione divina, e può impunemente decapitare quattordici persone al giorno senza che nessuno ardisca biasimarlo, non può dall’ altro canto senza sommo suo pericolo bevere pub- blicamente del vino, oppure astenersi dall’andare in una moschea pubblica un venerdì. I suoi funzionari ed im- piegati si appellano e si credono suoi schiavi; egli può senza processo alcuno privarli a suo talento della fortuna e della vita, e tutte le terre dell’impero sono riguardate come proprietà del sultano. Ciò nonostante questo semi- deo regnante non può infrangere la più piccola istituzio- ne fondamentale senza tremare per la sua vita, la quale gli viene per altro tolta con somma riverenza e divozio- ne, inchinandosi più volte i suoi uccisori insino a terra innanzi al suo cadavere, per mostrargli il loro rispetto religioso. I contrasti fra la maniera di essere e di vedere dei turchi e degli europei mi condurrebbero troppo lungi se io volessi qui enumerarli; ma da quel poco che ne ho già detto, il lettore sensato può comprendere abbastanza la grandissima difficoltà di ben conoscere questi popoli . D'al- tronde, siccome gli europei hanno forse maggior premura 105 di-conoscere i. greci piuttosto che i turchi, mi limiterò a parlare per adesso dei primi, e forse in appresso parlerò dei turchi in altro articolo. I greci abitano presso a poco i medesimi paesi che abitavano i loro antenati avanti la spedizione di Ales- sandro. Tutte le isole dell'Arcipelago, le coste dell'Asia minore, ed il continente della Turchia Europea dagli Acrocerauni fino. alla punta dell’ Emo nel mar nero, sono principalmente abitati dai greci. I turchi , come i popoli d'origine slava, vallacca ed albanese si trovano per lo più nelle città e nelle fortezze di quei paesi, ma i greci sono in maggiorità contro tutti questi popoli presi insieme; quelli poi d’ origine slava e vallacca sono della comunione greca, e si grecizzano ogni giorno. Al di là pure del Danubio e dell’Emo, ed al di qua degli Acro- cerauni si trovano parecchi greci, ma questi devono nari tosto riguardarsi come coloni. Le conquiste di Alessandro, quelle dei romani, e finalmente quelle dei turchi hanno contribuito moltissi- mo a fondere insieme i greci, e ad ammassargli in una nazione, in cui non è più facile riconoscere quali sono i discendenti degl’ jonii, quali de’ dorii, e quali d’altre popolazioni della Grecia antica. Secondo il mio parere mai i greci sì sono trovati in circostanze più favorevoli per formare una nazione omogenea: le loro antecedenti posizioni mai furono tali da permettere loro di fare insie- me uno sforzo generale e simultaneo per ripristinare gli antichi loro diritti. Gli abitanti delle coste dell'Asia minore, circondati come sono dai turchi, non possono sperare di scuotere soli il giogo ottomanno. Quellidella Tracia e della Ma- | cedonia si trovano appresso a poco nella medesima circo- stanza : la ferocia ottomanna e l’ ignoranza europea potevano sole inviluppare i i greci abitatori di questi paesi mella mossa dei greci abitatori dell’ isole e del continen dA te dell'antica Grecia. Non rimangono'che i greci dell’iso< le; ‘e quelli che occupano il paese che si estende ren Acrocerauni e dall’ Olimpo sino alle montagne di Maina nel fondo del Peloponneso ed è di questi appunto chei io Re a parlare. 1! abbudisozi conosciuta la Bho) l'estensione e la fonti di questi paesi; ma la loro Silio le idivisione ,.e la'loro'‘situazione ai confini dell’impero ottomanno» non hanno permesso questi greci di formare una massa im- ponente, ‘nè di arrivare a quel grado di opulenza. e di civilizzazione che avrebbe potuto in questo momento som- ministrar lorovi mezzi di lottare più vantaggiosamente contro i loro.tiranni. Il: loto. numero: ed il loro ben’ essere è stato consi- derabilmente diminuito, tanto dalla vicinanza dei vene- ziani ve» degli albanesi; gente feroce e dedita ai saccheg- gi ‘ed'ai ladrocini; quanto dalla malaugurata insurrezione ‘deb ‘Peloponneso nel 1770: e sopratutto poi dalla lunga tirannia di Ali Pascià di Jannina. 10 Nell’isola di Candia e di Negroponte i rinnegati iuedhi commettevano degli orrori contro i greci; e se si eccettuano gli abitanti dell’isola di Scio, e di tre scogli dell’ Arcipelago, cioè Ipsara ; Idra, e Spezia, tutto il ri- manente era in preda della povertà e della miseria, e si trovava molto. inferiore in civilizzazione posto a confronto cogli altri greci dell’ impero ottomanno, a riserva però di Jannina'in Epiro, che fu sempre una cospicua e civiliz- zata:città sino alla sua distruzione, seguita avanti la lotta attuale durante l’ assedio che ne fecero le truppe del sul- tano; guer reggianti contro Ali Pascia. Le scuole più cospicue dellaGrecia si trovavano stabi- te in Scio, nell'Asia minore, ed in Costantinopoli, cioè dove erano i più ricchi ed i più colti della nazione, che la imbecil- lità turca ha poi crudelmente distrutti, senza riflettere che nulla aveva a temere per parte loro, essendo meglio poichè 105 amministrati, non si sarebbero giammai indotti a dividere i rischi dei loro connazionali, ma avrebbero fatto ogni sacrifizio per conservarsi nella loro tranquilla posizione, lo che avrebbe potuto offrire non piccolo vantaggio alla Por- ta nella crise attuale. L'occupazione più tarda di queste provincie che furono le ultime a passare sotto il dominio turco, la sterilità di una parte delle isole dell'Arcipelago; la loro piccola estensione , la forma montuosa , l'indole guerriera di molte popolazioni, ed i patti favorevoli a cui alcune di esse si sono sottomesse alla Porta Ottomanna, tutte queste cause riunite insieme hanno impedito ai tur- chi di bene stabilirsi in questa parte , ove.i greci hanno conservato non solo la superiorità morale, ma anche la superiorità di numero sopra i loro dominatori. Se si eccet- tuano i turchi di Larissa e suoi contorni, il rimanente dei maomettani sapevano poco il turco, ed avevano con- servato molti usi della loro antica religione e modo di vivere. Ad onta del loro dispregio verso ogni religione ed ogni civilizzazione da essi professato in comune con. gli altri loro connazionali, si vedevano obbligati ad adopra- re la lingua greca moderna per il disbrigo dei loro aftari. Per mala sorte questo maggior contatto con i greci gli rendeva più tiranni e più esigenti. In tutto questo territorio il numero totale dei mao- mettani d’ogni origine non giungeva a più di 500 mila, in tempo che quello dei greci superava i due milioni, comprese le popolazioni di origine albanese e di origine vallacca, che si riunivano nella medesima classe, perchè professavano la religione cristiana secondo il rito greco, erano maltrattati al pari dei greci, e perchè infine, attesa la loro discendenza da popoli rozzi e senza alcuna antica illustrazione ; non avendo che un linguaggio incolto , cir- coscritto e senza lettere, si educavano nelle scuole dei greci, indirizzavano le loro preci religiose in lingua greca, «ed avevano in tal guisa infiniti titoli per fare causa comu- 106 ne coi ‘greci. — Poco vi voleva per fare loro dimenticare affatto il loro rozzo vernacolo, in guisa da non distinguer- li dai veri greci. Sotto il dominio stesso dei turchi si so- no sovente veduti questi popoli , come quelli d’ origine slava; divenire greci, ed avere ad onore di stringere al- leanze coi medesimi, e di usare le loro maniere. La supe- riorità dei greci era tale che influiva anche sopra gli al- banesi maomettani, di maniera che almeno i due terzi di questo popolo, nelle sue transazioni, si era avvezzato a non impiegare altra lingua che la greca. ° Da quanto ho'sin qui detto si può naturalmente in- ferire che la Grecia antica è tuttavia abitata da’ greci , o almeno da popoli, che se non lo sono interamente , sono però la maggior parte o greci, o grecizzati; e se fra questi vi è chi pure conserva il linguaggio vernacolo originario, tutti però senza quasi ‘eccezione alcuna intendono e par- lano il greco moderno. D’ altronde l'immensa maggiorità professa lo stesso rito, e si può tenere per certo che la eouformità della religione , dell’ educazione e del destino non fanno di tutti questi cristiani che un popolo affatto omogeneo . Non è forse fuori di proposito di aggiungere un cen- no anche sopra i paesi che servono d’ abitazione a’ popoli di non greca origine. Il Pindo, dalle sorgenti dell’ Acheloo e del Peneo sino alle vicinanze di Ocrida, è abitato da un popolo iden- tico con i vallacchi, e conosciuto dai greci sotto questo nome di va/lacco, il quale è divenuto per così dire sino- nimo della parola pastore. Ma questo popolo, ad imitazio- ne dei suoi connazionali che sono al di là del Danubio, si nomina sempre ro072720 , che è una corruzione di romano. Il signor Pouqueville s’inganna certamente credendoli originari degli Abruzzi moderni. Ad onta che non si ab- bia una esatta istoria di questo popolo, nulladimeno il suo linguaggio, il suo nome appresso i greci; e l’altro nome = I) “ 107 di cui fa uso egli stesso, mi pare che dimostri quasi all’e- videnza la sua identità con i vallacchi che abitano la provincia della Valacchia al di là del Danubio. Credo di non errare dicendo che questo popolo deve avere abban- donata la Dacia nel tempo dell’ incursioni dei bulgari. La loro vita pastorale e nomadica che tuttavia conservano, uò averli attratti nei paraggi della Macedonia e della Tessaglia. Soliti a ritirarsi nell’ estate sulle montagne, la tirannia dei turchi deve poscia avergli costretti a stabi- lirsi di preferenza sul monte Pindo, reso già inabitabile dalle depredazioni degli albanesi. Molti di questi vallacchi si erano stabiliti in quale he parte della Macedonia occi- dentale, dove avevano fabbricato una città che nel secolo “passato acquistò molte ricchezze, ma che più non esiste. Gli abitatori di questa città si trovano adesso sparsi per l’ Ungheria, e sì ricordano sempre del loro paese e della loro Z'oscopolis (osuiwoAis cioè città di pastori) che cento anni fa aveva due scuole ed una tipografia. Ho avuto oc- casione di conoscere dappresso questo popolo, e di esami- nare la sua lingua. Dopo il loro stabilimento fisso hanno dovuto attingere molti vocaboli necessari dal. greco e da altre lingue; ma i ter mini più usuali e .il meccani- smo della loro lingua è perfettamente identico con quella dei vallacchi del Danubio, e non avendo lettere, nè la possibilità di formare un popolo a parte, finiranno col grecizzarsi ,affatto. — Non è possibile di pronunziare so- pra il loro numero, m a riunendo insieme tutti i vallacchi della Grecia, non si potrebbero calcolare a più di 100 mila anime, ed il maggior numero è in Macedonia , ove trovansi parimente molti slavi e pochi albanesi. Siccome però la Macedonia è per ora al di là della Grecia libera, e non può destare perciò un vivo interesse, invece di trattenere il lettore sulla medesima, passerò a parlare degli albanesi. Il paese proprio e originario di questo popolo è tra gli Acrocerauni, il Pindo e la Dalmazia , 108 cioè ‘V'IHliria greca. ‘Quale è l'origine di questo popolo ? Come si trova ‘in questo paese? Che affinità ha la sua lin- ua? sono tutte questioni di diflicilissima ‘soluzione. È indubitabile che gli albanesi non sono di origine slava } come neppure di origine latina. — Gli albanesi meridio- nali sì nominano Scipitar, ed i settentrionali Gueghi. Se l'Albania non fosse fuori del mio proposito, azzarderei ulia ‘mia opinione sopra la loro‘origine'; ma qualunque. ella siasi, è certo’ che gli albanesi sono un popolo partico- lare ; degno'di calibro a sè l’ atterizione CAI eruditi e "RON storici. i ‘Da questo focolare dell'Albania sono ‘uscite nel me- dio evo e nel’ tempo delle crociate. molte colonie, e si trovano stabilite in ‘una parte della Beozia , dell’ Altica pa della Megaride, ‘e dei contorni di Corinto e di Argo. Le isole di Idra e'di Spezia sono principalmente abitate da Scipitar , come altre piccole isole circonvicine. Nell'isola di Negroponte e'in'quella d’ Andro sî trovano degli al- banesi, ma'in piccola quantità. Siamo in unà profonda i igno- ranzà sul loro preciso numero, perchè i greci non fanno fra ‘essi e loro molta distinzione: ma si può approssima- tivamente calcolare che non oltrepassino i 200 mila, tutti” di rito greco, e forse più devoti di tùtti gli altri loro cor- o religionari. Oltre questi albanesi, molti se ne trova anche in Hpir6: Tutta la'costa degli Acrocerauni sino a Preve- sa è pellà maggior parte lusitaea da questa popolazione, di cui però ‘forse una metà è maomettana , ma frammischiati | sempre a molti greci. — Tutta poi ti popolazione del-' l’Epiro interno è meramente greca, e sì estende al di Jà anche dei suoi confini. — Il grecismo ‘è in Epiro sì grande , che adesso pure i governatori turchi sono co- stretti a fare uso della lingua greca nei loto affari: il turco serve solo per corrispondere con la Porta’ Ottomanna. È superfluo il ripetere che gli albanesi dell'Epiro di religio- ne cristiana si grecizzano ogni giorno , € ricevono un ’edu-, / 199, cazione affatto greca. Ad eccezione di questi popoli, e dei; pochi mao mettani sparsi qua e là per tutta la, Grecia., tutto il rimanente della Grecia, non meno che, l’isola di Cipro, e molta, | parte delle coste dell’ Asia, minore ,, è, abitata dai greci della. stessa. origine, della, stessa lingua, e ‘della, stessa chiesa. Il numero vi seguaci della Chiesa, romana ,, come quello degli ebrei, e degli zingani che, vi, sì trovano è così piccolo ; che non vale la pena di calco- larlo. Una cosa assai degna d’ osservazione si è che nella, Grecia, di cui più particolarmente. io parlo, la lingua greca; è rimasta la lingua dominante anche presso i maometta- nì, gli ebrei e adi zingani ; sebbene: i greci non, siano i dominatori, e sebbene dopo le crociate quelli che conti. nuarono ad, abitare questo territorio rimavessero molto ipdietro anche. in civilizzazione ai loro connazionali del-, l'Impero greco. Tutti sanuo che i turchi, per fanatismo , e per politica, non sogliono imparare lingue estere; eppu». re i loro proseliti della Grecia non parlavano, fuorchè il. greco. La spiegazione: di questo fenomeno non, è tanto; facile. Forse è un effetto del non lungo dominio dei. tur-; chi in quella parte, non meno che delle sommissioni, par-- ziali .con, patti favorevoli. di. alcune popolazioni greche, che ‘hanno impedito ai turchi di spandere,la Joro i dnvarior, ne colla : stessa forza per ogni lato.— Forse ancora è un, ef-, fetto della superiorità che ha/la civilizzazione Bresa, sopra quella di tutti i popoli della Turchia. pipi, Qui cade forse in acconcio di trattenermi, un + p909, sopra i patti e le epoche della sommissione dei greci al dominio turco, poichè ho osservato che non ne viene fat: to alcun cenno da tutti gli autori che hanno, esaminato, i, rapporti dei, greci con i turchi. , | Sì sa chejl’impero ottomanno ha, cominciato verso, il 1300 dal capo della famiglia regnante adesso a Costan., tinopoli, dal di cui nome si sono intitolati ottomanni.( 0-, smanli ), i «turchi che hanno. cominciato ad invadere, 110 l’impero Greco-Romano di Costantinopoli, pet così distin? guersi dagli altri ‘turchi che si erano resi padroni della Mesopotamia , della Soria e dell’ Egitto , e stabilito ave- vano nel centro dell’ Asia ‘minore il regno dei sultani selejucidi, dopo l’ estinzione dei quali i loro diversi’ guer- rieri si erano resi indipendenti , ed uno di questi era an- che il fortunato Ottomanno, o per dire meglio , Osman. Nell’ intervallo di 140 anni gli ottomanni invasero non solamente l’ Asia minore, e sottomisero tutti i greci colà abitanti, ma si resero padroni di tutta la Tracia , della Macedonia, e d’una parte della Tessaglia. Gli ‘abitanti. dell’Epiro, dell’ Acarnania , dell’Etolia, e tutti quelli che abitavano la catena del Pindo, si sottomiserò con patti volontari, secondo i quali dovevano governarsi da' sè, ed essere armati. Anche nella Tessaglia e : nella ‘Ma cedonia molti cantoni statuirono parimente di ammini- strassi da sè, di avere libero l’ esercizio della religione’ loro, e di pagare una somma fissa di danaro. Questi patti, con quello di conservare le armi, furono concessi agli al- banesi ancora; e fintantochè gli albanesi non si allonta- narono dal cristianesimo , e la potenza dei veneziani mon cessava di dare delle inquietudini al governo'turco ; i patti furono mantenuti, e mercè il loro prestigio, poterono i turchi pacificare e sottomettere i greci del Peloponeso ; dell’ isola di Negroponte ; di Cipro , di Candia’, e delle altre isole dell’ Arcipelago, ove anteriormente i veneziani non avevano mai saputo'conciliarsi l’ affezione dei greci , che bastava sola a renderli iuvulnerabili. È noto chie il Peloponneso pon si è definitivamente sottomesso ai turchi fuorchè nel principio del secolo passato, e che quattro città dell’ Epiro ( Prevesa, Vonizza , Butrinto e Parga ) si resero vassalle del dominio turco sotto la protezione della Russia e dell’Inghilterra, con Ja promessa per parte del governo turco di rispettare la libertà della loro am- ministrazione interna ; promessa ‘che per altro venne in b1 E appresso violata, essendosi ‘anche le chiese. di .Prevesa e di Vonizza trasformate in moschee ; ed avendo dovuto | gli abitanti di Parga abbandonare il loro suolo nativo. I mainotti nella Morea, gli sfachiotti in Candia , ed ‘ isulioti in Epiro hanno saputo conservare la loro indipen- denza, ad onta di tuttii tentativi fatti dalla Turchia per soggiogarli. Moltissimi cantoni del monte Pindo,, della Tessaglia e della Macedonia, profittando del van- taggio delle loro posizioni inaccessibili, si sono saputi egualmente schernire dagli attacchi degli ottomanni, ed hanno scansato di vedersi ridotti al deplorabile stato degli altri loro confratelli, i quali sono stati mediante la forza, privati non solamente di tutti i diritti conceduti loro, ma trattati altresì a guisa di gente militarmente conqui- stata, e come se fosse per loro il primo giorno di un'in- vasione a mano armta. Non è qui necessario il descrivere circostanziatamen- te tutto quello che i miseri greci. hanno dovuto soffrire in questi ultimi tempi. Basti il rammentare che Ja domi- nazione militare era esercitata dai turchi; popolo religio- samente e moralmente feroce, e che in questi ultimi tempi non è stata nemmeno raffrenata dall’ onnipotenza del loro sultano. Ma questa dominazione violenta, ingiusta, illegittima e stupida è stata seguitata dai suoi inevitabili. effetti , cioè la spopolazione \e la rovina totale della Tur- chia Europea , uno dei più bei paesi dell'Europa; e che I | | | | | | | malgrado la sua vastità ed i suoi vantaggi, può avere adesso appena otto milioni d’abitanti d’ ogni religione | ed’ogniorigine. Nei viaggi che ho fatto dal 1800 al 1817, quando ho avuto occasione di percorrere per la seconda volta le stes- se provincie, sono stato colpito dal contrasto che. mi of- ferivano quegli infelici paesi, paragonando quello che ave- va veduto nel principio del secolo, con quello che osser- vava ‘dopo 15 anni. Mi sono spesso domandato: dove! Ù Tfa anderà a terminare quest’ ordine di cose? e la mia opi-. nione era allora che se la Turchia durava tutto il secolo;; doveva divenire peggio del Marocco , peschil io diceva, là non vi sono due religioni in contrasto; nè il Marocco ha vicini che possano Severi Il lettore può desumere da quanto ho sin qui accennato, che la Grecia non è stata conquistata contemporaneamente, che vari cantoni hanno sempre conservata la loro indipendenza, che tutti i greci. non erano divenuti sudditi dell’impero ottomanno, e che fra quelli sottomessi, nemmeno tutti lo erano colla forza delle armi. Queste conseguenze istoriche sono riconosciute! dai turchi istessi. Non è mio proponimento di ragionare su questi dati: mi contento di accennarli, e di proporli a chi vuole con cognizione dì causa pronunziare fra i greci ed i turchi; Scrivendo di memoria, privo del.soccorso di qualun- que documento, e mancandomi inoltre il tempo rneces- sario per dare un maggiore sviluppo alle mie osservazioni ed alle mie idee, ho bisogno di tutta l’indulgenza, e di tutto il compatimiento doi! miei lettori. Ho detto qui sopra che i greci. adesso armati erano rimasti indietro ai loro connazionali. in civilizzazione. però giusto anche il confessare che i lavori ed. i progressi degli altri non rimasero 'senza : nessuna influenza sopra i greci liberi, e si vede chiaramente da quello che hanno fatto sino adesso, che erano maturi’ Pesa un cambiamento di stato . Il governo turco non ha finanza; e come è val disotto di quello che già era un secolo fa, aniisaieta dalla sua; crescente decadenza di quello che avea a temere dai greci, aveva per massima di tagliare la testa. a tutti i greci che, divenivano notabili, o per la loro influenza; oper le loro ricchezze. Questo sistema non ha permesso alle classi ;su- periori della Grecia di consolidarsi, e di avere permanent. temente i mezzi necessari per coltivare lo spirito, ed! essere x 113 | oggidi ‘al retto: ‘dé bisogni dali nazione. Professando i | greci una religione di Baterdità. conservando le tradizioni | della loro antica civilizzazione d’ eguaglianza , ed avendo ‘innanzi agli occhi lo spettacolo di un sistema di eguaglian- va,; preferivano le andragazie (avdpayadia; illustrazioni | personali ) alle patragazie (warpayadic illustrazioni’ de- gli antenati ). | © Senza che nessuno mi rimproveri d’avere la mania delle antiche membrane, quando io parlo di classi supe. riori, intendo una classe tha abbia l’agio ed il comodo di | occuparsi della coltura del suo spirito. L’ esperienza m'ha | dimostrato, che ove non vi è anche sicurezza di. vita, d’onore e di proprietà, ivi di nulla si può uno occupare. Il popolo greco era per altro benissimo disposto per la civilizzazione. Le sue sciagure, le sue antiche e glo. riose rimembranze , ed il contatto con i popoli. inciviliti lo aveva preparato ad anelare un governo nazionale ‘e civilizzato; e sebbene attaccatissimo alla sua religione, per la quale sola soffriva, era però molto alieno dal- l intolleranza , e discerneva benissimo il vero ecclesiastico dal furbo. Non si deve tacere un’ altra causa. La chiesa d'Oriente permette il matrimonio dei curati, e siccome non ha che soli due ordini di monaci che possano vivere lontani dal mondo alimentandosi coi loro sudori, i sacer- doti erano quasi tutti padri di famiglia; circostanza mol- to importante per l’influenza che essi esercitano nelle fa- miglie. Ad eccezione delle isole di Sira, Naxo, Tino; e Scio, in nessun’ altra parte della Grecia attualmente armata vi | erano stabiliti cattolici, o seguaci di altre chiese. Il clero greco non essendo adunque disturbato da veruna disputa 0 ‘conflitto , ha potuto inlieramente rivolgere la sua atten- “zione soluto il maomettismo per. conservare la propria fede, e consolare il popolo infelice. | Malgrado la tirannide dei turchi e la loro barbara Bolicici ; i greci avevano conservato i governi municipali, SP. XI. Novembre 8 #34 Festo dell’ antica loro civilizzazione. Da principio..i, ii non sapevano, il turco,, nè, al contrario, i pascià. ‘eigli. altri governatori turchi, sapevano il greco, Forza era dunque di | lasciare al popolo. la scelta dei suoi capi, ela. «distribuzione delle tasse che dovevano ‘essere, pagate.onde, sodisfare le | richieste arbitrarie dei. tugchi. ;.;-..josa i bo olisiaoa Una particolarità degna, di rimarco;è,la. seguente. Malgrado le capitolazioni , secondo:le quali;;i grecixdove- vano, vivere sotto la legse civile dei loro,antenati.,; à tur- chi calpestavapo, aghe, questo privilegio e non..ricono- scevano valida altra. legislazione fuorchè .la;loro. Ciò non- dimeno ì greci colla paci ripugnanza;, ed inerzia verso questa legge, hanno: saputo, eludere questa usurpazione, sottoponendo volontariamente tutte le loro cause alla: de- cisione dei, loro connazionali più stimabili, come per esem- pio. vescovi.e gli arcivescovi, che assistiti dai loro canonici e_dai..primari.secolari d’ogni distretto, formavano.il. loro tribunale prediletto. Le sentenze di questi arbitri si ‘ese= guivano puutualmente, ed erano generalmente giuste e benefiche: la forza loro era tutta riposta nella. persuasione e nella scomunica: se qualcheduno si appellava;,ai.;tribu- nali turchi, l'opinione pubblica lo; ricuopriya.di biasimo e di disprezzo, e veniva tosto sfuggito come.un pestifero, e riguardato indegno della comunione, cristiana. Sij.deve notare che queste sentenze civili si pronunziavano,gratis, e secondo le leggi del Basso-Impero , delle quali aveva fatto un compendio un certo Armenopulo avanti la caduta di Costantinopoli. —Il governo adunque municipale, e la benefica influenza dei dicasteri ecclesiastici; avevano po- tuto in qualche modo raddolcire la natural ferocia del gover- no turco, ed hanno contribuito,a fare che.i, greci conservas- sero la loro nazionalità , e si preparassero, ad un altro;ordi- ne di cose . | Quel che poi ha più d’ogni altra cosa servito. a con- servare la loro nazionalità è i religione, perchè chi abiu- digit Li cn — "= "asa ————_cuecs vr 115 | rava: questa; era’ costretto ad 'abiurare la' sua nazione ; talchè pochissimi si sentivano inclinati ad ‘esporsi a questo cimento. Questo freno potente, unito al disprezzo ed all’ odio naturalmente fomentato dalla tirannide turca, ed alla differenza infinita che passava fra i settari di- Maometto ed i seguaci di Cristo non solamente nei di- ritti e nelle cose essenziali, ma anche negli usi meno importanti, nei colori ed in tutto l’esteriore, tutte queste cause, e dirò anche la mancanza di tutte le altre sette x eristiane nel seno della Grecia , che avrebbero potuto di- videre lentamente i greci in più classi, hanno mantenu- to il loro carattere nazionale, ed hanno richiamato tutta la loro sollecitudine sopra i mezzi di conservarsi in aspetta- tiva. di un migliore ‘avvenire. La decadenza giornaliera dei turchi, la superiorità sempre crescente dei loro vicini, e le guerre civili fra i‘ maoniettani stessi, avvertivano i greci che le lorò sciagure erano in procinto di finire: ed è da osservare che dopo le gloriose gesta del principe Eugenio, era cosa rarissima di vedere ‘un'‘greco abbraccia- re il maomettismo. E qui:cade in‘acconcio di citare un damento volgare da me sentito ripetere in Grecia , ‘anche dalla gente. più idiota. « La nostra nazione, dicevano, aveva altra volta la scienza,ilo scettro, e'la ‘purità della religione. La prima è passata ai franchi (sotto questo vocabolo generale essi comprendono tuttii popoli civiliz- zati dell’ Europa ); il secondo ci è stato rapito dai tur- chi: non ci rimane che la religione, la quale pure si risente della mancanza dei due primi vantaggi. » ll sentimento intimo dell’ antica gloria, l’ indigna - zione verso la condotta dei turchi, e la speranza di potere un giorno liberarsi per mezzo della civilizzazione, ‘ erano cose tanto comuni e tanto sparse, che in ogni paese,\in ogni villaggio si sforzavano di stabilire le scuole che po- tevano , e si quotizzavanio per fornire le:spese ai giovan i greci , e per farli viaggiare e studiare nell’ Europa colta. 116 ‘ -;I tre quarti dei numerosi giovani che dalla Grecia accor- revano ultimamente alle scuole europee erano alimentati i dai loro compatriotti, a condizione di dover ritornare in. Grecia, e stabilirvi delle scuole più metodiche. Finirò qui il mio articolo. già abbastanza lungo, e se le mie osservazioni possono meritare 1’ accoglienza | dei lettori dell’ Antologia, potrò anche in appresso ri- | tornare sullo stesso argomento , supplire alle sue lacune , e fornire ai benevoli lettori i mezzi di perfezionare le loro idee sullo stato dei greci e dei turchi. Prada didys. Memoria sul commercio di Venezia, e sui i mezzi d’im- pedirne il decadimento, letta al 7. eneto Ateneo dal socio ordinario LuIci Cash! segretario dell’ in- clita Congregazione centrale.— Venezia 1823, in 8°. ) Dolorosa. materia di ragionare ‘ebbe il ‘sig. Casarini innanzi all’ Ateneo di Venezia, allorchè in luogo di poter | conferir. coi suoi concittadini intorno all’ avanzamento della comune patria, ei dovè deplorarne con ‘loro la deca- . denza, e annunziar la rovina che la minaccia. E doloroso uffizio è per noi il dare ai nostri lettori rayguaglio del suo ‘ragionamento , nel quale dopo di aver brevemente de- . scritti i progressi maravigliosi che avean condotta Ve- nezia a tanta opulenza, ei sì riduce a propor de’ compensi onde sostentare la languida esistenza dell’ antica superba regina de’ mari. In due parti è divisa questa memoria; la prima delle quali, istorica tutta, ci mostra Venezia nata dalle deva- stazioni e dalla miseria del continente d’Italia, e dalla virtù di uomini intolleranti di vivere frammischiati ai barbari ; reggersi dapprima coi soli: prodotti naturali di Ù 4 i pe 117 quelle paludi , il sale e la pesca, e cambiar coll’ esube- ‘ranza di questi gli oggetti i più necessari di sussistenza. | Di poi, restando sempre la terra chiusa , perla povertà | sua e per la ferocia degl’invasori, fissare al mare tutte le .. loro cure, sperar tutto da questo , ed estendere il traflico . dei cambi e dei trasporti colle adiacenti, e colle opposte | vicine rive dell’ Adriatico. | «.... Crescevano intanto le relazioni con i paesi d’Orien- te, e lo stato di Costantinopoli, che per la fratellanza dei popoli dava facilità alle comunicazioni, era per la viltà degli imperatori è per le frivole gare che lo infiacchivano, divenuto inabile a contendere con. la industria di popoli liberi e bisognosi; e mentre i sudditi del greco impero perdeano il tempo e l’ingegno nel disputare, i veneziani potean progredire rapidamente nella via dei guadagni e della possanza ; la quale andò sempre crescendo per loro lo spazio di molti secoli, e arrivata al suo colmo nel de- cimoquinto , incominciò dopo quella epoca a. declinare, per la nuova via aperta alle Indie dai portoghesi, e pel discuoprimento d’ A merica. E qui l’autore si trattiene a osservare che molte sco- . perte geografiche, le quali hanno dipoi trasmutata sede al commercio del mondo, erano state additate da’ veneziani; e novera diligentemente quanto essi facessero per la for- : tuna degli altri. Il capo di Buona-Speranza e il Madaga- scar erano segnati in una carta di Marco Polo; e l’Antilia e il Brasile lo erano pure secondo il sig. Casarini in altre venete carte di molto anteriori al Colombo. Ma noi tra- passerem volentieri queste ricerche, che poco importano a noi le passate tradite glorie; e siasi nostra colpa o sven- tura , che ci ha impedito di coglier frutto da quelle cose che i nostri antichi ci avean mostrate, sentiamo pella passata grandezza maggior dolore nella miseria, e ripu- tiamo esser. dalla industria dei tempi passati, aggiunta bruttezza alla presente ignavia. (| x 138 Indarno avea Marino: Sanuto fino dal' 1300 consiglia-. to a’ suoi concittadini di conquistar l'Egitto, reputando saggiamente fino d’ allora , che la possessione di esso do- vesse assicurare contro ogni evento il traffico delle Indie ai navigatori del Mediterraneo: la troppa fidanza dei ve- neziani fe’ loro trascurare un consiglio, che avrebbe potu- to riuscire a tutta Italia sì vantaggioso ; consiglio poi re- suscitato ne’ giorni nostri, e tradito dalla fortuna. Indarno si tentò dopo i primi danni di abbreviare la via mediter- ranea all’ Oriente con un canale che congiungesse la Vol- ga al Don: la gelosia d’Ivano Vassilievitz vi oppose delle armi già prepotenti, e fu appoggiata dalla superstizione de’ turchi, i quali ponendo la religione nell’ osservare letteralmente le pratiche prescritte da Maometto; credea- no vietato qualunque stabilimento nel nord,,poichè ivi la troppa disuguaglianza dei giorni e delle notti verrebbe ad impedir loro di distribuire colla regolarità consueta le ore della preghiera. E indarno furono i veneziani nel se- colo decimosettimo valorosi per l’ultima volta nella Morea, che avrebbe aperto a loro un nuovo sbocco! al levante; poichè oppressi dalla concordia de’ potenti a Passarovitz , conobbero che aveano pugnato inutilmente, e. perderon l’ ardire colla speranza . Distratto il traffico ad altri climi, e mancato ogni modo di ricondurlo alle antiche vie, si vede decadere Venezia con una rapidità, la quale aumentata con moto accelerato nei giorni nostri, non sembra arrestarsi per ora. Ma nel tracciar l’epoche più importanti per la sua patria, non avrebbe dovuto il sig. Casarim limitarsi a segnar le vicende ch’ ebbe il commercio, e saria stato anche più proficuo a parer nostro il mostrare le cause morali che ne produssero la grandezza, come l’ abbassamento. Si avrebbero allora veduti i veneziani strascinati dal movi» mento generale di Enropa a tempo delle crociate, pri- meggiar fra tutti per il valore, e dominare gli avveni: rg menti; toccar dipoi nella guerta di Chioggia la meta di ogni verace grandezza ; spiegar contro gli alleati di Cam- brai quanto peeccso un governo artifiziosamente composto, e fino allora più grave agli emuli che ai soggetti. È poi quando questo stesso governo ebbe ridotto lo stato ad aver dei capi senza aver più cittadini, si avrebbe veduta la repubblica dopo lunga inerzia cadere appena tocca dalle armi, e cader, come avverte bene il sig. Daru, da pochi osservata non che compianta. Così periva il governo, che almen sosteneva la ma- teriale grandezza della città con la quale era nato; e finì per essa ogni sorgente di vita, sicchè ora essa sembra non sussister più che sull’ inerte consumo di quelle poche forze , le quali le rimangon tuttora. Il sig. Casarini mo. stra talvolta di rallegrarsi, e par che riprenda coraggio, a vedere alcune vie più centrali della città ridondar di popolazione , e non esser prive di movimento e di ap- parente richezza. E però sedotto dalla lusinga, che il languor di Venezia provenga non tanto da una assoluta mancanza di forze, quanto dalla cattiva distribuzione di esse , egli viene a consigliar degl’interni provvedimenti per diffonder più equabilmente il calore che ancora resta, fra i differenti quartieri della città. Ma egli stesso convie- ne, che molte delle estreme parti della città son ridotte a tale, che sarebbe utile abbandouarle , e distruggendo le case già diroccate, uguagliarne il suolo coll’ aratro , e dedicarlo alla cultura. E noi perciò non sappiamo ridurci a vedernel rigoglio che comparisce in alcune strade quasi una pletora locale, ma per cercar con lui le similitudini nel- la medicina, non vediamo in questo fenomeno , altro che quella estrema vitalità che sempre si ristringe intorno al cuo- re,l’ultimum moriens dell'antica scuola. E quanto al dispe- rato consiglio di abbandonare affatto le estremità di Vene- zia, troviamo ch’esso equivalga, per la qualità della ricetta, all’amputare i piedi gelati di un moribondo. Non pertan. 120 . to vogliamo noi riprovare affatto tali consig gli, pei quali si può ottener che Venezia, poich’ essa non può oramai sussister grande, almeno sia più piccola, e viva. Noi condanniamo quell’ orgoglio, il quale non sa piegarsi ai partiti atti a migliorare una men prospera condizione , e che si com- piace ostinatamente della sciagurata e sterile pompa delle rovine. Esse non fruttaron mai altro che vanità: .e alle nazioni hanno profittato in ogni tempo più le speranze che le memorie. Quando i principii che han retto uno stato non son più atti a sostenerlo, se ne cerchino; pure dei nuovi, e si seguano coraggiosamente. Né si tema di cominciar da capo, poichè non è dato alle cose umane il tornar indietro a ricorrer le stesse vie, nè quando esse son giunte una volta alla decrepitezza, può mai sperarsi senza un rinnuovamento totale di ridonar loro il vigor della gioventù . Le speranze di Venezia come città marittima non sono nè grandi, nè certe. Dal risorgimento della Grecia potrebbe essa ricevere un qualche soccorso efficace. Ma il suo porto non è oramai più il solo che guardi il Levante, e troppe cose le mancano per pareggiarsi cogli altri., e attirare a sè nella sua attuale condizione la maggior parte dei guadagni, ai quali potrebbe dar luogo l’ approvvisio- namento di una nazione nuova, e che avesse incominciato a risentir la prosperità dell’ indipendenza. Sicchè è vano ormai lo aspettarsi molto da questo lato. Ma come Venezia, quando ebbe a temer tutto dal continente vennea piantarsi nel mare, così ora che essa può poco più sperare dal mare, dovrebbe quasi riavvicinarsialla terra, e ricongiungersi a que-' sta. E ciò appunto consiglia il sig. Casarini nell'ultima parte del suo libro, ch’ è la più importante, e quella che ci ha indotti a parlarne, senza però volerci far giudici della possibilità di eseguire ciò ch’ ei propone per ottener. que- sto intento, al che ci confessiamo inabili affatto per; poca cognizione dei luoghi... |. .;. ._. ) riv À 121 ; © Riunire Venezia al continente, col toglierle in parte quella singolarità di situazione, e quell’isolamento che ora le è divenuto dannoso, sarebbe renderla certamente abitazione più comoda, e più piacevole ai possessori di terra ferma: nè più si vedrebbe essa esposta ad es- sere successivamente abbandonata da molti de’ più fa- coltosi fra questi. E invece del commercio del mare, ver- rebbe almeno ad attivarsi col traffico de’ prodotti delle pro- vincie. Dice il sig. Casarini aver documenti autorevoli , che tale era il voto del doge Marco Foscarini, scrittore illustre, e benemerito cittadino della repubblica nei tem- pi che precederon di poco la sua caduta. E che ciò po- trebbe ottenersi con una grande strada, la quale tracciata in linea retta nel punto il più stretto della laguna, non verrebbe ad esser più lunga di due miglia e mezzo in circa. La vorrebbe ara aaa di alberi, munita di mar- ciapiedi, e fiancheggiata da due paralleli canali. Trova dentro Venezia il locale per le scuderie e per le stalle, e il modo di continuar questa strada onde condurre i viag- giatori fin nell’ interno della città. Insomma tutto quello che si richiede per uguagliare Venezia quanto alla facilità ed alla prontezza delle comunicazioni ad una città conti- nentale. Esclude ogni obiezione in quanto alla difficoltà di trovar materiali, dicendo che ne darebbero gran parte | sul luogo istesso i fanghi della palude scavata per affon- dare i canali, e la vicina ghiaia dei fiumi. Provvede con un canale trasverso al necessario livellamento delle acque, ed al passaggio delle barche; con una isoletta crea- ta a mezzo la strada al comodo dei passeggeri, ed alla delizia degli abitanti; e con dei ponti levatoi, delle bat- | terie, ed altri ingegni, alla militare difesa della città. E dice che la spesa di tutte queste opere non oltrepassereb- be un millione e mezzo di fiorini, la qual somma verreb- be anche a diminuirsi ; se dalla dliilicata del sovrano | venisse accordato il taglio dei boschi del fisco , e l’i impie- 122 go dei materiali di tanti edifizi spettanti al demanio, ed abbandonati. E che di questa somma si avrebbe agevole e certo il rimborso in pochi anni, per mezzo di una leg- gera tassa imposta sui passeggeri, la quale dovrebbe poi diminuirsi, onde farla servire soltanto al mantenimento delle opere. Certamente, riflette l’ autore, se la Francia ha po- tuto con questo metodo impiegare in questi anni delle somme immense onde aprir nuove fonti alla sua fortuna, non può chiamarsi un voto indiscreto quello ch’ egli ha osato di concepire per Venezia , per quella Venezia ch’ è tutta quanta fabbricata su quelle acque istesse, sulle quali egli ora propone che sia costruita uno sola strada. Risponde poi a quelle obiezioni , le quali potrebbero esser falle a questo suo progetto. E disprezzando le voci dei pregiudizi , sempre avversi a ogni novità benchè van- taggiosa, egli mostra che neppure sì verrebbe a togliere a Venezia quella forza di posizione la quale, considerata militarmente , la facea reputare come imprendibile. Poi- chè una via lunga e sola ed in mezzo all'acqua, mal s' intraprende da esercito ostile, e si può sempre difende- re facilmente da chi è padrone della laguna. E quanto alla riputazione di essere inaccessibile a forze estere, ei l'ha veduta smentita dal fatto, e trova da potere appli- care alla sua patria quelle parole della Scrittura: ingressus ad eam non inveni virginem. pi49 Questo progetto può incontrar forse, e molte e gravi difficoltà. Ma in ogni modo tali pensieri son degni della considerazione di chiunque non può veder lietamente scender Venezia alla condizione di una famosa rovina . E noi'troviamo probabile l’ utilità del divisamento del sig. Casarini, e non assurdi i modi proposti da lui per e- seguirlo, e lodevole sopra tutto il suo zelo. Certamente, s egli è dover di ogni cittadino di provveder quanto ei può in osui teme!" -vanzamento della sua patria, che 123 cosa mai dovrà sentirsi in petto colui il quale la vede vi- cina a perire affatto ? E se allora essa comanda che ognu- no indistintamente contribuisca l’ opera sua, quanto mag- giore non sarà l'obbligo di chi esercita un pubblico uffizio» come lo fa appunto il sig. Casarini? Il quale non potea aver pensiero più conveniente , nè altro modo più atto a disimpegnar bene le sue funzioni, quanto il raccomandar la sua patria alla misericordia di Cesare. Ma Alcune osservazioni sulla teoria eccitabilistica del controstimolo . Lettere ad un amico medico del Dott. E. Basevi. ( Ved. Ant. Vol. XI. p. 59. ) Lettera VI., ed ultima. Dell’ Irritazione. Aveva già fatti passi giganteschi la riformata dot- trina di Brown, allorchè.i suoi fautori giustamente osser- vando che nella nostra economia succedono parecchi fe- nomeni normali o morbosi, che si rendono non solo inin- telligibili, ma impossibili ancora, facendoli unicamente provenire dall’ eccitamento accresciuto o diminuito, ri- conobbero perciò nella nostra macchina un’ altra vitale condizione produttrice di sensibili resultati, che denomi- narono irritazione. Sebbene finora l’ inesattezza del medico linguaggio spesso ci renda dubbi cosa realmente s’ intenda per irri- tazione , l’idea però che a questo vocabolo si annette dai | neoterici, essendo assai diversa da quelle comunemente I | | ricevute in tutte le opere mediche che non professano la nuova dottrina italiana, ci pone nell’ obbligo, dopo avere esposti i fatti che hanno determinato l’ adozione dell’ ir- ritazione,d’indicarne pure il suo convenzionale siguificato, 124 * Questa modificazione o complemento alla teoria ec-» citabilistica fu da vari riflessi determinato. 0 I. Osservarono che se l’ eccitamento resultasse dall’: a- zione, ( riconosciuta unicamente per istimolante o con- trostimolante ) che i diversi agenti esercitano ‘sulle fibre dotate di vitalità, esso dovrebbe sempre proporzionarsi ai suoi fattori. Ma quanti disturbi eccita un poco d’acqua, un atomo d'un corpo solido nelle vie respiratorie? Quan- ti sconcerti risveglia talvolta la puntura d’ una spina, una piccola incisione, facendo nascere perfino convulsioni, tetano, delirio? Quante mai proteiformi perturbazioni i vermi cagionano ? L’ azione dei contagi infine, indipen- dentemente dalla loro quantità , produce tali costanti re- sultati, non attribuibili alla loro semplice proprietà stimo- lante o controstimolante, perciocchè in qualunque dose o- perino, manifestano fenomeni identici ; nè altri corpi, in qualsivoglia modo si adoperino,simili effetti possono giam- mai occasionare. II. I prodotti dell’ azione di molte sostanze, le condi- zioni dei processi morbosi che sì stabiliscono nelle nostre parti, molte volte si possono sanare senza che direttamen- te si agisca sulla sede del male, e senza eliminare l’influen- za movbifera; ma in altri casi, e specialmente negli esera- pi citati, qualunque rimedio s' impieghi non farà cessare gl’incomodi che le menzionate cause produssero , se esse stesse non si rimuovono. Se la condizione morbosa, ed i sensibili fenomeni al la manifestano , fossero un semplice prodotto di diatesi, ossia d’ un processo di stimolo o di controstimolo , o se sì vuvle dell’ eccitamento aumentato e diminuito, nello sta- to ordinario dell'eccitabilità delle nostre parti, ossia della loro vitale capacità, un piccolo stimolo alla trachea, una puntura in un nervo , in un tendine, non potrebbe dare origine a tali affezioni qualora unicamente agissero stimo- lando o controstimolando ; giacchè la loro proprietà ef- i 125 ficiente non sarebbe capace d’indurre un eccitamento co- sì innormale e morbosamente variato, e per la sua inten- sità niente affatto proporzionale ai suoi fattori. III. Altri nell’ osservare che l’ impressione di alcuni corpi risveglia delle operazioni che tendono a distruggere l’ integrità della parte nella quale si stabiliscono, ricono- scendo questo fatto nella nostra economia, attribuirono a tali corpi una facoltà diversa dagli altri ageauti, che irri- tante denominandola, considerarono per una vera irrita- zione i vitali ed organici precessi da essi indotti. Altri autori però impresero a dimostrare non essere attributo dell’ irritazione quello di tendere alla distruzione delle parti nelle quali si stabilisce, perciocchè i movimenti ab- normi disordinati che eccita la presenza d’un corpo estra- neo nella trachea , nei polmoni ; i vermini nelle vie di- gestive, una spina in un dito , non sono niente affatto ca- ratterizzati da questa tendenza, essendo all’ opposto il re- sultato di tali innormali ‘operazioni , quello di spesso eliminare o distruggere la causa che le ha eccitate (a). Al- . lorquando i caustici distruggono i punti nei quali si appli- cano, non possono formare oggetto di particolare investi gazione onde considerarnei prodotti come una condizione irritativa , perciocchè la loro chimica azione priva di vi- ta le parti che decompone. Persistendo poi lo stato vitale, non osserviamo nei processi morbosi che susseguitano, co- me pure nelle parti divise per meccanica operazione , una disposizione a ledersene l’ integrità, disposizione che sol- tanto dobbiamo ravvisare negli agenti impiegati. IV. Finalmente se ai diversi corpi che producono certi costanti feno meni, i quali giammai da altri possono indur- | sì, giustameute si attribuisce una specifica azione, si deve riconoscere una determinata modalità nel suo esercizio, (a) Ragione per cui simili fenomeni si attribuirono in diverse Scuole capri sforzi dalla natura spiegati per liberarsi: dalla causa morbosa, 126 poichè qualunque aumento o diminuzione di eccitame»:... o per esprimersi col linguaggio pratico moderno, giammai alcun processo di stimolo o di controstimolo che si tenti eccitare per mezzo di altri agenti, è capace di manifestare consimili resultati . Ci siamo alquanto estesi in queste preliminari conside- razioni,onde dimostrare con quali fondamenti i neoterici, dopo avere ammesse le diatesi, considerino un’altra condi- zione morbosa nella nostra economia,chiamata irritazione, Sebbene tutti i controstimolisti concordino sulla di lei esistenza, le loro opinioni nov sono uniformi nel deter- minarne, e conseguentemente nel definirne la natura , Veduta la necessità di riconoscere questo nuovo stato, per l'intelligenza dei fenomeni morbosi , e per quel che più interessa ad oggetto di basare con vero inetodo il pia- no curativo, prima di trattenerci ad investigare la natura dell’irritazione, occupiamoci di conoscerla analiticamente, giudicando se per mezzo dei caratteri assegnati agli irri- tanti ed alla condizione irritatiya , possano questi distin- guersi dalle diatesi e dagli stimoli e controstimoli ; e de- terrtnineremo quindi se tra essi esista difatti un’essenziale ed apprezzabile differenza, meritevole delle considerazioni +. del patologo. Conseguentemente procederemo all’ esame dei con- trassegni che ci offrono i fautori dell’ irritazione e degli irritanti. Essi sostengono: I. Che sebbene gli stimoli ed i controstimoli i impres- sionino una sola limitata parte, la loro azione però si esten- de a tutta l’ economia, mentre altri corpi, che sono ap- punto gli irritanti, onde prodarre consimili resultati, deg- giono porsi al contatto di tutti i sistemi , ossivvero propa- garsi alle parti contigue e vicine a guisa di raggio dipendentemente dai consensi che le collegano. (b) (b) Non sempre l’azione degli stimoli e dei controstimoli si diffonde con sollecitudine all’ universale dell’ economia ; manife+ i BAI II. Che gli effetti degli s stimoli e controstimoli spesso si i ciagni in siti remoti da quelli nei quali si applicano; ma gl’ irritanti costantemente l’ inducono nel luogo ove agiscono. (c) III. Che allorquando ci suttoponiamo all’azione di iù stimoli o controstimoli, abbiamo un resultato propor- zionale alla loro quantità. Non così si comportano gli irri- tanti: spesso la presenza dell’ uno diminuisce l’attività dell'altro. (d) IV. Che ogni grado d’ irritazione lede sempre la nostra economia. Sebbene queste irritazioni siano applicate con successo nella cura di parecchie malattie, l’effetto proficuo deriva soltanto dall’avere una nuova e più leggera malat- tia artificialmente prodotta, sedata quella PERNO, e maggiormente pericolosa . (e) standosene spesso i resultati unicamente in semplici parti o si- stemi. In qual modo poi nasca dall'azione di qualsivoglia agente LI la propagazione dei suoi effetti, è un fatto che s’ ignora, onde è gratuita supposizione stabilire la loro distinta maniera di effettuarsi. (c) Dimostra l’ inesattezza di questo criterio l’ osservazione» che gli effetti di qualunque agente si osservano talvolta in’ siti remoti dal luogo in cui primitivamente esercitano la loro azione. Indurre poi una locale impressione; è condizione necessaria tanto agli stimoli e controstimoli, quanto ai casi detti irritanti ; e forse la sola differenza potrebbe farsi consistere nel lasciare questi ul- timi un visibile processo nella parte impressionata, cosa che i primi non inducono immediatamente. Peraltro il processo indotto dagl’ir- ritanti, sebbene di poco momento e talora impercettibile, deve essere pure di molta importanza , atteso i tumultuosi effetti mor- bosi che in altri punti così di frequente risveglia. (d) E indubitato , che allorquando già sviluppata esiste una condizione irritativa , altra nuova stabilendosene , la presenza del- l’una spesso diminuisce il grado dell’altra; ma se agiranno più irritanti, come più stimoli e controstimoli, le loro azioni sempre si cumuleranno. Difatti applicando diversi vescicanti, ciò non per- tanto si sviluppano le locali lesioni, e l’ universale economia se ne risente proporzionatamente al loro numero e forza. . (e) Se si ravvisano gl’ irritanti in potenzia , rimarcheremo che i vermi edi contagi talvolta non suscitano veran fenomeno mor- 128 i i V. Se l’eccitamento trovasi depresso, niuna sostanza irritante può innalzarlo ; al contrario essa aggiungendosi qual nuova causa sli aumenta la gravezza della ma- lattia (f). Pertanto in ogui disequilibrio di eccitamento, combinandosi un processo irritativo,se ne aggravono gl’in- comodi. VI. Che gli effetti vestiti dall’ impresssione degli stimoli e dei controstimoli perseverano, quantunque ne sia remossa la presenza; ma quelli indotti dagl’ irritanti, ces- sano allorchè questi si eliminano. (g) boso. Quando poi dall’azione degl’ irritanti nasce la condizione irritativa, è bene evidente che sempre lede la nostra economià , siccome ogni altra condizione morbosa prodotta dagli stimoli o controstimoli, allorchè operano in quantità e modo SaRnea di ri- svegliarla. Qualunque denominazione poi si conferisca ite condizioni morbose, qualunque sia la loro origine, frequentemente la simul- tanea loro presenza ne modera l’individuale intensità, onde i processi irritativi e le condizioni patologiche , possono per questo lato collocarsi in un’ istessa categoria. { (£) Cosa assai chiara, percioechè senza tanta farragine teo- retica, si aggiunge alla malattia esistente altro morboso processo, Però se questo stato di general debolezza (atassia, adinamia, astenia) provenisse da una malattia esistente in qualche viscere, e che coll’ applicazione, per esempio d’ un vescicatorio , si po- tessero diminuire le, perturbazioni che la costituiscono, allora, malgrado la depressione dei polsi e delle forze muscolari; l’irrita - zione artificiale diviene proficua, come si. verifica nelle infiam- mazioni degli apparecchi nervosi e delle meinbrane muccose. (g) Proposizione assai generalizzata, cui molti fatti si oppon- gono. Per esempio, una spina che colla puntura induce l’incomodo locale, sebbene venga tolta, pure spesso continuano gli sconcerti generali che ha risvegliato, mantenendosi costantemente l’affezione locale che vi si stabilisce. Il simile accade dei veleni.ingesti, che quantunque remossi dalle vie digerenti, sovente perseverano i loro generali e parziali effetti. Ma talvolta succede il contrario, cioè, non potendosi togliere o distruggere la causa irritante dalla parte affetta, o spontaneamente o coi sussidii dell’arte , cessano i disturbi generali che ha essa prodotti. 1 12%) “VII. Che le malattie prodotte dagl’ irritanti, non pos- sono vincersi nè col mezzo degli stimoli , nè con quello dei controstimoli. (h) | ‘VIII. In fine che l’azione degl’ irritanti non si dif- fonde generalmente e si propaga con quella celerità che manifestano gli altri. agenti , ma che affetta prima local- mente , € quindi in guisa di raggio si propaga e si comu- nica Ale altre parti. (1) Malgrado la numerosa serie di questi contrassegni, considerandoli con attenzione , emerge chiaramente che alcuni sowo insussistenti , che altri non sono costanti cir- ‘costanze che accompagnano l'andamento dei processi ir- (bh) Non sarebbe questo un giusto criterio per constatare la natura irritativa d’un’affezione ; imperciocchè molte volte una ma- lattia, sebbene richieda per esempio i debilitanti, non cede a tali mezzi; e l’ infermo perisce ad onta della convenienza della cura. Se trattasi poi della causa persistente che induce la malattia, accaderà lo stesso anco per l’opera di altri agenti. Infatti finchè esisterà la pletora, ed il calorico accresciuto SIRO la nostra | macchina, od i cibi e le bevande spiritose affetteranno il nostro i stomaco, gli sconcerti che ne derivano non si modereranno, se i) tali cagioni non si rimuovono, o non si distruggono. E se per verità alcuni compensi diminuiscono gli effetti degli stimoli e dei con- trostimoli , altri ancora moderano l’ azione degli irritanti. (i) ) Quante volte appena punto un nervo se ne manifestano i generali sconcerti? Ed il corpo estraneo nelle vie respiratorie subito produce quella turba di sintomi che suole risvegliare, laonde si osserva pure una sollecitudine nella produzione dei fe- nmomeni irritativi. | Determinare poi che a guisa di raggio l’ affezione locale delle irritazioni si comunichi alle altre parti, oltre essere una mera: e figurata supposizione, il senso reale di questo vocabolo, impor- terebbe la necessità di ina continnata lesione nella serie delle parti formanti questo raggio, 0 al medesimo soggette; cosa che non verifica l’osservazione, perciocchè fra il puuto primitivamente irritato ed il secondario consensualmente affetto , vi sì frappone un’ infinita quantità di parti che perseverano nollo stato normale. Vedi inoltre la nota (b). ‘I. XII Novembre 9 139 ritativi e l’azione degli irritanti , che molti caratteri non presentano tale certezza e precisione’capace di determina- re la natura degli agenti e delle condizioni morbose, e che spesso finalmente se ne giudica @ posteriori o con prove negative, quando una tale cognizione non diviene più ne- cessaria per il piano curatiyo. | Neppure passeremo. sotto silenzio che i corpi diven- gono potenze irritative, non semplicemente per la loro qualità e per la parte organica che impressionano, ma per la loro quantità ancora . Difatti in ragione dei suoi gradi il calorico ora è eccitante, ora irritante diviene; ed alcuni veleni,a tenore delle dosi nelle quali s’adoperano, manife- stano l’ una o l’altra proprietà. Quei corpi poi che in- - nocui, e semplicissimi stimoli o controstimoli sono pe ta- lune parti, in altre divengono talmente irritanti, da risve- gliarei più gravi sconcerti. Laonde sembra doversi inferire l'insussistenza dei caratteri assegnati per distinguere gli irritanti dagli altri agenti, e li considereremo soltanto per tali, allorquando nei casi speciali le varie sostanze deter- minano la condizione irritativa . (k) Si attribuisce pure un'azione dinamica stimolante. a controstimolante agli stessi caustici, ed ad alcune sostanze inducenti decomposizione, qualora si adoperino in piccole dosi od in certe parti, sebbene producano un processo flo - gistico,che non sempre ripetesi dalla loro facolta irritante, Esposti i pretesi caratteri assegnati all’ irritazione ed agli irritanti, ed esaminato nelle note il loro valore, occu- piamoci della dottrina che li risguarda. In tutte le funzioni del nostro corpo, non ravyisando (k) Se per verità alcuni corpi distraggono chimicamente le parti, le cauterizzano o le dividono , una tale azione ledendole, non‘ pone in attività o sospende le vitali fùnzioni. Quelle condizioni poi che quindi insorgono, assumono l’ aspetto e l’ essenza dei pro- cessi di stimolo o di controstimolo , pari ordinariamente. una /logosi. edi i 13» ki ‘neoterici che una quantità virtuale maggiore o minore d’ un identico eccitamento , ossivvero un processo di sti- molo o controstimolo , compresero che questa teoria in molti casi non reggeva all’osservazione ed all’ esperienza, onde ammisero una terza condizione dell’eccitamento, che | chiamarono irritazione. Sebbene non esista una grande uniformità nelle opi- nioni che ne risguardono la natura , con maggior fonda- mentoi più recenti la fanno consistere in movimenti ab- normi e disarmonici della nostra economia, prodotti dalla reazione della parte e del sistema affetto, e consistenti in una variazione di qualità nei moti vitali, ossia nell’eccita- mento. Ma quali saranno i caratteri per riconoscere questa variazione di qualità ? Quali per distinguere i movimenti irritativi da quelli diatesici? Quali per contradistinguerli da quelli che provengono dall’ eccitamento localmente affetto? Quali per non confonderli con quelli che caratte- rizzano le affezioni adiatesiche? Non è poi una pretta ipa- tesi il determinarne in cotal modo la natura? Fu stabilito inoltre che la condizione irritativa non si limita unicamente nella locale reazione della parte im- pressionata dagl’ irritanti, ma che consiste nel complesso totale dei fenomeni che ne resultano, riunendo così alla causa gli effetti. Coerentemente ai lar principii conver- rebbe effettuarne la cura colla remozione della potenza irritante, trascurando di applicare gli opportuni rimedi al- la causa organica dei sintomi che ne derivano e l’ accom- pagnano. Ma in fatto non è questa la condotta dei suoi se- stenitori, che remosso l’ agente morboso, curano il male formatosi conformemente alla sua attuale condizione, che ora per diatesiea, ora per irritativa considerandola, non si limitano alla sola eliminazione degl’ irritanti, ma si oe. cupan o della cura dello stato superstite del nostro orga- nismo . e Considerandosi da alcuni per irritativa ogni locale r32 È lesione indotta dagl’ irritanti, e che indurre pure possono! gli altri corpi, evidentissimna e primaria; col generalizzare — questo fatto, si porranno in simile categoria quegli organi= 4 ci, ma percettibili processi morbosi, che costituiscono le. _ malattie e che cagionano fenomeni di consenso ; sebbene provengano dall’azione degli stimoli o delle opposte poad A tenze. Pertanto il processo i ,se oltre/la locale affezione induce delle turbe di sintomi, vengono! dita È per irritativi pi Siro annoverati. ;;.! Avendo noi già considerato siéllo: stato delle fanzioni, non le forze che i formano ma le cause delle medesime; | cioè l’ attivata organizzazione, che! componendosi, della, 3 composizione e tessitura dei nostri organi, e dell’ attuale. sua chimica 0 meccanica relazione , per effetto dell’ im+ pulso degli agenti che la rendono attiva ; pertanto in ogni . fenomeno morboso rimontando ‘alla causa che lo produce, | noù si ravvisò che il misto gini innormalmente; mo- dificato. Corsari Essendo indubitato che in ragione del tessuto o f(t0) del suo rapporto cogli altri organi ; della speciale e deter- bi minata influenza ché vi ha esercitato la causa. morbosa; | della natura insomma di quest’ affezione, insorgono sintos mi diversi e si rendono necessari o'possibili terminazioni, | esiti differenti, perciò ad oggetto di moltiplicare le condi» zioni side bisognerebbe dimostrarne le reali differenze, | si e non farle dipendere da queste accidentali circostanze, poichè non si controverteche un’ identica malattia manit festa caratteri differenti, diversi a seconda della sede che occupa, dell’ intensità ‘della causa, etc. (1° ol Conseguentemente, se all’osservazione non regge quel. sta esente differenza tra le malattie di diatesi e quelle d’irritazione, non si dovranno tra loro distinguere e'clast sare . ipcqurd Qui giova ripetere che non possiamo considerare le affezioni diatesiche come identicamente universali, come 133 cun’ ‘alterazione d’una generale proprietà, o dell’eccitamen- to, come un universale processo (m), giacchè resulta dal- dg analisi dei fatti, dall’osservazione patologica, dall'esame del piano curativo, ‘che le istesse universali malattie rico- ‘ mioscono un fomite locale, e che soltanto per la relazione e dependenza dei Alon organici le funzioni si pertur- “bano; che le alterazioni TREO, ora cessano al cessare della primaria che le occasionò, ora persistono alla di lei cessazione, e danno origine a vicenda ad altre serie di ‘ fenomeni sto “A che la cura è sempre localmen- Îte diretta alla vera affezione , sebbene apparisca genera- lizzarsi a molte parti, vigila y ei dia dei mezzi terapeutici diviene proficua anche al di là dei cen- ‘tri morbosi, atteso le leggi di consenso che regolano le “nostre parti. Non essendovi chi possa negare, che le mor- ‘ bose influenze operando i in un punto, sene manifestano in ‘altri i resultati della loro azione, così pure le potenze me- dicatrici, uniformandosi alle stesse leggi,inducono pari con- | seguenze . Questi effetti derivati da una remota condizione ‘morbosa, si denominano cozsersi allorchè spariscono al cessare del fomite centrale che gli ha prodotti, mentre prendono il nome di propagazione di processo morboso, È se acquistando una natura identica a quella della causa ‘che gli ha eccitati persistono alla di lei cessazione, o nel loro corso successivo se ne mostrano llilicadenie, . Adonta di tutte queste distinzioni, se le malattie pre- sentano un fondo eguale, vanno egualmente curate col- # allontanamento delle catise remote, e colla cessazione delle condizioni organiche che le formano e le manten- «gono . Richiedendo pertanto un simile trattamento le ma- Jattie irritative e le diatesiche , non sembra conveniente |. (m) Vedi lettera V della Diatesi nel fascicolo XXXII del- | l’Antologia. Celi } 134 — firne due classi distinte, giacchè non presentano alcuna reale differenza nel loro fondo speciale, ma in quello in- dividuale di ogni affezione che si manifesta con caratteri diversi, a qualunque di queste categorie appartenga. Finchè non si dimostrerà una reale differenza tra la locale condizione delle irritazioni e la comunemente am- messa condizione patologica , o le altre affezioni diatesi- che,le turbe generali che contradistinguono le irritazioni, la qualità degli agenti che le sviluppano, non potranno farle diversamente caratterizzare, tanto più quando il pia- no curativo vi si applica con pari metodo, ed offrono nel loro corso un eguale andamento. La facilità poi colla quale le diatesi e le irritazioni si avvicendano, la loro provenienza da simili agenti, e la simultanea presenza di tali affezioni, sempre più confer- meranno l’ enunciata opinione, guidandoci quasi a stabi- lire, che i neoterici ammettono per irritative quelle ma- lattie che vengono accompagnate da una riconoscibile al- terazione dell’ organica tessitura del nostro corpo , o da fenomeni. così straordinari, da non corrispondere punto alle idee che ci siamo formati della loro produzione, colla - teoria eccitabilistica dello stimolo e del controstimolo; mentre considerano perlegittime diatesi steniche ed aste- niche quelle infermità, che supposte originare da una gra- dazione nel solo momento delle nostre funzioni, non sono da questi caratteri contrassegnate in modo tale, che que- sta distinzione, non trovandosi nell’essenza delle cose, ma nel limite dei nostri sensi e del nostro intelletto unica- mente, si forma un’ artificiale classazione delle malattie. Per una conseguenza degli esposti principii, o tutte le locali lesioni anderebbero considerate per irritazioni, sebbene niun sintoma di consenso insorga, oppure atte- nendosi ai casi accidentali , un’ istessa affezione, ora do- vrebbe appartenere alle malattie irritative, ed ora no. Continuando ad occuparci dell’ istoria del nostro sog- Al pie > 135 getto, faremo presente che sono i contagi quelli che han dato un gran peso alla dottrina dell’irritazione . Penetrando nella nostra economia, per minima che sia la loro quantità e non in ragione della medesima, do- po qualche tempo risvegliano un seguito di fenomeni, il di cui costante resultato è la formazione d’ una materia d’ identica natura a quella che gli ha prodotti. Le perturbazioni che parecchi dei medesimi mani- festano hanno un corso di periodo così necessario e rego- lare, che qualunque metodo s’ adopri, nè l’accelera nè lo ritarda. Se poi contemporanei affettano il nostro corpo, od uno solo i suoi effetti sviluppa,oppure si modera l’intensità delle loro reciproche azioni . È principalmente basata in questo fatto l’ attribuzione di un tal carattere agl’irritanti. La necessità d’un corso temporario nell’ andamento | delle malattie contagiose, non crediamo dovere tanto fis- sare la nostra attenzione, poichè è condizione quasi gene- rale in ogni malattia, che altamente interessa il misto or- ganico delle nostre parti. (n) Si pretese completare la dottrina di cui ci occupiamo, ‘col proporre che nella guisa istessa che tutte quelle so- stanze che esercitano un'azione opposta agli stimoli si de- nominano controstimolanti, così quelle che hanno la pro- prietà di effettuarne una contraria alle potenze irritative venissero chiamate controirritanti , come il mercurio e la vaccina rapporto al contagio venereo ed al vaiuolo. Ma la vaccina non merita tal nome,giacchè non ope- ra contro il contagio del vaiuolo arabo , ma pone la mac- china in una incapacità di contrarlo . Inoltre i controir- ritanti dovrebbero tendere a distruggere e vincere la condizione irritativa, e non a neutralizzare gl’irritanti. Finalmente l’ azione di questi controirritanti si ri- — duce talora a cagionare un’ altra irritazione, od un così (n) Vedi Antologia fascicolo XXXII pag. 65. 136 detto processo di stimolo o controstimolo.; lao nde non devono questi risguarvdarsi che come altrettanti agenti. speciali da non potersi indistintamente sostituire.; Ja È poi impossibile stabilive principii, certi in una ma- teria tanto oscura quanto lo sono i contagi, che sottraendo: si perfino alle chimiche indagini,riesce tanto più difficile conoscerne la natura. Che essa sia molto;diversa.da quella degli altri agenti che affettano la nostra economia, oltre il dedursi dalla singolarità dei suoi effetti, emerge ancora dal sapersi, non essere improbabile opinione quella che fa consistere i contagi in altrett anti insetti parasiti alla nostra economia, e che colla loro impressione e colla pro- pria riproduzione, danno origine ai fenomeni morbosi che caratterizzano le malattie contagiose . Dopo quanto abbiamo esposto in questa e nelle pre- cedenti lettere, diverrebbe superflua la discussione,se dia- tesi o condizione irritativa debba l’ irritazione chiamar- sì(0), poichè in ogni malattia si ricono bbe un fomite locale; ‘ 7 (o) L’ illustre clinico di Bologna non considera per diatesi la condizione irritativa, primo, perchè questa cessa, od almeno dimi- nuisce al cessare della causa irritante ; secondo, perchè le malattie di diatesi, sussistendo ancora la causa remota che le produce, si possono per compensazione curare, mentre le irritazioni richie. dono l'eliminazione della causa irritante. Rifletteremo peraltro dimostrarci il fatto, che gl’ incomodi indotti dagli agenti stimolanti o controstimolanti cessano col rimuoverne la presenza, purehè non abbiano suscitata una condizione morbosa , nella guisa appunto che si comportano gli irritanti, i quali se producono un processo locale, che per lo più è /logistico , non serve rimuoverli per vincere fe conseguenze del processo irritativo, che richiede allora una cura pari a quella che avrebbero richiesto i prodotti dell’ azione degli altri corpi. Nella cura poi per compensazione, merita osservarsi che nel caso di calore intenso di cocente atmosfera, od in un rigido freddo , il salasso, le fredde bevande moderano l’azione del ca- lorico, di minuendolo, mentre le bevande spiritose ed il moto au- mentandone la produzione, si oppongono alle conseguenze del 3 137 un’ alterazione nella mistione organica produttrice dei locali e dei generali sconcerti, dipendentemente dall’ ar- monia delle nostre parti; perchè si è osservato che le irri= ‘tazioni esigono elle basi della loro cura un metodo simile a quello che si adotta in ogni altra affezione ; perchè fi- freddo. E sembra che questo modo di operare per compensazione non sia dissimile da quello: che esercitano alcuni agenti, neutra- lizzando l’azione dei contagi senza rimuoverli. Non conviene dedurre la differenza tra le affezioni irritative e le diatesiche, come molti pensano, dalla natura degli agenti che le producono, giacchè molte malattie irritative si osservano pure promosse dai così detti stimoli e controstimoli, i i quali in certi casi soltanto divengono potenze irritanti. i Limitare poi l’ azione degli irritanti ad una locale perturba- zione, che estendendosi si ripete da semplice consenso, mentre à quella degli altri agenti si attribuisce la facoltà di affettare l’ani- versàle sistema organico, è troppo actordare a questi ultimi ; im- perciocchè la loro azione ancora è prima locale, e che per. pro- pagarsi altrove, richiede quelle condizioni appunto che sono ne- cessarie alla diffusione del movimento, ossia del processo oeca- sionato nel punto di contatto. “ Pertanto se legasi il’ nervo d’una parte, e vi si applica un moderato calore, oppure se questo adoprasi in una perfetta pa- ralisi; il cervello non risentirà simile impressione, sebbene 'si con- sideri come un’ affezione di eccitamento accresciuto. ——©pina però il celebre Fanzago, che partendo da questi prin- cipii sarebbe inutile illustrare nella patologia la dottrina delle affezioni. simpatiche, e che il medico ‘non avrebbe. bisogno di distinguere nelle malattie le turbe nate per consenso, da quelle che sono inerenti all’ essenza delle speciali malattie. Crediamo che presentando un’obiezione, altro. non esponga che una verità di fatto, perciocchè quegli stessi sintomi formanti l'individualità delle Hielte! non sono che un necessario costante prodotto consensuale, sinergico ed antitesico, delle primitive le- sioni che le producono. «Né sussiste il temuto danno di eurare nelle affezioni consen- | suali l’eccitamento perturbato, senza aver riguardo al luogo d'onde partono le simpatiche perturbazioni, giacchè noi non cureremo le malattie irritative come le diatesiche, ma queste ultime ver- ranno trattate come le prime. 138 P nalmente lo studio dei loro fenomeni morbosi e l’ ispe- zione cadaverica ci mostrano una stretta analogia nei loro esiti, processi ed andamenti. Da qualunque fonte provengano le candattity comun” que si considerino, esigono sempre l’ eliminazione della causa remota persistente, che le cagiona, le mantiene, ele aggrava. La cura peraltro delle affezioni irritative si effettua forse colla semplice remozione degl’ irritanti? Non si ha riguardo ai processi locali o generalizzati che le costitui- scono e le mantengono? Il vaiuolo per esempio non curasi eol salasso ; colle bevande acquose e colla dieta, come se si trattasse d’ una erisipela, d’una pneumonitide? Non sempre eliminata la causa irritante, o vinta la condizione irritativa, cessano i sintomi consensuali che ne provennero ... mai si potrà determinare con sicurezza se la serie dei diversi sconcerti, denominata malattia uni- versale, coh questo semplice mezzo sarà vinta, e se nella fiducia del prognostico potremo comé sanato abbandonare l’infermo ... ma se poi ad onta delle nostre premure e del nostro progunostico la malattia persiste, non dovrà cu- rarsi come un’ affezione diatesica? A qual fine moltiplicare le condizioni morbose , quando nelle irritazioni, siccome nelle diatesi, dobbiamo eliminare le cause remote e le influenze che le manten- gono e le aggravano ? Quando dobbiamo curare le condi- zioni morbose che si sono stabilite cogli stessi principii che ci regolano nel trattamento dei processi di stimolo e con- trostimolo ? Apparisce pertanto che tutte le affezioni, considerate per irritative, consistono in un processo locale, che se in- teressa talmente l’organica mistura e l’attuale condizione della mostra economia da potere diffondersi in parti re- mote, ancorchè si allontani la causa occasionale , la ma- luttia persiste, ed i processi irritativi continuano ad irra- 139 diarsi; per cui questi secondari resultati, o divengono identici alla primitiva lesione, o si associano a questa corn- dizione, che meritando il nome di patologica(p), per tale ‘ appunto si ravvisa; allorchè essendo pervenuta ad un gra- do più intenso, sviluppa come crediamo, o si accompagnano come dicono, alle affezioni diatesiche. Così per la sensibi- lità della parte e per il proprio rapporto colle altre, si dà luogo alla propagazione di nuovi morbosi processi, che as- sumono l’ apparenza d’ una essenziale universal malattia. Quantunque spesso la condizione patologica non as- suma tale intensità ed evidenza per chiaramente mani- festarsi, ciò non per tanto si suscitano i sintomi secondari simpatici o d’itritazione. Imperciocchè i fenomeni d’as- similazione organica, che sebbene innormalmente,, acca- dono pure nelle malattie, richiedendo per prodursi una successiva serie d’azioni che esigono un tempo non istan- taneo per effettuarsi, pertanto può essere già nata un’alte- razione capace di risvegliare le simpatie, senza mai, o nel momento, indurre nelle parti ammalate un sensibile cam- biamento. Nè è poi dimostrato che le ife simpatiche siano (p) Se chiamasi irritazione ogni processo morboso inducente variazione nella mistura o disposizione moleculare delle nostre parti, e se ne consideri unicamente il processo locale, essa diviene allora sinonimo di condizione patologica ; nè difatti sembra tra loro esistere altra differenza che quella desunta dalla durata del- l’irritazione, ehe spesso è fugacissima. Ma se diviene perma- nente, tanto i locali e generali sconcerti, quanto il piano cura- tivo, ci manifestano un’ evidentissima identità. La moderna scuola francese, sebbene di troppo generalizzi le irritazioni, ne precisa però la natura, facendola derivare dall’esal- tata attività delle parti, e conseguentemente delle sue proprietà, che richiamando un più considerabile concorso di fluidi , vi de- termina una congestione morbosa. È questa l’ idea fondamentale della dottrina di Broussais, ed in tal processo, sovente in più luoghi ripetuto, fa consistere la massima pluralità delle malattie. 145 proporzionali alla serzsidile alterazione delle patti irritati= vamente o dinamicamente affette, per lo che gli sconcerti simpatici potrebbero ripetersi piuttosto da certe organiche “mutazioni non percettibili ai nostri sensi, che dalle rico- noscibili locali lesioni, che forse in pari pic ne epr no il prodotto. (q) . i Eccoci al termine delle nostre osservazioni . Non fu nostro scopo imprendere l’ esame critico della teoria ec- citabilistica del controstimolo, per molti lati eccellente, e dell’ umanità benemerita. Si conosce che alcune difficoltà si riducono a sotti- gliezze speculative, e clie ad altre potrebbesi ovviare con una maggiore esattezza nel linguaggio . Era troppo al dî “sopra delle nostre forze il migliorare e correggere cera dottrine.’ Ad onta però delle loro imperfezioni racchiudono ta- li luminose ‘verità, che proclamate per la prima volta in Italia, alla perfine penetrarono oltramonte. Questa rapida diffusion edi felici resultati della pratica, ne dimostrano FP importanza ed i vantaggi . E se la presunzione o l’ or- goglio dello straniero che adotta: molti dei principii della (q) Difatti molte lesioni appariscono identiche ; senza che i sintomi e gli esiti vi corrispondano ; onde tali resultati non pos- sono esclusivamente provenire dall”apparente modificazione delle parti. In alcune affezioni inoltre, quantunque uccidano il malato od inducano fenomeni sensibilissimi ed importanti ; verun mutamento ‘si osserva nelle parti primariamente o secondariamente affette. Ma essendo dimostrato che nell'economia animale non pos- sono avvenire cambiamenti nelle funzioni, senzachè nelle parti che vi concorrono e le formano si verifichi una modificazione nella loro organizzazione, perciò i cambiamenti che la ‘costitui scono , sebbene sovente impercettibili, mentre producono i ge- nerali fenomeni di consenso o di propagazione ; come si vuole.; possono divenire pure la causa dei successivi e sensibili muta- menti delle parti affette, che dipendentemente da queste. modi- . ficazioni; cagionano quindi altri sconcerti ed altrî morbosi fenomeni. 1A 14 I medicina italiana , occultala vera ‘sorgente dei propri lu. mi, attenda dall’ Marsili un severo giudizio. Noi poi timidamente sottoponiamo al vostro parere queste riflessioni, che,non osiamo considerare come censu- re ai principii di,cui ci siamo occupati, ma come difficoltà che meritano di essere rischiarate,o proposizioni che richie- dono un migliore sviluppo per dimostrarsi, A Psqumide di Camarina, vincitore ‘colla quadriga, " î , | ODbE OLIMmPIcaA IV. Argomento: Invocazione a Giove, e proposizione ( v: r— 12). Lode di Psaumide per la sua vittoria , splendidezza ; e virtù (v, 13—29). Confermazione coll’esempio d’ Ergino' (.v. 30o—44). Quest’ ode fu scritta l’anno primo della 82 Olimpiade; 452 avi G, Cristo, ses» santottesimo dell'età di Pindaro. Te, che dall’ arduo trono : I vanni infaticabili del tuono Reggi e governi, o sommo Giove, invoco, Poi che ’1 tempo a te sacroor fe ritorno, 5 E dell’agon, che ogni altro agone avanza ‘Me fra i dolci ‘inni e della ‘cetra al suono Testimone guidò. Se lieto evento | . |. | (Dona agli amici la seconda sorte di AMA ‘Repente al caro avviso i ro! Piove d’uom retto in cor grato contento. Dunque, o Saturnio , o. Sir della ventosa. © .. è ‘Etna, che immane pondo | i Su i cento di ‘Tifeo capi saggreva, Tu dalla mano delle Grazie accogli 15 Sacro a vittoria ‘Elea quest’inno, o Nume, Questo d’ineluttabili virtudi nti o Non estinguibil ‘lume. LR Ei sul cocchio di Psaumide s’ appressa ; cite Che della fronda Elea cinto ile chiome ‘:- ‘ 20 Fama a destar s'affretta Di Camarina al nome. i A’ novelli suoi voti arrida Iddio, Ora che il canto mio Di sue geste risuona. Egli alla gloria 25 Nudre alati corsieri, a tutti ei gode Schiudere l’ospital cortese tetto, Ed accoglie nell’alma intatta e pura Delle cittadi amica Tranquillità secura. 30 Non di menzogna io tingerò la lode. Speglio dell’uam son l’opre. Queste dall’ onte e dagli scherni acerbi Delle Lennie donzelle Sciorre il figliol di Climene potero. 35 Poi ch’ei dell’armi sotto il grave incarca Nel corso vincitore Ebbe del suo valor il premio colto Ad Issipil rivolto . Quegli, disse, son io do Segno ai dispregi e al riso, . E pari all’agil piede ho core e mano. Pria del confine ancora ; ° Che natura segnò si fa canuto Nell’ età giovanile il crin talara, ANNOTAZIONI, v. it. Giove aveva tempio sull’ Etna, sotto la quale dicono che sta Tifeo. V. Pind. Pyth. I. Aesch. Prom. v. 14. Le Grazie non solamente sono le Dee della bellezza e della leggiadria, ma presiedono ancora ai benefizj, che altri fa, e alla retribuzione de’ medesimi. Quindi Fornuto de Mat. Deor. cap. 15. le chiama benefiche, e presidenti all’ ospitalità. Si veda anche Diodoro Siculo lib. 5. cap. 73. Potè dunque Pindaro al- luder qui all’ospitalità, che verso di lui usava Psaumide, ed alla quale egli rispondeva con quest' inno. Così il Gedike. L’ Heyne per le Grazie intende le Muse, come nella prima Olimpica v. 48, e nella quinta Nemea v. ultimo. | v. 34. Ergino Orcomenio figlio di Climeno fu; secondo Pin- daro, uno degli Argonauti, Approdaròno questi all’ isola di Lenno in tempo che Ipsipile figlia di Toante aveva stabiliti combatti- 143 menti funebri in onore del padre defanto. Invitati anch’ essi a dar prova del loro valore, Ergino fra gli altri si presentò pel ci- mento della corsa , che doveva farsi armati di. scudo, elmo, e gambiere. V. Puasi lib. 6. cap. 10. Risero le donne di Lemno _ vedendo fra robusti giovani concorrenti lui , che essendo canuto pareva uomo d’ età, Egli però superò tutti, anche Zete e Calai, che erano velocissimi, come quelli che erano figli di Borea. Anche Psaumide , benchè canuto, ottenne la vittoria. Allo stesso Psaumide, vincitore co] cocchio tirato dalle mule, ODE OLIMPICA VW, Argomento. Offre Pindaro alla Ninfa Camarina quest’ inno (v, 1-7). Loda Psaumide pe’ benefizi fatti alla patria, e per le vittorie ri- pe P È | portate ne’ giuochi (v. 8—44). Fa voti pel medesimo (v. 43—62): 10 15 L’ode fu scritta nell’ anno stesso della precedente, O figlia tu dell’Oceàno, 0 Dea, Delle virtudi più sublimi il fiore Con lieto volto accogli ; Accogli il fior della corona Elea Dono di Psaumi, e d’instancabil rote; Cui le spurie bigeneri giumente Guidarono alla gloria. Egli la tua di popolo frequente Città nudrice, o Camarina, accrebbe, Egli d’onor ina Le sei fregiò de’ Numi are gemelle De’ sacri al ritornar augusti giorni Col sangue sparso de’ hicorni armenti, E cogli emuli studj, Onde nel breve corso Degli onorati ludi Triplice coglie combattuto serto Or di lieve destrier premendo il dorso, Or su rapido cocchio, 20 Oi corsier generosi, . - 344 ‘4Y ‘ « '‘. O dei corsier le spurie figlie aggioghi. Go i Quindi d’ Acròn (beato padre!) il nome Per lui risuona, e la novella sede; ||» . E quello, onde le chiome n, id 25 S’adorna vincitore, » | A te sacra di gloria almo ile E mentre or fa dal disiato lido | Di Pelope e d’ Enomao ritorno , DALIA. O Palla , o di città Diva custode , 30 Desta al tuo bosco il canto.. Nè adorna è ‘allegra men di bella ‘lode Il patrio stagno e dell’ Qàn la sponda , E i sacri rivi, donde al popol folto L’Ippari versa la benefic’ onda. 35 © Ei d’altere magioni eccelsa selva In breve tratto aduna, ‘© E dall’angusta povertà le genti Tragge alla luce di miglior fortuna. Nell’alte imprese, cui periglio accerchia 4o A virtude fan guerra Alto dispendio ‘e fatica aspra ognora. Ma del nome di saggio Lui , che a felice evento! avvien che aggiunga, Il comun: plauso della patria onora. 45 O Giove, o servator Nume pece Che su le sitibi hai trono, Che ‘sovra ’1 Gronio alberghi, e dell’ Alfeo La maestosa onori onda vagante , E ’l divin antro Ideo,; 50 Io delle argute Lidie canne al suono ‘ A te supplice movo, e d°’ inclit’ opre Chiaro ornamento a Camarina impoloro. E a te, o di serto Eleo ricinto il crine , O de’ Nettunj corridori amante; 55 Psaumide, io prego a te fra vaga schiera Di cari figli la canuta etade- Tranquilla t' accompagni Fino all’estrema sera. Ov’ altri i doni di salute attinga 60 E copia d’oro aggiunga e dolce fama, Non d’esser pari agl’ immortali invano Nudra l’ ingiusta brama. 145 ANNOTAZIONI. . v. 1. La Dea invocata è la ninfa Camarina abitatrice del lago, che è presso alla città di questo nome, v. 2.—-4. Il fiore delle virtù e della corona olimpica; cioè il fiore che fr egia l’une e l’ altra è l’ inno di Pindaro. Esso è dono del vincitore, perchè egli fu la cagione del comporlo. . v. 9. La città di Camarina in breve tempo edificata e distrutta tre volte, finalmente fu per la quarta volta riedificata nell’Olim- piade 79, cioè poco innanzi alla vittoria di Psaumide. V. Thuc. lib. 6. cap. 5. Herod. lib. 7. cap. 154—t156. Diod. Sic. lib. 11. cap. 76. Quindi si chiama novella sede di lui. Psaumide molto fece pel suo ristauramento , come si dice qui, e. sotto v. 35—38. v. 11. Erano in Olimpia sei are; che diconsi gemelle, per- chè ciascheduna era dedicata a due Divinità , cioè 1.2 a Giove e Nettuno, 2.2 a Giunone e Minerva , 3.2 a Mercurio ed A pollo, 4a alla Bua e Bacco, 5.a a Diana ed Alfeo, 6.2 a Saturno e Rea. A. queste are sacrificava. il. vincitore. v. 22. Psaumide era figlio d’ Acrone. v. 27. Il lido di Pelope e d’Enomao è Olimpia , da cui ve- niva Psaumide per: tornare alla patria dopo la vittoria riportata. v. 29. Pallade era Dea tutelare di Camarina, ma in gene- rale dicevasi custode delle città , come Dea della guerra e della prudenza. Due fiumi bagnavano Camarina, l’ Oano. e l’ Ippari Non lungi dalla città era un lago, come ho detto, e un hosco, ‘da cui si trasse il legname per la riedificazione della città , trasportandolo pe’ canali o rami dell’ Ippari. Molto vi contribuì Psaumide col suo danaro ; onde in poco tempo si fabbricò tan- ta quantità di case, che il poeta la chiama selva. v. 47. Il Cronio era un monte, dal quale si osservavano i giuochi olimpici. Su questo dice, che stava Giove, perchè gli erano dedicati. CEsARE LUECcHESINI T XII Woveinbre ss 146 ‘ BULLETTINO SGIENTIFICO. N.° II. Novembre 1823. A ‘L’estensore di questo bullettino è in dovere di prevenire il pubblico come in questo lavoro egli è validamente soc- corso da abili soggetti, che gli somministrano una gran parte delle notizie e taluni articoli già distesi , e special. mente dai Sigg.ri Cav. V. Antinori. Dott. P. Betti. Dott. G. Cioni. Dott. Libri, prof. di fisica all’I. e R. Università di Pisa. Dott. L. Magheri, prof. di fisiologia all’ Arcispedale di s. Maria nuova. Prof. F. Nesti, prefetto dell’I. e R. Museo d° istoria naturale, G. R. Pagnozzi. Dott. Carlo Passerini, conservatore dell’ I. e R Museo. Dott. G. Radtdi. Dott. Em. Repetti. March. C. Ridolfi. Dott. Ferd. Tartini Salvatici. Dott. Taddei , prof. di chimica applicata alla medi- cina e alla farmacia. i, Dott. Ant. Targioni, prof. di chimica applicata alle arti; s e che più particolarmente i sigg. March. Ridolfi, prof. Libri e dott. Ferd. Tartini Salvatici, oltre ciò che delle cose straniere ricavano dalla lor privata corrispondenza e lettura, si sono in special modo incaricati di fornire le notizie di tutto ciò che in materia di scienze si fa in Italia, invitati prima con una circolare conosciuta li scienziati più distinti e le so- cietà dotte della penisola ad esser loro cortesi dei respet- tivi lavori e scoperte. Con questa dichiarazione, l’estensore attribuendo debi- tamente a ciascuno ciò che gli spetta, intende ancora di e papere Ta 147 conciliare al bullettinò stesso presso il pubblico quella van taggiosa opinione che il debol suo nome non varrebbe a. procurargli . . Meteorologia. Si annunziò nel precedente bullettino che, secondo Te osservazioni del sig. canonico Bellani confermate da quelle dei sigg. prof. Pictet e Gourdon, nei termometri a mere curio ‘si riconosce coll’ andar del tempo un sensibile alza- mento del mercurio, come se la di lui massa fosse ac- cresciuta , o la capacità dello strumento diminuita , effet- to che il sig. Flaugergues ha attribuito alla pressione del- l’aria esterna sulla palla dello strumento , che deve cedere a motivo del vuoto interno. Questa spiegazione , che ad alcuni sembrava strana, è stata ora dimostrata giusta dagli esperimenti che i sigg. De la Rive e Marcet hanno intrapresi a Ginevra. Essi hanno trovato che un termometro a mercurio privo d’aria posto nel vuoto, indica ( a temperatura eguale ) un nume- ro minore dî gradi che nell’ aria libera , ed all’opposto un maggior numero nell’ aria condensata: che queste differen- ze sono più sensibili ove le pareti della palla sieno più sottili e viceversa ; che un termometro pieno d’ aria nella parte superiore segna nel vuoto una temperatura più bassa che nell’ aria ; che in fine un termometro aperto superior mente segna li stessi gradi nell’ atmosfera, nel vuoto, o. nell’ aria condensata. Fisica e chimica . Paragrandine. (*) — Le scienze, questo nobile appan= naggio della nostra specie, sempre degne della nostra stima e della nostra affezione , non lo sono mai tanto quanto al- lora che possiamo utilmente applicarne i principi a pro- curarci i beni ed i godimenti della vita, e a difenderci dai è v (*) Vedi Antologia Vol. XI. A. p. 133, e successivi, 148 I mali che ci affliggono o ci minacciano. E sebbene Pim | potenza in cui ci.troviamo d’oppotre rimedi proporzionati all’azione malefica di molte grandi cause naturali, ristrin- gendo alquanto i confini di quelle applicazioni, tenda a scemare nel\maggior numero degli uomini la fiducia in. es- se, pure non potendo quei confini esser da alcuno deter- minati nè conosciuti, noi riputiamo non solo scusabile ma lodevole ‘la fidanza piuttosto che l’inerzia, essendo men dan» noso e più consolante l’aver tentato. in vano un rimedio, che soggiacere volontariamente a danni che potean forse evi= tarsi. Sensano non solo ma giustificano , a parer nostro, . quella fiducia insigni scoperte di cui la scienza si può glo- riare, e per le quali si ottennero effetti prodigiosi con mezzi proporzionatamente piccoli, ed anche spregevoli agli occhi del volgo. Se Davy, con solo includerla in una lanterna di sua invenzione ; ci. ha insegnato ad introdurre. senza pericolo una fiaccola accesa in una mescolanza aeriforme; a cui, pri va. di.quel riparo , non poteva appressarsi senza cagionarne , l’infiammazione ela detonazione, spesso accompagnate da accidenti funesti ; se Franklin, con elevare in aria una ver- ga metallica, ha potuto quasi per scongiuro o per incanto difendere gli edifizi dal fulmine che li minacciava, pre- scrivendo una via innocua alla materia che doveva pro- durlo ; è egli poi tanto strano a credersi che mezzi poco diversi da quest’ ultimo possano, almeno in alcuni casi, salvare i. preziosi frutti dell’ industria campestre da quella meteora che li distrugge in pochi istanti, e la cui genesi è pure dai buoni fisici attribuita alla materia stessa pro- duttrice del fulmine ? Lo hanno creduto alcuni, altri lo hanno impugnato , e noi eravamo stati solleciti di far co- noscere in questo giornale alcune delle prime cose scritte a sostegno or dell’ una or dell’altra opinione, che ci veni= vano trasmesse. Ma moltiplicandosi queste fuor di misura, e, per quanto a noi ne parve, senza ragionevol lusinga di dele per esse decisa la questione, risolvemmo d’ aste» nerci e ci asterremo da produrre verun’ altro relativo ra- gionamento teorico. Accoglieremo bensì con' premura, e , 149 faremo tosto conoscere al pubblico) i risultamenti: dell’ e- sperienza che da qualunque parte ci venissero comunicati, e per i quali soli crediamo poter essere deciso qual fidu- cia meritino i | paragrandine. E qui, senza discutere il va- lore comparativo degli argomenti prodotti a favore 0 contro : di ‘essi, non: dissimuleremo una nostra opinione, cioè; che i loro oppositori volendo cercare il trionfo della loro; opi+ nione. in quello della. verità, avrebbero dovuto. invocarne lo stabilimento ‘a disinganno di chi vi avesse fiducia ; anzi chè; discreditandoli, distogliere altri da farne esperimento. Sembra' a noi:che se da un lato gli argomenti teorici fin qui prodotti. non’ bastano a provare chei paragrandine deb= bano produr: sempre l’ effetto desiderato , saran sempre in- sufficienti. dall'altro lato.quelli prodotti a dimostrare che non possono produrlo giammai. Ce ne persuade la grande varietà ‘delle condizioni che v' influiscono, e specialmente la distanza sempre diversa delle nubi procellose dalla terra. Non vi'è dunque se non la via degli esperimenti , è di esperimenti intrapresi seriza prevenzione e condotti con intelligenza ; per cui si possa giungere a verificare o ad esclu= dere qualunque utilità dei paragrandine. Ora ih questa incertezza, può egli credersi in buona fede più dannoso all’ universale lo spendersi da pochi proprietarii, specialmente fra i più ricchi, alcune lire in un’ esperimento , di quello che il rinunziarsi alla speran» za, comunque remota, d’ un benefizio generale ed incal- colabile ? ‘ Disgraziatamente la grandine flagella così spesso i ‘cam= pi; specialmente‘ in alcune località, che nella stima delle rendite di quei beni si calcola la quantità del danno: da aspettarne: sopra un decennio ‘con ital prossimità al’vero, da essere ‘agevolmente presunta ‘e’ concordata fra persone d’ esperienza,‘ comunque abbiano o difendano interessi contrarii. Questo: dato, ed il confronto d’ altri terreni indife= si) e’ posti'in* eguali condizioni di quelli armati di paragran= dite; dovrebberoPdare i mezzi‘di riconoscere e pronunziare' top qualche sicurezza, dopo un certo numera d’ anni, 0 » Plicitanima fibra 0 onitpa grado d° pregi ni Lo strumenti. | RARE Se una superficie metallica sia solcata da un grannu- mero di linee parallele talmente sottili che sieno appena visibili ‘ad occhio mudo , la luce rifratta insieme e riflessa da queste :superficie. presenta i colori dell’iride.,, ed imita fino «ad.un certo punto gli effetti del diamante. Il sig. Ber ton, che ha immaginato questo singolare artifizio , forma quei segni. tenuissimi con. una punta di diamante sopra una lastra d’acciaio, colla quale imprime. poi i segni stes- sisopra altri metalli più docili. Egli è giunto adiincidere fino-a 10,000 linee nello spazio d’ un pollice inglese, seb- bene ordinariamente non ve ne formi che 2,000. Noi jab- biamo veduto le prime di tali lastre metalliche nelle.ma- ni del sig. prof. Leslie d’Edimburgo alltzohà nella decorsa estate passò. per, Firenze. Il calore che si sprigiona nell’ estinzione delle talia è stato riconoscito sufficiente all’ infiammazione. della polve- re. Però, non è ‘cosa prudente tener la calce viva, nei ma- gazzini di, polvere colla veduta d’asciugarli assorbendo: per la calce l’ umidità. Il profe Silliman per mezzo, del deflagratore; del dot. Hire è, giunto a fondere e scomporre, parzialmente. la piombaggine 0 carburo di ferro, di cui la parte: carbonosa si:è.per la fusione conformata in globuli di vario, aspetto, alcuni idei. quali somigliantissimi al diamante. Il calore sviluppato dalla combustione del gas idrogene col gas os» sigene ;ha operato un principio di fusione del vero diaman= te e dell’antracite, posti in una piccola, cavità, formata in un pezzo di calce. Se si scaldi fortemente .in. un pt o pid vaso chiuso un poco di tartaro emetico mescolato . con . polvere di carbone, si ha per residuo una materia nera che può riguardarsi come un carburo d’ antimonio e di potassio ,, e, che difesa diligentemente, dal contatto dell’aria, ‘ha e. cone serva la proprietà di detonare vivamente;quando, sia;asper«, sa con un poco d’acqua... Nell’ esplosione 1’ antimonio, è | 150 : 9 + rOr Iiticiato assai lontano in. globetti fusi. ed infiammati, perlo che quest’ esperienza, fatta la prima volta dal sig. Serullas; i esige qualche ‘cittospezione. g (Bi tai » + È notò quanto nelle analisi chimiche sia utile e comodo 1’ uso di quéi processi‘e di quei reagenti; che operando nella sostanza che si esamina un cambiamento visibile, vi'scuo@ prono nell’istante e mettono in evidenza le n piccole quan= tità delle diverse specie di-materia. CARLI 1 ‘L’ inglese sig. SmitAson ha suggerito due ingegnosi pro= ©ssi, per uno ‘dei quali può scuoprirsi la presenza dell’ ar seico , per l’ altro quella: del mercurio. Quanto all’arsenico, la sistanza supposta contenerlo si fonde con nitrato di potas- ‘sa, he scomponendosi converte l’ arsenico in acido che si unisce alla potassa. Sciolto in acqua il ‘prodotto della fusio= ne, chedovrebbe contenere l’ arseniato di potassa, vi si versa qualche goccia di nitrato d’argento , che vi forma un copioso: precipitao rosso d’ arseniato d’ argento. - NOT Per isali di mercurio; si pone sopra una lamina. d’oro; o sopra: um moneta dello stesso metallo un atomo della: sostanza crduta contenerli, e versatavi sopra. una goccia d’acido idrodorico allungato ‘, 5° immerge in questa una sot» tile striscia difoglia di stagno in modo che tocchi nel tempo stesso l’ oro. S.vi è mercurio , esso è tosto depositato sul loro, sù cui si rede comparire una macchia bianca metalli- ca;che il calore fasparire volatilizzando il mercurio. Sono due anni ‘che il fù da, Marcet ci fece qui vedere come si possa con un processo peo diverso scuoprire la più piccola quan= tità di sublimato corosivo disciolto in un liquido. Posta una goccia di questo sopr una moneta d’ oro , ed immersavi. la punta d° una sottile sviscia di zinco’, comparve subito sul- l'oro la macchia biana mercuriale. ‘Un facile e curioso mezzo di scuoprire e di visi= bile la magnesia in un iquido che la contenga, è stato insegnato. dal sig. dot. Wollaston inglese. Eccolo, Posta una piccola quantità di quel liquido in un bicchiere. co- nico , 0 sopra una lastra di cristallo ; .e versatevi ‘alcune goccie :d’ una soluzione di fofato d’ ammoniaca, vi s'im- 392 i merge 1’ estremità d’ una sottil bacchetta di, vetro,.che fatta scorrere con fregamento sulle pareti del. bicchiere. o sulla superficie della lastra, determina nell’ istante la. separazio» ne dal liquido. e la deposizione locale della magnesia , che, sotto l’ aspetto d’una materia bianca., rende visibili e leggibili tutti i segni, cifve o caratteri che. la. bacchetta, ha formati. | perni . Si annunzia come una scoperta o come una nuoga, osservazione del sig. Fey la solubilità della magnesia,, maggiore a freddo .che a caldo, proprietà che pochi anni addietro è stata riconosciuta anche nella calce. Ma quante alla magnesia, il fatto era stato molto.tempo., prima osse» vato e pubblicato dall’italiano Butizi. Lo che non semba»; va dover essere ignorato in Francia, trovandovisi divuljato. quasi 30 anni fà negli elementi: di; chimica del.sig. Chaptal., Anche il nostro sig. marchese Ridolfi aveva otenuto, fino dall'anno 1813, e però dieci anni fà; quello steso; ri», sultamento che ha recentemente ottenuto; e, pubblcato .il sig. Charlton ‘in Inghilterra , cioè. l'oro cristallzzato in aghi pronunziatissimi, trattando coll’acido nitricoun’amal-, gama di mercurio e di argento, Per. altro, il sig, Charlton. no solo poteva ma doveva ignorarlo, non ayerdolo il sig.,, Ridolfi fatto soggetto d’alcuna pubblicazione, na essendosi; contentato di mostrarlo. ai suoi ‘amici. ‘Lo stesso sig. March. Ridolfi ripetendo, le belle. spe. rienze fatte dal sig. Faraday a Londra sull; condensazione. di varii gas in liquidi col mezzo di présioni violente,,,, determinate con far sviluppare quantità! not.bili di gas in. forti, tubi di vetro chiusi e proporzionatamente angusti , è. ,giuntoi, ad ottenere la condensazione in liquido «&èlgas acido, carbo», nico con una pressione almeno cinque wlte minore di quella., che era stata necessaria al sig. Farad;y ; €' ciò. accoppiando'| alla’ compressione il raffreddamento; con. tenere. immersa quella parte dell’ apparato ove dove'a farsila condensazione, in una mescolanza frigorifica, che rè mantene va la tempera»; tura ai gradi 15 sotto zero del temometro di Réaumur. AP. opposto non ha lo steso sig. marchese , ripeten=. do 1’ esperienze del ‘sig. Do/ereiner professore. a'.Iena,, Lu Tu a Ù A | | 153 Aécennate nel ‘precedente bullettino ; ottenuti fin qui i ri- . sultamenti annunziati : lo che egli attribuisce all’ insuffi ciente indicazione del processo da praticarsi. «* Un fatto degno dell’ attenzione dei chimici e dei geo- logi è stato annunziato ‘dal sig. Berzelius, ed è che , ‘de- componendo il gas acido fluorico siliciato con farlo pas- sare a traverso d’una soluzione di borace, mentre' si forma nel liquido il fluoborato di soda, si precipita la silice, dotata d’ una notabile solubilità nell’ acqua, con cui forma ‘ un liquido che diviene gelatinoso per 1’ evaporazione. Nella soluzione acquosa dello stesso borace il sig. Wetzler averido riconosciuto la facoltà di disciogliere l’aci- do urico, ne ha proposto l’uso per la cura delle renel- le e dei calcoli. Egli ha insegnato ancora ad estrarne quell’‘acido dagli escrementi degli uccelli, nei quali si sapeva esser contenuto. Trattati questi colla soluzione del borace, e filtrato il liquido ancora caldo , vi s’ infonde goccia a goccia un poco d’acido solforico, che ne preci pita l’ acido urico. Molto più singolare è il mezzo che hanno imaginato per disciogliere i calcoli orinarii i sigg. Prevost e Dumas. Considerando essi che molti calcoli orinarii sono formati, almeno in gran parte , di composti salini, hanno conget- turato che, impegnati ‘i calcoli nel circuito della corrente voltaica, i sali sarebbero scomposti, ed i componenti ne sarebbero trasportati ai due opposti poli, o estremi. Per cimentare colla esperienza la loro congettura , impegnaro- no prima un calcolo fra le estremità di due fili metallici comunicanti. con i due poli d’una pila. voltaica di 120 coppie, ed immersolo quindi unitamente ai detti fili in un. vaso pieno d’acqua; per 12: ore, videro scomporsi i sali | contenuti nel.calcolo, e questo. dopo ‘altrè 16 ore d'azione divenire. così friabile; da. spezzarsi al:solo toccarlo. Il suo peso. era. diminuito di oltre un’ ottavo. Allota, introdotto . un! altro calcolo nella vescica d'un. cane, e sottopostolo allo stesso processo per sei giorni, un’ora iù ciascun giorno, ottennero. la stessa diminuzione di peso, e la stessa. friabilità. Per la riuscita dell’operazione da farsi 154 sull’uomo vivente. prescrivono ‘di tener ‘piena d’acqua } » mediante iniezione , la vescica ; la quale. assicurano non? risentire danno dall azione Albtivica. i i omizi» Se è molto dubbio che l’arte. salutare. possa trovar questo processo facilmente ed utilmente applicabile ; egli è certo che veri e notabili vantaggi possono’ derivarle dall’ esanie chimico di quelle sostanze che servono 0 LAO sono servire come medicamenti. a ‘ireietub it oftirpàt ar Un’ abile farmacista ha recentemente riconosciuto che la chinina forma con diverse proporzioni d’acido solforico! due sali diversi , cioè un solfato, ed un soprasolfato, dei quali l’ultimo contenendo rispetto al primo sopra una! stessa quantità di base una dose doppia d’ acido ; ed una, quadrupla id’ acqua di cristallizzazione , deve necessaria@ mente esercitare un’ energia medica proporzionatamente minore. Deve perciò ad esso preferirsi il solfato , ed è pro» babile che l’uso del soprasolfato (v non conosciuto o non, avvertito ) in luogo del solfato, abbia fatto in alcuni casi mancar l’effetto di questo prezioso rimedio. Via Sotto le ascelle della spoglia membranosa: degli stro- bili del luppolo si trova una materia gialla granellosa, che riconosciuta di natura particolare; è stata chiamata /up- polina. Sembra che in essa risiedano le virtù mediche del; luppolo. Si assicura che un unguento preparato con quel- la materia ha la proprietà di frenare i cancri più depa- scenti, e si attribuisce alla tintura alcoolica di Iuppolina amministrata in dose di 50, o 60 gocce, la facoltà di. conciliare il sonno in quei casi nei quali la natura ec- citante dell’ oppio nonne. permette l’ uso. fp \0esv E'noto che si usa il solfato di zinco come collirio. Il sig. prof. Brugnatelli di Pavia attribuisce la sua’ virtù » ad un poco di solfato di cadmio che ordinariamente con; tiene , e raccomanda ‘come ‘assai più efficace il ci sol=.. fato di cadmio. i 18 Il glutine di frumento, nel quale il sig. prof Taddei ie trovata la stessa virtà che ha l’albumina, di servir di antidoto! - 155 al sublimato corrosivo, ha recentemente salvato da morte certa un individuo che aveva deglutito sette grani di questo veleno , da lui creduto mercurio dolce. ‘Mineralogia , Geologia, Paleontografia. Mineralogia.—La seconda edizione del Trat. di minera- logia (1) del celebre Hazy è un vero acquisto per la scienza, non tanto perchè fissa qual sia lo stato attuale delle cogni- zioni mineralogiche, quanto ancora perchè sono esse avvantag- giate dall’A. e.colla descrizione rigorosa e scientifica di non poche specie da altri vagamente descritte, e per l’ uso dei caratteri più essenziali ed universali, maneggiati con mag- gior maestria che in' ogni altro trattato di questa scienza. Il sistema stesso col quale i minerali vi sono distribuiti è migliorato sulla prima edizione e sul Tableaz, nè es- sendo. ‘eccessivamente chimico. per una classazione di mi- nerali, ha pure.il vantaggio d’ essere a livello delle chi- miche cognizioni. Dopo una ‘prima classe, la quale com-: prende i due acidi liberi conosciuti in natura, 1’ A. ne ha stabilita una di sostanze metalliche eteropside , compren- dendovi le terre e gli alcali, dall’ analisi chimica ridotti allo stato metallico, e che, presentandosi sotto. 1’ aspetto eterogeneo di sali o di pietre, hanno meritato questo no- me. È questa classe divisa in due parti, la prima delle quali. comprende le combinazioni degli acidi colle dette sostanze , la seconda sotto il nome di appendice contiene le combinazioni delle diverse terre fra loro:, delle quali la silice poichè è stata. riguardata come .faciente le veci di acido, 1’ A. la considera sotto questo punto di vista, lo che gli dà il. vantaggio anche di aggruppare quei minerali che volgarmente vengono sotto la denominazione di pietre, e | (1) Zraité de mineralogie ; par M. l abb: Haiy ; profes- seur de, minéralogie an muséum royal d’ histoire naturelle et à la faculté des. sciences ; seconde édition, revue, corrigée et con-., sidérablement. augmentée. par l’auteur. Vol. 3. in 4. et 3 atlas, ensemble. de 107 planches; Paris. Bachelier, 1822. 156 secondo la qualità ed il numero:delle diverse sostarize. in combinazione’colla silice; I minerali metallici formano ;na= turalmente la terza classe col:nome di sostanze: metalliche autopside, alle quali fa succedere le sostanze combustibili. Questa non comprendendo clie i soli trè. minerali zolfo , diamante, ed antracite , gli altri combustibili, come d’ in- dole che più rammenta i vegetabili , ed-ammessi\come per adozione fra i minerali, formano una 5.° classe dénomina= ta di sostanze fitogene. Segue un appendice, nel quale:sono comprese quelle sostanze , sulle quali non abbiamo osser vazioni chiare e certe da poter determinare»se. sienò ‘esse o varietà di specie conosciute; oppure nuove!'specie,.il«qua= le appendice è quasi del tutto diverso da quello délla\pri- ma edizione ,;e. non poco da quello del Tableau ,. essen- do stati meglio: esaminati e debitamente collocati» molti dei minerali che vi erano: compresi, mentre altri pet'osser- vazioni più recenti vi sono stati. provvisoriamente collocati. L’autore ha separato da questo trattato tutta la parte teorica della cristallografia , la quale forma un’ opera in- dipendente, ed:avendo affidato al suo‘allievo A. M. dei la Fos- se la pubblicazione di quest’ opera quando era già! com= pita , la morte dell’ autore non ci ha privati della speranza di vederla continuata fino al suo termine (2). Quanto i trattati scientifici sono. utili a ‘chi professa» la scienza, altrettanto le opere familiari sono pregevoli, perchè ne spargono: il. gusto. In Inghilterra! la sig. Lowry) ha pubblicato delle. conversazioni sulla ‘mineralogia; il sig. Philips un’ introduzione allo studio elementare. di. questa scienza, ed il. sig. Brooke lia: tentato, di semplicizzare i principii della cristallografia!!emancipandoli dal ‘calcolo.. Varie ianalisi. nuove. di [minerali ‘tendono; a fat) progre= dire:la;scienza; .fra..le. quali noteremo: quella: dell* ackmite del sig. Berzelius, dello spato in tavole d’° America del (2) Traité dé cristallographie, suivi d’ une application des principes de cette science d la détermination'des espèces ‘minérales, et d’ une nouvelle‘ meéthode pour mettre les’ formes cristalli. nes en projection ; par M. l’abbé Haiy.'2. vol. 8: de ‘plus' de’ 600. p. avec atlas in 4. de 64 pl. prix 50 f. Paris, Bachelier:® | | 197 sig. Lardner ‘Vanuzxen, di una varietà di nefrite del sig. Bowen americano, dell’ ossido verde di zinco del sig. Tor- rey quella della Sordawalite, dell’ Arfwedsonite, della Cleavelandite. La scoperta di questi minerali, come : pure della Franklinite ; della Ieffersonite, della Disluite descrit= te dai sigg. Vanuxen e Keating ; la Candite e la Bombite descritte dal celebre Bournon, l’Humboldtite scoperta e de- scritta dal sig. Lewy, la cloropale descritta ed analizzata dal prof. Bernardi , sono altrettante conquiste nel ‘regno minerale. Possono qui riferirsi i risultati analitici e Je 0s- servazioni dei sigg. .H. Davy e dot. Brewster intorno ai li- quidi ed ai gas contenuti nelle cavità di varie pietre silicee, di che abbiamo dato un cenno nel precedente bullettino di n.° Geologia. — Dacchè nella geologia si sono abbandona» te le ipotesi prendendo particolarmente di mira i fatti e le loro naturali conseguenze , questa scienza non solo ha fatto grandi progressi nella cognizione positiva dei fatti, ma inoltre questi sono ora tali ed in tal numero da poter condurre a qualche generale conseguenza. Varie società in Francia, in Germania; e soprattutto i nell'Iaghilignta e nella Scozia si sono stabilite per diffondere e pubblicare le ri- cerche geologiche , ond’ è che questa scienza nonha giam- mai goduto nè del corteggio di tanti cultori, nè della ric- chezza di tante opere, nè del vantaggio di tante scoperte, come oggigiorno. La struttura geologica dell’Inghilterra dir si può conosciuta palmo a palmo, mercè dei lavori di Ha- wkins, A. Majendie , H. Davy, Ayrton, Paris, Philips, Aikin, Fitton, Cullock, Webster, Brander, ed altri. Tre bel- lissime carte sono state pubblicate, due dal sig. SmitZ., la seconda delle quali in più piccola scala della prima, e che rap- presentano lo stato geologico dell’ Inghilterra e del paese di Galles, regioni descritte pure da Conybeare e Philips; y bla. accuratissima, e che è un modello in questo ge- nere, dal presidente Greenough. De la Bèche ha illustrato una parte delle contee di Dorset e di Devon; Conybeare ha completato le ricerche geologiche nel Dicono e nel Cornonailles intraprese da sit G. Young e S. Bird 158 hanno percorsa e descritta la contea ‘d’ Yorck. Gl’ inglesi pure ci hanno recato non poche importanti notizie sulla struttura geognostica di varie regioni delle Indie, ei due viaggi dei capitani Parry e Franklin hanno arricchito la scienza di qualche notizia geologica sulle regioni polari. In Francia, dove questa scienza ha quasi avuto la sua cuna , molti sono i lavori geologici interessanti, frai qua- li nomineremo la descrizione dei contorni di Parigi, para- gonati con altri terreni, lavoro dei sigg. Brongniart e Cuvier ; gli elementi di geologia del sig. Daubuissonz uno sbozzo della carta geologica di Francia, dei Paesi bassi, e d’alcune prossime contrade, del sig. D’ Omalius d’Hal- loy; una carta geologica d’ una parte del Puy-de-Déme , che formata già dal Desmarets, è stata illustrata ‘e pub» blicata dal suo figlio ; una memoria del sig. Rebow/ sopra alcune montagne della catena dei Pirenei; la descrizione d’una vasta formazione metallifera, che si estende per tre dipartimenti dell’ occidente della Francia; e quella del bacino gessoso d° Aix , interessante per le molte impronte di pesci, e per le sue relazioni col terreno circondario di Parigi, della qual descrizione siam debitori al ‘sig. Ber- trand-Geslin. In Italia l’illustre Breislack ha dato una descrizione geologica della provincia di Milano (3), ed inoltre ha descrit- ti i depositi gessosi di M. Seano fra Piacenza e Tortona ; il prof. Catullo ha indicato la formazione terziaria come' sede essa pure degli entrochi nel calcario gessoso di Ve- rona ; i terreni di sedimento calcareo-trappici del Vicenti- no sono stati illustrati dal sig. Brongniart , che ha stabili- ‘to a quale ordine questi e consimili altri terreni apparten- gano , ed in qual relazione stieno essi coi terreni superio- riori o inferiori dei contorni di Parigi (4). (3) Vedi Ant. vol. VIII. p. 531. (4) Mémoires sur les terrains de sédiment supérieurs cal- careo-trappeéns du Vicentin, et sur quelques terrains d’ Italie, de France et d’ Allemagne , etc. qui peuvent se rapporter à la méème époque; par Alex. Brongniart. Un vol. in PA de 66. di alia 6. pl. Paris 1813, Levrault. | | | | | | 159 « v.I. sigg. Conybeare, Bouè, e Keferstein hanno preso ciascuno di mira la geognosia della Germania , il primo facendone come il:centro delle sue considerazioni relative ai terreni di tutta Europa, il secondo esaminandone; le. di- verse formazioni, l’ultimo facendone il soggetto d’un qua- dro geognostico. Il celebre Buck ha descritto le montagne calcarie che sono da Weissemburgo ai contorni di Neoburgo, e le petrificazioni che vi s'incontrano tanto nel calcario della formazione del Giurà, come negli schisti calcarii, so- prapposti alla Do/omia, alla quale crede che appartengano le celebri caverne a ossa di carnivori. I contorni d’ An- versa sono stati riconosciuti di formazione terziaria e de- scritti dal sig. Jonkaire; l’ Hartz è stato nuovamente il- lustrato dai sigg. Bonnard , Clapeyron , e Lainé. L’ eruzione del Vesuvio degli anni 1821, 1822, e ‘so- prattutto del. 1823 , la più abbondante in ceneri fra le moderne , ha dato motivo ai sigg. Monticelli e Covelli di fare non solo una serie d’ osservazioni e di esperienze sui fenomeni che le accompagnarono, ma ancora varie ana» lisi dei loro prodotti. Egli è da desiderarsi che la straordi- naria e terribile eruzione che ha devastato una parte del- I isola di Giava, per la quale più di 2000 persone sono perite , sia esaminata nei suoi prodotti , e che bene se ne conoscano i crateri. Il sig. Humboldt, testimone esso pure dell’ ultima eruzione del Vesuvio, ne ha dato egualmente qualche ragguaglio in una sua memoria , nella quale però occupandosi più particolarmente dei vulcani in generale , tende a provare che tutte le bocche vulcaniche di una stessa contrada comunicano ad un elaboratorio comune e situato a grande profondità. Opina inoltre che gli antichi vulcani , dei quali tante traccie s’ incontrano sulla terra , abbiano col loro calore esercitato un’ influenza tale da far sì che vi nascessero e vi abitassero piante ed animali che non hanno gli analoghi se non fra i tropici. Il sig. Ga. Lussac poi prendendo a considerare la causa alimentatrice dei fenomeni vulcanici, l’attribuisce all’azione dell’ acqua sulle basi metalliche delle terre e degli alcali. Sebbene le ricerche geologiche ci abbiano procurato 160 molte cognizioni intorno alla struttura interna del globo , pure regna molta incertezza nella determinazione delle leg» gi di soprapposizione delle roccie , perchè tutte quelle co. gnizioni non si sono connesse come in un prospetto gene- rale, che serva di norma e di criterio. Al che riguardando il sig. Humboldt, il quale alle altrui ricerche poteva ag- giungere le molte da sè fatte nell’ America equinoziale ed in varie regioni dell’antico continente, ha esposto nel suo Saggio geognostico sulla giacitura delle roccie (5) 1’ ordine costante e generale secondo il quale i diversi terreni si suc» cedono , sì per le loro formazioni, sì ancora per ciò che riguarda ciascuna roccia nelle diverse formazioni ; e men» tre egli ha schiarito un punto importantissimo , per ren- dere più. certe le osservazioni, ha provato l’ uniformità delle leggi che hanno preseduto alla formazione ed ai gran cangiamenti del globo, talchè le rivoluzioni che que- sto ha sofferto sono.state per esso universali, e le diver sità di composizione, per quanto sieno fenomeni locali , pure sono sempre tali da non deviare dalle leggi univer- sali. Egli ha terminato quest’ opera interessantissima col. l'esposizione d’ un metodo pasigrafico, col quale, per mez- zo d’una notazione semplicissima, ed astraendo dalla com- posizione e dalla struttura delle roccie, si possano rapida- mente esprimere le più complicate relazioni che offrono all’ osservatore la giacitura ed i ritorni periodici delle roccie. Il sig. Leonhard riguardando sotto un punto di vista universale le roccie, relativamente alla loro composizione ed ai loro caratteri esterni, coi quali si possono. ricono» scere, ha dato una nomenclatura delle roccie unita ai loro caratteri, opera che fa seguito alla sua orittografia, e ten- de così a fissare il troppo vago ed incerto linguaggio di questa parte della geologia. In Germania non si è trascurata la parte ipotetica di (5) Essai géognostique sur le gisement des roches dans les deux hemisphères ; par ALEX. de HUMBOLDT. Un vol. in 8.° de 379. p. Paris 1823. Zevrault, prezzo £, 7. 161 questa scienza; vale a. dire le congetture sull’origine e sulle | cause dei cangiamenti del ,&lobo , ossia sulla geogonia. II sig.; Krieger ha, pubblicato un’ opera alla quale egli dà il nome di. storia. del mondo primitivo , e nella iO tenta d’ indagare l’origine e la formazione successiva del globo,. la formazione, della vita organica, della vita planetaria, e della, spirituale. Queste. investigazioni. lungi dall’ esser di-. rette. dallo spirito d’ analisi., non sono di una specie di esposizione. delle dottrine degli antichi, prese come in te- stimonianza di quanto ; 1° A. asserisce. Di un genere eru= dito. è pure in gran, ‘parte. i, opera sul mondo antico del | sig, Link, (6) nella prima parte però della quale tenta di de- durre lo. stato del mondo primitivo dalla considerazione dei petrefatti ; ; nelle successive poi tratta della dispersione del- ‘l’uomo e dei corpi organici sulla terra, delle lingue consi- derate come indizi della dispersione, della patria delle pian= te) usuali. e domestiche , ed in: fine delle differenti cosmo. gonie, e, mitologie adottate dalle nazioni, dei cangiamenti che, il globo ha,sofferto nei tempi eroici, e dei differenti diluvii. Quest’ opera si è attirata una critica per parte di qualcuno .che si è:velato sotto il nome di Mr. de ? Or, e che ha preso di mira le idee dell’ autore sull’ origine delle lingue e sulla pluralità dell’ umana specie. si Paleontografia. — Alle ricerche sugli avanzi organici degli antichi tempi dobbiamo i più grandi progressi della geologia.,che ha potuto per tal mezzo fissare dell’ epoche nelle rivoluzioni della terra. ir Le antropoliti :sono oggi soggetto di discussione , ed abbiamo ;sotto gli occhi: una memoria del sig. Marcel de iSerres nella quale si discute la fossilità di. quelle delle ‘caverne, di Durfort ,;e di cui parleremo più estesamente a suo luogo. Non. ‘paiono però certamente antropoliti quelle annunziate dal sig. conte Iazoumosky trovate insieme colle bi: (6) Die, Urwelt und das Alterthum , ec. Il mondo primi- | tivoe l antichità, spiegati per l’istoria naturale ; di H. F. LINK, prof. di medicina in Berlino , direttore dell’ orto botanico. Tom. IT. e II in 8. 1821. 1822. Berlino. T. XII. Novembre - 33 162 ossa fossili. d’elefante,, ma.i crani. delle quali sono, ‘estre», mamente allungati; nè tampoco quelle di Halberstadt:aventi, un, solo molare, senza altri denti. Il sig. ‘Wearce ha illa= strate..le antropoliti di Koestritz, state descritte da Scholteîns, il sig Drapiez nella sua descrizione geologica della for, vineia d’Hainaut ha figurato un cranio d’ OIS0,, delle m bra,di testuggine, ed una grande: echinide. Il, SÌ, i ha, annunziato varie ossa fossili di testuggini ,,.. pato ec,.nel calcario del Giurà vicino a Soleure 3 il sig. Suckow ha. preso ad illustrare i fossili dei bacin 5 del. Reno 16 del Necker , dei circondarii, di Darmstadt, Pappenheim ; di Altdorff, e di Fichstadt ; il sig. Sowerby va. pubbl icando, la sua bell’opera sulle conchiglie fossili. della -Brettagna 3 ed il sig. Borson nel suo saggio di orittografia del Piemonte ha aesaniti e determinato non poche specie di conchiglie fossili di quel regno. La fitologia fossile è stata Mabsttel volmente illustrata dal giovine sig. Adolfo Brongniart: In Inghilterra sifè trovato uno, scheletro fossile. di rinoceronte, e da per tutto si: vanno rintracciando e raccogliendo ossa delle grandi e piccole specie , ed illustrandosi così la ‘di- stribuzione geografica di questi HOSOA monumenti delle rivoluzioni del globo. ... TTI Il sig. Biicktata gettando un . eli d’ occhio #uità circostanze che accompagnano le differenti, ossa fossili, le separa in differenti classi, secondo l’epoca mella quale: egli. presume: essere esse restate sepolte. Distingue pertanto VR i.carnivori ritirati; spontaneamente :nelle..caverne prima el diluvio ; 2.° i resti d’animali portativi delle stesse bestie feroci. a. quell’ epoca,;,;3.° i resti di animali. trascinati col fango e*con i ciottoli; 4.° i resti di animali: prRebsti nelle Gayerne. e melle, fessure dopo il diluvio. In un’ altra;opera; alla là quale na dato ilnome di religuiae diluvianae, (7) TinueHn 89 (7) Religuiae diluvianae, or observations'on the organic’ res mains,attesting the action of an universal deluge etc. Osservazioni sui, fossili. contenuti nelle. grotte , nelle fissure e nelle sabbie/dilu- viane, e sopra altri fenomeni che provano l’ azione dij un diluvia universale ; del KEV. GUGLIELMO BUCKLAND , Ditemi bro della so- 163 do'le osservazioni sparse che egli avea pubblicate ‘in vari rnali, prende ‘poi particolarmente ad esaminare l’assera zione d’an illustre! ‘geologo che le ossa fossili non trovan- dbsi' a 'prandi ‘altezze, inondazione che le ha sepolte nomi si’sia elevataalle cime delle grandi montagne. Su' di che sl'eig! B. ‘osserva che ‘non avendo 1° Europa pianure estese sull’‘apice delle Catene ‘delle montagne, le ossa fossili’ nohl potevano 'Pestatvi; ‘ima che ‘d’altronde , poichè si sonò trò4 FUR “ft ‘a’ elefatità') ‘di ‘mastodonte’, e di cavallo in Ame rità , dove” ‘queste pianure esistono all’altezza di 7200, 7800, é 16600 più di! sopra il livello del mare , non si può negare he 18 ‘inondazioni’ le quali. hanno delete questi animali, ndii slenò 2 cr almiéno fino a' “Quella elevazione. ©" Strona: tà or teltggice dazio “È Stato recentémerite annunziato che la Phalaris arun- Haden: chimata volgarmente erba a nastro, può somminit strate tini buon nutrimento! alle ‘vacche; con molto vantaggio, potendo ‘una-tal pianta falciarsi ‘tre d quatto volte nell'estate. È e ‘potendo! farsì la prima falciatura ‘molto prima ‘di quella delle altre graminacee. “A malgrado di tutto questo; noi crediamo’ ché le aride foglie dell’ erba a nastro sieno per ri uscire più élegafiti che utili, | «Pl sig. dot! Cartwright inglese asserisce aver sanato dei dpr ‘di 'srano'dalla' ruggine , inaffiandoli con una 'soluzio- ne di ‘salcomtine; 0 marino. È desiderabile che sia speri mmehtato ‘anco’ ‘prèsso ‘di ‘noi questo facil caga e che il risiltato: eortisponda ‘All’ arinunzio. ° Per'decreto'delle autorità competenti è stata istituita nei oblaorite ‘divAvrillac nel dipartimento del Cantal'in' Francia, ua tenuta’ sperimentale ‘composta di terreni diversi per natura, coltiiva“@ ‘situazione. Vi si deve ‘fare ogni ‘sorta ‘dî esperimenti, che si riferiscano non solo alla coltura dei di- versi: vegetabili , ‘ma. anche all’ educazione degli tm uti». liyed alla ‘conservazione dei loro prodotti. U ten tonsiglio generaledello stesso dipartimento del Cantàl cietà reale di Londra » prof, di miner. e di geol. all’? università ta Oxford. Un vol.in 4.di p. 31y, con 27 rami. Lundra, 1823, Murray. 164 ha: proposto un premio di franchi duemila per la'scopertaf, d'una presurò per la ‘preparazione del formaggio, lai quale. essendo priva di cattivi sapori,sia nel tempo stesso facile ado=. sarsi; di poco prezzo; ed atta alla conservazione del. formaggio: Il dot. Gales ha ‘inviato a Parigi una ‘varietà di caffè. detto di Eden o del Paradiso terreste, che si coltiva nell’iso=; la di Bourbon. Il suo seme è molto piccolo: e rotondo come, quello del pepe comune, ha ùn solco in mezzo , è grato al gusto , e ‘cresce a preferenza nelle alture piutrostochè! nei, luoghi bassi ed umidi, .. 199 E stato trovato che il frutto dell'idea vbmiconniliaa preparato come quello del castagno comune:; ‘è buono al gusto. Questa proprietà. dovrebbe fare estendere: la coltura. di quest’ arbusto , che moltiplica facilmente per ogni mezzo, e.che può prosperare anche nei climi freddi. Estratto di lettera>sul verme che danneggia le olive. — Poichè siamo sul particolar di. Oneglia ; ‘(paese ‘pieno di, olivi; farò un’osservazione sulla lettera: del sig. marchese, Ridolfi; ‘nel tempo stesso ‘che faccio plauso. all’amorevo- lezza de’ suoi consigli. (1) — Nella riviera di Genova le oli. ve sono facilmente attaccate dalle due: specie di vermi dei quali parla il sig. Ridolfi; però meno da. quello rinchiuso, nel nocciolo, che:dall’altro che nasce nella polpa, la rode, prende. forma ‘di crisalide, poi di.\una piccola: mosca al- quanto bella ; la ‘quale. pungendo altre olive;; vi «lascia il, seme di; .un‘nuovo verme, In alcuni anni; fino. a,trei ge nerazioni si:succedono dal mese .di luglio ‘all’.epoca.in cui. , cade il frutto, e non se ne possono impedire d progressiafale (1) Ved. pag. A. ‘127. del presente volamé.®)! Li (2) Concorro nell’ opinione ‘che’ non’ si ‘possatid impedire li? progressi del verme che attacca la polpa delle olive; ma*son più che mai. persuaso che. possa frenarsi; 0 ‘molto, diminuire, la pro+ pagnzione di quello che attacca il nocciolo, imperocchè i frutti, così attaccati. cadono tutti senza eccezione di un solo alla prima, pioggia abbondante che segue l’ aridità estiva , tempo in qui s0,, lamente restano forate le olive. Di questa necessaria caduta, è manifesta la cagione a tutti coloro, che riflettono alle alterazioni che dalla puntura risente l'attaccatura del picciolo. col frutto. Nota del March, Cosimo Ridolfi. 165 petchè le.olive, stesse, che ‘ne sono lese rimangono sull; als bero: accanto..a quelle che non lo sono, e insetto vola liberamente dalle une alle altre. Il frutto poi viemraccolto a misura: che il terreno. se ne trova. carico ,, e.dà ancora dell’olio) ma; ‘cattivo; e in quantità molto minore. ..| bitter pay id] i b odta dI va*RH inabiititali, ci salice e novità utili e speciosel, jou Fiavi)processi utili dei quali le arti industriali si. sono recentemente arricchite , citeremo quello per cui si.temperas no gli strumenti d'acciaio immersendoli in bagni metallici, dei quali si domina assai meglia il. calore chè non. del. fuoco libero ,;:quello per il quale il cuoio ed. i lavori fatti con esso si.preservano dalla muffa; alla quale sono tanto soggetti, col l’uso dell’ acido pirolegnoso 0, del liquore ottenuto, dalla distillazione del legno. ;«e l’altro.per.cui.spalmati prima due eguali pezzi di panno.col bitume che produce la;termolam= pada , e quindi ‘attaccati insieme per le superficie così spal mate , si forma un |sol panno veramente pren 005 l’acqua. Job Per ultime la frode e gl’inconvenienti che ipsao de rivano; dalla distruttibilità dell’ inchiostro comune, sulle cambiali , biglietti di banca , ed altri. valori commerciali, il sig: Robson propone d’ introdurre nella pasta della. carta un «colore vegetabile che sia facilmente, alterato o distrutto dagli. agenti. capaci di distruggere l’inchiostro ; ovvero di. stampare ‘con un tal colore. sopra.i biglietti, ..cambiali;.ec. alcùni disegni o «cifre. Il sig. Bréton ha riconosciuto che , quell’ alterazione cui.talora va.soggetto,.il vino, e che presso. di, moi vien ‘espressa condire.che il. vino ha girato, che fila, che. ha preso. il: marcio», consiste nella produzione d’una, certa quantità di'sotocarbonato di potassa formatosi a spese del tartaro e della materia colorante. Però Pari a ristabilirlo con versarvi per ogni ettolitro una mezz’ oncia di ‘acido’ tartarico sciolto prima in sufficiente quantità dello stesso vino. Per questo semplice mezzo , il vino , per quauto af- 166 ferma il sig. ‘Bréton, riprende il suo ‘colore e‘ sapor natu- rale”, se ne sprigiona l acido carbonico., ed: il sopratartra» to si deposita in fondo al vaso. È ‘degidetabite’ ‘che’ ‘nostri proprietari ed altri facciano all’ occasione espérimento ' ‘di questo semplicissimo rimedio , il quale potrebbe benissimo riuscire; efficace, sebbene a noi sembri che la spie; azione data..dell’ alterazione. e del. ristabilimento seg Nati lho sia molto, sodisfaciente. fog ist «Per rendere regolare una strada di ditta Yorelky una casa segnata di N.° 85 doveva 0 demolirsi , o portarsi! ‘in dietro; per un tratto di piedi 21 ?/a . La' casa è composta di tre piani, ha 25 piedi di larghezza misurata orizzontalmente sulla facciata, e 45 di profondità; è tutta fatta "di ‘mattoni , coperta. d’ardesia o lavagna, e calcolata del pesi diYo60 quintali. PE Il sig. Simeone Brown che aveva ‘già eseguito il''trà- sporto di più case, senza rimuoverne o gli abitanti, o i mobili; 0 cosa alcuna , ha intrapreso ed: eseguito il'tra- sporto anche di questa. Sottopostale prima una proporzio- nata intelaiatura., fu fatta muovere per mezzo di tre viti parallele fra loro , disposte perpendicolarmente alla facciata, e ciascuna delle quali era fatta muovere da due o' tre ‘uo- mini, Era (stata riguardata come la parte più difficile del- l'operazione il bisogno di alzarla. prima due piedi” sépra' il livello dei suoi fondamenti, lo che si.era operato per 1 l'azio- ne.di sole due viti poste al di sotto. Nel primo Homo la casa percorse 16,; piedi, senza che apparisse” ‘alcuna’ surà. o altro minimo danno. Questa notizia sembra altre stata. trasmessa in Europa quello stesso giorno, poichè! vi si dice che nel seguente doveva la casa percorrérè gli Altri piedi 5a , lo che deve presumersi essere’ stato‘ eseguito con eguale facilità. In fatti tanta era la sicurezza non'sblo, dell’intraprendente, ma anche del padrone della ‘casà', éhe invitate: nel primo giorno. circa 150 persone} le trattò di Jauta (colazione, eseguita nel tempo che la casa camini nava. La. spesa del, trasporto ammontò a "fs del valore della. casa. 167 dpi port: ili geografiche», e viaggi scirmtifici, SOI agorrda tate kot stico iRitomno. del sige sl da un viaggio ‘in TATA — Seno sei,anni.che il sig. . Bask prof. dell’ università di Coppéna- “ghen intraprese, un viaggio in Asia all’ oggetto‘ di’ tintrac- «giare, le:relazioni. che esistono o hanno esistito fra le lingue «dell’ India, e ‘della Persia da un lato, e quelle delle nazio. ni gotiche e germaniche dall’ altro. Dopo aver traversatò:la Svezia e-la Russia, egli si è fermato a Teflis nella Geor- «gia, ha. fatto molte escursioni in Persia , si è ‘portato da :Bassora,.a. Calcutta, «e quindi ha percorso l’ Indostanin’va- sgie. direzioni, Si può ‘aspettar da lui un’ opera di molta dot- È txina., Tornando, egli ha eg tato seco un gran numero di < ,manosctitti, in, ssamscrittico , in zend, in bengali' ed in'per- siano, Egli ha fatto delle ricerche sullo scritto dali} come anche sul cuneiforme di Babilonia e di Persepoli. #0) o Spedizione scientifica ordinata del ‘governo iniolese per fare delle osservazioni intorno al pendolo. — Il governo] di Madras alle Indie orientali ha inviato’ una “spedizione. per determinare la lunghezza del pendolo ‘all’equatore.-Questa «spedizione era arrivata il 20 aprile 1822'a Bencoulencon tutti, i suoi strumenti. Il governatore di Madras aveva mes- [80 subite a sua disposizione una nave: che doveva traspor- ri tarla, sotto. la ‘linea, insieme cogli ‘artefici ed «i materiali Mecessarii, Non si conosceva ancora-il'‘risultato' di questa o spedizione , allorchè. nel mese di maggio ultimo il capitano Sabine faceva. vela dal nord per fare ‘lina serie ‘d’ osserva- esZioni, 801 1 moto, “del pendolo nelle alte' latitudini «ded mari iy polari. Il bastimento che lo conduceva! éra''arrivato al) capo i mord al «Principio “di giugno; di là doveva ‘portarsi; ‘allo o1pitzberg,. seconda. stazione indicata per le ‘osservazioni , [ed in seguito far, ‘vela per le coste òrientali della Groen- ssilandia, e doveva risalire verso il'nord ‘tanto lungi quanto dh i ghiacci permanenti lo permetterebbero. Il capitano Sabine | 6 aspettato i in Inghilterra da un momento all’altro): suole Viaggio scientifico nel nord dell’ Europa.—IUl sig.Zet- terstedt , professore di botanica all’ università*di bxmden in dro » ha intrapreso nel 1821 un viaggio risalendoil > II SOT 168 fiume Tomea | alrcapo nord «è nella diapponia. Egli ha. più! inviato all’ università. una collezione!ragguardevole d’og+, getti di storia! naturale. Egli si propone: di-pubblicare.il suo, viaggio , ed un Prodromus faunae insectorum Liap ponine. SE | [Nuovo viaggio del sig. Sieber.—Ilsig,Sieber.già co- noscilto ‘per un viaggio in Siria ed in Egitto); sempre sim tento ‘ad estendere ‘il; dominio della botanical; èpartito alla fime d’agosto per l’ isola di Francia é per» l’isola di. Borbo= ne) odonde Ba intenzione’ di passare a Madagascari; a/Cey= hab: ‘allé Molucche, ed alla Nuova Olanda."Un'tal.viàggio Fatto Mu! ‘tomo! comiéLil ba Sieber prolisaità ‘molto! alla Scienza . i SVISrp ib or Grande oceano. — L’ anitaglio Krusenstern:; celebre per'il suo viaggio intorno: al morido.,).si occupa in questo iromento a Pietroburgo della pubblicazione d’ un! atlante del grande oceano , ‘che «sarà» composto» di ‘34 (carte rdella maggior ‘dimensione ,disegniatè ed.incdiseisotto; la sug dire- zione, e’ scritte in filiena Quest’ opera! ‘importante; | ‘che mancavala tutti li navigatori, farà sicuramente epoca negli annali della marinase della. geografia , ed il’nome del sig. di Krusenstern' è PT ARA molto |favorevole raccomane dazione . DELE, Db Mentre: si eseguisce questo. bel levalò sulle rive della Neva, il'sig. Dupissdy comandante la corvetta francese Za Conchiglia fa sul grande oceano! un viaggio di scopette \endi osservazioni scientifiche. Secondo i rapporti da lui trasmessi al ministro della ‘marina iù Francia; egli aveva passato:il:0a> porHorn il primo. di gennaio 1823. Eglicèra arrivato alla Concezione”, donde doveva partire pervle;isole della Società. Diversi naturalisti fanno parte di questa spedizione. aut rd :È ‘qualche tempo'iche da Pietroburgo si ebbe notizia come il capitano: russo. Kotzbue , che dj il sig. Krusen» sterniaveva diretto un viaggio di scoperte intorno. al mondo, doveva. lintraprenderne. uno nuovo-a spese dell governo russo; Sappiamo adesso che egli è partito il dì 9 ‘agosto ultimo sull’ /rtrapresa: Questo vascello porta:24 cannoni, 130tufficiali,; é.80-marinari scelti. I sigg. Greiss astronomo, Lintz mineralogo, edoHoffman fisico i membri dell’'univer- ì - Sica n gl SO n n 1 n e TTT sità di Dorpaty fanno parte della spedizione. Alcuni; giovani delle» famiglie più» distinte vi sono come: volontarii..-La:spe- dizione ha per oggetto LARIO RE dI delle scien- ze geografiche, sunvinin. i ‘di "00 Ricognizione «delle coste dell Africa superiore: bra ca pitano Smith'inglese:, ‘la corrispondenza» del quale;il sig: barone di Zach» ha: regolarmente “riportata nella sua cors rispondenza ‘ ‘astronomica e geografica; ha-finito di [rico= noseere la:‘costa \d’'Affrica da: Alessandria ‘a Gerba sopra una linea»di 1300 miglia. La precisione con cui egli ha de4 terminato le latitudinivé le longitudini sututti i punti più interessanti di questa costa, quasi incognita fin qui e così temuta dai naviganti ,ucome. anché «su ‘quegli delle'visole adiacenti, ci persuade.che'la! pubblicazione dei lavori. di quiesto» bravo ufficiale ‘di ‘:marinià sarà un dono preziosoragli amanti ‘delle: scienze geografiche e nautiche.» ha vu INuovo viaggio»del sig. Belzoni in Affrica.— Abbiamo a suo: tempo: ‘fatto ‘conoscere ai nostri! lettori i : viaggi di quest’ intrepido ‘italiano , e la relazione che ine fu cutidia cata a Londra in inglese. Dopo aver-soggiornato! a Londra eda Pavigi, il sig. Belzoni ha voluto: intraprendere. vin nuovo viaggio assai più importante di quello da lui fatto in' Nubia con tanto. successo. Non si ‘tratta di niente meno che di penetrare fino ‘alla città di Tombuctou., ‘oggetto di tanti ‘altri viaggi disgraziati, evdi tante ricerche. | ‘Ecco ‘in qual: ‘modo si esprimeva su tal: proposito. .il ilulliica ‘dei; viaggi del mese.di luglio ultimo. plix cc da: grande; intrapresa di.traversare le ‘parti incognite dellAffrica settentrionale fra Tombuctouw le la Nubia; sem> bra finalmente devoluta. ad un uomo capace di riuscirvi i Questo nuovoiviaggiatore è il.sig. Belzoni. Lia! forza! stra- ordinaria di cui da/natura ha dotato quest’ Ercole italiano, la \sua imponente-’statura , la-sua ‘fisonomia ; nobile: ed | interessante, il:suo temperamento: adattato» al: modo; di vvi+ vere degli ‘arabi; tutti questi vantaggi: fisici son; riùniti:ad un gran coraggio; e\ad-una rara presenza. di.spitito. Niuho era più idoneo ad'intraprendere questo: pericoloso viaggio». + «00 ierIl'isig. Belzoni scriveva da Fez; nell’ impero di Ma- 179 rocco ;|che.il;sovrano; di questo . paese,.gli. aveva, perimesso di unirsi; alla caravana.. dei negozianti. maroechini;.la. quale era sul pinta; di. partire per Tombuetow, id 8ig. Belzoni non ha nè domandato nè accettato alcun appoggio. Egli. sì affida, unicamente ai.suoi mezzi personali y;Lar;sua moglie; che è inglese,.,.lo ha seguitato fino a Feziy; edi egli, hat gite tenuto .-da, lei. con. gran fatica. che rinunziasse - 3 i ,gegnia tarlo, più lungi. Ella aspetterà a: Fez.una lettera) del siga Belzoni, che pi» annunzierà il suo arrivo,,a,.Tafiletyseittà situata .su.i confini del gran deserto alla «distanza;.di] 340 iniglia; al sud da Fez ie .che sembra, essere ili spunto i di partenza, della caravana. Ricevuta, questa» lettera, ila sig. Belzoni ritornerà. a Londra.;JIl piano) del sig. Belzoni edi dirigersi. da Tombuctou direttamente a, levante; sopra Sens nar, 0 Jin battello;, se.il Niger.continua, in questa dires. zione; 0 .per terra acernitaadii e. forse anche, formando egli stesso una caravana. Da Sennar egli passerà .in Egitto, oye è.sicuro id’esser ben ‘ricevuto da. quel pacha. suo, spice protettore,» ifar dr af) Ma posteriormente: pila tutsticalaziok sopra init sia» mo, informati che gl’ intrighi di alcuni ebrei, gelosi hanno fatto sì che, fosse ritirata; la. permissione accordata ; al, sigy Belzoni, dall’ imperatore di, Marocco,:.eglir si, era. portato a Mogodori.per. fare mn isecondo ; tentativo ,;ed.,era.. deciso, a tentare tutte le strade per. penetrare ;;a qualunque P9Sba nel. Soudan, e compire, l'oggetto: del,suo. viaggio. os igine® Viaggio del sig. Ruppell. —-Questo, viaggiatore dntes ressante -persevera nella, sua, intrapresa dns ua, anado, degno d'attenzione (ved. Antolog. vol. IX.. È: pag: 188). La sua corrispondenza. astronomica e geografica, col sig:[ barone, di Zach acquista ogni giorno maggiore. interesse. Il. 18.giugno ultimo egli scriveva da. Dongola., in Nubia;, (ove. mon..era giunto se.non dopo. aver. corso. qualche . pericolo , ed. ove egli avea dovuto trattenersi dal mese di maxrzo;in,poi,;Cons irariato. dai» movimenti d’ un’ armata «egiziana; spedita dal pachiacal. sud, delle eateratte del. Nilo., e da molte altre; cite costanze; disgustose,; egli. era stato elibligane: «di. rinunziare al suo primo piano, e ‘di, andare ‘errando, alla ventura, son 131 le'sue proprie èspressioni ; ma non perdendo | ‘maì di vista il'‘suo fine scientifico , pieno di coraggio e d’‘energia:; an che-helle più' difficili posizioni , egli continua le; sue os servazioni:;: che"trovano'il loro posto nell’ eccellente rac+ colta del suo Amico di Genova. Il sig. Ruppel- non è sol» tinto geografo edvastronomo ; egli coltiva ancora la zoologia e'la ‘mineralogia ; e'diverse spedizioni fatte da luie ‘desti- nate in'dono ‘al museo di Franefort sua, patria , son già attivate ‘è Livotno. ni Li Ohe Hsigy'Rappel non è il solo viaggiatore tedesco‘, di cui l'attività si eserciti in mezzo: ai deserti de ll’ Affrica. I sisà. Ehremberg e *Hempsich ; naturalisti prussiani che viag- giaro: egualmente in Egitto , si ‘accingono a nuove: intra- prese, profittando dei soccorsi che il loro sovrano ha inviati loto. Eglino percorteranno 1° Arabia; la Nubia, ed il Sen- ilar. Già hanno ‘spedito a Berlino 30 casse d’ oggetti di pigra naturale. ‘Pubblicazione prossima dei viaggi del sig. Chillaud. —_ Mentre i viaggiatori intrepidi dei quali abbiamo parlato 8’insinuano nell'interno ‘dell’ Affrica , quelli che ne sono fitornati ‘si occupano della pubblicazione ‘dei loro viaggi. In'Inghilterra han visto la luce più opere di questo genere. N sig. Caillaud' francese, di ‘cui’ qualche volta abbiamo fivuto 6ccasione di. parlare ai nostri lettori!; pubblicherà il sud’ viaggio pet'le stampe dei sigg. Treuttel e Wiirtz di Parigi sottò ‘il ségtiente titolo» Voyage @ Méroé, a fleuve blanc ; au ‘delà' de''Fazogl, dansle midi du royaume de Setintr )'a'Syonah!, ‘et dans cing' autres Oasis} par FrrD. Cirirhub'de Naates—3. vol. 4.°, et'un.atlas de 140 plan- ches'ini folio. Sembra che quest’ opera debba essere molto interessante, €; ‘Come: s’esprimono: i giornali francesi , può €ssere risuardatà come un supplemento necessario alla gran de‘opera sull’Egitto; ‘che ora si ristampa dai medesimi: sigg: Treuttel e Wiirtz, | î bb ‘Esposizione delle operazioni trigonometriche ed astrono- | miche per le qualî sono state determinate le posizioni e le ‘al tezze' dei principali punti eminenti di monti! Himalaja }:si> iati fra le latitudini 31° 53%. 10”. e 30°. ‘184/80! N, 173 e le longitudini.79°. 34.4". e 1790. -57',22,Est,, merix diano di, Greenwich ; dal. capitano L.. sd, Hogdsen e;dal tenente “Herbeert s ‘ufficiali. dell’ armata inglese. nell’ ‘India. Ricerche. ‘asiatiche f Caleytia 1822. ce. Non è gran, ‘tempo s» ‘che si riguardavano. come favolose o come molto! esage- 3 rate le altezze attribuite da alcuni viaggiatori. (ar, molte >», eminenze della catena che porta nell’ India il nome;d’'Hi- bi malaja , sed in cui si trovano le sorgenti di quattro gran- ti fiumi , il Gange, la Iumma , la Tonse e la. Seslei. i} Non si, può portare il barometro. sopta,. queste. sommità, ,, Che sono inaccessibili ; non restano, per misurarle ‘che. i. " processi geometrici ; e Pi impiego di questi esige. ‘tempo, sv ‘pazienza , cognizioni speciali, buoni strumenti ,. e circo», » stanze favorevoli , condizioni la riunione delle , quali, è a ‘Holto rara. Essa si è è presentata nelle operazioni delle. Pi quali imprendiamo a render conto. La memoria che -ne % , contiene le particolarità occupa più di. 180 ‘pagine «in, Ù foglio nel volume delle transazioni della società del.Ben- 39 Tg ‘che abbiamo sotto gli occhi ». Così gli ‘estensori della Biblioteca universale ci annunziano questa operazione importante , sulle particolarità della quale.si trattengono assai, e della quale noi ci limitiano ad indicare i risulta. menti , i quali sono ce esposti in un, quadro generale che s, comprende in 18 pagine in foglio le latitudini, longitu-. s» dini, ed altezze sul livello del mare di 200 sommità 5 principali e stazioni nei monti Himalaja, determinate da. s maggior parte nei limiti di due secondi soltanto d’in $ certezza per tutte le stazioni importanti sed in quelli di, sv secondi per quelle che lo erano meno », Secondo questo quadro la sommità chiamata pata si solleva. all’ altezza di 25749 piedi inglesi sopra il livello, del mare, ed è per quanto sappiamo il punto più elevato. del Hue intero . bug , La biblioteca universale finisce il suo atta con ques, ste giudiziose riflessioni, « Grazie al lavoro di cui abbiamo. », Té50 conto compendiosamente , la geografia ed anche la, Ri topografia . d’ una delle regioni dell’ India più degne d’at= », tenzione, e fin qui meno conosciute , sono oggi meglio IS] » » 3 193: , stibilite ‘che’ ‘quelle di più contrade d’ Europa ole quali Li vantano i progressi’ ‘della loro civilizzazione, Militari ata +; ‘ivi ed' aserait non possono , a parer nostro, fare un uso , più bello e più utile ‘dei loro mezzi ‘e del Rei tempo ’, ’nélla‘pace , ‘che consacrandoli a lavori del genere di > quelli che” ‘abbiamo fatto conoscere ; lavori chel danno ai ; Toro ‘Autori ‘i “diritti più legittimi alla considerazione ed » alla riconoscenza dei geometri di tutti i paesi ». lenovo manoscritto di Marco Polo. — Le ricerche. in- traprese ‘dai membri della società di geografia di Parigi per dna muova ‘edizione’ di Marco ‘Polo, hanno prodotto la sco- pertà di un ‘manoscritto incognito della relazione di questo viaggiatore, che ‘esiste nella libreria dell’ arsenale. I sigg. Barbiet du Bocage e Boun” si vote dell’ esarhe dì, que- sto O’ iarioseritto. ; i ‘Società' di geografia di Parigi. — Le. seo di questa sbcietà' ed'i suoi lavori nascenti acquistanò ogni giorno: mnaggior importanza. Noi abbiamo sotto gli edi; i ‘processi verbali delle sedute della commissione centrale nei mesi di Itiglio 4 ‘agosto , ‘e settembre ultimi. Lo zelo e le offerte dei suoi membri ; l’aunientato numero di | questi sì ‘nazionali che’ stranieri , ; la protezione illuminata | e Ud incoraggiamento dél'‘soverno e dei ‘suoi ministri , tutto concorrevad assicu= ski il successo. A OgI97 < iii '& ‘avinta” occasione di parlare. ai nostri! Iottori del- i intenzione di questa” società di fare vina nuova edizione di' Marco Polo sopra un ‘manoseritto che’ ésiste nella bi liotéca ‘delie It sig: Tangle nella seduta del 5° settembré ha ‘domaridato alla’ commissioti centrale’ se’ il manoscritto di''Mitco Polo. deve’ essere ‘stampato ‘coll’orto&rafia dell’ori= ginale. si TI Sig presidente ha ritlotto ‘Ta discussione a que sto ' dol puntò: :' bisogna egli ‘ conservare 1 ortografia varia: bile dell’ originale) o si ‘deve egli: sceglierne una Ya segui> — tarsi”frà più, ortografie” dello stesso! ‘manoscritto ? Egli, ha tetmiimato | con proporte che ‘prima d'ogni CONI pi ‘sigg: Rit“ Meon siano’ incaricati’ di! EPUSFRERA intorno alla maniera di distinguere le ortografie che devong! essere. con» 1974 servate testrialmente, «e quelle che possano; essere sngttifica». te; ela sùa proposizione» è stata adottata. . bpi . Ritorno del. cap. Parry in Europa. Enokeri: iste nopveduto: alla pag. B..16. del XI. vol..idell’ Antologia i. motivi che confortavano a non disperare» del ritorno.idi» questo: celebre navigatore. In. fattì noi possiamo, ora» an nunziar loro il di lui arrivo in Inghilterra Ecco! vciò itche) che ne dicono giornali inglesi... do oteot oxee Il capit. Parry.che comandavala spedinione. del» nord? ovest è arrivato questa mattina all’. ammiragliatoa! Egli è; prima sbarcato a Whitty, ‘donde i suoi bastimenti(; la! Furia e 1’.Ecla, hanno fatto, vela. persil Tamigi.) Ibrcapit.: Parry non!ha scoperto .il.famoso passaggio del nord-oyèst. | Nel 1821 la sua spedizione. ha esplorato la baia del'rifiutos! la. Benvenuta di sir Tommaso ‘Roe:;-e lo stretto; glaciale di Middleton.edi. contorni, e non lenvte lai passaggio nè. al,nord nè.all’ovest, ha svernato nella» baia: meridionale. d’ un'isola chiamata isola dell’ inverno, a 66 gradi 1r:mi+ nuti di latitudine, e 83 gradi di Winiitaliba ». c.Nel 1822 la spedizione, guidata ed incoraggiata, dalla notizie ricevute nell’inverno cia un distaccamento di esqui= mesi che. aveva! stabilito ‘con ‘essa alcune relazioni, conti nuò il suo. cammino verso il nord. Ella esplorò tutte le aperture verso l’ovest, fino al suo arrivo in uno! stretto che separa la costa ia dell’ America da;ciò che il capit. Parry riguarda come. ‘il gruppo, d' isole che ;si stendono fino. al nord verso il luogo ;ove, egli. penetrò» ul l’occasione del suo primo viaggio. Essendo, così riuscito al capit. Parry di determinare il limite. settentrionale .del cons tinente, si avanzò ‘verso l’ ovest colla speranza ‘che doves- se riuscirgli di condurre a compimento la sua intrapresa ; “mà in una parte angusta dello stretto egli trovò del ighiac» cio aderente in un modo particolare, e che indica. esser perpetuo e non distaccarsi in veruna stagione nè in veru» na circostanza. Però la spedizione fu obbligata di svernare. a 69 gradi e 20 minuti di latitudine, e.a gradi 81 minuti 90, di longitudine », I 175 \fteNel.corso dell’*estate di quest’ anno; vedendò che il ghiaccio restava attaccato alle coste in modo «da togliere ogni:/sperariza di fare alcun progresso da questa. parte , il capit, Parry. giudicò conveniente abbandonare | Mara eilritornare; in Inghilterra ». «nia cela spedizione non ha perduto, de cinque. Piriei SPS quali quattro/per.malattia ed uno perraccidente n, ii Tosto che ci pervengano altre ‘particolarità ci affret» teremo!-A «farle reonoscere . Del. resto , benchè 1’ oggetto | pîinbipale della spedizione non. siasi potuto ottenere, pure lalrelazione del capiti Parry. non sarà per questo "meno interessante , mè quest»intrepido navigatore è meno» degno' dell-.ammirazione ‘di tutti gli uomini capaci d’ apprezZnre laonaturà. dell’ dattapmesa chesegli dirigeva. aloiTermineremo. quest’ articolo coù un elenco d’ alcune opere interessanti le.scienze geografiche, la pubblicazione delle. quali. è stata «Annunziata spatsto il pipe st idi» pia st'anno. © 00) pi DALÌ \ di i giù i Promistade aqutour du sia riarilane les annéés’ 16%) | à 1820. sur les corvettes ‘du' roi \de France l° Uranie et.la Phy- sicienne,! commandeées par ‘M. de Freycinet; par. M.. I. Arago dessinateur' de V expédition’: 2. vol. 8. et un atlas in f. de 25 r pi. Paris ‘chez Garnot, prezzo franchi 35. n sig. ‘Arago è è fratello del membro dell accademia delle stiehze di questo ‘nome. Sotto il modesto titolo di' promenade i à ‘dato un’ operà singolarmente curiosa ed''iriteressante in riguardo alle’ stienze 7 lle arti, ed'ai costumi delle nazioni: Abbiamo! ‘teso conto‘del viaggio del ‘sig; Freyciliet ig pic IT pago 142. dell’ Antologia. \oZoyage- en. Turomanie et è Kheva, fait en 'i8ig et ‘1820 par M,. Mouraview, Capitàine d’ état major au service de ‘Russie, contenant le journal de son voyage , le récit de ta! ‘mission dont ‘il étoit chargé, la relation de’ sa captivite dahs' ta 'Khioie, la description ‘géographique et’ Wistbrique du pays: _'traduit'da risse -en° francais, vec figares et ‘càrtes. Paris, 1823. "un vol. &'chéz ‘Tenré. fr!” 7. 50 ina ‘Questo viaggio è ‘tanto più interessante, quanto. ci “procra’ tua Inotizie certe intorno ad un paese fin qui quasi incogni- to . È stato rivisto dai sigg, Egyries. e Klaproth , E * la quale accresce da fiducia, che l’opera stessa ispira. Voyage dans le Tyrol ct une partie de. la Bavière, par M. Marcel dè Sertes, ancien inspecteur des’ arts et des mani factures.a, vol. 8. fig: ‘Paris, 1823. Nepveu. PABZENAIA?. Questo viaggio è principalmente consatitàtò ‘a asi “delle notizie intorno allà geologia, alle produzioni veturali; ai dotti d’ ogni genere , peso e: gene scientifici” n Baviera e del Tirolo.. | Lo sog sd Histoire ‘et description dès' Isles ielitiivesi Hlapiiià ea ie fabuleux jusqu’ à ce jour; , par, le Colonel. WI de'S: Pins cent — un vol. 8. avec atlas. Paris 1823. chez. D rondeg De prés, fr. 25. SASA Daremo notizia di questo) opera . riguardinte ual'icattà è con cui i porti d' Italia ‘hanno tahte relazioni, “@ che altroiae è interessantissimo osservare nel momento attuale. dl: asa hmana sit Essai statistique’sur Te royaume de Portiigal'et des Algar- ves ;icomparé ‘aux autres ‘états de l’ Europe, èr'suivi d'in’éoup d’ oeil ‘sur, V état'actuel des sciences, des lettres (cb des ‘be aqua arts parmi les portugais des deux hémisphères; par Aù. Balbi, ancien professeur de prrgripà 2. vol. 8. SO chez Rey et Gravier.. Fr. 16, | Il compendio di geografia del nostro RETI, Balbi lo aveva già fatto conoscere come geografo e statistico : il lavoro, che egli. presenta ora al pubblico è tanto più; degno, d’ atten- zione, quanto ci dà le particolarità più interessanti intorno , 2 quella fra le contrade civilizzate dell’ Europa che, ‘era. fin qui la meno conosciuta . Una riunione , rara di circostanze favore- voli. ha permesso al sig, Balbi. di ‘attingere alle migliori sor- genti; e di fare uso di documenti ‘ autentici în. un: paese ‘ove la: pubblicità non era di moda, Sotto. il titolo di saggio., egli ha fatto un libro che contiene i resultati d’ immense ricerche, un’ opera quasi compa, L’accoglienza che ha ricevuto a Pa- rigi dai dotti più distinti , e gli “alioi che ne hanno, fatto i giornali basterebbero , quando anche i0 autore non fosse nostro compatriotto, per impegnarci.a dar ragguaglio della sua: opera con, particolar premura. Lo faremo colla maggior sollecitudine, Guide du voyageur en Espagne, par M. Bory de S. Vin- cent + Un gros voluine de 666. P98: 8. Paris 1823, chez Janesz fr, 12. avec une carte . Il sig. Bory de S. Vincent ha percorsa la Spagna per più ' servare i costumi e gli abitanti di Candia, e la sua narrazio» stag anni mon solo come, militare, ma come dotto osservatore degli uomini e delle, cose, La sua opera contiene intorno alla geo- grafia fisica della penisola un capitolo veramente. nuovo. Le circostanze infelici nelle quali è avvolto questo paese ‘hanno dato occasione alla. comparsa di molti itinerarii, descrizioni, ec. Sembra che la guida del sig. Bory de S. Vincent abbia riunito i suffragi del pubblico. i Voyage pittoresque autour du monde, offrant des portraits de ‘sauvages d’ Amérique , d’ Aste , d' Afrique , ct «des isles du. grand ocgan ; leurs. armes, habillemens , parures , usten - siles;; canots , pinogues., maisons ; danses et divertissemens , mu- sique et instrumens de musique, des paysages et desvues ma- ritimes ; plusieurs objets d’ histoire naturelle accompagnes de descriptions, par M. le baron Cuvier , et de crénes hunsains accompagnés d' observations, par M. le «doct. Gall. Le tout dessiné par L. Cutoris, peintre dans le voyage fait en 1815. 16. 17. 18. sur le brick le Rurick commandé par M. Kotzebue, licutenant de la marine imp. de Russie, et armé aux fraix du Comte de Romanzoff, chancelier d’ stat. 22. livraison in fo- lio ,, chacune de, 5. planches. litogr. avec un teste explicatif. Prix de la livraison en noir fr. 7. 50 — colorié fr. 15, imp: .de Didot, Paris 1823. Questa opera come quella del sig. Arago merita un posto | nella biblioteca dei ricchi amatori. Ella è un monumento inal- zato alla munificenza d’ un uomo (il sig. Gonte di Romanzoff) , che consacra così nobilmente una gran parte delle sue rendi- te ai progressi delle scienze. Solo egli protegge o assume in traprese per le quali altrove la scienza ha più d’una volta invocato in vano il soccorso dei governi. Il sig. di Romanzoff offre un bell’esempio da seguitarsi: altronde egli è benemerito dell’ umanità per, molti altri titoli. Si vedono con piacere, in tali mani abbondare le ricchezze. i I xi Reise nachder insel Kreta ec. Viaggio all’ isola di Creta; nell'arcipelago della Grecia, fatte nel 1817 dal sig. StERER, mem- bro dell'accademia :di Monaco, Vol. in 8. contavole e carta . Lipsia 1822. Londra, in inglese 1823. Il sig. Sieber è naturalista, ed il suo viaggio aveva. pe» oggetto la storia naturale; ma egli non ha trascurato d’ os- Me acquista un maggiore interesse ora che una lotta atroce yi IT. XI. Novembre 12 178. si è impegnata fra gl’ infelici greci ed i: loro feroci. domina- tori. Quest’ opera importante merita di passare nella’ nostra . lingua. Tutto cio che riguarda la Grecia è degno della nostra attenzione . Carte d’ Italie en une feuille, par Lapie — è Paris, chez Basset. prix f. 5. ‘Questa carta viene annunziata come, la più, perfetta che si. sia. veduta dell’ Italia. Il nome del sig. Lapie giustifica que- st elogio. : i Prg ta Carte «topographique de l archipel toscan, ou pri di gelo d'Elbe et, des isles adjacentes è l’ichelle de 1Yso00a — une feuille, prix. fr..15, Paris chez Picquet. ot Questa carta , incisa al deposito della; guerra, per servi= | re. di modello di topografia ,, è d’ un’ esecuzione perfetta quan-. to..al disegno; e deve anche essere esatta, poichè ingegneri a- hili, hanno avuto l’ agio d’ occuparsene mentre, l’ isola , d’ Elba »ie A ri parte dell impero {ranoese «Del. resto, abbiamo fra noi i padre Anghirami, che. sarà, presto nel.caso.d’ esaminarla quan-. do i,suoi lavori per la .carta generale del, Granducato di. To- scana, lo impegneranno ad occuparsi di questo, punto interes- sante. jr Carte generale de la chaîne des alpes ; contenant agitate le Italie silà Suisse 0] et. l’ Alemagne meridionale, dréssée, pour I°. intelligence de 1’ histoire des guerres de la révolution , par le général Jomini, 4. feuilles prix fr. 24. — chez Anselim et Pochard, I giornali ne_parlano con elogio. A raccomandarla di più basta dire essere stata incisa da Orgiazzi . Lar Carte géner I iTles; cip FRA alicrae de la Turquie d’ Europe ,.en 15 feuilles} Agg i ériaux rassemblés au depot de la guerre par le subi ig ette carte paroitra en 5, livraisons de, 3 feuil- es: le. prix de chaque livraison est de 15, fi i : IF, — | i Paris chez Dopo dl Anville non era:stato pubblicato alcun lavoro ;so- disfacente intorno a questa contrada , che le circostanze attuali rendono sempre più interessante. Gli elementi conosciuti di questo lavoro importante sono tali da ispirare al pubblico molti fiducia + 4; È GIUSEPPE GAZZENI, P. S. L’estensore di questo bullettino , avgudo piter nuto il risultato annunziato dal prof. Dobereiner, cioè l’ine Lo pe . g î i fuocamento del platino spongioso esposto ad un getto di gas idrogene 5 risultamento che non avevano ottenuto nè due ‘ membri della società di fisica e storia naturale di Ginevra, | nè il sig. march. Ridolfi , si propone di concerto con que= ‘ st’ ultimo d’ investigare da quali condizioni dipenda il suc» | o il non successo di questa curiosa ed interessante | cesso 179 ubi BULLETTINO BIBLIOGRAFICO, ANNESSO ALL’ANTOLOGIA ... ..},,) _N. I. Novembre 1823. dii Le frequenti richieste che mi vengono fatte d’ inserire nek l'Antologia degli annunzi tipografici, bibliografici, ec. met. tendomi nell’ impossibilità di sodisfare a tutte senza oltrepassare di troppo il numero dei fogli di stampa prefissomi , mi .ve- dò hella ‘necessità di dichiarare che tali inserzioni non potran- nò' più trovarvi ‘luogo, se non mì viene mandata in dono, come d’ altronde si pratica dappertutto, una copia delle opere mede- | sime, egualmente che per il caso che fosse opportuno il ren- deérne conto in un'articolo speciale. I sigg» librai e stampa- | tori, che sanno ‘quanto costano la carta e la stampa, e quanti pochi sono fia noi ‘coloro che si’ associano alle opere periodi - che , non'troveranno ‘indiscreta una simile dichiarazione . Ed agli editori di opere di'lusso e di un certo valore osserverò; che il sacrifizio che potranno fare viene largamente compensato dall’es- sere quelle opere continuamente sotto gli occhi di un pubblico il- luminato nel mio gabinetto scentifico e letterario, cosicchè so- no più presto conosciute ed apprezzate. Ciò nondimeno , per facilitare quanto da me dipende ai sigg. librai e stampatori l’ inserzione nell’ Antologia di quelle co- se che ‘preme loro di far conoscere al pubblico, come annan- zi, manifesti, elenchi di libri, ec. io mi dedico di farne |’ og- getto ‘di un Bullettino bibliografico annesso all’ Antologia , il quale chiuderà ogni fascicolo, per la retribuzione fissa di lire ‘cinque fiorentine per ogni pagina , e di soldi cinque per ogni riga! di garamone , che mi verrà pagata anticipatamente da'chi mi trasmetterà gli articoli da stamparsi, e questi do- vranno , ben inteso, pervenirmi sempre franchi di porto. Questo bullettino, il quale verrà regalato agli associati dell’ Antologia'; vale a dire, che non sarà mai calcolato nel numero dei fogli promessi, e in cui ciascuno editore potrà esprimersi sulle cose sue come più sarà di sua convenienza ; non impedirà il giudizio che |’ Antologia potesse darne in un articolo speciale , quando la sua importanza lo richiedesse. . To spero che il mio divisamento verrà gradito dal pubbli- co, ed in particolar modo dai sigg. stampatori e librai, che senza dubbio non tarderanno molto a provarne l’ utilità.) * . Firenze 30. gbre: 1823. } VIEUSSEUX DIR. 180 cc SIN. 1. Anno.. di .clinica esterna. dell'Impse\ Re varcispedale di S.Maria nuova; del Dott. FILIPPO UCCELLI); no dei vproi fessori di) clinica esterna e ‘di anatomia umana:\e..comparataà nel- l’.arcispedale suddetto. Firenze. 1823. presso: oLi\Pezzati, ‘vol: 2. in 8, con.1r, tavole in litografia, sbirri cnc sin 8 per i ea associati . > tip 9, Sroton Tutta |’ ophinià è divisa in 41. sezioni ; rogge delle ajtiati contiene ‘un numero. più o meno grande. di \osservazioni ,.}’ og- getto principale delle quali è di confermare sempre più:le«teorie e gl’ insegnamenti già da. gran tempo preconizzati dal 'Cisalpi& no.,,da. Angiolo Nannoni , e da vari altri, celebri medici echi» rurgi. toscani, ed ultimamente, messi nella; più chiara; luce dal+ l’esimio clinico di. Bologna: sulla. natara_delle«infiammazioni,e sulla cura..che. sempre loro compete . Quindi sotto.tal rapporto ella formerà. come.un’ aggiunta; al classico» trattato: dell’\illustre Tommasini sulle Flogosi, pubblicato:..non ha\guari in: Pisa dà Nistri . Estratto.! del. Manifesto:di L. Pezzati»; N. 2. Bagni termali eminerati di Monte Cutini ; inella Val di Nievole, illustrati da nuova analisi chimica., e nuove. osser- vazioni; medico-pratiche , -del Di Gio. BARZELLOTTI. P. Prof. di medicina pratica. nell’ I._R. Università. di Pisa, direttore dell? uso di, detti bagni; un vol,..in 4. di p..305-condue tavole in ra- me. Pisa, 1823;. presso, Niccolò: Capurro. 3. Sonetti di ANTON MARIA SALVINI fin:qui inediti, pub- blicati dal sig. CANONICO DOM. MORENI; col.ritratto dell’ autore. Un vol. in 4» Firenze, 1823. per .il Magheni SRPIUA TTT, 4. Geografia moderna universale, ovvero descrizione fisica; statistica , topografica, di tuttii. paesi. conosciuti: della terta, per G. R. PAGNOZZI) vol. V. Distril, X. di'fol. 16; — continuazione dell’ Amenica settentrionale . — F Livin 1823.per: diete] Batelli. i eda 5. Lettere ed saltre opere di CLEMENTE:XIV, Corali vol. I. e II. in 18,carta velina. Firenze; presso Gius: Molini. 6. Isidee Osiride; opuscolo °di PLUTARCO: CHERONENSE , tra- dotto. dal greco , con note filologiche: ed: osservazioni al' testo del .cav: Seb. Ciampi, regio corrispondente attivo; in: Italia della R. Commissione dei culti e della istruzione pubblica del regno di Pollonia, ec 1, wol. in 8. di p.8g.e LXXXVI. con tavole. Firen- ze, Piatti. 1823. 7. Saggio d’ economia pubblica degli immobili, di GREGO- "RIO CHIARINI, perito ‘calcola tore in Arezzo, socio corrispondente 181 dell’.i-R. accidemia» de’ Georgofili di Pacme _ » Fitenze; 1822. Un vol! in 8 dî piroo! 108. Sulla causa cevgli effetti della Cnfedcraità renana:' Ragionamento'\di.\un’membro della R. accademia delle ‘scienze e-dellelettéere>di Berlino; della ‘società ‘Imp. ‘de’ Cariosi dellà natura , e di varie sigelliliasie italiane . Parte seconda; effetti della confederazione. ‘Vol. II. Italia, 1823. 9. Le odivd’ Anacreonte, tradotte in versi italiani ‘dai nobili sig. PAOLO:\COSTA € GIOVANNI MARCHETTI. Si vendono în Bologna: dall’ editore Pietro Brighenti, in strada Stefano N. 76. al prezzo’ di' paoli ‘tre romani , ‘ossia italiane lire 1. 6o. — Soli venti ésem- piari sono stati. “ampressì. în carta perlina, e questi importano paoli 16. per copia» — Bologna. 15. gennaio 1823. otrorto. Illustrazioni della Divina Commedia, e Adigrafia dan- tesca) di scirroNnE coLELLI di Rieti. Luglio 1823, dalla tipogrà- fia di Luigi Bassonii 8 quinta distribuzione, fogli ‘5 1/2. Prezzo pei non associati; in carta palombo doppia, sc. -- 3o. — in carta fine sc. -- 45. +Si vende in Roma da Cipicchia , ed a Bologna da ‘Marsigli. ‘11. Elogio istorico di DOMENICO coTUENO; letto nelle pub- bliche tornate dell’ accademia medico ‘chirurgica’ de” 19. dicemi 1822. dal! segretario perpetuo della medesima, PIETRO MAGLIATA: Napoli, nella stamperia francese, 1823. opuscolo in 8. di p.28. 12. Gesta Caroli Magni ad Carcassonam et Narbonam , et'de aedificatione ‘monasteriî Crassensis, edita' ex codice laurén- tiano, et observationibus criticis philologicis. Illustrata ab SEBA- STIANO CIAMPI— Florentiae: Magherî'1823. vol. di p. r55. 13. Illustrazioni ‘storico-critiche di GuériELMo Roscoe, alla sua vita di Lorenzo DE MEDICI ;} detto MacniFICO ,} con un A pendice di documenti: tanto editi che inediti ; tradotte dall’in> glese-da 7. P. Firenze; 1823, per il Magheri. Tom. 2. in 8. di p. 224» 232: ‘con ramî. prezzo, lire 10 — tosc. È ber nota alla repubblica delle lettere 72’ vita di Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico , la quale abbenchè fosse ricevuta con plauso, pure‘alcuni, e tosto dopo la publicazione, ed in pro ‘gresso di tempo; non #inVetiérdb in aleuni particolari col biografo, lesposero contro di'quella le loro dhiezioni. ‘L’ autore ‘dunque ‘è venuto nella: determinazione di risporidere ‘a quelle critiche ; e ad ogni opposizione che gli venne fatta. Questa è l’ opera‘ chè ‘ora‘ è venuta alla luce, tradotta in italiano per le cure del sig. V. P. Nelle ‘osservazioni preliminari pertanto il sig. Roscoe espone 182 i motivi che 1’ han. condotto a serivere una. tal. opera; è quindi nel rimanente del 1. volume risponde a tutte le:obiezionî; dél P03> zetti , del Pignotti se più specialmente ‘del. Sismondi. Nè tutto il tomo poi sì raggira in discussioni; poichè talora; sono: semplici illustrazioni, cui; hanno dato’ origine nuovi documenti scoperti; Racchiude il secondo volume una raccolta completa di documen+ ti relativi alle dispute fra i letterati di cui!si èfatto menzione; e de’ tratti e delle lettere. d’ insigni scrittori;«è poesie) im fine l’opuscoletto det nostro Poggio Bracciolini \intitolato vr iseni. sit uxor, ducende , già prbbbicata perla prinpa ‘volta dal: nia She> pherd. — sumaedasila foglie ila . 11/Questa versione, per il langbivi e per lai ‘maniera con. cui è stata eseguita, merita)di essere \acquistataoda .tattigli amatori delle one 3 e si rende indispensabile va chi possiede la vita di Lorenzo ;, cui fa appendice, ‘tanto; più; che èvstatarimpressa mel sesto e medesimi caratteri delle versionivitaliane della ‘stessa vita. ;, 14: Almanacco per i dilettanti-di. giardinaggio di Garrano S471 pri di botanica; e sdirett. del. giard.: dell’ Imp. e R.. univ di', Pisa; coll’ aggiunta di alcune ‘prose. campestri \D? Jaroz1zo Pinpemonri; anno II. 1824. Pisa, presso Sebastiano Nistri; 1823. Il favorevole esito che ottenne l’anno seorso questo: ; almanac= co; ha indotto l’ egregio autore: ad occuparsene anche. per l’anno prossimo ; e Y.anno :secondo che ora si; annunzia' nella: ‘continua- zione degli articoli incominciati conterrà notizie’ utili re interes- santissime. Alla fine del presente mese Jesso «vedrà» la: luce sarà della mole. istessa del primo anno; esi: venderà come appresso. In cartoncino con busta... uan i ari Dozza). dieta Alla francese con. busta. 0. ve ced ag 0 Simile,con carte. dorate..;.}, . suli doge tra © i 0 Simile in marroechino verde; 0 rosso : +. <.<. 7 12 15. Trattato teorico-pratico dei fiumi, del profess. MicHELE BertINI.— Lucca, presso Baroni, 1823. V. 1. in 8... Mentre all’ antica collezione degli autori sulle acque una nuova ora se ne aggiunge, e mentre alle classiche. opere di Bossut, :di Belidor , di Alembert Pronis, di Poisson, e di. Ventu- roli, altre sublimi ricerche sul moto e lo sgorgo dei fluidi ci presentano gli atti delle più celebri accademie di Europa, vi era una classe utile di persone o non istruita nella scienza dei ca- lcoli sublimi; o non impiegata nell’ insegnamento della catedra , che aveva bisogno di una solida istruzione scevera da ogni fara- gine di calcolo, e fornita di solide dottrine attinte dalla osserva- zione , e dalla esperienza. Il chiarissimo sig. conte Mengotti com 183 la sua idraulica fisica; e sperimentale vi ‘aveva già provveduto in un modo singolare; accoppiando alla scienza l’eleganza del suo stile, e la sempre opportuna e scelta erudizione. Ma quest’ ope- ra per ogni maniera eccellente non essendo forse troppo;alla por- tata del maggior numero di quelli che alla pratica de’ fiumi le loro, fatiche, consacrano; faceva desiderare per.essi una più po- sitiva | e. familiare istruzione. A. questo col suo trattato teorica pratico dei fiumi.si è voluto piegare lo. zelo del professore Ber- tini, il quale lasciando per così dire sulla sua catedra |’ impo- nente apparato della geometria e del calcolo , è andato incontro ai bisogni della comune intelligenza , anzi a quelli della sua ‘pa tria abbondante di torrenti e canali, e minacciata da un ‘fiume quasi indomabile. Non:la novità delle dottrine , nè la singolarità delle ‘opinioni. dovevano aver luogo in questo libro, ma ‘per es- sere utile ;era-necessario, che: si distinguesse con la chiarezza e solidità ; delle. teorie:;. e con la familiarità dello stile, e ‘singolar- mente. col merito nella esposizione delle verità al subietto ap- partenenti.. Queste sono le doti che fregiano questo libro , col quale il chiaro ‘autore è giunto al difficile scopo di spogliare da paradossi e contradizioni la. teorica. dei fiumi, e. facilitare ‘la pratica nella varia. direzione dei medesimi. Art. comunicato. \ 16. Biografia universale antica e moderna ,-ossia storia per alfabeto della vita pubblica e privata di tutte le persone che si distinsero. per opere, azioni, talenti, virtù e delitti. Opera affat- to nuova ; compilata in Francia da una società di dotti, ed ora per la prima volta recata: in'italiano con jaggiunte e correzioni. Venezia , presso Gio. Batt. Missiaglia. 1823. vol. XII. lett, CI — CO. in 8 di p. 470. Fine del Fascicolo XXXV. sit sv ibra n RETTA Dt Vea lst dt a È dig La di: TE È DA i il L) C) A x % Î PU: Su di PI - +‘ La - OSSERVAZIONI ‘METEOROLOGICHE FATTE NELL OSSERVATORIO XIMENIANO é 1 DELLE SCUOLE PIE DI FIRENZE di: ig Alto sopra îl livello del mare piedi 2095. È en ; OTTOBRE 1823. , sal 11 ‘| Termometro iS as] iù > ario È ' ° br uu S Îl Ora S | Ra FA B [SS Stato del cielo ia © © o. |° 3 °° TERA LI, ‘ Ù poll. lin. è Î | 7 mat. |27. 10,5 | 16,8 15,6 96 | 0,04 Sc. Lev|Nuv. nebb. Ventic. | mezzog. |27. ro,t 16,9] 17,3 85 i.Sc. Lev|Nuvolo, Calma i to sera |27. 8,0 17,0]. 16,9! 84 } 1,13 Scir. !Nuvolo. Vento —_——————6€—_—_——m—v—————_—_———__———————m —————— 7 mat. |27. 94 i mezzog. |27. 10,2 | #0 sera |27, 11,3 | 7 mat. ay. sl 147] 12,9] 86 10 sera |27. 9,6 16,9 16,8 75 Scir. |Ragnato Ventic. 0,21 Scir. |Nuv. calig. Vento 3,52:Maes. |Nuv. nebb. Calma 0,07|Tr. Gr.|Nuv, calig. Tn n ere Agr Venti | mezzog. |27. 16,91 18,11 65 Ostro |Nuv. Ven. barrasc. ii 16,0]. 15,1] go 16,0] . 14,0| 89 | 7 mat. [27. 70 | . 26,4| . 16,0/ 86 ; 0,07 |Sc. Lev| Ragnato. Vento 2, 3541. 13,8 94 Tram. |Nuv. calig. Ventic. | Mezzog. |27. 11,9 25,71 16,0] 66 Pon. |Nuvoloso Vento |_10 sera [27. 11,9 15,9 167 96 0,07 Tram. |[Nuvolo Ventic, Tram. {Nuvolo Vento ‘ Lev. |Nuv. rotti Vento ro sera |28. 2,0 14,7] 13,3] 75 Tr. Gr.|Ragnato Calma i PES È 1a 7 mat xp t,0 | 33,8]. 11,6] 92 il Se. Lev}Sereno Ventic. 1 mat. 28. 0,3 15,31 12,8 8 B; 0g. [28. 0,8 i i 7 14,7 91 79 i bet 125 t;0 34,61 14,7] 65 Tr. Gr.|Sereno Calma 1,6) 16,0 15,5] 78 Greco. {Sereno Ventic. | 7” mat. so 2,1 15,0 13,8) 84 Tr. Gr.|Sereno: -'’Ventici I nezzog. |28. 2,2 15,8 16,4] 66 Tr. Gr.|Ser. con nur: Vento to sera |28. 2,2 | 16,51 _ 16, 78 [Tr. Gr. __ITr. Gr.[Sereno, ‘Calma EC an_$ ii © | EMNANAe 2|_ $ 3 * [eta S| Ora Si EI D 8 |3 3: 5.8 | Stato»del cielo . 3 FS) 118 0) VE EOS Ni D HS © dt [E SE ap ta CA i I ; i : i "ue À | 7-mat. |28. 252 15;6| 13,3] 93 Lev. i: pa Vento $' mezzog. fac 1,7 16,4 16,6 60 Tr. Gr. Sereno,. Vento ro sera. 128. 1,4 16,9] 15,8) 70° Gr.Lev Ser. calig. Ventie! 7 mat. 28. 1,4 15,6 14,2! pE Ag Dogi: ron «Ragnato. Ventic gi mezzog. 28.. (1}1 16,0 16,9 73 ‘Greco È Nuv. caligé Ventie | ri sera 28. 0,2 16,! 14,4' 100 Sc. Lev Piog. lenta Ventici 7 mat. |27. 11,4 16,0 13,7] 100 0,32 ‘Tr. Gr. Nuvolo Calma | 10 mMezzog. |27. I1,I 15,1| 14,6 89 0,03 Scir. |Nuvolo Vento _| 11 sera |27. 10,5 CORO, 14,8 93 | Scir. !Nuvolo Calma, | |7 mat. /27. 10,2 | 14,7 7 13,8 100 1,15 1,15 Os.Lib. Nuv all’oriz. Ventie ‘II mMezzog. 27.. 10,3 14,8, 15,2. 93 I P. Lib. Nuvolo , Calma) II Sera. 27..10,9 |. 14,7 14,2 100; Sc. Lev Ser. nebb. «Calma, 3 mat. |27. 9,8 14,2] 14;2| 96 [0,03 Sc. Lev|Nuyolo Calma jt2| mezzog. |27. 9,6 14,7| 164 % |Lib. . |Nuvolo Vento rI sera |27. 09,3 5a 16, IM 93 i __\ |Ostro Ser. .con nuy Vento 17 mat. |27..v8;6|.! 15,3] 15,5] 88 Os.Lib. Nuv.calig: ‘Vento r3. mezzog. |27..:8;2 V|! 14,8] 17,01 78 Os. Lb. ‘Nuvolo Vento Lit sera [27.859 15,t| 12,9 100|0,a1 Os.Lib. Pioggia Vento 7 mat. 27» 953 14,4| 12,1) roo| o,r11|Pon. | {Sereno Ventic 1/. mezzog. |27..:19;8 14,9 14,2| 75 Ostro | | Ragnato Vento \\tvsera {274 9;3 i4,7| 12,9 92'|o 02, Sc. Lev. ‘Pioggia i Calma | 7 mat, .|27..:,9,9 13,8 1131) 100° 0,15 Scir. "lBiog. minuta Calma, 15 __mezzog. 27. 10;4 t4,2| 13,7 81 ! 0,07 Lib. Piog.. minuta Vento tr serà (27: 10,710 13,8] 12,4 = ZL. Lev. |Nuvolo- Vento 7 mat. 27: 1052 13,3 ia 39 peg: | |Séir. | Minae. Ven. forte 16| mezzog. .|27. 10;5 13,5 14,2| 86. | Sc. Lev Fosa nebb. Ventic |w sera (27. 11}1 13,3, 12,4! 100 od Lev. Pioggia Ventici 7 nat. | 27. 11;2 13,$ 2500 100| 0,04 Lev. Nb. nebb. Calma; I 17| mezzog. 27.114 | . 114,0 15:56 84 :Sc.Lev Nuvoli, Calma. 1s;sera 27::14;3.|:> 14,2" 14% tao 'Ostro Nuvoli Calma. ;7 mat. |274:1050 |) 14,2 1259 i00| o,ot| Lev. | [Nuv. nebb. Ventig 18| mezzog. |27»: 9740 :14,5 15,7| 84 Sé. Ley Ragnato © Calma si |\1t sera |27. «1054. i 016,7 1457) 98 "|Tram. |Velato Calma 7 mat. (2701057 |> O agi ii — 11yt! 100 Sc. Ley Nuv. nebb, Ventic| I9|, mezzog.. 27. Lt;4.|.° .14,2, | ig 93 Gr. Tr. Nebbia, | Calma| o sera ‘28, 010;4 |:* 13 8 13;3 98 | 0,02 Gr. Tr. Nuv. rotti‘ Ventiel 5 Termom. di peg Re 6 i -;; ti o la LA n=] ci A Ora 8 | È a. |,8.|23| 38 Stato del cielo ®.è po) (o) I 3 n S D tite collinette, che hanno utile bosco sulla cima! e::sul giogo, e i pomi d’ autunno e di primavera nelle valli. e ne’ seni. Ed è pur dolce godersi nella' via l'ombra conti- nua, e veder trottare piccoli bovi attaccati a piccoli .car- ri, e le contadinelle andar filando alle loro capanne con cuffiettina o pezzola rossa piegata in capo. Può ad alcuno incommodare lo scendere e il salir frequente di siffatta via: ma perciò appunto varia la vista. Ora scorgeva a destra la prossima linea del colle tinta di chiaro celeste azzurro, ora vedeva a sinistra il prato e il lago rifulgente. verso una valle situata al rezzo , avendo di quando in quando il prospetto d’ altra collina, ov’ è il villaggio di Zei. Que- sto si lascia poi lungi a sinistra, volgendo il cammino:al colle di Piverone. Ma giunto all’ altura di Zei , m'è sem- brato inanimarsi anco di più tutto il paese, perchè ‘altro laghetto si scorge appresso il primo in valle più spaziosa e più vivace, con simile coltura. Nè male rispondevano alle vicine le lontane parti del quadro, poichè oggi vede- va negli ultimi piani visuali un vapor leggero che pera allontanare e ingentilire le alpi. Dopo il fillapaio di Piverone ho camminato quasi sempre in piano con vista troppo uniforme ne’ campi vicini: ma poteva vedere a destra molti villaggetti e vil- le in sul declive del colle, e figgere gli occhi nelle prime montagne delle alpi che inducono sempre un italiano a grandi pensieri. Quanto più ad esse m’accostava, dilegua- to quel vapor che le copriva, io sentiva un forte palpito nel cuore, amore di patria spesso ‘sventurata. che mi fa- ceva adirare e piangere. E già presso ad Ivrea, che i noci ora adombrano e quasi da questo lato asconduno ; io mi compiangeva nella sua istoria: celebre e forte città, quan- i 7 do ebbe nome d’Eporedia; tolta. da’romani a’salassii; e poi occasione di discordia a’re d’Italia,e causa di guerra agli stranieri. Nè altro credeva vedere entro le mura se non il castello divenuto: prigione agl’ infelici, e fuori. delle mura i.ruderi delle due fortezze ; della cittadella distrut: ta dagli spagnoli, e della Castiglia edificata da loro e de- molita da’ francesi. Onde sono entrato mestissimo nelle vie della città; e benchè non stanco; riposarmi voleva. Ma condotto alla locanda del Gavallo bianco, e fattomi alla finestra della camera, ho visto ‘sì bel quadro che m'ha tutto comosso. A destra e di faccia una bella collina co ruderi della Castiglia in vetta: sopra altra collina a sinistra le rovine della cittadella: tra esse la Doria Baltea discorre, empiendo l’alveo. Nè sembra minaccioso il ri- cresciuto fiume, perchè gli fanno margine gli arbusti, le viti e i fiori, e per breve intervallo mostra le onde. Esso qui viene da dietro la Castiglia; e prima di bagnar la piaggia della cittadella ,. irriga un delizioso colle , fertile d’ottimo vino; e nominato dal romitorio di s. Urbano: quin- di presso la:cittadella divide i flutti suoi, dando noto a mulini ea fabbriche, e poi. gli accoglie di nuovo e si dilegua. Io, per vederne il. successivo corso, son disceso «con Francesco Cavallo ( locandiere officioso e amabile a’ forestieri, e perciò rarissimo ) nel suo giardino sotto la Castiglia : da dove ho visto ingolfarsi i flutti sotto un arco solo di maestoso ponte antico; il quale congiunge la città col:borgo e colla cittadella; e vedeva pur tra l'arco. el fiume i più lontani paesi. Ma .la Doria mi.spariva di nuo- ‘vo, per cui sono andato collo stesso locandiere ad altro suo: giardino di là dal ponte : ed ecco la Doria correr pla- cidissima tra rupi in profondo letto, poi far golfo e seno intorno alla più bassa città; e diramarsi parte nel ‘navi glio, parte nel suo meandro che volge al Pò. IL Chiamasi naviglio un canale che trae acqua dalla Doria a' tutta la pianura di Vercelli con ben ordinata mi- 3 i sura. E scendendo al luogo dove sono le cateratte ,' im è piaciuto udire che le vogliono migliorare. Ma il nome di naviglio resta sempre vano, non essendo navigabile. Quan- ti beni esso produce , irrigando le campagne! Quanti più ne produrrebbe, se fosse idoneo a trasferire da’ medesimi campi al mercato le messil E mi dicono essere stato dap- prima navigabile: ora non essere più a causa delle steccaie fatte in più luoghi per livellare l’acque a’ campi, e di- minuire l’impeto della corrente troppo declive. Un buono idraulico potrebbe l’ una e l' altra utilità conseguire. Di quivi sono risalito in città per vedere il castello che‘è in- fatti una prigione di figura quadrata con torri rotonde negli angoli. E dalla terrazza del castello è bellissima veduta : ma io non godo, ove gli altri gemono, e son corso al poggio della Castiglia per respirare l’aria aperta e confor- tevole. sopra le rovine della prepotenza. Qui ho trovato un vecchio rispettabile , cui diletta il tramontar del sole; immagine della sua declinante età. E voltosi a me che lo salutava , e chiesto il nome della patria mia , e udito ch’ io era italiano , m’ ha con atto cortese dato la mano, indirizzandomi all’ anfiteatro maraviglioso che le alpi disegnano. Vedete, diceva: con quante vette successive è guardato il passo, d'onde viene la Doria! quante valli. anguste, quanti burroni da amenduele parti, più difendibi- li che nou le Termopili! e nelle montagne abbonda il fer- ro! e così tutta l’Italia è cinta! Oh! perchè.... È sempre in forse appresso noi lo stato dell’ universale, come-la vita dell’uomo. Deh! ... ma io attempato non ho al- tra speranza che goder qualche altra sera di questo sito ameno. — Infatti ha il poggio amenità sì gran- de, che non la maggiore. Quanto aveva prima veduto, quindi rivedeva con vario aspetto, oltre 1l nuovo e subli- me spettacolo che il buon vecchio additava. Il fiume stes- to ( nasce in Italia presso il piccolo s. Bernardo ) pare altiero del suo trionfo, avendo superati gli stretti passi ; 9 poichè si dilataa ‘genio suo; € molto serpeggia nell’inter- posta pianura, innanzi che giri per sotto Castiglia al pon te d’ Ivrea. Spesse le ville sono con vaghi giardini, sì nel piano, come nella gran valle, in mezzo cni sorgono la cit- tà e i poggi. E l’aria bruna ne’cavi delle montagne; le nevi tinte di -rosso in sulla vetta; e il vapor che dalle valli ‘in alto illuminavasi, m'hanno dipinto in breve ora tanti paesi diversi, che a me sembrava come mutassi luogo. ‘Alfine un solo colore si è sparso per'tutta la regio- ne, ed il buon vecchio accompagnandomi alla locanda, beviamo di questo prezioso vino: alla salute di voi ce di tutti i buoni italiani. © o È lftasoago a dì 15 di giugno 1823. | Dilettato dalla bella natura che è intorno ad Ivrea,vo- tas dimorare alcuni giorni in quella città per fare il giro ‘delle colline e veder le ville. Ma incerto della buona stagio- ne; allo spuntar dell’alba ho preso la via sotto Castiglia, in parte del poggio opposta a quella che declina verso la Doria. E camminando permezz’ora tra vigne edorti, sono: giunto alle fornaci di: Montalto, il. quale villaggio è poco lungi dalla strada presso monte Grovero;, ove son pietre da cal- cina: il che dinoto, perchè le montagne calcaree non sono qui frequenti come nella catena delle alpi che guarda a settentrione. Dipoi la strada seguita in piano, ma la val- le stringe: e passato Borgo-Frando, allorchè si vedono le case» di Monte-Stretto ,: allora principiano le alpi, e si | ritrova la Doria ; sulla cui ripa sinistra è ‘non interrotta lavia: Quindi altro diletto non v'è, che guardare il fiu- me ,.le rupi eil celo, poichè l’abitazione dell’uomo ivi rinchiusa non-dà. letizia, e gli abitatori hanno troppo | squallido viso .e deforme: collo, massime quando per' s. Martino si entra ‘nella valle d’ Aosta. Ma il fiume ; cer- cando tra’ monti il varco, è sempre vario : nè mai simili |. veggonsi le rupi. Queste or sono coperte di musto e d’ar- ro 4 boscelli, or nude con scabre punte: eda’ lor seni scen do. no alla Doria spessi torrenti; e sulla ripa, ov'è terreno, è sementa: ov'è scoglio, masce la vite, ‘coltivata ‘quasi Sempre a pergola, affinchè il solo mutrimento che » aver possono i. pampini ; tutto: in loro ‘e non sulla pircsa si spanda , cioè la rugiada e il calor del sole. SIETIT ‘Nel villaggio dis Mirtino:® un bel ponte , sotto cui passa nuovo torrente: e il paese è vago per la maggior coltura e per le cascatelle delle acque.La quale vaghezza invero è opportuna, perchè dipoi si passa per montagne anguste a Donax,.e per più anguste a Bard; orrido luogo; con case affumicate e nere che paiono prigioni. o .tombe* Quivi è una parte della rupe tagliata a picco, opera attri- buita a’ romani: quivi era il forte castello di: Bard, di. strutto nel 1811. Io ho ‘affrettato il passo per giunger presto alle ultime case, ove la valle è più larga e piacevo- le, sì proseguendo fino a Verrex, che pare una città in:con> fronto di Bard. Molti montanari erano adunati sulla piaz= za, dandosi bell’agio in questo dì festivo. Ed io parlando con loro senza guardarli , troppo ‘contristato dalle turgi- dezze che uomini e donne avevano tra’l seno e il mento; ho udito: esser vicino un torrente, chiamato: Evanson, il quale porta seco alcuna particella di oro: non trovarsi però buone miniere se non di ferro di rame je di sta- gno : attendere alcuni pochi abitatori di questa parte del- la valle d’ Aosta a conciare il cuoio; o alla cura delle» ca: pre: e molti andare altrove nell'inverno, facendo il mestiero: dello spazzacammino, per ‘tornare d’ estate a raccogliere le poche biade e aiutar la vigna sulle paterne rupi. Consueti nella povertà , e non inanimati da calda atmosfera , sono ‘ufficiosi e buoni: talchè raccontano.come raro esempio, che un montanaro negli anni scorsi faces- se l’assassino, tirando coll’archibuso a’ viaggiatori, spo- gliandoli, e gettandoli nella Doria. Punito costùi, par qui LI sicuro. il viaggio j quantunque incresca € dia sospetto il conversar con popolo. che essendo privo d’ istruzione non può conoscere in molti casì come debba egli operare. ® Dopo Verrex è-lunga salita, d’onde si scorge spesso la Doria quasi al tutto chiusa nelle profonde rupi. E sotto l’antica torre di Mont-Iovet ( monte di Giove ) è pur la strada intagliata nel masso: adempita l’ opera, come di- cesi nell’iscrizione, per ordine di. carlo Emanuelle III nel 1771 a fine d’agevolar l’uso delle acque minerali in val d’ Aosta. Molte polle salubri scaturiscono infatti da diverse montagne, ‘ed una sorgente è ivi non lungi, pres- so il: piccolo villaggio di s.. Vincenzo, a cui si arriva per' bellissimo prato im bosco di castagni. Quindi si trova il miglior ‘borgo: di tutta questa via , cioè Casti- glione, anch’esso tra montagne, ma con vie più lar- ghe, in valle più aperta, essendo meno ripida la piaggia alpina. Ed il borgo finisce ad un burrone; ove un torren- te si precipita dal monte Cervino e passa sotto due ponti: l’uno edificato ‘nella’ via, con arco altissimo. e svelto: l’altro più basso , con ruderi d’arco di costruzione antica . Gli alberi e le case continuansi giù per la valle: ed i per- golati seguitano dando ottimo vino, in particolare presso il villaggio non lontano di Gbimyiaza Quasi mai non sode in questi luoghi un nome con italiana :pronuncia. I noci son detti nz, ed abbondano massime dopo Chambava. Perciò il primo villaggio , che ‘allorsi trova, Nuz è chiamato: dopo cui, a una. lega di-. | stante, è Villefranche, d’onde si vede la città d’Aosta. La sura è qui molto più larga, e seguita quasi ‘in piano ‘verso occidente, senza però che mai conforti con qualche linea. orizzontale infinita, benchè sia più elevata del me- diterraneo intorno a trecento tese. E le montagne hanno ‘sempre più le vette alpestri: talchè nella catena meridio- male a destra della Doria vedesi il primo monte che ‘non è mai privo al tutto di ghiaccio, 12 ‘La città d’ Aosta è al di fuori molto dilettevole. V'è un orto continuo, bene spartito da viottoli ombrosi, e ir- rigato dalle acque del Boutier: il qual torrente nasce dal gran s. Bernardo, e corre alla Doria sotto un ponte che non sembra Msn Passandolo ; ho subito veduto un arco di trionfo, che i popolani dint edificato in ono- re di Annibale; e gli antiquarii in onore d’Augusto. La sua costruzione è al certo romana ed Aosta fu colonia latina sotto. nome dd’ Augusta praetoria,, dopochè Augusto ebbe distrutta la città di Gordele che era Lose, nel medesimo sito. Ma io non so che certezza. storica si abbia per attribuire 1’ arco. ad Augusto. Prima; come narrano, era incrostato di marmo: e domandando, se vi avevano. trovate iscrizioni, mon ho. avuto positive risposte. Pochi ornamenti restano nel fregio. L’ arco è di bella. proporzione: ma ne’ basamenti. laterali sor- gono colonne addossate nel muro; ed i quattro angoli stessi dell’ edificio sono rotti da simili colonne ‘ivi. collo- cate. Il che non è invero esem pio di buona architettara;, a qualunque tempo appartenga. Per questo arco si entra nel subborgo d’ ud p da è una via breve e diritta. Poi si trovano due archi :para- lelli e poco tra loro distanti, cui si continuano altri arehi laterali e chiusi; i quali tutti sono antichissimi; ed erano forse le porte e le mura della romana colonia. Quindi comincia là città, nelle cuì strade corre l’acqua del Bou- tier;, versata ivi da tubi di. rame fitti in tronchi d’albero che. sono nel. mezzo delle vie. E le donne veggonsi per tutto o:empir la brocca , o sciacquare la pentola, ed altri vasi, bevendo spesso a’ tubi. con danno della loro bellez- za; poichè tale acqua è loro.eagione , o tutta, i parte;; d’avere uno o più gozzi intorno al collo. Io sono. entrato a piedi nella città , e tosto che guardava alcùmno , riceve: va un saluto. Vestono i popolani con giubbe lunghe di panno rosso , o turchino ; 0 verde i calzoni! corti; @ calze 13 dello stesso colore: scarpe con fibbie: e cappelloni ap- puntati. E le donne hanno una scuffietta o bianca o nera, che legata dinanzi sotto il mento nasconde alle più gio- vani il men turgido collo. Oh! quanto m’ incresceva ve- derle esposte a sì brutto morbo, scorgendo il principio d’unbel viso nelle loro guance rubiconde e fresche. Uomini e donne hanno quasi tutti la persona difettosa (io parlo del- le famiglie che non hanno agio a ben provvedersi): e volgen- do il discorso ad un giovanetto che primo ho incontrato sen- za esteriori difetti—je suis sourd, Monsieur—m'ha risposto con voce bassa di vecchio. Povero piPkanei Io ne aspettava altra risposta, e nel suo dialetto.Ma qui è l’uso buono ed uni- versale d’ i imparare oltre il dialetto una lingua, contro il cattivo esempio di altre provincie italiane , ove niuno attende al nostro comune idoma. Che se imparano qui la lingua francese, sono scusabili, poichè i suoni della loro naturale pronuncia ed il loro commercio si riferisco- no poco all’ Italia ; oltre la lingua però , non hanno che poca istruzione, quasi simili agli altri vr della val- le d’ Aosta. ‘Percorrendo la città , ho trovata nella parte orienta- le pochi ruderi d’antico anfiteatro o circo : e presso ivi è un convento, nel cui chiostro veggonsi colonnette aver per capitelli uomini , animali , frutti, carri, rote, e tutto quel che veniva in testa allo scarpellino che filicaa da scultore. Nell’angolo poi occidentale della'città verso set- tentrione è un edificio rotondo che forse era torre anche prima che vi facessero i merli , o piuttosto forse era un mausoleo, avendo figura alquanto simile a quei di Cicil- la Metella e di Plauzia fuori di Roma. In molte case, e nelle mura della città vedonsi le pietre tolte agli dd romani. Io guardava appunto queste pietre connesse colle «moderne nel lato occidentale d’Aosta , quando ho sentito sonare il tamburo e sparare un fucile. Son corso al rumo- re, ed ho trovato più uomini che tiravano coll’archibuso, 14 guadagnando un premio chi colpiva nel segno. Il suono del tamburo avverte che l’uomo si guardi dal vicino sparo. E questo virile esercizio, che è il divertimento de’ cittadini , presenti anche le signore , si fa in un pub- blico prato d’ Italia , presso la via che da Aosta conduce al Monte-Bianco. | Gran s. Bernardo, a dì 16 di giugno, Due vie partono da Aosta: l’una seguendo la Doria verso il piccolo s. Bernardo e il Monte-Bianco, la quale si può fare in calesse fino a Courmayeur: l'altra seguen- do il Boutier verso il gran s. Bernardo, che pure è rotabile fino a s. Remigio. Io poteva andare oggi a Courmayeur, veder quivi le celebrate sorgenti delle acque minerali ed i prossimi ghiacciai del Monte-Bianco, poi tornar domani ad Aosta, e mettermi allora nella seconda via. Ma nelle montagne non si ha mai certezza che il buon tempo duri più giorni, e questa mattina è stato il primo dì tutto se- reno del mio viaggio. Onde per arrivare col bel tempo al gran s. Bernardo, e con animo d'andar poi a Courmayeur per sopra il colle di Ferret, ho fatto attaccare uno di quei legni, che qui usano e chiamano char de céteé, ove due persone stanno comodamente e sicure anche vicino al precipizio , perchè tosto si può scendere dalla sedia che è bassa e posta lungo l’asse. Ed in questo carro trottando:, ho costeggiato le fertili vigne sul colle che guarda a mez- zogiorno, e poi ho voltato dritto al settentrione lungo la valle che s’inabissa per far letto al Boutier. L'aria mattu- tina confortava gli usignoli al canto: i greggi e gli armen- ti muovevano alla pastura : e i montanari scendevano alla città con grave contegno, vestiti anch’ essi di lungo giubbone con gran siii e fibbie. Nè Je piagge non erano inculte , spessi pur gli alberi sopra il torrente. Sic- chè non avrei presupposto essere ne’ sentieri delle alpi , se non vedeva lor cime. Ed oh! che differenza dal co- steggiare i monti nelle valli al salire dritto sopr’ essi. \ 15 Quanto è piu vario il cammino! più grata l’aria che si respira. Passata una vetta , altra ne apparisce: e da ogni più alta cima viene auretta nuova , che alla susseguente dispone, e sublima il viver nostro. i A. mezza lega dalla città ho trovato il villaggio di Signaye sotto l’ombra de’ noci: e guardando all’ altra costa del fiume, detta Valpelina , vedeva più gruppi di (case .quà e là per la montagna, avendo uno solo di essi un campanile e un tempio : tali essendo i villaggi di que- sti luoghi, che da uno gli altri dipendono; e quell’ uno è chiamato ville, e gli altri hameaux. Sopra Valpelina è una torre quadrata che dava forse timore a’ nemici in- nanzi al secolo decimo. E procedendo al villaggio di Gi- gnaud , e volgendo verso occidente, son passato per quello stretto che chiamano Za cluse, sopra e sotto ertissime rupi, idoneo a chiuder l’ ingresso di quiviin Italia. Dopo il quale è una cappellina di s. Pantaleone, e poi il villag- gio di Tieveno, ove si rivedono fornaci per far calcina de’ tufi calcarei, che sono qui commisti con altre specie di ; pietre . | i Tieveno è già sì alto sopra Aosta, che si prevede vicino il limite de’ colti campi. E poco appresso corre la via ne’ dirupi, mostrandosi alla sinistra due montagne co- perte d' aheti e di larici , che fanno orrida e cupa sponda ad altra montagna , oggi rifulgente per copia di neve e di ruscelli. Io andava attonito ; in estasi quasi più che uma- na, illusi pure i sensi dalla sottile atmosfera, che indu- ‘ceva un certo che d’oblio verso le umane miserie. Ma ‘uscito appena fuor di que’ monti, mi si è ripresentato l’ uomo con sì lieta immagine, che tutti a lui ho rivolti gli affetti. Sopra erboso prato accanto alla capanna, il pa- dre, la madre e i figli accarezzavano le api perchè non fuggissero. E da altri luoghi udiva il suono di rame con rame battuto, o vedeva il fumo dell’ arsa paglia, per ri- chiamare un bugno di api che già volava altrove. Quindi 26. nel. villaggio d’.Etrouble, giù. nel ‘vallone... ho trovato. cortesi anche i giandarmi che esaminano quivi il. passa- porto:.e andando sul ponte dalla destra-alla sinistra riva del Boutier, e salendo.al villaggio di s.Oyen, ho visto un esempio d'amor fraterno che. my ha intenerito;.il cuore. Tre:giovani contadini figliuoli al medesimo, ‘padre, «cui. ciascuno ha dato nipoti, non potendo dimorare nella, stessa ; capanna; hanno edificato una casa rustica ma; grande in; mezzo del villaggio, con tre porte: nella facciata alle.regi-. proche stanze sotto il tetto comune. Qh!,avesse la ‘patria. tuttii figliuoli così congiunti. Ed oltre las fraterna! cons) cordia mi dilettava il veder famiglie prospere. qui;doye finisce la cultura del. grano: e del futob dara a pet poco intervallo.la segala e, ie patate. Ma qui. non. è povertà ; ostacolo a’ matrimonii;;!e gli abitatori hanno ;sì molti.prati elarmenti; che non traggono pur. tutto l'utile offerto dalla lor condizione. Essi mungono:il.latte.e lo ven- dono a’ pastori del; Vallese , che qui vengono a posta per fare il formaggio.-Il che può increscere a-un italiano, come se l’industria a ,noi mancasse per difetto d’.igno-. ranza 0 di pigrizia. Nondimeno quest’.uso! non, proviene qui da negligenza, perchè tutti sono operosi , ed. hanno più.guadagno trasportando co’ muli suoi le merci. altrui., A s.Remigio infine, lungi sei leghe. .da Aosta ..( vil- laggio'stretto.da montagne, elevato. sul mareintorno a 836 tese, e salvo dalle lavine perchè. un bosco. fitto. .di larici fa:riparo alla ghiacciata neve ) ho visto finire ogni, cultura; e mi. son ristorato con latte, butirro e.miele squi- sito in una:casa-tutta di larice. Poi mettendo me e la mia robba sopra due muli, e dichiarando a' doganieri piemon- tesi‘che‘mon'portava dal Piemonte se: non; cose, logore e da' mutarsi, mi:sono avviato per. gli erti sentieri, mole- stato solo dal vento che mi spirava incontro freddissimo. Non ho avuto però bisogno nè di lana; nè di mantello»: ogni fastidio era superato dal desiderio ‘di vedertutti i 17 | contorni. Viepiù salendo, scorgeva i larici dîventar bassi | erari, e poi scomparire al tutto senza niuna ombra su È prati. Talchè io era davvero al termine dell’ abitazione . dell’uomo: e cangiato pure il tempo, le punte degli sco- gli circondate da nuvole spandevano crescente nebbia con troppo grande mestizia. E giusto allora m’ avvicinava al tremendo sasso, ove oggi era il principio della neve con- tinua, e sotto il quale si depongono senz’ altra sepoltura i miseri viandanti, morti dal freddo o dalle lavine che precipitano giù sovente con impeto forte e improvviso. Gli scheletri però non vedonsi da chi passa nella via: e non.avrei saputo esser sulla tomba, se il mulattiere tace- va. L’ ho domandato, perchè non seppellissero in fosse : ed egli indicando le rupi, e mostrando i cadaveri , m'ha fitto. por mente alla qualità del luogo, ov è poco fondo il terreno ancor ne’ prati, e i’aria impedisce la putredine. Quasi non possono qui diventar polvere le ossa degli uo- mini: il che darebbe conforto , se qui appunto non si sen- tisse meno forza da? sensi all’ animo, e se più viva appa- risse universalmente la natura. Ho avuto maggior contento in veder poco dipoi una stanza aperta, che chiamano lo Spedaletto , alla quale ogni dì nell’inverno scende un » marroniere con robusti cani, per dare a chi bisogna aiuto, lasciandovi eziandio pane e vino all’ imbrunir della sera. I marronieri sono i servitori dell’ospizio, che è fon- dato sul gran s. Bernardo: ed il nome loro derivasi dal vocabolo marror di questo dialetto , che significa omo che non teme nè caldo nè freddo. Gli ho chiamati servi- | tori, perchè non vestono abito religioso, non fanno alcun voto. Tre classi d’ uomini abitano l’ ospizio: i sacerdoti , col titolo di canonici: i laici, per servir la chiesa e il con- vento, che sono pochissimi: ed i marropieri, che sono in maggior numero, e vengono qui a prova, e vi stanno se lor consente il clima. i + Dopolo Spedaletto è una capanna più grande per T. XII. Dicembre 2 ” 18 usò degli arBenti, allorquando la neve non copre la pa- stara: E di quivi ho veduto non lungi verso ponente uno ‘ scoglio alto due o trecento piedi, che sorge isolato tra le cime delle montagne, ed ha nome di torre de’ pazzi, tour des fols. Appena ho sentito questo nome dal mulattiere, mi son rammientato esser vicino il colle tra le due fine- stre’) per cui il Saussure salì alla punta di Drone, e trovò vicino un laghetto , ed una rupe mirabile perchè ha su- perficie levigata e piana come uno specchio. Onde invo- gliandomi a fare il medesimo viaggio, ho chiesto alla guida se vi si poteva andare. Ma egli, non è oggi possibile, ha risposto: v'è troppa neve, e non è ghiacciata. In- fatti la neve s’ affondava sotto il passo de’ muli, e poco è mancato ch'io non fossi quivi gettato a terra. Sicchè sono subito disceso, proponendomi di viaggiare la Svizzera sempre a piedi. Ed era ormaì vicino al confine dell’ Ita- lia} e m’incresceva vederla sì trista, massime allora che le nuvole facevano atri vortici, interponendosi a’ raggi del sole. Io dolente mi son fermato alquanto, appoggiato sul bastone contro la contigua rupe : e guardando sul de- clive, se profonda fosse la neve, mi si'è scoperto un ce- spuglio di viole in mezzo al musco. Quei che hanno l’ a- nimo affettuoso, e viaggiano per luoghi simili senza la compagnia d’ amici, mentre il vedere e il salirè non è agevole per la nebbia che sì diffonde nel gelato deserto ; quei soli possono comprendere , quanto diletto sia il tro- vare una violetta , immagine de’ cari doni dell’ amicizia, e vincolo di molti pensieri. Ho tolto alla rupe il cespriglio, e l’ho ‘posto in seno, come pegno d’amore che l’Italia mi'dava. Quindi movendo su per l’erta irrigidito dal freddo, sono giunto al piazzo di Giove, e poi ad una co- lonna che è limite tra ‘1 Piemonte e il Vallese. Io entrava dunque nella Svizzera, ed aveva alla destra un laghetto, di 33 piedi profondo, senza pesci affatto e con superficie di più che due piedi gelata per nove mesi dell’ anno. Da 19 questo lago e dalle circondanti nevi trae il Boutier l’origi- ne sua. Costeggiato il lago, ho visto l’ospizio, e vi sono entrato . i I canonici venuti subito incontro con fraterno affet- to, m'hanno accolto e ristorato come se fossi della loro famiglia. Dopo il primo minuto eravamo tutti amici; e dandomi essi una pulita cella accanto alla libreria che hanno tosto aperta, non si sono da me partiti se non do- po avermi visto prendere le misure necessarie a questo clima, da loro ordinate. Il priore Lamon è sempre meco, facendomi vedere le cose importanti e narrandomi la storia . Questa montagna era anticamente il confine tra’ Sa- lassi che dominavano la valle ora detta .d’ Aosta, e i Ve- ragri abitatori della provincia che or si chiama il Vallese. E pare che vi fosse un tempio o una statua dedicata a, un nume Perrino in quel luogo già mentovato. che dicesi piano di Giove: se pure il nume non fu così detto, per- chè era venerato sopra alta cima, al che risponde il vo- cabolo celtico per. Queste alpi eziandio s’ appellavano e s'appellano penzize. Ma comunque sia per rispetto al no- me, i romani occupando la montagna , occuparono anche il nume, chiamandolo Giove penzino , e scrivendo spesso col dittongo all'uso latino Jupiter poerinus (1) come si legge nelle ritrovate iscrizioni. E quindi la montagna fu detta Mors Lovis, monte di Giove, e corrottamente mont- Ioux, ed anche Mont-Devi. Quando poi fosse qui intro- dotto il cristianesimo, e fondato l’ospizio, non si può con certezza affermare. De Rivez opina (2) che Costantino il giovane togliesse di qui la statua di Giove intorno all’an- no 339, e che nel luogo suo fosse posta quella colonna (1) Alcuni hanno creduto che il nome poerinus provenisse da’ cartaginesi nel passaggio d’ Annibale. Ma questo CABitsso passò , in quanto si sa, il Cenisio e non il Pennino. (2) De Saussure. Voyage dans les alpes,T.a. c. 46, Neuchatel,1804. 20 | milliarià ) che'or si vede in Borgo. S. ‘Pietro con questa atilica iscrizione: © tia 'APA puliti (e Imp. CAESARI CONSTANTINO | __.. VIK4]O® ©P.UF! ÎNvICTO ‘AUG. DIVI CONSTANTINI. | OHDOOTOI AG. FILIO BONO REIPUBLICAE, NATO, (|... | * 943100 | F. GC. Van: xxHII. ati; | spa L’iltime parole essendo interpetrate Forum Claudii. P'alleénsitini. Ma di questo non sembra certo se non, l’es- séré' stata la colonna qui dapprima, poichè essa dinota il Ventiquattresimo miglio, il cui limite è dagli antiquarii collocato sulla sommità del Pennino. io Nom è però da credersi che il paganesimo fosse qui distrutte da‘sì Bermardò, come alcuni, presuppongono : e neminenbd che egli fosse il primo fondatore dell’ ospizio. Nelle cronache del secolo nono è nominato l’ abate del monastero ‘di ‘mont:Loux : e negli annali di Berlino si fa pur ‘menzione ‘dell’'ospizio del s. Bernardo.(3): mentre s: Befhardo, della famiglia Menthon di Savoia e arcidia- cono d’ Aosta , morì ‘secondo |’ opinione de’ più nel 1008, e avrebbe istituito 1’ ospizio nell’ anno 962. L’ archivio dél convento fu 'arso:per due grandi incendii : il primo antichissimo e noto per tradizione ; il secondo nel 1950. Talchè nòn rimane altra certezza, se non che l’ospizio era già ‘istituito nel 1025 , poichè si ba.da quell’anno in poi 11 (1(3) Queste cronache sono, eitate dal de Saussure nel capitolo. sopraindicato, Negli annali di Berlino si legge che Lotario II -re di, Lotaringia , facendo. un trattato col fratello suo Luigi II im- peratore, gli cedè Ginevra, Losanna e Sionne, conservando l’ospizio del s. Bernardo. E il‘de Saussure opina che il'mome dell’ospizio potesse derivarsi da Bernardo zio di Carlomagno., che. passò per questa «montagna , guerreggiando: contro l’altimo re de' longohar- di,, Il. che può esser yero. Ma non è indicato il tempo in cui furono scritti gli avnali di Berlino , benchè si sappia che riferi- scona'all’ anno 859. Le cronache hanno ‘spesso date più antiche del tempo, in‘cuillo scrittore le detta. E.sovente:lo scrittore usa.i nomi,del-Lemipo suo, quantunque non fossero dapprima usati, 4 PI 4 il registro de’supériori del convento; chiamati, Proposti - ( Prévots ). E forse s. Bernardo fu desso: che diede esem- pio ; o riordinò; ‘0 promosse la carità de? religiosi. verso i viandanti: il qual’'esempio dura tuttora contutile sommo di quegli ché ‘sono’ qui costretti di passare. /Jmperocchè molti debbono far via per questa montagna , e molti pe: rirebbero: senza ‘il’ prorito soccorso che ricevono, quando sono smarriti nella neve, o quando si rifugiano nel convenr to. I'riechi viaggiatori. vengono qui sol nell'estate, e non hanno occasione a vedere che vita traggono questi! pietosi, canonici. Ma se avessero animo'a salire.il monte nell’ in- vetho; mentre la neve fiocca e i ghiacci precipitano, oh! come' sarebbero commossi d'aver dolce ristoro, e consola: zione!e consiglio. Mai non'potrebbe qui. sussistere, un lo-, candiere ; 5 perchè 'niuna’ pianta non, vegeta in, questo, sito, e le vettovaglie e le legna stesse da accendere;il fuoco, vi sono a caro prezzo portate : » non essendo, neppur frequen- te il ; coop di chi ‘può | spendere; utile principalmente. li 0 eg a poveri perseguitati dalla.fortuna. .;...} (1, ‘Chiunque giunge al. convento j/è alloggiato e nutri- to:con'tutti quegli aiuti che lo stato suo richiede. Solo il proprio nome! debbe Scriversi nelicomune registro: il che. richiedono canonici ‘come una gentile memoria di; chi èvenuto.a conversare con loro. Nè; curano ‘sapere , onde, si venga, ové si vada, come si pensi. Rispondono a qualun- que domanda, ‘etaciono all’ altrui silenzio. Nonrho' mai veduto altrove tanto amore e rispetto ‘all’ universalità» degli uomini. E sì non sono questi religiosi provetti, clié ab!’ Bibo sissi tempo id’avvezzar la mente ‘alla tolleranza, poichè i lo sono stato ‘maravigliato , mon veggendo;, alcun. venerabile vecchiò. L’ ospitalità essendoil primovobbligo» — del Loro stato , vengono qui giovani: e quando attempano;? sì. Meaaferiscono ‘come.parrochi in que’ villaggi che dipen- dono. spiritualmente dal loro capitolo, «Il proposto, essen» do quasi sempre! uomo attempato'; dimora in Martigny 3 di. ‘ove pure hanno stanza i deboli e infermi. Otto ‘0 dieci ca- nonici governati da un priore, hanno cura de’viandanti nell’ ospizio. E due di essi attendono al piccolo ospizio istituito nel Sempione: abbandonato quello che avevano prima sul piccolo s. Bernardo, perchè la carità verso gli. altri è a loro troppo onerosa, e perchè un locandiere ba- sta a’ bisogni dell’uomo in quel nèn sì elevato passaggio. Il loro capitolo era prima ricchissimo : ma di secolo in secolo è stato ridotto a questuare per l’ altrui bisogno. E dico per Valtrui, poichè non godono certo i canonici di vivere in un luogo sì elevato sopra la naturale abita- zione dell’ uomo : essendo l’ospizio 1278 tese lungi. dal livello del mare; e perciò la più.alta stanza che sia in Europa e nelle contigue parti del mondo. Oltrechè si tro- va collocato in una gola di montagna stretta e rivolta quasi a Nord-Est e a Sud-Est, come sono generalmente le altre gole in questa parte delle alpi. Per la quale situa- zione è esposto al gelo anche nell'estate, perchè i venti spirano sempre paralelli alle grandi catene delle montagne. E la maggiore sua ddu pan giunge a pena talvolta a 17 grandi , mentre il freddo s’intensa a gradi 27 sotto il zero: ‘essendo la massima elevazione del barometro 21 pollice e 3 linee, ;e Ja minima 19 pollici e g linee); ben- chè la latitudine non sia che di 45 gradi e 51 minuto, La questua però da’ cononici ordinata , ‘si fa soltan- to ne’ cantoni della Svizzera. Mandavano prima questuan- ti in val d’ Aosta e in Savoia, ma non hanno più questa consuetudine da molti anni. E mai non è andato in altro paese nè un canonico, nè un agente dell’ ospizio , a pro- cacciare elemosine da’ privati e dal pubblico, Il che di- chiaro, perchè non mancano abusatori della carità d’ al- trui , i quali, deturpando il sacro nome di questi rispét+, tabili religiosi, vanno m ercando un soccorso che aiuta. solamente la loro vilissima vita. E sì gli scrittori, prega: ti da’ canonici, hanno manifestato un tale abuso in tutte, 23, le lingue, significando, che 1’ ospizio ha bisogno d’ esser; sovvenuto., ma che attende volontarie offerte, e mai non le chiede fuorchè agli svizzeri. Questo avviso dato uni», versalmente ,. pare che non basti a far conoscere gl’ im. postori , poichè il priore Lamon m’ ha mostrato una, let tera d’un amico suo, il quale diceva : viaggiare con buon passaporto nel F riuli un canonico del gran s. Bernardo, ed aver raccolto molto denaro ad utilità del convento. Di che il priore adiravasi, ben consapevole di non parteci- pare in questa magnanimità degl’italiani; e rivolto a me, soggiungeva: avvertite gli abitatori della vostra patria comune , che non giovano a noi, facendo elemosine a chi lor si presenta col titolo de’nostri ospizii, sia del Sem., pione, o del piccolo, o del gran s. Bernardo, perchè noi, non le riceviamo. Ed io soggiungo: che ogni simile im- postore dovrebbe esser, punito coll’ obbligo, di mandare: al convento ciò che per esso ha raccolto. E lodevole ope-; ra faranno sempre coloro, che qui muoveranno spontanei i lor benefizii, procedendo con questa massima: che la, mano destra non oscuri ciò che fa la sinistra. Imperocchè, un dono fatto senza modi gentili mal risponderebbe ad un, ospizio che è tutto carità ed amore al prossimo. Ciò che i ricchi danno; i canonici rendono al povero. E se le of- ferte degli uomini generosi oltrepassano i giornalieri, bi- sogni, servono ,allora a restaurare, a migliorare ed ac- crescere, l’ edificio, sicchè diventi più commodo e più, utile. Tutti i lavori fatti.in quest’ altura richiedono som- me, grandissime. E negli anni scorsi, mancava pure al convento quella temperatura interiore che è sì necessaria alla vita, perchè troppo più denaro bisognava, a comprar. le legna. Per la qual cosa principalmente fu. domandato un soccorso straordinario a tutta l' Europa, e domandato non già per mezzo di religiosi questuanti , ma dichiarato ne’ giornali, e promosso da rispettabili personaggi coll’ope- ra d'onorati banchieri: d'onde è provenuto intanto questo 4 bene, che il Mellerio ; abilissimo artista }-ha: potuto vordi- nare per tubi di ferro fuso la circolazione dell’aria: calda, dalla :cucina' alle ‘celle de'canonici. Quindi sarebbe ngces- sario far ‘circolare il-calore per le stanze; de’ viaggiatori., aumentare il numero di queste stanze; trarre a fineil terzo piano del convento , e provvedere ad altri bisogni che fi- nora indicati non sieno. Perciò chi è solito gratificare ad altrui, si volga talora all’ospizio, e con-buona: vicerida rimuneri le vp buone. sb lac 74 | Lidde, a dì 17 di giugno 1823: Egli è di vero un male che viaggino alcuni nomini, in- capaci di misurar le cose; e di giudicar:delle persone: I loro racconti traggono all’inganno, e nuociono alle migliori isti- tuzioni. Chi mai crederebbe che i buoni religiosi del gran's. Bernardo fossero accusati di tutta ignoranza da chi era stato lor::commensale! Con che misura mai;sono stati giudicati! Possiamo forse pretendere che tutti imparino tutto! L’uomo è sempre stimabile , quando sa la sua professione. I ca- nonici ; come:ho già detto , vengono qui ' giovanissimi; e debbono attendere all’ altrui‘ salvezza in mille pericoli. Abitano dove non è esempio d’ agricoltura, privi spesso del meriggio, non che dell’aurora.-E ‘poichè attempando si trasferiscono altrove, manca pur qui l’esperienza: del- l’insegnamento. Dunque che istruzione possono e debbo- mo ‘avere? conoscere ed esercitar la «morale: saper Ja me- dicina per aiutar quelli che quis’ ammalano: el studiar nella \geologia delle alpi. Con questa misura bisogna di lor:giudicare: ed io parlando con loro; ho avuto maraviè glia come avessero av uto tempo di considerare' \sopra al- tri argomenti. Già m ‘era noto il nome di Murrith, citato sì spesso dal Saussure : e Murrith ‘è stato quivi canonico. Quindi ho avuto oggi occasione di conoscere ‘il priore Lamon:in molte cose valente. Egli m’ ha:dato particolare con tezza delle medaglie e delle iscrizioni qui ritrovate» ;25 «che conserva nel museo del convento. E m'ha: bene :in- «dicato la parte mineralogica, mostrandomi pure;un «pez- zo di quella levigatà rupe; che per la cattiva»:stagione «non ho potuto vedere nel sito suo tra. le ‘montagne. Poi abbiamo veduto ‘insieme il pian terreno del »convento», ove sono il refettorio e il dormitorio degl’inferioti vian- danti', la foresteria delle donne , la ‘cucina dell’ ospizio;, e le stanze ove lavorano gli artigiani. E salendoal secon- do piano, in cui sono le celle e il refettorio de’ canonici, le stanze de’ viaggiatori , e la libreria, ho veduto con pia- cere misto d’afflizione igl’istrumenti metereologici, che qui portò nel 1817 il professore Pictet di Ginevra; uomo ‘benemerito alle scenze; i quali osservati sempre dal.prio» re Lamon; ed'.oggi da me, alle undici ore della mattina indicavano soli due gradi d’ esterior temperatura. Il, ter: mometro interno dinotava dieci gradi; essendo questo. il calore che i canonici sono ‘contenti trarre dalla stufa,nel: le lor celle. oì Unteizzo Avendo mentovato due diversi diimigeniis potrebbe alcuno sospettare:che qui puiazinome altrove. è solito; si avesse riguardo solo. a chi può spendere. Ma. anzi, qui è meglio curato chi è più infelice. In quanto. al dormire! /e al mangiare, ognuno è servito secondo la sua ;consuetudi- ne, e mai con lusso. Nel rimanente ha minor servitù: chi ha:meno bisogno. Edvio , che aveva chiesto. ed; ottenuto un marroniere' perchè scendesse meco,.egli da mìe; pagato; “lalmontagna';:non:l’ ho potuto più avere; stantechè -ha ‘dovuto a spese:del convento trasportare in più dolce! cli» ma un povero uomo; il quale ammalatosi: nel passare: il monte dubitava d'aver a morir nell’ ospizio: n09 sita ri Nè ieri) nè ‘questa mattina, do ‘non aveva. potuto distinguere affatto:la situazione del convento. Ma.dopa le undici pranzando'co’ canonici ; ho visto alfine «dileguarsi repente la mebbia. E:correndo fuori ;'mi si è dimostrata innanzi ‘al «convento ‘un>altra casa:;'dovesiolti possono 26 alloggiare quando l’ ospizio è, pieno :. crescendo. però la, spesa e l’incommodo de’ religiosi nel dover in due luoghi far provvisione. Ho visto inoltre di lato al convento un magazzino ; che pertiene..al comune di, Borgo s. Pietro. Ma;poco ho mirato in questi edificii, tratto il mio sguar-, do a contemplare il piano che è piccolo sì, ma coperto di, neve e.di ghiaccio tra nevose montagne. A. settentrione, la Chenalette, a mezzogiorno.il Montmort, e verso l’ orien+. te il. Velan, verso l’ occidente il Bossaz e il Pan di. zuc- chero;.come tante piramidi sorgono a splendiente luce. Spettacolo grato à’ marronieri, e maraviglioso pure a. mey, quantunque mi contristasse non poter salire a quella. al-, tezza. Brevi però sono state le contemplazioni e i.deside- ri, perchè nuova nebbia gli ha tolti via. Quindi. entran- do nella chiesa; ov è una cassetta che riceve le. offerte de’ viaggiatori, ho seguitato la mia mestizia sul mausoleo di Desaix, che simile ad Epaminonda morì, tra’vinti ne- mici, con somma gloria sua e della nazione, ma quasi senz’alcun frutto che duri all’ avvenire. Desaix col man- tello avvolto, e sostenuto dal suo aiutante, ;giace a piè. del cavallo che un soldato tiene a freno, Due geni rappre-. sentanti il Nilo e il Pò sono di lato al basso rilievo per indicare ove le battaglie fur. vinte, senz’altro. simbolo che dinoti i nemici. Dalla chiesa sono tornato al refettorio, stinza della conversazione, per aspettare qualche iindabtii e partire; increstendomi ‘il freddo e lo star chiuso. nel conven- to. Nè poteva andare a «Courmayeur per. sopra . il col- le di Ferret, poichè il. passo era pur quivi impedito. Laonde; siccome ioson sempre impaziente d'ogni indu- gio;'m'è stato .gratissimo udire il sonaglio d’un;mulo che veniva da Lidde. E.accomodandomi subito col mulattiere, ho preso comiato da’ buoni canonici. Il. priore. Lamon, secondo: l'uso j m'ha taccompagnato fino alla porta del- l ospizio, e facendo a mia preghiera venire i cinque cani ua) che sono sì utili a guidare i marronieri ‘ove ‘il viandante è in pericolo, ho avuto piacere in carezzarli, essi buoni , grandi e festevoli. ‘Di poi coprendomi col mantello; ed appizizto alla guida, ho cominciato a discendere giù sulla neve con passi incerti. Sapeva che tal cammino doveva oggi durar tre miglia, e molestavami essere imperito a siffatti sentieri. Ma dopo breve pratica deponendo il mantello, e pigliando il lungo e ferrato bastone , datomi dal priore Lamon, son disceso sì presto e con tale diletto, che ancor quando poteva andar sul terreno girava nel monte per camminar sulla neve. A poco a poco si rischiarava il gior- no, benchè declinasse il sole. Ed ammirando le succes- sive montagne più ripide e nevose che non verso l’Italia, non m’accorgeva che io era sopra il torrente. La voce della guida m’ha fermato a tempo opportuno, dandomi \ pop: paura; ma piacevole maraviglia. Siccome il Boutier ‘ dall’ apposto declive tragge le acque del gran s. Bernardo al Pò, così la Drance da questo lato corre verso il Rodano: e la, neve avendo coperto e lido e fiume , io aveva già camminato senza saperlo e per molto intervallo sopra le acque stesse del precipitoso torrente. Quindi era giunto ad uno scoglio; da cui vedevasi giù cadere il fiume, in- terrotto il nevoso piano di breve spazio. E sopra lo scoglio ela Drance era l’ultimo arco della neve che. me reggeva. Io imprudente ho saltato sopra il precipizio, troppo più dilettato dalla nuova qualità del sentiero ; e benchè sia sdrueciolato sugli archi seguenti, non è però caduto il tt i i . Inchinava la valle ‘dritto a settentrione, ‘e non udi- vasi nè eco; ‘nè rumor di fiume. Dopo due miglià però ho cominciato: a udire il mormorio delle ‘acque, veggen- do anche molti ruscelli che d’ogni lato ingrossavano la Drance. E fatto un altro miglio, ho ritrovato. una istan- Zetta a volta che ‘pur si chiama Spedaletto., e dove pur vengono i marronieri d’ inverno, contigua ad'altra simile stanza che serve qui di sepoltura come'lo scoglio giàvmen- — tovato! nel-salir dall’ Italia. Quivi era oggi il limite ‘della neve:re seguitando discendere per quasi un' miglio ‘sono pervenùto ad un piccolo piano ; tutto! pietroso } il’ quale essendo iu ‘cima ‘a gran prato ( prow in dialetto ) è detto la sommità del Prou: Da questo piano ‘il ‘mio'condottiere ha\indicato ‘verso l'oriente un ghiacciaio } detto di Meno® ze su in alto ma sotto la cima del Velanj donde nascevil: primo torrente che intorbida le acque della Drance. Dal- lo stesso/piano i professori ‘Trembley e Pictet misurarono:. trigonometricamente:l’ altezza del Velan ;‘resultandone 749:tese al di sopra della sommità del Prou', la quale'è' già 1973 tese più alta che il livello del:mare. Talchè “Vas sbluta altezza del: Velan ‘sarebbe ‘1722 tese: notando però che il canonico’ Murrith essendo salito sul monte nel: 1779; lo misurò ‘con osservazioni PRE alto i incir- ca #64 tese. smla "Quantunque i sur coprissero già la valle; non ap- pariva ‘ancora l’ ombra' degli alberi. Questa nonsi ha che' vicino ‘al Borgo s. Pietro ; primo villaggio del ‘Vallese: Ed allora: diventano le montagne maestose e ‘tetre, cor: rendo la Drance ne’ dirupi sotto spessa selva’ d’abetie “di larici. Poi ondeggia in qualche campo 'la segala ‘@ l'’òrzo 7 ed-all’ entrar: nel borgo si traversa sopra ‘unalto ponte di travicun grosso e itorbo torrente ‘che ‘purosì ‘chiama’ Drarce; e icorre profondo ‘e vorticoso tra cupi:macignii }') avendo l’ origine sua dal ghiacciaio della Valsorey. A di' sopra; tra altri ghiacci, al principio del Monte - Nero , è una cavità«di: circa 19 tese piena d' acqua ‘in alcune’ sta- gioni: E quando :digela, se tutta ‘quest’acqua- precipita ‘a un tempo-nella Drance.; essa è (cagione ‘d’ imondazioni e rovine!! Talchè spesso le due Drance'; unite! insieme; di sertano:la» valle ‘fino alla foce nel Rodano presso Martigny. E questa valle, che è sempre irrigata dalla Drance del 29 . gran s. Bernardo, dicesi /’ Entremont; pato ba ragione ch’essa è tutta tra monti. Borgo s. Pietro è sulla riva destra e. nel line d’ amendue, le Drance. È piccolo, con capanne piuttosto ;che.case, con popolo tutto gozzuto , ed elevato sul. mare ‘intorno a 825 tese. Ma però dinota subito gran. diversità aî precedenti. paesi negli usi e ne’ costumi. Qui è la doga- na del Vallese: io,non ho visto doganieri. Niuno m'ha importunato. con. niuna domanda. Mi pareva rientrare nella patria. mia;.tra, popolo urbano e dolce siccome il nostro. E nel borgo. è la colonna miliaria de’ romani già da.me sopra notata. Quindi nella. piazza corre l’acqua, non già da un. tronco d’ albero come nelle vie.d’ Aosta ; ma:da una fontana;che ha quattro tubi orizzontali e una vasca, nella -quale è proibito. lavare se non l’erbe, :Oh! come è grato vedere.il principio d’un governo. che prov- vede al bene di tutti; senz’aver apparenza di governare. E gli abitatori sono industriosi, costruendo vicino «alle case magazzini o granai che chiamano grarges; i quali sono tutti d’abeto o di larice, divisi in due piani, per riporre al di sopra la paglia e il fieno, e \aldi sotto» le biade. Anzi è diviso pure il pianterreno in più stanze, la maggiore delle quali serve d’aia per battervi, senza che il vento: ne disperda ; la segala e .l’ orzo. L’ edificio poi è isolato, e distaccato anche di qualche pollice dalla terra: sostenendolo-più travi fitte nel terreno; che. hanno larga pietra a..guisa, di capitello, per ovviare umidità ; Vin: ‘cendio, e la frequenza de’ sorci. La,valle non (è quivi dritta a settentrione; ma volge . ad.occidente. Ed a mezza lega dal borgo ho passato per un gruppo di.case che ‘chiamano Aleve; dopo altra mezza lega; sono entrato,nel, villaggio di Lidde.; più grande:oma | simile al Borgo.s, Pietro. Lidde è roi sullivellordel » mare intorno a 692.tese.Ma.la valle più latgav offre qui Y A si I ‘ 7 So maggiore cultura ,‘e vi nascono i ciliegi; i fagioli, il gra- no, e le fave. Queste sì coltivano come si fa talora a'ma- gliuoli, piegando le' già alte piante e coprendole di. ter- ra, affinchè dieno più sugoso frutto. Nelle piagge delle montagne veggonsi molti casali dipendenti, come nella valle d’ Aosta, dal campanile di Lidde. E fuori del vil- laggio; allorchè si trova una cappellina, chinando a sini- stra verso il fiume , si scorge la natura fatta mirabile: da poca arte. Un rustico ponte gettato sopra due rupi erte, strette e profondissime , dà luogo a vedere i tempestosi e cupi flutti della Drance, che accolgono molti placidi ru- scelli grondanti giù dagli scogli, sotto un’ ombra conserta e piacevole che riposa gli occhi e 1’ animo. Solo 1’ avvici- nar della notte ha potuto ritrarmi da questo dolce asilo; e mi sono accompagnato ad un mulinaro per tornare a Lidde. Mentre si saliva, egli era lieto mostrandomi il Velan che libero dalla nebbia occupava tutta la meridio- nale e superiore larghezza della valle. Quindi veggendo alcuni passar per la via colle bisacce sul dorso, e a lui domandando chi fossero ? sono pastori, ha risposto, ven- gono dal villaggio di Servan, e passano il gran s. Bernar- do per fare il formaggio nella valle d’ Aosta. Ed io sog- giungendo: essere un bene la vicenda del commercio e dell’ industria de’ popoli, perchè se di qui vanno i. pasto- ri in Aosta, di là altri verranno ad altro ufficio in questi paesi .... Oh!'sì, mi ha egli interrotto; vengono qui molti dall’ Italia, facendo ballare gli orsi e .sonandoila cornamusa, o mostrando la lanterna magica e sonando l’or- ganetto. — Io ho ben sentito il velen' dell’ argomento in questa risposta. Deh! tolga Iddio all’ avvenire , poichè non so quale aiuto a noi se dal ciel non viene, deh! tol- ga Dio l’occasione d’aver simili rampogne. Mi sono ri- parato nella locanda che non è forse la dugentesima!casa del villaggio , ed ho trovato in una pulita sala, sul tavo- 31 lino che mi doveva esser mensa , la gazzetta di Losanna, il Conservatore svizzero , la doti del viaggio sul Monte-Rosa, e la carta geografica del Vallese. Bex, a dì 18 di giugno. Ho goduto oggi d'una bella aurora, e partendo da Lidde mi volgeva spesso a guardar il Velan splendientissimo tra maestose montagne. Lo era in compagnia di molti contadini che andavano colla marra a lavorare i campi: e dolce m'era udirli ragionare del loro cantone, mostrandosi consapevoli di quanto si delibera, e contenti e partecipi del pubblico be- ne. Essi parlavano meco in francese, insegnandomi talora i vocaboli delloro dialetto. E quando a vicenda interrogavano me, chi e donde fossi: nominando io Firenze, Bielevanio dini argomenti, per dedurre ove questa città sia collo- cata. Che se io eiapoki deva essere in Toscana: neppur que- sto nome non era ad essi noto. Oh ! fortunato popolo che pensa solo alla patria , ignorando altresì quello che s’ado- peri ne’ vicini cantoni : il che impedisce gli ambiziosi di- segni, e l’odio e la guerra de’ municipii. Ho domandato qual fosse la vera lor patria: ed essi, il Vallese. — Non sie- te dunque svizzeri? — Oh! sì certo: del Vallese, per la vita civile: della Svizzera , per la comune salvezza. — Noi camminavamo'al rezzo, lungo la piaggia che declina erta sul fiume: e di quando in quando, ove si trovava un campo seminato;, ivi rimaneva alcuno de’ miei compagni, che nel lasciarmi desideravano il ritorno con lieto augu- rio al mio viaggio. Così tutti m’hanno lasciato: e scenden- do io al villaggio d’Orsiere, non vedeva che numerosi armenti , senza tori selvaggi, senza vacche gelose. O per la freddezza del clima ( ed oggi pure, benchè buon tem- po, era la rugiada ghiacciata ne’ prati ), o per la grassez- za del pascolo, o per la loro natura , tutte queste vacche e vitelle sono bellissime e festevoli. Pascolano in varii gruppi; e vengono a veder chi passa, e muggiscono ed 38: - alzano il muso per desìo d’ essere accarezzate. È pe di- lettevole andare a piedi per siffatto paese. ||| {°° Prima d’ entrare in Orsiere ho visto il ‘ print di miglior coltivazione , non essendo più neve ne’ prossimi monti, lavorato ad argini il più basso declive, e le alte cime coperte d’utili selve. Nondimeno la temperatura è sempre poco idonea a’ vegetabili , poichè Orsiere , tutto- chè situato in fondo d’ una valle, è più alto che il mare 459 tese incirca. In questo villaggio, ‘più pulito e più rande ma simile a’ precedenti, son passato per un pon- te di legno alla sinistra ripa della Drance : ed entrando nella chiesa, m’ è sembrato di vero da montagna, perchè è tutta irregolare e bassa , ed ha per soffitto una volta veramente a botte , costruita di tavole d’ abeto. Dopo Orsiere, è la via esposta a’ raggi del sole. Onde si gode oltremodo, allorchè, distante un miglio, si trova un noce che spande grande ombra. A questo , che ho ve- duto per primo nella valle, altri couseguitano: e la Dran- ce corre di mezzo ad alberi e prati fino al burrone, ov’ è il piccolo villaggio di s. Branchier. Quì incominciano a vedersi anche peri e meli, essendo il villaggio 378 tese o incirca sopra il livello del mare. La Drance bagna le case degli abitanti, e accoglie un altro torrente che pur si chiama Drance. Questo ha origine dal monte Durant e da’ ghiacciai di Chermottanaz, e irriga la valle di Bagnes, amena, fertile, e celebre pe’ famosi bagni anticamente frequentati e poi distrutti dalle lavine; perchè i voluttuosi romani tagliarono gli alberi che impedivano la caduta de’ ghiacci, per edificare i loro magnifici palazzi. La val- le di Bagnes, larga tre leghe e lunga sette , principia quasi da s. Branchier, benchè di qui non si scorga: ed è sì de- liziosa e. feconda perchè alte montagne la riparano a settentrione. Mi sono fermato in s. Branchier per far colizione al solito cou latte, miele e caffè. Qui non sono pubblici caf- 33 fà : ogni locandiere fa quest’ ufficio; presso i quali, anche ne’ più piccoli casali, trovasi il zucchero in pane. $i, ri- ceve tutto in grande abbondanza, spendendo al. più ‘una lira: ‘Talchè non'so come alcuni ale esser caro il.viag- gio per questi paesi , ov è pur da notarsi.che i viaggiato+ ri:passano solo d’estate. Ieri sera non spesi che tre fran-; chi in Lidde; avendo buona camerella, buona cena, buon letto'}\e quella*servità che si ha nella propria famiglia. Del rimanente, il villagio di $: Branchier, quantunque » sia presso um fiume e nel confine di tre valli ( poichè. fî- misce qui la valle d’Entremont,.e seguita la valle di Mar- tigny verso occidente ). è orridamente situato in angusto borro con imminenti rupi a settentrione: onde io nor sperava trovar la via come prima dilettevole. Ma dopo breve intervallo ho visto:da amendue le rive della Dran- ce sorgere antiche; selve di larici, di betulle e .d’ abeti, in mezzo le quali era dolce cammino: e terminata la sel- va; incomincia la vigna. Quindi però tutto. di nuovo si cambia. Tra massi di granito vedeva terra e sabbia, senza pure un filo d’ erba : abbandonate le poche case lungo la riva: E giunto alle rupi di Monet, ho passato per cunicolo cavato nel macigno ; il quale può chiamarsi la. grotta di Monet, ed è rozza come l’inculto paese. Non jho avuto uopo domandare perchè avessero fatto la grotta, stantechè il fiume è rapido in stretto alveo; e sull’opposto lido: era tuttora un:masso; di ghiaccio ivi caduto. Non;piacendomi questo luogo ; mi.sono affrettato verso. Bovargner, senza qui trovare maggiore. letizia, avendomi a compiangere di ‘ veder) cotanto }imbruttire stub) buon popolo nelle orri- de capanne del villaggio. A due; a' tre, a quattro, i gozzi deturpano le persone: laide le ds con senile sembian- za. E sì la natura mi rimostrava allora le, sue bellezze ; facendo vegetare alberi e frutti intorno alle squallide abi- tazioni. Nè. cessavano d’ andar le piante in-rigoglio;con- timuandosi di qui in poi per tutte le colline. T. XII. Dicembre 3 34 ._ Fuggito io da Bovargner, e passato , sollecito ,per la Valette, altro villaggio consimile e vicino, al primo, sono stato fermato dal subito sguardo in mirabile. campagna. A' destra è rupe ripida, sparsa di piccoli e rari arboscelli , Sotto cui*tra gli scogli volge la Drance i flutti, Nello spazio declive interposto dal fiume alla strada ondeggiano le semente ; e la via è ombrata da frondosi castagni. A sinistra poi veggonsi grandi seni di monti, ove dal verde chiaro de’ pampini sale per gradi il colore alla cupa foglia dell’abeto , non mai il terreno senza l’ erbetta, non mai la pietra senza il musco,, splendienti le nevose cime. in- contro al sole. Io io appoggiato, ad un albero, e non sarei sì tosto partito , se non mi distraevano alcu- ne contadinelle, che passando colla secchia in capo m'han- no fatto reverenza e salutato, dicendo: serpitewr, Mes- sieurs. Questo loro saluto SALA aumentato il, mio di- letto, se con quelle della grammatica non si fossero congiunte altre mostruose figure. Nè dopo aver io, esse Seas , non poteva più Heat all’ .immaginazio- ne, popolando quel bellissimo luogo di pastorelle genoye- ‘ Onde ho ripreso il cammino , e dopo sei ore che era pivot da Lidde , volgendo all’ oriente son giunto, nella ‘valle, in cui la Hiance mette foce nel Rodano. Prima d’ arrivare alla foce , ho visto a. sinistra il principio . del vallone che conduce pel colle di, Balme a Chamouny ;.e poi passando la Drance ,, ho percorso la piccolissima città. di Martigny. Quivi ho trovato le prime rose dopo la mia, partenza dall’ Italia; ma non vedeva chi potesse, « offeren- dole, arrecar piacere . Talchè sono stato alquanto in, dub- biò, se m’incamminava verso Sion a fine di conoscere l’alto Vallese: ma potendo far quella via per tornare in_ Italia a traverso il Sempione, ed increscendomi la. conti. nuità della deforme popolazione, mi son risoluto d’andar per la valle di Martigny a s. Maurice. La valle è qui oriz-_ zontale : 61 tesa al di sopra della foce del. Rodano. nel 35 lago di Ginevra, e 249 tese al di sopra del livello del mare. Martigny è situata sotto il monte, e potrebbe es- sere distrutta dalle lavine , se la montagna fosse senz’ al- beri. Nominata Octodurus al tempo de’ romani, essi vi venivano a villeggiare: ed il popolo crede che fossero da loro piantate le vigne della Margue e di Coguempin , d’onde si trae sempre buon vino. In breve ora si vede la città , ed io mi sono tosto avviato a settentrione , avendo continuo e forte vento in faccia. Il Rodano venendo dall’orientale Vallese, ed essendo qui impedito dalla montagna della Forclaz che separa il Vallese dalla Savoia, gira molti gradi verso settentrione; mentre accoglie la Drance. Io ho passato di nuovo questo torrente, uscendo di Martigny : e il ponte essendo sotto uno scoglio calcareo , nudo, bruno, e tagliato a picco, ho voluto salirvi per veder più da vicino una torre che sopra- sta alla rupe. Essa è fondata in muri larghi due tese, e pare altissima, sì perchè molto innalza , e sì per cagione | dello scoglio elevato che è sua base. Contiguo alla torre | sorgeva ne tempi passati il castello della Bathia , ove di- . moravano i vescovi del Vallese, che hanno poi trasferita | la sede in Sion. E comunque sia opportuna la loro nuova | abitazione, certo si è che dal castello potevano scorgere | quasi tutto il gregge, poichè la torre è nell’ angolo, dove il Reno volge il corso, e da cui diramano le valli. Sotto la rupe è una alp peliliata ed il villaggetto della Bathia, Ni per mezzo il quale passa la via che tragge senza molto incommodo dall'Italia. Sicchè io disceso dallo scoglio , andava tutto attento a chi mi seguitasse, desiando rinno- var qualche cara amicizia contratta in patria. Ma oggi , niuno è venuto d’ Italia, ed io privo del dolce conforto di riveder gli amici, mi som procurata la compagnia | successiva degli agricoltori che facevano di tempo in tem- po la medesima strada. Essi mi dicevano il nome e la — qualità dei villaggi: avendo ogni comune un prato e un dia PR I i | 36 bosco; dove tutti i-respettivi abitatori possono far legna e'usar del pascolo. I quali dritti utilissimi al povero non sono mai lesi da’ prepotenti. Ciascuno - rispetta’ altrui confine ; che è qui ben indicato dalla‘ natura, poichè: la valle è ne’ seni delle montagne; e i limiti son chiari lun- go il giogo de’monti. Il piano è tutto coltivato. La piaggia è boscosa quando ha dolce declive, è nuda se ha sporgen- té cima. Nè le rupi increscono, essendovarie e»maestose: anzi danno spesso maraviglia , come per esempio ad: luna lega da Martigny , ove sì traversa un torrente sopra pon- te di tavole. Esso sbocca ‘all’ improvviso da ‘una voragine larga due tese e alta dugento o circa: è chiamato acqua nera, o Trient: nasce “dalla Vallorsine; € con 'simuosi vortici muove per caverne a quest’ apertura, che è quasi verticale e porò! lungi a sinistra della via;e dove il monte noù appariva nè fesso, nè interrotto. Dentro la’ voragine avevano prima commesso qualche.tavola per salire.sull’al- tura ‘nel bosco. Ma ‘il ‘pericolo del precipizio, andando per sentiero sdrucciolevole e cupo , ha quasi rimosso gli abi- tatori. dal malagevole passo. Nè v'è più la fabbrica ‘del vetro; qui istituita prima che sapessero per che via avreb- bero portate le legna. Pare che .ne resti solo il. nome al vicino villaggio che chiamasi Z’errerie, quantunque l’ ho udito nominare a'contadini Zerrieres ed anche Verneie. Questo villaggio è è senza campanile , e dipende da quello “di Servan che è situato nella montagna ye ‘che’ manda i livio suoi nella «valle d° Aosta. sir Dopo Verrières è un prato del comune; che volge quasi in anfiteatro: e dove esso finisce, edili le) prime spume del Pissevache. Lira; temine cade giù a picco di Mezzo a due rupi da un’ altezza di più che 45 tese: ed'oggi avendo ridondanza d’ acque; poteva sembrar miraviglioso! Ma'io aveva sentito‘ troppo ‘spesso vantare questa ‘cascata più-che quella di Terni: ed ‘i paragoni, che illudono talvolta chi ode e chi legge, ‘infievoliscono 37 gli effetti innanzi a chi vede. E. come sì\può. paragonare un torrente che cade per nude rupi in valle angusta,, ad un:fiume che cade per amenissime valli nell’amena pro- vincia dell'Umbria, Non è gran tempo che aveva passato sei ore ad,ammirar per-la seconda volta la cascata. delle .Marmore. Sotto il-Pissevache mi sono bastati, pochi; .mi- ‘nuti ; e. mi piaceva più guardare verso il Rodano che qui ‘trabocca esspande.in più rami le acque sue, raccogliendo- slerdi muovossotto il-prossimo villaggio di MivilZe. Sarà forse bellissimo il: Pissevache.la mattina, allorchè nel suo. va- “pore si ritrae l’ iride: e pure a.me dilettava guardandolo da Miville; poichè di qui scorgeva;a un tempo le rupi .su- iperiori e interne , ornate di musco e. d’ alberi. La via è sempre vicina al Rodano, ma l’interposta coltivazione, impedisce spesso che si. vegga il fiume. E dopo il villaggio di Za Barde mi son trovato in luogo sì grato, ed anche. più vario, come presso la, Valette:. co- stretto pur qui a. vedere mostruose (figure, massime. nel susseguente villaggio di Zierze., il quale è .si chiamato da Ebel, e credo sia quello stesso/che Saussure, chiama Inviana o Envionne. Io non ho. avuto animo a. verificar- ne.il nome, domandandolo alle donne che filavano. nel villaggio: le quali. non imitano pur l'usanza di Val d’Aosta, ove si procura nascondere le deformi fattezze. Qui le gio- vani e.le vecchie portano un cappellino, da sotto il quale sporge tutto -scoperto il viso e il collo.con maravigliosa bruttezza. Ed un altro uso. cominciava, a..dinotare ,, che “mai, pareva ,,vano.e pericoloso. I tetti, delle case pendono omolto inclinati. per quattro piani;; e nell’ estremità della linea superiore vedeva spesso due ritti.di;legno a guisa di : candeglieri, che mi.sembravano. messi, a, posta per tirare “sil fulmine. Ho domandato il perchè ?.m' hanno risposto : “iper; ornamento. Ma; l’ origine. vera .di, ciò ,,come poi ho .:saputo,; è alquanto antica : provenendo, dall’ orgoglio de” orbaroni,, che, ponevano que’ritti e.una;banderuola sopra 06038 i “piane di ‘lot pertinenza. ‘Abolite le banderuole, soho re- fici que’ pezzi di legnocon superbia iniatile. ‘01 Guois ‘Presso Vienne ‘le montagne mutano'aspetto: Guar- oQunabi verso Martigny tea le'cîme nevose:!della] Val- sorey e ‘del Velan. E dalle presenti rive ‘del Rodano‘sor- ‘gono înnanzi e a destra la Dent o VAigrille dala Moréle, ‘eUa sinistra la Dent o l’odiguille du'midi:,montigne °miolto simili di figura e di colore, giallastre diel biasb08 e poî grigie, con vetta bruna dove manca?4a' neve. Qui di cessano i monti primitivi ; e'tra'scopli“calcateisi ‘strifige la valle ‘intorno ‘alla città' ‘di‘s. Matiriedi Questa città, ‘iiota «negli ‘antichi ‘tempi ‘col‘' nome d’'i/gauriini; alla ARTE ‘del'basso* Vallese: Non è grande; hè bella, collocata sotto ‘una rupe. Ma verietido quii'per la vid éhe' ho olileazicno pare'd’eritrare in tiha*città vaghissima; cotatito è sviperiore alle precedenti. E le‘dontie' altresi, per la'stessa fagione) ‘a pparistono leggiadre* oltrechè hanno doléi'mo- dil'e‘saino dar‘grazia alla persona'colle vesti e co'cappel- li'd’utia ‘forma tutta ‘Tor particolare. Nè è poco veder più rari i gozzi. «Quando le giovanette'non hanno'deformi fat- tezze } mai non dispiàciono. To ‘era nella ‘via ‘dritta’ di‘ s. “Maurice, ovè l’acqua’ sempre ‘discorre’. e dove sono'le botteshe de’ mercanti. Guardatido ‘invano ‘sé ‘v’ era’'ùan ‘èaffè da riposarmi, lio fermato ‘il passo davanti ‘uni ‘baòn vecchiò ‘che ‘vendeva ‘stofe e' ‘panni. Isao salutò’ in’ ‘ha ‘dato animo ad entrare ‘nella bottesd) 0v èra ta figlia! sta, | bella è ‘sentile imincandole soltanto 14 vivacità Vaegli occhi italiani. E con lei e'col'padre‘discorrendo'}‘ ho do- ‘vito accorgernti ‘del buon'costume che è in questi paesi , ‘dove’ fe figlie ‘si'educano ad ‘essere leali' consorti. Non era ‘Quella giovanetta nè timida nè inospitale, e col’suo fran- cò; semplice e modesto contegno dava a conoscere che eta libera, ima‘che avrebbe ad un ‘solo uomo donato il cuore. To gioiva‘a''veder questa libertà modesta che ‘pare esposta alla seduzione e non la teme. E mi sono partito da 39 | fei suo amico è con quella contentezza che. dà la .cogni- zione dell’onesto. Il padre m°ha suggerito quello che;era da vedersi in città : ‘e volgendo perciò dietro la .cattedra- le per un sentiero cavato in gran parte a scala.nella rupe, dopo molto salire ho trovato una cappella ed. un romito- rio. L’ eremita non v'era: la cappella era chiusa: ed io mi ‘Son posto a sedere sopra umisasso ; guardando i contorni.di | s. Maurice, molto più belliche non aveva presupposto. : Il Rodano. trae. verso la città colla sinistra riva: orti e «alberi fruttiferi sono intorno le case: quindi semente e | prati. Sulla destra sponda villaggi, vigne, e boschi. sotto le rupi. Io teneva gli occhi fissi nella campagna, e non aveva veduto che. alcuno salisse. T'alchè m' ha riscosso una voce rauca e bassa, che domandava chi fossi, E voltando- mi al suono, e vedendo un vecchio quasi ceco ; vestito di nera e licet toga ,, sudicio e burbero .come un. inqui- sitore; buona sera eremita, gli ho detto ; io sono italiano. Vi sarà dunque grato , egli ha soggiunto, veder il ..luogo ove fu distrutta la legione de’ romani che aveva nome di tebana : essa fu martirizzata là (additava un punto della valle ) nell’anno 302, perchè si era fatta cristiana. — Io nulla ho risposto, E l’ eremita sdegnandosi che io non rispondeva , ha con brusco tuono esclamato: ecco dà; il «campanile della badia , la quale fu fondata in memoria ; di quel. martirio: Infatti per tale tradizione fu istituita la badia da Sigismondo re di Borgogna, uomo efferato ed | empio uccisore de’ suoi parenti, e. poi ammazzato egli medesimo,in questa stessa badia. Avendomi.il romito indicata la badia, m'ha dato occasione a partire. Essa è in città, non lungi dalla cat- tedrale: ed è stata rinnovata ed accresciuta, avendo chiesa non bella, ma spazioso monastero e buona libreria i con antico archivio, I religiosi sono amabili; il che si cono- sce anche dal loro giardino , che è tutto .odoroso di fiori. 40) - Dalla badia proseguendo in città, sono giunto alla ri- va. del Rodano, e lungo la spiaggia ho visto poco poi un ponte d'un arco solo, elevatissimo » largo, e maestoso , edificato da’ romani. Le acque correvano “abbondanti e chiare, senz'altro spazio tra’ monti che la via tagliata nella rupe : sì stretto è il passo dal Vallese al cantone di Vaud ed alla Savoia, Impero è 1l ponte fa qui confine: se non sì passa , è il cammi bito in Savoia lungo la sinistra del Rodano; e passando io il ponte, e salendo un poco,, fermatomi a vedere il fiume , il ponte, la città, il castello, le rupi, e le belle masse dell'ombra nel superio- re bosco, è venuto a me un giandarme, chiedendo con buona_ grazia il passaporto ; io era già nel cantone di Vaud; che prima partecipava del cantone di Berna. Vi- sitato il passaporto, e niuno guardando la mia valigia, che faceva portare a un mulattiere , ho seguitato la via, pa- rendomi entrare in un ampio e e vago giardino: buona e piana la strada; sotto hoci MEDE , con prati continui, Talchè dopo aver camminato per dodici ore, mì sembra- va questa nuova passegg lata un dolce ARG Dopo tre miglia son giunto in Bex : e in questo grato villaggio ho avuto nuovo conforto in una pulita , tranquilla e comoda abitazione, che chiamerei piutosto villa che locanda, es» sendo ospitali i padrani , € collocate le stanze sopra gal. dini e prati, vicino a vaghissime colline. Anche in Bex ho visto molti ritti di legno sopra i tetti: ma in alcune case sono veri parafulmini postivi do- po la pubblicazione delle dottrine di Franklin, Essi e le linee angolari del tetto sono coperte di latta, findove priù- cìpiano i tubi di latta o di piombo, per cui gronda l’ acqua piovana. 4 Notizia sulla‘hona adunanza annua. della SOCIETA” ‘ELVETICA Di Sorenze NATURALI, (*) tenuta! ‘ad’ | Arau ne’ pati at, 22, 23 dilugliò, dell’ “ahinio presente oe iI i I membri della Società elvetica delle scienze natu. rali giunsero successiva d Arau la sera del ‘#0’ Ti- glio. Era stato antece ente formato un’ Ufizio d’ alloggi sotto la presidenza del sig. D. Carlo Fehr se! gretario della società per la corrispondenza; erano stati posti nei diversi alberghi degli agenti, i quali via ‘via lo ibformavano dell’arrivo de’ vari membri della società. .., A ciascun membro veniva immediatamente’ corse gnato un biglietto in litografia ‘ove era notàto Y alloggio destinatogli , il luogo e l’ ore delle sessioni della ‘società | e gli oggetti che più meritavano d’ essere veduti in Ara e nelle sue adiacenze: Le famiglie più: agiate avevano fatto precedentemente sapere al sig. cONGiglicro D.F rey il quale: aveva questa incombenza E numero degli ospiti che cia- scuna di esse poteva ricevere, Da per tutto erasi prasa: ogni cura perchè gli onorevoli amici, con tanta impazienza aspettati, venissero trattati nel miglior modo. Il sig. dott. e rettore Meyer, segretario compilatore del protocollo della società, aveva preparato nel suo giar- dino un padiglione , affinchè i soci potessero troyarsi in- siemé appena arrivati , trattenersi e rinfrescarsi. Îl' fatto sta che questo giardino divenne tosto il punto centrale di riunione ; ed. era un commovente spettacolo il vedere tanti uomini dotti, tanti uomini distinti s tanti compatriotti, che giungevano da diversi cantoni, léalmente ed amiche. volmente conversare e passeggiare sotto gli alberi’ e pei viali di quel luogo delizioso . Il dì 21 di luglio, a nove ore di mattina il comitato (*) Vedi Antologia Vol, I. p. 58. {è centrale si adunò in una sala del palazzo civico per’ pre- parare ciò che doveva farsi nella prima sessione, la:quale ebbe principio a dieci ore. Il sig: Herzog d’Effingen, borgo- mastro attuale , e parecchi consiglieri di‘stato ‘onortarono questa adunanza. Il sig. dott. Saverio Bronner:, per que- st’ anno presidente della società , proferì un discorso ‘in' cui passò rapidamente in na i subietti che più. par ticolarmente offre la fisica nquisizioni:de’ naturalisti; svizzeri; invitandoli a portare la ‘loro attenzionesu.pa= recchi punti della scienza. ron stilo Fra gli altri raccomandò loro le deo giasn sulla elasticità, e i calcoli a questa relativi: sulla’ teorica del- l'impulso dell’ acqua, su i movimenti del pendolo portato sulle montagne: le indagini ad agevolare. i calcoli della resistenza dei mezzi : |’ esperienze della propagazione del suono , e l'applicazione di queste ‘a misurare la velocità delle palle: l'applicazione della teorica dell’ asse de' cri- stalli alla mineralogia : la costruzione d'un’ eliostata di poco prezzo: l’ osservazioni esatte sul: magnetismo terre- stre, sulla direzione dell’inclinazione dell’ago magnetico: e nuovi tentativi per estendere il campo. dell’ elettro- magnetismo. 118) Indicò come cose essenziali il diligente esame: di parecchie questioni relative al calore, alla sua:trasmissio! ne, a quella del raffreddamento; la scelta ‘e la coordina zione delle scoperte già fatte; il perfezionamento della» teorica delle tempeste; gli schiarimenti sul dubbio se iù» alcune circostanze l’ammosfera contenga del gas idrogeno; la costruzione di nuovi apparati, mercè de’ quali possa: osservarsi a diverse profondità la temperatura: della terra! come’ quella dell’ aria ammosferica ; 1’ osservazione ' della temperatura dei laghi e delle sorgenti; la determinazione esatta dei diversi gradi di calore dei laghi , e l'esposizione . dei vari fenomeni; e l'esame della distribuzione del calore nella Svizzera ; delle sue curve isoterme; della: tempera- i 43 tura media; della legge del raffreddamento, partendosi dalla pianura fino alle più alte sommità. ? Richiese che fosse descritta e rappresentata grafi- camente la Flora e la Fauna elvetica, e il complesso delle catene delle montagne, secondo il metodo del sig. Hum- boldt : che venisse isometricamente determinata l’altezza dei luoghi: che fosse osservata la linea delle nevi sopra un gran numero di montagne sulle loro esposizioni a mez- zogiorno e a tramontana : che le osservazioni meteorologi- che non fossero limitate al solo barometro e termometro, ma che si estendessero all’iotometro, all’ atmometro , al- l’igrometro e all’ anemometro: che per la Svizzera sì studiassero le relazioni che passano fra l’evaporazione e la massa dell’ acqua di pioggia che annualmente vi cade: la teorica delle nuvole, tanto rispetto alla formazione, quanto alla dispersione loro: le condizioni secondo le quali la rugiada è più o meno copiosa a diverse altezze; che (si determinassero con esattezza quali sieno i venti più fre- quenti nella Svizzera, e s'investigasse il principio della loro origine: che si notassero tutti i fenomeni ammosferi- ci, e si riunissero tutte le sperienze capaci di fissare la quantità di acqua che da una data superficie delle alpi si versa ogni giorno nel bacino che essa forma; e di pren- dere ciò per base del calcolo dell’ emissione dei fiumi: che si studiasse e si descrivesse, con maggior precisione di quel che si suole', il corso di questi fiumi, il terreno che occupano, i danni che fanno, i mezzi d’ impedirli:: le fonti intermittenti; le sorgenti isolate che offrono qual- che cosa di notabile, e che si cercasse quel che è stato fatto rispetto a ciò: che si facessero conoscere con preci- sione.i luoghi ove .si trovano il petrolio, il bitume, |’ an- tracite, non istudiando isolatamente i loro strati, ma se- guendoli nelle loro comunicazioni fra loro, e nel corso loro all’ esterno:e nell’ interno delle montagne: :che‘a tale oggetto si facessero cdlelle escavazioni,, portandovi Jo sguar- 44 do dell’ osservatore: che si valutasse quanto tempo sia necessario perchè una data porzione della superficie d’una roccia venga a ridursi in, polvere ,, e. quanto ne esige “la completa petrificazione in certe circostanze: finalmente che si studiasse in generale la natura , il corso , € gli ac ac- cidenti delle stratificazioni delle, diverse specie. di roccie. . Il presidente pose fine uo dire , facendo osservare da ra bella posta non fi subietto” veruno relativo alla storia naturale, e che aveva piuttosto spaziato nella fisica ; essendo suo scopo di così dimostrare che il campo aperto alla società. è in certo modo illimitato, e che ciascuno dei suoi membri può. fare delle utili osservazioni nella. propria sfera particolare, i }, ; Annunziò quindi come argomento dello zelo dei, dotti membri della società, la pubblicazione di ventisette me- morie diverse dall’ dico adunanza , p©Re fu tenuta a Berna , il poi... Procedè dopo questo a dar contezza dI la società, la quale al suo nascere nel 1815 era composta di soli tren- tasette membri, ne annoverava oggi trecento settantacin- que ordinari, e centosei onorari , ad onta della perdita che aveva fatto di cinque membri, i quali erano i sigg. Albrecht de Haller, Gio. Corrado Escher, dott. Gaspero Wick; Francesco e lenando Wallier, e Luigi Thomas, soggetti tutti e per impieghi e per sapere ragguardevoli ; : dei.primi due de’ quali fu tessuto l'elogio dai sigg. pis Trechsel , e consigliere Usteri. Tupo questi elogi il presidente. espose quanto, aveva fatto il.goverro del Cantone d’ Argovia a prò delle scieh- ze, ed affine di promuoverne e favorire lo studio ; consi- derando, come un contrassegno certo dell’ interesse che i governanti prendono a favore della società elvetica il dono di 400 lire svizzere, fatto nell’ occasione della attuale adunanza. i i Alla lettura di alcune lettere di rendimento di gra- 45 zie , spedite da diversi membri recentemente ammessi; successe quella di altre del sig. Pffluger di Soleure', e' del sig. colonnello Fischer di Suibffiita portanti la notizia che in queste due città eransi formate due società canto: nali per la coltura delle scienze naturali. MAE gi sig. profes. Trechsel, relatore ‘d’una ‘commissione nominata 1’ anmio* ati bebedetite su i pesi e misure, rese ‘conto verbalmente ‘delle indagini state fatte su quasi'tutti i i cantoni della Svizzera . 5 I fratelli Herosee in una sala della loro ‘manifattura * tele i orriata con tutto il gusto, avevano poste le tavole per più di cento trenta commensali. Vi' presero luogo i i membri della società, terminata che'fu la/sessio- ne. Una schietta cordialità, dei brindisi ‘accompagnati da lieta musica , varie Snare composte per quella òccasio- ne han fatto di quel convito una'festa di famiglia Nella ‘ serata i membri della società si riunirono greto ul sig. Herzog borgomastro attuale , ove fùiloto offerto ‘un rin- fresco. La bellezza del fabgé e un tempo bellissimo han reso completo il contento di VERFAESO, insieme tarite rispet- tabili persone. Il giorno seguente 22 luglio ébbe luogo la ‘seconda ‘ sessione. Dopo essere stato letto il’ protocollo ‘dell’ ultima adunanza tenuta a Berna; e quello della sessione del'gior- ‘no precedente , e proposto ed unanimemente ' decretàto che fosse dato alle stampe il discorso in quella proferito dal presidente , fu discusso’ qual città dovesse ‘destinarsi per l’ adunanza dell’anno veniente,, e ‘la ‘pluralità delle ‘vocì fu per Sciaffusa : a presidente della quale fu nomi- ‘nato il sig. colonnello Fischer. Nél'casò che l'adunanza non potesse aver luogo in quella città; fu stabilito ‘chela società sarebbesi lavinità a SIRO sutto la ‘presidenza‘del sig. consigliere Usteri. l è Op Il profess. Pictet propose che fossero invitate ‘tutte le società cantonali } e ciascun‘ memibid della “società; ad 46 occuparsi specialmente delle misure isometriche:: nel de- terminare le altezze ‘assolute e relative dei principali luo- ghi di ciascun cantone, e delle sue condizioni geologiche e mineralogiche. Fu non solo approvata una tal proposizio- ne, ma' fu estesa eziandio alle osservazioni meteorologiche fatte in una maniera uniforme e completa quanto fosse possibile. E per iscegliere e proporre il modo onde ottenere l’intento fu nominata una commissione composta dei sigg, Pictet , De Candolle, Horner , Treschel, Hamtbotati Ebel, e Zschokke . Lo. stesso sig. Pictet lesse uno scritto sulla costruzione d’un ponte di filo di ferro ‘eseguito a Ginevra, nel quale sì contengono vari esperimenti sulla tenacità del ferro in diverse circostanze. Lo scritto fu accompagnato da un di- segno in istampa, che mostrava la pianta e il profilo di quel ponte ; del quale ne fu distribuita una copia a tutti i membri della società. Il sig. dott. Schinz parlò delle ossa degli Mid del vecchio mondo trovate negli strati di carbon fossile di Kapfnach e di Elgg, e ne presentò molti saggi interessanti. Il sig. Baup diè notizia d’un perfezionamento fatto alla lampada di desiccazione del sig. Darcet. ‘Il sig. Meyer esibì un trattato completo su i pesci della: Svizzera, corredato di bellissimi, disegni di pesci tratti dall’ opera del sig. Jurine su quelli del lago di Ginevra . Il sig. dott. Kottmaun propose le ghiande per supplire ad un caffè salubre, gustoso e di poco prezzo. Il sig. generale ia Harpe, come. relatore della società cantonale di Vaud, presentò un'analisi delle acque mine- rali di Bex, fatta dal sig. professore Mercanton. Il segretario diede parte di tre memorie del sig. G. Andrea De Luc sulla linea inferiore delle nevi e dei ghiacci; perpetui in ciascuna latitudine ; sulle diverse cause che rispingono le foreste dall’ altura delle alpi, ed 47 abbassano la linea inferiore delle nevi; espose alcune idee relative alla poca ‘antichità dello stato attuale del nostro globo . «Al sig. Eduardo Direzost lesse una nota sopra una pie- tra ia della valle d’Abondanza , e su i resulta- i ottenutine nell’ analisi. si x11;sig: dott. Castella propose che venisse formata una > spl particolare nella società delle scienze naturali. Lesse inoltre una relazione sulla cura dei malati dello spedale di Pourtalès a lui affidato: e per dar principio alla raccolta di anatomia e patologia della società, offerse un calcolo orinario d’ una notabilissima natura. , Terminata la sessione vi fu banchetto come il giorno avanti; e la sera i membri si riunirono in numerosa con- versazione presso il sig. dott. Meyer. La sessione del mercoledì 23 luglio, dopo le consuete formalità, incominciò colla lettura di una lettera del lan- demanno sig. Batista Salis, esprimente il desiderio di ve- der raccolti e pubblicati sh scritti del sig. Escher de La Linth. La società manifestò lo stesso desiderio. Il comitato della società propose, e i membri della medesima decretarono , che fosse pubblicato colle stampe un estratto del iipintri tenuto dal presidente, ed un som- mario delle memorie pfesentate, e di ciò che dalla società medesima era stato fatto. Il sig. De Candolle progettò che in ciascun cantone fosse nominato;un commissario ; al. quale incombesse lo stendere uno stato della situazione dei boschi e della loro conservazione , e che questi stati venissero quindi parago- pati fra loro. Questo progetto fu approvato dalla società, e rimesso alla commissione delle misure isometriche e di altri oggetti analoghi. La commissione economica riferì, che, È cassa a-della società. era in credito di 296g lire di, Svizzera; e, quindi 48 ‘ raccomandò ai segretari maggior premura nell’esigere Te tasse per la spedizione di ciascun diploma. SITR Si procedè dipoi all’ elezione di nuovi membri. A tale oggetto vennero distribuite le note' di tutti i candi- dati, stampate in litografia, a ciascun membro, perchè po- tesse cancellare i nomi di quelli che opinava ‘non dovere essere ammessi. In tal guisa raccolte le voci furono eletti ventitrè membri ordinari e sei onorari, essendo da dette note restato escluso uno solo a pluralità di voti. Gosì il numero dei soci ordinari venne portato a ESITO Cao quattro , e quello degli onorari a centododici. i Fu letta una ded del gran cormoran, mandata dal sig. profess. Chavannes, la quale fa conoscere che un piccolo osso triangolare situato dietro la testa ‘di questo uccello serve per ‘Sla rgant la di lui gola quando inghiotte pesci molto grossi, Il sig. ministro Metzger, ad oggetto di rendere più attivi i dischi delle macchine eletriche indicò di sostituire tre paia di guancialetti di frizione ai due consueti, ed una doppia boccia di Leida al solito apparato, e ne presentò degli eleganti modelli . Vennero comunicate quattro memorie rimesse dal sig. Samuele Perrottet viaggiatore per il giardino delle piante di Parigi: 1.° sopra un albero delle Filippine la cui resina è odorosa e serve per calafatare : 2.° sull’uso del- l’iguana (dolichos bulbosus) come alimento nell’ isola di Giava: 3. sull’educazione del pero nell’istessa isola. Se gli dà per sostegno un arbusto, Verythrina: il pero Sî attacca alla sua scorza per mezzo de’ suoi succiatoi : 4°. sulla cultura della vainiglia: scegliendo un ‘tempo pio- voso se ne piantano i rimessiticci che abbiano tre occhi in situazione molto inclinata e quasi orizzontali. Si' pon- gono presso al copale, e i fusti che s° inalzano sì attacca-' no a quest’albero a guisa d’una pianta parasita, e portano ) 49 l’odorose silique della vainiglia. Piantati verticali non | allegano. 174 Una memoria del cav. Bourdet membro onorario della società distinse quattro sorte di testuggini fossili che si trovano nel macigno ( gres ) della Svizzera fra le alpi e il monte Giura . MITA Il sig. dott. Meyer lesse una interessante memoria sulla irritabilità delle piante. Il sig. colonnello Fischer diede verbalmente notizia di una nuova scoperta del sig. Schlaters consistente nel convertire il vetro in una massa simile di porcellana mol- to analoga a quella detta di Réaumur. Esibì inoltre una pistola a una sola canna a cinque tiri che da per sè pone, la polvere nello scodellino , e che fa questi cinque tiri in pochissimo tempo. Ne fu fatto esperimento nella serata con molta soddisfazione. Furono lette alcune osservazioni, del sig. conte Meil-' zinski, membro onorario sui movimenti e gli occhi delle chiocciole. Ei descrive la disposizione delle fibre dei loro larghi piedi, e dimostra come debbono essere disposte per poter sostenere l’animale lungo un capello e sulla la- ma d’ un rasoio. Mediante ripetuti esperimenti determina che la chiocciola prima di sentire non si accorge di una punta posta avanti il di lei occhio; ma che distingue il giorno dalla notte, e se sia, collocata alla luce o nell’ o- scurità . Il sig. dott. Convers di Vevey trattò in una sua me- moria dell’ oftalmia che regna in quella città. 1l sig. dott. Krauer presentò alla società un’ opera intitolata : Prodromus Florae lucernensis ; nel discorso preliminare della quale riferisce le maravigliose risultan- ze relative all’ istituto d’ insegnamento gratuito da lui stà- bilito a Lucerna. Furono quindi lette le transazioni sommarie delle T. XII. Dicembre nr 4 a 50 società cantonali incominciando da quelle di Ginevra , ricche di eccellenti lavori; e continuando poi con quelle | di Berna; di Zurigo, copiose d’importanti trattati; del. cantone di Vaud; di s. Gallo; di Basilea ; e d’ Arau. Il presidente terminò col manifestare il suo desiderio che ciascun membro fosse restato soddisfatto dell’ esito di questa adunanza. Un mormorio unanime rispose ai yoti del presidente. Così ebbe fine 1’ ultima sessione.|,,., ,,,.} I membri della società, che tuttavia si. trovavano/ad Ara, si riunirono per la terza volta ad un festivo ‘convi- io, nigi il quale il corpo dei cadetti colla sua artiglieria Rice l esercizio a fuoco sulla piazza d’ armi, con molta precisione . La maggior parte dei membri della set che non erano domiciliati nel cantone erano già partiti dopo il mezzogiorno , e perciò la conversazione della sera presso il sig. rettor Meyer non fu tanto numerosa quanto nei giorni precedenti, ma non fu meno, cordiale. Così sono terminati questi tre giorni che la società dei naturalisti d’ Arau avea veduto avvicinarsi con qualche apprensione, e che sono stati per lei tre giorni di festa. Ciascheduna di queste tre sessioni ne ha fatto sempre più apprezzare il merito per il progredimento della scienza, ed ha servito a maggiormente consolidare le relazioni personali che si van friaddo fra DESIRE animate da uno ‘stésso spirito ’ le quali sì stimano e si amano di più, quanto più si avvi- cinano fra loro e sì conoscono. Estratto dalla BIRLIOTECA UNIVERSALE DI, GINEVRA. Set- tembre 1823. ' 5a Ad Agesia siracusano vincitore col cocchio tirato dalle mule. 3% ODE OLIMPICA VI. Argom ento. Il vincitore Agesiva veniva per retta linea da Giamo figlio d’ Apollo, e celebre profeta. E siccome la scienza augurale era, I per così dire , ereditaria ne’ suoi discendenti , per ciò la posse- deva anche Agesia col diritto di sacrificare all’ ara di Giove in | Elide; Era necessario |premetter ciò per ben intendere l’ ode. . Proposizione (| v.,.1,— 14). Si loda il vincitore per la virtù, e per d’arte augurale (v.. 15—53), e per la famiglia sì dal lato aterno (v. 54—153), come dal materno (v. 154—166 ). Torna alle lodi proprie del vincitore e aggiunge quelle della sua patria (v. 167—197 ). Fa voti per lui, per la stessa sua patria ; e per l’ Arcadia, da: cui la sua famiglia ebbe origine (v. 198-217). Qual dessi a nobil mole Auree ergerem colonne , alto sostegno AI vestibolo augusto Dell’ illustre edificio. 5. Splendido e di lei degno L’opra,, che imprendo , il primo adito vuole. Ove, si mostri il vincitor Eleo , Che di Saturnio alla fatidic’ ara Siede in Pisa custode , id E già l'illustre Siracusa accrebbe, E quale inno di lode (1 Avverrà che si neghi a valor tanto , Mentre dai cittadin d’ invidia scevri A lui s’ erge dintorno ambito canto ? 1 15 O di Sostrato figlio , Tal è la via dove grandi orme imprimi. Virtà, ch’ unqua non move Per sentier di periglio , ] Non fia che in terra d’ onor premio colga , 20 Non fra i solcanti il mar veloci abeti. | Ma di ben fatitata opra di gloria Non pere la memoria. Agesia , a te sta presta Quella , che al vate Auufiarao già porse 5a 25 30 40 45 50 55 60 65 Mertata ati Adrasto , allor che il suolo, Lui co’ destrieri generosi assorse, Di Tebe appo le mura, erse agli estinti Di Talao il figlio sette roghi, e il labbro A questi accenti aprio. .. Jo bramo ; ahi bramo invano L’ occhio del campo mio, Che grandeggiò del pari e vate egregio E d’asta armato battaglier sovrano. Or del medesmo fregio S’ orna il signore di quest’ inno , il, grande Eroe di Siracusa. Io non d’ ira e contrasti amico il giuro Per l’ alto inviolabil giuramento. Pregi sì eccelsi renderò palesi, Se a me le Muse dal mellifluo canto Fian di favor cortesi. A. me. la forza delle spurie figlie Di mobili, corsieri Accoppia tosto, e per l’ aperta strada Drizziamo , o Finti, il cocchio ; Onde al chiaro d’ eroi germe si vada. Queste meglior d’ ogni altra a noi fian scorta Pe’ già triti sentieri , Or che d° Elea vittoria ebber corona. Schiudasi lor degli aurei inni la porta. Chè là ve dell’ Eurota scende 1’ onda Oggi mover è d’ uopo Di Pitana alla sponda, Fama rimembra di costei;,. che. giacque Col nume tridentier, onde. la) figlia Bella per negre chiome Evadne nacque. Poi che l’:ascosa nel virgineo seno Furtiva prole a tempo in luce venne Per fide ancelle in cura essa 1’ invia All’ Elatide eroe, che impero ie sede Sull’ Arcade Fesana D’ Alfeo teneva in riva. Ivi la bella vergin si nudriva , Ivi con Febo i doni Gustò primiera della Cipria Diva. / “Ma mom il sacro altrui celato seme 70 75 So 85 90 95 100 i05 D' Epito fuggì sempre il vigil guardo; Egli l’ acerba cura | E l ineffabil ira in seno preme, Mentre a Pizia rivolge il piè non tardo, Onde l’ oracol chieda Su l’ amara, che |’ ange, alta sciagura. De l’ urna argentea il carco Evadne intanto Posa , e la zona porporina scioglie , E fra bronchi selvaggi A’rai del giorno un pargoletto venne La mente ‘adorno di celeste lume 5 Poi che del duolo sedatrice Eleuto E le Parche ‘in aita A lei guidò I’ anrichiomato nume. Cagion di care doglie il picciol Giamo Dal matern alvo fuora esce repente , E abbandonato al suolo Fea della madre il core afflitto e gramo; Quando dell’ api a lui suechi innocenti Per consiglio de’ numi ‘apprestan ‘cibo Duo cerulei serpenti. Ma già del Pizio Dio Dalla petrosa sponda il re sen riede, E d’ Evadne la prole Per entro al patrio tetto a ognun richiede. Lui di Febo germoglio esser dicea , Che per onore di fatidic” aura Sovra ogni altro mortal fia che risplenda ; Donde avverrà , che illustre Progenie interminabile discenda. Così ‘1 Rege favella: E. giura ognun’, che la divina prole Unqua non vide, e non ne udì novella ; E già cinque fiate in ciel la luce Avea dal nascer suo guidata il sole. Ma non tentato ancora Orror di rovi e dumi Il fanciullin celava , E vago nembo di molli viole Co’ rai purpurei e gialli Di gentile ragiada Le. itenerelle sue membra irrigavà. 53 54 1I0 115 120 130 140 145 190 Onde da quel momento Gli diè la madre ognora Nome immortal dall’ immortale evento. Poi ch’ ebbe il frutto colto D’aurifregiata gioventù ridente Ei sulla notte allo stellato cielo Scese in mezzo all’ Alfeo. E al grand’avo rivolto 5 Scotitor della terra altipossente , Ed all’ arcier della divina Delo , Gloria , che d’ aura popolar si pasce , Dono anelato al capo suo chiedeo. L’ ignara di mentir paterna yoce L’ appella e gli risponde: Sorgi , e sull’ orme della fama , o figlio ,, A quelle andiamo , che alle genti un giorno Fien comune ricetto , inclite sponde. Col nume intanto il divin germe venne All’ alpestre di Cronio alma pendice , E quivi doppio ottenne Di scienza fatidica tesoro. Quivi l’ integra e pura Voce ascoltar poteo Ma quando il padre dell’ audaci imprese , Nobil seme d’ Alceo Ercole sorga ,.e al Padre la frequente Di popol crebro offerta illustre pompa Dischiuda il grand’ agone , Che all’ oracol la sede ergere allora Di Giove ei debba all’ arà 2, il Dio gl’ impone. Poscia tra i figli degli Achei PRIN La progenie de’ Giamidi PA Cui s’ accoppiò seguace Felicitade ognora. Chi la virtude onora Scorre sentier di luce. L’ uom nell’ opre si legge. Ma se vittoria instilla La maestade della gloria a lui, Che sei fiate e sei Spinge primiero i corridor veloci , Tosto sovrasta iniquo 160 170 180 185 190 Invido biasmo di maligne voci. ‘Poi che alle falde del Cillenio giogo” Si furo i materni avi, Agesia , accolti, Se spesse volte sacrific) e voti AI messaggier de’ numi offrir devoti , A lui ghe i premj e le palestre ha in cura, Che la \ferti] d’eroi, Onora Arcade sponda , Egli or col padre altitonante i doni Di tua felicità compie e seconda. Siede sul labbro mio lode canora ; Che a me la lingua quasi cote affina , E fra dolce-ondeggiante aura sonora Me disiosa mena. La leggiadra Stinfalide Metope Madre è alla madre mia , Alla guerriera Tebe ; Che i generosi corridori affrena , Di cui la pura amabil onda io bevo; Mentre intesso di carmi aureo lavoro A bellico sudor dolce ristoro. Énea , i compagni chiama A. ornar nel canto la Partenia Giuno , E far palese s’ io ne’ versi miei Fugga l’ antica fama, Che il Beotico nome oscura e adonta. Ta di dolcisonanti Inni sei vaso; tu verace sei Delle Pierie auricrinite Dive Interprete fedele e messaggero. Eterno al cenno tuo fra i loro canti Suoni d’, Ortigia e Siracusa il nome , Cui.di saggi consigli il retto padre Geron corregge con lodato impero. Ei , che la Diva dalle rosee piante Cerere bionda adora , da E l’ alma figlia, che i destrier di neve Al cocchio aggioga ; e del Saturnio Etneo L’ invitta possa onora. Non alle lire , non ai carmi è ignoto Di sue lodi il sentiero. Incalzator, d’ etade urto non franga (n) I 56 i «8 ILLE, ‘Quella, ch*or a lui ride , amica sorte. Quest’ înno accolga con benigno volto, 200 Quest’ inno, che alle sue paterne arene Dalla stimfalia sponda Madre d’ eroi feconda Sacro ad Agesia viene. Nave ; cui rimugghiante onda! fa guerra 05 In tempestosa notte Di doppia ancora attiensi al saldo morso.! ..};(1 | E luna e l’ altra gente , “59 dillo Dell’ Arcadica terra sh II sq od E della ricca Siracusa, il'icielo.n . è\0 | qes 210, Sparga dello splendor d’illustre sotte: E tu, che il regno ondoso ont ln il Moderi e reggi , 0 sposo thvagdiydbi Della glauca Amfitrite ‘aurifregiatà , Scevro d’angosce per le ‘salse spume 215 Or concedi a costdi facil cammino , E i fiori aceresci de’ miei' carmi , o Nume. ANNOTAZIONI. v. 1. Pindaro assomiglia il suo inno a an magnifico edifizio, che richiede un vestibolo corrispondente. Così l’ inno destinato a lodare un uomo tanto insigne’ come è Agesia ‘richiede un prin- cipio Lora 15. Agesia era figlio di Sostrato. v.' 24. Nella guerra. contro Tebe intrapresa pè’ contrasti fra Eteocle e Polinice , il profeta Amfiarao’ fu dalla‘terra inghiottito col suo carro e i cavalli. Disfatto l’esercito ‘confederato’; ‘Adra- sto figlio di Talao fece sette roghi per ardere i cadaveri de'guer- rieri; secondo le sette divisioni, nelle quali ‘ésso esercito era partito. Verso Amfiarao però non potè adempiere questo fanebre uffizio, perchè ne mancava il cadavere. Per cio dolendosi disse le cose che seguono. tdi v. 31. Amfiarao è chiamato occhio del campo, cioè il più caro di tutti i guerrieri , perchè al valore univa la scienza del vaticinare. Così nella seconda olimpica i maggiori ‘di Terone son detti occhio della Sicilia. vi 45. La greca voce @fvris si crede nome proprio dallo Schmid , dal Lennep , dal Valckenaer., dal Pace, e dall’ Heyne; ma si ‘spiega per cocchiere dal Lonicero ; da. Arrigo Stefano , € 97 dal sighor Mezzanotte. Tralascio i. volgarizzatori italiani e france- si, che non voglionsi:curare gran fatto. Con queste autorità può seguirsi l’ una. 0 l’altra opinione ; come più aggrada. E il sen- so torna allo stesso, perchè i seguaci della prima dicono che Finti fu cocchiere d’ Agesia. i : . v. 53. Pitana città della Laconia ebbe il nome da una nimfa figlia del fiume Eurota. Questa fu amata da Nettuno , e fu ma- dre d’ Evadne , cui mandò a//’ Elatide eroe , cioè ad Epito figlio d’ Elato Re-d’' Arcadia , affinchè 1’ educasse. Anche Evadne ebbe un Dio per amante , che fu Apollo, e partorì Giamo del quale ho parlato nell’ argomento. Il seguito della favola è chiaramente esposto nell’ ode , nè.\obbisogna di spiegazione. v. 73. Evudne «era andata ad attingere acqua. È noto , che le donne , benchè ragguardevoli e. di reali famiglie, ne’ tempi eroici si adoperavano ne’ ministeri, che ora si stimano abbietti. Andromaca nell’ Iliade porta di. sua mano Y orzo ai cavalli del marito Ettore ; e Nausicaa figlia d’ Alcinoo Re dei Feaci nel- l’ Odissea va al fiume a fare il bucato. v. 106, Le stille della rugiada mandavano raggi di color; diversi, secondo i diversi fiori, che coprivano il fanciullo , e sw quali essa cadeva. v. 125. Ad Olimpia, che per la institazione de’ giochi do- veva un giorno richiamare un immenso numero di persone. v. 138, Instituiti î giochi olimpici da Ercole , ed eretta l’ara a: Giove; doveva. Giamo stabilire la sede dell’ oracolo , che a lui, e a’ suoi discendenti fu poi affidata. Quest’ oracolo consul- tavano i concorrenti a’ giochi; bramosi di sapere se otterrebbero la vittoria. Giò, si raccoglie dall’ Olimpica ottava in principio. v. 151. Forse la. vittoria riportata da Agesia gli eccitò qual- che invidiosa \contradizione. v. 156. Mercurio era uno degli Dei tutelari de’ giochi. v..170. Metope figlia del fiume Ladone , e moglie del fiume Asopo.\fu\madre di l'Tebe da.cui prese il nome la città di Tebe. Per questo il poeta; che era Tebano chiama Metope madre di sua madre. Essa vien detta Stimfalide da Stimfalo città d’ Arca- dia dove essa, nacque. tv. 177: Lo scoliaste.e poi tutti gl’ interpetri dicono ch’ Enea era, il corodidascalo. L° Hermann però ( luogo citato a Cc. /g90 ) impiega molte parole per mostrare che fu. piuttosto un, parente ed ospite d’ Agesione. La questione non parmi ‘così importante che meriti il prezzo. we 178. Giunone è chiamata Partenia , secondo ‘alcuni perchè 158, avewa culto speciale sul monte Partenio d’Arcadia;.o-secondò al- tri, perchè Partenia yuol dire verginea., verginale ned.a Stimfa- lo aveva tempio col titolo di fanciulla. v. 181. Porco di Beozia era ‘proverbio , che Liri ì Btoti essere di grosso ingegno. v 189. Coglie questa occasione per dare qualche lode a Ge- rone Re, di rioni , di cui era ospite. | più V. 191. Allude alla fertilità della Sicilia. MITO v. 192, Proserpina. v. 201. Finge, che l’ inno venga da Stimfalo, perchè a Tan go ha parlato degli avi d’ Agesia, che di là ebbero origine. v. 204. Come una nave agitata dalla tempesta è più sicura se è tenuta da due ancore, così è.di gran giovamento, ad. Agesia l'avere in certo modo due patrie, l’ Arcadia donde venne la sua famiglia, e Siracusa dove. egli, nacque. Se in questa incontra qualche disgrazia può ripararsi nell’ altra. Forse allude all’ invi+ dia della quale si è parlato al v. 151. 4 v. 2tr Fa voti a Nettuno, che è il primo autore della; .suai famiglia come,si.è detto nell’ annotazione \al v. 53. CESARE LUCCHESINI. i Waverley , or ° Tis sixty years since. (ossia sessanta anni fà.) — Quentin. Durward. — Romanzi, di WALTER SCOTT. ARTICOLO PRIMO. Considerazioni sul Romanzo in prosa , desunte dallé diverse vicende della Letteratura in Italia, e in Francia, e dalla condizione sociale delle donne. 'La ‘sapienza detta anch’ essa romanzi alla musa e alla storia. ( Foscolo. Orig. della Lett.) È stato osservato più volte che gl’italiani non hanno romanzi in, prosa da, sostenere il confronto dei romanzi francesi ed.inglesi. Se 1’ amor proprio degli esteri si com- 59° piacerà di dare facil sentenza , dichiarandoci meno atti a simil sorta di componimenti, non dovremo noi conten- tarcene , con ragione indotti a credere che un paese, ove sono poemi come la Gerusalemme, e storie come quelle del Machiavelli, possa più onorevolmente spiegare la man- canza di opere belle nel loro genere come la Clarissa je il Gilblas. Nessuno ignora che il risorgimento dei buoni studi nel 1300, e l'incremento loro nei successivi secoli fu lode degl’italiani, i quali non altro mezzo adoprarono chela lunga ; ‘assidua ; instancabile meditazione dei clas- sici greci e latini. Dovea conseguirne che la letteratura italiana prendesse da essi, non ‘solo l'indole sua generale, ma che diramandosi nelle diverse parti che ne formano il bel tutto, procedesse in quel modo appunto, che vede- va uniformemente-adottato dai ‘suoi maestri. Le idee degli antichi sul bello letterario ; ‘se giudicar possiamo, con po- che eccezioni, dalle opere che ci hanno tramandato, ri- chiedevano che il poeta, o lo scrittore che immagina, si valesse del verso , e l’ istorico e il filosofo narrando e in- segnando si valessero della prosa. E le eccezioni, come sarebbero i poemi didascalici , dimostrano bensì che a render più popolari i documenti della ragione, si ornavano talvolta di abito poetico ; ma non vediamo che di questo venissero defraudate le creazioni della fantasia, per ve- stirle coll’ umiltà della prosa. Altri non ci accusi di para- dosso, quasi supponendo che non vogliamo riconoscere negli antichi l'alleanza perpetua dell’immaginazione con la ragione, ossia la facoltà d’istruire allettando: che qui di forma:è proposito , non di sostanza. Dante è ben vero, quantunque discepolo ‘entusiastico dell’ antichità , diede veste di poetna a un'lavoro, ove si propose, se mal non ci 'apponiamo, più d’ insegnare verità gravissime narran- do ‘e ragionando , ‘che’‘di- porgere piacevole lettura ‘al suo secolo, e ‘ai posteri ; ‘ma'se ciò fu nuovo argomento! della forza STERNO ‘di quell’ingegno } il quale non trovan- 66 do negli. esemplari; tra cui continuamente siaggirava; forme convenienti al suo, bisogno, una;ne inventò di tal, fatta, che potè collocarvi, tutto il tesoro di cognizioni politiche; letterarie .e} scientifiche ond’ era ricco; nondimeno, gli scrittori, italiani. dopo di lui, prendendo a, coltivare quale unramo,quale un altro, di amena letteratura, si attennero alle primitive norme, persuasi (che l’ inventare un, nuovo genere , del quale non trovi esempio nelle, lingue della Grecia e del Lazio; sia, dato all’ Alighieri,.ma per lo, più sia in.altri temeraria non che presuntuosa speranza. Anzi egli,ed il Petrarca, avendo coll’ impeto del. genio, portato d’, un tratto il linguaggio poetico a quel sommo grado.che ognun conosce, tanto più si ebbe motivo di volerne ador- Da qual sì sia ‘opera .,d’ immaginazione , lasciando, come gli,antichi; la prosa, all’’oratore e al filosofo. Eayvertasi.che ciò, accadde, dopo\non,breve spazio, di. tempo, nel quale parve, che,il valore di «quei due, e del Boccaccio; togliesse l’animo a ogni altro d’impugnare l’arme, della lingua volgare, ridotta da essi a così fina tempra; e così gloriosa- mente adoprata,; tantochè sino ai giorni di, Lorenzo. de’ Medici .e del Poliziano non tornò, l’amore della, natia favella ad accendere, gl’ingegni. italiani, tutti, dediti al. l’erudizione antica, e ambiziosi del colto scrivere latino., Penserà taluno che il Decamerone, del.Boccaccio .atr; testi. contro la.nostra opinione; mostrandoci,;nella nascen; te letteratura, d’ Italia ,, scritta in, prosa, un’ opera d° im- maginazione < Ma noi non;abbiamo inteso di,asserire che gl’ italiani,, i quali rigenerarono gli, studi, fossero. super+ stiziosi. adoratori, degli;antichi al segno.di non volersi pie- gare y scrivendo libri di ricreazione e di, passatempo, alla moda, e. ai, costumi del loro secolo; nè che. le, circostanze particolari di un uomo, quale il Boccaccio , non possano in ogni tempo e presso ogni nazione distogliento dalle traccie dei suoi maggiori, per calcarne altre, oye il isuc- cesso che lo accompagna, inviti in gran numero imitatori Gi e seguaci. Già'nei secoli, che immediatamente \precede- rono il XIV, il gusto delle novelle in prosa ‘era''stato ‘in- trodotto in Francia e in Italia dalla vicina Spagna ;'domi- nata dagli arabi ; e il Boccaccio, scrivendo il Decàmerone, majoris'coactus imperio, com’ egli dice in'' una ‘lettera citata dal Tiraboschi (1), e intitolandolo fin da ‘principio alle gentili donne; potea di leggieri rinunziare ai soccorsi dell’ erudizione classica , e tenere quel modo che'lo avreb- be reso più accetto ‘ai suoi contermporanei : ond’ ‘è ‘forse che a soddisfare ogni'sorta di leggitori accordò, come più facile, preferenza alla prosa. L’ esempio del Boccaccio fu seguitato da chi si diede nell’età più vicine a scriver'no- velle; ed ‘accadde; come vediamo spesso nelle istorie' po‘ litiche e letterarie, che le circostanze fra le quali è‘ posto un solo individuo dotato' di gran mente, o'di'gran cuore, danno origine a una serie inaspettata ‘di fattî, che nel corso naturale degli avvenimenti sembravano ‘non’ dover nascere . Riassunta dagl’italiani la ‘coltura ‘della ‘lor lingua ; dopo molti anni di esclusivo studio nella greca e latina , non tardò la letteratura nazionale'a' farsi ricca di opere in prosa e in verso, sempre però avendo l'occhio alle anti- che norme, per distinguere i generi ‘secondo clie \appar- | tengono ‘a immaginazione o a ragione. Erano stati a mano a mano scoperti quasi tutti'i classici dell'antichità, « ‘e non si rinveniva nei ‘lieti tempi della greca letteratura , fra tanti scrittori che si'fecero illustre ‘nome nell’epica; ‘nella drammatica‘, nella‘lirica., nella storia ; nell’oratoria, e in ogni maniera ‘di scrivere in verso' ed' ir prosa ; aleuno-che avesse ottenùtò pel romanzo particolare celebrità. Nem- meno (soggiunge'l’ Andres (2) , ‘dal quale riportiamo le suddette parole) coltivarono 1 romani questa sorte d’ame- (t) Lett. It. Tom. 5. lib. 3, capo 2, Note. (2) Orig. ‘d’ogni lett. Lib. 1. capo''XL| 62 ni componimenti , perchè il Satiricon-di Petronio non può dirsi veramente un romanzo , e l’Asino d’oro d’ Apuleio, quando anche si voglia contare tra i romanzi, è d’.inven- zione greca ».D'invenzione greca, e di più in greca lingua scritti sono i romanzi d’ Eliodoro ; d’ Achille Tazio e d’al- cuni altri, ma come frutti dei secoli bassi (3). venivano tenuti in minor conto; e meno studiati dagl’ italiani y;nei quali era già grande e severo il critico discernimento; In- tanto si andavano tutte riconoscendo le belle qualità della lingua volgare, e non era più da dubitarsi della sua, spe- cialissima attitudine alla poesia. La regola delle. due sole nazioni, che ci trasmessero letterarie discipline, potea esser mai posta in non cale nel paese appunto; dove, si vera in possesso di quel mezzo così conveniente: a secondarla, che “l’eguale non vanta alcuna moderna nazione d’ Europa? Doveansi scrivere opere d’ immaginazione, in prosa; ove splendeva di rare bellezze, ed altre. più, rare sembrava prometterne, il linguaggio poetico ? Non si saprebbe dir come. Siamo giunti, benchè rapidamente, all’ Ariosto: Im- menso era il numero di romanzi cavallereschi che sì leg- gevano da più secoli in quasi tutta! }' Europa, mentre, l’Italia esclusa , mancavano ancora lingue formate ;;e let- terature nazionali: sicchè quali in prosa } quali rozzamente rimati, erano mantenuti in moda dal gusto predominante, ma sono ora curiosità d’eruditi, anzi che lettura di, popoli colti.Il Pulci ed il Bojardo aveano provato: quanto il verso italiano accrescesse di grazia e d’interesse ad. argomenti già noti, e come non fosse impossibile provvedere, alla soddisfazione popolare in quel modo, che vediamo costante negli antichi, ove tendono più a recar diletto che istruzio- (3) Secoli bassi rispetto alle migliori epoche della lingua greca chiamiamo il III e IV, che è circa il tempo in cui si sup- pongono vissuti questi romanzieri, ai quali non si vuol già to- gliere quella parte di lode. che gli concedono i dotti. 63 ne: allorchè 1’ Ariosto, con un’ opera: destinata a Urippre- sentare in perpetuo ‘un genere; attribul'inappellabilmente alromanzo cavalleresco forma e qualità di poerna. Nè si dica che da istoria, non da fantasia ; è tratto l’argomento dell’Orlando: poichè è ormai certo che d’istorico ‘'v° è poco più che il nome di alcuni personaggi ; e d'altronde non può dubitarsi del proponimento tutto poetico! dell’A- riosto , e solo per incidenza filosofico e morale. Ecco dun- que perfezionata in Italia una maniera di poemi ignota all’ antichità, ed'ecco per gl’ italiani un nuovo motivo a giudicare, che anche quando ella non offra modelli per certi componimenti , prodotti tra gli uomini dalle muta- zioni e dalle circostanze sociali, è buono però e conve- niente non allontanarsi dal principio generale che trovia- mo da lei professato. Di fatto romanzi cavallereschi in prosa si reputarono lavoro men degno di letterati, e sem- prepiù considerate vennero inseparabili dal verso le opere tutte d’immaginazione. Sarebbe vana opposizione quella di chi dicesse ‘che gl italiani si diedero anzi a scrivere commedie in prosa , contro il costume degli antichi, che ‘trattarono in versi questa parte della drammatica, non meno che la tragedia, ed in conseguenza rimanere inesplicabile come non si concepisse fino d'allora in Italia tampoco l’idea del ro- manzo , quale è' poi divenuto nobilissimo genere tra altre moderne nazioni, e che può dirsi verso il *poema epico quello che è la commedia verso la tragedia. Imperciocchè, rispondiamo, era facile il pensiero che la commedia'come tutta ‘consistente di dialoghi tra persone di non alta con- dizione , e che trae il soggetto da private occorrenze , do- Vesse aver più di naturalezza e di verità, scrivendosi ‘come sì parla (4), e meglio altresì s° incamminasse verso il suo (4) Dal vedere che la Cassaria , evi Sappositi scritti dell’A- riosto in prosa, quando era ancor giovane , furon poscia da lui 64 destino che è -d’ammaestrare e trattenere;.rappresentata sulle scene; così il wolgo degli uomini come le menti,più coltivate ; laddove mon essendo-tra le opere, poetiche; del. ;À aticliità alcuna che somigli benchè..lontanamente,. al, midilerno' romanzo } non si trattava qui. di .sola,deyiazione. da'verso ‘a prosa) come nel: primo casoy( ove da. matura, stessa di leggieri la suggeriva ),.ma era d’.uopo inventare, " un genere, e le circostanze ; che nell’ estero) poi, concor- sero; allora in Italia non concorrevanò, Veramente anche . in questo luogo non deve sfuggire-l’ osservazione,,, che; lei circostanze generali d’ una.data (epoca; o \wparticolari..ad.. utia nazione ; per loro stesse ,;0 combinandosi, con »l’.esi- stenza forse di un'solo uomo‘; sono ciò:che. determina, la. direzione della letteratura: o divalcuno,dei suoi, rami,,,e; retidono plausibilmente ragione (senza, far. lite, di. supe- riorità.) del perchè le diverse nazioni d’ Europa; nel loro stato attuale di quasi uniforme civiltà | presentano tuttora è nel'loro tesoro letterario: quale mancanza, quale abbon-. danza di taluna ‘specie di:classica moneta, e.viceversa. ab, bondanza 0’mancanza di talun altra. E giova al nostro. proposito , or. che tocchiamo alli ina circa le prime epoche }.in cui lo. splendore, delle, lettere, italiane penetrò fra le vicine nazioni, e.le fece vergoguose per la rozzezza delle loro lingue, non ancora educate, A produrre opere d’ingegno , onde. si diedero. con nobile emulazione a voler:correre l’.istesso arringo. La;.Francia specialmente riconosce dal regno di drancésco primo, il principio della sua letteratura, la. quale, perchè, vanta buon numero'di romanzi ; vediamo .come.ciò accadde, e come divenuta adulta ‘non le è riuscito farsi discepoli. gl’ italiami in simil genere di opere; dopo,avere acconsentito ( eccome nò! ) aricevereida essi; pressochè in.tutto.il rec recate in versi, può supporsi ch’ egli seguendo le idee degli an- tichi, credesse le commedie in prosa mancanti di. un loro princi. pal requisito. E così pensano i francesi. , 65 sto, norme e lezioni. Senza tener conto. d’ alcuni che poe- tarono prima del secolo XVI, non saremo lontani dal vero dicendo che Marot fu il primo scrittore francese , i di cui versi siano letti anche al dì d’oggi. La lingua, fino; dalle prime sue mosse , apparve insufticiente ai bisogni della vera poesia, e quasi incapace a prendere le attilio) proprie del verso, e che essenzialmente lo distinguono dalla prosa. Montaigne così parlava : en nostre langage je trouve assez d’estoffe, mais un peu faute de fagon......u Je le ‘trouve suffisamment abondant , mais non pas ma- niant et vigorreua suffisamment. Il succombe ordinai- rement è une pwissante conception (5). Quest’opinione parve avesse Ronsard , il quale poetando pochi anni dopo Marot, tentò di mollificare la lingua, e di addestrarla. al- l’ esercizio di nuove facoltà. Ma inutilmente. De’ suoi ten- tativi molto parlano i critici francesi. Fenelon se condanna la soverchia sua arditezza soggiunge bensì: él n’avait pas tort, ce me semble, de tenter quelque nouvelle route, pour enrichir notre langue, pour enhardir notre poésie, et pour denouer notre versification naissante (6). La Harpe nell’introduzione alla seconda parte del Liceo ha una sentenza più rigorosa: Zes malheureux efforts de Ronsard pour transporter dans le francais les procedes du grec et du latin prouvent qu'inutilement rempli du ‘gemie des anciennes langues, il n'etait pas en état de saisir celui qui était propre ià à la sienne. Sia vero 0 nò che il'senio della lingua si opponesse per sè medesimo a ‘qualsivoglia libertà, fatto è che Ronsard non trova da più secoli chi-il legga, e de’suoi imitatori, che alcuni n’ebbe; lè ‘scordato ‘anche il nome. A Malherbe sì attribuisce il ‘discernimento , che mancò a Ronsard:, e Boileau lo disse ‘il primo tra i francesi che meriti di essere ammirato. e (5) Essais, lib. 3. cap. 5. (6) Lettre à 1’ académie, T. XII. Dicembre 5 66. studiato (7). Ma disgraziatamente, prevaleva, allora.il cattivo, gusto in tutta Y Europa letteraria :.;in, Italia, per sazietà,, inf raucia per inesperienza del bello:; Sono notissime;.le, accuse del maggior, satirico francese contro, gl’italiani.,,e quantunque vittoriosamente confutate dal. Muratori, (; furono con maragigliosa buona fede ‘riprodotte, detto, sino al moderno La Harpe nella citata, introduzione, Que», sti per, altro non si mostrò dimentico, della, storiajdei; tempi, ‘chiamando a parte gli spagnuoli, delle colpe der: gl’ italiani verso.la Francia. Più giusto.era e;più, VEros)as solverci interamente ; ma poi, con.pace del. Muratori, yo», gliamo, concedere che i, modelli italiani, numerosi; e,per, regrini, fossero specialmente, studiati oltre; l’alpi; e_quamng tunque tutto il teatro francese; prima, di Baciuey: dimostri, evidentemente, che il gusto, spagnuolo, predominava,sopra, ogni; ‘altro, non disconyerremo, che, i i poeti francesi, mano. candogli altra norma di stile tra; ‘moderni, la,chiedessero; ai “nostri classici, ove appariva in, ogni, sua_ varietà . bello, e ‘splendente. «Come andò, che non s° inyaghirono, di tanta. bellezza effettiva e naturale? L° Ari iosto, e. tutt’ i cinque-, centisti non ne hanno che non sia tale..Il, Tasso; i (uicasi, di luì tutta la verità, e,si pensi, intanto, che, rebi iplura.mi-) tent non paucis offendar maculis ) qualche rara volta non contento» del bello naturale; va ‘ill ‘Cerca. dél Stna- IO 26 Cisl nierato', ed oltrepassa di poco. Ie Tinea” che i sépara,. Il Marino, dotato. non di povero, intelletto; MA: pi ne Ft tasia;. troppo, ricca; il proporzione sè ammirato senza mis” || SUDA gio © e per «disgrazia: dell’ Italia,'senza’ ‘discernintenito!? || imitato, La? sui memoria sarebbe più in ‘driore ù se a'cor Ù I trobilamciate il'‘suò taerito, ed aggravaré il peso. de Suo, falli, non. gli, yenissero .sovente . apposti come propri. | quelli. ancora ;di,.tanti,. sgraziati discepilznit Per 1 ong rompo I pill (7) Art poetique. © Ly / Pe ne Dif onoiziavai a9f svi ta} è, °°8) Perfetta poesia lib. 1. ‘cap Se “Lpisonsit bisv mb è TR 67 di' fui; ma ’per ‘opera di essi, ‘si ‘dittieatica alfine” în Italia. ;l vero ‘e ‘semplice bello, che diventa ‘del tutto ivisibile sotto! “il liscio ond’è METANO e toperto. Di quest ‘s'innamorano i francesi. Come andò, ‘dobbiam ripetere , che una nazione, intenta a formarsi la lettera tutta ‘è la lingua, e Abe Hedilo a suo modello altra Vicina nazione PESA tùtto loro che venivale offerto, accet- tando sconsigliatamiente l’orpello? Perchè nuovi e stra-' ni ‘prititip) di gusto Vennero anteposti ai lor contrari, cui professarono: 1a Grecia ‘e il'Laziò, e l’Italia del trecento , eOdel''cinquecento? Pet noi petifiamo che ne sia stata caltisa? l'indole della" lingua. Vedemmo ll’ opinione del’ Mòritaàgne' su di essa . ‘'’Voltaire ; ‘ché ha sì felicemente RETI in'‘tanite maniere di prosa e di ‘verso ; sappiamo” come ne sentisse. ‘Se ‘ifiterroghiamtio Fetielon, nell” epoca aurea’, ‘quando 'éssa lingua 5 fatta” adulta”, era studiata e trattata da uno-stublo di domini sommi! du dientre in , tendeva diligentemente ‘a compilariie il dizionario )' ci vien' bi naatà il'di'lui parere da’ufia quantità di solito riflessioni , sparse’pei entro la fannosa sua lettera all’ Ac- cademia di Francia (9).'Dà ‘peso ad èsse'e serve di con- ferimà ‘quel ‘fatto ‘ritiiiméntato da La: Harpe, ‘che Racine silovy vsisi: sdolsup ( ) On a “appauyri,, Fessgrhé et gèné| | notre] ni Elle nose, amais procé ler que : suivant, la méthode Ja plus scrupuleuse, | et.la., piùs'itbiforme. de la"; grammaire. On voit tonjours venir d’abord pn i nobifnatiPsulistantif pat dhihe'son'adjectif comme par la main. Son' verbe nemanque! pas de marcher detrière Saivi d’'unladverbe 5 “lobi ssa: sappelle: anssitòt, unì accusatif: ‘qui me per jamais: fel i 1 ) attention , CR toute aridi, et souyent, toute. mognio, j bi; d1g0nq i 0000, Mevsera-t-il ‘permis di'representer ma peine’ ‘sn ceca dla sp de cla versificatidn fravitaise me pardit press? qu’ impossible ? — SS ESSO La sévérité de notre langue contre REGGE i toutes les inversions des phrases augmerite. Encore n AI de | faire des vers frangais. — al i peutà | 68 et Despreaux après avoir-eu le projet de'traduire»t" 14 biade h, ont renoncé, comme tout' le “monde‘sùiti pars ce qu’ ils desesperaient de ‘trouver dans'lenurlanguende quoi ‘tutter contre celle d’ Homère'(10)Dopo-tarito!, è facile spiegare le vicende della poesia francese» Con: una livighà timida, secca, uniforme sino alla monototlia; rigo= rosa nella sua versificazione, potevasi giungere ‘a imitàre la:‘séuola del Marino, non l* Ariosto. L’ielocuzione. poetiz ca‘dell’ Ariosto è copiosa, varia } libera' y come la natura: Quella dei secentisti è tutta artifizìo!) tutta ‘meccanismo In loro la poesia consta di ‘esagerazione nelle idee .;/ex {di affettazione nello stile. L’ antitesi è loro figura:preditetta; ogni lor pensiero si avvia all’ iperbole 5'non' hanmo\vorna! mienti senza giuochi ‘di parole. L' ingarinevole ‘apparenza di'simil:poesia, ammirata' e “vantatavindipendentemente dalta matural'magnificenzave varietà !della lingua} doveva sedurre una mazione! va cui difetto assoluto di'tali qualità nella ‘propria rendevano inimitabile‘ogni’poeta ove elle: no si vravvisano in qualche lume. Se!non'sivvuol venire al ‘nostro parere, rimarrà ‘inesplicabile;la depravazione del gusto francese, ‘attribuita’ agli autori italiani; come sarebbe ida stupire:)0 a!!cagion’d’'esempio ser gl’ italiani al:rinascere dei buoni studi ;} avendo sott? occhio | Virgiliò e' Catullo; si fossero! me osclusivambnite did TINA! Mar- ziale e tube 0998,.9419b9991g fan ssssils ‘doFa veramente la potenza dio PERI “nonnpet> duta-se>non'in parte ea poco a pocò Tadlsuoi successori) che'fece-racquistarertimiversal predominiovalle inbde spa» gnuole, e fomentò il cattivo gusto nella letteratura d’Ita- lia;;/”e!nella»nascerite?di' Francia:»La!/condiziohe politica di' questi ‘diie‘‘paesi’ era però ben differente: In Francia era governo bazionalée, in Ttalia despotisimo degli spagnio- li. Il Sismondi. (11), fa un quadro, così tristo Lul nostra T(16vLydéeplilhiagg cap. 8ys 0igsIn00. li se-èmov , inoisstst “£1)°Littérature!dw Midi; Sofi) iasveasinolis. gig otasup RE LE e Lr ttraicoà ate 69 patria dal:1580\,al;1730; che non vogliamo.affliggere i nostri lettori.\copiandolo, per disteso. La» conclusione che sevne:trae.isivè questa; introdotto il cattivo gusto in Italia, la dilei schiavitùlo mantenne vivo. Dove si vietava..la manifestazione del «pensiero, e. si poneva freno all’eser> cizio della ragione,\era, pericoloso lo studio della morale, e della'politica..Le altre letterarie discipline, in specie..la poesia sembravano fatte per trattenimento di spensie: ‘rati;Reputavasi ufficio di esse dilettare per mezzo di ino- vità-stravaganti;; mon,già istruire per mezzo di razional diletto. Gosì -piaceva;agli spagnoli, i quali sapendo di.non | esserebamati, :temevano..a buon dritto i progressi del- lristruzione: (12); L'ingegno italiano ; avendo perduto di vistaril; vero istituto delle lettere; intento; più.al dire, ar- tificioso che al sélido pensare ; isolando, l’immaginazione ‘ davogni freno ;sallutar; di, ragione,,, nom. potea, ;concepire nuovo»genere di opere ove. si, richiedesse »precipuamente J»unione di:questie:due! facoltà. Sotto, altro:governo,la ilet+ teratura sarebbe. presto tornata! sulle, sue vere traccie. Se ilicampo»del. sapere uniano fosse stato libero, le arti del- lrimmaginazione;mon si/sarebbero;lungamente:cpnsidera- tequali {giuochi «di; spirito,senza tendenza .d’utilità {e la follia del secentismo ;, posta. a confronto della vera poesia italiana;\avrebbe» dato indizio.che questa.erai giunta a. tale altezza nel precedente secolo da render vano il; tentativo di sollevarsi più;su!Questo spaziar nelle: muyole (sarebbe divenuto:ridicolò,;; e tornato.in:onore.lo;studio della; nà- tura € dell’uomo,.l’analisi delle passioni; ie l'osservazione fostl'b sin sraljol elio: | ii olsr Stou ga 21/(12) Gli spagnuoli: dominavano la' Sicilia ;-ileregno di-Na poli | seilaLombardia};e, teheyano, in rispetto, tutto .il.resto ;d’ Italia. Ayverte però il Tiraboschi nella dissertazione preliminare del to- mo ‘2. ,, che la Toscana che era più lontana dagli stati di Napoli, è Lombardia da ‘essi ‘dominati, fu la meno soggetta'a queste al- terazioni, come se il contagio andasse» perdevde.la sua ; forza, quanto più allontanavasi dalla sorgente oridetraewa;l’origine ,,. 7 luni: chi, sà quanti nuovi e .salubri frutti avrebbe prodotto .il. suolo;italiano !; Ma .sventuratamente «accadde il contrario. Lungo fu il delirioyr e chi assunse di guarirne le menti non ebbe lieve impresa a compire. Dopo un seco, lo,, nel. quale la verità e la sostanza! delle icosei fu.-sacrifi= cata ; senza pudore, alla bizzarria e all’ affettazione nelle forme del. dire; bastò appena altro mezzo [secolo a rimetr tere.in uso, le forme semplici e naturali,.e.se.i rigenerato; ri, del, gusto non avessero inteso unicamente [a.questo,sCo7 po, irloro sforzi sarebbero rimasti vuoti d? ‘effetto. Conven: ne, altresì richiamare gl’italiani all’imitazione: dei. classici antichi e dei, nazionali ;; escludendo id’imitàzione; d'ogni altro ;, fu di; mestieri ‘applicarsi soltanto; a:quel; diversi;ge; neri, d’ opere ,onde;in. essi incontravansisesempi; e. quan+ tunque;la, letteratura francese, fosse pervenuta a tale stato, di, vigore, e. di sanità, da.potere essere.studiatalcon sonno, vantaggio dai nostri,.in) circostanze, differenti ;..ora,: dopo, tanti, errori; e..tante, follie sarebbe riuscito dannoso! fra stornare e. dividere.l’attenzione con esemplari d’oltremon- ti.,, mentre, ancora] mal sicuri .e, a. rilente riprendevamo. il;retto cammino. D'altronde l’arte della parola era:.sems pre schiava. Gli studi, morali; già coltivati con.;amorè dak nostri. vicini; malamente poteano} propagarsi; e, vegetare: tra moi. Sicchè. tardò, la, letteratura francese, ad influire sulla; mostra; trattenuta nel.suocorsoda,contrarie, vicendep e;dall'altrui;gelosia vincolata e;compressazisbnogibni sist sd doAlbra sorte era. toccata alla Francia. La seconda metà del secolo;X.VII, è piena della.sualgloria politica» enlets teraria - (Gia.il Richelieu, con, l'animo acteso-da ogmiospes cie, di ambizione ,. avea; non.;solo, gettate, le fondamenta» della iinadia, francese, a danno;della/;famaise [dellai potenza, spagnuola,, ma sera .dichiarato amicot:delle det tere, e. convinto. di, quanto. esse. valgéno ad accrescere) (ld, splendore. di,,.una, nazione; allorquando; ascese ib.tropo; Luigi decimoguarto» Gli annali» letterari: del suo regno! 7) vii sono così rioti ed illustri ché basta mominarlò' “per tai méntare un'epotarsolenne nella storia' dello' spirito miki no Oh 1! se Ta Francia avesse avuto'a periere sottd! ‘iogio god’ in vicere-spagnuolo ; chi vorrà dire cite il" secolo XVII-sarebbevib secolo de’suoi maggior vanti? Era govett nordespotito quel di Luigi; ma la gloria dei sudditi “età inseparabile dalla gloria sua. Nei principi nazionali*e”l dipendenti la. miunificetiza ‘è virtù naturale: non'lo0%fd néi? ‘proconsoli romani: ‘Se ‘a lode della nostra specie ‘noti miaiicanò esempi trai primi di tali che furono padri ‘di lorpopolî }) sappiamo che i secondi ‘riguardavano come figliastrivgli' abitatori dei'eonquistati ‘paesi. Certo un got verno il qualeavesserimpedito’ altro! ‘esercizio’ the Uell l'immaginazione; traendo anzi Comipiacenza °@ sicurezza dai voli suoi ‘piùrsregolati; come quelli che’ ci distolguio dalla ‘considerazione? di noi stessi» e deb nostrò' stato } poteva prolungare ilPregno del cattivo'gustà ed avvestane Vinclinazione naturale delle menti a dividersi ine molti plici studi, che: conducono a'renderti miéno' infelici o'mi gliori.Inoltre:, sè vero che gli'erroti liano: più ‘durata e ‘forza'quando lilimerita e li imantiene in vita V ingan- nob deiosenisi} ‘ion! ‘recherà’ mata viglia ‘che gl’ italiani alquanto più'tardicdei francesi) e con qualche ‘maggiore stento:si ravvedessero. La nativa arimoniadella nostra! lim gub;consegnatari inddicissimi:versi, ha'la proprietà di dilet: tare indipendentementerdal pc che coniene. Quan: docanclie! not è.poesia ; è per sè ‘stessa musica. Potrebbe assomigliarsi a donzella gentile, d'aspetto! vaigliissinito! e di woce:soavey che: c''innamotra’primàdi' sapete se in'*Iéi siàvintelletto & viti; e ove pure nea sospettiatro” priva; lal'seduzione de'!sivivvezzi e de’ sudi accerti “nudfisée l’‘amor'nostro. La poesia francese “al contrario? ion? RA dolcezza nella voceysnon espressione nella fisotromia. No! inganba ii sensi perchè sw id’ essi è hbllo“il'suò potere» Te lungo:predorivibio:delisecenitisnio in/Franicia sarebbe dun LAN DIC pRtoeo. i sigo OI ML 9] rqg9 "sg epr DIESIS (N1#9R29 55 )i qui può dirsi che l'indole atitipoetica della lingua francese abbia ‘indirettamente’ favorito il progresso” dei lumi ;e. della. filosofia, rendendo manifesta Ve chiara®la falsità dei principj che erano prevalsi nell’ arte del ‘dire; dii forse, anche richiamando gran nuierò di quegl’ingegni ‘peregrini ; che fiorivano sotto Lugi XIV ‘a' coltivare le di- scipline letterarie più ove si Catpoali di ragione: che d’im- maginazione, ed a perfezionare PF oguietizà Senza’ metro, ‘per yestirne, in. difetto di poesia , lanche le opere'che sono frutto, principalmente di questa secotida’ facoltà. Nom si \oppoengano, i poeti francesi di quest” epoca, poichè vedém- 5 MO che due ; di essì ‘che : sono primi dra'i primi (Boileau e, Bacine ) aveano ben! ppavera opinione della loro lingua , e; Fenelon, che già, ci è stato util'e'im questo discorso , a dettò, la seguente .. sentenza : Les francais: ne Feront jamais des bons poémes épiques (13) e scrisse vin prosa il suo Telemaco. Questo ‘classico Ta voro serve: mira- bilmente al nostro assunto in due modi. belli e. arditi precetti di morale E di politica ‘chie’ ‘vis’ incontrano»a ogni Pps le severe lezioni a usò di re‘@' 4 benefizio!di popoli, c’insegnano come utl' govertid;' sin i ngperadedo inviolabile opto alla verità, viene a promuovere»imioghi , maniera di studi, la tendenza all’ vtile‘-pubblico e forni- S£8, ‘gceasione di nuove opere che ‘estendono il circolo !del- ILIIG DI da letteratura (14); € un’ epopea in prosa nel secolo di Luigi XIV, Kos Sipaptra come fosse ormai | ACcèrtaRi la necessità (13) Mémoire, sur les occupations de l’académie frangaise. (14) Fénélon, cadde in disgrazia del re e dei’ cortigiani dopo che ebbe scritto il Telemaco. “Ciò prova ché anche dove è una (certa libertà di scrivere i potenti si chiathanò” facilmente offesi , max purchè essa non, venga affatto tolta, l’arn'ore dél'ben raise i anima gli scrittori, malgrado qualche pericolo: di, trasgredire, le, regole, e porre in non cale l’ esempio deijgreci e; dei latini, che ad ogni opera ‘d’imimaginàzione, smo ed essenzialmente all’epica , come ornamento Vaso BIL de. attribuirono, il, yerso. Non è qui luogo di ramfinbiitàte in qual, modo l'amor patrio ( che usi chiameranno vanità) del. Dacier e di;altri critici francesi, ‘mal’ corti pattaido che la lor letteratura non vantasse poemi epiti, ‘com ‘\ebbero,la;, Grecia e l’Italia antica e moderna, s°'in- - gegnasse, di dare alla definizione aristotelica dell’ epopea un significato, il quale ammesso, se ne trarrebbe ‘che ‘(il Verso, non. era presso g gli antichi condizione indispensabile al, più nobil genere, di, poesia. Il Metastasio ha discusse ‘e - confutate queste opinioni (1 5), onde amiamo di riferitci alai, Piuttosto, se nom. fosse il timore di diffonderci oltre i limiti, vor Peano) con la scorta del La- Harpe , narrare la cospirazione formata contro la poesia sotto la” reggenza di Filippo d'Orléans da Fontenelle, La Mothe, Miri at ed. altri. molti, (x6);. e non sarebbe'senza ‘opportunità, proseguendo col nominato critico, riferire cosa pensassero su: tale argomento, uomini come Montesquieù , Condillàc, Duclos, e Buffon (7); poichè senza detrarre dalla venera- ‘zione che lor .si deve, non ci pare impossibile di provare ‘che. dal. particolare; facendo giudizio del generale, ‘essi volevano responsabile ogni poesia dei difetti propri dela francese»; ico 4 Occorreva ,, sermal non ci avvisiamo , suggerire le ‘riflessioni (adducendo.i fatti che precedono, per venirne sal. corollario che i,primi romanzi francesi della Scudety, «del Calprenede e di altri, frutti anch' essi del gusto spa- gnuolo (18), prevalso, come dicemmo, per molte tempo e (15) Estratto della, poetica d’ Aristotile, cap. ‘1 (16), Lycée, parte 3. lib. 1. cap. 8. sezione’ 1.'% © pi \0(17) Idem,jloc, cit. dd {{(18),Idem, parte 2. cap. 4. Pochi ani prima della Setidary e del Calprenede ; scrisse D'Urfé la sua Astrea. big ti Ti frigo 74 in;Francia;; furono scritti in prosa pér!Hinabilità» poeticà della\lingua; ed;eblier!voga perchè:fini d’allora:si riconob+ be;.come verità «li sentimento che la liforma: di. poesia poco avnebbe accresciuto il-diletto-onle» siova:in traccia nellelopiere d’immaginazione: Per» testimonianza idiotute ti. critici estrattatisti francesi, in tal) categoria debbono) riporsi, ‘codesti ,xora negletti s romanzi; ‘e furon> dessiyoci! vien detto ;a voce unanime; che sebbene difettosi, pres pararono d'applicazione di citi infgéghica( tal sorta edi) componimenti. Gosì-.la letteratura! francese ssi scostò:ancox] rain fasce da quell’antico principio, che!voleva:dell’ im- maginazione ministro-il. verso, come: della ragione» aiutri+y ce.la-prosa, Così la qualità [o )Ja circostanza “particolaré> della, lingua. francese determinò! l'idea e-la definizione» del.romanzo;;| ( roman.) il quale fu.dichiarato nel. dizio»»: nario,dell- accademia 0urrage cordinairement) eò, prose.) Viceversa;la icontraria)circostanza»dellas lingua italiana , ) posta.a. profitto dal {Pulci} dal. Bojardo,, e dall'Ariosto,av= vezzò, 4. .lor. concittadini ad, annettere diversa lidea al-; la stessa, parola »r0ma7:z0,; il-quale; dall’, autorità. \della» Crusca, fu. legalmente, definito storià, favolosa: propria=: mente in.wersi: Malve.ne sono anche in:prosa, soggiunsì sero per maggior RAME i nostri SEI non? e coni ue- di, e per cui fai in origine adoprata lar na veiagrd{29); se’ ‘non’ "vuol dirsi ‘ ‘che EA in spia il ‘Filocopo è la NI BIO.S OsmMi si 8q( 014% ‘b romanzo, fanta mia di «prosa ve di versi ; Lai forse ha qual-ri che, analogia; coll’ Arcadia; del, Sannazzaro: goeoforse utrae:idal essazlae sua ‘origine. }02 viollsvso: isassror' job sb (19) Dantesnel, 26. del Porigotdrià quaridovdicec: Fergii d'*amo4» re.e;prosedì\ramanzi, sembra istruirci che a suostempò |’ Italiayy adottaridode;idee, déi provenzali.; ; non ; considéravairil romanzo‘ come ..operà, verseggiata.;: e conferma: Ibopinibnes chel’ Atiostéil preceduto daiquegli altri; alterò; col fattori fn dirne Ù cato.di,tal voce.:s:;t) 1 21 LEGLI i $ 75 Fiammetta! ;ce:qualche altro ignoto ilibro:di tempi: meno lontani: Convenghiamo!'però chela» Fiammetta; e il Fil locopo , senza influenza nella nostra letteratura, rimasero! privi d’imitatori edi:dettori; cosicchè. mon si parla di essiz se;noni per.rammentare:a lode del Boccaccio!e dell’Italia (0 priimiaquasivini tutto) il vanto dell'aver sonmiministrato! iioprimi esempi delisromanzo amoroso! e. del romanzo eroico inoprosa. Tanto-è ciò vero, che:sino ai tempi del Gravina: (20)seideb; Muratori (21) in Italia s° intendeva; pen romanzo istorito favolosa propriamente in versi. «nni Malse isnostri!vicini:della Senna e del Rodano non: presentassero in qliesto ramo di amene lettere altri nomi che:!della: ;Scudery»:e: del'Calprenede ; avrebber poco di che:gloriarsi ;: e» préssochè senza ‘curiosità ‘sarebbe 1 argo» mento del: presente discorso; ‘Anzi nota il dilisentissimo Tiraboschi (22) «che cominciò ‘anche in’ questo? secolo (XVII!) 1°ItaliacadLvessere inondata' d’'infiniti roman- zi(23); ma tutti scritti secondo linfélice gusto: che’ allor regnava.[o:perciò non ‘getterò.il tempo nel ragionarne »i esmoi faremo'allriéttanto:; per non deviare senza) prò> dal nostrocassunto) rivolto vad esaminare! leccircostanze che favorirono. inoFrancia\i progressi dei vane romanzo (24). 0) ) Rag.) podi. lio o sinti )'Per SP Poesia. Lib. - Cap. XI. pi i lplbs 3: i(o(23)0 Qui devesi intendere romanzi Vin! prosa!, LU (UO 19] gl 0 È E,o[statò; detto .da molti che il| D- Chisciotte seacciò. d’ Buropi la moda dei romanzi cavallereschi, e che d' allora in-/poò sil cominciò» a ‘scrivere :romatizi bcon naturalezza! @ buono” seriso:° Nono sappianio»con quanto” fondamento / In Italia larmmo= da dei romanzi cavallereschi non passò , nè passerà .mui'pers! chèvessi forminosunoidei: più ‘luminosi raggi della»Isud! corona. poetica .!, In Francia ; sebbene nòn ‘troviamo in secoli posterio»>* rival: don Chisciottè romanzi propriamente di. quella»!specia;;!@b: librioidel Calprenederieodi alcunivaltri recanivprova” chemionosto: andùvai-ancotarin; cerca! della» verità: nella! pittura pdedceatettri o e degli affetti. Forse in Ispagna il don Chisciotte” labilicare: 76 Noi:non-possiamo;ameno di, riguardare come principalis- sima l'influenza delle donne sulla politica ei costumi. di quel regno. Fra lelodi! del quarto, Enrico; quella gli.con- cedono» glisscrittori dell’.aver:subordinato la; sua. inclina- zione. verso il sesso alle voci della vera gloria, ed ai CONS gli del ministro Sully. Nulladimeno, un principe adoras to, com egli era,;\ida una mazione naturalmente prona elitario dio restituire.in'moda, la, tenera;cortesia: eil dignitoso ossequio delle epoche |.cavalleresche.,,;. dopo miòlti anni di agitazioni civili ;.in cui forse.se ne eravafi fatto perduta l’ usanza), Enrico, che dalla tenda ;\militarely anelando. i,rischi.dell’imminente pugna;; scrivea pensieri d’;iamore jalla, sua:Gabbriella:(25); non potea se;non pro- muovere l’ importanza; che:successivamente acquistarono, le donne: Poca ine rebbero ssottonil ‘cupo, ;e malinconico. Luigi, XIII ;: d'accordo in-questo col Richelieu, il quale itentor avnom compromettere dal ;doppia ssua:qualità. di. cardinale Je di, ministro y volle indipendente dal; loro ;dox minio: lar:sua politica come il;suo core,,Ma sotto la; reg+ genza lid: Anna di Austriazle vediamo-prender; parte ; nom men che gli;uomini;, agli; avvenimenti, e;jpromuovere er divigere (la; guerra rcivile che fa;chiamata, della Fronda, Nun le issomenta,1’antorità della, negina;; e» -la fama, del Mazzarino, e una diresse, la-Longueville; induce. il Turena: a:farinibellare, 1 armata che vari re comandava ,; mentre 61 L9 LAI SI ICALa. (i9@ OCSCLICE LSITOD: 9 9 più, ni) effetto. Ma, sine se il Dn sins Parte lumi.e le, mu À tazioni ‘ “della. società non avessero screditato affatto le .ésagera- zioni ‘Cavalleresche , l’ opera del Cervantes sarebbe stata di ‘pò co'‘ Biovamibnito! | Disbraziataimente un libt9 57 e! sia! ‘quaîito sla beni (fatto; noncorregge gli. errori è! iwiziodegli uominiy quando gli avvertimenti, generali, li.-fomentano 30, n9p; li, combattono. (25) Ecco come scriveva Enrico IV a Gabbriella d’ Etrées dal campo, di: battaglia: vi93) Si je suis vaineu.; vous] mer. connais- sez assez it croire que je n’ yY survivrai pabù «mais ma, «der nière punita sera cd» Dieu s!d’ravant-dernièrezàw0usy) «uo usib zus etisì ziuus ‘loj «aSegunslesifiemmes,: Lom, 2, 77 ip Larochefoucatild 1° autore delle Massime: combatte abich’egli per sola 'vaghezza di piacerle; esdatò bando al la filosofia Don isdegna di ripetere l’amorosa iperbole d'un osériro poeta francese ‘(26). Allora il’duca di ‘Bellegarde, partendo per l’armata’, chiede in srazia alla: regina yicdi cuùi.efa ‘perduto amante; che ponesse! un: 'momento ila rivanioi sull»elsa della sua spada; e il'Chatillon affronta de schiére’nemichecon la 'legaccia della‘ Gue rchi ‘annodata ali braccio; illacard*Orleans si lascia signo reggiure dal la © Satijon} dalta Chatillon il: Gondé, il Béaufort dalla Montbazon fel ducardi Bouillon dalla moghie.' | ii Chi vorrà tornare col ‘pensiero sulle istorie dei. tem+ pî;si convincerà che moi non pretendiamo con'pochi:fatti qualificare un’epoca;; che ‘anziotutto: quanto: ici vienna rato'di'essa rendel ‘chiaro che ‘li uomini agivanoy| ma le. doùne dominavano! Una qultapohie.c vb'primibsi | piegaronio alla condizione di] sabalterni:,) le caltre dovettero: natural: mente! procacciare i ‘imezzi onde non!decadere dalla! ig0a> dagnata sovranità Ma per farsi0 ubbidire ‘come! sovras ne; il ministero» degli affetti» sarebbe stato! insufficienze te; se l'abilità a''ivalersene » nou avesse Uricevuto ins cremento: proporzionato val bisogno. Non contente d'ispirare amore: per ‘essere’ ‘amate; poichè. la meta dei lor de- sideri! non? fa più? !lav conquista .di’vun. core; .masiligol vernodi. una! fazione ,° si! posero, com'ila: fantasia versatia le e con l’ animo sisi: ad osservare l’ ambizione, la viiniità, È 6tgoglio 71 ol invidia, e l'amor proprio “degli” ud: mini, Giu icarono per. sentimento, L indovinarono: per, istinto,;ed, ebber, vanto; che,mancò,a molti filosofi, di, Spe», Rimentani: praticamente il sunto dille doroosservazioniasd Non Vorreritio avventurare un Irpinia reato; 1uo8 e9dthi 3 iforrdds® c), ‘5((36) La" Rotte nera soleva ipiplicndì SA digiiveo del Mellini. 26 ESTVIVIL of 9up' svioTo 1/0] (s9225' x92 Pour miéiiterison vocub- jpowr plaîre:0i sés beaumgeug s181n 1 Puailfaitdla guerre‘auz cis, je 1’ aurais faite aux dieux. val, dicendo che. le.donne; ove sia propizia'la"circostanza; studiano,il core umano:con più» frutto degli uomini. Noi consci della mostra: superiorità filsica/pedin ‘segui to!di tone venzioni, civili,.non'ci;crediàamorim obbligo di nascondere” i-postri affetti, onde avvienerche esse Uvalutàtido ‘i ‘propri. perchè; propri 3 conoscono i nostri perchè apparenti! Vice” versa} sei;ciiè, dato di. non ‘ignorare ‘noir stessi il nostro! cuore. ; la manifestazione del: cuor loro!è ddil'cantintio E?" pressa; prima. dalla timidezza, pol dalla sfhodestia y%indi” dall’astuzia..Ma sia che:vuolsi di \ciò, mon sarà méno' Vero” che, dalle consuetudini! private: passandoballa ‘vita »politicà;' ed. implicandosi come fecero negl»intrighi® di! ‘vabinetto;! le donne ebbero:comodai occasione: dil | volgere dle! facoltà’ loro naturali all'indagine dell’altrui passioni ersenza' pie! occupare, il. giùdizio vedi libri e conele: teorie» generali ed‘ astratte ; si addestraròno a'considerar sV'nomo modificato Calle abitudini sociali:;;e relativamente a.tempi:1D se in° principio codesta; muova vocazione! del: bel'Lsesso ‘fu sola? mente. di; principesse e ‘di igentildonme; itprogresso “desti avvenimenti: la. rese; più facile e più comune! Ti “Francia” la cortete lai capitale possedevano:allòra , ‘è ‘conservarond? per lungo seguito d' amui;-grandissimta:forza morale silla” nazione tutta} per mezzo [dell esempio. Gosicchè) | sébbéo” ne:la;corte ela; nobiltà! francese dei» tempi: della Fidia!” non. poteron tanto da; far prevalere nelleoclassi)meroralte” il dominio delle donne isopra gli uumini (che troppo! sa sil rebbe stato trovare. la Longueville%frà cittadini») e fra art tigiani;) accadde bensì «che le conseguenze! di quellagliéà-0! ra operarono.» poichè-fu:sopita:; sopra tuttasla! sodietà: ino! distintamente!, L’interesse [dello staltornon! permivttewa' vers!» to che, la. nazione fosse Jacerata dalllao discordia eivile all beneplacito delle donne;j..ma: dopo alcuàisanni di tributà 0) to,omaggio, bastante: sforzo occorsè' fare ‘onde! ‘liberarsi dal, giogo; nè si;potea:tuttavia «non! consentit.loro molta benchè. menoinata; importanza ; colmeva quelle; che'alventio 79 dosaspirato-a «gran cose; ed: esteso assassinio il‘cerchio dèi lorypensieri,; méritia vano ‘per questi muovi PA zione ied.amore. Luigi: XIV. ‘nella; prim& sua! !gioventà ebbe, luogo d’ imparare le arti di raflinata. galanteria‘ ini casa, della .contessa,di.Soissons,, e dal giorno che: ‘prese ‘Te redini del.g governo; sino all’ epoca inocui Vetà e la vversai fortuna lo Heusigliarono a farsi devoto ‘e penitente», la? sia! corte fu, magnifico steatro;; ove il bel. ‘sesso ‘era'‘tatt’altròo” che, accessorio. Parve:]che.l’ influenza grande, di cui -pùt) godeya;.lo ;consolasse «lellà. maggior che avea: perduta. Le..igrazie:; però! dellas»-persona: (e; l’uurbanità dei modi poco; si; reputalvanò, alla: corte di Luigi XIV;:se non di con certo.con;le dotidellà, mente: Ghisbomera la Valière» è la-Maintenon potea bene; vedersi accolta e gradita'itra ‘ le aule, ove, incontravanisi: Boilea è Racineij Fenelon é Bos suet, ma, conveniva-mon vessere caffattocindegna di così alta compagnia:,;0 almeno moncignara scel suo! pregio. !li sopxma, da grandezza! del: monarca, giovane) potente: 26104) riyso; esercitandosi egualmente nell’amure) verso; il sesso e ne a e verso dl:letterati9-pose in PcIUsatie: quello. con, questi , erlilicongiunserd’un' vincolo clie per lungo tempo sivmantennè indissolubile. Lo' studio! delle! belle, {lettere-venne inmoda trabledonime-%nelle ‘classi più' elevate si. diffuse;rapidamentecin'ì tutti glie lotdib della” capitale-e;penetuò; lima con! meno effetto; otrelle proviticie. Inyano;Faliasavea dettato al suo; migliorbatànnotes Zen - mes,sapantes: è: - leso PRécierses riaiealani: ‘L'inicivilimeno to del.setolo; élilscarattere nazionale ' ‘agivano! 60n5 troppa! | forza ,;e-la-satitasmon aggiunse il'suo:stopo;] se questo) du! di.distogliere:alfatto de. donne ‘dalla :cottura dell?‘ inigegno. Ma noi invece siamosd' dv viso:ché esse imiparirono quad? to lor disconvenga!da:soverchia pedaniteria; e Iosteittazi?® pedi dottrizia;; e che. Moliere fu ‘beneinerito della loto)! causa|, segnando quella linea g;cuî mò nè darò pernivsso dî! oltrepassate , seinon: vogliunordivemireridieole9 cessano” 8o d’ esser piacevoli. A dir vero quando i costumi sono arri- vati ‘a tale, che le donne non sì considerino destinate unicamente a compire i doveri di mogli e di madri, sa- rebbe argomento di discussione se sia o nò ben fatto disa- nimarle da ogni esercizio intellettuale; e comprimere i' germi di ogni lor letteraria ambizione. Comunque però si pensi, non dovrà incolparsi d’ adulazione, nè d’invidia, chi dicesse che ove le donne intendano a letteratura, mo- streranno in special modo inclinazione e attitudine a com- porre quel genere di libri, che si propone di dipingere lo stato di viva società, del quale esse formano parte, quel genere che non esige sempre volo d’immaginazione, o vigore di raziocinio, rna piuttosto squisitezza di senti- mento e diligenza d’ osservazione. Così pensava il La-Harpe: (parlando di cose francesi approfittiamo volentieri di chi ha altissima fama presso quella nazione ) (27), e l’ opinion sua non'ha bisogno di essere aiutata da lungo discorso , perchè la rende incon- trastabile il gran numero di donne, che hanno acquistato nome scrivendo romanzi. In niun altro campo di lette- ratura le è riuscito cogliere tanti allori. I romanzi della Scudery si procacciarono da principio straordinarie lodi , furono come il presagio dei migliori frutti che dovea produrre l’ingegno femminile. Les romans de Mad. la Fayette ( dice Voltaire (28) ) furent les premiers, où l'on vit les mocurs des honnétes gens et des aventures natu- (27) Les romans sont de tous les. ouvrages d° esprit celui dont les femmes sont les plus capables. L’amour qui en est toujours le sujet principal est le sentiment qu’ elles connais- sent le mieux. Il y a dans la passion une foule de nuances délicates et imperceptibles qu’ en général elles saisissent micux que nous, soit parce que l’ amour a plus d’ importance pour elles, soit parce que plus intéressées à en tirer parti, elles en observent mieux les caractéres et les effets. " Lycèe 3. parte. 2 Lib. 3. Cap. (28) Histoire de Louis XIV. Catalogue des écrivains. 8r relles décrites avec grace. Avant elle on écrivait. en style ampoulé des choses peu vraisemblables. — Elle fit dans son genre ( soggiunge un altro illustre france- se (29) ) ce que Racine fit dans le sien. En substituant l’intérét aux prodiges, elle prouva qu’ il valait mieux attendrir qu’ étonner. La Tencin, la Riccoboni , la Got- tin e la Staél, lanciandosi in diversi tempi nello stesso arringo, hanno ottenuto non men che gli uomini gloriosi successi; e se domandiamo all’ Inghilterra altre prove in sì bella causa, i nomi della Radcliffe, della Burney, della Edgeworth, e di molte altre ci dispensano dal fire i galanti, che anche da rigorosa giustizia non hanno esse nulla a temere. Ma non deve credersi che le donne, acquistato tanto potere sugli avvenimenti e sulle vicende della società e dei costumi, contribuissero ai progressi del gusto in fatto di romanzi, solamente perchè alcune fra esse ne scrissero. Se quando sì applicano ex professo alle lettere le vedia- imo riuscire con facilità in codesto genere, per l’istesso motivo tutte le altre, che si contentano di leggere senza aspirare al vanto di autori, che dello studio non formano occupazione ma passatempo, preferiranno la lettura di un romanzo a qualunque altro libro. Ma dovrà essere vero nella pittura degli aftetti, verisimile negl’ incidenti. Esse conoscono troppo il mondo per potersi altrimenti appaga- re. La società avrà ricevuto per lor mezzo tanti nuovi at- teggiamenti, che, a rappresentarla in modo vero, converrà litenderli e valutarli tutti. Sentono esse le passioni in tante infinite maniere, che ove pure non sappiano chia- ramente esprimerle , a maraviglia distingueranno la fede- le dall’ erronea espressione sotto la penna degli scrittori, miente meno che sul labbro degli amanti. Divenute com- | petenti a giudicare , e arbitre della censura e della lode , (29) Thomas. Essai sur les femmes. *E. XII. Dicembre (er 82 in tempi ove la loro opinione darà forte impulso all’ opi- nion pubblica, indurranno anche;le migliori menti a coltivare il genere loro prediletto. Sicchè l’azione della società sulle lettere, e quei più intimi rapporti morali ; che sì,saranno stabiliti fra l’uno e l’altro sesso, amplian- do, e facilitando la vicendevole osservazione degli affetti, avranno accresciuto, pregio al pratico studio della specie umana, e vedranno la luce libri, come quelli di Pascal, Labruyère , la Rochefoucauld, e simili (30). Qui la mora - le; o la scienza dell’ uomo, era trattata in massime e pre- cetti. Facilmente si riconoscerà che il romanzo è forma propria a trattarla per via di fatti e d’ esempi: ed anche un filosofo, profondo ed acuto come Le Sage, consegnerà i suoi titoli all’ ammirazione dei posteri ;nelle pagine del Gilblas, Così accadde; e così era per divenir. manifesto che questo ramo di amena letteratura può avere, come qua- lunque altro, il suo grado di utilità , nonostante il pre- giudizio, che presso molti nasceva dagli evidenti difetti dei primi romanzieri ( Scudery, Calprenede ec. ), e lo scherno versato a larga mano su di essi da Boileau, e da altri legislatori di Parnaso. Ma quando la reggenza del duca d'Orléans sbrigliò affatto i costumi della Francia , e fu sostituita generalmente l’ impudenza ;alla galanteria, molti scrittori di quei libri che chiamansi; d’ agrément vollero mettersi in armonia col secolo, e la loro intenzio- ne fu immorale, come immorali erano i lettori. Non è d’ uopo diffondersi per far comprendere come ciò si. do- vesse verificare specialmente nei romanzi. Furon conse- guenza del vizio , al quale in contraccambio assunsero di (30) È da notarsi a questo proposito l’ amicizia che strinse il La Rochefoucauld con la contessa De La Fayette, che abbia- mo dianzi nominata . Chi sa la frequente conversazione fra loro quante idee abbia suggerito all’ autore delle massime, 6 quanto abbia giovato ai romanzi della Contessa! = 83 recar lustro ; e' perchè 1 costumi non migliorarono di molto sotto Luigi XV} non migliorò nemmeno il gusto nelle opere destinate a dipingerli. Se ne prendiamo alcu ne per mano, tosto si riman convinti che i loro autori, dimentichi affatto dell’istituto della letteratura, ‘vorreb- bero, diciamol pure, renderla ministra di piacer sensuale, In quest Lit si ebbe prova come la sfrenatezza' del costume può fomentare la depravazione'del gusto. Quan- do gli uomini s' invaghiscono di certe fetture , basta ‘‘me- diocre ingegno ‘con animo corrotto per farsi acclamare autore. E i mediocri ingegni sono tanti , ele letture inde- centi e salaci così strascinan la mente dietro i sensi‘; che i romanzi moltiplicano , e nella stessa proporzione ti di- scernimento di chi li legge si offusca. Questo dobbiamo dire parlando dei velenosi frutti ghe diede la scorretta fantasia di Crébillon figlio, e di alcuni altri: senza per- tanto asserire.che nel gran numero non vi sia alcuno da eccettuare. Ma già prima di noi aveano detto gli Enciclo- pedisti che Za plupart des romans; qu on a ecrit dans ce siècle sont ow des productions dénuées d’imagination, ou des ouvrages propres a gater le gout, ou ce qui est pis encore, des peintures obscènes dont les honnétes gens sont révoltés (31). Con questi elementi storici, che ci ha fornito la let- teratura di Francia, ( premessa la general riflessione , che mancati tra hoi fatti analoghi, mancarono le analoghe ‘conseguenze ), torniamo alla letteratura italiana. La ve- demmo giustamente schiva di libri oltramentani, mentre il suo ‘maggior interesse era la rigenerazione del gusto, Ma quando parve ripristinato in salute, ed il progresso i maturale delle cose ebbe agevolato il cambio delle opere i Di. (31) ) Enc. Art. Roman. È singolare che si scrivessero que- ‘ste parole nel gran dizionario compilato sotto la direzione di Diderot , il quale non avea pur troppo sdegnato di dettare /es bijoux indiscrets . 84 1 aerd ! SnotsAiaihii te) d’ingegno fra nazione e (nazione , gl' italiani non, ricusa- ronò di aggiungere al-cumulo delle proprie ricchezze quel- le clie potevano torre.in presto ;dagli/esteri,. Vero è che, riconoscendo:a»che; altezza; di.volo eran ;essi; stessi. perve- xlutiim ogni maniera di studi poetici, dovettero, preferi- bilmente chiedere .l’ altrui assistenza nelle discipline filo- sòfiche é morali.-A.queste erano state favorevoli le circo- stanze:di ‘altri, paesi}. contrarie le;.nostre, L' importanza loro!era manifesta; e in tempo che molte luminose ope- re in'talil'argomenti divenivano studio ed. ammirazione di ogni icoltovitaliano., diluviava d’ oltremonti una quan- tità di sciapiti; eldi pericolosi. romanzi, atti unicamente a' far nascere disprezzo per un genere di lavori, che po- tean dirsi: rifiuti: d’ Apollo. Di qui, prese vigore in Italia un pregiudizio , nomi E anche fra persone di senno , che un romanzo non può essere un libro utile, pregiudizio che nasce, conte ’molti ‘altri, dall’accagionare che facciamo degli abusi degli uomini ciò che per sè stesso sarebbe ipa e bello, fono vuol negarsi che gli abusi sono più facili trattandosi di/rappresentazioni della vita ordinaria, dove ognuno si ‘attribuisce facoltà di giudicare, e quindi nasce in molti prurito di scrivere; senz’ altro aiuto che penna scorrevole e fantasia METIE Ma mentre i lette- rati si adopravano a SICURA 1 romanzi, traduttori a tanti soldi il foglio servivano l'avidità dei librai, e la mas- sa degli oziosi senza:criterio ; o senza costumi:, ne: traeva dolcissimo cibo. Perchè quella classe'‘educata della società che sta intermedia fra letterati e volgo, e che in altri paesi può dirsi arbitra del gusto in fatto di ameni studi, in Italia agisce con assai minor forza, per diverse, cagioni,, delle quali vedremo ora ora la principale. Della lettura di tan- ti romanzi , male scritti e peggio tradotti, essendo chia- rissimo il danno, venne a confermarsi Ogni giorno più quell’opinione stessa ; che certo fu origine del male, per- chè se gli studiosi non avessero sino da principio sdegnata x 85 di valutarli, la distinzione tra i buoni e i cattivi si sareb- be appresa, ed'avrebbe ottenuto lode 1’ autore ‘per esemb piò. di un Gilblas,' malgrado il disprezzo che'a buoni drits to versavasi sui reediliohi di T'anzai ‘e. del Sophà.:Deve anche dirsi che Ja letteratura inglese non era, come.ades: so, tanto doviziosa di romanzi satirici e morali; ;e:id’al- tronde i progressi! di lei erano ‘poco ‘noti all’ Italia;{ la quale non da moltissimo tempo è resa ‘.sciente di quanto essa valga. Ma in questo secolo, perchè la verità parsriso- Juta di farsi strada; anche tra ‘inoì si è -riconosciuto;al ‘merito dei buoni romanzi, e uno scrittore filosofo; in ùna | sua gravissima dissertazione (32) se. ne \è dichiarato panegirista, dopo aver tradotto Sterne ed'imitato Goethe. Ma pure è da rammentarsi che troppo lungo: tempo chi dicea in Italia autore di romanzi; dicea poco meglio;:che canta storie. (32) ,; Indarno il viaggio /d’ Anacarsi; ci porge, luminosissimo specchio quanto possa un romanzo ; senza taccia di menzogna, iniziare i men dotti nel santuario della storica filosofia. Indarnò i germani e gl’ inglesi ci dicono che ‘la gioventù non vive che d'illasioni e di sentimenti, ‘e che ‘la bellezza non è vimmune dalle insidie del: mondo ; ;e che. poiché| la; natura, e i. costami nòn concedono di, preservare la igioventù e la bellezza dalle passioni , la letteratura deve se non altro nutrire le meno no- cive , dipingere le opinioni, gli usi e le sembianze dei giorni presenti, ed ammaestrare con la storia delle famiglie . Secon- date i'cuori palpitanti de’ giovanetti e delle fanciulle : assuefateli i finchè son creduli ed\innocenti a compiangere gli uomini, a cono- ‘scere.i loro difetti. ne' libri, a cercare il bello e il vero mo- . rale. Le illusioni dei vostri racconti svaniranno dalla fantasia con l'età, ma. il calore con cui cominciarono ad istruire spirerà con- ‘ tino nei petti. Offerite spontanei quei libri che se non saranno procacciati utilmente ‘da ‘voi ; il bisogno, l'esempio ; la sedu- zione li PIpSASLARRAG in seguito A : Foscolo origine e ufficio della letterat: ‘Anche Filangieri dà primario luogo ai romanzi tra i libri da , adoprarsi per l’ educazione dei fanciulli. Scienza della leg. lib. 4. Cap. X. e XXIII. OJEsH99D FIDI 2% 86 ‘Gli annali letterari dell’ ultima metà del decorso sé- colo ;'e dei primi anni di questo , presentano altre 'vicen- de, le quali anche per parte loro concorsero a tenerci privi di scrittorî come Le Sage o Richardson; ma siccome esse sono troppo gracrali , per potersi dire che ebbero esclusi vamente quest’ effetto, non ‘faremo che accennarle. Lo spirito filosofico, propagandosi in Italia, distolse ogni di ‘più le migliori menti dagli studi men gravi di poesia e d’'immaginazione. Indi venne in moda una certa sma? nia di difisticatà nella critica delle opere classiche dei nostri maggiori, che. minacciò di esser fatale non tanto a loro quanto al gusto. Le dottrine audaci del Bettinelli, quelle che rese qualche tempo autorevoli il talento del Gesarotti, e sopra tutto il trascorrere di molti lor patti- giani fùor d’ogni via di salute, fecero inorridire ‘i ped'an- ti, e spaventarono a ragione i veri critici, e con loro ‘ogni buon, italiano, nè troppo dogmatico, nè innovator licen- zioso. Allora cominciò sfortunatamente una guerra ; che con pochi intervalli di tregua si è riaccesa più volte sotto diversi pretesti , e'che‘rimane pur oggi senza conclusione di pace. Forse è puerile lagnarsi di ciò che è nella neces- sità delle cose; ma nondimeno si convenga che codeste dispute filologiche e grammaticali, ‘ottime: quando, non prendono il luogo di ‘altre disquisizioni» più utiliue, omes- tamente dilettevoli, hanno bensi troppo'‘emmpito i ‘nostri libri, e troppo risuonato dalle nostre cattedre. Si” risica d’arrivar tardi alla meta del viaggio, quando non sì è d'accordo sulla strada da tenersi. La gioventù italiana, per mettersi a livello delle attuali cognizioni ; sente ‘il‘bisognò di studiare la letteratura delle'‘altre nazioni sui lorò libri, e non è niente meno convinta che il deposito del gusto e dell’ ingegno patrio, racchiuso nelle: pagine dei nostri classici, vuol esser conservato con religione , come. quel- lo che è il maggior nostro'vanto. ‘Forse l'incertezza; che deriva da questo contrasto, impedirà per qualche tempo ; 87 alla nostra: letteratura di) guadagnare nella. familiarità delle. altre ,, come lealtre sì sono arricchite coi tesori di lei; e forse,;per qualche: tempo ancora, a chi giudiziosa men: te imita recherà biasimo la .seryvilità (di chi copia. Ma V.avvenire dell’ ingegno italiano non è. senza belle. spe ranze, e in lui amiamo:di confortarci. isti Così, siamo. andati annoverando., per quatito a noi apparve; le. cause più o meno potenti onde mancano als l’Italia autori di romanzi iu prosa. Altre ve ne, ha forse, dipendenti dallostato di relazione morale fra uomini e dog ne. La Staél, che tante ingegnose, cose disse sulla, nostra patria, e tante ne disse di false, ha, le seguenti parole nella Corinna: Dans cette nationi où l’on ne pense qu'à l'amour, iln' ya pas un seul roman, parce que l’amoùr y est si rapide, si public, qu'il ne préte à aucun genre de développement, et QUEROUF: peindre. vé- ritablement les moeurs générales à cet. .égard , il, fau- drait commencer et. finir dans la. première. page (33). Codesta decisione; ( specialmente le prim, parole ) è così oltraggiosa. e inconsiderata, che non.è irriverenza, dichia- rarla temeraria., E come tale ne. appelliamo. Bensì si fac- cia, in via di dubbio, la seguente domanda ; potrebbero le donne in.Italia contribuire a render ricca la lettera: tura di alcun genere di opere onde ha inopia, e massima: mente di romanzi? Ci dispensi il; lettore dall'obbligo di deg segtenza È edi invece riguardando sotto più general aspetto l’argomen-; to; si contenti di. sentire l'opinione di altra persona, che per ora non, wuolsi, nominare. Fu in occasione che tra alcuni amici discuteyasi se bene 0 male avesse. Montes: quieu asserito che Za société des femmes gdte les, moeurs, et forme le géut LOR RL i pareri, e con ra: (33) Lib. 6. dh. Di (0 (34) Esprit, des. Lois, bo 19. Cap. 8: = id 3] 088 3 LI gi Db gioni v vere o inigeiiose ‘appostainente 'sostentiti. Ma ‘dopo molte parole , uno fra gli altri; Che ‘pared cattivarsi mag- gior ‘attenzione, ‘così prese a dire Se è ‘vero ‘che in til. “ne © oche l’istoria delle nazioni presenta ‘buori’ gusto} e ) {I GC “non buoni costumi, ‘è altresì certo chè în altre epoche ci _— (ii Mesi addolora l'unione del gusto cattivo' e dei ‘costumi pessimi. la, perché due fatti sono contemporanei, non è da‘buon 9I “logico volete che'titio dall’Altto proceda ,' e crederli. idi ‘necessità inseparabili. Ragioniamo dunque astrattamente, cl 3 TUI per vedere quali asiala di società sarebber proprie a ‘ dirigere l' influenza delle donne, in modo che agisse in bene e non in male, promuovendo il gusto senza pregiudicare ‘il costume. 1016 ‘assenti, noi siam loquaci accusatori‘; ma ‘se’’il’ piato' ‘venisse -sottopposto ‘al tribunale. incorruttibile della ragione; 'he' potremmo sì riportar ‘sentenza da farci pentire di averla provocata. Se altun'di ‘voi. è d’ umore bilioso,, 0 se qualche sgraziato incidente néi vostri amori vicha pervertito; opinione, fate pur tesoro delle invet- tive di Rodomonte} e: delle censure.dilGiovenale e di Boi- eau. Sareste Senza carità se di ‘tanto ‘non vi appagaste: Il mio testo partirà dallà penna di un'tale, che davvero mon fu zerbinetto nè cortigiano‘, nè stimò il suo secolo, nè lo seusò. Frutto fra altri del profondo studio, con che osser- vò: la specie umana; e-dell’ira sua ‘verso. di lei, sono quin- dici satire contro diverse classi €’ condizioni !di uomini. La sestadecima si chiama Ze donne, tia non è-eontro le, donne. Fate attenzione che parla Alfieri». Donne! Eco al volgo non faran mie carte. Dirò sol che ove gli uomini son buoni Specchio voi siete d’ ogni hobil arte5 Ove pessimi son, Dio vì perdoni Se tristarelle alquanto riuscite : Colpa ognor di chi affibbiasi i calzoni ; Dovunque ‘i maschj van voi pur seguite.? i. « Questo, non perchè il disse Alfieri, è vero, ma piscchià è è 89 | vero il:disse Alfieri. Difatti bisogna ben educare le donne, ‘esanamente dirigere y opinion pubblica che loro concerne. Ma se gli uomini o.non si adoprano o si oppongono , .chi potrà farlo ? Immaginate un paese; dove essi seriamente pensando , FRA Perchè non vogliamo noi abbando- nare l’ abitudine di vedere nelle donne il nostro idolo — trastullo ? Perchè non porle in grado. di meritar stima, per accordargliela,,, quando, ne siano. degne, invece, di tant’adulazione e di tanto incenso? Forse ci converrà più. Proverbio antico dice che gli estremi si toccano. I turchi «tengono le donne come siliconi noi concediamo loro trop- pa libertà. Nè qui, nè là il sistema produce buoni frutti. Dunque proviamo la via di mezzo (35), che a ogni modo (35) Il passaggio Nord-ovest non :si.è | ancora; trovato, ma il capitano Parry si è spinto più oltre, di ogni.altro viaggiato- re . Così diremo di questa via di mezzo. Chi l’ha trovata ? Nessuno ancora, Ma siccome alcuni se ne avvicinano, perchè dob- biamo credere impossibile che un giorno alfine si trovi! — En Angleterre les femmes livrées à leùr!'véritable destination: font plus pour le 'bonheur,' et moins pour les plaisirs ,; Les -anglai- ses vivent.à peù, près, comme .les (femmes, turques. — Queste due. .asserzioni. che. troviamo in. una; moderna opera francese (Les Femmes par M". Ségur, Tom. (. p. 31. 35.) ci sembrano incompatibili, non sapendo avvisare come in un paese dove le donne fanno più per la' felicità che pel piacere degli womini, possano nulladimeno vivere ‘come le turche; le quali al piacere unicamente! ‘servono. Ma noi ci attenghiamo alla prima; sen- tenza, e..ci pare di rilevarne. che sia tanto più grande il po- tere. delle donne, quanto meglio conoscono il loro destino, che è di felicitare razionalmente . Nella storia d’ Inghilterra' non tro- viamo epoche ‘analoghe a quelle della. Fronda e di Luigi XIV; ma la letteratura ‘inglese ha risentito in altri modi l’ influen- za delle donne, perl’ educazione che ricevono, e per la condotta che a loro riguardo .si tiene. Di qui torna vana l’ opinione di coloro:, a cui la storia di Francia sembrasse indicare che le donne non' esercitano influenza , che quando usurpano troppo dominio ,\o godono troppa libertà. Anzi concludiamo col sig. Ségur. che dove la libertà! prende aspetto, di. licenza avranno poca, stima, ed influenza nessuna. go peggiorare è difficile. Che giova’ lagnarsi |e satireggiare 7 Mutiam noi principj, ed esse ncitagia stile o per. amore o per forza » « Nudriti di questi pensieri, se si agisse:in conseguen- za, vi dirò io alcune cose che in quel paese:accaderebbero; ed ‘alcune ‘altre che mon accaderebbero: Trattandosi di educar donzelle si ragionerebbe all’incirca in questo modo; Grande è il potere dell’ educazione sulla mente; sede dei pensieri, e sul core; origne degli affetti; e si. conyie- ne generalmente che nelle donne e mente.e core accolgo- no più facilmente, e più vivamente sentono leimpressioni che ricevono. Dunque sian buone codeste impressioni ; e se ne avrà corrispondente frutto forse più: .che negli. uo- mini (36). È un errore credere che la Provvidenza abbia fatto le donne, metà del genere umano, soltanto pel pia» cere dell’ Fer metà. È da stolti quell’ immaginarsi che una volta unite in matrimonio il'destino della loro vita sia compito ; e la loro esistenza non debba più avere sco- po razionale. Che prò se riusciranno a trovar. marito, e non ‘sapranno che. voglia «dir buona moglie ?. La danza; il canto, e cose simili sono ornamenti, e non sono doti. Fomentano' la vanità a cui anzi bisogna far. guerra, e di- stolgono da pensieri utili e seri. E poi non igiovano me: nomamente a suscitare il sentimento della propria digni- tà ; che è quello infine che ci fa aspirare.a saggezza e vir- tà: Perciò mentre questi ornamenti non si vogliono sprez= zare, non si deggiono tenere in maggior conto di quel che meritano. Chi non ha altro, ed è bella, piacerà e sarà (36) Malgré les préjugés qui naissent des moeurs du siècle; l’ enthousiasme de l’honnéte et idu ‘beau n'est. pas plus étran- ger aux fernmes qu’ aux (hommes, et il n’ ya rien que, sous la direction. de la nature on ne puisse \obtenir?d’elles. Rousseau; Emi-lib.:5. Si consulti questo libro 5. dell’ Emilio;'che è pieno:di.lux minose verità sul nostro argomento . ‘ gi lodata, dai deboli a buona fine, da tatti gli altri ad arte, Se non cadrà preda di, questi, quelli saranno ingannati da lei. E il disinganno coniugale è così funesto! Se. ciò può dirsi delle belle, che diverrà delle brutte? Si strug- geranno d’apparir vezzose ; e V innesto dell’ artificio nella bruttezza frutterà loro nome di ridicole. Dunque vediamo di scemare alle prime i pericoli della vanità; e salvare le altre dall’onta della derisione. Nè per questo sì vorreb- be dare alle donne educazione troppo pedantesca e mas: chiléè, intendendo ognun che esse non devono insegnare: latino, nè dettar filosofia.Due cose si dovrebbero avere in mira. Ciò che è indispensabile perchè sappiano i loro do- veri verso sè stesse e verso la società, e ciò che è utile perchè non abusino del tempo, e ne apprendano la distribuzio- ne (37). E allorala noia non le visiterebbe con tanta fre- quenza, e per sfuggirla non' occorrerebbe inebbriarsi delle lodi bugiarde degli womini, in mezzoal tumulto dei:continui passatempi. E chiè diversa dal maggior numero; per qualche coltura di miente‘ed esercizio di ragione , ‘non dovrebbe tacersi per' rion offendere l'amor ‘proprio delle altre ; 0 ( maggior male ) non insuperbirebbe stucchevolmente, quasi stimandosi un'miracolo‘di sapienza tra i contadini della Beozia.‘E ‘allora’ (perchè non si fa pompa di ciò che è comune ') si conoscerebbe che non la moderata istru- zione:per' sè stessa, ma 1’ ostentarla ‘disconviene alle don- ne. E allora non vorrebbero gli uomini ( interessati che sonò ! ) parlare con loro unicamente di ‘frivolezze. Nè uomo f (37) La nature qui donne aux femmes un esprit si ana ble et si délié vent qu’ elles parsa qu’ elles jugent , qu’ el- les aiment; qu’ elles connaissent, qu’ elles cultivent leur esprit commevleur figure: ce sont les armes qu’ elle leur donne pour e à la' force qui leur manque , et pour diriger la nò- Elles doivént apprendre beaucoup de choses, mais seule- celles qu’ il leur convient de savoir. Rousseau , lib. cit. % sei e_adulatore, del bel sesso sarebbero sinonimi. E non, direbbero lingue | licenziose che la conversazione con le donne 0 non ha scopo, o ne la un 5010. E ‘allora gli oltraggi, del tempo non, sarebbero morte ‘civile di tante e Pare 1a, cui pocanzi parea garantita la giovinezza eterna d' Ebe (38). E ARA I era. Rarlatone copioso, e questo, continuò, accaderebbe , e quest’ altro non accaderebbe, Disse bene , e non disse troppo,;. nondimeno omettiamo porzione del suo discorso , ‘eci gioviamo dell’ ultima parte, che fu a un di presso in questi. termini: « Allora finalmente la più sincera pittura della,società non sarebbe una satira, e chi ne fosse autore non, meriterebbe di esser dichiarato primo pittor del si- gnoril costume da quel. sommo, che mi ha sovvenuto del testo. di questa diceria, e di esser confermato tale. dal consenso universale degli. uomini ». € Amici miei! mi direte che ho la fantasia riscalda- ta; ma, se vol indovinar poteste tutti vanta ggi, che a pa- rer mio sì esperimenterebbero dove e quando si verificas- se tutto ciò che sono andato immaginando, voglia vi na- scerebbe di partecipare del mio entusiasmo, e con voi stessi vi, dorreste di non poter venire ( quando ciò fosse ) nella mia opinione. Ma almeno sarete , spero, rimasti convinti che nelle mie ipotesi il costume dovrebbe ricevere tut- t'altro,che nocumento ; perciò mi farò‘a dirvi in poche parole come mi pare zia altresì il gusto ne approfittereb- be. Quando le donne traggono il Du. potere dalle ‘grazie soltanto della persona, e dagli ornamenti superficiali, non hanno; altra influenza che TOTO e temporaria, finchè durano quelle .g grazie, e quegli ornamenti non divengono (38) “Fair to no purpose , artfal to no end)!!! Young without lovers, old without a ‘friend. A Fop their passion, but their prize a sot, Aliye ridiculous , and dead forgot. Pope; on women. = ! 93 inopportuni . Ma non agiscono affatto ‘sugli’ ‘uomi in massa, perchè la bellezza, e le maniere léggiadie non’ ispi- rano nè timore, nè stima, nè ‘venerazione. È pattino specialmente di tempi, ne LOI il buon gusto Tesnà' a letteratura, esse on potranno giovargli, né alta flo ver nuovi ameni sentieri, come quelle, che ove siano all in total discredito, non hanno voto in causa. My all'iitcon? tro io vedo dalle istorie, che quando esse prendénò déto? roso posto nella società , non sono incapaci a seguire!‘ Ta direzione del loro secolo , specialmente in opere di ima” ginazione e d’affetti. Se leggete attentamente i diversi libri, ove incontransi notizie sullo stato della società ‘in Italia nel 1500, e fra altri il Cortigiazo del conte Baldas- sar Castiglione, vi apparirà manifesto in che alto concèt- to fosser tenute le donne alle corti de’principi italiani di quei bei tempi; e siccome furon sue contemporanee la Gambara , la Colonna , la Trivulzia > la Molza, e tante altre valori poetesse , ne arguirete che la gentil metà della nostra specie avvezzandosi - per virtù della buona educazione, all’ esercizio di pensare e di ragionare , facil- mente si solleva alla familiarità delle’ muse, e non torna indegna di conversare coi favoriti d’Apollo. E se a que- st snliolno, di, cui natura le ha dotate, aggiungono le domestiche virtà proprie ad esse, e che tanto rispetto con- cilian loro in un secolo, come il nostro, meno dedito agli studi poetici che alla LA e alla filosofia, non credete che molti pellegrini i ingegni diranno col chiarissimo” Fos- colo, che le gentili donne possono insegnare a sentire, € quindi a parlare men rozzamente? (39). Maestre del sen- tire e del ben parlare, di che altro han d’ uopo per in- fluire sul gusto ?,Io, mi son uno, che accolgo volentieri nell’ animo .le-dolci speranze ogni volta che il mio debo- (39)-Note alla «traduzione del viaggio sentimentale di Di- dimo Chierico. 94 le intelletto non le dimostra impossibili. Cosicchè, passan- do'talora di ‘questo in quel pensiero, mi par di vedere una società, nella quale le donne, dopo aver ricevuto tra i la- ri paterni i benefizi dell’educazione, all'incirca nel modo e conte norme che io testè vi dicea , conoscono , divenu- te madri, il beato dovere di trasmetterli tali quali ‘alla loro ‘prole. E questo dovere lo conoscono fin tutta la sua integrità. Il loro amore materno è qualche cosa di più che desiderio del bene , e timore pel male che sovrasta, ai fi- gli.; poichè l'amor materno così qualificato è un natura- le istinto che non distingue la nostra specie da ogni spe- cie inferiore degli altri esseri animati. Onde esse si ap- plicano con tutte le facoltà morali, che il cielo ha loro largito, alla grande e. santa opera dell’ educazione. Non ignorano che di quest’ opera a loro spetta tutta la prima parte , l'educazione del core, parte difficile ed essenziale , senza di cui l educazione dell’ intelletto o non porta frutti o li porta cattivi. Eccole dunque accese d’ un senti- mento , Che misuratamente in core avvampa (40) che ha tutto il vigore delle passioni senza averne la foga, aiutandosi dei lumi della ragione , e dei consigli dell’espe- rienza , studiare MEET E) indole noiv ancor forma- ta dei figli, insinuarvi goccia a goccia le ‘buone inclina- zioni, e chiuder gelosamente l’ adito alle prave, e non viver giorno senza aver fatto qualche cosa per la futura felicità di essi. Eccole, quando sono insieme ; le ascolto accomunare lo loro idea ed assistersi' a vicenda ‘col cam- bio delle osservazioni. Chi ne fa di più belle e di più ge- nuine! Vedete gli uomini fatui, e quelli che fan professio- ne di corrompere i costumi, come da tali donne si allonta- nano ! Che direbber loro? L’ozio non ha resa ‘inerte la lor mente ; l'egoismo della vanità non ha falfisficato nel loro (40) Dante, Purg- Cant. 8. Ki 9 core tutti gli affetti; esse amano la verità perchè ne, co- moscono il pregio , e, troppi e troppo puri. sono, i. piaceri della loro vita, perchè il timore di avventurarli, non..le debba far fremere. La società si dispone. a prendere per loro mezzo nuovo aspetto. Esse, hanno posto in, moda. le scene di domestica felicità, e siccome gli uomini (sian quan- to vuolsi corrotti) apprezzano intuitivamente il valore.di ogni cosa utile e buona, l’opinion pubblica vince il pregiu- dizio, e le lodi di esse sono in bocca di tutti. Chiunque ha senno e virtù s' invaghisce della loro compagnia. Esse giungono a possedere il sentimento delle loro forze e della dignità loro, ed accompagnano il progresso dei lumi e della filosofia per quanto è nei loro mezzi e nei loro at- tributi. Tace la detrazione e l’ invidia; e l’istorico dice col poeta : Ben mi par di veder che al secol nostro Tanta virtù fra belle donne emerga, Che può dare opra a carte et ad inchiostro Perchè nei futuri anni si disperga (41). Arrivate Je cose a tal punto in codesta società, nella qua- le mi sono andato deliziando con gli occhi della fantasia, l’influenza delle donne sul gusto letterario si sarebbe da .gran tempo, verificata. L’abitudine di occuparsi in cose se- rie avrebbe resa comune fra esse la, lettura di libri di morale e di educazione, non che di poesia, istoria., e ro- manzi. La frequente opportunità di conversare con uomini colti e sensati, avrebbe loro agevolato il parlare elegante e il corretto scrivere. Il lor giudizio avrebbe acquistato assai peso; e la preferenza, che esse accordano a certi generi di letteratura sopra certi altri, avrebbe indotto molti ingegni a esercitarvisi. Per, esempio, se nel paese, ove accadessero tutte le premesse alterazioni nella sorte morale delle don- ne, fosse mancanza di trattati d’ educazione pratica, e di (45) Ariosto, Cant. 20. 96 romanzi, io mi persuado che esse, per sentimento e per gusto, leggendo molto volentieri quelli‘ e questi , presto verrebbero alla luce buoni romanzi, e buoni libri di pra- tica educazione » . Così concluse l’ opinante. mf Eta presente fra altri un'vecchio italiano , da pochi giorni tornato in patria, dopo' all’incirca quarant’ anni vissuti in lontani paesi , il ‘quale disse a ‘un giovanetto che gli sedeva vicino :'« Tutto questo era il desideratum'’ dei filantropi in Italia, quando io era della vostra età! Le cose sono elleno cambiate ? — « Signore; ( rispose il'giov vane ) sono uscito da pochi giorni di collegio, e non sa- prei rispondervi » . i A coloro, cui è sembrato fuor di proposito il surri- ferito discorso, chiedendo scusa da parte di chi il pronun- ziò , auguriamo buoni romanzi alla nostra Italia, fra altre buone cose alle quali aspira, e per avvicinarsi all’ argo- mento del successivo ‘nostro articolò, passiamo a ram- mentare sommariamente la ricchezza degl’inglesi in que- sta classe d’ opere letterarie. La prima idea, o per meglio dire i primi buoni esempi del romanzo satirico e del romanzo morale, gli vennero dalla Francia. Precedentemente da questo paese si era esteso nel loro la moda dei romanzi sul fare della Scudery , ma caddero dalle mani di tutti'‘nell’ oblio che li aspettava tosto che videro. il giorno 1 volumi di Richar- dson e di Fielding (42). Ai quali non fa inutile, come ot dicevamo , l’ esempio di qualche buon autore francese che già godeva universal concetto, ma furono essi, se mal non ci apponiamo, che per due diversi sentieri. mostra- rono senza più ai saggi e ai dotti tutte l’esimie qualità , che possono entrare nella composizione di opere, alle qua- (42) Robinson Crusoè è forse il solo romanzo inglese an- teriore a detti due autori che conservi posto nella biblioteca degli uomini di gusto. E meritamente, dacchè avche i ne- mici di ogui romanzo fanno grazia a questo . 97 li colpa d' insipignti scrittori, avea recato infamia. Non per, Jurare in verba magistri , ma volendo dire in poche pa- role chi sia il Richardson, torna in mente la bella,frase, del.dott. Johnson, .che gli dà vanto, dia vere ampliato la scienza della natura, umana, e di aver sottoposto, il ne; vimento delle passioni; all’ impero della virtù (43). Ed egli,;e..il, Fielding sono nel numero di quei pochi; rà hanno, soggiogato ogni sentimento di rivalità nazionale di. quà dalla Manica , onde. la Clarissa accese l’entusiasmo. del. Rousseau (44);e del Diderot (49); ; e La-Harpe ebbe adire del Tom Jones che era il primo romanzo del mon- do (46). Difatti la Clarissa e il Tom Iones parvero annun- ziare all’ Inghilterra che il suolo di lei era geniale a pro- durre somiglianti frutti. Convien riflettere che l’ indipen- denza civile della nazione inglese ebbe origine in epoche, ove.il raffinmamento nei costumi non era pervenuto a can- cellare , sotto la vernice della moda e delle formalità, le naturali propensioni degl’individui, e l'aspetto, di beni; nel consorzio sociale era tutt’ altro che uniforme e .mo- nglono, Liberi per legge di parlare e di scrivere, e sciolti da ophi maniera d° affettazione » gli uomini Sr: in lora (43) An (Author, who has enlarged the knowledge of hu- man Nature, and taught the passions ‘to move at the command of virtue. Rambler. N. 97. > (44) Lett. sugli spettacoli. Nota ( gg.) .° (45) Eloge de Richardson. (46) Lycée, 3. parte, lib. 2, Cap. 3. (Fielding. ha. .considerato il romanzo diverso dall’ epopea solamente in quanto esclude il maraviglioso , e trae argomento dalla vita privata ,, laddove l’ epopea lo trae dalla vita pub- blica. Del resto per la magnificenza e regolarità del piano, per numero e verità dei caratteri, il Tom Jones può aver posto tra le migliori azioni epiche. Ma gli altri romanzieri han seguito più libere, e più facili norme, massime nel piano, e bella | proporzione delle parti. T. XII. Dicembre - 98 stessi studio più largo e più dilettevole. Onde in Inghil- terra meglio che altrove abbondano anche ai nostri giorni caratterì originali, i quali, trasferiti da classici scrittori ne’ loro romanzi, somministrano ùn interesse di novità e di varietà che non pregiudica punto al vero e al verosi- mile. L'amore poi della vita domestica è da lungo tempo comune in quel paese tra le classi più numerose della sò- cietà, quelle che sono egualmente distanti dalla corrattela patrizia e dall’ avvilimento della miseria ; e quantunque sì voglia i in oggi diminuito, è senrpre infinitamente mag- giore che in Italia e in Francia. Se nel TARIOR RE di. sopra citato è qualche ombra di senno , quest” amore non sarà stato inefficace a moltiplicare i i bùdhi romanzi, ed a renderne facile il giudizio, Lust Senza che noi il diciamo, ognuno di leggieri s'im- magina che un campo produttivo di molto grano deve he dare moltissima paglia. Prima e dopo Richardson e Fielding, piangono continuamente i moralisti inglesi sui pericoli, a cui va esposta la gioventù, per la lettura di tanti cattivi romanzi, Lo Spettatore (47) avverte le donr=, se amano di serbarsi pudiche, che debbano scrupolosaiaente astenersene. Un’ altra opera periodica (48), di più recente data, ne condanna gli scrittori come nemici della morale (47) N. 365. i Bada (48) The World, N. ‘19. Gli ‘autori di ‘opere’ periodiehe inglesi ( Periodical Essayists ) si leggono con moltissimo proît.- to, anche per ciò che riguarda il progresso della società e dei costumi: Non parliamo dell’ intrinseco loro merito ‘per essere. a ‘tutti noto. Il Rambler, e 1’ Idler di Iohnson , il‘ Conmnois- seur , il detto World, l’ Adventurer, e più modernamente 1 Ob- server di Cumberland , il Mirror, e il Lounger ‘(questi due ultimi di autori scozzesi) sono opere, che seguitando |’ esempio luminoso dello Spettatore, hanno reso popolare la letteratura in Inghilterra, servendo nello stesso tempo ‘la’ causa’ ‘della morale . ca 99 e del gusto, soltanto, facendo eccezione a favore dei due testè nominati. In quel tempo ( 1753.) pare che il ser- vum pecus fosse molto operoso a strascinarsi sulle loro traccie, e venissero eziandio acquistando voga le tradu- zioni di altri perniciosi libri, sparsi per tutta. Europa dalla licenza francese. Ma siccome nel 1753. erano; già di pubblica ragione i primi romanzi dello Smollett (49), ci marayiglia che nell’ eccezione non siano stati compresi. ‘Vero è che lo Smollett riceve accusa di esser tnoppy libero nelle sue pitture, le quali sovente spaziano in ciò che gli uomini presentano d’ abbietto e di degradante. Pure l’ ori- ginalità della sua vena comica , l'evidenza de’ suoi carat- teri, ed altri pregi a lui propri, lo rendono meritevole di molta lode. Il Rasselas di Johnson, il Parroco di Wakefield di Goldsmith, l' Uomo sensibile, e l’Uomo,di mondo di Mackenzie , tutte opere di corretti e virtuosi scrittori Si succederono con brevi intervalli ‘a mantenere l’onor nazionale in RS ramo di amene lettere (50). Negli ul- timi cinquant'anni le stamperie. inglesi hanno vomitato strabocchevole quantità di romanzi , onde gli uomini pru- denti e religiosi levarono a buon dritto più alti clamori; ma 1 critici essendosi annoiati di parlarne, che veramente era navigare in un mar senza lido, crebbero a proporzio- ne le difficoltà d’ emergere con «I di mezzo a tanta plebe scrivente. Fra i pochi che le superarono s’ annove- ‘rano; alcune donne ;.delle quali, non le sole, ma forse le Pf tr Ù4 ftt f " f lg Oca SE i : } | : \ (49) Smollett morì nel 1771 a Livorno, dove è sepolto. I primi, suoi romanzi) furono, Roderick. Random ,. e. Peregrine Piekle.. sph (50), Anche? il Viag ggio sentimentale , e il Tristram Shandy di Sterne possono chiamarsi romanzi. Il secondo lo sarebbe più propriamente, ma la hizzarria di questo. autore rende ma- agevole a dire in qual classe di opere debbansi collocare. le sue. 100 più distinte, furono da noi nominate. Il merito di esse; e degli altri asi scrittori fu riconosciuto «come lo è tut: tora, dai loro contemporanei. Ma il titolo di romanziere sopra.ogni altro popolare era serbato all’ ‘autore dei ro- manzi,, L ché sono pubivatioi in'testa del presente articolo. {101 i S:' UzieLLI. | \ Si LO d f I. e R. AccADEMIA DELLA Crusca. d di} Adunanza annuale pubblica . L’accademia della Crusca tenne la sua [pubblica an- nuale adunanza il dì 9g del passato settembre; e noi giusta il nostro costume ne diam contezza ai, lettori .di | questo giornale. Diè incominciamento. una prosa letta dall’ acca- demico Gaspero Bencini, nella quale egli prese a mostrare, che per iscriver con lode la propria lingua d’uopo è schi= fare non.solo il neologismo , ma sì ancora l’uso soverchio e indiscreto, dell’ antico. Se ogni linguaggio all’ indole si conforma, del popolo, che lo parla, forza è che si acconci pure all’andamento. politico del medesimo. Nuovi e tutto dì crescenti bisogni, suscitando nuove idee danno origine a. vocaboli nuovi ed atti a. dichiararle. E se in questo popolo allignino di buon’ ora e salgano in\onote le arti.‘e le scien . ze, e valenti scrittori sorgano ad illustrarle, rapido ed. assai vigoroso si farà in.esso, l’.ineremento della. lingua. Così crebbe e si perfezionò. la greca lingua e la latina, Cessando d’ altra parte le vecchie costumanze per dar luogo alle nuo» ve, cessar debbono insieme molti dei. vocaboli a quelle corrispondenti , ed altri sorgere in lor, vece : sicchè «ben possono le lingue vive all’ alber. del lauro 0. dell’ ulivo assomigliarsi, i quali se mai privi non, vanno, dell’ onor della chioma , sempre però non son. verdi delle medesime foglie, Nè poi solo molte voci escono d’ uso; ma d’aleune d’ esse resta ignoto perfino ai nazionali il significato. «Per questo prescrivono i retori, che nel parlare; seguasi 1’ us0; 104 cosicchè la lingua si adoperi al modo medesimo della mo- neta, che quella’ solo può spendersi, la quale è in corso, Edi ciò persuade la ragione 3 la qual vuole che chiaro sia ogni nostro discorso; eine insegna, che alla chiarezza non! giugnesi per via (di voci dismesse ed anticate. Che-serele l’esercizio delle arti, adoperar sempre si sogliono i. più mo®- derni stromenti, siccome i più atti ad eseguirne i lavori , perchè poi nell’arte del dire, di cui sono stromenti le voci, abbandonar si-dovrebbero le più usitate e comuni? Perta qual cosa tale affetto portar deesi agli autori del trecento, che della meritata lode defraudati non sieno i buoni serit- tori dei secoli susseguenti; perocchè se questi non trova- rono in quelli vizj da emendare, ( chè vizj in essi non furono ) ebber però vanto di maggiori virtù. Ma quantun- que i colti scrittori fioriti dopo il trecento abbiano accre- sciuta d’assai la nostra nobilissima favella, massime in ciò che s’appartiene alle arti e alle scienze, non dee per questo esser vietato il richiamare a vita alcuni modi. di dire e alcuni vocaboli disusati; mentre che tutto di tornar si veg- gono a luce costumanze abolite e foggie dismesse. Ciò però dee farsi conformemente alla regola stabilita da Quintilia- no, che al capo sesto del libro primo delle sue Istituzioni oratorie così scrive : Le parole prese dall’antichità non solo hanno gran protettori, ma apportano nell’ orazione anche una certa maestà non senza diletto , conciosiachè abbiano l'autorità dell’ antichitade , ed essendo state dismesse portan seco-una grazia simile ‘alla novità : ma conviene, che non siano troppo frequenti, nè: troppo aperte, non essendovi niente di più odioso dell’ affettazione: siccome neppure si prenderanno dagli antichissimi tempi, de’ quali non s’ ha più memoria. Come pertanto fra le nuove parole le migliori son le più wecchie ; così fra le vecchie, quelle che son le più nuove. Il mezzo che ad ottener ciò vuole adoperarsi, pare \esser.quel medesimo , onde al bisogno s’ inventano nuove voci; cioè la conoscenza profonda sì dell’ indole del pro- ‘prio: linguaggio, e sì delle qualità tutte le più sottili e de- licate di esso. A questo si perviene mercè della natura e «dell’arte. Chi l'arte possegga, può alcuna cosa; chi l’arte cin 02, dorsà Sadr aa insieme, si abbia e.la natura, può molto più. Da ciò viene che il format nuove voci in una lingua vivente , e il ri- ‘mettere in corso le disusate vuol concedersi a quei che nati sono, nel.paese, in cui si parla; i quali perchè natural- mente:1’ uso. conoscono del proprio linguaggio , elegger mai non! possono all’ uopo loro parole e frasi che urtino e of- fendano la moderna consuetudine. Pregio siffatto ravvisano '‘ildotti negli scritti d’ Anton Maria Salvini conoscitore acu. tissimo; e profondo .del patrio idioma , che nelle tante in- terpretazioni, ch’ egli fece dalla greca lingua, in cui su- però logni altro dell’ età sua, trovò corrispondenze di modi e.vocaboli con una felicità che mai non può sperarsi mag- giore. Che se. il discorso dee sempre tener dietro all’attual cognizione del popolo, e d’ altra parte nelle lingue: vive rinnovasi sempre ed accrescesi la materia elocutoria , che dovrà presagirsi d’ un estraneo , che voglia scriver in essa non con altro sussidio che con i libri, e siano pur questi di bellissima dettatura? Egli correrà rischio di richiamar tratto tratto a vita vocaboli rancidi e vieti, e di usare in argomento ‘serio ed importante modi e patole , che solo si addicono a materie di scherzo. Per adoprar dunque conve- nevolmente la lingua dei vecchi scrittori d’uopo è porla a confronto col retto uso della moderna: lo che non può ot- tenersi se non! col soggiornare alquanto. tempo ov’ essa si parla; o conversar fuori con quei che la parlano. O l’uno o l’altro fecerò quei non Toscani, le cui opere citate fu- rono poi nel vocabolario di nostra lingua , e lo stesso avean fatto innanzi rispetto ai lor linguaggi i Greci e i Latini, Van dunque errati tutti coloro, che non vogliono ristretti ai soli Toscani quei pregi di lingua; che il fatto; stesso ne con- vince, esseré per natura proprii e particolari di loro. Non è però tale questo natural privilegio che debbasi credere non potersi mai scrivere rettamente e con buon gusto la nostra lingua dagli altri Italiani, nè poter da loro venir ad essa novelli ornamenti. Chi ciò affermasse, al fatto si op- porrebbe e alla ragione. Si opporrebbe al fatto , perchè com’ora è detto, assaiscrittori tra'non Toscani illustrato hanno il lor nome in ben usare il sonarte dialetto dell’ Arno ; e i Ì 103 si opporrebbe alla ragione, perchè è palese, e ben provato è di sopra, che ogni finezza può apprendersi di' una lin gua che viva, essendo scorte certissime quei che la parlano. . Alla colta e numerosa udieriza accorsa alla ‘solenne adunanza assai piacque, che massime sì giuste e st mode- rate ripetute fossero in buono stile è con somma chiarezza da uno di quelli, che seggon custodi della purità delino- stro dolce idioma ; i quali da molti Italiani riputati:'sono ammiratori ciechi dei loro antichi e sostenitori sì caldi!del “natural dono del bel volgare, che estimino non potervisi coglier palme che dai T'osthai. Seguitò il discorso del segretario , nel quale egli fece noti i lavori eseguiti nell’anno dagli accademici sul voca- ‘bolario , e diè rassuaglio delle lezioni ‘dette’ da loro nel iaia: Quantunque le costituzioni dell’ accademia della Crusca permettano di vagare per ogni subietto dell’uma- no sapere ; pure quasi sempre ristretti si sono gli accade- mici agli argomenti di lingua , o a quelli relativi ai testi della medesima : piova ancor questa dell’assiduità loro in quello studio a che gli chiama il'dovere. Parlato si.è in quest’ anno del modo , onde arricchire la lingua senza che ne abbia danno la sua purità, e ‘tre mezzi suggeriti se ne sono , cioè l’uso , l'autorità e la ragione. L’ uso ; vil quale altro non è, che una pratica ‘stabilita dal consenso universale della nazione , introduce nelle lingue le voci e le forme del dire , che loro abbisognano , conserva le già introdotte , se vi stan bene, e quelle ‘abolisce, che al so- pravvenuto ringentilimento più non si addicono. L’autorità pone il sugg dello ai ‘vocaboli e modi introdotti dall’ uso, e così ferma le vere norme, alle quali dee tenersi il buono scrittore : e la ragione insegna a foggiare i nuovi vocaboli ‘che a noi faccian mestieri, i quali possono formarsi; aleu- "na volta imitando col suono della voce gli obietti che vo- glionsi indicare , e più spesso traendoli dal fondo della lin- gua, o pigliandoli da idiomi stranieri. Si è trattato in un’altra prosa della pronunzia delle lingue . Ognuno che natural- mente parla una lingua , ha cura dell’armonia , e schifa a ‘più potere ogni incontro di sillabe che urti le orecchie. 1 o 14 de qui la necessità di ‘stabilite ‘pressò’ un ‘popolo le norme dn a pronunzia, Ogni orale ' litigiaggio si compone di suo- , nei quali notasi la voce , la ‘durata, il tuono , l’ arti= co Erto La voce è nel suono ciò medesimo e nella scrittura alfabetica indicato è per via di vocali, mercè di cui la natura si determina delle diverse Eivelle . Intornò alla durata | è da osservate , che una diversa distribuzione; di tempo è ‘peculiare ad'ogni linguaggio; cosicchè quella acquistar non sì possa da che è a questo straniero . Nella qual varia distribuzione di tempo in profferir le parole ri» postà è la cagione , onde ogni lingua ha una misura e legge di verso, He ad'essa sola e non ad altra appartiene. Gli accenti poi sono i regolatori del tuono, parendo che nelle lingue moderne la prosodia consista nella durata relativa delle sillabe, e 1’ accento nella inflessione della parola. L’ articolazione finalmente può riguardarsi come l’ effetto originato in noi dalla voce nel punto di profferirla . Assai in essa ha forza l’ abitudine , dipendendo da un gran nu- mero di movimenti degli organi ministri della voce. Dopo ‘le quali considerazioni è da dire che la pronunzia riesce imperfetta , se le parole profferite non siano con tutte le modificazioni stabilite dall’ uso presso il popolo , che un dato idioma naturalmente favella. Il perchè non'è da am- mettere l’ opinione di quelli che vorrebbono che la pro- nunhzia prendesse norma in Italia non dai Toscani, ma dai più gentili delle italiche provincie. Siccome pure non può l’altra sentenza riceversi , che tutti i dialetti della penisola si mutino in bellissima lingua se ne siano sanate le prof- ferenze . Dante pure e il Boccaccio hanno in quest’ anno avute a sè rivolte le cure degli accademici. ‘Tre osservazioni si sono lette sulla divina UTOATA . Riguarda la prima il canto vigesimo secondo dell’ Inferno , in ‘cui ‘deserivesi' la quinta bolgia che in lago di pece tien sommersi i barat= tieri, tra quali è quel Ciampolo di Navarra che accettis- simo a re Teobaldo trafficò le dignità della corte e del re- gno. Provasi che il verbo inforcare ivi da Dante adoperato non vale prender colla forca, rattener colla forca; come i = _109 vdtidivasisat eredettero., e i più degli espositori; ma sì, chiudere tra le braccia ; bene assomigliandosi alla forca le braccia stese in avanti, a strignere altrui. Cade la seconda osservazione sul canto trentesimo terzo pur dell’Inferno, in cui narrasi la crudel morte data al conte Ugolino ed a "fim gli di Jui; e mostrasi co’ contesti di Dante che le parole sentii chieti Puscio di sotto non debbono interpetrarsi, : E sentii serrar a chiave la porta, ma sibbene : sentii inchior dat P uscio.: La terza osservazione finalmente concer- ne quel verso del decimo del Purgatorio che dice: Voi siete quasi entomata in difetto; e si opina col Dionigi, che Dante non già scrivesse eztomata per ignoranza dal grer co, come fu per alcuno creduto; ma piuttosto enfoma ; dib così diconsi in quella lingua gl’ insetti; e che l’impe, rizia dei copiatori ne An la voce. Certo. .è..che con questa correzione danno non»recasi nè alla misura, nè al- l'armonia del verso. Nella ‘prosa relativa al Boccaccio s° è data notizia d’ un codice Magliabechiano , che contiene i ragionamenti che sono ip fine di ciascheduna giornata del Decamerone , se quello si eccettui della giornata decima, le canzoni delle prime nove giornate, e tutta intera la no- vella ultima della'nona. Scritto è questo codice da anonimo nel secolo decimo quarto e ancor vivente il Boccaccio: ciò ch'è pa- lese dalle parole medesime dello scrittore , il quale lodan- do quelli che fecero bei componimenti in servigio e a pia- cere delle femmine ; annovera tra essi il Boccaccio, e fa voti a Dio, perchè a lui presti lunga e prosperevole vita, E dicendo poi di.esso. Boccaccio , che egli da piccol tempo in qua ha fatti molto belli e dilettevoli libri et in prosa et in ver- so}. e noverando tra questi libri il Decamerone , a mostrar viene, che il codice, di che si parla, scritto fu poco dopo il divulgamento del cento novelle, avvenuto nel 1353. E per- «chè nel codice rammemorato si dà plauso al Boccaccio come a gran! lodatore ed amico delle donne, par da credere con fi- ducia ch’ esso fosse scritto innanzi alla pubblicazione del Corbaccio , opera dettata dal Certaldese a ferocissima satira di loro, e pubblicata verosimilmente nell’ anno 1354 o sul- l’incominciar-del vegnente. Laonde questo codice scritto fu 106 venti anni in circa prima della morte del Boccaccio e trenta innanzi alla intera e celebrata copia, che nel 1384 fece dall’ originale , come si estima , Francesco d° Amaretto Man- nelli; e par da credere che i pezzi del Decamerone, che vi sì contengono , tratti fossero da esso originale. Il confronto di questi pezzi colla menzionata copia del Mannelli sommini= strato. ha 566. varianti, in alcune delle quali i primi certa- mente superano in pregio la seconda. Dato han pur materia di lezione accademica. i volgariz= zamenti del Salvini, quello in ispecie leggiadrissimo di Senofonte Efesio narrator facondo degli amori di Abrocome e.d’Anzia. Nel qual volgarizzamento mentre tutte fedelmen- te si voltano le parole dell’ originale, tanta spontaneità e tanta.grazia si vede trasfusa, che più presto che traduzio- ne. toscana, opera si direbbe dettata nell’ idioma nostro sulle norme dei Greci. E questo pregio più si trova riful- gervi,. se con esso si paragoni il latino e il francese ; e questo in ispecie, in cui non rade volte, le tracce si smar- riscono dell’ originale, e la realtà si altera del pensiero. Nè questa eleganza dee sempre nei tanti altri volgarizza- menti, ch’ ei fece ,, desiderarsi. Spessi esempi ne dà quel di Teocrito; e gli altri a luogo a luogo pure ne danno. Intese massimamente il Salvini alla fedeltà; e così adoperò per toglier di mezzo le traduzioni latine siccome inesatte e, non inerenti ai greci originali : e savissimo confessar debbono essere stato il suo intendimento tutti quelli che conoscono di per sè soli, che una traduzione nella lingua nativa, di cui ben si comprende la forza e la proprietà, dee meglio riuscir che quella, la quale facciasi in una mor- ta, della cui indole non può anche con molto studio aversi pienissima conoscenza. Fu motivo finora di controversia l’ autore dell’ aspra sì ma lepidissima critica che col titolo conoscesi di Giampao- laggine ,, e che proposta è gia per ispogliarsi ad accresci- mento del vocabolario di nostra lingua. Va ella sotto il nome di Anton Giuseppe Branchi; ma questi non fu mai riputato 1’ autore. Fino dal suo comparire la pubblica opi- nione si divise tra il Bertini ed il Tocci. L’editore della | | 107 ristampa fiorentina 1’ attribuisce francamente al primo , e il Mazzucchelli inchina a'questa medesima opinione. La lite oggi è decisa mercè di una prosa letta nel corrente anno nel- l accademia. In questa prosa si adducono alcuni versi di. tina scivolata scritta di mano del Bertini e indirizzata a Gio- vanni Antonio Papini, a quello cioè che scrisse a dichiara- zione del Burchiello, nei quali versi dice esso Bettini di aver già disteso il satirico componimento rammemorato. ta D'un? altro ritrovamento si è dato contezza in un’ altra prosa. Citasi nel vocabolario un’ opera coll’abbreviatura Trat. Giamb. e credesi essere il trattato ‘delle lettere del Giambullari, il quale poi non contiene quelle voci e quegli esempi, che ivi gli si attribuiscono. I compilatori della quar= ta edizione di esso vocabolario ben si accorsero che i detti esempi appartenere doveano piuttosto a libro di materie spi- rituali, ma non seppero indicarlo. Si sono tutti ritro- vati nel Trattato della miseria dell’umana generazione di Bono Giamboni. Quest’ opera è or nei codici confusa col Giardino di consolazione, lavoro pur del Giamboni e citato nel vocabolario , e or ha il titolo di Trattato di consolazio- ne, di che trenta voci in quello sì registrano , le quali in ve- rità appartengono al detto Trattato della miseria della uma- na generazione, se quattro se ne eccettuino, due delle qua- li ignoto è finora onde vengano, e due si ritrovano nella Esposizione del' pater noster, testo del trecento che tra poco sarà fatto , per le cure d’un accademico, di pubblica ra gione. Le tredici voci poi, che si noverano nel vocabola- fio come derivate dal Giardino di consolazione, în èsso' si trovano veramente tranne una, e questa è la voce caval Ieria, la quale però insiem coll’ esempio che l’ avvalora, leggesi nel Traztato più volte detto della miseria dell’uma- na generazione. ‘© Ml segretario dando delle nominate prose ragguaglio più che il nostro esteso ed in altro ordine , ne framischiò | giusta l’ opportunità delle materie, le notizie dei varii spogli eseguiti in quest'anno dagli accademici ad'accresci- ‘Mento del vocabolario, e delle varie osservazioni da loro fat- te per emendarlo. Quelli spogli possono come in ‘tre ordi- 108 ni distribuirsi. Riguardano i primi gli autori già esaminati no dai vecchi accademici; i quali d’ essi tralasciaron più vo= ci non perchè. indegne le riputassero della cittadinanza, ma' sì più spesso A loro d’occhio fuggirono. Tali spo- gli han dato in quest'anno all’accademia buona e abbon-, dante” messe di vocaboli sì in scrittori del buon secolo del-. 1a) lingua, e. sì in quelli dei posteriori. Appartener posso= no al secondo. ordine gli spogli di quelli autori che va=. léntissîmi nella: scienza della lingua non solo debbon ci» tarsi, come. confermatori delle voci adoperate dagli antichi, ma sì ancora come creatori di nuove ; le quali essi getta vano , a, così dire, nella forma delle vecchie. Fra questi. merita una delle prime lodi il Salvini, il quale nelle sue,” traduzioni dal greco recò grandi e belli accrescimenti alla nostra lingua, massime co’ tanti nuovi verbali dell’ uno e. dell’altro genere, i quali tanto giovano alla brevità e all’ e- nergia della lingua. Non pochi di questi volgarizzamenti sì editi, e sì inediti, spogliati si sono dagli accademici in quest’ anno. Vogliono richiamarsi al terzo, ordine gli spo- gli dei libri relativi alle scienze e alle arti. Concederà ognuno che non possono aversi rispetto ad esse buoni. vo- caboli che da quelli, che scritto ne hanno con somma perizia ; e concederà del pari, che non tutti.i libri siffatti sono da tenersi per modelli di lingua e di stile. Ne se-, guita adunque che tali libri debbono solo far testo ri- spetto alle voci che si dicono tecniche, e che, l’accademia dee trar gli esempi da quelli col solo accorgimento di dar altrui buona niallevadoria di queste: la qual mallevadoria pur rispetto alle altre voci che alle scienze non spettano, e alle arti, da essa. si vuole; e a ragione si vuole, perchè . i vocabolari non altro sono che i conservatorii delle lingue, onde niuno dee starsene all’ autorità dei compilatori. Gli spogli già fatti dall’accademia rispetto a questi rami del sapere umano , e nel corrente anno col medesimo fervore continuati, mostrano che. essa non ha mai rinunziato a queste massime che a noi sembran le sole da dover seguitare, Tutti i libri spogliati nell’anno dagli accademici si noveraron dal segretario , e il fatto agli ascoltatori parve. ‘ à 109 assai. Furon però ‘essi lietissimi in udendo che erano già intorno a ventimila le sole aggiunte adunate già ‘dall’ ac- cademia , consistenti sì da nuove voci, sì da nuovi ‘signir ficati e'sì da nuovi esempi, e che da una deputazione ri chiamate ot ‘sono ad esame , affine di renderle capaci, della pubblica luce. Alla quale importante notizia aggiun-. se il segretario , che ‘essa deputazione vorrebbe che questa, pubulicalabhe presto avvenisse, ma che al desiderio suo grandemente osta la difficoltà del lavoro. In fatti il defi- nîi rettamente le voci, 1’ apporre ad esse le greche e. le latine , che veramente vi corrispondano , l’aver occhio alla cronologia degli autori che si citano, e il dovere spesso dar nnovo otdine e più esatto agli articoli dei passati com- pilatori, è lunga opera e di studio non lieve. X. ‘Sonetti d Avrow Maria SAtvini fin qui inediti. Firenze, Magheri, 1823. 4. ‘col ritratto dell’ autore. Son contenuti in questo libro 399. sonetti di vario argomento , tra quali molti amorosi , oltre ad alcuni capi- toli, canzoni ed altre poesie. L’ Sudato sig. canonico Moreni editore ‘vi ha pih una prefazione nella quale discorre di queste poesie ; riportando il giudizio dato da vari letterati dello scriver poetico del Salvini, e. presenta molte curiose notizie intorno alla vita ed al carattere mo- rale del Salvini, aggiuntovi un ritratto contemporaneo, che ha tradizione d’ essere somigliantissimo. "Chi giudica il valore poetico del Salvini dalle sue traduzioni dal greco, s’ aspetterà di trovare in queste poe- sie” que ’ difetti che gli vengono rimproverati nel suo ver- seggiare , disarmonico, magro, prosaico. Riflettendo peraltro allo scopo “che nel tradurre ei si proponeva, cioè non di poetare, ma di rendere la lettera del greco con altrettanto valore dell’ italiano ( nel che in generale, è mirabilmente riuscito ), vedrà che potè far più degna comparsa in Par- naso serivendo non da servil traduttore, ma da autore. Non .ci prendiamo ora la briga di fare l’apologia del tradurre sal- I.L0 viniano in versi, quantunque: molte cose potrebbero dirsi, come per esempio: che egli. non traduceva per dilettare chi non sa, di. greco, ma per istruire ancor chi lo sa,.e per farlo in qualche modo sentire a chi non lo sa(1).In fatti sappiamo di;certo che il più armonico e, più soddisfacente italiano traduttore d’ Omero, quantunque ignaro. di greco, col. Sal vini alla mano ha potuto penetrarne talmente la forzay guidato, a scansarne qualche difetto da ; altro. buon duce, che finora tiene il vanto. di buontraduttore italiano .in- quanto all’ armonia del verso, ed alla generale interpretar zione che, può esser sufficiente a far. gustare, e, conoscere quel poema ja chi non, sa il greco ;. vanto, di.cui non du- bitiamo, doversene buon grado al Salvini. Nè, intendiamo per, questo di..screditare altre versioni italiane, vecchie. o recenti; parliamo di quella del Salvini, nell’ aspetto. che abbiamo dichiarato , e di quelle che con l’aiuto della sal- viniana possono farsi da chi non sa il.greco.(2). Tornando ora al valor poetico. del Salvini come autore, egli. non scri vea per darsi tuono di poeta. c Io non fò. il poeta di pro- fessione, scriveva ad un amico, ma, per divertimento e per (1) Perchè non. tradusse piuttosto in ‘prosa? molto probabil- mente perchè giudicò che il verso fosse più adattato, a conser- vare certa concisione , e certe maniere che non si ‘comporta no in prosa, da lui fedelmente mantenute in italiano per far prova quanto può avvicinarsi al greco, e che dispiacerebbero in prosa; nella quale non bisogna discostarsi molto dal ‘consueto modo di parlare degli uomini culti, secondo î vari» argomenti: i (2) A ‘nogtto tempo son comparse. varie traduzioni italiane «d’ autori greci; ed in particolare di. Omero } fatte>da chi non sà verbo. di greco. Queste certamente non, debbono chiamarsi tra- duzioni, ma traduzioni delle traduzioni. Ciò nonostante, abbiamo veduto fin dove può giungersi con lode in questa gara da [chi ben guidato, e mettendovi di suo buona frase, ed armonia, del Parnaso italiano, ha mantenuto l’equivalente delle idee, originali quanto è stato pile per ottenere di non essere scomunicato al tribunale de’ grecisti, e di piacere ai lettori come poeta ita- liano, al punto da dovere essere non poco scoràggito ‘chi senza saper di greso volesse regalarci un Valtità traduzione di traduzion d’ Omero . Più i Tri fare qualche convenienza, e spiegare i miei pensieri a qualche amico confidente: è ben vero che mi sforzo sem- pre di far meglio chio posso, è se mi venisse fatto in cento un sonetto buono e bello stimerei bene spesi que” cen- to per quell’uno ». E che qualche sonetto buono e bello gli riuscisse ne fanno fede , degli editi, il Casaregi ed il Muratori. Il primo, che l’esortò a pubblicarne alcuni ; il secondo, che nel Trattato della perfetta poesia italiana a pag. 283 ed'a pag. 361 oltre ad altri luoghi , vari ne ri- porta per esempio di ben poetare. Le doti caratteristiche del suo verseggiare sono chiarezza; facilità, ‘eleganza di stile ;‘ed a tutto ciò si aggiunga l’ autorità dii testo di lin- gua: prerogative che abbastanza. giustificano la cura del- l’ editore di questi sonetti. Eccone due ‘per saggio, non già per dare un esempio dei migliori. A pagine 80: Povero passerin che già solevi Essere a noi trastullo è giuoco e festa E coll’ali festoso e colla testa Noi tue care nutrici trattenevi $ Il nostro fier lamento ora ricevi ; Morto te , poste siamo in gran tempesta Coppia infelice abbandonata ‘e mesta , Che con tua compagnia lieta rendevi. Ah se tanto potesse il nostro pianto | Che ti facesse un dì risucitare Pianger vorremmo tanto , tanto , tanto. Ma giacchè ciò cosa impossibil pare , snivilini ANoiLuzia.e Violante afflitte intanto vu iv L'esegquie ti facciamo col cantare. Chi non ‘vede in questo sonetto fatto per giuoco a consolazione di due bambine, le ‘grazie greche, latine’, italiane? ‘non ha egli tutto l’affetto del passer deliciae meae puellae catulliano ; e del pianto della Cloe di Lon- go per la perdita del grillo ? Altro sonetto è a pag. 97: 0 Vidi una volta un lioncin di latte, soil Che parea proprio un cucciol cagnoletto, - Avea tenere l unghie e molle il petto , 112 ..,» Le sanne.ancor pramRII NRE vara sn aeTogcatel. pursstoccate» non: soni fatte vv + 4 Sue forze ancora xe appar sì Lagaradre stia ubi rome Che»con woi lo-terreste ancor-nel letto. | ||}|{<{<€<°& -E.gli fareste le carezze matte... HA, Ma lasciatelo crescere. Ohimè poi Si ricorda del.suo nativo instinto ; "iaguugi Ed i. feroci. sfodera atti suoi. di ad Casse meal aarshlo non l ha vinto: i Questa. è figura: .or ritorniamo avnoi: Nel Lioncino avvi # Amor dipinto. ; Nel numero dei ..3g9 sonetti, ven’ ha certamente: de’ bene spesi. per, questi. due. e per qualche altro : ‘e potrà. sembrare a taluno .che 1’ editore avrebbeli potuti . lasciare a dormire nelle librerie d’onde gli ha tratti, contentandosi di darne notizia al pubblico letterato. Dara v'è dubbio che essendo difficilissimo..di pubblicare tutte.le ‘cose inedite, sono di grande utilità -i cataloghi ragionati di quanto d’ine- dito nelle biblioteche..è. custodito. »Ma se: possibil fosse d’ aver tutto a stampa,inon ;sarla: meglio? troppo grande imbarazzo ,..dicono.,..d’ aver tanti. libri. Mavio ‘domando : che cosa è meglio: che siano: distrutti) e'periscano jo per lo meno siano, non «conosciuti tanti codici e mss. inediti) o che siano conservati; ed..esaminati.da tutti?» Se hanno da perire la questione è finita ;, enon dovranno rimanere © nelle biblioteche , nè publicati alle»stampe.*Ma se deb-. bon essere conservati. per qualunque siasi motivo) non è meglio che siano messi sott’ occhio.di tutti con la facilità della stampa, perchè ne profittino; ne facciano giudizio e‘ li abbiano, nel conto,.che possono meritare; tuttii dotti? Se il libro riuscirà.buono a qualche cosa; isarà»benedetto chi lo. ha dato alla luce;; se buono a-niente;. gli» avremo» non dimeno buon grado .d’ averci messo linvistatò' di «potera ne giudicare ; sebbene io creda difficilewdi. trovare ‘uno lis bro affatto bupno a niente, tra i conservati\imneir* depositi d’ antiche scritture.; ihbarsionibi se non adi altro, sarà! utile a metterci al. fatto. del. pensare. delcostitme:;)» del bene , 0 del male del. tempo trascorso» H far paragoni. eu») »- mia tiaifdtto id Ur Nea i È 113 giudizi, Nella infinita moltitudine d’uomini, di fatti, dî detti che ogni giorno muoiono e nascono , che cosa. ne resta alla posterità , se non quel pochissimo che, come qualche pedata nella rena , resta sui libri? Come dunque per vivere al tempo nostro bisogna trattare con gli uomi» ni d’ogni classe e condizione, dotti, indotti, buoni, cat- tivi: così per vivere nel passato non ci resta altro mezzo che fiutare e scuoprirne quante pedate rimangono de’ tra- passati, cioè conoscere le loro idee ed azioni nei libri e scritti qualunque, che ci rimangono. Qual messe può sembrare più degna del fuoco di tutti li strirmenti di compre e vendite de’secoli barbari, scritti non'in una lin- gua, ma inun gergo spesso inesplieabile di barbaro latino, italiano , .teotisco, e d’altri idiomi insiemi confusi? Ep- pure deggiamo moltissime grazie a chi celi la conservati, e non minori a chi gli ha tolti dalle tenebre e gli ha pubblicati alle stampe! Quanti lumi non ne caviamo per vivere in que’tempi? per confrontarli co’ nostri? Dopo tut- to ciò siaci permesso di lodare e ringrazîare il sig. canoni- co Moreni pel suo zelo di darci a legger a sue spese ed a sua fatica tanti inediti scritti, che non avremmo letti o mai , o certamente non con'tanto agio; di molti de’quali non può mettersi in dubbio la patente utilità per uno o per. altro. conto, e di qualcuno che or sembri di minor o nessuna importanza diremo che, se non meritava d’esser distrutto , è meglio che sia stampato, perchè prima o do- po qualche utile notizia verranno ad attingerne o i con- temporanei, o que’ che saranno. Ma i sonetti del Bronzino? Egli non era, poeta di nome ; ed i sonetti pubblicati dal sig. Moreni forse, se così vuolsi, non serviranno a farlo sedere a scranna in Parnaso. E che per questo? almeno | sapremo che non valeva molto in poesia. Ed una certezza negativa, è ben da valutarsi, trattandosi di conoscere la verità; e saremo grati all’ editore che ci abbia dato campo senza nostro disturbo di poter giudicare che Angiolo Allori fu miglior pittor che poeta. Ciò sia detto per condiscende- re. a certi che vorrebbero vedere stampato d’ inedito solì capì di opera, soli frammenti o codici de’ classici greci 0 T. XII. Dicembre 8 114 latini,,,,0 trecentisti italiani., o lettere d’ nomini illustri, de’ quali si, appagano anche. d’ avere una ricevuta, una. vendita di un cavallo, etc. scritte nella lingua del più basso volgo; ma tornando ai sonetti del Bronzino , non è nostro scopo mostrare quel pregio che possono avere: ‘e ci contentiamo di osservare che se non fu buon poeta, fu aîtista erudito ; e culto, come lo furono gli antichi greci, ed ‘i nostri di prim'ordine non solo, ma anche quelli:del- lè ‘classi inferiori, e come lo sono i moderni che; si distin- sero ‘0 si distinguono. È dunque Angiolo Bronzino un: nuo- vo esempio per que’giovani, che ‘studiando ile belle arti del disegno, el’ architettura, icredessero d’ aver fatto assai. con imparare a disegnare; .a mescolar colori, a tirar delle ..di- nee , senza prima, aver almeno; assaggiato lo studio delle lettere, se non delle scienze ; e nelle lettere la storia , .il costume antico , la favola , la poesia, l’arte di scrivere. È la pittura 1’ oratoria muta, e come l’oratore dipinge con parole g cli affetti ed i costumi di tutti i tempi ed i pensieri, così debbe con i colori farlo possibilmente il pittore, Qual vergogna dunque se potesse credersi che si dessero de” giovani pittori che s’impegnassero talvolta ‘a \dipinger de’quadri senza ‘conoscere nè il tempo’, nè il costume del l’aigomento ;.e forse va disegnare \quellibro0) quella penna scrivente che, non saprebbero nè leggere, nè adoperare. e stort9 etiozu Sola Secondo viaggio, e ritorno del cap. Panrr.— Estratto dalla gazzetta letteraria di Londra, del 23 ottobre edel 1.° novembre 1823. Dopo un’ assenza di più che due anni, il viagg giatore instancabile del polo artico, il capitano Parry, è > grin con i due bastimenti denominati la furia, e l' Hecla, a Lerwich (1),.il dì 10 ottobre 1323; ela mattina del. sa- (1) Città principale dell’Isola di Mainland; la più considera- bile delle isole di Shetland al settentrione della, Seozia. 115 bato 18 è giunto a Londra. Con gran giubbilo furono ac- colti da tutta la'‘popolazione gl’intrepidi maviganti } ed ecco un breve transunto dei principali avvenimenti e scoperte di questo viaggio. Nel 1821 fu esso prospero e bello. Passando per. lo stretto di Hudson , sì tennero i naviganti presso la terra che avevano al sud, ed esaminarono la costa intorno ;la Baia Ripulsa ( Repulse Bay). Il punto più occidentale, a cui giunsero, fu/il grado 86. di longitudine (da. Green» wich:, nella latitudine settentrionale di soli 69°; 48'} e ‘finalmente andarono‘a passar l’ inverno in una isoletta, da'loro detta appunto l'isola d'Inverno, ( Winter); alla longitudine ‘occidentale di 82°. 53’, ‘e alla latitudine set- tentrionale di 66°, 11'. Quantunque le ultime e miglibri carte di quei luoghi sieno alquanto più corrette, pure si scuoprono in esse ajquanti errori; il che accaderà molto meno per le scoperte fatte nel viaggio di cui parliamo. Quasi tutta l’estate del 1821 fu passata nell’ esaminare la, baia Ripulsa e vari ingressi. nella parte orientale di essa, per alcuno; dei quali i nostri naviganti.speravano di «trovare un passo per' entrare nel mar polare. Ma le loro speranze furono .vane:, poichè tutte quelle aperture ‘sono senza riuscita, e s° internano nel continente dell’A merica. Intanto il mare incominciò per tempo ad agghiacciarsi , cioè il dì 8 di ottobre, e i legni entrarono nella sopra men- ‘t0vata' stazione invernale dove rimasero fino al è di lu- i ‘gliò del 1822. I vascelli eran distanti l’ uno dall’ altro due o trecento passi, e durante la stazione, i loro divertimen- ti e le loro occupazioni furono simili a quelli del primo DA 2 l:1:4-5124 0) RION . “bYGIi effetti prodotti dal metodo di riscaldare i basti- ‘menti con correnti di aria calda furono salutari. Queste ‘correnti eràn ‘dirette dove volevasi per mezzo di tubi me- -f1oD (4) Vedi Antologia. Vol. 5. pag. 86. 116, i tallici ; i quali così baie operarono ; che. dal temperatura più luca durante l’inverno fu di gradi.;35, sotto. il. zero, nel termometro di Fahrenheit. Vero .è che. nell’ inverno seguente 8’ abbassò 10 gradi di più, cioè. a 49 sotto sil zero3ima.un tal freddo non fu.così insopportabile. come lieti sofferto nel primo viaggio dal capitano Parry, o dai viaggiatori che per il continente americano, si portarono allestazioni settentrionali della baia .d' Hudson ., Questi ultimi;soffrirono un freddo di 50.° sotto il zero. “ Nulla avvenne di. notabile ne’ primi, mesi, d’inverno; maouna mattina nel principio di febbraio i nostri ;furon sorpresi) nel vedere uomini venire alla;lor,yolta. Era una tribù di-cinquanta esquimesi, che stavano inalzando le loro; capanne, e venivano a stanziarsi non lungi dai va- scelli. In. sul, primo: ebbero speranza che, quelle fossero persone della spedizione, del capitano Franklin ; ma tosto svani ogni lusiniga, giacchè i nuovi abitanti vennero rico- nosciuti per una di quelle orde vaganti, le quali errano sulle spiagge in, cerca.di alimento, e-fissano la lor dimora dovunque possono/averne in quantità sufficiente. Siccome ii prodotti, ;del.,mare..sono,i più abbondanti. 9 COSÌ costoro sono; costretti, a portarsi sempre sulle (Goste i e se, sì eccet- tui.qualche gita,che. fanno frettolosamente fra ter ra pi r alcuna, dependenza del cammino, che tengono, s si può d i de- durre,;dai, loro. abiti, che non si stabiliscono. mai dieci miglia lungi; dall’acqua,.e che le parti interne sono total- mente disabitate, La communicazione, dei nostri Viaggia. tori/con quegli straordinari yicini novelli ), fu per essi un opportunissimo sollievo in tutto il rimanente dell’è inver- no; perciocchè non avendo coloro veduto mai per l I ‘ad- dictto europei, avevano modi ed abitudini s affatto, ‘origi- nali ;.ama, verso il principio di maggio, s.incominciarono a disciogliere le nevi, e finì la corrispondenza. i ù Nella. buona, stagione del :1822,; avendo ì vascelli governato verso la costa del nord, penetrar ono solamente 117 fino alta longitudine di 82.° 50') e alla lat. di 69. 4o”: ‘quindi dopo avere ‘esaminati ‘molti ingressi nella breve loro crociera, si fermarono per passare il secondo inverno circa un miglio distante , alla longit. occid. di 812° 441 ed ‘alla lat. settent. di (69. 21°. Erano essi ultinamen- te entrati in uno stretto, che conduceva verso occidente è sì per le notizie ricevute dagli esquimesi, sì perile proprie osservazioni, avevano tutte le ragioni di credere», che esso dividesse dal continente dell’ America tutte! le terre settentrionali. Nulla dimeno, fattecirca. quindici miglia dopo l’inigresso in questo stretto ; furono arrestati ‘dal'ghiaccio. Persuasi però di essere mel canale cheporta- ‘wa diritto all’occidente, vi restarono .un mese, ‘aspettando di giorno in'giorno che il ghiaccio si rompesse. Mala eperanza fu varia; ‘ed. avendo il mate incominciato ad agghiacciarsi nel rg settembre, abbandonarono quello stretto, e andarono con i bastimenti alla stazione inverna- le presso la piccola isola sunnominata; e'detta dagli saga: mesi Zgloolik. Da tutto ‘ciò è evidente che la spedizione nonha potuto giungere al suo ‘scopo printipale:'Qualunque basti. mento di quei che vanno‘alla pesca delle balene avrebbe potuto fare altrettanto. Di poche 0 nessune cognizioni si sono arricchite per in tal viaggio le scienze , e soloPalcù- ne importanti notizie ricavar se ne possono intorno” agli esquimesi AI quali” nél ‘secondo inverno’ tornarono în | Lo numerò a stanziare presso li vascelli. Questi” popoli‘ sono buoni e pacifici , nè stupidimè molto intelligenti. Una delle lor tribù vive nella più perfetta libertà'ed'uguaglianza; un’altra è sotto l’influen- i za e l'autorità di un 4 ngehok o negromante. Niuna: ado- “Ta l'Ente Supremo ; nè usa cerimonie religiose neioma- ‘trimoni, o hei funerali. Un esquimese cerca e fissa la:sua moglie gidaab essa è ancor bambina : giunta all’ età atta sal matrimonio la conduce in sua casa , e allora si fa una 118 festa. I funerali sonoaltrettanto semplici. Se è inverno } il ‘cadavere è ricoperto di neve ;'se ‘estate; si depone in una fossa poco profonda, la quale si-rinchiude al di sopra con ‘due'o tre pietre piatte: Sembra che abbiano qualche rozza idea‘della vita futura ; ma involta in molte ‘super-. stizioni. Alcuni hanno due mogli, Yuna quasi sempre ass! sai ‘più giovine’ dell’ altra , e queste sembrano vivere! in pace fra loro. In una famiglia di rado vi sono più di due, tre) 0‘quatro fanciulli.‘ Vivono lungamente. La statura: degli ‘uomini è da ‘cinque piedi e 4 fino a 10 pollici. Il co» lore:è un bianco giallastro fosco , e non sembran robusti. Marigiano! spesso la carne cruda, talvolta cotta. Gli utensi- li sono semplici; mà ‘straordinari, e consistono PERE palmente'in due vasi'di pietra. Nel principio della loro corrispondenza co’ nostri viaggiatori, furono gli esquimesi alquanto riservati nel communicare le loro opinioni; ma poscia, ‘deposta ogni riserva; rivelarono ‘molte particolarità interessanti. Le donne specialmente furono meno segrete che gli ‘uomini; i quali non esitavano ‘a barattare cor i marinari le loro mogli ‘e figliuole', ‘prima per un vil dono, come due o tie panî , poscia per il prezzo !di' un cattivo coltello! ©! vero, che queste femmine non sorio î'più"a mabili oggetti. I loro lineamenti sono ''spivcevoli; ed hannd'i capelli lunghi e ruvidi; ma 'neri ‘all'eccesso. Una'di esse ( esempio notabile d’intelligenza ') disegtiò uma catta’, fin cùi rappresentò due ‘isole ‘situate al'‘settentrione della‘ sel! conda posizione invernale dei bastimeniti'; ed altrevin ‘al-> tre ‘direzioni . Gli esquimesi non vanno errando mai fuov ri di queste isole, nè si avventurano' sul''continente? cià! scuna delle lor famiglie ha una slitta ‘e cinque 0‘sei cani; co i quali viaggiano comodamente e'cacciano. Questi cani arditi e forti fanno sotto le slitte cinque e più miglia in un'ora; ed abilissimi alla caccia, aiutano i lorò padroni a ‘predare gli‘orsi‘bianchi. I nostri viaggiatori ne presero 119 alcunira bordo; i-quali.in parte morirono per. il viaggio; e tutti soffrirono molto. per-il.caldo del. clima avvicinan- dosi all’ Inghilterra. ;og' hai i Gli esquimesi dicono; che la lor razza, dia avuta l'origine da. un benefico spirito di femmineo sesso ye che da.unaltro simile, però malefico, discendono buoi specie di;creature abitanti Ja terra , cioè ‘gl Itkali, ovvero india. ni, i Cabluni, ovvero europei, ed i cani. Parlano/con ab: borrimento: dei. primi come di, assassini. Degli. europei, non banno notizia. che per relazione, non avendoli, primal veduti mai; ma dalla classe in cui li. pongono, scorgesi, quale idea conservino delle loro virtù. Il, nome poiz;.cori cui chiaman: sè stessi, è quello di Ere} e.la. parola esquimesi è per essi un’ingiuria, giacchè. significa, man- giatori di carne cruda. Da quanto fin qui si è detto ricavasi,, che credono, sebbene in.modo.assai vago, all'esistenza di certi. spiriti o. enti; superiori, all'uomo; e ciò fu meglio spiegato da quell’ Angekok 0. negromante da noi sopra rammentato. Costui volle far vedere i suoi poteri soprannaturali ai no- stri viaggiatori, nella;camera del capitano a burdo di uno de’ lacsimestà:Efanalo quivi andato, in compagnia, della propria moglie ,, incominciò le.sue operazioni con, esclu- dere, dalla camera qualunque barlume di luce, fimo, a.la- sciarla in una totale oscurità. Quindi denudatosi,. e diste- sosi sulle tavole del. pavimento; pretese di andare, nelle più basse regioni dove.abitano gli spiriti. 1 di lui incaoti consistevano in suoni appena articolati e disuniti.,, simili ad. un mormorio di sillabe male accozzate. A questi unì una specie di ventriloquio, modulando la sua voce, come se fosse in. una gran distanza, per far credere che era sceso nel profondo. Durò questa scena venti minuti all’in- circa ,, dopo di che introdotta di nuovo nella camera la luce. il negromante raccontò ciò che gli spiriti gli aveva- no.detto; e per prova della verità di quanto asseriva; pro- 120 «dusse varie striscie dicuoio; le quali;:setondo lui; uno de= glisspiriti aveva attaccate al, di Juivabito.di:pelle in tem- po-della) discesa ;:maerealmenteoda di . lui moglie: vele aveva;appiecaté iniquella oscurità. Con:queste favole ed:im- posture mantiene colui ilsuo dominio: sopra i propri concit+ tadiniigmoranti;i i quali invocano! perciò il di lui potere nelle piùjimportanti obcasioni; Così quando mancarono glianima= li che servon loro dicibo, ocome essi dicono, quando'gli spi» riti maligni cogliendo quegli» animali dalla terra e dal- l’acqua), li trasportarono nelle sotterranee loro caverne; fu-impiegato 1’ Angekok; per trarneli fuori}. il quale «si»sers xlidei,mezzi seguenti: chiamò in aiuto Zotngak) spirito suo» familiare ed, amico, in compagnia del quale fece ‘un viaggio ai, regni» sotterranei, combattè co’ geni maligni: li.ivinse ;:e ridusse, ad. ubbidire ai suoi decreti. Quindi ta: gliò ai.medesimi le:giunture estreme delle dita; ed im. mediatamente furono messì in libertà gli. orsi onde potes» sero.tornare sulla;terra.:Con simili tagli;alle altregiunture ed alle mani restaron liberi i vitelli marini, le balene edbaltri. animali; el peryprova della;sua vittoria, l’Angekok produsse il coltello; sanguigno |:con: cui. aveva eseguita l'impresa. Questa,specie di sacri utensili è in.tanta vene razione, che il capitano Parry avstento: può ottenerne un solo». .) Î ilo di mostri: viag ggiatori hanno istoesitp un dizionario delle loro parole, che sono più di 500. Quanto ainumeri; le;loro;cognizioni sono molto: limitate. La moglie di uno di questi» esquimesi ,:che ‘allat- tava, uma bambina', essendo assai»:malata ; fu: condotta a bordo:di, uno ‘dei vascelli, e morìmon ostante tutti i soc» corsi. della medicina. Il: marito urlava;assai forte dopo ch’.essa fu spirata, ma stette ben attento «alle operazioni dei-marinai nel, seppellirla. Costoro. invilupparono alla loro usanza il di lei corpo in un piccolo: letticciuolo:da bastimento; e scavarono una fossa per deporvelo: ma. il nat marito:; chè si affliggeva:di-veder: così rinchiuso il” cada- vere; sini présovun coltello, tagliò i legami:chie tenewano stretta la fronte, dandovcosì al:viso una specie di libertà} Quindi volea sotterrare con' la morta madre lafiglia vivente allegando; che essendo: una < femmina ;:missuna donna avrebbe preso ad lallattarla. La bambina'infatti. mor poi chi;giorni dopo, ed il-padre ne ngn n Ù * cadavere: ‘coni anita di neve. voto sovisa ado il » E’ esquimese ha molta pratica! nel maneggiare ri rta quale è ordinariamente leggerissimo; e fatto di pelle e di ossa: di:balena: Il più grande di quellio portatà dal capitano Parryoè lungo 25-piedi'inglesij ‘ed’im ‘altro venuto a bordo dell’ Hecla è lungov18:piedi,e largo pol: lici 19: Con questi legni fanno la lor %caccia: marinaz' e trafiggono i pesci. con lancie di legno'molto leggeri lunghe 5.0 6 piedi, che.hanno le due ‘estremitàdi ‘osso: Per uccidere gli animali selvaggi, usano ancora archi e freccie con punte di pre y aguzzata ‘con.la ng di altre pietre. risor cri lo1pÌ Il modo, con’ cui: pdalioniei i ribelle marini per 'mez- zo di. un buco fatto nel:ghiaccio; dimostra molta destrez: za: Mandanorgiù per:questo buco unacordicella ;‘alla'"di cui estremità è ‘attaccato’un piccol pezzo di osso bianco; 'd di dente lungo circa un pollice, e tagliato a modo di pescey con: due piccoli pezzetti di piriti 0 che rassembrano gli occhi... Quest.esca) è trasportata! dall’ acqua je quando ‘il vitello marino, o.‘altra preda:uviene ‘ad esaminarla?) l’esquimese. lo-trafigge con la lancia. Fra tutti gli\altri selvaggi del nord'sembra' che que-' sti equimesisieno ‘i meno stupidi. Essi hanno fino il modo di fare:in:pelle alcuni rozzissimi disegni, rappresen® tanti un uomo:e una donna di lor nazione: questi abboz- 2i}‘che.sitrovano incisi nella gazetta letteraria num: ‘357, sono.di.curiosissima forma. cdl ghiaccio incontrato dalla spedizione nel sario 122 inverno, era una massa solidissima di circa dieci miglia in larghezza, ignota essendo, la sua lunghezza, perchè i vascelli. non; hanno; potuto. percorrerla, Alcuni. piccoli canali scorrono per mezzo a questa massa, ma, non, sono capaci di portar bastimenti. Mentre i vascelli quivi si ar restarono, ed anche per tutto il viaggio , non ebbero per i ghiacci veruna, disgrazia. L’ assenza del sole fu di circa un mese ; il di g. di giugno furono ,veduti i. primi fiori di colore azzurro di piante del genere dei sassifragi. |, Là spedizione in. due anni e mezzo non ha perduti che cinque uomini. I primi due morirono nel.1822,,.uno d’infiammazione intestinale, l’altro di consunzione per. il lungo star fermo. 1 loro cadaveri furono seppelliti in una fossa ricoperta con un tumulo di sassi, mel più, grande, dei quali erano incisi i loro nomi. Poco poco un marinaio dell’Hecla cadde dall’albero maestro, si dislocò il collo, e morì nel momento. Nell’ ultima primavera ;un; altro ma- rinaro del medesimo. bastimento morì di dissenteria ; e sei settimane dopo il sig. Fyffe, piloto maggior del vascel- lo, perì vittima dello scorbuto. Fuori delle posizioni sopra rammentate, non sembra che la geografia abbia fatto nuovi acquisti, per, questo viaggio, seppure gli ulteriori schiarimenti.,, che i viaggia- tori medesimi forse in breve pubblicheranno , non. spar- gono maggiori lumi sul risultato della loro spedizione. ,. F.,G, LAME VOTA "NOS INIET ATA RISIMSO PINE fede I. e R. AccADEMIA DEI GEORGOFILI. Rapporto letto dal prof. GIUSEPPE 'GAZZERI neila sedu- ta solenne annuale del mese di Settembre 1823... Se al ricorrere di questo stesso solenne giorno; nei due anni ultimamente caduti, mi hastò il ricordare quei 123 lavori; dei quali in ciascuno! di essi vi eravate occupati; per rendere evidente che le vostre cure , gli studi vostri, colleghi ornatissimi, furono sem pre diretti all’ importan- te e nobile oggetto della vostra istituzione, cioè alla pub- blica prosperità ; ‘nulla più mi occorrerà fare in quest’og- gi a provare come anche in quest’ anno le onorate vostre fatiche mirarono, nè senza successo, allo stesso finé; a cui mòlte e diverse vie conducendo ; la varietà degli arzo- menti da voi trattati dimostra che niuna'ne fu trascurata. ‘Siccome di ‘tutto ‘ciò che può farsi a vantaggio del- l’uomo nulla è da apprezzarsi tanto quanto ciò che mi- gliora 1° uomo stesso, e ne accresce il pregio reale , però è da rammentare come ad alcuni distinti membri di questa nostra società si ‘deve rion solo quasi tutto ciò che è stato fatto per stabilire e diffondere presso di noî il metodo del- l’inseghamento reciproco , ma anche idee ‘savissime per migliorare l’ istruzione ‘d’ogni maniera. Con che se'si ‘era fatto assai, pur restava a fare qual- che altra cosa; che non' poteva sembrare indifferente a cuori italiani. La celebrità che ‘presso estere nazioni avevano a- cquistato alcuni stabilimenti d’ istruzione e di educazione, o per un certo grado dî ‘perfezione nei metodi, o per l’este+ sa loro applicazione $ 0 per ‘altri pregi, avendoceli fatti prendere in qualche parte a modello, sembrava che que- sta nostra Italia, mentre in ogni altro genere di sapere ed in ogni altra maniera d'’ utili istituzioni aveva precedute le altre nazioni, in questa fosse andata loro d’ appresso. Alla qual parte’ di gloria nazionale fu sellecito di provvedere l’ accademico cav. Antinori , il quale in una sua erudita memoria, attribuiti debitamente i migliora- menti introdottisi nell’ educazione fisica, morale e lette- raria all’applicazione dei principii ideologici, ed alla savia massima ‘di secondare e non violentare le naturali incli- nazioni dei fanciulli; onde guidarli all’ acquisto delle u- 19. tili di per.la via più breve e più certa, provò , 0 piuttosto ricordò all’; Italia come quasi quattro secoli ad- dietro; basato sopra, gli stessi filosofici principii ebbe ella un celebre istituto. d’ educazione, in nulla inferiore a ciò ché; di più, prioa vantino oggi le più culte e più ricche nazioni; oboro (in Fondato esso sa l'rangiatà Gonzaga signore di Man: tova per i.propri, figli, con ammissione d’ altri individui sivnazionali..che esteri, e diretto con impegno ed affezione sibgolare | dall’. impareggiabile Vittorino da F eltre, offerse Men amanti; Pa esempio, tutto ciò che la filosofia collegata. alla. regale munificenza potevano suggerire ed ‘operare! perla migliore, educazione ed istruzione della gio- ventù,. oggetto della; più grande importanza, come quello da:cui dipendono,la gloria e la prosperità delle nazioni. Nè deve.riguardarsi come il solo utile e salutare ef- fetto-d’.una buona istruzione l’ acquisto che per essa fa la gioventù idi utili.cognizioni ;, ma sì ancora il liberarsi da ‘molti errori;e pregiudizi che, oltre il disdoro che ne resul- ta alla ragione; non, van mai esenti da ini dan- ‘D988 sijnongidd .t0 «Fra. questi, pr egiudizi, fra. questi errori, non ve n’ è sil alcuno più comune , specialmente, presso gli agricolto- ifri,edi,quello.che attribuisce alla luna, «molta ‘ influenza so- vprà gli esseri, che popolano il globo, e Specialmente | sopra a Poveri -sisoi Della quale opinione, mentre Vaccademico: dot. ie: goin con lucidissime ragioni l’ insussistenza e 1 assurdi- . tà mella; più/gran parte delle sue applicazioni A indicando rigli apparati nervosi degli animali. come i soli strumenti »suscettibili.forse per l’ esquisita loro sensibilità di‘ esserne affetti in qualche modo ; il socio corrispondente Sabatino Guùarducci mostrò col fatto i dannosi e deplorabili effetti d’’un:talpregiudizio, in forza del quale: il maggior. ‘nume- ro (degli»agricoltori , persuaso che, le principali. faccende 123 agrarie debbano regolarsi a seconda dellèfasi-lunari., ile anticipano e le ritardano spesso ‘con danno’ gravissimo: La vendemmia delle uve, per questa ‘e peraltre icau> se, quasi generalmente anticipata di troppo'; fu da lui des plorata in modo speciale , come quella’per‘cui ‘è notabil> mente deteriorato uno dei più impertani prodotti della nostra, industria campestre. ces 0jebno 41 ud «pregiudizi e l’ ignoranza degli agricoltori: non solò li mantengono tenacemente attaccati a ‘sistemi! ed) usiuvia ziosi, ma li rendono oppositori così pertinaci‘all’introdu- zione di qualunque nuova pratica, comunque‘utile; che se per avventura s° inducono ad adottarne alcuna stretti da dura necessità, cessata questa, abbandonato tosto] la muova industria, qualunigue benefizio ne abbiano ricavato. | Offre di ciò luminoso esempio: la cultura‘delle patà- te. Il più gran numero dei nostri aprieoltori, dopo'esservi stato lungamente contrario , sì trovò astretto ad'adottarla in seguito di più annate TANTA alla‘raccolta‘dei’ cereali. Alle quali essendotie poi succedute altre'propizie; si è qua- sì generalmente rinunziato ‘alla'cultiraà delle pitate!: Di che si dolse a ragione l’ accademico dot. Chiarenti; osser- “vando che se la benignità delle stagioni ed'altre ‘cause ac- cordano largamente all’'domo’ ate povero un’ alimento a lui iù gradito , là quasi Sicura e copiosa produzione: di ‘quel. vulbo e Ta sua ‘grande facoltà !Inutriemte dovrebbero pia (o) convenientemente apprezzare come nutrimento” de- gli animali utili, singolarmente’ dttò ‘ad ingrassarei maia- Py che se ne giovano mirabilmente.‘ ) VOTg sali o") stesso accademico parlò ancora della labinella A — pianta. preziosa ‘di cui si rallegrò in vedere notabilmente 192 ‘estesa la cultura , quale per altro potrebbe esserlo-molto O 1138 più. È poiché‘ fra le cause che trattengono‘molti:dall’se- stenderla maggiormente , è potissima la ‘difficoltà che il - ILL ‘ puo ‘fusto ] ‘più grosso e le sue foglie più sugose che nel fieno 3 O 997 comune oppongono ‘al suo dissecetimm ei «pendente fil qua- 126 ; le e sopraggiungendo le piogge è soggetta ad alterarsi, pe- rò egli propose alcune diligenze, praticando le quali, egli è giunto anche in stagione rion favorevole a ridurre la lu- pinella in fieno ottimo e di buon odore e sapore. L’ opinione di cui gode la società ‘nostra in fatto di cose.agrarie; fa che spesso sia richiesta di consiglio. Recen- temente l’ agente d’ una grande tenuta-ove , piantati gli aceri a sostegno delle viti , l’esperienza ‘aveva’ mostrato non, potervi essi prosperare, concepito il progetto di sosti- tuire a questi le false acacie:, consultò in proposito 1’ opi- nione dell’ accademia ; la quale, incaricata di! sodisfare alla domanda uma special commissione; dall’ aceademico ‘dot.Tartini membro e relatore. di questa fu informata co- me, suggerite prima al richiedente alcune cautele ,me- diante le quali si potrebbero forse: salvare gli aceri, con molte e valide:ragioni si era dimostrata la non convenien- za della piantagione delle false acacie per:servir di soste- gno vivente alle viti, proponendosi piuttostò la piantagio- ne d’ una palina delle stesse false acacie } da cui poi rica - .vare i pali oi sostegni. morti delle viti stesse, contro i quali non militavano le ragioni fatte valere contro le aca- cie viventi. ti tft) gontii at9Tott9 SEU Emettendo il qual parere; l'accademia; e per essa)la commissione, mon intesero di pregiudicare la! ‘questione proposta come sog ggeuo del premio da vconférirsì in que- st’ anno; e di cui or’ ora.vi.sarà reso; conto, cioè. « se deb- ba preferirsi il sistema d’. allevare ile viti coll’ appoggio al palo o al pioppo, avuto riguardo alla/differenza-dei terreni, dei climi, e delle situazioni v. Questione importantissima, come quella da cui dipende la più;utile edacazione d'una pianta veramente preziosa, in specie per.quellpaesi;e, per quei proprietarii e coltivatori presso i quali al; favore delle opportune circostanze naturali si congiungono;i buoni me- todi nella vinificazione. La qual parte di. scienza e di:pra- tica economico-agraria ha ricevuto notabili miglioramenti 12 per le cure di alcuni. membri di questa società ‘In buo nei luoghi stessi ie colle stesse uve si fanno, da ‘alcuni in oggi vini assai migliori che altra volta, e ‘soprattutto’ atti a resistere (lo che già non potevano ) ‘al corso delle stagio- ni. ed alla navigazione , senza ricorrere. alle sofisticazioni,- che, non mai plausibili; possono talvolta esser dannose) e che, sempre possono essere scoperte e riconosciute col mezzo: dell’ analisi chimica. | (woe Della quale per altro le conclusioni ‘non possono’ a- versi per esatte se non in quanto partono dalla cognizione precisa della natural costituzione 0 chimica composizione dell’ uva da cui ibvino: proviene. La quale per vero’ dire non! era nè assai esattamente nè assai generalmente co- mosciuta. In fatti il\comune dei ‘chimici ‘moverando i compo- nenti il vino indicano ; oltre la%parte acquosa e l'alcool o spirito; unresto di materia zuccherima, muccosa, estrat- tiva; colorante; ma non fanno menzione d’ altra materia salina oltre il tartaro: Quale suppostovi solo,ne conseguiva che. ovunque 1’ affusione d’ um reagente chimico in un vino presentasse i fenomeni che’ quel reagente suol pro- durre allorchè incontri un dato acido ‘0 un saleche lo con- tenga , venisse!rconcluso esistere in quel vino quell’ acido o quel sale aggiuntovi artificialmente; conclusione che in alcuni casi ba: potuto ‘essere ‘erronea: L’ accademico ‘prof. Gazzeri se me accorse:caderido: egli stesso in quell’ errore. Esasminando ‘un poco leggermente un vino sospetto di so- fisticazione; e vedendolo'intorbidarsi e dar luogo alla ‘for- mazione d’ un'deposito di color bianco per Paffusione del ‘nitrato d'argento ‘e dei sali di barite, che vi mostavano la ‘presenza'di duwe'sali, cioè d’ un solfato e d’ un’ idroclora- ito, congetturò essere il primo l’ allume , il secondo il sal comune, spesso‘introdotti artificialmente nei vini, special- mente di bassa qualità. Ma particolari circostanze resisten- idomel caso ‘alla supposizione di quest’ aggiunta, nuove in- 128 dagini comparative: lo portarono a riconoscere che tutti i vini, sì comuni che scelti o liquori, sì nazionali che esteri, si comportano egualmente coi reagenti indicati, e che pe- rò contengono naturalmente due sali, uno del genere dei solfati, l’ altro.degl’ idroclorati, dei quali il primo è il'sol- fato di potassa; il secondo l’idroclorato di soda, e forse‘in' parte di potassa. Egli ne dedusse che ‘dai fenomeni sopra indicati non si dovrà d’ ora in poi concludere l’ aggiunta’ artificiale al vino di materie saline, se non quando l’ana* ‘ lisi, ne trovi la qualità diversa e la proporzione superiore a quelle che la natura vi ha posto. Lo che non solo non'in- ferma. i giudizi che d° ora in poi la scienza sarà per pro- nunziare, ma li.rende più certi e sicuri. Lo stesso accademico presentò e! descrisse in altra occasione una nuova specie di sifone da lui immaginato, e che egli chiama perpetuo, in quanto che, inserendo i suoi due bracci in.due vasi contigui, li pone in comunicazione permanente , sicchè il liquido di cui uno di essi venga empiuto , qualunque tempo dopo la collocazione del sifo- ne, passa spontaneamente nell’ altro, e viceversa , senza che per il vuotarsi dei ‘vasi inferiormente il sifone si vuoti, o perda l’ attitudine a tenerli in comunicazione, e far passar dall’uno nell’ altro il liquido che vi sopraggiunga dopo qualunque tempo.I quali effetti sono ottenuti per un mezzo semplicissimo. È noto che qualunque vaso o ca- pacità non può vuotarsi d’ acqua o d’ altro liquido di cui sia pieno senza che l’aria sottentri a questo. Così per man- tenere il sifone costantemente pieno di liquido non si tratta.che d’ impedire l’aria d’ entrarvi. Però empiuto-di liquido il sifone ( che è a lati eguali) immergendolo in un:vaso maggiore di lui, si rivolge , sempre sott’ acqua, colle due estremità in basso, ciascuna delle quali è im- mersa in un vasetto pieno anch’ esso di liquido, della for- ma d'un bicchiere comune , ed un poco più ampio: del sifone, a cui si fissa con facil mezzo meccanico. É chiaro 129? che l’aria; non.può, introdursi in veruna delle “aperture del. sifone ambedue immerse, nel.liquidos Postolora cavallo al,due vasi contigui, è evidente che. appena in unovd’essi? il liquido salga, al,di sopra,dell’;orlo! deli vasoso bicthiere® injcui è immersa una, delle aperture del sifonej!il liquido 7 traboccherà perl’ altra apertura versandosi neld’altro Vasos! Quantunque immaginato per altro uso jquesto sifone» più] anche, servire, a travasare. il vino, 0,a farlo, pipes da ui! vaso inun,altro...,., è + sigiofit16 «Benchè non, sieno senza sentiti utilità. quegli strue!! menti, che facilitano la manipolazione, d'uso, ed sil» cdineP mercio. dei diversi. prodotti dellragticolinra sun molta: maggiore interesse ispirano ;quelli, medianti.i qualissi eseguiscono le principali operazioni agrarie;.e. la: maggior perfezione dei quali, mentre allevia la fatica dell’ uomo:e degli animali, e risparmia il tempo. non. men prezioso, fa ottenere un. lavoro più puis ed un migliore e più abbondante prodotto. PERO Nel qual genere d’ industria agraria pins sl diigramie lunga andate avanti. altre nazioni, pende a sdegnare d’aps e prenderne ciò, che può. esserci utile, relilimso auzi porvi! “cura e studio particolare. Già l’accademico march. Ridolfi; dopo, aver più volte, richiamata l’attenzione dell’ accade=s mia, verso quest’ oggetto importante, ed aver singolarmen= te contribuito a Bo destinare per.il futuro, anno. un-pre=: mio notabile a chi, «proporrà il maggior. perfezionamento»: delParatro, convertendolo i in .uno strumento atto a produr- re gli, effetti. della; vanga, se,ne. occupa..egli, stesso colei maggior impegno. E l’accademico dot. Tartini, seguitando a farci cono] scere a Dell estratto dell’ opera eccellente del sig. Sinclair» sulla Scozia, i costumi le arti e l'industria di quel. paesa interessante, ci ha in quest anno dato ragguaglio.dei prims cipali strumenti agrarii che vi s' impiegano, e particolar» or IL Dicembre 9 130 mente di varie specie d' aratro, d’ un erpice, d’un estir- patore, d’ un altro strumento destinato come questo a distruggere le cattive erbe ed anche a stritolare il terreno, d’un siva ancora che più complicato fa le funzioni di di- versi, e che dicono coltivatore, d’alcuni in fine che servo- no;a mietere , a stagionare, a battere e pulire il grano », e ad altri usi ancora. Ina Lo stesso accademico dot. Tartini, come relatore d’ una commissione di ciò specialmente incaricata, infor- mò l’ accademia dell’utilità e dell’ effetto da lui sadiglaro d’ un’ altra semplice, ed ingegnosa macchina, usata in Ungheria per estrarre le radici delle piante arboree dai terreni silvestri che vogliano ridursi a cultura, Le sue 0s- servazioni ed i suoi calcoli furono fatti sopra un elegante modello di cotal macchina, di cui aveva fatto gradito dono all’ accademia S. A. 1. E R. IL PRINCIPE EREDITARIO. Se lo studio degli usi e costumi dei varii popoli del- la terra, se l’escursioni ed i viaggi di osservatori intelli- genti e filantropi producono il sommo vantaggio di far conoscere reciprocamente agli uni le arti, l'industria, e le utili pratiche degli altri, non sono. nemmeno ‘senza pro- fitto, almen morale , la visita e lo studio di, quei. popoli presso i quali sieno affatto trascurate 0 almen rozze ed imperfette le arti industriali, e specialmente la prima di tutte l’ agricoltura. i L’accademico dot. Gherardi comunicandoci l’analisi d’..un’ operetta interessante scritta in francese verso.la metà del secolo decorso, sotto il titolo, di; 77 oyages d’ un philosophe , e nella quale l’ autore descrive con esattezza e criterio i varii paesi e popoli d’ Affrica e d’ Asia da. sè visitati, le loro leggi, istituzioni, costumi, e. religione, fra buelta altre osservazioni presentò questa importantis- sima, che le arti industriali , e specialmente. l’ agricoltu- ra, sono costantemente prospere e fiorenti ovunque padri [{F} 131 più che principi reggono i soggetti popoli cor leggi ed istituzioni savie, protettrici, ed umane, ed all’ opposto roz- ze o mancanti affatto sotto la schiavitù e la barbarie. © La qual verità riconosciuta dee produrre la conse guenza ( ed è questo il vantaggio morale a cui io dianzi ‘appellava ) che quei popoli fortunati , riconoscendo'il loro ben’ essere dalle leggi sotto le quali vivono’, ‘concepiscà- no sempre maggiore affezione per esse e per il potere onde ‘emanano, e che a vicenda i depositarii di questo potere sieno sempre più premurosi e solleciti di'‘conset- vare nella felicità dei lor #0 la miglior garanzia della propria loro felicità. Sebbene ‘nè’ pochi nè tn sienò i servigi che han reso all’ agricoltura la meccanica , la chimica, e la fisica, pure limitandosi’ esse ad illuminarne e rettificarne i pro- cessi , a perfezionare gli strumenti agrarii già in'uso, d'a crearne altri nuovi, fra i molti e potenti nemici clie con- giurano alla distruzione dei più ‘preziosi’ prodotti ' dei campi, appena alcuna di quelle scienze ‘aveva osato di muover guerra ad'altuni insetti , riguardandosi come'im- i ii ad impedire gli effetti funesti delle meteore. Alla più terribile delle quali, a ‘quella ‘che strugge in brev'ora le lunghe fatiche e le speranze dell’agricolto- re’, si è modernamente lusingata la fisica di opporre ef- ficace riparo. ‘Parlo della pretesa scoperta del sig. Liapostolle , il rose credeudo di riconoscere nella paglia in ùn grado ‘èeminente ‘la facoltà onde godono i metalli di condutte ‘e trasmettere da corpo a corpo, da spazio a spazio il flui- ‘do'elettrico, al quale molto ragionevolmente attribuiscono «i ‘fisici la principale influenza nella formazione’ della grandine, anvunziò potersi per mezzo di corde di'paglia ‘sostenute per' una loro estremità ad una certa altezza ‘ mell’ aria e comunicanti per 1’ altra col suolo, ‘Séttratre il fluido elettrico dallo strato inferiore delle nuvole tem- 132 pestose ; e far mancare la condizione riguardata come necessaria alla formazione della grandine. Aggiuntisi dal sig. Tholard alcuni perfezionamenti al paragrandine del sig! Lapostolle , il sig: Proposto Bel- trami lo raccomandò all’ Italia predicandone l’eflicacia. ‘La quale il sig. dot. Basevi nostro socio corrispon- dente pose non solo in dubbio, ma impugnò apertamente’ ib'una sua memoria, di cui qui fece lettura, appoggiandosi. a fondamenti dedotti dal ragionamento e dall’esperienza: Strettamente connessa all’ agricoltura è 1’ educazio- ne'desli animali domestici. Quantunque. le specie tutte dei laniferi debbano aversi in pregio, sicchè non sienò senza importanza anche quelle mediocrissime che, comu! nemente si allevano presso di noi, pure vi sono altre spe- cie assai più pregevoli e più utili. Sono ‘ormai bastante- mente conosciuti anche fra noi i Merini, introdotti in più parti d’Italia ed ‘anche di Toscana; e, che mediante l’incrociamento operatosene in più luoghi colle nostre raz- ze ordinarie le hanno: migliorate notabilmente. | Ma d’assai’ maggior pregio che i‘merini sono ; e per la squisita qualità della lor ‘lana; e per altrivservigi che.se: ne: ritraggono ; alcune altre specie: d*animali danuti;. ori gimarii di paesi da moi vrimotissimi, e però a'moi noti poco: più che'di nome. Tali sono. Lan; gli ‘Alpaco e 'les.Z77& gogne nativi del Perù, e specialmente comuni nel Tucu> man ;'nel Potosì ed a Cusco. o tu ;01° dradatisive dot. ‘Taddei in una sua inni me-. moria, illustrata ‘la storia naturale du questi animali , e, comunicate varie particolari ed autentiche motizie tihtor- nos principali tentativi fattisi perla loro] introduzioner, in/Europa, ne dimostrò non solo la possibilità marino qualche modo la facilità , indicando. anche quali paesi ;. spécialmente d'Italia, afirivcbbera condizioni più vicine) a quelle del.lor paese nativo, e però la ‘maggiore -oppor+, tunità per la loro naturalizzazione , la quale effettuamdosi, 133 sarebbe un acquisto veramente prezioso per l’ industria europea . L’ indole. singolarmente mansueta degli. animali lanuti ( e, poco piùpoco meno, degli erbivori in genere!) sembra essere in armonia colla natura dei loro umori, € dipenderne. In fatti da varie osservazioni che l’accademi- co dot. Betti ha diligentemente raccolte, e da altre che ha potuto fare egli stesso, risulta che le pecore ed. altri animali congeneri, sebbene allorchè sien morsi. da cane rabbioso contraggano la rabbia e ne periscano , pure. non la trasmettono, cosicchè quello stesso veleno che ili. \uc- cide, mitigato in qualche modo in essi, o divenuto me- no maligno, perdo la facoltà di nuocere ad altri... Di fatti, nè la bava , nè altre parti liquide o solide di tali animali periti. di rabbia, amministrate ad. altri animali sani hanno prodotto sopra di. essi alcun’ effetto dannoso; come non ne hanno prodotto sull’ uomo le loro carni usate per alimento . La qual notizia se dee servir di conforto in quei casi. nei quali inavvertentemente e senza saputa abbia alcuno avuta comunicazione con tali materie o fatto uso di tali carni, non dee poi giungere a rassicurare. o rendere indifferenti fino al punto di tra- scurare ogni, diligenza riguardo a quelle vittime ed ai lo- ro cadaveri; 0 meno ancora di autorizzare il. commercio di quelle carni; giacchè; come saviamente concludeva il lodato accademico, ogni più remoto e leggierg dubbio dee reputarsi gravissimo: ove interessi la salute. del popo- lo , da aversi sempre. come legge suprema. Fra le diverse: specie d’ animali utili, quella delle api; minima; per la mole , pregevolissima per l’ industria: e per;costumi!direi quasi maravigliosi ( che descritti già con.aurei versi dal cigno di Mantova , suonano oggi per opra, d’ un nostro conosocio sinceri ne’ men gentili alle orecchie italiane ) le api ed il loro governo, come. parte non:spregevole dell’ industria agraria, furono sempre; fra 134: lecare'di questa mostra ‘società! di cui! più membri se ne: occuparono | con successo; Fra. questi il’ accademico; dot, Calamandrei , dopo avere qualche anno addietro comuni- cate: varie sue osservazioni relative, e fatta ‘conoscere una nuova) forma d’'alveare da sè imaginata; e \singolarmente acconcia alla formazione degli sciami artificiali, prendens do in quest'anno a replicare ad alcune obiezioni proposte: daaltrivcontro ilidi ‘lui sistema; provò coll’ appoggio di nuove e diligenti esperienze da sè intraprese l’insussisten- zaiidelle: cose opposte, e la costanza dei felici suoi risul. tamenti. Non:meno importante di quello delle api è il gover- no: deibachi:da.seta;!sì perchè forma esso stesso un. util ramo d’ industria agraria , sì perchè somministra il sog- getto ola materia ad'una delle più belle e ricche branche d’industria manifatturiera che presso di noi fa vivere una notabil.parte del popolo; sebbene lontana ancora: da quel:grado di perfezione di cui sarebbe ‘in’‘alcune. patti suscettibile con molto maggior vantaggio e pubblico e privato. L’ accademico: dot. Passerini fece conoscere alla! ‘s0+ cietà nostra «i risultaimenti ‘importanti' ‘che ‘seguendo ir precetti del conte Dandolo ed aggiungendovi anche alcu» è ne lutili modificazioni y hanno ottenuto] ‘anche in’ que! stanno nella, dirò così, classica loro?>bigattiera' a $, Gerbo= ne l;presso: Figline i sigg. fratelli Giuseppe ‘e Raffaello: Lambruschini, nostri socii corrispondenti, agronomi illu- mibati ‘e zelanti , ed il, primo dei quali riportò ultima- mente il maggior premio per la sua bella memoria intor= novagl’ ingrassi. nile Oltre l'esposizione di quei resultamenti sommamen+ te lusinghieri , il mostro accademico, premesse alcune sue. riflessioni sopra la necessità di bene studiare le: varietà degli animali e delle piante, parlò di.cinque razze 0.iva=: rietà di bachi da seta ora coltivate dai suddetti sigg. Lam- À 135. bruschini ,; due «delle. quali; formate o. procurate ida essi stessi per l’ accoppiamento di; femmine e. maschi diversi; Di ciascuna razza 0.yarietà indicò-egli le differenze: più importanti; come l'andamento: e la. durata comparativa. delle. varie fasi-della;lor vita, la figura il volume il? colo»: re il peso dei. loro:bozzoli , Ja qualità della loro (seta pH altre. pei Io diceva poc’ anzi che la manifattura della seta; nb alcune almeno delle molte parti onde:si. compone ; è su- scettibile di notabili. miglioramenti che adottati riuscireb- bero di privata e di pubblica utilità. Lo che mi richiama alla mente il soggetto filosofico, morale ;; ed. economico nel tempo stesso , che trattò qui fra moi l’ accademico dot. del Greco. Indicate le principali fra le cause che rendono. così comuni le ottalmie spesso seguitate da: cecità, prese. egli a considerare lo stato dei ciechi nella società, e quello della società rispetto ‘ai ciechi, molti dei quali posano a di lei carico. . Esposto con molta erudizione Tosi ciò che è: stato. immaginatoced intrapreso. per migliorarla sorte di questi infelici, e per.rrender; meno: gravi alla (società quelli che sienòo sprovisl di:beni di fortuna ; istruendoli ed'educan> doli;a ciò che respettivamente dilagante le loro icondi-. zioni economiche; e lesloro: facoltà fisiche e morali, mo= stròsche se insalcuni casi singolari»si sono ottenuti. dall’ istruzione dei.ciechi-tisultamenti quasi prodigiosi, uomini | cioè nun solo,sominamente istruiti per loro stessi; ma che han professato; con! (plauso le lettere e le scienze esatte e sublimi nelle più celebri università, possono tutti gene: ralmente rendersi ;atti[a qualche utile occupazione; impie- gandone le facoltà mentali e fisiche, ordinariamente riunite iui iqualche grado, ed in molti casi le ultime sole, come; insmolti.sesercizi, puramente meccanici nel movimento LEA STO. ‘136 di molte macchine già applicatè ‘alle ‘Manifatture , o che è potrebbero con. molta economia e vantaggio dpplitarvisi A IVO: , i | . Dall’accresciuta podio del sio per l’ agricol- "asi perfezionata, dall’aumentato valore dei suoi prodotti, bafiledia le operazioni delle manifatture e delle arti, dal opiùestesovesercizio di tutte le facoltà dell’uomo, diatt la pre prosperità; la ricchezza nazionale. «oi Ne dissertò” dottamente l’ accademico dot. Giusti, gt la lettura del suo bell’ estratto dell’ opera pregiatissima del consigliere Storch (a) în seguito a ciò ‘che'ne ‘avea prima esposto intorno alle professioni liberali. Se il'numero la ‘varietà, l’importanza dei lavori - accademici di quest’ anno posson servir di conforto a que- sta nostra società , ed indurla a persuadersi d’ aver corri-_ sposto al suo nobile istituto, non dev’ ella nè può restare indifferente alle lusinghiere testimonianze di cui altri le sieno cortesi. Infra le quali è sommamente da apprezzarsi quella che le ha resa modernamente la Aivista Enciclopedica , ‘accreditatissimo giornale di Parigi. L’ accademico dot. Vanni comunicandone l’ espres- sioni aî suoi colleghi, ‘ne colse. occasione per eccitarne sempre più lo zelo e l’attività. poi da riputarsi altro valido ed ‘onorevole argo- mento di pubblica considerazione la corrispondenza che con questa ‘nostra sì pregiano di mantenere altre non po- che dotte società, ed uomini distinti in ogni genere di sapere . (a) Traite d’ économie politique par M. Storch. Petersbuorg, 1816. 6 vol. in 8. — Alcune copie che esistono al Gabinetto, si vendono al prezzo di paoli 6o. Nota dell’ editore. 197 Adunanza ordinaria del dì 1 Xbre 1823. Ù, Terminate le vacanze autunnali 1 Te R fran dei Geor- gofili tenne la sua prima adunanza, nella quale i incominciarono le loro funzioni i nuovi ufficiali (a). Così, presieduta dal. nuovo Vi- ce Presidente sig. prof. Giuseppe Gazzeri, l’ Accademia udì dal Segretario degli atti Cosimo Ridolfi far lettura del processo'wer - bale della solenne adunanza del dì 28. settembre 1823; \@ quindi dall’ altro Segretario sig. Ferdinando Tartini, le venne comunica- to quanto la. corrispondenza aveva pro dotto durante le ferie; e trovandosi fra i diversi libri spediti in dono all'Accademia! dai loro autori quello del sig. Sacco risguardante un nuovo metodo di preparare il lino e' la canapa senza danno della pubblica salute, venne incaricata la stessa deputazione, la’ quale esaminò: la 1mac- china del sig. Christian tendente allo scopo medesimo, di, fare il suo rapporto sul libro or’ ora citato. Questa deputazione è com+ posta dei sigg: Cav. Vincenzio Antinori, prof. Giuseppe Gazzeri, e D. Gaetano Cioni, Dopo di ciò il sig. prof. Luigi Magheri espose succintamen- te le funeste conseguenze, che agli abitatori ‘delle campagne de- rivano talvolta dalla poca importanza ‘che da taluno si, annette al posto di medico e chirurgo condotto , e parlò. dell’ abuso che si fa talora delle facoltà medica e chirurgica da qualche individuo di una sola di esse investito. Il sig. avvocato Lorenzo Collini parlò dell’ ospedale ''d’ A- versa, e colla scorta del libro del sig. D. Gualàndi, che di quello stabilimento scrisse distesamente, concluse esserne. forse la fama salita tropp’'alto;; e. senza far torto ai pregi di quell’ ospizio per gli alienati ne mostrò quelle imperfezioni, le quali sebbene so- stanziali. hanno potuto sfuggire. all’ occhio dei non abbastanza filosofi. osservatori , dal che nacquero forse le troppe lodi che gli (a) Ruolo delli ‘officiali dell’ I. e R. Accad. dei Georgofili, Presidente S. E. il Cons. di stato march. Paolo Garzoni Venturi, Gover- natore di Livorno. etc. etc. Vice-presid. Prof. Giuseppe Gazzeri. Segretario degli atti March. Cosimo Ridolfi. Segretario delle corr. Ferdinando Tartini Salvatici. Deputati Cav. Vincenzio Antinori — Avv. Aldobrando Paolini — Mare. Gi- no Capponi — Dott, Carlo Calamandrei — Prof. Giovacchino Taddei — Dot- tor Luigi Magheri. Bibliotecario, Prof. Guglielmo Libri. Tesoriere Dott. Giuseppe Cosimo Vanni. Direitore dell’ Orto esperimentale Prof, Ottaviano Targioni Tozzetti, 138 vennero, tributate,.. L’. importanza; di. questo argomento fu viva- mente sentita, e venne nominata una deputazione composta dei sigg: march. cav. Gino Capponi, dott. Giuseppe Romanelli e dott. Pietro Betti per esaminare il libro del sig. dott. Gualandi in quelle (sue ‘parti che non' potevano esser rimaste comprese nel' breve. spazio di una lettura, accademica. iepat TI..sig. dott. Giuseppe. Gherardi, supplendo per il sig. cav. Lapo. de 'Biuci lesse una sua memoria colla quale provò l’ im=; portanza di estendere il benefizio dell’ istruzione ‘elementare alla © classe “preziona dei contadini, € e fece rilevare con quanta fAGIGLA > potessero! i Parochi di campagna compartirla ai loro popolani nei‘) dì festivi} ed lin quelle ore. che avanzando ai religiosi esercizi; we={, donsi, comunemente spese. nel giuoco e nel vagabondaggio. Pro., vÒ quanto avrebbe .da. tal sistema a guadagnare la morale e l incivilimento, e sotto questo aspetto particolarmente scese a mostrare l'utilità somma che dall’ istruzione elementare, con’ a. dattato «sistema: comunicata derivar potrebbe anche a molte: altre classi di persone, laddove .l’ ignoranza nella quale restano talvolta, , diviene causa di funesti mali per. la società. Dopo di ciò la seduta pubblica fu sciolta, e l’ Accademia ten- ne adunanza privata per hi pg all’ elezione di vari soci. etc. + RIDOLFI SEG. DEGLI ATTI, Breve RiviISsTA HET ELARIA: Poesie di Girorimo Orti. Edizione ‘accresciuta . si Verona dalla Società tipografica editrice, 1822, Un vol. in 8.° di pag. 265. Abbiamo aperto questo libro e SCOrso rapidamente, come si fa di tutte le cose scritte per passatempo, le quali collo | stesso divisamento pure si leggono. Vi. abbiamo trovato un discorso preliminare, ove l’autore..si studia; di farci ragione del come, del perchè, e del:quandorabbia egli scritte quelle poesie, e qual causa ‘l'abbia Spintova' serive- re in un genere piuttosto che in un altro. E per. dirilibe* ramente il parer nostro , avremmo desiderato che quella prosa fosse dettata con un poco più di spontaneità e na- 139 turalezza , richiedendolo! anche l indole e la natura del discorso PREVITI | Seguono poi le poesie, che sono novellette. campe- stri, sonetti, capricci, sermoni, epistole , apostrofi,.para- frasi , ed inni; un poemetto elegiaco'in tre canti, 1’ £re- mita in versi sciolti, e la Aussiade in 4 canti. Sarebbe di troppa noia per noi e per i nostri lettori il dar qui un critico esame di tutta. questa, farragine.,, ed usciremmo pure dei limiti. che.ici siamo proposti. Ci. contenteremo dunque di dire, senza parlar punto nè poco idell’intreccio drammatico, déi componimenti pastorali di quest autore, che ci TIA piaciuto che i suoi pastori e le sue pasto- relle inclinassero meno alla consumata furfanteria ,..e.al- l'assassinio ; ed avea pur dei modelli ai quali potea:ri- volger lo sguardo, nel dar forma‘ai suoi canti. Tu quanto ai componimenti , ove egli parla , o al suo cavallo, o alla luna, o ad una cagnoletta,,0 ad una, mosca che. si aggira su d' un fanciullo che dorme, non w' ha nulla di più innocente al mondo. Non vogliamo punto fermarci sulla disanima de’ suoi sermoni ed epistole, per giudicare se quei componimenti si meritino veramente un tal nome. E per il poemetto elegiaco , in morte di Laurinda, senza dirne altra cosa, o sul piano, o sullo stile, o sull’e- secuzione, non UNO: che ‘trascriverne due o tre terzine, perchè ognuno se ne faccia in parte per sè stesso ragione. Eccone una ov'egli ci descrive Ja sua profonda tristezza per la morte di Laùrinda, nella quale così si esprime: (East t700) Pensieroso fra l’ ombre adagio il fianco : E conil ‘cane de’ suoi velieri oggetto , Riango sospiro finchè il dì vien manco. Ed, eccone, altre due nelle quali dimostra quanto fosse rara e/peregrina la bellezza di Laurinda medesima: (p:180) Spento è quel viso, in cui tutti ripose Suoi doni il cielo; e se a leggiere note Di lentiggini sparso il bel compose, 140, Fors' opra fu d’amor, che quasi in cote. HIV “Temprando in quel sì vivo Î dardi suoi, 0229 D’ aurate ‘macchie a lei ‘segnò le gote. Gi piace ‘pure di ‘trascrivere aniche foina presopopea | di Amore; che si legge nel suo Zingaro, perchè ci sembra molto ‘curiosa; ‘Eccola : | È $i) (+). + «(Amore appunto È spititel che or quinci,, or (quindi vola j E quando due leggiadri innamorati Trovansi insieme; ei suol. veloce: e accorto Or dell’ uno.; or dell’ altro entrar negl’ occhi: Qui dolci, sensi spiega; e là in un punto Drizza le penne, e la risposta scrive. (p. 53) È quando si trovano insieme due poverì innamorati brutti , giacchè non è vietato neppure ai brutti d’inna- morarsi ; allora non fa niente quell’ accorto spiritello di Amore ? Dev? essere anche'un curioso vedere , ed uno stranò sentire, quando ‘secondo ciò che dice questo poeta , vera- mente originale là dove pare che” ei descriva la” rivo- luzione di ‘Sicilia; Profanati le; Nînfe i campi stessi Fuggono,, oye alla Dea tessean ghirlande; ed a quella fuga, Alza Encelado vl capo abbrustolito,;; \ Fiero esultando in orrido. ruggito !! E non meno dolce e deliziosa a sentirsi, cimmaginia- mo che debba essere per le orecchie italiane la musicale armonia di quel soldato tedesco, che là sulle rive del- Adige (p. 157 ) L' uve tronche col fier brando RWTERE Reca coi nostri al tin, l’aratro spinge, Che stanco e vecchio il buon villan gli affida: O, s'è mestier, co l’elmo in capo ei stringe Dietro al gregge la verga, e al campo il guida, E a la seguace forosetta intanto Modulando Egli va teutone canto. E finalmente per dir qualche cosa anche della sua Russia:, 141 de, aggiungeremo senza parlare nè del piano del poema , nè d’altro: che ci pare che generalmente si faccia in esso troppo inumana, violenza, alla. dolcezza ; ed. alla «fluidità della nostra lingua, incontrandovisi,una gran quantità,di barbari versi che rifuggono ad ogni|genere.dì;armoniarsi tali sono fra i tanti, per esempio, i seguenti: (p. 236 ) Tormasowo, Bagrazion,; Kutusowo 1. . O in Vlodomir boscosa al'Clesmain'riva'. . .. Lo slavo antico v'è che al quadriforme:) (p.224) Sviatovide un tempo, e all’orecchiuta Lesnia , e ai tutelari Aspidi Smei Fea sagrificio, ec. ec. ‘ec. ed: anche quello che segue: osbyont? | Le tenebre; e i vapor: fitto-allezzanti . che non sappiamo cosa voglia dire, e centovaltri del me: desimo conio e dello stesso sapore. Ma fors’ egli ebbe le sue buone, ragioni di scriver.così; perchè sarà questa una eleganza baschiricay 0 calmiuccica. E diremo ancora che suoì suwarovi con tutti quegli altri nomi getici 0, sarma= tici , ci comparirebbero forse nero ispidi,e brutti, vestiti! alla tartara! e alla:cosacca., com’ è proprio della natura loro selvaggia; che:presenitandocisi così mal travestiti alla foggia. italiana . (Il passeggio di Primavera. Versi di SE. Bologna. Coi tipi del Nobili: 1823. 16 di p. 28. | i! (Libro della seconda età, ovvero istruzioni, ASTRID sopra la ‘storia naturale nor animali, vegetabili , minerali. Opera di G. B. Pusourx, ornata di 108 Par e tradotta in lingua italiana da SAnTI FABRI, prof. di matte- matica nel collegio di Ravenna. Bologna, presso A. Nobili, 1823. Vol. ini8- di, p- 200. ill sig. Santi Fabri, prof. di matematica mel. colle-, gio-di Bandini) e. già conosciuto per una buona traduzio- ne di Zacroix, abbandonando talvolta il rigore del com- passo e la severità del calcolo , si compiace di sagrificare alle muse; ‘e noi ‘per dare un saggio ai nostri lettori del ì42 valor poetico di questo geometra; o traseriveremo il prin- cipio del poemetto annunziato qui sopra. i È questo il dì, che al Tauro, si, ritorna | L’ astro supremo ; i cui, raggi divini : Occhio. mortale sostener non puote.; E innanzi .a cui di riverenza in atto Celan. gli astri minor la scintillante Luce.,.,che.le mottarne ombre rischiara, Per lui.natura; che vedemmo. dianzi , Quasi, morta. giacersi , e inaridita ,, Alza la fronte ;;e qual fenice eterna Riede.a novella. vita. ec. ec. In questi versi non vi è nulla nè ‘di peregrino, nè di nuovo, dirà qualcuno: è vero dA aprire ad pi ma non vi sono neppure eresie. Miglior divisamento è stato per parte del sig: Fabri, e più NIRIERA all’indole ‘sua che lo ‘porta ‘a' rendersi utile alla gioventù, quello di tradurre per essa un’opera di storia ‘naturale ‘ Questo è un libro ‘elementare , as- ben fatto, ‘e nella traduzione ‘del quale si riconosce essere il N. A. intelligente della materia. Un buon libro elementare non è ‘la‘cosa la' più’ facile a ‘farsi, e ‘sintanto che i nostri naturalisti di professione ‘non si‘ prenderanno la pena di scrivere cose originali collo scopo ‘di diffondere nella gioventù il'gusto di uno studio sì alettante) dovremò saper buon grado'‘a chi tradusse nella nostra ila delle buone cose dalle straniere. PIANO Epigrammi di Zrrririno Re Cesenate. Bologna”, 1823, per Annesio Nobili. 16.° di pag: 41. Celine Siccome questo è un genere di. poesia di piccolis- sima difficoltà nell’ esecuzione e noi: non--la teniamo in qualche pregio, se non quando nasce-istantaneamente , ed è sparsa di quei sali delicati‘ e pungenti; che ti feri- scono senza che paia lor fatto; così ignorando noise que» sti siano meditati o fatti, all’ improvviso ,.ci limiteremo a riportarne un saggio senza scegliere , dalla pag. 17: DI 143 XLV.,. Gli. otto lustri toccò Lucrezia, e ‘oh Dio Già i serventi le dan l’ultimo addio: Al decoro ‘di lei‘ però lo sposo - Sollecito provvede e fa il geloso. XLVI. Aspasia ha sempre il cor grave di affanni; Con tutti ‘è inquieta e s’ agita e si adira. E qual‘colpa abbiam noi, s’ ha cinquant’ anni? XLVII. Ladrò famoso è Arpin , ma il primo onore Ne'!furti'han tolto i figli al genitore; E perciò gli rampogna Arpino irato , Dicendo : io non vi ho ancora emancipato. i XLVII. Da questa tomba, u Albin poeta giace , Con versi, che fè ‘in vita, implora pace. E qual: pace sperar, se ancor sotterra Co’ tristi versi suoi ci muove guerra? Saggio di una nuova traduzione di Anacreonte.; del sig. dot. FiLupro pA Paterno IN P. U.; dedicato al ch. Lilcne D. Salvator Gallotti. Napoli Bai Dalla tipogr. del Giornale enciclopedico. Pag. 12 in 12°. Che potremmo noi dire del nuovo tentativo di questo «poeta sulle lascivie del buon vecchio di Teo, dopo circa.a sessanta traduzioni che noi ne conosciamo, fra pochissime buone, alcune passabili e mediocri, e altre fra cattive. e pes- sime? Nol sapremmo in verità, perchè ci troveremmo som- mamente imbarazzati a decidere, a che mai gioverebbe 4 quand’ anche , ( ciò.che dindiohiam impossibile ) sì po- tesse fare un’ ottima traduzione italiana di quei leggiadri versucci . E per far vedere ai nostri lettori qual merito abbia, ‘questa «versione, riporteremovi primi quattro versi dell’ Ode prima ; seguiti dalla traduzione; @idw Méysw Arperdas, ? OtAw dè K&Suov ade. MST H. Bàpfiros Se nopiats visì > Épwra puòvov nyet. che il;De Jorio traduce come segue: !°.Cantar la. gloria voglio di Atride, Gantar' d’Agenore la nobil prole ; sui — Ma la mia cetera; le corde inte Costanti suonano solo ‘di amor, è è E per chè mai tanta;smania: per Pet licia le canore leggerezze. di Anacreonte:tante volte tradotte, e sì pochi sou quelli, che rivolsero le loro cure a far. gustare a chi, non; intende il greco; i libri. storici. di. Tucidide s di Polibio; di Pausania, di Senofonte; .e. quelli, filosofici di Platone e di Plutarco ; che sono ripieni di. tante. pro» fonde ed utili dottrine? La risposta è facile. (*) »nomorte di \Giulio Perticari. Cantica di Luici Bionpi. Genova, stamperia Pagani. 1823, in 4.° di p. 20. Fersi in morte del conte Perticari, detti nell’ ac- cademia de’ Felsenei ;mell’ adunanza delli 6 febbr. 1822. dai,sigg.. AnceLeLLI,; MaRcHETTI ,. BenepErTI, e. PepoLI: Bologna, dalla tipografia. Felsenea di Romano Turchi | Dattavia. 1823, opuscolo di pag. 24 dn y8:° NTNTOT dn morte di «Antonio; Canova. discorso di. Lusi Carpinati. Roma nella stamperia De Romanis:,1823. in 4.\idi p. 20. bi i La: perdita dbolbra bile si acerba pe tutti i lai che = fatta recentemente t’Italia.di due grandi ingegni, l'uno de’ quali era giunto ancor giovine.a gran, fama per opere letterarie, e l’altro.a grandissima ed universale nelle belle, arti e singolarmente nella. scultura, ha dato, ampio argo- mento a molti loro ;amici;per.varie composizioni in wersi ediniprosa. E veramente è ben giusta,.e.lodevol, cosa il pietososufficio di piangere la perdita.dei, belli, ingegui;,; e di quelli principalmente, che.tutti i, loro sforzi e tutte;le, loro:cure.e vigilie volgevano al:bene universale degli,uo», (*)\ Ta quanto a Tucidide.il. pubblico aspetta sempre consim+ pazienza la traduzione del dottissimo sig. canonico Boni , da tanto tempo promessa ai suoi amici. Il sig. cav. Ciampi è attualmente occupato della traduzione di Pausania, oltre l’ altra ‘già intitolata degli opuscoli di Plutarco, in continuazione del dl, (ngi dell’ Adriani. G 1OLO 145 mini, ed a quello della propria nazione; della cui gloria erano caldissimi sostenitori e propagatori. ‘ Le produzioni venute in luce in così dolorose ‘circo- stanze, e che noi abbiamo alle mani sono: una cantica di Luigi Biondi; due canzoni, una dell’Angelelli ;'e l’altra del Marchetti; una elegia del Benedetti; una terza rima’ del Pepoli; ed um canto in morte del Perticari del ‘prof. Rosini; un discorso di Luigi Cardinali in morte di Cano- va; ed un altro canto del medesimo Rosini sullo ‘stesso soggetto. l Quanto ai canti dell’ egregio prof. Rosini j non ne diremo nulla; e ci dispenseremo ancora dal riportarne qui alcun saggio, poichè il pubblico ha già pronunziato il suo giudizio intorno al merito di questo poeta , essendo varii anni che alcuni volumetti dei suoi versi sono divul: gati per le stampe; con ripetute edizioni; e vanno per le mani di tutti. Dovremmo però aggiungere qualche parola. sulla cantica del Biondi; e sulle canzoni, elegia , e terza rima dei quattro bolognesi, delle quali produzioni tutte si po- trebbero dire partitamente molte ‘cose lusinghiere ; ‘€ si dovrebbero ‘ancora riportarne dei versi per saggio ‘ai nostri lettori ; ma siccome questo ci.trarrebbe troppo in lungo , e non'vogliamo ‘d’altronde togliere il primo dirit+ to alla inconsolabile ‘pietà della ‘vedova del Perticari, Cosranza Monti, che avendo continuamente fitta nel.cuo- re la‘grave perdita da lei fatta , ha bandita per sempre la serenità dal suo volto; riporteremo in vece alcuni versi da lei detti in una scelta compagnia di amici, in casa di un virtuoso ‘suo ospite ed in presenza de’ suoi genitori, confortandoci colla sicurezza che tutti i sopraindicati au- tori, non la vorranno prendere con noi per una tal predi- lezione. Questa egregia donna dunque, stimolata dagli amici a rallegrarsi, dettò i versi seguenti: T. MI. Dicembre 10 Poni io dissi al mio cor, poni giù i pesi De’ lunghi affanni, e lieto Dettami un carme che il gentil desìo De’ cari amici adempia; e insiem sia degno Dell’ amato , e cortese ospite mio. i Così pregava, ahi! lassa! e in dolorose ua Note nel suo segreto il cor rispose : ‘Or che dimandi sventurata ? ancora , Ancor tre luci, e l’ ora Dell’ anno volgerà che la divina Del tuo perduto amore alma diletta Prese il volo del cielo, e là ti aspetta. E ia questo dire in Dioato Largo scorrente si converse il canto. Tu del canto Signor dunque per me Ottieni, o padre , al mio tacer mercé ; Che il labbro mio non può, se giusto miri, Altro dar che sospiri. Ir Paratino D' UncHERIA. Novella d'antico co- dice ora per la prima volta pubblicata. Firenze , 1823, dalla stamperia Piatti. 8. di p. 24. Tommaso GargAaLLo marchese siciliano , valente traduttore ed illustratore di Orazio, ed autore di ditiram- bi ed altre poesie liriche, vestendo ora il carattere d’edi- tore, ha pubblicato per la prima volta /Z Paladino di Un- agi novella di antico codice. Intitolandola al sig. mar. Trivulzio, discorre come gli venisse alle mani la detta no- vella, la quale, ei dice, se tal fosse quale gli si annunzia, esserne dovrebbe il tripudio grandissimo negli amatori del trecento . L'unico argomento che potesse farla credere scritta in quel secolo, e nominativamente dal Boccaccio, è l'introduzione appostavi, la quale è la stessa che quella che in tutte le stampe del Decamerone si legge alla nov. 4. G. 9, di messer Cecco di Fortarrigo. Non nega, nè afferma il sig. Gargallo che la novella sia antica e scritta dal Boccaccio, e lascia luogo a credere non esser questo il primo esempio di cose per gioco det- 147 tate per imitare i modi di tre o quattro cento anni indie- tro; nè farebbe maraviglia che Jo stesso sig, Gargallo, come ho udito éssere avviso di taluno, dotato; di un ta- lento versatile, unito a molto sapere ; fosse l’autore di questa piacevole burla letteraria. Però supponendo plausibilmente esser ‘questa un’ i- mitazione anzi che una antica dettatura originale, oseremo notare che è manifesto l’ intendimnento di chi la scrisse, di averla voluta far credere del Gertaldese, avendole dato principio colle stesse parole della novella di cui pare destinata a tener luogo , nè questo intendimento potrem- mo noi mai supporre nel sig. Gargallo, o in altri pari a lui in senno e in dottrina. Poichè ci sembra che a chiunque saltasse in testa ‘la capricciosa bizzarria d’una innocua finzione di tal fatta per prova del suo ingegno, nello stender cosa che potesse esser creduta scritta tre o quat- tro cento anni fa , si asterrebbe dall’ aspirare a farla cre- dere del tale o tale altro autore; spezialmente notissimo per molte e lunghe e classiche scritture: considerando che ‘a celare l’innocente fraude non sarebbe sufficiente l’usare le parole, le frasi, e in parte lo stile di quello, le quali cose non costituiscono mai l’ originalità d’ uno scrittore ; ma che sarebbe principalmente mestieri come quello pensare e sentire. Il qual prodigio dubitiamo che possa agevolmente avvenire, se non che quando per una non i SALE metensicosi nello scrittore moderno, si trasfon- desse l’anima e la mente dello scrittore imitato. Non sarà difficile copiare i colori d’un sommo pittore, ma difficilis- simo però imitarne il colorito. Si potrà emulare nella cor- rezione del disegno; ma non mai per nostro avviso aggua- gliarne i fr IE ; le immagini, l’espressioni, in una parola l’ indole originale a lui propria. Poesie di S. Scuperi. Palermo 1823. per Delucca. 18. di p. 102. Le due biblioteche. Dialoghi sulle tragedie di $ 148 Scupznr. Catania dalla stamperia di R. Studi. 1823. 8. di p. 123. Ci sono anche pervenuti questi due libri di Salvado- re Scuderi. Contiene il primo 17 componimenti poetici di vario genere , fra odi, canzonette, inni, terzine , otta- ve, elegie , idilli , cantiche e poemetti originali , e tradu- zioni. Il lettore potrà da per sè giudicarne dal principio di un’ ode fatta dall’autore per il busto di marmo in- nalzato al sommo astronomo G. Piazzi in Palermo. “Tra i vasti immensurabili Spazi del cielo errava Rapidamente Urania, E. d'uno in un varcava Gli astri, che i rai piegavano In atto umil di omaggio al suo passar. ec. ec. Giacchè tutta l'ode cammina del medesimo passo. E per verità quel piegare i rai che gli astri facevano al passare di Urania , deve essere stata una cosa molto lusinghiera per l'amor proprio di quella dea . Per dare poi anche una piccola idea dello stile elevato e' sublime di questo poeta ; riporteremo pochi versi del suo poemetto in tre canti, in versi sciolti , intitolato l’ Etnea salita. Per le vie,.delle folgori, e de’, nembi, Dove il vertice etnèo .s’ erge. sublime, Son io dunque alfin giunto? alta;è. la notte, Fioco il raggio lunar, rigido. acuto Il soffio d’aquilon, che intorno; spira. ec. ec. I dieci dialoghj finalmente sono tante filze di piati fra la biblioteca italiana e la bibliotecavanalitica , che lau- ‘tore ha cucito insieme per provare il giudizio erroneo por- tato anni sono da quella prima biblioteca sulle sue trage- die. Eravamo lì per arrischiar qualche riflessione, non sul merito delle tragedie che non conosciamo y;:mavsulla tes- situra di questi dialoghi, e sulle ‘miserabili nostre dispute letterarie , quando c’ imbattemmo' nell” epigrafe apposta dall’ autore al suo libro: Un ingiusto sfavorevole giu- dizio ricade ben presto ad onta di chi lo pronunziò, 1 149 e l’opera si sostiene. (Bib. Ital. n.° 37 p. 18), e, lo con- fessiamo ingenuamente , c'è venuto manco il coraggio, pel timore di sragionare parlando di cose a noi totalmen- te stramere. Le odi di GrovAnni Mer, dal dialetto siciliana ridotte in volgare comune, da GiusEPPE INDELICATO. Napoli, da G. Seqguin 1823. di Ci sono pervenute le prime 35 pagine di questo la- voro del sig. Indelicato , sulle odi di Giovanni Meli . Son già note per tutta Italia , e crediamo anche oltremonte , le ‘opere poetiche di quel rinomato professor di fisica. Il nostro prof. Rosini ha tentato già con buon esito; voltarne alcune in italiano comune. Crediamo che non con egual successo lo abbia fatto il traduttore napoletano, in prova di che ri- portiamo la seguente , il di cui pensiero ci sembra felicis- simo, ma non così i versi. Il fiato Odoruzzo , grato e fino, Che in tuo vol l’auretta appanni, Chi ver me ti, sciolse i vanni ? Quanto va che l’ indovino ! De’ fior figlio ‘agl’imperiti Sembrar'puoi che qui ne vienî, E che ‘d''essi in te sol tieni I più puri’ fiati uniti. Egli è ver}ode” fior ‘tu n’ hai La piùleterea ulma fragranza, :(] 10 Ma/purisentesi abbastanza Che li. superi, d’ assai, Direbb' altri: un Zeffiretto Dalle arabiche contrate «DIL “— Aure dolci e prelibate Ue 0 Colse, € venne qui ‘diretto ; Masse, fosser ne’ Sabei Boschi; ovver.tra l’erbe e i fiori \ Dell’ Arabia, tali odori Ci starebbero gli Dei. «—— Odoruzzo al che ognan dice 150 iCî epul . Ta sorridi, e non rispondi! o ino sifone: sonivmd ghi © in'ivani yicheia! "® ti. ‘ascomdi ; 11/. sffon « ion seiol’;alito dirNice. ; fano ) {E JI ii ef 3! a î ci 0 5 139446 200 Li Oi 006 fiofi : ra (1I139£ M SUOLI? DO. Vogliatno téralinar quest” atticolo , “senza ‘parlare gi [fi 33 Li un 9 era, ‘che venne pure ‘in luce nel corso di quest” an- i no, ‘e G le ha tanto più ‘eccitata lamostra curiosità in quan- (Og 9GC vi che non ci è stala indiriz zata nè dall’ autore, nè. dall’ b Fei LOTO DD Ore; e'abbiamo : anzi stentato” niolto a STARTER Non > sof 97 “ potendune dire tutto il bene che Vorremmo, eravamo “tentati di passare sotto silenzio una produzione che |’ au- bore sembra” non aver fatta sta mpare che per i suoi amici; ma avendone i reso conto un altro giornale, e sapendo for- se l’ autore le premure da noi fatte per ottenerla , il no- stro” ‘silenzio potrebb” essere interpretato troppo sinistra- mente , e ci crediamo in dovere di romperlo. * EU dunque di un romanzo pubblicato in Roma, in, francese, sotto il titolo di Amelie, ou te Manuscrit de Therèse de L.. par mad. Mariyerti née comrEsse Rossi. «Un vol. di 170 pag. in 8.° Una donna che non è nata fiantese, e che scrive in francese con tanta facilità ; che” sa ‘ésprimere in quella ‘lingua dei sentimenti così delicati come sono quelli che “mette in bocca al figlio della sùa_ immaginazione , e che sa delineare con tanta felicità di tatto, e con tanta grazia i diversi ritratti dei suoi amici, è senza dubbio una don- na fornita d’ infinito spirito, e di ‘molta’ istruzione. Ma “come. mai la sig. Martinetti non ha ‘ella riflettuto , ella che tanto conosce la letteratura francese, che ‘avvi una immensa distanza fra il parlare superiormente una lin- gua, e sopra tutto la francese, ed il poter tentare di scri- verla con buon successo in uno dei” generi ‘che presenta- ‘no le maggiori diflicoltà ? Che si scriva iù una lingua straniera un libro scientifico, la relazione ‘di un viaggio uon sentimentale, un’ epistola familiare, è su qualunque 15r altro soggetto, per il quale il fondo la vinca sulla forma, va benissimo ; ma tentare di'fare un romanzo nella lin: gua che non abbiamo succhiata col latte , è uno esperi- mento che tanto più ci sorprende nella signora Martinet- ti, in quanto che nata italiana , e padrona della nostra dolce e bella lingua , come Lari che ella è; avrebbe potuto’ fare: un libro che il pubblico avrebbe approvato ed applaudito , mentre gli elogi i più pronunziati non possono essere sinceri per la sua Z'eresa, se non che nel mezzo di una società, dall’entusiasmo per le grazie e per lo spirito dell’ autore portata all’ indulgenza. Lo stile è l’uomo , disse già RI ; lo stile è il romanzo diremo noi dal canto nostro : e siccome non si può avere veramente uno stile suo che nella propria lin- gua, così bisogna concluderne , che quand’ anche il ro- manzo , che la signora Martinetti ha concepito in italia- no , non lasciasse niente da desiderare , egli avrebbe per- duto molto della sua espressione e della sua fisonomia nella traduzione francese ; poichè la sig. Martinetti deve pensare in italiano ciò che ella ‘vuole scrivere in francese. Un romanzo la di cui morale e lo svolgimento sono così semplici, una successione di scene di famiglia e di società ben ritratte al vero, ma scevre d’ogni interesse drammatico, esigono una penna estremamente esercitata, e quel colorito che si ritrova nei romanzi della signora Pichler e della signora Montolieu, Concludiamo. La signora Martinetti ha procurato a’ suoi amici una lettura molto piacevole e niente di più; ma ella prova con questo saggio, che potrebbe fare infi- nitamente meglio, quando tentasse di scrivere in italiano un romanzo, il cui soggetto e caratteri fossero tratti dalla società e dai costumi italiani. Ognuno le saprebbe buon grado degli sforzi che ella facesse per riuscire in questo genere, darebbe un buon esempio, e renderebbe un vero servigio alla nostra letteratura. 152 eribl { ) Ii GO OIINI Apologia ‘dei secoli ‘barbari, del P. Costantino Barrini. Sulla ristampa ‘che ‘di quest’ opera ha pubbbli- cata in' Bologna, e'con' buon succeso, il tipografo Annesio Nobili; altrò iron fitéino che tradurre ciò che della prima n edizione he è stato scritto ‘nella Rivista enciclopedica di Parigi ‘(ottobre 1823 ‘). Leggéhdo il‘titolo dil quest’ opera , avremmo creduto dap+ prima ‘ché il’ autore) nbn'avesse volato fare che un epigramina ; ; benchè un epigramma -di232 pagine, ci paresse un pò lungo. In fine ha _bisognato convincersi ch’ egli aveva scritto con tutta la buona fede, e cop tutta la gravità di un solitario. Egli si sforza ancora di arruolare sotto la sua bandiera tutti i grandi personag- gi, da di cui nobiltà appartiene a quei secoli chè si chiamano barbariv Sì direbbe ch'egli vuol far la guerra a’ tatti ‘gli scrit tori modexni, che vivendo. in un secolo di tenebre hanno calun- niato quei bei secoli di luce, ciò che sarebbe molto. pericoloso per essi , perchè l’ autore , rispettando i giudizii di Dio, giustifi= ca perfino le prove del faoco e dell’ acqua bollente. Ma senza cercar d’interpretare qui, i' suoi sentimenti, non possiamo dispene sarci dalidire ,che; il suovlibro' sente moltissimo della barbarie ch’ egli, im prende a. difendere. Vi sono confuse le epoche , mal espressi, i fatti, o male stabiliti i principii e le conseguenze , quali si ‘convengono agli elementi d’onde sono dedotte. Speriamo che lo straniero illaminato |,” luagi dal rimproverare all’ Italia un’ opera, di cùi si potrebbero ancora trovar dei modelli. prio le altre Onazioni y non! vi /scorgerà anzi che una'ragione di più per apprezzare,gl’ italiani; che si sono tutti sollevati ‘contro un autore, nemico dei progressi delle lettere ‘e della civilizzazione (*). Lettera al Direttore dell’ Antologia, Voi non avete voluto lasciar passare il 1823; senza ac- cusare,nei fogli. dell’ Antologia la ricevuta di diversi opu- scoli in.prosa e inverso, e di alcune altre, operette che vi sono state dirette da varie parti nel corso dell’ anno, con- fidando che el autori di anse poesie e di quelle prose , (*) Vedi pira va: X, B. p- 195. _ _—_—_/6<£< do nel.caso di ricusar d’inserire delle poesie inedite;j0 dei ‘ discorsi accademici, che aver non potevano altro n] di mento'; che quello di sodisfare l’amor proprio | di un ‘au tore, 0 hi interesse municipale; I SETA sinora escluso con.egual premura molti scritti; che quantunque ben fatti nel loro genere 3 sentivano un peror troppo di polemica ; e vi avrebbero posto nella necessità di ammettere delle risposte egualmente prive d° interesse per la maggior parte dei vostri associati. ;.,. ., Quando vi.viene alle mani un nuovo scritto, il pri- mo vostro movimento è quello di domandare: che prova egli? a che serve ciò ? Noi vorremmo con voi, che po- tesse emergere da ogni pagina dell’ Antologia una qualche utile verità, od pasa un qualche nuovo beta per i vo- stri lettori; e non, sarebbe questo per.avventura il.;caso ; se ella si occupasse troppo di una infinità di composizioni. figlie della circostanza, che' veggonsi ‘nascere ‘e’ morire nel corso di un anno, e che se trovano pochi SepERIOrI s trovano anche un minor numero di lettori. Non ne segue però da tutto questo, che noi siamo nemici «della buona poesia ; o d’ altre leggiere produzioni’ d’ una brillante ‘inimaginazione ; che anzi apprezziamo moltissimo la prima e non disprezziamo neppure le gsgi il conde; ma facciamo poco caso, e di buona voglia:lo con- fessiamo; deiversi mediocri; o di quelli che grazie all’ar monia della nostra lingua, non ci presentano che un 154 felice accozzamento di parole, che non contengono alcun buon pensiero. î, Ci duole veramente l’animo nel vedere tanti giovani italiani, che potrebbero dare ai loro studii una seria ed utile direzione , e che ne hanno tutti gli aiuti, limitare la loro ambizione a recitare in una riunione accademica un sonetto od uti’ ode su dei soggetti mille e mille volte trattati, e poco o nulla capaci ad eccitare a grandi e ge- norosi pensieri. Noi vorremmo vedere più frequentemente i nostri poeti spargere i loro fiori sull’altare della Musa che inspirò il Parini ne abbiamo bisogno. Ma è inutile di condurre più in lungo una digressione, che ci pare ba- stante a provare a molte persone, le quali potrebbero du- bitarne, che non è in voi mala volontà, se ricusate qual- che volta di ammettere nella vostra raccolta degli articoli che elleno hanno la gentilezza di destinarvi. Noi dobbiamo religiosamente rispettare il gusto del. pubblico , a prefe- renza di quello di alcuni individui, o di qualche partico- lare riunione accademica. E diciamo ancora di più: dobbiamo osare di rispettare lo spirito del secolo, in anticipazione a quello invalso: . . . ed il pubblico stesso , che c’ intende, ci saprà buon grado, se cercheremo piut- tosto PRSERATTE il suo cuore e la sua ragione, che di divertire il suo spirito . E qui daremo fine alla nostra rivista letteraria , esortando la gioventù italiana a guarirsi dall’ epidemia di poetare, rivolgendosi a più severi ed utili studi, per- chè veramente non è gran pregio per l’Italia, che mentre vi sono tanti e tanti versificatori che dall’alpi a Scilla si tormentano perpetuamente lo spirito per darci canore bagattelle di effimera vita, siano poi così scarsi quelli , (ad eccezione dei pochi a cui non vanno le nostre parole ) i quali sappiano scrivere due righe di buona prosa. » + « «+ « + Fungar vice cotis, acutum Reddere quae ferrum valct, exors ipsa secandi. 155 Nè si sdegneranno speriamo i nostri giovani poeti contro questa un poco dura sentenza, se vorranno com- piacersi di riflettere, con quel buon prete del Menzini che: Erto è il giogo di Pindo: anime eccelse A sormontar la perigliosa cima , Tra numero infinito Apollo scelse. DoMENICO VALERIANI. || Componimenti per la dedicazione del busto eretto al CANOVA nell’ Ateneo di Treviso il primo di Aprile 1823. Treviso , dalla tipografia Andreola, 1823. 4. Questo libretto si compone principalmente di poesie to- scane , d’iscrizioni sì latine e sì volgari, del discorso proemiale letto dal sig. G. B. Marzari presidente dell’ Ateneo, e della ora- zione detta dal sig. Giuseppe Bianchetti segretario per le lettere nel medesimo. Vi ha la stampa del busto collocato sud’ un tronco di colonna colla iscrizione : Antonio Canovae conterra- neo et sodali Athenaeum Tarv. Kal. Apr. A.M.D.CCC XXX.IIT- 1. B. Marzario praes. ev ha pur quella della medaglia conia- ta. in rammemoranza del fatto ; la qual medaglia esprime nel diritto il ritratto dell’incomparabile scultore coll’ epigrafe in giro: Antonio Canova e' scritto ha nel rovescio » 1. Apr: MDCCCXXHI. Erma nell’ Atereo Trev. Si è poi renduto giusto omaggio alle molte ‘ed illustri persone che contribuito hanno alla spesa , col pubblicarne per ordine alfabetico i loro nomi. Assai cose lodevoli abbiamo trovato in questo libro ; ma usando di quella urbana libertà, da che vogliam sempre accom- pagnati i nostri giudizii, dobbiam dire , che al tutto sodisfat- to non ci ha l’ orazione del sig. Bianchetti . Il lettor nostro ne abbia il sunto colle parole del sig. Ghirlanda segretario perpe- tuo dell’ Ateneo, che nel processo verbale dell’ adunanza così scrive rispetto ad essa ‘orazione : Dopo breve musica il segreta- rio per le lettere dottor Giuseppe Bianchetti lesse un’ orazione inaugurale , più volte interrotta da’ vivi applausi de' numerosi ascoltanti, in ‘cui esaltò il Canova qual genio straordinario , che valse co’ prodigii della sua mente e della sua mano ad ecclissar la gloria di' quanti più famosi ne la scoltura fiorirono ne’ più bei tempi di Atene e di Roma, ed a ricondurci alla coltura ip quel vero bello, e di quel ‘vero ‘buono, che negletta da più 156 secoli-stava per perdersi del tutto ne’ grandi sconvolgimenti mo- rali e.politici, de’ quali fu feconda l'età nostra. Noi siam pieni di riverenza. pel nome del Canova, le cui opere: saran certo l’am- mirazione dei tempi avvenire.) come lo stupor sono dei nostri. Ma non,per questo ardiremmo dire che egli ha ecclissato la glo- ria di Fidia ,.di Prassitele, di Scopa, e degli altri sommi ‘ar- tisti, per cui Grecia altamente si onora . Anzi opiniamo che fac- ciasi grave ingiuria ai sommi maestri dell’ antica età, e che grande- mente si adulino i celebri artisti della moderna, allorchè questi con, quelli, si vogliano, paragonare : e, se gli occhi non abbiamo affatto ineruditi ,, pare,a noi, che i capolavori che ancor riman+ gono della greca scuola, massime quelli. che grazia e leggia- dria, spirano da,ogni;;parte.,: ne. additino soloche «il Canova si è più che gli, altri scultori. ad essi avvicinato . pi Nemmeno conceder possiamo al signor, Bianchetti, che.se Ca- nova stato non fosse;; perduta si sarebbe al.tutto pe’ grandi scon-, volgimenti, dell’ età. nostra la, coltura del. bello, Quando il Ga- nova entrò nella. carriera delle arti esse già. dal. Winckelmann con. gli scritti, dal Batoni, colle opere, e dal Mengs con gli uni e con. le altre erano state riscosse da, quell’ infelice letargo; che, l’avea lungamente oppresse!:,e. la. chiara aurora presagiva il bel giorno .che ne sorse, nel quale tanti, rinomati. maestri. in ognuna delle discipline appartenenti al disegno illustrarono gran- demente.e tuttora illustrano il loro. nome »;Ebbe. tra questi la prima,e meritata, fama. il,Canova; e a lui, deesi, la. gloria di aver dato nella scultura esempi;più grandi che il Batoni ed. il Mengs, nella pittura. Ma. anch’;egli. tale fu. mercè del, suo tempo, e.non perchè, vincitore fosse, d’ ostacoli d’ esso, ;}) vii}; (00 ddu Nè, è poi, maraviglia ‘che; per. general tendenza ed. universal gusto fiorisser le arti. in quelli sconvolgimenti,; su quali lacri- mammo ,, enel, gaudio della. presente felicità. lacrimiamo an- cora quantunque. volte all’ animo ne. ricorrel’ acerbissima.ri= membranza.; perchè nuovo non è nelle antiche storie e, nelle mo, derne., che. i tumultuosi studi di. Marte andati,;sian. congiunti; co’ placidissimi delle arti e delle lettere. um 3:(q i Ma.né, per questi. difetti dell’ orazione del sig. Bianchetti, nè per altri. che vi si troveranno per avventura|riguardo «allo stile.,.che. a. noi sul generale pare strano .e..contorto,, potrà in nulla detrarsi all’ Ateneo di Treviso , il quale onorando la.,me- moria del più grande dei moderni artisti italiani. ha fatta cosa, che anche le venture età porran nel novero delle maggiori sue, glorie ,,e, dei belli esempi di patria carità, esisvh | ‘197 Bibliografia storico-perugina, ossia catalogo ‘degli scrittori che hanno illustrata la storia della città, del contado , delle per- sone , de’ monumenti , della letteratura. ec. Compilatò e con note . bibliografiche ‘ampiamente illustrato ‘da ‘Gio. (BATISTA VERMIGLIOLI. In Perugia per Francesco Baduel, 1823.‘ Sarà stimata sempre lodevol cosa l’investigare ‘e ‘raccogliere le municipali ricordanze di virtù e d’ onore tanto perchè servono di stimolo a ben oprare per le venienti generazioni, quanto per- chè contribuiscono ad appianare la via ‘a scrivere la storia com- piuta della intiera nazione. Gran lode perciò ; siccome ad altri molti‘, anche più distin- tamente si debbe al sig. conte Gio. Batista Vermiglioli , il'quale nelle molte sue ‘eruditissime e dotte ricerche intorno ‘alle antichità perugine ed agli uomini illustri che in Perugia ebber natale, ‘ha saputo illustrare insieme la città sua; e giovare alle lettere «in generale , principalmente all’ antiquaria: Nè ‘questa lode che sin- cerissima gli tributiamo è punto scemata'se i letterati non peru- - gini troveranvo nell’ opera che annunziamo una ‘porzione degli scritti in essa registrati poco meritevole di tener posto tra Je opere degne ‘d’ essere conosciute fuor di Perugia. Non dissimuliamo il nostro avviso, cioè , che la memoria, di tali seritti de’ quali non manca Za Bibliografia storico-perugina' ‘rimanesse piuttosto nella biblioteca inedita degli scrittori perugini annunziata trà le opere del Ch. autore, di cui ‘peraltro il più importante speriamo di veder dato alla luce in aggiunta a ‘quanto il sig: Vermiglioli ha pubblicato nel trattare di var} letterati ed uomini illustri perugini. Neppure ‘vogliamo dissimulare ‘che V ‘impegno di stampare un ‘catalogo dî tutti li scrittori che'hanno'illustrato la’ storia della città, del contado , delle persone, dé’ monumenti, delta letteratura ec. di ‘Perugia , ‘sembraci troppo vasto ‘assunto , e nella ‘sua vastità sottoposto a mostruosi ‘accòozzamenti ed ‘a mol- titudine di minutezze/j‘imperciocchè : se vi posson' essere comi presi anche quelli che per incidenza più o meno hanno illustrato cose ‘appartenenti ‘a ‘Perugia, chi non vede qual confusione'di' ti toli e qual''moltitadine di autori potrà entrare in questo cata- logo? ‘Oltre avciò' quante minuzie non ne faranno il soggetto, come d’ordinario sono'le municipali questioni , e ricerche Pa da spitito di male inteso patriottismo , o di rivalità co’ vicini. E ben? a, ragione.il ‘sig. Vermiglioli nella prefazione non tralascia di far osservare ,, che ogni.collezione di. questa specie «diverrebbe a dismisura copiosa . .. se si tenesse conto di tante leggerezze e 158 i letterarie quisquilie oratorie , poetiche , governative ; legislative, statutarie , istrattive , politiche, ascetiche o di altro genere, co- me, orazioni funebri, e rime donate a soggetti poco meno che oscuri che non illustrano la patria , e che con il cessare della momentanea e lieve circostanza, cessa presso che ogni ragione di tenerne memoria. Così noi non ci siamo presi veruna pena di noverar tali cose , che pure conoscendone in gran numero, ne avevamo, fornito il nostro autografo ,,. Non potea certamente sfuggire questa avvertenza al criterio del sig. Vermiglioli, il quale ha or mai provato d’aver lena da sollevarsi al di sopra della. volgare sfera dei puri e minuziosi municipali scrittori. Noi dunque crediamo che nella Bibliografia storico-perugina si sa- rebbe potuto adoperare anche maggior parsimonia che non è il resecamento di quelle bagattelle, mirando* ad un interesse più universale nella scelta. Si spogli dunque il ch. autore di qualche altro residuo d’ amore anche pel solo fumo del patrio suolo, e continui a presentare al pubblico le sole chiare faville che ac= ‘ crescono luce ,, Da dove nasce il sol, fin dove muore ;,. X. I. R. ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI IN MILANO. Programmi pei grandi concorsi (*) L’I.R. accademia invita gli artisti italiawi e stranieri a de- corare delle loro produzioni i concorsì che si terranno nel ven- turo anno 1824 sui seguenti soggetti : Architettura. Soggetto. Un sontuoso casino destinato al riposo della caccia per un principe sovrano : comprenderà tutti i comodi necessarj ad un numeroso corteggio di cavalieri e seguito di guardie reali. Vi saranno staccate delle scuderie capaci a contenere non meno di 100 cavalli, un luogo appartato pel mantenimento di un numero proporzionato di cani, una corrispondente armeria da caccia , altro sito per conservare gli attrezzi e tutto ciò che abbisogna per tale divertimento , e l’ abitazione per un custode. IVB. 1 siti di servigio interno del casino verranno distribuiti (*) Tardi ci è pervenuto questo programma . Grati saremo alle ac- cademie di belle arti italiame , come a tutte le altre società scientifi- che che si degneranno all’ avvenire mandarci direttamente i programmi da esse ‘determinati , e quelle altre notizie che per intiero ‘0 in compen- dio potessero interessare il pubblico. Nota del Direttore dell’ Antologia. 159 nel sotterraneo ad oggetto di non ampliare troppo il fabbri- cato oltre la sua denominazione. I disegni comprenderanno l’ ic- nografia, le due ortografie esterna ed interna , e lo sviluppo delle parti principali della decorazione in una scala maggiore. Premio . Una medaglia d’ oro del valore intrinseco di ses- santa zecchini, Pittura . Soggetto. Non essendosi trovato nel concorso dell’ anno 1819 un merito sufficente in questo ramo per potere attribui- re il premio, si ripropone , siccome soggetto che interessa le arti ed onora insieme gli artisti, Raffaello Sanzio presentato da Bramante al pontefice Giulio II. I ritratti di questi individui sono bastantemente conosciuti .Il quadro sarà in tela alto cin- que e largo sette piedi parigini . Premio. Una medaglia d’ oro del valore intrinseeo di cento- venti zecchini. Scultura. Soggetto . Un basso rilievo rappresentante un’ onorifica al- legoria in memoria di Canova . Si lascia libero il campo al ge- nio dell’artista onde introduryi quanto crederà più atto all’ in- tento di spiegare le eminenti qualità che distinsero sì raro in- gegno , di cui l’Italia tutta ne compiange la perdita . Il basso rilievo sarà in terra cotta, alto due e lungo quattro piedi parigini . Premio . Una medaglia d’ oro dell’ intrinseco valore di qua- ranta zecchini. Incisione Soggetto . L’ intaglio in rame di un’ opera di buono autore, non mai per l’ addietro lodevolmente incisa . La superficie del lavoro sarà per lo meno di sessanta pollici parigini quadrati, e più grande ad arbitrio. L’ autore sarà tenuto mandarne sei prove , tutte avanti lettera, unite ad un attestato legale con cui certifichi che la di lui opera non è stata pubblicata an- teriormente al concorso , nè altrove contemporaneamenie' pre- sentata per lo stesso oggetto. Venendo premiato , avrà diritto d’inscrivere sotto il proprio lavoro tale onorevole distinzione. | Premio. Una medaglia d’ oro del valore intrinseco di trenta zecchini . Disegno di figura. Soggetto. Si rappresenterà il momento in cui alla presenza del re Carlo d’ Angiò, dei cavalieri francesi e dei baroni del regno di Napoli e di Sicilia prigionieri si scuopre il volto del cadavere del re Manfredi, onde sia riconosciuto anche dal conte 160 Giordano Lancia . Veggasi l’ istoria fiorentina di Ricordano Ma- laspini , , cap. Ct. XXX. mel tomo VII!. Rerum. italicarum ‘script. La grandezza del disegno non sarà minore di tre piedi... pari- gini in lunghezza e al due in altezza’ “O PAR N A 4,200) Una, medaglia d’ oro del valore intrinseco di trenta zecchini . bri ULIne Disegno d’ ornamenti. ù \01Soggetto. Gli ornamenti per la volta a botto , a tutto se- sto, di una sala lunga trenta piedi parigini è larga venti. Nello scompartimento delle ‘varie figure saranno’ esclusi i lacunari , elo stile degli ‘ornamenti’ supposti di rilievo sarà attinto a’ iii gliori ‘antichi ‘esemplari .'I disegni. consisteranno nello spaccato” pel lungo; nella ‘testata, ombreggiati e finiti, ‘è it una por: zione sv ppatt in piano a sapo contorni. La grandezza dei medesimi non sarà minore di due piedi parigini nella sua base. Premio + Una medaglia d’oro del valore intrinseco di venti zecchini . Discipline generali. Le, opere di .concorso dovranno, essere. presentate entro tut- to il mese di giugno. Quelle che non* verranno consegnate precisamente entro l’ indicato termine per un-commesso dell’auto- re al segretario o all’ economo custode dell’ accademia , non saranno' ricevute in concorso, nè potranno ammettersi giusti- ficazioni sal ritardo. La segreteria dell’ accademia non si ca- rica di ritirare le opere , quantunque a lei dirette, né dall’ uf- ficio di posta, nè dalle dogane. Gîaschedun’ opera sarà contrasseghata ‘da ‘un’ epigrafe ed accompagnata da una lettera gf , con iscrittovi nome, co- gnome', patria e domicilio dell’ autore , e colla stessa epigrafe esteriormente ripetuta . Oltre questa lettera, dovrà l’opera ac- com pagnarsi con una descrizione che spieghi la mente dell’'au- tore ; acciò , confrontata coll’ esecuzione , se ne giudichi la cor- rispondenza . Le descrizioni si comunicheranno ai giudici : le lettere si- gillate saranno gelosamente custodite dal segretario, nè ‘verranno aperte se non quando le opere , cui sì riferiscono , ottengano Y'onore del premio: in caso diverso si restituiranno intatte ‘ai commessi unitamente all’ opere, subito dopo la pubblica espo- sizione posteriore al giudizio. Nelle consegne e restituzioni delle opere € delle carte ac- compagnatorie si rilasceranno e si esigeranno distinte, ricevute. Cs Non ricuperandosi dagli autori entro un anno le opere non pre- miate , l’ accademia non risponde della loro conservazione, Tutte le opere dei concorrenti , presente il commesso che, ne sarà latore, verranno esaminate da una commissione speciale destinata a verificarne la buona o cattiva condizione, anche con atto pubblico, quando ciò fosse richiesto dal loro totale de- perimento e dalla conseguente esclusione del concorso. \ Il giudizio che su di esse pronunzierassi viene affidato @ commissioni straordinarie , e si eseguisce colle. più»rigide cautele per mezzo di voti ragionati e sottoscritti . ia Prima e dopo il giudizio si fa una. pubblica esposizione di tutte le opere presentate al concorso... Ammettonsi a. queste opere di belle arti di ogni genere, \onde per. tal. mezzo; au mentare agli artisti sì- nazionali. che esteri le .occasioni di! far conoscere i loro, talenti. Le opere premiate, che diventano.di, proprietà dell’ accademia, distinguerannosi fra le altre per. una; corona d’ alloro, e per. un’ iscrizione che ifdiclerà il nome e la patria dell’ autore. Milano , il 24. giugno 1823. - Castiglioni , presidente. pel prof. segr. dell'accad., I, Fuidagalli. f. f Lettera del coNTE ALESSANDRO cAPPI al Direttore dell’. Ata tologia . (Reese i ni Ravenna, il dì 3. Dicembre 1823. Leggendo nel quaderno XXXIT. del suo giornate il casto, che Ella pubblica sullo stato attuale della pittura in Italia estratto dal saggio sulla storia della pittura d° Italia del signor conte Gregorio Orloff senatore dell’ impero di Russia, mi è ve- nuto fitto di avvisare alcune coserelle, le quali Unite alle no- tate dal traduttore dì quel capitolo , (1) se non adaltro , ser» viranno a destare graride sospetto intorno alla esattezza dell’o- pera, del signor. senatore , la quale però non avendo io letta, mon so se questo sospetto si potesse ridurre a certezza. Le dirò soltanto, ché del copioso novero , che egli fa de’ viventi italici dipintori , io non ho l’ onore di conoscerne da vicino, che due, e che di questi due trovo per mala sorte errato dell’ uno il co- Par e la patria, dell’ altro il solo cognome, come ilsomi pei) Antologia. N. XXXII. a pag. 100. 102: 104. 106. VOPXIT' Dicembre ì ti 162 gliante ho ‘veduto accadere al signor traduttore riguardo alla patria di due altri dipintori ; (2) ed è par necessario , che i co- , guomi, e le patrie degli uomini sapienti siano giustamente tra- mandati alla. posterità . E se il sig. conte Orloff ha ‘errato în tàli ‘cose, non avremo noi buona ragione } o signor Direttore , di dubitare , che nella sna opera abbia errato ancora in altrèe'?01 signor conte Orloff (3) nella sua istoria deforma il cognome del ch.signor Minardi (della di cui cortese ed onorevole ‘ainicizia mì vanto ) scrivendo Mainardi, e ce lo ripete le mille volte sempre scrivendo ugualmente, sì che non si può dire errore di penna, ma bensì di non accurate indagini. E lo dice‘ fiato in Perugia, mentre tutti sanno , che il Minardi sorti i suoi natali in Faenza , la bellissima delle città della ‘provincia di‘Rò- magna , la quale ora è tutta fiorente d’ ingegni felici. Il signor Minardi ha bene dimorato nella nobilissima Perugia, ma ‘non già in fasce , nè mettendo vagiti , ma libero, e dettante le 're- gole dell’arte, nella quale è salito in tanto onore. E ciò le dico perchè , non so per qual ‘destino , a noi Romagnuoli' si vanno contrastando le patrie certe di non pochi uomini chiarissimi nogni maniera di stadii, che con animi concordi, e con molto amore si coltivano in questa bella parte d’ Italia, e perchè non vorrei, che (benchè innocentemente) anche il suo giornale avesse da venire in aiuto de’ nostri nimici al rapimento di una così bella gloria. E seguitando poi nella ;lettura del preallegato ca - pitolo , m’ avvengo nell’ altro errore di cognome là dove parla il signor conte della scuola. Bolognese (4) . E |’ errore cade so- pra al cognome del mio amicissimo Antonio Basoli, avendo scritto, il signor, conte. in quella sua, istoria -Bazzoli . E,se circa agli altri cognomi la. cosa andasse per questo yerso , quella isto- ria si aper dire non dissimile da una allusione, el’ opera del signor conte avrebbe scapito grande. Ella poi signor Di- rettore, dà veramente de’ belli eccitamenti nellà ‘sua nota posta a piè della pagina, in cui ha cominciamento il'‘imentovato ta- pitolo , onde le siano indirizzati dagli ‘intelligenti. di) bellesarti ‘‘de’loro iscritti sullo stato attuale delle diverse scuolè pittoriche d’ Italia. Ma se io fossi anche di .tali, materie intelligente., e mi sentissi ingegno, che valesse; le, confesso,, ;che_ ora; diffi- cilmente mi condurrei a inviarle simili scritture. É,ne sa Ella il perchè ? Perchè mi viene affermato, che gli artisti, de’ nostri (2) Antologia. N. XXXII- a pag. 110. 111. i 1109 (3): Antologia. N. XXXII. a pag. 85. (4) Antologia. N. XXXII. a pag. 92. ne — 7 163 giorni disdegnano gli avvisi non che delle persone di buon sen= so, ma de’ letterati. Eppure una volta i dipintori esponevano i loro quadri agli occhi del popolo, e non mica a vanità, ma a fine di giovarsi del suo giudizio . E forse i vecchi dipintori ne sapevano meno de’ moderni? Ciò non mì si darà a credere giammai in una età, in cui altamente da tutte le parti si grida, che la pittura è in decadenza. Per verità, signor Direttore, a «me pare , che i presenti letterati d’ Italia non meritassero così \poca considerazione, e che a’ medesimi nudriti in buone dottrine non s’ avessero da togliere que’ diritti, che ab antico i grand ; «dipiatori concedevano al vulgo. Come pure mi pare, che Ss a- «vesse molto bene,,a sperare della presente pittura d’ Italia , se d mostri dipintori si. giovassero del giudizio de’ gravi letterati, da che l’arte non è gia tanto lontana dall’ antica eccellenza nel disegno e nel colorito, quanto lo è nella composizione. E qui, -pregandola , signor Direttore, a scusare queste forse mie vane chiacchiere , l’ assicuro della molta mia stima , e la prego di voler - far capitale di me in tuite quelle cose, nelle quali ‘mì credesse abile a servirla . BULLETTINO SCIENTIFICO: N IH. Dicembre ‘1823. Meteorologia. Uno dei più terribili e meno spiegati tra i fenomeni _ della meteorologia è quello delle ‘così dette ‘#r0mbe ,'per'cni | 6Oncepito da una massa d’aria , poco prima tranquilla, sin movimento, vorticoso o spirale ascendente o di basso in alto, sembra formarsi nel suo centro un vuoto; da cui è ilrassorbito, e portato: ;in alto tutto (ciò che incontri di mobile ‘non’ ‘solo’;)0ma-»di. capace ad essere. svelto. dal..suolo , ° «comunque vi vecorra sforzo grandissimo. Quei piccoli vor= Hei "che talorà fa il vento, detti comunemente ziolinelli, e di dai quali vediamo sollevare in aria le foglie degli ‘alberi , “Te paglie , la polvere delle strade o dei campi, ed altri corpiccioli, presentano una leggerissima idea di questa me teora, la quale prende il nome di #r0mb4, e produce effetti 164 veramente spaventevoli , allorchè si effettua sopra grandi masse, d’ aria sulla terra o sul mare, +0 DARE «db Mb Tre di tali fenomeni, uno dei quali violentissimo; es-' vato recentemente avvenuti nel giro di pochi | mesi” pla ne daremo quì un breve ragguaglio. ic Il dì 26-agosto di quest'anno, verso le ote 3 pome= ridiane , il calore dell’ atmosfera cisco grandissimo } si’ fece,., nel. circondario di Dreux ‘e Mantes in Francia ‘uti temporale; che, dal sud-ovest si diresse sul villaggio ‘di Bots! CQuEta Non lungi da questo luogo si formò una tromba di un’ estensione,assai. grande , che appoggiando al suolo la‘ sua larga base, andava a perdersi colla'cima’ nelle nubi. Formata d’ un vapor denso e ‘nerastro , lasciava di tratto in‘ tratto vedere nel .suo.interno delle fiamme in ‘varia ‘dire zione. Avanzandosi colla tempesta lungo! le valli ‘0a ‘tra=" verso, delle, montagne, svelse o spezzò nello spazio d’ una- lega sette o ottocento alberi di varie grandèzze , ed inve- stendo; con. inipeto il villaggio di Marchefroi ; ne distrusse in, un istante la metà delle abitazioni, Da. ogni parte TO= vesciò, muraglie, fino dalle fondamenta} e'‘sollevò i tetti , trasportandone. i rottami ad una ‘mezza lega‘ di dista Quelli, fra gli abitanti che: si trovavano*nei villaggi, furono |’. schiacciati, o feriti perla caduta: delle ‘case ; quelli casta ( fortunatamente. in, maggior numero )rerafio vcecupati nei lavori dei, campi, furono gettati peroterra' 0’ trasportati' dal turbine , che sconvolse;e. disperse le 'iratcolte,? gettò. Per sl terra 0, uccise, gli animali. Pezzi di gronda ini come _ il pugno,,, pietre, ed. \altri corpi lanciati. 60n°'impeto “da questa. terribile tempesta percossero.varii individui, facendo loro; gravi contusioni. Più carri caricati di grandi. pesi’ fu" rono messi in, pezzi; il loro carico disperso‘, rotte 'le' loto‘ sale capaci di sostenere il peso d’ottov0 dieci migliaia | ‘e scagliate, alla distanza, di due o trecento ‘piedi’ ruote della’ | più grande dimensione. Uno. di questi! carri fu laniciato* | quasi intero al di sopra d’ una fabbrica di’ mattoni’; che rovinò fino a terra , e i di cui materiali furonò trasportati“ © a gran distanza. Un campanile, più capanne , diverse Case isolate, molti, muri. anche nuovi furono ‘tovestiati; ‘e fug®!* 1 roro più o nieno danneggiati altri sii che si trovavano nella direzione seguitata dalla tromba; la quale dai ‘suoi terribili effetti fu giudicato avere avuto alla base Vin dia?” metro di circa 100 tese. Le! _.. Nella provincia,di Savona, ducato di Genova‘) i dì 16, settembre verso le ore 5.di méttinà cominciò ana pio gia così dirotta, che alle ore gi fiumi erano grandemertt@ gonfiati, e le acque inondavano le campagne ‘adiacenti. Verso” mezzogiorno, si. vide uscire da una montagna: situatà nella parrocchia di Va/eggia dipendente da Quigliano'un vortice! spaventevole di fumo nero e di fuoco, che sollevò ‘è portò via in gran) parte il tetto d’ una casa vicina; abitata da' una famiglia di paesani composta del padre; :della madre; e di due figlie, delle quali una di dieci, Valtra di dodici anni. Queste. rimasero, ambedue schiacciate dalle rovine, i geni- tori feriti soltanto. La tromba portandosi in seguito. verso il lato opposto ‘ della montagna; luogo. detto Magliolo) traversò ‘il fine assorbendone in, un momento le acque!) che erano straordi= nariamente elevate!, portò.via i tetti di. due:case ‘abitate; e si avanzò lungo, la, stessa montagna! nel distretto di Qui gliano , ove, si dissipò presso il convento dei Cappuccini sitnato,in questo villaggio. Nel trattopercorso »sradicò vigne ed;alberi. grossissimi, d’’ogni specie ; trascinò) legnami ‘da lavoro ,.e fece altri danni inotabilissimi. Un viaggiatore, partito nel decorso febbraio da Nuova Yorek per Buenos Ayres dà (la seguente descrizione d’ una tromba. Il rgi,marzo trovandoci verso il 4.° grado di latiti2 dine, nord , ;ed essendo «a ;desinare, fummo scossi dal gri- do _« Tromba, d’ acqua ». Eravamo in calma perfetta nè si sentiva. che il fragore terribile di quella. prodigiosa ‘colonna d’acqua ,.che,s’ inalzava.verso una grande e cupa nube la quale. corrispondeva direttamente sopra la di lei base. Si''! avvicinava a noi, con grande rapidità, e ci minacciava d’una © distruzione certa, quando alcuni colpi di fucile sparati'in aria ruppero subitamente la colonna , di cui la metà ‘infe= riore.ricadde nella cavità.che aveva formata levandosi, méni= 366; tre l’altra metà continuava a salire verso ilo nubi. Fu giudi- cata. lontana un quarto, di miglio, e del diametro di 50 piedi. \ sita imeteora ‘non meno terribile ed assai più comune. delle trombe. è til fulmine ,.il quale allo. spavento che sem= pre cagiona non di rado aggiunge danni gravissimi. Più di ventin nbbidoniti funesti “i; questo .genere è a nostra notizia essére avvenuti in poca parte della Toscana in soli 53 gior» ni, dal dì 8 luglio al di 5 ottobre 1822. Nel sud. giorno 8 luglio un fulmine uccise Felice mo- glie:d’ Alessandro. Manganelli contadina a S. Fiora, un altro Angelo Boni contadino a Vinca in Lunigiana, ed un terzo la fanciulla Maria Casagli nella loggia della villa del sig. cav. Saracini,a Castelnuovo Berardenga nel senese, dalla qual loggia il fulmine stesso passando nella stalla vi uc- cise nn cavallo, Il giorno dopo 9 luglio fu pure ucciso dal fulmine Vincenzio Fondelli pigionale a Soffiano presso Firenze. Il dì :6 del mese stesso un fulmine entrato per il cimino/ nella casa di, Valente Volpi a Crespina, uccise un di lui figlio dell’età di circa 7, anni. Nel giorno stesso un altro fulmine entrato nella chie sa:del Carmine di Montecatini, uccise il sacerdote Sebastia- no Borghini mentre celebrava la messa, ed offese anche il pîote! Scatizzi che la serviva ;.il quale in quel momento paralizzato. e privo. di. moto nella, mano, destra e nelle estretnità inferiori, ne riacquistò ben presto l’uso, e rima- se hibero. ‘in Alle ‘ore 7, di mattina del giorno 1.17. dello stesso mese di luglio cadde un fulmine sulla Paranzella da pesca nominata cela Madonna del Carmine » di proprietà di Se- bastiano Palomba domiciliato a Livorno ,jed investita l’ an- tenna mentre veniva abbassata , offese leggiermente un mia- rinaro per nome Giro Borricello , e ne occise un altro detto Angiolo di Vita, ambedue della Torre del Greco. La mattina del dì 6 agosto dello stesso anno ‘un’'ful- 107 mine avendo investito presso Livorno la Paranzella tòsca- na «Tutti i santi » del padrone Cosimo Landai, me: ruppe: l'antenna , e colpì due marinari , dei quali uno rimase! ue» ciso , 1’ altro’ ferito. ih Nel dì 7 del mese stesso un colpo di fulmine uccise Gitolamo Bassi contadino della pieve ‘di Piana nella pòte- steria di Buonconvento , mentre lavorava ‘nell’aia' dell slo! podere. : er sta sy î Alle ore 8 della mattina del dì 14 dello ‘stesso’ mese d’agosto un fulmine offese , sebbene ‘senza grave: pericolo; una piccola figlia di Giuseppe Cottinì di san''Donnino, .e gli uccise una somara. Un fulmine caduto nel dì 24 ‘agosto sud. nella casa di Gio. Battista Verdiani a s. Michele a Torri, ‘dopo averla scorsa in più parti, investì il letto dando fuoco al saccone. Sebbene il Verdiani si affaticasse ad estinguere prontamente la fiamma, pure una di lui figlia per nome Annunziata dell’ età di circa anni due, e che si. trovava in quel letto, vi fu trovata estinta, e tutta gonfia, ‘pro- babilmente non per effetto del fulmine , ma del fuocovac- ceso da lui. Nel giorno 10 ‘settembre un fulmine uccise. Michele Mori contadino della ‘parrocchia di Marcialla. presso S. Miniato. La sera del ‘dì ‘16 dello stesso settembre un fulmine penetrato nella casa del maggior comandante la fortezza dell’ Isola del Giglio sig. Eduardo Scriven , investì ed of fese più o meno lo’ stesso comandante, 1’ Arciprete:D. Giovanni Brizi, ed altre ‘persone ivi presenti, e più d’ogni altra una signora che ne rimase asfissa, ma che peri soc» corsi apprestatile ‘si ‘rinvenne non solo , ma in alcuni gior- ni si ristabilì ‘come gli ‘altri dalle offese che il fulmine ‘aveva fatte loro, ‘superficialmente, serpeggiando all’esterno del corpo, e producendo un notabile torpore; specialmen- te negli articoli. Solo un cane rimase ucciso. ‘Sulla casa colonica abitata da Pasquino Pagni e sua fami= glia, contadini del sig. Pietro Boninsegni notaro: al. poggio:S. Cecilia presso ‘Asinalunga, cadde nel dì 20 settembre un ' (168 Fitimine! Ché ticdise prima un’piesolo’ figlio del'detto Pagiit odeitendi anni 8) quindi una pecora nella! stalla sottoposta. La mattina del dì ar del mesesstesso un'fulminé in- trodottosi per il campanile percorse la chiesa di S. Lorenzo a Bibbiena! ed° investito il°P)Serafino'Serrai Vicario di quei Padri ‘osservaniti , “lo inccise mentre ‘stava nel confes- “sfonario; ascoltando la’ confessione ‘d’'an' tal fem: Cac- “Chiani 0 Che rèstd solo leggermente offeso. SII “Hp Fu ‘tiecisa’ parimente del un fulmine la mattina-del. di: 26 dello stesso settembre la fanciulla Maria del fù Francesco n Barchi" ‘di | "Tignano” nella ‘potesteria di Poggibonsi , che % gliardando le'pecore ‘nel bosco delle Casolleysi era rifugiata "sotto ‘atia' querce, per ripararsi da una!dirotta pioggia. | 'Ernitraàto ‘in fulmine la mattina del -dì728:settembie “nella casa di Niccolò Buoni di Vaglia in Mugello, ove tro- ° vavasi esso Biloni , la ‘di lui moglie; ie ‘cquattro figli.) investì “‘tinò di questi, che stava ‘presso la finestra della ‘cucina per ‘farsi Ja barba ,'é uccise, cadendo frattanto per terra asfissi gli altri fratelli e la fade che prontamente soccorsi resta=. tono liberi. \ Nel dì 36 del'‘mese' stesso vin fulmine ‘entrato nodi ca- ‘sa colonica del podere. del Bergallo nella giurisdizione di ‘Castel nuovo nel'senese, uccise la ragazzetta Caterina Mari- «Ohi'ed'an cane’, lasciandovillesi i genitori della go che “erario nella dtnza. stessa, | ro le, 00 ©VAMe 0re 3 pomeridiane del'giorno pritino d’ ritratte Nic- ‘bold Costantini contadino a Cotoneiano .tornando dal ‘ca- ‘°stello‘di Belforte alla sia abitazione; ‘fu rcolpito dal fulmine ed ucciso, nella strada che da:Siena conduce: a Radicondoli in luogo detto Ze selve nella comunità di Casole. Il dì 5 dello stesso‘ottobre» un fulmine entrato nella casa di Valente Bandinelli contadino del sig. Principe Cor- sini nélla ‘parrocchia di Paterno, ‘uecise’ Rosa ‘moglie del ‘’détto « Valente dell’ età d’anni 34. ‘© ‘Nel giorno stesso fu pure uccisa davun colpo di fulmi- ne nella propria casa in Montalcino unadonna. chiamata Felicé vedova Baccianini. » ii sù Non sî parla di molti altri fulmini) che scale ste ss0 N 169 ‘breve periodo, 861îza uecidere, o. offendere persona. alcuna; hanno ucciso soli animali ,,, prodotto; incendii,, danneggiato edifizi:; 0 fatto altro male. P E REG Î Era stato dato il, nomedi folgoriti ad. una ‘specie di -tuibi semivetrifieati, trovati. talvolta nei. terreni aremosi ;.. e -reputati effetto (del, fulmine , che interrandosi; ayesse, sOperaio un principio di fusione della. materia .silicea.. Alcune; xe- veenti osservazioni! hanno comprovata, la giustezza di que- nst-ropinione. ta ollsb vio . Primieramente il sig. dot. Fudler di Bputgpii ha. in scontrato di ‘tali tubi) nei ‘contorni. di Zankendorff vicino, a Malaezka in Austria, ed oltre agl’.indizi, che. riguardo, alla “lorovorigine. presentano i tubi stessi.,;ne ha ritrovato un altro nello! stato dell’ argilla sottoposta allassabbia., larqua= le in prossimità del.tubo siliceo era di color rossastro.,, € tale quale avrebbe. dovuto divenire, per.l’azione del fuoco. Ha poi tolto. ogni dubbio, sorprendendo la natura sul fatto, il.sig. Hagen, prof..di fisica e di. chimica a Konigs- berg. Nel 17 luglio di quest'anno, fattosi un temporale. in- torno. al villaggio di 'Rauschen sulla.riva, del Baltico nella, provincia di Samlanda!) cadde un fulmine nel villaggio sud- detto. presso lun? albero ,-lasciando..sopra di questo ila.trac- cia del suo passaggio; e dando fuoco ad un ginepro sottoposto. Il sig. prof. Hagen portatosi sul luogo .,.e fatto opportuna - mente scavare il terreno nel sito overil. fulmine aveva do- vuto seppellizsi;, vi.trovò uno dei tubi di cui. si. tratta; dei quali; è ormai; dimostrata l'origine; edi ai quali però ben. si conviene’ il: nomèrdì fo/goriti. nor È \) rl ‘vFisica.e Chimica. Il sig. march: Ridolfi ha non solo infuocato il, plati- no spongioso esposto ad un getto di gas idrogene, ma;ha ‘trovato che lo stesso platino spongioso posto in luogo della ‘spirale di .filo,di. platino sopra la così detta lampada sen- za fiamma , vi si mantiene egualmente infuocato nel. va- cepore etereo «0 valcoolico , e che la spirale di filo di;platino, 170 prima, scaldata, s’infuoca anch’ essa esposta al getto del gas idrogene. Nelle sue. prime sperienze rnifnaneni al metodo del prof. Dobereiner, che pone il platino in un piccolo cono di, vetro, lo aveva posto -in un piccolo crogiuolo. ‘Sem! bra, che in questo sistema la piccola cavità possa empirsi, di.,gas idrogene, sicchè il platino si trovi a contatto di questo solo, non del miscuglio d’esso e di gas ossigene, Il metodo semplice tenuto nella prima esperienza fattasi quì fu” di.spaccare in, modo di forca un' estremità d’ un piccolo | stecco.di legno, ed inseritovi il platino , esporlo al getto. del,gas.idrogene in modo che da ogni parte possa affluir- vi; l’ossigene atmosferico. La dottrina elettrochimica, in cui si riguarda v elet tricità come causa dei lenta chimici fin qui attribuiti all’affinità, và acquistando sempre . mggior consistenza ; , sembrando prestarle appoggio alcuni nuovi fatti che si vanno osservando. Il sig. Becquerel dimostrando costante lo sviluppo dell’elettricità pendente l’esercizio delle azioni chimiche, e trovando nella niuna tensione dell’elettricità così svilup- pata, e nell’insufficienza dei mezzi fin quì impiegati per riconoscerla, la causa dei risultamenti diversi ottenuti già da ‘alcuni fisici sommi; ha recentemente insegnato non solo a rendere Suini gli effetti elettici. che risultano dalle azioni chimiche ,.ma anche a misurar da quelli l’in= tensità di queste. | I sigg. Dumas e :Pelletier, in seguito Da bel lavoro da essi intrapreso ed eseguito con singolar diligenza sopra alquante delle nuove Dai sati organiche , hanno determinata la loro composizione elementare, o la propor= zione rispettiva dei loro principii componenti, che è sem brata loro in qualche modo conforme alla dottrina delle proporzioni definite. Hanno essi specialmente esaminato la. chinina; la cinconina, la stricnina, la narcotina, la brucina, la morfina, la veratrina , il’emetina, la cafeina. Nelle dti tutte vatgrnte sia suato riconosciuto l’ azoto ( sfuggito nell’analisi d’ alcune; di. esse ad altri abilissimi e I7i chimici ), pure i sigg. Dumas e Pelletier non'eredono che la qualità alcalina della maggior parte di queste sostanze debba riguardarsi come BORTONE, dipendente ‘dalla presenza “di quel principio. I sieg. Macaire e Marcet di Ginevra, esaminato ‘un fluido particolare invio lordi di Londme ddl sig. Wi. arbuns ton, e che proveniva dalla rettificazione dell’ Qerao acético del legno, hanno trovato in esso alctine eat ona pio- prietà, delle quali ecco le principali: Esso è perfettamente trasparente e senza colore, ha ùn’ odor forte, pungente | ed etereo. Evaporato ti mano, vi lascia un'odore’simile a quello dell’ olio volatile di terebintina; ridistillato' non ha più quest’odore. Ha un sapor forte che rammenta quel- lo del pepe , punge la lingua, e vi lascia un leggiero sa- por di menta. Brucia senza residuo con bella fiamma az- zurra. È disciolto dall’ alcool, non dall’acqua, scioglie la canfora, la potassa pura ec. PIA con alcuni af spiri= ti eterei. Somigliando allo spirito acetico per alcuni carat teri, ne diversifica per altri, e soprattutto per la propor- zione dei componenti, contenendo meno ‘carbonio e più ossigene, I lodati chimici lo hanno chiamato spirito pi- Dea, Il sig. Fuchs di L'andshut ha trovato l’iodio ‘nell'acqua madre, o nel residuo incristallizzabile, delle ‘saline ‘di Hall nel Tirolo, ed il sig. Kruger l’ha egualmente riconosciuto nell’acqua madre delle saline di Sultz nel paese di Me- cklemburg Schwerin . Il mezzo per cui essi l’ hanno sco- perto è io stesso che-lo manifestò al sig. Angelini spezia- le di Voghera nelle acque minerali di Sales in Piemonte, cioè 1° amido, che si è colorato in azzurro. Zoologia. ; Il sis. prof. Paolo Savi di Pisain alcune sue memo- rie, inserite nel rizovo Giornale dei letterati, ha fatto co- noscere diversi animali trovati in Toscana, e nuovi per i naturalisti. | Uno di essi è una specie di itallà assolu- tamente cieca, e perciò da lui chiamata Ta/pa caeca. Que- #72 sttanimale hasle: stesse abitudini "del'siò congenere (la Talpa-Europea:); ha la stessa figura ‘e grandezza, e se ne distingue solo per gli ‘occhi; cche sufficientemente visibili nella: Talpa Europea y sono interamente ‘coperti dalla pelle nella dT'alpa:coeca! Esaminando e ‘comparando diversi indi=' vidui: delle «due|specie:di talpa ; l’autore ha costantermen2? tebtrdvato.che. quelli i quali abitano ‘i monti della Tostanà? eifel Lucchese appartengono alla specie da lui chiamata” COEeca. 959s1 PIXIS : \ '9OLTRC pl Unsaltio animale. figurato ‘e descritto ‘dal’ nostro! atiton Tei è. suna, muova spetie di Salamandra; ‘che egli ha chia- | mata» perspicillata , per suna macchia giallo=rossastra 2001? forma»d’ occhiali; che isi trova sopra la testa di questo ret ' tile; il.quale abita i luoghi freschi dei monti subappennini toscani, ascondendosi sotto la borracina ‘0 ‘sotto ‘î sassi» E. graziosamente: macchiata sotto il corpo di bianco, nero» e rosso;;.L.contadini la chiamano Tarartolina,; e la credono velenosissima;-L’ autoré ; mantenutene vive alcune, ha vo- luto, riconoscere; se;fossero realmente velenose , dandone a mangiare ad un gatto, ad ana. tacchina; evad'altri animali, cher mani bne hanno! risentito valcuin'damidio) Il Carattere es- senziale: che: distingue questa Salamandra da ‘qualunque altral'è di. avere» quattrò. dit» tanto! ai pièdi anteriori quan-' to ai posteriori; Li -rUna: specie: d’uccello; "he Teminitil ba Chiamato Sile | p L viarlcisticola, e più particolarmente! la’ sinigolare strutturà delrsuo nido hanno; formatolil soggetto !'d’'altre ‘ciriose bs- servazioni:\del ‘prof. Savi. Quest’ iccello? della ' sranttezza d’umo»scricciolo (‘Sylvia Troglodites) è''noto” da' poco tempo! ai naturalisti; però tutto ‘ciò. che ‘si era detto*intore’ | no lai suoi costumi e' propagazione èra inesatto! Bg Savi: avendo: avuto un nido di quest” uccello; colpito @appo la sua singolare ‘struttura ‘fu impegnato ad “esaniimare Von‘ solo ib nido stesso , ma anche'i’costini; @ Piitto"èid: "che attenesse .all* uccello che n'era l’artéfice.! Abità questo i . . è x "i hrga2e9 GOD luoghi © palustri dell’agro pisano , èd’è chiamato dai cds ciatori: Beecomoschino: o Tin-tì. L' autore! rileva essere er ronei i caratteri assegnati da Temmink per distinguere il ice 7 173 maschio dalla. femmina. Nella massima parte dell’anno» non è possibile distinguere il.sesso iche persla dissezione. Bensì il nostro autorè ha scoperto un! carattere bellissimo. per distinguerlo, che ;si. manifesta. ‘alla stagione degli amo» ri ;(.in. primavera.) Allora il. maschio her tutta la \bodèa! colorita. di nero violetto , la femminasdi color giallo» sudi= cio,, È poi veramente imaravigliosa la struttura ‘deb nido?di? quest’ uccello, che lo forma ordinariamente ‘0 mei ciuffeldio Carice ( Carex ) o in quelli delle piante graminacee .»8689 stenendole e. cireondandolo colle loto foglie; chesegli ha l’arte di riunire insieme. per mezzo di vereoienciture.o AD quest’'effetto egli fende ii bordi, delle, foglie) ved-inserite! nelle fessure delle: cordicelle di tela «di» ragno)» uniscerle une alle altre più foglie fra loro vicine. Artifizio! maravi- glioso , che non si ;vede. praticato da: aleùn»altro » uccello e | per. cni. una pianta ;vegetante è impegnata a far parte del nido stesso. .I naturalisti. non. hanno ancor’deseritto de uova di quest’ uccello.-Il prof. Savi ha osservato che ‘ne fa da 4/a 6 per covata di color. bianco un: poco again te o .in carnicino.o.in celestognolo. BZ Odd Il sig. Lamoureux sogiiiandenzageli Istituto:di Fram cia in una sua, memoria pubblicata ;a Parigi-ha annunziato che una specie.d’ Arara (. Psittacus Araruana) osi: è acclizi matata ed ha procreato nel dipartimento del. Calvados, 0. Due individui;di ,questa,specie hanno! fatto tin quattro: an- ni (.dal marzo.1818. al 1822.).62, nova in,19 covatezidario queste .uova.sono mati, 25,.individui,, dei quali: soli. ro sono morti.: gli altri vivono.e-si sono penfastazionde acclimatati: I sig: Say, di. Filadelfia. ha fatto: noto che unavspecie d’ estro. abita, il. corpo. dell’ nomo.. Egli ebbe dal dottor»! Birek una larva.appartenente al genere Oestrus; che:quel medico, si, era estratta, da. una gamba in un viaggio da duiv el fatto nell’ America meridionale. Il sig. Say ha. paragonata la detta larva, a..quella dell’ estro di bove, di cavallo; e di montone, e vi; ha trovato una differenza notabile!!L’inset=) to non essendo ancorarcognito , il sig. Say. \non-hà: potu= to determinare. se. la larva di cui \si tratta appartnstza; al Y N; genere, Oestrus propriamente detto, ovvero al. genere Cu- terbera di Clark. Fauna francese , ossia.storia naturale generale. e par- ticolare degli animali che si trovano in. Francia. Parigi 1823. Rapet. Quest’ opera in 8,°.con tavole colorite si pubblica a fascicoli.di 10 tavole ciascuno. Ne sono autori, i sigg. e illot per gli uccelli; A. G. Desmarest per i mammiferi, a rettili, ec; De \B/ainville per gli animali senza ni, eccettuati gl’ insetti; C. Prévost peri pesci; 4. Serville per:gl’insetti coleotteri imenotteri \e dipteri, e Lepelletier Saint. Fargeau per gl’ insetti lepidotteri. I fascicoli fin quì pubblicati sono 9. Vi si osserva molta diligenza. nell’ ese= cuzione della maggior parte delle. tavole, accompagnate da una succinta ma chiara descrizione degli animali che vi sono rappresentati. Prezzo franchi, 10. per. dispensa... Storia naturale dei Lepidopteri e farfalle di Francia di G.. B. Goparr, uno degli estensori dell’ articolo. Far- falle. dell’ Enciclopedia. metodica. Parigi, stamperia Didot presso Crevost: prezzo franchi 3 per dicpenta: Quest’ ope ra ci sembra, perfetta tanto per il lato delle figure , che per quello delle, deserizioni. Ne sono stati, pubblicati 15 fascicoli contenenti, ciascuno due, tavole ,, e dei quali 15 sono destinati a far conoscere i lepidotteri diversi .0 far falle dei contorni di Parigi, altri 14 le farfalle diurne delle montagne alpine e dei paesi meridionali , 6 de sfingi o crepuscolari , e finalmente gli saltri 15 una parte. delle farfalle notturne della. Francia, A lode dell’ autore e del- l’editore dobbiamo confessare che nell’ esecuzione , delle tavole ;; in vece d’ una progressiva diminuzione . di pregio ( come. spesso accade specialmente nelle opere stampate per soscrizione ), si trova sempre magg ior bellezza e, pre- cisione, sicchè non dubitiamo .che i restanti. 32. fascicoli non siano, per riuscire perfetti al pari degli, altri, Invitia- mo quindi l’ autore sig. Godart a far succedere alle arfalle della Francia la descrizione e le figure delle altre specie di lepidotteri europei, i con che quest’ opera diverrebbe da ‘più completa , perfetta , e discreta di prezzo. che, sì conosca. 6a00 INFO Ornitologia francese, o sia storia naturale degli uccelli di Francia; di L. P. VierLror; prezzo fr. 8° per dispensa con stampe colorite, e fr. 6. 50 non colorite. Parigi 1823. Opera in 4.° con 6 tavole per fascicolo rappresentanti ciascuna da otto a dieci uccelli. Le tavole sono in lito- grafia e colorite. I fascicoli pubblicati sono 3. Quest” ope- ra dimostra che la litografia è arrivata in Francia ‘ad ‘una grande perfezione, giacchè queste tavole possono: Stare ‘a * Confronto di quelle in rame delle altre più accreditate — opere ‘d’ornitologia. Il sig. Vieillot autore promette di da- re in 64 fascicoli una completa descrizione colle corri- ‘spondenti figure di ‘tutti gli uccelli che abitano la Francia, e di oonf che accidentalmente vi si sono trovati. Oltre Je figure del maschio, della femmina, e del giovane di, ciascun’ uccello , egli darà quelle delle uova delle specie che covano în Prati Nel terzo fascicolo ‘che ci è giun- to ultimamente si trova ‘una tavola contenente 20 nova che appartengono ad altrettante specie. Noi dobbiamo dire per la verità che alcune di queste nova non sono colori te con quella verità ‘ed esattezza che ‘s'incontra nelle al | tre tavole dell’ opera stessa; e desideriamo che le succes- sive tavole sieno esenti da tal difetto , sapendo qual par- ‘te abbia l’esatta Conoscenza delle nova nei progressi del- Da ornitologia. di Il sig. Broughton membro del collegio reale dei ‘chi- : rurghi di Londra, nel dissecare un grosso gatto , e nell’ès- Plorare le diramazioni nervose del’ 5° paio che si portano ‘ai baffi di quest’ animale, avendo osservato che ad ogni “bulbo si porta win filo nervoso , il quale si perde nell’in- terno di diascun pelo , congetturò che i baffi fossero nel gatto. organi ‘destinati a trasmettere qualche sensazione. Per ‘ assiénrarsené ‘dispose sul A della sua stanza molti ibri in modo che formassero più vie in varie direzioni, co- pi me le strade d’ una città. Allora , posto in una di queste un . gatto bendato, vide che quest’animale si dirigeva benissimo, ‘Senza urtare in modo alcuno , esplorando la via con abbas- sar la testa verso il pavimento. Rinnuovato l’ esperimento dopo aver recisi al gatto i baffi, egli seguitò a stento la 176 strada formata dai libi, vrtando più volte) ; specialmente aglî angoli o pieguture, dal che il sig. Broughton concluse SU i baffi servono a questi animali per dirigersi nell’ oscurità 41, per evitar l’incontro dei varii corpi, dei. quali fanno loro, sen tire la presenza. DD , Rifletteremo a.questo proposito essere opinione volijass appoggiata «verisimilmente all’osservazione , che'i gattinwé4 dono al buio , e che non vedono più quando'sieno loro rèeci4ì si i*baffi. Quest’opinione si accorderà esattamente colle ci= tatè' osservazioni del sig. Broughton, se in vece di dire che all'oscuro i gatti dall si dica che sanno condursi , 0) rim, conoscono la presenza e giudicano la vicinanza dei varii. cor= pi. Nel che.i baffi, e per il loro numero, e perla loro fles- sibilità, e per l’esquisita sensibilità che si.dee supporvi,.serà vono i gatti assai meglio di quello che uno 0 più bastoni servano il cieco per esplorar la vìa o.i ‘qorpi che lo. circon4 dano, Oltre a ciò , mentre il cieco noniè avvertito della pre senza dei corpi, se non ponga a contattò "immediato con essi o la ‘mano o il bastone , all’ opposto i gatti‘, e pet quanto risulta da altre curiose osservazioni i pipistrelli, e forse al. tri animali ancora, accecati o posti all’ oscuro, sentono la presenza dei corpi senza venirne a contatto, e per la sempli= ce prossimità di questi ai loro. organi, sensibilissimi, AL quale curiosissimo effetto deve sicuramente concorrere: l’aria, interposta, i di cui più leggieri.movimenti.,.ed in specie. quelli, che l’animale stesso .;v’ imprime: muovendosi ; som riflessi dai varii corpi sull’animale, in modo da renderlo® accorto della loro presenza, distanza, e posizione relativa, come nell’eco le onde o vibrazioni sonore dell’ arià stessa” riportate all'orecchio dai varii ostacoli incontrati , potrebe. bero in seguito di lunga osservazione ed Bilan porre alcuno in grado di giudicare il numero , la distanza,, e. la posizione relativa di quegli ostacoli. ib ‘sansgzib Histoire naturelle des mammifères ec. ossia ‘storia. naturale © dei mammiferi, con figure originali colorite, disegnate sopra ani mali viventi; pubblicata con autorizzazione dell’ ‘amministrazione, del museo di storia naturale, da Geofroy S- Hilaire, è Fr. Ch vier —Lasteyrie editore. Parigi 1820-23, Ne è.conaparsa la 38.) "nà di 197 spensa. In fol. stamp. Rignonz: prezzo, f.,.15. per. eisneneoi din spensa. s; °° Des dents, ec. pai ai dei maminiferi considerati come re ratteri zoologici, di Fr 'Cuvier, in 8.° con 100 ‘tavole litogr., du sr dispense ; a f. 3 Va. Parigi, 1823. presso Levraut, VS 19 Galerie des oiseaux, ec. Galleria degli uccelli ‘di Mi A pi Pieillot e P. Qudart; per dispense in 4.* di un foglio; e° 4 tavole litogr: | colorite. Parigi; v4i/02ud, fr. 6. per dispensa » Ne: s0n@s già state pubblicate, 20. me ie omob .. Entomografia imperii Russici sicteziiate; vio Cagsareago Mosquensis naturae scrutatorum collecta et: in lucem edita; amm.» ctore Golthelf Fischer, vol. 1. cum XXXI. tabulae aeneis, i in 4 Mosquae, 1820-21. De l° organisation des animaux ec. DAVID ZIA zione degli. animali, o principii «di anatomia comparata ; di Ducrotay de Blainville; tom. 12 în'°8.° con tavole. Paris; 1822. Leorznt. inoZiaune des Medegins ec. Fauna dei medici, o storia natarale de- gli animati ‘e dei loro pradotti; considerati? nei loro rapporti colla oromatologia.; e dell’ igiena «in. generale» della farmacòlogiare della tossicologia; «opera: intieramente nuova; con fig. di; Cloguet membro dell’ abile reale di medicina. Tom. I..in.8.2 conio» tavole. Parigi, 1823. \Crochard. Hist. Nat. gen. et partic. des mollusques , ec. lia naivarta. generale e particalare dei molluschi terrestri e fluviatili, sia delle: specie che si trovano ‘al giorno d’ oggi viventi, sia degli avànzi fossili‘ di quelle ‘ché più non esistono, classificati dir ifcaratteri essenziali che presentano cati animali‘ e le loro con chiglies del Barone de Forussatc; 178 @18* dispènse ‘in lj4.04 in«folio| fig. colorofre Souofigi nere, fr RA ‘Parigi, 1823. Api Bettrands: sb oloni alarnioi : \ a Ze philosophy. of. zoology/. ec. ha filosofia della diana 0s=/ sia): prospetto ; generale. della struttura, delle ffanzioni e.della»classi> ficazione degli animali; di ZVeming. 2. vol. in 8,° con tavole... Prezzo fire 1. 10. sterl. Londra, 1822. Hunt Robinson ce. i Abildun en zur natur geschichte , ec. Prospetto della storia. niîturale' del” ‘Brasile + di Massimiliano Principe di Neuwied. Per dispensa di 6. tavole e fogli ‘3, di testo in foglio sr fig. co-' lor. ‘Weimar, 1823. Burean .d’ industrie, . N DI Considérations générales ec. Considerazioni generali sulla clas»; se ‘degl’ ‘insetti; di Dumeril. Con 60 tavole , rappresentanti più, di 350. «generi d’ insetti. Un vol. in 8° di p. su patina Le À ni, «f | N78 di Pi gh dA ia 178; usZoological: Journal. Giornale rdi Zoologia. Tale è il titolo» di. un nuovo scritto. periodico che viene annunziato in Londra» per. il. prossimo gennaio .1824;:e che. sarà pubblicato ogni. tri- mestre (quarterly); dei. rami coloriti correderanno ogni quaderùo; 1 direttori di quest’ intrapresa sono!i sigg. Bell, Children; Carla Sosverby, e G. B. Sowerby. La classificazione, l'anatomia. com) parata, la. chimica \animale; la paleontologia, la nomenclaturaiy-le, analisi d’ opere nuove,; ec. formeranno le principali divisioni di questo. giornale. Le sottoscrizioni si prendono presso i sig: Phis lipps, e G.. D. Sowerby » Prezzo di ogni dipen schell 10: | ossia, lire 15. toscane, x 31 bho ! [st9gbw Botanica. ‘00 ‘81900 #29} i 19h: {18004990 Elenco d’ alcune opere de recente 0 attual pubblicazione A 30 Synopsis plantarum dune quos in ibis pre splaigim@ sofjinos ctialem orbis novi collegerunt..Alexarider .de Humboldt et A- matus. Bumpland.; auctore C.-S.. KuNnTH.4 volumi in 8°. tomo L..di pag. 4gr. Parigi, presso Zevrau/t;:18225 ‘prezzo fre 6. _} ‘Quest’ opera);come, accenna il :suo- titolo, è una. specie di»ri+ stretto..della.grande.opera pubblicata dal sig. Kunthvsotto vibiti+ tolo di /ova genera et.ispecies plantarum chevil suo alto, prezzo metteva. al di sopra deismezzi di molti dotti Ma: non è questo un; semplice, ristretto; perchè. 1° autore vi:ha fatto:diverse:aggiun= te importanti!. È una! fra queste .la descrizione delle. piante) crix piogame,. portate, dai, sigg. Humboldt: e:Bompland..: La, descrizio= ne delle. alghe è dovuta alla-diligenza-del-sigo vAgarth:; botanico svedese. .Il..sig. Hooker; professore a Gloscovia\ha stesa» la;parte. relativa ai funghi, ai-licheniy alles epatiche edi ai muschi»: The botanical-registeriect. Registro botanico; Ogni!fascicolo contiene 8 figure. colorite idi! piante esotiche ;saccompagnate, dal laldoro..storia.e dal. modo di coltivare .ntdiségni ricavati dalle» piante wive; da Syderham, Edwardsvedraltri:vLondra, Ridjiwayi: prezza!di iciascun;fascicolo 4: scellini;:NexXCV, gennaio;,11823; © Flore de Virgile , ec. o nomenclatura rnétodicà ès critica: delle» piante } frutti , e prodotti. deîvegetabili» menzionati, nelle opere.»del principe dei poeti latini., debssig..FÉEo; tg \sPari» gi, 182256 dissilàsga Quest’; opera interessante e molto lc Fat ‘merita tutta V.attenzione dei» botanici per la gran lucel.che-emergei dalle dotte discussioni che vi sono contenute sopra cdiversi punti» diacritiea | «79 botanica. Questi punti; sebbene cento. volte discussi, non erana però ben rischiarati. La maggior parte dei commentatori che primi» impresero a riconoscere a quali piante convenissero i nomi usa ti dagli antichi erano più eruditi che botanici, di modo che trop= po spesso intorbidarono ciò che pretendevano rischiarare. Il'sig. Fée non si perde in lunghe discussioni sull’ epiteto, o sulle due parole che nel poeta latino accompagnano ordinariamente il'no+ me delle piante che:si tratta di riconoscere; egli accenna in po che parole se e come i caratteri che ‘si crede di ricotioscere nel ‘1’ indicazione. poetica di Virgilio convengano ai vegetabili che; secondo esso , il poeta intese di designare . Più di 200 nomi di vegetabili sono stati diligentemente esaminati dal sig. Fée , che quest’ opera pone a canto a Sprengel, ed ai veri botanici che si sono occupati della scienza sotto il punto di vista istorico e critico . 3 Tale è il giudizio She di quest’ opera ha proferito il sig. Bory de S. Vincent. +. Exotic flora, ec. @ Flora esotica, che contiene le figure e le descrizioni di piante esotiche nuove, rare, 0 interessanti, con' os servazioni sui loro caratteri generici e. specifici, la loro classi ficazione naturale, la loro storia , cultura, ec. del sig. M. I. KooKEr; in 8°. prezzo in nero, 8 scellini per ciascun fascicolo; ri 15 scellini. Edimburgo, 1822-23. Se apr opera! destidata!. particolarmente ‘a’ far ‘conoscerle sia più ragguardevoli che; fioriscano nel, giardino dell’ univer= sità. di Glascovià ove ih sig. Kooker è è professore di botanica, ‘è eseguita con. molta! diligenza Ogni fascicolo comprende 20-tavolè: Storia: particolare! delle piante orchidee’, raccolte nelle tre isole australi!d’-Affricay:cioè l’ isola di Francia, l’ isola ‘Borbones. e [quella di Madagascari; del cav. Aubert du: Petit Thouars dell’Accademia reale».delle. scienze. Un volume in. 4°. e 29 tavo- le, con figure-inonero fr. 39. colorite.100. Parigi, 1822. Treuttet eo Wurtzx I giornali farino ci più grandi elogi di quest’ opera chè il ‘pubblico aspettava con impazienza, e che è uno dei resultati importanti per la scienza della dimora fatta per 9 anni dal suo autore; al di là. dell’ equatore. “Journey to the:\shores ‘of the polar sea ec. Viaggio alle co stevdel ‘mar polare , negli anni 1319;20,21,22 di J. Franklins Appendice botanica di RicHARDSON. In 4.° Londra, 1823. ‘!0L’ Antologia «ha.già dato ragguaglio ( vol. XI. p.-2.) della patte ‘istorica ‘e geografica. di questo viaggio, e delle disgrazie senza ‘numero incontrate dalla spedizione. Non si potrà intende. 180 re senza sorpresa che questi viaggiatori abbiano otuto far tanto per la scienza, mentre dovevano quasi di continuo lottaré contro la fame e contro pericoli d’ ogni specie. Quest” appendice, frutto délle loro osservazioni, presenta un grande interesse per la e0- grafia botanica, dandoci l’ enumerazione di molte piante che vi- vono nella parte più settentrionale ed insieme più centrale del+ l'America del nord. 1 viaggiatori hanno osservato 663 specie: Linneo non ne aveva indicate che ‘536 nella sua Flora Lapo- nica , che ad onta delle ricerche dei botanici moderni non rac- chiude ancora; comprendendovi le criptogame,, che 1087 specie. Plantes usuelles des Bresiliens ec. Piante id’ uso presso; gli abitanti. del Brasile, del sig. AUGUSTO SAINT HILAIRE ; prospetto, Parigi, 1823, | presso, rimbert, a aio À Il sig. di S. Hilaire , dopo aver consacrato 6 anni a a scorre- re il Brasile, è è tornato in Europa eon immense collezioni i, ed un gran numero di ossevazioni nuove. Egli pubblicherà il resultato dei suoi lavori in un seguito di opere, In questo momento si propone di far conoscere minutamente alcune delle piante’ del Brasile , e Speera inte le più utili nelle arti e nella medicina . L’opera sarà in 4. sopra bella carta, e si. comporrà di circa 50 distribuzioni, ciascuna di 5 tavole, e d’ un testo di, presso 4 pa- gine ,per\tavola , Il prezzo d’ ogni distribuzione è di, 5 franchi. La, prima deve essere stata pubblicata nel mese d’ ottobre | ‘scorso. «Bryologia germanica, 0 descrizione dei, muschi che cresco= ti DATOTRORDICATO no in Germania ed. in Svizzera; dei sigg. \EESVON, SENBECK 9! LOANO PIET HokNscHUcH e STURM; prima parte” in 8° cui é 106. con 12 tavole. Norimberga, 1823. Quest’ opera ci viene anmiiziata’ “come una delle più importanti per i muschi dell Europa , è si ‘dice fittà con tutta quella diligenza serapolosa che i botanici ar schi ponguno nello studio nante cryptogamia bo, Î RA: AGARDH species algurum. ec. Specie ben DONE e delle alghe, coh.i loro sinoni mi, diP'enerize specifiche, €, descrizioni sUc- cinte; volume. I, parte. 2. Luudi »,1822. La. prima. parte di que- sb opera importante era venuta alla luce, nel 1820, Il. i netodo li fi generale di classificazione tuti in essa é Acli ‘stesso che x dottato nell Syi sarum Scandi- 1 autore aveva, adottato ne a sua Sy nopsis algarura candi rontta row Dro: naviae. Theophrast ’s natur PRES dr iu La Ossia} ‘storia’ natarale delle piante di 'TEOFRASTO , tradotta da KURT Pip 1. parte. Altona, 1823. presso Hammerichi Toy 2940 ih Questa traduzione tedesca’ d’ una ‘delle principali SACE di Teofrasto, era aspettata con impazienza . sig. ISprengelovi: Ta 18f Vorava da lungo tempo.. Questo dotto è antore d’ una storia della botanica , di cui fu pubblicata una seconda ‘edizione nel I8I7. A Flora of North America. Flora dell’ America del nord, con figure colorite ; del sig. BARTON professore di botanica al- l’ università di Pensilvania. 24 dispense in 4.° prezzo uu Colonnato per dispensa. Filadelfia, 1822. Carey e, Lea. la Cristallografia.: .... PERSO Uno dei più bei monumenti che dall’ingegno dell’uomo sieno ‘stati eretti a ‘confermare quanto l’ osservazione ‘ed il caleolo riuniti’ servir'possano ‘ai progressi di varie scienze, si è certamente la cristallografia, abbozzata' ‘da Romé'dé l’Isle, ridotta ai suoi veri principii da Bergman; ed ele vata alla sua perfezione dal celebre Hauy, che per essa dando una base certa alla mineralogia, l’ha strappata al- l’empirismo , e le ha dato il carattere. di scienza. Ma il modo in cui. l’ illustre autore ha esposto.i. suoi principii rende questa scienza poco ‘accesibileai più, ve di. mediocre uso agli altri; per lo che diveniva necessario il renderla più ‘popolare ‘ed ‘elementare. Ciò \sî’è assunto di fare il sig. Brooke ‘inglese nella sua introduzione famigliéte ‘alla cristallografia , (1) nella quale partendo dalle più elemen tari nozioni, e dall’esposizione dei metodi d’ osservazione, indica il modo secondo il quale si concepiscono formati i cristalli , le loro forme: primitive , le loro modificazioni , j caratteri. che | essi forniscono per. lai, determinazione, d’ un minerale , il modo di desigere nei caratteri del cristallo per trarne»tutto quel partito. che si\può per accertarne la»specie. ‘Im quanto ‘a certi \canòni generali o «ad ‘alcuni dati che il celebre ‘eristallografo francese ha ‘creduto ‘potere sta» bilire in seguito delle proprie osservazioni , il sig. Broole non ne và dél tutto d’accordo, avendo riscontrati non sempre veri i° pr imi, nè ne (Lp esatte le osservazioni che hanno, suggerito i SOGSTIAN nei quali si .è probabilmente È Lana | (1) Vedi pres. pati B. p. 156. b ovdeFamiliarvintroduction to. GRAN agrari todi 1823, Unirolo8. di p-:5003 182 ‘ingàîimatò per essersì servito di goniometri ‘meno’ Gratta “di ‘quello del sig. Wollaston, e però men'vera la determina- zione degli angoli. Parimente, seguendo'i consigli del ‘sîg. Levis, l’autore ha creduto doversi ‘valere piuttosto” della ‘trigonomettia sferica che della piana; pet’ ciò che rigtiarda il' calcolo’ delle leggi di decrescimento', del qual caledlo ‘egli non da che qualche saggio di cui possa valetsi'‘al- ‘occasione il mmeralogista' matematico , ad ‘oggetto di’ Be- E nettare nel! Ice delle leggi di E Alma TistASRLÀ, Oxre Arti A ed industriali. lay id Il sig. Tartini ‘segretario per la et pina ‘del Li gccademia Fi obtranirtoAbrana de’Georgofili di Firenze, ‘în un suo rapporto letto all’ Adunanza solenne dei 29 set- tembre di questo annò, annovera i progredîmenti fatti dalle arti in Toscana. Notabili fra gli altri ‘ci ‘sembrano quelli chè concernono ‘alla manifattura del ‘cotone e della lana. ce Lo studio, egli disse, e replicate esperienze guidarono uno dei nostri più attivi corrispondenti; il sigi Mazzoni di Prato, nella ricerca dei più convenienti processi per il lavo- rio dei cotoni e ‘delle Jane, e noti in‘parte'vi sono'i risultati delle «di lui fatiche.' Lavorò il Mazzoni nella sua officina la maggior parte dei pezzi che costituiscono i suoi filatoi, dai quali ottenne bellissimo il filo ‘di’ cotorie» Mancavagli però la cognizione del modo di fabbricare ina delle parti più interessanti e più costosa delle'sue macehine , vale: a\ dire i cilindri di ferro scannellati, che in grandissimo. nu- îmero vi abbisognano. La qual'mancanza rendea incerta la prosperità della nuova manifattura*fra' noi, poichè facil- mente un artefice men coraggioso ilel''Mazzoni, potea ‘tfo- ‘varsi nella necessità di procurarsi a gran'prezzo quei ‘cilin- dri, che a prezzo tenuissimo possotio ‘acquistate + fabbti- canti stranieri. Jo ho la soddisfazione di ‘ésibîrvi‘, 0 si= gnori, uno dei cilindri di ferro scannellato', e forato ‘al tornio da uno degli individui impiegati ‘nel laboratorio del sig. Mazzoni, sotto la di lui immediata direzione. Fail vi sat'à il conoscete l'esattezza di un tal lavorò » € il persiia- 183 dervi che il di (lui, valore può,.sostener la. concorrenza, di «quello. dei consimili eseguiti, all’estero; allorchè saprete ‘che ‘ottanta.soli minuti, bastarono a fabbaiberio UL Bi ii, Ts] «e, Dopo aver icondotta.a un certo. grado, di perfezione la; filatura dei, cotoni,., rivolse il Mleaponi le sue cure. allo i oStudio dei migliori, metodi per tingerli_y e specialmente” per dar:.quel superbo color rosso finquì, esclusivamente pro prio del. cotone d’Aleppo: Una. inatassa di cotone tinta nel suo istituto di.s, Anna a Prato fu presentata a questa mostra Actademia , nel seno della quale fu eletta una commissione di valenti chimici. incaricati. d’ esaminare la solidità del colore. La qual commissione sebbene non abbia finquì di3 «mostrati. si risultamenti dei suoi esami, ha però autorizzato me. formalmente ad annunziare che ha essa riconosciuto es- ser la bellezza. ela. solidità del color rosso dato al cotone del. Mazzoni, non inferiori a quelle del cotone estero, che trovasi comunemente in commercio; ». ce Finalmente .a_ render completa la lavorazione del co- «toni, dopo la loro filatara;e tintura restava l’impannatura. Era quest’ arte j come, le precedenti, ignota fra noi; deesi al. Mazzoni stesso il merito d’ avercela introdotta. Varii te- lai di, sua invenzione sono, attualmente in piena attività, © non, poche, PSIBORA) ‘vi ;sono continuamente impiegate. E torna qui.in acconciol’ avvertire che ad. onta dei prezzi :bassissimi cui, son cadute in oggi le tele di cotone estere, il, Mazzoni può, , smerciare, convenientemente le sue. Il e prezzo che paga adi éo) tessitori è di una lira e due terzi dl, giorno 2, sinsonee Si può adunque concludere, e con nostra sodisfazione, che il Mazzoni, ha-stabilita fra noi la serie completa delle ‘operazioni che occorrono. per ridurre il cotone dal suo sta= to; greggio, a «quello nel quale può immediatamente. esse= ire (impiegato. pei, comodi della vita. Giova sperare che un _isuccesso egualmente felice coronerà. le premure, che egli fsi dà per lavorar le lane. La, manifattura stabilita in Firenze per la filatura della sai è unoggetto;che merita d’esser singolarmente rammenta= hi t0,eUna doppia serie di macchine, son ch parole del sig. Tarti- hi hi . Ri 184 ni,costruitein Milano, dal.cav.Morosi,ed inFirenze dalParodi; |. | sono ini piena.attività,.è rendono filatà! a:quella finezza, che.si, richiede la lana doro consegnata; inostato greggio.Gli «operai; ésteri:'han coll’esempio addestrati i nazionali; e. gli uni.e, gli altri si prestano con pieno successo alle: occorrenze dela l'opificio!:Nom pochi impannatori:di quest’istessa città, di Sestb ,;di Prato ;:del Mugello ;\e del Casentino hanno, faby' bricatibi doro panni di vvaria. finezza col. filato, di lana estratto dalla muova fabbrica, la:quale nie ha somministrato, filo tanto:sottile:chene aridavano 6500 braccia a libbra ,, pel miodicoi prezzo di lire una e due.terzi, compreso l’importa= re della; divettatura , della ripulitura , e della \cardatura. Gran parte del: merito::per 1’ istituzione di, questa grandiosa manifattura èdel dégnissimo nostro. icollega. sig. dottor Mazini, il quale per aggiunger cognizioni ed, esperienza alle molte. che di già egli aveva in fatto. di costruzione e 'id’’uso di macchine , intraprese \di recente un viaggio per'‘osservar da |sè stesso. i metodi, dalle estere nazioni. praticati. E frutto: delle sue osservazioni si fu la costruzio+ ne di nuovi telai, /nei quali un sol uomo. può in ottanta oresdi tempo tessere: cinquanta braccia dii. panno comune eòsì ‘serrato come»sè fosse qualeito ;ve il suggerimento di uno spazzola grande ,;0pportunissima, a tener; luogo delle macchine: altrove ‘usate. per. la spazzolatura dei panni;,e approvata dal voto di rioni pochi dei nostri cimatori, i qua lp né fanno costantemente. i1s0, poichè ne riconobbero! Luti- lità; &infine-una facilità nel.modo.di gazzare mercè, l’ag- giunta di una. nuova combinazione » di» cilindri. all’antico gazzatoio.-Il segno; il. quale più concludentemente, dimo- stra:la bontà dei risultati ottenuti dal’ sig. Magini silla concorrenza che i prodotti della. sma manifattura. posson sostenere con i congeneri che ci provengono a basso prez* zo dall’estero ». sa Fra i miglioramenti introdotti nella cultura ed educa» zione dei vermi da seta, i sigg. fratellì Lambruschini ne hanno introdotto uno singolare ; avendo ‘dall’ inerociamen= < todi varie razze di: filugelli una più preg*vole delle pri- mitive ottenuta, è stato seguito da un’altro non menò ren 185 importanté indicato dal sig) Nannei , impiegato alla die rezione dei lavorî pnella: Pia Casa di lavoro:,; per. lai cotà tura della seta, la quale ‘operazione. si compie col suo pros cesso in'un modo più: spedito; (e. più econoinico degli altri finegat ‘conosciuti?! | re intie ilo ib Per far godere alla nostra: città:; come allé slavi dieidal ‘Poscana y il’vantaggio dell’ illnmibiadidne nottuma, delle pubbliche ‘strade, furono immaginati vari:mezzi onde srené derle' svironiché al massimo . grado; diminnendo» ali mu ritiro dei lampioni ed armaridoli;,»prima:! divuno sspeéà chio ‘metallico di figura sferica, e quindi. convertendola: in ‘parabolica ; ‘affine d’ ottenere ‘una proiezione più ona tata ‘e’ più ‘intensa ‘di luce, condizione la quale taluno trova‘ forse incomoda ed offensiva alla vista} che: rimane dbbagliata da unofascio di vivissimo lumel.Considerando ill sig. Antonio Arata queste ‘condizioni; non meno: che l’om= bra che i lampioni gettano sotto di loro; ne lia costruita una nuova specie, i quali hanno per qualità di non gettare ombra sotto di sè , e di esser capaci a’servire ‘ad un’ins incrociatura di strade ponendovi un:solo lume. Due abili ebanisti han pure portato qualche perfezio= ne nell’arte loro. Uno di essi, il.sig. Socci; ha immaginata nina nuova costruzione di persiane A quali possono collo» carsi alle finestre inferriate , senza: che l’angustia dello spazio che: rimane fra.i télai delle finestre ‘e l’inferriate impedisca l’aprirle ‘e il chiuderle», secondo che vi è biso+ gno' di approfittarsi o: difendersi dai. caldi. raggi del sole; L'altro, il sig. Benvenuti, oltre i perfezionamenti portati ne’lavori dell’arte. sua, ha immaginato ‘ed ‘eseguito. .in modello un nuovo» fulero, o armatura per le volte ed ‘archi di materiale, onde sostenerli nel caso di doverne risarcire. o rifondare i pilastri o altri loro sostegni. Il pregio di questa invenzione consiste nell’essere l’ armatura capace di. ap» plicarsi a sorreggere l’ arco, qualunque ne sia la sua;curva; foss'ella anco.0 quasi piana, o a sesto acuto. Per'ottener ciò ‘ha costruito la centina su cui deve. posar 1’ arco:dival- trettanti pezzi mastiettati:, i quali possono mandarsi a con- 186 tatto della: concavità dell’ ‘arco rcol mezzo di ; alcune viti cdpaci di grande sforzo:; ve ‘di facile movimento. s;nPuò annoverarsi fra le. invenzioni \aneora una macchi+ netta esibita.in'modello dall’ abile artefice sig. Felice Gorà Sebbene l’ arte di disegnare gli oggetti im: prospettiva \sia guidata da regole sicurissime,; pure!ne riesce sempre diffici> lee lunga la pratica! per gli. artisti. Ad agevolare/la.quale inventarono vari istromenti ed artifici meccanici il Gargiollà, I-:Adamo,;iil Cipriani, .il-Wollaston ;. 1’ Amici} proponendo il pantografo ; la camera, ‘ottica.; il. cristallo | verniciato}; «là camera! lucida ec. Il sigi Gori ha aggiunto! coll’.istromento da lui immaginato un.nuoyo mezzo .ondè ‘agevolar,la-pra» tica. di dna il vero in prospettiva. Noi;intendiamo me ritare. egli molta (lode, eredendo fermamente che in fatto di belle arti. sia ‘utilissimo il proporre . mezzi; onde facilitare quanto .è possibile.quel che in.esse concerne all’esecuzio= ne meccanica. i 9q ‘otirmo@ sro di Geografia le biaggi scientifici. qI ‘1 nostri lettori avranno. .letto con intense? estratto che abbiamo dato a: pag: 114 dis. questo.: fascicolo [4° una prima relazione, pubblicata nei. giornali: inglesi, del viaggio delcapitano Parry} dicui HYsigh Rizla nutriva sempre la speranza di ile lleogiviaioni il suo viaggio pel Kordufan, Egli è davde= sitlerare che nuovi avvenimenti non vengano ‘a fare \osta- colo ‘ad un viaggiatote così interessante, che il solo amo- re della scienza porta ‘ad affrontare ‘tanti pericoli. Saremo debitori» ad esso ‘ed ial sig. di Zach d’ una miglior carta del corso ‘del Nilo. Le contrade che. irriga ‘questo fiume possono essere chiainiate di nuovo a figurare con distinzione. ll commercio e l’attività emropea vi penetrano. da ogni parte. Il'Pasdià vi richiama ogni genere d’industria;e dei battelli a vaporè non tarderafino') senza ‘dubbio ya «rimontare il Nilo fino alle prime cateratte. (I eonimercianti e''gli ‘artefici italiani devono. aver. gli occhi particolarmente rivolti verso le ‘contrade dell’oriente} che possono offrir loro 1’ occasione ‘d’'esercitare' utilmente la lorò industria. L’ Egitto merita tutta daloro! attenzione; ed'in conseguenza noi torneremo spesso 'sù ‘questo soggetto) Abbiamo inteso con'un vivo interesse ‘che uno deivno= stri ‘dotti illustri }il'isigv Brocchi, geologo ‘e naturalistà distinto , viaggia anch’ esso in'questo momento in Egitto? Raccoglieremo con avidità tutto ciò (che: potremo. sapere di'lui; per farne parte ai suoi amici ‘éd agli amici delle scienze . e x ia A I giornali di ‘Parigi ci anminziano un’ iperalasulià storia moderna , lo stato politico ; e l amministrazione»rdi quel paese. Appena ci pervenga,; ci ‘affrettereimo\ a farla reg» noscere ai nostri lettori. 1 [EL BIOILODLE + STO las 41190) Non possiamo'passare sotto ‘silenzio. un'altro (viaggia= 189 tore che si propone. di portarsi, nell’ interno; dell’ Affrica.; questi è il capitano. Cochrane. Ciò chervi è di. singolare nella sua storia si è che egli ha finito, poco, fa un, viaggio a piedi, che ha durato tre\anni, in Siberia e nelKamk chatka!. una delle contrade più fredde, del. globo , chei egli ha: l'intenzione di ritornarvi s,ma;che,, prima vuole, andare in Affrica, ed internarvisi a traverso \del deserto ardente] Il Isig. Cochranecapitano della..marina. britannica è, nipote del famoso ammiraglio dello. stesso nome. Sembra; datato. d’ una forza e d’un’energia straordinaria , e di tutte.|.le qualità proprie ai viaggi scientifici. Le ultime nuove; che siavevano ‘dil lui hanno la data di;-Pietroburgo..; Viaggi nell’ interno dell’ Affrica, meridionale del. sig. I. Burchell, con carte.e rami; 1, vol. in, 4° Londra, 1823. Quest'opera; di cui annunziammo la prossima pubbli. cazione nel vol. IV. pag: 184 di | questa raccolta. è ora sotto gli occhi dei dotti, ‘e sembra che ci dia ragione d’essere entrati riguardo ad essa in. qualche particolarità seguendo la. |Liferary. gazette. In, questo momento deve esserne ‘stato pubblicato il secondo, volume. |La geografia; la botanica,,,e la mineralogia si sono, molto arricchite , per le osservazioni del sig. BurtHell: n il. H Capitano Lain dell’ infanteria leggiera affriegna è anch’ egli di ritorno-in/Inghilterra, da-un viaggio . fatto: ..in Africa. nel--paese: diSoolimo Loossoo,; che niun europeo, avea. visitato: prima. dii lui. Egli: assicura che la sorgente del fiume Niger:si trova sopra una collina di Lama. Si; di- cerrché. questo! ‘viaggiatore abbia raccolto. un gran mamero d’ altre notizie importanti. Nonitarderemo: senza dubbio,.a sentir] pubblicata la sua relazione. Del resto, il numero dei militari inglesi. lche, mettono a profitto l’ozio della, pas cei.per intraprendere viaggi scientifici è considerabilissimo, e si potrebbe darne un’ elenco assai notabile. Senza, dub- bio,»gl’inglesi,, hanno, più d'ogni, altro, per;gl’ immensi loro; possessi; d’ oltre mare, i mezzi e le occasioni di, dare questa «direzione sallaloro, attività ; ma essi, sono,, attivi in ogni sfera immaginabile. Noi dobbiamo; di. buon. grado abbandonar!.lore ed. alle altre mazioni che si dividono Igo concessi l'impero dei mari; ‘quelle contride che sono | al dida delle’ ‘colonne ‘d’ Ercole è della Tina ; ma ‘abbiamo avanti a noi l'antico, proconsolato d’ ‘Retica, una delle” più ricche miniere scientifiche da scavarsi ed il caso solo. ha guidato il sig., Della Cella mella. Cirenaica! e niun’ altro. italiano, lo,ha seguitato.!..e;;miuno. dopo. il Corze Borgia ha. posto,.piede come osservatore: sul. territorio: dell’ antica. Car=! tagine! L.francesi;) gl'inglesi;, i tedeschi: vanno aifarè delle cticerche: in'“contrade le.!quali» non sono distaritisda; noi che’ alcune ‘giornate di‘ SPARO; e‘ noi “le appare) mo di vista! Va Nè quì intendiamo d’alludere all’ importanza. ‘che queste contrade potrebbero «presentare ad un. popolo intra- prendente e. marittimo sotto il punto di. vista ‘politico, come merciale e, militare nel tempo stesso. Non, possiamo for= mare voti di questo, genere, nè vogliamo introdurre, nuove discussioni intorno ai) barbareschi:; mai ristringendoci calle sole viste. scientifichei; esprimiamo ;la: brama: di veder. più, frequentemente gl’ tandigni comparire ‘sopra n teatro che è a noi sì vicino , per raccogliervi se noti lauri della vita: toria, almeno le to della scienza. “"" <' ‘809 Dopo ciò che abbiamo detto, non sarà letto senza in= teresse. il seguente estratto , che riceviaino nel momento ; DE del processo verbale della sanita TTI aaa At geografia di Parigi del 28 novembre ultimo. Il sig. Maltebrun ren- dendo..conto. dei..lavori della società mnelocorso»dell’..anno 1823, dice fra le altre cose: .» ru sloutie \19991 Riflettendo alla grande spesa ch dadi rischiare an- ticipando le somme necessariè ad'%unî viaggiatore il sig. VvA/essan- dro. Barbier Du Bocage ha concvepito idea ingegnosa: di proporre. come soggetto d’un preinio considerabile la relazione d'un? paese incognito , premio in cui il viaggiatore ‘fortunato troverebbe: val suo ritorno un principio d’indennità per le'sue' preme! L'autore di questo progetto indica la celebre ed infette? Ciremzibo@noone primò soggetto d'un premio ; egli now poteva scegtitrne Duno più Sei cette Ci sia quì permesso richiamarvi! la'vostra ‘attenzione? Poche giornate di navigazione! separanò questa-regione dalle coste di Francia ; con un vento favorevole voi vi approdate in capo buindici giorni ; con un poco: d’oro sparso:fra'gliarabi di Barkah r pre ee + ATE Ig voi penetrate ‘almeno. fino, alle rovine di Cirene.,,.Questo iviaggio dovrebbe tentare un’ abitante della Francia meridionale: Antica= mente i cittadini di, Marsilia e quelli di Cirene dovettero spesso assistere alle stesse feste, e coronare lì' stessi altari. Questi. due popoli d’ un’ originé comune erano come due olivi dell’ Attica trapiantati sopra tive ancora barbare ; essi vi fissarono le radici evi frattificarono;; le arti della Civilazagioe prosperaronò ‘sotto la'loro‘ombra tutelare; ma quanto è oggi diversa la ‘loto sorte! Marsilia fiorisce ai piedi d’ un trono amico della-libertà., ‘Cirene: ès perita:; un soffio più distruttore che-il. vento: infiammato - del deserto., il. soffio. della barbarie 1 ha ridotta allo.stato d’ uno sche», letro petrificato; ma nella sua tomba di marmo , Cirene eccita ancora la curiosità. dei viaggiatori ,.e 1’ esempio del Della Cella che. l'ha ,visitata non provocherà in. vano la loro emulazione co- raggiosa. Non vi è egli dunque nella città natia di Pitèa alcuno caldo della brama d’ andare ad assidersi presso la fontana d’ A- pollo , che zampilla ‘ancora con tutta la sua forza , con tutta la sua'freschezza ; fra î boschetti abbandonati che passeggiava Ari- stippo immerso: vin» dolci ‘meditazioni; fra ‘le colonne ‘infrante che. forse appartennero a quel portico sotto il. quale Eratostene insegnava la filosofia,? Partite figli dei Focesi, partite, traversate il mediterraneo , ed ;andate.a contemplare quelle belle rovine della Grecia affricana ; esse hanno dei diritti sacri alla vostra simpatia.. Del resto; noi torneremo su questa seduta della so- cietà di grografia, .che si riunirà nel mese di maggio 1824 in assemblea gengalo per la distribuzione dei premi. Bileaci) di afnnglita svsintonalieil e'«lizionari e paranbi di recente 0° attuale pubblicazione. Sirefivea dés niuno e Archivi delle scoperte e. delle invenzioni: nuove; fatte nelle scienze; nelle arti, e nelle :manifattu+ re; 008ì; dini, Francia. come ‘altrove nel corso;dell’ anno ‘1822:, «col» l’ indicazione. suecinta dei principali, prodotti dell’ industria civesla cese ; l'elenco .dei. brevetti d’ invenzione., di perfezionamento .e d'importazione) concessi dal..governo ‘nello stesso periodo }e le notizie dei prémi, proposti e conferiti da varie società dotte fran cesi» e straniere. per. | l'incremento delle scienze e delle ‘arti. Un wolume! lix 8% di pag::560; Parigi, 1823. Treuctel e YVurtz. Prez- «id diregai sisbort 11 Dictomnaire «ehronologigue etiraisonné; eco Dizionario crona- 192 logico e ragionato delle scoperte , invenzioni ; perfezionamenti ; osservazioni nuove ed. ‘importanti, ‘ec. fatte in Francia nelle scien- 26; letteratura} arti, agricoltara , commercio ed industria ; dal 789 «il 1820; opera peri agi da una società di letterati. Tom. IX ‘(HEIVO ) in''8.° ‘Parigi, Z. Colas! Imperial eneyclopedia, ec. Enciclopedia imperiale, 0 sia nuo- vovdizionario universale delle scienze e delle arti, che presetita in'tiv'sistema! ragionato un quadro ésatto delle:arti e delle sciene ze nell'attuale loro stato d’incremento e di perfezionamento, comé artiche’ tutti ‘gli oggetti ‘che interessano lo spirito umano; di Moi ORE Jormson; et T. Cavey professore di matematiche . Volami G'im4.° con 215 rami, in 18 ‘dispense, a SAGRE luna. Londrà; to: Robin e Underwod. isla Enciclopedia britanica , èc. Enciclopedia britannica ; ‘ossia eltaliivento delle arti, delle scienze e della letteratura ; 6.* edi- zione rivista, corretta ed accresciuta; 20 volumi in 4° con più di 600 rami; ed''ùn et fanita di 10 dispérisé. Londra, iti Robinson, + The Edinburg Bai iopdia: ec. Enciclopedia d' Edimbur- gò 3 ossia ‘dizionario delle atti, delle scienze e della letteratura compilato dal''idot. Brewster, e da' altri dotti e letterati di stinti. Vol. XVI.°; Londra, Murray. Okonomisch tirimalo dish encyclopedia, ec. Enciclopedia eco- momica è tegnBloRicni principiata da I: G KRUNITZ; tom. 130 e 131; in $.° Berlino, 1822. ‘Quest’ opera. giunta al volume 131} :è-.il frutto delle labo= riose ricerche di quattro. dotti che vi ‘hanno consacrato lav loro vita. Krunitz che la principiò ; la condusse sino. al volume .72; due altri scrittori-la coptinuaronofinchè vissero ,;é.lasciarono.la cura di proseguirla al, sig. Korth.,.il quale. è arrivato alla. let_ tera S, e si lusinga di condurla a fine. The atlas of nature. L’ atlante «della natura, contenente in 79 rami. in faglio circa, mille ‘oggetti naturali , dal. sistema solare: sino ai fpiù pibeoli animali; pa vici 2 st. Londre, Levis. | him 818 :nDescription de l’ Egypte. ille sirdiatonia dell Egitto; vibra fado icata per ordine del governo, francese. Seconda. edizionepevol:. 24, in, :8.°. e 1900 rami sin foglio, atlant.; distribuiti, per} dispense di 5.rami ciascuna. Ne sono già pubblicate.,120 «dispense. 4 fran: chi 10 l’ ana, e 9g volumi del testo a franchi 7 l'uno. Larigi,. presso Treuttel e YVurtz, 1821-23 Lo ut È inutile il parlare del merito di quest’ PRE intrapresa " Y 193: tipografica , resuiltato della spedizione d’ Egito; »:@ deilayovi..dè tanti dotti illastri che ne fecero. parte. Tutti sanno.che, Napoleo- ne ne fece fare una, prima edizione, assolutamente, di lusso, tutîe le copie della quale furono destinate in dono ai Sovrani;;ad al cune società, scientifiche, ed a. celebri personaggi. Quindi gemeroso divisamento è stato quello del governo francese che ne. haper- messo una ristampa, pel commercio, ad. up, prezzo. più economi» co. ed alla portata, se non di molti privati, almeno,di.tutte le biblioteche pubbliche d’ Europa. Nel momento attuale; oye,Y.E- gitto è diventato l'oggetto di tanti viaggi scientifici, quest’ ope» ra. è indispensabile per l’ intelligenza di tutti gli altri sg relativi a quella celebre saba «Dictionnaire des sciences naturelles ec. Dizionario Selle scien» ze Sirali, nel quale si tratta metodicamente dei varii esseri della natura; considerati non tanto. in loro stessi secondo .lo.stato,,at= tnale delle nostre cognizioni » quanto .in. ordine. alla, medicina;, all’ agricoltura, al commercio, alle arti; aggiuntavi una biografia dei più celebri naturalisti: opera di varii professori del giardino del re, e delle princigali scuole di Parigi. Tom. XXV.(LA-LEO) in $°, di fogli 30; e 4o tavole colorite. Parigi, presso Levrauty 1823. Società ed intraprese scientifiche. Società accademica di geologia, mineralogia e botani= ca d* Alvernia: Sotto ‘questo nome alcuni dotti ed amatori hanno formato ‘sul’principio di quest’ anno nella città ‘di Clermont nella provincia di ‘Alvernia in Francia uno sta- bilimento che può diventare di grande interesse per i geo=. logi di tutti i paesi. Il suo oggetto è quello di formare un museo pubblico in cui venga a riunirsi la più eompleta collezione possibile degli oggetti che interessano la. geolo» gia, la mineralogia e la Flora d’Alvernia , ed in sussidiò anche-di tutti: gli altri. rami della storia naturale di. quel paese. In ‘oltre:vella «si. propone di far meglio conoscere quella» parte interessante della Francia, di estendere ed ificoraggiare le pi ‘di storia siam fra gli abitan ti, ec. Accademia di disegno geometrico. — È questo. il no- me sotto il quale da alcun antichi allievi della scuola, T. XII. Dicembre I) 194 politecnica. è designato uno stabilimento che, essi “hanno formato a Parigi, RE AI sotto la direzione del è sig. Bé- noit,, a propagare la cognizione delle arti ‘che impiegano il a geometrico. Il bullettino scientifico del sig. barone di hot N,° 1. pag. 161, dà intorno all” organizzazione "di questo stabilimento alcune notizie interessantissime. va ti; Società d’ incoraggiamento per l’ industria, nazionale, a Parigi. Ecco alcuni dei premi proposti nella sua seduta generale del dì 30 ottobre 1822 per essere conferiti negli anni Ser 1825.1830. ° Premio per un mezzo di procurare ai I, indi= "tia il lavoro più utile per essi, e meglio adattato alla Ta situazione; fr. 1000. 2. Premio per la conservazione delle sostanze alimer= tari;.fr. 2000. 3. Premio per chi introduca in Francia la coltivazi - ne di piante utili all’ agricoltura , alle arti ed alle mani- fatture ; fr. 2000, 4. Premio per la costruzione d’ una macchina adatta» ta a lavorare i vetri d’ ottica ;, fr. 2500. se 5. Premio perla costruzione d’ un mulino da macinare e schiacciare i cereali, che possa adattarsi a tutti i relativi lavori rurali ; fr. 4000. 6. go) per il perfezionamento degli aghi da cum cire ; fr, 3000. 7.. Premio per l’applicazione detta Vofariina a | vapore ai torchi da stamperia ; fr. 2000. Ù 8. Premio per l’ applicazione dello ‘strettoio Odia to ‘nelle arti sotto il nome di strettoio idraulico, all’ estra» zione dell’olio, del vino, ed in generale dei sughi de frutti ; ‘fr. 2000. 9. Premio per la costruzione d’ una ‘macchina adatta» ta ‘a radere il pelo delle pelli impiegate nell’arte del cap- pellaio ; fr. 1000. 10. Premio per la fabbricazione del fil d acciaio ‘adat» tato a far gli aghi da cucire ; fr. 6000. RIA II. CARTA per la fabbricazione del rame. in piceoli cilindri per uso di quelli che firano loro i in filo; fr. 000. 195 12. Premio relativo alle tane adattate a a tere cappellì «comuni di pelo; fr. 600. w 13. Premio per un processo diverso da quelli che sono in uso per applicare alle lastre di cristallo l’ amal- “gama che forma li specchi ; fr. 2400. ‘x 14. Premio per il perfezionamento. delle corde di bu- 6 ‘ della destinate agli strumenti di musica ; fr. 2000. I 2° 15. Premio per la fabbricazione della carta colla scot= ‘da del morus papîrifera + pil 2000. i programma in cui è minutamente dichiarato tutto ciò che riguarda” questi premi è stato pubblicato a parte da mad. Huzard, in un vol. in 8.° di 80 pagine e due prospetti. Il bullettino scientifico di Ferussac ne riporta un’ estratto esteso. Società delle scienze naturali e mediche di Lipsia. Formata essa di naturalisti e medici tedeschi fin dal mese di settembre 1822, ha per oggetto il creare relazioni per- sonali fra tutti i dotti della Germania. Ogni autore d’un libro sulla storia naturale o sulla medicina ne diviene membro di pieno diritto. Ogni anno nel dì 15 di settembre vi sarà una radunanza dei soci che resteranno riuniti per più giorni. Società di viaggiatori stabilità a Liverpool. Questa società che si è formata. ‘recentemente è composta di per- sone che hanno visitato paesi lontani all’ oggetto d’istru= irsi tanto nelle scienze in generale , quanto nella storia naturale, ed è da sperare che una tal società divulgherà hotizie preziose , le quali diversamente sarebbero state per- “dute per difetto di mezzi di pubblicazione. ° “Società! delle ‘arti in Scozia. Il principale oggetto di le ag società formatasi di recente è di procurar soccorsi a quelli che per mancanza d’opportuna occasione non pos ‘Sono completare le loro scoperte. | Società di Flora a Brusselles. La coltura dei fiori ftr, “com’è noto, per lungo tempo l'oggetto d'un commercio importante nei Paesi Bassi. Molte società si sono stabilite, ‘o’ hanino ripreso i loro lavori che erano stati sospesi dagli ‘@fvénimenti. Queste società hanno aperto alcuni concorsi » wib # 196 l ; N ; Ke ieriortai 6ve' i fiori più rari e‘ più belli coltivati mei Paesi. Bassi ricevono dei premi in sedute solenni, I -principali per» sonaggi dello ‘stato’ appartengono a queste società, e pren- don' parte al concorso. facendo portare all’esposizione.; ciù ché produce di più bello il. culto che ‘essi, rendono a .Floy rai ‘Le società ‘di Gand'e di Bruselles son quelle che. più si ‘distinigmotio. All ultima’ esposizione del mese di febbraio 1833 ata società ‘di Flora'a Brusselles sisono contate.633 specie di’ piante ' degne d’ attenzione. Il primo, premiosè stito ‘aggiudicato alla Camelia Lasanqua: ilisecondo alla Binckia spihulosa; ed il terzo ad una Paoenia suffruticosa. Il'duca d'Aremberg vi isi è distinto per.il gran numero di pere che ha presentate; line Società filantropica. Abbiamo già nel sutra x. Alb. vi della ‘nostra ‘raccolta: dato iacaenlia del. bello. stabilimen= to, conosciuto sotto il: mome di Colonia di New Lanark, e che si deve al rispettabile sig. Owen; il, quale ha ,consa> cerato tutta la sua'vita al ben’ essere. dei suoi simili, Egli ha dato ora ‘ina’ muova: prova del suo attaccamento | alla causa ‘dell’ umanità! portandosi! a Dublino, Combattuti.e vinti tutti gli ostacoli che la malevolenza e l’invidia po» tevario suscitargli contro, gli è riuscito di fondare una Società ; ’ sotto il» nome: (di. società filantropicaxd'Irlanda., e ‘già uno. dei snoir membti più. distinti ha. manifestato l'intenzione di ‘consacrare. una,|parte dei.suoi averi.allo stabilimiento »d’*un, villaggio sul piano di. quello. del sig. Owen. Che non si può egli sperare dalla; presenza, di.que- striomo in. un paese così ;infelice.|per . la miseria e. per 1° ignoranza dei suoi mbitanti Pitt 008 ib 4 shroto Commissione delle prigioni a Strasburgo, Un ‘associazio» ‘ né ‘nuova di cui si annunzia. la/ creazione ,si propone; di completare i lavori della Commissione delle; prigioni; I sto’ ‘fine! è di dare a quei giovani messi in libertà; che nel tempo della «loro, prigionia. avessero, dato, segni di vero «pentimento ,, e che uscendo di prigione, si trovassero senza ‘occupazione:, vi. mezzi, di. .compirer la, loro ;Tigenerazione morale , e di resistere alle muove tentazioni della miseria .a del bisogno, collocandoli come apprendisti, procurando "97 loto i mezzi d’istrairsi, ed esercitando sopra di ‘essi, fino al momento della vloro pinleapai cine suna padrone Hanga canti insieme e .severa. ‘Società ‘per la disciplina delle panini a Hitch Nel Piattima assemblea preseduta! dal. duca di Glocester, Al ser gretario ha letto-un rappoîto , in ci si esponeyano, nuoyi abusì introdottisi nel regime interno. di diverse prigioni, che , ad onta degli sforzi della, società, ; presentava ;aneora diversi vizi e disordini. Egli ha insistito sulla necessità di separare i colpevoli, com’ è stato fatto, in diverse; case. di detenzione. ‘In seguito egli ha richiamato. 1’ attenzione sul- la necessità urgente di separare i giovani. di 19,, 0 i6.ane ni dai rei adulti ed'induriti., e di preservati quanto ;, sia possibile dalla corruzione delle prigioni. , Museo nazionale di Boemia. Il. museo Ml di Boemia possiede , oltre un capitale di, 150;000 fiorini, un prodotto annno di ‘2580 fiorini, proveniente da soscrizioni. Di ‘più egli ha ricevuto accrescimenti considerabilissimi in manoseritti , libri gi, oggetti. d’arti,. e di storia, na- turale, Lia sua sede ‘è nel palazzo Sternberg. La società formatasi per questo stabilimento :siriunirà tutti gli anni. | Università di' Gottinga. Il nimeto» degli; studenti; nel- l'inverno ultimo è stato di 1420 ssfradi cpl yi. erano. 4 principi. Lia teologia. formava las principale occupazione di ‘370 allievi la lesvelidi 7505 lar medicina di,229, final mente la filosofia? e Ta filologia di 195. Società''degli ‘amici delle ‘scienze , delle Latera bi del- Pagricoltira, e) delle arti; di Marsilia: Nella sua seduta del dil 7. giusnò 1823%/1a società ‘ha proposto. due medaglie d’oro del valore di 300 franchi; chè:saranno accordate,;.I.a Qquiell’agricoltore che ‘a'vrà piantato o innestato con succes» $0 ‘il’iaggior fitimiero di mandorli delle ‘specie «o varietà più tarde il'imimero non deve esserne minore di.|2000: 052 alla’ memoria ‘ché ‘determinerà quali sono. le. diverse specie ‘di ’calcèe’ nel dipartimento , quale è la scelta che eroe farne , ‘ec. Ng Accadeniia delle ‘scienze dell’Istituto di Francia ha Ì i $ x Vu 4} APOCGTENI x dr lens : POPSEIUSONTO LIDI ] 9 [ERI AOT rds) 193° proposto i ‘seguenti premi: per: esser, eccomi riella., veduta pabblica del :primo > lunedì del! mese\di giugno 1805.;. I. Determinare con una serie d’ esperienze izjena? ca e fisiologiche.» quali sono i>fenomeni che,hanno luogo negli organi | digestivi inel..corso della. digestione. L° esperienze, - dovranno essere istituite nelle 4 slot d’animali vertebra» ;. li. Hb premio sarà una; medaglia d’oro: del valore di ) fran= chi'$000/0Il ‘termine di rigore pet l'invio delle memorie ;} è ilo ‘fy gennaio 1825» |». >vvidi Il 1. Determinare per mezzo d’ chisesibhae moltiplim.... pl cate saglagi densità che acquistano i liquidi; e specialmente... il mercurio, l’acqua, l'alcool, e l’etere solforico, sottopo»,,, sti ‘a ‘compressioni’ equivalenti ai pesi di più; atmosfere; 2. misurar gli effetti del calore prodotto da. queste; compTes= sioni. Il premio sarà. una medaglia d’oro;del valore di. fr. 3000; Premio ‘di meccanica fondato dal sig. di Montyony {r. 02000. Questo. premio. sarà conferito, a, quello il quale, a giudizio dell’accademia se ne sarà reso più degno, in- ventando ‘0 perfezionando strumenti utili ai progressi del» ° Pagricoltura;; delle arti meccaniche , e delle scienze. La Società reale e centrale d’agricoltura di Parigi ha stabilito i premi seguenti da conferirsi, nel..1824,, in. me* daglie d’oro e d’ argento. ati 1; Per l’ introduzione in Francia d’ingrassi. 0, corret- tivi.del terreno non ancora usati.) .. NE 2.) Per dei saggi comparativi fatti.in grande sopra pera A versi generi di coltura. coll’ ingrasso tetroso,( urato di cal», ce-) estratto dalle materie liquide dei luoghi di;,comodo. |, 3.*Per la traduzione .0 completa, o .in. estratto .d’opere.... o memorie relative all’economia rurale 0) domestica, serit=.; te in lingue straniere, e che presentino osservazioni 0 pratiche. nuove ed utili. f, 4. ‘Per la coltura di confronto di dix&xs specie pi patate. 5. Per delle memorie pratiche di medicina veterinaria, 6. Per la pratica delle irrigazioni. dugae era pr a P ty 196 | “Per im trattato completo di. coltura dei. terreni pa». tadosi; fr.'3000'5'e diversi altri. dettati egualmente, da, come, siderazioni savissime. Società olandese ‘delle ‘scienze, residente adi bieitaro Fra\\i premi. proposti da questa società ar l A rene si ‘osservano i seguenti. d. ONARI Ur. Quali sono le malattie del corpo umano delle quia. li possa dirsi che , «in ‘conformità dei principii»fisici, e chiz/s mici, si conoscono; e che siamo in stato:di;sconeludete 4 quali ‘sieno î ‘rimedi efficaci contro tali;malattie ,, edjin qual'maniera questi rimedi operano nel-corpò: umano» [per ; guarirle ? Ti 2. Qual'è la: ali maniera di preparare il solfato; di chinina? Di qual efficacia è nella. medicina il! solfato di'‘chinina , particolarmente nelle febbri ? 3. La società domanda un quadro istorico delle; sco- perte utili dedotte da. principii fisici. o» chimici lesquali sono state fatte in addietro, o qui, o altrove. main luogo delle quali sono succedute ‘altre scoperte 0. miglioramenti; o che in qualche ‘altra maniera si sono perdute: Si richie- de soprattutto ‘che si ponga in. chiaro se Je scopette,o..i miglioramenti posteriori erano effettivamente tali,o piutto- sto ‘semplici cambiamenti che non conducessero ad alcun, fine utile? sila La società 'pèr'l’ incoraggiamento delle. arti stabilita a Ginevra, ha proposto per l’anno 1828 un premio di (3000. fiorini ‘( ‘circa duemila tire } a chi offrirà la più. bella! pian toniaia d’ alberi fruttiferi. Questa società aveva già proposto un premio di 500 fiorini per il miglior progetto d’un mu- seo ‘di storia naturale, che deve esser costruito ‘al :dîi sopra della stufa del giardino botanico. Avendo noi incominciato a dare un bullettino iscienti» fico quasi alla fine dell’anno, non abbiamo inteso.di ren- der conto minutamente di una quantità di cose interessanti) e nemmeno d’ indicare in compendio tutto ciò che è giùn= to a nostra saputa fin dal principio dell’anno 1823,!0 per la via de’ giornali stranieri, o per altro mezzo. Confidiamo bensì»di, potere ‘aspirare. nell’anno. venturo, ; ad. ufia mag«. giore esattezza.;.@» di. non ‘lasciare. inmavvertito verun ;fatto” imhportante »; Di presente. ci. siamo. contentati di rating: gliere alcune delle: numerose notizie ché ‘giornalmente! ci pertengono; ‘oride far ‘sempre’ più ‘apprezzare i benefici ine dotti” ‘dallo ‘spirito d’associazione, e da'vina communione di. pensieri ‘e di sforzi nelle scienze è nella moralità. L’esteso articolo contenuto in questo fascicolo sulla Società elvetica ne; 4 una luminosa riprova . Quanto ci siam ristretti a ci- tare.qui,,sopra, avrà, se mon altro, il merito, almeno di svegliare qualche buona riflessione in coloro che nutrono qualche iscintilla. di, questo spirito benefico di associazione; e in quelli che pel grado loro e per le-loro facoltà. ,,,sono chiamati ail'inanimare è proteggere ogni maniera di buone, ed utili intraprese . Abbiamo Cate speranza che rita, DRO, che noi non possiamo , chiamare altrimenti, volendosi conservare anonimo , e cui già siamo debitori di un ec». cellente articolo sullo spirito di associazione, considerato, singolarmente rispetto alla filantropia, ci porrà in breve in, stato di dedicare in questo bullettino una. sezione aliaidotito ze morali in generale. La Rivista Enciclopedica di Parigi che giustifica pini di più il sio diritto all’ incontro ‘con’ cui è accolta-dal pubblico , averido proposto un programma per dei premi: quinquentiali, crediamo ben fatto il por fine al nostro bul- lettino del presente mese con darne la traduzione, Quan, tunque sia di tale estensione la qual poco ‘convenga alla brevità degli articoli d’ um bullettino , ci, sembra. degno» d’ offrirsi alla meditazione di coloro. fra i mostri associati,; che. non. hanno:agio/di leggerlo nella, sua aan originale, Li 7%] I:DireTTORI della Rivista Enciclopedica, avevano o, proposto nel:1820 (tom. V. pag. 4o1. ) un premio all’ autore del, mi. glior: discorso in, versi o in prosa sul seguente, tema. :; l° unione. intima.della libertà e della pubblica moralità ; e. nel. 1521 ( tom. IX. pag: 409. e seg. ) pubblicarono le risultanze di questo concorso. Presentemente sono essi d’ avviso di proporre soggetti a naloghi/del pari al disegno e allo scopo dell’ opera. loro. Vé- $licno richiamar 1 attenzione ‘delle menti abitaatfe-@. pensareze Id dégti uomini illammatiehe' iitehdono leon! 2élo Ala Causa (delli civiltà, sullo stato ‘attuale’ delle mostre cognizioni;sul pito meno rapido loro progresso) e sulle cagionincherde fam progredire: In fatti sembra utile :a certe date sporhen I abbracciare, da un punto di vista alto. ed esteso le, diverse, provincie del, mondo intellettuale , e le varie, regioni del nostro globo , per, Payyiz cinare ed osservare i principali prodotti dell’ intelletto e del: È industria da pochi anni in poi, e_ per registrare in qualché modo le loro opere , riunite in centro comune, e “destinate * a c ompletarsi e ad essere vicendevolmente fecondatt. Sembro®# noi ‘che l'intervallo di cinque ‘anni fosse il più conveniefité 5 poichè non limitandosi ad un breve orizzonte, non è possibile di? stintamente scorgere ed accuratamente raccogliere tutto ciò ch è degno di essere osservato. Una Rivista quinquennale de’ progressi delle scienze, dell’ ar- ti, meccaniche ed industria, delle istituzioni sociali, della lettera-' tura e delle belle arti, non sarebbe un’ opera di una transitoria utilità , ma bensì un grande ed importante capitolo della ‘ sto- ria dello spirito umano, quando non venisse omessa veruna cosa essenziale ; e sarebbe pure il sommario ‘e il compimento della Rivista enciclopedica , considerata sotto 1’ aspetto di un Registro universale dell’ opere utili‘ all’ umanità’ in qualunque genere} è in qual si voglia paese. Lk TAVOLE QUINQUENNALI della Rivista enciclopedica , il prospetto delle quali trovasi inserito. nel. N. 6. del Bul/ectino supplementario. degli avvisi bibliografici, annesso. alla Rivista ( giugno 1823 )., devono offrire, soltanto un repertorio delle ma- terie contenute ne’ venti ‘primi volumi di questa raccolta, com- prendendo cinque anni MI formando la sua prima serie . Gli autori della Rivista ‘si propongono di aggiungere a” queste ta- vole, in modo di supplemento, 1’ îndicazione di pareéchie ‘opere notabili, e di alcuni fatti scientifici di somma a er del cessariamente sfuggiti alle Toro indagini. Ma ciò non sarà altra cosa che un epilogare ed ordinare le opere, gli articoli, i no- mi di uomini e di luoghi, gl’ instituti pubblici, le società dotte, i fatti più o meno singolari e istruttivi, riprodotti e ‘disposti in un ordine metodico per maggior comodo de’ nostri rali di‘ coloro che senza riscontrare questa voluminosa raccolta 3° Senza perder tempo, desiderano trovare i diversi indizi che con- tiene. * AIl'opposto una RIVISTA QUINQUENNALE ; il cui scopo è 'd'i ‘offrire in poche 'scrittùre un'compendio di quanto Tfe' scienze @ 2035: le artivayran» prodotto. di più notabile presso le diverse nazioni nell'intervallo di. cinque anni; deve essere» un'opera: sostanzia- le,:al maggior grado. filosofica; nella-quale: verrammo a riflettersi \e concentrarsi. le. più importanti resultanzeodell’ arte sociale. All cuné! parti di. tal \lavoro saran facili, non’ esigendo altra ‘cosa | che» assidue e diligeriti; indagini, erudizione‘) critica giudiziosa; ro altre\poiy bisogna convenirne, saranno accessibili soltanto! alle» x INIO menti più elevate. ‘Diviene necessario»il. separare le. principali materie da trat e tarsi), ‘perchè la divisione del lavoro ‘è il solo imezzo orde po ba _terlo condurreva.termine:; e questa divisione» preliminare fa sì: che più distintamente si scorga l’ obietto cui deve aggiungersi; | e i. mezzi.onde pervenirvi.» Si tratta. di. compilare l’ ultimo.ca- pitolo degli annali, contemporanei; diciamo ultimo; poichè-giuti=- ge fino. al, tempo, presente. Nè basta 1’ annoverare.gli acqui- sti fatti mel lasso de’ cinque (anni: è d’ uopo mostrarne il valore, ordinarli ,, dare indizio. dell’; origine e. dei; .loro;progressi.; non ascondere. le perdite fatte, le alterazioni sopraggiunte ne’ metodi; e le.strade erronee che si soho battute, il manifestar le quali può essere forse anco più importante , che 1’. indicare delle scoperte. PROGRAMMA, Questo QUADRO. STATISTICO DE” PROGRESSI. DELLE. UMANE COGNIZIONI, che potrà rinnovarsi di cinque in cinque anni, non deve, consistere, nell’ estendersi in. minute, spiegazioni,» poichè fermandosi il pensiero sulle particolarità , non potrebbe giunge-!; re a conoscerne il complesso , e, forse, anco al/coneepirne, veruna idea; Inoltre è tanto il numero degli[ obietti. ida. discorrersi,.. così ristretto lo. spazio, che o. per RR 9;per Mer, cessità fa di mestieri limitarsi alle forme generali; ;rayvicinar-,, le, per. farne vedere la relazione, l’ analogia, ;il. contrapposto. Un. tal.lavoro è breve, solo per coloro che, con lunghe. medi, tazioni 1’ abbiano preparato . Nelle scienze l’ analisi è quella che conduce. a, nozioni, ge- nerali applicabili, e perciò di reale utilità.,..Il.termine delle,no-.., stre indagini ove si estingue la face dell’ analisi; segna,i-limiti della metafisica. Taluni li varcano e non sì fermano se non, ai più remoti confini dell’ astratto: ma la Rivista quinguennale non; può tener loro dietro in queste loro escursioni. ; se; non per. mostrarne i pericoli, e conoscere quale specie d’ influenza; abbiano, esercitato sul procedimento dello spirito umano. ;;;%; 1.5 ari , 203) eli èLa LETTERATURA © le vBELL'E/ARTI mon! hanno» come. le:scien» ze .il freno; all’ audacia» del-pensiero, permettendogli certi slanci, sempre però subordinati alle regole. del gusto .. Queste sotto un certo aspetto differiscono, da quelle del ragionamento; mentre sot= to altri raspetti).a, queste:si ravvicinano. Provenendo vesse dalla natara;.e dalle abitudini, dell’uomo, in ‘conseguenza sono: fisse @ variabili. secondo) che emanano dall’ una 0 dall’ altra. sorgente Se giunger si potesse a separare questi due generi.di leggi del gusto, molte, letterarie discussioni sarébbéro ora mai terminate; ed.è.da.\desiderarsi che quest’ opera s’ incominci'nella futura Ri= 5) vista quinquennale, e,che venga con perseveranza continuata int quelle» degli anni, successivi. ‘La LETTERATURA! non' tiene un corso regolare. Può essa pro- gredire.senza mulla acquistare; degenerare; tornare indietro, an- co mentre accumula muove ricchezze . In tal guisa i capi lavo- ri delle più belle'età della Grecia e del secolo di Augusto, au- mentati .di tanto jin. tanto da produzioni degne di star con quelli al paragone; non ‘impedirono il decadimento delle lettere latine; e all’epoca in cui. Europa uscì dalla ‘barbarie , il buon gusto letterario risorse mercè la lettura degli antichi scrittori, senza che i contemporanei avessero parte veruna a questo felice risor- gimento . Rispetto alla letteratura esistono adunque alcune ca- gioni di svolgimento, di progresso e di decadenza; in somma un certo modo di ‘vita ;-i:cuî fenomeni fino ‘ad ora non sono ben noti, è. possono;essere subietto di utilissime osservazioni: le Ri- viste! quinquennali dovranno offrire anco di questo studio i re- sultamenti < ‘Ml 'progredire delle BELLE ARTI è più misurato, e quindi più regolare che ‘quello ‘delle lettere. Pure le leggi cui van soggette non sono tutte ‘in matura } ‘e sentono l’influenza delle nostre abi- tudini; de’ nostri costumi, e fin delle nostre preoccupazioni: sem- bra iclie questi mutabili agenti somministrino all’ osservatore pa- recchi mezzi di conoscere qual parte abbiano nel produrre gli effetti che producono; e sarebbe sommamente utile l’ instituire un esame eil discutere sugli effetti che da loro ne derivano; e forse'‘nel considerare quel precetto d’ Orazio : ut pictura poesis erit:;'sì troverebbe l’ occasione di conoscere più profondamente i caratteri proprii della poesia e delle belle arti. Sembra che gli artisti abbiano male inteso il Legislatore di Parnaso: poichè Ora- zio; imvece di dilatare ‘il dominio della pittura tanto lungi quanto quello. della poesia, ha inteso di richiamare i poeti alla deseri- zione degli obietti aecessibili alla pittura, 204 (Nelle ScrENZE, se si eccettuino le produzioni del geni 0, tutto Coat, con passo «regolare , perchè la- ‘cognizione del passato’ sparga qualche luce sui presente e sull’ avvenire ‘ancora . Tutti o e che, posson fare in ARES studio le menti assennate, scor- tate;.da, buoni metodi z.tutto ciò che unicamente dipende dalla perseveranza, € dall’ applicazione, si misura naturalmente dal nu- mero , dall’ attività e dalla durata dei lavori , Certe distanze. ben note ,iconfrontate .col tempo che si è speso a discorrerle, ©’ in segnano, a. dar giudizio , almeno approssimativamente, del cam- mino che, si. può fare.in un altro intervallo di tempo . E questo giudizio diverrebbe ;anco più esatto e più utile, sé per un’ epoca sufficentemente, rayyicinala si avesse ùna esalta statistica degli acquisti. delle scienze, che servirebbe di punto onde partire, | e di confronto per le ibvestigazioni sul progredimento delle cognizio- ni ..Il determinare questo punto da cui partire è di tale ud tanza,, che è sembrato conveniente il farne soggetto di una spe- ciale memoria ., Un tal soggetto in qualche parte deve avere oc- cupato, i pensieri de’ primi compilatori dell’ Enciclopedia i'imà abbiamo, già detto che utia Rivisea guinguennale non può abbrac- ciare se mon relazioni generali, e non è un’ Enciclopedia: Le .nteditazioni su i mezzi onde determinare un’ epoca fissa nell’iistoria delle scienze ne richiamano a meditare ancora’ sulle divisioni di, questa parte delle umane cognizioni , Esse danno pure occasione ad alcune considerazioni sulle numerose scorre- zioni del linguaggiò delle scienze, e sulla necessità di una riforma; altre osservazioni, su’ cambiamenti nelle pomenclature già ‘stabi- lite. , e. sugl’ inconvenienti de’ sinonimi ; incomodo cofredo, vero jim pedimento che necessariamente ritarda il corso degli studi‘, e indubitatamente anco i, progressi delle scienze . È tempo di porre ad esame se quanto fino ad ora è stato ‘compreso sotto questa denominazione costituisca di fatto un ordine di cognizioni, se le verità che vi s' incontrano appartengano o no ad altre divisioni; e se la filosofia, sia un modo particolare di raziocimio } un ‘aspetto sotto, cui possono considerarsi tutti gli oggetti. In somma bisogna sapere cosa è la filosofia ; perchè l’ abuso fatto di questa parola ne. ha reso tanto oscuro il senso, che sembra difficilissimo’ ‘usatlà in, avyenire con precisione , e con suctesso. aTTtoRAIE Alla stessa ‘MEMORIA sul complesso delle scienze appartiete an altro genere d’ indagini : qual’ è di stabiliré i limiti [ta ‘fe scienze e le lettere . Se le condizioni delle due ‘potenze initellétà tuali, fossero meglio distinte e meglio intese, cesserebbero orse fra loro certe guerre sempre imutili, talòr nocive, e ‘sovente’ ridicole: 990 205 Questo REL ‘soggetto della PRIMA MEMORIA che si chiede, non sarà, bisogno ripeterlo ad ogni quinquennio, e cesserà ‘fissata ghe sia una yolta per le scienze una divisione metodica , stabi= lite. le fondamenta d’ una buona nomenclatura è ‘notate mella loro storia una o più epoche ben conosciute . ‘Le ‘altre quattro memorie saranno effettivamente una rivista quinquennale, e'basta accennarne I oggetto . e 019.0 n Per questa volta soltanto le ScIENZE saranno ‘divise vin due sezioni »y relativamente ai metodi che seguono. Go porranno: da: prima, sezione, e saranno il' tema d’ una seconda memoria, tuta te de coguizioni alle quali possa applicarsi il ‘calcolo ‘e do sco po. ‘ delle quali, sia suscettivo d’ una descrizione esatta e divuna rigurosa definizione . Né si darà loro il nome di screrze esaste: quali sarebbero. mai le scienze inesatte? A format’ la seconda sezione concorreranno tutte quelle che non son per ora'suscet+ tive. dell applicazione del calcolo nè di metodi descrittivi, e che banno. talvolta delle definizioni un poco indeterminate. La prima sezione , soggetto della SECONDA MEMORIA; com- prende le SCIENZE MATEMATICHE , FISICHE } MEDICHE ; e le loro applicazioni. t ti, Saranno materia della seconda sezione e'd’ una’ sola MEMO- Qua che surà la TERZA, le SCIENZE MORALI E POLITICHE ; la lo 7x0. applicazione » tanto alle sociali istituzioni, quanto ‘all’'edu- cazione , e tutto ciò che appartiene alla /egistazione. La QUARTA MEMORIA offrirà i progressi della LETTERATURA JE DELLE AR1I negli ultimi cingue awni, il’lorò stato attuale, è l’ iudizio delle cause che hanno più potentemente agito sul gu- sto pubblico . - Finalmente in ùna QUINTA ED ULTIMA MEMORIA si tratterà della FILOLOGIA , dell’ isTORIA , e dell’ ANTIQUARIA. « Lungi dall’ entrare in veruna particolarità su î diversi temi di questi programmi , lasceremo alle menti ‘abituate a profon- damente meditare, alle quali facciamo il preseoto invito, a di- rigere ed. ordinare le loro investigazioni a seconda dei paia ghe. dia sono cereali. Sono ineguali, è vero, i lavori .che abbiamo annoverati, per, estensione , e. per le difficoltà delle indagini che esigono. Alcuni ‘sembreranno ancora eccedere le forze di un solo dotto; ana, la cultura delle scienze, e le opere dell’ intelletto non lianno forse hà al pari, delle operazioni meccaniche , il compenso delle ‘associazioni ? Un infinito numero di relazioni non vedute ‘di idee nuove; di scoperte son frutti della riunione d’ uomini Ca Ueisia* studi diversi; ma ‘affini fira loro per ‘comuni inclinazioni. Quanto: più si moltiplicheranno queste associazioni , tanto mag: giore sarà ‘il numero delle produzioni intellettuali ,, e tanto più “saranno appropriate alle loro diverse destinazioni. Abbiam creduto di dovere. offrire le stesse MEDAGLIE, cia- Scuna del VALSENTE DI MILLE FRANCHI , agli autori delle cin- gue memorie richieste, le quali verranno giudicate meritevoli di premio .. Nom era possibile il valutare anticipatamente ser- ; vigi «di tal, natura,, prestati non solo a coloro che li richiedo- mo, ma eziandio a tatti gli amici delle utili cognizioni. Questi ‘scritti, o memorie, dovranno essere dettati in. fran- cese (*) e rimessi titoli di porto À LA DIRECTION DE LA REVUE ‘ENCYCLOPEDIQUE, RUE D’ ENFER SAINT MICHEL N. 18, avanti il primo aprile 1825. Ciascuno scritto dovrà ‘éssere ‘accompagna- to da un biglietto sigillato , contenente il nome dell’autore; it suo indirizzo , ed un’ epigrafe da porsi in fronte dello scritto medesimo. Questi scritti su ciascuno dei cinque temi proposti, verranno esaminati da cinque commissari, tre dei quali si pren- deranno' fra ‘i membri di una delle accademie componenti 1° isti. tuto di Francia, ;a\ seconda del soggetto trattato ; e due fra î membri del consiglio di.redazione della Rivista ‘enciclopedica. I premi saran proclamati nel Volume del Mese d’ Agosto 1825. Degli scritti premiati sarà fatta un’ analisi in questa raccolta, ; e stampata a prò degli autori , mercè le cure degli editori della Rivista enciclopedica. MAREA DE sita (*) Ad'onta dell’universalità della lingua francese, avremmo ‘creduto che non dovesseroessere rifiutati gli scritti dettati in qual che altra lingua vivente europea , trattandosi dî argomento d’ in- teresse tanto universale. Non crediamo che questa restrizione potes- se trattenere dal concorrere a questi premi altri pensatori fuori dei francesi, essendo agevole il far tradurre i loro scritti nell’uni- ca lingua richiesta; ma siamo d° avviso che potrebbe servire di fre- no il timore che i pensieri esposti in una lingua potessero rimanere: infievoliti e perdere pe della loro originalità, CLEAPOTE doli in un’ altra. GIUSEPPE GAZZERI. » 2077 Apologia dei secoli barbari di F. Costantino Battini Servita. — Colle 1823,.in.8-(varticolo-estratto dalla BisLioreca IraLiana; mopembre 1823) (C)0 « Non crediamo che da gran tempo siasi stampato (in Italia libro peggiore di gneato, Lasciamo le lodi.che l’autore va prodigando a que’ secoli dei quali st fa ma- nifesta l'ignoranza dallo studio medesimo che. gli è d’uopo usare a fin di celarla. Lasciamo la povertà del- l’erudizione ; la grettezza dello stile; lasciamo ,. per dir breve, il difetto di tutte quelle altre doti, senza»le quali non può esser. mai lodato ‘nessun ‘lavoro d'in- gegno. L° autore accoppia al rinascimento delle lettere , delle arti, e di tutta insomma la civiltà quello della insubordinazione alle potestà legittime tanto, civili « Che religiose; ufficio veramente vituperevole. e. inde- « gno! e così si argomenta di salvarsi da ogni censuta, dando implicitamente la taccia di cattivi sudditi ‘e di pessimi cristiani a coloro che non sono del suo avviso, E va tant’oltre in questo fallace e. perverso proposito, che accusa d’empietà persino la sollecitudine di; sosti- tuire nelle scienze al latino, corrotto già e semi-bar- baro, i moderni idiomi, che soli erano intesi dall’ u- niversale; che è quanto dire, fa empi coloro che si ado- perarono a diffondere le umane cognizioni. Ma per buona ventura questa pessima causa, ben lungi dall’a- ;ver trovato .nel sig. Battini un valente.difenditore, non «/ ebbe in. lui neppure un ingegnoso paradossistà; ‘sic- (*) Riceviamo, al momento di chiudere il presente fascicolo, la Biblioteca italiana di novembre. Ci facciamo un dovere: di estrarne quest’ articolino, che onora egualmente chi lo ha scritto, ed il giornale nel quale si trova. A chi avrà lette le aggiunte critiche che accompagnano la ristampa dell’ apologia dei secoli ‘ barbari » non farà meraviglia la nostra sollecitudine. Il Direttore dell’ Antologia. 208 schè fl suo libro” non trarrà certamente in inganno « chiunque abbia fiore di senno. E a noi gode l’ animo di « trovarci in tali:tempi ne quali si possa ( frutto di quel. « la civiltà che l’autore condanna ) gridare altamentercon. « tro sì fatti scrittori, senza temere che altri con loro @ sì unisca per darci quella ingiustissima accusa che: il « sig. Battini s° db aanegnati di cis ». )9C ) 59 rr 'BUL LETTINO BIBLIOGRAFICO © ANNESSO ALL’ ANTOLOGIA (*) N°. HI. Dicembre 1823. E N. ‘17. Storia ‘delle’ guerre civili di Francia, di Arrigo Ca- terinio DAVILA. Ristampa, Manifesto di GuGLIELMO PIATTI stam- patore e libraio fiorentino. In'mezzo alle molte ristampe che ogni di. compariscono de-. gli scrittori italiani di maggior nome; non sarà sgradevole, di vedere annunziata la ristampa della storia. delle guerre civili di‘ Francia di 4rrigo Caterino d’ Avila. I nome dell’ autore, e l'importanza dell’ argomento ; che ‘con:eleganza di stile, cri- terio sommo , e scrupolosa verità delle narrazioni è tratto A rendoho- inutile ogni elogio ed ogni giustificazione; del. consiglio di farne una ristampa; specialmente dopo tutto quello.che n’ hanno seritto Apostolo Zeno e il Tiraboschi ('T. VII: p. 269 ed. mod. ) e dopo ciò che se ne dice nella. prefazionedell’ edizione mila- nese de’ ‘classici italiani del 1807, la quale non sembra. omai sufficente a contentare le ricerche dei molti che desiderano d' a- vere l’istoria del Davila, Per ‘soddisfare adunque' al desiderio di molti. ho risoluto di por ‘mano all’ impresa con farne un’ edizione in ottavo colcarat- (RD giudizi letterari dati anticipatameute sulle opere anmibziate nel pre sente bullettino , non devono attribuirsi ai redattori dell’ Autologia. Essi yen gono somministrati dai sigg. librai e editori delle opere stesse; e ron ‘bisogna confonderliì con gli articoli che si trovano sparsi. nell’ Antologia medesima, siano come estratti o analisi, siano come semplici annunzi di opere. Nota del Direttore dell’ Antologia. 209) tere .del. presente, manifesto (.cicero ), io, sei volumi al prezzo. di paoli otto fiorentini ciaschedun volume . Non saranno rispiar- mate diligenze per la correzione del ‘testo, affinchè là ‘presente’ edizione superi, per questo lato , le ‘precedenti. 33 ) Nota. È pubblicato il 1.9 ‘vol, col ritratto. i icnrione e. continuazione d’ altre opere impresse da’ Gue. PIATTI, nel 1823, 212 ) 18. Atti dell’ 1. e R. Accademia economico-agraria dei Geor- gofili di Firenze; pubblicato il 3.° volume; i tre volumi, Paoli 37. 19. Memorie per servire alla vita) dî DANTE: ALIGHIERI ed alla storia della sua famiglia, dî GIUSEPPE PELLI; seconda edi- zione accresciuta e corretta dall’ autore ; col ritratto inciso dal sig. cav. Raffaello Morghen, ed altre tavole in rame. Paoli 7. 20. PLUTARCO, Opere morali e miste, volgarizzate da Mar- CELLO ADRIANI; i primi 5. vol., ed il sesto rituali pubbli cato , volgarizzato dal prof. cav. SEBASTIANO CIAMPI. Questa e= dizione vien continuata dalle vite degli uomini illustri, tradot- te dal Pompei, decorata di quei ritratti. che sono riconosciuti per veri , tratti dall’ Iconografia greca e romana del Visconti: in tutto sono pubblicati 9 vol. al prezzo di 9g paoli il yolume, e paoli 12 in carta distinta. 21. Si vendono ancora separate le opere morali. 22. Prose di G. B. NìiccOLINI ; un vol. contenente .varie-ora= zioni , l’ elogio ‘d’ Andrea Orgagna, e di Leon Batista; Alberti ; 8.° Paoli 4. i 23. Memoria intornò agli ingrassi, del. sig. GIUSEPPE, LAM BRUSCHINI , premiata nel. 29. Dicembre 1822. Paoli, 3. 24. Corso di chimica economica del prof. GIUSEPPE Etta 3. vol. 8.°con figure. Paoli 21. 25. Farmacopea io di ANTONIO CAMPANA; ottava edi. zione, e sola con le giunte dell’ autore e col sio, Paoli 8. 26. TesrA, delle malattie del cuore, loro cagioni, specie; se gni e ‘cura ; seconda \edizione ricorretta, 3 vol. 8.° Paoli 18.’ 27. Del modo di curare le malattie dell’ uomo; compendio per servire alle proprie lezioni di GIOVAN PieTtRO FRANK, tra-' dotto e corredato. di note dal prof. LUIGI MORELLI ; pubblica- to il vol. g.° contenente il 2.° delle Retenzioni. Paoli 48. 28. SOEMMERING , anatomia del corpo umano, tradotta dalla seconda edizione tedesca dal D. PreTRO BETTI; 6. vol. 8.9, più” due vol. contenenti il trastato dei sensi: 8. vol. 8° Paoli 50. T XII. Dicembre 14 DIO ‘agi ‘Trattato delle malattie chirurgiche ei delle operazioni che loro convengono, del Baron Boyer; il'vol:8.:9 in seguito agli altri già abc! Prezzo ‘degli. 8. vol. : Paoli: 64. 1A eatti ! 80. COOPER D’ ASTLEY) E! BicnaminO: UTRAVERS ; ‘opere chi» rùrgichè! ‘tradotte ' dall’ inglese); sa wol ‘DA con 16. tavole in ont ‘Paoli 15. " |! Trattato prùsito sulla cultura delle api di un Socio con rifponatante dell’ dana Accademia dei Georgofili\di Firenze + Fi- dor 11823/%in 8.*paoli 2. tolg dI bIL e è #0 vizio Bb Jdaoi By ii Storia naturale e medica dell’ isola di-Corfà, di GArLo Botta, autore dellà storia dell’indipendenza d’ America; r. vol: in'li6. gr. di pi 316: Milano. G. Sinvestri, 1823. 33. IL DANTE, giusta Za lezione del codice Bartoliniano ; col riscontro ‘di LVII. testi ‘a penna, e delle principali edizioni del secolo xv, con illustrazioni e coll’ aggiunta di Canti vdel- l’ Inferno , in versi latini attribuiti allo stesso Dante. UDINE, presso FRATELLI MATTEUZZI; vol. 2, 8:° grande; Lire 11: ita- liane prezzo di associazione . Le sottoscrizioni e ‘associazioni si ricevono in Firenze da Giuseppe Molini , ed in Milano da Fusi Stella e Comp. 34» Elementi ‘di figura ; disegnati sotto là direilioni del sig. prof. Francesco NENCI . Parte prima:; composta di 30 tavole da pubblicarsi in 6 fascicoli. Fuscicolo N. 1. Firenze, Litografia Salucci, 1823. Prezzo di associazione, paòli io per fascicolo: La piiina parte completa; per i non ‘associati; costa paoli 80. 35. Il costume antico e moderno , o storia! dél governo; della milizia, della religione, delle arti y scienze ‘ed usanze. di tutti î popoli antichi e moderni , provata coi monumenti dell’ anti chità, e rappresentata cogli analoghi disegni; del DoTT. GIULIO FERRARIO. Edizione ‘seconda , riveduta éd: ‘accresciuta: Africa; Vol. primo. fascicolo 1. distribuzione ro." fogli (43. di stampa, con 9g. tavole colorite; prezzo lire 4. 6. toscane per ‘gli asso= ciati. Firenze, 1823, presso Vincenzio Batelli: l 36. Reale galleria di Firenze, incisa ‘a ‘contorni,sotto. Va” din) zione del sig. PIETRO BENVENUTI, e illustrata dhi Sig. ZANNO= 3, MONTALVI, BARGIGLI e Corsi. Firenze, presso n «iv drm in 8.° distribuzione 89. go. Quadri di vario genére , L’editore annunzia in un avviso che accompagnava la: prel cedente distribuzione , che l’ associazione resterà sciolta ‘conta pubblicazione del fascicolo N. 100 , Con che . verrranno ‘com- piutt dieci volumi. 200 Non dee ‘credersi per questo che. .l’ opera sia, giunta al,suo termine; giacchè! più assai abbisoguano che. dieci volumi, pex illustrare i monuinetiti dell» 1.eR. «Galleria, di Firenze , Mik mitandosi ancora’ ai più importanti; ma: s° intende; che )dopo il suddetto fascicolo. Né 100 restino, al. tutto liberi, i, sigg»! ;asso- ciati e l’ editore . L’opera quindi verrà continuata conda mag, giore attività, è \col massimo impegno; ma invece di. distribwirsi in fascicoli } uscirà alla luce a mano a, mano uni.volume com- pleto , or di una serie ora di un’ altra j senza alcuna: limita= zione di tempo per parte dell’ editore: H prezzo poi sarà co- stantémente mantenuto l’ istesso, cioè a ragione di franchi due per ogni. sei rami semplici. con la loro respettiva illustrazione; Non vi ‘sarà obbligazione veruna pe’ sigg. associati di acqui- stare «i detti volumi; ma però quei tra .loro.che bramassero di averli, sono pregati di farne pervenire l’ avviso, affinchè si, possa spedirglieli a suo, tempo. Estratto del ‘catalogo di Giuseppe Molini all’ insegna di Dante in Firenze. 37. Pitture a fresco d’ Andrea del Sarto, incise accurata- mente \ed illustrate; con la sua -vita scritta dal VASARI , con note.. Splendida. edizione in fol. carta sopraimperiale velina . Saranno 10 - fascicoli; cont. tre rami semplici ciascheduno.. È uscito il fascicolo ;I. Paoli 124. — E? con.le prove ;avanti le. lettere (se ne, tirano. 60 esem- pl. numerati) Paoli.36.. t#+ E impresso \in scarta d’ Inghilterra da disegno, con le stam- pe. di ‘prime prove. (.sono :12.. esemplari. numerati.) Paoli Go. 1 38.0Galleria\I..e--R.. di Firenze illustrata; con rami incisi a. contorno: 5 fascicoli ,88. Ved. l’ avviso. qui, sopra « Paoli 314: +— Econ figure tirate, in mezzo foglio di carta reale, per evitare la piegatura nelle grandi. Paoli 440. 39. Albrizzi Isabella, opere di scultura e plastica di ANT. Canova . Pisa (1821, Edizione simile. alla Galleria suddetta; e ab,prezzo medesimo ;. Sono pubblicati 21 fascicoli, e si;, conti- nua. .Paoli..75. , 4o. «Pitture «antiche-di Siena disegnate da Boschi , incise da Lasinio con illustrazioni, in fol. max. carta velina al. prezzo di paoli .6. ogni stampa con l’ illustrazione . È uscito il. fascicolo ILicont.4 stampe. Paàoli24. , — E in carta velina d’ Inghilterra da disegno, con stampe di 2I2 prime prove (Se neitirano 20, sesemplari).i Paoli, 48. ivo Cicognara , storia, della Scultura dal suo: risorgimente ino Jtalia fino al secolo dilCanova. Seconda «edizione. rivista e corretta dall’ autore ...È isotto..il.torchiò!.(.L’ edizione. sarà di forma in8.%inicarta»velina bellissima testi di lingua grave. Le stampe.\chè sono-le, medesime. della prima edizione ; saranno tirate vin: fol. ‘Tutta d’ opera costerà circa franchi 100, 4oì Cacialli, collezione «di disegni di. nuove fabbriche e orna-. ti fatti nella Re Villa \del Poggio. Imperiale , Firenze, 1823, . in!folo!imax: Splendida edizione in. carta velina, con 9g. rami. incisi con somma maestria) a. contorni da . Lasinio. e Cappiar- di. Paoli 18. — Il medesimo in, carta, d’ Inghilterra da ,disegno . Paoli 4o. 43. Manetti; carte idrauliche dello stato antico e moderno della Valle di Chiana . Bellissima, edizione fol. carta.velina con.una gran. mappà idraulica incisa con somma cura; e rappresentan- te lo stato. attuale di quella. provincia; la quale è ora divenuta la, più florida di, Toscana } mentre non sono molti anni che tro- vavasi in, stato di palude. Paoli 20. 4h. Inghiranui; monumenti etruschi o di etrusco nome | td lui disegnati , incisi , illustrati e pubblicati. Fiesole, 1819. e seg. Ne sono pubblicati 26. fascicoli in 4-° carta. real velina grave, con fig. parte a contorni e parte colorite. L’opera conterrà 50 fasci coli.. Prezzo d’ ogni fascicolo, Paoli 18. 45, Storia dell’ America;in continuazione, del compendio, della, storia universale del sig. conte de Segur; opera originale ita- liana. Milano 1820-23, presso la società tipografica. dei classici italiani (, Fusi Stella e C. ) vol. 29..in_18.° con. carte, geografi- che e figure, al prezzo di lire. 2, .50:..colle; figare. in nero; e lire 3. 25. colle fig. colorite. 46: Nuovo atlante di geografia universale \în.; 52, carte con una, nomenclatura di vocaboli e di cose, proprie di questo stu- dio ,, e descrizione de’ paesi secondo le denominazioni, i. con fini, ec. e le variazioni accadute ne’ tempi.moderni dopo il con- gresso di Vienna: compilazione ridotta ad uso degl’ italiani; ri- veduta ‘ed ampliata. per opera del cay. LUIGI ROSSI, membro dell’ I. e R. Istituto. Prezzo di prima associazione, lire 5. ita- liane per ogni fascicolo. Milano, presso Fusi Stella e C. 47. Poi diverse di TOMMATO GARGALLO, con correzioni del- - l’autore, Siena, 1823. dai tipi d’ Onorato Porri,.82 dis. 41. ups zo lire 1. Ne. qui si ristà il desiderio di enderai più che posso u- PE I O 21 tile, perchè di. concerto col ‘benemerito aùtore ‘ho ideato lari stampa delle’ traduzioni ‘d’‘Orazio, per eseguire scrupolosamente conforme ‘alla: sua volontà . Presto. ‘di questa*mia intrapresa. ne renderò conto al pubblico con opportuno manifesto. Avviso 'divOnorato Porrizi sui 48: Storia della scultura, dal suo risorgimentovin ltliay;fino al secolo di Canova, del conte LEoPOLDO! CICOGNARA, pervservire. di ‘continuazione all’’opere di Winkelmann'edi \d* Agincourt. Edi- zione seconda , riveduta ed ampliata dall’»autore . Prato, pet i frat: Giachetti, 1823. vol. primo, di fogli 20.14 col ritratto\del- l’autore. Prezzo per gli associati lire 6. 11/3 AVVISO LETTERARIO Son pochi giorni che per mezzo’ dei ‘mici torchi, non seni- za qualche nitore tipografico ;} han veduto la luce alcune poeti- che composizioni del. marchese Tommaso Gargallo ; e le'ricer- che continuate che delle medesime si fanno sono argomenti non equivoci del merito loro . Adesso m’ è grato îl potere annunziare al pubblico per mezzo di quest’ avviso la stampa che intraprendo delle poesie del prof. ANTONIO MEZZANOTTE. Si suole in simili occasioni, onde ‘impegnare all’ acquisto di ciò che si pubblica ; tessere ingegnose lodi dell’ autore ; no- verare la serie delle composizioni, discorrere sul ‘merito delle medesime . ‘Circa ‘all’autore ditò che è il traduttor di Pindaro ormai divulgato , e ‘conosciuto da quanti sono , che con amore attendono allo ‘studio delle Lettere Belle ; rispetto alle compo- sizioni mi ristringo ad assicurare che per la massima parte sono originali , e poche di queste edite; il rimanente sono traduzioni dal greco eseguite in maniera colta e' vibrata; per quello che riguarda ‘il merito delle’ medesime affermerò, senza tema d’ in- gannare; che sono tali quali debbono sperarsi da chi ha spiegato tanto valore ‘nel’ ‘tradurre ‘il più arduo fra i lirici greci. La semplicità di questa ‘esposizione spero che sarebbe bastevole ar! gomento per provare la ‘verità delle mie parole, quando e senza di ‘queste; e prima ancora d’ aver veduto alla luce le sue poesie originali; ‘mon avessero giudicato i dotti del posto che conviensi nella repubblica letteraria al prof. ANTONIO MEZZANOTTE. A L’ edizione delle poesie suddette verrà eseguita in bell’ottava carta velina de” classici, e co’ caratteri simili al presente manifesto (filosofia). Adorna la medesima del ritratto dell’ autore , e di sedici fogli in circa di ‘stampa, verrà rilasciata a} prezzo di paoli sei 214 fiorentini da pagarsi alla consegna del volume. Le sottoscri- zioni per l’ associazione si prenderanno dall’ editore , e da tutti i negozianti di libri dispensatori del presente manifesto. Chi offrirà , essendone responsabile , dieci firme, godrà dell’ undeci- ma gratis. Do ‘È Siena 6. Decembre 1823. OvnoRATO PORRI, EDITORE. ANNUNZIO TIPOGRAFICO Pasquale Caselli e C. avendo ottenuto dalla cortesia del signor canonico Giuseppe Borghi il manoscritto della sua tra- duzione di tutte le odi di Pindaro , si propongono di pubbli- carla colle stampe, in un sol grosso volume del sesto, carta e carat- teri , (filosofia) in tutto conformi al presente manifesto, fissandone il prezzo a paoli to. per gli associati, ed a paoli 12. per i non associati . > Riflettendo gli editori al favorevole suffragio, che accor- darono i dotti ‘al saggio che ne pubblicò il traduttore mede- simo in Pisa un anno fa colle Ismiche; della di cui vantaggiosa accoglienza fanno indubitata fede i giudizi pronunziatine in di- versi giornali italiani, e francesi ; vanno persuasi di rendere un ottimo servigio alle lettere , facendo di pubblico diritto 1’ in- tero Pindaro tradotto da questo valoroso poeta. E tanto più si confermano in tal persuasione , in quanto ché varii dotti elle- misti, i quali hanno letta ed attentamente esaminata questa tra- duzione , sono di concorde parere’ esser: ella; fra tutte, la sola ‘ che possa far gustare ‘agl’italiani; quanto”'è ‘possibile, le bel- lezze di quel sommo lirico. Il dotto e giudizioso traduttore, per rendere più compito il suo difficilissimo lavoro, non solamente ha fatti dei miglio- ramenti nelle ‘Zsmziche già pubblicate, ma ha corredato ancora ciascun’ ode del suò .respettivo argomento iniprosa, il quale mo- strerà a quelli che giudicano male a proposito essere Pindaro disordinato e sconnesso nella tessitura delle sue odi, che real- mente non è tale. Vi hà pure aggiunto delle brevi , ma neces- sarie note, tralasciando ogni superfluità d’ inopportuna erudizione, che non serve ad altro che ad ingrossare i volumi , senza lo- ro aggiunger nulla di pregio. La presente edizione munita del SOVRANO PRIVILEGIO DI PRIVATIVA , accordato all’ antore per anni cinque , sarà eseguita colla più possibil nitidezza e correzione tipografica , e fregiata i 215 del ritratto del traduttore, disegnato ed inciso da valenti ar- tisti. Le associazioni si ricevono in Firenze dagli editori e dai sigg. Luigi Pezzati e C. e nelle altre piazze d’Italia dai prin- cipali librai. 3 Nell’ ultimo articolo sulla strada da Nizza a Sarzana oc- corsero questi errori — pres. vol. pag. B. 1. Errata Corrige p- 2. linea 25. Casazza Casarza 4. —. 32. imquella di in quello di 9... — 28. quasi da terra quasi tutte da terra 14... 16. tra Sarzana non, tra Sarzana e Lavenza non I versi improyvisati, dal Gagliuffi sul quadro di Raffaele sco- perto in Genova; dal celebre Benvenuti. sono; ;da stamparsi così: Ignotam tabulam, dum Benvenutus adorat, Ridebat. tacitum. nescia turba virum ; Ile; autem, surgens: veneraminor inquit ; amici ; Hoc opus aut fecit quis Deus aut Raphael. Fine del CORTA XXXVI. SE TESO, OI i RARE E STRFSTANI GL TOSU ORTI O CRIARI OO RETI CTER TER E io T ioimavatieeo |. bi; | AHOIOOIOMOATA] AIMAMIX:0FTOTAVA9220 STIOM atti ANWERIT ITC HLT LIOTO & gd TAO: «Coe gaia aa ish. colla Wi priui pila MTA i * 8581 GHIMAVON i masi " ; cui HE È a nare cane nn “ LA 1 ® Y otarmomisT ci BT la lo) Kid Dal { [SS MIARONIO par it = ll Bi | = TL a a nio lol otsià $ E; rsB 5 Sua 3 E î 510. E da VUE Sai I |. LR i I) E ie E È | | i ra sli. {iog î cd svag ma@) nio@ gio] cr, ep a. (a; sd gi | SV .ddon nti dil'izotat ori, ETOrSÌ si ) VO it iolbvnli vs 02 10,0) pB' ‘op LA i nda TE VO vum iste 102) | 08 fort © cor |A8 per desi VO ibior avull td Lit polo | “18 fo Tiro pù di; ‘9 Nd olovutl val 102 vero 06 (0a oi it Boe IV ittor vati) did. NO) Tese Cr DI) poi nai A olovuXli. sitigaD > “| #0 folorl e Bota A AE 3V onsta2| \msil, 18 IOr AVIS) 0 .8£ sO onsisa lodi sat 19. | se jtà IR 80. .8£ XA 009198110 at Eg 0,8 & 1 88 IV. 0n9s98) adi 18. |nò È. di Be 5981: sd ONE rt 2PL|Od dt da 82 “Hsm. iN Vv .ddon .96A|19 aT| CINTO da ox. «S| gossonm (è 4 IV... omats@)- «vio@ [00 oss 8 — | es. Be] ato as n did spo «pioe| È ne: joe. joù Be] cda le ! V .ddon mos 192) rioè) PR ).e,‘.8|.gossom {0 Y dr al i DO È £' Be] s198 FI s) ‘.0loyoW|. >.zia2 dp dg Bel tem n | MI Vv oloerati no AT; MB o LIA o Be) .gorsem (x. sb Ha) siggoitt) «men, oo” de 70 Ce i DO «BE 198 11 pa 7 r n n È PATTINI o n ( » i OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL’ OSSERVATORIO XIMENIANO DELLE SCUOLE PIE DI FIRENZE Alto sopra il livello del mare piedi 205. NOVEMBRE. 1823. uv | Termometro e = > o i] ae a Ora S 5 DA 00 = (e, Stato del cielo 2 A i TI VOS de Va ER poll. lin. 5 | Set | | 7 mat. |27. 7,8 11,5 9,0 79 | o,tg Scir. !Ser. nuv. Calma |l I| mezzog. |27. 8,5 12,0) 11,0 71 |o,r1, Lib. Nuv. nebb. Vento. |i rt sera |27. 84 II,I 9,0 87 | o,or Sc. Lev Nuvolo. Ventic.. 7 mat. (27. 8,4 10,2 7,0] 8y Scir.. Ser. nuv. Ventic. 2| mezzog. [27. 8,3 10,2 9,9] 81 | 0,0g Tr. Gr, Nuv, rotti Vento 11 sera |27. 9,8 8,9 7,0] 90 | 0,27 Sc. Lev Nuvolo Ventic. 7 mat. |27. 10,7 9,0 7,5 85 0,07 P. Lib.;Nuv. rotti Ventic. 3| mezzog. |27. 11,3 9,4| ‘10,0 62 | Tram. |Nuyolo Ventic.]i rI sera 28. 0,0 9,7 7,0] 81 !Tram. |Sereno Ventic.|: 7 mat. {28. 0,8 8,4 4,5| 92 Gr. Tr.iBel. sereno Calma 4| mezzog. 128. 1,5 8,9 8,61 73 Tr. Gr.|Sereno Vento 11 sera |28. 1,6 9,3 6,7| 81 !Scir. |Sereno Ventic. (SB, fila sirnee ci ( Bali 6, NR ce, Sa Lo a i e i 7 mat. |28.. 1,6 8,0 4,0| 90 i Scir. |Sereno. Calma 5| mezzog.|28. 2,0 8,4 8,5) 78 i Tr. Gr.|Rag. nebb. Vento ti sera |28. 2,2 |. 8,4 bed 86 i Scir. {Sereno Ventic. | | 7 mat.. |28. 2,2 8,0] 5,0] 90 Scir. {Ser. nebb. Calma 6; mezzog. (28. 2,4 8,4 9,9] 79 Scir. |Ser. connebb. Ventic. __| nt sera /28. 2,2 8,4| 7,5] 86 Scir. |Sereno. Vento 7 mat. |28. 1,6 8,4 6,0] gr Scir. |Nuvolo. Calma | 7| mezzog. |28. r,9 8,4 8,3] 88 Tr. Gr.|Nuvolo Ventic. rr sera |28. 0,9 8,4 8,096 ' 0,01; Tram. |Pioggia Calma ta tg Fal: evlog cairo sani 6 Hintond î ve 5 =i Stato del cielo È vi LA - |27, 118 0,0g Tr. Gr. Nuv. nebb. .. Calma -.|27. LI; \Tr. Gr. Nuv. nebb... Calma || Tam. 1Ò,! iLev. . |Sereno Ventic. 27. 10; Greco |Sereno. Ventic. ..|27. 10, 7 "Fr. Gr.|Ser. con nuv: V.-fori o 4 sera © 128, i ! © l'Tram. |Sereno Vento | | 7 mat. .|27, 11,9 8,0 ‘Tr. Gri[Ser. ouv; Vento 10! mezzog. 128. 0,9 757 Tr. Gr.|Ser. con. nuv. Vi. fori II sera 28. n 298. 6,7 5 Tram. Ser. Ven: forte| 7 mat. ni ll 38 . Tr. |Sereno . Vento II] mezzog. {28. pe E Ò . Gr.|Ser. con nuv. V. for.| 1î sera 1284 457 | . Tr.|Ser. nuv. Vento 7 mat. Hi o| . Gr.|Ser. connav. Vento mezzog. |28. 3 . Gr. |Ser. Ven. fortel! 11 sera o ( ) Tram. |Sereno Vento Sereno Ventic.} iScir. |Sereno. .. Vento 11 sera |28. 4 :Scir. |Sereno:rag. Calma | 7 mat. ° Scir. .|Velato :/Ventic,! mezzog. ; A 5 Scir. Nebbia Galma | II sera . ) Gr. Tr.|Piovig. Calma 7 mat, TORGBITT.! Scir. Coperto Ventic, | IMezzog. 27. È 4 3 Tram. |Sereno «e Ventic;| | 11 sera, |28. iScir. |Ser. rag. ..Ventic, © |Se. Lev]|Sereno ‘Vento || A 28. ( Tr. Gr.|Sereniss.. Vento 1} sera |28. 5 Gr. Tr.|Sereno: Ventic.: di: ‘9 mat, .|28. ( Tr. Gr. Sereno Ventic.! |t7| mezzog. : ( Tram. (}Ser. - Yen: forte Lx sera 28. J Tram. |Sereno Ventie. ; 7 mat. |28. o) Tram: |Bel. sereno è Galma i}18| inezzog. |28. 2, i; Tram. {Sereniss. Vento: r1,sera |28. Sc. Lev | Sereno Ventic.!|| i 7 mat. (28. Scir. | {Sereno - Vento j\i9| mezzog, (28. 3,2 |Scir. ,| Ser. calig. Ventic. ri sera |28. 3,4: 1,7 È 5 66 Scir. "Ser. od Vento [ee] Teriiom. «pù lol » [ È ; 3 = | ta A isa 7 re È , 5 Orà 3 E > z a A * A 35 } Stato [fel cielé fi 3 5 3 dé È f| c$ È 7 mat. |28. 2,4 7,3 45] 83 Sir | [Navolo! Vebto, .0 mezzog: SO. VAS 7,1 7,2) Fi Scir. |Ser calig. © Ventici || rt sera |28. 3,8 7,1 5,0] 85 Scir. |Ser. con calig. Ventici i 7 mat. |28. 2,8 6,2 3;01 88 Scir: Ser: neb; Wentie. i ;1| \mezzog: |58. 4;0 6,6 7,0) $0 Scir |Ser. calig. ia LTT ri sera |28. 4,9 7 6,5) 86 |Scir._|Nuyolo “Ventb 7 mat. |28. 5,0- 6,7 6,0] 89 Scir. (|Nuv. nébb.' Vento |f :2| mezzog. |28. 5,3 7,5 95) 74 Scir. |Ser. calig. Ventic. _|_1ssera |28. 4,6 9,8 9,5] 95 Scir Piovig. . . Calma {fr 7 mat. |28. 4,0 8,9 9,0) 96 Os. Sc.| Nuvolo Calma ' i .3| mezzog. (28. 3,9 9,5] 12,0) 83 ‘Os. Sc.| Nov. nebb. Calma 1@ -rr‘sera 128, Bia 10,2] 10,0) 95 Lib. |Nuvolo Calma |f 7 mat. |28. 2,8 99 9,9] 92 Scir Nuvolo , Calma :4\ mezzog. |28. 2,8 to,4| 12,0] 78 Scir Nuv. nebb. Calma |f _| tr sera 128. 3,7 10,7| 10;0 =" 9,01 Lib. {Nuvolo.. . Calma, \ | e mat. ‘128. 2,8 10,7 10,2 ‘0,04, Os. L.|Nuv. piov. Venticilf 55) mezzog. 28. ‘3,3 10,7 11,3 4 [gatto Nuv: nebb: Ventic. rrsera 28. 3,7 10,7 | 9,0) 94 Lib. Sér. con nuy; Ventit. f mat. |28. 3,8 9;3, 9,0! 98 Scir. |Nebb. foltisi Vento, |B° .6} mezzog. |28. 3;8 89 739) 97 Scir. |Nebb: foltis. Ventic.|f ri sera |28. 3,9 8,4, 6,0 98 Scit. |Nebb. foltis. Ventic:|B° |Uy mat. |28. 3,7 Sd 45 98 Scir; | |Nebb. foltis. Ventic:|f :7| mezzog. |28. 3,9 8,0 7,0! 90 Scir. |Ser. nebb.-Ventic.!B . |P'rr sera [28.0 3,8 7,5 5,7' 07 Scir: | |Nuv, nebb. Calma jf° imomat. |28. 3,6 | 7:5 5,0] 98 Scir. {Nebbia Calma |M} .8| mezzog. |28. 3,2 7,5 7,5) 96 Scit. |Nebb: Vento |B° |oresera |28. 3,7 Mal. 0,5} (04 Sc: Lev.| Nuvoli Calma È | 7 mat. |28. -3;1 7,9 7,0 98 ‘0,35|Sc. Let! Nuv. nebb.' ‘Calma [fl 9 ‘mezzog: |28. 231 737 8,51 79 Sc. Lev.' Nebbie Ventic.]f int sera ‘28.018 8,0 7,0) 98 Scir. Ser. con nuy. Calma _ è 7 mat. . 250 Nuv. rotto Calma So| inezzog. |28. 2,8 8,4 9,5] 94 Scir Ser- nebb. Venti. ‘nr sera |98: 3,4 8,0 96 Scir Sereno Ventic. CS A IC 3 REBSSI | RISSA) 20) CORTA (RSI i {pins Ita t FENOMENI DI VARIO GENERE, 5a , 2 Perla prima volta si è scoperta la neve nelle montague di stoia. 3 E comparsa la neve nella Valombrosa e nelle montagne del Ca sentino. - 23 Verso le 10 e mezzo della sera fu sentita una leggera scossa terremoto, I . INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL DUODECIMO VOLUME - SCIENZE MORALI E POLITICHE. kia al direttore dell’ Antologia , sulla situa- zione economica dell’ Inghilterra. A. Osservazioni sull’ origine e progressi dell’ arte d’ i- struire i sordo-mati dalla nascita . Sacerdote Matteo Marcacci. ,, La Grecia , o descrizione topografica della Livadia , della Morea ; e dell’ Arcipelago , di Dep- ping, ec. F.G. » I greci e i turchi. — Art. I. Filalete. B. Memoria sul commercio di Venezia, e sui mezzi d'impedirne il decadimento , letto al veneto Ateneo dal socio ordinario L. Casarini Foti GEOGRAFIA, VIAGGI ec. Della strada nuova da Nizza a Sarzana. Memoria di C. L. Bixio di Genova. (continuazione) A. ( conclusione ) B. Geografia moderna universale di G. R. Pagnozzi. F G. A. Lettera del sig. Pagnozzi al Direttore dell’ Antologia. , Nuovo dizionario geografico di Vosgien, di Luigi Nardi, di Livorno, G. R. Pagnozzi. Estratto di una notizia sull’isola e sulla città di Cadice, del barone di Ferussac. FG. 'y Scienze geografiche e viaggi scientifici. ( Bullettino scientifico ) B. Item Cc P: » ” ” 2) 23 2) » + 1) se car 2 Lettere di Antonio Benci a Pietro Vieusseux , re- lative al suo viaggio nella sia s e lungo le rive del Reno. 7 ca Secondo viaggio e' ritorno del cd Pera: ‘a Me Gi ” 2 LETTERATURA , FILOLOGIA , CRITICA LETTERARIA , ec. Dei rapporti del gusto e del bello letterario , coi sensi e colla ragione. Memoria Vera dleziion di Ald. Paolini. À. Lettera sulla critica letteraria. Anonimo. , Biografia universale antica e moderna di Missiaglia di Venezia (vol. IX. X. XI.) i Bò Sulla lingua samskrdamica , ragionamento di Domenico Valeriani. ,) » Istoria letteraria d’Italia di Ginguené , continuata da F. Salfi. vol. X. — Elogio di Ginguené , del medesimo, D. Considerazioni sul Romanzo in prosa, desunte dalle diverse vicende della letteratura in Italia e in Francia, e dalla condizione sociale delle dPR: Aa donne in Italia, S. Uzielli. C. Sonetti d’ Anton Maria Salvini fin qui inediti. G. C. , Poesie di Girolamo Orti. D. Valeriani. ,, » Opere di Santi Fabri di Ravenna. e l'al Epigramma di Zeffirino Re. Saggio di una nuova traduzione d’ Anacreonte , D di Filippo di Paternò. D. O Poesie in morte di Giulio Perticari. D... Frais Il Palatino d' Ungheria, Novella d’antico codice. D.Z. » » Poesie di S. Scuderi. DE NI o. Le odi di Giovann Meli, tradotte da G, Inde- licato. DV. Lp Romanzo della sig, Martinetti nata contessa Rossi. DIP Apologia dei secoli barbari del P. Battini. spin 15218 Breve rivista letteraria, e lettera di D. Va/eriani. ,, ,, 138 e Componimenti per la dedicazione del busto eretto . a Canova nell’ Ateneo di Treviso. Z. Bibliografia storico-perugina di G. B. Vermiglioli. X. 114 70 184 138 14I 142 143 144 146 147 149 151 207 152 155 157 POESIE. Ode Olimpica III. A Terone d’ Agrigento. Ver- sione del March, C. Lucchesini. A. 3, 108 si IV. A Psaumide di Camarino —,;, B. , 14t Pa V. Allo stesso. n) spragî 143 VI. Ad Agesia Siracusano. $ 5” Cr'33 SE Sg s BELLE ARTI. Lettera sul Canova, al sig. F. Matthisson, di Mad. Brun, i Ac Jo LL Sull’ esposizione dei così detti piccoli premi, fatta nell’I. e R. Accademia delle belle arti, in Firenze, nel mese di settembre 1823. SO 75 4a DÒ Biografia d’ Antonio Canova , scritta dal cav. Leopoldo Cicognara. T,B_,, 7 Accademia delle belle arti in Milano. Program- ma pei grandi concorsi. i Gi: 158 Lettera del conte Alessandro Cappi, di Ravenna. bi 61 SCIENZE NATURALI. Meteorologia (Bullettino Scientifico ) A B C. Fisica e chimica (Bulletting scientifico ) A. » 169 B C Mineralogia , Geologia , Paleontografia. ( Bullettino ‘ i | scientifico ) DB; 3. 1, J0@ Cristallografia ( Bullettino scientifico ) C. ,, 18 Zoologia. '(Bullettino scientifico ) 25 178 Botanica. (Bullettino scientifico ) Da Notizie sulla nona adunanza annua della Società Elvetica di scienze naturali. (traduzione ) PRAGA i SCIENZE MEDICHE. Fisiologia. (Bullettino scientifico ) A. Relazione medico-patologica, della malattia di i G. Belli-Blanes. D. Maglieri. ,, >, 188 99 age - 4% Alcane orsetvazioni sulla teoria etcitàbilistica del controstimolo, del D. £m. Basevi. (Lett. ultima) B. ,, 125 AGRICOLTURA. Rapporto generale sullo stato agronomico e politico della Scozia, steso per l’uso della società destinata a promuovere l’ avanzamento dell’a- gricoltura e dell’ economia interna. Sotto la direzione del cav. Sinclair. Tartini Salvatici. A. » 5% Lettera sul futuro raccolto delle olive, del March. Cosimo Ridolfi. , 127 Agricoltura, ( Bullettino scientifico ) B. », 163 VARIETA' Bullettino scientifico N. Î. A. 35° 360 II B. ” 246 HI. C. ;, 163 N. B. vedi per i dettagli alle rispettive sezioni del presente indice. Ballettino scientifico del barone di Ferussac. l- PRBBRPPOIE: co Invenzioni e novità utili e speciose (Bull. scient. ) A. ,, 180 Item lita B. ,, 166 Bullettino bibliografico annesso all’Antologia N. I. B. ,, w75 I. (‘€739 I. R. Accademia della Crusca. Adunanza i annuale pubblica. C. ,, 100 Ì. e R. Accademia dei Georgofili. Rapporto letto dal prof. Gazzeri nella seduta del mese di settembre. » » 122 Adunanza ordinaria del 7. dicembre 1823. PRATI =, Arti mecchaniche ed industriali ( Bull. scient. ) 35: 2a MARE Elenco di alcune opere enciclopediche ( Bull. sc. ) Rete dl Società ed intraprese scientifiche ( Bull. scient. ) 9 n 193 Premi quinquennali proposti dalla rivista enciclopedica di Parigi. ( Bullettino scientifico ) ,, ,, 200 NECROLOGIA. P. Belli-Blanes X. A. ,,187