ARCHIVIO ZOOLOGICO PUBBLICATO SOTTO GLI AUSPICI! DKT.LA U NION E ZOOLOGICA PKH (MIRA DEL COMITATO DI REDATTONE REDATTORE D.r Fr. Sav. Monticelli Prof. ord. di Zoologia nella R. Università di Napoli VOLUME VI. CON 12 TAVOLE E 76 FIGURE NEL TESTO per V Italia per / fisterò R. MARGHIERI oswald weigel Libreria Nuova Verlag und Kommissions Buchhandlung GALLERIA UMBERTO I KÒr-NG STRASS E 1. NAPOLI l,KIPZIG NAPOLI R. TIPOGRAFIA FRANCESCO GIANNINI & FIGLI Cistoma dell'Olio 1912 INDICE DEL VOLUME VI. Art. l. - Cotronei G. Sulla morfologia comparata del tessuto insulare del pancreas. Sulla questione di un suo equivalente nel pan- creas dei Cheloni. - Tav. 1 pag\ 1 {Pubblicato il 9 Ottobre 1912) » 2. - Monti A — Sopra un caso di ovari diffusi in un triclade, do- vuto probabilmente al parassitismo di uno Sporozoo. -Tav. 2. » 21 {Pubblicato il 10 Ottobre 1912) » 3. - Monti A. — La rigenerazii me degli ovari nelle Planarie.-Tav. 3. » "27 {Pubblicato F 11 Ottobre 1912) » 4. - Della Valle P. — La morfologia della cromatina dal punto di vista fisico. -Tav. 4-5 con 75 figure nel testo e 9 diagrammi » 37 {Pubblicato il 12 Ottobre 1912) » 5. -Stefanelli A. — Sulle espansioni nervose dei peli tattili.-Tav. 6-8. » 325 Pubblicato il 15 Ottobre 1912) » 6. - Caroli E. — Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli ita- liani. — I. La tribù degli Achorutini CB. (1906).- Tav. 9-11 . » 349 (Pubblicato il 20 Dicembre 1912) » 7. - Cavazza F. — Esperienza intorno all'effetto del freddo prolun- gato e dell'ossigeno sulla crisalide della Malacosoma neustria L. » 375 {Pubblicato il 21 Dicembre 1912) » 8. - Jacino A - Intorno al cosidettu punto nero del Gastropteron Meckeli Kosse. - Tav. 12 ed una figura nel testo » 393 (Pubblicato il 21 Dicembre 1912) Sulla morfologia comparata del tessuto insulare del pancreas. Sulla questione di un suo equi- valente nel pancreas dei Cheloni l). Ricerche del Dott. Giulio Cotronei con la tavola 1 Sommario Introduzione. « Note di Tecnica. Ricerca de] tessuto insulare nel pancreas di Testudo graviti. Deduzioni morfologiche e esame critico della questione dell'essenza del tessuto insulare e la natura dei suoi equivalenti. ( Jonclusioni. Introduzione Lo studio del pancreas elei Rettili ha prodotto negli ultimi anni le più fervide discussioni sulla morfologia e sulla significa- zione delle isole di Langerhans. Dall'esame del pancreas degli Oliti i . il Laguesse credette trarre i suoi argomenti più forti per la teoria del « balancement des ilots » poiché è noto come egli ritenga es- sere nel pancreas degli Ondi palese l'esistenza di lumi, e la pre- senza di isole primarie (regione splenica) e di isole secondarie. nate dalla trasformazione di cavità secernenti. In breve, negli Ofidi si avrebbe la prima prova della inversione morfologica dei tessati, la quale è recisamente negata, anche più recentemente (1005), dal Diama.ru:, il (piale dichiara di non aver mai trovato nelle vere isole di Langerhans l'esistenza di lumi. l) Un riassunto di questo lavoro fu comunicato nella tornata del MI mai 191] alla Società dei Naturalisti di Napoli (v. Bibliografìa). Archivili zoologico italiano. Voi. VI. Art. i. 1 2 Giulio Cotronei Risalendo nell'esame storico della dibattuta e co sì importante questione, troviamo come i promotori di siffatta discussione sulle speciali isole dei Rettili , siano stati fin dal 1896, il Giannelli e il Giacomini. Infatti essi dicono (pag. 9): « Interessante è il fatto di aver riscontrato in tutti i Rettili i così detti ilots di Langer- iians Questi ilots, non risultano come è stato descritto nei Mammiferi e negli Uccelli da accumuli di cellule strettamente sti- pate tra loro, e indistintamente limitate, in alcuni ordinate in cor- doni, che possono intrecciandosi dar luogo ad una rete, ma presentano in qualche punto una ben netta struttura tubulare, tanto che si può ritenere essere degli ammassi di tuboli a lume strettissimo, rivestiti da speciali cellule nettamente limitate, le quali per i loro caiatteri ben si differenziano dalle comuni cellule pancreatiche ». M'interessa, per lo scopo del presente lavoro, osservare come il GrlANNELLi e il Giacomini, mentre per lo studio della struttura del- l'intestino daniKì particolari notizie sulYEmys europea e sulla Te- studo graeca, tra i Cheloni, nessun cenno descrittivo speciale danno del pancreas di tali animali, mentre riferiscono particolari cenni sul pancreas di molti sauri ed ofìdi. In un lungo lavoro successivo (1898) il Giannelli torna sull'argomento, trattando della struttura- microscopica del pancreas di vari mammiferi, però trova modo di dire incidentalmente che gli isolotti si rinvengono non solo nume- rosi, ma anche assai voluminosi nei rettili, sia nei Sauri come negli Ofidii e nei Cheloni, riferendosi a ciò che già disse in collabora- zione col Giacomini. Pischinger, nel 1895 (dal lavoro riassuntivo del Laguesse) di- chiara in linea generale d'aver riscontrato le isole di Langerhans in tutte le specie da lui esaminate, anche quindi in una tartaruga, ma poiché non ho potuto procurarmi, al pari di altri studiosi, il lavoro originale, debbo purtroppo dichiarare di non conoscere su quale specie l'autore portassi; la sua attenzione: da ciò che si co- nosce indirettamente si può pertanto arguire che neppure da lui abbiamo cognizioni sufficienti sulle questioni che più ci interessano. Di amare dichiara- d'avere osservato fra gli altri Rettili anche il pancreas della Testudo graeca e della Thalassochélys caretta, ma non aggiunge altro sulla struttura del pancreas in tali animali, mentre invece la studia assai minutamente negli altri Vertebrati. Il Laguesse con una lunga serie di lavori fatti su un gran ninnerò di animali ci ha fatto conoscere molli particolari stilla struttura del pancreas; ma neppure da Ini abbiamo notizie sui ( Milioni. Sulla morfologia comparata del tESSuto insulare del pancreas 3 Qualche cenno, assai limitato, danno Vincent o Thompson. Questi autori (1907) hanno esaminato due specie di ( 'licioni : la Chrysemys piota e il Kinosternon pensylvanicum , dichiarando di avere esaminato diverse regioni del pancreas con svariate fissazioni e colorazioni. Da principio furono sorpresi di non aver trovato in tali ani- mali nessuna di quelle isole che essi conoscevano nel pancreas di altri animali più alti: « we were astonished at not finding in ei- ther animai any islets resembling those we were familiar with in higher animai » (pag. 72. 1907); ma in ultimo scoprirono in certe regioni dell'organo, grosse masse di tessuto, più risaltanti coi reat- tivi, che non il vero tessuto zimogenico, e anche piccoli gruppi o cellule isolate con tali caratteri ; e dichiarano pertanto d'essere in presenza d' un tessuto baticromo come negli Uccelli e nei mam- miferi): ritornando sulle loro osservazioni dicono di aver riscontrato anche rarissime isole del tipo leptocromo nel Kinosternon, ricordanti quelle descritte dal Diamare nella Lucertola; ma nulla di tutto questo nella Chrysemys pietà; però, gli autori soggiungono, sebbene non abbiano prove sperimentali, che probabilmente soltanto le isole del tipo leptocromo si trasformano in differenti condizioni fisio- logiche; in alcune di tale isole hanno trovato lumi ben distinti. Ma nello stesso lavoro, in appendice, gli autori dichiarano (pag. 98): « Since the above was written, considerable doubt has arisen in our minds as to the real nature and significance of what we have described as bathycrome tissue. » In molti casi gli autori sospettano che il tessuto baticromo non sia che il tessuto zimo- genico più i) meno modificato dall'azione dei reattivi. In un successivo lavoro (1908) Vincent e Thompsox ritor- nano sulla Chrysemys pietà, dove trovano alcune isole in stretta relazione coi dottolini , le quali però non si differenziano tanto bene per le loro reazioni, quanto per essere circondate da capillari e per la vicinanza dei nuclei. Sulla Testudo tabulata si limitano a dire che non sono riusciti a vedere con certezza nessuna isola di Langerhans : soltanto hanno riscontrati' in alcuni coadotti escretori due strati di cellule: vi sarchile quindi una rassomiglianza con quanto negli Elasmobranchi fu constatato dal 1 >IAMARE. Da questo breve cenno si deduce che in riguardo al tessuto insulare del pancreas dei Chelonisa p- piamo poco o niente, ossia ijui l'indagine comincia con I Giulio Cotroneì la domanda: se un tessuto insulare esiste; e si coordina con molte altre questioni, sopra tutto tenuto conto della complicanza morfo- logica che in molti organi si riscontra nei Cheloni rispetto agli altri Rettili. Il Prof. Diamare ha messo a mia disposizione un pancreas di Thaì-àssoclielys caretta, da lui fissato in liquido di Zenker da un ani- male avuto vivente alla stazione zoologica di Napoli. Come mate- riale da studio che meglio mi s'è prestato e che ho avuto in gran- dissima abbondanza mi sou servito della Tedialo graeca; ho poi esaminato anche YEmys eiiropaea. Note di Tecnica. Ho adoperato molti liquidi fissativi: il liquido D di Laguesse, dall'autore adoperato e ritenuto come uno dei migliori fissativi per il pancreas, non mi sembra, almeno nel caso dei Cheloni, racco- mandabile. In generale i liquidi osmici richieggono molte precau- zioni, poiché il pancreas si rende facilmente friabile e si producono delle contrazioni: il liquido D di Laguesse è un po' troppo forte. Agisce meglio una soluzione più diluita del liquido d' Hermann e del liquido di Flemming. Ho adoperato con buon successo il liquido d'ALTMANN leggermente modificato col diminuire la quantità del- l'acido osmico e con l'aggiunta nella soluzione più diluita di qualche goccia d'acido acetico (meno dell' 1 °/o). Ottimi risultati ho avuto dalla miscela dello Zenker e dal liquido del Tellyesniczky, buoni dal sublimato in soluzione acquosa e dal sublimato picrico del Rabu mediocri dal liquido del GlLSON, pessimi dall'alcool a 90. I pezzi Mino stati trattati con le norme in uso per i vari fissativi. Ho adoperato un gran numero di colorazioni : tionina, bleu di toluidina, emallume, verde di metile ecc. (colori nucleari). Come colori plasmatici ho adopertato l'eosina, il giallo d'Orange, la, fu- csina arida. 1 migliori risultali però li ho ottenuti con la doppia colora- zione, saffranina e violetto di genziana, che permette una più Si- cilia differenziazione dei tessuti pancreatici, e dall'impiego dell'ema- tossilina ferrica dell'HEiDENHAiN. Ho adoperato anche la, colorazione Btondi-Heidenhainf. Sulla morfologia comparata del tessuto insalare del pancreas 5 Cenni d'un esame negativo nella Thalassochelys Le ricerche si sono iniziato con lo studio (lolla Thalassochelys caretta: ho sezionato vario parti del pancreas nei punti più di- versi (il pancreas della Thalassochelys è assai voluminoso e lobato) sia nella regione splenica come in altre, e con mia sorpresa non m'è riuscito mettere in evidenza nò isolo di Laxgkhhans e nem- meno altre formazioni che potessero rappresentare un equivalente morfologico. Ho riscontrato negli acini, cellule che risaltavano coi vari reagenti, sopratutto con l'impiego dell'omatossilina ferrica, ma da un attento esame facilmente mi convinsi trattarsi di artificiose immagini d' impregnazione dello stesso tessuto zimogenico (facili del resto nei parenchimi glandolali). Evidentemente non si trattava del preteso tessuto baticromo. Deluso, non potendo disporre di altro materiale (tengo a ricordare che io non ho potuto disporre che d'un solo esemplare) in altri modi rissato, mi sono rivolto alla Testudo yraeca, di cui riusci facile procurarmene in grande abbon- danza. Ricerca del tessuto insulare nel pancreas di Testudo graeca. Il pancreas della Testudo yraeca ha forma allungata, nel senso della lunghezza dell' intestino, assai stretto nella parte superiore, si allarga verso la porzione splenica. Ho sezionato l'intero pancreas di numerosi animali, adoperando tagli seriali di 5 \i. Da un primo esame della porzione splenica, ebbi l'impressione, che poi dallo studio più accurato mi si è dimostrato fallace di trovarmi in presenza di isole di Langkkh ans. Da osservazioni su materiale fissato in liquido di Zknkeb e colorato con saffranina e violetto di genziana (Fig. 1) risultavano delle zone che spiccavano colorate in violetto, tra i lobuli zimogenici. In alcuni punti tali zone erano riccamente vascolarizzate e i globuli sanguigni risal- tavano assai destintamente colorati nei nuclei dalla saffranina.. In preparati colorati con ematossilina ferrica Heidennhain, si scorge- vano zone assai chiare, qui e li circondate da capillari sanguigni. insinuate tra gli acini zimogenici. 6 Giulio Cotrouei Il lettore confrontando la Figura 1 della tavola con molte delle figure del Laguesse .sugli Ondi, vi può scorgere una grande rassomiglianza: si vedono qui e li lumi, che talvolta s'interrompono per poi ricomparire nella medesima direzione; tali lumi sono li- mitati da cellule prismatiche, con nucleo più spesso leggermente allungato, ma che può presentare varie forine sulle sezioni, con piccolo nucleolo e con cromatina granulare, disposta verso la mem- brana nucleare : i lumi risaltano perchè verso la periferia si accu- mulano granulazioni genzianofile. Seguendo sulle sezioni tali lumi si nota come essi vadano ad innestarsi su canali di più grosso calibro, le cui cellule sono più alte e tuttavia sempre limitate verso il lume da una zona ricca di granuli genzianofìli. Non si scorgono notevoli diiferenze nella costituzione cellulare, soltanto i granuli genzianofìli risaltano mag- giormente nelle cellule dei canali più grossi. Applicando nell'esame altri metodi di fissazioni mi convinsi che mi trovavo in presenza d'uno speciale e grande sviluppo dei canali escretori. I canali escretori, che hanno calibro abbastanza grande, sono nella Testudo graeca circondati da una tunica coimettivale svilup- pata, che in certi punti può presentarsi assai ricca di nuclei (Fig. 2, 3, -fj: a misura che dai canali più grandi si digrada in canali di calibro minore, la tunica diminuisce di spessore; però non è raro osservare come anche canalicoli abbastanza piccoli, possano essere compresi all'inizio in uno stroma sviluppato. Questo sviluppo del tessuto connettivo intorno ai canali (il Pisuincier l'ha già rilevato nella tartaruga) m'è stato assai agevole per l'esatta interpretazione delle immagini microscopiche. La struttura delle cellule non ha niente di speciale. Le cellule sono peni sempre disposte in un solo strato, qualunque sia il calibro del eanale, e questa constatazione è nel caso nostro degna di essere tenuta in considerazione, in quanto Vincent e- Thompson dichiarano d'aver riscontrato nella Testudo ta- bulata (1908, pag. 'Ili) « in some of the ductules there are two rows of cells and in some cases the duets are surrounded by ade- noid tissue. In these respeets there is a resemblance to what is found in the Elasmobranchi ». Il fatto di trovare due strati di cellule può dipendere dal modo come cade il taglio, un taglio obliquo fa apparire qui e lì irregolarmente i due strali. Se il taglio poi cade longitudinalmente. Sulla morfologia comparata del tessuto insulare del pancreas 7 là dove non è il lume, allora, evidentemente, si riscontrano non due strati solamente, ma tutta una zona che potrebbe apparire come una gemmazione dei canali (Fig. 4); l'esame seriale e spesso l'esame della stessa sezione, purché sia convenientemente interpo- lata, basta a convincersi che si tratta di immagini fallaci. Questo nel caso della Testitelo graeca, ed anche negli altri Che- Ioni da me esaminati, espongo quindi un semplice sospetto anche por La Testudo tabulata, dichiarando tuttavia di non avere osser- vazioni dirette. Le cellule dei canali (come del resto è il caso più comune di tutti i Vertebrati) sono alte nei canali di maggiore calibro e vanno gradatamente diminuendo d'altezza nei canali minori (è notevole come nella ThalassocJielys caretta le cellule dei canali siano più basse). Con i liquidi fissatori da me preferiti e con opportune co- lorazioni, si scorge che esse sono sparse di granuli che s'accumu- lano verso il lume (ciò concorda con quanto ebbi a vedere nelle prime osservazioni). Nell'estreme diramazioni è notevole che questi granuli metaplasmatici sono meno abbondanti. Nelle sezioni della porzione splenica della Testitelo graeca, si è colpiti dalla copiosa ricchezza del sistema canalicolare: si osservano canali di vario calibro; spesso intorno a un canale più grande si osserva, tutto un complesso di canali minori (Fig. 4) producendosi talvolta, come conseguenza del taglio, immagini, la cui esatta in- terpretazione può dedursi solo da accurate e minuziose osserva- zioni; talvolta capita di osservare, allorché i canali sono sezionati in direzione longitudinale, che essi hanno un decorso tutt'altro che rettilineo, ma sinuoso ed irregolare, onde è facile che sulla stessa sezione, a distanza più o meno grande, possa aversi un canale sezio- nato in più punti; che ciò possa avvenire è cosa troppo evidente perchè ci sia bisogno d'una più lunga dimostrazione. Va ricordato clie avendo il Diamare ritenuto sinuosi i canalicoli del pancreas dei Selacei, sì da essere tagliati in diversi sensi dal rasoio, le sue osservazioni furono diversamente interpretate dal Laguesse (1902, 5, pag. 261). « Or, on trouve bien, en eifet , et assez souvent la section tranversale d' un canal moyen entourée de plusieurs se- ctions en divers sens de petits canaux. Mais, comme on peut s'en assurer en suivant les canaux moyens sur des coups transversales, sériées et sur des coupes longitudinales , il faut interpréter cette image autrement que l'a fait Diamare. Il ne s'agit pas ici d' un seni fin canal plusieurs fois replié sur lui-mème, mais de plusieur 8 Giulio Cotronei canaux ». Evidentemente si traila puro di duplici osservazioni, giac- chè anche nella Tedialo graeca io ho osservato entrambi i casi: canali tortuosi e ricchezza di diramazioni. Se ora poi riflettiamo che è notevole proprio nella porzione splenica la ricchezza dell'albero escretore, riccamente vascolariz- zato, specialmente nelle ultime diramazioni ; dovremo essere gui- dati ad intravedervi una grande importanza, in quanto è proprio e specialmente nella porzione splenica che altrove (Ofìdi) si notano secondo il Laguesse grosse isole primarie. Spesso, data la ricchezza dei granuli genzianofili nei canali di medio calibro, si nota una struttura vacuolare del citoplasma : i vacuoli rappresentano il posto dove s'erano formati i granuli di secrezione, espulsi o disciolti. Questi granuli si comportano nella doppia colorazione satfranina- violetto di genziana diversamente dallo zimogeno, che assume intensamente la saffranina ; ma ' con altri procedimenti non si nota una così netta e spiccata differenziazione; così, usando l'ematossilina ferrica d'HuiDENHAiN, i granuli zimoge- nici e i granuli dei canali sono colorati dall'einatossilina ferrica. lo zimogeno però spicca assai più in nero ; con la colorazione del Biondi, entrambi assumono il colore rosso (fucsina), lo zimogeno con maggiore intensità; in generale si nota sempre questa diversa intensità rispetto ai colori. Sulle ultime diramazioni gli acini zimogeni si vengono a in- nestare quasi sempre a canale continuo (Fig. 2, 3). Ho notate» qui e lì nei canali, cellule che hanno dei nuclei speciali , mostrando una minore resistenza ai rissativi : assumono una forma irregolare, talvolta semilunare (azione del fissativo) e con una maggior ricchezza, in certi casi, di granuli cromatici. Tali cellule si trovano con molto minor ricchezza nelle cavità secer- nenti, verso il lume. Quando si pensi che in molti casi le cellule centro-acinose, e talvolta le stesse cellule insulari sono state defi- nita e riscontrate appunto con tali caratteri, mi sembra non inop- portuno notare la presenza di questi elementi, i quali vengono più facilmente deformati dai vari (issatavi usati. Dalla constatazione della ricchezza canalicolare della porzione splenica del pancreas della Testudo, risulta assai facile ascrivere ad essa le fallaci impressioni di isole di Langeehans metamorfosate in acini e viceversa. N e I p a d c c e a s dell a Testudo graeca non esistono isole in senso stretto, ossia co- Sulla morfologia comparata del tessuto insulare del pancreas 9 s t il u i t e ri ;i cordoni epiteliali corno invece si riscon- trano negli altri vertebrati, e n e p p u r e s i p u ò p a r 1 a r e d i isole con Lumi; ma dalle osservazioni e consecutive discus- sioni trarremo argomenti por una diversa interpretazione delle im- magini descritte. Nelle sezioni in cui si riscontrano un insieme di canalicoli a lume stretto, separati da capillari sanguigni, si può ritenere, a prima vista, d'avere a che fare con isole; i rapporti con le cavità secernenti e con i tubi di più grosso calibro, la costituzione ci- tologica, ci rendono però sicuri di non cadere in così facile e pur così grave errore. Lo stesso Laguessk ciò riconosce quando nel ve- rificare i risultati flel Diamake sullo Scyllium canicula (1902. 3. pag. 15) dice : « Dans les coupes après simple fixation par l'alcool, quand on elierehe les ìlots, on ne trouve point les masses pleines qui les constituent ailleurs, ma l'oeil est attiré de suite par des petites plages qui se comportent de mème, c'est-à-dire, qui soni bien plus claires, moins bien fixées, moins colorables, pourvues d'un réseau capillaires bien plus serre à vaisseaux souvent plus larges »; ed aggiunge : « On se convainc bien vite quo ces plages claires représentent simplement la coupé d' un ou plusieurs des derniers rameaux de l'arbre exeréteur ». Dunque le i in in a g ini chiare, dove n OH e s i- stono isole di Laxoekhans, possono simulare tali i sole. Lo studio dei rapporti tra condotti1) e cavità secernenti può spiegare anche altre fallaci impressioni. Le cavità secernenti nel pancreas della Testudo graeca si mo- strano innestate direttamente sulle ultime diramazioni dei con- dotti (Fig. % 8, 4), così che spesso l'acino si mostra come una continuazione del condotto e secondo come cade il taglio può anele non presentare alcun rigonfiamento; nell'insieme il tessuto zimogo- nico si mostra tutto cosparso di granuli metaplasmatici, e mentre in generale è noto che i granuli zimogenici si mostrano di prefe- renza, verso il lume, lasciando una zona basale libera, nel pancreas della Tedialo graeca e anche negli altri Cheloni da me esaminati. l) Perchè non ci siano equivoci avverto che io ho usato indifferentemente le parole di condotti o canali escretori anche per le ultime diramazioni dell'albero escretore in rapporto con le cavità zimogeniche, nel testo viene spiegato chiara- mente, del resto, di quali specie di condotti Si parla volta per volta. 10 Giulio Cotronei non si hanno le due zone caratteristiche. Questa tendenza del zi- mogeno d'invadere tutta la cellula fa che i limiti cellulari spesso non siano ben distinti. I nuclei delle cellule acinose mostrano una distinta parete, poca ricchezza di cromatina e un nucleolo assai evidente. Nel citoplasma, intorno al nucleo, è visibile il Ne'benkern: si tratta d'una grossa granulazione sferica, sposso aderente alla mem- brana nucleare; raramente assume una forma allungata (l'ho ri- scontrato più spesso nella Talassochelys caretta) ; si distingue dai granuli zimogenici per la grandezza e per le reazioni più intense. Ledendo i lavori del Lagtjesse sugli Ofìdii, io sono stato spesso sorpreso dall'osservare una grande rassomiglianza tra alcuno Bgure disegnate dall'autore, e tendenti a dimostrare una ricosti- tuzione acinosa da isole e formazioni di isole da acini (acini in- vertiti), e le immagini presenti nei miei preparati. Nel caso della Testudo, avendo potuto escludere la presenza di tipiche isole, ri- sulta chiaramente che tali immagini sono dovute a semplici rap- porti tra condotti e acini; cosi dato il modo come capita il taglio si possono osservare gruppi di cellule zimogeniche in rapporto con poche cellule chiaro dei condotti, oppure cellule zimogeniche in dipendenza di condotti vascolarizzati, tagliati in punti dove non apparisce il lume; non si tratta mai d'immagini di trasformazioni di tessuti, ma di rapporti fra condotti e acini colpiti in vari modi dai tagli. Il pancreas della Test/uh graeca, adunque, per l'assenza delle tipiche isole, e la ricchezza d'un albero escretore ben vascolariz- zato, che per alcuni caratteri comuni rispetto ai colori, può si- mulare il tessuto insulare, assai bene si presta [ter uno studio di controllo, e per poter dare una possibile spiegazione di ciò che possono essere alcune immagini microscopiche, così variamente interpretate in altri animali. Dirò come conclusione di questa parte del mio lavoro, che, nella Thalassochelys caretta come nell'Emys europaea, pur non es- sendo riuscito a. mettere in evidenza isole di Laxgerhans, non si nota una così spiccata ricchezza dell'albero escretore. Neil' Emys, in modo ancora più sviluppato che negli altri Cheloni da me esa- minati, ho notato come i canali siano circondati da tessuto lin- foide, che spesso si allarga l'ormando degli ammassi inclusi fra. gli acini pancreatici, fatto questo che il Diamare ritenne essere comune nei vari --ruppi di vertebrali, e che VINCENT e Thompsox. hanno riscontrato nelle altre .'5 specie di Cheloni da essi studiate. Sulla morfologia comparata del tessuto insulare del pancreas 11 Deduzioni morfologiche e esame critico della questione dell'essenza del tessuto insulare e la natura dei suoi equivalenti Nello studio del pancreas spesso è avvenuto come gli osserva- tori abbiano qui e lì negato l'esistenza delle isole di Langerhans; ma un esame più accurato dimostrò che l'assenza era dovuta al semplice fatto che agli autori non era avvenuto di metterle in evidenza e però, reso prudente da questi precedenti, venni alle mie conclusioni soltanto dopo il lungo esame fatto sulla Testudo graeca. Lo studio della porzione spleuica, e il fatto d'avervi riscontrato, proprio dove in altri animali (Oiìdi eee.j si trovano un gran nu- mero di isole, una così spiccata ricchezza dell'albero escretore, ricordante, come vedremo, un carattere embrionale, mi possono far dichiarare che nella Te4udo graeca, in un organismo che mor- fologicamente è così alto rispetto ad altri animali che pur ne sono forniti, mancano le isole di Langerhans, né negli altri Che- loni (Thdlassochelys caretta, Emys europaea) m'è riuscito di vederli. Sui Cheloni (jiltre specie però) vi sono osservazioni di Vincent e Thompson che tenderebbero ad affermarle: le loro descrizioni sono deficienti e contraddittorie, come ho accennato nelle pagine pre- cedenti, e toglie valore alle loro osservazioni l'esistenza da essi ammessa d'uno speciale tessuto baticromo, che viene però infirmato dallo stesso Laguesse LJOUc ricorderò inoltre che in un Testudineo (Testudo tabulata) neppure ai due predetti osservatori riuscì di ve- dere qualsiasi accenno di tessuto insulare, per (pianto gli autori si siano limitati a dichiarare una semplice osservazione negativa tra- lasciando di fare qualsiasi considerazione e di approfondirne lo studio, come meritava l'argomento. Evidentemente ci troviamo di fronte a dei fatti, la cui importanza morfologica non era possibile sospettare, pur senza che io senta il bisogno d'estendere per ora le mie considerazioni a tutti i Cheloni. 11 Diamabe nel 18!)9 ritenne che nel pancreas dei Selacei le isole, come sono intese nel senso ordinario, fossero assenti . pero egli riscontrò una speciale differenziazione dei condoni. Il Diamare osservò delle zone chiare simulanti 1' aspetto caratteristico delle isole di Langerhans; ma in esse l'autore scoperse tracce di lumi, 1_' Giulio Cotronei che risaltavano con sicura evidenza nelle fissazioni in liquido d' Hermann, noi canali L'autore riscontra un doppio epitelio; ai lati dei canaletti, tra 1(3 sezioni, nota capillari sanguigni assai larghi : « Questi capillari cosi sviluppati contribuiscono nei pre- parati ottenuti con i comuni fissatori, ad offrire all'occhio l'im- magine dei corpi di Langerhans. Intatti si verifica coi trattamenti ordinari una restrizione notevole o collabiinento delle pareti dei canalini, il cui lume sparisce perciò addirittura e tutto il tortuoso convoluto apparisce come una zolla chiara di forma irregolare, dissociata dai vasi ». Il Diamare, nel suddetto lavoro, concluse ritenendo che non avesse serio fondamento di fatti l'ipotesi di riguardare la partico- lare struttura dei canalini come un accenno delle isole, dichiaran- dola però seducente e in iscritti posteriori (1905), di fronte ai nuovi acquisti nel campo della morfologia comparata, ha creduto di av- vicinare la sua constatazione sempre più alla condizione offerta dall'esame degli embrioni dei mammiferi. Dopo che Oppel ebbe confermato i risultati del Diamare, il Laguesse ha ripreso lo studio dei Selacei (1902), confermando come le cellule dello strato esterno dei canalicoli presentino rea- zioni comuni con le cellule insulari. 11 Laguesse riscontrò, poi, nel Galeus canis, in rapporto con i condotti, delle speciali gemme cellulari che considera come una tendenza degli elementi endocrini a separarsi dai canali. (Anche Vincent e Thompson accettano il concetto del Laguesse). Per la prima volta il Laguesse ammette un'omologia tra le disposizioni che presentano i Selaci e le isole degli Olìdi, risultanti da una maggiore complicanza, Nei Ciclost orni, il Giacomini (1900) ha poi riscontrato, tanto nei follicoli isolati quanto nella massa principale del pancreas, due specie di cavila secernenti, distinte tra loro : tuboli, le cui cellule hanno i caratteri delle ordinarie cellule pancreatiche, e in cui sono presenti anche cellule centroacinose. Vi sono poi altre cavità secernenti; le quali si presenl ano con l'aspetto di vescicole rivestite da un alto epitelio secernente , con cellule cilindro-pri- smatiche, con il nucleo situato verso il terzo medio del corpo cellulare: sono cellule del tutto particolari, caratterizzate da un citoplasma delicatamente reticolato, e a lini granuli, contenuti nelle maglie del reticolo. Queste cellule assai più chiare vengono ri- Sulla morfologia comparata del tessuto insulare del pancreas 13 guardate dal Giacomini quali cellule di Langerhans e le vescicole come equivalenti dulie vescicole del Langerhans. Dalle mie osservazioni sui Cheloni posso dichiarare che 1' in- terpretazione del Lagues3E sui rapporti tra i Selacei e gli Ofidi trova serio fondamento quando sia lumeggiata differentemente: le formazioni descritte come isole di Langerhans con lume non sono isole nella loro totalità; si tratta di disposizione di canalicoli in rapporto con tessuto insulare : una parte soltanto è formata di tessuto insulare e corrisponde alle isole degli altri Vertebrati. In- tesa così la questione si spiega perchè Diamare si pronunziasse e insistesse sulla non esistenza di lumi in isole di Langerhans ed è strano come uno scienziato di gran valore come il Laguesse, che pure ebbe ad osservare gruppi vari di vertebrati, abbia inteso diversamente la complicanza e la morfologia delle isole. E perchè io non venga sospettato di confondere il pensiero dell' istologo fran- cese, riporto un periodo dell'autore riguardante gli Ofidi (1902, pag. 11): <■ en certains points les cordons à lumière effacèe consti - tuifs des ilots de Langerhans se branche ut directement sur un canal de moj^en calibre à epithelium prismatiques, tandis qu'à leur extre- mité opposée ils se conti nuent à plein canal avec un acinus tubu- leux normal chargé de zimogène ». Avendo osservato tutta la col- lezione dei preparati sugli Oiìdi del Prof. Diamare, non mi è ca- pitato d'osservare isole in rapporto diretto con gli acini, così corno l' intende il Laguesse, e ritengo che in questi casi il Laguesse abbia avuto innanzi a se, ciò che mi si è presentato nei preparati di Testitelo graeca: si tratta di rapporti di canali con acini e (nel caso degli Ofidi) di rapporti di contiguità o di continuità di canali con vere isole: ancora una volta si può ripetere che le isole sono un tessuto epiteliale che per quanto derivato dai tubi pancreatici si evolve per proprio conto, e nulla ha quindi di comune col tessuto zimogenico che è una differente derivazione dei tubi pancreatici primitivi. Io sono quindi in grado di sostenere come il Laguesse faccia delle considerazioni esatte che però non lo conducono a risultali accettabili. Due sono le sue ipotesi per spiegare 1.» pretese isole con lumi degli Ofidi; le riporto: «En presence de la discontinuitè de ces lumières , nous croyons pouvoir dire quo nous avous sous les yeux des cordons vèritablement pleins ou à lumière effacèe toul au moins sur une portion considèrable do leur longueur. Mais ce Il Giulio Cotronei cordons sont vraisemblablement dèrivés des portions tubuleuses ou sont les homologues de portions tubuleuses existantes dans le pancreas moins differencié d'autres espèces (Sélaciens Diamakk; Ciclostomes Gjacomini) ». L'autore conclude che nella prima ipotesi il lume, divenuto inutile, tenderebbe ad atrofizzarsi, e non reste- rebbero che delle vestigia: nella seconda il cordone è comparso pieno nell'ontogenesi, ma in ricordo della filogenesi dei frammenti di lume vi si mostrano, di preferenza nella porzione splenica : lo sviluppo ne mostra, secondo il Laguessb, le ragioni. Lo sviluppo, però, non ci può dimostrare in modo assoluto che le isole sono omologhe alle porzioni tubolose dei Selacei : lo sviluppo ci offre un certo numero di dati che permette di sospet- tare ehe si possa trattare uel caso dei Selacei ri' un equivalente che le rappresenti anche dal punto di vista della funzione. Quando si tien conto dei risultati dell' embriogenesi possiamo ritenere che le isole sono istologicamente meno differenziate rispetto al tessuto acinoso, conservando un carattere più embrionale (Harris e G-ow parlano ap- punto d' una p e rsisting embryonic s truc tur, 1894, pag. 359) e ciò spiega l'affinità di molte reazioni ist.ochimiche con le cellule dei canali, ma dal momento che si son formate nell'ontogenesi e in 'Ila filogenesi hanno assunto una fisionomia loro propria, e il mor- fologo commette un grave errore includendo nella omologia i canali da ppel (1902) considera le vescicole descritte dal Giacomini come i resi- dui del sistema escretore, considererebbe poi i tubuli come rappresentanti delle isole, non come cavità zimogeniche; quest'ultimo opinione però lin quando non ci saranno altri studi in proposito, non mi pare possa distruggere l'interpre- tazione del 'mai omini, che vi ha notato cellule centro-acinose e granuli di zi- mogeno. ; Renkxb in un Lavoro sulle relazioni dello isole di Langerhans cosi gli al- veoli del pancreas, accenna all' intimo contatto, che sembra esistere tra isole «■ acini, facendo tuttavia importanti riserve; non credendo possibile una trasfor- i alveoli in isole, là dove le isole hihh assent i. giacché giustamente Sulla morfologia comparata 'lei tessuto insulare ilei pancreas 17 3. - Queste vie conduttrici sono sempre presenti e localizzate costantemente nel modo suddetto in tutti i numerosi esemplari sa- crifica i. 4. - Esse possono rappresentare quella porzione dell'albero pan- creatico al cui ulteriore differenziamento riannodasi la genesi e lo sviluppo del tessuto insulare e corrispondono perciò, sulla base d'un ragionamento morfologico, alla condizione dei Selacei e dei Ciclo- stomi. 5. - Si può fondatamente ritenere d'esser in presenza d" un equi- valente morfologico di un pi-imo accenno del tessuto insulare giac- ché non si riscontrano quelle ulteriori differenziazioni istologiche note nel pancreas dei Vertebrati : fatto questo tanto più impor- tante dal punto di vista della morfologia generale in (pianto è noto che per molti caratteri i Cheloni sono tutt'altro che Vertebrati d'or- ganizzazione inferiore. Istituto di Zoologia ed Anatomia comparata della E. Università di Siena. Febbraio 1911. dice L'autore, non si potrebbe spiegare nel caso degli Ondi, la diversa distribu- zione del tessuto insulare. Archivio zoologico italiano. Voi. VI. 18 Giulio Cotronei Bibliografìa ' IH!)*!. Brachet, A. — Recherches sur le développemeut da pancreas et du foie: Janni. Anat. Pkys. Tome 32, p. 6.20, Pie. 18-20. 1911. (Jotronei, G. — Ricerca di equivalenti morfologici del tessuto in- sulare nel pancreas dei Cheloni. Nota preliminare : Boll. Soc. Nat. Sa poli (2) Voi. 5, p. 25. 1906. D e w i 1 1, L. — Morphology and physiology of areas of Langerhans1 Journ. Exper. Med. Voi. 8, p. 193, Pll. 12-15. 1899. D i a m a r e. V. — 1. Studi comparativi sulle isole di Langerhans del pancreas. Memoria La: Tnternation. Monatschr. Anat. Phys. 16 Bd. p. l,Taf. 11-13. 1901. 2- Cisti epiteliali nel così detto pancreas dei Petromizonti : (Rendiconto 3.° Convegno Uunione Zoologica italiana. Napoli, Aprile 1901) Mordi. Z. Ilal. Anno 12, p. 194. 1!H)5. — — 3- Studii comparativi sulle isole di Langerhans del pan- creas. Memoria 2a: Internatio)!. Monatschr. Anat. Phys. 22 Bd. j>. 129, Taf. 8 9. L896. G i a n n e 1 1 i , L. — Gi a e o m ini, E. —Ricerche istologiche sul tulio digerente dei Rettili. 3a Nota: Intestino medio e terminale, fegato, pancreas: Proc. Veri. Acc. Fisiocritici, Siena (4) Voi. 8. p. 105. 1900. Gìacomini, E. — Sul pancreas dei Petromizonti con particolare riguardo al pancreas di Petromizon marinus: Verhandl. Anat. Ge- sell. Pavia, p. 44, 4 fig. L898. G i ann e 1 1 i , L. — Ricerche macroscopiche e microscopiche sul pan- creas: Atti Are. Fisiocritici. (/'), Voi. 10, p. 481. 1S!)9. Giannelli, L. — Sullo sviluppo del pancreas nella Seps chalcides con qualche accenno allo sviluppo del fegato e della milza: Ri- cerche Laboratorio, Anat. Norm. Eoma, Voi. 7, p. 1, Tar. 1. L894. Harris, V. D. — Gou, M. — Note upon one or two points in the comparative Eistology of the pancreas: Journ. Phys. Voi. 15, p. 349. L899 Ij agu esse, E. — ■ 1. Les ilots endocrines dans le pancreas de la vipere: C. R. Assoc. Anat. 1 Session, p. 5, fig. 1. 1901. 2 Sur la structure du pancreas chez quelques Ophidiens et particuliérement sur les ilots endocrines (la memoire): Ardi. Anni. Micr. Tome 4, p. 157. Pie. 5. 1 Mi sono limitato a citare sultani i i lavori che più direttamente si oc- cupano della questione che ho trattato nel presente lavoro. I lavori segnati con l'asterisco non furono consultati direttamente, giacché non fu possibile procurarmeli. Sulla morfologia comparata del tessuto insalare del pancreas 19 1902. Laguesse, E. — 3. Sur quelques formes primitives des ilots endo- crines dans le pancreas des Selaciens et des Ophidiens: C. R. Ass. Anni, i Scssion, p. 14. 1902. — ■ — 4- Sur la structure du pancreas chez quelques Ophidiens et particulièrement sur les ilots endocrines (2a memoire): Ardi. Ann/. Mici: Tome 5, p. 265, Pie. 11-13. 1902. — — 5. Sur La structure du pancreas chez le Galens canis: Bill. Anat. Tome 10, p. 260. L906. — — 6- Le pancreas: Lyon. 1909. — — 7. Les ilots de Langerhans: Rap. 14° Congrès Intermt. Méd. Budapest. Section Anat. p. 30. 1898. Massari, G. — Sul pancreas dei pesci. Nota preliminare: Atti Ac- cad. Lincei. Voi. 7. p. 134. L900. Oppel, A. — Lehrbuch der vergleichenden mikroskopichen Anato- mie der W irbeltiere : 3 Bd. Jena, Fischer. 1895. Pischinger. — Beiti'àge zur Kenntniss des Pancreas: Inaugurai Dissert.: Munchen. | 1 91 lO. P e r d r i g r e a t. ...— T r i b o n d e a u, ... — Description anatomique du pancreas des Ophidiens: Proc. Verbaux Soc. TAnnéenne Bor- deau, Tome 4, Oetobre (citato da Laguesse). 1889. P 1 a t n e r. G. — Beitrage zur kenntniss der Zelle und ihrer Thei- lung. IV. — Die Entstehung une! Bedeutung der Nebenkern ini Pan creas: Arch. Micr. Anat. 33 Bd. p. 180. L909. Rennie, J. — On the Relation of the Islets of Langerhans to the alveoli of the pancreas: Internation. Monatschr. Anat. Phys. 26 Bd. p. 197. 191 16. Vincen t, 8. -- T h o in p s o n, F. D. — 1. The islets of Langerhans in the Vertebrate pancreas (Preliminary comtnunicationi: Jonm. Phys. Voi. 34, p. 27. ,11117. — _ 2- On the relation between the Islets of Langerhans and the zymogenous tubules of the Pancreas: Internation. Monatschr. Anat. Phys. 24 Bd. p. 61, Taf. 4-5. 1VM)7. — — 3. The islets of Langerhans and the zimogenous tubules in the vertebrate pancreas with special reference to the pancreas ol the Lower Vertebrates : Trans. B. Soc. Canada, Voi. 1 (3) p. 275, FU. 2. ■_>U Giulio Ootrònei Spiegazione della Tavola 1 Tutte le figure si riferiscono a sezioni «lolla porzione splenica del pancreas della 'l'estuilo gracca: sono state riprodotte con la camera chiara di Abbe, al- l'altezza del tavolino del microscopio. Lettore comuni a tutte le figure. te, tessuta connettivo con i suoi nuclei a, acini pancreatici con i granuli zimogenici cp, capillari sanguigni f/, condotti escretori (diramazioni su cui s* innestano gli acini zimogenici). Fig. 1. — Figura d'insieme che dà l'impressione del comportarsi dei condotti (violetto) e degli acini zimogenici che spiccano con lo zimogeno in- tensamente colorato in rosso; verso la parte superiore, si scorge un insieme di condotti, qui e li separati da capillari sanguigni, e che potrebbe simulare un'isola di Langerhans con lume Fissa- zione in liquido di Zenker; colorazione con saffranina e violetto di genziano. Ocul. 4 comp., Obb. DD. Zeiss. (figura riveduta e dipinta dal Prof. V. Diamare da un mio preparato). » 2. — La figura mostra condotti escretori (diramazioni di piccolo calibro) in cui si innestano in continuazione diretta gli acini pancreatici, i quali non mostrano una distinta zona basale, ma sono da per tutto co- sparsi dizimogeno: Fissazione in liquido di Tellyesnicsky; colorazione con saffranina e violetto di genziano. Ocul. 4 comp., Obb. DD. Zeiss » 3. - Vari modi d'innesti d'acini sui condotti, così come possono apparire sui tagli. Fissazione in liquido iI'Altmann; colorazione con saffranina e violetto di genziana. Ocul. 4 comp., Obb. DD. Zeiss. » 4. — La figura mostra un gruppo di canali di minore calibro che circon- dano un canale più grande, verso la parte superiore si nota ima zona cellulare, che potrebbe dalla figura apparire come una gemma del i-anale: immagine artificiosa dovuta alla irregolarità del taglio, con cui è stato colpito il canale dove non è il lume; similmente verso la parte inferiore la figura mostra un insieme di canali colpiti in varia guisa dal taglio, in qualche parte separati da capillari; in alcuni non appare da per tutto il lume, che non è stato sezionato: il tessuto zimogenico s'insinua tra i canali. La figura nel suo insieme mostra i rapporti fra gli acini e i condotti, e spiega le pretese immagini di trasformazioni dei tessuti. Fissazione in liquido di Tellysnicsky ; colorazione con saffranina e violetto di genziano. Ocul. 4. comp. Obb. DD. Zeiss Ricevuto l'8 Aprili 1913. Finito di stampare il 0 Ottobre 1912. Sopra un caso di ovari diffusi in un triclade, do- vuto probabilmente al parassitismo di uno spo- rozoo. R i o e r e h e della Dott.1 Antonietta Monti con la tavola 2 È noto ohe nei Tricladi gli ovari, in numero di due. sono si- tuati nel terzo anteriore del corpo appena dietro il cervello; nei Policladi, invece, gli oociti non sono raggruppati e localizzati in un punto determinato, ma, come i testicoli, sono sparsi in gran ninnerò nelle regioni laterali. È questa la più importante differenza anatomica su cui è fondata tale distinzione dei Turbellari. Nel eorso di alcune ricerche sulla rigenerazione degli ovari nelle Planarie d'acqua dolce, delle quali mi occupo in altro la- voro, neir esaminare la serie di sezioni di una Planaria torva M. alla quale era stata asportata 9 mesi prima la regione anteriore del corpo, ebbi ad osservare che le cellule germinali femminili erano sparse in tutto il corpo con una disposizione che ricorda quella dei Policladi. lo non mi accorsi, forse poiché le mie osservazioni erano di- rette ad altro scopo, che il verino presentasse all'esterno alcunché d'anormale; e solo sulle sezioni, come ho detto, ebbi ad accor- germi di tale anormalità, (ili organi interni si mostrano, nelle se- zioni , normali tanto per L'aspetto generale che per la struttura. Solo gli oociti sono sparsi in quasi tutto il corpo, come i testicoli: isolatamente, oppure a gruppi di parecchi, tanto ventralmente che dorsalmente, a destra e a sinistra del tubo digerente, intercalali fra le anse dell'intestino, inclusi in mezzo al parenchima; e si al- ternano e si accompagnano colle capsule maschili , che formano due file ai lati dol corpo. Essendo stata la planaria fissata nel mese d'aprile, quando è già incominciata da tempo la deposizione delle uova, tanto gli Art. 2. 22 Antonietta Monti elementi femminili (Fig. 1 o) che quelli maschili (Fig. 1 t) sono completamente sviluppati, onde essi si differenziano benissimo nella massa parenchimatica , sia per l'aspetto che per le dimen- sioni. Alcuni oociti occupano poi una posizione particolare che parmi assai interessante per l'interpretazione del fenomeno: essi, infatti, sono come compresi fra due testicoli (die stanno addossati ai loro lati e sembrano rinchiuderli; un alilo, poi, (Fig. 2) è, per così dire, incapsulato dentro un testicolo, nell'interno del quale pare siasi differenziato, poiché non potrebbe spiegarsi facilmente come la cellula-ovo abbia potuto, dopo la sua differenziazione, migrare nel- l'interno di una capsula maschile. Numerosi sono infine gli oociti raggruppati insieme con due o più testicoli e occupanti la posi- zione propria di questi ultimi. Viene, quindi, spontaneo pensare che tali elementi che si tro- vano in posizione si anormale, vi siano al posto di elementi ma- schili a cui si siano, per così dire, sostituiti. E non sarebbe questo un caso nuovo, almeno per altri animali. Il cosidetto ermafrodi- tismo glandulare accidentale, quel fenomeno cioè che consiste nella presenza di elementi femminili in un testicolo o di elementi ma- schili in un ovario, venne osservato in quasi tutti i gruppi ani- mali. Nei tricladi. invece, ch'io sappia, non è ancor stato osser- vato alcun fenomeno di questo genere. Ora, nel caso della planaria sopra descritta ad ovario diffuso, la particolare disposizione degli oociti, e in particolare la posizione dell'oocite della fig. 2. indurrebbero a pensare che si tratti appunto d'un caso d'ermafroditismo di tale specie. Mentre nella genesi del- l'animale andavano differenziandosi gli elementi maschili, probabil- mente cellule parenchimatiche, che aormalmente avrebbero fornito cellule formatrici di tali elementi, trovandosi in speciali condizioni, si sono sviluppate nel senso femminile dando-luogo ad oociti, che occupano così una posizione anormale, propria agli spermatociti. Qual'è la causa che ha determinato il fenomeno'? Ancel, stu- dia ndo lo sviluppo ontogenetico della glandola sessuale neWHelix pomatia, osservò che dapprima dall'epitelio germinativo si differen- ziano delle cellule : progerminative indifferenti» che danno luogo prima a spermatogoni i quali occupano 1' interno della glandola, poi ad elementi nutritizi che si dispongono a formare uno strato periferico, attorno al quale se ne dispone un altro di elementi pro- manativi che si differenziano in oogonie. Orbene, egli notò che Sopra un caso di ovari diffusi in un triclade 23 tutti gli elementi che compaiono prima dell'apparizione di quelli nutritizi, si evolvono nel senso maschile, quelli che appaiono dopo, si evolvono nel senso femminile, per cui l'apparizione delle cellule nutrici avrebbe un effetto preponderante sul determinismo sessuale. Perciò nel caso in cui in un animale qualunque oociti sono rim- piazzati da spermatociti, nei casi cioè di ermafroditismo glandolare accidentale, l'autore ritiene che ciò avvenga perchè qualcuna delle cellule epiteliali si differenzia in cellula sessuale prima dell'appa- rizione delle cellule nutrici. Ma siccome queste cellule nutrici non si trovano in tutti gli animali, così l'interpretazione dell'autore non può avere un valore d' ordine generale. Però volendo dare una maggior estensione a tale modo di vedere si potrebbe concludere che un'alterazione del ricambio, prodotta da una causa qualunque, possa portare ad un'al- terazione nel determinismo sessuale, che può dar luogo a tale genere di ermafroditismo. Ad ogni modo l'autore ha il merito di essersi posto nettamente il problema della causa che produce il fenomeno. Ritornando al caso della planaria descritta, poiché le condi- zioni esterne d'ambiente in cui si trovava l'animale erano quelle normali, bisogna ricercare se la causa del fenomeno è dovuta ad un'alterazione delle condizioni interne. Nella planaria a cui erano stati asportati, come dissi, gli ovari, la neoformazione di altri nu- merosi organi genitali femminili non può interpretarsi come una rigenerazione multipla di organi asportati, poiché fra i numerosi individui che hanno subito tale operazione, in quest' unico caso si osserva tale particolarità. E in quest' unico caso troviamo però un fatto assai interes- sante. Oltre agli oociti così numerosi e diffusi, si trovano anche nell'interno dell'animale dei corpi particolari che debbono essere interpretati come organismi parassiti. Sono specie di cisti (Fig. 1, sp) contenenti numerosissimi corpi rotondi in ciascuno dei quali vi sono da due ad otto e più corpuscoli che si colorarono inten- samente coi colori nucleari. Tali cisti hanno l'aspetto di cisti di Cni- dosporidi che si trovino nel periodo detto da Doflein propagativo, e precisamente nello stadio di pansporoblasti. Le cisti sono tutte ad uno stadio quasi identico: in alcune (Fig. 4 è visibile un substrato protoplasmatico in cui sono differenziati gli sporoblasti ; in altre, in- vece (Fig. 3), tutto l'interno della cisti è occupato da tali corpi. Non avendo potuto vedere alcuna spora già formata, non mi fu 24 Antonietta Monti possibile determinare il genere né, dato che si tratti d'una specie nuova, avvicinarla ad altre note. Già Hallez trovò altri sporozoi parassiti di planarie, come le gjregarine ; altre cisti trovate numerose nulla Piai/uria fusca egli ritiene siano di sporozoi: ma dal quadro date da Auekbach nel suo recente trattato sui Cnidosporidi risulta come questi sporozoi. che vennero trovati parassiti di molti vermi come del genere Asca- ris, Taenia, Scolopax, Tttbifex, Actinurus ecc., non vennero ancora osservati in alcun triclade. t^uestu caso nuovo potrebbe indurre gli studiosi a far ricerche per scoprire altro planarie infette e ado- perando una tecnica appropriata determinare la specie che no è parassita. Per quanto riguarda la conformazione anormale degli ovarii di [uesta planaria,, infestata dal parassita, è probabile che la presenza di quest'ultimo abbia infinito su tale conformazione. Stimoli di na- t ara chimica vennero probabilmente esercitati dal parassita mediante -istanze propagatesi attraverso la- reto parenchimatica, determinando così il fenomeno. A conferma di ciò sta il fatto clic; fra le nume- rose (circa 50j planarie ch'io studiai sulle rispettive serio di sezioni, quella sola che contiene (ali parassiti, presenta l'ovario diffuso. Al chiarissimo Prof. Giardina, che mi presto Largamente aiuto e consiglio, lo mio più vivo grazie Istituto di Anatomia e Fisiologia Comparate, II. Università, Pavia. Sopra un caso di ovari iliffusi in un triclade 25 Bibliografìa 1879. H a 1 1 e z. P. — Contribution a L'histoire naturelle des Turbellariés: Ulle, p. 83-86. 1896. Pelseneer, P. — L' hermaphroditìsme cbez Ics Mollusques: Arch. Biol. Tome li. p. 57. L902. Incel, I'. Sur l' hermaphroditisme glandulaire accidente] et le detenni nisme cyto-sexuel des gamètes: Arch. Z. Expér. Tome 10, p. 84. 1909 Drii'lc in. P. — Lehrbuch der Protozoenkunde : Jena, p. 613 1910. A u e r b a e h. M. — Die Knidosporidien : Leipzig, p. 36. 26 Antonietta Monti Spiegazione della Tavola 2. 'Tutte le figure riguardano la Planaria torva M< I'k.. 1. Sezione trasversale della planaria in corrispondenza della faringe: o - oocite, £- testicolo, sjp-sporozoo parassita. Ingrand. ca. lìO. x 2. — Oocite incapsulato in un testicolo. Sezione trasversale. Oc. 4, Ob. Imin. 1" L5 KORISTKA. Ingrand. 050 d. circa. » 3. _ Cisti dello sporozoo parassita. Sezione trasversale. Oc. 4, Ob. Iinm. 1"/15 Kokistka. Ingrand. (550 d. circa. » 4. _ Altra cisti in sezione trasversale. Oc. 4, Ob. Imm. l"/lb Koeistka. Ingrand. 650 d. circa. Y /;. La Fig. 1 è stata eseguita dalla signorina V. Arcellaschi, laureanda. Ricevuto il 20 Dicembre 1911. Finito di stampare il 10 Ottobre 101?. La rigenerazione degli ovari nelle planarie Ricerche della Dott.a Antonietta Monti con la tavola 3 1 numerosi esperimenti fatti per scoprire se gli animali pri- vati di cellule germinali siano capaci di rigenerarle e, nel caso positivo, in qual modo avvenga tale rigenerazione, hanno condotto a risultati diversi e spesso contrari tra loro a seconda degli ani- mali su cui sono stati tentati. Tale quesito assume particolare importanza quando venga messo in rapporto colle idee, oggi prevalenti, che le cellule germinali non possano prender origine da quelle somatiche, conformemente alla teoria di Weismaxn sul plasma germinativo. Questa teoria, infatti, ammette com'è noto, che il così detto plasma germinativo sia proprio delle cellulle sessuali, mentre le somatiche contengano un plasma diverso e specializzato, e che il primo venga trasmesso, immutato, da una generazione all'altra. Cellule germinali e cellule somatiche pare differiscano fra loro per la quantità di sostanza cromatica, la quale arriverebbe in maggior copia alle prime, com'è stato di- mostrato dal Boveri (18S7) nella segmentazione dell'uovo di Ascaris megalocephala, in cui le cellule madri delle cellule somatiche su- biscono una riduzione quantitativa della sostanza cromatica, mentre alle cellule germinali perviene integralmente la cromatina dell' uovo fecondato: e come fu dimostrato dal Giakdina (1901 per gli oo- citi e le cellule nutrici del Dytìscus: queste, infatti, pur provenendo dalla divisione della stessa oogonia, ricevono in quantità ridotta hi cromatina che perviene, invece, completa agli oociti. Ammessa questa distinzione fra le due sorta di cellule e ammessa la continuità del plasma germinativo, come potrebbero formarsi delle nuove cellule germinali in un organismo, in cui esse siano state completamente distrutte : 2i Antonietta Monti 1 ha sul liquido di Lang, il vantaggio che, versato sul dorso del- l'animale, lo fa distendere perfettamente, senza che i tessuti su- biscano raggrinzamento alcuno- Le sezioni vennero colorate con emallume ed eosina. I pezzi tenuti per la rigenerazione si completavano in circa dieci giorni , riformando la parte anteriore cogli occhi ed il cer- vello: ma, sezionando questa, non si poteva vedere, oltre il tegu- mento , che una massa di parenchima, sotto l'aspetto di un reti- colato in cui erano sparsi qua e là radi nuclei, le due masse cerebrali e gli occhi ; le cellule germinali mancavano assolutamente. Lasciai allora un tempo maggiore alla rigenerazione e in pezzi operati l'8 marzo potei osservare, due settimane dopo, nella parte rigenerata, la presenza di due testicoli , aventi l'aspetto di un gruppo di cellule ammassate colla loro forma caratteristica di spermatociti, più intensamente colorate di quelle parenchima^ che circostanti. Testicoli invece completamente maturi e normali presentava un'altra planaria due mesi dopo l'operazione. Questi risultati, mentre confermavano quelli ottenuti da Schultz (1902) non potevano avere importanza pel nostro problema per la ragione sopra detta. Sono anch' io propenso a ritenere che i nuovi testicoli siano derivati per differenziazione dal parenchima come opina lo Schultz. Ma anche qui mancavano assolutamente gli elementi femminili i quali difettano pure in rigenerati di 3 mesi. Intanto le planarie, non essendo nutrite, erano diminuite con- siderevolmente di .volume, sì da ridursi ad un terzo della grandezza normale ; allora le nutrii con lombrici che esse distruggevano vo- racemente tanto da raggiungere, in breve tempo , le dimensioni normali. II lavoro di Berninger (1911), uscito quando i miei esperimenti erano compiuti, dimostrò poi , infatti, come sia nocivo il digiuno alla formazione oltreché alla vita stessa degli oociti. Tn queste nuove condizioni lasciai le planarie per ben 6 mesi dai primi di maggio, in cui le tagliai, fino a dicembre, epoca in cui esse raggiungono la maturità sessuale. Se in tal tempo , in cui le planarie depongono le uova, quelle operate si fossero mo- strate prive di uova, si poteva concludere che tali organi non si rigeneravano. Invece tutte le planarie, che erano stale operate, fissate in tale epoca, mostrano nuovi ovari ben conformati con oociti di 32 Antonietta Monti primo ordine in gran numero e in diversi stadi di accrescimento: oociti che, confrontati con quelli d'individui normali, (Fig. 3), non ne differiscono in modo apprezzabile. La Fig. 4 mostra in sezione trasversale un ovario di planaria ohe ha rigenerato la parte ante- riori» con tali organi, in 6 mesi (da giugno a dicembre). E non soltanto per gli animali che avevano subito l'operazione descritta, ma anche per altri, che aveva tagliato longitudinalmente in due come dalla Fig. 2, in modo da aversi per ciascuna metà una sola massa gangliare del cervello, un solo occhio, metà faringe e l'apparecchio copulatore pure diviso per metà, potei constatare la neoformazione dell'altro ovario. Alcune planarie, operate il 15 luglio, in pochi giorni rigene- rarono la metà mancante, cosicché da ciascuna planaria ne ottenni due normali, che dopo un mese mostravano anche i testicoli ma non gli ovari ; in altre, operate lo stesso giorno e fissate il 20 feb- braio trovai ambedue gli ovari perfettamonte sviluppati e normali. si che non si potrebbe distinguere dall' aspetto quello rigenerato dall'altro. Ritornando poi ad esaminare le sezioni di planarie che ritenevo senza ovari , potei scorgere in una di queste operata 1' 8 marzo e I issata il 9 giugno, cioè dopo tre mesi, un oocito ben differenziato (Fig. 5), in posizione normale, circondato da cellule parenchima- 1 iche: era questa una prima cellula dell'ovario, che s'andava co- stituendo, alla quale si sarebbero aggiunte altre in modo da dare un ovario pluricellulare. Riassumendo, risulta in modo sicuro da queste ricerche che « i tricladi sono capaci di riformare gli ovari quando questi siano stati completamento asportati ». Altre planarie che, dopo l'operazione, vennero tenute ancora maggior tempo in osservazione, dopo aver rigenerata la parte man- cante, deposero a loro tempo i bozzoli, da cui più tardi nacquero i piccoli vermi, confermando nel modo più sicuro che gli ovari neo-formati erano normali ed atti alla riproduzi ■. 11 fatto che lo Sohultz ed altri AA. non hanno potuto con- statare la rigenerazione degli ovari si può spiegare quando si pensi che essi fecero le loro osservazioni dopo un periodo rigene- ri:! ivo troppo breve e non pensarono di aspettare l'epoca della maturità sessuale, <» fors'anche tennero digiuni gli animali. Si presenta ora naturale la domanda: e donde hanno avuto origine i nuovi ovari? » Disgraziatamente qui manca l'osservazione La rigenerazione degli ovari nelle planarie 'ò'à diretta, poiché nei numerosi preparati di pozzi rigenerati, ch'io stu- diai, non mi fu mai naturalmente possibile scoprire oociti in via di formazione. Essi mancavano assolutamente, oppure vi erano già ben differenziati colla, loro forma e la loro costituzione caratteri- stica, sebbene in vari stadi di accrescimento. Parrebbe che si dovessero vedere gli stadi del passaggio gra- duale dalle cellule parenchimatiche alle cellule-ovo, che si trovano come immerse in mezzo ad esse, tanto più nel caso citato dell'ovario ad una sola cellula; invece, come dissi, io non potei cogliere nes- sun momento di tale trasformazione. D'altra parte, poiché non esistevano nella parto posteriore, ohe ha riformato gli ovari, cel- lule della stessa natura, è logico pensare ch'esse siano derivate da cellule somatiche e probabilmente da quelle parenchimatiche, come si ritiene per gli altri organi. Però nella parte del verme, privata degli ovari, erano rimasti delle cellnle germinali : quelle maschili. Si potrebbe quindi pensare che nella rigenerazione, mentre anda- vano formandosi nuovi testicoli, talune cellule parenchimatiche, ab- bozzi di cellule germinali, destinate a fornire elementi maschili, si siano, per così dire, in vista del bisogno, trasformate in oociti. A mostrare come quest'ipotesi, non sia priva di fondamento, ricorderò che in molti animali ermafroditi, come nei molluschi, le stesse cellule in una sola ghiandola possono dar origine a sperma- tociti e ad oociti; non solo, ma abbiamo anche dei casi più interes- santi, in cui nella glandola genitale di un certo sesso può formarsi un numero più o meno grande di elementi dell'altro sesso. Sono i cosidetti casi di ermafroditismo glandulare accidentale, che vennero osservati in (piasi tutti i gruppi animali e ch'io eredo d'aver con- statato in una (bilie planarie che mi servirono per questi esperi- menti come risulta dalla mia precedente memoria « Sopra un caso di ovarii diffusi in un triclade ». Senonchè io non ho alcun dato di osservazione che mi auto- rizzi ad ammettere come vera, per (pianto probabile, l'ipotesi sopra enunciata. D'altra parte quelle planarie che, tagliate longitudinal- mente in due. rigenerarono la metà mancante, pur possedendo un ovario intatto in ogni metà, in due mesi di tempo non riformarono l'altro ; ma esso comparve dopo (> mesi e tutto ciò senza che il vec- chio ovario subisse, per quanto potei vedere, modificazione alcuna. Rimane ancora una possibilità la (piale sembra avere le mag- giori probabilità; che cioè i nuovi ovari siano derivati da cellule parenchimatiche. Archivio zoologico italiano, Voi. VI. 3 : ; 1 Antonietta Monti Comunque sia, ohe si tratti di cellule parenchimatiche, o di cellule progerminative maschili, trasformatesi in oociti, tale trasfor- mazione sarebbe indotta da particolari stimoli derivati dall'assenza degli ovari. E da notarsi, però, che in quelle planarie che furono tagliate longitudinalmente in due parti , la presenza di un ovario non bastò, come abbiamo visto, ad impedire la formazione dell'altro; ciascun ovario basta dunque a saturare, per così dire, una metà del corpo, mentre per l'altra metà rigenerata si sono determinati quegli stimoli , quelle condizioni, cui accennavo, che portano alla formazione di un nuovo ovario, venendo così rispettata anche nel modo di estrinsecarsi, di agire di questi stimoli, la simmetria bi- laterale propria dell'animale. E interessante, infine, rilevare la grande lentezza con cui si compie la rigenerazione degli ovari : dalla quale lentezza si deve arguire che tale rigenerazione incontri una certa difficoltà nel suo svolgimento, come se forti impedimenti l'ostacolassero. Tale diffi- coltà appare ancora maggiore quando si pensi alla velocità n>n cui si compie la rigenerazione degli altri organi, compresi i testicoli, Delle planarie. Per ciò questi animali sembrano segnare un primo passo verso la serie di quelli in cui si verificano quei processi, per cui tale rigenerazione degli ovari non è più possibili; e pei quali bisogna ritenere che sia assoluta La distinzione fra cellule germi- nali e cellule somatiche. Istituto di Anatomia e Fisiologia comparate, Et. Università, Pavia. La rigenerazione degli ovari nelle planarie 35 Bibliografìa issi. Noli, I. C. — Biologische Bemerkungen: Z. Garten, 22 Bd . p. 171. 1885. W e i s m a n n. A. — Die Continuitiit des Keimplasmas als Grundlage einer Theorie der Vererbung : Jena, p. 43. 1887. Boveri, Th. — Ueber Differenzierung der Zellkerne w&hrend der Fur- chung des Eies von Ascaris megalocephala: Anni. Anz. 2 Bd.p. 688. 1892. L e li n e r t, G. H. — Beobaohtnngen an Landplanarien: Ardi. Naturg. 57 Bd. p. 828. 1892. C li i s e li k o f'f, G. D. — Recherches sur les Dendrocoeles d'eau douce: Ardi. Biol. Tome 12., p. 438. 189U. 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La morfologia della cromatina ri a 1 i» u ìi to di vista fisi e o Memo ri a di Paolo Della Valle con le tavole 4, 5 e 75 incisioni Introduzione I rapporti t r a 1 a m orfologia nucleare e 1 a e li i m i e o - f i s i e a. I vari fenomeni che ci presenta la morfologia della cromatina nucleare durante il suo ciclo debbono e possono essere studiati in modo assolutamente obbiettivo e scevro di preconcetti, come se si trattasse di fatti del mondo inorganico, per vedere se e fino a qual punto essi siano riportabili all'azione di quelle semplici forze mo- lecolari che agiscono anche fuori della sostanza vivente. Questo affermai nel 1909 (P. Della Valle '09 p. 107-109 e 157) e spe- cialmente in una nota preliminare del presente lavoro letta al Con- gresso dell'Unione Zoologica Italiana tenutosi a Napoli nel settem- bre 1910, e pubblicata poco dopo nel Monitore Zoologico Italiano 1y. ciò appunto mi propongo qui di dimostrare. In questo studio vengono sistematicamente analizzate tutto le manifestazioni della cromatina nucleare, dal solo punto di vista della morfologia citologica, cioè prescindendo completamente da qualunque ipotesi o discussione sulla natura chimica2) di questa sostanza o sulla sua importanza nei fenomeni dell'eredità. Per ciascuna di tali manifestazioni, in generale viene seguito il seguente metodo : I. Esposizione il più possibilmente obbiettiva dei caratteri prin- cipali del fenomeno nelle condizioni normali nei più diversi orga- i) Cfr. anche P. Della Valle il2 \>. L49. - Cfr. anche Fjschkr '99 p- 191-2. 38 Paolo Della Valle nisini ed in condizioni anormali spontanee o sperimentalmente pro- vocate, sintetizzando tutte le notizie relative sicure. Grande cura lio posto nel cercare di determinare quanto tli ciò che si osserva è da considerare come reale e quanto è invece dovuto ad art ((fatti di preparazione. Perciò appunto ho dato la massima importanza alle osservazioni fatte sul vivo l); ma special- mente ho cercato di sceverare quanto più fosse possibile nelle no- tizie pubblicate i fatti reali dalle semplici supposizioni; giacché, come è noto 2), disgraziatamente molto spesso queste hanno una grande influenza anche sulla stessa descrizione obbiettiva di quelli. Pure essendomi servito di tutti i dati obbiettivi pubblicati dagli autori che mi hanno preceduto, ho cercato sempre per quanto mi è stato possibile di controllarli personalmente. Per alcuni argo- menti anzi (specialmente comportamento delle torsioni profasiche e differenze di grandezza fra i varii cromosomi), poiché le notizie obbiettive mancavano assolutamente, o erano eccessivamente scarse data la loro importanza, o infine le mie osservazioni non coinci- devano con le notizie date dagli altri citologi, mi sono basato, nel- l'esposizione obbiettiva dei fatti, sulle mie osservazioni e determi- nazioni obbiettive che espongo nei capitoli relativi. II. Ricerca e analisi di fenomeni morfologicamente simili per altre strutture citologiche, per vedere fino a qual punto si abbia il diritto di considerare in citologia caratteristico per la croma- tina nucleare ciò che in essa si osserva. III. Ricerca e analisi di fenomeni morfologicamente simili pre- mutati da sostanze non organizzate, per vedere se realmente si abbia il diritto di considerare i fenomeni citologici esaminati come esclusivi delle sostanze organizzate e viventi. Poiché questo é il plinto più grave di tutti e quello che più difficilmente i puri bio- logi possono essere indotti ad accettare, anche se immuni da pre- concetti vitalistici, h<> creduto necessario dilungarmi un poco più a lungo su tali fatti. Pei' chi desiderasse ulteriori notizie in pro- posito, rimando fin da ora, come nei relativi capitoli, ai manuali di Wilh. Ostwald (02) per la chimico-fìsica in generale; di Zsi- gmondy ('05) di Wolf. Ostwald (10) e di Freundlich ('10) per quella dei colloidi; di Doelter 05) per la, tisico-chimica minera- logica eh., pure molto ci interessa. Ciò che però é indispensabile *) Cfr. Pibcheb '99 spec. p. 277. ir. p. es. Bovew '04 p. IV. La morfologia della cromatina 39 supporre nei lettori è il desiderio di conoscere questi fatti prima di negare a priori l'esistenza di rapporti fra essi ed i fenomeni ci- tologici. IV. Analisi delle leggi generali di questi fenomeni e delle loro cause, ed applicazione relativa all'interpretazione obbiettiva dei fe- nomeni presentati dalla morfologia della cromatina. In questo modo, come si vede, il presente lavoro vuole essere sopratutto una sintesi, il più possibilmente completa, delle nostre conoscenze attuali reali su questo che viene attualmente conside- rato come il più importante dei problemi della citologia, e non della citologia soltanto, secondo l'indirizzo che a me sembra il solo che possa essere considerato scientifico. Nello stesso tempo esso è anche un programma di ulteriori lavori in questa direzione. La presente analisi però sarà limitata esclusivamente al lato fisico dei fenomeni, sempre relativamente semplice, senza nemmeno sfiorare il lato chimico che è certo enormemente complesso. Allo stato attuale delle nostre conoscenze sulla natura chimica dei com- ponenti della cellula in genere, anche il solo pensare di potere avvicinarsi a comprendere lo linee fondamentali degli scambi chi- mici— la causa vera di tutti i fenomeni cellulari — è assurdo; e le affermazioni in proposito che qualcuno fa, sono completamente antiscientifiche. Nonostante poi che necessariamente debba essere oggetto prin- cipale di questo studio della morfologia della cromatina, l'analisi delle forme con le quali questa si presenta durante la mitosi, in questo lavoro non tratterò punto le questioni sulla così detta mec- canica della mitosi, che parecchi autori hanno creduto di avere completamente spiegata, con ipotesi varie basate su attrazioni e repulsioni magnetiche ed elettriche, diffusioni, espansioni, contra- zioni, fibre muscolari, fili elastici, colloidi e membrane semiper- meabili, raggiungendo così il non lodevole risultato di screditare completamente per insufficiente analisi dei fenomeni ed eccessiva libidine di interpretazioni più o meno verosimili questo diffìcile ca- pitolo della biologia e della fìsica della cellula. E non solo non tratterò della meccanica della mitosi in quanto concerne i centrosomi ed il fuso acromatico, ma nemmeno in quanto concerne le modificazioni citoplasmatiche di natura più generale e che con ogni probabilità debbono avere influenza anche nel deter- minismo dei fenomeni nucleari. 40 Paolo Della Valle E ciò perchè io non mi propongo qui nemmeno di dare una « spiegazione » delle diverse apparenze della cromatina, determinan- done lo cause, ma solo una « descrizione » dei fenomeni in termini fisici, per vedere fino a qua] punto si tratti di semplici analogie l'ormali accidentali, o non invece piuttosto la coincidenza del com- portamento dei fenomeni della morfologia della cromatina e di determinati fenomeni presentati da sostanze non organizzate si mantenga costantemente notevole in tutti i momenti ed anche nelle condizioni anormali, e si abbia quindi il diritto 1) di conside- rare i due ordini di fenomeni realmente molto simili fra di loro 2). Come si vede questa posizione e queste ricerche mentre si riat- taccano agli studi di Sachs, Roux, Giardina, Khumbler ed altri sull'analisi fisica di varii dei fenomeni cellulari, ed hanno anche legame con gli stridii di Bùtschli, di Quincke, di G-allardo, di Likskiì ano e di altri che cercano di riprodurre con modelli inor- ganici alcuni dei fenomeni elementari citologici, non hanno nulla a eh»; fare con le concezioni dell' illustre fisico Lkhmann, e tanto meno con quelle di Schròn, di Benedikt, di Mùnden e di altri che, invertendo i termini del problema, cercano di trasportare nel mondo inorganico la terminologia presa dalla vita. ("io che io t[iii mi propongo può essere chiaramente espresso ripetendo alcune parole di Alfred Fischer 3) che brillantemente applicò questo metodo alla struttura del protoplasma: « Es ist nothwendig, dass man erst einmal die in der lebenden und iixir- ten Zelle sichtbaren Structuren mit i\^n structurirten Fàllungen der Eiweisskòrper sorgfàltig vergieicht uni zu ermitteln wie viel davon eine wirkliche « Lebensstructur » ist, wie viel als farbiger Abglanz des Lebens nur desshalb entsteht und entstehen muss, weil das Protoplasma aus Eiweisskòrpern besteht, die aneli oline den Odem des Lebens protoplasmagleiche Structuren annehmen ». i) l'Ir. spec. Eoux '95 p. 92 e '97 p. 251-4. 2) Questo indirizzo, come vedremo in scornilo, è sopratutto giustificato dal fatto che La comparsa ili forme determinate da un sistema omogeneo, e special- mente la scomparsa 'li queste ricostituendo le condizioni ili primitiva omoge- neità, non ha analogie coi fenomeni vitali propriamente detti, méntre molti fe- nomeni simili si possono verificare per sostanze non organizzate. :,i Fische» '99 p. 295, v. anche p. 278. La morfologia della cromatina 41 I- I caratteri del nucleo intercinetico Propriefà fisiche del nucleo. Esorbiterebbe dall'argomento che ci siamo proposti di svol- gerti, una trattazione completa dei caratteri e delle proprietà fisi- che ') del nucleo cellulare in tutti gli organismi. Senza, tener conto dello ricerche fatte su questo argomento dal solito punto di vista citologico-descrittivo, per le quali basta rimandare ni nòti manuali di citologia di Flemming i 82 p. «(1-190), Hennk:guy (96 p. 63-139), Hacker ('99 p. 27-46), Wilson i 00 p. 31-41;, Heidexiiaix ('07 i>. 111-214), 0. Hertwig i 06 p. 27-57), i caratteri del nucleo sono st.iti considerati dal punto di vista risico specialmente ned lavori di Berthold ('86), Brass '84), Van Bambeke ('85), Fischer ('99)* AlbrechtCOS1 è "02"). Gurwitsch i 04 ì,Fauré-Fremiet('09 ì, P. Della Valle ('111), Enriques ('11). Qui ci basta ricordare alcuni dei risul- tati linora ottenuti per ciò che riguarda la natura della sostanza nucleare, limitandoci ai casi in cui non vi è alcuna possibilità di discussione sull'esistenza di un nucleo. Le osservazioni sul vivo, che sono le sole di cui si deve tener conto in questi argomenti, permettono, coi mezzi microscopici so- liti, di riconoscere il nucleo, nel massimo numero dei casi 2). Fre- quentemente ciò è dovuto al fatto che il nucleo spicca comeun'i- sola più perfettamente omogenea in mezzo al citoplasma più gros- solanamente granulare per natura propria o per inclusioni di varia natura; ovvero è riconoscibile soprattutto perchè perfettamente ineolore in mezzo al citoplasma colorato, anche intensamente (p. es. peli staminali di alcune tradescanzie). In altri casi, invece, non vi è sensibile differenza tra l'omogeneità nucleare e quella citopla- smatica né differenza di colore, ed allora la possibilità della distin- zione del nucleo dipende dalla differenza dell' indice di rifrazione ') Interessantissima sarebbe specialmente un'analisi completa del rapporto ira il nucleo e il citoplasma (per i dati obbiettivi cfr. Erdmann '10 ) considerato dal punto di vista degli equilibri chimici. Nel mio lavoro sulla soluzione del nucleo nel citoplasma (P. Della Valle 111), si trova trattata specialmente la parte che riguarda lo sviluppo di superficie tra la fase nucleare e quella cito- plasmatica; qui a pag. 53-56 sono analizzate da tale punto di vista, le variazioni del volume nucleare, specialmente in rapporto all'aumento «die esso subisce alla profase. 2) Cfr. spec. Fi.em.mim. 82 p. «6-88. 42 Paolo Della Valle fra le due fasi. Infatti, osservazioni sul vivo fatte appunto in queste condizioni, dimostrano che il nucleo si comporta all'osservazione mi- croscopica allo stesso modo di una goccia liquida posta in un altro liquido in cui il primo non sia miscibile e che abbia un minore in- dice di rifrazione di esso *) (p. es. xilolo in acqua). Il nucleo cioè, a messa a fuoco alquanto alta, presenta un anello più oscuro verso la sua periferia, ed a messa a fuoco alquanto bassa un alone esterno più chiaro 2). Se la differenza di indice di rifrazione tra nucleo e citoplasma, spesso debole, è addirittura nulla, naturalmente il nu- cleo sul vivo non sarà visibile3), pur esistendo ed essendo net- tamente limitato dal citoplasma 4). Quanto allo stato di aggregazione del nucleo, tutte le osserva- zioni fatte sul vivo mediante dilacerazioni o con altri metodi ;'), come pure l' insieme delle deduzioni che si possono trarre dall' a- nalisi fisica delle forme che esso può presentare 6), concordano nella conehiusione che lo stato di aggregazione del nucleo si può cou- siderare come posto al limite fra il liquido e il solido, cioè il nu- cleo ha le proprietà di un liquido a viscosità altissima. Secondo le esperienze di Fauré-Fremiet ('10), la viscosità non sarebbe nem- meno costante per un determinato nucleo, potendo variare in modo riversibile dalla consistenza di un sol 7) a quella di un gel per azione di soluzioni debolissimamente acide o alcaline. i) Cfr. Flkmmin»; '82 p. 86. 2) Per questo argomento cfr. Carpentkk '01 p. 428-430, fig. 366 e p. 1080; Butschli '98 p. 11-16. Come è noto su questo fenomeno si fonda il metodo di Becke perla determinazione dell'indice di rifrazione relativo di corpi microsco- pici. Determinazioni quantitative, date le dimensioni nucleari, sono quasi im- possibili (cfr. Apathy '01 p. 596 3) Cfr. p. es. Flemming '80 p. 362. 4) Per le questioni sull'esistenza o no di una membrana nucleare, v. p. 52 e cap. II. § 2. ••i ' fr. Brass ;84. Berthold '86 p. 48, Schwarz '02, Van Bambeokk 87, A I BRECHT '02-. a Cfr. spec. Berthold '86 p. L63-5, Koltzoff '08 e P. Della Valle '111. 7 Adopero le parole « gel » e derivati per esprimere (cfr. p. es. Bottazzi 06 p. 314, Freukdlich "10 p. 408, 416i lo stato desìi emulsoidi senza tensione su- perficiale libera, cioè come equivalente del tedesco Gallerie (cfr p. es. Wolf. OsTWALD '10 p. 337), che non si può tradurre con l'italiano «gelatina» per la ibile confusione col significato di Lcim; «sol» e derivati per i sistemi col- loidali ohe possono invece assumere la t'orina di gocce Come è noto, diverso è invece il significato che dà Néknst '09 p. 427) a queste parole, poiché gel è per lui il nome dei sistemi colloidali irreversibili e sol quello de' colloidi reversibili. La morfologia della cromatimi 43 Meno importanti per noi sono i dati intorno al peso specifico del nucleo relativamente al citoplasma ed anche men > concordanti. Mentre infatti dalle osservazioni di Andrews ('02 p. 35) e da quelle di Nemisc ('10 p. 138-9) risulta che i nuclei nella centrifugazione si comportano come corpi più pesanti del citoplasma, Me Clendon ('08 p. 663) centrifugando energicamente uova di Asterias vide che la vescicola germinativa si spostava verso il centro di rotazione. E anche fatto notissimo che le uova di Rana che hanno una po- sizione determinata nello spazio, presentano sempre la vescicola germinativa, appiattita al polo superiore, ciò che dimostra coup', almeno in quel caso, il nucleo è più leggiero del citoplasma. Struttura omogenea del nucleo dimostrata dall'osservazione microsco- pica ed ultramicroscopica. Del nucleo « a riposo » però, a noi interessa qui specialmente di conoscere 1' intima composizione realmente constatabile. Non credo che allo stato attuale delle nostre conoscenze obbiettive si possa fare a meno di convenire con Fischer ('99 p. 274) e special- mente con Albrecht ('022) e Tellyesniczky ('02 e '05) sul fatto che il contenuto nucleare deve essere considerato come tipicamente omogeneo. Ciò naturalmente non esclude che possano esistere realmente « differenziazioni » più o meno transitorie nel nucleo « a riposo ». Nelle condizioni di osservazioni più normali possibili, da varii os- servatori coscienziosi, furono osservate spesso, anche nei nuclei vi- venti che non lasciavano riconoscere nessun accenno di divisione prossima o passata, oltre a granuli isolati anche formazioni filari o reticolari (v. anche Fischer '99 p. 276). Basterà ricordare fra tante, (cfr. p. es. Flemming '82 p. 100-129; Tellyesniczky '05 p. 370-4; Heidenhain '07 p. 113-116), le osservazioni sul vivo di ap parenze di sinapsi nell'interno di nuclei di cellule genetiche, ormai troppo numerose perchè si possa trattare sempre di artefatti di pre- Zsigmondy ('05 p. 165) dà il nome di falsi idrogeli ai colloidi solidi che si pos- sono rendere nuovamente liquidi senza aggiunta di una sostanza diversa dal mezzo di dispersione, mentre riserva il tome di veri idrogeli per quelli in cui è necessaria a ciò l'azione di una sostanza peptizzante anche in piccola quan- tità; differenza fra gli uni e gli altri è pure quella che in generale la forma- zione dei primi è riversibile e quella dei secondi irreversibile. Nessuna di queste definizioni coincide perfettamente con la definizione originale di Grahm (cfr. WOLF. OSTWALI) "IO p Si). 44 Paolo Della Valle parazione o di illusioni sia involontarie che non (cfr. p. es. Oet- ttngeb 08 p. 168, Vejdowsky '09 p. 10 e etc). È anche bene insistere sul fatto che queste differenziazioni endonucleari possono essere in relazione con stati transitorii delle cellule che non hanno nulla a che l'are eoi fenomeni di divisione. Ricorderò qui soltanto p. es. ciò che IIuye ('97) e specialmente Rosenberg (09 ) descrivono pei nuclei delle eellule glandolari di Drosera e Me G-ill ("09) per i nuclei delle eellule muscolari allo stalo di riposo o di contrazione (v. anche Nemec '10 p. 388 o 467). È a nehe importante, per ulteriori eonsiderazioni, notare che dalle osservazioni p. es. di Kòhleb ('05 p. 229, fig. 5) per le cartilagini di larve di Salamandra, di Grawitz e Gbùnebebg ('06j per i nuclei delle cellule del sangue dell'uomo e di Sohròtter ('06 p. 368) per gli stessi elementi, risulta che le differenziazioni endonucleari dei nuclei viventi sono opache ai raggi ultravioletti della scintilla tra elettrodi di cadmio (275 [ajj,), in modo proporzionale alla in- tensità della condensazione della cromatina di cui esse sono ma- in l'est azioni 1). Riserbandoci di ritornare più ampiamente su questo argomento parlando delle proprietà dei cromosomi da questo punto di vista, è opportuno ricordare fin da ora che gli albuminoidi hanno in generale una notevole opacità per la luce ultravioletta, ciò che è stato determinato già fin dal 187(J da Sobet e studiato più re- centemente p. es. da COUBMONT e NoGlEB ( OOj. Con una centrifugazione straordinariamente energica, queste differenziazioni endonucleari si dimostrano di peso specifico mag- giore del plasma nucleare (cfr. Andbews 02 e Mottier '99> 1 risultati delle osservazioni ultramicroscopiche sui nuclei vi- venti, dovute specialmente a Gaidukow '061 e '06", Fatjeé-Frémiet 09 ed Aggazzottj 10 confermano in generale le eonchiusioni sulla tipica omogeneità del nucleo dedotte dagli autori precedenti in base alle osservazioni semplicemente microscopiche. Perfettamente coin- cidenti fra di loro non si possono però considerare. Gaidukow in- patti afferma 06' p. IH) di non aver potuto distinguere ultra- microscopicamente i nuclei delle Vaucherie mentre l'osservazione ultramicroscopica del miele,, delle cellule dei peli staminali di Tra- descantia gli ha mostrato che questo ha una struttura simile a 1 Cfr. la discussione fra Weidenreich e Tellyksnu/ky a proposito del' la- voro letto da quest'ultimo alla Anat. G-esellsch. ofr. Tellyksniczky '071 p. 236;. La morfologia della cromatina -t."> quella del protoplasma, ma molto più compatta : le particelle poste molto dappresso l'ima all'altra,, formano un fitto reticolato. In un lavoro successivo afferma pure ('06'- p. 192) die < le particelle ul- tramicroscopiche di dimensioni maggiori che si possouo osservare nelle cellule (100 ;m) si trovano nel nucleo, e questo sembra che sia molto compatto ». Fauré-Frémiet 09 giustamente insiste sulla facilità con la quale si può far passare il macronucleo degli inf'u- sorii ciliati viventi da ultramicronico in amicronico con una so- luzione -r^ di Na OH, e ciò in modo riversibile e perfetta- mente compatibile con la vita dell'infusorio. Aggazzotti ('10 p. 25J ) trova che « i globuli rossi freschi di Spelerpes, come quelli di tutu gli animali a globuli nucleati, lasciano intravedere nel loro interno il nucleo che appare come una debole luminosità violacea appena visibile nel campo nero del globulo. Nei globuli freschi di Speler- pes il nucleo è cosi poco luminoso (die nella fotografia non si riesce a vedere. Nella regione poi occupata dal nucleo, più spesso che nel rimanente della cellula, si possono osservare dei punti de- bolmente luminosi e colorati nei vari colori dell'iride, ma nei glo- buli freschi questi rimangono sempre poco evidenti e confusi >. Lo stesso autore ('10 p. 293) trova anche gli spermatozoi di Spe- lerpes otticamente vuoti. Queste differenze di risultati delle osser- vazioni ultramicroscopiche non erano però imprevedibili, ed indi- rettamente confermano l'opinione che già ci eravamo formati sulla costituzione del nucleo. Infatti è noto (cfr. p. es. "Wolf. Ostavam> '10 p. 107, 220) che la visibilità ultramicroscopica delle particelle colloidali è funzione della differenza di indice di rifrazione che esiste fra esse ed il mezzo di dispersione; e quindi gli emulsoidi e special- mente quelli in cui la differenza di concentrazione mutua dei du^ componenti nelle due fasi è minima, presentano solo una lieve- lu- minosità diffusa. È anche noto (cfr. Wolf. Ostwald '10 p. 156), che hi visibilità ultramicroscopica di particelle isolate è possibile solo nel caso in cui queste non siano molto fitte, altrimenti le imma- gini singole di diffrazione si sovrappongono e si fondono e uè ri- sulta una luminosità diffusa. Si comprende quindi chiaramente come bastino piccole diffe- renze di condizioni interne ed esterne (analoghe p. es. a quelle da cui dipende la visibilità o meno del nucleo all'osservazione micro- scopica sul vivo), per far sì che il nucleo o non sia addirittura visibile ultramicroscopicamente, e appaia otticamente vuoto, o ap- 46 Paolo Della Valle paia .solo corno una luminosità diffusa o infine come fittamente granulare per particelle colloidali di diversa dimensione. L' insieme di questi fenomeni non richiede per la sua realiz- zazione che la sostanza nucleare (come in generale la sostanza vi- vente che di solito si presenta appunto con caratteri analoghi) si trovi nelle condizioni di un gel, come hanno supposto Mayer e Schàfer ('08), seguiti fra gli altri da Aggazzotti (10 p. 393) *), giacché meglio risponde a tali caratteri un emulsoide ancora scor- revole. Valore dei movimenti endonucleari. Queste osservazioni ultramicroscopiche sul nucleo vivo sono però specialmente interessanti, perchè pongono fuori di ogni pos- sibilità di dubbio la labilità delle differenziazioni endonucleari che si possono vedere nel nucleo a riposo. Tale labilità già molto pro- babile per il semplice fatto di cui abbiamo già parlato, della coe- sistenza di determinate differenziazioni endonucleari con speciali stati transitorii della cellula, specialmente viene dimostrata dal- l'esistenza di movimenti endonucleari. Questi erano deducibili anche solo dai fatti di variazioni delia forma del nucleo, ma sono stati anche varie volte osservati sul vivo. Basterà ricordare le ricerche di Flemming ('78 p. 314 e 317 e '82 p. 125, di Prudden ('79 p. 191) di Schleicher ('79 p. 817-820) di Arnold ('87 p. 246), di Albrecht ('022 p. 805) che tutti videro movimenti, in generale lenti, nella sostanza nucleare di cellule viventi. Già queste osser- vazioni non potevano lasciare sussistere il dubbio che si trattasse di movimenti che non alterassero la mutua posizione delle parti, ma la variabilità della distribuzione della sostanza nucleare è an- cora più sicura in seguito ai risultati dell'osservazione ultramicro- scopica. Già Gaidukow infatti che primo usò per il nucleo questo me- todo, osservava nei nuclei elei peli staminali di Tradescantia ('06- p. 192) « che non solo gli ultramicroni protoplasmatici si muo- vono, ma anche gli ultramicroni del nucleo. Il movimento delle particelle è molto vario » : si riuniscono in cumuletti e poi di nuovo l) Gli scarsi risultati probabilmente reali ottenuti da Me Clendon (iO) con l;i «atalbresi elettrica parlebbero appunto in questo senso (cfr. cap. Ili, § 8). In- sante sarebbe anche vedere se con min cent ri l'umazione straordinariamente energica fosse possibile ottenere una separazione della fase dispersa dal mezzo ili ili-) 111. La morfologia della cromatina 47 si separano e la direzione delle loro correnti è continuamente mu- tevole. Anche nel macronucleo dei Ciliati è stata constatata da Fauré-Frémiet ('11, p. 194) l'esistenza di movimenti Browniani dei microsomi !); questo autore ha anche determinato che i gra- nuli ultramicroscopici del macronucleo sono liberi di spostarsi in direzione anodica per azione di differenze di potenziale elettrici) (cfr. Fauré-Frémiet '09 p. 55-6). È però certo che all'osservazione microscopica semplice è ec- cezionale osservare movimento Browniano endonucleare, e che ul- tramicroscopicamente le particelle colloidali del protoplasma spesso non lo presentano (cfr. p. es. Mayer e Schàfer '08 ed Aggazzotti 10 p. 263). Queste però, come si comprende, sono differenze che pos- sono essere dovute a differenze anche lievi di viscosità, giacché, come è noto (cfr. Svedberg '07 p. 138-143), l'attrito interno ral- lenta e rapidamente annulla il movimento Browniano. Valore delle strutture del nucleo intercinetico. Grandissima importanza per la interpretazione delle differen- ziazioni che si osservano nell'interno del nucleo vivente « a riposo », hanno anche le osservazioni, specialmente ultramicroscopiche, che dimostrano quanto labile sia lo stato di equilibrio fisico nel quale esso si trova e come bastino azioni debolissime per far comparire in esso delle « differenziazioni » , o fare scomparire quelle esi- stenti. Senza giungere ai fenomeni di soluzione del nucleo nel cito- plasma (per i quali v. P. Della Valle '111), che possono essere pro- dotti, secondo le esperienze di Flemming ('82])- 104 e p. 110) per i nuclei di cellule animali e di Schwarz ('87 p. 88) per i nuclei degli apici vegetativi di piante, anche soltanto per azione dell'ac- qua, sono da ricordare le variazioni riversibili del modo di presen- tarsi della sostanza nucleare provocate sperimentalmente da Fauré Fréhiet ('09 e '11) nei nuclei delle cellule glandolari viventi di Idrocoricee e nel macronucleo di Ciliati, mediante l'azione di solu- zioni debolissimamente acide o alcaline. Specialmente interessanti sono poi le osservazioni di Aggazzotti ('10 p. '252, 255-7 e fig. 3-5) sulla maggiore luminosità ultramicroscopica del nucleo degli eri- ') Questo fatto non parla punto contro la natura di emulsoide della sostanza nucleare, essendo noto (cfr. Wolf. Ostwald '10 p. 183, FreundlichIO p. 400 anche tipiche emulsioni ed emulsoidi possono presentare movinv nto Browniano. tó Paolo Della Valle 1 roriii di Spelerpes e della comparsa in esso di granuli luminosi, in alcune coudizioni molto lini, per L'azione di tutte quelle cause che ne alterano più o meno profondamente le condizioni l\. Da tutte queste considerazioni risulta, che quasi certamente tutta la sostanza nucleare, e non solo una piccola parte di essa rome invece credeva Flemming '82 p. 204 nota), si trovi « in ir- gend einer diffusen, gelòsten, aufgequollenen Form » 2), e che le differenziazioni endonucleari che si osservami anche sul vivo non debbono avere significato diverso da quello che hanno le strutture Snidali per le rocce ignee o meglio le nuvole che si t'ormano, mu- tano e si dissolvono rapidamente in un azzurro cielo d'estate. II. La formazione dei cromosomi 1. L'aumento di volume e la diminuzione di visibilità del nucleo all'inizio della mitosi 1 fenomeni nucleari profasici e le loro cause. Come ho già detto ned 'introduzione, non intendo Occuparmi punto delle modificazioni chimico-fìsiche che si manifestano imi ci- toplasma durante la mitosi, nonostante che ne riconosca la grande importanza e L'intimo legame che esse presentano con i fenomeni nucleari. È opportuno ripetere ciò nuovamente, perchè in questo forse più che in altri capitoli i fenomeni che si manifestano nel nucleo sarebbero da porre in relazione con quelli multiformi che si manifestano contemporaneamente nel citoplasma, se noi volessimo (pii cercare la causa vera dei mutamenti morfologici nucleari ohe ') Per le strutture endonucleari correlative a determinati stadi i funzionali transitorii della cellula, cfr. cap. II, s: '■'>■ per ciò che riguarda i fenomeni e le i della diminuzione di dispersiti dei dispersoidi cfr. il cap. II e per quelli di aumento cfr. il cap. VI. -) Considerando la labilità delle condizioni dell'equilibrio tisico della sostanza nucleare e la notevole analogia che la sua struttura presenta a volte con la struttura granulare e derivati ed altre volte con quella alveolare dei tipici gel (cfr. p. es. la struttura del Tabaschir nella fot. I tav. 5 del lavoro di Butschli del 1900), e tenendo conto d'altra parie che queste due apparenze in fonde non - HO che i due modi con i quali una determinata fase di un'emulsione si pre- si-Illa secondo die essa l'Anna la fase concava o la convessa (nella terminologia di Hardy), non è improbabile la supposizione 'die l'emulsoide nucleare si trovi mollo prossimo al punto di inversione del comportamento delle fasi, ciò che ne berebbe anche il comportamento ultramici'oscopico. La morfologia della cromatina 19 analizzeremo. Allo stato attuale fare ciò, come alcuni hanno ten- tato, è assolutamente prematuro e non può che portare alla costru- zione di ipotesi ingiustificate. Limitandoci dunque al nucleo, al primo inizio della mitosi. esso presenta nelle sue proprietà generali alcuni cambiamenti che dobbiamo esaminare prima di analizzare i mutamenti di struttura interna che contemporaneamente presenta,. Si tratta specialmente dell'aumento di volume, profasico che è facilmente constatabile anche nei preparati fissati e colorati, e della diminuzione di visibilità del nucleo che accompagna frequen- temente quel fenomeno, ma intorno alla quale sono relativamente meno numerose le notizie perchè è naturalmente constatabile solo con le osservazioni sul vivo, che, come è noto, non godono molto le simpatie dei citologi. L'aumento di volume profasico. L'aumento di volume profasico è un fenomeno che, a quanto sembra, non manca mai. Non raramente, è vero, esso è poco ac- centuato, tanto che si è anche affermato che mancasse addirit- tura1): ma è probabile che ciò possa spesso dipendere molto dalla grande lentezza con la quale si verifica 2). In altri casi invece l'aumento è assolutamente enorme: questo è p. es. ciò che avviene nelle mitosi dei globuli rossi nucleari, nei quali il nucleo, gonfian- dosi, finisce per occupare quasi tutto il globulo 3). Questo fatto appunto colpi tanto Flemming , che per primo accuratamente lo descrisse studiandolo anche sul vivo ('82 p. 262-4), da indurlo a considerare la mitosi degli eritrociti come « abweichende Thei- lungen », appunto per questo carattere4 . Straordinariamente grande è anche l'aumento di volume nucleare alla profase delle mitosi delle cellule mucipare. In queste il nucleo, che nei periodi inter- cinetici è appiattito, spesso fortemente, al fondo della cellula, si x) Cfr. p. es. Schleichbk '79 p. 263 per osservazioni sul vivo di mitosi di cellule cartilaginee. 2) Dalle osservazioni ! parlare di nuclei il più possibilmente simili a quelli testé menzio- nati, ricorderò che Dbckhuyzen '91. p. 144), diluendo lentamente il sangue di Etana con acqua distillata, osservò che i nuclei dei leu- cociti, 'la polimorfi che erano, divengono sferici1), che Jolly ("04 )». 1 18) osservò fenomeni di aumento del volume nucleare di eri- trociti di Triton probabilmente in rapporto con fenomeni degene- rativi, che Bizzozzkiio e Vassalb ('87 p. 232) osservarono nelle cellule mucose il passaggio del nucleo dalla forma appiattita contro la periferia della cellula a quella sferica nel mezzo di essa (cioè appunto ciò che vi si verifica alla profase), sotto l'azione di inie- zioni di pilocarpina '-), ed infine che Popoff ('08 p. 304), osservò rapido aumento anche assoluto del volume nucleare in Frontonia, mediante il raffreddamento 3). Benché si tratti di nuclei di natura diversa da quelli esami- nati è anche da ricordare che Giardina ('02 p. 564-5) ottenne rag- grinzamento delle vescicole germinative di uova di Strongylocen- trotus poste in soluzioni ipertoniche e ritorno alla turgescenza di- luendo la soluzione e che Hamburger ('04 p. 37) trovò che i nu- clei di cellule dell'epitelio intestinale in soluzioni di Na CI al 0,7% ed all' 1,5 °/o hanno rispettivamente i diametri di 813 e 703 4) ; Ga- leotti ('01) invece non constatò aumento del volume delle teste degli spermatozoi immersi in liquidi ipotonici, fino a che essi con- servavano la motilità 5). Tra i fenomeni poi di aumento di volume ') Già Lowit aveva visto ('85 p. 24-5) che i nuclei dei leucociti di sangue leucemico appaiono polimorfi nei preparati a secco e sferici invece in soluzione di NaCl all' 1 %. 2) Per indicazioni bibliografiche intorno ai mutamenti nucleari che accom- pagnano l'attività glandolare, cfr. p es. Goldschmit *04 p. 90. 3j Le osservazioni di Boring ('09) e di Rautmann ('09) rendono probabile che diversa secondo i diversi casi sia la variazione assoluta e relativa del vo- lume nucleare per variazioni di temperatura. 4) Cfr. anche Guardina '03 p. o 15. Marcus '07 osservò che ponendo in acqua di mare le uova di Asteiidi, il loro nucleo diminuisce di diametro da 6,8 a 2,4. L'a. crede che si tratti di variazione di forma nucleare da appiattita a sferica e crede anzi di potarne dedurre l'esistenza di una membrana nucleare, ma a me non sembra esclusa che possa anche ivi trattarsi di variazioni proprio del vo- lume nucleare. 5) Secondo K n.r/.oi i '08 p. 4-5, 15 e ss.), è da distinguere il rigonfiameli! i postmortale dalle variazioni di volume e di forma del capo degli spermatozoi immersi in liquidi più o meno concentrati, le quali ultime sono reversibili in modo anche compatibile con la loro vita. Paolo Della Valle nucleare die avvengono spontaneamente in modo completamente indipendente dalla mitosi, il caso più grandioso è senza alcun dub- bio quello dell'aumento di volume che subisce il nucleo del ga- mete maschile allorché nella fecondazione è penetrato nel citoplasma del gamete femminile, tanto negli animali che nelle piante. Esso è un caso speciale della legge che risulta dalle esperienze di Conklin - "12) che dimostrano come normalmente il volume nucleare è fun- zione di quello citoplasmatico. Esiste una membrana nucleare? Un altro dato di fatto sul quale pure sarebbe opportuno avere • lati precisi per una interpretazione fisica esatta del significato dell'aumento profasico del volume nucleare, sarebbe quello intorno alla presenza o all'assenza di una membrana nucleare. Come è noto, su questo problema le opinioni sono discordi e numerosi sono gli argomenti che sono stati portati sia prò che centra. Dal punto di vista fisico Albrecht ('02' e '022 p. 821-4) ha analizzato acuta- mente gli argomenti principali addotti per provarne l'esistenza 1), dimostrandone l'insufficienza 2). Marcus ('07) ha invece cercato di riunire osservazioni microscopiche e fenomeni fisici del nucleo dai quali si può essere indotti a credere invece all'esistenza di una membrana nucleare. Benché non tutti gli argomenti addotti da quest'ultimo autore reggano alla critici, non si può fare a meno di rimanere ancora in dubbio, anche quando si considerino degli altri fenomeni, di solito non citati in queste discussioni, come quello interessantissimo trovato da Rhumbler ('02, 2a parte, p. 304 e 310) della integrità del nucleo nell'espandersi esplosivo del protoplasma allorché le cellule nude vengono portate a toccare la superficie li- bera dell'acqua e l'altro di cui parleremo in seguito, della forma- zione dei cromosomi alla profase quasi esclusivamente nella regione corticale del nucleo, fatto che può parlare in favore di una dif- ferenza tra la costituzione della parte interna del nucleo e quella della parte più esterna. Poiché quindi non vi è nessuna sicurezza dell'esistenza stessa della membrana nucleare, non è punto il caso di cercarne la spie- gazione tisica, sia con Lili.ik 05 p. L97) nella mutua precipita- i) Cfr. spec. Flemming '82 p. 1G5-174. 2j Fra quelli che più recentemente sì sono pronunziati contro l'esistenza ili una membrana nucleare, è da ricordare anche Enriques ('11 p. 72-75). La morfologia delta cromatina 53 zione dei colloidi l) di carica elettrica opposta2), sia nei meccanismi di formazione delle membrane aptogene per concentrazione della fase dispersa 3), sia altrove. Possibili cause dell'aumento di volume profasico. Quanto alle possibili spiegazioni del fenomeno dell' aumento profasico del volume nucleare, giustamente faceva notare Albbecht ('022 p. 812) che « se si vuole considerare il nucleo come gelati- noso, naturalmente si dovrebbe trattare qui di un rigonfiamento in tota, mentre, se lo si vuole considerare come vescicola si trat- terebbe di una distensione da endosmosi ». Da un punto di vista generale forse i due fenomeni sono molto simili fra loro; ma non per questo le due possibilità non sono da esaminare separatamente. Non sono certo spiegazioni fìsiche l'ipotesi di Jolly ('04 p. 483-4) che il nucleo s'idrati « sous l'influeuce d'une excitation de la nu- trition de la cellule », e nemmeno quella di Popoff ('08 p. 343) che tale rigonfiamento nucleare profasico sia la conseguenza ne- cessaria di una < osmotisch stark wirkende Substanz, des Chroma- tins >, che lentamente si accumula nel nucleo durante l'accresci- mento funzionale, e che in un dato momento provoca l'energica penetrazione di componenti del citoplasma nel nucleo. Infatti da una parte non è chiaro ciò che secondo Popoff si- gnifichi che la cromatina formatasi durante l'accrescimento possa fungere da « osmotisch stark wirkende Substanz » 4), e dall'altra ciò che proprio è da spiegare è la ragione per la quale l'aumento di volume avvenga soltanto « in einem gegebenen Moment ». Molto più scientifica è certo la teoria sviluppata specialmente da Lillie (;09 e '11 p. 712), dei cambiamenti di permeabilità della membrana nucleare alla profase, fenomeno al quale egli dà grande importanza nella meccanica della mitosi come causa essenziale delle ipotetiche cariche elettriche dei cromosomi. Riserbandoci di discu- tere quest'ultimo punto in seguito, faccio qui notare che non solo J) Cfr. anche Farmer e Digby '10 p. 197. 2) Cfr. anche cap. Ili, § 8. 3) Cfr. anche cap. II, § 2. 4) Ciò o vuol dire che si trutta di una sostanza capace di assorbire acqua per fenomeno di rigonfiamento ed è allora espressione inesatta, o vuol dire in- vece che questa sostanza certamente colloidale è capace di esercitare notevole pressione osmotica ed è allora erroneo. 54 Pnolo Della Valle questa interpretazione è legata alla supposizione della costante presenza di una membrana nucleare ed a quelle variazioni di per- meabilità che sono divenute troppo comodo ausilio di tante ipo- tesi fisiologiche, ma anche non è detto nulla intorno alla sostanza endonucleare osmoticamente attiva che sarebbe poi la vera causa dell'endosmosi profasica, allorché questa per la mutata permeabi- lità della membrana diviene possibile. Ciò sarebbe stato tanto più necessario in quanto questa membrana nucleare dovrebbe certo essere costantemente permeabile a tutte quelle sostanze che costi- tuiscono durante il periodo intercinetico il ricambio materiale tra nucleo e citoplasma, dal quale appunto tra l'altro dipende l'accre- scimento nucleare 1). Certamente la spiegazione puramente osmotica dell'aumento profasico del volume nucleare è molto seducente per la sua sem- plicità e perchè sembrerebbe evidente da alcune delle esperienze citate di variazioni del volume nucleare in liquidi ipo- od iperto- nici, ma credo che essa abbia poche probabilità di essere vera, anche se all'elegante ipotesi di Lillie si sostituisse quella di un rapido aumento profasico di sostanze endonucleari osmoticamente attive, p. es. per azione enzimatica 2), o quella di diminuzione di tali sostanze nel citoplasma. Sarebbe infatti necessità assoluta ammettere altre ipotesi sussidiarie oltre quella di una membrana nucleare semipermeabile, sia perchè i fenomeni citoplasmatici varii che si osservano, spesso non sono d'accordo con tali ipotesi, sia infine perchè questo e gli altri fenomeni di modificazioni del vo- lume nucleare (compresi quelli poco conciliabili con le interpre- tazioni osmotiche) possono essere interpretati con verosimiglianza forse anche maggiore in modo diverso. Concependo infatti i fenomeni come se si trattasse di un ri- gonfiamento di un emulsoide concentrato , o anche più semplice- mente come variazioni nelle condizioni di equilibrio fra due liquidi parzialmente miscibili, le variazioni del volume nucleare, sia alla profase che in altre condizioni diverse, possono essere interpretate tificamente senza che vi sia bisogno alcuno di ammettere una mem- I ii ana nucleare. Basterà ricordare soltanto le leggi secondo le quali variano i volumi delle due fasi distinte di un miscuglio in deter- J) Per una esser va/, ione di diversa permeabilità del nucleo per sostanze diverse, cfr. Romkbs "08. ir. p. es. (ina. KM, I e Quaktaholi '07. La morfologia della cromatina 55 minate proporzioni di due liquidi parzialmente miscibili col variare della temperatura l) o con l'aggiunta di quantità progressivamente maggiori di un terzo liquido completamente miscibile nei due primi2). Data la identità completa di comportamento fra emulsioni ed emul- soidi, non vi è nulla di strano che fenomeni identici si riscontrino anche per questi colloidi, poiché anche per essi il grado di disper- siti per i sol ed il grado del rigonfiamento per i gel, varia dentro limiti amplissimi per variazioni di temperatura o per aggiunta di altre sostanze, anche all'infuori di qualsiasi metamorfosi chimica. Quest'ordine di idee, mentre ricaccia ancora verso l'ignoto la natura delle sostanze che prendono parte alla realizzazione di questi fenomeni, giacché infinite sono le supposizioni che si potrebbero fare e tutte egualmente infondate per ora, rende perfettamente conto di come sia possibile che differenze anche piccole di compo- sizione chimica dell'ambiente possano provocare notevole e rapido aumento del volume nucleare; come questo possa essere provocato artificialmente p. es. con soluzioni ipotoniche o con raffreddamento, come siano specialmente i nuclei in cui è lecito supporre una più netta diversità di composizione dal plasma cellulare quelli capaci di un più notevole rigonfiamento 3), come questo rigonfiamento sia proporzionale al volume citoplasmatico 4), ed infine, come vedremo in seguito, come questo fenomeno rappresenti nella cariocinesi un fenomeno omologo all'aumento di superficie nucleare che si veri- fica anche nel caso dell'amitosi. In questo campo resta ancora enormemente da lavorare 5), ma sono sicuro che le esperienze e le osservazioni future confermeranno l'ordine di idee qui esposto. J) Kothmund "98 e '07. 2) Gir. p. es. Pfeiffer '92. 3) P. es. nuclei degli eritrociti, cellule mucose, spermatozoi. 4) Cfr. Popoff '08 e specialmente Conklin 12. 5) Oltre l'esame sistematico quantitativo delle variazioni rapide del volume nucleare alle diverse temperature (Popoff '08, Boring '09 Rautmann r09) ed alle diverse concentrazioni di diverse sostanze, sarebbe anche molto interessante lo studio del modo di distribuzione di sostanze coloranti naturali od artificiali o di altre sostanze altrimenti riconoscibili, tra il nucleo ed il citoplasma viventi, a riposo e nei diversi stadii funzionali o di divisione. 56 Paolo Della Valle La diminuzione di visibilità profasica. Dato ciò che precede, si comprende l) la diminuzione di visi- bilità del nucleo fino alla completa sparizione, che è stata con- cordemente segnalata da tutti coloro che hanno osservato sul vivo l'andamento del processo cariocinetico , come costante fenomeno profasico (cfr. p. es. Peremeschko '79 p. 441, Flemming '80 p. 362 ; '82 p. 209, Bizzozzero e Torre '83 p. 428, Tangl '87, Raffaele '98 p. 40, Albrecht 022 p. 811). Se infatti il rigonfiamento nu- cleare profasico è da considerare nel modo ora esposto, è evidente che la sostanza del nucleo andrà diventando meno nettamente di- versa da quella del citoplasma. Diminuendo quindi la differenza di indice di rifrazione, diminuirà naturalmente anche la visibilità del nucleo 2). 2. Le prime modificazioni endonucleari profasiche ed i fenomeni di smescolamento3) I dati citologici Le osservazioni e le considerazioni precedentemente esposte, hanno valore per lo studio della morfologia della cromatina dal punto di vista fisico solo in quanto da esse si può indurre con molta probabilità che fino dal primo inizio della profase si veri- ficano nell'interno del nucleo delle gravi alterazioni di natura ge- nerale nell'equilibrio complessivo del sistema, alterazioni con le quali i mutamenti interni di struttura debbono essere in intima relazione causale. Le possibilità di osservazione sul vivo. Per questi primi mutamenti di struttura tutti coloro che se ih- sono occupati direttamente sia negli animali che nelle piante 1 V. anche Berthold "86 p. Ut 1-5 2) Come è noto, sulla invisibilità di un corpo trasparente immerso in un liquido di eguale indice di rifrazione, è fondato il metodo di Schròder van der Kole di determinazione dell'indice di rifrazione di cristalli microscopici. I raduco con questo vocabolo V « Entmischung » tedesco, che alcuni so- gliono tradurre con « separazione -. ciò che qoii mi sembra opportuno data la natura del fenomeno. Le due fasi che sorgono infatti, non preesistevano come t;di nel sistema omogeneo originario. La morfologia della cromatina 57 disgraziatamente convengono nel l'affermare che sul vivo non è e torse non sarà mai possibile osservare direttamente coi metodi mi- croscopici soliti, nulla della formazione dei filamenti cromatici nel- l'interno del nucleo l). Si vede soltanto che le differenziazioni en- donucleari intercinetiehe scompaiono e che il nucleo aumentato di volume diviene alquanto torbido; e questo è tutto. Poi da questo intorbidamento compaiono filamenti cromatici: ma ciò natural- mente non spiega come è che essi si siano formati (cfr. spec. Tel- lyesniczky '05 p. 374, 389-390 e '07 p. 28). La debole differenza di indice di rifrazione fra le diverse parti specialmente in questo stadio e la piccolezza delle strutture in questione, rendono suffi- cientemente chiaro questo risultato negativo 2). Poiché dunque la osservazione diretta microscopica sul vivo ci è preclusa, sarebbe il caso di rivolgersi a quei mezzi di studio che non solo sono fondati su principii diversi da quelli della so- lita visibilità microscopica, ma permettono anche di oltrepassare i limiti di questa, cioè alla visione ultramicroscopica ed alla foto- grafia con la luce ultravioletta. Con questi metodi però la osservazione della cariocinesi sul vivo, già difficile per la visione microscopica semplice, lo diviene muto maggiormente e, ciò che più conta nel nostro caso, insor- gono altre notevoli cause di errore che limitano molto il valore delle osservazioni così ottenute. Già Gaidukow infatti aveva tentato ('062 p. 193) di applicare anche alla cariocinesi lo studio ultramicroscopico, tanto più che tale studio poteva essere possibile per i caratteri ottici della mem- brana, nei classici peli staminali di Tradescantia. Ciò però non gli fu possibile ed egli molto giustamente crede che ciò sia dipeso dal fatto « class dieses feine Object durch die starke ultramikrosko- pische Beleuchtung sehr leidet » 3). L'unica altra osservazione ul- tramicroscopica di profase che io conosco, è stata fatta da Faikk Frémiet ('11 p. 202-3), ma si riferisce ad un materiale in cui la divisione nucleare non ha i caratteri della mitosi solita, cioè alla divisione del macronucleo di Urostyla gvandis. Dato ciò non è pos- i; Cfr. p. es. Flkmming "78 p. 364 "82 p. '201, Samassa '98 p. 7. 2) Fra le cose che sarebbe interessante conoscere e forse possibile osserva ir in qualche caso, porrebbe essere anche l'esistenza ed il comportamento di mo- vimento Browniano dei granuli endonucleari pvofasici. 3) Per le gravi azioni della luce intensa sulla divisione cellulare, cfr. Hertel '05 p. 559-560. 58 Paolo Della Valle sibile dire quanto gli strani fenomeni che egli descrive 1) possano essere probabili anche per gli altri casi, tanto più che non è ta- cile l'orinarsi un' immagine precisa di ciò che egli ha osservato, non essendo la sna descrizione accompagnata da figure. L'altro metodo di osservazione possibile per avere notizie ob- biettive sulle strutture così minute che insorgono in questo periodo nel nucleo vivente, sarebbe quello di servirsi della notevole opa- cità che la cromatina anche vivente presenta alla luce di lunghezza d'onda di '275 jxu, delle scintille fra elettrodi di cadmio, mediante fotografie con gli obbiettivi monocromatici di quarzo di Zeiss. Un tale tentativo, che a priori sembrava molto seducente intrapresi io -tesso infatti nella primavera 1909 con lo splendido apparecchio di proprietà dell'Istituto di Istologia e Fisiologia Generale dell'Uni- versità di Napoli , diretto dal Senatore Prof. Giovanni Paladino. Dovetti però ben presto convincermi che i risultati non potevano corrispondere alle speranze ed all'enorme consumo di tempo che richiede questo metodo, in cui ogni osservazione si trasforma in mia vera e non semplice esperienza. Infatti, per quanto il tempo di esposizione alla luce ultravio- letta delle cellule viventi possa essere notevolmente diminuita adot- tando i perfezionamenti apportati al metodo da Swingle e Kòh- lee 2), è sicuro però che le delicatissime cellule sulle quali si deve portare l'osservazione, a causa della messa a fuoco indiretta e della posa necessariamente non brevissima per i fortissimi ingrandimenti di adoperare, finiscono col dovere rimanere esposte un tempo non indifferente a tali radiazioni di notevolissima intensità per la con- centrazione col condensatore di quarzo. Se ora si pensa che Gra- wttz e (tkixeberg ('06) considerano già causa di alterazioni dei globuli sanguigni umani da essi studiati con questo metodo, un'e- sposizione superiore a 10 secondi e che Stevens ('09 p. 629) per un materiale così resistente quali i blastomeri di Ascaris megalo- cepliala trovò notevoli alterazioni, specialmente nella formazione dei cromosomi, già solo per mezz'ora di esposizione alla luce dif- l) Il macronncleo inizialmente è uniformemente e finemente granuloso. Durante la profase questa massa di microsomi si concentra « se cloisonné pour In idijiiation de membranes intrauucléaires » e si trasforma* in un lungo bu- dello nel quale i granuli sono parietali o disposi i in lamine trasversali irre- i ri. 1 !fr. Kòhler '08. La morfologia della cromatina 59 fusa da una lampada a mercurio alla distanza di 10 cm. e che tale effetto letale è stato constatato anche da Schulze '09 per mi- tosi vegetali, r) se ne deve dedurre che questo metodo così costoso difficile e insicuro 2) deve essere anche considerato per il nostro scopo, come non molto più attendibile di quello dell'osservazione dei preparati fissati e colorati. E ciò principalmente dipende dal fatto che le radiazioni ultraviolette hanno in generale proprio il potere di provocare fenomeni di variazioni di dispersità (cfr. Le- xard e Wolf '89), e, specialmente nei colloidi, producono vere coagulazioni (cfr. Dreyer e Hanssen '07). Nonostante però ciò che ho detto, sono sicuro che questi duo nuovi metodi di osservazione, in mani più abili o con nuovi mi- glioramenti tecnici, potranno fornirci qualche altro interessante dato sulle prime modificazioni endonucleari profa-siche. Non sarebbero proprio metodi di osservazione sul vivo , ma potrebbero dare anch'essi interessanti notizie obbiettive, gli studi ì non ancora tentati sul comportamento del contenuto nucleare nei diversi momenti della profase, nelle dilacerazioni artificiali del nu- cleo e nella centrifugazione molto energica dei tessuti in cui si tro- vano. Con quest'ultimo metodo anzi sarebbe forse possibile decidere se realmente la profase è una progressiva diminuzione di dispersità della cromatina, determinando le velocità relative di separazione nei diversi momenti 3). Possibili deduzioni dai preparati rissati e colorati. Non ci resterebbe quindi che di ritornare allo studio dei pre- parati fissati e colorati, discutendo ancora una volta le immagini microscopiche così ottenute, se ogni citologo obbiettivo non dovesse convenire con Tellyesniczky ('07 p. 28) che gli stadii prodromici i) Cfr. anche Hertkl '05 p 538-554. Come è noto, su questo potere letale delle radiazioni ultraviolette è basato un processo di sterilizzazione dell'acqua potabile. 2) È da notare del resto che le splendide fotografie a luce ultravioletta di mitosi pubblicate da Kòhler ('04), si riferiscono a preparati fìssati e montati in glicerina, e che molto inferiori sono le fotografie che egli dà di nuclei quie- scenti di tessuti vivi, nonché la fig. 2 della Tav. 2 del lavoro di Schulze '09: fotografia dal vivo di una anafase dei peli staminali di Tradescantia. 3) Cfr. Wolf. Ostwald '10 p. 161. 60 Paolo Della Valle e terminali della mitosi sono straordinariamente opportuni per la fabbrica di artifizii di preparazione. Questo fatto, insieme ai pre- concetti teorici che intralciavano la visione obbiettiva dei feno- meni, è stato causa che non siano molto numerosi i buoni studii su questo momento delle mitosi specialmente somatiche (cfr. anche Meves '08 p. 617). Qualche conoscenza obbiettiva è ancora forsa possibile ottenere seguendo da una parte in senso retrogrado le apparenze sempre più precoci dei cromosomi e, dall'altra le me- tamorfosi progressive delle strutture caratteristiche del nucleo a riposo, mediante il paragone di numerose forme di passaggio. Ma per le modificazioni delle strutture endonucleari , giustamente os- serva Tellyesniczky ('05 p. 392) che specialmente in questo capi- tolo della citologia è molto facile trovare « forme di passaggio » *) per la dimostrazione di un'opinione già formata in precedenza. Tanto più poi, quando si fanno intervenire anche le alterazioni dovute alla fissazione e non si è d'accordo sul valore da attribuire alle strutture del nucleo a riposo! Ciò che con questo metodo si poteva raggiungere, è stato in gran parte raggiunto da Tellyesniczky ('05), che ha giustamente insistito sul fatto che all'inizio della profase il nucleo appare anche più omogeneo del solito per la sparizione delle differenziazioni che si osservano nel nucleo a riposo ed ha per primo 2) coraggiosamente affermata ('05 p. 403) la neoformazione dei filamenti cromatici da una massa diffusa, e la loro prima comparsa « in ausserordentlich Feinheit ». Come però avvenga questo sviluppo di un filo e aus einer unsichtbaren feinen Verteilung der Kernsubstanz », diviene assolutamente impossibile determinare obbiettivamente, special- mente poi con questo metodo cosi poco fedele. Egli crede tuttavia ('05 p. 402 e 403) di poter affermare che il filo « aus unendlich feinen Bildungen seinen Ursprung nimmt », che appaiono come piccoli punti ai limiti della visibilità che secondo lui già molto precocemente non sarebbero corpuscoli autonomi isolati. Ciò che l'A. suppone però ('07 p. 26) per tale origine, pur contenendo il giusto concetto che nella formazione di questi filamenti profasici *) Grégoire ('06 p. 346-7) ha invece creduto di poter rispondere a questo giusto scetticismo di Tellyesniczky affermando essere impossibile che dei rea- ti possano creare dei passaggi graduali. Non è però evidente che anche nel di neoformazione da un sistema inizialmente omogeneo, anche gli artefatti prodotti dai reagenti dovranno formare una serie continua? - Qualche accenno è già in Berthold '86 p. 194. La morfologia della cromatina 61 li; particelle della sostanza nucleare sono sottoposte a determinati movimenti, non può essere assolutamente accettato, essendo fon- dato su di una interpretazione di alcuni fenomeni che avvengono nel nucleo delle uova meroblastiche dei Vertebrati, dimostrata cer- tamente erronea da Cekruti ('06). La comparazione tra le diverse l'orine di profasi. Restano due altri metodi per conoscere L'essenza dei fenomeni che avvengono nel nucleo nei primi momenti della profase : la comparazione fra le apparenze che si osservano nei diversi tipi di mitosi e l'induzione indiretta- dal modo di presentarsi di fenomeni che con questa primissima origine dei cromosomi debbono essere necessariamente in rapporto. La comparazione poco ci aiuta. Infatti gli studii obbiettivi sulle profasi delle mitosi normali (escluse cioè quelle delle mitosi di maturazione) sono scarsissimi e quei pochi non solo sono zeppi di preconcetti, ma anche si riferiscono sempre a materiali presso a poco identici sotto questo aspetto (laminette branchiali di Sala- mandra, nuclei di radici in accrescimento di Gigliacee), trascurando quasi completamente per la minore grandezza degli elementi i ma- teriali in cui i cromosomi sono pochi, ed hanno forma più pros- sima alla sferica, e nei quali quindi meno probabilmente si do- vrebbe verificare alla profase uno stadio di « Spirema » 1). In altri casi poi, che per le dimensioni nucleari sarebbero favorevolissimi i nuclei di uova meroblastiche), la formazione dei cromosomi o è localizzata in una sola regione di dimensioni non maggiori di quelle di un nucleo solito, o è complicata talmente da altri fenomeni che contemporaneamente si svolgono nel nucleo, che non si può essere sicuri di avere a che fare con cromosomi, che a cromosomi formati. Le induzioni dai fatti certamente reali. Restano quindi soltanto i metodi di induzione indiretta, meno sicuri ma che permettono di formarsi un'idea concreta sulle leggi generali che debbono regolare la formazione dei cromosomi, e questi appunto tenteremo in questo e nel paragrafo successivo. l) Frequentemente però, i cromosomi sferoidali non sono che il risultato del- l'accorciamento di cromosomi allungati inizialmente. Per questo cfr. cap. Ili. § 5 e cap. IV. 62 Paolo Della Valle Cinque cose possono considerarsi sicure per questi primi istanti della formazione dei cromosomi: I. Clic questi si originano da un nucleo omogeneo. II. Che nelle mitosi normali fin dai primissimi inizii della pro- fase la disianza media fra le diverse differenziazioni cromatiche profasiche prossime è sempre sensibilmente eguale e costante per tutto il nucleo. III. Che nella massima parte dei casi il primo inizio della for- mazione dei cromosomi avviene prevalentemente nella regione più periferica del nucleo. IV. Che parallelamente alla formazione dei cromosomi il nu- cleo finisce di esistere come tale. V. Che la forma dei cromosomi profasici è sempre , fin dai primi inizii, variamente ed irregolarmente elicoide. Della prima abbiamo già sufficientemente parlato :'ci resta solo da insistere nuovamente per ulteriori considerazioni x) , sul fatto della progressiva corrosione e definitiva sparizione alla profase dello eventuali differenziazioni endonucleari intercinetiche. La seconda affermazione è di evidenza immediata per chiunque abbia familiarità con le profasi somatiche; e già Flemming- ('82 p. 201) e Tellyesniczky ('05 p. 403) vi hanno specialmente richia- mata l'attenzione 2). Anche l'origine prevalentemente periferica dei cromosomi è un fatto di non difficile constatazione specialmente nelle profasi delle grandi cellule somatiche, ed è stato anche già varie volte descritto nei più diversi organismi , p. es. da Eabl ('85 p. 225) , His ('97 p. 32), Martins Mano ('05 p. 69), Strasburger (:05 p. 64), Bon- nevie ('08 p. 453), Nemec ('10 p. 277), Winiwarter ('12 p. 130) etc. E anche da ricordare a questo proposito che Macallum, con un metodo che secondo questo autore sarebbe il reattivo micro- chimico del ferro mascherato e che colora i cromosomi nella mi- tosi, nel nucleo a riposo trova colorata specialmente la parte pe- riferica di esso (cfr. Macallum '91, '95 e '08 p. 591) 3). 1) V. spec. Tellyesniczky '05 p. 400 ed anche Berthold '86 p. 195-6. 2) Una eccezione alla legge dell'uniformità di origine dei cromosomi si avrebbe secondo Tellyesniczky ('05 p. 414 e 428) in quelle apparenze dei nuclei delle cellule genetiche note sotto il nome di « Sinapsi », che egli appunto in- terpreta come profasi della prima, divisione di maturazione. Per le questioni sull'esistenza di una membrana nucleare, cfr. p. 52-53. La morfologia della cromatina 63 Molto interessante per le discussioni sul valore da attribuire a questo fenomeno dell'origine periferica dei cromosomi è ciò ohe ha osservato Borgekt ('09 p. 136 e ss.) in quella particolare forma di divisione nucleare da lui constatata nella E-adiolaria Aulacantha alla quale diede il nome di « Kernfurchuug », giacché ivi i cro- mosomi, numerosissimi, sono inizialmente tutti disposti perpendi- colarmente alla periferia del nucleo, così come i cristalli di una drusa. Non è forse fuori proposito ricordare anche l'origine dei nuclei delle zoospore delle Acanthometre dallo strato periferico di un nucleo gigantesco, la disposizione periferica che assumono i nuclei nella segmentazione delle uova centrolecitiche o nella sporogonia dei Protozoi e la disposizione periferica che qualche volta assu- mono i mitocondri nella formazione del filamento dello sperma- tozoo *). La quarta affermazione non ha bisogno di dimostrazione per- chè di evidenza assoluta; ma per quanto io so, tranne un fugace accenno di Berthold '86 (p. 197-8) e di Tellyesniczky ('05 p. 425), nessuno vi ha rivolta l'attenzione come si conveniva trattandosi di un fenomeno fondamentale della profase, e che, come vedremo, è di grandissima importanza per l'interpretazione fisica di questo mo- mento del ciclo della cromatina. Resta ancora il quinto carattere generale della profase, cioè la forma iniziale dei cromosomi sempre variamente ed irregolar- mente elicoide. Essendo questo punto di interesse anche maggiore degli altri, ed involgendo discussioni e problemi di natura alquanto diversa, ne tratteremo separatamente nel prossimo paragrafo. Comparazione con i fenomeni critici La constatazione di questi caratteri fondamentali della for- mazione dei cromosomi alla profase non ci porterebbe molto più avanti procedendo con un metodo induttivo puro, ma molto utile ci può essere per la comparazione con fenomeni che si manifestano per azioni di semplici forze fisiche nelle sostanze non organizzate l) Per le leggi della disposizione mutua di parti che si respingono fra di loro. cfr. Lillie '05. Per la distribuzione delle sostanze che abbassano la ten- sione superficiale, cfr. cap. Il, § 2. •il Paolo Della Valle (indo poteri; mediante la comparazione con queste assurgere alla conoscenza del significato dei fenomeni della profase '). La comparsa di una nuova fase io un fluido omogeneo. Ora, poiché l'omogeneità nucleare è con ogni probabilità la condizione iniziale del sistema dal quale si formano i cromosomi, è assolutamente evidente che questo fenomeno citologico fisica- mente si può descrivere come la comparsa di una nuova fase con caratteri diversi da un fluido omogeneo preesistente2). E dunque prevedibile sicuramente, che le leggi e i fenomeni che sono stati studiati per tali fenomeni fisici, si dovranno perfettamente trovare realizzati anche nel caso della formazione dei cromosomi. E in primo luogo necessario notare che la comparsa di una nuova fase in un fluido omogeneo preesistente, o la sparizione della distinzione fra due fasi distinte ad un punto critico3), sono fenomeni che hanno caratteri peculiari (dedotti da Gibbs dai principii fonda- mentali della termodinamica 4) ), del tutto indipendenti dal numero dei componenti da cui risulta il sistema in questione. Le stesse leggi generali che valgono cioè p. es. per la formazione della fase li- quida al punto critico della liquefazione dei gas valgono anche per il punto critico della condensazione di un vapore in un altro gas, o per quello dello smescolamento di due liquidi completamente miscibili solo al di sopra di una data temperatura, o per quello di un sistema ternario in cui sia possibile il passaggio da una fase omogenea a due fasi liquide coesistenti 5). 1) Il metodo qui adoperato non differisce in nulla da quello solito nell'ana- tomia comparata per la determinazione del valore morfologico di determinate formazioni. Solo che in questo caso, per l'uniformità già notata dei fenomeni mitotici nucleari negli organismi, le l'orme più semplici comparabili ad essi, sono dei fenomeni che si verificano anche fuori degli organismi 2) Cf'r. anche Kkdmanx '08 p. L34). Data la natura della sostanza nucleare omogenea dalla quale si formano i cromosomi, a rigor di termini sarebbe perù piuttosto da parlare di passaggio da un emulsoide ad una emulsione macroete- rogenea nella terminologia di Wolf. Ostwald '10. (ìibbs '75-78 p. li':», Wilh. Ostwald "02 II, 2 p. 341. 1 Gibbs '75-78. Ufr. il capitolo Criticai Phases (p. 129-134) e la parte del lavoro dedicata alla teoria dell'influenza delle superficie di discontinuità sull'e- quilibrio delle masse eterogenee specialmente per il capitolo « On the Possibi- lità of the Format ion of differenl Phasewithin anv Homogene. >us Fluid» (p.252-8 . Cfr. Gibbs '75-78 p. 129, Lehmann '88, II, p. 20S, Wilh. Ostwald '02 11. 2 j. 291-4, CTI e t;«3-5. La morfologia della cromatina 65 Naturalmente è del tutto inutile ricordare la serie completa dei casi possibili di tali fenomeni critici il cui numero cresce ra- pidamente col crescere della complessità del sistema, così come ra- pidamente crescono le possibili forme di equilibrio che tali sistemi possono presentare 1). Qui basterà accennare soltanto che l'affer- mazione dell'identità fondamentale dei fenomeni critici nei sistemi con diverso numero di componenti deve essere intesa però natu- ralmente con la limitazione che deriva dalla regola delle fasi, la quale appunto esprime la crescente variabilità che tali fenomeni possono assumere parallelamente all'aumento del numero dei com- ponenti della fase critica 2), fatto questo sul quale torneremo anche in seguito. Qui a noi però interessano solo dal punto di vista teorico al- cuni dei teoremi di G-ibbs, cioè quello che dimostra come la com- posizione delle due fasi che si formano da una fase unica debbono inizialmente differire pochissimo fra di loro e dalla fase dalla quale si sono originati 3) e l'altro che dimostra come nella formazione di una nuova fase di un fluido omogeneo, la grandezza dei glo- buli che possono essere in equilibrio con la fase esterna è deter- minabile a priori 4). Più però che l'esame teorico dei fenomeni prevedibili nelle condizioni critiche, a noi interessa specialmente conoscere i carat- teri fondamentali con i quali si presentano obbiettivamente nei di- versi casi la comparsa di una nuova fase in un mezzo omogeneo. Ora, tutti gli studii che sono stati fatti sui fenomeni che avven- gono p. es. nella liquefazione dei gas, nella cristallizzazione spon- tanea da fusione, nella condensazione di un vapore da un gas che J) Cfr. i manuali di dinamica chimica e spec. Wilh. Ostwald '02 p. 304-5 Roozeboom '01 e Freondlich '10. Le possibili forme di equilibrio fra le diverse fasi di un corpo sono 15. di due 24, di tre 85, di quattro 48, di cinque 63 e così via. La sistematica dei dispersoidi fatta da Wolf. Ostwald ('10 p. 95-7) non è che il caso speciale dell'equilibrio di un sistema risultante da due com- ponenti, con due fasi e due variabili indipendenti. 2) Cfr. Gibbs "75-78 p. 129 e Wilh. Ostwald '02 p. 671. 3) Cfr. Gibbs '75-78 p. 133. Cfr. anche Wilh. Ostwald '02 p. 130 nota. Questa legge ci interessa specialmente per le discussioni che svolgeremo nel terzo paragrafo del cap. III. 4) Cfr. Gibbs '75-78 p. 254. Anche Donnan i^'OI e 03 1, Me Lewis ('091 e '09'2) hanno esaminato teoricamente il valore delle dimensioni che in determi- nate condizioni è prevedibile per le particelle della fase dispersa. Cfr. anche Tammann '03 p. 156 e Smolouchowski '07. Archivio zoologico italiano, Voi. VI. 5 66 Paolo Della Valle ne era satino, nello smescolamento di due liquidi miscibili solo al disopra di una data temperatura, o solo con l'aggiunta di una de- terminata proporzione di un terzo liquido, o nella precipitazione di un salo da una soluzione per aumento di concentrazione, per diminuzione di temperatura o per aggiunta di sostanze che ne in- fluenzino la solubilità, o infine in tutti quei fenomeni che costi- tuiscono i metodi di preparazione di soluzioni colloidali coi me- todi di « condensazione », si osserva che il numero delle particelle della nuova fase che sorge, e quindi il suo sviluppo totale di su- perficie, è tanto maggiore quanto minore è la distanza delle con- dizioni del sistema da quelle necessarie per ottenere l'omogeneità. Naturalmente ciò significa pure che col progressivo allontanamento da tali condizioni di omogeneità lo sviluppo totale della superficie di separazione fra le due fasi andrà progressivamente diminuendo, cioè il numero delle particelle andrà diminuendo, cioè infine le dimensioni delle particelle esistenti andranno progressivamente au- mentando 1). Naturalmente non è certamente qui il caso di estendersi più oltre su tali argomenti: farò solo notare che oltre che al fatto ricordato che solo particelle di una data grandezza possono in date condizioni essere in equilibrio con l'esterno 2), la diminuzione di dispersiti può anche essere dovuta alla riunione in un unico com- plesso di due particelle del dispersoide, venute casualmente a con- tatto, specialmente a causa del movimento Browniano loro 3). In iinbedue questi fenomeni si ottiene una diminuzione dello sviluppo di superficie fra le due fasi, ma il secondo può dare luogo, più o meno transitoriamente ad apparenze che esamineremo di propo- sito nel prossimo paragrafo. Casi speciali più interessanti di fenomeni critici. Prima di abbandonare questo argomento, sarà però bene di fermarsi ad analizzare un poco più attentamente le modalità di al- cuni fenomeni di smescolamento presentati da sistemi ternarii che sono quelli che specialmente ci interessano. ') Cfr. spec. Wilh. Ostwald '02 p. 685. -) Oltre ^li autori precedentemente citati, v. anclie Wilh. Ostwalo '02 p. 362, 584, 7.Y7 ed Eullett "01. : Cfr. spec. Wolk. Ostwald '10 p. 475-6. La morfologia della cromatina 0*3 Prenderemo come tipo di uno di questi Lo smescolamento che può verificarsi per variazioni della composizione percentuale nel sistema, notissimo ad ogni microscopista, formato da alcool, xilolo ed acqua 1). Tutti sanno che questo sistema è omogeneo solo quando la percentuale di acqua è scarsissima, tanto che basta anche solo l'assorbimento di acqua dall'ambiente da parte di un sistema al- cool-xilolo per provocarne lo smescolamento. Il fenomeno si inizia come leggero annebbiamento del liquido che, col progressivo as- sorbimento di altra acqua diviene sempre più lattescente, lino a che si giunge alla formazione di gocciole macroscopicamente vi- sibili. Questo fenomeno si può fare invece regredire aumentando la proporzione di alcool nel sistema. È per noi specialmente interessante che, dentro limiti ali- bastanza ampii, l'intensità dell'intorbidamento, cioè la grandezza media delle goccioline dell'emulsione, va progressivamente crescendo col crescere della proporzione dell'acqua ed è costante per ciascuna determinata composizione del sistemi. Allorché il processo comincia a poter essere seguito al microscopio, si osserva che l'aumento delle dimensioni delle gocciole di emulsione deriva prevalentemente se non esclusivamente da fusione di gocciole minori casualmente ve- nute a contatto. Ultramicroscopicamente che io sappia il processo non è stato seguito, ma sono sicuro che anche in questo caso l'i- nizio del fenomeno di smescolamento darebbe un risultato simile a quello che ha dato a von Lepkovvski ('11) lo studio degli intor- bidamenti critici 2) dei sistemi binarii di liquidi parzialmente mi- scibili allorché vengano raffreddati al disotto di una certa tempe- ratura. Secondo quest'autore ('11 p. 610) il primo inizio dei feno- meni di smescolamento studiati (raffreddamento di un sistema ami- lene-anilina) era il divenire luminoso del campo dell'ultramicro- scopio. Col progressivo raffreddamento esso si mostrava come una massa in vivace movimento che però non mostrava ancora parti- celle distinguibili, giacché questo formicolio era dovuto a particelle del liquido straordinariamente piccole e numerose non individua- lizzabili. Esse però divengono distinguibili isolatamente per mag- !) V. spec. Doclaux 76 e Pkeiefer 92 e Wilh. Ostwald 02 p. 1025-9 Questo caso è solo uno dei diciotto possibili comportamenti di equilibri! fra più fasi liquide in un sistema ternario. 2) Per questi fenomeni cfr. anche Rothmund '98 e '07, Frieolaendkr '01, Freundlicu '10 p. 471-3. 68 Paolo Della Valle giore raffreddamento e si può vederi' allora come si muovono con velocità colossale, si respingono e si fondono: per ogni determi- nata temperatura le loro dimensioni sono determinate e sono tanto minori (pianto più alta è la temperatura, cioè quanto più il sistema è prossimo all'assoluta omogeneità (cfr. von Lepkowski 'li p. 613). Vi è quindi ogni probabilità per credere che fin dall'inizio lo sme- scolamento non proceda diversamente dal modo che è possibile con- statare allorché esso è accessibile all'osservazione diretta. Lo stesso vale per quegli altri casi speciali di equilibrii ter- nani in cui uno dei componenti è dotato di un alto grado di vi- scosità , cioè per sistemi colloidali propriamente detti che sono quelli che specialmente ci interessano. Come infatti pei sistemi bi- narli Bùtschli ('92 p. 217) ]), Van Bemmelen ('97 e '98) Hardy (00) Quinte e ('02 p. 796), ed altri hanno dimostrato che i feno- meni di gelifìcazione del tipo di quello che si verifica per raffred- damento di una soluzione di gelatina in acqua sono da considerare identici ai fenomeni di smescolamento ora citati, così anche i si- stemi del tipo acqua-alcool-gelatina . sono da considerare identici (Hardy '00 p. 97) a quelli del tipo acqua-alcool-xilolo 2). Poiché questo è proprio il fenomeno che maggiormente ci in- teressa per l'interpretazione fìsica della morfologia dalla cromatina alla profase, è opportuno trattare di proposito nel prossimo capi- tolo alcuni dei fenomeni che si verificano nella riunione delle goc- cioline colloidali, riunione che, allorché il processo comincia a poter essere seguito microscopicamente, si può studiare specialmente al- lorché la fase dispersa non è molto abbondante. Qui ricorderò solo che, anche in questi casi le emulsioni che così si ottengono, sono stabili ed omogenee macroscopicamente dentro limiti molto ampii. Dentro questi limiti però variano notevolmente le loro proprietà 1) Per la storia di questo modo di concepire tali fenomeni, cfr. Bùtschli 'OO p. 308 e 343-4. 2) Fondamentalmente identico è il caso dei colloidi solubili solo in un mi- scuglio determinato di due liquidi, dei tipo alcool-etere-collodio (cfr. anche, per mi raso analogo, Galeotti e Giampalmo '08). Ri<-orderò anche (come semplice paragone fisico — non volendo, come ho già detto, nemmeno sfiorare la questione chimica) che secondo Mayer ('06) i com- plessi colloidali nucleina-albumina el acido nucleinico-albumina , sono solubili in un eccesso di ciascuno dei componenti. Interessante per noi è anche il com- portamento mutuo di un idrosol
  • \i), che rapidamente cre- scevano di volume diminuendo di numero (cfr. Fig. 1, 2, 3). Che poi i fenomeni di diminuzione di dispersità negli emul- soidi causate da azioni chimiche non debbano microscopicamente procedere in modo diverso, è provato p. es. dalla descrizione data da Hardy ('99 e '00) per le diminuzioni irreversibili di dispersità di soluzioni colloidali da lui studiate, che corrisponde esattamente a quella, per noi più interessante, che dà Flkmming ('92 p. 072) del modo di formazione (egli dico di comparire), di strutture nel nucleo vivente trattato con fissatori. Il nucleo delle uova ovariche di Ascidie, microscopicamente omogeneo allo stato vivente, trattato con acido acetico diluito, comincia a mostrare « dapprima un leg- gero intorbidamento che sempre più aumenta. Poi cominciano a comparire alcuni granuli isolati e brevi filamenti granulosi, che si muovono pure: non proprio come il rapido movimento Browniano danzante ma come un lento fluttuare ed oscillare, progredire ed avvicinarsi e piegarsi dei singoli pezzetti di filo. Tosto però tutti i filamenti si riuniscono in un tutto unico e con ciò cessano puro i movimenti >. Non essendo possibile un'osservazione sul viv o dei primi mo- menti della profase, potremmo anche accettare come quasi corta- mente equivalente questa descrizione di una diminuzione di di- spersità endonucleare causata da azione chimica, che così perfet- tamente corrisponde a quelle puramente fisiche già esaminate. Ricorderò a proposito di questo parallelo fra le modificazioni endonucleari profasiche e gli smescolamenti degli emulsoidi, che già Berthold '86 ha interpretato i fenomeni del protoplasma come casi speciali della fisica delle emulsioni, e che più recente- mente Albrecht ('02- p. 806-9) ha molto insistito sulla grande importanza che ha la « tròpfige Entmischung nella spiegazione La morfologia della cromatina 71 di fenomeni normali della cellula odi artefatti di preparazione1). Anche per ciò che riguarda la struttura intercinetica del nucleo, l'A. ha fatto notare ('022 p. 818) come molti fenomeni possano essere interpretati come « Entmischungsvorgànge », come p. es. la forma- h'i, 7, 8 da Zim.mermaxx '931 tav. 2 fig. 31, 34, 35) — Stadii successivi della formazione dei cristalloidi nei nuclei di cellule giovani dello stereoma di una giovanissima foglia di Polypo- iliuui ìreoides. Aumento delle dimensioni correlativo ad una diminuzione del numero. zione e la risoluzione dei nucleoli, ed ha tentato ('022 p. 811) di riportarvi anche quelli della mitosi. Albrecht però ha toccato questo argomento in un modo solo molto incidentale. ri Analogo ai fenomeni di smescolamento nelle gelatine testé citate deve i.-s re considerato il fenomeno del divenire finemente granuloso del citoplasma di eritrociti di Anlibii con alcuni reagenti (ct'r. p. es. Butschli '75 p. 261). A f e- nomeni di smescolamento è dovuta anche la comparsa di gocciole nell'interno di mossi granuli di vitello in preparati microscopici passati in xilolo prima di essere perfettamente disidratati, e cosi via. 72 Paolo Della Val Ir Un altro esempio di equilibrio ternario olio ci interessa note- volmente è qnello di tre sostanze capaci di dare, in determinate proporzioni relative, un'unica fase liquida omogenea, ed in propor- zioni diverse una fase liquida ed una cristallina *). Esempio notissimo, se non assolutamente tipico 2), ne è il si- stema acqua-alcool-eloruro di sodio, che può presentarsi come un'u- nica, fase omogenea, dalla quale però si può fare precipitare il clo- ruro di sodio per aumento della proporzione di alcool nel sistema. Come si vede, questo caso non differisce da quello dello smescola- mento del sistema acqua-alcool-xilolo che per il fatto che la nuova fase che sorge è solida invece che liquida. Si comprende quindi come sistemi del tipo acqua-alcool-gelatina possano essere indif- ferentemente paragonati sia al primo che al secondo per il fatto che l'altissima viscosità della gelatina pura dà a questa una posi- zione intermedia fra la solida e la liquida. L'esistenza di una grande analogia fra i fenomeni di gelifica- zione dei colloidi e quelli di cristallizzazione per abbassamento della solubilità di un sale in un solvente è stata infatti sostenuta, come è noto, p. es. da Hofmeister, Nasse, Van Bemmelen, Spiro3), e specialmente da Levites '08 che ha insistito sul fatto che anche la cristallizzazione, come la gelificazione comincia sotto forma al- tamente dispersa 4). Tale risultato coincide perfettamente con i numerosi studii di coloro che hanno seguito il modo di formazione dei cristalli di corpi che si originano da soluzioni che reagiscono chimicamente o precipitano per smescolamento. Da tali studii, di cui avremo oc- casione di riparlare, risulta che la nuova fase a principio è note- volmente dispersa ed in alcune condizioni può anche presentarsi sotto forma di granuli sferoidali (globuliti) che solo in seguito, per 1) In un sistema difasico, il fenomeno più prossimo a questo è, natural- mente, la precipitazione di un sale da una soluzione satura per raffreddamento. Per una trattazione generale dei fenomeni nei sistemi ternani, cfr. Paravano e SlROVICH '11. 2) Cfr. Wilh. Ostwald 02 p. 1067 e ss. 3) Cfr. Wolf. Ostwald '10 p. 30. 4 Cfr. anche Doklter '05 p. 183. Benché non si tratti di modificazioni di un efjie librio puramente fisico, è da ricordare a questo proposito, lo studio ultra- microscopi Iella progressiva diminuzione di dispersità di soluzioni di iposolfito di sodio, fatto da Pm/rz e Cahi. '04. La morfologia della cromatina Tà associazione e per riordinamento interno assumono struttura e forma cristallina. Fondamentali per questo argomento sono gli stridii di Von Wkimarn sulla possibilità di avere soluzioni coi caratteri colloidali di sostanze tipicamente capaci di cristallizzare r) , di ottenere cri- stalli direttamente da tali soluzioni, per associazione delle particelle colloidali2), e di ottenere, con artifìzii speciali, cristalli, sia pure piccolissimi, da sostanze che ne erano credute assolutamente inca- paci, come la gelatina, l'albume d'uovo e l'agar 3). A queste ultime ricerche si riattaccano molto naturalmente gli studii sulle variazioni di dispersità di quelle sostanze che tipi- camente sono capaci di formare cristalli rigonfiabili (« cristalloidi » come propose di chiamarli Nàgeli), sostanze molto diffuse negli organismi e che, come vedremo, ci interessano al più alto grado. l'oichè però non è facile nel massimo numero dei casi, ottenerne in quantità notevoli, le ricerche in proposito non sono numerose, giacché si può dire che non siano state studiate in modo accurato che solo le variazioni di dispersità dell'amido 4). mentre ancora poco è noto rispetto al modo di formazione iniziale dei cristalloidi più tipici, nei fenomeni di smescolamento ■>). Chi però conosce i risul- tati finora ottenuti dallo studio del modo col quale microscopica- mente si presenta la comparsa di quei tipici cristalloidi che sono i granuli di vitello delle uova degli animali 6), che (manifestazione certo eli un equilibrio chimico) compaiono inizialmente come pic- !) Per l'anisotropia delle particelle colloidali, dimostrata specialmente dal comportamento ottico di colloidi sottoposti ad un campo magnetico, cfr. i la- vori citati da Wolf. Ostwald 'IO p. 244-5. 2) Cfr. vox Weimarn '08- Un fenomeno simile è stato seguito ultramicro- scopicamente per alcuni colloidi inorganici da Traube-Mengarini e Scala ('IO). 3) Cfr. specialmente von Weimarn iO. Questi fenomeni sono collegati inti- mamente, con le trasformazioni col calore e col tempo, di idrogeli amorfi in conglomerati cristallini (cfr. p. es. Van Bemmelen '88, Doelter, '05 p. 180 e l'articolo riassuntivo di Doelter iO) e mediante questi fenomeni di sistemi bi- nari], alla svetrificazione. Tutti questi poi non sono che casi speciali della legge generale che le fasi amorfe hanno un contenuto di energia maggiore della fase cristallizzata e sono quindi più instabili e tendono a trasformatisi (Doelter '05 p. 195). 4) Cfr. spec. Butschli '98, Rodewald e Kattrein '99 e specialmente, Zsi- gmondy "05 p. 17-1 , Gatin-Gruzewska, Mayer e Schaefkkr '08, e Bottazzi e Vktorow '10 per una più ampia bibliografia. 5) Per numerose notizie al riguardo, cfr. Schimpek. '81 p. 124 e 114. 6) Cfr. spec. Prènant '97 p. 87. TI Paolo Della Valle eolissimi granuli e solo in seguito crescono di dimensioni dimi- nuendo anche relativamente di numero, e specialmente lo osserva- zioni di Zimmermann '931 tav. 2 fìg. 30-35 per la formazione dei cristalloidi nei nuclei di cellule giovani dello stereoma delle foglie di Polypodium ireoides (cfr. Fig. 6, 7, 8). non potrà non trovare straordinariamente probabile che nel modo normale di formazione per smescolamento dei cristalloidi, specialmente se di consistenza fluente, non possa avere una parte notevole l'aggregazione e la fu- sione progressiva di particelle precedentemente isolate. K bene insistere fino da questo momento, salvo a tornarvi ancora in seguito, su tale possibile identità di comportamento per la maniera con la quale si presenta il progressivo smescolamento di una fase liquida omogenea in due parimenti liquide, e la ma- niera con la quale ciò si verifica allorché la fase che sorge è ani- sotropa, anche nei casi in cui le particelle del clispersoide rapida- mente assumono una alta viscosità. Ciò è specialmente necessario in quanto nei fenomeni più noti di cristallizzazione le cose pro- cedono alquanto diversamente Allorché infatti in una soluzione soprassatura, sorpassato il limite di metastabilità, compaiono spon- taneamente i primi granuli della fase cristallina, per la loro pre- senza il sistema immediatamente viene riportato alle condizioni di soprassaturazione minima, e quindi non è più possibile la forma- zione di nuovi nuclei di cristallizzazione, e la diminuzione dello sviluppo di superficie totale del dispersoide potrà avvenire soltanto per apposizione della parte dispersa molecolarmente ai cristalli già formati *)• La possibilità della progressiva uniforme diminuzione di dispersità in questi fenomeni di comparsa di fasi anisotrope da fluidi omogenei deve avere certo rapporti con i caratteri iniziali di fluidità della nuova fase 2), giacché, come è noto 3), fenomeni di vera sovrassaturazione di liquidi nei liquidi non sono stati mai osservati, <•. parallelamente a ciò, anche nei fenomeni di smesco- v) Cfr. Gay Lussaci 1819 (da Wilh. Ostwald 02 p. 716) e, per la parte obbiettiva, le fotografìe cinematografiche di Richards e Archibald ('01). E però da notare, che, secondo gli studii di Retgkr ('92) esiste un limite oltre il (piale i cristalli non possono crescere Grandissima importanza in questo fenomeno deve avere anche la natura colloidale del sistema, giacché questo fatto, rome è noto, facilita straordinaria- mente il verificarsi «li fenomeni locali di sovrassaturazione ed ostacola i feno- meni «li diminuzione di dispersità (cfr. spec. Wolf. Ostwald "10 p. 208-9). 8) Cfr. Wilh. Ostwald '02 La morfologia della cromatina 75 lamento dei colloidi non è punto necessaria né efficace la presenza dei « germi » 1). Analisi, fisica dei fenomeni obbiettivi della profase 2) L'origine uniforme dei cromosomi dal nucleo omogeneo. Sono però proprio queste differenze dal modo più ned) di ma- nifestazione dei fenomeni della cristallizzazione da soluzioni, quelle che ei permettono eli procedere ulteriormente nell'analisi del feno- meno della comparsa dei cromosomi dal nucleo a riposo continuando a tener sempre presenti i fenomeni della cristallizzazione, che sono quelli che sempre ci si presentano alla mente in questi studi i, perchè nel mondo inorganico sono l'unico esempio di forme defi- nite che sorgono da una apparente omogeneità preesistente. Il paragone della formazione dei cromosomi alla cristallizza- zione, si può dire che sia stato fatto da tutti coloro che hanno consi- derato il nucleo a riposo come tipicamente omogeneo, tanto che già R ,abl ('84 p. 323), pur respingendolo per la creduta dimostrazione di una costante struttura nucleare intercinetica, vi aveva pensato. Più di proposito Albrecht ('022 p. 820), parlando della formazione di cristalloidi endonucleari per cause fisiche, si domandava se fossero da riportare a tale causa anche p. es. i filamenti mitotici, oppure se per essi fosse più verosimile l'ipotesi di uno stato viscoso, ri- mandando però tali discussioni ad un lavoro posteriore che per quanto so non ha poi più pubblicato. Poco dopo Tellyesniczky ('05 p. 423) trovava che con la dimostrazione dell'omogeneità nu- cleare intercinetica < gewinnt auch die Vergleichung der Ent- stehungsweise des Fadens mit einem Kristallisationsvorgang mehr Grund ». Due anni dopo però, in un articolo nel quale prende più nettamente posizione contro l'ipotesi dell'individualità dei cromo- somi, e dopo che anche altri autori indipendentemente avevano pensato al paragone della cristallizzazione 3), cerca di limitare la portata delle sue parole ('07 p. 43), affermando che la formazione dei cromosomi da uno stato « lòsungsàhnlich » è un processo ana- !) Cfr. Lehmann '06 p. 598-600. Non manca però anche qualche osserva- zione che tendeiebbe a far credere ad una certa influenza dei nuclei di con- densazione, anche nella gelificazione di emulsoidi (cfr. spee. Garret '03. ed anche Wolp. Ostwàld 'IO p. 181). 2) Cfr. p. 62-63. 3) Cfr. P. Della Valle '09 p. 135. 7G Paolo Della Vallo logo alla cristallizzazione, senza che però si debba identificare né con la cristallizzazione dei sali « nodi dem der Eiweissstoffe ». Ma queste semplici affermazioni non potevano persuadere nes- suno , giacché solo allora l'analogia diviene prova di identità, quando si può dimostrare l'esatta corrispondenza di tutti i carat- teri che si possono osservare nel fenomeno osservato, con quelli che il fenomeno al quale esso viene paragonato dovrebbe presen- tare allorché si verificasse in quelle determinate condizioni. Concependo la prima formazione dei cromosomi come un fe- nomeno di smescolamento di una fase omogenea, hanno, come si comprende, spiegazione naturale due dei fenomeni obbiettivi gene- rali della mitosi che abbiamo enumerati, cioè l'omogeneità nucleare che precede la profase e l'uniformità con la quale si manifestano le modificazioni di struttura per tutto il nucleo. Per il primo fatto è però da ricordare ancora la sparizione profasica frequente delle eventuali differenziazioni endonucleari. Specialmente per molti dei così detti nucleoli, certamente non si tratta di sostanze identiche a quella che formerà i cromosomi (della quale soltanto ci occupiamo); ed in tali casi si comprende facil- mente come le variazioni nelle condizioni del sistema che produ- cono il rigonfiamento nucleare e lo smescolamento della cromatina O possano provocare la loro soluzione l). Non è escluso però che in qualche caso possa realmente trattarsi invece di « nuvole » di so- stanza cromatica; ed in tali casi si deve ricordare che molto pro- babilmente le cause della loro formazione non debbono essere le stesse che provocano le diminuzioni più notevoli di sviluppo di su- perfìcie del dispersoide 2). E anche da ricordare a questo proposito che, come abbiamo già visto, in determinate condizioni solo globuli di una determi- nata dimensione possono trovarsi in equilibrio con l'esterno; tipico é il fenomeno frequente nelle rocce porfiriche della corrosione spesso profonda di grossi cristalli di prima formazione (che corrisponde- vano all'equilibrio del magma lentamente raffreddantesi) che deve essersi verificata allorché la massa venuta all' esterno si è rapida- J) Cfr. anche pag. 55. 2) Per continuare nell'antilogia meteorologica ricorderò solo che non sono i cumuli «'he condensandosi progressivamente si trasformano contemporaneamente tutti in una massa liquida, ma che le gocciole di pioggia hanno origine da con- ili n sazioni localizzate. La morfologia della cromatina 77 mente solidificata, in condizioni cioè per le < jnali le condizioni di equilibrio erano rappresentate dai piccoli cristalli della massa mi- crocristallina fondamentale *). Dato questo modo di concepire i fenomeni della sostanza cro- matica alla profase, si comprende anche perfettamente come 1" os- servazione sul vivo non dia altri risultati che la constatazione di un intorbidamento (cfr. p. 57). La piccolissima differenza di com- pi dizione fra le due fasi all'inizio dei fenomeni di smescolamento, (cfr. p. 65), che ostacola le osservazioni microscopiche ed ultrami- croscopiche dei fenomeni di smescolamento anche in casi in cui le due fasi finiscono col presentare notevole differenza d'indice di li- frazione, spiega ciò a sufficienza. L'origine periferica dei cromosomi. Il terzo dei fenomeni obbiettivi generali della profase da noi enumerati, ci fa invece procedere ancora nella conoscenza del si- stema nel quale ha luogo la formazione dei cromosomi. Infatti la loro formazione prevalentemente nella regione periferica del nucleo, significa evidentemente che in questa regione le condizioni del si- stema debbono essere diverse che non all'interno del nucleo. Una prima cosa da considerare a questo proposito è il feno- meno previsto teoricamente da Gibbs ('76-78 p. '274) dai principii i Iella termodinamica e confermato con l'esperienza da Zawidzki C03) e per i colloidi da Ramsden ('04), che una sostanza aggiunta in quantità anche piccola ad una massa di un liquido a tensione su- perficiale maggiore, finisce col presentarsi in una concentrazione maggiore alla superficie anziché nell'interno della massa, dimi- nuendone così, la tensione. Certamente quasto fatto deve avere una notevole importanza nel fenomeno che esaminiamo, e con ciò ve- niamo non solo a conoscere un'altra notizia sul valore, sia pure soltanto relativo, di una delle costanti fisiche più importanti per noi. della sostanza cromatica (v. anche cap. Ili § 3), ma anche la legge di Boveri della proporzionalità della superficie e non del vo- lume nucleare alla quantità di cromatina (numero dei cromosomi) da cui il nucleo si forma, diviene fisicamente molto più comprensibile. l) cfr. Doeltek '05 p. 114. Questi fenomeni sarebbero forse da porre in quella categoria della classificazione proposta da Wor.F. Ostwald (iO p. 252) delle variazioni di dispersila dei dispersoidi caratterizzata da diminuzione del grado di dispersità ed aumento dell'omogeneità della distribuzione spaziale 78 Paolo Della Valle Intimo rapporto con questo fenomeno devo avere certamente ;inche il fatto dell'aumento notevole di concentrazione «lolla fase dispersa alla superficie «li separazione fra la soluzione colloidale ed una fase di natura differente (gas, liquidi, solidi) (cfr. Wolf. Ost- wald '10 p. 26-7, 396, 439-40). È anche interessante notare per ul- teriori considerazioni sulla causa dei fenomeni che esaminiamo, che molto frequentemente, in seguito a tale aumento di concentrazione della fase dispersa, avvengono fenomeni di diminuzione del grado di dispersità di questa, che si manifestano come membrane più o meno resistenti al limite di separazione della soluzione colloidale rispetto alla fase estranea (membrane aptogene) 1). Questo del resto non è che un caso particolare del fenomeno molto più generale, dell'esistenza di un limite alla possibilità di concentrazione della fase dispersa, oltre il quale, sia nei suspensoidi 2) che negli emul- soidi3), si verificano diminuzioni del grado di dispersità. Questo ri- sultato è costante, qualunque sia il metodo col quale si produca tale aumento di concentrazione (p. es. evaporazione, ultrafiltrazione, del mezzo di dispersione, neoproduzione chimica della fase di- spersa etc.) 4). Anche quindi senza bisogno di altre considerazioni, la forma- zione dei cromosomi alla profase nella regione periferica del nu- cleo sarebbe fisicamente perfettamente concepibile. Ma vi sono da Ime ancora altre riflessioni che rendono questo fenomeno anche più chiaro. Abbiamo già visto, che alla profase l'equilibrio fra il nu- cleo ed il citoplasma si altera, ed il nucleo si rigonfia e finisce con lo scomparire, mentre parallellamente diminuisce la dispersità della cromatina nel nucleo. Poiché, come analizzeremo meglio in seguito, è molto probabile che esista una relazione causale fra i due feno- meni, è innegabile che le prime modificazioni alla composizione della fase nucleare dovranno verificarsi nella regione più superfi- ciale del nucleo. Questo del resto è ciò che si verifica in tutti i casi allorché gli agenti che producono la comparsa della nuova fase ') Cfr. \V. V. Metcalf '05 e spec. Freundlich iO p. 442-4. 2) Cfr. Zsmmondy '05 p. 175 e cap. 16, 17, 19; Wolf. Ostwalu iO p. 327-8> M. Ducladx '10, e specialmente Michaelis '05. 8) Cfr. Wolf. Ostwalo '10 p. 428-30, 343. 4j Cfr. Wolf. Ostwald iO p. 178-9, 285, 452. Per una trattazione generalis- Sima della possibilità della formazione di un fluido di fase differente alla su- perficie di separazione ira due fluidi omogenei differenti, cfr. Gibbs '76-78 p- -'64 La morfologia della cromatina 7'.' provengono dall'esterno: basterà citare a questo proposito le os- servazioni di Tammann ('03 p. 134 fìg. 42) sull' originarsi dei cri- stalli di benzofenone prevalentemente alla periferia del vaso donde proveniva il raffreddamento, allorché questa sostanza era fatta so- lidificare nel distretto B della curva di velocità di cristallizzazione. Analogamente, nei casi nei quali una goccia di soluzione, spe- cialmente colloidale viene posta in un liquido che provochi la pre- cipitazione della fase dispersa, la coagulazione si verifica inizial- mente, e spesso soltanto, alla superficie della goccia, costituendo le tanto note membrane di precipitazione. Formatasi ora nella regione superficiale del nucleo le prime aggregazioni della cromatina, nel caso (non molto probabile come abbiamo visto, ma non impossibile) che per il colloide in questione potessero avere una certa influenza i nuclei già formati nella con- densazione del resto della fase dispersa, si comprende come pro- gressivamente tutta la sostanza cromatica colloidale finisca col ve- nire raccolta in queste aggregazioni periferiche. Non differenti del resto, da un punto di vista generale, debbono essere i fenomeni che portano alla formazione delle druse, con le quali i nuclei pro- fasici hanno qualche volta una somiglianza impressionante (cfr. p. 63) !). La scomparsa del nucleo come tale. Anche più interessante del precedente, per l'interpretazione fi- sica della profase, è il quarto dei fenomeni obbiettivi generali di questo periodo, da noi enumerati, cioè la scomparsa del nucleo come tale, parallelamente alla formazione dei cromosomi del nucleo. Poiché in tale fenomeno i cromosomi non occupano mai tutto il volume nucleare, ed anzi, come abbiamo visto, si formano in- vece solo o prevalentemente nella regione periferica del nucleo, la- sciando relativamente vuota di aggregazioni cromatiche la regione più interna, noi non possiamo considerare questo fenomeno, come invece forse si sarebbe potuto fare, come una trasformazione da ') Berthold '86 p. 195, che pure aveva notata la posizione dei filamenti cro- matici alla profase alla periferia del nucleo, ha creduto anche, incidentalmente, di potere dare una interpretazione fisica basata su movimenti endonucleari do- vuti a correnti di convezione provocate da differenze di concentrazione. Rhu.m- blkr '94 p 541 per l'origine dei nucleoli verso la periferia del nucleo in un protozoo pensò invece a fenomeni di precipitazione di sostanze che in quella regione venissero a formarsi. 80 Paolo Della Valle una modificazione polimorfa in un'altra più stabile in condizioni » 1 i\ erse, fenomeno questo nel quale appunto la comparsa della mo- dificazione più stabile è funzione della sparizione della modifica- zione preesistente. Ciò è invece perfettamente concepibile dal punto di vista degli equilibrii fisici fra fasi diverse. Consideriamo infatti in primo luogo le modificazioni dell'equi- librio nucleo-citoplasmatico alla profase. Da ciò die abbiamo pre- cedentemente detto a proposito del rigonfiamento nucleare profa- sico, è evidente che in tale momento si verifica un aumento dello sviluppo di superficie nucleo-citoplasmatico, e la stretta analogia con i fenomeni di rigonfiamento dei gel, dimostra che questo feno- meno può essere considerato come una forma iniziale di una vera soluzione 1). Da ciò che abbiamo precedentemente detto è anchn probabile che tale fenomeno sia dovuto a modificazioni della fase esterna, cioè che si tratti di un sistema per lo meno ternario. Consideriamo d'altra parte le modificazioni del sistema croma- tina-carioplasma alla profase: abbiamo visto a sufficienza che si dove trattare di un fenomeno di smescolamento dovuto anche qui probabilmente a modificazione della fase esterna. Consideriamo infine un terzo punto: i cromosomi, dalla pro- fase all'anafase restano immersi nel citoplasma senza punto scio- gliervisi, anzi, come vedremo, progressivamente diminuendo il loro sviluppo di superficie. Possiamo dunque stabilire i seguenti punti: I. Il carioplasma è in equilibrio col citoplasma intercinetico, ma si omogenizza col citoplasma mitotico. II. La cromatina forma un'unica fase omogenea col carioplasma intercinetico, ma forma una fase distinta col carioplasma mitotico. III. La cromatina forma una fase distinta col citoplasma mi- totico. Da ciò risulta evidentemente che abbiamo a che fare, con ogni probabilità, con un sistema risultante da almeno quattro compo- nenti -i. ]j Come ho accennato in un altro lavoro (P. Della Valle '11 l p 16) e come meglio vedremo nel capitolo settimo, anche la profase amitotica è essenzialmente un aumento della superficie di separazione nucleo-citoplasmatica. -i W'ii.h. Ostwald ('02 p. 699 nota 2) osserva che sembra trattarsi di una Legge generale che se un sistema risulta da n componenti, il numero delle tasi liquide che esso può presentare non possa sorpassare n. Naturalmente se è vera La morfologia della Cromatina HI Infatti, oltre al citoplasma, al carioplasma ed alla cromatina, dobbiamo avere anche un costituente che, modificando il citoplasma provoca il rigonfiamento nucleare ed un costituente che modifi- cando il carioplasma provoca lo smescolamento della cromatina ; ed è solo l'ipotesi più semplice possibile e la più verosimile quella che la causa dell'uno e dell'altro fenomeno sia la stessa, cioè che lo smescolamento della cromatina sia causato dalla soluzione del ca- rioplasma nel citoplasma. Che una tale logica deduzione dei fatti abbia molte probabi- lità di essere vera, è dimostrato dalla possibilità di imitare tutti i fenomeni morfologici della profase mettendosi appunto nelle con- dizioni che quest'ordine di idee dimostra essere il minimo di com- plessità possibile del sistema cellulare perchè si possano verificare i fenomeni che si osservano alla profase. Prendiamo infatti un sistema quaternario i cui quattro com- ponenti indicheremo con le lettere A, B, C, D, e prendiamoli con proprietà reciproche, speciali, tali cioè che: A sia solubile in B e solo parzialmente solubile in C e D B » » » A e D » » » » C C » » » D » » » > A e B D» » » B e C » * * * A Come si vede queste sono appunto le proprietà che abbiamo supposto nella mitosi qualora si faccia cromatina = A ; cariopla- sma = B; citoplasma = C; causa delle variazioni del sistema = D. Dato ciò, prendiamo una soluzione di A in B e poniamone una goccia in C. Per ciò che abbiamo detto, tale goccia rimarrà di- stinta dal liquido esterno e nell'interno di essa non si verificherà nessuno smescolamento. Aggiungiamo ora progressivamente D alla fese esterna C: la solubilità di B in C andrà aumentando, e quindi si diffonderà, mentre A, solo parzialmente solubile in C e in D, subirà parallelamente un progressivo smescolamento. Abbiamo così questa proposizione dovrà essere vera anche la reciproca, cioè che se esistono n fasi liquide il sistema dovrà risultare da almeno n componenti. Ora nel no- stro caso le fasi liquide sicure sono almeno le seguenti : 1. Mezzo di dispersione citoplasmatico . (citoplasma) -2. Fase dispersa citoplasmatica \ 3. Mezzo di dispersione nucleare (carioplasma) 4. Fase dispersa nucleare (cromatina) Il numero dei componenti il sistema deve essere quindi per lo meno di quattro. Archivio zoologico italiano, Voi. VI. 6 Paolo Della Valle realizzato con l'aggiunta di una sola sostanza (D), la soluzione di B (carioplasma) e lo smescolamenlo di A (cromatina). Poiché questi fenomeni sono assolutamente indipendenti dalla natura chimica della sostanza, sarà possibile ideare un grande nu- mero eli queste imitazioni fisiche della profase, solo che si rispet- tino le condizioni di solubilità reciproca sopra enunciate. Basterà p. es. porre: A B C D I. gomma arabica acqua etere alcool li. paraffina xilolo acqua alcool III. allume potassico acqua benzolo alcool e cosi via. Ora poniamo p. es. una goccia di soluzione di paraffina in xilolo, nell'acqua: la goccia resta distinta dall'acqua e la paraffina sciolta nello xilolo. Aggiungiamo ora progressivamente alcool al- l'acqua 1): lo xilolo comincia a sciogliersi nella fase esterna e la paraffina, raggiunta la saturazione, comincia a cristallizzare alla su- perfìcie. Egualmente, se si pone una goccia di soluzione acquosa di gomma arabica in etere (xilolo, benzolo etc.) e si fa pervenire lentamente dell'alcool assoluto nell'etere, si vedrà un progressivo intorbidamento nell'interno della goccia di soluzione di gomma, accompagnato anche da movimenti più o meno vivaci delle nubi che si vanno formando in essa. Spingendo il fenomeno al limite, si finisce con l'osservare un certo numero di sferette di gomma arabica solide 2). L'esperienza è anche più elegante nel caso in cui si adoperi una goccia di soluzione di allume potassico, perchè in tal caso, ') Per evitare le forti correnti di diffusione in questo e negli altri casi è itimo che i mutamenti del sistema avvengano lentamente, facendo perve- nire l'alcool (T) dello schema generale) per diffusione attraverso un filo di co- È molto |>iù comodo e non cambia nula al procedimento cominciare con una fase esterna costituita inizialmente con alcool a 70 anziché con acqua pura. •' Fra le difficoltà di queste esperienze sono quelle originate dalla differenza di densità dei liquidi che si adoperano, per cui la gocciola di soluzione che rap- presenta il nucleo, o va ;i fondo o va a galla, e nell'un caso o nell'altro subisce leformazioni più o meno gravi per effetto dei fenomeni di tensione superficiale, -i può in parte ovviare a ciò sospendendo le gocce di soluzione acquosa fra uno strato di cloroformio ed uno strato di xilolo incompletamente mescolati fra Lo La morfologìa della cromatina 83 per la grande capacità di cristallizzazione di questa sostanza, si ot- terranno da essa dei cristalli nettamente individualizzati e più o meno numerosi secondo la rapidità con la quale si la avvenire lo smescolamento. La somiglianza di questo processo a) con ciò che si osserva alla profase è tale che, essendo giunto a questo paragone appunto nel modo deduttivo ora esposto, ne fui io stesso notevolmente me- ravigliato. 3. Le torsioni profasiche ed i fenomeni di associazione Le torsioni dei cromosomi Le osservazioni precedenti. L'ultimo dei fenomeni generali della profase che abbiamo ri- cordati, è quello della forma iniziale dei cromosomi variamente ed irregolarmente elicoide. Solo in questi ultimi tempi, si è cominciato a considerare come generale tale fenomeno, benché la prima osser- vazione di decorso ad elica dei cromosomi, secondo Nemec ('10 p. 183), sia da far risalire a Baranetzky che ne parlò nel 1S80 ed anche Flemming abbia notato ('82 p. 201) i numerosi ed accen- tuati gomiti dei filamenti cromatici profasici. Ciò è stato dovuto a due cause principali: I. la difficoltà tecnica di tali osservazioni, trattandosi dello studio minuto ed accurato di corpi piccolissimi e facilmente alterabili, specialmente nelle condizioni in cui tali tor- sioni sono più manifeste; IL causa non meno importante, il fatto che, essendo stata ed essendo ancora in gran parte la morfologia della divisione nucleare limitata soltanto alle mitosi delle cellule genetiche, si credette per molto tempo che le torsioni dei cromo- somi fossero fenomeno caratteristico soltanto delle cariocinesi stu- diate, poiché le osservazioni successive le andavano dimostrando sempre più frequenti specialmente per i lunghi elementi cromatici delle mitosi di maturazione delle monocotiledoni. l) Degni di essere letti a questo proposito, sono alcuni passi di un lavoro di Albrecht ("022 p. S12) in cui questo autore, a torto dimenticato, si occupa incidentalmente dei fenomeni profasici da un punto di vista risico. Bkkthold ('86 p. 19-1-198) ed Enrkjuks ('11 p. 199-200) invece sono stati tratti in errore dal preconcetto tradizionale dello spezzettamento dello spirema. 84 Paolo Della Valle Come per il valore morfologico delle tetradi x), così anche qui su tale pretesa esclusività di questo comportamento dei cromosomi delle mitosi di maturazione, non si mancò di costruirvi ipotesi sul suo significato nell'eredità, specialmente a causa dell'osservazione varie volte fatta dell'esistenza di duo elementi cromatici, mutua- mente attorcigliati come serpenti in amore. Di questo speciale fe- nomeno avremo occasione di occuparci di proposito nel capitolo sulla divisione longitudinale, ma è opportuno aggiungere qui su- bito che queste ipotesi (spesso rinascenti per la seducente semplicità con la quale sembrano spiegare la riduzione numerica sessuale), sono andate progressivamente perdendo terreno, mano mano che si sono venuti dimostrando fenomeni analoghi anche fuori delle cellule genetiche 2). Come spesso avviene però, è stato proprio tale movimento di ipotesi quello che ha richiamata l'attenzione dei ci- tologi su questo fatto ed ha portato per due vie diverse Hacker i 07 e '09) e Bonnevie ('08) ed allargare anche alle mitosi soma- tiche il fenomeno delle torsioni dei cromosomi, e quindi anche a tentativi di spiegarle in modi indipendenti dai fenomeni della ses- sualità. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, possiamo affermare che si tratta di un fenomeno generalissimo, e si può dire addirit- tura costante per le profasi delle mitosi con cromosomi di forma allungata 3). Scarse invece per le difficoltà tecniche molto più gravi die si incontrano sono le notizie intorno ai caratteri di queste torsioni. Data però la loro importanza per l'analisi fisica dei fe- nomeni, ho cercato non solo di riunire qui tutte le notizie che sono secondo me da considerare come sicure specialmente per averle personalmente osservate , ma anche di correggerle, completarle e ampliarle con nuove osservazioni obbiettive. È opportuno qui seguire il metodo retrogrado. Che i cromosomi sì dimostrino di forma elicoide alla profase è un fatto che non è difficile constatare e che deve essere quindi considerato come fuori questione. Basterà citare, come esempio per i) Cfr. P. Della Valle '07 e 11- p. L32-134. ''redo che Boscalioni ('98 p 289) sia stato il primo a descrivere per mitosi somatiche (nuclei dell'endosperma di Vida faba), cromosomi scissi lon- gitudinalmente ed attorcigliati « quasi che l'una delle metà del cordone si av- volga sopra l'altra (tav. 16 fig. 43 e 46) ». :,i 11 Qome «spirema comunemente usato, è appunto l'espressione del fatto che in questo stadio i cromosomi sono irregolarmente e variamente elicoidi. La morfologia della cromatina 85 le cellule somatiche la figura 7 della tavola 3 dui lavoro di Kòhlbb (04 j sulle microfotografìe a luce ultravioletta, che riproduce una profase dell'epitelio delle laminette branchiali di Salamandra. In tale fotografia le torsioni dei cromosomi spiccano, forse special- mente a causa dell'enorme apertura numerica utilizzata, con una evidenza grandissima e sono la riprova più sicura della reale ob- biettiva esistenza delle torsioni cromosomiche, tanto più che l'au- tore, non citologo, non le ha nemmeno rilevate, occupandosi solo del problema tecnico. Le questioni però cominciano quando si tratta di precisare il comportamento di queste torsioni. Heidenhain ('07 p. 173), con- statato che molto spesso ad una torsione in un senso segue tosto una torsione in senso opposto, pur riconoscendo che tale compor- tamento non si può dimostrare costantemente per la piccolezza delle strutture che offrono gravi difficoltà all'osservazione, crede però di poter considerare questo come un fenomeno generale e cerca anche di spiegarselo con un'ipotesi che esamineremo fra poco. In generale si deve riconoscere che le figure originali di Heiden- haix di piotasi di laminette branchiali di larve di Salamandra hanno i caratteri della più grande obbiettività e sono da conside- rare tra le migliori contribuzioni alla conoscenza delle torsioni dei cromosomi , ina si riferiscono in generale a stadii di profasi già un po' troppo avanzate, né è possibile una determinazione sicura del senso di tutte le torsioni in ciascun cromosoma. Bonnevie '08) invece, che ha avuto il merito di insistere molto su questo fenomeno, non parla del senso delle torsioni; ma dal complesso di ciò che dice risulta che 1' A. lo crede costante per tutta la lunghezza di ciascun cromosoma; però non si occupa nemmeno di paragonare il senso della torsione nei diversi elementi cromatici. La Bonnevie ha anche seguito per lungo tratto in senso retro- grado le torsioni cromosomiche, ma, forse influenzata dalla grande diffusione dei fenomeni osservati fino dai primi inizii della forma- zione dei cromosomi e da altri di cui parleremo a proposito della dissoluzione dei cromosomi alla telofase, essa è stata indotta ad immaginare un ciclo assolutamente fantastico di un ipotetico fila- mento elicoidale cromosomico persistente nel nucleo a riposo, e da questa ipotesi è stata spinta a disegnare la strini uni del nucleo intercinetico in un modo che non corrisponde punto alla realtà. Anche però facendo la tara delle spiegabili esagerazioni, già cor- 86 Paolo Della Valle rette in parte da Boveei i "09 p. 187-8), non si può non tener conto di queste interessanti osservazioni per ciò che riguarda la determinazione del modo di torsione dei cromosomi profasici. Nuove osservazioni obbiettive. Non resta dunque clic l'osservazione obbiettiva per decidere tale importante differenza di opinioni, e questa osservazione, come ora vedremo, dimostra che ambedue le affermazioni corrispondono ad una parie della realtà, ma riè 1' una né l'altra esprimono il com- portamento generale. Le mie osservazioni si riferiscono prevalentemente alle mitosi dei nuclei dell'endotelio peritoneale delle larve di Salamandra che sono quelle che meglio si prestano ad uno studio completo delle torsioni di tutti i cromosomi per le dimensioni di questi e per la sufficiente distanza che intercede fra di loro anche nelle profasi abbastanza precoci. "Risultati qualitativi identici, per quanto incorn- ili!'ti a causa delle difficoltà tecniche, ho ottenuti per le mitosi di maggiori dimensioni degli altri tessuti delle larve di Salamandra, per le mitosi degli apici di radici in accrescimento di Allinm cepa ed anche per la profase della prima e della seconda divisione di segmentazione di uova di Ascaris megalocephala, dove però le tor- sioni dei cromosomi hanno caratteri alquanto diversi e sono meno accentuate. Uno studio comparativo più ampio di queste torsioni è reso quasi impossibile per la piccolezza delle strutture in que- stione, eccessiva anche per i migliori mezzi di osservazione micro- scopica solita, quali sono quelli da me adoperati (3 mm. apocr. ap. 1,40 Zeiss; 18 oc. comp.; condensatore oloscopico ad immersione Watson ap. 1,35; luce artificiale; grande stativo « Van Heurk » Watson). Nello due tavole annesse a questo lavoro ho disegnato, all'in- grandimento di circa 2700 diametri, tutti i cromosomi di due mitosi di nuclei di endotelio peritoneale di larve di Salamandra maculosa, prese fra quelle riprodotte nella tavola che accompagnano il mio studio sul numero dei cromosomi *) e dalla quale quindi si può ve- dere la forma generale della mitosi e la posizione mutua dei di- versi cromosomi, dati interessanti per l'analisi e l'interpretazione di tali torsioni. Ho fatto ciò perchè credo che uno studio integrale di tutte le torsioni di tutti i cromosomi di una mitosi sia per questo argomento indispensabile, e che le inesatte generalizzazioni di Hei- ») P. Dklla Vai.i.k '09 Tav. 1 fig. 10 e fig 6. La morfologia della cromatina S7 denhain e «li Bonnevie sono dovute appunto all'avere essi trascu- rata questa cura. Per queste stesse ragioni e pur i rapporti eh-© le torsioni presentano con altri problemi della morfologia dei cromo- somi è pure indispensabile secondo me, l'analisi comparativa del loro comportamento in stadii diversi della mitosi. Dai disegni delle due tavole evidentemente risulta il fatto, già notato da quasi tutti coloro che si sono occupati di queste torsioni, che il loro numero, nei cromosomi di profasi ad uno stadio più pre- coce, è notevolmente maggiore rispetto a quelli di mitosi in uno stadio più avanzato. Ma non è solo questa la differenza fra il modo di presentarsi delle torsioni dei cromosomi di mitosi a stadii diversi. Chi osservi attentamente i cromosomi della seconda tavola, noterà che è molto notevole il numero di quei cromosomi che in tutta la loro esten- sione presentano torsioni tutte dello stesso senso 1). Tali sono p. es. i cromosomi 5. 6, 9, 13, 14, 17, 23 nonché 7, 10, 11, 15, 21. Tale risultato quindi sarebbe apparentemente la conferma delle afferma- zioni della Boxnevie e contrario a quelle di Heidenhai^. Chi os- servi più attentamente però, noterà che il senso della torsione di questi cromosomi in cui 1" avvolgimento è uniforme, non è identico per tutti : noi primi infatti abbiamo a che fare con torsioni esclu- sivamente destrorse e nei secondi invece le torsioni sono tutte si- nistrorse. Per di più tali torsioni, benché tutte nello stesso senso per ciascun cromosoma, sono lungi dal presentarsi in modo rego- lare ed uniforme, giacché, mentre alcune sono a raggio molto largo in modo da confondersi con le semplici variazioni nella direzione generale del cromosoma, altre sono invece a raggio molto più stretto, e per altre infine, in cui l'asse dell'elica non si trova come nelle precedenti all'esterno del cromosoma, ma capita proprio nello spessore di esso, le torsioni divengono di difficilissima constatazione. In tali casi o che il passo dell'elica sia lungo, o che sia breve, le torsioni compaiono soltanto come differenze non molto notevoli dello spessore del cromosoma , che ora viene ad essere osservato *) Qualunque sia il modo di osservazione di un'elica, una destrorsa non potrà mai essere confusa con un'elica sinistrorsa. Per le torsioni dei cromosomi, essendo necessario distinguere queste due forme opposte, propongo di chiamare destrorse quelle in cui la parte posta più verso l'osservatore (cioè visibile a messa a fuoco più alta) si dirige obliquamente da sinistra e da basso a destra, ed in alto, e sinistrorsa quella in cui invece tale parte si dirige da destra e da basso a sinistra ed in alto. Cfr. p. es. E. Fischer '86 p. 3-5. y8 Paolo Della Valle dalla sua faccia più larga ed ora per il suo spessore, sempre mi- nore di quella. In questi casi, solo nelle migliori condizioni di os- servazione si può riconoscere l' andamento elicoidale del margine laterale del cromosoma, e solo l'esistenza di infiniti termini di pas- saggio permette di riconoscere anche queste forme di torsioni meno visibili. Senza tali gradi intermedii queste immagini sarebbero state interpretate, come forse molto spesso lo sono state fin' ora, come differenza nello spessore del cromosoma 1). Non vi è nemmeno nes- suna regolarità per ciò che riguarda il modo di successione delle torsioni: non rare volte una gran parte di un cromosoma non ne presenta affatto e solo in un breve tratto ne sono invece raggrup- pate varie. Non vi è infine nemmeno nessuna regolarità nel nu- mero assoluto delle torsioni, perchè alcuni cromosomi ne presen- tano un certo numero (non mai molto notevole), altri pochissimi ed altri infine nessuna quasi 2). Tutte queste sono delle constatazioni che difficilmente potreb- bero essere d'accordo col modo col quale la Bonnevie presenta i fe- nomeni, ma vi è ancora di più. Un'osservazione sistematica del modo di presentarsi di tutte le torsioni in tutti i cromosomi di una mitosi, anche se già per- venute allo stadio al quale si riferisce la seconda tavola, dimostra che i cromosomi con torsioni aventi tutte lo stesso senso non sono la totalità. Ve ne sono invece anche un certo numero che presen- tano contemporaneamente torsioni destrorse e sinistrorse 3). In ge- nerale negli stadii di profase abbastanza avanzata le torsioni di senso opposto non sogliono alternarsi, e può avvenire che mentre le torsioni destrorse si osservano in una metà , neh" altra metà si osservano quelle sinistrorse : la regione più centrale del cromosoma viene così ad essere quella con decorso più semplice. Un' ultima cosa da osservare per questi cromosomi con torsioni miste, è che non vi è alcun rapporto numerico fra le due specie di torsioni, ma in generale l'una non supera di molto l'altra. 1) Naturalmente dato ciò è perfettamente concepibile che le torsioni che ho disegnate possano non essere proprio tutte quelle esistenti essendomene potuta sfuggire ancora qualche altra. aJ I cromosomi metafasici, come hanno anche notato Heidenhain e Bon- nevie. di solito, non ne presentano. Per ciò che riguarda le discussioni intorno al meccanismo ed al significato della diminuzion e del numero delle torsioni e della loro sparizione, cfr. cap. IV. si Nella Tav. Il ]> es. i cromosomi 1, 8, 20. La morfologia della cromatili: 89 Già a questo stadio dunque, risulta elle né le affermazioni di Heidenhain né quelle di Bonnevie corrispondono al comportamento generale di tutti i cromosomi. Ciò vale ancora maggiormente per uno stadio più precoce. infatti nella mitosi alla quale si riferiscono i disegni della prima (avola (la più precoce mitosi che io abbia trovata fra quelle ohe permettevano uno studio accurato di tutte le torsioni di tulli gli elementi cromatici) 1), i cromosomi con spire solo destrorse o solo sinistrorse sono in numero molto minore che negli stadii succes- sivi. Nemmeno si osservano o sono molto più rari i cromosomi con un piccolo numero di torsioni o con torsioni di raggio molto am- pio, mentre invece troviamo molto più abbondanti non solo le torsioni in generale, ma anche le inversioni del senso dell'elica ed Torsioni Torsioni Cromosomi destrorse sinistrorse 1 4 0 2 1 4 3 3 2 1 0 2 5 3 3 6 6 0 7 3 e 8 4 4 9 2 6 10 5 0 U 8 0 12 2 0 13 0 1 14 0 3 15 8 0 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 Totale 0 6 14 4 0 7 4 4 0 2 90 48 J) Cfr. P. Della Valle "09 Tay. I, %. 10. 00 Paolo Della Vailo anche più di una sola volta su di uno stesso cromosoma. Ma oltre a queste constatazioni i cromosomi di questa profase relativamente precoce, tu' permettono di fare 'lue determinazioni quantitative che ci serviranno nelle ulteriori discussioni, e che solo adesso possiamo ragionevolmente tentare essendo abbastanza notevole il numero assoluto delle torsioni di tutti i cromosomi. La prima di queste è che, come risulta, dalla presente tabella, il numero delle torsioni destrorse dei cromosomi a torsioni miste può essere eguale, ma anche diverso da quello delle torsioni opposte, anche quando sono abbastanza numerose. Complessivamente anche in questo stadio più precoce il numero totale delle torsioni di un senso, pure essendo diverso, non è molto lontano da quello delle torsioni inverse. L'altra constatazione, anche teoricamente importante, è quella che. sensi- bilmente per ciascun cromosoma, il numero delle torsioni (destrorse + sinistrorse) è proporzionale alla sua lunghezza, ciò che si può esprimere anche dicendo che il numero medio di torsioni per una determinata lunghezza di cromosoma è costante ed uniforme in una determinata profase e quindi non vi sono differenze da cro- mosoma a cromosoma, nemmeno sotto questo punto di vista. Come ho detto la profase alla quale si riferiscono i disegni della tavola prima è la più precoce fra quelle in cui era possibile uno studio sistematico di tutte le torsioni di tutti i cromosomi. Nelle profasi ancora più precoci, nelle quali gli artefatti di preparazione diven- gono certo rapidamente più gravi, per quello che è dato intuire, si comprende che aumenta ancora la complicazione e il numero delle torsioni e delle controtorsioni , ciò che è dovuto parte alla lunghezza anche maggiore dei filamenti cromatici, parte ad un maggiore numero di torsioni per unità di lunghezza. L'indecisione delle immagini e la poca attendibilità di esse nei preparati fissati rende poco utile una discussione ulteriore su tali basi. Ricorderò soltanto che secondo Tellyesniczky ('05 p. 403) perfino l'aspetto finemente punteggiato degli stadii molto precoci della profase non sarebbe che l'espressione ottica dei gomiti di sottilissimi filamenti cromatici: opinione questa assolutamente indimostrabile e, secondo me, poco probabile, al pari delle fantastiche rappresentazioni della Bonnevik di simili stadii. Ciò che in questi fenomeni si devo considerare come molto import .ime per L'interpretazione tisica dei fenomeni, è che qui non abbiamo a che fare con vere torsioni elicoidali regolari, quali pos- La morfologia della cromatina 91 sono essere p. os. quelle di una conchiglia di Helix, ma solo con irregolarissimi avvolgimenti di filamenti nastriformi, che avvengono in tutte le possibili direzioni dello spazio senza alcun ordine di successione. Tali avvolgimenti noi possiamo chiamare torsioni solo perchè quella irregolarmente elicoide è la forma più irregolare che possa assumere una linea. Ciò è già chiaro nei cromosomi dello profasi avanzate, per la continuità di cui già abbiamo parlato Era le vere torsioni elicoidali ed i fenomeni di semplice mutamento nella direzione del cromosoma, ma diviene ancora più evidente) nelle profasi più precoci nelle quali sono rare vere torsioni elicoi- dali succedentisi in un certo numero sempre in una sola direzione, ed invece i mutamenti di direzione dei diversi cromosomi sono straordinariamente più numerosi. Un altro punto fondamentale por l'interpretazione delle torsioni dei cromosomi è quello che le torsioni si prosentano nel loro massimo numero proprio nei primi inizii della riconoscibilità dei cromosomi e vanno poi progressivamente diminuendo. Questo fatto è impor- tante specialmente perchè ci permette di eliminare fin da questo momento e senza ulteriori discussioni, il paragone che sarebbe stato altrimenti naturale e doveroso fra queste torsioni dei cromosomi e le altre forme elicoidali presentate dagli organismi e specialmente dalle piante. Infatti in tutti i casi di forme elicoidali degli orga- nismi complessi si può dimostrare che essi non sono che una con- seguenza di un accrescimento asimmetrico rotante, e negli animali spesso sono connesse alla metameria con numerose forme di pas- saggio 1). In simili casi quindi il numero delle torsioni va pro- gressivamente crescendo col tempo invece che diminuendo, e ne- cessariamente presuppone che l'accrescimento si inizii da un punto determinato, cose tutte che non hanno il minimo rapporto con ciò che si osserva obbiettivamente nella formazione dei cromosomi. Le interpetrazioni precedenti dell'origine delle torsioni. Prima di procedere all' analisi di quello che a me sembra il vero significato e la naturale spiegazione fisica di tutti i fenomeni presentati dalle torsioni cromosomiche profasiche, è opportuno fer- *) Per le possibili relazioni fra forme metameriche e forme elicoidali anche per strutture citologiche, cfr. p. es. Apathy '03 p. 77, MttNOH '04, Duesberg '10 pag. 659-661. Heidenhain '11 p. 605-8. (strutture anisotrope della fibra musco- lare). 92 Paolo Della Valle marsi un momento ad analizzale le spiegazioni che sono stato fi- nora, proposto por ossi. Rimandando al quinto capitolo le questioni intorno ai fenomeni del così detto accoppiamento dei cromosomi, due sono state le ipo- tesi principali por la spiegazione dello torsioni profasiche. Tua è quella di Heidenhain ('07, p. 174-6), che ammette elio i cromosomi durante la telofase prendano numerose connessioni fra di loro e specialmente con la membrana nucleare, persistano durante il nucleo a riposo e, nell'aumento di volume profasico si comportino passivamente *), in modo quindi da venire ad essere stirati in un senso o in un altro, donde l'apparenza diversa dei cromosomi alla profase rispetto alla telofase, e i numerosi gomiti dei filamenti profasici. Però (a causa delle connessioni terminali dei cromosomi con la parete nucleare), il numero delle torsioni in un senso deve essere eguale al numero delle torsioni in senso op- posto, e questo fatto spiega pure secondo l'A. come , col diminuire delle dimensioni longitudinali del cromosoma, questo ritorni diritto, per la mutua compensazione delle torsioni in un senso con quelle in senso opposto. L'altra ipotesi è quella, molto più fantastica, della Bonneviis, e fondata specialmente sopra osservazioni sui cromosomi telofasioi che le avevano fatto credere al fatto che in questo stadio si dif- ferenziasse un filamento elicoidale pericromosomico. Negli stadi i più avanzati la sostanza che propriamente formava la parte prin- cipale del cromosoma metafasico si dissolverebbe e solo persiste- rebbe durante il nucleo a riposo questo filamento elicoidale che aumenterebbe di spessore alla profase divenendo così il cromosoma della nuova mitosi parallelamente ad un progressivo svolgimento delle torsioni. Con questa strana ipotesi si viene a supporre una specie di « ringiovanimento » dei cromosomi da una mitosi all'al- tra, e l'origine delle torsioni viene riportata alla telofase. Riserbandoci di ritornare più a lungo su questo argomento nel capitolo sesto , faccio qui solo notare che con ciò la Bon- nevie, non spiega punto la natura delle cause per le quali si ot- tiene, sia pure alla telofase, la forma elicoidale, ma è anche co- 1) Un caso di forma elicoidale di strutture citologiche, interpretato con ide probabilità come effetto passivo di cause meccaniche, è quello della forma non raramente elicoidale di nuclei di fibre muscolari lisce (cfr. p. es. Forster '04. Schlater '05. Me CxILL '09). La morfologia della cromatina 93 stretta ad ammetterò più o meno implicitamente, l'uniformità delle torsioni dei cromosomi: difatti nelle sue ligure i cromosomi sono disegnati come elicoidali in modo abbastanza uniforme e sempre nello stesso senso i). Da ciò che ho precedentemente esposto, rispetto al modo col quale obbiettivamente si presentano le torsioni cromosomiche pro- fasielie, risulta che né l'una né l'altra ipotesi possono essere con- siderate esatte. Qui farò notare inoltre che, anche se i fatti ob- biettivi non fossero in disaccordo con esse, queste supposizioni, riat- taccandosi all'ipotesi della continuità genetica, sono soggette an- ch'esse alle critiche fondate specialmente sul numero e sulla gran- dezza dei cromosomi che rendono insostenibile tale ipotesi. Oltre a ciò esse richiedono anche altre subipotesi gratuite, quali la connessione delle estremità dei cromosomi telofasici ad una ipotetica membrana nucleare per ciò che suppone Heidenhain; ed una immaginaria struttura del nucleo intercinetico ed uno strano fenomeno di ringiovanimento dei cromosomi per ciò che suppone BONNEVIE. Se queste sono le ipotesi più sistematicamente svolte per la spiegazione dei fenomeni delle torsioni, non si può dire però che siano le sole né le migliori, benché le altre siano state pubblicate senza che gli autori abbiano cercato di svilupparle completamente nel modo che sarebbe stato necessario. Uno degli accenni di interpretazione degni di considerazione è quello espresso da Hacker ('092 p. 686) a proposito della forma elicoidale dei cromosomi di Radiolarie, forma che egli crede do- vuta a resistenze di genere qualunque opposte ai cromosomi che crescono e si ispessiscono 2). E però da notare che questa inter- pretazione che pure, come vedremo, non manca di possibili ana- logie anche nel mondo inorganico, non può essere considerata esatta •) Per questa ragione appunto van Hekaveden (iO p. 205) ha potuto para- gonare le torsioni dei cromosomi profasici alle torsioni del filamento caratte- ristico dei nuclei quiescenti delle glandolo salivari delle larve di Ckironomus che sono invece molto più uniformi e regolari. 2) Per la forma elicoidale non raramente presentata dalle fibre nervose, (cfr. spec. Palauino '92) varie volte è stata messa avanti questa interpretazione Essa è stata anche proposta da Prowazek ('04 p. 444) per la spiegazione della forma elicoidale del « Doppelfaden » di Eerpetomonas e non è improbabile per i casi in cui si è visto decorrere elicoidalmente le radiazioni astrali nella mi- tosi. V. anche p. 109. 94 Paolo Della Vaile per le stesse ragioni per cui non possono essere paragonate alle forme elicoidali degli organismi superiori quelle dei cromosomi, cioè perchè questi compaiono fin dall'inizio col massimo numero di torsioni e dalla profase alla metafase non crescono, ma dimi- nuiscono progressivamente di lunghezza. Questo stesso argomento vale per una spiegazione accennata incidentalmente da Grégoire ('99 p. 249), cioè che la torsione sia probabilmente una conseguenza delle numerose circonvoluzioni alle quali si debbono piegare i filamenti cromatici, lunghissimi a quello stadio per disporsi nel nucleo. Ma, per questa spiegazione semplice ed acuta del citologo di Louvain si deve anche notare che essa non può valere per le torsioni poco ampie e che Grégoire non dice quale potrebbe essere l'ostacolo che costringe i cromosomi alla profase ad essere limitati in uno spazio ristretto, né da che cosa derivi la loro notevole lunghezza 1). Lo stesso Grégoire però non dovette rimanere soddisfatto della spiegazione appena accennata nel 1899, perchè qualche anno dopo ('06 p. 330 j esprimeva l'ipotesi, molto più acuta, che l'an- damento a zig-zag dei filamenti cromatici profasici (non ancora era stata richiamata l'attenzione sulle vere torsioni elicoidali) non fosse che l'effetto di una concentrazione, ora più in un punto ed ora pili in un altro, della sostanza cromatica prima disposta nella forma lamellare che secondo Grégoire sarebbe quella caratteristica del nucleo intercinetico. Bonnevie, criticando questa ipotesi, giusta- mente fa notare che essa però presuppone anche una forza rego- lai rice in questo fenomeno della concentrazione della cromatina; altrimenti si potrebbero avere moltre altre forme oltre quelle di un filamento a zig-zag. Che Grégoire non si sia accorto di questa necessità è esatto, ma non lo è invece il credere inverosimile l'esistenza di una forza ordinatrice della sostanza cromatica, come specialmente vedremo trattando della forma e dell'accorciamento dei cromosomi. È in- vece piuttosto da notare a proposito di questa spiegazione accen- nata da Grégoire, clic essa è troppo strettamente collegata ad una molto discutibile ipotesi della struttura del nucleo quiescente, quale è quella lamellare. Vedremo però che essa può essere considerata come un caso speciale di una interpretazione più semplice e ge- nerale 2). i) V. auche p. 106. - V. anche p. 111'. S . spec. nota 3. La morfologia della cromatina 95 Quest'ultimo tentativo di spiegazione di Grégoire si riattacca, dal punto di vista teorico (benché sia quasi certo elio i duo ci- tologi vi siano giunti indipendentemente) ad una affermazione molto più incidentale di Fischer ('99 p. 311) a proposito non delle torsioni dei cromosomi allora note solo ai cultori dello studio della riduzione cromatica, ma della fase di « spirema » in generale, ohe egli considera come uno stadio polimorfo intermedio fra i cromo- somi granulari isolati e il reticolo del nucleo intercinetico che se- condo Fischer a volte si presenta fissato con apparenza reticolare ed altre con aspetto schiumoso vacuolare. Che cosa però si intenda secondo lui con questa espressione, non è molto chiaro. Le associazioni cromosomiche e le torsioni. Prima di cominciare ad analizzare il lato puramente fisico dei fenomeni esaminati, ci restano ancora da ricordare alcuni altri fenomeni dei cromosomi solo apparentemente diversi dalle torsioni ma invece sostanzialmente identici, ed anche altre torsioni clic pos- siamo osservare in altre strutture microscopiche di organismi, fuori dei cromosomi. Come ho già fatto notare altrove (P. Della Valle '09 p. 127-8 e '112 p. 132-3 e 149-50), non è raro osservare, specialmente al- lorché si abbia a che fare con mitosi con cromosomi numerosi e di brevi dimensioni longitudinali, che questi presentano una ten- denza, spesso notevole, a riunirsi fra loro in serie lineari più o meno lunghe per l'associazione di un numero vario di elementi. Oltre gli esempii ivi citati, ricorderò ancora, come più interessanti per questo argomento, alcune bellissime figure di Hacker ('091 p. 37 fig. 1 e 2«,J) sul modo di formazione dei cromosomi di Ra- diolarie, che mostrano come ivi si finisca per ottenere una forma irregolarmente elicoide per associazione terminale di segmenti isolati ed alcune ligure interessantissime di mitosi di uova di Artemia sai/ne date da Artom ('11 tav. 25 fig. 18, 19 e pag. 286), dalle quali evi- dentemente risulta che i numerosi cromosomi, corti, leggermente curvi, hanno una notevole tendenza ad associarsi fra di loro in modo terminale (cfr. Fig. 13, 14, 15) formando così delle brevi catenelle che sarebbero completamente identiche ad un segmento di cromosoma profasioo se si supponessero scomparsi i limiti esistenti fra un ele- mento e quello contiguo l). Come ottima dimostrazione della grande a) Per ulteriori notizie e discussioni sul fenomeno dalle associazioni cro- mosomiche e sul loro significato, cfr. il primo paragrafo del capitolo terzo. 96 Paolo Della Valle somiglianza fra questi fenomeni di associazione terminale di ele- menti cromatici e la forma elicoidale dei cromosomi profasici, si può citare il fatto che in alcuni punti si rimane in dubbio se in- terpretare una data immagine in un modo o nell'altro. Tipico è a questo proposito il caso di una figura di mitosi di spennato- gonio di Syrbula data da Montgomery ('05 tav. 9 fig. 2) in cui molto probabilmente si tratta di torsioni profasiche e che invece è citata da Hacker ('07 p. 114 fig. 41) come prova della forma- zione di « catene cromosomiche » *). Altri casi di torsioni citologiche. Fuori dei cromosomi le forme elicoidali non sono rare in ci- tologia, ma per lo più (forme elicoidali di alcune Oscillariacee, dei nastri endocellulari delle Spirogire, degli ispessimenti cellulosici della parete di varie cellule vegetali etc), si tratta di fenomeni solo formalmente simili alle torsioni cromosomiche. Un certo inte- resso in questo campo però lo presentano anche alcuni microrga- nismi di forma elicoidale. Specialmente per i vibrioni colerici è infatti noto (cfr. p. es. Kolle '03 p. 16), che, in condizioni poco opportune di cultura (p. es. per l'aggiunta di quantità anche molto piccole di antisettici), essi tendono ad associarsi fra di loro in ag- gregazioni seriali, spesso anche abbastanza lunghe, che assumono un aspetto irregolarmente elicoide, essendo la forma curva del vi- brione un segmento di elica. Rientrano anche in questo stesso or- dine di fenomeni le osservazioni fatte su Spirochaete Obermeieri 2) (l'agente della febbre ricorrente), che dimostrano come in essi il numero delle torsioni elicoidali sia sensibilmente proporzionale alla lunghezza dell'organismo e come in alcune condizioni tali Spiro- chaete abbiano una certa tendenza a risolversi in vibrioni isolati (cfr. Wladimiroff '03 p. 81). Ma fra tutte le strutture citologiche 1) Un nuovo curioso esempio di associazione lineare di cromosomi rettilinei da aggiungere a quelli da me altrove raccolti (P. Della Vaile il2 p. 132-r) è stato trovato da Kruger ('11 p. 184 tav. 9 fig. 32) nelle uova di Canthocamptus staphylinus (cfr. Fig. 17). Se è mai esistito uno spirema continuo, si deve essere trattato di qualche cosa di simile. 2) A proposito degli Spirochaete. è interessante not-ire che questi micror- ganismi si presentano spesso riuniti fra loro in ammassi, formando così « un- regelmàssige Knàueln » come si esprime Schaudinn ('04 p. 432). La morfologia della cromatina !'< non vi è alcun dubbio che per una comparazione dei fenomeni che osserviamo nei cromosomi, dobbiamo rivolgere la nostra mas- sima attenzione al modo di comportarsi dei mitocondri (gli antichi pseudocromosomi *). Ora, sono già abbastanza numerose, e certo cresceranno ancora di numero, le osservazioni di condromi ti decor- renti non in modo rettilineo o solo leggermente curvo, ma iti modo più o meno irregolarmente elicoide, ondulato o pieghettato. Ricor- derò fra i casi più semplici ed istruttivi, constatati indipendente- mente in cellule di natura completamente diversa, le osservazioni di Meves ('082 p- 835) di condromiti di cellule di embrioni di pollo, più o meno curvi, contorti e pieghettati (cfr. Fig. 44), quello di Nemec ('10 p. 171, fig. 89 a) in cellule vegetali di una forma eli- coidale a cavaturaccioli che egli rassomiglia a quella che possono presentare i cristalli di carotina, quelle di Duesberg ('11 p. 100 fig. H ed I) nelle cellule seminali di Gryllotalpa, e quelle di Levi ('11 p. 175, 176, 178, 185) per i condriomiti di diverse cellule so- matiche di embrioni di pollo 2J. L'interesse della constatazione della possibile forma elicoidale dei condriomiti è grandissima, perchè notevoli sono le somiglianze che essi presentano con i cromosomi anche da altri punti di vista e perchè specialmente per essi è facile e frequente la dimostrazione che i lunghi filamenti sono la conseguenza di associazione seriale di granuli isolati con i quali sono connessi da una serie continua di forme di passaggio. Ciò che vale per i condriomiti quasi ret- tilinei o leggermente curvi, vale anche per questi di forma irrego- larmente elicoide, come risulta specialmente dalle osservazioni di Meves e di Duiìsberg (cfr. Fig. 10, 11). Per questi ultimi poi, la identità delle torsioni elicoidi loro con quelle dei cromosomi , è completata anche dal fatto che quelli negli stadii ulteriori diven- gono rettilinei per svolgimento delle torsioni originariamente for- matesi. a) In citologia, quando dei fenomeni, creduti caratteristici di una cosa, e quindi molto importanti, si riscontrano poi anche altrove, si suole per parecchio tempo gratificare col titolo di pseudo quelli che si trovano dove la teoria do- minante non vorrebbe che si trovassero (cfr. anche « pseudotetradi », « pseu- doriduzione » età). 2) Data la possibile esistenza di rapporti genetici fra condriosomi e mi< ili- brille sarebbero da ricordare a questo proposito anche le tanto discusse osser- vazioni di un andamento elicoide della parte anisotropa di esse (cfr. p. 92 nota). Archivio zoologico italiano. Voi. VI. • 98 Paolo Della Valle Queste osservazioni eli forme elicoidali di condriomiti, ci con- ducono molto naturalmente col pensiero agli studii specialmente di Benda ('02), di Duesberg (X)8), di Mobeaux ('09) e di altri ancora che hanno dimostrato fuori di qualunque possibilità di dubbio, clic il li lamento elicoidale della coda degli spermatozoi di animali delle più diverse classi è dovuto all'associazione diretta di mitocondri prima sparsi nel citoplasma e che solo in seguito si avvicinano, as- l 9 I,"5S Um lì v -# KM Il lì * .. J iC 16 17 Fig. 9-17. I e associazioni di granuli come orìgini di forme elicoidi endocellulari Fig 9 (j-d. (da Maziarski 11 tav. 23, fig. 32) Forme di serie lineari di granuli endonucleari delle cellule delle glandole filiere di Limantria dispar. Fig. 10, 11 (da Duesberg 'IO p. 100, fig. H ed I) Spermatogonii di Gryllotalpa vulgaris. For- mazione di condriomiti elicoidi da associazione di granuli. Fig. 12. (da DUESBERG 08 tav. 24, fig. 22) Formazione del filamento elicoide degli spermatidi di Mtu rattus, da associazione di granuli. Fig. 13, 14, 15 (da Artom il tav. 25, fig. 18, 10, 41; Brevi associazioni terminali di cromosomi di iniva di Artemia salina. Fig. 16. da Schiller '09 p. 601, fig. -: Associazione terminale di cromosomi della seconda divisione di maturazione di Cyclops strenuus causata dal freddo. Fig. 17. (da Erùgeb il tav. 9, fig. 32 Associazione terminale dei cromosomi in una anomalia dell'oogcnesi di Canthocamptus staphylinus sumendo una disposizione complessiva spirale e terminando poi col fondersi in un lilamento continuo (cfr. Fig. 12) *). Le figure che sono ') Non è escluso che analoga origine possa essere dimostrata anche per i aroplasti elicoidali di alcune cellule genetiche vegetali. La morfologia della cromatina ir.) siate date per questo fenomeno, sono straordinariamente suggestive per chi consideri i problemi della morfologia della cromatina nu- cleare. Ed è a questo proposito poi anche interessante una osser- vazione di Pierantoni ('09 p. 94 tav. 6 fig. 2 e 3) sul modo di aggruppamento progressivo del polverio cromatico del macronucleo di Anoplophyra paranaidis, che finisce con l'assumere una forma complessiva elicoidale proprio per un fenomeno somigliantissimo a quello che si riscontra nella formazione del filamento elicoidale degli spermatidi per concentrazione e aggruppamento dei mito- condri. / fenomeni di associazione nelle diminuzioni di dispersità. Da tutto ciò che precede, risulta quindi con grande evidenza che molto stretti debbono essere i legami che intercedono fra la forma elicoide, di filamenti e la loro origine da associazione di pari i precedentemente isolate. Oltre questo punto però non ci aiuta la comparazione fatta fra le diverse forme che si osservano negli or- ganismi, ed ulteriori notizie ed una visione più sicura e obbiettiva della natura e delle cause di questo legame indiscutibile, ci pos- sono essere date soltanto dall'esame comparativo dei fenomeni ana loghi che avvengono anche nella natura inorganica e dall'esame fisico di essi. Associazione di particelle di una fase isotropa. Ritorniamo ora per un momento a ciò che abbiamo detto nel capitolo precedente. Vedemmo che uno dei meccanismi principali della diminuzione di sviluppo totale di superficie ed uno dei feno- meni più facilmente constatabile durante lo smescolamento, era la fusione in un'unica goccia di due gocce precedentemente isolate. Secondo le osservazioni di von Lepkowski ('11), per un sistema bi- nario perfettamente liquido quale è quello degli intorbidamenti critici (amilene-anilina) , e per il quale quindi rapida e libera è l'azione della tensione superficiale, il movimento vivace che è con- statabile ai primi inizii del fenomeno nel campo dell' ultramicro- scopio, è dovuto certo fin da quel momento alla fusione progressiva di particelle isolate che si continua poi sempre più visibile '). Già l) Fenomeni simili possono facilmente ottenersi anche con sistemi liquidi ternari]'. 100 Paolo Della Vallo pere in questo caso è possibile, lucendo proceder»; il raffreddamento in un modo piuttosto clic in un altro, ottenere, sia pure per breve tempo , conglomerati di gocciole che confluiscono solo con 1' ulte- riore raffreddamento. Questo risultato, difficile ad ottenere per i liquidi dotati di scarsa viscosità, è invece il fenomeno che più comunemente si os- serva allorché si ha che fare con sostanze molto viscose e quindi specialmente nelle diminuzioni di dispersità degli emulsoidi *). In tali casi infatti la tensione superficiale corrispondente a quelle de- terminate condizioni del sistema, non giunge a far confluire in un'unica massa sferica due gocce venute casualmente a contatto, vincendo la resistenza passiva offerta dalla viscosità, ma il processo si arresta prima del raggiungimento di tale forma di equilibrio, cioè le due gocce non giungono a confluire completamente (cfr. Michaelis '09 e Wolf. Ostwald '10 p. 58, 110, 261). Si capisce che quando le particelle sospese hanno caratteri prevalentemente di solidi (suspensoidi), non potrà mai avvenire una vera fusione, ma solo un avvicinamento più o meno intimo dei singoli granuli (cfr. p. es. Zsigmondy '05 p. 175; Wolf. Ostwald '10 p. 97 e 259-260; Freundlich 'IO2 p. 385; Wiegner '11). Tendenza alla formazione di associazioni lineari. Si comprende che ciò che vale per la riunione di due particelle soltanto, può valere anche per la riunione di un numero di parti- celle maggiore, fenomeno che si poteva supporre si dovesse veri- li* are molto frequentemente e che infatti molto frequentemente si può constatare. In tali casi sarebbero apparentemente prevedibili tutte le possibili forme di aggruppamento delle particelle, ma il fatto è che molto spesso si osserva, specialmente allorché si tratta di associazioni iniziali di particelle di un dispersoide diluito, la formazione di serie lineari di granuli, di lunghezza varia, e solo in seguito compaiono forme di aggregazioni più irregolari ed ana- stomosi fra le singole serie lineari. Ciò è stato constatato nelle più diverse categorie di questi fe- nomeni. Così p. es. ricorderò che Picrrix ('09), precipitando lenta- tnente con acqua una soluzione alcoolica di resina, ottenne granuli della grandezza di una dozzina di \i , che avevano una notevole *) Cfr. anche gli accenni di Berthold ('86 p. 19t) per l'importanza della viscosità nella formazione dei filamenti profasici. La morfologia della cromatina 101 tendenza a formare anche serio regolari di globuli, e chu Quincke i'OI p. 75. lìg. (i), col disseccamento sul mercurio di sottili sospen- sioni di caolino, ottenne anche filamenti di varia lunghezza risul- tanti dall'associazione seriale di un numero maggiore o minore di globuli. Per le diminuzioni di dispersità degli emulsoidi le osservazioni sono molto numerose. Ricorderò solo che Hardy (*00 p. 96), nelle sue classiche osservazioni sulla gelificazione dei colloidi trovò che allo stadio della formazione dei microscopici globuli di gelatina (nel sistema ternario acqua-alcool-gelatina), ne segue un altro in cui essi cominciano ad aderire fra di loro formando così delle serie lineari *), e che un identico fenomeno si verifica nelle coagulazioni irreversibili degli albuminoidi. Analogamente Fischer aveva tro- vato ('99 p. 37 tìg. 4, b, e, f) precipitando della deuteroalbumose colla miscela di Altmann, forme iniziali di aggruppamenti seriali dei granuli di precipitazione così ottenuti. E anche interessante notare che i globuliti da lui prodotti precipitando in modi diversi varii albuminoidi , hanno tendenza a fondersi solo parzialmente, prendendo così anche delle forme « cliromosomenàhnliche », come si esprime Fischer (cfr. Fig. 18). Non sarà inutile notare che in uno di questi casi (Fischer '99 p. 60) si tratta della precipitazione di acido nucleinico con liquido di Hermann o di Flemming. Alla fine del presente capitolo vedremo quali siano le cause probabili di questi ordinamenti lineari 2), ma fin d'ora possiamo con- siderare come assolutamente improbabile l'opinione di Lillie ('03 p. 164 e '11 p. 728) che siano cariche elettriche agenti in una de- terminata direzione quelle che tendono a fare assumere alle par- ticelle colloidali una disposizione seriale e a farle quindi fondere in filamenti. Ciò che vale per la riunione delle particelle dei dispersoidi di cui ora abbiamo parlato, vale anche, e forse ancora più, per i casi nei quali la nuova fase dispersa ha in modo più o meno evidente i caratteri di vettorialità, come avviene cioè per lo smescolamento delle sostanze capaci di cristallizzare. Specialmente allorché , per *) Nella coagulazione del latice donde si ricava il caucciù, Henri ha visto che le gocciole dell'emulsione si associano formando dei lunghi liti costituenti una rete (cfr. recensione in Koll. Zeitschr. 1 Bel. j). US). 2) Perfino le stelle (cfr. Wolf '94), hanno tendenza a disporsi in ordine seriale ! 102 Paolo Della Valle cause esterne od interne, la capacità di cristallizzare della fase di - spersa ') non è molto notevole nelle condizioni in cui si verifica lo smescolamento, la tensione superficiale vince la tendenza che la sostanza avrebbe ad assumere forma cristallina 2). In tali casi si ottengono invece che dei piccoli cristalli terminati da facce piane, globuli sferici, cioè i così detti globuliti, ben noti a coloro che si occupano dei fenomeni microscopici della cristallizzazione 3). Ora, come si sa da moltissimo tempo, questi globuliti hanno una gran- dissima tendenza a raggrupparsi fra di loro 4), tanto che Vogel- s.wtì credette questo il modo fondamentale della formazione dei cristalli. Se ciò è erroneo per il massimo numero dei fenomeni di cristallizzazione, non lo è però, come meglio vedremo in seguito, in alcune condizioni di difficile cristallizzazione, nelle quali ap- punto gli aggregati di globuliti tendono alla formazione di un unico edificio cristallino per riordinamento interno. Qui a noi per ora interessa soltanto notare che tra tali aggregazioni di globuliti non è punto uno dei più rari quello in cui essi si dispongono in serie lineari (cfr. Vogelsang '74; Behrens 75; Lehmann '88 p. 735; Bùtschli '94 p. 261; Quincke '02* p. 1028 etc). Associazioni lineari citologiche. Naturalmente un fenomeno cosi diffuso fuori degli organismi per L'aggregazione di particelle di una fase dispersa, non poteva non verificarsi molto frequentemente anche allorché si tratta di processi che avvengono nell'interno di organismi. ') Specialmente nei casi qui esaminati di «mescolamento di sistemi binarii n ternani, inizialmente almeno, la fase dispersa è da considerare come costi- tuita da una soluzione soprassatura capace di cristallizzare. 2) Cfr. p. es. Przibkam ('06 p. 216), Wolf. Ostwalo ('10 p. 12J). 3) Per ulteriori notizie e per la lunga bibliografia relativa, ct'r. p. es. Lkh- mann (88 p. 726-737), Bììtschli ("94 p. 260-G, '98 p. 133-4), Wolf. Ostwald "10 p. 122) etc. 4) Con ogni probabilità sono di natura differente i fenomeni di aggruppa- menti più o meno regolari di particelle fluitanti alla superficio di un liquido (per queste cfr. spec. QuiNOKE '98, Viola '02 p. 12 e Krulla '09 . Rientrano in gran parte in tale categoria i fenomeni di aggregazione di zoospore e di altre particelle leggere sospese studiate da Sachs '76, e di Euglena viridis am- piamente studiati da Wageb il, e quelli di aggregazioni anebe in serie lineari di particelle di nerofumo immerse in gelatina, osservate da Rhumbler '94 p. ■ >-'l nula. La morfologia della cromatina 103 Fenomeni ri i confluenza solo parziale di granuli endocellulari sono molto frequenti (cfr. p. es. le osservazioni di Rosa '02 p. 122) sui cloragosomi caratteristici di alcune cellule degli Oligochefi e quelle di Rhdmblek ('93 e '94 p. 527) sul modo di confluire dei nucleoli dei nuclei dei Protozoi), ma a noi interessano specialmenle quei casi in cui ciò si verifichi in modo da aversi la formazione di serie lineari. Uno di tali casi è noto ad ogni studente che faccia i primi esercizii di microscopia, ed è anche fra i più caratteristici. Intendo parlare dell'associazione seriale degli eritrociti di alcuni mammiferi in modo da formare rotoli di monete. Su questo fenomeno, che si può anche osservare nell'interno dei sottili vasi dell'animale vi- vente, vi è una bibliografia già abbastanza lunga '), specialmente perchè è un problema che strettamente si connette con quelli del- l'agglutinazione in generale e degli eritrociti in particolare 2). Per noi è importante specialmente la constatazione obbiettiva che questo fenomeno dà spesso origine ad associazioni di eritrociti spesso non brevi (cfr. Fig. 20) e quasi sempre uniseriali e che, con grande pro- babilità, anche in questo fenomeno la tensione superficiale deve avere una parte predominante, come ha sostenuto specialmente Heidenhain ('04). Non è escluso che l'ordinamento esattamente se- riale dei singoli individui in alcune colonie di microrganismi (cfr. spec. quelle del bacillo del carbonchio) non sia dovuto almeno in parte anche a cause simili. Lo stesso è anche molto probabile per 1' ordinamento spesso molto regolarmente seriale dei singoli sper- matozoi nell'interno dei fascetti nel testicolo, o per le esperienze di Boux ('96 p. 399) sulla associazione in lunghe serie lineari di cellule della blastula di rana artificialmente isolate ed immerse in soluzione salina 3). Ciò che vale per cellule isolate vale naturalmente anche por parti della cellula nell'interno di questa. Associazioni di nuclei si verificano in condizioni alquanto patologiche nei sincizii, e por- tano spesso alla formazione di lunghe serie lineari o, per l'incom- !) V. per questa spec. Heidenhain '04, '11 p. 1068-1070 e Jolly '09. 2) Cfr. per es. Arrbenius '09. 3) Come è noto (cfr. Jenkinson '09 p. JóO) si ritorna ad avere associazione dei blastomeri, in modo da ottenere uno sviluppo normale, riponendo in acqua di mare normale uova di Echini in segmentazione posti per un certo tempii in acqua priva di sali di calcio, ciò che, come si sa, provoca la separazione ilei blastomeri. 101 Paolo Della Vallo pietà fusione, a nuclei giganteschi più o meno cilindroidi. Questo fenomeno è st;ito specialmente osservato da His ('97 p. 33) e Raf- faele ('98 p. 66 fig. 28 e 29) nel sincizio perilecitico di uova di pesci, da Nemec ('10 p. 124 e ss., fig. 66 e ss.) nelle cellule multi- nucleate che formano i vasi delle Euforbiacee (cfr. Fig. 19) e da Brachet ('10 p. 289) per i nuclei spermatici nelle polispermie ec- cessive delle uova di Anuri. Per elementi di dimensioni ancora minori, ricorderò in primo luoe;o le associazioni già citate dei mitocondri in serie lineari, che, (cosa per noi del più alto interesse) frequentemente si verificano proprio durante la mitosi , come è stato constatato specialmente da Meves ('082 p. 839-840), da Giglio-Tos e Granata ('08) e da Nicolosi-Roncati ('10). Probabile, ma ancora discussa (cfr. p. es. Levi '11 p. 170), è l'origine delle miofibrille da associazione di gra- nuli, sostenuta inizialmente da Godlewski ('01) e l'analoga origine delle neurofibrille; simili sono i fenomeni osservati da Moroff ('09 p. 445) di associazione terminale di elementi precedentemente iso- lati del nucleo vitellino di uova di Copepodi che solo lentamente si fondono fra di loro tendendo così a formare « chromosomen- àhnliche Gebilde * come Fautore si esprime. Rientrano anche in questa categoria di fenomeni le osserva- zioni di Rhumbler ('94 p. 524) di associazioni lineari di nucleoli di Saccamina sphaerica, di Maziarski ('11 p. 429 tav. 23 fig. 32) di ordinamento seriale di granuli endonucleari nelle cellule di glandole filiere di larve di Lymantria disfar (Cfr. Fig. 9), di Walker ('07) che vide in alcuni leucociti del midollo osseo di mammiferi gra- nuli protoplasmatici di solito sparsi nel citoplasma, ordinati invece in lunghe serie lineari ed anche parzialmente fusi fra di loro in un filo continuo, quelle di Ludegarb- ('10 p. 343) di agglutinazione a catena di leucoplasti, sia pure, come egli crede, a causa di arte- fatti di preparazione, quello di Retzius ('10 p. 10-11 e t. Ili fig. 17-19) sull'ordinamento seriale di granuli della capsula gelatinosa ili Ilo uova di Parechinus miliaris colorabili col blu di metilene od ancora altri fenomeni simili '). Fra tutti questi fenomeni, i più interessanti per noi sono le formazioni endonucleari colorabili che compaiono nelle cellule dei tentacoli di Drosera sperimentalmente stimolate. Secondo le osservazioni di Rosenberg infatti 092 p. 167- 171) questi corpi, pei «piali si rimane in dubbio se siano o no da ') È ila ricordare anche a questo proposito che Wilson ('99), considerai raggi fusoriali come originati ila aggruppamenti ilei metagranuli. La morfologia della cromatina 105 considerare omologhi ai cromosomi, sì aggregano fra loro tanto più quanto più l'orlo è 1" stimolo, fino a l'ormare un unico nastro endonucleare. L'importanza grande di questi fenomeni per l'interpretazione obbiettiva, delle immagini citologiche in generale non è stala com- presa che pochissimo, giacché solo Albkecht ('022 p. 818) accenna alla molteplicità di forme che la viscosità delle gocciole formatesi per smescolamenti nel protoplasma può offrire temporaneamente per il loro vario modo di aggruppamento, ed ha tentato anche di applicare questi principii a qualche fenomeno citologico obbiettivo l). I rapporti tra le associazioni lineari e le torsioni Se fino ad ora abbiamo parlato dei fenomeni di associazione in serie lineari che si verificano nella diminuzione di dispersila dei dispersoidi, è perchè queste costituiscono il presupposto ne- cessario per l'analisi di quei fenomeni speciali nei quali le serie che così si ottengono hanno la tendenza ad un andamento elicoide. Le associazioni lineari in uno spazio limitato. Cria la semplice associazione seriale di elementi isolati porte- rebbe anch'essa necessariamente ad avvolgimenti irregolari dei li- lamenti così formatisi, se questi fossero costretti ad essere confi- nati in uno spazio relativamente ristretto, e tali avvolgimenti ten- derebbero proprio a dare ai filamenti quelle irregolari torsioni eli- coidi che si osservano nei cromosomi alla profase, specialmente so la sezione dei filamenti originati in questo modo non fosse circo- lare ma appiattita 2). Questa spiegazione delle forme elicoidi dei filamenti cromatici alla profase può essere forse valida in alcuni casi 3j , anche se *) Molto più fuggevoli e generali sono gli accenni di Mììnden ('07 p. 677) della possibilità teorica di ordinamenti seriali anche endocellulari dei suoi Chto- noblasti. 2) A questo modo di concepire i fenomeni si potrebbe specialmente ricon- durre l'ipotesi abbozzata da Grégoire ('99 p. 249) ed in seguito da lui stesso abbandonata, di cui abbiamo già parlato. 3) Specialmente forse per la parte media dei cromosomi delle prime mitosi di segmentazione delle uova di Ascaris megalocephala. 106 Paolo Della Valle non si comprende quale sia la causa che obbliga i cromosomi ad occupare in tale stadio solo il volume nucleare. Non è però cer- tamente da considerare questa corno la causa più generale dolio torsioni protesiche, specialmente (piando si consideri che non può csscn- valida per quello di piccolo raggio o specialmente poi elio associazioni primitivamente elicoidi possono essere formato anche nella completa essenza d'una limitazione spaziale estrinseca, anzi perline nello libere immensità dei cieli 1). Le associazioni lineari primitivamente elicoidi. Questi fenomeni nelle sostanze non organizzate sono tutt'al- tro che rari; ed è stato merito specialmente di G-. Quincke d'avere Fig. t8-26. — Le associazioni dei globuliti e dei cristalli fluenti Fig. 18. da Fischer '99 p. ;(7, fig. 4 f.) Fornir di associazione di granuli formatisi per la precipitazione di una .soluzione di albnmose con il liquido di Ai.tmann. Fig. 19. (da Nkmec 'IO p. 124, fig. 66 g Associazione seriale di nuclei nei giovani vasi di Ri- riniix communis. Fig. 20. da Jolly 09 p. 105, parte della fig. 5) Formazione di pile di eritrociti nei sottili vasi dell'ala di pipistrello vivente. Fig. 21. (da Quincke 01 p. 75 fig. 6) Filamento elicoide da una sottile sospensione di caolino disseccata sul mercurio. Fig. 22, ■.'.;. 24. da i.kiimaw '95 p. 94, fig. 2) Stadii successivi della fusione di due cristalli di oli ato ili potassio. Fig. 25 28. da Lehmans 08 p. 489, fig. 16, 17) Associazione di cristalli fluenti in serie lineari allorché ven i 1 passivamente. ') Cfr. le nebulose elicoidali scoperte da Holden. La morfologia della cromatina 107 molto insistito sulla possibilità della formazione di forme elicoidi dalle più diverse sostanze colloidali *). Basterà citare clic egli ha ottenuto filamenti elicoidali da sottili sospensioni di caolino, dis- seccate sili mercurio ('01 p. 76 fig. 6) (cfr. Fig. 21), nel dissecca- mento di gocce di acido silicico colloidale ('023 p. 806; 810 fig. 90, g, h, i\ p. 821, fig. 6) 2), dal disseccamento di idrato di ferro colloidale ('023 p. 976) o dalla disidratazione di questo mediante l'azione della glicerina ('023, p. 983), e ne ha osservate pure du- rante il disseccamento di soluzioni colloidali di AS2S3 ('023 p. 986), di zolfo colloidale (023, p. 989, 996), di acido tannico colloidale (031 p. 513 e 516, fig. 128 6). Più che queste osservazioni fatte su colloidi inorganici, a noi però interessano quelle fatte su sostanze albuminoidi. Fischer ('99 p. 283-4), precipitando con alcool una soluzione di albumose al 10 °/o che era stata fatta penetrare nelle cellule vuote di midollo di sam- buco, ottenne la precipitazione di quella in grossi granuli o incom- plete associazioni nodulose di forma varia, a volte allungati, « imd selbst solche Umbiegungen die auf gewissen Stadien der Mitose die Chromosomen zeigen, nicht vermissen lassen »; ed Herrkra('02 p. 160 fig. 2), facendo agire in alcune speciali condizioni acido fosforico od acido acetico sull'albumina, ottenne filamenti elicoidali anche colo- rabili col verde di metile. Le ricerche più sistematiche ed estese sono state fatte anche in questo campo da Quincke ('031 cfr. p. 701 n. 25), che ha riscontrato filamenti elicoidali nella gelatina solidificata osser- vata a nicol incrociati (p. 489 fig. 120 e), durante il disseccamento di albumina d'uovo o di siero di sangue (p. 496-7 fig. 122 a, b, e, fe), ed anche per spontanea deposizione da albume d'uovo diluito con 9 vo- lumi d'acqua e filtrato (p. 503-4) 3). Le forme elicoidi nei cristalli. Ma a noi, anche più che queste associazioni in filamenti eli- coidali che avvengono specialmente nel disseccamento di sostanze colloidali amorfe, interessano, per considerazioni che meglio svol- i) Cfr. Quincke 023 p. Idi e 1035-6. 2) Simili fenomeni erano stati già visti anche da Butschli '98 p. 82 tav. 8 fig. 7). 3) Rientrano forse anche in questa categoria di fenomeni la formazione di filamenti elicoidi di aspetto complessivo molto simili ai cromosomi profasici, che si formano per associazione di particelle di carbonio incombusto allorché una lampada a petrolio « fila ». L08 Paolo Della Valle -errili.) nel quinto paragrafo de] capitolo prossimo o nel primo del capitolo quarto, le formo elicoidali che si possono osservare nelle sostanze cristalline. Ivi osse si riscontrano molto frequentemente, specialmente allorché la cristallizzazione si deve verificare in un in. zzo alquanto viscoso ') e sono da molto tempo noti sotto il nome di i trichiti » quei caratteristici cristalli microscopici anomali (dello spessore di pochi u.) filiformi o nastriformi, molto spesso curvi o pieghettati ed anche avvolti ad elica, spesso aggrovigliati fra di loro come ciuffi di capelli, che in tali condizioni si possono osser- var»' (cfr. spec. Lehmann '88, p. 362-3, 374-7). Avremo occasione di ritornare in seguito sulle condizioni della loro stabilità; qui farò notare però che, con ogni probabilità 2), come risulta anche dagli si udii sul modo di accrescimento dei cristalli liquidi (cfr. Lehmann '06' p. 22 e '063 p. 007), i trichiti si originano certo spesso dall'ac- crescimento terminale asimmetrico di nuclei iniziali 3), e quindi non possono avere nemmeno essi analogia con i cromosomi per ciò che riguarda il loro modo di formazione. Non sono soltanto i trichiti le forme più o meno irregolar- mente elicoidi che si possono ottenere per effetto delle forze che agiscono nella cristallizzazione, ed è più che probabile che, spe- cialmente nella formazione di grossi cristalli elicoidali *) o di ag- gregati cristallini elicoidali quali sono quelli studiati da Thomas (;66) e da G-aubert ('06 e '08), debbono avere una parte prepon- derante le forze che producono l'associazione in un unico com- plesso di individui cristallini isolati 5). Sono quindi del più grande interesse per noi, specialmente per ciò che diremo in seguito, le notizie intorno alle cause dei fe- nomeni di associazione di individui cristallini in aggregati più com- plessi ed agli effetti che si possono ottenere in tali casi. Come è noto, sul modo di formazione dei tipici geminati dei cristalli solidi, ben poco si conosce e sono solo supposizioni più o meno fondate quelle che in tale fenomeno abbiano influenzala *) Probabilmente' appunto per questa ragione i trichiti sono frequenti nelle rocce eruttive rapidamente raffreddate. 2) Cfr. Leumann '88 p. 363-4. Ifr. anche il caso dei cristalli elicoidali ottenuti da Tammann ('03 p. Jolj per raffreddamento di benzofenone Liquido in determinate condizioni. 4) Frequentemente ne presenta p. es. il quarzo. È da ricordare a questo proposito che non sono rare le associazioni se- riali non rettilinee 'li globuliti (cfr. Butschli '94 p. 161). La morfologia della cromatina 109 viscosità del mezzo o l'aggiunta di sostanze che mostrano movi- mento Browniano (cfr. Lehmann '88 p. 411-6 e Doelter '05 p. 193); ma più conosciuti sono invece altri fenomeni prossimi che mag- giormente c'interessano. Sono fatti molto noti che un cristallo rotto, messo in una soluzione satura « guarisce » 1), che una fine polvere cristallina nelle stesse condizioni si trasforma in un ago-reo-ato di cristalli più voluminosi 2), che in alcune leghe metalliche con l'andar del tempo i cristalli che vi si formano tendono a riunirsi assieme in modo che quelli di identica composizione finiscono col formare «aggregati cristallini più o meno continui, come gocce che con- fluiscano parzialmente fra di loro 3), ed infine che, in determinate condizioni di smescolamento aggregati di globuliti possono trasfor- marsi sia pure indirettamente in cristalli 4). Ora per tutti questi fenomeni coloro che se ne sono occupa- ti, concordano nel riconoscere che tali associazioni sono manife- stazioni dell'azione della tensione superficiale 5), giacche, come è noto dalle considerazioni di Gibbs, Curie ed altri, lo sviluppo as- soluto e relativo delle diverse facce cristalline e quindi il numero dei cristalli ed il loro habitus debbono essere tali da essere in equilibrio fra di loro e con la soluzione. Recentemente Pawlow ('10) ha analizzate appunto sotto questo punto di vista le condizioni di stabilità delle diverse forme sotto le quali si può presentare una determinata quantità di sostanza. Nella serie di stabilità decrescente da lui stabilita si vede co- me l'energia di superficie complessiva del sistema vada crescendo parallelamente non solo al numero totale di individui cristallini isolati, ma anche alla progressiva complessità dei geminati esi- stenti. E per noi specialmente interessante la considerazione che egli fa, che non è detto che si debba formare subito e soltanto la forma che realizza il minimo possibile di energia di superficie, conseguentemente al principio di Wilh. Ostvvald ('02 p. 445, 449 i) Cfr. Doelter '05 p. 189-190. 2) Cfr. Pfauxdler "76. 3) Cfr. Gertler *10 p. 160 ss., 330. Forme iniziali di tale fenomeno sono p. es. la confluenza in un unico nucleo allungato di tre nuclei distinti, ma pros- simi e posti su di una sola linea osservata da Tammans '03 p. 150, fig. 51) nella cristallizzazione per raffreddamento del betolo liquido. 4) Cfr. Lehmann ('88 p. 726-737) e ciò che abbiamo detto a pag. 73. 5) Cfr. Wilh. Ostwald '02 p. 750; Doelter '05 p. 189-190. 110 Paolo Della Valle e ss.) che un sistema che abbandona uno stato instabile tende a raggiungere non lo stato assolutamente più stabile, ma quello im- mediatamente più stabile del precedente. Ciò che è prevedibile nella cristallizzazione è che siano inizialmente realizzate condi- zioni di equilibrio molto instabili per altissimi valori dell'energia di superficie dovuta a grande numero di nuclei isolati ed a ge- minati molto complessi, e che solo progressivamente si ottengano equilibri sempre più stabili per riduzione del numero dei nuclei isolati e per semplificazione della complessità dei geminati 1). Dunque l'osservazione e la teoria dimostrano che nei feno- meni di cristallizzazione, specialmente se lenta e difficile, i feno- meni di associazione regolare di elementi primitivamente isolati e di riordinamento interno degli aggregati così formati, debbono avere una parte importante. Le torsioni nell'associazione dei cristalli fluenti. Ora, ritornando all'argomento principale di questo capitolo, ci domandiamo : questi fenomeni di associazione regolare di parti isolate possono, ed in che modo, avere importanza per l'interpre- tazione delle torsioni profasiche dei cromosomi? Forme elicoidali per associazione regolare di individui cristallini si potrebbero avere per geminazione in serie ciclica secondo facce non in zona di un'unica forma; ma non sono certo questi feno- meni, rari e mai molto complessi, quelli che dobbiamo tener pre- staiti. Dobbiamo invece ricordare da una parte la tendenza all'as- sociazione e fusione dei cristalli simili formatisi nella massa d'una lega di cui abbiamo già parlato, e dall'altra alcuni interessantis- simi fenomeni scoperti da Lehmann e da lui attentamente studiati. Intendo parlare di ciò che è possibile osservare nella forma- zione dei cristalli fluenti 2) p. es. per raffreddamento d'una solu- zione alcoolica satura di un oleato alcalino. In tali casi (cfr. spec. Lehmann '95 p. 92-3, '03 p. 3^2-4, '08 p. 596, fig. 1, 3 e p. 488-9, fig. 16-17 per l'associazione in lunghi filamenti), si vede inizialmente l) Si possono forse ricordare a proposito di questa diversa stabilità in con- dizioni diverse dei geminati molto complessi e dei cristalli unici, anche quei Corpi che ad unii determinata temperatura si presentano come un cristallo unico di un determinato sistema, e come un geminato molto complesso di un altro sistema ;i temperatura diversa. 11 passaggio avviene in modo continuo per le variazioni continue del grado della geminazione (cfr. Doelter '05 p. 30). -) Traduco così, seguendo Viola ("12), l'aggettivo « fliessende ». La morfologia della cromatina 111 un progressivo confluire di corpuscoli isolati in ('ristaili maggiori die otticamente si dimostrano tosto unici. Il fenomeno avviene molto rapidamente allorché si tratta della riunione di parti relativamente piccole, mentre nel caso in cui si abbia a che fare con cristalli aghiformi di dimensioni maggiori che vengano a contatto con le loro estremità formando fra loro un angolo qualunque (cfr. Fig. 22-24 e 25-26) avviene prima una torsione di ambedue gl'individui fino a che si raggiunga una identità di orientamento a) e solo in seguito si ottiene una regolarizzazione della forma esterna (cfr. Lehmann '95 fig. 2 a-c) 2). È certo probabile che fenomeni paragonabili a questi si veri- fichino anche nello smescolamento di soluzioni di albuminoidi ca- paci di cristallizzare, poiché i cristalloidi rigonfìabili che tali so- stanze formano, hanno da una parte molti punti di contatto con i cristalli fluenti e dall'altra hanno con ogni probabilità struttura e caratteri intermedii fra quelli dei tipici cristalli ed i gel. E quindi molto probabile che possano valere anche per essi le osser- vazioni che hanno dimostrato che nella formazione dei gel hanno una grande parte i fenomeni di associazione e fusione parziale di globuli molto viscosi. Per quanto conosco però, non sono stati fatti ancora su questo argomento studii speciali. Cristalloidi filiformi con andamento più o meno fortemente elicoide certamente esistono (cfr. Molisch '85 p. 197; Zimmermann '932 p. 72, 114; Reinke '96 p. 40; Ballowitz '00 p. 255 Tav. 14, fìg. 5_p, q; Reichert e Brown '09 p. 84; Nemec '10 p- 171) ed anzi è stata anche notata la grandissima somiglianza che alcuni di questi presentano con le formazioni che vanno sotto il nome di mitocondri (v. p. es. Nemec '10 p. 171). È d'altra parte pure sicuro che cri- stalloidi geminati possono esistere (cfr. p. es. Schimper '81 p. 141, Giardina '05, Reichert e Brown '09 cfr. spec. p. 134-5), ed in un caso è stata anche osservata (Mikosch '90 p. 35) la formazione di 1) Anche nell'associazione di cellule isolate di blastule di Rana, poste in soluzione di cloruro di sodio (1 l/4 %) studiata da Roux ('96 p. 399), le cellule avendo assunta forma allungata, tendono a riunirsi per le estremità, « wolil unter Drehung der làng ichen sich noch nicht beriihrenden Zellen ». 2) Anche qui, come in generale in tutti i fenomeni di associazione, le par- ticelle sospese sono in continuo movimento. Ora è molto probabile che, speria'- mente allorché le associazioni cominciano ad essere di notevole lunghezza, un certo numero dei ripiegamenti dei filamenti non possa anche essere causato da pressione sia pure fuggevole, di filamenti contigui. L12 Paolo Della Valle cristalloidi filiformi da una massa granulosa endocellulare per or- dinamento progressivo dei granuli l) in filamenti, cioè proprio in modo analogo a ciò che abbiamo visto avvenire pei cristalli fluenti, ma nuove osservazioni in proposito sarebbero molto desiderabili, specialmente perchè non mancano osservazioni 2) di accrescimento di cristalloidi per semplice apposizione di nuova sostanza ad un unico nucleo primitivo di cristallizzazione. Le forme elicoidi e le variazioni di dixjx rsità Riassumendo i dati che abbiamo raccolti in questa analisi, pos- siamo affermare che la forma di filamento irregolarmente elicoide, (la forma più irregolare che possa assumere una linea), anche fuori degli organismi si trova molto spesso verificata. In generale essa si riscontra solo nei casi in cui non sia molto alto il valore della tensione superficiale tra la fase elicoide e la fase esterna ed è quindi in generale instabile. Si comprende quindi anche come tale forma possa essere raggiunta per molteplici vie 3). Però, poiché tale forma realizza uno sviluppo di superfìcie intermedio fra quello di ele- menti isolati e di un complesso omogeneo rettilineo o addirittura sferoidale, molto spesso si ottengono forme elicoidali come termini :) Gir. specialmente Zimmermann '931 p. 65, 66 e sopratutto il capitolo de- dicato a questo argomento (p. 66-8 e tav. 2, e p. 30-35) per i cristalloidi endonu- cleari di Polypodium ireoides, dal quale risulta che molti piccoli globuli sferici progressivamente associandosi e riducendosi di numero si trasformano in cri- stalloidi limitati da facce quasi piane (Cfr. Fig. 6-8). 2) Cfr. p. es. List '97. 3) Oltre i fenomeni già citati ricorderò anche che vene liquide che pene- trino in un liquido diverso, specialmente se alla superficie di contatto si formi una nuova sostanza insolubile, assumono spesso forma irregolarmente elicoide cfr. spec. Quincke 021 p. 666, 70-4, 709; 023 p. 794, 813.. 998, 1002, 1008). Questo autore crede anche ('02 p. 32) che i cristalli elicoidi possano dovere questa forma al fatto di essersi originati da sistemi analoghi. È anche interessante notare che in un sistema difasico, allorché la fase esterna, per mutate condizioni deve diventare interna, dovrà passare più o meno rapidamente per la forma di fasce irregolarmente e variamente elicoidi prima di raggiungere quella di gocce sferoidali, specialmente se esiste la tendenza ad un orientamento molecolare interno. L'ipotesi di Gkkuoirk ('06 p. 330), ci- tata a p. 94-5, può essere fatta rientrare sotto questa enunciazione generale (v, anche Quincke 02* p. 796, 1012-3). La morfologia della cromatina Ilo di passaggio nella diminuzione di dispersità 1) (cfr. Quincke '02 ! p. 1041). Specialmente poi nelle sostanze capaci di cristallizzare, in cui l'associazione può essere orientata, poiché la forza di attrazione in esse deve variare con la direzione 2), non si dovrebbe mai avere altra forma fuori di quella irregolarmente e variamente elicoide, quando si supponga che si abbia a che fare con l'associazione esclu- sivamente terminale di cristalli allungati disordinatamente disposti con proprietà analoghe a quelle dei cristalli fluenti, in un mezzo viscoso , poiché in tal caso i singoli cristalli dovrebbero più o meno notevolmente torcersi e nei modi più varii per poter far sì che coincidano le direzioni omologhe degli individui che si fon- dono 3). Concependo in questo modo i fenomeni, tutto ciò che si os- serva per le torsioni dei cromosomi profasici riceve una semplice spiegazione. I. Si comprende perchè il numero assoluto degli avvolgimenti e delle torsioni dei filamenti cromatici debba essere tanto mag- giore quanto più precoce è lo stadio che si esamina, perchè in tal modo proporzionalmente maggiore è anche lo sviluppo totale di superficie della fase « cromatina » che si va progressivamente sme- scolando. IL Si comprende perchè su di uno stesso cromosoma si alter- nino in modo vario torsioni destrorse e torsioni sinistrorse e per- chè il numero totale di ambedue queste specie di torsioni sia sen- sibilmente identico, essendo eguali le probabilità che sia l'ima che l'altra direzione di avvolgimento si verifichi, poiché identico nei due casi è lo sviluppo di superficie che così si ottiene 4). J) Questo è probabilmente anche il caso per quelle interessanti forme che si osservano p. es. in una emulsione di oleato di ammonio esposta all'aria e che Wager (il p. 372-381, tav. 34, fig. 32) ha ottenuto con l'ossidazione di svilup patori fotografici. 2) Cfr. Viola 12 p. 90. 3) Di ciò è facilissimo convincersi esaminando nello spazio la figura che si deve finire con l'ottenere dall'associazione terminale uniseriale di molti segmenti disposti primitivamente in un ordine casuale. Nel piano naturalmente, invece di linee variamente elicoidi, si avrebbero linee piane con gomiti numerosi e irregolari. Per la possibilità di associazioni seriali di segmenti cromatici cfr. p. 96-7. 4) Dato tutto ciò che abbiamo detto, credo assolutamente inutile fermarsi a mosti are le assurdità alle quali porterebbe l'ipotesi, che forse qualcuno sarebbe tentato a fare, di un rapporto esistente fra le torsioni destrogire e le levogire Archivio zoologico italiano, Voi. V. 11 1 Paolo Della Valle III. Si comprende perchè il numero delle torsioni sia sensibil- mente proporzionale alla lunghezza del cromosoma, essendo ap- punto costanti per unità di lunghezza le probabilità che si veri- fichi un determinato numero di torsioni 1). In questo modo quindi, indirettamente e per una via insospet- tata, giungiamo di nuovo alla conseguenza che i cromosomi si formano ex novo alla profase da una sostanza prima molto più fortemente dispersa. Ili, I caratteri fisici dei cromosomi 1. La grandezza assoluta ed il numero dei cromosomi Costanza numerica media di altre strutture citologiche. Essendomi occupato di proposito a lungo del lato citologico della questione del numero dei cromosomi, sia nelle condizioni nor- mali che in quelle più o meno notevolmente anormali, mi limito a rimandare per tali argomenti a queste mie precedenti memorie (cfr. spec. '09 p. 133-153 e '112 p. 143-151). Qui ricorderò solo, con X i:\iko (10 p. 371) e Meves ('11 p. 296) che i cromosomi non sono punto le sole strutture endocellulari che si ripresentino in condi- zioni determinate in numero sensibilmente costante, ma sono solo le più note. Agli esempii portati da questi aa. aggiungerò quello della sensibile costanza numerica per determinate condizioni di os- servazione di differenziazioni cellulari anche meno * nobili », quali p. es. le gocce oleose delle uova di Teleostei o i granuli di vitello delle uova di qualunque animale ad un determinato grado di svi- luppo, i cristalloidi nelle cellule in cui se ne formano (molto fre- quentemente dello stesso ordine di grandezza dei cromosomi), i gra- nuli del nucleo vitellino delle uova in cui esiste, e così via. Risulta anche sufficientemente chiarito da quanto ho qui scritto a p. 56-83 e 95-114 che con ogni verosimiglianza tutto il processo della normale formazione dei cromosomi è l'effetto di una progres- ed i fenomeni della sessualità, analogamente al rapporto fra leforme cristallino enantiomorfe e la struttala molecolare. 1 Per l'ami lisi delle cause del diverso modo di presentarsi delle torsioni dalla prò- alla metafase, vedi il secondo paragrafo del quarto capitolo. L:i morfologia della cromatina ll*> siva diminuzione della dispersità della cromatina, che si verifica in modi probabilmente varii nei diversi casi, dal raggruppamento ilegli ultramicroni all'associazione terminale di segmenti cromatici di di- mensioni sensibili 1). Il numero delle particelle di una fase dispersa. Ci resta quindi da studiare brevemente la parte statica del problema fisico del numero dei cromosomi di cui ci troviamo ad avere già esaminata la parte dinamica. Da questa analisi già fatta però, anche il problema dell'equi- librio definitivo che si finisce per ottenere, viene completamente risoluto. Infatti abbiamo già visto che i fenomeni di smescolamento progressivo che si esplicano prevalentemente come diminuzione del numero ed aumento delle dimensioni delle particelle della fase di- spersa, in tanto procedono in quanto variano le condizioni del si- stema, perchè, nei limiti nei quali si osservano questi fenomeni cri- tici (v. p. 61), ad ogni determinata condizione esterna, corrisponde anche un determinato sviluppo di superficie della fase dispersa, come condizione di equilibrio del sistema 2) (cfr. p. 65). In qualunque momento si arrestassero le variazioni delle condizioni esterne, in quello stesso momento o quasi le condizioni di sviluppo di super- ficie della fase dispersa diverrebbero stabili. Ho fatto vedere altrove (P. Della Valle '111 p. 14-15) come questo principio serva a dare una spiegazione semplice dell'esistenza in una cellula di una sola o di più vescicole nucleari ed abbiamo qui visto come in questo stesso modo ricevano nuova luce i dati obbiettivi della morfologia della cromatina alla profase delle mitosi ') Berthold ('86 p. 19S) nella sua analisi fisica della morfologia nucleare, spiega la costanza media e la variabilità del numero, con la costanza della massa del filamento nucleare e delle forze che provocano lo spezzettamento dello spi- rema. Questo errore fondamentale del credere la profase un periodo di aumento anziché di diminuzione della dispersità della cromatina è stato ripetuto fre- quentemente in seguito, p. es. recentemente anche da Enriques ('11 p. 200). 2) Secondo Gibbs ('75-78 p. 254 equaz. 566) le dimensioni delle particelle / 3 w y/i in equilibrio col sistema esterno sono date dall'equazione r=\= — j—, r- dove r è il raggio del globulo in questione. W (cfr. p. -J55Ì il lavoro neces- Bario per la formazione del globulo, p' la pressione nell'interno del globulo, p" la pressione all' esterno di esso. Me Lewis C092) dà invece l'altra formula e2 r3 = — — r dove e è la carica elettrica, a la tensione superficiale fra le due 16 ti a A- fasi, li la costante dielettrica. Vedi anche Do.nnan '01 e '03 e SmOLODCKOWSKI "07. Ili; Paolo Della Valle normali (v. p. 75-83 e 112-114). Qui ci resta solo a mostrare come esso sia applicabile anche a ciò che si osserva per i cromosomi mei afasici. Non ha bisogno di dimostrazioni ulteriori 1' affermazione che se un dispersoide in determinate condizioni richiede un determi- nato sviluppo di superficie fra la fase dispersa ed il mezzo di disper- sione, il numero assoluto delle particelle di quella, sarà proporzio- nale al volume del sistema. Se cioè p. es. da 100 ;x3 del sistema originario si formano in media 20 particelle della fase dispersa in determinate condizioni, è sicuro che da 200 ja3 di quello stesso sistema originario vedremo formarsene un numero che non dovrà essere mai molto diverso da 40. Dopo ciò che abbiamo detto a p. 66-67 intorno al compor- ta mento della grandezza delle gocciole di un sistema difasico li- quido durante il periodo di incompleto smescolamento o dei cristalli durante la loro formazione, non è necessario aggiungere altro. Faccio solo notare che p. es. per le emulsioni ottenute con un determinato procedimento, si usa anche (cfr. p. es. Wieg-ner '11) esprimere il grado di dispersità col numero delle gocciole per cen- timetro cubo *), e che anche per i cristalli, sia che si originino da una fusione 2), sia che sorgano per raffreddamento od evapora- zione di una soluzione 3), sia che si formino da un sistema ternario (cfr. p. 72-75), compare in condizioni determinate, sempre un nu- mero determinato di nuclei di cristallizzazione per unità di volume 4). Si tratta dunque di un fenomeno assolutamente generale e di natura puramente fisica 5). Come ho però mostrato ('09 p. 143-149), 1) Cfr. anche Freundlich 'IO p. 301. È interessante notare che il numero dei cromosomi « per centimetro cubo » è dello stesso ordine di grandez/.a del ninnerò delle gocciole delle più fini emulsioni che si possono ottenere mecca- nicamente. Dato infatti che da un nucleo di u. 50 x 20 x 10, cioè di 10000 jj.3 si abbia la formazione di 25 cromosomi, si avrebbe una concentrazione di 2,5 x IO9 per cin3 Wikgner ili) per emulsioni di olio in acqua trovò 5 x IO9. 2) « Ist die Menge einer unterkiihlten Fliissigkeit klein und die Zahl dei* Ki istallisationszentren in der Volumeneiuheit gering, so wird die Zahl der Kri- stallisationszentren bei wiederholter Abzàhluug derselben schwanken wie die Anzahl jedes zufàlligen Ereignisses bei einer kleinen Zahl von Einzelfallen » (Tammann "03 p. 1-t'J. Cfr. anche fig. 52, p. 1.38-156 e Tammann '98 p. 445 e 448-9). 3i cfr. p. es. Doelter 05 p. 183. 4 Per l'esistenza probabile anche per i cristalli di un limite massimo di accrescimento, cfr. Ketgers ('92 p. 278-292). Cfr. anche Zsigmondy '05 p. 170-1. cfr. P. Della Valle 'IO p. 266. Cfr. anche p. 121. La morfologia della cromatina 117 questo fatto basta a dare una spiegazione completa delle leggi della normale variabilità del numero dei cromosomi e dulia proporzio- nalità di questo alla (piantila di cromatina disponibile. Da ciò che abbiamo detto è anche completamente chiaro elu- se diverse sono le condizioni nelle quali si esamina uno stesso si- stema, diverso sarà il numero delle particelle del dispersoide elio si osserveranno in un determinato volume, e propriamente si avrà un numero tanto maggiore quanto meno il sistema si sarà allon- tanato dalle condizioni di completa omogeneità (cfr. p. 65-66). ) io 33 Fig. 27-32.— La variabilità del numero dei cromosomi secondo l'ambiente (Blastomeri di Ascaris megalocephala). Fig. 27. (da Boveri '09, tav. 7, fig. 1 a) Uovo di itnivalens normale Fig. 28. (da Borixg 09-, tav. 10, fig. 3) Uovo di univalens col « piccolo cromosoma Fig. 29. (da Stevens 09 tav. 20, fig. 31) Blastomero P3 di un uovo esposto alla luce ultra violetta. Fig. HO. (da Stevens 09 tav. 20, fig. 45) Blastomero P2 di un uovo esposto alla luce ultra- violetta. Fig. 31. da Stevens 09 tav. 21, fig. 53) Blastomero Pi di un uovo esposto alla luce ultra- violetta. Fig. 32. da Boveri '99 tav. 40. fig. 9 Blastomero B somatico}. Segmentazione noi inai.-. Fig. 33. da P. Hertwig tav. 13, fig. 5) Segmentazione di uovo esposto all'azione del radio. Questo principio, come ho mostrato in un lavoro specialmente dedicato a questo problema, permette di interpretare nel modo più logico e conseguente tutte le forme di passaggio dalla cariocinesi 118 Paolo Della Valle all'amitosi l). Qui riporlo alunne figuro (Fig. 27-33) del modo di comportarsi della cromatina dei blastomeri genetici delle uova di Ascaris megalocephala, in condizioni diverse, che costituiscono una interessante serie continua della differenza del grado di dispersità che una stessa quantità di sostanza può presentare in condizioni diverse, ed anche la più obbiettiva riprova del concetto ora esposto, poiché si tratta di figure prese da memorie di varii autori, che o, non si sono incaricati della ricerca, del significato dei fenomeni os- servati, o ne hanno dato uno molto diverso. D'altra parte questo principio è anche perfettamente in grado di dare completa spiegazione di quei casi, relativamente molto rari, ni cui l'anomalia consiste, invece che nell'eccesso, nella diminu- zione notevole del numero delle parti isolate che si osservano, per i quali si possono citare come esempii quelli recentemente trovati da Schiller ('09 p. 571 e 601) e da Krùgek ('11 p. 184, Tav. 9 lig. 32) che addirittura constatarono l'associazione terminale 2) in- completa di tutte le particelle di cromatina presenti 3), o di un gran numero di queste. Più interessante, perchè sperimentalmente va- riabile, è il caso precedentemente citato delle formazioni cromo- somoidi endonucleari delle cellule dei tentacoli di Drosera, che Ro- sKNBERd '092 trovò tanto meno numerose quanto più intensa era la funzionalità cellulare. È poi necessario dire che due sistemi diversi capaci di sme- scolamento, data anche identità di condizioni presenteranno in ge- nerale un numero diverso di particelle della fase dispersa, ma che d'altra parte sistemi composti in modi anche completamente diversi T uno dall' altro, potranno in condizioni diverse mostrare un nu- mero eguale di particelle della fase dispersa? Ciò come si com- prende, non è solo l'equivalente fisico del comportamento del nu- 1) Cfr. P. Della Valle il- e spec. p. L49. Ivi ho riportato solo il caso del fenomeno fisico probabilmente più prossimo a ([nello della formazione dei cro- mosomi, cioè quello del numero dei cristalli che si formano da una soluzione, (per cui v. spec. Doklter '05 p. 183 e Pawi.ow '10 p. 890-2); ma, come si vede, si tratta di una legge generale per tutti i fenomeni critici. (Cfr. p. 65-66). 2) Questo fenomeno è La conferma obbiettiva della possibi'ità di ciò che abbiamo supposto a p. 11)!. Cfr. anche 1'. Della Valle il2 p. 131-5 e L49. I :. caso simile esiste norma 1 mente solo per i pronuclei dell' Ascaris me- galocephala univalens, giacché lo spirema continuo profasico (che probabilmente ha potuto trovar credito per l'esistenza di qualcuna di queste rare anomalie) può essere considerato come ricordo del passato. La morfologia della cromatina 119 mero di cromosomi nulle; cellule omologhe di specie diverse l), ma può essere anche la spiegazione di alcuni casi di aumento del nu- mero dei cromosomi di una mitosi p. cs. fino a che questa prenda l'aspetto di divisione nucleare afanimera (cf'r. P. Della Valli-: '112 p. 144) per variazioni non dell'ambiente esterno, ma della natura stessa del sistema nucleare 2). Da tutto ciò che precede risulta dunque che il numero per unità di volume delle particelle di una fase dispersa di un sistema che si trovi in determinate condizioni, deve essere considerato come una condizione di equilibrio e quindi non assolutamente determi- nato e costante 3). È però possibile che esso possa essere anche in- fluenzato più o meno notevolmente dal modo col quale vengono raggiunte le condizioni terminali del sistema, poiché è noto che specialmente una notevole rapidità di smescolamento fa sì che il raggiungimento delle condizioni di equilibrio incontri maggiori ostacoli del solito 4). Queste considerazioni sono probabilmente da !) V. per questo fenomeno anche p. Ilio. Quanto all'altro interessantissimo problema del comportamento del numero dei cromosomi nelle diverse cellule- somatiche, dal quale appunto sono partite originariamente queste mie conside- razioni sulla natura dei cromosomi (cfr. P. Della Valle '07 p. 1), non è pos- sibile discuterlo adeguatamente senza una larga trattazione obbiettiva dei fenomeni citologici e di quelli sui quali si fonda la credenza nella reale esi- stenza di vere differenziazioni somatiche. 2) Questo fenomeno, sul quale ritorneremo anche nel capitolo settimo, può prendere anche l'aspetto di ostacolo ai fenomeni di diminuzione di dispersità per aggiunte anche piccole di uno « Schutzkolloide », o diminuzione fortissima del numero dei nuclei di cristallizzazione in condizioni determinate di un si- stema per aggiunte anche piccole di una sostanza estranea (per questo feno- meno ctr. spec. Tammann '03 p. 153). 3) Berthold '86 p. 198 che credeva all'origine dei cromosomi per lo spez- zettamento di uno spirema profasico, riportava alla costanza media dei valori della coesione del filamento cromatico e della tensione superficiale di esso con l'ambiente, la variabilità del numero e della grandezza dei cromosomi intorno ad una determinata media. 4j Questo fenomeno è di natura generale; si possono citare in proposito, oltre il notissimo rapido aumento del numero dei cristalli che si ottengono da una soluzione con l'acceleramento dell'evaporazione (per l'analogia con i cromo- somi cfr. P. Della Valle il2 p. 149) anche la diversa grandezza dei granuli di precipitazione secondo che si formano più o meno rapidamente (cfr. p. es. Perrin 09 e spec. gli studi di Von Weimarn 08). Ciò si verifica anche nei colloidi, nei quali i globuli che si formano nella gemicazione seno tanto più piccoli quanto più rapidamente avviene il raffreddamento (cfr. Habdy '00 p. 98 e Wolf. Ostwald '10 p. 352). 120 Paci.! Della Valle applicare per alcuni casi .li aumento del numero dei cromosomi che può giungere anche fino al punto che la divisione nucleare prende L'aspetto afanimero. Non è inutile ricordare che queste considerazioni fisiche si ac- cordano perfettamente con quanto ho scritto nel 1909 (v. spec. p. 143-157) trattando del problema del numero dei cromosomi e sono 1.» sviluppa» necessario di affermazioni già fatte nella nota prelimi- nare di questo lavoro (cfr. P. Della Valle 'IO p. 266). Risposta alle osservazioni di Enriques. A questo ordine di idee però sono state mosse delle critiche di vario genere. Ad alcune prevalentemente di natura obbiettiva ho già risposto in un lavoro precedente ('112 p. 180-187); altre più opportunamente discuteremo nel terzo paragrafo di questo capi- tolo. Qui è invece necessario prendere in esame alcune obbiezioni mosse da Enriques ('11 p. 102-9), che, pure essendo propenso ad accettare l'ordine di idee da me proposto, crede nondimeno che questo non possa reggere alle obbiezioni e, quindi tenta anche di formulare delle supposizioni, che egli crede nuove. Veramente En- riques ('11 p. 105) trova che non esistono contraddizioni, ma solo che sono necessarie ipotesi sussidiarie che modificano l'essenza della concezione originaria e rendono probabile che essa sia in tutto o in parte difettosa. Analizziamo però un poco la sua analisi. In base al fenomeno della differenza del numero dei cromosomi fra i blastomeri soma- liei e quelli della linea germinale deWAscaris megalocephala e ad alenile osserva/ioni di Nemec di variazioni del numero dei cromo- somi in diverse cellule somatiche *), Enriques crede che sia neces- saria per quanto lecita per sostenere la teoria una < ipotesi ag- giuntiva ». Questa sarebbe quella di ammettere che la grandezza media dei cromosomi dipenda in qualche maniera da varie circo- stanze «die si verificano nelle diverse cellule dell'organismo. È invece evidente che secondo l'ordine di idee da me esposto, unica è La causa della normale variabilità fluttuante e delle va- riazioni più notevoli che superano i limiti di quella, e cioè la va- riabilità della grandezza media degli elementi che si formano in ' In uueste osservii/.ioni di Nkmbc, fatte su sezioni, in hi .si può essere però sicuri che si abbia a che lare sempre con la stessa quantità di cronxatina, anzi è probabile l'inverso, La morfologia della cromatina 121 condizioni diverse. Ciò risulla chiaramente dall'analisi da me fatta del significalo della normale variabilità fluttuante ('09 p. 147) delle variazioni maggiori più o mono gravi l) (09 p. 150-2 e spec. il8) o dalla presente interpretazione tìsica già precedentemente esposta in modo esplicito in una noia preliminare 10 p. 266). Enriques la poi considerare che nei blastomeri somatici di Ascaris megalocephala il numero dei cromosomi aumenta nostante che per la espulsione delle estremità dei cromosomi originarli, la quantità di cromatina diminuisca. Non è necessario far notare che ciò dipende dal fatto che la grandezza dei nuovi cromosomi è molto minore di quella degli originarli, poiché deve essersene accorto lo stesso Enriques che non insiste su ciò. Molto gravi invece egli crede che siano per l'interpretazione in questione, le osservazioni sulla esistenza di una diminuzione cromatica anche nei blastomeri somatici di Ascaris lurnbricoides, non accompagnata però da variazioni del numero dei cromosomi. Ora mi trovo di aver già discusso anche di queste osserva- zioni come di un caso particolare di un fenomeno generale, fre- quente specialmente nelle cariocinesi con caratteri alquanto pato- logici, che si manifesta di solito con l'aspetto della formazione anafasica di un corpuscolo intermedio ('112 p. 164-170, interpre- tandola appunto come perdita di sostanza nucleare. Nei casi più leggieri, però come sono appunto quelli osser- vati da Meyeu e Bonnevie per V Ascaris lurnbricoides, in seguito a questo fenomeno la media del numero dei cromosomi non si sarebbe potuta abbassare, data identità di condizioni, più di una unità al massimo e non è quindi ivi constatabile. Nei casi più gravi invece il numero dei cromosomi realmente si abbassa, sia che si conser- vino le normali dimensioni medie dei cromosomi (cfr. spec. le mitosi anomale degli ibridi di Echinodermi), sia che (essendosi per le mo- dificate condizioni di ambiente modificata anche la grandezza media degli elementi cromatici) il numero dei cromosomi sia preventi- vamente cresciuto. In generale tali mitosi non hanno lunga discen- denza, ma, per quanto obbiettivamente è noto, non solo non in- firmano ma sono nuova prova dalla proporzionalità fra numero dei cromosomi e quantità di cromatina. Sono grato poi ad Enriques quando cerca egli stesso di trovare possibili adattamenti della teoria della labilità a quei fenomeni che ]) In questa categoria rientrano i due l'atti citati da Enriques. 122 Paolo Della Valle sci ondo lui sarebbero ad essa contrarli, ma naturalmente glie ne Inscio la paternità. Così p. es. per ciò clic si osserva nell'oogeuesi del Dt/tiscus, data la discussione da me fatta ('09 p. 142) sulla possibile non preesistenza del materiale dell'anello cromatico nei cromosomi delle mitosi degli oogonii, cessa qualunque opposizione fra la diversità di quantità di cromatina ed identità del numero dei cromosomi e quindi diviene inutile qualunque subipotesi. Quanto alle altre obbiezioni mosse da Enriqup:s alla teoria della proporzionalità fra la quantità di cromatina ed il numero di cro- mosomi, basate sulla differenza di grandezza nucleare, più oppor- tunamente le discuteremo insieme a quelle mosse da Buchner e da Nemec che appunto su questi fatti si fondano. Resterebbe qui da analizzare ciò che Enriques crede di avere proposto sotto il nome di « Teoria della tensione superficiale » come sue considerazioni personali. Il curioso però è che si tratta proprio di idee chiaramente espo- ste nei miei lavori che precedono il suo. Così p. es. nel mio la- voro nel 1909 si trova un capitolo (p. 152-3) intitolato proprio « Possibilità della coesistenza di cromatine diverse » in cui sono analizzate tutte le possibili influenze di questo fenomeno sul nu- mero dei cromosomi, fino al caso limite, anche più completamente di quanto egli non faccia nel 1911 credendo di proporre una idea nuova; tutta la mia nota preliminare del presente lavoro pubbli- cata nel 1910 poi, è la trattazione generale del valore della tensione superficiale e dei fenomeni fisici ad essa connessi per l'interpreta- zione del numero dei cromosomi non solo, ma di tutti i diversi aspetti che la cromatina può assumere specialmente durante il ciclo mitotico. Non resta che ammettere che Enriques si sia tanto persuaso di ciò che udì leggere da me nel Congresso zoologico di Napoli, che, per uno strano ma non infrequente fenomeno psichico, abbia cre- duto, scrivendo col semplice aiuto della memoria, che si trattasse non di idee altrui, ma proprie. Non posso perciò che rallegrarmi di avere un così convinto seguace. Possibile significato di alcuni rapporti semplici fra i numeri di cro- mosomi. Prima di abbandonare questo argomento, desidero anche espri- mere una supposizione, per quanto nel modo più dubitativo pos- sibile a causa della grandissima portata che essa avrebbe. La morfologia della cromatina L23 In tutto le considerazioni fatto fin'ora, non abbiamo mai con- siderato i rapporti esistenti fra i numeri dei cromosomi di cellule omologhe di specie diverse ma prossime. Questo argomento è stato più volte trattato, ma sempre coi presupposti individualistici e mai dal punto di vista fisico, nemmeno da Enriques che, come abbiamo visto segue tale ordine di idee e si è occupato di proposito del problema (Enriques '05 e '10 p. 109-112). Regolarità di natura generale non se ne vedono, e ciò si capisce facilmente data la diffe- rente qualità e forse anche quantità della cromatina presente e le differenti condizioni del sistema. Ma una regolarità è stata constatata almeno in alcuni casi ed è quella che spesso il rapporto fra il numero dei cromosomi di cellule omologhe di specie prossime può essere espresso con numeri semplici. Ricorderò il caso frequente di due specie una con nu- mero di cromosomi doppio dell'altra, o di quelle in cui il rapporto può essere espresso come 2 : 3 (16 e 24) o come 3 : 4 (24 e 32) e simili che si possono trovare raccolti in parte nel lavoro di Enri- ques ('05). Ora, poiché una identità di quantità di cromatina po- trebbe non essere impossibile qualche volta per specie affini, se si consideri che in tutte le formule proposte per la determinazione del valore delle dimensioni delle particelle di una fase che possono essere in equilibrio col resto del sistema, entra sempre il valore della tensione superficiale fra le due fasi in presenza, e che dalla formula di Eòtvòs la tensione superficiale è legata al peso mole- colare tanto che mediante quella è possibile la conoscenza di questo, sorge spontanea la domanda: può il fatto dei rapporti semplici fra il numero dei cromosomi di specie prossime avere relazione col rapporto semplice fra i pesi molecolari di sostanze di composizione chimica analoga ma diversamente polimerizzate ? Se una tale interpretazione ha, come io credo, probabilità di essere vera, ognuno vede quale nuovo ed impreveduto aspetto as- sume anche la sempre insoluta questione della natura della ridu- zione sessuale del numero dei cromosomi alla metà. 124 Paolo Della Valle 2. Le di f f e r e n z e d i grandezza f r a i e r o m o s orni. Dati precedenti. Ho già dotto altrove ('09 p. 109 v. anche '112 p. 183) dio condivido con molti citologi un profondo scetticismo intorno alle gratuite affermazioni di riconoscibilità di coppie di diversa gran- dezza nelle mitosi delle cellule somatiche, ed ho espresso ivi anche la mia opinione che solo con ricerche biometriche si sarebbero potute ottenere notizie serie. Aggiungevo ancora ('09 p. 109 e 'IO ]». 266) di avere appunto eseguite alcune di tali determinazioni quantitative, in base alle quali potevo affermare con sicurezza che differenze costanti fra i cromosomi delle mitosi studiate non esi- stono. Recentemente Meves ('11) ha completamente riconfermate que- ste mie affermazioni ed ha anche pubblicato dati numerici relativi. Avendo io omesso di pubblicare in quelle notizie preventive i miei dati quantitativi, i dati del Meves sono quindi da considerare come i primi *) dati quantitativi del problema. Ma il risultato della eliminazione dell'ipotesi delle coppie di cromosomi di diversa grandezza non può essere considerato suffi- ciente, come in generale ogni risultato negativo, giacché nasce subito il desiderio dello studio delle probabili leggi reali di tale variabilità e della causa probabile di essa. Questo campo appunto, ancora completamente inesplorato anche dopo la memoria di Meves e per il nostro argomento del più grande interesse, cercheremo di investigare nelle pagine seguenti in base a determinazioni obbiet- tive personali. Nuove determinazioni. Queste sono state eseguite, come anche alcune di quelle di Meves lo sono state, sulle mitosi del peritoneo delle larve di Sa- lamandra che si prestano benissimo per le notevoli dimensioni l) Realmente però i primi dati quantitativi sono stati dati propizio da Sctt- T"\ '02 p. 31 che per primo richiamò l'attenzione sulle differenze di grandezza dei cromosomi de^jli spenniitogonii di Brachi/stola. Anche Erdmann ('08) ha ■ 111'' numerose notizie quantitative sulle dimensioni dei cromosomi, ma non sono utilizzabili per il nostro scopo, perchè quelli che l'a. dà sono solo valori medii presi da determinazioni eseguite in diverse mitosi dello stesso stadio (cfr. spec. op. cit. p. ì->5). La morfologia della cromatina 125 assolute dei cromosomi e sono molto superiori a quelle classiche degli spermatogonii di Emitteri, poiché per i cromosomi nastri- formi degli Urodeli le differenze si esplicano quasi soltanto in un'unica direzione essendo sempre il loro spessore sensibilmente costante (cfr. anche Rabl '06 p. 71), mentre por quelli tozzi degli Emitteri le differenze riguardano le tre dimensioni e sono quindi sempre micrometricamente molto piccole ed inesattamente misu- rabili. Restano i gravi errori dovuti alla proiezione e questo tanto nei cromosomi allungati che in quelli tozzi. L' unica consolazione è che nei cromosomi allungati e tutti variamente curvi, le proba- bilità di errore sono sensibilmente costanti per unità di lunghezza in tutti gli elementi e quindi i rapporti mutui probabilmente non ne vengono alterati. Qualche vantaggio porta anche la forma for- temente appiattita delle mitosi studiate. Superiorità assoluta però hanno le mitosi del peritoneo della Salamandra e di pochi altri tessuti in confronto a tutte le altre per questi studii, in quanto quelle possono essere studiate integre cioè senza l'uso dei tagli che rende sempre problematica la reale integrità dei cromosomi che si osservano. Per maggiore garenzia di esattezza, fra le determinazioni che riporto, ve ne sono anche di quelle che si riferiscono ad alcune mitosi di cui ho dato i disegni nel mio lavoro del 1909, ciò che permette per esse di indicare anche i singoli cromosomi di cui si parla e lo stadio in questione senza ulteriori figure. Le determi- nazioni furono eseguite su disegni corrispondenti all'ingrandimento di 2700. fatti con la camera lucida e completati nei particolari con l'osservazione diretta 1). Per le determinazione dei cromosomi presentanti così nume- rose ed irregolari curve, mi sono servito di un curvimetro (della fabbrica (x. Coradi, Zurigo), di proprietà del Gabinetto di Calcolo Infinitesimale della nostra Università, di cui debbo l'uso alla cor- tesia dell'illustre Prof. Torelli. Mediante questo curvimetro veni- vano fatte due determinazioni della lunghezza di ciascun cromo- soma, che di solito non differivano che pochissimo fra di loro, e di queste prendevo la media. L' errore probabile di determinazione in questo modo non superava 1 min. di disegno 2). 1) Per i mezzi di osservazione adoperati cfr. le indicazioni date nella spie- gazione delle tavole. 2) Un metodo teoricamente più esatto e che io ho anche a lungo tentato, 126 Paolo Della Valle Dai dati numerici che pubblico, e specialmente dalla trascri- zione grafica della loro seriazione, risulta evidentemente e senza bisogno di ulteriori considerazioni, appunto ciò che ho preceden- temente affermato e che anche Meves ha ritrovato, cioè che non esistono punto coppie. Non è nemmeno possibile, come vedremo tra poco, parlare di differenza fra gruppi distinti di cromosomi poco diversi fra loro e separati invece dagli altri da una notevole differenza di dimensioni, come invece sembra che Meves sia pro- penso a credere. Valori osservati e valori prevedibili per semplice fluttuazione. Ciò che ha il valore massimo in questo campo è l'analisi del- l'aspetto generale di questa variabilità di grandezza dei cromo- somi. A prima vista le seriazioni che pubblico non sembrerebbero simili a quelle che di solito si ottengono nella massima parte degli altri casi analoghi di variabilità fluttuante. Questa differenza è però soltanto apparente come si può vedere determinando la de- viazione dei valori osservati da quelli che sarebbero stati preve- dibili per il calcolo delle probabilità. La trattazione statistica dei singoli gruppi costituiti dalle di- mensioni dei diversi cromosomi di ciascuna mitosi, in cui il nu- mero delle varianti non è e non può essere maggiore di due doz- zine circa, sembrerebbe a prima vista assurda, poiché simili studii non si fanno che con migliaia di varianti. È però possibile, con al- cune considerazioni, determinare il grado di concordanza fra l'an- damento reale della variabilità delle dimensioni cromosomiche e quello che si sarebbe dovuto osservare se le differenze esistenti fra di essi non fossero state che l'effetto del caso, ed avessero quindi seguito le leggi della solita variabilità fluttuante. Per questo scopo, fra le due forme equivalenti di trascrizione grafica dei dati sta- tistici, la curva di distribuzione e la curva di frequenza, si presta è stato quello di cercare di riprodurre con un sottile filo, flessibile ma non ela- stico (ottimo è quel sottile filo di piombo che serve per le valvole elettriche fusibili), le diverse curve e posizioni relative dei cromosomi. Nonostante però che in questo modo avessi dovuto ottenere dei valori più alti che col curvi- metro, poiché così potevo tener conto anche delle curve svolgenfisi obliqua- Mi' nte al piano del preparato, ne ottenevo invece costantemente di inferiori. Ciò dipende dal fatto che nel caso fr eque ite di numerose curve a piccolo rag- gio in direzioni diverse, il filo difficilmente vi si adatta con esittezza e tende invece sempre a seguire una via più breve. La morfologia della cromatina 127 nel nostro caso molto meglio la prima; e di essa, appunto ci ser- viremo, seguendo da vicino i metodi indicati da Galton prima nella celebre « Naturai Inheritance » e perfezionati in seguito re- eéntemente da lui stesso ('07). È possibile infatti di calcolare, mediante l'integrale di proba- bilità, quale debba essere il valore della deviazione dal valore me- diano di un termine qualunque di una seriazione normale, pren- dendo come unità la « standard deviation » o a , o variazione probabile. Questi valori sono stati appunto calcolati da Sheppard nella tavola che accompagna il citato articolo di Galton per cia- scuno dei 1000 gradi in cui si suppone divisa la totale ampiezza di variabilità. L'applicazione al nostro caso per ottenere i valori che si sa- rebbero dovuti ottenere teoricamente in una seriazione normale, è molto facile. Per prima cosa si determina per ciascuna mitosi il a corrispon- dente alla variabilità delle dimensioni dei cromosomi nel solito modo *). Si determina poi a quale valore corrisponderebbe ciascun termine della seriazione nel caso che questa invece di essere com- posta solo di 21-25 termini fosse stata invece costituita da 1000, cioè nella terminologia di Galton a qual grado « per mille » cor- risponde ciascuna variante, col metodo da questi indicato nell'ar- ticolo citato 2.). Si riscontra nella tavola di Sheppaud quale valore dovrebbe avere la deviazione (espressa in termini di a) dalla media per quel determinato grado in una seriazione normale, e si ottiene cosi, moltiplicando la cifra letta per il valore reale di a già de- terminato, quale sarebbe stato il valore della deviazione reale dalla Xx'- !) In questo caso a = I / dove x sono le singole deviazioni di cia- scun valore dal valore medio ed n il ì.umero delle varianti (cfr. p. es. Davkn- port '04 p. 15-16). 2) Poiché il primo di n termini di una seriazione sarà compreso fra il grado 0 ed il grado 1 se i gradi sono A e corrisponderà quindi al grado ' .,. e cosi di seguito, il termine rcsimo in questa stessa scala corrisponderà quindi al grado »"— V2 o invece in una scala millesimale al grado (r — 1/2), o, ciò n 1000 r — 500 che e lo stesso, — — . Cosi p. es. il terzo termine di una seriazione di n or: a ■ • • • t > i ! -u ■ i 100°- 3-500 2500 25 deviazioni corrisponderà al grado millesimale— — ^ — — = -—r - = 100. 128 Paolo Della Valle media obbiettiva che si sarebbe dovuto osservare se la seriazione avesse esattamente seguite le leggi del calcolo di probabilità, e si viene a conoscere finalmente così , sottraendo od addizionando il valore della deviazione teorica al valore della media trovata, quale sarebbe stato il valore che avrebbe dovuto avere la lunghezza del cromosoma che occupi quel posto nella seriazione. I dati numerici da me ottenuti sono contenuti nelle tabelle che seguono, in ciascuna delle quali la colonna dei valori osser- vati contiene i valori espressi in millimetri di disegno a — ^ — della lunghezza di ciascun cromosoma, ordinati secondo le loro dimen- sioni crescenti ; la colonna dei valori calcolati, i valori (espressi nella stessa unità di misura ed ottenuti col metodo ora esposto) che sarebbero stati prevedibili per il primo, il secondo, il terzo etc. cromosoma della seriazione se le differenze fra di essi fossero state dovute alla semplice fluttuazione; la colonna delle differenze infine, contiene la misura del grado di concordanza del valore osservato col valore calcolato per ciascun termine della seriazione. Tale grado di concordanza poi è espresso in modo anche più evidente dalla trascrizione grafica che accompagna ciascuna tabella, dove le or- dinate sono i millimetri di disegno a — j— , ed' i cromosomi sono disposti sull'asse delle ascisse a distanze eguali fra di loro. I sin- goli punti rappresentano i valori osservati, ed i punti corrispon- denti della curva continua teorica di distribuzione, rappresentano i valori teorici prevedibili per semplice fluttuazione. La morfologia della cromatina L29 Mitosi N. 1. (24 cromosomi) Somma totale 1470.3 Indice di variabilità (a) + 27.8 Media aritmetica (M) 61.4 Coefficiente di variazione (C) 45.3 Valori Valori Differenze Valori Valori Differenze osservati calcolati osservati calcolati 25.2 5.0 + 20 2 55.3 62.8 - 7.5 27.5 18.9 + 8.6 58.3 65.8 7.5 31.1 26.7 + 4-4 62.3 686 — ti.:; 35.6 32.2 + 3.4 65.4 71.7 - 6.;; 36.6 36 7 - 01 78.1 75.0 + 3-1 36.7 40.8 ^41 84.7 78.4 -4- 6.3 36.8 11.4 — 7.6 86.5 82.0 + 4.5 39.0 47.8 — 8.8 89.2 86.1 + 3.1 40.0 51.1 - 11.1 93.6 90.6 + 3.0 47.7 54.2 — 6.5 104.3 96.1 + 8.2 51.4 57.1 - 5.7 112.8 103.9 -f 8.9 54.1 60.0 - 5.9 121.1 117.8 -j- 3.3 Archivio zoologico italiano, Voi. VI. i:;o Paolo Della Valle Mitosi N. 2. (25 cromosomi) (cfr. P. Della Valle 09 lav. 1 fig. 8) Somma totale L 180.7 Indice di variabilità + 19.5 Media aritmetica 47.6 Coefficiente di variazione 41.0 Valori Valori Differenze Valori Valori Differenze osservati calcolati osservati calcolati 18.5 7.5 -f 11.0 50.7 49.6 - 1.1 21.0 17.3 4- 3.7 59.4 51.5 - 7.9 21.4 22.6 - 1.2 60.1 53.7 - - 6.4 23.1 26.5 — 3.4 60.3 55.6 - 4.7 27.0 29.8 — 2.8 62.1 57.8 - 4.3 29.3 32.5 - 32 62.6 60.1 - 2.5 29.6 35.1 5.5 64.3 62.7 - 1.6 30.1 37.4 - 7.3 71.1 65.4 - 5.7 31.8 39.6 - 7.8 72.2 68-7 - 3.5 ;;:;.:; 41.5 - 8.2 72.7 72.6 - 0.1 37.4 43.7 - 6.3 75.1 77.9 - 2.8 38.8 45.6 — 6.8 78.2 87.1 — 8.9 50.6 47.6 -f 3.0 La morfologia della cromatina |::l Mitosi N. 3. (21 cromosomi) (cfr. P. Della Valle "09 tav. 1 fig. 1) Somma totale 1111.7 Indice di variabilità + 15.2 Media aritmetica 53.0 Coefficiente di variazione 2S.7 Valori Valori Differenze Valori Valori Differenze osservati calcolati osservati calcolati 29.9 22.8 - 7.1 53.5 54.8 - 1.3 31.5 30.6 - 0.9 54.9 56.7 — J.S 37.:; 35.0 - 2.3 55.1 58.6 — :;.."» 38.2 38.2 0.0 59.8 60.5 — 0.7 41.1 41.0 + 0.1 61.2 62.7 — 1.5 43.5 43.3 + 0.2 61.7 65.0 - 3.3 44.0 45.5 - 1.5 62.6 67.8 — 5.2 45.2 47.4 — 2.2 75.3 71.0 + 4.3 46.0 49.3 — 3.3 82.0 75.4 4- 6.6 49.2 51.2 - 2.0 89.5 83.2 4- H.3 50.2 53.0 - 2.8 >> • tt • i r» ìS ./ / f u s • u iti etri) "»"/>« 'fi"1) 132 Paolo Della Valle Mitosi N 4. (26 cromosomi), (cfr. P. Della Vai. i.i; 09 tav. 1 fig. 12) Somma totale 11 3.4 Indice di variabilità + 19.9 Media aritmetica 43.6 Coefficiente di variazione 45.7 Valori osservati 11.6 15.3 18.5 21.1 22.s 23.8 24.7 24 7 '28.4 29.7 37.6 40.9 46.2 Valori Differenze Valori Valori Differenze calcolati osservati calcolati 2.3 t- 9.3 46.5 44.6 + 1-9 12.3 - 3.0 46.6 46.6 0.0 17.7 ■ 0.8 49.4 48.4 + 1.0 21.7 — 0.6 53.8 50 4 + 3.4 24.!) 2.1 55.1 52.6 4- 2.5 -f 0.4 26.7 - 2.9 55.2 54.8 30.2 5.5 55.2 57.0 — 1.8 32.4 - 7.7 59.0 60.5 - 1.5 34.6 — 6.2 60.7 62.3 — 1.6 36.8 - 7.1 644 65.5 1.1 38.8 — 1.2 78.9 69.5 + 9.4 40.6 + 0.3 80.4 74.9 55 42.6 " }- 3.6 83.5 84.3 - 0.8 lo- t i 4 f < > r ) n jtt u zr K La morfologia della cromatina 133 Mitosi N. 5. (25 cromosomi) (cfr. P. Della Vallk '09 tav. 1 fig. 9 Somma totale 753.3 Indice di variabilità + 10.7 Media aritmetica 30.1 Coefficiente di variazione 35.5 Valori Valori Differenze Valori Valori Differenze osservali calcolati osservati calcolati 15.0 8.1 + 6.9 29.8 81.1 1.3 15.0 13.5 -f 1.5 32.0 32.2 0.2 15 5 16.4 — 0.9 32.1 33.4 — 1.3 16.7 18.5 — 1.8 32.8 34.5 1.7 16.8 20.4 — 3.6 31.4 35.7 — 1.3 21.9 21.9 0.0 38.5 36.9 -j- 1.6 -f 3.7 22.8 23.3 — 0.5 42.0 38.3 23.0 24.5 - 1.5 43.4 39.8 -j- 3.6 24.6 25.7 — 1.1 44.5 41.7 4- 2.8 25.7 26.8 — 1.1 45.3 43.8 4- 1.5 26.(5 28.0 — 1.4 46.2 46.7 - 0.5 28.2 29.1 — 0.9 51.7 52.1 - 0.1 28.8 30.1 — 1.3 V* / f^t t'F't-t i * i * f « n « « *^ „ 7 , i.;i Paolo Della Valle Mitosi N. 6. (23 cromosomi) (cfr. P. Della Valle '09 tav. 1 fig. 3) Somma totale 568.5 Indice di variabilità 9.1 Media aritmetica 24.3 Coefficiente di variazione 37.6 Valori Vaioli Differenze Valori Valori Differenze osservati calcolali osservati calcolati 9.3 5.9 + 3.4 28.0 25.3 -j- 2.7 2.1 11.2 10.5 + 0.7 28.4 26.3 L1.8 13.1 - 1.3 28.6 27.3 + 1.3 15.3 14.9 + 0.4 31.8 28.4 4- 3.4 15.5 16.4 — 09 32.0 29.6 4- 2.4 16.6 17.8 1.2 32.5 30.8 + 1-7 18 2 19.0 - 0.8 35.0 32.2 -[- 2.8 19.0 20.2 - 1.2 35.8 33.7 + 2.1 19.9 21.3 - 1.4 36.5 35.5 4- ì.o 20.7 22.3 - 1.6 37.3 38.1 — 0.8 21.4 23.3 - 1.9 39.0 42.7 — 3.7 23.8 24.3 - 05 ' ' ' ■* S < 1 ttn»jntt/,/rit///t9uit*ttS La morfologia della cromatina le- nitosi N. 7. (22 cromosomi) Paolo Della Valle Mitosi di spermatogonii di Anasa (cfr. Wilson 06 p. 11 Bg. 2/) Indicazione Lunghezza Larghezza Volume s in 1.7 1.7 5 i m 2.0 1.8 6 s 10 5.0 3.1 48 i 7 5.8 3.0 52 i 8 5.5 3.1 53 i 9 5.5 3.2 56 i 6 5.6 3.2 56 s y 5.6 3.2 57 s 8 6.1 3.2 62 s 7 6.0 3.4 6y s 6 6.5 3.5 80 s 4 6.8 35 83 s 5 6.5 3.7 89 i 5 6.2 3.8 90 i 3 7.5 3.6 97 i l 6.0 4.1 101 i 2 6.5 4.0 104 s 3 6.7 4.2 118 i 1 9.8 3.7 134 s 2 10.0 3.8 144 h 11.0 3.8 159 La media aritmetica dei volumi è quindi 79.2 ; a = 39.05 e il coefficiente di variazione è 43,9 cioè proprio dello stesso ordine di grandezza di quelli da me trovati nella Salamandra e solo di poco più alto. Anche qui la concordanza tra i valori obbiettivi dedotti dalle figure di Wilson e quelli prevedibili nel caso che si tratti di varia- bilità fluttuante ottenuti col metodo precedentemente esposto, è molto soddisfacente, come specialmente si vede dalla trascrizione grafica ottenuta coi metodi precedentemente esposti. Abbiamo in- fatti: volumi (in witti di disegno cubici) ottenuti dalle misurazioni fatte con un ottimo doppio decimetro diviso ;il 1L1 min e con la lente, in modo da potere apprezzare il decimo di millimetro. La morfologia della cromatina 139 Valori Valori Differenze Valori Valori Differenze osservati calcolati osservati calcolati 5 1.9 -f 3.1 83 83.9 — 0.9 6 21.8 - 15.8 89 88.6 4- 0.4 48 33.1 -4- 14.9 90 93.6 — 3.6 52 41.3 + 10.7 97 98.7 - 1.7 58 48.4 -f- 4.6 101 104.2 — 3.2 56 :> t.2 + 1.8 104 110.0 — 6.0 56 59.7 - 3.7 118 117.1 -f 0.9 57 64.8 - 7.8 134 125.3 + 9.7 62 69.8 - 7.8 144 136.6 + 7.4 69 74.5 - 5.5 159 153.5 + 5.5 80 79.2 -f 0.8 ttiitit» "HJ! »8inr*?*5» •u Ciò però non eselude che, forse molto raramente, in qualche mitosi vi sia qualche cromosoma che realmente si allontani dalle dimensioni prevedibili per il calcolo delle probabilità in più od in meno x), ma anche questi casi, come vedremo in parte subito od *) Per i casi di dimension servazioni di Wilson ('06 iig. di Gutherz ('07 p. 502) sugli fig. 7) sulle moltiplicazioni di di dimensioni eccezionalmente genesi di alcuni Emittori : non di cui tanti hanno creduto di i eccezionalmente grandi si possono citare le os- 1) sugli spermatogonii di Protcnor (cfr. Fig. 45), spermatogonii di Grijllus, di Léger e Dubosc ('03 Pterocephalus mobilis, e qualche altra; per quelli piccoli alcuni dei microcromosomi della spennato- certo però l' enorme massa di differenze costanti arricchire la citologia. LIO Paolo Della Valle in parie nel secondo paragrafo del sesto capitolo '), non alterano il presente ordino di idee. Differenze di dimensioni per altre strutture citologiche. Queste differenze di grandezza non sono punto un fatto ca- ratteristico dei cromosomi fra le formazioni endocellulari, ma solo uno dei tanti casi, cosi come abbiamo anche visto per la relativa costanza del numero. Per le formazioni endonucleari ricorderò le differenze irregolari di grandezza fra quei filamenti, che con ogni probabilità non sono cromosomi, che Van Gehuchten (89 p. 183) lui osservato nel nucleo di una glandola annessa al tubo digerente delle larve di Ptychoptera contaminata ed in generale dei nucleoli e, per le formazioni extranucleari, le differenze di grandezza p. es. fra i diversi condriomiti od anche fra i diversi granuli di vitello di un uovo o fra gli altri cristalloidi che si possono trovare nella cellula (cfr. Zimmermann '931 p. 215 fig. 2, '96 p. 44 fìg. 17 ; Wak- ker '91 p. 3, etc). Le oscillazioni delle dimensioni delle particelle di una fase dispersa La spiegazione fisica di questo fenomeno è molto semplice 2). Nelle pagine che precedono (cfr. p. 65-66) abbiamo visto come in generale nei sistemi difasici le dimensioni delle particelle della fase dispersa sono determinate per determinate condizioni del si- stema , poiché né particelle di dimensioni maggiori né particelle di dimensioni minori possono rimanere in equilibrio con la fase esterna. Già da questo però si comprende che obbiettivamente in un determinato momento non è che si dovranno osservare parti- celle tutte di grandezza assolutamente identica, essendo perfetta- mente possibile che per cause esterne ed interne al sistema alcune vengano a sorpassare in più o in meno tale grandezza critica, salvo in seguito a tendere a ritornarvi 3). Tale tendenza potrà però essere più o meno notevolmente ostacolata dai caratteri della fase dispersa o da altre cause e quindi possono conservarsi anche per un tempo relativamente lungo tali differenze di grandezza, che possono anche raggiungerli valori elevati. 1) Cfr. ivi anche per il significato delle osservazioni fatte sulle fecondazi chi i ibride Fundulus (.Moenidìa come pure per le dimostrazioni indirette di BovbrI di differenze tra i cromosomi indipendenti da differenze di grandezza. 2) Cfr. P. Della Vallk "IO p. 266. :1 Cfr. anche Wolk. Ostwai.i. '10 p. 287. La morfologia della cromatina 141 Questa notevole variabilità obbiettiva delle dimensioni delle singole particelle si osserva in tutti i casi in cui abbiamo a che fare con la fase dispersa di un sistema difasico. Nel caso della cristallizzazione la variabilità di grandezza dei singoli cristalli spesso raggiunge limiti molto ampii, ma, l'esistenza di una media intorno alla quale oscillano gli altri valori che si possono considerare come deviazioni da quella, è dimostrata spe- cialmente dalla possibilità obbiettiva di parlare a proposito della tessitura di una roccia ignea o della natura di un precipitato di massa macro-, micro-, o criptocristallina, termini che non significano altro che l'esistenza di una grandezza media dei cristalli che si os- servano, intorno alla quale oscillano anche tutti gli altri valori che sono tanto meno frequenti quanto più si allontanano da quella *). Data l'origine quasi simultanea di quasi tutti i nuclei di cri- stallizzazione definitivi (v. p. 74-5), le differenze di grandezza dei singoli cristalli che si otterranno, saranno dovute alle differenze in- dividuali nelle quali si sono trovati i diversi nuclei durante il loro accrescimento (cfr. anche Tammann '03 p. 131-148). Nel caso delle emulsioni dove, come è notissimo, parimenti si osservano fenomeni analoghi, le differenze invece dipendono dalle fortuite occasioni che le diverse gocciole preesistenti avranno avuto di fondersi durante il processo di smescolamento 2). Anche per i colloidi valgono gli stessi fatti (cfr. Wolf. Ostwald '10 p. 320), ed è cosa ormai sicura (cfr. Wolf. Ostwald '10 p. 91, 152, 222, '292) che in un sistema colloidale le particelle non sono per nulla tutte della stessa grandezza, ma variano anzi dentro limiti relati- vamente molto ampii. Naturalmente ciò vale an^he per la gran- dezza dei granuli di precipitati che si possono ottenere da tali sistemi colloidali (cfr. p. es. Fig. 2). Intervalli nella serie delle dimensioni delle particelle. Come si vede dunque anche la variabilità relativamente molto ampia delle dimensioni delle particelle di una fase dispersa è un fenomeno generale. Ma vi è anche qualche cosa che può avere importanza per quei casi nei quali realmente esistesse una note- i) Cfr. spee. Retgkrs '92 p. 278-292; '95 p. 195-7. 2) Cfr. ciò che abbiamo detto a proposito della proporzionalità del numero delle torsioni profusione alla lunghezza dei singoli cromosomi. 142 Paolo Della Valle vole differenza di grandezza fra alcuni cromosomi e gli altri. Bech- hold ('07), centrifugando fortemente e a lungo una soluzione di collargolo, ottenne una stratificazione in tre zone, ciò che signi- fica che nella soluzione dovevano essere particelle colloidali di tre grandezze diverse ; Michaelis ('05 p. 199) osservando all' ultrami- croscopio le soluzioni colloidali di alcuni colori trovò che la loro dispersità deve essere considerata « composta », ed analoga con- seguenza può essere tratta dai risultati delle esperienze di ul- trafiltrazione. Ciò può essere dovuto in parte in alcuni casi an- che alla diversa rapidità con la quale procede il fenomeno ed in tali casi si giungono ad avere, anche abbastanza stabilmente, parti di grandezze molto diverse e separate fra di loro anche da un intervallo molto notevole. Ora chi — guardando una roccia por- fi rica, dove i grandi cristalli che si andavano formando nel magma che lentamente si raffreddava, sono circondati dai piccolissimi e numerosissimi cristalli della massa fondamentale formatisi nel ra- pido raffreddamento esterno 1), oppure vedendo le figure dei preci- pitati di albuminoidi ottenuti da Fischer ('99 p. 38 e ss. e tav. 1 fìg. Ile ss.) con aggiunta ad essi prima di soluzione diluita di liquido precipitante e poi di soluzione concentrata, nelle quali si vedono pochi granuli giganteschi in mezzo a numerosi granuli molto più piccoli — non pensa subito alle differenze di grandezza del tipo di quelle del cromosoma x di Protenor ? Riassumendo, possiamo affermare con sicurezza che il ricono- scimento dei singoli cromosomi di diverse mitosi in base alle loro diverse grandezze è cosa altrettanto seria quanto il riconoscimento dei singoli cristalli di diversa grandezza in cristallizzazioni succes- sive alle quali fossero intercalate soluzioni complete di quelli o delle singole gocce di un'emulsione in smescolamenti successivi interca- lati a soluzioni perfette. Tale identità di fenomeni 2) è provata anche dall'altissimo coefficiente di variazione delle dimensioni dei cromosomi, che trova riscontro molto più nell'ampia variabilità delle dimensioni delle gocciole delle emulsioni, dei cristalli che si for- mano in determinate condizioni, dei granuli delle soluzioni colloidali che nella variabilità delle dimensioni degli organismi che in gene- rale si dimostrano straordinariamente più costanti. i) Cfr. Doelter '05 i>. HI. 2) E da ricordare che Berthold ('86 p. 198) che credeva ad uno spirema profasico, trovava in generale probabile che le forze che ne provocherebbero lo spezzettamento, producessero frammenti di numero e grandezza varii nei diversi casi ma sensibilmente costante per condizioni determinate. La morfologia della cromatina 143 3. Il rapporto nucleo-cromosomico ed i fenomeni di absorbimento. Il rapporto nucleo-cromosomico. Abbiamo detto ('09 p. 143-153, '10 p. 266, li2 p. 120 e 148- 151 e p. 116 di questo lavoro), che il numero dei cromosomi di una mitosi è il quoziente fra la quantità di cromatina disponibile e la grandezza media dei cromosomi. Naturalmente, a prima vista, questa affermazione sembra in stridente contraddizione con il fatto, facilmente constatabile nelle diverse cellule di un organismo complesso adulto e nei diversi momenti del suo sviluppo 1), che nuclei di dimensioni assolute molto diversi danno origine ad un numero sensibilmente identico di cromosomi. Questa è stata quindi la principale obbiezione, ri- volta indipendentemente da Buchner 2), da Nemec ('IO p. 377-8 e 403-6) e da Enriques ('11 p. 105) all'ordine di idee da me pro- posto, ed è anche perciò necessario analizzare attentamente questo fenomeno che, come vedremo, ci dà interessanti notizie sulla pro- babile struttura reale dei cromosomi. E facile però vedere che il principio sopra enunciato non su- bisce per questo fatto nessuna limitazione né ha bisogno di ipotesi sussidiarie. L'obbiezione mossa avrebbe valore maggiore, se da nu- clei di grandi o di piccole dimensioni si originasse non solo un egual numero di cromosomi, ma anche se questi fossero di dimen- sioni identiche. Che io sappia però solo il Nemec ('IO p. 404) ha creduto di poter fare una affermazione simile, corredandola anche di tre figure che però riproducono solo cromosomi di dimensioni sen- sibilmente eguali di tre mitosi, ma non i nuclei dai quali si sono formati. Però, dato che le sue osservazioni siano esatte, esse rappre- senterebbero un caso eccezionale, giacché, nel massimo numero dei casi in cui tutto il nucleo prende parte alla formazione dei cromo- somi 8), non è necessaria molta fatica per convincersi che, a parità J) Cfr. spec. Erdmann '08. 2) Nella recensione del mio lavoro del 1909 pubblicata neWArrhiv fiir Zell- forschung 3. Bd. pag. 672-3. 3) Cioè non nel caso della massima parte delle mitosi di maturazione delle cellule genetiche femminili 1 1 1 Paolo Della Valle di numero, cromosomi grandi si formano da nuclei grandi e cro- mosomi piccoli da nuclei piccoli. Ciò vale per nuclei di specie di- verse (v. anche Nemec 'IO p. 66), per i nuclei di grandezza diversa di varietà gigantesche (cfr. Gregory '09), per le cellule diverse di uno stesso organismo e vale anche per le cellule di stadi successivi dello sviluppo di un organismo *), dove appunto Erdmann ('08) ha studiato quantitativamente il fenomeno. Il risultato principale di queste determinazioni è quello che durante la segmentazione progressivamente si riduce il volume nu- cleare non solo, ma anche quello dei cromosomi. L'andamento di tale diminuzione è comune ad ambedue i fenomeni, cioè, come sempre nello sviluppo, prima molto rapido e poi sempre più lento, ma non è identico nei due casi, essendo tale diminuzione maggiore nei primi momenti per il volume nucleare che per il volume cro- somico, ciò che significa che il rapporto nucleo- cromosomico negli stadii più avanzati è minore di quanto non lo fosse nei primi mo- menti. Ciò si può esprimere anche dicendo che dai grandi nuclei dei primi momenti dello sviluppo si formano cromosomi di gran- dezza metafasica assolutamente maggiore, ma relativamente minore di quelli che si formano dai piccoli nuclei degli stadii più avanzati. Consideriamo per prima cosa il fenomeno più evidente ed importante, cioè che le dimensioni assolute dei cromosomi sono correlative alle dimensioni assolute dei nuclei, per poi esaminare i caratteri di tale proporzionalità. Fenomeni simili per altre strutture citologiche. Questo rapporto è simile ad altri già trovati nello studio della cellula: quali sono quelli della proporzionalità fra il volume nu- cleare ed il volume nucleolare, osservata da Flemming ('82 p. 150) e confermata da Conklin ('12 p. 51-53 e 55 56); fra le dimensioni delle sfere centrosomiche (M. Boveui '03 p. 420) o del fuso acro- matico (Conklin ;12 p. 46-7) e la quantità del protoplasma nel quale si trovano, fra le dimensioni medie delle placchette vitelline ed il volume dell'uovo (Valenciennes e Fkémy '54 p. 481) e forse cer- cando se ne troverebbero ancora 2). 1) Cfr. anche Conki.in "12 ]>. 48-51, fig. 9 e 10. Oltre che più piccoli i cro- mosomi di tessuti più adulti offrono anche una maggiore resistenza al rigon- fiamento con l'acqua calda (cfr. Nemec "10 p. 311-2). 2) Appartengono a questo stesso ordine di fenomeni le differenze di diraen- La morfologia della cromatina 14*> Come è noto però il meglio studiato di tutti questi fenomeni è quello del rapporto fra le dimensioni del nucleo e quelle del citoplasma, che è anche il fenomeno che maggiormente ci inte- ressa. Abbiamo avuto occasione, parte in un lavoro precedente ('111 p. 18-19) e parte qui a proposito dei fenomeni dell'aumento prò fa- sico delle dimensioni nucleari (cfr. p. 55), di mostrare che il rap- porto nucleo-citoplasmatico può essere considerato come identico al rapporto tra i volumi delle due fasi formate da una determinata quantità di un sistema composto da due liquidi parzialmente mi- scibili. Conseguenza necessaria di questo ordine di idee è che in condizioni diverse del sistema (p. es. temperature diverse 1). varia proporzione dei componenti del sistema 2), cambiamenti della na- tura anche solo di uno di essi 3)) diverso dovrà essere il volume assoluto della fase nucleare che a noi qui interessa, anche se non è punto variata nel sistema la quantità assoluta del componente prevalente nella fase considerata. Abbiamo dimostrato d'altra parte che il sistema cellulare deve essere considerato almeno come quaternario (cfr. p. 81) ; e quindi anche i rapporti fra la fase cromosoma e quella nucleoplasma alla profase debbono essere analoghi a quelli esaminati precedentemente per il caso nucleo-citoplasma. sione di determinate formazioni endocellulari che sono in rapporto non con differenze di volume dell'ambiente in cui si trovano, ma con differenza della natura di questo. Ricoi-derò specialmente come fenomeno molto simile alle di- minuzioni delle dimensioni dei cromosomi durante lo sviluppo, che anche i con- driosomi sono sempre più corti e più tozzi nelle cellule embrionali col progredire dello sviluppo (cfr. Meves '082 p. 834). i) Cfr. gli studii di Marcus '06, Popoff '08 p. 304-5, Ebdmann '08 p. 99. etc. 2) Cfr. p. es. il fatto che di due nuclei che si riformano in quantità diverse di citoplasma, raggiunge dimensioni maggiori quello che si trova nella mag- giore quantità di citoplasma (cfr Nemec iO p. 402 e specialmente Conklin '12 p. 50 e 77-8). 3) P. es. in tutti i casi di differenziazione istologica. Cfr. anche Montgomery '10 p. 126 che interpreta le differenze di dimensioni fra gli spermatozoi di Eu- schistug come dovute solo a diversa proporzione di « cariolinfa ». Archivio zoologico italiano, Voi. VI. 10 146 Paolo Della Valle I fenomeni di absorbimento. Ora è noto (v. anche p. 6(3) che nei fenomeni di smescola- mento la fase dispersa compare uniformemente per tutta la massa preesistente ed ha inizialmente una composizione pochissimo dif- ferente dall'esterna ed anche in seguito tale composizione è sempre funzione della percentuale relativa dei componenti del sistema. Non solo quindi non e' è nulla di strano, ma è anzi necessaria conse- guenza di questo ordine di idee, il fatto che da nuclei di dimensioni diverse ma contenenti eguale quantità di cromatina si formino cro- mosomi di dimensioni iniziali tanto maggiori quanto maggiori erano le dimensioni nucleari, cioè quanto più diluita era in essi la croma- tina 1). Non solo, ma anche, poiché, come abbiamo detto a p. 100 per la grande viscosità della fase dispersa, col proseguire dello sme- scolamento le particelle che vengono a contatto non si fondono completamente fra di loro, ma formano filamenti e poi reti ed infine uno stroma a maglie irregolari, si mantiene di solito 2), anche allorché lo smescolamento è ancora molto progredito, un volume apparente della fase così formata, molto maggiore di quello che realmente le competerebbe, e funzione solo della concentrazione del sistema a causa di una occlusione spesso notevolissima di quello che inizialmente era il mezzo di dispersione delle particelle ancora isolate all'inizio dello smescolamento 3). Questi fenomeni anche tra le sostanze cristallizzate si trovano verificati sotto forma solo apparentemente diversa 4). l) Una splendida conferma di questa interpretazione del rapporto fra vo- lume nucleare e grandezza dei cromosomi, da me chiaramente esposta nella nota preliminare del presente lavoro (P. Della Valle 'IO p. 266), è data dalla osserva- zione di Conklin ('12 p. 51) che in Crepidula i cromosomi dello spermatide sono molto più piccoli di quelli dell'ootide, ma alla prima mitosi di segmentazione, trovandosi la cromatina dei due pronuclei nello stesso mezzo, si formano cro- mosomi di grandezza uniforme. a) Per la possibilità di ottenere invece uno smescolamento in due strati sol- tanto cfr. Spiro '04. 8j Come è noto questa è la teoria dei fenomeni di gelificazione dovuta spe- cialmente a Butschli, Van Bk.mmklpìn, Hardt. 4j Interessante, ma forse lontana dal nostro caso, è l'osservazione di Tam- mann (cfr. Doelter '05 p. 110) che nei vasi piccoli si formano cristalli più pic- coli che in quelli grandi; e l'analoga constatazione, sulla quale insiste Retgers '92 p. 285-6), delle maggiori dimensioni che raggiungono i cristalli che si formano da quantità di liquido maggiore. La morfologia della cromatina 147 Infatti è noto che in generale i cristalli che si formano da una soluzione non sono mai completamente puri, cioè contengono sempre inclusa una quantità maggiore o minore della soluzione madre nelle maglie della loro struttura non assolutamente continua J) , fatto questo che nei cristalli fluenti si manifesta anche come maggiore scorrevolezza loro quando si originano da una soluziono più di- luita 2), ed ha anche una grande importanza nello studio dei feno- meni della colorazione dei cristalli 3). Strettamente connessi a questi sono anche i fenomeni presen- tati dai così detti cristalli misti anomali 4) , dove si osserva che nella cristallizzazione di un miscuglio, i cristalli di uno dei com- ponenti contengono nella loro massa in modo puramente mecca- nico l'altro componente. Questi cristalli formano il naturale passaggio all'inclusione di corpi inerti che si trovino nella soluzione madre 5), fenomeno che può giungere fino al punto che la sostanza che cri- stallizza non costituisce che una piccola percentuale del volume totale del cristallo (p. es. nel così detto grès cristallizzato. Questo fenomeno come si comprende si può anche esprimere dicendo che il volume totale dei cristalli che si formano è funzione anche della concentrazione della sostanza nel mezzo nel quale era sciolto (sol- vente -J- granuli inerti). I cristalli colloidali. Naturalmente conseguenza necessaria di ciò è che la struttura dei cristalli possa essere analoga a quella dei gel , solo con 1' ag- giunta di un orientamento molecolare comune 6). Questa opinione J) Cfr. p. es. Nernst '09 p. 173-5, Doelter '05 p. 190 e spec. Retgers '92 e Richards '03. 2) Cfr. Lehmann '07 p. 57. 3) Fra i molti lavori che si occupano di questi fenomeni cfr. p. es. Marc e Wenk '09. 4) Cfr. p. es. Doelter '05 p. 81-83. 5) Cfr. spec. Lehmann '88 p. 342, nonché Tammann '03 p. 153-5 che ha di- mostrato che 1' aggiunta di polveri inerti non modifica di solito in modo sen- sibile il numero dei nuclei di cristallizzazione che spontaneamente si formano in condizioni determinate. Per vedere i possibili effetti di inclusioni sul volume totale di un cristallo cfr. p. es. Carpenter '01 tig. 803. Sono da ricordare anche a questo proposito gli studii di Liesegang ('10) per le inclusioni di gelatina nei cristalli. fl) Si deve notare però che col progredire di questo fenomeno si attenuano i caratteri cristallini : cfr. anche cap. Ili, § 7. 148 Paolo Della Valle appunto è quella che per merito di Bùtschli ('98 p. 382), di Quixcke ('022 p. 34-40) e specialmente di Zambonixi ('05 pag. 373 e '07 spec. p. 88-96 e 111-112; è stata dimostrata fuori ogni pos- sibilità di dubbio per i cristalli di zeoliti che hanno 1' importan- tissima proprietà di avere come i gel una percentuale di acqua che è funzione continua della tensione di vapore dell'ambiente. Questa struttura è probabile anche per i cristalli di altre sostanze inorga- niche (cfr. Doelter '05 p. 168-180). Ma l'importanza di questi fenomeni è per noi immensamente accresciuta quando si consideri che questo stesso ordine di idee deve valere per quelle fra le forme delle sostanze non organizzate che hanno più stretti rapporti col nostro argomento , cioè per il comportamento dei cristalli di albuminoidi. Reichert ('49) infatti ha trovato l'interessantissimo fenomeno che questi cristalli hanno la capacità di rigonfiarsi, come i gel e, nei molti lavori che si sono occupati di questo fenomeno x), esso suole essere interpretato o come effetto di una struttura simile a quella dei gel o come effetto di soluzione solida di acqua nel cristallo 2). Dunque non solo è conforme al presente ordine di idee la pro- porzionalità fra volume nucleare e volume cromosomico, ma si può anzi dire che sarebbe stata prevedibile 3). Il significato della diminuzione del rapporto nucleo-citoplasmatico. Ma questa proporzionalità, secondo le determinazioni di Erd- mann, è lungi dall'essere perfetta. Senza voler considerare le varia- zioni più minute che potrebbero essere facilmente influenzate dagli errori di osservazioni inevitabili nella determinazione di valori così piccoli, è evidente, come ho già accennato, che col crescere delle dimensioni nucleari il volume dei cromosomi metafasici cresce solo molto più lentamente 4). Ciò si può esprimere anche dicendo che il rapporto fra i volumi dei cromosomi che si formano da nuclei *) Per numerose indicazioni bibliografiche cfr. Schimper '81 p 148-154 ; Rei- chket e Brown '09 p. 76-7. 2) Cfr. p. es. Katz '10. 3) Cfr. P. Della Valle '10 p. 266. Enriques (il p. 105) dopo avere esposta questa mia interpretazione quasi fosse solo una sopposiz one artificiosa, la ripre- ienta poi poco dopo (p. 107) come idea sua. *) Cfr. spoc. la tabella di Erdmann '08 p. 107. È però sempre da notare che di tratta di misure fatte su cromosomi metafasici. Cfr. anche Conklin '12 p. 49. La morfologia della cromatina 149 diversi è molto più piccolo che quello fra i volumi elei nuclei che danno loro origine. Accettando l'ordino di idee sopra esposto dell'analogia delle variazioni del volume dei cromosomi con quelle dei cristalli con una diversa proporzione di inclusioni, l'enunciazione precedente si può trasformare nell'altra che i cromosomi hanno una più costante percentuale di cromatina di quanto non l'abbiano i nuclei. Chi non vede l'assoluta identità di ciò con il fatto che, per quanto non as- solutamente omogenei, i cristalli tendono però sempre ad esserlo? 4. Lo stato di aggregazione dei cromosomi Le variazioni di forma e lo stato di aggregazione. I cromosomi debbono avere in vita una viscosità prossima a ? Cromosomi quelli non sono certo, ma come abbiamo visto e vedremo, si accu- mulano sempre più gli argomenti per affermare invece che i cro- mosomi sono dei cristalloidi. L'identità perfetta della forma e del comportamento delle varie dimensioni esistenti fra i cromosomi allungati ed i cristalloidi al- lungati, ha la sua corrispondenza nella completa identità di forma fra i cromosomi ellissoidali ed alcuni cristalloidi tozzi. Come quelli anche questi hanno forma di ellissoide a due od a tre assi con superficie più o meno uniformemente curva 3): come per quelli la loro forma è anche funzione della grandezza, nel senso che in x) Si possono ricordare a questo proposito anche le discussioni sui rapporti esistenti fra mitocondri e granuli di vitello. 2) Cellule giganti patologiche di Pritchardia dovute ad infezione di Hete- r oderà. 3) Radlkofer '58 e G-iardina "05 credono che la rotondità degli angoli possa essere solamente apparente e dovuta realmente invece all'esistenza di faccette di un'altra forma che tronchino gli spigoli ed i vertici della forma dominante. Ciò non è certamente escluso, benché le osservazioni della mutabilità degli angoli diedri specialmente nel rigonfiamento (cfr. ScmMPEB '81 e Leumann '88 p. 550-554) e la notevole fluidità della massa dei cristalloidi rendano poco necessario tras- portare in questo campo le regolarità trovate per i cristalli rigidi. Del resto i due fenomeni si continuano l'uno con l'altro, come specialmente risulta dalla analisi fatta recentemente da Viola ('12). 164 Paolo Della Valle generale tendono tanto più ad una forma cilindroide quanto mag- giori sono le loro dimensioni e tanto più ad una forma sferica quanto minori sono queste (cfr. Fig. 34-45). Numerosi casi ne sono stati osservati e fra quelli osservati negli animali ricorderò quali casi più tipici i cristalloidi osservati da Giardina ('05) negli oociti di Scutigera e di Tegenaria, e specialmente i granuli di vitello p. es. dei Selaci che presentano proprio questa forma e si compor- tano come cristalloidi sotto tutti i punti di vista l). Per completare la dimostrazione dell'identità di comportamento fra i cromosomi e i cristalloidi, non resta che a notare che anche questi, qualunque sia la loro forma, sono capaci di rigonfiarsi, come già abbiamo visto precedentemente. Conseguenze per i cromosomi. Anisotropia. Riassumendo, dunque, il comportamento comune dei cromosomi, come di molti cristalloidi e di alcuni cristalli fluenti rispetto alla forma è il seguente: Elementi di dimensioni piccole hanno forma che possiamo considerare sferica; elementi di volume maggiore si discostano da tale forma, e propriamente crescono con rapidità di- versa le tre dimensioni, in modo che essi presentano forma di el- lissoidi a tre assi con una differenza nel rapporto fra di questi tanto maggiore quanto maggiori sono le dimensioni assolute. Inoltre non solo è diversa la rapidità di accrescimento dei tre assi, ma diverso ne è anche l'andamento. Ciò è dimostrato dal fatto che l7 accrescimento di due delle dimensioni degli elementi di volume progressivamente maggiore va rapidamente diminuendo 2), mentre la terza dimensione cresce sempre uniformemente. Per questo diverso andamento dell' accre- scimento delle tre dimensioni, al disopra di un determinato volume, ulteriori aumenti di questo compaiono soltanto come aumento di lunghezza. Il limite di grandezza al quale si comincia a verificare questo fenomeno è naturalmente diverso da sostanza a sostanza, ma, per gli elementi di forma allungata si può affermare (a causa i) cfr. Valenciennes e Prémy '54, Radlkofer '58. Per la bibliografia poste- riore cfr. p. es. Pkénant '97 p. 87. Per cristalloidi che si trovano in cellule vegetali cfr. Zim.mkh.mann '93a Taf. 2. fig. 13, 14, 16, 17, 26-29. -j Per l'esistenza di un limite all'accrescimento dei cristalli cfr. p. 116 e 170. La morfologia della cromatina 165 del fatto che le due dimensioni trasversali rapidamente cessano di crescere), che quella determinata sostanza si può presentare sotto forma ellissoidale solo se ha un volume tale che la lunghezza non ecceda di molto le due dimensioni trasversali dell'elemento di forma allungata che si considera 1). Trattandosi di formazioni fluide o in ogni caso plastiche, le forme in questione non possono essere dovute che solo in piccola parte al modo di formazione e debbono invece essere considerate come forme di equilibrio. Ora, per ciò che riguarda l'habitus dei cristalli che si formano in un sistema, dalle considerazioni di Gibbs e di Curie è noto che predomineranno quelle facce per le quali l'energia totale del sistema è minima 2). Certamente in relazione con questa legge è l'habitus prismatico ed aciculare dei cristalli, sulla realizzazione del quale hanno notevole influenza anche la rapidità di cristallizzazione che varia notevolmente nelle diverse direzioni. Quanto ai cristalli fluidi, come abbiamo visto, Lehmann crede che abbia specialmente importanza l'anisotropia della visco- sità 3); in questo senso parlano anche le trasformazioni di cromo- somi allungati in cromosomi più tozzi, naturali in alcune mitosi dalla prò- alla metafase (cfr. Cap. IV § 2) ed artificialmente otte- nute in altre per effetto di vapori di benzina. Accettando tale interpretazione, evidentemente risulta che la viscosità nelle diverse direzioni deve essere inversamente propor- zionale alle dimensioni relative raggiunte appunto in quelle direzioni e che quindi p. es. i cromosomi ellissoidali degli Insetti debbono presentare una anisotropia di viscosità molto minore che non i cromosomi allungati degli Anfibii. Il valore assoluto della viscosità J) Ciò si può esprimere anche dicendo p. es. che in una mitosi con cromo- somi ellissoidali un cromosoma allungato deve avere per lo meno lo spessore del massimo fra i cromosomi ellissoidali e d'altra parte che in una mitosi cori cromosomi di forma allungata, cromosomi ellissoidali non potrebbero avere di- mensioni massime molto maggiori p. es. del doppio dello spessore dei cromo- somi allungati. Il primo fatto è dimostrato appunto dnlle mitosi di cellule ge- netiche di Proteiior che abbiamo già citate, il secondo è dimostrato dai fenomeni di aumento del numero dei cromosomi da me studiati in un precedente lavoro (cfr. P. Della Valle '112 p. ^d e 148). 2) Cfr. p. es. Wilh. Ostwald 02 p. 147; Doelter '05 p. 189, e Pawlow '10. 3) Non è impossibile che in questi casi la sensibile costanza di spessore per lunghezze diverse superiori ad un certo limite sia in relazione con l'esistenza di un massimo di viscosità parallelo a coppie di facce parallele. 166 Paolo Della Valle poi dovrà essere tanto maggiore, quanto più perfettamente i cro- mosomi si approssimano ad una forma poliedrica definita. Dato l'ordine di idee ora esposto, ne derivano tre conseguenze di importanza fondamentale per la morfologia dei cromosomi. La prima è quella che le tre direzioni di un cromosoma, cioè la lunghezza, la larghezza e lo spessore non sono equivalenti l), ma differiscono più o meno notevolmente per proprietà fisiche 2), constatazione questa che, come vedremo in seguito, è di grandis- sima importanza nell' analisi del fenomeno della divisione longi- tudinale metafasica. Identità di natura. La seconda conseguenza è quella che, di regola, tutti i cro- mosomi di ciascuna cariocinesi sono formati dalla stessa sostanza e sono quindi fra di loro identici per natura, poiché, in condizioni identiche l'identità di larghezza e di spessore di tutti i cromosomi allunerati di una mitosi o la continuità del modo di variazione della forma in funzione della variazione della grandezza per i cro- mosomi tozzi, richiede necessariamente anche identità della sostanza costituente. Omogeneità. La terza e torse la più importante, è quella che anche i cro- mosomi, come tutti i cristalli, hanno struttura non solo anisotropa, ma anche omogenea. Questa affermazione, potrà sembrare a prima vista certamente erronea pensando ai numerosi casi in cui è stata realmente osser- vala una struttura dei cromosomi. Quando però si consideri che certamente alcune di queste osservazioni sono state dimostrate ine- satte :!), che per altre si tratta certo di errori di interpretazione 4) .In' in altre ancora si ha a che fare con quei fenomeni di fusione *) A questa stessa conseguenza è giunto anche Boveri ('04 p. 23) per con- siderazioni di altra natura. 2) Dato ciò sarebbe naturale pensare al sistema trimetrico, ma è ancora straordinariamente troppo presto per potere parlare di ciò. 3) Come è noto questo è stato appunto il caso per i famosi cromioli dei cromosomi degli spermatogonii di Batrachoxeps descritti da Eisen (cfr. Jansskns e I ini mi:/ 03 pp. 441-446 e Kingsbury '02 p. 113). *) Cfr. ciò che abbiamo detto a p. 155 a proposito delle torsioni elicoidali ed a p. 149-150 a proposito delle superficie uuduloidi. La morfologia della cromatina l'i! che sta per avvenire o che non è ancora completamente avvenuta di parti che tendono ad associarsi in serie lineare (per cui cf. p. 95), ovvero si tratta, invece che di associazione, di iniziale di- sfacimento dell' aggregato cristallino l) e che in altri infine ab- biamo a che fare con ogni probabilità con artefatti di prepara- zione 2), si deve obbiettivamente conchiudere che non esiste nes- sun argomento reale che provi una eterogeneità nella composiziono dei cromosomi. Naturalmente però, l'omogeneità dei cromosomi non deve esser quella dei cristalli ideali di Bravais, poiché, specialmente i feno- meni telofasici e le esperienze di Nemec della capacità di rigonfia- mento dei cromosomi, dimostrano chiaramente che per essi (cfr. Nemec 'IO p. 183-4, 335, 462) come per i cristalli rigonfiabili degli albuminoidi in genere si deve supporre quella che si è convenuto chiamare « struttura micellare », cioè quella dei gel 3). E del resto più che probabile (cfr. anche p. 147) che vi sia una continuità di forme tra i cristalli teorici e questi che possono essere considerati come i più distanti da quelli 4). Come però in generale per tutte le sostanze omogenee, non è escluso che cause esterne possano provocare in essi delle diffe- renziazioni. Così p. es. come per le emulsioni vi sono osservazioni che portano a credere alla possibilità dell'esistenza di una terza fase al limite di separazione fra le due fondamentali 5), così non i) Questo caso deve essere abbastanza frequente, specialmente quando si tratta di cromosomi risultanti dall'associazione seriale di grossi granuli, cfr. p. es. Silvestri '98 p. 257 e 292, fig. 1 e fìg. 39; Downing '05 p. 399, fig. 34, 36, 39; Gross '06 p. 281-2; Goldschmidt '02 p. 428 etc. V. anche P. Della Valle '07 p. 25-28. 2) Questo è certamente il caso della struttura finemente granulare ottenuta da Altmann nei cromosomi (cfr. Altmann '93 p. 50-1 e Meves '07 p. 465-8), fissando i tessuti con Os 04 ed Au Cl4. Come ha dimostrato Fischer ('99 p. 16 e 33-46) il metodo di Altmann è fra i più adatti a precipitare albuminoidi omo- genei sotto forma granulare, e d'altra parte lo stesso Fischer ('99 p. 324) ha ottenuto la precipitazione sotto forma granulare anche di colloidi solidi. Cfr. del resto a questo proposito anche tutte le discussioni sull'esistenza reale e sulla pro- duzione artificiale delle strutture nei gel (cfr. Bììtschli '98 e Wolf. Ostwald '10 p. 31-33). 3) Cfr. spec. Schulz '01. 4) Cfr. spec. Gladstone e Hibbert '01; Quincke '022 p. 40 e '06; Fock '10. 5) Cfr. p. es. Quincke passim e spec 02^ p. 1010; Ramsden '03; Marshall '09 {Chem. Zentr. '09, 1, p. 1528); Wolf. Ostwald '10 p. 322; Freundlicu '10 p. 459. 168 Paolo Della Valle vi sarebbe nulla di strano che osservazioni obbiettive venissero a dimostrare l'esistenza di una diversità di comportamento fra la legione periferica e la regione centrale dei cromosomi '). D'altra parte cause esterne, agendo diversamente o solo con diversa intensità su parti diverse del cromosoma, possono benissimo provocare differenziazioni nella sua lunghezza. Ora questa è ap- punto molto verosimilmente la causa della differenziazione delle due estremità di quei cromosomi delle prime segmentazioni delle uova di Ascaris megalocepliala che capitano in un citoplasma so- matico 2). Infatti è probabile che sulla sostanza che costituisce tali estremità possa agire con maggiore intensità e più a lungo l'azione disintegratrice dell' ambiente protoplasmatico che si esplica meno intensamente anche sul resto del cromosoma. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che la sostanza che co- stituisce tali estremità, sia durante il periodo in cui la cromatina è sotto forma di cromosoma 3) (a causa della sua posizione ler- minale) sia durante il periodo intercinetico (a causa della sua po- sizione nelle protuberanze nucleari in cui tali estremità si trasfor- mano alla telofase e che di solito non vengono eguagliate dalla tensione superficiale) resta sempre più intensamente del resto sotto tale azione citoplasmatica 4). Resterebbero ancora i fenomeni di differenziazione che si ma- nifestano nella sostanza nucleare durante il periodo intercinetico, ma di questi (tra cui ricorderò come più importanti degli altri quelli che si verificano negli oociti di Dytiscus e quelli, probabilmente omologhi, che si verificano negli oociti delle uova meroblastiche), non parlerò qui, perchè non riguardano il problema dell'omogeneità dei cromosomi ed involgono invece quello del meccanismo e \iel significato della differenziazione. ') Per le discussioni in proposito cfr. p. es. Bonnevie '08 e Nemec '10 p. 302-304, 335 2) Cfr. Boveki iO p. 179. 3) Come è noto, cosi come in generale in un cristallo allungato è più ra- pido l'accrescimento in lunghezza, così anche su di esso le azioni fisiche e chi- miche avvengono più intensamente e rapidamente, appunto alle estremità. 4) Quanto al fenomeno della mutazione (cfr. P. Della Valle '09 p. 152 nota) del numero dei cromosomi e della loro grandezza, le osservazioni sopra citate (cfr. p. 117) di possibilità di ottenere tutti i gradi di passaggio, con azioni rne più o meno intense, dimostra che la mutazione non avviene nella natura della sostanza del cromosoma, ma nell'ambiente citoplasmatico. La morfologia della cromatina 169 La forma del nucleo. Gli stessi argomenti e gli stessi fatti che abbiamo ora analiz- zati per conchiudere alla struttura omogenea anisotropa dei cromo- somi, valgono naturalmente anche per conchiudere in modo identico considerando che analoga a quella dei cromosomi è, come abbinino visto, la forma di equilibrio che i nuclei tendono ad assumere. La minore tendenza a tale forma e la più facile deformabilità sono logicamente riportabili alla sua viscosità molto minore che è in relazione al fatto clic la sua massa è di regola molto maggiore di quella di tutti i cromosomi che lo riformano, prima fortemente ri- gonfiandosi ed infine sciogliendosi (cfr. Cap. VI § 1). Si può certo ricordare a proposito di ciò il fatto che l'orientamento molecolare e la struttura anisotropa nei cristalli rigonfiabili di albuminoidi diminuisce col rigonfiamento ma non sparisce che asintotticamente e forse anche il fatto osservato da Rinne, che l'acido silicico col- loidale ottenuto dalla decomposizione di cristalli di zeoliti, mo- stra anch'esso la tendenza ad assumere struttura regolare ed a mostrare doppia rifrazione. Rapporti fra la struttura dei cromosomi e quella degli organismi. L'anisotropia nelle strutture istologiche è un fenomeno molto frequente ') e, come è noto, specialmente Engelmann (cfr. p. es. '06) ha molto insistito sopra la correlazione esistente fra anisotropia e contrattilità. Ciò ha certo nel nostro argomento una grandissima importanza, ma molto maggiore è il valore che ha l'altro carattere fondamentale delle sostanze cristalline, cioè l'omogeneità. Questa infatti esclude completamente i cromosomi dalla categoria degli organismi, giacché questi hanno caratteristica fondamentale comune dal punto di vista morfologico, che in essi non solamente le diverse direzioni hanno proprietà diverse, (come per le sostanze cristalline) ma anche che in una determinata direzione i diversi punti hanno proprietà diverse 2). Negli organismi cioè una parte non ha le pro- 1) Per i rapporti fra anisotropia e doppia rifrazione, cfr. Cap. Ili § 7. Per l'anisotropia in generale delle sostanze organiche, cfr. Von Ebner "82. Per i i -ap- porti esistenti fra la sostanza anisotropa delle fibrille muscolari ed i cristalli liquidi cfr. Vlès il. 2) Per una discussione sulla non equivalenza dei diversi punti anche in una data direzione nei cristalli, cfr. Retgers '95 p. 188. 170 Paolo Della Valle prietà del tutto almeno in modo attuale, e la forma elementare è proprio la forma complessiva, mentre nelle sostanze cristalline in- vece un frammento di sfaldatura è equivalente al cristallo dal quale proviene, ciò che permette di considerare per essi i rapporti fra i parametri e non il loro valore assoluto x). Forse a considerare più profondamente le cose e specialmente i fenomeni prosentati dai sistemi armonici equipotenziali 2) e la variabilità delle dimensioni assolute degli organismi da una parte e gli orientamenti regolari reciproci di cristalli eterogenei special- mente nelle differenziazioni magmatiche dall'altra, fra i due campi non esiste un abisso. Ciò però non vieta di affermare con completa sicurezza che quei corpi omogenei anisotropi , quei cristalloidi che si chiamano cromosomi, non sono e non possono essere organismi. Ed ora, rispetto alla struttura, sarebbe anche da parlare della natura chimica. Ma chi potrebbe avere il coraggio scientifico, allo stato attuale, di considerare chimica seria quella che si suol fare in proposito ? La struttura morfologica non ha nessuna necessaria connessione con la natura chimica delle sostanze, e il sapere che abbiamo a che fare con cristalli colloidali, non ci fa avanzare di un passo nella conoscenza della chimica dei cromosomi. J) Per le variazioni delle proprietà dei cristalli col variare delle dimensioni cfr. Petgers. 2) Interessanti sono le analogie esistenti fra la morfallassi degli organismi ed il riordinamento interno che deve necessariamente avvenire nella massa dei cromosomi durante il loro accorciamento dalla prò- all'anafase. La morfologia della cromatina 171 6. La colorab ili tà dei cromosomi La colorabilità dei cromosomi. La colorabilità dei cromosomi, oltre ad avere una enorme im- portanza indiretta per la morfologia della cromatina, giacché appunto mediaute questa proprietà è stato possibile eseguire la massima parte degli studii relativi, ne ha anche una diretta, come nuovo mezzo di analisi della natura della sostanza che costituisce 'di elementi cromatici. Ogni citologo sa che la colorabilità dei cromosomi che si for- mano da un nucleo è non solo relativamente, ma anche assolutamente molto maggiore di quella del nucleo stesso e che quest'aumento di colorabilità si inizia nelle più precoci profasi ma va rapidamente crescendo col progredire della mitosi, cioè, come vedremo, col di- minuire delle dimensioni dei cromosomi, per raggiungere il valore massimo alla metafase ed all'anafase e per poi diminuire alla telofase parallelamente al cambiamento dei caratteri dei cromosomi che ana- lizzeremo in seguito. Sul modo col quale si verifica tale colorazione non è certa- mente il caso di fermarsi. Ricorderò solo per l'importanza teorica dei fatti : I. Che è possibile ottenere colorazioni dei cromosomi anche molto intense ed « elettive » mediante soluzioni diluitissime di alcuni coloranti (p. es. violetto di genziana) e che tali colorazioni persi- stono in acqua pura; II. Che il fatto che essi più rapidamente assu- mono e più difficilmente lasciano quei colori che vengono chiamati nucleari o basici, non significa che essi siano « acidofobi », poiché iu soluzioni di coloranti acidi, si colorano egualmente bene '); III. Che il colore assunto dai cromosomi è sempre quello stesso della solu- zione della sostanza 2). *) Cfr. Fischer '99 p. 'J8. In alcuni casi è stata anche osservata perfino una acidofilia (cfr. P. Della Valle '112 p. 167). Parimenti nemmeno il citoplasma è realmente basofobo. 8) Per una trattazione molto più ampia dell'argomento cfr. p. es. Fisciiek "99 can. Vili. 172 Paolo Della Valle La colorabilità dei gel. Prima di procedere olire è bene insistere sul fatto che la co- lorabilità è un fenomeno comune pur i colloidi solidi, anche inor- ganici. Ricorderò a questo proposito specialmente la possibilità di colorazione del Tabaschir (silice colloidale) ') e dei gel in generale 2), richiamando l'attenzione specialmente sulla possibilità di ottenere colorazioni di colloidi (p. es. filamenti spontaneamente deposti da soluzione di albume d'uovo 3), tannato di gelatina 4) acido silicico colloidale 5) con soluzioni di uno dei coloranti più tipici della cro- matina, cioè col bleu di metilene. È poi del più alto interesse notare che per l'acido silicico colloidale la colorazione con tale soluzione è tanto più intensa quanto più avanzato era stato il dissecca- mento 6). La colorabilità dei cristalli colloidali. Analogamente ai colloidi solidi amorfi si comportano i colloidi cristallizzati. La colorabilità dei cristalli di albuminoidi è un feno- meno costante 7) ed è interessante notare che anche corpi endo- nucleari considerati appunto come cristalloidi da Zimmermann ('933), possono p. es. colorarsi anche con fucsina basica, saffranina 8). ematossilina oltre che con fucsina acida ed altri colori simili. Fra i cristalloidi extranucleari ricorderò che p. es. i granuli d'amido si colorano anche con saffranina, violetto di genziana, violetto di metile, tionina, verde di metile, cioè con tutti i più reputati colori « elettivi > della cromatina 9); chiunque si sia oc- cupato di oogenesi o dei primi momenti dello sviluppo di ani- mali con uova macrolecitiche, sa come tutti i più elettivi fra quelli, ») Cf'r. Zambonini '07 p. 110. 2) Ofr. Bììtsohli '00 p. o02. 3) Cfr. Quincke '031 p. 504. *> Cfr. Quincke '032 p. 64, 70, 87. Cfr. Quincke 023 p. 809. 6) Cfr. Quincke 023 p. 814-817. 7) Cfr. Sohimpée '81 p. 156; Lehmann '88 i, p. 572; '94 p. 52. Per la co- lorabilità dei cristalli di zeoliti, cfr. Doelter '05 p. 173; per quella dei cristalli in generale, cfr. \>. 1 17. AipIh- Gtiakdina '05 trova che la saffranina è uno dei coloranti dei cri- stalloidi da lui osservati. Cfr. Fischi» '05. La morfologia della cromatina 173 colorino quasi sempre con intensità molto maggiore le placchette vitelline che i nuclei od i cromosomi delle mitosi. Natura della colorabìlità. La interpretazione risica di questi fenomeni non può essere che quella che qui ci troviamo di fronte ad un fenomeno di ad- sorbì mento o ad una soluzione solida. Questa del resto è l'inter- pretazione che si è andata sempre più diffondendo per la massima parte dei fenomeni di colorazione l) e che in citologia è stata vali- damente sostenuta specialmente da Fischer ('99 cfr. spec, cap. Vili). La colorabilità da soluzioni diluite e la resistenza all'estrazione del colore 2) non sono che casi particolari dei fenomeni di absorbi- mento specifico 3), nei quali forse entra molto di più il coefficiente di distribuzione 4) del colore fra il solvente della soluzione e la sostanza del cromosoma che la carica elettrica delle particelle col- loidali del colore, poiché come abbiamo visto, coloranti acidi e basici sono indifferentemente absorbiti. In questo modo quindi la capacità di colorazione dei cromo- somi viene riportata alla stessa causa fondamentale p. es. del rap- porto nucleo-cromosomico (cfr. p. 147-148), cioè alla capacità di absorbimento, dovuta, come per tutti i colloidi solidi, alla loro struttura micellare. Ma accettando questo ordine di idee cadono pure molte illu- sioni che la colorabilità dei cromosomi ha fatto sorgere ed ha ali- mentato. E prima di tutto l' illusione che con i metodi di colora- zione attuali, noi avessimo a nostra disposizione dei veri reat- tivi microchimici 5), giacché, come abbiamo visto, si colorano le più diverse cose in modo identico e con l' identico colore della so- luzione. Così pure non hanno base le discussioni sull' esistenza o non esistenza di mutamenti chimici della cromatina durante il ciclo J) Cfr spec. Witt '91. Per la bibliografia più recente cfr. p. es. Fischer '99. Heidenhain '07 pag. 118-121 e Wolf. Ostwald '10 p. 403. 2) Cfr. p. es. Freundlich e Neumann '09. 3) Cfr. p. es. Wolf. Ostwald '10 p. 420-1. 4) Per l'analisi dei fenomeni di absorbimento di corpi sciolti da parte di colloidi solidi, cfr. Van Bemmelen '96 e numerosi lavori successivi. 5) Cfr. p. es. Rhode '03 e le critiche mossegli da Tei.ia'ksnky.ky '05 p. 328; Macallum '91 e 08 p. 584 e le critiche mossegli da Gaso» '92. 1 7 l Paolo Della Valle mitotico fondate sulla variazione della eolorabilità l), poiché interpre- tando questa come effetto di absorbimento, tanto maggiore quanto maggiore è la compattezza della struttura micellare, anche una quasi completa assenza di eolorabilità è perfettamente concepibile senza che sia necessario ammettere nessun mutamento chimico 2) o mutamento di massa3). Né d'altra parte granuli colorabili nel Qucleo a riposo come i cromosomi sono per questa ragione da con- siderare come cromosomi o parti di cromosomi persistenti, poiché non si può dire altro che essi sono corpuscoli o « nuvole » colloi- dali che hanno absorbito quel colore 4). Dato ciò, che necessità o quale argomento vi è per sostenere con Hacker (cfr. p. es. '07) Yk.idowsky ('09 p. 74) ed altri, una « Achromatinerhaltungshypo- these » ideata per conciliare con la non eolorabilità di strutture nel nucleo a riposo la teoria individualistica che in fondo non ne ri- ceve aiuto? Così pure, se la eolorabilità, cioè l' absorbimento del colo- rante è funzione della densità della sostanza absorbente nel cro- mosoma è molto più semplice vedere nell'aumento progressivo della compattezza della struttura micellare, che risulta da tutti gli altri fenomeni della morfologia della cromatina, la causa di questo fe- nomeno, anziché con Lillie '05, Gallardo ed altri cercarla in un ipotetico aumento della carica elettrica dovuta ad un' ancor più ipotetica maggiore emissione di idrogenioni, specialmente quando tale ipotesi contraddice agli stessi risultati che si possono ottenere con le colorazioni sulle quali appunto prevalentemente si fondava. E tra le altre cade anche l'incredibile ipotesi emessa, ahimé, sul serio, da Strasburger ('05 p. 193), che cioè 1'impregnamen to dei cromosomi con sostanze fortemente tingibili potesse servire allo scopo « der Ernàhrung der Pangene » ! Possibili studii ulteriori. Se questo ordine di idee è esatto, ricerche quantitative dirette a determinare la velocità di absorbimento di un determinato co- lorante in funzione dello stadio delle mitosi e della concentrazione i) Cfr. p. es. Hknkinc; '92 p. 206-211. 2) Cfr. P. Della Valle "09 p. 107 nota. *) Cfr. Berthold '86 p. 194. 4) Questo appunto deve essere il caso nell'aumento notevole di eolorabilità di nuclei in degenerazione, dove però è realmente probabile che abbiano impor- tanza metamorfosi chimiche della sostanza nucleare. La morfologia della, cromatina 175 della soluzione adoperata, potrebbero forse portare a qualche in- teressante risultato per la conoscenza delle leggi con le mudi varia la struttura dei cromosomi durante la loro esistenza. Così pure in questo capitolo rientrerebbe un altro studio che pure si potrebbe tentare a questo scopo, nel caso che la cromatina avesse la proprietà di colloide protettivo (Schutzkolloide) , deter- minandone il numero d'oro (Zsigmondy) , che in questo caso do- vrebbe essere trasformato nel senso di determinare la concentrazione di una soluzione di cloruro di sodio necessaria per provocare nel nucleo o nei cromosomi il cambiamento di colore di una soluzione colloidale di oro nei diversi momenti della mitosi. Ciò sarebbe un dato interessante perchè, come è noto (cfr. Zsigmondy '05 e Menz '08) è questo un altro carattere che varia col variare della disper- siti! del colloide, e varia anche notevolmente dallo stato amorfo allo stato cristallizzato (cfr. Wolf. Ostwald '10 p. 493). 7. I caratteri ottici dei cromosomi. L' indice di rifrazione. In generale i cromosomi si vedono sul vivo (benché diversa- mente bene nei varii casi) per la differenza dell'indice di rifrazione loro rispetto al mezzo nel quale si trovano immersi. Sembra anche che si possa affermare con gli argomenti riportati a p. 4'2 per il nucleo a riposo, che essi abbiano indice di rifrazione maggiore dell'ambiente citoplasmatico, come risulta anche dalle figure di mitosi osservate nel vivo, che riproducono sempre l'aspetto dei cromosomi con un semplice alone scuro periferico 1). Si può anche affermare che la visibilità dei cromosomi è di regola maggiore di quella del nucleo profasico, ciò che è in ottimo accordo con quanto abbiamo già detto intorno alla progressiva concentrazione della cromatina ed alla progressiva differenziazione delle due fasi in presenza nei processi di smescolamento. Il significato dell'opacità alla luce ultravioletta. Fino ad otto anni fa si sarebbe potuto affermare anche che i cromosomi, oltre ad essere trasparenti fossero anche incolori, i) Cfr. spec. Flemming '82 tav. 6; v. anche Jolly '04. 176 Paolo Della Valle giacché all'osservazione microscopica così appunto ci si dimostrano. Ciò però ora non è più esatto scientificamente, poiché, incolori dal punto di vista fisico possono essere considerati solo quei corpi che non presentano bande di assorbimento in nessun punto dello spettro, ed invece, le esperienze di Kòhlek ('05) che hanno dimo- strato che la cromatina è opaca alla luce della lunghezza d'onda di 275 [a |i, provano appunto l'esistenza di una banda di assorbi- mento almeno in quella regione dello spettro. Le osservazioni fotografiche di Kòhler '05 p. 299 tav. 2 lig. 5, di Grawitz e Grùneberg '06, di Schròtter '06, hanno di- mostrato che anche i nuclei vivi durante il periodo intercinetico hanno opacità abbastanza notevole ma non uniforme per questa luce ultravioletta. Tale opacità varia anche secondo la natura delle cellule (cfr. Grawitz e GrCneberg '06), in modo che secondo Schròtter si può affermare che essa è proporzionale alla densità della cromatina. Le splendide fotografie di mitosi eseguite con questo metodo pub- blicate da Kòhler ('05 tav. 2 flg. 6 e 7), che disgraziatamente si riferiscono a materiale fissato in acido cromico, e quelle molto in- feriori tecnicamente, ma prese dal vivo, pubblicate da Schulze ('09 tav. 2 fìg. 2), provano sufficientemente che anche l'opacità della cromatina alla luce di 275 [jljx si deve probabilmente com- portare durante la mitosi analogamente alla loro colorabilità pre- cedentemente esaminata, cioè deve andare aumentando dal nucleo a riposo ai cromosomi metafasici. Ricorderò, per la grande analogia morfologica tra le due for- mazioni, che, fra le strutture che sono state studiate con questo metodo, anche nelle miofibrille i dischi anisotropi, parallelamente ad una colorabilità quasi perfettamente identica a quella dei cro- mosomi, presentano, come questi, fortissima opacità a tale luce ul- travioletta (cfr. Meigs '08). L'esistenza di una banda di assorbimento in questa regione dello spettro non ha nulla di strano quando si consideri che fre- quentissimamente soluzioni colloidali ') specialmente di albumi- noidi 2) presentano una notevolissima opacità alla luce ultravio- letta, né la probabile esistenza di uno spostamento di tale banda *) Cfr. p. es. Courmont e Noc.ikr 'OO. 2) Soret '83. La morfologia della cromatina 177 dal nucleo a riposo ai cromosomi metafasici può essere conside- rato come indice di avvenute variazioni chimiche ovvero della verificazione nel nucleo intercinetico di una dissociazione moleco- lare x), fenomeni che, come è noto, sono le cause principali dei cambiamenti di colore dei corpi. Già basterebbero a dimostrarlo gli spostamenti delle bande di assorbimento di una stessa sostanza anche solo per variazioni del solvente 2), o della sua stessa con- centrazione 3), ma il fenomeno diviene addirittura prevedibile considerando che gli studii recenti hanno dimostrato che il colore nei colloidi solidi varia per effetto del rigonfiamento, proporzio- nalmente alla quantità del liquido absorbito 4), che il colore delle soluzioni colloidali è funzione del grado della dispersiti della fase dispersa 5) e varia specialmente per 1' associazione di parti- celle precedentemente isolate 6). In questo modo, con casuali, temporanee ed insignificanti aggregazioni di una quantità maggiore o minore di granuli col- loidali, ora in un punto ed ora in un altro del nucleo a riposo, si spiega come anche quelle trabecole o coaguli di varia forma che si possono anche colorare nei preparati fissati , compaiano nelle fotografie a luce ultravioletta anch'essi come più o meno completamente opachi. L'opacità grande dei cromosomi a questa luce ultraviolettta, è quindi anch'essa nuovo argomento per con- chiudere che essi rappresentano solo un grado diverso di dispersità di un colloide. Esiste un'anisotropia ottica dei cromosomi? Dato ciò che abbiamo detto intorno alla quasi sicura strut- tura anisotropa dei cromosomi a proposito della loro forma, sarebbe stato a priori prevedibile che essi anche otticamente si dovessero comportare in modo anisotropo 7). Invece, per quanto sia difficile i) Cfr. p. es. Nernst '09 p. 385-6. 2) Cfr. p. es. Nernst '09 p. 345. 3) Becquerel '86 p. 107-8. 4) Leick '04. Zsigmondy '05 p. 113 ha trovato che aggiungendo dell'idrosol rosso di oro a della gelatina, questa disseccandosi diventava bleu e ritornava rossa sciogliendola di nuovo. 5) Zsigmondy '05 cap. XI p. 113-115 e Scarpa '08. 6) Zsigmondy '05 p. 175-6; Svedberg '09 p. 249-251. "') L'anisotropia di struttura nella direzione longitudinale e nelle trasversali, ad angolo retto fra di loro, che abbiamo dedotta dallo studio della forma dui Archivio zoologico italiano, Voi. VI. 12 178 Paolo Della Valle determinare l'esistenza di gradi molto probabilmente lievissimi di anisotropia ottica per corpi così piccoli e da osservare sul vivo x) con grandi cautele, pure non si può fare a meno di notare che se Retzius ('82), Errerà ('90) ed Engelmann ('06 p. 718-9) hanno concordemente ed indipendentemente affermato, di aver trovato isotropi i cromosomi a luce polarizzata, ciò significa che se una anisotropia ottica invece esiste, questa deve essere così lieve da essere potuta sfuggire 2) alle osservazioni abbastanza fuggevoli di questi autori pei quali il fatto non aveva una importanza no- tevole. Del resto è tutt'altro che improbabile che tale debolissimo grado di anisotropia esista, quando si consideri che formazioni citologiche quali le miofibrille 3) ed i filamenti assili della coda degli spermatozoi (Engelmann '06 p. 695, Mackinnon e Vlès '08) che hanno tanti altri punti di somiglianza di comportamento con i cromosomi, sono anch'essi birifrangenti. Engelmann ('06) è giunto perfino ad affermare che ogni orientamento regolare delle particelle del protoplasma, specialmente se capace di contrarsi, deve avere anisotropia ottica essendo questo il carattere delle particelle ele- mentari che lo costituiscono, e considera il comportamento isotropo complessivo che di solito si osserva, come dovuto solo alla irrego- lare disposizione di quelle. L'avvenire dirà quanto vi sia di vero in questa dottrina che tanto ricorda la concezione di von Weimarn dello stato cristallino fondamentale della materia in generale e dei colloidi in modo speciale, ma è sempre da ricordare in questi studii che non saranno mai troppe le cure prese per evitare illusioni ed errori facilissimi per la debolezza dell'anisotropia, per i fenomeni ottici dovuti ai mezzi torbidi e per quelli di spolarizzazione 4). cromosomi, rende poco probabile che si abbia a cbe fare con corpi elasticamente anisotropi ma otticamente isotropi, cioè appartenenti al sistema cubico. E da ricordare a questo proposito però che esistono anche cristalli fluenti (p. es. l'io- duro d' argento : Leumann '03 p. 315-316) ed anche cristalli di albuminoidi (Schimpee 81, Quincke '03 p. 502 e 504) appartenenti a tale sistema. ') Si comprende che osservazioni fatte su preparati fissati non potrebbero avere alcun valore, sia che il risultato fosse favorevole sia che fosse contrario all'esistenza di una anisotropia ottica. ") Per la grande difficoltà di ottenere risultati attendibili sull'esistenza o no di deboli gradi di anisotropia ottica per oggetti troppo piccoli, cfr. Apathy '96 p. 279, 3) Cfr. spec. Engelmann '06. 4) Cfr. spec. Vlès '08 e '11 ; Mackinnon e Vlès '08. La morfologìa della cromatina 179 Debolezza e variabilità dell'anisotropia ottica dei cristalloidi. Del resto, come l'anisotropia ottica può non significare strut- tura cristallina nello stretto senso della parola (anisotropia ottica dei colloidi solidi meccanicamente deformati x), anche solo per azione del disseccamento 2) , così anche è perfettamente possibile che una sostanza capace di presentarsi sotto forma in realtà otti- camente anisotropa possa invece presentarsi anche sotto forme che hanno sempre meno tale carattere e giungere perfino ad essere perfettamente isotrope. Ricorderò p. es. 3) che precipitati di Ca CO3 prodotti in determinate condizioni, possono per lungo tempo pre- sentarsi isotropi 4j, e specialmente che i cristalloidi 5) di albumi- noidi hanno doppia rifrazione debolissima e variabile e specialmente cambiano profondamente le loro proprietà ottiche col variare del grado del rigonfiamento in modo che p. es. possono passare in modo continuo da una doppia rifrazione positiva ad una negativa passando per uno stato isotropo tì). Interessantissime a questo pro- posito sono le osservazioni ultramicroscopiche di G-aidukow ('063 p. 586) che parallelamente al rigonfiamento dei granuli d' amido notò nel loro interno un progressivo disordinamento delle micelle, mentre ancora la forma generale e la stratificazione erano con- servate. Ognuno comprende quindi come sia perfettamente concepibile anche senza dover necessariamente pensare al sistema cubico, che cristalloidi di dimensioni anche molto maggiori dei cromosomi, come i granuli di vitello possano essere stati trovati da alcuni autori birifrangenti 7) e da altri isotropi 8), e come non sia piccolo !) Cf'r. p. es. Engelmann '06 2) Cfr. p. es. Quincke 03 l p. 498. 3) La possibile pseudoisotropia dei cristalli liquidi non ha a che fare con questi fenomeni. 4) Quincke '02l p. 704. 5) Anche le zeoliti col variare dell' idratazione subiscono mutamenti con- tinui nelle loro proprietà ottiche (cfr. Zambonini '05 p. 366 e '08 p. 107). «) Schimper '81 p. 135; Wichmann '90 p. 588; Michel '95 p. 117;Quinokk '02'2 p. 39-40. Non è quindi punto giustificato ciò che afferma Winiwarter ('12 p. 109-llOj, cioè che l'esistenza di una anisotropia ottica sia la prova decisiva per affermare o negare che una data formazione sia un cristalloide. 7) Radlkfoer '58 p. 532-3 ; Schimper' 81 p. 147; Cerruti '06 p. 65. 8) Cfr. Valenciennes e Frémy '54 p. 481; Huckert '99 p. 586 Waldkier '01 p. 245. 180 Paolo Della Valle il numero dei cristalloidi isotropi *), mentre invece, per sostanze chimicamente così complesse il sistema cubico deve essere consi- derato come probabilmente eccezionale 2). Comportamento dei cromosomi in un campo magnetico. Ciò che abbiamo detto per 1' anisotropia ottica vale natural- mente pure per i risultati delle esperienze di Hermann e di Errerà ('90) che, mossi probabilmente dalla nota analogia dell'andamento delle linee di forza in un campo magnetico con quello delle fibre acromatiche del fuso, cercarono di vedere se fosse possibile con un campo magnetico potente influenzare le mitosi. La risposta ne- gativa data dagli esperimenti (seguiti del resto sul vivo), riguarda certo prevalentemente più l'andamento e la posizione del fuso acro- matico e della mitosi in generale anziché l'orientamento dei cro- mosomi 3), unico fatto che ci interessi perchè presentato in grado più o meno notevole dalle sostanze naturalmente o artificialmente 4) anisotrope 5). J) Cfr. p. es. Schimper '81; Wiegand '87; Ebner '01; Reichert e Brown '09 p. 139. 2) Cfr. Eetgers '94. 3) Per i cristalli fluenti cfr. Lehmann '062 p. 601; per quelli liquidi cfr. Wartenberg il. 4) Per l'orientamento in un campo magnetico di lamine di gelatina rese ar- tificialmente auisotrope, cfr. Ambronn '91. 5) E da ricordare a questo proposito anche che secondo Macallum (,'91) la cromatina nucleare conterrebbe notevole quantità di ferro combinato. La morfologia della cromatina 181 8. Il comportamento dei cromosomi in un campo elettrico Limiti dell'analisi. La questione dell'influenza dell'elettricità sui cromosomi non entra nella presente trattazione della morfologia della cromatina dal punto di vista fisico (la quale, come abbiamo detto nell'intro- duzione, non si propone l'analisi delle cause del ciclo mitotico) se non in quanto è stato affermato che fenomeni dovuti a cariche elettriche abbiano una importanza nella determinazione di ordina- menti speciali della cromatina nel nucleo a riposo e di speciali deformazioni che possono essere artificialmente prodotti nei cro- mosomi 1). Poiché però è proprio questo l'unico argomento per il quale da varii autori è stato tentato di applicare i concetti e i metodi chimicofìsici allo studio del ciclo della cromatina, non sarà inutile fermarsi un poco a discutere la vera portata delle notizie finora pubblicate in proposito. Ciò è tanto più necessario in quanto da una parte coloro che si sono occupati dell'argomento non sempre hanno avuta la necessaria competenza tecnica né hanno usata la indispensabile autocritica nella valutazione dei risultati ottenuti, e dall'altra perchè già cominciano i segni che mostrano come gli infiniti costruttori delle spiegazioni della meccanica della carioci- nesi, credono di poter trovare proprio nei risultati finora ottenuti, ancora contradittorii e insicuri, argomento in un senso o in un altro per le loro perniciose fantasticherie antiscientifiche. / fattori della cataforesi. Diversamente da ciò che abbiamo fatto nei precedenti capi- toli, dove si trattava di spiegare dei fatti certamente reali, qui dove si tratta dell'interpretazione di risultati sperimentali è bene invece richiamare alcune notizie di chimicofisica sulla cataforesi elettrica prima di esporre i dispositivi sperimentali adoperati per *) La questione dei fenomeni e delle cause della migrazione dei cromosomi nella cellula durante la cariocinesi non rientra in questo studio che si occupa solo della morfologia della cromatina e nemmeno vi rientrano i fenomeni del mutuo ordinamento dei ci'omosomi. 182 Paolo Della Valle constatare se un tale fenomeno si verificasse anche per i cromosomi e discutere quindi i risultati ottenuti. La legge fondamentale di questi fenomeni di trasporto elettrico ohe non si sarebbe mai dovuta dimenticare, ma che invece si può dire che sia stata sempre dimenticata, è che la velocità di migra- zione delle particelle in un campo elettrico è direttamente proporzionale alla caduta di potenziale per centimetro ed inversamente proporzionale alla viscosità del mezzo nel quale si debbono spostare 1). E bene in- sistere dunque sul fatto che l'intensità della corrente non ha nes- suna importanza iu questo fenomeno , mentre è essa il fattore fondamentale dei fenomeni elettrolitici, come pure sull'altro che enorme è l'influenza che la viscosità del mezzo può esercitare. I valori assoluti di migrazione. Un altro fatto da ricordare è quello dell'ordine di grandezza della velocità di migrazione che è lecito aspettarsi. Per i suspensoidi pei quali sono state fatte le più accurate determinazioni quantitative, ricorderò che Cotton e Mouton '06 p. 146 determinarono la velocità di migrazione dell'argento col- loidale in acqua purissima e trovarono che questa raggiunge in media circa [A 3,5 a secondo per una caduta di potenziale di un volta per centimetro. Anche Svedberg ('07 p. 146-155) in con- dizioni analoghe per l'argento colloidale ha trovato un valore mas- simo di 2 |i a secondo e Rolla ('09) per l'oro e il platino col- loidale trova pure un valore medio di migrazione di |x 2,5 a se- condo, sempre per una caduta di potenziale di un volta per centimetro. Si può anche affermare 2) che non ha influenza sen- sibile sulla velocità di migrazione la grandezza delle particelle sospese sottoposte a cataforesi; difatti fin dal 1861 Quincke ot- i) e. H. D. u = — : 4 7t T] dove u è la velocità di migrazione cataforetica, e la differenza di potenziale fra la fase dispersa ed il mezzo di dispersione, H la caduta di potenziale del campo elettrico adoperato, D la costante dielettrica del mezzo di dispersione, t] la vi- scosità di questo (cfr. p es. Freundlich iO p. 229). Gravissime però sono le anomalie che si verificano specialmente per le particelle di cmulsoidi in pros- simità degli elettrodi. 2) Cfr. p. es. Stbdbebg *07 p. 117-8; Wolp. Ostwald 'IO p 241; Freundlich '10 p 234, La morfologia della cromatina 183 tenne per le spore di licopodio una velocità di 3 jji e Coen e Bar- rat ('05) per i parameci morti [j. 1,7 a secondo per volta per cen- timetro, sempre in acqua distillata. Comportamento delle emulsioni e degli emulsoidi. Ma questi dei suspensoidi (per la stabilità dei quali come è noto hanno tanta parte i fenomeni elettrici) sono di molto i va- lori massimi di migrazione. Senza parlare della velocità di migra- zione degli ioni gassosi nei gas dove alcune esperienze sembra che indichino velocità di migrazione molto minori nonostante la viscosità enormemente minore dell'aria rispetto a quella dell'acqua, è da notare sopratutto che le emulsioni e gli emulsoidi, quali sono i corpi coi quali abbiamo a che fare, hanno una differenza di po- tenziale rispetto al mezzo di dispersione debolissima o nulla. Per le emulsioni propriamente dette, specialmente quando no- tevole è la differenza di composizione fra le due fasi liquide in presenza, qualche risultato è stato ottenuto (cfr. p. es. Bottazzi 092; Me Lewis '091; Van der Ven '09; Fanto e Stritar ('10); ma per gl'intorbidamenti critici Friedlànder ('92, '01) non è riuscito ad ottenere nessun accenno di cataforesi nemmeno con una ca- duta di potenziale di 3200 volta per centimetro l) ed infine scarsa, nulla o variabile è la cataforesi di emulsoidi tipici come p. es. di soluzioni colloidali di amido, glicogeno, gelatina, agar, acido sili- cico 2) e Pauli ('06) per alcune soluzioni colloidali di albumina non ha trovato nessuna cataforesi anche con notevoli cadute di po- tenziale. In intima relazione con questi fatti sta la crescente sfiducia nella teoria di Hardy e di Bredig che vede nella carica elettrica delle particelle del dispersoide la causa della loro stabilità 3), specialmente per ciò che riguarda gli emulsoidi 4). Ciò è stato do- i) Per la non esistenza di una cataforesi per la fase torbida dei liquidi cri- stallini cfr. Doeltek '05 p. 12. 2j Cfr. p. es. Hardy '05; Cotton e Mouton '06 p. 122; Hoeber '06 p. L-M I e 243; Bottazzi '09';Wolf. Ostwald '10 p. 108-9, 238, 241-2; Freundlich '10 p. 405. 3) È da ricordare anche a questo proposito che è stato dimostrato che una caduta di potenziale di 40000 volta per pochi centimetri non produce nessuna accelerazione sensibile del processo di cristallizzazione. *) Cfr. p. es. Freundlich '10 p. 456-460. 184 Paolo Della Valle vuto specialmente alle esperienze di Billitzer, ('03) della possibi- lità di diminuzione invece che di aumento della stabilità di solu- zioni colloidali col crescere delle differenze di potenziale fra la fase dispersa e il mezzo di dispersione, a quelle che hanno provato che emulsoidi resi artificialmente isoelettrici col mezzo di disper- sione non per questo precipitano, ovvero che è possibile provocare variazioni di dispersità e coagulazioni con mezzi che non agiscono certo per azioni elettriche (p. es. alcool, adsorbimenti alla super- ficie di corpi solidi, liquidi e gassosi, sali neutri) ') ed a numerosi altri fenomeni che si riattaccano a questi. Cause di errori nelle esperienze di cataforesi endocellulare. Per la questione della possibilità di una cataforesi dei cromo- somi, dobbiamo quindi considerare: I. Che la carica elettrica delle particelle di un emulsoide è, per ciò che abbiamo ora detto, di so- lito molto minore di quella delle particelle di un suspensoide ; II. Che la viscosità del protoplasma deve certo raggiungere valori varie migliaia di volte superiori a quelle dell'acqua purissima nella quale avvenivano gli spostamenti misurati per le particelle degli idrosol metallici 2), III. Che il protoplasma è esso stesso una soluzione col- loidale ai limiti della solidità, e che quindi come i gel dovrebbe tendere anch'esso a spostarsi in massa in un campo elettrico: donde deriva che la velocità di spostamento di una determinata parti- cella nell'interno di esso per effetto di una caduta di potenziale, dovrebbe essere solo eguale alla differenza fra la velocità sua e ■ lucila del resto del protoplasma. Si eomprende quindi come, nel caso che ci interessa, anche con una caduta di potenziale di molte decine di volta per centi- metro fatta agire per molti minuti primi non sia prevedibile uno spostamento realmente cataforetico dei cromosomi maggiore di pochissimi [j. e come questo possa essere completamente masche- rato dai fenomeni dovuti al semplice effetto delle correnti ci- ') Cfr. p. es. Wolf. Ostwald "IO p. 25-7, 263, 279. 2) Si può dedurre ciò specialmente dal fatto che è eccezionale osservare mo- vimento Browniano di particelle immerse proprio del citoplasma (cfr. anche p. 16-47). Ora solo valori di rt circa mille volte maggiori di quello dell'acqua pu- rissima, annullano il movimento Browniano (cfr. p. es. Freunolich '10 p. 327). Anche solo per questa sola ragione la velocità cataforetica nel citoplasma do- vrt'libe essere un migliaio di volte inferiore ai valori sopra citati. La morfologia della cromatina 185 toplasmatiche che, in condizioni perfettamente fisiologiche, rag- giungono spontaneamente valori molto maggiori (ct'r. Fischer '99 p. 254) e che debbono raggiungere velocità relativamente enormi allorché sono causate da notevoli fenomeni di diffusione o varia- zioni locali di tensione superficiale. Le esperienze fatte. Premesso tutto ciò, esaminiamo quali sono le notizie obbiettive finora esistenti intorno a questo argomento, limitandoci solo a quelle che sono constatazioni dirette di alterazioni e spostamenti prodotti nei cromosomi per azione di un campo elettrico, cioè non considerando gli studii (p. es. di Roux, Rossi ed altri) sull'e- sistenza o non di un' azione direttrice della direzione del campo elettrico sui fenomeni di divisione cellulare specialmente delle uova, pei quali dovrebbero entrare in discussione anche numerosi altri elementi. Le esperienze di Galeotti. I primi studii ed anche i primi risultati e, come vedremo, quelli che ancora restano i risultati più interessanti e attendibili, sono stati quelli di Galeotti ('96). Egli studiò l'azione: I. della cor- rente continua di una Danikll (p. 206); II. della corrente alternata di alta tensione data dal secondario di una slitta di Dubois-Reymond nel circuito primario della quale passava la corrente sopra indicata; III. della stessa corrente del circuito secondario, ma lasciando pas- sare solo la corrente di chiusura, in modo cioè da ottenere altissime differenze di potenziale (non misurate) non continue, ma dirette sempre nella stessa direzione ed una intensità minima di corrente. Il materiale usato era l'epitelio cutaneo di Salamandra, in rigene- razione per lesioni prodotte a questo scopo. I risultati furono quali erano prevedibili dato ciò che abbiamo detto, cioè: I. La corrente continua di una certa intensità ma con minima differenza di potenziale non produceva sui cromosomi al- terazioni che potessero essere considerate specifiche ('96 p. 206). IL La corrente alternata del secondario sembrava che annullasse la possibilità di produzione di cariocinesi e quindi non dava risultati ('96 p. 212). III. Solo invece il terzo dispositivo che meglio degli altri realizzava le condizioni per poter ottenere effetti cataforetici nel protoplasma per l'altissima tensione adoperata e la piccolissima 186 Paolo Della Valle intensità, diede infatti una alterazione della cariocinesi che, come ho detto, si deve considerare come l'unico fatto realmente positivo finora ottenuto in proposito. E questa rappresentata dalla sua fig. 21 (Galeotti ;96 tav. 6), che rappresenta una anafase precoce, vista di lato, con cromosomi di lunghezza progressivamente crescente da una estremità all'altra ed anche progressivamente inclinati verso una direzione perpendicolare all'asse del fuso, e quindi perpendi- colare anche a quella che in tale stadio avrebbero dovuto assumere. Di un vero spostamento non era il caso di parlare, ma piuttosto di una tendenza ad un determinato orientamento 1). Le esperienze di Lillie. Parecchi anni dopo, Lillie ('03) faceva alcune esperienze sulla cataforesi di cellule isolate immerse in una soluzione di zucchero (ed in condizione quindi tutt' altro che fisiologiche) ed otteneva migrazioni tanto in un senso quanto in un altro, ma, invece di interpretare ciò, come sarebbe stato più naturale, quale effetto di accidentale maggiore possibilità di concentrazione nelle varie cellule di anioni o di cationi di sali diversi l'A. credette ciò dovuto alla prevalenza nei diversi casi della massa del nucleo o del citoplasma che suppose avere caratteri elettrici opposti. Partendo da queste esperienze e dall'analogia formale fra la disposizione mutua dei cromosomi e quella dei magneti fluitanti mutuamente respingentisi delle esperienze di Mayer che servono per la realizzazione spe- rimentale delle idee di Thomson sui rapporti mutui degli elet- troni nell'atomo, e sulla teoria elettrica della stabilità dei colloidi sopra ricordata, l'A. suppose in seguito (Lillie '05) che appunto i cromosomi si respingessero per azione delle cariche elettriche che ne avrebbero permesso la permanente separazione. Le esperienze sulle radici di monocotiledoni. In seguito a questi risultati, controllare gli studii di Galeotti su materiale più opportuno tecnicamente e con più opportuni di- l) L'opinione dell'A. è che si tratti di fenomeni passivi da contrazione del citoplasma, e questo è certo un l'attore che non si deve dimenticare ne si può escludere. Per una disattenzione dell'autore uon è possibile conoscere la posi- zione dei poli, essendo affermato a p. 214 che le estremità dei cromosomi nella fig. 21 sono dirette vorso il polo positivo ed a p. 219 nella spiegazione delle figure è detto invece che esse sono dirette verso il polo negativo. La morfologia della cromatina 187 spositivi era certamente interessante. A questo scopo, avendomi il Prof. Galeotti proposto di riprendere in collaborazione con lui tale argomento, nel 1907, gli indicai, come oggetto che tipicamente si sarebbe prestato a questo scopo, gli apici radicali delle mono- cotiledoni, dai grandi cromosomi e dalle mitosi quasi costantemente orientate in modo assile. Per circostanze varie, di tale lavoro in collaborazione non si fece più niente; ma, nel 1909, vidi compa- rire, nel Volume 28 dell'Archiv fur Entwickelungsmechanik, un lavoro del Siir. Pentimalli fatto nell'Istituto diretto dal Prof. GrA- leotti in cui veniva appunto esaminato questo argomento con espe- rienze fatte sul materiale da me consigliato. Mi dispiace però di dover dire che l'argomento non è stato trat- tato con la preparazione e la serietà necessaria, sia dal punto di vista sperimentale che da quello citologico-descrittivo. Dal punto di vista sperimentale il P. ha fatto agire certamente sulle cellule in questione differenze di potenziale minime, che non potevano essere ivi capaci di produrre nessun sensibile trasporto elettrico per le ragioni precedentemente dette. Ma , da tutto il lavoro ri- sulta pure che egli non si è mai ricordato della legge fondamen- tale della cataforesi, che abbiamo sopra citata, perchè ci dice le intensità di corrente adoperate nelle diverse esperienze ma non in- dica mai quale fosse stata, sia pure approssimativamente, la caduta di potenziale per centimetro. Un'altra osservazione di natura diversa da fare al dispositivo sperimentale è quella di aver preferibilmente fatto agire il campo elettrico proprio secondo Tasse delle radici, cioè secondo l'asse dei fusi mitotici, in modo che, se modificazioni dell'orientamento dei cromosomi si fossero verificate, queste non sarebbero state sensibili, mentre il vantaggio di tale materiale è appunto quello di per- mettere, su sezioni traversali, di osservare l'orientamento possibile dei cromosomi p. es. nella piastra equatoriale metafasica normal- mente all'asse del fuso. Dato ciò era prevedibile che nessun trasporto elettrico il P. dovesse poter osservare ; e difatti nessun trasporto elettrico ha osservato né per la cromatina nucleare né per i cromosomi. Si può notare però che egli disegna alcuni cromosomi di qualche mitosi trasportati intatti attraverso due o tre cellule con pareti cellulari cellulosiche intatte, quasi si fosse trattato di proiettili di acciaio che fossero passati attraverso una parete di caucciù, e ne conchiude ad 188 Paolo Della Valle lina carica elettrica dei cromosomi che andrebbe crescendo dalla profase alla metafase. Ma è inutile baciarvi, perchè chiunque cono- sca ciò che può avvenire in un tessuto ricco di mitosi quando si fanno sezioni con un rasoio che non tagli bene, giudica da se stesso, dalle figure di Pentimalli, che nel suo caso si tratta, è vero, di trasporto dei cromosomi, ma non già di trasporto elettrico, bensì di trasporlo meccanico. Questa conchiusione, del resto, è stata già espressa chiaramente anche da Me Clendon '10 che, anche sullo stesso materiale, ha ripreso questi studi di cataforesi. Benché nemmeno questo autore dia indicazioni precise sulla caduta di potenziale per centimetro del campo elettrico adoperato nelle sue esperienze e si preoccupi invece anche lui solo dell'intensità della corrente, pure per il solo fatto che l'A. aveva un po' più di pratica di tecnica microscopica elementare di Pentimalli , ha dovuto conchiudere che caso mai, con la mitosi la carica elettrica doveva diminuire, perchè proprio i cromosomi erano quelli che nelle sue esperienze non si muove- vano *) se non si sostituiva all'azione dell'elettricità quella del rasoio ! E diro che e' è stato chi (Enriques '10 p. 194) ha creduto di tirare delle conseguenze da un aumento di carica elettrica dei cro- mosomi dal nucleo a riposo alla metafase, dimostrato in questo modo ! Me Clendon per conto suo crede che una cataforesi dei granuli nel nucleo a riposo sia invece dimostrata dai suoi esperimenti, avendo trovato una loro concentrazione più in quella parte del nu- cleo rivolta verso uno degli elettrodi che in quella opposta. Cer- tamente le sue osservazioni hanno maggior verosimiglianza, anche perchè questo sarebbe ciò che la teoria elettrica della stabilità delle soluzioni colloidali richiederebbe, trattandosi di particelle più alta- mente disperse. Credo però che anche per ciò che riguarda i suoi risultati (e per quelli analoghi ottenuti precedentemente da Fauré Frémiet '09 p. 55-6 e '11 p. 194) si debba andare molto guardinghi prima di risolversi a interpretarli proprio come fenomeni dovuti a semplice trasporto elettrico, perchè l'azione di una corrente elet- j) In ottimo accordo con questo risultato sta ciò che abbiamo precedente- mente detto intorno alla non esistenza di una acidoibbia nella colorabilità dei cromosomi. La morfologia della cromatina 189 trica di intensità ancora sensibilmente notevole per la delicatezza delle stratture che traversa, in un sistema così complesso può pro- vocare spostamenti molto più notevoli che per azione cataforetica per fenomeni secondarli di elettrolisi *) e per variazioni di tensione superficiale delle diverse parti, che si sovrappongono certo al feno- meno che si desidererebbe studiare e, se esiste, lo mascherano. Ciò viene spontaneo alla mente quando si consideri che le alterazioni otte- nute da Me Clendon somigliano molto a quelle stesse che si os- servano quando si fanno senza troppe precauzioni i passaggi di liquidi che la tecnica microscopica richiede, passaggi che, per i bru- schi fenomeni di diffusione che producono, danno origine non ra- ramente ad aspetti del contenuto nucleare simili a quelli della si- napsi. In prova di ciò si può anche notare il fatto che nelle cellule in cui si poteva osservare nel nucleo tale addensamento del con- tenuto verso una determinata estremità , verso quella estremità stessa della cellula si poteva costantemente notare un forte adden- samento citoplasmatico 2). Altre esperienze. Le considerazioni fatte per le esperienze di Me Clendon valgono anche per quelle di Conklin ('10) che, sottoponendo le uova di Crepidula plana ad una debole corrente elettrica, di cui però non dà le misure, ottenne in alcuni casi spostamenti del nucleo nel- l'interno del citoplasma , ciò che invece nelle esperienze di Me Clendon non si osservava. A questi studii si riattaccano certo anche quelli di Delage ('08) sulla partenogesi sperimentale per azione di cariche elettriche, e i numerosi studii sull'azione dei raggi Rontgen e del radio sulle !) Parlano in favore di ciò anche l' influenza dell' intensità della corrente sul risultato ottenuto e l'aver adoperato soluzioni saline per umettare gli elet- trodi. Per le complicazioni e gli errori dovuti ad elettrolisi anche nelle espe- rienze di cataforesi per colloidi fuori degli organismi, cfr. p. es. Freundlicii "10 p. 341-2. 2) In relazione con questi studii sull'influenza dell'elettricità sulle radici in accrescimento, sono da ricordare anche gli studii sul così detto galvanotropismo delle radici che sono funzione dell' intensità della corrente, si esplicano special- mente per variazioni di turgescenza delle cellule e sembra siano da interpretare come traumatotropismo (cfr. spec. Gassner '06 e '07). 190 Paolo Della Valle divisioni nucleari l); ma ivi il problema si complica talmente spe- cialmente per l'interferenza sicura di numerosi fenomeni chimici, e si allontana talmente da quello che è il nostro argomento, che basterà qui avervi soltanto accennato. Conclusione. Conchiudendo possiamo affermare che allo stato attuale non è possibile dire quale sia realmente l'influenza di un campo elet- trico sui cromosomi, indipendentemente dai fenomeni che masche- rano il vero risultato di questa causa. Non è provato sicuramente che un'influenza esista, ma non si può escluderla 2). Specialmente i primi risultati ottenuti da Galeotti tenderebbero a provare che se non un trasporto dei cromosomi , un orientamento loro possa avvenire per l'azione di una fortissima caduta di potenziale con minima intensità di corrente. Ora questo appunto pare che sia il caso anche per i cristalli fluenti 3). ') Fra i molti cfr. spec. Zuelzer '05 ed i numei-osi recenti lavori di G., 0. e P. Hertwig sull'azione dell'irraggiamento dei corpi radioattivi. 2) Anche Rhumbler '98 cap. IV p. 563-5 in seguito ai risultati negativi delle esperienze di Roux e di Rossi, si mostra molto scettico sull'importanza dei fenomeni elettrici in questo capitolo della fisiologia cellulare. 3) Cfr. Leumann '063 p. G04. Me Clendon ('10 p. 81) afferma di avere osser- vato trasporto anodico di placchette vitelline di uova di Rana, ma non dice in quali condizioni. La morfologia della cromatina 191 IV. I mutamenti dei cromosomi dalla profase alla metafase Durante tutto il periodo di tempo in cui i cromosomi esistono come entità autonome, subiscono sempre, in modo più o meno evi- dente secondo i casi, alcune modificazioni molto interessanti pel- le conchiusioni che se ne possono trarre. Queste esamineremo bre- vemente nelle pagine che seguono, basandoci specialmente, data la scarsezza dei dati finora esistenti, sopra nuove osservazioni e determinazioni obbiettive. I mutamenti di forma sono quelli più noti ed evidenti, e questi si esplicano in due modi apparentemente diversi, cioè: I. Come spa- rizione di quelle torsioni profasiche che abbiamo sopra esaminate; IL Come progressivo accorciamento dei cromosomi connesso ad un aumento delle loro dimensioni trasversali. Nonostante però che, come vedremo in seguito, si tratti di effetti diversi di un complesso causale unico, è più opportuno trattare isolatamente i due aspetti del fenomeno, poiché richiedono una trattazione di natura differente. Da tale analisi risulta, come ora vedremo, in modo chiaro, la ragione per la quale questi fenomeni possono a prima vista sem- brare esclusivi solo delle mitosi con cromosomi allungati, mentre si tratta invece probabilmente, di fenomeni di valore generale che ci si manifestano in modo evidente solo quando ciò è reso possibile dall'esistenza di determinate condizioni. 1. La sparizione delle torsioni profasiche Poiché, come abbiamo detto a p. 84, le torsioni profasiche esi- stono o sono riconoscibili solo nelle mitosi che finiscono per avere alla metafase cromosomi nastriformi, è naturale che solo per questi sarà possibile l'esame del modo col quale si passa dalle forme va- riamente ed irregolarmente elicoidi a quelle molto più semplici che si osservano di solito alla metafase, onde cercare di analizzarne le cause. 192 Paolo Della Valle L'annullamento mutuo delle torsioni inverse. Dai preparati fissati sembra evidente che ciò avvenga nella massima parte dei casi per lo svolgimento progressivo delle tor- sioni. Infatti come abbiamo già visto a p. 88-91, col progredire della mitosi si osserva non solo un numero sempre minore di tali avvol- gimenti, ma anche è sempre più frequente il trovare alcuni dei cromosomi che presentino torsioni tutte nella stessa direzione in modo cioè da essere davvero esclusivamente destrorsi o sinistrorsi. Negli stadii più precoci invece, come pure abbiamo visto, le due specie di torsioni si succedevano irregolarmente nello stesso cro- mosoma. La spiegazione di questo cambiamento è molto semplice, dato ciò che si è detto a p. 112-114. Se supponiamo infatti che in un corpo plastico della forma dei cromosomi si verifichino torsioni elicoidali inverse a breve di- stanza, è naturale che, sia per effetto della tensione superficiale che tende a diminuire lo sviluppo di superfìcie, che dell'omotropia spontanea (Lehmann) si annulleranno mutuamente un numero eguale di torsioni inverse; prima quelle più vicine fra di loro e poi quelle più lontane. In questo modo, allorché questo processo non ancora è finito, noi osserveremo, come appunto si verifica in quelli fra i cromosomi disegnati non uniformemente avvolti, tratti relativa- mente lunghi con torsioni destrorse alternati con altri sinistrorsi. Inoltre, poiché da ciò che abbiamo precedentemente esposto, ca- suale è il numero delle torsioni sinistrorse o destrorse, si com- prende che casuale sarà pure il numero dei cromosomi che per il prevalere numerico dell'uno o dell'altro genere di torsioni, finiranno col risultare destrorsi o sinistrorsi per tutta la loro lunghezza. Anzi, poiché eguale è la probabilità dei due eventi, in generale il numero dei due tipi di cromosomi che si finirà per l'osservare sarà su per giù eguale (benché variabile da mitosi a mitosi come ho potuto constatare). Conseguenza necessaria dell' ordine di idee esposto, e fatto che realmente si verifica non raramente, è che esistono cro- mosomi senza traccia visibile di torsioni in mezzo ad altri torti elicoidalmente più volte. La morfologia della cromatina 193 Lo svolgimento delle torsioni. Evidentemente il numero di questi cromosomi privi affatto di torsioni aumenterà progressivamente negli stadii più avanzati, perchè mano mano andranno svolgendo le loro spire e raddrizzandosi per- fettamente, prima quelli che avevano finito per avere un piccolo numero di spire e poi quelli che ne presentavano un numero maggiore. In generale infatti si osserva negli stadii più avanzati, pros- simi alla metafase che pochissimi sono i cromosomi che ancora presentano torsioni e che queste torsioni sono relativamente ad ampio raggio. Un altro modo di sparizione delle torsioni che non credo di poter affermare con ogni sicurezza, ma che mi sembra molto pro- babile in alcuni casi, è quello di un riordinamento interno della sostanza cromatica per scorrimento delle diverse parti soltanto per effetto di una spontanea omotropia. Questo caso sembra special- mente probabile allorché si esaminano cromosomi di profasi avan- zate ed in cui quindi le dimensioni trasversali siano già sufficien- temente grandi, nei casi in cui esistano torsioni a breve distanza 1' una dall' altra e con asse dell' elica posta nell' interno stesso del cromosoma (cfr. pag. 87). Considerando ora che dagli stadii più precoci ai più avanzati queste forme di torsione diventano sempre meno riconoscibili, e che, data la piccolezza del raggio dell'elica, l'eccesso di sviluppo di su- perficie rispetto ad un cilindro regolare sarebbe minimo ed insuf- ficiente quindi a produrre di per se un movimento di tutto il cro- mosoma vincendo le resistenze di attrito, non sembra probabile che la loro sparizione possa essere considerata come dovuta in modo sensibile alla tensione superficiale. Poiché però alla metafase, al- meno nelle mitosi somatiche da me esaminate, i cromosomi si scin- dono longitudinalmente sempre in modo che le due metà siano parallele e non mutuamente intrecciate, si deve conchiudere che la sola forza che tende a produrre un ordinamento molecolare de- terminato della sostanza del cromosoma è stata sufficiente m fare scomparire tuie irregolarità della struttura interna. Dato ciò che abbiamo detto a p. 90-91 sul modo della prima comparsa delle torsioni non c'è bisogno di aggiungere che lo svol- gimento loro comincia con l'inizio della profase. Si comprende pure che questo fenomeno potrà sul vivo comparire come movimenti dei Archivio zoologico italiano. Voi. VI. 13 194 Paolo Bella Valle filamenti cromatici più o meno lenti, ciò che probabilmente è stato osservato qualche volta *) e che forse è stato anche causa di illusioni, come vedremo a proposito dei fenomeni di accorciamento dei cro- mosomi. Data la poca attenzione accordata dai citologi alle torsioni dei cromosomi in generale, si comprende anche che il fenomeno ora analizzato solo raramente si trova notato 2). Solo la Bonnevie ('08 p. 482) ha tentato di darne una spiegazione, supponendo che la sparizione delle torsioni profasiche fosse dovuta ad una imbibizione dei filamenti cromatici con il carioplasma che così li distenderebbe e li raddrizzerebbe. Per provare la fallacia di questa ipotesi basta il fatto, che esamineremo in seguito, che dalla profase alla meta- fase il volume dei cromosomi non aumenta ma diminuisce 3). Analogie con gli aggregati capillari, le associazioni dei cristalli fluenti ed i trichiti. Nel mondo dei fenomeni fisici è frequente che la tensione su- perficiale tenda a fare assumere una forma più semplice ad un ag- gregato di particelle viscose isotrope casualmente aggregatesi in modo irregolare. Non molto diverso da ciò è il caso che Quincke f'031 p. 495-6) ha osservato nell'albume di uovo che si andava dis- seccando, nel quale si differenziano tubi anche elicoidi che presen- tano una certa tendenza a contrarsi sotto forma sferica. Ma è spe- cialmente da ricordare per i cromosomi la maggiore energia di superficie dei geminati in confronto ad un cristallo unico di massa eguale (Pawlow '10) e l'attrazione molecolare anisotropa che si deve esercitare nell'interno del cromosoma che tende a fargli as- sumere appunto lo stato più stabile di un ordinamento regolare omogeneo per tutta la sua lunghezza. Ciò del resto, come abbiamo visto (cfr. p. 110-112), si verifica appunto nell'associazione di cristalli fluenti di oleati alcalini, che possono torcersi sì per associarsi fra di loro con direzioni corrispondenti, ma una volta fusi in un unico cristallo, rapidamente ridivengono di forma normale. *) Peremeschko '81 p. 52, Lavdowsky '84 p. 91. Flemming '82 p. 202 scrive invece che i movimenti del filamento cromatico durante questo periodo sono così lenti che non si possono seguire con l'osservazione sul vivo. 2) Cfr. p. es. Mottier '96 p. 189. 6) Secondo osservazioni di BuTscnu '94 p. 365 nel rigonfiamento di fila- menti colloidali disseccati , allorché sono posti in acqua , aumentano anche le dimensioni longitudinali. La morfologia della cromatina 195 A questo fenomeno probabilmente si riattacca anche l'altro che possono presentare i trichiti (quelle speciali formazioni elicoidi che dei corpi capaci di cristallizzare formano qualche volta, in condizioni speciali) i quali, poco dopo la loro formazione, in alcuni casi si svolgono, anche in modo esplosivo 1), trasformandosi in un cristallo rettilineo 2). Le condizioni della stabilità delle torsioni. Dato ciò che abbiamo detto a p. 113 intorno alle cause della formazione delle torsioni profasiche dei cromosomi e, più in gene- rale a p. 75 e ss. , a proposito della prima origine dei cromosomi dal nucleo a riposo, è evidente che le torsioni profasiche non possono avere una certa stabilità e quindi non possono essere constatate in stadii abbastanza avanzati della mitosi, che solo in quei casi nei quali esista una viscosità relativamente molto alta dei cromosomi, in modo che riesca alquanto ostacolato il rapido orientamento mutuo delle parti che si associano. D'altra parte, come abbiamo visto a p. 159, quest'alta viscosità è anche condizione essenziale per la per- manenza in un cristallo fluente di una forma molto diversa dalla sferica, quale è p. es. quella nastriforme che è proprio condizione essenziale perchè si possano osservare tali forme elicoidi. 2. L'accorciamento dei cromosomi L'accorciamento come diminuzione di superficie. I cromosomi alla profase hanno uno sviluppo di superficie ri- spetto all' ambiente che li circonda, straordinariamente maggiore che alla metafase, e l'hanno tanto più grande quanto più precoce è lo stadio nel quale si esaminano Questo, come abbiamo visto a p. 113, è un fatto molto importante per dedurne il probabile modo di iniziale comparsa. x) Per la esistenza di qualche cosa di analogo nell' accorciamento dei cro- mosomi secondo Heidenhain 07 cfr. p. 197-198, 202 e 226. 2) Cfr. p. es. Lehmann '88 i, p. 374-7 e '061 p. 22. Fenomeni probabilmente non molto diversi debbono essere quelli a cui sono dovuti i movimenti di cri- stalloidi cilindroidi osservati da Zimmermann ('931 p. 215) in cellule di Momor- dica elaterìum. 196 Paolo Della Valle Tale progressiva diminuzione di sviluppo di superficie deve es- sere considerata come fenomeno generale, ma può essere studiata con comodità e precisione senza paragone maggiore per quei cro- mosomi che anche alla metafase si presentano nastriformi anziché per quelli che tendono ad assumere forma ellissoidale. Ciò dipende da due fenomeni che. come vedremo, debbono essere considerati come effetti diversi di un'unica causa. Il primo è che per le mitosi che finiscono per avere cromosomi metafasici ellissoidali la diminu- zione progressiva dello sviluppo di superficie deve avvenire molto rapidamente, ciò che è provato anche dal fatto che non sono punto frequenti nella letteratura citologica figure di profasi di tali mitosi, nonostante i numerosi studii fatti p. os. sulla spermatogenesi degli Emitteri eterotteri. L'anisotropia dell'accorciamento. Il secondo fenomeno che ostacola ivi questo studio è il fatto che per quei cromosomi tale diminuzione di superficie, alterando i rapporti fra le varie dimensioni, ne modifica anche la forma com- plessiva, giacché mentre tali elementi cromatici alla profase sogliono essere anch'essi cilindroidi o nastriformi, alla metafase divengono invece ellissoidi e quindi sono rese anche più difficili le determi- nazioni quantitative, già quasi impossibili per la generale piccolezza delle profasi delle cariocinesi che presentano cromosomi metafasici ellissoidali. Nel caso invece dei cromosomi nastriformi anche alla metafase, variano si dalla profase in poi progressivamente le dimensioni, ma, come vedremo, per la sensibile persistenza della forma si può con buona approssimazione (trascurando il valore delle variazioni do- vute al non molto notevole aumento di spessore) considerare la diminuzione di superficie di un cromosoma di tale forma come proporzionale alla diminuzione di lunghezza da esso subita, tra- ili trinando cosi la misura della superficie di un corpo nella misura molto più facile e più comoda di una sola delle sue dimensioni lineari. 11 compito è poi anche straordinariamente facilitato dalle di- mensioni relativamente notevoli che possono assumere in lunghezza i cromosomi nastriformi per tutto il periodo che ci interessa ed anche perchè possiamo utilizzare anche a- questo scopo le misura- La morfologia della cromatina 197 zioni fatte por lo studio dello leggi della variabilità delle dimen- sioni dei cromosomi. Dato ciò che abbiamo detto a p. 90-91 sulla progressiva dimi- nuzione di sviluppo di superficie della cromatina ed alla sua preco- cissima comparsa sotto forma di filamenti variamente ed irregolarmente elicoidi, si comprende che l'accorciamento dei cromosomi deve comin- ciare con i primi inizii della profase *) e continuarsi progressivamente senza interruzione. Dalle determinazioni da me fatte sembra anche che si possa dedurre che quest' accorciamento è continuo e graduale, giacché anche mitosi che morfologicamente si sarebbero giudicate essere ad uno stadio identico, presentavano invece differenze nella somma totale delle lunghezze di tutti i cromosomi loro 2). Ma natural- mente questa affermazione non può essere fatta che in seguito ad osservazioni accurate sul vivo, che sono invece in questo campo ancora scarse e contraddittorie. Infatti mentre Flemming ('82 p. 202) che indubbiamente è stato quello che più di ogni altro ha studiata accuratamente la cariocinesi sul vivo, afferma che non è possibile constatare diret- tamente movimenti dei filamenti cromatici alla profase, a causa della loro lentezza, Lavdowsky ('84 p. 91) parla di movimenti tremolanti di ispessimenti ed assottigliamenti successivi e di scom- parsa e ricomparsa di alcuni filamenti. Peremeschko ('81) aveva già descritto qualche cosa di simile come allungamenti e rapidi accorciamenti, aumenti e diminuzioni successive di raggi di una certa formazione che egli considera come divisione nucleare (epi- dermide di larva di Tritoli) e che forse lo era benché non se ne possa essere realmente sicuri. Ciò si potrebbe forse mettere in relazione con alcune recenti osservazioni di Heidenhain (07 p. 1G7). sulle quali ritorneremo an- che in seguito. Osservando sul vivo mitosi di tessuti di larve di Salamandra maculosa questo autore ha constatato all'anafase accor- ciamenti per così dire « esplosivi » di alcuni cromosomi, che pos- ') Cir. anche Tellyesniczky '05 p. 403. 2) Questa conseguenza è lecita solo se, come però è quasi sicuro, identica èia quantità di cromatina nei due casi ed identico l'andamento dell'accorciamento dei singoli cromosomi. Per la dimostrazione di questa seconda ipotesi cfr. p. 205-208. 19S Paolo Della Valle sono essere seguiti anche da ritorno più o meno rapido alle di- mensioni longitudinali precedenti '), modificando le condizioni del- l'ambiente. Si comprende che solo con ricerche accompagnate da studii sul vivo, sarebbe possibile conoscere la velocità con la quale procede questo accorciamento sia assolutamente che nei diversi momenti successivi, poiché è indispensabile sapere da quanto tempo la mitosi si è iniziata 2). Per quanto interessanti siano le notizie che solo con l'osser- zione sul vivo sarebbe possibile eseguire, nondimeno molto impor- tanti sono pure le conseguenze che si possono dedurre dal semplice studio dei preparati fìssati e colorati. Nel paragrafo precedente abbiamo visto come dalla profase alla metafase avvenga la scomparsa delle torsioni elicoidi, cioè anehe questa manifestazione della tendenza ad uno sviluppo di superficie minore e ad un ordinamento regolare della struttura interna del cromosoma avviene contemporaneamente all'accorciamento del cro- mosoma: i due fenomeni quindi sono realmente sovrapposti e fusi fra di loro, anzi non ne costituiscono che uno soltanto. Rapporti fra la forma dei cromosomi ed il loro accorciamento. Più interessante ancora è l'altra constatazione, già fatta inci- dentalmente, che, per i cromosomi nastriformi, durante l'accorcia- mento, variano solo le dimensioni, ma la forma rimane costante. Più precisamente ciò significa, che anche cromosomi derivati per notevolissimo accorciamento da filamenti nastriformi di lunghezza iniziale enormemente maggiore, conservano, fino a che le loro di- mensioni longitudinali sono ancora notevoli rispetto a quelle tra- sversali , margini laterali esattamente paralleli per tutta la loro lunghezza e non mostrano affatto uno spessore maggiore verso la parte centrale, cioè una tendenza ad una forma sferica. Essi in- vece stanno con i filamenti lunghi e sottili profasici nello stesso rapporto di forma nel quale stanno i cristalli di una data sostanza l; Si deve ricordare a questo proposito che per il periodo che va dalla pro- alia metafase Fle.mming ('82 p. 212) espressamente dice di essersi convinto da lungo tempo della non esistenza di contrazioni dei filamenti a proposito della possibile supposizione che ciò fosse la causa delle variazioni di forma della massa dui cromosomi durante cpiesto periodo, alle quali egli aveva dato il nome di sistole e diastole. 2) Per la possibilità di una tale ricerca all'anafase, cfr. Cap. V. § 2. La morfologia della cromatina 199 di habitus aciculare con cristalli di eguale forma cristallografica ma di habitus più tozzo. Nel caso invece delle mitosi che hanno cromosomi metafasici ellissoidali, se anche essi sono inizialmente nastriformi, quanto ab- biamo detto vale solo fino a che non siano stati raggiunti deter- minati rapporti fra le varie dimensioni, oltre le quali invece cambia anche il tipo della forma, cioè si passa dall'aspetto cilindroide a quello di un ellissoide più o meno allungato (cfr. p. es. Gross '04 tav. 31 fig. 6-8; Martins Mano '05; Montgomery '06 tav. 9 fig. 6-10, tav. 10 fig. 69-70, 81-85 etc). In questo modo anche nelle modificazioni che i cromosomi subiscono nei diversi momenti della mitosi, vediamo verificati gli stessi fenomeni che abbiamo potuto constatare e analizzare col paragone fra le diverse maniere di presentarsi dei cromosomi me- tafasici, che ci hanno portato alla conchiusione che queste diffe- renze sono dovute soltanto a diverso valore di alcune delle costanti fìsiche delle sostanze che costituiscono i cromosomi o dell'ambiente nel quale questi si trovano nei diversi casi. E la migliore riprova di questa conchiusione, anche per ciò che riguarda i fenomeni di accorciamento, è la seguente: normal- mente, nelle mitosi delle radici di Allium moutanum, i cromosomi anche alla metafase si presentano di forma cilindroide più o meno appiattiti, cioè con una delle dimensioni notevolmente maggioro delle altre due. Orbene, Nemec ('10 p. 261 e ss.) esponendo queste radici all'azione di un'atmosfera satura di vapori di benzina per un tempo più o meno lungo, ha potuto ottenere delle mitosi in cui i cromosomi metafasici erano non solo notevolmente più corti del normale, ma anche avevano assunto più o meno completamente una forma ellissoidale *). I cromosomi metafasici nastriformi quindi possono essere con- siderati come cromosomi pei quali la tensione superficiale normale non è stata capace di produrre un accorciamento fino alla forma ellissoidale o addirittura fino a quella sferica. l) Molto interessanti a questo proposito sono pure le fig. 52 e 53 del lavoro di Schiller ('09 pag. 597), poiché esse mostrano come bastino piccole differenze nelle condizioni dell'ambiente perchè si ottengano cromosomi notevolmente al- lungati, o quasi perfettamente sferici. 200 Paolo Della Valle Fenomeni simili per altre strutture citologiche. Tra i fenomeni citologici di natura diversa, non ne mancano di quelli più o meno prossimi a questo dell'accorciamento dei cromosomi. Ricorderò p. es. che Gakdiner ('85 p. 231) osservò che nelle cellule epidermiche del peduncolo dei tentacoli di Drosera dicho- toma, allo stato di riposo esiste un nucleo lenticolare e nel pro- toplasma un corpo di forma aciculare. Stimolando la pianta si verifica una diminuzione di turgescenza della cellula; e, parallela- mente a ciò, il nucleo ed il corpo in questione tendono ad as- sumere una forma più sferica; col ripristino fisiologico od ar- tificiale della turgidità cellulare, ritornano alla forma primitiva. Parimenti in alcuni casi (cfr. Levi '11 pag. 178, 181, 184) i con- driosomi di cellule embrionali in mitosi sono più corti e più tozzi che nelle altre cellule, e Meves ('08 p- 834) ha dimostrato che essi negli stadii ulteriori dello sviluppo del pulcino , in alcune cellule divengono più corti e più tozzi. Molto interessante è anche il pa- ragone col fenomeno deli' accorciamento rapidissimo delle fibrille muscolari, ed infatti, già Engelmann '06 p. 718 ha pensato a questo ravvicinamento (v. p. 178); ma, per quanto sia certo molto probabile che anche nel fenomeno della contrazione musco- lare l'energia di superficie e la costituzione interna della sostanza contrattile debbano avere una parte essenziale, non è probabile che la somiglianza, ira i due fenomeni possa andare molto oltre, data specialmente l'enorme differenza di velocità di accorciamento ed il modo completamente diverso col quale vengono riottenute le condizioni iniziali. Maggiore somiglianza hanno certo i fenomeni di retrazione nella massa protopl asmatica di pseudopodi filiformi, ma anche per questi ci contenteremo di notare che Rhumblkk ha dimostrato che i fenomeni di tensione superficiale vi hanno una grandissima im- portanza. Forse si potrebbe citare per 1' accorciamento dei cromosomi anche l'accorciamento anafasico delle fibre del fuso acromatico, ma non sarebbe certo un paragone capace di rendere più facile una analisi fisica del fenomeno che esaminiamo. La morfologia della cromatina 201 Accorciamenti fuori degli organismi. Anche nel mondo inorganico esistono dei fenomeni simili e si verificano ogni volta che la formazione di un determinato aggrup- pamento di parti capaci di spostarsi mutuamente fra di loro non avviene nel modo che corrisponde alla forma più stabile, sia per ciò che riguarda lo sviluppo di superficie sia per ciò che riguarda l'ordinamento interno. Il primo caso si verifica p. es. nella con- fluenza incompleta anche in modo seriale di gocce viscose l) (fre- quente specialmente nei processi di diminuzione di dispersiti dei colloidi), nella tendenza alla contrazione dui budelli di precipitati ottenuti da Quinckk (p. es. '021 p. 659-671 e '022 p. 27) versando una sottile vena di una soluzione in un'altra capace di reagire con essa ed in casi analoghi. In questi casi però, per quanto il feno- meno possa prendere l'aspetto di semplice accorciamento, quella a cui si tende è la forma sferica, ciò che, come abbiamo visto, non è esattamente il caso nostro. Qui invece sono da ricordare ancora una volta i fenomeni che si osservano nei cristalli fluenti e ciò che abbiamo detto a propo- sito della forma dei cromosomi, appunto tenendo presenti le leggi che valgono per quelli. Notiamo innanzi tutto che nel fenomeno esaminato a p. 110 della fusione in un unico cristallo di due cristalli fluidi isolati, oltre ad un orientamento molecolare comune deve verificarsi ed infatti si verifica anche una variazione di alcune delle dimensioni dall'i- nizio della fusione alla fusione completamente avvenuta, perchè l'equilibrio tra la tensione superficiale e la viscosità della sostanza cristallina nelle diverse direzioni si riotterrà solo quando si sia di nuovo raggiunta una forma complessiva simile a quella dei cristalli che si sono associati. Se quindi moltissimi piccoli cristalli fluenti di forma allungata ma non molto, si sono uniti serialmente a for- mare un lungo filamento, è evidente che questo non potrà costi- tuire una forma di equilibrio , ma dovrà progressivamente accor- ciarsi fino a raggiungere una forma complessiva unica, simile a quella dei cristalli elementari che con la loro associazione lo ave- vano formato. *) Per il vaimi' assoluto della forza che deve agire su filamenti protopla- smatici tendendo a fare assumere loro forma sferica, cfr. Bktjik '12. 202 Paolo Della Valle Qualche cosa di perfettamente corrispondente è ciò che si può osservare stirando artificialmente un cristallo fluente in modo da fare raggiungere ad una delle sue dimensioni valori superiori a quelli che sono da considerare come condizioni di equilibrio per esso. In tale caso (che facilmente si può osservare p. es. con i cri- stalli fluenti di oleato di ammonio che si producono come « forme mieliniche » attorno ad una goccia di acido oleico posto in acqua leggermente alcalina, provocando deformazioni con movimenti del coprioggetto x) ) i cristalli fluenti, stirati in fili sottili, tendono, con- traendosi, a raggiungere nuovamente la loro forma di equilibrio. A causa delle affermazioni di Heidenhain della possibile esi- stenza di contrazioni rapidissime dei cromosomi, ricorderò che pure Lehmann ('061 p. 33 ; '07, '08 p. 518-9) ha osservato qualche volta fenomeni simili proprio per quei cristalli liquidi di cui abbiamo a p. 160 citata la forma cilindroide e lo spessore costante, e che per i trichiti 2) non sono rare le osservazioni di variazioni di forma esplosive. E però da notare che in questi casi ora menzionati , il fenomeno non è spontaneamente riversibile. Possibili cause dei fenomeni di accorciamento. Nei paragoni inorganici citati, l'accorciamento è ottenuto anche nella completa assenza di qualunque mutamento dell'ambiente e- sterno, solo per la tendenza a raggiungere nuovamente, dopo fe- nomeni di associazione, la stessa forma che avevano gli elementi che si erano associati. E però perfettamente naturale che ulteriori accorciamenti possano essere dovuti anche a mutamenti dell1 am- biente esterno, come è p. es. il caso allorché i cristalli fluenti ten- dono ad assumere una forma più prossima alla sferica per la pre- senza in essi di una maggiore quantità del solvente, o quando i cristalli di albuminoidi mutano la loro forma per rigonfiamento più o meno notevole. Ciò è p. es. certamente da ricordare per gli artificiali accorcia- menti ultranormali prodotti da Nemec coi vapori di benzina, che abbiamo già riferiti, ma non è possibile dire se agiscano modifi- cando il valore della tensione superficiale dell'ambiente esterno o invece, ciò che forse è più probabile, modificando la viscosità della sostanza che costituisce il cromosoma. Tanto meno è poi possibile i) Cfr. Quincke 94 p. 601. 2) Cfr. Lehmann '88 p. 374-7. La morfologia delia cromatina 203 dire se e come nelle condizioni normali abbiano luogo durante la mitosi delle variazioni nell' ambiente citoplasmatico ') o nella na- tura della sostanza dei cromosomi che possano influire sul feno- meno dell'accorciamento prò- metafasico 2). Dall'analisi ora fatta delle modalità del fenomeno dell'accor- ciamento, si possono e si debbono trarre due conseguenze princi- pali. La prima è , come abbiamo visto a p. 149, quella della flui- dità della sostanza che costituisce i cromosomi. La seconda conseguenza è una nuova dimostrazione evidente della struttura omogenea anisotropa dei cromosomi che avevamo già dedotta dallo studio della loro forma di equilibrio. Infatti, se durante il continuo fluire e rimescolarsi della sostanza del cro- mosoma durante il suo accorciamento, la forma rimane costante e non vi è nessuna tendenza ad assumere una forma sferica fino a che le dimensioni longitudinali conservano un certo valore, ciò si- gnifica da una parte che tutta la sostanza del cromosoma è omo- genea, perchè una determinata particella che prima si trovava in un determinato punto dovrà necessariamente mutare continuamente posto durante l'accorciamento, e dall' altra che esiste sempre una forza che in tutto questo rimescolamento interno mantiene sempre costante l'orientamento generale mutuo molecolare, cioè appunto quella forza che Lehmann ha riconosciuto nei cristalli fluenti ed alla quale ha dato il nome di energia di conformazione (« (restai - tungskraft »). La velocità di accorciamento sarà dunque nei cro- mosomi direttamente proporzionale al valore della tensione super- ficiale della sostanza del cromosoma rispetto all'ambiente nel quale si trova immerso ed inversamente proporzionale alla viscosità del cromosoma nella direzione longitudinale, e potrebbe quindi servire anche come mezzo di studio di tali grandezze. i) Cfr. Berthold '86 p. 195 e 199. 2) Nel caso che le condizioni del sistema fossero da considerare come co- stanti dalla profase alla metafase, per ciò che abbiamo detto, l'accorciamento dei cromosomi sarebbe una nuova prova indiretta della prima origine dei cro- mosomi per associazione di elementi isolati. 201 Paolo Della Valle La proporzionalità délV accorciamento alle dimensioni iniziali. Metodi di analisi. È possibile ottenere indirettamente e per un'altra via notizie nuove intorno alle leggi secondo le quali avviene l'accorciamento dei cromosomi, servendosi proprio di quel fenomeno che a prima vista sembrerebbe rendere tale studio impossibile, cioè mediante l'esame della variabilità delle loro dimensioni in una stessa mitosi. A questo scopo però naturalmente non sono i valori dei sin- goli cromosomi delle diverso mitosi che debbono essere paragonati fra loro, ma i diversi andamenti complessivi della variabilità loro nei diversi casi. Questo paragone molto comodamente riesce usando invece che i dati obbiettivi determinati o le curve di distribuzione teoriche calcolate per le diverse mitosi, le rette interpolate col me- todo dei minimi quadrati *) fra i dati obbiettivi di ciascuna delle mitosi studiate, ohe rappresentano ancora con sensibile approssima- zione l'andamento delle seriazioni e bene si prestano alle compa- razioni fra i diversi casi ed alle relative considerazioni 2). Le diverse rette ottenute in questo modo, naturalmente, dif- feriscono fra di loro per l'inclinazione che presentano rispetto al- l' asse delle ascisse , e per i valori che hanno le ascisse dei loro punti estremi. Ma se, come nella figura qui annessa, le diverse rette vengono riportate assieme facendo coincidere termini omologhi di ciascuna seriazione3), dall'analisi comparativa loro, risulta evidentemente un fenomeno che, nonostante le piccole inesattezze dovute certamente agli errori di osservazioni inevitabili in determinazioni così difii- eili , alla non completa coincidenza delle rette con la realtà dei fenomeni e forse anche a differenze accidentali fra una mitosi ed un'altra, si può ritenere come completamente dimostrato per que- ») Cfr. p. es. Benini '05 p. 158-171. 2) Qui, come nelle tabelle a p. 129 e ss., l'unità è u. 0,38 (cioè un millimetro di disegno all' ingrandimento di — — j :i ) L'ur le seriazioni con un diverso numero di termini ho considerato come privi di omologhi gli elementi di dimensioni minori, cioè ho fatto coincidere le estremità delle seriazioni corrispondenti alle dimensioni massime. Questo è cer- tamente il minimo errore possibile. La morfologia della cromatina 205 sto caso, cioè la loro disposizione a ventaglio, come se irraggiassero da un unico punto posto sull'asse delle ascisse. Se ora noi consideriamo fìsse e coincidenti le posizioni dei cro- mosomi nella seriazione di due mitosi con identico numero di cro- mosomi, da questo fatto notato, con un semplicissimo ragionamento geometrico x), potremo conchiudere che V 'accorciamento che i cromo- somi subiscono è proporzionale alla loro lunghezza iniziale, ovvero, ciò che è lo stesso ma meglio si presta ad ulteriori considerazioni i) Infatti 0 B F DF : AB = OD : OA ; DE : AC = OD : OA ; DE : AC = DF : AB ; DE : DF = AC : AB Del resto ciò è dimostrato anche dalla sensibile costanza nelle diverse mitosi / lOOo \ del coefficiente di variazione I — - — I, costanza diesi può ottenere solo se va- riano in modo proporzionale l'indice di variabilità e la media aritmetica. 200 Paolo Della Valle Media aritmetica Ragiono della progress. 61.4 47.6 53.0 13.6 30.1 24.3 L6.8 5.09 1 Valori osservati. ( Valori secondo la prò progressione. 2.67 2.40 2.66 1.46 1.38 0.90 Valori osservati. Valori secondo la progressione. Valori osservati. Valori secondo la progressione. Valori osservati Valori secondo la progressione. . . Valori osservati. ' Valori secondo 1 a progressione. Valori osservati. I Valori secondo la progressione. . i Valori osservati Valori secondo la progressione. 25.2 27.5 31.1 25.9 29.0 32.1 18.5 21.0 21.4 15.6 1S.2 20.9 29.9 31.5 37.3 28.9 31.3 33.7 11.6 15.3 18.5 10.4 13.0 15.7 15.0 15.0 15.5 12.6 14.1 15.5 11.2 11.8 8.9 10.3 11.7 6.7 6.9 7.6 7.4 8.3 9.2 35.6 35.1 23:1 23.5 38.2 36.1 21.1 18.3 16.7 17.0 15.3 13.1 8.2 10.1 36.6 36.7 38.2 41.3 27.0 29.3 26.2 28.9 41.1 43.5 38.5 40.9 22.8 23.8 21.0 23.7 16.8 21.9 18.4 19.9 15.5 16.6 14.5 15.9 9.2 11.0 11.5 11.9 :;<;.! il. 2,i.l 31.6 44.0 i:;;; 24.7 •_'»;.:;, 22.8 21.4 18.2 17.3 15.9 12.8 La morfologia della cromatina 207 39.0 40.0 47.7 51.4 54.1 55.3 58.3 62.3 65.4 781 84.7 86.5 89.2 93.6 104.3 112.8 121.1 -17.:. 506 53.7 56.7 59.9 62.9 66.1 69.1 72.2 75.3 78.4 81,5 84.6 87.7 90.7 93.8 96 9 30.1 31.8 33.3 37.4 38.8 50.6 50.7 59.4 60.1 60.3 62.1 62.6 64.3 71.1 72.2 72.7 75.1 78.2 34.C 36.9 39.6 42-3 44.9 47.6 50.3 52.9 55.6 58.3 60.9 63.6 66.3 69.0 71.6 74.2 76.9 79.5 45.2 46.0 49.2 50.2 53.5 54.9 55.1 59.8 61.2 61.7 62.6 75.3 82 0 89.5 45.7 48.1 50.5 53.0 55.3 57.7 60.1 62.5 64.9 67.3 69.7 72.1 74.5 76.9 24.7 28.4 29.7 37.6 40.9 46.2 46.5 46.6 49.4 53.8 55.1 55.2 55.2 59.0 60.7 64.4 78.9 80.4 29.0 31.4 34.6 37.0 39.6 42.3 44.9 47.6 50.2 52.6 55.6 58.2 60.9 63.5 66.2 68.9 71.5 74.2 23.0 24.6 25.7 26.6 28.2 28.8 29.8 32.0 32.1 32.8 34.4 38.5 42.0 43.4 ll.r, 45.3 46.2 51.7 22.8 24 3 25.7 27.2 28.7 30.1 31.6 33.1 34.5 36.0 37.4 38.9 40.4 41.8 43.3 11.7 46.2 47.6 19.0 19.9 20.7 21.4 23.8 28.0 28.4 28.6 31.8 32 0 32.5 35.0 35.8 36.5 37.3 39.9 18.7 20.1 21.5 22.9 24.3 25.7 27.1 28.5 29.9 31.3 32.7 34.1 35.5 36.9 38 3 39.7 16.7 17.2 17.4 17,1 18.6 19.2 20.3 20,6 20.9 21.2 21.7 22.9 23.1 24.4 25.9 13.7 14.6 15.5 16.4 17 3 18.2 19.1 20.0 20.9 21.8 22.7 23.6 L'I,-) 25.4 26.3 83.5 76.8 208 Paolo Della Vallo sulla struttura e natura dei cromosomi che tale accorciamento è uni- forme per tutti e costante 'per unità di lunghezza. Deduzione dell'omogeneità e dell' identità di tutti i cromosomi. Dato ciò che abbiamo detto precedentemente, queste due enun- ciazioni portano necessariamente alle due conseguenze: I. Chei singoli cromosomi debbono avere caratteri identici per tutta la loro lun- ghezza: IL Che tutti i cromosomi di una mitosi debbono essere considerati come identici fra di loro. Infatti la prima conseguenza — che del resto avevamo già de- dotta dalla proporzionalità del numero delle torsioni profasiche alla lunghezza assoluta dei singoli cromosomi (cfr. p. 90) e dal fenomeno dell'accorciamento (cfr. p. 203) — è perfettamente logica «piando si consideri che la costanza di accorciamento per unità di lunghezza significa che costanti sono anche per unità di lunghezza le cause che tendono a produrre e le cause che tendono a resistere all'accorciamento, cioè la tensione superficiale e la viscosità che a quella si oppone. La seconda conseguenza è anche evidente, perchè un accor- ciamento uniforme per unità di lunghezza di qualunque cromosoma può solo allora verificarsi quando anche identica per tutti sia la tensione superficiale e la viscosità che le si oppone. Ciò equivale a dire anche che se ciò, come infatti è, si verifica, tutti i cromo- somi debbono essere considerati come identici fra di loro ed omo- genei per tutta la loro lunghezza. E curioso che sia proprio lo studio «li quelle differenze di dimensioni sulle quali si è creduto di poter basare una dello più sicure prove delle differenze fra i cromosomi, quella che ci fa giungere a questo risultato. La diminuzione di volume dei cromosomi. I cromosomi però non si accorciano rimanendo di volume co- stante. Certo mano mano che diminuiscono le dimensioni loneitu- din;di aumentano alquanto le dimensioni trasversali, ciò che si esplica con l'aumento dello spessore dei filamenti cromatici, evidente dalla profase alla metafase ') anche nei cromosomi che restano sempre di forma allungata, ma specialmente chiaro allorché l'accorciamento J) Per le variazioni ili forma e
  • ::, ~>4. ila Nemec '10 p. 170 e 171, fig. 88 e 89) Mitocondrii (?) scissi longitudinalmente nelle cellule giganti di Viti» gongyloides infetti' da Eeterodera. Fi)/. 55. da I.kwitskv '11 tav. 17 fig. l'i) Forme regressive di condriomiti ?) di cellule epi- dermiche di Asparagus. Fig. 56. .57 (da Rkinki: '96 tav, ,'i fi^ 2 Cristalloidi di cellule interstiziali del testicolo umano. Alcuni di questi spontaneamente scissi in due metà longitudinali. Fig. -"a da Rkinki: '96 tav. 5 fig. .'J alcuni) Cristalloidi di cellule interstiziali del ti umano, scissi longitudinalmente. /•'/.'/. 59. ila RfJCKERT '99 tav. 52 fig. 21 e) Granulo ili vitello grossolano di uovo di Torpedo mormorata spontaneamente scisso in due parti. /■';>/. 60. da Zim.mkkm ann '93' tav. I fig. 15) Cristalloidi spontaneamente frammentati dei nuclei delle cellule della parete di un giovane ovario di Alectrolophut major. 216 Paolo Della Valle condizioni esterno al cristallo (cfr. Lehmann '88 p. 390-3, e p. 454-4 ; Retgeks 92 p. 287-8) 1). Fra questi fenomeni ricorderò specialmente che in determinate condizioni soluzioni di fosfato acido di potassio e solfato di magnesio per raffreddamento depo- sitano dei cristalli che si scindono spontaneamente in due metà allorché hanno raggiunte date proporzioni. Questo fenomeno in- dusse nel 1884 Famintzin che per primo lo osservò, a considerarlo come strettamente affine alla divisione cellulare. Tale analogia però, rullio ha fatto osservare Lehmann ('88 p. 393), non può essere che solamente formale, data la grande complicazione del sistema cel- lulare e l'omogeneità dei cristalli (v. anche p. 169-170); ma, quando si consideri ciò che abbiamo precedentemente detto intorno ai cro- mosomi, il fenomeno in questione assume un nuovo interesse. Specialmente notevole è poi la constatazione che questo fe- nomeno di spontanea sfaldatura di cristalli può verificarsi anche per i cristalli fluenti e liquidi e. ciò che specialmente ci interessa, anche per cristalloidi di albuminoidi. Per i cristalli fluenti di oleati alcalini è notevole specialmente una figura di forme mieliniche date da acido oleico posto in li- quido alcalino, pubblicata da Quincke ('94 p. 603 tav. 8 fig. 5), dalla quale sembra che si abbia il diritto di conchiudere alla ve- rificazione di una scissione longitudinale dei cristalli fluenti che così si formano, allorché questi abbiano raggiunto un determinato spessore. Ricorderò pure che lo stesso autore, osservando i feno- meni che si verificano nella lenta soluzione in acqua della schiuma formatasi per 1' aggiunta di acido oleico contenente in soluzione nienti alcalini, trovò ('94 p. 607, tav. 8 fig. 20), che compaiono filamenti simili a, quelli delle forme mieliniche, che possono risol- versi in filamenti risultanti da serie di granuli (dell'ordine di gran- de/./,;! dei cromosomi), ed in alcuni casi si possono osservare anche due filamenti identici esattamente paralleli fra loro, dovuti proba- bilmente a scissione longitudinale di un unico filamento originario e IV. Fig. 52). J) E interessante qui notarcene Retgbrs ('92 spec. p. 283) considera queste tensioni spontani e nell'interno del cristallo, come la causa indiretta del limite di accrescimento delle dimensioni dei cristalli di determinate sostanze in determi- niiii' .-(.udizioni. Sembra, egli dice f95 p. 196 nota), che con l'aumentare delle dimensioni del cristallo cresca la sua tensione e che il cristallo si spezzi quando la i' nsione ha raggiunto un certo valore. La morfologia «U'J 1 n cromatina 217 Circa ai cristalli liquidi è da ricordare l'osservazione di Lehmanx (cfr. p. es '061 p. 35 e 06:! p. 606) di spontanea scissione in < I u« - di cristalli liquidi primitivamente unici, fenomeni che egli inter- preta dal punto di vista fisico corno passaggio dell'orientamento molecolare della sostanza ad un equilibrio più stabile ed in cui crede di vedere anche una analogia con la divisiono cellulare. Anche qui però è da far notare che l'analogia è senza paragone maggioro con la scissione longitudinale dei cromosomi omogenei ed anisotropi che con la divisione di un sistema eterogeneo (piale la cellula. Il clivaggio spontaneo di cristalli di albuminoidi. Quanto ai cristalli di albuminoidi, oltre le osservazioni già citate di Nemec e di Lkvitsky in cui la natura cristalloidica delle formazioni in questione poteva essere dubbia, è da ricordare che Schimper C81 p. 155-6) nella sua rivista sintetica sulla cristal- lizzazione degli albuminoidi, considerala sfaldatura spontanea come fenomeno frequente dei cristalloidi, specialmente allorché, questi sono sottoposti per il rigonfiamento a rapide variazioni di volume. Così p. es. i cristalloidi di Bertholletia excelsa seccati all'aria, al- lorché vengono rapidamente inumiditi, spontaneamente si frammen- tano secondo piani di sfaldatura, e quelli dei semi di Ricinus com- munis allorché vengono posti in soluzioni nelle quali si rigonfiano, si separano frequentamente in due metà parallelamente ad una faccia di ottaedro (cfr. Schimper '81 p. 141; v. anche p. 143 per i cristalloidi della patata). Interessantissimi fra tutti i fenomeni simili, sono quelli che Reinke ("96 p. 39 e taf. 5) ha descritti per i cristalloidi che si trovano nelle cellule del testicolo umano, sia per la forma degli elementi che, come abbiamo visto, tanto si approssima a quella di alcuni cromosomi, sia per la grande somiglianza che questo fenomeno di clivaggio spontaneo longitudinale di tali cristalloidi presenta in modo evidente con la divisione longitudinale dei cro- mosomi (cfr. Fig. 58). È da ricordare anche a questo proposito che recentemente Winiwarter ('12 p. 119), studiando i cristalloidi delle cellule di Sertoli dell' uomo, si é imbattuto in immagini (tav. 6 fig. 8), che lo hanno indotto a supporre che il loro aumento di numero possa avvenire anche per scissione dei preesistenti. Simili osservazioni sono staio frequentemente Patte anche per quegli altri cristalloidi che sono le placchette vitelline delle uova 218 Paolo Della Valle meroblastiche dei Vertebrati e specialmente degli Anamni. .Toh. Mùlleb * '42 p. 37-8), avendo osservato nei granuli di vitello di Se- laci la tendenza alla separazione della massa secondo determinate direzioni è forme geminate separate alle estremità ed ancora conti- nue nel mezzo, credette che tali placchette vitelline si moltiplicas- sero per scissione; Virchow (52 p. '239) ottenne frammentazione dell*' placchette vitelline di uova, di Anuri con lunga azione del- l'etere; Valenciennes e Frémy (54 p. 482) richiamarono l'atten- zione sulla notevole tendenza che hanno quelle delle uova di Se- laci a scindersi secondo un piano di sfaldatura, sia per condizioni accidentali che per azione meccaniche (cfr. anche Fig. 59); simile osservazione ha fatto anche Radlkofer ('58 p. 53'2) per le plac- chette vitelline delle uova di Carpa, notando che tale fenomeno può essere ivi prodotto da pressione, parziale disseccamento, e special- mente da agenti che tendono a produrne la soluzione. Si può ri- cordare a questo proposito anche l'osservazione di Rudnkw ('98 1 di una scissione passiva di un granulo di vitello in una divisione cellulare del parablasto di Coregonus 1). Analogie e differenze fra la divisione degli organismi, dei cromosomi e 'lei cristalli. Abbiamo dunque potuto trovare, fuori dei cromosomi, e fuori degli organismi nei cristalli colloidali ed in quelli fluenti, liquidi, e solidi casi di scissione longitudinale esattamente paragonabile a quella che presentano di solito i cromosomi alla metafase, che è poi anche identica con ogni probabilità a quella che possono pre- untare numerosi istomeri. Che bisogna conchiudere da ciò ? Forse che anche per sostanze non organizzate esistono fenomeni di mol- tiplicazione paragonabili a quelli degli organismi (Famintzin, Leii- m \nm); o non invece piuttosto che la scissione in due di un sistema omogeneo è soltanto un epifenomeno della vita, ed è riportabile anch'esso all'azione di forze fisiche relativamente semplici ? A me sembra che la risposta non possa essere dubbia. Cominciamo con lo stabilire un punto essenziale , quale è quello della assoluta eterogeneità, almeno dal punto di vista mor- J) Sono da aggiungere a questa enumerazione anche alcuni fenomeni osser- vati ,1;, Zimmbemann ('932 tav. 1 fig. Il, lo. 21) per cristalloidi endonucleari di piante, die sembrerebbero parlare anch'essi in favore dell'esistenza di sfalda- ture spontanee (cfr. Fig. 60). La morfologia della cromatina 219 fologico, fra la moltiplicazione di un organismo per scissione e la elivisione in cine parti di un sistema omogeneo, sia esso vivente o non. Nel primo caso, se realmente si traila di un sistema ete- rogeneo, tale che i diversi punti e non solamente Le diverse di- rezioni abbiano proprietà differenti (cfr. p. 170), una metà otte- nuta artificialmente con un taglio non è, almeno in primo tempo, assolutamente identica qualitativamente al tutto che è stato di- viso, e lo diviene soltanto in seguito mediante fenomeni di dis- differenziazione, ridifferenziazione e rigenerazione delle singole parti, e ciò, sia che si tratti di un'Ameba che di una. Planaria. Ma diverso è invece il caso per i sistemi omogenei, anche se anisotropi, come si può vedere in modo chiarissimo esaminando la divisione di un unico muscolo in due, ovvero il clivaggio di un cri- stallo. Tu ambedue questi casi, apparentemente tanto diversi, le due metà che così si ottengono hanno senz'altro caratteri identici fra di loro ed identici a : 3lli del tutto originario, dal (piale dif- feriscono soltanto per la massa. Nessuna disdifferenziazione, nes- suna rigenerazione è necessaria, perchè omogenea era la massa nella direzione normale al piano di scissione, ed ogni punto equi- valeva, attualmente, l'altro l). L'unica differenza fra il muscolo e il cristallo è che in un caso l'omogeneità si arresta anche pi-ima della cellula muscolare (fibrille muscolari, sarcoplasma , nucleo, nervi, vasi, connettivo), e nell'altro invece si* arresta all'elemento del reticolato molecolare pei cristalli ideali, o alla maglia macel- lare per i cristalli colloidali 2). Dato ciò, qualunque forza che giunga a produrre una separa- zione fra due parti di una massa omogenea, avrà come effetto una « moltiplicazione per scissione > della massa preesistente, senza che questa abbia nessun significato vitale, diversamente da quella eli e si verificava nel caso precedentemente analizzato della moltiplica- zione di un organismo, cioè di un sistema eterogeneo. Ma una differenza essenziale esiste fra i sistemi omogenei vi- venti e quelli non viventi. In questi ultimi, una, metà di una massa i) Molto interessante, ma qui fuori posto, sarebbe continuare in quest'ana- lisi con la quale strettamente si connettono i problemi dell'origine, del signi- ficato e dell'alterazione dei sistemi armonici equipotenziali di Deibsch. 2) Per i cromosomi quindi o ammettere una omogeneità del tipo 'li una struttura micellare o di altro genere (p. es. anche del tipo di quelle descritta da Altmann, dato che non si tratti di artefatti di preparazione), non ha nessuna importanza teorica. 220 Paulo Della Valle originaria, non sarà spontaneamente capace di ridiventare di massa doppia, mentre nei sistemi omogenei viventi, non in quanto sono omogenei, ma in quanto sono viventi, cioè fanno parie di un or- ganismo eterogeneo che ha un metabolismo tale elio indirettamente può produrre aumento di massa, del sistema in questione J), una metà può ritornare alle condizioni iniziali, se non di per se, al- meno in modo naturalmente eielico. Le cause che probabilmente provocano la divisione longitudinale dei cromosomi. Premesso eiò, possiamo domandarci : Quali sono nel caso dei cromosomi le forze ohe producono la scissione longitudinale? È per prima eosa dato di osservazione, che per ogni sistema, anche se omogeneo, esiste un determinato limite massimo di dimen- sioni, più o meno fisso per determinate condizioni. Anche solo questo fatto basta, per dimostrare che, se per una ragione qualunque tale limile; massimo venga sorpassato, si può prevedere che esistano meccanismi naturali che spontaneamente ricostituiscono tosto di- mensioni minori. Abbiamo ricordato ampiamente questi fenomeni a proposito della prima origine dei cromosomi e delle leggi del loro numero e grandezza assoluta, fermandoci specialmente sui fe- nomeni della costanza media delle dimensioni assolute delle gocce di un'emulsione o dei cristalli di una sostanza in determinate con- dizioni, e notando che ivi causa essenziale della esistenza di di- mensioni medie determinate è l'energia di superficie del sistema. Ma qui, nel caso della divisione longitudinale dei cromosomi, si tratta di un fenomeno certamente diverso. Prima di tutto essa si può verificare in modo per così dire esplosivo, quasi contempo- raneamente per tutti i cromosomi; inoltre (come vedremo fra poco) il fenomeno dell'accorciamento dei cromosomi continua anche dopo la scissione metafasica; ed infine, come ampiamente esporremo nel sesto capitolo, un aumento di sviluppo di superficie della cro- matina rispetto all'ambiente, si deve verificare, come infatti si ve- rifica, in ben altra maniera: come rigonfiamento e come corrosione esterna ed interna, non come una netta scissione longitudinale in- terna 2). ') Per i cromosomi cfr. Flemming "82 i>. 211 -2. £) E invece inolio probabile (Giardina '02', che variazioni localizzate di tensione superficiale possano avere importanza nel fenomeno, di natura coni- La morfologia della Cromatina 221 Questa invece, come abbiamo visto, somiglia molto da vicino ai fenomeni di clivaggio dei corpi cristallizzali, ed è quindi pro- babilissimo che siano da tener presenti molto (li più ohe le leggi della dinamica delle superficie, quelli! che regolano l'ordinamento molecolare delle sostanze cristalline, sia come equilibrio puramente interno che come equilibrio fra le attrazioni molecolari interi le forze esterne. Naturalmente, qui forse anche più che altrove, l'i- gnoto ci circonda , ma pure non possiamo fare a meno di notare che le cause della separazione in parti di un cristallo, possono tro- varsi anche nel cristallo stesso per mutamenti di varia natura in- terni o dell'ambiente, senza che sia proprio necessaria l'azione sul cristallo di una causa grossolanamente meccanica 1). Quanto alla scissione longitudinale dei cromosomi sono per lo meno curiose alcune coincidenze costanti: I. Che essa suole verifi- carsi solo dopo che i filamenti cromatici hanno subito un accorcia- mento più o meno notevole ed un parallelo aumento di spessore; IL Che la direzione della separazione delle due metà che così si ottengono, è perpendicolare all'asse longitudinale del cromosoma, che è anche quello secondo il quale agisce la pressione dalla quale deriva l'accorciamento del cromosoma 2); III. Che la separazione av- viene secondo il piano del minimo spessore dell'elemento, che, per ciò che abbiamo detto a p. 159-160 e 165, deve essere considerato anche come quello di minima viscosità 3). pletamente diversa, dell'allontanamento delle due metà prodotte dalla scissione longitudinale. *) Cfr. oltre le scissioni spontanee dei cristalli sopra citati, i fenomeni d[ spezzettamento in piccoli cristalli di trichiti di alcune sostanze col mutare d elle condizioni del sistema o con l'aumento di spessore loro (cfr. per questi Lehmann "88 p. 374-7) Con tali fenomeni stanno probabilmente in relazione anche lo spez- zettamento trasversale di cromosomi lunghi in due o più frammenti, che, coe- sistendo assieme alla normale divisione longitudinale, possono produrre p. es. l'aspetto noto sotto il nome di tetradi (cfr. P. Della Valle "07). Considerate da questo punto di vista, le scissioni trasversali dei cromosomi stanno alla divi- sione longitudinale, come in un cristallo una data direzione di sfaldatura sta ad un'altra direzione di sfaldatura ad angolo retto con la precedente e relati- vamente molto più facile. 2) Pei rapporti fra la direzione della pressione e quella della sfaldatura nei cristalli cfr. p. es. Lehmann '88 p. 81. :i) Non è escluso che nei casi delle mitosi normali possa coadiuvare la se- parazione delle due metà una trazione perpendicolare all'asse del cromosoma, esercitata dal sistema acromatico qualunque possa essere il modo della sua azione (v. anche p. 151). L'anisotropia anche trasversale del cromosoma (v. p. 222 Paolo Della Valle Si può per queste ragioni per lo meno dubitare che la pres- sione che la tensione superficiale esercita su questi cristalli fluenti deformandoli progressivamente non possa forse avere influenza nel determinarne una separazione in due metà longitudinali, analoga- mente a ciò che si può verificare in un cristallo che sia compresso in una direzione parallela ad una faccia di clivaggio. Possibili rapporti fra la direzione della divisione longitudinale e la struttura molecolare della cromatina. A proposito di questo fenomeno della scissione in due del- l'unico cromosoma iniziale, è bene notare che attualmente vi sono ragioni per credere verosimile, almeno in alcuni casi, che nei cri- stalli non solo le molecole siano disposte in modo determinato, ma anche che ognuna di esse sia orientata, in modo cioè che ogni determinato gruppo atomico molecolare sia rivolto in una deter- minata direzione del cristallo !). Se una tale . affermazione potrà acquistare valore generale, potrebbe non essere impossibile che l'orientamento delle molecole di cromatina nella massa del cro- mosoma fosse tale che il piano di scissione del cromosoma fosse parallelo alla direzione secondo la quale potrebbe verificarsi, in un momento del ciclo bio-chimico della cromatina, anche lontano da questo, lo sdoppiamento dell'ipotetica molecola deila cromatina 2). In questo modo la scissione longitudinale del cromosoma, pur non essendo essa stessa un fenomeno strettamente vitale, potrebbe pure essere collegata a fenomeni realmente vitali. Infatti, quando alla mitosi successiva, per gli sdoppiamenti molecolari avvenuti e per l'identità così ottenuta di massa, di ordinamento e di orientamento della cromatina si saranno di nuovo ricostituite le stesse condi- zioni che avevano allora determinata la divisione longitudinale, questa si verificherà di nuovo se saranno di nuovo eguali anche le condizioni esterne. Analogamente 1' individualizzazione di due muscoli da un unico muscolo preesistente è un fenomeno che dipende da alcune cause (p. es. mobilità varia di diversi punti di attacco), ma è espres- L66 . spiegala direzione costante della sfaldatura e la bipolarità degli elementi cromatici metafisici , sulla (piale ha insistito specialmente Boveri (cfr. p. es. '04 p. 24-5). 1 Cfr. p. es. Muthmann '94. 2) Cfr. spec. Giglio-Tos "99. La morfologia della cromati un 223 sione dell' aumentato numero delle fibrille muscolari , moltiplica- tesi in modo completamente autonomo, ma sempre orientate in una determinata maniera. %. Rapporti fra la divisione longitudinale e l'accorciamento anafasico dei cromosomi. Deduzione di un accorciamento consecutivo alla divisione. Se sono esatte le considerazioni precedentemente svolte sulla causa della forma dei cromosomi, su quelle del loro accorciamento e sulla natura della divisione longitudinale, allorché questa si è verificata sono prevedibili anche alcune altre modificazioni mor- fologiche delle metà così ottenute, che infatti realmente si pos- sono constatare. Infatti, ciascuna delle metà viene ad avere, appena separata dall'altra, una lunghezza ed uno spessore eguale a quello del cro- mosoma originario, ma una larghezza metà, e quindi il rapporto fra le tre dimensioni è molto lontano da quello che abbiamo visto dover essere considerato come condizione di equilibrio fra la ten- sione superficiale e la viscosità nelle diverse direzioni. In altri ter- mini è prevedibile che per questa ragione ciascuna delle due metà, appena divenuta libera, si troverà in una condizione di disquilibrio analoga a quella di un cromosoma di massa metà del precedente ma che fosse stato stirato fino a fargli raggiungere una lunghezza corrispondente ad una massa doppia, notando però che l'assotti- gliamento riguarda una soltanto delle sue dimensioni trasversali. Le due metà quindi tenderanno subito a riassumere per rior- dinamento interno quello stesso rapporto fra le varie dimensioni che esisteva per il cromosoma unico primitivo, cioè la lunghezza e lo spessore debbono diminuire, mentre la larghezza deve ten- dere a riacquistare quasi il valore che aveva alla metafase. Poiché inoltre abbiamo visto che anche alla profase è senza paragone più intensa la diminuzione di lunghezza che quella di spessore, anche in questo caso sarà prevedibile che la diminuzione di spessore sarà quasi trascurabile rispetto alla diminuzione di lunghezza. Possiamo quindi prevedere che dopo la scissione longitudinale ciascuna delle due metà dei cromosomi dovrà tendere a raggiun- gere uno spessore quasi eguale a quello che aveva il cromosoma 224 Paolo Della Valle alla metafase ed una lunghezza quasi metà, e tutto ciò senza che si verifichi alcun mutamento nelle condizioni del sistema. Conferma obbiettiva. Ora è impressionante che tutte queste deduzioni puramente teoriche si trovino completamente confermate dall'osservazione ob- biettiva. È infatti facilissimo confermare, specialmente nelle mitosi con cromosomi nastriformi, una antica e dimenticata osservazione fatta dal più accurato ed obbiettivo studioso della mitosi normale. Come semplice constatazione di fatto, e senza annettervi alcuna impor- tanza teorica, Flemming ('82 p. 216-7 e fig. N p. 234) ha notato infatti che mentre le due metà in cui si separano alla metafase i cromosomi hanno inizialmente lunghezza eguale e spessore metà degli elementi originarli, alla fine dell'anafaso finiscono invece per avere lunghezza metà l) e spessore eguale a quello dei cromosomi metafasici prima della scissione (cfr. Fig. 48-50): cioè proprio quanto avevamo preveduto. I cromosomi dei periodi tardivi dell' anafase riprendono quindi di nuovo esattamente le proporzioni relative che abbiamo studiate a proposito dei cromosomi metafasici, solo con una massa metà e quindi con una lunghezza metà 2). In altri termini, la scissione longi- tudinale che riduce a metà la larghezza, finisce invece per ridurre a metà la lunghezza, fenomeno questo dal quale si può dedurre che identico è l'effetto finale sia che si divida longitudinalmente, sia che si divida trasversalmente un cromosoma, purché si riduca alla metà la massa originaria del cromosoma 3). E pensare che sul 1) Berthold '86 p. 205 nel suo tentativo di analizzare i fenomeni della mitosi «la un punto di vista fisico, nota l' accorciamento anafasico, ma non avendo bene notati i dati di fatto ne dà una interpretazione erronea 2) Questo fatto è anche una buona prova della sensibile identità di condi- zioni all'esterno del cromosoma durante questo periodo di accorciamento conse- cutivo alla scissione longitudinale. Per i rapporti che probabilmente esistono tra questo fenomeno ed i rari casi di scissione longitudinale anafasica, cfr. Cap. VI § 1. 8) Questa conseguenza si può dedurre anche dai caratteri delle sostanze fluide anisotrope per le quali la forma finale di equilibrio in condizioni deter- minate è costante per una determinata massa, ed a questa quindi ritorna qua- lunque siano le deformazioni transitoriamente prodotte. La morfologia della cromatina l'-'ó significato diverso di questi due tipi di scissione della massa dei cromosomi si sono scritte migliaia di pagine ! Criterio della realtà di una divisione. Questo fenomeno della diminuzione anafasica della lunghezza dei cromosomi come effetto del dimezzamento della massa in cia- scuna metà, ha anche altre conseguenze interessanti. Una prima è quella di darci alcuni indizii sull'epoca probabile alla quale real- mente si verifica la scissione longitudinale. Infatti ciascuna delle due metà nelle quali si separa in questo modo il cromosoma, solo allora potrà cominciare ad assumere la forma e le dimensioni ohe le competono per la sua massa, quando realmente sia separata e libera dalla metà opposta. Ora, poiché la forma di equilibrio di un cromosoma per una determinata specie di mitosi è abbastanza nota. ed in ogni modo la serie delle forme possibili di equilibrio è sempre quella analizzata a p. 154-5 e 164-5, potremo con sufficiente si- curezza affermare che una divisione longitudinale è avvenuta real- mente , quando oltre l'esistenza più o meno illusoria di una linea di separazione mediana, si potrà anche constatare che le due metà, considerate come un tutto solo, formerebbero un nastro più largo di quanto il paragone con le altre mitosi non renda verosimile. Infatti , come abbiamo visto , come conseguenza della scissione longitudinale, la larghezza di ciascuna metà tende a ridiventare eguale a quella del tutto originario e quindi, se le dm* nuda ancora sono prossime, solo la larghezza del complesso dovrà apparire doppia del prevedibile, specialmente se confrontata con lo spessore, che non aumenta in seguito alla scissione longitudinale. Ora, esami- nando sotto questo punto di vista i vari casi pei quali è stata af- fermata 1' esistenza di scissioni longitudinali precocissime, si vede che in generale si tratta di illusioni ottiche o di artefatti di pre- parazione e che, quasi sempre si può dire che la reale separazione del cromosoma in due metà, non si verifica che nei momenti che immediatamente precedono la metafase. Archivio zoologico italiano, Voi. Vi. lo 226 Paolo Della Valle La velocità dell'accorciamento anafasico e le costanti tisiche dei cro- mosomi. Lo studio di questo accorciamento dei cromosomi causato dal dimezzamento di massa dovuto alla scissione longitudinale, potrebbe avere importanza anche per la conoscenza delle costanti fisiche loro, se, come prima approssimazione, consideriamo costanti durante questo breve periodo, le condizioni esterne. Qui infatti -diversamente dal caso dell'accorciamento degli elementi cromatici originarli, che si verifica dal primo inizio della mitosi alla metafase — conosciamo: il momento nel quale si inizia il processo (momento della scissione longitudinale); la lunghezza iniziale (lunghezza dei cromosomi al momento della scissione lungitudinale); ed il disquilibrio tra la con- dizione di equilibrio e quella di partenza. Lo spostamento dei singoli elementi cromatici nell'ascensione polare anafasica, poi, ci permette anche di conoscere con relativa esattezza lo spazio di tempo trascorso fra il momento dell'inizio del processo e quello che si esamina, tanto più che, essendo abba- stanza rapido il passaggio dalla posizione equatoriale a quella po- lare, le differenze di posizione dei cromosomi lungo questo percorso- sono un indice cronometrico abbastanza delicato. Come prima ap- prossimazione si può dire che le metà prodotte dalla scissione lon- gitudinale raggiungono nuovamente una larghezza sensibilmente eguale a quella dei cromosomi metafasici, pochissimo dopo la fine della loro migrazione anafasica, cioè in un tempo che non deve essere molto diverso da cinque minuti primi *). Ora chi consideri che la viscosità dei cromosomi non deve essere molto maggiore di quella di una soluzione di gelatina ai limiti della fluidità, e spe- cialmente tenga presente la piccolezza dei valori assoluti delle di- mensione cromosomiche, dovrà necessariamente conchiudere che la tensione superficiale fra la fase cromosoma e l'ambiente esterno che è causa dell'accorciamento, nemmeno in questo periodo, durante il (juale è probabilmente massima, deve raggiungere un valore as- soluto abbastanza notevole. In ottimo accordo con queste consi- derazioni stanno le osservazioni sul vivo fatte da Heidenhain sul- l'accorciamento dei cromosomi di mitosi di larve di tritone durante l'auafase, poiché egli vide appunto (07 p. 107) « dass ganz lange ' Cfr. p. es. Jolly '04. La morfologia della cromatina 22"! Chromosomen in wenigen Augenblicken sioh energisch zusarnmen- ziohen », ciò che si comprendo se, come abbiamo detto, avvenuta la scissione longitudinale gli elementi cromatici vengono a trovarsi rapidamente in condizioni di grave disquilibrio con l'ambiente. 3. Altri aspetti della divisione longitudinale La divisione longitudinale di cromosomi elicoidi e gli strepsinemi. In intimo rapporto con questo problema del momento al quale si verifica la divisione longitudinale, è anche la questione dell' o- rigine di quelle speciali coppie di elementi cromatici mutuamente intrecciati, che si osservano alla profase di parecchie mitosi, ma che sono state elevate all'altezza di indice di un ipotetico accop- piamento di cromosomi (naturalmente, secondo gli autori, di quelli di origine paterna con quelli di origine materna) nella profase della prima divisione di maturazione di cui tali immagini sono state e sono ancora da parecchi, considerate caratteristiche. I primi casi *) e gli esempii più caratteristici, sono stati in- fatti osservati proprio nella profase della prima divisione di ma- turazione maschile delle monocotiledoni, e fenomeni simili sono stati anche trovati altrove, per questo genere di mitosi; ma probabil- mente tale maggiore frequenza dipende soltanto dalla maggiore frequenza con la quale le mitosi di maturazione sono state studiate da coloro che credevano e credono di trovarvi senz'altro la spiega- zione sicura dei problemi dell'eredità, del sesso e così via. Invero, osservazioni di coppie di elementi cromatici mutua- mente intrecciati sono state fatte, e già da parecchio tempo, anche in cellule somatiche: ricorderò p. es. quelle di Buscalioni ("98 p. 289, tav. 16 fig. 43 e 46) per mitosi di endosperma di Vida faba, e quelle molto più recenti di Hacker ('07 p. 106 e '09l) per le mi- tosi di Tripilee. Tale constatazione, come molto giustamente ha fatto osservare Hacker ('09'), basta di per se ad escludere che questo fenomeno abbia il significato che gli si è voluto affibbiare. La naturale interpretazione è invece quella che consideratale attorcigliamento mutuo come il semplice effetto della scissione lon- gitudinale di un filamento cromatico pel quale persistono ancora i) Mottikk '96 p. 173, tav. 3 fig. 2. 228 Paolo Della Valle al momento in cui quella si effettua, un certo numero di torsioni elicoidi. In tale condizione la scissione longitudinale dovrà neces- sariamente predurre due metà che rimarranno mutuamente intrec- ciate fino a che le torsioni dei due elementi cromatici non siano scomparse. In favore di questa semplice interpretazione, che è stata del resto quella che hanno subito vista tutti coloro che si sono occu- pati obbiettivamente del fenomeno fin dai primi tempi in cui questo è stato scoperto *), oltre i fatti citati che sarebbero del resto da per se sufficienti, parlano anche altri argomenti. Infatti per quanto irregolari siano le torsioni, costantemente quelle di un elemento corrispondono esattamente a quelle dell' altro elemento, ciò che è naturale se dovuto alla scissione longitudinale di un unico elemento ma che sarebbe molto meno chiaro se fosse effetto di associazione. E opportuno a questo proposito insistere sulla consi- derazione che, perchè un avvolgimento elicoidale mutuo regolare esista, è necessario che ambedue i filamenti abbiano in ogni seg- mento un senso identico di torsione, cioè dovranno essere in quella determinata regione ambedue destrorsi o ambedue sinistrorsi, ma non potrà mai una coppia risultare di un filamento destrorso e di uno sinistrorso 2). Questa constatazione è importante per finire di eli- minare 1' illusione che il verso delle torsioni destrorso o sinistrorso potesse essere, come per i cristalli enantiomorfi di alcuni stereoiso- meri, l' indice morfologico di una opposizione fra le due cromatine di diversa origine sessuale. E infine da ricordare, come la più sicura dimostrazione del fatto che una coppia formata da due elementi allungati intrecciati fra di loro può avere realmente origine per scissione longitudinale *) Cfr. p. es. Mottier "96 p. L73; De Sinéts '01 p. 129-130; Janssens e Doumez. '03 p. 434 e ss.; Haeckbb '07 p. 106 e '09' ; Stomps '11 p. 281 etc. Fra tutti però ricorderò specialmente < Ikkgoike ('99 p. 249) poiché ostato quello clic lui per primo più chiaramente espressa questa naturale spiegazione del fenomeno, combattendo l' interpretazione emessa da Dixon dell'origine del- l'intreccio da accoppiamento di elementi isolati; cioè proprio quell'ipotesi che egli undici anni dopo doveva cercare di difendere a tutti i costi (Grkgoire '10 spec. |». 353 e 355\per combattere la semplice e naturale interpretazione eumi- totica delle divisioni di maturazione. 2) Di ciò è molto Tacile persuadersi culi eliche tonnate da filamenti me- tallici. La morfologia della cromatina 229 • li un unico elemento elicoide, che questo è proprio il caso che si verifica, secondo le osservazioni di Schaudinn '04 p. 43J fig. 17. nella moltiplicazione degli Spirochaete. Non si deve però escluderò ti priori che in qualche caso L'av- volgimento elicoidale mutuo di due filamenti non possa essere ef- fetto, invece che ili scissione di un unico elemento, cioè di un au- mento di superficie, di associazione di filamenti isolati, specialmente quando si tratti di tendenza aduna diminuzione di dispersila l) ed i filamenti fluitanti siano relativamente pochi in un determinato volume e liberi quindi di spostarsi e di associarsi. Questa limita- zione è consigliata dalle interessanti osservazioni di Rosenberg i 09 p. 170 fig. 17-22 e 24) di produzione artificiale di coppie di ele- menti cromatici nei nuclei di cellule glandolari di Drosera corre- lativa alle progressive diminuzioni di dispersila che si verificano du- rante la loro attività fisiologica (cfr. p. 4-4 e 104), e specialmente dalle osservazioni di Quincke 2) di fenomeni simili per sostanze non or- ganizzate. È però molto improbabile che nell' interno del nucleo, per i lunghi filamenti profasici possano verificarsi le condizioni sopra esposte necessarie per la realizzazione del fenomeno. In ogni modo però, dato che in qualche occasione anche per la cromatina si formassero coppie di filamenti intrecciati da asso- ciazione di elementi isolati3), non si avrebbe a che fare che con un fenomeno dovuto alle semplici forze della fisica molecolare delle sostanze anche non organizzate, e non sarebbe proprio nemmeno allora il caso di innalzarvi sopra montagne di ipotesi grandiose. h ) L'avvolgimento elicoidale è forse il modo col quale due filamenti pos- sono presentare il minimo sviluppo di superficie possibile, senza fondersi o su- bire una diminuzione di lunghezza. 2) Quincke '94 fcav. 8 fig. 7 (forme niieliiuc.be da acido oleico}; '02' p. 708 (budelli formati da granuli di NcPCO3 in soluzione di CaCP)] 022 p. L7 (glo- buliti di CuSO* da soluzione acquosa versata in alcool a 96°); '023 p. 98'i l'orine di precipitazione di As^S3 colloidale per azione di soluzione di CuSO*) 031 p. 495-6, fig. 121 a e b (filamenti formati da albume d'uovo disseccato sul mercurio). 3) Anche Meves ('08) che sostiene appunto l'origine delle coppie dì fila- menti per scissione di un filamento unico, non esclude la possibilità di asso- ciazione di filamenti in qualche caso eccezionale. Non è del resto improbabile che qualche volta accoppiamenti più o meno irregolari dipendano da artefatti di preparazione, non essendo la fissazione che una artificiale e irreversibile di- minuzione di dispersità della cromatina (cfr. anche p. 231). 230 Paolo Della Valle Il modo di separazione in due metà della massa di cromatina pro- fasica. Una questione che, pure non avendo importanza per il nostro argomento della morfologia della cromatina, è nondimeno intima- mente connessa con i fenomeni ora analizzati, è quella del modo di separazione in due metà equivalenti della massa originaria di cromatina suddivisa nei singoli cromosomi metafasici. Avvenuta la scissione longitudinale metafasica degli elementi cromatici, seguendo lo schema classico della cariocinesi dovuto a Flemming si afferma che a ciascun polo della cellula migri una metà di ciascuno degli elementi originarli. Tale opinione ha avuto si può dire fino a questi ultimi tempi unanime consenso , benché si possa ricordare che nel 1886 Berthold ('86 p. 204:) giustamente dubitava se anche nelle mitosi in cui sono molti i cromosomi, real- mente valesse per tutti gli elementi cromatici ciò che si può affer- mare con sicurezza nelle mitosi con pochi cromosomi, cioè se le due metà in cui ognuno di essi si divide migrino ai due poli opposti. Che ciò realmente in molti casi non avvenga, specialmente al- lorché il numero dei cromosomi comincia a diventare molto alto e si alterano le normali condizioni della mitosi, ho avuto occasione di mostrare più particolarmente altrove ('112 p. 152). Qui ricorderò solo che Duhornk (cfr. spec. '11) ha creduto di poter affermare come generalmente valida l'ascensione polare in una stessa direzione (Mie due metà nelle quali ciascun elemento si divide alla meta- fasi', in modo da dovere sostituire alla interpretazione classica di Klkmmlno quella di una separazione della massa dei cromosomi ini- ziali in modo tale che di essi una metà vada in una direzione ed una metà vada nell'altra. In questo modo cioè la nota scissione longitudinale metafasica non separerebbe parti destinate a due cellule diverse nella mitosi in questione. Dal punto di vista del numero dei cromosomi che si osservano all'anafase tra le due inter- pretazioni non vi è differenza, essendo perfettamente equivalente o n n e 2 — . Per decider»! la questione, resta solo da discutere se il feno- meno di un certo parallelismo di alcuni degli elementi cromatici die anche io ho avuto occasione qualche volta di constatare, possa avere il valore che gli attribuisco Dehoknk. La morfologia della cromatina 23 i Benché qualche volta realmente si rimanga in dubbio per qual- che cromosoma, nondimeno si può essere certi che non si t ratta punto di un fenomeno generale, perchè proprio nello mitosi in cui i cromosomi si trovano all'inizio dell'ascensione polare, coppie di clementi paralleli di forma e di grandezza eguali, in ciascuna delle due mela della figura cariocinetica, non se ne vedono. Solo nelle anafasi più avanzate e nelle telofasi posteriori al « tassement po- laire obbiettivamente davvero si riscontra qualche coppia, ina naturalmente in tali casi non è possibile decidere se si tratti di av- vicinamenti secondarli (cfr. p. 229), ovvero di scissione solo ana- fasica di qualche cromosoma migrato indiviso ad uno dei poli. Spe- cialmente poi quando le due metà, in cui gli elementi cromatici si dividono alla metafase, restano riunite per 1' estremità per un pe- riodo più o meno lungo dell'ascensione polare (cfr. P. Della Valle 'li2 pag. 161 e 187; cfr. anche Winiwarter '12 p. 171). Merito di Dehorne però resterà certo quello di aver richiamata l'attenzione su questa possibilità di spiegazione del meccanismo della divisione in due parti uguali della massa di cromatina originaria anche nelle mitosi normali 1). In ogni modo per il nostro argomento ciò che ci interessa è che, tanto nell'interpretazione di Flemming quanto in quella di De- horne, all'anafase la massa di cromatina in ciascuna delle due cel- lule figlie finisce per essere eguale a metà della massa di croma- tina contenuta alla profase nella cellula madre. *) Invece, molto più ipotetica e punto accettabile è la complicata interpre- tazione completa del ciclo mitotico fondata da Dehorne, oltre che su questo fenomeno anche su di una più o meno illusoria nuova scissione longitudinale telofasica di cui avremo occasione di parlare in seguito e su di un parallelismo a coppie di cromosomi profasici assolutamente inesistente. Contro di tale inter- pretazione del resto , oltre questi dati di fatto, stanno anche i casi di numero dispari di cromosomi metafasici; come p. es. tipicamente avviene nella prima mitosi a tre cromosomi dell'ibrido monovalensX.bivalens dell' Ascàris megalocephala. 232 Paolo Della Valle VI. La dissoluzione dei cromosomi 1- La sparizione dei cromosomi e la soluzione dei gel. 1 fenomeni telofasici. Artefatti e preconcetti. Obbiettivamente, il fenomeno delle modificazioni morfologiche che subiscono i cromosomi durante il periodo telofasico, da che cominciano lo loro prime alterazioni fino a clic di essi non è più riconoscibile alcuna traccia, è stato oggetto di studii di varii cito- logi cominciando dalle ricerche classiche di R-etzitjs ('82 p. 138 e ss. e tav. 14) per finire a quelle della scuola di Grégoire , di Tellyesniczky, della Bonnevie, di Schneider e di Dehorne. Qui però più che altrove in citologia è quasi impossibile co- noscere quale sia il vero andamento dei fenomeni. L'osservazione sul vivo quasi non fa vedere nulla *), e 1' osservazione dei prepa- rati fissati e colorati dà risultati che non possono essere certo con- siderati come corrispondenti alla verità, poiché gravissime debbono essere le alterazioni prodotte in un sistema come quello che ora analizzeremo, da reagenti che in tanto hanno fissato in quanto hanno coagulato. Un merito però delle ultime ricerche (che tutte, tranne quella di Tellyesniczky, risentono molto dell'interpretazione individua- listica del nucleo a riposo che gli autori accettavano), è stato di avere seppellita definitivamente la credenza nel dispirema telofasico cho Flemming aveva creduto dapprima, di riconoscere2) e che è passato nei manuali specialmente in grazia della elegante simmetria che per merito suo e dell'equivalente spirema profasico veniva così a prendere la semplice e semplicista descrizione dei fenomeni mi- lot ici. i) Cfr. p. es. Flemming 82 p. 238. a È però da notare che anche Flemming riconobbe ('82 p. 242 e fig. A" '■> p. 205) L'esistenza di telofasi con residui cromosomici completamente indipen- denti l'uno dall'altro, Cfr. anche Berthold '86 p. 206. La morfologia della cromatina 233 Ma, per un'analisi ulteriore, piuttosto che ritornare cou gli autori ora citati alla descrizione ed alle discussioni su questi ar- tefatti di preparazione, è opportuno seguire anche qui il metodo che abbiamo finora adoperato, cioè cercare; di riconoscere quali dei fenomeniche si verificano durante la telofase possono essere consi- derati come indipendenti dalle manipolazioni adoperale e certa- mente reali, per risalire con l'analisi fisica di questi all'interpreta- zione complessiva dei fenomeni. I fenomeni cortamente obbiettivi. Sicuri sembra che si possano considerare specialmente i se- guenti putiti: I. Che il volume di ciascun elemento cromatico dalla fine del « tassement polaire » in poi va progressivamente aumen- tando. II. Che ciò avviene specialmente p3r un aumento delle di- mensioni trasversali e relativamente molto meno per aumento delle dimensioni longitudinali. III. Che la colorabilità dei cromosomi per unità di volume diminuisee. IV. Che i limiti di ciascun elemento verso l'ambiente che lo circonda divengono progressivamente più indecisi, e quindi diminuisce anche la loro individualizzazione re- ciproca nonostante che vada aumentando la distanza interposta tra loro. V. Che parallelamente sembra anche che diminuisca l'omoge- neità interna in modo che compaiono nella loro massa parti più dense e parti meno dense. VI. Che mentre diminuisce la nettezza dei limiti di ciascun elemento, il territorio che li comprende l) si in- dividualizza rispetto al resto del citoplasma, e, per un certo tempo, cresce anche di dimensioni. VII. Che negli stadii sempre più avan- zati non si può più parlare di rigonfiamento dei singoli elementi, ma di scomparsa , per l'aumentare dell' indecisione dei contorni e della corrosione interna. Vili. Che il grado della corrosione è identico per tutti i cromosomi di una mitosi, ma i primi a scotìi patire sono cpielli di dimensioni minori. IX. Che però tutti i cro- mosomi finiscono per scomparire a causa di questa corrosione. X. Che questi fenomeni procedono con una velocità decrescente egli ultimi sono probabilmente lentissimi. Una particolarità interessante che sembra sicuro che qualche volta si verifichi è anche quella della sparizione dei cromosomi, in- i) Il fenomeno della ricostituzione del nucleo con l'intercalazione di uno stadio a cariomeriti non ha bisogno di una speciale trattazione. 234 Paolo Della Valle vece che nel modo ora indicato, per risoluzione di filamenti cro- matici in granuli liberi di dimensioni progressivamente minori '). Restano poi anche due altri fenomeni che possono realmente qualche rara volta osservarsi m questo stadio, ma che non sono certo costanti come alcuni hanno voluto sostenere, facendosi in- gannare più o meno in buona fede dalle apparenze dovute ai fe- nomeni di reale corrosione e dai gravi ed inevitabili artefatti di preparazione: la scissione longitudinale anafasica e le torsioni te- lofasiche dei cromosomi. La scissione longitudinale anafasica. Quanto al primo fenomeno, il numero dei casi in cui esso è stato realmente constatato, è straordinariamente scarso, e quei pochi appartengono quasi tutti alle mitosi di maturazione, ciò che però può non avere alcun significato, pensando che le ricerche su di queste formano una proporzione enorme di tutti gli studii recenti sulla mitosi. Appunto per il carattere anomalo di questo fenomeno, Flemmimg ('87) che ne scoprì e descrisse il primo e più tipico esem- pio nella prima divisione di maturazione degli spermatociti di Sala- mandra chiamò « eterotipica » questa mitosi. Non è certo il caso di riferire la valanga di stuclii e di ipotesi che ha provocato questo fenomeno più o meno frequentemente connesso con la presenza di un numero di cromosomi ridotto; basterà rimandare a questo scopo al lavoro di Grégoire ('05j che con diligenza ed acume raro ha potuto dimostrare per tutti gli organismi studiati che la duplicità dei cromosomi all' anafase della prima divisione di maturazione, quando esiste, ha tutti i caratteri di una semplice divisione longi- tudinale solita e che non si ha alcun diritto di vedervi un accop- piamento di cromosomi '). Fra coloro che hanno creduto che il fenomeno potesse essere considerato costante, ricorderò fra i più recenti3) Heidenhatn "07" p. 151, 160-1, 164-5), ma specialmente Schneidee ('11) e Dehorne ('11) *) che hanno esaminato prevalente- 1) Cfr. p. es. Scheltzkanowzew '06 p. 456 per le mitosi delle cellule gene- tiche femminili di Cunina proboscidecr, Schuberg e Kunze '06 p. 246 e 24'J. 2) Per la questione della persistenza di questa scissione longitudinale fino alla profase successiva cfr. Cap. VI § 2. Per gli autori precedenti cfr. Grégoihe '04 p. 24-5: Heidenhain '072 p. 165; Dbhornb il. 4) Per Dehorne però si intende che si parla qui solo di quella che egli La morfologia della cromatina 236 mente mitosi somatiche. È però da considerare che le immagini sulle quali si fondano sono tanto diverse da quelle della tipica scissione longitudinale metafasica ed hanno tanto l'apparenza di essere pre- valentemente arbitrarie interpretazioni di quelle immagini dei cro- mosomi telofasici fissati di cui abbiamo dichiarato di non volerci occupare, che non vale la pena di fermarsi ulteriormente su questo terreno insicuro '). Nei casi inveee in cui, come negli spermatociti .li Salamandra, si verifica, realmente una scissione anafasica, questa ha caratteri assolutamente identici a quella metafasica e special- mente è un fatto degno della massima attenzione che essa si verifica per elementi cromatici, i quali per l'accorciamento anafasico sopra analizzato hanno tornato nuovamente ad avere spessore identico a quello che avevano i cromosomi alla metafase prima che si scin- dessero longitudinalmente , e non hanno ancora punto incomin- ciato ad andare incontro ad alcuna corrosione. Le torsioni elicoidi telofasiche. Quanto alle torsioni telofasiche sulle quali Bonxkvik 08 p. 450, 472-9, 4!>4) ha richiamata l'attenzione, interpretandole come dovute ad un filamento elicoidale pericromosomico, e che Sohneidee ( 11) e Dehorxk CU) considerano invece come dovute all'intreccio mutuo di due filamenti nei quali si sarebbe scisso l'elemento primordiale unico, è molto probabile che costituiscano solo un fenomeno rela- tivamente raro e limitato a singoli segmenti di singoli cromosomi. Nel massimo numero dei casi non sono invece altro, come ab- biamo già detto, che illusioni più o meno facili dovute allo ap- parenze della irregolare corrosione telofasica e degli artefatti di preparazione. Per persuadersene basta guardare le stesse figure della Bonnevik che, appunto perchè riproducono come eliche regolari tutti gli irregolari sfrangiameli dei cromosomi telofasici, (finuo una immagine assolutamente inesatta specialmente di ciò clic si può osservare negli stadii più avanzati. Del resto lo stesso Boveri nel laboratorio del quale la Bonxkvik aveva eseguite alcune delle sue osservazioni, ha dichiarato espressamente ('09 p. 187-8) proprio chiama « suddivisione » date le idee di questo autore sulla natura della «divi- sione », metafasica, che abbiamo esaminate a p. 230-1. i) Del resto anche su questo terreno non sono mancate le (litiche a tali affermazioni. Cfr. Grégoire e Wygaerts '04 p. 25-26; Nemec 10 p. 255. 236 Paolu Della Valle per i cromosomi dei blastomeri di Ascaris megalocephala dei quali specialmente si era occupata, la Bonnevje, che solo qualche volta alla telofase si vedono forme clic possono essere prese per eliche; ma che certamente non si tratta di un fatto generale, nemmeno per tutta la lunghezza, di un cromosoma. Ciò ha espresso anche Nemec ('10 p. 183, 252-5) facendo notare che l'andamento elicoide della sostanza che costituisce i cromosomi telofasici certamente non è un fenomeno generale; e che nei casi in cui si può realmente os- servare un comportamento simile, si ha a che fare con fatti od ap- parenze dovuti alla loro vacuolizzazione irregolare. Questo è anche il risultato delle mie osservazioni obbiettive sui preparati fissati e co- lorati: un andamento elicoide esiste alla telofase solo qualche volta e solo in alcuni segmenti di alcuni cromosomi e sempre ad uno stadio della telofase non molto avanzato *) : in tale caso la piccolezza delle parti impedisce di determinare il senso delle torsioni, ina è evidente, non solo che non esiste un filamento pericromosomico che si differenzia, ma che esiste una continuità assoluta tra queste forme e gli irregolari sfrangiamene e le vacuolizzazioni che si os- servano accanto, e quindi non si tratta certo di qualche cosa di regolare. Le immagini dei cromosomi telofasici date da Schneider ('11) e da Dehorne ('11) in tanto si avvicinano alla realtà più di quelle della Bonnevie in quanto minore è la differenza di due fasce ir- regolarmente sfrangiate e variamente intrecciate dalla completa ir- regolarità di vacuolizzazione quale è stata sostenuta p. es. da G-ré- ooike. Questa pure è la ragione per cui la rappresentazione di Bonnevie ad eliche è relativamente più obbiettiva di quella che volesse vedervi due metà quasi rettilinee. Artefatti di preparazione debbono essere considerati molto verosimilmente anche i « cromioli > che Heidenh a in ('07 p. 150 e 1G4-5) ancora crede di potere ricono- scere disposti in doppia fila alla telofase, mentre già Flemming ('82 p. 24-2 lig. K 3) aveva mostrato che la tecnica citologica può far vedere, Dei preparati fìssati e colorati, anche granuli numerosissimi e disordinati nei cromosomi telofasici. l) Cfr. anche Haecker '09 l fig. 5. La morfologia della cromatina 237 Rigonfiamenti e soluzioni artificiali di cromosomi metaforici. A questa analisi dalla morfologia della cromatina durante il periodo della scomparsa fisiologica dei cromosomi alla telofase si riat- taccano anche gli interessanti studi fatti specialmente da Schwartz ('87); Za. iiMMAs ('98); Oics ('08 e '10) e Nemkc ('10 p. 178-180, cap. XIV p. 266-270, p. 304, 314-317, 324, 342 sull'artificiale al- terazione e scomparsa dei cromosomi metafasici, ottenuta facendo agire sui tessuti diversi agenti fisici e chimici. I mezzi adoperati sono stati specialmente: le soluzioni debolmente alcaline, le solu- zioni acquose di cloroformio, l'acqua a temperature diverse, le so- luzioni plasmolizzanti p. es. di KNO3, le alterazioni cadaveriche spon- tanee (p. es. di radici in accrescimento lasciate morire in acqua satin; 1 di cloroformio o toluolo), il succo filtrato di parti fresche di piante pestate al quale sia stato aggiunto del toluolo e fatto agire ad una certa temperatura e così via. Nonostante però le grandi differenze di natura fra questi mezzi, dei quali alcuni avrebbero perfino pre- tese di reazioni microchimiche, morfologicamente le alterazioni che esse provocano sono sempre presso a poco le stesse, cioè : rigonfia- mento più o meno notevole secondo l'intensità dell'azione, con tendenza dei cromosomi ad una forma più prossima alla sferica poi- quelli nastriformi; più o meno notevole vacuolizzazione e confluenza dei singoli elementi nei casi di alterazioni più gravi; completa spa- rizione dei cromosomi nelle alterazioni massime, residuando al loro posto solo coaguli informi più o meno notevoli. Solo nei gradi mag- o-iori di alterazione i limiti dei singoli elementi divengono indecisi e sono quindi fissati come irregolarmente sfrangiati, mentre nelle forme meno gravi il rigonfiamento non è accompagnato da questa a Iterazione periferica, Fenomeni simili per altre strutture citologiche. Analogamente a ciò che abbiamo visto anche perle altre ma- nifestazioni morfologiche della cromatina, la sparizione telofasica dei cromosomi è un fatto che trova numerosi casi analoghi in altre formazioni citologiche. Il più interessante di tali fenomeni è quello della scomparsa del nucleo vitellino che esiste solo transi- toriamente durante lo sviluppo degli oociti di numerosi organismi, specialmente perchè tale scomparsa può avvenire anche per pio- 238 Paolo Della Vallo gressiva corrosione interna e diminuzione della nettezza dei suoi limiti verso il citoplasma *). Ma la somiglianza diviene addirittura identità di comporta- mento morfologico, quando, come nel caso del nucleo vitellino degli oociti di Copepodi studiati da Moroff, la forma iniziale è straordinariamente simile a quella dei cromosomi , giacché, come in questi, anche nei nastri del nucleo vitellino la superficie prima liscia, diviene progressivamente sempre più irregolare e sfrangiata e pezzi della loro massa si distaccano e vanno a sciogliersi più lontano nel citoplasma (cfr. Moroff '09 p. 445-7). Intimi sono pure i legami che hanno le forme che si possono osservare durante il processo della scomparsa dei cromosomi con quelle forme che possono presentare corpi endonucleari indipen- denti dai cromosomi , note come risoluzioni nucleolari, che sono state scoperte e studiate da Carnoy e Lebrun ('97 - '00) per gli oociti normali degli Anfibi, e da Cerruti ('05, '06, '08) per gli oociti dell'organo di Bidder degli Anuri e per gli oociti normali dei Rettili e dei Selaci. E inoltre da ricordare, specialmente a proposito di quei casi in cui la scomparsa dei cromosomi avviene per progressiva fram- mentazione, il fatto che le cellule che hanno mitocondri allungati, allorché sono in mitosi, ne presentano solo di granulari 2) ; e che nelle cellule muscolari in mitosi la struttura miofìbrillare scompare e si osservano nel citoplasma solo granuli isolati 3). Tra i feno- meni citolog:ci provocati artificialmente è poi sp3cialmente impor- tante la sparizione dei microsomi e la completa omogeneità anche uh ramicroscopiea che può essere prodotta da soluzioni debolmente alcaline nel macronucleo di Infusorii, in modo anche compatibile con la vita. Più lontane ma non meno interessanti sono le analogie che il fenomeno della progressiva corrosione, frammentazione e scom- parsa dei cromosomi, presenta con lo apparenze che; si verificano nella soluzione del nucleo noi citoplasma da me studiati di proposito in un precedente lavoro (P. Della Valle '11') e di cui anzi si pos- x) Cfr. Cotronki ("11 p. 62-3, e 74 e iìg. 16-20) per la bibliografìa anteriore e per nuove interessanti osservazioni e considerazioni. 2) Cfr. p. es. Levi '11 p. 181. i. p. es. Galeotti <• Levi '94; Schockaert 09. La morfologia della cromatina 239 sono osservare in qualche caso le forme [>iù leggere durante la divisione cellulare, come p. es. in alcuni [nfusorii in cui il ma- cronucleo si frammenta appunto durante! tale periodo l). Sono da ricordare anche le disgregazioni di pile già formate e la risoluzione dei singoli eritrociti in gocciole 2) per un riscal- damento del sangue a 56°, come pure la separazione dei blasto- meri di Echinodermi per diminuzione della concentrazione del calcio nell'acqua di mare. Rapporto fra la soluzione dei gel e dei cristalli di albuminoidi ed i fenomeni telofasici. Nel campo delle sostanze non organizzato la scomparsa dei cromosomi trova non solo analogia, ma identità perfetta di tutti i fenomeni che abbiamo visto costanti o anche solamente acciden- tali per essa (cfr. p. 233), con quelli che si possono constatare nel- l'aumento di dispersità delle sostanze colloidali, specialmente nel caso della soluzione preceduta da rigonfiamento delle gelatine e dei cristalli colloidali, come apparirà dall'esame sistematico che ora ne faremo. L'aumento di volume. L'aumento di volume è fenomeno costante per gli emulsoidi solidi concentrati, posti in condizioni da poter assumere una pro- porzione maggiore del solvente. Questo fenomeno che di solito viene riportato3) all'esistenza di una struttura micellare, può es- sere constatato anche nelle piccolissime gocce microscopiche che si formano nella gelificazione, allorché questa si fa regredire 4), ed ha, corno ha notato Hardy, molti punti di comune con i fenomeni di aumento di volume per progressivo assorbimento del solvente che si possono verificare da parte della fase interna di un sistema di due liquidi parzialmente miscibili con l'innalzr. mento della tem- peratura o nei sistemi ternani per variazioni della percentuale del terzo componente, inversi a quelli che abbiamo visto (cfr. p. 66-7) provocare lo smescolamento. Non c'è bisogno di ricordare, poiché questo è appunto la proprietà loro più caratteristica, scoperta fin i) P. Della Valle '09 p. 137 nota. 2) Cfr. M. Scholtze (65) e Wkihknkkk'H '03 p. 4G sgg. 3) Cfr. p. es. Wolf. Ostwald '10 p. 195. •») Hardy '00 p. 99. 240 Paolo Della Valle dal 1849 da Reichert ed in seguito varie volte studiata *), che anche i cristalli colloidali sono rigonfiai >ili. L'asimmetria del rigonfiamento. Il rigonfiamento che così si ottiene, tende a fare assumere al corpo caratteri più prossimi a quelli dei liquidi ; quindi in gene- rale un corpo di forma diversa dalla sferica rigonfiandosi cercherà di approssimarsi a tale forma. Ciò senza contare le differenze do- vute alla struttura anisotropa del corpo rigonfiabile2). Obbiettiva- mente, Quincke ('032 p. 63 v. anche p. 66, 78, 85) per il rigonfia- mento di filamenti disseccati di tannato di gelatina posti nuovamente in acqua, ottenne per un aumento di volume da 1 a 13,7, un au- mento di lunghezza solo da 92 a 108, ma un aumento di spessore da, 7 a 24 3), cioè variazioni analoghe a quello elio si possono os- servare pei cromosomi nei primi tempi della telofase. La diminuzione di colorabilità. La diminuzione di colorabilità come effetto di un rigonfia- mento non ha bisogno di ulteriore esame dopo ciò che abbiamo detto nel Cap. 3, § 6. L'aumento progressivo di dispersiti La progressiva irregolarità ed indecisione dei singoli elementi e quindi la diminuzione della loro individualizzazione reciproca, trovano la loro naturale spiegazione nel comportamento della su- perficie di un corpo capace di rigonfiarsi, allorché viene posto ap- punto nel liquido 4) per effetto del quale si rigonfia. E noto dai J) Cfr. p. es. Schimper '81; Bììtschli 94 p. 258-260; Wichmann '99; Schulz 01; Quincke '022 p. 3?-40; Przibram '04; Reichert e Brown '09 p 76-7; Katz '10 etc. 2) Cfr. Riecke '94 per la parte teorica e per la parte obbiettiva p. es. Reichert '49; Virchow (52 p. 238 e 239); Schimper ('81 p. 148-15-Aj; Giardina ('05 p. 365) etc. 3) Anche Bììtschli ('95 p. 365) nel rigonfiamento di filamenti colloidali dis- seccati trova che la percentuale di aumento in spessore è maggiore di quella dell'aumento in lunghezza. 4) Come è noto, Boveri paragona (cfr. '04 p. 9; 09 p. 257) le metamor- fosi telofasiche dei cromosomi all'emissione di pseudopodi da parte di un'a- meba. Il paragone è evidentemente inadeguato, e se nei primi momenti vi può essere tra i due fenomeni una somiglianza formale, ciò dipende solo dal fatto La morfologia della cromatina 241 numerosissimi studii sopra questo argomento ') che il fenomeni) del rigonfiamento (che, come abbiamo ricordato, deve parte delle sue caratteristiche alla struttura micellare per la grandezza progres- sivamente maggiore degli alveoli esistenti nell'interno della massa *)) è certamente intimamente connesso con la soluzione della sostanza. In generale i due fenomeni coesistono sempre e solo si tratta di proporzione maggiore dell'uno o maggiore dell'altro. Variando le condizioni, a volontà si può ottenere prevalentemente o rigonfia- mento o soluzione della fase solida: p. es. per il sistema binario acqua-gelatina a temperatura relativamente bassa si ottiene spe- cialmente rigonfiamento, a temperatura più alta soluzione 3). Nonostante però questa differenza dovuta forse al fatto che il fenomeno si esplica prevalentemente alla periferia o prevalente- mente nella massa del colloide solido, è evidente, che, trattandosi di un fenomeno critico (cfr. p. 64) la nettezza della superfìcie di discontinuità fra la fase interna che si rigonfia e la fase esterna dovrà andare progressivamente diminuendo , e sarà specialmente poco netta quando il fenomeno si verifica con una intensità mag- giore alla periferia che nell'interno, e diventerà assolutamente ir- riconoscibile qualunque limite quando il processo sarà notevolmente avanzato. Il fenomeno si può osservare benissimo seguendo il ri- gonfiamento di nastri di gelatina in acqua tiepida (cfr. Fig. 65) *), che anche nella produzione dei pseudopodii, come ha dimostrato Rhumbi.er, hanno grande importanza i fenomeni dovuti alla tensione superficiale. Appunto da questo punto di vista fisico il paragone era stato già fatto da Bkrthold ('86 p. 206). i) Cfr. p. es. Wolf. Ostwald '10 p. 362-389; Freundlicu '10 p. 494 e ss.; M. H. Fischer 10 p. 22-81. 2) Cfr. p. es. Wolf. Ostwald '10 p. 195, 295, 375. 3) È molto importante ricordare a questo proposito che per i cromosomi Nemec ('10 p. 304-5) ottenne rigonfiamento trattando le radici in accrescimento con acqua a 90° per 15'; soluzione, con acqua a 99° per 5'', e tutte le fona-' in- termedie con trattamenti intermedii. È degno di nota anche che nelle mitosi con cromosomi molto piccoli, questi scompaiono completamente con un picco- lissimo riscaldamento (Nemec '10 p. 307). 4) Più istruttiva riesce l'osservazione se a stadi i successivi del rigonfia- mento e della soluzione si interrompe il processo, e si precipita il sistema, con uno dei fissatori istologici comuni (p. es. liquido di Zenkkr evitando le cor- renti di diffusione, ciò che si ottiene facendo giungere lentamente il fissatore attraverso un filo di cotone. In questo modo si avranno dinanzi anche gli ar- tefatti di preparazione e l'identità con la dissoluzione telofasica apparirà an- cora più chiara. Interessantissima a questo proposito è la descrizione di A Fi- Archivio zoologico italiano, Voi. VI. 16 2 12 Paolo Della Valle od è assolutamente identico al notissimo fenomeno dell'evanescenza progressiva fino alla completa sparizione del limite fra la fase li- 1 | -• ' : ) ; . 390. Esperienze analoghe sono state fatte da Hal- I.IUIKTiiN '88 e da l'i. T UkicHKH'I '03. 4) Cfr. p. es. Wolf. Ostwalu "IO p. 207. La morfologia 'Iella cromatina 269 Ed anche se per caso se ne troveranno, si dovrà andar cauti ;i giudicarli sicura prova ili differenze esistenti anche nel nucleo a riposo. Si deve tener presente infatti specialmente ciò che av- viene nella cristallizzazione, in cui [>. es. un corpo omogeneo spesso compare contemporaneamente sotto due o più modificazioni cristal- line eteromorfe con caratteri fisici diversi1), ovvero da una solu- zione si formano anche numerose specie di idrati -). Nel caso poi che coesistessero anche solo due sostanze realmente diverse, data la complessità della composizione chimica di queste, il problema delle possibili torme coesistenti come equilibrio chimico diverrebbe tut- t' altro che semplice 3). Valore delle prove dell' identità di posizione dalla telofase alla pro- taso. Più diretta ed evidente prova della continuità genetica dei cro- mosomi suole essere considerata l'identità di posizione dei singoli cromosomi dalla telofase alla prò fase successiva. Come è noto (cfr. p. es. Bovkrt '04 p. 5-6), questa si basa specialmente sull'afferma- zione di Rabl della esistenza di una identità di orientamento dei cromosomi alla telofase di alcune mitosi somatiche di larve di Uro- deli, e sopra le osservazioni accurate e minuziose di Boveri ('88 e 09) sulla molto frequenti' identità di posizione reciproca dei quattro cromosomi profasici di ambedue i blastomeri formatisi dalla mitosi precedente nelle pi-ime divisioni di segmentazione di Ascaris megaloc&phala Hvalens, nonostante che le posizioni reciproche pos- sibili siano numerose e siano diversamente frequenti. Quanto alla prima affermazione, si tratta, come hanno notato LowiT ('85 p. 60), Van Gehuchten ('89 p. 178-9, 185), Tellyes- niczky ('07" p. 34-36), coinè ha confermato Meves ('11 p. 286) e come del resto si può constatare dà chiunque, solo di una illusione do- vuta al fatto che Rabl, si è contentato di osservare solo gli stadii i) Cfr. Ta.mmann 03 p. L50 flg. 51 per il betolo e il per il fenomeno in generale. Per cristalloidi
  • . es-. Uhi.ik '04. 2) P. es. 5 diversi idrati nel caso dei vitriuoli: cfr. Wilh. Ostwald '02 p. 713-8. Per le modificazioni gravi e molteplici dell'habitus di cristalloidi di al bum inoidi allorché si mescolano assieme p. es. emoglobine con caratteri cristal- lografici diversi cfr. E. T. Reiohert *03 p. 98-9. Ciò prova come anche la diffe renza di natura non dia sempre sicurezza di ricristallizzazione assolutamente pura. 260 Paoln Della Valle più avanzati della profase, nei quali già comincia a farsi sentire l'influenza ordinatrice del sistema acromatico sui cromosomi *). Per convincersene basta osservare p. es. le fig. 74 e 75 di Heldenhàtn ('07" p. 174) per le mitosi dei nuclei delle laminette branchiali di larve di Salamandra*) e, per quelli dell'endotelio peritoneale delle stesse larve, le figure 2 e IO3) della tavola che accompagna il mio lavoro del 1909, che rappresentano con tutta la possibile esattezza la posizione mutua di tutti i cromosomi di una telofase iniziale e di una profase relativamente molto precoce. La non coin- cidenza dell'ordinamento, risulta specialmente dal fatto che l'orien- tamento polare è tanto meno accennato quanto più precoci sono gli stadii esaminati (cfr. p. es. la serie retrograda formata dalle figure 1, 7, 11, 12, 8, 10 del mio lavoro del 1909) come pure dal- l'altro di cui abbiamo parlato a p. 62-3 e 77-79 che i cromosomi alla profase si formano prevalentemente nella regione più superficiale del nucleo, mentre, come abbiamo visto a p. 246, il limite del nuovo nucleo che si riforma alla, telofase non segue i singoli cromosomi, ma li comprende come una massa interna (cfr. p. es. P. Della Valle "09 fìg. 2). Invece quindi di trovare nello studio della posizione dei cromosomi nelle mitosi somatiche degli Urodeli una identità di questa tra la telofase e la profase, troviamo una differenza. Quanto all'altro argomento in favore della persistenza della posizione mutua dei cromosomi, dedotto dallo studio dei blasto- meri di Ascaris megalocephala, rimando all'amp'o e recente lavoro di Boveri ?09 «love i fatti sono molto minutamente esposti. Qui mi limito solo alle seguenti osservazioni che possono essere latte in proposito 4) : i) Flemming (82 p. -'il. già aveva notato che inizialmente non esiste alcun orientamento «lei filamenti cromatici. 2) È curioso che Heidenhain '072 p. 17:; non si accorga «li questa non co- incidenza, persuaso come è di portare un nuovo argomento in favore della con- tinuità genetica mediante la creduta eguaglianza delle torsioni e delle contro torsioni dei cromosomi profasici «li cui <-i siamo occupati a p. 85 e 92. i'uiik ho detto a )>. sii a questa mitosi appunto appartengono i cromo- somi disegnati isolatamente nella prima tavola ili questo lavoro. 1 Per i fenomeni «li variabilità «lei numero «lei cromosomi di queste mi- tosi ìd condizioni diverse molto interessanti a ricordare a proposito della pre- sente questione, cfr. pag L17-118. La morfologia di-Ila cromatina 2G1 I. Che Bover] stesso riconosce (p. 199-200, 208) che esistono casi co probabile che nel massimo numero dei casi i residui cromosomici non ancora scomparsi possano agire come nuclei di condensazione per la riformazione dei cromosomi della mitosi successiva. E però pro- babile che nei casi di mitosi rapidamente susseguentisi, in cui i cromosomi in gran parte non soggiacciono ad una completa dis- soluzione, ma solo si rigonfiano più o meno fortemente e solo nelle parti più periferiche sono corrosi, realmente si produca alla mitosi successiva per prima cosa un riordinamento della massa restata più compatta ,J) e questa agisca da nucleo di condensazione di quella parte della cromatina che si era più completamente dispersa. ') Cfr. p. es. l'ampia trattazione eli questo argomento in Wilh. Ostwald '02 p. 101 per la trasformazione dei corpi polimorfi e, per le soluzioni p. 701-781. È importante notare (loe. cit. p. 717-8) che da una soluzione si possono l'aie precipitare idrati diversi con l'aggiunta dell'uno o dell'altra specie di cristalli. 2) Cfr. Fretjndlich '10 p. 293-7. 3) Cfr. WlLH. OSTWALI) '02 p. 291. «) C. T. R. Wilson ('97). 5) Cfr. Wilh. Ostwald '02 p. 771-780. '■) E molto interessante che la quantità assoluta dei nuclei di condensa- zione necessaria per provocare lo smescolaniento diminuisce con l'aumentare della sovrassaturazione (cfr. anche Zsigmondy '05 p. 172-3 nota), sia che si tratti di frammenti cristallini della stessa sostanza, sia di sostanze estranee inerti (Joung il, Joung e Cross '11 (cfr. Chem. Zbl. 1911, 1. 1397; e 1911, II. 1626). Non sembra però escluso che La Loro azione possa essere solo limitata all'accelera- zione del fenomeno (cfr. Wilh. Ostwald 02 p. 776 e 779, Doelter '05 p. 18:ì l . ~) Cfr. V'unì; e ('miss '11 [Chem. Zbl. 1911, 11. 1626). 8) Cfr. DoBLTER '05 p. 103. (Questo fenomeno ha anche importanza per una spiegazione degli anelli e strati di Liesegang (cfr. Wilh. Ostwald '02 p. 779). ' É3 però quasi sicuro che La ii l'orinazione dell'edificio cristallino non av- ena nemmeno in tale caso con un processo semplicemente inverso a quello del rigonfiamento; }* 69 n ■'£•■• /■'ii/. 67-75. — Il ciclo mitotico della cromatina com'è. (Fotografie orig. di mitosi di nuclei dell'epitelio di laminette branchiali di larve di Salamandra maculosa). Fig. 67. Primo inizio della profase. Fig. 68. Smescolamento ulteriore. Fig. 69. Inizio della riconoscibilità delle torsioni elicoidi. Fig. 70. Torsioni elicoidi evidenti. Fig. 71. Svolgimento delle torsioni profasiche. Fig. 72. Divisione longitudinale. Fig. 73. Inizio della dissoluzioni' telofasica. Fig. 74. Ulteriore corrosione dei cromosomi; individualizzazione del nucleo come tale. Fig. 75. Dltime vestigie del cromosomi. La morfologia della cromatina 277 Molto interessante sarebbe sapere a questo proposito se esi- stano differenze tra l'influenza che determinate forze esterne (p. es. aumenti o diminuzioni di temperatura) esercitano sulla profase da una parte e sulla telofase dall'altra; e, se esistono, cercare di deter- minarle quantitativamente, per vedere di avere notizie in questo modo sulla natura dei due processi che producono i due effetti op- posti della formazione e della scomparsa dei cromosomi. Dai dati pubblicati da Jolly ('02 e '04) per la durata delle diverse fasi della mitosi a diverse temperature risulta che sono accelerate o ritardate tanto la fase progressiva che quella reversiva e sembra anche che si possa affermare che non lo sono in modo sensibilmente diverso. E dunque più che probabile che in queste modificazioni di disper- siti della cromatina il calore non abbia normalmente alcuna parte essenziale. Le variazioni inverse di dispersità del nucleo e della cromatina. III. La mitosi, per ciò che riguarda lo sviluppo di superficie della i sostanza nucleare » rispetto al citoplasma è un periodo di transitorio aumento di superficie, poiché si passa dal nucleo unico ellissoidale ai molti cromosomi isolati. Questo fatto sul quale ab- biamo già richiamata l'attenzione a p. 80 è da ricordare di nuovo per l'importanza che esso ha nell'analisi fìsica delle forme di pas- saggio da cariocinesi ad amitosi e per l'amitosi stessa. La diminu- zione di sviluppo di superfìcie poi va dal momento in cui i cro- mosomi divengono liberi alla profase, ai primi momenti della telofase, mentre l'aumento si verifica per tutto il resto' del ciclo mitotico ma specialmente alla profase. Come abbiamo detto a p. 220 la scis- sione longitudinale e l'allontanamento delle due parti della massa della cromatina alla metafase non è da considerare come vero au- mento di superfìcie. IV. Il carattere fondamentale costante del comportamento della cromatina in quanto tale durante la mitosi, è quello di una dimi- nuzione di dispersità, passando da una condizione molto dispersa ad uno stato di condensazione maggiore (cfr. anche p. 64) l). Es- sendo considerato il grado di dispersità di un dispersoide come una condizione di equilibrio fra la tensione superficiale positiva e quella *) V. anche Erdmaxn 08 p. 120. Per l' importanza di questo fatto nelle forme intermedie fra cariocinesi ed amitosi. cfr. p. 285-288. Per la natura cri- stallina delle parti che così si ottengono, cfr. p. 164-168. 278 Paolo Della Valle negativa l) , la causa immediata della formazione dei cromosomi, del loro numero, delle loro grandezze, del loro accorciamento e della loro sparizione, come abbiamo visto nei relativi capitoli, deb- bono essere considerate appunto le variazioni del valore di queste forme di energia. Questa diminuzione del grado di dispersità della cromatina durante la mitosi, sta d'altra parte in ottimo accordo con il fatto che l'attività fisiologica cellulare sembra che si arresti durante la mitosi 2) ; e non è improbabile, date le sicure correlazioni funzionali esistenti fra nucleo e citoplasma, che ciò dipenda da diminuita at- tività chimica della cromatina. È noto infatti il principio, valido p. es. per le soluzioni e lo stato amorfo in confronto a quello cri- stallino, che lo stato che contiene la maggiore quantità di energia è quello più capace di reazioni ?). Durata relativa dei fenomeni mitotici. V. I fenomeni mitotici costituiscono solo una parte brevissima di tutto il ciclo della cromatina che va p. es. da una telofase alla successiva. Questa constatazione è importante perchè, data la re- lativa lentezza con la quale si verificano i fenomeni chimici della vita , è molto probabile che questi abbiano importanza notevole solo durante i periodi intercinetici, mentre nel periodo della cario- cinesi propriamente detta debbono avere importanza solo come cause liberatrici di cambiamenti fisici (numero e sviluppo di super- ficie relativa di fasi coesistenti). Molto interessanti a questo proposito sarebbero nuovi studii intorno alle variazioni assolute e relative della velocità del periodo della cariocinesi propriamente detta da una parte e di tutto il ciclo dall'altro, tanto più che i dati che finora abbiamo sembrano con- traddittorii. Mentre infatti il rallentamento del ciclo che si veri- fica per diminuzione di ossigeno 4) o per inoltramento dello svi- i) Cfr. p. 66-67 e 244. 2) Mevks '99; Nemkc iO p. 309. Le esperienze di Yatsu ('04) sullo stabi- lirsi delle differenziazioni citoplasmatiche ovulari coiifcniiioraneanietite alla .scom- parsa dei limiti del nucleo dell'oocite si riferiscono ad un caso non omologa- bile ad una mitosi normale e non provano che il secondo fenomeno sia la causa del primo. 8) Cfr. p. es. Tammakn "03 p. 43. Già Tbllybsnjczkt '05 p. 121 ha ricor- dato a quesso proposito l'antica formulazione ili questo principio: « Corpora non agunt nisi soluta ». 4) Hanskmann '93 p. 32 La morfologia della cromatina 279 luppo ontogenetico l) sembra che lasci quasi invariata la durata della mitosi propriamente detta, le variazioni di temperatura che accelerano o rallentano i fenomeni di sviluppo accelerano o ral- lentano anche il decorso della cariocinesi , e sembra anche dalle esperienze di Maltaux e Massaht ('06) che ciò in Chilomonas pa- ramaecium avvenga in modo proporzionale, perchè non varia nelle culture a temperature diverse la percentuale degli stadii di divi- sione 2). Altri aspetti della mitosi. VII. Non esiste finora alcun argomento decisivo per dovere am- mettere che la sostanza che costituisce i cromosomi durante la mitosi sia chimicamente diversa da quella dalla quale si forma nel nucleo intercinetico, poiché tutte le differenze trovate (cfr. spec. Nemec '10 cap. XVI), non sono diverse da quelle che esistono p. es. fra un cristallo colloidale ed una soluzione colloidale della stessa so- stanza (cfr. anche p. 252) 3). Allo stato attuale le affermazioni chimiche in proposito sull'aumento o la diminuzione di acido nu- cleinico e cose simili, sono molto più antiscientifiche delle più ar- bitrarie costruzioni ipotetiche sul valore ereditario dei singoli cromosomi, e non è dire poco. Vili. La determinazione dei fenomeni cariocinetici, compren- dendo in questi anche quelli citoplasmatici, è in alto grado indi- pendente dalle condizioni esterne, poiché in un identico ambiente si trovano cellule che stanno nel periodo intercinetico e cellule che stanno nelle più diverse fasi della cariocinesi. Questo fatto, evidente specialmente per le cellule isolate (p. e. cellule nucleate del sangue) , prova che sono variazioni interne del sistema quelle che determinano tali fenomeni. *) Erdmann '08 p. 230. 2) La teoria di ciò è esposta in Hansemann '93 p. 30-33. Poiché sul numero delle mitosi che si osservano nei preparati fissati e colorati ha importanza però, oltre che la durata relativa del periodo cariocinetico rispetto alla durata totale del ciclo, anche la durata assoluta di questo, non è possibile dedurre nulla dai soli dati sulla frequenza relativa delle mitosi in due casi diversi, se non si sa anche in quale rapporto stanno fra di loro le durate totali del ciclo completo nei due casi. 3) Per una analisi critica dei fenomeni offerti dalle soluzioni di albumiuoidi fuori degli organismi, da un punto di vista prevalentemente fisico, cfr. Spiro '04. 230 Paolo Della Valle Cicli endocellulari analoghi al ciclo mitotico. Riprova dell'ordine di idee esposto è il fatto che cicli morfo- logicamente simili se non identici a quello della cromatina, cioè variazioni cicliche di dispersità, possono anche osservarsi per altre fra quelle sostanze di cui risultano gli organismi, e ciò sia in modo autonomo che in modo artificialmente provocato. Fra le strutture endonucleari che spontaneamente si formano e si dissolvono in modo periodico, l'esempio più tipico sono i nu- cleoli, specialmente degli oociti dei vertebrati meroblastici di cui Carnoy e Lebrun (97-00j e Cerruti ('06) ci hanno fatto conoscere i cicli che varie volte si ripetono. Sono da ricordare poi anche la la ciclica comparsa osservata da Huye e Rosenberg di formazioni endonucleari nelle cellule glandolari di Drosera correlativamente agli stadii di riposo e di attività fisiologica della cellula, e le ar- tificiali variazioni di grandezza dei granuli del macronucleo di in- fusorii che Fauré-Frémiet ha ottenuto in modo reversibile con l'azione di deboli soluzioni acide o alcaline. Analoghi fenomeni si possono osservare anche per numerose formazioni che si riscontrano nel citoplasma. Ho già altrove notato (P. Della Valle '09 p. 137 nota, Fauré- Frémiet 11 p. 196, P. Della Valle '112 p. 164), la grande analogia che esiste fra i fenomeni della formazione dei cromosomi e le va- riazioni cicliche del numero dei frammenti del macronucleo di alcuni infusorii durante la divisione cellulare, ed è inutile quindi ritor- narvi. Modificazioni transitorie del grado di dispersità di forma- zioni citoplasmatiche durante la divisione cellulare sono probabil- mente da considerare: I. I raggi acromatici, per la formazione dei quali Boveri ('95) pensò alla cristallizzazione di una sostanza da un miscuglio. II. La formazione di corulriomiti da associazione di oondriosomi (cfr. spec. Meves '082 p. 839-40) e la loro risoluzione in granuli (cfr. p. 97, 104 e 238). Interessante per questa evidente analogia (cfr. spec. Giglio-Tos e Granata '08) fra il comporta- mento della sostanza che costituisce i mitocondri e la cromatina nu- cleare, è pure la straordinari ;i somiglianza che quella può presentare in alcuni momenti con la struttura del nucleo intercinetico ed in altri con i più tipici cromosomi, anche mila stessa cellula in mo- menti diversi (cfr. spec. Fai.'i; k-Fkkmikt 'IO1, p. 510). La morfologia della cromatina 281 III. La scomparsa transitoria della struttura mio lì brillare nello cellule muscolari in mitosi (cfr. p. 238). IV. La scomparsa dei cristalloidi ondonucleari di alcune cellule di Melampyrum arvense studiate da Zimmermanx ('931 p. 352 fìg. (5), e dei nucleoli in generale che si sciolgono durante la cariocinesi per riformarsi nuovamente alla telofase, comportandosi cioè in modo esattamente inverso ai cromosomi. Modificazioni cicliche di dispersità di formazioni citoplasma- tiche, però non in relazione con la divisione cellulare e non pe- riodiche se non a intervalli lunghi e dopo complesse modificazioni, ne esistono parecchie. Fra i casi che maggiormente ricordano la morfologia del ciclo della cromatina citerò specialmente la forma- zione del nucleo vitellino per associazione di granuli sorti da un substrato morfologicamente omogeneo , e specialmente di quello degli oociti di Copepodi studiato da Moroff '08 che abbiamo avuto spesso occasione di citare perchè si presenta sotto forma di nastri capaci anche di scissione longitudinale, che scompaiono, omogeneiz- zandosi con l'ambiente per progressiva diminuzione della nettezza dei limiti e per corrosione interna, cioè proprio come i cromosomi. Degne di speciale menzione sono poi le variazioni di dispersità che subisce durante l'anno la « sfera attrattiva » v) degli spermato- gonii di Salamandra. Secondo le osservazioni di Meves ('94), questa alla primavera forma un'unica massa che si suddivide progressiva- mente durante l'estate e l'autunno in pezzi sempre più piccoli, i quali tornano poi uell' inverno a riunirsi riformando eosì nuova- mente alla primavera successiva un corpo unico. Più lontane, ma sempre interessanti, sono le analogie con la scomparsa e ricomparsa dei pirenoidi in alcune cellule vegetali (cfr. Nemec '10 p. 389), dei granuli di vitello negli oociti (i quali, se- guendoli nella « Keimbahn » durante le generazioni successive p. es. di specie partenogenetiche, compaiono durante l'accrescimento degli oociti e scompaiono negli stadii di avanzata segmentazione) e con altri casi simili. Sono infatti da ricordare anche p. es. le pro- duzioni di granuli o di speciali differenziazioni nel citoplasma per effetto di agenti esterni, osservati sia con 1' ultramicroscopio che *) Giardina '03 dubita che si possa trattare realmente della sfera at- trattiva. 282 Paolo Della Valle con i soliti mezzi citologici '), come pure la produzione di « forme mieliniclie » dal citoplasma precedentemente citati (cfr. p. 243 ) 2). Del resto anche delle cellule come tali sono capaci di formare in determinate condizioni delle aggregazioni, che in condizioni di- verse si dissolvono, cioè possono presentare variazioni di dispersità nell' ambiente esterno. Nemec ha citato ('10 p. 391) la formazione di plasmodesmi ; ma, come abbiamo visto, più che questo esempio dove è probabile che i fenomeni siano molto più complicati, sono da ricordare la formazione di pile da parte di eritrociti isolati e la risoluzione di quelle nei singoli costituenti per effetto di leggero riscaldamento del sangue, o la risoluzione nei singoli blastomeri di un uovo di echino in segmentazione posto in acqua di mare priva di calcio e la riunione di tali elementi di nuovo in un complesso unico quando la membrana ovulare è rimasta intatta e le uova vengono riposte in acqua normale contenente calcio 3). Questo grande numero di fenomeni formalmente simili in modo più o meno notevole al ciclo mitotico, nonostante che certamente non esista alcuna somiglianza chimica fra le sostanze che le pre- sentano e la cromatina, e spesso anche le condizioni in cui si ve- rificano siano diverse, dimostra per prima cosa che le variazioni di dispersità sono un fatto che facilmente può verificarsi nei sistemi organizzati, mentre la relativa uniformità loro dimostra ancora una volta che si deve trattare sempre di fenomeni che si verificano in un sistema relativamente semplice (cfr. anche p. 274-5). Le -possibili cause del ciclo mitotico. Ed ora resterebbe la parte più importante di tutta questa no- stra ricerca. Quale è la causa di tutti questi fenomeni? Nonostante che fin dal l'introduzione abbiamo dichiarato di non volercene occupare perchè troppo lontani siamo certamente da una conoscenza anche solo approssimativa dei fatti, pure è necessario esaminare almeno la diversa probabilità delle diverse possibili vie di spiegazione. ') Cfr. p. es. la produzione artificiale di « trichiti » nel citoplasma di Didinium mediami soluzione satura di solfato di magnesio, ottenuta da Faurk-Frémiet ('112). !) Fenomeni simili sono stati raccolti da RuziCKA ("07 p. 531-7) che diede ad essi il nome di « metabolismo morfologico del protoplasma ». Da .li nkinson '09 p. 160. La morfologia del hi cromatina 283 Come abbiamo visto (cfr. p. '279; le cause dei fenomeni mi- totici debbono essere variazioni interne del sistema cellulare, e queste quindi non possono essere primitivamente che di natura chimica, e solo può variare nelle diverse spiegazioni la natura e la vistosità di tali mutamenti. Ora un fenomeno di diminuzione di dispersità quale è quello della cromatina durante la mitosi, che ha, come abbiamo visto nel cap. II § 2, tutti i caratteri di uno smescolamento di un emul- soide le cui particelle hanno caratteri analoghi a quelle dei cri- stalli fluenti e dei cristalli di albuminoidi, può essere prodotto: I. Da variazioni chimiche cicliche autonome della fase dispersa o del mezzo di dispersione per le quali variino anche i valori della ten- sione superficiale delle due fasi in presenza e quindi anche lo svi- luppo di superficie possibile fra di esse; II. Da variazioni cicliche nella concentrazione della fase dispersa nel mezzo di dispersione *) per aumento o diminuzione sia dell'uno che dell'altro 2), dovute a cause chimiche; III. Da variazioni della composizione del mezzo di dispersione per variazioni della proporzione di un altro compo- nente 3), dovute, sia a neoproduzione di esso per cause chimiche, sia alla sua penetrazione dall'esterno, per mutamenti della permeabi- lità della parete di separazione dovuti a cambiamenti chimici di questa, sia pure lievissimi ; IV. Da variazioni della differenza di potenziale fra la lase dispersa ed il mezzo di dispersione dovute anche queste a reazioni chimiche che si verificano in esse, o anche J) La diminuzione di dispersità per aumento della concentrazione oltre un determinato limite è un fatto notissimo per le vere soluzioni disperse moleco- larmente, ma fatti simili esistono anche per gli eniulsoidi (cfr. Wolf. Ostwalu '10 p 285 e 327-8). 2) In questa categoria rientrano anche i fenomeni, forse più complessi, di soluzione di complessi colloidali per eccesso tanto dell' uno che dell' altro dei componenti che li producono (cfr. Wolf. Ostwalu 'IO p. 495). Ho già ricordato (p. 68 nota 2 ) che a questa categoria secondo Mayer ('06) apparterrebbero anche i nucleoproteidi e le nucleine. 3) Per gli emulsoidi solubili solo in un miscuglio di due liquidi cfr. p. 68 nota 2. A questa categoria appartengono anche le diminuzioni riversibili di di- spersità causate negli emulsoidi da sali neutri in notevole concentrazione (cfr. p. es. Sputo "04 e Wolf. Ostwald '10 p. 25, 154, 161-2, 166-7), come pure quelle, reversibili dentro detcrminati limiti, dovute alla concentrazione maggiore o mi- nore di sostanze coagulanti o peptizzauti (cfr. p. es. Wolf. Ostwald '10 p. 24 e 307-309). 281 Paolo Della Valle all'esterno, noi caso che tale risultato fosso dovuto a diverso absor- bimento dei diversi ioni. Come si vede queste sono tutte spiegazioni possibili, ma tutte straordinariamente ipotetiche, e tali che por ora non abbiamo al- cuna ragione per credere piuttosto all' una che all'altra o ad un complesso vario di queste l), o infine anche ad altre qui non con- siderate nemmeno. In tema di verosimiglianza la seconda interpretazione avrebbe il vantaggio di cominciare a dare un barlume di interpretazione del fenomeno del limite quantitativo di accrescimento della cro- matina in un ciclo mitotico, mentre la terza ha su tutte il van- taggio: di richiedere il minimo possibile di cambiamenti chimici, specialmente sotto la forma di variazioni di permeabilità delle pa- reti di separazione; di dare una spiegazione della rapidità del de- corso mitotico; e specialmente di accordarsi con quelle che abbiamo visto a p. 79-83 e 246 essere le condizioni indispensabili di equilibri delle diverse fasi coesistenti nella mitosi nei diversi momenti2). Quanto alla quarta ipotesi che è stata l'unica finora accennata da coloro che si sono occupati di recente con una certa preparazioue scientifica dei problemi della meccanica della mitosi3), è da no- tare che senza alcun dubbie grandissima è l'importanza che hanno le variazioni delle cariche elettriche nei mutamenti di dispersità dei colloidi. È però da notare che tale importanza è molto mag- giore per i suspensoidi che per gli emulsoidi, ciò che è in ottimo accordo con la differenza, di composizione poco notevole delle due fasi in presenza 4). Ho già ricordato (cfr. p. 183-4) infatti che ormai 1) P. es. la concentrazione necessaria per produrre in determinati emulsoidi diminuzione di dispersità mediante soluzioni di sali neutri, è tanto minore quanto più concentrato è l'emulsoide (cfr. Wolf. Ostwald '10 p. 456, 463 e 490-1). 2) Lillie ('11 ]». 711-730) lia sviluppata una teoria della meccanica della mi- fcosi mila cpaale la variazione «li permeabilità della membrana nucleare ha una ade importanza, però specialmente come origine delle cariche elettriche sup- poste nella .romatina durante la mitosi. A qualche cosa di simile ha accennato anche Aìbeeoht f02- p. 811). Cfr. spec. Lii.uk i'03 p. 164 e il p. 711-730). Come abbiamo visto a p. 83 nota 1 e p. 188, Enriques (il p. 199-200) pure essendo in quest'ordine di idee, è stato tratto su di una strada certamente falsa dalla credenza in uno spi- rema profasico continuo e dalle affermazioni erronee di Pentiivialli sull'aumento della carica elettrica dulia prò- alla metafase. 1 Cfr. p. 65 e Wolf. Ostwald '10 p. 238, 467-476, 498 e sgg. ; Fbedndlich 10 p. 148, 456-460. La morfologia della cromatina 285 è sicuro che per gli emulsoidi non ha punto validità generale la coincidenza affermata da Hakdy fra la condizione di isoelettricità tra la fase dispersa ed il mezzo di dispersione e la coagulazione del sistema. Se a ciò si aggiunge anche che finora nulla prova che fenomeni elettrici abbiano una parte notevole nella formazione o nella soluzione dei cristalli, si giunge alla conchiusione che si ha tutto il diritto di essere scettici rispetto all'ipotesi che le varia- zioni di dispersità della cromatina dipendano da variazioni di na- tura elettrica. Naturalmente, ciò nondimeno la dovremmo accettare se vi fossero prove in suo favore, ma, come abbiamo visto a p. 190 finora siamo ancora lontani dal possederne ') e quindi per lo meno si deve affermare che attualmente essa ha lo stesso grado di pro- babilità delle altre ipotesi esposte. Analisi fisica della serie completa delle forme di divisione nucleare. Come appendice dell'analisi fisica della morfologia della cro- matina durante la cariocinesi normale è da studiare , con questo stesso indirizzo, almeno sommariamente, il comportamento suo nelle forme anormali della cariocinesi, che, come ho dimostrato in un pre- cedente lavoro (P. Della Valle '11"), costituiscono obbiettivamente in tutti gli organismi, sempre una sola serie continua, anche dal punto di vista morfologico qui esaminato. In questo modo quindi la cariocinesi normale viene considerata solo come uno degli infi- niti casi possibili di tale serie, e l'analisi di questo problema viene ad essere la trattazione più generale possibile della morfologia della cromatina durante la divisione nucleare. Poiché però, come ho dimostrato in quello studio, la carioci- nesi tipica costituisce una delle estremità della serie e propriamente quella durante la quale la cromatina subisce la diminuzione di di- spersità massima, e le altre forme, quando se ne possono osservare in serie, compaiono sempre nell'ordine che va dalla cariocinesi al- l'amitosi, è perfettamente lecito partire dall'analisi ora fatta del fenomeno cariocinetico tipico per interpretare fisicamente quelle !) Il nuovo articolo di Pentimalu (comparso nel 34° volume dell'Ardi iv fìir Entwickelungsmechaiiik durante la corre/ione delle bozzo di stampa del presente lavoro) è tecnicamente deficiente quasi quanto quello di cui abbiamo parlato a p. 187-188, e non porta quindi nessun contributo serio a questo prò blema. 286 Paolo Della Valle forme di divisiono nucleare che si discostano più o meno notevol- mente dalla mitosi tipica. Per tutto lo t'orine osservate di questo fenomeno sono cora- pletaraente validi, come è facile constatare, tutti i caratteri fonda- mentali del processo cariocinetico da noi testé analizzati a p. '274-279 Due soli di tali caratteri (il IV e il Vi sono diversamente pronun- ciati nei diversi casi: l'aumento di dispersità della « sostanza nu- cleare » nel citoplasma (risoluzione del nucleo in numerosi cromosomi) e la diminuzione di dispersità della cromatina, diffusa nel cario- plasma durante il periodo intercinetico (formazione di cromosomi e loro numero). Ora, rimandando per ciò che riguarda il lato citologico dei fe- nomeni alla mia precedente memoria e per ciò che riguarda il signi- ficato di tali fenomeni nella mitosi tipica a ciò che abbiamo detto a p. 75-77 e 79-83 di questo lavoro, risulta evidente il significato fi- sico della differenza degli aspetti che si osservano nei diversi casi. Infatti, abbiamo mostrato a p. 81-82, che nella mitosi uor- male, con ogni probabilità la formazione dei cromosomi è colle- gata alla scomparsa del nucleo come tale, ed abbiamo interpretato quest' ultimo fenomeno come una soluzione preceduta da rigonfia- mento più o meno notevole, facondo anche vedere come fenomeni completamente simili si possono fisicamente riprodurre con un si- stema quaternario (cfr. p. 82). Ora, riferendoci di nuovo per sem- plicità allo schema ivi esposto, se la quantità di D che viene ag- giunta al sistema è in quantità minore di quanto sarebbe neces- sario per produrre completamente il fenomeno, incompleta sarà la soluzione di B in C, e così pure meno accentuato sarà lo smesco- lamento di A in B, e quindi obbiettivamente si osserverà, per dif- ferenze poco notevoli dal fenomeno tipico, una dispersità di A re- lativamente maggiore del solito, e propriamente tanto maggiore quanto più incompletamente si verifica lo smescolamento. Per de- viazioni ancora maggiori dal fenomeno normale (cioè per modifi- cazioni solo leggere del sistema A, B, C, prodotto da piccola quantità • li I) si potrà osservare soltanto un aumento di dispersità della fase A -f- B, accompagnato da un intorbidamento suo più o mono note- vole, poi lo smescolamento più o meno profondo di A da B, che però non procedi' ulteriormente '). l) Poiché il grado di dispersità ili A in />' può assumere, o la forma di un oumero più o meno grande di particelle 'li I sospese in /.'. o ili un rigonfia- Lu morfologia della cromatina 387 Questa del resto, come risulta da quanto abbiamo detto a p. 283, non è che l'interpretazione di tali fenomeni che si deduce accettando fra le possibili ipotesi fatto sulla causa dei fenomeni mitotici, la terza che è forse la più verosimile, e meglio li sinte- tizza tutti; ma si deve notare che risultalo perfettamente identico, specialmente per ciò che riguarda i cromosomi, si otterrebbe ani- mettendo una progressiva alterazione chimica della cromatina, per la quale diminuisse la sua capacità di cristallizzazione l), ovvero se si ammettesse che, ferme restando tutte le altre condizioni del sistema, si aggiungesse a questo ancora un altro componente che ostacolasse la capacità di cristallizzazione della cromatina 2). Forse sarebbero anche possibili altre interpretazioni 3), benché alla prima rimanga sempre la superiorità di spiegare in modo semplice mento più o meno notevole di A per effetto di B, il fenomeno può prendere due aspetti comp'etamente diversi, cioè quello di un aumenta progressivo delle particelle di A visibili ovvero quello di una risoluzione della fase A-\-B in un numero sempre minore di parti. La concomitanza spesso notata di nuclei sotto forma di vescicole plurime o polimorfi con amitosi è in relazione con tale pro- blema. Berthold ('86 p. 175-6), pure concependo l'amitosi come la divisione in «lue di una massa viscosa divenuta labile, non comprese la possibilità di rap- porti fra la cariocinesi e l'amitosi. 1) Analogo è probabilmente il fenomeno, per noi interessante, della pro- gressiva diminuzione di capacità di gelificare di colloidi ai quali si sia fatto subire varie volte questo mutamento (cfr. Wolf. Ostwald "10 p. 340). 2) Cfr. i numerosi lavori di Marc (spec. "IO) su questo argomento, come pure Marcelin ('09 p. 632-3), Fkeundlich (il) e le osservazioni analoghe di Leh- maxn (cfr. 063 p. 607) per i cristalli liquidi e l'influenza di colloidi protettivi nell'impedire l'aggregazione in cristalli microscopici delle particelle di disper- soidi (cfr. Zsigmondy '05 p. 170). Analoghi fenomeni avvengono nella cristalliz- zazione da fusione (cfr. Tammann '03 p. 131, 145-8, 153, Doelter "05 p. 109). Nel campo dei fenomeni di semplice diminuzione di dispersiti dei colloidi cfr. tutte le cause che ostacolano tali mutamenti (cfr. p. es. Wolf. Ostwald 'IO p. 274-284, 344-6, 379, 458). 3) P. es. si potrebbe pensare ad una progressiva diminuzione della quantità totale di A (cfr. p. 81), rimanendo B costante, ricordando la progressiva dimi- nuzione della differenza di composizione fra le due fasi coesistenti p. es. nella gemicazione della gelatina con la diminuzione della concentrazione di questa nel sistema (Hardy '00 p. 98). Anche la velocità del fenomeno potrebbe avere importanza, poiché è noto che i cristalli che si formano da una soluzione sono tanto più piccoli quanto più rapido è lo smescolamento (cfr anche P. Della Valle '112p. 149) e che la grandezza delle gocciole microscopiche che si formano nella gelificazione è inversamente proporzionale alla velocità con la quale si verifica il fenomeno (Hardy '00 p. 98). 288 Paolo Della Valle anche il comportamento dello sviluppo di superficie della sostanza nucleare nei diversi casi. Preformazione od epigenesi'? E l'ultima domanda è questa: Concepita nel modo esposto nelle pagine precedenti, la forma- zione dei cromosomi deve essere considerata come una preforma- zione o come un'epigenesi?1) Se si dovesse assolutamente dare una risposta, si dovrebbe dire che tale fenomeno non è né 1' una cosa né l'altra, o per dir meglio è 1' una cosa e -l'altra. È preformazione in quanto nel nucleo intercinetico esistono tutti gli elementi dei quali risultano i cromosomi perfetti della meta- fase ; è epigenesi in quanto questi elementi non sono ordinati mu- tuamente in modo da costituire tali formazioni. — In questo caso, come forse in generale per tutti i fenomeni di sviluppo organico, si può dire che l'organizzazione preesistente ha in se stessa il fine da raggiungere, o, per dirla con Driesch, l'entelechia. Ciò che po- trebbe non significare altro, come sembra indicarci l'analogia p. es. col fenomeno della cristallizzazione, che il sistema di cui si tratta è capace di assumere due equilibrii diversi, di cui uno è più sta- bile in determinate condizioni, mentre l'altro è più stabile in con- dizioni diversi'. i) Cfr. spec. Tki.lyksniczky '07- e P. Della Valle '09 p. 120-121. La morfologia della cromatina 289 Conclusione. Lo stato attuale della citologia e gli aderenti all'indirizzo chimico-fisico della morfologia citologica Giunti alla fine di questa nostra rivista sintetica, diamo uno sguardo anche alla storia dello sviluppo dell'ordine di idee qui so- stenute per l'interpretazione della morfologia della cromatina. In generale c'è da fare la poco lieta constatazione che la gran massa dei citologi, molto accresciuta in questi ultimi tempi, dei problemi non si occupa quasi. Per molti la descrizione dei bei pre- parati fissati e colorati ha sostituita la sistematica da dilettanti o l'anatomia descrittiva che essi avrebbero fatta in altre condizioni; e naturalmente di tutti costoro che cercano sempre, prudentemente, di porsi all'ombra di una grande autorità per sottrarsi ad ogni lavoro mentale, è inutile tenere alcun conto. La maggior parte di questi a. a. si bea p. es. a descrivere per una millesima specie i fenomeni di una spermatogenesi identici a quelli già noti per altre 999 specie e gongola nell' affermare di aver trovato su due dozzine di cro- mosomi dodici coppie di cromosomi di grandezza diversa o un'altra volta un così detto cromosoma accessorio Loro trastullo poi sono le discussioni teoriche sul meccanismo dell'accoppiamento dei cromo- somi e sul vero modo della riduzione cromatica, quelle discussioni che stanno ormai da vent'anni sempre allo stesso punto ed hanno esaurite tutte le possibili ed impossibili combinazioni di divisioni longitudinali e trasversali, accoppiamenti e separazioni, mentre si tratta probabilmente solo di due mitosi solite ! Si solleva e si distacca nettamente fra tutti Boveri , colui che ha dato finora alla citologia il maggior numero di idee e di fatti, che ha organizzata in una dottrina organica e seducente la morfologia della cromatina e l'ha continuamente sostenuta e difesa con sempre nuove osservazioni interessanti, con solidi argomenti e con raro acume di ragionamento. Non si può quindi non deplo- rare che egli , deviato da una illusione fondamentale vitalistica, non abbia pensato mai alle possibili interpretazioni puramente fi- siche dei fenomeni ed abbia quindi contribuito in questo modo al- l'attuale degradazione della citologia. Poiché Bovehi è uno dei pochi Archivio zoologico italiano, Voi. VI. ì.\) 290 Paolo Della Valle citologi che pensa, non è difficile che non finisca anch' egli per convertirsi all' indirizzo chimico-fisico, indirizzo nel quale è il pre- sente lavoro, e che è del resto semplicemente quello della più stretta obbiettività v). Altrove, in altri campi dulia citologia, 1' indirizzo chimico-fi- sico oramai predomina. Dopo i lavori di Bùtschlt, classici aneli»' per la fisica dei colloidi, chi oserebbe più studiare la morfologia del citoplasma in modo diverso da quello chimico-fisico? E la mec- canica della mitosi, per quanto ancora brancolante nel buio, non cerca anch'essa di seguire questo stesso indirizzo che domina nei lavori di Gallardo, di Hartog, di Rhumbler, di Giglio - Tos, di Giardina, di Enriques ? Per la morfologia della cromatina invece, nel 1884, Rabl, il primo ideatore della continuità genetica dei cromosomi , credeva di aver il diritto di proclamare ('84 p. 322) addirittura « nicht denkbar » l'idea che i cromosomi sorgessero alla profase in modo analogo ai cristalli. Nonostante le notevoli considerazioni di Cam- \<>y ('85 p. 359-361), la seria analisi di Berthold ('86 p. 46-50, 163, 175 e spec. 193-205), l'intuizione di Lehmann ('88 li pag. 482 e ss.) che della citologia fece uu capitolo della sua fìsica molecolare, lo scientifico scetticismo di Fischer ('99 p. 276) verso le fantasie do- minanti ed alcune acute osservazioni di Albrecht ('022) e di Giau- dina ('03 p. 330), pure si dovette giungere fino al 1905 perchè Tellye- smi'zky avesse il coraggio di proclamare che non solo non era impen- sabile, ma era invece probabile che esistessero analogie fra i cro- mosomi e i cristalli. Indipendentemente negli anni seguenti affer- mazioni simili furono fatte più o meno incidentalmente anche da R. Hertwig, Gross, ('06 p. 303-4) ed altri 2). Nessuno 3) però, ha ten- i) Bovkri ('04 p. 122-3) ricorda un brano di una lettera di Miescher che prevedeva nel 20° secolo una lotta nel campo della costituzione nucleare fra i morfologi ed i biochimici. Giustamente Boveri osserva che molto lontana an- cora è la trasformazione della citologia nucleare in un capitolo della biochi- mica, data la complessità delle sostanze in presenza; ma la previsione dell'illu- stri- chimico diviene probabilità se ai due termini da lui posti si sostituiscono quelli ili indirizzo vitalistico ed indirizzo chimico-fisico. Cfr. anche gli accenni di Przibram ('06 p. 276); Mundkn ("07 p. 679); dhlbb 08 p. L32); BacKEB 08 p. 350); Oes ('08); Jòrgensen ('09 p. 325-8) e 'li alcuni altri. Degna di speciale menzione è l'affermazione di Erdmann ('08 p. ì'òi) non ulteriormente sviluppata, che i cromosomi siano da considerare come dovuti a mutamenti di una fase. È strano che PlOK i*05 e '07) al quale si deve il più violento movi- La morfologia della cromatina 291 tato di analizzare sistematicamente in questa direzione tutta la com- plessa morfologia della cromatina per vedere quanto in essa fosse realmente effetto delle semplici forze molecolari, prima del mio la- voro del 1909 dove tale indirizzo è chiaramente espresso (cfr. spec. p. 107, 152, lòti-7), e della mia nota preliminare al presente lavoro, pubblicata nel 1910 '). Ciò forse però non poteva avvenire prima di una revisione obbiettiva di alcuni fatti dei quali si era enormemente esagerata la costanza fabbricandovi sopra dei sistemi di ipotesi, quali spe- cialmente la costanza della loro grandezza. Ridotti questi al loro reale valore, non vi dovrebbero essere difficoltà per l'accettazione dell'indirizzo scientifico nello studio della morfologia della cro- matina. Si comprende che la sostituzione di questa nuova concezione a 2 '. Al b r e e h t. 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Le figure rappresentano i cromosomi di una profase precoce di endotelio peritoneale di larva ili Sulamnndra maculosa. È evidente l'assoluta irregolarità di numero e di senso delle torsioni elicoidi dei singoli cromosomi. Tavola 5. Le figure rappresentano i cromosomi di una metafase della stessa specie di nuclei. E da notare, in paragone alle forme della tavola precedente, ionie le torsioni elicoidi sono andate progressivamente svolgendosi. NB. Per ulteriori dati o per le conclusioni che se ne debbono dedurre cfr. Cap. II, 3 e Cap. IV, 1. Indice Introduzione . . . • • • • • • • • • Pag- 37 I. I caratteri del nucleo intercinetico » 41 II. La formazione dei cromosomi » 48 1. L' aumento di volume e la diminuzione di visibilità del nucleo all'inizio della mitosi. . _ . . . . » 48 2. Le prime modificazioni endonucleari profasiche ed i feno- meni di smescolainento » 56 1 dati citologici » 56 Comparazione con i fenomeni critici. . . » 63 Analisi fisica dei fenomeni obbiettivi della profase. . » 75 3. Le torsioni profasiche ed i fenomeni di associazione. . » 83 Le torsioni dei cromosomi. ..... Altri casi di torsioni citologiche . . . » 96 I fenomeni di associazione nelle diminuzioni di dispersità. » 99 I rapporti tra le associazioni lineari e le torsioni . . » 105 Le l'orme elicoidi e le diminuzioni di dispersità . . » 112 III. I caratteri fisici dei cromosomi » 114 1. La grandezza assoluta ed il numero dei cromosomi . . » 114 2. Le differenze di grandezza fra i cromosomi ...» 124 3. Il rapporto nucleo-cromosomico ed i fenomeni di absorbi- mento .......•••>' 143 1. Li stato di aggregazione dei cromosomi .... » 149 324 Paolo Della Valle 5. La forma e la struttura dei cromosomi .... Le i'onne dei cromosomi ...... Forme simili a quelle dei cromosomi Conseguenze per i cromosomi ..... La forma del nucleo ....... Rapporti fra la strattura dei cromosomi e quella degl organismi . . . . . ti. La colorabilità dei cromosomi ..... 7. I caratteri ottici dei cromosomi ..... 8. Il comportamento dei cromosomi in un campo elettrico I fattori della cataforesi ...... Le esperienze fatte ....... Conchiusione ........ TV. T mutamenti risici dei cromosomi dalla profase alla metafase 1. La sparizione delle torsioni profasiche. 2. L'accorciamento dei cromosomi . ... L'accorciamento coinè diminuzione di superficie La proporzionalità dell'accorciamento alle dimensioni ini ziali .......... La diminuzione di volume dei cromosomi V. La divisione longitudinale dei cromosomi .... 1. Natura della divisione longitudinale . . : . 2. Rapporti fra la divisione longitudinale e l'accorciamento anafasico ......... 8. Altri aspetti della divisione longitudinale . VI. La dissoluzione dei cromosomi 1. La sparazione dei cromosomi e la soluzione dei gel . I fenomeni telofasici ....... Fenomeni simili per altre strutture citologiche Rapporto tra la soluzione dei gel e dei cristalli di albu minoidi, ed i fenomeni telofasici .... Possibile significato e valore della velocità di diffusione della cromatina ....... 2. Se, quando, e sotto quale aspetto si possa parlare 'li con tinnita genetica dei cromosomi .... Argomenti addotti in favore della continuità genetica La riconoscibilità dei cromosomi nel nucleo intercinetico Conchiusione ........ VII. Natura e cause del ciclo mitotico ...... II ciclo mitotico nel suo insieme .... Cicli endocellulari analoghi al ciclo mitotico . Le possibili cause del ciclo mitotico. Analisi fisica della serie completa delle forme di divi -ione nucleare ........ Preformazione od epigenesi? ..... Conchiusione ........... Riassunto ............ Bibliografia ........... Spiegazione delle tavole ......... pag. Ricevuto il 17 Aprila 1**12. Finito di stampare il 12 Ottobre 191 ì. Sulle espansioni nervose dei peli tattili Ricerche del Dott. Augusto Stefanelli illa cattedra ili fetologia e Fisiologia generale della R. Università ili Napoli con le tavole G-8 Dacché il Malpighi con geniale intuizione ebbe riposto nei peli una notevole funzione tattile, furono il Gtegenbaur nel 1851. il Leydig nel 1859 e 1' Odenius nel 1866 che, riprendendone lo studio, per primi contribuirono al progresso delle nozioni sull'ar- gomento ; giacché, in possesso oramai di metodi tecnici progrediti, poterono richiamare l'attenzione degli osservatori su quegli organi e indicare un nuovo campo di minute e interessanti ricerche alle loro investigazioni. Ne rimasero cosi pienamente lumeggiate le classiche esperienze dello Spallanzani, e quelle di altri eminenti sperimentatori, circa la grande importanza biologica dei peli tattili. In Italia si fece iniziatore di questi sludi l'illustre Paladino col Lanzillotti-Buonsanti, pubblicando fin dal 1871 delle preziose ricerche sulla struttura e fisiologia dei peli tattili, seguite un anno appresso da quelle del Skrtolt sui nervi, e contemporaneamente del Jobert in Francia, dello Sohòbl e dello Stieda in (-rei-mania Da quel tempo una lunga schiera di osservatori si è venuta suc- cedendo con lo scopo di viemmeglio illustrare, la minuta distribu- zione dei nervi intorno ai follicoli dei peli mercè l'impiego di quei metodi, che l'esperienza man mano indicava come i più adatti. Se quindi la gran maggioranza degli autori ha basate le sue conclu- sioni sui risultali ottenuti col metodo d'impregnazione al clo- ruro d'oro, o con altri procedimenti meno perfetti, non sono mancati di quelli, che hanno impiegato nelle loro ricerche il ble u di metilene (Ostroumow, Botszat, Leostowitsch, Szymono- wicz w.. Szymonowicz L. (3) ecc.), o la reazione nera del Goi.oi Van Gehuchten, Retzius, Orrù, ecc.), e finalmente me- lodi neuro-fibrillari, come il Ti- 1. lo li, Botkzat i 4 . Lon- 326 Augusto Stefanelli don. Lefébube (1) e Vax de Velde : sebbene fra questi il Lkfébure abbia basate le sue conclusioni principalmente sui risultati ottenuti col cloruro d' oro, e gli altri abbiano tenuto di mira, più che le disposizioni e la maniera di originarsi degli apparati espansionali intorno ai follicoli piliferi, la loro struttura neurofibrillare in rap- porto con le altre espansioni nervose sia di senso che di moto. Dato il nuovo campo che i metodi neurofibrillari hanno aperto alla investigazione istologica, non ho creduto vano riprendere oggi le indagini sulle espansioni nervose dei peli tattili mercè l'impiego del metodo Ca.tal al 1' argento ridotto, essendomi con- vinto per precedenti ricerche che esso dà all' osservazione i più minuti dettagli ; e tanto maggiormente perchè, oltre ad essere più elettivo del cloruro di oro e del bleu di metilene, ha sopra di questi il vantaggio di una previa fissazione dei tessuti, che ne impedisce l'alterabilità per le successive manipolazioni e lascia quindi mag- giore attendibilità sulle immagini osservate. Ho compiute le mie ricerche sui peli tattili, con o senza corpi cavernosi, del labbro superiore e delle sopracciglia dei mammiferi (Felis cahis, Arvicola arvalis , Myoxns avellanarias , Cavia cobaya, Lepus cHìt/culus, Mas decumanus, Talpa europaea, Erinaceas enro- paeus), e le ho estese a quelli delle grandi labbra vulvari, perchè mi è sembrato che siano stati sempre negletti dagli studiosi dell' isto- logia nervosa dei genitali femminili esterni. I nervi destinati ai peli tattili forniti di corpi cavernosi, (schwel- lkòr p er h alti ger Haarbàlge del Bonneti, pigliano ori- gine ila un ricco plesso nervoso a grossi fasci situato nello strato profondo della cute, e si distinguono in sensitivi, vasomotori e motori : quelli delle due prime maniere, come con adatte esperienze potè dimostrare il Paladino, provengono dal V paio, i motori dal VII. Risultano di cospicui tronchi , che per la loro distribuzione si presentano subito, specialmente nel labbro dei neonati_di Myo.in*, sotto due aspetti : gli uni si risolvono in foltissimi e limitati plessi, a nif)' di chiazze e cespugli inestricabili, sui fasci muscolari e nel -uto connettivo circostante dando origine a piccole piastre mo- trici sulle fibre striate, a ramuscoli che si dirigono nel plesso ner- voso cutaneo superficiale e dentro l'epitelio, o più raramente nei folli.-i. li piliferi; gli altri salgono compatti incontro ai follicoli dei peli tattili a seni sanguigni, dando spesso, in prossimità, di questi, o quando ^,ià vi son penetrati, rami anastomotici con quelli dei follicoli vicini. Sulle espansioni nervose dei peli tattili 327 Il Majocohi (1910) riscontra rami anastomotici tra i plessi dei follicoli ordinavi, non tra quelli dei follicoli tattili a seni sanguigni per i quali espressamente ammette che « il plesso è separato dagli altri dei follicoli vicini: in altri termini è un plesso autonomo ». (p. 43). Ma non solo quei rami esistono, (pianto anzi dai singoli plessi si elevano fibrillo noi vose che, recandosi negli strati cutanei superficiali . offrono connessioni anche con gli altri apparati ner- vosi della sensibilità cutanea ; come del resto ammetteva già fin dal 1888 il Richiardi, allorquando faceva notare che alcune fibre del plesso follicolare, scorrendo lungo il collo del follicolo, si an- davano a terminare nell'epidermide. Ho pure notato che i fasci, aggredendo un po' obliquamente i follicoli, vi penetrano « .... in corrispondenza del terzo inferiore circa .... » (Sertoli), od il più delle volte da un solo lato, conio osservarono dapprima il Gtegexbaur e il Leydio , oppure da due lati, come il Ma.joccmi giustamente ammette avvenga per il riccio; s'incamminano quindi per le trabecole dei corpi spugnosi verso la guaina connetti vale interna (strato compatto), ed ivi si dispongono in forma di plesso, corrispondente all' e p i le m m a 1 e dell' Arnstetx ed avvolgente tutto intorno le guaine delle radici pilifere. Lungo i cordoni fibrosi dei piccoli mammiferi da me esaminati non mi è stato dato mai osservare alcuna forma di espansione ner- vosa, contrariamente a quanto hanno descritto 1' Ostroumow. il Botezat , il Tret.iakokk (1), uè i corpuscoli nervosi ultimamente, mercè il processo al bleu di metilene, riscontrati dallo Zaczek nel cavallo e dal Tretjakoff (2) nel bue; e così neppure nella guaina connettiva interna ho potuto riconoscere la ricchezza di arboscenze volute dallo Ksjunin. Sibbene ho riscontrato a questo livello qualche rara arborescenza e delle caratteristiche libre mieliniche che, giunte • piasi a contatto con la membrana vitrea, si dividono e suddividono in una gran (piantila di corti l'ami che, ravvolgendosi fra loro a mo' di gomitolo, e spesso anche anastomizzandosi, darebbero tutta l'apparenza di un'ampia piastra, motrice, se la linezza del metodo non e' indicasse dove sieno da ricercarsi le vere espansioni nervose: esso sono rappresentate da esilissime ueurofibrille, che in tenui fa- scetti si dispongono secondo l'asse maggiore del follicolo, sebbene la fibra, che le origina, abbia rispetto ad esso un decorso trasver- salo. La, Fig. aspetto n il caratteristico comune a tutte le altre espan- sioni nervose, perchè L' axo plasma rimane poco attaccato dai sali d'argento, mentre le neurofibrille assumono una decisa tinta nera, che facilmente le individualizza all'occhio dell'osservatore. I rami corrono generalmente paralleli all'asse del pelo, raggiungendo una medesima altezza, ina alle volte alcuni si elevano più su del livello ordinario, mentre altri si ripiegano orizzontalmente o si rovesciano completamente in giù (Fig. 1, 5, 19, f). Questo latto è molto co- mune per ({nei peli delle grandi labbra vulvari della gatta, i quali per le loro dimensioni e la loro innervazione sono da considerarsi come peli di passaggio tra gli ordinari e quelli a spazi sanguigni. Osservando la Fig. 5, che ci rappresenta appunto 1' innerva- zione di un pelo della vulva di gatta, si vedono alcuni rami delle formazioni forcute dar luogo lungo il loro tragitto ad un rigon- fiamento, che è stellato nel caso che da esso pigliano origine più rami (a), o triangolare se ne emanano duo (b). Ad ogni modo dopo simili rigonfiamenti uno dei rami risulta sempre rovesciato in giù od orizzontale, mentre l'altro continua la sua ascensione verticale ; il rigonfiamento stesso assume una tinta più pallida e le neuro- fibrille , più distanziate fra di loro, un aspetto reticolato molto evidente, che lascia scorgere il loro orient Amento per i diversi rami. Questi pigliano formi a ino' di corta clava nei peli a spazi sanguigni dei neonati di Myoxus avellanarius (Fig. 17), ma negli a- dulti si fanno spesso alquanto affilati ed ondulati, in maniera da as- sumere con la vitrea più estesi contatti (Fig. 6, 11). Nel gatto, più che negli altri mammiferi da me esaminati, rimangono molto espansi a ino' di vere clave, forniti spesso di più rigonfiamenti, e si pre- stano a meraviglia per la dimostrazione della struttura neurofibril- lare [Fig. 21); nei peli di passaggio però sia del labbro superiore (Fig. 13), e delle soppracciglia (Fig. 19), come delle labbra vulvari (Fig. 1 . 2. 3, 5), le ramificazioni a forchetta rimangono molto lunghi' ed esili, fino ad essere costituite da una o due neurofibrille. Nei peli tattili a corpi cavernosi dell'Arvicola arvalìs il loro aspetto può essere molto irregolare, perchè, oltre a rimanere assai corte e sormontate da rigonfiamenti di varia forma (Fig. 7, 10), hanno alle volte un decorso incurvato (Fig. 12), che toglie quell' uniformità di parallelismo, che fece meritar loro il nome di palizzata. Osservate a fortissimo ingrandimento lasciano assai spesso scor- gere la esistenza di esilissime fibrille che, dipartendosi da qual- cuna di esse, corrono ad anastomizzarsi con altri rami delle for 332 Augusto Stefanelli inazioni forcute. Come ho già avuto occasione di dimostrare per le piastre motrici, vanno esse considerate quali fibrille ultra - espansionali, che anche qui hanno il compito di mettere in intimo rapporto sia i rami gemelli delle forchette, provenienti cioè dal ramificarsi di una stessa libra midollata (Fig. 7), sia quelli più o meno lontani di libre diverse (Fig. 13,21); alcune, appartenenti a follicoli con corpi spugnosi, fuoriescono dalle estremità appun- tite delle ramificazioni a palizzata (Fig. 9), e si vanno ad anasto- mizzare con l'anello nervoso soprastante Questi fatti, che i miei preparati dimostrano all'evidenza, sono in aperto contrasto con quanto asseriva già il Van G-ehuchtisn nel 1892, che cioè « le seul caractère absolument Constant qui appar" tienile à la fois a toutes les terminaisons nerveuses dans les fol licules pileux, e' est que cette termina ix< ni se flit toujours par une arborisation fornice de ramilles indipéndantes .... » (p. o47); e col giudizio più tardi espresso dal Lkféburu (1908) , che le ramifica- zioni a forchetta < pareissent effectuer leur trajet indépenden- temment les unes des autres » (p. 153). Uno sguardo alle figure citate basterà per convincerci del contrario, e ci autorizzerà quindi a conchiudere che, secondo quanto accade nelle altre espansioni nervose, anche quelle intoni») ai peli si effettuano pur mezzo di rami fra loro intimamente collegati mercè fibrille u 1 t r a - e s p a n- s i o n a 1 i, e non già, come ripete il Szymonowioz L. nel suo trat- tato di Istologia e Anatomia Microscopica, « .... in forma di arbo- rizzazioni terminali libere » (p. 341), o. secondo quanto afferma il Lkkkbure, (1909, 4), « .... par des extrémités libres (varicosités ter- minales) dont les neurofibrilles ne contractent aucun rapport de con- tinuité avec celles de leurs voisines.... » (p. 352). Il che valga ancora per le piastre motrici, che si riscoprano sulle libre muscolari striate dei follicoli piliferi, per alcune delle quali non mi è stato difficile dimo- strare, contro l'opinione espressamente manifestata dal Vax Gehu- ghten, la loro struttura reticolata. Il Lbfébure pensa che l'apparenza in l'orma di rete delle espan- sioni nervose di senso sia dovuto ad artefatti del metodo all'oro ed al bleu di metilene, e che il metodo C a j a 1 tolga quest'il- lusione ; e in altro luogo considera le ultraespansionali come col- laterali che per casi eccezionali siano sfuggite via dalle ter- minazioni. In seguito a ciò io insisto a ripetere che anche col metodo Cajal, anzi sopratutto eoi metodo Cajal, si riesce a mettere in evidenza che la vera struttura di tutte le espan- Sulle espansioni nervose dei peli tattili 838 sioni nervose, sia ili senso che di moto, è la reticolata, e che le ultra espansionali vanno considerate non come qualcosa di accessorio e ili eccezionale, ma rome un dato di altissimo significato, risul- tando un fatto costante e normale ci « il sistema nervoso periferico. Crediamo quindi di avere elementi sufficienti onde poter sop- primere, come propose il Ruffini, la parola terminazione e sosti- tuirla con L'altra, più rispondente all'obiettività dei fatti, di es p a n- sione iii'i'vusi. e ci meravigliamo come alcuni, onde poter sostenere vecchi preconcetti sull'ini ima struttura del tessuto nervoso, non siano riusciti ancora a mettere in evidenza le molto evidenti fibrille u 1 1 r a e s p a n s i o n a 1 i. Così Tello (1907): « Et comme d'ailleurs nous n'avons jamais trouvé dans nos préparation des anastomoses entre les arborisations de deux libres differcntes, et nous n'avons plus rcncontré les fibres et ramifìcations ultraterminales décrites par Ruffini , faits qui du reste n'ont pas pu étre constatés avant nous par un grand nombre d'investigateurs, nous employerons toujours quand-mème la parole i erminaison cornine étant la plus exacte jusqu' au moment où des faits plus clairs et convaincants nous prouvent que nous sommes dans l'erreur. » (p. 227). Ma il Ruffini (1908) ha già con- venientemente risposti) alle obbiezioni del Tello, le quali, dati i fatti più chiari e convincenti messi in evidenza, non dovrebbero più sussistere. Il" delio, parlando delle fibre amieliniche nei peli tattili a seni sanguigni , come pari»- di esse discendano verso i follicoli dagli strati sotto-cutanei dopo aver contribuito alla formazione di un litio anello nervoso, situato tra le ghiandole sebacee e gli strozza- menti dello guaine epiteliali Ora aggiungo che ad esso pervengono anche scarse fibre midollate dagli strati inferiori dei follicoli, le quali, spingendosi oltre le formazioni forcute Fig. 18), vanno a sfioccarvisi in un grandissimo numero di idi Fig. 20), Q corrono a costituire entro l'epidermide malpighiana dello sbocco follicolare un (desso, detto dal Ma.iocoiii follicolare ultratermi- nale nel 1901, e dipoi, nel 1910, plesso follicolare se- condario, o plesso terminale dello S b OC C 0 f O 1" 1 i c o 1 are. Dal plesso sotto cutaneo d'altra parte si distaccano fasci, n prevalenza di fibre mieliniche, le quali, con decorso discendente, si avviano anche esse verso l'anello nervoso girando attorno alle ghiandole sebacee, o lasciando pi-ima di queste qualche rara libra- 334 Augusto Stefanelli che, sfioccandosi abbondantemente intorno alla esile guaina epiteliale del follicolo, finisce col formarvi una delicatissima ed intricata rete nervosa espansionale (Fig. 14, 18, r). Ne risulta così una complicatissima disposizione nervosa in- torno ai follicoli dei peli tattili a seni sanguigni, la quale, avendo due punti di partenza, follicolare e sotto cutanea (Fig. 18), finisce con l'incontrarsi e fondersi nel caratteristico anello nervoso. Il Jobert vide fibre discendenti nella talpa e nel porco , ma il Bonnkt fu quello che, per primo e con più particolari , fin dal 1878 descrisse e disegnò a livello del eolio dei follicoli un anello nervoso di fibre circolari, provenienti dal plesso sotto-cutaneo. A quest'osservatore però ed agli altri, che lo seguirono, sfuggì l'ori- gine multipla di esso, e bisogna giungere al Thetjakoff (1902) por vedere figurata una disposizione, che più si avvicini ai nostri reperti. Così pure è rimasta ancora molto oscura la maniera di espandersi delle fibre nervose in detto anello, dovuta al fatto che esse qui si dispongono in forma di un reticolato circolare molto Schiacciato e stretto, che rende difficile seguire una fibra per lungo tratto. Oltre alla maniera indicata dalla Fig. 20, in qualche punto più superficiale, dove la rete non è ancora tanto compatta, ho po- tuto osservare delle fibre mieliniche, le quali, dopo essersi ripetu- tamente fra di loro anastomizzate, finivano per dar luogo a delle varicosità neurofibrillari di varia forma, ma per lo più davate e di piccole dimensioni; spesso ne ho riscontrate parecchie sullo stesso filo nervoso susseguirsi l'una all'altra, finché andavano a fondersi obliquamente con altri rami vicini, o rimanevano come intercalate alle fibre stesse. Questo prova che l'anello è un apparato nervoso di natura espansionale come quello delle fibre a forchetta , e che le fibre' ;i mieliniche vanno anche qui considerate in parto come ap- partenenti a quel sistema, che forma l'apparato di Timo- feew, mentre le altre sembrano destinate ai vasi capillari, che a questo livello, provenienti dai seni sanguigni, formano una fitta rete, imitata da quella nervosa. Specialmente nella Cavia questo fatto risulta evidente, perchè alla maggiore estensione e ricchezza della rete capillare, corrisponde un più complesso e serrato anello reticolare di fibre amieliniehe. Nei peli tattili di passaggio si trova pure un ricco anello ner- voso , ma situato sulla membrana vitrea alla stessa altezza delle formazioni forcute, sì che queste ne rimangono come involte e compresso contro detta membrana. Sulle espansioni nervose dei peli tattili 335 Quest'anello, scoperto dallo Schòbl e ritrovato dal Beil, Hog- gan, Schwalbb, Bonnet, Ranvier, K< m.i.i kk ;. ma negato dall'AnN- stein, fu creduto dal Jobert di natura connettiva (anneau i'i- breux, anneau d e r m i q u e), e dal Merkel in parte con- giuntivo e in parte nervoso; il Bou.u no dette un discreto disegno, ma il Van G-ehdchten non l'ha « .... jamais pu niettre en évidence avec la méthode au chiomate d'argent .... » (1893, p. 30). Esso risulta costituito da alcune fibre midollate provenienti dal tronco nervoso ascendente, le quali, venute a contatto con la guaina vitrea, si ripiegano orizzontalmente, o in questa direzione ripetutamente si biforcano fino a ridursi a ramuscoli assai sottili, che fra loro si anastomizzano (Fig. 2, n; 5). Le ramificazioni mag- giori hanno struttura fibrillare, come quelle delle formazioni a palizzata, specialmente presso ì punti di biforcazione, e nel loro aspetto generale risultano fornite di varicosità che, pigliando più intime aderenze con la vitrea, vanno considerate come le vere, espansioni sensitive di quest' apparecchio nervoso. Altri rami del- l'anello pigliano direttamente origine dalle ramificazioni a forchetta, (Fig. 3) , sì che non è azzardato il pensare che sia l'anello come la palizzata abbiano la medesima funzione tattile, tanto più che, come sostenne lo Schwalbe, anche alcuni rami dell'anello finiscono per diventale longitudinali. Le fibre amieliniche sono molto scarse e provengono in maggioranza, dagli strozzamenti delle fibre mi- dollate; ciò sembra in accordo con lo scarso sviluppo di un reticolo capillare intorno a questi follicoli, al contrario di quanto avveniva per quelli a seni sanguigni. Date le anastomosi che esistono fra i vari rami dell'anello, questo assume 1' aspetto di un reticolo in tutti i mammiferi da me esa- minati ; ma specialmente ael gatto, sia nei follicoli delle grandi labbra vulvari . e più ancora in quelli delle sopracciglia e delle labbra superiori (Fig. 2, 3, 13, 19). Non sembra perciò giusta la distinzione che il Szymonowioz L. (3) vorrebb ■ far intervenire tra l'anello nervoso dell' uomo e quello degli altri mammiferi , che cioè mentre in quello le fibre uervose, dando nei loro giri rami- ficazioni molteplici e foggiando maglie di varia grandezza, diano un rei i e o 1 a t o e ire o 1 a r e, in questi, formando giri paralleli senza biforcarsi, diano un semplice anello nervoso. Credo quindi col Majoccid (2) che « siffatta distinzione può essere accolta per l'uomo, non nel senso assoluto, ma più sotto il rispetto di grado maggiore di frequenza ». 33fc> Augusto Stefanelli L'insieme degli apparati nervosi fin qui descritti trovasi al- quanto ridotto nei peli ordinari, in alcuni dei quali uno solo può rima nere rappresentato, ed è per lo più quello delle forchette (Fig. 4), mentre in altri può mancare del tutto ogni specie d'innervazione; a questi rimane così solamente un ufficio protettivo della cute od ornamentale, mentre a quelli va attribuita una notevole funzione tattile. Per peli tattili quindi bisogna intendere non solamente, come comunemente si giudica fare, quelli l'orniti di corpi cavernosi. ma anche quelli di passaggio e tutti gli ordinari , che risultano forniti di espansioni nervose, perchè, come dimostrarono Blaschko, Kiesow e Fuky, e più recentemente fece osservare il Duccekohi (i). va loro attribuita gran parte della sensibilità cutanea. Quest'ul- timo autore anzi eosì si' esprime in altro lavoro (3): « ... la deno- minazione di peli tattili attribuita generalmente alle vibrisse che si trovano attorno al muso in alcune specie animali è improprio. Nella specie umana tutti i peli sono tattili e del resto anche in quegli animali in cui la maggior parte della superficie cntanoa è ricoperta di falso pelame, i follicoli piliferi sono gli organi della sensibilità di contatto » (p. 349). Il che valga ancora, specialmente dopo le ricerche di Holmgren sui bruehi, per tutte quelle formazioni tricomatose degli invertebrati, che si son mostrate fornite di un'ab- bondante e complicata innervazione. Sono però lungi dal cadere negli eccessi degli Hoogan, i quali, stimando tutti i peli aventi funzione tattile, facevano da, essi de- rivare, per successive trasformazioni avveratesi nel corso della fi- logenesi, gli altri apparati sensitivi della cute, di cui una prova suggestiva sarebbero stati gli organi di Eimer nella Talpa; o dell'AitNSTETN, che pure considerava tattili tutti i peli del corpo, e così si esprimeva a loro riguardo: « .... so kommt man zur Ueberzeugung , dass Endkolben . resp. Tastkòrperohen und Ta- si haare physiologisoh gleichwerthige Gebilde sind und sich in ihrer Function gegenseitig ersetzen kònnen. » (p. 228), Prima di passare a descrivere un'altra maniera di espansione uervosa molto sviluppata nella guaina epiteliale esterna dei peli tattili a roipi cavernosi, accenniamo che vari autori (Schòbl, Ojrbu, OSTROUMOW, RUFFINI, TuKT.I AKOKK, KsJUNIN, LiEFÉBURJE, MaJOOCHI), hanno potuto osservare fibre nervose penetrare nelle papille dei follicoli piliferi, pur non provenendo esse d'ordinario dal plesso Sulle espansioni nervoso dei peli tattili 337 follicolare. Ma alle mie ricerche solo eccezionalmente è risultata la presenza di qualche fibra isolata penetrare nelle papille, e neppure posso assicurare sulla sua natura nervosa; sì che mi è sorto il dubbio che le ricche immagini date dai succitati autori non debbano at- tribuirsi tutte o in parte ad altri elementi per la equivoca elet- ti vita del cloruro di oro e del bleu di metilene. E del resto aria per lo Schòbl , così aspramente combattuto dal Jobert fi, 3), si è panilo dimostrare che l'aggrovigliamento di fibre nervose a mo' di gomitolo, da quell'autore riscontrato nei peli del topo albino, altro non sia se non un reticolo di capillari sanguigni impregnati dal cloruro di oro. Non posso perciò nulla affermare circa le ra- mificazioni ad anse attorcigliato del Ruffini o sulle arborizzazioni libere munite di varicosità appiattite del Tretjakoff e dello Ks.ic- mx. tanto più che autori passati Sertoli, Van Gehuchten) e re- centi (Ducceschi) non riscontrarono nervi nello papille, o ne par- larono come di un fatto eccezionale (Retzii'> . Inoltre vi sarebbe anche discordia sul significato funzionale di essi, ove esistessero, perchè mentre da una parte si propende, seguendo le ideo dello Sfameni, a crederli sensitivi, dall'altra, stando col Ruffini, Lepébure, Ostroumow ecc., li si vorrebbero di natura vascolare o vaso-motoria, per quanto successivamente il Ruffini siasi in pai-te adattato alla opinione dello Sfameni, al quale si as- socia pure il Crevatin a proposito delle espansioni nervose nelle papille della lingua. Diamo ora un passo indietro, e facciamoci a considerare di nuovo il decorso delle fibre nervose del plesso follicolare : vediamo oonie alcune fibre mieliniche, giunte a livello delle anse a for- chetta, si ripiegano verso lo strato epiteliale, dove giungono dopo di aver traforata la membrana vitrea con lo strozzamento pre- espansionale. « Questi incurvamenti verso l'interno . dico il Sertoli, « non sono punto artificiali, come asserisce Odenius, ed anzi posso dire di avere più oltre osservato come le fibre nervose nel dipar- tirsi dai loro fasci si pieghino, prima di traversare la membrana omogenea, alquanto in basso, formando cosi delle anse, la cui convessità è rivolta in alto » (p. 565). Lo strozzamento, appena giunto in contatto della guaina epiteliale, si ramifica abbondante- mente a varie altezze, mantenendo però sempre 1" sue ramificazioni molto superficiali, per dar luogo lungo il loro cammino a numerosi e caratteristici menischi tattili, situati trasversalmente rispetto alle Archivio zoologico italiano. Voi. VI 22 338 Augusto Stefanelli formazioni forcute, e quindi alla membrana vitrea. Ciò ha sugge- rito al Lefébure che « .... les éléments nerveux sont soumis et obé- issent à une sorte de tropismo, au lieu de subir simplement l'in- fluence de la morphologie des éléments voisins: car, dans l'epiderme, ils sont parallèles à la vitree, pour ètre, corame ici, horizontanx » (1908, 1, p. 152). 11 Dietl descrisse già come le fibre nervose, giunte nel terzo superiore della guaina congiuntiva-, si ripiegavano verso la vitrea e, perforandola, si andavano a terminare con piccoli rigonfiamenti oblunghi tra i primi tre strati di cellule della guaina epiteliale esterna; e come il Dietl e il Sertoli, altri osservatori asserirono, che tutte le fibre nervose traversavano la vitrea per terminarsi nella guaina epiteliale esterna (Mojsisowicz, Mekkel, Bonnet, Richiardi), mentre Lrydig , Odenius , Jobert, Redtel , Van Gehuchten non videro mai nervi penetrare in questo strato, e credettero che si fermassero tutti sulla vitrea ; Retzius una volta sola vide fibrille nervose nella guaina epiteliale. Ma oramai non v'ha dubbio sulla esistenza di esse, per quanto possa esservi qualche disparere circa alla loro esatta topografia, giacche non solo si limitano alla re- gione più alta del follicolo, ma danno origine a menischi , che si spingono anche più in basso, come hanno riscontrato Szymonowicz e Van de Velde. La Fig. 9 ci mostra alcune fibre delle anse a forchetta, e la posizione che, rispetto ad esse, prendono i menischi tattili sotto- stanti ; alcuni si trovano alquanto più in basso, e ciò in relazione alla, esistenza di speciali cellule ramificate che, cominciando a pre- sentarsi diradate verso l'altezza del corpo conico, si fanno sempre piti abbondanti al di sopra di questo, (ino a divenire così stipate, da costituire quasi da sole lo strato più esterno della guaina epi- teliale Fig. 15). Con i loro prolungamenti queste cellule si met- tono in relazione fra di loro, in maniera da costituire, come ben notava il Sertoli , « una specie di rete, nelle cui strette maglie si trovano due a quattro cellule cilindriche della guaina esterna ». (p 566). Specialmente sviluppati questi elementi sono nei follicoli tattili aseni sanguigni dell'Arvicola arvalis, come mostrano le Fig. I.'). 18, nelle quali le fibre nervose sembrano mettersi in rapporto di quelle cellule ramificate, in maniera da dar loro l'apparenza di tante foglioline col loro picciuolo e la loro nervatura mediana. (,, pci-ò non saprei come attribuir Loro una natura nervosa, ma piuttosto le omologherei alle cellule di L a n g e r h a n s, Sulle espansioni nervose dei peli tattili 339 <-ht\ dopo le idee manifestate dal Paladino ili fin dal 1871 nelle sue ricerche sui nervi delle labbra, e generalmente seguite dai più autorevoli osservatori, bisogna piuttosto ritenere quali giovani cellule epiteliali . così modificate in rapporto forse alla loro fun- zione di cellule di sostegno o di protezione. Questo fatto trova conferma negli altri animali da me presi in esame, nei quali esi- si ono in contatto di queste cellule delle speciali espansioni ner- vose sotto forma di menischi, a struttura eminentemente fibrillare e reticolare, come mostra la Fig. 16 , tolta dal Myoxus avelhuta- rius] anche qui esistono a contatto di essi cellule epiteliali mo- dificate, sebbene in maniera diversa che nell'Arvicola arvalis, pre- sentandosi più regolari e a protoplasma come vacuolare. Corrispondono alle cellule tattili del Merkel (Tastzelle n), e isì dette da quest'autore perchè pensava che contenessero nel loro interno i menischi tattili e fossero quindi di natura nervosa: ma 1' idea da esso seguita, e più recentemente dal Lkontowitsoh sostenuta, è risultata illusoria, tenendo conto che in tondo quelle cellule non differiscono affatto dalle altre cellule epiteliali (Ram- vikh), ed anche perchè i menischi non sono contenuti nel loro protoplasma (Van de Vel.de). ma vi sono semplicemente addossati. E ciò in accordo con i risultati che nel 1897 il Szymonowicz L. (1) riuscì ad ottenere nelle cellule tattili dei e o r p u se o 1 i d i G a n- d r y, ed in opposizione a quelli del Dog-iel e Willanen circa più intimi rapporti tra menischi e cellule tattili. Ad esse il Boxxet ricusò- dapprima la natura cellulare, ma più tardi le riconobbe quali vere cellule e la loro funzione, stando all' ipotesi del R axvier , sarebbe quella di cellule ghiandolari. « .... destinées à raettre en action, sous l'influence de la pression, un agent special, physique ou chimique, qui exciterail le disque tactile. > (1, p. 010; 2. p. 698), e secondo il Botezat avrebbero un ufficio protettivo. Inclinando, per quest'ultima ipotesi, dobbiamo escludere ogni loro funzione sensitiva e definitivamente abbandonare le idee con tanto calore sostenute dagli Hoggax a loro riguardo. U ufficio di ricevere le impressioni sensitive va rie -reato nei menischi tattili, che rappresentano le vere espansioni nervose sotto t'orma di reti fibrillari , intercalate lungo le numerose ramificazioni delle fibre midollate, e non già nelle anse che, partendosi dai corpuscoli ner- vosi superficiali < de l'orme ótoilée généralemenl un peu irrégulière si dirigevano, secondo la descrizione del R.ICHIARDI, a traverso gli 340 • Augusto Stefanelli strati delle cellule; epiteliali por ritornare verso la superfìcie e fon- dersi con altri corpuscoli nervosi. Non già che queste unsi; manchino, che anzi io le ho potute seguire in qualche caso fin negli strati più interni della guaina stessa, ma esse rappresentano solo alcuni fra i rami delle fibre mieliniche che, spingendosi più all' interno, Uniscono però sempre, come quelli, in espansioni menischiformi su- perficiali, vale a dire nelle vere e sole espansioni sensitive. Contro all'opinione del Botezat, Tello e Y.\x me Velde io ho visto qualche volta partire da esse delle sottilissime fibrille, che le mettono in ini imo rapporto tra di loro, pur non potendo ammettere che sien riunite in un vasto sistema continuo alla maniera del Ranvier e dell' Ostroumow. Però j miei risultati bastano ancora una volta per dimostrare, contro all'opinione dei più, che gli ele- menti nervosi alla loro periferia finiscono per assumere fra di loro quei rapporti di continuità, che sono stati dimostrati anche per gli elementi dei centri nervosi, dove non semplici e o n t a tt i, ma, come risulta dalle ricerche del Prof. Paladino e da quest' il- lustre osservatore ultimamente riassunte in una pregevolissima memoria (2), vere anastomosi si riscontrano. Delle scarse fibre amieliniche, penetrando fra lo strato dei menischi, sembrano costituire un delicato reticolo a larghe maglie, anziché terminarsi a punte libere fra le cellule epiteliali. Mai espan- sioni nervose ho potuto riscontrare nelle guaine più interne dei fol- licoli piliferi, sì che è lecito supporre che le impressioni esterne sian ricevute per compressione dell'asta del pelo e quindi dalle zone sovrastanti a quelle ilei menischi ; oppure, come riportano Prenant, Bouin (p. 627), '< grace à une propriété conduttrice des cellules de la tige et de ses gaines. > (Lefébuke, 1, p. 158). Rimane però sempre sotto discussione quale funzione sensitiva spetti alle espansioni nervose descritte nelle varie guaine ed alle varie altezze dei follicoli piliferi, perchè non esistono ancora espe- rienze fisiologiche sufficienti, dirette a questo scopo. Possiamo solo dire in generale die i peli, dopo le esperienze del Ktksow e Frkv. siano degli organi deputati al senso della pressione e sopratutto della trazione, e che la squisitezza di queste sensazioni , più che ad una eccezionale specializzazione degli apparati nervosi espan- sionali, sia dovuta alla straordinaria ricchezza ed alla maniera di- stributiva di es^i. i Les gaines épitheliales des poils , riches en ménisques tactiles el en terminaisons en bouton , en résean , pa- Sulle espansioni oervose dei peli tattili 341 raissent nous renseigner surtoui sur les phénomènes mécaniques aux quels sont soumis Ics poils (fròlements qui provoquent une sensa- tion de ehatouillement, tractions, ect). Cela est certain en ce qui con- cerne les poils tactiles des Chéiroptères, de la Taupe, du Chat, et très probable pour les poils (innervés d'uno manière analogue) de l'Homme. » (Lkfkbukk 1908, 2. p. 396 . Considerando più particolarmente le fibre a forchetta sembra doversi attribuir loro una funzione analoga a quella esercitata dai corpuscoli di Paci n i. per la loro reciproca rassomiglianza e posizione; ad ogni modo fa meraviglia il pensare come il Ran- vier le abbia destituite di ogni valore sensitivo, per riporlo tutto, come il Sertoli , nello strato dei menischi. Credo anzi . dato il numero straordinario, che esse sostituiscano i corpuscoli di Pa- ci ni, dove questi mancano, risentendo sia le impressioni tattili elu- vi si esercitano per via dell'asta del pelo, e sia direttamente sulla superficie cutanea. Sotto questo punto di vista rimane anche meglio spiegato il loro esuberante sviluppo nelle grandi labbra vulvari, dove potrebbero assumere il valore di espansioni voluttuose. All'anello nervoso dei peli eli passaggio sembra doversi attri- buire lo stesso significato delle fibre a forchetta per i reciproci rapporti e somiglianza di struttura, tanto più quando si pensi che le «lue formazioni si sostituiscono a vicenda nei peli ordinari : a quello dei follicoli a spazi sanguigni sembra doversi aggiungere un valore vascolare per i rapporti che molte fibre amieliniche assu- mono con le pareti dei capillari. Gli altri apparati nervosi al di sopra delle ghiandole sebacee paiono destinati, data la loro posizione superficiale, ad aumentare la estensione sensibile della ente. Ma lasciando da parte considerazioni, che non potrebbero es- sere appoggiate da un corredo di fatti positivi, giacché « sul si- gnificato fisiologico di queste espansioni periferiche nulla sappiamo di preciso oltre il fatto che esse sono organi destinati a racco- gliere gli stimoli sensitivi... » (Cecche relli , L908), dando uno sguardo sintetico alle pagine che precedono, siamo lieti di aver po- tuto constatare la base anatomica, che tanta, importanza biologica conferisce ai peli tattili. Dall'Istituto d'Istologia e Fisiologia Generale della R. Università di Napoli, diretto dal Prof. Giovanni Paladino. 342 Augusto Stefanelli Bibliografia 187G. A r n s t e i n, C. — Die Nerven der behaarten Haut: Sitzungsb. Akad. Wien, 74 Bd. 3 Abth. p. 203, Taf. 1-3. 1871. Be i 1 , — Ueber die Nervenendigungen in den Haarbalgen einiger Tasthaare: Inaug. Diss. Gbftingen. 1885. Blaschko, Hr. — Zar Lehre von den Drackempfindungen: Ardi. (Anat.) Phys. Jahrg. 1885, p. 349. 1895. 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Oc b' comp. 1"/15 Kor. 5. - Pelo di passaggio nelle grandi labbra vulvari della gatta. Oc. 0 comp. 1" 15 Kor. » ti — Formazione forcuta nei peli a spazi sanguigni del labbro superiore di Myoxus avellanariiis. Oc. 4 comp. 1"/15 Kor. » 7. — Ramificazione a forchetta di una fibra mielinica nei peli tati ili a corpi cavernosi del lobo superiore dell' Arvicola arvalis. Vi si nolano delle fibrille ultra espansionali , che mettono in intimo rapporto fra loro i rami gemelli della formazione forcuta, Oc. b' comp. 1"/15 Kor. d. — Espansione nervosa nello strato connettivo compatto dei peli a spazi sanguigni del labbro superiore di Arvicola urinili*. Or. 4 comp. L"/15 Kor. 9. — Reciproca posizione delle formazioni forcute e quella dei menischi sot- tostanti nei peli a corpi sanguigni del labbro superiore di Myoxus avellanarius Oc 4 comp. 1"/15 Kor. Tavola 7. Fig. in. Formazione forcuta nei peli a corpi spugnosi del labbro superiore di Arvicola arvalis. Oc. (S comp. 1"/15. Kor. 11.— Ramificazioni a forchetta nei peli a seni sanguigni ilei labbro su- periore di Myoxus avellanarius. <>c. 1 comp. 1" 15. Kor. 11'. Ramificazioni a forchetta nei follicoli a corpi spugnosi del labbro su- periore di Arridila arvalis. Oc. 6 comp. 1", 15. Kor. » 13. — Follicolo di passaggio nel labbro superiore di Felis catus : u, », li- brille ultra-espansionali, che mettono in diretto ed intimo rapporto rami provenienti da fibre diverse. Oc. 8 comp. 1"/15 Kor. » 14. — Myoxus avellanarius] plesso espansionale intorno alla guaina epite- liale dello sbocco follicolare, proveniente da fibre mieliniche discen- denti. Follicolo a spazi sanguigni del labbro superiore Oc. 4 comp. I" 15 Kor. 15. — Distribuzione dei nervi nella guaina epiteliale esterna, e loro rap- porto con speciali cellule ramificate. Follicolo a corpi cavernosi del labbro superiore di Arvicola arvalis. Oc. 4 comp. 1"/15 Kor. 3-i« Augusto Stefanelli Fig. 16. —Labbro superiore di Myoxus avellanarius, follicolo a spazi sanguigni: maniera di originarsi dei menischi dalle fibre midollate; Oc. 6 comp. 1"/15. Kor. Tavola 8. » 17. — Maniera di distribuirsi dei nervi nei [teli tattili a spazi sanguigni del labbro superiore di un neonato di Myoxus avellanarius. Oc. 4 comp. 1"/15 Kor. » 18. -Vista d'insieme dei varii rapporti espansionali nervosi intoni') ad un follicolo pilifero a corpi cavernosi nel labbro superiore di Arvi- cola arvalis: r, plesso dello sbocco follicolare, proveniente da una libra mielinica discendente; fibre nervose discendenti (a) ed ascen- denti (ò), che vanno a costituire il fitto anello nervoso (e) al disopra delle forchette (d). Oc. 4 comp. 1"/15. Kor. » 19.— Follicolo di passaggio nelle sopracciglia del gatto; vi si nota la se- zione trasversa dell'anello connettivo (a) dentro il quale scorrono le fibre nervose ; /', /", ramificazioni forcute ripiegate in giù; le altre libre costituiscono il reticolato circolare. Oc. 4 comp. 1"/15 Kok. » 20. - Cavia cóbaya: maniera di espandersi di alcune libre midollate (/), chej oltrepassando le formazioni forcute, si vanno ad anastomizzare per mezzo dei loro numerosissimi rami con l'anello nervoso sovrastante. Follicolo a spazi sanguigni de] labbro superiore. Oc. 4 comp. 1"/15 Kor. » 21. — Labbro superiore di Felis catus: espansioni forcute sulla membrana vitrea dei follicoli a spazi sanguigni; u. u, ultra espansionali. Oc. 6 comp. l"/45 Kor Ricevuto il 4 Marzo 1912. Finito di stani]. are il 15 Ottobre 1912. Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli italiani. I. La tribù degli Aohorntini CB. (1906) del Dott. Ernesto Caroli assistente nell'Istituto Zoologico della B. Università Napoli con le tavole 9-11 Gli Achorutini1) costituiscono una delle due tribù in cui il Bòrner (1906) divide la sottofamiglia degli Achorutinae (Poduridae), e comprendono tutte le forme che ancora pochi anni or sono ve- nivano raggruppate nel genere Neanura. Mancano tutti di furcula e si distinguono dall'altra tribù, gli Pseudachorutini, principalmente !) In luogo dei nomi Neanurini e Neanura, già adoperati in una breve co- municazione sullo stesso argomento (1910), uso qui quelli di Achorutini e Acho- rutes, essendomi convinto della giustezza delle ragioni addotte dal Bòrner (1906; in favore di questo cambiamento di nomenclatura Mentre alcuni, tra cui il Linnaniemi (1911), hanno già adottata questa nuova denominazione, altri non l'accettano, perchè sostengono, come p. es. il Carpenter (1909), che il traspor- tare il nome Achorutes dal genere che lo ha avuto per molti anni, ad un altro, finora conosciuto col nome di Neanura, può dar luogo a confusione. La prima non mi pare ragione sufficiente, perchè anche altri nomi, consacrati da ben più lungo uso e più diffusi di quanto non siano quelli di Achorutes e Neanura, sono stati cambiati, quando ciò è stato riconosciuto giusto. Che possano nascere con- fusioni, è vero, come lo dimostra il caso dell' Imms , il quale, in un suo recen- tissimo lavoro (1912;, nel dare il catalogo dei Collemboli orientali, mentre adotta il nome di sottofamiglia Hypogastrurinàe , ultimamente stabilito dal Bòrner (T.'Utì), conserva quelli più antichi di Achorutinae e Neanurinae, senza accorgersi che il Borner chiama ora Hypogastrurinàe gli Achorutinae di ima volta, e che invece sostituisce quest'ultimo nome a quello di Neanurinae] in tal modo I'Imms ha creata una sottofamiglia artificiale (Achorutinae), in cui, accanto a forme che spettano agli Hypogastrurinàe, vengono a trovarsene altre, come Protanura kraepelini, Achorutes lipaspis ecc., che spettano agli Achorutinae. nel significato attuale del termine, e che I'Imms avrebbe logicamente dovuto collocare insieme alle sue Neanura. Ma per evitare contusioni di tal sorta basta un po' d'accor- tezza, e porre accanto al nome più recente quello più antico, oppure farlo se- guire dal nome dell'Autore e dalla data. 350 Ernesto Caroli pel 6° segmento addominale relativamente grande, con la valvula swpraanalis biloba e sporgente oltre le valoulae infrawtales, e per i caratteristici rilievi, o tubercoli, che portano sul capo e sul tronco. Descriverò paratamente nelle diverse specie questi tubercoli, che con la loro forma, struttura, numero e disposizione . offrono buoni e costanti caratteri diagnostici; intanto fo precedere qui al- cuni cenni generali, avvertendo però che quanto espongo non ha valore assoluto, ma si riferisce soltanto allo forme da me studiate. Un tubercolo, tipicamente, è un rilievo emisferico, il cui te- gumento è coperto di granuli più o meno conici , più grandi di quelli del resto del corpo, e a loro volta fittamente ricoperti di granuli più piccoli, in modo da sembrare irti di tante piccole punte, o crenati 1). Dalla base di una grande e robusta setola, impian- tata nel mezzo del tubercolo, partono cinque o sei (più di rado sette) coste chitinose, più o meno larghe , che corrono fino alla base del tubercolo a ino' di meridiani, dividendolo in altrettanti segmenti; per modo che tutto il tubercolo assume l'apparenza di una figura rosettiforme, o, nei casi di maggiore convessità, di una mezza arancia divisa in spicchi 2). Nelle specie in cui i granuli non sono molto grandi, le coste sono visibili in tutto il loro per- corso (Fig. 10); in altre i granuli possono raggiungere tale sviluppo da protendersi sulle coste e nasconderle in parte (Fig. 16) ; le coste, infine, possono mancare, ed allora i tubercoli sono divisi in segmenti per mezzo di solchi stretti e profondi (Fig. 23). In qual- che specie i tubercoli, pel più forte sviluppo dei granuli posti alla loro periferia, perdono la loro convessità e diventano invece depressi al centro e rilevati al margine (Fig. 16), assumendo quasi l'aspetto di una corolla, i cui petali sono rappresentati dai segmenti. Non tutti i tubercoli però hanno una forma così regolare. Al- cuni sono incompleti, cioè mancano di alcuni segmenti ; talvolta non ne hanno affatto, e sono rappresentati soltanto dalla setola centrale. La maggior parte poi, oltre alla lunga setola centrale, *) Questa granulazione secondaria, non è limitata solo ai granuli dei tuber- coli, ma si riscontra su tutto il tegumento; quindi anche sugli altri granuli e sugli spazii compresi tra questi, e si estende persino alla clava di senso del 1." articolo antennule ed alla fossetta in cui son posti i due bastoncini di Benso dell'organo antennule III. -i La figura di un tubercolo ili Achorutes muscorum tu data con sufficiente esattezza dal Tollberg (1872, taf. 12, fig. 20;. Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli italiani 351 ne hanno una o due più brevi al margine, e alcuni portano inoltre una sottile setola di senso: ora queste altre setole possono a loro volta essere impiantate su piccoli tubercoli addossati e fusi col tu- bercolo principale, la cui regolarità viene cosi turbata. In alcune specie (Fig. 16 e 19) i tubercoli hanno un aspetto affatto speciale, dipendente da ciò, che le coste al margine anteriore si prolungano oltre la base del tubercolo e si intrecciano costituendo un reticolo di forma approssimativamente triangolare, estendentesi quasi fino a toccare il limite anteriore del rispettivo segmento del tronco. Maggiori alterazioni subisce infine la forma dei tubercoli quando due o più di essi sono fusi insieme in un solo grosso tubercolo, nel qual caso è quasi sempre facile riconoscere dal numero delle setole quello dei tubercoli fusi. Il numero dei tubercoli del capo varia nelle diverse specie, e costituisce così anch'esso un buon carattere diagnostico; ma questa differenza è dovuta a maggiore o minore fusione dei singoli tu- bercoli, i quali possono quasi sempre essere ricondotti ad un nu- mero fisso. Achorutes muscorum, che, tra le specie da me osservate, rappresenta il caso di minor fusione, ne ha dodici, ordinati in tre serie trasversali, con una certa apparenza di disposizione segmen- tale (Fig. 2). Anteriormente, tra le antenne, un piccolo tubercolo triangolare. In mezzo una fila di cinque: uno grande centrale; due piccoli, con gli ocelli, di lato a questo ; due altri esternamente a questi, ai lati del capo. Nell'ultima fila sei: quattro sul rilievo po- steriore, e due ai lati di questo, sugli angoli posteriori del capo. Ora questi dodici tubercoli, variamente fusi, ma sempre in maniera costante per ciascuna, li ho ritrovati nelle altre specie. Talvolta il piccolo tubercolo anteriore è fuso col grande mediano (Fig. 6); tal' altra invece esso è indipendente , ma i tubercoli più esterni delle due serie seguenti sono fusi in un solo tubercolo per lato, e i quattro posti sul rilievo posteriore sono anch'essi fusi in due (Fig. 20) ; si può infine avere il caso che il piccolo tubercolo anteriore, il grande mediano e quelli che portano gli ooelli siano fusi in un solo grande tubercolo che ricopre tutta la parte ante- riore del capo, mentre i quattro del rilievo posteriore sono fusi a loro volta a due a due (Fig. 13). Griova pertanto notare che anche nei casi di maggiore indipendenza dei tubercoli del capo, come in A. muscorum, qualcuno di essi pare risultare dalla fusione di più, così p. es. il grande tubercolo centrale, come si rileva dalle figure a rosetta che lo costituiscono. ii52 Ernesto Caroli Anche le antenne, sulla parte dorsale del 1° articolo in tutte le specie, e del -1" in alcune, hanno un tubercolo. Quello del 1° articolo (Fig. 6, 13, 18) è fatto di poche maglie, tre o quattro, grandi, inferiori, e due più piccole superiori, con tre setole lun- ghe; quello del 4°, che non raggiunge mai l'estremità dell'ar- ticolo . è fatto di un reticolo a maglie piccole e fitte (Fig. 6 e 13). Nelle specie in cui manca questo tubercolo, i granuli del tegumento sono sempre più sviluppati nel posto corrispondente (Fig. 26). Anche sul 2° articolo vi possono essere uno o due pic- coli gruppi di granuli più grandi di quelli circostanti, con una o due setole lunghe, che costituiscono come un abbozzo di tu- bercolo. I segmenti del tronco, dal 2° toracico al 5° addominale, por- tano ciascuno otto tubercoli, disposti in altrettante serie longitu- dinali, le quali, variando alquanto la denominazione del Bòrner (1906), distinguerò, procedendo dal mezzo del dorso verso i lati, in: dorsali interne, dorsali esterne, dorsolaterali e laterali. Sul 1° segmento toracico vi sono soltanto sei tubercoli: due dorsali, due dorsolaterali e due laterali. In una specie ve ne sono soltanto quat- tro, poiché mancano i due dorsali. Fino al 3° segmento addominale i tubercoli sono sempre tutti indipendenti. Nel 4° segmento possono anche essere tutti indipen- denti (Fig. 2), oppure i due dorsali interni possono essere uniti sulla linea mediana; in una specie i due dorsali interni sono li- beri, ma il dorsale esterno e dorsolaterale di ogni lato sono fusi in un solo (Fig. 24). Nel 5° segmento quasi sempre i dorsali in- terni o sono liberi (Fig. 2) o uniti sulla linea mediana (Fig. 11), mentre i rimanenti tre tubercoli di ciascun lato sono fusi in un solo grand*; tubercolo (Bòrner, 1906). In una specie però tutti gli otto tubercoli di questo segmento sono fusi in «lue grandi tu- bercoli, mio per lato (Fig. 24) 1). Il 6° segmento, che può essere visibile dal dorso, oppure nascosto sotto il 5°, termina sempre con quattro lobi, due più grandi al disopra (valvulae analus) e due più piccoli al disotto {valvulae infraanales) dell'apertura anale. I lobi sopraanali sono costituiti da due grossi tubercoli (più grandi nelle x) Un'altra disposizione descrive il Bornkb (1906) nel genere Lobella, in cui i dorsali interni ed esterni sono liberi , e i dorsolaterali e laterali di ciascun lato sono fusi insieme. Non ne ho tenuto conto perchè Lobella è una forma eso- tica, e, come ho già avvertito più sopra, le mie osservazioni si limitano alle specie italiane da me studiate. Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli italiani 353 forme in cui il 6° segmento è visibile dal dorso) , ciascuno dei quali risulta a sua volta dalla fusione di almeno tre, come può rilevarsi dal numero delle figure rosettiformi e delle setole; questi due tubercoli possono essere separati (Fig. 2) o uniti alla loro base (Fig. 11). I lobi sottoanali presentano anch' essi tracce di coste e di divisione in segmenti, ma non raggiungono mai lo svi- luppo dei tubercoli dorsali, e mancano inoltre delle lunghe e ro- buste setole di questi. Le setole dei tubercoli, che col Bòrner (1909) possiamo anche chiamare macrochete, si distinguono da quelle delle altre parti del corpo per essere notevolmente più lunghe e grosse, rigide, con la superficie irta di piccole punte che le rendono scabre, e perchè terminano con punta arrotondata ed ottusa, salvo alcune dei tu- bercoli del capo, e quelle dei tubercoli laterali del tronco, che di solito sono a punta aguzza. La loro lunghezza varia nelle diverse specie ; ma nella stessa specie, come abbiamo già ricordato , ogni tubercolo ne ha una centrale più lunga, ed una o due più corte al margine. Si allontanano da questo tipo i tubercoli mediani e, talvolta, i laterali del capo, che hanno setole lunghe e brevi in nu- mero vario e diversamente raggruppate ; ma si tratta qui di tu- bercoli molto modificati, i quali certamente risultano dalla fusione e riduzione di parecchi, come ne è prova il numero delle figure rosettiformi. Un'altra eccezione è costituita dai tubercoli dorsali e laterali del 1° segmento toracico che hanno soltanto la setola cen- trale; qualche volta anzi i dorsali di questo segmento, come già è stato ricordato, non si sono sviluppati affatto, e sono rappre- sentati soltanto dalla loro setola centrale. I tubercoli laterali degli altri due segmenti toracici hanno costantemente, in tutte le specie da me osservate, oltre la centrale, due setole più brevi al margine anteriore; nel 2° segmento una di esse è solo di poco più breve della centrale, nel 3° sono tutte e due brevi ed uguali tra loro. I laterali del 4° segmento addominale, oltre le macrochete, hanno lungo il margine ventrale tre o quattro setole sottili e appuntite, non dissimili dalle comuni setole del tegumento. Oltre le macrochete, i tubercoli dorsali esterni e dorsolaterali dei segmenti toracici 2° e 3°, e i dorsali esterni e laterali dei se- gmenti addominali l°-5° hanno una setola di senso, sottile e liscia, inserita al margine interno nei tubercoli dorsali esterni del torace, al margine esterno (rispettivamente- inferiore) negli altri (Bòrner 1906). Archivio zoologico italiano, Voi. VI. 23 854 Ernesto Caroli Nella fusione di due o più tubercoli vi può essere riduzione del numero delle setole, così p. es. i tubercoli dorsali esterni (Me- dialhòcker) del 5° segmento addominale, nel fondersi con gli altri tubercoli dello stesso segmento, hanno perduto le loro macro- chete conservando soltanto la setola di senso, dalla quale sono rappresentati. Gli organi di senso antennali degli Achorutna (almeno nelle forme da me studiate) presentano una grande uniformità, e sono simili a quelli di A. muscorum, descritti dall' Absolon (1901) e dal Bòrner O (1902), e poi, con maggiore esattezza, dall' Agren (1903, 1904). Anche di questi per evitare inutili ripetizioni, fo precedere una breve de- scrizione. L'organo antennale III (Fig. 7,14 e 22) è fatto di una fos- setta allungata, disposta trasversalmente all'asse dell'articolo, con l'orlo inferiore sollevato nel mezzo a ino' di cresta, e limitata al- l'estremità rivolta alla parte dorsale dell'articolo da una robusta setola protettiva (Schutzborste), distinta dalle circostanti setole per la sua grossezza e la forma conica. In questa fossetta sono im- piantati, uno accanto all'altro, i due bastoncini di senso (Sin nes- s tab e li eii), i (piali, subito dopo il loro punto d'inserzione, si pie- gano ad angolo e si dirigono con la loro punta verso l'estremità dorsale della fossetta, Sul 4" articolo antennale vi sono poi tre sorta di sensilli : 1°- Una clava divisa in quattro lobi, posta all'estremità dell'articolo. 2° -Speciali setole dritte e rigide, impiantate in fossette crateri- formi, con l'orlo sollevato in un punto a mo' di dente; una di queste è posta all'esterno della clava di senso, le altre sulla faccia ventrale dell'articolo, ma sempre all'estremità di esso. 3° -Setole ol- fattive (Rie chhaaren), grosse, coniche e ricurve; di queste, tanto in A. mn scorimi (Fig. 26) quanto nelle altre specie , ne ho rinve- nuto sempre sette od otto: una al lato esterno, sulla stessa linea dell'organo antennale III; una sulla faccia dorsale, ma verso il lato esterno; e cinque o sei al lato interno. Quella del lato esterno e le due distali del lato interno sono impiantate lungo una plica del tegumento che segna il limite del tubercolo, nelle specie in cui questo c'è, e il limite tra i granuli grossi e quelli più piccoli del- l'estremità, nelle altre specie. Il Bòrneb (1906) ha diviso gli Achorutini a lui noti in due generi : Protanura CB. e Achorutes Tehpl., CB., raggruppando Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli italiani 355 nel primo le specie in cui l'estremità mascellare (Maxillenkopf) è fatta, come in Anitrida, di un pezzo principale con denti grossi, e di due o tre lamelle finemente dentellate; e nel secondo ((nelle con estremità mascellare semplice, stilettiforme ; e ha suddivise poi Proto 'mira nei due sottogeneri Protanura s. str. e Mondina; e Achorutes nei tre sottogeneri Achorutes s. str., Gnatholonche e Lobella; tacendo però notare che possibilmente questi sottogeneri, in avvenire, avrebbero potuto essere elevati a generi, concetto sul • piale più tardi (1909) insiste ancor più, e che io accetto piena- mente, considerando tutti i sopradetti sottogeneri come generi, come in parte avevo già fatto (1910). Di sette specie italiane finora a me note di Achorutini , tre appartengono al genere Protanura e quattro al genere Achorutes; e poiché queste ultime presentano differenze nella disposizioue e fusione dei tubercoli degli ultimi segmenti addominali, le raggruppo in tre sottogeneri (due dei quali già stabiliti nel 1910) distinti tra loro come risulta dal seguente: Prospetto dei sottogeneri italiani del genere Achorutes A- 6° segmento addominale visibile dal dorso. , , , A , Subg. Achorutes s. str. (Tipo: A. muscorum Templ.j B. (>° segmento addominale coperto dal 5.° 1. Tubercoli del 4.° segmento addominale indipendenti (talvolta i dorsali interni uniti sulla linea mediana): tubercoli dorsali interni del 5.° segmento uniti sulla linea mediana; tutti gli altri tubercoli di questo segmento l'usi in due grossi tubercoli. o i i ,u • n Subg. Lath nopyga Carol. (Tipo: A. longiseius Carol.) 2. Tubercoli dorsali esterni e dorsolaterali del 1.° segmento addo- minale l'usi in un sol tubercolo per parte: tutti i tubercoli del 5.° seg- mento fusi in due grandi tubercoli. e . ,-,-. , ,. *= Subg. Bilobella nov. (Tipo: A. aurantiacus Carol.) 356 Ernesto Caroli Descrizione delle specie Genere Profanura GB. Protanura monticellii Carol. (Fig. 1, 6-12) Sin.: 1910. Protanura monticellii Caroli. Per forma, dimensioni e colore, questa specie (Fig. 1) rasso- miglia molto ad Achorutes muscorum, con cui può a prima vista esser confusa. Se ne distingue però pei due tubercoli del 6.° seg- mento addominale, che sono piccoli e poco sporgenti (Fig. 1, 11), mentre nella suddetta specie sono grandi e sporgono come due lobi quasi sferici (Fig. 2). Inoltre ha un aspetto meno tozzo, per- chè il corpo, dopo l'ultimo segmento toracico, si va notevolmente restringendo. TI tegumento ha granuli non molto grandi, debolmente co- nici, anzi quasi emisferici, leggermente crenati. I tubercoli, i cui granuli sono di poco più grandi di quelli del restante tegumento, sono divisi e limitati da coste larghe e molto sviluppate. Quelli del tronco (Fig. 10) sono in generale di forma regolare, con base circolare, ma poco convessi. Di solito sono divisi in sei segmenti, e qualcuno di questi può a sua volta esser diviso trasversalmente da una costa secondaria. Le macrochete sono alquanto più brevi di quelle di A. mu- scorum, più sottili, più affilate all'estremità, e ricoperte di punte più deboli e meno fitte. Il capo (Fig. 6) relativamente grande, è di forma triangolare, con gli angoli posteriori alquanto arrotondati; la sua lunghezza *) è (piasi uguale alla larghezza. Su di esso vi sono undici tubercoli, così distribuiti. Nel mezzo uno grande, romboidale, con le coste formanti un grazioso reti- colo, e con quattro macrochete lunghe e sette più corte ; 1' estre- mità anteriore di questo tubercolo, che si spinge tra le antenne, corrisponde evidentemente al piccolo tubercolo anteriore triango- !) Intendo per lunghezza la distanza, in linea retta, tra l'estremità del cono boccale e il margine posteriore del capo. Contribuzioni alla conoscenza doi Collemboli italiani 357 lare di A. muscorum. Ài Lati di (|iiesto, dae tubercoli più piccoli, stretti ed allungati a ino' .li losanga, eoa una macrocheta lunga al centro e due più brevi alle due estremità; su questi tubercoli son posti gli ocelli, tre per parte, e cioè, due all'estremità ante- riore ed uno alla posteriore del rispettivo tubercolo, ma disposti tutti e tre su di una stessa linea, con disposizione uguale a quella descritta dal Bòkner in P. kraepelini (1906). Sul rilievo posteriore quattro, di cui i due interni sono incompleti, con un solo seg- mento e con una macrocheta lunga ed una breve; i due esterni hanno anch'essi una macrocheta lunga ed una breve. Quattro in- fine, ai lati del capo: due esternamente ai tubercoli che portano gli ocelli, grandi, di forma irregolare, con tre o quattro rnacrochete lunghe e quattro o cinque brevi; e due agli angoli posteriori del capo, più piccoli, triangolari, con tre macrochete lunghe ed al- trettante brevi. Le antenne, relativamente lunghe, sono uguali a circa 2/s della lunghezza del capo. I quattro articoli stanno fra loro nel seguente rapporto : I : II : III : IV = 1 */i : 1 l/2 : 1 : 1 3/«- 0ltl>e al tubercolo del 1° articolo, e a quello rudimentale del "2°, ve n' è un altro anche sul 4°, con maglie strette ed irregolari, ma con coste lar- ghe. L'organo antennale III (Fig. 7) ha la fossetta più angusta ed i bastoncini di senso più piccoli che in A. muscorum; iuvece la setola protettiva è più robusta e fortemente conica. I sensilli del del 4.° articolo sono uguali in tutto a quelli di A. muscorum. 11 cono boccale è molto prominente; il labbro superiore ha l'estremità tronca. I pezzi boccali sono molto robusti; le mandi- bole son fatte sul tipo di quelle di Anurida maritima, con sette ad otto piccoli denti all' estremità, e tre molto grandi più sotto; le mascelle hanno l'estremità fatta di tre parti : un pezzo mediano con denti corti e robusti, e due lamelle, una dorsale ed una ven- trale, pattinate, con denti lunghi e sottili. I tubercoli del tronco, .per ciò che riguarda la loro distribu- zione ed il numero delle setole, si comportano come in .4. musco- rum. Però i tubercoli dorsali interni del 5° segmento addominale sono molto vicini tra loro, ed uniti sulla linea mediana per mezzo di un reticolo formato dalle coste contigue (Fig. 11); e così anche i due tubercoli del 6° segmento sono uniti alla loro base da un largo reticolo, fatto di maglie regolari e simmetriche dai due lati, il quale occupa tutta la parte posteriore mediana del segmento. 358 Ernesto Caroli Le valvulae infraanales sono larghe e depresse ; ciascuna pre- senta tre figure rosettiformi, più o meno fuse tra loro, con tre se- tole, ma molto più brevi e sottili di quelle del dorso, e con coste e granuli del pari meno sviluppati. La papilla genitale è coperta di granuli stretti ed allungati, disposti concentricamente. Il tubo ventrale non presenta nulla ili diverso da quello di A. muscorum. Anche le zampe hanno le stesse dimensioni di quelle di A. muscorum] le unghie sono strette e lunghe, con un piccolo dente al margine interno (Fig. 12). Il colore (in alcool) è bleu chiaro su tutta la faccia dorsale, meno gl'intersegmenti che sono bianchi, e due macchie scure, quasi nere, sul capo, corrispondenti ai tubercoli su cui son posti gli ocelli. La faccia inferiore, il tubo ventrale, le zampe ed il cono boccale sono bianchicci, macchiettati di bleu. La lunghezza è di mm. 2, '25. Di questa specie ho trovato solo due esemplari fra le erbe di un terreno paludoso nei pressi di Napoli (Acqua, della Bufola\ nel marzo 1906. Essa è dedicata al Prof. Fr. Sav. Monticelli, Direttore di questo Istituto Zoologico. Il Bòrner ha descritto due altre specie italiane di Protanura: P. ijudiìrioculata (1901), rinvenuta in Sicilia presso Catania, e data dall'A. come tipo del genere (1906); e P. psendomuscorum (190')), trovata presso Genova ed in Sicilia (Castello di S. Benedetto) '). Queste due specie, che finora non ho trovato, differiscono princi- palmente da P. monticellii pel numero degli ocelli (2 -f- 2). Le si avvicina pel numero e la disposizione degli ocelli, come è stato no- tato più sopra, P. kraepelinl di Giava, pure descritta dal Bòrner (1906), la quale però ne differisce per parecchi caratteri , tra cui notevoli la mancanza dei tubercoli dorsali interni (Do rsolateral- hòcker ili Bòrner) e l'essere i due tubercoli del 6° segmento ad- dominale separati alla base. ') La pertinenza ili quest'ultima specie al genere Protanura, mi fu corte- semente comunicata dall'A. per lettera in data 18 aprile 1910 Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli italiani 359 Grenere Achorutes Templ., CB. Sottogenere Achorutes s. str. Achorutes muscorum Templ. (Fig. 2, 26) È la più antica e più diffusa specie di tutta la tribù; infatti, oltre che in quasi tutta Europa, è stata trovata anche nell'America del Nord, in Groenlandia e in Siberia. Per ciò che riguarda 1' I- talia , il Prof. Paiiona la riporta come rinvenuta in Lombardia (1879), nel Trentino (1887) e in Liguria (1888). Nell'Italia meri- dionale, dove, per quanto è a mia conoscenza, finora non era stata trovata, è poco frequente; infatti in parecchi anni di ricerche non ne ho rinvenuti che pochi esemplari, in gran parte giovani, nei dintorni di Napoli, (Camaldoli, Astroni, Arenella), ed uno a Mon- tevergine (Avellino). Trovasi anche in Sicilia (forse anche qui poco frequente) come ne è prova un esemplare raccolto dal Prof. Sil- vestri a Bocca di Falco. Avendo confrontato i miei esemplari con alcuni provenienti dalla Svezia, determinati dallo Schòtt 1), li ho trovati uguali a questi in tutto, salvo nel colore, che nei miei è molto più chiaro. Questa specie è stata già ripetutamente descritta da parecchi Autori; perciò mi limito a dare alcune notizie più particolareggiate sulla forma e la disposizione dei tubercoli. Questi sono convessi, ma con base di rado perfettamente cir- colare; i segmenti sono divisi da coste ben distinte, ma non così larghe come in P. moniicellii, e sono coperti di granuli conici, molto sviluppataceli fìtta granulazione secondaria; le setole sono piuttosto lunghe e robusti:, con punta arrotondata e coperte di scabrosità forti e fitte Come si è detto innanzi, il capo porta dodici tubercoli. An- teriormente uno piccolo triangolare, con due setole anteriori più brevi e due posteriori più lunghe. In mezzo uno grande, la cui !) Questi esemplari mi furono gentilmente concessi in esame dal Prof. Pa- rona; esprimo qui i miei più vivi ringraziamenti ali" stesse ed al Prof. Sil- vestri, il quale mi ha cortesemente donato tinte il suo materiale di Achnrùtini italiani ed esotici, dei quali ultimi farò tra breve Oggetto «li altro mio lavoro 360 Ernesto Caroli forma ricorda grossolanamente quella di uno scudo con la punta rivolta indietro; complessivamente questo tubercolo mostra cinque figure a rosetta, due avanti, due dietro ed una centrale, questa con una setola breve, le altre ciascuna con una setola lunga. Di lato a questo due ovali, su cui son posti gli ocelli, con una setola lunga centrale e due brevi , una anteriormente e l'altra posterior- mente. All'esterno di questi, ai lati del capo, due altri con una setola lunga centrale e due a tre brevi ai margini. Sul rilievo pos- teriore quattro : i due interni piccoli, incompleti divisi in due o tre segmenti soltanto, con la setola centrale ed una breve al mar- gine anteriore; i due esterni più grandi, con la setola centrale ed una breve al margine posteriore. Agli angoli posteriori, infine, due di forma semicircolare, con concavità rivolta innanzi, risultanti di tre figure rosettiformi, ciascuna con la setola centrale ed una breve periferica 1). Le antenne hanno il tubercolo del 1° articolo, ed un accenno di tubercolo sul 2° ; il 3° articolo ha soltanto granuli più svi- luppati. I tubercoli dorsali del 1.° segmento toracico sono rappresen- tati solo dalla setola centrale, o al massimo hanno uno o due seg- menti; i dorsolaterali sono di forma irregolare , hanno la setola oentrale ed al margine anteriore un'altra lunga quasi quanto questa. I dorsali interni del 2° e 3° segmento oltre la setola centrale lunga ne hanno due brevi, una al margine anteriore ed una al po- steriore; i dorsali esterni solo una breve al margine anteriore oltre la centrale; i dorsolaterali la centrale e due brevi al margine an- teriore. I laterali dei tre segmenti toracici si comportano pel numero delle setole nel modo descritto a pag. 353. Tutti i tubercoli dei primi quattro segmenti addominali, ec- cetto i dorsolaterali del 4°, hanno, oltre la lunga centrale, una sola setola più breve al margine anteriore interno ; i dorsolaterali del 4° hanno invece due altre setole anteriormente, di cui una è poco più corta della centrale. I tubercoli dorsali interni del 5° segmento hanno la setola centrale lunga e due più brevi al margine ante- riore. Gli altri tubercoli di questo segmento sono fusi, come di re- *) Una figura approssimativamente esatta dei tubercoli del capo di A. mn- scorum è stata data dal Nicolet (1841, pie. 3, fig. 1); ma ha omesso il piccolo tubercolo anteriore, non ha riprodotto fedelmente i due laterali posteriori, e non ha tenuto conto delle setole brevi. Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli italiani 361 gola, in due, ciascuno con due macrochete lunghe e quattro più brevi, le quali appartengono rispettivamente ai tubercoli dorsola- terali e laterali; i dorsali esterni nella fusione hanno perduto le loro, e sono rappresentati dalla sola setola di senso, che viene a trovarsi al lato interno di tutto il complesso, mentre, se le setole dei tubercoli dorsali esterni non mancassero, dovrebbe esser posta all'esterno della macrocheta grande più interna e della relativa fi- gura a rosetta. I due grossi tubercoli del 6° segmento addominale hanno quattro lunghe setole ciascuno, di cui solo due hanno carat- teri di vere macrochete, mentre le altre due sono sottili ed a punta affilata, e tre a quattro setole più corte. Sottogenere Latìiriopyga Caroi Achorutes longisetus Carol. (Fig. 3, 13-17) Sin. : 1910. Neaitura loiigiseta Caroli. In questa specie (come nell'altra dello stesso sottogenere, e nel sottogeuere Bilobella), il corpo (Fig. 3) è più tozzo e massiccio di quello di A. muscorum, essendo relativamente più corto a causa del 6° segmento addominale nascosto dal 5°. Il capo è triangolare, con angoli posteriori molto sporgenti, e alquanto più largo che lungo ; le antenne sono grosse e coniche, uguali circa, alla metà della lun- ghezza del capo. Il tronco raggiunge la sua massima larghezza in corrispondenza del 8° segmento toracico e del 1° e 2° addominali, e si va gradatamente, ma di poco, restringendo verso le due estre- mità; la lunghezza totale del corpo, in esemplari completamente distesi, non raggiunge il triplo della larghezza massima. Le lun- ghissime setole danno, infine, un'apparenza affatto caratteristica a questa specie, che vale a farla distinguere subito dalle altre. I granuli del tegumento, massime quelli dei tubercoli, sono fortemente conici, ed alti circa il doppio di quelli di A. muscorum, ma per contro con granulazione secondaria molto più debole. I tubercoli (Fig. 16) sono molto grandi, e divisi in segment da coste ben distinte, quantunque in qualche punto coperte dai granuli che si protendono al di sopra di esse; i granuli raggiun- gono uno sviluppo straordinario, specialmente alla parte periferica dei segmenti, per modo che i tubercoli, anziché convessi, sembrano 36:2 • Ernesto Caroli rilevati alla periferia e depressi al centro, condizione questa molto simile a quella riscontrata dall'AxELSON (1!J05) nei tubercoli della sua Neanura coronifera 1). Un'altra particolarità dei tubercoli in questa specie (e nell'altra dello stesso sottogenere) è che anterior- mente essi si prolungano in un reticolo a maglie larghe ed irrego- lari, il quale si va gradatamente restringendo alla parte anteriore, dove raggiunge il limite del rispettivo segmento; questa disposi- zione è specialmente manifesta nei tubercoli del tronco (Fig. 16), i quali, a causa di ciò, invece di avere una forma più o meno cir- colare, come nelle altre specie, riproducono grossolanamente la forma di un triangolo. Le macrochete sono curve, terminano con punta piuttosto sottile, e, come si è già detto, sono molto lunghe ; infatti le brevi e le lunghe sono rispettivamente lunghe più del doppio delle corrispondenti di A muscoram. Sul capo (Fig. 13) vi sono sette tubercoli. Uno grande, di forma irregolai niente pentagonale, con otto macrochete lunghe e dieci più brevi, ne occupa quasi tutta la parte anteriore e cen- trale; però non è difficile riconoscere che questo tubercolo risulta dalla fusione di almeno quattro, e cioè di uno piccolo anteriore, di uno centrale più grande, e di due laterali con gli ocelli, cor- rispondenti ai quattro tubercoli occupanti la stessa posizione, già descritti in A. muscoram. Questa costatazione è resa- ancor più facile dal fatto, che in questo tubercolo esistono quattro larghe maglie, in cui i granuli sono più piccoli, uguali a quelli del co- mune tegumento, tre delle quali, con la loro posizione, eioè: una tra la porzione anteriore e la centrale del tubercolo, e due tra questa e le due laterali, stanno a dimostrare la incompleta fusione dei predetti quattro tubercoli, (ili ocelli, in numero di otto, sono disposti quattro per parte intorno a ciascuna delle porzioni late- rali del grande tubercolo, e propriamente due, più grandi, all'e- sterno di essa, e due, più piccoli, all'interno, nella maglia che la divide dalla porzione centrale (per maggiore chiarezza si con- fronti Fig. 13). Degli altri sei tubercoli, quattro, due per parte. stanno ai lati del capo, e due sul rilievo posteriore. Dei primi, i due anteriori sono più grandi, di forma irregolare, ed hanno tre macrochete lunghe e sei 0 scile più brevi; i due posteriori hanno due macrochete lunghe e quattro più sorte. I due tubercoli del x) Conservo il nome Neanura nei casi in cui, come in questo, ini mancano i daii per stabilire a quale genere la specie in quistione appartenga. Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli italiani 363 rilievo posteriore, dui quali ciascuno risulta dalla fusione di due, hanno due macrochetc lunghe e due brevi per uno. Le antenne, oltre al tubercolo del 1° articolo, ne hanno un altro sul 4°, simile a quello di P. montìcellii; inoltre sul 2° arti- colo vi sono due piccoli tubercoli, di forma irregolare, ma con coste distinte, a differenza delle altre specie. Grli articoli antennali stanno fra loro nel seguente rapporto: I : II : III : IV = 2 : 1 4/?>: 1 1/.5 : 1 3/5. L' organo antennale III ha bastoncini di senso relati- vamente piccoli, corti e con punta ottusa. La clava di senso del 4.° articolo è poco sviluppata. Setole olfattive come in A. mn- scorum. Il cono boccale è corto e grosso. Le mandibole (Fig. 15) sono alquanto più robuste di quello di A. muscorum e sono armate di sei o sette denti, di cui tre distali sono sottili e ricurvi, due o tre mediani molto piccoli, ed uno prossimale più grande. I tubercoli del tronco, fino al 3° segmento addominale, sono tutti indipendenti. I dorsali del 1° segmento toracico sono bene sviluppati e completi, ma hanno la sola macrocheta centrale, come i laterali dello stesso segmento ; i dorsolaterali hanno una macro- cheta più breve, oltre la centrale. Nel 2° segmento i dorsali esterni hanno la macrocheta centrale lunga ed una più breve; gli altri la macrocheta centrale e due più brevi. Tutti i tubercoli del 3.° segmento hanno la macrocheta centrale e due più brevi. Nei segmenti addominali 1°, 2° e 3° i dorsali interni hanno una, tutti gli altri due macrochete brevi oltre la centrale; i la- terali del 3° segmento hanno però al loro margine ventrale due o tre altre setole sottili ed appuntite. Nel 4° segmento i dorsali interni ed esterni hanno la macrocheta centrale ed un'altra più breve, però i dorsali interni sono uniti fra loro sulla linea me- diana; i dorsolaterali e laterali hanno la macrocheta centrale e due brevi, i laterali anche qui hanno in più tre o quattro setole sot- tili. Nel 5° i dorsali interni sono uniti tra loro come nel 4° ed hanno la macrocheta centrale e due più brevi; gli altri tubercoli di ciascun lato sono fusi in uno solo, in cui si distinguono due macrochete lunghe e parecchie più brevi. I due tubercoli del 6.° segmento, molto piccoli, sono nascosti sotto il 5°, e sono forniti ciascuno di tre o quattro setole più corte e più sottili di quelle degli altri tubercoli. Le valvulae ìnfraanales sono piuttosto grandi, ed ognuna di esse porta una diecina di sottili setole. 364 Ernesto Caroli Le zampe sono alquanto più lunghe e più robuste di quelle di A. muscorum. Le unghie sono armate di un robusto dente a metà circa del loro margine inturno (Fig. 17). Il colore varia nei diversi individui, e va dal bleu molto chiaro, quasi cenerognolo, al bleu scuro. I giovani hanno in ge- nerale tinta più chiara. I tubercoli sono sempre più fortemente pigmentati delle altre parti del dorso, su cui, specialmente negli individui più chiari, spiccano come tante piccole macchie trian- golari o rosettiformi (Fig. 3). Gli individui più grandi raggiungono la lunghezza di mm. 2,50. Ho rinvenuto questa specie durante tutto 1' anno a Napoli e nei dintorni (Camaldoli, Soccavo, Fuorigrotta, Agnano, Astroni), dove, per la sua frequenza, pare quasi che sostituisca A. muscorum. Né è improbabile che del pari frequente sia nel resto d' Italia, perchè oltre ad alcuni esemplari da me raccolti a Montevergine (Avellino), altri ne ho trovato in materiale proveniente da Biccari (Foggia) in Puglia, e da Civitella del Tronto negli Abbruzzi, e qualcuno ne è stato raccolto dal Prof. Silvestri a Bevagna in Umbria. Per la estesa fusione dei tubercoli del capo Neanura ornata, secondo la descrizione che ne dà il Folsom (1902), è, tra le specie finora conosciute, quella che più rassomiglia alla presente; anzi, a giudicare dalla figura data dall'A. (plt. 6, fig. 14), in essa il grado di coalescenza sarebbe persino maggiore. Le si avvicina ancora per i granuli conici, i tubercoli depressi al centro (plt. 6, fig. 17), il 4° articolo antennale tubercolato, 1' unghia provvista di un ro- busto dente, e pel 6.° segmento addominale non visibile dal dorso M (plt. 4, fig. 2); ne differisce, per contro , pel numero degli ocelli (34-3), per le setole più corte, pel colore, e, sopratutto, per le « tibiae with a subapical pair of appendages, pyriform in outline ». Al riguardo debbo però notare , che una volta, esaminando una zampa di un esemplare di A. longisetus, osservai anch'io, all'estre- mità distale del tibiotarso, un corpicciuclo ovale, per cui credetti, a prima vista di trovarmi dinanzi ad una disposizione simile a v) Por questo carattere N. ornata potrebbe forse entrare nel sottogenere Lathriopyga, ma non è possibile decidere al riguardo, poiché l'A. non descrive le parti boccali. Contribuzioni alla conoscenza dei Oollemboli italiani 365 quella di N. ornata ; ma non avendo ritrovato tale corpicciuolo nelle altre zampe dello stesso individuo, e, per contro, avendone trovato in altri esemplari e in altri punti del corpo, e avendo no- tato che, esercitando su di essi una certa pressione, si staccavano, sorse in me il dubbio che si trattasse di funghi parassiti. Infatti, avendo pregato il Dr. Trinchieri, allora Assistente nel R. Orto Botanico di Napoli, di esaminarli , questi riconobbe trattarsi dei periteci di un fungo appartenente alle Laboulbeniaceae. Ora, tenuto anche presente il fatto che il caso di queste speciali appendici di N. ornata sarebbe unico fra tutti gli Achorutini, io non posso esclu- dere il dubbio che anche in questo caso si tratti di funghi paras- siti , come quelli osservati da me. e che al Folsom sia occorso di esaminare proprio un esemplare infestato. In questa opinione mi rafforza anche il fatto che I'Axelson (1903) , il quale ha esami- nato individui di una specie che egli ritiene identica a N. ornata, non ha trovato traccia di tali appendici. Achorutes longisetus var. flava Carol. Sin. : 1910. Neanura lougiscta var. flava Caroli. È simile in tutto alla forma principale, dalla quale si distingue pel colore che è giallo arancio, come in A. aurantiaeus , e per avere come questa gli ocelli non pigmentari. In alcool perde il colore e diventa completamente bianca. Ne ho trovato tre individui, insieme alla forma principale, ai Camaldoli. Achorutes phlegraeus Carol. (Fig. 4, 18, 19). Sin.: 1910. Neanura ph legni ea Caroli. Nell'aspetto esterno (Fig. 4) questa specie rassomiglia alquanto alla precedente, di cui ha la forma tozza e massiccia. Se ne di- tingue però per le setole molto più corte; per gli angoli poste- riori del capo arrotondati e non sporgenti; e infine pel 5.° segmento addominale terminato da quattro piccoli lobi, costituiti dai tuber- 366 Ernesto Caroli coli (li questo segmento che sporgono alquanto in fuori , mentre in A. longisetas essi terminano a livello del margine posfceriere. I granali del tegumento sono piccoli, debolmente conici e con punta arrotondata. I tubercoli (Fig. 19) sono alquanto convessi, giacché i loro granuli periferici non sono più sporgenti degli altri; le loro coste sono ben distinte dato il poco sviluppo dei granuli; come in A. longisetus essi si prolungano anteriormente in un re- ticolo triangolare, ma in complesso sono molto più piccoli di quelli di detta specie. Le macrochete, lunghe circa quanto quelle di A. muscorum, sono relativamente molto grosse e con punta fortemente ottusa; eccetto quelle lunghe dei tubercoli laterali, che, come in tutte le altre specie, sono appuntite. II capo (Fig. 18) porta dieci tubercoli. Uno anteriore, piccolo, di forma triangolare, simile a quello di A. muscorum e, come questo, con quattro macrochete, due posteriori più lunghe e due anteriori più brevi. Uno centrale, grande, di forma quadrangolare, ma con gli angoli anteriori prolungati avanti e in fuori a mo' di corna, con dieci setole, quattro più lunghe ai quattro angoli, e sei più corte sui due prolungamenti anteriori; nella parte posteriore di questo tubercolo vi è una larga maglia occupata da granuli più piccoli, uguali a quelli del tegumento; questa maglia è di forma irregolare e varia di dimensioni nei diversi individui : in un esem- plare essa si prolungava fino al margine anteriore del tubercolo, dividendolo in due branche, a forma di U. Di lato a questo due rotondi od ovali, con una setola lunga ed una breve, ciascuno dei quali porta due ocelli, uno avanti e l'altro dietro. Quattro ai lati del capo, due anteriori e due posteriori, ciascuno con due se- iole lunghe e tre a quattro più brevi. Infine sul rilievo posteriore due, ognuno dei quali a sua volta risulta dalla fusione di due, con due setole lunghe e due brevi. Le antenne hanno il solo tubercolo del 1" articolo, e un pic- colo abbozzo sul 2°. I tubercoli del tronco, dal 1° segmento toracico al 4° addomi- nale sono tutti indipendenti. I dorsali del 1° segmento toracico sono incompletamente sviluppati ; i tubercoli dei tre segmenti to- racici hanno lo stesso numero di macrochete di quelli di A. longi- setus. Nei primi tre segmenti addominali i dorsali interni ed i dor- solaterali hanno una setola breve oltre la lunga centrale, gli altri due. Nel 4° segmento i dorsali interni ed esterni hanno una setola breve, gli altri due, oltre la centrale; i laterali di questo segmento Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli italiani 367 hanno in più, al loro margine ventrale, alcune setoli! sottili ed af- filate. I dorsali interni del 5° segmento sono fusi insieme sulla linea mediana, ed hanno la macrocheta lunga e due brevi; le due ma- crochete grandi di questi tubercoli sono le più lunghe di tutto il corpo; gli altri tre tubercoli di ciascun lato sono fusi, come di re- gola, in un solo, con due macrochete lunghe e quattro brevi. I due tubercoli del 6° segmento sono piccoli, con figure rosettiformi in- distinte e senza coste; ognuno di essi ha solo due setole alquanto lunghe ed un pajo più corte, ina tutte sottili ed appuntite. Le vai- mi ae infraanales sono piuttosto piccole, con cinque a sei setoline ciascuna. Il cono boccale è sottile ed allungato. Le zampe hanno le stesse dimensioni di quelle di A. muscorum\ le unghie non hanno dente. Il colore è bleu, in generale più chiaro che in A. longisetus\ \ tubercoli non sono di tinta più scura, come in questa specie. Gli individui più grandi raggiungono rum. k2 di lunghezza. Raccolsi per la prima volta quattro esemplari di questa specie agli Ast reni, nel febbraio 190(3; posteriormente ne ho trovati pochi altri, sempre agli Astroni, in aprile 1909 e luglio 1911; da ultimo ne ho rinvenuto uno nel materiale raccolto a Civitella del Tronto negli Abbruzzi, nel settembre 1911 dal Sig. Tonini, preparatore in questo Istituto Zoologico. Sottogenere Bilobella sul)»-, nov. Sin. 1910. Lathriopyga Caroli (ad partem). Achorutes aurantiacus n. sp. (Fig. 5, 20-25) Sin.: lfllO. Neanura aurantiaca Caroli. Anche questa specie, a causa del ()" segmento addominale na- scosto sotto il 5°, ha un'apparenza tozza (Fig. 5). Il capo, la cui larghezza è (piasi uguali; alla lunghezza, ha gli angoli posteriori molto sporgenti Le antenne sono relativamente corte, sorpassando solo di poco la metà della lunghezza del capo; gli articoli stanno fra loro in questo rapporto: I : II : III : IV = 1 1/-z : 1 */4 : 1 : 1 XU. 368 Ernesto Caroli La massima larghezza del tronco si riscontra in corrispondenza dei segmenti 1° e 2° addominali, e, in esemplari completamente distesi, supera alquanto 1/s della lunghezza totale del corpo. Tutti i seg- menti hanno i lati molto sporgenti, a causa del forte sviluppo dei tubercoli laterali. Un aspetto affatto speciale conferiscono a questa specie i due grandi lobi in cui è diviso il tergite del 5° segmento addominale; il 6° segmento è molto piccolo e non è visibile dal dorso, oppure se ne vede solo una piccola parte tra i due grandi lobi del 6°. Il tegumento è coperto di granuli conici, molto alti e forte- mente crenati; quelli dei tubercoli misurano fino a mm. 0,007. 1 tubercoli, meno il caso di fusione di due o più di essi, sono di forma molto regolare, fortemente convessi, anzi quasi sferici, es- sendo alquanto ristretti alla base; sono divisi in segmenti non da coste, che forse a causa del forte sviluppo dei granuli non si sono formate, ma da solchi stretti e profondi (Fig. 23). Le macrochete, di poco più corte di quelle di A. muscorum sono giallicce e discre- tamente scabre. Il capo (Fig. 20) porta otto tubercoli. Anteriormente uno pic- colo, triangolare, con quattro setole, simile a quello di A. musco- rum. Nel mezzo uno grande, circolare, con quattro setole brevi avanti e due lunghe dietro. Ai lati di questo i due su cui son posti gli ocelli (Fig. 21) con una setola lunga centrale ed una breve al margine anteriore. Sul rilievo posteriore due, ciascuno con due setole lunghe ed una sola breve anteriormente; questi tubercoli risultano dalla fusione di due, come si rileva dalle due figure ro- settiformi. Due infine, uno per parte ai lati del capo, con quattro setole lunghe e parecchie brevi; anche questi molto probabilmente risultano dalla fusione dei due tubercoli che si trovano in ogni lato del capo nelle specie precedenti. Le antenne hanno un tubercolo sul 1° articolo, e uno rudi- mentale sul 2°; il 4° presenta soltanto dei granuli molto svi- luppati. Il 1° segmento toracico ha soltanto quattro tubercoli, poiché i dorsali mancano, e non sono rappresentati neppure dalla sola macrocheta centrale. I tubercoli laterali dei tre segmenti toracici, hanno come in tutte le precedenti specie, nel 1° la sola macro- cheta centrale, nel 2° e 3° due più corte oltre questa ; tutti gli altri tubercoli del tronco hanno sempre una macrocheta lunga nel centro, ed una più corta al margine anteriore (Fig. 23). Fino al 3° segmento addominale , i tubercoli sono indipendenti. Sul 4° Contribuzioni alla conoscenza dei Oollemboli italiani 369 (Fjg. 24) i dorsali esterni e dorsolaterali di ciascun lato sono fusi in un solo ; e sul 5° tutti gli otto tubercoli sono fusi in duo (Fig. 24), costituendo così i due grandi lobi con cui termina l'ad- dome. Anche qui, come nelle specie precedentemente trattate, i tubercoli dorsali esterni (Med ialhòcker di Bòrner) hanno perduto le loro macrochete, conservando la sola setola di senso. Nella pre- sente specie questo fatto è evidentissimo, perchè avendo ciascun tubercolo una macrocheta lunga ed una breve, ciascuno dei due grossi tubercoli dovrebbe averne quattro lunghe e quattro brevi ; mentre non ne ha che tre e tre; e che il tubercolo che le ha per- dute sia proprio il dorsale esterno, si rileva dalla posizione della setola di senso, tra le due macrochete lunghe più interne. Il 6° segmento è piccolo e simile a quello delle specie del sottogenere Lathriopyga. L'organo antennale III (Fig. 22) ha bastoncini di senso corti, tozzi, con punta ottusa, ed alquanto ricurvi; la setola protettiva per contro è piuttosto sottile e molto lunga Le setole olfattive del 4° articolo antennale sono per numero e disposizione uguali a quelle di A. muscorum; la clava di senso è grande e distinta- mente divisa in quattro lobi. Gli ocelli, in numero di due per parte , sono posti alle due estremità anteriore e posteriore del rispettivo tubercolo (Fig. 21); sono grandi, fortemente convessi e sprovvisti di pigmento, e ras- somigliano straordinariamente alle protuberanze che il Willem (1902) ha descritto come organi postantennali in Bicliwdla palliti >t [= 1?. ]}«ifl^ow«ca Wahlqeen (1907)], come si può constatare con-- frontando la mia figura con quella data dal Willem (pie. 3, fig. 4). Che in A. aurantiacus si tratti di ocelli senza pigmento , mi è stato dimostrato dalle sezioni praticate in parecchi esemplari : data intanto la grande rassomiglianza coi voluti organi postantennali di Biclavella, non posso non associarmi al dubbio già manifestato dal Bòrner (1906), che cioè anche in questa si tratti di ocelli privi di pigmento. Il cono boccale è corto e grosso; le mandibole hanno tre a quattro denti, di cui il più basso è più lungo degli altri. Le zampe hanno le stesse dimensioni di quelle di A. longisetus; le unghie non hanno dente (Fig. 25). La parte dorsale del corpo è giallo arancio; la parte ventrale bianco gialliccia. Gli individui posti in alcool perdono questo co- lore e diventano quasi del tutto bianchi. Gli individui più grandi raggiungono la lunghezza di mm. 2,50. Archivio zoologico italiano, Voi. VI. 24 370 Ernesto Caroli Sebbene non così comune come A. longisetus, pare la presente specie è abbastante frequente ; 1' ho incontrata in tutti i mesi a Na- poli e nei dintorni (Orto Botanico, Camaldoli, Fuorigrotta, Agnano, Astroni); qualche esemplare ne ho raccolto anche a Montevergine (Avellino) ; il Prof. Silvestri ne ha trovato alcuni a Bevagua (Um- bria) e a Bocca di Falco (Sicilia). Neanura verrucosa, specie della Galizia, descritta dal Bòbneb (1903), pel forte sviluppo dei granuli con conseguente scomparsa delle coste, e più per la caratteristica fusione dei tubercoli del 5° segmento addominale in due grandi lobi che nascondono il 6° seg- mento, si avvicina più di tutte le altre finora descritte ad A. au- rantiaeu.% ne differisce però per parecchi caratteri, fra cui princi- pali il numero degli ocelli (5 + 5) e la presenza dell' organo po- stantennale. Contribuzioni alla conoscenza dei Colleraboli italiani 371 Lavori citati 1841. Ni col et, H. — Recherches pour servir à l'hisfcoire des Podurelles: Nowu. Mém. Soc. Helv. Se. Nat. Zurich, Voi. 6, i>. 50. 1872. T ullb erg, T. — -Sveriges Podurider: Kongl. So. Vet.-Akad. Handl. 10 Bd. N. 10, Stockholm. 1879. Parona, C. — Saggio di un catalogo delle Poduridi italiane: Atti Sor. Hai. Se. Natur. Milano, Voi. 21, p. 559. 1887. — — IN ote sulle (Jollembole e sui Tisanuri. -II. Oollembole e Ti- sanuri raccolti nel Trentino dai March. L e G. Doria : Ann. Mus. Civ. Sf Nat. Genova (2) Voi. 4, p. 480. l.xSS. — — Res ligusticae. - VI. Collemboli e Tisanuri finora riscontrati in Liguria: Ann. Mus. Civ. Si. Nat. Genova (2) Voi. 6, p. 133. 1901. A b s o 1 o n , K. — Ueber Neanura tenebrarum nov. sp. aus den Hòh- len des màhrischen Karstes : iiber die Gattung Tetroàontophora Reuter und einige Sinnesorgane der Collembolen: Z. Anz. 24 Bd. ]>. 575. 1901. Borner, C. — Ueber ein neues Achorutidengenus Willemia, sowie 4 weitere neue Collernbolenforinen derselben Familie : Z. 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Borner, C. — Das System der Collembolen , nebst Beschreibung neuer Collembolen des Hamburger Naturhistorischen Museums : Mitth. Naturili st. Mus. Hamburg, 23 Jahrg. p. 147. 372 Ernesto Caroli 1907. W a li 1 g r e n , E. — Ueber zwei Patagonische Oollembola : Entom. Tidskr. 1907, p. 191. 1909. B ò r n e r , C. — Die Collembolenfauna Japans (Vorliiufige Mitthei- lung): Sitzungsb. Ges. Naturfor. Freund. Berlin, p. 135. L909. Carpente r, G. H. — On some subantartic Collembola. Suban- tartic Islanda of New Zealand: Artide 18, p. 377 Wellington N. Z. 1910. Caroli. E. — Su alcuni Collemboli della tribù dei Neanuriui : (Remi. Conv. Napoli U. Z. I. 1910) Monit. Z. ltal. Anno 21, p. 321. 1911. Linnaniemi (Axelson), W. M. — Zur Kenntniss der Apte- rygotenfauna Norwegens: Berg. Mus. Aarb. 19 lì, N. 1. 1912. I m ni s , A. D. — On some Collembola troni India, Burina and Ceylon; with a Catalogne of the Orientai Species of the Order : Pror. Z. Soc. London, 1912, P. I, p. 80. Contribuzioni alla conoscenza dei Collemboli italiani 373 Spiegazione delle Tavole 9-11. Tavola 9. Fig. 1. — Protanura monticellii Carol. x32. » 2. — Achorutes muscorum Templ. Esemplare reso trasparente per mostrare la disposizione dei tubercoli), x 43 » 3. — Achorutes longisetus Carol. x 32. » 4. — Achorutes phlegraeus Carol. x 36. » 5. — Achorutes aurautlacus Carol. x 43. Tavola IO. Protanura monticellii Carol. Fig. 6. — Capo, x 115. » 7. — Organo antennule III di destra, x 1000. 8. — Mandibola, x 640. » 9. — Estremità mascellare, x 640. » 10. — Tubercolo della serie dorsale esterna di destra, del 3.° segmento to- racico, con due macrochete, e la setola di senso al margine in- terno, x 520. » 11. — Gli ultimi tre segmenti addominali (i tubercoli sono raffigurati solo sui due ultimi), x 43. » 12. — Estremità della zampa destra del 3.° paio, vista posteriormente, x 410. Achorutes longisetus Carol. 13. — Capo, x 115. » 14. — Organo antennale III di sinistra, x 1000. » 15. — Estremità delle mandibole, x 750. » 16. — Tubercolo della serie dorsale esterna di destra, del 3.° segmento to- racico, con tre macrochete , e la setola di senso al margine in- terno. x520. » 17. — Estremità della zampa destra del 3.° paio, vista posteriormente, x 410. Tavola 11 Achorutes phlegraeus Carol. Fig. 18. - Capo, x 115. » 19. — Tubercolo della serie dorsale esterna di destra 'lei 3.° segmento ad- dominale, con tre macrocbete, e la setola ili senso al margine po- steriore esterno, x 520, 374 Ernesto Caroli Achorutes aurantiacus Carol. Fig. 20. — Capo, xi 15. » 21. — Tubercolo ,;el capo portante gli ocelli (sinistro), x 520. 22. — Organo antennale III di destra, x 1000. » 28. — Tubercolo della serie dorsale esterna di destra, del 3.° segmento to- racico , con tre macroebete, e la setola di senso al margine in- terno, x 520. » 24. — Gli ultimi tre segmenti addominali (il G.° quasi completamente na- scosto dal 5.°). x 73. » 25. — Estremità della zampa sinistra del 3.° paio, vista posteriormente. X 410. Achorutes muscorum Templ. » 26. — Gli ultimi due articoli dell'antenna destra (del 3.° articolo è raffigu- rata solo la parte distale). X 360. Uioevuto il 21 Maggio 1912. Finito di stampare il 20 Dicembre 1912. Esperienza intorno air effetto del freddo prolun- gato e dell'ossigeno sulla crisalide della Ma- làcosonm neustria, L. Ricerche di Filippo Cavazza con una incisione Sono moltissimi gli studiosi che in questi ultimi anni si occu- parono delle variazioni riscontrate nei lepidotteri ed esperimentarono sulle ova, sulle larve e sulle crisalidi ottenendo risultati che hanno un gran valore non solamente per la conoscenza di questo gruppo animale ma per quella di non poche leggi che contribuirono alla evoluzione. Fu studiata l'azione della nutrizione diversa delle larve, quella dell'umidità sulle larve e crisalidi, quella della luce maggiore o minore, quella dei raggi monocromatici , quella delle correnti elettriche, quella della diversa respirazione, quella della tempera- tura e non poche altre. Se volessi fare un accenno alla storia delle esperienze diversis- sime fatte sui lepidotteri , se volessi citare i numerosissimi autori che di esse scrissero, dovrei fare un lavoro assai lungo e che esor- biterebbe dai limiti di questa semplice nota. È evidente che di tutti gli agenti esterni il più importante nella vita libera è la temperatura ; per essa viene resa più o meno rapida la respirazione, più o meno attivo il ricambio or- ganico, più o meno lunga la evoluzione larvale, più o meno grande la quantità di cibo ingerito, più o meno intensa la fermentazione di essi cibi ecc. ; la temperatura quindi produce tanti e così diversi fenomeni che la sua azione deve venir documentata e studiata prima di esperimentare l'azione di uno o di alcuni degli stati agenti che in lei sono riuniti. Il fenomeno più saliente della variazione nei lepidotteri è il dimorfismo di stagione. Mi accontenterò di rammentare il caso della Araschnia levana-prorsa che nella generazione primave- rile ha una colorazione gialla, bruna e bianca, e in quella d'estate Art. 7. 376 Filippo Cavazza una colorazione molto più scura oltre che uua statura superiore, quello del Papilio machaon che ha il giallo delle ali pallido nella generazione primaverile, aranciato in quella estiva, e quello del Papilio ajax . le cui generazioni invernali sono di tinta chiara mentre l'estiva è bruna. E oltre il dimorfismo di stagione sono da citarsi le variazioni di una stessa specie in paesi freddi o caldi. Ed ecco segnata la via per controllare i lavori dei sistematici e scrutare quale valore abbiano le razze-geografiche e quale legame colla formazione delle specie. Sono numerosissime le specie lepidotterologiche che secondo 1 paesi più o meno meridionali , più o meno elevati presentano forme diverse che ora si son chiamate aberrazioni, ora razze geo- grafiche e talvolta specie. Da quanto sopra ho detto furono spinti a ricercare l'azione della temperatura sui lepidotteri nei diversi momenti del loro sviluppo tanto embrionale quanto postembrionale, numerosissimi scienziati. Ma la natura è così complessa che assai di sovente accade che uno stesso fattore produca fenomeni diversi e anche opposti, mentre diversi fattori possono determinare, operando in casi o periodi dif- ferenti, uno stesso fenomeno. Dalle prime ricerche sull'azione di un dato fattore si credette poter generalizzare le conseguenze , ma ci si dovette accorgere presto dell'errore. Potrei dire di casi tolti da tutti i rami del regno animale, ma mi limiterò a uno che conosco per aver io sperimentato, e ad alcuni altri riguardanti il gruppo animale di cui parliamo ora. Molte osser- vazioni intorno alle variazioni di diverse specie ornitiche fecero si che non pochi autori asserissero che le forme semi-melaniche erano il prodotto dell' umidità. Il Beebe dimostrò sperimentalmente che tale asserto era giusto ed ottenne l'aumento dei pigmenti bruni e neri nell'abito di diverse specie di colombe. Io riprodussi l'espe- rienza del Beebe sulla quaglia e invece di ottenere delle forme con ricca pigmentazione nera dell'abito forme che sono così comuni in questa specie) ottenni una grandissima riduzione del pigmento nero della forma tipica ed un proporzionale aumento del pigmento rossastro. Ecco che in due specie ornitiche non lontane come la C. co- tumix e la Scardefella inca lo stesso fattore ha prodotti effetti as- solutamente opposti. Esperienza intorno all'effetto del freddo prolungato 377 Veniamo ora agli effetti della temperatura sulle larve e crisalidi dei lepidotteri. U Araschnia levana-prorsa, la Vanessa io, la V. antiopa, il Papilio machaon, il P. ajax e non pochi altri, danno forme scure se svilup- pano al caldo, chiare se al freddo, mentre la Pieris napi, La Setina attrita e altre danno forme scure se sviluppate al freddo, chiare se al caldo e la V. urticae dà forme più scure della normale tanto se sviluppata in caldo come in freddo eccessivo. Quale è dunque l'effetto della temperatura sulla formazione del pigmento delle ali dei lepidotteri ? E non è solo la colorazione che muti ma parecchie altri ca- ratteri. La statura ad esempio nella Araschnia levana prorsa è mag- giore se lo sviluppo è avvenuto al caldo, nella Lasiocampa pini e neìVArctia fasciata tende invece ad essere minore. Il Weismann distinse due tipi di dimorfismo di stagione, quello diretto che è il risultato immediato, direi quasi brusco, della mo- dificazione dell'ambiente, e quello adattativo il quale deriva dal- l'accomodarsi dell'organismo alle nuove condizioni. E questa seconda parte che gli permette di spiegare la diversità dei fenomeni prodotti da uno stesso agente sulle diverse specie. Ma per non uscire troppo dal mio soggetto aggiungerò che tutti gli sperimentatori che ebbero diversi effetti dalle loro prove, giunsero nondimeno concordi alla seguente conclusione: per pro- durre una modificazione evidente, gli agenti esterni debbono operare quando il lepidottero è allo stato di crisalide e in ispecial modo durante il breve periodo di passaggio fra la vita di larva a quello di ninfa. Con ciò non è escluso che la temperatura possa avere un in- fluenza e produrre modificazioni nell'insetto perfetto, agendo sulle larve, ma è reso palese che le modificazioni ottenute dalla crisalide sono molto più intense e meno soggette a quelle irregolarità che derivano dalla troppa complessità dell' azione della temperatura sulle larve. Una parola ancora sull'azione dell'ossigeno. Chi non sa quale sia il valore della respirazione durante la ninfosi ? Il Bataillon ha perfino spiegati i fenomeni più importanti della metamorfosi da larva in ninfa, come effetti di una speciale forma d'asfissia. Se ciò fosse sarebbe più che evidente l'importanza o7tì Filippo Gavazza di un agente che, come l'ossigeno, altererebbe la causa del comune svolgersi del fenomeno della metamorfosi. Da tutti poi è stato dimostrato che durante la vita di crisalide avviene a un momento stabilito, un rallentamento nell'esercizio delle funzioni respiratorie e che questo fenomeno è collegato stret- tamente con gli altri che avvengono nello stesso periodo ed anche subito appresso. Questo dimostra l'importanza degli agenti che influiscono di- rettamente sulla respirazione. La s.na de Linden in parecchi dei suoi importanti lavori studiò l'azione dell'ossigeno e dimostrò che nella produzione dei pigmenti esso tende ad apportare delle colorazioni chiare. Ma l'ossigeno produce esso sempre lo stesso tipo di variazione nei pigmenti o muta l'effetto suo nelle diverse specie? Pare di sì, giacché non pochi autori ci dicono che esso si comporta di fronte alle colorazioni come la temperatura elevata. Queste considerazioni e non poche altre mi spinsero a fare esperienze diverse intorno all'azione della temperatura, della respi- razione, e di certi agenti chimici sulle larve o crisalidi di alcuni lepidotteri. In questa nota esporrò soltanto i risultati da me ottenuti nelle piove intorno all'azione della bassa temperatura e a quella dell'os- sigeno sulla crisalide di Malacosoma neustria. La M. neustria è una piccola farfalla di aspetto monotono ma che presenta una grande variabilità da individuo a individuo nel- l'intensità e nella reciproca disposizione delle sue colorazioni. Descrivo il tipo d'abito ritenuto normale e un altro pure assai comune. C? forma 1°. Parte superiore. Le ali anteriori variano dal colore giallo rossastro (n. 133 Codes des couleurs) al colore giallo aranciato pallido (n. 141 Codes des couleurs); queste ali sono percorse da due linee bruno ocracee, trasversali e parallele quasi 1' una all'altra; lo spazio in- cluso fra le due linee è più chiaro del rimanente dell'ala, la parte di questa più colorita (tolte le due linee) è quella che sta subito prima del bordo esterno. Le ali posteriori sono più chiare delle anteriori e sono uni- formemente colorite, il loro colore varia fra il n. 141 e il 146 C. d. 0. Il corpo è coperto di pelurie colorita come le ali posteriori- Esperienza intorno all'effetto del freddo prolungato 379 tf forma 2.° Si differenzia dalla prima per avere colorito generale meno dorato , per avere lo spazio contenuto fra le due linee scure dell'ala anteriore, invece che più chiaro del rimanente dell'ala, leggermente lavato di color rossastro ocraceo. Le due linee parallele rimangono però sempre nettamente disegnate. 9 È meno variabile del cf. Le ali sono sempre più scure che nel maschio (variano dal n. 127 al 137 C. d. 0.) e spesso sono di tinta più rossastra. Hanno sempre lo spazio incluso fra le due linee traversanti l'ala anteriore più scuro del rimanente dell'ala. Le dimensioni degli esemplari normali tanto <$ che 9> ^e metto nello specchietto comparativo a pag. 383. Il 18 d' Aprile raccolsi su giovani querce delle larve numero- sissime di M. neustria. Tenni nelle solite cassette da allevamento queste larve che tutte vissero regolarmente mangiando foglie di quercia ed ebbero due mute allo stato di cattività. Il 10 maggio la prima larva cominciò a tessersi il bozzolo e le altre seguirono presto il suo esempio cosi che il 13 tutte ave- vano cominciato il lavoro. Fino a questo momento nulla di anormale avea agito sulle larve che si erano sviluppate come allo stato di libertà. Appena finiti i bozzoli (anzi man mano che essi erano finiti) io li raccoglievo dividendoli in tre gruppi di ugual numero. 1.°- Tenni un primo gruppo di 25 bozzoli in ambiente normale in cui la temperatura variò durante tutto il periodo della vita ninfale da 21 a 30 cg. 2.° - Misi il secondo gruppo in una cassetta completamente stuccata e chiusa da un coperchio di vetro pure stuccato. In una delle pareti di essa cassetta era praticato un foro pel quale passava il cannello di vetro che apportava l'ossigeno. Il vetro del coperchio permettendo ai raggi luminosi di penetrare non alterava le condi- zioni normali della luce. Come si vede non era mia intenzione di far sviluppare le cri- salidi in un'atmosfera di solo ossigeno ma di aumentare la quantità d'ossigeno nell'atmosfera ambiente delle sudette crisalidi. Ciò per non allontanarmi troppo dalle condizioni che in libertà agiscono su questi animali. 3.°-Posii bozzoli del terzo gruppo in una bottiglia e poscia seppellii il corpo della bottiglia nella neve lasciando fuori il collo. L'ambiente dal quale il collo della bottiglia pigliava aria non era alla temperatura normale, che questo avrebbe alterata tutta l'espe- 380 Filippo Gavazza rienza facendo depositare sotto forma d'acqua l'umidità sulle pareti della bottiglia, ma era alla temperatura di + 2 o 3 cgr. essendo in una ghiacciaia sotterranea. Dopo aver lasciate le crisalidi per 7 giorni a cgr. 0 le portai a 3 cgr. e poi gradatamente alla tempe- ratura ambiente che raggiunsero « giorni dopo aver finito il boz- zolo e dopo esser state poste al freddo. Alcuni autori sperimentarono sulle crisalidi con delle tempe- rature bassissime giungendo fino a —10 e — 12 cgr., ma sebbene al- cuni di essi abbiano dimostrato che non è la durata, ma l' intensità crescente del freddo che produce le maggiori modificazioni, nondi- meno io ho voluto sperimentare con temperature non inferiori a quelle che in certe ragioni montuose si riscontrano anche nei mesi primaverili ed ho prolungato questa azione per studiare il rapporto tra la sua durata e quella della vita ninfale. Esposto così il metodo seguito nello sperimentare dirò dei ri- sultati ottenuti. Nel seguente specchietto pongo le date di schiusura delle far- falle di ogni gruppo e la frequenza di queste schiusure. Data di nascita delle farfalle Date Esemplari normali Esemplari in ossigeno Esemplari al freddo 31 Maggio 3 — 1 Giugno 2 6 — 2 5 6 — 3 8 5 — 4 5 3 — 5 3 2 — 6 2 — — 7 — — 7 8 — — 6 9 — — 5 10 — — 4 11 3 Esperienza intorno all'effetto del freddo prolungato 381 Aggiungo a questo specchio le tre curve che ne derivano se si dispongono gli esemplari di ciascun gruppo secondo la frequenza di nascita in ciascuna giornata. Curva della nascita delle f a r f a 1 1 « A- G* otynw ti. 7 c B- o C- 3 • f 5 1 1 O v 0 A X 4 A l . _ 31 1 2 Date di nascita. Ar iO il Se anche per poco si osservano gli specchietti e le curve si vedrà facilmente la grande diversità che corre fra i dati ricavati da un gruppo e quelli ricavati da un altro. Osserviamo dapprima gli esemplari normali. Ventidue giorni precisi dopo V incrisalidimento cominciarono ad apparire gli insetti perfetti e lo schiudersi dei bozzoli durò per un periodo di 6 giorni. E assai interessante 1' osservare con quale ordine avvenisse questa schiusura. La curva A ci indica che la variabilità delle na- scite negli esemplari normali segue la legge di ogni variazione individuale con una regolarità quasi perfetta. I numeri minimi delle nascite si trovano infatti sul 1.° e sul 6 di giugno che sono gli estremi del periodo, e il numero massimo sul 3 di Giugno che coincide quasi col centro del periodo suddetto. Ciò dimostra che la durata del periodo di vita ninfale varia in questa specie entro due limiti e seguendo la stessa legge che seguono le variazioni indi- viduali entro le specie. 382 Filippo Cavazza Se a questi dati ed a questa curva noi confronteremo quelli ottenuti dagli altri due gruppi constateremo le seguenti diffe- renze : Ossigeno — Le prime schiusure avvennero un giorno prima che negli esemplari normali cioè. 21 giorni dopo l' incrisalidimento e du- rarono per un periodo di 6 giorni, terminando per conseguenza un giorno prima che nelle crisalidi normali. Ma assai più importante è T osservare come sia alterato 1' ordine delle schiusure. La curva B dimostra come la variabilità nella frequenza delle nascite delle farfalle non sia più regolare in questo gruppo. La frequenza tende evidentemente ad essere maggiore nei primi giorni del periodo di schiusura così che gli estremi della curva sono diversi fra loro e quello posteriore è di valore inferiore all'altro. Inoltre la curva non presenta più una cuspide netta e coincidente quasi col centro del periodo, ma due punti ugualmente alti sul secondo e terzo giorno di schiusura. Anche in ciò si vede che la frequenza tende ad essere mag- giore nei primi giorni essendo il massimo già raggiunto nel secondo dei sei giorni formanti il suddetto periodo. Freddo. — Le prime schiusure avvennero il 7 di giugno, 6 giorni cioè dopo quelle normali e 28 giorni dopo l' incrisalidimento. Il periodo di durata della schiusura fu più breve che nei due gruppi precedenti essendo di 5 anziché di 6 giorni. E l'ordine di schiusura nei cinque giorni formanti il periodo è assolutamente diverso da quello esservato negli esemplari normali e non ha più nulla a che vedere con quello che si esprime colle curve mono- cuspidali derivanti dalle variazioni individuali nelle specie. La curva C infatti è una linea retta che partendo da un mas- simo va regolarmente verso il suo minimo. La tendenza che già vedemmo nel gruppo degli esemplari ossigenati, di spostare il mas- simo di frequenza verso i primi giorni e di avere il minimo di fre- quenza nell'ultimo è giunta alla sua perfetta espressione in questo gruppo dove non solo il massimo è al primo giorno di schiusura e il minimo all'ultimo, ma dove tutti i termini sono in perfetto or- dino di decrescenza. Che cosa si può dedurre da queste osservazioni ? Non intendo di indagarlo in questa nota ma solamente voglio insistere su alcuni punti più importanti di esse. Esperienza intorno all'effetto del freddo prolungato 383 La regolarità della curva A può dar ragione a dedurre che non solo la variabilità dei caratteri somatici segue una data legge e che in ogni specie tende a disporsi secondo la curva binomiale, ma che uguale legge seguono i fenomeni dello sviluppo. Molto probabilmente se invece di avere una curva derivante da 25 schiusure, ne avessimo una dedotta da schiusure più nume- rose, essa sarebbe ancora più regolare e più vicina alla curva bi- nomiale. Questa variabilità quindi nella lunghezza del periodo di ninfosi non mi sembra debba attribuirsi ad altro che a variazioni individuali. I dati dello specchietto e la curva B riguardanti gli esemplari sottoposti all' azione dell' ossigeno , ci dicono che questo gas ha prodotto una abbreviazione nella durata della ninfosi , e ciò non tanto facendo schiudere un giorno prima, la prima farfalla, quanto spostando la maggior frequenza delle schiusure verso i primi giorni del periodo di esse schiusure. Se infatti dividiamo questo periodo in tre parti e osserviamo come la frequenza disponga la nascita delle farfalle nella prima delle tre parti (cioè nei primi 2 giorni), vediamo che per le normali sono state 7 e per le ossigenate 9, differenza apprezzabile su 25 esemplari. Nondimeno l'azione del- 'ossigeno non ha affatto abbreviato il periodo di schiusura che rimase di 6 giorni. Da ciò si può dedurre che mentre questo gas ha agito su al- cuni esemplari coll'abbreviarne la durata di ninfosi, non ha agito proporzionalmente su altri; perciò invece che venir spostata l'intera curva normale ne ritroviamo una nuova in cui ricercheremo invano la tendenza alla curva binomiale. L'azione del freddo poi ha dati risultati ben più rimarchevoli. Anzi tutto ha allungata la durata della ninfosi di 6 giorni. Ma perchè di 6 mentre le crisalidi sono state sottoposte all'azione del freddo durante 7 giorni? Io interpreto così questa diversità fra la durata dell'azione del freddo e l'allungamento della ninfosi : credo che tutti i 7 giorni che le crisalidi hanno passato a 0 cg. siano stati di completa stasi dello sviluppo e che quindi siano da sottrarsi dalla durata dello sviluppo medesimo, ma suppongo che il ritorno dalla temperatura bassa, che teneva sospesa ogni azione vitale, ad una più elevata in cui esse azioni vitali hanno potuto riprendere il loro andamento, abbia prodotto una reazione tale da dar luogo a fenomeni che normalmente sono causati dal calore anziché dal freddo. Togliendo infatti dalla durata della ninfosi i 7 giorni di 884 Filippo Cavazza stasi , avremo che essa è stata di '21 giorni e cioè più breve che negli esemplari normali e simile a quella degli esemplari ossige- nati. Ma non è solo questo fatto che ci viene rivelato dai dati e dalla curva C. Infatti lo spostamento completo della massima fre- quenza delle schiusure verso il primo giorno del periodo di appa- rizione delle farfalle, è un fatto altrettanto importante. Esso ci dimostra raggiunto il fine della tendenza che abbiamo già ritrovata negli esemplari ossigenati. Vedemmo che nei due primi giorni di schiusura gli esemplari usciti dal bozzolo erano 7 nei normali e 9 negli ossigenati, e ora aggiungeremo che erano 13 negli esemplari sottoposti al freddo. Ed anche in questo caso dobbiamo verificare che il fenomeno non è altro che una grande esagerazione di quello ottenuto coll'azione dell'ossigeno. L'azione del freddo ha operato sull'ordine della schiusura degli insetti perfetti, fenomeni molto più accentuati ma analoghi a quelli prodotti dall'ossigeno. Infatti confrontando le tre curve A, B, C, vediamo che la curva B si allontana dalla curva normale spostando la frequenza verso sinistra, e avendo un solo minimo a destra, e che la curva C ha raggiunto il suo massimo nella prima classe verso sinistra, il suo minimo nell' ultima verso destra, e che ha riunite queste due per mezzo di classi ordinatamente intermedie. L'azione dell' ossigeno avea dunque spostati i valori di fre- quenza ma non aveva accorciato il periodo di schiusura degl' insetti perfetti ; 1' azione del freddo invece ha prodotto anche questo fe- nomeno così che il periodo di schiusura è di soli 5 giorni anziché di 6. Da ciò si può dedurre che non solamente l'azione del freddo è stata più energica, ma che ha agito con meno irregolarità su tutti gli esemplari a lei sottoposti. Esposti cosi , senza deduzioni avventate , i risultati ottenuti sulla durata della vita ninfale, passo ad esporre quali sono i ca- ratteri delle variazioni da me osservate negli insetti perfetti, le cui crisalidi sono state sottoposte all'ossigeno ed al freddo. Ossigeno — cT Presentano nella colorazione i caratteri che ab- bruno osservati nelle Q normali; sono cioè assai più scuri che i maschi normali, variando appena dal 127 al 132 C. d. C. ; hanno lo spazio incluso fra le due linee traversanti l'ala anteriore più scuro del rimanente dell'ala. Esperienza intorno all'effetto del freddo prolungato 385 L'ala posteriore non è che poco più chiara che l'anteriore e il tono del suo colorito è rossastro anziché giallo. Le dimensioni sono inferiori a quelle dei e? normali. 5 — Ali assai più scure che nella forma tipica (vicine al 113 C. d. C. ma più rosse). Il disegno delle ali anteriori non è mutato. Nelle ali posteriori è visibile una striscia rossastro-ruggine che quando le ali sono spie- gate le traversa in senso verticale alla lunghezza del corpo. Riassumendo l' azione dell' ossigeno è, per questa specie, un fattore di melanismo parziale giacché rende più intense e più scure le colorazioni normali. Inoltre il maschio assume alcuni caratteri di colorito soliti nelle 9 • Nelle dimensioni si osserva che mentre i maschi sono più piccoli dei cf normali , le femmine non hanno subita alcuna riduzione di grandezza. Freddo — (j* Nella colorazione hanno subite le medesime va riazioni che gli esemplari sottoposti all' ossigeno, solo esse si tro- vano ancora più accentuate. Per di più le ali posteriori hanno quella striscia scura che ab- biamo vista apparire nelle 9 dell'ossigeno. Le dimensiosi dei maschi sono evidentemente superiori alle normali. 9 — Sono simili a quelle dell'ossigeno, solo ancora più scure e colla linea traversante l'ala posteriore ancora più evidente. Di dimensione sono, come i cf, superiori alle normali. Specchio delle dimensioni Normali Ossigeno Freddo cf' Lunghezza totale corpo I mm 14,2— 14,5 — 14,8 | 12,4— 12,9-13,2 -f Massima apertura d'ali mm. ...... 9 Lunghezza totale corpo 29,6—30,3-31,7 j 28,2—28,7-29 15,8—16,3—16,8 16—16,5—16,9 9 Massima apertura d'ai mm 36,1—38-40 36,2—38—39.8 Archivio zoologico italiano. Voi. VI. 14.5—15,2— 1»; ÒU— 32,7— 34 16,8—17—17,8 39,2—39,6—40 25 386 Filippo Cavazza Nelle qui esposte misure ho messe le dimensioni massime, le minime e quelle che coincidono coll'indice di maggior frequenza. Consideriamo ora quale sia stata l'azione dei due fattori da noi sperimentati sulla pigmentazione delle farfalle di M. neustria. L' ossigeno ha agito come intensificato re di pigmenti ed ha pro- dotto dei caratteri che si possono dire di semi-melanismo ; esso inoltre ha agito più energicamente sui maschi che sulle femmine. Il freddo ha prodotto pure dei caratteri semi-melanici e la sua azione si differezia da quella dell' ossigeno solamente per la sua maggiore intensità. Se per ragioni fisiologiche si può supporre lo- gicamente che l'azione dell' ossigeno sia simile a quella del caldo, allora ecco che saremo dalle nostre osservazioni portati a dire giusto quanto asserirono Fischer e Ruhmer : che il freddo prolungato produce sulle crisalidi, al punto di vista delle variazioni dell'adulto, la stessa azione che una temperatura elevata. E potremo ag- giungere che non solo dal punto di vista delle variazioni somatiche dell' adulto, ma anche dal punto di vista di parecchi altri fenomeni, l'azione del freddo è simile (sebbene non uguale) a quella dell'ossigeno e quindi (?) a quella del caldo. Questo ho detto solo seguendo logicamente il presupposto della simiglianza d'azione fra il caldo e l'ossigeno, siiniglianza che altri hanno sperimentalmente provata. Ora voglio rilevare che il Pictet sperimentando iutorno al- l'azione dell'alimentazione della larva di questa specie, sui pigmenti dell' insetto perfetto , ottenne come unica variazione dei caratteri di semi-melanismo. Come spiegare che tre fattori tanto diversi come l'ossigeno, il freddo ed una diversa alimentazione, producano su di una specie lo stesso tipo di fenomeni ? Passiamo ad osservare 1' azione dei due agenti coi quali spe- rimentammo, sulle dimensioni degli insetti perfetti. Se guardiamo il su riportato specchietto vedremo che l'ossigeno ha prodotti fenomeni diversi sui maschi che sulle femmine. I ma- schi appaiono 'molto più piccoli dei normali avendo come media nella lunghezza del corpo min. 12,8 anziché 14,5, e nell'apertura d'ali 28,6 anziché 80,4; le femmine invece hanno come media gli stessi valori che le 9 normali. Esperienza intorno all' effetto del freddo pi-olungato 387 In questo abbiamo un fatto nuovo (di tipo diverso da quelli qua sopra esposti) quello cioè che uno stesso agente produca ef- fetti diversi su ciascuno dei sessi d'una stessa specie. In quanto alla diminuzione di statura osservata nei <$ io non credo affatto che essa possa attribuirsi alla minore durata del pe- riodo ninfale perchè l'abbreviamento di questo fu di poca entità e specialmente perchè gli esemplari che ebbero più breve vita di ninfa furono proprio le 9 che schiusero quasi tutte prima dei maschi. Il freddo invece agì, anche per la dimensione, in modo simile sui maschi e sulle femmine. Esso infatti produsse un aumento sen- sibile nella statura di tutte le farfalle. La media della lunghezza del corpo è nei maschi di mm. 15,2 anziché mm. 14,5 e nelle fem- mine di mm. 17,2 anziché di 16,3 e la media dell'apertura d'ali è nei maschi di mm. 32,3 anziché di mm. 30,4 e nelle femmine di mm. 39,5 anziché di mm. 38. Se confrontiamo ora le modificazioni prodotte dall' ossigeno sulle dimensioni dei maschi, con quelle prodotte dal freddo vediamo che esse sono diametralmente opposte. Ciò mi pare di grande importanza perchè dimostra che due fattori i quali producono simili variazioni su di un grande numero di caratteri (periodo ninfale?, ordine di schiusura, pigmentazione) possono essere causa di fenomeni opposti in un altro carattere, (statura). Così ho fìinito l'esposizione delle mie osservazioni intorno alla M. neustria. Come spiegare ora tutto ciò ? Perchè le azioni di fattori diversi danno tanti fenomeni dello stesso tipo ? Perchè uno stesso fattore produce fenomeni diversi secondo il sesso nella medesima specie ? Perchè due fattori che hanno dato luogo a tanti fenomeni si- mili ne producono essi uno opposto in rapporto a qualche carattere ? Tali domande sono gravi ed importanti né posso tentare di risolverle ; mi contento solamente di osservare che se si ammette che le variazioni prodotte derivano direttamente ed esclusivamente dall'azione del fattore esterno, allora esse dovranno con tutta prò. babilità rimanere quesiti insoluti. E mi pare superfluo dimostrare che i fatti ora osservati (come infiniti altri) non paiono conciliabili 388 Filij)]) i Cavazza con una concezione quasi puramente fisica dell'azione dei fattori esterni. Fatti derivanti da numerosissime esperienze dei moderni zoo- logi, come quei pochissimi qua sopra esposti, danno modo di sup- porre che per ogni carattere siano latenti nell'organismo, secondo la sua costituzione, tendenze a reagire in certe date direzioni. Se questa concezione fosse tale da poter essere accettata, al- lora ci si potrebbe spiegare come lo choc prodotto dalla modifi- cazione dell'ambiente normale, anche in causa di due fattori di- versi , serva da determinante al passaggio da potenza in atto di alcune tendenze reattive preesistenti, simili tra loro. E inoltre si potrebbe facilmente spiegare come in alcuni ca- ratteri siano diverse le tendenze reattive dell' organismo maschile da quelle del femminile, e quindi diversi i risultati prodotti da uno stesso agente. E da ultimo, essendosi ammessa una tendenza reattiva quasi indipendente per ogni carattere, ci si spiegherebbe senza difficoltà come due fattori abbiano determinato in uno certo numero di carat- teri, moti reattivi simili, mentre in altri hanno risvegliato ciascuno una diversa tendenza potenziale. Non dico questo per appoggiare una ipotesi (che non è certo nuova), ma solo per esporre il ragionamento che è stato a me necessario di fare per spiegarmi i fatti succitati e tanti altri. Vi saranno molte maniere ancora d'interpretare gli stessi fatti ma non vedo come vi possa esser modo di interpretarli colla sola ipo- tesi dell'azione diretta fisico-chimica dell'agente esterno. Dall' Istituto Zoologico della R. Università, Bologna 15 Luglio 1912. Esperienza intorno all'effetto de] freddo prolungato 389 Bibliografìa 1903. Agassi z — Étude sur la coloration des ailes des papillons : Lau- sanne. 1903. Bachmetyew — Das vitale Temperatili-minimum bei Insekten: Zeit. Deut. Eni. Soc. 15 Bd. p. il. 1893. B a t a i 1 1 o n — La métaniorphose do ver à soie et le déterminisme évolutif: Bull. Se. France et Belgique, Tome 25, p. 18. 1900. — — La théorie de la métamorphose de M. Ch. Perez: Bull. Soc. Eni. France, p. 58. 1900. — — Le probléme des métamorphoses : G. B. Soc. Biol. 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Però , quan- tunque il Koehler abbia fatto una descrizione piuttosto minuziosa del suddetto punto nero , non arrivò a riconoscerne né la vera struttura né le omologie. Più tardi il Mazzarelli (1904), in seguito alle sue ricerche sul rene secondario delle larve degli Opistobranchi, emise l'ipotesi che tale sacculo del Gastropteron non fosse altro se non il rene secon- dario larvale persistito nell'adulto, e promise che sarebbe ritornato ancora sull'argomento. Ma egli invece volle ora affidare a me l'in- carico di studiare la quistioue, fornendomi anche il materiale ne- cessario. Dalle mie osservazioni risulta quanto segue: Il punto nero, come è stato già detto , è una piccola macchia di color nero seppia che nel Gastropteron si trova in vi- cinanza dell'ano (Fig. 1). Esso è poco visibile a occhio nudo, perchè di piccola mole, il suo massimo diametro, lungo la linea e-f dello schema riportato nel testo misura presso a poco 70 ja, mentre il 394 Antonino Jacino minimo diametro sulla linea a-b è di circa 56 [i. Quoste dimensioni non sono però molto esatte, potendo esse variare di pochi micro- millimetri secondo la grandezza dell' individuo. La forma del piccolo organo è simile a quella di una storta; con la bozza rivolta in alto e il collo in basso e all'esterno, clic ne costituisce il condotto escretore. Sezionando la regione del corpo del Gastropteron dove si trova situato il punto nero, e osservando a piccolo ingrandimento (Fig. 3) si vede bene in alto il mantello, a sinistra e in basso la branchia, a destra il rene e nel mezzo l'or- gano in parola, molto evidente per il pigmento di cui è circondato. Da questa figura, come dalla Figura 4, si può bene rilevare come il punto nero è vicinissimo alla parete renale, e da ciò è facile com- prendere come esso in seguito ad osservazioni soltanto macrosco- piche fosse stato scambiato per l'orifizio del rene definitivo. Nella Fig. 4, corrispondente sulla linea a-b (vedi Figura nel testo), si nota un forte pigmento nel connettivo circostante, un po' più spesso, e internamente una fine massa citoplasmatica con un gros- si so vacuolo pressoché centrale. Tale ■ citoplasma, che può presentarsi an- che sotto forma di sottile reticolato, è appena più addensato verso la parte interna dove notasi un grosso nucleo di forma ovale col suo mas- simo diametro disposto dall'alto in basso come quello dell'organo stesso, e misurante circa 20 [i. Nella Fig. 2, corrispondente sulla linea c-d (vedi Figura nel testo), si notano parecchie gocce di muco, di cui due molte grosse, cir- coscritte sempre dal pigmento, e qualche tramezzo di citoplasma. Quello che si vede bene in detta figura è lo sbocco esterno, for- mato da un canale costituito di cellule dell' epitelio epidermico invaginato. Da quanto ho detto fin qui e dalle figure riportate risulta chiaro come il detto punto nero non sia altro che un organo costituito da una sola cellula, la quale presenta un grosso nucleo situato in fondo alla medesima, un citoplasma più denso attorno al nucleo, e talvolta fibrillare , un grosso vacuolo pressoché centrale e delle Figura schematica del cosidetto p u n to nero: n - nucleo. Intorno al così detto « punto nero » 395 gocce di muco situate verso la parte inferiore, od ha il suo sbocco in una lieve introflessione dell'ectoderma. Tutto questo , tranne la menzionata lieve introflessione, che può essere secondariamente apparsa, corrisponde così esattamente al rene secondario delle larve degli Opistobranchi di tipo unicellulare descritto nel 1902 e nel 1904 dal Mazzabelli (v. Fig. 5 e 6) che io non esito a ritenere che il punto nero del Gastropteron non sia altro che il rene secondario della larva persistito nell'animale adulto, tanto più che i rapporti anatomici con altri organi e la sua posi- zione sono affatto identici a quelli più volte descritti dal Mazza belli per il rene secondario degli Opistobranchi (1892, 1902, 190-i). Circa alla eventuale attività funzionale di detto organo nel- l'adulto poco saprei dire : tuttavia la presenza in esso constatata della discreta quantità di gocciole di muco su menzionate fa pen- sare che esso funzioni ancora in qualche modo, ma tale funzione, evidentemente molto limitata per la piccolezza dell'organo, forse non è nemmeno più quella originaria (escretoria), senza che ci sia dato per altro di precisarla. Pavia, Istituto Zoologico della B. Università, Luglio 1912. 396 Antonino Jacino Bibliografìa 1880. Vayssière, A. — Recherches anatomiques sur le raollusques de la famille des Bullidès : Bill. Ecol. Haiit. Etna. Tome 20, Art. 2, p. 1. 1892. Mazzarelli, G. — Intorno al preteso « -occhio anale » delle larve degli Opistobranchi : Remi. Accad. Lincei (5) Voi. 1, p. 103. 1893. Koehler, Aug. — Beitrage zur Anatomie der Gattung Sipho- naria : Z. Jahrb. Morph. Abili. 7 Bd. p. 1. 1902. Mazzarelli, G. — Ricerche intorno alia struttura delle larve li- bere dei Gasteropodi Opistobranchi : Bend. Isi Lombardo (2) Voi. 35, p. 715. 1904. Mazzarelli, G. — Contributo alla conoscenza delle larve libere degli Opistobranchi : Ardi. Zool. Dal. Voi. 2, p. li), Tav. 2-4. Intorno ;il così detto « punto nero » '->'U Spiegazione della Tavola 12. I! materiale, rissati) in sublimato al 5 °/0 , venne colorato sulle sezioni con e ni al lume. Fig. ] . — Topografia del p u n t o n e r o. Microscopio binoculare; Oc. 2, Obi), a0. » 2. — Sezione sagittale del punto nero in corrispondenza del condotto escretore. X 525 » 3. — Sezione frontale della cavità palleale del Gastroptrron in corrispon- denza del punto nero. X 36. » 4. — Sezione del punto nero verso il t'ondo del sacculo. X 525. » -r>. — Sezione sagittale del rene secondario unicellulare di Pleurobranchaea Meckcli (riprodotta dalla figura 65 del Mazzarelm, 1904). » 6. — Sezione trasversa del rene secondario unicellulare di Pleurobranchaea Meckeli (riprodotta dalla figura 66 del Mazzariìlli, 1904). ' - Ricevuto il 12 Settembre 1912. Pinito di stampare il 21 Dicembre 1912. \rl/r///r//y Zw/vy/fr;, /&/. 0' 1 %v* ;■■ - - ì — -d nei dis. ' Zvv/v/y/?*'/, /hffP. m ?. • !• '•V •..-'■■ c..' ♦ ' » ' • . i'. 4 rl/r///.''/<9 /?6>6>/6! m '. ^<^ *% Archivia Zoologico Voi 6 Ti ii: fl P.DeUaVaUe ,/,- Archivia Zoologi/M Voi 6 Ti IV 5 ri/,ll„ Vallate ,l/r//i>i7//'■ R1CC. MARGHIERI Napoli, Galleria Umberto I per V Estero: rappresentanza e commissione presso la libreria OSWALD WEIGEL Leipzig - Kònigstrasse 1 - Leipzig RENDICONTI DEI CONVEGNI DELL' UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA PAVIA — 23-25 Aprile 1900 (Fon-dazione dell'Unione Zoologica) Monit. Zool. Ital. — Anno X, 1900. N. ^[esaurito]. BOLOGNA — 24-27 Settembre 1900. — l.a Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. - Anno XI, 1900, N. 12, Suppl t0 NAPOLI — 10-13 Aprile 1901. — 2.a Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. - Anno XII, 1901, N. 7-8. ROMA — 31 Ottobre- 3 Novembre 1902 — 3.a Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. -Anno XIII. 1902, N. 12, Suppl." R1MIN1 -- 14-16 Settembre 1903 — 4.a Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XIV, 1903, X. 12, Suppl.'0 P0RT0FERRAI0 — 15-19 Aprile 1905 — 5a Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XVI. 1905.N. 7-8 [esaurito]. BORMIO — 31 Agosto-4 Settembre 1908 — 8.a Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XX, 190!), N. 2-3 [esaurito\. NAPOLI — 12 Settembre 1910 — 9.a Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital Anno XXI, 1910, N. 11-12. PISA — 9-12 Aprile 1912 — 10.a Assemblea ordinaria. Monit. Zool. Ital. Anno XXIII, 1912, N. 9-10 In vendita a L. IO- ciascuno presso la segreteria dell'Unione. Prezzo *d.i a.TDÌDonaxia.en.to ali3 -A.rclirvio Zoologico Italiano L. 40 al "Vol-uro-e AVVISO IMPORTANTE Date le attuali condizioni del mercato librario e tipografico tutti 1 prezzi indicati sui volumi finora pubblicati (I - X) sono aumentati del 75 o/o. mini iiiun UH IflPM J •