M^ ■-; M.^ .i^j *• ^.^W. w. XA .T77 Ser. 2 VqL. 6 1900 ATTI DELL ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA KEDAXTI DA GIOVANNI BRIOSI PnorEssoHE di Botìnica nell'Università e Direttobe della Stazione DI Botanica Crittogamica. II Seeie V"ol\anae Sesto Con 12 tavole litografate e nn ritratto. Seguito A.q\V Archivio Triennale del Laboratorio di Botanica Crittogamica. 'm^^^: MILANO TIPOGRAFIA BERNAKDONI DI C. EEBESCHINI E C. 1900. rugt^ìiii; Jel (;rauu iiiri:o (l'uccinia tiuiudii'). -- bulla ruggine dell ulictu rosso {J'cri- dermiiim ahieliniim). — Sull '^cr^i/iofitMm vitin, nuovo fungo llara^^ita dei vitigni — Snlla rntfifine dello malve. — Sullo A'clerolium (irnza. nuovo paniKsitA vegetale del riso. - SwW llclmiulhosporium Vida, parn«!)iCA delle foglie della vite — Esptrienze culla propagazione dei corpuscoli del Cornalia nel bnco da xeta. — .Sulla epifitia dille riti di Hocca de' Giorgi e »ul tjenliliinmo o itpicn faha del riso. — I fiinglii para^.^iti dei vitigni. — Sui niicrofiti che prodiK'ono nell(> piante la malattia del Nero, P'umago o Mnr/ett. — HMniiueìihinmentu del grano - .Sulln dominanti malattie dei vitigni. — ftudi sul Uffi' Nuove riccn-lic huI ki/o/o delle viti. I !"'■'■ 'Ì^kIì agrumi. Volume IV. Nutizit uKxcnM.i. — La nebbia degli ICsperidi. — Elenco dcUe alghe della pro- vincia di l'avia. — La l'i-ronospora viticola ed il Laboratorio Crittogamico. — Sulla comparsa del Miltìeir o falso Oidio degli americani. — Ancora sul Mildeic o falso Oidio delle viti. — Tentativi di cura sopra diverse varietìi di viti erotiche infette dalla peronospora. — La l'cronospora viticola nella provimia di l'avia. — Snlla Perotto- spora viticola. — Tavola dei risultati ottenuti dalla semina e coltivazione di 15 specie e varietà di viti asiatiche e americane. — L' invasione della J'eronospora viticola in Italia nell'anno 1880. — Sul modo di scoprire col microscopio le lalsiflcazioni delle farine. — La nebbia dei fiigiuoli. — Mezzi usati nel 1881 per salvare dalla Perononpora le viti dell'Orto Botanico. — Della Cangrena secca ed umida dei pomi ili terra. — Anatomia e morfologia della vite (Vitin vinifera). — L'epidemia della Perono.ora viticola nel 1881. — La vite ed i suoi nemici nel 1681. — Esame di farina adulterata. Volume V. Sul male del Caffè. — Muschi dell.ì provinciii di Pavia. Prima centuria. — Dei miceti trovati sul corpo umano. ATTI dkll' ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA ni:r)AT'ri da GiovAisrisri briosi Volume 1" con 0 tavole litografate IbSH. — Lire 20 2' „ 2U , , 1892. - . 40 li. Serie > 1 r -i' „ 2(, ,. 1894. - 40 4" „ 32 , „ 1897. - „ 45 5" , 15 , , 1898. - 35 «' , 12 , „ 1900. — . 35 Sono la continuazione àtWArchivio Triennale del Laboratorio di Botanica Crit- togamica. Presso la Direzione dell'Istituto Botanico di Pavia. .^^ '. 1 FUNGHI PARASSITI DKIiLK PIANTE COLTIVATE OD UTILI ESSICCATI, DELINEATI E DESCRITTI per G. BRIOSI e F. CAVARA Sono di già usciti 14 fascicoli Il prezzo per le poche copie complete ancora disponibili è di lire 9 al fasci- colo per l'interno e di lire IO per l'estero, in oro. I-ranco di porto. Per l'abbonamento rivolgersi al prof. O. 13r-ios»i, direttore delV Istituto rotanico di Pavia. ATTI DELL ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA EEDATTI DA GIOVANNI BRIOSI Professore di Botanica m:ll"Universit\ e Direttore della Stazione DI Botanica Crittogamica, II Serie Voliame Sesto Con 12 tavole litografate e un ritratto. Seguito à^W Archivio Triennale del Laboratorio di Botanica Crittogamica, fj MILANO TIPOGRAFIA BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C. 1900. mi ^>*f- j"'/cji^> tìi/itr/. /' ■:. f.!. y-inA.^'^t ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) Diretto da G. Briosi. G. OARDIàN fiusEPPE GiBELLi nacque nell'anno 1831 a Santa Cristina, ridente paesotto della pianura pavese. Nel 1854 ottenne a Pavia la laurea in medicina; nel 1861 la no- mina di assistente dell'orto botanico, e nel 1871 quella di aiuto nel Laboratorio di Botanica Crittogamica che allora si instituiva presso il nostro ateneo. A Pavia rimase sino al 1874, anno nel quale andò pro- fessore all'università di Modena, e poco di poi a quella di Bologna, indi all'ateneo di Torino ove morì nel settembre del 1898. È quindi giusto, anzi doveroso, che l'immagine sua orni uno dei nostri volumi, • come è cosa graditissima per chi scrive, poter rendere alla memoria dell'amico carissimo questo tenue omaggio. Non è qui il luogo per dire della vita e delle opere scientifiche del Gibelli, chi avesse vaghezza di saperne per esteso, può leggere la bellissima biografia che con vero intelletto d'amore ha dettato il Mattirolo. « Numerosi, svariati e di polso sono gli studi e le ricerche scienti- fiche che la Botanica a lui deve. Cito fra i tanti: il Compendio della Flora Itcdiana intrapreso insieme al Cesati ed al Passerini, lavoro in- gente clie per la morte degli altri due egli dovette continuare e ter- minare da. solo; le molte ricerche sui Trifogli italiani che diedero luogo a parecchie pubblicazioni, per le quali trovò uà collaboratore e conti- ' Dalla cortesia dell'illustre senatore prof. Paolo Mantegazza, che al Gibelli era cognato, ebbi la fotografia dalla quale fa riprodotto il bello e rassomigliaiitissimo ritratto che lo ritrae nel fiore degli anni e nel pieno vigore delle forze, e dalla gen- tile che gli fu sposa la firma autentica che vi è sotto riprodotta. - Oreste Mattirolo, Commemorazione di Giuseppe Gibelli, letta all'Accademia delle Scienze di Torino nella seduta del 12 marzo 1899. IV nuatore dotto e valente in un suo allievo, ora professore, nel Saverio Belli; studi inspirati ad alta critica, nei quali si tieu conto non solo dei caratteri esterni della forma, ma altresì di quelli che forniscono l'istio- logia, la biologia e la geografia, e che- insegnano come vanno ora trat- tati certi argomenti di sistematica. Ricordo infine che al Gibelli e non al B. Frank di Berlino, come va su pei Trattali, si deve la scoperta delle cosidette mi/corliize che for- mano la strana cuffia miceliale per mezzo della quale le radici di molte piante prive di peli radicali sottraggono al terreno e si appropriano le sostanze minerali di cui abbisognano. Il Frank non fece che esten- dere ad altre piante le ricerche che il Gibelli aveva fatte sulle radici delle cupulifere e con non lodevole disinvoltura sorvolò sulle scoperte anteriori del botanico italiano allo scopo evidente di attribuirsene il merito, come bene disse il Mattirolo e venne messo in rilievo dal Penzig. Giovanni Briosi. INDICE DEL PRESENTE VOLUME Parte I. Cenno biografico dì Giuseppe Gibelli Pag. iir Rassegna Crittogamica per l'anno 1898 (Briosi) n '^ Relazione generale sull'operosità della K. Stazione di Botanica Crittoga- mica di Pavia durante l'anno 1898 (Briosi) , xxxiv Rassegna Crittogamica per l'anno 1899 (Briosi) „ xxxvu Relazione generale al Ministero d'Agricoltura sull'operosità della R. Sta- zione di Botanica Crittogamica di Pavia durante l'anno 1899 (Briosi) „ i-viii P.4KrE II. Contribuzione allo studio del passaggio dalla radice al fusto — con 2 tavole litografate (Luigi Monteniartiui) Pag. 1 Intorno ai metodi di ricerca microchimica del fosforo nei tessuti vegetali — con una tavola colorata (Gino Pollacci) „ 15 Seconda contribuzione allo studio del passaggio dalla radice al fusto — con 4 tavole litografate (Luigi Monteiiiartini) „ 23 Intorno alla presenza dell'aldeide formica nei vegetali (Gino Pollacci) . „ 45 Ricerche sopra la struttura delle melanconiee ed i loro rapporti cogli ifomiceti e colle sferossidee — con 2 tavole litografate (Luigi Montemartini) , 49 Nuovi materiali per la micologia lombarda (Rodolfo Farneti) 95 Sull'embriogenià di alcune Solanacee — con 3 tavole litografate (da ap- punti lasciati dal dott. Filippo Tognini' „ 109 Aggiunte alla flora pavese e ricerche sulla sua origine (Rodolfo Farnetti) . „ 123 Il biossido di zolfo come mezzo conservatore di organi vegetali (Gino Pollacci) n 165 PARTE PRIMA RASSEGNE CRITTOGAMICHE E RELAZIONI DI ESPERIENZE PER COMBATTERE LE MALATTIE DELLE PIANTE. Rasseg-na crittogamica pei mesi di aprile, maggio e giugno 1898. ■(Relazione del direttore del R. Laboratorio di Botanica Crittoga- mica di Pavia, prof. Giovanni Briosi, al Ministero di Agricoltura.) Malattie della vite. Peronospora [Plasmopora viticola (Beik. et Curi.) Beri, e De Toni]. — Il buon andamento della stagione sul principio della primavera la- sciava sperare che in quest'anno piccoli sarebbero stati i danni causati da tale parassita, ma le pioggie e le nebbie quasi quotidiane del mese di giugno ne hanno favorito in modo straordinario la comparsa e la ditfusione. Le prime foglie di vite colpite dal male ci vennero il 4 di giugno da Monteleone (conte E. Bolognini); di poi ne furono mandate da molte altre località appartenenti a diverse regioni d'Italia. Così se ne ebbero da Casteggio, Bressana Bottarone, Pinerolo Po, Stradella, Broni, Canneto, Montubeccaria, S. Colombano, Miradolo, ecc. e di fuori la provincia, da Alessandria (D.'' M. Savio), da Milano (Corriere del Villaggio), da Parma (Cattedra ambulante di agricoltura e Consorzio agrario cooperativo Parmense), da Brindisi (cav. Montagna), da Castel- buono di Sicilia (D.' Mina Palumbo), ecc. In questi ultimi giorni la peronospora ha attaccato i vigneti dei colli dell'Olire Po e di San Colombano in modo così insidioso che quei viticultori non trovano il tempo ed il mezzo di difenderli coi rimedi, che le pioggie lavano via appena applicati. Alcuni proprietari hanno di già dato persino 4 e 5 irrorazioni, senza riuscire a mantenere in- columi i vigneti, specialmente nella pianura. Oltre alle foglie, anche i grappoli sono in quest' anno fortemente attaccati. Ne abbiamo avuto da diversi orti di Pavia, da Alessandria, da Parma, da Milano e da varie località dell'Oltre Po. E non solo gli acini ma spesso anche le racliidi sono invasi, e si hanno le dne forme nl/es/ìiimcnto e itegione, il primo ancor più ilanuoso del secondo, onde la necessità di aspergere con molta cura i grappoletti sino dai primi trattamenti. In alcuni casi (Pavia, Alessandria) la peronospora si mo- strava sugli acini anche nella forma conidica, ricoprendoli con fitta e bianca efflorescenza di ife fruttif^ire. Aìitracnosi {Gloeospovium ampelophagum Sacc). — Su foglie e tralci di vite da Monteleone, ove ha invaso un intero vigneto di uve bianche (conte E. Bolognini). Crittogama {Oidiiim Ttickeri Berk.ì. — Sopra grappoli da Pavia (Brugnatelli) e da San Colombano. Mal nero. — Ce ne pervennero campioni da Forlì (prof. Pasqualini, direttore della Stazione agraria sperimentale), e da Cuneo (Ufficio agrario provinciale). In quest' ultima località sono attaccati diversi vigneti. Mdhitlin non ancora ben studiata. — Dall'Italia centrale pervennero al nostro laboratorio tralci di viti affetti da una malattia che si pre- senta con caratteri insoliti, speciali e nuovi. Essa forma delle pustole sui germogli e sui tralci ancor verdi e attacca anche i cirri, i peduncoli dei grappoli ed i picciuoli fogliari. Per l' aspetto e pel modo di manifestarsi rammenta 1' anfracnosi colla quale ha molta analogia. Le pustole coU'allargarsi confluiscono fra loro e determinano lividure, necrosi che distruggono i tessuti su larghe chiazze e producono l'avvizzimento prima, poi la morte degli organi attaccati. T)a.]V antracnosi si distingue a prima vista poiché tutte le pustole, fino dal loro inizio, sono completamente ricoperte d'un feltro bianco e fioccoso, costituito dall'intreccio di numerosissime ife di un fungo che sembra la causa della malattia. Queste ife sono lunghissime, esili, dello spessore di 4 a -ó millesimi di millimetro, ialine, a contenuto granuloso, non settate, ramosissime e nodulose. Da uno stroma bruniccio, a su- perficie convessa, sorgono i basidi, numerosissimi, stipati, che terminano in conidi clavati, unicellulavi, o più frequentemente, pluricellulari, a segmenti alcune volte sferoidali e concatenati, altre volte col superiore .soltanto emisferico e sempie più grande degli altri. Il loro contenuto è granuloso e leggermente bruniccio o subjalino. Le dimensioni delle spore variano da 4 a 5 ,a di larghezza per 10-23 di lunghezza. Non si è riusciti però a determinare con precisione il fungo non avendosi potuto avere nuovo materiale, e stante il suo polimorfismo. Nell'anno venturo se il male si riaffaccia, speriamo di potere completare le ricerche. Fitoptosi {Phytoptus vitis Dujard.). — Ne pervennero esemplari da diversi orti di Pavia (C. Quaironi, avv. Griziotti, collegio Ghislieri, ecc.), — XI da Canneto Pavese (G. Zucchini), da Miradolo e da Monteleone (conte E. Bolognini). In quest'ultima località e in altre aveva preso forte dif- fusione tantoché quasi tutte le foglie di molte viti ne erano deformate. Su foglie provenienti da Albaredo Arnaboldi (Morelli) il Phijtoptus aveva attaccato anche la pagina superiore ove però non produceva le solite gallozzole, ma si manifestava semplicemente con efflorescenze di peli lungo le nervature Colatura. — Ha fatto molti danui in quest' anno causa la stagione fredda e piovosa. A noi furono mandati grappoli da Monteleone (conte E. Bolognini), Pavia (D. Anelli), Alessandria (dott. Savio), ecc. In que- st'ultima località la colatura era stata favoiita anche da indebolimento de' tralci in seguito a forte attacco di peronospora. Arrossamento. — In foglie pervenuteci da Piacenza (F. Zago, dirett. Cattedra ambulante di agricoltura). Non si trovò alcun parassita e lo si attribuì al freddo (fine di apiile). Persa o colpo di sole. — Su foglie provenienti da Pai-ma (Cattedra ambulante di agricoltura^ da Pinerolo di Piemonte (Comizio agrario), e da Castelbnono di Sicilia (D. Mina Palumbo). Schiacciamento de' tralci. — Dal direttore della cattedra ambulante d'agricoltura di Parma ci vennero mandati sulla fine di maggio dei tralci di vite cogli internodì compressi o schiacciati. Essi mostravano tutte le alterazioni da noi riscontrate nella primavera del 1896 e de- scritte nella rassegna di quell' anno {Bollettino di notizie agrarie 1896) per tralci provenienti da una località del Vogherese. Anche in que- st' anno non si riscontrarono parassiti di sorta onde è a ritenersi che la malattia sia proprio dovuta a disturbi interni provocati da condizioni avverse di vegetazione. Bruciature. — Dovute all'applicazione dei rimedi cuprici si riscon- trarono in campioni mandati da Milano (G. Marchese) e da Casteggio. Tigniìola. — La prima generazione di questo microlepidottero che ogni anno diventa più dannoso, ha già fatto la sua comparsa e coi suoi aggrovigliamenti ha causato 1' abortimento di molti acini. Ce ne venne segnalata la presenza a Casteggio, Canneto, Cicognola, Montescano, Montubeccaria, Monteleone, San Colombano, ecc. Quest' anno il Laboratorio ha iniziato, contro questo parassita, delle esperienze con insetticidi e dei risultati di queste sarà detto a suo tempo. Insetti indeterminabili. — Su tralci di vite spediti dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Parma. XII — Mi il ai He dei cereali. L'ugr/iiie {Puccinia sp ). — Ciimitioiii di frumento attaccali da questa malattia, quasi tutti però debolmente e nella sola forma uredosporica, ci vennero mandati da Trovamala, presso Pavia, dal Friuli (Associa- zione agraria friulana), da ^Villano (Corriere dd Villaggio), da Pesaro (professore (brilli, direttore di qnella Scuola pratica di agricoltura), da San Remo (N. Panizzi) e da Brindisi (cav. Montagna). Nella nostra provincia, contrariamente a quanto si è verificato r anno scorso, in questo anno il fiumento fu in complesso poco dan- neggiato da tale fungo, il quale solo in alcune località lo attaccò e assai tardi, cioè quando le spighe erano quasi mature. Il contrario avvenne invece per la segale e 1' avena, che ne furono infeste molto jtresto, sin dalla fioritura e prima. Cami)i completamente invasi dalla ruggine si vedevano di frequente in quasi tutti i comuni: Fossarmato, Belgioioso, Miradolo, San Martino, Bressana, Casatisma, ecc. Degno di nota si è che a fianco di campi di segale e di avena infestati dalla ruggine si trovavano campi di frumento immuni, anzi in alcuni luoghi vedevansi appezzamenti di uno stesso campo a j)erfetto contatto coltivati gli uni a frumento gli altri a segale, ove nelle parti confinanti i due cereali erano cresciuti mescolati fra loro per irrego- larità di seminagione, e ove tutte le piante della segale erano attaccate dalla piiccinia, mentre quelle del frumento ne erano perfettamente im- muni. Né a spiegare questa differenza potevasi pensare a maggior vigore di vegetazione del frumento, che lo rendesse più diftìcilmente attaccabile dal parassita, perchè anzi il frumento si trovava in condizioni poco floride giacché come saia detto piìi avanti, quasi dappertutto era at- taccato dalla Septoria Tritici Desm. Questi fatti abbastanza notevoli vengono, sembra a noi, in appoggio della idea recentemente comunicata dall'Erikssnn, di una specializzazione ed adattazione di diverse forme della stessa specie di Paccinia ai diversi vegetali in cui vivono. Secondo l'Eriksson, la vecchia specie Puccinia gra- minis Pers. devesi scindere in due specie morfologicamente distinte, la P. gramiìiis propriamente detta e la P. Phlei pratensis Er. et Hen. La prima di queste alla sua volta comprende diverse forme specializzate, che potrebbonsi forse chiamare specie biologiche, perfettamente identiche tra loro pei carat- teri morfologici, ma distinte perchè adattate a vivere esclusivamente: la forma Secalis sulla segale, sull'orzo, e su alcune graminacee selvatiche; la forma Avenae sull'avena, e su alcune graminacee selvatiche; — XIII — la forma Tritici sul frumento ; la forma Agrostis fiwW Ayrostis sp. ; la forma Poae sulle diverse Poct. E altrettanto sarebbe per la vecchia specie Puccinia Rnbigo-vera D. C, la quale comprenderebbe diverse forme specializzate o biologiche. Se questo è vero, i fatti da noi in quest'anno osservati trovano una plau- sibile spiegazione poiché vorrebbe dire che mentre l' anno scorso si sono sviluppate le due forme speciali del frumento e della segale, in questo la forma del frumento non ha potuto pigliar piede. Quali possono essere le cause del mancato sviluppo della Puccinia del frumento? Forse l'anticipata seminagione? Forse l'inverno più fa- vorevole alla vegetazione del frumento che a quella della segale e dell'avena? 0, meglio, scelta di semente immune? Noi non potremmo dirlo. È bene ricordare però, per norma degli agricoltori, che secondo l'Eriksson la propagazione della ruggine da un campo all'altro è meno temibile di quanto si potrebbe credere, e che di solito le infezioni dal- l'esterno sono poco frequenti. La malattia sarebbe per lo piìi causata da infezione interna, esistente cioè nei semi stessi, e le condizioni esterne non farebbero che favorirne lo sviluppo. Si deduce da ciò l'im- portanza, da noi messa in rilievo anche l' anno scorso, della grande cura che si deve avere nella scelta della semente, togliendola dalle spighe perfettamente immuni, e della grande importanza che si deve annettere alla produzione di varietà resistenti a tale parassita. Ophiobolus graminis Sacc. — Culmi di frumento attaccati da questo parassita ci furono mandati in due riprese dalla cattedra ambulante di Parma. Carbone [Ustilago segetum (Bull.) Dittm]. — Su frumento a Proni e Cava Carbonara, e su avena a Robecco Pavese. Septoria gramiimm Desm. — Su foglie di frumento a Piacenza (Cattedra ambulante d'agricoltura), a Parma (idem), a Cava Carbonara, a Voghera (direttore della Scuola d'agricoltura), a Buttrio di Udine (G. Tomasoni). Septoria Tritici Desm. — Quest'anno lia attaccato le foglie di fru- mento con non piccolo danno in quasi tutti i campi dei comuni vicini a Pavia: Cava Manara, S. Leonardo, Albaredo Arnaboldi, Belgioioso, ecc. Ce ne pervennero esemplari pure da Montubeccaria (Montemartini) e da Milano (G. Marchese). Septoria glumarum Pass. — Sopra spighe di frumento a Buttrio di Udine (G. Tomasoni). Pkoma lophiostomoides Sacc. — Sopra fusto di frumento a Trova- mala vicino a Pavia. Sclerozio indeterminato. — Idem. — XIV — Fusariitm roseum Liulc. — Formava pustole abbastanza grosse sui rachidi e sulle glume ia spighe di frumento pervenuteci da Buttrio di Udine (G. Tomasoni). ìiitristimenlo del frumento. — In diverse località, specialmente di primavera, quest'anno il frumento ebbe a subire danni non lievi per il ristagno delle acque in seguito alle continue pioggie. Campioni di frumento intristito per tali cause ci pervennero dal Friuli (Associazione agraria friulana), da Parma (prof. Bizzozzero, direttore della Cattedra ambulante d'agricoltura), da Piacenza (Cattedra ambulante d'agricoltura), da Pesaro (A. Grilli, direttore di quella R. Scuola pratica d'agricoltnraj, da Buttrio di Udine (G. Tomasoni) ; e abbiamo avuto occasione di raccoglierne nui pure nella nostra provincia a Albaredo Ainaboldi ed in molti altri comuni della valle del Po. Benché in parecchi di questi campioni si osservassero dei leggeri attacchi d' insetti, di ruggine, di Sepioìia, 0 di altri micromiceti, non si poteva esitare nell' attribuire l'intristimento princijìalmente alle condizioni sfavorevoli di vegetazione in cui si trovavano le piante. AnyuiUule. — Sopra culmi di frumento (alla base delle spighe) a Pesaro (R. Scuola pratica di Agricoltura). Malattie delle piante da frutto. Pseudocommis Vitis Debray. e Cercospora cerasella Sacc. — Da Meaux (Francia) il sig. P. Dumée ci ha inviato delle foglie di ciliegio che, oltre alle macchie caratteristiche ed alle fruttificazioni della Cer- cospora '•.erasella Sacc, portavano delle cliiazze ros.«astre che lo speditore scriveva essere prodotte dallo l'seudocommis l'iti.f Debraj'. Secondo re- centi studi del Roze (Veggasi Bull. d. l. Soc. Myc. de France, 1897) infatti, questo raisomicete oltre che sulla vite può venire su molte piante, producendo alterazioni analoghe a quelle della nota brunissure della vite. Nelle foglie mandateci rinvenimmo noi pure, dopo trattamento con acqua di .Tavelle, delle masse che ricordano la struttura dei plasmodii, ma ci riserbiamo di fare studi più accurati in proposito se altro ma- teriale ci vena inviato. Tubercolosi dell'olivo [Bacillus Oleae (Arcangeli) Trevis.]. — Su ra- moscelli d'olivo mandali da Brindisi (cav. Montagna) e dalla villa Maresi in Tremezzina, sul lago di Como (G. Bianchi). Bolla del Fesco [Exoascus deformane (Berk.) Fuck.]. — Ce ne vennero mandati campioni da diversi orti di Pavia, da Montubeccaria — XV — (Montemartini), da Canneto Pavese (G. Zucchini), da Albaredo Arna- boldi (Morelli) e da Como. Bolla del Mandorlo [Exoasciis defonnans (Berk.) FuckJ. — Da Milano (Corriere del Villaggio). Ruggine dell'Olivo {Cijcloconium oleaginum Cast.). — Si rinvenne sopra foglie di olivo mandate in più riprese da Brindisi (cav. Montagna) e da Milano (G. Marchese). Fimaggìne deW Olivo (Aniennaria Elaeopliila Mont.). — Da Brindisi (cav. Montagna) e da Chieti, ove, a qnanto ne scrisse il direttore di quella Scuola pratica di agricoltura, si è estesa in modo minaccioso. Eamularia Tuhisnci Siicc. — Sopra foglie di fragole Ananas^ in orti di Pavia. Clasterosporium anvjgdulearum (Pass.) Sacc. — Sopra foglie di ci- liegio, a Piacenza (F. Zago, direttore della Ccittedra ambulante di agri- coltura) e su foglie di ciliegio, di mandorlo e di pruno a Canneto Pavese (G. Zucchini), ove ha distrutto quasi tutte le foglie di diverse piante di un frutteto. Helminthospormm carpophilum Lèv. — Alcune piante di peschi in un frutteto del signor Zucchini a Canneto Pavese, dopo avere perso tutte le foglie, mostrarono sui rami molto giovani delle cicatrici più o meno grosse, simili a quelle prodotte dalla gommosi, e delle macchiette ne- rastre più piccole, in corrispondenza alle quali l'epidermide qua e là si mostrava screpolata, prodotte da un ifomicete che, e per i suoi ca- ratteri e per le alterazioni causate, si potè identificare coli' Hehnintlio- sporium carpophilum Lèv., che finora si era rinvenuto solo sui frutti. Se la morte dei rami fosse dovuta più alla gommosi che a questo ifo- micete, non è facile decidere, certo è che le chiazze nerastre su cui esso si sviluppa e gli ammortizzamenti locali che loro corrispondono sono ad esso dovuti, onde non si può mettere in dubbio che riesca esso pure dannoso. Cercospora cerasella Sacc. — Su foglie di ciliegio, a Montubeccaria. Fusicladium Cerasi (Rabenh.) Sacc. — Sopra foglie di ciliegio, a Parma (Cattedra ambulante d'agricoltura). Fusicladium dendriticum (Wall.) Fuck. — A Piacenza (Cattedra ambulante di agricoltura), sopra foglie di melo, che però erano lan- guenti per altre cause. Fusicladium pirinum (Lib.) Fuck. — Sui peri, a Casteggio (inge- gnere Vaudoui). Cladosporium hcrbarum (Pers.) Linck. — Sopra mallo di mandorli, a Brindisi (cav. Montagna). Pìwma sp. — Sopra frutti di olivo a Brindisi (cav. Montagna). — XVI — Septoria ìimomtm Pass. — In frutti (li limone, da Milano (Corriere del Villaggio). Septoria piricola Desm. — Su fojjlie di pero a .Alonteleone (conte Bolognini) e a Brindisi (cav. JFontagna). Phi/lloslica prunicola (Opiz. ?) Sacc. — Su Albicocchi in orti di Pavia. Cocciniglie. — Sull'olivo a Castell)uono di Sicilia (dott. Mina Palnmbo). Scliizonenra lanigera. — Ha deformato quasi tutti i rami di molti meli a Canneto Pavese (G. Zucchini) e Monteleone (conte Bolognini). Fitoptosi del pero. — In orti di Pavia. Antìiononms Piri Koll. — Ha arrecato gravi danni a piante di peri in un frutteto di Buttrio di Urtine (G. Tomasoni). Ileterodera radicicola. — Sopra radici di nocciuolo, ail Avellino. Dobbiamo alla gentilezza del presid(^nte di quel Comizio agrario, l'invio di parecchie radici di queste piante attaccate dalle anguillule, che da parecchi anni infestano quei corileti. Insetti indeterminati. — In foglie di nocciuolo, a Vallerona presso lloma (prof. Chiricozzi). Gelo. — Su rami di fico mandati da Zinasco (Rovida A). Mcdattie degli ortaggi. Peronospora delle paiate. [Phytophtora infestans (Mont. ) De Bary]. — Come era da aspettarsi con un tempo piovoso e caldo così prolungato, anche le patate ebbero a soffrire non poco degli attacchi delia perono- spora. Ne furono moltissimo danneggiate delle piantagioni intiere a Genzone, Casteggio, San Leonardo, ed in altri comuni della provincia. Ce ne pervennero anciie campioni da Milano (Corriere del Villaggio). Bremia Lactncae Regel. — Ha danneggiato una coltivazione di carciofi, ad Albaredo Arnaboldi presso Pavia (Morelli). Cgstopus candidns (Pers.) Lèv. — Sopra foglie di cavoli in orti di Pavia. Uroniyces Fahae (Pers.) De Bary. — Su fusti di Fave a Udine (Associazione agraria Friulana) e sopra foglie pure di fave a Brindisi (cav. Montagna), a San Quirico d'Orcia (E. Paci), a Genzone presso Pavia ed a Portalbera. Colletotricum Lindemiithianum (Sacc. et Magnus) Br. et Cav. — Sopra giovani steli di fagiuoli in orti di Pavia. Cercospora zonata Wint. — Diversi campioni di foglie di fave at- taccati da questo ifomicete ci vennero inviati dal signor F Zago, di- rettore della cattedra ambulante di agricoltura di Piacenza, e dal signor E. Paci dai comuni di San Quirico d'Orcia e Montalcino. — XVII — Oidunii eri/sipìioides Fries. — Sopra piselli, a Canneto Pavese e a Cicognola. Ramiilariu Cijnarae Sacc. — Su foglie di carciofo, a Brindisi (cav. Montagna). Cladosporium hcrharum (Pers.) Linck. — Sopra baccelli di fava (Idem). Macrosporium gp. — Su baccelli di fava, a Udine (Assoc. agraria Friulana). Septon'a Petrose/ini Desni. — Su prezzemolo, in orti di Tremezzina sul lago di Como (G. Bianchi). Ascocliyta Pisi Lib. — Su baccelli di piselli venduti sulla piazza di Pavia. Sclerotiìiia Fuckeliana De Bary. — Sopra ravettone, a Brembio di Milano (E. Fermenti). 2Jcdalfie delle piante da foraggio. Pseudopeziza Trifolii (Bern.) Fuck. — In trifogliai vicino ad Al- baredo Arnaboldi (Pavia). Ideiìì. — ■ Sopra erba medica, a Cava Manara. Epichloe ti/plnita (Pers.) Tal. — Su Poa trivialis, in orti di Pavia. Septoria Bromi Sacc. — Sopra foglie di Bronius sp , a S. Leonardo. Cuscuta. — In diversi trifogliai lungo la strada provinciale di Casteggio. Intristimento del trifoglio, in seguito a sovercliia umidità del suolo, a Piacenza (F. Zago). Malattie delle (liante ornamentali. Phragmidiiim subcorticiuin (Scbrank.) Wint. — Sopra foglie di rosa a Brindisi (cav. Montagna) e a Casteggio (ing. Vandoni). Puecinia malcacearum Mont. — Su foglie e fusti di Altee coltivate in giardini di Pavia (F'arneti, Griziotti, Collegio G-hislieri) e da Casteggio (ing. Vandoni). Puecinia Violae (Schum.) I). C. — Su foglie di viole coltivate in giaidini della città (avv. Griziotti). Vronujces canjophijlliHHS (Schranck.) Sclirot. e Ascoclvjta Dianthi (A. S.) Berck. — Foglie di garofani attaccate contemporaneamente da questi due micromiceti, furono inviate due volte da Genova dal si- gnor Teppati L., direttore di quella scuola magistrale. Un' intiera piantagione di garofani ne era stata gravemente danneggiata. Eri/sìphe conimunis (Walliir ) Fr. — Sopra Delphinium coltivati nell'Orto botanico a Pavia. Cercospora neriella Sacc. — Sopra foglie di leandri a Pavia. Clasterosporium sp. — Su foglie di Pelargonium macranthum nei E. giardini di Monza (A. Scalarandi). Alti (ìdl'Isl. Bot. dell' Unii-ersittt di Pavia — Serie II — Voi. VI. II XVIII Bamiilin-in Pr/mtihir Tliiini. — Su foglie di iniiimle, in giardini di Pavia (r>el Maino). Phylhsticta Ucderae Sacc. et Roum. — Sopra foglie di edera alla villa della Tremezzina sul lago di Como (fi. Biancliil e a Roma. r/it/lloslicta dirlamiim Brnn. — Su ciclamini, a i'.iindisi (cava- liere Montagna). PhyUosfida Mar/noliae Sacc. — Su foglie di magnolia, a Verona (Assoc. agraria dell'Alto Veronese). DeiKlrophoma Convallariae Cav. — Sopra convallaria, in giardini di Pavia. Septoria Cln-ijmnthemi Cav. — Sopra foglie di cri.santemi coltivati nei R. giardini di Monza (A. Scalaraudis). Septoria curvata (Tab. et Br.) Sacc. — Sopra foglie di Robinia, a San Giuseppe presso Pavia (M. Turconi). Conioihijì-inm concentncum (Desm.) Sacc. — Sopra foglie di Yucca nell'Orto botanico ed in diversi giardini di Pavia (R. Farneti, avvo- cato Griziotti). Coiiiot/n/rium concentncum v. Agaves. — Su Acjave americana, villa della Tremezzina (G. Bianchi). Vermicularia trichella Fr. — Sull'edera, villa della Tremezzina al lago di Como (G. Bianchi). Diplodia Passeriìiiana Thiim. — Sopra Chamaerops, id. Marsonia Rosae (Bon.) Br. et Cav. — Su foglie di rosa, in giardini di Pavia. Insetti indeterminati. — Sopra teneri getti di garofani coltivati nei giardini reali di Monza (A. Scalarandi) e sopra foglie di Myrtus, a Caserta. Cocciài. — Su foglie di leandri, a Stradella ed a Pavia (C. Bonifacio). Malattie delle piante forestali- Coleosporium Senecionis (Pers.) Fr. — La forma picuidica di questa uredinea ha attaccato fin dal gennaio parecchie piante di pino ma- rittimo, negli imboschimenti di Vado presso Savona. Diversi campioni di foglie ammalate ci vennero mandate dal dott. Rossi, ispettore forestale a Genova. Fumacj(jine e seccume. — In foglie di lì/iamnus, a Brindisi (cava- liere Montagna). Cercospora. molleriana Wint. — Sopra foglie di Arbutus IJnedo (id.). Coniot/iecium phijUophilum Desm. — Su foglie di quercia, sul Monte Cesarino presso Casteggio. — XIX Leptothyriiim macroihecium Fiick. — Sopra foglie di Quercus Ilex, ville della Tremezzina sul lago di Como (G. Bianchi). Conjneum microsficium B. et Br. p' laurinum. — Sopra foglie di corbezzolo, a Brindisi (cav. Montagna). Erinosi. — Su foglie di frassino, a Castelbuono di Sicilia (dot- tore Mina Palumbo). Melata. — ■ Id. id. Malattie delle piante industriali. Exoasciis piirpurescens (Eobnis.) Sacc. — Sopra foglie di sommacco, a Castelbuono di Sicilia (dott. Mina Palumbo). Septoijloeum Mori (Lèv.) Br. et Cav. — Sopra foglie di gelsi tenuti a siepe, a Belgioioso, a Casteggio e ad Albaredo Arnaboldi. Avvizzimento dei germogli di gelso. — Questa strana malattia del gelso, sulla quale il nostro Laboratorio ebbe già a richiamare l'atten- zione degli agricoltori, fin dal 1892 e più tardi ancora nel 1894, in questo anno si è sviluppata con forte intensità in moltissime località della provincia arrecando danni rilevanti. Essa si manifesta sempre coU'accartocciamento delle foglie dei giovani germogli e coli'avvizzimento di questi, che secchi rimangono attaccati al ramo che li ha prodotti, sotto ai quali trovansi centri speciali di necrotizzazione dei tessuti. Non abbiamo potuto rinvenire nemmeno in questo anno, parassiti vegetali 0 animali, onde ci confermammo sempre più nell'idea, già altra volta espressa, che la malattia sia l'effetto di speciali e sfavorevoli condizioni climatologiche. Essa infierisce con maggiore intensità sui gelsi tenuti bassi ad uso siepe. Ne ebbimo esemplari dai comuni di Belgioioso, Mira- dolo, Corteolona, Monteleone, San Leonardo, Albaredo Arnaboldi e Pavia. Necrosi del gelso. — Su rametti di gelso inviatici da Udine dal sig. prof. Bonomi, preside di quel R. Istituto tecnico. Intrisfimenfo della canapa. — Da Selva Malvezzi, presso Bologna, ci furono mandate, a mezzo deWItalia Agricola, piantine di canapa che mostravano una fioritura precoce e che rimanevano intristite, forse in seguito a condizioni avverse di vegetazione. Malattie di piante diverse. Cystopiis candidus (Pers.) Lèv. — Su foglie e fusti di Capsella bursa- pastoris, neir Orto botanico di Pavia. Ustilago hypodites (Schlencht.) Fr. — Sopra Phragmites communis, a San Pietro in Verzuolo presso Pavia. — XX — Piicciìiia ma/raceannn Mont. — Su foglie di malva, a Montubeccaria (Fiocchi) e in orti di Pavia. Puccinia liliaceanim Duby. — Su foglie di Ornithogalnm, a Montu- beccaria. Gijmnosporangium clavariaefonne (Jacq.) Rees. — Su frutti di Cra- taegus Oxyacantha, a Casteggio, Broni, Albaredo Arnaboldi e Montu- beccaria. Melampsora eìioscopiae (Pers.) Cast. — Sopra Euphorbia helioscopia, in vigneti a Broni. Oidiiim ìeoìicoconiitìii Desni. — Su foglie di Crataegus Oxyacantha^ ad Albaredo Arnaboldi. Pleospora herbarum (Pers.) Rabenli. — Su foglie di lauro, a Brindisi (cav. Montagna). Hclmintho.^porium Lunarhie PoUacci. — Su foglie di Luìiaria, a Tremezzo sul lago di Como (G. Bianchi). Bamularia pratensis Sacc. — Su foglie di Eumex. a Belgioioso. Bamiilaria sp. — Su foglie di Ancliiisa officinalis, a San Leonardo- presso Pavia. Phoma anthracina Speg. — Su fusto di Erylhrina, Orto botanico di Pavia. Phoma lùppoglossi (Mont.) Sacc. — Sopra Riiscus aculeatus, al Monte Cesarino sopra Casteggio. Septoria Dictami Fuck. — Su foglie di Didainus, a Casteggio. Septoria Ficariae Desni. — Su foglie di Jiaiuincnlus ficaria, a Mon- tubeccaria. Gloeosporium cronatum Sacc. — Sopra Euphorbia sp., nelle serre dell' Orto botanico. Phyllosiplion Arisari Kuhn, (alga parassita) — Sopra Anim sp., da Brindisi (cavaliere Montagna). Hyponomeuta padella L. (lepidottero) — Su biancospino, a Monte- leone (conte Bolognini). Fasciazione. — In Spartium junceum, a Pavia (prof. De Carlini). Ricerche ed informazioni varie. Esame di una farina di frumento in cui si sospettava granoturco. Esame di un campione di trifoglio guasto, inviato dall'Associazione agraria Friulana (Udine). Determinazione di un centinaio di fanerogame, di 15 muschi e di licheni mandati dal prof. Arzani, direttore del Collegio-convitto di Moncalvo (Piemonte). — xxr — Informazioni suU' uso di alcuni insetticidi contro la Cochylis, al signor Locatelli di Stradella, ed altri. Esame di un campione di bozzoli infetti ed arrossati dal Micrococcus .prodì'giosus, mandati dall' avv. G. Carretto, pretore a Cavour. Venne consigliato la distruzione dei bozzoli infetti e la disinfezione dei locali dove erano conservati. Eassegna crittog-amica pei mesi di luglio, agosto, settembre otto- bre, novembre 1898. (Relazione del Direttore del R. Laboratorio di botanica crittogamica di Pavia, prof. Giovanni Briosi al Mi- nistero di Agricoltura.) Malattie della vite. Peronospora [Plasmopova viticola (Berck. et Curt.) Berlese e De Toni]. • — I forti attacchi di peronospora che si ebbero nella primavera (veg- gasi la rassegna precedente) continuarono per tutta l'estate e con mag- giore intensità, favoriti da frequenti pioggie. In certe regioni fu tale lo sviluppo del male, specialmente sui grappoli (^negrone, aUessamento dei peduncoli, peronospora larvala), che i viticultori affermavano di non aver mai visto qualcosa di simile e sospettarono di una malattia nuova. Infatti da enti morali e da privati fu ripetutamente richiamata l'attenzione del nostro Laboratorio sullo straordinario intristire delle viti ; e sulle cause di tale fenomeno ne richiedevano da Griante sul lago di Como (G. Bian- chi), da diverse località della Valtellina (Comizio agrario e L. Piccioli), da Macerata (R. scuola pratica d'agricoltura), da Brindisi (cav. Mon- tagna», da Chiavenna (M. Gai), da Lenno in provincia di Como (prof. Alpe) e da Cremona (avv. Guarneri). Fatti analoghi si osservarono nei dintorni di Firenze, ed a Sordevole, a Graglia, a Muzzano, a Biella, ad Occhieppo, ecc. In diverse di queste località il raccolto rimase quasi dimezzato ed in alcune anzi pressoché distrutto. Pur troppo una parte dei danni devesi attribuire ad imperizia od a mancanza di avvedutezza nei viticoltori. In qualche luogo infatti si crede di potere, nei momenti nei quali la mano d'opera è scarsa e costosa, lesinare colle irrorazioni o dare la preferenza ad altri lavori ■che falsamente ritengonsi più urgenti, non riflettendo che talvolta (quando le condizioni esterne si fanno favorevoli allo sviluppo del parassita) — XXII — basta ritardare di sole 24 o 48 ore l'applicazione dei rimedii per avere invaso dalla peronospora l'intero vigneto. Anche nel modo di preparare la poltiglia bordolese non si usano sempre le precauzioni necessarie : si aggiunge la calce alla soluzione del solfato di rame spesso ad occhio, e sovente in troppo forte quantità, superiore persino a quella del sale di rame, cosi l'efficacia del rimedio viene in tutto od in gran parte neutralizzata. La nostra provincia ebbe pure danni non lievi, quantunque in pro- porzione minore di quanto venne lamentato in altri luoghi, e ciò in grazia dell'essere qua le buone pratiche largamente diffuse. Ci inviarono campioni di foglie e grappoli d'uva peionosporati da diversi orti di Pavia (Silvano e P. Astori), e altresì da Monteleone (conte Bolognini), da Casteggio (ing. Vandoni), da Montubeccaria, ecc. Anfraoiosi (Gloeosporium ampelophar/iim Sacc). — Da Messina il signor A. Fumia inviò tre tralci ricoperti da larghe pustole cancrenose che li avevano quasi completamente deformati, onde il raccolto era pressoché perduto. Foglie, tralci e grappoli di viti colpiti dallo stesso male furono mandati da Monteleone (conte Bolognini), da Casteggio (C. Valsecchi), da Groppello C'airoli (G-. Calvi), e da Cuneo (prof. Forti, direttore dell'ufficio agrario). In quest'ultima località le vili attaccate dal Gloeosporium erano anche sofferentissime per Mainerò. Si consigliarono, come si è sempre usato, le solforazioni con solfo misto a calce e per l'inverno abbondante potatura e le pennellature dei tralci con soluzioni sature di solfato di ferro. Crittogama {Oidlum Tiickeri Berk.). — Ce ne vennero mandati cam- pioni da Milano (G. Marchese), e fu da noi riscontrata in diverse loca- lità della provincia: Monteleone, Miradolo, Montubeccaria, Stradella, Canneto, ecc. Si ha torto, ripetiamolo ancora una volta, di trascurare le solforazioni, perchè erroneamente si crede che i trattamenti coi sali di rame siano efficaci contro la crittogama. Aureobasidium vitis Vialà et Boyer. — Riscontrammo questo mi- cromicete su grappoli d'uva provenienti da Sondrio (Comizio agrario), i quali erano fortemente attaccati anche dalia peronospora. Questo fatto appoggierebbe l'opinione che V Aureobasidium non sia un vero parassita, ma si sviluppi solo sopra organi già sofferenti per altre cause. Cladosporiiim Boesleri Cattaneo. — Sopra foglie di vite, a Montu- beccaria. Macrophoma reniformift (Vialà et Ravaz.) Cavara. — Su acini d'uva a Montubeccaria (Montemartini). Tignuola. — Si ebbe nel corrente anno un ulteriore progresso nella diffusione di questo microlepidottero inquantochè si manifestò con grave — XXIII — intensità anche in luoghi nei quali sino ad ora non aveva fatto che danni relativamente lievi. Così per esempio sui colli Oltrepadani si ve- rificò in quest'anno una grave invasione non solo a Canneto, Castana, Broni e Stradella, ma altresì a Montubeccaria, a Eovescala, a Casteg- gio, ecc. Noi ebbimo occasione di osservare dei vigneti nei quali più di tre quarti del raccolto andò perduto e nei quali trovavansi grappoli con 10, 15 e fin 20 larve dei temuti insetti. Si comprende quindi come il problema della difesa dell'uva dalla tignuola oggidì rappresenti, al- meno per molte plaghe viticole, una questione di primo ordine e come siano da lodarsi gli sforzi e gii studii che da parecchi si fanno per riuscirvi. Il signor cav. Ambroso d'Asti ha messo in commercio un insetti- cida da lui chiamato insetticida universale, che si vuole più efiìcace, contro la tignuola dell'uva, di quelli fin ora in uso, poiché secondo l'inventore presenterebbe il vantaggio di sciogliere l'involucro sericeo nel quale si avvolgono i bruchi. E' una pasta uso sapone, che si scioglie al 15 per mille in acqua e si applica sulle parti ammalate delle piante con pompe irroratrici a getto intermittente. Noi provammo l'insetticida Am- brcso contro la tignuola dell'uva nel nostro orto botanico e in vigneti di altre località. Associammo anche a queste sperienze parecchi viti- coltori cui il nostro istituto somministrò l'insetticida e le pompe per applicarlo, iniziando noi stessi in alcuni luoghi gli esperimenti e la- sciando le opportune istruzioni per continuarli. Ora, che tale sostanza sia un potente insetticida e uccida parecchie specie d'insetti, non vi è alcun dubbio. Il problema però sta sempre nella sua applicazione, poiché non è facile nella pratica in grande por- tare il rimedio in contatto di un parassita che si nasconde entro 1 racimoli dei grappoli, si avvolge in ragnatele e si annida entro gli acini stessi dell'uva. Che il rimedio Ambroso bagni e distrugga le ra- gnatele, se dato in abbondanza, è vero, come è certo che uccide la maggior parte delle larve della tignuola quando le possa bagnare, ma che in pratica siasi mostrato sempre e sicuramente efficace noi non possiamo ancora affermarlo, inquantociié i resultati ottenuti dai diversi sperimentatori non sono concordi. Vero si è che tali sperienze furono per necessità di cose (il materiale non si potè avere prima) incomin- ciate a stagione avanzata e non prima della fioritura, come consiglia il signor Ambroso ; quindi per avere un giudizio più sicuro bisognerà ripe- tere gli esperimenti nel venturo anno. Noi lo abbiamo tentato anche contro il Cotonellù (Schizoneura lanigera) delle Pomacee, contro la Pro- cessionaria iHypoitomeuta padella) del Bianco spino, le cavolaie {Pieris sp.) dei Cavoli, i gorgoglioni del Pesco e delle Eose (Aphis sp.). I — XXIV — ■bruchi e i pidocchi morivano quasi tutti, ma dopo breve tempo si ripro- ducevano, forse per virtù delle uova o di qualche individuo sfuggito all'azione del rimedio. Evidentemente i trattamenti andrebbero ripetuti a brevi intervalli per assicurarsi una completa distruzione dei parassiti, ma il costo del rimedio non è così tenue da permettere di largheggiare colle aspersioni. L'attenzione del nostro Laboratorio fu richiamata altresì sopra un liquido speciale di composizione non peranco conosciuta, col quale il signor Giuseppe Mazza, proprietario di Stradella, riesciva a distrug- gere le larve annidate negli acini e dentro i grappoli quasi maturi. Il liquido adoperato dal si<;-nor Mazza viene applicato ai grappoli con pompette a pressione, fatte costruire appositamente. Esso è di natura oleoso, aderisce e s'attacca bene agli acini, penetrando negli interstizi! dei grappoli fino alle parti più interne. Dieci minuti dopo che i grappoli ne sono stati irrorati si vedono le larve delTinsetto già annidate negli acini, affacciarsi alla loro superficie esterna, come se l'atmosfera interna del grappolo fosse divenuta ad esse irrespirabile. I bacolini si agitano per breve tempo nel liquido, indi muoiono. E' indubitato dunque che l'insetticida del signor Mazza, a diffe- renza di molti altri, può raggiungere le larve anche quando sono na- scoste nell'interno degli acini, costringendole ad uscirne e uccidendole fuori, cosi che si può facilmente controliarne l'azione. Non danneggia l'uva, anzi per la sua natura oleosa difende anche gli acini bucati dal- l'insetto, i quali senza seccare riescono a maturare. Che tale rimedio non abbia influenza sulla qualità del vino che dalle uve così trattate si ottiene, noi non potremmo dire ; il signor Mazza assicura che nell'anno scorso il vino così ottenuto non presentava alcun difetto e che egli lo bevette senza avvertire alcun disturbo. A mente nostra, il rimedio presenta però due gravi inconvenienti: il primo di essere molto costoso, inquantochè dai calcoli fatti dal signor Mazza stesso il trattamento importa la spesa di circa lire 2 per ogni quintale d'uva; il secondo di lasciare i grappoli cogli acini imbrattati, lustri e lucenti, perchè l'olio col quale sono aspersi permane sino a ma- turazione e dà loro un aspetto poco gradevole. Il primo inconveniente potrebbe essere in parte attenuato perfezio- nando le pompette. si da rendere più facile e più breve il lavoro degli operai irroratori, e altresì per il minor costo della miscela stessa quando venisse preparata in grande quantità. Per rispetto però al secondo guaio, nulla si può dire, inquantochè non si conosce ancora la composizione ed il modo di preparazione del rimedio Mazza. — XXV — Un mezzo di caccia alle farfalle semplice e spiccio, che noi però non abbiamo avuto occasione di verificare direttamente, fu adottato a Broni dal signor Alessandro Bonelli, segretario di quel comune. Egli impiegò, per accalappiare le farfalle, recipienti speciali contenenti aceto, mezzo già usato con successo dal dottor Angeli a Cesena. A quanto ci venne assicurato, il vigneto del signor Bonelli era quest'anno immune dalla tignuola; però, data la piccolezza della vigna nella quale questo sperimento venne fatto, nulla si può affermare con sicurezza, poiché anche cause fortuite potrebbero avere influito a tenere lontano le tignuole. È noto infatti che non tutti i vigneti di una collina vengono uniforme- mente invasi e che sulla diffusione di questi microlepidotteri hanno in- fluenza non solo le diverse varietà di vitigni, ma altresì il grado di umidità, la natura del terreno, la sua esposizione, ecc., fattori tutti che possono variare anche entro una plaga relativamente poco estesa. Questo malanno della tignuola tormenta non .solo i viticoltori della nostra regione, ma quando più, quando meno, si manifesta in tutte le plaghe vitifere, tanto in Italia che fuori, e anche in Germania, da quel Ministero d'agricoltura, si è bandito un concorso internazionale, con un premio di 3000 e più lire, per trovare un rimedio praticamente sem- pìice ed efficace contro tanto danno. Fiioptosi {Phi/toplus V/'lìs Dujard.). — Su foglie di vite, da Grop- pello Cairoli (G. Calvi) e da Monteleone (conte Bolognini). Marciume. — In grappoli d'uva provenienti da Brindisi (C. Mon- tagna). Scottatura. — Grappoli provenienti da Cuneo (prof. Forti dell'uf- ficio agrario provinciale) e da Buttrio di Udine (G- Tomasoni). Fersa. — In foglie di vite mandateci da Cuneo (ufficio agrario provinciale) e da Udine (geometra Grassi). Le foglie provenienti da quesfultima località presentavano alterazioni analoghe a quelle descritte per la Maìadie iKctique dal Sauvageau. Suherosi dei grappnli. — .Da Parma (M. Samoggia, della cattedra ambulante d'agricoltura). Arrossamento delle foglie. — Campioni da Piacenza (prof. Zago, di- rettore della cattedra ambulante d'agricoltura). Colatura. — In grappoli provenienti da Milano (signor Marchese, del Corriere del Villagcjio). Albinismo dell'uva. — Da Eomagnano Sesia il prof. Deillessi, di- rettore della cattedra ambulante d'agricoltura della provincia di No- vara, ne inviava nello scorso agosto un grappolo d" uva di singolare aspetto inquantochè presentava alcuni acini completamente bianchi ed altri in parte bianchi e in parte verdi, colle parti diversamente colo- — XXVI — rate separate, da una linee .li demarcazione ben netta. La struttura de-li acini, in tutto od in parte bianchi, era perfettamente normale, sok) le loro cellule mancavano di clorofilla. Trattavasi quindi di un fenomeno teratologico, a quanto sappiamo non ancora con.<^tatato nel- l' uva, ma ciie perù trova riscontro in fenomeni simili di albinismo di <^ià osservati in frutti di altre specie di piante. ^Seccume. - In grappoli mandatici dalla stazione bacologica di Padova. „ ,. ,. .. , ^ Bruciature prodotte dal solfato di rame. - Su foghe di vite da Cre- mona (avv. Guarneri). Malattie dei cereali. Uu<,ginc del frumento iPuccinia sp.). - Culmi e glume di frumento attaccati da questa malattia ci vennero mandati anche nello scorso luglio da Brindisi (cav. Montagna). Buggine del granturco (Puccinia Magdis Carradori). — Da Casti- glione de' Pepoli e da Udine (geom. Grassi). Macroi^porium commmie Rabh. - Trovammo questo ifomicete m gran quantità su piante di grano turco provenienti da Udine (geom. Grassi) e sofferenti per altre cause. Piricularia Or>/zae Br. et Cav. - Su piante di Riso che erano state danneggiate dalla grandine in provin-na di Ravenna prof. Pa- squalini, direttore della Stazione agraria sperimentale di Forlì). Tillefia levis Kiin. - Su chicclii di frumento a Parma (M. Samoggia, della cattedra ambulante d'agricoltura). Angxillule. - Chicchi di frumento niellato, cioè completamente pieni di anguiUule, ci vennero inviati da Caluso (direttore della Scuola pratica di agricoltura). Si consigliò di non rimettere per qualche anno grano nei terreni infetti, di praticare lavorazioni profonde, di impie- gare nella semente frumento sano e, ove vi fosse jlubbio, di trattare il grano da semente per 24 ore con soluzione fatta di un litro di acido solforico in 150 litri d'acqua. Malattie delle piante da frutto- Exoascus defonnans (Berck.) Fiick. - Sopra foglie di pesco nei dintorni di Tremezzo sul lago di Como (G. Bianchi). Paccinia Cerasi (Ber.) Cast. - Su foglie di Ciliegio a Montubec- caria (Montemartini). Puecinìa Pruni spinosae Pers. — Su foglie di Pruno id. id. — XXVII — Pììragìiìiiì/Kin violaceiim (Schulz.) Wint. — Su foglie di Rovo, da Castiglione de' Pepoli. Gymnosporangiiun Sabinae (Dichs.) Wirk. (forma spermogonica). — Sopra foglie di Pero, a Graglia e Sordevole (Biella). Oidiicm eri/siphnides Fr. — Su foglie di Albicocco a Mouteleone (conte Bolognini), e su foglie di Zucca o Melone alla villa Maresi presso Menaggio (G. Bianchi), ed in orti di Pavia. Cercospora Bolleana (Tlmm.) Spegaz. — Sopra foglie di Fico, in orti della città e a San Giuseppe presso Pavia (M. Turconi). Fusidadium Cerasi (Rabh.) Sacc. — Frutti di Albicocco attaccati da questo ifomicete vennero inviati da Parma (Consorzio agrario coo- perativo parmense e cattedra ambulante di agricoltura). Fusidadium dentriticum (Wall.). Fuck — Sopra foglie e frutti di Pero e di Melo in diversi orti di Pavia e del Biellese. Fusidadinum pirinum (Lib.) Fuck. — Su frutti di pero a Pavia e a Montubeccaria (Montemartini). Cydoconium oleaginum Cast. — Sopra foglie di Olivo, a Villa Magna presso Firenze. Diplodia sp. — Su foglie di Melo a Castegglo (avv. Giulietti).. Macrosporium sardnula Berk. — Su foglie di Zucca, a Montubeccaria. FumcKjgine. — lu foglie d'Olivo, a Brindisi (cav. Montagna). Phyllostida prunicula (Opiz.) Sacc— Su foglie di Ciliegio a Mou- teleone (conte Bolognini) e su foglie di melo a Graglia. Phyllostida pirina Sacc. — Su foglie di Pero, nell'Orto botanico di Pavia e a Montubeccaria. Phijllostida mespilina Montemartini. — Nello stesso frutteto della città (avv. Griziotti), in cui l'anno scorso questo nuovo micromicete ha attaccato le foglie dei Nespoli, quest'anno esso si è largamente svilup- pato sulle foglie d'Armeniaca. Phyllostida persicae Sacc. — Su foglie di Pesco, in orti di Pavia. Phoma larjenicola Sacc. — In frutti di Anguria, a Brindisi (cav. Jlontagna). Macrophoma oleaie. (D. C.)Berl et Vogl. — Su foglie di Olivo id. id. Pijrenodiaete Bubi-Idaei Cav. — Su foglie di Rubus-Idaeus, a San Giuseppe presso Pavia (M. Turconi). Ascochyta ddorospora Speg. — Su foglie di Ciliegio e di Melo, a Casteggio (avv. Giulietti). Septoria piricola Desm. — Ha attaccato le foglie di Pero, a Brin- disi (cav. Montagna), a Cuneo, (prof. Forti, direttore dell'ufficio agrario provinciale), a Mouteleone (conte Bolognini), a Graglia, a Castiglione de' Pepoli, a Montubeccaria, nei dintorni di Tremezzo sul lago di Como XXX — Pseiidopeziza Trifolii (Biv. Beni) Fiick. - Su Trifoglio (Idem). EpicJdoe typina (Pers.) Tuli. — Su Holcus lanutiis, in piati a San Giuseppe presso Pavia (M. Turconi). Tonda q). — Sopra gianiinacee, in prati a Brindisi (cav. Montagna). Polijtrincium TrìphoUi Kiinze. — Sopra trifoglio, a Castiglione de' Pepoli. Cccospora sebrina Pass. — Su Erba Medica, a Cava Manara (Pavia). Bisfon gmegnrius Stgr. — Le larve di questo insetto, la cui de- terminazione ci venne favorita dalla Stazione di Entomologia Agraria di Firenze, si presentarono in proporzione allarmante in diversi me- dicai dei dintorni di Pavia (Tacconi) e furono causa di danni piuttosto gravi. Mcdaltie delle piante ornamentali. Puccinia Diuiitlii D. C. — Sopra Garofani coltivati in giardini di Pavia (Farneti). Puccinia Bìixi D. C. — Su foglie di Biixus sempervirens, a Tre- mezzo (G. Bianchi). Puccinia Malvacearum Ment. — Sopra foglie di Altea, a Brindisi (cav. Montagna). Phragmidiiun subcorticium (Schrank) Winter. - Su foglie di Rose mandateci dalla villa Ferretti (avv. Risi). Oidium leucoconium Desra. — Su foglie di rosa, a Cremona (avvo- cato Guarneri), a Milano (G. Marchese) Corriere del villaggio, a Leauo, (G. Pollacci), ed a Tirano (L Piccioli). Oidium erysiphoides Fr. — Sopra Delphinium coltivati in giardini di Pavia. Heterosporium gracile (Walhr.) Sacc. — In colture di Giaggiolo (Ireos), a Villa Magna, presso Firenze. Phijllosticta Glgcines Thiim. — Su foglie di Glycine, nell'orto bota- nico di Pavia. Vermicnlaiia Liliaceanm West. — Sopra foglie di Convallaria japo- nica, a Tremezzo (G. Bianchi). Septoria oleandrina Sacc. — Su foglie di Oleandro, id. Ascochyta Calycanthi Sacc. — Sopra foglie di Cahjcanthus in giar- dini dei dintorni di Pavia. Marsonia Bosae (Bon.) Br. et Cav. — Foglie attaccate da questa Melanconiea furono mandate da Tremezzo (C. B. Traverso), da Sondrio, da Graglia e da Milano (G. Marchese). Pestalozzìa funerea Desm. — Sopra foglie di Laurus nobilis, a Tre- mezzo. XXXI — Tetranichiis ielarins e Tetraii. pilosns. — Sopra foglie di Fandanus, a Pavia (la determinazione ci venne favorita dalla Stazione Entomo- logica Agr. di Firenze). Contro questo acaro si sono da noi provati diversi rimedi : estratto di tabacco, Piteleina e Rubina senza ottenere buoni risultati. Non si provò l'emulsione di petrolio, in molti casi effi- cacissima, perchè nociva alle piante delicate e fine, quali quelle che erano infette da tale Tetranichus nelle nostre serre. Hylotoma pagana Panz. — Ha danneggiato molte piante di Rose alla Villa Feretti (avv. Risi). Formazioni anormali di sugliero. — Dallo stabilimento dei fratelli Ingegnoli, a mezzo del prof. Franceschini, di Milano, ci furono man- date piantine di Acacia ìongifolia in cui i fusti erano tutti coperti da pustolette di sughero, delle quali non si potè determinare la causa. I caratteri della malattia erano perfettamente uguali a quelli descritti e figurati dal Sorauer e da lui pure ascritti alle malattie di causa ignota. A quanto ne scrisse il prof. Franceschini, nello stabilimento Ingegnoli solo le Acacia ìongifolia se ne mostrarono infette ed ebbero molto a soffrire. Alterazioni dovute ad agenti atmosferici. — In piantine di Asparagus plnmosìis nei Giardini Reali di Monza (A. Scalarandi), ed in foglie di Gerani, a Brindisi (cav. Montagna). Malattie delle piante forestali. Bytisma acerinum Tul. ^ Sopra foglie di Acero, a Bressana Argine. Dothidella Uhm (Dur.) Winter. — Su foglie di Olmo, in siepi lungo le strade a Montubeccaria. Melampsora pojJidina (Jacq.) Lér. — Su foglie di Pioppo, a Castaria (M. Turconi). Coleosporimn Senecionis (Pers.) Fr. e larve di Lepidotteri Torticini. — Il signor Binazzi, regio ispettore forestale di Ravenna, ci inviava, in parec- chie riprese, dei rami di Pinns Pinea le cui corteccie erano completamente invase da larve di Lepidotteri Torticini che non si poterono determi- nare, e nello stesso tempo ci avvertiva che dette larve si presentavano soltanto nelle piante che nella scorsa primavera erano state fortemente attaccate e danneggiate dal Coleosporium Senecionis. Sottoposte all'esame microscopico le parti profonde della corteccia, si trovarono infatti i tessuti invasi da un micelio simile a quello di questa uredinea; però i tessuti ed il micelio stesso erano in uno stato tale di alterazione che impossibile riusciva il riconoscimento sicuro del fungo. Il signor Be- nazzi, che ebbe occasione nella scorsa primavera di osservare gli or- — XXXII — gani (li riproduzione, per altni uh ussicurava tniltarsi in reaità dell'ii- redinea sopra menzionata. Macrospon'iim fascicìtlatitm C. — Sopra foglie di 7/«x, a Napoli. Plnjllosticta Qiiercifs Sacc. — Su foglie ili Quercia, a Montubeccaria. Phi/llosticta Aescìdicola Sacc. — Su foglie di ippocastani, a Casteggio. Sepfon'a Aesciili (Lib.) West. — Id., id. Gloeosporiiim sp. — Sopra a foglie di quercia, a Graglia (Biella). Gloeosporiiim PopuH-albae Desra. — Sopra foglie di Pioppo, a San Giuseppe, presso Pavia (M. Turconi). Lepf//otJii/rii(in alimim (Lèv.) Sacc. — Sopra foglie di Alnus, nei dintorni di Pavia. Marsonia Populi (Lib.) Sacc. — Sopra foglie di Pioppo a S. Giuseppe. Galle indeterminate. — Sopra rami di Acero, da Barzanò in Brianza (A. Riganionti), e su foglie di Pioppo, a Brindisi. Galle di Chermes aòietis L. — Sopra rami di Abeti, da Milano (G. Marchese). Malattie delle piante industriali. Melampsora farinosa (Pars.) Schrot. — Su foglie di Salice, a Ba- rigazza (Bologna). P/ii/llosticta osteospora Sacc. — Sopra foglie di Gelso ingiallite, a Bressana Argine. Septoria didi/ma Fuck. v. Santonenms Pass. — Su foglie di Salice, a Gera, sul Lago di Como (G. Panizzera) e alla Madonna di Tirano (L. Piccioli). Gloeosporimn Salicis West. — Sopra foglie di Salice a S. Giuseppe (M. Turconi). Septocjloeum Mori (Lèv.) Br. et Cav. — Anche in quest'anno, nella prima metà di luglio, questa melanconiea attaccava fortemente le nuove foglie di seconda cacciata dei Gelsi della nostra provincia, e in autunno esse si trovarono quasi completamente invase. Se questa invasione ap- parentemente non arreca grave danno perchè le foglie della seconda cacciata, qui da noi, o non sono utilizzate o servono solo all'alimenta- zione del bestiame, riesce indirettamente assai dannoso perchè facilita la vita e la dilfiisione del parassita e aumenta cosi il pericolo per le foglie primaverili. Ebbimo campioni di foglie di Gelso attaccate dal Septogloeum, da Monteleone, Bressana Argine, Casteggio, Riccagioia (avv. Orlandi), Tirano, Sondrio, Chiavenna, Graglia, Firenze, ecc. Imhrunimento delle foglie di gelso. — Da Udine (Geom. Grassi). Necrosi del gelso. — Su rami di Gelso di 2 anni, da Udine (pro- fessor Bonomi). XXXIII Malattie di piante diverse. Piiccinia Malvaceanm Mont. — Su foglie di Malva a Griaute sul Lago di Como (G. Bianchi). Puccinia Dianthi DC. — Sopra foglie di Gypsophila elegans, in orti di Pavia. Puccinia Balsamitae (Strauss.) Eabenb. — Su foglie di Tanacetum, a Redavalle. Urotni/ces Geiiistae (Pers.) Juck. — Su Cytisus Laburnum, Casti- glione de' Pepoli. Bothidelìa fallax Sacc. — Sopra foglie di Andropogon sp., a Vit- torio presso Treviso (prof. Saccardo). Exoascus Ostnjae Massai. — Sopra foglie di Ostnja, a Castiglione de' Pepoli. Eri/siphe Vmhelliferanmi (Lèv.) De Bar}-. — Su foglie di Eracleum, a Pavia. Oidium sp. — Sopra Tcdauma Puniila, nel nostro orto botanico. Oidium erijsiphoides Fr. — Su foglie di Leomirus sp., a Pavia. Cercospora oìivascens Sacc. — Sopra Aristolocìiia Clemaiitis, a S. Giu- seppe (Pavia). Macrosporium sp. — Su foglie di Zinnia elegans, nel nostro orto botanico. Bamularia Sambitcina Sacc. — Sopra foglie di Sambuco, a Chia- venna e Montù Beccaria. Bamularia Taraxaci Karst. — Su Taraxacum dens-leonis, da Meaux in Francia (P. Dumée). P/n/llosticta cruenta (Fr.) Kx. — Sopra foglie di Polygonatum, a Griante sul Lago di Como. Septoria cornicola Desm. — Su foglie di Cornus sanguinea, a Bres- saua Argine, sul Monte S. Martino presso Como (G. B. Traverso) ed a Tremezzo (G. Bianchi). Gloeosporium sp. — Sopra foglie di Bri/onia dioica, in orti di Pavia. Pestcdozzia funerea Desm. •— ^m Araucaria, nel nostro orto botanico. Suberosi. — In foglie di Eucahjptus, a Firenze (prof. G. Baroni). Ricerche ed informazioni varie. Determinazione di semidi Cicerchia mescolati a caffè del commercio, mandati dal Comizio Agrario di Fiorenzuola d'Arda. Determinazione di fanerogame inviate da V. Pavesi e G. Marchese. Atti dell'Ut. Boi. dell' Unicersilà di Pavia - Serie It — Voi. VI. Ili XXXIV — Relazione generale sull' operosità della R. Stazione di Botanica Crittogamica di Pavia durante l'anno 1898. Inviata dal direttore Giovanni Briosi al Ministero d" Agricoltura. Molte furono le malattie di piante sulle quali venne nello scorso anno richiamata l'attenzione della nostra Stazione di Botanica Critto- gamica, come si può rilevare dagli elenchi che seguono ricavati dalle Rassegne speciali inviate durante l'anno a codesto Ministero, e pubbli- cate nel Bollettino di notizie acjrarie. L'operosità nostra dovette inoltre rivolgersi in modo particolare a studiare alcuni problemi di patologia vegetale che tanto travaglio arre- cano ai nostri agricoltori. Per la straordinaria frequenza delle pioggie, specie di primavera, alcune regioni d'Italia ebbero in quest'anno danni assai forti dalla pe- ronospora della vite, e l'opera del Laboratorio nostro venne anche più degli anni scorsi richiesta dai viticoltori italiani. Si continuarono pure le esperienze per trovare rimedi antiperonosporici più energici e iu una più economici della poltiglia bordolese cercando di sostituire al sol- fato di rame l'acetato. Altro problema importante del quale ci si dovette occupare fu quello della difesa dell'uva dalla tignuola che ognora più si diffonde e aumenta i suoi danni. Il minaccioso allargarsi della ruggine dei cereali, la vasta diffu- sione della fitoftora nei campi di patate e di pomidoro, che tanto danno arrecano a queste coltivazioni, furono altresì oggetto di studio pel nostro Istituto, come pure osservazioni e ricerche si iniziarono intorno alle malattie del gelso note col nome di avvizzimento dei germogli e di seccume o fersa delle foglie prodotta da un micromicete già in altra ■occasione illustrato dal nostro Laboratorio. Oltre a questi lavori a vantaggio delt'agricoltura, la Stazione Crit- togamica continuò l'opera sua in ricerche rivolte ad illustrare la flora crittogamica della nostra regione. L'assistente sig. Kodolfo Farueti condusse a termine uno studio sui funghi della provincia di Cremona del quale illustra una prima centuria. Il dott. Montemartini terminò e pubblicò la seconda contribuzione allo studio della ficologia lombarda. Passando ad altro ordine di indagini, lo stesso dutr. Montemartini compi le ricerche, già iniziate nell'anno precedente, sul raccordo tra le radici e il fusto delle piante. Queste ricerche importanti intorno alla XXXV — struttura dei vegetali superiori tuttora contiiiuauo e si estendono a piante più complicate. Osservazioni di microchimica vegetale fece il dott. PoUacci sulla diffusione del fosforo nei tessuti delle piante e le pubblicò in una me- moria corredata con tavola colorata. Altri studi di fisiologia e di chi- mica vegetale furono intrapresi dai dott. Montemartini e Pollacci; il primo sta occupandosi dell'influenza della luce sulla riproduzione delle crittogame, il secondo studia l'oscuro fenomeno chimico dell'assimilazione. Lo scrivente condusse a termine nello scorso anno la pubblica- zione di un altro volume, il quinto, degli Atti dell' Istituto Botanico e del Laboratorio Crittogamico. Tale volume (380 pagine; 15 tavole e un ritratto) rispecchia l'operosità dell'Istituto durante il biennio 1896-98. Riassunto delle ricerche fatte durante l'anno, in servizio di privati e di enfi morali. Malattie della vite . N. 151 „ di cereali „ 58 „ di piante da frutto ,; 114 „ di ortaggi ,. 47 ,, di piante da foraggio „ 22 „ di piante ornamentali „ 58 „ di piante forestali ,, 27 „ di piante industriali „ 34 „ di piante diverse „ 40 Ricerche varie. Determinazione di funghi macroscopici N. 27 „ di alghe „ 30 „ di licheni . . „ 9 „ di muschi ,, 28 „ di fanerogame „ 230 „ di semi di fanerogame „ 1 Esami di farine, di trifoglio e di bozzoli „ 3 Informazioni sull'uso di insetticidi „ 3 Totale N. 882 Pubblicazioni del Direttore e degli Assistenti. Briosi Giovanni. Bassegne Crittogamiche dei mesi di aprile e novembre 1898. Bollettino di notizie agrarie. Roma, 1898. — XXXYI — Briosi Giovanni. La Slazione di Botanica Crittogamica in Pavia. Rapporto a S. E. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio per l'esposizione di Torino 1898. Milano, 1898. Id. Atti deW IstiUiio Botanico della li. Università di Pavia, Serie II, voi. V, con 15 tavole litografate. Sfilano, 1898. Id. Athtiitr Botanico, con 85 tavole colorate. 2.* ediz. (in collabora- zione col sig. Farneti). Milano, 1898. Farneti Rodolfo. Atlante botanico. 2." ediz. (in collaborazione col pro- fessore Briosi). Milano, 1898. MoNTEMARTiNi dott. LuiGi. Contrihuzionc allo studio del pas.^aggio dalla radice al fusto (con due tavole litografate). Milano, 1898. Id. Sopra la struttura del sistema assimilatore nel fusto del Pohjgonuni .•^ieòoldii Reiw. (con una tavola). Genova. 1898. Id. Cloroficee di Valtellina, seconda contribuzione alla ficologia insu- brica. Milano, 1898. PoLLACCi dott. Gino. Intorno al metodo di ricerca microchimica del fosforo nei tessìifi vegetali. Milano, 1898. Personale del Laboratorio ài 31 dicembre 1898. Briosi prof. Giovanni, direttore Farneti Rodolfo, assistente Montemartini dott. Luigi ) dell'Istituto Botanico, che prestarono Tope- PoUacci dott. Gino i ra loro al Laboratorio. Frequentarono il Laboratorio. Cantone, laureando in scienze naturali Traverso Giovanni, allievo. Programma di studi liei 1S99. 1. Continuare le esperienze coll'acetato di rame contro la peronospora della vite e quella del pomodoro. 2. Continuare le esperienze contro la tignuola della vite. 3. Proseguire lo studio dei funghi parassiti delle piante coltivate. 4. Condurre a termine le ricerche di anatomia e fisiologia vegetale già iniziate, sul passaggio dalla radice al fusto, e sopra la riprodu- zione e l'assimilazione delle piante. 5. Continuare lo studio sulla flora crittogamica e fanerogamica della regione lombarda. Pavia, 15 marzo 1899. H Direttore Giovanni Briosi. XXXVII Rassegna Crittogamica pei mesi di aprile, maggio e giugno 1899. Relazione del Direttore del Laboratorio di Botanica Crittogamica di Pavia, prof. Giovanni Briosi, al Ministero d'Agricoltura. Malattìe della ritc. Feronospora [Plasmopora viticola (Berck. et Curt.) Beri, e De ToiiiJ. — I primi esemplali di foglie di vite attaccate li avemmo quest'anno verso la fine del maggio da Cagno in provincia di Como (dott. Comolli). Nel Vogherese, causa la stagione asciutta e la temperatura non troppo elevata^ il parassita ha potuto svilupparsi soltanto nella seconda quin- dicina di giugno durante la quale, favorito dalle pioggie e dalle nebbie, si è largamente diffuso specie nei grappoli producendo Vallessamento dei peduncoli, ed in molti luoghi il cosi detto uegrone degli acini. In grazia però dei trattamenti rameici ripetuti con molta diligenza, il male si è quasi dappertutto arrestato, ed ora le viti sono pressoché ovunque sane. Ne furono mandati campioni al nostro Laboratorio da Montii Beccaria, Stradella, Canneto, Santa Giulietta (avv. Griziotti), Voghera (cav. Mazza) e da S. Giuseppe presso Pavia (M. Turconi). In vista del forte rincaro del solfato di rame, il Laboratorio nostro ha ripreso in questo anno ed in diverse località le esperienze per so- stituire a questo sale l'acetato di rame. Informazioni sul modo di con- durre tali esperienze ci vennero chieste anche da parecchi privati de- siderosi di iniziarle per proprio conto : dal signor G. Barbero (direttore della Gazzetta delle Campagne di Torino), dal prof. Severi di Genova, dal signor Vincenzo Blocchi di Brindisi, ecc. Antraoiosi (Gloeosporium ampclopiicujum Sacc). — Ne ricevemmo campioni da Voghera (cav. Mazza), ove le viti attaccate avevano già avuto il trattamento preventivo del solfato di ferro, da Parma (Cattedra ambulante di agricoltura), da Gropello Cairoli (G. Calvi), da Zinasco (rag. Martinetti) e da Milano {Corriere del Vdlaggio). Da per tutto si consigliarono, oltre le pennellatuve invernali preventive dei tralci con soluzioni sature di solfato di ferro, le solforazioni ripetute con solfo misto a calce od a cemento. Il signor Calvi di Groppello è riuscito se non ad arrestare almeno a limitare il male con ripetute irrorazioni di soluzioni di solfato di ferro, fatte sui i)anipini e tralci. Perforazione delle foglie. — In relazione dell'antracuosi, della quale parrebbe anzi una forma, sta questa malattia delle foglie della vite da noi già descritta sino dal 1897 (veggasi il Bollettino di Notizie Agrarie — XXXVIII — tli quell'anno). Ce ne vennero inviati diversi campioni dalle Cattedre ambulanti di agricoltura di Parma e di Ascoli Piceno. Il dott. Patrioli, assistente presso la prima ed il prof. Samoggia, direttore della seconda, ci scrissero che la malattia (in quest'anno molto diffusa in quelle Pro- vincie) si presenta come una forma di antraoìosi, e coU'aspetto dell'an- tracnosi punteggiata si presentava anche nelle foglie a noi inviate, benché non ci fosse dato di trovare traccia del parassita. Marciume delle radici {Dematophora necatrix Hartig.). — Di tale malattia erano affetti esemplari di radici inviateci dal prof. C. Forti, direttore dell'Ufficio Agrario di Cuneo. Si consigliarono lavorazioni pro- fonde e disinfezioni del terreno. Mal nero. — Su tralci gio\'ani provenienti da Parma (spediti dal signor dott. Patrioli, assistente alla Cattedra ambulante d'agricoltura). Radici di vite mandateci jìure da Parma (dal giornale YAvccnire Agri- colo) sospettate affette da mal nero, furono invece trovate immuni. Fersa. — Su foglie di viti provenienti da llilano (G. Marchese) e da Udine (dott. Z. Bonomi). Su queste ultime si trovarono anche or- gani di fruttificazione di un Cladospoium e di una Pliyllosticia. Diplodia vincola. Desm. ed avvizzimento dei germogli. — Tralci di vite dell'anno scorso, sui quali i giovani germogli erano completamente anneriti ed avvizziti ci vennero mandati dal prof. Bizzozzero, direttore della Cattedra ambulante di agricoltura di Parma. Sul legno si trova- rono abbondanti gli organi di fruttificazione della Diplodia viticola Desm., però non si poteva attribuire a questo fungo l'avvizzimento dei gio- vani germogli, dovuto senza alcun dubbio ad altre cause per noi sco- nosciute. Cecidomya viticola Ost. — Dal prof. Cosmo, direttore della Cattedra ambulante d'agricoltura di Atessa (Chieti), ci furono inviate delle foglie di vite disseminate di piccole galle, che sospettavansi dovute a fillos- sera. Fortunatamente però erano invece affette da galle della Cecidomya. Fitoptosi. — In orti di Pavia (signor Sacchi) e da molti luoghi dell'Oltrepò. Tignuola. — Ha già fatta la sua prima comparsa e fu osservata in diverse località. Il Laboratorio nostro ha intraprese alcune espe- rienze, delle quali sarà reso conto a suo tempo. Il signor 0. Mazza di Stradella ha inviato in parecchie riprese, durante lo scorso inverno, diversi bozzoli di tignole nei quali le crisalidi erano morte per una malattia simile al calcino dei bachi. Esse erano coperte come da una polvere bianca costituita dalle spore di una Botrytis. Questo agente naturale di distruzione della tignuola potrebbe essere di grande van- taggio ai viticultori se tale fungo si avesse a diffondere su larga scala. — XXXIX Il signor Mazza scriveva che nel vigneto ove piìi mimerosi erano stati i casi di calcino da lui osservati, più limitata era la comparsa degli insetti. Arrossamodo delle foglie. — A Sarzana, dal Comizio Agrario del circondario di Levanto. Mcicrophoma rimiseda Sacc. — Sopra tralci di vite mandatici da Brindisi (cav. A. Montagna). Medattia incerta. — Foglie raggrinzate per azioni ignote vennero inviate da Marcignago presso Pavia (signor G. Zucclii). Malattie dei cereali. Ruggine {Puccinia sp.) — Notevole anche in quest'anno (forse più che nell'anno scorso) fu qui da noi l'invasione di tale malattia ; in molti luoghi la violenza dell'attacco fu tale che parecchi proprietari dovet- tero tagliare il grano in erba e seminarono granoturco. Ci vennero in- viati e "noi stessi abbiamo raccolto campioni di frumento cosi attaccati, oltre che nei campi dei dintorni di Pavia, alla cascina Sabbione, a S. Martino, Cava Manara, Carbonara al Ticino, Groppello, Domo, Bres- sana, Casteggio, S. Leonardo, Albaredo, Broni, Stradella, Bosnasco, Montù Beccaria, Kovescala, Belgioioso, S. Colombano, Miradolo, Torre del Mangano, ecc. E da fuori della nostra provincia ce ne vennero mandati da Firenze (Stazione di Entomologia Agraria), da Milano (Cor- riere del Villaggio), da Ascoli Piceno (M. Samoggia), da S. Giorgio di Piano (ing. Ramponi), ove si annunciavano danni molto gravi ; da Bi- nasco e da diversi comuni dell'alta Lombardia (Bovisio, Solbiate, Cagno, Camnate, ecc.). Da noi la zona maggiormente colpita fu quella bassa, lungo i fiumi Po e Ticino ; pai-e che sulla comparsa del male avesse molta influenza la grande umidità del terreno. Sulle colline dell'Oltrepò e nei campi asciutti della Lomellina alta infatti il parassita erasi sviluppato molto meno, come assai debolmente trovammo attaccati i campi dell'Alta Lombardia. Nelle piante cresciute nei terreni, che servirono a coprire i mucchi del concime, la ruggine piglia sempre con maggiore violenza quasi vo- lesse castigare il maggiore rigoglio, che ivi le dette piante acquistano. È notevole poi che mentre nello scorso anno il frumento era poco attaccato dalla ruggine e la segala ne era addirittura invasa, in questo invece si è verificato il caso contrario; la segale in quasi tutti i Co- muni da noi visitati ne era immune, mentre i contigui campi di fru- mento ne erano infetti e spiccavano a distanza pel color giallo delle XL foglie attaccate dal parassita. Devesi quindi ritenere clie in quest'anno le condizioni climateriche fossero più favorevoli allo sviluppo delle forme di Puccinie proprie del frumento, che non di quelle proprie della segale il che viene pure in appoggio delle idee dell" Eriksson intorno alle specie fisiologiche di tali parassiti, delle quali iiarlammo anche l'anno scorso. Non si conoscono ancora, come fu già altre volte detto, rimedii efficaci contro tanto malanno, però è indubitabile che molta influenza ha la varietà del seme che si coltiva, onde grande cura si deve avere nella scelta della semente. Noi abbiamo visto dei campi di frumento colpiti dalla ruggine mentre campi contigui, posti in identiche condi- zioni di coltura ne erano affatto immuni. A Cagno (dott. C'oniolli) per esempio, in un piccolo lotto di terreno erano state seminate, vicinis- sime tra loro, diverse varietà di grano; ora noi potemmo constatare coi nostri occhi come alcune di dette varietà erano letteralmente invase dalla ruggine, mentre altre erano sane o quasi. Carbone [Ustihu/o segrtum (Bull.) Dittm.|. — Ebbimo spighe di frumento distrutte da questo parassita da Ascoli Piceno (Cattedra am- bulante d'agricoltura), Portalbera, Bosnasco, Copiano, Cagno e .Solbiate. In queste tre ultime località la malattia era relativamente diffusa. Septoria gmminnm Desm. — Su foglie di frumento a Piacenza (F. Zago, direttore di quella Cattedra ambulante di agricoltura), a Mon- tubeccaria (Montemartini), a Parma (Consorzio agrario parmense), a Broni, ecc. E a notarsi che se in alcuni di questi siti la Septoria si era sviluppata su piantine già intristite per la ruggine o per altre cause, in altri aveva attaccate piante perfettamente sane ed aveva prodotto l'essiccamento di buona parte delle foglie. Questo fatto con- ferma le recenti ricerche del Mangin sul parassitismo di questa specie. Intristimeiìto del frnmenlo. — Nello scorso marzo dal comune di Itri (Gaeta) il sindaco spediva, per ordine del Ministero d'Agricoltura, un manipolo di piantine di frumento che presentavansi ingiallite e molto sofferenti, scrivendo che il male aveva assunto estensioni grandi, si da allarmare gli agricoltori di tutta la plaga. Per quante ricerche siansi da noi fatte, non si riusci a scoprire né sulle foglie, uè sulle radici traccia alcuna di parassiti animali o ve- getali; i tessuti della pianta erano in istato normale, solo il contenuto delle cellule clorofìllifere era alterato. Tali alterazioni si attribuirono quindi alle sfavorevoli condizioni climateriche, che eransi avute in quei giorni, e si ritennero simili a quelle da noi osservate nel 1896 a Bar- bianello in provincia di Pavia, e descritte sotto il nome di Ingialli- mento del frumento (vedi Bollettino di notizie agrarie di quell'anno). Ed — XLI — infatti come noi avevamo previsto, edotti dalle osservazioni fatte nel 1896, anche ad Itri col ritorno delle condizioni favorevoli alla vege- tazione si risanarono le piante intristite. A cattive coudizioni di vegetazione era forse in parte dovnto anche l'arrossamento delle foglie del frumento in diverse plaghe del basso bolognese donde ci vennero mandati varii campioni dal sig. A. Ram- poni di S. Giorgio di Piano. Trovammo invero tra le radici di quelle piantine larve di insetti (che non fu possibile determinare) le quali a quanto asseriva in seguito il Ramponi, erano abbastanza numerose ; ma l'arrossamento delle foglie sembrava dovuto più che ad altro all'abbas- samento di temperatura avutosi in quei giorni, abbassamento che, come si è ora dimostrato per le piante arboree, può essere causa di tale fenomeno. Frumento eziolato e sotferente ci venne spedito da Parma (Cat- tedra ambulante d'agricoltura), ma qui il guaio era dovuto al ristagno d'acqua prodotto da innondazioni. Dìdijmeìla cìdmigena Sacc. — Alla base di culmi di frumento a S. Giorgio di Piano (ing. A. Ramponi). Anguillule. — Al piede di frumento intristito, da Milano {Corriere del Villaggio). Malattie delle piante da frutto, Bolla del Pesco {Exoascus deformans (Berk.) Fuck.] — Sopra foglie di pesco a Cagno (Como, dottor Comolli) ed a Montù Beccaria. Furono consigliate le irrorazioni con poltiglia bordolese un po' diluita. Puccinia Cerasi (Béreng.) Cast. — Su picciuoli di Ciliegio, a Brin- disi (cav. A. Montagna). Gymnosporangium juniperinum (Lin.) Er. — I rami di diverse piante di Pero di un frutteto di Pavia (Farneti) si mostravano deformati per lo sviluppo stragrande del micelio di questo fungo nell'interno dei loro tessuti. Rami simili ci furono mandati da Milano {Corriere del Villaggio). Si consigliò un'abbondante potatura e di abbruciare le parti potate. Oiditim leucoconiiim Desm. — Su foglie di Melo, da Milano (G. Mar- chese). Oidiiim sp. e. Cicinnobolus Cesatii De-By. — Idem. Botrytis vulgaris (Pers.) Fr. — Sopra frutti di arancio, da Firenze (R. Stazione di Entomologia Agraria). Morfea. — Su Mandarini, da S. Remo (dott. Maccone). Cgcloconium oleaginum Cast. — Sopra foglie di Olivo da Finalma- rina (a mezzo ^(Wlialia Agricola). Ci fu segnalato anche ad Ascoli Pi- — XLII — ceno dal i-rof. Samosgia, il .luale ha fatto aiìplicare contro tale paras- sita le soluzioni cupro-calciche, ma non sappiamo aiicoia con quale esito. ,. • ,T » Cladosporium sp. — Sopra foglie di Nocciuolo, a Bnn.hsi (Lav. A. Montagna). ClaMpyo^poniim am>jgdalectnon (Pass.) Sacc. — Sopra foglie di Al- bicocco, a Chignolo Po (ing. Giannini), su foglie di Pesco a Macerata (Scuola d'agricoltura), e di Ciliegio a Cagno in provincia di Como (dott. Comolli). . Fusicladium pirinum (Lib.) Fuk. - Su foglie di Pero, a Chignolo Po (ing. Gianzini) e di Melo ad Ascoli Piceno (prof. Samoggia). Diplodia Aurautii. Catt. - Ci vennero mandate in diverse riprese foglie di Limone attaccate da questa Sferossidea e raccolte in aran- ciere di Ascoli Piceno (M. Samoggia). Cancrena in rami di Fero. — Da Ascoli Piceno il prof. Samoggia ci inviava nello scorso maggio dei rami di pero con deformazioni can- crenose molto forti, in corrispondenza alle quali trovammo i tessuti della pianta invasi da un micelio, che sospettammo esser quello della yWiria d;fi.<^sima. " Un fatto interessante, scrive lo stesso prof. Sa- « moggia, mi è stato segnalato : che è specialmente coU'innestare certe " vaHetà' su certe altre che si ha una comparsa pronta del male ed " una morte rapida per cancro. Così le spadone d'estate innestate sul " pero, qui detto buon cristiano, in capo a due anni sono morte, mentre " innestate su altre varietà seguitano a prosperare. Clie certi soggetti " imprimano negli innesti, nelle marze, una minore resistenza? „ Schizoneura lanigera. — Su rami di Melo a Cliignolo Po (ing. Gian- zini) ed a Cagno (dott. Comolli). Furono consigliate un'abbondante po- tatura con relativo abbruciamento dei rami potati, ed abluzioni con succo di tabacco. Hgponomeuta padella. — Sopra Meli, da Milano {Corriere del Vil- laggio). Acari. — Idem. Idem. Seccume. — In foglie di Cotogno, Parma (Bizzozzero). Gallerie di insetti. — In rametti di Olivo da Finalmariua (a mezzo à%\YItalia Agricola). Seccume delle gemme dei peschi. — Nello scorso marzo da Loano (Liguria) ci vennero mandati a diverse riprese, dal sig. Accame e da altri per mezzo del Corriere del Villaggio, rametti di Pesco nei quali tanto le gemme vegetative che le fiorali cadevano appena cominciava la germogliazione. Il danno arrecato a quei frutteti era molto esteso e mofto grave tanto più che le varietà primaticcie erano le preferite dal — XLIII — male. Le ricerche microscopiche mostrarono clie rapice vegetativo e le prime foglioliiie delle gemme colpite erano disorganizzate, secclie e ri- dotte quasi in polvere; onde l'abortimento dei germogli era dovuto alla distruzione dei loro meiistemi apicali. Non si rinvennero tracce di insetti, che potessero spiegare tale distruzione; si trovarono invece alcuni ifomiceti, probabilmente stadii di funghi superiori causa del morbo che tuttora si sta studiando. MalciUie degli ortaggi. C'jsfopus Cappavidis De Bar,y. — Sopra Capperi, ad Ascoli Piceno (M. Samoggia). Peroiiospora Viciae (Berk.) de Bary. — lu molti campi dei comuni di Chignolo Po, San Colombano e Miradolo ove il raccolto dei Piselli è stato pressoché distrutto da questa Peronosporacea, che ha fatto quasi totalmente seccare le foglie prima che potessero maturare i frutti. Insieme ad essa si trovarono, sulle piante ammalate, VOidiuin erijsìphoides Fr. e VAscochgta Pisi Lib., però il -guasto era causato per la massima parte dalla peronospora. Ne inviò diversi campioni anclie il capitano Robecchi di Miradolo. Piicciiiia Hieracii (Sehum.) Mart. — Sopra foglie di Lattuga, a Brindisi (cav. A. Montagna). Ui-omyces Fabae (Pers.) De Bary. — Su foglie di Fava, a Brindisi ed a Parma (Cattedra ambulante d'agricoltura). Uromijces Pisi (Pers.) De Bary. — Sopra foglie di Pisello, a San Giuseppe presso Pavia (M. Tiirconi). Pìeospora Asparagi Rabenh. — In steli di Asparagi, a Brindisi (cav. A. Montagna). Bhizoctonia violacea Tul. — Un'intiera asparagiaia in provincia di Parma intristiva; inviateci parecchie radici dal prof. Bizzozzero, diret- tore di quella Cattedra ambulante d'agricoltura, trovammo che esse erano affette da Rhizoctonia. Consigliammo la lavorazione e disinfe- zione del terreno e l'abbandono in quel terreno infetto per qualche anno di tale coltura e delle altre piante sulle quali questo parassita può vivere. Oidium enjsiphoidcs Fr. — Su foglie di Pisello a Miradolo (capi- tano Robecchi) ed a San Giuseppe (M. Turconi). Painuìaria sp. — Su piante di Fava inviateci da Terricciola di Toscana (a mezzo del giornale II Coltivatore). Cercospora zonata AVint. — Sulle Fave, a Parma (prof. Bizzozzero)^ donde ci scrissero che da parecchi anni arreca danni considerevoli. — XLIV — Allentaria Brassicae Berk. — Sopra foglie di Brassica, a Brindisi (cav. A. Montagna). Ascochijta Pisi Lib. — Su foglie e baccelli di Pisello ad Ascoli Piceno (Cattedra ambulante d'agricoltura), a Miradolo (cap. Eobecchi) ed a Pavia (su piselli del mercato). AnyuiUiile ed Acari. — In bulbi di cipolle, dei quali avevano de- terminato la marcescenza, in orti di Pavia (G. Traverso). Gorcjoglioni. — Sopra Fave, nei dintorni di Pavia (sig. E. Gerardo). Marciume (Bacillus Amylobacter). — In bulbi di aglio, inviati da St. Bonne de Vaclerienx di Francia (A. Chategnier). Malattia indeferìiiinata. — Da Parma il dott. Patrioli, assistente a quella Cattedra ambulante d'agricoltura, c'inviava nello scorso maggio piante di fava, i cui organi vegetativi erano completamente anneriti. Non si trovarono su di esse tracce di parassiti animali o vegetali. Malattie delle lìiante da foraggio. Puccinia graminis Pers. (forma uredosporica). — Su graminacee diverse, in prati a Montìi Beccaria (Montemartini), ed a San Giuseppe presso Pavia CSI. Turconi). Pseudopeziza Trifola (Bern.) Fuck. — Su Trifoglio a San Giuseppe presso Pavia (M. Turconi). Ovidaria Pulchella (Ces.) Sacc. — Sopra foglie di Holcus sp., in campi lungo il Po. Sclerotinia trifoliorìim Eriks. — In radici di Trifoglio da Udine (Z. Bonomi). Orobanche sp. — In campi d'erba medica a C'asteggio (Dott. Giulietti). Malattie delle piante ornamentali. Puccinia Violae (Sclium.) D. C. {forma ecidiosporica). — Sopra foglie di Mammola in giardini di Pavia (sig. Sabbia). Idem {forma teleutosporica). — Pure in giardini di Pavia (avvo- cato Griziotti). Phragmidiiim subcorticiiim (Schranck) "Winter (forma ecidiosporica). — Su foglie di Rosa, a Cuneo (direttore della scuola agraria, professor A. Bono). Graphiola Phoenicis (Moug.) Poit. — Sopra foglie di Palma, a Brin- disi (cav. A. Montagna), ed a Roma. Oidium leucoconium Desm. — Su foglie di Rosa, a Parma (Avvenire agricolo), ed a Pavia (on. Rampoldi). Furono consigliate le solforazioni. I — XLV — Cladosporium sp. — Sopra infiorescenze di palme, a Brindisi (ca- valier A. Montagna). Cercospora neriella Sacc. — Su foglie di Leandro, a Miradola (eap. Robecchi). Macrosporium sp. — Sopra foglie di Viole mammole, a Brindisi (cav. A. Montagna). Phijilùsticta Violae Desm. — Idem, idem. Phijllosticta aumbicola Sacc. — Su foglie di Aucuba japonica, a Como (rag. Audreani). Diplodia pinnamm Pass. — Sopra Palme, a Brindisi (cav. A. Mon- tagna). Cnniothi/rium coHcentrìcinn (Desm.) Sacc. var. Agaves. — Su foo-lie di Agave, nell'Orto botanico di Pavia. ° CoHiothi/rinm palmm-um Corda. — Sopra Palma, a Brindisi (cavalier A. Montagna). Diplodia depazeoides Dur. et Mont. — Idem, idem. Pirostoma Farnetianum Pollacci. — Sopra foglie di Pandano, nel- l'Orto botanico di Pavia. Ambaena Cycadeanm. — In radici di Cycas sp. nell'Orto Botanico a Pavia. Anguilhde. — In radici di Garofani in giardini di Pavia (Farneti) Ne era invasa una intera collezione, che si riusci a salvare cambiando la terra e lavando e potando abbondantemente le radici di tutte le piante. — Le Anguillule distrussero pure un'intera collezione di Lilitm candidimi del nostro orto botanico. Pulvinaria Camelicola Sign. — In foglie di Camellia mandateci dal prof. Pasqualini, direttore della Stazione agraria di Forlì. La deter- minazione ci venne favorita dalla R. Stazione di entomologia agraria di Firenze. Malattie delle piante forestali ed industriali. Exoascus aureus (Pers.) Sadeb. — Sopra foglie di Pioppo nei Giar- dini pubblici di Venezia. Lophodermiuni Pinastri (Schrad.) Chev. — Su foglie di Pino da Brindisi (cav. A. Montagna). Melampsora aecidioides (De.) Schroet. — Sopra foglie di Pioppo nei boschi lungo il Ticino, a Pavia (M. Turconi). Coleosporium Senecionis (Pers.) Fr. — Grossi rami di Pinns Pinea colla corteccia coperta dagli ecidii di questa Uredinea, ci vennero man- dati in diverse riprese dal signor Binazzi, R. Ispettore forestale di Ra XLVI — venua. Nella piiicita di Ravenna molte piante ne sono attaccate già da qualche anno. Tale parassita produce delle specie di tumori, che ab- bracciano l'intiero ramo e possono esser lunghi parecchi decimetri. E su questi tumori che in primavera (maggio) compaiono i grossi ecidii caratteristici del fungo. Va notato che le foglie inserite sui rami mandatici, anche in cor- rispondenza ai tumori dianzi accennati, erano perfettamente sane, ciò che conferma l'opinione che la forma la quale attacca le foglie (acicola) sia diversa da quella che infetta i rami {corticolà). Cladosporium herbarum (Pers.) Link. — Su foglie di Tiglio, i mar- gini delle quali eiano completamente secchi, ad Ascoli Piceno (M. Sa- moggia). È probabile che lo sviluppo, forse parassitario, di questo Ifomicete, sia stato favorito dalla eccessiva umidità atmosferica che si ebbe nei giorni in cui la malattia si è sviluppata (verso la metà di giugno). Alternarla Brasslcae (Berk.) Sacc. — Sopra foglie di Ravizzone, presso Pavia (M. Turconi). Ramularla sp. — Idem, idem. Marsonla Popull (Lib.) Sacc. — Su foglie di Pioppo, lungo il Ti- cino presso Pavia (M. Turconi). Agaricus melleus L. {Rizomorfa). — Sopra radici di Gelso a Se- raiana presso Sannazzaro (Inglese), ove aveva invaso interi filari. Fltoptosl. — Su foglie di Tiglio, nei giardini pubblici di Venezia. Inselti indeterminati. — Sopra foglie di Gelso, a Cuneo (professore Forti direttore dell' Ufficio agrario sperimentale , e Scuola agraria A. Bono). Necrosi del (jelso. — Ci vennero mandati rami di Gelso attaccati da questa malattia, dal prof. V. Alpe, che li aveva raccolti in un gel- seto giovane a Cascina Robecco in comune di Balsamo (Milano). Sui rami dell'anno le ulcerazioni erano lunghe circa due centimetri e molto profonde e si notava anche un accartociamento ed annerimento delle foglie. — Fu consigliato un'abbondante potatura ed un'accurata scelta delle piantine da sostituirsi alle morte. Avvizzimento dei (jcrmogli del gelso. — Anche quest'anno fu causa di gravi danni alla coltura dei Gelsi nella nostra provincia. Ne ebbimo esemplari da San Martino, Cava Manara, Bressana, Casteggio, Casa- tisma, Belgioioso, Cortcolona, Santa Cristina, Miradolo, San Colombano, Torre d'Isola, ecc. Ce ne mandò anche da Buttrio in Piano (Udine) il signor A. Tomasoni. Melata. — In foglie di Prunus lusitanica, da Piacenza {Italia Agricola). I XLvn Malattie di piante diverse. Cystopus candidus (Pers.) Lev. — Sopra foglie e fiori di Sinapis arvensis, a Parma (Cattedra ambulante d'agricoltura). Idem e Peronospora parasitica (Pers.) Tul. — Sopra foglie e fiori di Capsella Bursa paatoris, a , Pavia. Puccinia acetosae (Schum.) Koni. — Su foglie di Rumex sp., a Brin- disi (cav. A. Montagna). Puccinia Malvaceanim Mont. — Sopra foglie di ilalva, a Pavia (.si- gnor Sabbia). Melampsora helioscopiae (Pers.) Cast. — Sopra foglie di Euphorbia sp., alla villa Borghese (Roma). Oidium enjsiphoides Fr. — Su foglie di Salvia e Corenno Plinio presso Como (rag. Andreani) e su foglie di Luppolo a San Giuseppe presso Pavia (M. Turconi). Ovularia decipiens Sacc. — Sopra foglie di Rammculus sp., a San Giuseppe (M. Turconi). Bicerche ed informazioni varie. Determinazione di Fanerogame inviate dal Corriere del Villacjfiio, dal prof. Natoli di Locamo, dal signor E. Piccinini di Casal monferrato, dal signor M. Mazzolini di Pavia e dal signor Eossi pure di Pavia. Determinazione di un lichene {Cetraria islandicd) posto in vendita a Pavia. Informazioni su diverse piante, sulle loro proprietà e coltura, al prof. L. Mariani di Roma, al prof. L. Eoesler di Klosterneuburg (Vienna), al signor Riccardi di Milano, al prof. Borea di Pavia e al signor Fran- cesco Della Torre di Cividale del Friuli. Esame di campioni di latte e di seta. Rasseg'na Crittogamica pei mesi da lug'lio a dicembre 1899 ai Mi- nistero d'Agricoltura. Peronospora [Plasmopora viticola (Berk. et Curt.) Berlese e De-ToniJ. — Foglie e grappoli di uva attaccati dalla peronospora ci vennero man- dati da Moutù Beccaria, da Ponte Organasse (avv. Palazzi), da Monte- XLVIII leone (conte Bolognini), Ja .Milano (signor Osnago e prof. Marchese, direttore del Corriere del Villaggio), da Nervi (Griziotti), e da Anticoìi di Campagna in provincia di Roma. In alcune località nmide il parassita lia recato anciie quest'anno danni abbastanza gravi, cosi per esempio, a Groppello Oairoli in una vigna del signor Calvi ed a Rocca di Como dal dottor Comolli. Però in generale l'annata non fu troppo favorevole allo sviluppo del male, onde il raccolto della vite non ebbe a soffrire soverchia- mente in causa di (luesto parassita combattuto ovunque efficacemente coi sali di rame. AntracHosi {Gloeosporium ampelophagiim Sacc). — Anche questa malattia prese grande estensione a (rroppello Cairoli (signor Calvi), ed a Rocca di Como (dottor Comolli), ove fu causa di seri danni. Ne fu- rono mandati esemplari per studio pure da villano (Corriere del Villaggio) nei quali erano attaccati tralci, foglie e grappoli, e da Brindisi (ca- valier Montagna). Dappertutto consigliammo, come si è detto nella precedente Tìassegna, le pennellature con soluzione satura di solfato di ferro le quali si mostrarono anche in quest'anno di grande efficacia. In un vigneto di uve bianche del conte Bolognini a Monteleone (Pavia) ove da parecchi anni non si aveva quasi raccolto ed il male si esten- deva ed acuiva in modo da minacciare 1' esistenza delle viti stesse, furono nell'inverno scorso, dietro nostre istruzioni, fatte larghe appli- cazioni sui tralci di soluzione acida di solfato di ferro, previa abbon- dante potatura. Nella scorsa estate il parassita si afflacelo in piccolis- sima misura e il raccolto delle uve fu relativamente abbondante mentre prima non se ne aveva. Con un altro anno di cura il parassita proba- bilmente sarà vinto. Attaccati da quella forma speciale di Antracnosi che, come si è detto nella precedente iìasse*/»», si manifesta come perforazione delle foglie ne inviò esemplari per esame il dott. F. Barbato, direttore della scuola pratica d'agricoltura di Cesena. Crittogama (Oidiiim TucJ:eri Beri.). — La trascuratezza mostrata in questi ultimi anni dai viticoltori nel combattere questa malattia che i più considerano come domata, fa sì che essa vada invece ogni anno allargandosi in modo da essere causa di danni sempre più gravi. Noi la constatammo nel Vogherese in tutti i vigneti che abbiamo avuto oc- casione di visitare, a Casteggio, Santa Giulietta, Redavalle, Broni, Can- neto, Montù Beccaria, ecc., e ce ne inviarono campioni per esame anche da Monteleone e Miradolo. In provincia di Ascoli Piceno, a quanto ne scrisse il prof. Samoggia, sene ebbe un'invasione straordinaria si che lo zolfo riusci spesso inca- XLIX — pace a vincerla. Alcuni viticoltori ottennero ottimi risultati col fegato di zolfo, così che si propongono di sostituirlo allo zolfo. Cercospora viticola (Cav.) Sacc. — Su foglie di viti americane a Pavia (lemoli) e a San Giuseppe presso Pavia (Turconi). Aureobasidium Vitis Viala et Boyer. — Sopra foglie di vite soffe- rente a Cesena (F. Barbato, direttore della Scuola pratica d'agricol- tura), a Monteleone (conte E. Bolognini) ed a Brindisi (cav. Montagna). Phyllosticta Vitis Sacc. — Su foglie mandateci dal Comizio Agrario di Sondrio. Mal nero. — A Miradolo donde il signor Merigli ne inviava tralci infetti. Pestalozziu uvicola Speg. — Su foglie da Brindisi (cav. Montagna). Cìadosporium viticolum Cesati. — Sopra foglie di vite ad Ancona (cav. prof. V. Bianchi), e a Brindisi. Bnmisstire {PlasmodiopJiora Vitis Vialà et Sauv.). — Sopra foglie di vite a Nervi (Liguria). Fnmaggiìic. — Su foglie mandateci in esame da Cuneo (Consorzio Agrario). Malattia dovuta a causa incerta. — Il prof. F. Barbato, ci inviava nello scorso luglio un ceppo di vite preso da un vigneto ove da circa 7 anni parecchie piante andavano deperendo; e subivano la stessa sorte anche altre specie di piante che trovavansi frammiste alle viti come ciliegi, mandorli, meli, ecc. Nonostante le piìi accurate ricerche eseguite sul ceppo inviatoci per esame poco si potè concludere. Trovammo soltanto, nella radice principale, grosse gallerie di insetti allora scomparsi e traccie del mi- celio di un fungo non determinabile e che probabilmente avrà concorso allfi, decomposizione del legno. Parrebbe si trattasse di guasti dovuti a qualche grossa larva ma non avendo potuto recarci sul posto non si potè con certezza nulla decidere sulla causa del male. Fitoptosi. — Ne ebbimo esemplari in esame da Milano (G. Mar- chese), da Ancona (cav. prof. Bianchi) e da Brindisi (cav. Montagna). TignuoUt. — Come è noto, e he abbiamo parlato più volte, le larve di alcuni microlepidotteri e specialmente della Cochylis AmbigueUa Huds. àoìVEudemia botrana Schaffem ed in alcuni luoghi anche (ìtWAlbinia Wochiana Briosi, sono causa di gravissimi danni che il viticoltore at- tribuisce quasi sempre ad una sola specie di farfalla che chiama Ti- g nuota della vite. In questi ultimi anni tale malanno andò sempre piìi estendendosi, invase molte plaghe viticole e non risparmiò i vigneti della nostra provincia. II nostro Laboratorio Crittogamico chiamato più volte ad Atli deirisl. Boi. dell' Uni nersità di Pania — Serie II — Voi. VI. IV — L occuparsene intraprese esperienze e seguì i vari tentativi fatti da altri onde combattere questi nemici affine di controliarne l'eflicacia e poter dare qualche utile e sicura indicazione al viticoltore sui vari rimedi proposti. In quest'anno molte prove si fecero colle cosi dette Iruppole al- l'aceto destinate alla caccia delle farfallette, trappole alle quali facemmo cenno in altre Rassegne e delle quali si era da alcuno tanto vantata la efficacia pratica per sperienze fatte in diversi luoghi nell'anno scorso. L'apparecchio consiste in un recipiente di vetro greggio a cono, del diametro medio di 15 centimetri circa, munito di un manico di fil di ferro mediante il quale lo si può sospendere alle viti, coperto di un imbuto di latta rivolto colla concavità verso l'alto e riparato dalla pioggia mediante un disco ad ombrella pure di latta attaccato più in alto sotto il lampino di sospensione. Entro il recipiente si pone circa un decilitro di aceto che coU'odore deve attrarre le farfalle della tignola le quali una volta entrate nel bicchiere non possono più uscirne e lìni- scono ad annegare nell'aceto stesso. Molti di tali apparecchi, die costano solo .30 centesimi l'uno, fu- l'uno da noi distribuiti colle relative istruzioni a diligenti viticoltori dei diversi comuni viticoli della nostra provincia : a Miradolo, San Colom- bano, CTroppello Cairoli, Casteggio, Santa Giulietta, Broni, Canneto, Rovescala, ecc., ed alcuni applicammo noi stessi alle viti dell'Istituto Botanico e di orti della città, tenendoli in speciale osservanza per tutto il mese di maggio e parte del giugno. Il personale del Laboratorio visitò buona parte dei vigneti ove si facevano le sperienze, vi andò a raccogliere le farfalle e ove non potè far altro diede le disposizioni perchè gli insetti raccolti gli venissero spediti in buone condizioni. Nel nostro orto botanico furono prese con tali trappole solo una cinquantina d'insetti la maggior parte lepidotteri crepuscolari, mentre in un orto della città, quello dell'ex palazzo Botta, con sei soli recipienti si acca- lappiarono da sette ad ottocento insetti, ma la maggior parte erano mosche carnarie ed altri ditteri, e poche le farfalle benché tutte crepuscolari. A Groppello Cairoli il signor Albertario prese 116 insetti che al- l'esame risultarono divisi pressoché in parti uguali fra macro e microle- pidotteri crepuscolari (uno solo era diurno; ; a Groppello pure un altro signore, il signor Calvi, ne accalappiò circa 300 clie erano in grande maggioranza microlepidotteri crepuscolari ; a Chignolo Po il sig. inge- gnere Gianzini ne prese circa 150 quasi tutti macrolepidotteri; a Castel San Giovanni il signor Cantù 40 tutti macrolepidotteri crepuscolari. A San Colombano l'ingegnere Cattaneo prese diversi insetti dei quali a LI noi mandò solo 5 microlepidotteri, che gli sembravano gli unici rasso- miglianti alla Tignola, e che noi non riuscimmo a determinare tanto erano stati sciupati dall'aceto e dal cotone nel quale vennero involti. Infine a Miradolo il capitano Robecchi riuscì a prendere una cinquan- tina di macrolepidotteri crepuscolari, ed a Casteggio il distintissimo ampelografo signor avvocato Giulietti dal 16 al 27 maggio ne fece pri- gionieri circa 450. Ora, cosa strana, fra tutti questi insetti non si trovò alcun esem- plare di CochyUs ambiguella, come scarsi erano relativamente i microle- pidotteri. Degno di nota si è che fra i microlepidotteri si trovarono una sessantina di farfallette provenienti da 3 diverse località dotate di tali caratteri che le avvicinano sXV Albinia Wochìana Briosi, pure essendo da questa distinte ; onde sono ancora oggetto di studio, insieme ad un'altra cinquantina, provenienti da due altre località che invece si avvicinano alla Cochijlis AmUguella senza poterle però a questa riferire. Nel complesso i risultati da noi ottenuti con questi apparecchi non sono cosi buoni, come vennero da altri decantati; molti sono ta- lora gli insetti che si pigliano, ma appartengono non solo a specie ma anche a famiglie ed ordini diversi; delle Tignole della vite ben poche entrano nelle trappole. Invero in quest'anno la Tignola è stata meno copiosa che negli anni scorsi, ma non è a credere che a tal, fatto sia interamente dovuta la scarsità della presa, poiché lo scrivente ebbe occasione di vedere più volte sul crepuscolo vespertino in alcune viti che teneva in diretta osservazione e che erano fortemente attaccate da questi insetti, come le farfallette della Tignola si staccassero dai pampini della vite quando questi venivano agitati o scossi ma non entrassero nelle trappole frap- poste 0 sottoposte; invece dopo breve volo ritornassero a posarsi sulle fronde della stessa pianta o delle piante vicine; l'aceto non sembrava avere gran forza d'attrazione per esse; in un mese ne prese una sola! Noi ripeteremo queste esperienze un altro anno, ma nutriamo poca speranza di buona riuscita. Per chi voglia tentarle avvertiamo che l'aceto va cambiato di frequente non solo perchè si consuma, ma altresì perchè perde l'odore e quindi la forza attrattiva. Insetticida Mazza. — Abbiamo in altre Eassegne di già parlato di questo insetticida col quale a noi non fu dato in quest'anno di intra- prendere larghe sperienze. Come è noto esso è un liquido che si ap- plica sui grappoli adulti ed agisce sui bruchi che snida ed uccide. Ora per non essersi in alcuni luoghi in quest'anno sviluppata l'ultima ge- nerazione della Tignola che attacca gli acini quasi maturi e per la — LH — precocità della vendemmia , a noi venne meno l'opportunità di speri- mentarlo. ("arda cogli stracci. — Lo stesso signor Mazza di Stradella tentò nell'autunno scorso nn altro metodo di caccia: avvolse cioè ai pali di sostegno ed ai tralci delle viti, di solito più infestate, dei semplici stracci di vecchia tela d' imballaggio, affine di offrire alle larve (bruchi) della Tignola un facile e comodo ricovero per svernare. Le sue previ- sioni pare promettano buoni risultati, infatti nei detti stracci molti bruchi si annidarono e poterono essere facilmente presi, in alcuni di essi contammo noi stessi persino 2.5 larve, die nella prossima prima- vera ci diranno, se potremo farle sviluppare, in quale misura esse ap- partengano alla Tignola della vite. Gommofii e colpi di sole. — Da Oliva Gessi il prof. A. De Bene- delti ci inviava nello scorso agosto dei tralci di vite che erano com- pletamente secchi e ci avvertiva che parecchie viti di uno stesso vi- gneto erano perite in egual modo. Recatomi sul luogo constatai che il vi- gneto, esposto a mezzodì, aveva tutte le viti sofferenti per siccità. Nelle morte o morenti non constatammo alcun parassita,, solo il legno della radice presentavasi alterato e guasto per gommosi; non ci fu dato quindi scoprile la causa del male; le viti erano deboli, il terreno in forte pendio, e la siccità fortissima ; a questa si attribuì il deperimento. Alcune osservazioni sommarie si fecero anche per ricercare la fillos- sera, che non venne trovata, ma su questa non si insistette per ristret- tezza di tempo e invece si consigliò di fare ispezionare il vigneto dagli agenti fiUosserici che allora esaminavano il territorio dei comuni vicini (Eedavalle e Santa Giulietta). Fersa. — Su foglie di vite da Ancona (cav. Bianchi). Scottatura. — In grappoli da Milano (prof. Marchese, direttore del Corriere del Villaggio). Colpo di sole. — Da Rovigo (prof. Munerati, direttore di quella Cattedra ambulante di agricoltura). Ingiallimento delle foglie. — Da Nervi e da Brindisi (cav. Montagna). Fillossera. — Anche questo terribile flagello ha voluto visitare la nostra provincia. Durante esplorazioni fatte nel Vogherese dalle squadre del Consorzio fillosserico Subalpino furono trovati diversi centri d'infe- zione nei comuni di Santa Giulietta e Redavalle. Tosto fu messo mano all'estirpazione dei ceppi attaccati ed alla disinfezione delle plaghe infette, indi si procedette ad esplorazioni intensive di tutti gli altri vigneti di quei comuni, i quali furono trovati affatto immuni. È ad augurarsi che le nuove esplorazioni che si intraprenderanno nei vicini comuni assicurino l' immunità pure di questi, o, nella peggiore ipotesi, — LUI — che si riesca a soffocare ogai centro di eventuale infezione onde assi- curare l'esistenza dei vasti vigneti di quella ricchissima plaga vinifera € ridare la quiete a quei solerti ed intelligentissimi viticoltori. Malattie dei cereali. Pucciiiia gliimaniin (Scluun.) Eriks. et Heum. — Sopra diverse spighe di frumento inviateci da Brindisi (cav. Montagna). Piiccinia Rubigo- Vera (D. C.) Wint. — Sopra Secale a Groppello Cairoli. Puccinia Maijdis Carrad. — Su foglie di granturco nei campi di Solbiate e Cagno (Como). Ustilago Magdls (D. C.) Corda. — Nonostante la stagione molto asciutta questo parassita prese una considerevole estensione nei campi
  • Il Gkrard (Ioc. cit., pag. 375 i ha visto che nella Datura Stramonium e nf^WWtropa Beìlaclonna le trachee primitive si comportano nello stesso modo, ed il Lamolxette (Ann. Se. Nat , Ser. VII, T. 11, pag. 212) constatò l' identico fatto nel Solanum nigrum. 11 primo attribnisee anzi a' ciò il fatto che in queste piante i fasci xilemici non possono compiere la loro rotazione completa ed entrano nei cotiledoni con orientazione ancora centripeta e al semplice stato di fasci a V. Si deve però osservare che l' isolarsi delie trachee primitive, quale si vede nella mia tigura 1% lascerebbe ai rami laterali dei fasci a V il campo di potere rotare; di più qualche volta tali trachee primitive si schiacciano e si esauriscono molto presto, quando ancora i fasci xilemici si presentano in sezione di forma triangolare, e ciò non ostante le trachee centrali si comportano nello stesso modo, non mostrano cioè alcuna rotazione ma solo uno spostamento isolato verso la periferia e verso i lati. — 9 — plari molto giovani si potrebbe dire in una sola serie tangenziale un po' ricurva, nella sua parte di mezzo, verso l'esterno. Contro questa serie si appoggiano gli elementi a differenzazione centrifuga che caratteriz- zano le formazioni caulinari. Contemporaneamente, nel modo indicato dal Lamounette per altre Solanacee, compare il libro interno, ed il libro esterno si divide si da formare i fasci cotiledonari ed i caulinari. Anche in questa pianta dunque non si ha rotazione alcuna delle masne xilemiche radicali e vi è continuità tra il sistema vascolare delle radici e quello del l' ipocoti le : lo xilema dei fasci fogliari <- dato da alcune trachee, prorenieiili dalle radici, che si isolano e vanno a formare la base del futuro legno centrifugo; quello dei fasci cotiledonari è costituito dalla maggior parte delle trachee radicali che si isolano fra loro e si spostano verso i lati e verso la periferia andando, tutte insieme, a formare la base dello xilema centrifugo dei fasci completi. Altre Solanacee. Come nella Datura Bcrfolonii, il passaggio avviene anche in altre Solanacee che ho esaminato, quali la Physalis angulata, il Hiosciamus niger, ed il Solaniim Lycopersicum. In tutte queste piante si ha infatti alla base dell'asse ipocotile un fascio xilemico unico, a forma di mandorla in sezione trasversale, il quale presto si divide in due fasci a sezione triangolare. E sempre gli elementi di questi fasci si dissociano e si spostano, senza mostrare alcuna rotazione di massa, verso i lati e verso le trachee più esterne così che nella parte superiore dell' asse ipocotile si hanno due fasci xilemici (Tav. I, fìg. 10) i cui elementi sono disposti in una sola serie tangenziale più o meno ondulata, nel mezzo della quale stanno le trachee più sottili, esterne del fascio primitivo. Questi fasci formano la parte più interna dello xilema dei fasci libro-legnosi cotiledonari, con processo di differenziazione centrifugo. Il legno dei fasci fogliari deriva da alcune trachee radicali, isolatesi dalle altre e portatesi venso il mezzo degli archi floemici laterali. Adenophora coronata Dee. Il fascio xilemico a mandorla, in sezione trasversale, che dalla radice entra nell' asse ipocotile di questa pianta, appena oltrepassato il colletto si ingrossa nella sua parte mediana (Tav. II, fig. 1) per — 10 — formazione di nuovi elementi, mentre alle sue estremità le trachee più esterne cominciano subito ad impicciolirsi e ben presto scompaiono '. Rimane cosi al centro del cilindro centrale un corpo xiiemico che può assumere talora, in sezione trasversale, una forma allungata in direzione normale al piano d' inserzione dei cotiledoni e che sembra dato dal- l'unione di due fasci a differenziazione centrifuga. E dalla dissociazione, spostamento e successivo raggruppamento dei singoli elementi compo- nenti questo corpo centrale, che si hanno i empi xiiemici dei fasci cotiledonari e fogliari. Poco sopra il colletto, infatti, si comincia a vedere un incuneamento del midollo (fig. 2) che viene quasi a dividere il fascio in due parti e ne isola alcuni elementi; poi (fig. 3) questo incuneamento ed accre- scimento del midollo si accentuano finché si finisce coli' avere (fig. 4) gli elementi tracheali disposti come in una zona circolare molto irre- golare e qua e là interrotta, nella quale non è possibile riconoscere la disposizione centripeta propria della radice mentre non è ancora ac- cennata quella centrifuga del fusto. Ancora più in su (fig. 5) gli elementi di questa zona circolare si spostano e vanno a raggrupparsi intorno a quattro centri, di cui (fig. 6) due (i maggiori) si trovano al posto delle trachee primitive scomparse e costituiscono il legno dei fasci cotiledonari, gli altri due vanno all'epicotile e si stabiliscono contro la parte mediana degli archi librosi primitivi, i quali nel frattempo si sono allargati e divisi si da dare luogo alle varie ramificazioni che passano sopra ai fasci xiiemici destinati ai cotiledoni, costituendone il rispettivo libro. All'esterno di questi quattro gruppi .si formano le trachee pri- marie caratteristiche del caule. Si può dunque dire che lo xilema delle traode tanto fogliari che coti- ledonari è in perfetta continuità con quello radicale ed è formato, in principio, dalle trachee centrali del fascio radicale, isolatesi tra di loro e spostatesi in modo da andare le une verso i cotiledoni, le altre verso le foglie. In questo spostamento la orientazione centripeta si perde e ne risultano delle serie tangenziali, più o meno regolari, di elementi tracheali, all' esterno delle quali ha hiogo in se;;i(ito la formazione centrifuga caratteristica dei fasci libro-legnosi. Non si osserva nemmeno in questa pianta alcuna rotazione di massa, e le trachee primitive più esterne si esauriscono mollo presto. ' Il Gérarp (loc. cit.,.37I), parlando della Campanula rcpuncoloides, dice che, oltrepas.sato il colletto, gli elementi conduttori dei fasci vascolari annientano di numero e si dispongono in più file e soggiunge : le rcfoidement des irachics primiUves vers l'intérieur facilite encore eette disposition. Secondo lui, dunque, le trachee primitive sono spinte verso l'interno; mentre nella Campanulacea da me studiata ho potuto ac- certarmi che esse si schiacciano e si esauriscono. — 11 Flaveria repanda Lag. In questa specie il passaggio dalla radice al fusto è più complicato che nelle specie già studiate, perchè in ogni cotiledone entrano tre fasci libro-legnosi ben distinti. Dalla radice penetra nell'asse ipocotile un fascio xilemico a man- dorla, in sezione trasversale, composto di una sola serie di trachee di cui, al solito, le centrali sono più grandi delle laterali. Due cordoni floemici si trovano alle estremità del diametro del cilindro centrale che è- normale a tale fascio. Poco sopra il colletto (Tav. II, tig, 9) gli elementi di questo fascio xilemico aumenta)io di numero al centro, mentre cominciano a spostarsi. Tale spostamento si accentua sempre più (fig. 10 e 11) e va man mano estendendosi alle trachee più esterne del fascio xilemico salvo le pri- mitive e più piccole che rimangono esse sole in posto e vanno esau- rendosi. A 3-4 millimetri sotto l'inserzione dei cotiledoni si hanno cosi tutti gli elementi del fascio primitivo quasi isolati tra loro e disposti in una specie di zona circolare, o meglio elittica col diametro maggiore nel senso in cui si distendeva il fascio primitivo (fig. 7). Il libro si è anch'esso prima allargato tangenzialmente, e poi smembrato in tanti fascietti distribuiti lungo tutta la periferia del cilindro cen- trale (fig. 7 e 8). Più in alto, comincia un aggruppamento delle trachee: alcune si piegano verso le trachee primitive e vanno a costituire, insieme agli avanzi di queste, due cordoni xilemici senza orientazione caratteristica né centripeta né centrifuga, composti da ultimo, come si è visto nelle piante precedentemente studiate, di una serie tangenziale di elementi contro i quali compaiono poi le formazioni centrifughe proprie dei fasci caulinari. Queste trachee, insieme ai tascietti floemici che passano loro sopra, vanno a formare le traccie mediane dei due cotiledoni; le altre, che sono quelle provenienti dalla porzione mediana del fascio radicale ori- ginario, si portano sempre più, da una parte e dall' altra, verso gli archi librosi e danno luogo (fig. 8) a quattro gruppi per lato: alcune, quelle che occupano la parte mediana dell'arco, escono presto dal cilindro centrale (fig. 8 e 13) insieme al libro loro corrispondente e vanno a formare un fascio libro-legnoso per lato, il quale dividendosi poi in due manda nn ramo in ogni cotiledone a costituirne una delle nervature laterali (fig. 14 e 1.5); le altre si appoggiano contro tre fasci librosi e formano per ciascun lato tre fasci libro-legnosi destinati ad entrare — 12 — nella corrispondente foglia del primo paio sopra i cotiledoni. Anche in questi quattro fasci gli elementi tracheali sono da principio o isolati, nei più piccoli, o ordinati in serie tangenziali contro le quali si ap- poggiano in seguito le formazioni centrifughe caulinari. Che veramente vi sia continuità tra gli elementi degli otto fasci laterali dianzi accennati e quelli del fascio radicale, clie anzi siano gli stessi elementi di questo fascio che si spostano isolatamente (senza mostrare alcuna rotazione di massa) a formare i fasci laterali, lo si vede osservando una piantina ancora giovane in cui il numero degli elementi già differenziati sia tanto piccolo ila essere jìossibile seguirne il percorso a uno a uno. Le figure 16 e 17 della tavola II rappresentano appunto due sezioni del cilindro centrale fatte, a un millimetro di di- stanza r una dall' altra, alla metà circa dell' asse ipocotile in una di tali piantine giovanissime. Da esse si vede che le trachee che formano la parte mediana del fascio radicale sono appunto quelle che, spostandosi, vanno a formare i fasci caulinari laterali. Si deve dunque dire che anche qui // passaggio dai fasci xilemici radicali a quelli caulinari ha luogo per graduale scomparsa degli clementi primitivi e per isolamento e successivo spostamento dei singoli elementi ra- dicali i quali vanno poi a riunirsi in modo da formare la parte più interna del leijno centrifugo dei diversi fasci caulinari. CONCLUSIONI. Riassumendo i risultati avuti dallo studio delle diverse specie da me prese in esame, mi pare che si possa concludere: 1." Nel passaggio dai fasci xilemici primarii radicali a quelli coti- ledonari non vi ha, nelle specie da me studiate, alcuna torsione come vogliono Van Tieghem e Gerard, né alcuna soluzione di continuità come ritiene Dangeard, ma invece perfetta continuità fra gli uni e gli altri. La trasformazione della struttura centripeta in centrifuga avviene nel modo osservano da Briosi e Tognini nella canapa, e cioè per esani imento di una parte degli elementi radicali e per dissociazione e spostamento degli altri che vanno a costituire la parte più interna delle formazioni centrifughe caulinari. 2." Non sempre vi è continuità tra i fasci xilemici primari che vanno nei cotiledoni e quelli provenienti dalle foglie soprastanti: non sono rari i casi in cui questi ultimi sono indipendenti dai primi ai quali si attaccano solo per le formazioni secondarie. Dall'Istituto Botanico di Pavia, aprile 1898. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tavola I. Fig. 1. Sezione trasversale dell'asse ipocotile di Sinapis alba a mezzo centimetro dai cotiledoni. ''*^/,. 2. Idem di Dianthus ehinensis, poco sopra la sua metà. ■"'°/j. ., 3. Idem alla base d'inserzione di un cotiledone. ^"^Z,. „ 4. Idem sotto i cotiledoni, '-'^/i. ,, 5. Idem di Corchorus oUtorius, all' inserzione dei cotiledoni (schematico).''"'/,. „ 6-7. Idem a due millimetri sotto l'inserzione dei cotiledoni e all'inserzione di uno di questi. ■*Vi • „ 8. Idem di Sinapis alba, poco sotto l'inserzione dei cotiledoni (schematico).'"'/,. „ 9. Idem di Datura Bertolonii, in corrispondenza all' inserzione di un cotile- done, -«'/j. „ 10. Idem di Physalis angulata, appena sotto l'inserzione dei cotiledoni. ■'*°/,. „ 11. Idem di Corchorus olitorius (schematico), '"/i. Tavola U. Fig'. 1-4. Sezioni trasversali di asse ipocotile di Adenopliora coronata, alla base, a metà e un po' sotto all'inserzione dei cotiledoni. ^"/,. „ 5-6. Idem un po' piti in alto (schematici). ''"/,. „ 7-8. Idem di Flaveria repanda a metà e appena sotto l' inserzione dei cotile- doni. "*^',i. „ 9-15. Idem a di^'erse altezze, dalla base lino all'uscita dei cotiledoni (schema- tici). •"/,. „ 16 17. Idem in stadio molto giovane a metà circa, l' una (17) a un millimetro più in alto dell'altra, -^■■/i- 1 bis ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) INTORNO AI METODI DI RICERCA MICROCHIMICA BEL EOSFORO NEI TESSUTI VEGETALI. Nota del Dott. aiNO POLPACCI (con umv tavola colorata.) Nel 1894, in una memoria riguardante la localizzazione del fosforo nei tessuti vegetali \ mi valsi per la ricerca di questo elemento di un metodo miciocliimico di colorazione che proposi come il più utile per constatare la presenza del fosforo in un dato tessuto. Il detto metodo, benché adottato da vari sperimentatori (e gene- ralmente applicato), è stato oggetto di alcune discussioni ; e visto ap- punto l'interesse che ha suscitato, sono per ciò ritornato a studiarlo consultando quanto era stato fatto di consimile e quali argomentazioni in prò e contro erano state date. Faccio seguire a questa nota una tavola, dove ho ritratto, la mas- sima parte con camera lucida, dei preparati trattati col metodo da me proposto e che ho cercato di riprodurle colorati più fedelmente che mi è stato possibile. Il metodo di ricerca è dei più facili, né presenta difficoltà tecniche di sorta. Si immergono le sezioni dei tessuti da studiare (e che pos- sono essere fatte con materiale tanto fresco come conservato in alcool 0 trattato con altre sostanze, le quali non alterino il fosforo o ' PoLi.Acci Gino: Sulia dintribusionc del fosforo nei tessuti vegetali. Ricerche microchimiclje. Malpighia, anno Vili, voi. Vili, 1895. Idem : Sulla ricerca microchimica del fosforo per mezzo del reattivo molihdico e cloruro stannoso nolle cellule tanniche. Malpighia, anno IS, 1896. Alti dell' hi. Boi. dell' Università di Pavia — Nuova Serie — Voi, VI. 2 - 16 — composti fosforati), in un miscuglio di acido nitrico é molibdato d'am- monio. ' In questa miscela, nota col nome di rraltipo moìUnUco. lascio im- mersi i tagli per un certo tempo clie, come ben si comprende, dovrà variare a seconda dello spessore delle sezioni. Nel prendere le parti e trattarle col reattivo moUbdico, giova notare che è necessario usare pinzette con punte di platino aflincliè l'acido nitrico, di cui è ricco il reattivo, non abbia ad intaccarle ed insudi- ciare le sezioni col sale formatosi. Dopo questa operazione, quelle parti che contengono fosforo assu- mono una colorazione gialliccia più o meno intensa, colorazione solo percepibile all'occhio quando il fosforo sia in forte quantità; e che è dovuta a produzione di fosfomolibdato d'ammonio. Però oltre questo fosfomolibdato rimane ancora nei tessuti per tal modo trattati del reattivo molibdico in eccesso, che va tolto con lava- ture in acqua; intento del resto die raggiungesi facilmente essendo esso solubilissimo in acqua mentre il fosfomolibdato è insolubile. Questa operazione di lavaggio è d'uopo che sia eifettuata con cura giacché è necessario che non rimangano assolutamente nei pezzi da studiarsi traccie anche minime di molibdato d'ammonio. Anzi, per essere sicuri che i lavacri sono stati operati perfetta- mente, è bene trattare l'ultima acqua di lavaggio delle sezioni con clo- ruro di stagno, il quale, in contatto anche di piccole traccie del reatliro molibdico, lo riduce trasformandolo in sostanza colorata in azzurro e ben discernibile anche se in piccola proporzione. Quando quest'acqua, in cui sono state immerse per del tempo (1 o 2 ore circa) le sezioni, non dà più colorazione con il cloruro suddetto vuol dire che nei preparati, del reattivo molibdico, non è rimasto che la pai'te trasformatasi in fosfomolibdato d'ammonio insolubile in acqua. Ora se si mettono questi tagli in un soluto acquoso di cloruro stannoso (Sn Cl„) preparato nel rapporto di Su CI, parti 4, H'O parti 100; qualora essi contengano del fosfomolibdato d'ammonio, formatosi per la presenza del fosforo o di principi fosforati, appare istantaneamente ' Questa miscela si prepara uel seguente mmlo : a) molibdato ammonico cristallizzato gr. 15. — Acqua ammoniacale quanto basti per fare centim. cubici 100 di soluto ; hj .\cido nitrico (peso specifico 1,18) in 30"/,, di acqua; ceutiiii. cubici 100. Il reattivo si ottiene versando sopra un dato volume del liquido li un volume eguale del liquido a, ed agitando fincbè il precipitato, cbe si forma da prima, si risciolga. — 17 — nelle parti in cui è localizzato il fosfomolibdato, una bella colorazione azznrra caratteristica e ben distinguibile anche in piccolissima quan- tità, dovuta alla riduzione dell'anidride molibdica che fa parte della sua molecola con produzione d'ossido di molibdeno. Colorazione che è naturalmente più o meno intensa a seconda della proporzione della materia fosforata contenuta nella parte esa- minata. Questa sostanza formatasi è molto stabile e resistente a molti rea- genti anche i più energici. Essa è inalterabile in glicerina, nel balsamo di canadà, in acqua e nemmeno è sciolta, né alterata dall'acido nitrico allungato. La reazione si ottiene pure operando sopra tessuti animali conte- nenti principi fosforati. ^ Da tre anni circa io applico questo metodo operando sopra sva- riati organi e sempre con sicuri risultati. La colorazione azzurra che ottiensi seguendo il metodo descritto è dovuta ad un ossido di molibdeno. Il fosfomolibdato d'ammonio consta di : 3(NH')'0 +Ph-05 -f 20M0O' h 3H-0. Ora il cloruro stannoso in presenza del detto composto riduce l'anidride molibdica convertendola in ossido di molibdeno come appa- risce dalla seguente equazione: 2MoO^ + SnCl^' + 2HC1 =: Mo^ O'^ + Su CI' f- H' 0 anidride molibdica ossido azzurro di molibdeno Col progredire della riduzione, l'ossido azzurro (Mo- 0 ') passa al verdastro e quindi al bruno perdendo dell'ossigeno e dando l'ultimo prodotto di riduzione (Mo- 0-') : 2 Mo 0= -f 3 Su CI- -i 6 H CI =: Mo- 0'' + 3 Su CI' + 3 H- 0 . anidi'ide molibdica ossido bruno di molibdeno ' ZoiA KArFAni.i.o: Localizzasione del fosforo nel Peduncolo delle Vorticelle, nel Bollettino scientifico, anno XVI, n." 4, pag. 8. L'autore opera sopra colonie di Charchcsiiim poli/pinum ed ottiene fino dal primo tentiitivo: "uno spiccatissimo risultato ripetutosi sempre in parecchie prove colla stessa esattezza „ — 18 - Non tutti i chimici danno la stessa forinola per 1' ossido azzurro di molibdeno; alcuni ammettono che la colorazione azzurra sia dovuta alla formazione di un ossilo della forniola Mo-'C* e la bruna ad un ossido meno ossigenato della forinola ì\[o'' 0'. Altri autori in lavori re- centissimi, come Blair e S. li. Wliitfidd ', rappresentano l'ossido azzurro con Mq-O'" e l'ultimo prodotto della i-iduzione sarebbe il sesquiossido (!i molibdeno Mo'-' 0''. La grande sensibilità di detto reattivo è spiegata dalla composi- zione centesimale dello stesso fosfomolibdato d'ammonio che è questa: Anidride molibdica 1)0.74 „ fosforica 3,14 Ossido ammonico 3,58 Acqua 2,54 100,00 Si vede adunque come per la formazione di 10(j parti di fosfomo- libdato ne bastino solamente 3,14 di anidriile fosforica e quindi una porzione minima di anidride fosforica è sufficiente a dare una quantità relativamente fortissima di fosfomolibdato. Il metodo microchimico da me proposto è stato, come ho già detto, generalmente accettato, tuttavia alcuni fecero ad esso delle osserva- zioni che in realtà non hanno base nell'esperienza. Così taluno ha ac- cettato il dulibio espresso da Itaciborski, il quale nel 1893 in una cri- tica - ad un lavoro dei sigg. Liìicti/cld e Monti ', jìarlando della rea- zione dell'acido molibdico con il fosforo, non esclude che il colore gial- lastro possa derivare non solo dal fosforo, ma anche dall'acido xan- toproteinico. Ora ammesso pure che ciò avvenga, massime nei tessuti animali, questo forse potrà avere importanza per il metodo dei signori Lilienfdd e Monti* e specialmente per quello di ìlansen'', il quale si appoggia unicamente alla colorazione gialla, ma non ha valore però per il metodo mio perchè l'acido xantoproteinico non dà col cloruro stannoso la colorazione azzurra. Così le macchie gialle prodotte dal- l'acido nitrico sul derma delle mani (dovute come è noto ad acido ' Blair e S. E. Whithei.u: .4»». Chem. svei., tom. 17, pag. 747. - Racibouski M : lìoianùche Zeituny, anno 1893, pag. 245. ' L. LiLiENFELD 6 A. MoNTi : Stilla locaiizxasione microchimica del fosforo nei tessuti, in Atti della li. Accademia dei Lincei, voi. I, serie 5.', fase. 9-10, anno 1892. * Hansen a : MilcrochemiscJier Sachweis der Pìiosphorsiiure. •■' Lii.iENFELD e Monti : op. cit. - 19 — xaiitoproteico), lavate ripetutamente con H- 0, non assumono colore azzuii-o trattate che siano col cloruro stannoso. 10 ho confermato questo fatto anche con acido xantoproteico, pre- parato da me con albumina di uovo ed acido nitrico prima concentrato e poi diluito, ma anche in (^uesto caso l'acido rimane costantemente giallo dopo l'azione del cloruro stannoso. Ed era ciò naturale, non figu- rando nella molecola dell'acido xantoproteico l'elemento fosforo. 11 lìaciborski ' aggiunge inoltre che : togliere perfettamente dai tessuti il molibdato d'ammonio è molto difficile, specialmente dal nucleo in cui è trattenuto fortemente ed in cui si sciolgono più presto i cri- stalli di fosfomolibdato d'ammonio che l'acido molibdico. Ora questa affermazione non ha in realtà alcun fondamento, es- sendo noto che il fosfomolibdato d'ammonio, purché ecceda il soluto molibdico, è solubile si iu ammoniaca, ma non sciogliesi affatto in acqua, né in acido nitrico allungato e nemmeno in acido cloridrico an- corché concentrato ; mentre il reattivo molibdico é solubilissimo in acqua. L' Heine - infatti, nel 1896 studiando questo mio metodo, afferma di aver trattato i più svariati tessuti induriti e fissati prima in alcool, per 12 ore con molibdato d'ammonio e sciacquati i tagli sottili per giorni e giorni in acqua semplice o acidulata leggermente con acido nitrico senza che la colorazione azzurra ottenuta dopo col cloruro stan- noso fosse diminuita. Il precitato Eaciborski soggiunge ancora che la riduzione bruna sia da attribuirsi al molibdato rimasto nei pezzi, mentre il fosfomolibdato d'ammonio con eguale trattamento dà una colorazione verde. Ora la colorazione verde in realtà si manifesta talvolta, ma solo quando vi sia eccesso di riducente ; essendo ben noto che le soluzioni del reattivo molibdico, per azione dei riducenti, danno luogo prima ad una colorazione azzurra che poi passa per eccesso di riducente prima al verde poi al bruno. Lo stesso Heine " ha ottenuto : qnasi sempre solo colorazione hleu spesso (ifisai densa con successivo pasmgifto alla colorazioìie verde sporco. E ripeto qui che la colorazione azzurra è dovuta all'ossido azzurro di molibdeno, (che si dovrebbe rappresentare con Mo-0,'^ oppure Mo"' 0' secondo altri autori) e la bruna è dovuta al sesquiossido (Mo- 0^ op- pure ai Mo ' 0' secondo altri). ' Raciiioiiski: op. cit. - Heine L: Ueher die Moìyl/diinsaiìrc ah mikrnslcnpisclies Beagens; in Zeil- schrijt fiir phi/siologische Cheinie, Baud XXII, 2 Heft. 1896. ^ Heine: op. cit. — 20 — A (limo*;ti'are l'cM-roneità (leir;iftVrinazione di Rari/iorsl-i basta pren- dere del rusi'omolibdato e trattarlo con cloruro staniioso e si vede su- bito comparire, prima la bella colorazione azzurra dell'ossido di mo- libdeno, la quale poi per eccesso di riducente passa al verdastro, indi al bruno a causa della sua trasformazione, come p;ià dissi, in un ossido meno ossigenato. Agendo sopra tessuti avviene la stessa cosa. Nella tavola annessa a questo lavoro, la fig 1 rappresenta cellule di endosperma di Fritillaria in cui l'anidride molibdica del fosfomolibdato è stata ridotta in ossido azzurro di molibdeno; la fig. 11 rappresenta la stessa sezione di endosperma in cui vi è stato eccesso di riduzione, tanto da formarsi l'ossido verde: la fig. 9 rappresenta pure sezione di endosperma in cui la riduzione è stata maggiore tanto da formare l'os- sido bruno di molibdeno. Altri autori lianno espresso il dubbio che il mio metodo non serva per la ricerca del fosforo delle lecitine, nucleine, acido fosfoglicerico e fosfoglicerati. Ora a chiarire tali dubbi ho intrapreso nuove esperioize le quali mi hanno dimostrato che il metodo è perfettamente applicabile anche a tali sostanze, le quali costituendo delle molecole instabilissime e tutte con- tenendo non il fosforo elementare, ma bensì il residuo dell'acido fosfo- rico \ questo per l'azione di un agente così energico qual' è l'acido nitrico libero del reagente, vien trasformato facilmente in acido fosfo- rico che è sensibilissimo al reattivo. Cosi io operando sopra acido fosfoglicerico e sopra nucleina della casa Srhuschardt di Gdrlitz, ho ottenuto all'istante la reazione del fosforo. Con la lecitina si ha egualmente la reazione, ma in questo caso richiedesi che essa rimanga immersa nel reattivo molibdico per un tempo relativamente lungo, perchè quella del commercio a causa della ' E ciò apparisce pure dalle forinole di dette sostanze: 0 - (PhO) OH C, H. OH \0H OH acido fosfoglicerico. _0- (P1,0)-^0^^('H^^"(^''H^0"' CjH- -0(C>«A»"0) "■ "" 'OCCHIO) lecitina. — 21 — sua untuosità è difficilmente penetrabile dal reattivo. A facilitare però la reazione basta scaldare leggermente il reagente ed allora anche il fosforo della lecitina si trasforma subito in fosfomolibdato d'ammonio. E questa reazione meglio ancora si manifesta nei tessuti in cui la lecitina trovandosi distribuita e mescolata ad altre sostanze, il reattivo può più agevolmente agire sopra ogni sua minima parte. Infatti le parti del vegetale, che si sanno assai ricche di lecitina, sono quelle che si colorano p'ii intensamente col descritto metodo di colorazione (vedi tav. Ili, iìg. 3, T), 7, S, 10). RIEPILOGO. Concludendo possiamo dunque dire: che l'acido xantoproteico non influisce menomamente sulla reazione del fosforo ; che essendo il reattivo molibdico solubilissimo in acqua, mentre il fosfomolibdato vi è affatto insolubile, è cosa perciò ben facile il sepa- rare completamence qnello da questo; che la colorazione verde o bruna che talora si ha dopo il trattamento del cloruro stanuoso dipende unicamente dall'avere adoprato questo reattivo in troppo eccesso e dipende dalla formazione di un ossido verde o bruno meno ricco di ossigeno dell'ossido azzurro ; che il reattivo molibdico trasforma in fosfomolibdato d'ammonio il fosforo in qualunque combinazione esso si trovi, non escluse le lecitine, nucleine, acido fosfoglicerico e fosfoglicerati. Onde il metodo sopra descritto serve perfettamente per la ricerca microchimica del fosforo nei tessuti organici. Dall'Istituto Botanico dell' Università di Pavia, maggio 1898. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA T^v. ITL Kig. !. — Cellule di endosperma di Frilillarin ìiii/iiriaìis trattate con realtivo mo- libdico e cloniro stannoso. (Da nialeriale fissato con alcool assoluto.) -'"/,. „ 2. — Cellula di cudosperma di l<'rilillai-ia impn-ialis trattata col reattivo e for- temente ingrandita. (Da materiale fissato con alcool assoluto.) *'"'/,. „ 3. — Nucleo con nucleoli di cellula del sacco embrionale di Fritillaria impc- rialis trattato col reattivo. Oeul. 4. Ob. '/,r," '"l'i. ouio^'. Koristka. „ 4. — Micelio di Pìasmopara viticola, trattato col reattivo. Il contenuto ù pres- soché privo di fosforo. „ 5. — Cellule di endosperma di Fritillaria impcriulis, con nuclei in diversi stadi di cariocinesi trattate col reattivo, a) plasma, h) spirema. '"'7,. „ 0. — Tubo criboso di Cucurbita Pepo in sezione longitudinale trattato col reat- tivo, a) callo che si colora in giallo per l'acido nitrico contenuto nel reat- tivo ; h) plasma ricco di fosforo; e) plasma rimasto attaccato alle pareti dopo l'azione dell'alcool assoluto, '""/li n ". — Sezione di seme di Larix trattato col reattivo, a) testa povera di fosforo ; h) embrione ricchi.ssimo di fosforo; e) endosperma. Il ?• — Grano di polline di Taxux baccalà, a) nucleo della cellula vegetativa; b) nucleo della cellula riproduttrice sensibilmente più colorato di quello della cellula vegetativa, ^""/j. „ 9. — Cellule di endosperma di Fritillaria imperialis trattate con il reattivo in cui il riducente è stato adoperato ancora più iu eccesso che nelle cellule rappresentate nella fig. 11, ed ha dato luogo all'ossido bruno di molib- deno, -'"/i. „ 10. — Estremità, di due budelli pollinici di Camelia trattati col reattivo. „ 11. — Cellule di endosperma di Fritillaria imperialis trattate col leattivo in cui il riducente ò stato adoperato in eccesso, dando luogo all'ossido verde di molibdeno. (Da materiale fissato con alcool assoluto.) -'"/,. ISTITUTO BOTANICO DELLA E. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano.) SECONDA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEL PASSAGGIO DALLA RADICE AL FUSTO. NOTA. DEL Dott. LUiai MONTEMARTINI. (Con tav. YII-X.) In un mio precedente lavoro ^ ho studiato, in piante a radici diar- che, come dai fasci xilemici primari radicali a differenziazione centri- peta si formino i fasci caulinari con xilema a diiferenziazione centrifuga e quali rapporti esistano tra loro. Ho cercato cioè di mostrare che il passaggio dalla struttura dei primi a quella dei secondi non avviene per torsione di fasci, come vogliono Van Tieghem e Gerard, ne ppr soluzione di continuità, come ritiene Dangeard; ma nel modo indicato da Briosi e Tognini per la Canapa, - e cioè per esaurimento degli ele- menti tracheali più esterni e primitivi dei fasci radicali, e dissociazione e spostamento degli altri elementi piii larghi ed interni, i quali vanno a costituire la parte centrale e piìi vecchia dei fasci caulinari a diife- renziazione centrifuga. Nel presente lavoro ho allargato le mie ricerche a piante con ra- dici poliarche, e precisamente con radici aventi 3, 4, 5, 6 e 8 fasci vascolari, onde vedere se la legge trovata per le radici diarche pote- vasi estendere anche a quelle con struttura più complicata. Le specie studiate sono undici e appartengono a famiglie di Dicotiledoni molto lontane e diverse tra loro. ' L. MoNTE.MARTiNi, Coììtribiizione allo studio del passaggio dalla radice al fusto; in questo stesso Tolume, pag. 1, 1898. - G. Briosi e F. Tog.vini, Intanto alla anatomia della Canapa. — Parte seconiia: Organi vegetativi negli Atti Ist. Bot. Univ. di Pavia, voi. IV, l&9fi. Atti dell'Ut. Bot. dell' Università di Pavia — Nuova Serio — Voi. VI. 3 24 Acer JPseudo L'hiianus L. Le piantine da studiarsi devono avere non ancora completamente spiegati i cotiledoni: in questo stadio, se la germinazione è avvenuta in condizioni normali, l' ipocotile è lungo circa tre centimetri, la radi- fhetta da quattio a cinque. I fasci xilemici radicali sono quattro, separati tra loro verso il centro da un midollo molto sviluppato, ed alternantisi, alla periferia \ génùraliser, on fera hien de changer la description du mode de renversement du bois, trop facilement et trop peu heureusement rendu par ce mouvemeut de volet fort rare et qui ne correspond jamais, quand il se présente, qu'à la dernière phase du renversement. „ — 30 — ontemporaneamente vanno piogressivamente in senso contrario impic- ciolendosi, pare proprio si abbia una vera rotazione in massa, ma ciò non è. La formazione dei nuovi elementi che, come nelle altre piante, si sovrappongono ai primi (Tav. VII, fig. 11) finisce per rendere com- pleta l'illusione. Per dare un' idea piìi chiara del fenomeno servono, benché vi siano formazioni secondarie, le figure 12 della Tav. VII e 2 della Tav. Vili nelle quali le tracliee provenienti dai fasci radicali sono quelle a pa- reti scure. A spiegare il passaggio dall'orientazione obliqua o tangen- ziale degli xilemi della prima figura (ove abbiamo due fasci quasi completamente distinti) a quella centrifuga che si osserva nella figura seconda (che rappresenta il fascio proveniente dal gruppo di destra della figura precedente), non è punto necessario ammettere una rota- zione, poiché esso si comprende benissimo colla scomparsa totale (già iniziata nella fig. 12) delle trachee radicali intermedie, e col tenue spostamento verso l'esterno ed impicciolimento di quelle che sono ri- maste. La rotazione dell'intiero fascio, come la ideò il Gerard, è esclusa- ancor più chiaramente nei casi in cui si hanno nella radice cinque o più fasci xilemici. ' In questi casi infatti gli elementi interni di ognuno di essi vengono presto in contatto tra loro e non è più possibile al- cuna rotazione. Tali elementi si portano verso la periferia ed assotti- gliandosi gradatamente si riuniscono in otto gruppi che diventano la base di altrettanti xilemi centrifughi di fasci libro-legnosi caulinari, mentre gli elementi più vecchi si esauriscono. Possiamo dunque dire die Papparenza di ima divisione completa dei cordoni xilemici radicali in due metà ognuna delle quali compirebbe tuia rotazione di 180°, è dovuta: in jìrìmo luogo ad uno spostamento e graduale impicciolimento delle trachee che va dalle più giovani alle piit vecchie; in secondo luogo ad mi esaurimento delle trachee stesse che comincia dalle più vecchie (le yiiali si esauriscono in posto) e procede verso le ^nìi giovani. Così queste ultime, successivamente spostate e più piccole, paiono essere le trachee primitive, cambiate di posto. Anche qui del resto sono le sole tra- chee interne dei fasci radicali che si prolungano nella parte più interna degli xilemi centrifuf/lii dei fasci caulinari. ' Quando vi sono più di quattro fasci, il Gerard (loc. cit., pag. 391) dice che parecchi di essi se cmtractent sur cux-mémes et amcnent la f union des masscs vascu- laires o2ìposees[ non spiega però come avvenga questa contrazione. ol PJiaseolus vulgaris L. Le piantine da studiare devono avere l' ipocotile ancora piegato ad arco nella parte superiore ed i cotiledoni e la piumetta non com- pletamente liberati dal tegumento seminale. La radiclietta contiene quattro fasci legnosi, ad orientazione centripeta ben distinta, e posti sulla metà circa dei lati del quadrato rappresentante la sezione del cilindro centrale. Con questi quattro fasci alternano quattro cordoni li- brosi posti sugli angoli del quadrato medesimo. In pochissimi casi sol- tanto lio trovato cinque fasci invece di quattro. Le modificazioni dei fasci xilemici principiano già nella radiclietta a circa mezzo centimetro sotto il colletto. Le loro trachee più interne cominciano a separarsi dalle altre e poi si spostano lateralmente e verso l'esterno, alcune da una parte altre dall'altra. E siccome, allo stesso modo che si è visto in alcune delle piante precedentemente stu- diate, tale movimento si estende successivamente alle trachee piìi esterne, le quali cosi cominciano a spostarsi quando quelle immediata- mente interne e con esse in contatto, sono già un po' lontano, si ha anche qui l'apparenza di una divisione longitudinale del fascio accom- pagnata da una rotazione delle due metà. Vicino al colletto (Tav. Vili, fig. 4) gli elementi vascolari si tro- vano, in seguito al fenomeno accennato, disposti in quattro serie tan- genziali, la parte di mezzo di ognuna delle quali è occupata dalle tra- chee primitive dei fasci radicali. Più in sii cessa completamente ogni apparenza di una rotazione. ' Infatti in ogni serie tangenziale gli ele- menti laterali, quelli che si possono ritenere come i prolungamenti delle trachee più interne radicali, si allontanano tra loro e le trachee pri- mitive si trovano isolate e vanno esaurendosi (Tav. VIII, fig. 5 e 6) finché scompaiono affatto verso la metà dell' ipocotile. Si hanno allora nel cilindro centrale otto piccoli gruppi di ele- menti tracheali derivanti a due a due dei quattro fasci xilemici radicali e, più precisamente, dalle loro trachee interne. In questi otto grappi non si può riconoscere né orientazione centripeta, né centrifuga; gli elementi che li compongono sono pochi (da tre a cinque) e dispersi ' Il Gerard invece (loc. cit., pag. 347) dice che in altra specie della stessa famiglia le xjassage de Vorientation nécanlielh à la clisposition radiale se fait par un mou- vement de volet. L'isolamento e l'esaurimeuto iu posto della parte mediana di queste serie tangenziali di elementi tracheali esclndono tale movimeuto. — 32 — senz'online nel iiareuchima niidollare ed è esternamente ad essi clie si diiferenzieranno, più in alto, i nuovi elementi ad orientazione cen- trifuga caratteristici degli xilemi canlinari. Contemporaneamente i cor- doni librosi radicali si sono prima allargati tangenzialmente e poi si sono divisi in otto rami, ognuno dei quali (fig. 6) si è andato a so- vrapporre agli otto gruppi vascolari sopra accennati, costituendo cosi con essi otto fasci libro-legnosi, dei quali quattro, due da una parte e due dall' altra (e precisamente quelli provenienti dai due cordoni xilemici radicali che si trovavano nel piano mediano dei cotiledoni), vanno nei cotiledoni, gli altri quattro si i-auiificano per salire nell'epi- cotile. È da notarsi die in qualche caso tra un grappo tracheale e l'altro, in corrispondenza alla parte di mezzo degli archi librosi, ho osservato la comparsa nell'asse ipocotile di una trachea indipendente aifatto da tutto il sistema tracheale radicale, mentre saliva a formare qualche traccia fogliare dell' epicotile. In questi casi avevamo dunque traccie fogliari il cui sistema legnoso primario non era in alcuna relazione col sistema legnoso radicale pure primario, come si è visto verificarsi spesso di tutte le traccie fogliari nelle piante con radici diarche. Riassumendo: anche in questa pianta si ha continuità fra fasci xile- mici radicali e traccie cotiledonari e sono gli elementi interni dei primi che sì spostano obliquamente verso l'esterno e lateralmente e vanno a pro- lungarsi, impicciolendosi, nella parte interna degli xilemi dei secondi. Anche qui le trachee primilive si esauriscono in posto- In questa specie si hanno anche, talora, cdcune traccie fogliari il cui xilema primario scende ad esaurirsi neW ipocotile senza mettersi in alcun rapporto collo xilema primario dei fasci radicali. Ticia sativa L. Come è noto, il sistema xilemico primario delle radichette in questa specie è dato da tre fasci a struttura centripeta, le cui sezioni sono inclinate tra loro con un angolo di 120'. Ben presto però, e cioè già ad una certa distanza dal colletto, i tre fasci si mostrano disuguali e due di essi (Tav. Vili, fig. 7) si ingrossano più del terzo e se ne allontanano accennando a portarsi sull'estremità del diametro maggiore del cilindro centrale, il quale in questa regione è a sezione eiittica. E da questi due fasci che deriveranno le nervazioni dei cotiledoni (i quali dunque non saranno perfettamente opposti ma si inseriranno ambedue quasi da una sola parte, ad una distanza più o meno grande', mentre gli elementi del terzo fascio saliranno tutti all'epicotile. — 33 — Sopra il colletto, infatti, vediamo gli elementi centrali di ([uesti due fasci dissociarsi (fig. 8) e spostarsi non da una parte e dall'altra dei fasci stessi, ma in special modo da un lato solo, cioè dal lato op- posto, al fascio più piccolo. Ancora più sopra (fig. 9), mediante anche la comparsa di nuovi elementi larghi, gli stessi fasci vengono a toccarsi e a formare come un arco molto irregolare, nella parte mediana del quale si trovano gli elementi centrali e più giovani dei due fasci originari, mentre alle due estremità sono disposte le trachee primitive, che vanno man mano im- picciolendosi. Anche alle estremità però non si riconosce più l'orien- tazione centripeta originaria degli elementi, perchè alle trachee pri- mitive, assai ridotte, si sono irregolarmente addossati molti degli elementi più interni. All'inserzione dei cotiledoni (fig. 10), le estremità cosi trasformate di questo arco si piegano in fuori insieme a ramificazioni dei cordoni librosi (i quali, come si vede dalle fig. 7-10 sopra citate, sono andati ramificandosi e distribuendosi sulla periferia del cilindro centrale) e, dopo avere mandato nella corteccia dell'epicotile qualche piccola rami- ficazione, vanno ad innervare i cotiledoni. Nel cilindro centrale restano cosi due gruppi xilemici, coi corrispondenti fasci floemici: uno di questi gruppi proveniente dalle trachee più interne dei due fasci radicali fin' ora considerati, l'altro proveniente interamente dal terzo fascio ra- dicale. Gli elementi tracheali di quest'ultimo sono andati essi pure man mano dissociandosi ed addossandosi (fig. 8 e 9) irregolarmente, e nell'epicotile salgono solo gli elementi interni più grossi, ai quali altri nuovi si aggiungono, mentre gli elementi primitivi non hanno seguito (fig. 11). Sempre dunque sono gli elementi interni e pia giovani dei fasci radi- cali che si prolungano nello xilema tanto delle traccie cotiledonari che delle epicotiledonari e fanno questo non i)er rotazione, ma per semplice dissocia- zione e spostamento verso l'esterno, mentre le trachee primitive radicali scompaiono senza spostarsi. Vida Foha L. Benché le radici primarie di questa specie siano ordinariamente indicate come pentarclie, nella massima parte degli esemplari da me osservati non contai che quattro fasci xilemici, in pochi casi cinque ed in qualche raro individuo sei. Nel primo caso però in cui i fasci erano quattro, due di essi, e precisamente i due opposti tra loio e corrispondenti al piano mediano dei cotiledoni, erano molto più grossi — 34 — degli altri (nella figura 3 della Tav. IX il fascio di destra lappresenta aiipunto uno di tali fasci, quello in alto uno dei piccoli). Nei pochi casi invece in cui osservai cinque fasci, uno di essi presto si riduceva ed i suoi elementi si andavano ad unire a quelli del fascio vicino ji^iacente nel piano dei cotiledoni e si cadeva cosi nel caso precedente, solo che ad un cotiledone arrivavano elementi prove- nienti da due fasci radicali, all'altro elementi provenienti da un solo fascio. Finalmente nei pochi esemplari in cui i fasci radicali erano sei, quattro di essi andavano, due da una parte e due dall'altra, ad inner- vare i cotiledoni; cosi che in tutti i modi si avevano sempre due soli fasci che salivano nell'epicotile. Il percorso delle diverse parti dei singoli fasci si può osservare assai bene in piantine in cui la radichetta e l'ipocotile siano già lunghi 7-8 centimetri e Tepicotile circa due. In tali piantine si vede spesso che, nelle radici tetrarche, invece della solita apparente divisione a V dei fasci destinati ai cotiledoni con torsione delle singole metà, si ha una dissociazione degli elementi (Tav. IX, fig. 4 a destra, e Tav. X, lig. 1 pure a destra). Questi infatti, a cominciare dai più interni, si isolano gli uni dagli altri e, disperdendosi irregolarmente nel paren- chima, si portano verso l' esterno e si addossano, un po' da una parte e un po' dall'altra, alle trachee primitive. Molte volte questo spo- stamento non è successivo e graduale dagli elementi più interni a quelli esterni, che anzi (come si può scorgere dalle figure accennate) alcuni dei più esterni escono dal fascio e si portano verso la periferia ott. LUiai MONTEM ARTINI. (Con tav. XI e XII.) Dopo clie dai lavori dei Tulasne ^ è stato dimostrato che una stessa specie fimgina può moltiplicarsi per mezzo di diversi corpi originati in vari modi e di valori differenti e che per conseguenza parecchie delle specie prima ritenute distinte non rappresentavano che. stadi di uno stesso fungo, - il Fuckel ^ propose di riunire sotto il nome di Fungi imper- fectl (unvoUkommene Filze) tutti quelli i cui organi di fruttificazione non sono rappresentati da aschi, né si possono riferire a forme ascofore. Benché la denominazione del Fuckel non corrisponda a tutto rigore al concetto che si deve avere di queste forme, perchè non si può dare nome specifico a ciò che rappresenta solo una fase di un'altra specie forse già nota, pure essa fu generalmente accettata, e la troviamo adot- tata anche dal Brefeld, * il quale però ha dimostrato che si debbono ' L. R. TntASNE, Sur l'appareil réproducteur dans Ics lichens et les cìiampignons. in Ann. d. Se. Nat, Sér. Ili, T. XV, 1851, pag. 370; Mémoire pour aervir à l'histoirc organograpMque et physiolofjique des Lichens, ibidem, 1852, Sér. Ili, T. XVII, pag-. 5 e 153); Nouvelles recherchcs sur l'appareil réproducteur des ctiampignons, ibidem, 1852, Sér. Ili, T. XX, pag. 12a. — L. R. Tdlasne et C. Tulasne, Selecta fungoriun carpologia. Parisiis, MDCCCLXI-MDCCCLXV. ^ Per altre ricercbe suirargomento, veggasi : A. De Bakv, Vergleichende Morpho- logie und Biologie der Filze. Leipzig, 1884. ' L. Fuckel, Symbolae Mycologicae. Beitriige zur Kenntniss der rheinischen Filze. Wiesbaden, 1869. ■* 0. Brefeld, Botanische TJntersnchungen iiher die Schimmelpilze, Heft. I-X. Leip- zig, 1872-1891. Una buona sintesi dei lavori del Brefeld si trova nel P. von Tafel, Vergleichende Morphologie der Filze. Jena, 1892. — 50 — considerare come organi di riproduzione superiori o perfetti, oltre agli aschi, anche i protobasidì delle Uredinee, gli emibasidì delle Ustilaginee ed i veri basidi dei Basidiomiceti, ^ e ci ha dato un sistema completo di classificazione che è quello ancora esposto nei più moderni trattati di botanica. E la denominazione di fimgi imperfecti è usata ancora nelle opere recenti di micologia sistematica, quali quelle del Saccardo, ^ Schroe- ter, ^ Allescher, * ecc. Con vocabolo più appropriato, il De Bary •' le chiama Vorformen, ossia forme anteriori ai frutti ascofori, tanto che li precedano o siano a questi contemporanee, e secondo Ini, benché tutte (anche quelle non completamente note) si debbano considerare come omologhe alle forme simili delle specie ben note, pure alcune potrebbero avere perduto la possibilità di dare luogo alla forma ascofora ed essersi fissate come specie davvero imperfette. '■ Riguardo al valore morfologico e fisiologico di queste forme secon- darie di moltiplicazione, già i Tulasne " avevano ammesso che fungorum !femma orìgine et dignitate inter se manifeste discrepant e parlando delle ectospore (o conidi) avevano detto che gemmae instar absolutae, singulae debito tempore dimitttmiur. Per essi inoltre la voce conidia equivale alla voce gemma. Sviluppando questo concetto, il Criè * aveva paragonati i funghi cosidetti policarpici a certe piante superiori che portano .simul- ' I Tulasne e FncKEi- mettevano invece tra i funghi imperfetti anche Ustilaginee Uredinee e JJasidiomiceti. ' P. A. Saccardo, Mycologiae Venetae Specimen. Patavii, 1373; Miehelia Com- mentaiiiim mycolonicuin. Patavii, 1879-18S2; Sylloge fungorum omnium hucusque cognitorum. Patavii, 18S2-1898. ' J. SciiROETRR, Die Filze Schlesiens, in Cohn's Kryptogamcnflorn von Schlesien- Breslau, 1889. Adoperando la denominazione del Fuckel, questo autore la fa seguire da lina frase esplicativa e dice : Conidienformen, deren ahschUessende Fruchtformen noch nicht bekainit sind. La pubbli azione di questo lavoro fu interrotta, per la morte dell'autore, nel 1894, quando era appena comiuciata la parte riguardante tali forme. ■* A. Ali.escher, Funiji imperfecti in Rabenhorsl's Kryptogamen flora von Deutscli- land, Oesterreich und Sclnceiz, Bd. f, Abth. VI. Leipzig, ancora in corso di stampa. L' Allescher usa anche la denominazione più propria Conidienfructificationen. ^ A. De Barv, Verg. Mnrph. u. Biol. d. Filze. " Loc. cit., § 7.^. Taluni invece di dire forme imperfette dicono forme inferiori in- correndo in una confusione di linguaggio, perchè stando alla classificazione di Brefeld, generalmente accettata, i funghi inferiori sarebbero i così detti Ficomiceti (Zigomiceti ed Oomiceti). ' L. R. Tulasne et C. Tllas.xe , Selecta, ecc.. T. I. * L. Criìì, lìecherches sur Ics Dépazées, in Ann. d. Se. I\at., Sér. VI, T. VU, 1S78, pag. 5. — 51 — taneamente o successivamente i veri frutti ed altri organi di moltiplica- zione vegetativa, quali bulbilli, tubercoli, ecc. Le stesse idee furono recentemente sostenute anche dal Boudier ' e dall'Hallier, - il quale ultimo in base a queste osservazioni arrivò a negare il polimorfismo dei funghi. E per vero dire, se si accetta la definizione che dà il Winter " della spora, la quale secondo tale autore dovrebbe rappresentare uno stadio di passaggio necessario nella evolu- zione di una specie, e se si pensa che la formazione dei conidì non è per molte specie un fenomeno costante, * si deve ammettere che i co- nidì non hanno il valore morfologico e fisiologico di vere spore. E poiché essi in ultima analisi altro non sono che segmenti di ife conidiofore, le quali alla loro volta non sono che ife miceliche ordinarie, può essere giusto considerarli non come organi di vera riproduzione, ma semplice- mente come segmenti del tallo o come organi di moltiplicazione vege- tativa analoghi alle gemme o ai bulbilli delle Fanerogame, o meglio ancora ai propagoli delle Marchantia, la cui formazione vediamo pure localizzata in determinate regioni del tallo. '" Ammesso tale modo di vedere si comprende benissimo come molti funghi, a guisa di certe fanerogame che in determinate condizioni si propagano soltanto per via vegetativa ed hanno perduto la facoltà di riprodursi per semi,® si presentino soltanto iu forma di cosidetti funghi ' M. BoDDiEii , Sur les rapporta qui existent entre Vévolution et les divers or- ganes des Champignons et ceuxdes Phancrogames, in Compi. Mend. du Congrcs ci. Soc. d. Savantes, 1898, Sect. d. Se. ' E. Halli ER, Die Pesthranlcheiten (Infectionsìeranlcheiten) der Ktdturgewàcìise. Stuttgart, 1695 e 1898. " G. WiNTEE, Die Filze Deutschlands, Oesterreichs und der Schweiz iu Rabenhorsl's Krypt.-Flora. Leipzig, 1884-9i). Alla pag. 10 del primo volume di quest' opera, l'au- tore dice : " Bei einer ganzen Beihe vou Pilzen kennen wir verschiedene Arten von " Vortpflanztoigsorganen bei der gleichen Pilsspecies, fiir die auch verscliiedeue Be- " zeichuungeu angewendet werden. Als Sporen im eugereu Sinne bezeicliuet man " demzufolge uur diejenigen Fortpflanzuugszelleu der Filze, die als nothwendige Glieder " im Entwickhiugsgang eiuer Art erscheinen: Orgaue, die ausserdem noch der Veriiie- " hrung dienen, aber mehr oder weniger untergeordnete Bedeutuug haben, untar Umstaii- " deu also fehlen kijunen, erhalteu je nach ihrer Entwickhlungsweise besondere Nameu. „ ' Lo ha provato il Pirotta {Sullo sviluppo della Peziza Fucheliana De By e della P. Sclerotiorum Lih., in Nuov. Giorn. Bot. Italiano, Voi. XIII, 1831, pag. 130) per le Peziz-a e uè diede altri esempi auche il De Bary (Verg. Uorph., ecc., § 65). '•' Anche Van Thieghem (Spores, diodes et tomies, in Journ. de Bot,, 1899, pag. 127) dà ai propaguli delle Musciuee lo stesso valore morfologico di molte spore di Funghi. '' Vejjgasi iu proposito: M. Mubius, Beitriige ziir Lehre von der Fortpjlanzung der Gewuchse. Jena, 1897, Kap. II. È noto per esempio (veggasi F. Pax, Das Lehen der Alpenpflanzen iu Zeitschr. — 52 — imperfetti ed in tale stato continuino a propagarsi nel substrato in cui si trovano a vivere. E si comprende altresì come, per quanto apparte- nenti a gruppi diversi, queste forme abbiano una struttura così omogenea. Sulla loro evoluzione e struttura, le osservazioni fatte dai Tulasne sono poche, limitandosi essi ad osservare, come si è detto, che le ecto- spore (o conidt, o spore esterne o secondarie) matri continue nascunt et gemniae instar absolutae, singulae debito tempore dimittuntur ^ e che il loro modo di origine richiama la ramificazione di molte alghe (Cladofore) nelle quali i nuovi rami nascono sempre isolatamente alla sommità degli articoli del ramo principale. - Inoltre essi studiarono la forma ed il modo di germinazione dei conidi di alcune specie e nulla altro. Più accurato nello studio di queste forme laterali fu il Brefeld, il quale infatti accennò a diversi tipi di formazione dei conidi: •' il tipo più semplice si ha nella fnictificativer keimimg delle ascospore di certi funghi (TapJirina, ecc.); una complicazione maggiore si ha quando la formazione dei conidi si localizza su un piccolo micelio sorto dalla ger- minazione di una ascospora, ed il processo si complica ancor più quando tale formazione si fìssa su veri rami del micelio vegetativo a tal' uopo più 0 meno differenziati, i conidiofori. Questi conidiofori poi possono restare tra loro isolati, oppure riunirsi in cordoni, in ciuffi, in strati quasi a formare un imenio che può essere anche concavo fino a chiu- dersi su sé stesso sì da costituire un vero corpo fruttifero chiuso, un picnidio. Però il modo di formazione dei conidi o spore, tanto sui co- nidiofori isolati che sopra quelli riuniti o chiusi in una cavità, è sempre lo stesso. Anche De Bary ' ammette che tutti i conidi siano spore acrogene 0 intercalari, unicellulari o pluricellulari, ed abbiano origine nello stesso modo su conidiofori di forma e dimensioni diverse, liberi o più o meno riuniti tra loro, od anche chiusi in concettacoli speciali. ■' Uniformità nel modo di formazione dei conidi e differenza nello d. deitts. ìj oesten: Alpcnvereins, Bd. XXIX, 1S9S) che per le fanerogame che sono adattate al clima alpino, la moltiplicazione per via vegetativa è comuuissima, a tal pnnto che sostituisce talvolta la riproduzione per semi. ' L. R. TuLAssE, Miim. p. sercir, eoe , pag. 221. = L. E,. Tl'lasne et C. ToLASNR, Sei. fung. carpo!., T. I, pag. 26. ^ Loc. cit., Heft X, pag. 341 e seg. •* Loc. cit., § 71. ' L'esame delle magnifiche tavole che ornano la. fungorum carpolofjia dei Tulasne mostra come anche secondo questi micologi il modo dì formazione dei conidi è uni- forme e che i conidi stessi sono dappertutto equivalenti, mentre varia solo il modo d' associazione dei conidiofori. . — 53 — sviluppo e nel modo di associazione dei conidiofori osservarono del resto anche i moderni micologi ed è anzi su questo diverso modo di asso- ciazione dei conidiofori che è basata la distinzione dei principali gruppi di queste forme. Si usa infatti distinguere i funghi imperfetti in tre gruppi: il gruppo degli Ifomketi, con conidiofori superficiali e liberi; quello delle Me- lanconiee, con conidiofori riuniti in uno strato o specie di imenio in principio coperto dal tegumento del substrato, e quello delle Sferossidee i cui conidiofori, più o meno ridotti, sono chiusi in concettacoli (picnidì) di diversa forma. ' Tra questi gruppi sonvi poi delle forme di passaggio da alcuni distinte in speciali sottotipi, da altri ritenute tipi autonomi. - E certo che Io studio di queste forme presenta molta importanza sia dal punto di vista pratico, perchè spesse volte sono le forme più dan- nose alla nostra agricoltura, sia da quello scientifico. Esse infatti, come si è detto, possono rappresentare specie distinte che hanno definitiva- mente perduto i veri organi di riproduzione, e possono anche formare tra loro dei veri gruppi naturali, come ha visto il Costantin per alcune Mucedi-nee. •'' Di più è necessario che il micologo a guisa del paleonto- logo, per usare un'immagine adoperata dallo stesso Costantin, studii e descriva anche i più piccoli frammenti che trova in natura per poterli in seguito mettere in relazione tra loro e coi tipi completamente co- nosciuti. Spinto da queste considerazioni, ho cominciato anch'io a fare al- cune osservazioni su tali forme imperfette e sembrandomi giusto il concetto del Lindau che (dopo l'immenso lavoro del Saccardo per rac- ' Saccardo (Michelia, Voi. I, pag. 614) dice: u Divisio Rypliomicelum complectet " omnes fangos ia matrice propria subsuperficiales, hyphis plus v. minus evolutis " conidiisque liberis instructos, ascis, peritheciis v. ascomatibus carentes. A Meìanco- •' nieis differuut fructificatione superficiali neo subcutanea; a S'i^haeropsideis defectu " peritheciornm. Meo sensu tres hae divisioues priinariae tantum babendae sunt ad " fuugos s. d. secuudarios v. imperfectos tutius limitandos. „ ^ Lo SciiRorER p. e. (loc. cit., Bd. II, pag. 7 e 8) distingue i seguenti tipi: Ifo- mieeti, con conidiofori liberi e superficiali e senza stroma; Tuhercolarinee, con stroma; Melanconiee, con conidiofori riuniti in un piano sotto la superficie del substrato; Exi- pulacee, con conidifori riuniti in peritecio die si rompe a disco; Leptoslromacee, con peritecio scudiforme ; Sferossidee, con peritecio rotondo. Di questi tipi le Tuberoola- rinee sono di solito aggregate agli Ifomiceti e le Hxeipulacee e Leptostromacee alle Sferossidee. ' J. CosTASTiN, Les mucédinées simples. Paris, 1888. Tra i gruppi naturali for- mati dalle Mucediuee semplic', il Costantin cita le Martensellee e le Kopalomicee, ed insistendo sull'importanza dello studio di queste forme, così conclude; " On peut espérer - 54 — cogliere nella sua Sylloge il materiale micologico die prima, sparso in centinaia di pubblicazioni, era diificile avere completamente sotto mano) compito della micologia debba essere, oltre la ricerca e descrizione di nuove forme, lo studio comparativo di quelle già note, ' ho limitato le mie osservazioni al gruppo delle Melanconiece Berk., cominciando a studiare le poche delle così dette specie che potei avere a mia dispo- sizione, e proponendomi di continuare le mie osservazioni di mano in mano che mi sarà possibile avere nuovo materiale di studio. - È un gruppo stabilito da Berkeley =' e costituito definitivamente dal Saccardo* il quale nella sua Si/lloge^ così lo definisce: "Fungi " perithecio ascisque carentes, ex acervulis subcutaneis denique partim " erumpentibns saepius molliusculis constantes, sordidi, grisei v. laete " colorati. Sporae (conidia) basidiis variis subinde obsoletis suftultae e " strato proligero, plus v. minus evolutae, oriundae. „ Così definito, questo gruppo comprende ora più di 850 forme (specie), ripartite in circa 40 generi. Cosa è precisamente l'acervnlo delle Melauconiee? In quali rela- zioni si trova esso coi conidiofori isolati degli Ifomiceti, o coi picnidì delle Sferossidee? Quali forme indicano un passaggio tra questi gruppi? Di tutte le forme, presentemente annoverate tra le Melauconiee ve ne sono di quelle che debbano essere messe piuttosto tra gli Ifomiceti o le Sferossidee? E per converso in questi due ultimi gruppi si trovano ora forme che dovrebbero essere poste tra le Melauconiee? Quali cri- teri si devono seguire nella classificazione di tutte queste forme? Ecco le domande alle quali cercherò di rispondere colle ricerche di cui esporrò qui sotto i risultati. " qu'uue l'tude plus attentive de la srrncture et du développement des Champignons " infcTieurs (cosi egli chiama impropriamente, come si è visto, i funghi imperfetti), dans " des couditions très variées, féront décourrir encore bien des choses, non supgonuées " dans ce groupe des Mucédinées. „ • G. LiNDAu, Bemerkungen ilber die heutige Systematih der Filze iu Bot. Centralbl, 1897, Bd. LXX, pag. 2. È a notarsi che mentre il Lindau parla non troppo benevol- mente del lavoro del Saccaudo, gli studi da lui consigliati sono stati resi possibili sol- tanto dopo l'opera di quest'ultimo micologo. 2 Lo studio degli Ifomiceti è già stato fatto, benché con criteri alquanto diversi dai miei, dal Costantin nella monografia sopra citata sulle Mucediuee semplici. " M. J. Berkelet , Outliites of British Fiingology. London, 1860. "■ Michdia, Voi. H, pag. 10. '- Sylloge, Voi. Ili, pag. 696. — 55 — Gloeosporium. ^ Desm. et Moiit. in Ann. Se. Nat., Ser. II, T. XVr, p. 205; Sacc, Syll, III, p. 699. GÌ. Hesperide.arum Cattaneo, Imiceti degli Agrumi nell'are/;, trienn. del Labor. Critt. di Pavia, Voi. Ili, 1879; Saccardo, Si/ll., Ili, p. 702. — Materiale fresco. Gli acerviili si formano nell'epidermide ed appaiono in principio come piccole sporgenze che sollevano la cuticola. Essi constano di un aggrovigliaraento di ife, ossia di uno stroma miceliare die invade le cellule epidermiche e che va man mano estendendosi in questo tessuto. Sulla superficie esterna di tale stroma, in immediato contatto colla cu- ticola, sorgono le ife conidiofore che portano al loro apice i conidì e che colla loro pressione li rompono. Lo strato proligero resta allora completamente scoperto e va allargandosi di mano in mano che lo stroma estendendosi invade le cellule epidermiche circostanti dalle quali ora la cuticola si stacca colla massima facilità. - Inoltre, mentre in principio, cioè quando l'acervuletto non ha an- cora rotto la cuticola e all'allungamento delle sue ife fa ostacolo la pressione di questa, i couidiofori sono brevi e molto fitti, dopo, una volta liberati dalla membrana che li ricopre, si allungano e si fanno più radi, ciò che dà al fungo l'aspetto quasi di un Ifomicete.. Ed un Ifomicete in realtà esso diviene se lo si coltiva in un sub- strato semiliquido, perchè allora il micelio, non subendo più compres- sione alcuna, può espandersi secondo la sua natura. Come mezzo di coltura a me servì benissimo un decotto di foglie di limone cui aggiun- gevo traccie di zucchero e che, dopo filtrato e bollito fino a dargli con- sistenza siropposa, chiudevo in una capsuletta di vetro preventivamente sterilizzata. Alcune spore del fungo seminate in tale capsuletta pro- dussero in pochi giorni alla temperatura oi'dinaria (mese d'agosto) un fitto micelio bianco, superficiale, dal quale sorgevano rami conidiofori ' Nella deuoininazione dei generi e delle specie, come anche nel loro ordinamento e nella sinonimia, seguo, salvo alcune modificazioni od aggiunte, la Sylloge del Sac- cardo, riserbaiidomi di parlare in ultimo della classificazione delle forme studiate. Per ogni specie dico anche quale materiale ho stuiliato. ' L'allargamento degli acervuli fino alla loro confluenza fu osservato anche dal Cattaneo, il quale parla infatti di tumoreUi che tendono ad avvicinarsi e confondersi man mano che vanno a maturanza, e che sono prodotti dall'epidermide delle foglie di- stesa e sollevata dal ^larassita che vi cresce snttn. Atti dell' Ist. Boi. dell' Unioersità di Pavia - Nuovo Serie — Voi. VI. 5 — 56 — cou collidi eguali a quelli formatisi in natura nelle foglie. Questi coiii- diofori avevano l'aspetto di ife vegetative e mostravansi, quali sono stati disegnati per un'altra specie nella figura 5 della tavola XI, isolati come quelli dei veri Ifomiceti.^ GÌ. llibis (Lib.) Mont. et Desm. in Kickx Fi. ci: FI., II, p. 95 ; Sacc, Syll., Ili, p. 706. — Materiale fresco. Anche in questa specie ho potuto constatare che gli acervuli (i quali, contrariamente a quanto è detto dal Saccardo ed ammesso anche da Briosi e Cavara, •' si formano tanto sulla pagina inferiore delle fo- glie che sulla superiore) sono costituiti da uno stroma che si va for- mando nelle cellule epidermiche o sotto di esse e che sulla sua superficie esterna, coperta in principio dalla cuticola della pianta ospite, sviluiipa le ife conidiofore ed in seguito i conidì. Le prime però sono molto ri- dotte (Tav. XI, fig. 1), rappresentate quasi da piccole papille dalle quali si staccano le spore, né si allungano maggiormente quando, per la pressione di queste ultime, l'epidermide si rompe e l'acervulo si apre. In questa specie non si presenta quindi, colla rottura della cuti- cola, queir aspetto quasi di Ifomicete di cui si è detto a proposito della specie precedente. Ciò si deve non solo alla eccessiva riduzione dei conidiofori, ma anche al fatto che se talora lo stroma col relativo strato di ife fruttifere, quando l'acervulo è scoperto, si estende lateralmente nell'epidermide (Tav. XI, fig. 3) come nella specie precedente, altre volte invece (fig. 2) si abbassa sì da divenire fortemente concavo, perchè ' LioLERC DU Sablon (Sur une maladie dii Piatane, in Bev. gén. de Botanigue, Paris, 1892, pag. 473) osservò die auche nel Gloeosporium Platani (Mont.). Ond. la lunghezza dei conidiofori (basidi) può variare in uno stesso acervulo ; anzi appoggian- dosi a questo fatto sostenne si debbano ritenere identiche le due specie Gloeospo- rium Platani (Mont.) Oud. e Gì. nervisequum (Fuck.) Sacc, la cui distinzione è basata specialmente (veggasi Saccardo, Syll., Ili, pag. 711) sulla diversa lunghezza dei ba- sidi. Ciò era già stato ammesso anche da Briosi e Cavara (i funghi parassiti delle piatite coltioate od utili, Pavia, 1S90. N. 124), i quali avevano essi pure rilevalo nel Gì. nervisequum basidi di diversa lunghezza. Il Leolerc do Sablon nello studiure questa spe-ie avverti pure che coltivandola in agar con un po' di decotto di foglie di Platano dà luogo a filamenti sporiferi meno serrati gli uni contro gli altri cosi da assumere (come si può vedere dalle figure date dall'autore) quasi l'aspetto di un Ifomicete. Differenze nella lunghezza dei conidiofori osservò anche Domenico Saccardo (Con- tribuzione alla Micologia Veneta e Modenese, in Malpiglia, 1898, pag. 20) nel Gl. PEsriFEitDM C. et M. a proposito del quale dice che l'esemplare da lui trovato " a typ > " differt basidiis demum longioribus, sed dijfferentia ab aetate pendere videtur .. - I funghi parassiti, ecc., N. 222. — 57 — il parassita si interna nei tessuti sottostanti della matrice. Tu tal caso esso piglia l'aspetto non di un Ifomicete, ma di una Sferossidea, perdio si hanno degli pseudo-picnidi che però ne si chiudono superiormente né hanno parete bene individualizzata per forma e dimensioni. - gì. Helicis (Desm.) Oud., Fungi Neerl., n. 196; Sacc, Si/ll., IH, p 707. — Materiale della collezione del D.' Cavara (Micologia Lom- barda) esistente in questo Istituto. Per la struttura dell'acervulo questa specie si avvicina alla pre- cedente. Come in essa, spesso lo stroma si approfondisce si da costituire degli pseudo picnidì. (Jl. nobile Sacc, Midi., II, p. 153; SijlL, III, p. 710. — Materiale degli essiccati di Briosi e Cavara {I junghi parassiti, ecc., Nr. 249). Il micelio forma un grosso stroma sotto epidermico, che va di mano in mano estendendosi orizzontalmente e dalla superficie superiore del quale si sollevano le ife conidiofore relativamente lunghe e ben distinte, talora anche ramificate. È la loro pressione che rompe l'epi- dermide ed in tal modo l'acervulo si apre. I conidì non sono che i segmenti terminali di tali ife, isolatisi. GÌ. SiUicis West., Herb. cri/pt. belge, n. 1269 ; Sacc, Syll., Ili, p. 711. — Materiale della collezione del D.'' Tognini (Micologia Toscana) esi- stente in questo Istituto, e degli essiccati di Briosi e Cavara (/ funghi jjarassiti, ecc., Nr. 125). Come nelle specie precedenti, è la parte più esterna dello stroma, coperta dalla cuticola della pianta ospite, che dà luogo allo strato di conidiofori. Questi però sono assai ridotti, quasi che si trasformassero completamente nei conidì, ed è alla pressione di questi ultimi che si deve la rottura della cuticola. GÌ. Populi-albae Desm., XXIV Not., p. 3; Sacc, Sgll, III, p. 712. — Materiale fresco. Anche qui si può dire che i conidiofori si trasformino completamente nei conidì, cosicché pare che questi sorgano direttamente dallo stroma miceliare. Per il resto la struttura dell'acervulo é come nelle specie precedenti, benché alcune modificazioni che hanno luogo nella cuticola lascino credere, ad un'osservazione superficiale, che si formi uno strato micelico tra i conidì e la cuticola stessa, ciò che non è. ' Veggansi anche le figure date dal Cavaua (loc. cit ) e dal Saccardo (Fungi Ilaliri, N. 1036). — 58 — GÌ. aiupelophagum (Pass.) Sacc, Mich. I, p. 217; SylL, IH, p. 719. Materiale fresco e conservato in alcool. L'acervulo è dato quasi unicamente dallo strato di conidiofori fit- tamente disposti parallelamente tra loro e portanti all'estremità supe- riore e libera i conidì. Lo stroma è qui pure, come nelle specie fin' ora descritte, abbastanza sviluppato, spesso però manca completamente così che le ife fruttifere provengono direttamente dal micelio vegetativo, il quale di mano in mano che si estende nei tessuti della pianta ospite continua a mandar fuori ife fruttifere che sollevano e rompono la cu- ticola e contribuiscono all'allargamento dell'acervulo. Sotto l'influenza dell'umidità, tali ife, di solito molto brevi, possono diventare assai lun- ghe ed anche ramificarsi. ^ La mancanza frequente di uno stroma sotto le ife conidiofore e la lunghezza diversa, talora anche relativamente grande, di queste ultime, danno alla Melanconiea in esame 1' aspetto di un Ifomicete e come tale essa fu infatti descritta per la prima volta. - La fa ritenere una Me- lanconiea il" fatto che le ife fruttifere coi rispettivi conidì si formano nell'interno del substrato e sono in principio coperti dalia cuticola della pianta ospite. Per altro è da osservare che spesso i conidì non si stac- cano se non quando la cuticola è rotta e quindi essi si trovano sco- perti, e che negli acervuli molto vecchi i conidiofori che si sviluppano in vicinanza dei margini sono liberi fin dalla loro origine perchè ivi la cuticola è già stata disorganizzata. Qualche volta anzi alcuni di essi si sviluppano ad una certa distanza dagli altri ed appaiono isolati. GÌ. crocatuiii Sacc, Fung. Abi/ss., n. 41,; Syll., X, p. 453. — Ma- teriale fresco. •'' ' Questa osservazione fatta per la prima volta dal Puillieox (Vanihracnnse de la Vigne, in Bidl. d. 1. Soc. Boi. de France, 1879, pag. 308) fu confermata pure dal Viala {Les 'maladies de la Vigne, III Ed., Paris, 1879, pag. 308). — Il Prillieox ha anche dimostrato in modo evidente che, contrariamente a quanto aveva osservato il Goethe, i conidiofori sono la parte più superficiale del fungo e che i filamenti bruni che sem- brano scorrere sopra di essi non sono che pieghettature e striainre della cuticola alte- rata. Ciò fu confermato in seguito anche dal Db Bary, Gahovagi.io, Saccardo, ecc. - G. Passerini (La nebbia del moscatello ed tina nuova crittogama delle viti. Parma, 1S76) la descrisse infatti sotto il nome di Bamularia ampelopliaia e sotto lo stesso nome la si trova elencata dal Pjrotta nei suoi Fanghi parassiti dei vitigni, in Archivio trienn. del Laboratorio Crittoiiamico di Pavia, Voi. 2 3, pag. 129. Anche quest'ultimo non iiarla di stroma e dice che i fili sporiferi provengono dal micelio na- scosto nel sottostante tessuto. ' Gli esemplari da me esaminati si erano sviluppati su vm^Euphorbia grandidens nelle serre. Il Ch. prof. Saccardo, al quale ne mandai alcuni in esame, mi scriveva che — 59 — Gli acervuli di questa specie constano (Tav. XI, fig. 4) di lui grosso stroma ipodermico die invade anche i tessuti sottostanti e dal quale si innalzano conidiofori ben distinti, che vanno fin sotto alla cuticola. Que- sta viene sollevata e rotta dalla pressione dei conidì spinti in alto per l'allungamento delle ife che li portano. Una volta che l'acervulo è sco- perto, continua ad allargarsi per l'accrescimento dello stroma. In questo stato, siccome i conidiofori sono relativamente lunglii, il fungo viene ad avere l'aspetto di un Ifomicete con ife fruttifere piuttosto fitte. Si distingue dagli Ifomiceti per la presenza di uno stroma ben distinto, ma questo scompare in substrato liquido quando se ne faccia una col- tura col metodo descritto più sopra pel Gì. Hesperidearum. Allora anche questa Melanconiea si trasforma in un vero Ifomicete (Tav. XI, fig. 5). 01. canjulense Eli. et Ev-, Joiirn. Myc, 1889, p. 153; Sacc, SyìL, X, p. 455. — Materiale della collezione del D.'^ Tognini (Micologia To- scana) esistente in questo Istituto. È un'altra specie i cui acervuli, costituiti nel solito modo, invece di allargarsi in senso orizzontale, si approfondiscono perchè lo stroma si interna nei tessuti profondi dell'ospite. Si avvicina dunque ai Gì. He- licis e Gì. Ribis sopra descritti e forma, come questi, dei pseudo-pic- nidì. Lo stroma è poco sviluppato, i conidiofori ridotti, ma anche qui in principio sono atfatto superficiali e coperti unicamente dalla cuticola della pianta ospite. Dall'esame delle poche specie studiate, parmi si possa concludere che i Gloeosporium in certi casi altro non siano che Ifomiceti micronemei i quali, in seguito alla vita interna nel substrato, sviluppano le loro ife conidiofore le une fittamente strette alle altre si da potere insieme far pressione sulla cuticola che li ricopre e romperla. Le forme in cui lo stroma è assente o assai sottile e quelle che nelle colture artificiali si risolvono in veri Ifomic/eti, meno si allontanano dal loro stato originale. Se ne allontanano di piìi quelle il cui micelio dà luogo ad uno stroma molto grosso, il quale facilita ed aumenta la compattezza delle ife frut- tifere e che qualche volta, onde utilizzare la rottura della cuticola, si sviluppa in profondità dilatandosi in questo senso entro i tessuti del- l'ospite. In quest'ultimo caso l'allontanamento dallo stato originale è differivi! uo un po' da quelli della specie tipica dell'Eritrea e che trattavasi di una forma depauperata probabilmente a causa dell'ambiente diverso e non del tutto adatto in cui viveva l'Euforbia delle nostre serre. Le differenze perù non erano tali da doversene fare una varietà, nuova. — 60 - reso evidente anche dalla riduzione dei conidiofori che, forse per eco- nomia di spazio, diventano specie di papille (dette impropriamente ba- sidi) e si trasformano interamente in spore. Si è cosi condotti verso le Sferossidee dalle quali però si resta pur sempre distanti perchè la ca- vità fruttifera che si va delineando non è mai completamente chiusa su sé stessa, né è munita di vera parete ed ha dimensioni fisse. Myxosporium. Lib., Si-)ec. Plani. Fungi, II, j). 99 ; Sacc, Syll, III, p. 722. M. carneum Lib., Exs. ined., n. 882: Sacc, Sj/IL, III, ji. 726. — Materiale degli essiccati di Eoumeguère {Fungi Selecti Gallici, Nr. 1439). È come un Gloeosponum che viva sui rami. Gli acervuli sono molto estesi e costituiti da un grosso stroma dalla superficie superiore del quale sorgono i conidiofori relativamente lunghi. Qua e là lo stroma va invadendo anche i tessuti sottostanti si che l'acervulo diventa fortemente concavo. .M. lanecoln Sacc. et Eoum.. 5e/. myc. Lib., Ser. IV, n. 168; Sacc. Si/lL, III. p. 726. — Jlateriale degli essiccati di D. Saccardo {M>/co- theca Italica, Nr. 374). Negli esemplari dati dal Saccardo Tapprofondirsi dello stroma nel substrato è molto accentuato, così che l'acervulo diventa quasi una ca- vità chiusa. E poiché tale approfondirsi ha luogo in un modo irregola- rissimo, in certe sezioni l'acervulo si presenta con cavità completamente chiuse e con amfrattuosìtà nello strato dei couidiofoi-i le quali ricor- dano molto l'apparecchio di riproduzione di certe Leptostromacee. Le ife fruttifere subiscono corrispondentemente una riduzione e mostransi sottili e più brevi che nella specie precedente, benché ancora molto distinte. Come si è detto sopra, i Mìjxosporium non sono die dei grossi Gloeosponum che vivono sui rami anziché sulle foglie e come tali sono distinti anche dal Saccardo nella sua chiave analitica delle Melanco- niee. Tolte le dimensioni, gli acervuli hanno la stessa struttura e lo stesso valore morfologico, solo che queste forme si staccano maggior- mente dalle forme originarie di Ifomiceti da cui sembrano derivate (e la derivazione da Ifomiceti si deduce ancora dalla lunghezza, in certe specie, delle ife conidiofore i cui apici formano i conidì) per lo sviluppo — 61 — dello stroma e per la tendenza di questo ultimo ad internarsi nel sub- strato diventando concavo. L'adattamento alla vita interna è qui più accentuato. Hypodermium. Link, Spec. PI. Fting., ir, p. 88; Sacc, Sijlì., Ili, p. 723. H. nervisequnm Link, Sp. PI. Fung., II, p. 89; Sacc, Syll., Ili, p. 729. — Materiale degli essiccati di Briosi e Cavara {I funghi paras- sifi, ecc., Nr. 250). Briosi e Cavara così descrivono gli acervuli di questo micete : '' Le " fruttificazioni sono date da uno stroma bruno, la cui struttura è a " mala pena discernibile e che sovrasta al tessuto a palizzata o meglio " ad elementi sclerosi sovrapposti a questo. Normalmente a tale stroma " si ergono moltissimi filuzzi {basidi), i quali formano uno strato com- " patto, incoloro e di uniforme spessore od alla superficie si osservano " sparse numerose sporicine . . . Questi basidi sono cilindrici, d'ordinario " ramosi, terminanti i singoli ramuscoli con una spora. „ Le spore o le estremità delle ife conidiofore vengono dunque in contatto diretto colla cuticola che le ricopre ed è alla loro pressione che è dovuto prima il sollevamento di essa e poi la rottura. Di mano in mano che la cuticola si solleva, lo stroma si estende sotto di essa e nuovi conidiofori vanno sorgendo dalla sua superficie: questi ultimi trovano già aperta la via per venire in libertà, ma restano ciò non di meno egualmente stipati gli uni contro gli altri. Siamo dunque anche qui, come nei Gloeosporimn, nel caso di Ifo- miceti che adattandosi a vivere nell'interno del substrato formano uno stroma e danno luogo a un fitto strato di ife conidiofore le quali solo se insieme unite possono sollevare e rompere la cuticola che le ricopre. Le forme originarie sarebbero Ifomiceti con ife fruttifere ramificate e con spore in catena : la persistenza dei così detti basidi ramificati e tanto distinti segnerebbe ancora la derivazione, benché non si trovino forme senza stroma come nei Gloeosporiiim. ^ ' R. Hartiq {Vt'ichtige Krohkheiten der ^Valàhaume, Berlin, 1874; pag. 107 e ] 15 e Tav. VI, fig. 22) figura e descrive, per gli spermazii dell' Hysteriiim {Hypoderma) nervisequum D. C, acervuli affatto simili a quelli della specie menzionata sopra. L'e- same dei diversi essiccati fa però escludere che siano la stessa cosa: probabilmente 62 Blennoria. Fr., S. M., HI, p. 480; Sacc, SijlL, IIF, p. 730. 13. Buxl Fr., Sijsl. Orb., I, pag. 366; Sacc, Syll., Ili, pag. 750. — Materiale degli essiccati di Westendorp e Wallags (Herbier Cryptoga- inique Belge, Nr. 751) e di Desniazières (^Planies crgptogames de France, Ed. II, Nr. 239). lu ambedue gli essiccati che ho consultato, questa specie presenta acervuli coperti superiormente, almeno in principio, oltre che dalla cu- ticola, da uno strato stromatico distinto che si continua ai lati nello stroma da cui sorgono i conidiofori. Questi sono lunghi e riuniti in specie di colonne o meglio di cordoni lassamente intrecciati, tutti co- perti dai conidì, i quali occupano gli interstizi tra cordone e cordone (Tav. XI, fig. 6). Ogni cordone va assottigliandosi verso l'alto di mano in mano che le ife conidiofore che lo compongono ne escono per produrre al loro apice i conidi. Superiormente però i cordoni non si esauriscono ma toccano e si confondono collo strato stromatico che come si è detto ricopre l' intiero acervulo ; pare anzi che questo strato sia formato da una parte delle stesse ife dei cordoni, le quali, invece di terminare nei conidi, si ripiegano lateralmente e si intrecciano tra loro quasi a dare uno strato molle che si interpone tra i conidiofori fertili e la cuticola del substrato e serve forse ad aiutare la rottura di questa evitando una forte pressione sull'apparato sporifero. Con questo modo di vedere, le ife miceliche che vanno a formare la copertura sarebbero omologhe alle parafisi che si trovano negli acer- vuli di altre Melauconiee. Lo studio di questa unica specie che io ho potuto avere a mia disposizione, mostra pertanto che nel genere Blennoria si ha un adat- tamento alla vita interna del micelio più accentuato che nei generi precedenti. Mentre lo sviluppo dei conidiofori e il loro modo di asso- ciazione non lasciano alcun dubbio che si ha a che fare con un Ifomi- cete della famiglia delle Stilbeae adattatosi alle nuove condizioni di vita, la copertura iniziale dell'acervulo mediante la cuticola, la forma- trattasi ili una forma affine la quale sarebbe imperlante perchè presenta uno stroma molto sottile e segna un maggiore avvicinamento alle probabili forme originarie di Ifomiceti. Lo sviluppo dell'acervulo è descritto dall'HARiio come è descritto da Bkiosi e Cavaba, per la specie da me studiata. — 63 — zione di uno stroma che va man mano estendendosi e dal quale sorgono associati tra loro diversi cordoni di sporofori, e più che tutto la forma- zione di uno strato protettore a spese di sporofori sterili, ci portano ancora più lontano dagli Ifomiceti di quello che fossero le forme pre- cedentemente studiate. * Trullula. Ces., Bot. Ztg., 1852, p. 397; Sacc, Siili, III, p. 731. Tr. oliyascens Sacc, ili/c/i., I, pag. 94; St/ll, III, pag. 731. — Materiale degli essiccati di Cavara {Fungi Longobardiae exsiccati, Nr. 192 a) e di Saccardo (Mi/c. Ven., Nr. 1599). Gli acervuli sono in principio costituiti da uno stroma sottoepider- mico sulla superficie superiore del quale si innalzano i conidiofori lunghi, strettamente serrati gli uni contro gli altri, cosi che insieme assumono l'aspetto di una Stilbea. Quando l'epidermide si rompe, ciò che avviene assai presto e cioè appena i conidiofori cominciano ad allungarsi ed a produrre i conidì al loro apice, lo stroma si estende lateralmente e spesso diventa anche concavo, talora anzi dà luogo, come negli esem- plari dati dal Cavara, a delle specie di cavità dal fondo delle quali s'alzano i cosi detti basidi. Nella varietà data dal Cavara (Nr. 192 ft) col nome di stipitaio- capitata, il ciuffo dei conidiofori si prolunga in una specie di peduncolo 0 stipite così che si ha un corpo fruttifero simile a quello del genere Briosia Cavr., ^ posto dal Saccardo ' tra gli Ifomiceti feostilbei, dal quale la nostra Trullula differisce solo per la ramificazione dei conidiofori. La struttura del corpo fruttifero di quest'ultima varietà ci conduce ad attaccare direttamente le Trullula agli Ifomiceti. * La riduzione delle ' La forma da me descritta e figurata ricorda molto la figura che dà il Bonoedbn (Myeoloijie, Tav. Ili, pag. 63) per la Liberlella crocea Bon. (Sacc, St/ll., HI, pa- gina 747) e fui anzi in dubbio se riferire a questa specie il materiale da me esami- nato. La mancanza di esemplari ben conservati non mi ha permesso di risolvere in modo esauriente questo diibbio. - F. Cavara, Intorno al disseccamento dei grappoli della vite, in Atti dclVIst. Bot. di Pavia, Ser. II, Voi. I, 18S8, pag. 293. Anche per questa specie Cavara descrive e figura (Tav. V, fig. 2) uno stroma subcutaneo. = Si/Il., X, pag. 698. * Anche il Saccardo osserva che questo genere è molto vario e dice anzi (Si/ll, III, pajt. 731): " Species nouuullae lignicolae a Melanconieis abhorrent, sed ob inti- mam cum ceteris affinitatem separare nolui. „ — 64 — ife conidiofore che si verifica nelle altre forme esaminate e la presenza (li uno stroma ben distinto ci portano invece alle Melanconiee, mentre l'infossamento dello stesso stroma sì da formare delle cavità più o meno profonde segna nn ulteriore passo nell'adattamento del fungo a vivere nell'interno del substrato e un avviamento alla formazione degli appa- rati fruttiferi delle Sferossidee. Bloxamia. B. et Br., Ann. K. H., 1854, p. 468; Sacc , Syìl, III, p. 734. BI. truncata B. et Br., Ann. N. H., 1854, pag. 468; Sacc, Syll., Ili, pag. 735. — Materiale degli essiccati di Cooke {Fungi Britannici exsiccafi, Nr. 477). La struttura degli acervuli è press' a poco come nelle TruUula, però essi sono molto superficiali né si approfondiscono e diventano con- cavi. Di più, siccome negli esemplari da me osservati essi si sono svi- luppati su legno morto e deteriorato, non si può quasi neanche parlare di una vera copertura da parte del substrato, nemmeno sul principio del loro sviluppo. Lo stroma è molto distinto e gli sporofori sono molto fitti. Questo genere che contiene un'unica specie occupa dunque lo stesso posto che si è visto occupato dalle Tndhda: è nn Ifomicete del gruppo delle Stilbee, con sporofori un po' ridotti e stroma molto sviluppato. Il fatto che l'acervulo non si ti'asforma mai in un corpo concavo è forse dovuto alla minore resistenza della parte esterna del substrato in cui il fungo si sviluppa. Colletotrichum. Corda in Sturm. C>: FI., Ili, 3, p. 41; Sacc, Si/ll., Ili, p. 735. C. Liiulemutliiiinnin (Sacc. et Magnus) Br. et Cavr., I funghi pa- rassiti, Nr. .50 ; Gloeosporium Lindemutkianum Sacc. et Magn., Micfi., I, pag. li'9 ; Sacc, Syll., III, pag. 717. — Materiale fresco. L'acervulo di questa specie consta di uno stroma che si forma nelle cellule epidermiche, sotto alla cuticola, e va continuamente estenden- dosi di mano in mano che quest'ultima viene sollevata. Dalla superficie — 65 — superiore di tale stroma si innalzano i conidiofori cilindracei, più o meno lunghi, che danno, al loro apice, i conidì. In mezzo ai coni- diofori si ergono anche le ife sterili, o setole, che caratterizzano il genere. E a notarsi che talora lo stroma mostrasi assai sottile, cosi che le ife fruttifere passano quasi direttamente nel micelio puramente vege- tativo. In altri casi lo stroma, corrodendo i tessuti interni dell'ospite, si fa più 0 meno concavo. C. anipeliunm Cavr., Matér. de Mìjc. Lomb. in Bev. Mi/col., 1889; Sacc, Si/ìl, X, p. 470. — Materiale della collezione del dott. Cavara {Micologia Lombarda) esistente nell'Istituto. E una forma poco evoluta. Gli acervuli sono affatto sottocuticolari, piccoli, e constano di uno stroma superficiale e molto sottile, dal quale si sollevano poche ife conidiofore ed alcune ife sterili. r. Agftves Cavr., Fungi Long, exsicc, Nr. 100; Sacc, Syll., XI, pa- gina 570. — ■ Materiali degli essiccati di Cavara, sopra citati. Si ha qui un grosso stroma (Tav. XII, fig. 1 0) piuttosto lasso, dal quale sorgono, proprio sotto alla cuticola che viene da esse sollevata, le ife fruttifere mescolate alle quali se ne trovano alcune sterili. Fatta astrazione dallo stroma, questa specie conserva ancora, benché coperta, il carattere di Ifomicete perchè ha conidiofori molto lunghi ed un acer- vulo che continua ad estendersi man mano che il micelio del fungo invade nuovi tessati e che ai margini i nuovi organi fruttiferi solle- vano la cuticola già rotta. L'esame delle poche specie studiate mosti-a che abbiamo qui a che fare con un genere il quale, come i Gloeosporium, rappresenta appena una prima adattazione degli Ifomiceti alla vita interna nel substrato. Come là abbiamo forme il cui micelio dà luogo, quasi senza stroma, ai conidiofori, forme che producono uno stroma illimitato per superficie, forme a ife fruttifere brevi, ridotte e che si evolvono da un substrato stromatico più o meno concavo. ' Unica differenza è la presenza delle ' Anche il Saccardo ammette che qnesto genere si attacca da una parte agli Ifo- miceti e dall'altra alle Sferossidee e dice infatti (St/IL, III, pag. 7.S5) : " Hinc Vermi- colariae, illinc Chaetostromati affine genus. „ Secondo me parecchie delle specie del genere Vennicularia non sono che CoUe- tntrichum con acervuli molto concavi sì da avere lo strato dei conidiofori quasi chiuso su sé stesso, così per esempio la V. trichella Fr. la quale non ha un peritecio completo. — 66 — setole la quale può indicare la provenienza da Ifomiceti muniti di ife sterili fi'ammiste alle fertili, e può anche rappresentare, come pensa Prillieux, ' un adattamento inteso a facilitare la rottura della cuticola. Cryptosporium. Kuuze, 3Iyk. Heft., I, 1 ; Sacc, SylL, IH, p. 740. C. viride Bon., Abh. Gel. d- Myk., II, pag. 129; Sacc, Si/IL, III, pag. 743. — Materiale degli essiccati di Eabenhorst {Fungi europaei essiccati, Nr. 287). " Questa specie lia acervuli larghi e molto concavi e profondi, co- perti da epidermide annerita cosi che a tutta prima sembrano peri- teci. Lo stesso Bonorden, che ha comunicata la specie al Eabenliorst, parla di periteci e cosi si esprime: " Die Perithecien liegen ini Pareu- chym des Blattes ganz versenkt. „ Si tratta però di una Melanconica il cui stroma si approfondisce nel substrato, come si è visto per alcune delle forme già descritte, ed 1 cui conidiofori subiscono contemporanea- mente una riduzione. Lo stroma è piuttosto sottile. L'apparato di moltiplicazione presenta dunque in questo genere, almeno per quanto si può dedurre dalla specie studiata, ■" un adatta- mento alla vita che il micelio conduce nell'interno del substrato, in quanto i conidiofori sono ridotti e si sviluppano in una cavità si da diminuire la larghezza della rottura necessaria nel substrato per la liberazione dei conidì. Tale adattamento è più accentuato di quello della stessa natura visto in altri dei generi già descritti, perchè mentre in questi ultimi non si presenta costantemente, nel Crijptosporium pare sia fissato. ' E. PiiiLLiEUX, Maladies des plantes agricoles (Paris, 1897, Tom. II, pag. 323). - Secondo Boxorden, che la ha comunicata al Rabesiiorst, questa specie sarebbe identica al Cryptosporium Sorbi Ces. dato dal Rabenhorst al Nr. 160. Però gli esem- plati che si trovano a questo numero sono a spore settate onde per questo carattere, come pure per la struttura dell'acervulo, cui allude lo stesso Bosokden, io ho cre- duto di farne un Seplogloeum che descrivo più avanti. '■' È probabile che la maggior parte delle specie si presentino collo stesso carat- tere, poiché anche nella diagnosi del genere (Saccardo, loc. cit.) è detto : " Acervuli figurati, discoideo-conici, . . . subinde pseudo-perithecio e matrice formata inclusi.. Melanconium. Link in Willd. Sp. pi Fungi, II, p. 91 ; Sacc, Syll., Ili, p. 749. Me. sphaeroideuni Link, Sp. pi. Fungi, II, pag. 92; Sacc, Syll., Ili, pag. 755. — Materiale degli essiccati di Cavara {Fung. Long, exs., Nr. 143). Gli acervuli sono sottocuticolari, vanno di man in mano allargan- dosi, e constano di uno stroma ben distinto la cui superficie superiore si trasforma in uno strato di conidiofori. Quando però gli acervuli sono giovani, e cioè prima che si aprano, dalla parte di mezzo dello stroma s'alza una colonna di ife sterili, più o meno verticali e parallele, a pareti relativamente ingrossate, specialmente all'apice, e questa colonna va fino contro lo strato di sughero che ricopre l'acervulo e prima lo solleva a guisa di cupola, poi lo rompe. Si tratta evidentemente di un organo meccanico che ha lo scopo di facilitare la disseminazione dei conidi, i quali, come pei Gloeosporium, si formano su tutta la rimanente superficie dello stroma, all'apice di filamenti conidiofori distinti e di lunghezza varia. Lo strato dei coni- diofori . si estende orizzontalmente e diventa anche un po' irregolare quando la colonna centrale ha sollevato e rotto la copertura dell'acer- vulo. In tale stato la specie che studiamo ricorda molto 1 Gloeosporium dai quali essa differisce soltanto per il colore delle spore. M. apiocarpon Link, Sp. pi. Fungi, II, pag. 90; Sacc, Syll., III, pag. 755. — Materiale degli essiccati di D. Saccardo (Muc. Hai Nr. 377). L'acervulo è in questa come nella specie precedente. Mostrasi sol- tanto più delimitato in superficie, poiché i margini dello stroma si ri- piegano un po' verso l'alto (contribuendo in parte anch'essi a sollevare la copertura) cosi che difficilmente si ha un ulteriore allargamento. Me. juglaudinnni Kunze in Fio. Fi. Dresd., pag. 250 ; Sacc, Syll., UT, pag. 253. — Materiale degli essiccati di D. Saccardo (Muc Ìta{ Nr. 178). La columella centrale che nelle specie precedenti attraversa l'acer- vulo non è, in questa, ben distinta e si può dire rappresentata soltanto da un rigonfiamento centrale dello stroma dal quale sorgono i brevi conidiofori. La scorza che ricopre originariamente l'acervulo è rotta — 68 - dunque dalla pressione esercitata dalla massa crescente delle spore. In compenso però molti filamenti micelici jalini si internano tra le spore stesse e scorrono fin sotto la scorza quasi a fare da cuscinetto tra questa e le spore die la devono sollevare. * Siamo qui in presenza di una forma che La caratteri di adatta- mento intermedi tra quelli dei veri Melanconhim e quelli che descriverò più avanti per altre Melanconiee. Potrebbe trattarsi di una forma pri- mitiva del genere in discorso. Mo. Cavarae n. sp. Ordinando, per le collezioni del nostro Istituto, materiale raccolto dal dott. Cavara e da quest'ultimo ceduto gentilmente a me per studio, ho trovato alcune foglie di Taxus baccalà attaccate da un Melanconium che non si può riferire a nessuna delle specie finora conosciute. Gli acarvuli (Tav. XI, fig. 7) sono piccoli ma indefiniti, perchè lo stroma che ne forma la base continua a crescere ai suoi margini di mano in mano che il micelio invade il parenchima fogliare. Essi sono sottocuticolari e muniti nella loro parte centrale di una colonna for- mata da iftì quasi normali allo stroma e molto piU grosse delle ife ve- getative. È questa columella, molto bene limitata, che solleva la grossa cuticola e mette in libertà i conidi che sono cilindrici, jalini (Tav. XI, fig. 8), e sorgono da conidiofori assai ridotti. Da tutte le altre specie di Melanconium questa si distingue per il colore jalino delle sue spore, " carattere che a tutta prima m'aveva in- dotto a metterla fra i Gloeosporium. Avendo riguardo però alla strut- tura dell'acervulo munito di columella tanto distinta ^ e pensando che " Forse tratto in inganno da tali ife. il Corda (Icones fungorum, Voi. Ili, pa- gina 21 e Tav. IV, fig. 58) descrivendo questa specie (sotto il nome di IH. Juglandis CoRDi), dice che ha un periteci© costituito da uno strato stromatico sottile che lo limita anche contro l'epidermide ed ivi produce pure spore. Io ho visto sempre i co- nidiofori soltanto sopra lo stroma che forma la bnse degli acervuli. - È noto che il genere Melanconium appartiene alle Feosporee del Saccabdo, cioè .alle Melanconiee con spore brune. Lo stesso nome generico (derivato da melas nero e conia couidio) esprime questo carattere. ' Che la presenza della columella negli acervuli dei Melanconium sia importante, per caratterizzare il genere, almeno quanto il colore delle spore, lo prova il fatto che essa attrasse l'attenzione dei primi micologi che si occuparono di queste forme. Infatti G. T. Pbedss (Uebersicht untersucliter Pilzu hesonders aus der ZJmgegend von Moyer- sioerda, in Linnaea, 18.').', pag. 723) dà di questo genere la seguente diagnosi: " Pe- rithecium membranaceum, extus doccosum, conicum, immersum, cenlrn columellae lie- teroijeneae perforatum, supra irregulariter apertuw. ,, Anche il Corba {Icones fung.^ Ili) parla di un peritheciiim centro columella! perforatum, ed i Tclasne {Sei. Fwig. — 69 — il carattere della colorazione delle spore noa può assumersi come base esclusiva di classificazione, ^ ho creduto bene di ascriverla al genere Melanconiìim del quale essa farà una sezione a spore jaline. Dedico la specie all'amico carissimo dott. F. Cav.ara che mi fornì il materiale e che mi fu largo di consigli in questi miei studi micologici. Me. Cìivarae n. sp. — Acenudis conico-promimtUs, amphigenis^ din tectis, dein rimida longitudinali erumpentibus, iniics columellae praeditis ; basidiis brevibus; sporidiis elipticis vel naviculiformibits, rectis vel curvtdi^, hyalinis, 16-18 «5-6 jU. Hab. In foliis Taxi, in Horto Botanico Ticineusi. Quando la columella centrale ha rotto la cuticola, l'acervulo con- tinua ad allargarsi ed il fungo assume l'aspetto di un vero Gloeospo- rium. Si distingue allora dal Gì. Taxi (Duby) Karst., per le maggiori dimensioni delle spore. La presenza della columella centrale, ossia di un organo mecca- nico dedicato alla rottura delle parti superficiali del substrato in cui vivono, fa si che i Melanconium si debbano ritenere come forme supe- riori a quelle precedentemente descritte in quanto sono più complesse e provviste di un organo particolare per vincere le difficoltà dell'am- biente. E poiché questo organo meccanico non si rinviene in nessun altra Melanconiea, benché, come vedremo, diversi siano i mezzi adot- tati per facilitare l'apertura degli acervulì, si deve ammettere che tali forme abbiano seguito una via di differenziazione loro propria e costi- tuiscano come una diramazione laterale del tronco che va dagli Ifomi- ceti alle Sferossidee. Carpai., Tom. II, Tav. XIV) figurano diversi Melanconium cou una columella ben distinta. Il Link (Observationes in Ordinés plantarum naturales, Dissert. I, in Mag. d. Cur. de la Nature, Berlin, 1809), che ha fondato il i^'enere, non parla di columella, ma dice stroma globostim, né nella diagnosi del genere accenna alla colorazione delle spore alla quale accenna solo nel descrivere la specie M. atrum. ' Anche nel genere Trullula, benché faccia parte del gruppo delle jalosporee, il Saccardo fa la sezione Ea-Trullula {Syll., Ili, pag. 731), alla quale appartengono al- cune specie cou conidì scuri. Cosi pure per altri generi di funghi si è trovato che la denominazione basata sul colore delle spore non era esatta: ricordo per es. il genere Aureohasidium (veggasi in proposito la mia nota sopra Un nuovo micromiccte della vite — Aureohasidium Vitis Viala et Boyer var. album, — in Atti dell'Ist. Bot. di Pavia, Ser. II, Voi. V, 1897, pag. 69). 70 Thyrsidium. Mont., Ann. Se. Nat., Sér. II, T. 6, p. 338; Sacc, Si/ll, III, p. 761. Th. hedericolum (De Not.) Dur. et Mont., Fi. Alg., I, pag. 325; Sacc, Syll., Ili, pag. 761. — Materiale degli essiccati di Rabenliorst [Fung. e>ir. e.vsicc, Ed. nov., Nr. 1538) e di Saccardo (Myc. Ven., Nr. 1078.) Gli acervuli sono affatto superficiali e siccome l'epidermide del substrato si rompe molto presto (nel materiale di cui disponevo non lio potuto vedere acervuli ancora ricoperti da essa), sembrano scoperti. La lora superficie esterna è liscia perchè, come dice il Corda ^ per altre specie, una massa gelatinosa involge completamente tanto i coni- diofori che i conidi. I primi sono molto lunglii - e ramificati e sorgono, assai fittamente stipati gli uni contro gli altri, da un grosso stroma nerastro. Essi si trovano alla base quasi riuniti in tanti fasci più o meno flessuosi che vanno di mano in mano sciogliendosi e le singole ife fruttifere termi- nano, intrecciandosi tra loro, in un capitolo di spore. Siamo in questo caso, si può dire, davanti ad uno degli Ifomiceti del gruppo delle tubercolariee, che sono essi pure muniti di stroma e che formano sporodochii con struttura analoga (per es. i Cephalodo- chimn, ecc.). Solo il fatto che in principio gli acervuli sono coperti dall'epidermide (tali almeno li descrivono gli autori) può giustificare r inscrizione di questa forma al gruppo delle Melanconiee. Essa rap- presenta tra queste un tipo primitivo, che conserva vale a dire l'aspetto degli Ifomiceti (e lo si vede dai suoi sporofori lunghi e ramificati) da cui proviene, senza che la vita interna nel substrato abbia prodotto modificazioni apprezzabili, forse per la facilità con cui gli strati esterni del substrato medesimo si rompono per lasciare in libertà le spore. ' Icoìies fungorum, ecc., T. Ili, p. 34 e Tav. VI, fig. 89. - Li figura molto lunghi anche il Saccardo {Fung. Ital., tav. 1099 e 1100) per questa specie e per il Th. hotryospontm Mont. — 71 — Bullaria. D. C, FI. Fr., II, p. 226; Sacc, Syìl., Ili, p. 7G6. B. Umbellileraviim D. C, FI. Fr., II, pa?. 226; Sacc, Syll., Ili, pag. 766. — Materiale dell'erbario di Klotzsch {Eerhariam vivnm mji- cologiciim, ecc., Nr. 1173, ove è dato sotto il nome di Phragmofrichum Bullaria Corda.) Gli acervuli sono sottoepidermici e formati da uno stroma abba- stanza grosso, non limitato alla sua periferia, dal quale sorgono le ife conidiofore lunghe, ramificate, iutrecciantisi tra loro e colle spore che portano ai loro apici, sì da formare una massa più o meno compatta che solleva a guisa di bolla (ciò che ha valso al fungo il suo nome) l'epidermide che in principio ricopre lo stroma. Una volta che l'epidermide è rotta, i conidiofori si sciolgono ed il fungo appare come un vero Ifomicete con ife conidiche lunghe e fles- suose, quali dovevano essere le forme originarie di questo genere. Anche qui abbiamo si può dire un tipo primitivo in cui l' adatta- mento alla vita interna non ha portato con sé alcuna modificazione, nemmeno la riduzione dei conidiofori, i quali anzi intrecciandosi colle spore fungono quasi da parafisi e sono utilizzati per facilitare la rot- tura dell'epidermide del substrato. Marsonia. Fisch. in Rabenh., F. Euro}}., n. 1857; Sacc, Sijìl, III, p. 707. Ma. Populì (Lib.) Sacc, Fung. Ital, t. 1062 ; Sijll., IH, pag. 767. — Materiale fresco. G-li acervuli sono costituiti da uno stroma che si forma nell'epider- mide e che dà luogo sulla sua superficie superiore ad ife conidiofore brevi, cilindriche, terminate ognuna in una grossa spora. Lo sviluppo dello strato dei conidiofori e dei conidì stessi è quello che fa sollevare e rompere la cuticola, dopo di che l'acervulo va estendendosi perchè lo stroma invade a poco a poco le cellule epidermiche cii'costanti. In tale stato esso appare come una Mucedinea. E si mostra tale del resto qualora lo si coltivi, col metodo già indicato pei Gloeosporium, in decotto di foglie di pioppo. Allora il micelio, non essendo più costretto dal Atti dell' Ist. Boi. dell' Ulti i-ersilù di Pacia - Nuova Serie — Voi. VI. 6 — 72 — substrato in cai si sviluppa, dà (Tav. XI, fig. 9) ife conidiofere molto lunghe che lo fanno rassomigliare ad un vero Ifomicete del gruppo delle Mucedinee didimosporee del Saccardo. Ma. Jiigliindis (Lib.) Sacc, Fung. Hai., t. 1065; Syll, III, p. 768. — Materiale fresco. L'acervulo ha la stessa struttura che nella specie precedente, solo che lo stroma è più sottile ed i conidiofori sono pure molto ridotti. Mn. Poteiitjllae (Desm. ) Fisch. in Babenh. Fung. Eur. , n. 1857; Sacc, SylL, III, pag. 770. — Materiale della collezione del dott. To- gnini (Micologia Toscana) esistente in questo Istituto. Come nelle specie precedenti. Ma. Rosae (Bon.) Br. et Cavr., I funghi parassiti, ecc., Nr. 97 ; * Dicoccum Eosae Bon. Beitr. z. Myc., pag. 282 ; Sacc, Syll., IV, p. 342. Come nelle specie precedenti, gli acervuli sono sottocuticolari, però essi risultano quasi unicamente dai couidì inquantochè lo stroma è tanto tenue che spesso non è neanche visibile ed i conidiolori sono essi pure indistinti: pare proprio chele ife vegetative del micelio man- dino delle estremità entro l'epidermide e che queste estremità si tra- sformino interamente in conidì. - Per questo carattere il fungo s'avvi- cinerebbe agli Ifomiceti micronemei e come tale fu descritto dal Bo- norden e tra essi è posto anche dal Saccardo, ^ però, data la natura sottocuticolare dell'acervulo, lo si deve ascrivere alle Melanconico. Il genere Marsonia ci presenta dunque, come i Oloeosporium, un tipo uniforme e quasi primitivo che adattandosi alla vita nuova ha • Briosi e Cavara dopo avere (Ice. cit.) ascritta questa specie al genere Marsonia, la ritennero identica sXV Actìnonema Rosae (Lib.) Fr. (veggasi errata corrige della loro opera). Non ho potuto esaminare figure né essiccati di questa ultima specie, però dal semplice esame delle diagnosi mi pare che essa sia ben diversa da quella data negli essiccati di Briosi e Cavara nella quale non mi fu possibile riscontrare traccia di peritecio. Ho creduto bene pertanto mantenere distinte le due forme delle quali forse, come dice il Saccaedo {Syll., IV, pag. 342), l'uua potrà essere uno stato dell'altra. - Anche il Bonordejj {Beitriige ziir 3Ii/kologie, in Boi. Zt;/., 18.')3, pag. 281), che pel primo ha descritto questa specie col nome di Dicoccum Rosae, a tal proposito co^i si esprime: "Die unreifen Spore stehen aufrecht nnter der Epidermis, und entspringen " olme Stiel voti einem fddigen Myceliiim welches in der Substanz des Blattes sich " verbreitet. , ^ Vero è che anche il Saccardo dubita che si tratti di un Ifomicete, e riportando la diagnosi del Bokoeden (Syll., IV, pag. 342) fa seguire il nome Dicoccum da uà punto interrogativo. — 73 — subito solo, per ragioni meccaniche, una riduzione nei conidiofori, ridu- zione che non è perauco fissata e che può scomparire col cessare nel- l'ambiente esterno delle cause che l'hanno prodotta (come si è ottenuto colla coltura della Ma. Popull in substrato semifluido). Non si nota però qui l'infossamento dello stroma che si è visto in diversi Gloeosporium, così che, se si eccettua forse la Marsonia Rosae, si resta più distanti dalle Sferossidee. Stilbospora. Ters., Syn. fung., p. 96; Saec, Syll., Ili, p. 771. St. macrosperma Pers., Syn., pag. 96 ; Sacc, Sijll, III, pag. 772. — Materiale degli essiccati di Rabenhorst [Fung. enr., Ed. nov., Nr. 180) e di Westendorp et Wallags {Herbier Crijpt. Belge, Nr. 57.5). Si sviluppa sulla corteccia dei rami di diverse piante. Gli acervuli si formano sotto il sughero (Tav. XII, fig. 6) e sono costituiti da uno stroma molto grosso, nel quale è possibile distinguere uno strato esterno, in contatto coi tessuti della pianta ospite, meno compatto e jalino, ed uno strato interno, che forma la superficie prolifica, fitto e colorato in scuro. Ai margini dello stroma, che è discoidale, questo strato interno si ripiega verso l'alto contribuendo con ciò a sollevare alquanto il pe- riderma. L'acervulo resta cosi limitato ai lati e nella sua parte infe- riore ha la figura quasi del disco di un Discomicete. Da questo disco sorgono, gli uni accanto agli altri ma distinti tra loro, i conidiofori lunghi, ' ognuno dei quali termina in una spora. La rottura del sughero che in principio ricopre l'intiero acervulo, è dovuta specialmente alla pressione esercitata su di esso dalla massa interna delle spore aiutate in questo dallo sviluppo di lunghe e nume- rose parafisi che frammischiandosi ad esse fungono quasi da capillizio. Alcuni filamenti raicelici (pochi però), staccandosi dai bordi del disco stromatico, scorrono sotto al sughero tra esso e la massa delle spore, quasi a riparare quest'ultime dai danni di una forte pressione. Siamo pertanto in presenza di un tipo che molto s'allontana dagli Ifomiceti, conservandone soltanto i conidiofori lunghi e le parafisi che ' I couidiofori sono relativamente lunglii e distinti anche in altre specie. Veg- gansi le figure date dal Saccahdo {Fung. Mal, t. 1103 e 1104) per le St. angustata Pers. e St. theleoola Sacc. — 74 — possono rappresentare delle ite sterili. La rottura degli strati esterni del substrato che ricoprono gli organi di moltiplicazione, è favorita dalle parafisi e dalle ife che scorrono in piccol numero sotto il su- ghero; più che tutto però deve richiamare la nostra attenzione il ripie- gamento verso l'alto dei margini dello stroma, ripiegamento che ottiene l'effetto di fissare un limite all' estensione degli acervuli e di creare quasi un corpo speciale e ben differenziato in cui si localizza la for- mazione dei conidì. ^ Il grande sviluppo dello stroma e la complicazione della sua struttura fanno risaltare ancor di più la formazione di tale corpo fruttifero. Coryneum. Nees, Sysl. d Filze, p. 34 ; Sacc, Syll., Ili, p. 774. (ìov. microstictum B. et Br., JSIot. of Br. Fung., n. 451 ; Sacc, Syll., Ili, pag. 775. — Materiale della collezione del dott. Togniui (Micologia Toscana) esistente in questo Istituto, e degli essiccati del Rabenhorst {Fung. eur., Ed. nov., Nr. 1232). In sezioni trasversali di giovani acervuli si vede che questi (Ta- vola XI, fig. 10) sono costituiti da uno stroma ben distinto sul quale sorgono i conidiofori assai brevi, terminati ognuno da un conidio. Tra i conidì e la cuticola della foglia ospite, che in principio ricopre l'acer- vulo, si nota uno strato di ife lassamente intrecciate che forma come cuscinetto ad impedire che quelli siano danneggiati dalla pressione che devono esercitare sulla cuticola medesima per romperla. La natura di questo strato e il suo modo di formazione si vedrà meglio parlando delle Pestalozzia che sono forme affini distinte soltanto per la presenza di ciglia all'estremità delle spore. ^ Per ora basti dire • Se si pensa che questo corpo si faccia più concavo e che i suoi margini (per facilitare viemmeglio lo sviluppo dei conidi e la deiscenza di essi senza che sia ne- cessaria una soverchia pressione sopra il sughero) si pieghino verso l'alto fin quasi a toccarsi, si viene ad avere un vero picnidio chiuso, colla superficie interna tappezzata di conidiofori e con parete propria ben differenziata. Si arriverebbe per tal modo alle Sferossidee ed io credo che dovrebbe essere considerata appunto come una Sferossidea (della sezione fragmosporee di Saccardo) la Sr. Kickxii West. (Sacc, Sijll., Ili, pa- gina 771) data dal Westendorp al Nr 850 dei suoi essiccati. - Sulla affinità tra i Coryneum e le Pestalozzia veggansi le osservazioni fatte dal Cavara a proposito del Cor. foliieolum Fuck. nella sua Contribuzione alla Micologia Lombarda in Atti deìVIst. Bot. di Pavia, Ser. ir, Voi. II, 1892, png. 207. — 75 — che quando la cuticola è rotta e l'acerviilo scoperto, lo stroma si di- stende occupando le cellule vicine, ed i conidì possono svilupparsi li- beramente. Cor. umbonatuni Nees, Sijst. d. Filze, pag. 34; Sacc, Sijll., Ili, pag. 777. Non ho potuto avere materiale per studiare questa forma in natura ma riporto quanto di essa dice il Eiess ^ che la descrive col nome di Stec/anosporium elevatum e che le attribuisce uno pseudo-peritecio : " Reisst die Korkschicht in .3-4 Lappen und man sieht nun, vou *' diesen umgeben, eiiien kegelformigen, oben abgerundeten, schwarzli- " chen Korper. Bei weiterer EntwickUmg offnet sich die Hlille desselben '' woran sich der tiefschwarze Ihnalt erhebt und verwittert. Eine ■' eigentliche Perithecie fehlt ; nur eine zarte weiche Hiille (Sacciilus " Bonord.) ist vorhanden, weiche aus den an ihren Grande verwachs- " enen sporentragenden Faden gebildet wird. Diese Hiille ist anfangs " gesclilossen, die Faden convergiren also vou alien Punkteu der Pe- " ripherie nachdem Mittelpunkte zu. Von einer regelmiissige Miiiiduug " ist keine Spur; die Hiille, durch die Vermehrung der Sporca ausge- " dehnt, reisst ander oberen freien Seite zu einer unregelmiissigen " welter Oeffnung. 'O- Il Cor. disciformo Kunze et Schm., Mycol. Hefte, I, pag. 76; Sai'.c, Syll., Ili, pag. 778. — Materiale degli essiccati di Rabenhorst (Ftinr/. europ., Ed. nov., Nr. 278). Per mancanza di materiale adatto non ho potuto osservare gli acervuli ancora chiusi di questa specie, però in quelli non completa- mente vuoti ho visto sui margini frammenti di ife intrecciate e solle- vate, ciò che lascia sospettare l'esistenza di uno strato di ife che si estende in principio, come nelle specie precedenti, sotto tutta la cuticola. Cor. foliicoluin Fuck., Sumh. Mi/c, pag. 372; Sacc, SylL, III, pa- gina 780. — Materiale degli essiccati di Briosi e Cavara (I Funghi parassiti, ecc., Nr. 199.) Anche per questa specie non mi fu possibile esaminare acervuli ancora chiusi. Osservai però, in quelli già scoperti, l'esistenza di pa- recchie ife intrecciate sopra i conidì. • H. RiEss, Beitiàge zur Pilzlcimde in Bot. Zig., 1853, pag. 129. — 76 ~ Briosi e Cavara figurano uno stroma prolifero molto concavo, quasi a forma di un peritecio chiuso. Le specie esaminate non presentano, si può dire, alcun carattere comune cogli Ifomiceti. L' adattamento alla vita ed alla produzione di organi di moltiplicazione nell'interno del substrato è molto forte; i co- nidiofori si sono ridotti a piccole papille ; si forma uno stroma ben dif- ferenziato e sopra i conidì il micelio va a costituire un nuovo organo che in principio li ricopre e serve di strato protettore finché essi hanno rotto la parte esterna della pianta ospite. Solo allora l' acervulo si allarga e, fatta astrazione dallo stroma, il fungo può prendere an- cora l'aspetto di un Ifomicete raicronemeo. Scolecosporium. Lib. in Sacc, Mieli., II, p. 355; Sacc, Syll., Ili, p. 782. Se. Fagi Lib., in Sacc. Mich., II, pag. 355 ; Sacc, S>jll., Ili, pa- gina 782. — Materiale degli essiccati di Roumeguère {Fimg. sei. gali, exicc, Nr. 676) e di D. Saccardo (Myc. Hai. Nr. 180). Nel materiale di cui disponevo non ho potuto trovare acervuli molto giovani, dalle osservazioni fatte parmi però di potere dedurre che questa specie sviluppa i suoi acervuli sotto al periderma della pianta ospite, il quale è sollevato e rotto per pressione delle spore senza intervento di organi meccanici o riparatori. Tutt'al più si può dire che la pressione sul periderma, oltre che dallo sviluppo delle spore, è esercitata anche dall'accrescimento straordinario dello stroma quando il fungo si dispone a formare altri organi di riproduzione. ^ I conidiofori sono abbastanza distinti, fitti gli uni contro gli altri normalmente alla superficie dello stroma, il quale è indefinito alla sua periferia e si allarga dopo che è rotto lo strato di sughero che lo ricopriva. È questa l'unica specie del genere, il quale rappresenta ancora dunque una forma primitiva cui la vita nell'interno del substrato non ha portato alcuna modificazione sensibile, se si eccettua lo sviluppo di uno stroma molto grosso. ' Allato e talvolta anche sotto agli acervuli si sviluppano i periteci della Massaria macrosperma di cui lo Se. Faiji rappresenta lo stato couidico (Saccardo, SylL, III, pag. 782). — 77 Asterosporium. Kunze, Flora, 1819, p. 225 ; Sacc, Syll, III, p. 782, A. Hoffniauui Kunze, Flora, 1819, pag. 225; Sace., Sijll., Ili, pa- gina 782. — Materiale degli essiccati di Roumeguère (Fitng. sei. gali, exs., Nr. 240 e 1756), di Rabenhorst {Fung. europ.. Ed. nov., Nr. 58-1) e di Westendorp e Wallags (Herb. crypt. Belge, Nr. 576). Anclie questa è una forma ramicela e l'acervulo suo si sviluppa sotto il periderma della pianta ospite. Esso consta di un grosso stroma che ai suoi margini si ripiega in alto si da dar luogo, come si è visto per le Stilbospora, ad una specie di disco fruttifero dalla superficie supe- riore del quale sorgono i conidiofori lunghi e sottili, terminati ognuno in una delle caratteristiche spore. Conidiofori e spore sono tra loro in- trecciati, come nelle Bidlaria, cosi che i primi fungono quasi da para- fisi ed insieme formano una massa unica che esercita pressione sul pe- riderma esterno e lo rompe. Perchè tale pressione non danneggi la massa sporidica, tra il sughero e quest'ultima si spingono dai margini dello stroma molte ife che vi si intrecciano a formare uno strato ripa- ratore talora sottile e lasso (può anche ridursi a poche ife visibili sol- tanto nella parte apicale-centrale della pustola acervulare, come negli esemplari di Rabenhorst e Westendorp), talora invece, forse quando il periderma della pianta ospite oppone una maggior resistenza alla rot- tura, molto fitto (Tav. XII, fig. 7) fino a formare uno stroma ben dif- ferenziato che racchiude perfettamente la massa delle spore. Negli esemplari dati dal Roumeguère al Nr. 1756 questo ricoprimento è svi- luppato specialmente all'apice della cupola, dove maggiore deve esser- la pressione, e vi forma una specie di tappo che corrisponde alla re- gione ove ha luogo la prima rottura del periderma (Tav. XII, fig. 8). La delimitazione dello stroma che ai suoi margini si ripiega verso l'alto, fa accostare questo genere alle Stilbospora, le quali però sono più evolute da questo punto di vista perchè mostrano piìi accentuato tale carattere e sono munite di stroma differenziato. Carattere d'inferiorità ai può considerare anche la lunghezza dei conidiofori, la quale ricorda le Bidlaria. Troviamo però qui lo strato protettore molto distinto e in certi casi anche la formazione di una specie di tappo o organo di pro- tezione e di deiscenza, che segna un'evoluzione speciale, onde dobbiamo ritenere queste forme come derivate lateralmente da altre primitive, analoghe alle Bidlaria, ecc., insieme alle Stilbospora. — 78 — Pestalozzia. De Not., 3Iier. Ital, Dee. II; Sacc, SyìL, III, p. 784. P. Briosiaiia ii. sp. Questa specie attacca da parecchi anni una ricca collezione di Anturii clie vive nella Victoria- Hans del nostro Orto Botanico. Essa fa seccare grosse porzioni rotondeggianti delle foglie di queste piante, specialmente ai margini. Le parti secche mostrano striature concen- triche, lungo le quali sono disposti, sulla pagina superiore, gli acervu- letti del parassita, in forma di punti neri, polverulenti. Ogni acervulo, aperto, è costituito da uno stroma superficiale dal quale sorgono i brevi conidiofori coi conidì muniti di tre ciglia apicali e di quattro setti che formano due locelli estremi ialini e tre interni colorati in bruno, quello inferiore però meno degli altri. Dalla P. Funerea Desm. questa specie differisce, oltre che per l'aspetto delle macchie da essa prodotte, anche per le minori dimen- sioni delle spore e per presentare costantemente soltanto tre ciglia. Anche dalla P. breviseta Sacc, alla quale a tutta prima si potrebbe identificare, differisce per le maggiori dimensioni delle spore e per la lunghezza delle ciglia. Si accosta molto invece alla P. aquatica Eli. et Ev., ma anche da essa si distingue per il maggiore sviluppo degli acer- vuli che si conservano sempre piatti , nonché per l'estensione delle zone fogliari che può occupare e per la lunghezza delle ciglia. Basandomi su tali caratteri, credo conveniente distinguere questa forma con un nome specifico nuovo e la dedico al eh.""" prof. G. Briosi al quale sono legato per vincoli di affetto e di gratitudine. P. Briosiaiiii n. sp. — Maculis viagnis, orbiculariòus, plerumque marginalibìis, concentrice striatis; aceroulis epiphyllis, imnctiformibus, nigris, in striis dispositis ; conidis fusiformibus, 5-locularibus, Icculis 2 extremis hijalinis, 3 interioribus fuscis infero miteni siibhyalino, 17-20 » 6-7 ^i, apice settilis 3 ìiyalinis, divaricatis, 17-18 ^ Ifi ornatis; pedicello brevi, 3 vi IX. Hab. In foliis vivis Anthurt, in Serra- Aquario Horti Botanici Ti- cinensis. Se si fa una sezione sottilissima attraverso un acervulo ancora chiuso di questo micete e la si chiarisce convenientemente con potassa e acido acetico, si vede che esso consta (Tav. XII, fig. 5) di uno stroma ben distinto dal quale sorgono i sottili conidiofori che danno superior- mente i conidi. — 79 — Al di sopra dei couidi, tra questi e la cuticola della pianta ospite, si nota poi un sottile intreccio di ife il quale li ricopre completamente e li chiude in un corpo fruttifero differente dai picnidì delle Sferossidee solo perchè una volta aperto continua ad allargarsi corrispondentemente allo stroma sottostante che si estende ed invade le cellule epidermiche vicine. Che lo strato dei conidiofori si trovi da principio coperto anche superiormente da una parte del micelio a tal uopo difierenziatasi, lo si vede benissimo in colture fatte in decotto semiliquido di foglie di An- turio, col metodo già indicato per colture di Gloeosporium e di Marsonia. Due 0 tre giorni dopo la seminagione delle spore si vede comparire alla superficie del decotto un micelio bianco che a poco a poco va fa- cendosi piuttosto fitto e lascia scorgere qua e là dei piccoli aggrovi- gliamenti bianchicci che sono i giovani acervuli entro ai quali ben presto si sviluppano le spore. Se si prende una porzione del substrato diventato nel frattempo gelatinoso e, dopo averla trattata con alcool assoluto, la si include (facendola passare per soluzioni successivamente più dense) in celloidina, riesce facile fare la sezione di uno di tali acervuli ancor giovani. Si vede allora che esso è completamente chiuso e limitato (Tav. XI, fig. 11) da un fitto aggrovigliamento di ife il quale costituisce al disopra ed al disotto dei conidì una specie di stroma uni- forme che ha quasi l'aspetto di un picnidio. ^ La parte però dello stroma che sta sopra i conidì ha un valore fisiologico diverso da quella che sta sotto, rappresentando quest'ultima il vero apparato di riprodu- zione (è solo da essa infatti che sorgono i conidiofori), la prima un semplice strato protettore simile a quelli che si sono visti più o meno sviluppati in alcuni dei generi precedentemente descritti. P. funerea Desm., Ann. d. Se Nat., 1843 ; Sacc, Si/lL, III, pag. 791. — Materiale fresco sviluppatosi su foglie di Araucaria coltivata nel nostro Orto Botanico. Gli acervuli cominciano a formarsi sotto lo strato di fibre che rin- forzano l'epidermide della pianta ed appaiono come specie di aggrovi- ' Da quanto si è sopra esposto vcdesi dunque che fino ad un certo punto non ha torto il Ceik {Reeherches nur les Dépazces, in Ann. d. Se. Nat., Sér. VI, T. VII, pa- gina 5) ueir avvicinare le Pestalozzia alle Biplodia. II Voglino (Sai/gio monografico del genere Pestalozzia, in Atti Soc. Veneto- Trentina di Se. Nat., Padova, IbSó. Voi. IX, pag. 209), nega pel genere Pestnlozzia l'esistenza di un peritecio, ed ha ragione, però non avverte il corpo avvolgente che io ho descritto e trovato anche, più 0 meno sviluppato, in altre specie, corpo che tanto si avvicina ad una formazione periteciale. — 80 — gliameuti di micelio i quali diventauo in seguito grossi e sollevano la epidermide mentre schiacciano e deformano le cellule del mesofiUo cir- costante, il cui contenuto si altera ed annerisce. È in uno strato che si trova verso la metà di tale aggroviglia- mento (Tav. XII, fig. 4) che si dispongono, le une vicino alle altre, le estremità delle ife che diventeranno poi conidì e che crescendo rom- peranno i tessuti superiori sì da uscire in libertà. In seguito lo stroma si allarga e continua a produrre sulla sua parte superiore, ora scoperta, altri conidi i quali non rappresentano altro che (Tav. XII, fig. 2) le estremità delle ife conidiofore molto ridotte e convertite quasi comple- tamente nelle spore. Le colture fatte in decotto di foglie di Araucaria col solito metodo, provano ancora che gli acervuli sono coperti. Da esse infatti si ottengono ' corpi chiusi simili a quelli ottenuti per la specie precedente (Tav. XII, fig. 1) i quali si aprono per l'accrescimento straordinario della massa conidica interna che obbliga le loro pareti a rompersi. Una volta aperti, se il nutrimento non manca, la parte inferiore e fruttifera dello stroma messa a nudo continua ad allargarsi, tanto che in un mese io ho otte- nuto un acervulo scoperto nel quale lo strato dei conidiofori misurava, senza interruzione alcuna, oltre 3 mm. lunghezza sopra 2 di larghezza. Se la coltura viene fatta in un substrato consistente, quale sarebbe un decotto d'amido, tale allargamento dello stroma conidiofero ha luogo in modo molto irregolare, in quanto esso si approfondisce nel substrato, confluisce con altri stromi che, essendo piìi abbondante la nutrizione, si formano nelle sue vicinanze, mostra anfrattuosita ed irregolarità tali da assumere l'aspetto quasi di certe Leptostromacee (Tav. XII, fig. 3). P. tìiiepiui Desm., Ann. d. Se. Nat., 1840; Sacc, Syll., III, p. 794. — Materiale degli essiccati di Briosi e Cavara {I funghi parassiti, ecc., Nr. 150). Non avendo potuto esaminare gli acervuli giovani di questa specie, non posso dire se essi sieno o no muniti dello strato micelico che esiste negli acervuli delle specie sopra descritte. Certo è però che negli acer- ' Tanto nelle colture di questa specie come in quelle delle specie precedenti, il tempo che corre tra la seminagione delle spore e la maturazione di quelle che ne de- rivano, varia, a parità delle altre condizioni, col variare della temperatura amhiente Per le due Vestaiozzia per es. bastarono S-9 giorni alla temperatura che si aveva in Laboratorio nel mese d'agosto, mentre ne occorsero 12-14 nel mese di marzo. In questo mese bastarono 7 giorni per una capsula tenuta in serra calda. In ogni modo gli acervuli sviluppatisi presentano sempre la stessa struttura. — 81 — Villi già aperti è facile trovare ancora sopra i couidì qualche filamento che potrebbe rappresentare 1 residui di una copertura scomparsa. ' P. Saccardoi Speg. in Sacc., Mich., I, p. 480; Sacc, S////., Ili, p. 797. — Materiale dell'erbario dell'Istituto Botanico. Lo strato raicelico che ricopre i basidi estendendosi, negli acervuli giovani, sotto la cuticola della pianta ospite, in molti casi è assai di- stinto, in altri invece è ridotto ad alcuni filamenti lassamente intrec- ciati tra loro. Si avrebbe dunque qui una forma quasi primitiva tra le Pestalozzia, una forma cioè che può quasi mancare della copertura di cui sono munite le altre. Ad ogni modo si deve ritenere che in generale le Pestalozzia - hanno gli acervuli coperti in principio di uno strato raicelico che scorre sotto la cuticola del substrato in cui si sviluppano e serve ad impedire i danni che potrebbero derivare ai conidi dalla resistenza opposta dalla cuticola stessa ad essere rotta. Le poche colture fatte ci mostrano an- che che questo carattere di adattamento alla vita interna del substrato si è ormai fissato e si presenta anche quando non è necessario: siamo dunque davanti a forme più evolute e differenziate dei Gloeosporium e ' 11 Desmaziékes, che pel primo ha descritto questa specie (Notice sur quelques plantes cri/ptoyames nouvellement decmwcrtes en France, in Ann. d. Se. Nat., Sér. II. T. X[I1, pag. 181), dice ohe essa non ha traccia alcuna di peritecio, però in nota (pa- gina IS'J) soggiunge: ' Nous derons faire remarquer ici que notre ami, le docteur Mon- " tagne, qui a eu communication de cette curieuse cryptogaine, pense qu'elle est pour- " vne d'une sorte de péritheque, composée d'une membrane hyaline, et la place en con- " séquence dans le geure Prostìiemium de M. Kunze ; mais si cette opinion, que nous " aurions voulu pouToir concilier aveo la notre, est basée sur des obserrations aussi " exactes que toutes celles dont ce savaut enrichìt la science, nous pensons que la pré- " sence d'un pedicelle et surtout d'une aigrette qui couronne la sporidie, suffit pour " établir une bonne distinction générique, ecc. „ ^ Oltre le specie da me osservate ne citerò alcune altre che gli autori descri- vono e figurano coi conidì coperti. Così p. e. Cavara (Intorno al disseccamento dei grappoli della vite, in Atti dell'Ist. Boi. di Pavia, Ser. II, Voi. 1, pag. 293, Tav. Ili) figura e descrive la P. viticola Cavara, colle spore immerse in reno stroma biancastro. Lo stesso autore (Appunti di patologia vegetale, negli stessi Atti, pag. 425, Tav. VI) figura e dichiara gli acervuli della P. Banlisiana, limitati da uno stroma biancastro. Altrettanto press'a poco dice il Brizi (Due nuove specie del genere Pestalozzia, in Boll. 6'oc. Bot. Ital., 1895, pag. 81) delle P. Tercbinthi Bfì. e P. Cuboniana Bk., in propo- sito dell'ultima delle quali anzi egli dice: ' Lo stroma forma uno strato nerastro che " ha l'apparenza di un peritecio, tanto da essere facile confondere il fungo immaturo " col genere tìobillarda. L'interno dell'acervulo presenta una zona bianca brillante for- " mata dalla justapposizione dei basidi e delle spore. „ — 82 — delle Marsonia, le quali col cambiare del substrato tornavano allo stato originario di Ifomicete. I conidiofori sono ridotti, carattere anche questo di adattamento ; solo l'allargamento illimitato dello stroma fruttifero ri- corda le forme primitive. Septogloeum. Sacc, Mich., II, p. 11; Salì., Ili, p. 801. S. Mori (Lèv.) Br. et Cavr., I fungili parassiti, ecc.. Nr. 21; Fhleo- spora Mori (Lèv.) Sacc, SìflL, III, p. 577. ^ — Materiale fresco. Su diversi esemplari esaminati non lio mai potuto rinvenire nem- meno io, come Briosi e Cavara, traccia di periteci. Gli acervuli sono unicamente costituiti da uno stroma che si forma nell'epidermide e va di miano in mano allargandosi ed anche approfondendosi si da diventare concavo, mentre sulla sua superficie superiore sorgono i conidiofori che si trasformano quasi interamente in conidì. Questi vengono in contatto diretto colla cuticola che li ricopre, la sollevano e la rompono. È a notarsi che Brizi e Cuboni - hanno coltivato le spore di que- sto micete in gelatina ed hanno ottenuto un micelio bianco, con ife conidiofore erette molto lunghe e distinte, cosi che si può dire che, come i Gloeosporium, tolte le cause meccaniche inerenti al substrato naturale nel quale si sviluppa, anche questo fungo torna allo stato originario di Ifomicete da cui pare provenga. ' Il Saccardo mecteudo questa specie tra le Sferossidee soggmnge : " Ob perithe- " eia scepe indistincta ad Septogloeum vel Fusarium vergit. . Cavara, nella sua Con- tribuzione alla Micologia Lombarda in Atti dell'Ist. Bot. di Pavia, Ser. II, Voi. II, 1S02, pag. 207, la eleucu al Nr. 372 ancora col nome di Phleospora Mori e fa questa os- servazione: "Nei nostri Funghi Parassiti ci eravamo indotti a cambiare il genere per " la Phleospora Mori portandola nei Septoglctum ; il eh. prof. Saccardo, peraltro, fa- " oevami osservare che il genere Phleospora con quasi tutte le sue specie doveva col- " locarsi nei Melanconiei. La differenza fra i due generi sarebbe a mio avviso marcata, " e cioè : acervuli conici, aprentisi con ostiolo determinato, formazione di cirri, spore " allungate, ellittiche o falcate, con due o piìi setti, per il genere Septoglogum ; acer- " vuli appianati senza ostiolo, aprentisi irregolarmente, spore bacillari o filiformi, set- " tate 0 no, pel genere Phleospora. „ In seguito alle mie osservazioni ed a quelle fatte anche dal Cubo.m e dal Bnizi, conservo questa specie nel genere Septoglamn. • G. CuuoNi e U. Brizi : La feria del Gelso. Ricerche sulla natura della malat- tia e sul modo di combatterla, in Boll, di Notizie Agrarie, Koma, 1SD6, Nr. 14. — 83 — S. Cydoniae (Mont.) Peglion ; Gloeosporhjm Ci/doniae Moiit., Syll. Cr., n. 664; Sacc, S>/ll., Ili, p. 705. — Materiale degli essiccati di Briosi e Cavara (7 funghi 'parassiti^ ecc., N. 275). La struttura dell'acervulo è press' a poco come nella specie prece- dente, solo che i couidiofori conservano più il carattere delle ife frut- tifere degli Ifomiceti in quanto sono più lunghi e portano i conidì tanto lateralmente che all'apice. Il Peglion ' ha fatto su questa specie ile seguenti osservazioni : " Quando è in via di sviluppo, il micelio serpeggia tra le cellule del " palizzata, poscia si insinua al di sotto dell'epidermide sviluppandosi " molto in superficie, mentre la parte stromatica si riduce a poche as- " sise pseudoparenchimatiche in sezione, formate da ife fungine abba- " stanza lassamente intrecciate che sono in diretta continuazione dei " filamenti che serpeggiano tra le cellule del palizzata. — Da questo " stroma si innalzano i basidi sporigeri, che sono pur essi diretta con- " tinuazione dei filamenti suddetti, diff'erendone soltanto per essere ia- "" lini. Al loro apice e lateralmente si formano i conidì, mentre essi vanno " allungandosi ed aumentano in diametro. Abbandonando le foglie a sé " per molto tempo in cristallizzatoi, o in mucchi sul terreno, la super- " ficie coperta dagli acervuli continua a sporiferare per un certo tempo, " poscia gli acervuli stessi si distaccano dai tessuti fogliari i quali vanno " sempre più putrefacendosi. „ S. Ulmi (Fr.) Br. et Cavr., I funghi parassiti, ecc., Nr. 98; Phleo- spora Vlmi (Fr.) Wallr., Camp. FI. Crypt. Germ., n. 1545; Sacc. Syll. Ili, p. 578. - — Materiale degli essiccati sopi-a citati di Briosi e Cavara. Gli acervuli hanno la stessa struttura che nelle specie fin' ora de- scritte, solo sono quasi sempre molto concavi perchè lo stroma frutti- fero oltre allargarsi orizzontalmente si approfondisce nei tessuti della pianta ospite. Anche Briosi e Cavara figurano e descrivono acervuli a forma lenticolare o globoso- depressa. ' V. Peglion, Sulla struttura e sullo sviluppo eli due Melanconiei parassiti im- perfettamente conosciuti, in Rivista di Patol. Veget., Voi. II, 1893, pag. 321. Sono interessanti le figure. Osservazioni analoghe fece anche il Berlese {Il seccume del Castagno, nella stessa Rivista, Voi. Ili, pag. 191) per una specie di un genere affine, il Cylindrosporium ca- stanicolum {Desm.)Be,b.l.; Septoi-ia castaìiicola Desjii., Ann. Se Nat., 1847; Sacc, Spll. Ili, pag. 504. Il Berlese ha qui ottenuto, con colture, delle forme di Ifomiceti che egli chiama forme semplificate della Melanconica, così che dai Cylindrosporium passa ai Septocylindrium (llucedinee). - Anche di questa specie il Saccardo dice: " Ob perithecia obsoleta ad Septogloeum " nutat. „ — 84 — S. (lidymum (Fuek.) mihi; Septoria dklyma Fuck., Symb. Myc, p. 390; Saee., Syll., Ili, p. 501; Br. et Cavr., I funghi parassiti, ecc., Nr. 122; Marsonia Kriegeriana Bres. var. Salicis albae D. Sacc, Myc, Ital.,' 'ìii: 378. — Materiale degli essiccati sopra citati di D. Saccardo e di Briosi e Cavara. Le prime spore che si formano vengono in contatto colla cuti- cola della pianta ospite ed è anche qui per la pressione diretta- mente da esse esercitata che l'acervulo si apre. Però in questa specie lo stroma fruttifero invece di allargarsi, si approfondisce e diventa talmente concavo da assumere quasi l' apparenza di un picnidio di Sferossidea. Questa specie venne infatti descritta come una Septoria e come tale è data anche negli essiccati di Briosi e Cavara. Questi autori però non figurano periteci completi anche superiormente, anzi osser- vano che " i corpi fruttiferi hanno peridio nullo o debolmente rappre- " sentato da una rete lassa di ife dalla quale sorgono le spore „ e soggiungono : " La struttura grandemente ridotta del concettacolo spo- " rigeno consiglierebbe a riferire questo fungo ai Melanconiei, e forse al " genere Septogloeum. „ D. Saccardo invece lo ascrive al genere Marsonia (specie Kriegeriana) e ne fa una varietà la quale " a typo differt conidiis " panilo longioribus „ e soggiunge : " Forte Septoria didyma Fuck. eadem " res est. „ Dall'esame dei due essiccati di Briosi e Cavara e di Saccardo risulta infatti che si tratta della stessa specie, io però ho creduto più giusto seguire i due primi autori e riferirla al genere Septogloeum, oltre che per la forma sottile delle spore, per l'acervulo che è quasi sempre concavo e profondo, mentre nelle Marsonia rimane, come si è visto, piatto e superficiale. S. didymuni (Fuck.) mihi. — Macutis fuscis,, variis, irregularibus, confluentibits; acerculis globosis, immersis; conidiis elongatis, utrinque ob- tiisis, monoseptatis, hynlinis, 22-30 *= 4-5 fi. Hab. in foliis Salicim. S. Sorbi (Ces.) mihi; Cryptosporium Sorbi Ces. in Rabenh., Fung. eur. exsicc, Ed. nov., Nr. 160. — Materiale dei detti essiccati di Ea- benhorst. Ho riferito questa specie al genere Septogloeum, benché non abbia potuto esaminare gli esemplari del Cesati, perchè negli esemplari dati dal Rabenhorst le spore sono distintamente settate. Gli acervuli sono come nelle specie precedenti, solo che lo stroma non si approfondisce tanto mostrando piuttosto tendenza ad allargarsi. S. Sorbi (Ces.) mihi. — AcervuUs hì/pophì/Uis, superficialiòus; coni- diis longis, filifonnibiis, subviridibics, curvatis oel flexuosis, pluriseptatis, 60-80*1,5-2/1; baskliis brevibiis. Hab. in foliis Sorbi sp. Da quanto si è detto, si capisce che se si fa astrazione dalla forma e struttura delle spore, i Septogloeum hanno cogli Ifomiceti gli stessi rapporti che hanno i GloeospoHwm. ^ Anche in essi infatti, come si è visto in questi ultimi, il micelio dà luogo ad uno stroma più o meno sviluppato dal quale sorgono i conidiofori che in certi casi si mostrano molto ridotti, in altri conservano ancora distinto l'aspetto delle ife frut- tifere delle forme originarie. Anche in essi è la pressione delle spore che solleva l'epidermide del substrato e scopre l'acervulo, ed una volta scoperto, lo stroma può crescere in superficie assumendo l'apparenza di un Ifomicete microneraeo, o può, per utilizzare viemmeglio l'apertura già fatta, approfondirsi nel substrato ed assumere l'aspetto di certe Sferossidee colle quali spesso tali funghi si confondono. Anche essi, finalmente, coltivati in certe condizioni, possono ritornare allo stato originario di Ifomicete da cui provengono. Steganosporium. Corda, Icon. Fung., Ili, p. 22; Sacc, SijU., Ili, p. 803. St. pyrifornie (Hoifin.) Corda, Icon. Fung., Ili, p. 23 ; Sacc, Si/ll, III, p. 803. — Materiale degli essiccati di Roumeguère {Fung. gali, exsicc, Nr. 631 e 1040) e di "Westendorp e Wallags {Herb. crypt. Belge, Nr. 577). L'acervulo presenta quasi la stessa struttura che si è descritta per le Stilbospora, si forma cioè sotto il periderma della pianta ospite, ed è dato da uno stroma molto grosso, il quale ai suoi margini si ripiega verso l'alto. Qui anzi tale ripiegatura è più accentuata e la porzione della su- perficie fertile dello stroma la quale in seguito ad essa viene a trovarsi rivolta verso il basso, produce essa pure conidiofori e conidì (Tav. XII, fig. 9), così che in certe sezioni marginali par proprio d'avere un corpo chiuso tappezzato tutto internamente da uno strato di ife fruttifere. ' Anche il Saccardo {Syll., Ili, pag. 801) dice: est quasi Gloeosporium conidiis pluriseptatis. — 86 — Negli esemplari dati al Nr. 631 dal Eoumeguère l' incurvamento dello stroma è tale che si passa ai veri picnidì chiusi come si è visto per alcune Stilbospora. ^ La massa delle spore è unita insieme da numerose parafisi cosi da formare un corpo unico che preme sul periderma e lo rompe. Tra essa e quest'ultimo scorrono pochi fili micelici lassamente intrecciati. I couidiofori sono abbastanza distinti. St. eellulosuni Corda, Icon. Fune/., Ili, p. 23 ; Sacc, Syll., Ili, p. 804. — Materiale degli essiccati di Kabenhorst {Fimg. europ., Ed. nov., Nr. 984). La struttura dell'acervulo è identica, in certi casi anzi più netta- mente delineata, a quella della specie precedente, dalla quale questa differisce soltanto per caratteri secondari. Di queste forme si può dunque dire quanto si disse delle Stilbo- spora, e cioè che esse mostrano un principio di formazione di un vero picnidio. Phragmotrichum. Kuuze et Schm., Myh: Hefte, II, p. 84; Sacc, S'/ll., UT, p. 806. Phr. qnercinuiu Hoffm., le. an. fung., p. 69; Sacc, Syll., Ili, p. 807. Di questo genere, che comprende tre sole specie, non ho potuto esaminare alcun esemplare, però riporto quanto dice l' Hofmann - della specie qui nominata, perchè parrai valga a staccarlo dagli Steganospo- rium, ai quali per la struttura delle spore sarebbe alfine, per dargli un posto più vicino agli Ifomiceti. " Nach Corda soli bei dieser Gattung ein Perithecium vorkommen ; " wahrend Fries angibt ein solches uicht gefunden haben. Auch bei ' Il Corda (loc. cit.) attribuisce a questo genere un vero peritecio immerso, mem- branaeo, fioccose, tenuissimo ed aperto regolarmente al disopra. Però nella figura 61, 4 della tavola IV disegna una porzione di tale peritecio press'a poco come l'ho disegnata io, cioè incompleta. Il Bjkorden invece (Ilandbuch der M>/coìogie, Stuttgart, 1851, Tav. II, f. 52) disegna per lo Stenonosporiian murtcatttm Box. un vero peritecio. Il Saccaruo (Syll., III, pag. 806) dice di questa specie: Acerculis mycelio filamentoso cinctis. ■^ HoFFMANN, Icones analUicae fungorum. Giessen, 1863, Heft. Ili, pag. 69; Ta- vola XVII, fig. 1. — 87 — " unserer vorlieg-enden Art kommt eia solches zu keiner Zeit vor. •' Diesel- Pilz sltzt mit seinera Stroma auf und zwischen deii Holzzellen " der Eiche, seine concatenirten Sporen bildeu einen dichten, gewolbteQ ■' Rasen . . . Nach uuten gelien dieselbeu allmiililicli convergirend in " strahlig geordnete, gelbe, weiterhin farblose Fiidea iiber, welche sich " endlich regellos dardi einander schlingeii und so das Stroma bilden. " Zwischen den Sporenstriinge ragen liier und da in geringerer Zahl " braune fadenfiirraige Fortsiitze hinein, welche als Paraphysen bezeich- " net werden konnen und sterile Verliigerungen des Myceliums in die " Sporenscliiclit darstellen. " 01fenl)ar liaben wir hier einen mit Pliragmidium verwandten Bil- " dungstypus vor uns. Septonema ist niichstverwandt, und untersclieiJet " sich nur durch den constanteu Mangel der fadenformigen Zwischen- " glieder der Sporen, sowie durcli das weniger ausgebildete Stroma. " Ganz ahnlicii verlialt es sich bei Trimmatostroma, velches eigentlich " nur (lurch die gekrlimmten Sporen vum vorigen abweicM. Alternarla " hat kein selbstiindiges Stroma, sondern nur fadenforraige Sporen- " stiele. „ Notisi che la specie Ph>\ Chnilletii Kunze {Mìflc. Hefte, II, p. 84), descritta e figurata anche dal Corda ^ e disegnata pure anche dal Suc- cardo, - pare sia munita di uno pseudopicnidio formatosi per l'appro- fondirsi dello stroma fruttifero, divenuto concavo, nell'interno del sub- strato. Si hanno dunque nello stesso genere, come nelle Trullula, forme che ritengono ancora quasi tutti i caratteri degli Ifomiceti, e forme che accennano ad avvicinarsi alle Sferossidee. Considerazioni generali. Dallo studio delle poche forme sopra esaminate si deduce che gli acervuli delle Melanconicae, vanno considerati come stremi micelici più 0 meno distinti e iìtti, che hanno accrescimento illimitato, e dalla cui superficie esterna sorgono, le une vicino alle altre quasi a guisa di un imenio, le ife fruttifere da cui nascono i conidì. Gli acervuli delle Pestalozzia, dei Corijneum e di altre forme da pi'incipio chiuse non si possono considerare come veri picnidii perchè, come si è visto, né lo stroma proligero è in essi di dimensioni fisse e limitate, né vi è un peridio ben differenziato. In essi la porzione di ' r,oc. cit., in, pag. 30 e Tav. V, fig. 80. - Fitng. ItaL, t. 1101. Atli deirist Boi. deli' Universilù di Pavia — Nuova Serie — Voi. VI. — 88 — stionia che non fruttifica e si trova interposta tra i couidi e la cuti- cola 0 il sughero della matrice, si deve ritenere quale un organo pro- tettore di adattamento, come è organo speciale di adattamento per la deiscenza la colonna centrale degli acervuli dei Mdanconiìim. G-li stromi si formano nell'interno del substrato, cosicché conidio- fori e conidì sono in principio coperti dalle parti più esterne di questa e devono rompere tali parti per uscire all'aperto. Questo fatto però, clie è ritenuto in sistematica come caratteristico per distinguere le Melanconiee dagli Ifomiceti, non può avere il valore che gli si accorda, perchè si trovano forme clie o non lo presentano, o lo presentano solo in principio dello sviluppo. In generale poi quando il tegumento del substrato è rotto, il fungo continua a sporificare come gli Ifomiceti e la somiglianza con questi è ancor più grande in quelle forme nelle quali lo stroma è poco distinto ed i conidiofori prendono uno sviluppo rela- tivamente forte. In altri casi lo stroma, quasi ad usufruire più a lungo l'apertura fatta nei tegumenti che lo ricoprivano, estende la sua superfice fertile approfondendosi nel substrato sotto l'apertura medesima ed allora as- sume quasi la forma degli organi fruttiferi delle Sferossidee. In altri casi, finalmente, ripiega i suoi margini verso l'alto per aiutare la rot- tura degli strati ricopritori estranei ed anche allora l'organo assume pressoché l'aspetto di un picnidio. Questi fatti, dicono a mente mia che per fare una monografia com- pleta delle Melanconiee bisognerebbe studiare non solo le forme clie pre- sentemente sono iscritte in questo gruppo, ma si dovrebbe altresì impren- dere una revisione generale di molte Sferossidee e di molti Ifomiceti specialmente di quelle famiglie che più a queste da me ora studiate si avvicinano. > Non è raro infatti che qualche micete sia stato prima ri- ' Cito per es. le Leptoslromaceae Sacc. e le Exeipnlaceae Sacc. le quali forse, dopo quanto si è visto sulla struttura degli acervuli delle Pcstalozzia, Coryneum, ecc. dovrebbero essere messe senz'altro tra le Melanconiee. Basta infatti esaminare delle ficcare di Leptotìniriwn, Melasmia. Leptostroma, ecc. per vedere che anche in queste forae abbiamo uno stroma sulla cui superficie superiore od esterna si solleva uno strato di conidiofori più o meno distinti, che danno luogo ai conidì. Qnasi mai si può constatare un picnidio chiuso. L. Tolasne (NouveUe, recherches, ecc.) parlando delle Ihlasmia, dice infatti (pag. 152): ' La pellicule qui recourre immediatement les pul- " viscules-spermogonies, bien quelle soit d'une couleur noire tres obscure, n est cer- « tainement pas autre chose que la cuticule altérée de la fenille nourricier . . . est le " Seul tégument da tissu spennatophore. „ Anche Saccardo I S;iU.. Ili, pag. 626) dice dei periteci dei Leptothj/rium : « contesta plerumque distincte celluioso radiato, su- " binde tamen spurio et ex epidermide mutata et atrala formato. „ — 89 — ferito ad un genere compreso in uno di questi gruppi e poi sia stato passato tra le Melanconiee. ' Rapporti filogenetici tra. le Melanconiee e gli altri gruppi di funghi ijiperfetti. Se ora si vuole seguire l'evoluzione delle forme da me prese in esame e rintracciare i legami genetici tra i diversi gruppi dei cosi detti funghi imperfetti, " si deve prendeie le mosse dalle forme di questi ultimi clie sembrano le piìi semplici, quelle cioè che presentano la mi- nima dilferenziazione nei loro organi. Sono queste senza dubbio le ' Per le somigliauze tra Sferossidee e Melaìiconiee basterà ricordare i Septogloeum sopra descritti, che prima erano considerati come Septoria. Riguardo poi alle affinità tra Ifomiceti e Melanconiee citerò per es. il Basiascuvi Eryobotrijae descritto dal Ca- VAKA (App. di. Pat. Veg., loc. cit.j come una Melancouiea e poi dallo stesso autore (Z fung. parass., Nr. 18(3) ascritto al genere l'usicladium tra gli Ifomiceti, mentre molte specie di questo genere, avuto riguardo al comportarsi dello stroma, dovrebbero essere considerate come Melanconiee. Anche il genere Hadrotriclium considerato di solito come un Ifomicete, fu recentemente (Briosi e Cavaka, / funghi parassiti, Nr. 274) messo tra le Melanconiee, anzi una specie di esso fu dal Peglion (Diagnosi di ftinr/M nuovi parassiti, in Biv. di Pat. Vcget., 1896) considerata come un Gloeo- sporium. Anche i Mycrostroma, considerati come Ifomiceti sono posti da Briosi e Cavara (/ funghi parassiti, Nr. 300) tra le Melanconieae, per riguardo alla forma- zione dello starna. * Meriterebbero pure, secondo me, di essere presi in considerazione i Coniothecium, tra i quali anche secondo Ekiosf e Cavara {I fung. parass., Nr. 243) il C. phtjllophi- him Desm. sarebbe da riferirsi ai Melanconici. - In realtà pei funghi di solito si studia non l'intero organismo ma solo i corpi fruttiferi. Ora sieno questi dei funghi imperfetti veri organi di riproduzione laterale o, come vuoisi da taluno, organi di semplice moltiplicazione vegetativa, data l'uniformità con cui in tutti si formano i conidì si deve credere che abbiano avuto un'evoluzione propria, indipendente da quella degli apparati di riproduzione perfetta, epperò è giusto cercare le affinità tra loro indipendentemente da questi. Le idee che io svolgo non si riferiscono a rapporti filogenetici tra le specie, ma a rapporti organogenetici o di svi- luppo dei diversi tipi di organi di moltiplicazione secondaria. * Le osservazioni di Bkiusi e Cavara e le loro conclusioni mi sembrano plìi che giuste per quanto concerne, il Mycrostroma Juglandis (Béreng.) Sacc, però non pò - sono essere applicate anche il M. album (Desm.) Sacc. che mi sembra un Ifomicete vero. Secondo me queste due forme non possono essere comprese nello stesso genere e debbonsi separare. Mi riservo di tornare sulla questione quando avrò materiale fresco di ambedue le forme. Allora cercherò anche, coH'esame dei nuclei, di vedere che valore ha l'opinione dello Schboter (loc. cit.) che ascrive il M. Juglandis ai Basidio- miceti ; e con questo Microstroma potrà forse trovare posto anche il genere Aureoa- siditim . — 90 — Mucedinee ed è da queste che, secondo me, derivano tutte le altre forme più o meno complicate e differenziate, le Sferossidee comprese. Lo prova il fatto che certe forme messe a vivere in un substrato adatto, prendono, come si è visto, la forma di una Mucedinea. La via che avrebbero seguito gli organi di moltiplicazione delle Mucedinee nella differenzazione, non è forse null'altro che la conse- guenza necessaria dell'adattamento graduale a vivere nell'interno del substrato. Gli Ifomiceti superficiali passando a tale vita interna, sia per trovarvi una maggiore quantità di nutrimento, sia per esserne protetti contro gli agenti esterni, o hanno continuato, dove era possibile, a mandare fuori isolatamente i loro organi di moltiplicazione (conidio- fori), 0, dove questo non era possibile per la diversa natura degli strati periferici del substrato stesso, hanno dovuto adattarsi alle nuove condizioni subendo però diverse 'e varie modificazioni, ^ le quali si possono ridurre alle seguenti : a) Produzioni di conidì con dimensioni minori, si da rendere più facile la loro uscita. /;; Associazione delle ife conidiofore e conseguente formazione di uno stroma basale. Tale associazione talvolta basta da sé sola per dare agli organi di moltiplicazione la possibilità di uscire dal substrato, come nelle Stilbee e Tubercolariee che si ritengono ancora Ifomiceti perchè conservano tutti gli altri caratteri del gruppo. e) Riduzione dei conidiofori che essendo corti e riuniti insieme più facilmente riescono a rompere le parti esterne del substrato. Tale riduzione spesso è stabile, cioè ha luogo qualunque sieno le condizioni in cui il micelio è messo a vivere, talvolta invece scompare col cessare delle cause meccaniche che la rendono necessaria. d) Curvatura dello stroma prolifero» il quale invadendo le parti sottostanti del substrato, si fa sempre più concavo e per conseguenza aumenta la sua superficie prolifera senza rendere necessario un corri- spondente allargamento dell'apertura iniziale praticata nelle parti esterne del substrato. Si è cosi condotti alla formazione di un corpo fruttifero chiuso che ci dà un vero picnidio quando tale corpo si torma prima di aprirsi e non proviene, per successivo allargamento ed incurvamento, da uno stroma scoperto ed originariamente piatto (Tav. XI, fig. 2). e) Incurvamento dei margini dello stroma verso l'alto si da sol- ' C. Wehner {Die Bedinyungen dei- Conidicnhildung bei cinigen Pilzen, Inaug - Diss., Frankfurt, 1898) studiando la formazione dei conidì nella Neclria einnabarina, vide egli pure che la diversa densità del substrato può avere influenza nel produrre date modificazioni nei conidiofori. — 91 — levare i tegumenti resistenti del substrato e da dirigere quasi su un punto solo la pressione esercitata su quelli dell'accrescimento dei coni- diofori e dei conidi. Anche tale disposizione ci conduce alla formazione di corpi fruttiferi chiusi o di picnidi (Tav. XII, fig. 6 e 9). f) Sviluppo di parafisi (talvolta possono fungere da parafisi i conidiofori soverchiamente lunglii e flessibili) le quali intrecciandosi in mezzo ai conidi determinano ed aiutano, quasi come il capillizio di molti sporangi, a produrre la rottura degli strati esterni del substrato. g) Formazione di organi meccanici speciali, come la columella dei Melanconiìtm (Tav. XI, fig. 7), che sono destinati alla rottui-a del substrato. In questo caso si hanno forme laterali e speciali in nessun rapporto colle Sferossidee. hj Formazione di un intreccio micelico che intromettendosi tra i conidi e i tegumenti del substrato (Tav. XI, fig. io e Tav. XII, fi- gure 5, 7 e 8) impedisce che i primi vengano danneggiati da una forte pressione ed aiuta contemporaneamente la rottura dei tegumenti mede- simi. Questa formazione ci conduce agli pseudopicnidì di molte Sferos- sidee (Excipulacee). Tutte queste modificazioni dovute ad adattamento non si verifi- cano sempre né si susseguono nell'ordine in cui furono esposte. A se- conda della natura del substrato e del fungo che vi vegeta, ora si pre- senta runa di esse, ora l'altra, e qualche volta anche parecchie insieme. Di più esse possono manifestarsi nello stesso modo nelle diverse forme di Ifomiceti e [si possono così avere Melanconiee con conidi di di- versa forma prodotti da un organo fruttifero che ha lo stesso grado di evoluzione ;' la forma dei conidi se può valere ad indicare le specie originarie da cui la specie che li produce proviene e le specie finali di Sferossidee cui essa darà luogo -, non ha alcuna importanza per stabi- lire il grado di evoluzione della specie stessa, poiché possiamo trovare conidi complicati in forme quasi primitive e viceversa. Ammesso che le Melanconiee provengano da diversi gruppi di Ifo- miceti, i rapporti con cui i pochi generi da me esaminati sono legati ' È dal parallelismo dell'eTolnzioiie subita (pei cosi Aetii finij/ìii imjìerfeiti e forse anche pei perfetti) dagli organi fruttiferi di diverse forme originarie che deriva il ripetersi degli stessi caratteri nelle varie serie di fanghi, come ha messo in rilievo il Prof. Saccardo (I prevedibili funr/hi futuri secondo la lengc d'analogia, in Atti del lì. Ist. Veneto di Se. Lett. ed Arti, 18.96-97, Tomo LV, pag. 45). - Fino ad un certo punto dunque ed usata con molte cautele, l'osservazione delle spore è buona guida per definire la parentela delle specie. 92 (la U!i lato alle forme originane, dall'altro alle Sferossidee, si itossono esprimere graficamente come nel quadro che segue: Sphaeiopsìdeae Pboma e ■ Spbaero PS. PhyUo- Verno ioa Scoleco- Actino- a pìooidio Leptostro- fitìcla laria sporeae nema Baperfioiale maceae t. •é'' i'i ;;■ ;, ;;"' t .a Forme con paeu- '] fi "' ' ,■©■ C o dopicDidio. cioè col- ■ ; ,'■' "''^ t v^ • a 2 a a lo stroma fruttifero J ' / ■' '•* 1 ►' ; / ' 'S a coperto da uno stra- I ; ; 1 \\ ; a ' 5(2 a to di stroma stenle- a S 1 C4 •E o -«1 ; i ,' 1 o 00 X Forme constroina » ' ', X\ m a S limitato e sollevato 2; a 1 • 1 / i Stilbo Stogai Aeteri ai m argini o j 1 ; 1 Forme con org'ani o< e I ; 1 t (' ** ^* speciali di adatta- iz; •«t J à a *^ 'ZI à .-s B g >' a a = •g s li ; \ : B i 1 à 3 c mento (forme late- rali.) m • m" '^ o «> S -5 9onì COB] bc Forme con cont- O o o O S.^ 2 dioforì assai ridotti. t^ a, ?? -,■ i ^ ' fan d TS Forme che con- *. ' ' \ '. i El aerrano qaaBi tutti \ ' ■' , ,' _rt ; « i caratteri degli Ifo- » ', •' \ ' *s ; j= o miceti. ^ ; \j e ' &, _ m ; t^ Phe o- Hyalo- Hyalosp. Hjalosp. Booleco- Dìdymo- Phrapmoeporeao SlUbese Toberco- spo« ae sporeae con ife sterili eoo OODidiof. eporeae Bporeae larieae. . ramjfic. _^^ — Hyphomyceteae eimplices Il qual quadro, ben inteso, vale come un semplice abbozzo che dovrà essere completato ed anche corretto collo studio di altre forme, studio che bisognerà dirigere in due sensi, e cioè: ad esaminare l'evo- luzione subita dall'organo o corpo fruttifero nel suo complesso ; ed a stabilire per mezzo di colture, sia, colla comparazione del modo di ger- minare delle spore, le forme ifomicetee originarie, sia il grado di evo- luzione delle singole specie poiché come si è visto, le forme che non hanno compiuto completamente la loro evoluzione, messe in condizioni opportune^ ritornano allo stadio di Ifomicete {Gloeosporium, Marsoniay ecc.), le forme più evolute e già fissate conservano invece la loro struttura in qualsiasi ambiente vengano messe a vivere {Pestalozzia). Dal Laboratorio Crittogamico di Pavia, 28 agosto 1899. * Anche Costantin (loc. cit., jiag. 2), parlando delle Stilbee, Tubercolariee e Me- lancouiee, cosi si esprime: "Ce sont pour aiusi dire des Mucédinées agrégées ou in- " ternes, qui forment de faus tissua ou qui duveloppent leur fructificatiou l\ Tintéiieur " des vcgétaux superieures, „ SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tavola XI. Fig. 1-3. Sezioni trasverse di acervuli di Gloeosjwriiim Bibis (Lib ) Mont. et D m. "°/, „ 4. Sezione trasversale di acerviiln di Gì. crncatain Sacc. -■''/,. „ ó. Ife fruttifere del medesimo, ottenute per coltura, ^-""/j. „ H. Porzione di sezione trasversale di acervulo di BlennoHa Buxi Fr. "^/j. „ 7. Sezione trasversale di ar.ervulo di Meinncnnium Cavarae n. sp. "■'/,. „ 8. Gonidi isolati dello stesso, ''^"/i. „ 9. Ife fruttifere di Marsonia Popuìi (Lib.) Sacc, ottenute per coltura. ""/,. „ 10. Sezione trasversale di acervulo di Coryneum microstictum B. et Br. '^V,. „ 11. Idem di Pestalozzia Briosiana n. sp., ottenuta per coltura. '^V,. Tavola XII. Eig. 1. Sezione trasversale di acervulo di Pestalos~ia funerea Desm., ottenuta per coltura. '^''■,,. „ 2. Gonidi già formati e in via di formazione, della stessa. "'*/j. „ o. Sezione di corpi fruttiferi della stessa, ottenuti per coltura in decotto di amido. '^''/,. , 4. Idem trasversale di acervulo della stessa in natura (scbematico). «''/,. „ 5, Idem di F. Briosiana u. sp. ''-'"'/j. „ U, Porzione di sezione trasversale di acervulo di Sti/bospora macrosprrma Pers. '^7,. „ 7. Idem di Asterosporitim Iloffinmini Kunze. '"^/,. „ 8. Sezione di acervulo dello stesso (schematico). '"/,. „ 9. Porzione di sezione di acervulo di Steganosporium pyriforme (Hoffm.) Corda. >'•'',,. „ 10. Idem di Colletotriclmm Agaves Cavr. '"''/i- ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UiNIVERSITA DI PAVIA Diretto da G. Briosi (Laboratorio Crittogamico Italiano.) NUOVI MATERIALI PER LA MICOLOGIA LOMBARDA FUNGHI DELLA PROVINCIA DI CREMONA PRIMA. CENTURIA PER RODOLFO FARNETI Assistente al Laboratorio di Botanica Crittogamica. Neil' anuo 1892 il Dott. Fridiauo Cavara, allora conservatore in questo Istituto Botanico, pubblicava una memoria sulla Micologia lom- barda, ^ nella quale egli riassumeva le sue ricerche anteriori intorno alla Micologia della regione e quanto era compreso nell' opera Briosi e Cavara, I funghi parassiti delle piante coltivate od utili; ^ oltre a quello elle direttamente o indirittamente era stato intorno a questo argomento da altri pubblicato. Due anni dopo si ebbe un'altra contribuzione micologica pnre del Cavara ^ che comprendeva 150 specie, e più tardi quattro fascicoli d' un' altra pubblicazione dello stesso autore * ai quali s' aggiunsero i sei ultimi fascicoli dell'opera sopracitata di G. Briosi ed F. Cavara. " ' F. Cavara. Contribuzione alta Micologia lombarda, in Atti dell'Istituto Bota- nico di Pavia, Serie li, Voi. II, p. 207-292; Milano, Tip. Bernardoni di C. Kebeschiui e C, 1892. ^ G. Briosi e P. Cafaea. I fungiti parassiti delle piante coltivate od utili; fase. I-VIII, Pavia, 1888-1892. * P. Cavara. Ulteriore contribuzione alla Micologia lombarda, in Atti dell'Isti- tuto Botanico di Pavia, Serie IH, Voi. II, p. 313-319; Milano, Tip. Bernardoni di C. Rebescbiui e C, 1894. ^ F. Cavarv. Fungi Longobardiae exsiccati, fase. II, V; Pavia, 1893-95. ^ G. Briosi e F. Cavara. I fungiti parassiti delle piante coltivate od utili, fase. IX-XII; Pavia, 1893-1897. Atti dell' Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Voi. VI. 8 — 96 — E per desiderio del Prof. G-iovanni Briosi, direttore del nostro Istituto Botanico, che io ho ripreso lo studio della Micologia lombarda e che ora pubblico questo primo frutto delle mie ricerche. I funghi di questa prima centuria, furono da me raccolti nell'au- tunno del 1897 nella provincia di Cremona; cinquanta specie sono nuove per la regione lombarda ^ e le altre interessano per la località. Non ho tenuto conto di funghi parassiti ubiquitari, una parte dei quali comparve già nella Eassegna Crittogamica ; ^ e, dei molti funghi imperfetti trovati, non ho fatto menzione che di tredici specie, nuove per la Lombardia. MYXOTHALLOPHYTA III. Classe. — Myxogasteres. II. Ordine. — Endosporeae. Fani. Tricliiaceae, Li/cogaìa Mich. 1. Lycogala epidendrum Biixb. — Sopra legno marcio nei dintorni dì Casalmaggiore. Fam. Stemonitaceae. Stemonites Gled. 2. Stemonites fusca Roth. — Salici cariati in riva all'Adda nei din- torni di Pizzighettone. ' I funghi nuovi per la Lombardia sono segnati con asterisco. 2 G. Briosi. Rasse/jna crittogamica pei mesi di luglio a dicembre 1897, in Bol- lettino di notizie agrarie del Ministero d'Agricoltura, 1808. 97 EUMYCETES IL Classe. — Basidiomycetes. II. Sott. Class. — EUBASIDII. I. Ord. — Protobasidiomycetes. Fani. Melampsoraceae. Cronartieae. Cronartium Fr. 3. *Cronartiuni asclepiadeuni (Wild.) Fr. — Sopra foglie vive di Vincetossico, tra Pizzigliettone e Crema. Fani. Piicciniaceae. Puccinia Pers. 4. Pucciuia violae (Sclium) DC. — Sopra foglie vive di Violetta, tra Pizzigliettone e Crema. Fani. Auriciilariaceae. AurUularia Bull. .5. Auricularia mesenterica (Dicks.) Fr. — Sui Salici, nei dintorni di Casalmaggiore. 6. . Exidia glaudulosa (Bull.) Fr. — Sopra tronchi morti, tra Pizzi- gLettone e Crema. Tremella Dill. 7. ^Tremella raesentei'ica Retz. — Sopra legno marcio, nei dintorni di Cremona. — ga- li. Orci. — Autobasidioìnycetes. III. Sott. Orci. HYMENOMYCETINEAE. Fam. Tltelophoraceae. Steremn Pers. 8. *Stereum ocbroleucum Fr. — Sugli alberi languenti, nei dintorni di Piadena. 9. Steremn purpureiim Pers. — Al piede degli alberi, nei dintorni di Pizzighettone. 10. Stereuin hirsutuiii (W.) Fr. — Sugli alberi, in riva all'Oglio, prima di Canneto. 11. *Stereura ruj^osuin Fr. — Sugli alberi, nei dintorni di Casal- maggiore. 12. •■Stereum alneum Fr. — Ceppale d'Ontani, nei dintorni di Piz- zighettone. *o' Hijmenochaete Lèv. 13. *Hymeiiochaete tabacina (Sow.) Lèv. — Sopra vecchie travi, in un ponte dei dintorni di Pizzighettone. Corticium Fr. 14. *Corticiuni calceum Fr. — Sui rami secchi in una siepe, nei din- torni di Pizzighettone. 15. *Corticiuni lacteani Fi*. — Sopra corteccia di rami d'alberi morti, tra Pizzighettone e Crema. 16. *Corticiuin roseuin Pers. — Sopra pali di Salice, nei dintorni- di Piadena. 17. Corticium caeruleuiii (Schrad.) Fr. — Sopra pali di Salice, tra Pia- dena e Casalmaggiore. Peniophora Cook. 18. Peniophora quercina (Fr.) Cook. — Sopra rami morti di Quercia, tra Pizzighettone e Crema. — 99 — Fam. Hydnaceae. Irpex Fr. 19. *Irpex obliqiuis (Schrad.) Fr. — Sopra i Salici, nei dintorni di Cremona. Fam. Poli/poraceae Merulieae. Meriilius Hall. 20. Menilius treniellosus Schrad. — Sopra corteccia di Salice, nei dintorni di Pizzighettone. 21. *Meriilius poriuoides Fr. — In legno marcio nei dintorni di Cremona. 22. *3Ierulius lacryinaiis (Tacq.) Fr. — In una trave d'un ponte, nei dintorni di Pizzighettone. Polyporeae. Fomes Fr. 23. Fomes iguarins (L.) Fr. — Sui Salici, nei dintorni di Pizzighet- tone, Cremona, Casalmaggiore e Canneto sull'Oglio. Polijporus Mich. 24. *Polyporus lobatus (Huds.) Fr. — Alla base delle Querele, tra Piz- zighettone e Crema. 2.5. *-Polyporus Spoui^ia Fr. — Sopra legni marci fluitati, in riva al- l'Adda presso Pizzighettone. 26. Polyporus ispidiis (Bull.) Fr. — Sui Gelsi, tra Crema e Cremona. Pohjstictus Fr. 27. Polystictus versicolor (L.) ~ Fr. Sugli alberi, tra Pizzighettone e Crema. 28. *Polystictiis abietinus Fr. — Sopra un Pino languente, tra Pizzi- ghettone e Crema. 29. Traiiietes suaveoleus (L.) Fr. — Sui Salici, nei dintorni di Cremona. 30. Trametes hispida Bagl. — Sui vecchi Salici, nei dintorni di Piz- zighettone. 31. Trametes rubescens Fr. — Sui vecchi Salici, in riva all'Oglio nei dintorni di Canneto. — 100 — Daedalea Pers. 32. Daedalea quercina (L.) Pers. — Tra Pizzigliettoue e Crema. 33. Daedalea unicolor (Bull.) Fr. — Sopra vecchie ceppale, nei din- torni di Pizzighettone. Lenzites Fr. 34. *Lenzites variegata Fr. — Sopra i Pioppi, nei dintorni di Pizzi- ghtittoue. 35. *Lenzites trabea (Pers.) Fr. — Nelle travi di rovere, in un ponte nei dintorni di Pizzighettone. Fisfulineae. Fistulina Bull. 36. Fistulina hepatica Fr. — Tra Pizzighettone e Crema. Boleteae. Boìetiis Din. 37. Boletus piperatus Bull. — Tra Pizzighettone e Crema. 38. Boletus edulis Bull. — Nei boschi tra Pizzighettone e Crema. 39. *Boletus luridus Schaeflf. — Nei boschi tra Pizzighettone e Crema. 40. Boletus scaber Fr. — Nei boschi tra Pizzighettone e Crema. Fam. Agaricaceae. Coprineae. Coprinus Fr. 41. *Coprinus comains Fr. — Tra Piadeua e Casalmaggiore. 42. Coprinus atraiiieutarius Fr. — Piadena in un ort). 43. Coprinus flmentarius Fr. — Dintorni di Cremona in una concimaia. 44. *Coprinus cireneus Schaff. — Dintorni di Cremona in una concimaia. 45. *Coprinus truucorum Schaff. — Al piede d' alberi cariati presso Pizzighettone. Russtilee. Bussula Pers. 46. Eussula virescens Fr. — Nei boschi tra Pizzighettone e Crema. 47. *Russula alutacea Fr. — Nei boschi sopra Pizzighettone, — 101 — Lactarias Fr. 48. ■ Lactarius piperatus Fr. — Sopra Pizzighettoiie. Schizophijllae. Schizophyllnm Fr. 49. Scliizophylluru commane Fr. — Sopra vecchi Ontani, nei dintorni di Pizzighettone. Marasmieae. Panus Fr. 50. Panus stipticus Fr. — Dintorni di Pizzigliettoue. Marasmius Fr. 51. Marasmius oreades Fr. — Dintorni di Soresiua. Agariceae. Mela 11 aspo r a e. Psaliota Fr. 52. Psaliota arvensis Schaff. — Dintorni di Piadena. 53. Psaliota campestris L. — Presso Pizzigliettoue. Ochrosporae. Flammula Fr. 54. *Fiaiiiniula aluicola Fr. — Sopra gli Ontani nei dintorni di Pizzi- gbettone. Galera Fr. 55. Galera ovalis Fr. — Tra Pizzigliettone e Soresina. Leucosporae. Lepiota Fr. 56. Lepiota procara Scop. — Dintorni di Soresina. 57. Lepiota excoriata Fr. — Dintorni di Soresina. Clitocybe Fr. 58. *Clytoclbe laccata Scop. — Lungo l'Adda, sopra Pizzighettone. — 102 — Collybia Fr. 59. Collybia veintlpes Curt. — Al piede dei vecchi Salici presso Can- neto suirOglio. Pleiirotiis Fr. 60. *Plenrotus saliguns Fi'. — Al piede dei vecchi salici nei dintorni di Canneto suirOglio. IV. Sott. Ord. PHALLINEAE. Fara. Clathraceae. Clathrtis Mich. 61. Clatlirus cancellatns Linn. — Dintorni di Pizzighettone. ; VI. Sott. Ord. LYCOPERDINEAE. Fani. Tylostomataceae. Tylostoma Pers. 62. Tylostoma manimosuni (Mieli.) Fr. — In riva all'Adda sopra Piz- zighettone. Fani. Lycoperdaceae. Lycoperdon Tonni. 63. Lycoperdoii gemmntum Batsch. — Tra Pizzighettone e Soresina. Geaster Mich. 64. Geaster liygronietrìcus Pers. — Lnngo l'Adda sopra Pizzighettone. VII. Sott. Ord. NIDULARIINEAE. Fara. Nidulariaceae. Cyaikus Hall. 6.5. *Cyathns striatns (Huds.) Hoff. — In terreno sabbioso lungo l'Adda sopra Pizzighettone. — 103 — 66. Cyathus Tevnieosus (Bull.) De Cand. — Dintorni di Pizzighettone sopra detriti di Salice in decomposizione. Vili. Sott. Ord. SCLERODERMATINEAE. Fam. Sclerodermataceae. Scleroderma Pers- 67. Scleroderma Tulgare Hornem. — Sopra Pizzighettone. III. Classe. — Ascomycetes. I. Sott. Class. — HEMIASCI. Ord. — Hemiascales. IV. Sott. Ord. PEZIZINEAE. Fam. As<:oholaceae. AscoòoIks Pers. 68. Ascobolus furfuraeeus Pers. — Sopra lìmo cavallino a Soresina. Fam. Heloiiaceae. Phialea Fr. 69. *Phialea cyathoidea (Bull.) Gill. — Sopra frustoli di pianta erbacea, nei dintorni di Piadena. Lnchnella Fr. 70. *LachnelIa corticalls (Pers.) Fi'. — Sopra rami morti di Salice, nei dintorni di Cremona. Fam. Mollisiaceae. Tapesia Pers. 71.*Tapes}a sangninea (Pers.) Fuck. — Sopra legno vecchio nei din- torni di Pizzighettone. — 104 — VI. Sott. Ord. PHACIDIINEAE. Fani. Cenangiaceae. Bulgaria Fr. lì. Bulgaria inquiiiaas (Pers.) Fr. — Sopra rami secchi di Quercia, tra Pizzighettone e Soresina. Fam. Phacidiaceae. Ehìjtisma Fr. 73. Rliytisma acerinuiii (Pers.) Fr. — Sopra foglie di Acer campestre, nei dintorni di Pizzighettone. VII. Sott. Ord. HYSTERIINEAE. Fam. Hysteriaceae. Uysterittm Tode. 74. Hjteriuni pulìcarc Pers. — Sopra corteccia in rami di pianta ar- borea a Soresina. Gloniopsis De Not. 75. *Gloniopsis biformis (Fr.) Sacc. — Sopra vecchio legno, tra Pia- dena e Casalmaggiore. X. Sott. Ord. PYRENOMYCETINEAE. Fam. Erysiphaceae. Erysiphe Hedw. 76. *Erjsiphe Moutaguei Lèv. — Sopra foglie vive di Xantium, presso Soresina. Fam. Perisporiaceae. Lasiobotrys Kuntze. 77. Lasiobotrys Lonicerae Kunze. — Sopra foglie 'vive di Lonicera, tra Pizzighettone e Soresina. — 105 — Fam. Hi/pocreacene. Neclrieae. Nectria Fr. 78. Nectria cinnabai'ina (Tode) Fr. — Sopra rami secchi, nei dintorni di Pizzigliettone. Clavicipifeae. Epickloe Fr. 79. Epicbloe typhina (Pers.) Tuli. — Sopra Poa a Pizzighettone. Fam. Dofhideaceae. Phijllachora Nke. 80. Phyllachora gramìnis (Pers.) Fiik. — Sopra gramigna, associata alla forma spermogonica, dintorni di Soresina. Fam. SpJuieriaceae. Lasiosphaeria Ces. et De Not. 81. *Lasiosphaeria Rhacodiuni (Pers.) Ces. et De Not. — Dintorni di Pizzighettone, sopra legno marcio. Fam. Lophiostomataceae. Lophiostoma Ces. et De Not. 82. Lophiostoma niacrostomoides De Not. — Sopra corteccia di vec- chi Salici nei dintorni di Pizzighettone. Lophiotrema Sacc. S3. *Lophiotreiiia ragabnudum Sacc. — Sopra corteccia d'Ontano, nei dintorni di Pizzighettone. Fam. Mijcosphaerellaceae. Mycosphaerella Johans. 84. Mycosphaerella punctìformis (Pers.) Schròt. (Sphaeria punctifonnis Pers., Sphaerella punctìformis Rabh.) — Sopra foglie morte di Quercia, tra Pizzighettone e Soresina. — 106 — Fara. Pleosporaceae. Metasphaeria Sacc. 85. *lletasi)haeria Tincaa (Fr.) Saec. — Sopra foglie di Vinca minor, tra Pizzighettone e Soresina. Fam. Diatrypaceae. Diatrype Fr. 86. Diatrype ballata (Hoffm.) Fr. — Sopra rami di Salice, presso il Po nei dintorni di Casalmaggiore. Diatrypella Ces. et De Not. 87. *Diatrypella Terruciformis (Ehrli.) Nits. — Sopra pali scorticati di Salice tra Piadena e Casalmaggiore. FUNGI IMPERFECTl. SPHAEROPSIDEAE. Spliaerioideae. Hijalosporeae. Cijtospora Elireub. 88. *Cytospora lencospernia (Pers.) Fr. — Sopra rami morti di Salice, presso Cremona. 89. *Cytospora cbrysospeniia (Pers.) Fr. — Sopra rami morti di Pioppo, nei dintorni di Casalmaggiore. ILjalodidimae. Ascochyia Lib. 90. *Ascochyta Dianthi (A. S.) Berk. — Sopra foglie di Saponaria offi- cinalis, tra Pizzighettone e Soresina. 91. *A8cochyta coruicola Sacc. — Sopra foglie di Comics Sanguinea, tra Pizzighettone e Soresina. — 107 — Melanconieae. Tylosporae. Blennoria Fr. 92. *Bleiiuoria Boxi Fr. Sopra foglie morte di Bossolo, tra Pizzighet- tone e Soresiiia. Gloeospormm Desm. et Mont. 93. *Gloeosporiuiu Cydoniae Mont. — Sopra foglie di Cotogno, tra Piz- zigliettone e Soresina. Phaeosporae. Thi/rsidiuH Mont. 94. *Thyrsi(liuni hedericohim (De Not.) Dur. et Mont. — Soprarami secchi di Edera, nei dintoi-ni Piadena. Mucedineae. Didymosporàe. Mijcogone Link. 95. Mycogone rosea Link. — Sopra un fungo guasto, tra Pizzighet- tone e Crema. IDematieae. Amerosporae. Dematitim Pers. 96. *Deniatium liispidulum (Pers.) Fr. — Sopra foglie morte di Phrag- mites nei dintorni di Pizzigliettone ; sopra Arundo donax tra Pia- dena e Casalmaggiore. Didymosporàe. Cladosporium Link. 97. *Cladosporiiim epipbyllum (Pers.) Mart. — Sopra foglie morte di Quercia, tra Pizzigliettone e Soresina. — 108 — TUBERCULARIEAE. Mucedineae. Amerosporae. Tubercularia Tode. 98. *Tubercnlaria minor Link. — Sopra rami secchi di pianta arborea, dintorni di Casalraaggiore. Phrarjmosporae. Fusarium Link. 99. *Fnsiirinni lateritiuiii Nees. — Sopra rami secchi di pianta arbo- rea, tra Pizzighettone e Soresina. IDematleae. Amerosporae. Myrothecimn Tode. 100. *5Iyrotlieciuiii inmidatiim Tode. — Sopra fungo putrido, tra Piz- zighettone e Soresina. Dall'Istituto Botanico dell' Università di Pavia. Dicembre, 1899. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA Diretto da G. Briosi (Laboratorio Crittogamico Italiano.) SULL'EMBRIOGENIÀ DI ALCUNE SOLANACEE DA APPUNTI LASCIATI Dott. FILIPPO TOGNINI GIÀ 1 0 ASSISTENTE NELL'ISTITUTO BOTANICO. (Tavole IV-VI.) Allorquando la crudele e lunga malattia che troncò la vita al po- vero Dott. Tognini, lo costrinse a sospendere ogni lavoro e ad assentarsi dal nostro Laboratorio, egli era occupato con alcune ricerche intorno ai primi stadi di sviluppo dell'embrione delle Solanacee. L'autore si proponeva di studiare tutta la famiglia e di procedere ad un lavoro d' istiologia comparata d' estesa mole, ma pur troppo il tempo e le forze gli vennero meno, ed il lavoro rimase interrotto. Egli aveva però quasi compiuto le osservazioni che si riferiscono a quattro specie, appartenenti a quattro generi diversi, cioè a.\VAtropa Belladonna L., alla Datura Stramonimn L., al Solanum tiiherosum L. ed al Phìjsalis edulis Sims. e disegnate aveva altresì le figure relative. Coir aiuto del Dott. L. Moutemartini, io ho ordinato e completato alla meglio le note lasciate dal Tognini onde non andassero perduti i risultati di questi studi che sebbene incompleti, non cessano di essere importanti ed attendibili per la ben nota perizia e la scrupolosa co- scienza scientifica dell' autore. Giovanni Briosi. Atropa Belladonna L. L'oosfera fecondata, dopo essersi allungata alquanto ed avere as- sunto forma clavata, si segmenta a due terzi dall'apice dividendosi in una cellula inferiore, eb (Tav. IV, fig. 1), ed in una superiore, s, lunga. Dalla parte eb trae origine quasi tutto l'embrione mentre la parte s — 110 — si trasforma in sospensore, eccetto una piccola porzione destinata 'a completare l'embrione stesso. Dunque a tutto rigore qui non si lia un proembrione, vale a dire una fila di cellule (come trovò Hanstein) tutte uguali tra loro, ma fin dalla prima divisione dell'uovo si può riconoscere ciò che di esso diverrà embrione e quello che produrrà il sospensore. Ciascuna di queste parti prosegue poi indipendentemente dall'altra il suo sviluppo. Il sospensore si divide presto in due cellule di cui la terminale si attacca superiormente (fig. 2, at) alla parete del sacco embrionale. In seguito la divisione continua e l'organo raggiunge rela- tivamente presto la sua struttura definitiva: nella figura 3 si vede infatti che esso è già composto di 5 cellule mentre l'embrione trovasi ancora nei suoi primi stadi di divisione; nella figura 12 consta di 6 cellule e nella 14 di 7. In queste ultime figure si nota che mentre in tutte le altre cellule non si hanno setti longitudinali, la cellula inferiore y si divide in modo speciale e, come si vedrà, prende parte alla for- mazione dell'embrione. Questo si divide dal cauto suo da prima in due emisferi mediante un setto curvo, o o, il quale, in tutti i casi osservati, si dispone costantemente in senso trasversale e non mai longitudinale (come, secondo Hanstein, sarebbe il caso normale). A questo setto o o tengono dietro due segmentazioni verticali, quasi sul piano longitudinale mediano: l'una (m tn, fig. 5) nell'emisfero superiore, l'altra (>«'»«') nel- l'inferiore. Queste divisioni non sono simultanee, come si può vedere dalla figura 3, la quale lappresenta uno stadio in cui si è formato il solo setto H» m. Tanto meno poi esse hanno luogo in uno stesso piano, e nemmeno sono sempre normali alla parete o o (fig. 6). Altre due si- mili si formano di poi in un piano press'a poco normale a quello finora considerato e rappresentato dal disegno, onde la cellula embrionale finisce coU'essere divisa in otto cellule quadranti di dimensioni fra loro molto differenti. Le divisioni che susseguono si possono raggruppare in due cate- gorie a seconda della loro direzione : alcune avvengono trasversalmente (fig. 5, 1 1 e t' t'), altre più o meno in senso parallelo al contorno esterno della cellula embrionale (fig. 5, d d). Non esiste una legge che regoli il modo di succedersi delle une o delle altre: talvolta compaiono quasi contemporaneamente non però in tutte le cellule quadranti (fig. 5), tal' altra non si hanno da prima che sole segmentazioni trasversali, qualche volta anzi accade (fig. 3) che un setto tangenziale d d si formi prima che ambedue gli emisferi della cellula embrionale si siano divisi longitudinalmente. Comunque sia, nel corpo embrionale, dopo qualche tempo si trova differenziato, dai setti tangenziali, il dermatogeno, mentre il tessuto — Ili — interno è ancora omogeneo. Però questa differenziazione non è eguale in tutte le celiale quadranti poiché i setti che limitano il dermatogeno nei due emisferi primitivi, non si corrispondono, come si può vedere nelle figure 7 ed 8. Cosi ancora dalle stesse figure si vede che il der- matogeno ha subito un maggior numero di segmentazioni radiali nel- l'emisfero inferiore (tre per ogni, cellula quadrante) che nel superiore, nel quale non è venuta alcuna segmentazione o non se ne ha che una sola (fig. 7). Questa discordanza tra il dermatogeno dei due emisferi, andrà più tardi eccentuandosi per poi scomparire. Essa si manifesta anche nel- l'ulteriore segmentazione del tessuto interno. Nelle figure sopra citate si vede infatti che nell'emisfero superiore si sono formati due setti x x più 0 meno paralleli al contorno generale del corpo embrionale ed ap- poggiati superiormente alla parete longitudinale m a poca distanza dall'ultima cellula dal sospensore, ma in due punti diversi, inferiormente alla membrana trasversale primitiva o o. ' Per mezzo di questi setti obliqui X X il tessuto embrionale interno viene ad essere differenziato in periblema {ph) e pleroma (fi). Siccome essi non si appoggiano alla cellula ìj del sospensore, resta esclusa la compartecipazione di questa alla formazione del periblema che trae origine esclusivamente dalla cellula embrionale primitiva. Nell'emisfero inferiore invece, lungi dall'avere tale regolarità, si formano dei setti trasversali e longitudinali più o meno inclinati sul piano 0 o, onde il periblema ed il pleroma quivi non riescono ben distinti. Negli stadi fin qui descritti le divisioni primitive dell' originaria cellula embrionale sono sempre discernibili, e quanto avviene rispetto ad un piano mediano longitudinale dell'ovulo (quello secondo il quale furono fatti 1 preparati rappresentati nelle figure citate) si avvera anche nel piano a questo perpendicolare. Più tardi il dermatogeno si segmenta attivamente in senso radiale anche nell'emisfero superiore (fig. 9, rf) ed altre divisioni parallele al dermatogeno stesso si verificano nel periblema e nel pleroma. Nella detta figura si vede chiaramente che il periblema comincia le sue di- visioni longitudinali dal piano o o, quindi in senso acropeto: infatti delle tre cellule periblematiche in cui è divisa la sezione ottica di una cellula quadrante, solo l'inferiore si è segmentata mediante il setto a. ' Nella figura 7 il setto x x non è molto evidente, a sinistra, e compare piuttosto come una linea a zig-zaj, probabilmente in seguito alla formazione dei setti obliqui a e 6. Atti dell' Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Suova Serie — Voi. VI. 9 — 112 — Anche in questo stadio si intravedono ancora le prime divisioni a croce, die però accennano già a deformarsi come avviene per il setto o o. Frattanto le segmentazioni successive avvenute nell'emisfero inferiore si fanno più regolari e tendono ad accordarsi con quelle dell'emisfero superiore. La figura 10, che rappresenta uno stadio un poco più avan- zato, mostra come l'accordo sia ora .completo: in essa non è pos- sibile riconoscere la croce primitiva; ma tutto il corpo embrionale è diviso in molte cellule ben differenziate nei tre meristemi dermatogeno, periblema e pleroma. Di questi due ultimi anzi si possono distinguere all'apice le due iniziali (ipb pel periblema, ipl pel pleroma; Tav. IV, fig. 10), che sono anche iniziali della radice. In basso pleriblema e pleroma si confondono in una zona in cui non si può con sicurezza distinguere quello che spetta all'uno e quello che spetta all'altro: pro- babilmente nello strato a sonvi le iniziali del periblema ed in quello appena sovrastante quelle del pleroma. In questo stadio si può dire che 1' embrione abbia terminato la prima tappa del suo sviluppo, giacché in esso è tornato il completo accordo tra i due emisferi primitivi, e dermatogeno, periblema e pleroraa sono facilmente riconoscibili in tutto quanto l'embrione il quale peraltro conserva ancora forma pressoché sferica. In questo stadio si osserva sempre all'apice, in un piano non coin- cidente col piano di simetria, sopra nn lato, una proliferazione speciale del tessuto periblematico, per cui piccole cellulette (fig. 11, a e b) sembrano incuneate nel dermatogeno. Sebbene tale fenomeno non si compia contemporaneamente sopra i due lati, pure si può presumere che esso rappresenti l' inizio delle formazioni cotiledonari. La cellula inferiore del sospensore, che é nei primi stadi perfet- tamente distinta dalle cellule embrionali (fig. 3, ?/), col seguito dello sviluppo si insinua a poco a poco nel dei'matogeno (fig. 8) fino a rag- giungere il livello interno delle sue cellule, cosi che si presenta da ultimo (fig. 9 e 10) come continuazione del dermatogeno stesso all'apice dell' embrione. Più tardi, quando 1' embrione si è alquanto appianato inferiormente (fig. 12, B), la cellula y si divide con un setto longitu- dinale d (fig. 12, A) in due e subito dopo, cioè appena nella parte inferiore dell' embrione si accennano le due prominenze cotiledonari (fig. 13, B), in quattro per un nuovo setto (fig. 13, A, e e) orizzontale. La parete e e mostra il primo cenno della caliptra, la quale quindi come il dermatogeno, trae origine dalla cellula del sospensore in con- tatto coU'embrione. A questa cpllula, anche pel caso AqW Atropa Belladonnn, si può conservare il nome di Ipofisi però non nel senso dell' Hanstein, poiché nelle piante studiate da questo autore l'ipofisi concorre non solo — Ile- ana formazione del dermatogeuo, raa anche del periblema, mentre nel- Y Atropa Belladonna il periblema deriva per intero dalla cellule embrionale primitiva e l'ipofisi chiude solo il dermatogeno e con questo dà origine alla caliptra. La divisione tangenziale del dermatogeno procede di poi sui due lati (fig. 13, ^4 e fig. 14), e si ha in tal modo un primo stadio di ca liptra. In questo stadio la distinzione dei tessuti interni si fa più evi- dente: il periblema (fig. 14) consta nel suo massimo spessore di 4 strati di cellule a lume largo e nn poco allungate; gli elementi del pleroma sono assai più stretti e relativamente lunghi; il cilindro ple- romatico inferiormente si allarga e poi si sdoppia in due rami ciascuno dei quali penetra nel corrispondente mammellone cotiledonare. Anche in quest'ultimo si può in questo stadio intravedere una differenziazione nel tessuto interno; infatti alcune cellule al disotto del dermatogeno si allungano normalmente a questo in corrispondenza dell'asse embrionale e quindi della pagina superiore del futuro cotiledone. Tali cellule al- lungate (fig. 14, pa) costituiscono gli inizi del tessuto a palizzatn. All'apice vegetativo caulinare, tanto le cellule del dermatogeno, quanto quelle degli altri due strati sottostanti si fanno più piccole : esse sono le iniziali rispettive del dermatogeno, del periblema e del pleroma del futuro caule. Poco più tardi la cellula ipofisi subisce un' altra segmentazione orizzontale (Tav. V, fig. 15 A, ;/ g) al disotto del primo setto e e, così ha principio il secondo strato di caliptra e cosi si formano in seguito anche gli altri. Nel seme maturo l'embrione allungandosi si è curvato nel piano di simetria dell'ovulo (fig. 15); i cotiledoni pure hanno raggiunto una discreta lunghezza: essi sono incombenti. La figura 16 rappresenta l'apice della radichetta di un embrione a sviluppo definitivo: la caliptra, ca, consta di quattro strati compreso l'inferiore; il periblema o cor- teccia, co, qui pure conserva un unico strato di iniziali (ipb); sotto si vede ben netto il pleroma, o cilindro centrale, e e, coi suoi elementi sottili ed allungati e colle sue iniziali ipl. La difterenziazione a cui giunge l'embrione è poco avanzata ed è impossibile nell'asse distinguere un minimo accenno a formazione di elementi vascolari; la corteccia consta di 5 strati di cellule cilindriche, con vani intercellulari : l'ultimo di questi strati che circonda il cilindro centrale ha elementi più piccoli con spazi intercellulari esigui e corrisponde all'endoderma (fig. 17, ed). Nei cotiledoni si ha un mesofillo diff'erenziato verso la pagina supe- riore in cellule allungate radialmente (fig. 18, pa) che costituiscono una specie di tessuto a palizzata: tutto il resto è formato da elementi — 114 — rotondeggianti, o un po' allungati longitudinalmente, in mezzo ai quali si trovano cordoni procambiali non ancora differenziati in fasci. Tra 1 cotiledoni non si sviluppa plumula e l'asse epicotile non è manifesto. In conclusione lo sviluppo embrionale àeWAtropn Belladonna, pure avvicinandosi al tipo generale che l'Hanstein dedusse per le Dicotiledoni, se ne discosta per varie particolarità ed in special modo per la indi- pendenza del periblema dalla cellula ipofisi. Datura Stramonium L. All'opposto di quanto ha luogo ne\VAtro})a Belladonna, l'oosfera fe- condata non dà luogo direttamente all'embrione e al sospensore, ma si ha prima la formazione di un vero proembrione. Questo ha forma di un corpo lungo, diviso trasversalmente in circa dieci cellule delle quali la superiore (quella cioè che congiunge il proembrione alla parete del sacco embrionale e s' insinua dentro il micropilo) ha forma di cono più 0 meno regolare (Tav. V, fig. 1). Ben presto si formano setti talora longitudinali, per lo più obliqui (fig. 2, a) in prevalenza nelle cellule della parte inferiore del proembrione, però fin qui è ancora impossibile distinguere quale parte di esso spetta al sospensore, quale all'embrione. La figura 3 mostra appena un primo accenno di tale differenziazione ; le tre cellule più basse (in questo caso le sole settate obliquamente) si sono cresciute un tantino in larghezza, tanto da dare all'intero corpo del proembrione la forma di una clava. Nella figura 4 il rigonfiamento inferiore si fa più sentito e fin da questo momento si possono distin- guere il sospensore e l'embrione sebbene il limite tra 1 due organi non sia tuttora ben netto: anche pel sospensore si hanno in alcune cellule delle divisioni oblique. Un'altra grande differenza tra questa pianta e V Atropa Belladonna si ha nella formazione dei primi setti embrionali destinati a tracciare i tre meristerai fondamentali: dermatogeno, periblema e pleroma. Non abbiamo qui alcuna regolarità né legge fissa anche perchè non è fisso il numero delle cellule del proembrione che prendono parte alla for- mazione dell' embrione. Tale numero è infatti di tre nei casi rappre- sentati dalle figure 3, 4 e 7 (nella quale ultima figura le tre cellule embrionali primitive sono contrassegnate con grafe), di due nella fig. 5 e quattro nella figura 6. Non si ha quindi mai una ipofisi ben definita, poiché non si può dire con precisione con quale cellula termini il so- spensore e con quale cominci l' embrione. Riguardo ai primi setti che si manifestano nell' embrione, in un sol caso si potè trovare l'aspetto rappresentato nella figura 5, che pò- — 115 — trebbe ricordare la divisione in croce della cellula embrionale che si osservò neW Atropa Belladonna: il caso è però diverso perchè ora la divisione in croce proviene unicamente dal fatto che i due setti longitudinali a di due cellule ben distinte si trovano sulla stessa linea mediana, mentre nelVAtropa si aveva la divisione di una sola cellula già differenziatasi prima nettamente come cellula madre dell'embrione. In generale si può dire che le cellule del proembrione destinate alla formazione dell'embrione sono sede di un'attiva segmentazione. In prin- cipio questa prevale nel senso tangenziale come è dimostrato nelle figure 6-8 in cui, mediante la formazione successiva dei setti a, a e a", si differenzia da prima solo una parte esterna ed una interna, poi (fig. 8) un dermatogeno d, una parte centrale di poche e larghe cellule destinata forse a diventare il pleroma (pi) ed una parte intermedia costituita da uno strato di piccole cellule, interrotte verso l'alto, che si può con- siderare il primo accenno del periblema (pb). Altre volte i primi setti tangenziali delimitano definitivamente il dermatogeno (fig. 9), mentre ancora è impossibile riconoscere nel tessuto interno una porzione ple- romatica ed una periblematica. Anche l'abbozzo di questi due tessuti si costituisce senza uua legge fissa; spesso ambedue originano dal solo tessuto interno riempitivo, come risulta chiaramente dalle figure 10, 15 e 13; talora prende parte, almeno alla formazione del periblema, anche lo strato di cellule intermedio tra embrione e sospensore (fino ad un certo punto comparabile alla ipofisi) e ciò è dimostrato dalla figura 11 in cui si vedono i setti longitudinali a, fi e y del tes- suto riempitivo incontrare quasi normalmente le pareti di questo strato il quale deve dunque costituire il vertice del sistema perible- matico. Molto precoce è l'inizio della caliptra: la si vede p. e. già accennata (fig. 11, ca), quando il tessuto interno è ancora omogeneo, ed il suo modo di formazione difi'erisce abbastanza notevolmente da quello clie ha luogo nell'atropa Belladonna. Mentre infatti in quest'ultima si inizia nella cellula dell' ipofisi, nella Datura il primo setto tangenziale ha luogo in uua cellula laterale del dermatogeno, gli altri si susseguono saltuariamente, vale a dire non solo in tempi diversi, ma anche in cellule non contigue, come scorgesi a destra della figura 13, in cui mentre le cellule c«, ca.-, sono già divise, la ca.j non è ancora divisa. Questo fatto trova riscontro in quanto avviene nella Canapa. '■ ' Briosi e Tognini. Intorno all'anatomia della Canapa, in Atti dcU'Ist. Bot. di Pavia. Serie II, Voi. Ili e IV. — 116 — Il sospensore intanto, a differenza di quello ieW Atropa Belladonna, subisce pure molte segmentazioni longitudinali più o meno oblique, a cui si aggiungono anche nuovi setti trasversali (fìg. 8, s). Una volta differenziatisi il periblema e il pleroma, si ricade nel caso deW Atropa Belladonna: l'embrione presenta lo stesso aspetto e passa per gli stessi stadi. Il periblema termina qui pure con un solo strato di iniziali (fìg. 12, ipb) e cosi pure il pleroma (stessa figura ipl). Anche la caliptra una volta abbozzata stabilisce il suo centro di for- mazione nelle cellule apicali. Si arriva così allo stadio definitivo del- l'embrione che press'a poco somiglia a quello corrispondente A%\V Atropa Belladonna colle seguenti differenze: 1.0 la caliptra è costituita, nel suo massimo spessore, di circa dieci strati di cellule anziché di quattro; 2." il periblema è formato da otto strati di cellule anziché da cinque; 3.° i cotiledoni hanno il tessuto a palizzata più deciso e più caratteristico di quello AqìV Atropa Belladonna, ed il loro tessuto spu- gnoso è più abbondante. Del resto non si ha anche qui alcuna differenziazione vascolare negli elementi del pleroma, come pure non si trova alcun accenno di piumetta. L'embrione nelle due piante é press'a poco ugualmente costituito, soltanto nella Datura Stramoninm consta di elementi più numerosi e, nei cotiledoni, meglio differenziati. Solanum tuberosum L. Come nella Datura Stramoninm. pure in questa pianta si ha un proembrione ugualmente costituito da una sol fila di cellule di cui la superiore è parimenti foggiata a cono più o meno simmetrico e si at- tacca alla parete del sacco embrionale. Una volta che il sospensore si é diviso in un certo numero di cellule (da 5 ad 8j, le tre cellule inferiori si allungano un poco, specialmente la mediana, e tutto il corpo viene a prendere forma clavata (Tav. VI, fig. 1 e 2). Un poco più tardi cominciano ad apparire alcuni setti longitudinali specialmente nelle tre cellule inferiori ; ora sono la mediana e la su- periore che si dividono prima, ora la mediana e la inferiore, e non vi è legge di sorta. La figura 3 mostra il secondo caso in cui i due setti longitudinali non si trovano sullo stesso piano mediano e le due cellule divise sono evidentemente due cellule del proembrione, come lo dimo- strano il loro piccolo allargamento e la loro altezza che è eguagliata — 117 — 0 superata da quella della cellula a del sospensore. È a notare come, a differenza di quanto avviene nella Datura Stramonium, qnesti primi setti longitudinali in generale non sono obliqui rispetto all'asse del proembrione, ma diritti. Questa segmentazione si estende in seguito a tutte le tre cellule rigonfiate ed affetta anche una quarta cellula su- periore clie si può fin d'ora distinguere col nome di cellula basale del sospensore (Tav. VI, fig. 6, 7, 9, 10 cb), cellula che ricorda l'ipofisi AeW Atropa Belladonna anche per la parte che prende alla formazione dell'embrione. In qualche caso la segmentazione mediana comincia nella cellula inferiore e non si estende alle altre se non assai tardi, dopo che nelle cellule stesse si sono formati i setti tangenziali che iniziano il derma- togeno (fig. 4). Intanto ben presto (ed in qualche caso anche contem- poraneamente alla formazione di questi setti longitudinali) compaiono setti tangenziali tanto vicini alla periferia dell'embrione da farli ritenere come veri inizi del dermatogeno (fig. 4 e 6), il quale d' ora in avanti non avrà più che a segmentarsi radialmente. Contemporaneamente ai setti tangenziali possono formarsi anche setti radiali (fig. 4, a): cui succedono altri setti longitudinali di guisa che, dopo un certo tempo, si può riconoscere un dermatogeno ben definito ed un tessuto interno non ancora distinto in periblem.a e pleroma (fig. 7). Non si ha nemmeno qui, come \\%Vl Atropa Belladonna, una legge ben fissa, però v' è più re- golarità e costanza che nella Datura Stramoìiium. Intanto sembra che l'embrione provenga costantemente da tre cellule del proembrione, delle quali la superiore è quella che ha minore attività di segmentazione, come si può vedere nelle figure 4 e 6 nelle quali questa cellula è con- trassegnata colla lettera e. L' embrione deriva bensì per la massima parte da tre cellule del .proembrione, ma, come si vedrà, viene com- pletato in alto dalla quarta cellula proembrionale designata sopra col nome di cellula basale del sospensore {cb nelle figure citate). In qualche caso anomalo è diffìcile potere riconoscere le tre cellule madri dell' embrione a causa dell' irregolarità d' accrescimento longitu- dinale subito dalle cellule stesse. La figura 5 ce ne dà un esempio: mentre a sinistra le dette tre cellule si possono facilmente distinguere, a destra l'allungamento dell'embrione si è arrestato onde esso ha dovuto piegarsi in modo che i setti si sono formati irregolarmente avvicinandosi tra loro ed incontrandosi invece di restar paralleli. Procedendo il differenziamento dell'embrione, il suo tessuto interno si segmenta attivamente in tutti i sensi tanto che nello stadio rappre- sentato nella figura 7 si possono riconoscere appena le membrane limiti (un pochino più grosse) delle tre cellule primordiali. — 118 — Le sezioni di tali membrane non sono più ora linee rette, ma spezzate, oblique, stirate in vario modo dai nuovi elementi cellulari. La cellula inferiore sembra la sede di segmentazione più attiva (ciò elle del resto ha luogo anche nelle due piante precedentemente studiate); ma a questo punto anche la cellula superiore si segmenta assai rapi- damente per dare le iniziali del periblema e del pleroma. Questi due tessuti meristematici non vengono formati da setti tangenziali concen- trici e paralleli al contorno generale del corpo embrionale, come avveniva nell'atropa Belladonna, però nel Solanum titberosnm si presentano in un modo un po' più costante e regolare che nella Datura Stramonium. Infatti nella maggior parte dei casi, dalla divisione più o meno irregolare della cellula primordiale e, ha origine una cellula apicale ap (fìg. 11) cui fanno capo i diversi setti longitudinali del tessuto interno clie si è mantenuto, pure in questo stadio, indifferenziato. Al di sopra la cellula apicale confina colla basale cb del sospensore. ' Dal- l' esame delle figure 9 e 10, che rappresentano stadi più avvanzati, nei quali il periblema è differenziato dal pleroma, si può dedurre che la cellula ap è l'iniziale in principio comune del periblema e del pie- roma, che poi si divide tangenzialmente in due cellule iniziali rispetti- vamente ognuna di uno dei due tessuti. La cellula cb del sospensore, che, come si è visto, si divide assai presto per mezzo di un setto lon- gitudinale, serve (fig. 9) a chiudere superiormente l'embrione e a dare origine alla caliptra: essa è in certo modo paragonabile alla cellula ipofisi AélYAlropa Belladonna, colla differenza che in quest'ultima pianta si divide molto tardi e proviene dalla prima cellula dell'intero corpo embrionale (sospensore e cellula madre dell'embrione), mentre nel So- lanum proviene dalla quart' ultima cellula del i)roembrione e si divide molto presto, anche prima che nel corpo embrionale si compiano diffe- renziazioni ben distinte (fig. G). Perciò che ha riguardo alia differen- ziazione della caliptra, non si ha qui la saltuarietà osservata nella Datura, ma il processo si avvicina piuttosto a quello à%\V Atropa, e ciò dicasi anche rispetto all'epoca dei primi accenni dell'attività del calip- trogeno, che si manifestano anche qui quando i tre grandi gruppi di tessuti meristematici sono ben distinti ed i cotiledoni si presentano come due mamelloni (confr. fig. 10, Tav. VI del Solanum, colla fig. 14, Tav. IV dell'atropa). ' La figura 8 rappresenta una piccola eccezione; la cellula basale del sospensore non è ivi divisa, come di solito, longitudinalmente, ma porta due setti obliqui diver- genti, al di sotto dei quali si è formato la cellula a che forse 6 da interpretarsi come il primo accenno dell'apicale a}). — 119 — II sospensore propriamente detto, nella massima ])arte dei casi si mantiene (eccetto nella cellula basale), di una sol fila di cellule il cui numero può salire fino ad undici e la cui lunghezza varia molto. In pochi casi esso mostra le cellule segmentate longitudinalmente o obliquamente. Le differenziazioni ulteriori dell'embrione avvengono press' a poco come nelle due specie precedentemente studiate. Il periblema ed il pleroma contano un sol piano di iniziali, la caliptra si forma normal- mente, e cosi dicasi degli altri tessuti. L' embrione definitivo prende la stessa forma arcuata caratteristica delle Solanacee e ne presenta press' a poco la stessa struttura. Da tutto quanto si è esposta emerge che per ciò che riguarda i rapporti embriogenetici colle altre due specie studiate il Solanum tube- rosum si accosta un po' all'una e un po' all'altra. Si avvicina all'^^ro^Ja Belladonna per la struttura del sospensore, per un' ipofisi simile se non identica, per il. modo ed il tempo di formazione della caliptra e per la struttura definitiva dell'embrione. Si accosta invece alla Datura Stra- monium per possedere come questa uno stadio proembrionale, per avere r embrione formato da più cellule proenibrionali, per formare i primi abbozzi del periblema e del pleroma senza uua legge fissa e re- golare. Physalis edulis Sims. Gli appunti ed i disegni lasciati dal Tognini intorno allo sviluppo dell'embrione del PlujsaUs erano, a differenza di quelli delle specie prece- denti, meno chiari ed incerti, almeno in parte. Il male lo colse mentre egli stava studiando questa specie; da qui la ragione per la quale le ricerche sopra di essa sono meno complete, né quanto qui si riporta può aversi in ogni sua parte per controllato in modo assoluto. Noi lo riassumiamo molto brevemente e maggiori particolari consegniamo nella spiegazione delle tavole. L'oosfera fecondata si divide in due cellule che, come \\&\V Atropa Belladonna, si possono subito distinguere l'una, inferiore, come cellula madre dell'embrione, l'altra, la superiore, come cellula madre del so- spensore. Però la segmentazione di quest'ultima è così rapida che ad un certo stadio, quando cioè la cellula embrionale non ha ancora ini- ziato la sua segmentazione e nemmeno si è notevolmente rigonfiata, il complesso del corpicciuolo assume 1' aspetto di un proembrione. La differenziazione dei tessuti avrebbe luogo proprio in modo analogo a quello trovato n^WAtroiia Belladonna. Basta, per convincersene, con- — 120 — frontare le figure V-B'^ della Tav. VI con quelle 10-14 della Tav. IV. Anche nel Physalis la cellula inferiore del sospensore {a nelle figure citate) si incunea tra le cellule del dermatogeno e prende parte alla formazione della caliptra. Dermatogeno, periblema e pleroma hanno iniziali distinte. Le divisioni tangenziali delle cellule della caliptra non hanno luogo simultaneamente (Tav. VI, fig. é", b b), come nella Cannabis sntiva L. e nella Datura Stramonium L. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tavola IV. Fig. 1-14. Diversi stadi della formazione dell'embrione di Atropa Belladonna: s, so- spensore; c!i, embrione; y, ipofisi; coi, cotiledoni; d, dermatogeuo; 2^^, periblema; 2^h pleroma. Per la spiegazione delle altre lettere veggasi il testo, "''/j. Le figure Ì2 B e 13 2? sono schematiche ed a debole in- grandimento. Tavola V. Fig. 1.5. Embrione della stessa pianta disegnato schematicamente, ^"/j. „ 15^. Sezione di apice radicale di embrione in via di sviluppo. Per le lettere veggasi il testo, ^"/j. „ 1(). Sezione longitudinale mediana di apice radicale in embrione: ca, caliptra; ipb, cellule iniziali del periblema; ipl, idem del pleroma; co, corteccia, ""j^. ,, 17. Porzione di sezione trasversale di asse ipocotile : ep, epidermide; co, cor- teccia; ed, endoderma; ce, cilindro centrale. -'"/,. „ 18. Porzione di sezione trasversale di cotiledone: eps, epidermide della pagina superiore; ejn, idem della pagina inferiore; pa, palizzata; flh, inizio di fasci procambiali. -'°/j. „ 1-13. Diversi stadi della formazione dell'embrione della Datura Stramoniiim: 2)b, proerabrione 0 periblema; j/, cellula basale del sospensore; s, so- spensore; ca, caliptra. Per la spiegazione delle altre lettere veggasi il testo. "°/i. Tavola VI. Fig. 1-15. Diversi stadi della formazione dell'embrione del Solanum tuherosum. Per Ja spiegazione delle lettere veggasi il testo e la spiegazione della tavola precedente, -"/i- Le figure 10, 12 e 14 sono schematiche ed a debole ingrandimento. „ 1-^. Sezione longitudinale mediana di embrione in via di sviluppo di Vhysalis edulis: $, sospensore; eb, embrione. Dermatogeno, periblema e pleroma sono già differenziati; le cellule del dermatogeno vanno gradatamente facendosi più strette dal sospensore verso il polo opposto. „ 2^. Porzione dello stesso in altro stadio di sviluppo: at, cellula apicale del so- spensore s; fi, cellula basale del medesimo; b, cellule che diventeranno le iniziali dei tre meristenii. „ 3'. Idem in stadio più avanzato: la cellula basale a del sospensore s si è seg- mentata e contribuisce a formare i tre strati di cellule b iniziali ri- speltivi del dermatogeno, periblema e pleroma. 122 — Fig. A^ . Iilem iu stadio ancora più avvauzato. Sotto alla cellula basale a del soi?pensore * si vedono cinque cellule e che rappresentano il secondo strato di caliptra, mentre il dermatogeno ne costituisce lo strato esterno. Le cellule 6 di quest'ultimo si sono divise in senso tangenziale, mostrando così il primo accenno alla formazione di un terzo strato di caliptra, il quale peraltro non compare simultaneamente. 3 5^. Sezione longitudinale mediana di apice radicnle di giovane embrione: s, so- spensore; a, cellula basale di quest'ultimo. La caliptra consta all'apice di 4 cellule; la corteccia sembra avere un solo strato di iniziali i e lo stesso si può dire del cilindro centrale (e). „ *)■''. Sezione longitudinale schematica di giovane embrione: ca, caliptra; «, sospen- sore; cot, inizi dei cotiledoni; g, dermatogeno. Tutte le figure vennero disegnate colla camera lucida, da preparati fatti con ma- teriale fissato in alcool assoluto e tagliato a mano. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano.) Diretto (la G. Briosi AGGIUNTE ALLA FLORA PAVESE E RICERCHE SULLA SUA ORIGINE JsrCTA. DI RODOLFO FARNETI ASSISTENTE DELL'ISTITUTO EOTAKICO. La provincia pavese è, non vi lia dubbio, per rispetto alla flora, una delle più interessanti della valle padana. Posta fra le Alpi e l'Apennino, divisa in due regioni distinte dal Po, solcata da parecchi fiumi e torrenti : il Ticino, la Sesia, l'Olona, la Trebbia, la Stafferà, il Tidone, il Terdoppio, ecc. che scendono da op- poste pendici; le une in immediato contatto di paesi più o meno meri- dionali, od almeno soggette all'azione calda del Mediterraneo, le altre invece che risentono l'influenza del settentrione e del clima speciale delle Alpi, deve, s'indovina, presentare fenomeni notevoli tanto nella distribuzione delle specie quanto per rispetto all'origine della sua flora. Essa è il campo ove scendono ad incontrarsi la caratteristica flora insubrica (che si riannoda alla flora Svizzera) e la flora dell'Apennino con quella della valle padana ; in essa si urtano, per cosi dire, le due correnti migratorie della flora calda ligustica, colla fredda delle Alpi. E il tutto viene inoltre modificato e complicato dalle vicende geo- logiche, specie dell'epoca glaciale, l'azione della quale quivi si trovò in immediato contrasto colle influenze meridionali del mare vicino. L'uomo pure colle sue varie colture qui come ovunque, ma forse nell'agro pavese in maggior misura, ha apportato modificazioni notevoli, poiché l'abbondanza delle acque e le conseguenti estese irrigazioni hanno permesso nella regione della sinistra del Po la coltura di piante stra- niere e con essa l'introduzione e la disseminazione di molti semi esotici (specialmente d'erbe infestanti) che talora hanno invaso, modificato e persino spostato l'area delle specie indigene. Ciò lo provano anche le — 124 — molte forme nuove pure di recente comparse nella nostra flora e le numerose nuove stazioni che le varie specie hanno conquistate o per- dute, come si può rilevare esaminando e confrontando i dati offerti dal Nocca, dal Balbis e dal Hota, ^ raccolti intorno al 1823 e al 1847, con quelli che ora si danno alla luce in questa memoria. La flora del territorio pavese per verità ebbe parecchi ricercatori, peraltro tutti si limitarono a raccogliere e determinare varietà e specie ; nessuno tentò di investigare l'origine della flora stessa. Il Eota diede un elenco completo, desunto in gran parte da altre pubblicazioni, delle forme che sino ai suoi tempi si erano trovate nel nostro territorio, ma l'elenco del Rota ha già più di mezzo secolo e ì diversi botanici che di poi fra noi erborizzarono dispersero le loro raccolte in erbari ge- nerali, privati 0 pubblici, e le notizie relative in tenue contribuzioni o in pubblicazioni che non riguardavano la nostra provincia in modo speciale. Lo stesso Orto botanico dell'Ateneo Ticinese non possedeva, allor- quando lo scj'ivente (diciasette anni or sono) venne chiamato a diri- gerlo, nessun erbario particolare della provincia pavese. A questo però chi scrive credette suo dovere di porre mano senza dilazione dando l'incarico, e talvolta l'esempio, di speciali erborizzazioni in ogni località al personale dell'Istituto, cosicché oggidì esso ne possiede uno che può dirsi pressoché completo. Quasi tutti gli assistenti che in tal lasso di tempo appartenneio al nostro Istituto vi hanno portato la loro contribuzione (Achille Lodi, Luigi Bozzi, Ruggero Solla, Pasquale Baccarini, ITridiano Cavara, ecc., ora professori in Atenei od altri istituti scientifici), ma non v'ha dubbio che la parte maggiore, e di gran luuga, è quella del sig. Rodolfo Far- neti che dietro vi lavora da parecchi anni. Egli ha riveduto e coordi- nato anche l'opera dei suoi predecessori e nello studio che forma l'og- getto dell'attuale pubblicazione, ha ricercato inoltre di mettere bene in rilievo le differenze delle diverse regioni della nostra flora, di scoprire i rapporti di queste regioni colle flore ligustica ed insubrica, di risalire alle origini loro e di vedere altresì quale contributo lo studio della flora nostra possa fornire per chiarire le questioni che si agitano sulla forma- zione d'alcune flore più vaste e per la risoluzione dei problemi tanto controversi sull'origine delle specie endemk/ie e delle specie disgiunte delle Alf.i. Giovanni Bkiosi. ' Nocca DoaiNiccs et I. B. Balbis, Flora Ticincnsis, 1823. — Nocca Dominiccs, Enchiridion ad Excursiones Botanicas in Agro Ticinensis, 1823. — Eota Lorenzo, Prospetto delle Piante Fanerogame finora ritrovate nella lìrovincitt Pavese^ nel Giornale Botanico Italiann, tomo II, 1847. Esaminando la vegetazione della provincia di Pavia troviamo pre- dominare al piano, nella parte più bassa della valle del Po e del Ti- cino, le igrofite specialmente del tipo ciperaceo, e nelle paludi, nei numerosi canali irrigatori e corsi d'acqua le idrofite. Nei terrazzi alla sinistra del Ticino, composti di grossa sabbia silicea e minuta ghiaia, dove non è stato possibile l'irrigazione artifi- ciale, abbiamo una vegetazione prevalentemente xerofitica, per la grande permeabilità e il forte riscaldamento del suolo nel periodo estivo. Nell'Oltrepò » predomina la vegetazione xerofitica specialmente sui monti, nei luoghi aprici, sassosi, calcarei o serpentinosi ; ma nelle valli profonde ed umide, negli stagni e negli acquitrini, che non mancano nei colli e nei monti del nostro Apennino, abbiamo una discreta ve- getazione igrofita ed anche idrofita. Se confrontiamo la vegetazione xerofitica ed idrofitica del terri- torio oltrepadano con la corrispondente della pianura alla sinistra del fiume ed esaminiamo la loro rispettiva flora, si ha una considerevole differenza, nonostante che le condizioni fisiche dell'ambiente dovessero favorire maggiormente l'uniforme diffusione delle specie. A spiegare questo fatto non basta, a parer nostro, la differenza altimetrica, termometrica, igrometrica ed ombrometrica esistente fra le due località, né la grande diversità nella natura del terreno. - Non v'ha dubbio che la natura del terreno costituisce un fattore chimico-fisiolo- gico di grande importanza per la vita delle piante, ma è vero eziandio che, eccezione fatta da alcune piante che richieggono molto potassio, come \'Arte>n/sia Aòsinthium, dalle piante ruderali che richieggono una gran quantità di nitrati e da alcune alofite che da noi non potrebbero trovare il cloruro di sodio, di cui hanno bisogno, che nelle saline di Miradolo, tutte le altre piante che nella nostra provincia crescono esclu- sivamente al di là 0 al di qua del Po, non sono strettamente legate a speciale natura di terreno, ma sono più o meno indifferenti; poiché possono trovare ovunque le piccolissime quantità di sali minerali indi- spensabili ai processi fisiologici necessari al loro sviluppo. ' Indichiamo con questo nome la parte della proTincia di Pavia situata alla de- stra del Po. - Nell'Oltrepò predominano nei colli e sui monti i calcari e l'argilla, ed alla si- nistra, cioè nella pianura insubrica le sabbie silicee alluvionali. — 126 — Tanto è vero che la natura chimica e fisica del suolo ed i fattori climatologici propri a ciascuna parte della provincia (quantunque ab- biano in realtà una grande importanza nella determinazione e configu- razione dell' area della specie) non bastano a spiegare la differenza spiccata che passa fra la flora dell'Apennino oltrepadano e della pia- nura insubrica, che fra le piante esclusive di quest'ultima, vale a dire che da noi non crescono nei colli e nei monti dell'Oltrepò, ne troviamo alcune che altrove passano d'ordinario dal piano al monte, ' ed altre che fuori di qui sono esclusivamente montane. - E a convalidare mag- giormente la nostra opinione, cioè, che non è il clima che da noi im- pedisce a queste piante di passare il Po e di salire sui colli e sui monti del nostro Apennino, faremo notare, che buon numero delle piante che da noi non passano dalla pianura insubrica all' Oltrepò, nel vicino Apennino modenese e bolognese invece crescono nei colli e monti ed anzi non poche di esse hanno ivi fissato la loro esclusiva dimora sulle più alte vette; = benché poco o nulla detto Apennino differisca per clima e per natura di terreno dall' Apennino pavese. Per spiegare questi fatti bisogna, a mente nostra, collegarli con altri d'indole più generale e ricorrere ai fattori geologici e specialmente alle modificazioni climatologiche che ha subito la nostra regione nel- l'epoca quaternaria e specialmente nel periodo glaciale e postglaciale. E siccome la flora della provincia pavese si trova in gran parte nel dominio della flora insubrica, * bisogna vedere anzitutto in quali rap- porti floristici essa stia con quest'ultima e colla sua origine storica. ' Silene Armeria, Cytisus capitatus, Laserpitium prutenicum e Carex vulgaris. Quest'ultima sale fiuo alla regione alpiiKi. = Lychnis Viscaria, Staphylea pinnata, Potentina alba, Sesalt coloratum, Vale- riana dioica, Verhascum phaeniceum, Carex Eorsuchiana, Carex depauperata, Phleum Michela. . . ,„.„ „ . ,„ ^ Il Banunculas Fìammula e la Parnassia palustris vi crescono a 1800 m., la Silene nutans la Silene rupestris, la Carex pihdifera, la Deschampsia coesintosa, VAira caryophyllea a 1900 m.; la Menianthes tri f oliata, V Utricularia vulgaris,\Hotton>a palustris, la Carex divulsa, la Carex syhatica, VAlopecurus geniculatus a 1600 m.; U 3Iyosotis palustris, la Care.. pallescens,ì^ Glyceria flaitans, il Coìchzcum a^nnum a 1200 m ; la Pimpinella Magna, il Trayopogon major, la Veronica sptcata, il Sara- thamnus scoparius, VOrolanche Bapum, la Luzula Forsteri, la Festuca gigantea nella re-^ione del Castagno; VAlchillea tomentosa, la Serapias lonyipetala, la Carex nitida, il "Phleinn Boemeri, VAgrostis interrupta e il Bromus viaximus nei colli. ^ L'insubria, come tutti sanno, era la regione abitata dagli Insubri, popolo oriundo del paese degli Edui; essa si estendeva dall'Alpi al Po, dal Ticino all'Adda. La flora di qnesta regione si dislingue per alcuni speciali caratteri, per cui diversi botanici (Scopoli, Gaudin, Cbrist, ecc.) hanno creduto distinguerla col nome d. flora msubr,ca allargando perù i confini del suo dominio fiuo al Lago di Garda. — 127 — La maggior parte delle piante caratteristiclie della flora insubrica si trovano nel Canton Ticino e nella regione dei laghi lombardi. Vi si nota un buon numero di piante endemiche, ^ non poche piante medi- terranee 0 meridionali, e molte piante, che noi chiameremo per brevità insubro-germaniche, le quali hanno il loro limite meridionale nella valle del Po, che non crescono sulle Alpi uè nell'interno della Svizzera, mentre si ritrovano più o meno diffuse nella Germania meridionale e centrale. Queste ultime, come giustamente osserva il Christ non possono essere quivi emigrate né dal mezzogiorno, né dal settentrione in epoca recente. Un buon numero delle piante mediterranee e meridionali della re- gione dei laghi lombardi e del Canton Ticino crescono anche nella no- stra provincia, ma si trovano o esclusivamente nell'Oltrepò, " o tanto nell'Oltrepò quanto nella pianura insubrica, ' nessuna però cresce esclu- sivamente in quest'ultima, ossia al di qua del Po. ' Androsace Charpentierii, Moehringia Thomasiana, Alsine grigneensis, Silene Eli- sabethae, Primula caJycina, AlUum insubricum. Viola ComoUia, Saxifraga Vandellii, Potentina grammopetala, Carcx iadensis^ Ahius viridis var. hremhana. - Viola licteropliyìla, Cistus salvifolius, Silene italica, Astragalus monspessula- nus, ColiUea arborescens, Sempervivicm tecturum, Asperula taurina, Cardims deflora- tus, linda Iurta, Anthemis Triamfetti, Campantda hononiensis, Phytheuina scorzone- raefolium, Anchusa italica, Tìvimiis pannonicus, Calamintha grandiflora, Arum italicum, AdiantumCapilliis-Veneris, Calamagrostis selvatica, Nothochla'ena Slarantliae, Molinia serotina, Dantonia provincialis, Schoenus nigricans. Di queste la Dantonia provin- cialis ed il Carduiis defloratus non oltrepassano il versante meridionale delle Alpi; ì'Anelmsa italica risale fino al fieno o alla Germania meridionale ; V Astragalus mon- spessulanus, VAdiantum Capilìus-Veneris, la Molinia serotina risalgano fino a Ginevra ed al Vallese; la Cohitea arborescens &no al "Wnrtemherg ed al Danubio; la Viola he- terophìjlla fino alla Germania meridionale ; la Calamintha grandiflora fino al Vallese e nelle valli delle Alpi centrali. Le altre sono esclusivamente meridionali o mediterranee, tranne di Campanula bononicnsis , il Senipervivum tectorum, V Asperula taurina, il- Thymus pannonicus, l'Arum italicum e la Calamagrostis sylvatica, l'area delle quali, estendendosi da levante a ponente farebbe supporre che dall' Oriente fossero passate ad occidente seguendo al nord ed al sud la catena alpina. Questa sarebbe la via che secondo il Christ avrebbero seguito anche le altre piante mediterranee e meridionali della regione dei laghi lombardi. ^ Moenchia mantica, Oxàlis corniculata, Geranium nodosum. Bhiis Cotinus, Cy- tisus hirsutus, Dori/cnium herbaceum, Suffrcnia filiformis , Peucedanum Oreoelinum Peucedanum venetum, Galium purpureum, Galium verum, Pulmonaria azurea, Fraxi- nus Ormis, Melissa ojflcinalis, Phytolacca decandra, Celtis austraiis, Riimex pidclier, Parietaria diffusa, Arisiohchia rotunda, Ostrya carpini/olia, Asparagus tenuifolius, Cyperus longus. Oryza clandestina, Pollinia Grillus, Carex distans. Di queste VOxalis corniculata risale fino alla Sassonia ed alla Thuringia; il Geranium nodosum fino al Giura senza toccare il Vallese; il lilms Cotinus e la Pollinia Grillus fino a Ginevra ed al Vallese, il Ramex piilcher fino al fieno ed al sud della Germania; il Ci/tisus hyrsutus fino alla Baviera, dove sarebbe giunto secondo il Christ, seguendo il Danu- bio. Le altre sono più decisamente meridionali. Atti dell'Ut. Boi. dell'Università di Pavia — Nuova Serie — Voi. VI. 10 — 128 — Anche molte delle piante, che noi abbiamo chiamate insubro-ger- maniche, crescono parimenti nella provincia pavese, ^ ma quasi tutte esclusivamente nella pianura insubrica, senza passare nell'Apenuino oltrepadano. Fanno solo eccezione il Cuciihalus hacifer, la Mentha Pulegium, la Gratiola offìcinalis, il Scirpus mucronatus e la Dentaria bulbifera; però le prime quattro passano bensì il Po, ma restano sempre nella pianura 0 alla base dei colli. Soltanto la Dentaria bulbifera oltre trovarsi alla base dei colli, in una sola località presso Broni, ricompare poi abbon- dante ad oltre 50 chilometri di distanza sulle più alte vette del- l'Apenniuo bobbiese senza trovarsi però in tutta la zona montuosa intermedia. Si possono constatare gli stessi fenomeni di distribuzione geogra- fica rispetto agli alberi e agli arbusti in particolare. Nella nostra pro- vincia ne crescono 105 specie: 53 sono comuni alle due regioni; 7 esclusive della pianura insubrica e 45 esclusive dell'Oltrepò. Le specie che crescono soltanto nella pianura insubrica sono tutte nordiche od insubro-germaniche ; - quelle che crescono esclusivamente nell'Oltrepò sono tutte meridionali ed alcune anzi essenzialmente mediterranee, come il Cistiis salvifoUus. Quasi tutti gli alberi e gli arbusti esclusivi dell'Ol- trepò, nei nostri colli erano rappresentati nell'epoca terziaria dalle forme attuali 0 da antenati di forma poco diversa. Le piante meridionali o mediterranee che crescono nel nostra Apennino, non possono avere l'origine clie il Christ attribuisce alle piante mediterranee della regione dei laghi lombardi. Queste ultime secondo il Christ, non avrebbero attraversato la valle del Po, ma la corrente della emigrazione post-glaciale, dal Veneto avrebbe seguito la catena alpina fino al Lago Maggiore. ' Nel nostro Apennino oltre alle specie mediterranee e meridionali che abbiamo veduto ritrovarsi anche nella flora del Canton Ticino, ne crescono molte altre che appartengono alla flora ligustica. Non possiamo ' Tltàlictrum exallatum, Trifolium jìatens, Sarothamnits scoparius, Ammannia ver- ticillata, Potentina alba, Trapa natans , Montia fontana, lllecébrum, verticillatum, Thrincia hirta. Orobanche Rapum, Galeopsis pubescens, Carpesium cernuum, Firn- bristi/lis dichotoma, Oplismentis undulatifolius, Struthiopterls germanica, Osmunda re- galia. Alcune di queste sono più o meno diffuse anche in Germania. Tali sono : Po- tentina alba, Trapa natans, Montia fontana, lllecébrum verticillatum, Thrincia hirta, Orobanche Rapum, Galeopsis pubescens, Struthiopteris germanica, Osmunda regalia. ' Salix rosmarinifolia ed altre tre specie, Popolus canescens, Staphylea pinnata, Prunus Padus. ' H. Christ, La Flore de la Suisse et ses origine, pag. 50, 511, 532. — 129 — dar qui ragguagli precisi circa il numero, la diffusione e la distribuzione di queste piante nel nostro versante, per insufficenza di dati; ma ab- biamo raccolto alcune osservazioni sul modo di comportarsi di alcune di queste piante ligustiche nel loro passaggio al versante settentrionale dell'Apennino. Il versante ligure esposto al sole cocente di mezzogiorno si riscalda fortemente e permette a molte piante, anche litoranee, di risalire l'Apennino fiao a considerevole altezza, e a non poche di raggiungere persino la cresta. Quivi esse incontrano calcari schistosi e serpentine facilmente ri- scaldabili, che servono, loro di via per discendere i fianchi dei nostri monti seguendo i contrafforti e le creste più soleggiate, fuggendo le valli profonde ed i terreni freddi, specialmente argillosi. Nella parte su- periore dell'Apennino il fenomeno si verifica con tanta regolarità, che in alcuni luoghi dove i calcari e le serpentine si alternano con terreni di altra natura, si può ammirare il contrasto di due flore perfettamente distint e. * * * La distribuzione geografica delle piante insubro-germaniche nella nostra provincia e nell'Apennino emiliano, viene a confermare in parte l'ipotesi del Darwin riguardo all'origine delle piante disgiunte, ' e non potrebbe spiegarsi ammettendo le ipotesi di altri autori. Il Clirist infatti nella sua opera pregevole sopra la flora della Sviz- zera e le sue origini," per ciò che riguarda l'origine della flora al- pina dice: ■' La flore artico-alpine, caractérisée par l'arole, les saules nains et toutes les petites plantes alpines qui croissaient à l'epoque glaciaire, provient certainement, pour la plus grande partie, des vastes chaines du nord de l'Asie. Ces végétaux y ont encore actuellement leur foyer cen- trai, tant pour le nombre des espèces que pour celui des individus. Une autre partie de ces végétaux proviennent du nord-ouest du conti- nent américain. C'est de ces deux contrées que cette flore a immigré chez nous. „ ^ ' Il Darwin ritiene che al sopraggiungere del periodo glaciale la flora alpina e montana discendesse nelle valli per l'abbassamento della temperatura, ed in parte ri- salisse le montagne al ritirarsi dei ghiacciai. - H. Christ, La Flore de la Suisse et ses origines. Édition fran^aise traduite par E. Triache, revue par l'auteur. Bàie 1883. * H. Christ, op. cit., pag. 532. — 130 — Il Christ iu fondo ha le idee di Edoardo Forbs, ^ di Carlo Martin - € di Hooker, '' in quanto ammette che l'origine della flora alpina è do- vuta all'emigrazione di piante boreali durante il periodo glaciale ; colla differenza però ch'egli pretende stabilire i centri d'origine nelle catene montuose dell'Asia settentrionale e persino nella parte nord-ovest del continente americano. Basa la sua ipotesi sopra un'erronea interpreta- zione di dati statistici che egli stesso diligentemente ha raccolto. Perchè la sua ipotesi fosse ammissibile, bisognerebbe provare che prima del periodo glaciale esisteva già nell'Asia settentrionale una flora analoga alla flora artico-alpina attuale ; mentre sappiamo che nella tundra, entro massi di ghiaccio fossili, intercalati agli strati del terreno allu- vionale che forma quella vasta pianura, si sono rinvenuti i famosi Mammut ottimamente conservati colla loro carne fino dal principio del pei'iodo glaciale. Se prima di quest'epoca v'era un clima in cui potes- sero vivere questi giganteschi elefanti, è evidente che non vi poteva essere una flora analoga all'attuale artico-alpina. E nemmanco si può ammettere che sulle vette di quelle catene montuose potesse esistere la culla della flora artico-alpina, mentre alle falde pullulava rigogliosa una vegetazione subtropicale ; perchè quelle cime sono relativamente poco ele- vate, ed anche presentemente solo alcune si ammantano di nevi perpetue. Infatti i monti Stanovoi, raramente raggiungono i 2000 m. ; in essi (al 62° parallelo) non si osservano mai nevi perpetue. I monti del Baical hanno nna altezza media di circa 1000 m. e le più alte cime raramente raggiungono i 1500 m. ; restando molto più basse del limite delle nevi perpetue. I monti Saiani, quantunque alle volte superino i 2.500 m. e la più alta vetta giunga fino ai 3498 m., nemmen'essi si ricoprono di nevi perpetue, come recenti osservazioni hanno dimostrato. * Soltanto negli Aitai, la più alta vetta dei quali raggiunge i 3350 m., s'osserva qualche ghiacciaio e le nevi perpetue sopra i 2500 m. Ed ammesso pure che le montagne dell'Asia settentrionale, quando sopraggiunse il periodo glaciale, fossero rivestite di una fiora analoga a quella delle nostre Alpi, secondo noi sarebbe sempre mancato la causa naturale della migrazione, anzi questa avrebbe trovato ostacoli insor- montabili nel clima medesimo. ' E. FoREES, On the connexion between the distribution of the existing Fauna and Flora of the Bristish isles, with the geological changes which have affected their area especially ditring the northern drift. Loudon, 1846. - C. Marti.ns, Colonisations veyéiales des Ues Britaniques, in Bibliotheque univer- selle, Genève, 1848. ^ HooKEB, Introduction to the Flora of Keiv Zealand, pag. XXIV. * A. Mori, La Siberia; in Marinelli, La Terra, voi. V, pag. r97. — 131 — Come è noto in Siberia il clima delle montagne è molto meno freddo di quello delle pianure, anzi la temperatura aumenta col cre- scere dell'elevazione del terreno. Questo fenomeno che non ha quasi riscontro in Europa, è dovuta alla congelazione permanente del snolo, per cui l'atmosfera fortemente si condensa e s'addensa nelle pianure senza potersi più espandere, mantenendovi un clima rigidissimo ; mentre in alto la forte rarefazione permette una radiazione intensa. ^ Il congelamento del suolo della Siberia data evidentemente fino dal periodo glaciale, quindi le piante delle montagne dell'Asia settentrio- nale non potevano discendere pel freddo nelle sottostanti pianure, per- chè quivi avrebbero trovato un clima ancora piìi rigido. Noi riteniamo che le piante artico-alpine ed europee che crescono nell'Asia settentrionale siano invece ivi emigrate dall'Europa durante e dopo il periodo glaciale e non viceversa; e ciò potremmo dimostrare con dati statistici e colle affinità delle forme, ma ciò troppo ci allonta- nerebbe dal compito che ci siamo proposti. Ci basta semplicemente constatare, che volendo applicare l'ipotesi del Christ al caso speciale della flora iusubrica, non si potrebbe spie- gare come le piante che noi abbiamo chiamato insubre-germaniche, giunte dall'Asia settentrionale nella Germania centrale e meridionale, dove tuttora esistono, abbiano poi attraversato la catena alpina e siano ricomparse nell" insubria, senza lasciare traccia del loro passaggio nel- l'interno della Svizzera e nelle Alpi. Come si potrebbe spiegare con questa ipotesi anche l'altro fatto, che molte piante della pianura insu- brica che non crescono nell'Apennino pavese, né nella bassa pianura del Po, crescono invece sull'alto Apennino emiliano? Il Christ medesimo, coli' ipotesi dell'emigrazione asiatica non può spiegare l'endemismo alpino; per spiegarlo è obbligato a ricorrere ad un'altra ipotesi, cioè: che in questa regione esista altresì un centro pri- mitivo di creazione; - ma non si preoccupa della inconciliabilità delle due ipotesi. Il supposto centro primitivo di creazione del Christ, si sarebbe esteso dalla riva orientale del Lago di Como e specialmente dalla ca- tena di montagne che s'elevano a levante del Lago di Lecco, alle mon- tagne situate tra i due rami del Lago di Como, alle rive del Lago di Lugano e fino al Lago Maggiore. Il Christ nega che le specie endemiche che quivi vivono siano specie che un tempo occupavano un territorio più vasto ; come è il caso delle WossEiKow, I climi del //lobo terrestre; A. Mori, loc cit., pag. 1214. Christ, op. cit., pag. 53 e seguenti. — 132 — piante endemiche delle rive dell'Atlantico, che il Forbes, ^ servendosi dei dati del Watson, - ha dimostrato appartenere alla flora di un esteso territorio attualmente sommerso. Noi non siamo dello stesso parere e diremo brevemente perchè dissentiamo dall'autore del più considerevole ed importante lavoro che si sia fin qui pubblicato sull'origine della flora Svizzera a cui si ran- noda la nostra insubrica. Se veramente l'endemismo alpino fosse il prodotto di un centro primitivo di creazione si dovrebbero trovare degli stretti rapporti filo- genetici, delle spiccate affinità, fra le piante endemiche e le piante del medesimo genere e della medesima famiglia nella flora che le circonda. Invece presentano, in generale, caratteri cosi spiccati, cosi diversi dalle specie con generi della flora in mezzo alla quale vivono, come lo stesso Christ fa osservare, che si direbbero piante forestiere, quivi smarrite, isolate in mezzo ad estranei, senza parenti. 11 Forbes spiega il fenomeno delle specie disgiunte della flora artico- alpina, ammettendo che al sopraggiungere del periodo glaciale, si sia verificato l'emigrazione delie piante della flora artica verso il sud, fa- vorita specialmente dai ghiacci galleggianti sul mare e trascinati dalle correnti. Egli non suppone che prima del periodo glaciale potesse esi- stere sulle Alpi e sulle altre catene di montagne una flora speciale al- pina. Il Christ come abbiamo veduto cade nello stesso errore. Le Alpi e l'Apennino esistevano prima del periodo glaciale e le più alte vette erano già ricoperte di nevi perpetue fino dall'epoca plio- cenica. ' Quindi la flora terziaria, come giustamente fanno osservare Saporta e Marion, si trovò in Immediato contatto colle nevi e col gelo, nelle regioni artiche, fino dall'epoca miocenica, nelle Alpi ed in altre grandi catene di montagne, un poco più tardi. E evidente quindi che dalla fiora terziaria, per adattamento, si formò la flora artica e la flora alpina prima del periodo glaciale. Del resto anche Carlo Darwin ammise l'esistenza di una flora al- pina antiglaciale; poiché partendo dall'ipotesi che all'antico periodo gla- ciale ne seguisse un altro più lento e lunghissimo, ne dedusse quale conseguenza un'irradiazione migratoria di specie tutto intorno alla re- ' E. Forbes, op. cit. ^ H. C. Watson, Remarks oh the geographicàl distribution of British pianta, Lon- don, 1835. ^ G. De Sai'okt.v et A. F. Marion, L'évólution du regne vegetai, voi. IF, pag. 212. — 133 — g'ione artica e alla regione alpina delle Alpi e delle altre catene di montagne ; ' il che necessariamente esige la preesistenza di una flora alpina. Ci sembra però troppo ardita e non sufSceutemente provata l'ipo- tesi del Darwin, circa l'origine da un unico centro delle specie disgiunte della flora artico-alpina, tanto che esse si trovino nella Groenlandia, nelle Alpi, nei Pirenei, nella Scozia, nelle Montagne rocciose o nella Nuova Zelanda ; perchè riteniamo molto logica ed in alcuni casi ri- spondente al vero, l'ipotesi di Saporta e Marion, secondo la quale in luoghi diversi, sotto eguale influenza climaterica, le medesime forme abbiano potuto subire identiche od analoghe modificazioni specifiche di adattamento. E la flora terziaria che occupava un territorio molto più vasto della flora attuale europea ed aveva rappresentanti in quasi tutte le parti del mondo, poteva benissimo produrre in luoghi diversi iden- tiche forme. Non si può però seguire Saporta e Marion nel loro esclusivismo, non si può negare interamente ogni influenza all'emigrazione, come essi fanno; perchè iu parte l'ipotesi del Forbes, più o meno modificata dal- l'Hooker e dal Darwin, è confermata dai fatti. Consideriamo un momento cosa avvenne in Europa al sopraggiun- gere del periodo glaciale. La ricca flora subtropicale, in gran parte terziaria, che rivestiva l'Europa fino all'estremo nord ed alla Siberia, a settentrione delle Alpi scomparve completamente insieme alle mandre di grossi elefanti primi- tivi e di rinoceronti che scorrevano l'Europa fino alle regioni setten- trionali; a mezzogiorno fu distrutta fin quasi alle rive del Mediterraneo, ; 3-5 cm.). — Dintorni di Pavia. III. Sottordine. — Untomi neae. Fam. BUTOMACEAE. 64. Butomus umbellatus L. — Dintorni di Pavia, Luglio 1886, Cav.; 1890, Far.; presso Gravellone, Luglio 1885, Bacc. e Solla; fuori porta Cairoli, Luglio 1886, Cav. Fara. Hydrocharitaceae. Sottofam. StraUotoideae. Hydrochariteae. 65. Hydrofliaris morsus-ranae L. — Risaie presso Pavia e paludi. Luglio 1890, Far.; Dintorni di Pavia, Agosto 1886, Trav. e Kruck, — 145 — Sottofam. Vallisnen'oideae. Vallisnerieae. 66. Vallisiieria spiralis L. — Canal Naviglio presso Pavia, Settembre 1886, Cav. ; Acque stagnanti e correnti dei dintorni di Pavia, Far. 67. Vìillisiieria spiralis L. var. *j)usilla Barb. — Acque morte nei dintorni della Città. • Hydrilleae. 68. *Aiiacliaris Alsinastruni Rab. — Comnnissinia nelle acque dei din- torni di Pavia; Marcigncujo (in fiore), Agosto 1891, Far. IV. Ordine. — Glumiflopae. Fara. Gramineae. Andropogoneae. 69. Andropogon Iseliaemuiii L. — Borgoratto Mormorolo a 370 m., Luglio 1890, Far. Z 01/ sieae. 70. Traffus nitemosus (L.) Hall. — Travacò. Settembre 1886; Mezza- nino, Bozzi. Paniceae. 71. Digitiiria Sanguinalis Scop. — Argine del Ticino, Settem. 1886, Cav. 72. Panicuni Crus-Galli L. — Dintorni di Pavia. 73. Piinicum Crus-Galli L. for. ■ ecliiuatuni (W.i. — Dintorni di Pavia, Far. 74. Setaria glauca P. B. — Dintorni di Pavia. 7.5. Oplismeiius *'undulatifollus R. et S. — Boschi del Ticino, Giugno 1894, Far. Oryzeae. 76. Oryza safiva L. — Coltivata presso Pavia, Settembre 1886, Cav. Phalarideae. 11. IMialarIs arnndinacea L. — Tra Pavia e Cava Carbonara, Giugno 1886, Cav.; bastioni presso porta Milano, Maggio 1886, Cav.; margine dei fossi presso il Lancone, Giugno 1886, Bacc. 78. Anthoxantum odoratimi L. *t.ypit'iini. — Monte Penice, Giugno 1888 Far. ; Boschi del Ticino. Giugno 1890, Far. 79. Anthoxantum odoratum L. for. *Puelii (Lee. et Lam.). — Monte Lesima nei prati, Luglio 1888, Far. ; Monte Boglelio nei prati, Luglio 1888, Far. — 146 — Agrostideae. 80. **Plileiim pratense L. — Monte Cesarino sopra Casteggio a 275 ra., Giugno 1896. Cav. ; Corbesassi a 900 in., Luglio 1888, Far.; Orezoli a 1000 ni., Giugno 1890, Far.; Monte Oramala a 1400 m., Giugno 1890, Far. 81. l'hleuni pratense L. var. nodosum (L.). — Monte Cesarino a 280 m.. Giugno 1885, Cav.; Orezoli a 1100 ,m., Giugno 1890, Far. 82. Phleuiii asperuni Jacq. — In pi'ovincia di Pavia. 83. Phleuui alpinnm L. var. *commut.itui!i Gaud. — Monte Lesima a 1 700 m.. Luglio 1888, Far.;i¥onì'e5oye//o a 1450 in., Luglio 1888,Far. 84. Alopecurus pratensis L. — Lungo il Naviglio i^resso Pavia, Aprile 1884. 85. Agrostis alba L. forma Ippica. — Boschi del Ticino, Luglio 1890, Far.; presso il poìite della ferrovia sul Ticino, Luglio 1886, Cav. 86. Agrostis aJba L. var. *pauciflora Schrad. — Monte Boglelio a 1400 m.. Luglio 1888, Far. 87. **As:rostis verllcillatu Vili. — Borgoratto Mormorolo a 370 m., Luglio 1890, Far. 88. Agrostis vulgaris With. — Monte Boglelio, Luglio 1688. Far. 89. Agrostis canina L. — Boschi del Ticino, Luglio 1890, Far., Giugno, 1886, Cav. 90. Agrostis canina L. for. ^pallida (Hofifm. Sclik ). — Boschi ombrosi del Ticino. Luglio 1890, Far. 91. **Calaniagrostis varia Brug. var. **«iontana (R et Sdì). — Alta valle della Staffora presso Sambonetto a 950 m., Luglio 1888, Far.; alle falde del Monte Lesima, Luglio 3 888, Far. 92. **Calainagr08tis lanceolata Roth. — Presso Ì argine del Ticino, Giugno 1886, Cav.; Dintorni di Pavia, Giugno 1890, Far. Aveneae. 93. Holcus lauatns L. — San Pietro in Verzolo, Maggio 1884, Lod. e Bozzi; tra Pavia e Cava Carbonara. 94. Aira corjoplijllea L. — In Provincia di Pavia. 95. Aira capii laris Host. — In provincia di Pavia. 96. Aira capillaris Host. var. ^ambigua (De Not.). — Monte Bo- glelio a 1450 ni., Luglio 1888, Far. 97. **DeschampsIa flexuosa Trin. — Monte Lesima nelle praterie a 1700 m., Luglio 1888, Far.; Monte Boglelio a 1400 m., Luglio 1888, Far.; Orezoli a 1000 m.. Giugno 1890, Far.; dal Monte Oramala scendendo verso Bovegno. Giugno 1890, Far. — 147 — 98. Desclianipsia caespitosa P. B. — In Provincia di Pavia. 99. Deschanipsia caespitosa P. B. var. 'unitissima Grem. — Boschi del Ticino, Luglio 1890, Far. 100. "^^Aveua pubesceus L. for. *typica. — In provincia di Pavia. 101. **AveRa pubesceus L. for. *Iucida Bert. — In provincia di Pavia. 102. ^Avelia ainethystiiia DC. — Monte Lenima, Luglio 1888, Far. 103. '''*A vena versicolor Vili. — Monte Boglelio k 1400 ni., Luglio 1888, Far. 104. "'Avena versicolor Vili. for. "pretntiana (Pari.). — Praterie del monte Lesima a 1700 m., Luglio 1888, Far. 105. Avena faina L. for. '-typica. — Stradella, 1886, Bacc; Casteggio, Giugno 1886, Cav. 106. 'rrisetuni flavescens (L.) P. B. — Tra Ottone e Fabbrica a 800 m.. Giugno 1890, Far.; monte Penice a 1300 m., Giugno 1888, Far.; Orezoli a 1000 m., Giugno 1890; Casteggio, Aprile 1886, Cav. 107. Corynephorns canescens P. B. — Cava Carbonara, Giugno 1890, Far. Festiiceae. 108. Phragmites cominnnis Trin. for. *typica. — Gravellone presso Pavia, Bacc. ; riva sinistra del Ticino presso Pavia, Luglio 1888, Cav. 109. Sesleria cylindrica DC. {S. argentea Sav.). — Sambonetto nell'alta valle della Staffora a 960 m., Luglio 1888, Far.; tra Ottone e Fabbrica a 900 m., Giugno 1890, Far. ; Corbesassi a 900 m., Luglio 1888, Far. 110. *Sesleria coerulea Ard. — Sotto il Groppo scendendo da Corbe- sassi alla Staffora a 700 m., Giugno 1890, Far. 111. Molinia coerulea Moencli. — Boscìii presso il Lancone del Ticino, Settembre 1883, Cav.; Dintorni <ìl Pavia, Far. 112. Eragrostis pilosa (L.) P. B. ~ Travacò, Settembre 1888, Cav. 113. *'Erag:rostìs poaeoides P.P. for. 'typica. — Travacò, Settembre 1886, Cav.; Mezzanino, Ottobre 1893, Bozzi. 114. Eragrostis niegastachya Lk. — Presso la stazione di Pavia, Set- tembre 1886, Cav. 11.5. "*Koeleria setacea Pers. var. *-pubescens Par. — Monte Lesima, Luglio 1880, Far.; Monte Boglelio a 1400 m.. Luglio 1888, Far. 116. Melica Magnolii Gr. et Godr. — Sambonetto, IjW^Wo 1888, Far. 117. 3Ielica uutans L. — Cava Manara, Maggio 1884, Lodi; Cava Car- bonara, Maggio 1887, Far. — 148 — 118. Briza media L. — Monte Penice a 1300 m.. Giugno 1888, Far. ; Oiezoli a 1000 ni., Giugno 1890, Far.; Fabbrica sopra Ottone a 900 ni., Giugno 1890, Far. ; Monte Lesima, Luglio 1888, Far. ; Monte Tartaro. Luglio 1888, Far. 119. Dactjlis gloiiierata L. for. -'typica. — Orezoli, Giugno 1890, Far.; Cava Carbonara, 'M-a.g^io 18y0,Far.;S'aHièo«eWoa940m., Luglio 1888, Far.; Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; Corbesassi, Luglio 1888, Far. 120. Dacfylis glomerata L. for. *liispanica (Rotli.). — Sambonetto a 1000 m., Luglio 1888, Far. 121. Cjiiosurus cristatus L. — Scendendo a Rovegito dal Monte Ora- mala, Giugno 1890, Far.; Orezoli, Giugno 1890, Far. 122. Sclerochloa rìgida Link. for. ^tjpica. — Varzi, Giugno 1890, Far. 123. Poa annua L. — Miradolo, Marzo 1884, Bozzi e Lodi. 124. **Poa alpina L. for. "tjpica. — Monte Lesima a 1700 ni.. Luglio 1888, Far.; Monte Boglelio, Luglio 1888, Far.; Sopra Barostro al varco sopra Corbe.sassi, Giugno 1890, Far. 125. Poa alpina L. vai-. *pumila (Host). — In iirovincia di Pavia. 126. Poa alpina L. var. badensis (Haenkej. — In provincia di Pavia. 127. Poa bulbosa L. — Monte Penice a 1200 m., Giugno 1888, Far. 128. Poa bulbosa L. var. vivipera Kocli. — Monteve'-i tra Ottone ed Orezoli a 900 ni.. Giugno 1890, Far.; presso Fabbrica sopra Ot- tone a 700 ni.. Giugno 1890. Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far. ; bastioni di Pavia, Lodi. 129. Poa uenioralis L. *t.vpica. — Dintorni di Pavia, Maggio 1890, Far. ; Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 130. Poa nemoralis L. for. *niontana (Ali). — Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 131. Poa uenioralis L. var. *firmula Gaud. — Cava Carbonara, Maggio 1887, Far. 132. Poa uemoralis L. var. subuniHora Rcli. — Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 133. Poa praten.sis L. *typica. — Cava Carbonara, Maggio 1887, Far.; Bicocca presso Pavia, Maggio 1890; Val di Staff ora. Luglio 1888, Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far.; Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 134. Poa pratensi» L. var. *anceps Gaud. ~ Monteveri sopra Ottone, Giugno 1890, Far. 135. Poa trivialis L. — Moncucca presso Pavia, Aprile 1890, Far.; Bicocca presso Pavia, Aprile 1890; Monte della Santa, Maggio 1884, Lodi ; Caster/gio, Bozzi e Lodi ; Cava Carbonara, Far. ; Orezoli sopra Ottone in vai d'Aveto, Giugno 1890, Far. — 149 — 136. Poa compressa L. — Borgoratto Monnorolo, Giugno 1890, Far. ; Monte Penice, Giugno 1888, Far.; Sanhonetlo nella valle della Sta/fora, Luglio 1888, Far. 137. Gl.vceria fluitaus (L.) R. Br. typic;i. — Bereguardo, Luglio 1892, Far. 138. Glyceria aquatica (L.) Walilb. - Naviglio Vecchio presso il ponte della ferrovia, Luglio 1886, Cav. 139. Festuca f,Mgiintea (L.) Vili. — Boschi del Ticino, Luglio 1890, Far. 140. *Festuca arnndinacea Schreb. — Presso Varzi, Giugno 1890, Far. 141. Festuca pratensis Huds. — In provincia di Pavia sopra Sanho- netlo, Luglio 1888, Far. 142. Festuca pratensis Huds. *forina a glumette acute, largamente scariose, lacere, con mucrone piìi o meno sporgente, spighette, sub-.5-tiore. Corbesassi, Luglio 1888, Far.; sotto il monte Lesiraa scendendo a Sanbonetto in vai di Staffora, Luglio 1888, Far. 143. -^Festuca apeiiuina De Not. — Sotto Fabbrica presso Ottone, Giugno 1890, Far.; Orezoli, Giugno 1890, Far. Specie raccolta lino ad ora soltanto a Santo Stefano d'Aveto e al Colle di Tenda. 144. *Festuca apeunina J>e Not. forma a spigliette oblungo-Iaiiceo- late, 7-8-flore, a glumetta smarginata, con resta lunga Vo della glumetta, cigliata al margine dalla base fino all'apice. — Sopra Ottone, Giugno 1890, Far. 145. *Festuca pnmila Cliaix in Vili. var. *varia (Haenke). — In provincia di Pavia; presso Fabbrica sopra Ottone, Giugno 1890, Farn. 146. Fustuca puiriila Cliaix in Vili. var. •flavesceiis (Bell.) — In provincia di Pavia. 147. Festuca heteropliyHa Lam. — Orezoli sopra Ottone, Giugno 1890, Far. 148. Festucji rubra L. var. ^violacea (Ser. in Gaud.) form. -aurata Gaud. — Monte Penice, Giugno 1888, Far. 149. Festuca rubra var. *t'uccinellii (Pari.), form. *inutineiisis, Hack. — Orezoli sopra Ottone, Giugno 1890; Monte Penice, Giugno 1888, Far. 150. *FestuL-a ovina L. var. *rulgaris, Kock. — Brughiere di Torre d'Isola, Maggio 1890, Far. 151. ^Festuca ovina L. var. duriiiscula (L.) form. *glaHca (Lamk.). — Monte Boglelio, Luglio 1888, Far.; sotto Fabbrica, lungo la strada da Ottone ad Orezoli in luoghi aprici e calcarei, Giugno 1890, Far.; Orezoli, Giugno, 1890. — 150 — 152. *Fes(,uca ovina L. var. *(luriuscnla (L.) forra, 'cinerea Vili. — Sotto Fabbrica tra Ottone ed Orezoli, Giugno 1890; Orezoli, Giugno 1890. 153. *Festnca ovina L. var. Halleri (Ali.). — Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 154. *Festuca ovina L. var. *valesiaca (Schl. in Gaud.) for. sulcala (Hack.). — Monte Le.sima, Luglio 1888, Far. 155. Festuca ovina L. var. valesiaca (Schl. in Gaud.) for. pseudo-ovina (Hack.). — Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; sotto Fabbrica, Giugno 1890, Far. 156. "'Festuca ovina L. var. *dura (Host.) — Scendendo dal monte Gramola verso Eovegno, Giugno 1890. 157. *Fe.stuca vaginata Kit. — Sotto Fabbrica tra Ottone ed Orezoli, Giugno 1890, Far. Questa specie non è indicata nelle Flore italiane. 158. Vulpia nijurus (L.) Gra. for. • typiea. — Dintorni di Pavia, Luglio 1890, Far.; in provincia di Pavia. 159. Yulpia ciliata (Pers.) Lk. — Dintorni di Pavia, Agosto 1890, Far.; in provincia di Pavia. 160. Seri'jifalcns arvensis Pari. for. *typicns. — Portalbera, Maggio 1890; dintorni di Pavia, Aprile 1892; sopra Sanboneito, Luglio 1888, Far. ; in provincia di Pavia. 161. Serrafalcus secaliuus Bab. — Alla Bicocca nei dintorni di Pavia, Maggio 1890, Far. 162. Serrafalcus mollis (L.) Pari, "typìcus F. et P. — Monte Penice, Giugno 1888, Far. 163. Serrafalcus mollis (L.) Pari, typicus F. et P. forni, "molli- formis Lloyd. — Casteggio, Giugno 1886, Cav., Giugno 1884, Bozzi e Lodi; Mairano, Giugno 1886, Cav. 164. Serrafalcus mollis (L.) Pari, typicus F. et P. forra. *leiostacliys, Pers. — Ponte dei dodici archi presso Pavia, Lodi. 165. Serrafalcus mollis (L.) Pari, typicus F. et P. for. "nanus Weig. — In provincia di Pavia. 166. Serrafalcus commutatus Bab. — Monte Cesarino, Giugno 1896, Cav. 167. *Serrafsilcus patulus (M. et K ) Pari. — Corbesassi, Luglio 1888, Far. 168. ■'Serrafalcus macrostachys (Desf.) Pari. — Monte Cesarino, Giu- gno 18!J6, Cav. 169. Bromns sterilis L. typicus F. et P. — Corbesassi, Luglio 1888, Far.; Orezoli sopra Ottone, Giugno 1890, Far. — 151 — 170. Kroimis sterilis L. 'tjpicns F. et P. Form, siculus Strobl. — Ori'zoli sopra Ottcnie nei prati, Giugno 1890, Far. 171.*Broinus maximus Desf. — Bastioni di Porta Cavour, Maggio 1886, Cav. 172. *]Ji-omu.s maximus Desf. var. ■Giissoiiii, Pari. — Bastioni di Porta Stoppa, Lodi e Bozzi; dintorni di Pavia, Maggio 1890, Far. 17.3. Broimis tectonim L. - Bastioni di Porta Stoppa, Maggio 1887, Cav. 174. Bromus tectonim L. ^floridus Grml. — Bastioni di Porta Cavour, Giugno 1886, Cav. 175. Bromiis madritensis L. — Tra Varzi e Godiasco, Giugno 1890, Far. 176. Bromus eiectus Huds typicus F. et Pa. — Monte Penice, Gingno 1888, Far. 177. Bromus erectus Huds. typicus F. et Pa. for. liirsutus Cocc. — Corbcsassi, Luglio 1888, Far. 178. Bromus erectus Huds. var. • transsllvanicus Stend. — Corhesassi, Luglio 1888, Far. 179. Braclijpodium piuuatum P. B. — Monte Penice, Giugno 1888, Far. 180. Brach.vpodium piuuatum P. B. var. *caespitosum R. et S. — Presso Ottone Gingilo 1890, Fr.; Orezoli, Giugno 1890, Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far.; Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 181. Bracliypodium silvaticuni R. et S. — Casterjgio, 1886, Cav. 182. Brach.vpodium distachyum P. B. var. "mouostachyum Guss. — In provincia di Pavia. Hordeeae. 183. Nardus stricta L. — Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 184. Lolium pereune L. -'typicuui F. Pa. — Boschi del Ticino presso Pavia, Giugno 1890, Far.; Portalbera, Maggio 1890; Orezoli sopra Ottone, Giugno 1890, Far. 185. Loliuiu pereune L. typicum F. et Pa. var. tenue (L.). — Monte Penice, Giugno 1888, Far.; sotto Fufjòrica tra Ottone e (Jrezoli, Giugno, 1890, Far. 186. -Lolium italicnm A. Br. — Portalbera, Far.; Varzi, Giugno, 1890, Far. 187. *Lolium rlgidum Gaud. *typicum F. et Pa. — Monte Penice, Giugno 1888, Far. 188. *Lolium multiflorum Gaud. — Casteggio 1886, Cav. 189. Lolium temulentum L, var. spcciosum (Stev. in M. B.). — In provincia di Pavia. 190. Agropyrum repens P. B. *typicum F. et Pa. var. *Leersianum Rchb. — Castecjgio, Cav. — 152 — 191. Agropynim repens P. B. var. majiis Pari. — Presso Varzi, Giugno 1890, Far. 192. *Agroi)jruiu litorale Dum. — In provincia di Pavia. 193. 'Agropjriim acutuni E. et S. var. interniediiiin nob. — Foglie completamente convolte, pungenti, glauche, scabre di sopra per aculei adunchi. Differisce daWAgropi/rum piingens R. e S. per le glume ottuse uguali ai due terzi della spighetta. Presso Varzi in luogo sterile e ghiaioso, Giugno 1890, Far. 194. *SecaIe cereale L. — Dintorni di Pavia. Maggio 1886; Orezoli sopra Ottone. Giugno 1890. 195. *Triticuni aestivuin L. tjpicum F. et P. — Coltivato a Casteg- gio (Cav.) e a Stradella (Baco.). 196. Triticum monococeiim L. — Coltivato in provincia. 197. Jlgilops ovata L. typica F. et P. — Tra Varzi e Godiasco, Giu- gno 1890, Far.; Monte Cesarino, Cav. 198. *Hor(leum disticliuiii L. — Corbesassi, Luglio 1888, Far. 199. *Ifordenm disticliuiu L. for. mutieum. Spighette tutte senza resta. Coltivato a Corbesassi, Luglio 1888, Far. Fara. Cyperaceae. Scirpoìdeae. Scirpeae. Cyperinae. 200. Cyperus Mouti L. fil. — Risaie presso Pavia, Settembre 1886, Cav. 201. Cyperus flavescens L. — Risaie presso Pavia. Settembre 1886, Cav. ; Torre d'Isola, Ottobre 1883. Bozzi; Canal Morto, Bacc. e Solla, Agosto 1885. 202. *Cyperus aristatus Rottb. var. *Boeckeleri, Cav. — ]\Iezzana presso Pavia, 1895, Cav. 203. Cyperus fusciis L. — Sahbie del Po presso Travacò, Giugno 1886, Cav. 204. Cyperus difforinis L. — Risaie presso Pavia, Settembre 1886, Cav., 1890, Far. 205. Cyperus glomeratus L. — Pitsaie jìresso Paria, Settembre 1886, Cav.; Sabbie del Po presso Travacò, Settembre 1886, Cav.; luoghi palndosì presso Pavia, Novembre 1883, Bozzi; presso il ponte dei dodici archi. Settembre 1886, Cav. — 153 — Scirpinae. 206. **Erioi)lioruiu latifolium Hoppe. — Scendendo a Eovegno dal . Monte Oramala, Giugno 1890, Far.; presso Varzi, Giugno 1890, Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far.; sotto il monte Dego in vai d'Aveto, Giugno 1890; Monte Calenzone, Giugno 1888, Far. e Cav. 207. **Sciri)us supinus L. — Boschi del Ticino presso Pavia, Luglio 1890, Far. e Cav. 208. Scirpus mucroiiiitus L. — Paludi e risaie presso Pavia. Settembre 1886, Cav. 209. Seirpus lacustris L. — Paludi presso Pavia, Giugno 1886, Cav.; l^resso Varzi, Giugno 1890, Far. 210. "Scirpus Roselliuii Ces. Pass, e Gib. — Risaie di Codalunga tra Pavia e Cava Carbonara, Giugno 1899, Far. Questo Scirpus clie lino ad ora non ei-a stato raccolto che a Casale presso il ponte di ferro sul Po, cresce abbondantemente nelle risaie di Codalunga, e si distingue a prima vista anche da lontano dal Scirpus lacustris, tanto pel suo bel colore verde scuro, quanto pel suo minore sviluppo. Da lontano si potrebbe scambiare piuttosto con grossi esemplari di Juiwus effusus L. Ha lo stimma trifido. 211. Scirpus trlqueter L. — Bisaie presso Pavia, Luglio e Settembre 1886, Cav., Luglio 1890, Far. 212. Scirpus Holoschoeuus L. — PressoVarzi nelle ghiaie della Staffora, Giugno 1890, Far. 213. Scirpus Holoschoeuus L. var. australis (Murr.). — Bereguardo, Luglio 1890, Far. 214. Scirpus maritimus L. — Risaie presso Pavia, Luglio 1886; Valle Salimbene. 215. Scirpus luaritimus L. var. ''conipactus Hoffm. — Eisaie presso Pavia. Luglio 1886, Cav., Far. 216. *Scirpus macrostachjs Wild. for. 'compactus (Krock.). — Spi- ghette grosse, in capolino terminale, sessili; lunglie cm. 1 V,, a 2 Va ; stimma bifido. Risaie presso Pavia, 1890, Far. 217. Scirpus silvaticus L. — Cava Carbonara, Giugno 1886, Cav.; San Pietro in Verzolo, Maggio 1884, Lodi e Bozzi; paludi presso Pavia, Giugno 1886, Cav. 218. *Scirpus radicaus Sclikur. — Paludi presso Pavia, Giugno 1886, Cav. Questa specie non era stata raccolta fino ad ora in Italia che presso Vercelli. — 154 — 219. Heleoeliarìs palustris R. Br. forni, typica F. et P. — Tra Ottone ed Oi-ezoU sopra Fabbrica, Giuofno 1890, Far. ; Monte Penice, Giugno 1888, Far.; Pavia prati paludosi, Maggio 1888. Cav. ; boschi del Ticino presso Pavia, Luglio 1887, Cav.; rive del Ticino, Maggio 1888, Cav. 220. Heleocharis painstris R. Br. var. minor Sclirad. — Rive del Ticino, Giugno 1886, Bacc. e Cav.; lungo il Ticino, Maggio 1888, Cav. 221. *Heleocharis uuigliiniis (Link.) Schult. — Riva sinistra del Ticino presso Pavia, Giugno 1886, Bacc. e Cav.; lanche a destra del Ticino presso Pavia, Giugno 1886, Bacc. e Cav.; boschi del Ticino, Maggio 1888, Cav. 222. **Heleoclians .atroporpnrea var. minor Kuntli. (Schirpus erraticiis Rota). — Boschi del Ticino nei dintorni di Pavia, Luglio 1890, Far. e Cav. 223. *Heleocliaris miilticanli.s Sui. — Monte Penice, Giugno 1888, Far. 224. *Heleocharìs mnlticaulls Sm. var. *(lig:yna Gr. et Godr. — Monte Penice, Giugno 1888 Far. 225. Heleocharis acicnlari.s R. Br. — Risaie presso Pavia, Luglio 1886, Cav.; Canal Morto presso Pavia, Agosto 1885. Bacc, e Solla. Sottofam. Caricoideae. Cariceae. 226. tarex repens Bell. — Cava Carbonara, Maggio 1887, Far. ; riva destra del Ticino presso il Nuovo Villino, Aprile 1884, Lodi e Bozzi (?); lungo la via di Cava Carbonara, Aprile 1887; Gra- L-elone, Aprile 1887, Cav. 227. €arex mnricata L. — San Pietro in Verzolo in frutto. Maggio 1884, Lodi e Bozzi; bastioni di porta Milano, in frutto, Maggio 1886, Cav. 228. Carex mnricata li. var. *virens Lam. — Cava Carbonara in fiore. Maggio 1887, Far.; San Pietro in Vezzolo, Maggio 1884, Lodi e Bozzi ; Boschi del Ticino presso Pavia sulla riva destra vicino al Nuovo Villino, Aprile 1884, Lodi e Bozzi; bastioni della Città, Giugno 18S6, Cav. 229. Carex mnricata L. var. *Pairaei F. Schultz. — Cava Carbonara, Maggio 1887, Far. (in fiore). 230. Carex mnricata L. var. *contigna Hopp. — Cava Carbonara, Maggio 1887, Far. e Cav. 231. Carex dirulsa Good. — Villa .Iemali, Giugno 1886, Bacc. — 155 - 232. Carex pauicuIataL. typicaF.etPa. — Monte Penice, Giug. 1888, Far, Nello stesso cespo si osservavano individui a panocchia com- posta ed altri a spica semplice lineare, interrotta, e vi si osser- vano tutti gli stadi intermedi. 233. Carex brizoides L. *typica F. et Pa. — Cava Carbonara, Maggio 1887, Far.; Torre d'Isola, Aprile 1886, Bacc. 234. Carex pr.iecox Sehreb. — Argine del Ticino presso il Nuovo Villino, Aprile 1884, Lodi e Bozzi; Miradolo. Agosto 1884, Lodi e Bozzi. 235. Carex leporina L. — Tra Fabbrica ed Orezoli sopra Ottone, Giu- gno 1890, Far.; Monte Dego, Giugno 1890, Far. 236. ■'*Carex pllulifera L. — Monte Penice, Giugno 1888, Far.; Valie delle Toraie presso Corbesassi, Giugno 1890. 237. *Carex tomentosa L. var. • Grassmanniana Raben. — Cava Car- bonara, Silaggio 18S7, Far. 238. Carex montana L. — Valle delle Toraie presso Corbesassi, Giu- gno 1890, Far. 239. Carex verna Vili. — Boschi del Ticino, Aprile 1887, Cav. ; Argine del Ticino, Aprile 1887 Cav. 240. *Carex longifolia Host. — Boschi del Ticino presso Pavia, Aprile 1887, Cav.; Torre d'Isola, Maggio 1886, Bacc. 241. Carex digitata L. tjplca F. et Pa. — Cava Carbonara, Marzo 1885, Traverso, Maggio 1887, Far.; Miradolo, ^l&vzo 1884 Lodi e Bozzi ; Valle delle Toraie presso Corbesassi, Giugno 1890, Far. 242. Carex pilosa Scop. — Colli di Miradolo, Lodi e Bozzi, Marzo 1884. 243. Carex pallescens L. — Boschi del Ticino, Giugno 1890, Cav. 244. Carex stricta Good. — Presso il ponte dei dodici archi. Aprile 1887, Cav.; Boschi del Ticino presso il Gravellone, Aprile 1887, Cav.; Moncucca nei dintorni di Paria, Aprile 1890, Far. 245. Carex stricta Good. forni. *clilorocarpa nob. — Glume piccolis- sime ovato-ottuse, interamente nascoste tra gii otricelli che sono verdi. Guaine reticolato-sfibrate. Cava Carbonara, Aprile 1 887, Far. 246. Carex stricta Good. form. "melaena nob. — Glume ovato-ottuse, nere, un poco più brevi e più strette degli otricelli die sono di color grigio-verdastro. Guaine a fibre reticolate. Cava Carbonara, Cav. 247. *Carex Goodenowii .J. Gay. var. *chlorocarpa Wimm. — Lancone presso Pavia, Maggio e Giugno 1886, Bacc. e Cav. 248. Carex acuta L. — Torre d'Isola, Maggio 1886, Bacc; Prati umidi presso Paria, Giugno 1888, Cav. ; Cava Carbonara, Maggio 1887, Far.; Gravellone, Maggio 1884, Bozzi e Lodi; Mezz-anella, Febbraio 1874, Bozzi; sotto il Confluente, Luglio 188G, Cav.; Lancone presso Pavia, Maggio 1886. ^- 156 — 249. Carex acuta L. var. paiiormitana (Guss.)- — Lancone presso Pavia, Bacc. e Cav., Maggio 1886. 250. Carex acuta L. var. *prolixa Fr. — Eiva sinistra del Ticino presso Pavia, Luglio 1888, Cav. 251. Carex pauicea L. — Tra Fabbrica ed Orezoli sopra Ottone, Giugno 1890, Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far. 252. Carex i^lauca Scop. — Valle delle Toraje presso Corbesassi, Giu- gno 1890, Far. ; Monte Penice, Giugno" 1888, Far. 253. Carex glauca Scop. var. *praetuzianii (Pari.) — Boschi di faggio sotto il Monte Dego in Val d'Aveto, in luogo umido acquitrinoso. Giugno 1890, Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far. 254. Carex glauca Scop. var. *clayaeformis Hope. — Monte Penice, Giugno 1888, Far. 255. Carex glauca Scop. var. *er.vthrosta(.-hys (Hope). — Valle delle Toraje presso Corbesassi, Giugno 1890, Far. 256. Carex flava L. — Monte Penice, Giugno 1888, Far. 257. "*Carex Oederi Elirli. — Monte Penice, Giugno 1888, Far. 258. *Carex lepidocarpa Tauscli. — Monte Penice, Giugno 1888, Far. 259. "Carex depauperata Good. — Cava Carbonara, Maggio 1890, Far. 260. Carex distausL. *t.vpica F. et Pa.— Monte Boglelio, Luglio 1888, Far. 261. Carex silvatica Huds. — Cava Carbonara, Maggio 1890, Far.; Torre d' Isola, Maggio 1888, Bacc. 262. Carex vescicaria L. — Lancone presso Pavia, Maggio 1886, Cav.; Mezzanella j)>'esso Pavia, Aprile 1884, Bozzi ; Cava Carbonara^ Maggio 1887, Far.; Torre d'Isola, Maggio 1886, Bacc. 263. Carex paludosa Good. — Torre d'Isola, Maggio 1887, Cav.; Cava Carbonara, Aprile 1888, Cav. ; Prati umidi presso Pavia, Mag- gio 1888, Cav. ; lungo la roggia Carena, Maggio 1888, Far. ; lungo il Naviglio tra Pavia e la Certosa, Maggio 1886, Cav.; Naviglio Vecchio. Giugno 1886, Cav. 264. Carex paludosa Good. var. *Kocliiana DC. — Alla Moncucca presso Pavia, Maggio 1890, Far. ; Boschi del Ticino presso Gra- velone. Aprile 1887, Cav. 265. Carex riparia Curt. — Lungo il Ticino a sinistra del confluente, Maggio 1887, Far. 266. Carex hìrta L. — Cava Carbonara, Maggio 1887, Far. 1886, Bacc, Cav., Trav. ; San Pietro in Verzolo, Maggio 1884, Bozzi; Bicocca presso Pavia, Maggio 1890, Far.; Torre d'Isola, Mag- gio 1887, Cav., Maggio 188tì,-Bacc.; Lungo il Naviglio, Aprile 1884, Bozzi; Torre del Mangano, Cav. Maggio 1886; Boschi del Ticino, Giugno 1890, Far. — 157 — VII. Ordine. — Spathiflopae. Fam. Araceae Sottofara. Aroideae. Areae. 267. Ariim niaculatiim L. — Monte Lesima, Giugno 1890, Cav. Fam. Lejinaceae. Sottofani. Lemnoideae. 268. Leiiiua polj rrliìza L. — Paludi vicino al Grmelone, Settembre 1886, Cav. 269. Leiuna trisulca L. — Fossi presso il Ponte dei dodici archi. Set- tembre 1896, Ca,v. ipresso il Grarelone, Luglio 1884, Lodi e Bozzi (?); fossi e stagni presso Pavia, Settembre 1886, Cav. VIIL Ordine. — Fapinosae. Fam. COHMELINACEAE. CommeUneae. 270. *Commeliua coiuiiiunis L. — Lungo la strada tra Cava Manara e Zinasco. Non siamo riesciti a trovare la C. vircjinica L. clie dicesi inselvatichita nella provincia di Pavia. Gli esemplari con questo nome- datici in esame appartenevano tutti alla C. communis L. IX. Ordine. — Liliiflopae. I. Sottordine. — Junciue ae. Fam. JUN'CACEAE. 271. Juiicus glancus Elirh. — Sopra Ottone tra Fabbrica e Orezoli, Giu- gno 1890, Far. 272. *Juncus diffusus Hoppe. — Presso Varzi. Giugno 1890, Far. 273. Juncus effiisus L. — Paludi presso l'argine del Ticino, Giuguo 1886, Cav.; Cava Carbonara, Giugno 1886, Cav.; Villa Jemoli, giugno 1885, Bacc; lungo il Naviglio vecchio, Maggio 1886, Cav. 274. Jnncus compressus Jacq. — Monte Boglelio, Luglio 1888, Far. 275. Juncus lamprocarpus Ehrh. — Risaie presso Pavia, Luglio 1886, Cav.; Boschi del Ticino, Luglio 1887 e 1890, Far.; Ar()ini del Ticino, Luglio 1886, Cav.; presso Varzi, Giugno 1890, Far. 276 Juncus lamprocarpus Ehrh. var. *repens (Nolte). — Rive del Ticino presso Pavia, Luglio 1884; Boschi del Ticino. — 158 — 277. Juucus laiuproearpus Elirli. var. cuspìdatus M. Brener. — Be- reguardo, Luglio 1890, Far. 278. Juucus bufonius L. — Boschi del Ticino, Luglio 1887, Cav., 1890, Fnr. 279. Luzula Forsterii BQ. — Cava Carbonara, M-àggio 1887, Cav., Far., Maggio 1884, Lodi; Torre d'Isola, Maggio 1887, Cav. ; Miradoìo, 1884, Lodi e Bozzi. 280. Luzula pilosa W. — Torre d'Isola 1890, Cav.; Cava Carbonara, 1890, Far., Cav., Baco. 281.*LuzuLi sllvatica Gaud. — Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 282. *LuzQla silvatica Gaud. var. *Sii;beri Tauscli. — Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 283. Luzula albida DC. — Monte Lesima, Giugno 1890, Far. 284. *Luziila pedemontaua Boiss. et Reul. — Monteveri sopra Ottone, Giugno 1890, Far.; scendendo dal Monte Oramala verso Revegno, Giugno 1890, Far. 285. Luzula uivea DC. — Monteveri sopra Ottone, Giugno 1890, Far.; Monte Dego, Giugno 1890, Far.; Monte Boglelio, Luglio 1888, Far.; tra Negriizzo e Peg in vai di Stafferà, Luglio 1887, Far. ; Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; Monte Tartago, Luglio 1888, Far.; Boschi sopra Sanbonetto, Luglio 1888, Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far. e Cav. 286. Luzula campestris DC. — Monte Dcgo, Giugno 1890, Far. Monte Penice, Giugno 1888, Far.; Torre d'Isola, Maggio -1887, Cav.; Argine del Ticino presso Pavia, Aprile 1887, Cav.; Cava Car- bonara, Maggio 1887, Far., Cav. 287. **Luzula niultiflora Lej. — Dintorni di Pavia, Maggio 1887, Far.; J5os(7// del Ticino, Giugno 1890, Far. ; Cava Carbonara. Maggio 1890, Far., Cav. ; San Pietro in Verzoìo, Aprile 1884, Lodi e Bozzi. 288. Luzula multìflora Lej. var. *pallida Pari. — Dintorni di Pavia, Maggio 1887, Far. 289. Luzula multìflora Lej'. var. *sudetica DC. — Monte Lesima, Lu- glio 1888, Far.; Monteveri, Giugno 1890, Far.; Monte Dego, Giu- gno 1890, Far. Fani. LiLiACE.\E. Sottofam. Melantkioideae. Veratreae. 290. Veratrum album L. — Sotto il Monte Oramala dalla parte di Bovegno, Giugno 1890, Far. ; Monte Lesima, Luglio 1888, Far. — 159 — Colchiceae. 291. Colcbicum antumnale L. — Monte Penice, Giugno 1888 (in frutto), Fai-. 292. *('olcliicuiu iilpimim DC — Brughiere di Torre d'Isola, Agosto 1888, Cav. {Colchicum arenarium Bai. e Nocca, Eota). Sottofam. Asiìhodeloideae. Aspìiodekae. Aspliodc ! i II a e. 29.3. Asphodeliis iilbiis Mill. — VaUe delle Toraje presso Corbesassi, Giugno 1890, Far. A ni il e rie in a e. 294. Antliericum Liliago L. — Orezoli, Giugno 1890, Far.,; Monte Le- sima, TiUglio 1888, Far.; Euino, Giugno 1888, Far. Sottofam. Allioideae. Allieae. 295. *''Gagea pratensis (Pers.) Dum. (G. sfcnopetala Eclib.). — Liinrio la strada da San Lanfraneo a Torre d'Isola, Aprile 1887, Oav. 296. Gas;ea arveusis (Pers.) Dum. — Torre d' Isola, Mnvzo 1888, Far.; fuori Porta Ticino, Marzo 1886, Bacc. 297. Gasea lutea (L.) Ker.-Gawl. — Torre d'Isola, Marzo 1890, Far. 298. Allium vineale L. var. *coinpactiim Tliuill. — Sui hastioni della Città, Maggio 1886, Cav.; boschi del Ticino, Luglio 1890, Far. e Cav. 299. *Allium Anipeloprasum L. — Tra Varzi e Godiasco, Giugno 1890, Far. 300. *Alliuiii paniciUatnm L. ~ Brughiere di Torre d'Isola, Settembre 1890, Far. 301. Allium ac.ntanguluin Schraud. — Boschi umidi presso il Ticino, Maggio 1884, Lodi e Bozzi, Settembre 1886, Cav., Luglio 1890, Far. Sottofam. Lilioìdeae. Tidipeae. 302. Lilinin Martagoii L. — Monte Lesiina, Luglio 1888, Far.; Valle delle Toraje presso Corbesassi, . Giugno 1890; Monte Bocjlelio, Luglio 1888, Far. Alti dell' lai. Hot. dpirUiihH'iaili) di l'aria - Nuovft Sorio — Voi. VI. 12 — 160 — 303. *Lilium croceum Chaix. — Monte Cesarino, Giugno 1886, Cav. ; Monte Tartago, Luglio 1888, Far.; Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; valle di Bergosto di fronte a Lama, (giugno 1890, Far. 304. Erythronium Dens-canis L. — Monte Cesarino, Marzo 1887, Far. 305. *Tulipa australis Lk. (T. Celsiana DC). — Monte Tartago, Giugno 1890, Far.; Monte Lesima, Luglio 1888, Far., Giugno 1888, Piz- zini, Giugno 1890, Cav. Scilleae. 306. Scilla bifolia L. — Cava Carbonara, Maggio 1887, Cav., Giugno 1890, Far.; Torre ctlsola. Aprile 1890, Far., maggio 1886, Bacc. 307. *Muscari botryoides (L.) Mill. var. 'Kerueri March. — Cava Car- bonara, Maggio 1887, Cav. 308. Mascari comosnm (L.) Mill. — Cava Carbonara, Maggio 1884, Lodi; dintorni di Pavia, Maggio 1890, Far.; alla Bicocca presso il confluente del Ticino, Maggio 1890, Far.; tra Ottotie e Fab- brica, Giugno 1890, Far. 309. Oruithogalum narbouense L. — Casteggio, Maggio 1884, Lodi e Bozzi, Giugno 1806, Cav.; Mairano, Giugno 1886, Cav.; Stra- della, Maggio 1885, Bacc. ; tra Ottone ed Orezoli sotto Fabbrica, Giugno 1890, Far, 310. *Oriiithogaliini collinnm Guss. — Foglie più lunghe dello scapo, con linea bianca, cigliate al margine; brattee più brevi dell'in- fiorescenza; bulbo non prolifero. Sotto il Monte Oramala dalla parte di Rovegno in luogo aprico e sassoso. Giugno 1890, Far. Questa specie propria della Sicilia è stata raccolta anche ad Otranto e negli Abruzzi, nel Lazio e sembra anche nel Pelopo- neso, nell'Attica, nell'Istria e nel Friuli; questa del Monte Ora- mala sarebbe dunque fino ad ora una delle due stazioni più set- tentrionali AqW Ornithogalmn collinum, Guss. Sottofam. Asparagoideae. Asparageae. 311. Asparagus offlcinalis L. — Inselvatichito nei diutomi di Pavia, Cav., Bacc, Far.; Linerolo, Giugno 1889, Far. 312. Asparagus teimifolius Lam. — Valk delle Torajr presso Corbe- sassi, Giugno 1890, Far.; Cava Carbonara, Lodi, Cavara, Far. 313.*Ruscus Uypoglossum L. — Orezoli in mezzo ad una rupe di ser- pentina altissima e strapiombente suU'Aveto. Secondo gli abitanti d' Orezoli, che v'attribuiscono superstiziose virtù, non crescerebbe - 161 — che in quella rupe, dove bisogna scendere a raccoglierlo appesi ad una corda e contenderlo all'aquila che abitualmente vi nidifica. Giugno 1890, Far. Polygonateae. 314. *Streptopus amplcxifolius DC. — Selvazza sotto il Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; sotto il Monte Tartago, Luglio 1888, Far.; sotto il Monte Lesima, Giugno 1890, Cav. 31.5. Polygouatum officinale Ali. — Torre (P Isola, BsiCC. ; Cava Carbo- nara, Maggio 1887, Cav.; Monte Bojlelio, Luglio 1888, Far.; Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 316. Poli'gonatum multiflorum AH. — Miradolo, Api'ile 1884, Lodi; Cava Carbonara, Aprile 1888, Far., Cav.; Monte Penice, Giugno 1888, Far. 317. Polygonatiim verticillatum Ali. — Sotto il Monte Lesima, Giu- gno ÌQ^O,Yav.; Boschi sotto il Monte Tartago, liW^Vio 1888, Far.; Monte Lesima sulla vetta. Luglio 1888, Far.; Monte Tartago nei prati. Luglio 1888, Far. Convallar ieae. Con vallariinae. 318. Convallaria majalis L. — Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; Cava Carbonara, Maggio 1888, Far., Cav., Maggio 1886, Baco. Farideae. 319. Paris quadrìfolia L. — Monte Penice, Giugno 1888, Far.; Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; Monte Dcrjo, Giugno 1890, Far. Fam. Amaryllidaceae. Sottofam. AmarylUdoideae. Amaryllideae. Galanthinae. 320. Leiicojum aestivum L. — Presso il Lancone, Maggio 1886, Cav. e Bacc. ; Mezzanella, Lodi e Bozzi. 321. Leucojum vernum L. — Torre d'Isola, Febbraio 1886, Solla e Traverso. Narcisseae. 322. Narcissus poeticus L. — Monte Oramela, Giugno 1890, Far.; Monte Penice, Giugno 1838, Cav. — 162 — in. SoltorcUue. — Iridineae. Fani. Iridaceae. Sottofani. Crocoideae. 323. **l'rocus biflorus Mill. var. *liueatiis (Jan.). — Prati di Monte- bello, Febbraio 1887, Far.; Casteggio, Cav. Sottofam. Iridoideae. Moraeae. 324. Xiphiou sibiricuiii Pari. — Bosc/ii del Ticino, Luglio 1890, Far. 325. Xiphioa PsendoAcorus Pari. — Vernavola nei dintorni di Pavia, Agosto 1884, Bozzi e Lodi; Torre d'Isola, Maggio 1886, Cav. Sottofam. Ixioideae. Gladioleae. 326. **GIa{lloIus segetniii Ker.-Gawl. — Ti a Ottone e Fabbrica, Giugno 1890, Far.; Orezoli, Giugno 1890, Far. , Casteggio, Giugno 1884, Maggio 1886, Cav. 327. *Gladiolus imbricatus L. — Boschi del Ticino, Agosto 1887, Far. e Cav. XL Ordine. — Micpospermae. IL Sottordine. — Gìjnundyae. Fani. Orchidackaiì. Sottofam. Monandrae. Ophri/deae. S er a pi ad i n a e. 328. ^'*Ophr>s Arachiiitcs Lam. — Casteyjio, Giugno 1884, Bozzi e Lodi; Sotto il Monte Orumala, scendendo a Rovegno. Giugno 1890, Far. 329. Ophrys apifera Huds. — Di fronte a Ponte Organasco presso Lama in vai di Trebbia, Giugno 1890, Far. 330. Orchis Morio L. — Torre d'Italia, A])ii\e 1890, Cav.; Cava Car- bonara, Maggio 1887, Cav., Aprile 1887, Baco., Maggio 1884, Lodi e Bozzi. 331. Orchis nstulata L. — Monteveri sopra Ottone, Luglio 1888, Far.; Monte Lesima, Luglio 1888, Far. — 163 — 332. *Orchis Dietrichiaiiii Bogeuh. - Sotto il monte Oramala verso Roveguo, Giugno 1890, Far. 333. Orchis trideutata Scop. for. tipica F. et Pa. - Monte Oramala Giugno 1890, Far. 334. Orchis purpurea Huds. - Sotto il Monte Leslma nella valle di Rio Castelletto, Giugno 1890, Far. 335. Orchis masciila L. — Monte Oramala, Giugno 1890, Far.; sotto il Monte Lesiina quasi in fondo alla valle di Rio Castelletto, Giugno 1890, Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far.; Monte Lesima, Giugno 1890, Far.; sopra Barostro al varco per Corbe- sassi, Giugno 1890, Far.; scendendo a Eovegno dal Monte Ora- mala, Giugno 1890, Far. 336. Orchis sambuciua L. - Sotto il Monte Oramala dalla parte di Kovegno, Giugno 1890, Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far.; Monte Lesima, Giugno 1888, Pizz., Luglio 1888, Far. 337. Orchis sambuciua L. var. *purpurea Koch. - Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; Monte Penice, Giugno 1888, Far. 338. Orchis maculata L. - Alla sinistra della Trebbia lungo il fosso della Carpepia sotto il Lesima, Giugno 1890, Far.; sotto il Monte Lesima nel versante della Staffora, Luglio 1888, Far.; valle di Berrjasso di fronte a Lama, Giugno 1890, Far. ; Monte Deqo Giu- gno 1890, Far. 339. ^Orchis latifolia L. - Selvassa sotto il Monte Lesima in luoghi ombrosi ed umidi, Luglio 1888, Far. 340. Auacamptis pyramidalis Ridi. - Monte Cesarino, Giugno 1886, Cav. .■541. irimaut02:l0SSHm hircìuum Spr. — Monte Fenice, Giugno 1890, Far.; Casteggio tra Castel Felice e la Torre dei Torchi, Giu'-no 1884, Bozzi. 342. Coeloglossum viride Hartm. - Monte Lesima, Luglio 1888 e Giugno 1890, Far. 343. Nigritella angustifolia Ridi. — Praterie sotto il Monte Tartago, Luglio 1888, Far.; Monte Lesima. Luglio 1888, Far.; sopra r^- sale, Giugno 1890, Cav. 344. Nigritella globosa Reich. - Sotto il Monte Lesima quasi in fondo alla Vallo di Rio Castelletto, Giugno 1890, Far. ; sotto il Monte Oramala dalla parte di Rovegno, Giugno 1890, Far.; Monte Le- sima, Luglio 1888, Far., Giugno 1890, Cav. 345. Gymnadenia conopsea R. Br. - Salendo da Pei, al Lesima in luo-o acquitrinoso, Luglio 1888, Far. " 346. Gymuadeuia couopsea R. Br. var. *intermedia Teterra. — Monte Lesima, Luglio 1888, Far. — 164 — 317. Biccliiii ìilbida Pari. — Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; Monte Bocjlclio, Luglio 1888, Far. 348. Platantliera bifoliii (L.) Ridi. — Monte Cesarino, Giugno 1886, Cav.; di fronte a Luma in valle di Bergosso, Giugno 1890^ Far.; hoscìii del Ticino presso Pavia, Giugno 1890, Far. 'òV.K Platiinthcra bifolia (L.) Ricli. "forma molto ridotta, a foglie molto brevi e strette. — Monte Lesima, Luglio 1888, Far. 3.30. *Serapias longipetala Pollin. — Boschi del Ticino, Aprile 1890, Far. Neottieae. C cphal a nth e r i n a e. 351. Ccplialanthcra cnsifolia Ridi. — Dal Monte Oramala scendendo a Rovegno, Giugno 1890, Far.; tra Barostro e Corhesassi, Giugno 1890, Far. 352. Cophalanthera rubra Ridi. — Casteggio, Giugno 1884, Lodi e Bozzi; Monte Cegarino, Giugno 1886, Cav. 353. Epipactis Latifolia Ali. — Val di Stafora, Luglio 1888, Far. ; Monte Boglelio, Luglio 1888, Far.; Monte Lesima, Luglio 1888, Far.: Sel- vassa sotto il Monte Lesima, Luglio 1888, Far.; Monte Cesarino, Giugno 1886, Cav. Spira nthinae. 354. Neottia Nidus-avis Ridi. — Sanhonelto, Giugno 1890, Cav. Liparideae. 355. *^Corallorhiza innata R. Br. — Monte Oramala, Giugno 1890, Far. ; V(dle delle Toraje presso Corbesassi, Giugno 1890, Far. Dall'Istituto Botanico di Pavia, gennaio 1900. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) Diretto da G. Briosi. IL BIOSSIDO DI ZOLFO COME MEZZO CONSERVATORE DI ORGANI VEGETALI NOTA del Dott. POLLACCI GINO Primo Assistente al K. Orto Botanico di Pavia. Il biossido di zolfo, noto pure coi nomi di gas solforoso, anidride solforosa, gas acido solforoso, è corpo conosciuto fin dalla più remota antichità. Pritsley per il primo l'ottenne sotto forma di gas nel 1774, e la sua vera composizione fu stabilita nel 1777 da Lavoisier. Molti studi pubblicati di poi hanno completata la conoscenza cliimica di questo corpo che ha ricevuto e riceve diverse importanti applicazioni. Una di queste applicazioni consiste nell'utilizzare questo gas come disinfettante ; proprietà conosciuta fino dai tempi più remoti. VA anche ora nei lazzaretti ed in tempo di malattie epidemiche e contagiose si arde utilmente lo zolfo per distruggere germi insidiosi esistenti nell'aria, come per disinfettare locali, mobili, ecc. Esperienze fatte da diversi sperimentatori hanno dimostrato che il gas solforoso è un asettico potentissimo. Per tali proprietà antisettiche, per la relativa innocuità, per il bassissimo prezzo di costo e per la sua facile preparazione io mi pro- posi di fare esperienze con questa sostanza sopra organi vegetali, colla speranza di poter aver risultati tali da permettere la sostituzione in molti casi dell'anidride solforosa ai diversi liquidi conservatori che ora sono in uso nei laboratori di botanica e che hanno non lievi difetti. In quanto alla conservazione dei pezzi vegetali, fino ad oggi questa sostanza non era stata proposta da nessuno, a quanto io mi sappia, ed avendo io ottenuto risultati soddisfacenti (almeno colle piante da me sperimentate), credo far cosa utile il renderli noti. Atti dcU'lst. Boi. dell' Unirersilà di Paoia — Nuova Serie — Voi. VI, 13 — ]6G — Ho espeviineutato tanto il biossido di zolfo sciolto in acqua, quanto sotto forma di gas. Per ottenere l'anidride solforosa il me- todo più conveniente al nostro scopo è quello di ricorrere alla disossi- dazione dell'acido solforico per mezzo del carbone. A tale scopo intro- ducesi della polvere di carbone in un matraccio per circa V4 '^^^l^ ^^'^ capacità ed insieme al carbone giova introdurre delle pallottole di stoppa che hanno l'ufficio di agevolare lo sviluppo del gas interponendosi fra la polvere. Si versa poi su questa, dell'acido solforico in quantità tale da avere una molle poltiglia. Al matraccio va aggiunto un tubo di si- curezza e posto sopra un fornello; scaldando il pallone si ha uno svi- luppo abbondante di gas solforoso. Per far sciogliere questo gas in acqua, si mette il pallone conte- nente acido solforico e carbone, in comunicazione con una piccola boccia Woulff contenente dell'acqua destinata a lavare il gas solforoso e trat- tenere qualche traccia di acido solforico che dal vapore potesse essere trasportato. A questa piccola boccia fanno seguito una, due 0 tre grandi boccia Woulfif a seconda della quantità del liquido che si vuol preparare, contenenti dell'acqua, attraverso la quale il gas è costretto a passare e dove vi si scioglie facilmente. Infatti una parte in volume d'acqua a 0° gradi, scioglie 97.7 parti in volume di anidride solforosa, ed a 10° ne scioglie 56.6. Si cessa di scaldare il pallone e quindi di avere la produzione del gas quando l'acqua delle grosse boccie è satura dell'anidride solforosa, il che è reso manifesto dal passaggio del gas che non è più trattenuto dall'acqua delle boccie di Woullf. La reazione che spiega la formazione dell'anidride solforosa è questa : 2 H= SO' + C = 2H- 0 + CO- + 2 S0=. L'acido carbonico che si forma insieme all'anidride solforosa è tanto- poco solubile che sfugge pressoché interamente; d'altra parte esso non nuoce allo scopo per il quale è proposto il liquido così ottenuto. Qualora si voglia ottenere il biossido di zolfo puro senza sviluppo di acido carbonico, invece del carbone per la disossidazione dell'acido solforico si adopera la tornitura di rame, oppure del mei'curio 0 dello zolfo, ed allora si avrà produzione di SO" giusta le formole: CU + 2H-S0' =Cu + 2H-0 + S0- Hg + 2 H" SO' = Hg SO' + 2H- 0 -f SO^ S -I- 2 H- SO^ = 2 H- 0 + 3 SO". — 167 — L'acqua conteneiulo una piccola quantità di ossigeno libero, si può obbiettare che il biossido di zolfo possa impadronirsi di questo ossigeno formando coU'acqua dell'acido' solforico che non farebbe certo altro che danneggiare la conservazione del materiale immersovi; la formazione dell'acido solforico potrebbe avvenire secondo l'equazione : SO- + 0 + H-0 = H^ SO'. Ma bisogna notare che l'ossigeno che può essere contenuto nell'ac- qua scompare pressoché tutto ed è cacciato fuori dalla stessa corrente di gas che gorgoglia nelle boccie di Woulff, in secondo luogo è facile liberarne l'acqua nella quale deve essere sciolto il gas solforoso facendo bollire preventivamente quest'acqua e poi lasciandola raffreddare al co- perto dell'aria. Quest'ultima precauzione si può usare quando si tratti di materiale delicatissimo ; ma per la massima parte dei casi mi sono trovato benis- simo del soluto acquoso senza preventivamente avere liberata l'acqua dall'ossigeno libero, l'acido solforico che si può formare essendo tanto in poca quantità e restando cosi diluito da non influire sensibilmente sull'alterazione del materiale. E necessario invece che il liquido con- servatore sia riparato dall'aria e stia in suo contatto il meno possibile. Volendo servirsi dell' anidride solforosa allo stato di gas, biso- gna per la preparazione usare ancora lo stesso apparecchio descritto, perciò che concerne il pallone ove pongonsi le materie destin-ate a pro- durre il gas e della annessa bottiglia di Woulff per lavaggio, ma questa sarà bene sia piena di acido solforico anziché d'acqua, così il gas che si vuol raccogliere sarà lavato e seccato nello stesso tempo ; il gas cosi prodotto, per mezzo di un tubo si fa pervenire nei recipienti entro i quali si vuol conservare il materiale di studio. La densità del gas sol- foroso essendo rispetto all'aria 2.234, il recipiente si riempie per sem- plice spostamento dell'aria, operato dalla stessa anidride solforosa. Il recipiente poi va ermeticamente chiuso. Per queste preparazioni servono benissimo palloncini di vetro fa- cilmente fusibile con collo assai allungato e che quando entro il ma- traccio é stato posto il pezzo da conservarsi e riempito di gas, si salda prontamente con fiamma di gas a forte pressione. Il mezzo però più pratico di conservazione con questo gas per uso di laboratorio è certamente quello del suo soluto acquoso, con questo si ottengono dei pezzi di aspetto bello e che conservano perfettamente la loro elasticità e resistenza; le colorazioni però si alterano in generale molto meno nel gas semplice. — 168 — Con i funghi ho avuto ottimi risultati. Fino dallo scorso ottobre lio immerso in questo soluto, entro vasi ermeticamente chiusi, numerosi esemplari delle sottosegnate specie di Imenoraiceti. Sino ad ora essi hanno conservato il colore, l'elasticità dei tessuti, la turgidità come quando erano freschi. Esse sono: AnniUiiria niellea, Coprinns domesficus, Pleurotus salùjnus, Hypho- loma fnsciciclare, Polt/porus sqiiamosiis, Phallus impudicìis, Boìetiis cduNs, Amanita pantherina, Lactarius volemus. L' Hypholoma fasciculare conserva perfettamente il suo colore giallo con tendenza al verdastro, VArmillaria )neUen mantiene ancora non solo il colore, ma anche il leggerissimo strato di mucillagine del quale è generalmente ricoperto questo fungo. " I Coprhiìis che sono così facili ad essere alterati, con questo liquido, hanno invece conservato intatto forma e colore. Il Phallus inipudicus invece appena immerso nel liquido ha perso il colore del pileo, conservando però benissimo i tessuti ; anche specie di funghi assai grossi, come il Folijponis squamosus, diverse specie di grossi Lactarius si sono conservati perfettamente. A ragione della stagione assai inoltrata non potei raccogliere altre specie di funghi e per questo non posso ora stabilire con certezza quali colori questo liquido alteri e quali ne conservi, pare però che ben pochi siano i funghi dal gas solforoso decolorati. Questi sono i risultati avuti cogli Imenomiceti che come si sa sono in generale di difHcilissima conservazione ; esperimentai poi il liquido anche con piante verdi. Immersi nel soluto di gas solforoso vari fusti con foglie e fiori di Salix, Vinca, Taraxacum, Tulipa, Primula, Chamaerops, Saxi/raga, Cercis, Pisum, Muscari, Chcirauthus, notai che il color verde scompare pressoché istantaneamente lasciando però perfettamente limpido ed incoloro il li- quido. Il color grigio terra caratteristico della corteccia di molte piante, come quello dei tronchi giovani di Salix alba si conserva inalterato, il rosso dei tulipani si è conservato assai bene, così pure il rosso scuro di alcune specie di Primule. Il color viola invece del fiore di Vinca di- viene rosso ; il fiore del Cercis da rosso-violetto passa al bianco e così pure quelli della Sax/fraga crassifolia. Il colore giallo è quello che meglio si conserva, infatti anche nelle parti delicatissime di fiori si mantiene perfettamente inalterato ; rima- sero quindi gialli come allo stato fresco i fiori di Taraxacum, il polline di Salix, il polline di Chamaerops, fiori di alcune specie di Tulipa con vari gradi di colorazione gialla più o meno intensa. — 169 — Con tale metodo anche la struttura elei tessuti del fusto, delle ra- dici, del fiore, anche nelle parti più delicate si conservano perfettamente in maniera da rendere possibile le ricerclie istologiche e morfologiche. Adoperando invece del soluto acquoso di biossido di zolfo questa sostanza allo stato gassoso, i colori dei vegetali si alterano assai meno, ed i tessuti mantengono la loro primitiva turgescenza. Cosi io tengo dallo scorso ottobre entro alcuni palloncini pieni di questo gas e sal- dati a fuoco, degli esemplari di Armillaria niellea, dei fioii di Tnr/efe^, dei Cirsinm e degli arilli di Taxiis Laccata, diverse specie di piccoli Coprimis e quasi tutti sono ancora come quando li introdussi nei vasi di vetro. Comunemente si usa nei laboratori come liquido conservatore l'al- cool più 0 meno diluito, la formalina ed inoltre delle soluzioni sature di cloruro di sodio, di sublimato corrosivo, di certi sali di piombo, ecc , ma questi, tutti presentano forti inconvenienti. Prima di tutto uno dei difetti maggiori dell'alcool nella conserva- zione dei vegetali è quello di scolorirli rapidamente in causa dello scio- glimento della clorofilla o delle altre sostanze coloranti. L'alcool nel quale è immersa qualche pianta fresca si colora, come ognuno sa, cosi intensamente da essere costretti a rinnovare il liquido ogni tanto per poter vedere il materiale di studio che in esso si conserva. Inoltre nell'alcool il plasma ed i tessuti a causa della perdita di acqua, si induriscono in tal modo che i cauli, le foglie ed ogni parte tenera diventano fragilissime in modo che in questo stato si debbono maneggiare con gran prudenza per non frantumarli e quindi consumare il materiale che talvolta può essere prezioso. Aggiungasi la grande fa- cilità che ha l'alcool di incendiarsi rendendone l'uso più o meno peri- coloso; senza dire dell'alto prezzo che è giunto ad avere in commercio specialmente in Italia dove si paga dalle 2 '/■> alle 3 lire al litro. Un altro liquido conservatore adoperato comunemente dai botanici in questi ultimi anni è il soluto acquoso di aldeide formica o forma- lina ; certamente l'uso di questa sostanza ha alcuni vantaggi sopra l'al- cool, ma anch'essa presenta non lievi inconvenienti: così è necessario conservare il soluto d'aldeide formica in luoghi freschi ed in boccie di vetro giallo o nero appunto perchè la luce Io altera; inoltre quando i vegetali contengono tannino, questo si scioglie dando al liquido colore bruno; di più se questa sostanza viene iniettata nei vasi sanguigni per rottura di veti-o per esempio, ess.i spiega nel sangue azione tossica con lesioni e disturbi gravi; gli stessi soluti acquosi anche diluiti applicati direttamente sui tessuti vivi sono dannosi, producendo infiammazioni e — 170 — necrosi rapida ed estesa, oltreché irrita gli occhi e le mucose in ge- nerale. Altro liquido conservatore è il soluto di sublimato corrosivo, ben poco oramai usato nei laboratori perchè annerisce i tessuti, per essere estremamente velenoso e per altri inconvenienti. Il biossido di zolfo invece non offre nessuno di questi difetti ; in- fatti non altera il colore di molti vegetali e quando lo fa, il liquido conservatore non si colora, per cui gli oggetti in esso conservati ri- mangono sempre visibili. I tessuti vegetali in esso immersi non si deformano, conservano perfettamente i loro contorni e si prestano ad essere sezionati come se fossero ancor freschi. Il prezzo di costo di questo gas è minimo ; un ettolitro di soluto acquoso, preparato in quantità, potrà costare dalle 3 alle 4 lire! Un altro vantaggio lo offre per la facilissima preparazione alla portata di tutti e pel facile trasporto del piccolo apparecchio che serve per la produzione; vantaggio di non piccolo conto, per esempio nei viaggi, nei quali il pallone dell'apparecchio si può sostituire con un pallone di piombo e renderne così sicuro il trasporto. L'anidride solforosa è di odore forte e pungente, ma la sua azione è semplicemente irritante non venefica. La luce non altera affatto questo corpo; una volta che i vasi con- tenenti i pezzi ed il gas sono chiusi ermeticamente e tolti cosi dal contatto dell'aria, l'anidride solforosa si mantiene indefinitamente senza alterarsi. Da quanto ho detto fin qui paimi che risultano evidenti i pregi del biossido di zolfo adoperato come conservatore, tanto in soluto acquoso quanto allo stato di gas e lo credo destinato ad essere di non piccolo aiuto agli studiosi. Istituto botanico della li. Università, di Pavia. Maggio 1900. AUl deirist: Bot: Università di Pavia-Vol. VI. TcìV.I. L'Aulore delineo Lil E Bruni Fama L Monlemarlini -Passaggio radice fusbo Alli clellist: Boi: Università (li Pavia-Vol.VI. ^wll. ,- ' ^ { - •^ * >3 r afe \ \ ?1 L'Autore <}^ Y M ')-',:^n\ to :,M,/;)i i^i^M'/i«v^ L Autore delineo Lib.E-Bruni-Pf»via L MonterT>artini - Melanconieae IV Contribuzione allo studio della organogenia comparata degli stomi — con 3 tav. litografate (Tognini) . . . ' _. Pag. I V Contributo alla ficologia insubrica (Montemartini) „ 4o VI Contributo alla morfologia ed allo sviluppo degli idioblasti delle camelliee — con 2 tav. litografate (Cavara) ,: f" VII Intorno alla anatomia e fisiologia del tessuto assirailatore delle piante — con una tav. litografata (Montemartini) . • • • . « ^'' VIII Briologia insubrica, prima contribuzione. Muschi della provincia di Brescia. (Farneti) . _. „ 11*9 IX La infezione perouosporica nell'anno 189.5. — Relazione a S. K. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio (Briosi). . . „ 145 X Esperienze per combattere la peronospora della vite coli 'acetato di rame eseguite ne! 1895. — Relazione a S. E. il Ministro di Agricoltura. Industria e Commercio (Briosi) ...•....„ UO XI Intorno alla anatomia della canapa (Cannabis Saliva L.) — Parte seconda. Organi vegetativi — con 26 tav. litogi-afate. (Briosi e Tognini) , IS'"^ Serie li. Voluxne V. I. Cenno su Carlo Vitladini (Briosi) Pag. m II. Rassegne e rapporti (Briosi i » ix-skvi HI. Seconda contribuzione alla Micologia ToSiaua; con 1 tav. lit. (Tognini) , 1 IV. Di una Ciperacea nuova per la Flora europea (Cyperus aristatus Rottb. var. Bvclceìeri Cav.); con 1 tav. litografata (Cavara). . „ 23 V. Contribuzione alla Micologia ligustica; con 1 tav. litogr. (PoUacci) „ 29 - VI. Ricerche di Briologia paleontologica nelle torbe del sottosuolo Pavese appartenenti al periodo glaciale; con 1 tav. litogr. (Farneti) . ,. 47 VII. Contributo allo studio dell' anatomia del frutto e del seme delle Opunzie; con 1 tav. litogr. (Montemartini) ......... .9 Vdl. Un nuovo micromicete della vite {Aweohasidium vitis Viala et Boyer var. album); con 1 tav. litogr. (Montemartini) „ 60 IX. Ricerche intorno all'accrescimento delle piante (Montemartini) . . „ 75 X. Esperienze per combattere la peronospora della vite coU'acetato di rame eseguite nell'anno 1896 (Briosi) ,, 145 XI. RassegnaCrittogamicapeimesiAprile, Maggio e Giugno 1898 (Briosi) „ 159- Xlf. Rassegna Crittogamica pei mesi di Luglio a Novembre 1896 (Briosi) „ 173- XIII. Appunti di Patologia vegetale. (Funghi nuovi, parassiti di piante coltivate); eou I tav. litogr. (PoUacci) . . . „ 191- XIV. Intorno ad alcune strutture nucleari; con tavole VIIMX (Cavara) „ 199 XV. Cloroficee di Valtellina. Secondo conti ibuto alla ficologia insubrica (Montemartini) >, 249 XVf. Studi sul The. Ricerche intorno allo sviluppo del frutto della Thea Cliinen.fis Sims. coltivata nel R. Orto Botanico di Pavia; con tavole X a XV (Cavara) 2*^5 XVII. RassegnaCrittogamicapeimesi Aprile, Maggio e Giugno 1897 (Briosi) ,, 327 XVIII. Rassegna Crittogamica pei mesi di Luglio a Novi'Uibre 1897 (Briosi) „ SU ARCHIVIO DEL LABORATORIO DI BOTANICA CRITTOGAMICA DI FAMA con molte tstvole. Volume I. Notizie generali — Sui microfiti della ruggine del grano. — Sullo S'porotrichmn viaydis. — Sul Protomi/ees violacews Ces. — Sulla propagazione artificiale dei cor- puscoli del Cornalia. — Di una cameretta umida per la coltivazione dei micromiceti. — Stilla scoperta di un discomicete trovato nel cerume dell'orecchio umano. — Intorno ad alcuni grani di Zea matjs anneriti — Studi sul parassita delle olive. — Sulla causa dell'allettamento del frumento. — Relazione sui parassiti delle foglie e dei rami di gelso. — Relazione sulla natura del male d'alcune spighe di frumento. — Due rela- zioni, l'una sulla malattia dei capperi detta il bianco, l'altra su quella dei vitigni. — Notizie bibliografiche sul Cì/stopns capparidis. — Sulla causa dell'alterazione di un grappolo d'uva. — Esperienze ed osservazioni sulla rugiada. — Osservazioni sui cor- puscoli dei bachi da seta. — Sul carolo o brusone del riso. — Bibliografia del bru- sone — Ricerche microscopiche sul sangue carbonchioso dei bovini. — Di alcuni uccelli raccolti nel territorio pavese. — SaW Uredo betae Pers. Voluine II e III. Notizie generali, — Sulle principali malattie degli agrumi. — Nuove ricerche sul hnisone del riso. — Sulla Eriisiphe graminis e sulla Septoria Tritici. — Sulla Segue elenco iii seconda paginv. ATTI DELL'ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA Seguito (U\r ArcJih-io Triennale, ecc. Serie II. Volume I. I. Rapporti, rassegne e lettere di maggiore importanza (Briosi). . Pa^ ,.lxxvi II. Esperienze per combattere la peronospora della vite, eseguite uè!- 1 anno 1885. Kelazioue a S. E. il Sig. Ministro di Agricoltura Industria e Commercio (Briosi) .... , III. Intorno ad una inalatila dei grappoli dell'uva (BaV^ariuij ' ' ' ' " \ IV. Esperienze per combattere la peronospora della vite, eseguile nel- " 1 anno 1886 (Seconda serie). Kelazione a S. E. il Sig Ministro di Agricoltura, Industiia e Commercio (Briosi) icq V Sulla vera causa della malattia dei grappoli dell'uva, ecc. (Cavarai " 047 VI. Esperienze per combattere la peronospora della vite, esesuite nel- " 1 anno 1887 (Terza serie). Relazione a S. E. il Sig. Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio (Briosi) 051 VII. Rassegna delle principali malattie sviluppatesi sulle piante 'culturali " T7TTT T . " *?']? ^^^ ^^^^^ 5"*'' ^' ^ occupato il Laborat. Crittog. (Briosi) 289 Vili. Intorno al disseccamento dei grappoli della vite. Peronospora viticola TV ,, (-omothyrnim Diplodiella e nuovi ampelomiceti italici (Cavara) 093 IX. Musolii della provincia di Pavia. Seconda centuria (Farneti) . . 305 X. SiU fungo che è causa del Bit ter- Fot degli americani (Cavara) . ' " 359 XI Intorno alle sostanze min. nelle foglie delle piante sempreverdi (Briosi) " ^8^ XII. Appunti di patologia vegetale. Alcuni funghi parassiti di ' piante " coltivate (Cavara) .,. XIII. Espeiienze per combattere la peronospora della vite,' eseguite nel- " ^^ 1 anno 1888 (Quarta serie). Relazione a S. E. il Sig Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio (Briosi) 437 Serie II. Volume IX. I. Cenno sopra Sauto Garovaglio (Briosi). p„o. II. Rapporti rassegne e lettere di maggiore importanza (Briosi).' .' ' .x-xèl! III. Contributo allo studio dell'anatomia comparata delle Canuabinee " (Briosi e Tognini) IV. Su Li composizione chimica e la struttura anatomica del fi-utto del " T7 T, ^ooiodoro, Lycopersicuìn escuUntum Mill. (Briosi e Giffli) i\ y Per difendfi-si dalla Peronospora della vite (Briosi) s /• . • „ ^^ U. Ancora sul come difendersi dalla Peronospora (Briosi) ^7 VJI Alcune erborizzazioni nella valle di (iressoney (Briosi) ' ' ■ - ^' Vlir. Intorno alla anatomia delle foglie mVEucalyptus glohulus Labil" " con 23 tavole litogr. (Briosi) IX. Sopra il percorso dei fasci libro-legnosi prim'ari'negli'orgauivegetaiivi " '" V Tir TVn" •-'''"^'"J'*''"''**''"""'''-'; con3 tav. litogr. (IWnini) 103 X Muschi de la prov. di Pavia. Terza centuria ; con 1 tav. litogr. (Fameti " Wó Xr. Contribuzione alla Micologia Lombarda; con 2 tav. lito|r. (Cavara) l 207 Serie II. Volume III. I. Cenno sopra Guglielmo Gasparrini. (Briosi) . pa„ II Rapporti, rassegne e lettere di maggiore importanza (Briosi) ' ' v.'i-xliv III. Ricerche di morfologia ed anatomia sul fiore femminile e sul frutto " -„ „ "6l Castagno (Castanea vesca Gaertn.) (Toguini) 1 IV. Una malattia dei limoni (Trichoseptoria Alpci Cavr) (Cavarti) ' ' " m V. Contribuzione alla micologia toscana (Tognini) 1 ■ ■ y. "> Z\t ?;^"?,'?''Ì,'lelia provincia di Pavia (Quarta centuria) (Farneti) ' • " "' go VII. SuU'influeuza di atmosfere ricche di biossido di carbonio sopra' lo " TTrrr r ^^''"Pl'o « '" st'uttura delle foglie (Montemartini) . 00 vai. lutoino alla anatomia della canapa (CnwMaW* ^ató'a X)'(B'rio'si e " ,„ ^ Togniui) — Parte prima, Organi sessuali — con 19 tav. litoer 91 IX. Intorno alla morfologia e biologia di una nuova specie di " Hvme- " nogaster „ (Cavara) •' „, , X. Epaticologia insubrica (Farneti) " 931 XI. Ulteriore contribuzione alla micologia lombarda (Cavara) . . . . " 313 Serie II. Volume IV. I Rassegne Crittogamiche (Briosi) ... p II Eelazùme sulle sperienze con acetato di' rame contro ia 'peronospora ^" ^ III Relazione sulle sperienze per' combattere il' Brus'one del 'riso fOr],za " ^^"^ òativa hj (Briosi, Alpe, Menozzi) ... n XLIV Segue eìfiico in tersa pagina. New York Botanical Garden Libran 3 5185 00258 9172 ■■'i^ ■-S*' J^JS^' //-?p«??