; t, f f ! ; E t. ;■ I - i l ^■Mliliii {■4Ik«J Citi'4::r ARCHIVIO ZOOLOGICO PUBBLICATO SOTTO GLI AUSPKUl UKLLA UNIONE ZOOIiOGIGA UAhlRU PKH CCKA DEL COMITATO DI REDAZIONE VOLUME IV. per r Italia R. MARQHIERI Libreria Nuova GALLERIA UMBERTO I NAPOLI per V Estero THEODOR OSWALD WEIQEL Verlag und Kommissions Buchhandlung KONiGSTRASSE 1. LEIPZIG NAPOLI R. TIPOGRAFIA FRANCESCO GIANNINI & FIGLI Cistoma deirOlio 1910 n^7S ÌNDICE DEL VOLUME IV. Fascicolo 1. (pubblicato il 15 Giugno 1909) Della Valle P. — L'organizzazione della cromatina studiata mediante il numero dei cromosomi. - Tav. 1 pag. 1 Morgera A. — Hicerche sulla glandola ed il canale di Leydig nei ma- schi di Scyllmm. - Tav. 2 » 179 Fascicolo 2. (pubblicato il 30 Dicembre 1909) Cerruti A. — Oligognatus parasitìcus n. sp. endoparassita dello Spio ìnecznikowianus Clprd - Tav. 3 » 197 Dequal L. — Ricerche istologiche sull'epitelio cutaneo e intestinale deh'Octolasìunt complanatum (Ant. Dug.) - Tav. 4 » 211 Porta A. — Gli Acantocefali dei Mammiferi - Tav. 5 » 239 Police G. — Sulla discussa natura di alcune parti del sistema nervoso viscerale degli Insetti - Tav. 6 » 287 Fascicolo 3. (pubblicato il 23 Aprile 1910) Moglia A. G. — Sul significato funzionale del pigmento nei gangli nervosi dei Molluschi Gasteropodi - Tav. 7-8 » 317 Issai R. — Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia dei cro- stacei decapodi.- Parte I. Studii su i Paguridi - Tav. 9 - 11 . . . » 335 Fascicolo 4. (pubblicato il 15 Settembre 1910) Monticelli Fr. Sav. — Kaphidrilus nemasoma Montic. Nuovo Cteuo- drilide del Golfo di Napoli (Revisione degli Ctenodrilidi)- Tav. 12-13 ed una figura nel testo » 401 Diamare V. — I vasi splancnici e le loro relazioni topografiche in Scyl- lium catulus e Torpedo marmorata — (C on tributo all' anatomia splancnica degli elasmobranchi) - Tav. 14 ed otto figure nel testo » 4.37 0/73^^ L'organizzazione della cromatina studiata mediante il numero dei cromosomi Memoria di Paolo Della Valle con la tavola 1. Sommario Introduzione. Ciò che risulta dalla bibliografia. Come si è formata la legge della costanza. Stato dell'argomento. Notizie per gli animali. Notizie per le piante. Sintesi generale. I dati dell'osservazione. Tecnica generale per la determinazione del numero dei cromosomi. Le mitosi del peritoneo delle larve di Salamandra maculosa. Il numero dei cromosomi di queste mitosi. II significato della variabilità. Le oscillazioni del numero dei cromosomi e l'ipotesi dell'individualità. Le oscillazioni del numero dei cromosomi e l'ipotesi della labilità. Prove dell'ipotesi della labilità. I fattori da cui dipende il numero dei cromosomi. Conchiu Sion i generali . Introduzione. È noto che, supposta vera l'ipotesi dell'incliviclualità dei cromo- somi, tutte le cellule di un organismo dovrebbero avere un nu- mero identico di cromosomi. È infatti generalmente accettato che lo sviluppo non sia che una serie ininterrotta di cariocinesi e quindi dall'una all'altra di queste, si dovrebbe trasmettere lo stesso nu- mero di cromosomi. Ciò è tanto vero che di solito la cosi detta legge della costanza del numero dei cromosomi è considerata come una delle più valide prove in favore dell' ipotesi dell' individualità ^), 1) Anche secondo Fick ('07, p. 85) la costanza del numero dei cromosomi è « Das wichtigste Beweismittel und ofli'enbar die eigentliche Veranlassung zur Aufstellung der ganzen Individualitatshypothese ». Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 1. 1 2 Paolo Della Valle benché non sia difficile osservare che la costanza del numero sa- rebbe necessaria conseguenza dell'individualità, ma non si debba necessariamente indurre questa da quella, potendo la costanza del numero essere l'effetto di altre cause ^). Ora, ciò che dovrebbe valere per tutte le cellule dell' organi- smo, a maggior ragione dovrebbe essere vero per un gruppo omo- geneo di cellule , per le quali quindi non entrano come elementi perturbatori i fenomeni della differenziazione organica che pare siano molto intimamente connessi con la vita della cromatina nu- cleare ^). Ma, se da una parte, come ho detto, l' ipotesi dell' individua- lità dei cromosomi suole considerare come uno dei migliori argo- menti in suo favore la « legge della costanza del numero dei cromosomi » , si può d'altra parte affermare con buone ragioni, che a questa essa è cosi intimamente legata, che, qualora il fatto della costanza del numero venisse dimostrato inesatto, la ipotesi stessa della individualità dovrebbe necessariamente cadere. Ciò appunto si propone il presente lavoro. Esso da una parte, raccogliendo con un lavoro di sintesi tutto ciò che su questo ar- gomento è stato pubblicato, ed ora è disseminato in un gran nu- mero di articoli, dimostra come — sulla base stessa dei fatti fìn'ora noti, benché scarsi, insufficienti e per lo più raccolti senza buoni metodi — non la costanza, ma la variabilità del numero dei cromosomi é il fenomeno che si deve considerare come generalmente vero. D' altra parte, studiando con i migliori metodi moderni il materiale che fra tutti meglio si prestava tecnicamente , ho voluto vedere più precisamente quali fossero i caratteri di questa variabilità, quali le cause e quali i meccanismi per cui essa si produce. Da questa ricerca, che ci dimostra come riesca addirittura in- verosimile e assurdo continuare ad ammettere l'ipotesi della indi- vidualità, si é naturalmente condotti ad una concezione della na- tura dei cromosomi molto più semplice di quella comunemente ac- cettata, e perfettamente in accordo con gli altri dati della biologia. 1) Cfr. anche Boveri '07, p. 231. 2) Lo studio del numero dei cromosomi presenta tre diversi aspetti, secondo che si consideri o il suo comportamento nei diversi costituenti di un gruppo omogeneo di cellule o nelle diverse categorie di cellule costituenti un organismo complesso o nelle diverse specie degli animali e dei vegetali. Mentre il primo di questi aspetti non involge che problemi di natura stret- tamente citologica, principale fra i quali quello dell'individualità dei cromosomi, L'organizzazione della cromatina 3 Ciò che risulta dalla bibliografìa- Come si è formata la legge della costanza. Nel 1881 Walter Flemming in una delle sue fondamentali Beitrage zurKenntniss der Zelle und ihrer Lebenserscheinungen an- nunciava (p. 51-2) di essere giunto in tre casi eccezionalmente favo- revoli e nelle migliori condizioni di osservazione a contare il numero dei cromosomi delle mitosi delle « Mund- und Kiemen- Epithelzellen » di larve di Salamandra maculosa e di avere ottenuto per tutte e tre concordemente il numero di 24 cromosomi : di due di questi casi egli dà pure il disegno nelle figg. 6 e 7 della tavola 3 ^). Da queste os- servazioni e da altri 20 casi appartenenti a cellule di altre specie in cui non era riuscito ad ottenere risultati esatti ma die pure si avvicinavano, senza raggiungerlo, al numero precedentemente tro- vato, egli però, con V usata misura e ponderatezza, conchiude: « Es làsst sich hiernacli natiirlicli niclit behaupten, dass diese Zalil aneli nur bei diesen Geweben genau eingelialten wùrde; immerliin sclieint mir der Befund vorlaiifig bemerkenswertli , sclion um zu zeigen, wie viel sich mit den Kernen von Salamandra maclien làsst » -). gli altri due, per la grande importanza che si è attribuita alla cromatina, hanno IntiiTii rapporti con problemi di valore più generale, cioè con quelli dell'essenza e del meccanismo della differenziazione e con quello dell'origine delle specie e delle mutue relazioni naturali che esistono fra le specie attuali. In questo lavoro non tratterò che la prima di queste tre parti, rimandando ad una successiva memoria quanto possa aver relazione col problema della dif- ferenziazione. 1) La terza mitosi è probabilmente quella rappresentata dalla fig. 4 della tavola 3: perchè solo per questa oltre che per le due citate il Flemming nella spiegazione delle tavole indica il numero dei cromosomi dicendo « Es scheinen 24 chromatische Schleifen zu sein » ('82, p. 85) Questa però appartiene ad un genere di cellule un poco differenti da quelle che formano l'epitelio delle lami- nette branchiali, e propriamente a quella che il Flemming chiamava « Mimde- pithel ». 2) Però, egli, più che alla costanza, credeva, almeno fino a poco tempo prima, alla variabilità del numero, poiché due anni avanti ('80, p. 201, nota) scriveva a proposito della variabilità della grandezza dei cromosomi: «Vielleicht auch ziem- lich grosse Varianten in der Zahl von Segiuenten. » E da notai-e però che fino allora il Flemming non aveva ancora fatto nessun computo esatto del numero dei cromosomi. ^...^-w*»^ . L'organizzazione della cromatina 5 Contro questa affermazione di Platner protestò Flemming, ri- vendicando a se la priorità di tali ricerche. ('87, p. 441, nota): « Die ersten Zahlungen liabe idi 1879 gemaclit (A. m. A. Bd. 18, S. 51-2) i) 1882 weiteresdarùber mitgetheilt, und die Mògliclikeit vertreten, dass fiirdie meisten Gewebe von Salamandra, zum mindesten fiir Epithel und Bindegewebe, die Zahl der (primaren) Segmento stets 24 be- tràgt ». Continua poi esprimendo l'opinione di non credere aduna costanza per tutte le specie di cellule. Parlando poi nello stesso lavoro del numero dei cromosomi delle mitosi delle cellule genetiche di Salamandra, da lui trovate diverse nella mitosi omotipica e nell'eterotipica (p. 443) scrive: « Hierdurch wird zwar gewiss an dem Satz nichts geàndert, dass tur jede Zellenart in Bezug auf dieMengeder Kernschleifen e i n b e s ti mmt es Z a hi e n- o-esetz existiert, was ich schon aus meinen frilheren Befunden vermuthungsweise gefolgert batte und wofiir Rabl bestimmt einge- treten ist. Aber dies Gresetz bediugt nicht, dass auch nur bei einer und derselben Zellenart stets die Zahl der endgiiltig gebildeten Segmento gleich sein muss ; sie kann z. B. 12 oder 24 betragen, und dabei die normale Reconstitution der Tochterkerne doch in beiden Fàllen gleich erfolgen ». Vedremo a che si riduca la co- stanza applicando ai singoli cromosomi questa considerazione di Flemming, come hanno fatto alcuni autori ! Mentre come ora ho esposto, per le cellule animali i primi osservatori avevano trovato costante il numero dei cromosomi e avevano considerato ciò come legge generale, nelle piante invece si può dire che fìu da principio si è dubitato del valore di tale costanza. Senza tener conto di dati più antichi che danno solo notizie approssimative, come p. es. sono quelle di Guignard ('84, p. 40) che affermava che « Le nombre des segments est assez Constant pour les noyaux d'un méme tissu » specialmente interessanti per noi sono le osservazioni pubblicate da Strasb urger nel 1888, nel IV» capitolo della sua « Kern und Zelltheilung », dedicate quasi esclu- sivamente a questo soggetto (p. 35-59). In esso 1' a. oltre a porre 1) Questo è evidentemente un lapsus calami di Flemming , perchè le prime notizie di numerazione di cromosomi sono quelle da lui pubblicate a p. 51-52 del suo lavoro comparso nel ISSI {Arch. Mikr. Anat. 20. Bri.) e non nel 1879 (loc. cit. 18. Bd.). 6 Paolo Della Valle molto esattamente la questione, dà anche un gran numero di no- tizie che si possono considerare come le prime sicure su questo argomento e che tutte hanno ricevuta piena conferma dagli studi posteriori. Dopo di aver riferito le osservazioni di Rabl sulle mitosi delle laminette branchiali della Salamandra maculosa ed aver affer- mato che costante è anche il numero dei cromosomi nelle cellule madri del polline delle Liliacee scrive: (p. 46) « Anderseits habe ich dodi aber alien G-rund anzunehmen, dass in den rein vegetativen Geweben die Zahl der Segmente in den Theiluugsfiguren sich nicht vòllig gleich bleibt. Ich untersuchte auf diese Verhàltnisse dieju- gendlichen Gewebe verschiedener Monocotylen, wie Lilium bul- biferum, Fritillaria persica, Tradescantia subaspera, auch Dicoty- ledonen, wie Helleborus foetidus u. a. m. und fand, dass die Zahl der Kernfàden, dort meist um sechzehn schwankt, ohne sich aber streng an diese Zahl zu halten, Dabei hebe ich ausdrucklich hervor, dass ich stets darauf bedacht war , nur die Theiluugsfiguren der- selben Gewebe gleichzeitig in Vergleich zu ziehen also etwa nur Theilungsfiguren aus dem Mark, aus der Epidermis, aus der An- theren- und Fruchtknotenwandung, aus den einzelnen Theilen der Samenknospen, so dass die Schwankungen sich nicht aus dem Ver- gleich heterogener Elemente ergaben ». E dopo aver riferito alcuni di tali casi di differenze di n. d. cr. in mitosi di cellule di natura differente, fra cui quello trovato da GuiGNARD (85) tra la mitosi del nucleo superiore e quello del nucleo inferiore dell'embriosacco del giglio, aggiunge (p. 46): « Ich glaube, es kommt auf die volle Constanz der Segmentzahl in den Antipo- denkerneu iiberhaupt nicht an, wohl aber in den Kernen des Eiap- parates ». A proposito del comportamento del numero dei cromosomi nelle antipodi, egli fa notare che esse si trovano nel punto meglio nutrito del sacco embrionale , ciò che può essere in relazione con r aumento del numero dei cromosomi che esse presentano , giac- ché anche egli potè osservare (p. 47). « dass die frei sich durch Theilung vermehrenden Endospermkerne in dem besonders pla- smareichen oberen Ende des Embryosacks durch gròssere Segment- zahl ausgezeichnet sind. So fand ich es namentlich bei Allium odorum und Leucojum aestivum ». Molto interessante, anche per considerazioni di natura generale, è una constatazione che egli fa a proposito dell'aumento del numero dei cromosomi causato da fu- sioni nucleari, come p. es. si avverano nell'endosperma e forse anche L'organizzazione della cromatina 7 nelle antipodi (p. 49). « Die durch Verschmelzung von Zellkernen veranlasste Vermehrung der Kernfàden braucht aber nicht eine dauernde zu sein und beweist eben auch die Moglichkeit einer Her- absetzung der Segmentzahl in den aufeinander folgenden Thei- lungsscliritten. So muss es beispielsweise bei Corydalis pallida sein, wo, trotz der Constant en Kernverschmelzungen bei der En- dospermanlage , in àlteren Etidospermzellen meist nur annahrend gleichzàhlige, etwa seclizelin Segmento fùhrende Kernplatteii vor- liegen »• Da queste sue osservazioni egli quindi giustamente conchiude (p. 49). « kann idi fùr eine volle Constanz der Segmentzalil in den vegetativen Geweben der Pllanzen nicht eintreten » e cita come l'esempio più classico di variabilità l'endosperma di Allium odorum « das fast in jedem Praparat auffallende Schwankuugen bietet ». Contrariamente a questo risultato per le cellule somatiche, crede che, per quanto lo permettano le sue osservazioni, il n. d. cr. dei nuclei germinativi sia « vòllig Constant > . Ciò egli deduce dallo studio di centinaia di mitosi di cellule madri del polline di Liliiim di diverse specie e di Clorophytum sternhergianum, quantunque per quest'ultima pianta si sia imbattuto in una antera le cui cellule madri del polline avevano tutte 14 cromosomi. Riferisce quindi le osservazioni fino allora fatte sul n. d. cr. negli animali, che ave- vano portato Flemming ('87, p. 443) all'enunciazione della legge che « flir jedeZellenart in Bezug auf die Menge der «Kernschleifen» ein bestimmtes Zahlengesetz existiert » e conchiude giustamente: « Ich bin wie oresasct fiir die Pflanzen zu einem anderen Resultat gelangt, was zur weiteren Prufung auch der tur Thiere gemachten Angaben, die sich ganz vorwiegend auf Salamandra beziehen, an- regen diirfte ». Questa riprova come vedremo non è stata mai più fatta, ma, le pochissime notizie che si son pubblicate da quel tempo ad ora sul materiale su cui furono fatte le prime ricerche, cioè sull'epi- telio delle laminette branchiali di larve di Salamandra , sembra che possano forse dare ragione a Stbasburger. Dopo di allora non abbiamo che una nota di Erlanger ('96) in cui, molto di sfuggita, è affermato, a proposito di altre questioni, che la piastra equato- riale è formata da 24 cromosomi (p. 405), e, molto più recente- mente le osservazioni di Heidenhain , fatte con ottimi mezzi te- cnici, ma malsicure come metodo perchè fatte su vedute laterali, sempre inutilizzabili per questo scopo, come vedremo nella parte 8 Paolo Della Valle tecnica. A proposito di queste egli scrive: ('07, p. 176) -< Was das Gesetz der konstaiiten Chromosomenzabl anlangt, so mòcliten wir nebenbei erwàbnen, dass bei Salamandra gelegentlich Abweichungen von der Normalzahl 24 vorkommen; so zeigen die bier beigesetzten Fig. 80 und 81 in dem eineu Fall 26, in dem anderen Fall 22 Cbromosomen. Ob derartige Abweichungen hàufig sind oder nicht, darliber kabe ich allerdings keine Erfalirungen ». Le iig. 80 e 81 di cui egli parla non si prestano punto tecnicamente essendo delle metafasi laterali e le altre sue figure, che, disegnate con impareg- giabile cura, permetterebbero per la grandezza e lo stadio un computo abbastanza esatto, (figg. 59, 68 , 69 , 71 , 72 , 77 , 78), non possono essere utilizzate per questo scopo, perchè non dise- gnate con questo proposito, non indicano sempre con precisione i rapporti mutui delle diverse anse cromatiche. Che la variabilità appunto e non la costanza sia la legge ge- nerale di tutti gli organismi, cercherò ora di dimostrare con una rivista sintetica di quante osservazioni son state finora pubblicate su questo argomento; che essa poi valga anche per quel tessuto della Salamandra che meglio si presta per questo scopo, lo proverò con le mie osservazioni fatte con tutti i metodi che permettono di ottenere i risultati più attendibili. Dopo questo ultimo accenno dello Strasburger ai fatti sui quali era stata fondata la legge della costanza del n. d. cr. in cellule della stessa natura, di questa di solito non si parlò più che come di cosa perfettamente stabilita, né furono fatte da altri osserva- zioni di controllo in altre specie di cellule, dirette a riconoscerne la verità e la portata. Cionondimeno essa fu enunciata come legge generale dal Boveri ('90, p. 372) , con la seguente proposizione: « Fur jede Spezies ist die Zahl der Cbromosomen konstant, d. h. in den karyokinetischen Figuren homologer Zellen finden sich stets die gleichen Zahlen ». Tale legge fu poi riportata da tutti i ma- nuaU di istologia , compresa però per lo più in quella molto più generale della legge della costanza del numero dei cromosomi per tutte le mitosi delle cellule somatiche di una data specie di me- tazoo o metafito, legge della quale mi occuperò in un prossimo lavoro. Solo relativamente più tardi, quando cominciarono a pubbli- carsi, prima scarsi , j)oi più numerosi altri casi di deviazioni da onesta pretesa legge, troviamo che coloro che parlano più parti- L'organizzazione della cromatina 9 colarmente di questa forma di costanza, pongono qualche restrizione all' enunciazione generale e cercano di spiegarsi in varii modi i casi di anomalie ad essi noti. Cosi p. es. Zoia ('93, p. 53) afferma che molti di questi casi in cui la legge si manifesta in errore « senza dubbio sono dovuti ad osservazioni non esatte, giustificabili del resto colle difficoltà certo non lievi che si incontrano nella numerazione di cosi piccoli elementi , specialmente se il numero loro è rilevante > e constata anche (p. 54) che « assai più frequenti che non nelle cellule germinali sono le variazioni che si osservano in altre cellule dell'organismo e si possono non di rado riferire a mitosi plurivalenti, cioè mitosi nelle quali gli elementi cromatici ri- sultano dalla unione di più cromosomi ». VoM Rath ('94, p. 469) è presso a poco della stessa opinione, perchè riconosce bensì che esistono dei casi in cui vi sono accenni a < ganz geringfùgigen Schwankungen der Chromosomenzahl », ma crede che si tratti di risultati incerti a causa delle difficoltà tec- niche, specialmente derivanti dai tagli e in qualche caso di tes- suto in attiva proliferazione, anche a causa di mitosi patologiche con numero dei cromosomi abnorme o asimmetriche. Anche Haecker nella sua Praxis und Theorie der Zellen und Befruchtungslehre ('99, p. 62-4), dopo di aver riferito l'enunciazione di BovERi ed alcuni dei casi in cui essa si dimostra erronea, ag- giunge: (p. 53) « Diese und andere Schwierigkeiten fallen weg, wenn man annimmt, dass die chromatische Substanz des Kerns die T on- de nz liat, vor jeder Theilung durcli Segmentirung (Quertlieilung) in cine fiir die Species charakteristische und konstante Anzahl von Theilungselementen zu zerfallen (Normalzahl) ». Anche egli ammette che quando non si ottiene ciò si debba alla presenza di cromosomi plurivalenti. Lo stesso BovERi più recentemente ha attenuata la rigidità della sua primitiva formula affermando ('04, p. 4) « dass die Zahl der Chromosomen... die gleiche oder wenigstens ungefàhr die glei- che sei ». Simili espressioni, come vedremo, avevano già espresse anche altri studiosi in varie occasioni, come nel campo botanico Stras- BURGER che nel 1894 (p. 861) affermava «dass die Natur wohl im Allge- meinen, nicht aber ganz ausnahmlos, sich an die gegebene Zahl bindet » e Guigmard (99, p. 476-7) che aveva proposto di sostituire al termine di numero normale quello di « numero massimo ». Più tardi, come vedremo, parecchi osservatori insistettero sulla varia- 10 Paolo Della Valle bilità del numero dei cromosomi specialmente nelle mitosi delle cel- lule somatiche come fenomeno generale. Nel campo della citologia zoologica E.. Hertwig ('96, p. '27), a proposito di variazioni non molto sicure da lui trovate in uova stricnizzate di Sphaerechimis e da Wilson in uova normali di Toxojmeustes, scriveva: « bin ich fast versucht anzunehmen, dass in der Zalil der Chromosomen eine gewisse Variabilitàt herrscht ^ e Barbat ('07, p. 376) da osservazioni da lui fatte sul coniglio affermava « that the number is not absolutely fixed, but exhibits a certain degree of variation ». Non mancarono le reazioni contro questo scetticismo da parte di varii autori. Cosi Foot e Strobell ('05, p. 219) sulla base delle loro osservazioni sul numero dei cromo- somi del primo fuso di maturazione dell'uovo di AllolobopJìora, in- sorsero contro le notizie di variabilità che si erano andate pubbli- cando « discrediting the great signi ficance that has been attached to this point » e Montgomery ('05, p. 179) preferiva riportare al- cune delle osservazioni di variabilità da lui fatte « rather to some unexplained individuai variation than to the possibility of a normal unequal distribution of the chromosomes ». L'opinione della variabilità del numero dei cromosomi è stata però anche essa enunciata come legge generale più di una volta, ma senza 1' indispensabile base di un' analisi obbiettiva completa dei dati di fatto conosciuti. Cosi il trattato d' istologia di Prénant , Bouin et Maillakd, parlando di questo argomento scrive (p. 721, nota): « Comme toutes les lois biologiques, la loi de constance des chromosomes n'a rien d' absolu ; si elle demeure vraie le plus souvent dans les blasto- mères de segmentation, il paraìt ne plus en étre de méme dans les cellules tissulaires, où les chromosomes peuvent exister en nombre variable ». Molto più reciso e tagliente è Jost che nella sua Piianzen- physiologie ('04, p. 463) scrive: « Auch gibt es Angaben genug, die beweisen , dass die Konstanz der Chromosomenzahl oft mehr ein Wunsch des Beobachters als wirkliche Tatsache ist. Sehr hàufig kann man die Chromosomen gar nicht so sicher zàhlen und begniigt sich dann darait festzustellen, ob sie ungefahr der Nor- malzahl oder deren halben bezw. doppeltem Wert entspricht ». A queste parole di Jost fanno riscontro nel campo della isto- logia zoologica quelle di Child ('07, p. 192) che afferma che molte L'organizzazione della cromatina 11 delle costanze istologiche sono dovute a volontaria selezione dei casi aberranti. Riassumendo possiamo affermare, come del resto meglio risul- terà dall' esposizione delle singole notizie, che in generale per la istologia zoologica la legge della costanza del numero dei cromo- somi fu accettata quasi senza controllo, ciò che non fa molta me- raviglia quando si pensi che essa venne enunciata quasi contempo- raneamente all' altra della persistenza dei cromosomi nel nucleo « a riposo » (Rabl), seguita poco dopo da quella più generale del- l' individualità dei cromosomi (Boveri), teorie che, mentre da quella legge ricevevano valido appoggio, dall'altra la spiegavano in modo del tutto naturale, come una loro necessaria conseguenza. Per ciò che riguarda invece la istologia botanica i dubbii co- minciarono fin dalle prime osservazioni e, come anche meglio ve- dremo in seguito, attualmente si è formato un accordo quasi com- pleto fra gli autori, per ammettere , specialmente per le cellule somatiche, l'esistenza di una varia bilitità anche abbastanza forte. Ciò probabilmente è dipeso, o dal fatto che forse in quelle le variazioni sono più evidenti, o perchè l'opinione generalmente for- matasi dalle prime osservazioni era quella della variabilità. Ora una serie di poche osservazioni può attaccare molto più difiicil- mente l'opinione della variabilità che quella opposta della costanza, contro la quale ha valore anche un solo caso bene accertato di variabilità. È però in ogni modo strano osservare , come nonostante gli intimi rapporti esistenti fra la citologia animale e la vegetale, questa opinione così generalizzata della esistenza di una variabilità del nvimero dei cromosomi per le cellule vegetali, sia tanto poco conosciuta fra coloro che si occupano degli stessi argomenti per le cellule animali, da far loro considerare la costanza del numero dei cromosomi come legge quasi senza eccezioni. Disgraziatamente un notevole numero delle osservazioni pub- blicate per le piante di variabilità del numero dei cromosomi nelle cellule di un organismo, non hanno per noi valore qui, perchè gli autori non indicano se le mitosi in cui sono stati trovati numeri differenti appartenevano o no alla stessa categoria di cellule, e se quindi non si debba tener conto per la loro spiegazione anche dei processi di differenziazione. 12 Paolo Della Valle Stato dell 'argomento Le notizie elio si sono andate aceumulando dal 1880 ad oo-ari in questo campo, non si può dire che siano scarse, quantuncpie siano sempre inferiori per numero a cpianto avrebbero dovuto es- sere qualora tutti coloro che hanno determinato il numero dei cro- mosomi in una data specie di cellule si fossero convinti del fatto, relativamente ovvio, che, almeno per essere sicuri degli errori di osservazione, una sola determinazione non basta. Di solito però tali notizie sono pubblicate in lavori che solo incidentalmente si occupano del numero dei cromosomi, al quale gli autori non dedicano che qualche parola , poco occupandosi , spe- cialmente nella citologia animale, di discutere i risultati proprii ri- spetto a quelli di coloro che intorno a questo argomento avevano trovato fatti simili o diversi. Dato ciò, mi sembra inutile nelT esposizione delle notizie che abbiamo per gii animali, di seguire l'ordine cronologico, è più op- portuno invece di raggruppare le varie osservazioni secondo che esse siano favorevoli o contrarie all'esistenza di una costanza del numero dei cromosomi in una sola specie di cellule. Poiché, come ho detto, di solito si tratta di notizie molto fram- mentarie e pubblicate incidentalmente , e poiché d' altra parte il loro numero è abbastanza considerevole, ho creduto più opportuno di porre sotto gli occhi del lettore tutti i dati che ho potuto rac- cogliere, in forma di tabelle. In queste, oltre l'indicazione dell'or- ganismo di cui si tratta, della specie di cellule a cui si riferisce l'osservazione, del numero di cromosomi trovato e dell'indicazione bibliografica, sono anche indicate le parole, di solito molto poche, con cui l'autore ne parla, riferendo poi, più estesamente, dopo cia- scuna tavola, le notizie più importanti e le osservazioni più esatte e numerose. Si comprende che non riferisco che solamente quei casi nei quali gli autori dichiarano espressamente o per cui non vi sia per altre ragioni alcun dubbio , che i differenti numeri che essi danno non sono i termini dell'approssimazione con la quale la de- terminazione é stata fatta, ma numeri diversi realmente osservati in mitosi diverse della stessa natura. Ho invece voluto larerhee:- giare nell'accogliere le osservazioni che sarebbero favorevoli alla costanza, anche se si tratti di semplici affermazioni senza l' indi- L'organizzazione della cromatina 13 cazione nemmeno del numero delle determinazioni fatte e anche se dal complesso del testo appaia piuttosto clie FA. abbia voluto affermare di aver trovato costantemente « normale » o costante- mente « ridotto » il numero dei cromosomi, accontentandosi cosi di una approssimazione molto grossolana. In questo modo, la dimostra- zione della verità generale della variabilità non potrà clie riuscire più evidente. Per ciò che riguarda le piante, non disponendo per esse di una biblioteca paragonabile a ciò che è quella della Stazione Zoologica di Napoli per la citologia zoologica, non avrei potuto compilare delle tabelle che dessero affidamento di comprendere, se non tutte, almeno la massima parte delle notizie pubblicate, come invece spero di essere riuscito a fare per gli animali. Mi sono limitato quindi a raccogliere per le piante solo le notizie più importanti e sicure che esporrò dopo quelle che abbiamo per gli animali, raggruppan- dole secondo la natura dei tessuti di cui trattano, poiché, come ho detto, per le piante esiste una certa concordanza di risultati per le singole specie di cellule ed anche per parte degli autori una cono- scenza quasi sempre completa dei risultati precedentemente ottenuti. Notizie per gli animali Costanza del numero dei cromosomi. Le osservazioni finora fatte in cellule animali, secondo le quali il numero dei cromosomi risulterebbe costante, sono, per quanto io conosco, le seguenti: 14 Paolo Della Valle 00 in o CD CO CD O co co IO 00 »o co CI co Ph P^ Ph o_, p ^ § a> CD CT> tH Ci 1—1 pi* Pu 00 in o co f> W pq w o > rf^ O Ph iX O) .2 !=^ flì ^ bl bli '.^ ^ N (V >, ^ -ti -1^ H •^ ^ r3 X' rii! ■=r ? O (P 5 7/ Cj Cj -1-2 Ò CD -li ;:: Ph ^ o ^^ ò S " -ci ^ ^ ?^ Pnt § _5 Oi bCi§ P- « o -O) -(B O) -ti «+H ai S _S y. _G 15 o il S OJ ce _bJD73 "vs O s ^-S a r^ 03 ^ c •- o o p- tr. o m e m o » X HH ■3 C 1^ o CH- CH- -1 ^ s iSH ^ ^ Ki O L'organizzazione della cromatina IB CD CO P. o_l CO o § 1—1 o co CO CO O (M &, Ph o Ph Ph r^_| oo s § o <3) O P3 5 P^ 01 rr> tì ci ^ So q H 0^ y:i o) .— H S s-i « a2 :cs ^ -!^ ^ ce S) ^ !aC S 0) 'X' !=. o CO 0 o ?3 o CD ci 0"! 0) g h^ C » Ph ^ Ph2 Cg T) -^ ■=* ^ -1^ '» CM CO CD CO O •;= O o o tD Ph ce HH O PM Ph ftn a ^ i^ S; Oh 16 Paolo Della Valle cvj m ^ m ^ §--^g CD ^^ 05 o S S ^ mg '^^ ® 2 P o S ••^^ 'T? > i:^ « o

-. bb ri q=l a ^ ÌO 4^ ci ;>^ o ci ^ fe o (D ce ^ > ? te cu o A •w (p ;> rt a e J^ (D e 2 S ^ Q 0 P-l N ^^ (-lì r/j 5 =3 .2-S^ ■73 --C 2 C5? ce rS O cu rj: ~s ^ a u ^ .3 q CO OC/2 ^ .' ce O «D ce O) S fl ^ Se© ce 03 <^ S f= -tJ s 01 ■s^ ?! V) *"* a^ g 0) cS -^ -ti oiS r/} C tì !aC-Q P! p ri3 1 fi o co o bC CO ^ o te o Ph CO t3 Archivio Zoologico, Voi 4, Fase. 1. 18 Paolo Della Valle pH evi co CI À a< Ph evi 05 o p 106 nota 451 o P. Ph Ph p^ 00 od oo Ci oo tó > W bJO bS) P-Oi O C S CS o O rj ,l2 ^ ?: ci Ti Ti cr- ei © n3 =^ <^ ■CD ^ P-q=l r; , ^-=3 S a:» c^ ^ P f> .2 '53 . ■^ «H 5;, a;) PCCrD CO 0) a; a bj: CD e ^ "^ .2S -= f^ S;^ p 2f 0^ ^ N ^5 P -P bC P p 1 ® S ^r •Spi o a> pq a a; .J-. ;i^ p ^=^ ì--, ci ;=; cs " 0) .-. =^ ci g »-l • 1— « ""5 ctì 0 s 2 > « 0 lC ;- ^ ^ J3 s -^ S ,. 03 03 0/ fe a bD P "S '^ ^ P ^ o e CO co bC o P^ CO o W a ;2 Ci '" .b cS U 33 - e» .rt O rrt ■r* -i^ -i^ > O S ce 05 O > (13 O <1 S -al (D ° ^ J f3 .:=; o o 5 OQ > tó >>co _ '"' ^ ■ '^ I ! co rt or=! or;:: .- gj O m ;-; 'C "« -c: « fl tri ^ 'bb'5 M (T) GO O _. -^= _= CO --, -1-= CO o p «G e* S o ^ S 2 lo © ^ . co-^^:2 i § 'S ^ co o) S ^ 1/2 03 17J a •-^ ^'^-^^^ -^ OCO ^ co I— 1 a» o o -^ ^ -^ .S ;_ ?^ à^ -. vu w 0:1 03 O ^ r^ ^ ce ~' 0:) 03 Q S_^ 03 g ^^^i ^^^ lO :j -03 o ^ ^ 03 03^^ O g CO Ph 'e s .ii p 2 .-* O ■- rjì F5 -t^ O '-i g 03 > 2 2 -c .2 ^ fl 171 S 1: 3 ■^00 ^ S C g fl p, ^ 03 É «J ■ r^ -ci 03 ^ ■ - ;h 2 ^ ^ o "^ 03 '03 J -►^ ^ o -^^ ' O -— ' '^ 03 •-H 03 r^ 03 tì -i^ C 03 V 2 tì 03 ^H ^ 03 '^ O 03 CO co i-i I 00 bD > P O ni 03 ._j 03 CO 03 O 'Ò3 Qj o s 5» ftn L'organizzazione della cromatina 25 C5 00 CJ5 ^CQ go O P ' CN o ai ^ t^ ^ '2? oi ,:^ TI <^ -^ ^ 2 -^ T— 1 'M &.-,-&,;!, Sh ^ O -«r- 05CVJ vf Q C5 O 05 O o O ce 73 — J; M o e; in :Ì > -t-i 0 tì , m K^I - Ci a © e: -t- ^ a; © OH' 1 -rH o -, 9^ Id "^ --ti ^ •— ' ^^ (T^ !^ ni O e? O ," o _• ^ O a ^ bc P: dì -^ ^ ^. a 'K cs a > 0 O CD Ò o o -3 "^ ^ ^ 2 o cs 03 -Is"^ ^ a S- &t3 a 00 CD co I 00 0+ ni (D -73 (U 0 n3 0 2 03 -l-^ •> s 1— 1 CD ^ s bC a o ||of bc a "^ §^- S ■^ ►o e s s .^ 0 rO S r* ÌS "^ 03 Or, S Sri H r5^ 0 f^ ;s e ^ 26 Paolo Della Valle Oi ■^ ■^•' ^ t- -i* 'X < ce ■ TI -o t^ lO 99 co re :^^ p^ ^ -^ ^ ;::. »^ iCi a>o> 00 oo ^ o co -^ 0>0 o a mP^ g s [d &a S2 & ■ tó o tri US a <: a H ^ o o ►^ tó O Cd tó ■^ -^ :>pq>.pu -1^ 1— I > l ^ =i ® S O Ce 4) O .— ^ ._, > CM 'a; --^ 2 H N .2 o ,o '«H s o o -^ ts «d • U o ia rS Ph ^ i-^ -i3 ^ ci _ H = •S 53 esii fl Ti P-I-4J -< =; a ■3^ C<1 re p^ I ^ a ri o -^ , al S « (M •g TJ ii oj .S a :o« -Ti -^ ce ^ o o i=! a ■^ a o) ._ a _ a •- o -^ " o c« •:i ^^ — "^ '-^ 3 ? § -o " O-g a ^-5 co - " ^ -O -0^ > -e <3 00 p '-' a ■ o) bii^ a S P^ OD CD Oì o 1—1 co Of Ti t3 a O '3 cS S -7:3 a !aC ^ o P- c/i N co Sco •fe p EH co ^ « a> ^ L'organizzazione della cromatina 27 co lO QO ^ lO 00 o ^ -t^ o le -' 5 w ► "* OQ 2 -< w ^ 00 00 .o r-s a o — « "-' ci ^H i-i '~~* ^ a o ?, o -t-j C/J m '^H ci t in o co G<1 ci chromc assez dìi- aisémen Le noi de 36. 1— i m P- ^ S S & > 03 « «=-g-g- > t^ Oh t- cS ó co o GO 'Ph l'i . ce (D t3 g g ' ■:S ■> 2 ; ^ ® T 00 .. «^ « S i ^ a - o ,<^ o o^ ^^ g ;::: 2 o ^ O a r^ ^ . '^ !K •- .Ì; -J-J r^ g _^ > ^ >^-: o co Oti co o oo -^co co oooo s a a g o o o o ce fq H H &^ H :z; ^; Z ^2; o o o o IJ lisi fi £°.l|g^1 1:1-3 ÌÌ£'2Ì1'-^|>f|^ 1^ -SI»! Ili8:ii^^l£iyi'sla1|.s:i O, O :^ !^Fi-S l> 2 C^--^ ^=^ >'^T^ '^CO'^ ^O-^ gpJ^O^:-'-' bjj=^ ^ -^.s^^^j^ o:^ 2 ^.^^5rS^^-2-S ^ > "b ^ S TS 'd bC GQ riè o ss 2 '-' CD s .2 '' ^ 5 o r^ >- W •e** :5; w ^> »a Ct' ti^ 0 > Kì L'organizzazione della cromatina 29 ^ -^ c:o ^r> t- O — t co T-l ^ mio ooo :z -5 ?; j: g !s r2 ;g p] ^ g"cO g a; -^ -s -*-■ " $ ^ S^'S O! 2 ^ "^ r^ C^ fijr; o^ ?:;_ ^^ w;z^ 2 C5 ., ?? ^ ^. - 9 S^.p-^s " - -^ ^J3 - — ' S 0^ P :S f, , ^ -^^ § S "§ I ^ bb^ § S =* oT ."^ .^ ^ o g a. g •r o g ? g _o == :5^ fl 5o;S'i5S -rHtl-S,PT3j:'^cs=«Sr5g 2S^ ^9.'-*-+^^a:)c:)^'--o cuo)- . ^^_-r' ^r»ir^GC^.-/5 '-'-1:5 z il |H»a sS-^ l^ìiì- |?T« lire:- 1 » 'ffi-^.t ^is ^ 1 1:: 3 ^^ I II >..^ is 1 1 § ^ Il §=r.^ è ^ ili- oó 'b O 30 Paolo Della Valle t^ G<1 t>- '■JD CO O rH CO '-H idi fi. P- OOO O X) — Oi CO GO ■>! co '^' »o ct:^ fN i>- 1— I i^ ;^5 ,— I T-H -ro lO co .— I Oi o CP ^ Ph &, Oi Ph PL, &. P^iO . . . . ^ ^ . ^(M -- C5 IL ^ ::!» :~ TX :L «O ^ f'" 00 > V e O O O • P,- oo P^ >< tH >• S « S „ H i pel OS ^ S o '^ O § 2 J^ § 1 H r/.i -T r^ H tK il, Ol w o i5 •,<5 O 3 ai O

o oò a o P^ ss L'oi'ganizzazione della cromatina 31 OO PP PP P^^P' tó P3 PS itì « g Pi -S ^ o -ns p o M '^ : > -^ x (H 03 P? H ià g S5 o > "C o -..2 0^ o o re ^ : > — s s^i§" ^ _fl >^ ^ ;, -è :^ 2 T-H ^- _ ^ ^ f^ •./- a ^ -.^ ?« I g^ ilo 11 1 1 ^i .c^2|^- a .2 i3 -2 Q,:S ^ b- ,S 'K .2 S ^^ a3 bb oj -= ph ^,^' — 1— T^ [Vi a; . OD d I^H ^oo;S =*^^^ «-^i^ 00 '-^ '-i' tL co co ni o bJ3 tl^ O S 32 Paolo Della Valle et) ^ fN CO (M OS CM CU i^ -m' 'm' -^' -M* — CO r~- I-i OOOO op t-i o 00 t- co tr- CD C<1 C5«0 • o CD CO in O f« >H (« tó K U !S g ^ o o 7. /^ 5^ j^ y. ^ 5r o CE O O O o o Tt O H H 73 M OJ rr. O! s vi e/) >'. ?; ^J iJ J ij J ^ Q J O o 1^, ^ Cd O ;r. degli 0 di più disegni n equa- curs in- irly ap- s is ex- r found ody in this ad- robably jetween l1 chro- SSJ^ CO njuga nd it an a Ci cS c3 -T3 CO Ti -t^ 5 is e Coenus « a occasionally oc hromosomes elei 1 (Z, 2 e) but thi nd I have neve howing this b e presence of 'omosome is p ure of synapsis 1 spermatogonifi g?.s s ci CO CD '^ '^ Ci 03 CO cS 03 co O 24 come n. ^ lii. come risai rminazioni = ^ mosomes wich nonnally to form a bivalent bod evidently to be regarded normal condition ». 1—1 -fi p- -t 5 à 1 — 1 c3 O 9 oss dà natogor 0 dete O IO Lygaei ,1 piate ni ne e. (tigs. onal, a: indie s ion. Th nal chi bo a fail of the >• >• > hH 03 TS co ^ ro_^ -^-^ 0,22 O fl -r o ce &^ 03 '> "13 5:! 9 m »o :^ c-i (M 1 Op I— 1 rM 1 ■rò 00 CI CI c-i ^ bX) W bJO bC o • rH ctì ce § g a bC 03 a» o Pi a. O m OD 1^ i^ © "rS "^^ fii L'orpfanizzazione della cromatina 33 (Jì CO oo co o •r-CO OO CD o >- >H Pi 05 u bd s g O r^ o H H :?; 5^ c e 3 03 ^ > tó ^ O ;_• o '_^ CU l-H <1) 0) s o — » d X e S "o 9 o > V: s 3 S <» ^ . .5 O 00 ry. S ^ _ i-^ ce (T, S S 5 ;- (X) OJ '■'^ CÌh ^ O Ph-— l< ce S ^/3 Ph n ■^ "S -S co .£"_ "S ^ . & dJ 173 ' — ' > Oì Ci ' Ci '-' :: '^ •^ S 0. P 2 ^ ^ G CD -2 ce ce ^ ^ - bD ce p -e 02 'o ■^^ S .S r- r-i O 0^ CS ,JJ "'-' .9 -ì^ jO ■- ^ .9^ e cu f= ^ o S fì 3 S a3 ^ rt £ 3 S TI '^ 02 D 5 g g^i ?? !> o ^ a> ce ?^:h §"S Ss ce fl P^ cu cu t3 '^ ji <^ >-^ S +^ "ci r, -^ ^' :^ ^ I, ce O O o (D S '"^ ce i 2 ci'" 2 0; § 2 3^1^-^ -5 ^ ~. "^ '' ? ^ ^"r^a)o^?^ce o -1^ -t-> e l> iS o ce o >-; (-1 p; cu D o S 2 P- o o -t-* X' ce cu o pr o I ri2 ^ T3 bC 5 -i-H (D > o •- ^ S I a5 co -f ;£: g i CQ S i=l - o ^ bJD > ci d o .^13 ^ g g ' H > rei a •CD g- ì^i 0-0 o "JS ce .2 .2 '-' 'Pli'o S H M d a o QJ CD ^ n — ' '^-5 3 E^N 0) CSI t> tì PI © oj a § o-J bt a 2 a -^. rS f» (£) o :3 «3 •- CD ^^ ^ S =^ S ce S-sil S.2 o ^ ^ o r_ 13 13 . .2 03 E! P S CD a 2 «^ _ a o -^ '•-' CD -ii -1-2 ■?ì e a <^ ^ e a ce eoa

^ ^ S 9^, ^ g .i^ ^ ? ?^ ?; " ^1 ^ "1, ^ ^ :S ^ ^ co S '7. hhN J^ ^'-H ;-< ctì ;-, >T' i-P O) Ti o ci Ó ce PI o f3 ^ O < CD J 7j X o _a) g (T) o a 'OJ o m s !-i PI r^ o o Ì3 s; -^ o q w:ì o -Ji ctì a> 3^ C3 ^> !h r> ^ t^ ^ cS tì -t-> Sh T -a ' avon chif 10 i cour 4| o Nous art les inator, ur des CO 2 P,GO 0.i~2: K ili CO I— I i 2 3 .^ ;-::^ ce ce ■ 9 -d ^ ''d Oj a ; 1 ci i- '^ o U,' CI) <1; a. a W co h"" p:< H ft; ci (^ ^ "^ ^ =Q 36 Paolo Della Valle Oi co C-10'::t- .— I X -* OCO 1-1— ( (MdOOC^l pL, (H^ P^PhP^CIh Pi Pi pi' I p . Ó I o 1-^ ai co ^ tfi io t~^ t^ t^ t^ oo O O 0005050Ì oooooo ffl HccW c»0 WhI O}^ «5 ce co rt; 'o è; «^ -r-. fM Ti _ S o fl P-^ - m 05 ìtì O ri n> . JET fO * Th f^ • --i 1^ " ^ CO 2 S f^^ P ^ .^ -S g à 2 ^ -bbltì S - - 0> S a, Fi > ■73 o -' a cS o (D - '+= tì ^ ■-3 ,-") Ci > i-l QJ 1—1 P 'rH ■-d a> p- d, à ;^ -s ^ Ph.2 '£. S "S .^ f^ ■'" - "^ ■" -^ '^ ce (^ O ;^ ^ Oi" 5^CvI OD lOctìOj^'^iO'T' ^ co 0'~'Ì3'~'-2 (cosa che veramente non è facile a com- prendersi come avvenga senza ulteriori delucidazioni,) e Dp: Sinéty ('01, p. 225 e tìg. 141) per la stessa mitosi trova egualmente 12 e corrispondentemente 24 per gli spermatogonii (p. 210 fig. 139 e p. 225 fig. 130). « In Gegensatz hierzu, » continua lo Zweiger « fanden sich in 2 Cysten eines anderen Hodens 14 Vierergruppen in der Aequa- torialplatte der 1. Reifungsteilung, in den ilbrigen Cysten dieses Hodens 13 Vierergruppen ». Gli spermatogonii corrispondenti avreb- bero dovuto quindi avere rispettivamente 26 e 28 cromosomi, ma ciò non potè controllare essendo passato il periodo di moltiplica- zione per questo testicolo. È interessante 1' osservazione , che del resto coincide con quanto aveva trovato Stkven.s ('06^, p. 39) per gli spermatogonii di Onodonta dorsalis^ che « Die Zahl der Vierer- gruppen war in alien Spermatocyten einer Cyste dieselbe , was sich daraus erklart, dass alle Sexualzellen einer Cyste sich von einer Spermatogonie herleiten. Die Verschiedenheit in der Chromosomen- zahl der Cysten eines Hodens muss also bereits auf die ersten Tei- lungen der Urgenitalzelle zuriickzuliihren sein » i). Secondo V a. però (p. 169) tra le mitosi a 12 tetradi e quelle a 13 e a 14 vi sarebbe una differenza, perchè in queste ultime vi sarebbero in più 1) A queste osservazioni di Stevrns e di Zweiger che hanno mostrato come in un determinato gruppo di cellule genetiche il numero dei cromosomi possa essere diverso dal solito, ma costante in quel grappo, si può aggiungere anche quella di Strasburgeb, unica, per quanto conosco, nella citologia botanica, che trovò in una sola antera di Clorophyfmn sternhergiannin sempre 14 invece di 12 cro- mosomi ('88, p. 49). 46 Piiolo Della Valle uno o due cromosomi che si dividono in modo anomalo nelle di- visioni di maturazione, onde si dovrebbero così avere spermatidi di tre specie diverse, a 12, a 13 e a 14 cromosomi. E importante inoltre notare che anche negli spermatociti giganteschi a 2n cro- mosomi, che esamineremo in seguito, il numero dei cromosomi trovato dall'A. fu in alcuni di 24 e in altri di 2G. L'A. interpreta la va- riabilità da lui trovata che riguarda, secondo le sue osservazioni, specialmente i cromosomi eterotropi, accettando (p. 162) l'opinione di Paulmier che considera tali elementi come cromosomi in via di degenerazione. Come abbiamo visto, alcuni autori spiegano il risultato delle loro osservazioni come dovuto all'esistenza di due specie o varietà, morfologicamente indistinguibili, con numero dei cromosomi molto vicino fra loro. Ora è noto, che osservazioni diverse sembra che abbiano provata 1' esistenza reale di varietà di una stessa specie r una ad n e l'altra con 2n cromosomi. In tali casi però l' inter- vallo fra il numero dei cromosomi di una varietà e quello dell'altra è molto forte e quindi non si presta per spiegare la presenza di nu- meri di cromosomi relativamente vicini fra loro. Nonostante ciò il BovERi ideò un metodo per servirsi a questo scopo della possibile esistenza di queste due varietà e cioè immaginò che esse potessero incrociarsi fra di loro in modo che, con la fusione dei rispettivi numeri ridotti si potrebbero avere numeri intermedii. Lo stesso principio fu esposto, come abbiamo visto, dalla Stevkns, per spie- gare la variabilità osservata nella Planaria simplicìsshna, ed è noto come rE>jfiiQUEs ('05j su questa ipotesi fondamentale abbia svilup- pata tutta una teoria per la spiegazione dei diversi numeri di cromo- somi che si osservano nelle diverse specie di organismi. 11 BovERi dunque, studiando le divisioni di maturazione e di segmentazione delV Echimis microtuhercnlatus ^ trovò ('90, p. 348-9 e fìg. 45, 50 e 51) in 40 casi 9 cromosomi nella prima divisione di maturazione e 18 nella prima divisione di segmentazione, e solo 4 eccezioni, cioè due volte 18 cromosomi nel primo fuso di maturazione e inoltre nel primo fuso di segmentazione una volta 27 ed un'altra 23 cromosomi. Il Boveri respinge recisamente l'ipotesi che si possa trattare di « Willkiir » e di « Gesetzlosigkeit » a causa della rarità di questi numeri in confronto dei numeri 9 e 18. « Jene abweichenden Zahh'U sind gewiss nicht so zu deuten, dass die gleiche Chro- matinmenge sich das eine Mal in 18, ein anderes Mal in 27 oder 23 Segmente zerlege »; ma fin da principio deve essere esistito un nu- L'organizzazione della cromatina 47 mero diverso di cromosomi o questo è aumentato durante 1' esi- stenza della cellula « durch eine Spaltiing der chromatischen Eie- mente ohne Zelltlieilung ». Ciò gli sembra confermato dal fatto che i numeri trovati stanno fra di loro in un rapporto semplice. Se infatti si suppone che in un uovo con 18 cromosomi la ridu- zione cromatica non si avveri, si avrà una I-'^ d. d. m. con 18 cromosomi come in due dei quattro casi anomali studiati. Da que- sto si avrà naturalmente un pronucleo 9 con 18 cromosomi, a cui, aggiunti i 9 elementi del pronucleo (^ si avranno '27 cromosomi nella I» d. d. segm., cioè tanti quanti se ne osservavano nel terzo uovo con numero dei cromosomi anomalo. Se ora questo uovo darà origine ad un individuo adulto, le cellule genetiche di esso, dopo la riduzione, dovranno avere 13 o 14 cromosomi e quindi 1' uovo fecondato con un pronucleo ^f con 9 cromosomi, dovrà dare origine ad una T'* d. d. segm. con '22 o 23 cromosomi, quanti se ne vedono nell'ultimo dei 4 casi anomali citati. Dopo espresse queste ipotesi il Boveui conchiude: « Teli bin durchaus nicht der Meinung, dass diese Erklà- rung der von mir beobachteten abnormen Zahlen die richtige sein miisse, sondern icli will damit nur zeigen, dass eine Reihe solcher Ausnahmenzahlen aus einer einzigen, einmaligen Unregelmàssig- keit — und dass solche vorkommen, ist erwiesen — abgeleitet wer- den konnen ». Questa nota ci dispensa da una critica di tali spiegazioni che del resto non sarebbe difficile, specialmente per ciò che riguarda r ipotesi di cellule genetiche mature in cui non sarebbe avvenuta la riduzione, atte però ad essere fecondate, e della possibilità di svi- luppo non solo, ma di capacità di dare origine a cellule genetiche in grado di subire la riduzione cromatica e di essere fecondate, per le uova provenienti dall' incrocio di due varietà con numero di cro- mosomi differenti. La questione del numero dei cromosomi nelle uova di Echinus microtiiherculatus ha dato luogo ad uno dei più interessanti di- battiti di biologia generale, dibattito che per le osservazioni alle quali ha spronato è stato ricco di interessanti scoperte. È noto come DEr.AciR ('99, p. 309-413 e 'OlS p. 301-2 per Strongylocentrotus) studiando la merogonia delle uova di Echinus e trovandovi 18 cro- mosomi invece di 9, quanti sarebbe stato probabile aspettarsi date le determinazioni fatte da Boveri, ne conchiudesse la non esi- stenza dell' individualità dei cromosomi e spiegasse le sue osserva- zioni con un ipotetico potere di regolazione del numero dei ero- 48 Paolo Della Valle mosomi insito in ogni organismo. Contro questa interpretazione sorse il BovERi ('01) che fece notare che anche il solo fatto dell'esi- stenza di variazioni nel numero dei cromosomi da lui osservato era contro questo ipotetico potere di regolazione, e a conferma delle precedenti osservazioni , aggiungeva (p. 170 nota): « Auch spater habe ich bei gelegentlichen Chromosomenzahhmgen in einer Serie von Echinit,. Wilson invece per Metaiwdins, pensa piuttosto che alcuni individui abbiano un cromosoma in meno degli altri e questi egli considera come due tipi diversi, benché poi debba riconoscere la possibilità 56 Paolo DeUa Valle di differenze molto maggiori che egli cerca spiegarsi con la pre- senza di un numero vario di cromosomi soprannumeraiii. Nel caso poi di Stevens per Diabrotica si dovrebbe trattare perfino di cinque varietà diverse, con nessuno, uno, due, tre o quattro cromosomi soprannumerari i. Purè alla esistenza di due diverse specie, non distinguibili mor- fologicamente, hanno pensato Stevens per Pale milkweed aph/d, ed (Jack apkid, Boring per AphropJiora e Montgomkry per Lt/cosae 8yr- bula^ benché non tutti indichino ciò che sarebbe indispensabile; per- chè tale interpretazione fosse verosimile, se cioè i numeri trovati si osservano in tutte le cellule di alcuni individui soltanto. Derivazione e fondamento di questa interpretazione è la teoria dell'incrocio , sostenuta da Boveri per Fchmus e da Stevkns per Planaria che già abbiamo precedentemente esaminata. Ricorderò infine che Ottk per Locusta e Montgomery per Hi/- qotreclms e Lygiis pensano che la variabilità osservata sia dovuta soltanto a difficoltà tecniche e che per Artemia^ Anasa e Mns, ì dati discordanti dei diversi autori impediscono di vedere chiaro quale sia il reale comportamento del numero dei cromosomi nelle mitosi di (juelle cellule. Tra i casi in cui è stata osservata negli animali una fortis- sima variabilità del numero dei cromosomi fra le varie mitosi di una stessa specie di cellule dovrei mettere in prima linea il caso dei tumori maligni. Anche a chi abbia fatto solo qualche prepa- rato di tali neoplasmi è nota l'evidenza con cui si manifesta questo caiattere che è stato notato e ripetuto fin dai primi tempi del- l'analisi istologica dei tumori. Però, le grandissime differenze nu- meriche osservate, già di per se indicano ciò che una più accurata osservazione chiaramente dimostra, cioè che la massima parte di tali differenze è da riportare piuttosto alle infinite anomalie cito- logiche che comunemente si osservano nei tumori maligni (fusioni nucleari, amitosi, divisioni asimmetriche e pluripolari). L'oscillazione uniforme numerica simile a quella che abbiamo osservato altrove, anche che fosse molto forte, non potrebbe essere distinta da quel- l'altra tanto più grave causata dalle tante anomalie alle quali ho accennato ^). Un caso del tutto simile a (piesto, come vedremo, è 1) Le notizie ])iii numerose che possediamo rispetto al numero dei cromo- somi nei tumori maligni, sono quelle che hanno date Fakmkr, Moohe e Walker L'organizzazione della croniatina 57 quello che ci è offerto nel campo della citologia vegetale dal com- portamento del numero dei cromosomi nelle mitosi dell'endosperma. Nemmeno rientrano in questo studio le interessanti osservazioni del Galeotti sulle variazioni numeriche ottenute sottoponendo al- l'azione di diverse sostanze chimiche e di agenti fisici le mitosi di epitelio in rigenerazione di Srdamaudra, perchè, come nota l'A. stesso ('93, p. 309 e '96, p. 199) la forte diminuzione del numero dei cro- mosomi che egli di solito osserva, dipende dal fatto che non tutta la cromatina giunge ad organizzarsi in cromosomi o alcuni di essi vengono ad essere alterati dall' influenza dell'ambiente artificial- mente patologico. Quanto allo osservazioni, oramai abbastanza numerose di mi- tosi singole trovate in mezzo ad altre normali, di grandezza molto maggiore del solito e con un numero di cromosomi doppio di quello delle mitosi congeneri, comuni specialmente nelle cellule genetiche, è più che probabile, come del resto credono tutti gli autori che le riferiscono, che siano da considerarsi come mitosi di nuclei origi- natisi dalla fusione di due nuclei congeneri, spesso supposta e che qualche volta si è anche potuta seguire sul vivo (Raffaele ('99j nel sincizio perilecitico degli embrioni di Teleostei, 8aame ('06) nei nu- clei della parete dell' embriosacco). Per il valore teorico di tutte queste altre forme di variabilità numerica, alle quali si debbono aggiungere anche quelle famose della segmentazione di As-caris con ritenzione di globuli polari, ri- mando alle considerazioni generali, dove discuterò se realmente tutti questi fatti provino nulla in favore dell' ipotesi dell' individualità dei cromosomi. ('06) e che sono sintetizzate da essi in curve di frequenza. Come è noto questi autori affermano di aver trovato due tipi di mitosi, l'uno con numero dei cro- mosomi doppio dell'altro e conchiudono per l'esistenza di uua riduzione croma- tica. Sia l'uno che l'altro tipo inoltre presenterebbero una fortissima oscilla- zione del numero dei cromosomi. Queste determinazioni però, benché numerosis- sime, hanno scarsissimo valore, perchè sono state fatte su tagli e senza prendere nessuna delle precauzioni tecniche necessarie per avere dei valori precisi (sicu- rezza di aver da fare con mitosi non incontrate dal taglio, computo su disegni etc). 58 Paolo Della Valle Notizie per le inante. Il comportamento del numero dei cromosomi nelle mitosi delle cellule genetiche. Cellule genetiche femminili. Per ciò che riguarda le cellule genetiche femminili delle an- giosperme, come abbiamo visto (v. p. 6) Strasburger faceva no- tare che mentre il numero dei cromosomi delle mitosi del nucleo inferiore nel Lilium probabilmente doveva essere variabile , fisso doveva invece rimanere quello delle mitosi del nucleo superiore, da cui ha origine anche il pronucleo femminile. Per la prima divisione del nucleo del sacco embrionario, già GuiGNARD ('85, p. 320) aveva fatto notare che « les segments sont au nombre de douze ; la constance de ce chiffre est remarqua- ble ». Per le mitosi del nucleo superiore lo stesso autore poco dopo, confermando la differenza fra il numero dei cromosomi delle mi- tosi del nucleo superiore e quelle del nucleo inferiore, scrive che ('91, p. 187), mentre era variabile nelle mitosi inferiori, « par contre, les quatre noyaux du sommet comprennent chacun 12 segments chromatiques, et dans les diverses figures de division qui ont passe sous mes yeux, je n'ai pas trouvé d'exception », cioè appunto quanto aveva immaginato Strasburger precedentemente. Notevole a questo riguardo è l'osservazione di Dixon ('94) che trovò nel protallo femminile del Pinus silvestris che il numero dei cromosomi rimane costante fino a che non si sia formato l'archegonio, ma formatosi questo, i rimanenti nuclei del protallo si dividono con un nu- mero dei cromosomi variabile perfino del doppio. Contro questi risultati non sono però mancate delle osserva- zioni recenti che provano come anche in queste cellule possa esi- stere una variabilità anche abbastanza forte. Cosi p. es. Dixon ('95^), studiando il Lilium longiflorum, trovò variabilità del numero dei cromosomi anche nella triade superiore del sacco embrionale, (8, 10, 12 cromosomi). Lo stesso constatò anche Saugant ('97) che nella mitosi del nucleo del sacco embrionale osservò in 14 mitosi con certezza 12 cromosomi, mentre in altre pre- parazioni dello stesso stadio poteva esistere un dubbio fra 11 e 12 e certe volte fra 12 e 13 ma certamente non scendeva mai fino a 10 né L'organizzazione della cromatina 59 raggiungeva 14. Si tratta quindi di una variabilità abbastanza ristretta che, come dice Guignard ('99, p. 477 nota) « mériterait d'étre soigneu- senient établie » . E che probabilmente cosi sia è confermato dal fatto che egli aggiunge: « Pour mon compte, je ne l'ai constatée dans au- cune des espèces que j'ai examinées depuis {Lil'mm martagoii, candi- diim pyrenaicum etc.) ». E però da notare che studii recenti di Farmer e DiGBY ('07) hanno messa in luce nel protallo delle felci e spe- cialmente di Scolojìendrivm vulgare var. crispum Drimnnondae, l'esi- stenza di forti oscillazioni, anche fra le mitosi dei nuclei dell'ar- chegonio (80-83) e dell'anteridio (70-8'2), mentre la forma tipica ha 64 cromosomi e credono possibile che questa fluttuazione del nu- mero dei cromosomi delle cellule genetiche possa avere relazione con la grande variabilità che presenta questa specie. A tale risultato giunge anche Yamanouchi ('08^) che trova sia nella I^ fp. 11, fig. 22 a, b, e), che nella II* (p. 16) divisione di ma- turazione per la formazione delle spore in Nephrodmm, il numero dei cromosomi variabile fra 64 e 66^ fatto questo del quale egli di- chiara (p. 24), di non sapere dare una spiegazione. Simile varia- zione egli osserva anche ('08^) per le divisioni delle cellule della ge- nerazione ad n cromosomi da cui si originano le cellule genetiche maschili e femminili. Citerò infine a questo proposito, da Winkler ('08 p. 80), le osservazioni di Juel ('00) che trova come numero ridotto 12, 13 a 14, e come numero diploide 24, 25, 26 nella moltiplicazione ti- pica e partenogenetica di Antennaria dioica. Cellule genetiche maschili Poiché in generale molto più facile è lo studio delle mitosi delle cellule genetiche maschili che di quelle femminili, il numero delle osservazioni che possediamo attorno ad esse è m.olto maggiore e corrispondentemente anche maggiore è il numero dei casi in cui è stata trovata variabilità. Come abbiamo visto Strasbdrger ('88) dallo studio di centi- naia di mitosi di cellule madri del polline di Lilium e di Cloro- 2)hi/tum, aveva trovato costantemente 12 cromosomi tranne in un'an- tera di Cloropliytiim in cui tutte le mitosi erano a 14 cromosomi. Co- stantemente e senza eccezioni trovò Guignard ('91, p. 238) 12 cro- mosomi in varie centinaia di mitosi di cellule madri del polline di varie specie di Lilium (L. martagon^ candidnm^ croceum) e ne 60 Paolo Della Valle conchiude quindi la assoluta fissità del numero dei cromosomi nei nuclei sessuali. Non è questa invece 1' opinione che Strasburger si era an- data formando dalle osservazioni sue precedenti e da quelle degli altri autori, poiché egli poco dopo scriveva: ('94, p. 861) « That- sàchlich ist es aber richtig, dass geringe Abweichungen von der ty- pischen Chromosomenzahl in denGeschleclitsprodukten mòglich siud, und dass die Natur wohl ini Allgemeinen, nicht aber ganz aus- nahmlos, sich an die gegebene Zahl bindet ». L'esistenza di piccole oscillazioni del numero dei cromosomi anche nelle cellule genetiche maschili , fu confermata da osserva- zioni successive. Queste dimostrarono che la variabilità non è, come aveva trovato Strasburger, limitata ad antere singole dentro le quali il numero rimane costante, ma che può variare anche nelle mitosi di una stessa antera. Cosi Dixon ('95^) nello cellule madri del polline di Liìinm lotìgi/ionim, trovò 8, 10, 12 e anche lo e 14 cromosomi e Sargant ('97j trovò che in 9 casi erano sicuramente 12 cromosomi, in altri 9 casi si poteva esitare fra 11 e 12, in 4 casi fra 12 e 13 e in un caso fra 10, 11 e 12. x\lcuni anni più tardi Guignard , ('99) studiando lo sviluppo del polline in Naias maior, scriveva a proposito del n. d. cr. delle mitosi delle cellule madri del polline: « (p. 458) Il peut se faire que le nombre n' atteigne pas toujours ce chiffre (12)... mais on peut concevoir également qu' un ou plusieurs chromosomes ne soient soudés qu'en apparence par les bouts ». Egli inoltre trova (p. 465) che nelle divisioni delle cellule madri definitive, sia nella prima che nella seconda, mentre di solito si osservano sei cromosomi, qual- che volta se ne possono trovare anche 7, « mais le nombre 6, con- state dans un très grand nombre de noyaux, n' en doit pas moius étre considéré comme représentant la règie generale dans le Naias ». Anche nella divisione della cellula pollinica trova (p. 473) 6 cro- mosomi in un gran numero di nuclei, pur avendo in qualche caso creduto di vederne 7, « mais cette exception ^ egli aggiunge poco giustamente « ne prouverait rien contre la règie generale ». Su questa illogica conseguenza delle sue osservazioni ritorna poco dopo aftermando che (p. 478) « Le Naias nous oifre un nouvel exemple de la fìxité du nombre des chromosomes dans les cellules - meres polliniques et dans les produits qui en dérivent. Les exceptions si- gnalées par divers auteurs, telles que celles de certains sacs polli- niques de Cloroiìhytmn où Srasburger a compiè 14 chromosomes L'organizzazione della cromatina 61 au lieu de 12, ou encore celles qui on a. pu reinarqaer ailleurs ii'in- firment pas la règie generale ». Che però non la costanza assoluta, ma una variabilità sia pure ri- stretta, sia la regola generale anche per le cellule genetiche ma- schili delle piante, è la conseguenza che sembra la più probabile dalle altre osservazioni più complete a questo riguardo. Cosi p es. i risultati ottenuti da Dixon per la variabilità del numero dei cromosomi nelle mitosi delle cellule madri del polline di Liìimu longif.orum^ furono confermati più recentemente ancora da Farmer e Shove ('06"^) che studiando la 1^ d. d. maturazione delle cellule madri del polline dì Tradescaìdia vìrginica scrivevano: (p. 565) « There is not doubt but that in this plant the number of the chromosomes is not Constant during the heterotype division, and it certainly varies between twelwe and sixteen; possibly the common failure of the plant to set seed may be related to this irregularity ». Abbiamo visto inoltre che nelle felci studiate da Farmeli cDigby ('07), il numero dei cromosomi era variabile tanto nelle mitosi dell'arche - gonio, quanto in quelle dell'anteridio (70-82 in Scolopendrium vulgare var. crispiim Drummondae) . e che identico risultato ha anche avuto Yamanoughi ('08^) per Nephrodium. Ricorderò inoltre che anche Strasburger ha pubblicato poco tempo fa ("05, p. 17), di aver trovato nelle cellule madri del polline di Oaltonia candicaìis, spesso 12, a volte solo 8, non raramente anche 16 cromosomi. Poiché egli considera quest'ultimo come numero nor- male, crede (p. 19) che i numeri inferiori possano essere dovuti alla fusione di alcune coppie di cromosomi, causata da quella affinità che li riunisce nella prima divisione di maturazione ^). Rosenberg (07), studiando la formazione dei granelli pollinici in Hieracium auricula e venosttm, trova che il numero ridotto oscilla fra 7 e 9 ed osserva variabile fra 14 e 18 il numero dei granuli cromatici esistenti nelle cellule madri del polline, granuli che egli, come è noto, considera come indizi della permanenza dei cromosomi nel nucleo a riposo. Non sarà forse inutile nemmeno ricordare come Laibaoh ('07, p. 201) che condivide questa opinione di Rosenberg, crede che nella formazione dei granelli pollinici di Brassica napus 1) Contrariamente a questi risultati recenti Winkler ('05) affei-ma molto fugacemente di aver fatto un notevole numero di numerazioni nelle mitosi delle divisioni della microspora di Wiksfroemm indica e di aver trovato « immer si- cher 26 Clii'omosomenpaare. » K^ 62 Paolo Della Valle avvenga una sparizione di alcuni cromosomi, fondandosi però so- lamente sul fatto che mentre nelle mitosi di maturazione esistono 16 cromosomi, e quindi avrebbe asj)ettato di osservare parimente 16 granuli cromatici nei granelli pollinici, ne trovò: « meist eine etwas geringere Zahl, und nur in Ausnahmenfallen sechzehn ». Il comportamento del numero dei cromosomi nelle mitosi delle cellule somatiche. Cellule somatiche della generazione a 2n. cromosomi. Come ho detto, nonostante che le notizie sul numero dei cro- mosomi delle mitosi di cellule somatiche delle piante siano relativa- mente molto numerose, e numerosissimi fra quelle studiate siano i casi di variabilità, solo un piccolo numero fra esse può aver valore per questo studio, perchè spesso gli autori indicano come oggetto delle loro osservazioni solo « le cellule vegetative » di quella tale pianta, termine che, come si vede, non lascia comprendere se la categoria di cellule osservate sia stata sempre la stessa. Anche quando essi danno maggiori indicazioni, spesso avviene che queste non siano nemmeno sufficienti , come p. es. quando essi dicono di aver studiato le mitosi delle punte di radici in accrescimento, perchè dagli studii di SiRASBURGERed altri sappiamo che probabilmente con l'aumentare dell'età della cellula spesso diminuisce il numero dei cromosomi delle sue mitosi. Inoltre dagli studii di Rosen e Nemec ('99) sap- piamo che spesso le cellule che daranno origine a tessuti di di- versa natura si comportano precocemente in modo differente fra loro , fenomeni questi che con tutta probabilità sono dovuti ai pro- cessi di differenziazione. Riferirò in ogni modo alcuni dei dati che maggiormente possono aver valore per questo argomento. Nel 1891 OvERTON , confermando in parte alcune osservazioni di Gttignard ('85) sullo sviluppo dell'oosfera, affermava che i nuclei del giovane nucello prima della differenziazione del sacco embrio- nario offrono un numero di cromosomi variabile da 16 a 20. Pa- rimente egli, anche ammettendo che il nucleo dell' uovo in divi- sione contenga 24 cromosomi, è d'opinione che anche nelle prime cellule dell'embrione il numero diminuisca e varii da 16 a 20. Ghigna RD però in un lavoro successivo negò ambedue queste cose, perchè per i nuclei del nucello afferma che facilmente vi si possono contare 24 cromosomi e per le mitosi dell' embrione L'organizzazione della cromatina 63 trova che esse presentano sempre 24 cromosomi anche allorché l'embrione aveva differenziato il suo cotiledone e l'albume riempiva interamente il sacco embrionario ('91, p. 202). Da alcune sue pa- role sembra però che anche egli abbia osservata variabilità del numero dei cromosomi nelle mitosi di cellule somatiche, benché non si capisca bene se si tratti di numeri diversi fra le mitosi di diversi tes- suti o di uno solo. Dopo aver infatti affermata la grande frequenza del numero 24 nelle mitosi di Lilium che non hanno subita la ridu- zione, scrive: ('91, p. 172) « Toutefois, je ne prétends pas que, dans les autres tissus , les noyaux présentent tous , sans exception , le nombre de segmeuts indiqué, et que ce nombre ne puisse étre moindre. Dans les cellules voisines du connectif de l'anthére plus àgée, comme dans celles de l' ovule qui constituent les téguments ou la base du nucelle, j'ai observé des divisions où ce nombre était effecti- vement moindre; mais ce fait ne prouve rien contre la règie ge- nerale. Il est possible que dans les noyaux des cellules qui n'ont pas de rapport avec le développement des éléments sexuels, il y ait des variations de cotte nature ». Da queste e da altre simili osservazioni Strasburger ('94) come conseguenza generale affermava: « (p. 830-2) In den somatischen Zel- len der Pflanze, sowohl denjenigen der geschleclitlichen wie der un- geschlechtlichen Generation, Schwankungen in der Chromosomenzahl der Kerne òfters festzustellen. So weit moine Erfahrungen rei- chen, handelt es sich aber stets, bei verànderter Chromosomenzahl, uni Kerne von Zellen, die sich nicht mehr in dem iudifferenten em- bryonalen Zustande der Keimanlage oder der Vegetationspunkte befinden , die vielmehr in eine bestimmte Entwicklungsrichtung sclion eingetreten sind und die im gewohntenVerlauf der weiteren Ausbildung nicht mehr die Bestimmung haben. die Anlage von Ge- schlechtsprodukten einzuleiten. Vielfach fielen Guignard und mir die Schwankungen der Chromosomenzahl innerhalb der Nucellar- und Integumentgewebes der Samen - Anlagen auf», oltre quelle molto più evidenti del numero dei cromosomi nelle mitosi delle an- tipodi e dei nuclei dell'endosperma di cui parlerò più estesamente in seguito. Come e molto più che nelle mitosi delle cellule genetiche, trovò DixoN ('95^) variabilità del numero dei cromosomi nelle estremità del tronco in via di accrescimento di Lilium longifiorum^ dove potè constatare l'esistenza di oscillazioni che andavano da 16 a 24. 64 Paolo Della Valle Le conferiiK^ di questi fatti si sono succedute senza interru- zione. Cosi GuiGNARD ('99) trova nelle cellule madri del polline di Naias nmior l'2 cromosomi ed aggiunge (p. 458): « Il peut se faire que le nombre n'atteigne pas toujours ce chiifro: c'est d'ail- leurs un fait que j'ai constate chez le Naias, dans des noyaux pu- rement végétatit's appartenant à la paroi du sac poUiniqae, mais on peut concevoir également qu' un ou plusieurs chromosomes ne soieut soudés qu'en apparence par les bouts ». Da queste e dalle precedenti osservazioni non accetta il termine di « numero normale » usato dai zoologi per il numero dei cromosomi delle cellule somatiche. « (p. 476-7) En réalité il représente le « maximum » qui peut étre atteint par une espèce donnée, mais qui ne 1' est pas toujours, comme on l'a vu précédemment pour les plantes. L'expression de « nombre normal » ou de « nombre typique » devrait donc plutòt s' appliquer au nombre réduit que Fon troave dans les cellules se- xuelles, puisqu' il est ici d' une constance si non absolue, tout au moins beaucoup plus grande ». Accetta questa denominazione di '< numero massimo » proposta da GuiGNARi) anche Ernst, che parimente nelle cellule vegetative (non più esattamente specilicate) di Ti'iìUum granili flontm os- serva l'esistenza di una variabilità. « Wahrend bei vielen andern untersucliten Pflanzen » egli scrive ('02, p. 6) « die vegetative Chro- mosomenzahl ziemlich starken Schwankungen unterworfen ist, habe ich bei Trillinm^ mit geringer Miilie iu einer grossen Anzahl von Kerntheilungen die Maximalzahl 12 bestimmt. Diejenige Zahl die nach 12 am haufigsten vorkommt, ist 8 ». Questo fenomeno , che egli riporta alle serie di numeri di cromosomi multipli di 2 o di 3 che Haecker aveva creduto di trovare, egli cerca di spiegarlo am- mettendo l'esistenza di divisioni succedanee dello spirema unic(ì ori- p-inariamente. Anche variabile trovò Strasburger nel Taxns il numero dei cromosomi delle mitosi delle cellule somatiche (non più esattamente indicate). Mentre infatti nelle cellule madri dell' em- briosacco trovò 8 paia di cromosomi, « (04, p. 6) die Abzàhlungen der Chromosomen in den vogetativen Teilungsbildern von Taxus lie- ferten hiusfeoen im alloemeinen liòhere Zalilen. Oefters waren die erwarteten 16 Chromosomem bestimmt herauszuzahlen, in anderen Fàllen aber nur eine weniger hohe Zahl, die unter Urastanden kaum hòher als 12 zu sein schien ». E nuovamente ripete « Dodi auch sonst ist ja bekanut, dass die Zahl der Chromosomen in den vege- tativen Kernen uicht streng eingehalten zu werden braucht, dass L'org-anizzazione della cromatina 65 es vielmehr vor aliem nur daraiif ankommt, class die Chromosomen in fest. bestimmter Zalil in den generativon Vorgang eintreten ». Non molto dopo tornava a ripetere in un altro lavoro: ('05, p. 9) « Es ist eine bekannte, in unserer Literatur vielfacli vermerkte Tat- sache, dass die Kerne von G-ewebezellen niclit immer walirend ihrer Teilung die erwartete Zahl von Chromosomen aufweisen. Man liat dieser Erscheinung bis jetzt keine grosse Bedeutung beigemes- sen, nahni wolil aucli an, dass sie bei fortgeschrittener Arbeits- teilung anf den Schwund einzelner iiberflussig gewordener Chro- mosomen in spezializierten Geweben znriickzufùhren sei ». Come si vede , neanche qui si capisce chiaramente se lo Strasburger intenda di parlare di variabilità fra le diverse specie di celkile o fra cellule di una stessa natura. Per la variabilità del numero dei cromosomi nelle mitosi delle cellule somatiche delle piante, uno dei lavori più importanti è cer- tamente quello di Farmer e Shove ('05), che attentamente studia- rono il comportamento di esso nelle radici in accrescimento di Tra- (Ifi-cantia virginica. Su questo punto infatti essi si esprimono reci- samente (p. 562) « When the uumber of the chromosomes of these nuclei is estimated one soon comes to realise that it is not Con- stant. There can be no doubt whatever on this point, and, as it is of some interest, we may state we paid special attention to it, and made a very large series of drawings and countings of those examples that admitted of a reliable estimate being arrived at. The number varies from about tweuty-six to thirty-tree. The last was the highest number observed. As regards the lower numbers, we con- fined ourselves to those cases in wich the razor had not touched the nuclei, in order to esclude the possibility of accidental removal of any of the chromosomes ». A simile risultato giunse anche la Merrimant nello studio delle mitosi delle radici in accrescimento di Allium, perchè anche essa ("04, p. 195) trovò che « the spireme is not invariably broken into sixteen chromosomes », ma invece è incostante « apparently varying from ten to thirty or more ». Bonnevie però ('08, p. 486), trova che la numerazione dei cr. in questo materiale è straordina- riamente difficile e che quindi i risultati della Merriman possono essere semplicemente effetti di alterazioni dovute ai tagli. Recentemente Yamanouchi ('08^ p. 7) ha pubblicato di aver trovato nelle cellule somatiche di Npphrodìnm, prima dalla for- mazione dei sori un numero di cromosomi variabile da 128 a 132 Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 1. 5 66 Paolo Della Valle ed anche per lai" mitosi di segmentazione dellagenerazione a 2n cro- mosomi trovò ('08'^) « 128 or 132, in rare cases 130 chromosomes >. Benché di valore molto minore, bisogna però registrare anche dei casi in cui il numero dei cromosomi nelle mitosi di ceUule soma- tiche fu trovato costante. Ricorderò p. es. che Strasburgeli recente- mente, parlando del numero dei cromosomi nelle mitosi delle radici di Pisum sativum scriveva: ('07, p. 490) « Untersucht man normale Wurzeln,... auf diese Verhàltnisse, so kann man oft Hunderte von Kernplatten durchmustern, ohne einer anderen Zahl als 14 zu be- gegnen. Doch wird man darauf zu achten haben , dass die Chro- mosomen sich gelegentlich gegenseitig decken konnen oder aucli untereinander zusammenhàngen, was sich hier aber meist leicht erkennen làsst ». Da queste ultime parole di STBASBURaER si vede però che nemmeno per questo caso egli era perfettamente sicuro della assoluta costanza. E che infatti probabilmente variabile sia il numero dei cromosomi anche nelle mitosi delle radici di Pisum^ lo prova il fatto , che avendo Strasburger studiato le mitosi delle cellule gigantesche dovute alla rifusione di due nuclei figli che aveva trovato Nemec nelle radici cloralizzate, dice bensì che ('07, p. 493) « Man wird zahlreiche Polansichten solcher Kernplatten durchmu- stern konnen, bevor man auf eine Abweichung von der Zahl (28) stòsst », ma trova anche un caso di una mitosi di cellula epider- mica « die mehr als die normale, aber nodi nicht ganz die dop- pelte Zahl an Chromosomen fiihrt », poiché vi erano 18 cromosomi (p. 496, t. 5, fig. 16). Questo fatto egli cerca di spiegarselo come do- vuto ad un'amitosi asimmetrica che abbia cosi ridotto il numero dei cromosomi originariamente esistente (28). Quantunque di scarso valore per il nostro argomento, riferirò an- che alcune altre notizie che pure parlano in favore dell'esistenza di una variabilità in alcune specie di cellule somatiche , benché da sole non la dimostrano punto. Cosi Lutz ('07) criticando il numero 20 dato da Gates (07) come « numero normale » di Oenothera la- markiana , per le mitosi delle radici in accrescimento di questa pianta scrive: « (p. 152) I have at least eighteen good clear demon- strations of mitotic fìgures showing only fourteen chromosomes, ali distinctly outlined and clearly defined - with no trace of a chromosome in a preceding or foUowing section; on the other hand I have encountered a sufficient number of less clearly defined fì- gures, in which there seems to be but thirteen, and in others fifteen chromosomes, to make it necessary to state the number for the L'organizzazione della cromatina 67 present whith reserve », tanto più che date le difficoltà tecniche non è sempre possibile contarli tutti con certezza. Maggiori ancora sono le difficoltà per Oenotìieragigas^ ma anche per questa Lutz trovò numeri diversi nei diversi casi: « I have six or seven excellent iigures sho- wing twenty-eight sharply - defined chromosomes , and as many more, not so clearly outlined, in whicli there is a strong indication of twenty-nine ». Questi risultati sono stati poi confermati anche da Gates ('08) che proprio in Oenotliera lamarkiana, nonché in 0. ruhrinervis. lata e Ìata-Uimarldana, trova appunto 14 cromosomi « with perhaps oc- casionai departures of one from this niimber ». Ricorderò in ultimo che anche Laibach (^07, p. 201) studiando il numero dei granuli nei nuclei di Brassica napiis^ granuli che, come ho detto, egli considera quali indici della persistenza dei cro- mosomi nel nucleo a riposo, per le giovani cellule vasali prese nelle vicinanze deUa regione florale, trova che questi possono presentare « geringe Schwankungen in der Zalil », ciò che egli spiega con la comune variabilità del numero dei cromosomi nelle mitosi delle cel- lule somatiche. Cellule somatiche della generazione ad n. cromosomi. La variabilità del numero dei cromosomi nelle mitosi delle antipodi del Giglio e di altre Angiosperme è uno dei fatti più ge- neralmente noti di erroneità della legge della costanza. Per ciò che riguarda la bibliografia di questo argomento, 'rimando al re- cente lavoro dello Strasburger ('08, p. 479-482), dove sono ab- bastanza ampiamente riferiti i risultati delle osservazioni di Gui- GNARD, SaRGANT 6 MOTTIER. Naturalmente per il nostro argomento non ha valore la dif- ferenza del numero dei cromosomi che si manifesta fra la mitosi del nucleo superiore e quella del nucleo inferiore dell'embriosacco, perchè, come lo prova l'ulteriore destino dei due nuclei, ciò è pro- babilmente in relazione coi fenomeni di differenziazione che si ve- rificano nel nucleo inferiore. Ha invece importanza la forte varia- bilità del numero che si osserva fra i diversi casi nel numero dei cromosomi della mitosi del nucleo inferiore ed anche, allorché am- bedue avvengono, fra le due mitosi dei due nuclei inferiori. È però da osservare in quest'ultimo caso, che non assolutamente identico é il valore morfologico loro. 68 Paolo Della Valle Ora sotto questo punto di vista i dati più completi sono quelli raccolti da Sargant ('96\ che in una serie di 25 determinazioni potette contare nella mitosi del nucleo inferiore dell'embriosacco di Lilium martagon 1 volta 20 cromosomi, 0 volte 24, 5 volte 28, 10 volte 32; un comportamento quindi che ci ricorda alquanto quello trovato nei casi delle migliori determinazioni di mitosi animali. Molto interessanti, senza dubbio, sono anche le notiz e che dà Strasbueger ('08, p. 482-494), ma tutt'altro che accettabili sono le conseguenze che egli crede di poterne trarre. L' osservazione più importante fatta da questo autore è che le mitosi del nucleo in- feriore dei primi boccinoli di ciascuna inilorescenza di Lilium^ non hanno che 12 cromosomi costantemente, nou mostrando né l'aumento né la variabilità che si verifica nei bocciuoli più tardivi. Da queste sue osservazioni e da alcuni dati che dovrebbero dimostrare un diverso spessore dei cromosomi fra la mitosi del nucleo superiore e quella del nucleo inferiore ed anche fra i singoli cromosomi di questa, crede di poter considerar dimostrata 1' opinione, già da lui espressa precedentemente ('04^, p. 142), che in questo fenomeno non vi sia niente che parli contro l'individualità dei cromosomi. Non si trat- terebbe secondo lui che della separazione delle due metà longitu- dinali in cui ciascun cromosoma si sarebbe scisso fin dall' anafase delle mitosi precedenti. Questa spiegazione, che del resto abbiamo già vista accennata da altri per la citologia animale, urta però contro due gravi dif- ficoltà : la capacità di dividersi ulteriormente alla metafase di queste volute metà longitudinali di cromosoma ed il fatto, constatato da Sargant, confermato da Mottter ('98, p. 135) e che del resto anche Strasburger deve riconoscere ('08, p. 487) dell' esistenza di numeri di cromosomi superiori a 24. Lo Strasburger ammette la prima ipotesi come se fosse cosa provata, mentre fìn'ora non vi è nessun fatto sicuro che autorizzi a credervi, e per i numeri superiori a 24 la complica ancora maggiormente, ammettendo V esistenza di ulte- riori divisioni longitudinali di alcuni cromosomi. Sembra impossibile che lo Strasburger faccia tanti sforzi per sostenere l' ipotesi dell' individualità , egli che al tempo dei suoi migliori lavori, risolutamente la combatteva. Per ciò che riguarda le Gimnosperme, le cellule vegetative del protallo femminile, presentano anch' esse simili variazioni. Secondo gli studi di DixoN ('94) infatti, nel Pinus silvestris il numero dei L'organizzazione della cromatina 69 cromosomi nei nuclei del protallo femminile è fisso fino alla forma- zione dell' archegonio, ma, formatosi questo, nelle rimanenti cellule del protallo il numero varia e, nei grossi nuclei delle cellule parie- tali dell'arcliegonio, raggiunge il doppio del numero presentato dalle altre mitosi. Per ciò che riguarda il numero dei cromosomi nelle cellule vegetative della generazione ad n cromosomi delle crittogame, il numero delle osservazioni che abbiamo è molto scarso, A questo proposito infatti non conosco che le osservazioni di Yamanouchi ('06), che, nelle cellule vegetative delle piante cistocarpiche di Po- lijsiphonia violacea afferma di aver trovato (p. 428) « invariably » 20 cromosomi ; di Farmer e Digby (07) che ne trovano circa 70 nelle cellule del protallo di Scolopendrkim vulgare var. crìsimm Dnimmotidae, e di Yamanouchi ('08^) che nelle cellule del protallo di Nephrodium trova un numero di cromosomi variabile da 64 a 66, Il comportamento del numero dei cromosomi nelle mitosi dell'endosperma. Tutti i ricercatori concordano nell'affermare l'esistenza di una variabilità straordinariamente grande nelle mitosi di questo curioso tessuto, ma, come per i tumori maligni, queste osservazioni hanno pochissimo interesse per l' argomento che stiamo esamiuaudo. Si può dire infatti che, tranne i primi momenti, tutto ciò che si può pensare di anomalie della divisione indiretta, di forme di passaggio dalla mitosi all'amitosi, di frammentazioni e di fusioni nucleari siano state trovate tutte, anche contemporaneamente nell'endosperma. Grià Strasbugkr, nel 1888, indicava, come abbiamo visto, (v. p. 7) r endosperma di Alliiun odorum , come un materiale nel quale si può constatare fino a qua! punto possa giungere la variabilità, poiché «fast in jedem Pràparat aufifallende Schwankungen bietet » e con- statava fra le altre cose «da ss die frei sich durcli Theilung ver- mehrenden Endospermkerne in dem besonders plasmareichen oberen Ende des Embryosacks durch gròssere Segmentzahl ausgezeichnet sind », Come però per le antipodi, così anche per le conoscenze sul comportamento del numero dei cromosomi nelle mitosi dell' endo- sperma, le notizie più esatte e interessanti sono quelle forniteci dal GuiGNARD ('91, p. 205-6), Egli, nel Lilium^ trova addirittura che la variabilità del numero dei cromosomi è un carattere particolare delle 70 Paolo Della Valle divisioni dei nuclei dell'albume, ciò che in parte riferisce al fatto che il nucleo secondario ha origine anche dal nucleo polare inferiore che deriva da una cariocinesi in cui il numero dei cromosomi è va- riabile nei diversi casi e quindi tanto esso quanto i suoi discen- denti debbono avere un numero di cromosomi variabile ^) « Pour le premier, j' ai compté de 40 à 48 segments chromatiques; pour ses dérivés, le nombre diminue, tout en restant supérieur à celui qu'on rencontre dans les noyaux des tissus de l'ovule et des autres organes de la piante (questo fatto egli stesso più tardi lo pose in relazione con l'esistenza della doppia fecondazione '99'^, p. 870). Il difiere d' ailleurs souvent dans les cellules contemporaines ap- partenant à un méme albumen; quand il y a sei^^e noyaux formés, il peut descendre de 40 à 30 » . Queste e le altre osservazioni di variabilità del numero dei cromosomi da lui fatte nelle antipodi, il GuiGNARD giustamente pone in relazione , come vedremo , con la non persistenza dei cromosomi nel nucleo a riposo. Un altro lavoro nel quale pure sono studiate attentamente le variazioni del numero dei cromosomi nelle mitosi dell'albume è quello di TiscHLER sull'endosperma di Corydalis cava ('00). Nei nuclei dello strato parietale dell' embriosacco trova, con sufficiente ma non com- pleta sicurezza, 12 cromosomi (p. 356). « Einige andere Male zàhlte ich 14-1(3 Ohromosomen einigermassen deutlich. Jedenfalls ist 12-16 Chromosomen die normale Zahl. In librigen ist die Zahl der Ohromo- somen sehr schwankend », ciò di cui dovette convincersi, nonostante che avesse cominciato il lavoro con il credere inverosimile che la legge della costanza del numero dei cromosomi non fosse vera anche per l'endosperma. Nega però (p. 365) che il numero dei cromosomi nelle successive divisioni vada diminuendo come avevano trovato Strasbuhger e Guignard, perchè altissimo è il numero dei cromo- somi anche nelle divisioni ulteriori. Benché infatti non si possano contare esattamente , pure è facile vedere la difterenza esistente fra 12-16 cromosomi e il triplo o il quadruplo di questo numero. In un caso (fìg. 40) ne potè contare 43, ma potevano anche essere 48, in altri casi ne trovò 30: secondo l'A. questi numeri altissimi dipendono dalle numerose fusioni nucleari avvenute e l'oscillazione non è che la conseguenza di quella che già precedentemente esisteva. 1) Per Peperonia, Johnson ('07) ha trovato che il nucleo secondario dell'em- briosacco ha origine dalla fusione di non meno di 14 nuclei: 1.5 compreso quello dello spermatozoo. L'organizzazione della cromatina 71 Glie queste fusioni nucleari realrneate siano cause di differenze grandissime fra il numero dei cromosomi dei diversi nuclei del- l'endosperma è certamente una cosa molto probabile e che del resto è stata riconosciuta da quanti si sono occupati di questo ar- gomento ^). Ciò è reso anche più verosimile dalle differenze di gran- dezza veramente enormi trovata da Dixon ('95"j fra i singoli nuclei dell'endosperma di Fritillaria imperialis, le cui dimensioui, secondo questo autore, possono raggiungere perfino 3 millimetri ! Cause concomitanti per le variazioni del numero dei cromosomi se ne possono trovare in gran numero. Schmid ('06) infatti ha os- servato casi in cui non tutta la cromatina entrava a far parte dei nuclei fio-li, in modo che il numero dei cromosomi doveva risultare ineguale, Dixon ('95^) ha trovato mitosi pluripolari che anche danno origine a differenze del numero dei cromosomi ed a queste riferisce r oscillazione del numero dei cromosomi esistente nell'endosperma. Infine né le divisioni amitotiche, né le forme di passaggio fra mitosi e amitosi possono mancare di contribuire ad aumentare le differenze fra il numero dei cromosomi dei singoli nuclei. I fatti che abbiamo raccolti per il comportamento del numero dei cromosomi in un gruppo omogeneo di cellule nelle piante, no- nostante piccole divergenze , sono molto più concordi di quanto no a fossero o almeno apparissero quelli che abbiamo precedente- mente esaminati per gli animali. La variabilità del numero dei cromosomi pare infatti che sia accertata in modo indubitabile per tutte le categorie di cellule e solo si può fare questione dell'am- piezza della variabilità nei singoli casi. Così p. es. per le cellule genetiche femminili, contro le osservazioni di Guignard per Li- liuin e di Dixon per Pinus che avevano trovato costante il nu- mero dei cromosomi, abbiamo visto che esistono quelle di Dixon e di Sargant per Liliuni e di Fabmer e Digby per Scolopendrium, di Yamanouchi per Nephrodium, di Juel per Antennaria che dimo- strano invece come anche ivi possa esistere variabilità. Lo stesso vale per le cellule genetiche maschili, per le quali Strasburger ('88) e GuiGXARD ('91) avevano creduto di constatare assoluta co- 1) Già Strasburger nel 1888 , parlando del comportamento del numero dei cromosomi nell'endosperma di Corijdalis pallida, osservava (p. 48) che « kòn- nen in Folge von Verschmelzung einer grosseren Zahl von Zellkernen Kern- platten von gauz unglaublicherEreite und dementsprechendem Segmentreichthum zu Stande kommen». 72 Paolo Della Valle stanza , mentre lo stesso Strasburger trovava il primo caso di variabilità in un' antera di Clorophytiirn e le successive osservazioni di DixoN e Sargant per Liliiim di Guignard per Naias^ di Farmer e Shove per Tradescantia^ di Farmer e Digby per Scolopendrium^ di Yamanouchi per Nephrodium^ di Strasburger per Oaltonia , hanno messo sempre più in evidenza che auche per tali cellule la va- riabilità del numero dei cromosomi esiste. Massimo accordo vi è per ciò che riguarda il comportamento del numero dei cromosomi nelle cellule somatiche , e grande è anche la variabilità che vi è stata constatata, benché si debba tener conto, come ho già detto che non sempre si è sicuri che i diversi numeri trovati siano stati presi tutti da cellule dell'identica natura. In ogni modo si può dire che mentre solo Guignard ('91j trova in embrioni auche avanzati che tutte le cellule presentano lo stesso numero di cromosomi tutti gli altri osservano l'esistenza di una variabilità. Cosi p. es. Overton nelle cellule del giovane nucello di Liliìim, DixoN nelle estremità in accrescimento di Lilium, Gvi- GNARD per i nuclei puramente vegetativi della parete del sacco pol- linico di Naias, Ernst nelle cellule vegetative di Trilliiim, Stras- burger in quelle di Taxiis , Farmer e Shove nelle radici in ac- crescimento di Tradescantia, per quelle di Alliuni, Meruiman, Lutz e Gates per quelle di Oenothera lamarkiana , Yamanouchi per le cellule somatiche di Nephrodium, Laibach per le cellule vasali in vicinanze della regione florale di Brassica^ trovano piii o meno for- temente variabile il numero dei cromosomi. Anche Strasburger che studiando le radici in accrescimento di Pisum sostiene che ivi il numero è costante, deve riconoscere che qualche eccezione anche ivi esiste. Per le mitosi delle antipodi in cui Strasburger ('88) aveva predetto che il numero dei cromosomi doveva esservi variabile, prima Guignard e poi Mottier, Sargant, ed altri trovarono infatti forte variabilità. Dixon inoltre constatava l'esistenza di una forte variabilità nelle cellule vegetative del protallo femminile di Pinus^ omologhe alle antipodi delle Angiospcrme, mentre Yamanouchi per le cellule vegetative della generazione ad n cromosomi, trovava, nella Polysiplionìa^ il numero dei cromosomi costante , Farmer e Digby per Scolopendrium non giungevano ad un risultato sicuro e Yamanouchi trovava tale numero variabile nel protallo di Ne- phrodiiim. L'organizzazione della cromatina 73 Per le mitosi dell'endosperma non c'è nessuno che abbia con- testata la fortissima variabilità del numero dei cromosomi che è stata osservata iin dai primi ricercatori. Cosi Strasburctp:^ ('88) trovò variabilissimo questo numero, e, di solito, maggiore nelle prime mitosi che in quelle posteriori; maggiore nelle r.^gioni più ric- che di plasma; osservò anche grandissime differenz;e causate dalle fusioni nucleari. Gutgnard constatò la variabilità del numero dei cromosomi anche nella prima mitosi del nucleo secondario, nonché il diverso numero dei cromosomi delle prime mitosi dei diversi nuclei di uno stesso endosperma ed espresse anch'egli l'opinione che nelle mitosi successive andasse diminuendo. Tisohler per Cort/dalis con- fermò la variabilità ma negò che il numero dei cromosomi andasse diminuendo col tempo, anzi lo vide crescere sempre per fusioni nu- cleari. Queste ed altre varie forme di anomalie della cariocinesi (divisioni pluripolari , mitosi non comprendenti tutta la cromatina nucleare), tutte possibili cause di differenze del numero dei cro- mosomi, furono osservate anche, fra gli altri, da Dixon e da Schmid, sicché questo tessuto, non ostante la fortissima variabilità del nu- mero dei cromosomi delle sue mitosi, non si presta per il nostro studio della variabilità primitiva di questo che solo nei primi stadi, (juelli studiati da Guignard, quando cioè non sono ancora inter- venute tutte queste cause perturbatrici. Questi sono i fatti osservati per le piante, che, come si vede, mostrano un comportamento straordinariamente uniforme in tutti i tessuti, con variazioni solo di piccolo grado nei singoli casi. Poiché però da una parte l'ipotesi dell' individualità non ha sollevato grandi entusiasmi nel campo botanico e dall'altra, come ho detto, fin da principio sono stati pubblicati casi di variabilità, la ricerca delle spiegazioni di questi fenomeni osservati non è stata cosi febbrile e multiforme come per la citologia zoologica ; solo pochi se ne sono occupati, limitandosi per lo più gli autori a con- statarla semplicemente. Non sono mancati parecchi tentativi di con- ciliazione fra la teoria dell' individualità ed i fenomeni di varia- bilità ; ma qui solamente possiamo per la prima volta registrare autori che, sia pure solo alcune volte e senza svolgere completa- mente le argomentazioni, dalla variabilità del numero conchiudono alla non individualità dei cromosomi. Di autori che neghino l'esistenza della variabilità, tanto fre- quenti, come abbiamo visto, nella citologia zoologica, non si può 74 Paolo Della Valle dire che ce ne siano in quella botanica , o almeno negano la va- riabilità solo per le cellule genetiche, cercando di spiegare in varii modi le eccezioni ivi trovate, cosi come di solito avveniva per gli animali. L'opinione della costanza numerica nelle cellule genetiche e della variabilità in quelle somatiche, fu espressa in varie occasioni da Strasburgeb ('88, p. 49, '94, p. 830-2, '04, p. (3 e '05, p. 9). Ad essa si ascrissero o vi pervennero indipendentemente altri au- tori, come GuiGNAJJD ('91, p. 172, '99, p. 47G e 478), Ernst ('02, p. 6), TiscHLER ('05, p. 650), Laibach ('07, p. 201) rendendo cosi molto verosimile l'opinione che, nonostante gli esempii di variabilità trovati anche nelle mitosi delle cellule genetiche, a causa dei quali non si può fare di queste un gruppo di cellule a comportamento netta- mente diverso dalle altre, realmente il numero dei cromosomi sia molto più fortemente variabile nelle cellule somatiche. In favore di ciò parla anche il fatto che proprio nelle cellule che sono destinate a più pronta e vicina tine, quali le antipodi e l'endosperma, la variabilità del numero dei cromosomi anche indi- pendentemente dalle altre cause che possono contribuirvi, raggiunge il grado maggiore, x^inzi, è a proposito di questi tessuti che la mas- sima parte degli autori che se ne sono occupati insistono sulla coe- sistenza dei due fenomeni , differenziazione cellulare e variabilità del numero dei cromosomi (Strasburger '88, p. 46, Guigmard '91, p. 172 e '99, p. 478, Strasburger '94, p. 831, Tischler '00, p. 364). Questa constatazione però della concomitanza dei due feno- meni non è da sola una spiegazione del meccanismo della produ- zione di questa variabilità, pur forse potendo essere una guida per scorgerne l'intima natura. Di questo fatto abbastanza evidente, gli studiosi di citologia botanica si sono resi conto solo molto poco, perchè di solito o si sono arrestati alla constatazione di questo rapporto, o per la va- riabilità hanno cercato delle ragioni del tutto indipendenti da questo ed assolutamente inverosimili ed insufficienti. Quanto all'intimo meccanismo ed al significato della variabilità, di autori che dalla constatazione da essi fatta di questo fenomeno abbiano tratta la conseguenza (che nella parte generale vedremo logica e necessaria), della non individualità dei cromosomi nel nucleo a riposo, non possiamo contare che Guignard e Strasburger. Sono i più bei nomi della citologia botanica, è vero, ma tale conseguenza trassero solo nei primi loro lavori quando non ancora L'organizzazione della cromatina 75 si era affermata l'ipotesi dell'individualità, mentre negli ultimi scritti vanno anch'essi in cerca di spiegazioni più o meno artifiziose per mettere d'accordo la variabilità osservata con l'ipotesi dell'indivi- dualità, e sono seguiti dagli autori minori in questi più che nei precedenti tentativi. Che cosa pensi Strasburger intorno al problema dell' indivi- dualità dei cromosomi non è facile dire, date le grandi contraddi- zioni esistenti fra le opinioni da lui espresse su questo argomento nei diversi lavori. Egli infatti nel 1888 scriveva: « (p. 57) Alle diese Mòglichkeiten einer Beànderung der Segmentzahl.... fùhren mieli dazu, den ein- zelnen Abschuitten der Kernfàden nur cine relative Selbstàndig- keit zu vindicieren ». Muta parere nel 1894 perchè per la costanza del numero e l'apparenza generale di mitosi successive (p. 833) « muss ange- nommen werden, dass die Ghromosomen ihre physiologische Indi- vidualitàt im ruhenden Kern nicht einbùssen ». Torna invece ad un'opinione non consona all'individualità in un successivo lavoro, nel quale analizza da un punto di vista molto prossimo a quello dell'ipotesi della labilità la formazione dei cro- mosomi: ('05, p. 28-9) ()nculiti< Far fu ■ u la au ricula ria Si/ ri) ula ac uticorn is Lej^ns cimicnlus Lepun cwdcuìus Lycosa hisopita Moniezia exspansa Echinus sj). Sperraatogonii Sperniatogùiiii Spermatogonli 1^ d. d. m. rT Amnios l'I d. d. m. (/ Spermatociti di 1" ord Grande epiploon Epitelio malpighiano Tipo A Tipo B Spermatociti di 11" ord, Celi, som. di jirogiottidi 1^ d d. segmentazione Oscilla- zione 13-14 29-32 36-41 7-8 36-42 12-13-14 10-12 36-42-46 28-36 14-18 12-13-15 8-13 18-36 Ampiezza Rapporto 1 Vl3 4 v« 6 Vt 1 'h 7 Vo 3 V4 3 Va 11 ^'4 i) 'U 5 Va 4 Va 6 V2 19 '1-2 Montgomery Ottk Henderson Montgomery WiNIWAKTEK Zweiger Montgomery WlNlWAHTER Barbat Barrat Montgomery Chilo Stevens Come si vede, molto varia è l'ampiezza di variazione nei diversi casi e in generale si può affermare che essa è maggiore per le cellule somatiche che per le genetiche, come è appunto opinione diffusa per le cellule vegetali. Ora appunto per il peritoneo di Salamandra, la variabilità da me trovata è relativamente ampia, poiché è compresa fra 19 e 27 o, volendo solo limitarsi ai casi sicurissimi, fra 21 e 26 con una ampiezza di 8 o di 5, eguale quindi a ^/s o ad ^/r, della quantità media dei cromosomi. Essa viene ad essere dello stesso ordine di grandezza di queste da me riferite, e specialmente di quella meglio determinata, cioè del grande epiploon del coniglio in cui secondo WiNiwARTER è uguale ad ^/4, essendo compresa fra 36 e 46. Il comportamento però della frequenza dei diversi uumeri non è però identico nelle mitosi studiate dal Winiwakter e in quelle studiate da me. Egli infatti trova su 18 mitosi: Numero dei cromosomi 36 40 41 42 43 44 4ò 46 80 Numero delle mitosi 1119 12 111 L'organizzazione della cromatina 119 Ora, tenendo conto esclusivamente dei miei 23 casi fuori di- scussione, non si può fare a meno di notare che mentre il Wi- NiwARTER trova per i numeri immediatamente vicini a 42 bassissime cifre di frequenza , ciò non si verifica secondo le mie osserva- zioni per il peritoneo della Salamandra , giacché con 10 mitosi che hanno 24 cromosomi ve ne sono ben 8 che ne presentano 25. Ciò quindi evidentemente significa che molto più facili che nel Conio-lio sono le oscillazioni minime del numero dei cromosomi nel peritoneo della Sa Udì/ andrà. È naturale però che da cosi scarsi dati è inutile pensare alla possibilità di una analisi accurata di curve di frequenza. Diverse da queste osservazioni del Winiwarteb e mie, che salvo lievi differenze coincidono, sono le altre per cui possediamo dati statistici. Anche le mitosi dell'amnios degli embrioni di Coniglio hanno un comportamento diverso. Dalle 9 osservazioni infatti, ben 7 sono di 42 cromosomi, una di 40 ed una di 36. Nonostante la scarsità dei dati che non lasciano ancora comprendere il probabile risultato di altre osservazioni, non si può fare a meno di notare (come anche il Winiwarter fa), come proprio nessuno presentasse un numero maggiore di cromosomi. Coincidono con le osservazioni del Winiwarter e mie anche quelle di Montgomery per lo spermatocito di II» ordine di Li/cosa 11. di cr. 12 13 14 15 , , m CUI trova : ^ , mentre tutte le altre no- li, di mit. 16 2 1 tizie di esatte e numerose determinazioni del numero dei cromo- somi in cellule genetiche mostrano una variabilità straordinariamente ristretta con enorme frequenza del numero tipico. Ricorderò qui solamente le 91 osservazioni di Montgomery sulla L-^ divisione di maturazione di Harmodes col risultato di , „ e quelle n. di mit. 78 13 ^ parimente di Montgomery per gli spermatogonii di Protenor in cui ot- n. di cr. 13 14 i ii>- i- tenne , e, benché non corredate dell indicazione del n. di mit. 34 2 ' numero delle osservazioni, le mitosi degli spermatogonii di Meta- podins terminali.^ in cui tutta la variabilità si limita ad 1 cromosoma su 22 ^) o quelli di Anatra in cui la variabilità estesa forse fra 19 e 22, deve essere però molto rara. 1) Vedi addenda. 120 Paolo Della Valle Como ho mostrato iioUa, bibliografia, iiullt; pianlu pur esistendo pochissime osservazioni statistiche precise la convinzione che si può ricavare dall' insieme dei fatti è appunto questa, che cioè la va- riabilità sia molto più ampia nelle mitosi delle cellule somatiche che in quelle delle cellule genetiche. Dai risultati delle osservazioni, dal paragone con i risultati più attendibili e precisi dei ricercatori precedenti, una cosa risulta evidente; cioè che la legge della costanza del numero dei cromo- somi nelle mitosi di cellule della stessa natura non è che una legge approssimativa, che, ad un esame accurato si dimostra inesatta. Quali siano le leggi di questa variabilità non è certo possibile determinare quando si hanno a propria disposizione solo un numero cosi limitato di osservazioni sicure, mentre come è noto per simili studi cominciano ad essere sufficienti solo migliaia di dati. Non per questo però io credo che non sia possibile fare qualche supposizione. La legge generale che in tutto il regno organico regola quasi sempre la variabilità fluttuante è quella degli errori accidentali espressa dalla curva binomiale di Newton. E inte- ressante, scrive il De Vries ('06, p. 448), vedere, allorché si va compilando una tabella per 1' esame di una variabilità , come a principio i numeri appaiono disordinati e poi mano mano, con r aumentare del numero degli elementi , si va delineando e si perfeziona sempre più la tipica forma della curva teorica. Lo stesso si verifica in questo caso. Il numero dei dati è ancora insufficiente, , ma già da esso si incomincia ad osservare una frequenza maggiore nelle parti centrali della variabilità e, come negli altri casi, così anche in questo si va delineando quella tipica curva che esprime il comportamento di quasi tutte le variabilità tìuttuanti. Questo fatto, come vedremo nella parte generale, è di grande importanza teorica. Il significato della variabilità. Le due opposte teorie della preformazione e dell'epigenesi che si presentano costantemente assieme in tutti i problemi del divenire biologico, esistono naturalmente anche per la questione dell'origine dei cromosomi (Ticllyesniczky '07\'072). Quale sia la natura di questa bipolarità generale di interpetrazione non è qui il caso di esaminare e nemmeno di studiare se ciò dipenda dal fatto che il problema L'orgauizzazi(jne dellii croiiuitiiia 121 non è stato bene impostato (Giardina '07) o non invece piuttosto dalla struttura medesima del pensiero umano die in tanti altri eampi ci mostra un numero notevole di antinomie paragonabili a ciò che per la biologia sono la preformazione e l'epigenesi. In questo campo l'ipotesi preformista è rappresentata dalla teoria della persistenza individuale di Van Beneden, Rabl e Boveri; l'ipotesi epigenistica, relativamente poco sviluppata fino ad oggi, conta fra i suoi fautori più recenti specialmente il Fick ed il Tel- LYESNJCZKY. Maggiore sviluppo e fortuna ha avuta, come iti altri campi, così anche in questo l'ipotesi preformista, forse appunto per il fatto stesso della sua natura che apparentemente annulla il pro- blema del divenire, ammettendo la preesistenza dell'effetto nella causa, mentre in realtà non fa che nasconderlo, perchè il quesito si ripresenta sotto la forma del problema della causa del mutamento. Come si vede, da questo punto di vista, il problema dell'individualità dei cromosomi rientra nell'analisi del concetto di causalità. Le oscillazioni del numero dei cromosomi e l'ipotesi dell'individualità Indipendentemente da queste considerazioni di ordine molto generale, è mia intenzione di esaminare qui soltanto se o fino a qual punto la teoria dell'individualità dei cromosomi possa spiegare il fenomeno della variabilità numerica di essi che, come abbiamo visto dall'analisi bibliografica e dall'osservazione diretta, costituisce forse il comportamento generale di tutte le mitosi. Come ho detto nell'introduzione, conseguenza inevitabile del- l'ipotesi dell'individualità dei cromosomi e suo j^rincipale sostegno, è stata fin'ora appunto 1' identità del numero dei cromosomi nelle varie cellule di un organismo. Evidentemente quindi , ogni caso che dimostrasse in errore la legge della costanza del numero dei cromosomi (che veramente di legge non ha che il nome, non essendo in realtà altro che una enunciazione fatta « per enumera tionem simplicem ») verrebbe per ciò stesso ad infirmare l'ipotesi dell'in- dividualità. E strano notare come delle importanti conseguenze teoriche della variabilità, non si siano accorti che molto poco quegli studiosi di citologia animale che come Winiwarter, Delage e Prénant, Bouin Maillaru, considerano questa come il reale comportamento del nu- mero dei cromosomi. Chi pare ne abbia meglio compresa l'importanza 122 Paolo Della Valle è il Delage che, dopo di avere riferite le osservazioni di Winiwarter scrive ('01, p. 39, nota): « Cela se compreiid très bien, si ce noinbre dépend d'une autorégulation, qui peut étre imparfaite et differente dans les cellules des difterents tissus, tandis que cela ne se comprend plus si les cliromosomes sont des personnes autonomes, comme le voudrait Boveri. * Per la citologia vegetale Strasburger e Gui- GNARD che, come ho riferito (p. 75-76), più acutamente hanno visto che la variabilità portava alla non individualità, si sono fermati ad una fuggevole constatazione di questa conseguenza senza svilupparla ulteriormente né applicarla alle osservazioni particolari. Strasburger anzi sembra che sia attualmente un credente nell' individualità. Quanto a Fick, pur riconoscendo ('07, p. 85) l'importanza fonda- mentale che per l'ipotesi dell'individualità avrebbe il fatto della costanza, e pur non considerandola ('07, p. 51) « ganz streng > sulla base di qualche caso , forse nemmeno troppo bene scelto, non pone in relazione questi due fatti fra loro. Suh-i'potesi sussidiarie. Come abbiamo visto però nell'analisi bibliografica sono state escogitate per varii dei casi aberranti alcune interpretazioni che hanno il valore di vere sub -ipotesi di puntellamento alla ipotesi principale vacillante dell'individualità e che meritano quindi di essere discusse partitamente per vedere fino a che punto resistano all'esame dei fatti o fino a qual punto siano verosimili. Le principali di queste supposizioni messe avanti, sono state le seguenti: 1. —Le variazioni trovate dal numero normale dipendono da: a. -errori di osservazione (Zoia '93 e moltissimi altri). /^.-presenza di più specie nel materiale studiato (Stevens '06 Pale A p h i d ; Boring '07 A'phrophora ; Montgomery '05 Syrhida ; VoM Rate '94 Artemia). e. -incroci fra varietà a n e varietà a 2n cromosomi (Boveri '90 Echinus] Stevens '04 Planaria). (Z.-mitosi asimmetriche (Hansemann '93 Tumori maligni; Strasburger '07 Pisum). e. -mitosi pluripolari, amitosi, divisioni pluripolari (varii autori per Tumori maligni e Endosperma). 2. — I numeri superiori al normale trovati sono effetto di: «.-mancata sinapsi di alcuni cromosomi [per le mitosi di ma- turazione] (Wilson '05 Lyc/aeits; Henking '92 Agdastica). L'organizzazione della cromatina IJgS &. -separazioiiL! di alcuni dei cromosomi coniugatisi l'per le mit. di mal.) ''RiicKERT '92 Pristiunts] Linvillk '00 Limax\ Montgomp:ry '06'^ Corizìis, Cariederus, Tingis. Strasburger "05 Galtoìiia^ '08 Li- linm: v. anche Tischler '05 e Laibach 08- 6'. -ulteriore divisione di uno o più cromosomi (Janiki '03 Gy- rodactylus] Montgomery '01^ Protenor). rZ. -presenza di cromosomi addizionali (Montgomery '01 '^ Tri- chopepla, Protenor, '06^ Euschistus] Wilson '05' Trichopepla, '07^ Metapodius; Zweiger '06 Forficida). 3. — I numeri inferiori al normale sono eifetto di : a. -incompleta segmentazione dello spirema (Guignard '99 Nalas [numero massimo] Ernst '02 Trillmm). i. -presenza di cromosomi plurivalenti iZoia '93; Haecker '93 u '07; Stevens '06 Afid,i; Wilson '07- Metapodi/is] Tisohler '00; RiicKERT '93; Guignard '99 Naias\ Stbasburger '05 Galtonia\ Me Clung '05 Mermiria\ Jolly '01 e altri). e. -sparizione di alcuni cromosomi (Rììckebt '93 Cijciops] Stra- SBUBGER '05 Galtonia] Galeotti '93 mitosi sperimentalmente pa- tologiche). Già il grande numero dei puntelli indica che tutto l'edifizio dell'ipotesi principale è poco solido, perchè è noto che per tutte le teorie cominciano a sorgere i^Dotesi sussidiarie per i singoli casi aberranti mano mano che si va scoprendo che essa va diventando insufficiente a spiegare tutti i casi noti e va quindi avvicinandosi alla completa caduta. Ma procediamo con ordine. Le ipotesi sussidiarie per spiegare con l'ipotesi dell'individualità i casi aberranti, si possono dividere in quattro gruppi, cioè: 1. - Pregiudiziali tecniche. 2. - Numeri diversi da anomalie citoloiiiche. 3. - Ipotesi per spiegare numeri più alti del normale. 4. - Ipotesi per spiegare numeri più bassi del normale. Pregiudiziali tecniche Per ciò che riguarda il primo di questi gruppi, ben poco mi rimane da dire intorno agli errori di osservazione dopo ciò che ho notato a proposito della tecnica: fo qui osservare soltanto che non si sarebbero costruite tante ipotesi sussidiarie all'individualità se i casi di variabilità non fossero stati bene constatati da autori che 124 Paolo Della Valle erano poco disposti a erodervi. Del resto ))astano poche osserva- zioni accurate , di mitosi tecnicamente favorevoli del peritoneo della Salaìnandra^ per convincersi facilmente dell'esistenza di questa variabilità. Più importante è la seconda pregiudiziale, che cioè realmente non esista variabilità essendo i vari numeri trovati l'effetto della presenza di più specie a diverso numero di cromosomi. Indipen- dentemente dal fatto che tale ipotesi solo allora può essere messa avanti con verosimiglianza quando si tratti di due numeri soltanto, dovendosi altrimenti ricorrere alla inverosimile complicazione degli incroci, fo notare che di varietà morfologicamente indentiche a numeri di cromosomi diversi non si conoscono fin'ora con sicurezza che solo quelle a nnmero n e 2n, ed anche per esse sono poco numerosi i casi completamente sicuri, essendo ancora molto discu- tibili i rapporti fra le varie Ariemine saìinae che del resto differirebbero fra loro oltre che per il numero dei cromosomi (forse n. e 4n), an- che per il modo di riproduzione e per altri caratteri. Per ciò che ri- guarda invece la presenza di specie morfologicamente identiche ed a numero dei cromosomi prossimo l'uno all'altro, come è stato fatto e come è necessario per adattarla alla spiegazione della variabilità, non vi è nessuna osservazione sicura, poiché i casi più probabili che sono quelli di Metapodius e di Diahrotica sono anch'essi sola- mente ipotesi. Ciò che però forma la base di questa supposizione, cioè che i diversi numeri di cromosomi si trovino solo in indi- vidui diversi e siano costanti per ogni individuo , come risulta dalle mie osservazioni (p. 117, nota 1), è un' opinione inesatta e quindi tutta l' ipotesi non può assolutamente reggersi. Anomalie citologiche. L'ipotesi che spiega le differenze numeriche trovate come con- seguenze di mitosi asimmetriche, come anche quella che le riporta a divisioni pluripolari, solo allora possono essere messe avanti quando tali forme anomale di cariocinesi realmente siano state constatate. Ora le prime sono state osservate nei tumori maligni (Hansemann) e in qualche caso di mitosi in condizioni sperimentalmente patolo- giche (Galeotti '93, Wkrner '02i ma anche ivi raramente, in modo cioè da non essere verosimile che tutte le cellule oligocromatiche trovate siano da riportare a conseguenze di esse. L'organizzazione della cromatina 125 Lo stesso dicasi per le mitosi pluripolari , comuni nei tumori maligni, nell'endosperma, nel sincizio perilecitico delle uova dei te- leostei e in pochi altri tessuti dotati di breve vita e non facienti parte del complesso generale dell'organismo, e spesso susseguenti a fusioni nucleari ed alle fecondazioni dispermiche, mitosi che però sono rarissime o addirittura mancano nei tessuti fisiologici. Anche le mitosi pluripolari non possono essere in alcun modo considerate come possibili mezzi di spiegazione di anomalie del numero dei cromosomi dalla norma, nelle condizioni normali. Quanto alle anomalie causate da amitosi o da fusioni nucleari, valgono le stesse ragioni espresse per le mitosi asimmetriche e quelle pluripolari. ma per esse bisogna anche osservare che, come vedremo, possono essere spiegate indipendentemente dall' ipotesi dell' individualità ed anzi, per quelle mitosi che susseguono ad ami- tosi (Child), è poco probabile che la divisione abbia separato una parte di un nucleo dall'altra in modo che fossero formate ambedue da un numero intero di cromosomi. Più importante delle considerazioni precedenti è l'esame delle ipotesi emesse per spiegare in modo consono all'ipotesi dell'indi- vidualità la presenza di un numero di cromosomi o più alto o più basso. Spiegazioni dei numeri più alti. Per i numeri più alti, come abbiamo visto, tre sono le ipotesi messe avanti. 1. - Da mancata sinapsi di alcuni cromosomi. "2, - Da ulteriore divisione di un elemento. 3. - Da presenza di cromosomi addizionali. La prima interpretazione che naturalmente non si potrebbe ap- plicare, come del resto è stato fatto, che solo alle profasi del primo fuso di maturazione, prende come cosa sicura ciò che invece è soltanto un'ipotesi che, dopo un periodo di moda comincia ora a tramon- tare, cioè che nel primo fuso di maturazione si tratti di separazione di cromosomi completi. Dato invece che si tratti anche ivi della di- visione di un unico elemento, questa ipotesi rientrerebbe nella se- guente. La ulteriore divisione di un cromosoma per spiegare la pre- senza di un numero superiore al solito, può essere concepita o come scissione longitudinale solita avvenuta più presto per alcuni ero- 126 Paolo Della Valle mosomi che per gli altri, o come segmenta zioue trasversale. Il primo fenomeno è stato molte volte supposto, ma non mai dimostrato ed è poco probabile che avvenga una separazione delle dae metà tale da mentire la presenza di due cromosomi, quando si pensi che la separazione avviene probabilmente sempre contemporaneamente per tutti i cromosomi , anche quando diversa è per i singoli ele- menti la rapidità dell' ascensione polare, essendovi tutti gli elementi per credere che si tratti di un fenomeno dipendente non dai sin- goli cromosomi, ma dall' attività del centrosoma. Per ciò che riguarda invece la segmentazione trasversale, fe- nomeno che strettamente si attacca all' ipotesi dei cromosomi plu- l'imi da associazione (« Sammelchromosomen »), credo più oppor- tuno analizzarle insieme ambedue, poiché identico è il loro valore morfologico. L'ultima ipotesi emessa per spiegare la presenza di numeri superiori alla norma , cioè 1' ipotesi della presenza di cromosomi addizionali, non è che una ripetizione pura e semplice del fatto stesso da spiegare. Non sarebbe ciò, solo nel caso che, come cre- dono gii autori, fosse realmente possibile di riconoscere in ogni mitosi ciascun cromosoma, fatto sul quale sono permesse le più ampie riserve perfino pei casi che si credono più dimostrativi, come non sono certo quelli pei quali tale ipotesi è stata avanzata. Spiegazioni dei numeri più bassi. Per spiegare i numeri inferiori, le tre ipotesi messe avanti sono state: 1. - Incompleta segmentazione dello spirema. 2. - Sparizione di alcuni cromosomi. 3. - Presenza di cromosomi plurimi da associazione. La prima ipotesi, molto spesso messa avanti nei tempi andati, non ha alcuna ragione di esistere perchè manca della base stessa, essendo oramai, dopo gli studii di Grégoiue e della sua scuola che primi vi richiamarono 1' attenzione, più che verosimile che lo spi- rema realmente non esista mai e che i cromosomi si originino di- rettamente dal nucleo a riposo. Per ciò che riguardala seconda subipotesi per la spiegazione di nummi inferiori alla norma, cioè quella della sparizione di alcuni cromosomi, ripeterò, come ho già detto per la presenza di cromo- somi in più, che solo alloi'a non sarebbe una tautologia quando L'org-anizzazioiie della cromatina 127 realmente si potessero semjDre riconoscere tutti i cromosomi , ciò elle è semplicemente un'illusione. Non sarebbe una tautologia, ma non sarebbe nemmeno una spiegazione necessariamente connessa all'ipotesi dell'individualità se si volesse intendere con ciò che una parte della cromatina non giunge ad organizzarsi in cromosomi alla profase, come hanno tro- vato Galeotti e più tardi Werner ('02) in mitosi sperimentalmente patologiche o degenera in un momento qualsiasi del ciclo carioci- netico come si verifica per gli spermatozoi oligopireni di Palìidiìia secondo Meves ('03). Come ho riferito , Schmid ('06) crede che appunto a questo fenomeno sia da ricondursi una parte delle ano- malie numeriche trovate nell'endosperma, ma non indica da che cosa egli desuma che non tutta la cromatina vada a costituire i cromosomi che risulterebbero quindi in numero minore. Fo notare a questo proposito che si tratta sempre nei casi bene osservati di cellule destinate a breve vita come è il caso degli spermatozoi vermiformi di Faludina (v. Popofp '07, p. 116-116) o già in via di degenerazione, come è il caso delle osservazioni di Galeotti che trova ('93, p. 313): « dass die Zolle in diesem Falle nicht kegelfòr- mig ist, dass man die Reste der zerstòrten Schleifen sehen kann, und dass aucli die iibrig gebliebenen Schleifen einen gewissen Grad von Degeneration zeigen ». Ora nessuno di questi caratteri vale per le mitosi perfettamente normali che presentano un numero di cromosomi inferiore al « normale ». L' individualità e le ipotetiche associazioni e scissioni dei cromosomi. Molto più importante è la questione dei cromosomi plurimi, perchè molto spesso messa avanti (v. p. es. tutto il capitolo « Theorie der Syndesis » di Haecker '08) e perchè difatti non mancano casi che fanno credere che realmente ciò si verifichi in qualche occasione. È stato fatto notare infatti più di una volta (v. p. es, Fick '07) ed anche io vi ho insistito nella parte tecnica, che più di una volta si ri- mane in dubbio se un elemento cromatico si debba considerare come un solo o come due cromosomi, ciò che o può dipendere da difficoltà di osservazione causate da torsioni dei cromosomi o dal fatto che spesso le estremità di due segmenti cromatici si trovano l'una vicino all'altra in modo da essere indecisi sul modo di conside- rarli. Qualche rara volta (v. P. Della Valle '07, p. 25-28, fig, 8, e la 128 Paolo Della Valle Fig. 11 di questo lavoro) il problema si ripresenta per 1' esistenza di nette incisiire trasversali lungo il cromosoma. Mentre, come vedremo in seguito, per la teoria della labilità dei cromosomi questi fenomeni sono indici semplicemente del modo normale di formazione dei cromosomi da successiva associa- zione di parti minori e indicano quindi semplicemente una insuf- ficiente organizzazione della cromatina, 1" ipotesi dell'individualità dei cromosomi vi vede tanti fatti eccezionali fuori dell'ambito dei fenomeni che normalmente si verificherebbero. Inoltre, secondo che accettando come due cromosomi distinti i due segmenti cromatici divisi da una incisura, il numero dei cromosomi diviene inferiore o eguale al numero considerato « normale ». il fonomeno sarà in- terpretato o come associazione di due cromosomi diversi o come scissione di un unico cromosoma. Come si vede , per il comodo della teoria, un fenomeno, assolutamente unico viene considerato secondo i casi in due modi perfettamente diversi. Anche però gli stessi fenomeni che l'ipotesi dell'individualità postula, sono con essa poco conciliabili. Indipendentemente infatti dai casi che abbiamo ora discussi e che si verificano nelle mitosi normali abbastanza raramente e che sono di solito postulate soltanto dalla teoria, vediamo come essa possa spiegare i casi in cui costan- temente si verificano questi fenomeni o altri che ad essi si possono riferire. La scissione di un unico cromosoma in un numero maggiore di elementi è stata os.servata con ogni sicurezza nel processo di -? Diminution » dei blastomeri somatici di Ascaris ed il Boveri spiega mediante questa stessa ipotesi 1' identità del numero dei cromosomi delle mitosi degli oogonii e di quelle differenziali dell'oogenesi dpi Dytiscìis. Come da molti , e specialmente da Nussbaum è stato notato, questo fatto della segmentazione dei cromosomi deW Ascaris si ac- corda solo molto poco con 1' ipotesi dell' individualità; né la spie- gazione che cerca darne il Boveri è punto sufficiente. Egli infatti fin da principio, difendendosi da possibili obbiezioni scrive che : « (92. p. 122) dieser Process in ebenso gesetznùissiger Weise ver- làuft, wie etwa der Zerfall eines durch Quertlieilung sich ver- mehrenden Ringelwurmes » e tutt' al più dimostra che l'individuo cromosomico è composto di individualità di ordine inferiore. E molto più recentemente ('04, p. 29-30) afferma che, come non intacca il pilncipio di individualità il fatto che ciascun cromosoma in ogni L'organizzazione della cromatina 129 mitosi si divide in due, « nun, etwas ganz Vergleichbares ist der Zerfall des grossen J.5can.?-Chromosoma ; es ist eine Teilung, wenn aiich in anderer Riclitung ». Non altrimenti una cellula, dopo es- sersi divisa per lungo tempo simmetricamente, si divide in discen- denti asimmetrici, così come avviene per 1' uovo nella formazione dei polociti. Ora qui mi sembra che il Bove ri paragoni cose fra loro as- solutamente diverse. Tra divisione trasversale e divisione loneitu- dinaie dei cromosomi di Ascaridi vi è una differenza essenziale che esiste anche rispetto alla moltiplicazione di un organismo per scis- sione sia questa una cellula o sia un anellide. Questa è che mentre nella divisione longitudinale dei cromosomi e nella moltiplicazione per scissione degli organismi si ritornano ad avere dopo un certo periodo due individui identici a quelli da cui erano derivati, ciò non si verifica punto per i cromosomi dei blastomeri somatici del- V Ascaris che rimarranno costantemente del tutto diversi da quelli della Keimbahn. L' individualità di questi cromosomi quindi non è stata conservata, ma è completamente scomparsa. Si aggiunga a ciò, che egli stesso ammette ('93, p. 122; v. anche '04, p. 30) « dass an den bandfòrmigen Ascaris Chromosomen die Enden andere Eigenschaften ràpresentieren als der mittlere Ab- schnitt, wobei fiir diesen letzteren noch die Mòglichkeit olfen zu halten ist, dass die einzelnen Kòrnen in welche er in den Urso- mazellen zerfàllt, abermals verschiedenwertige Elemento darstellen ^ , opinione questa che, se è in un certo senso necessaria per spiegare la causa del dissolvimento dell' organizzazione cromosomica, allon- tana sempre più il fenomeno dal processo della moltiplicazione sem- plice del cromosoma. Del resto il Boveei stesso riconosce ('04, p. 30) che sarebbe perfettamente giustificato citare questo caso contro l'ipotesi dell'in- dividualità se si vedessero uscire dal nucleo formato da pochi cro- mosomi di grandi dimensioni un grande numero di piccole dimen- sioni. Ciò che sembra strano è che il Boveri creda tutto risoluto solo perchè questo mutamento nell'aggruppamento della cromatina si faccia in uno piuttosto che in un altro momento del ciclo ca- riocinetico. Parimente insufficiente è la difesa che fa il Boveri della ipo- tesi dell' individualità dalle critiche mossele dal Giardina sulla base delle osservazioni suU'oogenesi del Dytiscus. E noto che il Boveri ('04, p. 37) sostiene che il materiale dell'anello cromatico provenga Archivio Zoologico. Voi. 4, Fase 1. 9 130 Paolo Della Valle da ciascun cromosoma , in modo che questi « durcli den ganzen Kern zerstreut auftreten und sich erst allmahlich in der einen Kernhàlfte sammeln ». Ora ciò sarebbe più comodo per la teoria dell' individualità, ma non è vero, perchè, come nota il Giardina i cromosomi cominciano ad essere riconoscibili solo dopo che è av- venuta la separazione delle due metà nucleari, ciò che indica che la separazione è dovuta avvenire quando la cromatina formava il nucleo « a riposo ». Più importante di questo fatto è però la considerazione che mentre nel processo di « Diminution » dei bla- stomeri somatici deìVAscaris è possibile una degenerazione di una parte dei cromosomi perchè non fanno parte della Keimbahn, ciò non può avvenire per gli oociti di Dytiscus e quindi sarebbe necessario per ricostituire nuovamente i cromosomi primitivi, che, dopo un tempo più o meno lungo, il materiale dell' anello croma- tico si rifondesse nuovamente con ciascuno dei cromosomi da cui si era originato. Come si vede il numero delle ipotesi necessarie va progressivamente crescendo. Questa sub-ipotesi però solo molto limitatamente può spiegare la esistenza di oscillazione del numero dei cromosomi, o con com- plicazioni tali che la rendono assolutamente inverosimile. Sia in- fatti per il caso sicuro deW Ascarifi sia per quello ipotetico del Dytiscus tale segmentazione dei cromosomi e l' aumento che ne consegue neWAscaris , avviene una volta soltanto , dopo la quale permane immutato senza ritornare allo stato primitivo ed accom- pagna o produce un fenomeno di differenziazione. Nessuno di questi tre fatti si dovrebbe verificare per le oscillazioni del numero dei cromosomi che costantemente si osservano , dovendo tali segmen- tazioni potersi sempre ripetere e sempre ritornare allo stato pri- mitivo indipendentemente da ogni differenziazione. Per potere sfug- gire a tali conseguenze bisognerebbe nientemeno ammettere che i singoli casi di numeri di cromosomi diversi dalla norma, corrispon- dessero a tante diverse forme di differenziazioni non riconoscibili, ipotesi questa che ognuno vede quanto sia verosimile ^). ') Il GuiGNARD, come abbiamo visto (p. 76-77), non crede che i cromosomi del primo fuso del sacco embrionale del giglio possano dare origine a qiiello più alto della mitosi delle antipodi per segmentazione trasversale o longitudi- nale di varii fra essi. Si dovrebbe notare in tal caso nella lunghezza o nello spes- sore dei nuovi segmenti una differenza che non si osserva e che si dovrebbe nondimeno notare essendo tutto il nucleo sottomesso alle stesse condizioni di nutrizione e non potendo quindi alcune sue parti accrescersi più di altre. Date L'oi'ganizzazione della cromatina 131 Per ciò che riguarda la diminuzione del numero dei cromo- somi da fusioni di alcuni di essi, alla quale ipotesi si riattacca indiret- tamente anche quella dell' aumento da segmentazione di « Sam- melchromosomea », è necessario osservare in primo luogo che questo fenomeno non è stato mai osservato con sicurezza come riunione di cromosomi morfologicamente riconoscibili come tali in mitosi precedenti, tranne nelle osservazioni di Me Clung sul « Chromo- some Complex > di alcuni Ortotteri, che però nemmeno esso è com- pletamente esente da possibili critiche, e che quindi è ben poco verosimile che abbia un valore generale ^). È da considerare però che questa sub-ipotesi dell' associazione solo apparentemente è in accordo coli' individualità e colla persi- stenza, ma in realtà ne contraddice l'intima essenza. Se i cromo- somi infatti possono perdere la loro individualità per formare un cromosoma unico, perchè non dovrebbero fare lo stesso o più nel nucleo « a riposo » ? Se i cromosomi possono in alcune circostanze scindersi nei loro costituenti, perchè ciò non si potrebbe ripetere su più vasta scala nel nucleo « a riposo » ? Per vedere del resto quanto poco ' desiderabili per l'ipotesi dell'individualità siano questi fatti di fusione, si osservino gli sforzi di tanti autori, fra i quali anche il Boveri ('04, p. 59-78) per sostenere che nella riduzione cromatica non si tratti realmente di un'intima fusione, ma sempli- cemente di un accoUamento temporaneo di due cromosomi. Questa forma diremo cosi « attenuata » di associazione dei cromosomi , è del resto quella che Haecker ('07^) » generalizza per tutti i « Sam- melchromosomen » nella « Theorie der Syndesis » nella quale consi- dera queste riunioni di elementi cromatici come dovute ad una spe- cie di « agglutinazione » delle estremità, che però, da un punto di vista morfologico, può avvenire solo se ambedue i costituenti per- dono la loro autonomia ed individualità. Come mostrerò in se- guito, del resto, questo non è che un gradino per passare alla concezione opposta a quella dell'individualità, cioè a quella che nella sua forma più conseguente è rappresentata dalla teoria della labilità. però le grandi differenze di grandezza fra i singoli cromosomi di una mitosi e la irregolarità da una mitosi all'altra, è impossibile fondare un ragionamento su dati cosi insicuri. ') Di molto minor valore, anche perchè fin'ora non accompagnate da figure, sono le notizie pubblicate da Wilson ('07^) per alcuni Emitterì eterotteri. 132 Paolo Della Valle Valore complessivo delle siih-ipotesi. Più però della critica eli queste singole ipotetiche supposizioni, oo-nuna delle quali potrebbe essere anche vera per qualche caso iso- lato e raro, ciò che parla specialmente contro l' ipotesi dell' indivi- dualità è il complesso stesso di queste subipotesi, nessuna delle quali è capace di dare una spiegazione del fenomeno generale e co- stante dell'oscillazione. Ora come mostra l'esame spassionato dei fatti si tratta qui di un fenomeno unico, che non può essere dissociato in singole anomalie da un comportamento tipico. Questa considera- zione basta a dimostrare che è inutile cercare più a lungo di ve- dere tino a qual punto siano verosimili le singole subipotesi per spiegare i numeri più alti o i numeri più bassi, perchè con ogni probabilità l'ipotesi fondamentale dell'individualità manca di base. Infatti l'osservazione non è che ci dia un numero grandissimo di casi in cui si osserva il numero tipico , e pochi casi aberranti, staccati r uno dall'altro, come sarebbe stato da aspettarsi se l'in- dividualità fosse stata la reale espressione dei fatti e qualche con- dizione eccezionale avesse alterato in qualche caso le condizioni normali, ma ci mostra invece che si tratta di una curva di frequenza contin u a, ad ampiezza più o meno grande, della quale il così detto numero normale non costituisce che 1' apice. Esso dunque non è qualche cosa di diverso dagli altri, ma solo il risultato più co- mune di quel complesso di cause da cui dipende la crescente frequenza dei termini che lo precedono e la decrescente frequenza di quelli che lo seguono ^). Anche per questo caso valgono quindi le stesse leggi che valgono per tutti i numeri degli organi plurimi degli animali e delle piante a cui quindi è perfettamente giusto il paragonarlo , come di recente ha intuito il Fick ('07, p. 85). Ora, come vedremo, la curva di frequenza non può essere spiegata se non per l'azione di un numero grandissimo di fattori cooperanti; 1) I sostenitoi'i dell'individualità potrebbero attennare che ciò dipenda dalla probabilità decrescente clie un numero sempre maggiore di cromosomi si associ o si scinda (per fermarci alle subipotesi piìi verosimili) , ma ciò non è punto corrispondente alla realtà, perchè p. es. nei blastomeri somatici dell' Ascaria i cromosomi si scindono sempre tutti. Queste sub-ipotesi del resto, come ho detto, sono quelle che più si avvici- nano alla teoria della labilità dei croniosduii. di cui la curva di iVequenza è ne- cessaria conseguenza. L'organizzazione, della cr(jmatina 133 l'ipotusi dell' individualità non può ammetterne che una sola che dovrebbe produrre costantemente lo stesso effetto. Senza altri ra- gionamenti è evidente che l'ipotesi dell'individualità dei cromosomi e la realtà non possono andare d'accordo. Per la questione della variabilità del numero dei cromosomi è perfettamente indifferente la forma che assume l'ipotesi dell'indi- vidualità, poiché il risultato tinaie dovrà esser costantemente lo stesso. E quindi inutile fare un'analisi a se delle modificazioni che questa ipotesi ha subita per adattarsi ai fatti che si osservano nel nucleo a riposo e specialmente a quelli che alcuni autori credono di vedere nell'oocito in accrescimento di varii vertebrati, feno- meni questi che probabilmente hanno invece tutt'altro significato, come hanno dimostrato per gli Anfìbii Carnoy e LebruiV ('00) e ])er i Selacii Cerruti ('06). Qua! valore ha infatti per l'argomento in questione se la persistenza individuale dei cromosomi si ottieue con la vacuolizzazione dei cromosomi o con la formazione di ter- ritori nucleari indiscernibili ma definiti, con la persistenza di con- tinui strutturali acromatici individuali attorno ai quali si racco- glierebbe la sostanza cromatofila nella profase, come sostengono attualmente, per citare solo alcuni, Boveri ('01) ed Haecker ('07i, Maréchal ('07 ) e Grégoire ('08) ? Il risultato dovrà essere sempre lo stesso, cioè l'assoluta costanza; giacché appunto questo è stato il comune punto di partenza e comuni quindi a tutte sono le criti- che che precedentemente ho esposte per la forma tipica della per- sistenza individuale a proposito dell'oscillazione uniforme del nu- mero dei cromosomi in un gruppo omogeneo di cellule. Le oscillazioni del numero dei cromosomi e l'ipotesi della labilità dei cromosomi Prove delV ipotesi della labilità. L'opinione opposta all'individualità dei cromosomi, ha forse un numero di simpatizzanti, specialmente occulti, non minore di quello di coloro che militano in favore dell'ipotesi difesa da Boveri. Non si può però dire che si tratti fin'ora di una teoria organica, para- gonabile all' ipotesi dell'individualità. Nonostante le memorie di FicK e di Tellyesniczky, si può affermare infatti che abbiamo fino ad oggi soltanto delle semplici proteste contro le assurdità dell'ipotesi preformistica, ma non ancora una vera dottrina che, 134 Paolo Della Valle spiegando semplicemente tutti i risultati delle multiformi ricerche finora compiute, sia anche tale da spingere a nuove osservazioni ed esperienze. L'opinione opposta a quella della persistenza individuale è stata già più di una volta accennata da qualche autore e special- mente a proposito della questione tanto spesso dibattuta dell' ori- gine e della dissoluzione dei cromosomi molti sostengono opinioni che mal si accordano con l'individualità di questi i). Come è noto, agli inizi degli studii sulla cariocinesi, verso il 1880 vi fu una lotta fra Strasburgkr, Peremeschko, Schleichkr, Mayzkl da un lato e Flemming dall'altro sul modo di originarsi dei cromosomi, cioè se da riunione di granuli o da segmentazione di un filo unico, lotta che è sembrato fino a poco tempo fa fosse stata decisa in favore di Flemming, benché i recenti studii tendano a dimostrare che la verità sia perfettamente l'opposto. Vi furono però sempre dei casi in cui di spirema non si trovava traccia e si do- veva ricorrere all'ipotesi di associazione di granuli. Ciò per esempio abbiamo visto per la formazione dei cromosomi della 1^ d. d. m. di Artemia salina (Weismann '92, p. 739) e cosi esplicitamente fa il Brauer ('93^, p. 205) che per la spermatogenesi deìVAscaris in cui evidentemente i cromosomi risultano da granuli, afferma che se- condo la sua opinione i cromosomi non sono individui indipendenti ma semplicemente gruppi di innumerevoli minuti granuli cromatici i quali soltanto hanno il valore di individui ^). Più tardi Fick ('99) e più di proposito Wilcox ('01) negavano ogni valore alle divisioni longitudinali o trasversali dei cromosomi nelle divisioni di matu- razione, considerando « the origin of chromatic elements from minute and scattered chromatic particles » . Sabaschikow ('97) tro- vava che anche neìVAscaris le tetradi si formavano dalla riunione di un numero grandissimo di granuli e Schoknfeld ('00) confer- mava lo stesso per la spermatogenesi del toro. 1) È curioso che il Grégoire ('08, p. 292-3) ponga fra i possibili modi di in- tendere l'individualità anche quella ipotesi, secondo la quale le particelle che, compongono ciascun cromosoma si sparpagliano nel nucleo e si raggruppano alla profase seguente senza la presenza di un continuo strutturale ma per il gioco di affinità ignote fra le particelle stesse. A me sembra invece evidente che tale concezione distrugga qualsiasi idea di continuità e individualità , anche se gli elementi del nuovo cromosoma fossero gli stessi del precedente (V. anche p. 153). 2) O. Hertwig ('06, p. 208) cita questo passo come espressione del parere di Wilson che invece non fa che riferirlo ('01, p. 114). L'orgauizziwioue della cromatina 135 D'altra parte R. Hertwig ('01, p. 667) descrivendo la forma- zione dei cromosomi nella prima divisione di maturazione delle cisti secondarie deìVAdinosjìhaermm, scrive che nelle profasi i cro- mosomi « sicli allmàlilich vergrossern wie Cristallo die aus einer Mutterlauge aufscliliessen », paragone al quale si riporta anche lo ScHELTZKANowzEW ('04) a proposito dell' oogenesi deìVAphis rosae. Molto interessanti a questo proposito sono le osservazioni di questo stesso autore ('06) sulle mitosi dell'oogenesi di Oimina proboscidea, nella quale, come osserva anche l'A. non è possibile ammettere la individualità , perchè i singoli cromosomi si scindono in granuli sempre più minuti e cosi riformano il nucleo « a riposo » da cui poi risorgono i cromosomi. L'origine di questi da diretta aggre- gazione di granuli senza l'intervento di granuli cromatici è stata fra gli altri constatata recentemente anche da Riddle ('06) nelle Entomophtoracee e la diretta rapida dissoluzione in granuli da Schu- BERG e KuNzE ('06) nel coccidio Orcheohius ^). Quest'ordine di idee è condiviso auche da Prowazek ('02) per la spermatogenesi di Helix ed Astacus, da Wassilieff ('06 p. 7, 23, 33) per la spermatogenesi di Blattella germanica e specialmente da Gross ('06^ p. 283-6, 303-4 e 312) per la spermatogeuesi di Pi/rrhocoris, giacché essi ammettono una « staubfòrmige Verteilung » della cro- matina durante i periodi iutercinetici ed una neoformazione di cromosomi da essa. Per alcune altre prove in favore di questa interpetrazione, come quella p. es. per i casi dell' ibrido di Drosera studiato da Rosen- berg che in qualche caso presentava 15 come numero ridotto da 10 -|- 20 ^), per le deduzioni che Correns ed altri hanno fatto per i rapporti fra individualità dei cromosomi e legge di Mendel ed alcune altre , rimando all' ampio ed acuto Ergebniss di Fick ('07,1 ed alla bella conferenza tenuta recentemente dal (jrégoire ('08). Non riporterò invece i fatti, ormai numerosi, che provano che realmente è possibile affermare che i cromosomi risultano da un insieme di più elementi (ricorderò solo le splendide figure di cro- 1) Non cito i protocromosomi degli Ascomiceti che secondo Maire dovevano formare i cromosomi definitivi con la loro associazione, perchè la loro esistenza non sembi-a completamente sicura, (v. Gulllermond '05). 2) Simile risultato è anche stato ottenuto più recentemente da Gates ('08), poiché secondo le sue osservazioni l'ibrido fra VOenothera lata che ha 14 cro- mosomi e VOeìiotìiera gigas che ne ha 28, ha 2i cromosomi (20 in una pianta) e, « almost invainably » 10 cz'omosomi come numero ridotto. 136 Paolo Della Valle mosomi della 2-' edizioiu' del libro dell' Altmann ' i ed i famosi cromioli di Eìsen); akiini dei quali ho citato ('07, p. 25-28) a pro- posito delle scissioui trasversali dei cromosomi. Tali osservazioni infatti anche che fossero completamente esenti da critiche , po- trebbero andare d'accordo con l'ipotesi dell'origine dei cromosomi da associazione, ma non la proverebbero punto, come invece parecchi credono, potendo tali elementi di ordine inferiore rimanere associati anche nel nucleo « a riposo », e potrebbe quindi in tal caso questo latto accordarsi completamente con l'ipotesi dell'individualità. Anche però dal semplice esame comparativo delle strutture dei cromosomi è possibile trarre delle valide prove contro 1' ipotesi dell' individualità dei cromosomi. Fin dal 1886 il Paladino, parlando del rapporto fra la cario- cinesi e l'amitosi scriveva che questo « non è sempre tale da farle considerare come processi eterogenei » ('86, p. 14) ed è noto come tutti gli osservatori successivi abbiano confermato questa asserzione, dimostrando, specialmente nelle mitosi artificialmente patologiche infinite forme di passaggio dall'uno all'altro tipo. Ciò che si può artificialmente produrre alterando delle divisioni che sarebbero di per se procedute per una cariocinesi tipica, si può osservare diret- tamente esaminando il comportamento della cromatina negli orga- nismi più semplici (Protozoi in generale e specialmente Rizopodi). Come specialmente ha fatto notare R. Hertwig ('04, p. 28) non troviamo più ivi cromosomi ben definiti e persistenti per tutto il ciclo cariocinetico , ma invece nei diversi casi possiamo osservare tutta una serie di organizzazioni cromatiche sempre meno complete. Da cromosomi che rapidamente si dissolvono direttamente in gra- nuli (ScHUBiiRG e KuNZE per il coccidio ( h'cheohius), ips^ssìàmo cosi a divisioni nucleari hi cui si osservano un numero più o meno determinato di serie lineari di granuli cromatici; fino a casi tipici delle cosi dette « mitosi primitive », in cui lo sdoppiamento nu- cleare è accompagnato solo da modificazioni più o meno profonde nella struttura e nella colorabilità sua. modificazioni nelle (^uali sono da ricercarsi i primi vestigi filogenetici della formazione dei cromosomi. E risalendo la scala dell' organizzazione, noi vediamo ora evidentemente svolgersi dalle prime aggregazioni cromatiche, piccole e irregolari, manifestantisi solo con un aumento della co- lorabilità nucleare, ed accenni di strisce cromaticlui nel nucleo, le 1) V. anche Altmann '92. L'organizzazione della cromatina 137 organizzazioni sumpro più complesse e (lelerminato delle filo seriali dei granuli e dei cromosomi sempre più definiti nella loro forma tipica. Con il progresso dell'evoluzione biologica vediamo quindi ren- dersi più strette e più fisse le aggregazioni delia cromatina, pro- cesso questo, che da un punto di vista generale ricorda la dimi- nuzione progressiva della variabilità messa in evidenza dal Rosa i'99). Le alterazioni che artificialmente produciamo nelle mitosi ottenendo le cosi dette forme di passaggio da mitosi ad amitosi, hanno nella morfologia degli organismi più complessi il loro per- fetto omologo nelle semplificazioni che sempre si svolgono in con- dizione di vita sfavorevoli. Chi non vede ora quanto questi fatti siano contrarii all' ipo- tesi dell'individualità ^) che infatti quasi tutti i Protistologi con- cordemente rigettano ed hanno sempre rigettata, e come invece parlino evidentemente in favore dell' ipotesi della labilità dei cro- mosomi ? Da tutto ciò che precede risulta come non sarebbero man- cate le prove obbiettive in favore di quello che scriveva nel 1905 (p. 28-9) lo Strasbuger ripetendo a proposito della natura mor- fologica dei cromosomi le idee già molto prima formulate chia- ramente dal Weismann di riunione di elementi in complessi sempre 1) BovERi, pur trovando ('04, p. 22) che il concetto di individualità non si può applicax'e agli unicellulari inferiori , per essere conseguente alla sua ipo- tesi, giunge perfino a sostenere ('04, p. 90-91) che filogeneticamente il nucleo deve essersi formato per 1' associazione di tanti elementi quanti sono i cromosom.i, i quali morfologicamente avrebbero quindi il valore di individui precedente- mente indipendenti associatisi insieme. E inutile discutere le assurdità alle quali condurrebbe tale ipotesi che ricorda tanto da vicino quella degli A h- nenplasmen di Weismann. Volendo omologare la formazione dei cromosomi ad altri fenomeni che pre- senta la sostanza cromatica, sarebbero piuttosto da ricordare la dissoluzione in granuli del macronucleo di molti infusorii durante la vita vegetativa e la loro riunione in un' unica massa all' inizio della prossima divisione (Fòttinger '81, Gruber '87, Bergh '89, Russo e Di Mauro '05) omologa all'associazione della cromatina per la formazione dei cromosomi, e la dissoluzione in granuli del nucleo vegetativo di molti Foramiuiferi e Coccidi (Calkins '02, Gonder '04) al momento della divisione, allo sparire del nucleo come tale per la formazione dei cromosomi. A quest'ultimo fenomeno sarebbero pure in un cei'to senso omo- loghi la formazione di molti nuclei nell'interno di un unico primitivo come si verifica* p. es. negli Sporozoi e la concentrazione in nuclei della rete cromidiale delle Talamofore. Per le grandi analogie tra queste diverse manifestazioni del- l'organizzazione della cromatina , sono specialmente interessanti gli studii di Haecker l'07) sulla formazione delle spore nelle Eadiolai-ie. 188 Paolo Della Valle maggiori fino ai cromosomi per l'azione di speciali affinità. Più in breve, ma più logicamente, sviluppandolo dalle leggi generali die debbono reggere tutta la vita della cellula, Giglio-Tos aveva parlato dei cromosomi come delle altre parti della cellula come di strutture efimere e secondarie clie si formano e scompaiono, mentre i cromioli soli sono delle individualità permanenti della struttura dei cromosomi ('00, p. 146). È però certamente a Fick che risale il merito di avere alzata vigorosamente la voce contro le dominanti fantasie individualistiche. Si può però affermare che l'opera sua ('05, e 07) sia stata più di- struttrice che creatrice, non avendo egli che ben poco sviluppato l'ordine di idee delle « Manovrier - formationen » ^) che egli del resto, più che ideare, come abbiamo visto , non aveva fatto che più nettamente formulare. Validi e convinti partigiani di una concezione non individua- listica dei cromosomi sono anche 0. Hertvvig('06j e Ml<:ves (v. '07, p. 463), e specialmente Tellyesniczky, che, pur partendo da un punto di vista più descrittivo che morfologico, ha il merito grande di aver per il primo visto nell'opposizione fra epigenesi e prefor- mazione l'intima natura della differenza fra la teoria individualistica e quella che le si oppone ed ha accentuata ancora maggiormente r opinione dell' intima somiglianza fra la cristallizzazione e la for- mazione dei cromosomi ^). Recentissimamente Giglio-Tos e Granata , con una serie di interessanti osservazioni e di acuti paragoni hanno messo in evi- denza l'intima somiglianza che esiste fra la formazione dei cromo- somi e quella dei condriosomi ('08, p. 38-40). In un caso e nell' altro non si tratta che di aggregazioni temporanee di granuli in altri momenti separati. L' esistenza di queste coincidenze non solo for- mali del comportamento dei diversi costituenti della cellula non 1) Faccio qui notare che il concetto di « Manovriertbniiationen », appunto perchè antropomorfico essendo tratto dagli ordinamenti militari ha in se molto di finalistico. 2) Anche Euzicka ('07, p. 531-7), sostenendo il suo concetto del metabolismo morfologico del protoplasma accetta le vedute di Tellyesniczky che tanto si accordano con quello. Trova però che non è perfettamente giustificato parago- nare la formazione dei cromosomi al processo di cristallizzazione, perchè il pro- dotto che si ottiene è differente chimicamente e non solo fisicamente dalla so- luzione madre. Ciò però sarebbe vero solo nel caso che si potesse essere sicuri di questa difi:'ereiiza chimica. L'organizzazione della cromatina 139 può che sempre maggiormente servire ad abbattere l'ipotesi della individualità-persistenza. / fattori da cui dipende il numero dei cromosomi Opinioni varie espresse da alcuni autori In qual modo ora questa ipotesi opposta a quella dell' indivi- dualità può spiegare il fenomeno fondamentale della costanza del numero dei cromosomi sulla quale l'altra principalmente si fon- dava o meglio l'oscillazione ristretta di questo numero che ab- biamo visto essere il comportamento generale più probabile? A questa domanda le risposte non sono né molte ne di molto valore. Strasburger si contenta di constatare il fatto osservando che « die Chromosomenbildung ist erheblich fixiert, allein nicht in so starren Grenzen gefasst dass die Chromosomenzahl nicht einigen Scliwankungen unterworfen sein konnte ». Fick ('05, e '07) è perfettamente persuaso che si tratta di una cosa che è evi- dente di per se: il numero dei cromosomi è costante perchè sarebbe curioso che fosse variabile ed è quello perchè è quello, né è ulte- riormente analizzabile come non lo è il numero dei petali di un fiore etc: tutto al più, volendo affermare qualche cosa, si può supporre ('07, p. 85-6) che probabilmente ogni specie ha il numero dei cro- mosomi adattato , « eventuell functionell wertvolle Einrichtung » . Questa opinione è condivisa anche da Popoff ('07, p. 92-3 e 105) che accetta completamente le idee di Fick e trova anche egli che il numero dei cromosomi « ist eine Zelleigenschaft, welche fùr jede Art charakteristisch ist und immer auftritt, wenn es notig ist, das Chromatin gleichmàssig auf zwei Zellen zu verteilen ». Delage ('99 e '01) per le sue credute osservazioni di ritorno al numero normale dopo la merogonia, parla di una autoregola- zione del numero dei cromosomi che anche fisiologicamente riporte- rebbe al normale il numero dei cromosomi casualmente alterato dalle numerose anomalie. Per la spiegazione di questa autoregola- zione egli però si contenta di affermare ('00, p. 413) che « ce nombre est unepropriété spécifìque de la cellule, une constante de la cel- lule ". Anche Nemec ('04, p. 722) afferma che l'ipotesi dell' indi- vidualità è inutile e che « es gentigt die Annhame, dass zum we- sentlichen Charakter eines Kernes die Fàhigkeit gehort, eine be- 140 Paolo Della A'alle stimmte Anzahl von Chromosoinon zu l)ilden >-. Questa dipeiìderebbe, ma egli non dice in che modo, dal numero dei cromosomi che lo li anno formato. Riferirò per curiosità anche la strana opinione di Winklkr ('06) che la costanza del numero dei cromosomi possa essere spiegata indipendentemente dall'ipotesi dell'individualità, per la semplice considerazione che essi sono i regolatori della relazione nucleo-pla- smatica. Il "Winkler però non indica perchè ciò gli sembri evi- dente; né è facile capirlo. Il miglior tentativo di spiegazione fatto in questo senso è senza dubbio quello che parecchi accennano e ohe è espresso nella sua forma più semplice da Jost ('04, p. 463) nella sua Pflanzenphysio- gie: « Die gleiche Zahl der Chromosomen kann ja doch auch darauf beruhen, dass vor jeder Teilung die Menge des Chromatins eine annàhernd gleich grosse ist ». A questa opinione giunse indipen- dentemente anche Tef.lyesniczky ('07^, p. 38) che accenna pure, benché poco chiaramente ai possibili rapporti fra modificazioni della quantità di cromatina e alterazione del numero dei cromosomi ^). Dalle sue esperienze sulle larve emi- e diplocariotiche , Bo- VERi crede però di poter escludere perfettamente una simile inter- pretazione per l'esistenza di due fatti: l'accrescimento proporzionalo della cromatina e la diversa grandezza dei singoli cromosomi. Il primo di questi fatti indica che 1' accrescimento della cromatina, dalla telofase alla profase successiva, è indipendente dalla quan- tità di cromatina, perché raggiunge sempre il doppio della quan- tità originaria senza alcuna tendenza ad avvicinarsi al numero che di solito si osserva in quella data specie di cellule, dimostrando cosi completamente erronea l'ipotesi dell'autoregolazione di Delage. Da questa proporzionalità dell' accrescimento della cromatina alla quantità originaria Bovebi giustamente conchiude ('05, p. 48I-5j che questi fatti ci portano « zur Annahme eines in dieser Substanz ablaufenden oyclischen Wechsels, der sich am besten durch die Ge- geniiberstellung von jungem und ausgewachsenem Chromatin aus- drilcken làsst ». Una cellula non può quindi accrescersi se non si di- vide, né questa divisione è causata da qualche cosa di diverso dalla 1) « Fiiidet eine Zahlenveranderuug der Chromosomen statt, so ist ja damit eine genaue proportionelle Veriinderuug der Menge der Chromosomensubstanz untrennbar verbuiiden. Man kann also auch annehmen, dass die proj^ortionelle Veranderung der Kernsubstanz die Zablenvoranderungen der Chromosomen uotwendigerweise mit sich bringt. ("07, p. 38). L'org-anizzaziouo della cromatina 141 cromatina perchè è appunto la quantità di cromatina quella che regola il numero delle divisioni cellulari e perciò alla proposizione prima enunciata si può sostituire quest'altra: senza divisione dei cromosomi non può avvenire ulteriore accrescimento della cromatina. Per rendere chiaro il meccanismo di questi fenomeni, egli fa il paragone con ciò che avverrebbe di 1 cm'' di « Paramàciensub- stanz » che, anche essa, non sarebbe capace di crescere fino a 2 cm-^, se non raddoppiando il numero degli individui, e ne conchiude, come ho già altrove riferito, che ciò ha il suo fondamento « in der Zusammensetzung aus gleichartigen teilungsfàhigen Individuen mit einer fesfen, autonom bestimmten Maximalgrosse » e che quindi anche la cromatina « aus ganz entsprechenden Individuen aufgebaut ist ». E couchiude: -^ Ioli balte diese Betrachtungsweise und ihr Resultat fiir eines der stàrksten Argumeute daftìr, dass wir uns die in der Mitose unterscheidbaren Chromatinstiicke im scheinbar einheitlichen Geriist des ruhenden Kernes selbstandio; bleibend zu denken liaben ». FicK ('05 p. 198-9j, e più tardi anche Tellyesniczky ('07^, p. 38), hanno fatto giustamente notare che questo ragionamento non prova punto che debbano essere proprio i cromosomi questi indi- vidui autonomi con accrescimento fisso e costante e che invece po- trebbero essere appunto degli elementi a questi subordinati, dei Chromatin-Bionten. Boveri ('07, p. 234) riconosce giuste questo osservazioni, ma trova che, poiché noi nella morfologia nucleare non conosciamo altro tranne che i cromosomi che possa corrispondere a questo postulato, questi appunto debbono essere gli individui di cui andiamo in cerca. Il ragionamento del Boveri però non mi sembra logico. In- fatti ciò che egli dice per il nucleo potrebbe essere applicato a ciascun cromosoma, poiché anche essi non potrebbero ulteriormente accrescersi se non moltiplicandosi e quindi anche per essi bisogne- rebbe ammettere che ciò ha il suo fondamento « in der Zusam- mensetzung aus gleichartigen teilungsfàhigen Individuen mit einer festen, autonom bestimmten Maximalgrosse ", ragionamento questo che naturalmente si deve estendere fino agii ultimi componenti della cromatina nei quali appunto risiede l'intimo combiamento da cromatina giovane in cromatina adulta. Bisogna a questo proposito notare, che , prima di questa di- scussione intorno al possibile valore della quantità di cromatina come causa determinante del numero dei cromosomi, il Giardina 142 Paolo Della Valle ('01, p. 462), dalle sue osservazioni, intorno al comportamento della cromatina durante il processo di differenziamento delFoocite e delle cellule nutrici nel Dytisciis^ aveva tratta la conchiusione che: « La co- stanza del numero dei cromosomi non dipende né dalla permanenza dell'individualità dei cromosomi ne dalla quantità di sostanza cro- matica che si dispone nella piastra mitotica; dipende piuttosto dalla costanza con cui si riproducono ad ogni mitosi alcune condizioni indipendenti dalle due prime e caratteristiche per ogni specie di organismi ». Ora, per ciò che riguarda la quantità di cromatina come causa determinante del numero dei cromosomi, questa osser- vazione però mi pare che presupponga necessariamente che il ma- teriale da cui si forma l'anello cromatico fosse già contenuto nei cromosomi delle mitosi oogoniali precedenti alle divisioni differen- ziali e che quindi i cromosomi di questi ultimi non fossero asso- latamente identici ai primi. L'opposizione esistente fra queste due interpetrazioni è, come si vede, la stessa che sempre si ritrova fra le teorie preformiste e quelle epigeniste. Come però da questa concezione della dipendenza del numero dei cromosomi dalla quantità di cromatina si possa spiegare e il comportamento solito del numero dei cromosomi in una data specie di cellule e le variazioni che questo offre in determinate circostanze, né il FiCK né altri hanno mai fatto, mentre ciò é indispensabile per una teoria che voglia contrapporsi a quella della persistenza individuale, che appunto nel comportamento del numero dei cro- mosomi trova le più valide prove. Fick si contenta, come ho detto, di constatare semplicemente il fatto, e per i casi anormali si con- tenta di dire che l'alterazione del numero delle « Manoveriereinhei- ten » non è letale per la cellula, e che questo viene mantenuto anche in condizioni anormali ('07, p. 96), ma non cerca di esaminare che cosa significhi tale aumento di unità di manovra, e Tellyesniczky, ('07'^, p. 38), come abbiamo visto, accenna solo come ad una pos- sibilità ad una « proportionelle Veranderung der Kernsubstanz », lasciando cosi una superiorità incontrastata all'ipotesi dell' indivi- dualità che dà invece di questo fatto una spiegazione semplice e naturale. L'organizzazione delia croniatina 143 Il numero dei cromosomi come quoziente tra la quantità di cromatina e la grandezza media dei cromosomi Eppure accettando 1' ipotesi della labilità dei cromosomi e della loro costituzione da associazione di elementi inferiori, il comporta- mento del numero dei cromosomi si mostra molto semplice conse- guenza di un principio generale della biologia, cioè della notevole fissità della grandezza media degli organismi, qualunque siano il modo della loro formazione e la loro dignità morfologica. Supponiamo che per ogni cromosoma occorrano 10 \x cubi di cro- matina adulta. È evidente che un nucleo in cui esistano 100 [x cubi di tale cromatina darà origine a 10 cromosomi e che , se due di tali nuclei si fondono assieme, il nucleo risultante, con 200 [jl cubi di cromatina darà origine a 20 cromosomi e due di questi nuclei, fusi assieme, con un totale di 400 {x cubi, produrranno 40 cromo- somi. La conseguenza sarà quindi identica a quella che mostrano le osservazioni di Boveri sulle larve emi-, amjphi- e diplocariotiche di Echini. Questo ordine di idee spiega inoltre nel modo più semplice tutti i casi che di solito sono riportati come casi evidenti di prove dell' individualità dei cromosomi. Oltre che agli altri casi di fusioni nucleari con conseguente raddoppiamento del n. d. cr. di cui esi- stono molti esempi o di triplice fusione con triplicazione del nu- mero dei cromosomi come per le uova dispermiche o per il nucleo secondario dell' endosperma, il principio si applica anche ad alte- razioni meno gravi della quantità di cromatina. Supponiamo, per continuare il ragionamento precedente, che un nucleo che di solito ha origine da 10 cromosomi, ognuno dei quali dia origine a 10 ti cubi di cromatina giovane, venga invece formato da 12 e risulti quindi da 120 [x cubi di cromatina. Alla profase , rimanendo co- stante la grandezza media di ciascun cromosoma in 10 |x cubi, da esso, se ne dovranno formare 12, cioè quanti ve ne erano entrati, analogamente quindi a quanto si osserva nei casi cosi famosi di ano- malie della riduzione di Ascaris megalocephala per cui nei primi blastomeri (Boveri, '88) si ripresenta costantemente il numero anor- male causato dalla prima alterazione della quantità normale di cro- matina ^). 1) FicK ('07, p. 96) anche per qneste anomalie trova che si tratta di un fatto che si capisce da se stesso senza spiegazioni che infatti egli non dà, conten- 144 Paolo Della Valle Inversamente, se per una causa qualunque il nucleo invece che da 10 cromosomi, vien formato da 8, 4, 2 cromosomi, esso risul- terà da 80, 40, 20 |x cubi di cromatina e non potrà non dare ori- gine alla profase a 8, 4, 2 cromosomi, cioè quanto si osserva nei nuclei derivati da mitosi pluripolari, in alcune vescicole nucleari di nuclei idiomeri, nei granelli pollinici anormali sovrannumerarii di Hemerocallis , nelle cellule oligocromaticlie dei tumori maligni originatesi da mitosi asimmetriche. Inoltre se dei 100 jj, cubi del nostro nucleo originario solo 60 raggiungeranno lo stadio necessario per organizzarsi in cromosomi, invece dei 10 cromosomi che lo avevano formato noi non osser- veremo alla profase successiva che solamente 6 cromosomi, come appunto è realizzato in alcuni casi dalle osservazioni di Galeotti e Wkrner sulle mitosi in condizioni patologiche. Un'ultima possibilità di cui bisogna tener conto e che si ve- rifica forse in qualche caso è che il nucleo, prima di raggiungere l'evoluzione necessaria per l'organizzazione dei cromosomi, si separi in due o più parti, ognuna delle quali, naturalmente, non potrà non dare origine ad un numero minore di cromosomi. Come si vede tutti questi casi che sono considerati come la rocca inespugnabile della persistenza individuale dei cromosomi nel nucleo a riposo, possono essere spiegati nel modo più semplice indipendentemente da essa , ammettendo che ciò che permane sia semplicemente la (juantità di cromatina e la grandezza media di organizzazione della cromatina in cromosomi. La variabilità numerica normale come riflesso della variabilità dell'organizzazione della cromatina. Anche il fatto della variabilità del numero dei cromosomi nelle mitosi di cellule simili che costringeva la teoria dell' individua- lità a, tante inverosimili complicazioni, riceve mediante quest'ordin*^ di idee una semplice spiegazione. L'a.ssoluta somiglianza del comportamento del n. d. cr. con ((uello del numero degli organi plurimi di tutti gli organismi , è assolutamente evidente ^). Come per questi esistono casi di asso- dandosi di ripetere come spiegazione il fatto stesso da spiegare, cioè che il nu- mero viene mantenuto anche in condizioni anormali. ') Vi accennano , per (|uanto mi è noto, solo FioK lOT, p. 85) e Tkl- LYESNICZKY (^'07", p. 40). L*organizzazioue della cromatina 145 luta costanza , di variabilità da individuo a individuo (variabilità individuale) o di variabilità nel numero delle parti omologhe in un solo individuo (variabilità parziale), cosi dalle notizie bibliogra- fiche da me raccolte e dalle mie osservazioni risulta che il numero dei cromosomi in alcuni casi, specialmente se esso è relativamente basso, si dimostra costante, mentre in altri esso è variabile da in- dividuo a individuo ed in altri infi.ne, che forse sono la grande maggioranza, esso è variabile in uno stesso individuo. Dai risultati delle mie osservazioni e da quelle degli autori che mi hanno preceduto, sembra anche probabile che la legge del com- portamento di questa variabilità, non sia, anche per il numero dei cromosomi diversa da quella di Quetelet espressa dalla curva bi- nomiale di Newton ^). Però questo fatto della variabilità del numero degli organi plu- rimi secondo la legge generale della variabilità fluttuante non è di solito ulteriormente analizzabile e rimangono semplici fatti di osservazione le constatazioni che in generale le migliori condizioni di nutrizione sono causa di un aumento del numero di questi or- gani. Nel caso invece della variabilità del numero dei cromosomi ci troviamo in condizioni molto migliori in modo da poter giun- gere mediante lo studio della variabilità ad una conoscenza più sicura delle leggi che regolano l'organizzazione della cromatina. Infatti nessun rapporto genetico esiste p. es. fra gli stami di un fiore di papavero e quelli di un altro fiore della stessa pianta; r uno è sorto indipendentemente dall' altro ed i numeri ottenuti dipendono soltanto dall' intima costituzione della pianta e dalle condizioni esterne, che esistevano in ciascuno dei momenti nei quali si è originato ciascun fiore. Per i cromosomi invece esiste una relazione fra il numero dei segmenti cromatici che si osserva in una mitosi e quello presentato da una successiva perchè essenzialmente identica e costantemente eguale quantitativamente è la cromatina che in due mitosi succes- sive si organizza in cromosomi. Ora poiché nei casi normali , non è la quantità di cromatina da una mitosi alla successiva quella che varia, da che cosa dipende la fluttuazione del numero da una mitosi alla successiva o, ciò che vale lo stesso, fra mitosi di nuclei derivati originariamente da uno solo ? ij Per un caso di variabilità unilaterale ( Diabrotica) v. p. 152, nota 3. Archivio Zoologico, Voi. -l, Fase. 1. 10 146 Paolo Della Valle La risposta non può essere dubbia. Dato che il numero dei cromosomi è il quoziente fra la quantità di cromatina disponibile e la grandezza delle singole organizzazioni che da essa si originano, se troviamo variabile il numero e sappiamo che la quantità è costante, dobbiamo necessariamente conchiudere che la grandezza è varia- bile. Come si vede, in questo caso la variabilità numerica o dis- continua non è che una conseguenza della variabilità graduale della grandezza dell'organizzazione cromosomica della quale essa viene quindi ad essere un indice ^) (v. p. 150}. Mediante questo ordine di idee tutti i diversi comportamenti del numero dei cromosomi osservati ricevono una spiegazione sem- plice ed uniforme. L'assoluta costanza non esprime altro che la fissità dell'orga- nizzazione cromosomica, ma ciò non vorrà dire punto che i singoli cromosomi debbano essere costituiti sempre dalla stessa sostanza, perchè sarà perfettamente possibile che p. es. tre cromosomi una volta siano costituiti nel seguente modo : abc def glii ed una seconda invece risultino di: agf bdh eie La possibilità di un rimescolamento degli elementi che formano i singoli cromosomi da una mitosi alla successiva, che già sarebbe di per se probabile per le analogie col mondo inorganico (cristal- lizzazione), diviene necessaria quando si considerino i fenomeni di variabilità numerica. Allorché, per esempio, in una mitosi si osservano 24 cromosomi ed in una successiva se ne trovano '25 o 23, ciò significherà che ^) Un ragionamento molto simile a quello qui sviluppato, ma fondato invece sulle difterenze della quantità di cromatina nei diversi nuclei, è quello che il MooRE ha accennato a proposito dell'origine dei cromosomi nella spermatogenesi del Branchipus. L'A. infatti ('93, p. 266 e 267), constatando che il numero dei cromosomi « as well as the general nuclear characteristic, oscillate within narrow limits for the same species », partendo dal punto di vista che è la struttura nucleare quella che determina il numero dei cromosomi, trova clie «a very slight diiference in the cellular dimensions, would, provided the foam structure remained the same, materially alter the number of the spaces between the globules, and conse- quently the number of the chromosomes », o più semplicemente e chiaramente: « their actual number will naturally depend on the size of the spheroids com- pared with that of the nucleus. » Egli però osserva in nota che questo deve es- sere uno ma non 1' unico fattore del numero dei cromosomi, date specialmente le grandi differenze di grandezza dei nuclei di uno stesso organismo. L'organizzazione della cromatina 147 la grandezza dei cromosomi, o ciò che vale lo stesso il valore medio di questa grandezza, per cagioni puramente casuali è divenuto minore o maggiore di quanto era prima ^). In ambedue questi casi è assolutamente impossibile che gli stessi elementi si riuniscano a formare gli stessi cromosomi. Che ciò non sia da attribuire alle modificazioni di un solo elemento, come verrebbe l'ipotesi dell'individualità, senza rendersi conto che ciò non modificherebbe in nulla l'essenza del fenomeno, ma dipenda invece dalla modificazione della media grandezza di tutti i cromosomi, è dimostrato dal fatto che la frequenza dei diversi numeri è molto probabilmente quella espressa dalla legge generale della variabilità fluttuante. Infatti, il paragone del comportamento dei cromosomi con la variabilità individuale e parziale degli altri organi plurimi, con- tinua perfettamente anche quando si considerino non i numeri di cromosomi di diverse mitosi appartenenti ad un solo individuo o a più, ma anche quando il ragionamento si trasporti alle diffe- renze di grandezza dei cromosomi che, come abbiamo visto , co- stituiscono il fondamento della variabilità di questo numero. In questo caso la variabilità della grandezza dei cromosomi di un'u- nica mitosi corrisponde alla variabilità parziale e quella fra i cro- mosomi di due diverse mitosi a quella individuale. Ora è noto che anche prendendo termini analoghi da ciascun gruppo di varia- bilità o anche la media di ciascuna serie, questi valori, riuniti as- sieme seguono anche essi la legge di Quetelet ^). La variabilità di grandezza fra i cromosomi di ciascuna mitosi determina la grandezza media di tali elementi in quella mitosi e il loro numero . la va- riabilità di questa media determina le differenze del numero dei cromosomi fra una mitosi e l'altra. In un caso le differenze sono prodotte dalle diverse condizioni nelle quali si originano i singoli cromosomi, nell'altro le differenze dalla media derivano dalle di- verse condizioni nelle quali si trovano le singole mitosi. Come si comprende questo comportamento richiede che affatto illusorie siano quelle differenze dei cromosomi sulle quali in questi ultimi tempi da tanti, e con tanta superficialità, si è scritto o al- 1) Supponiamo che in un nucleo con 1CX)0 |jl3 di cromatina si foi'mino dei ci'omosomi con una grandezza media di [x^ 41,66 circa : avremo 24 cromosomi; se la grandezza media scenderà a 40 avremo 25 cromosomi, se salirà invece a 43,48 circa, ne avremo 23. ~) V. De Vries '06, cap. 26. 148 Paolo Della Valle meno , come in seguito vedremo , che la maggior parte di esse siano tali. Non è qui il caso di portare i dati morfologici sui quali a.p]30ggio questa mia opinione, poiché questo argomento merita una ampia discussione; voglio qui solo ricordare un fatto che parla iu questo senso , cioè la maggiore variabilità del numero in quelle mitosi che presentano un numero di cromosomi maggiore e nelle quali, data la maggiore quantità di cromatina disponibile, la va- riabilità della grandezza dei cromosomi deve essere maggiore \). Come è noto, la maggiore variabilità individuale accompagna la maggior variabilità parziale. Un altro e più interessante risultato si può dedurre da questi dati di osservazione. È stato dimostrato che la coincidenza della curva empirica della variabilità con quella teorica, si può spiegare solo ammettendo che il numero dei fattori dai quali dipende il ri- sultato, sia infinito e che ognuno di essi sia capace di prendere indifferentemente un valore positivo o negativo (Gal-ss, Joung, Hagen), In generale si ammette ^) che il numero di questi infiniti fat- tori sia quello delle condizioni esterne variabili casualmente, ognuna delle quali può esercitare un' azione eguale, favorevole o contraria al risultato che si esamina. Nel caso delle grandezze dei cromosomi e del numero che ne deriva , il modo di agire di queste cause esterne sarebbe perfettamente concepibile qualora si ammettesse che la diversa grandezza dei cromosomi non fosse che l'espressione del- l'associazione di un numero maggiore o minore di elementi cro- matici, di numero praticamente infinito, in gruppi variamente nu- ^) Vedi le osservazioni di Borgert per Aulacanfha e i dati che dimosti-auo che in generale nelle ceUule somatiche la variabilità è maggiore che nelle mitosi con numero ridotto. Se quest'ultimo fenomeno dipendesse soltanto dalla mag- giore quantità di cromatina, poiché, come abbiamo visto, variabilità numerica significa sostituibilità degli elementi, si verrebbe alla conchiusione che la cro- matina dei due pronuclei non rimane separata per tutta la vita come è ora opi- nione corrente, ma può mutuamente sostituirsi. Come è noto tale ipotesi era stata accennata dal Van Beneden al tempo dei primi studii classici sulla fecondazione, ma non ebbe alcuna fortuna, perchè si potè dimostrare che in qualche caso essa non era vera. E molto probabile però che non sempre sia questa l'unica causa e che invece nella orgai)izzazione della cromatina delle cellule somatiche spesso abbiano non piccola parte i cambiamenti nella qualità e in qualche caso (v. p. es. Mottikr '98, p. 155) forse anche nella quantità di essa. 2) Vedi p. es. De Vries '06, p. 451. L'organizzazione della cromatina 149 merosi secondo che più o meno favorevoli fossero lo condizioni nelle quali essi si organizzano. In questo senso parlano appunto le poche osservazioni che abbiamo fatte su croujosomi risultanti da riunione di granuli di- stinguibili morfologicamente , che hanno mostrato come i cromo- somi più lunghi siano formati dalla riunione di un numero di gra- nuli maggiore di quello dei cromosomi più piccoli (vedi specialmente Ctross '06, p. 281-2). E però straordinariamente probabile che questi granuli visibili siano da considerarsi già come aggregati cromatici. La sindesi cromosomica di Haeckicr ('07j, non sarebbe che la ma- nifestazione più grossolana di questo processo di aggregazione. Influenza dell'ambiente sulla variabilità fluttuante del numero dei cromosomi. Non molte sono le notizie che abbiamo intorno al fatto che il numero dei cromosomi possa essere influenzato da modificazioni dell' ambiente esterno, perchè non molte sono state le ricerche fatte in tale direzione : i risultati per ora ottenuti permettono però di poterlo affermare con sicurezza. Il primo che abbia fatto un accenno in questo senso è stato lo Strasburger ('88) che, benché ipoteticamente, riferiva alla mag- giore ricchezza in plasma dell'estremità superiore dell'endosperma il maggior numero dei cromosomi di quelle mitosi, per le migliori condizioni di nutrizione in cui si verrebbero a trovare. Tischler ('00), riferisce la variabilità del numero dei cromosomi dell'endo- sperma alla varietà della temperatura della giornata, secondo le os- servazioni di HoTTES ^) che avrebbe trovato appunto tale rapporto, giacché anche le sue asserzioni parlerebbero in favore di una simile relazione. Una correlazione che invece il Tischler non riconosce è, come ab- biamo visto, quella che Stuasburger ('88j aveva creduto di osser- vare tra la diminuzione del numero dei cromosomi e l'età del tessuto e che il Guignard ('93, p. 205-206j aveva confermato per l'endosperma. Recentemente lo IStrasbur,ger (08, p. 482) ha messa in luce un'altra condizione di ambiente capace di influire sul numero dei cromosomi, dimostrando che il numero dei cromosomi nelle mitosi 1) Le notizie di queste esperienze sono state pubblicate da Strasburger ('99) nel laboratorio del quale erano state fatte. 150 Paolo Della Valle del nucleo inferiore deirembriosacco del Lilium^ è costante ed eguale al numero ridotto, nei primi fiori della pianta, variabile e forte- mente nei fiori successivi ^). Poiché però non è facile analizzare se nel caso delle antipodi la quantità e la qualità della cromatina nei diversi casi sia la medesima, non è possibile decidere se questi fenomeni siano da attribuire alla variabilità fluttuante. Per ciò che riguarda la citologia animale, abbiamo visto che VoM Rath ('94) dubitava se le differenze nel numero dei cromo- somi nell'oogenesi di Artemia esistenti fra le sue osservazioni e quelle di Brauer non fossero dovute, invece che a differenze di varietà, a differenze di ambiente (Marsiglia e Capodistria). Ciò però è ben poco probabile quando si pensi alle differenze trovate (24-28 e 84-168). In generale, poiché, data una certa quantità di cromatina il numero dei cromosomi é in ragione inversa della grandezza del- l'organizzazione dei cromosomi, si può affermare che, col divenire peggiori le condizioni dell'ambiente della mitosi, i cromosomi non potranno raggiungere che un grado minore di complessità e il loro numero tenderà a crescere. Aumento del n. d. cr. si osserva infatti allorquando i grandi cromosomi dei blastomeri somatici delV Ascaris megalocephala si dissolvono come tali e gli elementi di cui risul- tavano trovano un nuovo equilibrio nelle riunioni più semplici dei cromosomi minori ^); aumento si osserva anche in altri casi nei quali la mitosi si compie in condizioni patologiche, ma che non producono una mutazione nel numero dei cromosomi come p. es. ha osservato Van der Stricht ('01, p. 109), che trovò nelle mitosi di maturazione anomale delle uova di pipistrello un numero di cro- mosomi maggiore che negli ovuli normali. Naturalmente in questo ordine di studii le notizie più interes- santi sarebbero quelle di variazioni ottenute sperimentalmente, va- riando le condizioni esterne; ma ben pochi sono i lavori fatti in questo senso. I più interessanti risultati in questo campo sono senza dubbio quelli ottenuti dal Galeotti ('93 e '96), benché probabilmente le variazioni da lui prodotte nel numero dei cromosomi non siano 1) Fatti simili si verificano anche per altri organi plurimi di piante. 2) Come è noto, anche nelle cellule genetiche primordiali di Ascaris megalo- cephala è stata osservata qualche volta questa dissoluzione (v. Wasiliewski '93, VoM Rath '94); però, diversamente da ciò che si verifica nei blastomeri somatici, queste organizzazioni più numerose e meno complesse della cromatina, debbono essere temporanee e completamente equivalenti come somma ai cromosomi delle cellule della linea germinale della segmentazione. L'organizzazione della cromatina 151 da riferirsi alla variabilità fluttuante, ma ad altri fenomeni secon- darii che sovrapponendosi ad essa ne mascherano gli effetti. Egli potè infatti ottenere diminuzione del numero dei cromo- somi nelle mitosi di epidermide di Salamandra in rigenerazione, mediante l'azione di soluzioni di antipirina (al 0,05 °/o pei' 12 giorni: '93; p. 302); di bisolfato di chinina (al 0,05, 7o per 12 giorni : '93, p. 305), di cloridrato di cocaina (al 0,1 "/o per 6 giorni o al 0,05 7o per 12 giorni o al 0,02 «/o per 30 giorni: '93, p. 306-7), di peptone (all' 1 7o per 8 giorni : '93, p. 309), con innalzamento di tempera- tura fino a 35°-36'' ('96, p. 199), e mediante una corrente di 0,000507 Amp. per 3 giorni ('96, p. 208). Questo fenomeno che egli giustamente interpreta come dovuto a fatti di degenerazione, può dipendere secondo Fa. da due cause: ('93, p. 313) < Entweder bildet sich wàhrend der Vorbereitung zur Karyokinese nicht alles Chromatin zu Schleifen um, oder der schàd- liclie Einfluss der angewendeten Substanz, wirkt vorzugsweise auf die Kernelemente und zerstort einen Theil der Schleifen , wenn die Zelle in Karyokinese eingetreten ist ^). Dalle sue osservazioni conchiude : ('96, p. 208) « dass zwar die Gleichheit der Zahl der Schleifen bei alien in Karyokinese befindlichen Zellen desselben Gle- webes cine Erscheinung ist, welche sich im physiologischen Zustande mit bedeutender Constanz und Grleichfòrmigkeit erhàlt, dass sie aber infolge mehr oder weniger schwerer pathologischer Einwir- kungen alteriert werden kann ». Queste osservazioni interessantissime che meriterebbero di es- sere continuate dimostrano evidentemente che è possibile influire sulla formazione dei cromosomi con agenti esterni : gli esperimenti di Galeotti mostrano che si può ottenere che solo alcuni giungano a formarsi; non è impossibile che avvicinandosi sempre più a quelle che debbono essere le condizioni normali di ambiente interno dei tessuti, si possa giungere a influenzare, senza addirittura distrug- gerla, l'organizzazione della cromatina in cromosomi. Da ciò che precede si comprende facilmente come le differenze di condizioni fra le mitosi di un individuo possano non essere suffi- cienti per produrre quell'oscillazione necessaria perchè si ottenga un numero diverso; e queste differenze invece esistano fra indi- vidui diversi di una stessa specie come sembra sia appunto il ^) Un fenomeno simile a questo ottenuto sperimentalmente da Galeotti è quello che Schmid ('06) ha osservato in alcaue mitosi dell'endosperma. 152 Paolo Della Valle caso per alcuni Artropodi studiati da Montgomery , Wilson e Stevens ^). Caso della coesistenza di cromatine diverse La variazione della grandezza media dei cromosomi presup- pone la perfetta equivalenza e sostituibilità di tutti i costituenti di ciascun cromosoma, perchè sia possibile e indifferente un aggrup- pamento qualsiasi di essi dentro determinati limiti di grandezza. Una identità di tutti gli elementi della cromatina non è però nemmeno necessaria, potendo benissimo esservi più specie di cro- matine, ognuna delle quali si organizza in cromosomi indipenden- temente dall'altra, analogamente a ciò clie succede nella cristal- lizzazione di due diverse sostanze sciolte in un unico solvente ^). Na- turalmente, poiché col diminuire della quantità di cromatina sono necessarie più forti oscillazioni nella grandezza dell'organizzazione cromosomica per ottenere numeri diversi, il risultato sarà più co- stante: al limite , dato che vi fossero tante specie di cromatine, diverse e di ognuna vi fosse soltanto la quantità sufficiente per formare un cromosoma, si avrebbe un numero assolutamente ^) fisso 1) Dalle variazioni fluttuanti del numero dei cromosomi analizzate nel pre- sente lavoro, si distaccano nettamente alcuni casi che rappresentano delle vere mu- tazioni. In questa categoria rientrano con ogni probabilità in prima linea la ri- duzione alla metà clie si verifica nelle mitDsi di maturazione delle cellule ge- netiche e poi anche alcuni altri casi, come quelli trovati da Winiwahteb per il Coniglio negli oogonii, da De Sinéty per le mitosi dei corpi grassi di Lepti/nla da BovERi per i blastomeri somatici deWAscaris, da Vom Eath per la milza del Cane, da Guignard per le antipodi di Lillum e forse ancora altri. Di questi fe- nomeni che si riattaccano ai problemi dei rapporti fra cromatina e differenzia- zione spero di potermi occupare di proposito in un altro lavoro. 2) Vedi anche Gross '06, p. 303-4. 3) Ciò in generale non è assolutamente esatto. Infatti se la quantità della cromatina di una determinata natura è in quantità sufi&ciente per formare un cromosoma, ciò non vorrà dire che in condizioni diverse non se ne possano ot- tenere un numero maggiore. La variabilità in questo caso dovrà essere neces- sariamente uniseriale ed i numeri più alti sempre meno frequenti. Un esempio tipico, benché differentemente interpretato dall'A., è quello dell'eterocromosoma che permane compatto durante il periodo di accrescimento degli spermatociti di Diahrotica soror e D. 12-punctatn (v. p. 43-44). I numeri trovati infatti da Stevens ('08) sono su 100 ca.si: n. di cr. speciali 1 2 Diahrotica soror j. • j- -j • n qk u. di individui 51 do Diahrotica 12-pundata n. di individui 48 33 È noto però (v. p. es. De Vbies '06, p. 554-5) che anche per organi plurimi esistono casi di variabilità uniseriali. 3 4 5 11 2 1 15 3 1 L'organizzazione della cromatina 153 di questi od ogni cromosoma risulterebbe sempre, ad ogni mitosi, degli stessi componenti. In generale la formula del numero dei cromosomi sarebbe, chiamando N il numero dei cromosomi, Q la quantità di cromatina e G la grandezza media delle organizzazioni cromatiche, qualora non esistesse che un'unica specie di cromatina N=« esistessero varie Q' , Q" , Q'" G' ' G" ' G'" - G N Naturalmente, prima di ammettere ciò come vero, bisognerebbe dimostrare con prove molto migliori di quelle che si sogliono dare, l'esistenza di diiferenze fra i singoli cromosomi di una mitosi; in ogni modo quest'analisi mostra come nemmeno nel caso della più spinta differenza fra tutti i cromosomi di una mitosi sarebbe per nulla alterato il principio fondamentale dell'ipotesi della labilità dei cromosomi, come invece credeva Boveei ('07, p. 231). Questa forma estrema dell'ipotesi della labilità è considerata dall'illustre citologo di Wtlrzburg come la forma estrema dell' individualità per la quale anche la « Manovrierhypothese » di Fick rappresenterebbe un caso speciale di individualità ed anche Grégoire ('08, p. 293) vi accenna come ad una forma sui generis nella quale potrebbe essere intesa l'individualità (v. anche Tellyesniczky ('07'^, p. 34). Ciò è però completamente erroneo. Quale è infatti in questo caso il « continuo strutturale » permanente che forma 1' essenza della teoria dell' individualità ; che cosa vi è di quasi paragonabile ad un metazoo ? Solo perchè, poniamo, un cristallo di cloruro di sodio ed uno di bicromato di potassio si riformano da una soluzione nella quale erano stati sciolti due cristalli di questi sali, dovremo dire che questi cristalli hanno persistito nella soluzione e che essi avevano una individualità , anche quando le varie molecole erano separate ? Se le stesse molecole che formavano il primo cristallo hanno anche formato il secondo, non è perchè formassero insieme un complesso, ma perchè non avevano altre con cui potersi riunire. Se il concetto di individualità è oscuro (v. anche Boveri '07, p. 231), questo è un volerlo stiracchiare in modo da togliere ogni signiticato alla parola individuo e voler trasformare in una logo- machia una questione di fatto, ,,.„~^-^ ÌU.Ì L W" -él^ « W lot Paolo Della Valle Conchiusìonì generali Dai fatti riportati e dalle considerazioni esposte , io credo si possa formulare la seguente concezione generale di questi fenomeni che mi pare abbia una sufficiente sicurezza e verosimiglianza e comprenda e spieghi le varie manifestazioni della complessa vita della cromatina : Ciò che noi chiamiamo cromatina nucleare è l'insieme di un numero grandissimo di elementi dotati di vita propria, che si compie secondo un ciclo biologico determinato e costante, presso a poco sincrono per tutti. Questo ciclo comprende due fasi diiferenti: in una ciascuno degli elementi è isolato e libero e tutti insieme formano una organizzazione unica : il nucleo ; nell' altra essi cominciano a formare degli aggregati sempre più complessi fino ad un limite determinato e costante secondo la loro natura ; in quest' ultima fase coincide il momento della loro moltiplicazione per scissione. Il numero dei cromosomi sarebbe in questo modo , come ho già detto, il quoziente del numero di questi elementi (cioè della quantità della cromatina nucleare) diviso per questa costante della grandezza media dei cromosomi, variabile con la natura degli ele- menti e delle condizioni in cui si trovano. Il principale carattere per cui questa concezione dei cromosomi differisce dall' ipotesi dell' individualità, è che, mentre quest'ultima crede che si possa stabilire una genealogia continua di un cromo- soma in modo da potere seguire ognuno di essi attraverso tutte le mitosi che precedettero, invece secondo l'ordine di idee soste- nuto in questo lavoro, i cromosomi sono degli aggregati labili di elementi di ordine inferiore. Essi hanno bensì proprietà abbastanza determinate di grandezza e di costituzione, ma non sono punto fissi nei loro costituenti da una mitosi all' altra , tranne casi spe- ciali in cui per le differenze esistenti fra i varii elementi questi non possono mutuamente sostituirsi nella formazione dei cromosomi ma si riuniscono sempre in aggregati distinti ^). 1) La differenza fra queste due concezioni risulta anche più evidente da due paragoni intorno alla formazione del nucleo dai cromosomi: uno fatto da Boveri, l'altro specialmente da Tellyesniczky e che anche io accetto. Il pi-imo ('04, p. 22) paragona questo fenomeno ad una sintesi chimica, l'altro ad una soluzione di cristalli. L'organizzazione della cromatiua 155 Ciò che secondo 1' ipotesi della labilità dei cromosomi rimane costante attraverso tutte le mitosi, o meglio, ciò che in ognuna di esse si ritrova, non sono i cromosomi come tali, la loro sostanza costantemente legata in un tutto indissolubile ed eterno , ma è soltanto queir insieme di leggi che regolano 1' associazione della cromatina in organizzazioni superiori, quel complesso insomma di fattori da cui dipende la forma di questi organismi cromatici che chiamiamo cromosomi. L'illusione dell'individualità di questi dipende dal fatto che costante rimane la natura e la quantità della sostanza cromatica, r ambiente esterno e quindi le leggi che la regolano e gli effetti che noi possiamo osservare. Non diversamente del resto da ciò che avviene per tutto il resto del mondo dei viventi : ciò che si perpetua è sempre la forma cioè la costanza delle leggi che organizzano e plasmano gli elementi che perennemente si mutano in un continuo fluire. L'apparenza dell' individualità è una illusione nostra , poiché attribuiamo un carattere di stabilità e di esistenza reale a ciò che è un continuo riunirsi e dissolversi di infiniti elementi secondo leggi determinate e costanti ^). Ciò che in generale vale per il metabolismo che è a base di tutti gli organismi viventi, per cui diciamo che un essere è identico a se stesso quale era poco tempo prima, nonostante che forse non vi sia più nemmeno un atomo di prima, e, se si tratta di organismi superiori, gli elementi di cui risulta si siano tutti mu- tati, vale a molto miglior ragione per i cromosomi. Giacché per quelli .vi é continuità certa e sicura: ogni atomo finisce per prender nel metabolismo quasi lo stesso posto che aveva quello che è stato eliminato : ad una cellula che muore si sostituisce quasi esattamente una nuova e la forma generale dell'organismo rimane sempre e senza interruzione, costante. Ma per i cromosomi non è cosi. Tra una mitosi e la succes- siva vi è un hiatus in cui i cromosomi perdono la loro forma, cioè le leggi che regolavano l'aggregazione degli elementi sono comple- tamente cambiate. Quando queste si faranno nuovamente sentire in modo identico al periodo precedente e si riotterranno quindi forme simili alle precedenti ma derivanti dalla riunione di elementi diversi o prima diversamente aggruppati, dovremo dire che i nuovi 1) Per una trattazione filosofica dei numerosi aspetti che assume 1' oscura nozione di individuo, vedi specialmente De Sarlo ('08). 156 Paolo Della Vaile cromosomi sono gli stessi individui della mitosi precedente ? 0 non faremmo invece meglio ad abolire completamente questo concetto illusorio e causa di equivoci, già inesatto quando si può esser si- curi di una continuità ininterrotta con la persistenza delle stesse forme e falso addirittura quando di continuità non si può parlare? ^) Volendolo però ad ogni costo conservare si dovrebbe limitare il suo valore, sempre però con le riserve fatte a p. 152-3, solo a quei casi in cui si riottenessero le stesse forme con gli stessi elementi di prima, nonostante che questi in un periodo intermedio siano sot- tostati ad altre leggi : l' individualità dei cromosomi sarebbe dun- que in questo modo un caso particolare del comportamento ge- nerale dei cromosomi, il caso cioè in cui, o per condizioni estrin- seche (p. es. formazione di una vescicola isolata da un solo cromosoma) o per condizioni intrinseche (cioè di differenze intime fra i costituenti di un cromosoma e quelli di altri), questi non potessero mutuamente sostituirsi e formassero quindi sempre ag- gregati nettamente separati fra loro Come si vede questo è perfet- tamente l'opposto di ciò che credeva Boveri ("07, p. 230), cioè che r individualità fosse un concetto più largo della labilità dei cro- mosomi. Questo necessario passaggio al quale ci obbligano i fatti, dai cromosomi ai loro costituenti è un altro gradino di quella progres- siva discesa che la scienza è stata costretta a compiere nella scala dell'organizzazione allorché ha più da vicino esaminato quelli che essa considerava gli ultimi elementi vitali: dagli organisini agli organi, dagli organi ai tessuti, dai tessuti alle cellule, dalle cellule alle sue parti, dal nucleo ai cromosomi. Saranno ora questi elementi dei cromosomi realmente gii ul- timi costituenti viventi della cromatina già intuiti da Weismann e dagli altri teorici del micromerismo biologico, o saranno anche essi solo un gradino, non il primo, della infinita scala ascendente dell'organizzazione ? Certo il fatto stesso dell'avere noi percorsa ') Lo stesso fondatore della teoria ('04, p. 22), a proposito delle mitosi degli unicellulari inferiori sente il bisogno di parlare dell'indeterminatezza del con- cetto di individuo (v. pure '07, p. 281). Anche Wilson ('01, p. 300 1 trova che la scelta della parola « individualità » jyer indicare questo ordine di idee intorno alla evoluzione dei cromosomi è poco felice, perchè non vi è nessuna ragione per credere che i cromosomi persistano come individui nel nucleo a riposo. Tolto però questo concetto, che cosa rimane, secondo Wilson, dell' ipotesi di Boveri ? L'organizzazione della cromatina 157 tutta questa scala discendente è indice che questo fenomeno di cer- care sempre i costituenti di ordine inferiore per potere spiegare le manifestazioni dell'elemento sovraordinato non avrà forse mai fine, perchè ha probabilmente le sue origini nella costituzione stessa del pensiero umano, nell'antinomia della composizione. Qui però ci troviamo probabilmente non molto lontani dai li- miti di grandezza alla quale è possibile quella che noi chiamiamo vita, almeno secondo le nostre conoscenze. Infatti già Pfitzner ("92, p. 299) credeva di poter riconoscere nei granuli da lui sco- verti le gigantesche molecole della cromatina. Me Kenduick ('01, p. 808) e Leo Errerà ('06, p. 73-82), partendo dai dati della fisico- chimica, giungono alla conseguenza che un micrococco deve essere formato da poche decine di migliaia di molecole albuminoidee e quindi già un organismo del diametro di 0,01 [x non sarebbe fatto che da una decina di tali molecole. E però da considerare, come ha fatto molto acutamente osservare per primo G-iglio-Tos ('99) e come hanno poi ripetuto parecchi, che i fenomeni essenziali della vita si possono riprodurre anche con molecole relativamente molto semplici. E in ogni modo interessante a notare come, giunti a questo gradino dell' organizzazione, i fenomeni biologici si vanno avvici- nando ai fatti della natura inorganica. Qui infatti, forse per la prima volta troviamo l'associazione temporanea di elementi e la loro successiva dissociazione, che ci permette di descrivere il feno- meno, sia dal punto di vista biologico come produzione di un'or- ganizzazione superiore, e della dissoluzione sua, sia dal punto di vista fisico-chimico come una forma di cristallizzazione sui afe n eri s simile a quella di cristalli liquidi del Lehmann ^), come una geli- ficazione ^) sotto forme determinate. E questa analogia '^) puramente casuale, o ha invece una reale importanza per l'analisi dei feno- meni che si verificano nella sostanza vivente? 1) Cfr. spec. taf. 7, fig. 14, 15, 16 di Lehmann '06, che però non ne nota l'evidente somiglianza coi cromosomi nonostante che si occupi proprio delle ana- logie dei suoi cristalli liquidi con gli organismi. 2) Poiché secondo Mayer e Schaefer ('08) la maggior parte della sostanza organica è costituita da idrogel liquido o solido, bisognerebbe piuttosto parlare di modificazioni nella natura dell'idrogel. ^) V. anche p. es. R. Hebtwig '99, p. GG7, Stschelkanovzew '04, p. 107, Gross '06 S p. 303-4 e specialmente Tellyesniczky '07' e 07-. 158 Paolo Della Valle Riassumendo, dal presente studio mi sembra che jDOSsano essere affermate con sicurezza le seguenti proposizioni : 1. - Base necessaria dell' individualità dei cromosomi è la co- stanza del numero dei cromosomi in tutte le mitosi di un gruppo omogeneo di cellule. 2. - Questo fatto, che di solito si crede completamente sicuro, non è stato mai dimostrato in modo soddisfacente. 3 - La maggior parte delle osservazioni più esatte, fatte anche da ricercatori di opinione diversa, prova che il numero dei cromo- somi è di solito variabile dentro determinati limiti. 4. - Questo comportamento è probalnlmente generale, essendo stato trovato cosi negli animali come nelle piante, e tanto nelle cellule somatiche quanto nelle genetiche. 5. - Nelle cellule somatiche probabilmente la variabilità è al- quanto più ampia che nelle cellule genetiche. 6. - Determinazioni sicure possono essere fatte solo elianinando il metodo dei tagli ed adoperando mitosi di notevoli dimensioni. 7. - Il risultato di osservazioni fatte nelle migliori condizioni tecniche sul peritoneo delle larve di Salamandra maculosa^ conferma pienamente l'esistenza di una variabilità nel numero dei cromosomi. 8. - Questa variabilità segue verosimilmente le stesse leggi che regolano gli altri casi di variabilità fluttuante. 9. - Tutte le varie subipotesi per spiegare coerentemente all' ipo- tesi dell' individualità i numeri di cromosomi diversi dal « tipico » ad un esame accurato si dimostrano insostenibili. 10. - 1 cromosomi debbono essere considerati come organizza- zioni temporanee e variabili della cromatina , che si formano alla profase e si ridissolvono alla telofase. 11. -La causa per la quale in ogni mitosi di un gruppo omo- geneo di cellule si ritrova sempre presso a poco lo stesso numero di cromosomi è la costanza della quantità di cromatina e della gran- dezza media dei singoli aggregati cromatici. L'organizzazione della cromatina 159 Ad dend a ■ Durante la correzione delle bozze di stampa di questo lavoro, compare nel fascicolo '2» del Voi. VI del Journal of Experimental Zoology (febr. 1909), un lavoro di E. B. Wilson sul numero dei cromosomi nelle tre specie di Metapodius {terminalis^ femoratus e granidosus) , intorno alle quali già precedentemente (v. p. 41-43) il Wilson aveva data qualche notizia. Il risultato principale di queste sue ricerche, che per il valore dell'autore ed il grande nu- mero di osservazioni fatte debbono essere considerate fra i più im- portanti contributi alle nostre conoscenze intorno a questo argo- mento, sarebbe che il numero dei cromosomi, mentre è variabile per ciascuna specie (da 21 a 27, cioè proprio la stessa ampiezza di va- riabilità da me trovata per un numero di cromosomi corrispon- dente), è invece costante per ciascun individuo. Io non so se ad un autore meno prevenuto del Wilson in favore dell'ipotesi dell'individualità, i suoi preparati sarebbero parsi altrettanto dimostrativi in favore di una tale costanza, né voglio pronunciarmi non avendo diretta conoscenza della spermatogenesi di quegli Emitteri. Fo però solamente osservare che le numerosissime determinazioni del Wilson hanno un valore molto scarso, perchè fatte sempre con quel metodo delle sezioni che non può dare mai la sicurezza di una esatta numerazione sicché bisogna andare sce- gliendo (v. p. 148 e 185), quelle mitosi che si crede siano illese e tipiche. Ciò del resto è riconosciuto ampiamente dallo stesso Wilson che crede che un gran numero di deviazioni dalla costanza siano solamente apparenti perchè dovute « to mere accidents of sectio- ning », che sono tali da rendere dubbio qualsiasi risultato che si ottenga (v. p. es. p. 187 a proposito della non corrispondenza nel numero dei cromosomi accessori fra gli spermatogonì e la prima divisione di maturazione della forma a 26 cromosomi che egli non sa se debba essere riferita a accidenti dovuti al taglio o alla spa- rizione di cromosomi). Del resto, nonostante le incertezze del metodo, anche egli è costretto a riconoscere (p. 148 e 185-7) che reali flut- tuazioni qua e là appaiono e che ve ne sono di quelle che proprio non possono essere riferite a cause tecniche: (p. 185) « Now and then , for example , a spermatogonial or ovarian group is found that clearly shows one chromosome to many (as in fìg. 9 m.), and 160 Paolo Della Valle the same is true of the first spermatocyte division, but such cases are very rare ». Ma in nota annunzia di aver trovato « A perfectl}' clear case of this » in condisjione tecniche molto favorevoli, avendo osservato negli oogonì di Largus cìnctus « With ali possibile clear- ness » tre mitosi con un cromosoma più del solito (13 invece di 12). Per queste ed altre gravi ragioni di dubbio da lui esposte (j). 185-7) conchiude che « it can not be said that any of the relations described appear with absolute uniformity or fixity », per cui la condizione tipica di ogni individuo deve essere scoperta mediante lo studio di un grande numero di cellule. Ognuno vede quanta influenza possa avere il preconcetto seguendo questo metodo. Non volendo fare qui una critica del lavoro del Wilson, ma solo esaminare se e in quanto i suoi risultati contraddicauo a quella che io ho trovato essere legge generale degli organismi, mi limiterò a fare osservare che nella memoria del citologo americano le provo in favore dell'esistenza di cromosomi sovra nnumerarì sono di due specie: 1. dalle differenze del numero dei cromosomi nelle mitosi a numero « normale » o « ridotto » della spermatogenesi; 2. dalle differenze nel numero dei frammenti del « chromatin nucleolus » durante il periodo di accrescimento. Ora, quanto alla prima serie di prove, egli stesso riconosce (p. 176) « the difìiculty of recognizing the larger supernumeraries in the somatic groups », in modo che non è escluso che possa trattarsi invece di una variabilità del nu- mero dei cromosomi soliti, specialmente nei casi in cui non esiste corrispondenza fra il numero dei cromosomi degli spermatogonì e quelli della prima divisione di maturazione. Circa alla seconda serie di prove, certamente più dimostra- tive, prima di tutto si deve notare che questa manca per le forme a 24, 25, 27 e 28 cromosomi, e poi che, secondo le stesse sue di- chiarazioni, (pag. 186) è difficile poter ottenere dei buoni prepa- rati perchè spesso i vari componenti del « cromatin nucleolus » si accostano fra di loro in modo che non è facile essere sicuri del numero reale di questi pezzi cromatici. Bisogna inoltre ricordare che il fatto della frammentazione del « chromatin nucleolus » nel nucleo a riposo è un fenomeno già varie altre volte osservato (v. VoiNov '03, p. 212). Anche ammesso del resto che la variabilità numerica riguardi solo una categoria di cromosomi, non vi sarebbe punto da mera- vigliarsene e tanto meno da proclamarla una prova decisiva in favore dell'individualità. Non è forse perfettamente concepibile che L'organizzazione della cromatina 161 proprio quella specie di cromatina che per il suo modo di com- portarsi rispetto al resto si manifesta anomala nel nucleo « a ri- poso » non raggiunga una organizzazione stabile e costante, ma ora formi un solo cromosoma, ora due, ora tre? Quella certa co- stanza nel numero di questi blocchi cromatici che il Wilson trova nei diversi individui, non dimostra altro che una certa costanza di condizioni di aggregazione della cromatina per ciascun indivi- duo, cosa della quale, come abbiamo visto, non mancano esempi in altri campi della variabilità numerica. Quanto ai complicati rapporti genetici fra le forme a numeri differenti con le quali il Wilson cerca di spiegare le sue osserva- zioni, la sua che in fondo non è che una modificazione leggera di quella teoria degli incroci di Boveri di cui ho già parlato (v. p. 46-7), urta contro le medesime difficoltà , cioè della gratuita asserzione della possibilità di sviluppo e di formazione di cellule genetiche capaci di dare origine a nuovi organismi, nella fecondazione fra individui a numero diverso di cromosomi. Inoltre le irregolarità di distribuzione del numero dei cromo- somi fra i diversi spermatozoi, ricordano troppo da vicino ciò che si verifica nelle cellule genetiche degli ibridi sterili e in altri nu- merosi casi di spermatogenesi patologica, perchè si possa essere persuasi senz'altro della ulteriore possibilità di sviluppo di tutti questi gameti. Il Wilson cita solamente (p. 150 nota) a proposito di questi ri- sultati alcune sue precedenti osservazioni e quelle della Stevens per Diahrotica che sono quelle che più da vicino riguardano il suo la- voro, né so se conosca tutto il cumulo di notizie fin 'ora pubblicate, da me raccolte, che dimostrano che non la costanza, ma la varia- bilità del numero dei cromosomi è la legge generale di tutti gli organismi, di cui le osservazioni da lui pubblicate per la sperma- togenesi di Metapodius non sono che un caso particolare e una conferma. Per spiegare le anomalie dalla costanza nei singoli individui che egli non può negare, il Wilson ricorre all'ipotesi (p. 185) * of an abnormality in the formation of the chromosomes from the re- sting nucleus », necessaria conseguenza certo, ma che non si ac- corda con l'affermazione finale sua che la costanza del n. d. cr. in Metapodius per ogni individuo sia una delle migliori prove in fa- vore della ipotesi dell' individualità o della continuità genetica fra i cromosomi come meglio il citologo americano ora ama chiamarla, Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 1. 11 162 Paolo Della Valle poiché tale supposizione implica appunto il concetto opposto all' ipo- tesi che egli sostiene. Quanto poi al secondo argumentum crucis messo avanti dal Wilson contro la spiegazione puramente quantitativa della cromatina (che egli giustamente intuisce (p. 196 nota) essere quella che si può contrapporre all'ipotesi dell'individualità dominante), cioè del com- portamento vario e costante per ciascuna specie dei cosi detti cro- mosomi sessuali, è necessario notare che si tratta proprio dell'unico caso fra gli organismi in cui un cromosoma non si dissolve nel nucleo a riposo durante il periodo di accrescimento , mostrandosi cosi evidentemente diverso dagli altri, in modo che per esso può giustamente ricordarsi il caso della cristallizzazione isolata di due sali sciolti in uno stesso solvente. Il Wilson, limitandosi a studiare il caso eccezionale dei cro- mosomi anomali della sperinatogenesi degli Emittori eterotteri, con- chiude dicendo che bisogna lavorare considerando i cromosomi « as if they were » individui persistenti. Io non credo che i ricercatori obbiettivi possano essere del suo parere, poiché ogni preconcetto non può che falsare la realtà, tanto più che bastano alcune deter- minazioni numeriche si cure di mitosi tipiche dellostesso individuo (v. p. 117, nota 1), per dimostrare erronea la comoda ma sempli- cista ipotesi dell' individualità. f Dall'Istituto di Anatomia comparata della R. Università di Napoli. L'organizzazione della cromatina 163 Bibliografia 0- 1892. Altmann, R. — • Ein Beitrag zur Granulalehre: Verh. Anat. Ges. 6. Bd. pag. 220. 1894. — — Die Elementarorganismen uncl ilire Beziehungen zu den Zellen. 2. Aufl. : Leipzig, Veit & C. 160 pagg. 35 Taf. 9 figg. 1906. 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Nessun indizio di ordinamento centrosomico: Ematossilina ferrica: 24 cromosomi » 6 — Metafase dicentrica: Ematossilina ferrica: . 24 cromosom » 7. — Metafase: Ematossilina ferrica: . . 24 cromosomi. » 8. — Profase. Torsioni e coutrotorsioni cromosomiche evi- denti: Safiranina : 25 cromo.somi. » 9. — Metafase. Accenno di forma dicentrica : Ematossi- lina ferrica : 25 cromosomi. >•> 10. — Profase. Torsioni e controtorsioni cromosomiche evi- denti: Ematossilina ferrica: .... 25 cromosomi. » 11. — Profase avanzata: Ematossilina ferrica: . 25-27 cromosomi. [Secondo che si considerano come un cromosoma solo o come due gli elementi 1 e 14 (v. p. 116)]. » 12. — Profase: Ematossilina di Ehrlich: ... 26 cromosomi. Ricevuto il 21 Dicembre 1908. Finito di stampare il l." Giugno 1909. Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 1. 12 Ricerche sulla glandola ed il canale di Leydig nei maschi di Scyllium del Dott. Arturo Morg-era Con la tavola 2 Avendo avuto l'opportunità di occupare una tavola di studio nella Stazione Zoologica Dohbn di Napoli, ho intrapreso lo studio dell' « organo del Leydig » nei maschi di Scyllium. Il primo che si sia occupato, di proposito, dello studio degli organi della riproduzione negli Elasmobranchi (degli organi fem- minili si trova notizia in Aristotele) è stato J. MIìller che, in una serie di lavori, ha illustrata l'anatomia ed i rapporti degli organi dell'apparato genitale dei Sciaci. Egli, pertanto, da principio non riconobbe i rapporti tra il testicolo e l'epididimo; difatti credette che queir « organum glandidosum.... ex canalibus serpentinis con- stans » non fosse l'epididimo e lo considerò come una glandola a sé e senza alcuna relazione col testicolo e col rene. Ma, in se- guito alle ricerche di Davy e del Lallemand, che dimostrarono la vera essenza dell'epididimo e la comunicazione di questo col testi- colo, mercè vasi efferenti, il Mììller riconobbe quest'organo come l'epididimo e ne fece menzione nel suo lavoro sull'anatomia com- parata dei Missinoidi e in un altro precedente. Anche lo Stannius dimostrò la relazione esistente tra il testi- colo e l'epididimo dei Selaci mercè i vasi efferenti, e notò che l'epi- didimo segregava una sostanza mucilaginosa in cui erano conte- nuti diversi granuli, abbastanza piccoli, di secrezione. Dopo parecchi anni, il Leydig, nella sua memoria sull'anatomia e fisiologia della Chimaera monstrosa^ nel descriverne l'apparecchio genitale maschile, lo trovò costituito, oltre che dal testicolo e dal- l'epididimo, anche da un altro organo accessorio avente tutte le funzioni d'una glandola; organo che, in seguito, ebbe il nome di glandola di Leydig. Secondo il predetto A. questa glandola, che nella Chimaera monstrosa trovasi dal lato interno del defe- rente ed è compresa tra la testa dell'epididimo e l'estremo supe- riore del rene, pare abbia l' ufficio di secernere dei granuli di grasso 180 Arturo Morgera che si mescolano al liquido spermatico. Le osservazioni di LeYdig sono state confermate dall'HYRTL, in un suo studio sulla Chimaera] questi credette dapprima che la glandola del Leydig fosse una continuazione del rene; ma dovè ricredersi, perchè, fatte delle iniezioni nell'uretere, constatò che questo non si prolungava nella glandola di Leydig. AH'Hyrtl seguirono lo Stannius, il Martin Saint- Ange, il Pap- PENHEiM, il VoGT 6 il Bruck ì quali tutti, in massima, non porta- rono grande contributo allo studio di quest'organo. Il Semper, nel suo lavoro, fa una distinzione tra il rene superiore e l'inferiore dei Sciaci e fa corrispondere al primo la glandola di Leydig, la cui parte superiore è più atrofica nella femmina, ed al secondo il vero rene. Il Semper ritiene che la struttura sia identica nelle due parti e che esse difìferiscano solo per il modo di sboccare all'esterno, perchè la glandola di Leydig comunica col canale di Leydig che corrisponderebbe ad un condotto se- condario del corpo di Wolff. Secondo l'A. suddetto, lo sperma ver- rebbe, nei generi da lui studiati, cioè: Miistelus, Acantliias e Centrina, versato dai canali seminiferi in un canale centrale situato verso la base del testicolo. Da questo, attraverso i vasi efferenti, verrebbe con- dotto all'epididimo (che, secondo VK., sarebbe formato dai canali- coli della parte superiore della glandola di Leydig), e, in seguito, al deferente o canale di Leydig. Senza tener conto di altri lavori che ben poco hanno aggiunto alle nostre conoscenze, ricorderò il Borgea che, nel 1906, ha pubblicato un esteso lavoro sul sistema urogenitale degli Elasmo- branchi. L'A., in seguito ad accurati studi di embriologia e morfologia, afferma che nei Selaci l'epididimo, che egli identifica con la glan- dola del Leydig, non sia altro che una parte della zona craniale e mediana del rene i cui segmenti superiori, nel maschio, si met- tono in comunicazione coi vasi efferenti, mentre la porzione cau- dale forma il rene propriamente detto; e che l' uretere primario di- venti quasi tutto canale di Leydig o deferente. Riguardo alla struttura della glandola di Leydig il Bor- gea dice che, in base a tagli seriali ed a dissociazioni, si è po- tuto convincere che essa è formata di tanti canalicoli a fondo cieco. Ciascun canale è costituito di due zone che si distinguono molto nettamente, data la differente struttura dei loro epiteli i che bruscamente si continuano l'uno con l'altro. La prima zona, che Ricerche sulla glandola ed il canale di Leydig Itìl costituisce la parte secretrice, è terminata in ciechi ed è molto svi- luppata; la seconda, invece, è corta, più stretta della prima, e rap- presenterebbe la zona escretrice che sbocca nel canale collettore. L'epitelio secretore della prima zona presenta due categorie di cel- lule: cellule non cibate con nucleo arrotondato vicinissimo alla membrana basale e cellule ciliate, incassate tra le precedenti, le cui estremità inferiori non raggiungono la membrana basale. Queste cellule non sarebbero secretrici, ma potrebbero divenirlo perdendo le ciglia e allungandosi verso la membrana basale. La struttura protoplasmatica delle cellule secretrici è la reticolare o la spon- giosa e tra le maglie sonvi i granuli di secrezione che si colorano allo stesso modo delle zolle cromatiche del nucleo e si mettono in evidenza con V ematossilina ferrica o con la safranina. Questi gra- nuli sono eliminati dalla superficie delle cellule, la quale è sormon- tata da una cuticola sottile che si distrugge durante la fase secre- toria per poi riformarsi. Il nucleo prende parte attiva alla forma- zione di questi granuli. L'A. conclude il suo studio affermando che il sistema uroge- nitale degli Elasmobranchi, nel suo completo sviluppo, è parago- nabile a quello dei Vertebrati superiori. Ricerche personali Tecnica di studio Come altra volta ho praticato, anche nelle presenti ricerche, ho seguiti i due metodi della preparazione in toto e delle sezioni in serie. E di grande importanza valersi dei due metodi di ricerche in questa specie di lavori minuziosi ed accurati, date le difficoltà che si incontrano, perchè essi si completano a vicenda. Indicherò il metodo da me seguito per fare i preparati m toto della porzione apicale del testicolo e della glandola di Leydig. Ho distrutto quasi totalmente lo stroma testicolare e poi, con pa- zienza ed accuratezza, ho cercato di isolare i vari rami che par- tono dall'unico tubo efferente che esce dal testicolo. Fatto ciò, ho colorato il preparato, cosi ottenuto, col carminio di Mayer e l'ho compresso accuratamente tra due portaoggetti onde non far so- vrapporre confusamente i vari rami : indi ho rischiarato il prepa- rato col creosoto e l'ho chiuso nel balsamo del Canada. 182 Arturo Morgera Riguardo poi alle preparazioni miorosoopiche mi sono servito dei liquidi più comuni e specialmente di quelli che, negli studi pre- cedenti, mi avevano date buone fissazioni. Ho usato il liquido dello Zenker, quello del Flemming, soluzione debole, e quello dell' Her- mann: tutti mi hanno dati buoni risultati. In quanto alle colorazioni mi sono servito dell' ematossilina ferrica, del liquido del Biondi, della triplice colorazione del Flem- ming, dell'emallume associato ad eosina od orange G e non ho tra- scurato di colorare dei preparati con la safranina onde studiar meglio le particolarità della secrezione dell'organo del Leydig e degli altri che con esso sono in relazione, cioè: la vescicola sperma- tica, l'utero maschile. Anatomia macroscopica. Ho notato come gli A. che mi hanno preceduto nello studio anatomico dell'apparato genitale maschile degli Elasmobranchi, si siano limitati a ricerche nelle quali non v'era da superare troppe difficoltà ed abbiano preferito di lasciare ad altri questo compito assai faticoso e difficile. Il BoRCEA stesso, che ha fatto un lavoro accurato sull'argo- mento, ha evitato anch'egli queste difficoltà, e non a torto, quando si consideri la mole abbastanza grande di ricerche che egli ha do- vuto compiere per il suo lavoro. Egli pertanto, a pag. 408 del suo lavoro, si lamenta che l'opera dell'HENRY non abbia « de données sur l'anatomie de l'épididyme et sur les rapports de cet organe avec le canal de Leydig et avec le rein ». Evi- dentemente il BoRCEA ignora che nel 1904 e nell'anno successivo ho reso noto il risultato delle mie ricerche sull'anatomia dell'epi- didimo dei Rettili e dei Mammiferi, con uno studio morfologico di tale organo (1, 2, 3). Ciò premesso, vengo alla esposizione delle mie osservazioni. Dai preparati in toto, da me fatti, si rileva che dall' unico canalino che esce dal testicolo, sia in S. catuliis che in S. canicida, partono due rami i quali, arrivati nella zona che fa da limite fra il capo ed il corpo della glandola di Leydig, si dividono in due gruppi di due vasi per ciascuno che circondano sia la parte anteriore come la posteriore del canale di Leydig. Questi quattro vasellini, dopo breve cammino, si continuano, d'un tratto, ciascuno con un canale più ampio. Ricerche sulla glandola ed il canale di Leydig 183 Questo fatto fa presagire che la struttura istologica di questi ultimi canali più grossi debba essere diversa da quella dei primi. Tutti questi rami di ampiezza maggiore s' attorcigliano in vario modo, formando la massima parte del corpo della glandola di Leydig e vanno a sboccare nell'interno del canale di Ley- dig. Questo, nella porzione apicale o craniale dell'epididimo, è molto flessuoso e più ampio e, arrivato ad un dato punto, si al- larga enormemente formando un vaso grosso e lungo che è stato chiamato vescicola spermatica. Dalla descrizione, che ho fatta, s' intenderà di leggieri come la costituzione anatomica dell' epididimo dei Solaci sia identica a quella dei Vertebrati superiori. Anche il Borcea l'ha intuito e, seb- bene egli non abbia potuto dimostrarlo, pure dice che « certamente l'epididimo dei Vertebrati superiori è comparabile alla glandola di Leydig degli Elasmobranchi, o che, per lo meno, esso rappresenta la parte superiore di quest'ul- timo j". In due miei precedenti lavori (2, 3) ho dimostrato che 1' unico canalino efferente che, nelle Lucertole, fa comunicare il testicolo coir epididimo non è omologo ai vasi efferenti dei Mammiferi. Ciò che ho dimostrato in Lacerta viridis e muralis vale anche per gli Scyllium. In questi animali, infatti, l'unico canalino efferente è omologo a quello dei Sauri ed ai vasi efferenti dei Rettili in generale; ma non lo è ai vasi efferenti dei Mammiferi. L' unico vaso efferente degli Scyllium è la continuazione del canale centrale del testicolo; canale che, come è risaputo dalle ricerche di Semper, raccoglie gli sbocchi delle varie ampolle spermatiche. Esso perciò è, come in Lacerta e negli altri Rettili, l'omologo dei tubuli retti del testicolo dei Mammiferi ed, infatti, esso, come vedremo, ha la stessa strut- tura di questi ultimi. Dippiù i quattro vasellini che partono dall'unico canale effe- rente degli ScyUmm e le loro cortissime ramificazioni rappresentano, al pari che in Lacerta^ l'accenno della rete di Haller (Fig. 1). Anche nell'epididimo di Scyllium troviamo tre specie di canali: grossi, medi e piccoli, i quali, come vedremo, comunicano tutti tra loro e corrispondono, come nei Rettili e nei Mammiferi, alle varie parti dell'organo in questione. Faccio notare che i grossi tubi, anche qui, come nei Rettili, non costituiscono che un unico canale molto circouvoluto che corrisponde , per un tratto , al vero canale del- l'epididimo e per un altro tratto al deferente. 184 Arturo Morgera Anatomia microscopica E noto per gli studi del Semper che il testicolo dei Selaci è costituito di tre zone: 1 — una zona di ampolle germinali giovani situate nella parte corrispondente alla porzione posta intorno alla plica progerminativa embrionale. 2 — una zona, situata nel centro del testicolo, costituita an- ch'essa da ampolle, le quali, però, sono bene sviluppate e contengono gli spermatozoidi. 3 — una zona situata nella porzione periferica o corticale del testicolo, molto più sviluppata verso la base di quest'organo, le cui ampolle sono vuote e in via di regressione. Queste ampolle, specie le centrali, per mezzo di canalini seminiferi, versano il loro contenuto neir interno di un unico vasellino centrale posto verso la base del testicolo. Quest'unico canalino centrale mette fuori dalla glandola genitale maschile lo sperma, per mezzo di canalini efferenti. Questi vanno a sboccare nella porzione superiore della glandola di Leydig che si continua col canale omonimo, il quale funziona da deferente e da uretere. Poco o nulla dice il Semper riguardo la struttura di tutti questi organi. Vaso efferente e me ramificazioni. — La struttura dell' unico ca- nalino eiferente è molto semplice. Esso è costituito da un epitelio cubico a cellule piccole, alquanto basse, le cui dimensioni non va- riano nei diversi periodi dell' anno. La formazione dello sperma, che va dal gennaio al giugno , e il suo passaggio attraverso questo canale, non ha quindi alcuna influenza eccitatrice sulle dimensioni delle cellule che tappezzano quest'organo che è circondato da tes- suto connettivo, il quale forma, intorno ad esso, una guaina rela- tivamente sottile , avvolta dal connettivo del mesorchio (Fig. 2). Anche le ramificazioni del vaso efferente presentano la stessa struttura di questo: sola differenza è l'ampiezza del lume del ca- nale, perchè, nelle prime, esso è più stretto. Questi rami, circondati dalla tunica connettivale propria, molto sottile, sono immersi nel- l'abbondante connettivo che involge e trovasi fra i vari canali del- l'organo del Leydig. Nel periodo della maturazione sessuale il lume del vaso effe- rente e dei suoi rami contiene, oltre agli spermatozoi, cellule del- Ricerche sulla glandola ed il canale di Leydig 185 l'epitelio testicolare, d'ordinario spermatooiti, ed una certa quan- tità di granuli di secrezione proveniente dal testicolo. Glandola di Leydig — Come ho già fatto rilevare, quest'organo si mostra, nelle sezioni, costituito da tre specie di canali cioè: vasi ad epitelio cilindrico, alto e ciliato; vasi ad epitelio cilindrico di altezza media e ciliato ; infine piccoli e grossi canali ad epitelio cu- bico e sprovvisto di ciglia. I. — I primi canali sono formati da cellule allungatissime, ci- lindriche e fornite di nucleo basilare. Tra queste cellule sono in- cassate delle altre, anch'esse molto lunghe, il cui nucleo trovasi verso il lume del canale. Queste cellule, che sono coniche, sono provviste di ciglia, mentre le prime ne sono sfornite (Fig. 4). La struttura protoplasmatica è però identica nelle due specie di cel- lule: esse sono finamente granulose nel periodo in cui manca la se- crezione, mentre diventano spongiose e con la porzione inferiore lievemente alveolare allorché sono in secrezione. Quando questa è abbondante, parecchie delle cellule coniche ciliate perdono le loro ciglia che vengono espulse a causa della notevole pressione che i granuli secretori esercitano verso di esse. Questi vasi comunicano con le ramificazioni del canale ef- ferente. Ciò si può osservare dalla Fig. 3. nella quale il canale ad epitelio basso rappresenta un ramo del canale efferente che comu- nica con uno di questi vasi ad epitelio altissimo. Come si vede, il passaggio tra un epitelio e l'altro è assai brusco, cosa che, del resto, avviene anche negli Amnioti , come ho già dimostrato nei prece- denti miei lavori. Dalla Fig. 3 e da ciò che ho detto si rileva che è errata la supposizione del Borcea che la glandola del Leydig sia for- mata di tanti canali a fondo cieco e ad epitelio cilindrico che si continuano con tubolini corti e più stretti che vanno a sboc- care in un canale collettore. Difatti questo A., a pag. 403 del suo lavoro, dice « En ce qui concerne la structure de la glande de Leydig chez le male adulte (degli Elasmobranchi) autant que j ' ai pu m'en convaincre par des dissociations et par des coupes, les canalicules qui composent ses seg- ments se terminent en caecum. Je n'ai pas trouvé de corpuscules de Malpighi. Dans chaque canalicule, on distingue deux zones entre lesquelles la transition est assez brusque; a) une première, tres developpée, ter- / 186 Arturo Morgera minée en cui de sac et qui est la partie glandulaire ou sécrétrice; b) une partie terminale courte, plus étroite que la précédente; c'est la zone excrétric e qui se deverse dans le canalicule collecteur ». Siccliè, dalle mie ricerche risulta che i principali tubi della glandola del Leydig non si terminano a fondo cieco, ma sono in relazione con i rami del vaso efferente. Questi possono essere considerati come i rappresentanti di quella rete di Haller che, nei Mammiferi, è compresa nell'interno dell'albuginea testicolare, mentre negli Uccelli e nei Rettili resta sempre al di fuori del testicolo; anzi, in questi ultimi, specialmente in Lacerta, la rete rassomiglia a quella degli Scyllium di cui mi occupo in questo studio. L'altezza dell'epitelio di questi canali a cellule allungate, è va- ria nei diversi periodi dell'anno: in estate, infatti, ed in autunno le cellule diventano un pochino più strette e diminuiscono di un terzo rispetto alla lunghezza, il che ci spiega perchè la glandola del Leydig subisce quella diminuzione di volume tanto più mani- festa per quanto più l'animale è adulto. Studiando il modo come avviene la secrezione in questi vasi sono pervenuto alla conclusione che il ciclo secretorio di essi possa dividersi in tre periodi: di riposo, di secrezione, di riparazione. Nel primo periodo le cellule sono finamente granulose, il loro nucleo è in riposo non presentando alcun fenomeno di moltipli- cazione. Ogni cellula è fornita d'un solo nucleo. Nello stadio susseguente le cellule si allungano d' un terzo e in seno al loro protoplasma, in mezzo ai granuli finissimi che lo costituiscono, ne compaiono degli altri più grossi e che si colo- rano più intensamente sotto l'azione delle sostanze coloranti. In seguito il protoplasma incomincia a divenire lievemente spongio- so e, nella porzione basilare delle cellule cilindriche, assume anche l'aspetto alveolare. I granuli di secrezione aumentano e fuoriesco- no dalle cellule determinando, per lo più, l'espulsione delle ciglia delle cellule coniche che ne sono fornite. Essi però non si sono mai colorati esclusivamente con colori nucleari, perchè hanno rea- gito anche con colori elettivamente protoplasmatici. Ciò vuol dire che il nucleo, in questo caso, non piglia esso solo parte attiva alla formazione dei granuli secretori ed, infatti, anche in questo periodo, esso non mostra che lievi modifiche, né si riscontrano mai cellule con due o più nuclei. Ricerche sulla glandolu ed il canale di Leydig 187 Il lume di questi vasi è pieno di spermatozoi e di granuli secretivi provenienti dalla secrezione propria di essi e da quella del testicolo e, qua e là, vedesi qualche spermatocito e qualche spermatogonio staccatisi dal lume dei canalicoli testicolari. Nel terzo periodo le cellule, che hanno perdute le ciglia, in- cominciano a rifarle, mentre che il protoplasma ritorna, pian piano, a divenire granuloso e la cellula diminuisce di volume. Questo periodo ho chiamato stadio di riparazione e non di ricostru- zione, perchè le perdite subite dalle cellule, nel periodo precedente, riguardano, quasi totalmente, il solo protoplasma e le ciglia, dato il fatto che il nucleo vien di poco alterato e perciò non v' è bi- sogno che le cellule vicine riproducano, o meglio, ricostruiscano delle cellule disfatte. Infatti non ho potuto vedere alcun caso di cariocinesi o per lo meno di riproduzione amitotica del nucleo in questo periodo. IL — A questi canali ad epitelio così alto, seguono degli altri anch'essi ad epitelio cilindrico e conico, quest'ultimo ciliato, la cui altezza è quasi la metà dei primi. Sono i vasi ad epitelio di media altezza. Questi si colorano più dei primi sotto l'azione dei colori proto- plasmatici e, anch'essi, presentano i fenomeni di secrezione cellulare divisibili negli stessi tre periodi come nei precedenti canali. (Fig. 5). III. — Infine seguono i canali ad epitelio cubico. Essi sono di due maniere: alcuni sono stretti, altri larghi. I primi sono in relazione con i vasi ad epitelio medio, cosa che risulta dalle Fig. 7, 8 e 9, nella quale ultima ho rappresentato ciò che si può osservare se- guendo, con attenzione, una ventina o poco più di sezioni se- riali. Essa è, più che una figura semischematica, una figura d' in- sieme molto dimostrativa. Questi canalini sboccano ciascuno in quegli altri, molto vasti, che sono anch' essi forniti di epitelio cubico e, al pari dei primi, privi di ciglia. Studiando accuratamente i vasti canali, in preparati in serie, si vede che anche qui, come negli Amnioti, si tratta d' un unico e solo canale, molto circonvoluto, che non è altro che il Canale di Leydig — Esso incomincia fin dalla parte superiore dell'organo di Leydig. Nella sua porzione iniziale questo vaso presenta il suo lume molto anfrattuoso e le anfrattuosita vanno man mano diminuendo fino a che esso diventa perfettamente uniforme e molto vasto. 188 Arturo Morgera Nella porzione anfrattuosa la struttura è un po' complicata in quanto che tra le cellule cubiche sono incassate delle altre coni- che ; ma, cosi corte, da confondere facilmente un ricercatore poco attento, potendo costui credere che tutte le cellule siano cubiche. (Fig. 6). I fenomeni di secrezione sono molto importanti. Essi si dividono negli stessi periodi accennati per i tubi della glandola di Ley- dig: anche qui l'epitelio subisce le stesse modifiche riguardo al volume delle cellule, però il nucleo ha maggiore importanza sulla produzione dei granuli secretorii. Difatti, all'ultimo periodo, che può benissimo aver il nome di fase di ricostruzione, qua e là si scorgono fenomeni cariocinetici tendenti a riprodurre le cellule disfatte. Il lume di questo canale è , nel periodo della maturazione sessuale, totalmente ripieno di spermatozoi e di secrezione. Questo canale si continua infine con un vaso, abbastanza di- latato e lungo, che ha avuto il nome di : Vescicola spermatica — Essa è costituita da un epitelio molto circonvoluto (Fig. 10 e 11), fatto di cellule leggermente cilindriche a superficie convessa sormontata da una « monture en brosse » molto evidente. I nuclei di tali cellule sono ovali o sferici. Queste cellule presentano, nella porzione superficiale, una grande quantità di granuli di secrezione, che, usciti fuori delle cellule, riempiono totalmente il lume della vescicola e, fra essi, si osservano delle sfe- rette ialine di mucina, e non di grasso, perchè non si anneriscono in seguito alla fissazione coi liquidi osmici. In mezzo a questa grande quantità di secrezione, che riempie quest' organo, trovansi dei fasci spermatici e cellule testicolari isolate. La porzione finale di questa vescicola si continua con un organo allungato e posto in avanti di essa cioè l'utero maschile. Utero maschile — Anche questo è costituito da epitelio con numerose estrofiessioni, le quali, però, non sono così abbondanti ed estese come quelle della vescicola spermatica. L' epitelio presenta due specie di cellule: alcune sono basali, le altre coniche; sia queste che quelle sono allungatissime. Anche queste cellule sono fornite della monture en brosse che sormonta quelle della vescicola spermatica. L' interno dell' organo presentasi più o meno ripieno di sper- matozoi liberi misti a secrezione, abbastanza scarsa, prodotta dalla glandola. Ricerche sulla g-landola ed il canale di Leydig 189 Conclusioni e considerazioni Da tutto ciò che ho esposto nel presente lavoro risulta evidente che l'organo ed il canale di Leydig, in Scylliiim, sono omo- loghi all'epididimo degli Amnioti e, più propriamente, a quello dei Sauri. Difatti : 1. — Dal testicolo di Scylliiim ^sirte, al pari ohe in Lacerta, un unico vaso efferente. Questo ha la stessa struttura di quello dei Sauri e corrisponde esattamente, come ho dimostrato in La- certa e negli Ofidi, ad un tubulo retto del testicolo dei Mam- miferi. Anche in Scyllimn, come nei Rettili, l'albuginea del testi- colo involge solo ed unicamente i canalicoli spermatici e le loro ampolle con quella parte di tubulo retto che, in Scyllium, dal Semper, è stato indicato sotto il nome di canale centrale del testicolo. 2. — L'unico canale efferente di Scyllium, nell' attraversare il niesorchio , si ramifica, come in Lacerta, e forma, al pari che nei Sauri, un abbozzo di rete corrispondente alla rete di Haller dei Mam- miferi. 3. — Gli estremi dei rami di questo abbozzo di rete, in Scyllium, si mettono in relazione con i vasi ad epitelio alto e ciliato della glandola di Leydig, che si continuano con altri ad epitelio anch' esso ciliato, ma di altezza media. Da quanto ho detto si può rilevare che, in Scyllium, le cose stanno come nei Rettili. Difatti, nella Lucertola e negli Ofidi ho dimostrato che gli estremi del- l' abbozzo della rete di Haller si mettono in relazione con i vasi ad epitelio cilindrico e ciliato dell' epididimo ed ho fatto anche notare che questi vasi sono di due maniere : alcuni con epitelio più alto, altri ad epitelio più basso, quasi cubico. I primi vasi, che, neir epididimo di Lacerta, sono ad epitelio cilindrico e ci- liato corrispondono a quelli ad epitelio altissimo, anche cilindrico e ciliato, degli Scyllium] mentre i secondi, ad epitelio cubico e ciliato, corrispondono a quelli ad epitelio medio degli Scyllium. 4. — In Scyllium, come in Lacerta e negli Ofidi, da me studiati, questi vasi ad epitelio ciliato corrispondono : i più alti ai vasi ef- ferenti, i più bassi ai coni vascolosi dell'e^Dididimo dei Mammiferi. 5. — I canali ad epitelio medio ciliato dell'organo di Leydig, in Scyllium, vanno a sboccare, mercè corti tubuli ad epitelio cu- bico, nel canale di Leydig che, anch'esso, è costituito da epitelio cubico sfornito di ciglia. Anche qui si vede la perfetta rassomiglianza 190 Arturo Morgera del modo di comportarsi dei vari canali dell'epididimo degli 8cyl- lium con quello degli Amnioti. Il canale di Leydig dei Selaci, corrisponde esattamente al vero canale dell'epididimo dei Verte- brati superiori. In tutti esso è sfornito di ciglia; però l'altezza del suo epitelio varia nelle diverse classi dei Vertebrati. Negli Scyl- lium, infatti, l'epitelio del canale di Leydig è cubico; nei Ret- tili, da me studiati, l'epitelio del vero canale dell'epididimo è, nei Saurii, cubico, allo stato di riposo, cilindrico, allorché è in attività; mentre che negli Ofidi è sempre cilindrico ; nei Mammiferi, infine, è sempre cubico. Questa differenza si spiega tenendo conto dell'ec- cezionale potere secretorio che nei Rettili, specialmente in Lacerta^ ha il vero canale dell' epididimo, mentre che tale potere di secre- zione, in Scylliiim, negli Uccelli e nei Mammiferi, 1' hanno i tubuli ad epitelio cibato. 6. — Come s'è visto, il canale di Leydig ed il vero canale dell'epididimo sono costituiti da epitelio sfornito di ciglia. Ciò è stato dimostrato ampiamente da me, dall' Aigner , dal Fuchs e, nel 1906, dall' Ikeda. 7." — La vescicola spermatica di Scyllhmi è anch'essa costi- tuita da epitelio cubico e molto anfrattuoso, il che si spiega col fatto che quest' organo non è altro che la porzione inferiore del canale di Leydig dilatatasi per compiere una duplice funzione: quella di serbatoio dei prodotti della glandola genitale e degli or- gani annessi, e quella di condotto dell' urina che in esso, per mezzo di canalicoli, perviene dal rene. 8. — L' utero maschile, invece, è costituito da epitelio cilin- drico, poco anfrattuoso, e munito di una < monture en brosse » molto manifesta. Anch' esso contiene spermatozoidi e perciò può essere considerato come un serbatoio accessorio dei prodotti geni- tali maschili. Napoli, Stazione Zoologica, Decembre 1908. Ricerche sulla glandola ed il eanale di Leydig 191 Bibliografia 1830. Milller, J. — 1. De glandularum seceruentium strnetura penitiori earumque prima formatione in bomine atque animalibus. Comen- tatio anatomica : Lipsiae. 1840. — — 2. Ueber den glatten Hai des Aristoteles, und iiber die Ver- scliiedenheiten unter den Haifischen und Rochen in der Entwickelung des Eies: Abh. Akad. Berlin, j^ag. 70, Taf. 1-6. 1840. Stannius, H. — Ueber die mànnlichen Geschlechstheile der Rochen und Haien : Arch. Phys. Wiss. Med. pag. 40. 1843. MtlUer, J. — Untersuchungen iiber die Eingeweide der Eische, Schluss der vergleichenden Anatomie der Myxinoiden : Abh. Akad. Berlin, pag. 109, Taf. 1-5. 1850. Hyrtl , I. — Ueber weibliche Oviducte bei mànnlichen Chimaera und eine mànnliche Vesicula seminalis bei Weibchen: Sifzungsb. Akad. Wien, 11. Bd. pag. 1078, Taf. 1. 1851. Leydig, E. — 1. Zur Anatomie und Histologie der Chimaera mon- struosa : Arch. Anat. Phys. Wiss. Med. 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Ikeda, R. — Ueber das Epithel im Nebenhoden des Menschen: Anat. Anz. 29. Bd. pag. 1 e 76, Taf. 1. Ricerche sulla glandola ed il canale di Leydig 193 Spiegazione della Tavola 2- cL, canale di Leydig. gce, guaina connettivale del vaso efferente. gcm, guaina connettivale del mesorchio. gL, glandola di Leydig. rve, ramo del vaso efferente. s, secrezione. sp, spermatozoi. t, testicolo. tgL, tubi della Glandola di Leydig. ve, vaso efferente. Tutte le figure sono state eseguite con microscopio Koristk.'^ ed oculari HUYGHENS. Le figure 1-6 e 12 riguardano lo Scyllium stellare; lo figure 7, 8, 10, 11 e 13 lo Scyllium canicula. Fig. 1. — Preparato in toto, fatto per dissociazione, che mostra i vari organi annessi al testicolo, x 2. » 2. — Sezione trasversa del vaso efferente. >< 275. » 3. — Un ramo del vaso efferente che si continua con un tubo della glan- dola di Leydig. X 480. » 4:. — Epitelio a cellule alte della glandola di Leydig. Oc. 4, Obb. 1/12 imm. omog. » 5. — Epitelio a cellule di media altezza della glandola di Leydig. Oc. 4, Obb. 1/12 imm. omog. » 6. — Epitelio del canale di Leydig. Oc. 4, Obb. 1/12 imm. omog. » 7. — Un canale ad epitelio di media altezza della glandola di Leydig che comunica con un tvibo stretto ad epitelio cubico. X 480. » 8. — Un tubo corto che sbocca nel canale di Leydig. X 480. » 9. — Figura d' insieme (semischematica) che mostra la relazione tra un tubo della glandola di Leydig ed il canale di Leydig negli Scyllium. X 65. » 10. — Epitelio della vescica spermatica. Oc. 4, Obb. V12 iinm. omog. » 11. — Una sezione trasversa di vescicola sperm ati ca. X 275. » 12. — Epitelio di utero maschile, x 480. » 13. — Sezione trasversa di utero maschile. X 275. Ricevuto il 26 Gennaio 1909. Finito di stampare il 2 Giugno 1909. Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 1. 13 Airliivio /. io/. T,n: I 10. ^ ->.^ >^.f P :/^ ^<3^v ^^"^^ .l/rJnoio /oo/of/ifo lo/. / '/f/r. ^ lU-Toéui/ì/di, e Urranfano' Oligognsitim psirasiticus il. sp- endoparassita dello Spio mecznikowianus Clprd. Memoria del Dott. Attilio Cerruti Libero docente ed aiuto nell' Istituto d'Anatomia comparata della R. Università di Napoli con la tavola 3. Le specie oggi note di policheti parassiti sono cosi poco nu- merose che il rinvenimento d'una nuova di esse costituisce sempre un fatto interessante dal lato zoologico : credo perciò opportuno d'esporre quanto ho potuto osservare circa un nuovo Eunicide che vive, endoparassiticamente, in un altro policheto. Due anni or sono, mentre mi occupavo dell'anatomia e della biologia dello Spio mecenikowianus Clprd., anellide comune nel golfo di Napoli, osservai nell'interno di un esemplare maschio di questa specie, che avevo fortemente compresso con lo scopo di stu- diarne i nefridii, un altro anellide, sottile, j alino, lungo 7-8 mra., che si muoveva lentamente. I tentativi che feci per isolarlo non furono fortunati, e l'esemplare del parassita divenne inservibile. Nel Giugno del 1908 fui più fortunato, poiché potei ritrovare in un altro Spio mecznikowianus , che tenevo del pari compresso fra copri e portoggetto, altri due parassiti, perfettamente simili a quello rinvenuto nel caso precedente. Essi giacevano nella cavità del corpo dello Spio, uno per lato, col corpo parallelo a quello dell'ospite. Dopo un po' di tempo, forse per la posizione incomoda in cui erano tenuti, i due parassiti incominciarono a dimenarsi energicamente, e l'esemplare più grosso dopo varii tentativi riusci a perforare le pareti del corpo dello Spio ed a fuoriuscirne. Prese alcune note, fissai ospite e parassiti con sublimato acetico, li colorai con paracarminio e li montai , in balsamo del Canada , fra due vetrini coproggetti, per poterli studiare dai due lati. Desiderando di poter dare l'anatomia completa del parassita, non ho mancato, in seguito, di esaminare numerosissimi esemplari di Syio mccznikotvianus provenienti da varie località del golfo, ma Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 2. 14 198 Attilio Cerniti più specialmonte dai fondi posti vicino al palazzo « donn'Anna », luogo dal quale provenivano i due esemplari infetti; ma le accu- rate e numerose ricerche non mi hanno dato risultato favorevole. Grazie però all'ottimo stato di conservazione, specialmente di uno dei parassiti rinvenuti, sono in grado di poter fornire i dati ne- cessarii per la diagnosi della specie. Esporrò inoltre in seguito quanto ho potuto osservare circa l'azione esercitata dai parassiti sull'ospite. Per comodità di descrizione indicherò con A e B i due esem- plari della specie da me trovata. Esemplare A. — Vivo era j alino, e solo usando un ingrandi mento di un centinaio di diametri si potevano scorgere su di esso rari granuli di pigmento, disseminati sul capo e sui primi setigeri. Il numero degli anelli di cui consta il parassita (Fig. 4) è di 51, e la lunghezza, misurata sull'animale fissato senza precedente ane- stesia, ma non molto contratto, è di circa 4 mm. La larghezza, misurata nel mezzo del corpo, fra le estremità dei parapodii è in media di 450 [jl, nello spazio compresso fra due setigeri di circa 300 \l. Il capo (Fig. 3) ovoidale, più stretto nella parte anteriore, ricorda perfettamente quello di molti Lumbriconereidi, ed è privo di occhi. I primi due anelli metastomiali non hanno podii e sono aclieti (Fig. 1); il terzo anello (primo setigero) al pari di tutti gli altri che lo seguono è fornito, ad ogni lato, di un parapodio ro- tondeggiante alla base, ma che si prolunga in una parte un po' ap- piattita (Fig. 1, 2 e 3). In ognuno dei podii si può osservare un'acicula, conica, molto allungata (Fig. 5) e delle setole di varia forma. Alcune d'esse (Figg. 9 e 10, se) sono molto lunghe, sottili e lievemente ricurve all'apice; le altre (Figg. 9 e 10, sd\ più spesse, si presentano molto allargate in vicinanza dell'apice. Su di esse non ho potuto scorgere, nel pre- parato da me posseduto segni di striature simili a quelle che si osservano sulle setole di un altro policheto parassita: l' Oligognathus honelliae Spengel, nel quale le chete presentano numerose strie ob- lique in prossimità della parte terminale. Le setole delle dae forme, nel parassita dello Spio^ sporgono fuori di solito poco dal corpo, ed il loro numero , per chetopodio , non è rilevante: 2-3. La parte posteriore del parassita termina piuttosto brusca- mente (Fig. 3) con alcune papille di forma irregolare. Non posso escludere il dubbio che l'animale in tal punto abbia subita qual- Oligognatns j)arasiticus n. sp. endopai-assita ecc. 199 che lacerazione, non però in seguito al modo con cui fu prepa- rato , poiché io notai tal particolare allorché il parassita, vivente, fuoriuscì dallo Sjno. La cuticola che riveste il parassita non presenta particolari degni di nota, né é iridescente come quella di molti Eunicidi. Nel l'ipoderma non si scorgono né follicoli bacillipari né grosse cellule glandolari mucose. Anche in un altro policheto parassita, 1' Hae- matoclepfes ierebellidis Wiren, di cui farò menzione più innanzi, non vi sono glandule cutanee composte, mentre queste sono nu- merose neW Oligognathus honelliae, già citato. Non avendo potuto disporre di materiale per le sezioni non posso dare l'anatomia del sistema nervoso , poco visibile nel pre- parato iìi foto; fortunatamente però lo stato di conservazione del- l'esemplare mi permette di studiarne discretamente la struttura del sistema digerente. La bocca si apre ventralmente , immediatamente innanzi al primo anello. L'intestino , tranne che nella parte anteriore faringea , nella quale si presenta dilatato e fornito di varie pliche (Fig. 1), è molto semplice (Fig. 2 e 3) ed appare solo lievemente dilatato in corrispondenza dei segmenti. L'ano é perfettamente terminale. In corrispondenza del secondo anello si vede partire dall'in- testino, ventralmente, un grosso diverticolo (Fig. 1, e) che per un breve tratto, fino circa all'ottavo setigero si può seguire con fa- ciltà, ma che da tal punto in poi è cosi aderente al tubo digerente, che non ho potuto assicurarmi se termina a fondo cieco , o se sbocca nell'intestino stesso. Senza alcun dubbio tale diverticolo è l'omologo del « Nebendarm ?> che si osserva facilmente in molti anellidi ^) e che lo Spengei- ha descritto, con particolari neWOligo- gnathus honelliae. Nella faringe dell'esemplare A. si scorgono due piccoli pezzi chitinosi, rappresentanti, molto ridotti, dell'armatura faringea degli Eunicidi. Dei due pezzi uno, posto ventralmente, trovasi in corrispon- denza del terzo anello metastomiale (primo setigero) ed uno, posto dorsalmente, in corrispondenza del quarto segmento (secondo se- tigero;. Lo studio di questi pezzi non è privo di difficoltà , sia perché sono molto piccoli, sia perchè, non essendo possibile senza 1) Per la letteratura cfr. al riguai'do specialmente EisiG (2). 200 Attilio Cerruti rovinare l'esemplare, di poterli isolare, bisogna fare il loro esame, attraverso le pareti del corpo. Nella Fig. 6 si vede rappresentato, molto ingrandito, il pezzo ventrale. Esso è costituito da due parti laterali, aventi all' incirca la forma di due cucchiai, che, nella porzione anteriore, sono col- legati, ventralmente, da una lamina sottilissima di chitina. 1 due prolungamenti posteriori sono molto sottili, e si scorge sulla parte dorsale d'ognuno d'essi un profondo solco. Il pezzo dorsale (Fig. 8) è composto da una lunga striscia di chitina ispessita un po' lateralmente, e fornita nella parte anteriore di varii dentini di chitinosi. Questi sono trasparanti ed in alcune parti sottili e poco visibili. La Fig. 7 dispensa da una descrizione mi- nuziosa. Nel preparato da me studiato non ho potuto assicurarmi se nel pezzo cliitinoso dorsale vi fosse o no un prolungamento lin- guiforme, simile a quello descritto dallo Spengel nell'O. honelliae. L'esemplare A non si trovava in periodo d' attività sessuale, poiché le gonadi non appaiono svihippate. Però nell'interno della cavità del corpo si notano, sparsi, degli elementi cellulari, piccoli, che rappresentano, molto probabilmente, degli spermatogonii. Esemplare B. — Siccome si trovava nell' interno dello Spio al momento della fissazione, il sublimato non agi su di esso cosi ra- pidamente come su quello A, quindi potè contrarsi notevolmente. Il numero degli anelli di cui è composto è di 30. I podii sono contratti ed il corpo termina più arrotondato che non nell' altro esemplare. I pezzi faringei chitinosi giacciono in corrispondenza del primo anello metastomiale , e ricordano perfettamente quelli rappresentati dalle Fig. 4, 7 ed 8. Per tutti gli altri caratteri l'esemplare B. ricorda il primo de- scritto. I parassiti da me sopra descritti si avvicinano per molti ca- ratteri ad un Eunicide prionognato, scoperto , pure nel golfo di Napoli , dallo Spengel, che lo chiamò Oligognathus honelliae , e senza dubbio appartengono allo stesso genere. Di questo hanno tutti i caratteri: forma generale, semplicità dei podii e, soprattutto, la notevole riduzione dei pezzi chitinosi faringei , riduzione che in nessun altro genere degli Eunicidi ha raggiunto un cosi alto grado. Però V Oligognathus honelliae endoparassita delle Bonellie , e fiuora unica specie del genere, è ben differente da quello che ho OligognaUis parasiticus n. sp. endoparassita ecc. 201 rinvenuto nullo Spio mec^nikowianus, e che propongo di chiamare Oligognathus parasiticus. Il primo di questi due Oligognati è un vero gigante rispetto al secondo, poiché lo I^pengel ne ha osservato degli esemplari lunghi 10 centimetri; il secondo, del quale ho potuto vederne tre esem- plari, non raggiunge nemmeno hi decima parte di tale misura. Inoltre mentre l'O. honelliae è fornito di quattro occhi, VO. para- siticus ne è privo. Un'altra differenza ci è data dalla forma delle setole che spor- gono dal corpo, le quali mentre nell'O. Bonelliae sono eguali fra loro, nel parassita dello Spio si presentano con due forme notevolmente distinte fra loro. Anche i pezzi chitinosi presentano delle differenze. Il pezzo ventrale è più massiccio nell' 0. honelliae^ ed ha i margini laterali muniti di incisure ; queste mancano nel pezzo corrispondente della specie da me trovata. Mentre in quest' ultima i prolungamenti po- steriori del pezzo faringeo ventrale, nei due esemplari da me stu- diati, appaiono sottili e forniti di un solco longitudinale, di questo non si trova traccia nei prolungamenti corrispondenti, molto spessi, dell' 0. honelliae. Quest'ultimo infine si presenta vivamente colorato in arancio, mentre 1' 0. parasiticus è j alino. Il complesso di tutte queste differenze, secondo me, è tale da giustificare la creazione di una nuova specie, poiché difficilmente credo si potrà ritenere l'O. parasitius come rappresentante uno stadio Sfiovanile dell' 0. honelliae. La differenza nella forma delle setole so- soprattutto, nel nostro caso, ha notevole valore. L'EisiG (2) che si è occupato a lungo del parassitismo fra gli anellidi policheti nel 1906 ^) annoverava come specie sicuramente parassite a) - ectoparassite — una sola ; V IcJithyothomus sangiùnarius Eisig clie vive attaccato alle pinne di alcuni pesci: Myrus vulgaris. Conger vulgaris, Sphagehranclms imberbis; 1) Naturalmente in questo elenco sono comprese solo le specie riconoscivite sicuramente come parassite, poiché la lista di quelle dubbiamente parassite od anche commensali è più estesa. Non trovo dopo il 1906 nella letteratura men- zionati con certezza altri policheti parassiti , se se ne eccettui forse la Macel- licephala violacea , dell' anatomia della quale si è occupato il Wikén (2). Non avendo potuto avere la memoria di questo osservatore non posso che riportare quanto è detto nel « Zoologischer Jaliresbericht pel 1907 »; cioè che « wahrschein- lich ist M. wie so viele anderen Polynoiden ein Parasit, oder Commensale >. 202 Attilio Cerruti h) - endoparassite — numerose ; Hipponoc Gaudichaudii Aud. et. Edw. e H. Miilleri EisiG viventi in Lepas anatifera ; Oliyofjnathus bonelliac Spengel in Bonellia ; Haematocleptes terebellidis WiRÉN in Tercbellides Stroemi; Labrorostratus parasiticiis S.'' Joseph in varii Sillidi ; Ophiurlcola cyn'ips Ludwig in OpMoghjpha tumuiosa; un Lunibriconereide non determinato in Marphysa sanguinea. A queste sono da aggiungere le larve degli Alciopidi appartenenti ai generi : Alciopa, Alciopina, Rhynchoneerella, Va- nadis, viventi negli Ctenofori {Cydippe). In questo gruppo andrà d'ora innanzi compreso 1' Oligogna- thus parasiticus Cerruti vivente nello Spio mecsnikowianus. Le notizie che possediamo circa le relazioni esistenti fra i po- licheti parassiti ed i lore ospiti sono le seguenti. U IchthyotJiomus san gumarius FiisiG che è il solo rappresentante di una famiglia affine a quella dei Sillidi, ed è 1' unico policheto parassita del quale conosciamo perfettamente la biologia e 1' ana- tomia, è di piccole dimensioni , misurando 6-8 mm. di lunghezza su 0.5 mm. di larghezza. Esso vive attaccato di preferenza alle pinne impari di alcuni pesci. Il parassita è fornito di glandole emo- filine e di uno speciale apparecchio chitinoso faringeo, avente l'aspetto di un paio di forbici, che gli permette di perforare il corpo del- l'ospite e di rimanere strettamente attaccato ad esso, succhiandone il sangue. Solo con estrema difficoltà, ed in condizioni speciali Vlchthyothomus può staccarsi dall'ospite su cui vive. Alle volte si può osservare fino ad un centinaio di parassiti su di un solo Myrus vidgaris. Stante la notevole resistenza vitale che presentano le specie di pesci su cui vive, Vlchthyothomus sanguinarius non esercita una azione molto nociva sull'ospite. Il KocH (1846) osservò nell'interno di un esemplare incompleto di Eunice {Marphysa) sanguinea molti esemplari di un anellide, in vario stadio di sviluppo, ed aventi il capo simile a quello di al- cune specie del genere Lumhrineris Bl. Il Koch ritenne gli anel- lidi osservati per embrioni dell' Eunice ; però uno sguardo, anche superficiale alle figure ch'egli ci dà, basta subito a fare conve- nire, col St. Joseph (1888) che gli anellidi descritti dall' A. sono dei veri Lumbriconereidi parassiti, in vari stadii di sviluppo, ma non determinabili esattamente. In essi però l'armatura faringea è molto sviluppata. Nel 1864 il MuLi.ER scrisse d'aver trovato, nell'interno della cavità del mantello d'una Lepas anatifera^ un anellide, avente di- Oligognatus parasiticus n. sp. endoparassita ecc. 203 mensioni notevoli rispetto alla grandezza dell'ospite. L' Eisici (2) ohe potè studiare in seguito un esemplare di Hip2)onoe Gaudichaudi^ policheto raccolto nel golfo di Napoli pure nell'interno della ca- vità del mantello di una Lepas anatifera, ha identificato l'anellide osservato dal Mììller per un Hippono'é, e l'ha chiamata H. Mill- Icri. Le relazioni esistenti fra le Hipponoe e 1' ospite sono poco note. Il Chun (1880) dichiara che le larve degli Alciopidi: Alciopa pa- rasitica e Alciopa lepidota^ parassite della Cydippe densa, non si nu- trono direttamente a spese dell'ospite, bensì gli distruggono, coi loro movimenti, la « Gallertmuskulatur ». Pare che in generale tutti gli Alciopidi durante il periodo larvale sieno parassiti. Per convincersene basta leggere gli interessanti ed accurati lavori pubblicati da Clapa- RÈDE e Panceri (1867), Panceri (1868), Buchholz (1869) e Greee (1876). E questo fatto è tanto più interessante in quanto che gli Alcio- pidi allo stato adulto conducono vita perfettamente libera. Lo Spengel (1882) non ci dice nulla circa i rapporti che pas- sano fra le Bonellie e gli Oligognathus honelliae, che vivono pa- rassiticamente nella cavità del corpo dell'ospite. Il WiRÈN (1) descrivendo l'unico esemplare di Haematocleptes terehellidis, eunicide da lui trovato nel seno sanguigno dell' inte- stino di Terebellides stroemii, scrive che è molto probabile che il parassita si nutra esclusivamente del sangue dell'ospite. È da no- tare che V Haematocleptes mostra una notevole riduzione dei pezzi chitinosi faringei, non però così spinta come negli Oligognathus. Il Saint Joseph (1888) a proposito del Lahrorostratus parasiticus, Lumbriconereide da lui osservato nell'interno di varii Sillidi, insiste molto sulle dimensioni enormi che il parassita acquista rispetto a quella dell'ospite in cui vive. Così in una Odontosyllis ctenosioma lunga 12 mm., il parassita raggiungeva gli 8 mm. in una Pionosyllis la- melligera, lunga 6 mm., il Lalrorostratus misurava 4 mm. e riem- piva quasi interamente la vittima. Il Saint Joseph che ha riscontrato una volta un esemplare di Lahrorostratus allo stato libero scrive (pag. 220): « .... Une fois introduit dans son hòte le Lahrorostratus parasiticus continue son développement et ne doit pouvoir en sortir, pour vivre à l'état libre comme je n'ai recontré, qu'en détruisant le Syllidien, demeuré trop petit pour le contenir ■>. Nella cavità del corpo della Cucumaria planci il Monticelli (1892) osservò un piccolo Sillideo, riferibile al genere Exogone e delle Ophryotrocha. L'A. però non crede che i policheti da lui os- 204 Attilio Cerruti servati si possano considerare come parassiti , inclina piuttosto a considerarli come inquilini, o, tutt' al più, commensali accidentali e forse temporanei. L' Ophryotrocha come è noto si rinviene ordi- nariamente allo stato libero. Il Ludwig (1905) studiando numerosi esemplari di una Ofiura vivente a grande profondità, l' Opìiioglypha tiimulosa^ ebbe occasione di notare sulle braccia di due esemplari due rigonfiamenti, molto simili nell'aspetto a quelli prodotti dai Mijzostoma sui Crinoidi. L'esame accurato mostrò invece clie gli speciali tumori erano do- vuti ad anellidi policheti, poiché in ognuno dei due casi il Ludwig trovò neir interno dei rigonfiamenti un policheto lungo circa 6,5 centimetri, e largo poco meno di un millimetro. Lo stato di con- servazione dei parassiti, ai quali 1' A, dà il nome di Ophiiiricola cynips^ era cattivo e non ne permise uno studio esatto. Il Ludwig potè constatare l'assenza di pezzi chitinosi faringei e poche altro particolarità anatomiche. L' Ophiiiricola cynips è 1' unico policheto capace di produrre delle galle, e presenta quindi un notevole in- teresse. Circa la specie da me trovata vi è da notare che , come nel caso descritto dal Saint-Joseph del Lahrorostratus parasiticus^ anche per V Oligognathus parasiticus siamo iu presenza di un parassita che può raggiungere dimensioni notevoli rispetto a quelle dell' ospite. Nel caso descritto particolarmente nel presente lavoro , lo Sjno mecznikaivianus, nel quale erano i due Oligognathus^ non superava, misurato allorché era vivo , gli 8 mm., mentre l'esemplare A. del parassita vivente e non contratto, doveva esser lungo per lo meno 5 o 6 mm., e quello B. 3-4 mm. Come si vede da queste cifre, i due Oligognathus occupavano quasi tutta la cavità del corpo dello Spio^ e dovevano produrgli dei disturbi molto gravi. Come ho detto altrove, in una memoria precedente [Cerruti (1907)] negli Spio mecznikowianus ^) nella primavera e nell'estate nei 1) Le accurate ricerche bibliograficlie che compio per una « Monografìa degli Spionididel golfo di Napoli », che sarà pubblicata in « Fauna und Flora des Golfes von Neapel » mi hanno condotto a stabilire che lo Spio deconitiib-, descritto bre- vemente dal BoBRETZBY (1870) in un lavoro scritto in russo, non è altro che lo Spio ììieczuikoioidnns desci'itto due anni prima dal Claparède (1868) e pel quale il Mesnil nel 1895 ha istituito il genere Microspio. Per lo S. decoratus lo Czek- NiAWSKY creò il genere Paraspio nel 1881. La diagnosi data dallo Czerniawsky contiene degli errori che non esistono in quella data dal Bobretzky. Io son onvinto che lo Spio atlantica Langh. è sinonimo dello Spio mecznikowianiis Oligognatus [larasiticus n. sp. endoparassita ecc. 205 maschi i nefridii si svilluppano enormemente, ed in essi si formano dei complicati ed eleganti spermatofori. Neil' epoca alla quale ho ora accennato, le cavità celomatiche degli Spio sono quasi intera- mente riempite dai nefridii e da numerosissimi spermii. Or bone nello Spio maschio catturato in estate, e nel quale si trovavano i due Oligognathus, i quali, è bene notarlo, erano posti lungo il tratto del corpo in cui si sviluppano le gonadi, i nefridii non si sono evoluti normalmente, ma son rimasti piccoli, atrofici, ed inoltre gli spermii sono molto scarsi : la formazione degli sper- matofori è divenuta impossibile. La constatazione dei fatti ora notati ci fa venire spontanea la domanda: non siamo noi forse qui innanzi ad un caso di castra- zione parassitaria, fenomeno del quale si conoscono ormai numerosi esempi? Secondo me la risposta deve essere affermativa. UOligo- gnathiis jìarasiticns^ che molto probabilmente finisce col produrre la morte dello Spio, durante il periodo nel quale vive in esso, sia occupando quasi completamente lo spazio che nel caso normale sarebbe occupato dai nefridii e dalle gonadi, che irritando con le setole i tessuti circostanti, non permette all'ospite di sviluppare i suoi prodotti sessuali. Probabilmente anche il Lahrorostraius parasiticus deve produrre sull'ospite un effetto simile a quello dell' Oligognatlius , prima di produrre la morte del Sillide in cui vive. Naturalmente il numero dei parassiti che infestano l' ospite deve influire molto sulla gravità della castrazione, ed è probabile che talora l'arresto di sviluppo dei prodotti sessuali, in casi simili a quello da me descritto, ma nei quali vi sia un sol parassita, la castra- zione si limiti al solo lato infetto. Voglio qui notare che le piccole dimensioni dello Spio mecmii- kowiamis infetto (7-8 mm.) ^) nel quale si trovavano i due Oligo- gnatlius non deve far credere che io abbia avuto sott'occhio uno Spio immaturo. In quello di cui ho tenuto parola il corpo aveva già un numero di anelli normale per la specie (46), e tutti i ca- Claprd. Pei dati necessari V. Mesnil (181)6-1)7) e Ceeruti (1907). Rimandando ad altro lavoro la documentazione delle asserzioni fatte, credo opportuno, pel momen- to, di chiamare lo Spionide di cui mi occupo nel presente lavoro col suo primo nome. ') 11 Claparkde (1868) per lo Spio ■tnecznìhnuianus dà una lunghezza di 11 mm. lo ho trovato esemplari, maturi, le cui dimensioni variavano fra i 4 ed i 40 nmi. Gli esemplari di 40 mm. sono però molto più rari di quelli lunghi IS- SÒ mm. , -- /^' 206 Attilio Cerruti ratteri di un adulto. Conservo fra i miei preparati degli SiJio mecz- nikotvianus adulti, maschi, più piccoli di quello infetto, lunghi cioè appena 4 o 6 mm. e tuttavia già pieni zeppi di spermatofori. Il caso da me descritto ci permette di aggiungere una nuova specie alla lista dei parassiti capaci di produrre la castrazione pa- rassitaria. La letteratura che riguarda questo interessante fenomeno è già relativamente ricca, poiché sono già note, sia nel regno ani- male che in quello vegetale, numerose specie che producono la castrazione parassitaria. Il caso delle Sacculine e di alcuni Entonisci, che inducono tale fenomeno nei crostacei, e quello delle Uredinee che impediscono lo sviluppo delle cellule sessuali negli Anemoni e delle Euforbie son fatti molto noti ^). La castrazione parassitaria produce sovente negli animali no- tevoli variazioni sui caratteri sessuali secondarli. Naturalmente però nello Spio mecznikoìvianus in cui i due sessi esternamente non dif- feriscono , non ho potuto notare nessuna differenza fra l' aspetto dell'esemplare nel quale erano gli Oligognatlnm e quelli non in- fetti dal parassita. 1) Non volendo in questa breve nota estendermi sull'argomento, rimando, per relenco dei principali lavori che trattano della castrazione parassitaria, alla Monografia dei « Ehizocepliala » dello Smith (1906, pag. 93). Questi riporta i principali lavori del Giard e quelli di numerosi altri ricercatori; nota pure qualche A. che si è occupato del fenomeno nelle piante. OUgognatus p/trasiticus n. sp. endoparassita ecc. 207 Opere citate. 1870. Bobretzky, M. — Materiali per la fauna del Mar Nero. — Anellida polycbaeta (in russo) : Notizen. Nat. Ges. Kieiv. 1. Bd. pag. 179, Taf. 9. 1869. Buchholz, R . — Zur Entwicklungsgeschichte von Alciope: Zeit. Wiss. Z. 19. Bel. pag. 95, Taf. 4. 1907. Cerruti, A. — Sull'anatomia e sulla biologia del Microspio meczni- koivianus Clprd.: Atti Accad. Napoli. {2) Voi. 18, 34 pag. Tav. 1-3. 1880. Chun, 0. — Die Ctenophoren des Golfes von Neapel: Fauna u. Flora Golfes Neapel, 1. Monogr. 313 pag. Taf. 1-18. 1868. Claparède, E. — Les Annèlides chètopodes du Golf e de Naples : Ge- nève et Baie. 1867. Claparède, E. — Panceri, P. — Nota sopra un Alciopide parassito della Cydippe densa Forse: Mem. Soc. It. Se. Nat. Val. 3, pag. 1, Tav. 1. 1881. Czerniawsky, V. — Materialia ad Zoographiam ponticam compa- ratam. Fase. 'Ò:-Vermes: Bull. Soc. Imp. Nat. Moscou, Tom. 14, pag. 338, Pie. 4. 1887. Eisig, H. — 1. Monographie der Capitelliden des Golfes von Neapel; Fauna u. Flora Golfes Neapel, 19. Monogr. 906 pag. Taf. 1-3?. 1906. — — 2- Ichthyothomus sanguinari us, eine auf Aalen schmarotzende Auuelide: Fauna n. Flora Golfes Neapel, 28. Monogr. 300, pag. Taf. 1-9. 1876. Greef, R. — Untersuchungen ueber die Alciopiden : Nova Ada Leop. Carol. Akad. 39. Bd. pag. 35, Taf 2-7. 1846. Koch, H. — Einige Worte zur Entwicklungsgeschichte von Eunice: Nelle Denkschr. Schiveiz. Ges. Naturw. 8. Bd, pag. 3, Taf. 1-2. 1905. Ludwig, H. — Ein entoparasitische Chatopod in einer Tiefsee- Ophiure: Z. Anz. 29. Bd. pag. 397. 1892. Monticelli. Fr. Sav. — Notizia preliminare intorno ad alcuni in- quilini degli Holothurioldea del Golfo di Napoli : Monit. Z. Ital. Voi. 3, pag. 248. 1 864. M u e 1 1 e r . F . — Fiir Darwin : Leipizg. 1868. Panceri, P. — Altre larve di Alciopide (i2%w6'Aoweere?Za) parassite della Cydippe densa Forse. : Rend. Accad. Se. Napoli, Fase. 3, 3 pag.. 1888. Saint -Joseph (de), F. — Les Annèlides polychètes des cótes de Dinard. — II Partie. : Ann. Se. Nat. (7) Tome 5, pag. 141, Pie. 5-13. 1906. Smith, G. — Rhizocepìiala : Fauna u. Flora Golfes Neapel, 29. Monogr. 123 pag. Taf. 1-8, 208 Attilio Cerniti 1882. Spenge!, J. W. — Oluiniinafhus honelliae. eine schmarotrende En- nicee: Mitth. Z. Stat. Neapel., 3. Bd. pacj. lo. Taf. 2-7. 1886. Wirèn, A. — 1. Haematodexdes terehellidis . nouvelle annèlide pa- rasite de la famille des Euniciens : Bili. Swenska Vet Akad. Handl. .9. Bd. pag. 1, Taf. 1-2. 1907. 2. Macellicephala violacea (Lev.) uebst Bemerkungen ueber deren Anatomie: Z. Studier. TuUberg Up)sala. pay. 289, 5 Taf. 3 fig. OUgognatvs paraHiticus n. sp. endoparassita ecc. 209 Spiegazione della Tavola 3. Lettere comuni a tutte le figure. a, pezzo chitiuoso ventrale. h, pezzo chitinoso dorsale. e, « Nebendarm ». eh, lista cliitiiiosa. fZ, dentini chitinosi. se, setole capillari. .sd, setole con la parte distale dilatata. Tutte le figure, si riferiscono a\V Oìigognatlms paradticus Cerruti. — Esse sono state eseguite con l'aiuto della camera lucida. Come objettivi ho impiegato gli apocromatici di Zeiss e gli oculari compensatori. Per ogni figura ho indicato l'ingrandimento reale usato, misurato mediante l'oculare micrometrico. Capo e primi anelli. Obb. 16 mm. oc. comp. 4. X 65. Alcuni setigeri della regione di mezzo del corpo. Obb. 16 mm. Oc. comp. 4. X 65. Parte terminale del corpo. Obb. 16 mm. Oc. comp. 4. x 65. U OUgognathus intero; ingrandito cix'ca 16 diametri. Un'acicula. Obb. 4 mm. Oc. comp. 12. X 750. » 6. — Pezzo chitinoso faringeo ventrale. Obb. 2.5 mm. immers. ad acqua (ap. 1.25), oc. comp. 12. x 1250, » 7. — I dentini chitinosi del pezzo chitinoso dorsale. Obb. 2 mm. immers. oraog. (ap. 1,30) Oc. comp. 12. X 1500, » 8. — Pezzo chitinoso dorsale. Obb. t mm. Oc. comp. (>. -< 330. , 9.10. _ Setole. Obb. 2. mm. (ap. 1.30), Oc. comp. 12. X 1500. Pig. 1. 2. y, 3. » 4. » 6. Ricevuto il 13 Maggio 1909. Finito di stampare il 27 Novembre 1909. Ricerche istologiche sull'epitelio cutaneo e intestinale delV Octolàsium complàimtum (Ant. Dua.) per Lìdia Dequal con la tavola 4. Introduzione e metodi di ricerca In questo lavoro espongo i resultati di alcune ricerche sul te- gumento cutaneo e sull'epitelio del canale digerente deìV Odolasimn complanatum (Ant. Dug), ricerche che ho fatto per consiglio e sotto la guida del Prof. Rosa. Sul tegumento cutaneo, già studiato da molti, mi sono però fermata assai poco, tanto cioè da poter avere un punto di con- fronto per lo studio successivo, tuttavia nella sua cuticola ho no- tato alcune particolarità di struttura che credo opportuno riferire. Più a lungo mi sono occupata dell'epitelio del canale digerente, studiandomi di precisare i caratteri che esso presenta nelle singole regioni, soprattutto per ciò che riguarda i suoi differenziamenti esterni: cuticola, plateaux striati, orli a spazzola, ciglia vibra- tili ecc. Gli Octolasiuni complanatum^ sui quali ho studiato, sono stati quasi tutti presi qui in Firenze dove si trovano frequentissimi. Per staccarne la cuticola esterna ed interna ho fatto macerare gli Odo- lasium nell'alcool al 3° del Ranvier; in tal modo ho sempre potuto averne a mia disposizione dei grandi pezzi ; qualche volta ho anche approfittato di animali conservati già da lungo tempo, nei quali l'alcool aveva agito da macerante. Della cuticola cosi ottenuta ho fatto sempre dei preparati volanti in acqua, giacché sia la ghce- rina, sia il balsamo del Canada la rendono troppo trasparente, e nei preparati colorati i caratteri sono assai meno visibili. Per le sezioni ho usato varie colorazioni : più che altro l'ema- tossilina Ehrlich e Temallume, il quale mi ha dato sempre bonis- simi resultati; mi sono servita inoltre della tionina e della tolui- dina; ho fatto talvolta colorazioni doppie con ematossilina ferrica 212 Lidia Dequal e Grange G, oppure con emallume e fuxina; in alcuni casi speciali, che noterò singolarmente, sono ricorsa al mucicarminio Mayer e alla colorazione Traina ^). Tegumento TI tegumento si può ritenere costituito da due parti principali: di uno strato esterno o cuticola; di uno strato sottostante a questo di natura cellulare o epidermide. Cuticola Aspetto e druitiira della cuticola. — Appena staccata dal corpo del lombrico la cuticola appare come un velo bianco iridescente, più sottile all'apparenza nella parte che segue il ditello, che nella parte anteriore: essa conserva l'impronta degli anelli molto distin- tamente in tutto il corpo, eccettuata la parte dorsale della regione clitellare, quando questa sia bene sviluppata. Anche a debole ingran- dimento la cuticola presenta quella struttura a strie colle relative croci (queste ultime dovute agli sbocchi delle ghiandole epiteliali), strie e croci osservate già da tanti autori: Leydig (1857), d' Udekem (1863), Ehlers (1864), Lkydig (1865-1885), Claparède (1868-1869), Perrier (1874), HoKST (1876), Voigt (1883). Ad un ingrandimento maggiore si possono vedere le strie di- sposte in due direzioni, facenti coll'asse del corpo dell'animale un angolo di 40''-45o, e tra di loro un angolo retto o quasi retto. Tale aspetto striato è dato dalle fibrille che secondo Claparède (1869) s' incontrano con un angolo di 70<»-75o, secondo Kulaghin (1889) di 45o-90o, secondo Voigt (1883) di 90°. Io credo che il valore del l'angolo dipenda dal modo con cui si è distesa la cuticola sul ve- trino, se cioè si è tirata più nel senso longitudinale o nel senso trasversale, e credo inoltre che se la cuticola staccata dal corpo potesse mantenere tra le fibrille l'angolo che queste facevano quando la cuticola era ancora aderente al corpo, uccidendo un lombrico in modo da farlo rimanere in uno stato di forte contrazione, si troverebbe tra le fibrille e l'asse del corpo un angolo molto mag- giore a 45*^. 1) Il procedimento della colorazione Traina è stato comunicato nel Con- vegno di Bormio dell'Unione Zoologica Italiana — Settembre 1908. V. Monit. Z. Ital. Anno 20, N. 3, 3, 1909. Ricerche istologiche sull'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 213 Data tale direzione delle fibrille, si capisce come una stessa fibrilla, partendosi dalla parte anteriore del lombrico, avvolgendone il corpo più volte a spira, arrivi fino alla parte posteriore, costi- tuendo così la disposizione migliore e più favorevole per i movi- menti di contrazione e di estensione. Cerfontaine (1890) dice che l'iridescenza della cuticola è do- vuta in parte alla sua striatura e in parte al pigmento dell'epitelio sottostante: ma l'iridescenza si conserva anche quando la cuticola viene staccata, perciò credo che essa dipenda solo dalla striatura, e che sia tanto più forte quanto più fitte sono lo fibrille: infatti confrontando la cuticola dell' Octolasium complanatum (Ant Dug), con quella del Lumbricus castaneus (Sav.) (che è molto più iridescente) ho visto che mentre in quello vi sono 120 fibrille per ogni 88,5 jt, in questo per lo stesso numero di micromillimetri ve ne sono 150. Vi sono varie opinioni sul numero degli strati che formano la cuticola: secondo Mojsisovics (1877) la cuticola dei lombrichi è plu- ristratificata, e lo strato esterno è sottile e dato solo da fibrille lon- gitudinali , lo strato interno è più spesso e dato da fibrille circo- lai'i. Anche Voigt (1883) parla di più strati della cuticola e Ku- LAGHiN (1889) prima dice esser la cuticola una membrana priva di struttura, ma poi afferma esservi 2 o 3 strati di fibrille. Sukatschofp (1899) da osservazioni di sezioni ottiche dice che il numero degli strati non è maggiore di 6, e anch' io osservando appunto una se- zione ottica ho potuto distinguere nello spessore della cuticola di- versi strati, ma invece sottoponendone un pezzo a forte ingrandi- mento e fuocheggiando lentamente non ho potuto osservare più di due strati fibrillari; inoltre prendendo di mira una croce in un preparato in cui lo strato esterno della cuticola fosse quello più vicino all'objettivo, ho visto andare a fuoco prima le quattro braccia della croce, quindi il foro centrale; se al contrario la parte della cuticola più vicina all'objettivo era quella che aderiva all'epider- mide, vedevo andare a fuoco prima il foro centrale, quindi le quattro braccia. Perciò penso che la cuticola sia data da una regione superfi- ciale costituita da uno strato di fibrille in un senso e da uno strato di fibrille nel senso perpendicolare, e da una regione più profonda non fibrillare sebbene anch'essa stratificata. A questo proposito ri- cordo che Camerano (1889) dice: « A mio avviso nei Nematelminti la formazione cuticolare dell'integumento è costituita da una serie numerosa di strati sottilissimi e originariamente omogenei. Questi Archivio Zoologico, Voi. i, Fase. 2. 15 '214 Lidia Dequal strati, per una proprietà fìsica comune ai sottili strati membranosi di natura organica, tendono ad assumere una struttura fibrillare finissima ». La stessa cosa si troverebbe nella cuticola dei Lom- brichi. Shocchi ghiandolari {croci). — Tra le fibrille, osservando una cuticola, si vedono le croci dovute agli sbocchi delle ghiandole epiteliali, i quali determinano un divaricamento e quindi uno spo- stamento delle fibrille dei due strati incrociati. Tali croci, presenti su tutti gli anelli, non hanno però una disposizione uniforme; esse sono molto più frequenti nella parte mediana di ciascun anello, mentre divengono sempre più rare verso la linea interanulare: an- che presso alle aree di senso e alle guaine delle setole di cui par- lerò tra breve non si hanno croci. Aree di senso. — ■ Leydig (1865) scopri gli organi di senso nei lombrichi e Mojsisovics (1877) per primo li descrisse con qualche inesattezza; una descrizione esatta e completa ne dette Cerfontaine (1890). Langdon (1895) si è occupata della distribuzione degli or- gani di senso nel Lumhricus agricola Hoffm. Io noto qui gli organi di senso soltanto in riguardo alla cuticola, nella quale si trovano le loro impronte; tali impronte si presentano come piccole aree sporgenti, punteggiate , provviste di piccole croci dovute al pas- saggio, tra le fibrille cuticolari, delle setole di senso; la cuticola è in questi punti più sottile e le fibrille meno marcate. Le aree di senso sono molto frequenti sui primi anelli cefalici, dove si tro- vano in numero grandissimo, meno frequenti sul rimanente del corpo. La cuticola nelle varie regioni del corpo. — La cuticola presenta delle particolarità degne di nota: nella parte anteriore e posteriore in riguardo all'andamento delle fibrille, e nella regione clitellare in riguardo alla sua struttura. Le fìbrille della cuticola, arrivate al bordo della cavità boccale, si ripiegano verso l'interno, e senza cambiare la posizione che uno strato ha rispetto all'altro, continuano nella cavità stessa il loro decorso. Quanto alla parte posteriore, la cuticola dell' ultimo anello presenta nella sua parte mediana le croci colla solita disposizione, soltanto verso la parte posteriore dello stesso anello cominciano più presto del solito a divenire rare e quindi scompaiono. Le fìbrille Ricerche istologiche snll'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 215 anche qui come nella parte anteriore ripiegandosi verso V interno continuano il loro andamento rivestendo l' intestino. Nella regione clitellare invece la cuticola prende un aspetto diiferente da quello che ha nel rimanente del corpo: le croci sono più piccole, molto più numerose e disposte uniformemente su tutta la superfìcie (non essendovi distinzione di anelli). Inoltre ho po- tuto qui osservare delle aree, che per la loro punteggiatura e le piccolissime croci che presentano ho creduto siano aree di senso. Langdon (1895) però dice che nella regione clitellare del Lutnbricus agricola Hoffm. non vi sono aree di senso. La cìiticola nelle guaine delle setole. — Nei punti nei quali sono presenti le setole, la cuticola ravvolge la setola stessa fìn quasi al- l'altezza del nodulo, formando così una guaina che quando la se- tola è retratta, sta affondata nell'epidermide, quando invece è estro- flessa, si rovescia al di fuori come un dito di guanto, sempre re- stando aderente alla setola. Si ha dunque in questi punti una in- troflessione della cuticola, che fu già osservata da Claparède (1869), il quale ne dà una figura non considerando affatto 1' andamento delle fibrille. Osservando una guaina si vede che in essa le fibrille man- tengono lo stesso andamento che hanno nella cuticola ravvolgente tutto il corpo del lombrico , vale a dire si incrociano e formano coir asse della setola un angolo presso a poco di 45. «. Rimane però a prima vista oscuro il modo col quale le fibrille possano mantenere una tale direzione, pur essendo in continuazione diretta con quelle della cuticola di tutto il corpo. Un esame accurato di- mostra come tutte quelle fibrille di uno stesso strato, le quali ar- rivano da una parte all'orlo di una guaina estroflessa, conturban- dosi leggermente nel loro decorso e ravvolgendosi a spira, salgono fino alla fine della guaina, quindi discendono fino alla superficie del corpo, intercalandosi fra i giri della spira che hanno fatto sa- lendo, e riprendono il loro decorso allontanandosi dalla parte op- posta a quella dalla quale erano arrivate. La guaina cosi formata non è a fibre incrociate bensì a fibre tutte parallele in una spira ad esempio destrogira. Considerando poi lo strato di fibrille per- pendicolari a quelle fino ad ora esaminate, si vede che si comporta ugualmente , cioè le fibrille, che arrivano al foro della guaina da una parte, piegandosi verso l'alto, ravvolgendosi in una spira, questa volta sinistrogira, arrivano alla fine della setola; quindi scendendo 216 Lidia Deqiial in direzione parallela a quella della salita, si allontanano dal foro in direzione opposta a quella colla quale erano arrivate. Questo secondo strato di fibrille dà quindi l'incrocio delle fi- brille stesse, incrocio che non poteva esser dato da un solo strato. Nella Fig. 1 ho cercato di riprodurre una guaina di setola come si presenta quando si esamini direttamente una cuticola. Nella Fig. 2 ho cercato di dare una idea schematica dell' andamento della cosa: se si considerano infatti le fibrille a, &, r, fZ, e si segue il loro decorso secondo le frecce, si vede che esse salgono fino al bordo libero della guaina (che però nella figura non è raggiunto) e che poi discendono sempre parallele alla direzione colla quale sono salite, e riprendono poi l'andamento primitivo, ma in direzione op- posta. Quindi le fibrille «, ò, e, fZ, e a', h\ c\ d\ sono le stesse, ma le prime stanno per salire a formare la guaina, le seconde soti già discese. Perciò se si potesse guardare una guaina lungo il suo asse, e considerarla a forma di cono invece che cilindrica come è real- mente (con molta probabilità la forma di cono è uno stadio pri- mitivo della guaina) seguendo una fibrilla (Fig. 3) si vedrebbe che questa arrivata alla base del cono, si ravvolge a spira,sale al ver- tice A del cono, e quindi torna indietro nella stessa direzione per riprendere il suo cammino regolare. Il modo dunque col quale le fibrille vengono a formare le guaine delle setole è abbastanza interessante , con tutto ciò, nes- suno essendosene mai occupato, era rimasto fino ad ora sconosciuto. La cuticola attorno ai pori dorsali. — Anche presso ai pori dor- sali si ha una disposizione delle fibrille assai interessante, e che non era stata ancora osservata. Nella cuticola staccata dal corpo del lombrico le aperture corrispondenti ai pori dorsali si presentano come fenditure della linea interanulare, perpendicolari quindi al- l'asse del corpo. Le fibrille arrivate alla fenditura ne seguono il bordo per un certo tratto quindi alcune si arrestano come tron- cate sull'orlo del poro dorsale, altre si conturbano leggermente e si continuano col loro andamento regolare al di là della fenditura. La Fig. 4 rappresenta appunto una di queste fenditure corrispon- denti ai pori dorsali, in essa p. es. il gruppo di fibrille a, che ar- riva all'apertura verso la parte mediana di questa, prima ne segue il bordo e poi si arresta : il gruppo di fibrille h, che arriva all'aper- tura verso l'estremità, ne segue il bordo e poi continua il suo corso. Eicerche istologiche sull'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 217 Composizione chimica delia cuticola. — Su questo punto lo opi- nioni degli autori non sono concordi : alcuni la ritengono costituita di chitina, tra questi d'Udekem (1863) e Horst (1876), altri invece affermano che non si tratta di chitina, Krawkow (1893) e Goo- drich (1897). KuLAGHiN (1889) fece fare l'esame chimico della cu- ticola ed ebbe come resultato che essa è data da una sostanza si- mile alla chitina, ma che da questa differisce per contenere una XDorcentuale molto maggiore di sostanze azotate. Sukatschoff (1899) ritiene che la cuticola sia una sostanza albuminoide. Io ho fatto su questo punto poche osservazioni, le quali però confermerebbero il secondo modo di vedere , che cioè la cuticola estorna non è chitina, infatti ho constatato che è solubilissima nel- l'acqua di Javelle, in una soluzione al 30 ^/o di potassa caustica, e nell'acido acetico col 5 °/o di acqua. Per il modo di comportarsi coi coloranti ho notato che l'emal- lumo, l'ematossilina Ehrlich e il mucicarminio Mayer colorano ab- bastanza bene la cuticola, la quale è però colorata molto meglio dal blu acqua col metodo Traina. Epidermide propriamente dotta Molti continuano a chiamare ipoderma lo strato di cellule che ricopre tutta la superficie esterna del corpo degli anellidi ; nome dato da Clapahède quando non era ben conosciuta la costituzione istologica di questo tessuto: ora però questo nome non ha più luogo d' esistere essendo stato constatato che l' ipoderma degli anellidi fondamentalmente è eguale airopidermide degli altri ani- mali. SuH'epidermide dunque dell' Octolasinm complanatum^ come ho detto noli' introduzione, non mi sono fermata molto ; ricordo che essa è formata da cellule più alte nella parte mediana degli anelli che nella regione interanulare, e che vi sono molte cellule ghian- dolari allo sbocco delle quali appunto sono dovute le croci della cuticola. Aggiungo soltanto che in alcuni proparati colorati col mucicarminio Mayer ho potuto osservare che il contenuto delle cellule ghiandolari epiteliali era colorato in rosso intonsamente e in modo caratteristico. 218 Lidia Dequal Canale digerente Disposizione generale del canale digerente Nel canale digerente (Fig. 5.) si distingue dapprima una cavità boccale protrattile a pareti sottili comprendente pochi segmenti ; essa termina al restringimento sotto al cervello, dove immette in una grossa faringe ; questa dorsalmente è provvista di una borsa molto sviluppata nella quale hanno sbocco le glandole salivari ; quindi la faringe si piega verso la parte dorsale, e quivi, dopo un restringi- mento, comincia l'esofago, il quale ha dapprima pareti sottilissime, ma dal IO.» segmento, dove sono i diverticoli del Perrier, che se- gnano in questa specie il principio delle ghiandole di Morren (ghian- dole calcifere) le sue pareti divengono più spesse, molto vascolarizzate e di aspetto del tutto differente da quello della prima parte. Viene poi lo stomaco, che è un rigonfiamento molle e piriforme occu- pante i segmenti 15 e 16. Segue quindi il ventriglio fortemente muscolare, rigonfio, il quale occupa i segmenti 17-18. Al ventriglio fa seguito il grosso intestino, nel quale si possono riconoscere tre regioni : la prima occupa i segmenti 19-29 e si distingue per avere in ciascun anello un paio di rigonfiamenti lateraH ^) - qui comincia il tìjphlosolis;-\ai, seconda termina dove termina il tijphlosolis -^ la terza è costituita dall' intestino privo di tìj])hlosolis. Le parti dunque di cui consta il canale digerente e che io verrò man mano esa- minando sono le seguenti : cavità boccale faringe — con tasca dorsale ( prima parte — anteriore alle ghiandole calcifere eso ago I seconda parte — con ghiandole calcifere stomaco ventriglio 1 regione tiflosolare sacculata regione tiflosolare non sacculata regione postiflosolare Avrei desiderato di dividere dapprima il canale digerente in anteriore, medio e posteriore, ma sin ora i dati embriologici sono 1) Non in tutti i lombrichi questa regione è distinta dal'a seguente: essa è distinta nelVOcfoIasiuw complanatwn da me esaminato e in altre specie. La si ritrova anche in lorme non appartenenti ai Lumbricidi, come ad es, uell'ifor- niogaster. Ricerche istologiche sull'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 219 cosi scarsi da non permettere di stabilire con certezza i limiti di queste regioni. Epitelio del canale digerente Cavità boccale. — L'epitelio della cavità boccale è rivestito da cuticola, che è in diretta continuazione colla cuticola esterna, della quale presenta presso a poco lo stesso aspetto, cioè le fibrillo sono sempre presenti , e il loro decorso si può facilmente seguire quando alla parte anteriore della cuticola esterna sia rimasta attaccata la cuticola della cavità boccale. Non sono presenti le croci perchè mancano le cellule ghiandolari, però esistono gli organi di senso, i quali, come dice Langdon (1896) per il Lumbricus agrìcola Hoffm. sono più numerosi dorsalmente che ventralmente : il loro aspetto differisce da quello degli organi di senso della superficie esterna del corpo per una maggiore sporgenza e per un maggiore sviluppo delle ciglia rigide già osservate e disegnate da Langdon (1895). A prima vista potrebbe sembrare strana la presenza di organi di senso nella cavità boccale, ma se si pensa che questa è estroflettibile, e che quindi spesso deve mettersi in contatto diretto coll'ambiente, si vede quanto tale presenza sia utile, se non necessaria. L'epitelio di questa cavità boccale (Fig. 6) è costituito da cellule molto basse (5-G [i ), con un nucleo piuttosto grosso, ton- deggiante, posto nella parte centrale della cellula. Non vi sono cellule ghiandolari interposte alle cellule epiteliali. Faringe. — Molto più interessante è l'aspetto della faringe, sia per le formazioni epiteliali nelle sue varie parti, sia per la sua forma speciale dovuta alla presenza della tasca dorsale. La faringe ha per un certo tratto una posizione ventrale sotto alla massa delle ghiandole salivari, quindi si volge verso il dorso per dar luogo all'esofago; vi sono in essa due formazioni da notare: la borsa posta dorsalmente, e un ingrossamento della parete posto ventralmente e foggiato a V. La borsa che si estende per poco più di tre segmenti è ovale , coli' asse maggiore parallelo all' asse longitudinale del corpo dell'animale, ed è un po' più ampia che non sia la sua apertura, per cui essa all'intorno, soprattutto ai fianchi e posteriormente, si adagia sulle pareti della faringe (Fig. 7). L' ingrossamento foggiato a V, (Fig. 9) colle braccia che si allar- gano verso la parte anteriore, dovuto all'ispessimento della parete 220 Lidia Dequal ventrale della faringe, è situato alla stessa altezza della borsa e si estende per due anelli. Vi è una notevole differenza tra l'epitelio della borsa dorsale (e non della borsa dorsale soltanto, come avrò occasione di notare) e quello del rimanente della faringe. Quest'ultimo è un epitelio cuticolato, dato da cellule basse (16-18 (Jl.) con nuclei tondeggianti, situati nella parte centrale di esse; esso è ricoperto da una cuticola, che è in continuazione con quella della cavità boccale, con strie clie presentano la solita disposizione. L'epitelio invece della tasca dorsale è costituito da cellule molto allungate (Fig. 11), alte 60- 55 [1, sottili; con nucleo pure molto allungato e posto presso alla base della cellula, il protoplasma è fibrillare e diviene granuloso verso la superfìce libera: tale epitelio non ha cuticola evidente, ma invece è provvisto di ciglia vibratili aventi un moto vivacissimo. Ma un epitelio cigliato cosi costituito non si trova a rivestire soltanto la borsa dorsale, bensì esiste un anello dato anch'esso da cellule con ciglia vibratili, il quale nella parte dorsale è stretto e posteriore alla borsa, mentre nella parte ventrale si estende an- teriormente, comprendendo tutto il sopraddetto rilievo a V, e dando luogo ad una larga zona cigliata ventrale: questo epitelio non viene dorsalmente in contatto con quello della borsa, ma ne resta sempre diviso da una parte di epitelio cuticolato. Nelle due Figure 8 e 9, l'una rappresentante la faringe vista dal ventre, l'altra vista dal dorso, le parti cigliate sono colorate in azzurro, e dal loro esame si può vedere facilmente quale è la posizione reciproca delle due superficie cigliate e della superficie cuticolata. La massa faringea è posta prevalentemente sopra alla borsa dorsale, ma si estende anche all' indietro di essa e ai suoi lati fino nella parte ventrale, in modo da formare un anello più esteso nella parte dorsale, avente l'asse inclinato rispetto all'asse della faringe e comprendente quattro segmenti. Questa massa (Fig. 10) è costi- tuita da connettivo, da tessuto muscolare, da molti vasi sanguigni, ma più che altro da cellule ghiandolari salivari, le quali sono riunite in ammassi più grandi distalmente al lume intestinale, e sempre più piccoli man mano che ci si avvicina all'epitelio della faringe. Le singole cellule ghiandolari, che in origine dovevano essere epiteliali, e che poi si sono sempre più approfondite, sono però rima- ste in comunicazione colla faringe per mezzo di sottili canalicoli, che da soli o uniti con altri in piccoli ed esili fasci, traversano tutta la massa faringea, e arrivano alla base dell'epitelio della tasca; Ricerche istologiclie sull'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 221 quivi (Fig. 11) la membrana basale di questo epitelio si interrompe per lasciar passare isolatamente i singoli tubuli o i fasci dei tu- buli riuniti, i quali interponendosi tra le cellule epiteliali arrivano fino alla superfìcie libera. Prima di sboccare nella faringe ciascun tubulo si rigonfia leggermente, formando una piccola camera di sbocco fusiforme, più o meno grande e dilatata, tra una cellula epiteliale e l' altra , dalla quale si riversa all'esterno, nella cavità della faringe, il secreto ghiandolare. Anche le cellule delle ultime propaggini ventrali della massa ghiandolare vengono, sempre per mezzo dei sottili e lunghi tubuli, a sboccare nella borsa dorsale; quindi unicamente nella borsa dorsale viene ad esse]' riversato tutto il secreto delle ghiandole salivari. Tuttociò ho potuto osservare colorando alcune sezioni col metodo Mayer (Emallume o ematossilina Ehrlich e mucicarminio Mayer) modificandolo però coir usare la soluzione madre del mu- cicarminio per 10-12 minuti, anziché la soluzione allungata per parecchie ore. Nei preparati cosi trattati ho ottenuto una colorazione nettissima e un differenziamento assai buono, essendo violetti i nuclei, le cellule epiteliali e gli altri tessuti presenti , e rosso il contenuto delle cellule ghiandolari e dei tubuli; questi si possono perciò a tratti sorprendere (Fig. 11) nel loro tortuoso cammino at- traverso alla massa ghiandolare, alla membrana basale dell'epitelio, alle cellule epiteliali e le piccole camere di sbocco si presentano ben distinte e tutte allineate presso alla superficie libera dell'epi- telio. Anche le ciglia nei preparati trattati col mucicarminio Mayer assumono una colorazione rossa essendo imbevute del secreto delle ghiandole sottostanti. Dovrei ora passare ad esaminare quale sia la funzione dello superficie cigliate nella faringe, ma non credo di aver dati sufficienti per venire ad una conclusione sicura; con tutto ciò credo che il movimento delle loro ciglia possa avere un ufficio meccanico, quello cioè di facilitare il mescolarsi del secreto ghiandolare colle sostanze ingerite. Credo opportuno qui riferire alcuni dati bibliografici relativi alla faringe: Per la borsa dorsale. — Biìnham (1891) nella descrizione dell' ^m?'- nodrilus, nota in questa specie una borsa dorsale cigliata con epi- telio alto e nuclei ovali, cosa che egli dice aver notata anche in altri generi : AUolohophora^ Criodrilus^ Allurus^ ecc. Lo stesso au- tore nella descrizione dello Sparganophilas (1892) parla ancora di 222 Lidia Dequal una tasca dorsale cigliata, molto differente nella sua costituzione istologica dagli epiteli vicini. Hesse (1894) incidentalmente parla di cellule « die mit feinen Wimpern oder Hàrchen bedekt sind » ma non dice nulla della posizione precisa di queste cellule. Bed- DARD (1895) parlando della faringe degli oligocheti dice « the lumen is folded and ciliated in the lower Oligochaeta and dorsally as Benham has lately pointed out in the earthworms, at least in many earthworms ». Moore (1895) nella descrizione del Bimastos palustris H. F. MooKE dice anch'egli che la parte dorsale della faringe ha ciglia. Tutto ciò è quanto ho potuto raccogliere intorno alla ci- gliatura dorsale della faringe, ma, come si vede, non è mai stato ri- volto lo studio alla borsa dorsale come sede unica degli sbocchi delle ghiandole salivari. Per l'anello cigliato. — Solo il Benham (1892) accenna ad una ci- gliatura ventrale della faringe; notando però che in molti lombrichi da lui esaminati la parte della faringe corrispondente a questa è cuticolata; io però ho esaminato la parete ventrale della faringe dell' Hormogaster Redii Rosa, deìT Hormogaster praetiosa M.igrls's, e della PJieretima indica Horst ed ho constatato che anche in queste specie esiste una zona cigliata ventrale vibratile. Eisen poi (1896, tav. 55, fig. 128) dà un disegno nel quale l' epitelio ventrale ap- parisce uguale a quello della borsa dorsale, ma essendo la figura schematica e non dando l'A. nessun cenno in proposito nel testo, credo si debba dare al fatto una importanza molto limitata. Os- servo quindi che solo il Benham parla di epitelio cigliato ventrale della faringe, senza però aver notato che la zona ventrale si pro- lunga fino dorsalmente a costituù'e l'anello cigliato di cui ho parlato. Per gli sbocchi delle ghiandole salivari. — In questo riguardo i dati bibliografici sono ancora più scarsi: Michaelsen (1886) de- scrive per gli Enchitrei gli sbocchi nella faringe delle ghiandole settali, le quali corrispondono alle ghiandole salivari dei lombri- chi (le ghiandole cosi dette salivari degli Enchitrei sono ghiandole prodotte da un paio di introflessioni laterali della parete faringea). L'A. parla infatti di canalicoli che traversano l'epitelio dorsale della faringe e che mettono in comunicazione le ghiandole settali colla faringe. Eisen (189G) descrive molto brevemente e figura gli sbocchi delle ghiandole salivari in alcune specie di Megascolecidi: Phoenicodrilus {Ocnerodriliis) tasic, Pontodriliis Michaelseni^ Ben- liamia nana , e in una specie di Glossoscolecidi : Sparganophilus Ricerche istologiche sull'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 223 Benhanii. Quantunque io abbia esaminato parecchi lavori degli au- tori più importanti, pure non ho trovato nulla che riguardasse sotto questo aspetto i Lumbricidi. Il modo col quale il secreto delle ghian- dole salivari si riversa nella faringe era rimasto sconosciuto, tanto che si credeva che per diosmosi attraverso ai tessuti esso passasse nella faringe (Claparède). Ora invece, visto che le mie osservazioni in questo riguardo per i Lumbricidi concordano con quelle di Eisen per i Megascolecidi e i Glossoscolecidi e con quelle di Michaelsen per gli Enchitreidi, si può concludere che probabilmente un simile piano di struttura è presente in tutti gli Oligocheti e forse anche in tutti gli Anellidi '). Esofago. — L'esofago è distinto dalla faringe da un leggero re- stringimento. Pel mio studio ho creduto opportuno dividerlo in due parti: la prima dalla faringe fino al termine del 9° segmento, re- gione priva di ghiandole calcifere; la seconda dal 10° segmento in- clusivo, dove sono i diverticoli del Perrier, fino allo stomaco, re- gione nella quale si trovano le ghiandole calcifere. Prima parte -Le pareti sono assai sottili, il lume è presso a poco uguale a diverse altezze : nelle sezioni apparisce depresso dorso- ventralmente. L'epitelio di questa prima parte dell'esofago (fig. 12) è cuticolato né esiste differenza notevole tra questo e quello cuti- colato della faringe; le cellule epiteliali sono allungate, con nucleo circolare posto a metà altezza della cellula: la cuticola è ben ri- conoscibile nelle sezioni, e in animali ben macerati si stacca abba- stanza bene; essa è sottilissima e dopo un accurato esame lascia riconoscere le solite fibrille disposte nella già descritta maniera. 1) PiERANTONi (1908) nella monografia del Protodrilus, allo studio delle ghian- dole salivari dedica un intiero capitolo; a questo proposito posso osservare che quanto egli asserisce in riguardo allo sbocco di dette ghiandole non coincide con alcune osservazioni che ho fatto su esemplari inviatimi dalla Stazione di Napoli. L'A. infatti dice : « clie presso lo sbocco, le cellule della mucosa boccale sono fittamente imbevute dei secreto il quale vien fuori attraversan- dole, per modo che esse sono parte dell'apparecchio secretore delle glandole stesse », invece da alcune mie sezioni colorate con emallume e Grange G o con mucicarminio Mayer, nelle quali si distinguono bene due colorazioni l'una per i tessuti, l'altra per il secreto delle ghiandole salivari, risulta che anche nei Pro- todrilus i tubuli ghiandolari si insinuano fra le cellule della mucosa boccale, ri- manendo da queste distinti, e prima del loro sbocco si rigonfiano, dando cosi ori- gine a camere di sbocco, che in proporzione sono molto più grandi di quelle da me osservate neWOctolasiiim complanatum. 224 Lidia Deqiial Seconda parte.-Al 10." segmento, dove si trovano i due rigonfia- menti laterali o diverticoli del Perrier cominciano le ghiandole calci- fere; che danno a questa seconda parte dell'esofago un aspetto molto diverso da quello della prima parte: io però mi sono limitata a esa- minare esclusivamente l'epitelio tralasciando lo studio riguardante le ghiandole calcifere, studio che avrebbe richiesto tempo non breve, stante la quantità di lavori già fatti allo scopo essenziale di cono- scere la struttura e la funzione di dette ghiandole. L'epitelio (Fig. 13) è formato da celhile alte 65-57 [i. sottili, con nucleo molto allungato situato verso la base delle cellule; ci- glia aventi un moto vibratile vivacissimo ricoprono la parete li- bera delle cellule e arrivano fino al punto in cui l'esofago immette nello stomaco. Vi è, come si vede, una forte differenza tra il rivestimento epiteliale della prima parte dell'esofago e il rivestimento epiteliale della seconda parte : quello è basso e cuticolato , questo invece è alto e cigliato (con ciglia vibratili). Stomaco. — Lo stomaco occupa i segmenti 15 e 16. Lo sue pareti interne si mostrano provviste di pieghe, quasi villosità, ir- regolari , molto numerose. Troviamo qui un epitelio che da quelli fino ad ora esaminati differisce notevolmente por il rivestimento della superficie libera. Esaminando al microscopio una parte della parete dello stomaco tolta ad un lombrico narcotizzato, non si vede nessun movimento cigliare. Se poi si esaminano delle sezioni tanto longitudinali che trasversali, vediamo che l'epitelio è ricoperto da una formazione alta 2 o 3 {X., che lo riveste come una membrana continua, e che è striata nel senso perpendicolare alla superficie libera, in modo da sembrare costituita da esili cigha addossate e agglutinate fra loro. Questa formazione corrisponde a quella che Prenant (1904) chiama « plateau strie » e che Vignon (1901) definisce « orlo a spazzola dato da bastoncini cilindrici immersi in una ganga ». Io la chiamerò plateau striato per distinguerla da una forma- zione consimile, esistente nell' intestino, e che corrisponde, come potrò meglio dire in seguito, all' « orlo a spazzola » di Prenant e allo « orlo a spazzola con peli conici ma non mobili » di Vignon. L'e- pitelio dello stomaco (Fig. 14) è dunque ricoperto da un plateau striato ben distinto e sviluppato; sopra di questo sta una esilis- sima cuticola la cui presenza mi è stata confermata dalla colora- Ricerche istologiche siiU'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 225 zione Traina (il blu acqua colora intensamente la cuticola) e che Ilo potuto ottenere libera soltanto disgregando le pareti dello sto- maco colla potassa al 30 % ' come dirò più avanti. Le cellule e- piteliali sono alte 50-64 \l provviste di un nucleo tondeggiante o ovale, con un nucleolo distinto; il loro protoplasma al di sopra del nucleo verso la superfìcie libera nelle sezioni colorate coli' e- mallume è più scuro di quello che sta verso la parte inferiore e ad un più forte ingrandimento si vede il protoplasma più denso, più opaco ; inoltre ha una struttura leggermente fibrillare ; in un tono ancora più scuro viene colorata una serie lineare di corpu- scoli, i granuli basali del plateau che talvolta si continuano verso la parte interna della cellula in brevi e sottili bastoncini allineati fra loro: in una cellula quindi, procedendo dalla parte superfi- ciale verso r interno, si osserva al di fuori , sotto la cuticola, il plateau, quindi le granulazioni basali, sotto a queste una zona formata dai sottili bastoncini, poi fino al nucleo il protoplasma denso e leggermente fibrillare. Nelle sezioni colorate col metodo Traina, la cuticola e il plateau sono blu, le granulazioni basali aranciato scuro, la zona a bastoncini aranciato più chiaro, e la zona fibrillare aranciato e gradatamente giallo fino a confondersi col verde del rimanente del protoplasma cellulare; il nucleo è an- ch'esso di color aranciato col nucleolo più scuro. Nei preparati cosi colorati però non si distinguerebbe la natura fibrillare dalla parte superiore della cellula. Ventriglio. — Il ventriglio occupa i segmenti 17 e 18; esso pre- senta un aspetto essenzialmente diiferente da quello dello stomaco: le sue pareti sono lisce, grosse, fortemente muscolari (vi sono mu- scoli longitudinali e circolari; questi ultimi sono situati verso il lume del ventriglio). L' epitelio è più alto di quello dello stomaco , compatto con moltissime cellule basali: il plateau è ben distinto, molto adden- sato, specialmente nella parte mediana del ventriglio. Anche qui, come nello stomaco, nei preparati colorati coU'emal- lume, si osserva la parte superiore del protoplasma cellulare più scura di quella inferiore, però la differenza fra le due gradazioni è assai più forte. Infatti la natura fibrillare è molto più marcata; le granulazioni basali del plateau sono molto evidenti e cosi pure la zona dei piccoli bastoncini. Colla colorazione Traina (Fig. 15) si ottiene lo stesso aspetto descritto per l'epitelio dello stomaco, 22G Lidia Deqnal soltanto non sempre la parte fibrillare della cellula si mostra omo- genea, ma talvolta verso la superficie è granulosa : inoltre si hanno qui numerosissime cellule basali. La differenza dunque tra questo epitelio e quello dello sto- maco consiste nell'essere qui più alte le cellule epiteliali, più com- patto il plateau striato, più numerosi i granuli basali, più distinti i bastoncini e la parte fibrillare del protoplasma: tutto sommato, sembra quasi che qui sia stato raggiunto un grado maggiore di differenziamento. De Ribaucourt (1900) parla di un plateau sopra all'epitelio del ventriglio , non so però che cosa egli intenda con tale denominazione, visto che anche sull'epitelio della parete fa- ringea egli afferma essere presente un plateau cilié. Sul plateau del ventriglio, come su quello dello stomaco esiste una cuticola che però qui è enormemente sviluppata; essa misura talvolta uno spessore di 100-150 {x, e deve corrispondere alla « ma- teria anista molto spessa tappezzante l'epitelio del ventriglio » alla quale accenna de Ribaucourt (1900). Staccata dal ventriglio questa cuticola apparisce come una la- mina trasparente che si colora abbastanza bene coli' emallume e coll'ematossilina Ehrlich, molto meglio col blu acqua (colorazione Traina). Nei lombrichi appena uccisi questa cuticola si stacca fa- cilmente, ed è di un aspetto gelatinoso, non iridescente, con rughe longitudinali ; nei lombrichi macerati o da molto tempo in alcool la cuticola si stacca, ma spesso non da sola, perchè porta con sé anche il plateau sottostante (molto di frequente nelle sezioni ho notato la cuticola staccata insieme col plateau). Quando il ven- triglio verso la parte posteriore si restringe, la cuticola, che nella parte mediana del ventriglio stesso aveva raggiunto il suo massimo sviluppo, va gradatamente assottigliandosi fino a che sparisce del tutto. Osservando al microscopio una cuticola che sia stata colorata subito dopo staccata da un animale appena ucciso, si presenta di una struttura a fasce longitudinali che talvolta sembrano biforcarsi: tra una fascia e l'altra si osserva una linea più trasparente, quasi che in quel punto la cuticola fosse meno spessa. Quanto più gio- vane è il lombrico, tanto più sottili e più fitte sono le fasce, tanto da dare l'aspetto di una struttura a strie longitudinali.: probabil- mente nelle contrazioni del ventriglio le fasce si addensano in modo da offrire una superficie ben compatta. Hicerche istolog-i(;he sull'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 227 L'aspetto dunque della cuticola del ventriglio differisce note- volmente da quello della cuticola die ricopre tutto il corpo ester- namente e la prima parte del canale digerente; e le principali dif- ferenze sono: aspetto gelatinoso, fasce longitudinali invece che strie a 45.0 coll'asse del corpo e spessore notevole. Anche il comportamento chimico è disuguale, giacché la po- tassa caustica al 30 "/o non discioglie la cuticola del ventriglio (cosa che per la cuticola esterna avviene quasi immediatamente). Lo stesso fatto ho constatato anche per la cuticola dello stomaco; immergendo inoltre nella potassa al 30 "/o bollente un Odolasium complanatnm rimangono inalterate solo la cuticola del ventriglio e, attaccata con questa, quella esile dello stomaco. Questo starebbe a dimostrare che la cuticola in questione fosse costituita da chitina ; il fatto però che l'ematossilina Ehrlich, l'emallume e in grado molto maggiore il blu acqua la colorano senza previa macerazione in potassa, fa nascere il dubbio che qui non si tratti di chitina. Un esame chi- mico particolareggiato non mi è stato possibile. Lo stesso aspetto e lo stesso comportamento colla potassa ho notato per la cuticola del ventriglio di tutti i Lurabricidi da me esaminati : Lumhricus ruhellus (Hoffm) Eisenia foetida (Sav), Helo- drilus {AUolobophora) caliginosus (Sav), Eiseniella tetraedra (Sav). Ho desiderato fare anche dei confronti colle forme, nelle quali il ventriglio non sta al termine dell'esofago, e mi sono servita dell' Hormogaster Redii Rosa e delV Hormogaster praetiosa Mchlsn, nei quali i ventrigli sono collocati sul corso stesso dell'esofago, an- teriormente alle ghiandole calcifere; in essi la cuticola presenta una struttura a strie incrociantisi, come quella della cuticola esterna, è inoltre iridescente, e non si può facilmente staccare se non dopo averla sottoposta alla macerazione; immersa nella potassa caustica al 30 "/o ne viene subito disciolta. Da alcune sezioni ho potuto accertarmi che sotto la cuticola del ventriglio delle due specie di Hormogaster non esiste plateau striato. Avendo a mia disposizione anche alcuni esemplari di Phere- tima indica (Horst), nella quale pure il ventriglio ha una posizione anteriore alle ghiandole calcifere, ho voluto esaminarne la cuticola, ed ho osservato aspetto, struttura e comportamento colla potassa uguali a quelli che ho accennato per le due specie di Hormogaster^ cioè è iridescente, le strie esistono benché sottilissime, non si stacca 228 lAàia Dequal se non dopo la macerazione, ed è disciolta dalla potassa caustica in breve tempo. Tanto neir Hormogaster Redii Rosa e nell'^. praetiosa Mchlsn., quanto nella Pheretima indica Horst le pareti del ventriglio pre- sentano alcune rade pieghe longitudinali, l'impronta delle quali rimane nella cuticola anche quando questa ne sia distaccata. Intestino tifiosolare sacculato. — Questa prima parte dell' intestino occupa neW Octolasium complanatimi 10 segmenti (19-28), ed in cia- scuno di essi ha un paio di rigonfiamenti laterali. Qui ha principio il typMosolis che comincia presso a poco al 20» segmento, e raggiunge gradatamente il suo massimo sviluppo prima di passare alla regione seguente dell'intestino. L'epitelio di questa regione sacculata è ricoperto da una for- mazione che ha tutti i caratteri dell'* orlo a spazzola ? di Prenant (1904) e deir« orlo a spazzola formato da peli conici indipendenti ma non mobili » di Vignon (1901), formazione che apparisce co- stituita da peli rigidi, fitti, che si possono distinguere anclie os- servando direttamente una parte della parete dell'intestino, e che differiscono da quelli del plateau striato del ventriglio e dello stomaco per non essere così compatti , e per non avere nessuna membrana o cuticola che li ricopra. L'epitelio delle pareti laterali sacculate è un po' diverso dal- l'epitelio che ricopre la parete mediana ventrale e la parete posta dorsalmente (presso all'inserzione del typìilosolis). Mentre quest'ul- timo ha cellule alte (Fig, 16) con nuclei ovali posti tra la base e la parte mediana della cellula, quello delle pareti laterali sacculate (Fig. 17) è più compatto, più basso e i nuclei tondeggianti sono situati a metà della cellula. Nelle singole cellule ricoperte dall'orlo a spazzola si vedono i granuli basali, e nei preparati colorati col metodo Traina la parte superiore delle cellule è gialla e mostra talvolta nella parte che sta immediatamente sotto alla linea dei granali basali, una zona più luminosa; verso il nucleo il protoplasma diviene leggermente fibrillare. Nei preparati all'emallume sotto ai corpuscoli basali sta una sottile zona, più scura del protoplasma cellulare, corrispondente alla zona gialla più luminosa rivelata dalla colorazione Traina, e che suppongo sia costituita da bastoncini simili a quelli di cui ho parlato nella descrizione dell'epitelio dello stomaco o del ventriglio, quantunque io non l'abbia mai potuta risolvere come tale. Hicerche istolo^'iche sull'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 229 L'epitelio che riveste il typhlosolis non è uguale a quello, fin qui descritto, della parete dell'intestino sacculato; esso è costituito (Fig. 18) non più da una, ma da due specie di cellule: cellule di as- sorbimento e cellule secernenti: le prime sono rivestite di orlo a spazzola, sul quale stanno ciglia vibratili sottilissime, provviste di un movimento abbastanza rapido, ma che non sempre ho potuto con facilità osservare in questa prima parte del typhlosolis: la forma di queste cellule è caratteristica, giacché mentre quasi tutto il loro corpo cellulare è sottile, stretto, allungato, verso la superfice libera si allargano notevolmente, in modo da formare quasi una testa: il nucleo è molto allungato e posto alla metà della cellula. Le cellule secernenti invece non hanno né orlo a spazzola, né orlo a spazzola con ciglia: sono grosse e rigonfie, di forma ovale, e dove le cellule di assorbimento si allargano, esse si restringono assai per poter comunicare coll'esterno, e cosi riversare nel tubo intestinale il loro secreto; il nucleo di queste cellule è tondeggiante e posto ad al- tezze differenti. Quantunque colle cellule cigliate assorbenti siano alternate le cellule non cigliate secernenti, pure questo epitelio apparisce uni- formemente cigliato per il fatto che verso la superficie libera le cellule assorbenti si allargano tanto da toccarsi quasi tra loro, lasciando un piccolissimo spazio per lo sbocco delle ghiandole secernenti. Intestino tiflosolare non sacculato. — Il typhlosolis percorre tutta questa regione dell'intestino e il punto nel quale esso finisce ne segna il limite posteriore: esso é ricoperto per la massima parte da un epitelio con orlo a spazzola e ciglia vibratili uguale a quello, del quale era ricoperto nell' intestino sacculato, e man mano che esso si avvicina alla fine, l'epitelio che lo ricopre mostra una gra- duale riduzione dell'orlo a spazzola, finché negli ultimi segmenti il typhlosolis è ricoperto da un epitelio a cellule assorbenti prov- viste soltanto di ciglia vibratili. L'epitelio invece delle pareti in- testinali lasciando gradatamente l'aspetto che aveva nell'intestino sacculato, prende la struttura e i caratteri dell'epitelio tiflosolare (Fig. 19). vale a dire, a poco a poco diviene ghiandolare costituito cioè da cellule secernenti e da cellule di assorbimento. Verso il li- mite posteriore di questa regione non sacculata, le cellule assorbenti sono rivestite di sole ciglia vibratili (Fig. 19) e il passaggio appunto Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 2. 16 230 Lidia Dequal fra l'epitelio delle tasche della regione sacculata, che ha soltanto orlo a spazzola, e l'epitelio semplicemente cigliato della parte po- steriore dell'intestino tillosolare non sacculato avviene gradatamente; nella parte anteriore di questa regione si trova infatti a rivestire tutta quanta la parete intestinale un epitelio ricoperto da orlo a spazzola con ciglia vibratili, e man mano che si procede verso l'e- stremità posteriore, l'orlo a spazzola si riduce e viene del tutto a scomparire, in modo analogo a quello che abbiamo già detto av- venire per l'epitelio tillosolare. È probabilmente dovuto alla diversità di rivestimento epiteliale il fatto, che mentre nella parte anteriore della regione tillosolare non sacculata la vibrazione non si vede facilmente, nella parte posteriore è evidentissima. Tanto dal Willem (1900) quanto dallo Schneider (1902) è stato descritto un epitelio a cellule secernenti e cellule assorbenti ciliate come rivestente tutto 1' intestino dei lombrichi. Esso però, come si vede, è limitato soltanto (in questa specie almeno) all'intestino tiflosolare non sacculato. Vignon (1901, pie. 16, fig. 9) nel Cìi'iro- nomus ha trovato una formazione epiteliale con un orlo a spaz- zola molto alto, sormontato da ciglia vibratili, simile a quello da me osservato nell' Odolasium complanatum nella prima parte del- l' intestino non sacculato. Nelle figure dello Schneider (1902) e del Willem (1900) alla base delle ciglia vibratili è figurata una for- mazione a corti bastoncini, che forse è il residuo di un orlo a spaz- zola: infatti un aspetto simile ha l'epitelio della parete dell'inte- stino tiflosolare non sacculato àelV Odolasium comiìlanatum, poco prima di esser ricoperto da semplici ciglia vibratili. Intestino 2)0.9Ì«/^05o/«re.— Quest'ultima parte dell'intestino comincia dove ha termine il typìilosolis, e non ha una uguale estensione in tutti o-li esemplari, vi è anzi una variabilità notevole. Esaminando la tabella qui unita si può vedere che l'intestino postiflosolare com- prende i 20,40 e anche 50 ultimi anelli del lombrico, e che il nu- mero degli anelli dal prostomio al termine del tiphlosolis è invece abbastanza costante. Inoltre si può notare che esiste un rapporto tra il numero degli anelli dell'intestino postiflosolare e il numero totale degli anelli del corpo; quando questo aumenta, quello pure aumenta e inoltre vi è una variabilità molto maggiore per l'esten- Ricerche istologiche sull'eiiitelio cutaneo e intestinale ecc. 231 sione dell'intestino postiflosolare (20 e 5G = differenza 36) che per l'estensione del typhlosolis (130 e 143 = differenza 15). Numero totale Anelli dell'inte- Anello al quale degli anelli del tino postifloso- termina il ty- corpo. lare. phlosoUs. 195 53 1420 184 50 134<^ 191 46 145° 165 35 IBOo 183 50 1330 185 47 1380 19C 54 1360 190 83 1370 191 56 135» 174 36 1380 189 52 1370 152 20 1320 Media 182 i 46 136 Tutto l'intestino postiflosolare è ricoperto dalla cuticola, che introflettendosi dall'esterno viene a tappezzare tutta questa regione, mantenendo lo stesso aspetto e la stessa disposizione delle strie (mancano totalmente le croci) che aveva esternamente, e divenendo sempre più sottile e trasparente. In lombrichi molto ben macerati sono riuscita a staccare la cuticola fino proprio al punto nel quale il tyjplilosolis posteriormente finisce. L'epitelio (Fig. 20) è dato da cellule basse (20-25 [x) con nucleo tondeggiante e centrale; non vi sono cellule ghiandolari e anche quelle dell'epitelio esterno sono del tutto scomparse fin dalla metà posteriore dell' ultimo anello. Il passaggio tra l' epitelio cigliato della regione tiflosolare e l'epitelio cuticolato della regione posti- flosolare è ben chiaro: le ciglia finiscono dove finisce il tiphlosolis^ e subito comincia la cuticola; le cellule ghiandolari dell'intestino tiflosolare scompaiono e l'epitelio cuticolato apparisce subito basso e a cellule compatte con nucleo non più allungato, ma ovale o tondeggiante e man mano più centrale. Risultati principali Per quanto riguarda il rivestimento esterno del corpo, i nuovi contributi consistono soprattutto nell'aver constatato che la cuti- cola è formata da duo soli strati fìl^rillari superficiali, e da più 232 Lidia Dequal strati omogenei ad essi sottostanti ; inoltre nell'aver descritto l'an- damento delle fibrille nei punti nei quali esse formano le guaine delle setole, e attorno ai pori dorsali. Più numerosi sono i nuovi contributi alla conoscenza dell' e- pitelio che riveste il canale digerente; rilevo i seguenti. Nella re- gione esofagea (dalla cavità boccale allo stomaco) l'epitelio è in parte cuticolato ed in parte cigliato; la cuticola dell'epitelio cu- ticolato ha gli stessi caratteri della cuticola che riveste il corpo esternamente, della quale del resto è una continuazione diretta: r epitelio cigliato riveste: 1) — la tasca dorsale faringea, nonché un cingolo che vien subito dietro alla tasca e che ventralmente si allarga di fronte ad essa ricoprendo anche uno speciale rilievo r^ y. 2) — la regione delle ghiandole di Morren. Unicamente nella tasca faringea sboccano le ghiandole salivari, la cui massa è dorsale e si estende fino ventralmente, e i cui tubuli arrivano all'epitelio, s' interpongono fra le cellule epiteliali normali, e pre- sentano prima di sboccare nella cavità della tasca una dilatazione terminale. Lo stomaco ed il ventriglio hanno un epitelio con plateau striato, ricoperto da una cuticola esilissima nello stomaco e ab- bastanza spessa nel ventriglio dove presenta anche delle fasce e dei solchi longitudinali. Questa cuticola differisce, nello Odolaskim complanahmi, da quella esterna e da quella che ricopre le pareti dell'esofago, per non aver fibrille e per essere insolubile nella potassa, e perciò per essere probabilmente fatta di una sostanza simile alla chitina. In- vece neìV Hormogaster Eedii Rosa, neW H. praetiosa Mchlsn. (Glos- soscolecidi) , e nella Pheretima indica Horst (Megascolecidi) , nei quali il ventriglio invece che stare al termine dell'esofago come nei Lumbricidi, sta nel corso dell'esofago, la cuticola del ventri- glio è in continuazione con quella dell'esofago, ed ha gli stessi caratteri della cuticola esterna. Da questo fatto si potrebbe forse dedurre che il ventriglio dei Lumbricidi non sia strettamente o- mologo a quello dei Glossoscolecidi e Megascolecidi, e che solo in questi ultimi sia ancora di origine ectodermica. Neil' intestino sono presenti quattro diversi rivestimenti epi- teliali, cioè troviamo un epitelio a orlo a spazzola, un epitelio con orlo a spazzola sormontato da ciglia vibratili, un epitelio con sole ciglia vibratili, o un epitelio cuticolato : il primo si trova nella re- gione tiflosolare sacculata (escluso il ly/lowlis), il secondo ricopre Ricerche istologiche sull'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 233 il typlilosolis dal suo inizio fino a poca distanza dal suo estremo posteriore, il terzo ricopre il typlilosolis e le pareti dell' ultima parte dell' intestino non sacculato, il quarto riveste tutto l'inte- stino postiliosolare : la cuticola di quost' ultima regione è in diretta continuazione con quella esterna e ne mantiene il carattere fibrilla- re ; sembra quindi che tutto l'intestino postiflosolare sia di origine ectodermica. Nel tubo intestinale dell' Octolasium complanahim, si ha quindi: I.- Epitelio cu tic ola to (senza pia tea u striato): cavità boc- cale - faringe (eccetto la borsa dorsale e 1' anello ad essa poste- riore). - prima parte dell'esofago - intestino postiflosolare. II. -Epitelio a ciglia vi br a t ili: - borsa dorsale faringea e anello posteriore ad essa - seconda parte dell'esofago - il typhlosolis nella sua ultima parte - intestino titìosolare non sacculato nella sua ultima parte. III. - Epitelio con orlo a spazzola e ciglia vibratili: typhlosoUs nella regione dell'intestino sacculato e dell'intestino non sacculato (nella sua prima parte) - pareti dell' intestino non saccu- lato nella sua prima parte. IV. -Epitelio con orlo a sp a zz ola - intestino tiflosolare sacculato (eccetto il typhlosoUs). V. -Epitelio con plateau striato e con e uticola - Sto- maco - ventriglio. Osservo qui come soltanto gli epiteli delle regioni ghiandolari abbiano ciglia vibratili e anche orlo a spazzola con ciglia vibra- tili, offrendo tre aspetti diversi: 1. - epitelio cigliato con semplici ciglia o con orlo a spazzola sormontato da ciglia con cellule ghiandolari alternate alle cellule epiteliali normali {typhlosoUs - intestino non sacculato). 2. - epitelio cigliato fra le cellule del quale sono interposti i tuboli delle cellule ghiandolari che si trovano a formare un am- masso sottostante all' epitelio stesso (borsa dorsale - seconda parte dell'esofago), 3. - epitelio cigliato dato da sole cellule epiteliali, ma sopra- stante a masse ghiandolari e situato presso allo sbocco di esse (a- nello cigliato posteriore alla borsa). Le ciglia vibratili potrebbero quindi aver l'ufficio di facilitare l'uscita e lo spandere del secreto ghiandolare. Dal laboratorio di Zoologia degli Invertebrati in Firenze, Giugno 1909. 234 Lidia Dequal Bibliografìa 1895. Beddard, F. E.— A Mouograph of the order of Oligochaeta : Oxford. 18D1. Benham, W. Bl. — Report ou au Earthworm coUected for the Na- turai History Department of the British Museuiu, by Emin Pasha in Equatorial Africa:— Joi«n«. Micr. Soc. London, j^au- 1^1- P^t- ^> ^• ]8mplanatiun (Ant. Due). Fig. 1. — Una guaina delle setole, x '^■^•^• » 2. — Schema dell'andamento delle fibrille della cuticola per formai-e le guaine delle setole: a, h, e, rZ,^fibrille che .stanno per salire, a', //, ó', d' ■^= fibrille già discese. » o. — Decorso di una fibrilla in una guaina di setola. Immaginando la guaina a forma di cono vista lungo il suo asse una stessa fibrilla ar- rivata all' apice A, torna indietro in direzione opposta. » 4. — Le fibrille attorno ad un poro dorsale: a = fascio di fibrille che ar- rivate alla fenditura ne seguono il bordo e poi si arrestano; b = Ricerche istologiche sull'epitelio cutaneo e intestinale ecc. 237 lascio di fibrille che arrivate alla fenditura ne seguono il bordo e poi continuano il loro decorso. X 175. Fig. 5. — Disposizione generale del canale digerente. Un po' ingrandita. » tì. — Epitelio della cavità boccale. Sezione longitudinale. Colorazione al- l'emallume. x 445 circa. » 7. — Sezione trasversale della faringe all'altezza della borsa dorsale per mostrare la forma e la posizione della borsa dorsale stessa. Tanto l'epitelio della parte ventrale, quanto 1' epitelio della parte dorsale sono cigliati. X 25 circa. » 8. — La borsa dorsale vista dalla parte ventrale, x ^■ » 9. — La faringe vista dalla parte doi'sale. X 3. Tanto in questa figura quanto nella precedente sono colorate in az- zurro le parti ricoperte da epitelio cigliato cioè la borsa dorsale e l'anello ad essa posteriore comprendente il rilievo a V. » 10. — Ammassi di ghiandole salivari sottostanti all' ej^itelio della borsa dorsale. Sezione longitudinale. Colorazione col metodo Mayer. X'45 circa. » 11. — Epitelio cigliato della tasca dorsale faringea con i tubuli delle ghian- dole salivari che si vedono a tratti tra le cellule epiteliali e tra il tessuto muscolare. Sezione longitudinale. Colorazione col metodo Mayer. x 445 circa. » 12. — Epitelio cuticolato della prima i)arte delfesofago. Sezione longitudi- nale. Colorazione con emallume. X 445 circa. » 13. — Epitelio cigliato della seconda parte dell'esofago. Sezione longitudi- nale. Colorazione con emallume. x 445 circa. » 14. — Epitelio con plateau striato e cuticola della parete dello stomaco. Sezione trasversale. Colorazione col metodo Traina, x 445 circa. » 15. — Epitelio con plateau striato e cuticola della parete del ventriglio. Sezione trasversale. Colorazione col metodo Traina. X 445 circa. Tanto in questa figura quanto nella precedente si vede la zona a ba- stoncini sottostante alla linea dei granuli basali. » 16. — Epitelio con orlo a spazzola della parte mediana della parete dell'in- testino tiflosolare sacculato. Sezione longitudinale. Colorazione con emallume. x 445 circa. » 17. — Epitelio con orlo a spazzola delle tasche laterali dell'intestino tiflo- solare sacculato. Sezione longitudinale. Colorazione con emallume. X 445. circa. » 18. — Epitelio con orlo a spazzola e ciglia della regione che forma il pas- saggio tra l'epitelio con orlo a spazzola dell'intestino tiflosolare sac- culato e l'epitelio cigliato dell'intestino tiflosolare non sacculato. » 11». — Epitelio con ciglia vibratili della parete dell'intestino tiflosolare non sacculato. Sezione longitudinale. Colorazione con emallume. X 445, circa. » 20. — Epitelio cuticolato dell'intestino postiflosolare. Sezione longitudinale Colorazione con emallume. X 445 circa. Ricevuto 11 7 Giugno 1909. Finito di stampare il 29 Novembre 1909. Gli Acantocefali dei Mammiferi per Antonio Porta con la tavola 5. Sommario I. Prefazione. II. Descrizione delle specie. III. Indice sinonimico degli Acantocefali dei Mammiferi. IV. Quadro riassuntivo degli Acantocefali dei Mammiferi. V. Bibliografìa. I. Prefazione In una nota preventiva (6) esposi già per sommi capi i risul- tati che ora ampiamente illustro nel presente lavoro, modificandone però alcuni reperti dietro ulteriori indagini fatte. Gli acantocefali dei Mammiferi hanno, come rileverò ancora in seguito, un habitat ben definito, si che per fortuna non è stato possibile per essi quella grande confusione che abbiamo rilevato per quelli delle altre classi di vertebrati. Ad eccezione del Ch. huteonis^ che lo si rinviene nei mammi- feri allo stadio larvale per poi divenire adulto negli uccelli rapaci, tutti gli altri vi raggiungono la maturità sessuale. Di due sole specie {O. hiriindinaceus e moniliformis) conosciamo l'ospite intermedio, per le altre supponiamo pure (per analogia ai cicli conosciuti) un ospite intermedio, probabilmente un insetto; per gli acantocefali dei Carnivori io credo intervenga anche un secondo ospite intermedio (sempre vertebrato). A conforto di questa supposizione sta l'osservazione fatta dal Sonsino della presenza nel Monticala saxatilis di una larva di echiuorinco che il Sonsino ri- ferì al suo E. 2)acliyacaìitlins (= G. spinila) trovato nel Canis aureus e Megalotis cerdo che fauno caccia agli uccelli del deserto \ì. IjO sviluppo degli acantocefali dei mammiferi può variare, e questa variazione deve avere certo una forte influenza sull'adulto. 1) Il Braun rinvenne nello stomaco di Felis cairn domestica giovani indivi- dui di C. strumosum ; l'infezione fu dovuta senza dubbio a pesci infetti ingeriti. 240 Antonio Porta Un esempio ci è dato dal G. liirumUnaceus proprio degli Artio- dattili, e dal G. s-pirula dei Carnivori, Prosimii, Primati. Questi due acantocefali sono molto affini sia per la forma e struttura della proboscide e degli uncini, che per la forma delle uova; anzi io considero lo spinila come una varietà dell' hirundinaceus da cui differisce solo per la forma del corpo molto diversa ; ora io credo siano appunto le condizioni diverse nello sviluppo sia negli ospiti intermedi che definitivi che abbiano influito direttamente sulla forma del parassita. La constatazione di questo fatto mi pare ci debba rendere molto guardinghi nella descrizione di nuove specie. Se mi è stato possibile condurre a termine questo lavoro, e risolvere tante questioni dubbie su specie fino ad ora poco cono- sciute, il merito spetta ai Professori Iherino di S. Paulo, C. Pa- RONA, Monticelli, Carazzi, Michaelsen, Shipley e v. Linstow, i quali mi inviarono numeroso e interessante materiale, e inoltre mi aiutarono con cortesi notizie e schiarimenti; mi è cosa grata il porger loro i miei più vivi ringraziamenti. Il- Descrizione delle specie ^) Gen. Echinorhynchus s. str. Zoega (1776) 1. Echinorhynchus ovocristaius Linstow [1897| (Fig. 1. a. b.) Echinorhynchus ovocristatns Linstow: 6. pag. ìi4, taf. 5, fig. 25-26 — Pokta: 6. pag. 268-269. Proboscide armata di 20 serie di piccoli uncini, 12 per serie; le 9 serie anteriori sono composte di uncini lunghi nini. 0,047 con radice della lunghezza circa della lama, le 11 posteriori di uncini lunghi mm. 0,034, senza radice. — Corpo superticialnieute segmentato. — Uova lunghe mm. 0,107, larghe mm. 0,052; sono caratteristiche per la tanica esterna ingros- sata al polo posteriore, di qui partono delle liste, irregolarmente curvate, verso Tavanti. ove si uniscono in titte ause; 1" invoglio esterno è lungo mm. 0,081 e largo mm. 0,031. Lung. mm. 110 — Largh. anter, nini. 0,79; poster, nuii 1,66. ^) Nella enumerazione delle specie seguo la classificazione da me proposta (3, 6). Gli Acantocefali dei Mammiferi 241 Hahit. — Centetes ecaudahis Wag. [Intestino] — (Madagascai-). Note — Non conosco questa specie ; riporto la descrizione e le figure date dal Linstow. 2. Echinorhynchus oncìcola Ihering [1902] ^Fig. 2. a. b.; EchinnrJn/ncfms oncicola Ihering: pag. 45 — Porta: 6. pag. 2G9. Proboscide subglobosa lunga min. 0,5, larga mra. 0,5; armata di 8 serie longitudinali di uncini, di questi gli anteriori (G serie) sono molto ro- busti, con lama forte , arcuata , e radice della lunghezza circa della lama; i posteriori (2 serie) corti, con radice a moncone; tanto gli anteriori che i posteriori sono uncinati all'estremità — Collo bi'eve inerme, mm. 0,1.— Corpo inerme, tozzo, molto allargato nella parte anteriore, gradatamente ristretto posteriormente in cui termina talora con una specie di capezzolo; anteriormente il corpo termina in una sorta di collare, formante quasi una ciambella ben distinta dal restante corpo. — Uova ovali, lunghe mm. 0,9; larghe mm. 0,7 (>< 135) con triplice invoglio di cui l'esterno molto robusto. Lungh. 12-18 mm. — Largh. anter. 4-5 mm., largh. poster, mm. 2,5-3. Hah'ìt. — Fel'ìs melas Pérox [Intestino], Felis onfa L. [Stomaco] — (Brasile). Note. — L'anello che circonda la base della proboscide non è il collo come dice I'Ihering, ma bensì la parte anteriore del corpo. Gli uncini sono leggermente uncinati all'estremità, carattere sfuggito all'IuRRiNG. Crii esem- plari del Feh's onra inviatimi dall' Ihering sono più piccoli (12-14 mm) di quelli del Felis melos comunicatimi dal Michaelsen (lG-18 mm). Questa specie è facile a distinguersi per la parte anteriore del corpo terminante a foiina di collare. 3. Echinorhynchus pardalis Westrumb [1821[ (Fig. 3. a. b. e.) Ecliinorliynclms pardalis Westrumb: pag. 3!>, N. (37— Luhe: pag. 269 — Porta: 6. pag. 269. E. ovatns Leidy: 1. pag. 97; 2. pag. 48 — Diesing: 3. pag. 741, N. 4. E. caiììpnnnlntiifi Diesino: 1. pag. 21, N. 5; 2. pag. 281, taf. 1, tìg. 1-9; 3. pag. 741, N. 3 — Ihering: pag. 45 — Lììhe: pag. 338. Proboscide subglobosa, lunga, mm. 0,6, armata di G serie longitu- dinali di uncini, uncinati all' esti-emità, con lama forte, adunca e radice breve. — Co Ho conico, breve, inerme, mm. 0,1. — Corpo fusiforme. — 242 Antonio Porta Borsa copulatrice lunua mni. l.T), a torma di campana chiusa all'apertura da una meml^rana sostenuta da circa 20 processi digitiformi, raggialinente disposti. — Uova ovoidali con triplice invoglio, lunghe nim. 0.5 (>< 135). Lungh. 10-40 min. — Largii. 8-4 mm, Hahit. — Felis coucolor L. , F. pardus L. , F. meUivora Illtwer. F. ottva L., F. mitis Guv., F. tigrina Schreb., F. Geojfvoiji D'Orbigny. F chìhìgo- uazon Griffith. [Intestino] — (Brasile). Note. — Come ha dimostrato il LìIhe la specie deve per priorità pren- dere il nome di pardalis Westr. Al pardalis' ascrivo 1'^. ovatus Leidy, il quale ne differirebbe secondo il Diesino (3.) per il numero delle serie di uncini sei, in luogo di quattro come egli ascrive al suo campaiiulatns. Nei numerosi esemplari, del F. Geoff'roiji e F. chibigouazou, inviatimi dall'lHERiNG ho osservato sei serie di uncini; e lo stesso Diesino mentre descrive il cam- pamdatus con 4 serie di uncini, lo raffigura però con 6 serie (2.) Negli esemplari inviatimi dall'lnERiNG il corpo é allargato anteriormente e ristretto posteriormente, e lo loro dimensioni (fino a inni. 40) sono mag- giori di quelle date dal Diesino; gli uncini sono uncinati all'estremità. 4. Ecbìnorhynchus Novellai Parona [1890J (Fig. 4. a. b. e.) Echinorliijiiclim Novellai Parona: 2. pag. 396, 4 fig. — Ihering : pag. 45 — Porta: 6. pag. 2(59. Proboscide cilindrica, lunga mm. 1,5. larga mm. 1; armata di cinque serie di uncini : i primi uncini in numero solo di 4 in croce, sono corti con punta uncinata e con radice di molto dilatata, lunghi 0,098 mm. Gli uncini posteriori sono somiglianti a quelli dell'apice, n)a sono più lunghi e con base più allargata, misurano mm. 0.322-0,328. — Collo brevissimo. — Corpo allungato, cilindrico, con solchi trasversali, anteriormente più al- largato. Ijungh. 31 mm. — Largh. massima 3 mm. Hahif. — Artiheus perspicillakifi L. [Intestino] — (Antille). Note. — È l'unico acantocefalo fino ad ora noto in tutto l'ordine dei Chirotteri. Il Parona rinvenne queste specie nelTintestino tenue di im Ar- tiheus perspicillatns proveniente da S. Juan di Porto-Eico (Antille) ; la specie è rappresentata da due soli individui; uno maschio, adulto, ed uno picco- lissimo e tuttora incistato. Questo, la cui proboscide è tuttora inguainata, misura in lunghezza 4 mm, ed in larghezza 2 mm; pi'esenta le serie degli uncini in numero. (lis])osizione, e dimensioni identiche a quelle dell'adulto, e per queste ragioni il Parona lo considera giustamente spettante alla stessa Gli Acantocefali dei Mammiferi 243 specie, anche perchè era ospite dello stesso individuo di Arfiheus nel quale trovò il grande esemplare. Questa specie è degna di ulteriore studio, ed è da augurarsi che nuove catture permettano una più minuta descrizione della specie , e valgano a precisare le sue atfinità con le altre forme di acantocefali. 5. Echinorhynchus elegans Diesino [1851J (Fig. 5. a. b. e. d. e. f.) EcìdnorliìjncliHS elegans Diesino: 1. pag. 85. N. 44; 2. png. 284. taf. 2, fig. 31-.89 3. pag. 746. N. 26. -- Cobbold : pag. 202, N. 11. plt. 16. -- Ihering: pag. 45. — Porta: 6. pag. 269. Proboscide subclavata. armata di cinque serie di uncini, di questi: gli anteriori ("2 serie) sono forti, adunchi, avvolti dalla cuticola e suhcuti- cola e solo la lama è libera; i mediani (1 serie) sono meno robusti dei pre- cedenti ; i posteriori (2 serie) sono tini, poco adunchi e non avvolti dalla cuticola. — Collo breve, inerme. — Corpo cilindrico biancastro, termi- nante anteriormente in una specie di collare con circa 28 pliche longitu- dinali, e col lembo crenulato. — Borsa copulatrice subcampanulata. — Estremità posteriore della femmina con lembo calloso semicircolare. — Uova ovali con triplice invoglio, lunghe O.OGO mm. Lungh. 40-45 mm. — Largii. 3-4 mm. Hahit. — ('allifltrix leiicocephala Geoffr.. Chri/soflirix s-ciurea L., Hapnle rhri/soleìtca Wagn. , H. rosalia Wied., H. vr.siila Wagn.. Midas sp. ? (Ihe- ring). [Intestino tenue e crasso] — (Brasile). Note. — Di questa caratteristica specie ho osservato numerosi esem- plari inviatimi dall'InERiNG ; essi differiscono da quelli studiati dal Diesino sia per il corpo tozzo e rugoso trasversalmente, sia per le minori dimen- sioni, variando dai 10 ai 2.5 mm. Greii. e hentro S'orna Monticelli (1905) <>. Chenfrosoma buteonis Scfiraxck [1788] [Forma larvale] (Fig. 6.J [Per la bibliografia e le sinonimie vedi ancora il mio lavoro: Gli Acanto- cefali degli Anfibi e dei Rettili, pag. 2.39]. Kcìdnorìiyncìms appendiculatus Westrumb: pag. 15. N. 25 -- Dujardin: pag. 500, N. 5, pie. 7, fig. A~Diesing: 1. pag. 31-Luhe: pag. 75. Ecìnnorliynchus sp. Wedl: pag. 2.86, taf. 2, fig. 25-26. E. Wedli SoNsiNo: 2. pag. 488 e 448. 244 Antonio Porta Proboscide conica, leggermente rigontia alla base, lunga mm. 0,5- 1,2, armata di 30-32 serie longitudinali di uncini (7-lG per serie). Il collo è conico, cilindrico, lungo mm. 0,34-0.72 armato di 30-32 serie longitudinali di uncini lunghi ed esili (5-6 per serie). — Corpo liscio,, biancastro o bi'uno, rigonfio anteriormente, posteriormente si allunga rapidamente in una sorta di coda diritta che misura fino 28 mm. di lunghezza; nel ^T termina con una grande borsa copulatrice. — -Uova ellittiche con triplice invoglio, lun- ghezza mm. 0,06, larghezza mm. 0,02. Luugh. cT' 1 5-25 — 9 fino 40 mm. La larva è libera o racchiusa in cisti ovali della lunghezza di mm. 1,90-2 e della larghezza di mm. 0.90-1; isolata presenta un corpo sul)ciliii- drico, lungo 4.5-9 mm. posteriormente si allunga a formare una coda mo- bile in tutti i sensi e contrattile. Allo stadio adulto è parassita specialmente degli Uccelli rapaci. Hahìt. — Erinacevs avrihis- Pali., Crocidura aravea Wagn., Cnnis vulpes L. Oltre che in Mammiferi si trova più frequentemente in Rettili (Porta: 4). [Peritoneo, fegato, pleura, pericardio, tunica muscolare inte- stinale].— (Europa, Egitto, Brasile;. Note. — Col nome di appendìcnlatiis il Westrumb indicò un echinorinco raccolto una volta nell'intestino di Crocidura aranea Waun.. che RuDOLpm (7, pag. 76. N. 51) provvisoriamente chiamò E. soruìs. Il Dujardin lo rin- venne poi due volte : la prima in un toporagno, la seconda nell' intestino di una volpe che probabilmente aveva mangiato dei toporagni; dalla de- scrizione e dalla figura data dall' A. non rimane dubbio circa l'identità del- l'^, apijendìculatufi con la forma larvale del Ch. hdeonis. In seguito il Wedl trovò in Egitto, nel peritoneo àftWErhiaceus auritus Pall. un acantocefalo racchiuso in capsule ellittiche del diametro di circa 1 mm; la proboscide era armata di 30-40 serie di uncini. Il SoNSiNO rinvenne pure in Egitto nell" Erinaceiis auritus detta larva, e cosi ne parla : <- la larva di echinorinco, le cui cisti mi si presentarono alcune quasi trasparenti, altre più grosse e giallo-opache, evidentemente queste ultime degenerate, corrisponde a quella già raccolta e descritta per quanto imperfettamente dal Wedl, ed io mi limito a rimandare a quanto ne dice quell'Autore distinguendola intanto sotto il nome di Echinorhyncliu.s Wedli sp. inq. Anche di essa tentai invano l'allevamento tanto nei topi bianchi che nei conigli ». Non ostante la imperfetta descrizione data dal Wedl, il quale assegna alla proboscide 30-40 serie di uncini, avendovi forse incluso gli uncini del collo, io non dubito che la larva di acantocefalo raccolto neWErhiaceìis auritus appartenga al Ch. ìmteonis. Dagli ospiti in cui il Ch. huteonis è stato riscontrato, io supposi l'esi- stenza del seguente ciclo di sviluppo: Gli Acantocefali dei Mammiferi 245 (i) L'uovo contenente l'embrione è ingerito da un artropode, fino ad ora sconosciuto, il quale è il primo ospite. h) Con l'artropode passa in un rettile (Ofidì, Sauri), o in un mam- mifero (('rocìchtra aranea, Erhiaceus cnirihis) che costituiscono il secondo ospite. c) Col rettile o col mammifero perviene in un uccello rapace, ospite definitivo. Di (piesto ciclo di sviluppo si potranno avere alcune modificazioni, come lo prova il rinvenimento della larva di Oh. hideonis {= appendi cnlatuf;) nel- l'intestino di una volpe, che verosimilmente aveva mangiato dei toporagni. 7. Chentrosoma Ninnii Stossich |1891] (Fig. 7. a. ]). e. d. e. f.) Erhiiuirlnpiclinfi sp. ? Perroncito: 1. pag. ^24 — Condorelli: 1. pag. 2. E. Niìiiiii Stossich: 1. pag. 112, tav. 1, fig. 5 — Parona : 4. pag. 251 — Oonuo- RELLi: pag. 7, Tav. 1, fig. 1. — Ninni: pag. 65 — Prrroncito : 2. pag. 5B1. ChnitroHoma Ninnii Stossich— Porta : 5. fig. 1-2; 6. pag. 270. Proboscide cilindrica, con un piccolo rigonhamento verso la base, lunga mm. 0,7-1; armata di 25-27 serie longitudinali alterne di uncini, di questi gli anterior'i (12 serie) sono forti, adunchi con radice di poco più lunga della lama: i mediani (5 serie) più forti e robusti pure con radice di poco pili lunga della lama; i posteriori (8-10 serie) sottili, leggermente arcuati con radice a moncone. — Collo leggermente conico, lungo 0,5 mm. armato di 18-20 serie di uncini, con lama affilata, sottile, debolmente arcuata e ra- dice a moncone, più forti delle ultime serie di uncini della proboscide — Corpo inerme, cilindrico, anteriormente più rigonfio, alle volte ritorto a spirale (specialmente nei maschi).— Borsa copulatrice a forma di vesci- cola globulosa. — Uova ellittiche con triplice invoglio, lunghe mm. 0.58. larghe mm. 0,24. Lungh. (j'' mm. 7-20; lungh. Q mm- 16-25. Hahit. — Putorius vulgaris Brisson, [Intestino, fegato superfìcie ester- na]. — (Napoli, Roma, Trieste). Note. — Il Prof. De Sanctis trovava nelTiutestino di Putorii/.s viilyarìs (Romaj tre esemplari di Echiuorinco, e ne faceva dono al Prof. Perroncito (1) il quale li riscontrava « differenti dall' E". depressHfi di Nitzsch ». La specie, che doveva essere descritta dal donatore, non lo fu mai. Questa specie veniva poi descritta (hallo Stossich dietro un esemplare femmina raccolta nell'intestino pure di Putorms vulgaris. Il Perroncito (2j riconosceva in detta specie gli esemplari inviatigli dal De Sanctis. Il CoNDORELLi Completava in seguito la descrizione dello Stossich, dietro lo studio di 11 esemplari tra maschi e femmine che rinvenne nell'intestino di Pniuyias vulgaris (Roma). Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 2. 17 246 Antonie Porta A questa specie asci'ivo iinnierosissimi echinorinchi adulti, dell'intestino di Puforins vnlgaris, ed alcune forme larvali prese sulla superficie esterna del fegato di un Pntorius viiìgiivis appartenenti alla collezione elmintolo- gica del Museo zoologico di Napoli. Dette forme larvali misurano mm. 4-lU e presentano il corpo rigonfiato anteriormente e molto assottigliato nella parte posteriore; le riferisco al Gli. Nivniì per il numero delle serie di uncini e per la loro disposizione. Dall'esame di questo numeroso materiale mi sono convinto che le de- scrizioni dello Stossich e del Condorelli non sono esatte. Lo Stossich cosi la descrisse : « Proboscide lunga (1,5 mm.), cilindrica, con un piccolo rigonfiamento nel mezzo ed intieramente coperta di uncini disposti in oltre 20 serie; gli uncini supei-iori sono forti e robusti, i poste- riori piccoli ed acutissimi. Un collo manca. Corpo inerme, lungo e cilin- drico; anteriormente alquanto più grosso, posteriormente di un subito as- sottigliato. Lunghezza 25 mm. — ITna sola femmina nell'intestino di Pttto- riìts vulgaris ». Il Condorelli completò la descrizione dello Stossich enumerando i ca- ratteri del maschio; però egli pure asci'isse alla proboscide « 20-22 serie trasversali ed alterne d'unciui », e disse che il « collo è mancante ». L'errore dipende dal fatto che i sopra citati autori hanno contate le serie trasversali, variabilissime, invece delle longitudinali che, come già hanno dimostrato il Kaiser e il De Marval per altre specie, sono costanti. Dalle mie osservazioni nella proboscide vi sarebbero 25-27 serie longitudi- nali alterne di uncini;! citati autori ritennero mancasse il collo contandone le serie come appartenenti alla proboscide , un esame attento dimostra che ciò è erroneo perchè gli ultimi uncini della proboscide sono come già ho detto differenti da quelli del collo , ed inoltre una evidente strozzatura separa tjuesto dalla proboscide. Gen. Corynosoma Lììhk (1905) 8. Corynosoma bullosum \. Linstow [1892] (Fig. 8. a. b. e.) Eclnnorlit/nchns hvlìosus Linstow: 5. pag. 11. taf. ;), fig. 36-88 — Lììhe : pag. 388. (Inryiiosdiiia bnlìi'xdtìi Linstow— Luhe: pag. 231 — Porta: 6. ]iag. 271. Proboscide cilindi-ica. lunga 1 mm.. annata di 25 serie longitudinnli di uncini (8 per serie), di questi gli anteriori (20 serie) sono molto più i-obusti dei posteriori, con lama molto arcata e radice più lunga ; lunghezza degli anteriori mm. 0.087 ; lunghezza dei posteriori ().0(>8. — Collo conico, inerme, lungo mm. 0,5. — Corpo cilindi-ico. fortemente rigonfiato anterioi-niente; detto rigonfiamento è armato di piccoli aculei, i quali sono disposti obli. quamente lasciamlo incruie il lato dorsale, e scompaiono poi gradatamente Gli Acantncefali dei Mammiferi 247 sulla parte cilindrica del corpo. — Uova con triplice invoglio, lunghe mm. 0,127, larghe 0,0.35 mm. Lungh. (i^ 7 mm. ; largh. auter. 1,97 mm. ; largh. poster. 0,7], mm. Lungh. 9 15 mm..' largh. auter. 2.17 mm.. largh. poster. 0,87 mm. Hahit. — ìfacrorhiìiii.s leoninns L. f= Cf/s-fopJmra prolinsi-idra Péron). [Intestino crasso e retto]. — (Sud-Cleorgia). Note. — Per la sua forma generale si avvicina allo strumos/im da cui è però ben distinto, per la proboscide cilindrica, per le maggiori dimensioni, per la forma degli uncini, etc. Di questa specie ho esaminato parecchi esemphari tipici appartenenti al Museo di Amburgo; esemplari che ini hanno permesso di completare la de- scrizione data dal Linstow. 9. Corynosoma strumosum Hudolphi |1802| (Fig, 9. a. b. e. d. e.) EcI/>iior//ì/nchus jìliocae vitulina Viborg: pag. 243, N. 199 bis 201 — Lììhe: pag. 272. E. afrninosm EuDOLpm : 3. pag. (d3 — Zeder: 2. pag. 158, N. 28 — Rudolphi : 5. pag. 293, N. 81; 7. pag. 73, N. 41 -- Westrumb : pag. 32, N. 61 - Bu- Row : pag. 18, fig. 1-8 — Siebold : 1. pag. 196 - Creplin : 1 . pag. 285 - Bel- lingham: pag. 258 - Dujardw : pag. 502. N. 7-Uiesing: 1 pag. 47, N. 78-Neum.\nn: pag. 45- Diesino: 3. pag. 750, N. 43 -Cini: pag. 107- Kaiskr: 2. pag. 16 - Bbaun : 1. pag. 3;J0-- Parona: 4. pag. 251 - Mii- HLiNG : 2. pag. 56 e pag. 110 — Stossich : 4. pug. 103, tav. 6. fig. 6-9 — Schneider Ct. : pag. 30 - IIiINstow : 8. pag. 277; 10. pag. 2, taf. 1, fig. 2-6 — LilHE : pag. 309. E. (jihhosiis Rudolphi: 5. pag. 292, N. 30: 7. pag. 73, N. 40- Westrumb: pag. 32, N. 60 — Dujardin: pag. 542, N. 72 — Creplin: 3. pag. 74 — Beneden: 1. pag. 25 e 26--Muhling: 2. pag. 110, taf. 4, fig. 23, 25, 27 - Porta: 1. pag. 184 — Lvìhe: pag. 215 — Porta: 3. pag. 419, fig. 32. E. vcnlricrmis: biuDOLPHi: 5. pag. 294, N. 32; 7. p.ig. 74, N. 42- Westrumb: pag. 33, N. 63 -Dujardin: pag. 501. N. 6 --Diesino: 1. pag. 49, N. 82- Muh- lin: 2. pag. 56 -Lììhe: pag 325 — Porta: 6. pag. 271. E. srmermis Fobssell : 1. pag. 175, 2 fig.: 2. pag. 10, fig. 1-2, 6-7 — Porta : 6. pag. 271. (Jorij)ioftoma strnmomm Rudolphi — Lììhk: pag. 231 — I'orta: 3. pag. 413; 6. pag. 271. Proboscide cilindrica, rigonfia alla lìase, lunga mm. 0,0 I: annata (li 24-2G serie longitudinali di uncini: di questi gli anteriori (10 serie) hanno una lama affilata, arcuata; i mediani i() serici posti sul rigonfiamento della proboscide, sono più forti, e adunchi, con radice più lunga della lama ; i posteriori (8-10 serie) sono piccoli aghiformi con radice a moncone. — Collo conico, inerme, lungo mm. 0,3. — Corpo cilindrico, fortemente rigonfiato anteriormente; armato di piccoli aculei squamiformi disposti obliquamente 248 Antonio Porta lasciando inerme il lato dorsale; questi spariscono man mano sulla parte cilindrica. — Estremità posteriore del corpo nel rf armata di 10-15 serie trasversali di piccolissimi aculei. — Borsa copulatrice a forma di ampia campana, chiusa all'apertura da una membrana sostenuta da brevi processi muscolari raggiahnente disposti ; nel mezzo di questa membrana si trovano le due tasche fiancheggi anti il pene. —Uova con triplice invoglio, lunghe 0,100-0,106 mm.. larghe 0,031 mm. Lungh. cT' "1,5-7 mm. — 9 5,5-9 mm.; Largh. anter. 1.2-1,4 mm ; largh. poster. 0,55 mm. jJaliH. — HaUrJwenis grypn.'i ì^ihss., Phnca groenlamUca Mullkr, Ph- amcììafa Ntlss., Ph. vifiilina L.. Ph. foei'nìa Fabr., Ph. hispida Schreb.. Phoracna commaiiis Cuv. [Intestino tenue] — (Mari del Nord). Allo stadio larvale è noto sotto il nome di E. g'Mosus Eud., e si rin- viene nel Trnchhms draco L., T. vipera O.W, Cydoptenis lumiws h..,Pla- ie.s-sa fiesns Cuv.. Lophivs pì.scatorms'h.. Petromyzon fluvidiilisC. (incapsu- lato nel mesentere , molto raramente libero nell' intestino) — E stato rin- venuto pure nella Harcìda glaciali^ L. (esofago), Fcli.'i cafus domestica Briss. (stomaco), Foeforins putoriusL. (intestino). Secondo il Forssell la forma larvale del semerml'< (= strumosum) sì Y\nwì&(\e ueVC Osmeriis eperla>n(s Cv\.. Clnpea hayenguf^ L„ Cotins quadricornis L., Rhombns maximus L. Note. — È una specie ben caratterizzata per la torma della proboscide e degli uncini, per l'estremo posteriore del corpo nel cf armato, per la fornia della borsa copulatrice, etc. Kaiser dà per il C sirumosuììi una lunghezza di 3,5-4,6 mm. ; Braun trovò esemplari lunghi (j,5 mm.; Mììhling nella foca trovò esemplari delia lunghezza di 2,5-3,5 mm. ; Stossich osservò esemplari di 8-9 mm.; gli esem- plari da me esaminati avevano una lunghezza di 5,5 mm. Il Mììhling contò 16 serie di grandi uncini (Kaiser 10-14). e 8-10 di piccoli uncini a forma di spine (Kaiser 10-11). Le mie osservazioni coinci- dono perfettamente con quelle del Mììhling. Tutti gli Autori negano l'esistenza di un collo, invece questo esiste e mi- sura come ho detto mm. 0,3. Al C. strumosum riferisco l'-B. ventrkosv.s dell' intestino tenue di Pii- torim pidor'ms L., sia per le dimensioni che per la forma della proljoscide, e disposizione degli uncini; l' infezione nel P/(/or/?<5- è dovuta senza dubbio a pesci infetti ingeriti, ed alla stessa causa si deve il rinvenimento del C. stnmosim nella Harelda gìariaìis L. (Miìhlinc^ i. e nel Feìis cahts ilome- slira Briss. (Braunj. Al C. slriimostim riferisco ancora VE. seniermis, dietro lo studio della dettagliata descrizione, e delle figure date dall'Autore. Dallo sirmnosvm infatti si difterenzierebbe per le dimensioni: 3-3,5 mm., e per la proboscide con 26 serie longitudinali di uncini. Riguardo alle dimensioni dirò che il Gli Acantocefali dei Mammiferi 249 MlìHLiNG trovò, come ho detto, degli esemplali di G. stfamosum lunghi ap- pena 2,5-3,5 mm ; per ciò che si riferisce alle serie di uncini devo dire che nello strumosum non esistono già solo 18 serie longitudinali di uncini, bensì 24-26 come descrisse il Kaiser, il Muhlinhì e come io stesso ho osservato. Si aggiunga ancora 1' habitat comune, poiché il semennis fu rinvenuto nella Phoca foetida ospite già noto per il C. ■stnimosum. — Identica infine è la forma degli uncini. Il MiiHLiNG dimostrò che 1' E. (jihhosm è la larva del C. strumosum; io erroneamente (1) ritenni 1' E. gibbosus sinonimo dell' E. miliarius (larva del- l' E. fiUcollis) (3). 10. Corynosoma Hamanni v. Linstow [18'J2] (Fig. 10. a. b. e. d. e.) Echimrhyyichus Hamanni Linstow: 5. pag. 10, taf. 2. fig. 17-24 --LUhe: pag. 339. E. aiitardicus Eennie: pag. 437, plt. 1-2, fig. 1-8 -Porta: 6. pag. 272. Corijnosoma Hamanni Linstow - Luhe : pag. 231 — Porta: 6. pag. 272. Prol)oscide cilìndrica, lunga mm. 1,14; larga alla estremità supe- riore 0,13 mm. , alla base 0,23 mm. . armata di 28 serie di uncini (10 per serie): di questi gli anteriori lunghi 0,114 mm. sono robusti con lama della lunghezza della i-adice, i posteriori lunghi 0,07 mm. sono più deboli e pic- coli.— -Collo brevissimo, conico. — Corpo bianchiccio; in esso si distin- guono due parti : una anteriore sferica armata di minutissimi aculei al lato ventrale; questa parte può essere invaginata, insieme alla proboscide, ed allora funziona quasi come ventosa ed il parassita assume la figura di un Ainphistoma; la parte posteriore assottigliata, è corta, cilindrica, armata pure nel solo lato ventrale di aculei, più radi che anteriormente. — Uova con triplice invoglio lunghe mm. 0.107. Lungh. (^ 4,2-5,25 mm., Larg. anter. 2-2,5 mm. — Luiigh. $ 3,30-4,3 mm., Largh. anter. 2.05-2.3 mm. Habit. — Of/ììiorhiiifis {S(.euorìn/i/ch/(s\ Icyloìiìjj: Blainville, 0. (Lcptonìj- chotes) TFcfZc/eZ/' Lesson. [Intestino tenue] — (Sud-Georgia, Scotia: S. Orkneys). Note. — Per la sua forma si differenzia facilmente da tutti gli altri acantocefali di Mammiferi; si può quasi paragonare ad ima usuale pipa con la cannuccia molto corta, in cui la proboscide quando è estroflessa po- trebbe sembrare.... il coperchio! Il Linstow che descrisse questa specie non ebbe la fortuna di esami- nare esemplari con la proboscide estroflessa, e quindi assegnò a questa, per quello che potè osservare, solo 18 .serie di uncini. Più fortunato fu il Eennie il quale rinvenne nel Leptoitijdiotes Wed- deli parecchi esemplari di questa specie, che egli però credette nuova e chiamò E. autarcticus] non vi è però alcun dubbio sulla eguaglianza delle 250 Antonio Porta due specie sia [icr la forma dcHa piolxiscide. che per la caratteristica forma del corpo. In un solo caso trovò la proboscide, pienamente estroflessa : era lunga mni. 1.14. e larga all'estremità min. U.IB e alla base mm. U.23 con 28 serie circa di uncini (10 per serie). Ho esaminato alcuni esemplari appartenenti alla collezione elmiutolo- gica del Museo di Amburgo, ed a quella del Prof. Parona. Gen. Bolbosoma Porta [1908] [Bolhorhjji/cJm.s Porta, 1906) i) (Fig. 11. a. b. e. d. e. f. g.) 11. Bolbosoma aurantìacum Risso [1826] FA-.hiiwrliynchufs aiuantiams Eisso: pag. 261. N. 27 - Diesino : 1. pag. 5(i, N. 103- MoNTiCELLi: 2. pag. 3G- Parona: 4. pag. 267 -- Monticelli : 3. 1 fig.- Porta: 1. pag 181, tav. 11, fig. 33; 3 pag. 417. E. pdlncidns Leuckart, S. Fr.: pag. 23, taf. 1 fig. 6. a. b.- Diesino: 1. pag. 44, N. 69 — Sabbatini: pag. 7 — Monticelli : 2. pag. 36 - Suii^ley : 1. pag. 264, fig. 4, a. b.- Porta: 2. pag. 269. E. anwilatus Molin: 1. pag. 143: 3. pag. 267. taf. 8, fig. 8-9 - Diesino : 3. pag. 748, N. 37 -Stossich: 1. pag. 141 - Monticelli: 1. pag. 23, fig. 1-2- Parona: 4. pag. 255 — Condorelli: 2. pag. 136 — Lìihe : pag. 175 e 338. E. serrani Linton: pag. 534, plt. 7, fig. 73-79 -Porta: 1. pag. 183. E. hifasviatns Lìihe: pag. 175 e 338— Porta: 3. pag. 417. Bolborhynchus aiirantiacus Risso — Porta : 3. pag. 414. Bolbosoma aurniitiacum Eisso — Porta: 6. pag. 273. Proboscide ovale, troncata all'apice, lunga lum. 0.7-0,8; armata di 15 serie di uncini distinguibili in tre tipi: 1" uncini non molto robusti, adun- chi, con radice uguale alla lama (5 serie i: 2" uncini più robusti, adunchi con radice più lunga della lama |3 serie;; 3" uncini aghiformi, deijolmeute arcati e radice ])i('Colissiina (7 .serie). — Collo inerme, conico, senza alcuna striatura. lun,ij;o min. 0.7. - Corpo rosso-ranciato alle volte rosso mattone, allungato, risti'etto gradatamente nella parte ])Osteriore . anteriormente è provvisto di due caratteristiche fasce di squamette. la prima pianeggiante è lunga mm. 5, con 2(1 serie alterne e trasversali di squamette triangolari e tozze, la sec(mda convessa a guisa di anello, è lunga mm. 3.5 con 1(5 serie pure di squamette eguali alle prime, l'intervallo che li separa è inerme, liscio e misura mm. 2.5 di kuigliezza. La cuticola del corpo è linemente striata, per cui faiiimale ac(juista un aspetto fittamente aneliate. Lungh. 12-15 mm.; Largh. 0.5-0.8 nnn. 1) Nel proporre il gen. Bulborl/i/ìir/nis (2) non mi accorsi che questo nome era preoccupato per un genere di Pappagalli Salvauoki: Catalogo dei Psittacidi del British Museuin, Voi. 20. — Ho cambiato quindi il nome da me proposto in quello di Bolbosoma (6, pag. 273). Gli Acantocefali dei Mammiferi 251 Hiihif. — Dclphiiuis delphis L. (Intestino). — [Mediterraneo]. Allo stadio larvale vive nel cavo addominale di diversi pesci teleostei: Scrrauus utrarins l. G. . Lcpidnpns candahis Euphk. , Ruvcltas pvdiosus Cocco, ThijHUiis imlgaris Cov., Trarlnjpteras falx C. V.. Bef/alecas fjlesue Asc. , Merluchis vulgaris Cuv., A iilopus fiJamcittosH.s Bloch. , Conger vtdfjaris Cuv. , Mnstelus laevis Risso. (Peritoneo e fegato). Note. — Riguardo alla discussione critica delle forme da me poste in sinonimia, rimando il lettore alle pubblicazioni da me fatte (1. pag. 181-183; 3. pag. 417). Lo ScmpLEY (1. pag. 2G5) pone il pelluddiis (= auranfiacum) in sino- nimia del iarUnclìa! Certamente lo Schipley è caiiuto in questo errore os- servando le sole figure del Leuckart, e non conoscendo il lavoro del Mon- ticelli (2.) il quale dimostrò che 1' E. auraidiacm è identico al pelliicMus e alVanuulaim; che anzi il peUucidti-s- è la forma a completo sviluppo, e Vaiiiìulahis è la forma larvale. Non ho osservato individui adulti di questa specie; credo anzi che dopo il Leuckart nessuno più ne abbia raccolto, ciò senza dubbio per mancanza di osservazioni dell'intestino di Belphiuns delpjhis, in cui non dovrebbe essere raro, se consideriamo la sua relativa frequenza nel cavo addominale di di- versi pesci teleostei, allo stadio larvale. 12. Bolbosoma brevicolle Malm [1867] (Fig. 12. a. b. e. d. e. f. g.) Echinor/iynchus hrcckolUs Malm: pag. yò-MEGNix: 1. pag. 311, pie. 6, fig. o~ MoNTicELLi: 1. pag. 19-Borgstr6m: pag. 6, taf. 5, fig. 47 - Sabbatini: pag. 9-ScmPLEY: 1. pag. 264, flg. 3, a. b. e. — Lììhe: pag. 286 e 338. Bulhorlii/nchiis hrevicollis Malm — Porta: 2. pag. 269; 5. pag. 4, fig. 6-9. Bolhosoìua brevicolle Malm — Porta: 6. pag. 271. Proboscide cilindrica, lunga 0,4-05 mui.; armata di 8 serie tras verse e di 16-18 serie longitudinali di uncini: di questi gli anteriori sono molto robusti, con lama fortemente arcata poco più corta della radice; i poste- liori più deboli, appena arcati, con rcidice a moncone. — -Collo inerme della lunghezza circa della proboscide, mm. 0,3-0,4 i). — Corpo diviso in tre [larti: bulbo, strozzamento mediano, parte posteriore del corpo. — Bulbo lungo inm. 2-2,5; largo 2-2,5 mm. posteriormente inerme, anteriormente ar- mato di 20 serie trasverse di aculei tozzi, triangolari: le prime 17 serie constano di aculei piccoli ; le ultime tre, di aculei più grandi e robusti, coin- 1) Faccio subit(j osservare che aditì'erenzadi tutti gli altri Autori che si oc- cuparono di Acantocefali di Cetacei, io considero come collo la jiorzione inerme che segue la proboscide, non lo strozzamento posteriore al bulbo. 252 Antonio Porta cidono con la larghezza massima del lìiilho. Gli aculei che compongono le serie sono molto nmnerosi. Supei-licie anteriore del bulbo piana. — Stroz- zamento mediano lungo mm. 2-2,5 si unisce gradatamente alla parte po- steriore del corpo. — Parte posteriore del corpo inerme, cilindrica, as- sottigliata nella femmina, rigonfiata nel maschio. — -Colore bianchiccio con tenue tinta verde-gialliccia posteriormente (Shipleyj. — Borsa copulatrice a forma di vescicola globosa. — Uova ellittiche, piccole, con triplice invoglio, lunghe 0,7 mm. (>< 135). Lungh. cT 21-26 mm. — O 23-28 mm. Hahit. — Balaciioptera rostrata Fabr.. B. Sitjhaìdii (HkY. [Intestino] — (Nord Oceano Atlantico). Note. — Ascrivo a questa specie quattro echinorinchi del Museo Zoo- logico di Napoli, classificati per porrigeus della Balaeiiopfcra rostrata: e tre echinorinchi, della B. SitjtjatJii. classificati per turtnnella appartenenti alla collezione ScmPLEY. Questi esemplari sono interessantissimi perchè ben conservati, ed al- cuni con la proboscide e la borsa estroflessa ; quindi me ne son potuto fare una giusta idea che non concorda con quella del Borgstròm. Del brevicotle non esiste che la descrizione e la figura insufficiente del Malm, e quella del Boroìstrom il (juale pure, avendo avuto a sua disposi- zione solamente individui con la proboscide introflessa, non ha potuto darci una figura più istruttiva di quella del Malm; il Sabbatixi poi e lo SmPLEY riportano quanto dice il Borostrom. 11 BoRGSTROM assegna alla proboscide 24-25 serie longitudinali di uncini, io non ne ho osservato che Ki-lS. Le differenze che distinguono il B. tin-rimlle dal B. tiirìnuetla sono le seguenti : a) Gli uncini della proboscide sono più. numerosi e molto i)lii torti e robusti nel hrevicolte che nel ttirh'utella. b) Il bulbo ha la superficie anteriore piana nel tjrevicoUe, convessa nel tarhhiella. e) Gli aculei del bulbo sono molto più numerosi e piccoli nel brevi- colle^ meno numerosi e molto più robusti e sporgenti nel turhìmUa. d) Lo strozzamento mediano del corpo nel turlnneUa si unisce bru- scamente con la parte posteriore del corpo, nel hrerkolle invece gradata- mente. e) lia borsa copulatrice è canipanulata nel turtj'inella. globosa nel hrevicolle. f) Le uova sono molto più piccole nel tirevicotte che nel Inrtiuiclta. (j) Il coloi-ito del corpo è arancio-rossiccio o rosso-mattone nel tur- binella, bianchiccio con tenue tinta verde-gialliccia posteriormente nel l>re- vicolle. Questa differenza appare pure negli individui conservati in alcool. perchè nel primo il colorito è bruno, nel secondo Ifianchiccio completamente. Gli Acantocefali dei Mammiferi 253 Lo SiuPLEY (lice che il solo cibo della Balacnoptera Sibì/ahlii è la Bo- reoyhtu.sìa inerm'hs: della B. fO-straUi ditierenti specie dì pesci. L'ospite intermedio non è ancora conosciuto. Il Monticelli (il divide pure Topinione del Collktt che l'ospite jn-imo del B. hrcvicolle possa essere la Boycnjilntu-sia iitenni.s di cui si nutre la Balaeiioptera Sìbhaldii nell'estate. 13 Bolbosoma turbine/la Diesino |1851] (Fig. 13. a. b. e. d. e. f.) Echinorhìjnchiis balanocephaluò- Owen : N. lUl (ht litteris) E. turhinelld Diesing: 1. pag. 54; 2. pag. -JfcS, taf. 3, fig. liJ-21; 3. pag. 7.51. N. 50 — Monticelli : 1. pag. 19 — JaGERSKÌòLD : pag. 127 -- Bohgstròm.: pag. 4, taf. 5. iìg 51-54 — SjUìbatini: p;ig. 9— Shypley: pag. 262, fig. 2 — LiNSTOw: 8. pag. 278 — Luhe: pag. 340. E. niher Collett: pag. 25<) fig. E. E' - Monticelli : 1. pag. 1U-Shipley: pag. 263, fig. 1. E. porrigens Kaiser (nec Eddolphi): 2. pag. 15, fig. 2b — LUhe : pag. 283. Bolhorìnjyichus turbinella Diesino — Porta : 2. pag. 267; 5. pag. o, fig. 3-5. BolbosoiiKi fui-hiìiella Diesino — Porta : 6- pag. 274. Proboscide cilindrica, lunga min. U,4-0,5 ; armata eli 7 serie trasverse di uncini, e di 14-16 serie longitudinali: le serie anteriori constano di un- cini con lama alìilata, molto arcuata, della lunghezza crea della radice; le posteriori di uncini corti, leggermente arcati e con radice a moncone. — Collo inerme, presso a poco della lunghezza della proboscide, mm. 0.3 0.4. — Corpo diviso in tre parti: bulbo, strozzamento mediano, parte po- steriore del corpo. — Bulbo lungo min. 2.3. largo mm. 2-3. posteriormente inerme, anteriormente armato di 20-22 serie trasverse di aculei triangolari tozzi, molto robusti e sporgenti; cpiesti xanno gradatamente ingrossandosi dall'avanti all'indietro. le serie che corrispondono alla larghezza massima sono costituite da aculei multo più lunghi e robusti degli altri. (Ili aculei che compongono le serie sono poco numerosi. Superficie anteriore del bulbo convessa. — Strozzamento mediano lungo 2-2,5 mm. si unisce brusca- inentp con la parte posteriore del corpo. — Parte posteriore del corpo inerme, cilindrica un po' assottigliata posteriormente. — Colore arancio-ros- siccio. 0 rosso mattone (Borostrom). — Borsa copulatrice a forma di cam- pana.— Uova ellittiche, fusiformi, cdu triplice invoglio, lunghe min. 1,5- 1,7 (X 135). Lungh. (-f 22-26 mm. — Lungh. 9 25-28 mm. Hahlt. — Hyperoutìon rostrahim Wesm. . Balaenoptera borealis Lesson, B. musculiis CoMP. , B. Sibhaldii Gray. [Intestino] — (Nord Oceano Atlantico). Note. — A questa specie come è noto, il Prof, ^[oxticelli (li giusta- mente riferì V E. rtiher Collett, ed ora io riferisco pure un acantocefalo 254 Antonio Porta della Balnena rostrata (= Balaenoptera ìioreulis Lesson) indicato col nome di « E. ìxtìanoct'pludn.s da Owen » nel Catalogo (manoscritto) delle Col- lezioni del Museo dei Chirurgi di Londra, An. 1830. Part. 4, fase. 1, N. 191. Il BoKGSTROM assegna alla proboscide del E. turlniieila 19-20 serie lon- gitudinali di uncini, di questa opinione è pure il Sabbatini ed il Kaiskr (credo che VE. porr'ujens Kaiser sia sinonimo del E. turhinella. non del E. hrtvicolle come dice il Bokusteom); ed io pure (2) riportai quanto il Boh- GSTRÒM dice. Avendo avuto occasione di studiai'e numerosi esemplari di diverse col- lezioni sono costretto a non consentire a quanto il Borgstkom dice poiché io non ho osservato altro che 14-16 serie longitudinali di uncini, e 7 serie trasverse, quante ne contò il Diesino. Questa specie, come dissi, è molto ben distinta dal B. hrevicolle. Secondo quanto dice lo Shypley V Hìjperoodoìi rn.strnfmn si ciba di ce- falopodi, altre volte di arringhe, e piccoli crostacei: la BaUienoptera mu- hchIus si ciba di pesci, specialmente di una qualità di arringhe; della B. Sihhaldii ho già indicato il nutrimento, la B. horealis si nutre del Calamus flmnarcMcus e Boreophausia ìnermis. Indico il cibo dei diversi ospiti perchè ci rendeià più facile la ricerca dell'ospite intermedio fino ad ora sconosciuto. Il Monticelli fi ) è di avviso che l'ospite intermedio del B. turhinella più che il CalauHS finmarchicluis come suppone il Collett, possa essere la Boreophausia ìnermis che. secondo riferisce il Guldberg (Zool. Jahr. 2. Bd. pag. 147) è il nutrimento tanto della B. horealis che della B. Sihhaldii. 14. Bolbosoma capitatum v. Linstow [1880] (Fig. 14. a. b. e. d. e. f. g) Echinorìujitcìim capUatns Linstow: 3. pag. 49, taf. 3, tig. 16 — Monticelli : 1. pag. 20~Parona: 3. pag. 318, tav. 10, fig. 1-4 -Borgstbò.m : pag. i»- Sabbatini: pag. 1, 4 fig. — Shipley: 2. pag. 265. fig. 5, a. b. Bolburhyncìms capitatus Linstow — Porta : 2 pag. 235. 63, fig.; 5. pag. 3. Bolbosoma capitatimi Lixstow - Porta : 6. pag. 275. Proboscide subcilindrica, arrotondata all'estremità lunga mm. 0,5-0-7; armata di 12-18 serie di uncini distinguibili in tre tipi ; anteriori ricurvi con lama un po' più corta della radice; mediani fortemente adunchi, e molto più robusti dei precedenti; posteriori sottili, diritti, con radice allungata trasversalmente, formante con la lama una specie di T. — Collo inerme, presso a poco della lunghezza della proboscide, mm. 0.3-0.5, — Corpo di- viso in tre parti : bulbo, strozzamento mediano, parte posteriore del corpo. — Bulbo lungo 4,5 mm., largo 3,5 mm. si divide in tre zone : una anteriore armata, una mediana pure armata, ed una posteriore inerme. La zona an- teriore ofiVe due piii-ti: una iiiunitn di 10-12 sei-ie trasverso di nculoi. l'altra Gli Acantocefali dei Mammiferi 255 armata nella sola parte ventrale di l-o tile obli(|ue di aculei; detti aculei vanno man mano ingrossandosi dalTsivanti alTindietro. La zima mediana a guisa di cercine, è tornita di 7-12 serie trasverse di aculei. La zona po- steriore è inerme e va gradatamente assottigliandosi. — Strozzamento mediano, lungo 2-2.5 min. si unisce lìruscamente con la parte posteriore del corpo. — Parte posteriore del corpo, inerme, cilindrica assottigliata verso l'estremità posteriore nelle femmine; rigonlìa. quasi tiu'gida nei maschi. — Colore nei maschi bianco uniforme; le femmine hanno una tinta arde- siaca tendente in alcune al gialliccio, in altre ai bluastro. — Uova fusi- formi, con triplice invoglio, lunghe mm. 1,2-2 (X 135). Lungh. cf 50-55 mm. — 9 60-lUO mm. Largh. 2-3 mm. Habit. — Pseadorva cra.s.sideus Gray , (Hohicephal'(.s sviuci-cd Flow. (= G. melas Gerv. |. [Intestino] — (Mediterraneo). Note. — Ebbi molto materiale di questa specie dal Prof. Pakona. pro- veniente dall'intestino di un Gìohireplrdìis- s-ì'i iterai catturato nel mare di Genova (acque di Camogli). Essendomi occupato in altro mio lavoro i2,i diffusamente di questa specie, rimando il lettore, per non ripetermi all'indicata pubblicazione. Il Parona dice che lo stomaco del Glohlcephalm ■svlaeval era ripieno di cibo « consistente in residui di cef\ilopodi ( grossi becchi di Odopus ) vertebre e coste di pesci ossei, la pelle e l'intero cranio Ijen denudato di pesce cartilagineo, che con verosimiglianza si poteva riferire ad una razza ». 15. Bolbosoma por rigens EuDOLpm [1819 1 iFig. 15) Sijmiiculus h'iidix Pmpps: pag. 103 — Lììhe: pag. 243 e 335. Echinorhynchus balaenae Gmelix: pag. 3015, N. 4 — Boscrpag. 5. — Zeder: 2. pag. 161, N. 37-E,UDOLPm: 5. pag. 301, N. 40 -Lììhe: pag. 180. E. por rigens EuDOLpm: 7. pag. 71 e pag. 325, N. 34, tab. 1, fig. 4-5 ~ Westrumb: pag. 28, N. 53, taf. 1, tig. 17, taf. 2, tig. 25-33 ~ Bremser : 3. tab. 7, fig. 1 — Creplin: 1. pag. 284 — Dujardis : pag. 504, N. 11~Diesing: 1. pag. 53, X. 87; 3. pag. 751, N. 49 - Mégnin : 2. pag. 153 - Collett ^ pag. 256 — Monticelli: 1. pag. 19 — Iììgerskìòld : pag. 127 — Parona: 3. pag. 320 — BoRGSTRòM : pag. 8, taf. 5, fig. 48-50 ~ Sabbatini : pag. 10 — Shipley : pag. 266 — Lììhe : pag. 282. Bulbor//i/n porrigens Rudolphi — Porta : 2. pag. 269. Bolbosoma porr/gens Rudolphi — Porta : 6. pag. 276. Proboscide conica, lunga 1-1,5 mm. armata di 12-14 serie traverse e di 24 serie longitudinali dì uncini, di questi gli anteriori hanno una lama affilata molto arcuata della lunghezza della radice, i posteriori sono corti leggermente arcati e l'adice a moncone. — ('olio inerme, lungo 0,5-1 min. — Corpo diviso in tre parti: bulbo, strozzamento mediano, parte posteriore 266 Antonio Porta del corpo. — Bulbo lungo min. 4-6, largo .^,5-4: mtn. perfettamente inerme; per questo carattere si diilerenzia da tutti gli altri acantocelali dei cetacei. — Strozzamento mediano lungo 15-27 inni., si unisce gradatamente con la parte posteriore del corpo. — Parte posteriore del corpo, inerme, cilindrica un pò assottigliata — Colore arancio-rossiccio chiaro. Lungh. 80-160 mm. — Largh, mm. 4. Hahìt. — Hyperoodou rostratnm Wesm.. Balaenoptera horealis Lksson. B. rostrata Pabr., Megaptera hoops L. [Intestino] — (Nord Oceano Atlantico). Note. — Per le dimensioni e ancor più jjer il bulbo perfettamente inerme si ditferenzia facilmente da tutti gli altri acantocefali di cetacei. Io ho osservato di questa specie un solo esemplare appartenente alla collezione Parona. Del cibo di cui si nutre VHi/peroodoii. rostrat'im. B. Itorealis e B. ro- strata ho già parlato a proposito del B. IjrevlcoUe e turbi nella; la Mega- ptera hoops, secondo lo Shiplky, si ciba di Mallotus villosus . aringhe, e Boreophausia incrmls. Gen. Gigantorhynchus Hamann (1892) 16. Gigantorhynchus microcephalus Rddolphi [1819] (Fis^. 16. a. b. e. d. e.) Echinorhgnchus microcephalus IRvdoIjVHi: 7. pag. H(j5, N. 50 — Westrumb : pag. 3, N. 1-Dujardin: pag. 504, N. 12-DiEsiNtì: 1. pag. 20, N. 1~Leiuy: 2. jmg. 48~Diesing: 3. pag. 741, IS'. l — Ihering : pag. 45 — Lììhe: pag. 254 -Porta: 6. pag. 268. E. torinosus Leidy: 1. pag. 57. Proboscide piccola, subglol)osa, lunga mm. 0,3, armata di sei serie longitudinali di uncini, i quali sono per una gran parte avvolti dalla cu- ticola e subcuticola, e solo la lama, forte e adunca, è libera — Collo co- nico, della lunghezza quasi della proboscide, mui. 0,2. — -Cor^jo inerme, molto allungato, più o meno rugoso trasversalmente. — Borsa copulatrice campanulata, lunga mm. 2, chiusa ali'apei'tura da una membrana sostenuta da processi digitiformi. — Uova, ovoidali, lunghe 1 mm., larghe 0,6 mm. (x 135), con triplice invoglio di cui l'esterno molto robusto. Lungh. 81-230 mm. Hah'if. — Dldelphgs mar ina L., D. caucrivora Griff., D. aurita Wied., D. philander L., 1). virgiliana Shaw. [Intestino, Mesenterej — (Brasile). Note — Nella mia nota preventiva (6) ascrivevo questa specie al ge- nere Kchiìio)-Ji!iiiriiiis. ora però dietro più iiiatunt esame l'ascrivo , senza dubbio, al genere (iigai/lorligi/cli/i.s. Gli Acanfcocet'ali dei Mammiferi 257 Per il ricco materiale inviatomi dalFInERiNG ho potuto completare la descrizione di questa specie data dagli Autori, ed assodare l'esistenza del collo negata da questi. Gli esemplari studiati variavano da 8 a 23 ceutira. di lunghezza; il Rudolphi assegnava 8 centim. 17. Giganiorhynchus Semoni Linstow [1898J ^Fig. 17. a. b.) GignnforJn/nc/ins Semoni Linstow: 7. pag. 471, taf. 35, lig. 16-f!'J — Porta : 6. jjag. 276. Proboscide corta, ingrossata anteriormente a clava, lunga 0, 70 min. larga anteriormente 0,39 mm. posteriormente 0,24 mm.; armata di 21 serie trasverse di uncini (6 per serie): di questi gii anteriori (7 serie \ sono più robusti, cou lama arcuata più corta delia radice, misurano mm. 0,68; gli uncini delle altre 14 serie hanno una radice a moncone con lama legger- mente arcata, misurano mm. 0,060 e diniinuiscono in grandezza verso la base. — Corpo moniliforme. — Uova lunghe 0.078 mm., larghe mm. 0,039. Lungh. mm. 110 — Largh. 2 mm. Hahif. — Perameles ohcs/fla Geoffroy. |IntestinoJ — (Australia). Note. — Non avendo aviito questa specie in esame, mi limito a ri- [)nrtare la descrizione e le figure del Linstow. 18. Giganforhynchus echinodiscus Diesing [I851J (Fig. 18. a. b. e.) Evhinorlii/)icJnt-9 cchinodm-us Diesing: 1. pag. 3(5 e 554, N. 4L»s Diesing — Hamann: 2. pag. 120 -- Ihering : pag. 45-- Lììhe: pag. 342 --Porta: 6. pag. 277. Proboscide cilindrica, lunga mm. 0,9. larga mm. 0,5; armata di 40-45 serie di uncini, di questi quelli situati all'apice |18), formanti una specie di corona, sono molto robusti, con lama arcuata e prominente; i ri- manenti sono deboli, sottili, e poco arcuati. — Collo nullo. — Corpo molto allungato, anellato con grande regolarità ad un centimetro circa dalla pro- boscide fino a due terzi del corpo, nell'ultimo terzo i segmenti sono molto più avvicinati e meno evidenti. — Borsa copulatrice obconica. — Uova con triplice invoglio, lunghe 1 mm.; larghe 0,5 mm. Lungh. ()-35 e più centim. Hahif. — Miirmecophaga ielraiìactyìa L., M. d'ulcuttjla i., M. jtihata L. [Intestino tenue] — (Brasile, Surinamj. t. 258 Antonio Porta Note. — Di questa specie ho osservato esemplari della collezione Pa- RONA. Shipley. e molti ne ho ricevuti clairiHERLSu. È facile a riconoscersi per la fbrm.a della proboscide, e per la corona di roltusti uncini situati all'apice di questa. 19. Gigantorhynchus hamatus Linstow [1897J (Fig. 19. a. b. e.) Gigantorhìjnchm hamatm Linstow: 6. pag. .38, taf. 5, tig. Itl-l? — Porta : 6. pag. 277. Proboscide corta, armata di ò serie di uncini (G per serie) gli ati- teriori sono lunghi mm. 0,37. i mediani nun. 0,2G e i posteriori uim. 0,21. tutti hanno festreinità uncinata. — Corpo nel hi parte anteri(n'e corrugato trasversalmente, posteriormente arrotondato. — Uova lunghe mm. 0,091, larghe mm. 0.057 con triplice invoglio, l'esterno mostra tini solchi longitu- dinali e l'interno è molto spesso. Lungh. fino 270 mm., larg. anter. mm. (J. Hahif. — Potavi ocJwerns Edivarsii Grandidier. [Intestino] — ( Madagascar). Note. — Non conosco questa specie; riporto la descrizione e le ligure del Linstow. Mi pare però al)l)ia strette affinità con Vhìnniiliìiareìis, di cui foi'se non rappresenta che una foima geogratica. 20. Giganiorhynchus hirundìnaceus Pallas [1781 | (Fig. 20. a. b.) Frisch : pag. 47 -.-Pallas: 3. pag. 454, taf. 9, tìg. 3. Tiiemn Inrundhiacea Pallas: 4. pag. 107 — Lìihe: pag. 337. Echiìtnrìi/pwhm fngaK Bloch: pag. 2(), taf 7, lig. 1-8 — Goeze: pag. 143, taf. 10, fig. l-G — ScHRANK : 1. pag. 21, N. 72 - Gmelin : pag. 3044, N 3 — Ru- DOLPHi : 1. pag. 18 — Zeder: 1. pag. 119 — RuDOLPm: 3. pag. 46 — Froe- lich: pag. 74-Bosc: pag. 5 - Schrank : 2. - pag. 214, N. 3104 -Zeder: 2. pag. 149, N. 1-RuDOLPHi.- 5. pag. 251; 6. pag. 95, N. 35-Cuvier: pag. 354 — NiTzscH : 1. pag. 241 — Eudolphi : 7. pag. 63 e 310, N. 1 — Bojanus : pag. 178, taf 2 — Nitzsch: 2. pag. Westrumb: pag. 10, N. 15. taf. 2, fig. 1-10- Bremser: 3. tab. 6, fig. 1-4— Gurlt : pag. 367, taf H, fig, 21-24 -Martens: pag. 523 ~ Cloquet : pag. 63, pie. 5 fig. 1-3, pie 6, fig. 1-13. plt. 7, fig. 1-8, pie. 8, fig. 1-13 - Siebold : 1. pag. 196- Mehlis: pag. 166 - DujABDiN : pag. 503. N. 10 - Blanch.a,r.d : pag. 12- Diesing: 1. pag. 20 e 553, N. 2 - Lewy : 2. pag. 48 -Diesino: 3. pag. 74!, N. 2-Schneider, A: 1. pag. 584; 2. pag. 1, fig. 7 - Eivolta: pag. 283 - Cini: i)ag. 107 -- Andres: pag. 584, taf 31 - Linstow; 1. pag. 46- Perroncito: 1 pag. 421 - Kai.ser: 1. pag. 414 e 437 — Koehler : 1. pag. 1192 — Parona: 1. pag. 362 — Grassi e Calandrcccio : pag. 521— C.u,a\- DRDCCio: pag. 6 -Linstow: 4. pag. 19-Stiles: 1. pag. 764; 2. pag. (^\i Aeantocefiili dei Mammiferi 259 52 -- Wernicke : pag. 44 -- Ivaiser : 2. pag. 1--Parona: 4. pag. 252- LiNSTow: 6. pag. 38. taf. 5, lig. 22-23 -- Muhling : 2. pag. 54-Mingaz- ziNi: pag. 230--Br.ìun: pag. 30 1 - Ihebing : pag. 45 - Luhe : pag. 215. GifjanforJn/nchus ffigas Fallxs-B.aua.\s: 1. pag. 195 - Eailliet : 1. pag. 565-- Perroncito : 2. pag. 527. Ecliìnorhiinrìms hinincìiìiaceus P.allas — Lììhe : pag 226. Oi(/anforJn/nc!n(,<< ìiirundiiiacens Pallas -- Porta: 6. pag. 277. Proboscide quasi sferica lunga 1 mm. circa; armata di 5-G-7 serie di uncini (6 per serie) di questi gii anteriori sono molto robusti lunghi mni. 0,48, i posteriori sono più piccoli lunghi mm. 0,22 e assomigliano a quelli delle tenie. — Collo inorme, ciliuth-ico, lungo 0.7-1 mm. — Corpo bianco, bruniccio o azzurrastro, liscio o rugoso trasversalmente, molto allungato, quasi cilindrico, assottigliato posteriormente, alle volte anzi pressoché tili- fornie. — Borsa copulatrice piriforme o a cupola. — Uova oblunghe quasi cilindi-iche lunghe mm. 0,068-0,098, larghe mm. 0,031-0,062. Lunghezza variabile: generalmente nel cf 6-15 cm. ; ? 30-50 cm. Hahii. — Homo siipieus L. (?) (Leuckart, Lindemann), Hyaena striata ZìiiMER. , Sufi s-crofa L. , Sus .scrofa domestica L., Sa s cri status Wagììer. T)i- cotiiìcs torqualìts Cuv. (Intestino tenue] — fEuropa. Madagascar, Nord e Sud America). Allo stadio larvale vive nella Meloìonllia rnlf/aris L. (ScHNRroRR), Ce- tonia aurata L. flvAiSER) — (Europa); Lacnostcn/a arcuata. L. dulia. L. kir- finila ( 8tu.es ) — ( America i. Note. — -Nella mia nota preventiva riferivo a questa specie anche i G. spirnla, iìif/eiìs e pacliyacanthus. Per il numeroso materiale studiato in seguito io mi ricredo, e mantengo separato il Q. spirula dal G. hìrundina- ceus (considero V ingens e il pach>/acanthus sinonimi del G. Spirula). Le due forme sono senza dubbio molto vicine, e secondo me ciò che le distingue sono le dimensioni e la forma del corpo, essendo la forma della [ìroboscide e degli uncini la stessa. Io credo che Vhirundinaceus tipico, sempre di grandi dimensioni, sia proj)rio degli Artiodattili, lo spjirula. di piccole dimensioni, con corpo tozzo, e profonde pieghe trasverse, sia una forma dei Carnivori, Prosimii . e dei Primati. Queste differenze sono forse dovute al diverso modo di sviluppo delle due forme. E dubbio se V hirnudinaceus si trovi anche nel!" uomo ; il Leuckart cita pochi casi abbastanza positivi: secondo il Lixtiemanx ì' hirundmaceus non è raro tra la gente nella Russia meridionale, questa asserzione non è però confermata. La sua presenza nell'uomo non è impossilnle perchè secondo lo ScHXKroER la larva del maggiolino ("' talvolta mangiata cruda dall'uomo. A questa specie molto facilmente deve essere riferito \' E. ìtominis Lambl. (ved. pag. 268j, 260 Antonio Porta Il Diesino; cita Vhirmìdinacens della Hìjnena sfriata, io credo però che questa cattura meriterebbe di essere couferniata dubitando si tratti dello sjjirula. In alcuni esemplari mi è parso che tanto gli uncini anteriori che po- steriori siano leggermente uncinati all'estremità. Il Rivolta descrisse le alterazioni prodotte dal G. hirmuìinacem nel cignale: erano ferite alla mucosa, con margini tumefatti e infiltrati di sangue. che s'affondavano tino alla sierosa e talora a tutta la parete, con emigra- zione del verme al di fuori dell'intestino; in alcuni cinghiali trovati morti nelle macchie di Tombolo, notò dei noduli al terme, ed echinorinchi piccoli e grandi, da 7-9 a 32-33 centim. Forse allo stadio larvale si trova M\v\\e ^e\V Erinacens europaexs- come lo prova il l'inveuimento in essi di alcune forme dubbiose di acantocefali, che forse si riferiscono n\V hiruwlinar.ens (vedi E. amphipachus, E. crìiiacei). 21. Gigantorhynchus spirala Olfers [1816] (Fig. 21. a. h.) Ecliimrhìjnc/nis spinila Olfers in Rudolphi: 7. pag. 63 e 310, N. 2 e pag. 665 N. 51-Westrumb: pag. 4, N. 2, taf. 1, fig. IG, taf. 2, fig. 16 b. - Dujardin: pag 41)9, N. 1 ~ Creplin : 2. pag. 326 ~ Djesing : 1. pag. 21, N. 4 — LiNSTOW : 1. pag. 6--.Jhering: pag. 45 — LIìhe: pag. 305. Ginganlorhi/nchHfi spinila Olfers — Linstow : 6. pag: 33, taf. 5, fig. 20-21. EcMììorhìjncìms ingens Linstow: 2. pag. 337; 4. pag. 17. E. linci ujacanthus Sonsino: 1. pag. 226 e 231; 2. pag. 442 e 448 - Linstow : 4. pag. 138. Pro!:) osci de subglobosa, armata di (i serie di uncini iG per serie), di questi gli anteriori sono molto robusti, i posteriori più piccoli aghiformi. Collo inerme, corto. — Corpo per lo più tozzo, fortemente corrugato tras- versalmente, — Borsa copulatrice a forma di urna. — Uova lunghe da (),U9 e 0,10 mm., e larghe da 0,05 a 0,06 mm. Lunghezza variabile: da 5 mm. a 168 nuìi. Hahit. — Inims ecaudatus Gkofvk.. Cehn.s fatuellus F.RXhm.., Hapale ro- mita WiED., Mìda.s sp.V (Iherin(ì), Lemur coroitatus Cteay, L. byrniiietis HoEVEN, Peroilidictfs patto Bosman, Fdis lynx L., Ganis aureus L., Mega lotis cerdo Skjoldebr., Frocion lotor. L., Nasiia socialis Pr., N. iianca L. [Intestino tenue] — (Brasile, Africa, Madagascar). Note. — Il Linstow dà pei- questa specie le dimensioni di 168 mni.: gli esemplari da me osservati, inviatimi dalf Iherinu e dallo Shipley, varia- vano da mm. 5 a 50! A proposito del G. hiniiidìnuccn.s ho già detto che io ritengo lo spi- rula nient' altro che una forma di detta specie, degna di essere distinta Gli Acantocefali dei Mammiferi 2f)l per la forma del corpo tozza e fortemente corrugata, nonché per il suo habitai costante, lo sinrula sarebbe proprio dei Primati. Prosimii, e Car- nivori. Al G. spinila ascrivo VE. ingeits Linstow, sia per la forma della pro- boscide, che il numero degli uncini e le dimensioni delle uova; più che ■à\V hirundinacens lo riferisco ancora allo spinila per Y hahifaf (Procyon ìotor L.j. Il SoNsiNo descrisse del Megaìofis cenlo e del Caiùs anreus un acan- tocefalo che per l'apparenza e forma delle uova nonché per la forma della proboscide, si avvicinava al gigas (hinindinaceiis)^ ma che però egli ritenne (per le dimensioni molto minori degli individui che pure avevano acquistato maturità sessuale) specie distinta e la nominò E. pachiiacanthm. Il Prof. Parona mi uiviò alcuni acantocefali del Edis Ignx e del Cariis auveas che coincidevano perfettamente colla descrizione del pachgacavflnis data dal Sonsino, e che senza dubbio io riferisco al G. spinila. Più tardi il Sonsino rinvenne in Egitto nel Moniicola saxatilis (= Lasciala luscinia L.J « un esemplare di echinorinco larvale hicistato nel connettivo presso la laringe. Il suo preparato microscopico offre i seguenti caratteri : lungh. circa 4 mm., largh. circa 1,5 mm. Corpo fusiforme coU'estremità posteriore più sottile dell'anteriore. Proljoscide vista retratta con cinque serie tra- sverse di uncini di grossezza rliversa e evidentemente con completo svi- luppo. Ciascuna serie pare costituita da sei uncini, per cui si ha un totale di 30 uncini. La forma degli uncini per quanto non chiara, ed il loro numero, rammentano le proboscide dell'iJ. padigacanfhus da me descritto come specie trovata nel Canis aureus, specie a cui riferii pure un esemplare di echino- rinco trovato da me nel Megalotis ardo. Siccome quest' ultimo animale, e probabilmente anche il Gatiis aurens., fanno caccia agli uccelli del deserto. si può congetturare che la forma larvale trovata nel Monticnla saxatilis sia la stessa larva dell'^". parhgacanthns ->. Questa osservazione del Sonsino é della massima imjiortanza e ci lascia supporre nel G. spinila il seguente ciclo di sviluppo per quanto riguarda il rinvenimento di questo parassita nei Carnivori. 1. L' uovo contenente l'embrione è ingerito da una larva di scarabeide fcoleotteroj, che é il primo ospite. 2. Con l'artropode passa in un uccello, che è il secondo ospite. 3. Con l'uccello in un Carnivoro, ospite definitivo, nell'intestino del ([uale raggiunge lo stadio adulto. 22. Giganiorhynchus moniliformis Brf.mser [181] | (Fig. 22. a. 1). e. d.) EcItinorJignchus moniliformis Bremser: 1. pag. 2G-RuDOLPm: 7. pag. 71 e pag. 324, N. 33 -Bremser: 2. pag. 18 - Westrums : pag. 25, N. 46, taf. 1, lig. 3, taf. 2. fig. 21-24 -Bre-mser: 3. tab. 6, fig. 21-22 - Dujardin: Archivio Zoologico, Voi. 4, Pasc. 2. 18 262 Antonio Porta pag. 501 e òOd, N. 9 — Diksing: 1. pag. HB, N. 45--LmsT0\v: 1. pag. 20 — Grassi e Calanueuccio : pag. 621, 7 tig. — Calandruccio : pag. (J — Kaiser: 2. pag. 10— Parona: 4. pag. 251 -- Minhazzini: pag. 230 ~ Stossich: 4. pag. 2~Ihering: pag. 45— Braun: pag. i301 — Luhk: pag. 257. Kchiiiorlri/ììchus sp, ? Grassi e Calandruccio.' pag. 522. CìiqcDifoyhijìicJius Diouilifonnis Bremser — Hamann : 2. pag. 1 — Railliet: 1. pag. 508 - Magalhaes : pag. 301, 4 fig. — Perroncito: 2. pag. 530— Porta: 5. pag. 5; 6. pag. 278. Echtììorhynchus Grasf^ii Deffke {in Uff eri fi) Railliet: 1. pag. 571. Proboscide cilindrica, arrotondata airestremità, oppui'e più o meno rigonfiata nella sua metà anteriore, lunga 0,5-07 nini., annata di 12-1(J (più spesso 14-lG) serie longitudinali di uncini : di questi gli anteriori sono forti, robusti e adunchi, lunghi inni. 0,30, i posteriori sono poco arcuati e più deboli, misurano min. 0,26. — Collo brevissimo, lungo 0,1-0,2 min. — Corpo lungo, cilindrico, bianco latteo, ad un centimetro circa dalla testa diviso del tutto o in parte in segmenti eguali fra loro, cosi da assomigliare ad una collana di perle. — Borsa copuhitrice, campanuliforme. — Uova giallastre, ellissoidali, con triplice invoglio, lunghe min. 0,075-0,085, larghe mm. 0,040-0,045. Lungh. r{' min. 40-70; O min. 70-185 (Westrumb, cm. 27j. Hahii. — Homo sapienfi L. (Grassi e Calandruccio). Scinrus vulpìnus Gmel . Mì/oxns qiierciìtnfi L. . CriretHs friimentarius Fall.. Mus fascirosfris Wagner, AI. ilcrumami-'i Pallas, M. rafhi.s L., Arvicola arralis Blasius, Me- rìoncs- fiiììmiirns. Canis familiaris L. [Intestino tonuej — (Europa. Africa, Brasile). In ventriculum translatus : Futorins piiiorins L.. Fulco cincraceus Mon- TAGU (= Oircns p!/!/oi-(/ns L.j |Stomaco|. Allo stadio larvale vive nel Bl ip-s mucronata Latr. (Grassi e ('alan- DRUCcio), e Feriplane/a americana Fabr. (Magalhaesj. Note. — Specie facile a distinguersi per il corpo diviso in parte in segmenti eguali fra loro, questa divisione è però decrescente dalFavanti al- l'indietro in cui scomparisce. Gli autori negano l'esistenza del collo; invece (piesto. benché brevis- simo, esiste, ma non è sempre visibile perchè la prol)oscide raramente è completamente estroflessa. In questa specie osserviamo due forme di prciboscide: negli esemplari d'Europa la proboscide è assolutamente cilindrica; negli esemplari del Bra- sile è più o meno rigonfiata nella sua metà anteriore. Il Macaliiaes che primo descrisse negli esemplari del Brasile questa forma di proboscide nel vionilif'orinis, ne rileva la differenza osservando la figura data dal Grassi, e si domanda se esista questa differenza di forma, 0 se non sia dovuta all'imperfezione della figura del Grassi. Gli Acantocefali dei Mammifei'i 263 Pel numeroso materiale avuto iu esame sia d'Europa, cbe del Brasile (^inviatomi dall' Iheringj. mi sono convinto che esiste questa differenza di forma. A questa specie deve rifei'irsi l'acantocefalo trovato dal Grassi e (Ja- LANDRUCcio nell'intestino tenue del cane in Sicilia: « — sondern auch nicht selten eineu Echhiorhynchns (reprasentirt vielleicht cine ueue Art) in Diin- ndarm des Hundes ». Il Railliet cita questa forma del Grassi e Calandrdccio col nome di E. Grassii Deffke, 1891. Per quante ricerche bibliografiche io abl)ia fatte non ho potuto vedere la descrizione di questa specie, quindi ritengo che VE. Grassii Deffke sia una specie in lifferis. che in ogni modo deve esser posta in sinonimia del moniliformis. Il Grassi e Calandruccio riscontrarono a Catania nella Blaps mìtcro- nata la larva dell'i', monili formi s, e il Calandruccio, facendo l'esperimento su sé stesso, verificò che l'uomo, ingerendo ima Blnps^i può servire di ospite definitivo all'acantocefalo, il quale cagiona violenti dolori addominali, diarrea; stanchezza, sonnolenza e ronzio alle orecchie ; l'olio etereo di felce maschio basta per espellerlo. Il Magalhaes prendendo come punto di partenza le osservazioni del Grassi e Calandruccio, e avendo osservato più d'una volta la presenza di resti di Periplaneta americana nello stomaco dei topi, pensò che in questo comunissimo insetto si potesse trovare la larva del monili formis. Le osser- vazioni fatte confermarono la sua ipotesi, e si può quindi considerare la Blatta come l 'ospite intermedio del G. moniliformis nel Brasile. 23. Giganiorhynchus circumflexus Molin [1858J (Fig. 23. a. b.) ErMnorhyncJms circnmflexiis Molin: 1. pag. 142 — Difsing : 3. pag. 745, N. 20-- Molin: 3. pag. 262, N. 87 — Linstow : pag. Ib — Parona: 4. pag. 251. Gigantorhi/nchiis circimiflexufi Molin — Porta: 6. pag. 278. Proboscide clavata, lunga appena mm. 0,3-0,5; armata di 8-9 serie di uncini, di questi gli anteriori (5 serie) sono molti forti ed adunchi con lama più lunga della radice, i posteriori (3-4 serie) sono meno robusti con lama più corta e radice quasi a moncone. — Collo brevissimo, mm. 0,2. — Corpo molto lungo, assottigliato anteriormente, gradatamente più ingros- sato posteriormente. — Borsa copulatrice campanulata. — Uova ovali con triplice invoglio lunghe mm. 1-1,2 larghe mm. 0,5 (x 135). Lungh. del cT mm. 7-40; Lungh. 9 40-112,5. Hahit. — Talpa europea L. [Intestino] — (Italia). Note. — Ho osservato numerosi esemplari appartenenti al Museo Zoo- logico di Padova, ed alla collezione Parona (Padova-Modenaj. Le misure 2G4 Ar.tonid Porta minime da me riscontrate fui'ono 18 ram., le massime mm. 112.5 funa O Modena; collez. Parona). Spesso il corpo è ravvolto a spira. Il MoLm l'invemie in una talpa 8 rf e 12 $ di questo echinorinco. Dal materiale osservato, benché non perfettamente conservato, mi sono convinto che detta specie debba ascriversi al genere Gigaiìlorhynchis': il MoLiN intuì ciò perchè dice « esso deve venir registrato nel sistema imme- diatamente dietro VE. spira ». (== G. compressiis Rud). 24. Gigantorhynchus cestodiformis Linstow (19()4| (Fig. 24; Kcìdnnrìiiiiichus cestodiformis; Linstow : 9. pag. B80, taf. l, fig. 3-4; 11. pag. 2-{. Gif/fniforl/i/rnhìi-! cenfodi/'ormifì Linstow— Porta: 6. pag. 279. Proboscide lunga mm. 0,47, larga mm. 0,20; si trova in una specie di concavità' profonda mm. 0,59, formata dalla cuticola, per cui non è vi- sibile anche quando è perfettamente evaginata. E armata di 14 serie di uncini (8 per serie) di cui gli anteriori sono lunghi mm. 0.032, e rimpic- cioliscono dall'avanti alFindietro. — Corpo .segmentato superhcialmente ctìu circa 90 pseudosegmenti nei due terzi anteriori del corpo, posteriormente sono indistinti. — Uova ovoidi con triplice invoglio di cui l'esterno è molto spes.so, limghe mm. 0,085. larghe mm. 0.0 19; l'embrione è nmnito antei-iitr- meute di una corona di uncini. Lungh. 115 mm.; Largh, 1,58-2,17 mm. Hahìi. — Erinaccus aUiireutrìs Wagner, E. froiitalis Smith. |Intestino| — (Africa). Note. — Non conosco questa specie; riporto la descrizicme e le hgure del LixsTuw. (Ji'cdo del)ba ascrivei'si al genere (ìif/di/forlu/ììiìnis. 25. Gigantorhynchus major Bkkmskr |1811J (Fig. 25. a. b.) Eclànorìiynclnis ììinjor Brkmser : 1. pag. 26— Wkstrumb: pag. H, N. 14, taf. 2, fig. 11-15 — DujARDiN : pag. 500, N. 4 — Diesing: 1. pag. 21, N. iì -- Linstow: 1. pag. 15 — Stossich: 3. pag. 133 — Luhe: pag. 250. G'n/antorJiynchus niajoì- BB:E^lSER-- LiissTO\\: 6. i>a,g. B2, taf. 5, tig. 14-15 — Porta: 6. pag. 279. Prol)oscide piccola, corta, subglobosa, armata di 9 serie di uncini, di questi gli anterioi-i (3 serie; G uncini per .serie) .sono robusti con la lama affilata e misurano mm. 0.17; i postei'iori sono più piccoli, e ricordano nella formagli uncini di tenia, misurano nim. 0,12, — Collo brevissimo. — (Jorjio incre.spato, anellato. posteriormente alquanto più ingrossato; per lo più è Gli Acantocefali dei Mammiferi 265 ciliudrico. (jiuilche volta è appiattito, e ricorda una teuia. — Borsa copu- latrice vescicolare. — Uova ovoidi, con triplice invoglio, lunghe mm. 0,075, larghe nim. 0.03(). Luugh, 120-165 mni. iDujardin 240 nim.|; Largh. ((quando il corpo è cilindrico) mm. 2-2.57; Largh. (quando il corpo è appiattito) mm. 4,5-6,75. Hahit. — Erinaceus eiiyopaens L. [Intestino] — (Europa). Note. — Lo Stossich Io dice rarissimo. Lì non ho osservato alcun esem- plare di questa specie che mi pare peraltro ben cai'atterizzata sia per la forma della proboscide, e il numero delle serie di uncini, sia per la forma del corpo. Species inquirendae 26. Echinorhynchus cuniculi Beilingham [1844| Ediiìivrhìjuclins cuìiiculi Bellingham : pag. 2G0 — Diesin'g : 1. pag. 54, N. l'O — LiNSTOw: 1. pag. 28 ~ Perkoxcito : 1. pag. 424 — Kailliet: 1. pag. 571 — Porta: 6. pag. 280. Il Bellingham col nome di E. raulcidì indico, senza però descriverla, una nuova specie di acautocefalo dell'intestino tenue del Lepus cuhìciUks domenticus L. — (Irlanda). 27. Echinorhynchus amphipachus Westrumb [1821] Ecìdnorhynchus erinacei abdomhialis RuDOLPm: 7. pag. 76, N. 52 — Lììhe: pag. 202. E. amphipachus "Westrumb: pag. 4. N. 8 — Dujardin : pag. 500, N. 3 — Diesing. 1. pag. 22, N. 7-LiNSTOw: 1. pag. 25-Luhe: pag. 170 -Porta: 6. pag. 280. Proboscide quasi globulosa. armata di cinque serie di uncini. — Collo brevissimo. — Corpo biancastro rigonfiato alle due estremità, più sottile nel mezzo. Hahit. — Erinaceus europaeuò- L. [Mesentere] — (Vienna). Note. — Questa forma già provvisoriamente descritta dal Euuolphi col nome di E. erinacei ah^lominalis, fu trovata una volta sola nel mesen- tere di Erinaceus europaeus. L. Dubito si riferisca al G. hlrandiuaceiis. 266 Antonio Porta 28. Echinorhynchus erinacei Rudolphi [17^3] Haeruca erinacei Eudolphi: 1. pag. 21 — Luhe: pag. 334. Echinorhynchus uayacformis Rudolphi: 3. pag. 47--Zeder: 2. pag. 150, N. 2 — Rudolphi: 5. pag. 254, N. 3; 7. pag. 64, N. 4- Westrumb: pag. 8. N. H--Ddjardin: pag. 500, N. 2, — Diesino : 1. pag. 22, N. 6 -- Linstow : 1 . pag. 15 ~ LtiHE : pag. 263. E. erinacei subcutaneus Rudolphi: 7. pag. 76, N. 53 — Westrumb : pag. 8, N. 11 — LliHE : pag. 203. E. citilli Rudolphi: 7. pag. 76, N. 54 -- Westrumb : pag. 8, N. 12 - Lììhe : pag. 190. E. miistelae Rudolphi: 7. pag. 75 e 335, N. 50— Westrumb: pag. 39, N. 68 — DujARDiN : pag. 501 — Lììhe : pag. 261. E. kerkoideus Westrumb: pag. 8, N. 12 — Dujardin: pag. 502, N. 8 - Lùhe : pag. 235. E. erinacei Rudolphi — LIìhe : pag. 202 — Porta : 6. pag. 280. Proboscide quasi globulosa. armata di quattro serie trasverse di uncini molto robusti. — Collo molto corto. — Corpo bianco, ristretto in addietro. Lungh. 6,5 mni. ; Largh. 1 mm. Habit. — Erinaceus europaeus L. (intestino ceco, e subcute), Siiermophi- lus citillus Wac4n. [Intestino]. Foetorius vidfjarìs Brisson [Mesentere]— (Greif- swald, Vienna j. j^ o t e . — Credo questa specie identica alla precedente e da riferirsi al G. hirimdinaceus. Dubito che VE. mmielae sia sinonimo dell' erinacei. forse si tratta del G. s-pinila. 29. Eohinorfiynchus pseudosegmeniaius Knììpffer [1888] Echinorhynchus pseudosegmentatus Ksìxpffer: pag. 10-17, taf. 2, fig. 26-09- LiNSTOW : 4. pag. 9 - Porta : 6. pag. 280. Proboscide molto piccola e corta, con otto serie longitudinali di pic- coli uncini (la proboscide non era perfettamente evaginata). — Corpo bianco- latteo, attorcigliato, superficialmente segmentato; nella parte anteriore i se- gmenti sono corti e distinti, nella posteriore non vi è traccia di segmentazione. Lungh. 80-140 mm. (solo 9$). Habit. — Spermophilus citillns WAt4N. [Intestino tenue] — (Russia). Note. — Si riferisce forse al G. moniliformis. Gli Acantocefali dei Mammiferi 267 30. Echinorhynchus depressus Nitzsch fi 8(16] Echinor/ìijHcìnis dcpresuìns Nitzsch • 3. pag. 2(i8 - LiNSTOw: 1. pag. 08 — Porta: 6. pag. 280. Proboscide corta a forma di mazza, armata di cinque serie di uu- cini. distinti fra loro. — Corpo fusiforme, depresso, rugoso. Note. — Un solo esemplare della lunghezza di mm. 6,75, incai^sulato nella tunica del duodeno di una Mftsfela foina Erxl. — (Germania). Dubito si tratti ael G. spirula. 31. Echinorhynchus putorii Molix |1858] FAÌnnorhymhnH indorii Molin : 2. pag. 2W--Diesing: 3. pag. 751, N. 51 -- Mo- lin: 3. pag. 275, N. 104-- Linstow: 1. pag. 311 - Pahona : 4. pag. 251- PoRTA : 6. pag. 281. 11 MoLiN indicò con questo nome un acautocefalo trovato nella cavità addominale di Foetorius putorÌNs L. Esso aveva formato un diverticolo nelle pareti di un vaso arterioso del peritoneo nel quale penetrava con la pro- boscide, mentre il corpo, pendeva nella cavità dell'addome. [Veneto dtalia)]. Il Prof. Càrazzi di Padova mi inviò, fra altro materiale di acantoce- fali appartenenti alla collezione Molin, un echinorinco indeterminato con l'in- dicazione « in Mustela ». È forse l'echinorinco descritto dal Molin col nome di E. putorii ? Benché deteriorato si potrebbe riferire per la forma del corpo e per le dimensioni al G. spinila. Sareblie quindi il putorii sinonimo di spirula? 32. Echinorhynchus sp.V Wklu [1861 | Echinork/jnchus sp. V Welu : pag. 236 - Linstow : 1. pag. 40 ~ Porta : 6. pag. 281. Proboscide con 5 sex'ie di uncini. Incapsulato nel mesentere di Foetorius vnlgaris Brisson — (Egitto). Come le due forme precedenti credo anche questa si riferisca al G. spirula. 33. Echinorhynchus reductus Linstow [1905] (Fig. 26. a. b. e. d.) Echinorhìpuhus redudus Linstow: 10. pag. 2, taf. 1, tig. 7-10- Porta: 6. pag, 281. Proboscide Imiga min. 0,99, larga inm. 0,59; armata di 21 serie trasverse di imcini (12 per serie): le prime 19 sono formate di uncini ro- 268 Antonio Porta busti con lama arcuata e radice della luiigliezza circa della lama, misurano dall'avanti all'indieti-o mm. 0.13 — mm. 0,11; le due posteriori constano di uncini aghiformi con radice a moncone. — Corpo rigontiato anteriormente armato di aculei coniformi, prominenti. — ^Uova non ancora mature. Lungh. mm. 6,12 — Largii, anter. mm. 2,37; poster, mm. 1,14. Habit. — Fhoca foetida Fabr. (Un giovane esemplare con la proijoscide iiitissa nella tunica muscolare dell'intestino). Note. — Dubito si riferisca al C. struìnosum. 34. Echinorhynchus hominìs Lambl [1859| Echi norìti/m Jais Imnivh Lambì.: pag. 15 - Leuckart, R.: pag. 729 -- Linstow: 1. pag. 3--ScHNEmER: 2. pag. l — Blanch aro: pag. 93 — Eailliet: 1. pag. 571 -- MiNGAzziNi : pag. 230-Braun: 2. pag. 301 --Porta: 6. pag. 281. Con questo nome l'A. ha descritto un echiuorinco femmina, lungo mm. 6,6, largo mm. 0,6 la cui proboscide corta, subgiobulosa, lunga min. 0,36. larga mm. 0,34 era munita di uncini disposti su dodici serie trasversali, ciascuna composta di 8 uncini, lunghi 103 |j, sulla grande curvatura e 77 |j. sulla piccola. L'animale era pieno di uova incompletamente sviluppate. Un unico esemplare trovato dal Lambl nell'intestino tenue di un ra- gazzo di nove anni morto di leucemia a Praga nel 1857. Molto facilmente sì tratta di un parassita accidentale. ScHNEiDER lo riferisce ad un giovane (}. hirnj/d'mareu.s: Leugkart crede lo si del)ba riferire o all'/?, ain/ìi.sfafìis- Enn. (== lucii Mìill.) o al G. .splrida Olfers. Delenda Le seguenti specie devono essere tolte dall'elenco degli Acautocefali. 1. Echinorhynchus sj). ? Wklch i1872) — Riiuenuto dal Wklch incistato sotto la mucosa del digiuno d' un soldato. Si ]-iferisce invece ad un Lin- guatulide. 2. Echinorhynchus sp. Mdnikz (189()) — Il M()Nn-:z riferisce a jiarti di Echi- uorinco (uova e cunioli ovigeni fluttuanti i certi corpicciuoli trovati dal KuNSTLKR e dal Pitres a Boideaux nelf essudato pleurico purulento estratto per toracentesi ad un uomo della ciui-ina di un piroscafo che faceva viaggio da Bordeaux al Senegal. Il Blanchard ritiene i corpu- scoli fusati per merozoiti e le cisti per schizonti di un coccidin \Eime- ria hominis Blanch.]. 3. Echinorhynchus ^p-'? Tjevvis — -Questo ]u-eteso echiuorinco trovato dal Levvjs nello stomaco del cane pariah in Calcutta, non è altra cosa se- Gli Acantocefali dei Mammiferi 269 coiido il Lkuckakt che un Giiaf/iosfoiiia; il Cobbold non esita a riferirlo ai G. spinif/ernm Owen. 4. Echinorhynchus muris Schkank (1788) — Trovato una sol volta nello sto- maco (li Mhs ìJt/(sc/ilK.s L. Il DujARDiN ha dimostrato che si riferisce al Cysticercits fa^iciolaris. 5. y Echinorhynchus sp. Parona (1898) — ^11 Pabona riferì provvisoriamente, con (Uil)bÌM. al genere EchinoyJn/iìcJut.s un parassita rinvenuto nell' in- testino di Mus rajah Thom. (Isole Menta wei). 8i riferisce al Guatlto- stoma paronai Porta. Specie sconosciute L'Iherink (1902-1903) elenca un Ediinorìujnchm 2Htr(U B.vxhEY in FelLs. Per quante ricerche aliltia fatte nulla ho potuto sapere di questo Acantoce- falo; anche il Dott. (_) v. Linstow mi scriveva che non poteva darmi al- cuna notizia. 270 Antonio Porta III- Indice sinonimico degli Acantocefali dei Mammiferi Edi inorhyiìrhtis amphipachuti Wkstb. 27 Edi. cuiilcìdi Be[.lingham 26 E. depressun Nitzsch 30 E. elecjdus Diesinu 5 E. erinacei Rud. 28 E. ho'ììiinìs Lambl 34 E. Novellai. Parona 4 E. oncicola Ihering 2 E. ovocristatus Linstow 1 E. p ardali s- Westrumb 3 ovatus Leidy campanili atus Dibising E. lìsendosegmentatus Knlìpfker 29 E. putorii MoLiN 31 E. redudus Linstow 33 E. sp.? Wedl 32 Cheutroòoma hufeonis Schhank 6 appendiculatus Westk. Wedli SoNsiNO C. Ninnii Stossich 7 Echin. sp. Perroncito Corynosoma hnìlosiim Linstow 8 11 12 14 15 13 Corynosoma Hannonii Linstow 10 antarcticus Rennie C. .stnimosum Rud. 9 ventricosus Rud. semermis Fobssell Bolhosoma auraniiacam R sso B. hrevicoUe Malm B. capitatum Linstow B. porrigeiis Rud. B. tarhiìiella Diesinu porrigeiis Kaiser (nec Rud.) Giga II torli yndius cesiodiformis Lii'jsTow 24 G. nrciimfiexus Molin 23 G. echlnodiscus Diesing G. hamatus Linstow G. hirundinaceus Pallas G. major Bremser G. microcephalus Rud. G. moniliformis Bremser G. Semoni Linstow G. spinila Olfers ingens Linstow pachyacanthus Sonsino 18 19 20 25 IH 22 17 21 1) Non tengo conto che delle specie da me messe in sinonimia le quali fi- guravano, prima del presente lavoro, come distinte. Riporto la sinonimia com- pleta nella descrizione delle singole specie. Gli Acantocefali dei Mammiferi 271 IV. Quadro riassuntivo degli Acantocefali dei Mammiferi SPECIE OSPITE Osservazioni Gigant. Scmoni Linstow (t ìfjant. m icrocephabi.s Euu. Bolbos. aiifantiacnm Eisso Bolbos. breoicoUc Malm Bolbon. ti. rb'nu'lla Diesinc; Bolbos. capitaimn Linstow Bolbos. porrigeìis Rud. Gigant. ecJàti od i-sc ì ( s DiESING Gigant. ììioìiiliforìn is Bremser Marsupiali Feranicles obesula Gkoffk. Dìdeìpligs murìna L. > caiicricora Grife. » anrita Wied. philander L. » virglnidìia Shaw. Cetacei Delphinus delpliis L. Biihd'ìiopfcra rostrata Fabr. > Sibìmìdd Gray. HnperuodoH rosfrafuni Wesm. Bnìacìioptera borcalis Lesson musculus ( 'oMP. » Sibb<(l(lii Gray. Globicephalus si iìitval Flaw. Fseu'ìorca crassidens Gray. Hgperoodon rostrattim Wesm. Balacnoptera borealis Lesson » rostrata Fabr. Mcgaptcra boops Li. Sdentati Mt/rmecophaga tetradactgla L. » didactgla L. » jubita L. lio.sicanti Sciurus vulpinus Gmel. Mgoxus quercimis L. Criceins frumentarius Pall. Mas f'uscirostris Wagner » deciimanus Pallas » raitus L. Arvicola arvalis Blasius Meriones sinaiticus 272 Antonio Porta SPECIE OSPITE Osservazioni Eeìiiii. ciiii/culi Bellinwham Et/lll(. CfÌHWci liuu. Ecldn. pnendusenììieiilitufs IvNi'irKFEK Giyaiit. ìiamatus Lin.stow I Gi(jaìit. /nratidiiKUcus t Pallas i EcJiin. ovocristdtns 1 LlNSTOW 1 Chentr. huteoids Schrank , Gigant. cìrcunifiexus i MOLIN Gigant. icstodifortnifi ) LlNSTOW ( Gigant. major Bremsek Echin. anqihipacliHx Westkumb Echin. erinacei Euu. Lrpiis vHiiiculns doiiicsticìus L. Spentiophilas citillns Wagn. Sjìcrmopìnlus citilluti Wagn. Ungulati Artiodattili huiiodonti PofaiHoc/ioerus Edwamiì Grandiuieb Sus scrofa L. » scrofa domestica L. » cristatus Wagn. Dicotyles torquatus Cuv. Insettivori Centetes ccaudatus Wagn. Erinaccus auritus P.all. Crocidura aranea Wagn. Talpa europea L. Erinaccus albivcntris Wagn. » frontalis SivirrH. Eriìiaceus curopaeus L. Erinaccm europaeus L. Er'rìiaccns curopaeus L. Oliirotteri Echin. Novellai Pakona Arlibcus pcrspicillatus L Specie iuijuireuda Specie i 11 q u i r e 11 d a ; forse si riferisce al G. hinindinaceiis. Specie iuquireuda; forse si riferisce al G. moni- li forni is. Forma larvale; adulto specialmente negli Uc- celli rapaci. Specie iuquirenda; forse si riferisce al G. hi- nindinacens. Specie inquirenda; forse si riferisce al G. hiritn- dinaceus. Gli Acantocefali dei Mammiferi 273 OSPITE Ossei'vazioui Ecìlill. Oìivirala liJKHIN'G. EcìiÌH. parddlìs Westr. Carnivori Fissipedi FelìS! melas Péron. , » onra L. Fcìi-i cniicolor L. » pardus L. l » melN.rord ìlligrr ) » oyif-a L. » ìiìitis Cuv. / » tigrina ^'cheeb. » Gcoff'royi U'Orbig. » vliibigoKiizuii Cìriff. ('ìii')il r. lulfdìiis ScHHANK Cailis niÌ2icx L. l'iiciifr. JS'iìini Stossich riifor/iis ntlgaris Brisson , Felis caiiis doììiestica Briss. < 'iirgiins. ,sl niìinisiiiti Uui). Guidili. ìiiiiiiiiliinici'Us Paij-as Focforiun pnforiuf L. HgdciKi siiidld Zlmmer. Frlìs ìijnx L. (Jdiiis anreus L Gìqddl. spìrnìd (),.FK.HS ^}fe.9a/o//,s- cerr^o Skiolderk. ■^ ; Frocion lofor L. ) iV, asua socìalis Pr. naricd L. Felli II. niiiid-rl Ruu. Fcvtorins nili/dris Brisson. Fcli'ni dcjìrc-ssds Nit/sch Miisfeld foind Erxl. Krìiiìi. piiliirii ]\Iui.iN Fiifloriii-s' piituriiis- L. Er]iini>rli. sp.V Wedl Fiieforiu-^ vidf/dris Brisson I Piuììipedi Cori/ìiDS. bdlliis-iiiii Mdiridìiiiins leoni niis L. J_,1NSTU\\ Verosimilmente aveva iiianftiato dei topora- Forma larvale, l'infe- zione è dovuta, certo a pesei infetti in,o-erit.i. Dubito si tratti dello spirida. ■Specie inqnirenda: credo die VF. wnxtelac non sia sinnmnio dell' eri- nacei ma forse dello spiridd. Tutte tre forine inqni- rende, riferibili torse al (t. spimln. 274 Antonio Porta SPECIE OSPITE Osservazioni Curi/iios. ì-t rum (Istilli RvD. Halichoerus grypw^ ìNilss. Fhoca (/rocnlandica JMUllkk \ » unncllatd Nilss. ' y> l'inulina L. . » fi iettila Fabr. / » Insipida ScHREB. \ Fhocnena conmiunù Cuv. Coryni'S. ìlaniaìitii i Oyniorhiìnts kptoìinx Elai.nv. LiNSTuw t Waìileil Lesson Echin. nducius Linstow Fhuca /oetiiln Fabk. Prosimii Lemnr coroiiafas Gray Giyaiit. spinila Olfkrs j > ònoniciis Hoeven ( Fcrodicticns potto Eosman I ' Primati Echin. tiegans Diesino Gif/ant. spirula Olfeks Calliihrix lemocepìiala Geoffr. Chrì/suiììrix sciurea L. Uapalc chrysidenca Wagx. » rosalia Wiei>. » Ursula Wagn. Midas sp. ? I Inuvs ec.audatus Geoffr. \ CebuH fatueUus Erxleb. i Majjale rosalia WiEu. ' Midas si>.? Gigant. Gigant. Echi il. hiruìidinaceus Pallas liiimilifitrììiis l Hiiviu snjiii'ìis L. Bremseh i ìioillinis Lambl f Allo stadio larvale è stato linvermto anche nella Harelda gliicialìs , nel Fe.is catus domestica. nel Foetoriiis puforins che presumi bihuen te avevano mangiato pe- sce infetto. Dubito sia un giovane esemplare di C. strn- ÌH osimi. L' E. limili itis si riferisce 0 allo spìrnla o al lii- 1 itiidiìiaceus. Gli Acantocefali dei Mammiferi 275 Dal quadro esposto possiamo trarre alcune considerazioni: 1. Che gli acantocefali dei mammiferi hanno un ìiahitat ben definito; e infatti vediamo che i O. Semoni e vnicrocephalus sono propri dei Marsupiali ; il gen. Bolhosoma con le specie anrantiaeum, brevi colle, turhinella, capitatvm e -porrigens, è esclusivo dei Cetacei; parimente il (t. echinocUscus è dei Sdentati, come dei Rosicanti è proprio il G. monili formis] degli Artiodattili abbiamo Vhirundina- cens e Vhamatits, che io dubito sia nient'altro che una forma geo- grafica deWhinmdinaceìis] anche lo spirula deve considerarsi come una forma deW hirimdiìiacetis propria però dei Carnivori, Prosimii e Primati; dei Pinnipedi caratteristico è il genere Corynosoma] dei Primati, insieme allo spirula già menzionato, VE. elegans. 2. 11 maggior numero di specie di Acantocefali lo rinveniamo nei Cetacei (5 specie), negli Insettivori (6 specie) e nei Carnivori (8 specie) ; ciò si spiega facilmente col genere di vita di questi animali. I Cetacei, ed i Pinnipedi, si nutrono di crostacei, molluschi e piccoli pesci teleostei che noi sappiamo essere gli ospiti intermedi di molte specie di acantocefali; gli Insettivori pure presentano un numero considerevole di acantocefali perchè dato il loro nutrimento più facile ne è l'infezione; cosi dicasi pure dei Carnivori, nei quali però non credo che l'infezione sia diretta, ma avvenga per mezzo di altri ospiti intermedi, uccelli o piccoli mammiferi, di cui fanno caccia. 3. Alcune osservazioni potremo pure fare sulla distribuzione geografica delle varie specie. Seguendo lo schema del Lydekker, il maggior numero di esse si estende nel reame artogeico e neo- geico, una sola specie troviamo nel notogeico {G. Semoni). E più specialmente nel reame artogeico si estendono nella regione olar- tica (fauna artica: gen. Coryuosoma e alcune specie del gen. Bol- hosoma), mediterranea, e malgascia; nel neogeico si estendono quasi esclusivamente (ad eccezione dell'^". Novellai della regione haitiana) nella regione neotropica, e più precisamente sono proprie della fauna dell'America tropicale. Laboratorio di Zoolog-ia deirUniversità di Camerino, Maggio 1909. 276 ■ AiitoTiin Porta V- Bibliografìa- 1878. Andres, A. — Ueber den weihlichen Geschlechtsapparat des Echi- Horhyìuhns gigas Eud.: Morphol. Jahrh. Bd. 4, pag. 584, Taf. 31. 1844. Bell in gli a m, B. — Catalogne of Irish Entozoa. with observations: Ann. May. Nat. Risi. Voi. 13, pag. 254. 1871. Bene den van, P. J. — 1. Les poissons des còtes de Belgique, leur.s parasites et leur commensanx: Mém. Av. Se. Belg. Tome 38, 6 Flc. 1885. — — 2- Les Cétacés des mers d' Europe: i^'«Z^. J e. Se. Belgi qa e [3). Tome 10, K. 12. 1849. Blanchard, M. E. — • Recherches sur l'organisations de vers: 4>^«. Se. Nat. (3) Tome 12, pag. 9-27, 59-68. 1889-90. Blancliard, R. — Traité de Zoologie medicale: Paris. 1782. Bloch, M. 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X 135 (Or g;. » 24. -- G. ci'-dodiformis : uncino della proboscide (da Linstow). » 25.— G. major: uncini della proboscide (da Linstow). » -Ilo. — Ecldnarhi/ndmn reductus: a. forma del corpo; b. e. d. uncini (da Lin- stow). Ricevuto il 24 Giugno 19(19. Finito di stampare il i9 Dicembre 1909. Sulla discussa natura di alcune parti del sistema nervoso viscerale degl' Insetti .'^ I WFc Ricerche ed osservazioni critiche /f^^- T.' %'~-;-^ / del Dott. Gesualdo Police Libero doeenfc — Assistcìilo nciristiluto zoolofiicn licUa Iv. T'nivPisità di Napoli con la tav. 6. Dallo SwAMMKRDAM che pel primo riconobbe un sistema ner- voso viscerale negl' Insetti, tutta una lunga serie di autori è venuta studiando ed ampliando le nostre conoscenze intorno a questo ar- gomento, quali il Lyonkt, Meckel, Treviranus, Suckow, Audouix, MiiLLER. Straus-Durkeim, Brandt, Newport, Blanchard, Chatin, Newton, Kostler, Hofer, Pawlowa, Boruas, Heymons, de Sinéty, PlERANTONI. Fino al 1887, tempo in cui comparve il lavoro dell' Hofer, gli autori che studiarono il sistema nervoso viscerale degl' Insetti, sem- pre d'accordo sul numero dei gangli, discussero il modo come questi gangli si mettono in relazione fra di loro o con gli altri organi. Gli autori che in epoca posteriore all' Hofer si occuparono dì queste ricerche, si possono dividere in due gruppi. In un gruppo vanno compresi quelli che completando le osservazioni precedenti, continuarono a considerare come gangli nervosi tutti i e u-pi fino allora ritenuti come tali del sistema viscerale (Pawlowa, Bordas, PiERANTONij. in altro gruppo si possono comprendere gli autori ohe negano la natura nervosa di alcuni di questi corpi (Heymons, de Sinéty, Janet). Per ben porre la (juistione premetto una esposizione generale riassuntiva del sistema nervoso viscerale degl' Insetti e dei gangli che lo costituiscono, secondo gli autori rlel primo gruppo (Paw- lowa, Bordas, Pierantoni ) ; e perchè il lettore possa chiaramente 288 Gesualdo Poi ice orientarsi mi riferisco alla Fig. 1 , che rappresenta il sistema vi- scerale del Bacillìii ro.v.S'ii Fabr. Il sistema nervoso viscerale degl' Insetti è contenuto nel capo. In esso si può distinguere una parte impari e una parte pari. Nella parte impari si notano due centri nervosi: il ganglio frontale (Fig. 1, gfr) ed il ganglio faringeo ■Fig. 1, gf) (gan- glio esofageo, ganglio occipitale, ganglio del gozzo degli autori'. Due commissure partono anteriormente dal ganglio frontale e lo mettono in relazione con la faccia ventrale del cer- vello. Un nervo ricorrente unisce fra loro questi due gangli impari. La parte pari è rappresentata da tre paia di gangli . i quali rispetto alla parte impari sono simmetricamente disposti dai due lati. Questi gangli non sempre sono egualmente denominati dai varii autori, onde preferisco, seguendo il Pikrantoni. di indicarli semplicemente secondo il loro ordine di posizione: gangli pari anteriori, gangli pari medii, e gangli pari posteriori. Il paio di gangli anteriori (Fig. 1, ^^a) (gangl i latero- esofagei, gangli faringei degli autori) è costituito da due gangli allungati, strettamente avvicinati tra loro, die ricoprono il il ganglio faringeo. Essi sono in relazione con la faccia 'uferiore del cervello mediante due nervi i nervi faringei ) (Fig. 1, vf). e con il ganglio faiingeo mediante due brevi connettivi (Fig. 1, cgf). Il paio di gangli medii (Fig. 1, gin) rappresentanti i gangli 1 atero-esofagei posteriori, ganglio splancnico, degli au- tori (nel Baciìlui^ e nella Mantis. corpi vescicolari = cy. nelle Fig. 1 e 8) rappresentato da due gangli di forma sferica, com- pletamente divisi 1' uno dall' altro ed applicati sulle pareti late- rali dell'esofago; essi sono collegati con i gangli anteriori corrispon- denti, ciascuno mediante un nervo. I gangli pari posteriori (gangli stomacali, degli au- tori), anch' essi sferici sono in relazione con il ganglio faringeo ciascuno per mezzo di un lungo connettivo. In alcuni Insetti {Epa- cromia) essi sono distinti e posti ai due lati della porzione poste- riore dell'esofago; in altri (Blatta. Mantis^ Bacillus) sono fusi in un ganglio solo (Fig- l,gpp) posto sulla faccia dorsale dello stomaco. Prima I'Heymons e poi il de Sinéty negarono la natura nervosa dei gangli pari medii, ed in ciò furono seguiti dal Janet. Il do 81NÉTY, però, andò più oltre, n(iganclo anche la natui'a nervosa dei gangli pari anteriori. Sulla disciirtSii natura di alcune parti del sistema nervoso ecc. 289 Attratto dallinteresse dell'argomento, ho voluto ristudiare la t|UÌstione aperta da questi autori sulla interpretazione dei gangli del sistema viscerale degl' Insetti ed espongo i risultati (Italie mie os- servazioni. La quistione essendo sorta per le osservazioni ilell'HKYMOXs sul BacìUìi.s rosfiii Fabu. ed in seguito per quelle di de Sinf.ty sui Fasmidi in generale, ho creduto opportuno foudnre le mie osser- vazioni principalmente su due Fasmidi, il Bacìlhif! rossi} Faiui. e la, Mdììtis rPÌìgìosa L., estendendole ad un (irrillide. V tjpaeroinin tha- lassììKt Fahr. e ad un Blattide. la Pcriplaupta orirutalìs L. Gangli pari a n t e r i o r i. Benché, in ordine cronologico , la quistione , come ho detto, sia sorta prima sulla interpr(Hazione dei gangli pari medii , pur- tuttavia. j)er comodità di metodo, incomincio con lo studiare quelli pari anteriori, seguendo Tordinc di posizione dei gangli. 11 DE SiNÉTY , prima in una comunicazione preliminare (1) e poi in un più ampio lavoro (2) alFerma di essere stato colpito ipag. 16'2-1()3) dalle relazioni intime esistenti tra questa t'orma- tion pai' ticulière (gangli pari anteriori) e l'aorta, e crede per i(^ sue osservazioni di dover considerare i gangli pari anteriori come corpi di natura .speciale atti a costituire un apparecchio di sosteo-no all'aorta. L'autore la notare (pag. l(ìB) che la posizione dei gangli è stata bene osservata dalla Pawlowa nelle ligure della quale « les ganglions de la première paire, au lieu d'étre écartés l'un de l'antro comme dans celles de Hofer et des auteurs , sont très souveut soudés l'un à l'autre et toujours accolés au vaisseau dorsal ». Più innanzi (pag. I(i4) nota che anche il Janet [2) « les représente soudés ». Ma dimentica di ricordare che anche il PieraiNtoni (1; li disegna saldati; ciò che non avrebbe dovuto sfuggire al de Si- XKTY, sia pure, come egli dice, (nota a pag. IGò) essendosi limi- tato ad interpretare soltanto le ligure del lavoro del Piekantoni. Il DE SiNÉTY dopo aver fatto rilevare che al Janet non è riu- scito di poter vedere i prolungamenti di « ces ganglions .sj^mpa- thiques deutocerebraux », si occupa estésamente delle differenze « entre les centres nerveux bien caracterisés comme tels et les pré- 290 GesuaMo Police tendus ganglions .sympatiques » (gangli pai'i anteriori). Egli divide queste ditìterenze in tre ordini , riguardanti i caratteri istologici, l'elettività istochimica ed i rapporti. Io riassumerò partitamente le osservazioni del de Sinktv, di- scutendole in seguito in base ai fatti da me notati; riserbandomi di esporre dopo gli argomenti che mi permettono di più precisa- mente concludere intorno alla natura di questi corpi. a). Differenze is tologiclie. — Pel de Sinéty (pag. 165-166) mentre tutti i gangli del sistema viscerale hauuo sulle sezioui un aspetto assolutauieute identico a quello dei gangli della catena vi- scerale, i corpi in parola presenterebbero ditfereuze di struttura. priiicipalmente iu rapporto all' involucro generale ed al carattere dei nuclei: Mentre intorno ai veri centri nervosi vi è sempre una membrana limitante, nei gangli pari anteriori mancherebbe ogni involucro. Per ciò che riguarda i nuclei, mancherebbero « ces no3'aux volumineux que Fon retrouve jasque dans le petit ganglion oeso- phagien et que tous les réactifs fixateurs contractent plus ou moins, souvent jusqu'à faire apparaitre autonr de la nucleine une larg*^ aureole. » Invece si riscontrerebbero « souvent des formes nucleaires que Fon ne voit jamais dans les cellules nerveuses, des formes al- longés, irrégulières, qui rappellent bien plutòt des noyaux muscu- laires ou conjonctifs. » i). Differ enze nell'attività istochimica. —Il dk Sinéty (pag. 166-1(57). ammette che nei corpi di cui ci occupiamo « existe dans les parties profondes une région fibrillaire pauvrr- de noyaux ou méme sans noyaux , qui rappelle au premier aspect le tissu centrai d'un ganglion » ; però egli crede che la somiglianza non re.si.ste ad un esame comparativo. Prescindendo dalla struttura, egli « pour distinguer ces régions Hlìrillaires dans les deux sortes d(^ formations » ricorre alla loro attitudine comparativa nell' attirare e ritenere certe sostanze. Epperò, egli comincia col notare che iu preparati tissati con liquidi mercurici ed insuliicientemente lavati, mentre tutti i gangli sono carichi di piccole granulazioni di mercurio « dans la tranne des masses nerveuses », la parte tìbrillare dell'apparecchio aortico non ne ha. Al contrario questa parte fibrillare manifesterebl)e una più gi'ande avidità per le materie coloranti. Cosi, nelle volgari (iolorazioni in tato con la cocciniglia allumo-picrica , per esempio, la sostanza til)rill;ir<' dei v^ri gangli e (juella dell'apparecchio aor- tico prenderebbero due tinte di rosso impossibili a confondersi. Il Sulla discussa natura di alcune parti del sistema uervoso ecc. 291 contrasto poi .si accentuerebbe di più con i coloranti complessi, cosi col miscuglio fuchsi-indaco-picrico dei Cajal: il de Sin et y sa- rebbe giunto difatti ad ottenere 1' apparecchio aortico tinto in rosso, mentre i centri nervosi erano colorati in indaco pallido. Con i coloranti iniettati nel corpo dell'animale vivente (bleu d'Ea- LiCH e rosso Magenta) si otterrebbe poi la colorazione esclusiva del- l'apparecchio aortico senza alcuna coloi'azioae dei centri nervosi, c). Differenze nei rapporti. — Secondo de Sinéty (pag. 1H7-168'), i veri gangli avrebbero un modo proprio e costante di mettersi in relazione con i nervi che vi mettono capo o ne partono: '1 la continuité s' établit par une partie graduellement effilée, de ielle sorte que le nerf n'est qu'un simple prolongemeut du ganglion et (pr'il serait impossible de dire ou commence celui-ci et où linit celui-là ». Se lo stesso avvenisse per i gangli anteriori in rapporto ai nervi faringei (come appare nella iìg. l(i dell' Hopeiì; sarebbe il caso « d' ètre surpris qu' une masse ayant de telles relations avoc un n(3rf fut autre chose qu'un ganglion nerveux. » Invece il nervo faringeo va lungo la partt; anteriore appuntita di questo ganglio, restandogli parallelo, e per accostarlo tinalmente nella faccia ventrale. « Sur les coupes transversales on retrouve ces nerts enrobés dans la profondeur de la formation massive, mais cons(n-vant longtemps leur individualité, qu'ils soient demeurés sim- ples ou (pi'ils se soient bifurqués avant de pénétrer, comme cela ar- rive souvent. — Une telle mise en rapport d'un ganglion avec le principal tronc nerveux qui vieni y aboutir serait unique. » Queste sono le considera zioni per le quali il de Sinéty esclu- dendo la natura ganglionare dei gangli pari anteriori, cerca di dar loro un"altra interpretazione (pag. 16S-Ì70). Comincia col dire. « A défaut d'une inter])rétation complète et suivie dans tous les details, nous croyons pouvoir le considèrer en general comme un appa rei 1 de soutien pour le vaisseau dorsaletde reception pourles nerfs qui lui sont destine s. All' infuori di questa ipotesi, continua il dk Sinéty, male si spiegherebbe l'intimità contratta con l'organo ])ropulsore. Le due jjarti dell'apparecchio in quistione abbracciano così strettamente il more, che è impossilule « do distinguer qui revient au coeur. Ce n'est pas là la manière de faire d'un ganglion, mémc^ d'un ganglion viscéral, par rapport aiix organes qu'il dessert: le ganglion stoma- 292 Gesualdo Police cai, par exemple, qui doit iniiorver l'iutestiu, repose bieii sur ce viscere, mais sans se souder avec lui. » Lo studio dell'insieme di questo apparecchio mostra al de 8ixety come esso « estfortement attaché et suspendu au systèrae trachéen »: ed in questo fatto l'autore vede un indizio del suo principale si- o-nificato. Oltre alla funzione fondamentale, che è d'ordine chimico, le trachee ne avrebbero anche un'altra, essenzialmente meccanica, datale dalla loro origine cuticulare, potendo costituire una rete sou - pie e resistente ammirabilmente adatta al sostegno di organi liberi. Secondo i casi predomina o la funziono chimica o la funzione meccanica. Nell'apparecchio aortico predominerebbe la parte meccanica: le numerose trachee che avvolgono e traversano qu<^st'organo lo im- mobilizzano di fatto nella cavità generale, in modo che l'aorta la ([uale s n' aurait pu sans compromettre sa contractilité fo:ictio li- neile, se soiider sur une grande longuer, se trouve soutenue à un niveau tìxe. » « Le méme appareil fonctionne enlin comme une sorte d' in- termédiaire destine à recevoir directment les nerfs puissants ( norfs pharyngiens) qui viennent du cerveau et à leur permettre de subir, daus sa masse mème, les modifications de structure qui permettent à leurs éléments d'influencer les hbres contractiles de l'organe pro- pulse ur. » Il DE SiNETY aggiunge, però, che le sue ricerche non gli hanno lasciato vedere « en quoi consistent ces modifications, ni commont se fait la mise en rap|)ort des éléments nerveux avec les éléments musculaires, soit au niveau mème d(^ l'appareil aortiqne, soit aux niveaux inférieurs ». Conchiude poi: ' Il est possible que la masse centrale, d'aspeci tibreux, dont nous avons parie plus haut, soit partiellement constituée par rentr<4acement de prolongeaients ner- v po- steriormente sotto forma di un sottile filamento. L' Heymons passa poi ad. esporre, lo sviluppo e la struttura rhji corporei aliata. Come già aveva notato nello studio sullo sviluppo dei Dermatteri ed Ortotteri, eg'' conferma che mentre le altre parti del sistema nervoso viscerale si originano dalla superficie dorsale dello stomodeo, questi corpi si originano dalla parete ventrale del corpo, sul limite fra il segmento della m vudibola e quello della ma- scella. Il gruppo di cellule che si stacca dall'ectoderma per costi- tuire questi corpora aliata, dapprima è compatto, ma presto le cel- lule si allontanano in direzione centrifuga, costituendo un corpo cavo od organo vescicolare. Fin dal loro originarsi i corpora aliata si mettono in relazione con le cellule mesodermiche del somite man- dibolare. Essi sono trasportati da questi elementi mesodermici nella regione dorsale, dove restano vicino al tentorio. Arrivate in sito le vescicole sono rivestite da una sottile membrana, costituita proba- bilmente dalle cellule del mesoderma del segmento della mandibola che l'hanno accompagnate. Allo stato adulto ogni corpus allatum è rappresentato da una vescicola la cui parete è fatta da un solo strato di cellule cu- biche. Nel centro della vescicola vi è una picctjla, massa di una sostanza alla quale I'Heymons attribuisrc una, natura chitinosa. Una serie di cuticole della stessa natura egli osserva inoltre nell'interno della vescicola, disposte concentricamente intorno alla piccola massa centrale. Queste cuticole corrisponderebbero verosimilmente a mute successive dell' Insetto. Per le sue osservazioni 1' Heymons esclude assolutamente che i corpora aliata nel Bacillus rossii Fabr. sieno di natura nervosa. Sulla discussa natura di alcune parti del sistema nervoso ecc. 305 Egli inoltre nota che questi medesimi corpi si riscontrano in tutti gì' Insetti, perchè li ha osservati nei Dermatteri, negli Ortotteri, nei Rincoti (Nepa cinerea L., Notontda glauca L.i e nei Lepidotteri (Lasiocampa fasciateUa). Negli altri Insetti, però, constata nella loro struttura una notevole differenza, da quelli del Bacillus, in quanto li trova costituiti da un ammasso compatto di cellule, senza cavità; notando che in parecchi casi, come nella Foriicola, almeno nell'em- brione, i corpora aliata si accennano come i litro flessioni vescico- lari. Egli conclude che lo stato vescicolare di questi corpi, transi- torio negli altri Insetti, è persistente nel Bacìlla.s. Nello stesso anno in cui vedeva la luce quest'u Itimo lavoro del- l'Hkymons, Janet pubblicava quello sui nervi cefalici, corpora al- iata e tentorio della Formica. Per quest'Autore i corpora incerta del Mktnert sono i corpora aliata dell'HEYMONS, le cui conclusioni in rapporto allo sviluppo ed alla struttura di questi organi egli ac- cetta pienamente. Anzi, basandosi sulle osservazioni dell' Heymons, Janet cerca di dare un significato morfologico a questi corpora aliata. E vista la loro vicinanza originaria col tentorio, cerca di interpre- tarli come i rappresentanti ridotti della forca mandibolare e vuol vedere in ossi l'ufficio di fornire cellule formatrici alle ti'aoheo pro- prie del metamero mandibolare. Il PiERANTONi i2) in uno studio sidla struttura dei centri nervosi viscerali di due Ortotteri, il Pachytylas cinerescens e V Epa cromia thalassina ritorna sull'argomento, non dividendo, per gli animali da lui studiati, il parere dell' Heymons. A questo proposito debbo notare che a torto il de Sinktv (2, pag. 165) in un lavoro pubblicato ntdio stesso anno, ma posterior- mente a quello del Piee Antoni , fa una colpa a (juesto autore di ignorare le ricerche dell' Heymons. Il PiERANTONi non le ignorava. Egli infatti scrive a pag. 59: « Senza formulare alcun giudizio su ([uanto l" FlEY:\roNS abbia potuto osservare nel Bacilliis, debbo notare die tanto pel mio studio sulla anatomia grossa dei gangli del sistema nervoso stomatogastrico dei dni due suddet+i Ortotteri, quanto pel presente esame per la strut- tura sottile di essi , son sempre restato fermamente convinto che quei due corpicciuoli non possono essere altro che dei veri gangli; ed i tre rami nervosi da me descritti, che partendo da essi si di- stribuiscono alle glandule salivari, ;dla parete intestinale ed al gan- glio ])rotoracico, ne fanno fede per sé stessi. Confermo tuttavia che r aspetto microscopico di questi gangli diiierisce alquanto da quello 606 fTesiialdo Police degli altri, appartenenti allo stesso sistema, ed a quelli apparte- nenti al sistema nervoso centrale, per non trovarsi in essi la so- stanza punteggiata in posizione distinta dalla massa cellulare ». TI PiEBANTONi si convinoe di più della natura gangliare di questi corpi dal fatto clie quantunque non gli « sia riuscito di seguire il de- corso dei neuriti dai corpi cellulari ai nervi » i nuclei delle cellule esistenti in questi corpi non differiscono da quelli che si riscon- trano negli altri centri nervosi del sistema viscerale. 11 DK SiNKTY i2) ritrova nei Fasmidi da lui studiati (e ne pre- senta i disegni per la L("[)tynìa h ispanica) la struttura dei corpora idlatd osservata dall' Heymons nel BaciUus Tossii Fabr. Conferma che si tratta di organi fatti da una sola serie di cellule pag. 164); però non gli pare evidente che la membrana interna di queste cel- lule sia di natura chitinosa negli animali da lui studiati. Come si vede, mentre 1' Heymons, afferma che il paio medio di gangli viscerali in tutti gì' Insetti non è di natura nervosa (se- guito da Janet per le osservazioni sulla Formica rafa e da dr Si- NÉTY per lo studio sui Fasmidi in generale), il solo Pierantoxi ne sostiene la natura nervosa per gli Ortotteri da lui studiati. J disegni dell' Heymons (3, iig. 2) per i corpora aliata del Ba- ciUus rossii e quelli del de Sinéty (2, pie. 1 iig. 31 e 37) per la Leptyriia hyspanica sono cosi evidenti che era impossibile interpre- tare come gangli nervosi i corpora aliata da essi descritti : le mie osservazioni sul BaciUus rossii Fabr. e sulla Mantis religiosa L., confermano le osservazioni di questi autori sui Fasmidi da essi stu- diati. Realmente nel Bacdla^ e nella Mantis i due corpi asimmetrici (Fig. 3, cv) elle si trovano situati posteriormente ai gangli pari an- teriori hanno struttura digerente da quella dei centri nervosi. Le cellule che li costituiscono hanno tutto l' aspetto di cellule epiteliali allungate, disposte in un solo strato che si spostano radialmenti^ verso la periferia lasciando nel mezzo uno spazio occ-upato da so- stanza amorfa disposta a strati concentrici. Debbo qui osservare che 1' Heymons, nella porzione centrahi dei corpora aliata descrive delle lamelle concentriche a cui egli attribuisce la natura chitinosa, e dalle sue ligure ( PIeymons 3 fig. 2) qtieste lamelle appaumo completamente staccate l' una dall' altra. Il de Sjnéty (2i invece nei Fasmidi da lui osservati non ritrova questi curiosi strati concentrici di chitina. Sulla discussa natura di alcune parti del sistema nervoso ecc. 307 A me risulta ohe questi strati esistono nei corpi vescicolari dei due Fasmidi da me osservati, però, mi pare che non possono ritenersi come lamelle nel senso ohe loro attribuisce 1' Hkymons; cioè a dire non sono distinte 1' una da''' altra; hanno piuttosto la apparenza di rappresentare i limiti più intensamente colorati di varii strati, completamente aderenti l' uno all' altro; di una sostanza prodotta a successivi periodi di secrezione. Nulla , però , assicura che essa sia di natura chitinosa, ed in ciò sono d' accordo col de SiNÉTY. Tanto meno poi è da opinarsi, come vaoh; 1' Heymons, che i varii strati corrispondono alle successive mute dell'Insetto, non essendovi alcun fatto in appoggio di questo argomento. Sono ben lungi dallo accettare T interpretazione data dalJANF/r di questi corpi : non basta che essi si originino in vicinanza del tentorio perchè si possano considerare come rappresentanti della forca mandibolare; tanto meno poi si possono considerare, come vuole il medesimo autore, quali organi formatori di trachee, sol perchè si veggono molte trachee intorno ad essi. Si può inclinare a credere che questi corponi aliata dei Fa- smidi Iranno V apparenza di organi glandulari a secrezione in- terna, ma siamo lungi dal poterlo affermare e tanto meno poi pos- siamo o-iudicare della natura della loro secrezione. Per ciò che riguarda la presenza e la struttura di questi corpi nel Bacilins e nella Mantis, come si vede, tranne .dcuni partico- lari, le mie osservazioni confermano quelle dell' Heymons : ma al- lorché questo autore vuole interpretare i gangli pari medii del si- stema nervoso viscerale di tutti gli Insetti come dei corpora aliata corrispondenti a quelli del Bacilins, le mie osservazioni sono in di- saccordo con le sue. Nei gangli pari medii del sistema nervoso viscerale deWEpa- cromia thaìassina Fabr. e di Feriplaiieta orientali^ L., non si ri- scontra alcuna affinità con i corpi vescicolari del Bacilhi^ e de^'a Mantis. Mancano le cellule prismatiche disposte radialmente, manca la porzione centrale a strati concentrici. E fin qui ancora d'accordo con r H?:ymons, il quale trova che negli altri Insetti manca la ca- vità centrale. Le divergenze si affermano nell'interpretazione, cioè quando, V Hp:ymons, ammettendo elle questi corpi negli altri In- setti siano fatti da cellule compatte fra loro, non le considera di natura nervosa e conclude che lo stato vescicolare, persistente nel Bacillus è transitorio neofi altri Insetti. 308 Gesualdo Police L'Hevmons non dà alcun disegno della struttura di questi corpi vescicolari in tutti gli altri Insetti da lui osservati; limitan- dosi a disegnare soltanto quelli del Bacillns: dei disegni non sa- rebbero stati inutili per meglio interpretare le sue par(ìle, poiché i miei preparati mi conducono lontano rlalle sue conclusioni. Anzitutto dirò che i gangli pari medii nelVEpacromia e nella Periplaneia non sono disposti asimmetricamente ai due lati del faringe, come noi Bacillus e nella Maìitis^ ma invece sono disposti con perfetta simmetria da un lato e dall'altro del faringe medesimo. Questo semplice particolare, che non implica la natura dei corpi in quistione, è d'accordo con caratteri di maggiore importanza. Primi fra (piesti sono da notarsi i rapporti fra il nervo pro- veniente dai gangli pari anteriori ed i gangli pari medii. Nel Ba- cill.iis, come nota anche 1' Heymons, questo nervo arrivato alla su- superficie dei corpoia aliata si sfiocca senza penetrare in essi. Ben differentemente accade nei due Ortotteri da me studiati. Dalla Fig. 7, rappresentante un taglio longitudinale attraverso uno dei gangli pari medii di Epacroniia thalassina Fabr., si vede come que- sto ganglio gradatamente si assottiglia nel nervo che va ai gangli pari anteriori. Si vede ancora questo nervo {ngpini nella Fìg. 9 che rappresenta una sezione sagittale attraverso un ganglio pari medio di una forma giovane di Periplaìteta. In questa sezione, colorata con ematosillina fosfomolibdica, si vedono distintamente le fibrille del nervo, mostrando che esse si continuano nell'interno del ganglio e che non vi è alcuna membrana limitante fra nervo e ganglio. Ma le relazioni più spiccate fra il nervo proveniente dai gangli pari anteriori (h1 i gangli pari medii (cgam), le ho constatate sui tagli trasversi di questi ultimi neìV Epacrotìiia tlialassina Fabr. Quest'Insetti^ per le sue dimensioni e per ([uelle relative dei gangli p;u"i medii, ha permesso di poter isolar(^ i corpi in esame, tagli;ii'li in sottili se- zioni seriali ed ottimere distinte colorazioni con la ematossilina Mallory. Ho visto cosi, che il nervo penetra in ciascuno di essi serban- dosi per buon tratto intero e sfioccaudo le sue fibrille solo nella parte centrale dei gangli. La Fig. 6 rappresenta proprio il tratto in cui le fibre del nervo si dissolvono nell" inteinio d(Ohi sost;inza gangliare, mostrando con evidenza 1' intimità dei rapporti fra nervi e ganglio. Oltre i l'apporti con i U(uvi provenienti dai gangli pari an- teriori, anche i fatti riguardanti la struttura intima di questi corpi Sulla discussa natura di alnune parti del sistema nervoso ecc. 309 appoggiano il concetto che essi neli' Epacromia ed in Feriiìlaneta siano per struttura differenti da quelli del Bacillm e della Mantis. Come in tutti i gangli nervosi una membrana fornita di nu- clei radi (Fig. 6 e 9, mn) riveste tutto il ganglio. Inoltre nella sua massa si distingue una parte cellulare eduna parte fibrillare (Fig. (), 7 e 9). La parte fibrillare, in quantità minore die negli altri eentri nervosi, pur non essendo molto regolarmente disposta ri- spetto all'insieme degli elementi cellulari, serba tuttavia una po- sizione abbastanza centrale. Gli elementi cellulari non sono cellule prismatiche, come nei corpora aliata., ma sono cellule spiccatamente piriformi , fornite di prolungamenti i quali si mettono in relazione con le fibrille della sostanza centrale e con le fibrille del nervo proveniente dai gangli pari anteriori (Fig. 6). Questi caratteri della struttura minuta dei detti corpi sem- brami sieno comuni soltanto ai centri nervosi od opino che sol- tanto come tali essi debbano considerarsi, poiché ancora soltanto i gangli nervosi acquistano con i nervi ])rovenienti dagli altri gangli le relazioni che esistono con i corpi in parola e poiché soltanto i gangli nervosi sono costituiti da elementi quali quelli da me ve- duti in questi corpi. Le mie osservazioni, quindi, mi conducono ad ammettere che in Periplaneta orientalis L. ed in Epacro'ìnia, thalassina, Fabr,. esiste un vero paio di gangli viscerali med'ì , come sostiene il Pikran- TONi. D'altra parte, però, mi conducono ancora ad ammettere che in Bacillus rossii Fabr. od in Mantis religiosa L., questi corpi sono rappresentati dai corpora aliata o corpi vescicolari del- l' Heymons. Non posso conseguentemente dividere il concetto di questo Autore che negT Insetti nei quali ha riscontrato questi corpi senza la cavità, essi non rappresentino che i medesimi corpi ve- scicolari con cellule ammassate, perchè si tratta di elementi di na- tura del tutto diversa da quella dei corpora aliata. L'Heymons ha mostrato che i corpi ''n quistione negl'Insetti, per ciò che riguarda lo sviluppo hanno in tutti il medesimo valore. Ciò non implica per nulla la loro natura nell' adulto: Organi di natura ectodermica, nell' Epacromia diventano di natura nervosa, e nel Bacillus di natura glandulare. Sono organi che hanno la me- desima origine e la medesima posizione , ma assumono natura e funzione differente. Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 2. 21 310 Gesualdo Police Concludendo: Dalle mie osservazioni cosi su Bacillus Tossii Fabr. e Mantis religiosa L., come su Epacrumia thalassina Fabr. e Peri- pianeta oripfìitalis L., risulta che i gangli costituenti il sistema ner- voso viscerale degl' Insetti sono nel numero prima ammesso dal- l' HoFER, dal BoRDAS, dalla Pawlowa e dal Pierantoni, cioè : due impari (ganglio frontale e ganglio faringeo), e tre paia pari (gangli pari anteriori, gangli pari medii e gangli pai-i posteriori : quest'ul- timo paio talora fuso in un solo ganglio). Ho mostrato difatti come ^'^ paio d^ gangli pari anteriori, con- siderato dal DE 81NÉTY di natura speciale, presenta tutti i caratteri dei gangli nervosi. Similmente ho mostrato che se in alcuri Insetti iFasmidi) non si riconosce il paio di gangli pari medii, ma si ri- scontrano invece organi di natura differente {corpora aliata del- FHeymons) non si può da ciò ammettere che negl'Insetti manchi questo secondo paio di gangli , che esiste distinto in altri , come negli Ortotteri da me studiati, nei quali il paio di gangli medii presenta caratteri decisamente nervosi: corpora aliata e gangli vi- scerali medii sono, quindi , organi omologhi, ma di funzionalità e struttura differente. Napoli. Tsiituto zoologico della Ti. Università. Giugno 1909. Sulla discussa natura di alcune parti del sistema nervoso ecc. 311 Lavori citati 1826. Audouin, J. V. — Recherches poar servir à l'histoire naturelle des Cantharides: Ai/u. Se. Nat. ( l) Tome ,9, pag. 39. 1894. Binet, A. — Coiitribution à l'étude du systeme nerveux sous-in- testinal des Insectes: Joar. Aiiat. Pìuj.s. Paris., SO. Anuée., pag. Mi), àS Fig. 1846. Blanchai'd. E. — 1. Recherclies anatoniiques et zoologiques sur le système nei'veux des auiniaax sans vei'tèljres. — Du système uerveux des Insectes. — Mémoire sur les Coléoptères : Ann. Se. Nat. (Sì Tome 5, 2)ag. .37 o, Pk. SflS. 185cS. — — 2. Du grand sympatique cliez les animaux articulés : Ann. Se. Nat. {4) Tome 10. pag. ò. * 1851-59. — — 3. Arachnids, in: Organisatiou du règne animai: Prfri.s'. 1896. Bordas, L. — l. Etude du système nerveux sus-intestiual (sto- niatogastrique) des Orthoptères de la ti'ilju des Mécopodinae {PlatypjhgllHìn giganteum): C. R. Ac. Se. Tome 12S . pag. 56^. 1897. — ■ — 2- Système nerveux sympatique des Orthoptères. C. R. Ac. Se. Tome 125, pag. S21. 1900. — — 3- ContriI)utiou à l'étude du système nerveux sympatique sus-iutestinal uu stomatogastrique des Orthoptères, Ball. Se. Frari. Beìg. Toiiif HS, pag. 458, Pie. 9-10. 1831. Brandt, J. F. — 1. Ueber die Système der Eingeweidenerven der Insekten : h-i.s. Jahrg. 1831, pag. 1103. 1836. — — 2- Remarques sur les nerfs stomatogastriques cu intestinaux {nervtts sympatliieus seu nervi reproduetorii) dans les animaux invertebrés : Ann. Se. Nat. (2) Tome 5 , pag. 81 e pag. 138, Pie. 4-5. 1833. Brandt, J. F. ~ Ratz eburg, J. T. C. — Medizinische Zoolo- gie oder getreue Darstellung and Beschreibung der Thiere, die in der Arzeneimittellehre in Betracht kommen, in systematik. .2. Ed pag. 58, Taf. 11. 1897. B urger, 0. — in: Carrière J. P.-Biirger 0. — Die Entwick- lungsgeschichte der Mauerbiene [Chalieodoìna muraria Fabr.j im Ei: Nova Ada Acad. Leop. Car. 69. Ed. pag. 253, Taf. 13-25. * 1878. Chatin, J. — Recherches sur le grand sympatique des Insects: Eull. Soe. Phil. Paris (?") Tome 4, pag. 11. * 1874. Forel, A. — Les Iburmis de la Suisse: Neue Denksehr. Sehweiz. Gcs. Naturwiss. 26 Ed. 480, pag. 2 Taf. *) Ho segnato con asterisco le memorie che non ho potuto consultare di- rettamente. BiÈ ■ Gesualdo Poi -ce 1895. Heymons. R. — ^ 1. Die Einl)ry<)n;i,lentwickeluiii. Se. Nat. (?') Tome lo, pag. 385, Pie. 12. 314 Gesiiildo Police Spiegazione della Tavola 6- Lettore comuni a tutte le ti^^ure : cr, (cellule congiuntivali. ce, cervello. rgam, connettivi fra i j;angli pari anteriori e i irtedii. cgf, connettivi ganglio faringei. cv, corpi vescicolari. gf, ganglio faringeo. fffr. ganglio frontale. f/pa, gangli pari anteriori. gpm, gangli pari niedii. gj>p, gangli pari posteriori. ìun. membrana nevrilemmatica. mna, membrana nevrilemmatica dei gangli pari anteriori. /;/. nervi faringei. nga, nervi dei gangli pari anteriori. }i[}2)i>\ nervi dei gangli pari medii. tunyi. nuclei della membrana nevrilemmatica, nr, nervo ricorrente. scc, sezione dei connettivi esofagei. tr, trachee. Fig. 1. — Cervello e sistema nervoso viscerale di Bacìlhifi ronzii: figura d'in- sieme vista dalla faccia ventrale, x 45. » 2. — Sezione frontale attraverso la porzione ventrale dei gangli pari an- teriori e del ganglio faringeo di Bacillns rossii. -' InO. » o. — Sezione trasversa che ])assa per i gangli pari anteriori, il ganglio faringeo ed uno dei corpi vescicolari di Bacillas rossii. x 480- » 4. — Sezione frontale attraverso il cervello ed il ganglio frontale di Ba- cillus rossii. X 90. » 5. — Sezione trasversa dei gangli pari anteriori e del ganglio faringeo di Eparrotnia tìialassina. X 150. » (). — Sezione trasversi) di uno dei gangli pari medii di Epacromia fìia- lassina. x 350. > 7. — Sezione longitudinale di uno dei gangli pari medii di Epacromia thalassina. x 150. > 8. — Sezione longitudinale dei gangli pari anteriori e del ganglio farin- geo di Periplancf.a orientalis (individuo giovane), x GOO. » '.). — Sezione longitudinale di uno dei gangli pari medii con un tratto dei nervo che lo lega ai gangli pari anteriori, di Periplaneta orientalis (individuo giovane), x 350. » 10. — Sezione trasversa di uno dei giingli pari anteriori e del ganglio fa- ringeo di Mantis reli(/iosa. x HOO. » 11. — Cellula dei gangli j ari anteriori di Mantis rcliijiosa. x 1000. li'if.rviitii il 10 Lii-liii IKOit. Finii (1 di >l;uii|i;ijv il .•;! Dirfiiilnv l'.IOii. i/Y/ìinio Zoofoc/iro Ih/. / 7(/i:ò LiiJbak/ìM/di, e Ferrari, -Pavùi- .■\i-(lìi\io /ooìoifiro Voi.4 7 coeruleus e del locus niger, e mi limito a dire del pigmento di color giallo-verdiistro (osservato nei gangli spinali, nei corni anteriori del midollo ecc.) che oltre al- l'essere uguale per colore e per struttura istologica dà, quando venga trattato con acido osmico, reazioni identiche a quello da me osservate nella cellula nervosa dei Molluschi Gasteropodi. Per Carrier (7j , Muhlmann '^23) ed Athias (1) il pigmento nella cellula nervosa non è che il prodotto di una particolare de- generazione cellulare. Schaffbr (31, Obersteiner (24\ Ca-jal (6) ed altri, credono ad un prodotto di disassimilazione di cui la cellula non può sbaraz- Sul significato funzionale del pigmento ecc. 319 zarsi, prodotto che le imprime un carattere di senilità. Marinesco (20-21) propone di chiamare le granulazioni pigmentarie col nome di « granulazioni da involuzione », distaccandosi cosi molto poco dalle affermazioni di Schaffer e Cajal. Secondo Enriqltes ^) l'accumulo del pigmento nella vecchiaia non dimostra che esso sia 1' espressione di una degerazione senile o di una escrezione o simili ; giacché esso potrebbe al contrario compiere nella vecchiaia una funzione attiva, compensando altre deficienze senili. Obke.ia e Tatuses (25) considerano le granulazioni pigmen- tarie come un elemento di riserva seguendo così l'interpretazione data dal Vignal per gli invertebrati ; sebbene Olmer lo neghi as- solutamente, basandosi su due fatti: la notevole scarsità e l'asso- luta mancanza nei primi anni di vita. Noi gangli spinali dei Rettili, degli Anfibi e degli Uccelli, fu- rono osservate granulazioni pigmentarie da Timokfeew (36), da PuGNAT (28!i, Bataillox (2 >, BuFCHLER (5) ed Athias. Nessuno di questi ricercatori però si pronuncia sulla loro funzionalità. III. Materiale adoperato Come ho già accennato, le mie indagini furono estese solo ai Molluschi Gasteropodi ; nell'esjìosizione delle singole specie da me osservate sea'uo l'ordine sistematico indicato dall' Emkry nel suo compendio di zoologia (1904). Prosobranchi Diotocarili Monotocardi Fissìirella graeca Mtirex truriculna Trorhns zizipliimoi Trifnn nodiferus Turbo rugnsufi Palndhia vivipara Neritina fluviafilis Cyclostoma eleqans Opistobranchi T e 1 1 i br a n e li i Nudi b ranchi Aplasia punctdtu Doris tuberculata Fhylinc aperta ^) Enriques, P. — La morte : Rivisfa di Se. Voi. 2, pag. 106. 320 Aug-elo Giuseppe Moglia. POLMONATI B a s o m m a to fo r i S t i 1 o m m at o f'o r i Lhnnaea stagnalis Helix lucoriuit Planorbis rorneus Clausilia ventrìcosa Liniaa- agresti ft IV. Reazioni e tecnica. Le granulazioni pigmentate sono insolubili nelP alcool , nello xilolo, nel toluolo e nell'etere; tanto che si possono lasciare per diverso tempo i preparati in queste sostanze dopo fissazione con sublimato od alcool senza che le granulazioni scompaiano. Trat- tate con ematossilina ferrica si colorano intensamente, se con acido osmico anneriscono fortemente. L'eosina le colora in rosa, e la tio- nina intensamente in bleu ; sono tinte poco o nulla da molte altre sostanze coloranti adoperate nella tecnica, e dopo il passaggio negli alcool presentano il colore giallo-verdastro, che è caratteristico dei preparati a fresco. Per la fissazione ho ottenuto buoni resultati usando una so- luzione di: Bicromato di potassio gr. 2,5, sublimato corrosivo g. 5. acqua distillata gr. 100 usata a caldo (80"^). Ho sempre eseguito inclusioni in paraffina dopo aver tenuto i preparati per 24 ore nel fissativo, 36 in acqua corrente, 24 in alcool a 90 ^/o iodato (cambiando il liquido parecchie volte) ed aver fatto i soliti passaggi negli alcool, suggeriti dalla tecnica isto- logica. Ho eseguito sempre sezioni in serie non oltrepassando quasi mai i 10 [j. ed arrivando fino a [j. 2 ^/2. Tra i vari colori provati, ho preferito la doppia colorazione di emallume e fucsina acida, ottima come colorazione nucleare e che non colora le granidazioni pigmentarie, come l'ematossilina fer- rica; ciò permette di studiarle meglio e di osservare con sicurezza l'aumento o la diminuzione delle granulazioni stesse senza, correre il riscliio di classificare come tali altre granulazioni. V. Cenni istologici. La parte istologica del sistema nervoso dei Gasteropodi, è stata ampiamente trattata da Solbrig (34j, da Schneider, da Legendre Snl ?;i,i;nitìcatn fnnzioniile del pig-mento ecc. 321 e da ViGNAL (38): mi limito perciò a descrivere brevemente le gra- nulazioni pigmentarie come fece già Cesa-Bianchi (8) ampiamente per i vertebrati, ed in parte anche per gli invertebrati. Le granulazioni pigmentarie sono di t'orma sferica, omogenee e di grossezza pressoché uguale. Si notano con maggior frequenza nel cono d'origine dell'axone, ma non è raro il caso di riscontrarle lungo il cilindrasse e di os- servare delle cellule il cui citoplasma è stato invaso per buona parte. Ed è interessante osservare come questa invasione proceda in modo da formare come diverse zolle concentriche al nucleo seguendo cosi spazii che dividono fra loro le neurofibrille (osservate e descritte da Vignal, da C. Schneider, e da Mac Clure). Inoltre possono essere isolate oppure formare degli ammassi più o meno irregolari. Si riscontrano nella maggior parte delle cellule; però quasi sempre le piccole ne sono prive. Sono più frequenti e nume- rose nelle medie e nelle grandi, e tanto più quanto più le cellule sono grandi. I granuli sono serrati fra loro e quando sono numerosi danno un aspetto opaco a quella parte della cellula in cui si trovano. Non è poi raro il caso che due o più masse di granulazioni poste in diverse parti della cellula mandino pur esse delle diramazioni concentriche al nucleo e si prolunghino nel mezzo del cilindrasse sotto forma di una striscia o tubo di granuli. Queste granulazioni si riscontrano e dentro la cellula e negli spazi intercellulari e nel connettivo esterno al ganglio. Giova anzi osservare come il pas- saggio dai Prosobranchi agli Opisto branchi sia caratterizzato non dalla quantità di granulazioni possedute dai singoli individui presi in esame ; ma dalla diminuzione delle granulazioni poste negli spazi intercellulari; nei Polmonati si trovano pochissime granulazioni fuori della cellula. A questa mia asserzione però fa eccezione il Triton nodifenis^ nel quale come si vede dalla Fig. 1 le granulazioni pigmentarie abbondantissime danno all' intero ganglio un aspetto da farlo apparire a prima vista come formato esclusivamente di pigmento. Le granulazioni compaiono relativamente presto nella cellula nervosa, e ciò ho potuto stabilire sezionando la Limnaea stagna- lis, la Paludina vivipara e la Helix lucoriim di età differenti. Un aumento progressivo coU'età, a partire dagli animali giovani, sembra qui non esista. 322 Aiig-elo Giuseppe Moglia. Crescono prima eliti l'ani malo cada in letargo, e diminuiscono durante il tempo che l'animale è in letargo ; ma ritornano però ad accrescersi e ad occupare la stessa posizione di prima, quando esso si risveglia naturalmente nella primavera successiva, o perchè posto artificialmente in condizioni appropriate di temperatura e umidità. VI. Influenza delle condizioni di alimentazione sopra il pigmento Ho voluto accertarmi quanto vi fosso di vero nell'afFermazione del ViGNAL ed ho rifatto le stesse esperienze allargando però la cerchia delle mie indagini, non accontentandomi solo di osservare ciò che poteva accadere nutrendo e temendo al caldo gii animali. I. Esperimen to - Presi centoqusii-Anta, Helix lucorum e le di- visi in quattro recipienti di vetro, due dei quali collocai in labo- ratorio e due all'aperto ; posi alimento abbondante tanto in un vaso lasciato all'aperto quanto in uno dei due che avevo posti in laboratorio; lasciai senza cibo gli animali posti negli altri due vasi Il pigmento fu sempre press' a poco ugualmente abbondante in queste varie condizioni. Ho ripetuto le esperienze per due inverni di seguito ed ogni volta ho ottenuto risultati perfettamente eguali. Gli animali veni- vano presi di 8 in 8 giorni dal settembre all'aprile. Solo verso i primi di novembre notai una leggera differenza fra gli animali lasciati all'aperto e quelli tenuti in laboratorio, es- sendo i primi caduti in letargo. Si noti però che non esisteva nessuna differenza confrontando tra di loro i due vasi all'aperto ed i due tenuti al caldo. Quando poi caddero in letargo anche gli animali che avevo tenuto in laboratorio, la quantità di pigmento posseduta tanto da quelli che si erano nutriti come dagli altri a digiuno, era iden- tica; tanto da potere benissimo scambiare gli uni con gli altri. Da ciò credo risulti chiaramente come né la temperatura, né il nutrimento, influiscono sensibilmente sull'aumento o sulla dimi- nuzione delle granulazioni pigmentarie nella cellula nervosa, purché sia escluso il letargo. Ma ho voluto fare anche di più. II. Esperimento - Posi dui'ante 1' inverno senza cibo in una incubatrice a circa 20° C una ventina di Helix ìueorum^ ed altret- tante ne sezionai per confronto. Dopo tre giorni quelle poste nel- Sul significato funzionale del pigmento ecc. 323 r incubatrice sotto l'azione del caldo erano sveglie ; sezionate, ri- sultarono fornite di granulazioni pigmentarie più abbondanti di quelle prese come confronto. Questi fatti credo siano molto chiari e bastanti per dimostrare erronea la supposizione del Vignal. Eesulta dunque da questi esperimenti l'ineffica- cia delle condizioni alimentari sopra alla quantità del pigmento. Al contrario, nel passaggio dallo stato di letargo a quello di movimento, le granulazioni pigmentate au- mentano molto. VII. Influenza delle condizioni respiratorie sopra il pigmento Dimostrata non attendibile 1' ipotesi del Vignal, rivolsi le mie osservazioni alla ricerca se le granulazioni pigmentarie avessero relazione con la respirazione. Descrivo quindi e il modo col quale condussi gli esperimenti ed i risultati ottenuti. I. -E sperimento - Ricorsi al metodo di tenere parecchie Lim- naea stagnalis in recipienti pieni di acqua e chiusi fìn che gli ani- mali morirono per asfissia. In questo caso liscontrai la completa assenza delle granulazioni pigmentarie. Ma c'era il pericolo seguendo questa via di sezionare animali già in putrefazione o in qualche modo alterati e ciò mi indusse a fare agire direttamente l'anidride carbonica e 1' ossigeno sugli animali in esperimento. II.- Esperimento - Posi venti Helìx l lieo nini in u.n recipiente attraverso il quale por mezzo di un apparecchio di Kipp, feci pas- sare una corrente continua di anidride carbonica. Un' ora dopo cominciai a fissare i gangli e notai contrariamente alle mie pre- visioni, come le granulazioni pigmentarie aumentassero di mano in mano che si pronunciavano le condizioni di asfissia: negli ani- mali sezionati dopo sei ore le cellule ne erano quasi totalmente piene (Fig. 2). Come ho già detto, il risultato era contrario alle mie previ- sioni : avendo notato prima la totale scomparsa delle granulazioni pigmentarie in animali morti per asfissia , non potevo rendermi conto del notevole aumento riscontrato negli individui che erano stati sei ore in atmosfera di anidride carbonica. D'altro lato non avevo pensato dapprima a tenere per più ore gli animali nel gas e ad ucciderli con questo metodo. 324 An2;elo Giiiseppe ]\[og-lia. ITI. -Esperimento - Dopo i primi duo esperimenti raccolsi molt(j materiale e lo tenni in laboratorio nello identiclie condizioni di vita. Mi diedi io stesso la cura di raccoglierlo nella stessa lo- calità (Orto botanico della R. Università di Bologna) perchè tutti gli individui fossero in condizioni iniziali uguali. In quel periodo di tempo, tre mesi circa, allargai la cerchia delle mie indagini esperi- mentando sulla Limnaea stagnalis e la Paludina vivipara che ab- bondano negli stagni e nelle risaie del Bolognese. Incomincio a descrivere ciò che ho osservato nella Helior lu- corum. Presi 100 Helix e, come già avevo fatto nel precedente espe- rimento, ne collocai alcune in un ambiente di anidride carbonica con la variante però che questa volta oltre che coll'anidride espe- rimentai anche coU'ossigeno. La base del mio ragionamento ora molto semplice: qualunque siano le funzioni delle granulazioni pi- gmentarie, poiché esse aumentavano ponendo gli animali in atmo- sfera di anidride carbonica, mi attesi di vederle diminuire sotto l'azione dell'ossigeno. Di fatti come si può vedere dallo specchietto N.o 1 e dalle Fig. -i e seguenti che illustrano parte del mio esperi- Speccbietto N.» 1. Helix lucorum li ■a o 3 4) li o § 1 o .S si o a Si 1 O 1 :2 e II o ti bì)"' '3 1 .1 ': 3 2. — .s ce o C3 •ti s ^ s 2 ■- 'S e o i .5) 1- — .E a i 1 a^'S 3? IV ai 5 ~ C? ^ <0 tD 5 ~ S ^ "O ai 2 T3 " £ t 5 ■O a; t4 5- •T3 Z'=' O ^'°' o 2; =* o O :2i~ O O 5 2 poca. 5 3 poca. 5 6 10 nulla. 5 6 9 meno confro 6 6 moltissima. 5 8 milla. 5 48 12 normale. 5 8 24 luolta 5 12 molta. 5 18 poca. 5 24 poca. 5 24 molta. 5 48 quasi nulla. 4 48 qu.asi nulla. i mento, dopo due ore levai cinque animali dall'anidride; ne fissai uno (Fig. 4), posi gli altri in ossigeno e continuai per sessant'ore a ripe- Sul sig-nitìcato fniizionalp ild ]iig-iiiento ecc. 325 tere ad intervalli lo stesso giuoco, non solo, ma oltre all'aver te- nuti parecchi animali per ore diverse in anidride e poi in ossigeno ne rimisi alcuni di nuovo in anidride e viceversa (Fig. 11, 12). Ne risultò che le granulazioni pigmentarie crescono durante le prime ore sotto l'azione dell' anidride carbonica (Fig. -1, 2, 3), ma per un' azione più prolungata vanno poi di nuovo gradatamente scom- parendo sino alla morte dell'animale (Fig. 5, 6, 7j. Cosicché le Chioc- ciole che muoiono per asfissia, si trovano quasi sempre senza nem- meno un granulo di pigmento ; ciò che è d'accordo col risultato ottenuto già prima, facendo morire G-asteropodi acquatici nella loro acqua non rinnovata. Viceversa sotto l'azione dell'ossigeno le granulazioni scompaiono durante le prime ore (Fig. 8) per poi ricomparire nelle ore succes- sive (Fig. 9) salvo poi a scomparire una seconda volta quando l'a- nimale muoia per la azione troppo prolungata dell'ossigeno (Fig. 10) [non meno di 72 ore nei miei esperimenti]. Illustra vieppiù queste dipendenze tra le condizioni respiratorie ed il pigmento, il fatto che individui tolti dopo sei ore dall'anidride carbonica (nel momento cioè in cui le granulazioni occupano quasi completamente la cel- lula, Fig. 2-3) e tenuti in atmosfera di ossigeno, dopo 10 ore erano completamente privi di granulazioni pigmentarie (Fig. 11); invece, altri individui i quali furono lasciati 48 ore in anidride (ba- stanti per ridurre quasi nulle le granulazioni, Fig. 7) e posti poi per dodici ore in atmosfera di ossigeno contenevano di nuovo il pigmento (Fig. 12). Similmente dicasi per quelli tenuti in ossi- geno prima, poi in anidride; poiché i due gas danno gli stessi ri- sultati se l'azione dura molte ore; del tutto opposta invece quando ne duri poche. IV. - Esperimento. - Questa volta non mi servii che dell'ossi- geno per controllare l'esperimento antecedente; controllo del quale avevo bisogno per rendermi conto di certe differenze individuali impossibili ad eliminarsi, pur usando tutte le precauzioni come già avevo fatto. I risultati furono identici ai primi , ma però molto più certi ed esatti poiché questa volta sezionai un gran numero di individui di mezz'ora in mezz'ora per il primo periodo dell'espe- rimento (circa dodici ore). Ciò mi tolse ogni dubbio su quanto ho già asserito prima. Vale a dire ho nuovamente constatato prima la sparizione delle granulazioni (dopo 8 ore) poi il loro ritorno, e la successiva defì.nitiva diminuzione. 32G Angelo Giuseppe INFoo-lia V. - Esperimento. - Mi posi l;i ([uestione se è possibile otte- nere un aumento nelle granulazioni pigmentarie partendo da con- dizioni in cui esse sono scarsissime. Presi cioè degli animali che si trovavano verso la fine del loro normale letargo , servendomi sempre del materiale che avevo in laboratorio. Ne presi una ven- tina come confronto e notai come non differissero quasi punto fra di loro. Noterò anzi come anche in quelle acquistate dal commercio in detta stagione si riscontrasse la stessa scarsità di granulazioni. Delle venti poste in anidride ne fissai dieci dopo quattro ed altret- tante dopo sei ore. L' aumento fu notevole e netto e maggiore dopo sei ore che dopo quattro. VI. - Esperimento -Collocai allora circa quaranta Helix in una incubatrice a circa 20" e non appena sveglie sotto l'azione del calore ne presi parecchie come confronto, avendo avuto cura anche di sezionarne parecchie altre che non erano state nelF incubatrice. Esisteva già un aumento molto sensibile in quelle tenute nell' in- ctibatrice senza anidride carbonica in confronto con quelle lasciate nella stanza, le quali erano rimaste in letargo ; quelle poi tenute in anidride avevano subito un aumento maggiore si da avere una quantità di pigmento addirittura enorme a somiglianza dell'espe- rimento che avevo fatto in primavera quando anche nei confronti il pigmento è assai abbondante. Perciò si conclude che l'azione dell'anidride ha un effetto analogo (aumento del pi- gmento) qualunque siano le condizioni da cui si parte. VII.-Esp erime n to. - Dopo ciò ripetei nell'ottobre successivo un esperimento in grande, servendomi di animali che non erano ancora caduti in letargo ed adoperando anidride ed ossigeno. Per brevità non ripeto i risultati ottenuti essendo questi perfettamente identici a quelli dell'esperimento III illustrati dalle figure e dallo specchietto; se si eccettua che per l'esperienza già acquistata ho abbondato nel fissare i gangli nelle ore più sintomatiche e che rap- presentavano il massimo aumento o diminuzione; cosi che i soliti resultati acquistarono ancor maggior forza. Come già dissi le mie esperienze oltre che alla Helix Inconun furono estese anche alla Pahidina vivipara. Le Paludi n(^, appena portate in laboratorio venivano sottoposte all'esperimento. Il materiale era abbondantissimo e tale da poterne scegliere anche parecchie centinaia nella stessa località e della stessa grossezza. Grli esperimenti furono tre. Sul significato funzionale del pigmento ecc. 327 E qui occorre ricordare quanto ho detto a proposito della di- stribuzione normale del pigmento nelhi Paludhia vivipara ed in quasi tutti i Prosobranclii : che cioè le granulazioni si riscontrano di preferenza fuori della cellula, nel connettivo circostante e spe- cialmente negli spazii intercellulari. Inoltre nel genere Helix, Limax, essendo essi Polmonati terrestri , durante la cattiva stagione le granulazioni diminuiscono per poi nuovamente aumentare nella successiva primavera; mentre per la Paladiìia ciò non succede, non cadendo questa in letai-go. Di qui una maggior facilità di avere molti individui nelle stesse condizioni. Ebbi cura inoltre di far gorgogliare i gas attraverso l'acqua che mi facevo portare in la- boratorio dallo stesso posto nel quale avevo pescato gli animali. La Paludina è più lentamente sensibile all'anidride carbonica (\Q\VHelix e ciò fornisce allo sperimentatore dati più sicuri e palesi. I. -Esperimento. - Mi servii degli stessi gas adop3rati perle Helix, li feci gorgogliare attraverso al liquido che conteneva le Fahtdine, poste in recipienti di vetro, ed incominciai le sezioni togliendone parecchie di ora in ora non senza averne prima prese molte per confronto. Gli animali presi in esame superavano di molto il centinaio e l'esperienza durò 44 ore. I risultati ottenuti sono identici a quelli per le Helix, salvo la maggior durata delle singole modificazioni. E' notevole questa concordanza di risidtati quando si consideri che qui non si tratta di pigmento situato entro le celiale nervose bensì al di fuori di esse. Inoltre sotto l'azione dell'anidride le gra- nulazioni aumentano prima nel connettivo all'intorno del ganglio che nelle vicinanze immediate delle singole cellule. II. - Esperimento. - Non feci che controllare il primo senza che ne risultassero fatti nuovi e mi servii di questo per compilare lo specchietto N.» 2 e le Figure 16-17-18-19-20 dove si può seguire l'esperimento stesso in ogni sua fase. 528 Augelli (TJviseppe 1\ fi glia Specchietto N." 2. Faludina vivi^mra .li — s 0) 'S 2 e 03 uantità iginoiito ■■3 2 "3)"" o B a) e lantità pigmento 1s ce ^ 'bh"^ o o e: 2 •a 'e 53 c o ■^ £ § .5 ■3 s ._ e ■3 "a eS B o cjj ó e ■ci z ■S E 5 •= O ^ - •5 1 •a § O ■a o O ^ o o 5 4 2 nou aumen- tata. 5 Ò poca dimi- nuzione. 6 6 6 normale. 5 6 6 normale 5 8 moltissima. 5 10 nulla. 5 G 14 molta. 5 6 20 nulla. 5 17 molta. 5 18 ricomiiare. 5 (i 18 moltissima. 5 6 36 moltfc 6 28 poca. 5 24 molta. 5 44 nulla. 5 44 nulla. Mi diodi inoltre cura di controllaro anche quanto vi t'osse di vero circa l'apparire della pigmentaziouo nel eunnettivo prima che nella vicinanza della cellula nervosa ed abbondai in un terzo espe- rimento nel sezionare individui posti prima parecchie ore in os- sigeno. Da tutti gli esperimenti è dunque resultato in modo concorde che l'anidride carbonica provoca come prima azione l'aumento delle granulazioni pigmentarie entro alle cellule nervoso ed in vicinanza di esse; mentre l'os- sigeno produce l'effetto opposto; col proseguimento dcl- l'azione ambedue i gas provocano il ritorno a condizioni pressoché normali, con successiva sparizione del pigmento al sopraggiungere della morte. Inoltre in qtiegli esperimenti nei quali si confrontano ani- mali in letargo ed in movimento, si trovano i secondi, molto più ricchi di pigmento. Questo spiega le differenze nor- mali di stagione, negli animali soggetti al letargo. Insisto però ancora sul fatto che da qualunque condizione si parta, l'azione dei gas è sempre la stessa. uà Sul sigli itioato funzionale del pig.nento ec(- 329 Vili. I leucociti e il pigmento Nel 1887 KoLLiKER (15) occupandosi dell'origine dei pigmenti, espresse l'opinione che essi siano elaborati da cellule speciali dotate di proprietà migratoria che trasportandosi nei diversi punti del corpo producono le diverse pigmentazioni. Erhmann (U) affermò che il pigmento delle cellule epidermiche, si forma per la distru- zione dei corpuscoli rossi emigrati dai vasi ed inglobati da cellule eounettivali; la emoglobina viene elaborata dal citoplasma di queste cellule e ridotta in pigmenti i quali vengono poi portati dai leu- cociti sino all'epidermide. Secondo 1' autore anche il pigmento delle uova degli Anfibi ha sempre origine ematica poiché a parer suo proviene dal sangue materno e si introduce nell' uovo mentre questo trovasi ancora nel follicolo ovarico. ToLDT, ScHULTz c KoDis, ammettono invece (37-33-14) che il pigmento si formi nelle cellule pigmentate medesime. Per Mert- scHiNft (22) i granuli derivano dai nuclei delle cellule pigmentifere e si producono per processi disgregativi del carioplasma. Eli.emberger e Baum (12ì invece opinano che questi si formino in modo analogo ai granuli di secrezione per opera di speciali pla- smosomi. La discussione che si fa pei granuli di pigmento in ge- nerale, può farsi anche a proposito di quelli da noi studiati. Ancora non mi si era offerta 1' occasione di parlare intorno ai mi)lti leucociti pigmentati, anzi ai veri sincizi di leucociti che si possono osservare nel tessuto inguainante e nel connettivo, specie nella Falitdina. Ed è interessante il fatto che i loro mutamenti (comparsa, aumento , sparizione dei leucociti pigmentati) , vanno d' accordo con quelli delle granulazioni presenti entro le cellule gangliari. Nelle immediate vicinanze di queste, e tanto meno dentro di esse, non ho potuto dimostrare l'esistenza di questi leucociti neir Heli.r e nella Paludiìia ; essi invece, in forma di grandi sin- ci:/-ii, si trovano proprio all' intorno delle cellule gangliari nel Tritoli. Ma in ogni caso, si possono trovare tra le cellule gangliari del- l' Helix, granulazioni pigmentate libere ; ciò accade specialmente, per la loro abbondanza, in quei momenti in cui vi è rapido au- mento del pigmento entro le cellule gangliari (Fig. 15). Nella Pa- ludìna ])0Ì, come abbiamo detto, queste granulazioni sono probabil- mente le uniche presenti nel tessuto. Poiché il pigmento endocellu- <530 Angelo (riuseppe Mogliii lare delle Helia: e quello intercellulare della Paludina presentano le stesse reazioni alle condizioni sperimentali, poiché inoltre nel- r Helix medesima è impossibile riconoscere le granulazioni endo ed intercellulari in base alla struttura, clie è nei due casi identica, poiché infine tra le granulazioni libere intercellulari e quelle dei leucociti non vi è che un passo, ci sembra lecito ritenere che il pi- gmento non si formi entro le cellule gangliari, ma ad esse venga portato per mezzo di leucociti pigmentati ; la rapidità grandissima con cui esso compare — in poche ore se ne può provocare l'ab- bondante comparsa, sottoponendo al calore umido in atmosfera di anidride, animali in letargo che ne possedevano poco o punto — non parla certo in favore della loro formazione in situ ; ma indica che esso é portato al ganglio ed alle cellule. E poi, come spie- gheremmo la formazione del pigmento intercellulare della Paludina^ se la sede della formazione fosse la cellula gangliare ? IX. Conclusioni. Nella cellula gangliare dei Molluschi Gasteropodi, come è noto, esistono delle granulazioni di colore giallo verdastro, che si tin- gono in nero con l'acido osmico. Per indagare il significato funzionale di questo pigmento ho fatto esperimenti prendendo in considerazione : !.« L'alimentazione degli animali ; 2.° Lo stato di movimento o di letargo; 3.» L'azione dei gas (anidride carbonica e ossigeno). L» - L' alimentazione si è dimostrata senza eifetto; poiché dalle mie osservazioni é risultato chiaramente che la quantità di pigmento non varia se gli animali stanno a digiuno o sono ali- mentati. 2»- Movimento o letargo. - Abbiamo notato un aumento brusco nella quantità delle granulazioni quando l'animale si sve- gliava naturalmente dopo la fine d(il letargo, oppure artificialmente mettendolo in un termostato a 20° circa. 3»- Azione dell'ossigeno e dell'anidride carbonica. - Negli animali tenuti in un' atmosfera di ossigeno il pigmento dei gangli sparisce per riapparire dopo un' azione maggiormente pro- lungata. Al contrario l'anidride carbonica riesce in un primo tempo ad aumentare il pigmento da (qualunque condizione iniziale si parta; in un secondo tempo si ha una diminuzicìne sino alla sparizione completa quando sopraggiunge la morte. Sul significato funzionale del pio-mento ecc. 3i)l Nel periodo dell' aumento il piomonto si trova oltreché nelle cellule p-anirliari anche tra di esse o dentro leucociti, e l'osserva- zione istologica dimostra stretta somiglianza tra quello che e nelle cellule gangliari e quello al di fuori di esse; in alcune specie anzi, il pigmento si trova solo fuori delle cellule. Questi fatti unitamente alla comparsa rapidissima del pigmento per l'influenza del moto tendono a dimostrare che esso non si forma dentro le cellule ma che ad esse viene portato. Non risulta che quando diminuisce venga portato via; per ciò suppongo che in tal caso si distrugga. Dato tutto ciò, scartate tutte le ipotesi fatte dagli autori precedenti, si può ritenere che le granulazioni pigmen- tarie in questione abbiano una funzione respir a,toria. Questa interpretazione rende perfettamente conto di un appa- rente contrasto nell'azione del movimento e dei gas. Potrebbe infatti parer strano che l'anidride carbonica la quale diminuisce l'attività motoria, agisca rispetto al pigmento, come l'aumento dell'attività motoria negli animali normali; mentre l'ossigeno che eccita il mo- vimento, agisce all'opposto di esso. Ma il bisogno di ossigeno è appunto notevole quando l'animale normale è in moto, o quando esso si trova in anidride. Le variazioni del pigmento si accordano dunque non colle variazioni del movimento di per sé, ma con quelle della richiesta di ossigeno da parte dei gangli. Il pigmento sarebbe dunque un apportatore di ossigeno ai gangli per quanto possono dire ricerche sulle modificazioni di queste strutture, studiate al microscopio. Avendo con tali esperimenti trovato il modo di avere gangli molto ricchi di pigmento, attendiamo ora alla ricerca dei metodi più convenienti per estrarlo: poiché soltanto il comporta- mento chimico del pigmento rispetto all'ossigeno, potrà dire l'ul- tima parola riguardo alla sua funzione respiratoria, che i risultati delle ricerche fatte hanno condotto a ritenere probabile. Queste conclusioni vanno probabilmente estese anche ad altri gruppi di Invertebrati (per es. Sipunculidi) mentre non osiamo pro- nunziarci in alcun senso riguardo ai pigmenti del sistema nervoso dei vertebrati che forse sono chimicamente differenti. Istituti) Zooloi^ioo R. Università Bologna, Giugno 1909. 332 Angelo CTÌusop])e jMoglia Bibliografìa. 1905. Athias. M. — Anatomia da cellula nervosa: Lisboa. (1) 1901. Bataillon, E. — Etudes experinientales sur revolution des Araphi- biens. Les degrés de maturation de l' oeuf et la raorphogéuèse: Arch. Enfn-irìiìnnf/smerh. 12. Bd. pag. 610. (2) 1905. Bochenek, M A. — 1. 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Tome 1, pag. 327 (38) Archivio Zoologico, Voi. 4, Fiisc. 3. 23 334 Angelo Giuseppe Moglia Spiegazione delle Tavole 7-8. Tutte le figure sono disegniite con la camera lucida Abbé-Apathy da sezioni dei gangli nervosi di Helix Incorimi, (500 d.) Palndina vivipara (1000 d.) e Triton nodiferus (500 d.).— Il color giallo- verdastro è pigmento. Tav. 7. fig. 1, — Triton nodiferus — Cellule nervose pigmentate normali. » 2. — HelÌT lucorum — Aspetto delle cellule pigmentate dopo aver tenuto l'animale per sei ore in anidride carbonica. » 3. — Helix lucorum — Aspetto delle cellule più piccole del ganglio (nor- malmente prive di granulazioni) dopo aver tenuto l'animale per sei ore in anidride carbonica. » 4. — Helix lucorum — idem dopo 2 ore in anidride. idem dopo 12 ore in anidride, idem dopo 24 ore in anidride, idem dopo 48 ore in anidride, idem dopo 8 ore in ossigeno, idem dopo 18 ore in ossigeno, idem dopo 48 ore in ossigeno, idem dopo 6 ore in anidride e !<> in ossigeno. doj)0 48 ore in anidride e 12 in ossigeno. 5. — Helix lucorum — 6. — Helix lucorum — 7. — Helix lucorum — 8. — Helix lucorum — 9. — Helix lucorum — 10. — Helix lucorum — 11. — Helix lucorum — 12. — Helix lucorum — idem 13. — Helix lucorum — Animale normale per confronto. 14. — Helix lucorum — Idem. 15. — Helix lucorum' — G-ranulazioni pigmentarie poste negli spazi Inter cellulari. Tav. 8. IG. — Paludina vivipara — Animale normale per confronto. 17. — Faludina vivipara — dopo 8 ore in anidride. 18. — Faludina vivipara — dopo 17 ore in anidride, 19. — Paludina viviqara — dopo 10 ore in ossigeno. 20. — Paludina vivipara — dopo 44 ore in ossigeno. Ricevuto il il L uglio 1909. Finito di stampare il 17 Marzo 1910. Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia dei crostacei decapodi Parte I. — Studi sui Paguridi di Raffaele Issel con le tavole 9-11. Sommario I. Introduzione. Scopo del lavoro e metodo di ricerca. Qualche notizia sul materiale. II. Protezione dell' individuo e della pi'ole nel Paguristes ocnlatus. Protezione dovuta alla dimora. Protezione delle uova dovuta alla brattea della femmina. III. Larve di alcuni Paguridi. Sviluppo larvale abbreviato del Paguristes ocnlatus Fabr. La prima Zoea dei gen. Cutapaguroides^ Eupagurus, Pagurus, Clihanarius. IV. Osservazioni sul tegumento della Zoea di Pagtiristes. V. Le glandole tegumentali del Paguristes. Notizie storiche. Glandole larvali. Grlandole dell'adulto. Funzione delle glandole tegumentali. VI. Osservazioni sull'apparato circolatorio, sull'apparato linfoide e sui disse- pimenti del cefalotorace nelle le larve di Paguristes. VII. Riassunto. I. Introduzione Scopo del lavoro e metodo adoperato. Con questo lavoro mi propongo di iniziare lo studio degli stadi larvali di un paguro come base alla trattazione di alcuni punti ancora poco noti nella morfologia e nella biologia dei crostacei decapodi marini. La scelta del Paguristes oculatus come materiale di studio è stata determinata da due motivi ; primo , la possibilità di procu- rarmi in copia sufficiente larve ed adulti di tale specie; secondo, il P36 Raffaele Tssel desiderio di studiare lo sviluppo larvale in una specie ad uova molto grandi e protette da una brattea cutanea. Su tale argomento ho già riferito in una nota preventiva (1908). Queste prime ricerche vertono in gran parte sulla morfologia delle larve, ma non ho trascurato , laddove il caso lo richiedeva, di risalire all'adulto e di scendere agh ultimi stadi embrionali, come pure di intrattenermi in qualche considerazione d'indole bio- logica. Per quanto concerne la tecnica adoperata dirò che i prepa- rati in toto di larve possono essere di qualche utilità soltanto quando ad una colorazione molto prolungata si faccia seguire una forte decolorazione. Cosi per una Zoea di Paguristes conservata in alcool ottengo buoni preparati mediante una colorazione per 48 ore nel carmino alcoolico ed una decolorazione di 10 ore nell'alcool a 80 ^/o acidu- lato con 1 7o di acido cloridrico ; in altre larve più piccole e più trasparenti (es. larve di Clihanarius) è assai efficace 1' aggiunta del- l'acido picrico al carmino che ha servito come tinta nucleare. Il metodo che, dopo alcuni insuccessi, ho adottato per il materiale da sezionare mi dà buoni risultati tanto cogli embrioni quanto cogli stadi larvali ; credo quindi di far cosa utile esponendolo per esteso. Riunisco un certo numero di larve in una saliera, togliendo quanta più acqua di mare sia possibile, poi verso sopra alle larve una soluzione scaldata a 60» e composta come segue: Formol 1 cmc. Sublimato corrosivo (soluzione acquosa 6 *^/o) 4 cmc. Acido acetico 2 o 3 gocce. Lascio agire per circa mezz'ora il fissativo che si è andato man mano raffreddando, poi passo nell'alcool a 50 "/o iodato e pro- cedo coi soliti metodi alle successive operazioni. Una diffi.coltà non lieve è costituita da avanzi di tuorlo che si trovano nell'apparato digerente e dalla cuticola piuttosto tenace in confronto ai delicati tessuti sottostanti ; per cui , volendo evitare lacerazioni , bisogna attenersi ad uno spessore di taglio non minore di 10 [x. Ho trovato però utilissimo di preparare alcune serie di sezioni le quali, pur presentando qua e là qualche rottura, fossero abba- stanza sottili da lasciare scorgere particolari istologici altrimenti poco visibili; ho quindi fatto largo uso di sezioni misuranti da 4 a 6 [1 di spessore. Le colorazioni prescelte sono state, oltre alle so- lite tinte di carmino e di emallume, la ematossilina ferrica e la Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 337 tionina. Per il differenziamento delle diverse specie di glandole ho adoperato il mucicarmino di Mayer; per la fissazione delle glandole dell'adulto lo stesso fissativo usato per le larve, ma a freddo, e vi ho immerso il pezzo dopo averlo separato delicatamente, coll'aiuto del martello e delle pinze, dal tegumento calcareo che lo riveste. Preparati d' insieme molto dimostrativi ho ottenuto fissando individui giovani col sublimato-formolo caldissimo (che ha appena cessato di bollire), poi decalcificando, dopo l' indurimento, con acido 5 "/q in soluzione alcoolica e colorando le sezioni successivamente con emallume, mucicarmino ed orange G. Il materiale venne raccolto in gran parte alla Stazione Zoo- logica di Napoli, ove ho soggiornato nell'autunno e nella primavera 1907 e nell'autunno 1908 ; in piccola parte presso il Laboratorio Russo di Zoologia di Villafranca (Nizza) durante il mese di luglio 1908 e sulla spiaggia di Boccadasse (Genova). Al prof. Mayer, al dott. Lo Bianco (Napoli), al dott. Davi- DOFF e al dott. Gariaeff (Villafranca) vadano i miei più vivi rin- graziamenti per r aiuto efficace ed il cortese interessamento alle mie ricerche. Qualche notizia sui Paguridi del Mediterraneo. 1 Paguridi sono fra i crostacei più frequenti nella nostra zona litorale. Fra quelli che si raccolgono comunemente dalla Stazione Zoologica di Napoli ho riconosciuto 12 specie diverse ^). Paguristes oculafus Fabh. (P. maculatus Risso). Clibanarius misanthropus Risso. Clibanarius Rouxi Heller. Diogenes pugilator Roux. Pagurus arrosor Herbst (P. striatus Latr.j. Eupagurus Prideauxi Leach. » cuanensis Thomps. {E. Lucasi Heller). » excavatus Herbst. » excavatus Herbst var. meticulosus. > anachoretus Risso. » sciilptimanus Lucas. Anapagurus laevis Thomps. 1) I paguri si determinano con facilità grazie alle ottime tavole dicotomiche di BouviER (1897). 338 Eaffaele Issel Nel litorale ligustico e sulla riviera francese ho osservato le medesime specie , eccezione fatta per il Clibanarius Bouxi e ho inoltre raccolto un altro genere appartenente al gruppo degli Eu- pagiirini-, il Catapaguroides timidus Roux {Pagurus timidus Roux), già indicato da Bouvier (1901) come abitatore del Mediterraneo. Le raccolte fatte a Boccadasse mi hanno fornito un solo esem- plare di tale specie, né, per quanto abbia cercato, son riuscito a rin- tracciarne un secondo. Alla Stazione Zoologica di Villafranca ne ho avuto tre esemplari e parecchi ne ho osservato al Museo Oceano- grafico di Monaco, dragati nei dintorni di quel porto alla profon- dità di 15-40 m. ^) L'esemplare di Boccadasse, una femmina con uova prossima a schiudere, fu rinvenuto in mezzo ai Clibanarius viventi a fior d'acqua od a pochi decimetri di profondità; la sua livrea conferma le osservazioni di Bohn (1903) circa la maggior policro- mia e vivacità di tinte presso quei Paguridi che frequentano acque superficiali. Le prime antenne avevano il peduncolo verde al secondo se- gmento ed azzurro al terzo; il flagello esterno era azzurro colle se- tole olfattorio di un bel cremisi; le seconde antenne avevano il ramo esterno marrone; i peduncoli oculari erano striati longitudinalmente di rosso vivo e listati di verde al margine; i chehpedi di color mar- rone, listati di verde oliva e colla estremità delle dita biancastre ; il terzo ed il quarto pajo di pereiopodi coi margini superiori rossicci e reticolati di verde ; il cefalotorace olivastro con macchie bian- castre nella parte anteriore ed azzurro-violetto neUa inferiore ; l'ad- dome azzurro-violetto colla estremità posteriore color cremisi. Gii esemplari pescati a Villafranca avevano tinte meno vivaci, e se con- frontiamo i miei dati con quelli di Bouvier e di Heller (1863) che esaminò individui viventi , ne induciamo che la colorazione delle specie debba essere oltremodo variabile. Alle notizie date dagli autori intorno alla distribuzione bati- metrica dei Paguridi posso aggiungere che il Diogenes, VAnapa- gurus e V Eupagiirm anachoretus si rinvengono per lo più associati in fondi di 10-15 m. mentre piccoli Paguristes si trovano molto spesso in compagnia di E. cuanensis ed E. sculptimanus qualche metro più in basso. 1) Ho potuto esamiuare i Paguritli del Museo grazie alla cortesia del diret- tore, Dr. RlCHABD. Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 339 Riguardo al nutrimento, osserverò che mentre nell'acquario i Paguristes divorano il pesce che vien loro somministrato, quando vengono tratti dal mare hanno lo stomaco riempito esclusivamente di cibo vegetale ; anche il Clihanarius sembra nutru'si soltanto di Ulva e di altre piante marine che crescono lungo la riva. Si tratta adunque di specie che nell'ambiente loro naturale hanno abitudini essenzialmente erbivore. II. Protezione deirindividuo e della prole nel Paguristes oculatus. Protezione dovuta alla dimora. Mentre con tanta attività si vanno indagando questioni di biologia richiedenti una tecnica spesso delicata e difficile, siamo in una relativa ignoranza riguardo a semplici condizioni biologiche di specie molto comuni, forse perchè a pochi è dato di compiere le osservazioni necessarie in ambiente adatto e con sufficiente con- tinuità. Un punto che merita indagine è la differenza di abitudini che si osserva fra individui della stessa specie in relazione col sesso e colla difesa della prole ; a questo proposito ho potuto verificare nel Paguristes alcuni fatti che non credo inutile ricordare. I Pa- guristes a pieno sviluppo che vengono catturati alla Stazione Zoo- logica hanno due specie di abitazioni ; alcuni riparano in una con- chiglia appartenente al Fustis syracusamis , al Murex truncidus od al Cerithium vulgatum, più raramente in conchiglie dei gen. Che- nopus , Nassa, Turbo ecc. Altri invece, dopo di avere riparato, in uno stadio giovanile, entro ad una piccola conchiglia, sono stati poco a poco ricoperti, insieme colla loro dimora, dalla spugna Suberites domuncula e in tal caso il paguro comunica coll'ambiente esterno mediante una galleria a spirale che si apre nel tessuto del pori- fero \). Sin dalle prime raccolte avevo notato che gli individui e- stratti dalla spugna erano quasi tutti di sesso femminile. Onde pre- cisare il fatto e giungere ad una spiegazione ho preparato una sta- tistica dei maschi e delle femmine a seconda del genere di dimora 1) Lo studio più completo di questa simbiosi dal punto di vista meccanico e genetico, è dovuto al Celksia fl893). 340 Raffaele Issel adottato. L'esame di esemplari raccolti, in molte riprese, a Napoli da ottobre a marzo mi ha fornito i dati seguenti: Numero desìi iudividui esaminati: 737 Pagurisies in Suberites Pciguristes in conchiglia con attinia cf 9 93 362 179 103 Totale 272 4G5 Fra gli abitatori di conchiglia dunque il numero dei maschi ri- sulta notevolmente superiore a quello delle femmine; mentre fra gli abitatori di Siiherites si osserva, in misura molto più accentuata, la condizione inversa. Per spiegarmi in qualche modo siffatte relazioni, ho tenuto conto non soltanto della dimora e del sesso, ma anche della statura ri- spettiva degli esemplari raccolti. Siccome è impossibile confrontare fra di loro le lunghezze totali degl'individui data la elasticità e la mollezza dell'addome e la sua curvatura variabile, ho misurata la sola lunghezza del cefalotorace dall'apice del rostro sino al margine posteriore dello scudo cefalo- toracico; questo computo mi ha fornito facilmente la spiegazione desiderata. Credo di render meglio paragonabili i dati riferendo le misure ottenute da quattro gruppi di sessanta individui ciascuno e composti rispettivamente da maschi in Siiherites^ maschi in conchi- glia, femmine in Suberites, femmine in conchiglia; le stature sono ordinate in classi di grandezze di due in due mm. Lunghezza cefalotorace mm. mm. mm. mm. mm. mm. 8-10 10-12 12-14 14-ltì 16-18 18-20 Totale Paguristes (/ N. dei viventi in Stiberites » » « in conchiglia Paguristes $ N. dei viventi in Suberites ■ 14 17 lo 10 t) 0 tìU 5 1 4 19 23 8 60 11 17 21 10 1 0 60 12 1 12 14 21 1 0 60 Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 341 Quella che presento non è certamente una statistica rigorosa poiché i paguri vennero raccolti a diverse riprese e, secondo la lo- calità in cui la rete compiva il suo ufficio venivano portati a secco in numero assai variabile, gli individui molto giovani e quindi molto piccoli. Dalle cifre presentate emerge tuttavia questo fatto; mentre nelle Suherites si trovano in grande prevalenza maschi piccoli, con ce- falotorace inferiore ai 14 mm., mancano i maschi di grandezza da 18 a 20 mm.; il fatto opposto si verifica nei Paguristes maschi tolti dalla conchiglia fra i quali non sono rare le stature di 19 o 20 mm., le massime raggiunte dalla specie. Femmine che presentino la massima lunghezza di cefalotorace che è di 16 ^/s mm., ed eccezionalmente di 17, si trovano invece tanto fra i simbionti colla Suberites quanto fra le abitatrici della conchiglia. A maggior conferma di quanto ho accennato, tolgo dal mio taccuino alcuni dati riguardanti statistiche parziali delle sin- gole raccolte. Trovo, a mo' di esempio, che nella raccolta del di- cembre 1907, ov'è massima la sproporzione fra i due sessi (86 9^6 ^f), non vi sono maschi molto piccoli; inferiori a 11 mm. Invece nella raccolta dell' 11 novembre 1908, che sembra fare eccezione alla re- gola generale perchè i maschi risultano predominanti sulle femmine, fra 16 maschi enumerati 12 non superano i 12^/2 mm., e 5 sono inferiori ad 11. In complesso dobbiamo pon'e in rilievo due fatti, cioè la pre- dominanza delle femmine sui maschi e la mancanza, nelle Suherites, di maschi molto grandi. Il primo non è molto significativo poiché potrebbe darsi che i maschi più corpulenti frequentassero in mag- gior copia profondità a cui non giungono le ordinarie pescate. Il secondo merita maggiore attenzione poiché dalle tabelle testé pre- sentate risulta in modo certo che i maschi, raggiunta una lunghezza di cefalotorace di 15 mm. circa, cominciano a lasciare la spugna e si trasferiscono in una conchiglia, alla quale si attacca spesso una attinia commensale ^). Credo opportuno a questo punto accennare ad una piccola sta- tistica del Paguristes raccolti nella primavera del 1909 a Bocca- dasse. Gli individui quivi ottenuti furono 90, di cui 54 cf e 36 9 • 1) Per lo più VAdamsia Bondeletii D. Ch., meno spesso la Folythoa arenacea D. Ch. 342 Raffaele Issel Se si guarda alla semplice proporzione numerica dei sessi, queste cifre sembrano contraddire a quelle date per Napoli. Ma se si pone mente alla circostanza che tutti gli individui di Boccadasse abi- tavano in conchiglia, che su 36 femmine ben 30 avevano un cefa- lotorace inferiore a 10 mm., e nessuna superava gli undici e che per i maschi erano rappresentate tutte le stature sino ad un mas- simo di 19 \/2 mm., si deve giungere ad una conclusione analoga alla precedente: le femmine adulte vivono di preferenza in condi- zioni diverse dai maschi adulti; sebbene in questo caso non sia le- cito affermare se la diversità consista o no nella presenza della Su- herites. Logicamente sembra che le cause probabili del trasloco com- piuto quasi esclusivamente dai maschi dei Paguristes napoletani non debbano essere più di due : il paguro abbandona la spugna per- chè questa non può accrescersi oltre ad un certo limite e proteg- gerlo a sufficienza, oppure la lascia perchè la conchiglietta centrale è diventata troppo piccola per offrire comodo appiglio alla estre- mità del suo addome. È possibile altresì che le femmine non imitino i maschi nella loro migrazione perchè alla dimora nella spugna si connette qualche vantaggio protettivo o nutritivo offerto loro dai fondi in cui prosperano le Suherites. Soltanto l'esperienza potrà chiarire questi ultimi punti. Ad un fatto dello stesso ordine accenna Herrick (1895) nella sua monografìa deWHomarus americanus. Secondo Herrick le sta- tistiche darebbero per questa specie di macruro un numero com- plessivo di maschi presso a poco uguale a quello delle femmine, mentre una statistica parziale (quella di No Man' s Land) darebbe il 93,5 7o di femmine. A spiegare questa cifra l'autore invoca la circo- stanza che le femmine rimangono sopra un suolo roccioso finché sono cariche di uova a sviluppo avanzato ed appena schiuse le larve migrano, non seguite dai maschi, verso la spiaggia, ricercando fondi sabbiosi. Protezione delle uova dovuta alla brattea della femmina. Presso il Paguristes oculatus la femmina si distingue dal ma- schio per la statura minore, infatti i più grandi individui raggiun- gono una lunghezza di cefalotorace di 20 mm.; di solo 17 le fem- mine, ed anche paragonando fra di loro un maschio ed una femmina Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 31-3 di Uguale statura si trova che il primo è di gran lunga superiore alla seconda per robustezza e sopratutto per le chele molto più sviluppate. Oltre a questi caratteri sessuali secondari, ve ne sono altri, utilizzati dalla sistematica, e più direttamente connessi alla funzione riproduttiva; le due prime paia di pleopodi del maschio sono trasformate in piedi copulatori e nella femmina si osserva una ripiegatura cutanea subcircolare o brattea che ricopre i grap- poli delle uova. Riguardo a questa appendice debbo anzitutto no- tare che, sebbene continua col tegumento soltanto per breve tratto della base, pure essa protegge le uova in modo abbastanza com- pleto, sia per la incurvatura a scodella sia perchè il suo margine libero è munito di una frangia continua di setole. Esaminando la frangia al microscopio, si vede come tali setole appartengono a due tipi distinti: abbiamo anzitutto setole su due o tre file che raggiun- gono oltre 2 mm., di lunghezza e sono quadripennate, munite cioè di 4 serie di barbe secondarie che si diramano dal fusto principale; sparse sulla superficie interna della lamina e più numerose in vi- cinanza del margine , si vedono poi qua e là setole semplici (ca- pillari). Mentre la superficie della brattea esercita sulle uova una pro- tezione meccanica, all'orlo frangiato spetta piuttosto la funzione di un filtro. Data l'obliquità nell'impianto della lamina dalla parte destra, l'orlo libero è quivi più esteso che a sinistra e quindi le uova co- municano coll'esterno mediante una fessura più lunga. Ma qui ap- punto la filtrazione può avvenire con più efficacia perchè il tegu- mento presenta in corrispondenza del margine della brattea un orlo sporgente, fornito a sua volta di una fìtta frangia di setole uguali a quelle descritte; le setole della brattea si compenetrano con quelle del tegumento addominale formando un fittissimo intreccio. Di più, come ho già accennato nella mia nota (1908), le proprietà filtranti dell'intreccio sono per lo più accresciute dalla presenza di innu- merevoli microorganismi epizoi: globuli e bastoncini di bacteriacee, e sottili filamenti di schizoficee che raggiungono talvolta 2 mm. di lunghezza e presentano, anche se conservate in alcool, una leg- giera tinta verdastra. Che realmente le setole esercitino la funzione di filtro, lo si vede chiaramente tenendo i Paijuristes in acqua un poco torbida; all'ascella delle barbe secondarie ove da principio non si vedevano che pochi e minuti detriti, non tardano ad accumu- larsi in gran copia le particelle di natura minerale. Descritta cosi 311 Raffaele Issel brevemente la forma, la struttura e la funzione della brattea, gio- verà ricordare come questa non sia esclusiva al Pagiiristes del Me- diterraneo, ma sia presente nelle femmine in tutte le specie del genere. Nel genere Paguropsis si trova pure la brattea protettrice, ma questa invece di essere situata costantemente al lato sinistro risiede ora a sinistra, ora a destra. È strano come anclie libri recenti manchino di notizie precise intorno al tempo durante il quale questa appendice funziona. Cosi Ortmann (1901) dice: « Bei dem Weibchen von Fagiiristes maculatila erhalten die Eiertrauben einen besonderen Scliutz durch eine sicli iiber sie hinziende Segelfòrmige Hautfalte der linken Hinterleibsseite welche sich vermutlich eigens zu diesem Zweck ausbildet und spàter wieder zuriickgelit ». Per dimostrare come stiano invece le cose, comincierò col ri- ferire alcuni dati relativi alla brattea protettrice di femmine in sta- di diversi di sviluppo e in relazione colla comparsa delle uova. Si raccolgono femmine giovani in quantità nei mesi di primavera e in principio d'estate. Presso le femmine che hanno meno di 6 mm., di cefalotorace non si osservano né uova, né brattea protet- trice. In una femmina di 6 ^/s mm., raccolta a Napoli, non erano ancora comparse uova esterne, ma gli ovidotti si presentavano tur- gidi per uova prossime alla emissione; la brattea protettrice era appena all'inizio del suo sviluppo, misurando mm. 2 di larghezza per 2^/2 per altezza. Un'altra femmina di dimensioni appena mag- giori portava già 22 uova ai pleopodi. Le dimensioni della brattea e del cefalotorace di 24 femmine giovanissime, pescate a Boccadasse in primavera, sono trascritte nella seguente tabella : Templi, cefalotorace Numero feniniine mi; ■aurate Lungh. brattea 3^2 1 mauca 5 1 manca ' 6V2 1 3V2 7 2 2,21/2 7V2 2 2,21/2,4 8 3 7,8 8V2 4 5 1/2, 8, 9, 9 10 4 1/.3, 6, 6 1/0, 6 1/2, 8, 9, 9, 9, 9 9 Va 2 10, 10 Si può dunque affermare che la brattea si sviluppa presso le femmine misuranti circa 6 mm. di cefalotorace e cominci ad ugna- Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 345 gliare la lunghezza del cefalotorace stesso allorché questo ha rag- giunto S ^/2-9 ^/2 mm. Nelle femmine di 10-17 mm. la brattea è assai più voluminosa in relazione col numero assai maggiore delle uova (750 in una femmina di grande statura) e sebbene di lunghezza assai variabile supera sempre il cefalotorace raggiungendo talvolta negli esemplari più grandi, lunghezze pari ad una volta e mezzo quella del cefa- lotorace stesso. Per quanto riguarda l'epoca di maturazione delle uova noterò quanto segue: nei mesi autunnali, cominciando dalla fine di ottobre, ho osservato frequenti emissioni di Zoea; in ottobre e novembre la grandissima maggioranza delle femmine portava viova esterne e solo di tanto in tanto compariva qualche femmina già sgravata ; in dicembre la proporzione delle femmine aventi già emesse le Zoea divenne notevole (16 su 97) e si fece preponderante in gennaio (70 su 92) ; in febbraio le femmine avevano ancora in gran parte la brattea vuota, ma accanto a questa ne erano già comparse altre (certo fecondate di recente), con uova in stadi per lo più molto ar- retrati di sviluppo; in marzo le femmine a brattea vuota si ridus- sero a 4 su 29. Nei mesi di primavera e di estate tutte le femmine sono gestanti e con uova in condizioni diverse di sviluppo ; non mi è riuscito in questa stagione di ottenere alcuna larva e solo in via eccezionale sono schiuse prematuramente poche Zoee che non hanno tardato a perire; ritengo quindi che in quest'epoca i pro- cessi embriologici avvengano con grande lentezza per ravvivarsi rapidamente nella stagione autunnale. Pare che anche neìVHomarus americano lo sviluppo delle uova sonnecchi per alcuni mesi e su- bisca poi un rapido incremento; almeno Bumpus (1891) riferisce di aver trovate le uova di questa specie molto avanzate in ottobre mentre non schiudono sino al maggio successivo, giungendo il pe- riodo dell'emissione delle larve da questo mese sino alla metà di luglio ^). Intanto, concludendo riguardo alla brattea della femmina, posso affermare quanto segue: la brattea protettrice si forma nelle fem- mine che hanno una lunghezza pari a poco più di 1/3 della mas- sima, quando sta per cominciare la prima gestazione. Dopo di questa non regredisce ma conserva forma e consistenza normale e nelle 1) Occorre notare clie la specie si riproduce ogni due anni. (Hebrick, 1895, 1903). 346 Raffaele Issel deposizioni successive (le quali subiscono un intervallo al principio dell'inverno, nell'epoca che segue al periodo di emissione delle Zoea) si accresce più rapidamente di quanto faccia il cefalotorace, in rela- zione con una più ricca produzione di uova. Ili, Larve di alcuni Paguridi. Sviluppo larvale abbreviato del Paguristes oculatus Fabb. Notizie storiche. — Il sommario delle osservazioni compiute intorno alle larve dei Paguridi prima della memoria di M. T. Thomp- son (1903) si trova in Bouvier (1891Ì ed in Thompson medesimo, basterà quindi eh' io ricordi molto brevemente questo periodo* Phi- LTPPi (1840) è primo a descrivere la Zoea di un Paguride ; Rathke (1840) ci presenta tre stadi larvali successivi di sviluppo di Eupa- pagnrvs bernhardì(s ed un quarto, simile ad un piccolo macruro. MùLLER (1864) esprime il dubbio che un piccolo crostaceo di tipo macruride descritto da Milne-Edwards col nome di Olaucothóe peroni possa rappresentare uno stadio ancor simmetrico di Pagu- ride; il fatto vien dimostrato con sicurezza da Spence-Bate (1868) ed alla questione sollevata da questo naturalista, se la asimmetria caratteristica della famiglia si produrrebbe ugualmente qualora ai giovani individui si impedisse di procurarsi una conchiglia, risponde affermativamente Agassiz (1875). Dobbiamo a Faxon" (1882) la descrizione di quattro fasi di Zoea di una specie di Eupagurns, di una quinta identificata col gen. Glaucothoe di Mììller e di una sesta, già asimmetrica, ma ancor munita di pleopodi al lato destro del- l'addome. Claus (1876) mette in chiaro l'analogia che esiste tra la fase di Grlaucothoe dei Paguridi e quella di Megalopa dei Grranchi, nonché l'analogia fra la Metazoea e lo stadio di Mysis. Sabs pub- blica nel 1888 uno studio assai più esteso di quello dei suoi pre- decessori intorno alle larve dei crostacei decapodi descrivendo e figurando, fra le altre, Zoea, Metazoea e Glaucothoe di Eupagiirus 'bernhardus^ Eupagurus pubescens^ Spiropagurus chiracanthiis. Czer- NiAWSKi (1884) aveva già descritto, ma senza figure, 4 stadi lar- vali del Diogenes varians. I lavori citati sin qui intorno allo sviluppo dei Paguridi la- sciavano ancor molta incertezza sui cambiamenti che si producono fra lo stadio di Glaucothoe e il successivo, nonché intorno all' in- Eicerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 347 fluenza che la conchiglia esercita nel corso dello sviluppo stesso. Spetta a M. T. Thompson il merito di aver portato un notevole contributo allo studio di siffatte questioni. Egli riuscì a seguire l'intero sviluppo larvale e postlarvale di un Eupagurus americano (E. loìigicarpns o pollicaris). Alla descrizione morfologica di quattro stadi successivi di Zoea (1.% 2.^, 3. a Zoea e Metazoea) segue quella dello stadio di G-lauco- thoe, il quale ha brevissima durata (4-5 giorni), ma è importante per i mutamenti che avvengono. Le glandolo digestive e sessuali passano dalla cavità toracica in quella addominale, il sistema cir- colatorio subisce importanti modificazioni; degenerano la muscula- tura addominale ed i pleopodi, cosicché alla fine del periodo di Qlaucothoe il piano generale di struttura è ormai quello dell'ani- male adulto. Thompson dimostra sperimentalmente come al com- piersi dei suaccennati cambiamenti non sia affatto necessaria lo stimolo della conchiglia. Togliendo alla Glauco thoe la possibilità di procurarsene una, non si ebbero infatti cambiamenti degni di nota, soltanto la conservazione dei pleopodi rudimentali al lato destro (normalmente perduti nell'adulto) apparve un po' più frequente presso le larve allevate senza conchiglia che non in quelle normal- mente ricoverate. Lo stadio di Glaucothoe si chiude con una muta, in seguito alla quale si entra in una fase adolescente (sesto stadio) in cui non si conserva più traccia di pleopodi destri e la confor- mazione esterna è quella di un giovane paguro. Però gli organi che alla fine dello stadio di Glaucothoe hanno già acquistato il piano di struttura normale dell'adulto debbono ancora accrescersi e complicarsi ; ciò richiede un tempo variabile durante il quale avvengono parecchie altre mute. Accennerò ancora alla nota di Bouvier (1905) sulle Glaucothoe, in cui l'autore esprime l'ipotesi che alcune Glaucothoe rinvenute alla superficie e aventi statura molto più considerevole delle altre siano larve invecchiate, le quali, non avendo potuto trasformarsi nella forma adulta per mancanza di un adatto ricovero, abbiano conservato, colla vita pelagica, anche la facies di macruro. Vediamo ora quali particolarità presenti lo sviluppo larvale del Paguristes , avvertendo che nel denominare le varie parti, io seguo, salvo poche modificazioni, la terminologia adottata nel trat- tato di Gerstaeckeb-Ortmann (1901). Uovo ed embrione. — Premetterò un breve cenno sull'uovo e sull'embrione. L' uovo del Paguristes oculatus ha forma elissoi- 348 Eaffaele Issel dale e dimensioni molto rilevanti, che variano cioè da un minimo di mm. 0,9 ad un massimo di mm. 1,26 circa; il tuorlo ha un colore che varia dal ranciato chiaro al rosso. E attaccato ai pleo- podi della femmina mediante un cordoncino fatto di filamenti in- trecciati che si separano prima di aderire al corion; non vi è al- cuna relazione costante fra il punto di inserzione del cordoncino e la posizione dell'embrione, inquantochè il cordoncino si inserisce talvolta dalla parte dell'embrione, tal' altra dalla superficie opposta. Lo stadio nauplioide dell'embrione e gli altri successivi nei quali, oltre alle antenne, si scorgono distintamente gli abbozzi di 6 paia di appendici toraciche, non differiscono da quelli descritti dagli embriologi per altri generi di decapodi. Le differenze cominciano più tardi, quando, contemporaneamente al primo formarsi del pig- mento nero sui lobi oculari compariscono gli abbozzi dei pereio- podi. In uno stadio alquanto più avanzato il pigmento oculare ha assunto la forma di una mezzaluna che misura 113 [a di altezza per 32 \x di larghezza e 1' ammasso cellulare che darà luogo ai pereiopodi si è già differenziato in gemme subcilindriche ben di- stinte; il tuorlo occupa ancora, quasi per intero, la massa dell'uovo. In uno stadio assai più progredito, quando il pigmento oculare ha raggiunto il suo massimo sviluppo (jx 189 per [a 57), i pereiopodi si sono allungati e nel primo di essi si è abbozzata la chela; la porzione di intestino medio contenente il tuorlo si è per mezzo di uno strozzamento suddivisa in due sacchi di cui l'anteriore ha, spesso una tinta un po' diversa (più rosea) del posteriore. Prima larva — Zoea progredita-{Fig. 1 e 4). — La Zoea ha una lunghezza di mm. 3,6 circa; i suoi occhi, relativamente pic- coli, sono portati da brevissimi peduncoli. Lo scudo cefalotoracico termina anteriormente in un rostro diritto, la cui lunghezza uguaglia quelle delle prime antenne; il margine anteriore è armato' da un paio di spine leggermente ricurve; i margini laterali scendono quasi paralleli. L'addome, colla lamina del telson è più lungo del cefa- lotorace; i primi 5 segmenti hanno forma cilindrica leggermente rigonfia e 1' ultimo di essi presenta due forti spine dirette obliqua- mente in basso. Il sesto somite ha i margini rientranti nel mezzo ed è completamente distinto dal telson. La lamina del telson ha forma triangolare e base leggermente convessa con una insenatura mediana non molto accentuata. Le sue appendici marginali sono per ciascun lato 7: la spina laterale, poi una esilissima setola, e Bicerche intorno nlla biologia ed alla morfologia ecc. 349 finalmente 5 grandi setole pennate, di cui le prime due sono pres- soché uguali : le altre decrescono in lunghezza verso l' interno. Le prime antenne hanno una parte basale arcuata e due rami; l'esterno cilindroconico, l' interno, più piccolo, giungente sino a metà del primo. Le seconde antenne hanno un peduncolo a margine rien- tranti, la squama, che presenta la consueta forma di falcetto, è mu- nita di un piccolo sprone terminale e di 12 setole pennate, la prima delle quali è assai minore delle altre 11; la metà inferiore del mar- gine interno è munita di un gran numero di esili setole capillari. Il flagello delle seconde antenne uguaglia per lunghezza la lamina, è cilindrico e non ancora nettamente segmentato; il suo apice è fornito di 4 setole pennate. La bocca si trova al di sotto di un labbro superiore assai meno sporgente di quello che si osserva presso le larve del genere Enpaguriis ed un labbro inferiore che consta di una lamina sottile limitata, per ciascun lato, da una spor- genza ovale (lobo labiale). Le mandibole (Fig. 6) presentano un dente basale triangolare e dentelli scarsi e minutissimi lungo i margini; havvi poi un palpo ben sviluppato di forma ovale, allungata. Le prime mascelle (Fig. 7) prive ancora di setole, sono fornite di due lobi masticatori ovali e di un palpo ricurvo che si ripiega su di esso. Nelle seconde ma- scelle (Fig. 8) l'epipodite è rappresentato da una lamella anteriore e da un piccolo abbozzo ovale che si trova alla base di questa la- mella. Il palpo è allungato e ricurvo ; i lobi masticatori sono sud- divisi ciascuno in due lacinie un po' inuguali di guisa che le due lacinie minori sono contigue; mancano le setole. L' incompleto svi- luppo delle parti masticatorie è in relazione colla presenza di due masserelle di tuorlo nei ciechi lateriali, masserelle di cui si conserva qualche sferula sino alla prima muta. I massillipedi (Fig. 4) constano di un largo protopodite e di un esopodite ben sviluppato a tre articoH. Le prime due paia sono munite di quattro setole pennate ; il terzo paio ne è privo. Gli en- dopoditi non funzionano come appendici natatorie, mancando an- cora di setole. Quelli dei due primi massillipedi mostrano già un principio di segmentazione, ma non ancora chiaramente definito; l'endopodite del terzo massillipede ha un calibro assai maggiore dei due primi ma non è ancora segmentato. I pereiopodi (Fig. 4) sono assai progrediti nel loro sviluppo e stanno, come al solito, ripiegati lungo il ventre della larva con- vero-endo colle loro estremità verso la linea mediana; i chelipedi, Archivio Zoologico Voi. 4, Fase. 3 24 350 Raffaele Issel già ben sviluppati, sono fra di loro uguali; i pereiopodi del quarto e quinto paio sono ripiegati sotto agli altri che li nascondono com- pletamente, eccezione fatta per le estremità del quarto paio ; nel quale si accenna già la forma uncinata caratteristica dell' adulto. Esistono abbozzi di pleopodi al 2°, 3», 4°, 5° segmento sotto forma di piccole gemme cilindroconiche lunghe circa 90 [x. Gli uropodi sono già abbozzati ai margini del telson, ma ancora nascosti sotto al tegumento. La colorazione della Zoea è dovuta a cromatofori ed a goc- ciole pigmentate. I cromatofori sono di due qualità, bruni e rossi. I primi appariscono giallo-dorati, a luce riflessa e si trovano lungo il rostro e le antenne, nella parte inferiore dello scudo cefalotora- cico, alla baso dei segmenti nei pereiopodi, alla base dei somiti addominali ed ai lati del telson. I rossi abbondano sopratutto lungo i margini del cefalotorace, ma se ne osservano anche dorsalmente alla base del rostro e ventralmente alla base delle seconde antenne ed intorno alla bocca. Le gocciole pigmentate, di un colore az- zurro vivace, sono limitate alla squama delle seconde antenne ed alla base del 6° somite addominale. Durante il periodo di Zoea si vanno facendo sempre più di- stinte le segmentazioni nelle prime antenne e nel flagello delle seconde, nonché negli endopoditi dei massillipedi, e crescono in lun- ghezza i pleopodi. Presto la larva si libera dalla spoglia di Zoea e più di una volta ho avuto occasione di osservare come la spoglia sia diiplice, segno che viene abbandonata contemporaneamente anche la sottile cuticola embrionale. Seconda larva — ^Metazoea. - La larva, uscita dalla spoglia, presenta tutti i caratteri dello stadio conosciuto sotto il nome di Metazoea (Fig. 2 e 5) ed è distinta dai seguenti, caratteri : I peduncoli oculari sono alquanto più sviluppati. Le prime antenne hanno il flagello esterno diviso in 5 articoli e l'interno in 2. Le seconde antenne hanno un flagello con 9 articoli; la squama presenta un margine esterno pressoché rettilineo. Le mandibole e le duo paia di mascelle non cambiano sostanzialmente di forma. Nella mascelle del primo paio si é sviluppata, sui margini dei lobi masticatori, una serie di piccole setole. Nelle mascelle del secondo paio (Tav. 9, Fig. 9) si é grandemente accresciuto l'abbozzo infe- riore dell' epipodite e la lamella antcn-iore si é guarnita di brevi Eicerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 351 setole : piccoli gruppi di setole sono comparsi anche sui margini dei lobi masticatori. Gli esopoditi dei massillipedi (Fig. 5), compresi quelli del 3.» paio, portano sette setole in luogo di quattro; gli endopoditi ap- pariscono nettamente segmentati: in quattro articoli il primo, in sei gli altri due. I pleopodi presentano una base allungata da cui si diparte un esopodite a contorno ovale ed un endopodite di lun- ghezza pari a circa due terzi dell' esopodite. Gli uropodi sono li- beri ai lati del telson; tanto 1' esopodite quanto l' endopodite hanno forma un po' ricurva, il primo è guarnito di undici setole pen- nate. 11 telson, oltre allo sprone ed alle sei setole marginali, pre- senta due paia di nuove setole, formate internamente alle altre ; sono le più brevi di tutte e convergono fortemente verso la linea mediana. Gli abbozzi delle branchie sono rappresentati, nelle due prime larve, da piccole gemme cilindroconiche, in numero di 11. Glaucothoe. Nello stadio di Glaucothoe (Fig. 3) i pedun- coli oculari si sono considerevolmente allungati; lo scudo cefalo- toracico termina all' innanzi in un rostro breve ed ottuso ed ha una forma a pera, allargandosi considerevolmente dall' innanzi al- l'indietro; le spine anteriori sono andate perdute. I somiti addominali sono muniti lateralmente di setole nella loro parte mediana. Il 1.» ha i lati fortemente concavi; il 2.» 3,o e 4.0 sono cilindrici e rigonfi, il 6.° è fatto a cono tronco e presenta due brevi spine laterali ; il 6.° è cilindrico e rigonfio nella sua parte inferiore; il telson è subquadrangolare; il suo margine libero è for- temente convesso e porta nove setole per lato; oltre alle setole marginali se ne osservano altre sparse qua e là sulla lamina; più vistose delle altre son quelle impiantate dorsalmente al di sopra del 4.0 paio di setole marginali. Le prime antenne (Fig. 10) hanno il peduncolo nettamente diviso in tre segmenti, di cui il mediano è il più lungo e l'in- feriore porta una spina dfilla parte ventrale. Il flagello esterno (superiore) ha quattro articoli e porta sette bastoncini olfattori ; il flagello interno è composto di due articoli di cui il secondo è circa doppio del primo e porta due setole apicali. Nelle seconde antenne il peduncolo è armato di un dente ot- tuso al margine superiore interno e di uno acuto al margine su- periore esterno. La squama presenta un dente acuto terminale e due altri analoghi lungo la metà supericn^e del margine esterno; 352 Raffaele Issel questo è fornito eziandio di un piccolo numero di setole. Il flagello ha 8 articoli e setole numerose al vertice. Nelle mandibole la parte trituratrice ha assunto una forma tondeggiante ; il palpo, piegato ad angolo retto, ha 1' estremità ar- rotondata e munita di 8 spine. Le prime mascelle (Tav. 9, Fig. 12) portano un breve palpo recante al suo vertice un' unica setola ; i due lobi masticatori hanno forma trapezoidale e sono muniti, lungo tutto il margine tagliente, di spine acute ; oltre a ciò si allinea nella parte superiore di ciascun segmento una breve serie di setole, de- crescenti in lunghezza dall' alto al basso. Nelle seconde mascelle la lamella anteriore e l'abbozzo posteriore si sono fusi insieme in un grande epipodite, lungo il margine del quale ho contato '28 setole pennate; i lobi masticatori sono divenuti alquanto più snelli e le loro lacinie portano ciascuna un gruppo di setole semplici. Il primo massillipede (Fig. 14) ha un esopodite biarticolato ed un piccolo endopodite semplice. Il 2.° massillipede ha pure r esopodite biarticolato e munito di un fascio di setole apicali, l' endopodite ha 5 articoli non ancora nettamente delimitati e mu- nito di 4 brevi setole. Nel 3.*^ massillipede (Fig. 16) l'esopodite è diviso in quattro articoli e 1' endopodite in 6 ; fra le appendici di questo ramo noterò una robusta spina conica al margine in- terno del primo segmento e all'apice dell' ultimo, un gruppo di 10 setole pennate e ricurve ; due delle quali superano alquanto le altre 8. Il lobo masticatorio superiore porta, lungo il margine ta- gliente, una quindicina di setole semplici. I pereiopodi posseggono il numero di articoli definitivo e fra quelli del 1.» paio (chelipedi) non si è ancora manifestata veruna asimetria. Sui margini esterni del propodite e del dactilopodite di tali arti (Fig. 17) si è sviluppata una serie di spine; tre spine ana- loghe, ma di grandezza decrescente armano il margine esterno del carpopodite e il magine interno dell' ischiopodite. I pereiopodi del 2.° e 3.° paio sono allungatissimi e presentano spine ai margini anteriori del carpopodite e del propodite. I pereiopodi del 4.° paio hanno un dactilopodite munito di artiglio ben differenziato ; lungo il propodito si osserva inferior- mente una serie di 6 dentelli leggermente ricurvi. Il 5.° paio si ter- mina con un dactilopodite munito di due forti spine e di altre mi- nori ; sul dorso del propodite si osserva un gruppo di setole pen- nate e un' area scabra composta di 13 spine. Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 353 I primi 3 pleopodi (Fig. 19) souo di uguale lunghezza (circa 4:60 [xj; l'ultimo è akj[uanto più corto ; tutti portano all' esopodite 7 grandi setole pennate ed internamente a queste un'ottava assai più esile; all' esopodite stanno tre piccole setole ricurve (Fig. 20). Negli uropodi (Fig. 5 e 21) la parte basale è fornita, dal lato interno, di una spina diritta ; nei due rami si sono sviluppate, oltre alle setole pennate, delle spine ottuse submarginali che si alternano con le setole. Per quanto concerno la pigmentazione, è da notarsi il mag- giore sviluppo dei cromatofori bruni sui pereiopodi e dei cromato- fori rossi alla base del cefalotorace, ove formano un reticolato continuo. Rispetto al tempo in cui si compie la muta, debbo osservare che essa avviene con grande rapidità ogni qualvolta siano favorevoli le condizioni d'ambiente. Allorché le larve sono prossime a schiu- dere basta togliere dall' acqua le femmine per qualche istante e tuffarle nuovamente nel recipiente perchè lo stimolo cosi prodotto determini contrazioni violente le quali hanno per effetto la rottura degli involucri dell' uovo e lo sciamare delle Zoea. Le Zoea nate nelle ore matuttine od anche nelle prime ore del pomeriggio e poste in grandi bicchieri di acqua di mare subiscono nella notte la prima muta e si trasformano in Metazoea; nella notte successiva si spo- gliano una seconda volta passando allo stadio di Glaucothoe; l'in- tero sviluppo dall' uovo sino alla prima fase post-larvale non ri- chiede adunque più di una quarantina d' ore. Ho potuto ottenere questi risultati più volte quando la temperatara del laboratorio si manteneva fra 17^ e 19" circa. Ad \ina temperatura più elevata le uova schiudono per lo più prematuramente e si ottengono larve poco vivaci che vanno soggette a forte mortalità ; molte non su- perano la prima muta e delle poche superstiti nessuna giunge alla seconda. Nulla posso dire dei cambiamenti che avvengono oltre alla fase di Glaucothoe, a cagione della difficoltà grande che si incontra nell' allevare questo stadio , specialmente per quanto ri- guarda il nutrimento. Ho provato anche a fornir loro delle pic- cole conchiglie; una sola fra tutte vi penetrò coli' addome, ma tosto abbandonò il rifugio, come se vi stesse a disagio. Nel plancton non ho potuto ancora trovare alcun stadio lar- vale o j)0stlarvale di Poguristes quantunque li abbia ricercati con cura; 1' individuo più piccolo, già fornito di conchiglia, ch'io abbia 354 Raffaele Issel osservato, misurava una lunghezza poco più che doppia di quclhi spettante alle Glaucothoe allevate dall'uovo. In complesso adunque il Pagiiristes presenta uno sviluppo lar- vale grandemente abbreviato, sia per V epoca in cui 1' embrione schiude dell' uovo, sia per la rapidità con cui lo sviluppo procede sino al primo stadio post-larvale. Confronterò lo sviluppo larvale del Paguristes con quello del genere vicino Eiijmgurus, in base ad osservazioni sulle larve di Pa- guridi raccolte a Napoli nel plancton di penombra a 50-100 metri di profondità. Queste osservazioni mi permettono di confermare pienamente i dati di M. T. Thompson (1903) sopra Eiipagiirus ame- ricani. Neil' Eìipagurus ^) si distinguono 4 periodi larvali limitati da altrettante mute e contraddistinti dai caratteri seguenti : l.o Prima Zoea.- Terzo massillipede rudimentale; esopoditi dei due primi massillipedi con 4 setole. Abbozzi dei pereiopodi non ancora differenziati. Sesto somite addominale non ancora distinto dal telson. Telson con uno sprone e 6 setole per lato. Lunghezza mm. 2,5 circa, 2.0 Seconda Zoea. - Esopodite del terzo massillipede ben svi- luppato; esopoditi dei massillipedi con 6 setole ; abbozzi dei pereio- podi ben distinti. Abbozzi degli uropodi rappresentati da due strisce di tessuto cellulare ai lati del telson. Telson con una spina e 7 setole per lato. Lunghezza mm. 2, 5 circa. 3.0 Terza Zoea. -Esopoditi dei massillipedi con 7 setole; ab- bozzi dei pereiopodi molto più sviluppati, con rudimenti di bran- chie al 2.O. al 3.0 ed al 4.o Sesto somite addominale distinto dal telson. Uropodi ai lati del telson, privi ancora di endopodite. Tel- son con una spina e 7 setole. Lunghezza mm. 3 circa. 4." Quarta Zoea (Metazoea). -Esopoditi dei massillipedi con 8 setole, pereiopodi molto allungati; il primo di essi con chele ben sviluppate; la destra notevolmente più grande della sinistra; ad- dome con 4 paia di pleopodi. Telson come nella precedente. Lun- ghezza mm. 4 circa. 1) Le larve esaminate iu autuuno nel planct<)u di Napoli coucordavano con quelle dell' E Pridcauxi^ina, non potrei affermare che .si trattasse proprio di quella specie poiché è difficilissimo distinguere ])raticiimente la prima Zoea di E. Prideaa'jcì da quella di E. excavatus. Ricerche iutoruo alla biologia ed alla morfologia ecc. 3.j5 Dai dati suesposti si vede come la larva appena schiusa di Paguristes corrisponda presso a poco alla ^.^ Zoea di Eupagiirus. Senonchè i processi dello sviluppo sono tutt'altro che paralleli; vi hanno infatti due punti in cui la prima risulta più arretrata che la seconda; parlo cioè degli uropodi già liberi neìV Eupagurus ed an- cora nascosti sotto la pelle nel Paguristes ] della coda con una spina in più della formola tipica nell' Eupagurus ed a forma tipica di Zoea nel Paguristes. D'altra parte si nota il fatto opposto pur i pluopodi, le cui gemme sono di già comparse nell'embrione avanzato di Paguristes mentre fanno ancora difetto nella 3.^ Zoea di Eupagurus e per i pereiopodi più sviluppati nel Paguristes. Carattere importante sotto questo riguardo è la formazione precoce del palpo mandi- bolare, il quale non comparisce presso il gen. Eupagurus se non allo stadio di Grlaucothoe. Intorno al valore che si deve attribuire a cotali accorciamenti di sviluppo non sappiamo nulla di sicuro. Nel suo trattato Ortmann parla in un riassunto chiaro ed esteso delle osservazioni compiute a questo riguardo nei vari gruppi di crostacei decapodi, e mi par- rebbe inutile ripetizione il riferirle ancora nei loro particolari. Ag- giungerò che il numero delle specie di cui si conosce lo sviluppo larvale od almeno la prima larva si è notevolmente accresciuto dopo la pubblicazione del sullodato compendio, senza tuttavia portar nuova luce sulle cause da cui siffatte accelerazioni sogliono di- pendere. Dal lavoro di Oktma.mn e dalle osservazioni successive è lecito inferire come la metamorfosi abbia subito una riduzione che si può dire progressiva dai crostacei decapodi più bassi forniti ancora di uno stadio nauplitico (Peneidi;, sino ai più elevati e specializzati (brachiuri) e come questa riduzione abbia proceduto in modo piut- tosto saltuario ed irregolare nei macruri, mentre nei brachiuri (in senso lato) ha raggiunto maggiore uniformità. Si presentano in- fatti tre fasi di Zoea e due di Megalopa presso i Gancridi, i Portu- didi, i Gonoplacidi, i Grapsidi (Cano 1891 1, 4, 1892 1, 1893 2, nue Zoea ed una Megalopa nei Dromidei, negli Inachidi e Maijdi (Cano 1893 1, 2). Oltre alle riduzioni che hanno assunto l' importanza di carat- teri generali, propri a gruppi tassonomici assai estesi, altre se ne verificano dovute senza dubbio all'influenza dell'ambiente. E noto infatti che la vita in acqua dolce e l'habitat marino abissale, qua- 35G Eaffaele Issel lunquo sia il gruppo di decapodi in cui compariscano, hanno gene- ralmente per effetto di protrarre la fase di vita embrionale. Consi- deriamo un po' quanto avviene nei due gruppi più vicini ai Pa- guridi, cioè nei Talassinidi e nei Galateidi. Nei Talassinidi, secondo Cano (1891) si hanno due forme di Zoea ed una di Mysis (stadio con-ispondente alla Metazoea); la prima Zoea presenta cinque piccole gemme di pereiopodi mentre ve n'hanno 4 già molto allungate presso la Oebia\ lo sviluppo è dunque al- quanto abbreviato, non tanto però quanto nel Fagiirisies. Presso i Paguridi anche i generi terrestri Birgiis secondo Willey (1900j e Ceonobita secondo Borradaile (1900) schiudono allo stadio di Zoea. Una eccezione alla regola generale sarebbe data dal gen. Lithodes che, a giudicarne dai disegni di Sars, (1888) lascia l'uovo in uno stadio di poco anteriore alla prima larva di Pa^wm^es; a spiegare il caso del Lithodes si può invocare appunto la dimora in acqua profonde. Nel gruppo dei Galateidi lo sviluppo larvale sembra procedere in modo affatto analogo a quanto si osserva nei Paguridi ; ne di- vergono per il loro sviluppo abbreviato il gen. Gcdathodes secondo Sars (1888), il gen. Diptychiis secondo Bouvier (1892) ed anche nella specie cavernicola Mtmidopsis polymorpJia secondo Calman (1904) la insolita grossezza delle uova fa supporre lo stesso fenomeno; anche in questo caso però si tratta di specie profonde o di specie, come la Miinidopsis citata, di supposta provenienza abissale ^). 11 Paguristes omlatiis vive fra 25 e 250 metri di fondo (Bouvier 1900); non può quindi invocarsi la vita abissale come causa della condensazione e della rapidità nello sviluppo postem- brionale. Anche le altre specie di Paguristes (abbondanti soprat- tutto nella regione Indopacifica) sono litorali o sublitorali: secondo AlcocK (1905) il 30 7o soltanto di esse proviene da fondi superiori a 100 fathoms (188 m.) e, per quanto si sa, il carattere delle uova vistose è comune alla grande maggioranza delle specie. Null'altro si può adunque concludere, se non che mancano ancora dati comparativi e sperimentali per giungere ad una spie- gazione plausibile. ^) Secondo Caustiek (18!J5) anche il <^Qi\. Dkranuihomia d'acque protoude, schiude in uno stadio tardivo. Ricerche intoruo alla biologia ed alla morfologia ecc. 357 Lii prima Zoea dui generi Catapaguroides , Eupagnrns, Pagunis^ Clibanarius ^). 1- Prima Zoea di Catapaguroides timidus ^ovx. — La Zuua del Catapagnróides timidiis mi è schiusa in giugno a Boccadasse e verso la metà di luglio ho osservato a Villafranca due femmine con uova di color marrone, in stadio assai arretrato di sviluppo. Le larve hanno una lunghezza di mm. 1 ^j-i circa. Le prime antenne sono nettamente arcuate. La squama delle seconde an- tenne è foggiata come nel gen. Eiipagurus senonchè lo sprone esterno ha lunghezza pari a soltanto ^/ó quella della lamina. Le mandibole hanno inferiormente e superiormente un gruppo di 3-4 denti più forti e nel mezzo una serie composta di una quindicina di dentelli minutissimi. Le prime mascelle si distinguono da quelle di Eupagurus per la grossezza del palpo ; i segmenti basali sono trasformati in lobi masticatori; il lobo superiore porta due artigli il più alto dei quali è di gran lunga il più forte; il lobo inferiore ha forma quadrangolare. Nelle seconde mascelle è da notarsi il fatto che il palpo non è bilobo come nel gen. Eupagurus ma bensì diviso in 3 lobi; i segmenti basali sono foggiati a lobi masticatori ed il primo (inferiore) è assai più grande del secondo. Gli esopoditi dei due primi massillipedi sono nettamente biar- ticolati, gli endopoditi del primo paio presentano 5 articoli, quelli del secondo 4; le setole degli esopoditi sono in numero di 4. Il terzo massillipede è una semplice gemma cava a due articoli. A differenza di quanto avviene nel genere Eupagurus, il sesto somite addominale è già distinto, sebbene in modo incompleto, dalla lamina del telson. 11 telson si avvicina, per la sua forma, a quello della Zoea di ìSpiropagurus^ secondo Sars (1888); il «uo margine posteriore è alquanto convesso e le sporgenze tegumentali su cui s'impiantano le setole assai accentuate; la spina è diritta; l'altezza della lamina è circa 7 ^/2 volte quella della spina. Le setole pennate sono in nu- mero di 6; l'esterna minutissima e 5 altre disposte nell'ordine 45321; le maggiori hanno una lunghezza pari a circa •^/o quella della lamina. 2. -Prima zoea di Eupagurus excavatus Herbst. — Quantun- que esistano buone descrizioni di larve di Eu2)agurus segnatamente 1) Le figure relative a queste larve verrauno date in altro lavoro. 358 Raffaele Issel per merito di Sars (1888) e di M. Thompson (190B) , credo utile dare anche questa, sia perchè si tratta di una specie non ancora esa- minata sotto il !punto di vista dello sviluppo, sia per confronto cogli altri generi vicini. La larva è lunga mm. 3,5 circa. Il rostro è assai lungo e leg- germente ricurvo Le mandibole hanno alla base un dente assai forte un po' ri- curvo, seguito da altri tre dentelli acuminati. Le prime mascelle hanno un palpo con due grandi spine ricurve di cui la superiore sopravanza l'inferiore; entrambe le spine sono armate di tre spi- nule decrescenti per larghezza dall'apice alla base. Le seconde mascelle hanno il palpo munito di una spina lunga un pò più di metà dei lobi basali che sono muniti di 9 grandi setole pennate. Nelle mascelle del secondo paio il palpo è indiviso ; lungo i margini taglienti dei lobi masticatori si osservano rispettivamente •1, 2, 2 e 8 setole marginali. I massillipedi presentano 5 segmenti al primo paio e 4 al se- condo. II telson ha forma di triangolo relativamente alto e stretto e porta, oltre alla spina laterale ed alla piccola setola le solite 5 grandi setole marginali, la rispettiva lunghezza delle quali è indicata dalla formula 45321; le ultime 3 sono quasi uguali. La spina è lunga 7» circa della lamina del telson e la setola maggiore poco meno dì ^3 della lamina stessa. Un cromatoforo rosso si osserva alla base del rostro e una larga macchia dello stesso colore sulle mandibole e sul labbro su- periore; una serie di cromatofori misti, contenenti cioè tinta bruna al centro e rossa alla periferia si trovano lungo il margine del ce- falotorace; pigmento rosso si trova pure al 2», al 3» ed al 6° so- mite; pigmento bruno alla base del 6°. S.-'Prìmsi'Loe?i dì Eupagurus Prideauxi Leagh.— Credo che questa Zoea non si possa distinguere praticamente da quella dianzi descritta, sebbene la sua statura sia in media, alquanto minore; la forma del corpo e delle appendici concorda nelle due specie sino ai più minuti particolari. 4. -Prima Zoea di Pagurus arrosor Herbst (P. striatus Late.) — Le uova del Pagurus arrosor sono sferiche, di color rosso vermiglio e lunghe 426-460 {x; la larva che ne schiude nei mesi estivi ha una lunghezza di mm. 2,7-2,9 e si distingue per il grande svi- Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 359 luppo del rostro che oltrepassa di lungo ti-atto le estremità delle antenne. I margini dello scudo cefalotoracico non presentano denti ; l'addome è snello ed a somiti alquanto rigonfi, tranne il 5° che si dilata alquanto a cono nella parte inferiore, ov'è armato da due robuste spine ricurve in basso; si comincia appena a delineare la divisione fra 6° somite addominale e telson. Il telson, (già de- scritto da P. Mayer, 1877) ha forma di triangolo a lati molto di- vergenti ; il suo margine posteriore, alquanto convesso, è inter- rotto da un taglio triangolare che lo intacca per un quinto circa della altezza. La spina laterale è ricurva e vistosa ; segue la solita setola assai ridotta e poi le altre 5 nell'ordine 45321. Fra una se- tola e r altra si osserva una serie di spinule, mentre l' intaglio me- diano è munito di setole capillari. Le prime antenne hanno una sola grande setola pennata. Nelle seconde antenne la squama non porta sprone marginale e , par- tendo da circa 2/5 della sua altezza, è munita di 9 setole pennate grandi e di una assai piccola; il margine esterno è munito di setole capillari lungo il suo terzo superiore, il flagello è lungo i 2/3 circa della squama. Le mandibole presentano, dal basso in alto, un dente basale un pò ricurvo a cui si appoggia un dentello tricuspide ; seguono 3 denti assai minori del primo. Le prime mascelle hanno un palpo con due setole ed i seg- menti basali foggiati a lobi masticatori il primo di essi è munito di 6 setole, di cui 4 pennate ed il 2^ di 2 spine ricurve presso a poco uguali , di cui l' inferiore è fiancheggiata, alla base, da due minutissime setole. Le seconde mascelle non differiscono da quelle della Zoea di Eupagurus ; soltanto il palpo è più largo e di forma tendente alla triangolare; la protuberanza che porta il paio infe- riore di setole è appena accennata. 1 due primi massillipedi hanno entrambi 2 articoli agli esopo- diti con 4 setole terminali e 5 agli endopoditi ; i massillipedi del 3° paio , quantunque rappresentati da piccole gemme , hanno già iniziata la divisione in 3 articoli. Una particolarità notevole di questa Zoea consiste nella strut- tura del tegumento, costituito , negli ultimi segmenti addominali, da tante squamette embricate il cui margine porta spesso due pic- cole punte e talvolta anche 3 ; i preparati in tota lasciano scor- gere per trasparenza come ad ogni squama corrisponda per lo più un nucleo dell'ipoderma. 360 Raffaele Issel La pigmentazione non è molto ricca, una serie di cromatofori formanti una strisciolina rossa spicca sui segmenti addominali ; il rostro ha l'estremità di un color rosso sfumante in giallo; orlate di rosso sono pure le antenne del primo paio. 5. -Prima Zoe a di Clibanarius misanthro2nis 'Risso. — Questa larva si trova già descritta e figurata in un lavoro di E. Hessk (1876); si tratta però di descrizione cosi antica ed incompleta che merita di essere rinnovata. Le uova, di color marrone tendenti al violaceo, lunghe 370-400 |i, giungono a maturità in estate; la Zoea che ne esce, per la sua agi- lità e per il grande sviluppo delle setole pennate manifesta i ca- ratteri di buona nuotatrice. Il suo scudo cefalotoracico si pro- lunga in un breve rostro lateralmente appiattito, molto largo per un certo tratto e poi bruscamente ristretto in una punta. Nelle seconde antenne è da notarsi la mancanza di spina al mar- gine esterno della squama lungo la quale si contano due setole esi- lissime ed altre 9 grandi. Le mandibole hanno alla base un forte dente conico; il mar- gine trituratore s'innalza in due protuberanze, di cui la inferiore culmina in un dentello; la superiore in un paio di dentelli analoghi; tutta la superficie trituratrice è poi cosparsa di minuti tubercoli. Le prime mascelle hanno un palpo piuttosto vistoso e dei lobi masticatori l'inferiore, tondeggiante, porta 7 setole pennate, il su- periore 2 spine ricurve di cui la più alta è pennata; tra l' una e l'altra è impiantata una setola. Nelle seconde mascelle il palpo è nettamente suddiviso in due lobi. I primi due massillipedi hanno gli esopoditi divisi in 3 articoli e muniti di 4 setole terminali; l'endopodite del primo ha 5 arti- coli; quello del secondo, molto più breve, ne porta soltanto 4. II o.o massillipede è rudimentale e non porta traccia di seg- mentazioni. Mancano spine ai somiti addominali e quelle che nei generi vicini armano la base del 5.° segmento sono qui rappresentate da due piccoli ciuffi di setole capillari. È appena accennata la divi- sione fra 6.0 somite addominale e telson. Questo porta nella sua parte mediana un profondo intaglio triangolare ; la spina marginale può dirsi rudimentale, misurando appena Yn dell'altezza totale ; le 6 grandi setole pennate del margine sono disposte secondo la for- mula 54321; le maggiori sono lunghe all'incirca quanto la lamina del telson ; l'intaglio mediano è munito di lunghe setole capillari. Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 561 La pigmentazione della Zoea è ricca, ma costituita unicamente di pigmento rosso. I cromatofori sono raggruppati specialmente alla base dei massillipedi e dei semiti, addominali e distribuiti con una certa uniformità sullo scudo cefalotoracico. IV. Osservazioni sul tegumento della Zoea d i Paguristes Il tegumento della Zoea, composto della cuticola sottilissima e di un ipoderma a nuclei per lo più irregolari, talvolta strozzati nel centro, presenta già, nelle duplicature la disposizione caratte- ristica a palizzata più volte descritta (vedi Vitzof, 1882) tale dispo- sizione si osserva quindi nel rostro nelle pleure e nel telson : dal lato interno dell' ipoderma sporgono, a brevi intervalli, gruppi co- nici di cellule che hanno i nuclei convergenti verso il vertice e che si uniscono , mediante un prolungamento, a gruppi analoghi del lato opposto formando cosi un pilastro epiteliale a forma di clepsidra. Negli stadi larvali del Paguristes le cellule costituenti ciascun gruppo non sono più di due o tre; presso l'adulto invece i pilastri sono meno frequenti e composti di un numero assai mag- giore di cellule. TI tegumento del resto non meriterebbe di fissare in modo particolare la nostra attenzione, se non fosse per alcuni suoi tratti ove comparisce una speciale struttura vacuolare che mi studierò di descrivere e di interpretare, L' epitelio vacuolare (Fig. 22) si presenta sopratutto lungo la linea medio-ventrale del cefalotorace in 5 gruppi che corrispon- dono ai 5 ammassi di sostanza punteggiata della catena ventrale spettanti alle 5 paia dc;i pereiopodi. In sezioni longitudinali hanno l'aspetto di gruppi separati, composti di una mezza dozzina di cel- lule, in cui la vacuolizzazione è massima al centro del gruppo per descrescere ai lati ; il vacuolo ha dilatato grandemente la cel- lula per cui questa assume un' altezza tripla di quella dell' epitelio ordinario; i nuclei sono sospinti in alto o lateralmente oppure nella sottile parete divisoria rimasta fra due cellule vacuolate. Analogo tessuto vacuolare ma in aggruppamenti meno numerosi regolari e costanti si osserva in altre parti del corpo cioè nello scudo cefa- lotoracico alla base del rostro e nel tegumento addominale sulla parete dorsale del sesto somite. Non credo che siffatta struttura dipenda , come si potrebbe supporre, da globuli di sostanza grassa disciolti dai reagenti perchè B62 EaiFaele Issel mi è accaduto talvolta di poter distinguere vacuoli in questo tratto anche nella larva vivente. Non sono lontano dal ritenere che si tratti di struttura connessa alla funzione respiratoria, ma certo oc- corre riserbare ad un esame comparativo un giudizio più deciso. In sezioni di embrioni avanzati, ma non ancora prossimi al ter- mine, si osserva una striscia di epitelio vacuolare la quale non si presenta ancora suddivisa in 5 gruppi distinti. Nello stadio di Me- tazoea il tegumento vacuolare è già alquanto regredito ed in quello di Glaucothoe i vacuoli sono quasi completamente scomparsi, tanto- ché, scorrendo una intera serie di sezioni, non se ne vedono più di tre o quattro in tutto il tegumento ventrale. V. Le glandole tegumentali di PiKjnristes Notizie storiche Trattando del sistema glandolare intendo limitarmi alle glan- dole che sboccano direttamente all' esterno attraversando col loro condotto il tegumento. Comprendo quindi nel novero la glandola antennale, la glandola mascellare e tutte le altre glandole disse- minate al disotto delle pareti del corpo e nelle sue appendici. Per quanto ha riguardo ai crostacei superiori, l'opportunità di uno stu- dio siffatto emerge facilmente da un riassunto dei dati più impor- tanti pubblicati in materia. Esporrò con una certa larghezza quelli che si riferiscono ai crostacei decapodi , trattando delle osservazioni compiute sopra rappresentanti di altri gruppi per quanto le mede- sime possono completare quelle eseguite sui decapodi. La glandola antennale ha richiamato più d' ogni altra 1' at- tenzione degli studiosi per la sua mole cospicua, per la comples- sità che raggiunge e per il particolare interesse fisiologico che si connette alla sua funzione. Per lungo periodo di tempo le ricerche in proposito vertono quasi esclusivamente sul gambero di fiume in cui r organo presenta una forma aberrante. Marchal (1893) estese le sue ricerche ad una ricca serie di decapodi e descrisse le no- tevoli variazioni morfologiche a cui vanno soggette le diverse parti costituenti della larva; cioè la vescica terminale, l'ammasso trabecolato del labirinto ed il sacculo, ponendo in rilievo, dal punto di vista fisiologico la mancanza di acido urico e la presenza, in sua vece di un prodotto speciale (acido carcinurico) nel liquido che vien secreto dall' organo. Grazie al lavoro più recente di Waite (1899) Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 363 intorno allo sviluppo della glandola antennale nell' Homarus ame- ricano, sappiamo che il sacco terminale trae origine dal mesoderma che occupa V asse delle seconde antenne, mentre il labirinto si dif- ferenzia, in uno stadio alquanto posteriore, da una invaginazione ectodermica nella superficie medio-ventrale dell' antenna stessa. Nelle larve dei decapodi venne altresì descritta una glandola di funzione ignota la quale si trova in connessione con uno dei primi arti post- boccali e presenta una certa analogia colla glandola antennale. Lebedinski (1890) trova nella larva di EripJiia spini- frons un « organo segmentale » che si forma da un duplice ab- bozzo, cioè una estroflessione della somatopleura ed una invagina- zione ectodermica alla base del primo massillipede. Una glandola tubulare si forma secondo Butsohinsky (1894) nella larva di Gchia litoralis ed occupa la base del 4.^ segmento (primo paio di ma- scelle). Nelle larve di Eupagurus M. T. Thompson (1903) accenna, oltre che alla glandola antennale, ad una glandola del guscio foggiata a tubo ricurvo che sbocca alla base delle seconde mascelle e, dopo aver perdurato nelle 4 fasi di Zoea, vien perduta con la muta da Metazoea a Grlaucothoe. Riguardo ad altre glandolo che si trovano immediatamente al disotto del tegumento occorre citare prima di tutto un vecchio lavoro di Max Braun (1877). Egli scopre e sommariamente descrive in alcuni brachiuri speciali glandole riunite in ammassi sferici e comunicanti coll'esterno mediante dotti lunghi e sottili. Tali glandole sono collocate nel labbro superiore , nelle prime e seconde mascelle, e sono poi molto numerose nei pleopodi ove l'autore riconosce loro la funzione di secernere il liquido attaccaticcio che serve a tenere appese le uova (Kittdriisen). Per quanto riguarda in modo par- ticolare il Paguristes egli trova un ammasso cospicuo di glandole nel labbro ed un cordone di glandole analoghe in quei pleopodi della femmina che sono situati entro alla brattea protettrice. Delle glandole del cemento nelle loro relazioni colla biologia dell'apparato sessuale femminile si occupa diffusamente Cano (1891). Presso la grande maggioranza dei crostacei macruri questi organi sono collocati nei pleopodi, immediatamente al disotto della epi- dermide, sulla superficie interna degli epimeri e nelle lamine la- terali del telson; presso lo Stenopus ed i Talassinidi esclusivamente nei pleopodi, presso i Paguridi sulla superficie ventrale del pleon, in vicinanza dei piedi, e nel labbro superiore. 364 Raffaele Tssel Allen (1893) studiando la larva del Palaemonetes varians vi scopre, oltre ai nefridi (glandola antennale e glandola delle prime mascelle) un paio di vistose glandolo situate dietro alle prime ma- scelle ed aventi struttura reticolata (reti cu late glands). Nella sua monografia deWHomarits americano, Herrick (1895) si occupa delle glandole tegumentali in modo alquanto più minu- zioso dei suoi predecessori. Di tali glandole sono piene le labbra e se ne trovano altresì nel segmento basale nell' epipodite respi- ratoria delle mascelle, nei massillipedi (dove sono già sviluppati negli stadi larvali), nei flagelli delle antenne e in diversi punti del tegumento cefalotoracico ed addominale; non mancano nelle pareti del ricettacolo seminale. L' autore distingue sulla superficie interna del tegumento i pori adibiti al passaggio delle setole che si aprono sopra una eminenza, dai pori delle glandole tegumentali che stanno invece al vertice di una sporgenza crateriforme alla quale fa seguito un piccolo tubo. Ogni pacchetto glandolare è cir- condato da una capsula e contiene una cellula bipolare simile ad una cellula gangliare; questa si unisce alla rosetta glandolare con uno dei processi e va, coll'altro, ad una diramazione nervosa; emer- gente dalla glandola insieme al co adotto escretore. I notevoli cam- biamenti istologici osservati paragonando le glandole dei pleopodi prima e dopo l'ovulazione, conducono l'autore a confermare la fun- zione assegnata loro da Cano: nel labbro sembra che le glandole non siano estranee alla funzione gustativa dappoiché i loro canali costituiscono l'unica via di passaggio per stimoli di indole chimica attraversando microscopiche setole impiantate sul tegumento ; ri- guardo alla funzione degli altri gruppi glandolari l'autore non è in grado di pronunziarsi. In una nota preliminare più recente lo stesso Herrick (1903) accenna a glandole tegumentali i cui dotti si aprono alla base delle spine nella chela delle larve. Compito più circoscritto si propone Wallengreen (1901) al quale dobbiamo una minuziosa topografia degli sbocchi glandolari nel labbro superiore e nel canale intestinale presso i gen. Cancer^ Carcinus^ Hontarus, Astacus. Per finire accennerò ancora alla monografia di Pearson (1908) sul Cancer. In questo lavoro si parla di glandole osservate nel tegumento del tronco, nelle mandibole, nelle j^a-reti dell'esofago e dell'intestino posteriore, nell'epistema, nel metastoma, negli endo- poditi dei massillipedi e dei pleopodi femminili; nelle pareti della cavità branchiale. L'autore tuttavia non si induiria in minute ri- Ricerche intorno alla iMologia ed alla morfologia ecc. 365 cerche sulla struttura e sulla funzione delle glandole ed a questo proposito non fa che confermare una parte delle cose già dette da alcuni suoi predecessori. Ed ora gettiamo un rapido sguardo sopra le nostre conoscenze intorno alla glandole a sbocco esterno presso gli altri crostacei. Una glandola antenuale ed una mascellare, analoghe per strut- tura e destinate entrambe alla escrezione, vennero segnalate e stu- diate in quasi tutti i gruppi inferiori ai decapodi; ricorderò in proposito, oltre ai lavori di Claus, quelli di Grobben (1880) intorno a vari gruppi di crostacei; di RicnaiiD (1891) intorno ai copepodi; d'acqua dolce. Non v' ha dubbio che questi organi corrispondano alle glandole antennali e mascellari dei decapodi; soltanto nei gruppi più bassi regredisce e scompare , nel corso dello sviluppo, la glandola antennale, mentre nei decapodi lo stesso fenomeno si presenta per la glandola mascellare. L'analogia di tali glandolo coi nefridi degli anellidi risulta completa, specialmente dopo i lavori di Vejdovsky (1901) sugli amfìpodi e di Rogenhofer (1908) sugli isopodi. Passando alle altre glandole tegumentali dirò che le osser- vazioni più numerose intorno a quelle dei copepodi si trovano nel lavoro di Richard (1891) il quale ne studiò la distribuzione e l'aspetto sul vivente in vari generi d'acqua dolce, distinguendo glan- dole unicellulari del labbro superiore (salivari) da altre, pure uni- cellari, sparse in varie regioni del tronco e nelle appendici. Hé- rouard (1895) trova l'organo frontale dei cladoceri identico, per struttura alle glandole salivari degli stessi animali; Claus (1888) descrive le glandole tegumentali della Nehalia e trova che quelle pluricellulari, poste alla base dei piedi toracici, si tingono in az- zurro coir indaco-carmeno, mentre da quelle unicellulari situate nella furca trasuda un liquido simile a grasso. Gli isopodi e gli amfìpodi dopo le osservazioni di Paul Mayer (1878) sulle glandole della Phronima e su quelle dei Caprellidi (1882), supposto veleni- fere in base alla loro posizione, fornirono ripetutamente oggetto di studio agli istologi ; citerò i lavori di Ide Manille (1892) sulle glandole cutanee degli isopodi terrestri, di vom Rath (1895) sulle glandole cefaliche delV Anilocra mediterranea, di Kunstler e Gruvel (1896) sulle glandole faringee degli Iperini, di Zimmermann (1898) su quelle tricellulari della Phronima: si tratta sempre di glandole in cui le cellule secretrici, mediante canali endocellulari, versano i loro prodotti in una cellula collettrice la quale si prolunga nel Archivio Zoologico, Voi. 4, Fiiac. 'ò. 25 300 Eaffaele Issel condotto o si unisce ad altra cellula costituente il condotto. Oltre a questi dati puramente citologici, ricorderò le notizie raccolte da Della Valle (1893 j nella sua monografia dei G-ammarini a pro- posito delle glandole glutinifere e delle glandole coxali, le prime servono a spalmare il corpo di una sostanza glutinosa o a costrurre la teca nelle specie tubicele, le secondo si impadroniscono dei gra- nuli di carmino ingeriti e sarebbero quindi da ritenersi escretrici* Accenno soltanto di volo a glandole con funzione speciale loca- lizzata come sarebbe la glandola cementarla posseduta dai Cirripedi, Tutto fa ritenere che gruppi e sistemi di glandole tegumen- tali nei crostacei meno elevati siano analoghi a quelli che si os- servano presso i decapodi. Ma i risultati ottenuti coi primi per quanto concerne le glandole di tipo diverso dalle nefridiali , non aggiungono molto a ciò che si conosce intorno ai secondi. E se, in complesso, non mancano dati sulla distribuzione delle glandole tegumentali in qualche specie e sulla struttura di qualche tipo determinato di glandola , ben poco è noto (sempre escludendo la antennale e la mascellare) intorno al loro differenziamento isto- logico in un medesimo individuo alla loro origine, al loro compor- lamento durante lo sviluppo, e sopratutto intorno alla loro fun- zione. Mi sembra tuttavia molto suggestiva una nota di Doflein (1906), in cui r autore, riconoscendo nell' organo luminoso di un ostracodo {Halocypris) una glandola mascellare trasformata, dimostra come alla medesima glandola possano competere, a seconda del bisogno, fun- zioni molto disparate. Colle mie osservazioni intorno alle glandole fegumentali del Payuristes mi lusingo di aver contribuito a colmare, sia pure in piccolissima parte, le lacune dianzi ricordate. Glandole larvali. Appena schiusa dall'uovo, la Zoea dei Paguristes presenta di già un sistema glandolare ben differenziato ed abbastanza ricco; si presta quindi in modo singolare alla indagine di questo capitolo interessante dell' anatomia. Uno studio minuzioso dei preparati ni toto e sopratutto delle sezioni condotte secondo i tre piani princi- pali, mi suggerisce di raggruppare tutte le glandole a sbocco esterno in 5 categorie (Pig. 23), nettamente distinte per caratteri istologici ed istochimici : Eicerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 3r;7 1. -Grlandole nefridiali ^)\ a cui appartengono la glandola antennule e quella delle seconde mascelle. 2. - Grlandola acinose reticolate: questa categoria com- prende le glandole rostrali . le glandole delle prime mascelle , le glandole dorso-addominali e quelle del telson. 3. - Grlandole mucose: rappresentate per lo più da cellule glandolar! disseminate qua e là nelle antenne, nei massillipedi, nei pereiopodi; un po' più scarse nell'ipoderma nella parete del corpo, ove stanno isolate oppure in intima connessione con una glandola reticolata. 4. - Glandole granulose : limitate alla estremità prossimale del rostro dal lato dorsale e ad una piccola zona nella parte dor- sale ed anteriore del cefalotorace. 5. - Glandola ar colata: situata nella superficie dorsale del cefalotorace. 1. - Glciìidoìe nefridiali. — La glandola antennale della Zoea è visibile anche per trasparenza sull'individuo vivente (Fig. 24) ma per comprenderne bene la forma e la struttura è necessario ricor- rere alle sezioni. Essa consta di un sacco che nella sua parte ter- minale si biforca in due rami a mezzaluna, secondo un piano obli- quo per rispetto all' asse logitudinale della Zoea; entrambi i rami della mezzaluna raggiungono ventralmente la base delle seconde antenne ma il superiore soltanto ne attraversa la parete comuni- cando con r esterno mediante un breve condotto , visibile soltanto nelle sezioni. La parte a mezzaluna si prolunga in una borsa, la quale sporge nella cavità cefalotoracica giungendo sino al livello dell'apertura boccale ; fra la parte biforcata e la borsa si nota una forte strozzatura che non lascia comunicare le due porzioni se non per un angusto foro. Inoltre fra i due rami della mezzaluna si os- serva, attaccato all'ipoderma, un ammasso globoso che si differenzia, anche sul vivo, dal tessuto circostante perchè alquanto più opaco e granuloso. Le diverse porzioni della glandola sono adunque distribuite e formate presso a poco come nella larva dell' Homarus americano a giudicarne dalla descrizione di Waite (1899). Secondo questo au- tore la borsa colla sua biforcazione è un sacco ectodermico dal quale si originano più tardi il cosidetto labirinto ed il sacculo accessorio 1) Adotto questo nome per la corrispondenza, ornai dimostrata, fra queste glandole ed i uefridii propriamente detti. 3fi8 Raffaele Tssel della glandola, mentre l'ammasso globoso, di origine mesodermica rappresenta l'abbozzo del sacco terminale (endsac). Nella larva di Paguristes osserviamo, in confronto a quella di Homams, un mag- giore sviluppo del sacco ectodermico ed un minore sviluppo del sacco terminale. La struttura delle due parti differisce sin d' ora considerevol- mente (Fig. 26); il sacco ectodermico consta di un solo strato di cellule per lo più alte e strette (altezza 20-24 [x, larghezza 8-10 [x) eccetto cbe nella parte a contatto dell'ammasso, ove sono al- quanto appiattite ; i loro nuclei vistosi, ovali, allungati nel senso delle rispettive cellule sono ricchi di granuli di cromatina minuti, numerosi ed irregolarmente disposti. L' abbozzo mesodermico è co- stituito da un ammasso ovale cavo in cui un solo strato di cel- lule sta attorno ad un lume centrale, terminando, verso l' interno, con una estremità arrotondata ed assottigliata; tali cellule si tin- gono coll'orange Gr e colla fucsina assai più intensamente di quanto non accada per le cellule del sacco, sopratutto nella loro porzione basale; i nuclei hanno forma generalmente sferoidale ed elementi cromatici più grossolani di quelli osservati nelle cellule del sacco. La glandola delle seconde mascelle. (Fig. 26 e 27), detta anche impropriamente glandola del guscio è un tubo che giunge superiormente sino a toccare la superfìcie inferiore della glandola delle prime mascelle ; di qui, descrivendo un gomito colla convessità in basso s' incurva verso la base delle seconde mascelle, ove si apre uno sbocco alla parte ventrale del primo articolo. 11 tubo è costi- tuito da un solo strato di cellule le quali hanno tipo completamente diverso da quello delle glandole delle prime mascelle e ricordano piuttosto gli elementi istologici della glandola antennale. Si tratta di elementi poliedrici (come apparisce chiaramente quando si osservi una sezione tangenziale alla superficie del tubo) , protoplasma for- mante un reticolato irregolare e poco netto, interrotte qua e là da vacuoli; i nuclei sono di forma per lo più ovali e misurano al più 10 jj. tranne alcuni molto allungati che raggiungono i 12 [i; la mem- brana nucleare è ben evidente e la cromatina, relativamente scarsa, disseminata senza regolarità. Piccoli grumi di escreto, visibili presso all' orifìzio esterno e colorati intensamente dal carmino, dimostrano come sin dal primo stadio larvale l'attività escretoria della glandola sia di già cominciata. Tralascio ulteriori particolari su queste glandole già abbastanza note e passo agli altri tipi che, per essere poco o nulla studiati, of- frono maggiore interesse. Ricerche iutoruo alla biologia ed alla morfologia ecc. 369 2. - Glaìidole reticolate. — a) - Glaudole rostrali. - Le glaiidole rostrali occupano la metà prossimale del rostro e stanno im- mediatamente al di sotto del tegumento , tanto dal lato dorsale quanto dal lato ventrale. Le glandole ventrali sono in numero di due, una per lato; di forma ovale e poste obliquamente in modo da toccare la parete epiteliale colla estremità inferiore e da spor- gere nel lume della cavità rostrale colla superiore, ostruendo quasi completamente la cavità stessa. La loro lunghezza è di 90 [x circa e le cellule che le compongono non sono più di una dozzina. Dalla estremità superiore ascende un condotto escretore che si assottiglia verso lo sbocco e nell' ultima porzione piega leggermente ad arco per sboccare attraverso al tegumento ventrale del rostro. I caratteri istologici delle glandole sono : cellule a limiti poco netti ; plasma costituito da un reticolato poligonale delicato e regolare, tinto leg- germente in grigio-azzurrognolo dalla ematossilina; nucleo il cui contorno si modella sulle maglie contigue del reticolo in guisa che sottili filamenti di sostanza nucleare ne seguono per breve tratto le pareti divisorie; granuli di cromatina piuttosto grossolani ed ir- regolari. Il nucleo appartenente al condotto è di dimensioni assai maggiori, ha contorno più regolare e presenta elementi cromatici più minuti e numerosi. Le glandole reticolate del lato dorsale sono situate un poco più in alto di quelle ventrali e constano di un piccolo numero di cel- lule; talvolta di una cellula sola, la cui struttura corrisponde in tutto a quelli delle cellule glandolari ventrali or ora descritte. h) - Glandole delle prime mascelle. - Si tratta di una glan- dola pari che sporge da un lato nella cavità delle prime mascelle e si addentra dall' altro nella cavità cefalotoracica giungendo sino a toccare la parete della glandola gastrica. Esaminata nei preparati iìi toto o nelle sezioni longitudinali ha forma di cornamusa, colla convessità in alto e 1' asse maggiore pressoché normale all'asse lon- gitudinale della larva (Fig. 23 ; le sezioni trasversali rivelano poi come la sua porzione inferiore sia divisa in due lobi da un solco in direzione dorso-ventrale. In questa fessura si vede decorrere un fascio di fibrille muscolari, che appartengono al muscolo elevatore delle prime mascelle. Le dimensioni della glandola sono: lunghezza (in senso dorso- ventrale) 130 [j., altezza 90 {x. Le sezioni trasversali l'Fig. 30) lo dimostrano una glandola aci- nosa costituita da una quarantina di cellule disposte regolarmente 370 Raffaele Issel a rosetta attorno ad un lume centrale (manca una cellula centrale differenziata; , da cui emerge un sottile condotto che si dirige verso la base della mascella e dalla parte esterna di questa, ma non è visibile uno sbocco. I prodotti delle singole cellule si ri- versano nel lume centrale per mezzo di canaletti endocellulari si- mili a quelli più volte descritti in glaiidole tegumentali di isopodi e di amfipodi (vedi p. 368) le cui estremità si scorgono distintamente nei preparati. Per quanto riguarda la struttura citologica dei singoli elementi si può ripetere quanto si è detto a proposito delle glandolo rostrali, colla differenza però che nelle glandolo in questione i nuclei assumono un contorno più regolarmente ovale e contengono quasi tutti accanto a granuli di cromatina assai irregolari, un nucleolo ben distinto; i nuclei sono situati alla base delle cellule ed in vici- nanza della periferia. e) - Glandolo dei chelipedi. - Se ne osserva una nella regione del dactilopodite e del propodite, l'altra nel cari)opodite. Piuttosto elle una glandola unica quella del propodite deve considerarsi come un gruppo compatto di glandolo acinose costituenti, nel loro com- plesso un ammasso di forma ovoidale lungo e che si inoltra per circa 35 ^ nell' interno del dactilopodite. L' ammasso è protetto da una teca di natura connettiva molto sottile e colorabile coli' o- range, nella quale si osservano di tanto in tanto dei nuclei appiattiti. Vi si scorgono (Fig. 32 e 33), a brevi intervalli, delle camere collettrici circondate da una zona un po' più intensamente colo- rata ove sboccano dei canaletti endocellulari, e, in continuazione di ogni cavità, un condotto escretore leggermente tortuoso che sbocca alla superficie esterna del dito (mai nella superficie di con- tatto col dito mobile). I nuclei della cellula contenente la ca- mera collettrice e quelli del condotto si distinguono dai nuclei delle cellule glandolari più nettamente che nelle altre glandolo dianzi ricordate. I primi sono grandi, ovali e tinti in violetto dall'emal- lume; i secondi mediocri, di forma determinata in parte dalle maglie plasmatiche, e colorati di una tinta mista. Poiché i limiti fra le cellule glandolari sono assai mal definiti, soltanto il numero dei condotti permette di decidere di quante glandolo l'ammasso sia co- stituito. In complesso questa glandola, è fra le reticolate, la più avanzata nel suo sviluppo. La struttura citologica, quantunque; simile a quella delle glan- dolo rostrali e delle prime mascelle, se ne differenzia tuttavia per alcuni caratteri degni di nota. Anzitutto il reticolo consta di maglie Eicerclie intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 371 assai più grossolane e colorate leggermente dalle tinte plasniaticlie (orange, fucsina); le maglie poi non hanno forma nettamente po- ligonale ma presentano spigoli leggermente arrotondati. La glandola del carpopodite ha dimensioni alquanto minori della precedente; la sua forma è sferica e la struttura istologica affatto analoga a quella descritta per la glandola del propodite. d) - Glandole dorso-addominali. - Così denomino una serie di glandole impari che giacciono lungo la linea medio-dorsale della larva nel mezzo dei segmenti addominali, dal secondo al quinto incluso (Fig. 23). Si presentano come corpi di forma ovale, il cui asse maggiore è diretto secondo l'asse longitudinale della Zoea e misurano 49-62 jj. di lunghezza per circa 30 somite addominale. La parete delle arterie è costituita come di regola, da un esile strato cellulare che mostra, anche sul vivo, lievi sporgenze esterne corrispondenti ciascuna ad un nucleo: internamente a tale strato le sezioni rivelano una sottile membrana (intima), spesso pieghettata e più colorabile del citoplasma soprastante (Tav. 11, Fig. 54 e 55;. Peculiare è la struttura delle arterie epatiche, le cui pareti sono ab- bondantemente vacuolate; tale struttura è probabilmente in rela- zione coir apparato perivasale che riveste l' arteria Ma oltre a questi costituenti essenziali del vaso, v' hanno elementi accessori che non ho tardato ad identificare coli' organo giobuligeno e col fagocitarlo di CuÉNOT (1905) e che meritano un esame accurato. Secondo le osservazioni di Cuénot (1905), confermate da Bruntz (1907) i crostacei decapodi posseggono due organi linfoidi, distinti in un organo giobuligeno in relazione coU'aorta dorsale ed un organo fagocitarlo in relazione per lo più con le arterie epatiche. Neil' Eu- pagurus bernhardus adulto l'organo giobuligeno è un manicotto composto di più strati di cellule che fascia l'aorta dorsale, mentre r organo fagocitarlo consta di un sistema di tubuli a fondo cieco i quali si ramificano sulle arterie antennali o sulle diramazioni di qiieste, riunendosi poi in gran numero ai lati ed alla superficie ven- 3S4 Raffaele Issel trale dello stomaco. Mi pare interessante di notare come siffatti organi siano già abbozzati in tutte le loro parti nella prima larva del Paguristes, mentre nessuno, per quanto sappia ne ba fatto cenno a proposito di stadi larvali. D'altra parte la loro struttura è assai più semplice cbe nell' Eupagurus adulto e la funzione clie compiono non è probabilmente la definitiva. Osservando una larva di Paguristes per trasparenza dal lato dorsale (Fig. 49) si scorgono le pareti dell' aorta dorsale ingros- sate per circa metà della lunghezza, mentre la porzione pros- simale delle arterie epatiche, per un tratto altrettanto lungo, ha r aspetto di un piccolo grappolo dovuto alle numerose cellule ton- deggianti che vi stanno attaccate. Dallo studio delle sezioni si ri- cava quanto segue: nel tratto che apparisce ingrossato la parete del- l' arteria è rivestita, subito dopo la sua emergenza dal cuore, da cellule perivasali disposte in un solo strato (Fig. 53). Nel tratto inferiore sono di forma tondeggiante e limitate alla superficie ven- trale del vaso (Fig. 55), nel tratto superiore hanno forma per lo più clavata e si impiantano su tutta la superficie del vaso ec- cezione fatta per due zone assai ristrette lungo le linee medio- dorsale e medio-ventrale dello stesso , il loro citoplasma appa- risce formato da un aggregato di sferule, tinte abbastanza viva- mente dai coloranti acidi, il nucleo contiene ammassi cromatici piut- tosto grossolani numerosi ed irregolari. Le cellule perivasali delle arterie epatiche sono pure unistratificate, ma, a differenza delle pre- cedenti, circondano il vaso completamente, hanno forma sferica e citoplasma in alcuni tratti vacuolare (Fig. 56 e 64). Nelle se- zioni trattate con ematossilina ferrica le cellule dell'una e del- l'altra categoria presentano, oltre alle sferule citoplasmatiche tinte in grigio chiaro, una moltitudine di granuli anneriti di forma ir- regolare e misuranti sino a 2 [x di diametro, che non si ritrovano in alcuna altra cellula del corpo (Fig. 57). Elementi consimili a quelli or ora descritti esistono pure in altre regioni del cefalo- torace, ove però non si impiantano sopra vasi sanguigni, ma stanno in relazione con speciali cavità o tasche, più o meno completamente isolate dalla cavità generale. Una di queste cavità, la cavità peri- gastrica, non è ancora stata menzionata dagli autori essa merita un cenno descrittivo perchè rappresenta probabilmente una cavità e- scretoria tipica. La tasca perigastrica abbraccia ventralmente l'esofago e lo stomaco: si può dire che il suo margine inferiore e mediano sottenda Ricerche intorno alla biologia de alla morfologia ecc. oS5 l'arco descritto dalla prima parte dell'apparato digerente (Tav. 11, Fig. 52). Seguendo il suo decorso in una serie di sezioni trasverse, dal basso in alto, si vede che la tasca aderisce lateralmente alle pa- reti dolio stomaco; essa è costituita da una sottile membrana, tinta leggermente dall'emallume, con nuclei molto appiattiti, e si distin- gue quindi facilmente dal sottostante peritoneo dello stomaco i cui nuclei sono invece frequenti e di forma sferoidale (Fig. 63). Intorno alla parete dorsale dello stomaco la membrana perigastrica più non si distingue ; è visibile soltanto il peritoneo, che si collega, mediante la membrana gastro-aortica, coll'aorta dorsale (Fig. 64). Lateral- mente e ventralmente la membrana si allontana sempre più dallo stomaco e ad un certo punto la sua parete ventrale si interrompe per lasciar passare due voluminosi muscoli gastrici i quali uniscono la parete ventrale dello stomaco colla parete del corpo, ai lati delle prime mascelle (Fig. 60). A questo livello la tasca si collega pure alla faccia interna del labbro inferiore mediante due cordoncini che si riuniscono a Y in un ramo solo il quale raggiunge la inser- zione passando fra i due connettivi esofagei Un poco più in alto la tasca si unisce all'esofago ^) (Fig. 59 e 58). Nel tratto inferiore della tasca si trovano cellule periseptali simili a quella poc'anzi descritte, disseminate senz'ordine, tanto sulla faccia esterna come sulla faccia interna (Fig. 61). Nel tratto superiore ve n'ha un mucchio cospicuo posto alla biforcazione del cordone ad Y (Fig. 60) ed al disotto di questa. Molto probabilmente siffatto mucchio corrisponde alla placca mediana substomacale ac- cennata da CuÈNOT (1905) per il gen. Eupagurus. Le cellule in que- stione concordano per i loro caratteri con quelle perivasali, salvo- che la loro forma è appiattita laddove si attaccano alla membrana ed il loro citoplasma minutamente granulare. Il setto pericardico si inserisce in alto alla parete dorsale im- mediatamente al disopra del cuore, in basso al margine anteriore del primo segmento addominale ed è fortemente concavo, di guisa che la cavità da esso delimitata assume, nello sezioni, la forma di una mezzaluna Cellule analoghe a quelle della tasca perigastrica si osservano aderenti alla parte superiore del setto accanto allo sbocco dell'aorta e non manca un piccolo gruppo al punto d'emergenza dell'arteria sternale. ') Non potrei pronunziarmi sulla natura istologica di questo cordoncino. 386 Raffaele Issel Intorno alla funzione dell'apparato perivasale e periseptale io non credo che nel periodo larvale si producano linfociti da parte delle cellule impiantatate sull'aorta, sia perchè non ho malvisto nuclei in mitosi, sia perchè i caratteri delle cellule stesse sono molto diversi da quelli dei linfociti, come apparisce dalla Fig. 28. Una fun- zione fagocitarla non si può sperimentalmente dimostrare in un essere cosi minuto come la larva del Paguristes; una funzione escre- toria apparisce probabile quando si considerino i caratteri delle cellule perivasali. L'apparato descritto non subisce né accrescimento né modifì- ficazioni sensibili durante il periodo larvale. VII. Riassunto Riassumerò, per finire, le osservazioni esposte nei capitoli pre- cedenti. I.- Presso il Paguristes oculatus di Napoli la protezione dell'a- dulto dovuta alla dimora non s.i esercita in modo uniforme per i due sessi. Infatti la grande maggioranza delle femmine, crescendo di mole, rimane nella spugna Suherites domuncula che ha inglobato poco a poco la piccola conchiglia, dimora primitiva del crostaceo i maschi più grandi sogliono invece cambiar domicilio e trasferirsi in una capace conchiglia sormontata da un'attinia. La brattea della femmina è un organo permanente , il quale adempie oltre alla difesa meccanica anche all' ufficio di un filtro: si forma per la prima deposizione e si accresce nelle successive proporzionatamente al numero delle uova stesse. IL -L'uovo, ben protetto e d'insolite dimensioni, fa prevedere uno sviluppo larvale abbreviato. Tutti i Paguridi sin qui studiati dal punto di vista dello sviluppo larvale, (eccettuato Lithodes), schiudono allo stadio di tipica Zoea. (Ho minutamente descritto nel testo quella di Eupagurus exavatus^ E. prideauxi^ Catapagu- roides timidus, Pagurus arrosor^ Clibanarius misantliropus) ed il gen. Eupagurus presenta 4 stadi di Zoea prima di passare in quello di Glaucothoe. Invece la larva del Paguristes lacera gli invogli dell'uovo in uno stadio che per il complesso dei caratteri é un poco più avanzato della terza Zoea di Eupagurus^ malgrado la coda da prima Zoea, e passa allo stadio di Griaucothoe dopo due sole mute che si com- diono con eccezionale rapidità. Nella prima larva è da notarsi lo Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 387 sviluppo precoce del palpo mandibolare la mancanza di setolo allo appendici masticatorie ed agli endopoditi dei massillipedi, ecc. III. -La prima larva di Paguristes pre-senta ventralmente cinque zone di tegumento vacuolare, corrispondenti ai cinque pereiopodi e alle quali spetta forse una parte nella funzione respiratoria. IV. -Mediante lo studio anatomico della larva di Paguristes ho stabilito una distinzione delle glandolo tegumentali, dal punto di vista istologico ed istochimico , che ancora mancava e per un gruppo di tali glandolo ho potuto anche accertare la funzione alla quale sono destinate. Le glandolo od abbozzi glandolari della prima larva apparten- gono a cinque categorie ben distinte: 1.° 'glandolo nefridiali (anten- nale e delle seconde mascelle), 2.° glandolo reticolate che predomi- nano per numero e per mole e si presentano, a secondo della re- gione, in stadi assai diversi di sviluppo (rostro, prime mascelle, chele, tegumento addominale, telson), 3.° glandolo granulose (tegu- mento dorsale cefalotoracico, anteriormente), 4.° cellule glandolari elaboranti muco (qua e là, specialmente negli arti), 6." glandola areo- lata, di struttura affatto peculiare (teg. dorsale cefalotoracico, nel mezzo). In qualche caso ho potuto vedere che le glandolo si formano per trasformazione di cellule dell'ipoderma acquistando subito i ca- ratteri della categoria alla quale appartengono, parecchie glandolo degenerano e si distruggono durante lo sviluppo larvale. Presso l'adulto si ritrovano elementi glandolari reticolati, mucosi e granulosi cogli stessi caratteri che avevano nella larva, mai però isolati, ma tutti costituiti in ammassi di tipo acinoso. Si può dire che ovunque esista sotto il tegumento un piccolo nodulo od una striscia di tessuto connettivo, ivi si trovino associate glandolo delle tre categorie o almeno di due. Prevalgono in numero le glandolo a funzione mucipara specialmente abbondanti nelle antenne e nei pe- duncoli oculari; sono identiche a queste le glandolo esofagee, segno che glandolo di forma e funzione uguale possono adempiere ad uffici disparati. La pinza del Paguristes^ grazie all'ingente ammasso connettivo glandolare che riempie le dita e la parte distale del propodite, non costituisce soltanto un organo di prensione, ma anche un or- gano glandolare importante. Questa asserzione si può estendere ad altri Paguridi ed alla Dromia, ma non a tutti i gruppi di decapodi. Per quanto concerne le glandolo reticolate degli arti, ponendo mente sopratutto alla particolare struttura dell'invoglio connettivo 388 Eaffaele Issel che le riveste, si può ritenere probabile clie abbiano qualche parte nel metabolismo delle sostanze adipose. V. - Nella prima larva di Pagiiristes ho notato, oltre alla precoce comparsa dell'arterie antennali ed epatiche, cellule perivasali in un solo strato sull'aorta anteriore (abbozzo dell' organo globuligeno di Cuénot), e sulla parete vacuolata delle arterie epatiche (abbozzo del- l'organo fagocitarlo di Cuénot) le prime producano linfociti durante il periodo larvale ; le une e le altre hanno carattere di cellule escre- trici. Altre cellule simili a quelle periaortiche si trovano sulle pa- reti del setto pericardico e di una speciale tasca perigastrica non ancora descritta, che cinge ventralmente lo stomaco. Addenda. Ho ricevuto durante la stampa di questo lavoro, la memoria di VON Apàthy e Farkas (1908», ove si descrivono, con grande accuratezza, le glandole che stanno nell' intestino terminale del gam- bero. A parte la differenza fondamentale di tipo (si tratta di glan- dole tubulose}, gli autori illustrano nelle cellule del condotto (Au- sfuhrzellen) una particolarità di struttura simile a quella da me osservata nella cellula centrale delle glandole tegumentali del Pa- guristes ; sottili prolungamenti che si insinuano fra gli elementi secernenti. Gli autori hanno poi verificato che le glandole dell' intestino terminale dell' Astacus^ al pari di una parte di quelle tegumentali e di quelle esofagee del Pa^z^m^es, danno le reazioni della mucina, quantunque, dalle prove isto-chimiche eseguite, non credano poter dire con assoluta sicurezza che si tratti di muco. Laboratorio di Anatomia Comparata della R. Università di Genovii, 4 set- tembre 1909. Ricerche iiitorno aJla biologia ed alla morfologia ecc. 389 Bibliografìa. 1840. Philip pi, A. — Zoologische bemerkungen. 2. das geaus Zoe ist der erste Zustand von Pagurus-. Ardi. Nahtrg. 6'. Jahrg. pag. 181., Taf. 3-4. 1840. 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VI ì ^'<^^''i chela. dito mobile ) end, endopodite. ep, epipodite. es, esofago. ex, esopodite. fib, fibrilla della glandola areolata. giani, glandola antennale. glarl, glandola areolata. glch, glandola dei chelipedi. glco, cavità collettrice della glandola. gìd, condotto glandolare. giga, glandola gastrica. f/lf/r, glandola o cellula glandolare granulosa. glinr, invoglio connettivo delle glandole reticolate, glmuc, glandola o cellula glandolare mucosa glmax^ , glandola della 1.^ mascella. glret. glandola reticolata fflf, glandola del telson. gto, ammasso gangliare toracico. i. intestino. ip, ipoderma. U, labbro superiore. l,i, labbro inferiore. linf. linfociti. Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 395 Ilo, lobi labiali. mr!, mandibole. WXi, ^ , ( mascelle, seconde ) Wi.T.2, »i.rpi, primo 1 secondo [ massillipede. terzo ] m.rp.,, ìiixp^, mbg, membrana gastro-aortica. nm, muscolo. net, nucleo del connettivo ordinario. ngl. nucleo di cellula glandolare. ninv, nucleo dell'invoglio connettivo delle glandolare reticolate. nd, nucleo di condotto o di cellula centrale glandolare. neiir, neuropilo. uva. nervo ottico. f>, occhio. pa. palpo. P^r^.r,, i cinque pereiopodi. pil, pilastri epiteliali. pi, pleopodi in via di .sviluppo. Pt, peritoneo. scec. sacco ectodermico della glandola antennale. spc, setto pericardico. mi, setto perigastrico. sq, squama delle seconde antenne. st, stomaco. t, tuorlo. ur, uropodi. V, vacuoli. Tutte le figure vennero eseguite coll'aiuto della camera chiara. Gli ingran- dimenti riferiti sono approssimativi; per quelli superiori a 500 diametri veime adoperato con l'oblìiettivo i/j,:^ di Koristka con gli oculari compensatori 4 e (i. Tavola 9. Fig. 1. — Prima larva (Zoea progredita) di Pagurùten oculafw^, veduta doi-sal- mente, dal vivo, x 30. » 2. — Seconda larva (Metazoea), id. id. x 30. » 3. — Primo stadio post-larvale (Glaucothoe), id. id. x 30. » 4. — Zoea. Parte anteriore veduta ventralmente, disegnata sul vivo x 45 » 5. — Metazoea, id. id. >< 30. » 6. — Zoea. Mandibola, x HO- » 7. — Id. Prima mascella. X 110. » 8. — Id. Seconda mascella. >< 110. » 9. — Metazoea. Seconda mascella. X HO. » 10. — Glaucothoe. Prima antenna x 52. » 11. — Id. Seconda antenna. X 45. » 12. — Glaucothoe. Prima mascella. -< 110. » IB. — Id. Seconda mascella, x HO. » 14. — Id. Primo massillipede. x 66. 396 Raffaele Issel Fig. 15. — Glaucothoe. Secondo massillipede. X 65. » 16. — Id. Terzo massillipede. >< 66. » 17. — Id. Chelipede. x 45, » 18. — Id. Estremità del 5.° pereiopode. x 165. » 19. — Pleopode. x 65. » 20. — Estremità dell'endopodite di un pleopode. x 568. » 21. — Id. Endopodite di un uropode. X 90. Tavola 10. Fig. 22. — Zoea. Epitelio vacuolare nella regione dei pereiopodi. >< 460. » 23. — Zoea. Disegno semischematico per indicare la distribuzione delle glan- dole tegumentali nel cefalotorace e nei primi somiti addominali. X 40 circa. Lo glandolo nefridiali sono tratteggiate, le glandole retico- late disegnate a semplice contorno , le granulose sono colorate in grigio, le mucose in rosso la glandola areolata in nero. » 24. — Zoea. Glandola antennale veduta per trasparenza. X 130. » 25. — Id. Sezione longitudinale, non passante per lo sbocco, della glandola antennale. x 460. » 26. — Zoea. Estremità prossimale della glandola delle seconde mascelle. X 160. » 27. — Zoea. Porzione distale di detta glandola. X 460. » 28. — Zoea. Sezione trasversale del rostro colle glandole reticolate, x 650. » 29. — Zoea. Sezione longitudinale della parte inferiore del rostro, con glan- dola reticolata cellula mucosa, e glandola granulosa, x 650. » 30. — Zoea. Sezione trasversale mediana attraverso alla glandola delle prime mascelle, con cellula glandolare mucosa. X 650. » ni. — Griaucothoe. Sezione longitudinale attraverso alla glandola delle prime mascelle in via di regressione. X 650. » 32. — Zoea. Sezione trasversale (un po' obliqua) della chela alla base del dactilopodite, colla glandola relativa, x 355. » 33, _ Zoea. Sezione obliqua (da sez. trasversale della larva) della chela, per mostrare la struttura della glandola e specialmente i condotti glan- dolari e la membrana connettiva. X 650. » 34. — Zoea. Sezione longitudinale del telson colle relative glandole retico- late. X 650. » 35. — Embrione avanzato. Cellule glandolari reticolate in via di forma- zione. X 650. » 36. — Zoea. Cellula glandolare granulosa in via di formazione, x 1000. » 37. — Zoea. Sezione longitudinale condotta attraverso alla base del telson, per mettere in evidenza una cellula mucosa isolata. X 650. » 38. — Zoea. Sezione trasversale della glandola areolata. X 650. » 89. — Id. La sezione successiva. X 650. » 40. — Piccola femmina. Sezione longitudinale dell' ammasso connettivo, glandolare del dito fisso della chela, x 25 circa. Le glandole reti- colate sono a semplice contorno, le granulose punteggiate ; le mucose rosse. » 41. — Grosso maschio. Sezione tangenziale attraverso all'invoglio connet- tivo di una glandola reticolata nel dito fisso della chela. X 650. Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia ecc. 397 Fig. 42. — Grosso maschio. Due glandole reticolate con invogli proprio ed in- voglio comune. >< 130. Tavola 11. Fig. 43. — Grosso maschio. Parte della sezione longitudinale dell'ammasso con- nettivo-glandolare nel dito fisso della chela. ^< 130. » 44. — Piccola femmina. Sezione di una glandola granulosa nel coxopodite di un pereiopode. >< 356. » 45. — Grosso maschio. Centro di una glandola reticolata del dito fisso (se- zione di un pezzo fissato in acido osmico). x 1000. » 46. — Piccola femmina. Sezione trasversale di un peduncolo oculare col manicotto (colorato in rosso) di glandole mucose che cinge il nei'vo ottico. >< 65. » 47. — Piccola femmina. Glandole mucose del peduncolo oculare, in sezio- ne spessa. X 310. » 48. — Piccola femmina. Sezione di parte di una glandola mucosa per mo- strare la struttura del citoplasma, id. X 1000. » 49. — Zoea. Anatomia del cefalotorace per trasparenza, x 310. » 50 — Piccolo maschio. Parte di uno dei margini che delimitano la faccia interna del dito fisso della chela, disegnato per trasparenza, x 460. » 51. — Piccolo maschio. Parte del margine esterno del carpopodite, veduto per trasparenza, x 130. » 52. — Zoea. Sezione longitudinale (combinata mediante parecchie sezioni) per mettere in evidenza i setti perigastrico e pericardìco (rossi) ed i tronchi più vistosi del sistema circolatorio (neri). X 40 circa. » 53. — Zoea. Aorta dorsale ed arterie antennali (combinata mediante due sezioni successive che tagliano la larva in direzione frontale), x 180. » 54. — Zoea. Sezione dell'aorta anteriore a livello delle seconde mascelle. x650. » 55. — Zoea. Sezione dell'aorta anteriore poco dopo la sua emergenza dal cuore. X 650. » 56. — Glaucothoe. Sezione longitudinale (a destra tangenziale) di un tratto di arteria epatica colle sue cellule perivasali. x 650. » 57. — Glaucothoe. Cellula perivasale dell'arteria epatica; da un preparato all'eniatossilina ferrica. ^< 1000. » 58. — Zoea. Sezione trasversale che intacca la parete dell'esofago. < 110. » 59. — Id. Sezione condotta 11 |i più iu basso della precedente. X 110. » 60. — Id. id., 22|ji più in basso della precedente. X 110. » 61. — Id. id. , 11(1 più iu basso della precedente. >< 110. » 62. — Zoea. Sezione condotta a circa metà del cuore per mostrare il setto pericardico (colorato in rosso). X HO. » 63. — Zoea. Parte della sezione trasversa dello stomaco in cui è ben distinta il setto perigastrico sovrapposto al pei'itoneo x 560. » 64. — Zoea. Sezione trasversale condotta poco più in alto dell'emei-genza dell'aorta dorsale dal cuore. < 110. Le cellule perivasali sono colo- rate in rosso. Ricevuto il 4 Settembre 1909. Finito di stampare il .51 Marzo 1910. Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 3. . 27 ::il,ii'i ■t fi. * ^ « fy^ t* 5? S » k.h ^"^ ?i • • • 1 ' * j.f " II i iT ^■*i:% ^, *^ .^T # tu' ;^>«* h " '' *. S/-* ,. . .y^ '^-::^::^ ■' .r' ""^^i '.'* €^^ -/^ '" rr - ff# 1 ^^^' '^^ 1 ^ A/r/iioio Zoo/()(/iro io/. Il' y/n:^ 16. aKj.'. ••■.y>- li ^^ ■•^"^S'" 17 .... li •f • ?«s 'Va' 8. •VI}.* # #^ "^ *;:jS' •S;:: ^1 ai- 'lj? . » 5 "m w % •}i. •..•.•.•ii-S ?0. .•■•• f ^ # 1 i ,v."#: •)?••• =• •«? Vii? ^^ w ?^ ••••V .^è; ■jg v.-S* « *rf •V-. su '?S? •i* .;A>>, ^ ^ |& / 4^ ^S » s •*il. J' .# } « i ■à. m f 1 % ^ va' 1 .•i*V S«% .^A- .:;. ^ ■••'■j'SV' m sj-. SSV ''•:>• •.•:-;fS«»- '•'•- •^•.C^.■f•: ■'•'W?'-' * jjjjitaj. ?. U .yCC-v^a" ^v77_r LdJacàuiardl e Ferraro-Pw/ióC /m-0 ^y^k kK 3 ì !fe^^ \y\^% '''nirrr,,'/' mM /^ ìrt/fioio /ffo/o///ro Ih/ 4 , iir/iiK'i' /"i'li).'//r<, ìhf 'i ■ ' gm^;. f^ /,#%^ -^^ " Raphidrìliis nemasonm Montic. Nuovo Ctenodrilide del Golfo di Napoli (Revisione ci e' Ctenodrilidij Ricerche di Fr. Sav. Monticelli /'- con le tavole 12-13. Sommarlo I. Introduzione. II. Aspetto esterno. III. Organizzazione anatomica. 1. Rivestimento cutaneo e setole. 2. Musculatura. 3. Apparato digerente. 4. Sistema circolatorio. 5. Nefridii. 6. Sistema nervoso. IV. Autotomia moltiplicativa. V. Sessualità. VI. Sviluppo larvale e gestazione interna. VII. Sistematica. I. Introduzione Da molti anni (1892) seguo lo studio de' Ctenodrilidi ; e già dal 1899 avevo raccolto in una completa monografia il risultato di tutte le mie indagini illustrando le specie finallora note così per ricerche di altri autori che per le mie proprie ed appena in- dicate sommariamente per prender data {Zeppelinia dentata, 1896, 3). Ragioni indipendenti dalla mia volontà m' impedirono allora di pubblicare questo mio lavoro accompagnato da più tavole : frat- tanto nella attesa di poterlo dare alle stampe ho continuate le mie ricerche su questo piccolo gruppo di Chetopodi. Il rinvenimento di un'altra nuova forma (1902) e la scoperta della sessualità in Ctenodrilus (1906, 4) mi hanno costretto a rimaneggiare tutto il Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 4. 28 402 Fr. Sav. Monticelli lavoro : e poiché questo in' importa assai tempo, mi sono deciso a pubblicare, per ora, la descrizione della nuova forma da me rin- venuta nel Golfo di Napoli, perchè non rimanga troppo inedita: non disperando di poter dare alle stampe, in tempo non lontano la Monografìa della famiglia dei Ctenodrilidi. Fin dal febbraio del 1902, ho riconosciuto in un piccolo cheto- podo filiforme, spesso abbondante nella sabbia ad Anfiosso della spiaggia di Donn' Anna, e che talvolta si trova pure nella sabbia di Genito, una forma di Ctenodrilide diversa dalle altre {Ctenodri- lus, Zeppellinia). Seguendone lo studio, potetti costatare allora che esso si comportava come i suoi congeneri moltiplicandosi per au- totomia. Più tardi, a misura che mi è capitato di ritrovarlo , ho continuate le mie ricerche su questa forma; e, nell'aprile del 1907, potetti, per la prima volta, constatare che la moltiplicazione non è il solo mezzo di assicurare la specie in questo Ctenodrilide: per- chè, come ho dimostrato di recente in Ctenodrilus serratus (4), an- che questa nuova forma diventa sessualmente matura e le larve si sviluppano nel corpo materno, per gestazione interna. Mi resi, cosi, conto di una osservazione fatta nella estate del 1902 su di un in- dividuo del nuovo Ctenodrilide, della quale ritrassi immagine: esso conteneva nell' interno del corpo un piccolo anellide , occupante due segmenti, che presentava dei piccoli moncherini bottoniformi latero - dorsalmente a ciascun anello e che credetti allora fosse da interpetrarsi per un endoparassita. Constatata la sessualità di questo Ctenodrilide, ho potuto facilmente identificare il preteso pa- rassita con uno degli stadii della sua serie larvale che si svolge nel corpo materno. Del risultato delle mie indagini sulla sessualità e gestazione interna della nuova forma , che si manifestano , per particolarità proprie, alquanto diversamente da quanto ho descritto in et. serratus (4) , detti notizia nella seduta del 2 agosto dello stesso anno al Congresso di Reims (1907) dell' Associazione fran- cese pel progresso delle scienze, in una comunicazione che feci sulla sessualità e gestazione interna dei Ctenodrilidi (5), riservan- domi di descrivere prossimamente la nuova forma. Ciò che faccio con questo scritto avendo, nel frattempo , avuto agio, per nuovo materiale ottenuto , di completare le mie indagini con ulteriori osservazioni. Pertanto, per guadagnar tempo, e prender data, ho creduto di dare notizia preliminare del nuovo Ctenodrilide in una Uaphidrilus nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilide ecc. 403 nota riassuntiva ^). Nella quale , mettendo in rilievo, per quanto sommariamente, le ragioni che m'inducono a considerarlo nonché specificamente nuovo , ma anche genericamente differente dagli altri Ctenodrilidi {Ctenodrilus, Zeppelinia\ ho proposto di distin- guere la nuova forma col nome generico di Baphidrilus dalla ca- ratteristica delle sue setole (pà'f t?, iòoq) ; chiamando nemasoma la specie dall' aspetto che essa presenta. II. Aspetto esterno Il Raphidrilus nemasoma è un piccolo anellide della lunghezza media ordinaria di mill. 5, molto allungato, cilindraceo, d'aspetto filiforme o di cordoncino sottile, di ugual calibro per tutta la sua lunghezza, che termina bruscamente subpuntuto alle due estremità cefalica e codale (Fig. 1) : si trovano pertanto esemplari anche di molto più piccoli (2 mill) e di quelli che possono raggiungere 7 mill, all' incirca in lunghezza. Ha il corpo regolarmente ed unifor- mamente anellato, e gli anelli presentano dal dorso, sporadicamente dei tentacoli cirriformi ora brevi, ora allungati, e talvolta allungatis- simi : queste appendici che si osservano ora da un lato solo, ora da entrambi, più di rado, sono ora più, ora meno numerosi: ma più di frequente si riducono ad uno, due, o tre, e d'ordinario mancano af- fatto. Tali appendici che nei giovani individui (Fig. 29) sono regolar- mente presenti dai due lati del dorso in tutti i segmenti, si fanno caduche negli adulti che possono perderle tutte, come è il caso più frequente, e rimanerne, come ho detto, privi del tutto (la forma che si ritrova comunemente) (Fig. 1, 6, 6, 7, 9, 11). Pertanto certi monche- rini, che non deve escludersi rappresentino la base di un tentacolo perduto, potrebbero pure lasciar supporre un eventuale rifacimento dei detti tentacoli (Fig. 6): quantunque, data la loro facile caducità e lo spogliarsene che fanno gli adulti, si sia condotti a concludere che essi non rappresentino una caratteristica importante nella eco- nomia della specie. Colorito generale del corpo. — È uniformemente giallo di cromo, di tono molto chiaro e translucido, che risalta per la tinta di fondo giallo di cromo, talvolta molto intensa, del tubo digerente che traspare attraverso le pareti del corpo. Una fine pigmentazione 1) Monticelli Fr. Sav. — Di un nuovo Ctenodrilide del Golfo di Napoli. Nota preliminare riassuntiva: Rend. Ac Se. Napoli (3) Voi. 16, 1910, Fase. 3-4). 404 Fr. Sav. Monticelli di maccliie bruno nere è sparsa per tutta la cute, in granelletti radi e diffusi, che talvolta più numerosi abbrunano la tinta di fondo del cor- po : queste macchiette scure si raccolgono in gran numero nel seg- mento cefalico ed in quello codale e si raddensano specialmente verso l'estremo terminale subpuntuto dei detti segmenti, e particolarmente del codale, dove con la loro massa formano come una calotta ter- minale di color bruno nero intenso, che fa assumere alle due punte estreme del corpo 1' aspetto caratteristico disegnato nella Fig. 1. (V. Fig. 6, 6, 7, 9). Segmento cefalico. — Non differisce notevolmente in lun- ghezza dagli altri segmenti. Esso è molto mobile e si contrae e distende facilmente, cosicché spesso assume aspetti diversi e si mostra alquanto rigonfio (Fig. 2, 3, 4, 5, 6, 9). Ma come si presenta normal- mente può rilevarsi dalle Fig. 1, 7 e 20, dalle quali si ricava che esso assume la forma conica a punta tronca rotondata che ricorda al- quanto un ditale: ventralmente, sotto la punta, è alquanto appiattito e subconcavo (Fig. 1, 4, 6, 6, 9). Questa insenatura corrisponde appunto alla bocca, che si apre nel terzo anteriore del segmento cefalico in fondo ad una invagi- nazione della cute a conca aperta, che si continua, inflettendosi nell'epitelio del tubo digerente; costituendo in tal modo supero-la- teralmente la volta della bocca, ed infero-lateralmente una sorta di labbro sporgente determinato dal suo ripiegarsi nell' interno per rivestire il bulbo faringeo (Fig. 2, 9, 11, 33). Ma la bocca può as- sumere anch'essa, in relazione al mutare d'aspetto di tutto il seg- mento, figura diversa e presentarsi diversamente all'osservatore, come dimostrano appunto le Fig. 3, 4, 6, 7. La superfìcie ventrale del segmento cefalico cosi nella sua parte preorale (lobo), come dietro la bocca presenta una fine cigliatura spesso indistinta. Non mi è riuscito di scorgere fossette cigliate laterali. Segmenti del corpo. — Tranne i primi quattro, che si presen- tano accentuatamente più brevi degli altri, sono tutti allungati e tanto più lunghi a misura che corrispondono a metà lunghezza del corpo; cominciando, per contro, ad accorciarsi gradatamente verso la parte posteriore e terminale del corpo (Fig. 1, 5, 6, 7, 8, 9, 11). Il segmento pigidiale è breve, conico a punta tondeggiante subappiat- tita: dorsalmente poco prima di terminarsi, l'ano sbocca in un pic- colo orifizio (Fig. 1, 5, 6, 8, 9). Il numero dei segmenti è variabile: da 18 in media nei piccoli esemplari, raggiunge un massimo di circa 30 nei più grandi. RapJiidrilus nemasoma Montic. Nuovo Cteuodrilide ecc. 405 Setole. — Il segmento cefalico manca di setole: ma ciascun segmento del corpo porta quattro gruppi latero-ventrali di setole, che costituiscono le quattro serie di setole che si osservano in tutta la lunghezza del corpo (Fig. 1, 5, 6. 7, 8, 9). Le setole dei singoli ciuffetti sono di un solo tipo: allungate aghiformi a punta sottile, diversamente lunghe e di numero variabile in ogni ciuffo se- condo i segmenti del corpo; esse serbano, pertanto, rispetto a questi, un rapporto pressoché costante di lunghezza e numero relativa ai segmenti stessi. I ciuifetti di setole sono inseriti nella cute in una tasca propria di forma allungata, che si distingue bene per tra- sparenza (Fig. 13, 43) attraverso le pareti del corpo; questa tasca talvolta fa ernia con la sua parte ristretta contro la pelle che si solleva in caratteristica maniera, formando attorno alle setole un piccolo cono più o meno sporgente dalla superficie del corpo, come un tubercoletto cutaneo che simula un parapodio (Fig. 12, 13). Le setole più lunghe sono quelle dei ciuffetti dei quattro primi segmenti del corpo che appunto spiccano su tutte le altre per evidenza di setole; essendo esse più forti delle altre. Questi ciuffetti sono costituiti d'ordinario di tre setole ciascuna, delle quali una è sempre la più lunga rispetto le altre due, che pur sono d'ordinario diffe- renti in lunghezza fra loro (Fig. 1, 6, 6, 7, 9, 11, 15, 20). Le setole dei segmenti seguenti, dal quinto in poi, sono più brevi, circa la metà delle precedenti, più fini, ed in gruppetti da due a tre: di cui una è sempre più lunga (Fig. 1,5, 6, 7, 8, 9, 16). Brevi sono le setole degli ultimi segmenti del corpo degradanti in lunghezza da quelle dei segmenti medii e sempre in gruppi di due, disuguali in lun- ghezza (Fig. 1, 5, 6, 7, 9, 17): brevissime sono poi le setole del se- gmento pigidiale (Fig. 8, 9). Oltre a queste setole normali , ca- ratteristiche della specie, il Maphidrilus, in dati casi che descriverò nel trattare della sessualità, presenta (in alcuni individui preva- lentemente maschili) dal quinto all' ottavo segmento, accanto alle normali, delle setole robuste, brevi, forti, a punta subfalcata ed in numero di due per ciascun gruppetto di setole (Fig. 6, 14, 19). Dalla descrizione che precede emergono evidenti le caratteri- stiche proprie e differenziali esterne di Raphidrilus (nemasoma) che lo distinguono cosi da Ctenodrilus : per la forma generale del corpo; numero maggiore di segmenti; tentacoli dorsali; forma, consistenza ed inserzione delle setole, ed assenza di queste nel segmento cefalico; tenue cigliatura ventrale del solo segmento cefalico; assenza di fossette cigliate al capo; 406 Fr. Sav. Monticelli come da Zeppelinia; per aspetto generale ; numero diverso di segmenti ; assenza di tentacoli cefalici; setole di un solo tipo mancanti nel segmento cefalico ; con la quale ultima forma il Raphidrilus ha, pertanto, mag- giori affinità che con Ctenodriliis, e molto la ricorda. Ili. Organizzazione anatomica Passo ora a descrivere la organizzazione anatomica di Baphi- drilus, ma senza entrare in un particolare esame anatomo-istologico degli organi e sistemi, pur notando quanto credo debba servire, nella somma dei fatti, alla completa identificazione di tutte le ca- ratteristiche proprie di struttura, che, insieme a quelle desunte dalla esterna architettura, valgono morfologicamente ad integrare questa nuova forma di Ctenodrilide, Rivestimento cutaneo. — La pelle esterna è fatta come negli altri generi; ciò si desume assai facilmente dall'esame delle figure della Tav. 13. Una cuticola omogenea relativamente sottile ma evidente riveste tutto il corpo (Fig. 30-45). L' ipoderma sottostante alquanto alto, è costituito da un epi- telio a larghe cellule con protoplasma granellare e grandi nuclei che piti ricorda quello di Zeppelinia che di Ctenodriliis (Fig. 30-46) Nella faccia ventrale del solo segmento cefalico l'epitelio è fina- mente cigliato come in Zeppelinia; a differenza di quanto si osserva in Ctenodrihis, dove la cigliatura invece è molto forte, ed, almeno nello et. serratus (secondo lo Scarff questo non si constaterebbe in et. parvulus), si estende anche al primo segmento del corpo. Come negli altri Ctenodrilidi, anche in Raphidrilus, V ipoderma è molto alto ed ispessito nel lobo prostomiale del segmento cefalico, special- mente dal dorso (Fig. 33), dove poi presto si abbassa gradata- mente nella porzione posteriore del segmento e conserva quindi la stessa altezza uniformemente per tutta la superficie dorsale. La maggior altezza dell'ipoderma ventrale del lobo prostomiale dimi- nuisce nell'introflettersi che esso fa nel cavo boccale. L'ipoderma di tutta la superficie ventrale è, d'ordinario, più alto di quello dorsale: dall'uno si passa nell'altro gradatamente lungo i lati del corpo (Fig. 36-41). Raphidrilus nemasonia Montic. Nuovo Ctenodrilide ecc. 407 Le Setole, impiantate nell'ipoderma, a differenza che in Cte- nodrilus^ dove non si riconoscono delle tasche comuni essendo esse inserite isolatamente, sono riunite a fascetto nel modo già de- scritto, come in Zeppelinia, ed infisse per la base in tasche proprie, piriformi, allungate (Fig. 13, 38, 43) formate da introflessioni o pro- pagini dell'ipoderma (Fig. 42) protrudenti nella cavità del corpo. Queste tasche più sviluppate che in Zeppelinia^ sono diversamente lunghe e sviluppate proporzionalmente alla lunghezza e numero delle setole che ciascuna tasca accoglie. Muscolatura. — Questa non mostra differenze essenziali da quanto è stato descritto, ed io stesso ho osservato, negli altri Cte- nodrilidi. Il sacco muscolare cutaneo è rappresentato da uno strato di fibre muscolari isolate decorrenti nella lunghezza del corpo di- sotto l'ipoderma: queste fibre, ventralmente e più ancora nella porzione anteriore del corpo, nel segmento cefalico (dietro la bocca) e nei primi segmenti del corpo, sono più forti ed evidenti come dimo- stra la Fig. 43 {mi), ritratta da un preparato in foto debitamente con- dizionato; dalla quale si ricava anche l'aspetto caratteristico di strut- tura di queste fibre muscolari che ho constatato pure in Ctenodrilus e Zeppelinia. Galvagni (taf. 1, fig. 16 rm) disegna anche una sot- tostante muscolatura circolare cutanea in Ct. serratus , che a me finora non è riuscito di riconoscere cosi in Rapliidrilus che negli altri Ctenodrilidi. Nella detta Fig. 43 (mts) si scorge pure la musco- latura propria delle setole che per sviluppo e numero di fibre è in rapporto con lo sviluppo della tasca e conseguentemente col numero e grandezza delle setole che essa accoglie. E poiché appunto la Fig. 43 è tolta da uno dei segmenti anteriori a ciuffi di setole lunghe e forti (lato ventrale), in essa si scorgono, alla base della evidente e svi- luppata tasca, inserite sul cui di sacco di questa, delle forti fibre mu- scolari che si staccano dal fondo della tasca irraggiandosi verso la mu- scolatura somatica, nella quale si continuano e si perdono. Questa muscolatura non è ugualmente sviluppata in Ctenodrilus ed in Zeppelinia, quantunque in quest'ultima per la presenza di tasche come in Raphidrilus essa sia pure evidente. Lo sviluppo della mu- scolatura propria delle setole permette, per le forti contrazioni delle sue fibre, che la tasca faccia ernia contro la parete del corpo sol- levandola all'esterno a piccola eminenza coniforme, come ho innanzi descritto (Fig. 12, 13). Dalla muscolatura ventrale dei segmenti antel riori, partono fibre muscolari raccolte a fasci che vanno ad inserirsi a bulbo faringeo e provvedono ai movimenti di protrusione e retrazione 408 Fr. Sav. Monticelli di questo. Evidentissimi ho scorti in RapJndrilus, come non li ho eguahnente distinti in Ctenodrilus e Zeppelinia, i muscoli retrattori del bulbo faringeo. Come dimostrano le Fig. 3 e 20 (mrbf) questi mu- scoli raggruppati in due fascetti che partono dai lati del bulbo faringeo, si dirigono, divergendo a V, obliquamente in dietro verso la parete ventrale del corpo che raggiungono nel secondo segmento (del corpo) per perdersi nelle fibre longitudinali del sacco musco- lare cutaneo, fra le quali si sfioccano. Ciò si osserva assai bene cosi a fresco, come in preparati in toto, dei quali sono immagine fedele le Fig. 3 e 20. I muscoli protrattori del bulbo bene si riconoscono nel loro decorso lungo il bulbo faringeo e nei loro rapporti d' in- serzione, come si rileva dalla Fig. 33. Essi si comportano essenzial- mente , come negli altri Ctenodrilidi, da quanto ricavo dalle mie proprie osservazioni e da quelle degli altri autori: noto solo che in Ctenodrilus le fibre muscolari hanno uno sviluppo maggiore come ho potuto constatare, in rapporto con la maniera di essere del bulbo faringeo in questo genere. Recentemente li ha riconosciuti e figu- rati in Ctenodrilus il Galvagni (pag. 17, fig. 1, 2, 4, 36); il quale, per altro, non ha ben interpretato il decorso ed i rapporti dei retrat- tori, che, se mal non intendo le sue parole , deriverebbero dai protrattori (fig. 1-2). Apparato digerente. — Dalla bocca innanzi descritta si inizia il tubo digerente, che decorre ondulato per tutta la lunghezza del corpo fino nell'ultimo segmento, dove restringendosi ad imbuto al- lungato, sbocca dorsalmente con piccolo orifizio nell'ano. L'apertura boccale, allo stato normale, è piccola e la bocca ha forma di una cavità ad imbuto che presto si restringe per costituire uno stretto esofago. La tenue cigliatura ventrale prostomiale del segmento cefa- lico si continua con quella della cavità boccale che si continua a sua volta con quella dell'esofago. Il lembo inferiore mobile della bocca, innanzi indicato come labbro, inflettendosi, riveste il bulbo faringeo del proprio epitelio e risale poi innanzi parallelamente a questo tratto, fino quasi all'orlo della bocca, per ripiegarsi poi in dentro ed indietro e continuarsi con l'esofago. Il bulbo faringeo è disposto e si comporta come negli altri Ctenodrilidi, dei quali ha conforme struttura musco- lare: pertanto, come risulterebbe dal mio esame comparativo, esso è più sviluppato e fortemente muscolare che in Ctenodrilus: nel quale, come da tutti è stato figurato, ed anche di recente dal Galvagni (Fig. 1, 2, 35), ma non mai esattamente descritto, più complicato è il comportamento dell'epitelio intorno al bulbo esofageo, che non in Raphidriliis nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilide ecc. 409 Zeppelinia e Raphidrilus. Perchè in Ctenodrilus il lembo epiteliale de- rivante dal labbro che s'inflette nella bocca, dopo aver rivestito il bulbo faringeo, si ripiega due volte su sé stesso prima di continuarsi nello esofago, formando un sacco a calotta intorno al bulbo faringeo (dal dorso e dai lati), come mi risulta da un particolare studio fatto su Ctenodrilus serratus. Non mi è riuscito in Raphidrilus di veder protrudere dalla bocca il bulbo faringeo, che ho seguito pertanto nei suoi movimenti di andirivieni, senza che mai varcasse la bocca. In Ctenodrilus, per contro, mi è riuscito di constatare la completa fuoriuscita dalla bocca del bulbo faringeo come una proboscide. Nel Raphidrilus, come negli altri Ctenodrilidi, possono distinguersi tre parti nel tubo digerente: un tratto anteriore, uno medio ed uno posteriore, che corrispondono all' esofago, allo stomaco, ed all' in- testino, secondo gli altri A.: uso questa nomenclatura più semplice, che può senza inconvenienti adattarsi alla esposizione dei fatti. Il tratto medio (intestino medio) in Ctenodrilus e Zeppelinia si di- stingue facilmente da quello anteriore per il colorito che assume, rosso vivo nel primo, bruno nel secondo, e che compare, disegnan- dosi nettamente, nel punto dove bruscamente il tratto (intestino) anteriore si slarga, per formar l'intestino medio che è di calibro maggiore, specialmente in Ctenodrilus dove esso si presenta sacci- forme. Nel Raphidrilus, invece, è assai meno accentuata la diffe- renza di calibro dell'intestino medio, e non così brusco è il pas- saggio in questo dell' intestino anteriore. Per contro graduale, come in tutti gli altri Ctenodrilidi, è il passaggio dal maggior calibro del- l' intestino medio a quello minore del tratto posteriore dell'intestino: solo che, in Raphidrilus, il passaggio dell'uno all'altro non è segnato dallo sfumare del colorito che tinge l'intestino medio di Cteno- drilus e Zeppelinia; perchè in Raphidrilus questo non assume tinta caratteristica essendo d'ordinario l' intestino per tutta la lunghezza colorato uniformemente in giallo, come ho descritto innanzi (Fig. 1, 5, 6). Il tratto anteriore del tubo digerente si estende in Raphidrilus dalla bocca, dopo aver formato uno stretto esofago in corrispon- denza e per la lunghezza del bulbo faringeo (Fig. 33-36), fino al quarto segmento del corpo con decorso lievemente ondulato. La stessa lunghezza io ho constatata per la Zeppelinia dentata Montic. lo Zeppelin, invece, osserva che in Z. monostyla questo tratto (che egli chiama esofago) « erstrecht sich bis zum funften bis zum neun- ten segmenten » : temo pertanto che l'osservazione sia non conforme ai fatti , dato quanto ho descritto in Z. dentata. In Ctenodrilus 410 Fr. Sav. Monticelli invece, l'intestino medio s'inizia nel secondo segmento del corpo. Tutto il tratto anteriore dell' intestino di Baphidrilus, come in Cte- nodrilus e Zeppelinia^ è rivestito da un epitelio cigliato a basse cellule con grande nucleo e ciglia assai lunghe e fitte, che fa seguito a quello dell'esofago, come può rilevarsi dalle Fig. 33, 36, 37, 38, 39. L' intestino medio decorre quasi rettilineo : esso è rivestito da un epitelio a cellule più strette, ma più grandi ed alte con grosso e distinto nucleo basale, privo di ciglia e per contro fornito di una cuticola uniforme e spessa che io riveste e limita il lume in- terno dell'intestino (Fig. 40). Questa caratteristica struttura del tratto medio del tubo digerente si riconosce costantemente in tutti i Ctenodrili ed io l'ho particolarmente studiata nello Ctenodrilus serra- tus, constatando che tale cuticola si mostra longitudinalmente fìtta - mente e finamente striata : come si può desumere facilmente esami- nando delle sezioni di esemplari convenientemente condizionati con metodi varii e diversi. L' intestino posteriore fin dal suo individua- lizzarsi dall'intestino medio acquista un decorso fortemente ondulato, che si accentua maggiormente nei segmenti posteriori, specialmente in quello pigidiale dove si ricurva nell'ultimo suo tratto (intestino terminale) per raggiungere l'orifizio anale (Fig. 1, 6, 6, 7, 8, 9). L'e- pitelio dell'intestino posteriore si abbassa rispetto a quello dell'in- testino medio e rassomiglia a quello dell'intestino anteriore, e, come questo, è uniformemente cigliato a ciglia lunghe, fini e fìtte per tutta la sua lunghezza (Fig. 41). 11 cambiare aspetto dell'epitelio e la presenza della cigliatura segnano il confine fra l'intestino me- dio ed il posteriore. G-alvagni recentemente ha creduto di poter confermare la primitiva osservazione di Kennel, sulla uniforme ci- gliatura di tutto il tubo digerente in Ctenodrilus da me negata fin dal 1893. Egli difatti vuol dimostrare che l'intestino medio è ugual- mente cigliato come l'anteriore ed il posteriore, asserendo che negli individui mal conservati mancano le ciglia (pag. 18, fig. 28-47). Co- sicché le osservazioni concordanti di Schabff, di Zeppelin e le mie sulla cuticola di rivestimento dell'epitelio dell'intestino medio sa- rebbero, a suo avviso, fondate su l'esame di materiale mal conservato. Pertanto, malgrado il sommario suo giudizio a suggello della suc- cinta descrizione (nonché della figura) che il Gtalvagni dà dell'epite- lio del « Magendarm » di Ctenodrilus^ per le mie proprie osserva- zioni ripetute su i diversi tipi di Ctenodrilidi, che trovano conforto nelle osservazioni di altri A., io devo contraddire il Gtalvagni: e son condotto a mia volta a domandarmi, appunto esaminando le sue fi- Raphidrilus nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilide occ. 411 gure dalla bassa, forte ed uniforme cigliatura, cosi differente da quella del resto del tubo digerente (fìg. 28-48), come è disegnata dal Galvagni, se per avventura non avesse egli avuto a disposizione materiale mal conservato; o, per caso, la tecnica da lui seguita non fosse la meno adatta ad un tale studio, cosi da per mettere lo scam- bio della striatura della cuticola con una cigliatura dell'epitelio. Apparato circolatorio. — L'apparato circolatorio di Rapliidrilus è fatto fondamentalmente sul tipo di quello degli altri Ctenodri- lidi : presenta solo una caratteristica particolarità che lo distingue da quello di Ctenodriliis e Zeppelinia. Il vaso dorsale si origina a fondo chiuso verso l'estremo del quarto segmento ed è sem- plicemente adagiato, dorsalmente, al tubo digerente, senza contrarre con questo alcun altro rapporto che di contiguità, proprio nel punto dove il tratto intestinale anteriore trapassa, slargandosi, nel tratto (intestino) medio: cosicché il vaso dorsale trova punto d'appoggio sull'inizio dell'intestino medio (Fig. 6, 1, 11). Questa disposizione corrisponde a quanto si constata in Zeppelinia e Ctenodrilus: solo che, in quest'ultimo, iniziandosi l' intestino medio nel secondo seg- mento del corpo, il vaso dorsale s'origina corrispondentemente in questo segmento ; mentre in Z. dentata, perchè, come ho osservato, l'inizio dell' intestino medio è al quarto segmento, come in Raphi- drilus, è in esso che trae origine il vaso dorsale. Nella L. monostyla, secondo lo Zeppelin, questo dovrebbe iniziarsi più indietro, tenuto presente il numero dei segmenti da lui designati da cui comincia a delinearsi l'intestino medio (Magendarm); ma su ciò egli non for- nisce indicazioni precise, osservando che la poca trasparenza del- l'animale non gli permetteva di chiaramente seguire il comportarsi dell' apparato circolatorio (pag. 623). Nota pertanto lo Zeppelin che in Z. monostyla l'apparecchio circolatorio è chiuso, contrariamente a quanto affermava Kennel per C. serratus^ pel quale quest'A am- metteva il vaso dorsale fosse posteriormente aperto. Ciò che difatti non è, come aveva pensato il Weidowsky e come dimostrano evi- dentemente le mie proprie ricerche su Ct. serraius, Z. dentata e Ra- phidrilus. Del vaso dorsale nella specie in esame può dare esatta im- magine la Fig. 11 (come la Fig. 7), ritratta in seguito ad accurato esame di molte preparazioni in tato sussidiato dallo studio delle serie di sezioni (Fig. 37, 38, 39) per rendermi conto della peculiare sua disposizione in Rajìhidrilus. Esso per tutta quasi la lunghezza del quarto segmento del corpo si mostra slargato fusiforme, slargamento 412 Fr. 8av. Monticelli cardiaco (scvd), accompagnato parallelamente da un' ansa ventrale di piccolo calibro ed uniforme per tutta la sua lunghezza che si origina dal cui di sacco terminale del vaso dorsale e si termina an- teriormente anastomizzandosi con esso dove si restringe la parte slar- gata fusiforme del vaso: cosicché per un certo tratto sulle sezioni si riconoscono dorsalmente due vasi: uno maggiore dorsale, lo slarga- mento cardiaco del vaso, l'altro minore disotto al primo, l'ansa in pa- rola (Fig. 38, 39), che, seguendo le serie di sezioni si vede immettersi nel modo anzidetto nel vaso dorsale. Quest'ansa potrebbe distinguersi come ansa cardiaca del vaso dorsale {ascvd). Nello slargamento fusi- forme, limitato solo alla lunghezza di questo, si riconosce il corpo cardiaco (Fig. 7,11, 38, 39, ccr) dei Ctenodrilidi. Esso si presenta come un cordoncino solido anch'esso affusolato agli estremi, che occupa in larghezza un terzo circa del lume del vaso e mostra la stessa caratteristica struttura che si osserva in tutti gli altri Ctenodrili, nei quali ho potuto comparativamente studiarlo. Una massa all'ap- parenza comjDatta ne forma lo stroma, che a fresco e sulle prepara- zioni in tofo si mostra d'aspetto tutta granellosa (Fig. 11) e nelle sezioni risulta fatta da cellule, i cui limiti non sempre sono evidenti, ma con grandi nuclei distinti e protoplasma denso, forte granel- lare ed areolato da vacuoli, ora grandi ora piccoli, scavati fra i granuli; tali vacuoli pertanto non sempre si rivelano in Raphidrilus (Fig. 38, 39, ccr) ^). Questo corpo cardiaco è tinto più intensamente del colorito generale del sangue cii'colante nei vasi e spicca per tra- sparenza attraverso le pareti del corpo del quarto segmento ed assume talvolta colore rossiccio, deliueando la topografia dello slar- gamento cardiaco, mentre segna l'origine del vaso dorsale. Questo , in JRaphidriliis^ dopo lo slargamento cardiaco e l'anastomosi ante- riore con l'ansa innanzi descritta, si restringe e percorre con ca- libro uniforme e decorso ondulato i primi segmenti del corpo, pene- trando in quello cefalico per risalire molto innanzi in questo fino oltre il livello della bocca. Qui si biforca, ed i due rami che si deter- 1) Il Galvagni parlando della struttura del corpo cardiaco di Cienodrìlus (pag. 24), e notando nell'interno di esso la presenza di fibrille mi attribuisce (Die Fasern im Herzkòrper sind nach Monticelli bindgewebiger Natui-) una interpe- trazione di questi fasci che io non ricordo di aver mai data, per non averli de- scritti, perchè non li ho visti. Né d'altra parte ho pubblicato le mie ricerche sulla struttura dell'organo cardiaco che, con le relative figure, fanno parte della Mo- nografia dei Ctenodrilidi, purtroppo rimasta inedita. Raphidrilus nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilide ecc. 413 minano si rivolgono lateralmente verso il ventre costeggiando l'esofago ed il bulbo faringeo e vanno dietro e sotto di questo a fondersi l'uno nell'altro per dare origine al vaso ventrale, formando cosi un anello periesofogeo non molto ampio (Fig. 7, 11, 37) come nelle Zeppelinia-, a differenza di quanto si osserva in Ctenodrilus dove l'anello vasco- lare in parola è molto più ampio sia per il modo di sua origine dal vaso dorsale, sia perchè il vaso ventrale non s'integra nel segmento cefalico ma verso la fine del primo segmento del corpo. Il vaso ventrale di Raphidrilus decorre serpeggiando dalla sua origine per tutta la lunghezza del corpo, prima di calibro simile al vaso dor- sale , poi gradatamente di calibro minore e va gradatamente re- stringendosi a cordoncino per terminare indistintamente a fondo chiuso nell'ultimo segmento del corpo (Fig. 7, 8) fra le due lamine del mesentere ventrale, fra le quali il vaso ventrale è allogato; come fra quelle del mesentere dorsale è racchiuso il vaso dorsale (Fig. 39). Il vaso dorsale di Raphidrilus per le caratteristiche descritte innanzi, differisce essenzialmente da quello di Ctenodrilus e Zeppe- linia, nei quali esso, alla sua origine molto slargato, ha la forma di un lungo fiasco a collo largo e molto allungato che, specialmente in Ctenodrilus, è molto vistoso e si continua, di calibro considere- vole, fin dove, nel segmento cefalico, molto dietro l'altezza del fa- ringe, si biforca nei due rami che formano 1' anello periesofageo. In rapporto a questo diverso comportamento del vaso dorsale in Zeppelinia e Ctenodrilus, in questi generi il corpo cardiaco è più svi- luppato ed esteso, che non in Raphidrilus : difatti, specialmente in Ctenodrilus, esso occupa quasi tutto in lunghezza il vaso dorsale riem- piendone per buona parte, se non del tutto, il lume. La descrizione che dà il Gtalvagnj (pag. 8 e 23) del sistema circolatorio di Ctenodrilus io bene non la intendo ; né parmi egli sia stato molto felice nello studio fatto, che mi risulterebbe con- dotto assai superficialmente. Egli asserisce difatti delle disposizioni anatomiche da nessun autore prima riconosciuto cosi in Ctenodrilus come negli altri Ctenotrilidi e che a me, che ho studiati numerosi esemplari a fresco, molti preparati in loto e serie di sezioni di Ctenodrilus, Zeppelinia e Raphidrilus, non è mai riuscito di con- statare: e, certo, con tanto e diverso materiale e ripetute osservazioni non potevano sfuggirmi. Il Gtalvagni difatti scrive (pag. 8) < Ruchen und Bauchgefàss sind nicht nur an ihren Enden, sondern auch in den einzelnen segmenten durch seitenschlingen verbunden » e più oltre )pag, 23) « Von Ruckengefàsse zweigen segmentai seitliche Quer- 414 Fr, Sav. Monticelli schligen ab , welclie den Darai umfassend in den Dissepimenten veiiaufen. Riichen und Bauckgefàss gelien hockstwarsclieinlich in einer Schlinge in einander li ber >. Ora come abbia fatto il G al v agni a vedere che il vaso dorsale ed il ventrale si uniscano fra loro air estremo (e questo non può essere altro che il posteriore, avendo egli descritto i rapporti anterieri dei due vasi) non so spiegarlo al- trimenti che ammettendo che egli ritenga il vaso dorsale decorra nei Ctenodrilidi, come il ventrale, per tutto il corpo. Ciò che difatti non è, come non esistono affatto le anse trasversali che uniscono, come egli asserisce, il vaso dorsale al ventrale. Questo è fuori dub- bio, né potrebbero esservi tali anse dato l'apparecchio circolatorio come realmente esso è nei Ctenodrilidi ed è stato riconosciuto da tutti gli osservatori. Deve quindi dedursi da ciò che queste osserva- zioni del GrALVAGNi non hanno fondamento nei fatti, che anzi da questi sono contraddette e smentite. Nefridii. — Come in tutti gli altri Ctenodrilidi si constata, in Raphi- drilus, la presenza di un solo paio di nefridii, che trovansi nel segmento cefalico (Fig. 4. 7. 11. 20) ; caratteristica propria e costante di questo gruppo di Chetopodi. Essi sono molto piccoli e non sempre facili a scorgersi: ma ho potuto bene riconoscerne la forma e lo sbocco esterno dallo esame a fresco e di preparati in toto : dai quali (Fig. 32) ho pure ricavata la struttura generale dei nefridii che le sezioni mi hanno poi rivelata nei suoi particolari (Fig. 30,31,36). Data pertanto la piccolezza dei nefridii l'osservazione a fresco non è agevole e non sempre mi ha fornito soddisfacenti risultati. La Fig. 4, mostra, nel loro insieme, come i nefridii sono disposti ed allogati nel segmento cefalico ai lati del corpo, ventralmente, dietro ed inferiormente al bulbo faringeo. Nella Fig. 32, ricavata da un preparato in toto molto schiacciato ed esaminato con forte ingrandimento, si può facilmente riconoscere la forma dei nefridii che, per la ripiegatura del preparato , si trovano avvicinati l'uno all'altro e sovrapposti per la loro parte posteriore. Questo preparato mostra inoltre chiaramente lo sbocco esterno di uno dei nefridii che si apre in una piccola insenatura cutanea; ciò che è confermato da quanto si osserva nella Fig. 36 (snfr). I nefridi sono dei piccoli sacchetti che nella forma generale ricordano una microscopica cornamusa : s' iniziano dalla pelle con un corto dottolino (Fig. 32, dnfr) che presto si slarga a collo di fiasco in un sacco largo non molto lungo, ed all' estremo si ripiega su sé stesso a cartoccio o pastorale (Fig. 32, nfr). Questa forma è messa bene in evidenza nel suoinsiemedalleFig.il e 20, ritratte da pre- Maphidrilm nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilìde ecc. 415 parazioni in ioto^ interpetrate col sussidio della Fig. 32, che rap- presentano i nefridii in situ nei loro rapporti di posizione e di sbocco nel segmento cefalico {nfr). Per struttura i nefridii da quanto rivelano cosi la Fig. 32 quanto le Figure 30, 31, 36, si mostrano come un corpo solido fatto di grandi cellule a protoplasma forte gra- nellare con distinti limiti cellulari, fornite di grandi nuclei. Nel- l'interno delle cellule è scavato il canalicolo nefridiale che si rivela rivestito da una cuticola, che ne limita il lume, prodotta come può dedursi dalla osservazione di fatto, a spese del protoplasma cellu- lare circostante del canalicolo nefridiale. Non ho potuto di questo canalicolo riconoscere intero il decorso nel nefridio: esso sembra, a giudicar dalle sezioni, tortuoso e ripiegantesi ad anse su se stesso (Fig. 30 cnfr): ne mi è riuscito accertarmi della assenza di ogni comunicazione fra il canalicolo nefridiale e la cavità del corpo; che, pertanto, dai fatti osservati, debbo concludere mancherebbe del tutto. Il comportamento dei nefridii di Raphidrilus trova, nell' insieme^ maggiore riscontro in quello dei nefridii di Zeppelinia che dei Cteìiodrilus, nei quali essi sono relativamente più grandi, si rico- noscono meglio , hanno una forma ed aspetto alquanto diverso e sono inoltre colorati da un pigmento scuro, che li fa subito ri- conoscere, pigmento che non si scioglie nell' alcool, e permane nelle sezioni: nel loro interno si nota un attivo movimento cigliare, già constatato dal Kennel, da dietro in avanti verso il loro sbocco nel forametto esterno, e si riconosce che essi hanno un'apertura nel ce- loma. Questa struttura dei nefridii in Ctenodrilus da me partico- larmento studiata in C. serratus, che concorda in generale anche con quanto scrive Galvagni, non occorre ora minutamente descrivere, né mi tratterrò a discutere le osservazioni del Gtalvagni. Ho voluto solo, per sommi capi, ricordarla per meglio stabilire la differenza fra i nefridii di Ctenodrilus e quelli di Raphidrilus^ nei quali non ho riconosciuto movimento cigliare nel vivo, né le sezioni del ca- nalicolo mi hanno rivelato in alcun punto la presenza di ciglia. In Zeppelinia monostyla esistono, secondo Zeppellin , delle ciglia nel condotto nefridiale che si apre nella cavità del corpo : in Z. dentata non m'é riuscito finora di controllare questa osservazione, che se- gnerebbe una differenza comune delle Zeppelinia da Raphidrilus. Caullery e Mesnil (2, pag. 134) discutendo del valore ed inter- petrazione morfologica dei nefridii di Ctenodrilus^ che essi ritengono non un rene cefalico arcaico, come vorrebbe il Kennel, ma (con 416 Fr. Sav. Monticelli molta ragione secondo Galvagni) un sistema escretore altamente dif- ferenziato ed omologo a quello dei Terehellomorpha e Serpulimorpha ^) esprimono il dubbio (v, nota pag. 134) che dei nefridii possano esi- stere in Ctenodrilus in forma rudimentale anche in altri segmenti. come essi ne hanno descritti nella Dodecaceria (forma A) e che perciò siano sfuggiti alla osservazione. E, fondandosi su questa ipotesi, essi ammettono la possibilità implicita, come si rileva dal contesto, che possano tali nefridii rudimentali , ove esistano, manifestarsi nell'epoca della maturità sessuale degli Ctenodrilidi come avviene in Dodecaceria, e probabilmente in altri Cirratulidi: quindi in ogni caso che la mancanza di nefridii negli altri segmenti fosse da mettersi in relazione con la assenza della forma sessuata di Ctenodrilus (che allora difatti non si conosceva ancora) : opinione poi accettata e svolta dal Galvagni. Ora per le mie osservazioni su rappresentanti di tutti i Ctenodrilidi, finora noti, confermate anche da quelle re- centi di Galvagni, non esistono rudimenti di nefridii in altri se- gmenti del corpo; e le mie proprie ricerche sulla sessualità di Cte- nodrilus e Raphidrilus non avendomi rivelata la presenza di ne- fridii in altri segmenti, che non sia il segmento cefalico, nel periodo di maturità sessuale, confermano l'assenza di ogni eventuale rudi- mento di nefridii nei segmenti del corpo. La gestazione interna d' altra parte esclude la possibilità e necessità dello sviluppo di organi vettori dei prodotti sessuali; perchè le larve escono all'e- sterno dirò per deiscenza. Resta perciò assodato che i Ctenodri- lidi hanno un solo ed unico paio di nefridii aprentisi nel segmento cefalico. Sistema nervoso. — Il sistema si comporta in Raphidrilus tipi- camente come negli altri Ctenotrilidi nei quali , pertanto , la di- sposizione generale è alquanto più complicata di quanto finora è stato descritto in Ctenodrilus e Zeppelinia come le mie ricerche mi hanno dimostrato. Ma non voglio qui entrare in minuto esame, di questo sistema in Raphidrilus limitandomi solo a constatare la sua con- formità col tipo generale. Esso consta di un grosso ganglio cefalico (cervello) rappresentato da una massa piramidata che si accentra nella 1) La questione della interpetrazione morfologica dei nefridi dei Ctenodri- lidi è molto complessa: non può perciò essere trattata incidentalmente in questo studio puramente descrittivo di una nuova forma di Ctenodrilide: mi sono perciò limitato ad esporla senza esame critico solo in quanto essa è in relazione e fa parte delle considerazioni ed ipotesi che ho discusse. Raphidriltis nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilìde eco. 41 7 parte antero-dorsale del segmento cefalico (Fig. 33), ricca di ele- menti nervosi. Questa massa dai lati si va ristringendo gradatamente per continuarsi direttamente in due cordoni nervosi che si rivolgono, ad arco discendendo obliquamente, dal dorso al ventre seguendo la curva del corpo fino ad incontrarsi nella linea medio-ventrale di sotto e dietro il bulbo faringeo; dove si fondono insieme in un rigonfiamento gangliare, per elementi cellulari che lo costituiscono, sottofageo.Da questo si origina posteriormente il cordone nervoso ven- trale che decorre per tutta la lunghezza del corpo, formando degli slargamenti fusiformi gauglionari in ciascun segmento, per terminare neir estremità dell' ultimo segmento del corpo. Da una serie di schizzi presi a fresco e di disegni ricavati da preparati in toto sono stato in grado di ricostruire schematicamente, nelle sue grandi linee, il sistema nervoso, quale esso è raffigurato nella Fig. 20. Nella Fig. 33, che rappresenta una sezione sagittale delle parte anteriore del corpo, si riconosce il cervello [cr) e nella Fig. 37 (da sezione tra- sversa) il ganglio sottoesofageo nell'atto in cui in esso convergono le commessure laterali che, provenienti dal cervello, integrano l'anello perisofageo. Tutto il sistema nervoso è immerso nell'ectoderma e tro- vasi di sotto a questo ed in parte, come il cervello, sporgente dalla parete nella cavità del corpo nel segmento cefalico. La presenza del cordone nervoso nell'ectoderma ventrale contribuisce alla mag- gior spessezza della cute nel ventre, come la ubicazione del ganglio cefalico contribuisce allo spessore maggiore dell'ectoderma dorsale del terzo anteriore del segmento cefalico. Parlando del sistema nervoso devo ricordare 1' assenza innanzi notata di fossette cigliate (organi di senso) nel segmento cefalico di Baphidrihis: esse mancano pure in Zeppelinia. Come ho dimo- strato in et. serratus queste fossette sono in connessione col sistema nervoso. E poiché sono in argomento voglio ricordare una particolarità anatomica del sistema nervoso di Ct. serratus da me osservata fin dal 1893 e rimasta come la monografìa, dove è descritta, inedita. Nell'ultimo segmento il cordone ventrale si rigonfia nel mezzo della lunghezza del segmento più che negli altri segmenti. Questo rigon- fiamento ganglionare, che si trova per corrispondenza di livello poco- innanzi la apertura anale, dà origine a due cordoncini laterali più forti dell'ordinario che, continuandosi lungo i lati del corpo, vanno ad incontrarsi l'un l'altro dorsalmente disopra l'ano, formando cosi un anello nervoso epianale, più ispessito dorsalmente che lungo i Archìvio Zoologico, Voi. 4, Fase. 4. 29 418 Fr. Sav. Monticelli lati. Tutto l'anello, per essere addossato ed incuneato nell'ipoderma concorre a determinare pel tratto dorsale ispessito, la maggior al- tezza dell' ipoderma prima dello sbocco dell' ano, che si osserva lungo il dorso del segmento anale. IV. Autotomia moltiplicativa Il Raphidrilus nemasoma, come i suoi congeneri della fami- glia, si moltiplica per autotomia, come ho costatato nei primi esem- plari esaminati. Il processo di divisione è molto semplice e si svolge conformemente a quanto si constata in Zeppelinia: dilferisce perciò da quello di Cienodrilus , nel quale si manifesta una vera pa- ratomia, perchè il processo di rigenerazione delle parti non precede ed accompagna quello autotomico , ma s'inizia dopo la divisione: cosicché prima l'individuo si frammenta e poi i singoli frammenti ricostituiscono le parti mancanti per integrare i nuovi individui. Mentre, appunto, come ha per il primo descritto il Kennel, in Cte- nodrilus serratus durante lo svolgersi del processo autotomico, nei frammenti che vanno determinandosi, si inizia attivo il processo rigenerativo del capo e del segmento pigidiale : cosicché quando avviene la separazione dei frammenti dell' individuo in moltipli- cazione i prodotti dell' autotomia rappresentano già dei nuovi individui in via di completa loro integrazione. Questa parato- mia di Ctenodrilus, rispetto a quella che potremo considerare come un archi tomi a ^) della Zeppelinia e Raphidrilus^ deve evidente- mente considerarsi come un' abbreviazione di tutto il processo au- totomico, fissatosi come condizione efficiente in Cienodrilus nell'in- teresse dell'economia della specie per meglio e più rapidamente assicurare la sorte del prodotto della divisione , che nell'atto che questa si compie già si afferma in nuovi individui. Come ho ac- cennato fin dal 1893 (l,p. 43), questa semplice interpretazione dei fatti nel processo autotomico di Cienodrilus esclude conseguente- mente quella morfologica messa innanzi dal Kennel di fenomeni di gemmazione che accompagnano il processo di divisione: in quanto ciò che egli interpetra per processo di gemmazione non é altro, da 1) Uso queste denominazione, quantunque in senso un po' più lato, derivan- dola dal Wagener, Fr. — Zur Kenntniss der ungeechlechtlichen Fortpflanzung von Microstoma nebst AUgemeinen Bemerkungen iiber Theilung uiid Knospung im Thierreich: Z. Jarb. Abth. Ontocj. 4. Bd. pag. 349, Taf. 32-23. Uaphidrilus nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilide ecc. 419 quanto ho detto, che semplicemente quello di rigenerazione e reinte- grazione delle parti, ohe si inizia contemporaneamente a quello di divisione e procede con questo di conserva per completarsi del tutto a divisione avvenuta. Questa logica e piana interpetrazione dei fatti ho dedotta dallo studio comparativo del processo autotomico in Ctenodrihis, in Zeppc4inia ed in Raphidriliis non disgiunto da quello della biologia di queste forme, in quanto esso va conside- rato in rapporto e relazione alle loro condizioni etologiche. Affermato che il processo autotomico di Raphidrilus si compie secondo quanto avviene in Zeppelinia^ non farò un'analisi minuta di esso, riferendomi, in generale, a quanto ha descritto lo Zeppelin per Z. monostyla. Una sintetica esposizione ed alcune figure qui intercalate [Fig. 1) varranno a render conto dei fatti. Si può avere, nel caso più semplice, una divisione in due di un individuo adulto di grandezza normale nel numero ordinario medio dei segmenti che lo costituiscono e ciascuno di questi, dopo avvenuta le auto- tomia, per lenta, graduale, o qualche volta anche rapida costri- zione del corpo subito dietro uu sopimento, si redintegra in nuovo individuo; perchè nel frammento posteriore di riforma, la parte an- teriore (segmento cefalico, e gli organi dei segmenti anteriori) e il frammento anteriore rigenera il segmento pigidiale con la forma- zione del nuovo ano. Ma ciascun dei due frammenti della prima di- visione in due di tutto un individuo di grandezza normale, può, a sua volta, autotomizzarsi della parte posteriore (il frammento ante- riore) o della parte anteriore (il frammento posteriore,) per un pez- zetto di un certo numero di segmenti, che si completa poi in nuovo individuo, Ed ancora questi pezzetti possono autotomizzarsi dando luogo a frammenti più piccoli di un numero minore ancora di seg- menti. In Zeppelinia possono autotomizzarsi anche frammenti co- stituiti di un singolo segmento: ma questo non parmi di poter dire avvenga normalmente in Raphidrilus\ nel quale ho osservato d'ordinario pezzi autotomizzati per quanto di pochi segmenti sempre di più di uno [Fig. 1-, 1,7), I pezzi staccati in questo modo dirò se- condariamente, in seguito alla prima divisione dai primi determi- natisi e successivamente ancora, mostrano delle caratteristiche pro- prie, perchè i segmenti si presentano rigonfi! e spesso addirittura in- grossati a palla {Fig. 1, 4, e, 7 ), Va ricordato per Raphidrilus che, se vi sono tentacoli dorsali nei segmenti dei singoli frammenti negli individui in divisione , essi permangono quale che sia la loro lunghezza {Fig. i, 5). Nella Fig. 1 ho rappresentato insieme a quelli 420 Fr. Sav. Monticelli già ricordati nella descrizione che precede, diversi pezzetti autoto- mizzati corrispondenti a diverse manifestazioni del processo mol- tiplicativo che brevemente ricordo: il numero i rappresenta un pic- colo individuo di fresco, dirò cosi reintegratosi da pochi segmenti; il numero a raffigura la metà anteriore di un individuo, dalla quale per successiva autotomia si sono staccati altri segmenti ; il numero 3 un caso analogo al precedente con segmento pigidiale reintegrato. Fig. 1. — Diversi aspetti e fasi di autotomia moltiplicativa in Raphidrilus nemasoma. X 50 circa. Mi sono limitato a poche figure perchè mi sembrano sufficienti a completare la descrizione che dell' autotomia moltiplicativa di Baphidrilns mi occorreva di dare in questo scritto, allo scopo di inte- grare, per r individualizazione della specie, le caratteristiche del modo come si compie l'autotomia in questa forma, in confronto con quella degli altri Ctenodrilidi, nei riguardi delle differenze e delle reciproche affinità. V. Sessualità Anche in RapJiidrihis ^ come ho dimostrato per il Ctenodrilus serratus^ la sessualità si afferma in un dato momento della sua esi- stenza quando cessa la autotomia moltiplicativa per dar luogo a feno- meni di riproduzione. La sessualità si manifesta sotto forma di er- mafroditismo; in quanto in uno stesso individuo possono trovarsi elementi maschili ed elementi femminili (Fig. 5). Ma il fatto di Raphidrilus iiemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilide ecc. -421 rinvenire alcuni individui prevalentemente femminili nei quali non si riconoscono più elementi maschili, mentre in altri questi elementi sono preponderanti ed il sesso maschile si manifesta nella pienezza del suo essere, lascia concludere per un ermafroditismo proteran- drico molto accentuato, che trova la sua corrispondenza in quanto ho osservato in Ct. serratus, e con prevalenza di un sesto sull'altro. Di- fatti negli individui sessuati se ne incontrano di due sorta: alcuni contengono nell'interno solo elementi femminili e tutta la serie di sviluppo delle larve, senza che in essi si possa constatare presenza di elementi maschili (Fig. 9): questi individui per nulla differenti dagli individui adulti agami sono quelli che ho distinto come pre- valentemente femminili, nella mia nota preliminare e che eviden- temente rappresentano, come pare, il periodo femminile di i^a^/ii^n- his] altri sono prevalentemente maschili, per attivissima produzione di elementi maschili nei segmenti anteriori, mentre nei posteriori si manifestano radi elementi femminili e si nota, in alcuni anche già iniziato, nelle uova, il processo di segmentazione. In questi individui gli elementi maschili si sviluppano a cominciare dal quarto segmento del corpo, dove già si constata iniziata la produzione dei spermatozoi, fino all'ottavo. Ma è precisamente dal quinto all'ottavo segmento del corpo che attivissima è la genesi di elementi maschili. Questi seg- menti sono perciò pieni, rigonfii e distesi dalla gran massa di conte- nuto fatto di una grande quantità di tutta la serie di sviluppo di sper- matozoi (Fig. 5, 19, 4-4, 45). Sovraccarichi di contenuto i segmenti in parola (5-8) lo rivelano all'esterno; che si mostrano più grossi e più ispessiti degli altri, e più scuri di colorito per la massa di che sono infarciti, ed assumono 1' aspetto di manicotto, come dimo- stra appunto la Fig. 6. Queste condizioni di cose rivelano negli individui, che descrivo prevalentemente maschili, una facies tutta propria, che li fa distinguere da quelli prevalentemente femminili come si può desumere dal confronto delle figure (Fig. 5, 9). Di- fatti in generale tutto il corpo dei primi è, rispetto ai secondi, come sembra, più grosso, più spesso e raccolto. Ma un fatto assai caratteristico colpisce esaminando quest'individui; ed è la comparsa di peculiari setole forti, relativamente brevi, robuste e ad apice subfalcato della forma rappresentata nella Fig. 14. Queste setole si riconoscono in mezzo ai ciuffetti delle ordinarie setole allungate aghi- formi, nei segmenti 5-8 (Fig. 5, 19) , nei quali, come ho innanzi descritto, attivissima, e sovrabbondante è la produzione di eie- 422 Fr. Sav. Monticelli menti sessuali maschili che infarciscono i detti segmenti distenden- doli: setole che non si constatano negli individui prevalentemente femminili. Dal che si deduce che la comparsa di queste setole se si manifesta nel periodo di sessualità di Raphidrilus, esse compari- scono nella fase maschile (che niente esclude potrebbe esser per- manente) : ciò permetterebbe concludere che nel proterandrismo di Raphidrilus intervenga ad affermar meglio un sesso, nella fase di prevalenza di uno sull'altro un dimorfismo sessuale, determi- nato dalla comparsa delle caratteristiche setole ora descritte ed inte- grato, insieme con queste, dalla facies generale che tali individui ma- schili assumono in relazione appunto della produzione dei corri- spondenti elementi sessuali. Le uova si originano isolatamente dalle pareti della cavità del corpo, indipendenti l'una dall'altra ed in numero vario in ciasun segmento contemporaneamente, o successivamente (Fig.5, 10, 34, 35). Sono di forma irregolare e colorate in giallo bruno con protopla- sma forte granellare : per forma e colore spiccano risaltando sulla tinta di fondo dell'intestino al quale stanno addossate, come chiaro mostrano le figure 9-10: e confermano le sezioni (Fig. 34, 35). Dal che può dedursi che le uova sieno generate dal peritoneo intestinale, e ciò troverebbe riscontro in quanto ha osservato Pierantoni nei Protodnlidi ^), dal quale poi si distaccano arrivate a maturità per cadere nella cavità del corpo. Gli spermatozoi hanno ugualmente origine da spermatogonii generati, come pare, anche in essi preva- lentemente dal peritoneo viscerale. Dai fatti esposti sulla sessualità di Raphidrilus sorge il quesito del come possa compiersi e dove avvenga la fecondazione. L'accen- tuata proterandria ed il dimorfismo sessuale che l'accompagna, lasce- rebbero pensare ad una possibile fecondazione incrociata: ma non ho visto fuoruscita di spermatozoi all'esterno e, d'altra parte, la pre- senza di uova negli individui prevalentemente maschili in attiva produzione di spermatozoi, lascerebbe anche su})porre logicamente la possibilità di autofecondazione; che sarebbe anche spiegabile per analogia con quanto si manifesta in C. serratus: questa possibilità i fatti che ora sono a mia conoscenza, mi permettono con ogni riserva di ammettere. lì PiERANTONi, U. — Protodnlus. — 31 Monogr.: Fauna u. Flora Golfes Neapel, jìag, 116. Raphidrilus nemasoina Montic. Nuovo Cbeiiodrilide ecc. 423 VI. Sviluppo larvale e gestazione interna Lo sviluppo larvale in Raphidrilus si svolge, nelle sue linee generali, come in Ctenodrilus serratus nell'interno del corpo del- l'individuo generatore fino a che le larvette, trasformatesi gradata- mente in piccoli Raphidrilus con tutti i caratteri della specie, non si apraao la via all' esterno a traverso la pelle del corpo materno per mettersi in libertà. La Fig. 9 mostra appunto un in- dividuo che, insieme a delle uova, presenta larve in diverso stadio di sviluppo; dalle iniziali, gastrulari, a quelle di già allungate e prossime ad acquistare le corone cigliate. Nella Fig. 5 sono dise- gnate uei segmenti posteriori, insieme a delle uova, delle forme embrionali giovanissime; mentre nella Figura 7 è raffigurata una larvetta, l'unica contenuta nel corpo, già alquanto innanzi nello sviluppo. Non di rado accade, di fatti, di trovare isolatamente individui gestanti che contengono nell' interno una sola ed unica larvetta più o meno innanzi e spesso molto avanzata nello sviluppo come io ne rinvenni per la prima volta nell'estate del 1902, ed ignaro allora della sessualità di Raphidrilus, mi sorse il sospetto che potesse trattarsi di un anellide endoparassita modificato dal pa- rassitismo (v. innanzi a pag. 402). Più che indugiarmi in una mi- nuta analisi della intima genesi dall' uovo delle forme larvali, notando solo che questo processo, se è rapido come in Ct. ser- ratus, esso è alquanto diverso nel meccanismo di formazione dalla gastrula della prima forma larvale, per quanto data la piccolezza del soggetto ho potuto dedurre dalle mie indagini, voglio limitarmi a tracciare la serie delle trasformazioni larvali nella loro morfoloiria esterna come ho potuta seguirla sia nell' interno dell'individuo ge- stante, sia fuori di questo (larve fattesi libere), cosi a fresco e sul vivo, come su preparati in loto. Nelle Figure 21-29, sono appunto dise- gnate le tappe principali della ontogenesi, fra le quali si interpolano quelle che si possono riconoscere nelle Fig. 5, 7, 9, 18. Le picco- lissime forme blastutari (Fig. 5, 21), diventate gastrule allungate (Fig. 9, 23), vanno gradatamente integrandosi in piccole larvette cilindroidi, allungate come si può costatare osservando la Fig. 24, e la serie di quelle contenute nell'individuo gestante rappresentato nella Fig. 7; dalla più lunga delle quali, che ha già assunta forma propria caratteristica, si passa a quella che è disegnata nella Fig. 25. Nella quale già si distingue il comportamento del tubo digerente, 424 Fr. Sav. Monticelli si osserva nettamente la cigliatura ventrale del segmento cefa- lico e si constata la presenza di corone cigliate. Stadii susseguenti a questo, sono quelli rappresentati nella Fig. 7 e nella Fig. 18. Una sezione longitudinale di larva, in questo stadio di sviluppo, è rappresentata nella Fig. 34. Procedendo innanzi nella trasforma- zione larvale , le larvette perdono le corone cigliate e si deli- neano netti i segmenti esterni del corpo, integrandosi quello cefalico. Successivamente compariscono, in corrispondenza di ciascun seg- mento del corpo, dei tubercoletti a bottoncini ricoverti di ciglia, residuo delle corone cigliate, che dapprima appena appariscenti (Fig. 26), si fanno più evidenti e distinti. È precisamente una larva in questo stadio di sviluppo che rinvenni isolatamente in un Ra- phidrilus nell'estate 1902 e che, come innanzi ho ricordato, supposi potesse essere un anellide parassita (v. pag. 402 e pag. 423). Questi tubercoletti sono il primo rudimento delle appendici dorsali cirri- formi dei segmenti che vanno integrandosi grado, a grado come dimostrano le figure seguenti (Fig. 27-29). Difatti, a misura che i tubercoli bottonciniformi si allungano, perdono la cigliatura, ed assumono forma clavata, come si rileva dalla Fig. 37: essi vanno sempre degradando in lunghezza da avanti in dietro, e, con l'allungarsi successivo della larva, che va ognor meglio pigliando la forma di giovane Raphidrilus^ in ciascuno dei nuovi se- gmenti che si delineano compaiono dei bottoncini laterali che alla lor volta si evolvono in appendici davate (Fig. 28). E mentre il corpo sempre più si accresce e la larva va assumendo le caratteri- stiche definitive della specie, le appendici davate dorsali si allun- gano moltissimo, specialmente le anteriori, degradando sempre in lunghezza verso i segmenti posteriori che ne sono prive del tutto; mentre in quelli più antichi formati vanno a gradi comparendo i ru- dimenti delle appendici (Fig. 29). Finalmente le appendici da da- vate divengono cirriformi molto lunghe, come negli adulti Raphidri- lus. Nello stadio rappresentato alla Fig. 27, al quale si perviene come ho detto da quello della Fig. 26 per altri intermedii, che non ho fi- gurati, quando, cioè, i tentacoli sono già distinti e gli anteriori più lunghi hanno già presa la forma clavata, cominciano ad apparire i primi ciuffetti di setole nei segmenti anteriori. Questi vanno grada- tamente, negli stadi successivi, comparendo pure negli altri segmenti, finché tutti ne sono provvisti negli stadii successivi; indipendente- mente dalla presenza o meno delle appendici dorsali, sieno esse ini- ziali o sviluppate (Fig. 29). I ciuffi di setole nelle proprie tasche Baphidrilus nemasoina Montio. Nuovo Cfcenodrilide ecc* 425 setigere, coli' accrescersi della larva ed il suo divenire giovane Raphi- drilus, vanno acquistando le caratteristiche che hanno nell'adulto ed il corrispondente rapporto di grandezza secondo i segmenti che si constatano nella specie : difatti già la Fig. 29 mostra come le setole dei ciuffetti dei segmenti anteriori sono più lunghe delle altre. Come si rileva dalle Fig. 27-29, fin dallo stadio rappresentato nella prima di esse si scorge sul dorso del segmento cefalico un paio di piccole macchie oculari nere, che si aifermano di più negli altri stadii se- guenti (Fig. 28, 29): occhi che, quando il giovane Baphidrilus ha raggiunto le dimensioni ordinarie e le caratteristiche dell'adulto, scompaiono del tutto. Quando le larve hanno raggiunto lo stadio rappresentato nella Fig. 28 e più ancora quello della Fig. 29, ab- bandonano il corpo materno facendo con attivi movimenti sforzo contro la parete di esso ; questa code e lascia uscire, aprendole il varco, la larva, con un procedimento analogo a quello constatato nello C serratus. Ma in questa specie l'uscita delle molte larve che riempiono la cavità del corpo finisce per determinare il disfacimento e la morte dell'individuo generatore. Ciò non sembra, dalle osserva- zioni fatte, debba avvenire in Rapliidrilus\ dove non ho mai tro- vate tante e così numerose larve da rimpinzarne il corpo al punto da deformarlo, come in C. serratus; che anzi talvolta se ne trova una sola, come è rappresentato, nella Fig. 7, che è più o meno e spesso anche molto avanzata. Il che lascia supporre una uscita successiva delle larve, che permetta la sopravvivenza dell'individuo al periodo sessuale con un possibile ritorno all'agamia. Se, pertanto, come ho detto, il processo ontogenetico di Raphidrihis corrisponde a quello di Ctenodrilus, per lo studio che di questo ho fatto (2, pag. 2), devo rilevare che molte differenze particolari alle due forme si notano nello sviluppo larvale fra Ctenodrilus e Raphidrihis; perchè ciascuna serie ha nel suo svolgimento una facies ed attributi propri, con- formi alla diversità delle due specie. Dallo studio del processo di moltiplicazione autotomica e della sessualità e gestazione interna di Raphidrihis, paragonato a quanto si manifesta in Ctenodrihts {serratus), si può dedurre che la affer- mazione della sessualità è un fatto comune a tutti i Ctenodrilidi e che esso sarà, con ogni probabilità di certezza, riconosciuto anche nelle forme nelle quali finora non è noto {Zeppelinia). La sessua- lità può manifestarsi più frequentemente (Raphidrihis), o meno {Cte- nodrilus); ovverosia più lungo può essere il periodo di agamia, e 426 Fr. Sav. Monticelli conseguentemente più attivo il processo di moltiplicazione autoto- mica {Ctenodrilus^ Zeppelinia), che è, invece, meno attivo, se il perio- do d'agamia dura meno (Raphidrilus). Ma, per le mie ricerche, resta in ogni modo provato che anche i Ctenodrilidi, come gli altri Cheto- podi, hanno un periodo di sessualità per riprodurre la specie, gene- rando nuovi individui dei quali assicurano la sorte con una g'^stazione interna; periodo che può anche, in certi casi, chiudere la vita del- l'individuo (Ctenodrilus)^ che, partorite le larve, muore. Dalle osser- vazioni concordanti su Raphidrilus e Ctenodrilus sembra pertanto potersi dedurre che non è indifferentemente in tutte le stagioni del- l'anno che i Ctenodrilidi acquistano la sessualità ; ma evidente- mente anche altri fattori possono influire a far variare questo pe- riodo, che si potrebbe dire d' elezione , perchè i Ctenodrilidi rag- giungano la loro sessualità. Sta il fatto che questa si afferma in un dato momento della vita dei Ctenodrilidi, che può preludere alla loro fine dopo aver riprodotta la specie {Ctenodrilus)^ o può, come sembra (dubito, non affermo), anche essere transitorio: perchè esaurito il processo sessuale, compiuta la gestazione e partorito le larve, l'individuo, ridiventato agamo, può di nuovo assumere in altro momento le sessualità. Con- seguentemente, se l'attivo processo di moltiplicazione per autotomia, cosi frequente, diffuso ed incessante nei Ctenodrilidi, si è fissato nelle forme di questa famiglia come caratteristica costante e propria (e per alcune forme essenziali nella economia della specie per assicu- rare una rapida e facile moltiplicazione di essa in qualunque condi- zione ambiente), questo fatto non ha determinata l'agamia dei Cte- nodrolidi. Che se anche la autotomia moltiplicativa può ripetersi in- definitamente {Ctenodrilus^ Zeppelinia), finché coefficienti ambienti, la cui valutazione sfugge a disamina, la rendono necessaria alla eco- nomia dell'animale, anche in questi casi, come negli altri dove l'auto - tomia, appunto per condizioni peculiari diverse può esser meno pro- lungata {Raphidrilus)^ ad un dato momento le condizioni biologiche favorevoli determinano l'affermazione della sessualità per riprodurre, da uovii, nuovi e rigogliosi individui capostipiti di altre serie autoto- miche. Rifacendomi a quanto scrivevo per Ctenodrilus serratus (4, pag. 3) la moltiplicazione e la riproduzione pur in diversa maniera con- correndo ad assicurare la specie, tendono a finalità diverse come si DUO dedurre dai fatti mossi in luce in C. serratus] dove la molti- plicazione sembra destinata ad assicurare la specie in situ (propa- gazione) e la riproduzione, invece, a permettere, con la dissemina- zione, la diffusione della specie. Raphidrilus nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilide eec. 427 VII. Sistematica Da tutte le caratteristiche morfologiche , di aspetto esterno, organizzazione e sviluppo, e da quelle biologiche , con le prime concorrenti ad integrare il Rapìiidrihis nemasoma nei suoi proprii attributi specifici , risulta evidentemente dimostrato che questa forma differisce dalle altre della famiglia Ctenodrilidae^ mostrando pertanto, fra queste, maggiori affinità con Zeppelinia che con Cte- nodril'us. Ciò posto va ora appunto considerata, in base ai risulta- menti dello studio fatto, la posizione di Raphidrilus nella famiglia alla quale appartiene , nei suoi rapporti con gli altri generi di essa, mettendone in rilievo le differenze che valgono a distinguerlo. I dati che fornisce lo studio di Raphidrilus^ seguito in maniera comparativa, in confronto con i generi Zeppelinia e Ctenodrihis, con- ducono ad una nuova valutazione collettiva e relativa dei caratteri generici di tutte le forme della famiglia, e ad un conseguente nuovo aggruppamento dei generi dei Ctenodrilidae ] che il cresciuto nu- mero degli elementi che ora compongono questa famiglia e le mag- giori disparità che questi fra loro rivelano, rendono necessario. Perchè, pur nel tipo fondamentale conformi nello insieme dei loro caratteri, cosi di architettura del corpo che etologici, le forme, che ora si rac- colgono nella famiglia Ctenodrilidae^ istituita nel 1882 dal Kenmel per il solo genere Ctenodrilus [ = Parthenope)^ mentre danno alla famiglia valore diverso dal primitivo e ne estendono il significato e la por- tata sistematica , presentano ancora differenze tali fra loro, da permettere di raggruppare i generi in due distinte sottofamiglie, corrispondenti alle due maniere diverse che nel tipo generale mor- fologico della famiglia possono riconoscersi (quella impersonata da Ctenodrilus e l'altra da Zeppelinia e Raphidrilus)^ che lo studio comparativo di questi generi lascia desumere dai fatti. La famiglia Ctenodrilidae dovrebbe, perciò, ripartirsi in due sottofamiglie, che possono nominalmente distinguersi, dal carattere desunto dalle setole, in: Ctenodrilinae dalle setole omotipo brevi, tozze pettinate o no, che comprende il solo genere Ctenodrilus] ed Heterodrilinae dalle se- tole etorotipo predominanti quelle sottili, allungate, che comprende i generi Zeppelinia e Raphidrilus. 428 Fr. Sav. Monticelli In base alle suesposte considerazioni e conclusioni, riepilogando le odierne conoscenze sulla famiglia Ctenodrilidae^ riassumo cosi le sue caratteristiche , quali risultano dalla attuale sua estensione, come quelle delle sottofamiglie ora proposte e dei generi che queste comprendono, nonché delle specie di ciascun genere. Famiglia CtenodrìHdae Kexnel 1882 Chetopodi marini di piccola mole.— Segmento cefalico distinto, con o senza appendici tentacolari dorsali; con o senza fossette cigliate : provvisto di ciglia- tura ventrale che può estendersi anche al primo segmento del corpo. — S egm enti del corpo di numero variabile da 7-35 senza o con appendici cirriformi dorsali. — Setole disposte in due serie latero- ventrali (tetrastiche) formanti fascetti o ciufifetti, inserite isolatamente , od insieme riunite in una tasca setìgera : ora brevi e robuste, pettinate o non, ora lunghe e sottili, che possono insieme coesistere o trovarsi isolatamente — Apparato digerente con bulbo farin- geo ; esofago ed intestino anteriore ristretto cigliato , intestino medio (sto- maco) sacciforme, non cigliato, intestino posteriore e terminale cigliato. — Si- stema circolatorio chiuso, con vaso dorsale che s'inizia nei primi se- gmenti del corpo collegato per due anse cefaliche al vaso ventrale decorrente per tutta la lunghezza del corpo per terminarsi nel segmento pigidiale: un corpo cardiaco nel vaso dorsale. — Nefridii in unico paio nel segmento cefa- lico. — Sistem a nervoso ectodermico. — Ermafroditi proterandrici (le forme finora sessualmente note): gestazione interna delle larve. — Manifestano frequentemente autotomia moltiplicativa, molto accentuata , sotto forma di di- visione ora architomica, ora paratomica. Haèz^rt^.- Atlantico (Coste francesi ed inglesi)— Mediterraneo (Coste italiane). Si rinvengono di frequenti negli acquarli. Due sottofamiglie : / Segmenti poco numerosi (7-i5). Setole omotipo ad inserzione indipendente, 1 brevi e forti, semplici o pettinate. \ Sottofamiglia Ctenodrilinae Segmenti numerosi (18-35). Setole omotipo od eterotipo raccolte a ciufletti ed inserite in tasche setigeie lunghe, sottili, e brevi e forti. Sottofamiglia Heterodrilinae 1. Ctenodrilinae Corpo breve e tozzo.— Segmento cefalico senza tentacoli; con fossette ci- gliate: la cigliatura ventrale forte e sviluppata si estende anche al primo seg- mento del corpo. — Segmenti del corpo poco numerosi (7-15), senza appendici dorsali.— Setole omotipo brevi e forti, semplici o pettinate, formanti fascetti, con inserzione autonoma delle singole setole. — Bulbo faringeo poco vistoso Raphidrilus nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilide ecc. 429 intestino medio (stomaco) molto allargato alla sua origine dell'anteriore e da questo nettamente distinto e fortemente colorato.— Vaso dor sale che s'inizia nel secondo segmento del corpo : contiene un corpo cardiaco molto svilup- pato.— Nefridii evidenti, grandi. — Processo autotomico (moltiplicativo) per paratomia; cioè con rifacimento delle parti (estremità anteriore e posteriore) che precede ed accompagna la divisione del corpo. Un solo genere: Ctenodrìlus Claparede 1863 ( = Parfhenope 0. Schmidt 1857) ^) Corpo breve relativamente largo e tozzo cilindraceo gradualmente ristretto posteriormente. - Segmento cefalico privo d'appendici tentacolari, arquato dor- salmente; prostomio con folta, fitta e lunga cigliatura ventrale che riveste tutto il segmento dietro la bocca e si estende anche nel primo segmento del corpo: con fossette cigliate. — Segmenti del corpo in totale da sette a quindici al mas- simo.— Setole in tutti i segmenti (compreso il cefalico) disposte a pennello o fascetto, forti e robuste inserite direttamente nell'ectoderma, tutte simili e di una sorta (omotipo) ed egualmente distribuite per tutti i segmenti, ma di numero variabile per ciascun fascetto: le setole ristrette alla base formano ginocchio verso il terzo libex'o e si slai'gano all'estremo ricurvandosi leggermente a falce e presentano il margine falcato ora pettinato, ora semplice. — Cute con carat- teristiche cellule oleose e pigmentali. - Bulbo faringeo mediocre che può e- stroflettersi del tutto: intestino medio (stomaco) sacciforme, colorato in rosso, che si differenzia dall'anteriore nel secondo segmento del corpo: dorsalmente da esso si origina (nel secondo segmento) il vaso dorsale che contiene uno svilup- pato corpo cardiaco. — Nefridii evidenti, grandi (relativamente), pigmentati in scuro, che si aprono nella cavità del corpo, con cigliatura propria. - E r m a - fr o di tismo proterendrico : gestazione interna delle larve. — Auto to m ia moltiplicativa prevalente, che si compie con processo paratomico. Habitat. — Atlantico (Coste francesi ed inglesi) — Mediterraneo (Coste ita- liane).— Di frequente si trovano negli acquarii marini. Questo genere comprende due specie : La cigliatura ventrale del segmento cefalico si estende al pi'imo segmento del corpo. Fossette cigliate al capo grandi ed appiattite. Segmenti del l corpo 12-15. Setole pettinate. Corpo colorato in verdiccio con pigmentazione l nera sparsa, leopardina. ' et. serratus 0. Schmidt (1857). j La cigliatura ventrale del segmento cefalico non si estende al primo segmento / del corpo. Fossette cigliate al capo, piccole ed a brocca. Segmenti del f corpo 7-10. Setole non pettinate. Corpo incolore trasperente con pigmen- I tazione nera abbondante, ugualmente ripartita nei segmenti. \ et. parvulus Scharff (1887 2) 1) Su questa sinonomia ho discusso nella mia nota del 1892 (2, pag. 42). 2) Galvagni a pag. 27 scrive: « Monticelli halt ein Synonimia des Ct. parvulus 430 Fr. Sav. Monticelli 2. Heterodrilinae Corpo allungato, slanciato — Segmento cefalico con (1-2), o senza tenta- coli; senza fossette cigliate: la cigliatura ventrale fine e breve non si estende al primo segmento del corpo. — Segmenti del corpo numerosi (18-25) con o senza appendici cirriformi dorsali (caduche). — Setole allungate, aghiformi, sot- tili accompagnate o no da setole brevi e forti, semplici o pettinate, formanti ciuf- fetti ed inserite insieme in una tasca setigera. — Bulbo faringeo vistoso, bene sviluppato : intestino medio (stomaco) non molto slargato alla sua origine dall'anteriore e da questo non sempre bene e nettamente distinto, né caratte- risticamente colorato — Vaso dorsale che si inizia nel quarto segmento del corpo, con corpo cardiaco più o meno ridotto — Nefridii poco vistosi piccoli (relativamente). — Proces s o autotomico (moltiplicativo) per architomia; cioè con rifacimento delle parti (anteriore e posteriore) dopo avvenuta la divisione del corpo. Due generi: Segmento cefalico con tentacoli (1 o 2) dorsali; con setole. Segmenti del corpo 18-25 (in media) senza appendici dorsali. Setole a ciuffetti di due sorta allungate, sottili, aghiformi , e brevi e forti, semplici o pettinate. 1. gen: Zeppelinia Vaillant. Segmento cefalico senza tentacoli dorsali; senza setole. Segmenti del corpo 1 35 (in media) con appendici cirriformi dorsali (caduche). Setole a ciuf- fetti di una sola sorta allungate, sottili, aghiformi. 2. gen. Raphidrilus Monticelli. 1. Zeppelinia Vaillant 1890. (z=Ctenodrilus Zeppelin 188'ò=Monostylos Veidowsky 1884.) Corpo allungato ristretto, cilindroide, fusiforme. - Segmento cefalico con uno o due tentacoli dorsali ; con cigliatura ventrale fine, breve , sottile che non si estende al primo segmento del corpo: senza fossette cigliate. - Segmenti del corpo da diciotto a venticinque, in media, e più. -Setole in tutti i segmenti (compreso il cefalico) meno nei due ultimi, disposte a ciuffetto, inserite insieme in tasche setigere di mediocre sviluppo ; di due sorta, alcune allungate, sottili e fini altre brevi, forti, slargate all'apice e ricurve a ginocchio, semplici o pettinate. — Cute con cellule oleose (scarse od assenti) e pigmentate. -Bulbo faringeo mediocre : intestilo naedio (stomaco) poco rigonfio , a sacco allungato, colorato mit Zeppelinia monostyla (= Ct. monostylus Zepp.= Monostylus tentaculifer Vejd.) nicht ftir ausgeschlossen ecc. ». Ora io non ho mai pensato alla possibilità di tale sinonimia, che anzi appunto nel mio lavoro, citato dal Galvagni, ed alla pag. (43) da lui indicata, ho molto chiaramente detto che la forma dello Zeppelin, se è molto affine agli altri due Ctenodrilus (di sopra nominati C. serratus e pnr- viilus), e videntemen te molto da questi di f fer isce (v. pure la revisione sistematica che chiude questa mia nota). Raphidrilus nemasoma Montic. Nuovo Cfcenodrilide ecc. 431 poco intensamente in brano, che si differenzia dall'anteriore nel quarto segmento del corpo: da esso dorsalmente si origina il vaso dorsale con corpo cardiaco me- diocremente sviluppato. - Nefridii piccoli, non pigmentati, che non si aprono nel celoma, senza (?) cigliatura. -Sessualità sconosciuta finora. — A utotomia moltiplicativa frequente che si compie con processo di architomia. Habitat. — Le forme di questo genere sono state finora trovate solamente negli acquarli marini dell' Istituto Zoologico di Friburgo (Zeppelin) e della Sta- zione Zoologica di Napoli (Monticelli). Questo genere comprende due specie: vSegmento cefalico d' ordinario con un solo tentacolo dorsale. Segmenti del corpo da 20-25. Setole forti e brevi non pettinate. Colorito giallo bruno. Z. monostyla Zeppelin (1883). Segmento cefalico con due tentacoli. Segmenti del corpo da 18-29 incirca. Setole forti e brevi pettinate. Colorito bruno. Z. dentata Monticelli (1896) i). '2. Raphidrilus Monticelli 1910 Corpo molto allungato, sottile, filiforme. - Segmento cefalico senza tenta- coli, con cigliatura ventrale finissima e spesso indistinta che si arresta al prin- cipio del primo segmento del corpo: senza fossette cigliate. - Segmenti del corpo da diciotto a trentacinque (?), in media.-Setole in tutti i segmenti (eccetto Il cefalico) compreso quello pigidiale, disposte a ciuffetti insieme inserite in ta- sche setigere bene sviluppate ; di una sola sorta, sottili, allungate aghiformi (nelle forme sessuate anche setole forti e robuste nei segmenti maschili).-0 u t e con pigmento scarso. -Bulbo faringeo bene sviluppato: intestino medio (stomaco) alquanto indistinto al suo ^inizio dall' intestino anteriore nel quarto segmento del corpo ; da esso dorsalmente si oi'igina in questo segmento il vaso dorsale formato da un breve slargamento cardiaco della lunghezza del segmento, che presenta un ansa ventrale di corrispondente lunghezza: corpo cardiaco breve, poco vistoso, limitato allo slargamento cardiaco. -Nefridii pic- coli, non pigmentati che non si aprono nella cavità del celoma, non cigliati .- Ermafroditismo proterandrico : gestazione interna delle larve.— Auto t o- m i a moltiplicativa con processo architomico. Habitat. — Mediterraneo (Golfo di Napoli , nella sabbia a Donnanna ed a Cernito) 1) Questa specie è stata da me solo sommariamente indicata per i caratteri salienti che valgono a distinguerla, in una nota a pag. 451 del mio studio « Ade- lotacta Zoologica » (3). 432 Fr. Sav. Monticelli Una sola specie: Setole dei primi quattro segmenti del corpo in maggior numero e più lunghe di tutte le altre: brevissime nell'ultimo segmento. Colorito del corpo bian- chiccio gialletto trasparente, con pigmentazione nera sparsa da per tutto e raccolta ed addensata all'estremo del segmento cefalico e del pigidiale. /?. nemasoma Monticelli 1910. Della posizione tassinomica della famiglia di Ctenodrilidae nel sistema dei Chetopodi si è molto discusso ; ed io stesso lio ac- cennato di sfuggita (2, pag. 44) a qualche veduta in proposito. Per alcuni autori essa potrebbe trovar posto fra i Cirratulidi (Caul- LERY e Mesnil 1, 2), od in senso più largo fra i Driodrilidi di Hatscheck (Galvagni); conclusione per molti punti seducente e che ha in suo favore dei fatti che non permettono escluderla, pur es- sendo certamente discutibile per fondate ragioni iu base ad altri dati. La questione delle affinità dei Ctenodrilidi fra i Chetopodi e la loro plausibile assegnazione sistematica nel gruppo esce dal piano di questo studio. Essa merita una larga disamina critica, con ampia discussione dei dati e dei fatti che non può trovar luogo in un lavoro destinato, come questo, alla illustrazione, per quanto comparativamente condotta, di una sola forma della famiglia. Ep- però mi riprometto di trattar la quistione in base a tutti i dati, che uno studio monografico della famiglia può fornire, se mi sarà dato, come io spero e m' auguro, di poter finalmente pubblicare quello al quale da lungo tempo attendo, come ho ricordato nella introduzione di questo lavoro, Napoli, Istituto Zoologico R. Università, 18 Deceiubre 1909. Raphidrilus nemasoma Montic. Nuovo Ctenodrilide ecc. 43c Bibliografia. 1903. Galvagni, Egon. — Histologie des Geuus Clenodr ilus Glap.: Arò. Z. Inst. Wien, Tomo 15, pag. 47, 2 Taf. 1882. Kennel, J. — Ueber Ctenodrilus parardlis . EinBeitrag zur kenntiss der Anatomie und Knospuiig der Anelliden: Arò. Z. Zoot. List. Wurz- burg, 4. Bd. pag. 373, Taf. 16. 1897. Mesnil, F. — Caullery, M — j. Surla position sistématique du genre Ctenodrilus Clap.: ses affinités avec les Cirratutides: C. B. Acd. Se. Paris, Tome 125, pag. 542. 1898. Caullery, M.— Mesnil, E.— 2. Les formes épitoques et revolution des Cirratuliens : [Cbap. 4. Genre. Ctenodrilus]: Ann. Université Lyon., Fase. 39, pag. 133. 1892, Monticelli, Fr. Sav. — 1. Notizia preliminai-e intorno ad alcuni in- quilini degli Holothurioidea del Golfo di Napoli {Ctenodrilus): Monit. Z. Bai. Anno 3, pag. 246. 1893. — — 2. Sul Ctenodrilus' serratus 0. Schm. : Boll. Soc. Nat. Na- poli (1) Voi. 7, pag. 39. 1897. — — 3. Adelotncfa zoologica (Zeppelinia dentata nota a pag. 450): 3Iitth. Z. Station Neapel, 12. Bd. pag. 450. 1906. — — 4- Sessualità e gestazione nel Ctenodrilus serratus 0. Schm. Comunicazione preliminare riassuntiva.: Atti Cong. Natur. Ital. Milano, 1906, pag. 524. 1907. -- — 5. Sexaalité et gestation chez les Ctenodi-iiides : C. R. Ass. Frane. Av. Se. 36. Se.ss. Beims, Pari, i, pag. 249. 1887. Scarff, R. — On Ctenodrilus parvulus n. sp.: Q. Journ- Micr. Soe. Voi. 27, pag. 591, 1 Plt. 1899. VaiUant, L. — Histoire Naturelle des Annelés marins et d'eaudouce: Voi. 3 (2. partie). Paris. 1884. Vejdowsky, Fr. — System und morphologie der Oligochaeten: Jb'ag. 1883, Zeppelin, M. — Ueber den Bau und die Theilungworgange des Ctenodrilus monostylos n. sp.: Zeit. Wiss. Z. 39. Bd. pag. 647, Taf 36-37. Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 4. 28 434 l'r- •''av. Monticelli Spiegazione delle Tavole 12-13. Lettere comuni a tutte le figure. ailv, ausa discendente del vaso dorsale. ajìa, apertura anale. aj)!), anello nervoso (periboccale) periesofageo. ascvd^ ansa cardiaca del vaso dorsale. b, bocca. bf, bulbo faringeo. bfvd, biforcazione del vaso dorsale. e, cuticola. ccr, corpo cardiaco. cìifr, canalicolo nefridiale. cnv, cordone nervoso ventrale. cr, cervello. dnfr, dotto escretore dei nefridii. e, esofago. /", faringe. gs, ganglio segmentale. fjsf, ganglio sottofaringeo (esofageo). ia, intestino anteriore. ini, » medio. ij:)^ » posteriore. ij)d, ipoderma. ii, intestino terminale. Ig, larve in gestazione. md, mesentere dorsale. mi, muscoli longitudinali somatici. mpbf, » protrattori del bulbo faringeo. mrhf, » retrattori del bulbo faringeo. ms, morule di spermatozoi. tnst, muscoli motori della tasca setigera. ìifr, nefridio. jì, peritoneo. s, setole. scvd, slargamento cardiaco del vaso dorsale. snfr, sbocco esterno dei nefridii. tp, tubercolo parapodiale. ts, tasca setigera. vb, vestibolo boccale. vd, vaso dorsale. yu, vaso ventrale. iio, uova. Baphidrilus nemasoma Montio. Nuovo Cteuodrilide ecc. 435 Tavola 12. Quando non vi sono speciali indicazioni le figure s' intendono ritratte da esemplari preparati in loto. Fig. 1. — Figura d'insieme del Baphidrilus nemasoma; dal vivo. >< 40. » 2. — Estremità anteriore del corpo vista di profilo; da esemplare in al- cool. X 120. 3. — Estremità anteriore del corpo vista di fronte ; da esemplare in al- cool. X 120. » 4. — Estremità anteriore del corpo vista di fronte; da esemplare in alcool, per mostrare un altro aspetto dei diversi che assume. X 120. » 5. — Individuo sessuato, forma maschile: dal vivo. X 40. 6. — Individuo adulto non sessuato con tentacoli cirriformi dorsali di varia lunghezza e rudimenti di tentacoli (in rifacimento V). X òO. 7. — Individuo sessuato (forma femminile), contenente una larva già molto avanzata corrispondente allo stadio della larva contenuta nel seg- mento disegnato nella Fig. 18, e che segue quello rappresentato nella Figura 26. x 80. » 8. — Estremità posteriore di un individuo adulto di media grandezza; vista di lato. X 120. » 9. — Individuo sessuato (forma femminile) che contiene uova e larve in ge- stazione in varii stadii di sviluppo, corrispondenti a quello rappre- sentato nelle Fig. 21-24 ed anche intermedii ira lo stadio della Fi- gura 24 e quello della Fig. 25. X 60. » 10. — Un segmento contenente un uovo addossata al tubo digerente : dal vivo. X 100. » il. — Porzione anteriore di un individuo adulto agamo che mostra 1' m- sieme della organizzazione interna nei rapporti con 1' apparecchio circolatorio, nonché il comportar.si di questo. X 120. » 12. — Un segmento che dimostra il determinarsi di pseudoparapodii per la protusione delle setole, x 180. » 13. — Metà sinistra di un segmento (dal dorso) che lascia vedere per tra- sparenza la tasca delle setole. X 320. » 14. — Una setola dei segmenti genitali della forma maschile. X 520. » 15. — Setole dei segmenti anteriori. >< 320. » 16. — » » medii. x 320. » 17. — » » posteriori. X 320. » 18. — Larva innanzi nello sviluppo contenuta in un segmento molto rigon- fio. X 110. » 19. — Un segmento di quelli dal quinto all' ottavo della forma maschile (v. Figura 5). X 250. » 20. — Estremità anteriore di un esemplare nel quale per trasparenza è stato possibile, col sussidio di altri preparati, di riconoscere e ri- costruire nelle sue grandi linee il sistema nervoso. X 170. » 21-24. —Una serie di sviluppo fino alla larvetta con corone di cigliax 240^ » 25. — Larvetta con corone di ciglia. X 240. 436 Fr. Sav. Monticelli Fig. 26. — Larvetta più avanzata con rudimenti di tentacoli dorsali. X 240. » 27-29. — Tre stadii successivi di sviluppo che seguono quello rappresentato nella figura precedente (Fig. 26). Le larvette già fuori del corpo materno sono provviste di occhi e portano tentacoli dorsali ai se- gmenti. X 150. Tavola 13. Fig. 30. — Sezione trasversale alquanto obliqua di un nefridio. >< 1000. >. 31. — Sezione longitudinale sagittale di nefridio. x 1000. » 32. — Aspetto e forma generale dei nefridii come si rileva da un prepa- rato in toto per trasparenza: del nefridio di destra si segue il dotto escretore fino al suo sbocco esterno, x 1000. » 33. — Sezione dorso-ventrale (sagittale, obliqua) che interessa il segmento cefalico e parte del primo segmento del tronco, x 440. » 34-35. — Sezioni frontali longitudinali consecutive di un segmento, tangen- ziali alle pareti del tubo digerente, che interessano un uovo a queste addossato. Figure corrispondenti a quella rappresentata nella Fig. 10. X 166 circa. » 36. — Sezione trasversale obliqua del segmento cefalico all'altezza del bulbo faringeo che interessa anche un nefridio (di sinistra), x 310. » 37. — Sezione come sopra all'altezza del fondo de! bulbo faringeo che in- teressa il ganglio sottofaringeo. X 310. » 38. — Sezione trasversale del quarto segmento del corpo che taglia l'in- serzione delle setole, nonché la tasca di queste, x 640. » 39. — Sezione come sopra di altro individuo che taglia lo slargamento car- diaco del vaso dorsale con l'incluso corpo cardiaco, nonché l'ansa cardiaca del vaso dorsale, x 480. * 40. — Sezione trasversale di un segmento della regione mediana del corpo che taglia l' intestino medio. X 640. » 41. — Sezione trasversale del segmento pigidiale. x 640. » 42. — Sezione sagittale di ectoderma che interessa una tasca satigera; si vedono le setole in essa infitte. X 530. » 43. — Un pezzetto periferico, ventrale, di un segmento anteriore disegnato da un preparato in foto, alquanto schiacciato e reso molto traspa- rente, che lascia vedere la muscolatura cutanea, la tasca setigera ed i muscoli che questa muovono. X 530. » 44. — Sezione trasversale di un segmento genitale della forma maschile, x 320. » 45. — Sezione longitudinale di altro segmento genitale della forma ma- schile: questo come il precedente è ripieno di elementi maschili in tutti gli stadii di loro evoluzione. Ricevuto il 18 Dicembre 1909. Finito di stampare il 25 Agosto 1910. I vasi splancnici e loro relazioni topografiche in Scyllium cRtulas e Torpedo marmo rata. (Contributo all'anatomia splancnica negli E lasmobrancliij Memoria I. ^) ài Vincenzo Diamare Prof, di Zoologia ed Anatomia e Fisiologia Miuparate nella R. Uni?ersità di Siena Con la tavola 14 Sommario Introduzione. I. Tojjografia e rapporti dei va.si splancnici in Scylìiiim catulus e Torpedì marmorata: Le pieghe del i)eritoneo. — Delle ai'terie .splancniche. — Delle vene splan- cniche. — Del pancreas e sue relazioni anatomiche specialmente con i vasi splancnici, li. Delle comunicazioni porto-cardinali in Scyllmm^ Acantìiias, Torpedo. Introduzione La natura delle indagini sperimentali che ho per varii anni fatto nelle due specie di elasmobranchi, mi obbligò a studiare le relazioni dogli organi addominali e la distribuzione dei vasi del tubo gastroenterico ed annessi. Trattandosi di ricercare , se , in questi eterotermi, dietro aggressioni sperimentali del pancreas, in- sorgesse un tipico diabete, era necessario studiare attentemente le relazioni anatomiche del pancreas stesso: e poiché con i grossi vasi addominali offre esso uno stretto rapporto, era mestieri accertare con la maggior cura quali vasi eventualmente o necessariamente si potessero risparmiare, se vi fossero possibili compensi in circoli collaterali o anastomosi da utilmente sfruttare. La tecnica opera- toria e ogni valutazione de' fatti rilevati negli obbietti dell'eape- 1) 11 presente scritto è la memoria estesa della succinta nota pubblicata in Luglio 1S09 [vedi Bibliografìa]. 438 Vincenzo Diamarc rienze, la durata della vita, i cambiamenti fisiologici, lo stato de' visceri etc, si concatenavano a dati anatomici da stabilire. Nelle tre note fisiologiclie pubblicate ^) non ho indicato la te- cnica operativa; accennando ad una breve e facile operazione di spancreamento totale in Scyllinm nella 1. nota, io indicava come tale un'operazione clie viceversa doveva assai più complicarsi, allo scopo di rispettare dei vasi importanti che senz' altro venivano aboliti: perciò i risultati che ho riassunti nella 2. e 3. nota, molto più precisi e positivi , si riferiscono ad operazioni tentate dietro più esatta conoscenza anatomica. Cosi cioè, derivò una no- tevole so pravvivenz a degli animali e potei rilevar e 1 ' in- sorgere della glicemia — un fatto tanto più interessante in quanto , negli animali normali , le esteso ricerche mie e quelle fatte insieme a Montuori, dimostravano che non esiste glucosio — Ed inoltre, si oifri cosi una categorica prova che non a lesioni vasali, né a necrosi di organi o a distrofie operative di sorta, ma alla pura e semplice soppressione della ghiandola pancreatica tiene dietro la comparsa dello zucchero nel sangue. Intanto, proprio come ho innanzi rilevato, negli elasmobranchi il pancreas, che era l'oggetto iniziale della mia indagine, è situato in un punto dell' addome in cui decorrono o si incontrano i mag- giori tronchi arteriosi e venosi viscerali e in questo punto istesso divergono o convergono emanazioni vascolari destinate agli scambi nutritivi de' principali visceri addominali. Perciò il mio studio ebbe nel fatto un'estensione anatomica de- scrittiva e topografica maggiore: potei cosi raccogliere un complesso di dati i quali, anche al di fuori dello stesso pancreas, si estendono e possono trovare applicazione, oltre agli scopi speciali per cui a me servirono. Ad altri , infine, nel campo anatomico e fisiologico può essere utile questa somma di fatti descrittivi e topografici che sono qui rac- colti, costituendo delle nozioni quasi del tutto nuove. I pochi dati che si trovano nella letteratura sui vasi addominali dello due specie servono poco all'orientamento di chi voglia accingersi a ricerca spe- rimentale: e poiché io dovetti spingere la ricerca alle terminazioni od origini de' vasi, cosi nuove emanazioni vascolari saranno qui descritte e figurate e nomi nuovi, tranne pochi, usati, perchè del 1) Zcntralhl. Phys. (1) 19. Bd. N. 16, 1906, (2) 20. Bd. N. 19, 1906, (3) 21. Bd. N. 26, 1908. 1 vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 489 preciso corso e relazioni appunto di pochi si ha notizia : a' nomi generici ad es. di a. splenica^ pancreatica^ pilorica^ gastrica etc. in base del nuovo punto di vista e del minuto esame fatto, ho do- vuto sostituire altri nomi od aggettivi, in quanto rami splenici, pancreatici pilorici etc. io trovo originati da arterie principali o secondarie differenti. Lo stesso dicasi per le vene. Noto numerose varianti nei vasi, sopratutto nelle vene: non è improbabile che moltiplicando esami il numero di queste variazioni individuali pos- sano aumentare. Tuttavia esse d'ordinario oscillano intorno a de- finiti tipi anatomici che io credo di poter qui nettamente fissare. Del sistema venoso cardinale e del sistema venoso sopraepa- tico, temi del resto già studiati, non mi occupo; però sono qui stu- diate le pieghe del peritoneo con indicazioni topografiche e in ca- pitolo a parte è ripresa la questione delle comunicazioni porto- cardinali. Le figure che presento, con le quali mi sforzai di esat- tamente riprodurre i risultati delle mie numerose dissezioni, furono indirizzate sopratutto verso lo scopo del facile riconoscimento delle formazioni anatomiche, di rado semischematizzate o combinate da più figure insieme. E accaduto che, ridotte in grandezza per ra- gioni economico-litografiche alcune hanno perduto di chiarezza. A chiarimento ed interpretazione dei fatti descrittivi, io tratto comparativamente anche di altre specie, e quindi il frequente con- fronto può servire anche come un contributo alla conoscenza mor- fologica dell' argomento; coordino anzi la descrizione stessa sul piano morfologico. Il materiale di questa ricerca lo devo limitatamente al mer- cato di Siena e in massima parte alla Stazione Zoologica di Napoli a cui rendo grazie sentite, anche per la continua ospitalità con- cessami. La Memoria 2., che spero presto di poter pubblicare, concerne i vasi linfatici e questioni che ad essi si riannodano e nuovi dati sulla morfologia comparata dei vasi splancnici. Metodi di ricerca Ho fatto numerose dissezioni e iniezioni anche doppie e triple e in certi casi anche quadruple, cioè quando uno stesso animale ho iniettato per l' aorta dorsale, vena caudalis, vena porta e per particolari canali la tero- aortici dame trovati e che io interpreto come principali vie linfaticlie (Cfr. Memoria II). Per queste iniezioni limitatamente mi servii del mercurio o del- 440 Vincenzo Dinmaio r insufflazione d' aria : ordinariamente ho adoperato il gesso varia- mente tinto (minio, blu di Prussia, terra gialla). Oggi che la tecnica dello iniezioni è progredita, recherà me- raviglia che la ricostruzione della delicata vascolarizzazione di questi vertebrati si faccia con metodi della grossolana investiga- zione delle scuole anatomiche. Chi però, quanto me, acquisterà per lunga pratica ne' vertebrati in generale, familiarità con il me- todo del gesso, lo troverà di gran lunga più semplice, più facile, più pratico e più utile di tutti gli altri. 11 segreto consiste nel grado giusto di diluzione in proporzione del letto vascolare da iniettare, nel prepararsi del materiale ottimo e finissimamente polverato ed aspirarlo convenientemente sedimentato, quando trat- tasi di vasi estremamente piccoli. Il gesso, indurendosi, agevola straordinariamente la dissezione e permette di riconoscere al semplice tatto rami minimi nascosti e di poterli seguire e denudare, e, non effondendosi nel letto capil- lare, lascia il campo dissettorio del tutto incolorato, per la qual cosa i vasi subito si riconoscono. L'iniezioni, oltre le indicazioni speciali anzidette, furono fatte per il canale emalo, v. cardinali, le branche efferenti oppure nel tronco principale della v. porta o v. Uenalis posterior o v. gastrica ventralis (specialmente in Scylliiwi). Disseccai quasi sempre il materiale fresco appena iniettato e talora conservato in formalina, e, pezzi staccati, rischiarati con gli- cerina o disidratati e chiusi iu balsamo del Canada, offrirono chiare istruttive immagini microscopiche, quando ne occorse il bisogno. In fatto di diametri, distanze, lunghezze, mi riferisco ad esem- plari di maggiore taglia. I. Topografìa e rapporti dei vasi splancnici in Scyllium oRiiihis e Torpedo nmnnora,tR 1. Scyllium catulus I. Le pieghe del peritoneo. La descrizione della maniera di conqiortarsi del peritoneo del tratto intestinale è da preporsi perchè con i mezzi di connessione delle varie parti del tubo digerente è in relazione il corso e la distribuzione de' vasi. Per quanto riguarda la specie ed i squalidi I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 441 in generale esistono vaghi accenni sullo pliche peritoneali, spec. indicandosi una 2)lica redalis (ì)iesorechim) e le genitali {mesorcUion^ mesovarium) . Riassumo iu breve il comportamento del mesenterio e dei suoi derivati. l.-Il meso della gonade (ligamenttmi stispensofium degli anti- chi) si continua posteriormente con una piega rettale {meso redum di Stannius) che comprende in so anclie la ghiandola digitiforme (Fig. 8 nio). ■ 2. -Dalla sierosa della gonade e lungo quasi tutta la massa prin- cipale di questa si spicca il mesenterio, cioè dall'estremo craniale sino al punto in cui si assottiglia (Fig. 8, mso)] questo, dirigendosi in basso, sembra apparentemente dividersi in due lamine: po- trebbe paragonarsi tutto ad un complesso di tre lamine connesse fra di loro come un T le cai branche anteriori siano divaricate molto ed inegualmente. Il piede della T rappresenterebbe il me- senterio {incsonterium) prop. detto, la branca destra e il meso che va ad inserirsi alla valvola spirale, direi meso entericum e la sini- stra è il meso dello stomaco, cioè -mrso gastricum. Una linea netta, precisa , delimita il mesogastrio dalla rimanente porzione di me- senterio ed è dessa quasi parallela all' inserzione del mesenterio sulla hnea media intergonica nel maschio (Fig. 8, mg). Il meso- gastrio è di figura triangolare , l'apice si perde sullo stomaco, la base nettamente è debordata dall'a. lienogastrica (Fg. 8, alg) ed in prossimità dello stomaco dal ramo gastrico della stessa arteria, cioè Va. gastrica dorsalis media (agm). Il mesoentericum (msi) appare invece semplicemente come una continuazione, deviante a destra, del mesenterio, esso s'inserisce alla valvola spirale sul margine ventrale e secondo una linea pa- rallela a quella occupata dall'a e o. longitudinales (rami dell'a v. dor- sointestinalis) : cioè esso s' inserisce paralellamente alla linea in cui in altri sciaci come iiiAV Acanthias (Cfr. pag. 476) scorrono Va e v. intestinalis ventralis (a qualche distanza). L'inserzione posteriormente si arresta all'inizio del terzo po- steriore della valvola: anteriormente un po' prima della base della borsa di Ente. Diguisachè il meso-entericum non raggiunge né l'e- stremo anteriore né il posteriore dell'intestino , donde si vengono a costituire cosi due aperture, un largo hiatus posterior (Fig. 2, ^, 8, ip) ed un minore hiatus anterior (Fig. 2, 4, 5. 8, ia) che fanno comunicare la cavità destra con la sinistra del peritoneo. 4-12 Vincenzo Diamare Llnatus lìosterior è limitato in avanti ed in sopra dal bordo, falcato dal mesoentericum e dalla sierosa della porzione estremale della gonade: in dietro ed basso dal mesorectum con 1' appendice digitiformo e la superficie ventrale del terzo posteriore della val- vola spirale (Fig. 5 e 8 specialmente). Per quanto vìgimrdaV hiatus anferior, esso nasce dal fatto, che la sierosa, come non forma meso all'estremo Entiano della valvola ma vi si deprime a rivestirlo, cosi comportasi pure sull' estremo craniale o base del pancreas, per ripigliarsi, in corrispondenza del processus intestinalis di questo come un meso donde lo stabilirsi dtìlVhiahis anterioì\ il quale è limitato in conseguenza più dorsal- mente dalla faccia intestinale della base del pancreas e dalla sie- rosa in cui decorrono Va e v. intraintestinalis (meso pancreo-inle- stinalis) e più ventralmente dal tratto di valvola scoperto. 3. - Il mesogastrio oltre Va. e v. gastrica dorsalis media e a, e V. gastrica dorsalis postenor^ si arresta: ma si ripiglia dopo couie una sottile e piccola plica all'estremo della piccola curvatura dello stomaco, costituendo una specie di breve epiploon fluttuante che s' inserisce alla milza e di poi si continua con lo stretto meso che sta tra la milza ed il piloro. Il tratto ultimo dell'». lienGgastrica cioè Va. lieno pylorica e V. omonima stanno in detta plica, epiploon lieno gastriciim. La la- mina con la quale si continua, la plica tesa tra il piloro e la milza è un meso lieno-pyloricuni. (Fig. 4 e 17, mgl). 4. - In corrispondenza dell'estremo craniale della milza {extre- mus lienalis anterior) il meso lieno-pyloricum continuasi con una plica che prende inserzione nel mezzo circa della faccia gastrica dell'e- stremo craniale del pancreas costituendo un piccolo meso pancreo- licnale e la stessa sierosa, dopo aver compreso il processus intesti- nalis del pancreas si continua con la sierosa dell' estremo eu- tiano della valvola: il piccolo meso che ne risulta potrebbe indi- carsi come un meso p>ancreo-intestinale. (Fig. 5, mpl^ mpi). 6, -Tra il piloro e lo stomaco si trova una stretta plica, meso gastro - pyloricum (Fig. 19, myp) il quale in avanti si confonde con la sierosa iniziale dello stomaco. Però, qui, con l' incontro, del meso gastro- pilorico con il mesogastrio si stabilisce una specie di cui di sacco nel quale decorrono, dorsalmente e ventralmente, i tronchi gastrici maggiori arteriosi e venosi. La plica che in conse- guenza è stabilita cosi — plica trasversalis — è a sua volta in con- tinuazione in avanti con la sierosa di un cordone composto dalla I vasi splancnici e loro relazioni topografiche eoe, 443 V. porta, il culodoco e l'a. epatica — il cordone dutto-vascolaye — (Fig. 4 mgij). Il fuiido chiuso indicherei col noma óì recessus perito nealis pò - sterior per distinguerlo dairanteriore a cui subito accenno. 6. -Avvolgendo la sierosa la v. porta, il coledoco e l'a. epatica sinistra, si costituisce il cordone dutto-vascolare, ossia ne deriva un meso gasterepatentericum, (Fig. 4, mgp) il quale è indietro in relazione in conseguenza col meso gastro pilorico. Tra il meso e la parete ga- strica e l'esofago si trova una fessura in cui si può insinuare il dito e farlo scorrere: in realtà essa immette in un recesso che deriva dalla relazione, dorsalmente, della sierosa del cordone con il me- soepate destro, ed in dietro con la plica trasversalis : l'indicherò con il nomo di recessus pcritonealis (interior. Entrambi i recessi dipendono essenzialmente dal fatto che la sierosa, cumprendendo in se i vasi arteriosi, stabilisce la plica tras- versalis: l'inserzione di questa sullo stomaco dorsalmente si trova nel punto in cui esce la v. gastrica dorsalis anterior in compagnia della terza branca della celiaca (Ofr. pag. 447). Perciò un dito che si insinui nel recesso posteriore, tra, cioè, la base del pancreas e lo stomaco, ha le due formazioni vascolari a sinistra: a destra invece, distendendo l'inizio del mesa gastro-pilo- ricum, ha l'a. v. gastrica ventralis ed innanzi il tronco della v. porta. La porzione di meso che si trova tra i grossi vasi gastrici ante- riori dorsali e ventrali è la porzione di parete della plica trasver- salis che ferma il pavimento, per. cosi dire, posteriore del recesso anteriore, essendo dato il ventrale dal iìieso gasterepatentericum e dal mesoeptate, il dorsale, dalla superfìcie laterale destra, ventrale, del- l' esofago. 2. Delle arterie splancniche. Sunto storico. — In questa specie Carazzi ha riassuntivamente indicato che l'arteria celiaca, dopo la sua origine si divide in tre rami: 1.° gastro-epatico, 2.° gastro epatico-pilorico , 3.» lieno-pan- c reo-intestinale. Dal ramo gastro-epatico deriva un a. esofogea, a. mesenterica, a. epatica destra, a. gastrica dorsale: Dal gastro epatico pilorico, Ta. epatica sinistra, a. cistifellea, a. gastrica anteriore e a. pilorica. Dal lieno-pancreo-intestinale, un a. lienica, a. pancreatica, a. intestinale (per la porzione sup. dell'intestino spirale). L'A. mesen- terica anteriore subito dopo l'origine dà rami genitali e termina sul 414 Vincenzo Diauiare primo tratto della valvola spirale, L'A. lieno-gastrica, nata dal- l'aorta immediatamente dopo la mesenterica anteriore della quale è alquanto più grande, dà piccoli rami, (non denominati) al mesen- terio ed al pancreas « indi discende verso la milza, dorsalmente « allo stomaco e si divide in due rami di cui uno diretto allo sto- « maco pilorico e l'altro torna a dividersi in due rami di cui il mi- < nore va all'estremo posteriore dello stomaco primo quasi al limite « tra questo ed il piloro, il maggiore dà una grossa arteria splenica « e piccoli rami allo stomaco (porzione inferiore e ventrale) com- « piotando così la vascolarizzazione della superficie anteriore che « è fatta in gran parte dalla celiaca ». Di questi rami occorre indicare il corso topograficamente e non sono specificamente denominati. l.-A. coeliaca. — It' a. coeliaca, sorge ventralmente daÀV aorta dorsalis, immediatamente dopo le dae a. suhclaviae (dext. e sinistra). Decorre situata in principio medialmente ed in sopra dell'esofago, tra questo e le v. cardinali. Oltrepassando il setto cranio-viscerale (setto pericardico-splancnico) devia a destra, accollandosi all' inizio dello stomaco, seguendone la curva in senso dorso-ventrale. a) rami dorsali {tractus dorso-ventralis). A. 2 ce. circa spicca il suo primo e grosso ramo, diretto da destra verso sinistra, d'avanti verso dietro, accollato sulla superficie dorsale dello stomaco, che vascolarizza. Va. gastrica dorsalis auterior (v. satellite omonima). In molti casi un ramo c^ile molto di questa, che si dirige posteriormente, può prolungarsi sullo stomaco, imme- diatamente in sotto dell'inserzione del mesogastrio (Cfr la Fig. 1 nel testo) insieme a vena satellite, sino aXVa. gastrica dorsalis media (ramo dell'a. lieno gastrica) stabilendo così un anastomosi (analogo comportamento della v. dorsalis auterior con la v. dorsalis media). L'indicherei con il nome di a. anastomotica. Questo ramo può stabilire perciò una relazione tra il circolo della lienogastrica e quello della celiaca: così del pari la v. satellite una relazione tra la por- zione prepancretica e la post-pancreatica della v. porta, qualora si escludesse (spancreamento) quindi il tractus juxpancreaticiis v. ])or- tarum (Cfr. pag. 454-458). Dopo 1' a. gastrica dorsalis auterior., deriva dalla celiaca un corto ramo il quale si dirige a destra, sito nello spessore del mesoepate il quale si porta al fegato ed ò Vepatica dextra: dà anche un ra- I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc, 445 muscolo al meso (a. mesoepatica) talora duplice e qualche volta de- rivante invece dall'a. epatica destra. Uà: epatica destra^ decorrente insieme alla branca portale destra sul mezzo del margine interno del lobo epatico {sulciis vasmlaris) dà ramuscolo caratteristico sotto al meso che copre la branca stessa, il quale si segue in avanti éino alla porzione interlobare ove s'incunea la branca stessa, quasi ar- teriola recurrens epiportalis (Fig. 4, apt). Con lieve intervallo, o precisamente allo stesso punto in qualche caso, ma dorsalmente, spicca un ramo che si adatta allo stomaco e si continua con un'arteria della superficie ventrale, anteriore dello stomaco, cioè con un'a. gastrica ventralis (satellite vena omonima) (Fig. 19, ag) che io non potrei ritenere omologa alla gastrica ven- trale di altri sciaci (Cfr. pag. 446). Genericamente in SctjUium s'è indicato questo ramo come a. gastrica ventrale o anteriore. Bisogna intanto avvertire che l'arteria è effettivamente una gastrica ante- riore, dopoché è sorto un altro ramo, più piccolo, a corso cau- do-craniale, il quale risale, cioè, in avanti, in compagnia del du- ctus choledociiSj od è Va. eiìatica sinistra (Fig. 4, aes). Indipendentemeute da ogni riflessione morfologica sta in fatto che, anatomicamente parlando, trattasi d' un tronco il quale non sarebbe giusto riguardare come una gastrica ventrale da cui derivi l'a. epatica di sinistra. Si deve riguardare cioè come un ramo ar- terioso ir quale si sdoppia in un ramo minore, l'a. ejjatica sinistra e continuasi come una gastrica ventrale anteriore. Perciò si indi- cherà il tronco come un'a. gastro-epatica. È da osservare ancora che chiaramente ho potuto rilevare l'e- sistenza d'un terzo ramo, esilissimo, oltre il quale, in senso stretto, l'arteria diventa propriamente il ramo nutritivo anteriore gastrico. Questo ramo comincia al punto ove sorge il meso gastro-pilorico (nella Fig. 19 l' arteriola decorre , data la sua piccolezza i)'>co bene rappresentata, sotto l'inserzione gastrica del meso, {ntpy) e percorre rettilineamente , sotto l' inserzione , il meso, tra questo cioè e lo stomaco, spiccando ramuscoli brevi al piloro (superficie gastrica) ; è una esile, atrofica, a. gastro-pilorica. Quando noi ci riferiamo, ora, ai dati di Parker iu Mustclus ci sarà agevole riconoscere in questo ramo atrofico la terminazione della cospicua ed importante arteria ventrale gastrica (ventral ga- stric artery), cioè la terminazione reale della celiaca alla quale rian- nodasi in quella specie il circolo specialmente del piloro. Qui in- vece il circolo del piloro è specialmente sostenuto come vodruino da un a. lieno-pylorica, dipendenza del ramo celiaco il quale, in 446 Vincenzo Diamare senso morfologico è un derivato deirannessione dell' a. mesenterica anierior {truncus jmncreo-lieno-intestinalis). Perciò ci è agevole interpretare la porzione terminale della celiaca sensu-strido come ridotta in Scyllium, laddove un maggiore sviluppo ha assunto il ramo gastrico della superficie anteriore — a gastrica ventralis s. anterior — assorbendo in se il tratto di distanza tra essa e l'a. epatica sinistra, donde questa sembra ohe diretta- mente ne emani e ne segue un tronco gastro-epatico. Viceversa Va. (jastrica anterior è in Mustelus un modesto ramo, limitato alla porzione anteriore della superficie gastrica ventrale. Relazione dell' a. epatica sinistra con la branca portale ed il coledoco. L'.4. epatica sinistra, più sottile della destra, risalendo in alto ha dapjDrima come vena satellite il tratto extragastrico della v. ga- strica ventralis; poi, insieme a questa, adattandosi nella curva del- l'arco formato dal dotto coledoco (Fig. 4: aes) e dalla branca por- tale rispettiva, si porta al lobo sinistro del fegato. Nella Fig. 7 nel testo è schematicamente rappresentata la relazione iniziale delle tre formazioni in sezione. Allorché il coledoco si accosta alla branca portale spintosi oltre alla cistifellea, l'arteria, sua compagna, spicca Va. cistica ^) (=-a. cisti- fellica) ed entra nel fegato. (Fig. 4, aes). Siccome esistono variazioni nella maniera di comportarsi dei rami efferenti della v. porta (branche epatiche) cosi possono deri- varne rapporti alquanto varii. Vi sono casi frequenti in cui oltre la grande branca che entra nella porzione interlobare del fegato, può esservene altra, più piccola, dirotta al lobo sinistro e con que- st'ultima decorrono allora il coledoco e l'arteria. Analogamente a quanto ho rilevato per 1' a. epatica destra, derivano anche dalla sinistra ramuscoli superficiali periportali, e inoltre ramuscoli al mesenterio pilorico ed al coledoco {arteriolae cJioledocales). h) rami ventrali {tractus ventralis). Passando all'analisi di questa porzione della celiaca che Carazzi propriamente denomina lieno-pancreo-intestinale, essa abbraccia il territorio vascolare che, attenendoci a Parker (1), vediamo irrorato in 1) Secondo Cavaìik , in Scylliam catulus oltreché in Galeus canis e Tor- pedo galvani alla base del lobo destro le ramificazioni dell'a. epatica destra in- I vasi splaucnioi e loro relazioni topografiche ecc. 447 altri elesmobranchi {Mustelus antarchcus) dal ramo denominato. « an- terior mesenterio artery ». Parker inlatti indica che esso « passes backvards alongside the portai vein aud divides immodiatel}' ce- phalad of the pyloric into a ventral branch, the ventral intestina! artery and dorsal branch the intrai ntestinal artery ». E propriamente questo tratto che contrae uno stretto rap- porto con il pancreas, situandosi sul bordo dell'estremo anteriore dell'organo (Fig. 5, agcl). Dall'origine dell' a. gastrica dorsalis sino al punto in cui aggredisce il pancreas , esso ha come satellite una vena, in cui ha confluito la v. gastrica dorsalis anterior che qui si getta nel tractus pancreaticus della v. porta. Oltre questa confluenza il tractns ventralis celiacae,àìv\gQrì.à.os\ dorso-ventralmente, affondasi nella massa del pancreas, spiccando anzitutto una o due arteriole nutritizie per quest'organo che si prolungano indietro nella massa ghiandolare più o meno superficiali, le quali indicherei col nome di a. pancreaticae antcriorcs. {Fig. 1 nel testo): descrivendo una sinuosa, riesce dalla faccia opposta Fig. 5, ait): situandosi tra la V. porta ed una vena ohe è la confluente delle vene satelliti dei suoi rami ulteriori. Nel suo corso intrapancreatico si divide l'arteria ne' due rami, che Parker (in Mustelus) indicò col nome di a. intestinalis ven- tralis e a. intraintestinaHs^ denominazioni che io credo si debbano conservare: il suo comportamento è però qui alquanto differente, L'a. intraintestiìialis, che è il ramo maggiore per calibro, co- steggia l'orlo anteriore del processiis intestinalis del pancreas e va ad approfondarsi sulla cupula della borsa Entiana, divenendo il vaso imtritivo profondo della valvola a spirale: sua vena satellite omonima (Fig. 5, ait). Uà. intestinalis ventralis^ sta variamente compresa, secondo gli individui, nel tessuto pancreatico (proc. intestin.) attraversandolo, obliquamente ed emanando qualche ramuscolo all'estremità del pi- loro (direi arteriolae infioricele extremae) : uscendo, emette un ramo che si pone sull'orlo posteriore del processo stosso intestinale del pancreas che va a finire, assai ridotto, sulla superficie della cupula, in compagnia di vena satellite. Poiché emana essa ramuscoli finis- viano branche alla cistifellea. L'a. evidentemente si riferisce alla sinistra, perchè è la sinistra che jjortasi al lobo ove trovasi la cistifellea; si tratterebbe di rami indiretti, cioè provenienti dalle sue ramificazioni epaticlie, oltre i rami diretti (a. cistiche), all'inverso di quanto rileva nell'uomo ed in mammiferi. (Cfr. pag. 465). 448 Vincenzo Diamare simi all'olio del paiicroas (e no raccoglie la sua v. satellite) io l'iu- clicherò col nomo di a. pancreatica marginalis. (Cfr. la F'kj. 1 nel testo, n. 18). Nella Fig. 5 l'arteria non ò disegnata, ma essa ac- compagna esattamoute la vena vpm). Sulla sua significazione morto - loirica sarà accennato subito. Abbandonando il processo intestinale. Va. intestinalis ventralis dopo breve tragitto, nel meso lieno-pilorico, entra in rapporto con la milza (Fig. 19, al})) e, accollandosi strettamente alla faccia pi- lorica di quest' organo, insieme a vena satellite, la irrora con corti e vicini rami paralleli (alquanto più lunghi i primi) mentre nel contempo dalla parte opposta partono simili, ma alquanto più lunghi vasoUiui , attraversanti il meso spleno-pilorico e diretti al piloro (Fi2c? la v. gastrica ventralis aìiterior ventralmente. (Fig. 2, 4, vg). 3.0 la V. gastrica dorsalis anterior, dorsalmente. (Fig. % 4, 5, vda). Per quanto concerne i rapporti ed il corso delle due prime vene cfr. le rispettive arterie pag. 444 e 446 Fig. 2, 4, 5). Riguardo alla v. confinens essa è situata propriamente sulla faccia intestinale del pancreas , ove il processus intestinalis si innesta alla massa principale: tra essa e il tractus si insinua il terzo ramo celiaco (ramus ventralis) {Fig. 1 nel testo) per affondarsi nella ghiandola 450 Vincenzo Dianiiuv A chiarimento morfologico della significazione di questa v. conflueììs, tratto comune d'unione della v. intestinalis ventralis e la V. intraintest devo accennare che le mie osservazioni in AcantJiias armonizzano con quelle di Hochstetteu. Nella specie si trovano due vene intestinali (pari comportamento delle a. satelliti , come mostra la Fig. 9): di queste una è la v. dorsointestinalis , 1' altra V. inicstinalis ventralis. Quest' ultima si riannoda morfologica- mente— unitamente al v. intrainteslinalis —aWa v. suhintestinalis del- l'embrione. Io indico in Scyìlmm e Torpedo (Cfr. pag. 470 e seg.) come il rappresentante morfologico della porzione iniziale della v. intesti- nalis ventralis^ la v. marfjinalis lìancrentica. Per quanto concerne le arterie satelliti cfr. pag. 447 e seg. La vena subintestinale si mantiene dunque vita durante in poche forme e scompare nelle altre resi- duandone le anzidette vestigia. La V. gastrica dorsalis anterior (Fig. 2, 4. 5, oda) decorrente obliquamente viene a gettarsi dorsalmente, però, a un di presso nello stesso punto, quindi col pancreas acquista anch'essa un rap- porto stretto: essa è satellite dell'arteria omonima (Cfr. pag. 444); il suo ramo posteriore spesso, unendosi col ramo anteriore della gastrica dorsalis posteriore stabilisce una v. anastomotica sub mesen- teriale (Cfr. pag. 444) (Fig. 1 nel testo). Essa raccoglie inoltre rami genitali, satelliti de' ramuscoli genitali della omonima arteria : è una emissaria di venule satelliti di più rami celiaci. Il tratto anastomotico descritto da Pahkeb in Musteliis che accompagna Va. lienogastrica e che pone in relazione la v. gastrica dorsalis anterior e la v. dorsintestinale con le v. cardinali qui non si ravvisa (Cfr. pag. 479). e) Tronco comune. Sorta dalla confluenza delle nominate radici, di qui in poi, la V. porta abbandona il pancreas sotto forma di truncus commnnis. E lungo circa 2 c.m. con un calibro di 1/2 c.m. circa, decorre da sinistra verso destra, descrivendo una sinuosa lievemente dorsoven- trale. E situato nello spazio che sta tra il lobo destro del fegato e l'inizio dello stomaco a sinistra: lo limitano indietro il piloro e la borsa entiana, ventralmente, ma a distanza, sta la gonade (Fig. 2, 4, tvp): infossando l'indice in avanti tra la porta e 1' inizio dello stomaco e l'alluce indietro tra questa ed il lobo destro del fegato si può circondare e sollevare. Si rileva, così, che il truncus commnnis, la sua branca afferente sinistra insieme al dotto cole- I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 457 doco e a. ejjatica sinistra formano il contorno ventrale d' uno spe- ciale meso elle in avanti comincia appunto con l'inserzione del meso epate destro sull'esofago il quale costituisce come una fossa peritoneale la quale io indicai (Cfr. pag. 44:3) col nome di reces- siis anterior. d) Rami afferenti o branche epatiche. In corrispondenza del lobo destro del fegato il truncus com- miinis si divide in due branche una per il lobo destro, l'altra, più grossa, s' infossa nel pezzo intermediario tra i due lobi : emana- zioni di questa possono talora presentarsi sulla superficie (concavità interna) del lobo sinistro. Il ramo destro si mantiene, talora per un tratto abbastanza lungo, visibile medialmente alla concavità del lobo (Fig. 4, te). Spesso si rilevano anche due corti rami afferenti per la |)or- zione più ingrossata del lobo destro (Fig. 2, 5, ijì ). Sotto la sierosa scorrono con le branche portali le a. satelliti derivati dalle a. epa- tiche, come già si è detto (Cfr. Fig. 4). In un caso (Fig. 4,) potei seguire sulla branca di destra un'ar- teriola ricorrente la quale passando dapprima sulla branca de- stra indi sui due tronchi minori, poi sulla branca sinistra, finiva col gettarsi sulla faccia interna della porzione più ingrossata del lobo sinistro. 4. Del pancreas e le sue relazioni anatomiche II pancreas (Fig. 5, p. e Fig. 1 nel testo) ha la forma d'una lingua lunga e depressa situata di coltello tra lo stomaco e la valv. spirale, alquanto di sbieco: si rende ben visibile divaricando con due dita le due nominate parti del tubo digerente. Il suo margine ventrale è tagliente e libero; il margine o faccia dorsale aderisce al mesenterio (Cfr. la suddetta Fig. 5); la faccia sinistra guarda lo stomaco. La base o porzione anteriore della lingua pancreatica è più larga: un suo corto e largo processo, terminante acuto, si trova nel corto meso che circuisce alquanto 1' estremo craniale della val- vola {meso 2)ancreo-intestinale) e ivi si inserisce : l' indico con il nome di processus anterior s. intestinalis. Sul meso ventralmente si inse- risce anche il corto meso in cui trovasi 1' estremo craniale della milza {estr. lienalis anterior)^ meso pancreo-lienale. Lia. faccia destra del pancreas {margo intestinalis) presenta appunto l' inserzione del mesenterio sul quale quindi l'organo trovasi obliquamente attaccato: 458 Vincenzo Diamare precisamente sotto quest'inserzione e lunghesso tutta la lingua pan- creatica decorre il tratto portale che ho indicato col nome di tra- dus juxtapancreaticus in rapporto strettissimo, aderente. In fatto esso si scava a doccia per accoglierlo. E i rami venosi viscerali che nel tratto prima o dopo confluiscono, possono perciò essere distinti in radici pre e post-pancreatiche (Fig. 1 nel testo). La base o estremo craniale, libera da meso, contribuisce alla costituzione deWhiatus anterior del peritoneo (Cfr. a pag. 442) v. Fig. ], 2). Con questa sono in relazione le radici prepancreatiche della V. porta, cioè la v. gastrica dorsaìis anterior^ la v. gastrica ventralis anterior^ la v. intraintestinalis e la v. intestinalis ventralis {marginalis pancreatica) ed inoltre il ramo celiaco pancreo-lieno-intestinale il quale, situandosi dapprima sull' orlo della base pancreatica, insieme alla V. gastrica dorsaìis, l' abbandona tosto, per infossarsi addirittura nella massa della ghiandola, spiccando una o due arteriolae pan- creaticae anieriores, ben visibili ne' preparati iniettati sulla faccia gastrica. Descrivendo una sinuosa, quindi in direzione dorsoven- trale, il tronco esce dalla faccia intestinale dell'organo, situandosi quivi tra la v. porta ed una vena ^) che è la confluente delie v. satellite de' suoi rami ulteriori (v. intraintestinalis, v. intestinalis, ventralis, v. lienalis anterior s. minor, radici prepancreaticlie di si- nistra). Durante appunto il suo decorso intrapancreatico il tronco emette i due rami intestinali, Va. intraintestinalis, e Va. intestinalis ventralis, la quale decorre come una atrofica a. marginalis pancrea- tica, sul bordo del processus intestinalis. Con la punta del pancreas troviamo in relazione anzitutto le radici post-pancreatiche portali, cioè la V. gastrica dorsaìis media e la v. lieno gastrica, inoltre Va. lie- nogastrica che, nel momento in cui si sdoppia nell'a. dorsaìis media (satellite la v. omonima, radice portale postpancreatica) e a. lie- nalis magna s. posterior (v. satellite omonima idem) spicca i rami nutritivi di questo estremo del pancreas al numero di due {a. pan- creaticae posteriores) o di una sola. Cfr. per tutti questi rapporti la Fig. 1 nel testo e la Fig. 5. Risulta evidente da queste constatazioni che il pan- creas offre nella specie una relazione strettissima con tronchi venosi e arteriosi importantissimi e che di ciò deve tenersi gran conto nelle aggressioni sperimentali, E special- 1) Spesso essa è sostituita dallo sbocco diretto delle v. nominate. I vasi splancnici b loro relazioni topografiche ecc. 459 mente da osservare ohe, data la intima, istologica, connessione del tessuto della ghiandola con il tratto di v. porta juxtapancrea- tico, la maniera di confluire delle radici alla base ed alla punta dell'organo nel tratto stesso, evidentemente nella totale soppres- sione del pancreas, salvo una difficilissima tecnica particolare, se pur si riesce ad isolare il tratto, quasi di sicuro si comprometterà il deflusso di tutte le radici postpancreatiche e quello di alcune, se non tutte, le prepancreatiche. E' un'impresa ardua: in tutti i casi la soppressione della porzione juxtapancreatica della porta può essere compensata, purché nell'estirpazione si rispettino le confluenti radici ed opportunamente si leghino i due estremi di questa por- zione stessa (Nella memoria II saranno date notizie sull'operazioni). 2.'^ Torpedo marmorata I. Le pieghe del peritoneo. ViALLETON ha descritto queste pieghe e ne ha dato una figura complessiva precisamente in Torjjedo marmorata. Descrivendo io nuove particolarità e rapporti aggiungo altre nozioni necessarie nella nostra indagine, in complemento della descrizione dell' A. 1. Una grossa lamina verticale comincia in corrispondenza della colonna vertebrale anteriormente e viene ad inserirsi sullo sto- maco (porzione anteriore della parete dorsale), la quale si conti- nua di lato con i meso del fegato (mesoepate, destro e sinistro) e divide anteriormente la cavità addominale in due logge , lad- dove, posteriormente, abbassandosi come peritoneo dorsale, ne ri- sulta una larga apertura , di comunicazione tra il lato destro e sinistro della cavità stessa, (hiatus posterior). È il mesogastrio (Vial- leton). Ha figura di un triangolo la cui base sta sulla colonna ver- tebrale, il lato anteriore adeso allo stomaco, l'apice, declinando, con- fondesi col peritoneo parietale : quest' ultimo costituisce il limite anteriore àQÌVhiatus, mentre il limite posteriore è dato da una la- mina falcata che sollevasi gradualmente dal peritoneo più indietro e va ad aderire all' appendice digitiforme ed in continuazione con la sierosa dei retto. 2. Questa ultima piega retto-ghiandolare che Vialleton in- dica col nome generico di piega mesenterica io indicherei col nome di meso rettale o mesor ectimi. 460 Vincenzo Diamare 3. Alla sommità del triangolo mesogastrico il peritoneo sol- levandosi a rivestire interamente Va. coeliaco — mesenterica si viene a costituire come un cordone che sembra disperdersi con le pieghe peritoneali della piccola curvatura dello stomaco e l'inizio dell'in- testino spirale: questo meso che, secondo Vialleton, ha in se il trcigitto più importante di vasi linfatici oltreché l'arteria, è da lui denominato cordone celiaco. i. Un meso che si estende dall'orlo ventrale dei lobi epatici ed il pezzo intermediario innanzi, ed indietro si continua con il meso collegante la porzione pilorica alla piccola curvatura dello stomaco è indicato col nome di meso gastroenteroc.patico dall' A. Esso comprende il tronco comune della v. porta e il coledoco non- ché Fa. epatica comune ed in seguito (cioè innanzi) le due branche portali e il dotto cistico e l'epatico e le due arterie epatiche. (Circa i rapporti di queste formazioni tra loro e col meso cfi*. a pag. 472) Di guisachè esso è libero solo nel mezzo: introducendo il dito tra esso e lo stomaco si scorre liberamente a destra ed a sinistra. Esso è la parto ventrale d'una specie di anello, depresso sino al collabi- mento, la cui parete dorsale é data dal cordone celiaco, un vero foro virtuale che, per distinguerlo da quello indicato da Vialleton con il nome di hiatus, postei'ior io indicherei con il nome di hiatus anterior. 6. Una piega che si estende dalla metà posteriore della pic- cola curvatura dello stomaco si inserisce al piloro e contiene i vasi della piccola curvatura stessa. Vialleton l'indica col nome appro- priato di ìneso gastro pilorico. 6. Il mesogastro-pilorico si continua con una piega la quale, subordinatamente allo stato di distensione dello stomaco, appare come un vero epiploon, fluttuante, continuo lungo il bordo interno del piloro e contiene l'arteria e la vena maggiore del piloro {a. e V. pyloro — gastrica) è dall'A. indicata col nome di epiploon gastro- pilorico. Questa a sua volta é in continuazione con la sierosa del- l'intestino spirale e con questa viene anche a confondersi il meso celiaco (cordone). 7. In fatti uno stretto ma robusto ligamento peritoneale il quale estendesi dal margine dorsale dello stomaco prosegue dal- l'apice del triangolo costituito dal mesogastrico, sin sul principio del bordo dorsale dell' intestino spirale ove fondesi con la sierosa di questo e contiene in se l'arteria e la vena dorsointestinalis. I vasi splancnici e loro relaziuni topografiche ecc. 461 Non è denominato. Io l'indicherò col nome di briglia o meso dor- sointestinale. 8. ViAi.LETON accenna anche ad una ultima piega, senza denomi- narla, la quale si trova sulla faccia sinistra del tubo digerente, tesa tra la piccola curvatura dello stomaco e l'intestino spirale, al quale s'attacca (.«ulla faccia sinistra); questa, egli dice, contiene la milza la quale è in contatto intimo con il lobo sinistro del pancreas: la piega avrebbe poco importanza dal punto di vista di vie lin- fatiche. Questa piega per la natura della mia indagine, le speciali ap- plicazioni descrittive e pratiche, merita d'essere attentamente con- siderata. Si tratta in essenza che qui il mesenterio comprendo in se la milza ed il pancreas, costituendosi un vero ponte che si po- trebbe dire meso-ghiandolare, teso tra stomaco e la porzione mediale della faccia gastrica dorsale dell'intestino. Insinuando il dito tra la milza che sta in sotto (tenendo l'animale con il ventre in alto) e lo stomaco ed il piloro, il ponte si limita esattamente: nel fondo dello spazio che sta tra le due nominate parti del tubo alimen- tare si trova un piccolo foro attraverso il quale insinuando una guida si riesce a lato sinistro dell' origine posteriore del meso ga- stro-entero-epatico; cioè uno spazio che è dato da una piccola por- zione di superficie gastrica a sinistra, dorsalmente dall'inserzione del cordone celiaco sullo stomaco stesso, ventralmente dall'origine gastrica del meso gastroenteroepatico. Dorsalmente è una continua- zione di questo meso il basso ligamento (Fig. 21 md) occupato dai due vasi enterici maggiori cioè il meso dorsointestlnale. Il ponte è stabilito dal fatto che la sierosa intestinale rive- stendo i due processi intestinali del pancreas (dorsale e ventrale) che circuiscono la cupula della valvola passa sul corpo e sulla milza, che al corpo stesso aderisce strettamente, e si continua poi con la sierosa gastrica, costituendo tra questa e lo stomaco un vero meso gastro-splenico, meso gastrolienale (Fig. 22 e 12) come io l'indi- cherei. 2. Delle arterie splancniche. Cenni storici e generali. — Le osservazioni noto sui batoidei si riferiscono specialmente al gen. Eaja (Neuville od Hyktl (2) ). Una accurata descrizione è stata data da Hyrtl (2) delle arterie splan- cniche in Torpedo ocellata (narke) (senza figure). Risulta anzitutto 462 Vincenzo Diamai-e dalle indagini note che, inversamente da Sctjllium^ esistono in Tor- pedo ocellata tre soli tronchi aortici. Il 1." l'a. coeliaco-mesenterica la quale provvede essenzialmente alla vascolarizzazione del tubo di- gerente: il 2.0 è un tronchicino aortico atrofico, vascolarizzante in pai'te, cioè assieme alla coeliaco - mesenterica, l'appendice cieca e le gonadi: il 3." vascolarizzante oltreché quest'organo anche la cloaca. Un 4.0 troncolino è dà Hyrtl (2) indicato, situato in origine tra le due arterie crurali quindi sorgente dall'ultimo pezzo dell'aorta splan- cnica: irrorebbe oltreché il termine de' reni anche i vasi deferenti — un a. intercrurale, — potremmo dire. La precisa omologia di molti rami de' tronchi aortici non è ben definita e neppur quella de' tronchi stessi. Servendoci però dei dati stessi di Hyrtl (2), delle mie stesse constatazioni, in confronto con quanto in altre specie Hyrtl (2), e Parker (2) rilevarono, non sarà difficile, dopo quanto in Scylliiim s'è esposto, stabilire molte corri- spondenze morfologiche. 1.-^4. coeliaco-mesenterica. — Uà. coeliaco-mesenterica nasce dall'aorta ventralmente nel punto istesso ove di lato sorgono le due a. sabclaviae. Accollata all'esofago, deviata a destra, passa oltre il dia- framma pericardico-splancnico ed a circa 2 e. m. spicca due rami divergenti uno a destra l'altro a sinistra, i quali da Hyrtl non molto propriamente sono chiamati superiore ed inferiore. Il ramo destro ha un territorio di distribuzione ventrale : il sinistro dorsale. Quest' ultimo è lui!go 72 e. m. circa, di calibro poco minore del ronco aortico, si biforca in un ramo che devia sempre più a si- nistra sulla faccia dorsale dello stomaco e che vascolarizza ed in un altro ramo che per circa 11 m. m. è aderente all'inizio dello stomaco, ma che di poi, torcendosi sul suo asse e verso sinistra si pone sull'esigua briglia mesenteriale che sta tra il processus dor- salis del pancreas e la milza situandosi sulla valvola a sj)irale di cui è il vaso nutritizio principale (Cfr. la Fig. 20). Passando a descrivere il preciso comportamento de' rami celiaci, sopratutto cercando di applicare ed interpretare nella specie i tro- vati 0 le denominazioni di Parker in Miistelns^ ne' limiti del pos- sibile, giacché il suo studio fu il più profondo sinora sull' argo- mento è evidente per me che l'ultimo ramo ora accennato è un a. dorso-intestinalis - cioè il rappresentante d'una cospicua porzione di a. mesenterica anterior. - Ed il ramo vascolarizzante la faccia dor- sale dello stomaco un'a. gastrica dorsalis anterior — un ramo tipico della celiaca — . I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 463 Ci sarà facile come vedremo riguardare le due partizioni della celiaco — mesenterica, destra e sinistra; l'una (ramo superiore di Hyetl) come celiaca in massima i)arte, l' altra (ramo inferiore di Hyrtl) come a. mesenterica ( in massima parte ; con cui s' è fusa però la lienogastrica. Per facilitare senz'altro la mia descrizione dirò che i due rami in cui, in origine, si scinde la celiaca, meritano piuttosto l'interpre- tazione di ramo dorsale il destro (superiore di Hyktl\ ramo ventrale il sinistro (inferiore di Hyrtl). a) Ramo dorsale tradus dorsalis). (Fig. 20, rdm). Questo ramo (superiore di Hyrtl) scorre lungo il margine si- nistro dello stomaco, al punto in cui comincia la porzione cardiale e si divide in due rami distinti da Hyrtl in ramo gastro-lienale ed enterico. Il primo è chiaro che corrisponde ad un'a. gastrica dorsalis. (Fig. 20, ayd). Essa viene a collocarsi lungo l'inserzione del meso gastro-splenico, sullo stomaco, emette i rami dorsali dello stomaco (arteriolae gastricae, (Fig. 12) e dei ramuscoli i quali, attraversando il meso si portano alla milza (margine gastrico dell'organo) (Fig. 12, alh) che io chiamo arteriolae gastro-lienales. Costantemente ho tro- vato anche qui il ramo maggiore che Hyrtl indica, senza nominare « der das vordere Ende der Milz bogenfòrmig umgreif, durch er- heblichere Starke Aufitalt » il quale in realtà è un vasellino spleno- paucreatico (Fig. 12, apd) e perciò lo denomino a. lieno-pancreatica dorsalis. Il secondo (ramus entericus di Hyrtl) non ci sarà difficile in- terpretare, dal suo corso e distribuzione. Esso continua, divergendo sempre più a destra alquanto torto sull'asse, passa dietro l'ultimo tratto del coledoco, e rasenta la stretta plica mesenteriale tesa tra stomaco e intestino spirale (che corrisponde all'inserzione intestinale del meso pancreàtico-splenico mentre a destra l' inserzione gastrica è data dal meso gastro splenico) cioè la plica gastro-enterica (Fig. 20, ad), emette due arteriole parallele, o una sola che si biforca in seguito in due, che passano sul [jancreas., (nel meso pancreàtico- splenico) e ne vascolarizzano per conseguenza. la faccia dorsale e ter- minano sul bordo pancreatico della milza: le chiamo arteriolae pan- creolienales. (Fig. 6, app). È evidente che siamo qui in presenza d'un esiguo rappresen- tante, nella porzione in esame della coeliaca, dell' a. lienogastrica ; 464 Vincenzo Diamare la celiaca qui per il suo brusco passaggio ed arteria essenzialmente enterica ci si dimostra nel fatto come riassorbente in so una co- spicua porzione di a. mesenterica. E come tale in fatti ossa pro- segue, cioè come il caratteristico ramo mesenterico indicato come a. dorsointestinalis da Parker (in Miistelus) (Fig. 20, 14, ad). Uà. dorsointestinalis {ramus entericus di Hyetl) dunque pro- segue insieme alla v. satellite sull' intestino spirale come il suo vaso nutritizio principale, spiccando come di regola le a. circulares e termina sulla faccia ventrale dell'appendice digitiforme (Fig. 14, g.) con i soliti ramuscoli laterali. Qui è evidente anche più, come si vedrà, che la porzione iniziale (borsa Entiana) ha una vascolariz- zazione a se (derivante dal ramiis ventralis). h) Ramo ventrale (tradus ventralis) (Fig. 20, 13). Questo ramo per la sua distribuzione ci apparisce come in maggior parte di pertinenza della tipica celiaca. Decorre esso con lievi sinuose dorso-ventralmente dapprima verso sinistra ma poi de- cisamente si volge a destra ponendosi innanzi, nello spessore del meso (Fig. 20, rum), alVa. dorsointestinalis e viene poi ad adagiarsi sulla superficie ventrale del corpo del pancreas (Fig. 20) situandosi tra questo e il termine del piloro. Qualche millimetro dopo la sua origine ho trovato costantemente che il ramo ventrale emette un'arteriola ricorrente (Fig. 20, apr), la quale dopo un brevissimo decorso parellelo, si biforca dando due rami divergenti l'uno a de- stra l'altro a sinistra {ard, ars) i quali lungo il peritoneo parietale dorsale danno all' esofago qualche troncolino, e, collocandosi poi sul margine del mesenterio epatico, vanno a finire al fegato precisa- mente al lato interno de' lobi, nel punto in cui la sierosa vi si accolla (Fig. 24, apr). Non danno rami al mesovario vicino. Però indubbiamente dal fegato e propriamente dal margine più esterno della base di ciascun lobo, vengon fuori delle arteriole finissime le quali, portandosi nel mesovario, sono in relaziono con la rete arteriosa superficiale della gonade. Indicherei con il nome di arteriola reciirrens parietalis quel l.« ramuscolo del ranius ventralis dal quale deriverebbero artcriolac esofageae. Dopo di questa, a 3 o 4 m. m. dal pancreas deriva il tronco già da Hyhtl indicato in Torpedo ocellata come una a. gastro- epatica: questa, come è uoto dalla descrizione di quest'autore, di- vergendo a sinistra ad angolo ottuso si porta verso la piccola curva- I vasi splancnici e loro relazioni topogratìche ecc. 405 tura dello stomaco ed in corrispondenza di questa, sotto l'inserzione del meso, si sdoppia (Fig. 20, agd) in un a. gastrica ventralis {ag) ed in un ramo che è un a. epatica communis (apm) da cui derivano Va. epatica dextra e sinistra {aed, aes). Completando e coordinando anche nella specie la descrizione di Hyrtl in Torpedo ocellata dal nostro punto di vista, specialmente de' rapporti topografici, Va. gastrica ventralis, emette del pari qui i (5j rami laterali serpiginosi per la superficie gastrica ventrale {ar- teriolae sìipcrfìcialcs antcriores) (Fig. 20 e 13, agr) e qualche ramu- scolo pilorico {a. pyìoricac initiales). L'a. epatica communis, come a Hyrtl non è sfuggito, sebbene non vi abbia insistito — ciò che io credo di dover fare — nasce nell'apparenza come un ramo dell' a. gastrica, e pro- priamente come un ramo ricorrente, il quale emette una o due arteriolne gastricac vcntrales superficiales anteriores (Fig, 20 e 13) e diverg-endo verso destra medialmente si colloca sul margine ante- riore del mesogastrio e, all'inserzione di questo sul meso dutto vasale (Cfr. Fig. 16 e 24) (che avviene alquanto più innanzi della metà del corso del coledoco e trimcus communis v. portarain), si biforca in un a. epatica sinistra e dextra (Fig. 20, 18, 16, 17, aed, aes) le quali accompagnano ciascun dei due rami confluenti del coledoco con la rispettiva branca portale, cioè, l'uno, la destra, il dotto cistico, l'altro, la sinistra, il dotto epatico, (Fig. 13, 16, 17) e terminano al rispettivo lobo epatico. In un caso dall'o,. epatica communis, alla sua origine, ho veduto derivare due ramuscoli paralleli diretti alla milza. Come Hyrtl (2) ha rilevato , 1' a. epatica dextra , dà ramu- scoli alla cistifellea {a. cisticae). Cavaliè oltre questi rami diretti cistici, indica che dalle ramificazioni parenchimali dell'arteria epa- tica nascono ramuscoli per la cistifellea, una condizione osservata pure in Scyllium e Galeiis canis, laddove nell' uomo è 1' arteria cistica che emana rami parenchimali. Ora io nelli nostra specie trovai entrambi le condizioni. Cosi il caso che figurerò nella Me- moria 2, mostrerà che da una delle arterie cistiche spiccasi un ra- muscolo parenchimale. Il fatto dunque non ha importanza di sorta morfologica. Ritornando ad Hyrtl (2) quello di sinistra, scrive l'A. « hàtt sich an der interen Raud des die beiden Leberlappen verbindenden sehr schmalen Mittelstuckes und einen Theil desselben B-andes des linken Lappens, wo er in der Lànge von anderthalb Zoll ganz Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase: 4. 32 46fi Vincenzo Diamare oberflàchlich licgond gofunden wird ». Ora nella Fig. 16, io rap- presento un carottoristico com})ortamento dei due rami oltre al to- pografico rapporto delle formazioni dutto-vascolari: emana da essi nel meso , un ramuscolo che portasi innanzi diretto al pezzo in- termediario, con tratti anastoraotici , variabili spesso individual- mente. Inoltre, Va. epatica dextra proseguendo nel solco lobare dà duo o di rado più arteriole che scorrono sopra la branca portale {ar- teriolae cpiportaìes) e Va. epatica sinistra qualche corto ramo (che passa sulla branca portale) terminante al coledoco. Dopo l'origine dell'», gastroepatica, la branca volgente a destra della celiaca che, come ho indicato più innanzi si colloca tra pancreas e piloro (Fig. 20, am) è stata cosi descritta da Hyrtl (2) nella sua spe- cie. « Von den beiden zum Klappendarm ziehenden Aesten des unteren Zweiges der Arteria coeliaca-mesenterica sendet einer die ganz stattliche arteria pylorica dextra und sinistra ab, welche an den entsprechenden Ràndern der Pars pylorica ventriculi ver- laufen, und jenen bei den Aesten der unteren Magenarteriae be- gegen, welche gleichfalls hieher gelangen. Die Pylorica sinistra ist besonders machtig , verlàuft bis zum blinden Magen bende, und entsendet ihr Creaste auf die dorsale und ventrale Magenflache. Der andere Ast dieses Zweiges ramificirt sich , nachdem er einen Ast zur Milz entsendete, ia der Wand des Klappendarms baum- fòrmig ». Mi risulta intanto che in ordine di successione cranio caudale il comportamento preciso è il seguente : A destra, nello stesso punto o appena più in giù dell' a. ga- si roepatica, deriva dalla branca un' arteriola che s'aifonda sulla cu- pula della valvola a spirale; più indietro una o due arteriole desti- nate al coledoco ed al piloro (Fig. 20 e 13) e, durante il decorso sul pancreas, ne derivano due o tre ramuscoli pancreatici {a. 'pan- creaticae ventrales). Indi l'arteria si affonda nella massa ghiandolare e ne riesce impiccolita (Fig. 20), dando qualche ramuscolo pilorico {a. pyloricae vxtremae), suddivisa in un ramo più esile che si getta sulla superficie della porzione anteriore della valvola a spirale iamc) ed in un altro , più grosso, che segue il meso o epiploon pilorico sino all'estremo pilorico della grande curvatura dello stomaco {agi)). Nessun dubbio che il ramo che portasi alla cupula dell' inte- stino spirale sia l'omologo d'un a. intraintcstinalis di Parker. Cosi pure dei due rami terminali il destro ed il sinistro è chiaro che il primo, quello che Hyrtl indica come arteria pilorica sinistra I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 467 {gastro epiploica in Baja) corrisponde cai tronco che in Scyllium ho riguardato come un a. lieno-pulorica^ e che il destro il quale viene fuori dal processo intestinale del pancreas e irrora— più che in Scyl- lium— la superficie anteriore della valvola, è il corrispondente dell'tf. intestinalis ventralis, (e propr. ridotta ad a. marginalis pancreat?ca) come in Scyllium stesso ho indicato. E chiaro per noi che questa porzione ventrale del ramo en- terico è il corrispondente della porzione mesenterica della coeliaco mesenterica^ cioè uno dei derivati dell'annessione della mcs. ani. alla coeliaca Degli altri tronchi aortici. — Questi altri tronchi, di cui som- mariamente tratto, hanno un meschinissimo sviluppo ed un rap- porto di ben lieve importanza con i visceri. Hyiitl (2) indica che due arterie si trovano ravvicinate in prossimità della cloaca « sorgenti dall' aorta ad una distanza di sole due linee » piccole e poco evidenti: 1' anteriore alquanto più grossa, provvede alla gì. digitiforme, la posteriore oltre questa prov- vede anche all'estremo del tubo digerente. Secondo lo stesso autore in Raia^ Myhjohatis^ Irygoìi. si trova una mesenterica cmterior tanto ben distinta e robusta quanto la coeliaca; ma non si trova un troncolino aortico , come in Torpedo ocellata, che provveda alla nutrizione dell'estremo intestinale (por- zione rettale) perchè quasi tutti i tronchi aortici che si originano nel perimetro del cingolo pelvico danno piccoli rami alla parete rettale. A me risulta che nella specie a 5 c.m. dall' a. coeliaco-mesen- terica nasce un piccolo ramo il quale si dirige in giù nello spes- sore della plica o lamina falcata del mesenterio che s' arresta al retto (plica rectalis o mesorectum) termina sulla faccia dorsale del- l'appendice digitiforme, dopo aver emessi rami che giungono affie- voliti alla porzione estremale degli ovidutti (o deferenti) ed alla porzione dorsale del retto. All'arteria che io ho chiamato provvisoriamente « intercrurale » così accenna Hyrtl: e Zu diesen drei arterien des Yerdauungsorgans konnt noch eine sehr kleine vierte, welche aus dem Eudstiicke der Bauch-Aorta, ummittelbar vor dem Angange der beiden Artcriae cniraL'-.s entspringt, und nebst der Cloake aucli die hinteren End- theile beider Nieren und die auf ihnen liegenden sehr dickwandigen Vasa deferentia versorgt ». 468 Vincenzo Diamare Io non trovai in Torpedo marmorata che ramnscoli poco diffe- renti dai renali. Probabilmente sulla questione tornerò nella Me- moria 2.". 3. Delle vene splancniche. Cenno stoi-ico. — Poiché qui ci occupano essenzialmente le rela- zioni topografiche, sorvolerò su accenni descrittivi degli antichi in specie diverse. Tra i più moderni Hochstettiì:r in Torpedo Oalvani {= ocellata) accenna solo allo relazioni delle vene cardinali (destra e sinistra fra loro) cioè che concrescono dorsalmente all'esofago co- stituendosi un setto qua e là interrotto (seno). Le descrizioni di Parker (1 e 3) e di Neuville concernono esclu- sivamente il gen. Raja : Sommariamente Parker ci indica che la V. porta risulta di due ordini di vasi venosi, provenienti dallo sto- maco (v. gastriche) e dal mesenterio (v. intestinali) una branca cioè dell' intestino spirale, una splenica e tre piccoli vene pancreatiche e una v. duodenale. Neuville ha accennato per sommi capi al si- stema venoso di Raja clavata e ne ha dato anche uno schema: la vena porta è unica e riceve una vena gastrica poi una vena che discende lungo il piloro e presso il suo sbocco riceve la v. intra intestinale, indi continuando il suo corso una vena splenica e si prolunga in una vena dorsointestinale. Conferma che non s'osserva qui una vena intestinale ventrale ma che l'a. intraintestinale alla sua uscita dall' intostino spirale riceve qualche venula della re- gione anteriore dell' intestino. Sistema della vena porta epatica. — Il sistema potrebbe essere qui distinto in una porzione pancreatica, — ma non jiixtapancrea- tica — e in una pre e post pancreatica. Due vene principali, che co- stituiscono la porzione pancreatica, sono in realtà le collettrici generali ventrale 1' una, dorsale 1' altra , di tutte le vene splan- cniche: la loro aderenze col pancreas è lassa: nel meso — rap- porto topografico importante — l'organo sta tra le due collettrici e queste, fondendosi insieme innanzi ad esso, costituiscono poi il trunciis comyminis, il quale quindi esclusivamente costituisce la por- zione prepancreatica. Si potrebbero indicare queste due vene: col- leclor venosus ventralis V una, dorsalis l'altra, dalla loro particolare disposizione {Fig. 2 nel testo). Le radici sono , in complesso, le I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 469 porzioni dorso e ventro-paiicreaticlie del sistema. (Cfr. lo schema suddetto e le Fig. 12 e 13). «) Porzione pancreatica o delle vene collettrici. Il CoUector dorsalis è situato dietro al pancreas, a sinistra; quasi nel suo tratto di sbocco nel fruncus co?nmìi,nis riceve una venula lìijìoriea: nasce dalla confluenza di due grandi vene satelliti delle a. omonime, la v. . gastrica doisalis e la v. dorsointestinalis {Fig. 2 nel testo). La V. gastrica dorsalis è sita, con l'arteria, sull'inserzione del meso gastro-splenico (Cfr. la Fig. 2 nel testo e la Fig. 12, vda) raccoglie i rami splenici satolliti delle arteriolae g astro -liei lales {v. gastrolienales). Talora si tratta di due vene le quali nascono da numerose origini dal margine laterale (gastrico) ed anteriore della milza (Fig. 12, vgl e vgp) quindi una venula gastroliei lalis anterior e posterior. (Cfr. la Fig. 2 nel testo n. 18, 19). In un caso nella v. gastrica dorsalis sboccava una branca dor- sale intestinale la quale passava tra il pancreas e la parete inte- stinale insinuata nella massa dell'organo. Le origini sue erano fini radicette che dorsalmente si comportavano come quelle ventrali della V. marginaìis pancreatica: cioè in questo caso oltre la v. dor- soint&'itinalis due sviluppate vene, l'una ventrale, l'altra dorsale, com- pievano il circolo refluo della valvola. La V. dorsointestinalis^ satellite dell'a. omonima, è la collettrice di V. circulares dell'intestino spirale, la 1.° di queste (come l'arteria) è la maggiore (Fig. 2 nel testo). Quasi sempre è sdoppiata (Fig. 14, vdi) e l'arteria sta tra i due tronchi venosi: in corrispondenza del retto cessa lo sdoppiamento. La vena comincia dalle venulae re- ctae della faccia dorsale dell'appendice digitiforme (Fig. 7, vdi). At- traversando con l'arteria la piega del mesenterio (meso dorso-inte- stinale) riceve un ramo a sinistra che sta trasversalmente disposto sul margine dorsale del pancreas a sua volta derivato da due vene site nel solco pancreatico-splenico, le quali ricevono sangue dal pancreas e dalla milza: si può indicare come una v. lieno-pancrea- tica dorsalis o pancreolienalis (Fig. 12, vp e Fig. 2 nel testo). Un minuto rapporto topografico di un certo interesse, perchè quasi co- stante, è che il ramo lungo dell'arteria gastrica che ho indicato col nome di a. lienalis anterior (apd) passa su questa vena incro- ciandola, per cui i due rami di questa vena lieno-pancreatica fi- niscono con essere i satelliti di questo e delle suo emanazioni (Cfr. la cit. Fig. 13). Eccezionalmente la vena lieno pancreatica è duplice. 470 Viuccnziì Diamarts Con la 1. arteria e 1. vena circularis comincia il circolo in- testinale prop. detto: la circolazione della cupula della valvola è fatta dall'«. e ik intestinale ventrale ciò che si collega al carattere gastrico di questa porzione, cioè al fatto che essa in altri Sciaci è effettivamente una porzione gastrica del tubo digerente distinta dall'intestinale, a ciò del resto si è accennato e si accennerà. L'a. e iK circiilares i^^ offrono prolungamenti posteriori superficiali con cui sono rispettivamente in rapporto le a. e v. circolari seguenti (Cfr. Fig. 13, aci e vci e Fig. 14). Il coUedor dorsalis riceve immediatamente prima d'imboccare nel truncìis communis una venula proveniente dall'estremo Entiano del piloro, v. pylorica dorsalis {Fig. 2 nel testo e Fig. 7 e 13, vpi). Il Collector ventralis si rileva benissimo nel vivo, comprimendo il truncus communis della v. porta, e spicca per replezione nel mezzo quasi del meso gastro-pilorico (Fig. 2 nel testo e Fig. 13); risulta dalla fusione delle branche venoso ventrali, satelliti delle suddi- visioni del ramus ventralis a. coeliacae, di una piccola vena gastrica e di due piloriche. Le suddette due branche venose, e principali sono: la v. ga- strica ventralis la quale raccoglie lo vene al numero di 5 circa della piccola curvatura dello stomaco {Fig. 2 nel testo) e la v. intesti- nalis ventralis. Quest' ultima risulta dalla fusione della v. intraintestinalis e della V. pyìoro-gastrica. La V. intraintestinalis, satellite dell' a. omonima, aggiunge al suo tronco una veìiula marginalis, proveniente dalla superficie ven- trale della cupula della valvola spiralis e che costeggia il processo ventrale del pancreas (Fig. 13, vpm e Fig. 2 nel testo) ed una ve- nuzza proveniente del pari della valvola (superficie anteriore ma dorsale), la quale ha rapporto con il proccssus dorsalis del pan- creas, satellite d' un ramuscolo emesso dalla porzione juxta pan- creatica dell'a. coelica {arieriola e vernila Eniiana dorsalis) {Fig. 2 nel testo n. 11). Anche il circolo venoso in conseguenza della borsa Entiana ha carattere gastrico. La V. pyloro-gastrica molto sviluppata, satellite dell'a. omonima insieme alla quale sta nell'epiploon gastro pilorico, raccoglie qualche venula dall' ultimo tratto della grande curvatura dello stomaco e le numerose vene scalariformi che vengon fuori dalla faccia epi- I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 471 ploica del piloro: è il tronco venoso maggiore di questo tratto del canale alimentare {Fig. 2 nel testo e Fig. 13, vgs). L'unione della v. intraintestinalis con la pyloro-gastrica avviene nel pancreas. Nella Fig. 13 è rappresentato con punteggiatura il punto preciso in cui dietro il oiloro, nel pancreas (che è soppresso) avviene l'unione. Ciò che però nella fig. 14 si rileva anche, essendo stato rovesciato in alto lo stomaco col piloro: il pancreas tagliato in parte non nasconde il tronco della v. intraintestinale e si rileva il suo affluente ventrale che ne è in continuazione, la v. marginalis. La V. collettrice delle due or descritte vene, cioè la v. inie- stinalis ventralis e la v. gastrica anterior, assieme aWarteria coeliaca^ stanno innanzi alla superficie ventrale del pancreas. Cfr. la Fig. 13 In generale i rapporti dei vasi venosi e arteriosi più importanti con le varie parti del tubo digerente si riconoscono nelle sezioni tra- sverse rappresentate nelle Fig. 10 e 11 ricavate da preparati indu- riti, con un taglio netto. Stabilitosi, con l'unione di quelle vene innanzi al pancreas, il collector ventralis ^ in esso a destra imboccano altresì le due ve- nule accennate più innanzi e che chiamerei pyloricae extremac, le quali raccolgono sangue dall'estremo Entiano del piloro (una tertia venula extrema sbocca nel collector dorsalis nel punto in cui si uni- sce al truncus communis) (Cfr. lo schema Fig. 2 nel testo e Fig. 13); a sinistra una piccola vena gastrica (direi venula gastrica anterior) (Cfr. idem idem). h) Porzione prepancreatica o tronco comune. Il truncus communis sta nello spazio tra l'esofago e stomaco a sinistra, il piloro e il lobo destro del fegato a destra, avvolto, in- sieme al coledoco ed all'», epatica communis^ in una completa guaina peritoneale, il meso gastrenterepatico di Vialletoj^. Questo for- mazioni costituiscono col meso un peduncolo connesso anterior- mente e posteriormente ma libero nel mezzo completamente; que- st'apertura del peritoneo per distinguerla da quella già rilevata da ViALLETON nel mesogastrico, {hiatus posterior) io ho indicato col nome di hiatus anterior: il suo limite dorsale è dato dal cordone celiaco di ViALLETON. La connessione anteriore del peduncolo si rapporta al pezzo intermediaino del fegato ed ai lobi lateralmente (Fig. 16, 24) la posteriore col meso-gastropilorico (Fig. 24). La posizione rispettiva delle formazioni che compongono questo cordone dutto-vascolare è la seguente: a destra il coledoco , a si- 472 Vincenzo Diamaro nistra il truncus communis: poco più innanzi della metà Va. epatica commnnis lo raggiunge e vi si pone in rapporto, e le sue due ema- nazioni Va. epatica destra e sinistra si pongono ciascuna al rispet- tivo lato e, con lo slargamento anteriore del meso, occasionato ap- punto dalla curva descritta dai due dutti ghiandolari il cistico e l'epatico e dalla divisione in due rami appunto del truncus communis., ciascuna a. epatica si colloca proprio più in fuori, sul bordo del meso stesso, accompagnandolo sino al lobo rispettivo. Le Fig. 1, 13, 16, e 24 mostrano i precisi rapporti rispettivi del coledoco e dei suoi due canali originarli nonché delle a. epatiche con le due branche afferenti della v. porta destra e sinistra : la branca destra accompagna Va, epatica destra ed il dotto cistico, rac- cogliendo le vene cistiche prima di gettarsi nel lobo epatico. La sinistra si accompagna al dotto epatico e all'a. rispettiva. 4. Del pancreas e le sue relazioni anatomiche. Riassumendo i più culminanti risultati dall'osservazione mi- nuta fatta, il ponte ghiandolare pancreatico-splenico offre impor- tanti relazioni vascolari. Fig. 5. Fig. 7. Fig. 6. Fig. 5. — Torpedo mormorata. Pancreas distaccato dall' intestino dopo induiiniento (noiina postero- ant.) C. corpus. Pi — processus intestinalis ventralis. Pd--processuo intest, dorsalis. Fig. 6. — Idem, (nonna ventrodorsale (lettere come nella prec. figura). Fig. 7. — Scìjllium catulus. Rapporto e calibro rispettivo della v. porta (truncus communis) dotto coledoco e l'a. epatica sinistra. 1. truncus communis. 2. ductus coledocus. 3. arteria epatica sinistra. I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 473 . Il pancreas {Fig. 5, e 6 nel testo) risulta di una massa princi- pale o corpo (C) che ha all'ingrosso una figura quadrata, di spessore differente, sita di coltello e di sbieco tra la milza e lo stomaco e la valvola a spirale, ed innanzi a se ha il piloro il cui meso {ein- ploon gastro-pijloricum) lo copre. Il suo margine dorsale (margo dor- salis s. lieìialis) è più ingrossato ed aderisce strettamente alla milza (Cfr. la Fig. 6) ; il margine ventrale è libero ma nascosto dal meso anzidetto. Come mostrano le fig. 5 e 6 nel testo il mar- gine anteriore presenta due processi, di cui uno ventrale, {Pi) dorsale l'altro [Pel). Il processo ventrale {processus spiralis s. intestina- lis ventralis) allungato, ristretto, terminante acuminato, aderisce, so- pratutto all'estremità, alla base della borsa Entiana, la quale quindi circuisce ventralmente. Il processo dorsale [processus spiralis s. in- testinulis dorsalis) (Pd) completa dorsalmente l'accerchiamento del suddetto estremo della valvola a spirale , da parte del pancreas. Più grosso all' inizio, dopo breve assottigliamento, termina, depresso in massa, come un bottone (Fig. 12 pd e Fig. 1) sulla borsa in corrispondenza del punto in cui entra nella parete intest, il ductus chole- docus, offrendo con la superficie valvolare un' aderenza meno spiccata del processo an- teriore. Il dotto coledoco sbocca, come mostra la Fig. 8 nel testo, (C), all'inizio dorsale della 1.* plica ventrale della valvola con un foro poco distinto attraverso il quale è malage- vole il passaggio d"una setola. Il punto in cui nella Fig. 1 si arresta il coledoco corri- sponde al suo sbocco nell' intestino : aperto in quel punto bisogna cercarlo ove comin- ciò appunto a sollevarsi la plica suddetta. Sulla gronda che sta tra il processo dor- sale del pancreas cosi diretto dorsalmente e la massa principale di questo, cioè nell'inter- vallo tra la massa principale stessa (corpus) ed il processo, si solleva lo stretto meso gastro-enterico con gli importanti vasi intestinali a. e v. dorso-i ntestinales. Riguardo alle relazioni del pancreas con la v. porta e i rami dell' a. coelico-mesenterica, riassumo che esso viene a trovarsi in- terposto tra le due vene collettrici delle radici portali, di cui la Fig. 8. — Torpedo ìtiarmorata. Valvola a spirale {Cupula) a- perta ventralmente. 1 - piloro, C— sbocco del dotto coledoco, P pancreas -(corpus) staccato con taglio dalla milza (alla quale aderisce). 474 Vincenzo Diamare ventrale {coUedur ventrali^) viene a trovarsi ventralmente al corpus e l'altra icollecior dorsalis) dorsalmente. Inoltre, il iruncus coelico - meseutericiis, allorquando è, in base alla sua distribuzione, una me- senterica, si adagia ed aderisce alla superficie ventrale del corpus, ed, infossandosi in questo, dopo aver emesso Va. intraintestinalis (la quale anche per conseguenza ha rapporto diretto con l'organo) e le a. pancreaticae ventrales (l-S) ne riesce in corrispondenza del punto ove s'inizia Vepiploon gastro-pyloricum per decorrere in questo insieme a v. satellite come un a. pì/lorogastrica. Le relazioni intime che hanno in questa specie i vasi splanc- nici col pancreas e i due processi stessi di cui l'anteriore così adeso alla parete intestinale, rendono certamente più difficoltose le ag- gressioni sperimentali. La conoscenza precisa del corso de' nominati vasi e la lassezza del tessuto d'interposizione possono permettere a mani impratichite tuttavia la soppressione totale del pancreas, senza ledere nessuno dei più importanti, sgusciando, per così dire, da aperture fatte qua e là nella capsula peritoneale, la massa ghian- dulare: alla recisione eventuale della parete intestinale, nella aspor- tazione del processus ventralis sopratutto, si può facilmente e con ottimo risultato, riparare con suture. Infine, uno che abbia pratica può eseguire qui una pancrectomia totale con la sicurezza di ri- spettare il circolo portale e arterioso maggiore, tantoché si può iniettare — come a me è accaduto sempre — i vasi per le vie ordi- narie di cui ci si serve negli animali normali (aorta, rami epatici della V, porta, v. caudalis), e alla sezione, inoltre, degli animali divenuti glicemici ed il cui rene presenta glucosio, non si osser- vano alterazioni né necrosi di organi di sorta. Questa specie perciò — oltreché per la maggiore resistenza al trauma— è un oggetto da sperimento di gran lunga più adatto di Scyllium. Ii> Delle comunicazioni porto-cardinali negli elasmobranchi Ricerche in Scìjllium^ Torpedo ed Acanthias Cenno storico. — Hochstetter dando una notizia complessiva sul sistema venoso di Acanthias, nella v. cardinale destra indica che sboccano oltre -aWq v.renales revchentes; una vena della ghian- dola digitiforme e relativo peritoneo e nella v. cardinale sinistra dapprima in piccola parte, poi in gran parte le vene della rete ve- I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 475 uosa mesenterica e le veue che accompagnano le arterie intesti- nali, con le quali si anastomizzano i rami portali: ne' seni cardinali, sbocca una reto venosa che circonda l'esofago insieme alle vene delle gonadi. JouRDAiN ha vagamente accennato alla rete mesenterica: Que- sta, secondo Hochstetter, è più sviluppata alla radice e in corri- spondenza del mesenterio dello stomaco è più densa: la rete eso- fagea è in relazione con le radici gastriche della v. porta : non tratta di ScyUium e Torjjedo. È per noi interessante rilevare per ora, dalle osservazioni or citate di Hochstkttek, in Acanthias^ che la triplice relazione col circolo cardinale che offre il sistema della porta, cioè 1° in prossi- mità della cloaca (origini cloacali delle v. laterali), t^.o alla radix ìnesenterii (relazione della rete venosa con le vene viscerali), 3.o in corrispondenza dell'esofago (relazioni della rete esofogea con i rami gastrici portali), costituirebbe un sistema di comunicazioni porto-cardinali e quel che è più un circolo derivativo degno di essere preso in conto, in tema di aggressioni viscerali sperimentali. Ma le osservazioni sue, e di altri come accennava e come me- glio apparirà, già nel senso puramente anatomico sono molto in- teressanti e si riannodano direttamente o indirettamente alla que- stione dibattuta de' vasi linfatici; cosi pure quanto concerne le os- servazioni di Neuville e Parker (2), alle quali sarà accennato più particolareggiatamente nella seconda parte di questo scritto, ove trattasi dei vasi linfatici (Memoria II). E ben vero, come nota giustamente Vialleton, la questione delle comunicazioni porto-cardinali non ha nulla a vedere con quella dei linfatici: tuttavia l'una si riannoda all'altra in quanto si fecero confusioni numerose tra questi chiliferi o linfatici e le vene tipiche. Tra i più recenti, egli cita Hochstetter e Neuville, le cui reti pereferiche superficiali intestinali, sboccando a mezzo di quelle nelle v. cardinali , costituirebbero una diretta connessione del sano:ue di questa parte del sistema digerente con il sistema venoso generale. L'autore insiste che nella Torpedo mar morata non c'è tutto ciò: qui la rete non è che un sistema linfatico in totalità. Vedremo che Vialleton ha avuto effettivamente a se din- nanzi una parte d'un sistema il quale altrimenti da chilifero o lin- fatico non è possibile interpretare (Cfr. Memoria li), cioè quella che io chiamerò pars mesenterica ed enterica del sistema stesso. Tut- 476 Vincenzo Diamare tavia non posso confermare che manchino comunicazioni porto- cardinali in Turpedo, perchè io lo ho trovate , e sicuramente sono reti di comunicazioni porto -cardia ali quelle che Hochstettfr ebbe a se presenti in Acanthias e che io ho veduto anche in Scijll'mm. 1. Notizia riassuntiva delle mie osservazioni sui vasi viscerali e sulle relazioni porto-cardinali in « Acanthias ». l.-Sui vasi viscerali. > Ecco ora in breve quanto io ho osservato in freschi esem- plari di Acantliias che ho iniettato, con la solita miscela di gesso tinto con blu di Prussia per la vena porta (branche epatiche), con giallo per l'aorta, ed in rosso (cinabro) per la v. caudalis (sistema cardinale). Si ha qui uno sviluppo completo dell' arteria e della v. inte- stinalis ventralis (Fig. 9, aiv, vti): il mesenterio si inserisce sulla val- vola, parallelemente al loro corso , ma ad una distanza di 3 o 'i m. m. arrestandosi però prima della metà dell'organo. Nella Fig. 9 r inserzione del mesenterio è nascosta dall' intestino stesso. Vena ed arteria hanno precisamente la posizione caratteristica in Scyllium e Torpedo sul bordo posteriore del processus intestinalis del pancreas (che qui è una vera « massa ventrale »). Mentre però in Acanthias continuansi sulla valvola con sviluppo parimenti no- tevole come due veri vasi ventrali analoghi per sviluppo ai dor- sali (a. e. V. dorsointestinale), esse si riducono invece nelle due specie anzidette ciascuna al sottile cortissimo ramuscolo superficiale ante- riore della cupula (borsa Entiana), il quale io ho indicati col nome di a. e V. marginales. La porzione intestinale propriamente della vena cessa sull'inizio del processus^ dalla confluenza, a sinistra, (Fig. 9, vpa) d' una vena che emana dal lobo sinistro della milza la quale come una v. lienalis anterior potrebbe essere indicata. Dalla sud- detta Fig. 9 potrebbe apparire che la v. lienalis ani. sia solo con- tinuazione dell'altra : ripeto essa s' innesta alla intest, ventrale al- l' uscita di questa dal pancreas e quindi la massa ventrale di que- st'organo la nasconde. Il rapporto delle vene con il pancreas è meglio visibile nella Fig. 3). Il tronco comune della v. intestinalis ventralis, raccolta que- sta vena, passa dorsalmente allo stelo del 'processus intestinalis (Fig. 3, vti) per sboccare all'estremo anteriore del tractus juxtapan- creaticus (tvs) della v. porta, insieme ad altre radici prepancrea- tiche, cioè ad una v. pylorica anterior ed alla v. gastrica ventralis s. anterior ed alla v. gastrica dorsalis. I vasi splancnici e loro relazioni topogratiche ecc. 477 La V. gastrica ventralis ha qui lo stesso rapporto die in Scyl- linm, con l'estremo craniale del corpo del pancreas (Fig. 3, vg). Dal solco mediano della faccia dorsale della milza deriva una altra vena la quale raccoglie anche una vena proveniente dall' o- stremo posteriore della grande curvatura dello stomaco , racco- gliente altresì fini origini piloricho, e traversante il corto meso gastro splenico per unirvisi (Fig. 9, vip). Apparirebbe come una vena splenica posteriore. Una sua corrispondenza morfologica più precisa non mi sento di imdicare ; è evidente però che essa com- prende un letto ed ha una posizione che la farebbe corrispondere in buona parte ad una v. lieiio-gastrica. Questa vena in fatti in- sieme con la V. dorsointestinalis sbocca sull' inizio del tradus jiixta paìicreaticus (Fig. 9, vdi^ vip): entrambe costituiscono le radici post- pancreatiche portali. Superficialmente ben distinte sono le a. e v. circulares, con manifeste anastomosi intercalari, ed a loro volta esse sono vere anastomosi tra Va. e v. dorsointestinalis e Va. e v. in- testinalis ventralis (Cfr. Fig. 9). Nella specie quindi il sistema subintestinale ed il dorsointestinale sono in manife- sta relazione perciò; nella prima porzione della valvola i vasi circolari però — dato di fatto anche questo interessante nell'interpre- tazione morfologica della cupula (Entiana) — esclusivamente deri- vano dair«. e V. hitestinalis ventralis (Fig. 9). 2. — Sulle relazioni porto-cardinali. La triplice iniezione mi permise di constatare tinte in rosso vivo e chiarissime le comunicazioni porto-cardinali, avendo iniet- tate le arterie in giallo, il sistema portale in bleu e la v. cauda- lis in rosso vivo. Nelle figure, qui, sono però rappresentate in vio- letto tranne che nella Fig. 23. Evidente apparve la rete esofagea sottosierosa e caratteristi- camente trovai le branche iniziali delle vene gastriche tinte in parte in bleu in parte in rosso (Fig. 23): qua e là era evidente un reticolo rossjO, situato talora sopra le origini venose gastriche ma spesso con loro esso era in diretta connessione, come con esame microscopico potei assicurarmi (Fig. 23). Appunto per l' iniezione di questo reticolo e per la penetrazione del minio addirittura nelle branche venose gastriche, il tubo gastro-enterico aveva assunto un delicato colore rossiccio. Riguardo al reticolo mesenterico ed ai ramuscoli che comu- nicano con la V. cardinale io li ho perfettamente riscontrati sul me- sentere intorno all'a. coeliaca, la mesenterica, la lieno- gastrica. 478 Vincenzo Diamare Sul margine tagliente del mesentere sin quasi alla sua inser- zione sulla valvola a spirale i fini canalicoli che accompagnano Va. mesenterica allorché questa se ne isola, rivestita del suo meso (meso-mesenterico) divenendo a, dorsoiiitestinalis, si seguono, costi- tuendo come un orlctto a questo margine istesso: accompagnano anche Va. dorsointestinalis (Fig. 9). Le vene della superfìcie inte- stinale , cioè le V. circiilares si mostrano talora in buona parte tinte in rosso, ciò che prova il passaggio del colore iniettato per la V. caudalis in esse, Nella Fig. 9 i tratti in violetto (che inter- rotti appariscono) rappresentano le porzioni di v. circulares in cui penetrò il colore rosso. Inoltre alla radix^ a ^/2 c.m. circa prima dell' entrata dell'a. mesenterica, si vedono vasellini più grandi accompagnanti il cor- dono congiuntivo del mesentere sino in prossimità del pancreas ove, dalla sierosa di questo raccoglie capillicoli di estrema finezza. Nel loro decorso raccolgono ramuscoli ed un reticolo distinto alla radix derivandone infino un troncolino sboccante nella v. cardi- nale che è il collettore maggiore anche del reticolo periarterioso innanzi descritto (Cfr. Fig. 9). Degno rilievo è che anche nel parenchima e sulla superfìcie del pancreas si osservano vasellini — e di calibro non eccessiva- mente piccolo — tinti allo stesso modo (rosso) ciò che prova come le comunicazioni hanno valore anche nella compage dei parenchimi di ghiandole, oltreché nella sierosa e por- zioni superficiali del tubo ga s trenteri co. 2. Suììe relazioni jìorto-cardinali in « Scylliiim » e « Torpedo > Scyllium catu/us Secondo Neu ville in Scyllium catidns^ un vaso venoso « pres- que sinuosiforme » distaccasi dalla regione mediana anteriore della parete dorsale del corpo e si dirige d'avanti indietro alla faccia ventrale dell'unico ovario e si vede « se ramifier tant sur la gland genitale que sur V intestin valvulaire » e che diventa per conge- stione più evidente all'epoca della frega. ViALLÈTON ha confermato 1' osservazione di Neuville : une veinc nèe manifestement à la surface de l'intestin valvulé se de- rigeaitvers la gland genitale ou elle s'anastomosait avec la veine spermatique, la quelle se jette comme on sait dans la veine cardi- nale ». Siffatte comunicazioni porto-cardinali hanno un'importanza I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 479 fisiologica speciale « elles cloivent forcément confluire le sang de ce dernier (l'intestin) dans le veines cardinales et elles constitnent la voie la plus sùre pour le passage directo d'une partie du sang in- tcstinal dans la circulation generalo ». Ecco ora, in breve, quanto io ho osservato: La vena elio acompagna 1' a. lieno gastrica e che pone in re- lazione direttamente la v. gastrica dorsalis anierior e la v. dorso- intestinalis^ descritta da Pauker in Mnstelus antarcticns, non riuscii a trovarla in ScìjUium. Essa in Mustelus è una evidente comuni- cazione porto cardinale (anastomosi lienogastrico-oardiuale). Tuttavia in Scyllium allorché Va. lienogastrica passa attraverso il meso genitale si trova in compagnia d'una vena che è una vena genitale (Eig. 8, vgg) o sbocca nella cardinale. Ora, quando si inietta del bleu di Prussia solubile attraverso la v. caudale si ottiene l'iniezione di questa vena e di tutta la rote venosa superficiale e profonda della gonade. Si rileva inoltre che dalla gonade l'iniezione si è spinta in una serie di vasellini che decorrono poco ramosi nel mesenterio e le cui fini radicetto provengono dalla superficie dell'intestino spirale (Fig. 2 e ■!) 0 dalla gianduia digitiforme propriamente dal mesoretto. Esili ramuscoli appaiono anche nel mesogastrio e probabilmente por l'iniezione di questo può in minima parto il colore giungere sino nella v. gastrica dorsalis: si inietta cosi anche una superficiale rete esofagea con la quale comunicano le venule del contiguo me- soepate. Nelle duo figuro questi sistemi che io ottenni costantemente sono coloriti in violetto. Un altra v. genitale accompagna Va. mesenterica anterior sino al punto in cui questa raggiunge la gonade (Fig. 8, vgg II) Le relazioni vasali genito-intostinali stabiliscono in con- seguenza una meschina, so vuoisi, ma sicura comunica- zione porto-cardinale. Noi non possiamo decidere con sicurezza so questo letto originario rappresenti un modo d' essere della v, anastomotica porto-cardinale di Mustelus (Parker), sebbene ci appa- risca non improbabile del tutto. E dal mio canto devo insistere che questa rete con sviluppo meschino è una roto venosa, ossia fa parto del circolo sanguigno e non linfatico corno le reto di cui tratto nella Me- moria II, in Torpedo. 480 Vincenzo Diamare T or pedo marmorata In questa specie secondo Vialleton « il n'y a pas ci' anasto- mose entre la veino porte ou ses branclios et les veines cardi- nales ■» e f^iammai delle vene intestinali passano, come in Scìjllimn^ direttamente dall' intestino nelle v. cardinali per mezzo del mesen- terio gastrico. Egli è d'avviso che in questa specie « toute les vais- seaux superficiels appartient au systeme lympliatique ». Rimandando alla Memoria II per quanto concerne i chiliferi, a me risalta che queste comunicazioni esistono. 1.0 Iniettando con bleu di Prussia la v. cardinali si può ottenere una certa iniezione delle v. gastriche ed e uteri che. 2.0 Nello spessore del mesoretto esiste una branca venosa, che ben presto si divide in due rami di cui uno sta quasi sul bordo di questo meso e che comincia da una rete superficiale della faccia dorsale dell' appen- d ice d i gitif orme e da una rete e lo acale affatto distinte dalla rete chilifera qui esistente, come la (Fig. 15, vm) mostra e come nella Mem. II sarà chiarito. Questa vena, che io indico come v. me- sorectalis sbocca nel sistema cardinale dietro l'inizio del mesoretto. Siena — Dal Laboratorio di Anatomia e fisiologia comparata e Zoologia della R. Università, Novembre lOO'J. I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 481 Bibliografia ^). 1878. Ballo u r, F. M. — A monograph on the development of Elasmobranch Fishes: London. 1903. Cavalle, M. ■ — La vescicule biliaire et sa circulatiou arterielle chez quelques poissons de mer : C. R. Soc. Biol. Paris^ Tome 55^ jìag. 1386. 18()(J. Demmi, E.. — Dass arterielle C-refassystem von Acìpenser Rutìientis: Inaug. Diss. 4. Taf. , Wien. 1905. C arazzi, D. — Sul sistema arterioso dì Selnchc /Hrtx/»irt e di altri sqna- lidi {Acantìnas vuJgaris, Mustelus vidgarls, Sfi/llinm cafiilus, S. ca- vicnla, Squaf'ma vulgaris) : Anat. Anz. 26. Bd. pag. 63, M fig. 1909. Diamare, V. — Sui rapporti della vena porta e delle arterie splan- cniche in Scyllmm catuliis e Torpcdo marmoyald: Goutriliuto all'a- natomia splancnica negli elasmobranchi. Nota riassuntiva: Aiiat. Anz. 34. Bd. pag. 552, 2 fig. , 18G7. Jourdain, S. — 1. Sur le systeme lymphatique du Gadus morrhna: Ann. Se. N. 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(iffd, » gastrica dorsalis anterior. ngll, » gastrica dorsalis secnnda. agili, » gastrica dorsalis tertia. ^.9f/) *' genitalis. agh, » gastro epatica. agi, » gastro-lienalis. agm, » gastrica dorsalis media. "/T/J, » gastro-pylorica. agr, rami dell'a. gastrica ventralis = arteriolae gastricae. ait, arteria intraintestinalis. air, » intestinalis ventralis. al, » lienalìs posterior s. magna. ala, » longitiidinalis anterior, alb, arteriolae lienales breves. alg, arteria lieno-gastrica. ali, » lienalis anterior. alp, » lieno-pylorica. alq, » longitndinalis posterior. ani, » mesenterica anterior. amc, » mai'ginalis pancreatica. amp, » mesenterica posteiior. ams, » mesoepatica. apa, arteria pancreatica anterior. aj)!), arteriolae pyloricae breves. ape, arteriola pancreatica posterior. apd, arteriola lieno pancreatica dorsalis. ape, arteriolae pyloricae extremae. api, » pyloricae initiales. a2}m, arteria epatica commnnis. app, » pancreolienalis. apr, » recurrens parietalis communis. rtjjf, arteriolae epiportales. apv, » pancreatica ventralis. 484 Vincenzo Diamare ar, arteriola recurrens epiportalis. ani, arteriola recurrens parietali?; dextra. ^,.5^ » » » sinistra. arg, » coledocalis. arn, arteriolae rectae. as, arteriolae esofageae. asu, » snperGciales anteriores. e, cistifellea. ce, cordone celiaco di Vialleton. eh, dotto coledoco. el(ì, coUector s. trnncus dorsalis v. portarum. (•Ifj » » ventralis v. portarum. f,pc, communicationes porto-cardinales. (1, dotto cistico, e, esofago. eg, epiploon gastro-pyloricum. ej)g » lieno-gastricum. /, fegato. fd, fegato (lobus dexter). fs, » (lobus sinister). fst, » (tractus intermediarjus). (/, gianduia (appendice) digitiforme. ia, hiatus anterior (peritonei). i]), hiatus posterior (peritonei). »)(., milza. mcf, plica trasversalis. md, meso dorsointestinale. mg, mesogastrinm. ìug}), meso gasterepatentericum. mgl, meso gastro-lienale. mo, mesorchion. mpi, mese pancreo-intestinale. miìl, meso pancreo lienale. my, meso lieno-pyloricum. myp, meso gastro-pyloricum. ms, mesorectum. msi, mesentericum. mso, mesenterium. wv, me.sovarium. 0, ovario. 2), pancreas. 2)c, » (corpus). pd, » (processus dorsalis). pv, pancreas (processus ventralis). 2)1/ , piloro. r, corpo di Wolff (extremus cranialis). r(t, recessus anterior (j)eritonei). rd, ramus dorsalis arteriae coelicae. I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 485 rdiìì, ramns dorsalis a coelicae-niesentericae. rg, rete genitale (venosa). rm, rete meseni. erica (venosa). rp, recessus posterior (peritonei). rv, ratnus (tractus) ventralis a. coelicae. rv»i, » » » a. coelico-mesentericae s> stomaco. t, testicolo. n% branca afferente destra della v. porta. tf, » » sinistra della v. porta. ifi, » » secondarie del lobo destro. tvp, truucus communis v. portarum. tvs, tractus juxta pancreaticus v. portarum. ud, utero destro. US, utero sinistro. l\ valvula (intestino) spirale. va, vena anastomotica. ve. venae circulares. Vt'i, vena circularis prima. vcf, » conflueus ventralis. vcs, venulae cisticae. vda, vena gastrica dorsalis. vdi, » dorso intestinalis. vdp, vena gastrica dorsalis posterior. ve, venula extrema. vet, » Entiana dorsalis. vg, » gastrica ventralis. vg2. gastrica dorsalis secunda. iffs, » » » tertia. vgg, » genitalis I. vgg^, » genitalis II. vgp, venula gastrolienalis posterior. vgl, vena gastro-lienalis anterior. vgs, » pyloro-gastrica. vi, » intraintestiualis. vi, venulae laterales. via, vena longitudinalis anterior. vln, » lienogastrica. vip. » lienalis posterior. vm. » mesorectalìs. vp, » longitudinalis posterior. vpa. » lienalis anterior. vpi. » pylorica dorsalis. vpl, » lieno-pylorica. vpm, » marginalis pancreatica. vpr, » lieno-pancroatica dorsalis. vr. venulae rectae. vii, vena intestinalis ventralis. Archivio Zoologico, Voi. 4, Fase. 4. 34 486 Vincenzo Diamare Tutte le figure furono ridotte alla metà della grandezza da' disegni ori- ginali, eccettuate le fig. 1, 11, 6, 9, 12. Fig. 1. — Torpedo marmorafa — Innesto del coledoco sulla borsa di Ente, (lo sbocco si vede nella figura 8 nel testo a pag. 473). » 2. - Scyllium cafulus ^ — Tubo digerente ed annessi . spostati a sinistra dopo iniezione della vena porta e della v. caudalis (per le cOr municazioni porto-cardinali le quali sono rappresentate in violetto nel mesovarium, mesorectum e sulla sierosa della gonade): è sop- presso il meso gastrospleuico e il corpo della milza, rimanendo in sito di questa solo l'estremo craniale della sua lingua. Dei vasi ar- teriosi sono conservati per l'orientamento topografico, visibili per trasparenza, il 2.° ramo aortico con l'a. dorsointestinale ed il i3.". » S. — Acanthias vulgaris — Pancreas e vene che vi sono in rapporto. » 4. — Scìjllium catnlus 5 — Tubo digerente ed annessi spostato a sinistra dopo triplice iniezione (vene, arterie, comunicazioni porto-cardinali) analoga alla fig. 2. Qui però è conservata tutta la milza col meso e i vasi che vi decorrono (a. e v. lienalis posterior). » 5. — Scyllium catuhis — [Iniezione] Valvola a spirale col pancreas spostato a destra e stomaco a sinistra. Posizione reale dei grossi tronchi aortici e delle prìncijjali vene. L'a. mesenterica anteriore e l'a. lie- nogastrica si vedono per trasparenza ove sono coperte dalla gonade. » 6. — Torpedo marmorata — Attacco della milza sul corpus del pancreas e rami pancreaticosplenici dell'a. dorso intestinalis: la milza è rove- sciata in avanti. » 7. — Torpedo marmorata — Collector venosus dorsalis e v. pyloro-gastrica (che fa parte del collector ventralis e insieme alla v. margìualis pancreatica è rappresentata colorita Jn bleu più chiaro). E soppresso il pancreas e recisa la porzione di piloro che copre quest' ultima vena, reciso il collector ventralis e la v. gastrica dorsalis. » 8. — Scyllium catulus. — Stomaco e intestino spostati a destra e sollevati per mostrare il meso della gonade continuantesi con il mesoentericum e come il mesoentericum ed il mesogastrium si comportano tra loro e l'hiatus posterior; le linee punteggiate rappresentano il corso intragenitale e la porzione coperta dalla gonade stessa dell'a. me- senterica anterior e dell'a. lienogastrica. » 9. — Acanthias vulgaris. — [Iniezione] Tubo digerente ed annessi : vene ed a. splancniche e comunicazioni porto-cardinali mesenteriche (co- lorite in violetto). » 10. — Torpedo marmorata. — Sezione trasversale dell'apparecchio digerente in sitii, dopo indurimento, che mostra le relazioni degli organi an- nessi con i vasi. » 11.— Totpedo marmorata — Sezione al di là del taglio della precedente » 12. — Toìpedo marmorata — Vasi e situs viscerum (norma dorsale), con i vasi arteriosi e venosi iniettati : specialmente mostra il circolo ar- tei'ioso della milza e le sue relazioni col circolo gastrico, e le ori- gini gastrospleniche ed enteriche del collector dorsalis v. portarum I vasi splancnici e loro relazioni topografiche ecc. 487 Fig. 13. — Tnrpedo marmorata — Vasi del tubo digerente ed annessi (norma ventrale). Iniezione delle arterie e delle vene. Coledoco e cistifellea: il tratto punteggiato indica la porzione nascosta dal piloro e dal pancreas della v. intestinalis ventralis ove sbocca la v. piloro-ga- strica. » 14. — Torpedo marmorata — Tubo digerente con i vasi iniettati: lo stomaco è rovesciato in avanti ed in sopra; la valvola spirale leggermente rotata a destra per mostrare il comportamento dei vasi gastrici e intestinali, e specialmente i rapporti dell'a. e v. dorsointestinale e dei collettori delle origini portali. » 15. — Torpedo marmorata — Mesorectum con la v. mesorectalis. » 16. — Torpedo marmorata — Meso gastroenterepaticum e formazioni che vi giacciono: origine e comportamento delle due a. epatiche nella por- zione di meso collegantesi col tractus intermediarius del fegato — Cordone celiaco e sua relazione col meso gastroenterepaticum; » 17. — Scyllium catulus. — Circolo chiuso venoso della milza dato dall'ano- stomosi della vena lienalis anterior (ramo della v. lieno- pylorica) con la V. lienalis posterior (ramo della v. lienogastrica). » 18. — ScylliuìH catulus — Comportamento dell'a. e v. dorsointestinalis sulla valvola a spirale: a. e v. longitudinales anteriores: rete vascolare della parte media della valvola spettante all'a. e v. longitudinalis anterior in complemento di quella ancora anteriore spettante alla v. mar- ginalis pancreatica. Questa figura inoltre mostra la rara eccezione di un ramo spiccato dall'a. dorsointestinalis prima che giunga sul- r intestino che funziona come a. longitudinalis anterior (=^ sdop- piamento precoce dell'arteria). » 19. — Scyllium catulus — [Iniezione] Tubo digerente veduto con norma ven- trale: la milza è distaccata anteriormente dal meso ed è stirata tutta di lato per lasciar vedere i vasi decorrenti tra essa e l'inser- zione del meso stesso cioè i corti rami splenici della v. lieno- py- lorica : duplicità della v. gastrica ventralis. » 20. Torpedo marmorata — Arteria coelico - mesenterica e rami che ne de- rivano e rispettive posizioni e rapporti con i visceri. » 21. — Torpedo marmorata — Sitas viscerum (norma dorsale) : da una toto- gratìa eseguita col cortese aiuto del Dr. V. Bauer della Stazione Zoologica di Napoli. La guida che solleva la valvola passa attra- verso l' hiatus posterioi'. » 22. — Torpedo marmorata— Idem (aorma ventrale) : da fotografia come sopra. » 23. — Acanthias vulyaris — Comunicazioni porto-cardinali. Un piccolo fram- mento della superficie dello stomaco in esemplare iniettato per l'aorta, la v. porta e la v. caudalis , con gesso di colore diverso: la massa rossa (v. caudalis) ha compenetrato le branche iniziali della v. gastrica dorsalis iniettate in bleu. Propriamente qui si vede an- cora come nei troncolini venosi sdoppiati intorno ad un ramuscolo dell'a. gastrica dorsalis (che qui è tinta in violetto) é penetrata la massa rossa. 488 Vincenzo Diamare Fi- 24 - Torpedo mannorata - Mesoepate destro e mesogastroenterepaticum con le formazioni che vi giacciono: il lobo destro del fegato e sol- levato in alto ed avanti: in sotto si scorge il cordone celiaco e l'a. recurrens parietalis destra con i rami che ne derivano: l'a. recurrens parietalis sinistra è nascosta quasi tutta dietro il mesogastro- enterepaticum. Sotto il mesoepate sporgono le ova già innanzi nello accrescimento. Ricevuto il 31 Dicemhrr 1910. Finito di stampare il 13 settembre 1910 •/t/mi' /.i>ii/)i, Rice. MARQHIERI Napoli, Galleria Umberto I per r Estero: esclusiva rappresentanza e commissione presso la libreria THEODOR OSWALD WEIGEL Leipzig - Kònigstrasse 1 - Leipzig RENDICONTI DEI CONVEGNI DELL' UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA PAVIA — 23-25 Aprile 1900 (Fonid\zionk dell' Unione Zoologica) Monit. Zool. Ital. —Anno X, 1900. N. 4 BOLOGNA - 24-27 Settembre 1900. — 1.''^ Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. — Anno XI, 1900, N. 12, Sappi '" NA.P0L1 — 10-13 Aprile 1901.— -2.'' Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. — Anno XII, 1901, N. 7-8. ROMA — 31 Ottobre -3 Novembre 1902 — o.'*^ Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. -Anno XIII. 1902, N. 12, Siippl.'" RIMI NI — 14-16 Setteinbi-e 1903 — 4.» Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XIV, 1903, N. 12, Suppl.'^ PORTOFERRAIO — 15-19 Aprile 1905 — 5.^ Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XVI . 1905. N. 7-8. BORMIO 31 Ao-osto-4: Settembre 1908 — 8.» Assemblea ordinaria. ^ Monit. Zool. Ital. Anno XX, 1909, N. 2-3. In vendita- a L. 5. ciascuno presso la segreteria dell' Unioue. AVVISO IMPORTANTE Date le attuali condizioni del mercato librario e tipografico tutti 1 prezzi indicati sui volumi finora pubblicati (l-X) sono aumentati del 75 o/o. IPrezzo dell'intero AT^oliarcLe 4.° — X^. 40 per 1 soci L. 30) m Attualroonte l?rof. Fu Sav Montiobi.i.i — IsUtut.o Zooloerico. R. Università i\\ Napoli. I : ARCHIVIO ZOOLOGICO PUBBLICATO SOTTO GLI AUSPICII DELLA OfilOflE ZOOIiOGIGfl ITRIiIAIlA PER CURA DEL COMITATO DI REDAZIONE VOLUME IV. FASCICOLO PEIMO (pag. 1-194) CON 2 TAVOLE yer V Italia R. MARGHIERI Libreria Nuova GALLERIA UMBERTO I NAPOLI yer V Estero THEODOR OSWALD WEIGEL Verlag und Kommissions Buchhandiung KÒNÌGSTRASSE 1. LEIPZIG NAPOLI R. TIPOGRAFIA FRANCESCO GIANNINI & FIGLI Cisterna dell'Olio 1909 ' Pubblicato il lo Giugno 1909 INDICE Della Valle P. — L'organizzazione della cromatina studiata mediante il numero dei cromosomi. -Tav. 1 pag. 1 Morgera A. — Ricerche sulla glandola ed il canale di Leydig nei ma- schi di Scytlium. - Tav. 2 » 179 Gli Autori avranno gratis n.^ 50 estratti dei lavori pubblicati neir Archivio; potranno richiederne un numero maggiore a pro- prie spese. COMITATO DI REDAZIONE Dott. C. Bellotti, Prof. C. Cattaneo, Prof. 0. Emery, Prof. Fr. Sav. Monticelli, Prof. C. Parona, Prof. D. Rosa^ Per la pubblicazione dei lavori dirigersi al COMITATO DI REDAZIONE Estratto dallo Statuto e dal Regolamento DELLA fondata nel 1900 STATUTO Art. r — e fondata un'associazione allo scopo di promuovere e diffondere la Zoologia intesa nel suo più ampio significato ; di agevolare i rapporti tra i cultori di questa scienza e difenderne gli interessi nell' insegniunento. Essa prende il nome di UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA. Art. 20 — Il numero dei Soci dell' Unione è illimitato. Art. 3" — La qualità di Socio si acquista con la proposta fatta da due Soci e coll'approvazione del Oònsiglio direttivo. Art. 4° — La quota sociale è fissata iu Lire cinque , da pagarsi entro il primo trimestre dell!anno, anche per esazione postale. E socio perpetuo chi versa, iu una sola volta, lire cento. Oltreché perpetuo diviene socio henemerito se la somma che versa si eleva a lire cinquecento. Le due ultime aimualità già versate si computano nella somma per diventar socio perpetuo, o benemerito. (segue iu 3." pagina della covertina) Art. 5° — L' Unione ha un Consiglio direttivo che si compone: di un Pre- sidente , due Vice-presidenti , uu Segretario , un Cassiere-economo ed un Vice- Segretarìo. Le funzioni del Consiglio sono gratuite. Art. 10° — L' Unione non ha sede fissa. Si raccoglie una volta all'anno in Assemblea ordinaria, ed eventualmente in Assemblea straordinaria, sempre che il Consiglio lo crederà opportuno. Art. 13° — L' Unione pubblica annualmente un Rendiconto delle sue adunanze, contenente gii atti sociali ed i processi verbali delle Assemblee, nonché un sunto dei lavori presentati nei convegni annuali i). Ogni socio ha diritto ad una copia del Rendiconto. L'Unione si riserva inoltre di fare quelle pubblicazioni di Memorie scien- tifiche che i suoi mezzi permetteranno. REGOLAMENTO Titolo II. — Soci 1. — Possono appartenere all'Unione tutti coloro, italiani o stranieri, che s' interessano di Zoologia, intesa nel suo più largo significato. 2. — Chi desidera far parte dell' Unione deve farsi presentare da due Soci mediante lettera indirizzata al Presidente. Questi comunicherà la domanda al Segretario ed il richiedente sarà senz'altro ammesso come Socio. Il Consiglio, nella sua prima adunanza, ratificherà 1' am- missione. Il Segretario invia al nuovo socio lettera di nomina, firmata da lui e dal Presidente. 3. — L'impegno di Socio s'intende preso per un anno sociale, che coincide coll'anno solare. Volendo cessare di appartenere all' Unione, devesi trasmettere la dimissione scritta entro il mese di ottobre al Segretario, che la comunicherà al Presidente e ne informerà il Cassiere-economo. In caso contrario 1' obbligo continuerà per tutto r anno successivo. Titolo IV. — Assemblee 1. — L'Unione, nelle Assemblee, tiene due serie di sedute: quelle scien- tifiche (pubbliche) e quelle a m m i n i s t r a t i v e (private). Nelle pubbliche vengono fatte le comunicazioni scientifiche , e dettate le conferenze. Nelle amministrative si procede: alla designazione della località e del tempo in cui si terrà l'Assemblea nelF anno successivo ; alla elezione delle cariche ed alla amministrazione della Unione. Consiglio direttivo dell' Unione Zoologica Italiana pep il 1908 Prof C3-U.glielm.o I^ora.lti — {Pisa) VlCE-PRESmENTE Prof. Daniele JEtosa — {Firenze) ViCE-PREsmENTE Prof. Ercole Griacoixi.ir».i — (Bologna) Presidente Prof. IF*!-- Sav. 3Sdlor».ticelli — (Napoli) Segretario Prof. .A-lessaiidro CBrlxigi — (Boloyna,) Vice-Segretario Prof. TUro.'bejrto i^'ieranton.i— ('iVa/Jo^i^ Cassiere-Economo 1) fj'oi-gano ufficiale dell' Unione Zoologica italiana ù : il ^VEoxiitore Zoologico Italiano. L' nRCHIVIO ZOOLOQiCO è in vendita: per /."Italia: rappresentante e commissionaria la « Lil)reria nuova » Rice. MARQHIERI Napoli, Galleria Umberto I per r Estero: esclusiva. rapi)resent,anza e commissione presso la libreria THEODOR OSWALD WEIGEL Leipzig - Kónigstrasse 1 - Leipzig RENDICONTI DEI CONVEGNI DELL' UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA PAVIA — '2r}-'25 Aprile 1900 (Fon-dazionk dell'Unione Zoologica) Monit. Zool. Ital. — Anno X, 1900. N. 4 BOLOGNA —24-27 Settembre 1900. — 1.^ Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Itai. - Anno XI, 1900, N. 12, Suppl '° NA.P0L1 — 10-13 Aprile 1901. — "2.'' Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. — Anno XII, 1901, N. 7-8. ROMA ' 31 Ottobre -3 Novembre 1902 — 3.» Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. -Anno XIII, 1902. N. 12, Suppl.*» RIMINI — li-16 Settembre 1903 - 4.» Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XIV, 1903, N. 12, Suppl.*^ PORTO FERRAIO — 15-19 Aprile 1905 — 5.^ Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XVI . 1905. N. 7-8. BORMIO— 31 Agosto -4 Settembre 1908 — 8.^ Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XX, 1909, N. 2-3. In vendita a L. 5. ciascuno presso la segreteria dell' Unione. AVVISO IMPORTANTE Date le attuali condizioni del mercato librario e tipografico tutti 1 prezzi Indicati sui volumi finora pubblicati (I - X) sono aumentati del 75 o/o. :E^rezzo aell'intero "Vol-u.na.e 3.° — Xj. 40 ( per i soci L. 30) (1) Attualmente: Prof. Fr. Sav jMonthjkm.i — Istituto Zooloeico. R. Università

  • Rice. MARGHIERI Napoli, Galleria Umberto I per //Estero: esclusiva rappresentanza e commissione |>resso la libreria THEODOR OSWALD WEIGEL Leipzig - Kònigstrasse 1 - Leipzig RENDICONTI ))KI CONVEGNI DELL' UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA PAVIA — '28-2f) Aprile 1900 ( Fon u a zionk dell' Unione Zoologica) Monit. Zool. Ital. — Anno X, 1900. jS. 4 BOLOGNA —24-27 Settembre 1900. — 1 .-^ Assemblea ordinaria. Monit. Zoo]. Ital. — Ani^o XI, lUOO, N. 12, Suppl ** NAPOLI — lO-lB Aprile 1901.-2.* Assembl'ea ordinaria. Monit. Zool. Ital. — Anno XII, 1901, N. 7-8. ROMA - 31 ottobre -8 Novembre 1902 — o.» As.semblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. -Anno XIII, 1902, N. 12,.Sui.pl.** RIMINI — 14-16 Settembre 1903 — 4.» Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XIV, 1903, X. 12, Sappi." PORTOFERRAIO — 15-19 Aprile 1905 — 5.* Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XVI . 1905. N. 7-8, BORMIO — 31 AffOsto-4 Settembre 1908 — 8.* Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ita). Anno XX, 1909, N. 2-3. In vendita ajj. 5- ciascuno presso la segreteria dell'Unione. AVVISO IMPORTANTE Date le attuali condizioni del mercato librario e tipografico tutti 1 prezzi indicati sui volumi finora pubblicati (I - X) sono aumentati del 75 o/o. P'rezzo aell'intero "^ol\aixie 4.° - L. 40 ( per 1 .soci I.. 30) (U Aftaalm«^nt<^: Prof. Fr. Sav Montk'km.i - Istituto Zooloerico. R. Univt^rsitrt di Napoli. ARCHIVIO ZOOLOGICO PUBBLICATO SOTTO GLI AUSPICII DELLA UflIOflE ZOOLOGICA Umm PER CURA \ V. DEL COMITATO DI REDAZIONE ^7 «^ i VOLUME IV. FASCICOLO TERZO (pag. 317-397) CON 5 TAVOLE per V Italia per V Estero R. MARQHIERI THEODOR OSWALD WEIGEL Libreria Nuova Verlag und Kommissions Buchhandiun GALLERIA UMBERTO 1 KÒNIGSTRASSE 1. NAPOLI LEIPZIG NAPOLI R, TIPOGRAFIA FRANCESCO GIANNINI & PIGLI Cisterna deirOlio 1910 Pubblicato il 23 Aprile " '0 INDICE Moglia A. G. — Sul significato funzionale del pigmento nei gangli nervosi dei Molluschi G-asteropidi - Tav. 7-8 pag. 317 Issel R. — Ricerche intorno alla biologia ed alla morfologia dei cx'o- stacei decapodi. Parte I. Studi! su i Paguridi - Tav. 9-11. . . » 335 Gli Autori avranno gratis n.o 50 estratti dei lavori pubblicati neir Archivio; potranno richiederne un numero maggiore a pro- prie spese. COMITATO DI REDAZIONE Dott. C. Bellotti , Prof. C. Cattaneo, Prof. C. Emery , Prof. Fr. Sav. Monticelli , Prof. C. Parona, Prof. D. Rosa Per la pubblicazione dei lavori dirigersi al COMITATO DI REDAZIONE Estratto dallo Statuto e dal Regolamento DELLA TJ3Sri03SrE ZOOLOOICA. TTJ^lL.XJ^l^J^ fondata nel 1900 STATUTO Art. 1° — E fondata uu'associazione allo scopo di promuovere e diffondere la Zoologia intesa nel suo più ampio significato ; di agevolare i rapporti tra i cultori di questa scienza e ditenderne gli interessi nell' insegnamento. Essa prende il nome di UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA. Art. 2° — Il numero dei Soci dell' Unione è illimitato. Art. 3° — La qualità di Socio si acquista con la proposta fatta da due Soci e coll'approvazioue del Consiglio direttivo. Art. 40 — La quota sociale è fissata in Lire cinque , da pagarsi entro il primo trimestre dell'anno, anche per esazione postale. E socio perpetuo chi versa, in una sola volta, lire cento. Oltreché perpetuo diviene socio benemerito se la somma che versa si eleva a lire einquecento. Le due ultime annualità già versate si computano nella somma per diventar socio perpetuo, o benemerito. (segne iu 3.* pagina della covertina) Aet. 5° — L' Unione ha un Consiglio direttivo che si compone: di un Pre- sidente , due Vice-presidenti , un Segretario , un Cassiere-economo ed un Vice- Segretario. Le funzioni del Consiglio sono gratuite. Art. 10° — L'Unione non ha sede fissa. Si raccoo-lie una volta all' anno in Assemblea ordinaria , ed eventualmente in Assemblea straordinaria, sempre che il Consiglio lo crederà opportuno. Art. 13° — L'Unione pubblica annualmente un Rendiconto delle sue adunanze, contenente gli atti sociali ed 1 processi verbali delle Assemblee, nonché un sunto dei lavori presentati nei convegni annuali *). Ogni socio ha diritto ad una copia del Rendiconto. L'Unione si riserva inoltre di fare quelle pubblicazioni di Memorie scien- tifiche che i suoi mezzi permetteranno. REGOLAMENTO Titolo II. — Soci 1, — Possono appartenere all'Unione tutti coloro, italiani o stranieri, che s' interessano di Zoologia, intesa nel suo più largo significato. 2, — Chi desidera far parte dell' Unione deve farsi presentare da due Soci mediante lettera indirizzata al Presidente. Questi comunicherà la domanda al Segretario ed il richiedente sarà senz'altro ammesso come Socio. Il Consiglio, nella sua prima adunanza, ratificherà 1' am- missione. Il Segretario invia al nuovo socio lettera di nomina, firmata da lui e dal Presidente. 3, — L'impegno di Socio s'intende preso per un anno sociale, che coincide coiranno solare. Volendo cessare di appartenere all' Unione, devesi trasmettere la dimissione scritta entro il mese di ottobre al Segretario, che la comunicherà al Presidente e ne informerà il Cassiere-economo. In caso contrario 1' obbligo continuerà per tutto r anno successivo. Titolo IV — Assemblee 1, — L'Unione, nelle Assemblee, tiene due serie di sedute: quelle scien- tifiche (pubbliche) e quelle amministrative (private). Nelle pubbliche vengono fatte le comunicazioni scientifiche , e dettate le conferenze. Nelle amministrative si procede : alla designazione della località e del tempo in cui si terrà l'Assemblea nell' anno successivo ; alla elezione delle cariche ed alla amministrazione della Unione. Consiglio difettivo dell' Unione Zoologica Italiana pep il 1910 Prof. Lox'erLzó Caiaa.era.no [Senatore] — {Torino) Vice-presidente Prof. lEugen-io Ficalbi — {Fisa) Vice-presidente Prof. IDante Bertelli — {Padova) Vice-presidente Prof. "Fjc- SaTT. 3SJ:oii.ticelli — (Napoli) Segretario Prof. -A-lessandi-o CSrliigi — (Bologna) Vice- Segretario Prof. TJixL'bei'to X^iei-ajatorti — (Napoli) Cassiere-Economo 1) L'organo ufficiale dell' Unione Zoologica italiana è : il 3VIon.itore Zoologico Italiaxao. L'ARCHIVIO ZOOLOGICO è in vendita : per ritalia: rappresentante e commissionaria la « Libreria nuova » Rice. MARQHIERI Napoli, Galleria Umberto I per r Estero : esclusiva rappresentanza e commissione presso la libreria THEODOR OSWALD WEIQEL Leipzig - Kònigstrasse 1 - Leipzig RENDICONTI DEI CONVEGNI DELL' UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA PAVIA — 23-25 Aprile 1900 (Fondazione dell'Unione Zoologica) Monit. Zool. Ital. — Anno X, 1900. N. 4 BOLOGNA —24-27 Settembre 1900. — 1.^ Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. - Anno XI, 1900, N. 12, Suppl '• NAPOLI — 10-13 Aprile 1901. — 2.'' Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. — Anno XII, 1901, N. 7-8. ROMA — 31 Ottobre -3 Novembre 1902 — 3.» Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. -Anno XIII, 1902, N. 12, Suppl.*» RIMINI — 14-16 Settembre 1903 — 4.» Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XIV, 1903, N. 12, Suppl."> PORTOFERRAIO — 15-19 Aprile 1905 — 6.* Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XVI , 1905. N. 7-8. BORMIO — 31 Agosto-4 Settembre 1908 — S.» Assemblea ordinaria, Monit. Zool. Ital. Anno XX, 1909, N. 2-3. In vendita a L. 5- ciascuno presso la segreteria dell'Unione. AVVISO IMPORTANTE Date le attuali condizioni del mercato librario e tipografico tutti I prezzi indicati sui volumi finora pubblicati (I ■ X) sono aumentati del 75 o/o. !F*rezzo dell'intero "Volixme 4.° — IL. 40 ( per i soci L. 30) (1) Attualmente: Prof. Fr. Sav- Monticelli — Istituto Zoologico, R. Università <1i Napoli. MBL WHOI LIBRARY UH IflPL I