ARCHIVIO
ZOOLOGICO
PUBBLICATO SOTTO (ìì.ì Al'SPICU DKI.I.A
UNIONE ZOOLOGICA
PKk CIIKA
DEL COMITATO DI REDAZIONE
R E U A T T 0 R K
D/ Fr. Sav. Monticelli
Prof. ord. di Zoologia nella R. Università di Napoli
VOLUME VII.
CON l!t TAVOLE E H PHUIRE NEL TESTO
per l' Italia
per V Estero
FRATELLI TREVES
OSWALD WEIGEL
Librai
Verlag und Kommissions Buchhandiun
VIA ROMA 258
XAi'or,i
KÒNIGSTRASSE 1.
LKIPZK^.
NAPOLI
R. TIPOORAKIA
KRANCKSCO GIANNINI & KIQM
Ci
storna
deirOlio
1914
tf^
INDICE
%rt. 1. - Stefanini G. — Echinoidi raccolti nel Mediternineo dalla R. N
Italiana « Washington » (188i-1883j pag. 1
a. - Plerantoni U. — Studii sullo sviluppo d'/cerya iiurchasi Mask.-
Paite li. -Origine ed evoluzione degli organi sessuali ma-
schili. - Ermafroditismo. - Tav. 1-2 • . . » "27
» :t- - Baldasseroni V. — Nota sui Chetognati raccolti dalla R. N
« Washington » nel Mediterraneo » 51
» 4. - Vivanti A. — Contributo alla conoscenza dei Cefalopodi abissali
del Mediterraneo. ^ìc%vc\\q s,\i\\d>,Caryhflith('Mthls maculata n. g.
u. sp. dello Stretto di Mes-sina. - Tav. i3-5 e lue figure nel testo » Ti.^)
» S- • Bartolini BaldeUi C.— Asteroidi, Ofiuroidi, Ciinoidi, Oloturoidi
raccolti nel Mediterraneo dalla R. N « Washington » (1881-
1882). -Tav. 6-7 » 81
« - Della Valle P. — L'apparato opercolare e la cavità peribran-
cliiale nei Cordati. - 1. Lo sviluppo normale della regione nel
Bufo vulgaris fino alla chiusura della cavità peribranchiale. -
Tav. 8-16 ed una figura nel testo » 215
■■ 7. - Pierantoni U. — Studii sullo sviluppo à'Icerya purchasi Mask. -
Parte lll.-Osservazioni di embriologia. - Tav. 17-lt) e sei fi-
gure nel testo » 243
» « - Della Valle P. — Studii sui rapporti fra differenziazione e ri-
generazione.-2. L'inibizione della rigenerazione del capo nelle
Planarie mediante la cicatrizzazione. Analisi del determi-
nismo causale dell'accrescimento rigenerati vo.-Cinque figure
nel testo » 275
" »■ - Gavazza F. — Modificazioni riscontrate nelle seconde genera-
zioni di Bombijx mori derivanti da genitori .sui quali si è a-
gito con diversi fattori chimici - (Sviluppo — caratteri soma-
tici — fecondità) » 313
A
X^
■h u
L i B ;
Echinoidi raccolti nel Mediterraneo
dalla R. N. italiana ' Washington >
1881 1883)
del
Dott. Giuseppe Stefanini
1 uiat(n'iali (•ho loriiiano l'og^otto di ([uosto studio furono dra-
f^ati iipI Moditerraneo occidentale dalla r. na,V(3 italiana « W a s h i n-
gton », durante lo campagne talassogia fiche, compiute negli anni
1881-1888. Su queste e sulla infelice interruzione di un'impresa con
tanto coraggio iniziata, non mi diffondo a trattare, che già lo hanno
fatto altri avanti di me, anche in questo stesso periodico ^).
Dopo quasi un trentennio, le ricerche talassografiche in Italia
sono state da poco riprese, ed è sperabile che esse avranno anche
dal punto di vista biologico quello sviluppo che conviene. Intanto
però la conoscenza delle faune profonde ha fatto , per opera di
scienziati di vari paesi, notevolissimi progressi; anche nel Mediter-
raneo, dove alle pesche del « T r a v a i 1 1 e u r » e del « T a 1 i -
s m a n » (1880-1883) , contemporanee a quelle del « Washin-
gton 3>, sono succedute quelle della « Pola » nel Mediterraneo
orientale (1890-92) e nell'Adriatico (1893); quelle della < Maja »
e del « P u r i t a n » specialmente superficiali e planctoniche ; quelle
dell' « H i r o n d e 1 1 e » (1886-1888) e della « Princesse A-
1 i e e » (1886-1907); e infine quelle del « T h o r > (Sohmidt , 1908,
1909), i cui resultati non sono per anco conosciuti nei loro parti-
1) Bkrnardi , Ilio. — Policheti raccolti nel Mediterraneo dalla lie^ia Nave
«Washington» (1881-83): Ardi. Z. Uni. Voi. 5. p. 85.
D'Amico, A.— MolliLschi raccolti nel Mediterraneo dalla Roccia Nave « W a-
shington » (1881-83): Ihid. Voi. 5 p. .?.;■?.
Un resoconto dettagliato della spedizione dcd « W a s h i ii g to n » lu scritto
dal Prof. (ìigliijli ed è .stato di recente ristampato col titolo .
CiiGMoi.i, H. E.— Stndii talas.sograBci. Ristampa a cura di E. Balducci:
Anualì Af/riroìfura, Roma, 1912, .'{39 p.
Archivio zoologico Italiano, Voi. Vii. Art. l. 1
2 Giuseppe Stefanini
colari. Soltanto la « Po la » n, ikìIIo podio pcscho meditin'i'aiioo,
le due navi del IViucipe di Monaco ri[)ortarono alcuni orhinoidi, di
specie ben note; invece; vari studiosi — tra i quali conviene citare
specialmente il Kokhler (16, 21, 25, 29) il Russo (22) il Gau-
THiER (28). il Chhcchia Rispom (36, 39 — fd anche, in modo in-
cidentale, il MoRTKNSKN (34, 40) iv'cavaiio frattanto importanti
contributi alle nostre conoscenze sulla echinofauna mediterranea.
Questa ha, del resto, legami così stretti con quella che vive
nelle finitime parti dell'Atlantico, e quest'ultima è stata, dal canto
suo, così profondamente; studiata, che i resultati di quelle prime
nostre campagne del « Washington », rimasti per sì lungo
tempo ignorati nei loro particolari, hanno perduto gran parte del
loro interesse; molto più, che alcune più delicate ricerche sono or-
mai impossibili , dopo tanti anni che gli esemplari trovansi in
alcool.
Tuttavia, se non altro per rimettere in luce, i primi tentativi
modc-sti ma coraggiosi, fu opportunissima l'iniziativa del Prof. D.
Rosa , di far seguire alle note preliminari o riassuntive del Gri-
GLiOLi , e ad alcuni studi speciali apparsi poco dopo , quello dei
principali altri gruppi , rappresentati nelle collezioni del «Wa-
shington ».
Ed io sono a lui sinceramente grato, per "aver egli voluto af-
fidarmi lo stu'lio degli echinoidi, che ho compiuto in gran parte nel
Laboratorio di Zoologia degl'Invertebrati di Firenze, da lui diretto,
valendomi del ricco materiale bibliografico e delle buone collezioni
di confronto, ivi conservate.
I resultati di questo studio non sembrano, del reste, neppure
oggi privi di qualche interesse.
Kchinoidi ra^'coUi nel Meditnrnuico dulia R. N. « Washinp^ton » 3
Durante lo campagne talassograficlio del Washington fu-
rono racc(jltc! spurie di (H-iiinoidi , (;osi di.sU'ibuito .sistoniaiicanionte
in 5 t'amiirliti divoi'se:
1." Fani. Cidaridae.
2." Fam. Echinidae.
3.» Fani. Fibularidae.
4. a Fani. Cassidulidae.
ò." Fani. Spatangidae.
Dnrociiìaris papillatn (IjK.skr)
Dorncifìaris itffiiiis fPniL.)
Psammecìi iniis mirrofubcrcnìafu'i (Blatnv. )
Kchinus iiciifns [jamk. var. nnrvegird
EihÌHOci/amìis- jimillns (Mum-kr)
Neoinmpas rnutrìlafd (A. Ao.)
Jjris-w])sis' hirifcra (Forb.)
La loro distribuzione geografica e batimotrica resulta rial se-
guente quadro, desunto, poi" ipiel che riguarda la I.^* Campagna, dal
t|uadro generale pubblicato dal Senna, e p^r le successive, dalle
notizit! date dal (tigliom.
Giuseppe Stefanini
Distribuzione geografica
Numero Numero
di ' di
stazione , dragata
Dilla
Località
1881
(Camp. I)
Pesca
,b; a 300 m. IS"
Fango a Pteropodi. Temp. sui)erf. , Gangano
2o''-24»; a 840 m., 14"
Fango giallo mescolato a sabbia, Gangano
i;usci di mollusichi ecc. |
S|i('(ii riicrollr
Draga l'.samniccìiiiius uiurutìthcrcidiitus (Blain)
Efhinoci/amus pmillHn (MUll )
Fango argilloso
Draga
Echinocyamws pnHillws (MUll.)
Brissopsis lyrifcra (Jorb.)
Dorocid'iris i>npiUafa (Leskk.i
Echinus aculus Lamk var. iiorrcf/ira.
Dorocìdaris papillita (Leske)
Dorocidaris papillata (Leske.) radioli.
Echinus acntns Lamk.
Dorocidaris affìnis fPHiL.)
Dorocid'iris papillata (Leske)
Ecliinus acntìin Lamk.
Neolnmpas roslellata AAg.
Psntìinienhinns inicrotnbrrcidnl ns (Blai n.
Dorocidaris papillata (Leske.) radioli.
stati ritrovati nelle collezioni e cioè:
Camp. in. 1883 Tra punta Carnero e Ceuta Dorocidaris papillata (Leske)
38",58', 57" Lat. N.; Un Echinus di color roseo
5»,2U', 4r'Long. N. Gr.
Prof. m. 87'J.
6 Giuseppo Stetaiiini
Tia i resultaLi dobbiamo subito .scanalare rusten.siono dulie
nostre conosueiisitì, per quanto riguarda la distribiizionu geografica
delle varie specie: allo scopo di rendere più completo sotto questo
punto di vista lo studio stesso, abbiamo tignato conto anche della
provenienza degli esemplari che si trovano raccolti al Museo di
Firenze.
Un certo interesse presentano anche le osservazioni relative
all'habitat batimetrico di alcune di quelle; ma soprattutto è degno
di nota , anche sotto questo particolare riguardo , il ritrovamento
della Neolampas rostellata, specie vivente ai due lati dell'Atlantico
nella zona batimetrica profonda (m. 137-1261) e classificata da
A. Agassiz tra le abissali. Per quel che riguarda gli echinidi di
mare profondo le spedizioni talassografiche nel Mediterraneo non
hanno mai rivelato grandi novità, se il Giglioli ha avuto la sod-
disfazione di stabilire con sicurezza l'esistenza di faune abissali di
tipo atlantico, anzi oceanico, nel nostro mare , contro le afferma-
zioni un po' aprioristiche di altri autori, e particolarmente del Caii-
PENTER, una vera echinofauna abissale mediterranea non è per anco
conosciuta. Una sola specie presenta in modo spiccato un tale ca-
rattere, ed è la Neolampas rosteìlata A. Ag., che appunto il « W a-
s h i n g t o n » dragò per la prima volta nel Mediterraneo ad una
profondità di 400 m. : ma la determinazione specifica di quelli esem-
plari non fu fatta dal Giglioli, che si limitò ad indicarli come « 5
spatangoidi grigi » : Cosi il fatto interessante rimase fino ad oggi
ignoto, È curioso notare come il Giglioli ci avverta, che nel Me-
diterraneo la fauna abissale può già essere rappresentata in pro-
fondità tra 400 e 500 m. Questo nuovo esempio, che a lui era sfug-
gito, conferma le sue conclusioni.
Il ritrovamento di Neolampas rostellata è interessante anche
sotto altro punto di vista: osso viene infatti ad aumentare il nu-
mero di quelle specie, che sono comuni all'Atlantico e al Mediter-
raneo, rendendo sempre più stretti i legami che uniscono le due
echinofaune , e recando una prova di più del carattere atlantico
dell'attuale fauna nostrale. In grazia forse del suo habitat profondo,
Neolampas rostellata ha un'area di diffusione vastissima, poiché si
ritrova anche nell'Atlantico occidentale ; insieme con Dorocidaris
affinis^ con Arhaciìia (Oenocidaris) maculata, con Bnssus wiicolor,
con Echinocardium cordatnm ed E. flavesceìts essa ricollega quella
regione con la nostra,
Fv-liiiinidi r. )lti iM'l MciMciriiiifii ;t » Koehler 21, p. 418.
1906. » » Checchu Kispoli 39 p. 90, tav. 4 [1] fig. 6.
« Washington » (1881): Porto Camicie (Isola Maddalena), m. 35.
» (1882): Ad Ovest dell'Isola Lampione, m. 20.
Alle località indicate dal Ludwig sono da aggiungere varie
altre, che resultano come segue:
Marchisio : Portofino.
Checchia RispoLi: Catania, Augusta, Palermo.
Koehler: Venezia, Orano, Algeri, La Ciotat.
Museo di Firenze: Chioggia, Taranto.
Eeliinoidi raccolti nel Mediterraneo dalla R. N. « Washington » 13
Questa specie é citata aneliti nella zona litorale orientalo del-
l'Atlantico
Limiti (li profondità, secondo gli autori: 4-7B metri.
Gli esemplari esaminati corrispondono bene alle caratteristiche
della specie, se non che le loro spino, invece che verdastro, sono
roseo-violaceo con zonature e punta bianca. Abbiamo por ciò vo-
luto compiere uno studio accurato anche delle podicollarit! e delle
placche boccali, che presentano anche qui il colore verdiccio e la
struttura canalicolata, che il Mortensen pose già in evidenza.
Il Checchia llisPOLi ha osservato, che questa specie è rappre-
sentata in Sicilia da esemplari costantemente più alti del solito, ol-
2
trepassando l'altezza dei suoi campioni i ^ del diametro, mentre
o
quelli tipici avrebbero un'altezza pari alla metà di questo: propone
quindi, sebbene timidamente, la creazione per essi di una varietà
alfa. Ho misurato parecchi esemplari, provenienti da diverse loca-
lità e conservati nel Museo di Firenze, e mi son convinto che l'al-
tezza di questa specie è assai variabile, ma che è impossibile, per
i graduali passaggi esistenti, distinguere due varietà. Riporto al-
cune dello misure, le quali dimostrano che anche il diamet,ro della
bocca e la forma del guscio — che passa da pentagonale a circo-
lare — sono pure variabili ma gradatamente, e indipendentemente
daU'nltezza.
Provenienza
Diametro
Altezza assoluta e
leljitiva al diame-
tro
Diametro
d.'l
peristoma
Forma di-l guscio
Mediterraneo
mni. 1.3.5
mni.
7 (0.51)
mm.
6
circolare
»
» 25.5
»
14 (0.54)
10
circolare
»
» 13 5
»
7.5 (0.55)
»
6
pentagonale
Chioggia
» 27.5
»
15.5 (0.5G)
»
10
subpeutagonale
Mediterraneo
» 31.
»
17.5 (0 56)
»
12
subpentaji;onale
Chioggia
» 28.5
»
1G.5 (0.58)
»
10.5
subcircolare
Mediterraneo
» 24
»
15 (0.62)
»
9
circolare
Isola Maddalena
» 15
»
9.5 (0.63)
x-
6.5
subpeutagonale
Isola Maddalena
. 14
»
W (0.64)
»
(i.5
pentagonale
Nizza
» 23
»
15.5 (0.71)
»
8
subcircolare
14 Giuseppe Stefanini
Sul nome generico da darsi a questa specie corre quHlche di-
vergenza d'idee. Cjine lo ha mostrato, con una lucida esposizione,
il Lambert '), i tipi viventi del gen. Fsammecìiinus sono sei e pos-
sono dividersi in due gruppi: uno, cui appartiene la prim-i specie
nominata da Agassiz o Dksor, lo Ps. varicgcdus { = Ps. Blainvillei
Desmodl.) e che mal corrisponde alla diagnosi del genere, avendo
questa specie, quando è adulta, forti intagli boccali; l'altro, cui
appartengono lo Fs. miliaris e lo Ps. microluberculatus, e che me-
glio corrisponde alla diagnosi. Tutti gli antichi autori che accet-
tano il gen. Psammechinus , considerano questo secondo gruppo
come tipico, mentre le specie del primo gruppo vengono attribuite
ora ad uno, ora ad altro genere e recentemente dal Lambert sono
considerate come Anapesus. Il Mortensen al contrario , sostenendo
che nessuno degli autori precedenti ha ben compreso il gen. Psam-
mechinus^ ritiene si debba accettare la sua distinzione, secondo la
quale Ps. variegatus sarebbe il tipo di cotesto genere , e Ps. mi-
liaris costituirebbe invece il tipo di un genere nuovo, Parechinus,
le cui caratteristiche generiche consistono essenzialmente nella forma
delle pedicellarie globifere principali.
Cosi, tra i vecchi tipi del genere, il Mortensen considera come
Psammechinus proprio quelle specie che gli autori precedenti ne
tolsero e che allo stato adulto non corrispondono alla diagnosi, e
ne toglie invece — per farne un genere nuovo— le specie che me-
glio vi corrispondono. Non è chi non veda la inopportunità di una
simile inversione. È vero che il Mortensen afferma, che gl'indi-
vidui di mediocre statura dello Ps. Blainvillei hanno intagli bran-
chiali minori e pensa che proprio tali dovessero essere i tipi di
L. Agassiz; ma se anche questa supposizione fosse provata, ciò non
toglie che, dovendo ora emendare il genere, sia molto più rego-
larci — poiché si può — interpetrarlo ed emendarlo in molo , che
non si debba del tutto capovolgere la diagnosi primitiva.
Ma il Mortensen osserva altresì, che il Lambert ngn è esatto
nell'attribuire al gen. Psammechinus. come carattere distintivo ri-
spetto ad Echinus, l'omogeneità delle placche ambulacrali , tutte
tuberculifere, mentre invece anche certi Echinus, come E. elegans,
E. Alexandri ecc. , i quali hanno il portamento di veri Echinus,
1) Lambert, F. — Descri[)tion des Échinides fossiles de la province de Bar-
celone : Mein. Soc. Geol. Frane. Paleontologie. , Voi. 14, Fa.. » » KoEULER 17, 1). 121.
181>4. » » Mahknzkller 23, p. 1 [24J, tav. 1-4.
1895. » » iMaren/ki,lkr 24, p. 142 [48] e p. 14(j.
UtOo. » " MoaTENSE>< 34, p. 152 e 17:J, tav. 1, fi<^. 4, 7-S; tav. 2,
fig. 1, 2, 6, 8; tav. 15, fig. 2, 14-16; tav. Ki, fii^.
2, 5, 10, 16, 18, 22; tav. 18, fig. 1, 5-7, 14, 24;
tav. 19, fig. ;;2, 3'j; tav. 21, fig. 2 j, 2.5. (.ui m syn.).
1906. » » DòDRRLEiN 37, p 379.
1906. » » Checch[a Rispoli 39, p. 90 [6J.
1908. » » DÒDERLEIN 42, p. 212.
190ÌÌ. » y vai-, normficm Koehler 43. p. 228.
« W a s 11 i 11 ir t n 11 » nSSh: Staz. UE (presso l'Asiiiarai ni. 1(58-284.
Banco di inidrepore.
» » : Staz. XXEI I C )sta orieiit alo ili .Sardegna)
in. 395. Pan.^0
» » : Staz. XXXI [ (prft.sso If isole E,^a(li) ni
400. Sabliia e fango.
Alle località indicato dal Ludwig conviene aggiungerne varie
altre; che resultano come segue:
« Pela »: Mediterraneo orientale, in. 287-880 [Marenzei,i-f,r 23|.
» : Adriatico, m. 94-119() |Maremzeller, 24].
CaEccHrA Rispoli : Mar di Sicilia (Aci Trezza. Catania, Palermo).
Museo di Firenze: Catania, Sardegna,
Oltre che nel Mediterraneo VE. aciitus è diffuso anclm sulle
coste occidentali dell'Africa settentrionale, nella regione atlantica
e in quella boreale europea
16 Giuseppe Stefanini
Limiti eli profondità, secondo gli autori : m. 37 — 1280.
11 MoRTENSKN èivondo notato, al seguito anche dello osserva-
zioni di Marenzeller, una serio di termini di passaggio tra VE.
acutus e VE. norvegicus^ come pure, d'altra parte, tra 1'^. norve-
giciis e VE. Flemingii, li riunisco tutti e tre in una sola specie, sotto
il più antico nomo di E. acutus, limitandosi a distinguere in ossa
tre varietà: la var. Flemingii propria dell'Atlantico settentrionale,
la var. mnliterranea n., propria del Mediterraneo , e la var. nor-
vegicus , comune ai due mari. I caratteri che distinguono le va-
rietà trovansi minutamente esaminati ed illustrati nel lavoro del
MoRTENSEN, 0 Sembrano, in realtà di non troppo valore, special-
mente se si tenga conto del fatto da questo autore affermato , e
i'.Ik* io non ho avuto modo però di poter verificare, che esistono
forme intermedie. Osserverò piuttosto , che dando a tutte le sue
varietà un nome diverso, il Mortensen abolisce di fatto VE. acutus,
mentre se si vuol conservare la nomenclatura binomia, una delle
varietà deve necessariamente rimanere la varietà tipica. Ora il tipo
di Lamarck sembra forse di incerta provenienza e la diagnosi, per
quanto con quel suo « vertice subacuto ■» sembri riferirsi meglio
alla varietà mediterranea che alle altre, potrebbe però applicarsi
anche a questo, poiché la var. Flemingii è detta dal Mortknsen
alquanto conica, e la var. norvegica, che sarebbe tipicamente ap-
piattita , assume ossa pure una forma conica negli esemplari più
grandi. D'altra parte Aqassiz e Desor nel 1846 indicavano la specie
come propria del Mar del Nord, e solo sotte anni più tardi Aradas
(7, pag. 276) la cita in Sicilia. Solo una revisione dei tipi potrebbe
risolvere questa questione , ma , non essendomi concesso di com-
pierla, debbo limitarmi a richiamare su quest'ultima l'attenzione
ed affermare risolutamente , che ad una delle varietà di questa
specie deve rimanere il semplice nome specifico acutus.
Del resto una tale questiono non interessa qui direttamente,
poiché gli esemplari dragati dal « Washingto n », tutti di di-
mensioni piuttosto piccole , sombrano appartenere indubbiamente
alla var. norvegica. Come questa , hanno infatti tubercoli assai
forti , quelli ambulacrali primari disposti in serie interrotta e ir-
regolare, e molto variabili di grandezza , quelli interambulacrali
in serio regolari interrotte; linee porifere poste lungo il margine
esterno delle zone ambulacrali, radioli gracili, lunghi e sottili, non
costituenti dal lato adorale una superficie ambulatoria. La forma
é invece alquanto variabile, e mentre è assai appiattita in alcuni
Ecliinoi.li raccolti ii.-l Mc-.1ìUmi;iii.v. d;illu R. N. -< Wiushington » 17
individui nssa è siibconica in altri : il rai)porto fra 1' altezza o il
diametro r porciò alquanto variabile, come appare dalla seguente
tabella:
Kseiiiplari il<'l \V a s li i n .u' t " n (Siii/. imii
XXXI h
i^Staz. Ili;
(Staz. XXH)
Esemplare della Stazione Zoologica
di Napoli (var. mrd/ferratied}.
Esemplare di Catania.
Altezza
(liariK'tro
n. 17
min. 31
> 12.5
22
» 7.5
13
15
» 24
9
13
15
35
87
21
38
133
rapporto del-
1 altezza al
diametro
54
100
56
100
57
100
62
100
69^
100
-li
100
72_
100
76
100
Poiché anche negli esemplari più elevati e raggiungenti quasi
l'altezza relativa di quelli della var. mmhterranea, gli altri carat-
teri corri.spondono bene a (juelli della var. norvegica, credo convenga
includerli in quest'ultima, e considerare le variazioni d'altezza come
dovute a semplice variabilità individuale, avendosi individui si-
mili e dello stesso diametro, che presentano altezze molto diverse.
Anche i colori del guscio, ottimamente conservati nell'alcool
variano un poco d'intensità, ma corrispondono a quelli descritti
dal Mortknsrn: nei più piccoli esemplari si riscontrano le carat-
teristiche macchie rosee interambulacrali attorno all'apice, mentre
il resto del guscio e i radioli sfumano dal verdastro pallido al
bianco; invece negli individui più grandi il verdastro cede gra-
Archivio zooloijrico Italiano. Voi. VIT.
18 Giuseppe Stet'anini
datamente il posto al rosso, e questo si fa man mano più esteso
e più intenso.
Fallì. Fibularidae
Echinocyamus pusillus fMiiLL)
1776. (1789). Spaiangns puaillus Muller O. F., 1, p. 18, tav. 91, fig. 5. «.
1H7J-74. Echimryamiifi pusillus Agassiz A. 11. p. Ul, 304, 505, tav. 11, tig. 3.
187'i. — » Ludwig 15, p. 559 (cum syn.j.
1883 — « KoEHLKR 17, p. 127.
1894. — » KoEHLER 21, p. 420
1U06. — » Checchia RispoLi 39, p. 98 [9].
1907. — » MoRTENSEN 40, p. 28, tav. 12, fig. 4, 0, 9,
18-20, 22, 23, 26, 27, 29-31 (cum syn.)
1908. — » DòDERLEiN 42, p. 234.
« Washington » (1881): Porto Camicie (Isola Madcìalena) m, 358.
Fango.
» » : Staz, II (a NW. della Sardegna) m. 157.
Fango.
Alle località indicate dal Ludwig occorre aggiungerne altre,
come appresso:
Marchisio: Portofino.
KoEHLER : Coste di Provenza, La Ciotat.
Museo di Firenze: Catania, Isola d'Elba.
Stefanini (Raccolta privata): Castiglioncello in Toscana , (Targaresc
presso Tripoli.
Oltre che nel Mediterraneo, la specie è diffusa dalla regione
boreale europea a quella atlantica africana. Nell'atlantico occidentale
americano questa specie è rappresentata dall'^". gramliponis Mrtsn.
I limiti di profondità di questa specie, secondo il Koehler,
sarebbero compresi tra 0 e 856 m. : la « Va Idi via » però, al
Capo Verde. Tlia dragata in una profomlità di IHO-l m.
EcliiiM.iili la.vMlti Ufi Mfdiifiiiiii.'u .Lilla Ji. N. < W.t.sliingtijn » K»
Fani. Cassidulidae
Neolampas roste/lata A. Ao.
isHit yrolniiipus rostellalxfi AOassiz A. 10, p. 271.
1872-71. \r(,la.s ro.sfell((fii AoAssiz A. 11, p. 117, 810, 151, tav. 17, lìj?. 1 12.
1871. >. • Wyville Thomson 13, p. 71.5, tav. H'.», fig. 1-12.
18HJ. » » Agassiz a. 18, p. 44, tav. 22, Hi(. 1-30.
1892. » » Bell F. 1. 20, p. 162.
Ì8'J3. » » KuKHLKK 21. Ji. 230.
i:i04. » y> Ai;.\ssiz A. 35, p. liU, Hg. 157, ta2. «l, lig. 7,8.
1008. » » DòDERLEiN 42, p. 241, tav. 48, fig. '.».
IHO'J. » » KoEHLER 43, p. 236.
v< Wa.sliiiig ton » ilHHli: 8fcaz. XXXII (presso le isole Egadij m. 400.
Sabbia e fango.
Questa specie era finora nota solo nell' Atlantico, sia occiden-
tale, sia orientale: nel mare della Florida l'indica A. Aoassiz ; il
« Porca pi ne » la dragò nell'imboccatura meridionale della llla-
nica, la < Princesse Alice » lungo le coste del Portogallo, la
< Valdivia > presso il Capo Boiador.
L'habitat batimetrico di N. rostellata è compreso tra 137 m.
e 1262 m., ciò che la fa considerare da A. Agassiz tra le specie
abissali.
Reputiamo inutile ripetere la descrizione di questa specie,
ormai ben nota per le illustrazioni che ne sono state fatte in varie
opere, le più importanti delle quali trovansi citate in sinonimia.
Confrontando le diverse figure pubblicate dagli autori citati,
si rileva che essa va soggetta ad una notevole variabilità di forma,
specialmente per quel che riguarda l'altezza relativa del guscio,
che sembra assai mutevole con l'età, come già fu posto in evi-
denza da A. Agassiz, Gli esemplari del Mediterraneo da me esa-
minati differiscono poi leggermente dai tipi atlantici, per una
forma alquanto più corta e massiccia; ma questo carattere non è
neppure esso costante.
1 pori genitali sono anche nei miei campioni in numero di
tre ed occupano costantemenie i posti I, li, IV della notazione di
LovÈN, essendo sempre assente, oltre a quello posteriore, impari,
anche l'anteriore sinistro. È questo un fatto che vuole essere no-
20 Giuseppe Stet'aiiini
tato, poiché cosi il primo esemplare figurato da Agassiz nella sua
Revisione, come anche quello illustrato da W. Thomson seml»ra fos-
sero privi del poro genitale anteriore destro, invece che del si-
nistro. Converrebbe dunque ritenere che questo carattere non sia
in Neolampas del tutto costante, mentre, invece, lo ("; invariabil-
mente nelle altre forme di Cassidulidi a tre pori genitali, se pure
non si vuole ammettere, che si tratti qui di due casi teratologici;
ipotesi che troverebbe una conferma nel fatto, che l'esemplare di
W. Thomson è anormale anche per la sua forma , alquanto sim-
metrica. Si potrebbe anche supporre, che le due figure in que-
stione siano state disegnate allo specchio, e resultino cosi rove-
sciate.
Narra il Giglioli, che gli esemplari di questa specie raccolti
dal Washington e da lui indicati come «cinque spatangoiodi »
erano di color grigio quando furono pescati, e divennero verdi ap-
pena posti in alcool. Ora hanno ripreso un colore bianco-grigia-
stro sporco.
Il De Meyere ha di recente illusti-ato una Neolampas tenera,
raccolta dalla spedizione del « Siboga » nell'Oceano Indiano, e della
quale, stante la assoluta deficienza delle figure, non è facile farsi
un concetto. Essa, comunque , differisce profondamente dalla N.
rostelluta per avere il periprocto trasversalmente dilatato, per il
peristoma pentagonale-trasverso e per i tubercoli assai più radi e
meno numerosi. I primi due caratteri anzi l'allontanano troppo dal
gen. Neolampas perchè essa possa restarvi inclusa.
Eihiiioidi niccolti noi Mt'iliti-rnumd ilalla R. N. « Washington » L'I
Fani. Spatangidae
Br/ssops/s //rifera (P'orb.)
I.S41. Brissiis U/rifcr Fokbks 4. p. 187.
ISl.'). Brissm indvinatm Philipi'i 5, p. 347.
1.S72. nrissdjìsis lyrifcra Agassiz A. 11, p. 95, 3B4, tav. 19, fip. 2-8 (non fig. 9),
tav. -21, fiff. 1-2, tav. .38, fi^. 30-38.
1879. » » Ludwig 15, p. 562.
1883. » » KoEHLER 17, p. 135.
180;}-9-l. » » Marknzeller 23, p.
189."} » » Marenzeller 24, p. 143, 146.
l!)07. » » MoRTENSEN 40. p. 1-52 e 174, tav. 3, fig. 2, 3, 7, 11, 12,
18, 20-23; tav. 4 fig. 2, 3, 9, 14-17; tav. 98, fig. 1, 6,
12, 18, 25, 26; tav. 19, fig. 3, 6, 10, 15, 18-21, 29, 34.
1908. » » DoDERLRiN 42, p. 256, tav 34, fig. 4-8; tav. 59, fig. 1-2.
1909. » » KoEHLER 43, p. 237.
« W a s h i n g t o n » 1(881) : Staz. II fa NW. della Sardegna) m. 420-370
Fango, poi banco di madrepore.
Alle località mediterranee indicate dal Ludwk; bisogjna anche
aggiungerne altre, come appresso :
Marion : Coste meridionali di Francia, Marsiglia.
Marenzeller : Adriatico, Arcipelago Greco.
KoEHLER (Princesse Alice): Mar di Sicilia.
Secondo le idee recentenae.ite ammesse dal Mortensen, questa
specie ha un habitat assai più ristretto di quanto si credesse
prima, ma tuttavia assai vasto, estendendosi dalla regione boreale
europea a quella atlantica europea e mediterranei (sensii lato).
La spedizione della ne ha riportati esemplari
anche dai mari che bagnano l'Africa meridionale.
Le profondità indicate dal Mortknsen sono tra 9 e 284 m. ;
(juelle del Marenzeller tra 9'2 e 1196 m ; il Marion, tirialmeute,
assegna questa specie alla zona tra 1000 e 1200 m.
I nostri individui corrispondono molto bene ai cenni descrit-
tivi e alle ligure, che dei suoi esemplari meliterranei di B. lij-
rifera pubblica il Moutensen. In accordo con le sue conclusioni,
ritengo che la forma del mare Nord e quella del Mediterraneo non
22 Giuseppe Stefanini
diiforiscano ossonzialmente fra loro u che non sia quindi il caso
di riprendere per la seconda il nome di Br. pulvinata. Anche il
parere del Lambert ') sembra non differire molto dal precedente,
quando siano corrette le premesse, che, per mancanza di mate-
riali, egli fu indotto a fare ^).
Non sono invece d'accordo col Mortbnsex nel ritenere che la
Brissopsis lyrifera non presenti, con l'età, una certa tendenza ad
una iniziale fusione dei petali. Gli individui dragati dal « W a-
shington ^ sono giovani e piccoli (lunghi circa 25 mm.) e cor-
rispondono anche per quel carattere alle figure di Mortensen, e
specialmente alla fig. 11 della tav. 3 : i petali vi sono dunque
ravvicinati e separati dal rilievo , costituito dall' interambulacro
impari, quantunque le zone porifere posteriori siano atrofiche presso
l'apice. In alcuni grandi esemplari (lungh. circa 75 mm.) prove-
nienti alcuni dal Mediterraneo (senza più precisa indicazione) altri
dall'Adriatico e conservati nel Museo di Firenze, i petali sono un
po' più divaricati verso l'estremità distale, ma l'estremità prossi-
male dell' interambulacro impari si attenua e si abbassa, in modo
da produrre un debole ma distinto principio di fusione dei pe-
tali stessi.
Si vede, dunque, quanto scarso valore sia da accorlarsi a
questo carattere, sul quale il Desob fondò già una distinzione ge-
nerica. Questa dette luogo allora ad una vivace discussione e fu
accettata da pochi. Tra i contrari era in principio, anche Agas-
siz ^) , che aveva pure notato in tale carattere una variabilità
connessa con l'età: negli ultimi anni invece egli proponeva di ri-
prendere il nome Toxohrissus Des., per le specie caratterizzate
dalla fusione dei petali posteriori. Questo carattere sarebbe accom-
pagnato da altri — diversa struttura dell' interrambulacro impari e
numero delle placche incluse entro la fasciola sottoanale. Il se-
condo di questi caratteri varia indipendentemente da quello della
fusione dei petali; il primo fu dimostrato dal Mortensen ^) essere
1) Lambert, F. — Descriptioii des ècliinides fossiles de la province de Bar-
celone : loc. cit. p. 104.
2) Cfr. Mortensen — 40, p. 174. Per una svista, ciie mi affretto a correg-
gere, in un precedente lavoro (Echini del Miocene medio dell'Emilia. II parte :
Palaeontographia italica. Voi. lo., 1909, p. 67, xVote) scrissi che Mortensen e Lam-
bert erano invece concordi, nel ripreudere la distinzione fra Brissopsis lyrifera
e Br. pulvinata.
3) Agassiz, a. — 35, p. 193.
*) Mortensen, T. — 40, p. 166.
K(;liiiioi(.li niciolt i noi Me iittsrniiit'o diillii II. N. < Wasliin^tnii » 2'^)
l'etìfutto (li un caso tnratol<);^ic su di un solo (ssisniplarc
(li Bi . pacifica !
È dunque piotorihilo di consorvan! al gonen^ Brissojìsis la sua
unità, come fa anche il Moktenskn. Ciò è apparso conveniente
anche al Lambert, che però suddivide ulteriormente il genere in
sottogeneri e questi in sezioni. Comunque conviene rilevare con que-
st'ultimo autore, che, ove si proferisca conservare distinte da Bris-
sopl(i nel iMnlilcrraiioo (iiillii Iv N \\;i.-liiii;;((>ii » 25
1SS2. A gassi/, A. — Keport oii the Kcliiiii.- Keports oii the Kesults
of Dredging l>y the «Blake» N. 21, Pt. 1: Meni. Mus Harvard
Coli. Voi. 94, p. 32. (18)
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.■). I,. -JUi, Pie. J8-2(ì. (19 1
1S!)2. I? 0 1 1, F. F. — Cataloguc of the British Echinodcrms of the Briti.sh
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p. 10 Pie. (30)
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Ergeh Schcved. Siidpolar Exp. 6. Bd. 114 p. 17 Taf 38 fig. (46)
I
Ricevuto il 16 gennaio 1913. Finito di stampare il 2 agosto 1913.
SUidii sullo sviluppo cVIcerya. piirchasi Mask.
l'arti' 11. Origine ed cvohizioiK' \ iliij»|»i) d' liiiya iiunliasi Mask. 81
nolo; ciò dipt-iidci «lai l'alto che la paiif inaschiio è fatta da «grossi
mammelloni o sfer»! losticolari, clic si ti-ovaiio a piclcrctiza nella
porzione posferioro (/e), mentre acini pili pi(;ccoli tro varisi anteiior-
menle per costituire la porzione femminile (or). Questi acini più pic-
coli sono ilello vero guaine ovariche (ovarioli) simili in tutto a
(jut'Ili che si rinvengono negli ovarii giovani. Non mancano in
(|U(!st,a porzione ancln^ masse un po' più grandi delle guaine in evo-
luzione, e (pieste masse sono perfettamente simili alle masse o rigon-
lìamenti fatti di cellule ovariche (oogonie) non ancora differen-
ziat La parte femminile è se-
parata talora dalla maschile da una porzione allungata, formante
una sorta di peduncolo del grappolo ovarico (Fig. 4 pe)
IV- Struttura delle masse testicolari
Per ben comprendere la fine struttura delle masse testicolari
è necessario seguire lo sviluppo di giovani larve da poco fuo-
riuscite dall'uovo, metodo da me seguito anche nel precedente
studio sulla oogenesi per 1' interpretazione della struttura del-
l'ovario.
Nelle larve giovanissime i testicoli, coi relativi abbozzi degli
spermadutti, appaiono come due organi tozzi, grossolanamente da-
vi formi , la cui parte rigonfia, l'abbozzo del testicolo, si riduce
ad un minuscolo ammasso composto da due sorta di cellule (Fig. 6):
alcune più grosse {ceg) e con grosso nucleo, che sono le vere cel-
lule germinali, ed alcune più piccole (ce), che sono cellule epiteliali.
Si ripete quindi nel testicolo la condizione già riscontrata nell'ovario,
in cui delle due sorta di cellule, che anche in quello si trovano,
le più grosse sono quelle che daranno le uova, mentre le più piccole
sono le follicolari ; salvo che, nel caso dell'organo maschile , le
cellule germinali sono meno grandi e quindi la differenza dalle
altre è meno sensil)ile.
Anche nel testicolo, come nell'ovario, le cellul.' più piccole
sono destinato a dare le cellule involucrauti dei gruppi goniali (cel-
lule cistiche), come sarà meglio dimostrato in seguito, e le altre
le gonadi o cellule spermatogoniali.
Nel testicolo di larve un po' più prossime all' adulto il com-
plesso della struttura è alquanto differente, ma in esso si rinven-
32 Umberto Pieraiitoiii
gono tracce sufficienti per ricostruire la derivazione dei diversi
elementi.
Esso infatti presenta la struttura, che immediatamente salta
all'occhio, di un organo concamerato, il cui parenchima, cioè, è fatto
da tante camere ravvicinate fra loro e separate le une dalle altre
da tramezzi, costituiti da cellule i cui nuclei si scorgono speci d-
mente nei punti ove convergono le sivJoni delle pareti di i)iù
camere contigue (Fig. 8 ce).
Le camere sono ripieno di un certo numero (vario wWo. di-
verse camere) di cellule nei varii stadii di riposo o di divisione mi-
totica: le cellule sessuali in divisione sj>ermatogoniale e di matu-
razione.
Ora per ricostruire la origine di queste due sorta di elementi,
basta osservare alcune porzioni del testicolo le quali non si presen-
tano ancora concamerate, ma conservano l'aspetto di masse cellu-
lari caratteristico dei testicoli giovanissimi. Ivi si riscontrano an.or.i
come nel testicolo di larve giovanissime sopra descritto, due sorta
di cellule (Fig. 7): le più piccole (ce) destinate a formare le p.ireti
delle camere, intercalate alle più grandi (csg) le quali moltiplican-
dosi e facendosi laigo fra quelle, formano i gruppi di cellule go-
niali contenuti nelle camere. Le cellule delle pareti, restando com-
presse fra più camere, raggruppano i loro nuclei a preferenza nei
punti ove, per esservi più spazio, si Raccoglie maggior quantità
anche di protoplasma: gli spazii cioè compresi fra più camere sfe-
riche. Ciò però non esclude che, dato il meccanismo di formazione
di queste camere testicolari , nuclei possono trovarsi anche lungo
i tramezzi intercedenti fra due camere. È difficile rintracciare i li-
miti fra le cellule dei tramezzi, le quali formano tutte insieme una
sorta di sincizio alveolato dalle camere gonadiali.
Gli amma.ssi in cui si inizia la funnazione delle concamerazioni
testicolari sono presenti specialmente verso la porzione corticale
del testicolo , tanto verso il dorso, che alle parti laterali e ven-
trali , CO.SÌ all'estremo che alla base di ciascun testicolo.
Tuttavia non è solo in queste zone germinative che possono
avere inizio le camere testicolari. Infatti, poiché le cellule goniali
che danno inizio alle nuove camere non sono sempre quelle che si
trovano al limite fra la porzione concamerata e le zone suddette,
ma possono nascere anche nel mezzo delle zone medesime , ne ri-
sulta che non di rado fra camera e camera, specialmente negli spa-
zii fra più camere, non trovano soltanto cellule del tipo di quelle
Stiidii >iillo svilii|i|iu d' hfìija pniihusi Ma^k. 83
(lei trainozzi, ina t;oiio anello comprese cfllule coniali, le; ([uali col
loro moltiplicarsi si laranno spazio in nuove camere! interposti! alle
già esistenti (Fig. 8 scg).
Lo camere o cisti sjKMinaticlie non si pioducano sempre da
una sola, ma. spesso da più ((illule <;-oniali iniziali coMcomitanti. Ciò
si ai"<'irs<<.' da varii latti e s[)('ciahu('iit»' dal tatto cln' il nnmt-ro delle
cellule the si trovano nelle camere o cisti , anche se sono nell'i-
dentico stadio della loro evoluzione, non è costante, e che non di
rado si vedono due cellule goniali vicine contornate ciascuna da
una Viicuola, ma ipieste non sono ancora fuse insieme; ora per l'as-
soluta assenza di un tramezzo cellulare fra queste due cellule è ve-
rosimile che esse sieno destinate a riunirsi in una sola vacuola che
sarà l'inizio della camera.
Riepilogando dallo mie osservazioni desumo che la struttura al-
veolata del testicolo larvale sia originata per diverso comportamento
delle due sorta di cellule che si trovano differenziate e frammiste
fin dalla forma compatta del testicolo dell'embi ione: diverso compor-
tamento che consiste nel fatto che le più grandi (goniali) moltiplican-
dosi , aggruppandosi e facendosi largo fra le più piccole (cisti-
che), costituiscono le camere spermatiche fra cui queste ultime re-
stano intercalate. La forma singolare e quasi stellata di queste è
quindi determinata meccanicamente col prodursi delle cisti o ca-
mere testicolari.
Prima di passare all' esame del comportamento delle cellule
testicolari nella formazione degli elementi germinali maschili . è
utile esporre alcune considerazioni sulla architettura del testicolo,
confrontandola con quella di altri insetti che presentano strutture
affini, e con quel pochissimo che è noto sullo stesso argomento
riguardo ad altri Coccidi.
Il Lecaillon (1902) studiando il testicolo di Collemboli, trova
in Anurida maritima una struttura che , salvo alcune interpreta-
zioni dell' autore, a mio avviso non del tutto esatte, può comple-
tamente riportarsi a quella cVIcerya allo stato larvale. Egli parla
infatti di una parete testi col arti fatta da un sincizio, da cui
partirebbero dei prolungamenti in trates t icolari insinuan-
tisi fra le cellule goniali in via di differenziazione, ed aggiunge :
e Ces prolongements sont ordinairement d'une épaisseure très va-
riable. lls se réunissent les uns aux autres et forment de vérita-
bles alvéoles emprisonnant les cellules intratésticulaires t. A me
'iii Uiiiherto l'i<'iiiiilniii
non pai' ihilìbio, per (juaiito ho esposto so[)ni, clu! la struttura del
testicolo larvaK^ (che è poi nei Coccidi il testicolo nel pieno della
sua attività produttiva di elementi) in lecrya si trovi nelle iden-
tiche contlifjioni del testicolo di Annrida descritto dal LECAiriLON,
se si dà il giusto valore alle parti. E facile difatti il poter rico-
noscere nello cellule della cosiddetta parete testicolare del Lrcaillon,
coi loro prolungamenti insinuantisi fra le cellule goniali, le cellule
involucrali (cellule più piccole) ohe si frappongono alle camere o
cisti spermatiche in Icerya.
Il Lecaillon descrive, inoltre, una zona germinativa, in cui si
ammassano le cellule goniali; questa zona a me pare corrisponda
esattamente alle masse di cellule sopra descritte esistenti in varie
parti del testicolo d' Icerya , quando esso è in piena attività di
produzione di elementi sessuali.
In complesso quindi , studiando la strattura del testicolo si
può giungere alla conclusione che esso si presenta in Icerya in
una forma alquanto primitiva, perfettamente paragonabile a ([uello
dei CoUemboli inferiori. Tale paragone è fatto, è vero, col testicolo
larvale , ma è da tener presente che nei Coccidi la piena attività
produttiva di elementi sessuali si rinviene appunto nell'apparecchio
sessuale delle larve, in cui sono già spermatozoi formati, mentre nel-
l'adulto, come risulta anche dagli studi del Targioni-Tozzetti (1867),
il testicolo si riduce ad un sacco pieno di spermatofori, che dovrà
essere esaurito nella brevissima vita imaginale. D' altra parte la
presenza delle camere testicolari (spazii od alveoli) ricorda le am-
polle del testicolo degli insetti superiori.
Riguardo agli altri Coccidi, quantunque poco o nulla sia stato
osservato in proposito, io ritengo che il testicolo da me osservato in
/cer«/a ripete completamente un tipo comune a quasi tutti gli insetti
di questo gruppo; e ciò mi fanno supporre le ricerche di Targioni-
TozzETTi (L867) e di Berlesk (1883), il quale del resto si rimette
al Targioni per quanto riguarda la struttura di questo organo nei
Dactylopius e nei Diaspidi. Tuttavia il Targioni, nelle sue ricerche,
mirabili del resto pel tempo in cui furono condotte, avendo stu-
diato principalmente su materiale fresco ed adulto, nulla osservò
di concreto sulla fina struttura, né sulla origine e sul significato
degli elementi che costituiscono questo organo.
Le ricerche del Targioni sono molto interessanti nella parte
che riguarda le spermatofore (spermatoplasti). Queste nei Coc-
cidi adulti riempiono l'intero organo, nel quale non si scorgono
Stddii sullo svilii|H>() à' Icerya punitasi MahK. 'Ah
più 1»! coiicaiiuuazioiii, j)«!r essere stati liassorKiti i tramezzi. Cia-
scuna spermatofora tN fatta da gruppi di sp«uinatozoi compresi
in un») speciale involucro. Io rinvenni e descrissi tali «^'ruppi .sper-
matici, col loro involucro, ndl'ovichitto delle femmine anche allo
stato larvale in biande abbondanza (v. 1." parte, pa«;, 331j: ciò di-
pende dal iatto che e.ssi passano interi dall'uno all'altro organo ge-
nitale durante l'accoppiamento.
Nel lavoro del Witlaczil sull'anatomia dei Coccidi (1886j poco
o nulla è aggiunto a ^[uanto era già noto dagli studii del Tak-
oioNi sul sistema genitale dei Coccidi. Li descrizione che 1' A. fa
del testicolo dei Diaspidi nelle diverse età della larva dimostrano
che nelle linee generali in questi animali le co.se stanno come nel-
Vlcerya, riguardo alle camere ed al successivo prodursi in esse dei
fasci spermatici: ma riguardo agli elementi germinali neanche in
questo lavoro si rinviene alcun dato, né altro registra in proposito,
per quanto io mi sappia, la successiva letteratura.
Per chi confronti il testicolo dei diversi stadii di sviluppo delle
larve d^lcerya con l'ovario, risulta evidente che esiste una perfetta
corrispondenza fra le due sorta di elementi che si trovano nell'uno, e
le medesime due sorta di cellule che si trovano nell'altro. Cellule
involucranti ed elementi sessuali (spermatogonie) del maschio tro-
vano il loro riscontro rispettivamente con cellule follicolari ed ele-
menti sessuali (oogonie della femmina); e ciò tanto nella origine (per
essere questi due elementi già distinti nell' embrione), quanto nel
modo di comportarsi e nel loro destino, come meglio sarà dimo-
strato in seguito. Ma, per tale corrispondenza specialmente, ha un
grande interesse lo studio degli organi ermafroditici.
V. Struttura degli organi ermafroditici
Ho già accennato più sopra che nel corso del presente studio
mi accadde d'imbattermi in alcune larve, che, all'esame dei tagli,
si dimostrarono provviste di organi genitali partecipanti dei due
sessi. Delle forme esterne di queste larve e della grossolana archi-
tettura degli organi sessuali ermafroditici ho già detto innanzi.
In ciascun organo ermafroditico è nettamente distinguibile
una porzione maschile, costituente un testicolo formato da sfere
assai più distinte fra loro che non siano i rigontìaraenti nel te-
sticolo dovuti, come è detto sopra, all'adattamento dell'organo alle
cavità irregolari del lacunoma. In un' altra porzione dell'organo,
;{(j Umlieitu I*iei iuitiuii
invece, si nota la conforinazion<', a «j^rappoli, caratteristica dell' o-
vario, dovuta alla ricca produzioiu! dollt! yuaino ovi<^erc. (Fi<;. 4 te,
ov.). Quanto alla posizione l'ociproca dello ddc [)arti, nelle vario
larve ormatrodite clus studiai non rinvenni poKc) nulla di costante,
potendosi ti'ovare sviluppate f^uaine ovariclie e sfere o poiv/ioni
testicolari in ogni pai'te dell'organo; ciò ò in relazione col modo in
cui (pieste parti si producono, come risulta dall'esiimo dei tagli.
Osservando intatti lo sezioni, si vede che ovunque vi è pro-
duzione di uova e di guaine ovai'iclie, immediatamenti^ al disotto,
nella massa dell' organo , vi è una zona germinativa in cui si
producono abbondanti spermatogonie ; per modo che di frequente
si riscontra alla periferia dell'organo una zona germinativa che pro-
duce oogonie verso la superficie e spermatogonie verso 1' interno ;
le prime moltiplicandosi presto sporgeranno come acini per formare
le guaine ovaiiche con follicolo e nutrici, le seconde produrranno
nello stesso modo le camere o capsule testicolari , ripieno di sper-
matogonie, (Fig. 9 U:^ ov^).
Spesso le guaine ovariche si prolungano molto in avanti, per
la formazione, in ciascuna di esse, di una lunga porzione |)evilii|i|io (i' liitf/n jìurcliiisi Mask. 30
incoininciiMio ;iil ;i|»[);uiio i ciomosunii scattili, alliiiiijiiti a iiuii di
rado uvidciiloniciitu divisi in .soiis(^ ioiigittidinalo (/). Questa soiitj,
M.ihiialmciiU', ('• licii liiii;^i daircjssijnj cuinpUd i; ma ò chiaro u iiiuslraiio scinpic ovi-
(ItMiti^ la strozzatura niediana (n).
r cromosomi aiiafasici yn) hanno una forma che fa ritenere
come probabile la divisione trasversalo dei cromosomi profasici, in
opposizione a quanto avviene per hi divisione procedente.
Le due cellule figlie risultanti da <|uesta divisione tornano
allo stato di riposo, ma i nuclei si ricostituiscono sc^nza idie le due
cellule si distacchino subito. L«^ cisti o camere testicolari si rin-
vengono allora ripiene di spermatidii riuniti a paia, n venti 1" ;i-
spetto di cellule binucleale (Fig. 8, 9, 12, 17 spt).
La ulteriore trasformazione dogli spermatidii in spermatozfu
si svolge sempre in questi spermatidii a paia; si nota infatti dap-
prima la formazione, in un cor])0 protoplasmatico piriforme ((? s di
due masse cromaticlie (destinati» a formare la testa dei due spei"-
matozoi), in corrispondenza delle quali, verso la parte assottigliata
del corpo piriforme, si vedono altri due corpi poco colorabili. Se
questi siano da interpretarsi come due condriosomi non potrei
affermare , non avendo potuto compiere sullo scarso materiale le
speciali colorazioni necessarie per mettere in evidenza queste for-
mazioni protoplasmatiche.
(jrli spermatidii restano appaiati (//, r, s) durante tutta la loro
evoluzione in spermatozoi {t\ ; quando hanno completato tale evolu-
zione pos.sono trovarsi anche isolati i.Fig. \1 ii e Fig. i8 spi).
Gli spermatozoi si raccolgono in fasci o spermatofore, come
appaiono nel testicolo dell'adulto; ma non mi fu dato di studiare
il processo di formazione di queste spermatofore, non avendo rin-
venuto, come dissi, larvo maschili più in'ossimo alla forma adulta.
Vili. Osservazioni sulla spermatogenesi
Una ricapitolazione sintetica dei fatti suesposti permette di con-
cludere che la spermatogenesi, nella sua fase maturativa. si compie
attraverso due divisioni, entrambe equazionali , e che , quindi , in
Icerya^ dato che il numero (\oì cromosomi somatici è di (juattro e
che lo spirema, tanto nella prima che nella seconda divisione, si
divide in due cromosomi diacinetici , noi possiamo riscontrare un
caso di en meiosi profasica.
Nella interpretazione di questo fenomeno non dobbiamo per-
der di vista quanto può o.sservarsi nella seconda divisione : la
condensazione, cioè, dello spirema profasico in quattro punti (Fig.
Archivio zoologico Italiano, Voi. VIE. 4
42 Umberto Pierantoni
13 e, t/, e) , i quali fanno .subito pensare ai quattro cromosoni
somatici (numero diploidioo) , che vengono poi a trovarsi a due
a due nei cromosomi diacinetici. Tale considera zione non può
dar adito alla interpretazione del fenomeno come una pseudoridu-
zione, che presupporrebbe la esistenza di uno stadio profasico a quat-
tro cromosomi, che non fu riscontrato; permette però di considerare
i due cromosomi degli spermatidii come bivalenti. Uii tal genere
di riduzione ricorda quanto fu osservato da King (1906) in Bufo
lentiginosiis, e da varii autori nel regno vegetale (de Geerts 1909.
Gates 1908, 1909, Yamanoucht 1909): la formazione cioè, da uno
spirema continuo e non sdoppiato, di cromosomi in serie, nel nu-
mero somatico (diploidioo) e la formazione di un numero aploidico
mediante divisione dello spirema medesimo in pezzi contenenti
ciascuno due cromosomi. Tuttavia allo stato dei fatti io penso
che, data la formazione di due soli cromosomi , possa ritenersi
come più conforme la interpretazione esposta sopra, di una eumeiosi
profasica '), la quale trova riscontro anche nei fatti della ovogenesi,
n cui, come è detto nella precedente memoria (pag. 369) fin dalla
profase della prima divisione maturativa si ha la formazione di due
cromosomi tetradiformi; e ciò è anche in accordo con la teoria della
non continuità dei cromosomi di cui, come misi già in rilievo
anche l'oogenesi parla in favore (op. cit. pag. 374).
Ma a parte queste interpretazioni, sulle quali non è dato di
pronunziarsi definitivamente se non disponendo di un numero as-
sai maggiore di stadii delle divisioni spermatocitarie, dalle figure
di cui sopra si può concludere che nella .spermatogenesi d^Icerya
non si rinviene traccia di un monosoma, quale fu descritto nella
.spermatogenesi di molti altri insetti ; (piesta osservazione merita
di esser messa in rilievo per la grande importanza che la moderna
citologia sessuale ha creduto di dover assegnare a questa formazione
cromatica del nucleo spermatico. Nello stabilire difatti i confronti con
l'oogenesi, l'assenza di un monosoma fa pensare anche alla possibi-
lità di una corrisiioudenza nella mancanza dell'anello o corpo cro-
1) Qualora si volesse dare ai (|uattio condensamenti spirematici il valore
di cromosomi.- ne verrebbe di conseguenza che 1 due cromosomi diacinetici in-
nanzi descritti avrebbero valore di oppie di cromosomi; delle quali, nella prima
cinesi, si avrebbe la divisione dei singoli ciomo.somi di ciascuna coppia per mefà
(longitudinalmente Fig. 16) , mentre nella seconda cinesi si avrebbe invece la
disgiunzione degli elementi di ciascuna coppia (Fig. 17 o): dovrebbe allora con-
cludersi per una postriduzione.
Stiulii sullo dviluppo (V Iin-jiti /mnhfist Mask. 43
matico difforenziale, che fu descritto nella oogenesi di Coleotteri da
varii autori (^Giaiidina, Dkmaisikux, flfiNTiiKRT etc): tuttavia la omo-
logia fra questa forniazioiui ed il m )iiosoma, quantuucjue accennata
e discussa da qualche autore (Buchneh IH09, G-unthert 1910), è
ancor luniji dall'essere dimostrata.
'to'
Riassunto e conclusioni
I principali risultati del preseute studio possono riassum.n-si
nel seguente modo :
Nello sviluppo larvale (Vlcerya puchasi si possono rinvenire,
oltre alle larve maschili e femminili, larve aventi organi sessuali
formati da una parte anteriore che produce oociti, od una poste-
riore che produce spermatociti. Queste forme larvali ermafrodite
non si distinguono alle forme esterne per altri caratteri se non pei-
il numero degli articoli antennali.
Nelle due masse testicolari che occupano quasi intera la lun-
ghezza del corpo, si trovano nello stesso tempo cellule germinali
maschili in tutti gli stadii della loro evoluzione da spermatogonie a
spermatozoi.
Come nell'ovario si distinguono fin dall'inizio di sua forma-
zione cellule follicolari e cellule germinali, cosi nel r.-stieolo gio-
vanissimo si distinguono cellule (involuoranti o cistiehe) destinate
a daj-e le pareti delle cisti spermatiche t; cellule dt^st inatti a dare
le spermatogonie. Tale diiferenza permane nella zona germinativa
del testicolo più matuio, fatta ria un ammasso di cellule dello due
sorta.
Nel testicolo di larve maschili di due a tre centimetri si no-
tano le cisti o camere s])ermatiche. limitate da pareti fatte di cel-
lule involucranti e contenenti spermatociti, .spermatidii e spermii.
Le cisti o camere hanno origine per il fatto che le spermatogonie
coir accrescersi e dividersi si fanno spazio fra le cellule involu-
cranti o cistiche che le circondano.
Nell'organo ermafroditico giovane esiste una zona distale nella
la quale si producono oociti , ed una prossimale n(Ula quale si
producono spermatociti: fra le due zone vi è una zona di cellule
indifferenti, fra le quali non è possibile distinguere per caratteri
morfologici quello che daranno cellule dell'uno, da quelle che da-
ranno cellule dell'altro sesso.
44 Umberto Pieraiitoiii
Ncirorgano oniialVoditico più avanzalo nullo sviluppo, questa
zona indifferente corrisponde ad una porzione peduncolare della
parte distale femminile.
Negli organi ermafroditici è evidente la tendenza a regredire
della parte femminile. Le larve ermafrodite sono destinate , con
ogni probabilità, a divenire dei maschi.
Le divisioni spormatogoniali avvengono per solito in cellule
contenute in ispazii iniziali degli alveoli o camere testicolari in
numero vario, ma sempre assai limitato; gii spermatociti primi e
secondi formano rosette di numero vario ma assai maggiore.
Il numero dei cromosomi spermatogoniali è di quattro, pari a
quello delle cellule somatiche.
Grli spermatociti primi e secondi si dividono formando due soli
cromosomi. Fra le due divisioni maturative vi è una intercinesi.
Le due divisioni maturative sono entrambe equazionali.
Dato il modo di prodursi dei cromosoni diacinetici dallo spi-
rema, la interpretazione del fenomeno maturativo permette di con-
siderarlo come un caso di eumeiosi profasica. Tale interpretazione
è d'accordo con una corrispondente maniera di formazione dei due
cromosomi profasici nella oogenesi.
Nella spermatogenesi à'' Icerya non vi è traccia di un mo-
nosoma.
La maniera di produzione dei due cromosomi profasici fornisce?
anche nella spermatogenesi , come nella oogenesi, dati di fatto
contrarli alla teoria della continuità genetica ed individualità dei
cromosomi.
Istituto Zodlogii'O della il Università di Napoli, Dicembre 1912.
\
Studii sullu svilii|>|i(i iV Tcrryi i'ì(rr/iasi MasK. 45
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Umberto Pierantoni
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Studii sullo tìvUuppu d' Tcerya purchasi M^SK. 47
Spiegazione delle Tavole 1-2
Lotlore comuni allu li<:;urc :
ant, antenna.
ce, cellule dello cisti sipormatiche.
cn, cellule nutrici.
c'iff, cellule spermatogoniali.
ini, iute.stino.
ooy, uogonie.
iwt, ovociti.
Ito-, ovario.
00% porzione ovarica dell'organo ermafroditico.
pe, porzione peduncolare dello stesso.
spc ', spennatocito primo.
spc ^, spermatocito secondo-
spd, spermadutto.
spt, .spermatidio.
spz, .spermatozoi.
te, testicolo.
te', porzione testicolare dell'organo erm.itroditico.
V8, vescicola seminale.
zg, zona germinativa.
Tavola 1.
Larva t'eramiuile ili 2 nini, '/o J' Iccrya purchasi, vista dal ventre. X?!
Parte anteriore di una larva maschile, idem.X24:.
Parte anteriore di una larva ermafrodita, idem.X'^'l.
Sezione sagittale della parte posteriore di una larva ermafrodita :
ricostruzione da tagli della porzione destra e mediana dell'organo
sessuale.x2(X).
» 5. — Organo sessuale di una larva maschile della lungiiezia di 2-'i^ nini.
X50.
» 6. — Porzione della massa cellulare di un testicolo giovanissitno da tagli
di larve di mm. i di lunghezza. X'2000.
» 7. — Cellule del testicolo: da una larva maschile di "J mni. eoa una sper-
mogonia in via di iniziare la formazione di una camera testicolare
nella zona germinativa. ■<2000.
» 8. — Porzione germinativa di un testicolo, con camere e cisti spermatiche
già formate: nelle camere sono contenute spermatogonie. spermato-
citi primi e spermatidi.Xi4U0.
» 9. — Porzione germinativa di un organo sessuale di una larva ermafro-
dita assai giovane, in cui si vedono: in altj la parte destinata a
dare la porzione ovarica con oogonie in evoluzione ; in basso ca-
mere o ci.sti te.sticolari. con spermatociti secondi e spermatidii ; e
^ig.
i
»
2.
»
a.
»
4.
48 Umberto Pierantoni
Ira l'ima e l'altra, cellule, inditlercnti, di cui alcune daranno oociti,
altro isperniatuciti.X 1-100.
Fig. 10. — .Sezione di un organu erinatioditico bene sviluppato, iu alto gruppi di
gonadi leniniinili sorretti dalla porzione peduncolare; in basso ca-
mere testicolari contenenti cellule maschili in vario stato di evolu-
zione. X66.
Tavola 2.
Fig. 11, — Sezione di due camere o ci.sti testicolari contenenti spermatociti se-
condi in cinesi.xlSOO.
» 12. — Sezione di camera o ci.sti testicolare conteiieute spermatidii.XlSOO.
» lo-14 — Camere o cisti testicolari con coppie di spermatidii evolventisi iu
spermatozoi. X 1400.
» 15. — Figure della cinesi di una spermatogonia.x2000.
» 16. — Figure della cinesi di uno spermatocito primo.xSQtX).
» 17a-o. — Figure della cinesi di uno spermatocito secondo, x 2000.
» 17p-u. — Evoluzione di una coppia di spermatidii in una coppia di sper-
matozoi.X2000.
Studii sullo sviluppo d' Iccryu purchasi Mask.
49
Indice
lllt|0(luzii)lif ......
1. Matoriiili f melodi ....
II. Diinoifisiiiu larvali- ....
ili. Te.sfcicoli ed organi urmal'n)ditici .
1\'. Striittura delle masse testicolari
V. Struttura degli organi ermaln^diti<-,i
VI. Considerazioni suirermalVoditismo larvale A'Icirya
\\\. Divisioni sperniatogoniali e maturative.
Vili. Osservazioni sulla spcrmatogenesi.
IX. Riassunto e conclusioni ....
Bibliografia
Spiegazione delle tavole ....
}>a• 2H
.• 29
• 30
- 31
. 36
. 37
» 3b
» 42
43
. 45
. 47
Ricevuto il m Ocnnain l'-U.'?. Finita di <(aiiiparr' il IO Dicpint'iP I91.S.
Nota sui Chetoonati
raccolti dalla R N. Washing^ton
nel Mediterraneo.
.lei
Dott. Vincenzo Baldasseroni
Il dottor Rudolf voii Rittek Zahony ^; noi suo lavoro sui Che-
tognati raccolti dal < Po la » nel Meditorranco orientale taceva no-
tare come: < Wahrend die Chàtognathenfauna der nòrdlichen eu-
ropaisclieu ulcere durcli zahlreiche Expeditionen hereits cine ein-
gehende Untersuchuug ert'uhr, ist man hinsichtlicli des Mittelmeeres
nur auf spàrliclie Nachricliten , die sicli auf deu westliclien Toil
bezielien, augewieseu » e dopo aver ricordato le ricerche del < Maia»
e del « Puritan » compiute sotto la direzione del Lo Bianco nel-
le adiacenze di Capri, che contribuirono con nuovi dati alla cono-
scenza dei Chetognati, soggiunge ; * Von andereu Tiefsee Expe-
dition in Mittelmeere (« Porcupine », « Travailleur », « Wa-
shington >, < Princesse Alice») ist nodi niclits tiber (Jhàtogna-
then verotfentlicht worden. » Principalmente per colmare questa
lacuna, per quel che riguarda la spedizione del < Washington »,
mentre il Joubix ed il Gekmain '^) ci hau dato assai recentemente
una prima notizia della ricchezza delle raccolte della « Princesse
Alice », hu voluto pubblicare i risultati dell'esame dei pochi Che-
tognati rinvenuti nel riordinamento, che delle collezioni della R.
N.« Washington» ha fatta eseguire il prof. Rosa quando ne volle
ripreso lo studio.
Purtroppo sono pochi esemplari, probabilmente solo una pic-
cola parte di quelli raccolti, ormai in cattivo stato , catturati forse
tutti nelle reti di tulle, che il prof. GioLiOLr durante ogni stazione
e spesso di notte, calava in mare poco al di sotto della superficie.
^) Ritter-Zahony, R. V. — Chàtognatlieu.— Zoolog. Ergebnisse i\. Exi»eil. 8.
M. S. Pula ili das òstliche Mitteliner l^yO-lblii: Dcnkschr. Aka>l. Wi^s. ìVien.
84. Bd. p. I, Taf., VJ09 {Estratto L90S).
2) JoDBiN, L. -Germain, L. — Note sur quelqiiws Chétognatlie-s nouveaux
des croisières de S. A. S. le Prince de Monacn: Bull. InnUt (%r'ir. .Vninco, \.
228, 1912.
Art. 3.
62 Vincenzo Baldasseroni
Come si può rilevare dal seguente elenco, ove sono indicate per ogni
staziono le specie raccolte, i Chetognati, che io ho avuto in esame,
provengono tutti dalla prima campagna talassogratìca ci A
iiicomplt'to manca (loU'uIt.ima porzione del segmenti) (;o(lale, lia 7
uncini, .i denti anteriori e 5 denti posteriori, per gli altri quattro
valgnn»! i seguenti valori :
Lunghezza inni.
i)5
M
:{?
;i.s
Segmento codult- "
u -JU
i:i
L'O
is
Uncini
t;
7
7
7
Denti anteriori
;•{
\
i»
;5
Denti posteriori
-l
f)
f)
\
Pi'ohaMlmente anche i tUie esemplari, tro[)po mal ridotti per
una sicura determinazione . pest^ati nella Staz. XV appartengono
a questa specie.
Sagiffa enfiata Ukassi.
l'.Ul. Scif/ittn oi/tufa Grassi (Ritter-Zahoxy v. (^haetognatlii. — Tierreich.
Lief. 2'J, p. IG).
Questa bella specie fu flescrifcta nel Marzo 1881 su materiale
raccolto a Messina dal Grassi ^) il quale nella sua monografìa dei
Chetognati -) pubblicata nel 1883 nota che questa specie si trova
torse anche nel golfo tli Napoli : e proprio all'entrata del golfo di
Napoli furono raccolti nell'Agosto 1881, pochi mesi dopo della
prima descrizione, i due esemplari di Sagilta enfiata che io \\o
avuto sott'occhio: il più grande di ossi, nel quale sono visibili gli
ovari abbastanza sviluppati e le vescicole seminali , è lungo mm.
VI con 9 uncini , 13 denti anteriori ed 8 denti posteriori, il più
piccolo è lungo 9 mm. ha ])ure 9 uncini eli denti antjr'riori e 6
denti posteriori.
1) Grassi, B.— Intorno ai Chetognati : Remi. Tsf. Loìuliordo (2) Voi. M, Fase.
4, p. 199, 1881.
-) Grassi, B. — I Chetognati: Fauna - Flora Golfes Xeapel, 5 Monogra-
phie, 1883.
54 Vincenzo Baldass»x>ni
Sagitta bipunciaia Q^ G.
lini. SagUfa bipunctaia Q. G. (Ritteb Zahoxt v. Chaetognathi.— Tierreich,
Lief. 29. p. \9).
Gli esemplari appartenenti a questa specie sono quattro e sono
quelli paggio conservati di tutta la pic.
sparsi sul corpo dell'animale, il quale cambiando ad ogni istante
di (^olore appariva ora giallo, ora azzurro, ora opalino. E. molto
più tardi ^18%), Joubin paragonava tali organi luminosi « à une
lanterne de bicyclette avec son foyer lumineux. son rétleoteur ar-
genté et sa lentille convergente >.
Coloro che ebbero per i primi tra le mani un octopodo od un
deeapodo provvisto di tali organi parlarono semplicemente di cor-
picciuoli , macchie o tubercoli madreperlacei; solo dopo averli
riscontrati in molti esemplari fu determinata la loro complicata
struttura. Essi variano di numero e mentre alcuni Cefalopodi ne pre-
sentano centinaia, come ad esempio VAlralia oireni (Verany) Hoyle.
la ([uale ne ha a centinaia dal lato ventrale, sotto l'aspetto di pal-
line azzurre; in altri ve ne "sono ])ochissinii e di dimensioni abba-
stanza notevoli.
In quanto alla p(Jsizione si può dire che, con preferenza t;i
trovano attorno agli occhi, molto spesso dal latcì ventrale, sia ester-
namente che internamente; di rado dal lato dorsale.
Art. 4.
56 Anna Viviinii
HoYhK e .FoiJBiN, clu! studiai'otu) ininutiiinonlu ^li organi fo-
tofili i, poterono osservare clie la loro struttura non solo b diversa
(la specie a specie, ma che nel meflesimo individuo tali organi dif-
feriscono tra di loro; ed ambedue poterono constatare che non si
tratta di semplici ghiandole che. emettono del muco luminoso, ma
che sono organi molto sviluppati e perfezionati. Ciò fu pienamente
confermato dagli studi, fatti di recente dal Chun, sulla ricca col-
lezione di Cefalopodi riportati dal viaggio della « Valdivia ».
Tn seguito alle osservazioni microscopiche, fn constatato che
gli organi fotogeni, siano essi più o meno complicati, constano ge-
neralmente di una sorgente luminosa, di una o più lenti, del ri-
flettore, e di uno strato di pigmento che li riveste esternamente.
Sulla loro funzione nulla si sa di sicuro, ed ancora oggi se ne
parla con incertezza. La maggior jmrte degli autori è però con-
corde nell'ammettere che servano per attirare i piccoli animali che
possono venire utilizzati come mezzo di nutrimento.
Delle ricerche anatomiche dimostrarono che spesso" alcuni organi
luminosi sono nascosti dal mantello: si potrebbe domandare a
che cosa servano in tal caso, ma anche questo problema è oramai
risolto. Il Chun infatti con apparecchi speciali ha fotografato al-
cuni Cefalopodi viventi, ed ha potuto così accertarsi che molti
Orgojìsida, che in vita sono completamente trasparenti, dopo la
morte non lo sono più.
Credo opportuno dare un cenno delle ricerche fatte dai vari
zoologi sugli organi fotogeni dei Cefalopodi a partire dal 1894,
epoca sino alla quale si estende la monografia di G. Jatta,
HoYLE (1894) trova alcuni organi fotogeni nell' Hidìoteuthis
ruppeli e neW Enoploteuthis. Secondo lui sarebbero formati da
un pigmento ricoperto da uno strato di cellule cubiche, da una
lente che si presenta come una massa gialla priva di struttura
cosparsa di nuclei, da uno zaffo (Pfro pf) costituito da cellule di-
sposte concentricamente all'asse longitudinale, da una massa chiara
trasparente tra lo zaffo (Pfropf) e lo strato di cellule cubiche con-
tenente dei bastoncini (Stabchen) cosparsi di nuclei. Joubin (1895)
riscontra organi fotogeni neWHistiopsis atlantica e neW Alralia oweni
(Vkrany) Hoyle; nel primo sotto forma di macchie bianche, rotonde,
della dimensione di 1 ^/o mm. sparse sulla pelle, nella seconda a cen-
tinaia sul lato ventrale. La struttura degli organi dell' Histiopsi
atlantica differisce da qu(41a degli organi fotogeni deW Alralia
Contributo alla conoscenza dei Cefalopodi abissali del Mediterraneo 57
riguardo ai quali Joubin non è sicuro se si tratti di organi che
sviluppino luco o calore.
Ncillo stesso anno 1895 Joubin (1896) trova a Villafranca sul
mare un piccolo Cetalopodo che per le rassomiglianze cln? presenta
GOÌVAbrnlia egli chiama Abraliopsis. Esso ha la parte ventrale co-
perta di piccoli organi p(3rlacei, disposti in linee longitudinali se-
parate tla spazi vuoti; altri seguono il bordo sinuoso dell'apertura
del mantello ed altri si trovano sul terzo paio di braccia.
Qualche tempo dopo Joubin (1897) studia uno strano Oego-
ysida , il quale ha un aspetto veramente meraviglioso dovuto ad
un grandissimo numero (circa 100) di organi fotogeni che ador-
nano il suo corpo; nel 1901 il Principe di Monaco gli affida i Ce-
falopodi raccolti nelle campagne della «Princesse A.lice»
(1891-7j. Egli potè allora riscontrare che erano state pescate molte
forme importanti, tra le quali degna d'interesse speciale era VAìi-
cistrocìieirus lesueuri, il quale aveva dal lato ventrale sette tuber-
coli, Joubin crede che siano organi fotogeni, per quanto, date le
cattive coudizioni del materiale, le sezioni ottenute non gli ab-
biano permesso di studiarne la struttura.
HoYLE (1902) descrive gli organi fotogeni della Pterigioteu-
this margaritifera. La loro costituzione è molto complicata e le di-
verse parti hanno funzioni diflerenti. In generale la luce proviene
dalla massa centrale, un calice interno funziona da riflettore, un
cono interno ed una < K a p p e » anteriore convesso-coucava da
lenti.
Chun (1903) distingue gli organi fotogeni di alcuni (.^efalo-
podi abissali secondo la loro posizione in « Augenorgane, Tenta-
kelorgane, Bauchorgane » ecc. Differiscono l'uno dall'altro per
le varie parti che li compongono, e la luce che viene emanata muta
d'intensità e di colore. Secondo Chun tali organi non giovano solo
come mezzo di attrazione , ma anche « zum Auffinden der Ge-
schlechter ».
Nel 1905 tanto Joubin che Hoyle hanno occasione di avere
qualche Oegopsida provvisto di organi fotogeni. Alcuni furono tro-
vati tra le Azzorre e le Canaiie, altri vicino all'isola di Paterno-
ster (mar di Flores, nord di Sumatra), altri nelle vicinanze delle
Maldive e Laccadive.
Meyer (1906) descrive alcune glandolo speciali di Sepiolini
che producono un secreto verde luminoso.
Archivio zoologico Italiano, Voi. VII.
58 Anna Vivant i
TssEL (1908) osserva in nuo stadio giovanile di Fyroteidhis tre
tubercoli con splendore madreperlaceo, circondati da un pigmento
nero, ohe egli ritiene siano, senza dubbio, organi fotogeni simili
a (juelli riscontrati in Pijroteuthis adulte^
Citerò da ultimo la splendida i-accolta di Oet'alupodi abissali
riportati dulia spedizione della « V a 1 d i v i a » (Chun 1910). La
maggior parte di essi sono provvisti di organi fotogeni la cui strut-
tura e posizione olire uno dei caratteri più interessanti per la
classificazione.
Il, La « Gh'drybditeuthis maeiihta »
1. Descrizione della specie
In una mia nota preliminare (1912) ho descritto brevemente
un nuovo Cefalopodo, che ho chiamato Caryhditeuthis maculata.
Mi propongo in questo lavoro di precisare e completare la
descrizione di questo interessante Mollusco.
La Charyhditeuthis maculata viene trovata « spiaggiata » sulla
costa del Faro ovvero galleggiante alla superficie delle acque dello
stretto di Messina. Fu raccolta in più esemplari sino dal novembre
1907 dall'esperto raccoglitore e pescatore Giuseppe Arena, che lo
consegnò al prof. Mazza relli , allora direttore dell' Istituto Zoo-
logico di Messina. Da quell'epoca tutti gli anni il prof. Mazzarklli
ne ebbe qualche esemplare.
Si tratta senza dubbio di una forma abissale ad organi foto-
geni, che per le particolari condizioni talassologiche dello stretto
di Messina , poste in luce dal Mazzarelli in questi ultimi anni
(1909), viene dalle profondità dello stretto stesso o dei mari limi-
trofi trasportata alla superficie , e dallo scirocco rigettata sulla
spiaggia del Faro.
Fu trovata in pochi esem|)lari sempre nei mesi di autunno ed
al principio dell' inverno , epoca nella quale spirano i venti vio-
lentissimi di sud e sud-est, che combinandosi coll'onda-marea del-
l'Ionio rendono più intensa la corrente dello stretto (Mazzarel-
li 1909).
Il Cefalopodo in parola è un Decaj^odo, appartenente agli Oego-
2)9Ìda, che a prima vista sia pei caratteri esterni che per la forma
generale va compreso nella famiglia degli Enoplotenthidae e nella
sottofamiglia degli Enoploteuthinae^ secondo la recentissima classi-
Contributo alla conosoeii/.:i «lei (^etalopodi abissali del Mediterraneo 60
ficazionc del CiiuN (1910). Poi- la disposizi.Hi.i pm-iociilaro dogli or-
•rani luminosi, o pur tutti gli altri suoi caratteri, osso si avvicina
molto ai }roìHìi''i-Enoido(euthis ROi'L'KL (1845) o Pt/roteulhi.s Hoylk
(1904); tuttavia un usarne accurato ci mostra subito cho tra esso ed i
V
f% filli
\\
--wy>-\ —
Fiff. l. — Gharubditeuthis maculata (iniiiamiita di '/i circa): a sinistra vista dal dorso; a
destra visto di lato.
menzionati generi esistono delle differenze abbastanza rilevanti.
Infatti nel genere Pyrotcnthis le esti-emità del l". 2° e 3» paio
di braccia presentano ventose e le braccia tentacolari sono sprov-
viste di organi luminosi.
Nella forma da me studiata invece le estremità del l», 2» e
3» paio di braccia sono nude, e le braccia tentacolari sono prov-
viste di quattro piccoli organi luminosi dal iato esterno.
I caratteri differenziali col genere Enoplotenthis sono in mag-
<.ior numero. Infatti il genere Enojdoteuthis presenta: le braccia
60 Anua Vivanti
sessili con due serie di uncini, e con ventose solo nell'estremità;
la parte prossimale delle braccia tentacolari con uncini disposti in
due serie ; gli organi luminosi nel lato ventrale, nel capo e nelle
braccia disposti in serie longitudinale e 10 organi perioculari in
una sola serie, dei quali i due esterni più grandi degli altri.
La forma da me studiata presenta invece : le braccia sessili
con ventose anche alla base; la parte prossimale delle braccia ten-
tacolari con molte serie di 4 ventose ciascuna ed una serie di 4 o
5 uncini, secondo che si tratti di c^ odi 9 j gli organi fotogeni sul lato
ventrale, nelle braccia, e 12 (non 10) attorno agli occhi non di-
sposti in serie longitudinale. Mancano nel capo.
Da tutte queste differenze tra i due generi già conosciuti e
il Decapodo di cui mi occupo ho dedotto che questo Oegopsida non
è né una Pyroteathis né una Enoploteuthis, e ne ho fatto perciò
un nuovo genere , il gen. Charybditeuthis^ con una nuova specie
la Ch. maculata.
I caratteri fondamentali del genere vengono pertanto così sta-
biliti: braccia tentacolari provvedute di organi
fotogeni, e con la loro parte prossimale forni-
ta di molte serie di 4 ventose ciascuna e di
una serie di 4uncini (nel c;^') o di 5 (nella 9)j
braccia se s sili con ventose anche alla base del
l.o, 2.° e 3.*^ p a i o, e s t r e m i t à n u d e; g 1 i o r g a n i foto-
geni dal lato ventrale, nelle braccia, e 12 atto r-
no agli occhi non disposti in serie longitudi-
nale; essi mancano nel capo.
Passo ora a descrivere la specie.
Il corpo con le braccia sessili distese è lungo in media da 7
ad 8 cm.
II capo {Figura 1 nel testo e Fig. 1) è grosso , globoso, al-
largato. Gli occhi sono grandi, alquanto sporgenti, con apertura
ovale-trasversale, in immediato contatto coli' acqua senza accenno
alcuno a palpebre. Sotto ciascun occhio si osserva un organo
olfattivo che ha l'aspetto di una piccola protuberanza bianca
e trasparente. I due organi olfattivi della Charyhditeuthis , come
avviene in tutti gli Oegopsida., non si trovano rinchiusi in tasche
speciali, ma sono, come dice il Chun (1910), « naoh dem papillen-
fòrmigen Typusgebaut ». Egli aggiunge che generalmente hanno
la forma di « rundlichen Hockern, oder von kurz resp. lànger ge-
stielten Knòtchen *.
Contributo alla conotscenza dei Cetalopodi abibtiali del Mediterraneo 61
JouBiN (190.1) li aveva riscontrati in alcuni Cofalopodi riportati
(la 8. A. 8. il Priiu;ipc di Monaco dall.i spcdizicjin! di;! yacht
€ Princesse Alice ».
Il mantello (Fig. 1) ha dei ritiossi azzurro-argentei, ed è
chiazzato di macchie brune e rosso-violacee, che sono più pallide sul
hito ventralo. Lasciando l'animale per un certo tempo in alcool od
in tormalina, perde (^uasi completamente la sua iridescenza e non
mostra più che tinte chiare e sbiadite. Il mantello è conico, dor-
salmente .si protrae a punta sul capo, ventralmente presenta due
punte sporgenti in corrispondenza degli organi olfattivi.
Le natatoie, trasparenti e d'una tinta gialla chiarissima,
sono arrotondate, col margine leggermente ondulato, ed occupano
circa la metà inferiore del mantello.
Il gladio (Fig. 2) ha la forma di una foglia, è lungo come
il mantello; la rachide presenta 3 coste, 1 mediana e '2 marginali,
dalle quali partono duo sottili espansioni laterali. E' trasparente e
giallastro.
L'imbuto (Fig. 3) sporge alquanto dal mantello, l'organo
dell'imbu to (oi) presenta la superficie rugosa ed è costituito
da 3 pezzi, 1 dorsale e 2 ventrali; quello dorsale, a forma di V
capovolto, risulta dall'adesione nella parte anteriore dei pezzi dor-
sali; quelli ventrali sono irregolari, stretti .superiormente , un po'
allargati nella parte inferiore.
La linguetta (l) è ben sviluppata, trapezoidale, colla base
più stretta sul margine libero.
L' apparato brachiale è robusto, e le braccia non pre-
sentano gran differenza di lunghezza tra di loro.
Le braccia sessili sono cilindriche allungate, terminate
a punta; le braccia del 1.° paio sono le più gracili e le più corte,
ifuelle del 3.» le più robuste, quelle del 4.° le più lunghe.
Jatta (1896) riscontrò neW Etioploteuthis margaritifera Rùpp.
delle natatoie solo nel 3.o e 4.» paio. Io invece, come il Chun (1910)
nella Pyroteuthis Hoyle, le osservai anche nel 1.^ e nel 2.» paio.
Nella Chanjhdtteiithis le natatoie del 4.o paio percorrono tutta la
lunghezza del braccio , mentre quelle del 3.» percorrono solo la
metà superiore; quelle del 1." e del 2.° paio si trovano nell'estre-
mità apicale , sono molto piccole e sottili , tanto che possono
sfuggire all'osservatore. Tutte le braccia , ad eccezione delle ven-
trali, hanno cuopritrici provviste di piccoli cirri, visibili anche ad
occhio nudo, ai quali non accennano né Jatta, uè Chun. Tutte le
62 Anna VivHiiti
braccia sossili presentano rcstromità nuda; Uì braccia dol 1,", '2."
e 3.0 paio sono armato di uncini e ventoso; quelle del 4.° solo di
uncini. Ì!Ìe\V Enoploteuthis, invece, secondo la descrizione di Jatta
(1896), « le braccia sessili sono armate di uncini disposti in due
serie ». D'altra parte Verany(185ì) studiando la stossa specie aveva
trovato che « tous ces bras (sessiles) sont armés d'uno doublé rangée
de tubercules cliarnus, onveloppant une griffe ».
Essi non parlano di ventose, mentre Chun riscontra nella Pij-
roteuthis sia uncini che ventose.
Dalle osservazioni minute fatto sull'apparato brachiale di un
individuo maschile di Charyhditeuthis ho notato ciò che seguo :
1.° paio: dalla base all'estremità 6 ventose, 23 uncini, 13
ventose, estremità nuda. Le ventose della base (Fig. 17) sono inse-
rito fra le ripiegature della membrana boccale; avvolte in tubercoli
carnosi, caliciformi; sono formate dall'area papillare (Fig. 18) e da
due anelli (Fig. 19), di grandezza differente, tenuti insieme da una
guaina provvista di piccoli scudetti chitinosi ; l'anello più piccolo
si presenta più o meno arrotondato, senza denti, l'altro è arroton-
dato , coi margini ondulati; l'area papillare è ovale e consta di
parecchie serie di placchette chitinose rettangolari, il bordo esterno,
di un anello con striature radiali. Gli uncini sono inguainati, disposti
alternativamente in due file, e sempre più piccoli a misura che si
dirigono verso 1' estremità. Le ventose dell'estremità (Fig. 20, 21)
sono inguainate, sessili, tronco-coniche.
2.0 paio: 5 ventose sulla membrana boccale, coi caratteri delle
precedenti basali, "1 uncini inguainati, disposti in serio alternata.
Estremità nuda.
3.0 paio : 4 ventose coi caratteri delle precedenti basali , 18
uncini inguainati disposti in due serie. Estremità nuda.
4.0 paio.: il destro è ectocotilizzato; il sinistro presenta 28 un-
cini inguainati, dei quali 16 sono disposti parallelamente e 12 al-
ternatamente.
Chun conta sul braccio ventrale sinistro della Pyroteuthis 20
paia di uncini.
L'ectocotile (Fig. 23) è un po' ingrossato e prosenta la
seguente modificazione: sul lato ventrale del braccio si osserva nel
contro un ingrossamento a forma di cercine carnoso; prima di questo
vi sono 15 uncini avvolti in tubercoli carnosi in 2 serie, una di 7 e
una di 8; a questi fanno seguito altri 21 uncini, dei quali 1 al di
sotto del cercine, 6 nascosti da questo, e 14 più piccoli al di sopra,
I
Cuiitrilnilo alla cniiosceiizii ckM l'nliilu|»>(li abi-.>ali di-l .Muililm iiiiii;.» *>'■>
elio giungono sino ull'ostromità apicalo, disposti talvolta in 2 serie
alternate, tal altra in una solaserie, eoniesipuò veder»; dalla Fig. 23.
A Jatta recLocotilizzazione dell'^^«OjjZo/e«.
Si può vedere da ciò che, già prima del Chun, Joubin e Hoyle
avevano osservato questi nuclei così irregolari di forma, che cor-
rispondono certamente ai corpi semilunari trovati da me negli or-
gani fotogeni dell'imbuto della Charyhditeuthis maculata.
La seconda parte della sorgente luminosa (si) non si avvicina
per nulla a quella descritta dal Chun.
ì^eìV Ahraliopsis Morisii infatti è formata da zolle bianche, ri-
frangenti, arrotondate; come mostra invece la figura, nella Charyh-
diteuthis è data da cellule poliedriche, provviste di grossi nuclei,
le quali osservate a forte ingrandimento mostrano nettamente i
loro contorni.
Il riflettore {rfl) consta di cellule squamose, granulose,
irregolari, iridescenti. Esse differiscono da quelle degli organi fo-
togeni degli occhi pei loro margini maggiormente frastagliati. In
sezione prendono l'aspetto allungato, fusiforme.
L'organo fotogeno dell' imbuto è circondato alla sua periferia
da uno strato di pigmento bruno.
Organi fotogeni branchiali
Sono situati alla base delle branchie, piccoli, tondeggianti; mi-
surano 786.26 [JL. Ho fatto molte sezioni di questi organi, ma in
tutte manca la lente, che veniva lacerata dal coltello del micro-
tomo. Mi è riuscito cosi impossibile vedere come è formata , ma
certamente consta di fibre connetti vali a splendore setaceo. La
sorgente luminosa presenta sempre la medesima struttura,
è posta in centro ed è circondata dalle cellule squamose, concen-
triche costituenti il riflettore. Attorno v'è il solito strato di
pigmento bruno.
Organi fotogeni ventrali
Sono sei; tre disposti in senso orizzontale , dei (^uali quello
centrale ovale, allungato misura da un lato 786.25 [x , dall' altro
462.60 {x; quelli laterali misurano 1:62.60 ji. Tre disposti lungo la
linea mediana del mantello decrescono gradatamente dall' alto al
basso, il primo misura 665.00 {j.,il secondo 462.60 {x, il terzo 370.00 |j..
72 Anna Vivanti
Si presentano tutti colla superficie bianca; inferiormente sono tutti
rivestiti da un pigmento scuro. La superficie bianca rappresenta
la lente, basata sempre sul medesimo principio; è data cioè da
tessuto connettivo, in cui le fibre, come vedremo nella descrizione
dei singoli organi, decorrono in vario modo. La sorgente lu-
minosa è, per tutti gli organi fotogeni ventrali, ovale, cosparsa
di o-rossi nuclei con nucleolo molto visibile. Il riflettore è
t» ...
dato da cellule squamose, disposte concentricamente, granulose, coi
margini irregolari, di tinte pallide, generalmente giallo-verdastre.
Degli organi fotogeni orizzontali, quello centrale mostra in
quasi tutte le sezioni la lente lacerata ; quando esiste, le fibre hanno
un andamento irregolare, e difficilmente si può comprendere quale
sia la loro vera direzione.
Negli organi fotogeni posti lateralmente a quello centrale, le
fibrille della lente hanno splendore setaceo e dal margine anteriore
della sorgente luminosa si dirigono parallelamente in fasci longi-
tudinali verso la periferia.
I loro nuclei sono molto allungati e numerosi.
II primo dei tre organi fotogeni posti lungo la linea mediana
del mantello presenta la superfìcie bianca divisa da un leggero
solco longitudinale in due metà.
La Fig. 33 ci presenta una sezione trasversale di tale organo.
La sorgente luminosa (si) è nel centro, di forma allungata,
data da cellule delle quali non si distinguono i contorni, provviste
di nuclei. Il riflettore (r/Z) consta di grosse cellule squamose,
che in sezione si presentano fusiformi, disposte in serie concentriche,
addossate le une alle altre.
La lente {l) è formata da un sistema di sottilissime fibre
connettivali, che hanno un andamento del tutto differente da quello
che presentano le fibre delle lenti degli organi fotogeni sinora stu-
diati. Noi vediamo infatti che una piccola parte di fibrille (Ip) pren-
dono nell'insieme un aspetto piriforme e mostrano la parte appun-
tita rivolta verso la sorgente laminosa; le rimanenti fibrille [l)
costituiscono la maggior parte della lente, hanno un andamento
ricurvo, colla parte convessa rivolta verso la periferia.
I loro nuclei sono allungati ed hanno la medesima direzione
delle fibrille. Attorno all'organo notiamo il solito strato di p i g-
m e n t o bruno.
L'organo fotogeno successivo differisce dal precedente per la
struttura della lente (Fig. 34), le cui fibre sono raggruppate in
Contributo alla conotìcenza dei Cet'alopodi abitìsali del Mediterraneo 7S
dim t'asci aventi un decorso divergente; l'uno cioè si dirige verso
destra, l'altro verso sinistra.
L'ultimo orf^^ano fotogeno (Fig. '27) addominale è posto al-
l'estremità del gladio; è il più piccolo di tutti e misura 370.00 ^
La sua struttura interna è radiale. La sorgente luminosa
(.>•/) è rotonda, cosparsa di grossi nuclei ovali od arrotondati. Da
uu lato viene circondata dal riflettore, fatto di cellule squa-
mose. ]iiccole, a contorno irregolare che presentano la solita di-
sposizione concentrica. Dall'altro sporgo la lente (Z), la quale è
costituita da fibrille che dalla sorgente irradiano verso la periferia.
Il loro splendore setaceo dà all'organo fotogeno dei riflessi ar-
gentei. Uno strato di pigmento bruno circonda tutto l'organo.
Come si vede, gli organi fotogeni della Charyhditeidhis macu-
lata variano per grandezza e forma, sono basati sopra diversi prin-
cipi, ed è difficile poter dire quale sia la loro funziona biologica.
Per la struttura si avvicinano a quelli della Pterigioteuthis Oiardi
H. Fischer descritta dal Chun (1910).
Gli organi addominali sono nascosti dal mantello, e non si
vedono che aprendo l'animale, ma senza dubbio, quando la Cha-
ri/ibitenthis è viva, è trasparente. Ciò viene confermato dal fatto
che un esemplare, trovato sulla spiaggia di Ganzirri nel gennaio
del 1913, mostra ancora attraverso al mantello i due ultimi or-
gani fotogeni. Rimanendo per lungo tempo l'animale in formalina
scompariranno completamente queste ultime tracce della traspa-
renza del corpo della Charyhditeidhis maculata.
Debbo ora aggiungere qualche particolare riguardo ad un
piccolo animale che si trova solitamente nascosto sotto il mantello
della Charyhditeuthis maculata^ e la cui presenza è assai interes-
sante.
Si tratta infatti di una piccola Spugna acalcarea, che suol trovarsi
situata dal lato dorsale, fortemente aderente alla superficie esterna
della membrana del sacco viscerale, cosi come osservasi nella Fig. 8.
Questa membrana [me) presenta attorno alla Spugna nume-
roso ripiegature e mostrasi in tal regione assai più spessa che al-
trove. Nel centro è adagiata la Spugna [Sp), che si scopre solo
allorché si togli. > il gladio. Come si ved-e dalla figura, essa è situata
74 Anna Vivanti
sotto il muscolo collare che in parte ricopre la membrana che la
circonda. Ciò però che è molto strano è che la Spugna non si
trova mai negli individui maschili, ma costantemente, e sempre nella
medesima posizione, nelle femmine.
In quali rapporti questa Spugna — che mi riservo di studiare
in seguito in modo particolare — viva col Cefalopodo al quale ade-
risce, non è possibile dire per ora. Pel momento mi limito quindi
soltanto a segnalare la singolarità del fatto, che non trovo nella
letteratura in alcun modo menzionato.
Pavia, Istituto Zoologico della R. Università, aprile 1912.
Contributo alla conoscenza dei Cefalopodi abissali del Mediterraneo 75
Bibliografia
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Verh. 5 Internai. Z. Gongress, p. 774. [Discussion von G\x\xn ihid.).
1903. Joubin, L. — 1. Observations sur divers Céphalopodes -7. note. He-
teroleuthis Weberi u. sp. : Bull. Soc. Ouest, Rennes, Tome 11,
p. 401, 1 fig.
76 Anna Vivanti
1903. Joubin, L. — 2. Sur quelques Céphalopodes recueillis pendant les
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C. B. Acad. Se. Paris, Tome 136, p. 100.
1903. — — 3- Céphalopodes: R. Voyage Belgica. Z. 4 pp.
1903. Chun, C. — 1. Ueber Leuch tergane und Augen von Tiefsee-Cepha-
lopoden: Verh. D. Z. Ges. 13 Vers. p. 67, 14 fig.
1903. — — 2- Aus den Tiefen des Weltmeeres: Jena, Fischer.
1903-04. Lo Bianco, S. — Le pe.sche abissali eseguite da F. A. Krupp col
Yacht « Puritan » nelle adiacenze di Capri ed in altre località del
Mediterraneo Miti. Z. Stai. Neapel, 16 Bd. p. 109. Taf. 7-9.
1905. H o y 1 e, W. E. — The Cephalopoda: Fauna Geogr. Maldive Laccadive
Archipel. Voi. 2, Suppl. 1, p. 975, F 144-153, Plt. 95.
1905. Joubin, L. — \. 1. Note sur les organes lumineux de deux Cé-
phalopodes: Bull. Sor,. Z. France, Tome 30, p. 64, 2 fig.
1905. — — 2- Note sur les organes photogènes de l'oeil de Leachia cy-
clura: Bull. Mus. Océanogr. Monaco, No 33, 13 p. 7 figg.
1906. H o y 1 e, W. E. — On specimens of Tracheloteuthis -and Oirroteuthis
from deep water off the west coast of Ireland : Bep. Fish. Ire-
land for 1902-1903, p. 93, Plt. 14.
1906. Fischer, H — J o u b i n , L. — Notes sur les Céphalopodes captu-
rés au cours des expèditions du « Travailleur » et du « Talisman »:
Bull. Mus. Hist. Nat. Paris, 1906, p. 202.
1906. Meyer, Werner Th. — Ueber das Leuchtorgan der Sepiolini
Z. Anz. 30 Bd. p. 388, 3 fig.
1907. Richard, J. — L'Océanographie: Paris, Vuibert et Nony.
1907. H o y 1 e, W, E. — 1. On the Cephalopoda (of the SoudaneseRed Sea):
Journ. Linn. Soc. London, Z. Voi. 31, p. 35, 7 figg.
1907. — — 2 Mo\\usc&-lGeY>^a.ìoTpod3i: National Antarct. Exped. Voi. 2,
No 6, 2 pp, 1 fig. (Ijarval Histioteuthis).
1908, Meyer, Werner Th, — Ueber das Leuchtorgan der Sepiolini. 2 Das
Leuchtorgan von Heteroteuthis: Z. Anz. 32 Bd. p. 505, 4 fig.
1908, P f e f f e r , G. — Die Cephalopoden: Nordisches Plankton, Lief. 9, N.
4, 116 p., 120 figg.
1908. I s s e 1, B. — Raccolte planctoniche fatte dalla R. Nave Liguria nel
viaggio di circumnavigazione del 1903-05: Firenze, Voi. 1, p. 201,
Tav. 9-il.
1909- B a u e r, V. — Einfùhrung in die Physiologie der Cephalopoden mit
besonderer Beriicksichtigung der im Mittelmeer hàufigen Formen:
Mitt. Z. Stai. Neapel, 19, Bd. p. 149, 3 Taf.
1909. M az z a r e 1 1 i, G. — Gli animali abissali e le correnti sottomarine
dello stretto di Messina: Biv. Mens. Pesca Idroh. Anno 4 [il)
p. 177.
Contributo alla coiioscenza dei Utdalopodi abissali «lei Mediterraneo 77
1910. Hoyle, W. E. — Mollusca: ^ - Cephalopoda : Dcnksrhr. Mal. Nat.
Ges. Jena, 16 Bd., p. 259, 10 fit/. Taf. 5 a.
1910. Chun, C. — 1 Die Cephalopoden - 1 Teil Oegopsida: Wiss. Krueh. D.
Tiefsee Exp. 18 Bd., p. J, 82 fig. Taf. 1-61 «. 2 « Texttafeln >..
1912. G i g 1 i o 1 i, E. H. — Studi talassografici : Annali di Agricoltura, N.
268, p. 62.
1912. V i V a n t i, A. — Cìiaryhditenthis maculata n. g. n. sp. nuovo (Jefa-
lopodo abissale dello stretto di Messina : Riv. Mens. Pesca Idrob.
Anno 7 {là), p. 89.
78 Anna Vivauti
Spiegazione delle Tavole 3-5
Lettere comuni a tutte le figure.
ap. gn
, apparato genitale.
br.,
branchie.
e,
cuore.
cs,
corpi semilunari della sorgente luminosa
csq,
cellule squamose del riflettore.
i,
imbuto.
l,
lente.
Z',
fibra interna della lente.
l-,
fibra esterna della lente.
Ico,
cellule ovali della lente.
Ip^
corpo piriforme della lente.
m,
mantello.
mbr,
muscolatura delle braccia.
nu\,
membrana connettivale.
mei,
muscolo collare.
nd,
muscoli longitudinali.
nt,
nervo tentacolare.
OJ',
ovario.
P,
pinne.
pn,
piastra uucale.
Pff,
pigmento.
r,
rene.
rfl,
riflettore.
si,
sorgente luminosa.
sp,
Spugna.
1.
organi fotogeni dell' imbuto.
2.
id. branchiali.
3-4.
id. ventilali orizzontali.
5.
primo organo fotogeno ventrale verticale
6.
secondo » » id. »
7.
terzo » » id »
<
Tavola 3.
Fig. 1 . — Charybditeuthis maculata n. g. n. sp. vista dal dorso, x 2.
Tavola 4.
Fig. 2. - Gladio (x2)
» 3. — Spaccato dell'imbuto per mostrare la linguetta (l) e l'organo dell'im-
buto (0. i.) (x2),
» 4. — Estremità di un braccio tentacolare, x 17.
Contributo alla coiioscoiiza dei ('etalopoili abissali del Mediterraneo 7U
Fig. 5. — Uncino doppio dell'ectocotile visto di lato, x 27.
» 6. — Uncino doppio dell'ectocotile visto di sopra, x 27.
» 7. — Uncino doppio dell'ectocotile visto di sotto. X 27.
» 8. — Spaccato dell' animale 9 ^^^ ^^^o dorsale per vedere la posi^sione
della spugna, x 2.
y. — Ventosa dell'organo d'adesione del braccio tentacolare, x ^5.
» 10. — Pulvillo dell'organo di adesione del braccio tentacolare, x 5^-
» 11. — Ventosa del braccio tentacolare vista di fronte. ^< 86.
» 12. — Id. vista di fianco, x 86.
» 13. — Anello corneo di una ventosa del braccio tentacolare, x 175.
» 1-1. — Uncino di braccia tentacolari visto di lato, x 27.
» 16. — Id. id. id. visto di fronte. < 27.
» 16. — Spaccato dell'animale (^ dal lato ventrale per vedere la di^^posizioiie
» degli organi fotogeni.
17. — Ventose di un braccio dorsale, x 105. Ventosa delia base (inguainata).
» 18. — Ventose di un braccio dorsale, x ^06. Area papillare.
» 19. — id. id. : I due anelli della ventosa.
» 20. — id. id. : Ventosa dall'estremità (inguai-
nata).
» 21. — id. id. : Ventosa dell' estremità (senza
guaina).
» 22. - Eadula, x US.
» 23. — Braccio ventrale destro ectocotilizzato. x ^•
» 24. — Branca superiore del becco, x 6.
» 25. — Branca inferiore tlel becco, x ^•
Tavola 6.
Fig. 26. — Sezione trasversale dell'organo fotogeno situato sotto la pupilla, x ^5.
» 27. — Sezione trasversale dell'organo fotogeno ventrale [7 [. x 85.
» 28. — Sezione longitudinale di un braccio tentacolare con organo fotogeno.
X52.
» 2;). — Sezione trasversale dell'organo fotogeno dell' imbuto x 85.
» 30. — Sezione trasversale della lente dell' organo fotogeno situato sotto la
pupilla. X 86.
» 31. — Sezione trasversale dell' organo fotogeno dell'imbuto, x 85.
» 1)2. — Sezione trasversale dell' organo fotogeno dell'imbuto, x 85.
» 33. — Sezione trasversale dell'organo fotogeno ventrale [6]. x 85
» 34. — Sezione trasversale dell'organo fotogeno ventrale [6J. x 86.
» 35. — Sezione trasversale di un braccio tentacolare con organo fotogeno.
X52.
Ricevuto il 19 giuguo 1913. Finito di stampare il '21 gennaio 19U.
82 ('arlo Bartoliui Baldelli
sta a cont'ormaro, iusieme a tj^uella dello Fseudostichopus occuUatus
(3624 metri), deW Aiikyroderma musculus (1005 metri), e della Bri-
singa tratta da 2145 e 2904 metri, una volta di più l'esistenza di
una fauna abissale mediterranea con caratteri atlantici. Inoltre lo
studio di questa collezione ha aumentato notevolmente le nostre
conoscenze sulla distribuzione geografica delle singole specie.
Al Prof. Rosa che mi volle affidare lo studio di questa rac-
colta, che mi fu sempre largo di aiuto e mi sostenne col suo au-
torevole consiglio durante lo svolgimento del lavoro, esprimo qui
la mia più viva gratitudine.
Dal seguente quadro risulta la distribuzione geografica e ba-
timetrica delle Asterie, Ofiure, Crinoidi, ed Oloturie da me esami-
nate; voglio qui ricordare che per le Asterie ho seguito la clas-
sificazione e le notazioni del Perrier (61), per le Ofiure quella del
Lyman Th. (45), per i Crinoidi quella del Carpenter (5) per le Olo-
tuiie quella del Theel H. (73-74).
Asteroidi ofiuroidi, crinoidi, oloturoidi, ecc. 83
Distribuzione geografica e batimetrica.
Campagna 1881.
Località
Prof, in m.
Natura del fondo e
tcmp. in centigradi
Specie laccolte.
li
41,0 08', 45" 4'"
Lat.N.8,0 34',21,"
7 " ' Long. E. Gr:
presso lo stretto di
Bonifacio.
41», 02'. 58" 7'".
41», 06', 01" Lat.
N.8°, 32', 20", 9'"
e 8», 32', 23"!'"
E. Gr.
(come sopra).
410,10', 27", 4'"
Lat. N. 8", 15' 41",
7'" E. Gr.
Presso l'Asinara.
Presso l'Asinara.
41°, 14', 35", 4",
Lat. N. 8°, 18,05'"
74"' Long. E. Gr.
410,23'; 38 " Lat.
N;7%08',54' Long.
E. Gr.
14 39°, 15', 37" Lat.
I N. y%26',37", 7'"
Long. E. Gr.
, Presso il capo Car-
bonara (Sardegna),
1005-800
157
420-370
168-284
555-235
2145
290 1
508
Fango con con-
chiglie di Mollu-
schi di Pteropo-
di e frammenti
di Madrepore.
Fango.
Fango e banco
di Madrepore.
Banco di Ma-
drepore Temp.
superficie 23", 8
a 270 m. l8o,2.
Banco di Ma-
drepore Temp. a
310 m, 14°, alla
sup. 24°, 7.
Fango giallo, te-
nace e fino con
gusci di Pteropo-
di e frammenti
di Echini e di
Madrepore.
Temp. a 300 m.
130, 6 a 20 m.
23°, 5'.
Fango con gu-
scio dì Pteropo-
di Temp. a 300
m. 13°, alla su-
perficie 23°, 6.
Trochostotna
ìtiediU'rriineuuì.
Stichopus ref/a-
lis.
Astropecten
pentacanthus.
Ophioylypha al-
hida.
Amphiura
chiajei.
Antedon rosa-
Hr/drasferias
richardi.
Pabnìpes nien-
branaceus.
Antedon pha-
langium
Astropecten
pentacanthus.
Hì/drasterias
richardi.
Brisinga coro-
nata.
Brisinga coro-
nata.
Si/napfa.
L I 3 R
Il,
84
Carlo Baitolini Baldelli
XXI
XXIII
XXVI
25
26
33
XXXI 35
XXXIl
XXXIII
38
39», 49', 40" Lat.
N-9°,49',08"Long
E. Gr.
39", 58', 32" Lat.
N. 9% 48', 08",
Long. E. Gr.
400,37', 32" Lat.
N. 14°, 09', 52"
Long. E. Gr.
Presso Capri ed
Ischia.
39°, 20', 28 "Lat.
N. 13°, 10,', 38"
Long. E- Gr.
60
36 38°, 05' Lat. N.
11°. 59', 40" Long.
E. Gr.
37°, 52', 55" L.
N. 11°, 56', 40"
Long. E. Gr.
395
360,159
3624
300
823,760
Sabbia e ciot- 1 Echina ster se-
toli.
Fango con gu-
sci di Pteropo-
di Temp. a 340
m. 14°, a 0 m.
24°.
Fan go con
frammenti di
Molluschi.
Fango tenace
giallo e azzurro
con gusci di Pte-
ropodi Temp. a
355 m 13°, 3'; a
0 m. 26°.
Fango giallo
misto a sabbia
con gusci di
Molluschi.
positus.
Ophiomyxa
pentagono.
Opìiiodertna
longicauda.
Amphiura.
Amphiura
chiajei.
Astropecten
pentacanthus.
Synapta inhae-
rens.
Syyrapta.
Pseudosticho-
pvs occultatus.
Fango.
Amphiura
chiajei.
l^seudostichopiis
occultatus.
Ankyroderma
musculns.
N. 2
N. 3
II
37", 56', Lat. N.
10°, 52', Long. E.
Gr.
38°, 38' Lat. N.;
10°, 46' Long. E.
Gr.
Campagna 1S82.
718 m.
120 m.
Fango grigio.
Fango.
Ophiomyxa
pentayonn.
Ophiotrix echi-
naia.
Asteroidi, ofiiiroidi, crini )i(li, olotiiroidi, ecc. 85
Elenco dei generi e (l(3lle specie raccolte
A-steroìdea
Come ho già notato nell'introduzione, pnr lo studio delle A-
sterie ho seguito la classificazione e le notazioni del Periuer (59j
ho adoperato cioè per le dimensioni delle Asterie le lettere R ed r.
R indica dunque in mm. la lunghezza di un raggio dal centro
del disco fino all'apice di un braccio, r indica in mm. la lunghezza
di un raggio dal centro del disco agli angoli rientranti delle brac-
cia (raggio interbrachiale). Siccome molto spesso non tutti gli apici
delle braccia distano ugualmente dal centro, nei casi in cai questo
fatto si è verificato ho dato ad R il valore medio dedotto dalla
misurazione di tutti i bracci. Lo stesso ho fatto per r ma in questo
secondo caso ho trovato più rare differenze e queste minime. La
numerazione dei vari esemplari della stessa specie per il valore di
R e di r è in ordine di grandezza; ho assegnato cioè il n^ 1 al
più piccolo esemplare.
Palmipes membranaceus Linck
1897. Fahmpes membranaceus Ludwig H. (39).
« Washington » — Campagna 1881.
Porto Camicie (Maddalena) Prof. m. 35. — Un esemplare.
Staz. Ili Drag. 5 Lat. N. 41.», 10', 27", 4"', Long. 8.°, 15', 14", 7'". E.
Gr. Prof. 168-274 metri. Banco di Madrepore.— Tre esemplari.
Per l'esemplare della dragata Porto Camicie vale la formula
R = 34 mm; r = 24 mm., mentre gli esemplari della dragata 5
mi hanno dato i valori seguenti:
N.o l; Bz^B2 mm; r = 21,50 mm.
N.o 2; R = 34 mm; r = 34 mm.
N.o 3; K -= 40 mm; r = 20 mm.
In questi tre esemplari ed in quello di Porto Camicie la dif-
ferenza fra R ed r si avvicina molto ad una costante.
R4
Oarlo Bartolini Baldelli
XXI
25
39', 49', 40"Lat.
N-9°,49',08"Long
E. Gr.
60
Sabbia e ciot-
toli.
i
Echinaster se-
2ÌOHÌtUS.
Ophiomyxa
pentagono.
Ophioderma
longicauda.
XXIII
26
39°, 58', 32" Lat.
N. 9«, 48/, 08",
Long. E. Gr.
395
Fango con gu-
sci di Pteropo-
di Temp. a 340
m. 14", a 0 m.
24\
Amphiura.
XXVI
33
40°, 37', 32" Lat.
N. 140, 09/, 52"
Long. E. Gr.
Presso Capri ed
Ischia.
360,159
Fango con
frammenti di
Molluschi.
Amphiura
chiajei.
Astropecten
pentacanthus.
Synapta inhae-
rens.
Synapta.
XXXI
35
39°, 20', 28 "Lat.
N. 13°, 10,', 38'^
Long. E- Gr.
3624
Fango tenace
giallo e azzurro
con gusci di Pte-
ropodi Temp, a
355 m 13°, 3'; a
0 m. 26°.
Pseudosticho-
pus occultatus.
XXXII
36
38°, 05/ Lat. N.
11°, 59', 40" Long.
E. Gr.
300
Fango giallo
misto a sabbia
con gusci di
Molluschi.
Amphiura
chiajei.
Pseudostichopus
occultatus.
XXXI II
38
37°, 52', 55" L.
N. 11°, 56', 40"
Long. E. Gr.
823,760
Fango.
Ankyroderma
musculus.
Campagna 1S82.
N. 2
N. 3
II
37", 55', Lat. N.
10°, 62', Long. E.
Gr.
38°, 38' Lat. N.;
10°, 46' Long. E.
Gr.
718 m.
120 m.
Fango grigio.
Fango.
Ophiomyxa
pentayona.
Ophiotrix echi-
nata.
Asteroidi, ofiuroidi, crinoidi, olutuioidi, ecc.
85
Elenco elei generi e delle specie raccolte
Asteroìdea
Come ho già notato nell'introduzione, per lo studio delle A-
sterie ho seguito la classificazione e le notazioni del Pkrrier (59)
ho adoperato cioè per le dimensioni delle Asterie le lettere R ed r.
R indica dunque in mm. la lunghezza di un raggio dal centro
del disco fino all'apice di un braccio, r indica in mm. la lunghezza
di un raggio dal centro del disco agli angoli rientranti delle brac-
cia (raggio interbrachiale). Siccome molto spesso non tutti gli apici
delle braccia distano ugualmente dal centro, nei casi in cui questo
fatto si è verificato ho dato ad R il valore medio dedotto dalla
misurazione di tutti i bracci. Lo stesso ho fatto per r ma in questo
secondo caso ho trovato più rare differenze e queste minime. La
numerazione dei vari esemplari della stessa specie per il valore di
R e di r è in ordine di grandezza; ho assegnato cioè il n° 1 al
più piccolo esemplare.
Palmipes membranaceus Linck
1897. Palmipes membranaceus Ludwig H. (39).
« Washington » — Campagna 1881.
Porto Camicie (Maddalena) Prof. m. 35. — Un esemplare,
Staz. Ili Drag. 5 Lat. N. 41.», 10', 27", 4"', Long. 8.», 15', 14", 7'". E.
Gr. Prof. 168-274 metri. Banco di Madrepore. —Tre esemplari.
Per l'esemplare della dragata Porto Camicie vale la formula
R = 34 mm; r = 24 mm., mentre gli esemplari della dragata 5
mi hanno dato i valori seguenti:
N.o l; R=32 mm; r = 21,50 mm.
N.o 2; R = 34 mm; r = 34 mm.
N.o 8; R = 40 mm; r ^ 20 mm.
In questi tre esemplari ed in quello di Porto Camicie la dif-
ferenza fra R ed r si avvicina molto ad una costante.
86 Carlo Bartolini Baldelli
Asiropecten spinulosus (Philippi)
1897. Astropecttn spinulosus Ludwig H. (39).
« Washington » — Campagna 1881.
Porto Camicie (Maddalena) Pesca di prova prof. m. 35. Un esemplare.
Per questo esemplare vale la formula.
R = 25 mm. r = 5. mm.
Asiropecten pentacanthus (Delle Chiaie)
1897. Astropecten pentacanthus Ludwig H. (39).
« Washington » — Campagna 1881.
Staz II. Drag. 4, Lat. N. tra 41°, 02', 58", 7'", e 41/, 05", 01'". Long,
tra 8°, 32', 20", 9'", e 8°, 22', 23", 1'". E. Gr. Fondo madrepo
porico. — Un esemplare.
Staz. V. Drag. 7, Presso l'Asinara. Prof. 555-235 m. Banco di madre-
pore. Temp. a 310 m., 14°.— Un esemplare.
Staz, XXIX. Drag. 33, Presso Capri, Prof. 360 , 159 m. Fango con
frammenti di molluschi. — Sette esemplari.
Per l'esemplare della dragata 7 vale la formula:
R =^ 24 mm; r = G mm.
Per gli esemplari della dragata 33:
N.° 1; » = 12 mm; r = 4.33 mm.
N.° 2; R =^ 19 mm; r = 4.50 mm.
N.° 3; K==21 mm; r= 6 mm.
N.° 4; K ^ 23 mm; «• ^ 6 mm.
N.o 5| K =: 24 mm; ' = 6 mm.
N.o 6; H = 30 mm; r = 8 mm.
N ° 7; R = 85 mm: r = 8 mm.
L'esemplare della dragata 4 ha le placclie marginali dorsali
in no di 12 (Fig. 11). I pedicelli ambulacrali (10) sono in due
serie. Le papille ambulacrali sono tre per placca; delle quali l'in-
termedia è più lunga delle altre. Le papille adambulacrali in
genere sono due per placca, ma in alcune placche sono tre. Le
adambulacrali non sono più corte e più ottuse delle ambulacrali.
Quando le papille sono tre per placca non hanno il carattere delle
Asteroidi, oHuroidi, criiioidi, olotiiroidi, ec-. 87
ambulacrali, cioè la papilla mediana non è più lunga dello altre
duo, ma tutte sono approssimativamente delle stesse dimensioni.
Hydrasierias richardì Pkrk.
1894. Hydrasierìas richardì Perrieb E. (61).
« W ashington ;> — Campagna 1881.
Staz. V. Drag. 7 Presso l' Asinara. Prof. 555 - 8ì35. Teinp. a 'òU) m.
14" Banco di madrepore. — Un esemplare.
Staz. Ili Drag. 5. Lat. N. 41°, 10', 27", 4'", Long. 8°, 15', 41", 7'", E.
Gr. Prof. 109, 284 m. Temp. a 27U m. 18», 2. Banco di madrepo-
re.— Due esemplali.
Dalla misura dell'esemplare della drag. 7 si ha:
R = 8, 8 mm; r = 2, 2 mm.
Si nota una grande disuguaglianza nella lunghezza dei bracci;
uno di essi è molto più sviluppato di tutti gli altri in modo che
VH. richardì assume un aspetto simile a quello di una cometa.
(Fig. 1). Le braccia sono attaccate per una piccola infossatura e
sono molto facilmente separabili dal disco.
Gli esemplari della dragata 5 mi hanno dato i valori:
N.o 1; K^8 mm; r = 2 mm.
N.o 2; R = 12 mm; r = 3 mm.
Il « Tra vailleur > nel 1881 raccolse alcuni esemplari di ^.
richardì molto vicino al punto ove li pescò il « Washington »,
ma a maggiore profondità. Nei due esemplari della dragata 7 da
me esaminati, è notevole la differenza di sviluppo delle braccia di
ciascun individuo e l'inserzione dei bracci sul disco. L'inserzione
è segnata da una piccola depressione che fa si che i bracci siano
molto debolmente attaccati al disco. In uno di questi esemplari
si ha un esempio di rigenerazione: esso ha sei braccia, come pure
l'altro della medesima dragata, una di esse è più sviluppata di
tutte le altre (fenomeno costante in tutti e tre gli esemplari), due
braccia sono di lunghezza intermedia e le altre tre più corte delle
precedenti ed uguali tra loro in lunghezza, che sono appunto le
tre braccia rigenerate.
88 Carlo Bartolini Baldelli
Brisinga coronata Sars.
1905. Brisitiga coronata Nordgaard (52).
«Washington», — Campagna 1881.
Staz VII. Drag. 9 Lai N. 41», 14', 38", 4'". Long. S», 18', 05", 74"',
E. Gr: Prof. 2145 ra. Fango giallo, tenace e fino. — Un esemplare.
Staz. X. Drag. 11 , Lat. 41° , 23', 38" N. Long. 7° , 08' 54", E. Gr.
Fango. Prof. 2904 ra. — Il solo disco di un esemplare.
Per la B. coronata della drag. 9 ho trovato i valori.
» = 60 (?) mm; r = 3 mm.
Non posso garantire l'esattezza del valore di R perchè le 9
braccia dell'esemplare sono spezzate e la ricostruzione di esse coi
frammenti conservati è assai difficoltosa e poco sicura.. 11 disco, in-
vece è assai ben conservato. Secondo il Perrier le B. coronata del
< Talisman » portano su ogni dente sei coppie di papille den-
tali. Nella B. coronata descritta dal Sars esistono invece 5 sole
coppie di papille dentali. Nella B. coronata del « Washington »
si ha qualche lieve differenza, quella della drag. 9 ha 4 sole coppie
di papille dentali (Fig. 2) e per di più in alcuni denti le papille
che sporgono verso il centro del disco normalmente in numero di
4 sono ridotte a 3, (Fig. 3) quella della drag. 11 ha cinque cop-
pie di papille dentali (Fig. 4) ha in più dell' esemplare della drag.
9 una coppia di papille dentali inserita presso il centro del disco
(Fig. 12).
In questo stesso esemplare il primo paio di placche adambu-
acrali presenta anch'esso un'altra piccola differenza. Ciascuna delle
due placche porta tre spine , una articolata inserita centralmente
sulla placca adambulacrale e perpendicolarmente ad essa placca, le
altre due laterali che sporgono verso la doccia ambulacrale.
La B. coronata è forma tipicamente abissale. Il « W a s h i n-
gton » la trasse da 2904 m. di profondità, profondità maggiore di
tutte quelle nelle quali il < Travailleur », il « Talisman »
il « Porcupine » pescarono la stessa specie. Le osservazioni
che ho esposto sulle papille dentali ed ambulacrali dei due dischi
di B. coronata pescati dal « Washington » confrontate anche
con le descrizioni dei dischi delle B. coronata descritta dal Sars,
Asteroidi, oliuiuitli, criiioi'li, ulutuioidi, occ. 89
incastrano cIk) mollo frequenti devono essere le variazioni indivi-
duali che meglio potrebbero essere esaminate avendo un maggior
numero di esemplari da potere osservare. Ma è pure molto proba-
bile che tali variazioni nel numero e nella disposizione di queste
papille siano dovute alla differente età di ciascun individuo, cor-
lispondtmti cioè in certo modo al diverso grado di saldatura dei
(Ine denti che, distinti nei giovani, si trovano fusi in un solo dente
nell'adulto.
11 Pkiìrisr attribuisce alcuni dischi di Brisinga pescati dal
. T a 1 i s m a n » nel 1881 nel Mediterraneo a poca distanza ed
in fondo simile a quello del « Washington > ad una specie
nuova provvisoria che egli denomina B. mediterranea. Lo stesso
autore osserva che : « la B. mediterranea est très voisine de la B.
coronata. Les disques recueillis malhereusement en petit nombre
semblent indiquer un très faible dévloppement du squelette qui ne
porte que de rares épines, et un nombre de bras constamment égal
a 9, tandis que chez la B. coronata ce nombre est variable, mais
il peut étre démontré que le nombre des bras varie également chez
la B. mediterranea. La plus ou moins grande élongation des pla-
ques adambulacraires n'est aussi qu'un caractere rèlatif.
La faible taille et la gracilité des individus recueillis ne sont
pas non plus des caractères de bien grande valeur. Il se pourrait
dono que la découverte d'un plus grand nombre d'exemplaires que
ci'ux recueillis, amenàt la réunion de cotte espèce provvisoire avec
la B. coronata ».
I due dischi di Brisinga del «Washington » per alcuni
caratteri si riaccostano assai alla B. mediterranea ; essi infatti pre-
sentano 9 braccia, una certa gracilità dello scheletro, e dimensioni
piuttosto ridotte. Ma per il piccolo intrinseco valore di questi ca-
ratteri questi dischi sono, secondo me, da riportarsi indubbiamente
alla B. coronata, specie ben fissa e definita. Ulteriori e prolungate
osservazioni, come già dice il Perrier, decideranno se la B. me-
diterranea sia da ritenersi e bona species » , ma io voglio intanto
notare che il carattere primo e principale della B. mediterranea è
quello di aver costanti 9 braccia* ora nella B. coronata il numero
delle braccia è variabile e si possono spesso incontrare esemplari
con 9 braccia. Tale osservazione mentre infirma assai il valore del
carattere fondamentale della Brisinga mediterranea non m' impe-
disce di riferire alla B. coronata i miei esemplari , tanto piìi che
questi non mostrano né una soverchia gracilità, né i pezzi ambu-
yO Carlo Bartoliiii Baldelli
lacrali ed adambulacrali molto allungati , e le piccole dimensioni
d'ultra parte possono essere , come ho già detto , esponente della
età giovanile.
Echinaster sepositus Retz.
1900. Echinaster sepositus Ludwig H. (35).
«Washington» — Campagna 1881.
Staz. XXI drag. 25, Lat. N. 39°, 49', 40", Long. 9°, 49', 08" E. Gr.—
Prof. 60 m. Sabbia e ciottoli. — Un esemplare.
Per questo esemplare vale la formula.
» = 27 mm; r = 7 mm.
Le località ove vive VE. sepositus sono degne di nota. Questa
specie era prima creduta propria del Mediterraneo, poi per opera
della spedizione del «Talisman» e del « T r a v a i 1 1 e u r » fu
trovata nell'Atlantico, sulle coste della Bretagna e a Roscofif ove vive
ad una trentina di metri di profondità con la Crihrella oculata e
col Palmipes memhranaceus. Questa è la regione più settentrionale
ove VE. sepositus sia stato trovato. Le isole del Capo Verde sono
invece la località più meridionale. Lt'E. sepositus è dunque distri-
buito dalle coste della Bretagna fino in vicinanza dell'Equatore. Il
e Washington » lo pescò in 60 m. di profondità.
Nota sui rapporti fra R edr nelle asterie.
Nell'esaminare le numerose forme di asterie pescate dal «Wa-
shington » e nel confrontarle con quelle esistenti nel R. Museo
di Storia Naturale di Firenze, ho notato una diversità di sviluppo
delle braccia rispetto al disco dipendente dalle varie età degli in-
dividui in osservazione. Ho limitato le mie ricerche al genere Astro-
pecten del quale avevo a disposizione un numero maggiore di forme
e meglio conservate.
Per conoscere in qual modo il disco degli Astropecten cresca ri-
spetto alle braccia nelle varie età delle Asterie, ho eseguito varie
misurazioni indicando con R il raggio che va dal centro del disco
all'estremità delle braccia e con r il raggio che va dal centro del
disco all' angolo rientrante delle braccia (angolo rientrante inter-
Asteroidi, ofiuroidi, crinoidi, oloturoidi, ecc. 01
Itrachiale). I ili) osemplari cho avevo a mia disposizione apparto-
novauo:
30 agli A. hispinosun.
21 » A. spinidosns.
18 » A. peiitacuìithus.
21 » A. squamatus.
8 » A. aurantiacns.
18 » A. plafyacanthus.
Non ho potuto compiere uno studio accurato come mi pro-
pongo di fare in seguito quando mi sarò procacciato del materiale
molto più abbondante; purtuttavia ho notato un accrescimento del
disco rispetto alle braccia simile in tutte le specie di Astropeden
osservate. Le variazioni individuali per quanto grandi e tendenti
a far deviare dall'andamento normale la linea di accrescimento che
vengo a stabilire, non sono però tali da far risentire il loro effetto
sulla portata generale del fenomeno stabilito dalle mie misurazioni ;
queste mi hanno permesso di riscontrare che l'accrescimento pro-
cede con questa norma : nell'individuo giovane il disco cresce più
delle braccia ma raggiunta una certa grandezza è invece l'accre-
scimento delle braccia che prende la prevalenza e compensa il
maggiore accrescimento del disco avvenuto quando l'individuo era
giovane.
Tentai lacostruzione di vari diagrammi che dessero l'espressione
grafica del fatto ma per la piccola quantità di individui d' ogni
specie osservati e per altre cause, tali curve non raggiungevano
l'effetto desiderato. Preferisco quindi dar qui il resultato delle mi-
sure avvertendo che M esprime in mm. la distanza dal centro del
disco all'apice delle braccia e p esprime in millesimi di millimetro
il valore delie braccia in rapporto alla grandezza totale dell' e-
semplare. Cosi ho trovato :
Per r^. bisjnnosns R ^ 25 mm; p = 680.
» VA. spinolosus R = 23 mm; p ^^ 723.
» VA. pentacanthus B^23 mm; p=700.
» VA. squamakis B^24: mm; p =.j85.
> 1'^. aurantiacus B^33 mm; p ^=714.
» VA. platyacaiìthxis K = 30 mm; p =725).
92 Carlo Bartoliiii Baldelli
mentre le braccia crescouo più del disco appena che R ha rag -
giunto i valori.
Per VA. bispinosHs R ^^ 30 uim; p ^= 680.
» VA. spimilostia K^33 mm; p = 720.
» VA. peutacanthus K = 25 lum; p=700.
» VA. squamattts B = oO mm; p=633.
> VA. aurantiacus K=:35 mm; p=714.
» VA. platyacanthus R;^33 mm; p := 730.
Per i valori di R intermedi a quelli delle due serie esposte
le braccia mantengono un valore pressoché costante.
Da queste osservazioni preliminari risulta anche che il rap-
porto fisso dato per le singole specie da vari autori fra il raggio
del disco r e la grandezza totale R non è esatto a meno che non
sia il resultato medio di numerosissime osservazioni su individui
completamente adulti.
Distribuzione sistematica delle Asterie
raccolte dal e Washington» nel 1881-8 2
A.steroi(iea
Fam. 1." Asterinidae
Palmipes membranaceus Linck
Fam. J.a Astropectinidae
Astropecten spinulozus Philippi
Astropecten pentacanthus Delle Chiaie
Fam. 3.» Asteriidae
Hydrasterias r.chardi E. Pebrifb
Fam \.^ Brisingidae
Brisinga coronata 0. Sars.
Fam. ó.a Echinasteridae
Echinaster sepositus Retzius
Asteroidi, ofiuroidi, ninoidi, olottiroidi, ecc. ?»3
Ophiuroidea
Ho esteso le notazioni del Pereier per le Asterie anche alle
Ofiure determinandone le dimensioni con i valori di R od r.
Ophiomyxa pentagono (Lmk.)
1903. Ophiomyxa pentagona Kokhleb R. (23).
«Washington» — Campagna 1881.
Porto Camicie (Maddalena; Profondità m. 35. Fondo di fango.— Un
esemplare.
Staz. XXI, Drag. 25 Lat. 39o , 49', 40" N Long. 9°, 49' 08" E. Gr.
Profondità 60 m. Sabbia e ciottoli, — Quattro esemplari.
«Washington », Campagna 1882, 11 agosto n. 2. 20migliaW. Lam-
pione.— Tre esemplari.
Per VO. pentagona della dragata Porto Camicie ho trovato i
valori:
B = 76 mm; r = 14 1/2 ^^•
Il valore di R è approssimativo perchè l' esemplare ha le
braccia danneggiate. I quattro esemplari della dragata 25 sono
mal conservati ed hanno tutti i bracci rotti.
N. 1; r=8 1/2 min-
N. 2; r =^ 13 mm.
N. 3; r= 18 mm.
N. 4; r = 20 mm.
I tre esemplari della campagna 1882 n. 2 souo molto mal
conservati; d'uno di essi non si possono neppure misurare i valori
di R e di p, per il
N. 2; B = 12 1/2 ™in-
N. 3; B = 89 mm. r = 13 V2 mm.
Negli esemplari di 0. ^en^a^ona pescati dal « Washingto n >
si osserva una diversità fra quelli di una dragata e quelli delle
altre. Gli esemplari di Porto Camicie hanno un colore uniforme,
mentre quelli delle altre dragate souo screziati di bianco sul lato
dorsale e ventrale del disco, e sul lato dorsale delle braccia.
94 Carlo Bartoliui Baldelli
Guardando attentamente i due esemplari meglio conservati
della dragata 20 miglia W. Lampione, possiamo osservare delle
piccole differenze nella disposizione delle macchie bianche. In cia-
scuno dei due esiste, alternata da tre articoli delle braccia, una
striscia bianca dorsale del disco mentre ventralmente si osserva
ch(i in uno le macchie bianche sono più piccole e più numerose
(per ogni interraggio 8 o *J), nell'altro più grandi ed in minor
numero.
Ophiotrix echinata ( Dkij-k Chuje)
1882. Ophiotrix echinata Lyman Th. (44).
« Washington » — Campagna 1 881 .
Porto Camicie (Maddalena) Pesca di prova. — Sei esemplari.
« Washington », Campagna 1 882
12 agosto n. 3 Lat. 35° 57' N. Long. 12», 61'. E. Gr..Prof. 120 m.—
Tre esemplari.
I valori degli esemplari di Porto Camicie che hanno tutti i
bracci rotti sono i seguenti:
N. 1; r= 5 mm.
N. 2; r= 7 mm.
N. 3; r= 8 mm.
N. 4; r _ 8 mm.
N. 5: r = 12
N. 6; r = 12 1/2 mm.
Per gli esemplari della campagna 1882 valgono le formule:
N. 1; r = 2 mm. R = 16 mm.
N. 2; «• = 3 1/2 mm.
N. 3; r=^5 mm.
Amphiura chiajei Forbksì
1907. Amphiura chiajei Koehler R. (20).
«Washington » — Campagna 1881.
Pesca di prova Maddalena Piccola profondità. — Un esemplare.
Staz. n. Drag. 4 Tra ii 41°, 02', 58", 7'" e 41° 05', 01' , lat. N. e tra
le Long. 8°. 32' 20'. 9'" e 8°, 32', 23", 1'". E. Gr. Prof 420 e
370 m. fondo di madrepore. — Un esemplare.
Staz. XXIX. Drag. 33. Lat. 40°, 37', 32", N. Long. 14° 09', 52" F.
Gr. Prof. 360, 159 m. Pondo di fango.— Due esemplai-i.
Asteroidi, ofiuroidi, crinoidi, oloturoiili. occ 95
Staz. XXXII. Drag. 30. Lat. 38» , 05', N. Long. 1 1», 59', 40" E. Gr.
Fango giallo o sabbia. Prof. 400 m.— Due esemplari.
L'esemplare della Maddalena ha il seguente valore di
r = 5 '/2 mm.
L'esemplare della drag. 4;
R = 35 mm. r = 3 ^2 d^i«-
Gli esemplari della drag. 33;
N. 1, r=3V2mm. A^ ^ ^•'^ ■
N. 2; r = 4 V2 mm. L i L 5 B R A R
G-li esemplari della drag. 36. • "^-^
N. 1; r=2mm. ^Jr' ■ , ^"^ *'^i s
N. 2; r= 3 mm.
Amphiura ?
\V a .s Ili n g 1 0 n » — Campagna 1881 .
Staz. XXII. Drag. 2G Lat. 39°, 58', 32" N.; Long. 9°, 48', 08", E.
Gr. Profondità 395 m. Fango. — Un esemplare non determinabile per
cattiva conservazione.
Ophioglypha albida (Forbes)
1903. Ophioglypha albida Koehlkr E. (23)
«Washington» — Campagna 1881.
Staz. II. Drag. 4. Tra il 41°, 02', 58", 7"' e 41°, 05', 07", Lat. N. e
tra le longitudini 8°, 32', 20", 9'", e 8°, 32', 23", 1'" E. Gr. Prof.
370-470 m. Fondo madreporico. — Un esemplare.
I bracci mancano di qualche articolo ; r = 3 mm.
Do qui qualche notizia un po' più particolareggiata di questa
specie.
II disco rigonfio piuttosto rotondo ma un po' deformato per-
chè contratto, è ricoperto, dal lato dorsale, da numerose placche
disposte in serie ordinate. La placca centro-dorsale è rotonda, assai
sviluppata, è la più grande di tutte le altre del dorso e si trova
nel centro di esso in un piano superiore a tutte le rimanenti. In-
torno ad essa stanno le placche radiali primarie poco più piccole
della centro-dorsale (Fig. 5) ciascuna delle quali corrisponde ad
un braccio. Vi sono poi 5 placche radiali secondarie che han
forma di ventaglio e sono più piccole delle primarie e 10 placche
net Carlo Kartoliiii Baldelli
brachiali (due por braccio) poco più piccolo dolla centro-dorsale.
Fra lo due placche brachiali all'inserzione di ciascun braccio, esi-
stono tre piccole placche ; la centrale ovale con il suo asse mag-
giore perpendicolare al raggio del braccio, le laterali oblunghe. In
ogni zona intorbrachialo si scorge fra lo radiali primarie una pic-
cola placca che sta sopra a due piìi grandi interradiali secondarie,
od in ogni zona interradiale, una placca interradiale di terzo grado
ed un' altra di quarto grado. Le placche marginali interbrachiali
sono per ogni interraggio in numero di 5. La mediana ha forma
quasi quadrangolare, le prime due laterali sono un po' più grandi
della mediana, le laterali allo due precedenti sono piccole e por-
tano una corona di piccole papille rivolte verso i bracci , in un
piano superiore a quello delle braccia, come a difesa della loro in-
serzione.
Non ho potuto ben contare queste papille perchè l'esemplare
è mal conservato, ma ho potuto stabilire che il loro -numero varia
da 7 a 12. Tutte questo placche del dorso sono disposte come gli
embrici in modo che la placca centro-dorsale sta in un piano su-
periore a tutte, mentre le placche più prossime all'inserzione del
braccio sono in un piano inferiore a tutte le altre. Tutte le plac-
che sono leggermente granulose senza spine. A prima vista la cen-
tro-dorsale e le cinque radiali primarie presentano l' aspetto di
una rosa.
Le placche del dorso sono 96 cosi ripartite:
Ceiitrodorsale
1
Radiali primarie
5
Radiali secondarie
5
Brachiali
10
Interradiali primarie
5
Interradiali secondarie
10
Interradiali terziarie
ò
Interradiali quaternarie
15
Placche fra le brachiali
15
Placche marginali interbrachiali
25
I bracci dal lato dorsale sono costituiti da tre placche per
ogni articolo; una placca centrale triangolare che sta in mezzo a
due dorso-laterali e che diviene sempre più piccola negli articoli
più prossimi all'apice delle braccia.
Per quanto ho potuto vedere essendo tutte le braccia man-
canti di qualche articolo questa piccola placchetta si mantiene fino
negli articoli i più lontani dal disco. Le placche laterali portano
Asteroidi, oHtirnidi, criiinidi, oloturuidi, ecc. '.t7
verso r apice delle bracuiu due o tre spinu per ciascuna cioè 4 o
(5 por o^ni arti(;oIo. Le spino sono sottili, acuminato, mobili. Le due
placche laterali sono n«-(lamente diviso fra loro da un solco che
prende origine dall'angolo più acuto dtiUa placca triangolare e se-
para tra loro per tutta la lunoliezza le placche brachiali dorso-la-
terali. Le spiiu! delle placche laterali sono inserito, una dalla parte
dorsale, l'altra mediana, la terza ventrale.
I bracci dal lato ventrale sono simmetrici al lato dorsale
(Fig. 13) di più ogni articolo ha per la fuoruscita dei pedicelli
ambulacrali una coppia di aperture protette da 3 o 4 squa-
mette ottuse. Se esaminiamo un interraggio partendo dall'esterno
verso l'interno lo troviamo costituito da 5 placche marginali ven-
trali interbrachiali a forma di ventaglio, una mediana e due late-
rali che confinano con altre due laterali. La mediana è posta in un
piano superiore alle laterali e sopra di essa sta la placca orale,
grande , finamente granulosa a forma di lira , ai cui lati , presso
l'inserzione nelle braccia, si trovano due ampie fessure genitali e
respiratorie protette per tutta la lunghezza delle aperture da una
serie di papille laminari ed ottuse alla sommità.
II numero di queste papille è vario nelle diverse aperture. Le
papille si estendono dai bordi della fessura verso il centro a pro-
teggerne la cavità. La zona boccale procedendo sempre dall'esterno
all'interno è costituita da due placche ambulacrali e da due adam-
hulacrali sopra le quali si trova il toriis ovale (Tav. 6 . Fig, 6^.
Sopra questo, normalmente al suo diametro maggiore, è inserito un
dente senza papille dentali. Sulle placche adambulacrali sono in-
serite 6 papille (tre per placca) delle quali la più periferica è grossa,
la media più allungata, la più interna molto appuntita. Le aper.
ture dei pedicelli ambulacrali mancano nel disco. Si trovano solo
al princi|)io di inserzione nei bracci e sono due per ogni articolo ;
una dalla parte destra, una dalla parte sinistra del braccio stesso.
Nella 0. alhida del « Washington > le placche dorsali
del disco sono connesse strettamente le une con le altre (Fig. 6)
mentre le i)lacche dorsali della 0. alhida del R. Museo di Sto-
ria Naturale di Firenze (Golfo di Kiel, Spezia) ad eccezione della ro-
setta centrale costituita dalla placca centro-dorsale con le 5 ra-
diali , sono inframezzate da una serie di piccole placche. Le due
placche brachiali per ogni raggio , strettamente connesse tra loro
nella 0. alhida del e Washington >, sono negli altri esem-
plari più grandi e separate da piccole placche. Questa ditìerenza
Archivio /.oologico Italiano. Voi. VII. o
98 Curio Biirl.oliiii KiiMolli
nelle placche dorsali è da aUrihuirsi all' età giovanile dell' esem-
plare in osservazione.
Lo stesso fatto cioè che nella 0. alhida del « Washington »
le placche sono in numero minore che negli altri esemplari, si ri-
scontra anche nel lato ventrale intorno alla placca orale. Infatti
mentre nel mio esemplare le placche che circondano l' orale non
sono che 7, negli altri sono in numero molto superiore. Questa dif-
ferenza è solo data dalla presenza nella 0. alhida del Museo di
un'altra fila di placche analoghe per disposizione a quelle già esi-
stenti, e da altre placche inframezzantisi, le quali mancano tutte
nel mio esemplare Se si esaminano le aperture dei pedicelli am-
bulacrali vediamo altre differenze. Il primo paio più interno di
aperture dei pedicelli ambulacrali di ciascun interradio è protetto
nell'esemplare del « Washington » da non più di 5 squamette
mentre negli altri esemplari le squamette protettrici arrivano per
ciascun poro al numero di 9.
Nel secondo paio le 6 squamette protettrici nella 0. alhidd
del « Washington » si riducono a due o tre e le 9 degli altri
esemplari a 6.
Mentre il diametro del disco della forma pescata dal < W a-
s h i n g t o n » è di mm. 3, gli altri esemplari sono tutti molto più
grandi. La disposizione delle placche dorsali della 0. alhida è molto
simile a quella della 0. undata Lym ; per la grandezza e forma
della placca orale somiglia VO. convcxa Lym.
Ophioderma longicauda Murj. et Tr.
1903. Ophioderma limpicauda Koehler R. (23).
«Washington» — -Campagna 1881.
Staz. XXI. Drag. 25, Lat. 30°, 49', 40" N. Long. 9°, 49', 08" E. Gr.
Profondità 60 m. Sabbia e ciottoli. — Un esemplare.
Il valore di r è di 3 ^/a mm.
Asteroidi ofiuroidi, criutjidi, oloturoidi, ecc. 9')
Distribuzione s i s t o m a t le ii delle o f i ii r e raccolte
dal « W a s h i n s t o n « nel 1881 - 82.
Ophiuroidea
Fam. Ophiuridae
Opìiiomyxa penfagona (Lmk)
Ophìotr'ìx echinata (Delle Ghiaie)
Ampìiiurn chiojei (Fobbes)
Opìiioglypha albida (Forbes)
Ophioilerma limgicauda Mull. et Tr.
Crinoìdea
Antedon rosacea Linck
1906. Antedon rosacea Minckert.
« Washington » — Campagna 1881.
Porto Camicie, (Maddalena) pesca dì prova. Prof. 35 m. — Tre grandi
esemplari.
Staz. II. Drag. 4. Tra 41°, 02'. 58", 7'" e 41°. 05', 01" Lai. N. e tra
le Long. 8» , 32', 20" 9'" e 8°, 32', 23". 1'" E. Gr. Prof. 420,
370 m. Fondo di madrepore. — Sette esemplari.
Grli e.ssemplari di Porto Camicie hanno tutte le braccia rotte
al terzo articolo a partire dalla biforoazioiie delle braccia, cioè al
primo .sizigio; si può giungere alla deteriniuazione specifica per la
presenza del tubercolo piano convesso (6) unico carattere che ri-
manga ben visibile.
Antedon phalangìum (G. Mui.t.er)
1906. Antedon phalangimn Doderlein (11).
» Washington » — Campagna 1881 .
Staz. III. Drag. 5. Lat. 41°, 10', 27", 4'" N. Long. 8°, 15', 4", 7" E. Or.
Prof. 168, 281 metri. Banco di madrepore. — Numerosissimi esem-
plari.
100 Carlo Bartolini Bitldelli
In moltissimi dogli A. lìhalangium esaminali ho potuto riscon-
trare che le prime due placche sizigiali hanno una disposizione
costante , infatti i sizigi si trovano sempre alla terza ed ottava
placca (50). Dalla placca brachiale in poi le sizigiali variano da
braccio a braccio e da individuo ad individuo, ed i raggi sono
alternati da una, due, tre, quattro, cinque placche intersizigiali in
modo assolutamente irregolare. Ho potuto però osservare, e in tutti
i bracci di un individuo, una o più serie di placche brachiali co-
stituite da due placche sizigiali alternate da una sola placca in-
tersizigiale. Questa è una disposizione che, salvo rare eccezioni, si
trova costante negli esemplari normali di .4. phalangium e Tho
trovata anche, ma molto raramente, in esemplari di A. rosacea che
hanno una disposizione di placche diversa dalla regolare. Ma negli
A. rosacea esiste anche una certa variabilità del sizigio all'ottavo I
segmento , mentre negli esemplari da me osservati di A. phalan-
gium ho trovato il secondo sizigio all'ottavo segmento. Negli A.
rosacea ho trovato anche dei sizigi alternati da sei o sette placche
intersizigiali.
L'ultimo articolo dei cirri degli A phalangium è leggermente
ricurvo e presenta un uncino alla base.
Ho riscontrato molto variabile il numero degli articoli dei cirri
sia nell'A. plialangiiim, sia nell'/l. rosacea.
Per VA. phalangium ho trovato:
Numero degli articoli dei cirri da 37 a 50.
Media di numerosissime osservazioni: articoli numero 44.
Per 1'^ rosacea ho trovato:
Numero degli articoli dei cirri da 17 a 30.
Media di numerose osservazioni: Articoli u.^ 23.
Meutre gli articoli dei cirri dell' J.. phalangium sono quasi
prettamente cilindrici perchè all'attaccatura fra cirro e cirro esiste
un rigonfiamento poco sensibile, gli articoli dei cirri dell'A. rosacea
formano invece alle attaccature fra loro un rigonfiamento anulare
assai sviluppato e sono proporzionatamente più brevi degli articoli
dell'A. phalangium.
Le buone condizioni degli A. rosacea della dragata 4 mi hanno
permesso di notare le disposizioni regolare ed irregolare dei sizigi
e riporto nell'unita tabella i risultati delle mie osservazioni di
fianco ai resultati di analoghe osservazioni compiute suU'^.. pha-
langium per facilitare i confronti.
Asteroidi, ofiiiroidi, criiioidi, oioturoidi, ecc.
101
11 n" 3 indica che il primo sizi^io è al terzo articolo bra-
chiale; 8 che il secondo sizi^no è all'ottavo articolo brachiale e
cosi via.
Disposizione regolare
ò
8
12
15
18
roaucca.
Disposizioni irregolari
3, 3, 3, 3, 3, 3, 3, 3, 3,
tì, 8, 8, 8, 8, 8, 10, 11, 8,
y, 14, ri, 13, 11, 16, 14, 14, 9,
12, 17, 19, 16, 43, 17, 13,
15, 20, 20,
18,
A. phalangium.
Disposizione regolare
3
8
12
14
Disposizioni irregolari
3, 3, 3, 3, 3
8, 8, 8, 8, 3
12, 11, 14, 13, 12
15, 15, 18, 15, 17
Distribuzione sistematica dei cri noi di raccolti
dal «Washington» nel 1881.
Crinoidea
Fani. Comatulidae
Antedon phalangium (G. Muller)
Antedon rosacea LiiscK.
Holothiirioidea
Stichopus regalis Ouvier
18y9-".tOU. stichopus regalia Terkier M. R. (54).
« Washington > — Campagna 1881.
Staz. II. Drag. 3 tra 41°, 02", 58", 7'" e 41», 05', 01" Lat. N. e tra le
Long. 8°, 32', 29", 9'" e 8», 32', 23", 1'". E. Gr. Prof, circa 150
ni. Fango. — Due esemplari.
Lunghezza degli esemplari Larghezza degli esemplari
n» 1; 180 mm. n» 1; 30 min.
n» 2; 190 mm. n» 2; 31 mm.
102 Carlo Bartolini Baldelli
Uno dei caratteri più netti dello S. regalis come ho potuto
osservare nei due esemplari pescati dalla « Washington »
è la forma delle spicole calcaree della pelle che il Carus (6) dice < ro-
tunda perforata processu medio elevato ». Infatti queste spicole
sono, sebbene un po' irregolarmente, pur tuttavia rotonde. Le aper-
ture delle spicole calcareo sono esagonali (esagono regolare) mentre
le aperture che si trovano verso la periferia della spicola hanno la
forma di un triangolo un lato del quale, e precisamente l'esterno,
è curvo. Nel centro della spicola si erge un'appendice turriforme
tetrabasale , munita alla sommità ed ai lati di spine appuntite e
che presenta nel centro del processo turriforme tre aperture scjpa-
rate da un piccolo tramezzo di forma presso a poco rettangolare.
Le aperture vanno diminuendo di luce quanto più ci si approssima
alla sommità. Il processo turriforme è inserito perpendicolarmente
al piano in cui giace la parte rotondegg;iante della spicola. Fra le
spicole calcaree esistono sparse iaregolarmente piccolo macchie brune
sottocutanee di pigmento.
Pseudostichopus occuliatus Marenzrller
lS9o. Pseudostichopus occultatm. — Merenzeller E. (47).
« Washington » — Campagna 1881.
Staz. XXXI. drag. o5. Lat. 39°, 20', 28", N. Long. 13°, 10': 38", E.
Gr. Prof, 3624 m. fondo di fango tenace giallo ed azzurro.— Sei e-
semplari.
Staz. XXXII. Drag. 36 Lat. 48», 05', N. Long. 11°, 59' 40", E. (ir.
Prof. 400 m — Quattro esemplari.
I sei esemplari della dragata 35 hanno le dimensioni:
Lunghezza Larghezza
u. 1; mm. 15 1/2 "• ^5 """• ^
n. 2; mm. 16 n. 2; mm. 7
n. 3; mm. 18 n. 3; mm. 8
n. 4; mm. 20
h. 5; mm. 21
n. 6: mm. 30
Asteroidi, ofiuroidi, crinoidi, oloturoidi, ecc. 103
Dei quattro esemplari della dragata 36 due hanno le dimen-
sioni:
Luiighezìsa Larghezza
n. 1; min. 11 u. 1; mm. 4
11. 2; min. 12 n. 2. mm, 4
i due rimanenti sono mal conservati né possono esser misurati,
11 Prof. GiOLiOLi nella sua relazione preliminare sulla spedi-
zione del « Washington » (13j dice che nella dragata 35
trasse da un fondo di 3624 m. t 8 singolari animalucci con i ca-
ratteri riuniti di Gefirei ed Oloturidi a me affatto nuovi e di cui
per ora non saprei indicare la classe neppure in modo approssima-
tivo; erano certamente viventi nel fango del fondo ed il loro corpo
è in gran parte ricoperto da curiose appendici vitree a forma di
tromba con le estremità dilatate in fuori e molto decidue ». Nella
dragata successiva in profondità di 400 ni. furono pescati altri
" quattro di quei singolari esseri, affini ai Gefirei, pescati il giorno
innanzi in 3624 m. ».
Nonostante il pessimo stato di conservazione di tutti gli esem-
plari, ho potuto facilmente classificarli (Tav. 6, Fig. 8). Sulla loro
cute stanno infitte numerose conchiglie di deodara che sono « le
curiose appendici vitree in forma di tromba ». Sulla cute e fra i
pedicelli ambulacrali esistono numerosi gusci di Foraminiferi misti
a granuli di sabbia e a fango gialliccio.
Il Makenzeller dà una esatta descrizione del Pseudosdchojnis
occultatiis (47) e pur avendo solamente letto la relazione preliminare
della spedizione del «Washington» e notato ciò che il Prof. Gi-
GLioLi in essa dice riguardo a queste forme, scrive che gli esem-
plari del «Washington » per la presenza dei dischi di Cleo-
dora sono da ritenersi identici alle forme da lui possedute e che
erano state raccolte nel Mediterraneo. Voglio solo notare che men-
tre il Marenzellee ha descritto la nuova specie di PseadosticJwpus
nel 1890, il «Washington» aveva raccolto 10 di queste forme fino
dal 1881, fatto questo interessantissimo che sta a dimostrare come
nel Mediterraneo anche a profondità non eccessivamente forti s' in-
contrano già forme abbissali , precisamente a profondità di 400 e
di 26-24 metri.
104 Carlo Bartolini Baldelli
Ankyroderma musculus Bisso (65)
1893. ArikyroderiiKi miisculiis Ludwig H. (40).
«Washington » — Campagna 1881.
Staz. XXXIII. Drag. 38. Lat. 37°, 52', 55", N. Long. 11°, 56', 40", K.
Gr. Prof. 823, 760 m. Fondo di fango. — Tre esemplari.
Lunghezza degli esemplari Larghezza degli esemplari
n. 1; mm. 34 n. 1; mm. 17
u. 2; mm. 52 V2 ^- ^ì '^"^- '-^^
n. 3; mm. 53 n. 3; mm. 20.
Il Prof. GriGLiOLi (13) nella sua relazione riferisce di aver pe-
scato in questa dragata < 4 Oloturidi di forma strana e di due spe-
cie ». Io invece non ho ritrovato che tre Ankyroderma musculus
(Fig. 7) assai ben conservati, tanto da rendermi possibile un esame
un po' minuto delle spicole di questa specie (Fig, i5). Queste
sono di varia forma; tipiche del genere quelle ad àncora (Fig. 14).
L'ancora è inserita su di una piccola placca rotonda con nume-
rosi fori sovrapposta a 4 o 6 placche a racchetta raggruppate
insieme per la parte ovale della racchetta mentre i manichi irrag-
giano a forma di stella. Trovare l'ancora intatta è difficile a causa
della sua posizione; infatti essa è inserita in un piano perpendi-
colare alla pelle e la solleva con il suo apice ; basta un piccolis-
simo urto del corpo, perchè una parte dell'ancora e precisamente
la più interessante venga a rompersi. Tutte le altre placche mul-
tiformi non hanno disposizioni particolari nelle varie parti del corpo
come del resto non l'hanno le placche a racchetta e ad àncora,
ma mentre le prime sono numerosissime, le seconde sono meno fre-
quenti. Tra le placche calcaree stanno dei granuli color rosso-vino
disposti senza ordine sparsi od aggruppati nella pelle. Questi gra-
nuli, sulla costituzione dei quali si intrattenne il PETrr (62), esa-
minati a forti ingrandimenti presentano una struttura tutta loro
particolare approssimativamente simile a quella dei granuli d' a-
mido, infatti sono lenticolari, con un centro intorno al quale stanno
disposte varie zone concentriche di forma oblunga. L'intensità della
colorazione non è uniforme, esiste una zona più scura nell'interno,
una più chiara all'esterno (62).
Nel 1901 il « Maya » (34) ripescava un esemplare di A.
musculus di dimensioni assai più piccole di quelli del « W a s h i n-
Asteroidi, ofiuroidi, crinoidi, oloturoidi, ecc. 105
£■ t o n > in 100 metri di profondità ed in vicinanza della costa
di Cuma.
Cosi pure il Ludwig (39) nel 1897 possedette e studiò forme
di A. miisculiis pescate nel Mediterraneo.
Trochostoma mediterraneum u. sp.
«Washington » — Campagna 1881 .
Staz. 1. drag. 4. Lat. 41°, 08', 44", 4'" N. Long. 8«, 34', 'il", 7'" E.
Gr. Prof. 800, 1U05 m. Fondo di fango. — Un esemplare.
Il Prof. Giglio M nella sua esposizione preliminare dei risul-
tati della campagna del « Washingto n > a proposito della
Staz. I. Dragata 1. scrive che il gangano riportò viventi alla super-
ficie < un crosso Palemonide di un rosso intenso, un Brachi uro af-
fine alle Amathia ed un Sip ime litoide. Esaminata però la colleziono
si vede che il Sipunculoide della dragata 1 non esiste; esiste in-
vece un Oloturoide die per la forma esterna del corpo, sebbene vi
si vedano nettamente i cinque muscoli longitudinali suddivisi ca-
ratteristici delle Oloturie, può a prima vista sembrare un Siptin-
culoide e trarre in inganno anche un occhio molto esperto. E una
forma molto interessante che io ritengo appartenere ad una specie
non ancora descritta di un genere fino ad oggi non rinvenuto nel
Mediterraneo. Ne do qui la descrizione fondata su quei pochi ca-
ratteri che ho potuto con sicurezza rilevare dall' esame dell'unico
esemplare che, già sezionato da vari anni, è giunto a me in con-
dizioni assai miserevoli.
Aspetto esterno.— lì corpo che ha una lunghezza totale di 80
mm. è diviso in tre parti ben distinte; una parte anteriore (mm.
13) una mediana (mm. 39) ed una posteriore caudale (28 mm.ì; al-
l'apice della parte anteriore cilindrica (mm. 7), rugosa con nume-
rose ripiegature della pelle si apre la bocca ; la parte mediana, che
ha un diametro (18 mm.) assai maggiore della parte anteriore, ha
forma ovale, la parte posteriore termina con una lunga coda che
va progressivamente assottigliandosi. Il corpo è privo di papdle,
ne ho potute scorgere soltanto alcune intorno all'apertura anale
senza però poterle contare a causa del cattivo stato di conserva-
zione dell'esemplare. La pelle è rugosa in tutta la superficie del
corpo e sottile a tal segno che si possono vedere per trasparenza
i muscoli longitudinali. La rugosità è data dalle placche calcaree
106 Carlo Bartolini Baldelli
che qua e là sollevano la polle in piccole prominenze perpendico-
larmente alla sua superficie.
Le "placche calcaree sono numerosissime e costituite: da un
disco calcareo rotondef^giantc con numerosissime aperture irrego"
larmenie esagonali, nel centro del quale s'innalzano, saldati per la
parte interna, dei prolungamenti a forma di bastoncelli muniti di
spine. Di questi dischi calcarei ve no sono alcuni più irregolari e
più spessi altri più sottili e regolari, ma la differenza è piccolis-
sima e sempre sono sormontati da tre bastoncelli. Non vi sono
granuli concentrici rosso-vinosi strutturati, come nell'ai, museulus
ed in altre specie di Trochosloma, ma piccole porzioni di placche
colorate di rosso giallastro, ed alcuni piccoli e rari punti colorati,
isolati nello strato sottocutaneo libero da placche i quali anche
osservati con forti ingrandimenti, non presentano struttura né dif-
ferenza di colorazione tra la loro parte interna e l'esterna.
Li' ano si apre nella parte terminalo della coda con una aper-
tura radiata.
Il colore dell'esemplare in alcool è bianco gialliccio.
Caratteri interni. — La bocca si apre nella parte anteriore del
corpo ed è circondata da 15 tentacoli.
L'anello calcareo perifaringeo (Fig. 10) è costituita da
5 pezzi radiali e 5 interradiali ; i cinque pezzi radiali si prolun-
gano verso l'interno del corpo biforcandosi alla estremità interna.
Le ampolle tentacolari sono lunghe, digitate.
La piastra madreporica non differisce dalle ordinarie pia-
stre madreporiche del genere Trochostoma.
Il canale digerente (m)lto mal conservato come tutti gli
organi interni, alcuni dei quali irriconoscibili) non sembra presen-
tare nulla di caratteristico.
Gli organi respiratorii sono in numero di due, uno destro
ed uno sinistro, sono gracili, non troppo ramificati né sviluppati,
insomma non differiscono di molto da quelli delle altre specie
come ad esempio del Trochostoma thomsoni.
La vescicole del Poli è assai sviluppata e con piccole
macchie rossastre.
I muscoli longitudinali in numero di 5 presentano un
solco longitudinale cosicché appaiono come suddivisi in due nastri;
si possono osservare anche ad occhio nndo per trasparenza.
I muscoli trasversali sono potenti e numerosissimi spe-
cialmente nella parte media ed in quella anteriore.
Asteroidi, ofiuroidi, crinoidi, oloturoidi ecc. 107
Gli orfani ^t!ii itali non sono più al posto e solo sene tro-
\;ino dei residui .sj)arsi (pia. e là iieiriiiterno dol corpij.
Il T. mcditernuicum si ravvicina assai al T. albicans (Thkkl
1873-4) (73) da questo però differisce per la forma del corpo, por le
dimensioni , por la disposissiono uniformo dello spicolo nelle varie
parti del corpo, o por le raro e corto j)apillo anali. Non mi è stato
possibile l'esame di alcuni caratteri specilici assii importanti, conio
ad l's. il numero delle papille anali o doUii piastre calcaree che
circondano l'ano, a causa della cattiva conservazione dell' (ssem-
plare; forse l'esame completo ed accurato di esemplari in buone
condizioni avrebbe potuto far rilevare qualche altra analogia col
T. albicans, ma in ogni modo ritengo che le difterenze che ho sopra
rilevato mi autorizzino a considerare, sia pure in via provvisoria,
il TrocJiostoma raccolto dal * Washington » come rappresen-
tante di una nuova specie.
S/napta inhaerens (F. Mullerj
1878. Synapta inhaerens Theel, H. (74).
< W a s h i 11 g t o n », — Campagna 1881.
Staz. XXIX. Drag. 33. Lat. 40», 37', 32" N, Loug. 14°, oy-. .52' E
Gr. Prof. 360, 159. Fango. — Un esemplare, '
Questa Synapta inhaerens è mal conservata. La sua lunghezza
è di circa 93 mm., la larghezza massima mm. 7 (9). Insieme a
*|uesto esemplare esistono altri frammenti appartenenti probabil-
mente ad altri individui dello stesso genere.
Synapta inhaerens? (F. Mullkr)
1878. Synapta inhaerens Theel, H. (74),
«Washington» —Campagna 1881.
Staz. XIII. Drag. 14. Lat. .39». 15'. 37". N. Loug. 9», 26', 37'', 7'" E.
Gr. Presso il Capo Carbonara. Prof. 508 m. Fango.— Un esemplare.
La 8. inhaerens di questa dragata è malissimo conservata e
manca della parte posteriore del corpo sicché la determinazione è
dubbia.
108 Carlo Bartolini Baldelli
? Synapta
r. W a s 11 i II ^ t (t 11 > — (Jainpa^iia 1881.
Staz. XXIX Dra^ iW. Lat. 40", 87'. 32" N. Luiig. 14. 14°, 09', E.
Ov. l'iulomlità iiiiO, 15'.» IH. Fango. — Un esemplare.
Di.st riliu/, ione sistematica delle oloturie raccolte
,1 a I \V a s il i n g t o n nel 1881-1882.
Molo th urioidea
Falli. 1. Aspidochirotae
Stichopus regalis Cuvjer
Pseudostichopus occulatus Mak.
Fam. 2. Molpadidae
Ankyroderma musculus Risso
Trochostoma mediterraneum n .sp.
Fani. 3. Synaptidae
Synapta inhaerens F. Muller
Synapta ?
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Paris. [Ibi
1
Asteroidi, otiuroidi, i'iiii(ii che
invece si può dire che esista sempre e bene individualizzato ne-
gli Amnioti. Per questa classe poi esiste pure la possibilità di ser-
virsi del comportamento degli organi della linea laterale di que-
sta ragione come ulteriore mezzo di analisi delle possibili omologie
con i Pesci.
La causa per la quale però nemmeno per gli Anfibii si è
avuta una trattazione della morfologia dell'apparato opercolare da
un punto di vista generale, deve essere probabilmente ricercata: I.
Nel fatto che gli specialisti che hanno accennato al fenomeno
spesso ignoravano che si potesse trattare di un fatto che si veri-
ficava anche oltre i confini degli ittiopsidi. II. Nella difterenza a
prima vista notevole fra il comportamento dell'opercolo nella mas-
\20 Paolo Dell* Valle
sima parte dei Teleostei e quello delle larve degli Anfibii piò noti,
IH. Nella difficoltà di intei! ' _ he proveniente an-
che dalla molto dubbia o ._ ira le frange bran-
chiali dei Pesci e le formazioni simili delle diverse larve di An-
fibi. IV. Nella facile constatazione che i diversi ordini di Anfibii
per ciò che riguarda l'apparato opercolare differiscono molto pro-
fondamente fra loro, come avremo occasione di esaminare altr«3ve.
È però da notare che tali differenze sono molto meno gravi «li
quanto apparirebbero a prima vista, perchè, ao ne spesso accade,
le forme adulte si rassomigliano fra di loro molto più che non le
forme larvali, ciò che, se non toma a decoro della pretesa ricapi-
tolazione ontogenetica della filogenesi è perfettamente compren-
sibile come effetto dovuto ad eterocrouie di sviluppo.
Ti-a i diversi ordini degli Anfibi, per questo argomento susci-
tano maggiore interesse gli Anuri faneroglossi . per i quali sol-
tanto si verifica nella regione che esaminiamo il feuomeno asso-
lutamente unico ^) nella embriologia dei Vertebrati, dello sviluppo
degli arti anteriori nell'interno della cavità i»eri branchiale fino ad
uno stadio avanzatissimo, fatto questo degno di nota anche per il
problema generale del valore morfologico della plica <:>percolare.
Questa condizione di cose rende anche più interessante l'a-
nalisi causale dei fattori della morfogenesi di questa regione all^-
diverse epoche dello sviluppo. Tale ricerca che sorge sp-^ntanea
in chiunque consideri l'origine di una determinati forma organic.
A tale scopo non mi sono limitato .solo alla detorininazione
della storia della forma esterna, ma per cercare di comprendere
la causa di questa, li) seguito anche le modificazioni della r«;gioae
faringea dei brancliiomeri, e delle ta.sclie entodurmicliu interposte;
le modificazioni del mesoderma branchiomerico nella sua indivi-
dualizzazione nei singoli muscoli, controllandone l'evoluzione con
lo studio del decorso dei tronchi nervosi ; le alterazioni di rap-
porti dovute alle variazioni di dimensioni assolute e relative del
pericardio, della cavità addominale, del pronefros, del sistema ner-
voso centrale, delle capsule sensitive e del mesenchima, studian-
done le ripercussioni anche sulla forma generale della cavità en-
todermica e di tutto il resto del capo.
In questo modo soltanto, che potrebbe essere chiamate il metodo
dell'embriologia topografica, è possibile rendersi perfetto conto
della natura e della causa dei rapporti fra i diversi organi che
noi cimstatiamo infine nell'organismo adulto.
L'analisi dei fenomeni morfogenetici che si verificano in questa
regione però è essenzialiueute ristretta solo a due brevi periodi
della durata complessiva dello sviluppo di questi Anuri. Infatti
durante tutto lo stadio larvale propriamente detto, come general-
mente succede anche per altri organismi, vi è una quasi completa
assenza di modificazioni di rapporti nonostante la luuga durata
di esso, mentre invece tale stadio è preceduto e seguito da due
periodi durante i quali in tempo relativamente brevissimo M si
verificano fondamentali cambiamenti anatomici , che riguardano
principalmente appunto la regione della quale ci occupiamo -). Na-
turalmente questa condizione di cose per cui gli stadii successivi
») Nel Bufo vulgaris tutto il periodo |)itnit(» lare e Ih cavità iifiilinuicliialc noi ("nitlati ILTi
Ciò junV) non vieta di .itìTminan) clu3 il lavonj di Ru.scuxi anche
[}ev il nostro ar^onionto ù di importanza tondain e da Bles
('08); per BJiucopharns schlegeli del Giappone studiate^ da Ikeda
('97); per Rhacophorìis reinivardti di Giava studiato da Siedlecki ('08);
per Psnulophryup aastralis (cfr. Keibkl '02 p. 67) e per Hemmis
mannanitus della Gambia, di cui Bles ('08) ha studiato lo sviluppo
su materiale raccolto da Budgett, illustrandolo, più che con la de-
scrizione, con numerose figure, di cui quelle riprodotte nella tav. 24
debbono essere considerate per il nostro argomento come le più
accurate fino ad ora pubblicate. Queste figure appunto ci dimo-
strano che anche questi anuri macrolecitici si comportano sostan-
zialmente in modo identico agli altri Faneroglossi.
L'apparato oppicolnre e la cavità jieiiln aiirliiale nei Cordati i'M
QuMnto allo sviluppo dell.i i('<;iono l)raiicl!Ìoni(!rica chicli At/losua,
l(! notizie sono molto più abbondanti e preciso di quanto non si
potrebbe supporre in contionto con quanto abbiamo visto con gli
Anuii nostrani e considerando la lontananza della loro distribu-
zione geografica. L'importanza morfologica attribuita a tali larve
ha invece tatto sì che ciò nonostante abbiauKj , specialmente per
Xenopus una notevole serie di lavori in cui piii o meno incidental-
mente è studiata anche la regione peribranchiale a causa del suo
comportamento profondamente diverso da quello degli altri anuri
ed abbiamo anche numerose buone figure di forma esterna e di
particolari anatomici. Ricorderò per Xenopus la prima notizia della
curiosa larva data da Ghay ('64); la classica memoria di Parkkr
' '76) dove sono oltre le prime figure della larva , numerose dis-
sezioni del condrocranio (tanto diverso da quello dei Faneroglossi),
dalla forma larvale all' adulto ; la nota di Boulengkr ('81) che si
occupa prevalentemente proprio della morfologia dell'opercolo delle
larve di Anuri , le brevissime comunicazioni di Leslie ('90) e di
ScHAUiNSLAND ('91), l' articolo di Brddahd ('94j che aggiunge nu-
merose notizie anatomiche sulla regione che ci interessa; l'ampia
memoria di Bles ('05) che è accompagnata da numerose splendide
figure che sono senza paragone quanto c'è di meglio nella ripro-
duzione degli stadii larvali dì Anuri, ma che non fanno che mag-
giormente desiderare le figure degli stadii di formazione dell' ap-
parato opercolare che mancano invece completamente , ed infine
un recente lavoro di Tornier ('10) che si occupa anche delle me-
tamorfosi del cranio dalla larva all'adulto, con lo stesso indirizzo
di morfologia cau.sale che è seguito nel presente mio lavoro.
Molto meno abbondanti sono le notizie e lo figure dell' em-
brione di Pipa , che pure sarebbe per noi non meno interessante
per i rapporti fra la plica opercolare e l'arto, e per la grande quan-
tità di vitello che la ravvicina fortemente agli embrioni di t»do-
stei, comò ha notato Parker ('76 p. 648-H) che si può dire sia stato
il solo a studiarlo anatomicamente con una certa accuratezza ed a
darne figura (tav. (30, flg. 1).
Per il terzo genere di A glosso, V Hymenochirns , da poco sco-
perto nell'Africa occidentale, per ora la larva non è ancora nota ;
e solo di recente Kidewood (99) ne ha esaminata l'anatomia del-
l'apparato ioideo dell'adulto. Dati gli stretti rapporti con Xenopus
e con Pipa gli stadii di sviluppo ne saranno certamente interes-
santi.
l;32 Paolo Della Valle
Doi (Uni dello sviliipixj (li (luusli Alluri terremo natui-almunte
conto in .st!guito come termine di paragone nell'analisi morfologica
dei fattori della morfogenesi della forma che esaminiamo.
Da questa rivista sintetica, risultano diverse cose. Primo che
allo stato attuale noi non possiamo dire per nulla di avere una
conoscenza sufficiente nemmeno dell' evoluzione della forma esterna
di questa regione sia pure dal solo punto vista iconografico. In-
fatti, come abbiamo visto, Swammerdam nel 1738 ha data una sola
figura tutt'altro che accurata (tav. 48 fig. 12); Rusconi ('26) ne
ha dato due (tav. 3 fig. 23 e 24), belle ma troppo piccole perchè
possano esserne visibili i particolari ; Ecker ( '51 ) cinque (tav.
23 fio-. 25-29), abbastanza accurate ma anch'esse del tutto insuf-
ficienti per comprendere l'andamento dei fenomeni mancando pro-
prio gli stadii più interessanti; Remar ('55) otto (tav. 10 fig. 10,
11„ 12^, 12b, 13,, 13b, 14a, 18a), piccole, mediocri e prevalentemete
viste dal dorso ; Whitney ('67) quattro (tav. 3 fig. 1, 2, 4, 6),
poco accurate ed inferiori alle precedenti simili; Gotte ('75) due
laterali e due ventrali (tav. 3 fig. 48, 49, 53) , che si riferiscono
anche a stadii precoci, ma che, oltre ad essere troppo poco nume-
rose sono anche forse poco esatte , almeno secondo Heron Royer
('87). Un certo numero di figure tutt'altro che buone è stato dato
appunto da Héron-Royer per il Pelodyles punctatus ('79 tav. 11
fig. 16, 17, 18), per il Discoglossus lììdus ('85 tav. 14 fig. 12) per
liana fiisca ('86 tav. 21 fig. 8 e 9), per il Bombinator ignens ('87
tav. 11 fig. 4, 5, 7 e tav. 12 fig. 20. 11, 11 bis), ma in generale
riproducono tutte stadii avanzati, specialmente della chiusura della
cavità peribranchiale. Qualche altra figura abbastanza buone ha
dato anche Bles ('08) per Paludicola.
A queste ora ricordate bisognerebbe ancora aggiungerne altre
date per caso da qualche altro, ma in tali casi le figure sogliono
essere addirittura pessime, come p. es. lo sono quelle date da Thiele
('87 tav. 10 fig. 1 c-g, 2 e-g, 3 e-g, 4 b, 6 d-f), da C. B. Wilson
('97 tav. 10 fig. 7. 8) e da qualche altro.
Per gli Alluri quasi meroblastici, sono buone solo le poche
figure date da Bud&ett ('99) e Bles ('08) ed una originale di
Keibel ('02 p. 73 fig. 24) ; per gli Aglossa non abbiamo che
qualche bella figura isolata di Beddard ('94) e Bles ('05).
L'apparato opercoJare e la cavità peribranchiale nei Cordati 133
Come si vede, ciò che manca specialmente è una serie ac-
curata e completa di figure di forme esterno per una sola specie,
l)rocedondo sistematicamente dal primo inizio di riconoscibilità
della regione brancliiumerica fino alla chiusura della cavità peri-
branchiale. Da Keibel (02 i). (39; apprendiamo che W. MCller
stava preparando l'iconografia completa dello sviluppo della Rana
da pubblicarsi nella collezione delle « Normentafeln », ma, non
essendo stato più pubblicato tale lavoro, non ci restano di esso
che le poche figure riportate in anticipazione dallo stesso Keibel.
Data la grande difficoltà di riproduzione fotografica di particolari
della forma dei girini in quest'epoca, queste figure non si possono
considerare tecnicamente cattive, ma, dal punto di vista morfo-
logico non mettono per niente in evidenza i fenomeni più importanti.
Non si può fare a meno di giungere poi anche alla curiosa
constatazione che, sotto questo aspetto, per gli Anfibi esistono fi-
gure molto migliori per le forme degli embrioni degli Apodi di
Ceylon e delle Seychelles, dello Xenopus dell'Africa tropicale e della
Phyllonu'dnsa e àaW Hemisus del Paraguay che per le forme dello
sviluppo della Rana esculenta e del Bufo vulgaris\
Passando poi dalla evoluzione della forma esterna alle modifi-
cazioni dei rapporti fra i diversi organi che ne costituiscono la causa
e l'essenza, la iconografia è ancora più povera. Dal punto di vi-
sta plastico non abbiamo infatti che qualche figura di Remack (55
tav. 10 fig, 11,,, 12, 14,,, 15, 16, 18b) nelle quali non è possibile di
riconoscere nulla di ciò che ci interessa; alcuni disegni di Parker
('71 tav. 3 fig 3; tav. 4 fig. 1, 7; tav. 5 fig. 1) '), che riprodu-
cono, non sempre molto fedelmente, delle dissezioni riguardanti lo
sviluppo del mesoderma verso l'epoca della individualizzazione dei
branchiomeri, mentre altre ('71 tav. 3 fig. 7,9; tav. 4 fig. 11 , 12)
rappresentano 1' aspetto del pavimento della cavità orale, nonché
('71 tav. 3 fig. 4, 12; tav. 4 fig. 8) l'aspetto di spaccati sagittali.
Anche (jtòtte dà qualche disegno di dissezioni ('75 tav. 18
fig. 324-334), ma è probabile che egli ne abbia esaminate un buon
numero, benché ne riproduca solo poche.
Per argomenti speciali, ed ottenute col metodo delle ricostru-
zioni, che può giungere ad essere più delicato, ma che è sempre
molto più infido e faticoso, sono da ricordare le figure di Spemann
J) Le figure date da Pahker ('76) per BnfiK Xeuopus u /*i>« riguardano
di stadii dalla larva adulta alla forma defiuitiva.
^34 Paolo Della Valle
('98) p»'i- lo sviluppo della tuba, ed anche quelle di Gadpp ("92 e 94)
per io sviluppo del condrocranio e dello cartilagini branchiali, ben-
ché quest'ultimo autore cominci il suo studio quasi dalla forma
larvale definitiva.
Tagli, sempre ben poco istruttivi se non per argomenti spe-
ciali, a mono di riprodurne varie serie complete, ne hanno figu-
rati, molti Gotte, alcuni Jordan, appartenenti ad un solo stadio,
ed uno solamente Naue, oltre qualche altro riprodotto per ragioni
diverse in lavori dedicati a problemi diiferenti.
Tecnica adoperata
La tecnica seguita per questo lavoro merita qualche parola,
specialmente perchè essa si discosta da quella di solito seguita nei
lavori embriologici, per il fatto dell'importanza molto maggiore
del solito che ho creduto debba essere attribuita allo studio degli
embrioni in toto e delle loro dissezioni in confronto a quello delle
sezioni seriali. Ciò del resto non è che la naturale conseguenza
dell'indirizzo generale del lavoro nel quale s ono specialmente ana-
lizzati i rapporti esistenti fra le diverse parti, ed i mutamenti di
tali rapporti alle diverse epoche. Infatti mediante un preparato
plastico è possibile avere conoscenza molto più rapida e precisa
dei veri rapporti esistenti che non con una serie microtomica, nella
quale sono evidenti e precisi solo i rapporti esistenti in un piano,
ed invece difficilmente analizzabili i rapporti esistenti in direzione
perpendicolare od obliqua a tale piano.
Quanto al metodo delle ricostruzioni alla Born, che anche io
ho praticato accuratamente secondo tutte le indicazioni di Peter
('06 p. 96-107), mi sono perfettamente persuaso che esso, preziosis-
simo quando si tratti di materiale raro o per strutture delicate, mi-
nute ed in generale non aggredibili con la dissezione diretta, è in-
vece molto inferiore a quest'ultimo metodo quando si può disporre,
come nel nostro caso, di un materiale abbondantissimo. Per quanto
])Ossano essere ridotti da una accuratezza estrema in tutte le fasi
della manipolazione, gli errori del metodo delle ricostruzioni rag-
giungono sempre limiti tali che l'arbitrio del ricostruttore può in-
fluire grandemente sul risultato finale che non può in ogni modo
non essere grossolano (cfr. anche Rtpkwood '96 p. 92-3). Del resto
più che altro si tratta di moda, poiché si è giunti a ricostruire
perfino delle forme esterne di embrioni, visibili chiaramente al
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Cordati 135
binoculare né è varo che le difficoltà di una accurata dissezione
siano maggiori, (alloroliè si è acquistata una certa abilità perso-
nale), di quelle che oiFre 1' accurata confezione fli un modello
con lamine di cera. Ciò senza contare che anche una dissezione
imperfetta lascerà sempre vedere qualche particolare interessante
di rapporti sempre ueri, meutre una mediocre ricostruzione è as-
solutamente inutile.
Una buona dissezione deve essere già possibile con una sem-
plice lente, come ce lo provano le interessanti figure degli em-
briologi precedenti all'ultimo trentennio, che sono spesso le sole
che possediamo por molti argomenti, perchè anteriori alla moda
microtomistica posteriore. x4.ttualmente però il microscopio bino-
culare Bràus DrìIner permette di praticare tali dissezioni con una
facilità incomparabilmente maggiore di quanto allora non fosse
possibile, richiedendo quindi abilità personale molto minore per
raggiungere gli stessi risultati e permettendo con eguale cura di
raggiungerne di molto più delicati *).
Per il nostro argomento potrà non riuscire inutile a chi vo-
lesse ripetere le mie osservazioni cpialche indicazione che la lunga
pratica mi ha consigliata.
Ho adoperato per questo studio i girini di Bufo vulgaris, ap-
punto perchè in quest'epoca dello sviluppo essi sono quelli di di-
mensioni maggiori fra i diversi anuri nostrani, fissati in Zenker
e, dopo lavati ed iodati , conservati in alcool a 70". In questo
modo i diversi tessuti, anche ad epoche precoci sono bene rico-
noscibili l'uno dall'altro e presentano anche consistenza diversa,
ciò che facilita notevolmente le dissezioni.
Gli stadii più precoci (fino a che non si inizia il notevole
assorbimento di acqua da parte di tutti i tessuti, cioè fino allo
sviluppo delle appendici branchiali), sono quelli per cui più diffi-
cile è la dissezione, mentre invece sono proprio i più interessanti
ad analizzare perchè proprio essi mostrano i mutamenti di rap-
porti di importanza maggiore. Ciò dipende specialmente dall'enorme
friabilità che acquista il vitello che infarcisce tutte le cellule spe-
') Per i grandi vantaggi che offre il metodo delle dissezioni anche per altri
argomenti embriologici, cfr. p. es. anche Prentiss iO che ha così studiato lo
sviluppo dei gangli dell'ipoglosso nel porco, e specialmente Grikh iO che ha
potuto cosi seguire per la priaui volta accuratamente tutto lo .sviluppo delle
forme del sistema nervoso centrale della Lacerta.
^36 Paolo Della Valle
cialmente dell'intestino medio, con il trattamento ora indicato, ed
a causa di tale friabilità una dissezione quasi completata può es-
sere all'ultimo momento mandata completamento in frantumi. A
ciò si aggiunge anche il fatto che l'ectoderma, specialmente nella
rorr'*^»'^ degli organi adesivi, ha una resistenza meccanica molto
maggiore del mesoderma sottoposto, onde è molto difficile aspor-
tare quello senza ledere questo.
Però con un poco di pratica, e dopo molto insuccessi, è pos-
sihile giungere ad ottenere anche per questi stadii degli ottimi
preparati procedendo nel modo che segue. Si infigge nella bozza
addominale una sottile lancetta, di quelle usate per operazioni di
cateratta, abbastanza profondamente in modo che possa reggere
il girino, ma non troppo, per evitare che lo spacchi. Questo sarà
il sostegno del girino, tenuto sollevato dal fondo della vaschetta
riempita di alcool, perchè operando direttamente sul fondo, inevi-
tabilmente si provocherebbe nelle manipolazioni il frantumamento
del girino, mentre nel modo ora esposto il girino è sostenuto in
modo molto più soffice ed è più comodamente orientabile nel modo
che si desidera. La asportazione dell'ectoderma è opportuno comin-
ciarla dalla regione dorsale laterale, corrispondente ai primi mio-
tomi e proseguirla, verso la regione cefalica sollevando l'ectoderma
dal mesoderma conficcando a piatto sotto di quello una sottilissima
lancetta da cataratta, ed asportandone progressivamente i fram-
menti che si sollevano. Questa operazione non è punto difficile a
compiersi sotto il microscopio Braus-Drììner, con un ingrandimento
di circa 24 diametri (coppia 82 di Zeiss ed oculari 2), e solo è
necessaria una accuratezza molto grande per la dimostrazione
delle prime strisce nervose del VII, IX e X che, come si vede
dalle sezioni trasversali, sono straordinariamente prossime all'ecto-
derma.
Per gli stadii successivi si deve ricordare la notevole difficoltà
che si incontra nel separare l'ectoderma dall'estremità delle tasche
entodermiche branchiali nei momenti che precedono la perfora-
zione delle fessure branchiali, ed anche la difficoltà che s'incontra
nell'asportazione della parte dell' ectoderma corrispondente alla
parte più ventrale delle fessure branchiali prossima al pericardio,
negli stadii di iniziale diiferenzazione della cavità peribrauchiale.
Quando la diiferenzazione istologica nelle diverse parti del meso-
derma comincia ad esplicarsi anche con le diverse proprietà fisiche
dei tessuti, non è difficile analizzare il comportamento delle diverse
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Cordati IH?
parti, specialmente dei musuoli e dei nervi, isolandoli dal mesen-
chima che li involge. Ciò .si ottiene .spennellando mollo delicata-
mente il mesoderma messo allo scoperto con uno di (luei lini.ssimi
tili di vetro di cui Spemann ('06) ha dato il modo di ta.l)i)ricazion»3
e che tanto utili riescono nella morfologia .sperimentalo. Con (pie.sti
sottilissimi aghi, che io ho pensato di .sostituire in ([ueste delicate
manipolazioni anatomiche agli aghi da dissezione usuali che .sono
sempre in confronto enormemente più gro.s.solani, è po.s.sibile anche
giungere ad i.solare l'endoderma con le sue ta.sche branchiali, flal
mesoderma che lo circonda, dai primi stadii fino a che i tessuti
mesodermici non acquistano una consistenza meccanica notevole,
così come è stato fatto per i preparati disegnati nelle figure della
tavola 15.
Con (juesto metodo però non è possibile analizzare rapporti com-
plessi di parti molto piccole e delicate, come è p. es. il caso della
ttdìa nelle epoche avanzate dello sviluppo larvale, che possono in-
vece essere seguite bene con il metodo delle ricostruzioni, come
è stato fatto in modo molto accurato da Spemann ('98). Così pure
solo col metodo delle sezioni possono essere studiati i rapporti deli-
cati esistenti fra mesoderma ed ectoderma, fra parte dorsale e ven-
trale del mesoderma cefalico, fra nervi e branchiomeri e cosi via,
come pure solo con que.sto metodo si possono seguire le differen-
ziazioni istologiche che, come vedremo, sono fondamentalmente la
causa vera di tutti i fenomeni morfogenetici.
Descrizione dello sviluppo normale
1. Dal primo inizio della regione bra ncliio mer i e a
all'origine delle appendici branchiali
Il primo inizio di riconoscibilità della regione che finirà per
costituire la cavità peribranchiale risale ad uno stadio molto più
precoce di quanto potrebbe sembrare a prima vista. Per compren-
derne infatti tutta l'ulteriore evoluzione, è necessario prendere le
mosse dallo stadio disegnato nella Fig. 1 nella quale il girino ha
appena modificata la sua forma primitiva di ellissoide poco al-
lungato, presentauflo un aumento leggero delle dimensioni longi-
tudinali ed un sensibile cambiamento del suo profilo per l'indivi -
dualizzazione di una regione cefalica. Questa regione comprende
quasi un terzo dell'intera lunghezza del corpo ed è limitata cau-
138 Paolo Della Valle
flalmente da una specie di avvallamento, nettamente riconoscibile
dall'esterno che chiameremo solco branchio-addominale, al livello
del quale lo spessore trasversale del corpo è minimo ^). Questo av-
vallamento, molto importante per 1' ulteriore storia della regione,
è limitato (piindi caudalmente dalla bozza addominale quasi im-
mutata rispetto allo stadio antece lente e rostralmente dalla spor-
genza meno estesa ma più pronunciata della regione branchiome-
rica che ora esamineremo. Ciò però vale solo per la parte centrale
del solco, cioè per la sua regione più laterale, perchè verso l'e-
stremità dorsale e verso quella ventrale, non ha limiti definiti per-
chè le duo bozze che lo limitano degradano ambedue verso la re-
gione corrispondente alla parte laterale del sistema nervoso centrale
e verso la regione mediana ventrale. E però da notare che mentre
la bozza addominale è dovuta alla massa compatta del materiale
nutritivo ancora esistente, la bozza cefalica invece deve le sue no-
tevoli dimensioni trasversali all'ampiezza della camera faringea che
ha pareti relativamente sottili (cfr. Fig. 54). Si comprende quindi
come le dimensioni assolute della bozza branchiale possano essere
abbastan/-a fortemente variabili.
Oltre questo dall'esterno non è possibile distinguere altro, se
si prescinde dagli imponenti organi adesivi, di importanza morfo-
logica relativamente molto scarsa; attraverso 1' ectoderma uniforme
(fortissimamente pigmentato negli embrioni di Bi(fo), non è pos-
sibile infatti riconoscere ancora nemmeno la posizione delle cap-
sule olfattive ottiche ed acustiche.
Interessanti notizie possiamo invece aggiungere mediante lo
studio delle dissezioni praticate nel modo esposto a p. 135-6 che,
per quanto difficili a questo stadio sono per il nostro studio di
grande aiuto.
La Fig. IG rappresenta l'aspetto laterale di un girino di uno
stadio di poco anteriore al quale è stato asportato l'ectoderma. In
tale preparato si segue perfettamente il comportamento del meso-
derma cefalico nei suoi diversi rapporti con gli altri organi coesi-
stenti, con una evidenza ed una sicurezza quali non possono essere
date dal metodo delle sezioni e delle ricostruzioni.
1) Questo avvallamento, molto evidente negli stadi! più avanzati, ivi iip-
punto è stato notato specialmente da VoN Baer ('28 p- 226). Withney r'67 p.
45j, (loTTK r75 p. 221 0 . 220.
L'appaiato (tpt'iiolRie e la cavità pciilniituliiali' ium' «'unlal.i 111
E ni\i(;i(o aiicliu r^spcllo fini iiaslri, c]n> ncilu sIjkIÌo |.nc.f|cnte
L(j.stituivaii(j i nervi biaiicliiomorici. Int'aUi a (imist' t^ìucti, nella
regione dove precedentemente si notavano il IX ed il X, ci(ìè nella
regione posta subito caudalmente all'impronta otica, ora notiamo
invece due rigonfiamenti di forma quasi fnsoidi, tozzi, irregolarmente
appiattiti, decorrenti sort:iiiti
modificazioni avvenute nella regione Vjranchiale. Non abbiamo in-
fatti ])in a che tare con una superficie uniformemente toiideg<'-iante.
fino al solco brauciiio-addoniinah*, ma invece con una bozza rela-
tivamente meno estesa, mi mi'.gli > individualizzata e più spor-
gente, sulla quale cominciano a comparire aneli»; i primi segni di
una branchiomeria visibili anche dall'esterno. Caratteri di questa
regione, importanti per l'interpretazione dei fenomeni ulteriori, sono:
I. La inclinazione latero- ventrale della sua parte ventrale, fatto
che prelude alla direzione prevalentemente trasversale degli ai-chi
branchiali definitivi che si svilupperanno appunto da tale regione
più ventrale.
II. Il fatto che la sporgenza massima della bozza branchiale
corrisponde al livello del primo branchiomero postici' leo che co-
mincia ad individualizzarsi, in modo che la regione donde si svi-
lupperanno gli archi branchiali più caudali viene ad essere rivolta
in direzione ventrale -caudale- laterale (cfr. Fig. 42 1. Questa incli-
nazione che si accentuerà ancora negli stadii successivi ed avrà non
poca importanza nel processo di formazione della cavità periliran-
chiale.
E anche da notare che la sporgenza ni.issiraa del primo bran-
chiomero postioideo corrisponde alla sua estremità dorsale, dove
appunto non tarderanno a comparire le prime appendici branchiali.
III. La constatazione che ora per la prima volta comincia ad
essere visibile dall'esterno il margine caudale del branchiomei'o
ioideo, specialmento nella parte nella quale esso, sorparpassando i
lìianchiomeri più caudali, si spinge più ventralmente di essi.
IV. Il fatto che il margine ventrale dei branchiomei'i [ìost-
ioidei si presenta abbastanza netto individualizzando così ventral-
mente ad essi un'area ipobrauchiale, che forma una continuazione
rostrale della regione addominale, ed alla (piale profondani»Mite
corrisponde il cuore. Quest'area è specialmente evidente nella liana,
nella quale gli organi adesivi sono ridotti alle due estremità più
rostrali e laterali, mentre invece nel Biifo, l'enorme sviluppo ihe
questi organi raggiungono verso quest'epoca anche nella loro estre-
mità caudale mediana, la rende meno evidente dall'esterno. A
proposito degli organi adesivi, che per la costant»' rii-onoscibilità
durante tutto il periodo che esaminiamo possono servirci come
IIJ I'hoIm Drlla Vnlle
punti) .li lilriiiiifulo per l'aiiiilisi di'lhj sviluppo relativo dello sin-
o-oltì palli, ò iuleiessaulu ncjLare elle in questo stadio di iniziale
riconoscibilità dei branchiomeri in cui essi presentano ancora i loro
rapporti tipici, il limite caudale mediano di questi organi adesivi,
corrisponde esattamente al brancliiomero ioideo.
Anche il con)portamento del limite caudale della regione bran-
(diiale deve essere considerato, poiché ormai esso si presenta molto
più netto di prima, sia per una maggiore sporgenza delle parti che
immediatamente limitano il solco branchio-addominale, sia forse
anche per una diminuzione assoluta delle dimensioni trasversali
nella regione di tale solco, ormai abbastanza profondo. Si deve
anche notare che raumento delle dimensioni trasversali in direzio-
ne caudale è ora notevolmente rapida, ed anzi nella regione più
dorsale del solco branchio-addominale, ciò è molto evidente per
il sensibile rigonfiamento della regione del pronefros, perfettamente
riconoscibile dall'esterno, che contrasta con l'aumento di dimen-
sioni in direzione rostra le che a tale livello è un poco minore che
non più ventralmente. Verso la regione dorsale il solco branchio-
addominale si sperde per così dire, in un avvallamento ampio a
limiti poco netti specialmente in direzione caudale, mentre rostral-
mente sale con lento pendìo sulla regione otica che si continua
in modo insensibile con la parte più dorsale dei branchiomeri
postioidei (cfr. anche Fig. 42).
L'esame del comportamento del mesoderma cefalico pure ci di-
mostra cambiamenti sensibili (cfr. Fig. 19), In primo luogo ciò
che è evidente è che l'enorme sporgenza che gli organi adesivi
formano nella regione rostrale ventrale implica in modo quasi as-
solutamente esclusivo il solo ectoderma, poiché nell'interno di tali
organi, (costituiti dalla lamina esterna dell'ectoderma straordina-
riamente ispessita) non esistono che solo ampie lacune nelle quali
non si ritrova che qualche cellula di mesenchima (cfr. Fig. 54 e 55).
Due sono invece i fenomeni più interessanti che si desumono
dall'esame di queste dissezioni: l'aumento assoluto e relativo delle
ilimen^^ioni dei primi due branchiomeri e la perfetta individualiz-
zaziune di tutti, ancora poco chiara dall'esterno, ma qui evidente
specialmente per il fatto che oltre alla tasca entodermica io -man-
dibolare, anche le alt.-e tasche eutodermiche più caudali ormai
fortemente accentuate dalla superficie laterale dell'entoderma (cfr-
Fig. 49) hanno raggiunta la superficie esterna del mesoderma cefa-
lico e sono quindi visibili con la semplice asportazione dell' ecto-
L'apparato «ipt^rcolare e la cavila ptMiliraiicliiald uni (Jonlal i ll>
derma ' ). In (|iit!stu modo la Kraiu'.hiomuiizzit/ioiit) del mtjsoduiiua
Ila tatto uà ulterionj notevole- progresso.
Quasi così evidenti come dall'esterno a mesoderma asportato
sono le tasche entodermiche dall'interno della cavità faringea, come
si può vedere dalla Fig. 87 la quale rappresenta questa cavità vista
dalla direzione morfologicamente dorsale, cioè dalla parte dorso-
rostrale dove essa è in relazione col sistema nervoso centrale , a
causa della curvatura cefalica di questo nell'epoca in esame. Ciò
che è specialmente notevole, in relazione agli stadii successivi è la
direzione ancora quasi esattamente trasversale dei brancliiomeri più
caudali che solo per il branchiomero ioideo e specialmente per
quello mandibolare si modifica per la notevole inclinazione anche
l'ostrale di questi ultimi. Importante è anche il fatto che i primi
branchiomeri postioidei non distauo dalla linea mediana molto di
più dei branchiomeri più caudali, ed anche l'altro che la distanza
tra il limite rostrale dei branchiomeri postioidei (posto poco cau-
dalmente alla evidente fossetta tiroidea) -) e la bocca, è inferiore alla
distanza che separa tale punto dall'adito faringeo.
L'asportazione dell'ectoderma rende anche più visibile la net-
tezza del solco branchio-addominale e 1' individualizzazione della
regione pericardica. Per quest'ultima dalle Fig. 55 e Fig. iy, è
anche visibile come l'aumento volumetrico di questa regione, che
si inizia appunto in questo stadio, contribuisce a spingere dorsal-
mente la parte ventrale della regione branchiomerica più caudale
favorendo cosi l'appiattimento dorso-ventrale della cavità faringea
che in seguito sempre più si accentua per la cooperazione di anche
altri fattori. Dalla Fig. 19 sono anche evidenti i rapporti ancora
perfettamente tipici esistenti fra i branchiomeri e la capsula otica
oramai incastrata nel mesoderma cefalico dorsale. Ciò che invece
1) cfr. GùTTE '75 p. 223-5 per la parte descrittiva e p. 724 pT i rapporti
(di natura secondaria secondo l'a.) fra la metameria primaria della regione la-
terale del capo e le tasche entoderniiche branchiali. Per le dis.ussioni sulla
meccanica del loro svilii[)po cfr. il capitolo relativo nell'analisi dei fattori della
murfogeuesi.
-1 Dalla Fig. HT e specialmente dalle Fig.48, 41» e 50 si riconosce chiaramente
che rinfundibolo tiroideo corrisponde esattamente a quel punto della linea me-
diana ventrale della parete faringea che si trova alla riunione delle due docce
«he prolungano ventralmente le tasche eiitoilenuichf io-uiandihilari. esattamente
innanzi all'estremo rostrale del mesodernui sulla linea mediana ventrale. Spero
di ritornare in seguito siiirimpoitanza di questo rapporto per la morfologia
della tiroide.
Istituto zoologico Italiano Voi. VII. 11
14tì l'aolo Della Valle
il girino ricu[)urto dairuutuclHiuia inusti;iva più oviduutemeute che
noli il solo mosoclerma è il limite caudale del brancliiomero io ideo,
ciò che prelude all'accrescimento quasi esclusivamente ectodermico
della regione ventrale del branchiomero ioideo in direzione caudale.
Mentre questi fenomeni si verificano per la morfogenesi della
regione cefalica, anche tutto il resto dell'organismo del girino su-
bisce gravi cambiamenti di natura generale.
Questo stadio infatti presso a poco è quello in cui gli embriomi
di Auuri , fluidificata completamente la capsula di albume ohe li
aveva finora circondati vengono a trovarsi ad immediato contatto
con l'ambiente esterno. In questo stadio si verifica il mutamento
della forma della regione del tronco del girino, da ellissoidale che
era, in appiattita ai due lati, dal solo branchio-addominale fino al
livello dell' ano, forma appiattita che esso conserverà fino al mo-
mento del rapido e grandioso :issorbimento di acqua da parte di
tutti i tessuti che si verifica , come vedremo , ad uno stadio uou
molto lontano. Verso quest' epoca pure avviene il rapidissimo e
gi'ande accrescimento in lunghezza del tubercolo codale, che modi-
fica profondamente l' aspetto generale dell' embrione degli Anuri.
Questo è intine lo stadio che a causa della quasi completa assenza
di movimenti muscolari meglio si presta per le esperienze di in-
nesto, e che per la facile e sicura riconosoibilità delle varie parti
della regione branchiomerica dall'esterno è stato quasi sempre pre-
ferito da me per le esperienze di analisi dei fattori della morfo-
genesi posteriore della regione, mediante asportazioni parziali.
2. Dall' origine delle appendici branchiali al
primo inizio della chiusura della cavità peri bran-
chiale.
La sporgenza della regione branchiomerica, che anche nello sta-
dio precedente era accentuata specialmente al livello della regione
dorsale del primo branchiomero postioideo , assume nello stadio
seguente (cfr. spec. Fig. 3) caratteri speciali per l' origine delle
appendici branchiali , che appunto in questa regione inizialmente
compaiono, E però da notare che la sporgenza ulteriore è l'eflfetto
di due fenomeni morfogenetici completamente distinti. Infatti la
prominenza della regione branchiomerica prima era esclusivamente la
L'apparato opercolare e la cavità |ierilirnM. -'y«-'> •• Strds . '95 p. 1
(>.'.
J52 Paolo Della Valle
differenziazione del pericardio, interessano per la storia della for-
mazione «Iella cavità peribranchiale, in quanto hanno influenza sul
comportamento dei branchiomori postioidei.
Quanto ai loro caratteri, come già abbiamo visto accennato
allo stadio precedente (cfr. p. 143) e come ora si vede bene dalla
(Fig. 3), lo prime appendici branchiali sono cominciate a compa-
rire sul primo branchiomero postioideo e propriamente sul punto
più sporgente di esso e sulla sua immediata continuazione in di-
rezione ventrale mediana ^). Ancora nessuna appendice si è indi-
vidualizzata sul branchiomero immediatamente più caudale ma
anche esso ora è molto meglio riconoscibile di prima dell'esterno
anche nel girino intatto , ed anche esso mostra chiaramente
come la sua massima parte è quella che dalla regione più spor-
gente si dirige medialmente e ventralmente. Confrontando con lo
stadio precedente si vede che si è verificato un sensibile accresci-
mento proprio di questa parte dei primi branchiomeri postioidei
compresa fra la regione della massinia sporgenza dorso laterale
di essi e la loro estremità ventrale. È probabile che da questo ac-
crescimento dipenda la maggiore sporgenza laterale che ora pre-
sentano i primi branchiomeri postioidei, ma non è inverosimile
che in parte ciò sia anche 1' effetto di un notevole aumento
delle dimensioni trasversali di quella regione della parete farin-
gea posta dorsalmente alle estremità dorsali delle tasche bran-
chiomeriche. Per questo processo che si può riconoscere abbastanza
dalle Fig. 42, 56, 50, ma che è specialmente evidente guardando
la regione faringea dalla parte dorsale dopo avere asportata la
cute, il sistema nervoso, le capsule sensitive e la corda, si viene
a costituire una parete piana di forma triangolare sulla quale
poggiano gli organi sopra citati che la nascondono completamente
dalla parte dorsale. Un tale fenomeno ricorda l'aumento delle di-
mensioni trasversali dalla parte dorsale del rombencefalo che si
verifica appunto in questo stadio, come si può riconoscere dalle
Fig. 56-57.
Fin da ora è opportuno insistere sul fatto che nonostante che
li maggiore sporgenza dell'arco ed il i)riino inizio delle appendici
branchiali non si verifichi all' estremo dorsale del branchiomero
quale esso si manifesta alle dissezioni, pure quasi certamente la
prima appendice branchiale che compare è anche la più dorsale e
1) ("tv. anche Gotte '75 p. 675.
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nel Cordati 153
quelle che in .seguilo .si tbnnauo, couipaiuuo lutto regolarmente
in serie dorso ventrale. Le appendici braneliiali più V(uitrali .s(jno
cioè le ultime ad essere formate, e (juindi anche tutto il futuro
arco branchiale funzionante si viene a sviluppare dalla sola re-
gione ventrale dei brancliiomeri iniziali. Ricorderò ancora una volta
a questo |>roposito che tale regione fin da ora ha inclinazione me-
diana oltre che ventrale perchè ciò ha importanza per la morfo-
genesi ulteriore.
Così pure è importante notare che dalla sporgenza laterale
massima della regione dorsale del primo branchiomero si digrada
medialmente tanto in direzione rostrale verso la parte dorsale del-
l'arco ioideo quanto in direzione caudale verso il solco branchio-
addominalo.
Infatti, per ciò che riguarda i rapporti in direzione caudale,
ciò significa che la regione branchi omerica più caudale tln da ora
è ricoperta in direzione laterale-rostrale dal primo branchiomero
postioideo, nonostante il sensibile parallelismo di direzione di tutti
gli archi postioidei e nonostante che il primo non sia che di poco
più voluminoso dei successivi. Considerando poi che il solco bran-
chio-addominale è andato diventando progressivamente più accen-
tuato anche per l'aumento continuo di dimensioni della regione
addominale (specialmente nella regione più dorsale a causa dello
aumento di volume del pronefros) ne viene di conseguenza che la
distanza assoluta tra l'estremità dorsale del primo branchiomero
postioideo e l'ectoderma che ricopre le pareti addominali della re-
gione pronefrica nel punto dove esse cominciano ad inclinarsi me-
dialmente per formare il solco branchie-addominale, è molto meno
grande assolutamente anziché morfologicamente. Ciò del resto si
vede chiaramente considerando il comportamento del limite dor-
sale dei brancliiomeri postioidei rispetto alla parte rostrale della
parete addominale dorsale (regione pronefrica), allorché si osserva
il girino dalla parte dorsale, (cfr. Fig. 43, specialmente in para-
gone con la precedente Fig. 42).
Quanto ai rapporti rostrali si debbono considerare diverse
cose. Prima di tutto è da notare che il margine caudale del bran-
chiomero ioideo, appena accennato nello stadio precedente (cfr.
Fig. 2), ora invece ha limiti molto più netti specialmente nella
sua parte media. Tale margine inoltre si spingo molto più ven-
tralm(;nlo di (pianto non si spinga il pi'imo branchiomero postio-
ideo, ed inoltre es.so ìia una inclinazione mi'diale meno accentuata
154 Paolo Della Valle
di questo, onde, al livello della estremità ventrale del primo bran-
chiomcro postioidoo, il margine in questione viene a sovrastarlo non
poco in direzione laterale. Molto degno di nota per l'evoluzione ul-
torioro è anche il fatto che tale margine, fin da ora accenna ad
avere una inclinazione caudale oltre che mediale e ventrale, mentre
i braucliiomeri postioidei hanno ancora direzione quasi perfetta-
mente vontrale-mediale o anche leggermente rostrale, onde av-
viene che le direzioni del margine ectodermico posto rostralmente
e la direzione dei branchiomeri postioidei formano fra di loro un
angolo.
Quanto al margine ectodermico in questione, già si nota, ed
andrà progressivamente accentuandosi in seguito, una differenza
tra la direzione sua e quella della parte mesodermica dell'arco io-
ideo. Mentre infatti questa, come risulta dalle Fig. '20 e 31 è quasi
esattamente trasversale, il margine ectodermico ha direzione obli-
qua ventralmente, medialmente e caudalmente, onde avviene che
già a quest'epoca il margine ectodermico si spinga nella regione
ventrale abbastanza più caudalmente dei territorio dell'arco ioideo,
onde non mi sembra del tutto sicuro parlare di esso come del li-
mite caudale del dermobranchiomero ioideo
8i deve considerare a questo proposito che nel caso degli
Anuri in generale e del Bufo in modo speciale, un andamento del
margine ectodermico parallelo alla parte mesodermica del bran-
chiomero, cioè quasi perfettamente trasversale, non sarebbe forse
addirittura possibile, per il fatto che verrebbe a corrispondere
nella regione mediana ventrale alla parte più caudale degli organi
adesivi che costituiscono un'area ectodermica altamente differen-
ziata.
Molto interessante è il fatto che tale margine dorsalmente si
arresta ad un livello di non poco più ventrale di quello al quale
si sviluppano le appendici branchiali più dorsali del primo bran-
chiomero postioideo e quindi a maggior ragione più ventrale del
limite più dorsale di tale branchiomero.
Con lo stadio successivo (Fig. 4) i fenomeni morfogenetici accen-
nati nello stadio precedentemente analizzato si accentuano notevol-
mente. Come abbiamo visto questi erano : I L'aumento assoluto e
relativo di dimensioni dei branchiomeri mandibolare ed ioideo; II
La ulteriore differenziazione di questi; III (specialmente interes-
sante per noi) l'aumento della inclinazione mediale del decorso dei
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Cordati 155
branchiomeri postioidei; IV racurescimealo dolio dimonsioiii tras-
versali dolla rcgiono addominale postbraiicliialc ohe tanto ounlri-
buisco all'auinento della profondità del soloo l)ranohio-addoiniiialo.
A proposito di alunni di questi fononioni è opportuno aggiun-
gere qualche altra notizia. Spezialmente notevole ò intatti la con-
statazione che col progredire dell'aumento dell(3 dimensioni tras-
versali del girino ^) specialmente al livello della regione branchio-
merica più rostrale, tanto il branchiomero mandibolare che (piello
ioideo, accentuano la distinzione in una regione latero-dorsale od
una ventrale; distinzione che il primo di ossi già mostrava accen-
nata nello stadio precedente. Per l'arco mandibolare non si tratta
che di una differenziazione ulteriore che si manifesta specialmente
con la più netta individualizzazione del m. submandibularis (cfr.
spee. Fig. 32), mentre per 1' arco ioideo che corrisponde proprio
al punto delle dimensioni trasversali massime del capo, la differenza
di direzione fra la regione laterale e quella ventrale, ora special-
mente si accentua, preludendo alla differenziazione del muscolo
subhyoideus ventrale e della cartilagine ioidea ventralmente e della
massa comune dei muscoli ioidei latero-ventrali nella regione più
dorsale.
Due sono le conseguenze di queste modificazioni di rapporti e
progressive difìerenziazioni della massa mesodermica dei due primi
branchiomeri. La prima è che la tasca entodermica io-mandibolare,
che già nello stadio antecedente si mostrava di uno spessore mi-
nore di prima ^j, ulteriormente si riduce, per un processo di atrofia
progrediente dalla sua estremità ventrale, come può vedersi dalle
Fig. 21 e 22 e specialmente dalla Fig. 51. Tale parte ventrale
della tasca io-mandibolare, come risulta evidentemente dalle dis-
sezioni degli stadii successivi, viene a trovarsi interposta fra la
cartilagine quadrata posta dorsalmente e la massa dei muscoli de-
pressori della mandibola ventralmente, e poiché queste due for-
mazioni tendono a riunirsi rostralmente, non è improbabile pen-
1) Cfr. spec. Fig. 32 in confronto alla Fig. 31.
2) Da quanto risulta dalle mie osservai ioni , tale tasca eutoderuiica non
j^iunge mai a divenire una fessura branchiale pervia (cfr. anche Parkkr '71
p. 135). Dall'esterno, conoscendo la sua posizione, si riconosce una leggera in-
fossatura alla quale corrisponde la sua estremità (ctr. Fig. 3), che però, non
raggiunge mai, nemmeno nella Rana, l'aspetto di una vera fessura come ò di-
segnata da Parker ('71 tav. 3 fig. 10 e 11).
15(ì Paolo Della Valle
sarò ad un rapporto oausale fra l'atrofia ventrale dalla tasca e
Tinsorzionu mandi Ixjlaro dei deprcssori,
L' altra conseguenza consiste nel fatto che per la progressiva
diiVerenziuzione istologica delle diverse regioni del mesoderma di
i(oiil,ti tra tali lilifc
muscolari od il yaaolio iiit'iirioriì dui V, [)osl,o suliito uaudalincuLu
all'occhio.
Analogamente nella parte ventrale dello stesso arco è possibile
così mettere bene in evidenza il m. submandibiilaris (cfr. spec.
Fig. 32), che presenta dimensioni notevoli relativamente al capo *),
nonché i rapporti di esso con la parte più ventrale della tasca io-man-
dibolare, che è più evidente ora a causa della tlissezione praticata an-
ziché nello stadio precedente a mesoderma intatto (ctV. Fig. i31), no-
nostante l'atrofia iniziale della regione ventrale alla (juale abbiamo
già accennato. Come si vede dalla figura, la tasca io-mandibolare
si appiana verso la regione ventrale, ma il muscolo subinandil)n-
laris si spinge più caudalmente della linea alla quale corrisponde-
rebbe il prolungamento ventrale della tasca io-mandibolare.
Molto importanti per l'ulteriore storia della regione sono i rap-
porti esistenti fra gli organi differenziatisi nella regione branchio-
merica immediatamente più caudale, cioè tasca entodermica io-man-
dibolare, ramo io-mandibolare del VII e ganglio relativo, meso-
derma branchiomerico ioideo, tasca entodermica io-branchiale, ramo
branchiomerico del IX.
Come si nota anche a mesenchima intatto (Fig, 21) la tasca
entodermica io-mandibolare non è più visibile che verso la regione
laterale, però mediante le dissezioni si vede che tale riduzione
non procede uniformemente, perchè, verso la regione laterale-dor-
sale, il margine esterno della tasca entodermica presenta una specie
di lobo, bene individualizzato, come si osserva nella Fig. 22 ed
anche nella Fig. 61, a mesoderma completamente asportato, non-
ostante che si tratti di uno stadio un jtoco più precoce. Tale
lobo rappresenta il punto nel quale la tasca è più accentuata, e
va gradatamente riducendosi verso la regione dorsale, mentre in
direzione ventrale la diminuzione di altezza della plica entoder-
mica è molto rapida, in modo che il margine di essa presenta come
un' incisura. Su questa incisura avremo occasione di ritornare in
seguito, ma già si può notare che ventralmente e caudalmente ad
') Come si vede da questa Fig. 32 il muscolo subimindibulari.s è foiitlnuo
sulla linea mediana prima del muscolo subhyoideus, contrariamente a quanto
ha affermato Futamura ('07 p. 481Ì, basandosi sullo studio di se/ioni. E vero
però che egli parla di embrioni di Alytes , nei quali secondo lui (p. 488) non
esisterebbe questo muscolo che e»li chiama « iutermandlbularis anterior ».
inS Paolo Della Valle
ossa coiris|)uii(ki il iii;ir^iii*i dorsale di una massa iiiusodermica an-
cora iin-liUuronziata a limiti straordinariamonte indecisi, posta ro-
stralmente e internamente alla parte ventrale del muscolo orbito-
ioideus che si va differenziando. La tasca entodermica io-mandibo-
lare ha anch'essa come l'arco mandibolare decorso oltre che ven-
trale e mediano anclie rostraU^ , anche più che nello stadio pre-
cedente, per l'aumento assoluto e relativo della massa dei tessuti
mesodermici posti nella regione- ventrale del l)ranchioinero ioideo,
come è visibile chiaramente dalla Fig. 51.
Il ramo io-mandibolare del VII ed il ganglio relativo che negli
stadii precocissimi avevamo visto decorrere subito rostralmente al-
l'impronta che la capsula otica forma sul mesoderma (cfr. Fig. 16),
alla superficie del mesoderma indifferenziato, lo ritroviamo ora im-
merso nel mesoderma che si va variamente differenziando. Iden-
tico è rimasto il suo rapporto con la capsula otica, subito rostral-
mente alla quale esso decorre nella sua parte più dorsale ^), ma
mutata è la sua direzione, poiché invece che esa.ttamente in dire-
zione ventrale esso decorre fortemente inclinato in direzione ro-
stro-ventrale , subendo cioè anch' esso, benché in grado minore, lo
stesso fenomeno che abbiamo constatato per l'arco mandibolare e
la tasca io-mandibolare. Un rapporto importante di tale ramo ner-
voso è che esso decorre subito caudalmente alla tasca entodermica
io-mandibolare, come é specialmente evidente al livello del lobo di
tale tasca nella regione laterale, di cui abbiamo precedentemente
parlato '^).
In questo stadio è anche molto evidente che il ramo io-
mandibolare del VII decorre subito rostralmente al mesoderma del
branchiomero ioideo, rapporto questo che in seguito non sarebbe
più possibile riconoscere per le profonde alterazioni che subisce il
mesoderma di questa regione. Infatti questo stadio é anche l'ul-
timo in cui sia ancora possibile riconoscere con sicurezza e solo col
') Nelle mie figure 22 e 23 è chiaramente visibile il fenomeno j;ià notato
daOoETTE ('75 p. ^)')5) che negli stadii precoci il ganglio del VII è distinto dal
ganj^lio del V col quale solo in seguito entra in intimi i-apporti. CtV. anche
(Iaupp '92 p. 468 e Landacre e Me Lean ('12).
2) Anche uegli stadii più precoci, praticando con molta cura la dissezione
delle tasche entodermiche con sottili.ssimi aghi di Spemann , è possibile dimo-
strare questo rapporto. A tali epoche \)erò il VII, come anche il IX seguono
molto più dai)pre.sso il margine e.sterno delle tasche branchiali corrispondenti
che hanno esattamente la stessa direzione dei nervi.
L'apparato oporcolaie e la cavità pcribraiicliiale nei (Jtjidati 15!'
iiiutodo dolio dissozioiii icì'v. F\^. '2L o 2'2) olio il iiussufloruui dol braii-
cliitjiiioro ioidoo uoiisorva anello iiolla sua ro;L;'ioiit', dijrsalo i rappurli
primitivi e tipici o cioè conisponde al livoUo doUa ca[).sula otioa.
Questo rapporto è conservato, nonostante che la cartilagine ioidea
ed i muscoli di questo branchiomero si vadano differenziando più
ventralmente ad un livello notovolinento più rostrale, por il fatto
che la regione più dorsale del branchiomero è ancora riconoscibile
come un tratto quasi mesenchimatoso decorrente anch'esso in di-
rezione rostrale caudale, parallelamente al decorso della parto dor-
sale del V"II, dalla regione ventrale della capsula otica all' apice
dorsale del muscolo orbito - ioideo che si va differenziando ^j.
Questo rapporto è molto importante per le numerose discussioni
che sono state fatte intorno alla morfoloo^ia della columella e della
tromba di Eustachio negli Anuri (Parker '79, Willy '90, Spemann '98'
Fox 01) perchè dimostra come sia perfettamente possibile che nella
regione otica siano rimasti residui dorsali dell'arco ioideo, ^) e come
certamente l'articolazione larvale quadrato-iale si verifichi per uno
spostamento della cartilagine ioidea in direzione rostrale consecutiva
alla scomparsa della regione ventrale della tasca entodermica io-
mandibolare (cfr. anche Spemann '98). Non è inutile ricordare qui
che nell'adulto, per effetto di altri gravi mutamenti, si finiscono
con l'ottenere rapporti molto più prossimi a quelli primitivi e tipici
di quanto non lo siano i rapporti che esisteranno durantt^ lo stato
larvale stazionario.
La regione latero- ventrale del mesoderma brandi iomerico ioideo
come abbiamo già accennato, in questo stadio accentua fortemente
la sua individualizzazione in una regione ventrale, alla quale cor-
risponderanno la cartilagine ioidea propriamente detta ed il muscolo
subhyoideus, ed in una regione laterale donde non si difterenzieranno
rhe muscoli, come vedremo in seguito. Tah^ fenomeno, ò evidente-
mente in relazione con l'aumento delle dimensioni della n^gione ven-
trale in senso prevalentemente trasversale, come risulta specialmente
dal paragone tra la Fig. 31 e la Fig. 32 ed ha importanza anche per
il problema del valore morfologico della cartilagine ioidea dei gii-ini
>) Questo fatto è stato già notato da Parker ('71 tav. 4 ti^:. 1 e 7) che nel
lavino successivo (76 p. <)14-5) ha anche corrette le arbitrarie oin..l.)<;i.' che nella
prima memoria aveva creduto di stabilire per la rej^ione il<>r.s:il.' dellaico ioideo
(ctV. specialmente '71 p. 187-8 e tav. 10 tig. 11-20).
-) Perciò appunto mi sembra troppo affrettata la conchiusiune a^soIutamente
negativa di Gaupp i'05 p 725).
JHO Paolo Della Valle
ricali Alluri. ;^fi;u'f.lit"',(|;i (|ii.iiitu si è dulto, è uvidciito chu tjss.i non
può chu oorrispondoru solo .lUa j)arl.o vonirale dell'circo cartilagine«j
ioideo dei vertebrati in cui questo si presenta più completamente
sviluppato.
Duo altri caratteri di (questo mosoiierma branchiomerico ioideo
sono importanti. Il primo è che sulla linea mediana ventrale le due
masse mesodenniclie donde si va differenziando il m. subliyoideus
non ancora si sono fuse sulla linea mediana, e questo fenomeno,
che pure sarebbe perfettamente interpretabile nel senso di differen-
ziazione eterocrona delle singole parti, già fa sospettare che la re-
o-ione propriamente mediana a tale livello inizialmente non fosse
ioidea. Tale conseguenza è poi avvalorata specialmente dalle sezioni
che dimostrano come nella regione mediana il muscolo subhyoideus
se non la cartilagine ioidea si trova ventralmente alla estremità ro-
strale della regione cardiaca, e sopratutto dal fatto che a differenzia-
zione avvenuta è evidente che la muscolatura ipobrancliiale raggiunge
addirittura la sinfisi mandibolare, decorrendo ad un livello più ven-
trale della cartilagine ioidea, ma più dorsale del m. subhj'oideus,
a destra ed a sinistra della tiroide che si trova nel loro stesso
piano. In ogni modo questo punto di non piccolo interesse per la
morfologia della regione branchiomerica avrebbe bisogno di un ul-
teriore esame più completo ^).
Quanto al ramo branchiomerico del IX, lo troviamo mutato
nel suo decorso rispetto a come lo avevamo visto nei primi stadi i
(cfr. Fig. 16, 18, 22 e 44). Dorsalmente esso si trova come allora su-
bito caudalmente alla capsula otica, ma, mentre nei primi sta Hi e^so
decorreva in direzione perfettamente dorso-ventrale, ora invece si
dirige obliquamente in direzione rostrale ventrale seguendo prima
il limite caudale della capsula otica e poi il margine caudale della
parte più dorsale del branchiomero ioideo di cui abbiamo testé par-
lato '•^). Più ventralmente il IX è separato dal mesoderma branchio-
1) Cfr. p. 139,149, 150 e Gotte '75 p. 224, 232, Gr,2, 666. Cfr. anche Corning "99
p. 227 e 233 e Vialleton '08 p. 74 clie più chiaramente degli altri si è posto
il problema del limite rostrale della regione pericardiaca.
2) Cfr. anche Gotte '75 p. 670. Benché gli A. non diano notizie precise sui
cai-atteri generali di sviluppo dello stadio esaminato, pure credo che proprio questo
sia anche quello per cui Landacre e Me Lean ('12j hanno analizzato il comporta-
mento dei gangli cerebrali nella Rana pipiena, infàiaiìte il metodo della proie-
zione piana. Di questo lavoro, dedicato a problemi di natura diversi da quelli
qui esaminati , e che perciò uon consideia che pochissimo i rapporti dei varii
L'apparato opercolare u la cavità peribrauchialo nei Cordali Hll
merico ioiduo dalla parlo più dorsale dolla tasca untodormica posta
tra l'arco ioideo ed il primo postioideo (cho in seguito chiameremo
tasca io - branchiale), tasca che dopo avere raggiunto un certo svi-
luppo, si va ora riducendo, specialmente nella regione dorsale (cfr.
Fig. 51 in paragone con la Fig. 50;. Questo rapporto del ramo
branchiomerico del IX rispetto alla tasca io-branchiale , analoga-
mente a quanto avviene per il ramo io-mandibolare del VII ri-
spetto alla tasca entodermica io-mandibolare, dimostra con ogni evi-
denza la loro omologia con i rami postrematici. Come è noto Druner
('03 p. 551-3) per le larve degli urodeli dubitò per qualche tempo
di ciò per il ramo alveolare del VII, ed in ogni modo è notevole
che rami certamente omologhi ai tronchi nervosi pretrematici
non sono stati finora trovati nelle larve degli Auuri fcir. anche
Strong '95 e Landacre e Me Lean '12).
Degno della massima attenzione per l' analisi della morfoge -
nesi della cavità peribranchiale negli Anuri è l'esame della evolu-
zione della topografia del primo branchiomero postioideo e dei bran-
chiomeri successivi, ma prima di fare ciò è opportuno esaminare
i mutamenti avvenuti nella forma esterna per ciò che riguarda ap-
punto questa regione branchiomerica postioidea.
Come abbiamo visto (cfr. p. 152-3), lo stadio precedente mo-
strava un aumento della sporgenza laterale dei branchiomeri po-
stioidei ed anche dell'inclinazione mediale della pa rte ventrale di
essi (quella su cui si sviluppano le appendici branchiali). Questo
fenomeno si è ancora più fortemente accentuato tanto che oramai
i branchiomeri postioidei, e specialmente il primo fra essi, con la
loro estremità dorsale costituiscono il punto del capo di molto più
sporgente lateralmente (cfr. Fig. 44) e la inclinazione della parte
di essi sulla quale si sono andate ulteriormente sviluppando le ap-
pendici branchiali si può dire che sia diventata più fortemente
latero-mediana anziché dorso- ventrale (cfr. Fig. 3'2). Confrontando
poi le dimensioni assolute della parte dei branchiomeri situata tra
il punto dove è comparsa o sta per comparire la prima appendice
tronchi nervosi con i diversi organi , a noi interessa prevalentemente la con.
chiusione, dedotta dal paragone con le condizioni della larva adulta studiata da
Strong ('95), die in questo stadio i singoli gangli sono relativamente pifi iso-
lati fra di loro, e che (p. 475) nelle epoche larvali successive i gangli del X
subiscono spostamenti dovuti all' appiattimento del ca])0 ed all' alhingumento
posteriore della capsula otica. Questi lutti ni>ii è liitilicile nutteie iu evidenza
mediante le dissezioni.
Archivio zoologico Italiano, Voi. VII. 12
UV2 Paolo Della Valle
branchiale e la loro estremità ventrale, evidentemente risulta il note-
vole accrescimento avvenuto in questa regione. È molto verosimile
però che questo fenomeno possa dipendere in parte anche dalla
rotazione ventrale delle estremità dorsali dipendente dall'aumento
delle dimensioni trasversali della parete dorsale della faringe, al
quale abbiamo già accennato a p. 152 e che ulteriormente si ac-
cresce. La progressione esattamente dorso-ventrale della comparsa
e dello sviluppo delle appendici branchiali ^) ci autorizza a consi-
derare punto sicuro di riferimento la prima di tali appendici bran-
chiali come ora abbiamo fatto.
Le dimensioni progressivamente minori dei branchiomeri più
caudali e la rapida diminuzione delle dimensioni della camera bran-
chiale, che del resto è effetto di tale fenomeno (cfr. Fig. 38), spie-
gano sufficientemente la maggiore sporgenza laterale dei termini
più rostrali della serie, che risulta evidente specialmente dalle
Fig. 32 e 44, e che del resto avevamo vista già accennata nello
stadio precedente (cfr. Fig 3).
Ma non è questa la sola causa per cui i branchiomeri più cau-
dali sono pochissimo visibili dall'esterno, perchè tale maggiore spor-
genza dei termini più rostrali non avrebbe alcun effetto di na-
scondere i termini più caudali a chi guardi il girino lateralmente
cosi appunto come nella Fig. 4, tanto più che nel Bufo a que-
st'epoca le appendici branchiali sono ancora corte e poco numerose.
Invece è ora divenuto evidente, e molto più si accentuerà in se-
guito, una inclinazione caudale della parte dorsale dei branchiomeri
onde l'andamento complessivo dei loro margini donde si originano
le appendici branchiali, viene ad essere veutrale-mediale-rostrale.
Tenendo poi presente che l'accrescimento assoluto di tale regione
è maggiore per il primo che per il secondo, e per questo più
che per il terzo branchiomero postioideo, ne viene per conseguenza
che la linea che unisce le estremità dorsali di questi bi*anchiomeri
viene quasi a ruotare in direzione caudale restando punto tìsso il
punto corrispondente del solco brandi io-addominale , che viene a
trovarsi presso a poco a livello della sporgenza massima della bozza
pronefrica (cfr. Fig. 44).
Questa rotazione caudale delle estremità dorsali dei branchio-
meri postioidei, di cui studieremo in seguito le conseguenze raor*
fogenetiche che si verificano allorché essa si accentua, non dipende
») Cfr. p. 203 nota.
L'a|i|>aiiiUi upeicoliire o la cavità periliramliialt- imi (Jonlali |t'>!l
solo da (luella stessa causa che abbiamo visto produrle la notevole
iiiclinazioue rostrocaudale della parte dorsale del biauchiomero
mandibolare e di quello ioideo cioè dal notevole tardivo sviluppo
della regione ventrale del capo, compresa la regione cardiaca. Tale
fattore ha certamente importanza, e basterebbe a dimostrarlo il
notevole parallelismo esistente tra il margine del 1" branchiouiero
postioideo dove si inseriscono le appendici branchiali e la parte
più dorsale del mesoderma ioideo (cfr. Fig. 22). La Fig. 51 però ci
dimostra che questa inclinazione ventrale rostrale delle tasche en-
todermiche più caudali è comune per tutte, ed anche comune è
l'influenza che esse subiscono per l'aumento volumetrico progres-
sivo della regione cardiaca che si verifica ventralmente alla loro re-
gione mediana ventrale respingendo questa dorsalmente. Ciò spiega
il parallelismo che ancora esiste fra le tre tasche entodermiche più
caudali ed anche in parte la mancanza di parallelismo che comincia
ad osservarsi fra queste e la tasca io-mandibolare , che viene in-
fluenzata poco o nulla dall'accrescimento pericardico, ma non può
spiegare perchè l'estremità dorsale dei branchiomeri postioidei più
rostrali ruoti caudalmente.
Ma vi è un altro fattore morfogenetico importante. Come si vede
confrontando le Fig. 37 e 38, nell'interno della cavità faringea si sono
verificati cambiamenti notevoli. L'infundibulo tiroideo si è ristretto,
la tasca io - mandibolare si è molto ridotta in profondità e la stessa
sporgenza interna del branchiomero ioideo si è molto appianata.
Ma ciò che è più interessante è quanto segue : mentre prima le
estremità ventrali delle sporgenze interne dei branchiomeri ioidei
si toccavano sulla linea mediana e quelle dei branchiomeri succes-
sivi nemmeno molto distavano fra loro, ora invece tale distanza è
notevolmente aumentata , specialmente per i termini più rostrali
della serie. Dall'esame obbiettivo risulta che tale aumento è dovuto
ad un reale accrescimento del campo mesobranchiale , e special-
mente della sua parte più rostrale ^). Ciò ha per conseguenza che i
1) Questa regione coi'risponde profondamente al planuni liypobranchiale che
si è andato ditì'erenziando nella parte ventrale dei branchiomeri pustioiilei che
si sono cosi congiunti fra di loro dorsalmente al pericardio. Cfr. anche Gotte
('75 p. 674); Stohr ('81 p. 76 e tav. 3 fig. 8) che, notata questa diversa
direzione dei branchiomeri postioidei, la crede effetto della posizione del cuore.
Non si può escluilere la verosimiglianza di questa interpretaz one, perchè l'e-
same obbiettivo dimostra appunto che tutta questa regione mediana iK)stu ven-
tralmente alle estremità ventrali, delle fessure branchiali costituisce la parete
164 l'aolo Della Valle
brancliiomeri più rostrali dovranno ulteriorraentu ruotare in dire-
zione latero-rostrale con la loro estremità ventrale e, ciò che più
importa, in direzione sempre più caudale con l'estremità dorsale.
Inoltre i termini più rostrali diverranno anche più esterni dei suc-
cessivi, non solo per l'estremità dorsale più sporgente, ma ancha per
tutta la loro lunghezza.
Oltre questo fenomeno della inclinazione caudale dell' estre-
mità dorsale dei branchioraeri postioidei , comincia a manifestar-
sene in questo stadio , e si accentuerà in seguito , un altro , an-
ch'esso importante per la morfogenesi della cavità peribranchiale.
Si tratta di questo. Negli stadii immediatamente precedenti (cfr.
spec, Fig. 19-21) le dimensioni del primo branchioraero postioideo
erano relativamente uniformi per tutta la sua lunghezza, cioè tanto
verso l'estremità dorsale quanto verso quella ventraie e, per (juanto
era possibile dire dividendo idealmente il branchioraero in una
metà rostrale ed una caudale, non sembrava che fra queste due
vi fosse differenza relativa di sviluppo. Ma invece ora, correlati-
vamente al fatto dello spostamento caudale della estremità dor-
sale e della contemporanea posizione esterna che il branchioraero
assume, si osserva che la regione precedentemente rostrale ed ora
esterna del primo branchioraero, comincia a svilupparsi notevol-
mente di più della regione precedentemente caudale od ora in-
terna. Tale sviluppo è molto sensibile specialmente nelle parti
più dorsali dell'arco, ed a questo ])roposito si può notare che pro-
prio tale regione è quella corrispondente alla regione più dorsale
precocemente regredita dalla tasca entodermica io-branchiale.
Questo notevole sviluppo della regione rostrale del primo
branchioraero postioideo ha per effetto , come facilmente si com-
prende, di accentuare ancora maggiorraente la posizione latero-me-
diana dei branchioraeri che già avevarao visto essere effetto dello
sviluppo della parte rostrale del carapo mesobranchiale. Ma il fatto
che tale sviluppo avviene prevalentemente nella regione dorsale
sommandosi in questo punto all'aumento volumetrico degli organi
dorsale della regione occupata dal pericardio e dal cuore, ma non è esclusa
dalla semplice embriologia topografica descrittiva l'iuterpretazione opposta, cioè
che il pericardio ed il cuore vengono a riempire tutto lo spazio offerto loro dal
modo di sviluppo della parete faringea e dal mesoderma branchiomerico ven-
trale. Né è esclusa, anzi è proprio la più probabile, l'interpretazione che i due
fattori morfogenetici, primitivi ambedue, si influenzino mutuamente in modo
più 0 meno notevole. Cfr, del resto anche p, 168 nota.
L'apparato opercolare e la cavità peri branchiale nei Cordati 165
dorsali, ha por conseguenza clic l'estromità dorsale dri-
ficata la individualizzazione deirorbitohyoideus dal subhyoidcu.s.
3) Ja-. p a li Ut'.' "92 !.. 29 9 e Stkonc "95 p. 129.
172 Paolo Della Valle
decorrere ventralmente alla tasca ontodermica io-mandibolare, ma
iiun risulta punto la loro origine dal mesoderma ioideo.
Tale rapporto è stato invece nuovamente riconosciuto, ma col
metodo delle dissezioni, nel lavoro più recente di Fox ('01 p. 227
nota 7) efl anche da Futamura ('07 p. 483). Quest' ultimo autore
però ignorando la bibliografia precedente sull'anatomia delle larve
degli Anuri e le gravi metamorfosi a cui va incontro questa re-
gione, e cercando di omologare ciò che aveva intravisto con rico-
struzioni parziali a quanto conosceva dell' anatomia dei muscoli
dogli anuri adulti , non ha avuto punto una visione chiara della
evoluzione della regione, tanto che ha finito col descrivere (p. 489
e spiegaz. della fig. 5) come nuovo muscolo esclusivo delle larve
di Alytes proprio il Quadrato-hyo-angularis di Schulzk ('92) !
Quanto a Si'kmann invece, la sua accuratezza è dimostrata dal
fatto che anche egli ha potuto riconoscere la posizione posttre-
matica iniziale dell'Orbitohyoideus ed ha potuto seguire la forma-
zione dell'articolazione fra la cartilagine ioidea ed il quadrato, che
si verifica ventralmente alla parte residuale della tasca io-mandi-
bolare poco dopo questo stadio.
Nello stadio che prendiamo ora ad esaminare (Fig. 7, 8, 24,
33, 89, 53), la regione branchiomerica occupa una frazione della
superficie laterale del capo anche minore che non nello stadio an-
tecedente. Lo sviluppo delle appendici branchiali che è proceduto
notevolmente per le regioni dorsali ancora visibili dei branchio-
meri , rende però a prima vista il fenomeno meno evidente, ri-
chiamando l'attenzione dell'osservatore appunto su tale regione,
ma basta considerare quanta poca parte del primo branchiomero
postioideo sia ancora visibile lateralmente (cfr. Fig. 7) per con-
vincersi dei cambiamenti avvenuti.
("io che appunto costituisce il mutamento caratteristico di
questo stadio è il comportamento della parte latero-ventrale della
plica opercolare, di cui si possono studiare i caratteri mediante le
Fig. 7, 8, 33. Come si vede essa si presenta come una formazione
del tutto continua ed unica, benché, come ora vedremo, i terri-
torii dai quali essa sorge, profondamente corrispondano a regioni
mesodermiche di valore morfologico molto diverso.
Consideriamo infatti dapprima ciò che si verifica nella regione
ventrale. Come abbiamo visto, nello stadio antecedente la plica
opercolare latero-ventrale si estendeva solo per breve tratto, e
L'apparato ()|it'irolaro o Ja caviU'i luuiliriincliiHlc noi Cordali 17^5
piofondainuiitc coirispoiulovji (jurisi usiittatnontt! alla parli; laturo-
veutiale del niosodonna branchiomorico ioidoo. Ora inviicu, comii ri-
sulta dalla Fig. 7 e specialmente dalla Fig. 33 la plica operco-
lare si è estesa molto di più in direziono ventrale, prolungando
ulteriormente in direzione caudale-ventrale la sua estremità ven-
trale, caudalmente all'estremità mediale caudale degli organi ade-
sivi, in modo tale che le pliche dei due lati non distano ormai
che poco fra loro. Conseguenza di questo fenomeno è che la parte
più ventrale della regione di origine della plica ©percolare non
sorge più corrispondentemente ad un punto del mesoderma liran-
chiomerico ioideo, ma invece dalla regione che ricopre il pericar-
dio in direzione laterale e ventrale. E bene però far notare che
non si tratta di una vera plica, perchè si potrebbe dire piuttosto
che si tratta di una estensione della direzione della cute della re-
gione rostrale e ventrale, anche verso le regioni laterali e caudali,
onde si individualizza cosi, caudalmente e lateralmente, per la di-
versa inclinazione delle regioni limitrofe in tali direzioni, la plica
che esternamente non compare.
Ciò che in realtà si verifica nella regione ventrale e caudale,
non è proprio un accrescimento della estremità caudale e ventrale
della plica dello stadio antecedente, ma una ultta-iore estensione
dello stesso processo verificatosi più dorsalmente e rostralmente,
anche per i tessuti cutatiei ai quali profoudemonte corrisponde ni»--
dialmente il pericardio.
Le dissezioni e le sezioni microtoraiche dimostrano che questa
regione più ventrale e caudale della plica ©percolare latero-ven-
trale, come del resto tutta la parte libera della plica opercolan'
posta alquanto più dorsalmente (che si è sviluppata caudalmente
in modo tale che il margine libero della plica è solo leggermente
diretto caudalmente e ventralmente) è esclusivamente ectodermica,
poiché nell'interno di essa non esistono che poche cellide di lasso
me.senchima. Tale regione infatti in questo stadio è uno dei jìiiuti
nei quali più intensamente si verifica quel fenomeno di edema ti-
siologico al quale abbiamo già precedentemente accennato.
Quanto all'appartenenza morfologica della plica in questione,
specialmente nella parte più ventrale originantesi al disopra del
pericardio, è però da notare che nel girino adulto anche la regione
mediana della cute che ricopre il canale di comunicazione fra le
due camere branchiali è innervato nella sua parte rostrale da rami
del VII. y
IV-I f'aol,, Df.lla Val In
('< r(;iiii(!iito ;i (|uust' epoca risalii pure la prima origine delle
libre del muscolo subbraiicliialis, ma, data l'estrema delicatezza e
scarsezza di tali libre muscolari nei girini degli Anuri, non è pos-
sibile seguirne l'origine né con le dissezioni né con le sezioni mi-
orotomiche, onde meglio conoscere i suoi rapporti morfologici con
le fibre del m. subhyoideus e con le fibre elevatrici del 1» bran-
chiomero postioideo.
E che tale rapporto col primo branchiomero postioideo si debba
tenere molto presente, è dimostrato dal comportamento della plica
opercolare verso la sua estremità latero-dorsale, quale è dimostrata
specialmente dalle Fig. 7 e 24.
Avevamo lasciata nello stadio precedente icfr. p. 167) la plica
opercolare estesa già nella regione dorsale ad una regione corrispon-
dente profondamente al primo branchiomero postioideo. La ritro-
viamo ora che con la sua estremità dorsale si è estesa molto più
di prima in direzione dorsale e caudale, corrispondendo profonda-
mente per un tratto molto notevole al mesoderma dorsale del
primo postioideo.
Questo fatto, che in seguito diverrà anche più evidente ^) ha
importanza morfologica grandissima, perchè dimostra che nella
regione dorsale anche la plica opercolare latero-ventrale non è sol-
tanto ioidea, poiché ad essa partecipano anche i branchiomeri più
caudali ^). Nella anatomia della larva adulta vedremo come questo
dato dello sviluppo viene ad essere sostenuto validamente anche
dal criterio dell' innervazione cutanea ^).
La Fig. 24 dimostra che il primo branchiomero postoideo, par-
tecipa alla formazione della parte dorsale della plica opercolare a
quest'epoca, con buona parte della sua lunghezza, e propriamente
dalla regione del residuo ventrale della fessura io-brauchiale alle
appendici branchiali più dorsali di maggiori dimensioni. La regione
di origine della plica sul primo branchiomero postioideo, decorre,
per un buon tratto della parte dorsale di esso, subito prossimal-
') Per la larva adulta cfr. p. es. Naue '90 p. 153.
2) ('io vale anche per le larve di Xenopiis. Cfr. Beudard '94 p. 107.
3) Questo fatto basta ad escludere l'ipotesi che si potrebbe fare che la re-
gione caudale dell'origine dorsale della plica opercolare sia anch'essa di natura
ioidea , basandosi sulla posizione della parte dorsale del mesoderma del bran-
chiomero ioideo , non solo rostrale, ma anche dorsale alle prime fessure bran-
chiali. Cfr. in proposito anche p. 117 e p. 159 nota 1. e Spemann '98 tav 28 fig. 4.
L'iipltaiiiti» «ipeiVDliire e la ciività puriliriiniliiiili- in;i ( .'o riluti )?.'>
ineiit** alla origiue delle appendici branchiali, cioè morfologicaincnLe
internamente e rostralmente a queste e realmente invece dorsal-
mente, ed esternamente a causa della rotazione dei branchiomeri
postioidei che si è ulteriormente accentuata come vedremo in se-
guito. Dal paragone delle Fig. 2B, 24, 45 e 53 risulta poi anche
che in questo modo la linea di origine di questa parte della plica
opercolare si allontana di molto dal branchiomero ioideo e dal de-
corso del IX che continua a seguire la direzione che aveva la
parte dorsale ora scomparsa della 1'^ tasca entodermica postioid^a,
essendo intervenuto ad allontanarli il notevole accrescimento della
parte dorsale del primo branchiomero postioideo ^).
A chi guardi il girino solo dalla parte ventrale (Fig. 8), può
sembrare che i branchiomeri siano meno visibili di prima solo per
lo sviluppo della plica opercolare latero-ventrale di cui abbiamo
ora parlato; e difatti questa è l'impressione ehe si ricava dalle de-
' scrizioni finora date, basate quasi esclusivamente appunto su tali
vedute dalla parte ventrale.
Invece questo fenomeno non ha che solo una parte nella for-
mazione della cavità peribranchiale , che è dovuta anche molto ad
altri fenomeni che ora esamineremo.
Considerando infatti le Fig. 7 e 53 si vede chiaramente come si
sia andata accentuando la rotazione dei branchiomeri in modo tal»'
che i termini prima progressi vamonte più rostrali sono ora progres-
sivamente più esterni e quindi ricoprono i successivi a chi li guardi
di lato. Essi inoltre hanno subita anche una rotazione delle loro
estremità ventrali in direzione rostrale, accentuando cioè ancora
maggiormente quella inclinazione rostrale del loro margine che ave-
vamo già vista accennata nello stadio prece lente. Naturalmente
questo fatto, come si vede specialmente bene dalla Fig. 8, con-
tribuisce a favorire la ricorpertura della loro regione ventrale «la
parte della plica opercolare latero ventrale.
Questo mutamento di direzione dei branchiomeri postioidri ,
(al quale non partecipa affatto il branchiomero ioideo), ha per con-
seguenza, come abbiamo già accennato al suo inizio, una ulteriori^
e notevole rotazione della linea che congiunge le estremità dor-
sali dei branchiomeri, attorno alla sua estremità caudale pc^sta a
livello del solco branchio-addominale, in modo che tale linea, da
1) Cfr. anche p. 217 nota, perla discussione delle atìermaz ioni dei diversi .m-
tori intorno al rap])orto fra la plica opercolare e le diverse regioni dei Tn|i'i.
17(Ì Paolo Della Valle
roslru-c;ui(l;ilo clic oni, finisco uni con dlriyer.si molto fortemente
auulie verso l'esterno.
Ciò è evidente anche nella Fig. 39, che è però specialmente in-
teressante perchè ci dimostra anche quale è con ogni probabilità
la causa di ([uesti gravi mutamenti di rapporti fra i branchio-
meri.
Infatti, confrontando le Fig. 38 e 39 subito si nota come si è an-
dato allargando il campo mesobranohiale fta le estremità ventrali
dei branchiomeri postioidei, che ora ha assunto forma nettamente
triangolare con apice mediano caudale. Ciò significa che vi è stato
un aumento notevole delle sue dimensioni trasversali più nella re-
gione rostrale che nella caudale, e, poiché immutati restano i rap-
porti mutui dorsali , ciò ha per conseguenza di fare assumere ai
branchiomeri postioidei appunto quell'andamento rostrale -ventrale
e quella posizione più esterna dei termini più rostrali rispetto ai
più caudali, che abbiamo precedentemente notata.
Ma questi mutamenti di rapporti non sono i soli che subi-
scono i branchiomeri postioidei in questo stadio. Infatti come si
può notare specialmente nelle Fig. 7 e 24 la linea che congiunge le
estremità dorsali di questi branchiomeri è diretta oltre che ester-
namente , anche ventralmente , onde , come risulta specialmente
dalla Fig. 33. 1' inclinazione mediale dei branchiomeri postioidei è
più notevole di prima ed essi si vengono a trovare più nella regione
ventrale del capo che in quella laterale come era inizialmente.
Ora questo fatto non può essere in relazione con i fenomeni del
campo mesobranohiale testé analizzati, ma con altri ^).
Le Fig. 24 e 53 ci permettono invece di considerare, come questo
mutamento nella direzione del limite dorsale dei branchiomeri po-
stioidei sia in relazione con l'accrescimento sempre maggiore della
regione dorsale rostrale del primo branchiomero postioideo, e pro-
priamente della zona compresa , ventralmente fra la linea di ori-
gine della parte più dorsale della plica opercolare latero -ventrale
e la linea di origine delle appendici branchiali più dorsali, e dor-
salmente fra il margine ventrale della capsula otica ed il decorso
del IX (cfr. p. 164).
•) In piccola parte questi fenomeni possono essere resi anche più visibili,
dalla maniera di formazione delle appendici branchiali esterne che costitui-
scono come degli indici che amplificano questi mutamenti di direzione dei
branchiomeri.
I
Liipiiiinito ojiPiTolare e la ciività iii'iil)!,!!!!!!!!!)^ nei Corduli 177
Intatti, L.ointì si v»!(l(3 dal para^oiKj tra la Fi;;. 28 o la Fig.
24, iiieiitit' prima il IX tiecorreva non molto lungi dalla zona
di origine delle appendici branchiali , ora invece la distanza fra
queste due parti è cresciuta notevolmente e questo, come risulta
specialmente dall'analisi della topografia degli organi negli stadii
successivi (cfr. Fig. testo), tanto per uno spostamento in direzione
dorsale della parte distale del tronco del IX , ([uanto , in parte
molto maggiore , per uno spostamento in direzione ventrale del
margine del 1° branchiomero postioideo. Questa nuova area che
viene così a prendere posto sulla regione laterale del capo, corri-
sponde a quella parte della regione del primo branchiomero po-
stioideo , che morfologicamente è rostrale e dorsale e che invece
finisce con l'essere prevalentemente esterna per le ragioni prece-
dentemente dette. Questa regione contribuisce molto alla costitu-
zione della parete laterale della camera branchiale che finirà col
costituirsi nella regione ventrale della parte caudale della cavità
faringea (cfr. spec. Fig. 53).
Nonostante questa inclinazione della linea ideale congiungente
le estremità dorsali dei branchiomeri postioidei per cui essa da una
direzione rostrale iniziale è passata ad una direzione rostrale-late-
rale-ventrale, pure è ancora facile convincersi dalla Fig. 7 che il li-
mite più dorsale del seno peribranchiale è sempre formato appunto
da questa linea. Quantunque ormai per la rotazione dei branchio-
meri sopra analizzata, non sia più visibile dall'esterno che solo un
piccolo tratto della parte più dorsale del primo postioideo , uno
molto minore del secondo e quasi nulla del terzo, pui-e h evidente
che , appunto per la rotazione avvenuta , sono esposti verso 1' e-
sterno , in questa regione che limita dorsalmente eil un poco ro-
stralmente il seno peribranchiale , oltre che le estremità dorsali
propriamente dette, anche una frazione della superficie morfologi-
camente rostrale della parte più dorsale dei branchiomeri, rapida-
mente decrescente pei- i termini più caudali della serie. Ciò, come
si comprende, è naturale etfetto della diminuizione assoluta ilelle
dimensioni dei branchiomeri successivi e del loro mutuo ricopri-
mento laterale dovuto alla rotazione esterna dei termini più ro-
strali {ci'r. anche Fig. 53).
La plica opercolare latero-ventrale, che pure , come abbiamo
testò visto, in questa parte più dorsale sorge su di nn territorio
che non appartiene più al branchiomero ioideo. nui al jjrimo po-
Archivio zoologico Italiano, Voi. VII. I»^
lIS taulo Della Valle
slioideo, non giungo punica ad estendersi tino alla estremità dor-
sale nemmeno dello stesso primo branchiomero postioideo.
Ma ciò che in questo stadio è degno della massima attenzione
in questa regione è il fatto dell'avvicinamento grandissimo fra tale
limite dorsale del seno branchiale e la parete dell' addome , per
l'accentuamento progressivo dei fenomeni che anche nello stadio
precedente ne avevano diminuita la distanza assoluta, cioè la rota-
zione del margine dorsale dei branchiomeri di cui abbiamo testé
parlato, e l'aumento sempre più notevole delle dimensioni trasver-
sali della regione addominale. Questo ravvicinamento poi è ulte-
riormente e non. poco favorito anche dal fatto che tanto nella re-
gione posta subito dorsalmente ai branchiomeri postioidei quanto
sulla parete addominale corrispondente, si sviluppa e si accentua
un notevole edema fisiologico del connettivo sottocutaneo , per il
quale la cute rimane anche in connessione molto più lassa di pri-
ma con i tessuti sottostanti, onde più facilmente può subire spo-
stamenti indipendentemente da questi.
Quanto alle pareti interne del profondo seno peribrauchiale, spe-
cialmente dalle Pig. 23 e 24 risultano i rapporti topografici attuali.
Esattamente in direzione interna il seno peribrauchiale è limitato
dalle pareti laterali della regione pericardica, la quale, per l'ulte-
riore aumento volumetrico del pericardio, sporge, ventralmente
alla regione branchiomerica, anche alquanto all'esterno del limite
ventrale dei branchiomeri postioidei, che vengono quindi ad essere
anche più profondamente infossati. Questa parete ventralmente si
continua ininterrottamente con la lamina interna della plica oper-
colare latero-ventrale di cui abbiamo parlato all'inizio dell'esame
di questo stadio e per la quale abbiamo visto che la sua linea di
origine nella parte ventrale si estendeva appunto sulla regione
pericardica. Caudalmente invece la parte pericardica della parete
della cavità peribrauchiale, si continua, ma con un angolo di in-
tìessione nettissimo, con la parete interna e caudale del seno, che
è costituita dalla parte rostrale della parete della grande bozza
addominale , che è diretta molto fortemente in direzione latero-
mediale. Ciò é dovuto al fatto che al livello dell'antico solco bran-
chie-addominale non si è verificato nessun aumento di dimensioni,
mentre questo si è verificato in modo vistoso da un livello di
poco più caudale fino alla regione addominale posteriore, onde le
parti più rostrali delle pareti addominali hanno subita la stessa
rotazione che subiscono le pareti di un pallone di gomma elastica
L'apparato (jpercolare e la cavità peribranchlale nei Cordali 17'J
che vuiigH ligoiiHato, nellu vicinanze eli un puiilu uve osi.stii una
legatura.
Durante questo periodo , relativamente di breve durata ma
ricco di mutamenti morfologici, si verificano anche nuovi gravi mu-
tamenti di altre regioni del corpo e di indole generale. Per i primi
basterà ricordare l'apertura della bocca; l'inizio del grande accre-
scimento in lunghezza dell'intestino medio al quale abbiamo anche
accennato; l'aumento notevole di dimensioni della capsula acustica
ed il grandissimo accrescimento della coda che appunto a que-
st'epoca acquista il suo notevole sviluppo dorsoventrale.
Mutamenti di indole generale poi , sono il progressivo diffe-
renziamento dei tessuti, che abbiamo notato anche nelle dissezioni,
e che fisiologicamente si esplica specialmente con il cambiamento
della posizione di riposo del girino , da laterale a ventrale e con
l'inizio dei movimenti volontarii , che prima compaiono a lunghi
intervalli e durano breve tempo, e poi divengono più frequenti e
di più lunga durata , acquistando anche un aspetto di maggiore
« volontarietà ».
Connesso con tutti questi fenomeni, (coi quali probabilmente
è anche in uno stretto rapporto causale), è quell'aumento notevole
dei liquidi organici, sul quale abbiamo più volte richiamata l'at-
tenzione per la morfogenesi della regione peribranchiale , che si
verifica poco dopo la fuoriuscita dell' embrione dal guscio gelati-
noso, e dal quale dipende la trasformazione dell' aspetto generale
del girino da asciutto per così dire , in edematoso , in modo del
tutto fisiologico.
3. D a l primo inizio della chiusura del seno p e r i -
branchiale alla formazione dello s p i r a e o 1 o.
Con lo stadio rappresentato nelle Fig. 9, 25, 34, 46 si può
chiudere un altro capitolo dell'evoluzione di questa regione e dal
• luale se ne inizia un altro, poiché esso è l'ultimo nel quale ancora
si può parlare di una regione branchiomerica esterna mentre già
si sono iniziati i fenomeni per i quali la regione posta dorsalmente
ai branchiomeri più caudali diviene continua con la pai-ete addo-
minale prossima. " ^~j^
180 l^aolo Della Valle
Poi" ora il seno peribranchiale comunica poro ancora ampia-
mente con l'esterno in direzione laterale e specialmente ventrale,
benché 1' apertura sia anche più ristretta che nello stadio prece-
dente, per l'ulteriore accrescimento caudale della plica opercolare
latero- ventrale, visibile specialmente nella Fig. 34, nonché per
r ulteriore accentuarsi degli altri fenomeni analizzati nello stadio
precedente.
Infatti la direzione dei branchiomeri postioidei è anche meno
di prima ventrale ed invece più rostrale, la posizione dei più ro-
strali è anche più esterna rispetto ai più caudali , ed inoltre l'e-
stremità dorsale specialmente del primo postioideo si trova ad
un livello più ventrale di prima. Questi mutamenti sono resi più
manifesti dal fatto che mentre nello stadio precedente le appen-
dici branchiali più dorsali erano dirette ancora caudalmente e
verso l'esterno, ora sono dirette invece quasi esattamente in dire-
zione ventrale *).
Questi fenomeni sono in relazione, e molto probabilmente in
relazione causale, con l'ulteriore notevole progresso di ciò che con-
temporaneamente si verifica nel campo mesobranchiale , nella re-
gione mediana ventrale e nell' area posta dorsalmente e rostral-
mente all'origine delle appendici branchiali del primo branchiomero
postioideo.
Per ciò che riguarda la prima parte, infatti, basta dare un'oc-
chiata alla Fig. 40, confrontandola con la Fig. 39 per essere col-
piti dalla gravità del mutamento avvenuto e per comprenderne le
necessarie conseguenze morfogenetiche. Infatti, ciò che inizialmente
era una piccola area ipobranchiale a decorso caudo-rostrale e che
in seguito si era trasformata in un'area triangolare ad apice cau-
dale, ora invece ha ulteriormente progredito nel suo slargamento
rostrale, in modo che le due congiungenti ideali le estremità ven-
trali dei branchiomeri, si comportano fra di loro come le stecche
estreme di un ventaglio che si apra. Le conseguenze di questo
fenomeno, alle quali abbiamo accennato anche nello stadio prece-
dente, si possono chiaramente vedere nelle Fig. 40 e 46: le estremità
dorsali dei branchiomeri più caudali, già molto prossimi alle pa-
*) Nei caso verosimile che le fibre del m. subbranchialis del girino adulto
siano da riferire appunto al primo branchiomero postioideo, diverrebbe in questo
modo concepibile, anche senza accrescimenti secondarli, la ragione del loi'o de-
corso ventralmente alla cavità peribranchiale.
L'apparato opercolare e la cavità perihranchiale nei Cordati 181
reti addominali, ora che queste sono anche più rigontie di prima,
finiscono col venire a contatto con queste. C. Come abbiamo visto però
a questo stadio iniziale non esiste continuità fra la plica operco-
lare latero-ventrale e ciò che si verifica nella regione dorsale cau-
dale, dove anzi il fenomeno comincia proprio per la regione dor-
sale del brauchiomero più caudale. Dall' analisi sperimentale dei
fattori della morfogenesi, poi , vedremo che non è esatto parlare
qui di una plica come dell'entità morfologica dal cui accrescimento
dipendono i fenomeni, nonostante che, in condizioni artificialmente
anomale questa apparenza possa essere anche più evidente che
nello sviluppo normale.
Due altre metamorfosi importanti verificatesi dallo stadio prece-
dentemente esaminato, possono riconoscersi confrontando le figure
24 e 25; 33 e 34. La prima riguarda l'accrescimento caudale della plica
latero-ventrale, che è molto progredito, come risulta dal fatto della
distanza assoluta molto maggiore fra il suo margine libero caudale
ed il margine caudale del muscolo subhyoideus che tutto tende a
far credere abbia conservato durante questo periodo la stessa po-
sizione. Ciò del resto poteva anche riconoscersi dal fatto che il
margine caudale della plica opercolare non ha assunta direzione
ventraie-caudale, nonostante che la sua estremità mediale si spinga
ora multo più medialmente di prima, procedendo sempre lungo
quella linea diretta medialmente, ventralmente e caudalmente di
cui abbiamo parlato a pag. 173. Naturalmente ciò ha per conse-
guenza che quell'iniziale recesso notato negli stadii precedenti, che
si era formato nella regione rostrale-ventrale fra le estremità ven-
trali dei branchiomeri postioidei e la plica opercolare latero-ven-
trale, si è ora trasformata in una profonda sacca, che non comunica
più con l'esterno che mediante lo spazio interposto fra la parete
addominale ed il margine caudale della plica latero-ventrale. In
questo modo, come si vede, si è, costituita quasi pofettamente la
parete ventrale delle dqe future cavità branchiali laterali, per a-
L'apparato opercolare e la cavità peribranchialo nei Cordati 183
zione della plica opercolare latcu'o-ventrale K opportuno p(!rò notare
ancora che nemmeno ora, nonostante questa notevole estensione di
tale plica, il fenomeno fa l'eiBfetto di un vero accrescimento, ma
piuttosto di un adattamento della cute circostante, ai mutamenti
di rapporti dei branchiomeri ed a ciò che si verifica nella regione
circostante. Come vedremo in seguito, l'analisi sperimentale dei
fenomeni tende a confermare questo ordine di idee.
Da quanto abbiamo detto risulta che il seno peribranchialo a
quest'epoca è già trasformato in fondi ciechi (senza considerare le
fessure branchiali), tanto in direzione dorsale quanto in direzione
rostrale-ventrale. Fra queste due direzioni invece esso è ancora in
aperta comunicazione con l'esterno in direzione laterale e propria-
mente verso quella regione dove, come abbiamo visto, il seno è an-
cora limitato dalle estremità dorsali del primo ed anche del secondo
branchiomero postioideo. Ma, anche per ciò che riguarda questa
regione sono da considerare dei mutamenti che solo tra poco fa-
ranno sentire la loro azione morfogenetica. Si tratta, come ho pre-
cedentemente accennato, di ciò che si è verificato nella regione dor-
sale-rostrale, specialmente del primo branchiomero postioideo. Come
si vede dalla Fig. 26 specialmente confrontandola con la Fig. 24
il fenomeno di cui abbiamo parlato a p. 176 di allontanamento del
margine del seno peribranchialo dalla linea di decorso del IX si è ancora
accentuato, e molto notevolmente, tanto che oramai senza la sene
di disegni degli stadii successivi, sarebbe quasi impossibile ricono-
scere nei rapporti attuali quelU più tipici dei primi stadii. Ancora una
volta, l'analisi della topografia degli organi negli stadii successivi ci
dimostra (cfr. Fig. testo), che l'aumento di distanza facilmente con-
statabile è dovuto ad un ulteriore spostamento rostrale dorsale della
parte distale del IX, ma per maggior parte (ciò che a noi special-
mente interessa), per uno spostamento ventrale dell'estremità dor-
sale del primo branchiomero postioideo. Questo fenomeno, come si
comprende, ha come effetto di accentuare ancora più la rotazione
laterale-ventrale-caudale dell'estremo rostrale della congiungente U
estremità dorsali dei branchiomeri postioidei, favorendo notevolissi-
mamente l'avvicinamento di questa regione alla parete addominale,
con la quale più dorsalmente già è andata diventando continua.
Il cai)itolo della storia dell'evoluzione dell'apparato opercolare
degli Anuri (;he ora comincia, cioè (juello d.^lla chiusura della cavità
peribranchiale, è stato descritto dagli autori precedenti con una
]g4 Paolo Della Valle
ampiezza relati vameutu maggiore, benché in modo spesso non poco
inesatto, specialmente per insufficiente osservazione degli organismi
in loto.
Grande è la importanza di questo processo di chiusura della
cavità peribranchiale peichè esso rappresenta un fenomeno che ne-
gli altri ittiopsidi solo rarissimamente ed imperfettamente si verifica
mentre invece esso pare che si trovi costantemente verificato in
tutti i tetrapodi.
Scarsa però è la importanza di questo stadio per ciò che ri-
guarda quelle modificazioni dei rapporti mutui fra le varie parti,
che tanto contribuiscono alla morfogenosi della regione, poiché nelle
linee generali questi rapporti rimangono quali li avevamo testé esa-
minati. Più che altro quindi abbiamo ora a che fare con adattamenti
secondarli ad una condizione di cosa già prodotta da cause di altra
natura.
Avevamo già visto infatti che, lateralmente, il limite dorsale
della plica opercolare latero-ventrale, estendendosi sempre di più
sulla superficie del 1" branchiomero postioideo rivolta verso l'esterno
ne aveva quasi raggiunta l'estremità dorsale, e già tendeva a rac-
cordarsi in modo continuo con quella plica opercolare che si era
appena iniziata con la saldatura della regione dorsale dei branchio-
meri più caudali con la parete addominale prossima.
Ciò che era appena accennato, nella Fig. 9 si vede invece rea-
lizzato nella Fig. 10. La estremità dorsale della plica latero-ven-
trale e l'estremità rostrale della plica dorsale-caudale non formano
oramai più che una curva continua. Cosi tutta la regione branchio-
merica, dall'estremità dorsale dei branchiomeri più caudali alla loro
estremità ventrale é circondata da una plica, che delimita al disotto
di se un seno, molto profondo nella regione laterale ventrale, già
abbastanza profondo anche all'estremità dorsale-caudale della re-
gione, e solo poco nella regione intermedia laterale. In tale punto
infatti , corrispondente all' estremità dorsale del primo branchio-
mero postioideo, il seno si è solo ora formato, come si vede spe-
cialmente bene dalla Fig. 47 per il lato destro, ed anche dalla
Fig. 26 che rappresenta lo stato del lato sinistro dove le cose pro-
cedono già un po' più lentamente. La poca profondità di questa
regione della plica opercolare é provata del resto anche dalla Fig.
10 giacché anche in questa sono ancora visibili le basi delle appen-
dici branchiali più dorsali del primo branchiomero postioideo ^).
1) Questo è lo stadio in cui appareatemente l'apparato opercolare delle
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Conlati 185
Como dalla Fig. 2H così anche dalle sezioni, spocialntKint») frun-
tali e trasversali, si riconosce (benché con molto minore evidenza
e con molta maggiore difficoltà che dalle dissezioni), che tutta la
regione della plica opercolare saldatasi fino ad ora con h- pareti
addominali, appartiene esclusivamente a tutti i tre branchiomori
postioidei, e che quindi per questa parte l'arco ioideo non vi con-
corre punto. La notevole distanza poi esistente fra la capsula otica
e la linea di origine di questa parte della plica opercolare, ma
specialmente il fatto che l'adesione si è iniziata proprie; all'estremo
caudale della regione brauchiomerica, molto più caudalmente della
capsula otica, permettono di non tener conto della possibile esi-
stenza di residui dell'arco ioideo più caudali. Tale ipotesi, che sa-
rebbe erronea per questa plica cutanea tanto lontana, è da ricordare
solo perchè essa invece non è perfettamente esclusa nella interpreta-
zione della morfologia della columella (cfr. p. 159 nota 1).
Benché dalle dissezioni a quest'epoca ne sia visibile solo un mi-
nimo accenno, (cfr. il decorso del margine dorsale-caudale della
cavità peribranchiale nella parte destra della Fig. 47) pure proprio
questo è il momento in cui si verifica il fenomeno più strano di
tutta l'evoluzione morfologica d iquesta regione negli Aimri fane-
roglossi, cioè la inclusione dell'arto anteriore nell' interno della ca-
vità peribranchiale. Infatti, come è chiaramente visibile dalla Fig.
29 che rappresenta l'interno della cavità peribranchiale alla fine
nel processo di chiusura, l'arto che solo allora comincia a manife-
starsi come un piccolo tubercolo, è posto al limite ventrale del
pronefros, pochissimo caudalmente rispetto al fondo del solco bran-
chio-addominale ^).
La sua posizione quindi viene a corrispondere ad una regione
del tronco rivolta quasi rostralmente anziché lateralmente, a causa
del grande rigonfiamento della cavità addominale di cui abbiamo
già parlato, ciò che contribuisce a farlo trovare più internamente
della linea di adesione al tronco della regione dorsale dei branchio-
meri postioidei di cui abbiamo parlato. A questo proposito è oppor-
tuno ripetere ancora, che, per i fattori precedentemente analizzati,
larve di Anuri rassomiglia di più a quello dei Teleostei, ed appuiit/i per qiiost^t
momento è stato fatto tale paragone da diversi autori (Rrscosi '26 ]k H»; Von
Bakr '28 p. '228; Rathke '32 p. 90; Whitnky '67 p. 46; Hiì;ron-Rovkr "79 \\
234 etc.). Per gli Aglossi cfr. anche p. 216 nota 2.
») cfr. Rkmack '55 p. 166; Gótte '75 p. 676 ed anclie Braus 06 p. 51;!; 09
p. 165 e DUrken '11 p. 198.
IR*; J'aol.) Della Valle
Io estremità dorsali dei branchiomeri più rostrali hanno subito
ìina furto rotazione verso l'esterno negli stadii precedenti, ricono-
scibile anche nelle sezioni trasversali (Fig. 58) per il fatto che
per ciò appunto in una sola sezione è possibile incontrare tutti i
branchiomeri postoidei. Quindi i due fattori: addominale e bran-
chiomerico concorrono a produrre le condizioni necessarie perchè
la regione donde si svilupperà l'arto toracico venga ad essere posta
nell'interno della cavità peribranchiale.
La Fig, 60 che, essendo una sezione trasversale non può mo-
strare tutti i rapporti con le varie parti, mostra però chiaramente
il primo addensamento raesodermico corrispondente all' arto già
formato e non ancora ricoperto dalla parte della plica opercolare
posta dorsalmente ad esso, ma circondato da una regione ricoperta
da un epitelio cutaneo che già comincia a differenziarsi come ri-
vestimento della cavità peribranchiale dal resto della' cute che re-
sterà all'esterno *). Ciò ha importanza per 1' analisi delle cause
della formazione del sacco branchiale transitorio dei giovani girini
di Xenojìus di cui parla Bles ('05 p. 817).
Questo fenomeno dell'inclusione della regione dell'origine del-
l'arto, nonostante la sua stranezza ha richiamata l'attenzione sol-
tanto di Gotte (75 p. 676) che, incidentalmente, lo considera dovuto
ad ulteriore estensione sull' addome della plica opercolare , e di
Jordan ('88) che, pur avendo questo come tema principale del suo
lavoro, non dedica a questo momento essenziale del fenomeno quasi
nessuna parola.
Anche in relazione di questi fenomeni che ora qui si verificano,
diviene concepibile il comportamento della linea laterale più ven-
trale delle larve di anuri. Mentre infatti tutte le linee laterali so-
gliono avere un decorso completamente sottocutaneo (come si com-
prende data la loro origine dimostrata da Harrison '03) , tale
linea invece non raggiunge la pelle esterna che solo al limite cau-
dale della cavità peribranchiale -). Basta però considerare il fatto
che per le ragioni ora dette una notevole parte della parte rostrale
della regione laterale delle pareti addominali viene inclusa nella
cavità peribranchiale, per persuadersi che questo appunto doveva
') La differenziazione dell'area cutanea dell'arto anteriore degli Anuri nel-
l'interno della cavità ])eribranchiale sulla quale ho richiamata 1' attenzione in
una nota preliminare (ct'r. ]'. Dklla Valle '13). comincia a comparire ad un'e-
poca molto più tardiva, ed è specialmente evidente: verso gli ultimi stadii delia
vita larvale.
2) Cfr. Gotte '75 p. 673 e Wintrebeht '11.
L'apparato opercolare e la cavità peribranchialu nei Cordati 187
essere il comportamento di tale linea laterale dio tipicamente de-
corre ventralmente all'arto anteriore anche ne<^li Urodeli ufr. KiN-
G8BUKY '95). Ciò del resto è dimostrato nel modo più evidente dal
tatto che nello Xenopus, in cui l'arto si trova all'esterno della cavità
peribranchiale, tale linea laterale lo circonda appunto dalla parte
ventrale (cfr. Bles '05 tav. 41 Fig. 26).
Altrettanto interessante quanto ciò che è avvenuto per la ro-
;;ione laterale, è la modificazione dell'aspetto della legione ven-
trale mediale della plica opercolare (ctV. Fig. Ili,
A p. 173 avevamo visto come nello stadio rappresentato dalla
Fig. 8 esistessero ancora due pliche , ancora lontane 1' una dal-
l'altra sulla linea mediana e con margini diretti obliquamente in
direziono ventrale caudale mediale. Da quell'epoca ad ora è con-
tinuata la progressiva estensione della linea di origine della plica in
tale direzione, e questa linea è andata così contornando da lon-
tano l'organo adesivo posto medialmente , ed è andata allonta-
nandosi dalla direzione del muscolo subhyoideus tanto più q;ianto
più medialmente si spingeva. Ma, procedendo in questa direzione
da ambedue i lati, necessariamente doveva verificarsi il fenomeno
che ora osserviamo, cioè che le due pliche latero-ventrali sono di-
ventate continue l'una con l'altra sulla linea mediana ventrale, ad
un livello posto poco caudalmente all'estremità caudale degli organi
adesivi che profondamente corrisponde (come risulta dalla Fig. 35,
che rappresenta una dissezione ventrale di uno stadio di poco
posteriore), quasi al limite caudale della regione pericardica ventrale.
Questo modo di comportarsi della linea di origine iniziale della
plica opercolare ventrale (riconoscibile ora come linea di ripiega-
mento della lamina interna di tale plica), per cui essa, decorrendo
in ambedue i lati in direzione caudaie-ventrale-mediale , lateral-
mente si trova al livello del ra. subhyoideus e, nella regione me-
diana ventrale si trova molto lontana caudalmente da esso, ha
grande importanza morfologica.
Infatti, quantunque anche al livello del m. subhyoideus l'ap-
partenenza della regione mediana ventrale al branchiomero ioideo
non sia completamente sicura, pure è senza paragone più probabile
che non al livello della regione pericardica caudale. Abbiamo quindi
nella regione mediana ventrale una plica opercolare che profonda-
mente non solo non corrisponde al branchiomero ioideo, ma addi-
rittura ad una rfigioric mesodennica post-branchioniei-ica. Ciò dtd
resto non è che nuova riprova di ciò clu; abbiamo vist-» nt-ila ir-
t->
188 Paolo Della Valle
iono dors(j-lnt.oiale al limite del branchiomero ioideo verso i bran-
di iomori |)iù caudali, cioè della scarsissima correlazione esistente fra
la mortolo<^ia dogli organi sottoposti e la differenziazione della plica
opercolaro cutanea.
Quanto al decorso oblifpio caudalo-mediale-v entrale della linea
di origino della plica, ciò potrebbe forse anche avere importanza
morfologica paragonandolo al comportamento tanto diverso della
jìlica opercolare ventrale della larva degli Urodeli alla quale in questo
momento il girino apparentemente somiglia (cfr. anche Rathke '32
p. 90 ed Héron-Ivoyer 79 p. 234). Come abbiamo accennato an-
che a p. 164 potrebbe infatti essere anche verosimile che l'andamento
della linea di origine della plica opercolare ventrale, non trasver-
sale dall'una all'altra estremità ventrale delle due fessure io-bran-
chiali (come è negli Urodeli), potesse essere in relazione con la e-
sistenza, proprio in tale regione, degli organi adesivi clie tanto for-
temente influenzano l'ectoderma durante tale stadio, e che a quanto
pare, esistono in forma più o meno ridotta in tutti gli Anuri ^) e
mancano negli Urodeli.
Molto probabilmente in relazione con quanto abbiamo ora detto
è il fatto che, diversamente da ciò che si verifica nello sviluppo
di tutti gli altri tetrapodi, nelle larve degli Anuri, la regione me-
diana ventrale della plica opercolare non raggiunge che uno svi-
luppo poco notevole, cioè solo quanto basta per la formazione della
') Come è noto i girini di Xe«o/;rts sono anche essi forniti transitoriamente di
organo adesivo (cfr. Beddard 94 p. lOi) ventrale impari (Blks 05 p. 8!)3, 806 fig.
i)-in), contrariamente a quanto avevano aifermato Parker, (76 p. 626) e Leslie(90
p. 71), onde cade la supposizione di Buulenger (Lesue 90 p. 70), che i noti prolun-
gamenti esistenti ai due estremi delia bocca della larva di questo aglosso (che
del resto appartengono all'arco mandibolare) ne fossero gli omologhi. Così pare
è inesatta 1' affermazione di Thiele (87 p. 68) che la larva di Alytes ne sia
l)riva, perchè HÉRON-RorER (83 p 433) ne pirla , sia pure come di organi molto
atrofici. L'unico anuro in cui secondo osservazioni recenti mancherebbero organi
adesivi nella larva, sarebbe la Pìiillomedusi hypocmdrialis (cfr. Bodgett 99 p.
319 e 335), ma anche per essa, in base alle fig. 21 e 23 dello stesso Budgett
si potrebbe pens ire che ciò che è segnato come h^. invece chela boz/sa pericar-
dica, non potesse essere organo adesivo ventrale impari. È da ricordare anche
a proposito degli organi adesivi che, come ha dimostrato Thiele (87), la forma
di due macchie glandolar! ai lati della bocca sono derivati rispetto a quelle im-
pari, per residuo secondario delle sole due estremità rostrali della tipica form.a
a V. Quanto all'opinione di Sawadsky (11 p. 376) che si tratti di formazioni di
derivazione entodermica, credo che essa manchi completamente di base per gli
Anfibi.
L'apparato o|H;ioolare e la . avita peribrancliiale nei Cordati 1H5>
parole VGiitralo dui t'iiluro canale di ctMiuiiiic.iziuii,) iV.i |h cavità
braiicliialc tli dustia o «lUtdia di sinistra (clV. Fiy. 35;. Dalla Fii;. 2!»
risulta anzi che tale parete veutralu è anche meno estesa della pa-
rete dorsale per il fatto che la rognone pericardiaca che torma la
parte rostrale di questa, forma un angolo eoa la parte caudale
formata dalla regione addominale.
Al momento della saldatura della parte ventrale della plica
opercolare e negli stadii immediatamente successivi (in cui nor-
malmente sono ancora bene riconoscibili gli organi adesivi), si po-
trebbe credere dall' esterno , che tale parte della plica opercolare
si sia accresciuta di molto. Infatti, mentre inizialment.- (cfr. p. 154;
la linea di origine della plica seguiva molto da vicino il margine
caudale degli organi adesivi, ora invece l'estremità caudale di quest i
è molto lontana dalla linea di adesione alla plica opercolare ven-
trale. Le dissezioni dimostrano evidentemente che un accresci-
mento della plica non vi è stato, ma bensì forse uno spostamento
relativo rostripeto degli organi adesivi, per un accrescimento tar-
divo della zona cutanea compresa fra il loro , limite caudale e la
linea di origine della parte ventrale della plica opercolare, accre.
scimento che molto probabilmente è correlativo alla formazione
del grande intervallo fra il branchiomero mandibolare e 1' ioideo
nella regione ventrale. 8i deve anche notare che 1' atrotìa degli
organi adesivi si inizia in generale negli Anuri proprio in qii«'-
st' epoca e procede dalla loro estremità mediale ventrale caudale
(cfr. Thiele "87).
Uno sviluppo alquanto maggiore della regione mediana vt;n-
trale della plica opercolare, si verifica però anche in questi tetra-
podi nei quali non esiste un vero collo, all' epoca della loro me-
tamorfosi dalla forma larvale all'adulto, correlativamente allo spo-
stamento relativo caudale della regione cardiaca, che avviene
appunto in tale epoca, come vedremo studiando in un successivo
lavoro la morfogenesi della regione durante tale periodt).
Come si vedo dalla Fig. 11, ormai il limite della plica operco-
lare non decorre nemmeno più in direzione caudale-ventrale-me-
diale, ma solo ventrale mediale , e questo , come si vede special-
mente dalle Fig. 26, 27 è eflfetto oltre che dell' ulteriore rotazione
caudale delle estremità dorsali dei primi branchiomeri postioidei
anche dello sviluppo della plica opercolare (quasi esclusivamente
cutanea) maggiore ai lati anziché sulla linea mediana.
1!)0 Pu(.!o Belili Valle
(^ìm pilotata così la incliisiont! della regione branchiomerica
dalla parte dorsale rostrale e ventrale per parte della formazione
oi)eicolare, non resta pili che il completamento della chiusura de-
finitiva del seno nel quale essa è stata ricacciata, mediante il sal-
damento della plica opercolare con le pareti addominali prossime.
E questo saldamenLo non è che 1' ulteriore estensione di quello
stesso processo che abbiamo visto iniziarsi all' estremità dorsale
caudale della regione branchiomerica, ed ulteriormente progredire
in seguito.
La Fig. 12 ci dimostra tale fenomeno notevolmente avanzato,
anzi addirittura quasi completato per ciò che riguarda il lato de-
stro del corpo. Come abbiamo anche precedentemente accennato^
però quest'adesione avviene in un modo sui generis. Infatti tanto
l'epitelio del corpo diesi va differenziando per divenire pelle esterna,
quanto 1' epitelio che si va invece differenziando in modo tanto
diverso per divenire la parete della cavità peribranchiale, si com-
portano come due lamine liquide distinte che tendano ciascuna
per conto suo a raggiungere il minimo di sviluppo di superficie
possibile in quelle determinate condizioni. Ciò si manifesta col
fatto che nella regione dove si deve immaginare che testé si
sia verificata 1' adesione , normalmente non si trova mai una linea
per così dire di cicatrizzazione . dove si incontrino fra loro quattro
superficie epiteliali , ma invece subito le due coppie di epiteli iden-
ticamente differenziate divengono continue, ciascuno separandosi in
modo netto dall' antica continuazione di natura diversa. Ciò che
si osserva, quindi, non è una saldatura, ma un continuo progre-
dire di una plica a margine concavo libero (cfr. spec. Fig. 27).
Naturalmente però, come risulta anche dall'analisi sperimen-
tale dei fattori morfogenetici che faremo in un prossimo lavoro,
si ti'atta di qualche cosa assolutamente paragonabile ad una cica-
trizzazione progrediente da una estremità, come si può verificare
p. es. in una ferita a margini divergenti, nella cui guarigione pure
si può avere l'impressione di una plica progrediente, mentre invece
quelle che finiscono col saldarsi sono le parti corrispondenti dei
due lati. Ciò ha specialmente importanza per il fatto che Eckmann
('12) ha descritto il fenomeno della chiusura della cavità peribran-
chiale come effetto dell' accrescimento di una plica dalla regione
laterale verso la regione ventrale. Ora ciò corrisponde solo ad una
osservazione grossolana dei fenomeni normali, ed è inesatto anche
assolutamente, come mostreremo nell'analisi sperimentale dei fat-
tori della morfogenesi, nonostante che, come vedremo, la parteci-
Jj'a|>[i!irato opercolaie e la cavità periluMiichialc nei T'ordati l'.tl
pazioue al Ih forma zioin-. i^pijìicolare da piirte (UAÌa lozione rlorsale
dei brandi ioiiR'ii postioidei, abbia grando importanza morfologica.
Poiché normalmente la differenziazione della reirione che di-
verrà parete della cavità peribranchiale e contemporanea al mo-
mento del ricoprimento , si com|>rende come , specialmente nella
immediata vicinanza del punto dove è già pervenuta 1' adesione,
anche un poco più ventialmente e medialmente la parete addomi-
nale si presenti leggermente rilevata lungo la linea che corrispon-
derà alla prossima adesione.
Questa apparenza è favorita dalla differenza di direzione esi-
stente fra la regione più rostrale della regione toraco-addominale
e la regione più caudale, (cfr. Fig. 59) ma sopratutto dal fatto
che spesso a questo fenomeno se ne associa un altro, di impor
tanza morfologica molto maggiore, che studieremo accuratamente
nell' analisi sperimentale dei fattori della morfogeiiesi. Si tratta
della differenzazione istologica che si stabilisce proprio verso que-
st'epoca, e con limiti di separazione netti, fra l'epidermide posta
più caudalmente che continua ad ispessirsi diventando pelle nor-
male e la parte più rostrale che addirittura si assottiglia per di.
venire il sottile epitelio che riveste la cavità peribranchiale. Ciò
naturalmente contribuisce a dare l'aspetto di un gradino, e per il
diverso spessore dell'epitelio realmente esistente (cfr. Fig. 59 e 60i e
per il netto limite di separazione fra le due regioni di aspetto diverso.
La differenza di aspetto fra le due regioni, meno visibile nel Bufo
dove la differenziazione istologica si manifesta soltanto come leg-
gera differenza di sfumatura della scura pigmentazione cutanea,
lo è invece notevolmente di più nella Rana esculenta dove invece
tale differenziazione diviene tosto visibile, perchè, mentre la parte
caudale assume l'aspetto caratteristico verde argenteo metallico
splendente con macchie brune e biancastre del girino , invece la
parte più rostrale prossima a far parte della cavità peribranchiale,
va diventando trasparente e lascia vedere al disotto di essa le nu-
merose cellule pigmentarie che vi si vanno sviluppando.
Dì solito la differenziazione istologica di cui abbiamo parlato
non si estende che pochissimo oltre il punto al quale è giunta l'a-
desione dei due margini rostrale e caudale, e solo in alcuni tasi
di anomalie più o meno leggere suole estendersi un poco di più;
ma nello sviluppo tipico non si giunge mai molto lontano '). Non
') ('he l'autica cute che forma le pareti della cavità perilìnincliialc non al'l>ia
più gli stessi caratteri quando questa si è chiusa, è stato già notato da Katuke
192 Paolo Della Valle
è qui il caso tli esaminalo In causo (lolla diiroronziazionc di ([uosle
due raj^ioni .sulla supcrticic addomiuale, ma voglio far qui notare
soltanto, che. limitandosi alla semplice osservazione dello sviluppo
normale, si dovrebbe conchiudere che questa sia causata dalla vici-
nanza della plica opercolare rostrale. Si potrebbe supporre in pro-
posito che questa agisse sia per diretto contatto sia per il mecca-
nismo dell' esclusione della parte rostrale della parete addominale
dall'ambiente esterno e della continua corrente d'acqua proveniente
dalle fessure branchiali, e si i)otrebbe trovare la riprova di ciò nella
relazione della differenziazione anche alquanto più oltre dell'av-
venuta saldatura in casi più o meno anomali. L' esperienza invece
dimostra ancora una volta quanto siano erronee tali specie di con-
seguenze tratte dalla semplice osservazione.
Tutto ciò è visibile nella Fig. 12 mentre non ve n' è che un
accenno appena riconoscibile nella Fig. 11. È però opportuno no-
tare che tale aspetto della parete addominale nel Bufo^ ed anche
nella Rana^ non è mai più pronunciato di quanto non sia rappre-
sentato nella Fig. 12.
Non vi è dubbio che questo e non altro deve essere stato ciò
che da von Baer in poi è stato descritto come plica opercolare
addominale rostripeta in questo momento dello sviluppo degli Anuri.
Ciò è importante anche per il fatto che una tale plica, che non
esiste né nello sviluppo degli altri ordini degli Anfibi nò in quello
di alcuna altra classe di vertebrati, avrebbe ostacolata la interpre-
tazione morfologica di questa regione.
Von Baer ('28 p. 229, h) parlava di una « Falte » che si in-
nalzava verso l'epoca che stiamo esaminando « hinter den Kiemen,....
in der ganzen Breite des Bauches, und wàclist dem Kiemendeckel
entgegen ». Rathke ('32 p. 91!> confermò esagerandola ancora questa
descrizione di Von Baer già eccessiva, e parlò di « Falte der Cutis »
che si forma « dicht hinter den Kiemen und dem Herzen, an der
Bauchseite des Leibes und zwar in der ganzen Breite des Bauches
bis an die oberen Enden der Kieinenòffnung , breitet sich ein
wenig nach vorne aus, und verwàchst sehr bald mit dem ihr ent-
gegenkommenden vordern Hautlappen ». Lo stesso Rathke poi im-
portava questa descrizione sostanzialmente anche nel suo manuale
di embriologia dei vertebrati, pubblicato postumo nel 1861.
('32 p. 91) e più recentemente anche da Braus 06. t. 17 iig. ?> e 09 p. 168.
Per la condizione definitiva larvale, cfr. Schulze '88 p. 54-5.
L'apparato opercolare e la cavità puriliriinrliiali; nei ('orclati l'.K{
Gotte (75 [). <)77) iiivocu non [)arla di una [dica addiMuiiiali;
ro.stripetu, ma considera invece ciò elio si vorilica sulla parete ad-
dominale come l'ulteriore continuazi(jne della plica opercolare ro-
strale che, oltrepassata l'estremità dorsale del solco branchio-addo-
minale circondi l'apparato branchiale anche caudalmente, in modo
che il suo margine forma il limite dell'apertura di «uitrata allo spazio
completamente ricoperto. Come si vede, questo modo di descrivere
i fenomeni, pur non essendo assolutamente esatto, né punto analiz-
zato nel suo valore morfologico, pure, dal punto di vista obbiettivo
è molto migliore dei precedenti.
Dalle affermazioni di voN Baer e di Rathke derivano le de-
scrizioni dello stesso processo, molto più inesatte di Jordan e di
Naue.
Il primo parla i'88 p- il), oltre che della plica opercolare, (che
deve corrispondere alla latero-ventrale della nostra descrizione), an-
che di due altre. Di queste la prima, (T'F'delle sue figure) a giudicare
dai suoi disegni, addirittura non esiste ed è una semplice illusione
dovuta allo studio esclusivo di sezioui. Essa infatti non corrispon^le
ad altro che alla linea in cui si verifica quel passaggio di direzione
abbastanza brusco della regione addominale laterale che contribuisce
ad individualizzare negli stadii avanzati in direzione mediale cau-
dale ventrale, le due fosse destra e sinistra occupate dagli archi
e dalle appendici branchiali. Ciò è visibile specialmente nella parte
destra della mia Fig. 12 ed anche dalla Fig. 30. La seconda è
invece proprio quella di cui avevano parlato von Baer e Rathkk;
Jordan afferma che essa sorgerebbe, non come voleva von Baku,
da tutta la larghezza del corpo, ma solo per la larghezza corrispon-
dente al margine esterno degli organi adesivi e che consterebbe
degli stessi strati di cui consta la plica opercolare rostrale. Osserva
che essa si sviluppa solo poco in modo che sembra « nur angelegt
zu werden uni die Verbindung des Kiemeudeckels an dieser Stelle
zu erleichteru ».
Pare impossibile però che egli abbia trovata perfino la causa
del piccolo sviluppo di questa inesistente plica. Eppure è evidente:
< Bei gròsserer fiàchenhafter Entfaltung, konnte sic leiclit , das
Schwimmen des Thieres durch Umbiegen nacli aussen erschweren »!
Naue ('90 p. 169-170) alla sua volta dà poi di questo fenomeno
una descrizione cosi confusa ed inesatta da essere; addirittura in-
comprensibile , tanto più che non è nemmeno accompagnata ila
Archivio zoologico Italiano, Voi. VII '"^
194 l'aolo Dtìllii Valle
ligure. ^) Anzi ijnasi io sarei indotto a dubitare clie lo stesso au-
tore non abbia capito bene nemmeno lui il processo che voleva
descrivere.
È bene fermare l'attenzione anche su di un altro aspetto del
fenomeno dell' adesione in questo momento. Fino ad ora , come
abbiamo mostrato, ciò che è avvenuto è stata un'adesione della parte
dorsale dei branchiomeri postioidei con la parete laterale dell'ad-
dome. Se consideriamo ciò che invece resta ancora da aderire, ve-
dremo, dal paragone con gli stadii precedenti studiati, che si tratta
del margine caudale della plica opercolare late ro- ventrale che forse
morfologicamente dovrebbe essere considerata come il margine
ventrale della parte cutanea del branchiomero ioideo . benché di
ciò si possa anche dubitare , come abbiamo visto a p. 187. Non
si può dire che non si tratti di cose abbastanza eterogenee , ep-
pure osserviamo proprio in questo stadio che nulla assolutamente
indica questa diversità di natura dei due segmenti del margine
rostrale del processo opercolare; e l'arco di raccordameuto fra la
parete addominale e la parete laterale del capo è, iu qnesto mo-
mento di passaggio egualmente regolare come lo era negli stadii
precedenti e come lo sarà in seguito . quando l'adesione procede
fra tessuti di valore morfologico costante. Questo fatto, dovuto al-
l'identità e continuità dei fattori morfogenetici in tutta la regione,
ha molto contribuito a non far riconoscere tinora la partecipazione
postioidea alla formazione opercolare.
Fin dal 1738 Swammerdam l'p. 818) aveva notata che la pelle del
corpo circondava e ricopriva nella Rana prima il lato destro e poi
il sinistro. Lo stesso confermò Rusconi ("26 p. 15) ed anche vox
Baer ('28 p. 2*28), e del resto è cosa della più semplice osserva-
zione, anche ad occhio nudo.
Non può quindi non fare meraviglia il fatto di vedere dare
da numerosi autori descrizioni del fenomeno per dei Levogirinidi,
completamente diverse da quanto io ho costantemente osservato.
Non parlerò della descrizione di Huschke ("26 p. 616), secondo
la quale l'apertura branchiale (quale?) si apre, poi si chiude, poi
*) L' errore fondamentale, secondo me, è da ricercare nel fatto che Naue ha
descritto come due cose distinte un « wallartiges Gebilde » ed una « hintere Rand- ■
erhebuug » che invece non ne costituiscono probabilmente che una s )la. e pro-
priamente y^Liella stessa descritta da VON Baer testé analizzata.
L'apparalo npcnoliire «> In tiivilii poribniniliiulc nei ('orJati l'J5
si riapre a destra ed infine scompare, poiché, se egli considera ciò
come e eii)e Unschlussigkeit der Natur, wie man gewiss selten im
Organismus findet », noi possiamo invece essere sicuri che si tratta
di incapacità di esatta osservazione. Mi riferisco invece a quanto
ha affermato per il primo Rathke ('32 p. 91j che cioè nei girini
in (piestione il saldamento del margine opercolare proceda da tre
diversi punti, cioè dai due lati < und auch, und zwar zuerst dicht
hiuter dem Herzen, vor der Mitte des Kiemendecken », in modo
che transitoriamente esisterebbero due aperture della cavità peri-
branchiale. « Zuletz » afferma Rathke « wàchst die der rechteu
Seite vòllig zu , und die linke wandelt sich in ein kleines und
rundliches Loch zu ».
Nel 1851 EcKER, pubblicando nelle sue Icones lìhysiologicac al-
cune buone figure di prima metamorfosi di Rana, nella descrizione
della fìg. 2y della tav. 23 , parimenti affermava che il margine
dell'opercolo prima si saldava sulla linea mediana ventrale e solo
in seguito si chiudeva 1' apertura di destra, e questa diversità da
voN Baer (oltre che da Swammebdam e da Rusconi), fu notata an-
che da GoETTE ('75 p. 677).
Parker ('71 p. 152) incidentalmente, e più di proposito Hfc-
RON-RoYER ('79 p. 235) hanno dato invece una descrizione che
coincide con quella dei primi osservatori : la saldatura scrive Hé-
liON-RoYER comincia a destra * et s'arréte un peu en avant de
la partie mediane en attendant l'oblitération des branchies de gau-
che ; puis , celles-ci disparus , la sondure se continue en partant
de r angle latéral vers la partie inférieure et mediane où elle se
complète ».
Invece Jordan ('88 p. 11-12), ritorna ad affermare che il sal-
damento avviene prima nel mezzo e solo in seguito a destra , e,
per convincerne il lettore , dà anche dei disegni di sezioni sagit-
tali (tav. I %. 1 a-e), che però possono essere benissimo interpre-
tate come sezioni seriali precedenti dal lato sinistro dove la cavità
peri branchiale è ancora aperta, verso la linea mediana dove è già
chiusa, cioè di uno stadio corrispondente alla no.stra Fig. 13.
Anche più esplicito è Naue ('90 p. 169-170) che parimenti afferma
che per la maggiore lentezza dello sviluppo della plica opercolare
ai (lue lati restano per un certo tempo due aperture da cui fuo-
liescono le appendici branchiali . tino a che quella ili destra si
chiude < einfuch durch zusanimenwachsen der sich eutg.genstre-
beudeu Hautrànder ».
1% Paolo Della Valle
Noa mi sarei formato cosi a lungo su qiiustc difforonze di de-
scrizione, data r evidenza e la costanza dei miei dati di osserva-
zione , la loro perfetta coincidenza con le affermazioni di Swam-
MERDAM, Rusconi, von Baer, Parker, Héron-Royer etc, e special-
mente la poca accuratezza di osservazione della maggior parte di
quelli che affermavano la saldatura inizialmente mediana, se non
vi fossero alcune ragioni tali da far dubitare che il processo sempre
e in tutti i Levogiri nidi si verifichi nel modo da me disegnato.
Prima di tutto il fatto che fra coloro che affermano tale modo
di chiusura è anche Rathke, rende poco probabile l'ipotesi, che
prima si presenta alla mente, cioè che coloro che tale modo di
adesione sostengono, abbiano confuso lo stadio della nostra Fig. 8
con uno stadio in cui già si fosse formato il canale di comunica,
zione ventrale fra le cavità peribranchiali dei due lati.
In secondo luogo è da considerare che è forse possibile che in
qualche caso, diverso da quelli da me osservati, anche nei Levo-
girinidi si verifichi il fenomeno osservato da Braus ('09 p. 165)
nel Bombinator (Mediogirinide) , cioè che la cavità peribranchiale
sembrasse esternamente completamente chiusa ed anche il forame
branchiale formato, mentre le sezioni seriali mostrano « dass mei-
stens noch beiderseits ein schràg gerichteter enger Spalt am hin-
tersten Ende der Peribranchialhohle offen ist >, che si salda solo
poco dopo la prima comparsa degli arti.
Come ultima cosa è infine da considerare che il modo di chiu-
sura della cavità peribranchiale come è stato descritto da RathkE;
renderebbe molto più facile l'interpretazione del modo di origine
di quella anomalia descritta da Héron-Royer ('84) di un girino
di Felohates che aveva una apertura della cavità branchiale , di
forma normale, per ciascun lato, ed anche dell'altro caso descrittto
dallo stesso autore per la stessa specie di un girino con spiracelo
solo a destra ^).
Ripeto però che le mie osservazioni invece costantemente mi
hanno dimostrato un progredire continuo dell'adesione dall'estre-
mità dorsale destra alla linea mediana ventrale ed oltre, e che le
dissezioni dimostrano una precoce separazione delle parti costi-
tuenti la parete della cavità peribranchiale dalle parti costituenti
M t)fr. anche Spemann '06. Tale problema sarà più completamente trattato
in un succe.ssivo lavoro sull' analisi sperimentale dei fattori della determina-
zione della localizzazione del t'orarne spiracolare.
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Cordati 197
l'epitelio cutaneo esterno; tanto cIkì nelle sezioni, solo raramente
e solo verso la regione mediana ventrale è possibile riconoscere per
un certo tempo la re<;ionc dove da poco ò avvenuta la saldatura.
Del resto la riprova migliore è data dal tatto che imi girini
di Mima esculenta (Lovogirinide) , clic hanno appendici branchiali
notevolmente lunghe ancora al momento del saldamento rlell'oper-
colo, quelle di destra vengono spinte verso la linea mediana mano
mano che si verifica il progresso dell' adesione , fino a che , rico-
perte completamente, divengono invisibili all'esterno ^). È invece,
evidente che, nel caso che l'adesione avvenisse nel modo indicato
da Rathkk, potrebbero sporgere all' esterno in direzione caudale
anche ad adesione mediana avvenuta.
Dal punto di vista descrittivo, per lo sviluppo delle forme a
spiracelo mediano, basterà rimandare alla descrizione di Goette ('75
p. 676-7) ed a quelle di Héron-Royer ('85 p. 576 e specialmente
'87 p. 644-5 pi. 11 fìg. 7, 10, 11, 11 bis), da cui risulta come, av-
venuta l'adesione per ambedue i lati in modo identico a ciò che
abbiamo visto avvenire nel nostro caso per il lato destro, le estre-
mità delle pliche opercolari per ciascun lato si prolungano ancora
un poco sulla linea mediana, indipendentemente l'uno dall'altro, in
modo perfettamente analogo a ciò che vedremo avvenire nel no-
stro caso solo sulla superficie laterale sinistra dell'addome. Ciò che
è specialmente interessante è che, come risulta dalle fig. Ile 11 bis
del lavoro citato di Hèron-Royer, nella regione ventrale le pliche
opercolari si trovano ad un livello molto caudale , e per di più,
proprio sulla linea mediana ventrale , quasi si può dire che non
esista plica opercolare 2). E poi anche evidente che questo modo
di sviluppo dei Mediogirinidi è quasi assolutamente identico a quello
1) Come si vede si tratta di un fenomeno che non ha nulla a che tare, dal
punto di vista della fisiologia della bilateralità, con quei casi in cui (come p.
es. per la bocca larvale deìV Anfiosso), l'asimmetria è dovuta ad uno sviluppo ete-
rocrono dei due antimeri.
2) Questo punto meriterebbe ulteriore esame, perchè dalla Fìg. 328 di Gòttk
('75 tav. 18) si potrebbe conchiudere che anche sulla linea mediana si verifi-
chi, ijosteriormente allo stadio disegnato da Héron-Royer ('87 fig. U bis), un
accrescimento caudale anche abbastanza notevole. Hno a raggiungere un livello
molto caudale, analogamente del resto a quanto avviene per la formazione del
canale spiracolare nei levogirinidi. Le figure le— Ih di Thiklk ("87) the i)ure si
riferiscono alla fine della chiusura della cavità brauchiale di un mt^diogirinidf
(Distoglossas) sono troppo poco accurate per questo scopo.
198 Paolo Della Valle
del Symbranchus (Ofr. Taylor '13 p. 16-17 e fig. 10, 13, 14, 15).
A tale genere già Rathke ('32 p. 90) aveva accennato per il com-
portamento dell'opercolo dei girini.
Mentre, come risulta dal paragone delle Fig. 9, 10, 11, 12, 26
27 , lo sviluppo dell' apparato opercolare ha raggiunto a sinistra
lo stadio rappresentato dalla fig. 10, a destra invece non ha rag-
giunto (cfr. Fig. 26) che solo lo stadio, già sorpassato a sinistra,
della Fig. i) '). Analogamente, quando a destra già è completata la
ricopertura (Fig. 12j, a sinistra l'apparato opercolare ha solo rag-
giunto lo stadio che a sinistra era stato già raggiunto all' epoca
della Fig. 10 , come risulta dalla Fig. 27. Da questa è pure vi-
sibile come oramai pure a sinistra proceda lo sviluppo della plica
opercolare anche per la parte più recente corrispondente alla re-
gione del primo branchiomero postioideo, in modo che il margine
libero della plica opercolare si va sempre più allontanando dall'e-
stremità dorsale dei branchiomeri e delle fessure branchiali.
Giunti però a questo momento, fra i due lati non è più que-
stione solo di eterocronia. Infatti, mentre per il lato destro, av-
venuta la chiusura, nuU'altro rimano da compiersi, per il lato si-
nistro si verificano i fenomeni che portano alla formazione del
forame branchiale.
Come si vede chiaramente dalle Fig. 13-15 si tratta di questo
che cioè la saldatura del margine della plica opercolare , procede
ancora, oltre la linea mediana verso la regione laterale, senza che
invece essa proceda quasi nulla dalla regione laterale verso la re-
gione mediale, e questo naturalmente fa si che l'apertura della ca-
vità peribranchiale divenga sempre più ristretta.
È opportuno qui far notare quanto sarebbe assurda in questo
momento quell'interpretazione alla quale abbiamo accennato a p. 190i
che considera la chiusura della cavità peribranchiale come dovuta
all' accrescimento di una plica dalla parte dorsale verso la parte
ventrale. Qui infatti dovremmo nientemeno supporre che la parete
ventrale della cavità peribranchiale di sinistra posta medialmente
al canale spiracolare derivasse dall'accrescimento della plica oper-
colare di destra.'j^È inutile dire che 1' innervazione cutanea della
larva non dà nessun appoggio a questa strana ipotesi e che si
1) È inutile ripetere che questa descrizione vale per il Bufo, cioè per un
Tievogirinide, e niituraliiieiile non vale per gli altri Anuri.
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Cordati 19!t
tratta semplicemonte, non del progredire di urui plica, ma del pro-
gredire deiradcsione di jìarti corrispoiideiitisi in direzione rostro-
caudaK;.
Questi stadii finali della chiusura della parte dorsale della ca-
vità peribranchiale sono anch'essi certamente facilitati, per le ra-
gioni esposte a p. 180-1 dall'ulteriore definitivo modellamento della
regione raesobranchiale. Infatti, come è visibile dalla Fig. 41, spe-
cialmente confrontandola con la figura precedente, ancora mag-
gioro è divenuto 1' intervallo posto fra le estremità ventrali delle
fessure branchiali più rostrali e quindi maggiore è diventata an-
che l'inclinazione caudale dei branchiomeri corrispondenti. Contem-
poraneamente da tale figura sono anche visibili gli ulteriori pro-
gressi del modellameuto della regione ventrale della cavità faringea,
che non hanno per il nostro argomento che scarsissima importanza.
Non è però privo di interesse notare che la plica trasversale an-
teriore che limita ora rostralmente la regione respiratoria della fa-
ringe, notata da Remack ('55 p. 156), figurata e descritta da Gòttk
('75 p. 680 fig. 330) , da Parker ('81 p. 26-7, t. 1 fig. 4) e da
ScHULZE ('88 p. 13 e '92 tav. IV, fig. 21), si è sviluppata caudal-
mente alla seconda fessura branchiale *), e quindi da un territorio che
appartiene al primo branchiomero postioideo, almeno per la parte
laterale, giacché per la parte sua più mediale la Fig. 40 pare che
indichi che essa corrisponde all'estremità ventrale degli altri bran-
chiomeri più caudali. Tale fatto è opportuno, notarlo, specialmente
in vista del nome « Kiemendeckelplatte > che Schulze ('88 p. 13)
ha creduto di dare a tale plica.
In questa figura si può notare anche il primo inizio dello svi-
luppo di quelle appendici interne dei branchiomeri postioidei ^i,
sulle quali tanto si è discusso specialmente a causa dell'ipotesi so-
stenuta da Gotte ('75 p. 738 e 742) che esse fossero da conside-
1) Questa fessura branchiale posta caudalmente all' ioide , bene sviluppata
inizialmente (cfr. Fig. 19-21), si riduce in .seguito progressivamente, tanto che
si è anche erroneamente dubitato se essa divenisse addirittura pervia (cfr. per
uiteriori notizie Gaupp '94 p. 11-12 nota). La riduzione di tale tasca entoder-
mica alla sola sua parte ventrale, è evidentemente conseguenza del tatto, chia-
ramente visibile nelle mie Fig. 20-22, 3:5, che il branchiomero ioideo ed il primo
postioideo non si conservano mutuamente paralleli, perchè mentre il branchio-
mero ioideo rimane relativamente fermo, il primo branchioniero postioideo su-
bisce quella duplice rotazione che abbiamo lunj^an\tiite luializzata nel testo.
") Ut'r. anche (jloTTh; "75 p. t>77.
2()Q Paolo Della Valle
rarsi come lo omologhe delle branchie interne dei ciclostorai e delle
bianchio doll'Amphioxus. Come è noto , specialmente dagK studii
di Maukkii (^'88) sui rapporti circolatorii di tali formazioni, queste
debbono invece essere considerate come forme molto sviluppate e
differenziate di quelle sporgenze dei branchiomeri che compiono
uliicio di filtri in moltissimi Pesci ed Urodeli. Per noi, come abbiamo
ricordato a p. 174, 177, 183 è interessante il loro notevole svi-
luppo sulla estesa superficie concava rivolta verso l'esterno, della
parte rostrale del primo branchiomero postioideo '), ^^^ tanto con-
tribuisce alla morfogenesi della cavità peribranchiale in queste
forme.
Incidentalmente farò anche notare che il comportamento di
questi tipici organi larvali, come pure quello dei tubercoli sparsi
nel resto della cavità orale , specialmente nella parte rostrale del
pavimento di questa , potrebbero essere utilizzati come ulteriori
caratteri differenziali per la diagnosi non sempre facile dei girini
delle diverse specie. Tale ricerca presenterebbe importanza anche
per ragioni di indole generale.
Un altro interessante fenomeno visibile dall'esterno che pure
ora si verifica, e che è evidente specialmente nella Fig. lo, è che
la, linea ad arco che segna il margine progrediente dell'adesione,
non segue più il limite dell' infossamento nel quale si trovano i
branchiomeri , ma si dirige più caudalmente sulla superficie ad-
dominale convessa. Il raccordo fra la superficie laterale del capo
e la regione del corpo più caudale , è facilitata dal fatto che in
questa regione (che , come si vede dalla Fig. 29 corrisponde su-
bito ventralmente all'abbozzo dell'arto), si verifica fisiologicamente
un più intenso rigonfiamento circoscritto del connettivo sottocu-
taneo (cfr. anche Fig. 28). Oltre che questo , anche la direzione
più caudale della linea di prossima adesione (di cui abbiamo par-
lato a p. 191 e sgg.) progrediente dalla linea mediana ventrale, con-
tribuisce a far presentire la formazione del forame branchiale.
E questo è molto avanzato nello stadio della Fig. 14. Cavo-
lini nel 1819 (p. 308) scriveva che nel girino * si vedrà ad occhio
nudo o armato di lente esploratrice al lato sinistro, ove esiste la
separazione del capo dal ventre , un forame abbastanza grande,
che, fatto adulto il girino, acquista un orlo tubolato ». E difatti
a quest' epoca il forame branchiale non ancora ha acquistato un
1) Cfr. anche Gottk. '75 j>. 679 e Schulze '92 p. ."'7 tav. 5 Fig. 23,
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Conlati LtJl
orlo tubolato, ud ancora da esso fuoriescono lo cstromità (lollu più
lunghe appendici branchiali che prima (cfr. Fi^j. l.*{, 36) orano molto
più allo scoperto '). J^] però necessario notai-ci a (juesto proposito
che la fuoriuscita delle appendici branchiali dal t'orarne liraiichiale,
costante o (piasi nella Rana esculenta (cfr. Rusconi '26 p. 10 ed
anche Ecker '51 t. 23 fig. 29) in cui le appendici branchiali
sono molto lunghe, non si verifica sempre nel Bufo, in cui iiiv«H;e
sono molto più corte. Questo fatto ha importanza perchè dimostra
senz'altro che la fuoriuscita di appendici branchiali non ha nes-
suna importanza nel determinismo della formazione del forame
branchiale ^).
In seguito, come si vede dalla Fig. 15 l'apertura della cavità
peribranchiale si sposta più caudalmente ed un poco anche lateral-
mente e dorsalmente in modo da costituire il canale spiracolare
della forma larvale stazionaria. Naturalmente la parete dorsale me-
diale di tale canale viene ad essere formata dalla antica superficie
cutanea dell'addome, mentre la superficie ventraie-laterale è formata
certamente dall'ulteriore accrescimento di quella parte della plica
opercolare che non era ancora adesa allo stadio della Fig. 14. Come
possiamo vedere dalle Fig. 26-28 questa parte della plica opercolare
deriva dalla regione posta fra il primo branchiomero postioideo
ed i successivi, ciò che, come vedremo altrove, è confermato
anche dall'innervazione cutanea studiata nella larva adulta. xA.cccn-
nerò anche che questo studio fa anche supporre che nella formazione
del margine mediale della parete latero ventrale del canale spira-
colare la cute della regione addominale possa prendere anche una
certa parte, per quanto piccola, sempre maggiore che non nel resto
della saldatura opercolare (cfr. p. 192j. Nello sviluppo normale, data
la non esistenza di vera linea di cicatrizzazione (cfr. p. 190), è im-
possibile seguire esattamente la partecipaziione delle varie p.irti. ]
Questo fenomeno della formazione del canaio spiracolare nei
levogirinidi è stato notato, dopo di Gavolini anche da Rathke
1) Secondo DiiRKEN ('11 p. 207) nella Rana ciò si verifica in •'4 d" or^. Ciò
contribuisce a dimostrare chy si tratta di un fenomeno dovuto pii!i ad un rag-
grinzamento delle appendici branchiali che all'accrescimento dell'opercolo nella
formazione del canale spiracolare. Infatti dalle mie osservazioni risulta che, al-
meno nel Bufo . la saldatura della plica opercolare procede molto lentamente,
poiché sogliono intercedere tre 0(|uattro gior.i ì'fn lo stadio forrispondfnte alla
Fig. 7 e quello corrispondente alla Fig. 15.
") Cfr. anche Mkykr "13 p. 91-
202 Paolo Della Valle
('32 p. Olì od è stato descritto abbastanza accuratamente da Héron-
RoYKii ("79 p. '235) nello sviluppo del Pclodytes pundatus e da Jor-
dan ('88 p. 13) o da Nauk ('90 p. 171-2) nello sviluppo della Ratta ^).
Spet;ialmente Jordan ha notato il fatto essenziale del processo, cioè
che l'adesione ©percolare avviene per i margini laterali, ma non
por il margine caudale che rimane sempre libero.
Una i Ipotesi che spontaneamente viene alla mente a questo pro-
posito, è quella che la formazione del canale spiracolare, la sua
direzione e la sua permanente apertura siano un semplice effetto
meccanico della corrente, che, passata attraverso le fessure bran-
chiali va all'esterno procedendo in una determinata direzione. E
anzi da ricordare a questo proposito che, come abbiamo accennato
anche a p. 193, Jordan ('88 p. 13-4) ha descritto uno speciale dispo-
sitivo esistente secondo lui nella cavità peribranchiale dei girini
di Rana, per il quale l'acqua proveniente dalla cavità branchiale
di destra attraverso il canale di comunicazione, a causa di una
speciale sporgenza, non si mescolerebbe con l'acqua della cavità
branchiale di sinistra, ma andrebbe direttamente all'esterno. E i-
nutile dire che si tratta ancora una volta di una illusione dovuta
allo studio fatto prevalentemente su sezioni, tanto è vero che la
stessa sua fig. 10 (una delle poche sue figure di dissezione) non
mostra nulla di ciò, e nemmeno nella mia Fig. 29 se ne può ricono-
scere nulla. L' illusione probabilmente è dipesa semplicemente dal
fatto che i branchiomeri si trovano nella regione dorsale e rostrale
della cavità peribranchiale e quindi nella parte più profonda di
essa (cfr. anche Fig. 36), onde 1' affermazione di Jordan potrebbe
essere anche verosimile dal punto di vis^a fisiolo^-icj.
Quanto all'azione morfogenetica di questo fattore della cir-
colazione acquea continua, non è possibile deciderne l' importanza
mediante la sola descrizione dello sviluppo normale, ma soltanto
mediante l'analisi sperimentale.
E in ogni modo interessante notare che (|uesto delle larve de-
gli Anuri in cui la cavità peribranchiale viene ad essere compie,
tamente chiusa tranne un' unica apertura, è un fenomeno che ri-
produce come costante condizione fisiologica il fenomeno eccezio-
nale negli Amnioti delle fistole cervicali che appunto, secondo gli
') Figure più o meno accurate di questi ultimi stadi della chiusura della
cavità peribranchiale nei levogirinidi ha dato anche Thikle ('87 t. 10 fig.
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Cordati 203
stiKÌii di KosTANECKi t! MiEBLECKi ('90) haiuiu (juasi sempre questo
valore morfologico.
Ili quanto poi al prolungamouto della cavità peri branchiale in
un canale spiracolare pili o meno lungo, fenomeno clu; si osserva
tanto nei levogirinidi che nei mediogi rinidi, è interessante consi-
derare come esso è l'unico punto in cui la plica opercolare si e-
stende caudalmente più dello stretto necessario per toccare la pa-
rete addominale. Ma il piìi curioso è che questo fenomeno è del
tutto simile ad un altro che è stato constatato per un materiale
molto divèrso. E noto infatti che Mitsukuri ('91 p. 10-14, 18; tav.
1-3 fig. 3-15, 21, 22) osservò che negli embrioni di Clevimis japonica
e Trioìujx jayoniciis l'amnios, giunto all'estremità posteriore dell'em-
brione progressivamente concrescendo con se stesso, non si chiude
definitivamente come di solito succede, ma si prolunga ancora cau-
dalmente formando cosi un lungo tubo aperto all'estremità. Analogo
fenomeno in minori dimensioni ha rilevato Shauinsland ('03 p.
149-150, t. 50) nello sviluppo di Piiffìmis cimeatus
Questa somiglianza di comportamento di due formazioni tanto
diversi, indica che probabilmente cause analoghe debbono produrre
nei due casi questo medesimo fenomeno e che non è proprio il caso
di andare a pensare finalisticamente con Braus ('06 p. 575) che
negli Anuri tale disposizione abbia lo scopo di permettere la vita
dei girini nelle acque torbide !
L' ultima modificazione della regione che si verifica duran-
te questo periodo è la riduzione delle appendici branchiali dor-
sali dei due primi branchiomeri postioidei che, come abbiamo visto
a p. 152-3 erano state le prime a formarsi. Come è noto queste sono
le appendici branchiali che raggiungono le dimensioni massime e
sono le sole che siano visibili dall'esterno, perchè le altre più ven-
trali si formano quando già la regione d ei branchiomeri donde esse
si originano è profondamente infossata nel seno peribranchiale ^).
1) Tale differenza è nel Bufo molto minore che nella liana dove le appen-
dici branchiali dorsali raggiungono dimensioni quasi decuple di quelle più ven-
trali ed in questo genere anche minore che nell' Alytes uhòtetricans , uell' Hy-
lodes martiniciensis (cfr. Hèron Roykr '83, uia contro Clkmkns '94 p. 128), nella
Phijllomedusa hi/iiocondrialis (Budgett '99") e nel Xotofrema ovifenm e coì-nn-
tnm (BouLENUER '98 p. 125 t. 18). Nel Bufo la dilierenza è sempre niiuore
per i branchiomeri più caudali; per il terzo non é quasi sensibile e per il
quarto (limite caudale dell' ultima fessura branchiale), addirittura non esiste
(cfr. anche Gotte '75 p. 275 e Maurek '88 p. 188). Questo fein.int-uo delle no-
tevoli dimensioni delle a]){)endici più dorsali si riconiiette a quanto avviene
tfjU UijUli 1 arvaii ed al problema della morfologia generale di queste for-
204 Paolo Della Valle
Como si vodu dal coiitVonl.o fra la Fig. 14 e 29 la riduzione asso-
luta, dolio dinioiisioiii di tali appendici è molto notevole, perchè
moiilro prima osso raggiiingovano quasi la linea corrispondente al-
l'est romita caudale del futuro canale spiracolaro, in seguito sono ri-
dotto in modo da restaro con le loro estremità molto più rostral-
mente dell'inizio di questo canale. Poco dopo la formazione dello
spinicolo le appendici dorsali che hanno subito tale processo di ri-
duzione sono ancora riconoscibili anche per il fatto che sono molto
più intensamente pigmentate delle altre appendici ventrali.
È interessante notare che da una parte le appendici più ven-
trali di minori dimensioni si originano nella parte già quasi rico-
perta della cavità peribranchiale e dell'altra che la riduzione delle
appendici più dorsali formatesi nella parte dei branchiomeri rimasta
maggiormente all'esterno, coincide con la loro ricopertura. Ma da
questi fatti non è lecito trarre induzioni causali, poiché solo l'e-
sperimento può dire in proposito l'ultima parola.
Questa differenza di aspetto fra le appendici branchiali visibili
dall'esterno nei primi stadi e quelle che si ritrovano poi nell'in-
terno della cavità peribranchiale, è stata notata nella Rana fino
da SwAMMERDAM ('38 p. 819) ed è stata poi descritta più o meno
accuratamente da Rusconi ('26 p. 16), Huschke {'26 p. 619), Ecker
('51 taf. 23 fig. 28), Whitney ('67 p. 46, 50) Gotte ('75 p. 677)
etc. Tale fenomeno si verifica in proporzioni ben più imponenti
per le appendici branchiali dorsali assolutamente gigantesche delle
larve già ricordate di Alytes, Hylodes^ Phillomedusa e Nototrema
nonché di molti Urodeli ed Apodi.
Ciò che ha molta importanza morfologica è il fatto che anche
le appendici ventrali (che ulteriormente si complicano nel corso
della vita larvale fino ad assumere le forme descritte di F. E. Schul-
zE ('92 tav. 5 fig. 24) non hanno alcuna somiglianza con quelle
dei pesci come notava F. Cavolini fino dal 1819 (p. 310) ').
Si è intanto ulteriormente accentuata e definitivamente stabilita
la differenza ira l'epitelio che riveste la superficie esterna del
corpo e quello che riveste la cavità peribranchiale (cfr. anche
Rathke ('32 p. 91) e con questo fenomeno morfologico fondamen-
tale chiudiamo questa prima parte dello studio dell'evoluzione del-
l'apparato opercolare e della cavità peribranchiale nel Bufo vidgaris.
Minzioni negli Aiilil)ii in coiiti-oiito a quanto :i,vvi«!iu; nei Pesci. Per tale que-
stione, l'Ile non discuteremo in questo lavoro, cfr. s[)ei'. Bo.\s *82, Maurkr "88,
Clkmkns '94, Gegenbauh '01, Gkkil '06 etc.
1) Cfr. auche p. 148.
Ji'a|i|mralo »)|)ei\iiliiro e la cavitn pcriltrunrhifilti nei (Jurdati 2
Questa differenza di sviluppo contribuisce anche probabilmento
alla riduzione della parte ventrale della plica entodormica io-raan-
dibolare ').
Tale intei-vallo fra la parte ventrale dei due primi branchie-
meri mi sembra che dimostri chiaramente come non sia pimto giu-
stificata r affermazione di Gegenbaur ('98 p. 369) che lo sposta-
mento rostrale dell'arco mandibolare nelle larve di Anuri sia un
fatto passivo dovuto allo sviluppo cenogenetico dell'apparato delle
branchie interne, come si sarebbe potuto supj)orre se in tutte lo
larve di Anuri i rapporti fra l'ioide e la mandibola fossero simili
a quelli esistenti nelle larve di Aglossi (cfr. p. 211). Come ab-
biamo visto , tutto sembra parlare invece per un vero accresci-
mento della regione più dorsale del branchiomero mandibolare.
Questo per l'accrescimento rostro-caudale dell'arco mandibolare.
Ma la parte più caudale di tale branchiomero assume anche du-
rante lo sviluppo delle larve degli Auuri una posizione relativa-
mente molto laterale, ciò che ha grande influenza sulla realizza-
zione delle notevoli dimensioni trasversali del capo dei girini. Questa
posizione molto laterale che raggiunge il margino esterno del qua-
drato, solo in piccola parte dipende da un vero accrescimento della
parte posteriore (morfologicamente dorsale) del branchiomero, con
la quale esso si connette alle regioni più mediali del cranio, Da
quanto è noto del condrocranio degli Aglossa (Parker '76, Tok-
NiER '10), pare però che si possa affermare che nei due sottordini
degli Anuri risultati simili siano raggiunti in due modi diversi. Nei
Faneroglossi (cfr. spec. Gaupp '92) infatti la posizione notevol-
mente laterale del margine esterno del quadrato non dipendo molto
dalle dimensioni trasversali assolute che esso raggiunge nella sua
parte media, in relazione con lo sviluppo dei muscoli elevatori della
mandibola compresi nella doccia cartilaginea del branchiomero. In
gran parte piuttosto tale posizione laterale deve essere essa stessa
una conseguenza dell'accrescimento notevolissimo del volume del
Se questa interpretazione della causa della scomparsa delia curvatura del vertice
è esatta, si vede come non sia sempre il mesoderma quello che si deve
adattare « an die Lagerungsverhaltnisse welche durch die Hiruròhre und den
Kopfdarm bereits vorgezeichnet waren » come affermava Gotte (75 p. 683), che
credeva anzi che questo principio sia « der Schlllssel zum Verstaiidniss des
ganzen Autbaues des Kopfes ».
') Cfr. anche p. 165, 167.
Archivio zoologico Italiano, Voi. VII. ^"
210 Paolo Della Valle
sistema nervoso centrale e delle capsule ottiche ed acustiche *),
giacché la parte caudale dorsale dell'arco mandibolare che deve
mantenere determinati rapporti morfologici con questa regione del
capo, dovrà anch'essa seguire tali accrescimenti e spostarsi lateral-
mente.
Negli Aglossi ") invece, in cui relativamente meno accentuato
è questo fenomeno, specialmente per le dimensioni relative meno
notevoli che la capsula ottica raggiunge inizialmente, il margine
esterno del quadrato ^) assume una posizione anche più esterna che
nei Faneroglossi, per uno svihippo colossale che esso presenta,
specialmente nella regione più caudale, che porta alla formazione
di una ampia e sottile lamina cartilaginea {tegmen tympani di Parker,
Kiemendachplatte di Tornier) che è destinata ad una ridu-
zione notevolissima all'epoca della seconda metamorfosi.
Conseguenza di questo spostamento laterale è che la regione
morfologicamente laterale del capo, (cioè nella parte caudale i bran-
chiomeri postioidei) potranno svilupparsi nella regione ventrale non
esistendo in tale regione medialmeate ad essi organi che aumentino
di dimensioni come il sistema nervoso, le capsule ottiche e acustiche
nella parte dorsale. Ciò quindi contribuisce molto a che i branchio-
meri postmandibolari appaiano nella larva adulta ventrali anziché
laterali.
Il hranchiomero ioideo.
Riassumeremo qui solo le modificazioni di rapporti morfologici
che sono in relazione con la parte mesodermica di questo hran-
chiomero ^) poiché parleremo di proposito della plica opercolare la-
tero-ventrale.
1) Cfr. anche p. 168.
2) Molto più ili Xenopm che ili Pipa. Of. Parker '76 p. G52.
8) L'appartenenza di questa lamina cartilaginea al branchiomero mandibo-
lare, che potrebbe essere dubbia in mancanza di precise notizie embriologiche e
per la sua sicura prossimità alla regione dorsale dei branchiomeri postioidei (cfr,
spec. la posizione relativa del timo nelle larve dei Faneroglossi e degli Aglossi),
mi sembra sicura dato il suo ulteriore destino, specialmente se da essa (come
sostiene Parker '76, ma come non risulta da Tornier '10) prende origine l'a-
nello timpanico cartilagineo che anche nelle larve dei Faneroglossi si origina
dal quadrato (cfr. Gaupp '92 p. 452-5). L'unico dubbio è dato dalle fig. 4 e 6 della
tav. 56 del lavoro di Parker '76, in cui tale lamina non è continua nella parte
rostrale col resto dall'arco mandibolare; non è improbabile però che possa trat-
tarsi semplicemente di una inesattezza di dissezione.
*) (Jfr. p. 142, 144-5, 149. 150-1, 155. 159-160.
I/appanito opoirolare e la cavità porihniii. hiuli» noi t'or.lali 'Jll
Inizialmente coi rapporti tipici di un lir;inohioraero, raggiunge
li linea ni 'diana sohunonto in seguito, per ulteriore ditforenziazioae
dei tessuti in loco o per accrescimento delle parti piti laterali, pas-
sando parte dorsalmente e parte ventralmente alla muscolatura ipo-
branchiale e formando il limite rostrale del pericardio.
Abbiamo già detto che anch'esso subisce nella sua parte più
dorsale un notevele allungamento rostro-caudale, coirne l'arco man-
dibolare, ma in grado meno notevole (cfr. anche Gotte '75 p. CìiSd).
Negli Aglossi tale spostamento è certamente maggiore, come
risulta specialmente dal paragone della posizione relativa doU'arti-
colazione della cartilagine ioidea col ([uailrato, nelle larve adulte
di un Faneroglosso {p. es. Rana cfr. Qaupp '92 tav. 14 tig. 13) e
di Xeuopits (cfr. Pakkkr 76 tav. 57 tig. 1-4 e Toknh.:r '10 fig. 8)
rispetto all'occhio e specialmente rispetto all'articolazione quadrato
mandibolare. Mentre infitti la distanza fra queste due articolazioni
nelle larve dei Faneroglossi è notevole, e corrispondentemente è an-
che notevole la distanza che intercede nella reofione mediana ven-
trale fra la cartilagine mandibolare e l' ioidea, nelle larve degli A-
gloss! le due articolazioni sono ad immediato contatto, e correla-
tivamente anche nella regione mediana ventrale i due condrobran-
chiomeri sono straoivlinariameute vicini (cfr. Ridevvood '97).
Per quanto in parte questo fenomeno possa essere messo in
relazione con lo sviluppo relativamente maggiore nelle larve degli
Aglossi anzicchè in quelle dei Faneroglossi delle branche mandi-
bolari (cfr. anche p. '207 nota), ') pure lo spostamento rostripeto della
parte ventrale dell'arco ioideo risulta sempre relativamente maggiore
nelle larve degli Aglossi anziché in quelle dei Faneroglossi anche
tenendo conto del resto del capo; ciò che del resto potrebbe essere
facilmente controllato mediante l'analisi del decorso dei nervi bran-
chiomerici nelle larve di Xeuopits.
Quanto ai girini di Bufo (e certo per tutti i Fantu'oglossi),
dalle mie ligure lG-21 si riceve pure l'impressione che questo sposta-
mento rostrale della parte dorsale del branchiomero ioideo sia un
') Naturalmente data questa ditìereuza di rapporti si deve concili uden- o
che l'articolazione tra l'ioide ed il quadrato non avviene in punti oMiolo;;hi nei
Faneroglossi e negli Aglossi, oppure che tra le due forme esistano ditVeren/e
di sviluppo Ira le diverse parti del quadrato, e specialiueiite che negli Ah;Ios3Ì
quasi non si sia sviluppata la parte interposta nei Faneroglossi fra 1" articola-
zione dell'ioide e quella della mandibola.
•212 Paolo Della Valle
fenomeno dovuto più ad adattamenti passivi che a vero accresci-
mento.
Caudalmente ad esso infatti, nella regione laterale si verifica
l'accrescimento della regione brancliiomerica postioidea, e nella re-
gione ventrale l'accrescimento della regione pericardiaca. Tali ac-
crescimenti, non potendo estrinsecarsi caudalmente (come più fre-
quentemente si verifica negli altri ittiopsidi tectibranchi) , forse
per lo sviluppo della regione addominale di cui parleremo in se-
guito, si esplica in direzione opposta ^), spingendo appunto la parte
latero-ventrale del branchiomero ioideo in direzione rostrale. Ciò
viene certo reso possibile dalle piccole dimensioni che durante la
vita larvale raggiunge la parte ventrale dell'arco mandibolare e
dalle grandi dimensioni che raggiunge invece la parte dorsale di
questo, fenomeni che costituiscono appunto due delle caratteristiche
fondamentali della morfologia del capo delle larve degli Anuri. Il
decorso larvale del VII, ^) della tuba ^) e dei nervi dei branchio-
merici postioidei *) segnano appunto questo spostamento rostrale.
Anche nelle larve degli Aglossi deve verificarsi durante lo svi-
luppo tale spostamento rostrale dei branchiomeri postioidei. Nono-
stante che non siano state pubblicate ancora figure delle quali ciò
risulti in modo sicuro, pure, a giudicare dalla posizione dell'arti-
colazione larvale dell'ioide (cfr. p. 211) ciò si deve verificare in
modo non meno notevole che nelle larve dei Faneroglossi. Per
quelle di Xenopus dove forse è anche maggiore, ciò potrebbe an-
che essere in relazione con 1' esistenza di quell'organo idrostatico
larvale di cui parlano Ridewood ('97^ p. 115) e Tornier ('10 p. 512)
posto subito caudalmente alla regione brancliiomerica.
Questo spostamento rostrale dei branchiomeri postioidei nelle
larve di Anuri è specialmente interessante perchè nettamente di-
verso da quello delle larve degli Urodeli in cui, come nei pesci te-
ctibranchi, i branchiomeri postioidei sono spostati caudalmente alla
loro posizione morfologica. ^)
1) Ciò è dimostrato uel modo più evidente dal comportamento rostripeto
del IX e dei rami brauchiomerici del X nella larva adulta (cfr. Strong '95 tav,
12 fìg. A) confrontato con l'iniziale comportamento esattamente trasversale di
tali nervi (cfr. Fig. 16).
2) Cfr. p. 139-140, 141, 158.
3) Cfr. p. 159, 171 nota 1.
4) Cfr. Strong '95 tav. 12 fig. A.
^) Cfr. il decorso dei nervi branchiomerici disegnato da Druner '01 tav. 25
I
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Cordati 218
Le differenziazioni che si verificano nelle diverse parti di quasto
branchiomero hanno anch'esse importanza morfogenetica per il di-
verso accrescimento successivo di esse. Cosi la parte più ventrale
che assume dimensioni relativamente grandi e decorso esattamente
trasversale con la cartilagine ioidea ed il m. subhyodeus, è certo uno
dei fattori determinanti delle notevoli dimensioni trasversali della
parte media della cavità orale. Insieme poi collo sviluppo in direzione
laterale degli organi dorsali di cui abbiamo poco prima parlato, e
con l'aumento volumetrico della regione pericardica nella parte
ventrale mediana di cui parleremo in seguito, determina anche l'ap-
piattimento straordinario di questa stessa cavità (cfr. anche Gotte
'75 p. 663 e 669).
Nella parte più dorsale la differenziazione ed il consecutivo
notevole sviluppo relativo dei m. Orbitohyoideus e Quadrato-hyo-
angularis, hanno notevole importanza specialmente per la morfo-
genesi della tuba 'l e del processus muscularis -), ma non riguardano
che pochissimo la morfogenesi della cavità peribranchiale.
Il primo branchiomero postioideo.
L'importanza morfogenetica del primo branchiomero postioideo
è anch'essa graude, specialmente per la parte notevole che la sua
regione ventrale prende all'accrescimento del campo ventrale me-
sobrauchiale di cui parleremo in seguito e per 1' aumento di di-
mensioni della parte rostrale della sua regione dorsale. Abbiamo
visto come solo negli stadii più tardivi si verifichi quest'ultimo ac-
crescimento, che corrisponde alla formazione della superficie late-
rale della camera branchiale interna, rivestita dalle appendici fil-
tranti di questa parte del primo branchiomero postioideo. Poiché
questo grande accrescimento delle appendici branchiali interne si
verifica solo nelle larve degli Anuri ^), si comprende che anche que-
sto sarà uno dei fattori per cui esse differiscono dalle larve degli
Urodeli.
In seguito a ciò infatti l'estremità dorsale della fessura bran-
chiale compresa fra il primo branchiomero postioideo ed il succes-
sivo, si sposta anche più ventralmeute di quanto non sarebbe di-
peso dal solo aumento di dimensioni trasversali degli organi più
1) Cfr. p. 171.
2) Processus orbitarius di Reichert, Pajikeb etc. Cfr. Gaupp '92 p. 448.
^) Per Xenoptis cfr. però Bles '05 p. 784.
214 Paolo Della Valle
dorsali, iufliienzaiido così analogamente iti modo indiretto anche i
branchiomeri successivi. Da questo fatto e dall' analogo accresci-
mento (sempre minore per i termini più caudali) dalla parte de^
branchiomeri posta dorsalmente all' estremità dorsale delle fessure
branchiali, dipende la rotazione in direzione ventrale dell'estremità
rostrale della linea che congiunge le estremità dorsali di tali fes-
sure branchiali. Dalla notevole differenza di direzione che si viene
poi cosi a stabilire fra la regione dorsale del branchiomero ioideo
e del primo postioideo, dipende anche, come abbiamo visto a p. 161
la quasi completa obliterazione della fessura interposta fra questi
due branchiomeri.
Il campo mesobranchiale.
Dalla serie delle figure 37-41 risulta evidentemente il note-
vole accrescimento trasversale della regione posta ventralmente alle
estremità ventrali delle fessure branchiali, che è massimo special-
mente al livello del primo branchiomero postioideo e progressiva-
mente minore caudalmente (cfr. p. 145, 163'), 176, 180, 199). Ab-
biamo mostrato a p. 164, 180 come questo fatto ha come naturale
conseguenza il mutamento della direzione dei branchiomeri post-
ioidei da ventrale soltanto in ventrale-rostra le e la trasformazione
della loro posizione mutua in modo che i termini più rostrali di-
vengono anche i più esterni (cfr. anche Parker, '71 tav. 3 Fig. 7-9
e tav. 4 lig. 11-12). Abbiamo pure visr,o come questo fenomeno
ha anche per effetto di avvicinare l'estremità dorsale dei branchio-
meri postioidei alla regione del tronco corrispondente alla bozza
pronefrica , creando così condizioni molto favorevoli all' adesione
consecutiva di queste due superficie epiteliali e quindi anche indi-
rettamente all'inclusione della regione donde sorgerà l'arto nell'in-
terno della cavità peribranchiale.
Questa conseguenza è molto importante, perchè mostra come
un fenomeno che si verifica in una data regione possa avere gravi
ripercussioni indirette in regioni molto lontane. Ciò diviene spe-
cialmente evidente quando si consideri che il campo mesobran-
chiale di cui parliamo è strettamente in correlazione con lo svi-
li Gotte '75 p. 670, non avendo tenuto sufficiente conto dell'accrescimento
reale del campo mesobranchiale, è stato indotto ad affermare che la notevole
sporgenza laterale del primo branchiomero postioideo fosse una conseguenza
passiva dell'accrescimento trasversale della parte ventrale dell'arco ioideo.
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Cordati 215
luppo della lingua e che proprio quegli Anuri nei quali la lingua
non si sviluppa (Aglossi) hanno larve nelle quali i branchiomori
postioidei hanno una direzione che si discosta solo poco dalla tra-
sversale tipica ') e nelle quali la regione donde si sviluppa l'arto
non viene ad essere compresa nella cavità peribranchiale '■^).
La regione pericardica.
Questa regione subisce nel perio lo che esaminiamo un notevole
aumento in volume (cfr. p. 151, 168, 178), che contribuisce fortemente»
come ha notato giustamente Gtòtte ('75 p. 670 e 675) ad innalzare
più dorsalmente la estremità ventrale dei branchiomori postioidei
concorrendo cosi ad annullare quasi la loro primitiva inclinazione
dorso-ventrale (cfr. la serie delle figure della Tav. 8). Insieme al-
l'accrescimento trasversale della parte ventrale del branchiomero
ioideo e del primo postioideo questo fenomeno contribuisce pure
all' appiattimento dorso-ventrale della cavità faringea ed alla con-
seguente maggiore sporgenza delle parti laterali (cfr. Fig. 55-58).
Però una parte dello spazio che la regione pericardica viene ad
occupare nelle epoche larvali più avanzate, inizialmente in parte
è occupata dalla parte rostrale interna dell' intestino postbranchio-
merico che negli stadii successivi diminuisce di volume per la mor-
fallassi correlativa alla progressiva differenziazione e per la pro-
gressiva scomparsa delle placchette vitelline che inizialmente in-
farcivano le cellule entodermiche , ed in parte non èoccupata da
nessun altro costituente dell'organismo, perchè viene a formarsi per
la progressiva riduzione della primitiva notevole curvatura cefalica
e per l'accrescimento ventrale della bozza addominale (cfr. p. es.
Gotte '75 tav. 16 fig. 292, 293, 298, 303).
La bozza addominale.
L'importanza morfogenetica di questa regione rispetto alla for-
mazione della cavità peribranchiale è notevole, perchè essa finisce col
costituire la parete caudale-dorsale-interna delle due cavità. Abbiamo
visto a p. 138, 144, 153, 169, come proprio durante il periodo
che esaminiamo avvenga l'enorme aumento delle dimensioni sue e
come ciò produca il mutamento di direzione della parte più rostrale
delle pareti laterali, che finiscono con 1' a.ssumere direzione molto
») Cfir- RiDBwooii "97 1.
2) Cfr. però anche p. 216.
216 Paolo Della Valle
più trasversale all'asse del corpo. Abbiamo anche visto (p. 170) come
ciò contribuisca molto a facilitare la chiusura della cavità peribran-
chiale, anche per la sporgenz;a precoce e notevole della bozza pro-
nefrica nella regione laterale dorsale (p. 169-186) , e come questo
fatto possa anche contribuire alla inclusione della regione donde
si svilupperà l'arto anteriore, nell'interno della cavità peribran-
chiale (p. 186-6). È da notare infatti che in Xenopus in cui tale
inclusione non avviene, oltre a ciò che abbiamo visto per il campo
mesobranchiale (p. 215) , anche 1' aumento delle dimensioni tra-
sversali della regione addominale è molto più tardivo ed è meno
notevole ^).
Quali siano i fattori di questo notevole aumento di dimensioni
della bozza addominale, esamineremo in un altro lavoro, col me-
todo sperimentale.
La plica opercolare latero-ventrale.
Questa parte della regione in esame (cfr. p. 143, 153-4, 166,
167, 172-3, 181, 181, 187, 189) è quella morfologicamente più im-
portante, perchè, per la parte laterale, corrisponde (come è stato
notato anche da alcuni antichi osservatori), alla membrana bran-
chiostega dei Teleostomi (cfr. p. 184 nota) ^).
Il suo accrescimento però è solo poco notevole, poiché 1' a-
dattamento delle varie parti rende relativamente ristretta l' aper-
tura del seno nel quale vengono a trovarsi i branchiomeri postioidei.
1) Cfr. Beddard '94 p. 102 e Bles '05 fig. 10-14. Si deve però considerare
che anche in Xenopus, da quanto afferma Bles l'arto anteriore si sviluppa in
primo tempo nell'interno di una cavità distinta dalla cavità peribranchiale (cfr.
p. 186) e che in Pipa in cui nemmeno si verifica l'inclusione dell'arto durante
lo sviluppo, le condizioni della regione addominale sono molto diverse da quelle
delle larve di Xenopus per la grande massa di vitello esistente (cfr. Parker '76
tav. 60 fig. 1) e simili invece a quelle dei Faneroglossi macrolecitici. Il feno-
meno dell'inclusione dell'arto potrebbe quindi avere cause più profonde di sem-
plici differenze quantitative di sviluppo fra le diverse parti.
Aggiungerò ancora che, nonostante ciò che si verifica per il Symbranchus
(cfr. Taylor '13) nulla ci autorizza ad ammettere che questo fenomeno embrio-
nale della inclusione dell'arto si sia verificato filogeneticamente in modo gra-
duale, come suppone Braus ('06 p. 574-584), ed è molto discutibile se questa
ipotesi faciliti la interpretazione causale della indipendenza della perforazione
delle pareti opercolari al momento della seconda metamorfosi dalla esistenza
dell'arto che dovrebbe uscirne.
2) Non vi è bisogno di dire che la plicft opercolare degli Anuri, come del
resto quella di tutti i tetrapodi, è assolutamente priva di parti scheletriche
L'apparato opercolare e lu cavità peribranchiale nei Cordati "217
Un vero accrescimento anzi, sulla linea mediana ventrale manca
quasi affatto nei Faneroglossi '), cosi nei Levogirinidi quanto nei
Mediogirinidi , perchè la breve parete ventrale di (juosta regione
della cavità peribranchiale, si può affermare che si origini solo con
e per la saldatura addominale della regione cutanea posta più ro-
stralmente (cfr. anche p. 188-9 e Fig. 29). Questo comportamento
è interessante morfologicamente, poiché più prossimo a quello dei
Pesci tectibranchi iu cui non esiste plica opercolare ventrale e molto
diverso da quello degli Urodeli e degli altri Tetrapodi. Un vero
accrescimento della plica si può dire che esista solo per la regione
laterale ventrale, dove anche però il fenomeno fa piuttosto l'im-
pressione di una regolarizzazione della superficie cutanea al disopra
del seno peribranchiale (cfr. p. 173, 183), che però da questa plica
viene sempre meglio individualizzato nella regione ventrale (cfr.
p. 169-170, 178, 180, 182-3).
E bene insistere specialmente sul fatto della assoluta indif-
ferenza del comportamento della plica in questione rispetto alla
branchiomeria sottostante (cfr. p. 191:), passando essa in modo del
tutto continuo, dalla regione ipobranchiale pericardica (cfr. p. 173^
182, 187), alla regione ioidea ed alla regione del primo branchio-
mero postioideo , sulla quale anche si estende per un lungo tratto
(cfr. p. 167, 174) '^). Conferma ciò il fatto che la sua linea di origine
non segue punto il decorso del branchiomero ioideo (cfr. p. 154, 166),
(cfr. anche Rathke '32 p. 91). Gbgenbaur ('02 1 Bd. p. 367) che ha notato il fe-
nomeno, lo ha interpretato filogeaisticinieate come conseguenza della diminuita
importanza dell'apparato branchiale. Tale fatto avrebbe prodotto mrche la ri-
duzione dell'ioniandibolare a columella, perlendo cosi la connessione con la
mandibola, onde il palatoquadrato avrebbe acquistata una autostilia secondaria.
') Per gli Aglossi le figure che finora abbiamo non ci permettono di decidere
con sicurezza se il comportamento delle due aperture della cavità peribran-
chiale si avvicini di pivi al tipo dei pesci tectibranchi (cfr. Parkkr'76 p. filrt-f»;
BouLKNGER '81; Blancha RU '85 p. 58r) o a quello degli Urodeli t Boulenoer in
Leslie '90 p. 6'.)-70 nota) specialmente Derotremi, come è forse più proltabile.
dille indicazioni e dalle figure date da Blks ('05 p. 811 e tav. 4, fig. 24, 25ì
Non so poi in base a quali notizie Verluys (i2 p. 331). abbia messo assieme agli
Aglossi Pipa e Xenopns anclie il Faneroglosso Microkyla come genere con larve
aventi due spiracoli. Flower ('99 p. W2) invece, per Microhyla innata espres-
.samente dice che le larve hanno spiracolo mediano.
2) In parte da questo fatto, ma piii ancora dai rapporti topografici unomali
dei varii branchiomeri nei girini «dulti di Anuri, dipendono le difiererjze nel
modo col quale i diversi autori hanno parlato delle relazioni esistenti fra la
'J18 Paolo Della Valle
nella parte ventrale, e che nella parte più dorsale decorre obliqua-
mente rispetto alla direzione del primo branchiomero postioideo.
La massima attenzione per la morfologia della regione (cfr, p.
117) merita il fatto che le estremità dorsali dei branchiomeri po-
stioidei vengono ricoperti in seguito all'adesione della regione dor-
sale di questi branchiomeri con le pareti addominali laterali che
ricoprono il pronephtos (cfr, p. 181), e non sono invece ricoperti
(cfr. p. 154, 167-8, 181) dalla plica addominale lateroventrale.
Questa invece forma soltanto la parete ventrale delle due ca-
vità peribranchiali e del canaio di comunicazione ventrale fra di
essa.
Le lìliche branchiali entodermiche.
Anche la regione laterale dell'entoderma faringeo è da ricor-
dare fra quelle che contribuiscono con il loro notevole accresci-
mento relativo alla realizzazione della forma definitiva, con la pro-
duzione delle tasche branchiali metameriche (cfr. la serie delle fi-
gure della Tav. 8).
Non vi sarebbe quasi bisogno di insistere sul fatto che tali
formazioni sono il prodotto di una partecipazione attiva delle pa-
reti faringee, data la loro esistenza in tutti i vertebrati, nelle più
diverse condizioni di rapporti con l'accrescimento degli organi fi-
nitimi, se Gotte nel nostro caso non avesse creduto di dover sup-
porre ('75 p. 2'22-5, '247, 262, 723) che esse fossero invece l'effetto
puramente passivo di una compressione delle pareti faringee. Dalle
mie osservazioni e considerazioni questa ipotesi, analoga a quelle
fatte da His per la morfogenesi del sistema nervoso centrale, mi
sembra improbabile , sia dal punto di vista dei rapporti che dal
punto di vista fisico. Molto più probabile invece è la supposizione che
la scomparsa per appianamento della regione ventrale della tasca io-
mandibolare e della parte dorsale della tasca entodermica succes-
plica opercolare ed i branchiomeri. Cosi quando voN Barr ('28 p. 228) dice che
la plica opercolare si origina « vom ersten Kiemenbogen, welche am Quadrat-
knochen befestigt ist » (cfr. anche Huschke '26 p. 620), si riferisce evidente-
mente al primo branchiomero postioideo che nella larva adulta ha appunto tale
posizione, ed ha quindi ragione al pari di Rathke ('32 p. 91) e di Gotte ('75
p. 676) che insistono invece specialmente sui rapporti col branchiomero ioideo.
Ciò non hanno capito Jordan ('88 p. 11) e Naue ('90 p. 167, 169) che per di
più, erroneamente identificando branchiomeri e condrobranchiomeri, sono andati
cercando se la plica opercolare avesse rapporti con la cartilagine ioidea o con
l'arco suboculare del quadrato al quale poi nessano aveva pensato.
L'apparato operculari oLiciviti poribranchiiilo ritii ('sfiati 219
visa, come pure lo spostamento rostripeto del lobo della tas-a io-
mandibolare che dà origine alla tuba, ed in partii la stessa indi-
vidualizzazione di questo lobo siano da considerare come il risul-
tato di adattamenti passivi di tali regioni dell'cntoderma allo svi-
luppo ed agli spostamenti dello parti mesodermiche circostanti
(cfr. p. 155-6, 171-2).
Le differenziazioni dei tessuti
Fra le varie differenziazioni di tessuti che negli Anuri si sta-
biliscono per la massima parte appunto durante 1' epoca che asa-
miniamo , e che si esplicano sotto le più diverse formo , hanno
importanza per la morfogenesi della cavità peribranchialu , come
abbiamo visto, specialmente le seguenti :
Organi adesivi
A p. 188 nota abbiamo ricordato come queste precoci differen-
ziazioni si riscontrino in tutti gli Annri. A p. 154, 188 poi abbiamo
visto come la linea di origine della parte più ventrale della plica
opercolare lateroventrale , prolungandosi nello sviluppo ulteriore
sempre più ventralmente, abbandona il decorso trasversale iniziale,
corrispondente a quello del branchiomero ioideo, per deviare più
caudalmente , circondando la base degli organi adesivi '). Si può
quindi supporre che la differenziazione degli organi ad^sivi nono-
stante che riguardi il solo strato esterno dell'ectoderma (cfr. (ìotte
75 p. 141, Corning '99 p. 181, 183, 187 e le mie Fig. 64 - 68i
sia la causa di questo fenomeno e della conseguente notevole dif-
ferenza fra gli Urodeli e gli Anuri nel limite rostrale della parte
ventrale della cavità peribranchiale delle larve, essendone gli Uro-
deli assolutamente privi.
1) Questo deve valere anche per quei girini di Anuri au.stralasici [Rana
jerboa, B. ìatopalmata, R. cavitympamini, R. mitatrix, R. whiteheadi. Staurois
ìiainancnsis, Micrixnlus) che sono forniti di un gigantesco orgiiuo adesivo ven-
trale, mediante il quale possono attaccarsi alle pietre e resistere cosi alle cor-
lenti veloci dei torrenti montani dove vivono. Questo almeno è «iiianto si può
desumere dalle figure che finora se ne hanno (cfr. Boulkngkk '93 p, 52»5-7
tav. 43 fig. 4 ; Ridewood "97 p 479-480; Boulengkb '99 p. 65'.tthv. t)7 tig. 2a).
Per la distanza intercedente Ira l'estremità ventrale degli oiga ni adesivi ed
il margine della plica opercolare ventrale nel Bufo, cfr. p. Ibi'.
ojo Paolo Della Vaile
Edemi localizzati
L'influenza di questo fattore è molto notevole nella morfoge-
iiesi della cavità peribranchiale degli Aiiuri , ed evidentemente è
anch'esso una espressione della dififerenziazione specifica dei diversi
punti del mesoderma e specialmente del mesenchima sottocutaneo,
che si esplica come maggiore o minore capacità di rigonfiamento
per azione dei liquidi organici. Si tratta cioè di una differenzia-
zione chimico-fisica delle cellule , assolutamente paragonabile alle
altre differenziazioni più note, come del resto facilmente si com-
prende considerando la differenziazione delle cellule interne della
corda dorsale.
Gli effetti morfogenetici di questa differenziazione si esplicano
tanto nella regione cefalica quanto in quella toraco-^ddominale.
Nella prima, da essa dipende l'enorme aumento delle cavità linfa-
tiche che si sviluppano nella regione ventrale dei branchiomeri
ioideo e mandibolare e che rendono tanto più manifesta e note-
vole la plica opercolare lateroventrale di cui il mesenchima co-
stituisce quasi l'unico contenuto (cfr. p. 173). Da essa dipende anche
l'arrotondamento del capo dorsalmente alle fessure branchiali po-
stioidee (cfr. p. 168, 178) che appiana le differenze di direzione delle
diverse parti e tanto contribuisce alla facilitazione dell'adesione
della parte dorsale dei branchiomeri più caudali con la parete ad-
dominale, ed infine essa contribuisce probabilmente molto anche
alla formazione delle appendici branchiali esterne.
Nella regione del tronco è effetto dell'edema fisiologico del
tessuto sottocutaneo, l'arrotondamento della parte posta ai lati de-
gli organi assili, ed anche quella piccola elevazione costante che
limita ventralmente la regione che diverrà la nicchia dell'arto (cfr.
p. 200) alla formazione della quale essa forse contribuisce.
Fenomeni analoghi di assorbimento di liquidi, che hanno im-
portanza morfogenetica eguale o maggiore degli edemi fisiologici
ora citati, e che, come quelle realizzano notevoli aumenti volumetrici
senza iperplasia, si verificano per il pronefros, per il sistema nervoso
centrale e per la capsula acustica ^). Il pronefros è in ordine di data
il primo ad aumentare di volume, e contribuisce, come abbiamo visto
a p. 153, 169, 181 alla saldatura dell'estremità dorsale caudale della
') Per la probabile relazione di questo fatto con i fenomeni fisiologici con-
temporanei che lianno tanta importanza per la possibilità della vita larvale au-
tonoma, cfr. anche p. 179.
L'apparato opercolare e la cavità peribranchiule nei Cordati 221
cavità peribranchiale. Degli effetti morfogenetici del rigonfiamento
del sistema nervoso centrale e della capsula acustica, abbiamo par-
lato già a p. 209-210.
Tutte queste sono manifestazioni particolari, specialmonto in-
tense, di quel fenomeno complessivo dell'aumento notevolissimo di
liquidi organici da parte del girino durante quest'epoca dello svi-
luppo, che è stata studiata quantitativamente speciahwMite da I)a-
VENPORT '98 ') , GaLLOWAY 'OO, SgHAPER '02, BlALASZEWICZ '08, e
probabilmente deve dipendere da cause analoghe a quelle che se-
condo M. Fischer producono gli edemi patologici, e deve essere
certo in correlazione con l'aumento progressivo della concentrazione
molecolare dei liquidi organici del girino, studiato da Blackman e
RUNNSTRÒM ('09 e 12).
La differenziazione delV epitelio della cavità peribranchiale.
Da questo fattore, importante sovra ogni altro finora qui esa-
minato, (come risulterà specialmente dall'analisi sperimentale dei
fattori della morfogenesi), dipende, come abbiamo visto a p. 190
la chiusura della cavità peribranchiale, che ha tutto l'aspetto di
una cicatrizzazione per ciascuna delle due specie di epitelii, diver-
samente differenziati, per ognuno dei quali l'area occupata dall'al-
tro rappresenta una soluzione di continuità del tutto paragonabile
ad una ferita.
In un successivo lavoro vedremo, da uu punto di vista speri-
mentale, quale sia la importanza relativa di questo fattore rispetto
agli altri sopra ricordati per la morfogenesi della cavità peribran-
chiale. Cosi pure vedremo, in relazione ai risultati ottenuti da Spe-
MANN e dai suoi scolari, quale sia la importanza relativa di questo
fattore nel determinismo della ubicazione del canale spiracolare in
confronto con l'importanza dei rapporti funzionali e topografici,
precoci e tardivi di questa regione della cute con le parti circostanti.
1) Cfr. anche le critiche mosse a questo lavoro da Loeb '02 p. 074 e ss.
n- <»
Paolo Della Valle
Conclusione e riassunto
La formazione della cavità peribrajichiale è prodotta, nello svi-
luppo normale del Bufo vulgaris, da molteplici fattori morfogenetici
dipendenti dallo sviluppo vario di parti più o meno lontane e di
valore morfologico disparatissimo.
Così lo sviluppo dell'arco mandibolare, del sistema nervoso cen-
trale e della capsula otica provocano una forte inclinazione laterale
dei branchiomeri postioidei che è una delle condizioni principali
della formazione della cavità peribranchiale. Questo effetto è ancora
più accentuato dall'aumento in volume del pericardio nella regione
mediana ventrale che ne solleva dorsalmente le estremità ventrali:
esso è reso sempre più completo dall'accrescimento della regione dor-
sale-rostrale del primo branchiomero postioideo che costituirà la
parete laterale della camera branchiale faringea.
L'accrescimento del campo raesobranchiale, trasforma la dispo-
sizione dei branchiomeri postioidei da ventrale in rostro-ventrale,
spingendo per conseguenza caudalmente l'estremità dorsale dei bran-
chiomeri postioidei e facilitando cosi la loro adesione con la regione
dorsale delle pareti addominali. Queste vengono loro incontro, ap-
profondendo sempre più il solco branchio-addominale per l'aumento
di volume della regione pronefrica e di tutta la cavità addominale
in generale. 11 ricoprimento epibranchiale ha notevolissima impor-
tanza per la morfologia generale della cavità peribranchiale.
La plica opercolare latero- ventrale che nella parte mediale è io-
idea. ma nella parte dorsale corrisponde al branchiomero succes-
sivo, in questo periodo dello sviluppo raggiunge uno sviluppo relati-
vamente poco notevole. Essa però completa l'infossamento della re-
gione branchiomerica postioidea che era già molto progredito per lo
sviluppo relativamente maggiore delle parti circostanti. Il profondo
seno peribranchiale viene poi definitivamente incluso nell' interno
del corpo dalla saldatura, vera cicatrizzazione, dei margini che sono
andati circoscrivendo questa regione, rivestita oramai da un epitelio
che è divenuto nettamente diverso da quello che ricopre il resto
della superficie esterna del corpo.
Come si vede, grande è la complessità del fenomeno analiz-
zato , giacche correlazioni molteplici si stabiliscono , di cui si
può considerare tipico esempio il fatto che il modo di sviluppo
L'apparato opercolare e la cavità peri branchiale nei Cordati 223
della regione donde sorgerà la lingua, molto probabilment<. in-
fluisce sul fatto che nei girini dei Fanoroglossi , gli urti ante-
riori non si sviluppano all' esterno fin da principio Di molti fat-
tori si deve, dunque, tener conto per cercare di analizzare, da un
punto di vista causale, questo che è uno dei più grandiosi fenomeni
di inclusione di una parte dell'antica superficie ectodermica nell'in-
terno del corpo.
Ma una vera comprensione scientifica della importanza relativa-
dei singoli fattori della morfogenesi normale non si può ottenere al
trimenti che con una analisi sperimentale, analisi che mi proixjnc-o
appunto di esporre in un prossimo lavoro.
Dall'Istituto di Anatomia comparata ilella R. Università di Napuli.
I
224 Paolo Della Valle
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L'apparato opercolare e la cavità peribrancliiale nei Conliiti JJ?
1887. Héron Royer, . , . — Observations minparatives sur le »
p, , » » » 20 » « 3" » »
fi^ » y> » » 30 » » 4" » »
ia, impronta della capsula acustica in formazione, sul mesoderma.
ip, ipofisi.
li, infundibulo tiroideo.
Id, limite fra la differenzazione dell'ectoderma in cute, ed in epitelio della ca-
vità peribranchiale.
It, lobo della tasca entodermica io-mandibolare che darà origine alla tuba.
mi, miotomi.
mi, muscolatura longitudinale ipobranchiale.
0, occhio.
oa, organi adesivi.
oh, muscolo orbito-hyoideus.
01, capsula olfattiva.
op, plica opercolare latero-ventrale.
p, polmoni.
pc, pericardio.
per, plica endofaringea rostrale.
pr pronefros.
rac, regione acustica.
re. regione cardiaca.
rd, recesso dorsale della cavità peribranchiale formato dell'adesione della re-
gione epibranchiale postioidea.
rpr, regione pronefrica,
$bn, solco branchio-addominale.
»h, muscolo sub-hyoideus.
L'apparato opercolaie e la cuvità peribramhiale nei Cordati 233
sm, muscolo sub-mandibularis.
*H, sistema nervoso centrale
sp, spiracelo.
ti, tiroide.
tini, tasca entodermica io-m.audibolare.
»
1° primo branchiomero postioideo.
2° secondo » *
3° terzo » »
V, 1). trigemino.
VII, n. tacciale.
IX, n. glossofaringeo.
X2, u. vago, ramo per il secondo branchiomero postioideo.
X^, n. vago, » » » terzo » »
Tavola 8.
Forme esterne dei girini. Per mettere meglio in evidenza i particolari
anatomici è stata riprodotta molto più chiara del naturale la pigmentazione
oscura dell' ectoderma ed è stata completamente trascurata la punteggiatura
più chiara che esso uniformemente presenta (Fig. 1-16).
Fig. 1. — Inizio dell'individualizzazione della regione branchiomerica. Regione
branchiale uniformemente tondeggiante senza accenno di metame-
rizzazione esterna. Solco branchio-addomiiiale evidente.
> 2. — Netta individualizzazione d-l solco branchio-addominale e della re-
gione cardiaca per l'accentuata sporgenza della regione branchio-
merica postioidea. Si riconosce il limite caudale della parte ven-
trale del branchiomero ioideo e della regione pronefrica.
y> 3. — Maggiore sporgenza della regione branchiomerica postioidea special-
mente nella parte dorsale dei due primi termini deli serie, sulla
quale cominciano ad individualizzarsi le appendici branchiali. No-
tevole sporgenza della regione pronefrica. Netto limite caudale
della parte latero-ventrale del branchiomero ioideo.
4. — Accentuazione .Iella direzione trasversale della part.; più ventrale
dei branchiomeri postioidei, della loro sporgenza laterale e delia
formazione delle appendici Ijranchiali. Moditìcazioue del rapporto
fra la direzione dei branchiomeri postioidei e quella della plica
opercolare latero-ventrale ora evidentemente accennata. Individua-
lizzazione netta del seno ^eribranchiale mediante la regione pro-
nefrica e la regione addominale-ventrale. Ampia regione cardiaca
(cfr. fig. 51).
» 5. - Inizio della formazione del recesso rostro-ventrale delia cavità pe-
ribranciiiale per accentuazione della diver.'iitA di direzione tra 1
branchiomeri postioidei e la plica opercolare latero-ventrale, 1" e-
234 Paolo Della Valle
stensione dorsale di questa sul primo braiioliioniero postioideo ed il
suo accrescimento caudale. Avvicinamento massimo della regione
dorsale dei branchiomeri più caudali alla parete addominale della
regione pronefrica. Rotazione verso l'esterno dei margini liberi dei
branchiomeri postioidei più rostrali già muniti di appendici bran-
chiali sviluppata, rispetto ai più caudali (dovuta al maggiore ac-
crescimento della parte septale).
Fig. 6. — Lo stesso girino della tìgura precedente vist4.-> da un punto posto
lateralmente, caudalmente e ventralmente alla regione branchio-
merica. per mostrare la mutua posizione dei margini liberi dei
branchiomeri postioidei ruotanti e la progressiva individualizzazione
della cavità peri branchiale per eti'etto di tale rotazione, dell'accre-
scimento caudale della plica ©percolare lat^ro-ventrale, dell'esten-
sione dorsale e ventrale di questa, dell'individualizzazione e dell'au-
mento di volume anche in direzione trasversale delle regioni car-
diaca, addominale e pronefrica e per la individualizzazione di un
margine dorsale della regione branchiomerica pjstioidea.
» 7. — Notevole progresso dell'individualizzazione della cavità' peribrauchiale
per ulteriore progresso di tutti i fattori notati precedentemente. Evi-
dente estensione dorsale della plica opercolare lat«ro-ventrale sul
territorio del primo branchiomero postioideo-
» 8. — Lo stesso girino visto dalla parte ventrale. Difierenza di direzione
notevole fra i branchiomeri postioidei e la plica opercolare latero-
ventrale ; estensione ulteriore della linea di origine di questa in
direzione ventrale caudale.
Tavola 9.
Fig. 9. — Inizio della chiusura della cavità peribranchiale nella parte dorsale.
Ulteriori progressi nella regione latero-veutrale per 1' estensione
della linea di origine della plica opercolare in direzione dorsale
su tutto il primo bi-anchiomero postioideo ed in direzione ventrale
fin sulla regione cardiaca. Progressivo accrescimento caudale della
parte già formata. Le apppeudici branchiali mostrano il mutamento
di direzione dei branchiomeri postioidei rispetto agli stadii pie-
cedenti.
» 10. — L'estremo dorsale della plica opercolare latero-ventrale ha raggiunto
il processo di saldatura che va procedendo dalla regione branchio-
merica dorsale-caudale in direzione ventrale e cosi tutti i bran-
chiomeri postioidei sono inclusi nella cavità peribranchiale Le
pliche opercolari lateroventrali .lei due lati si sono riunite sulla
linea mediana ventrale caudalmente al limite caudale degli organi
adesivi. Lievissimo accrescimento libero caudale di tale plica ©per-
colare mediana ventrale.
» 11. — Lo stesso girino della figura precedente, visto dalla parte ventrale.
Da notare, in confronto con la Fig. S della tavola precedente, come
le due pliche opercolari si sono riunite fra di loro e sono cre-
sciute in direzione caudale nelle parti laterali, in modo che il loro
L'apparato opercolare e la cavità peribraut hiale nei Cordati 235
inarp^ine libero ha assunto (lirexioiie qiui-ii perfettamente trasver-
sale. Simmetria bilaterale perfetti dell'apertura dol hi-iio perl-
branoliiale.
Fig. 12. — Saldatura della eavità peril»ran<'liiakì (piasi ruuipletata a doitra, imj-
ohissimo [)rogrodita a sinistra.
> 13. — Girino visto un por.o da sinistra, egualmente alle dui> ti^iire suc-
cessive. Saldatura della plica opercolare progn-dendu da dentra
anche oltre la linea mediana. Notevole progres-so della chiusura auchw
a sinistra; formazione del limite ventrale della niccliia dell'arto an-
teriore sinistro ed inizio della formazione del canale spiracolare.
» 14. — Apertura della cavità peribianchiale ridotta ad un piccolo forame
donde fuoriescono le appendici branchiali più (b)rsali «lei primo
branchiomero postioideo.
» 15. — Prolungamento del margine rostrale del forame rimasto, u tarmare
la parete ventrale del canale spiracolare definitivo.
Tavola 10.
Girini ai quali è stata asportata la cute per mettere a nudo gli organi sot-
tostanti. (Fig. 16-29). Alle fig. 22-29 è stato asportato anche il mesenchima me-
diante un sottilissimo filo di vetro alla Spkmann. Cfr. p. 136-7.
Fig. 16. — Mesoderma ancora completamente indifferenziato nella regione ce-
falica. Miotomi evidenti nella regione dorsale del mesoderma del
tronco. Occhio non ancora inglobato rostralmente dal mesoderma.
Impronta sul mesoderma della capsula acustica che si va appro-
fondendo dall'ectoderma. Strisce nervose del VII, iX e X sovrap-
poste al mesoderma col quale il primo ha già preso intimi rap-
porti nella parte ventrale (Cfr. Fig. 64).
» 17. — Inglobamento più avanzato dell'occhio da parte del me.soderma. Com-
parsa dell'estremità esterna della tasca entodermica io-mandibolare
attraverso il mesoderma. Scomparsa della striscia nervosa del VII
come tale nella massa mesodermica ioidea che si va formando.
■» 18. — Completo inglobamento mesoderinico rostrale dell'occhio. Individua-
lizzazione anche caudale del branchiomero ioideo per la formazione
del solco io-branchiale al quale a poca profondità corrisponde la
.seconda tasca entodermica. Allontanamento della stri.scia del IX
da quella del X per accrescimento della regione l)iani'hioiiierica
caudale.
» IP. — Anche le tasche branchiali entodermiche poste rostr.iitnente al primo
ed al secondo branchiomero postioideo hanno raggiunto col loro
margine esterno la superficie cutanea. Da notare il livello molto
dorsale raggiunto dall'estremità dorsale di tali tasche. Subito cau-
dalmente alla parte dorsale della tasca io-mandibolare si riconosce
il decorso ancora superficiale del VII e caudalmente alla parte
dorsale della successiva è visibile un tratto del IX. La capsula
236 Paolo Della Valle .
acustica è completamente incastrata nel mesoderma, l' impronta
olfattiva è molto profonda.
Fig. 20. — Individualizzazione progredita del mesoderma del branchiomero man-
dibolare ; inizio del rigonfiamento del mesoderma della parte dor-
sale del primo branchiomero postioideo. Iniziale riduzione della
parte dorsale delle tasche branchiali entodermiche ed iniziale ro-
tazione laterale della loro estremità dorsale
» 21. — Hiduzione della parte ventrale della tasca entodermica io-mandi-
bolare in relazione alla progressiva individualizzazione del m. sub-
mandibularis. Progresso della riduzione e rotazione notate prece-
dentemente per le tasche entodermiche successive e del rigonfia-
mento del mesoderma corrispondente alle appendici branchiali. Netta
differenziazione nella regione ventrale fra il mesoderma branchio-
merico ed il mesoderma pericardico.
> 22. — Essendo stato asportato aiche il mesenchima, è visibile la progressiva
individualizzazione dei varii organi della regione branchiomerica
rostrale. Da notare l'individualizzazione del m. submandibularis,
del lobo della tasca entodermica io-mandibolare ch'e darà origine
alla tuba, le modificazioni della parte ventrale del mesoderma
ioideo, e specialmente la direzione del IX e la sua posizione rela-
tivamente al resto del mesoderma del 1° branchiomero postioideo.
» 23. — Riduzione ulteriore della tasca entodermica io-mandibolare; diffe-
renzazione avanzata del m. orbitohyoideus e subhyoideus ed ini-
ziale rotazione rostripeta dell'estremo dorsale del primo. Inizio
della formazione dei muscoli depressori della mandibola. Individua-
lizzazione ulteriore del lobo della tuba.
Tavola H.
Fig. 24. — Differenziazione molto progredita dei muscoli derivati dal meso-
derma branchiomerico ioideo. Notevole rotazione ulteriore delForbito-
hyoideus ed allungamento rostripeto dei depressori della mandibola.
Nell'angolo compreso fra queste due formazioni si nota l'estremità
esterna del diverticolo della tuba, ultimo residuo della parte dor-
sale della tasca ioniandibolare. Distanza sempre maggiore del de-
corso del IX dalla linea di origine delle appendici branchiali del
primo branchiomero postidoeo. Notare i rapporti topografici del
primo accenno della parte ventrale de'la cavità peribranchiale con
la musculatura ioidea.
» 25. — Progressivo allontanamento in direzione caudale-ventrale dell'estre-
mità dorsale dei brauchiomeri postioidei dalla capsula acustica e
dal IX, e sempre maggiore inclinazione rostrale-ventrale del de-
corso di questo. Accrescimento della cavità peribranchiale ed evi-
denza della partecipazione del primo branchiomero postioideo alla
sua formazione. È vi.sibile anche il diverticolo dorsale della cavità
peribranchiale, formato dall'adesione della parte dorsale dei brau-
chiomeri pili caudali con la parete addominale.
L'apparato opercolare e la cavità peribraiichiale nei Cordati %^l
Fig. 26. Esteusioiie del diverticolo dorsale e della parte ventrale del seno peri-
branchiale fino alla loro contiuen/.a. Ulteriore aumento liellii ri'^^ione
dorsale- rostrale del primo branchiomero postioide 32. — Aumento delle dimensioni trasversali al livello del branchiomero
ioideo. Avanzata differenziazione del m. submandibularis ; parte
ventrale delle tasche eutodermiche io-mandibolari già in riduzione; lu-
subhyoideus non ancora impari.
» 33. — Dimensioni trasversali della regione al livello del branchiomero ioideo
ancora maggiori di prima. Il limite caudale della plica opercolare
si è allontanato da questo muscolo, formando i due seni laterali
ventrali, mentre sulla linea mediana (corrispon lente alla parte cau-
dale degli organi adesivi) non si verifica lo stesso e la regione
pericardica resta ad immediato contatto con la pelle esterna.
» 34. — Maggiore aumento delle dimensioni trasversali, specialmente al li
vello del muscolo subhyoideus ed accre.scimento caudale della cavità
peribranchiale. Notare per questa come il suo limite rostrale si va
allontanando dalla linea mediana con forte inclinazione rostrale.
In confronto con la figura precedente si vede come l'inclinazione
•238 Paolo Della Valle
rostrale-mediale dei brniichiomeri postioidei è divenuta molto più
sensibile.
Fig. 36. — Topografia della cavità peribranchiale quasi completamente formata.
Notare la piccola estensione rostrocaudale della plica opercolare sulla
linea mediana.
» 36. _ Cavità peribranchiale appena completata. A destra è stata asportata
la parete ventrale per mostrare la posizione relativa dei branchio-
raeri postioidei e la direzioiie della parete dorsale della cavità pe-
ribranchiale che nella parte laterale contribuisce all'individuiliz-
zazione della loggia dove nuotano le appendici branchiali, già nu-
merose, ma non ancora ramificate come nel girino adulto. Notare
anche la riduzione tortissima della linea per la quale la cavità
peribranchiale tocca il m. subhyoideus (cfr. spec. Fig. 33), ciò che
è in rt4azione con la riduzione quasi completa della prima fessura
branchiale postioidea.
Tavola 13
Girini ai quali è stata asportata la regione dorsale del capo e la parete
dorsale della cavità faringea per mostrare l'aspetto interno della parete ventrale
di tale cavità. A causa della inclinazione rostrale-ventrale della parte del capo
in questione negli stadii precoci, le prime figure sono disegnate guardando il
girino da un punto posto non' solo dorsalmente, ma anche un poco rostralmente
ad esso.
Fig. 37. — Rilievi branchiomerici interni evidenti. Da notare specialmente la
breve distanza interposta fra il margine rostrale del branchiomero
ioideo e la estremità orale della cavità faringea.
> 38. — Aumento delle dimensioni trasversali della regione branchiomerica.
Aumento della regione preioidea. Riduzione della spoi'genza interna
del branchiomero ioideo.
» 39. — Completo appianamento del rilievo ioideo. Comparsa del rilievo che
limita le estremità ventrali dell'apertura intema delle tasche en-
todermiche poste caudalmente al primo branchiomero postioideo.
Aumento dell'area posta internamente a tale rilievo, specialmente
nella sua parte piia rostrale. Conseguente inclinazione rostrale,
oltre che ventrale e mediale dei branchiomeri postioidei. Scomparsa
dell'apertura interna dell'i nfundibulo tiroideo.
» 40. — Notevole accrescimento ulteriore del rilievo che darà origine alla
plica rostrale; progressiva apertura della estremità rostrale della
parte posta medialmente ad essa e della inclinazione rostrale dei
branchiomeri postioidei. Riduzione dell'apertura faringea della fes-
sura io-branchiale posta rostralmente alla plica rostrale Aumento
sempre maggiore della regione preioidea.
» 41. — Dimensioni trasversali notevolissime della cavità faringea al livello
del primo branchiomero postioideo, ed apertura rostrale completa
del V formato inizialmente dall'abbozzo della plica rostrale; con-
seguente inclinazione rostrale ancora maggiore dei branchiomeri
L'apparato opercolare o la <;avità peribrunchial»^ nei Cordati
2n<»
postioidei. L'accrescimento caudale d.-Jla pli.-.n rostn.I.. I.a indivi-
dualizzata la legione respiratoria della faringe, da cui è esclusoli
residuo dell' apertura interna della prima fessura br.incliiale po-
stioidea. Comparsa dei tubercoli della mucosa faringea.
Tavola 14
Girini visti dulia parte dorsale. A sinistra è stato asportato 1' ectoderma.
Nelle Hg. 42, 44, 45, 47 è stato messo in evidenza il decorso dei nervi bran-
chiomerici mediante parziale asport. zione del mesenchima sovrastante mediante
aghi di Spehann.
Fig. 42. - Iniziale sporgenza della regione branchiomerica. Notevole distanza
fra essa e la parete addominale. Massima sporgenza laterale al li-
vello del territorio del primo branchiomero postioideo.
» 43. - Accentuazione notevolmente maggiore del solco branchio-addominale
per riduzione dello spessore trasversale del corpo a tale livello e
forte aumento delle dimensioni trasversali della regione branchio.
merica, specialmente al livello del primo branchiomero postioideo.
Regione pronefrica molto sporgente. Conseguente iniziale avvici-
namento della regione epibranchiale postioidea alla parete addo-
minale.
=• 44. — Spostamento caudale delle estremità dorsali dei branchiomeri post-
ioidei più rostrali e conseguente approfondameuto del solco bran-
chio-addominale.
» 46. — Notevole aumento di dimensioni trasversali della regione addominale
e dei branchiomeri postioidei. Hrande avvicinamento della regione
addominale laterale e della regione epibranchiale più caudale.
* -16. — Prima formazione del recesso dorsale della cavità peribranchiale per
adesione della regione epibranchiale del terzo e del secondo brau-
chiomero postioideo alla parete addominale.
» 47. — Adesione mediante la plica epibranchiale della regione dorsale dei
branchiomeri postioidei alla parete addominale.
Tavola Ih
Girini visti di lato, ai quali è stata asportata la pelle ed il mesoderma, in
modo da mettere allo scoperto la parete esterna dell'entoderraa e delle tasche
branchiomeriche che esso forma. 11 sistema nervoso cofi le radici del V, VII,
IX, X, la capsula ottica ed acustica, la corda dorsale, la regione cardiaca, il
fegato, il pancreas e l'intestino postbranchiomerico sono semplicemente accen-
nati per mostrare i loro rapporti volumetrici reciproci.
Fig. 48. — Formazione della tasca io-mandibolare e della prima succe>.siva. (Que-
st'ultima però è ancora completamente ri<'operta dal me.sodernia
(efr. Fig. 17). Iniziale formazione della tiroide nel punto della linea
mediana ventrale corrispondente al iiniluiigainento delle ta.sche io-
mandibolari e subito rostralmente al limite rostro le del mesoderma
240 Paolo Della Valle
ventrale. Mesoderma di piccolissimo volume nella regione car-
diaca.
Fig. 49. — Forte sporgenza laterale delle tasche entodermiche ancora quasi per-
fettamente dorso-ventrali. NoteV(jltì aumento dello spazio occupato
dalla regione cardiaca a spese di quello precedentemente occupato
dall'entoderma branchiomerico postioideo e post-branchiomerico.
» 50. — Inclinazione rostrale-ventrale-mediale delle prime tasche entoder-
miche. Notevoli.ssimo accrescimento volumetrico della regione car-
diaca per la riduzione della regione occupata prima dalla parte
postbranchiomerica dell'endoderma e per l'appiattimento iniziale
della cavità faringea. Allungamento e peduncolamento della ti-
roide.
» 51. — Rotazione laterale-ventrale-caudale delie estremità dorsali dei bran.
chiomeri postioidei e perdita di parallelismo fra la prima tasca
postioidea e le successive. Riduzione iniziale della parte ventrale
della tasca io-mandibolare. Iniziale formazione del lobo della tuba
nella parte dorsale di essa.
» 52. — Progredita riduzione della tasca io-mandibolare nella'parte ventrale.
Diverticolo della tuba molto accresciuto nella parte dorsale. Rota-
zione ventrale delle estremità dorsali della 2^ S^ e 4* tasca postioidea,
ancora più accentuata (da aumento delle dimensioni trasversali della
parete faringea dorsale). Tiroide distaccata. Iniziale individualiz-
zazione della regione orale.
» 53. — Aumento sempre maggiore della regione cardiaca (anche maggiori
di quando non appare, essendo in parte coperta dalla regione brane
chiomerica della faringe). Grandissimo aumento della distanza
fra il margine esterno della prima e quello della seconda tasca
postioidea e spostamento consecutivo dell'estremità dorsale di questa
e delle successive sempre più in direzione caudale. Dimensioni
sempre maggiori della ijarete faringea dorsale onde i margini di-
stali delle tasche entodermiche, ruotati ventralmente, non sono più
visibili di lato. Progredita individualizzazione della regione orale.
Tavola 16.
Fig. 54. — Sezione trasversale a livello del IX, di cui si vede decorrere l'ab-
bozzo primitivo in direzione esattamente dorso- ventrale all'esterno
del mesodei'ma. Cavità faringea di notevoli dimensioni dorso-ven-
trali.
» 55 8. — Sezioni trasversali a livello della capsula acustica.
> 55. — Iniziale formazione del pericardio. Leggero appiattimento della ca-
vità faringea.
» 56 — Mesoderma molto più lasso. Aumento delle dimensioni trasversali e
diminuzione di quelle dorso-ventrali della cavità faringea. Progre-
dita ditì'erenzazione ed aumento delle dimensioni della regione car-
diaca.
» 57. — Maggiore appiattimento della cavità faringea ed aumento notevole
delle dimensioni della capsula acustica e della regione cardiaca.
Ij";i|i|iaialo u|»erci ilare e la tavidi |pfi ilnaiicliialc iD-j Coiilati "J ( 1
Fig. 58. — Straordinario apiiiattiinonto tlullii caviUi rarinucii, dj dimensioni tni-
svtìrsali notevoli. Ilei^ione cardiaca <• capsula acustica ili dimensioni
anche maggiori di prima. Per l'inclinazione dei l)rHnchi(imeri i>OKt-
ioi.lei , nel taglio vengmo incontrati il primo, il secondo ed terzo.
Jja plica opercolare di destra scende |)ii'i ventralmonte di quella
di sinistra ed ambedue a questo livello .sono in continuità con il
primo brandi iomero postioideo.
» 59. — Sezione longitudinale. La plica opercolare t'ormata esternamente du
ectoderma clu; va differenziandosi in cute ed internamentf in epitelio
della cavità peribranchiale, va avvicinandosi al punto dove l'ecUj-
derma dell'addome die va differenziandosi in cute p.issa Della parte
che va differenziandosi in epitelio della cavità peribranchiale. Nou
esistenza di plica addominale lostripeta.
« CìO. — Abbozzo dell'arto anteriore al momento della sua chiusura nella
cavità peribranchiale. Netto limite tra la differenziazione cutanea
e l'epitelio della cavità peribranchiale.
/^'
Ricevuto il .HO Ago.sto 191.8. Finito di stampare il 23 Febbraio 1914.
Archivio zoologico Italiano, Voi. VII. 17
Stiidii sullo sviluppo d'Icerya purcha^i M
ASk.
Parte TU. — Osservazioni di eiiibrìolot^ia.
pel
Prof. Umberto Pierantoni
con le tavole 17 a 19
e 6 figure nel testo
introduzione
Facendo seguito alla memoria sulla spermatogenesi e l'erma-
froditismo d^Icerya (1913. 2), chiudo con la presente la serie delle os-
servazioni su questo interessante coccide, esponendo alcuni dati dello
sviluppo embrionale, con lo scopo di porre in completa luce la evo-
luzione della massa polare e la formazione degli organi simbio-
tici dell'adulto, ricostruendo così l'intero ciclo evolutivo ereditario
degli organi medesimi e dei simbionti. Ora poiché gli organi sim-
biotici (micetomi di altri autori) hanno una notevole importanza
nella organizzazione dei coccidi che ne sono provvisti, per la com-
pleta illustrazione della loro genesi, mi occorrerà di occuparmi anche
della origine embrionale e formazione di altri sistemi organici, e
di esporre quindi il risultato di osservazioni di embriologia, che
varranno a chiarire alcune quistioni a questa inerenti.
Assai scarse, se non del tutto assenti nella letteratura, sono
le conoscenze sulla embriologia dei coccidi, che pur tanta impor-
tanza hanno così nella scienza pura come nella applicata , per i
rapporti con l'entomologia agraria. Tranne qualche antico dato,
dovuto agli studii del Metschnikoff e del Tarqionì-Tozzetti, nessun
autore antico né recente si é mai occupato dell'argomento, mentre,
fra gli omotteri più prossimi , assai frequenti furono in ogni
tempo le osservazioni vertenti sullo sviluppo degli alidi, com-
piute specialmente, i)er dire dei maggiori e più recenti, |t(M- opera
di Balbiani, Will, Vitlaczil ed Hikschlek. Ma di (piesti sol-
Tultimo potette dare un giusto valore alle parti conipouenti l'em-
Art. 7.
244 Umberto Pieraiitoni
brione, per la conoscenza oramai ac(niisita alla scienza, del valore
della massa polare e del pseudovitello, che anche in questi omot-
teri si rinviene, e che giuoca una parte cosi importante nello svi-
luppo e nella organizzazione dell'embrione. E perciò ai risultati
delle osservazioni sugli afidi che dovrò più spesso riferirmi nei
confronti che istituirò nel mio studio.
Nel tempo trascorso fra la pubblicazione delle prime note riguar-
danti l'argomento della simbiosi à'Iceryii e la redazione del pre-
sente lavoro definitivo sono stati pubblicati varii studii che confer-
mano, ed aumentano le conoscenze finora acquisite su questo ca-
pitolo della organizzazione degli incetti. Due fra questi, dovuti al
BucHNKR, contengono un ampio riassunto delle mie osservazioni,
e, per quello che riguarda Icenja^ il microrganismo simbiotico viene
descritto con un nuovo nome generico e specifico.
Nel ringraziare il Buchner di aver voluto dedicarmi la specie,
formulo l'augurio che questo, come gli altri innumerevoli micro-
ganismi che esplicano la loro attività nella simbiosi cogli omotteri,
trovino presto una completa illustrazione tanto della loro morfo-
logia che della biologia, per opera di micologi e fisiologi, che pos-
sano portare al di là del campo della zoologia l'interessante ana-
lisi dell'attività di queste forme organiche fuori e dentro l'orga-
nismo ospitatore.
Compio allo stesso tempo il grato dovere di ringraziare an-
cora una volta il prof. Fr. Sav. Monticelli che, quale direttore
dell'Istituto in cui queste ricerche furono compiute, facilitò in ogni
modo il buon andamento di esse, fornendomi i mezzi necessaria
I. Cenni sulla segmentazione e sulla formazione
del blastoderma
Nelle uova che hanno appena compiuto il processo di matu-
razione, che fu oggetto di particolareggiata descrizione nella prima
parte del presente studio, si nota il nucleo di segmentazione al-
quanto spostato verso il polo anteriore , nella massa del vitello
dell'uovo (v. mem. I. Tav. 20, fìg. 96 nus). Il primo fuso di seg-
mentazione si orienta in direzione del polo posteriore dell'uovo,
per modo che i due primi blastomeri vengono a trovarsi in po-
sizione approssimativamente corrispondente ai due fuochi dell'elis-
soide rappresentato dall'uovo. Da questi primi due blastomeri tosto
\
Studii sullo sviluppo d' Ireri/a purrhaiti Mask. 246
si formano, inediiiiito so<;iuoiitazioni radiali, altre c«iIIu1h verso la
periferia deirnovo, e queste toiulono ad accostarsi SPinpre più alla
membrana vitellina, ove alcune collule originatesi dalle divisioni
rodiali , iniziano le divisioni tangenziali che (huaniio hio^^r,, .^n,^
formazione del blastodorma. Questa maniera di segni. -ntazione io
ritengo che nel suo com])les8o debba somigliare a (juella studiata
da WiLL (1888 e 1888), Witi,aczil (1884) e Hirschler (1912) negli
afidi, salvo differenze di particolari, riguardanti il fatto, messo in
evidenza dal Hischler, che il nucleo di segmentazione ha, in quagli
animali, posizione periferica o centrale, ed in ogni caso ha rapporti,
mediante un braccio protoplasmatico, con la periferia dell'uovo
ciò che non si verifica nel caso da me studiato.
Una fase molto importante dell'embriologia degli insetti è
senza dubbio quella che riguarda la formazione del blastoderraa,
la (juale, nel nostro caso, assume anche maggiore interesse pei rap-
porti con la massa polare che trovasi inclusa nell'uovo.
La formazione del blastoderma ha luogo principalmente per
la moltiplicazione in senso radiale dei blastomeri che hanno oc-
cupato posizione periferica nel primo processo di segmentazione.
Ciò si vede chiaramente nella Figura 1 che rappresenta un taglio
di un uovo in questa fase dello sviluppo, dove si vede che la mas-
sima attività moltiplicativa dei blastomeri è rappresentata in
questa fase dalle divisioni tangenziali dei blastomeri periferici (blp)
che sono quasi tutti in mitosi.
E tuttavia da notare che qui. a differenza di quanto avviene
talora secondo I'Hirschler nella formazione del blastoderma degli
afidi, non sembra concorrere alla formazione di esso la totale mi-
grazione delle cellule centrali, ma varie cellule restano nel vi-
tello, per modo che vi è sempre uno stadio in cui i nuclei di
segmentazione sono uniformemente sparsi nella massa dell'uovo, ed
un altro nel quale, pur restandone nel mezzo, prevalgono in nu-
mero ed in attività moltiplicativa quelli della p 'rift-ria. Le cel-
lule periferiche, nell'atto di formare il blastoderma, hanno una
forma sempre meno irregolare in confronto con le centrali, a mi-
sura che divengono più numerose, e che tendono a completare lo
strato. Quest'ultimo non costituisce mai un sincizio, quale fu de-
scritto in varii insetti, nia un tessuto di cellule più o meno la-
scamente da prima e poi strettamente riunite fra loro, ma che
mostrano sempre evidenti i loro limili.
246 Umberto Pierantoiii
Le divisioni olio danno luogo alla formazione del blastoderma,
come quelle delle cellule interne, avvengono sempre per mitosi, e
non presentano alcun sincronismo, e senza alcuna traccia del sincro-
nismo per zone, che fu spesso osservato nella embriologia degli
insetti.
Quando il blastoderma è completo esso si presenta come uno
strato fìtto di cellule, costituenti un epitelio paviraentoso, e nel-
l'interno il vitello si mostra costituito da una massa ampiamente
vacuolata; le cellule vitelline, originatesi dai nuclei centrali della
prima segmentazione, sono migrate anch'esse verso la parete (Fig.
2 nv), ove, nel maggior numero, si addossano alla sottilissima mem-
brana blastemica (vitellina o peritrofica primitiva sec. Berlese) ap-
pena visibile , che divide lo strato blastordemico dal vitello in-
terno {mb).
II. La massa polare e le cellule iniziali germinali
nelle prime fasi dello sviluppo
La formazione del blastoderma avviene in modo uniforme in
tutta la superficie dell'uovo; essa merita pertaoto una speciale at-
tenzione nella f)arte corrispondente al polo posteriore, poiché, sia per
la presenza della massa polare, sia per l'origine delle cellule germi-
nali, in quel punto il processo varia alquanto dalle linee generali
più sopra enunciate.
Come è detto nella prima memoria del presente studio, nel mo-
mento in cui l'uovo ha compiuto il processo di maturazione, quando
cioè, avvenuta o non la fecondazione, il nucleo di segmentazione si
trova spostato verso il polo anteriore, al polo posteriore si trova la
massa polare, costituita da un ammasso di hlsLstomìcetì {Coccidomijces
pierantoìiii Buchner 1910, 19r2), in numero di circa cento individui,
circondati da una membrana involgente, anista, simile alla mem-
brana blastemica che in seguito limita il blastoderma dal vitello
dell'uovo.
Le cellule che si originano dai blastomeri primitivi si distinguo-
no in due sorta: alcune sono presso la parete, ed ivi dividendosi tan-
genzialmente si dispongono al polo posteriore in continuazione delle
blastodermiche, altre non raggiungono la parete e si addossano
alla massa polare e la avvolgono e compenetrano con la loro por-
zione protoplasmatica (Fig. 7). Dalla prima sorta di cellule, se ne
Studii sullo sviluppo d" Icerya purrhasi Mahk. 247
distinguono alcunn notiivolniento più grandi dello altm , le quali,
moltiplicandosi producono due masse, che da questo momento in
poi fino ad un dato stadio dello sviluppo si rinvengono sempre ai
lati della massa polare, e che costituiscono le cellule iniziali geni-
tali. Gli elementi dell'altro tipo, riferibili alla categoria delle cellule
vitelline, restano in rapporto con la mas-ia polare, e formeranno
le cellule proprie dell'organo simbiotico (grosse cellule a corpu-
scoli), come sarà detto in seguito.
L'origine di queste due sorta di cellule si riconosce nello Fi-
gure 8, 11, 12; nella prima di queste si nota una cellula (eoa)
con nucleo simile ai nuclei delle cellule vitelline (cy), e si vede
ancora una di queste cellule vitelline {cv} che è in via di dividersi
mitoticamente in direzione della massa polare; queste cellule della
prima sorta involgendo la massa polare costituiscono le cellule
iniziali dell'orgstuo simbiotico e sono visibili anche nelle successive
figure 9, 11, 12, 13 {cos).
Nella stessa Figura 8 si osserva il blastoderma in via di for-
mazione, costituito ancora da cellule lascamente riunite {hi), ed in
via di dividersi anche in prossimità della massa polare {hi), e nel-
l'altre Figure 11 e 12 il blastoderma è già formato (hi), e quelle
attigue alla massa polare alcune cellule {cg) più grosse sono le
oellule iniziali germinali, di cui due nella Fig. 12 (cg) si vedono
già comprese nel blastoderma per costituire con le altre l' inizio
di quelle masse che sono visibili anche nelle Fig. 9 e 13 {cg) e
che costituiscono l'abbozzo delle gonadi; in queste, come nelle altre
figure, i nuclei delle cellule della massa polare, i quali si moltipli-
cano assai lentamente, e quindi si conservano assai più grossi degli
altri, presentano ancora l'aspetto di nuclei vitellini.
In fondo, per quel cheriguarda le cellule iniziali germinali, lecose
non avvengono diversamente da quanto è stato osservato in molti
altri insetti, e, per parlare dei più prossimi, negli afidi, nei quali
ultimo l'HiRSCHLER descrive l'origine del pseudovitello (che in quel
caso è l'omologo della massa polare) come una sorta di zaflfo o tu-
racciolo, di quella che egli considera come apertura della blastula
(blastoporo); salvo che egli, come coloro che lo precedettero nello
studio (WiLL e Witlaczil), assegna anche alle cellule vitelline la for-
mazione dell'abbozzo genitale, mentre nel caso d'/rer//rt, come s'è vi-
sto, questo abbozzo è piuttosto da ricercarsi fra le cellule che si sono
disposte alla periferia per costituire il blastoderma. e quindi fra le
vere cellule bastodenniche del polo posteriore. Tale interpretazione
248 Umberto Pierantoni
è d'accordo con quanto fu osservato anche nella embriologia di
molti altri insetti e fra l'altro in Clytra da Lrcaillon (1898) e
nei crisomelidi da Friederichs (1906), il quale ultimo nota che
gli abbozzi genitali costituiscono una chiusura del blastoporo, e
sono perciò iu continuazione con lo strato blastodermico, come ri-
sulta anche dalle sue figure. D'altra parte è da notare che la dif-
ferenza fra l'origine delle cellule genitali negli afidi e in Icerya &
in fondo soltanto formale, dato che le cellule iniziali del blasto-
derraa sono, come le vitelline, cellule originate dai primi blastomeri,
salvo che quelle si sono ordinate lungo la parete dell'uovo, mentre
queste sono rimaste nel vitello. Tuttavia volendo fare la distinzione
basta osservare la Figura 2 per concludere che le iniziali genitali
{cg) somigliano assai più alle cellule del blastoderma {hi) che a
quelle del vitello (wy), e che, quindi, anche quando non se ne po-
tesse seguire l'origine, sarebbero da riferire a quella categoria di
cellule.
Per quel che riguarda la esistenza di un blastoporo, da molti
ammessa nella embriologia degli insetti, è da notare, nel caso d'/-
cerya, che, quantum [ue qui si trovi una formazione esattamente
omologa al pseudo vitello degli afidi, e cioè la massa polare [omo-
logia che io già per il primo dimostrai in precedenti lavori, (1910,
1911)], pure non vi è una fase in cui il blastoporo si mostra evi-
dentemente aperto, dato che esso si voglia far corrispondere alla
zona posteriore di blastoderma in cui si trova la massa polare
prima e l'abbozzo genitale poi. Né nel nostro caso si può dire
che la massa polare costituisca come un turacciolo del blastoporo,
come dice Hirschlek avvenire dell'abbozzo del pseudovitello negli
afidi, poiché la massa polare, come si é descritto innanzi, non
impedisce la eli i usura ed il completamento dello strato blasto-
dermico , trovandosi internamente nel vitello; completamento che,
come s'è visto, accade per opera di elementi blastodermici diife-
renziati in iniziali genitali, i quali nulla hanno di comune con le
cellule vitelline che involgono la massa polare. L'esistenza di bla-
stoporo quindi nel nostro caso ha un valore più che mai ideale,
come del resto non ha, a mio avviso importanza di fatto concreto
nel caso degli afidi, dato che esso è prodotto dal semplice fatto
che il pseudovitello impedisce in quel punto il completamento del
blastoderma, rimanendo incuneato in esso.
Stiulii sullo sviluppo li" Inrya jnorlia.^i Mask. Jl'.t
III- Formazione della striscia germinativa e dei
foglietti embrionali
I eoccicli , come, gli alidi ed i libellulidi, .sono in.selli ad vaiì-
bi'ione eininentemente eudoblastico, compreso cioè iiolla ma.s.sa del
vitello; la striscia germinativa è perciò circondata da ogni lato
da questo.
II processo di tbrmazione dell' embrione si inizia con la for-
mazione delia piastra ventrale, che appare nelle uova poco dopo
la tbrmazione del blastoderma, pel fatto che, mentre questo tende
ovunque ad acquistare un aspetto di epitelio appiattito (pavimen-
toso), nella porzione postero-ventrale si conforma invece ad epi-
telio cilindrico, con cellule prismatiche sempre gradualmente più
alte, dagli orli verso il centro della piastra. 11 centro della piastra
ventrale corrisponde presso a poco alla regione del blastoderma in cui
trovansi le cellule iniziali germinali e la massa polare. Le cellule
blastodermiche di questa regione presto incominciano a propagarsi
verso l'interno del vitello, mentre esternamente si nota una infos-
satura o solco, che attraversa la superficie blastodermica in senso
trasversale (Fig. 3 pv). L'inizio quindi della formazione della stri-
scia germinativa è ad un tempo un processo di proliferazione in-
terna delle cellule centrali della piastra germinativa, e di invagi-
nazione della regione medesima ; e ciò è dimostrato con evidenza
dall'esame dei tagli di uova all' inizio del processo di formazione
deir embrione (Fig. lOi. in cui l'abbozzo della striscia germinativa
appare fatto da due sorta di cellule: alcune più esterne simili a quelle
della piastra (cellule invaginate, ce), e da cellule più interne, in
fasi di attiva moltiplicazione, allungate nel senso postero-anteriore
dell'uovo, in direzione cioè della propagazione interna della striscia
germinativa (ci). La fenditura corrispondente alla invaginazione è
visibile anche su uova vive a chorion diafanizzato (Fig. 4 pri.
CoU'accrescersi della striscia germinativa all'interno di'U'uovo
questa accenna ad acquistare sempre più il carattere di una inva-
ginazione, perchè il solco esterno si ta sempre più profondo e si
estende per tutta la larghezza della striscia, per modo che la stri-
scia germinativa appare in sezione fatta da due strati , aventi
presso a poco il medesimo spessore , 1' uno rivolto verso la parte
ventrale (Fig. 6 am), l'altra verso la dorsale flcll'uovo {Fì^.bed}'
Lo strato dorsale solo più tardi diventa assai più sottile u formerà
250 Umberto Pierantoni
r amnios, mentro 1' altro stato costituirà, come di consueto nella
embriologia degli insetti, l'embrione.
Poiché l'invaginazione della piastra ventrale sì inizia proprio
in corrispondenza, del punto ove trovasi la massa polare, questa,
col propagarsi della striscia germinativa, viene spinta all' interno
del vitello (Fig. 4, 5 inp), e cammina all'estremo di questa in senso
postero - anteriore ; però prima che questo estremo raggiunga il
polo anteriore dell'uovo, si sposta lievemente, in modo che in se-
guito non si troverà più all' estremo della striscia, ma poco prima
dell'estremo, spostato ventralmente rispetto all'uovo, e rispetto alla
posizione definitiva che occuperà 1' embrione dopo la blastocinesi
(Fig. 5, 6 mp). Uguale disposizione occuperanno le iniziali ger-
minali (c<7), form mti due gruppi di cellule ai lati della massa po-
lare. Prolungandosi la striscia germinativa entro il vitello, prima
di raggiungere còl suo estremo il polo posteriore, si incurva, co-
stituendo una forma di S. Durante questo processo di accresci-
mento appaiono le prime cellule me^od er miche , che si mostrano
nei tagli come cellule da prima sparse sull'ectoderma, poi formanti
un lasco strato sulla porzione ventrale della striscia , in istretto
contatto cioè con lo strato formatore dell'embrione (ectoderma pri-
mitivo). Nei tagli sagittali questo mesoderma iniziale appare come
una serie longitudinale di cellule distaccate le une dalle altre,
correnti lungo la striscia germinativa (Fig. 5-6 mesi.
Nello sviluppo della striscia germinativa e la comparsa delle
prime cellule mesoderraiche, la massa polare non muta l' aspetto
che aveva durante la formazione del blastoderma, essendo costan-
temente fatta dal piccolo ammasso di sferule comprese in cellule
che sono le stesse poche cellule embrionali che si originarono colla
segmentazione dei primi blastomeri (v. pag. 4-5). Nella Figura 13,
che rappresenta un taglio trasversale passante per la striscia germi-
nativa e per la massa polare in un embrione pressoché nello stesso
stadio di quello del quale una sezione sagittale é disegnata nella
Fig. 6, si vede in basso la massa polare nelle suddette condizioni,
avente ai lati i due gruppi delle iniziali germinali (cg). Ma coll'accre-
scersi del numero delle cellule mesodermiche, per costituire il fitto
strato aderente alla striscia embrionale, queste circondano, da prima
lascamente riunite ed in ordine sparso, la massa polare (Fig. 9 mes)
poi si ravvicinano sempre più aumont.indo di numero per formare su
di essa un rivestimento in un solo strato di cellule (Fig. '22 mes), che
tendono ad appiattirsi per formare un epitelio piatto. Le poche
Studii sullo sviluppo (i'/irn/r/ piorhnsi Mahk. 251
n;rossG cellule, m4 cui plasma sono uoiitoauti i corpuscoli, restano
così inglobate in questo strato epiteliale clu; e l'inizio dello strato
epiteliale che involger;'- gli organi a blastomiceti dell'adulto, mentre
le cellule inglobate sono lo cellule proprie degli organi medesimi
(organi simbiotici od a blastomiceti). Nella Fig, 25, ohe corrisponde
per posizione alla sezione rappresentata nelle Fig. 13 e '24 tratte
da un embrione ancora più avanzato, questo epitelio involgente della
massa polare è divenuto assai più appiattito, raggiungendo la tVjrma
che ha nell'organo adulto
Seguendo lo sviluppo del mesoderma si può iniziare anch»( lo
studio della formazione dei complessi cellulari destinati a prtxlurre
l'intestino medio, noti sotto il nome di endoderma secondario.
Il mesoderma coU'accrescersi non si presenta più come uno
strato uniforme, seguente in tutta la sua lunghezza la striscia ger-
minativa, ma, come può ben rilevarsi in sezioni sagittali di uova
embrionate con striscia germinativa ad S, mostra dei punti in cui
le cellule sono in numero maggiore , costituendo dei gruppi o ri-
lievi disposti serialmente.
Sono questi i cumuli mesodermici, già noti nella embriologia
di altri insetti. Di questi, poco dopo l'apparizione del mesoderma
(Fig. 14 cm) se ne notano in tutta la distesa della striscia nove
o dieci. Essi corrispondono ai punti di curvatura dello strato ecto-
dermico, il quale in questo stadio si trova sul punto di ripiegarsi
per formare le estroflessioni corrispondenti all'abbozzo delle appen-
dici (Fig. 14), mentre in corrispondenza dei tratti di ectoderma
intermedii fra le ripiegature successive il mesoderma si infossa nel-
r ectoderma, riempiendo degli spazi i che questo forma foggiati a
guisa di escavazioni ; per tal modo il mesoderma viene alternativa-
mente a formar cumuli nei punti ove l'ectoderma si ripiega, e a
riempire incavi nei punti intermedii ove questo s'infossa.
Credo di poter interpretare questi cumuli come efletto di
un'attiva proliferazione delle cellule mesodermiche per la produ-
zione del mesoderma delle appendici; e ciò mi sembra dimostrato
anche dal fatto che, poco più tardi, quando le appendici sono
sul punto di formarsi e la striscia si presenta ondulata, della
maggior parte di questi cumuli non vi è più traccia, essendosi le
cellule mesodermiche di nuovo ugualmente ripartite lungo l'ecto-
derma di cui seguono il decorso ondulato (Fig. IH mrs, od).
Ma i cumuli mesodermici non scomi)aiono tutti col prodursi
delle ripiegature corrispondenti alle appendici. Ve ne sono due, il
25L! Umberto Pierantoni
l>iii prossimo all'estremo cefalico vA il più prossimo all'estremo co-
dale, che persistono, ed in corrispondenza di ciascuno di essi si forma
un'invaginazione dell'ectoderma: di queste l'anteriore è l'abbozzo
dello stomodeo (Fig. 14 e 16 std) e la posteriore l'abbozzo del proc-
todeo (ptd) Queste duo invaginazioni si spingono col loro fondo
cieco entro i due cumuli innanzi descritti , trasportando seco le
cellule, destinate a contribuire in diversa misura (e cioè il cumulo
proctodeale più dello stomodeale) alla formazione dell'intestino
medio. Per tale destino, come si riscontra anche in altri insetti, i
due cumuli suddetti o per lo meno la loro parte più saliente, tra-
sportata dall'estremo delle invaginazioni, acquista il valore morfo-
logico di endoderma secondario. Ma di ciò verrà detto più este-
samente in un prossimo capitolo.
IV. Formazione dell'abbozzo embrionale
Un periodo molto caratteristico nella evoluzione embrionale
degli insetti, è quello in cui la fascia o striscia germinativa si tra-
sforma in un vero abbozzo di embrione, acquistando i caratteri
inerenti ad una grossolana forma d' insetto. Tali caratteristiche
consistono principalmente nello accennarsi prima, e delinearsi poi
delle appendici, delle quali già un accenno è da riscontrarsi nelle
ondulature della striscia embrionale corrispondenti ai cumuli meso-
dermici, di cui è parola nel precedente capitolo.
L'apparire e l'accentuarsi di queste ondulazioni è accompa-
guato da un corrispondente allontanamento dell'amios dall'ectoJer-
ma in molti punti della striscia, e specialmente in corrispondenza dei
punti intercedenti fra due abbozzi di appendici consecutive (Fig.
15, Itì am).
Osservando la striscia germinativa in loto, al momento in cui
va formandosi l'abbozzo embrionale, e, guardandola di fronte, le
appendici ricominciano a sporgere come minuscole prominenze o
bottoni, lungo il ventre dell'abbozzo, disposti in due serie longi-
tudinali parallele (Fig, 17). Tali appendici sono in numero di
sette paia, e cioè un paio d' antenne {ani) tre paia di pezzi boc-
cali {md, mx\ mx") e tre paia di piedi, corrispondenti alla regione
toracica {pi). Tuttavia in embrioni più avanzati si vede anche
un altro paio successivo di bottoncini, abbozzo di un primo paio
di piedi addominali (Fig. 17 e 19 pad), che scompariranno eoll'ap-
prossimarsi dall'embrione ad assumere alla forma larvale.
Studii sullo .svilui>po d' Icerya pnrrlut.'d Mask. lift.!
Durante il dulinuarsi dello piegho uutodoriniclK», che, con la
formazione delle appendici, costituiscono l'alihozzo embrionale, lo
altre parti già apparse durante la formazione della striscia va-
riano di poco. Ij'ectoderma forma uno strato di cellulo più com-
patto e determina col suo proliferare una regione cefalica vi-
stosa, sebbene sempre in rapporto di continuità con la sierosa cli<^
involge tutto l'uovo. I cumuli mesodermici sono meno visil)i[i per-
chè in essi sono comparse delle lacune, ed incominciano a sepa-
rarsi dall'ectoderma una serie di ammassi di cellule ai lati o d' Jceri/a purcliiui Mask. 'J.V)
Nello prime due ligure (A e B; è scheuiaticHinunle rappiu.sou-
tato il passaggio dell' embriuiiu ilalla fase di htriscia embrionale
^p rrtp r^p
iJe
I
d> ""^
Fasi principali della blastocinesi A'Icerya purchasi, schoinaticami-nt»' rappresfntatf: .4, Fase
di striscia embrionale ripiegata ad S; H, abbozzo embrionale appena formato: C. abbozzo a ad-
dome ripieg:ato; D, anatrepsi o spostamento dell'embrione verso la parte dormale dell'uovo; A",
inizio della catatrepsi o migrazione dell'embrione lungo la faccia ventrale dell'uomo: F, compi-
mento di questo processo, e raffgiunsiniento della posizione definitiva dell'embrione: am - amnlos
ed — ectoderma; emb — embrione, mp — massa polare; se — serosa.
colla caratteristica curvatura ad S. a quella di vero abbozzo em-
brionale. Il periodo della blastocinesi propiiamonte detta si inizia
con le Figure C e D, perchè nella prima si nota una diversa orien-
tazione dell'estremo codale. mentre nella seconda si è compiuto il
processo della anatrepsi del Wheelkr, o spostamento dell'embrione
d-alla faccia ventrale verso la dorsale dell' uovo. 11 periodo di di-
apausa, che segue a qu(^llo della anatrepsi io arguisco non debba ri-
tenersi in questa specie come molto lungo, poiché l'embrione non
si presenta molto modificato all' inizio della catatrepsi (E^ o ritorno
dell'embrione alla posizione dorsale (F); tale posizione in questo
266 lliiiherto Pierautoni
caso non è la primitiva, poiché rorabriono si trova orientato del
tutto diversamente dal modo come era all'inizio della blastocinesi
(cfr. Fig. B e F).
Il movimento di catatrepsi deve essere in Iceryd abbastanza
rapido, poiché gli stadii di migrazione dell'embrione lungo la linea
ventrale sono estnimamente rari fra le uova deposte che si rinven-
gono nei nidamenti cerosi attaccati alle femmine adulte d' Icerya^
mentre abbondano quelli in cui la migrazione è compiuta, e quelli
in cui rembrione, apptma abbozzato, non ha per anco iniziato il
processo della blastocinesi ^stadii B ed F della figura nel testo).
Per quel che riguarda il destino dogli involucri embrionali du-
rante la blastocinesi, è chiaro che la ultima fase del movimento del-
l'embrione entro l'uovo ha per cousegnenza l'abbandono dell'amnios
e la fuoriuscita dell'embrione dalla cavità amniotica. In Icerya si ha
una forma intermedia fra quanto avviene da una parte negli afidi,
in cui, secondo quanto è noto dagli studii di Balbiani, di Will , e
di WiTLAoziL una porzione di blastoderma non invaginata della
piastra ventrale concorre alla formazione della testa dell'embrione,
e dall'altra parte giusta gli stadii del Biandt nei libellulidi in cui
il capo ha origine tutto dalla parte invaginata del blastoderma
(striscia embroniale) e p^n' conseguenza la chiusura dell' amnios
avviene innanzi all'estremo cefalico dell'embrione.
In Icerya, come credo possibile avvenga anche negli altri coc-
cidi; restano tracce, durante tutto lo sviluppo, di una zona ispes-
sita che si protrae oltre il capo e che corrisponde alla porzione non
invaginata della piastra ventrale; questa zona, a quanto ho potuto
osservare anche in istadii molto avanzati, prende parte assai li-
mitata alla formazione del capo dell'embrione, rimanendone traccia
solamente nell'ectoderma cefalico, nella porzione occipitale dell'i-
poderma (Fig. 4-6 pv e 31-33 'pv').
La chiusura dell' amnios in tal caso ha luogo a livello del
capo, ed in corrispondenza della porzione frontale di questo, pro-
prio dove la zona sopradescritta si continua con la porzione in-
vaginata del capo. In quel medesimo punto, nelle ultime fasi della
blastocinesi, si aprono le membrane (amnios e serosa) e l'embrione,
rotando intorno al polo posteriore, si libera dalle membrane me-
desime, venendo con la sua parte centrale a diretto contatto col
chorion (Fig. 31, 32 e D, E, F nel testo).
È evidente che, quale effetto di questo modo di fuoriuscita
dell'embrione dalle membrane involgenti, si ha che l'amnios e la
Studii sullo sviluppo iVfccrifii pnrrhfmi Mask. 55?
serosa rimangono nella parte dorsale dell'uovo, nwlla quale si tro-
vano l'uno in continuazione con l'altra (Fig. F, am j?e). Secondo
gli studii sulla blastocinesi degli insetti entoptichici dovuti a
Bkandt e Melnikofk l'aninios sarebbe destinato a costituire la pa-
rete dorsale dell'embrione. Per quel che ho potuto vedere nei miei
preparati, mi pare di essere autorizzato concludere a tal j)roposito che.
almeno in Iceri/a, la persistenza del residuo delle membrane involgc'ntj
come pareti dorsali dell' embrione è del tutto precaria, e limitata sHó
sversi disegnati nelle Figure 36 e 37 sono visiliiji la fas*^ iniziale
e la finale di questa divisione che porta 1' organo dalla condi-
zione di organo impari, a quoUa di organo pari. .- :)]{), — — 2- Ulteriori osservazioni sulla simbiosi ereditaria de^U-i^;
motteri: Z. Anz. 35 lid. p. 96.
270 Umberto Pierantoni
1911. Pierantoni, U. — Sul corpo ovale del Dactylopius citri: Boll. Soc.
Natur. Napoli^ Voi. 24, p. 803.
1912. — — Studii sullo sviluppo d'Icerya purchasi Mask. Parte I: 0-
rigine ed evoluzione degli elementi Hessuaii femminili: Arch. Z. Ital.
Voi. 5, p. 321, Tav. 14-20.
1913. — — 1. Struttura ed evoluzione dell'organo simbiotico di Pneudo-
coccus citri Risso e ciclo biologico del Coccidomyces dactylopii
Buchnkr: Arch. Prolistenk. 21 Ed. p. 300, Taf. 20-22.
1918. — — 2. Studii sullo sviluppo d'Icerya purchasi Mask. — Parte II.
Origine ed evoluzione degli organi sessuali maschili. Ermafrodi-
tismo: Arch. Zool. Ital. Voi. 7. p. 27, Tav. 1-2.
186'?. T a r g i o ni - T o z z e 1 1 i , A. — Studii sulle Cocciniglie : Mem. Soc.
Ital. Se. Nat. Tomo 3, No. 3.
1883. Will, L. — Zur Bildung des Eies und des Blastoderms bei den
viviparen Aphiden: Arb. Z. Inst. Wurzburg, 6 Ed., p. 42 Taf. 16.
1884. W i 1 1 a e z i 1 , E. — Entwickluiigsgesehichte der Aphiden: Ze^V. IViss.
Z. 40. Ed. p. 559, Taf. 28-34.
8tudii sullo sviluppo d' Icerya purchasi Mask. ^71
Spiegazione delle Tavole 17-19
Lettere uoiiuiiii alle ligure:
am, amuios.
ani, antenna.
blp, blastomeri periferici.
e, cellule esterne della invaginazione del blastodermii (^inizio dslla striscia irer-
minativa).
cg, cellule germinali.
cg, le stesse in mitosi.
cg% cellule interne della invaginazione del blastoderma.
cm, cumuli mesodermici.
cog, cordoni genitali.
cos, cellule iniziali dell'organo simbiotico.
cor, corpuscoli (blastomiceti simbiotici).
cv, cellule vitelline.
etc, ectoderma.
e/>»H, epitelio involgente della massa polare (e dell'organo simbiotico;).
ini, intestino medio.
int, intestino.
Ib, labbro.
Ipc, lobo precefalico.
mb, membrana blasteraica.
ntd, mandibola.
mes, mesoderma.
mes', strato mesodermìco involgente la massa polare,
mes" porzione del mesoderma formante cumulo (pre.s.so lo stormo- e il proclodeo)
per costituire l'endoderma secondario.
mp, massa polare.
mttt, muscoli trasversali.
niv, midollo ventrale (sistema nervoso ventrale).
mx', mascelle del 1." paio.
mx", mascelle del 2." paio.
nv, nuclei delle cellule vitelline.
pad, piede addominale.
pt, piedi toracici.
ptd, proctodeo.
jw, piastra ventrale.
se, serosa.
std, stomodeo.
tm, tubi malpighiani.
vg, abbozzo della vagina.
272 Umberto Pierantoni
Tavola 17.
Fig. 1. — Taglio di uovo in seguKìntazioiie, durante il periodo di formazione
del hlastoderma. x 146.
» 2. — Taglio id. p;issanttì per la massa polare, con blastoderma già for-
mato. X 145.
» 3. — Uovo diafanizzato durante il processo di invaginazione della pia-
stra ventrale per formare la striscia embrionale x 145.
» 4. — Sezione dello stesso, x 145.
» 5 e 6. — Due stadii della formazione della striscia embrionale per inva-
ginazi-^ne della piastra ventrale, sezione sagittale, x 145.
, 7 e 8. — Sezione del polo posteriore di un uovo in segmentazione, per
mostrare il processo di formazione della massa polare embrionale
(abbozzo dell'organo simbiotico», x fiOO,
» 9. — Porzione della striscia germinntiva allo stadio di formazione illu-
strato nella tìg. H, ma più ingrandita, per mostrare la massa po-
lare e le cellule iniziali genitali, x 660.
» 10. — Polo posteriore di un uovo con invaginazione blastodermica in uno
stadio poco anteriore a qaell > illustrato nella fig. 4, ma più in-
grandito. X 220.
» 11-12. — Polo posteriore di un uovo durante la costituzione dell'abbozzo
dell'organo simbiotico e delle iniziali germinali, x 220.
» 13. — Sezione del polo posteriore di un uovo con striscia embrionale,
massa polare ed iniziali germinali. Stadio poco anteriore a quello
disegnato nelia tìg. 9. x 560.
Tavola 18.
Fig. 14-16. — Tagli sagittali attraverso uova embrionale, durante la costitu-
zione dell'embrione, in tre stadii consecutivi, x 145.
» 17-19. Uova diafanizzate con abbozzo embrionale costituito, in un pei'iodo
che precede immediatamente la blastocinesi. (Fig. 18 di profilo, Fig.
17 e 19 uova viste dal lato dorsale; il polo anteriore dell'uovo è
sempre in alto), x 120.
» 20. — Taglio attraverso la striscia embrionale, a livello del proctodeo ed
all'inizio della formazione di questo, x 600.
» 21. — Lo stesso alquanto più innanzi per mostrare l'inizio della forma-
zione delle fasce mesodormiche. x 600.
» 22. — Lo stesso, in uno stadio più avanzato, con fasce mesodermiche già
formate, e cumulo costituente l'endoderma secondario a livello del-
l'invaginazione proctodeale. x 600.
» 23. — Lo stesso, a livello dell'invaginazione stomodeale. x 600.
» 24. — Taglio attraverso la striscia germinativa, le iniziali germinali e la
massa polare, durante la costituzione dell'involucro epiteliale di
questa dalle cellule mesodermiche. x 600.
» 25. — Taglio attraverso il polo posteriore, passante per gli stessi organi,
ma in uno stadio alquanto più avanzato che nella fig. prece-
dente. X 6C0.
Studii sullo svìlupiK. V Irrri/ii iiuniiasi. Mask. 27lì
ri-. L'H, 27, 28. -Tagli sa-ilUili pa.s.siinti piT r,..stix.mn della slriKcitt «urmi-
Miitivu, per mostiaio Uo succ«'s.sivi stadii della turiiiazi..ni; do! prò-
ctodeo, e del cumulo luesc (dermico ad esso rorrispondiMito. 260
Vili. Evoluzione della massa polare in organo simbiotico ...» 264
IX. Riassunto e conclusioni .......... 26tj
Bibliogratia citata » 269
Spiegazione delle tavole .......... 271
Ricevuto il 3 Ottobre 191.4. Finito di stampare il 5 Marzo 1914.
Studii sui rapporti
fra differenziazione e rigenerazione.
2. L' iiiìbìzioiic della ri^riiorazioìK» dol vt\\ut
iH'Uc Planarie iiiedìaiitc la (•i<'atriz/azioiM' ';
Analisi del determinismo e a u s a 1 ••
(l e 1 r a e e r e s e i m e ii t o r i ^ e u e r a t i v o
di
Paolo DeUa VaUe /
con 5 figure nel testn
9'
Introduzione.
L'inibizione della rigenerazioue del capo.
(Comportamento fisiologico delle Planarie operate.
Gli altri casi di mancanza di rigenerazione.
Le inibizioni di sviluppo fuori della rigenerazione.
Le ciiuse della cicatrizzazione e dell'accrescimento rig.
Introduzione
Se si lascia liberamente esposta all' ambiente esterno una su-
perficie di sezione di una parte di un organismo capace di ri»;e-
nerare, dopo un certo tempo !a rigenerazione avviene, sia che si
tratta di rigenerazione normale che di iperrigenerazione (cfr. P.
Della Valle '13).
È ora della massima importanza determinare in che cosa real-
mente consista l' influenza della superficie di sezione e per ipiale
meccanismo essa venga a produrre 1' accrescimento rigenerativo.
Tale ulteriore approfondimento dell'indagine iniziata col mio pro-
cedente lavoro, può essere compiuta cercando di analizzare il mec-
canismo di azione dei varii mezzi con i quali può essere im|)edita
>) La prima memoria di questa serie è pul»l)Iicata nel Voi. '-'5 del Boll.
Soc. Nat. Napoli, l'J13, cfr. Bibliografia.
Art. S.
27H I'moIu Delhi Viillc
la normale ri^oncraziout!. 11 fenomeno che studiuiemo nelle pagine
seguenti, costituisce appunto un esempio tipico di questi casi nei
([uali viene permanentemente inibito il raggiungimento della forma
normale, pure trattandosi del materiale più classico per le espe-
rienze di rigenerazione.
L'inibizione della rigenerazione del capo
Normalmente, allorché si produce in una Planaria gonocephala
una superficie di sezione trasversale mediante l'amputazione del capo,
osservando attentamente col binoculare le regioni circostanti, si ri-
ceve r impressione come se l'area della ferita agisse violentemente
attraendo le parti finitime in ogni direzione ^), ciò che si manifesta
come una riduzione notevolissima dell'area della ferita per un rapido
spostamento in massa dei tessuti. -) Questo spostamento si esplica
specialmente in direzione latero-mediana, in modo che dopo po-
chissimo tempo l'antica linea retta della sezione praticata è dive-
nuta un arco di cerchio di breve estensione, la cui concavità è
occupata appunto dalla parte donde si svilupperà il capo rige-
nerato.
Poiché fa r impressione che 1' attrazione della parte laterale
trovi un limite solo per la distensione meccanica dei tessuti, per
facilitare tale avvicinamento non si deve fare altro che imitare la
tecnica delle operazioni di plastica chirurgica, praticando uno
sbrigliamento tale per cui le due parti laterali possano più fa-
cilmente seguire questa loro spontanea tendenza di cicatrizzazione
laterale.
Ciò si ottiene nel modo più semplice, raggiungendo anzi per
condizioni coadiuvanti risultati assolutamente splendidi, con una pro-
fonda incisione longitudinale della regione caudale della planaria,
alla quale è stato amputato il capo con un taglio trasversale
(cfr. Fig. 1) ^). Con questa profonda incisione longitudinale che
1) Cfr. p. 2f)3. Per la parte istologica cfr. specialmente Lang i2 p. 372-4.
2) Ciò si veritica meno per la superficie di sezione del segmento cefalico
asportato rivolta caudalmente, specialmente se il taglio fu praticato poco cau-
dalmente agli occhi. Ciò forse è in relazione con la maggiore rigidità dei tes-
suti che costituiscono il capo.
^) E opportuno insistere sul fatto che l'amputazione del capo, in questa
esperienza, fu sempre praticata ad un livello corrispondente presso a poco al-
l'unione dei 4/5 cedali col l/'j cefalico, cioè ad un livello al quale negli ani-
mali lasciati come testimoni la rigenerazione avviene sempre perfettamente
Studii sui rapporti tra differenziazione e rij-enerazione 2T7
lascia solo un piccolo pudunculo di conncssionu liiusvorsiilo all' e-
stiomità cefalica fra i duo aiKimori soparuli, lu duo mota latonili
della planaria possono molto più facihuontc seguire 1' attrazione
mediana traumatotropa di cui abbiamo prima parlato.
Ma questo risultato è favorito in modo uccozionalu da un fe-
nomeno fisiologico che si verifica nelle planarie cosi operale, me-
diante il quale i risultati raggiunti sono (^uasi sempre perfetti.
fio- 1 Fig. 2
Si tratta di (|uustu. I due antimeri acefali, non mantenuti
riuniti fra loro che dal piccolo ponte trasversale, assumono una
perfetta mdipendenza di movimenti; per qualche minuto si divin-
colano fra di loro violentemente intrecciandosi variamente, «dun-
gendo anche qualche volta a lacerare il peduncolo di connessione,
specialmente se questo è troppo piccolo. Dopo un poco di tem})0
però questi movimenti si rallentano, i due antimeri si distendono
in quiete, e, ciò che specialmente ci interessa, si dispongono quasi
senza eccezione in una posizione di riposo tale che le due metà
contrappongono esattamente le loro estremità cefaliche (cioè le due
metà laterali della sezione trasversale) divaricando invece la antica
ed in poco tempo. Ciò ha specialmente importanza rispetto a quanto dice
Chilo (11 • 11*), che ha studiato speciahuente la rigenerazione in Planaria do-
rotocephala, nella quale se<;menti subcaudali, specialmente se di brevi dimen"
sioui lonfiitudiuali, danno origine a rigenerazioni ii)otipiclie u non rigenenuio
affatto.
278 Paolo Della Valle
inuisiono longitudinale caudale che diviene invece una linea con-
tinua che non mostra nemmeno un accenno di forma a V come
.si sarebbe potuto supporre data la sua origine (cfr. Fig. '2) ').
Per ottenere una perfetta cicatrizzazione delle due metà della
superficie di sezione trasversale cefalica cosi ravvicinato, basta non
toccare affatto la planaria, o limitarsi soltanto ad asportare i de-
triti di parenchima che fuoriescono nei primi momenti dopo l'ope-
razione, dalla superficie di sezione longitudinale caudale. Mi sem-
bra infatti sicuro che questa specie di medicatura, per la quale
la superficie di sezione viene ad essere messa a più diretto con-
tatto con l'acqua circostante, agevoli la cicatrizzazione, mentre
l'asportazione di questa massa di detriti organici rende più diffi-
cile il progredire della cicatrizzazione dall'apice del V della ferita
originaria 2) e quindi impedisce che questa cicatrizzazione longi-
tudinale caudale ostacoli la cicatrizzazione delle due -metà della
sezione trasversale cefalica che si desidera ottenere, stirando indi-
rettamente di lato le due estremità laterali di quella.
Dopo poche ore la cicatrizzazione è avvenuta spontaneamente
quasi sempre in modo talmente perfetto che la cicatrice è appena
visibile come una sottilissima linea biancastra. Come conseguenza
di ciò, la forma che la Planaria assume è molto diversa da quella
tipica, poiché gli antichi margini laterali dell'animale, invece di
decorrere quasi parallelamente fra di loro come prima facevano,
ora invece nella parte anteriore convergono l'uno verso dell'altro
in modo da formare un arco di cerchio regolarissimo come estre-
mità e ef al i e a. Di questo arco la sottile linea cicatriziale diretta
esattamente in direzione sagittale sulla linea mediana costituisce
il raggio, mentre il centro corrisponde all'estremità caudale di
questa, cioè al punto medio della sezione trasversale originaria
praticata per l'amputazione del capo.
Degno di nota per il paragone con quanto ha osservato Ste-
VENS per Polychoenis , è che non raramente questo limite co
dale della linea cicatriziale , oltre che il centro della curva dei
margini della estremità cefalica, costituisce anche il punto più ri-
levato di tale estremità, che viene ad assumere quindi una forma
') Questo fenomeno è probabilmente in relazione alla tendenza ad nn mo-
vimento circolare degli antimeri di Planaria isolati, con la .superficie di .sezione
rivolta verso il centro,
2) Cfr. p. 294.
Studil sui rapi)urti fra diftVrenzinzione e rigenerazione 279
di cono molto depresso s|)ocialinonlo puf la parlo clu; «ì slata
coinvolta in questo processo di anormale cicatrizzazioiwj. K fa(;ilo
convincersi che questo risultato corrisponde ad una cicatriz/nzione
accompagnata da una rotazione delle estremità laterali varso la
linea mediana, minore di quanto sarebbe stato necessario per un
combaciamento delle due metà della sezione se ciò si fosse dovuUj
verificare proprio nel piano della planaria (cfr. Fig. B Meflilpiimo
stadio nella Fig. 6).
Le planarie in cui é avvenuta (^ u e, .>s i a e i e ;i 1 1- 1 z-
z azione della superficie di sezione cefalica, non
rigenerano mai più il capo s p o n t a n (? a hkì ii ( i; . Men-
tre altri esemplari assolutamente identici ed identicamente operati
tranne che per l'incisione longitudinale caudale, tenuti in condi-
zioni identiche, già dopo quattro o cinque giorni mostravano la
formazione di un blastoma rigenerativo biancastro in cui si comin-
ciavano a distinguere le macchie oculari, lo
planarie operate nel modo sopra esposto non ri-
generano assolutamente nulla, per quanto pos-
sano vivere settimane e mesi. Anzi non solo
la forma della estremità anteriore rimane iden-
tica a come era subito dopo avvenutala cica-
trizzazione, ma per di più, col progredire del
tempo, anche la sottile linea cicatriziale bian-
castra scompare per la progressiva differenzia- '''*'• ''
zione dei tessuti, che si esplica anche come pigmentazione cu-
tanea, in modo che alla fine non resta più nessuna traccia dell'o-
})crazione praticata (cfr. le condizioni dell'antica estremità ctfaliia
del terzo stadio della Fig. -A).
Quanto alla incisione longitudinale caudale praticata per ren-
dere possibile la cicatrizzazione delle due metà della su[)erficie di
sezione trasversale cefalica, il suo destino può essere vario, senza
che abbia importanza per il nostro argomento.
Di solito, avvenuta la cicatrizzazione cefalica che desideravo
ottenere, non cercavo più nemmeno di oppormi al ravvicinamento
delle due metà caudali. Ora, secondo che il peduncolo di connes-
1) Nella Planaria disegnata iu questa figura fu asportato, oltreché il capo
anche la metà caudale deirantimero destro. L'inibizione del capo egualmente
ottenuta, dimostra clie il risultato è un effetto dei fattori locali che produ.oiio
la cicatrizzazione e tion richiede la contrapposizione di antimeri equivalenti.
Cfr. anche p. 299.
2H0
Paolo Della Valle
sionu lasciato era più o meno notevole, il risultato era diverso.
So osso era abbastanza esteso, le due metà caudali si divarica-
vano inizialmente relativamente poco. L'angolo ohe si forma dal
divaricamento della ferita essendo relativamente acuto, facilmente
permetteva che le due superficie vicine combaciassero specialmente
all'apice del V, ed allora si verificava quanto è noto che si veri-
fica anche per le incisioni longitudinali mediane cefaliche, cioè
una progressiva cicatrizzazione delle due metà precedentemente
distinte, in modo da ricostituire una estremità caudale perfetta-
mente normale. Questa regolarizzazione secondaria dell'estremità
caudale della planaria viene a mettere meglio in evidenza l'anor-
malità della forma dell'estremità cefalica ottenuta mediante la ci-
catrizzazione.
Nel caso invece in cui l'incisione longitudinale caudale fosse
stata quasi completa, cioè il peduncolo fra le due metà all'estremo
cefalico dell'animale fosse sta-
3to molto piccolo, la rotazione
dei due antimeri in direzione
opposta era quasi perfetta-
mente di 90° in modo che le
due superficie di sezione diva-
ricandosi venivano a disporsi
pro|)rio su di una sola linea.
In tali casi non si aveva mai
più una ricostituzione della
forma tipica nemmeno pur la
regione caudale che permane
presso a poco con la forma
disegnata per il primo stadio
della Fig. 4 per tutto il tempo
per cui si tiene in osserva-
zione l'organismo. Una certa
regolarizzazione per ognuna
^''s'- ^- delle due metà si verificava,
ma credo di poter affermare che non si raggiunge mai per ciascuna
delle due metà una rigenerazione dalla superficie di sezione quanti-
tativamente tale da ricostituire l'antimero opposto come si verifiche-
rebbe nel caso di semplice sezione longitudinale di una planaria ^).
*) Anche iii tale caso del resto, come è uoto, la mort'allassi ha maggiore im-
portanza della neoproduzione rigenerativa.
Studii sui rapjiorti fra ilifferenziazion»- »; riji:enerazione 'iHl
Dei duo risultati dt'lla incisionu longitudinaNì (audalc il |iriino
il più frequento, sia por lo dimensioni dol poduiicolo trasvursalo
.sempre troppo notevoli per permettere una rotazione proprio di
iìO*^, sia perchè la posizione di riposo dello due metà dell'animah!
non dura un tempo sufficiente per rendere impossibile la ciratriz-
zazione caudale. Ciò che di solito si osserva (piindi, è vui ehe nella Planaria normale è
l)resa dall'estremità cefalica terminale, qui è })resa dall' (estremità
caudale della cicatrice della superfìcie di sezione dovuta all'ampu-
tazione del capo, cioè da quella parte che corrispondeva al punto
medio della regione più cefalica rimasta in seguito all'operaziuno,
e che avrebbe presa tale iniziativa anche nel caso di semplice am-
putazione del capo. Ciò è specialmente evidente nel caso in cui
la regione si presenti sotto forma conica depressa, come abì)iumo
procedentemente accennato, poiché in tal caso il punto da cui parto
l'iniziativa del movimento è appunto l'apice del cono.
Nei giorni seguenti la sensibilità e 1' energia dei mo\ inuniti.
invece di andare crescendo come di solito avviene parallelamente
alla rigenerazione del nuovo capo, diminuiscono progressivamente-
Prima la Planaria diviene sempre più torpida, ed infine rimano
immobile in un punto della vaschetta, per ore ed ore, insensibile
ad eccitazioni luminose intense ^i, e reagendo solo con contrazioni
parziali e con leggeri spostamenti ad energici stimoli tattili. Ciò
suole verificarsi circa dopo trascorsa una settimana o meno dal-
l'operazione, quando la linea cicatriziale va scomparendo e quando
gli altri individui ai quali fu semplicemente amputato il capo, e
che lo hanno già riformato con macchie oculari perfettamente dif-
ferenziate, spinti dalla loro indole, senza l'azione di stimoli gros-
solanamente constatabili, percorrono velocemente in tutti i sensi
la vaschetta, con quella mobilità caratteristica che ha valso loro
il nome di Planarie.
L'assenza morfologica del capo ha in questa differenza di com-
portamento la sua espressione fisiologica.
') Cfr. anohe Lillie '01 per i Dendrocoelum decapitati ad uu livello al ijuale
il capo non si rigenera più; Child 04', 04"^ p. 4H4 e "05 perii comportamento
dei segmenti di Leptoplana a diversi livelli e l'importanza di qnesto fatto per
l'ulteriore evoluzione dei fenomeni rigenerativi e Steinmann (08 p. óo5-o;1^^)
per Frocerodes che nemmeno rigenera il capo quando questo è tagliato ad uu
livello postfaringeo.
>_'y4 i'aolo Della Valle
Gli altri casi di mancanza di rigenerazione
Mancanza di r i g o n e r a z i o n e nei T u r b e il a r i i
Precedentemente a questo risultato da me ottenuto di inibi-
zione dell' accrescimento rigenerativo, esistevano già per i Tur-
bellarii alcune notizie che si riattaccano più o meno intimamente
alle esperienze ora esposte, per l'assenza di rigenerazione che anche
in tali casi è stata constastata.
L'assenza di rigenerazione però si verifica in condizioni di-
verse che debbono essere suddivise in due gruppi distinti.
Al primo gruppo infatti appartengono i casi in cui la rigene-
razione non si verifica a causa della cicatrizzazione, nonostante
che la parte dell'organismo considerata e le condizioni di ambiente
la avrebbero altrimenti permessa.
Al secondo gruppo appartengono invece le osservazioni , più
numerose, ma per noi meno interessanti, di assenza di rigenera-
zione dovuta non ai fenomeni di cicatrizzazione, ma alla natura
intrinseca della regione del corpo che dovrebbe rigenerare, o alle
condizioni ambienti nelle quali l'organismo è posto.
Come vedremo però in seguito questi fenomeni non sono net-
tamente separati da quelli del primo gruppo e si illuminano a
vicenda.
(guanto alle inibizioni cicatriziali di rigenerazioni che si sa-
rebbero altrimenti verificate, è opportuno distinguere (più per ra-
gioni apparenti però che per reale ditfeienza di natura dei due
fenomeni), i casi nei quali la cicatrizzazione inibisce una iperrige-
nerazione dalla superficie di sezione di una ferita, da quelli nei
quali la cicatrizzazione impedisce invece una normale rigenerazione
che avrebbe portato alla regolazione della forma tipica.
Alla prima di queste categorie, ohe comprende i fenomeni di
cui ho fatta l'analisi generale nel mio lavoro precedente (P. Della
Valle '13), appartengono i fatti di rapidissima semplice guarigione
di ferite e lacerazioni profondissime del corpo delle Planarie, dalle
quali certamente si sarebbero originate gravi etermofosi se non si
fosse subito verificata la cicatrizzazione. Ricorderò solo che le prime
osservazioni di ciò rimontano a Dalyell '1814 e Wymann '63, e
che questa pure è la causa della frequente assenza di duplicità an-
teriori nel caso già citato di incisioni longitudinali poco profondo
Studii sui rapporti fra iiilV(-.n'iiziazi..ii(' .• rif^'ciit'razioiu- Jfi'ì
n rapirlaiiKMitr nii;,,,-i(,., s rli ivt-cnlcì sjMH-ialini'nlf fla Stkin
MANN' (10).
Alla seconda cat(!goria, cioè, a .|U(jll;i clic; comprciulc i imo-
mfuii più simili a quelli doscritli nel presente lavoro, e propria-
mente i fenomeni di inibizione di una normale rigenerazione pt r
elietto della cicatrizzazione, non appartenevano finora che >ol«.
alcuno osservazioni, di natura nemmeno del tutto probativa.
Per il genere Planaria qui studiato e che è anche quello che
presenta capacità rigenerativa massima, le prime osservazioni sono
state fatte da Morgan ('98). Questo autore constatò (p. 37'J, lig.
32) che dei pezzi triangolari ad apice cefalico limitati lateral-
mente dal margine dell'animale, potevano all'estremità anteriore
ripiegarsi su se stessi dalla parte della superficie di sezione, e
cosi cicatrizzare. In questi casi in cui l'estremità anteriore era co-
stituita da tessuto antico ^), non si sviluppò mai un capo.
Analogamente più tardi Bardeen ('03 p. 15-16, fig. 15) osservò
ripiegamento su se stessa dalla parte della superficie di sezione
della estremità caudale di una Planaria tagliata longitudinalmente»
con conseguente mancanza di regolazione della forma normale.
Nello stesso lavoro sopra citato, Morgan ('98 p. 380-1), con-
statò pure che dei brevi pezzi di Planaria compresi fra due se-
zioni trasversali prossime, curvano fortemente in direzione mediale
le estremità laterali della superficie di sezione.
Ili tali casi frequentemente l'estremità cefalica cicatrizza senza
rigenerare il capo. Morgan credeva che ciò dipendesse dalTimpe-
dimonto all'allargamento della regione cefalica prodotta dal più
rapido accrescimento del blastema caudale, ma i lavori successivi
di Child (cfr. spec. U- p. 290) hanno dimostrato che l'energia di
rigenerazione del capo, fra T altro è inversamente proporzionale
alle dimensioni longitudinali del pezzo considerato. Però In con-
clusione troppo assolutistica di Chilp che il capo non è che non
si rigeneri perchè avviene la cicatrizzazione, ma che la cicatriz-
zazione avviene perchè il capo non si rigenera, trova ostacolo nel
fatto che Morgan ha potuto ottenere da questi stessi pezzi l'ige-
nerazione del capo con una nuova sezione trasversale, ('him' (11-
M A questo proposito però si deve ricordare che Chilu (il'' p. 200-1 e 11*
p. 2.33) lia osservato che pezzi di Planaria, che avevano rigenerato un solo m-cliio
o nessuno perchè mantenute in cattive condizioni, rimesse nelle condizioni più
on])ortune ne produssero dei nuovi più normali. Ciò perì» si verifica solo se la
condizione teratot'talmica non era durata più di un paio di settimane, o anche
meno se si trattava addirittura di capi anoftahnici.
•J8fi Paolo Della Vaile
1». 211 nota) aifonna clic avrobbo in .s(j«rnito diinustrato uomu ncm-
incnu quusio ar<^omunlo .sia, probativo, m;i non mi paio uho abl)ia
in seguito data talo dimostrazione, a meno che non accenni al- J
r innalzamento della capacità rigenerativa che può verificarsi in 1
regioni più caudali per l'esistenza potenziale di un secondo zooide.
Più tardi Bardekn ('01 p. 50, fig. 33) tentò di far cicatrizzare
i (lue lembi di una ferita a V ad apice caudale jìrima che si ve-
rificassn la ligcnurazioni; del capo, ma- non vi riusci mai, tranne
che in un caso, nummiaio per il (|ualo però egli è sicuro del ri- ■
saltato per il troppo breve tempo per il quale l'animale visse. Nuovi
dispositivi da lui stesso escogitati in seguito a questo stesso scopo
('03 p. 4-5, fig. 1 a 2), nemmene giunsero ad impedire la rigene-
razione. LiLiAN Morgan ('06 p. 272) invece, innestando sulla su- J
pei'ficie di seziono ottenuta per l'asportazioue del capo un pezzo
di un altro individuo, ottenne per Planaria cicatrizzazione senza
rigenerazione. Nel caso poi (p. 274-5) che fosse stato' innestato un
segmento con inversione di polarità, se una parte della superficie
di sezione rimaneva libera, da questa si rigenerava un capo. A-
naloghi risultati ha ottenuto anche Moretti ('12) che ha studiato
il destino dello parti di Planaria innestate in sede anomala.
Per il capo isolato di Planaria Lang ('12 p. 404-6 fig. testo
2) ha notato che non si ha rigenerazione quando la superficie di
sezione giunge a cicatrizzare su se stessa. L' A. crede che ciò si
debba alla resistenza opposta specialmente dalla cicatrizzazione
dello strato muscolare.
Nel genere Bipalium T. H. Morgan ('00) ha osservato feno-
meni analoghi, perchè ivi anche più frequentemente che nella Pla-
naria la superficie di sezione da amputazione del capo cicatrizza
senza rigenerare, specialmente se si tratta di segmenti di brevi di-
mensioni longitudinali (p. 570 fig. 6) o di linea di sezione a Z,
(p. 577 fig. 14), nel qual caso la superficie di sezione più cefalica
si ripiega su se stessa in modo da cicatrizzare con opposizione di
polarità sul tratto trasversale più caudale; praticando un innesto
con opposizione di polarità fra due pezzi ai quali fu asportata la
parte cefalica, si ottiene cicatrizzazione senza rigenerazione.
In Polychoerus caudatus secondo Stevens ('05) nelle amputa-
zioni del capo, l'avvicinamento delle due parti laterali della su-
perficie di sezione e la loro cicatrizzazione è la regola, anche se
si tenta di rendono ciò più difficile con un taglio a V ad apice
Studii sui r:i|>|ic)ili iVii clinVifiiziazioiii' •• ri^'«Mioru/,ìoiie '*H7
cufalico e s;ui ia|)|M)iti iVa liitterfiiziaziont' •• ripenpm/.ionp iHf»
Qutisto fcMionn'no doU'inihizionc dnlhi ri<:jon'jO l'iiolu Della Valle
caso di conlatlo immodiaiu, od in quullu uliu si vcriticanu per azione
indiretta a distanza più o meno notevole.
Alla prima categoria che, come vedremo nella parte teorica,
è per noi la più interessante, appartengono alcuni dei risultati più
noti della embriologia sperimentale. Infatti nello sviluppo delle
uova capaci di regolazione, ogni blastomero, che, isolato, sarebbe
capace di dar<^' un organismo completo, è inibito parzialmente dalla
sua continuità con i blastomeri prossimi, onde non dà origine
che ad una determinata differenziazione. Per l'analisi teorica del
fenomeno è anche importante la constatazione che si ottiene ini-
bizione mutua delle parti venute a reciproco contatto anche nel
caso di fusioni di uova diversamente orientate o di embrioni che
nell'ulteriore sviluppo vengano mutuamente a contatto in una di-
rezione qualunque. Questi fatti che sono 1' origine delle duplicità
embrionali cosi multiformi e studiate (cfr. Schwalbe '07), hanno il
loro perfetto corrispondente nello sviluppo rigenerativo in ciò che
frequentemente si verifica nel caso delle doppie rigenerazioni in-
verse da fratture, giacché le due produzioni enantiomorfe , facil-
mente vengono ad incontrarsi e mutuamente si inibiscono nella zona
di contatto, onde la duplicità essenziale dell'accrescimento comples-
sivo viene più o meno mascherata ^).
È importante però constatare che questa non è una legge ge-
nerale, come risulta specialmente dalla frequente rigenerazione di
pezzi innestati con inversione di polarità anche dopo cicatrizzazione
apparentemente perfetta ^).
') Degna di nota è a questo proposito la probabile ipotesi della prima orioine
dei tumori maligiii da spontanea eliminazione per determinate cellule più n menu
ditferenziate, delle correlazioni inibitive preesistenti, analogamente p. es. a quanto
si verifica pei lìlastom'iri di uova di Echinidi poste in acqua priva di calcio.
-) Cl'r. Wetzel '95 per il completamento tardivo di due segmenti di Hydrci
viriilix e f/rtsca, innestati in modo eupolare ; Joest ('97 p. 497-8) per la forma-
zione di una gemma rigenerativa del capo dal tessuto cicatriziale difìerenzian-
tesi di due code di Lumbrici innestati fra di loro con opp sizione di polarità;
Perbles ('00 p. 466 tìg. 45) per la formazione di due abbozzi di idranti sulle
due superficie unite di due segmenti di Tubularia innestati fra loro; King ('01
p. 150-1 fig. 2-4) per un caso in cui avvenne la rigenerazione dei tentacoli
delle due metà di una estremità orale di Idra tagliata trasversalmente e pro-
fondamente incisa longitudinalmente , che si erano poi mutuamente innestale
con opposizione di polarità in modo non molto dissimile dalla esjierienza
esposta in questo lavoi-o ; ed anche Morgan '08 per la rigenerazione di una
zampa di Trifon nel caso che si fosse tentato di innestarvi sulla superficie di
sezione un piccolo segmento con opposizione di polarità.
Nel caso di parti di costituzione complessa sembra che la cicatrizzazione
Studii sili rapporti fra diili'icn/iazioiip f ripjfnernzioiio 291
Dogno (lolla massima consjdorazionc A poi il fallo ahr, quosla
inibizione da contatto non è solo 1' cirelto di altre parti vivonli,
ma può essere anche j)rodotta in modo fliverso. Ciò è dimostrato
specialmente dalle esperienze che hanno provato come nello svi-
luppo degli Anuri, un blastomero ucciso agisce^ proprio nello stesso
modo come un blastomero vivo per ciò che riguarda 1' influenza
suir altro blastomero. Anche le esperionz> l'iK'ln Dcllii Viillc
rolazioni inibitivo usercit;m1isi frale diverso parti di una colonin
che, dai casi più gravi del polimorfismo con individui straordina-
riamente atrofici (vibracularie) giunge alla semplice limitazione re-
ciproca di accrescimento delle diverse parti di una pianta o di una
colonia di Celenterati dalla quale dipendono l'habitus complessivo e
le dimensioni medie di queste entità biologiche.
A questi fenomeni di correlazioni fra le diverse parti dell'or-
ganismo si riattaccano pure alcuni risultati di inibizione più o meno
specifica dello sviluppo di alcune parti dell'embrione ottenute me-
diante sostanze chimiche (cfr. p. es. Herbst '95 per l' inibizione
della gastrulazione negli Echinodermi , Stockard '07 per 1' inibi-
zione dello sviluppo della parte rostrale del capo che porta alla
ciclopia etc).
Come si vede quindi tanto nell'una quanto nell'altra categoria
di fenomeni di inibizione dell'accrescimento si è già ottenuto qual-
che risultato di dominabilità mediante agenti esterni, assolutamente
paragonabile a ciò che è la partenogenesi sperimentale nel campo
dei fenomeni di eccitazione e di avviamento alla morfogenesi.
Le cause della cicatrizzazione e dell'accrescimento
rigenerativo
Visto cosi brevemente quali sono i fenomeni simili a quelli da
noi constatati, ci resta ancora da cercare di comprendere la vera
essenza dei fattori fondamentali del risultato ottenuto, cioè la na-
tura del processo di cicatrizzazione e la natura delle cause dell'ac-
crescimento rigenerativo.
Per ciò che riguarda la cicatrizzazione, o per parlare più esat-
tamente, la epitelizzazione della superficie di sezione, si deve notare
per prima cosa che essa deve essere considerata come un fenomeno
sostanzialmente diverso dal processo rigenerativo, e non come il
primo gradino di questo. Per convincersene basta pensare all'enorme
capacità con la quale avviene il rivestimento epiteliale delle ferite
in organismi assolutamente privi di capacità rigenerativa (pupe di
Lepidotteri, regione cefalica delle larve degli Anuri) ^) ed alla
notevole difficoltà ad una rapida cicatrizzazione anche di ferite
lineari che presentano invece organismi ad altissimo potere rigene-
rativo (p. es. Triion).
1) Cfr. anche Morgan '07 p. 85-87, Chilo 06'- p. 564:.
Studii sui ra[)[)urti tra Jitì'ereiiziu/siuut; o ri^^ciieni/ioiio 29)1
Ciò viene anche dimostrato tlal fatto clic menilo la riipidiLit
(leiraiHU-escimonto rimunerativo è sempre più tacilu in una dinizioiMj
dell'organismo anziché in un'altra, il rivestimento epiteliale si compie
invece, dentro limiti amplissimi indipendente dalla orientazione delle
parti poste a contatto, come si vede specialmente nello studio degli
innesti di celenterati, di vermi e di larve di Anfibii.
La velocità sensibilmente identica con la quale avviene il rivesti-
mento epiteliale di una superficie di sezione, qualumiue sia l'orien-
tazione delle parti sottostanti, dimostra dunque che (questo tcnu-
meno non ha che rapporti debolissimi con i fattori determinanti
la forma complessiva dell'organismo (cfr. anche Mokgan '07 p. 234;,
e che esso deve essere invece il risultato di cause molto più
semplici.
Considerando obbiettivamente le cose, noi possiamo assoluta-
mente paragonare i rapporti esistenti fra un epitelio ed un tessuto
sottostante a quelli esistenti fra una determinata fase liquida ed
un'altra fase con tensione superficiale minore e parzialmente mi-
scibile con la precedente, cioè tale che si raccolga alla superticie
libera della prima, cioè p. es. come un sottile strato di olio su di
una massa di acqua.
Ora, se in un modo qualunque si pratica una superficie di
sezione in questo sistema, cioè se si crea nuova superficie libera
della fase interna, la fase esterna subito tenderà ad espandersi
anche su questa nuova superficie libera con una velocità che sarà
funzione soltanto della differenza di tensione superficiale fra le due
fasi e della viscosità della fase che si espande. Come si vede, con-
cepito il fenomeno in questo modo diviene perfettamente compren-
sibile come l'epitelizzazione avvenga, specialmente in primo tempo
senza nessuna moltiplicazione cellulare, per semplice spostamento
in massa delle regioni dell' epitelio limitrofo aUa superficie di
sezione.
Da questa concezione dell'epitelizzazione dal punto di vista
della tensione superficiale ^) ne segue, come si comprende, che essa
') Hefkeran ('02 p. 571, 57b, 581-3) ha avuto il merito di paragonare i
risultati trovati da Plateau per le gocce liquide, a quelli trovati per gl'innasti
delle Idre. Il fattore della tensione superficiale in questo caso non è certamente
il solo da considerare, poiché la grande complessità dei fattori della torma com-
plessiva di un organismo di composizione eterogenea, è dimostrata appunto dalla
forma di e([uilil)rio sempre enonnemonte comiilessa dal i)unt(> di vista geo-
metrico.
294 Paolo Della Valle
tende a realizzare sempre il iniiiimo di .sviliip})0 di superficie pos-
sibile in quelle determinate condizioni. Questo principio appunto
ci permette di spiegarci nel modo più semplice i fenomeni offerti
dal modo di cicatrizzare di una ferita del corpo della Planaria
con superficie di sezione più o meno fortemente divaricate a V.
In tale caso infatti, che si verifica, oltre che nel caso nostro,
anche in tutte le ferite profonde del corpo della Planaria, la ci-
catrizzazione può avvenire sia per riunione dell'epitelio dorsale con
l'epitelio ventrale al disopra della superficie di sezione, quanto fra
l'epitelio dorsale di un lato e quello dell'altro lato della ferita (e
analogamente per l'epitelio ventrale), procedendo dall'apice del V
formato dalla ferita divaricata ed avvicinandone cosi progressiva-
mente i margini. E evidente che se i due margini della ferita sa-
ranno fra loro divaricati o si muoveranno continuamente l'uno ri-
spetto all'altro, il primo metodo di cicatrizzazione prevarrà rispetto
al secondo. L'inverso avverrà invece se i due margini sono fra
loro prossimi e si mantengono immobili.
Ciò spiega pure l'influenza che su questo fenomeno può avere
la presenza fra essi di una massa di detriti cellulari sui quali l'e-
pitelio possa estendersi da un lato all'altro come su di un ponte,
come abbiamo visto a p. 278.
È però da considerare che la facilità molto maggiore con la
quale 1' epitelio della superficie dorsale tende a riunirsi con l'e-
pitelio della superficie dorsale anziché con quello della super-
ficie ventrale (cfr. p. 304) e la natura molto più perfetta di tale
riunione, come vedremo risultare dall'analisi successiva, fa pensare
che fra questi due epitelii esista una certa differenza. In questo
caso il fenomeno si avvicinerebbe a ciò che si verifica quando si
tratta della fusione di differenziazioni diverse in cui ciascuna di
esse si comporta in modo autonomo, e che ha la sua espressione
più tipica nel caso della cicatrizzazione mutua di due margini
dove si incontrino epitelii diversamente differenziati.
In tale caso infatti (che si verifica nella chiusura del tubo
nervoso, della capsula acustica, del cristallino e nella saldatura
della plica opercolare dei vertebrati superiori dove il fenomeno è
stato da me analizzato), la preesistente continuità fra due epitelii
diversi è addirittura vinta dalla tendenza che ciascuna delle due
specie di epitelii ha di formare una sola continuità collo sviluppo
di superficie relativamente minimo.
Studii sui rapporti fra (litterenziazione e rigenerazione "295
Quanto alla natura dolio causo doll'accioscinionto ridonerai ivo,
dalle osperionzo esposto in questi due miei lavori e flagli altri ri-
sultati fluoia ottenuti, è possibile giungerò a qualche risultato piu-
babilc.
Non sembra dubbio infatti, per questo caso speciale di resti-
tuzioni, elio la ferita in tanto rappresenta la causa dolla rigene-
razione, in quanto altera le condizioni nello quali normahnonto si
trovauo le cellule che vengono a costituire la superficie di sezione
(cfr. Roux '93 p. 668).
Ora r accrescimento che tali cellule iniziano in seguito alla
creazione di una superficie di sezione, può essere interpretata in
due modi opposti e solo in questi due modi, cioè, o come etFetto
di uno stimolo nuovo che queste cellule subiscono in quanto sono
esposto ad un ambiente esterno speciale, o invoco come effetto
della eliminazione, prodotta dalla ferita, di inibizioni che prece-
dentemente influivano su tali cellule impedendone l'ulteriore svi-
luppo.
Quanto alla prima interpretazione che subito si jH-osonte-
rebbe alla monte specialmente nel nostro caso, giustamente ha
fatto notare Driesch ('09 p. 4), che, data la non specificità del-
l'aziono dei fattori dell' ambiente esterno e data la frequento
notevole inditìerenza prospettica delle cellule costituenti la super-
ficie di sezione, essa non regge punto alla critica, perchè in tali
casi che costituiscono il comportamento tipico ^), mancherebbe
(|nalunquo causa perchè il prodotto dell'accrescimento rigenerativo
di determinate cellule, in un caso riproduca una data parto e in
un altro caso una parte diversa, cioè p. os. perchè le cellule di
un determinato livello di una planaria, esposto allo stesso ambiento
estorno, una volta rigenerino un capo ed un'altra volta una coda -).
L'eliminazione di questa possibile via di spiegazione, ci ob-
bliga ad esaminare attentamente l'altra, cioè l'ipotesi che la ferita
J) Diverso è il caso di quelle parti altamente ditìerenziate di urgauismi
complessi che sono capaci di riprodurre una sola cosa, in qualunque direzione
ciò avvenga. Come ho dimostrato nel mio precedente lavoro, ciò appunto ò la
causa delle iperrigenerazioni in cui si veritìca la legge di Batkson.
2) Eccezionali sono i casi simili a quelli constatati da Cavolini nel 1785
(p. 154-156) per Pinnaria, nei quali è la specificità delfanibiente esterno quella
che determina la specificità della rigenerazione; ma anche in tali casi ciò non
vale per lo differenziazioni intrinseche della parte ciie o in un caso.» nell'altro
viene formata.
Dire con Ohii.u ('04- p. 1H«S) .he la spiegazione dell'accrescimento rigene-
296 Paolo Della Vali.'
provochi l'accrescimento rigenerativo in quanto sottrae lo cellule
della superficie di sezione ad influenze inibitivo che ne arrestavano
lo sviluppo nel normale equilibrio dell'organismo.
Nel caso della rigenerazione che sussegue all'amputazione di
una determinata parte dell'organismo, tale ipotesi è stata anche
già emessa in modo p!ù o meno chiaro, nel senso che la scom-
parsa della parte in questione fosse la causa che ne permettesse la
ricostituzione da parte delle cellule della superficie di sezione, perchè
proprio la presenza di quella parte inibiva normalmente lo svi-
luppo di esse. Scientificamente ciò si sarebbe potuto enunciare
come una conseguenza del fatto che l'organismo deve essere con-
siderato come un sistema chimico complessivo, nel quale quindi
1' esistenza di uno dei prodotti della reazione inibisce 1' ulteriore
procedere della reazione che ne produrrebbe ulteriormente.
Ma questo principio fondamentale della cinetica chimica, che
deve necessariamente essere valido anche per gli organismi (cfr.
P. Della Valle '13 p. 145) e che certameute ha importanza mas-
sima anche per le restituzioni che si verificano per morfallassi o
per gemmazione avventizia, nel caso delle rigenerazioni propria-
mente dette, deve essere applicato in un modo speciale.
Le esperienze sulle iperrigenerazioni da emisezioni dimostrano
infatti con tutta evidenza che non è la mancanza nell'organismo
di una determinata parte quella che provoca l'accrescimento lige-
nerativo, modificando per la sua mancanza la composizione del-
l'ambiente liquido dell'organismo. La continuità chimica di questo
non può essere alterata dalla ferita, ed essendo quindi la parte
ancora esistente che verrà iperrigenerata, inserita sullo stesso am-
biente liquido della superficie di sezione, questa potrebbe e do-
vrebbe continuare a ricevere, insieme ai materiali nutritivi, quello
stesse sostanze che prima ne avrebbero dovuto inibire lo sviluppo
e dovrebbero quindi ancora continuare ad inibirlo ^).
rativo risieda nella conoscenza dei fattori capaci di inUuenzare la moltiplica-
zione cellulare, significa non vedere che ciò che si tratta di comprendere è
proprio la causa per la quale questi fattori vengano a realizzarsi nei singoli
casi proprio nel modo che porta a quel determinato risultato, cioè p. es. nel
caso solito, alla ricostituzione della forma normale.
'j Ciò, come si comprende, vale sia che si voglia supporre un'azione quali-
tativa, sia che si voglia supporre, una semplice azione quantitativa. Per que-
st'ultima ipotesi, che pure è stata accennata (cfr. p. es. Steinmann '08 p. 542)
Studii sili rapporti fra differenziazione e rip^fneruzioiie '_"'7
Si! ciò non uvviono , significa chu non 1
A
B
A B i
c
D
C
1
La totipotenza delle parti di un sistema armonico equipoten-
zialo sottratte all'inibizione delle parti prossime, viene a corrispon-
dere a ciò che Chilo ('11'') ha chiamato isolamento fisiologico
delle parti ed è evidentemente ciò che si verifica nel caso della
moltiplicazione agama, dell'origine delle gemme, delle spore, delle
cellule genetiche capaci di sviluppo autonomo e di quelle che ri-
chiedono per iniziare la serie delle ulteriori trasformazioni uno sti-
molo esterno come nel caso della fecondazione o della partenoge-
nesi sperimentale.
Possiamo dunque affermare con grande verosimiglianza che il
mutuo contatto fra le varie parti totipotenti di un organismo è
quello che mentre in esse inibisce lo sviluppo di tutte le altre dif-
ferenziazioni , vi permette invece il raggiungimento del massimo
possibile di percentuale di quella differenziazione che nell'insieme
complessivo corrisponde a quella determinata posizione.
1) Cfr. spec. Hkrlitzka "96 i). 'Jòl fig. 5, che si è posto il problema per
il caso dei blastomeri totipotenti. — V. auclie per tale caso Lokh '99. Driesi'h '01
e "09 p. 19 etc.
800 raolc. Della Vi.ile
Sono quindi i rapporti imnitidiuti (piuUi elio sintetizzano gli
iiiilividui in oryiinismo, analogamontu a (intinto si vurifiua noi mondo
sooialc in cui gli individui , potonziahnontc totipotenti, vengono
diil'erenziati dai rapporti immediati, mediante una inibizione di
tutte le altre attitudini tranne che di una che corrisponde alla dit-
i'erenziazionc necessaria all'equilibrio sociale in quella determinata
posizione funzionalo (Holmes, Child).
Invece, nel caso in cui vengano a contatto due o più di tali
entità biologiche, ma con diversa orientazione delle loro ditì'eren-
ziazioni vettoriali, parimenti si osserverà inibizione delle parti cor-
rispondenti alla zona di contatto, più o meno perfetta secondo i
casi, ma il risultato non sarà più un tutto complessivo con carat-
teri eguali ai singoli componenti , ma una duplicità più o meno
imperfetta. Questo appunto si verifica nei casi precedentemente ci-
tati (cfr. p. 290) delle duplicità da fusioni di uova, di contatti di
embrioni o di accrescimenti di doppie rigenerazioni 'inverse.
Quale sia il meccanismo di azione di questa mutua inibizione
da contatto non è possibile dire allo stato attuale, ma certo, cosi
come le duplicità mostruose ci indicano che la sintesi normale dei
singoli blastomeri non ha nulla di finalistico, cosi le frequenti man-
canze di inibizione nel caso di cicatrizzazioni di parti innestate con
inversione di polarità, e viceversa le inibizioni da contatto con un
blastomero morto o con un corpo solido nella Campaniilaria, ci in-
dicano che tali inibizioni non hanno nemmeno nulla di vitali-
stico.
LoEB ('00) per quest'ultimo caso ha pensato ad un'azione en-
zimatica, ma forse, come ho accennato, è più logico pensare a mo-
dificazioni locali dell'ambiente esterno, giacché questo certo deve
avere sempre importanza massima per il determinismo dell' equi-
librio quantitativo delle diverse differenziazioni in questi sistemi
chimici vettoriali.
Per persuadersene basta pensare a ciò che si verifica in casi
analoghi nei sistemi inorganici che presentano una determinata
forma per un equilibrio mobile di cui l'ambiente esterno è uno dei
costituenti, cosi come gli organismi. Infatti nel caso della fiamma,
che costituisce anche dal punto di vista morfologico una delle mi-
gliori analogie inorganiche degli organismi^), se due individui
') Fino dal lt»85 , il foudatore dell'indirizzu scientifico della uioderiia bio-
logia, il glande napoletano G. A. Bowelli scriveva: (p. 286) « auimalis compo-
Stiidii sui r;i|)|iniii iVii ilill".'ri'ii/.ia/i(iii<' <• ri-^-iMn-iii/ionc ;!((|
])rot!;r»'S>-iv;iiiiriilr si ;ivvii",iii;in(». vt'ir.iimo s«!iiii)ii- P'" •' impcilirsi
miituaiiiniitci l'ossidazioiu! iiiiUa (lirozifìiu- iKilla i\\uiU- si fruard mo,
ond(* prima scomparirà la zona ostorna. dolio duo fiamme e poi lo
palli s(>mpro meno periferiche, fino a ohe di duo fiamme noti se ne
sarà fatta una sola, sempre però capace di sdoppiarsi di nuovo per
una inversione del fenomeno ora analizzato. Tale mutua inibizione
delle parti prossime si verificherà tanto nel caso in cui le due
fiamme siano disposte parallelamente quanto nel caso che e„sse
fonniuo fra di loro un an. 5-40-1) per Procerodfs analoguuiente a quiintu LuKB,
('91 p. r)4) ed inseguito altri, avevano già constatato p^r la ritrenera/.iniie dcidi
idranti in Tubularia.
304 Pn..lu Dplln Vali.'
tura dv.\ metHbolismo ridile parli clit' dcliliniio dare origine al Tac--
croscimonto rigunorativo. o per il blastoma cosi prodotto elio si
va differenziando, non pnò essere mai del tatto indifferente una
condizione funzionale od nn'altra. Ohild ^cfr. spec. 06^) addirit-
tura vorrebbe ridurre tutto a ([uesto fattore anche dal punto di
vista qualitativo, dinieuticanilo tutte Iti complicatissimo differen-
ziazioni che si sviluppano e si rigenerano in(li})endenteMiente dalla
funzionalità delle parti; ma è d'altra parte sicuro che dal punto
di vista quantitativo l'intensità del metabolismo, specialmente ia
alcuni casi deve essere molto minore per una parte non funzio-
nante anziché per una che funziona attivamente. E questo credo
proprio con Lillik ('01 p. 133) che debba essere il caso per il
blastema che sorgo da una superficie di sezione diretta rostral-
mente in una Planaria, secondo che essa nei continui movimenti
riceve gli stimoli continui dell'acqua e delle parti contro cui urta,
ovvero invece rimano immobile ripiegata su se stessa-.
Forse non è nemmeno indifferente per l'intensità degli sti-
moli che possono giungere ai tessuti sottoposti , il fatto che nel
caso della nostra esperienza si ha da fare con una cicatrice fra
due coppie di epitelii omonimi anziché tra un epitelio dorsale ed
uno ventrale, onde non è inverosimile una maggiore impermeabi-
lità agli stimoli funzionali esterni ^).
Ma i fenomeni di rigenerazione che spesso susseguono anche
dopo cicatrizzazioni apparentemente perfette, specialmente in se-
guito ad innesti inversi, provano che questo ora esaminato è so-
lamente uno dei fattori e molto probabilmente non il più impor-
tante (cfr. anche Morgan '07 p. 234). Non è escluso infatti nel
nostro caso che la mancanza di movimenti sia effetto e non causa
della cicatrizzazione della ferita.
La possibile influenza di una cicatrizzazione perfetta nell'ini-
bire un possibile accrescimento rigenerativo ha però importanza
specialmente perché ci deve sempre rendere cauti in ogni affer-
mazione di incapacità di rigenerazione di un determinato organo
o di un determinato organismo. Fino a che infatti ripetute e sva-
riate esperienze non abbiano dimostrato caso per caso la assoluta
*) Non è forse fuori luogo ricordare qui la nota consfciitazione della frequente
prima origine di carcinomi (cioè di accresciuìeuti ipernormili molto simili al
blastema rigenerativo iniziale") propino da regioni dove reciprocamente si limitano
epitelii di carattere diverso.
Studii sui rapporti fra differenziazione o rigenerazione 306
incapacità rigenerativa, anche cercando di rendere più difficile la
cicatrizzazione ed aumentando l'intensità de^rli stimoli provenienti
dalla superiicie di sezione, non si potrà mai essere sicuri che
quella determinata parte sia proprio incapace di rigenerarit o non
invece piuttosto che la chiusura della ferita e la precoce diflo-
renziazione della cicatrice elimini ogni stimolo ad acurescimonto
rigenerativo ^) o gli stimoli che le pervengono ^riuiiiMi... ;..! ,.<^..y„
sufficientemente intensi -i.
Né è forse extrapolazione azzardata affermare clu- con sti-
moli adeguati sufficientemente intensi ogni parte isolata di ogni
organismo, possa divenire capace di riprodursi o di comphjtarsi.
Anche minore sembra essere nel nostro caso 1' imjjortanza
della resistenza meccanica all'accrescimonto da parte della cica-
trice formatasi.
Certo nel nostro caso la cicatrice è di estensione solo metà
di quella che si verifica nel caso della semplice decapitazione ed
avviene, come abbiamo detto, fra epitelii omonimi anziché fra epi-
telio dorsale e ventrale e può quindi raggiungere più rapidamente
una saldezza molto maggiore di quanto avvenga nell' altro caso
in cui l'epitelizzazione della ferita, come sempre avviene precede
la rigenerazione ma non la ostacola punto (Morgan, Drieschi.
Ma le numerose rigenerazioni che susseguono a cicatrizzazioni
spesso apparentemente perfette di pezzi di organismi innestati,
specialmente nei casi in cui ciò fu praticato con opposizione di
polarità ^), provano che è sempre più prudente considerane la per-
fetta differenziazione delle cicatrice come un effetto anzicchè come
una causa dell'assenza di rigenerazione, benché certo sempre essa
rappresenti una resistenza passiva più o meno notevole che l'ac-
crescimento rigenerativo deve vincere.
L'ultima via di spiegazione che ci resta è quindi proprio
quella che abbiamo visto a p. 298-9 essere la causa fondamentale
») Cfr. anche Chilo "06' p. 412.
2) Impressionante in questo senso è l'aumento di capacità rigenerativa di
Tubulana e Procerodes in acqua di mare diluita (cfr. anche p. 30;}) sia per fe-
nomeni di turgescenza (Loeb), sia per fenomeni osmotici come più semplicisti-
camente sostiene Steinmann ('08 p. 542). Non è forse fuori luogo ricordare
a questo proposito che in media gli animali d'acqua dolce presentano la c»|>a-
cità massima di rigenerazione.
3) Cfr. p. 290 nota.
Archivio zoologico italiano, Voi. VII. -'
306 Paolo Della Valle
della sintesi degli elementi nell'organismo superiore e delle inibi-
zioni mutue da contatto anche fuori della rigenerazione.
Questa interpretazione nel nostro caso è perfettamente logica,
per l'intimo contatto che si viene a determinare mediante l'ope-
razione tra una metà e l'altra della superficie di sezione rivolta
rostralmente, che vengono così mutuamente ad impedirsi i rap-
porti col mondo esterno mediante i quali soltanto è possibile riot-
tenere la gradazione di differenziazioni che è la causa della forma
normale.
Conchiudendo questo studio è opportuno notare come la co-
noscenza sempre più profonda delle cause che sono capaci di ini-
bire la restituzione della forma normale, costituisce uno dei pre-
supposti necessarii di quella parte della biologia che osa proporsi
il dominio dei fenomeni vitali, analogamente al dominio delle altre
forze della natura, ciò che già Spallanzani con occhio di genio
aveva intravisto come possibile meta lontana.
Dall'Istituto di Anatomia comparata della R. Università di Napoli.
Studii sui rapporti fra differenziazione e rigenera/.iunc 'MSì
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Sliulii sui rapporti fra iliUiireiiziazioiio « ri^'eiieraziono ;{11
\H\)i\ Villi J)uyiie. J. — Ueber Heteromorphoso bei l'Iarmrion : Ar 2. - Durata periodi larvale e ninfale.
» 3. - Peso bozzoli con crisalide.
» 4. - Peso seta prodotta
» 5. - Peso farfalle
» 6. - Produzione media di uova di una O di ciascun gruppo.
» 7. - Rapporto fra il numero d'uova deposle da una O d'ogni gruppo e quello medio
di uova deposte da una 9 figlia di normali.
I. Introduzione e metodo.
Credo .-superfluo richiamare il metodo seguilo nelle esperienze
del 1912 ed i risultati da esse ottenuti, visto che furono per o-
steso pubblicati in uìia prima memoria (4). Basti dire che gli a-
genti somministrati alle larve furono i seguenti: potassa cau.-ti.-a.
soda caustica, acido cloridrico, acido acetico, sulfato rameico, solfalo
ferroso, cloruio ferroso e cloruro cobaltoso, e che vennero sommini-
strati in dose massima colla foglia nutrice normale. Per l'ossigeno
feci vivere le larve e le crisalidi in un ambiente sopraccarico di
questo gas.
Art, 9.
:314 F. Gavazza
Nel mio lavoro succitato dopo avere esposti e discussi tutti i
numerosi fatti osservati, dicevo che per completare le ricerche che,
nella primavera 1912, mi ero prefisse, rimaneva ancora da osservare
quale fosse « l'azione degli agenti ingeriti o respi-
rati dai genitori; l.o sullo sviluppo e sui caratteri
somatici degli esemplari della seconda genera-
zione; 2.*> sul sesso di questi esemplari >.
Gli allevamenti dell' estate 1913 mi diedero modo di fare os-
servazioni tali che posso rispondere a questi due punti. Esposi già
in un lavoro separato le constatazioni fatte l'estate scorsa intorno
all'azione degli agenti sperimentati nel 1912, sul sesso delle uova
deposte (5).
Ora esporrò invece i fatti osservati nel ricercare l'azione che
i diversi fattori hanno sullo sviluppo e sui caratteri somatici degli
esemplari della seconda generazione, quando questi esemplari ven-
gano normalmente cibati e allevati.
Moltissimi furono gli autori che studiarono il valore della
nutrizione e della respirazione come agenti produttori di varia-
zioni somatiche e biologiche negli insetti, ma minore fu il nu-
mero di coloro che, dopo osservate le variazioni prodotte da un
dato agente nell'individuo sul quale ha agito, sono andati a ri-
cercare quale valore abbiano i caratteri osservati per l'eredità, e
quale legame esista fra le modificazioni prodotte nei genitori e
quelle che si possono riscontrare nelle seconde generazioni.
TI Berg (2) e la Tichomirowa (11-12) studiarono, ad esempio,
le modificazioni che si osservano in bachi da seta normalmente al-
levati, figli di bachi cibati con Scorzonera hispaìiica; e il Pictet
(9-10) osservò le variazioni che si riscontrano nei figli di larve di
diversi lepidotteri, cibate con differenti foglie.
E non cito altri ricercatori. Per ora i risultati non sono tali da
renderci possibile una conclusione; anzi in parecchi casi gli stessi
fatti appaiono veramente discordanti.
Nelle ricerche del Berg e della Tichomirowa si vede che le mo-
dificazioni osservate negli esemplari figli non sono sempre dello
stesso tipo che quelle prodotte sui genitori dalla Scorzonera hispa-
nica, anzi per alcuni caratteri si osserva che essi sono modificati
in senso opposto che nei genitori. Ma ripeto che le osservazioni
fatte da diversi autori sono ben lungi dal concordare.
Nondimeno i fatti che più di sovente si sono avverati nelle
ricerche più scrupolose sono quelli ohe espongo colle parole chiare
e concise del Pictkt.
Modificazioni riscontiiit»! in tisfitjpl.ui di finnln/r m'ui, <•(■<•. ."Jl.j
1.0 — € In corti casi 1' a I) i t ii il i ii •• ad imi a f .• ri t e
esterno i e i b o ) d i v e rs o dal n o r in ;i I <• . ì | ri n a 1 <• h a
prodotto nelle prime generazioni una varia
z i o n e , tende dopo a 1 e n n e g e n e r a z i o n i a f a r t o r-
nare gli esemplari al tipo primitive)».
2.0 — «In altri casi le variazioni p r o d o t t (ì dal-
l'alimentazione a n m e n t a n o d ' i n t «mi s i t à ad o (r ri i
generazione ».
3." — «Qualche volta il carattere acquisito...
giunge perfino a mantenersi per eredità (in certo
grado) nella generazione normalmente cibata».
4.0 — « 11 ritorno alla nutrizione primitiva (e
il perdurare di tale nutrizione) fa sempre sparire i carat-
teri acquisiti».
Non entrerò certo in discusione sulla importanza di questi
fatti, le cause dei quali sono oltremodo difficili a rintracciare in-
teressando esse tanti e diversi problemi della biologia; accennerò
solamente ad alcuni dei tanti problemi.
Prima di tutto si pone la questione della trasmissibilità di
caratteri a pena acquisiti. Questa ereditarietà è essa reale o ap-
parente ? Deriva essa da una vera tendenza a mantenere, attra-
verso le generazioni, i caratteri acquisiti, o pure è essa apparente
derivando i caratteri modificati dei figli, solamente dalle condi-
zioni fisiologicamente anormali (spesso patologiche i in cui è stato
formato o fecondato l'uovo?
Le differenze di fecondità prodotte dai diversi agenti da me
sperimentati ed esposte nei succitati lavori , dimostrano come la
funzione riproduttrice sia stata modificata dai diversi fattori. Ma
l'azione che gli agenti hanno avuta, o direttamente o indiretta-
mente, sugli organi della riproduzione, fu essa solo uno stimolo
all'aumento o alla diminuzione delle funzioni normali, o pure mo-
dificò essa intimamente la funzione di questi organi?
E se ciò fosse è a tale azione degli agenti che si dovranno
attribuire le modificazioni che si osservano nello sviluppo , nella
metamorfosi e nei caratteri somatici dei figli ? Quanto dissi nel mio
lavoro sulla fecondità degli esemplari di 1." geuei-azioue e sulla
determinazione del sesso delle uova da essi prodotte (6) ci dimo-
stra che l'azione avuta dagli agenti sugli organi sessuali, non pro-
dusse solamente una diversa fecondità, ma che ebbe un'azione sul-
3 IH F. Gavazza
r intima costituzione delle cellule sessuali , tale da far produrre
piuttosto maschi che femmine.
Ma quale legame esiste fra questo ultimo fatto e la trasmis-
sibilità dei caratteri prodotti da una specialissima e tem-
poranea azione dell'ambiente ?
Non son certo alcuni fatti che potranno rischiarare tanti e
così complessi problemi; i quali debbono venire studiati e seguiti
per tante diverse vie e in tanti diversi rami delle scienze biolo-
giche.
Ho esposte alcune delle principali questioni a cui si collegano
i pochi fatti che sto per esporre, solo per dimostrare l'importanza
del problema e per spiegare le ragioni che mi spinsero alla ricerca.
Conclusioni si potranno fare solo quando i fatti saranno molti,
raccolti in tanti campi della biologia, con diversi metodi e su
molti esseri viventi. Per ora basta raccogliere i fatti tanto grandi
quanto piccoli e ordinarli in modo logico cosi che da essi possa un
giorno uscire un po' di luce.
Delle uova deposte nel luglio 1912 dalle $ dei diversi gruppi,
schiusero quelle dei genitori normali, ossigenati, cibati
con aggiunta di potassa caustica, di soda caustica e
di solfato ferroso; quelle dei gruppi acido cloridrico
e cloruro cobaltoso non erano fecondate e quelle dei gruppi
solfato rameico e cloruro ferroso rimasero infecond e
npn ostante che le madri fossero state accoppiate. Della infecondità
delle uova di questi due ultimi gruppi discussi già in altro lavoro (5).
Le uova furono tenute durante tutto l'inverno e la primavera
in ambiente normale (inai sotto i 6 cgr.) , e il 22 aprile furono
poste in incubatrice a 15 cgr. Questa temperatura fu poi gradual-
mente aumentata nei giorni successivi.
Tutti i bachi schiusi da queste uova vennero tenuti durante
la vita larvale in una vasta bacheria bene arieggiata ed allevati
secondo le regole dettate dai bachicultori. La foglia di gelso a loro
somministrata er,i degli stessi alberi che quella somministrata alla
1* generazione.
La temperatura fu in media assai più calda che ^ nel 1912 e
ciò in causa del calore insolito della seconda quindicina di maggio
e della prima di giugno.
Ometto , per brevità , di pubblicare per esteso il giornale di
ogni allevamento contentandomi di esporre i dati piìi importanti
osservati nei diversi gruppi.
Modificjizioni riscontriite in esemplari di linuihi/x hio»», ecc. '.iìl
II. Raffronto dei fatti osservati nei diversi gruppi
1. — M o (1 i f i e a z i o u i ti i peso d u r a n t o la v i 1 a 1 ;i r v .i 1 »•
Pesai lo larve di o^ni «^ruppo 35 o 36 giorni dopo la loro iia-
scita e cioè uno , due o tre giorni prima che esse fjiun^c^ssero a
maturità. Le medie esposte nel segui'nte specchietto derivano dal
peso di -10 larve per ogni gruppo.
T a h e 1 1 a I — Peso dei bachi
Minimo | Campo di
variazione
Normali 1 gr. 3,927 j 5,47 j 2,63
i ' '
Derivanti dal gruppo ossigeno » 3,67 j 4,93 j "2,64
» potassa ! » 3,48 j 4,77 | 2,70
» soda . . i » 3,51 j 4,61 | "2,67
1
^ solf. terroso! » 3,LÌ05 4,11 2,40
2,84
2,29
2,07
1,94
1,71
Confrontando fra loro i pesi^medii dei bachi di ciascun gruppo
vediamo che tutti sono sempre inferiori al peso medio dei bachi
figli di normali. Inoltre vediamo che le modificazioni sono di di-
verso grado in ogni gruppo. Se mettiamo in ordine di decrescenza
i gruppi abbiamo l'ordinamento che segue: 1«) ossigeno, 2»~i soda,
3°) potassa, 4°) solfato ferroso.
Osserviamo poi che la differenza fra il peso medio trovato nel
gruppo soda e quello trovato nel gruppo potassa è quasi nulla.
Le modificazioni della larva prodotte dai quattro agenti (os-
sigeno, potassa, soda, solfato ferroso) che direttamente agivano su
essa, furono (nelle esperienze del 1912) di diminuirne il peso medio
e nel grado seguente: ossigeno di gr. 0,205, potassa di gr. 0 , 4 8 5.
soda di gr. 0,69 6, solfato ferroso di gr. 1,35.
Confrontiamo ora a questa diminuzione di peso prodotta dai
fattori direttamente agenti, quella diminuzione che invece si ve-
318 F. Gavazza
rifica nei loro fit^lj riorraalrnente cibati allo stesso raomento dello
sviluppo larvale. Il peso medio nel gruppo derivante da uova di
genitori ossigenati è di gr. 0,25 7 infcn'ioiv! a quello medio dei
figli di normali, quello nel gruppo derivante da uova di genitori
cibati con aggiunta di potassa, ne è inferiore di gr. 0 ,447, quello
nel gruppo derivante da uova di genitori cibati con aggiunta di
soda ne è inferiore di gr. 0,417 e quello del gruppo derivante
da uova di genitori cibati con aggiunta di solfato ferroso è infe-
riore di gr. 0,62 2 al peso medio dei figli di norinali.
Dal raffronto appare che i figli degli esemplari sui quali si è
agito coi diversi fattori , presentano delle modificazioni nel peso
massimo raggiunto dalle larve , omologhe a quelle modificazioni
che osservammo nei genitori allo stesso momento di sviluppo lar-
vale, ma che tali modificazioni sono in tre dei quattro gruppi (po-
tassa, soda, solfato ferroso) di grado minore di quelle che fu-
rono osservate nei genitori stessi. La tendenza a ritornare al peso
medio normale appare in questi tre gruppi tanto più forte quanto
più forte era stato 1' allontanamento dei genitori da tale peso
normale.
Per quanto riguarda questo carattere (peso massimo raggiunto
dalle larve) è quindi evidente che esso può , in certo grado, tra-
smettersi ai figli anche quando su di questi non operi il fattore
che lo aveva fatto acquisire ai genitori.
2. — Modificazioni del ciclo evolutivo
Nella mia prima memoria (4) mi occupai per esteso delle di-
verse modificazioni di durata dei periodi larvale e ninfale e di-
scussi pure intorno agli asserti di diversi autori; pertanto non ri-
levo neppure , parlando dei fatti che qui sotto verrò esponendo,
quello che di essi potrebbe avere un valore per riconfermare quanto
dissi.
Modifìcazionj riscontiate in esemplari di fiotnln/jr mori, ecc. 31ft
Pongo qui i «lati rifonsiilisi alla durata dei periodi larvale h
I ninfale (itigli ostuaplaii «li .stì(ji)iHla goneraziono dt'i «juali ci siiamo
occupando.
Tabella li Durala dei periodi larvale •■ n 1 ti t a I e
Periodo
larvRlr
Normali
giorni
da
37 a 41
Derivanti dal gruppo ossigeno .
»
33 » 37
» » potassa. .
»
34 . 40
» » soda . . .
36 . 42
» » solf. terroso
3H . 37
IVrlndo di ninfosi
da 18 a 25
. 1.') . m
. 17 . l'.t
. 17 . l'.t
. IH . 21
Questi dati diraostrauo che la durata della vita larvale variò
assai poco da gruppo a gruppi. Nondimeno si vede elio in media
la vita larvale fu un po' più breve della normale nei gruppi dei
figli di ossigenati e di cibati con aggiunta di solfato fer-
roso. Nei due gruppi dei discendenti da esemplari cibati c«mi ag-
giunta di alcali non si osserva una differenza apprezzabile.
Confrontiamo ora queste piccole differenze osservate cibile mo-
dificazioni prodotte dagli agenti nella durata del periodo larvale
dei genitori.
L' ossigeno aveva abbreviata la vita larvale in media
di 3 giorni ;la potassa e la soda l'avevano abbreviata in
media di 2 giorni e il solfato f e r r «j s o 1' avwva allungata
in media di 2 giorni.
Ora troviamo che nei figli degli ossigenati la durata dull.i vita
larvale si mantiene, come nei genitori, sem])re inferior».' alla
normale; che nei figli degli esemplari nutriti con aggiunta «li al-
cali , la durata della vita larvale rito r n a quasi simile alla
normale , e che nei figli degli esemplari nutriti con aggiunta di
solfato ferroso la durata della vita larvale diviene, contrariamente
a quanto avvenne pei genitori, inferiore alla normale.
Nei primi tre casi vi è una leggera tendenza a presentir»' 1 «>
stesso tipo di modificazione che si era osservata nei genitori,
ì^20 F. Gavazza
ina nel terzo caso invece si verifica che la modificazione è asso-
lutamente opposta a quella osservata nei genitori.
Quest'ultimo fatto corrisponde al alcuni osservati dal Pictet
il quale dice che in certi casi (nelle seconde generazioni) « vi
è ritorno al tipo priimitivo, talvolta anche oltre-
passato in senso inverso > (9).
Osservando ora la durata di ninfosi vediamo che nei fixjli di
esemplari ossigenati essa appare in media assai più breve
che nei normali e che pei discendenti da genitori cibati con ag-
giunta di a 1 e a 1 i e di solfato ferroso appare pure più breve
che nei normali.
Nei genitori sui quali i fattori direttamente avevano agito,
avevo osservato che l'ossigeno ed i due alcali producevano un leg-
gero a 1 1 u n ga m en t o della ninfosi e che il solfato ferroso in-
vece non ne modificava affatto la durata normale.
Ora troviamo che nei figli derivanti dai primi tre gruppi la
durata di ninfosi è modificata proprio insenso inverso a quello
che era nei genitori. Pel gruppo poi del solfato ferroso vediamo
che i figli presentano durata inferiore di ninfosi mentre i ge-
nitori l'avevano avuta al tutto normale.
Per la durata della ninfosi non troviamo dunque mai la ten-
denza a presentare lo stesso tipo di raodificazioiit-
prodotta dall'agente nei genitori, ma il più delle volte si osserva
invece una modificazione di senso inverso.
E il rapporto che corre fra la durata del periodo larvale e
quella della ninfosi come è esso modificato ?
Nel primo lavoro vedemmo quali siano gli 8 casi possibili
di variazione di durata dei periodi larvale e ninfale in rapporto
alla durata normale di essi stadi. Ora per rendere più chiara quanto
sto per esporre ripeto tali 8 casi.
lo.
Larv.
—
Ninf.
+
2».
»
+
»
30.
»
=
»
—
40.
»
—
»
=
5».
»
+
»
=
6».
»
=^
»
+
7».
»
+
»
+
8°.
Modificazioni riscontrate in esemplari «li linmhyr morì, hoc. 3Jl
Di questi casi potei, nelh; esperienza del 1912, produrrò, oltre
che il ì° e 2°, anche il 4°, 5° e 7". Aggiungevo poi che « spe-
rimentando con agenti più numi^rosi (• diversi
sulle larvo si potrà produrre a n e li n il (• a s o H» in
cui entrambi gli stadi vengono ridotti di t t- ni p o.
Credo assai diversi invece i casi 3" e tì" che
forse non s i p o s s o n o produrrci agendo direttamen-
te sulla larva >.
Ora nella seconda generazione normalmente cibata troviamo
che tre gruppi presentano il caso S» e che uno presenta il caso 8".
Nei tre gruppi dei tìgli di ossigenati , di cibati con aggiunta di
potassa e di solfato ferroso osserviamo infatti clu^ è abbreviata
tanto la durata del periodo larvale quanto (piella della ii i ii-
tosi. Nei gruppi ai quali appartenevano i genitori degli esem-
plari dei due primi (ossigeno, potassa) si era osservato nel 11^2 il
caso 1», mentre pei genitori degli esemplari del terz'j gruppo sol-
fato ferroso) si ora osservato il caso 5". Nel gruppo degli esemplari
cibati con aggiunta di soda, i cui figli presentano ora il caso 3",
osservammo nel 1912 il caso 1«.
Da tutto ciò non si può trarre nessuna conclusione ; giacché
non si può asserire certo che esista un legame fra il rapporto di
durata dei due stadi prodotto dall' agente nella metamorfosi dei
genitori, e quel rapporto di durata degli stessi due stadi che ora
osserviamo nella metamorfosi dei figli normalmente cibati.
Solo appare evidente che anche attraverso una generazione si
può alterare il rapporto normale dei due stadii e che per di più
si può alterare anche la intera durata dello sviluppo.
Arfliivio /ooiojriof» Jtalijino. Voi. \'TI.
322
F. Cavazza
3. — M odificazioni ottenute nel poso dei bozzoli
con crisalide.
I bozzoli con crisalide furono pesati 10 o 12 giorni dopo la
loro formazione. Le medie che pongo nel seguente specchietto de-
rivano da 4 0 esemplari per ogni gruppo.
Tabella III — Peso bozzoli
Medio
Massimo Minimo
Campo di
variazione
Normali
Derivanti dal gruppo ossigeno
» » potassa .
» » Soda .
» » solf. fer. .
gr. 2,145
>> 1,76
» 1,63
>> 1,88
» 1,78
2,75 1,70
2,38 1,60
2,20 1,29
2,30 1,27
2,40 1,39
1,05
0,78
0,91
1,03
1,01
Dal confronto fra i pesi medi sopra esposti si vede che i boz-
zoli dei gruppi derivanti da genitori sperimeutalmentr cibati sono
sempre più leggeri di quelli dei bachi figli di normali.
Se ordiniamo i gruppi secondo 1' ordine decrescente del peso
dei bozzoli avremo l'ordinamento che segue: 1») soda, 2°) solfato
ferroso, S») ossigeno, 4°) potassa.
Questo ordinamento non corrisponde assolutamente più a quello
che avevamo osservato per le larve.
Nelle esperienzo del 1912 le modificazioni prodotte nel peso
dei bozzoli con crisalide dai quattro fattori (ossigeno, potassa, soda
e solfato ferroso) direttamente agenti sulle larve furono di d i m i-
nuirne il peso medio nel grado seguente; ossigeno del 12 "/o,
potassa del *^tj °/o, soda del 31 °/o, solfato ferroso del 28 ^o-
La diminuzione del peso dei bozzoli con crisalide che si ve-
rifica invece nei loro figli normalmente cibati in rapporto al peso
dei bozzoli dei figli dei normali, è la seguente : ossigeno 17 °/o, po-
tassa 23 7o, soda 12 ^o, solfato ferroso 16 %.
Dal raffronto appare che i figli degli esemplari sui quali si è
direttamente agito presentano delle modificazioni nel peso dei boz-
Modificaziuni riscontrate in esempluri di liomhi/x mori, eoe. 8li8
zoli con crisalide, sempre o in o 1 o jl; h e a quelle che osservammo
nei bozzoli dei <;enitori ma che tali modificazioni sono in tre cani
(potassa, soda, solfato terroso) m inori di ^rad<» di quelle che fu-
rono osservate nei genitori stessi.
In questi tre gruppi la tendenza al ritorno vorstj il pjjso medio
normale appare tanto più forte quanto in;i^giore era stato l'allon-
tanauit-nto del peso dei bozzoli dei genit
figli di esemplari cibati con aggiunta di potassa 65 "/o,
figli di esemplari cibati con aggiunta di soda 46%,
figli di esemplari cibati con aggiunta di solfato ferroso 46 "/ri-
La diminuzione fu dunque in tutti, anche nei normali, un po'
più forte che nei gruppi dei genitori studiati nel 1912.
4. — M odificazioni ottenute nel peso
della seta prodotta.
Pesai i bozzoli vuoti e la filaccia di seta alcuni mesi dopo la
schiusura delle farfalle e allo stato di perfetta essiccazione. Le
medie qua sotto esposte derivano d;il peso di -10 i>ozzoli ogni
gruppo.
324 F. Gavazza
Tal)e 1 1 a IV — Peso medi o se t a prodotta da un esemplare
Normali gr. 0,ii72
Derivanti dal j^ruppo ossigeno ... » 0,323
» » potassa .... » 0,801
» » soda » 0,283
» » solfato ferroso . » 0,261
Se ordiniamo i diversi gruppi secondo il peso medio decre-
scente della loro produzione di seta abbiamo : 1° normali , 2" os-
sigeno, 3^ potassa, 4p soda, 5» solfato ferroso. Otteniamo cioè un
ordinamento assolutamente simile a quello osservato nei genitori
direttamente sottoposti all'azione dei diversi fattori.
La produzione della seta è diminuita in rapporto alla produ-
zione dei bacili figli di normali, circa del 13 "/o pei figli di ossige-
nati , del 19 7o pei figli di quelli cibati con aggiunta di potassa,
del 23 "/o per quelli derivanti da cibati con aggiunta di soda, e del
29 7o per qtielli figli di cibati con aggiunta di solfato ferroso.
Nelle esperienze del 1912 le modificazioni provocate nella pro-
duzione della seta dai quattro fattori (ossigeno, potassa, soda, sol-
fato ferroso) direttamente agenti, furono di diminuirla nel grado
seguente : ossigeno 19 "/o i potassa 43 "/o , soda -18 "/o , solfato fer-
roso 65 7o-
Dal confronto appare con evidenza che i figli degli esemplari
sui quali si è direttamente agito presentano delle modificazioni
della produzione media di seta, le quali sono omologhe a quelle
osservate nei genitori loro, ma che tali modificazioni sono sempre
di grado molto minore di quelle osservate nei genitori stessi.
Se facciamo poi il rapporto fra il peso medio dei bozzoli con
crisalide e quello medio della seta contenuta in quegli stessi boz-
zoli , osserviamo che per gli esemplari fi^li di ossigenati e di ci-
bati con aggiunta di potassa la percentuale di seta è ben poco di-
versa da quella dei figli di normali, mentre per gli esemplari figli
di cibati con aggiunta di soda e solfato ferroso essa è minore circa
del 2,5 7o.
Ciò pure dimostra che in confronto colle modificazioni osser-
vate nei genitori , vi è anche per questo rapporto una fortissima
tendenza al ritorno verso la media dei figli di normali ugualmente
allevati.
Modiflcazioni riscontrate in est'inplari di Himiuy.i mori, ecc. iJ25
5. — M o d i f i e a z i o ti i o 1 1 (^ n u t e nel p e s o d .. | | ,- t'u r fa I I n
Lo farfalle vennero pesate sempre poco dopo la schiusimi dal
bozzolo, come gli esemplari del 1912, e dal peso delKj 9 venno
detratto il peso delle uova da esse prodotte.
Pesai per ogni gruppo 20 ^ a 20 9 e dal poso complessivo
estrassi le medie seguenti :
Tabella V. — Peso medio la r fai le.
Normali «r. 0,:}52
Derivanti dal gruppo ossigeno . ... 0.:{H4
» » potassa .... « 0,;W()
» » soda » 0,.>H'.»
» » solfato ferro.so ...» 0,361
Osserviamo ora che rispetto al peso medio dvWc frirfallt' nor-
mali , quelle derivanti dai genitori sui (piali si era agito dirotta-
mente, presentano in tutti i gruppi un peso medio sempre supe-
riore, sebbene di pochissimo.
Si osserva cioè proprio un fenomeno omo 1 ogo a ipicllo pro-
dotto nei genitori dai tpiattro agenti: ossigeno, potassa soda e
solfato ferroso.
Nelle es|)erienze del 1912 le farfalle derivanti da larvf e eri-
salidi ossigenate pesavano in media gr. 0,07 più dell»- normali,
.|uelle delle larve cibate con aggiunta di potassa gr. 0.17 più
delle normali, (pielle delle larve cibate con aggiunta di .soda gr.
0,15 più dello normali e quelle delle larve cibat.» con aggiunta di
solfato ferroso gr. 0,12. più delK; normali. Ni gruppi dei tigli in-
vece l'aumento è estremamente debole: p' derivanti dal gruppo
ossigeno di gr. 0,012 pei d u'ivauti dal grui)po potassa di
gr. 0,014, pei derivanti dal gruppo soda di gr. 0.017 e pei deri-
vanti dal gruppo solfato ferroso di gr. 0,009.
L'aumento è dunque cosi tenue, che se lo ave.ssi riscontrato in
un solo gruppo non gli avrei dato nessun valore, ma e.'^so si pre-
senta in tutti e (quattro i gruppi e con ordine quasi simile a .piello
osservato ))er l'uum'mto di pe.so , tanto maggiore, d.^lle firtalU-
genitrici.
Possiamo quindi asserire che i figli degli esemplari sui .juali
si è agito dirottamento presentano dell- moditìcazioni del pe.so
32 del bozzolo pei figli di ossigenati, di 6 centesimi del
peso del bozzolo pei figli dei trattati con potassa, di 3 cente-
simi del peso del bozzolo pei figli dei trattati con s o d a, e di 4
centesimi del peso del bozzolo pei tìgli di trattati con solfato
ferroso. Nei genitori invece questo aumento di peso relativo
era stato nel 1912 di 5 centesimi del peso del bozzolo per gli os-
sigenati, di 14 centesimi del bozzolo pei cibati con aggiunta
di potassa, di 13 centesimi del peso del bozzolo per i cibati
con aggiunta di soda, e di 12 centesimi del peso del bozzolo pei
cibati con aggiunta di solfato ferroso.
Appare chiaramente dal confronto, che anche pel peso dell'in-
setto perfetto in rapporto a quello del suo bozzolo con crisalide
si osservano nei figli fenomeni analoghi a quelli causati dai fat-
tori direttamente agenti nei genitori, ma che essi sono sempre
molto. piùten LI i.
E cioè sempre evidentissima la tendenza al ritorno verso il
carattere medio dei normali figli di normali.
6 —Modificazioni ottenute nel numero e peso
delle uova prodotte.
Le uova deposte dalle femmine dopo l'accoppiamento, più
fjuelle estratte dal loro corpo dopo la deposizione, furono tenute
in ambiente secco a temperatura variante da 18 a 23 cgr. per un
mes-e ed allora vennero pesate, deposizione per deposizione.
Modificazioni riscontrate in esemplari di liDtnhyr mori ere :i27
Tabella VI -■ i*ri)d uz i o ne In^Mliil di nova ili una
di ci ascn n j^r u ppo
Normali
Derivanti dal gruppo ossigeno.
» » potassa .
> » soda . .
» » soli', terr.
Peso delle uova Numero delle
prodotte uova prodotte
gr. 0,280
» 0,348
» 0,820
« 0,358
» 0,298
400
498
461
496
403
PrHO medio
d' uti unvii
nigr. 0.70
. 0,70
» 0,709
. 0,72
» 0.7:18
Le medie qua sopra esposte derivano dal |)eso di venti depo-
sizioni per ogni gruppo.
Il peso medio di una deposizione degli esemplari figli di nor-
mali corrisponde quasi esattamente a quello osservato l'anno scorso
nelle deposizioni delle loro madri.
I dati qua sopra riportati fanno vedere che rispetto alla fe-
condità media di una 9 figlia di normali, quella delle 9 figlie
di genitori sui quali si agi coi quattro fattori è modificata, e che
la sua modificazione si dimostra con un aumento della produzione
delle uova. Questo fatto è messo in maggior evidenza nello specchietto
seguente dove il numero medio di uova deposte da una 9 in cia-
scun gruppo è reso relativo al numero di uova deposte da una 9
figlia di normali.
Tabella V 1 1 — R a p p o r t o fra il numero medio di uova
deposte da una 9 di ogni gruppoequello medi odi uova
deposte da una Q figlia di normali.
Normali ......
Derivanti dal gruppo ossigeno .
» » potassa .
» » soda .
» » solfato ferroso.
100
121.2
112.7
121
lUS
328 F. Cavazza
Dal confronto fra questi numeri appare dunque subito che le
9 figlie dei genitori sui quali si agi sperimentalmente sono sem-
pre più feconde dello 9 'figlie di normali ugualmente allevate. Se
si ordinano i gruppi secondo l'ordine decrescente del peso o del
numero medio di uova deposte da una 9 si avrà; 1.» ossigeno,
2.0 soda, 3.0 potassa, 4» solfato ferroso.
Negli esperimenti dell'estate 1912 le modificazioni prodotte nel
numero delle uova deposte, dai quattro fattori, (ossigeno, potassa,
soda, solfato ferroso) che direttamente avevano agito sulle larve,
furono sempre di aumentailo. Infatti ordinammo (5), i diversi gruppi
di genitori secondo il numero decrescente di uova deposte in cia-
scuno di essi ogni 100 uova depositate da una 9 normale, ed os-
servammo l'ordinamento seguente : l.'» ossigeno 192,9, 2.^ soda
151,3, 3.0 potassa 146,2 4.» solfato ferroso 115,7.
Ora confrontando alle modificazioni prodotte direttamente
dagli agenti nella fecondità dei genitori quelle ora osservate nella
fecondità dei figli normalmente cibati, vediamo che esse sone sem-
pre omologhe (aumento di fecondità) e che sebbene siano di grado
molto minore, pure si ordinano, secondo l'ampiezza della modifi-
cazione, proprio nello stesso modo di quelle prodotte nella fecon-
dità delle madri dai fattori direttamente agenti.
Questi fatti appaiono di gran valore giacché essi dimostrano
che non solo i carati eii somatici acquisiti dai genitori, sotto l'a-
zione dei succitati fattori, possono in certo grado essere trasmessi
ai figli sui quali nessuna azione anormale si esplica, ma che que-
sta ereditarietà si osserva anche nei caratteri intimi della f(^-
condità.
111. Conclusioni
Nella introduzione ho già accennato ad alcuni di quei pro-
blemi alla cui spiegazione potevano apportare un piccolo contri-
buto le osservazioni qua sopra esposte. Non ripeto pertanto , né
mi metto a discutere su conclusioni generali più o meno ipoteti-
che; espongo brevemente le sole conclusioni di fatto sicuramente
stabilite dalle numerose e minute osservazioni. Potrei fare, come
nella prima memoria, un riassunto dettagliato dei fatti osservati
in ciascuno stadio dello sviluppo e in ognuno dei caratteri stu-
diati, ma dato il non gran numero di essi fatti e la non troppo
Modificazioni riscontrate in esuniphiri di lìmnhijx mori, ecc. 3*3
lunga esposizione loro, stesa qua sopra, mi limito a riassumere
nella forma seguente i fatti d'importanza gon»n-ale :
1 . — T caratteri mollificati per mezzo dell'a-
zione diretta dell'agente esterno, .si trovano
pure diversi dal normale negli esemplari di se-
conda generazione sui quali il fattore non ha
agito.
2. — 1 n tutti i e a r a t t e r i d i; g 1 i e s e m p 1 a r i f i g I i
n o r m a 1 m e n t e a li e V a t i , si trova che l «^ modifi-
cazioni sono molto più tenui di quelle diret-
tamente provocate dall'agente esterno; vi è
cioè s e m oro una tendenza al i- i 1 o r n o verso il
carattere normale medio, e, il più dell i- volte,
tale tendenza appare relativamente tanto più
forte quanto maggiore era stato l'allontana-
mento dei genitori dal carattere normale.
3. — N e i figli normalmente allevati si osserva
pure una s})ecie di dissociazione (diversa da
caso a caso) dei caratteri che i genitori ave-
vano acquisiti per l'azione del fattore esterno;
cosi infatti mentre per tutti i caratteri soma-
tici e della fecondità, le modificazioni osser-
vate nei figli sono omologhe a quelle maggiori
prodotte nei genitori dall'azione del fattore
esterno, per la durata della vita larvale in-
vece si osserva in un caso (solfato ferroso) che
la modificazione è nei figli proprio opposta,
e per la durata della ninfosi si vede che le mo-
dificazioni dei figli sono sempre (nei nostri
casi) di senso inverso a quelle che avevano
presentato i genitori.
Ecco pertanto che tali osservazioni aggiuntesi a quelle dei
due precedenti lavori (4-5), rispondono a tutto quanto io mi ero
prefisso di ricercare, nella primavera 1912. cominciando le mie
esperienze.
Bologna, novembre l'Jl3.
330 F. Gavazza
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Ricevuto il 9 Gennaio l'J14. Finito di stampare il 19 Mnizo 1914.
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///. Taidinanb <• Fen-aH-Pm
. ì/r/ìAw Zoo/off/eo. lo/ 7
//;• IH
UAntonuccieU.Pierentoni dis.
Uli:,J„„m-,l.c/hr.,r,-I'm
^n},\ì. ^"•*' I IHHAHV
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