H jS^./^so. A. ^ ATTI DELL' ACCADEMIA PONTANIANA VOLUME V. ^bS>^sXB^ NAPOLI STABILIMENTO TIPOGRAFICO DEL TBAMATER Strada S. Sebastiana N.° 30 primo piano. 1853. ALLA MAESTÀ DI FERDINANDO II, RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE eie. etc. eie. Sire Accademia Pontaniana , coi sentimenti del più profondo rispetto, osa presentare alla M. V. il quinto volume de' suoi atti. Noi intendiamo , Sire, di darvi con que- sta umile offerta , un lieve attestato della no- stra venerazione, e del nostro rispettoso affetto verso la Sacra Persona della M. V. Avvezzi alla più benevola accoglienza per parte di V. M. , noi abbiamo fiducia che, an- che in questa occasione vorrà animare con be- nigno sguardo i nostri letterarii lavori ; con quella paterna sollecitudine , con che la M. V. costantemente promuove e protegge le scienze, le lettere , e le belle arti. Pregando Iddio per la salute e prosperità della M. V. e della Sua Augusta Reale Fami- glia , ci segniamo col più profondo ossequio Di V. M. umilissimi e devolhsinn suddiii GLI ACCADEMICI PONTANIANI INDICE DEL VOLUME QUINTO NOTIZIA DE' LAVORI DELL' ACCADEMIA del Sogrelario perpetuo CilULIO MIÌ^EBVIRil Lavori dell' anno i848 pag- ^ Lavori deW anno i849 Lavori dell' anno 1800 ^AlV MEMORIE Intorno ad alcune monete di Jmalfi , di Salva- tore Fusco ^ con una tavola in rame . pag. i Intorno ad alcune monete Aragonesi, di Giuseppe Fusco , con due tavole in rame 1 1 Intorno ad una superficie anulare , secondo la quale potrebbonsi conformare le estremità de' Moli sporgenti in mare , di Vincenzo Antonio Rossi, con g tavole in rame -^^ Elogio funebre di Car lantanio de Rosa , del Cav. Francesco M. Avellino '^3 Di un nuovo pesce della famiglia de' gadini , di O.-G, Costa pag. 171 Nesidea , movo genere di Entomostrace j dello stes- so (con 4 lavale in rame) i83 Di una nuova maniera di calcolare gli archi ter- restri di meridiano e di parallelo , applicata alla determinazione dell' arco di meridiano fra Montjouy e Formantera , di Fedele Amante . 189 Paleontologia del regno di Napoli (parte prima) di 0, - G. Costa ; con iS tavole in rame . . 233 NOTIZIA DELL'ACCADÈMIA PONTANIANA PER GLI ANNI 1848, 1819, E 1850 Letta aW accademia dal segretario perpetuo GIULIO MINERVINI. Signori Colleglli v-^onlinuando la precedente relazione de' lavori dell'Ac- cademia, darò un breve ragguaglio di quelli che si riferi- scono ad un infero triennio ; cominciando dall'anno i84.8, e terminando al i85o. Io dividerò , al solito , la mia narrazione secondo le varie classi, nelle quali l'Accademia è ripartita. Nel 184.8 varii lavori furono presentati, pertinenti alla classe delle scienze naturali. Il cav. Pasquale Panvini lesse un cenno intorno alcuni misteri in medicina ; ed il cav. Giambalista Quadri fece argomento di una sua discussione il sistema terapeutico della idropaiia. VI Anno 184-8. Ma un lavoro di più lunga lena fu esibilo dal prof. Oronzio- Gabriele Costa. Ognun sa quanto sieno importanti le ricerche intorno a' fossili o animali o vegetabili, i quali si rinvengono nella crosta terrestre. Soventi volte è dato al naturalista di ravvisare nella dura pietra generi e specie tuttavia esistenti, soventi riconosce varietà perdute, o al- meno più non visibili in date località, E di questi fatti attentamente osservati si giova la scienza geologica , per risolvere que' difficili problemi, che sulla formazione e sulle modificazioni del nostro globo già tennero e tengono tut- tavia occupale le menti de' dotti. Questa scienza de' fossili, che acquistò a buon drillo all' immortale Cuvier il titolo di grande archeologo della Natura, formò il soggetto delle ricerche del professor Costa. La nostra paleontologia assai misera figurava al confronto di quella delle altre regioni ; perchè quasi nessun cultore aveva finora avuto fra noi que- sta branca dello scibile umano. Se ne togli pochissime specie studiate dal nostro illustre concittadino Filippo Ca- volini, nessuna ricerca si era fatta su' fossili del reame di Napoli. A questa mancanza provvedeva con un suo inte- ressante lavoro il dotto nostro collega. In seguito di pe- regrinazioni e ricerche falle con tutta la diligenza , e con tutto il sapere , il professor Costa esibiva per gli alti la prima parte della sua Paleontologia del Regno ; nella quale già molte specie bellamente figuravano : e prometteva la conlinuazioue delle sue ricerche , per una seconda parte dell' opera . Alla classe delle scienze morali si riferisce la memo- ria del sig. Vincenzo Antonio Rossi sulle opere pubbliche) e su coloro , che sono chiamali a sopraintenderle. Jimo 184.S. VII In quanto alla classe di storia e letteratura antica , ricordo due dissertazioni del sig. Conte Trojano MaruUi ; la prima intorno una latina iscrizione creduta antica ; la seconda conlenente un' appendice di osservazioni su' fatti militari di Annibale e de" Romani a Canne ; sulla quale storica ricerca erasi l'autore medesimo precedente- mente esercitato. Molti poetici componimenti, e di svariato argomento, furono presentati nell'anno 184.8 : ne furono autori Giu- seppe Campagna , Domenico Andreotti, Giuseppe Regaldi, e Giacinto de Sivo. Non vi additerò , o Signori , i parti- colari soggetti di queste differenti poesie. Sarebbe lo stesso che lungamente intrattenervi, senza darvi una idea precisa di quei componimenti; giacché è ben conosciuto che i lavori del genio non possono gustarsi , se non che sotto quelle medesime forme sotto le quali furono concepiti e prodotti. La classe delle scienze naturali fu particolarmente occupata in questo anno. Voi ben sapete che nell'anno 184.6 fu proposto il pro- gramma per lo concorso al premio di ducati cinquanta , dandosene l'argomento ne' seguenti termini = Descrivere la topografia medica , la meteorologia , le malattie predo- minanti, i rimedii naturali, la statistica e la storia delle epidemie di una delle Provincie del regno delle due Sicilie. Essendo state inviale al concorso due memorie , la classe occupossi a farne coscienziosamente l'esame. La pri- ma concernente la topografia e statistica medica della Ca- labria Ultra prima, fu giudicata immeritevole del premio ; la seconda relativa alla provincia di Terra d'Otranto colla epigrafe Metaponto fu dalla classe premiata, abbenchè non vili ^nno ]848. poche osservazioni facesse tendenti ad ottenerne il miglio- ramento , e la possibile perfezione. L' Accademia aderì volentieri al giudizio della classe, e volle che quelle osservazioni si comunicassero all'autore dottor Giacomo Glionna di Genosa , affinchè aver potesse il mezzo di perfezionare e di compiere il suo lavoro. Due chiarissimi colleghi ci furono rapiti da morte nell'anno 184.8 : Leopoldo Pilla^ e Michele Cimorelli. Il Pilla dedito sin dalla sua prima età agli studii della mi- neralogia e della geologia, pubblicò non pochi lavori re- lativi a queste scienze, studiando particolarmente le nostre vulcaniche regioni. Privato professore in Napoli era stalo da parecchi anni chiamato ad insegnar dalla cattedra nella università di Pisa, ove pubblicò varii pregevoli lavori: ed in questo uffizio lasciò miseramente la vita esercitandosi in una palestra assai differente da quella della scienza. Michele Cimorelli dotto cultor delle lettere , segna- tamente italiane , die per le stampe alcuni saggi de' suoi studii : molte lodate scritture , delle quali tra poco dire- mo , e la gloria del suo nome furono T unico retaggio della sua famiglia. La biblioteca si aumentò in questo anno pe' doni de' Signori cav. arcidiacono Luca de Samuele Cagnazzi, Pie- tro Calcara, mons. Giuseppe Capozzi, ab. Matteo Carpino, cav. Giuseppe de Cesare, Niccola Corcia, Salvatore Fenicia, Ambrogio Fusinieri , ab. Giulio Genoino , ab. Raimondo Guarini , Federico Lancia, Visconte de Lapasse, Gian Ales- sandro Majocchi , cav. P. S. Mancini , Giuseppe Melucci, P. Alessio Narbone, Francesco Pais , cav. Pasquale Panvini, cav. Pier Alessandro Paravia, dott. Francesco Romani, dolL ^nno 184-9' ix Giovanni Sannicola , Gennaro Serena , Giacinto de Sivo , Francesco Sav. Sorda, cap.° Francesco Sponzilli, cav. Mi- chele Tenore , Ulrico Valia , e Stanislao Zigarelli. Ricevemmo pure la continuazione del giornale econo- mico di Principato ulteriore; e della nuova serie del giornale il Progresso, a cui l'Accademia trovavasi associata. II Nell'anno 184.9 "^ ^'S- Vincenzo Antonio Rossi pre- sentò una elaborata memoria analitica sulle superficie a- nulari a cono dire t [or e. Per quanto si appartiene alla classe delle scienze na- turali, ho a rammentare una nota del sig. Giuseppe Ignone, colla quale propose il modo di correggere un difetto essen- zialissimo del vino asprino: una memoria del sig. Oronzio Gabriele Costa contenente alcune osservazioni sopra i denti de' pesci : e finalmente un accurato lavoro del sig. Achille Costa, relativo alla storia della Tentredine produttrice delle galle delle foglie del salice. Né tralascerò la menzione di un discorso del cav. Salvatore de Renzi intorno le condi- zioni della medicina in Italia dal 6 alV n secolo dell' era volgare ; che alla storia delle scienze si riferisce. Alla classe delle scienze morali va riferito il lavoro sul nostro celebre concittadino Giambatista Vico , di cui die lettura in varie tornate il sig. Cesare Marini, In questa scrittura l' a. dopo alcuni cenni sulla vita di quel!' uomo insigne, a cui la posterità dovea tributare gli onori nega- tigli da' contemporanei , favellava delle sue opere , delle sue dottrine, de' suoi maestri. Non mi fermerò più a di X Jnno i849- scorrere di questo trattalo ; giacché il sig. Marini ne ha ormai fatta la puhblicazione in un separato volume. Per quel che risguarda la storia e letteratura antica, il sig. Luigi Firrao, socio corrispondente dell'Accademia, lesse un discorso sulle tragedie latine \ ed il sig. Oronzi© Gabriele Costa, innestando le ricerche sloriche colle cogni- zioni delle scienze naturali, presentò la illustrazione della così detta Grotta della Zinzanusa preleso tempio di Minerva in Otranto. Molli poetici componimenti furono in quest'anno pro- nunziali da' signori Giuseppe Campagna, Giuseppe d'Elena, e barone Francesco d'Epiro. Resero il meritato onore a' socii defunti con partico- lari elogii il sig. Conte Trojano MaruUi al cav. Antonio Na- nula , ed il sig. Lorenzo Morgigni a Michele Cimorelli. Riusciva quest' ultimo elogio di particolare interesse ; im- perciocché il sig. Morgigni annunziava la esistenza di molti manoscritti lasciati da quel nostro egregio collega. L'Ac- cademia intenta sempre a promuovere il decoro del pro- prio paese prender volle esatta conoscenza di quei mano- scritti , nominando una commissione composta de' Signori Giulio Gcnoino, Giuseppe d'Elena, e dello stesso sig. Mor- gigni. Rilevavasi dalla costoro relazione essere interamente compiuti e pronti per la slampa sette volumi del coi'so cri- tico esegetico delle lettere italiane , da servir di continua- zione al primo già da molli anni pubblicato : veniva egual- mente a sapersi che rimanevano quattro volumi di una gram- matica universale , la quale però non era ridotta a perfezio- ne , né compiutamente ordinata. La Classe delle scienze naturali fu incaricata dell'esa- Anno t84g- xi me di un'opera del sig. Giustino Marroncelli, che si offriva dall' a. pe' uoslri Alti : era essa intitolala sistema naturale di scienza della viva organizzazione deW uomo sano e malato: e l'a. annunziava richiedersi ancora mollo lavoro per condurla al suo termine. La classe riconobhe di fatti non esser l'opera a tale slato recala da poter vedere la pubblica luce ; e la restituì al sig. Marroncelli, perchè ne compisse la trattazione. Due comunicazioni furono fatte airAccademia dal prof. Oronzìo- Gabriele Costa. Colla prima e' fé conoscere di es- sergli riuscito di ritrovare un metodo per rendere i corpi opachi traslucidi e trasparenti ; in guisa da potersi sotto- porre alla osservazione microscopica nella loro interna strut- tura. Ricordava il prof. Costa che finora gl'Inglesi aveano raggiunto un tale scopo, per mezzo di una particolare so- stanza, a cui egli altra ne avea sostituita. Esibiva poi in altra adunanza un saggio della sua interessante scoperta sottoponendo alla osservazione microscopica una laminetta di una particolare sostanza : scorgevasi questa in parte pre- parata e resa diafana, in parte conservata nella sua primi- tiva apparenza. Ed era bello il vedere, osservando col mi- croscopio quel sito , su cui era caduta la preparazione , palesarsi internamente vascolari ramificazioni , quali son proprie delle organiche sostanze. La seconda comunicazione del prof. Costa risguardava il ritrovamento di un intero sche- letro di Maslodon angusiidens sepolto in un letto di argilla coperta di sabbia e di ghiaja, deposilo di un corso di acqua dolce a dodici miglia da Torino, verso Asti : il nostro col- lega richiamava questo novello fatto in appoggio delle sue osservazioni tendenti a dimostrare che le caverne ossifere, XII Anno i84.g. ed i depositi di ossami di grandi mammiferi s'incontrano sempre in valli abbandonate dal corso di grandi fiumi , o nelle loro sponde. Nell'anno i84-9 fu pubblicato il terzo e quarto fasci- colo del volume quinto de' nostri atti. Di molti illustri colleghi avemmo a deplorare la per- dita. Pasquale Borrelli uomo di varia dottrina, insigne ora- tore , e filosofo, ha lasciata di se grande rinomanza , nel compiere la sua gloriosa carriera fra le occupazioni del Foro , e delle lettere. Carlo Rocco valente matematico, passò la vita nell' in- segnamento della gioventù , al quale scopo diresse tutte le sue scientifiche produzioni. Salvatore Fusco fu dotto cultore di diplomatica, che applicò principalmente alla conoscenza della numismatica del medio evo. La sua memoria sul ducato di Re Ruggiero stabilisce le basi della storia della nostra monetazione, alla quale rivolse continuamonte lo studio : come n' è dato di rilevare dalle altre sue pubblicazioni, e dagl" innumerevoli manoscritti , preziosa eredità del suo figliuolo Giuseppe , altro nostro collega , il quale da molti anni segue le pa- lerne vestigia. Giosuè Sangiovanni^ uomo di semplicissimi costumi, formò soggetto delle occupazioni di tutta la sua modesta esistenza lo studio della storia naturale : conservatore del gabinetto zoologico della regia Università degli sludii ebbe a classificare la non piccola serie di animali ivi custodita. Poco scrisse della scienza da lui coltivata : e noi attendia- mo una notizia più particolare della sua vita e delle sue opere, segnatamente inedite, dal nostro valoroso collega sig. Francesco Briganti. Jnno /Soo. xm TJUimo ad essere rammentato è Giuseppe Tgnone , a cui va allribuita la lode di aver sempre falle utili ed in- gegnose applicazioni delle chimiche conoscenze. Olire la memoria de' socii residenti, non posso trala- sciar quella della insigne poetessa e nostra socia onoraria Maria Giuseppa Guacci \ e ricordo che ne fu dettalo l'elo- gio dal sig. Michele Baldacchini , di cui accompagnaron le lodi alcuni de' nostri colleghi eoa loro poetici lavori. Furono offerte in dono letterarie produzioni da' si- gnori Pietro de Angelis , Cap.° Giuseppe Bifezzi , dott. Antonio BoUicchio , Federigo Bursolli , Prospero Cabasse , cav. Vito Capialbi, Agostino Casazza, Federigo Cassitlo, Nic- cola Corcia, sig. Faider, Salvatore Fenicia, cav. P. S. Man- cini, Conte Gennaro Marnili, Gregorio Misarli , Vito Pasca- sio, Marchese Giammaria Puoli, ab. Antonio Rosmini, e Vitaliano Sabatini. Ili Ricco d'importanti comunicazioni e lavori fu l'anno i8!jo, eh' è pur T ullimo di questa succinta relazione. Cominciando dalla classe matematica, mi è necessario far menzione della memoria del sig. Vincenzo Antonio Rossi sulla questione se convenga o pur no deviare le acque di un fiume torbido : in una seconda memoria lo stesso col- lega , continuando le sue ricerche idrauliche , ragionava sidla sistemazione finale di Fai di Chiana^ su di che lauto 6i è lavoralo da' dotli. Il sig. Annibale de Gasparis scopriva colla sua dili- gente osservazione due nuovi asteroidi, in Giugno Parteno- ne , ed in Novembre Egeria^ a cui per suo volere dal cele- 2 XIV Anno 18^0. hre Leverrier fu imposta la denominazione : T illustre sco- pritore non mancò di farne sollecitamente intesa la nostra Accademia, la quale si congratulava con lui di questi no- velli trionfi, che non doveano esser gli ultimi per chi era destinato ad indagare con sì maravigliosa felicità le cele- sti regioni. Ricorderò tra' lavori pertinenti alla classe matematica, il rapporto sulle ricerche analitiche del sig. Rossi intorno le superficie anulari : imperciocché era in tal guisa accu- ratamente dettato , che l'Accademia volle se ne facesse la pubblicazione insieme colla memoria, alla quale si riferiva. Passo a favellare della classe delle scienze naturali. Il cav. Quadri die conto di alcune cure da lui felicemente eseguite, mediante il dolichos primens : ed il cav. Pan- vini lesse una dissertazione sul magnetismo animale. Se questi lavori risguardavano il più nobile degli es- seri, che abitino sulla terra; non mancaron di quelli che prendessero di mira le altre parti del regno animale. Di fatti il sig. Costa proseguendo le sue ricerche su' fossili del regno , presentava all' Accademia la relazione di una peregrinazione scientifica in Pietraroja, nella quale eragli riescilo di fare novelle interessanti scoperte, che arricchi- scono la nostra paleontologia ; e presentava ancora alcuni disegni di pesci fossili da lui studiosamente raccolti in quella poco osservata regione. E queste scoperte unite ad altre precedenti ricerche lo misero al caso di presentare altresì la seconda parte della paleontologia del regno, che formava alla prima una rag- guardevole aggiunta. Per quel che concerne la filologia, il sig. Guglielmo /trino iS.'jo. XV GasparrJni lesse le suo ouncrvazioni sopra un traiudamenlo linfatico in alcune piatile cereali. In qiianlo alla storia e IcUoralura anlica, non ho a ramrncnlarc che la memoria tiol socio corri spondcnle sig. Fraucesco l'irrao iulla vita e nulle trafjedie di Seneca. Vani lavori furono lelli perlinenli alU classe di belle Icllcre. Il sig. Conte Trojano Marulli recitò un ragiona- rncnlo sulla impOHHibililà di una fjrammalica univernale : ed il cav. Giuseppe de Cesare diede la dichiarazione di due luoghi della divina Commedia dell'immenso Alighieri non oscuri ma oscurali da male immaginali comenli. Nò mancarono i seguaci delle Muse di far sentire la loro modulata armonia ; recitarono di fatti poetici cornpo- Dimenìi i signori ab, Giulio Genoino , Vincenzo de ftitis , parroco Giuseppe Monluori, e Domenico Bolognese. Tacerò al solito gli argomenti delle loro pfjciie; rna ffirò una ec- cezione per la signorina Giannina Milli, la quale eslerapo- raneameute invitata pronunziava colla velocità del pensiero due sonetti colie rime date e sopra argomenti proposti. Esprimeva il primo il ritorno di Torquato Tasso nella sua patria, e 1' altro la impressione che riceve il poeta trovan- dosi in una società di cultori delle scienze e delle letlere. Nell'anno i8ì)o furono accresciute le stampe dell'Ac- cademia : che vide la luce il quinto fascicolo dei volume quinto degli Atti; fu impressa la notizia de' lavori [>er gli anni i84ij, i846, e 1847 ; fu compiuto e pubblicalo il terzo volume degli Alti, del quale la ilaestà del nostro Augusto Monarca dcgnossi di accettare la dedica ; e finalmente si compiè il primo fascicolo del volume sesto ; ed altra pub- blicazione ebbe luogo, della quale parleremo fra breve. XVI Anno 1800. Acquistammo pure la scienlifica corrispondenza colla Società economica di Terra di Lavoro , la quale e' inviava in dono la Campania industriale, ricevendone in ricambio un esemplare delle nostre pubblicazioni. La memoria de' moltissimi collegbi perduti in questo anno viene a funestare questa mia breve notizia. Il consigliere Giuseppe Castaldi integro magistrato col- tivò gli studii epigrafici , ed illustrò le patrie memorie ; mori carico di anni , mentre era presidente della reale Ac- cademia Ercolanese. Il cav, Giacomo Filioli acuto ed elegante scrittore , impiegato intelligente ed onesto , fini la sua onorata esi- stenza colpito da apoplessia, cbe lo tolse alle lettere ed agli amici. Voi già ne udiste l'elogio tessutogli dal suo succes- sore parroco Montuori.; a cui fecero eco il sig. Genoino con un sonetto , ed il sig. Guanciali con una latina elegia. Il cav. Antonio Niccolini fu artista ingegnoso ed istrui- to. Egli ha il grandissimo merito di aver fondato il reale Istituto di Belle Arti, di cui era Direttore, e da cui pro- vennero i nostri più valenti artisti pittori , scultori ed ar- chitetti. Nella scenografia fu maestro tra' primi , e se ne additano allievi , che già quasi ne agguagliano l' abilità ed il sapere. Fu per molti anni presidente della reale Ac- cademia delle Belle Arti , e Presidente generale interino della Società reale Borbonica. P'ilo Buonsanto^ uomo venerando , tutte le sue cure diresse a formar la mente ed il cuore della più tenera età. A lui dobbiamo una quasi enciclopedia pe' fanciulli : né trascurò di accompagnare i giovinetti con altra serie di più elevate produzioni. Laboriosissimo fino alla età più decre- Anno 1800. xvH pila, era inteso a' suoi sludii, quando fu tocco da apoples- sia, che in podio ore lo trasse al sepolcro i). Giuficppe d' Elena impiegalo nella Presidenza della Pub- blica Istruzione collivò le Muse italiane , per quanto gliel consentivano le sue giornaliere occupazioni ed i doveri della sua carica, ch'egli esattamente adempiva. Ma gicà discorrer ne udiste più largamente dal sig. Scipione Volpicella, che succedendogli nel posto accademico gli rese il dovuto onore di un elogio. L' ab. Matteo Carpino ^ del quale recitò le lodi in quel- r anno il sig. Francesco Saverio Arabia , può paragonarsi a Vito Buonsanto nella cura di educare le tenere piante a beneficio della società, e ad ornamento del proprio paese. Molte opere didattiche , e specialmente un corso di storia universale, furono il prodotto de' suoi studii. A questa dote accoppiava anche quella di essere un felicissimo verseggia- tore. Egli fu mollo amante dell'Accademia ; e ne' suoi ul- timi anni costretto a non lasciar la propria abitazione per una sventurata caduta, che gli divietava di recarsi altrove, non mancò d' inviare a quando a quando opere da lui messe a stampa, 0 poesie manoscritte. Assai prematura fu la morte del giudice Lelio Carfora ; egli coltivava indefessamente gli studii etnografici, de' quali avea dato alcun saggio , e su' quali preparava più estesi lavori. Salvatore de Angelis era un dotto matematico, e pro- fessava da lunghi anni quelle difficili scienze, che mostrano i) Del Baonsanlo fu ietto l' ejpgio dal sig. ab. Paolo Emilio Tulelli nel seguente anno iSji ; e ci riserbiamo di parlarne nella notizia , che ne daremo. xviii Jìino i8So. la vastità dell'umana intelligenza. Non abbiamo a vantarne nuove speculazioni , o sublimi trovati ; ma diremo fran- camente che a lui ed all'altro chiarissimo collega France- sco Paolo Tucci è dovuta la schiera di tanti giovani ma- tematici, che si resero illustri con classiche pubblicazioni. La gloria di costoro non può andarne scompagnata da quella de' loro dotti precettori , da' quali appresero ad es- sere quel che sono addivenuti. Parlo in ultimo luogo del Commendatore Francesco Maria Avellino ;j?i/^T-j^(55i^v;jfT^,-^i'-;jpf5jf^f5P^ INTORNO AD ALCUNE MONETE DI AMALFI letta alV Accademia Pontaniana nella tornata de' 1 8 Aprile 184-1 DAL SOCIO RESIDENTE eM»^^t*£«« Jr^rima che l' illustre preposto Lodovico Antonio Mu- ratori con nobile esempio non desse impulso agi' ingegni italiani , tutto ciò che non portava seco un' impronta di alta antichità, e che di greco o di romano non sentiva , era presso quelli di poca attenzione , per non dire in dispre- gio, tenuto. Ora però mercè i progressi del nostro secolo, i monumenti del medio evo, abbenchè rozzi, incominciano ad essere ricercati ed avuti piìi in pregio ; siccome quelli che non solo punti si dispari ricongiungono dell'archeolo- gica disciplina, ma molto lume eziandio arrecano alla pri- vata e pubblica condizione de' nostri maggiori , fondatori ancora essi di non poche nostre civili istituzioni. Giusta- Tom.F. 1 2 Fusco mente pertanto , lasciando di parlare di altri monumenti , si raccolgono oggi le monete ai tempi di mezzo pertinenti, e come per lo addietro trasandate e neglette , quali preziosi gioielli nei musei si serbano; massime quelle dei varii si- gnori, che tolsero a dominare con diversi titoli le contrade ora formanti il nostro reame , appunto perchè ove più dense tenebre si scorgono intorno a diversi nostri domestici avveni- menti, in solenne guisa si vengono a chiarire , quando di rinvenirne di quel tempo ci vien dato. Il perchè avendo acquistate alcune monete, e riconosciuto appartenersi ad A- malfl , ho stimato che grata riuscirne dovesse ai numisma- tici la pubblicazione : tanto più che non ancora si è mandata in luce alcuna moneta uscita da si rinomata zec- ca , e gli scrittori che tolsero a ragionarne non ci han tra- mandate che vaghe ed incerte notizie. Ma avanti che di queste io tolga a favellare piacemi far precedere alcuni miei pensieri intorno ai tanto ricereali tari amalfitani. Nell'anno 1812 scrivendo sul ducato battuto dal re Ruggiero, accompagnai questo mio lavoro con una tavola di inedite monete : vi erano tra queste alcuni tari che dissi di non dubitare che avessero dovuto appartenere ad una par- ticolare zecca del nostro reame (i) : ora aggiungo che essi furono battuti precisamente nella zecca di Amalfi regnanti i normanni e gli svevi disUnguendosi specialmente dal- la loro forma e tenuta. Non mancano documenti che. ne assicurano del peso , e del valore , principale mezzo da potere riconoscere tali monete. Di fatti nelle antiche carte amalfitane stipulate dal ii46 al 11 92, rapportate nel tabular io amalfitano di Domenico Perris , Q nell'opera del (1) Vedi la mia Dwsert. su di una mo- io, n. ì. futa ilei re Ruggieri detta ducato , p. Intorno ad alcune motie/e di y^/nalfi 3 Pansa (2) s'incontra costanlemenle questa formola : prò pretto solidorum de iarenorum boni de A- malfi de untiis quinque de auro et quinque de argento ad tarenos qiiatuor per solidum. Gli editori degli annali del padre di Meo (3) trovando in un antico manuscritto notata una compra fatta iu Minori dal Vescovo Blauro nel 12 maggio 1262 indizione X , pel prezzo di 5o soldi di lari amalfitani de untiis quinque de auro et quinque de argento , credettero che i 5o soldi fossero slati uguali in valore a 5 once d'oro ed altrettante di argento ; sulla quale falsa ipotesi ragionando con grave errore attribui- rono il valsente di carlini tre al tari amalfitano , mentre questo per irrefragabili documenti non si è reputato mai minore di grana 12 %, né maggiore di i3 e due dena- ri (4). A chi è nota la miscela dei diversi metalli che fa- cevasi nelle monete di oro dell' imperatore Federigo secon- *^o (^) ì gli è facile intendere la forza della notata for- ca) Utor. di Amalfi, t. II, Notam. del- le quali once 5 tari 18 e grana 19%, /' jirch. della SS. Trinila delle monache essendo uguali a ducati 33 e grana 79 /^ , di Amalfi, p. 4i- e seg. ciascun tari amalfitano viene a risultare (3) Tom. XII p. 5ig. dal valore di grana I2/^ quanto è detto (4) Tra le diverse partite si in generi nella recata formola. che in monete , notate in nn fascicolo la una donazione poi fatta a 7 agosto senza titolo, di alcune inquisizioni fatte i3o2 da Giovan Pipino di Barletta al mo- nella provincia di Terra di Lavoro per nistero di S. Maria di Montevergine di farsi la liquidaziane delle rendite feudali taluni beni siti in Acerra , Licignano , ( Archiv. della Zecca , fase. 29 olim 3o, Pomigliano , Somma e Cisterna parte fol. 67. ) ve ne sono molte in tari amai- delle rendite degli stessi sono riportate fitani , i quali vengono ragguagliati a in tari di Amalfi , i quali vengono rag- grana 12% , come si può raccogliere dalla guagliati a grana i3% cosi: computato somma di essi che vien riferita in que- qtiolihet tareno amai/io prò gr. tredecim sta guisa: et lercia ( cit. arcìii\!. regis. i3oi F fol. ! Amalf. tur. CCLXX et lerci 227. ). \ad rat ione m de gr. Xll'/^pro (5) Giovami allegare due brani di do- f'dlentes \ quolibet cumenli che vengono a dichiarare quale ( "^ S-P- auri uni. V Ir. XVJII si fosse stata la lega adoperata nella fab- S- XY-IIII et sext. bricaiione degli augustali , e dei lari ■' 4. Fusco mola ; perciocché a simiglianza di quanto pralicavasì da questi , gli amalfitani componevano ciascuna libbra di 5 once di oro , altrettante di argento e due di rame , dalla quale tagliandone 3 60 tari , ciascun di essi veniva ad avere soli acini 8 J^ di oro puro , simile quantità di argento, ed acini 3 % di rame: e perciò il, suo fino com- putato alla ragione di grano i % l'acino, quando vale- va ai tempi di quell' imperatore (6) , viene a risultare del prezzo di grana 12 '/» , come abbiamo veduto d' essersi al- cuna volta speso. Ora i due notati tari , per me prima- mente dati in luce (7) , parmi che abbiano le condizioni volute dalla riferita formola, non altrimenti che parecchi altri , dei quali mi tornerà più acconcio favellare, quando tratterò dell' origine delle monete di oro di queste nostre regioni. Aveva io scoverto non solo i tari di oro , ma ezian- dio le monete di rame della zecca di Amalfi , due delle quali si trovano già da più tempo incise tra le undici ta- vole che andranno a pubblicarsi da questa nostra accade- mia ("), le quali unite alle altre che ora do in luce, Augustales auri , qui laborantur in pre- in quarta parte de tre , et in. Iribus par- dictis siclìs , fiunt de Carolis viginti et tibus de argento novo. Vedi Garampi , media; ita quod quelibet libra auri in sul valore delle antiche monete potijìcie, fondere tenet de puro et fino auro un- appendice di documenti p. 6, e 35, e la cias decem , tarenos septem et medium. citata dissertazione sul ducato di re Rug- Reliqua vero uncia una et tareni viginti gieri p. io. nota i. duo et medius , sunt in quarta parte de (6) Siccome ni! trovo di avere dimo- ere , et in tribus partibus de argento fi- strato in un' inedita memoria letta alla no, sicut in tarenis. — Aurum Tarenorum, reale accademia Ercolanese nella tornata quod laboratur tain in sicla Brundusti , dei 26 Novembre i SSg. quam in sicla Messane , est de caratis (7) Vedi i numeri 667. delle tavola sedecim et terlia; ita quod quelibet libra allibata alla citata mia dissertazione sul auri unciarum XII tenet de puro et fino ducalo battuto da re Ruggieri. auro uncius Vili , tarenos V. Relique C) Queste trovansi pubblicate fin dal- l'ero uncie auri tres et tareni XXY sunt V anno 1843 nel IV volume dei suoi alti. Intorno ad alcune monete di Amalfi 5 formano il numero di otto. Eccone la descrizione (8) : 1 . Dr. MAN50 Wcedux. Iscrizione partita in tre linee. ^ Busto di un personaggio di prospetto , con una specie di scettro nella destra. Appariscono nel diritto di questa moneta gli avvanzi della leggenda -|- HiS'lS XRISTqS bASILCH- bASIL€ ; e nel rovescio gli altri di -|- €MMANOVHA coli' effigie del Sal- vatore fra i monogrammi ni XG (9) , suoi tipi primi- tivi , che dappoi cambiaronsi con una seconda impronta , come si può raccogliere dall'incerta cosa che scorgesi tra la prima e terza impressione nel diritto , e dai resti della leggenda MANso vicedux nel rovescio. 2. Dr. 71/cNSo VICEDz Monn. des comics de /-t^ ~y^' .s^y.,» ^-jA -^^ INTORNO AD ALCUNE MONETE ARAGONESI ED A VARIE cittì CHE TENNERO ZECCA IN QUELLA STAGIONE la 3 Sì ©a a ii letta nella Accademia Pontaniana il dì 24 Luglio f842 DAL SOCIO RESIDENTE F. ra le antichità del reame napolifano , la parte che è stata pili trascurata , secondo il mio corto vedere , si è la numismatica dei nostri duchi , conti , principi , re ; dappoi- ché il Paruta , il Muratori , il Bellini , il Carli , il Saint- Vincens, il Garampi, e, per tacermi degli altri, i compilatori del museo Viennese lievemente ne toccarono. Né il lavoro di Cesare Antonio Vergara, che fu il primo a correre questo aringo a' suoi tempi malagevolissimo, è scevro da difetti, ben- ché il più completo si fosse di quanti fino a questo momento ne sono stati dati in luce. Né non puossi apporre qualche men- da a quanto su tal subbietto scrissero i due Diodati , ed ultimamente il dottissimo autore del sistema monetario del- 1 2 Fusco le due Sicilie. Laonde mi è venuto in pensiero di descri- vere ed illustrare alcune monete dei principi aragonesi , che ho trovato , parte nel medagliere di mio padre non per anco date in luce , parte non illustrate convenevol- mente. Possa questo mio tentativo, comunque esso sia, sti- molare i miei dotti concittadini ad entrar nell' aringo mede- simo 5 glorioso certo per chi è napolitano. Ad Amatrice , piccol villaggio in provincia ora di A- bruzzo Ulteriore secondo , si appartengono le prime due monete , delle quali V una ha nel dritto l' effigie di re Ferrante d' Aragona primo di tal nome , colla leggenda FERRANO VS REX , e nel rovescio un cavallo senza freno movente a destra con sopra uno stemma ( che forse ad A- raatrice s'appartiene) colla leggenda FIDELIS AMATRIX, e neir esergo una rosa fra due globetli (i). L'altra è simigliante alla prima e nel dritto e nel rovescio, se non che nell' esergo vi si scorge un M in mezzo a due rose (forse il nome dello zec- chiere), e sul cavallo invece dello stemma una rosa (2). La ca- gione che fece battere siffatte monete, quantunque dagli scrit- tori delle cose nostre affatto taciuta, pure malagevol cosa non è ad essere indagata da chi si fa a considerare le vicende politiche dire Ferrante primo, e le dissensioni fra lui ed i baroni del regno , le quali lungamente straziarono que- ste contrade. Ognun sa che papa Innocenzio Vili per antiche pre- lese contro il figliuolo del pomo Alfonso , e sul reame di (j) Tav. I : n. 5. (2) Tav. I , n. 6. Intorno ad alcune monete aragonesi i3 Napoli , fece lega coi principali baroni del regno , che ribellatisi combattevano a cacciare dal trono il loro sovrano (i). Moltissime città v' ebbero che seguirono le parti dei sollevati , e dato di piglio alle armi si sottrassero dall' obbedienza del principe aragonese. Onde confuse, e dispregiate le più sacre cose, e fatte arbitre della contesa le armi solamente , moltissime delle nostre città furonvi che ebbero a patire tutti quei danni che im- mancabilmente sogliono piombare su i vinti ribelli (2) , moltissime che furono pienamente rimeritate dall' aragojiese per esserglisi serbate fedeli , secondo le parti che impre- sero a seguire. Sul cominciamento di questi tumulti, men- tre gli animi degli altri popoli erano sospesi ed incerti pensando ai danni grandissimi che la guerra civile seco adduce , del partito cui era meglio appigliarsi , la città di Aquila edificata con tanta magnificenza dal secondo Fede- rico di Svevia (3) , fu una delle prime a levare il segno della ribellione. Invanita delle sue fertili terre, del numeroso popolo e della opulenza sua , travagliata da intestine discor- die , e concitata dalle promesse del papa sopramentovato (4), non indugiò guari a prendere le armi , e ad alzare bal- danzosamente la ribelle testa contro il suo legittimo sovra- (1) Guicciardini , Istor. d' Hai. t. I, 1. I, p. 7. Friburgo ij^S. ^ Costanzo, Istor. del reg. di Nap. p. 474 e 475. A- quila i58i. — Sunimoute , Istor. del reg. di Nap. t. HI , lib. V , p. 443. Nap. 1640. (2) Àqiiilae civitas^In questa si dìce> che essendosi la medesimafche era Con- tessa di molle Castelle nel distretto del suo ContadoJ ribellata >n anno 1 485 dalla Jedeltà di Re Ferrante I. con aver data la morte a lo M. .Ant. Cicinello Gover- natore, ed essersi data in ajuto a Inno- cenzo F'III inimico capitale di detto Re, per cui fu spogliata di Civita Regale etc. ut ili Privileg. p. f. 70. Toraus Primus Reperì. Provine. Aprut. Cit.etUlt. f. \i\. (3) De Vineis , Epist. t. II , 1. rv, e. XI , p. 177. Basilcae I740'~* trancili, Tìi- Jesa della cit. de IV Aquila p. LXIV. (4) Cirillo , Ann. della cil. delC Aquila car. 81, Roma i5-o. i4. Fusco no , spingendo tanto oltre la sua perfidia da battere quel- la moneta che ha nel diritto le chiavi papali , e nel rovescio un'acpiila, colle leggende Innocentim PP. VIII^ Libertas Aquilana (i). E si tenne tanto ostinatamente sal- da nel suo proponimento, che non depose le armi prima che tutte le città sue collegate non si fossero nuovamente ridotte nell' obbedienza del loro re (2). Non lungi dalla debellante maestosa metropoli, sulle rovine dell' antico Falacrine (3) celebre per aver dato i na- tali air imperatore Vespasiano (4.) , sorgeva ia quella sta- gione un villaggio , anzi che una città , di piccol popolo e piccolo ambito ancora più, che aveva nome Amatrice. Questa non ristette mai , benché debole si fosse , di tenersi salda nella fede e devozione del suo re , e di recargli in tutti i suoi bisogni soccorso : e forte mi ma- raviglio che di essa per questo fatto splendidissimo sia stato trasandato si indegnamente di farsi onorata menzio- ne , da quei che tolsero a narrare le cose avvenute nel nostro reame a quei tempi. Però l' animo del principe , composte le cose dello stato, non si mostrò immemore a si fatti servigli : dappoiché come appare da un diploma da lui dato l'anno i486 (che io debbo alle ricerche di mio pa- dre) donò alla fedele Amatrice per la devozione a se sem- pre serbata le terre di Civita Reale, della Rocca, ed i ca- sali della montagna di Rosilo , che innanzi appartenevano (1) Vergara Monet.del reg. diNapoli, Civita Reale, dove nasce il yelino {Star. p. 84. tav. XXVI , n. 1. Roma i7i5. delle due Sicil. tom. I , p. 90 ) , e noa (2) Passero , Giornale , anno i486. già in Amatrice come tenne il Cluveno C3) Ora che si mette a stampa que- ( Ital. Ant. 1. 1 , pag. 88G. Lugd. Batay. sta memoria debbo avvertire, che il mio 1624)- eh. amico e collega sig. Nicola Corda (4) Sveton. In fespas, cap. II. p,one r antico Falacrine presso la valle di Intorno ad alcune monete aragonesi i!) alla città di Aquila. Dono che le fu confermato da poi l'anno iì)36 dall'imperatore Carlo quinto (i). Dalle cose fin qui dette io tengo clic non debba sem- brare strano il conghielturare , che questa moneta, che ora vo descrivendo, sia stata battuta per essere documento del- la fede serbata da Amatrice al suo re , e che questa città ebbe fra le altre grazie e privilegii non ricordate dalle me- morie antiche, quella di battere moneto. Né mancavi di ciò esempio, che troviamo narrato dal Summonte, che attinse tal notizia dal rispettivo archivio , aver l' istesso re Ferrante conceduto alla città di Capua per fatti da essa operali si- miglianli a quelli di Amatrice , il privilegio di battere tor- nesi in rame ed in argento (2) , i quali non si cono- scono ancora , o perchè consumati , o perchè confusi fra gli altri battuti dalla zecca di Napoli , seguo non avendo che li distinguesse. D' altra parte più mi riferma in questa opinione la leggenda delle monete Fidelis Amatrix ; dap- poiché chiara cosa è che i principi aragonesi alle volte ebbero a togliere per emblema delle loro monete gesta da loro operate , affinchè se n' eternasse la memoria per quanto cosa umana il comportasse. E vagliami il vero , forse 1' autore della loro stirpe ( 1 ) Amalricis Civita s ^ In anno i4SG Re Ferrante concede all'università et huo- inini della Città dell Amatrice ob fideli- tatem erga eum observatam la Terra di Civita Regale, la quale alias fu di detta Città e per esso Re era stata concessa alla Città delFAijuila) perrebcllione della quale è devoluta ad esso Re , e perciò la restituisce alla detta università; etiam concede la Terra della Rocca , e li Ca- sali della Montagna di Rosilo , le quali olim furono di detta Città dell' Aquila rebelle come appare in Privitegior. f. 70. In anno i53G la Cesarea Maestà di Carlo Quinto con/Irma alla detta Università dell' Amatrice tutti li suoi privilegi; e franchine che le sono stati concessi per li retrori de questo Regno ut in Q. II, fol. 3ii Tomus primus Repert. Propine . Aprut. Cit. et Uh. f. 127 a t. (2) Sumni. Ist. cit. t. |III. 1. IX , p. 212. — Verg. O. e. p. 75. — Manna, /ìc- pert. alfab. delle scrii, di Capua, p. 2j5. 1 6 Fusco non fé coniare quella conosciuta medaglia col carro e la vittoria , e la leggenda victor Siciliae preci per ricordare la sua entrata nella debellata città di Napoli (i)? E '1 suo figliuolo Ferrante non accennò forse colla leggenda di quella moneta coronatus quia legitìme certavi (2) di avere supe- rati gl'impedimenti alla sua coronazione? e coli' altra se- renitati ac paci perpetuae avere alla fine fiaccato l' orgoglio dei mossi baroni , e vinte senza niun tradimento le armi nemiche (3) ? E non fu forse V istesso principe , che pose leggenda ad un'altra sua moneta recordatus misericor- diae siiae (4.) per additare l'agguato tesogli dal duca di Sessa da cui campò mercè il divino ajuto? Ancora tengo verisimile conghiettura essere state le monete di Alfonso se- condo e dell'incolpato suo figlinolo Ferdinando, aventi nel di- ritto l'armellino, e nel rovescio la leggenda in dextera tua salus mea (5) , battute al tempo dell'invasione francese (imitate da quella di Ferdinando primo) per mostrare che a loro traditi dai più stretti parenti , abbandonafi perfidamente dai loro sudditi , e combattuti da numeroso e potente eser- cito, solo scampo era Dio. D'altra parte ad un cuore na- politano veramente di qual dolcissima rimembranza non è la moneta ribattuta dal medesimo re col motto serena omnia , che avanti dal primo Ferdinando per diver- (!) Verg. O. e. tav. XXn, n. i. contrade (Fusco, Salvatore, iJiMert. su di (2) Verg. O. e. tav. XXIII, n. i e3. una mon. di re Rugg. delta due. p.6o), (3) Vedi il mio ragionam. intorno al- il che mostra quanto vadano lungi dal vero (ordine dell' armellino , p. 3i , e 33. coloro i quali pretendono esservi stati ne- (4) I^' giova avvertire esser questo non gli antichi tempi tari in argento, come be- già un carlino come e' pare avesse opinato ne in questo avviso sembra inclinare il eh. il Vergara (O. e. p. ^4, tav. XXIV, n. i), edotto collega Giulio Minervini {Inqua- ma sivvero un tari, ed essere stata questa tuor graeca diplomata p. 78.Neap.1840). la più antica moneta di argento di mag- (5) Verg. O. e. tav. XXVH , n. 2 e 3 , gior valore che si fosse coniala in queste tav. XXIX, n. a. Intorno ad alcune monete aragonesi i7 si fatti , ma per 1' obbietto stesso fu coniata , ed armellino si addimandò (i)? E Federico quel sapientissimo e sven- turato principe, non coniò forse quella famosa moneta col motto recedant velerà (2) per additare il perdono da lui concesso ai ribelli a sé , e traditori della patria? Lascio le altre monete come quella battuta dall' istesso umanissimo principe avente incisi nel rovescio i corni dell" abbondanza colla leggenda victoriae fruclus (3) , per disegnare che vinte le armi nemiche aveva egli seco fatta sorgere nel reame copia di ogni cosa , e quelle l' una battuta dal re Ferrante primo col motto insta tuenda (4-) , per mostrare la cagione onde era stato indotto a muovere sul monte S. Angelo, e l'altra da Alfonso secondo in oc- casione della sua assunzione al trono col motto coronavil et unxit me manus tua Domine (15). Che più mi allargo in parole? Egli fu ottimo e savio divisaraeoto dei greci, e romani , e dei nostri italo-greci di togliere ad emblemi delle loro monete cose patrie , affinchè ne restasse dure- vole memoria , e negli uomini futuri si destasse vaghezza d'imitarli. Avvegnaché avvisavano quei sommi non solo con savie leggi educarsi gli uomini a virtù , ma eziandio cogli esempii; nò solo cogli scritti, ma coi monumenti an- cora tramandarsi a' posteri le cose che furono. Epperò nei pubblici edifìcii , nei monumenti , nelle monete ritraevano sempre l' effigie o degli Dei tutelari , 0 dei fondatori , o dei cittadini che chiari venuero per civili , o per militari virtii : 0 fatti da loro operati , come paci , alleanze : od infine le doti naturali del suolo da essi abitato, come fra (•) Verg. 0. e. Uv. XXIX, n. a e 3. (4) Vcrg. O. e. tav. XXIII, n. 4. (a) Verg. O. e. tav. XXXII , n. 1. (5) Verg. O. e. tav. XXVU , n. «. 0) Verg. 0. e. tav. XXXU , n. 1 Tom.F. 3 1 8 Fusco le altre spezialmente vediamo nelle monete dei Tarantini, dei Cumani, dei Siciliani, e dei Metapontiai (i). Né mai Tenne meno questo costume nelle nostre contrade , ed i figli Io redarono dai padri , e l' aumentarono maggior- mente, benché ad una falsa una vera religione fosse suc- ceduta, ed i civili reggimenti cambiati si fossero. Onde quando il nostro reame era diviso ove in più, ove in meno grandi stati, nelle monete dei nostri duchi, o conti o prin- cipi, iu alcune, come in quelle di Napoli, vediamo effi- giata l'immagine di S. Gennaro (2); in alcune altre, co- me in quelle di Salerno , dove il S. Matteo (3) , dove il porto inciso col motto opulenta Salerno (4.) ; e così in quelle del ducato di Gaeta (5), e della gran contea delia Sicilia (6). Succeduta la monarchia, i normanni, gli svevi, e gli angioini sì dell' una che dell' altra stirpe , ed infine gli aragonesi sovrani V istesso costume , come poco anzi ho detto , serbarono. Chi non sa le monete di re Ruggiero , e di Guglielmo aventi nel rovescio il Salvatore ? Chi non sa che il fondatore della nostra monarchia fé battere nel decimo anno del suo regno , quando assunse suo figliuolo Ruggiero all'impero, una moneta, per eternare questo fatto, che ora ducato , ora ducale viene detta nelle antiche memo- rie (7) ? Chi non si apporrebbe al vero in sostenendo che le (1) Avellino , Opuscoli , t. II, p. 4° t (4) Lo stesso , O. e. tav. HI , n. 2. t. Ili, p. 132 e sea.— ho stesso, Ital.veler. (5) Lo stesso, O. e. tay. II, n. 5, 6, numis. 1. 1 , p. 87 , t. II , p. 20. — Lo 7,8,10,612. stesso, Bull. arch. napol. t. I , p. i3o. (fi) Lo stesso, O.c. tav. VI, n. i,2,3, (2) Fusco (Salvatore) Tavole di Ma- 4, 5, 6, e 7. — Capialbi , Memorie della, lete del reame di Napoli , e Sicilia, Tav. S. Chiesa Miletese p. XLII,e seg. tay. I. I , n. I , 2 , 3 , 4 , 5 , 6 , e 7. pubbli- n. 2, 3 e 4) tav. II. n. 3, 4 , e 5. cate nel IV volume di questi atti. (7) Oltre a queste pregevolissime mo- (3) Lo stesso , O. e. tav. V, n. 3 , 4 , nete pubblicate nella citata disseriazione ^, 9, e lo. sul ducato di re Ruggieri ài Sahatore^Vi- Intorno ad alcune monete aragonesi 19 monete di re Ladislao aventi nel rovescio le chiavi pa- sco (n.3, e 4 dell' alligata tavola), avvene un'altra al primo Guglielmo spettante (n.5 della citata tavola). Questa moneta in sul principio fu dall' autore aggiudicata a re Ruggieri, poiché la iniziale W non scor- gevasi chiara, essendo mal conservato l'e- semplare donde fece togliere il disegno ; ma non molto dopo avendone acquistati degli altri, nei quali nitidamente vi ap- pariva , egli rettificò l'allegata lezione , e dirittamente I' assegnò al primo Gu- glielmo ed al duca Ruggieri suo figliuo- lo nelle sue citate tavole di monete spel- lanti al reame di Napoli, e di Sicilia , le quali furono incise sin dall'anno i8i5,e presentale a questa accademia nel 1839, che le ha poi pubblicate nel 1 843 nel quarto volume dei suoi atti (Vedi il nu- mero 16 e 17 della tavola VII). Dopo le cose dette dall' illustratore del ducato di re Ruggieri ( p. 44 e segg. ) non par- m\ da dubitare che a somiglianza di quanto oprò questo nostro sovrano nel- r associare all'impero suo figliuolo Rug- gieri , il primo Guglielmo a perpetuare eziandio la memoria dello innalzamento a duca di Pugha del suo figliuolo pari- raeuti Ruggieri appellato ( Di Meo , an- nali, an. li 56 , n. 7 ), avesse fatta bat- tere la moneta già detta, la quale è an- cora per valore un ducalo, ed afiatto si- mile all' altro che innanzi il primo no- stro re aveva nel reame introdotto. Ha questa moneta da una parte le figure di due principi in piedi sostenenti ambou- na croce doppia , quello a destra con Coruna e globo crocigero nella sinistra ed accosto W HEX , r altro a sinistra colla spada nella destra ed un btretto in testa colla leggenda R DVX FlLlVS EIVS ; nell' opposta parte vedesi la elligie del Salvatore di prospetto col libro degli e- >angeli fra le lettere IC, XC. La figura adunque che scorgesi a sinistra si per U leggenda che ha da costa , che per esse- re vestita non da re, come quella che è posta a destra , deve tenersi il piccol Ruggieri che Guglielmo nell'anno 11 56 associò al regno, non altrimenti che 1' al- tro duca Ruggieri trovasi effigiato nel du- cato del nostro primo re, colla leggenda R DX AP ( Fusco Salvatore, cit. dissert. n. 2 e 3 dell' aUigata tavola, e tav. VII, n. 14 e i5 delle sue ricordate tavole di monete ec ). Ultimamente il signor Pfi- ster nel dare in luce questa moneta {Re- vue numismatique anne'e 1842 , p. 4^ ) male si avvisò attribuirla a Ruggieri re ed a Guglielmo primo suo figliuolo, per- ciocché la sua assegnazione ripugna aper- tamente alla storia ed alla effigiatavi rappresentanza. Di vero Ruggieri re non abdicò mai il reame a' suol figliuoli , ma sivvero 1' un dopo 1' altro rivesti del ducato di Puglia ; e benché V ultimo di essi che fu appunto Guglielmo il ma- lo , dichiarasse le , nientedimeno non lasciò punto della sua dignità ( Di Meo, Jnnali, ann.ii35-ii5i ). Né poi è prin- cipal figura quella effigiata a sinistra di chi guarda, e molto meno barbata e cur- vata dalla vecchiezza e dalle fatiche della guerra, come egli all'erma, ma invece se- condaria, imberbe e piii piccola dell' al- tra, sì per rispetto all' effigie del geuitorej come perchè quando Ruggieri fu dlchia- rato duca di Puglia da GugUelmo primo suo padre , era, siccome ho detto , di as- sai tenera età. Ma stimo ristarmi dal più oltre di ciò ragionare, avvegnaché m'è ferma speranza che voglia darvi ope- ra r istesso ili. autore , o meglio quei dotti che sopraintendono a si bella an- nuale pubblicazione , e segnaumente il eh. Cartier che mostra sentire molto ad- dentro nelle nostre cose numismatiche. 20 Fusco pali (i) fossero state battute, quando questo principe ven- ne proclamato senatore della capitale del mondo cristia- no (2) ? Ho ben degli altri esempli di altri re che tralascio per brevità di ricordare : solo dirò che nell' infausto governo viceregnale questa costumanza 0 venne meno del tutto, o pure non più fatti domestici , ma stranieri ne furono sub- bietto, E sì noi vediamo nelle monete del quinto Carlo im- peratore effigiate cose a quel principe pertinenti , come quelle che tengono il plus ultra per leggenda, che indica il conquisto di America , e battute primamente quando tolse la imperiai corona (3) , o il pax regum per dinotare la pace che l' imperatore fece col re di Francia (4.) , ove se ne tolga quella che ricorda l' assedio di Catanzaro (5) avvenuto ricorrente Tanno di nostra salute millecinquecento ventotto , illustrala tanto degnamente dal dottissimo mio amico e collega cavaliere Vito Capialbi (6). Ristabilita la (i) Verg. O. e. tav. XVII, n. 4- nel driUo,e nel rovescio le colonne tra due (2) Vitale, Storia diplomatica de' Se- tralci d'alloro col titolo MDXXX,che fu ap- natori di Roma , t. Il, p. 674. punto 1' anno dell' incoronazione ; ed in (3) Nota il Rosso (^Hislor. delle cose un'altra inedita che si serba nel medagliere ili ]\ apoti sotto l'imperio di Carlo V, p. di mio p^dre, che è identica a quella cen- 7Ì- Kap. i635) che l'araldo di Borgo- nata dal Rosso. Questa tiene dall'una gna , nel corso della cavalcata fatta per faccia la laureata effigie di Carlo rivolta r incoronazione dell' imperatore Carlo a destra, e la leggenda IMP. CAES. CA- quinto , andava glttando al popolo mo- ROLVS V AVG , e dall' opposta parte le nete che avevano dall' una parie la effi- colonne d' Ercole con un nastro che le av- gie di costui, e dall'altra le colonne di volge, ove scorgesi scritto PLVS VLTR A. Ercole col motto PLVS VLTRA, impresa La rappresentanza di queste monete ven- che aveva inventata Luigi Marliano da Mi- ne imitandosi, allorché si battettero le lauo, secondo riferisce Paolo Gio\ io {Delle cinquine ed i cavalli in Napoli regnando imprese, p. s4 e 25. Lione i5^4)-H'co- lo stesso imperatore CVergara, O. e. p.i 19, nosco queste monete in quella pubblicata tav. XXXVIII, n. 3, e tav.XXXIX, n. 5). dall' Agostino nelle giunte al Paruta (.Tav. (4) Verg. O. e. tav. XXXVHI, n. 4. CCXX, n. 36. Lugd. Batav. 1723), che (5) Guicciardini, Cit.ist.lib. XIX, t: ha la effigie di Carlo coir imperiai corona IV, p. 3i'. eia leggenda CAROLVSVIMPERATOR (ti) Sulla moneta battuta in Catari- Intorno ad alcune monete aragonesi 2 i monarchia da re Carlo Borbone questo uso fu con fausti auspicii messo iu atto nuovamente. E bene quel principe sapientissimo 1' anno millesettecentotrentacinque , che fu quello della sua coronazione a re delle due Sicilie , fé bat- tere le monete colla leggenda/a?<5/o coronationis anno lySU. E neir anno millesettecentoquarantasotte quando gli nac- que il suo figliuolo primogenito Filippo , che poi mo- rì , fé battere quelle monete lietissime per i napoleta- ni ; imperocché nell' esergo vi si leggeva populi spes , ed in ^xo firmata securìtas (i), come avesse voluto ban- dire a suoi popoli che ripigliassero gli animi, che s'ave- va no finalmente principi loro, né più sarebbero per soggia- cere alle calamità già sostenute ^di una dominazione stra- niera , e durissima ad esser comportata. Né è andato fal- lilo r augurio , che le Sicilie sotto la stirpe Borbonica bau provato savio ed ottimo reggimento, di guisa che la me- moria di quel grande non si cancellerà mai negli animi nostri , e sempre con lagrime ne ricorderemo il nome venerando. E qui piacemi, dipartendomi alquanto dal proposto sub- bielto, toccare lievemente di questa moneta dell' armellino or ora ricordata , che la opinione in voga intorno ad es- sa non mi sembra salda affatto. Il Summonte pare che avanti a tutti abbia detto essersi dal primo Ferdinando bat- tuta una moneta detta armellino col molto inalo mori quam foedari^ in occasione del perdono concesso a Marino zara il iSiS. — Amato Slor. della cit. dubbio su di acUiui suoi particolari. Vedi di Catanzaro, \). i63. — Verg. O.c. tav. il n. io delia tavola li. XXXVIII, n. 5. E qui non voglio trala- (i) Rocco, Dei banchi di Napoli e del- sciare di esibire il disegno di questa pre- la loro ragione, t. I, tav. XI, n. a e 3 , ziosa moneta, che conservasi nel citato me- tav. XII, u. i e 3. dagliere di mio padre, per essersi mosso 2 2 Fusco Marzano duca di Sessa (i). II Vergara seguendo cieca- mente ciò che quegli avea narrato , tenne non esser per- venuta a notizia dei posteri siffatta moneta (2) ; quantun- que egli la pubblicava, come saremo per vedere, e poteva smentire quanto dal Summonte si andava asseverando. Ma alcerlo alcun che di maraviglia non può non arrecare il vedere qualche scrittore posteriore far lungo ragionamento intorno a questi armellini^ senza punto allontanarsi dal già narrato, mostrando così non aver mai viste nostre monete, o male osservale , e degli autori che ne favellarono peggio ancora giudicato. Innanzi tutto è d' avvertire che male si avvisarono i nostri scrittori nel tenere che la collana del- l' ordine dell' armellino istituito da Ferdinando primo fosse sfata ornata di oro e di preziose gemme con 1' armellino pendente , ed il motto malo mori quam foedari (3). Per- ciocché nei capitoli di questo ordine dati il dì XXIX set- tembre i4-65 , che il padre Blasi vide interi ed in parte pubblicò , si legge : El collare volimo sia fatto in questo modo cioè che tucto sia colligato de stipiti cioè tronconi de arbori^ in la cima de li quali siano in- serti dui ramicelli^ li quali incomenzano ad buctare fron- (1) cu. istor. t. III. p. 38o , e 49^- f' milil. calai, p. 76. Koma 1711. — (2) Verg. O. e. p- 79- Giannone , Deli istor. civ. del reg. di (3) D' Engenio , Nap. Sac. p. 675. Na- Napoli t. Ili , 1. XXVII , p. 424. Na- poli 1624.^ Vienennio , Milil. ord. orig. poli 1723. — lìeìyot, Hist. des ordr. mo- p. 77. Colon. Agrip. 1623. — Mirco, Orig. nast. relig. et milit. t. VIII, p. 279. Pa- equestr. sive militar, orditi, e. XIII. p. ris 1714. — Troyli , Istor. del ream. di 37. Colon. Agrip. i638. — Caramuele , Nap. t. IV, par. Ili , p. 3i6. Napoli Theol. Regalar, t. Il , p. 9 , n. 2411. i-j^y a 1754. — Lableè, 7a4/. desordr. Lugd. i665. — Mendo , De ordin. mili- de cheval. p. 287. Paris 1807. — Perrot, tar. § 18. p. i5. Lugd. 1668. — Giusti- collect. histor. des ordr. de cheval. civ. iiiano , Hisf. cronol. della vera orig. di et milit. pi. XXXIX, n. 7, p. 276. Paris tutti gli ord. equestr. e. LXIII p. 325. 1820.— Ruo , Degli ord- cavali, istii. Venetia 1672. — Bonanni , Ord. equesti. nel reg- delle due Stcil.ip.gi. Jiàf oli iS32. Intorno ad alcune monete aragonesi 23 de et similmente de sedie , de le quali escano fiamme , per modo che siano collocate inseme cioè uno stipite et poi una sedia , et in questo modo sia composto tucto el collare ; dal quale collare penderà avanti el pedo una imagine di Erminio bianco de oro smaltato in bianco^ a li pedi del quale sia uno breve con questa pa- rola DECORVM(i). E che in tal guisa esser doveva la collana di questo ordine bene apparisce dal ritratto a mezzo busto in bronzo di re Ferdinando che ora è nel real museo borbonico (2), e dapprima nella cappella della passione di nostro Signore nella chiesa detta di Monteoliveto si serba- va (3). Esso apparisce cogli abiti dell' ordine nell' istessa guisa che prescrivono i capitoli settimo ed ottavo (4) , e la collana non come i nostri scrittori ci tramandarono , ma sibbene come il recato oliavo capitolo stabilisce, tranne pochi paiticolari, siccome ho altrove mostrato (5). Yedesi ancora la testa del principe coverta dal beretto dell' ordi- ne alla cui diritta evvi effigiato l'Arcangelo Michele Santo tutelare dell' ordine , come bene avvertì il Blasi. E forte mi maraviglio come il Mazzella (6) ed il Summonte (7) , che videro questo ritratto facendo da esso togliere quelli che pubblicavano nelle loro opere , non si fossero accorti che lo stesso era per V appunto fregiato dell' abito e della collana di questo ordine. (0 Di 'BXasì, Lellera intorno all' ordine (3) Mazzella , Le vite de' re di Napoli dell' arminio , nella nuova raccolta degli p. 397. Nap. i594- opuscoli di autori siciliani, t. I , p. 287. (4) CU. cap. delC ord. dell' Ai'inell. p. Vedi ancova I capitoli deir ordine deirjr- i4 a 'S- m[7/mo da me ultlmanieute messo a stani- (5) Cit. ragion, ini. all' ord. dell' yir- pa pei tipi del Coster. mei. p. 20. (a) Vedi r alligata tavola del citato (6) L. e. mio ragionamento intorno alt ordine del- (7) Cit. istor. t. Ili, p. 23o. /' .ermellino. 24 Fusco Per favellare poi degli armellini dirò che il Vergara nella fav. XIX , nel dare in luce le monete a Ferdinando secondo spettanti, due ne riportò nei n. 2 e 3 colie armi solite a togliersi dai principi aragonesi da una banda , e dall' altra il topo delle Alpi spiritosamente andante verso destra con un cartello nell'area, ove evvi Decorum^ ed in- torno il motto serena omnia. La prima di esse tiene nel diritto la leggenda FERDINANDVS II. D. G. R. SI, l'altra poi ha solamente FERDINANDVS D. G. R. S.; onde chiaro apparisce dalle monete istesse da lui pubblicate apparte- nersi r ultima al primo , e 1' altra al secondo Ferdinando d' Aragona. Però oltre a ciò che si ritrae dallo stesso Ver- gara, e che non può rivocarsi menomamente in dubbio, al- tra ragione vi ha a tenere che quegli armellini coniati da Alfonso secondo, e dal suo figliuolo, fossero stati dapprima battuti nella stessa guisa da Ferdinando primo. Sappiamo dalla grazia concessa alla città di Napoli da re Federi- go (i) che i mezzi carlini .^ armellini e corone (2) ad- dimandati , per i gravi bisogni della guerra furono battuti di assai scarso peso e manco fine di quello che soleva praticarsi avanti. Or questi armellini del primo Ferdinando appunto di molto superano nel peso e piìi ancora nel ti- tolo del metallo , quei del secondo Ferdinando ; dappoiché i primi pesano acini 4-0, mentre gli altri non oltrepassano i 32. Né questi sono i soli armellini spettanti a Ferdinando primo , mentre se ne serbano nel medagliere di mio padre come quelli di Alfonso, e di Ferdinando secondo coli' ar- co Prh'ilegii et capituìi con altre grtv- stale queste monete addiraandale corone eie concesse alla fedelissima città di No.- legga la pagina 1 1 dell' opuscolo di Giovan poli et Regno t. I , p. 43. Milano 1720. WncenzoFusco sulle monete dette cinquine (_i) Chi am.nsse sapere quali si fossero baltute regnanti gli aragonesi, liìp.ii^i- Intorno ad alcune monete aragonesi 2S mellino nel diritto e la sedia col fuoco nel rovescio , ed il motto in dextera tua salus mea , i quali differiscono dagli altri dei principi successori nella leggenda del dirit- to , e nel peso (i). E forte è a maravigliare come a nessuno siano venute in mente quelle parole di un di- ploma di re Alfonso II , diretto a Giovan Carlo Tramon- tano, sui tipi che dovevano avere le monete che si anda- van battendo nella zecca napolitana , nel quale è parola fra r altro dell' Armellino non come nuova , ma innanzi usata moneta (2). n. Per una simile cagione che Amatrice , sebbene in di- versa stagione , è a tenere fossero state battute quelle mo- nete che mi fo a descrivere a Brindisi pertinenti. Brindisi magnifica città, ed un tempo capitale dei Salentini , sin dai suoi principii ebbe una propria zecca che fu sempre in atto sino a quell' epoca funestissima , in cui il nostro rea- me cadde sotto la crudele dominazione degli stranieri , ne- mici mortali di tutta prosperità di queste contrade. Non mi fo a celebrare la zecca brindisina quando questa città reg- gevasi a comune , dappoiché non è mio divisamento di dilungarmi in parole, che forse di molte ne avrei mestieri. Ma per toccarne lievemente ricorderò che 1' anno di nostra salute 1222 (3) Federigo secondo imperatore vi fece bat- tere i nuovi denari annullando i tari nuovi di Amalfi , e (1) Vedi quanto mi trovo di aver detto (2) Fusco Salvatore, cit. disserl. app. nel mio cenoato opuscolo intorno aW or- de docum. n. la. dine dell' armellino p. 27 e seg. , e nel- (3) Riccardo da S. Germauo , cronaca le note apposte alla p. ag. an. ma. Tom.F. 4 26 Fusco nel I23i (i) gli augustali ed i mezzi, monete bellissime sopra quante ne mandassero fuori in quella stagione le zecche italiane , e che non cedono punto alle antiche per finezza di disegno e leggiadria di rilievo : di guisa che favellando di queste monete il nostro eh. collega cav. Giu- lio Corderò di S. Quintino, degno giudice di tali studii , disse che per la bellezza del loro tipo possono stare a paragone colle opere degli antichi, e segnarono a que' dì Pera del risorgimento delle belle arti presso di noi {2). V ha chi ha spacciato per giunta alla cronaca di Riccardo da S. Germano 1' articolo che si legge dopo l' anno 1 28 1 , solo perchè per certo errore degli amanuensi invece di porsi avanti l' anno MCCXXXII, si è scritto MCCXXII, e facendo ingiusto rimprovero a chi non aveva arzigogolato su di tale errore , ha stabilito essere stati lavorali la pri- ma volta gli augustali non già nell' anno per me riferi- to , si bene nel 1221. Poiché è di qualche rilievo una tal cosa , e degna che sia rifermata con qualche possi- bile certezza], io mi ci intratterrò ma colla maggior bre- vità che mi potrò. Per indagare la mente di un isterico nei luoghi con- troversi io reputo che a tre cose si deve porre mente , air ordine da lui serbato cioè , alle cose che egli narra , e finalmente alla testimonianza dei suoi contemporanei. Venendo alla quistìone dirò che nella cronaca di Riccardo da S. Germano non si vede alcuna interruzione , né al- cun anno omesso , e che il suo autore non trasandandone niuno di sorte cominciando dall'anno ii8g trae giù difi- (1) Riccardo da S. Germano, cit. cron. sedule dai Marchesi di Saluzzo p. 17- an. "23i. Lucca 1 836. O) Dell' inslituz. delle zecche già pos- Intorno ad alcune monete aragonesi 27 lalo sino al 124.3. Or come lasciarsi solo l'anno 1232 quasi in esso niuna cosa fosse accaduta degna di memo- ria ? E poi la più parte delle cose, che egli narra, sono avvenute nell'anno 1282 e non mai nel 1222, come la canonizzazione di S. Antonio da Lisbona , comunemente detto di Padova, morto nel i23i, fatta da Gregorio nono il quale non fu esaltato al pontificato prima dell'aprile del 1227, siccome l'istesso Riccardo a questo anno ricorda. Ancora il cronista parla in tale anno delle nuove co- stituzioni di Federigo , e queste non furono emanate prima del 1232, come è stalo con valentissime ed irrefragabili ragioni provato da varii dotti uomini , fra' quali basta no- minare il Vargas , ed un Pietro Giannone (i). Oltreché se gli augusiali {mono battuti la prima volta, secondo lo stesso cronista dice, neli23i, come potevano capitare in S. Germano nel 1222 ? Ritornando alla zecca brindisina dirò che regnanti gli Angioini , si dell' una , che dell' altra stirpe , essa si tenne nell'istessa rinomanza per l'eleganza delle monete, che tutto giorno vi si andavano battendo , che una delle principali fu , ed a buon diritto reputata. Nelle età poste- riori , intendo sotto gli Aragonesi , e giù fino a che que- ste contrade non si condussero nella durissima condizione di provincia di un impero straniero, si sostenne mai sem- pre questa sua fama, se è a prestar fede a quanto si as- serisce dagli storici brindisini (2). Vengo ora al propo- sito donde mi sono dipartito. Istigato re Carlo Vili di Francia (3) , come è a (.) Giannone , cU. ,st. l. \ , e. VII. p. ,,8. Lecce .6,4. ^^ DeUa Monaca, memor. historic. del- (3) Guicciardini , c,X. utor. I. .. « antich. efedeliss. città di Brindisi I. II. 28 Fusco tulli noto , da quel torbidissimo ingegno di Lodovico il Moro e da altri che sulle rovine comuni d'Italia volevano sorgere a maggior grandezza , mosse alla conquista del nostro sventuratissimo reame. Le perfidie , le ribellioni dei nostri verso i loro legittimi sovrani , le calamità di ogni sorte patite da queste bellissime contrade fanno rac- capricciare a chiunque sente carità di patria , e venera- zione verso il suo re. Delle nostre provincie la piìi parte cede subito le armi all' esercito vittorioso , altre per es- sersi alquanto tenute salde al principe loro, soffrirono tutti gli slrazii che un nemico ebro di vittoria fa sempre pro- vare , come addivenne alla misera Gaeta (i). Solo però fra tanto nostro avvilimento ed infedeltà alzava balda la fronte contro dei Francesi vincitori l' animosa Brindisi , se- guita da altre piccole città (2) ; e per nulla spaventata dalla fine delle altre provincie faceva sventolare sopra i suoi baloardi il vessillo aragonese , e pugnava sì ostina- tamente contro re Carlo da esser poscia il principale so- stegno a Ferrante secondo nel riacquisto della perduta corona (3) : anzi dava ricovero alla principessa di Alta- mura Isabella , ed ai princìpi Cesare , e Federico , che fu dappoi re Federigo secondo (4.). Però quel principe (l'i Valsero , cit. giornale p. 94- Misanghe per fini dentro Brindisi, haiten- (2) Alli 20 di marzo i4g5- Re Carlo do trovato le porle aperte. Brindisini le hebbe tutto lo regno , salvo quattro terre misero in ordine con lijenti de le reliquie Brindisi in Puglia ; Tropea in Calabria; di Casa de Ragona , et vennero in Me- Lipara isola di Calabria; et Iseo, isola sanghe dove furo rotti li Franciesi , et pi- de Napoli dove fece dimora Re Ferrante gliato presane el Kicere di Francia Mon- per alcun tiempo. Passero, Cit. giornale -p- signor della Spara. Coniger , cronache , 70. — 1495. Vie 5 Madi. El Viceré di nella ;'(JCCo/) Della Monaca, cit. hist. 1. IV, p- un suo articolo inserito nel numero 19, 535. anno IV dell'omnibus, ed ultimamente (a) Primo a discorrere di questa mone- il eh. cav. Capialbl a p. io del citato ta SI fu il Vergara sulla fede del padre Sei- suo opuscolo , sulla moneta battuta in vaggio dandola al primo Ferdmando, indi Catanzaro il i528. 1' egregio Giov. Battista de Tommasi in (3) Tav. II , n. 5 e 6. Intorno ad alcune monete aragonesi 3i menli, ne trovasi di tal cosa fatta menzione. Però per tutti i riguardi sono tanto lontano dallo stimare la moneta col motto Fidelitas Brundusina ed il S. Teodoro sia stata bat- tuta a quei tempi, che anzi non dubiterei affermare che 1' a- raore delle glorie patrie avesse il p. Selvaggio abbacinato a segno da vedere cose non esistenti , ove di tutto altro uomo dovessi parlare che dì lui per ogni verso venerando. E tanto pili mi confermo in questa opinione trovando narrato dal della Monaca che a' suoi tempi di tratto in tratto ne com- pariva alcuna di queste monete siffatte, che egli attribui- sce a Ferdinando secondo. Certamente oltre all' essere stra- nissima cosa che esistendovi due diversi tipi , ve ne fosse alcun altro non del tutto simigliante ; è quasi inverisimile, e contrario affatto a tutti gli esempli di monete non che dei soli aragonesi, di tutti i nostri re, il trovarsene alcuna priva del nome del principe regnante , o del suo stemma. E sono tanto fermo in questa opinione che sosterrei essere stala la moneta riportata dal Vergara nel numero due della tavola XIII battuta nell' interregno che ebbe luogo dopo la morte della seconda Giovanna, anzi che darla alla nipote di re Roberto come egli non dubitò di tenere , o che fosse fuori ogni dubbio un gettone. Ancora ognuno che sia lie- vemente perito della nostra istoria sa quanto erano di siffatte cose gelosissimi i nostri sovrani, di modo che la città di Chieti nell' implorare da Carlo ottavo il privilegio di poter battere monete, solennemente protestava nella sup- plica, che in esse si dovessero togliere per emblema le armi francesi, ed il nome del re, e non altro (i). E pure ben si sapeva che quel principe straniero in queste regioni , e ti) Ravizza , documenti chietini t. Ili , p. 12. 3 2 Fusco mal sicuro sul soglio conquistato, era largo di privilegi di ogni sorte alle nostre provincie per mitigare gli animi giu- stamente esacerbati pei danni dai suoi francesi sofferti, e rifermare Tia piii la sua dominazione. Per le quali tutte ragioni a me non sembra fuor di proposilo il conchiudere, come sopra ho detto , non essere mai esistite le monete mentovate dal padre Selvaggio , ma non esser impossibil cosa che Ferdinando primo, come ad Amatrice, e siccome pili innanzi dirò , a Capua , a Chieti , a Solraona ed air Aquila , avesse fra le tante grazie e larghi privilegi a Brindisi conceduto ancora quello di coniare monete , le quali come di tante altre sventuratamente è addivenuto , o sono andate affatto per V intervallo del tempo disperse , o giacciono ancora indistinte fra le altre aragonesi, Nulla- dimeno mi è ferma credenza che quelle rarissime monete per anco inedite , che si serbano nel citato medagliere di mio padre , le quali tengono nel rovescio accosto al cavallo una colonna sormontata da una corona, siano uscite dalla zecca brindisina (i) ; avvegnaché sì per lo stemma di Brindisi espresso a mio vedere dall' additata colonna , si per le cose che discorrerò intorno alle altre zecche del no- stro reame nell' età dei principi aragonesi , non troverei a quale altra città darle con verisimiglianza. (i) Tav. I, B. 8. Intorno ad alcune monete aragonesi 33 III. È tempo ormai che venga favellando di alcune altre città del nostro reame , che tennero zecca , e coniarono monete nella stessa età dei principi aragonesi ; tanto più che pochi scrittori ne hanno favellato , e notizie pochissi- me ne hanno ai posteri tramandate. Non è già mio divisa- mente di dilungarmi facendomi da alto in si ardue ed oscure investigazioni, e venire discorrendo o dell' età dei du- cati, 0 dei primi tempi della nostra monarchia; che lungo ragionamento dovrei fare, e di troppo sarei forse per dilun- garmi da quanto fermai nell' animo di favellare : onde ra- gionerò solamente di quelle dell'età dei principi aragonesi. Venendo al proposito dirò che fin dal secolo decimoquarlo , come le memorie fan fede , Solmona battè monete le quali furono prima pubblicate dal Vergara , senza assegnarne la zecca , indi da Francesco di Pietro nella sua storia di essa città (i). Queste hanno nell' esergo per emblema lo stemma del comune, che somiglia ad uno scudo ovale dove si leg- gono le lettere S M P E , tranne quelle battute dal terzo Carlo di Durazzo e da Ladislao, le quali tengono nel campo del diritto si fatte lettere, alludenti, come è ricevuta opi- nione, a quel mezzo esametro di Ovidio Sulmo mihi patria est (2) : come quella città volesse additare agli stranii a quale uomo avesse dato natali, ed ai cittadini proporre un nobile esempio da imitare , ed insieme la gratitudine delia patria a chi si sforza, quanto è in sé, a nobilitarla sia coli' opera, sia cogli scritti. Ottimo al certo e laudabile divisamente ; (I) P. i33, 343, jgg, e 3oc. " (a) Di Pietro, cit. istor. p. a45- Tom.F, ' 5 34 Fusco che niun esempio più del domestico può a virtù infiam- mare bene ornato animo, e distorre dal vizio un depravalo e malvagio. Nel medagliere di mio padre trovo una mo- neta non per anco pubblicata battuta da questa città a tempo di Ferrante primo di Aragona, la quale se non avesse 10 stemma di Solmona sopra descritto , ed invece dell' M a sinistra dell' effigie del re un S, affatto sarebbe simigliante a quella data in luce dal diligentissimo Vergara nel numero due della tavola XIII. E però giovami riportarne il tipo (i), non meno che quello di un' altra moneta pertinente a Carlo ottavo (2) di Francia alquanto dissimile da quella ripor- tata dal Vergara nel numero quattro della tavola XXXI, e dal di Pietro nella citata istoria (3). Che Aquila avesse battuta moneta sotto alla dinastia ara- gonese, non che sotto all'angioina, si rileva chiaramente dai documenti conservati nell' opera intitolata Regia munifi' cenila erga Aqaìlanam urbem variis privilegiis exornatam. 11 primo Ferdinando di Aragona le concedè il privilegio di poter battere monete , però non diverse per peso , lega^ e conio da quelle della zecca napolitana. E qui giovami trascrivere il brano del diploma di quel monarca che fa al mio proposito: Item dignetur ipsa Majestas concedere -^ (1) Tav. 1 , n. 2. meno che le altre due segnate coi nu- (2) Delle monete di rame battute nella meri 2 e 3 nella stessa tavola , la pri- zecca di Napoli a tempo dell' ottavo Carlo ma a Cosenza, 1' altra a Capua pertinen- di Francia , niuno che mi sappia ha fatto ti , secondo che cerca di provare con ajicora motto ; onde mi è sembrato non molti valevoli argomenti mio fratello Gian- spregevol cosa pubblicarne una del tutto Vincenzo in un suo ragionamento intorno inedita al numero quattro della tavola II , alle zecche ed alle monete battute nel che ha dall' una parte Io stemma reale di reame di Napoli a tempo di Carlo Vili Francia colla leggenda ffrOLUS D.G.R. di Francia, il quale or ora verrà pub- FR. SI ; dall' altra lo stemma di Gerusa- blicandosi per le stampe. lemme cogli avanzi della nota leggenda (3) Tav. II, n. i. XPS. VIN. XPS. RE. XPS. IMP, non Intorno ad alcune monete aragonesi 35 quod in Civitate Aquilae fat siala ubi cudatur moneta , modo , et forma ponderis, et ligae quibus cudetur Neapoli^ et in eadem sicla eadem Majestas praeponere, et ordinare unum Credenserium Jquilanum^ et Camera Aquilana tenea- iur , et valeat ponere , et ordinare unum , qui habeat te- nere rationes^ et calculos argenti^ quod dabitur cudendum in ipsa sicla. Placet Regiae Majestati quod fiat reintegra- no de sicla ipsa dictae civiiati ad cudendum tantum mo- netas argenti ejusdem ligae^ et ponderis prout in sicla Ci- vilatis Neapolis cuduntur dummodo non fiant aucellae (i). Né contento a tal grazia, concesse parimenti agli Aquilani r implorato privilegio di non poco rilievo, di tenere cioè una persona che facesse e conii e stampe , perchè molto eleganti e leggiadri in quella stagione dalla loro zecca u- scivano (2). Il che ci mena a conchiudere che quantun- que molte città del nostro reame avessero avuto il privile- gio di tener zecca , purfuttavolta i conii solamente nella capitale si fossero andati lavorando. Fra quante monete della dinastia aragonese sono fino a noi pervenute , sven- turatamente quelle uscite dalla zecca aquilana a questi (1) cu. prh'. p. 210. molto belli, e polili , e questo per essere (a) Item se supplica delta Maestà che poche l' entrate di detta Zeccha bisognan- sì come si è degnala reconcedere la Zec do dette stampe Jarse da altri, et in altro eha a detta community secondo la forma , luogo che nella Città dell' j4quila, tutto econtinentia dclli capitoli a quella per quello poco emolumento ne seguessese Prostra Maestà concessi, et in quella se- converteria in quello, adeo che la detta cnndo l' anticha essercitatione , e posses- Communità ne segueria o poco a niente, stane se permetteva, in essa potesse mei- et etiam V officio del mastro de prova se tere , e proponere ministri secondo l' or- ordina da detta Communità cioè della dine de detta Zeccha , vogli adunque de- persona reservala tamen provisione Do- gnarsi Vostra Maestà concedere che fra mini Gilii. Placet Regiae Majestati, ser- essi Ministri se intenda si come è stato valis tamen modo , forma, ordine, et fi- per li tempi passati t officio di far cugni, gura cudendarum pecuniarum quae , et e stampe, che quei si possono fare nella servantur in Regia Sicla Neapolitana : detta Città dell' Àquila che sefarranno cit. priv. p. 246. 36 Fusco tempi giacciono ancora indistinte per non avere chiara leg- genda che tali le dicesse , se non vuoisi dire essere di questa zecca quelle che tengono 1' efiìgie dell'aquila (i). E certamente , ove più autorevoli monumenti mancano, non sembra fuor di proposito attenersi in fatto di numismatica a quelli che piìi vanno al vero ; e d' altra parte a qual mai città , e con quanta buona ragione , se non ad Aquila, sif- fatte monete sarebbero da attribuire ? Si mettevano forse gli emblemi nelle monete a capriccio , e senza ninna ragione ? Non troviamo nelle monete di Carlo ottavo , che la loro leg- genda chiaro dimostra essere uscite dalla zecca aquilana , la croce ed un'aquila colle ali aperte e colla testa volta a diritta, emblema non diverso da quello che si ravvisa nelle monete aragonesi ? E chi non sa che l' imperatore Federigo secondo riuniti i diversi popoli dell' Abruzzo in una sola e magnifica città , volle che questa prendesse per stemma quel nobilissimo volatile (2) da lui tolto ad insegna delle vitto- riose sue bandiere per tramandare ai posteri questa sua azione, non altrimenti che in remotissimi tempi istituì Teseo in Atene le feste panatenee o dell' unione (3) , dopo aver raccolti in una sola città quei piccoli borghi dell' Attica , che allora si andavano reggendo per se stessi ed a comu- ni ? Onde stimo essere uscita da essa le monete pubbli- cate dal Vergara al numero tre della tavola XIII , e nei nu- meri uno e due della tavola XVIII, e quelle uno, tre e quat- (0 Vergara, o. e. p. Sg , e 60. — clricium signorum nostronim auspiciU , Muratori , anlichità italiane , dissertaz. jiquilae nomine decevimus titulandoTn ; XXVII. Delle zec. e del drillo o privil. De Vineis , o. e. t. Il p.178. — Pieti-asan- iH battere monete, p. ijiS. Napoli ij52. ta , tessere gentilizie , p. 404. (2) Vnius corporis civitas constniatur, (3) Plut. in vii. Tìies. — Paus. vel. qìtam ab ipsius loci vocabulo , et a vi- Graec. descript, lib. Vili. Intorno ad alcune monete aragonesi 37 tro della tavola XIX, e nel numero uno infine della tavola XX; le une alla prima, le altre alla seconda Giovanna, còme egli si avvisa, e 1' ultima a Renato pertinenti. Se non che prima di farmi più olire debbo avvertire essersi male apposto il Vergara nell' assegnare le monete che hanno per leggenda Regina luhanna , o luhanna Regina , parte alla prima , parte alla seconda sovrana di tal nome ; dappoiché a quella sono da attribuire : e quale esempio si potrebbe trovare di questa maniera fra i re normanni , svevi ed angioini ? Certo nessuno. E di vero nelle monete di Guglielmo il buono, del secondo Corrado e di Carlo secondo di Angiò troviamo ap- posto il secundus, e nelle altre di Carlo di Durazzo il tertius^ perchè distinte si fossero quelle di un sovrano da quelle del- l' altro dello slesso nome. Or come Giovanna poteva non apporvi il secunda contro all'operalo delle dinastie preceden- ti , massime della Durazzesca cui apparteneva , e confon- dere le sue monete con quelle della prima Giovanna ? 01- Irachè esistono monete con sicura leggenda che ne accerta r appartenenza alla seconda Giovanna , delle quali tanto più volentieri m'intrattengo a favellare, in quanto che fu- rono precisamente lavorate nella zecca aquilana. La prima di esse che si serba nel mentovato medagliere di mio pa- dre, ed è un mezzo carlino gigliato, tiene nella parte dirit- ta la regina sedente sopra un trono retto da due leoni, strin- gente colla destra uno scettro gigliato , colla sinistra il globo crocigero, ed in giro -{- lOHANNA. REGINA. SCA. DEI, GRA. che agevolmente leggesi lohanna regina se- cunda Dei gratia. Sul rovescio poi è nel campo una croce fiorita cantonata da quattro fiordalisi , non diversa da quella che appare nei gigliati , e nei robertini , col rimanente delia leggenda -|- HYGARIE. lERL. E. SICILIE ed in 38 Fusco fine una piccola aquila indicante lo stemma della città che la improntò. L'altra non ispregevole moneta è presso l'e- gregio Carlo Bonucci , che ha avuto la gentilezza di comuni- carmene il disegno a fine di farne qui motto. Essa è una cella (i) affatto simile a quella data in luce dal Vergara nel numero due della tavola XVIII, se non che invece di avere nel diritto la leggenda -|- REGINA IVHANNA tie- ne REGINA. IVHANNA. S., cioè regina luhanna secun- da. Le quali pregevoli monete ed uniche finora, tolgono via più ogni dubbio ad annoverare alla prima Giovanna tutte quelle date in luce dal Vergara e da altri , nelle quali non vi si vede aggiunto il secunda. Veramente io non so perdonare a quei che tolsero dopo del Vergara a favellare del sistema monetario delle due Sicilie , di non accor- gersi di siffatto errore. Oltre alle ricordate monete sono d'aggiudicare alla zecca aquilana quelle allegate dal Bel- lini di Giovanna prima , di Lodovico , di Ladislao e di Renato colla leggenda nel rovescio de Aquila (2) , non ch^. le altre date in luce dal Vergara (3) , dal Mura- tori (4) e dallo stesso Bellini (5) alla medesima regina e Ladislao pertinenti colle lettere AQLA impresse nel cam- po del diritto. In quanto alla stirpe aragonese, tengo aqui- lane parimenti le monete riportate dallo stesso Vergara al numero uno della tavola XXIII , e nei numeri due e cinque della tavola XXIV, non meno che 1' altra pubbli- co Fusco , Gianvincenzo , cil. rag- (3) O. e. tav. XVU , n. i, tav. XVHI , sulle mon. dette cinquine ec. p. i3. n. », n. 3. edizione seconda. (4) Della zecca e del diritto o priiùU- (2) De mon. Ital. med. aev. hact. non gio di battere moneta, diss. XXVII , p. evulgatis. à'iss. Il , f. io, n. i, a. diss. 4o7- Napoli 1752. Ili, p. 7, tav. II, n. I, diss. IV, p.9, tav. (5) O. e. diss. Ili, p. », tav. Ili, n. 2. II, n. I, e 2. Intorno ad alcune monete aragonesi 3 9 cala dal Parula (i) nel numero undici della tavola CCV. A queste monete altre due inedite sono da aggiugnere , r una al primo Alfonso , l' altra al suo figliuolo Ferdi- nando (2) spettante, le quali si serbano nel medagliere di mio padre , e che io a rendere sempre più compiuta la numismatica aquilana nell' età dei principi aragonesi , non ho voluto trasandare di pubblicare (3) , non meno che un raro cavallo di questo ultimo nostro sovrano , il quale ha neir esergo lo stemma di Aquila fra due rose , che negli altri già pubblicati scorgesi nell' area del rovescio (4). Sot- to Carlo ottavo la zecca di Aquila seguitò a battere monete in rame , in oro ed in argento , le quali da Ferrante se- condo e da Federigo furono fatte forse ripercuotere non altrimenti che quelle uscite dalle altre zecche del reame du- rante r invasione francese , affine di non fare patire danno ai loro popoli se mai venissero abolite : grazia che quella città in uno a Chieti istantemente implorava (5). Ed in ciò questi principi usarono di una grandezza di animo e ge- nerosità non comune ; dappoiché furono prodighi della gra- zia di non annullarle affatto verso una città, che non aveva mancato nelle occasioni di dare prove non dubbie di ani- mo inimichevole e ribelle verso i suoi legittimi re. Di que- ste monete ripercosse ve ne ha copia in rame , fralle quali è notevole una che io riporto al numero sette della tavola II. (1) Sicilia numismatica t. III. Lugd. cenzo in una sua meraoTÌA sulla introdw Batav. 1733. zione della moneta di rame nel regno di (a) In un' altra moneta inedita pari- 'Napoli , letta nella sezione di archeologia menti, e riportata da me al n. 9. della tav. e geografia del settimo congresso degli I , a bello studio leggesi nel rovescio in- scienziati italiani, vece di EQVITAS REGNI, + REX RE- (3) Tav. I , n. i , e 3. GNIEQVITAS, che cambia affatto il (4) Tav. I , n. 7. sentimento del motto , siccome si è pri- (5) CU. privil. aquil. p. 290 — R«- mamente avvisato mio fratello Gianvin- vizza , doc. chiel. t. Ili , p. 23, 4.0 Fusco In essa vedesi nel diritto l'effigie di Ferrante primo colla leg- genda FERRANDVS REX e le lettere guaste.... ANA {Civt- tas Aquilana) e gli avanzi della croce nel campo che a mala pena si discernono ; nel rovescio poi in un lato la corona ed i gigli di Francia : in mezzo il cavallo colla monca leggenda. . . . AS REGNI cioè Equitas regni. Il che mi mena a congetturare che forse per il breve intervallo di tempo, e per il momento e rilievo della cosa, il secondo Ferdinando avesse ordinato che si facesse uso invece della sua 3 deir effigie di re Ferrante primo. E nel vero nelle monete fatte ripercuotere dappoi da Federigo (ne riporto una al numero otto della citata tavola) non altra troviamo incisa che l'immagine di lui. Imperò delle monete battute in questa sì operosa zecca a tempo dell'invasione francese, niuna in prezioso melallo è pervenuta sino a noi, e solo se ne conoscono alcune_ in rame riferite dal Vergara (i) , nel quale metallo ne aggiungo un' altra assai singolare ed affatto inedita serbata nella collezione del fu illustre Dome- nico Diodali (2). A quei tempi batteva monete parimenti la città di Chieti (non diverse però da quelle della Città capitale), con- cessole tal privilegio dal medesimo Ferdinando primo (3) , invece dell' altro da lei imploralo di coniar carlini , cel- le (4.) , e denarelli , monete allora molto in voga nelle a- bruzzesi contrade. Questo privilegio di molto accrebbe Carlo (0 O. e. tav. XXX , n. I , a e 3. rano in corso in quei luoghi. Si veggono C2) Tav. I , n. 10. nel 1468 valutate a 5o e 55 per duca- (j) Ravizza, docum. chietini t. Ili p. j. to, e nel i473 a 60 ; per lo che si spen- C4) Il mio egregio amico D. Salvatore devano dapprima per grana due e poi Fusco mi assicura che dai conti dei per- tassarono sino ad un grano e due ter- cettori di Abruzzo Cifra ed Ultra rilevasi-, zi -. cosi il beoemerito consigliere Raviz- che siffatte monete col nome di celle e- znne\ cit. doc. chiel. t. Ili, p. 164. Tnlorno ad alcune ìnonete aragonesi 4-i oliavo di Francia (i) concedendo a' Chietini Ja grazia di battere monete di oro , e di argento, che da loro fu immanti- nente messa in atto, come si rileva chiaramente da un brano dei capitoli presentali da questo comune al secondo Fede- rigo re, il quale suona cosi : Et per oche la dieta Cita con privilegio de Re de Francza ha cugnala moneta de suo citgno se digna la Maestà vostra tale delieto remectere^ et che de novo per speciale gratia se permecta et conceda a la dieta Cita , cagnare et far cognare qual se vole mo- neta de rame argento , et oro , della bontà intrinseca et estrinseca con lo augno de casa de dragona .... (2). Delle monete uscite dalla zecca chietina , solo quelle battute nel breve tempo di Carlo ottavo sono a notizia nostra per- venute. Il Vergara nella tavola XXX numero quattro, ne riporta una in rame , ed il Baroncino (3) lasciò narralo nel- la sua storia manuscritta aver veduto nelle mani di un sf.- cerdote suo amico a nome D. Domenico Grossi una mo- neta di argento , avente da una parte 1' immagine di S. Giustino col molto THEATE REGIS GALLIAE MVNERE LIBER , e dall' altra le armi di Francia colla leggenda KAROLVS . D. G. R. FRANCORVM . SI . lE . Quanto a quelle aragonesi niuna tiene emblema o leggenda che chietina la dicesse , se non vuoisi slimare che il T, il quale si scorge nel campo , o nell' esergo di alcune mo- nete , sia la lettera iniziale di Teate , come anticamente venne chiamata quella città. Il che io non sono né per ne- gare , né per affermare ; tanto piii che il T potrebbe essere la lettera iniziale del cognome di Giovan Carlo Tramontano (0 Ravizza , cit.doc.X. Ili, p. io. Cremona i;8i.— Ravizza, ciV. rfoc. t. Il, (2) Ravizza , cit. doc. t. ITI , p. 23. p. 46, uota 3i. (3) AUegranza , opuscoli eruditi p. 21;, Tom.K 6 4.2 Fusco maestro delle zecche di Napoli e di Aquila a quell'età (i). È manifesto a tutti i nostri numismatici aver Capua battuto monete , ma niuna di esse con certi segni è a noi pervenuta , e vie meno quelle di Tagliacozzo che godette di pari privilegio. Pur tuttavolta se fosse permesso alle tante conghietture finora fatte aggiungere ancora quest'altra, sarei per affermare essere uscita dalla zecca di Capua la moneta che qui pubblico pertinente a Ferdinando primo di Arago- na, la quale è una di quelle dette coronati deW angelo (2). Questa è dissimile si per leggenda che per tipo da quella data in luce dal Vergara nella tavola XXIII numero quat- tro ; poiché essa tiene da una banda la testa coronata del principe con la leggenda FERDINANDVS ARAGO (forse Aragonensis) REX SICILIE lERVSALEM, dall'altra vedesi effigiato r arcangelo imbracciante uno scudo ovale colla si- nistra, nel quale a differenza degli altri, veggonsi due sbar- re incrocicchiate , e vibrando colla destra la lancia , nella cui estremità invece della bandiera evvi una croce. Cagione di sì fatto opinare ra'è questa forma di scudo, il quale, come ognun sa, fu tolto a stemma dalla città di Capua (3). Né maraviglioso deve tornare il vedere ritratto lo stemma di Capua sullo scudo di S. Michele ; avvegnaché per trala- sciare molti esempli , mi basta ricordare che quello degli Aragonesi è simigliantemente effigiato sullo scudo dell'ar- cangelo dipinto nella parete a sinistra di chi vuole uscire fuori porta Capuana , e l' altro della famiglia Rrancaccio nella simile immagine a tutto rilievo scolpita sulla porta del- la chiesa di S. Angelo a Nilo , ciò che apertamente di- (1) Fusco , cit. dissert. Jppeiid. dei (3) Beltrano, breve descriz. del regno docum. n. la, p. 83. di Nap. p.i23. ISap. iG^o. (2) Tav. I, n. 4. Inlorno ad alcune monete aragonesi X^ mostra non essere questo un costume affatto straniero all' età dei nostri principi aragonesi, che fu quella in cui venne im- prontala la moneta. Direi essere il C che è da costa dell'im- magine del sovrano la lettera iniziale della denominazione di quella città , ma temo forte di non andare gravemente errato, potendo essere quella del cognome dello zecchiere , il cui nome non è pervenuto ancora a nostra notizia ; tanto più che in altre simili monete , invece del C scorgesi un I. Però le iniziali CA che leggonsi in un cavallo di re Fer- dinando di Aragona, dato in luce dall' Agostino nelle giun- te al Paruta (i), sembrano poste senza alcun dubbio a di- notare la zecca di Capua ; poiché non vi ha esempio che i maestri di zecca abbiano apposta più di una lettera ad indicare i loro cognomi , come dall' attenta lezione delle aragonesi monete apertamente si raccoglie (2). Quanto a Tagliacozzo altro non posso affermare tranne di esservisi battuta moneta da Lodovico Antonelli patrizio aquilano , per ordinamento di re Federico di Aragona , siccome pri- mamente raccolse monsignore Corsignani da un privilegio dato in castello nuovo l'anno millequattrocentonovantasei (3j. Vuole r Infantino che Giovanni Antonio del Balzo Or- sino principe di Taranto , in una sua abitazione sita fuori le mura della città di Lecce , avesse battuto pubblicamente (1) O. e. , t. Ili, tav. CCIV. Feudi- G. R. AR. V. SI. Dall'altra parte poi ^A^DTs I, n. 3. ha lo stemma della monarcliia spagiiuola , (a) A' tempi di Ferdinando il Catto- contenente i quartieri dei rearai di Casti- lico è da assegnare la introduzione di glia , di Leone , di Aragona , di Sicilia, apporre plìi iniziali ad indicare non meno di Ungheria, e di Granata, fra le iniziali il cognome, che il nome eziandio del niac- I. T., che sono appunto quelle dello zec- stro di zecca , secondo che parmi rilevare chiere Giovanni Tramontano, e la stes- dal ducato di questo sovrano che ha dal- sa leggenda attorno FERKAISDVS D.G. r una parte la coronata effigie del re voi- R. AR. V. SI. la i dirilla, ed in giro FERNAINDYSD. (3) Reggia marsicana, t.l, p. 3i3. Ai Fusco moae(e di oro e di argento affidandone la direzione a Ga- spare de Argenteriis suo confidente , e maestro dei pesi e delle misure , il cui uffizio i suoi discendenti possedettero sino ad una età molto a noi prossima (i). Questo scrit- tore non dice se per propria autorità , o per concessione di altri imprendesse 1' Orsino a fregiarsi di una si rilevante prerogativa ; ciò nondimeno a chi son ben note le differenze che passarono tra lui ed il primo Ferdinando di Aragona, allorché ebbe a sostenere la guerra con Giovanni di An- giò , non parrà impossibile che in questo periodo abbia po- tuto il principe di Taranto , uno dei principali e più po- tenti signori del reame , aprire un' officina monetaria nel- l'ambito dei suoi vasti dorainii, e forse per concessione di esso Giovanni che egli aveva chiamato alla conquista del reame di Napoli. La quale opinione parmi tanto più da se- guire , in quanto che re Ferdinando desideroso di mettere termine a questa si aspra e pericolosa guerra , per tirare alla sua devozione Roberto Sanseverino , conte di Marsico e Sanseveriao, mercè la cui mediazione poi può affermarsi che la vacillante corona si fosse venuta a stabilire sul suo capo (2) , tra gli altri rilevanti patti sanciva cogli stipulati capitoli anche quello di potere il conte aprire nella città di Salerno , a lui conferita con titolo di principato , una zecca e battervi monete in oro ed in argento , che aves- sero portato però da un dei lati la effigie , o lo stemma ^el re. Ma forte mi spiace che oltre all' autorità del Costanzo (3) seguita da altri patrii istorici , non posso notare veruno altro particolare intorno alla zecca salerni- (0 Lecce sacra p. ■214. Costanzo, o. e. \>. 45o. C2) Fontano, de bello neapol. lib.II. — C^) O. e. p. 448. Intorno ad alcune monete aragonesi 45 tana apertavi sotto il dominio dei Sanseverino -, avvegnaché ninna moneta , che portasse impresso certo segno da farla tenere ivi improntala a questa età è venuta a nostra co- noscenza. Ora se Ferdinando fu largo col Sanseverino ed il lasciò fregiare di un tanto diritto per conservarsi un regno, non è improbabile, come diceva , che gli Angioini avessero simile privilegio concesso al principe di Taranto onde conquistarlo ; tanto più che con tali patti aveva potuto decidersi a chiamare Renato di Angiò alla con- quista di questa monarchia. Nò contra 1' asserzione del- l' Infantino , e le mie congetture può opporsi di non es- sere sino a noi venuta alcuna moneta del principe di Sa- lerno, o di quello di Taranto; perciocché a tanto ottenere ben valeva l' avvedutezza di Ferdinando , il quale nei giorni felici che vennero dappoi potette far distruggere que' mo- numenti che tanto altamente ledevano la suprema regalia del reame. Riguardo a Lecce poi a' tempi che si tenne sotto r immediata dipendenza dei nostri aragonesi sovrani , non dubito attribuire alla sua zecca la moneta di Ferdinando secondo avente V armellino nel rovescio colla voce Liei neir esergo (i), quando mi trovo compagno in questa parie al dotto Vergara di ogni fede quanto altri mai degnissi- mo in fatto di numismatica napoletana : non meno l'altra affatto inedita che ora qui do in luce (2) spettante a re Federigo d' Aragona , la quale non altrimenti che la cen- nata del suo nipote tiene incisa la patria nell' esergo del suo rovescio. Di queste armelline di Federigo certo inlese favellare la cronaca di notar Giacomo, ultimamente messa a stampa dall'egregio abbate Garzillo, ove riferi l'impor- (1) Vergara, o. e. tav. XXIX, n. 2. (a) Tav. U, n. 9. 4-6 Fusco (aule edillo che qui piacerai di allegare : ^ dì 2 de au- gusto 14.97 ^^ mercoridi fa emanato hanno per Joyanna da parte del Signore Regente per ordinacione dela Mae- stà del Signore Re che le armelline facte in Leze se devessero pigliare per ciascheuno a grana cinquo luna dove nde portava una in mano. Bene a proposito avvisò quel dotlissimo e nobile inge- gno , il quale disse che il male di coloro che si abbandonano alle conghietture è quello di non saper più mellero freno alla loro immaginazione (i). Non stando contento io a ciò oso asserire che quella moneta di Ferdinando primo pubbli- cala dal Vergala nella tavola XXIV numero 3 , non che r altra riportata dal Bellini (2) all' aragonese Federico spet- tante sieno uscite dalla zecca leccese ; dappoiché e per fab- brica e per peso non sono affatto simiglianti a quelle coniate nella napolilana, ed hanno la iniziale L fra due astri, che non è strana cosa il tenerla per quella del nome della città che l'improntò. La quale ultima congettura tanto più mi sembra probabile, in quanto che Antonello Coniger (3) ram- menta sotto il di 16 marzo dell'anno 1 4-85 che lo Signo- re Principe D. Federico fé chiamare tutti Baruni jenti- r homini , Cetatini della Cetà di Lecce nel Castello di detta Cetà e fé parlamento come la Maestà del Signo- re Re per haverse trovata la Cetà de Lecce tre volte fedelissima la prima alla morte del Principe di Taranto la seconda alla Guerra d' Otranto la terza al presente pare a Sua Maestà essere ingrato ad non remunerarla dove per questo li dona Inerito (4) per Casale agoraro (0 Avellino , opuscoli t. Ili p. 109. (4) Giovau Battista Pollidori in una sua (2) O. e. diss. I, p. 80 , n. lo. scrittura intitolata de falsa defectione (3) Perger , race, di cron. t.Yi p. 22. luritinae civìtatis ad yenetos , regnante Intorno ad alcune monete aragonesi l^-i per agoraro , e donanci il Privilegio al Sindico dove nde fora fatte feste e fini; per le quali parole, e pel riscon- tro della concessione della zecca di Capua non parrà im- possibile , che Lecce fio dal tempo del primo Ferdinando avesse balluta moneta. Dirò da ullimo male apporsi coloro i quali si lamen- tano, che neir immensa copia delle monete aragonesi vi mancano tuttavia quelle dalle rispettive città del nostro rea- me battute. Veramente dal fin qui discorso chiaro a me sembra, che moltissime di tali monete sono a trovare a chi si fa attesamente ad osservarne i diversi tipi. Né tutte le monete aragonesi si debbono tenere uscite solamente dalla zecca napolitana più che dalle altre città del reame conti- Ferdinando I Aragonio, dissertalio histo- rica, jiiibblicala alla pagina 184 del tomo XIX della raccolta del Calogerà, sostenne esser falso che allorquando i Veneziani assaltarono la provincia di terra d' Otran- to, onde deviare re Ferdinando dallo sta- lo romano e veneziano, i feritesi si fosse- ro ribellati dalla giurata fede al loro le- Sittimo re. Ma oltre ad altri antichi ri- scontri mostra il contrario il ricordato Antonello Coniger, che contemporaneo a tali avvenimenti si favella : 1480 Die 2i Jennaro venne in Lecce lo Prencipe D. Federico de Jragonia per caslegare chi iwesse fallito in questa Guerra, et re- munerare chi avesse Jatto bene.— Die i3 Marcii havendo la Maestà del Signore He Ferrante fatto fare lo processo so- pra la terra , et homini de Nerito tro- vati quelli esser stali principio, et causa d' ogni male , et rebellionc della provin- cia , fatti pilliare alcuni capi, et squar- tati in quattro pecci , et alchuni altri condannare in Esilio, alcuni altri in da- nari , li quali non nomino per honestà e per non esser prolisso per esser che fora numero infinito, dopo foro condan- nati tutti in comuni paricchi milliare de ducati, no però li fu donato uno premio per pagare presto ditta condennacione , che libero dalla soggetlione del Conte di Ugento loro Duca facto novellamente, e perdiina onne altro fallire, dove pagara subito tale condannactione , e fero fani e laminare de tale liberaci one fatto al- fhora — Die 1 5 Marcij la mulina per tem- po foro iniiiali 5 cento guastatori dentro Nerito dove li fo comandalo, che subito loro incieme culli Celatini derupassene le mura di Nerito et facessem , che ri- tornasse come a Casale dove fo tanto el pianto, e la grida per ciascuno Cetatino, etfeinina , che due Donne se disertare per lo rumore : in nove giorni fo schia^ nato tulio, che l' allegrezza passata tor- nali m amaritudine. Tom. V, della cit. raccolta del Per 31 e seg. 48 Fusco nentale, essendo manifesta cosa dai diplomi per me sopra arrecali , che tulle le monete da qualunque zecca fossero liscile dovevano avere tipi, e leggende, ed emblemi sirai- glianti, se si toglie in alcune qualche piccolo segno, come abbiamo rilevato , per far distinguere quelle da una città Laltute, da quelle di un'altra. Dippiù riferraa via maggior- mente la mia conghieltura l' essere le monete aragonesi prive di questi segni in immensa copia a noi pervenute , mentre delle altre ve n' è difetto grandissimo , che quelle improntate in Napoli come capitale, dovevano avanzare in abbondanza quelle coniate nelle altre rispettive città. On- de avviserei essere stata tale costumanza serbala dai prin- cipi aragonesi di fare battere da tutte le città del reame , alle quali rifermavano il privilegio di tener zecca , mo- nete uguali in tulio , tranne in alcuni particolari relativi ai tipi , come dissi. Avendo ridotto a principii le cose per me sparsamente delle in questa memoria , cade in acconcio venire alle- gando alcuni miei pensamenti intorno alle diverse spezie di zecche che vi ebbero nel nostro reame. E nel vero molle città vennero prescelte dai nostri re per battervi la moneta nel loro nome senza che esse vi avessero alcun diritto sulla regalia, né alcun simbolo vi avessero potuto apporre che ne contrassegnasse la patria : e queste città a vero dire pos- sono addimandarsi luoghi di zecca ; avvegnaché non un favore , non un privilegio , ma il solo volere , ed il comodo del principe ne determinava il sito. Fra questo novero fu- rono illustri Brindisi e Manfredonia a' tempi degli Svevi , sotto al reggimento di Carlo di Angiò Siponto , Brindisi stessa , Barletta e poi Napoli , che continuò maisempre re- gnando i successori sovrani. Furonvi delle città che ridotte Intorno ad alcune monete aragonesi 49 all' obbedienza di Ruggieri fondatore della siciliana monar- chia mantennero l'antica consuetudine di battere monete con apporvi alcun proprio contrassegno , come Napoli , Gaeta , ed Amalfi : ed altre che pei prestati servigi 1' ottennero dappoi come Aquila , Chicli , Solmona , Cosenza e simili , delle quali ho tenuto ragionamento in questa scrittura : e queste io le nomino di concessione. Perciocché spettando unicamente al principe I' alto diritto di zecca , qualunque comune sottoposto al suo dominio non può esserne fre- giato senza un suo speciale favore. Tra queste ultime però entrano innanzi tutte Amatrice e Brindisi , le quali eb- bero il diritto di tramandare a' posteri con acconce leg- gende impresse nelle monete, le domestiche memorie della serbala fede inverso dei legittimi principi. V ebbe ezian- dio concessione di zecca non a città demaniali, ma a feu- datarii, come sarebbe quella aperta in Capua dal principe Anfuso figliuolo di Ruggieri re (i), quella di Filippo (i) Mio padre diede a questo Anfuso me, ma insieme con quello dei loro ge- fipliuolo del re Ruggieri , la moneta da nitori (Fusco , cit. cai. Tav. VII n. 14 > lui primamente pubblicata nel numero 2 i5 , 16 e 17); anzi ancora quelli procla- della tavola IV del suo citato catalogo mali re e colleglli dei loro maggiori, non delle monete spettanti alla monarchia ardirono tanto , che le improntarono col siciliana , ma ora va nell'opinione che nome eziandio di quelli che innanzi tem- debba assegnarsi piuttosto a qualche prin- pò avevangli uguagliati al loro potere cipe di Capua anteriore allo stabilimento (Castiglione , mo«e giunto coli' asta superiore della croce, non Tom.F. n Jjo Fusco principe di Taranto e di Acaja (i) , e le altre I' una accordata a Matteo di Capua duca di Atri (2), e I' ultima altrimenti che la R è unita nella parte inferiore. Vorrà adunque assegnarsi que- sta controversa moneta ad un Atenolfo principe di Capua , arricchendosi cosi la serie di quelle uscite dalla zecca di que- sta città, della quale fu il primo a favel- larne mio padre dando in luce quella ce- lebre moneta spettante a Riccardo ancor principe di Capua {cit. calai. Tav. IV ji. i), le cui divinate leggende sono^ ve- nute ad essere iifermate da un più conser- vato esemplare, acquistato non ha molto dall'egregio dottore Giulio Friedlaender. Potrà quindi attribuirsi più ragionevolmen- te ad Anfuso figliuolo di Ruggieri, la mo- neta data in luce da mio padre ed a lui attribuita nel numero 3 della tavola IV del suo citato catalogo ; che non ripugna questa assegnazione con quanto ho espo- sto di sopra , avendosi in essa un chiaro documento di suggezione verso del suo re e genitore , tenendo segnata nel dirit- to la coronata effigie di lui colla iniziale del nome , e della sua dignità. (i) Quelle conosciute monete della spe- cie dei toronensi spettanti a Filippo prin- cipe di Taranto e di Acaja , che hanno dall' una parte una croce ed in giro PilS P.ACh.TAR.D.R.e dall'altra il castelletto di Tours ed intorno DE CLARENCIA , furono non in Acaja improntate, secondo che si sono finora avvisati quelli che di questa zecca han favellato, ma in Taranto. Questi tornesi dovettero essere in corso ilei principato di Acaja e di Taranto, non meno che nell'intero reame napolitano, secondo che lo erano quelli ivi battuti da Carlo di Angiò, i quali venivano computali venticinque per taii, siccome dimostrò mio padre in una sua memoria portante per titolo , osseivazioni sopra talune monete della zecca di Clarenza letta in questa accademia nella tornata dei 14 agosloi836. Di tale memoria tenne assai lusinghiero ragionamento il chiarissimo cavaliere di Sanquintino in una sua lezione intitolata, della parte dovuta agli Italiani nello stu- dio delle monete battute nelle proi'incie mefidionali dell' impero col tipo di dena- ri tornesi, delta nella reale accademia del- le scienze di Torino, che ha poi veduta la luce nel V volume serie seconda dei suoi atti. (2) Il monumento che conferma la esi- stenza delia zecca nella città di Atri quando veniva dominata da Matteo di Capua , si è una preziossissima moneta di argento che a ragione il Bellini, il qua- le primamente la pubblicò , disse non mai essersi da altri veduta {de mon. Ital. hact. non evulg-, altera disserlatio, p. i). Questa moneta da una parte ha la croce , ed intorno in caratteri franco-gallici M.D. CAPVA DVX ADRIE e sopra lo stem- ma gentilizio della famiglia ; nel rovescio poi evvi effigiata la figura di un vescovo vestito alla greca , ed in giro S. ÌNICO- LAVS. Con assai verosimiglianza il lodato autore tenne improntata questa moneta da Matteo di Capua, allorquando ne di- scacciò Giosia Acquaviva e la ridusse a devozione di re Ferdinando di Arago- na , il quale per guiderdone glie la conferì una al titolo di duca , sebbene non molto da poi , cioè nell' anno 14^2 la restituì ad esso re , avendone in cam- bio neir anno 1 469 la terra del Gesso , ed annui ducati trecento ( tomus pri- mus repertorii provinciae Aprutij dira et ultra, f. ■ 29 a t.). Adunque la moneta data in luce dal Bellini dovette essere improntata tra l'anno i4^3, ed d 14S2. Intorno ad alcune monete aragonesi Ki a Roberto Sanseverino principe di Salerno da Ferdinan- do primo di Aragona. Zecche aperte in occasione di ri- volte di città non mancarono nel nostro reame , che Na- poli ed Amalfi (siccome farommi a dimostrare altrove mercè i monumenti raccolti da mio padre ) sottrattasi dall'imperio degli Svevi pubblicamente battettero monete in argento , come di rame solamente la città deli' Aqui- la quando nella nota congiura dei baroni si accostò alla fazione del pontefice. Né per rivolta di città non dema- niali ma feudatarie si ebbe, a quel che pare, difetto di zecche ; poiché per tale può tenersi quella che Giovanni Antonio Orsino apri in Lecce , non che altre delle quali o le memorie mancano, o furono, composte le cose dello stato , fatte annichilare dai principi vincitori. Per estre- ma penuria di numerario, ed in occasione di assedio fu aperta altresì la zecca in qualche città del nostro reame, dei che unico esempio ne rimane in quella pregevolissi- ma ed isterica moneta improntata nel noto assedio di Catanzaro. Delle quali tutte spezie di zecche ho toccato, per quanto la brevità propostami il comportava , nel cor- so di questa memoria. Però resterà sempre un dubbio sulla ve- mostrassero suggezione di sorte inverso racit;, di questa assegnazione, percioccfiè del re; il che è contrario a quanto egli < 1 pare impossibde clie Ferdinando Del operò collo stesso principe di Salerno al concedere la citti di Atri alla famiglia quale, come abbiamo veduto, tale priW- di Capua le avesse eziandio conferito il legio conferì a patto che la sua effigie , diritio di zecca , e questo in sì ampio od il suo stemma vi si avesse dovuto ap- niodo, che le monete battute da essa non porre. DELLE ZECCHE RICORDATE IN QUESTA MEMORIA Amalfi. ........ pag. 2I), 4-9, 3i. Amatrice 12, 4-9. Aquila 14 j 34-j 49, Si- Atri 5o nota 2. Barletta 48. Brindisi 25, 32 , 4-8 , 49- Capua i5, 34. n. 2, 42, 49 n. I. Catanzaro 20, b'i. Cliieli 3i, 4o, 49. Cosenza 34 n- 2, 49- Gaeta 18, 49. Lecce 43, 45) 5i. Manfredonia 48. Napoli 18, 34 n. 2, 48, 49, Si. Salerno 18, 44 1 Si- Solmona 33, 49» Tagliacozzo 43. Taranto So n. i. TAVOLA I. I METALLO NOME DELLA MONETA ZECCA NELLA QUALE FU BATTUTA COLLEZIONE OVE SI CONSERVA PAGINA DOVE SI DESCRIVE Argento Alfonsino Aquila Fusco 39 2 Idem Ferrantino Solmona Fusco 34 3 Idem Coronato dell'Angelo Aquila Fusco 39 4 Idem Idem Capua Fusco 42 5 Rame Cavallo Amatrice R.mus. bor- bonico 12 b Idem Idem Idem R.mus. bor- bonico 12 7 Idem Idem Aquila Fusco 39 8 Idem Idem Brìndisi Fusco 32 9 Idem Idem Napoli Fusco 39 nota 2 IO Idem Denaro Aquila Diodati 4o C^/'Z/. /■ ■J-AMr, c?yj„ <&f.ta'A ^BMs TAVOLA IL N." I .METALLO NOME DELLA MONETA ZECCA NELLA QUALE FU BATTUTA COLLEZIONE OVE SI CONSERVA PAGINA DOVE SI DESCRIVE Rame Cavallo Solmona Fusco u 2 Idem Idem Cosenza Fusco 34. nota 2 3 Idem Idem Capua Fusco ivi 4 Idem Idem Napoli Fusco ivi 5 Idem Idem Brindisi Fusco 3o 6 Idem Idem Idem R.mus. bor- bonico ivi y|ldem Idem Aquila Fusco 39 8 Idem 1 Idem Chieti Fusco 4o 9 Argento Armellino Lecce Diodati 45 IO Idem Carlino Catanzaro Fusco 20 ,^..I/. éi^^^c/ù. 'àiÉbA^fàiÉÈnÉb&iéìbMt^^Èi^ÈiÉbàà&féiMii^iMi !IHIE)II€IE DEL PRESENTE FASCICOLO Intorno ad alcune monete di Amalfi^ di Sal- vatore Fusco pag. 1 Con una tavola in rame. Intorno ad alcune monete aragonesi , di Giu- seppe Fusco » li Con due tavole in rame. Prezzo del presente fascicolo gr. Il àP^i(^qg^y^y^ifJtTty#yj&v»ysi^»4^v^^^ Il DELL'ACCADEMIA PONTANIANA ——"•tooatmMtimm -^ FASCICOLO II DEL VOLUME V L'accademia Pontaniana pubblica i suoi alti in fascicoli afBnrl,^ pos.no sollecUan.eate conoscersi le «emone a misura et 'sono aj- Ogni fascicolo si pubblica subito che si ha sufficiente materiale <• senza astr.ngcrs. ad alcun determinato periodo o numerdi Si " Icrminat. i fascicoli che debbono comporre un volume si dà il hontespuio, la dedica, la storia de' lavori , ed il cataro desi acca demici da premettersi al volume medesimo. ^ ^ ;«> DA' TORCHI DEL TRAMATER \iì^?. iwmwmwfwi^'^^-iw^i :H» LXi INTORNO AD UNA SUPERFICIE ANULARE SECOUDO LÀ QUALE POTREBBONSI CONFORMARE LE ESTREMITÀ' DEI MOLI SPORGENTI IN MARE. DI Quelli che s'innamorano della pra- tica , senza la diligenza ovvero scienza, per dir meglio, sono come ì nocchieri che entrano in mare senza timone o bussola , e mai non hanno certezza ove si vadanoi Leonai\do da Vikci — Trattalo della Pittura N. XXIII, PROLEGOMENI ,.L e forme e le dimensioni da dare ad ogni bene intesa opera architettonica , non sono in generale arbitrarie del tutto : dipender debbono precipuamente dalle forze mo- venti e resistenti che agiscono sulle singole parti dell' ope- ra , e che debbono elidersi in parte , restando le resistenti ia eccesso sulle moventi. Le quali forze nelle opere idrau- liche non si possono avere come causate dal peso delle masse solide soltanto , come è in tutte le altre , ma vengo- Tom.F. 8 54. Rossi no a generarsi ancora pel movimento dei fluidi nei quali alcune parti di esse opere sono. Così la teorica sulla re- sistenza dei fluidi indefiniti o definiti , e le sperienze insti- tuite per comprovarne i rìsultamenti , od anche le ipotesi assunte a fondamento di essa, haa date le principali nor- me e regole per la scelta delle forme che meglio conven- gansi a quei corpi isolati nella corrente , che si addiman- dano pile o piloni , o ad altri ostacoli isolati del pari. Similmente a volere determinare le forme e le dimen- sioni da dare alle parli componenti im' opera marittima è uopo avere investigate e conosciute le forze che col movi- mento delle onde, o più generalmente delle acque del mare vengono a generarsi. 2. Se imperfetta è la teorica conosciuta col nome di teorica dei fluidi indefiniti , la quale in sostanza non esa- mina che la resistenza che offre 1' acqua stagnante ad un mobile galleggiante che per essa si muova , o quella che un corpo immerso in varia guisa offre ad una corrente che può aversi come ridotta alla equabilità e come avente un moto lineare, solo perchè non si conosce come un tal mo- vimento viene a modificarsi , ossia quali movimenti vada- no prendendo le falde fluide elementari nell' investire il cor- pò ; talché è uopo avere ricorso ad ipotesi , le quali rie- scono più o meno prossime al vero , secondo che meglio rispondano ai fenomeni naturali , o meglio ne spieghino gli effetti ; non è da meravigliare che sia imperfetta la teo- ria del movimento delle onde , o più generalmente del mo- vimento delle acque del mare ; dal quale dipender debbo- no le forze che operano sui corpi in esso immersi , o che è lo stesso, le resistenze dei corpi medesimi. La scienza dei numeri è giunta a potere esprimere in Intorno ad una superficie anulare. 55 termini generalissimi ogni affezione di molo di una massa fluida comunque sollecitala da forze. Ma colali espressioni clcganlissirae , sono di natura tanto Irascendenli che non ancora si sanno applicare neppure a tutti quei casi nei quali sola forza sollecitante immediata è la gravità. Onde poi è stalo bisogno ricorrere a varie ipotesi per le quali quelle espressioni generalissime diventale più semplici si fossero potute esprimere in termini finiti , almeno nella più gran parte dei casi particolari. Il movimento delle onde , o più generalmente il moto delle acque del mare, dipendendo da molte altre cagioni, come dall' impeto dei venti , dalla conformazione delle co- ste, dal modo vario del comunicarsi dei mari , dalla na- tura e giacitura del suolo sottomarino , dai corsi tributarli , e da molte altre cause , è chiaro , che quando anche le accennate espressioni generalissime delle affezioni del moto, fossero assai trattabili in termini finiti , non potrebbesene far uso , non solo per non potersi esprimere le varie forze sollecitanti la massa fluida , ma ancora per non cono- scersi tutte. Di qui è che pel movimento delle onde , come per alcuni moti delle acque correnti, fu mestieri ricorrere ad ipotesi , le quali , come è chiaro , non potevano luti' i casi comprendere. 3. Innanzi tutti il celebre Leonardo da Vinci studiò in certa guisa il moto delle onde. Newton di poi trattò an- cora qualche questione relativa al movimento delle onde , e più particolarmente andò rintracciando la velocità delle onde generate alla superficie di un liquido per uno scuo- timento inslantaneo. Presso a poco nei termini medesimi fu consideralo da La Place, La Grange, Biot, e Poisson. 56 lìossz Ma un tal molo, ognun vede, è dissimile dal movimento delle onde marine : le cause del quale sembra che non ab- biano nulla di comune colla causa dell' ondulazione super- ficiale suddetta. In Francia il marino La Coudraye , e l' ingegnere civile Bremontier fecero alcune ricerche di fatto intorno al moto delle onde marine : impresero un' esame dei fenomeni naturali che seguono pel movimento delle onde , ed il Bre- montier ne trasse conseguenze per l'arte di edificare. L'in- gegnere militare Emy stabili di poi una nuova teorica pel movimento delle onde . e fu suu scupu priucipalissimo ca- varne norme per l' Architettura marittima. E poiché le for- me e le dimensioni delle singole parti di qualunque siasi bene intesa opera architettonica, come ho assunto di so- pra ( I ) , dipender debbono dalle forze agenti e resistenti che ne investono ciascuna parte , è scopo principaUssimo delle ricerche di Emy il determinare quali forze vengono a generarsi per un tale movimento. 4.. La ipotesi da lui assunta a fondamento della sua teorica , mentre coincide con un sentimento emesso da New- ton , cioè che r ascensione ed abbassameato delle molecole acquee avesse luogo joer circulum^ spiega meglio di ogni al- tra tutu i fenomeni naturali che avvengono pel movimento ondulatorio delle acque del mare : e pare risultare chiaro , essere cagione principalissima del deperimento delle parti immerse di un edifizio marittimo il moto di traslazione che per la ondulazione viene a generarsi in alcune masse fluide inferiori , quando avendo grande ampiezza ed altezza la on- dulazione alla superficie , manca la profondità necessaria perchè le altre ondulazioni inferiori sminuendosi proceden- do in giù con legge di continuità , del tutto si estinguano Intorno ad una superfìcie anulare 57 in fine. Alle quali masse fluide può convenire ottimamente il nome di onde sottomarine di traslazione , perche gli ele- menti fluidi che le compongono si muovono realmente con moto progressivo, mentre il moto progressivo delle onde alla superficie non è reale nei loro elementi fluidi , ma solo apparente. Le onde sottomarine di traslazione adunque per la loro natura acquistar debbono una quantità di moto , e quindi debbono sviluppare una forza che vada potentemente ad in- vestire le parti immerse dell' edifìzio. Ed è chiaro che se fosse possibile esprimere in nume- ri colali masse fluide e la loro velocità corrispondente alla più grande ondulazione che presumibilmente potesse avere effetto al luogo deUo stabilimento di un edifizio marittimo,' si potrcbbono esprimere in numeri , e senza ricorrere alle espressioni trascendenti generalissimo del moto di una massa fluida comunque sollecitata da forze , quelle che a causa del moto ondulatorio delle acque del mare operano sulle masse resistenti di un edifizio marittimo ; e quindi si potreb- bero determinare in numero le dimensioni da dare alle sue singole parti , ed i limiti tra i quali si potrebbero variarne le forme ; e per modo da meglio soddisfare ad un tempo alle altre condizioni di economia , convenienza , e facile esecuzione. 5. Il signor Eray nella sua teorica non si occupa punto di cercare le espressioni numeriche di tali masse fluide che ho chiamate onde sottomarine di traslazione. Se potesse rintracciarsi la scala delle ampiezze ed al- tezze delle ondulazioni dell' intera massa fluida dalla som- mità al fondo , non sarebbe difficile nei casi di ondulazioni semplici il determinare la equazione della curva secondo la ss Bossi quale si accommoda il profilo di un' onda sottomarina di traslazione data V ampiezza e 1' altezza di una ondulazione alla superficie : e quindi la espressione numerica della for- za , che pel movimento di essa onda , anderebbe contro il corpo immerso. E difatto data la equazione di una curva può aversi come data Inarca di un suo segmento : e quindi nella specie si avrebbe la quantità di moto : conciosiaco- saccbè i parametri della curva profilo dell' onda sottoma- rina di traslazione e la velocità del suo movimento potreb- bero rispettivamente dedursi dalla ampiezza ed altezza di una ondulazione alla superficie e dalla successione di due ondulazioni consecutive; cose determinabili colie osservazioni. Non del pari sarebbe non molto difficile la cosa, quan- do si trattasse di ondulazioni composte ; perciocché in un tal caso sarebbe uopo incominciare dal determinare la equa- zione delle orbite percorse dalle molecole fluide alla super- fìcie : e la determinazione di colali orbite mi si presentò risultare dalla eliminazione di otto quantità tra nove equa- zioni differenziali nel caso di ondulazioni cospiranti , e di dodici quantità tra quattordici equazioni pure in parte dif- ferenziali nel caso di ondulazioni obblique , allora che nel 1837 <^3iido il primo corso di lezioni biennali sulle costru- zioni e sull'arte di progettare alla Scuola di Applicazioni di Ponti e Strade io me ne occupai. Onde chiaro si vede a quali difficoltà anderebbesi incontro volendo esprimere in numeri le forze che le onde sottomarine di traslazione svi- luppano. Ma fortunatamente in parecchi casi non è di asso- luta necessità il determinare numericamente l' intensità della forza agente che viene a generarsi per le ondulazioni: e basta solo il proccurare che la sua direzione si andasse variando al punto di applicazione per modo da eluderne almeno in Intorno ad una superficie anulare 59 parte l' effetto. Cosi il signor Emy senza farsi a rintracciare la quantità delle forze, effetto delle onde sottomarine di tras- lazione , va ragionando in vece , valendosi di rappresenta- zioni grafiche puramente geometriche , intorno al modo co- me poter fare che le masse fluide costituenti le dette onde sottomarine di traslazione andassero ad investire la faccia di paramento di un corpo immerso , parte di un edifizio marittimo, con direzione da potersi avere come parallela , almeno prossimamente , alla faccia medesima : e dimostra venire con questo ad eludersi ancora, od almeno a dimi- nuirsi r effetto delle forze dipendenti dal movimento orbi- colare degli elementi fluidi componenti le onde visibili. E ne deduce dovere essere di forma concava i profili del pa- ramento visto esteriore dei pìediritti o muri continuati da stabilirsi nel mare o sulle sue coste normalmente alla direzio- ne della traversia dominante , o poco ad essa inclinati. H quale profilo concavo potrebbe poi variarsi secondo la pru- denza dell' architetto, assumendosi o circolare, od ellittico, o cicloidale od anche spirale , ed è chiaro d' altronde dover esser guida alla scelta dell' una , o dell' altra di colali curve, le diverse maree , la natura della spiaggia 0 della costa , i materiali disponibili e simili. 6. Per li diversi lavori di essiccazione fatti in quella parte del bacino inferiore del Volturno che è alla sinistra del fiume dell' istesso nome , essendosi portati a sboccare i diversi con- dotti di scolo neir infimo tronco dell' antico Clanio, si valutò il vantaggio che sarcbbcsi ottenuto raddrizzandone il canale della sua foce che andava serpeggiando per su la spiaggia , col dargli sbocco diretto nel mare : e quanto sarebbe stato op- portuno il provvedere che le cose non fossero tosto ritornate al primitivo stato. Onde s' immaginò in sulle prime di guer- 6o Rossi iiire al solito il nuovo sbocco , per un certo tratto, con moli guardiani. I fianchi dei quali avrebbero dovuto resistere alla pressione laterale delle acque correnti , ed opporsi alla espan- sione ; mentre le estremità inferiori si sarebbero opposte all' impeto del mare. E poiché io trovavami deputato alla direzione di quei lavori , andai immaginando in qual modo avrebbonsi potute conformare le estremità di quei moli , perchè in conformità delle innanzi esposte nozioni avessero corrisposti all' offizio loro : comunque senza impiegare colali moli , si fosse di poi provveduto allo scopo con mezzo piìi opportuno e più efficace (*). Il passaggio pressoché instantaneo dalla bassa all' alta marea , e dalla calma alla burrasca , parrai potersi in certo modo paragonare alle subitanee escrescenze di un fiume tor- rente. E quindi le estremità di quei moli che ai tempi delle più basse acque e di calma dovevano sorgere fuori acqua, e ad un tratto rimanere circondate dalle onde al sopravve- nire di alte acque , burrasche od ondulazioni mezzane , par- vemi si potessero paragonare a quei piloni da edificarsi in mezzo ai fiumi della detta natura. Però per questa parte io argomentava la conformazio- ne più conveniente di tali estremità di moli, poter essere quella medesima di tali piloni , cioè di due porzioni eguali (*) Le opere per lo innanzi usate alle ramente girare per di dentro — Intorno foci in mare dei fiumi 0 canali consisto- a ciò reggasi la nota F della mia me- uo od iu robusti moli che s' internano moria idraulica-economica pel dij/initivo dentro mare , od in solidissime palifica- bonificamento della campagna f^icana , te imbottite di fascine e sassi. — Invece pubblicata nel 1843 ; ed anche il mio alla nuova foce dell'antico Clanio fu co- opuscolo idraulico intitolato: Di una ef- strutta da ciascun lato una palificata som- Jicacissima pratica per istabilire la suS' mersa a traforo , per modo che le acque sisleiKO. dello sboeco dei fiumi in mare. da per ogni dove avesservi potuto libe- Intorno ad una supeificie anulare 6i di cilindro retto aventi per base insieme due archi uguali , sottesi dai lati di un triangolo equilatero avente per terzo Iato la larghezza del molo alla estremità inferiore. Ma stante che cotali estremità avrebbonsi dovute sta- bilire sur una spiaggia assai protratta ; e la quale indi' ad alcune centinaja di metri rapidamente scende, ne segue che dalle onde sottomarine di traslazione sarebbono state violen- temente investite ; spezialmente sul primo imperversare della burrasca : e siffatte onde in quei paraggi sogliono essere as- sai impetuose, perchè le onde del largo vi hanno liberissimo cammino, soprattutto al soffiare dei venti più dominanti. Avventuratamente nella specie non sarebbe stato uopo conoscere in numeri la intensità della forza che sarebbe venuta ad investire quelle estremità , perciocché al piìi forte urto , che debb' aver luogo ai tempi della traversia domi- nante, avrebbe resistito presso che tutta la lunghezza del molo. Ma non pertanto sarebbe slato uopo provvedere a di- minuirne nel modo anzidetto (5) 1' effetto , affinchè non solo la stabilità del molo considerato come di un sol pezzo fosse slata assicurata, ma eziandio quella di ciascuna sua parte, in guisa che per le ripetute percosse non se ne fossero potute disgregare le parti componenti. Quindi io argomentava che avrebbonsi dovute dare a quelle estremità forme partecipanti della forma normale che meglio conviene alle pile dei ponti nei torrenti , e del profilo concavo che meglio è acconcio ai paramenti dei piediritti investiti dalle onde e normali alla direzione della traversia dominante. E poiché i delti piloni si compongono di due parti di superficie continua riunite secon- do un' angolo saliente , il cui cauto verticale giace sul piano di simmetria , io m' imponeva le quattro seguenti condizioni per la scelta della superficie secondo la quale io intendeva Tom.F. 9 62 Sossi avrebbe dovuto conformarsi il paramento visto delle estremità di ciascuno dei detti moli : cioè i.° Che la parte inferiore fosse dappertutto profilata concava : 2." Che la parte superiore al termine della concavità fos- se verticale e secondo le dette due porzioni di cilindro : 3.° Che la intersezione od unione delle due parti di su- perficie costituenti la parte inferiore conformata concava aves- se luogo secondo una curva, giacente sul piano di simmetria : 4-.° Che le parti concave si fossero quasi con continuità raccordate colle parti convesse superiori, e che tutte si fosse- ro innestate con simile raccordamento continuo colle parti piano verticali laterali del molo. 7. Però comunque quel solido non dovevasi comporre, pure piacevami fare investigazioni intorno alla superficie, per fine di poterne trarre facile maniera di costruirlo , quando fosse uopo , in pezzi d' intaglio. E quelle investigazioni aven- domi condotto alla conoscenza di verità non dispregevoli ; e dalle quali potrebbero trarsene per avventura più importanti applicazioni pratiche , 0 scientifiche , mi sono indotto ad or- dinare in proposizioni le fatte ricerche, delle quali alcune tengono assai dappresso alla pura Geometria, altre alle appli- cazioni sue alla elfettiva costruzione del solido , o taglio dei pezzi costituenti ciascuna estremità di molo. E le prime sono tutte raccolte in questa Memoria , che ho l' onore di pre- sentarvi , 0 Illustrissimi Accademici : e non come cosa che io reputassi d'ardua difficoltà, essendo invece semplici e spontanee le mie ricerche , ma come tali che prese in consi- derazione da alcuno di Voi di più alto ingegno e sapere, potrebbero dare opportunità di scovrire verità importanti , alle quali più importanti applicazioni seguissero. Intorno ad una superficie anulare 63 PROPOSIZIONE PRIMA Definire le forme della estremità del molo. 8. Su di un piano orizzontale intendasi descritto un rettangolo, pianta del molo ; sul lato minore più basso , cioè verso il mare , e sul medesimo piano un triangolo equila- tero ; e cogli estrerai di un tal lato comune al rettangolo ed al triangolo come centri, ed esso lato come raggi, s' inten- dano descritti due archi circolari sottesi dagli altri due lati del triangolo. Il lato comune al triangolo ed al rettangolo si intenda prolungato ugualmente dalle due parli ; e coi punti estremi del prolungamento come centri , e colla loro di- stanza dagli estremi più remoti del lato del triangolo equi- latero prolungato come raggio , s' intendano descritti due altri archi di circolo ; li quali toccheranno i primi e s' in- contreranno sulla perpendicolare al lato prolungato , con- dotta pel yertice dell'angolo opposto del medesimo trian- golo equilatero , prolungata del pari. I due archi sottesi dai lati del triangolo equilatero si intendano divisi in un egual numero di parti eguali , e per li punti di divisione e pei loro centri s' intendano con- dotte delle rette : le quali taglieranno gli altri archi di rag- gio maggiore. E li due archi sottesi dai lati del triangolo equilatero si abbiano per tanto prolungati per quanto le rette condotte pei successivi loro punti di divisione giun- gano al punto d' incontro dei due archi di raggio maggiore. I due archi di raggio minore abbiansi come proje- zione ortogonale di due porzioni di cilindri retti ; e le rette 64 Bossi condotte per li loro punti di divisione , come projezione ortogonale di piani verticali. Ognuno di questi piani ta- glierà il cilindro eretto sull' arco pel di cui punto di divi- sione passa , secondo una retta lato di esso. Sur un tal piano s'intenda descritto un quadrante circolare con un'e- stremo tangente ad essa retta , e clie abbia per altro estre- mo il punto d' incontro della retta , projezione del piano , coir arco maggiore. Un simile quadrante s' intenda descritto su ciascuno degli altri piani. Esistano tanti di tali piani per quanti sono i punti im- maginabili di ciascuno degli archi sottesi dai lati del trian- golo equilatero , prolungati come è detto ; e su ciascuno di essi esista il corrispondente quadrante circolare. Tutti cotali quadranti , che saranno infiniti di numero , costitui- ranno per ciascuno dei due archi di raggio minore una su- perficie curva : e ciascun quadrante toccherà una retta delle porzioni di cilindro aventi gli archi sottesi dai lati del triangolo equilatero per projezione ortogonale, pure in- finite di numero. Le porzioni di tutte tali rette tangenti , superiori ai loro punti di contatto coi detti quadranti , e tutti questi presi insieme , escluse le loro parti superiori oltre la intersezione di quelli di una superfìcie con quelli dell' altra , costituiscono la forma della estremità del molo. 9 . Dico ora che cosi conformata la estremità del mo- lo , soddisfa alle dette (6) quattro assunte condizioni : cioè 1° La parte inferiore sarà dappertutto profilata concava. Di fatto poiché ogni quadrante tocca la retta del ci- lindro per la quale il suo piano passa , rivolgerà la con- vessità ad una tal retta. Ma deve avere l' altro suo estre- mo comune con uu punto dell' arco di raggio maggiore. Intorno ad una superficie anulare CU Dunque avrà l' altro estremo al di fuori delle due porzioni dei cilindri , le di cui rette sono toccate da ciascuno di essi. Dunque la sua concavità sarà rivolta verso fuori. Ma lutti i quadranti costituiscono la parte inferiore della estre- mità del molo. Dunque essa è dappertutto conformata concava, 2.° La parte superiore al termine della concavità sarà verticale, e conformata secondo due porzioni eguali di ci- lindro retto , aventi per basi insieme due archi eguali sot- tesi dai lati di un triangolo equilatero avente per terzo lato la larghezza di esso molo alla estremità inferiore. Emerge immediatamente dalla data generazione ; per- ciocché tutte le rette che toccano li infiniti quadranti cir- colari , costituiscono due porzioni di cilindro retto aventi le dette basi. Di fatto gli archi descritti cogli estremi del lato del triangolo equilatero comune al lato del rettangolo come centro , e col lato medesimo come raggio , sono pro- jezioni ortogonali di due porzioni di cilindro , delle quali quelle rette sono Iati. 3.° La intersezione od unione delle due porzioni di su- perficie costituenti la parte inferiore conformata concava ha luogo secondo una curva che giace sul piano di simmetria. Ogni punto della intersezione debb' essere punto co- mune a due quadranti circolari generatori , che passano per quel punto. Epperò dovrà stare sulla intersezione di due piani che hanno per projezioni ortogonali due di quelle rette, che passano pei punti di divisione degli archi sottesi dai lati del triangolo equilatero e pei loro rispettivi cen- tri. Onde la projezione ortogonale del punto d' intersezione individualo starà sul punto intersezione di due di dette rette. 66 Bossi Or tali rette , o passeranno per punti di divisione non di ugual sede degli archi sottesi dai lati del triangolo, o passeranno per punti di divisione di ugual sede. Siano , j^BC il triangolo equilatero ; ACE\ BCE gli archi sottesi dai lati AC ^ BC del triangolo e prolungati , divisi cia- scuno in egual numero di parti eguali ; CM una retta con- dotta pel vertice C del triangolo , e perpendicolare alla sua base AB ed indefinitamente prolungata verso 0. Le rette AE^ AC, AD ecc. BE\ BC, BD\ ecc. che passano per li punti di divisione degli archi , s' incontreranno ; e vo- gliano considerarsi o due rette, come le AE, BC, che non passano per due punti di divisione di ugual sede , ma in vece pei due E, C corrispondenti agli archi BE, AC disu- guali , ed il primo maggiore del secondo ; ovvero le due rette AE , BE', che passano per due punti di divisione E , E' ài ugual sede, per modo che gli archi BE,AE' sono uguali. Considero dunque in primo le rette AE, BC. L' arco BE essendo maggiore dell' arco AC per ipotesi , sarà EF maggiore di CG\ perciocché gli archi BF, BC; ed AG, Intorno ad una superficie anulare 67 /^C sempre più si allontanano scostandosi da' punti y^, B di contatto. Eppcro il quadrante generatore clic è sul piano di cui AP è projezione ortogonale , sarei maggiore del quadrante generatore che è sul piano di cui BG è proje- zione ortogonale. Sia P il punto d' incontro delle due rette AF , BG. Per P s' intenda calata la perpendicolare PN ad AB. Essendo per ipotesi l'arco BE maggiore di JC-, sarà l'angolo PAJS maggiore dell'angolo PBN\ e quindi la retta BP maggiore della retta JP: in oltre sarà an- cora BIS maggiore di AN ^ e quindi il punto P si tro- verà fuori della retta MO. Bla AE è uguale a BC , dun- que CP , sarà maggiore di PE. E quindi PF maggiore di PG. Ma PF, PG rappresentano, dei due quadranti ge- neratori che sono sui piani projeltati in AF , -5G , le ascisse corrispondenti al punto di ciascuno che è su la inter- sezione di essi piani ; e li quali punti sono projettati nel punto P. Dunque se i due quadranti che sono su i piani projeltati in BG , ^F, s'incontrassero, s'incontrerebbero in un punto della loro periferia corrispondenti ad ordinate disegnali ; la qual cosa è impossibile. Dunque comunque due rette passanti per punti non analoghi di divisione s' in- contrino , e quindi i piani di cui sono projezione ; pure i quadranti che sur essi sono non s' incontrano. Considero ora due rette AF, BF' ; che passano per due punti di divisione E , E' di ugual sede ; cioè tali che sia r arco BE eguale all' arco AE'. Sia Q il loro punto d' in- contro ; e da un tal punto d" incontro s' intenda calata QJI perpendicolare ad AB. Per ipotesi essendo eguali gli archi BE , AE\ gli angoli BAQ, QBA dei triangoli rettangoli QMA, QMB saranno eguali , e quindi BM eguale ad AM\ onde la retta QM si confonderà colla perpendicolare con- 68 Bossi dotta pel vertice C del triangolo equilatero sul lato JB di esso triangolo comune col lato minore del rettangolo. In oltre essendo per ipotesi gli archi BE , AE' eguali , saranno pure per generazione eguali tra loro gli archi AF ^ BF' ; e quindi EF ^ eguale E'F\ Dunque i quadranti generatori situati sui piani AF, BF' saranno eguali tra loro. Ma è j4Q eguale a BQ^ dunque resterà QF eguale a QF\ Ma QF, QF' rappresentano, dei due quadranti generatori che sono sui piani projettati in y4F^ BF\ le ascisse al punto di cia- scuno che è su la intersezione di essi plani , e li quali punti sono projettati nel punto Q. Dunque essendo i raggi dei quadranti giacenti sui piani projettati in AF^ e BF' eguali tra loro , ed essendo Q la projezione della interse- zione, s incontreranno i quadranti ; e sarà Q la projezione del punto d' incontro. Si è già dimostrato non potersi incontrare i quadranti generatori li quali sono su piani che non passano per punti di divisione di egual sede. Dunque li quadranti costituenti le due parti di superficie componenti la parte inferiore del- l' estremità del molo conformata concava s' incontrerauno a Intorno ad una superficie anulare 69 due a due secondo punti projetlatì sulla retta OM , che passa pel punto d' incontro degli ardii maggiori , pel punto d' incontro C degli archi minori , vertice del trian- golo equilatero ACB , e perpeodicolare alla base AB del- lo slesso triangolo : nò s' incontrano diversamente. Dunque la curva d' intersezione sarà piana , e starà sul piano projetlato in OM] il quale, come è chiaro, è piano di simmetria. 4-° Le parli concave inferiori, quasi con continuità si raccordano colle parli convesse superiori , e tutte s' inne- stano con simile raccordamento continuo colle parti verti- cali laterali del molo. Ogni quadrante generatore (8) ha per tangente al suo e- stremo superiore la reità sul suo piano , che è lato della porzione di cilindro retto, di cui 1' arco pel di cui punto dì divisione la retta projezione del quadrante passa , è proje- zione ortogonale. Tutti essi quadranti costituiscono le parti concave inferiori dell' estremità del molo ; e tulle le rette da essi toccate costituiscono le parti convesse superiori. Dunque le parti concave inferiori quasi con continuità si raccordano colle parti convesse superiori. Le parti convesse superiori appartengono alle porzioni di cilindro retto aventi per projezioni ortogonali gli archi sottesi dai due lati del triangolo equilatero i di cui centri sono agli estremi del terzo lato , che è comune col lato minore del rettangolo pianta del molo. Ma tali archi han- no ciascuno per retta tangente al punto che è cenlro del- l' altro , ed estremo del terzo lato del triangolo equilatero, il Iato maggiore del rettangolo pianta del molo, il quale è projezione della sua parte piana verticale. Dunque le Tom.F. IO yo Bossi parti convesse superiori sono tangenti alle pareli verticali laterali del molo, I quadranti generatori sono regolali in grandezza dalla parte dì ciascuna retta condotta pei punti di divisione de- gli archi sottesi dai lati del triangolo equilatero , e pel ri- spettivo centro di ciascuno, la quale parte è intercetta tra essi archi e gli archi maggiori aventi per centri gli estre- mi di esso terzo lato egualmente prolungato dalle due parti, i quali sono perciò tangenti agli archi minori , negli estre- mi del terzo lato del triangolo , che è comune col Iato minore del rettangolo pianta del molo. Dunque ove l' estre- mila del molo s' innesta colle sue pareti piane laterali, l'am- piezza del quadrante generatore della parte inferiore del l'estremità del molo diventa nulla; e però restano quivi le sole parti superiori convesse. Dunque le parti concave inferiori quasi con continuità si raccordano colle parti convesse superiori , e tutte s' in- nestano con simile raccordamento continuo colle pareti piane verticali laterali del molo. Intorno ad una superficie anulare 71 PROPOSIZIONE SECONDA Definire la generazione della superficie cui appartiene la parte inferiore profilata concava della estremità del Molo. 10. Due cilindri retti a base circolare si locchiao per di dentro lungo una loro retta ; e per l' asse del cilindro mi- nore passi un piano. Sopra un tal piano stia una circon- ferenza di circolo di raggio eguale alla distanza dei Iati dei cilindri sur esso, che sono dalla stessa parte dell'asse; e col centro sul cilindro maggiore ed allo dal piano delle basi pel raggio. Il piano per 1' asse del cilindro minore roti intorno air asse istesso ; e rotando trascini seco la circonferenza che giace sur esso , la quale vada variando in grandezza per modo da soddisfare alle dette condizioni in ogni posizione del piano. La circonferenza col suo movimento genera una su- perficie. Alla superficie cosi generata appartiene la parte infe- riore profilata concava della estremità del molo. 11. Dei quattro archi descritti (8), due colle estremità del lato del triangolo equilatero comune al rettangolo come centro , ed esso lato come raggio e gli altri due coi punti estremi del prolungamento di detto lato come centri , e colla loro distanza dagli estremi più remoti del lato medesimo come raggio, si considerino soltanto quelli che sono da una stessa parte della perpendicolare al detto lato , condotta pel vertice dell'angolo opposto. •J2 Bossi Abbiansì come compiutamente descritti i circoli di cui essi due archi sono parti ; e tali circoli sieno basi di due cilindri retti. I due circoli avendo i centri meno distanti tra loro che non è il raggio maggiore , e su di una retta il di cui estremo è loro punto di contatto , in questo punto si toccheranno, e per di dentro. Dunque i due cilindri avranno comune il lato, che passa per quel punto, e si toccheranno per didentro, se- condo un tal lato. Si consideri un individuato quadrante generatore. Il piano di un tal quadrante avendo per proiezione ortogo- nale sul piano del triangolo una retta , sarà perpendicolare al suo piano , e quindi perpendicolare al piano delle basi dei cilindri. E la retta che ne è proiezione ortogonale , passando pel centro del circolo che ha per raggio il lato del triangolo equilatero , ossia pel centro del circolo base del cilindro minore , il piano di cui essa retta è projezione ortogonale passa per l' asse di esso cilindro minore. Dunque l' individuato quadrante generatore giace su di un piano che passa per V asse del cilindro minore. E valendo il medesimo ragionamento per ogni altro quadrante generatore individuato ; giace ciascuno su di un piano che passa per l' asse del cilindro minore. E se in- finiti sono i quadranti , infiniti sono del pari i piani che passano per 1' asse del cilindro minore. Ma tutti colali infiniti piani equivalgono a tutte le in- finite posizioni che può prendere un piano che passa per r asse del cilindro minore e che intorno ad esso rota. Dun- que tutti gli infiniti quadranti generatori equivalgono agli infiniti valori e posizioni che prenderebbe un individuato quadrante che giacesse sul piano che rota , e condizionato Intorno ad una si/perfide anulare 73 sempre ad avere un suo estremo tangente alla retta sul piano , lato del cilindro minore , e per altro estremo il punto d' incontro della retta projezione del piano colla circonfe- renza base del cilindro maggiore. Per la quale condizione il quadrante non solo tocca con un suo estremo il lato del cilindro minore sul suo pia- no , ma tocca ancora coli' altro suo estremo la retta che è projezione ortogonale del suo piano , sul piano delle basi dei cilindri ; perciocché le rette tangenti ad un circolo nei punti estremi di un suo quadrante sono perpendicolari tra loro ; ed il piano delle basi dei cilindri è perpendicolare ai lati del cilindro minore. Ma la tagente ad un circolo è perpendicolare a quel suo raggio che passa pel punto del contatto. Dunque il raggio di un individuato quadrante generatore corrispondente a quello dei suoi estremi che è punto d'incontro della projezione del suo piano colla circon- ferenza base del cilindro maggiore è normale al piano della base. Dunque si confonde con uno dei lati del cilindro mag- giore : e cosi per tutti i quadranti generatori. Però i cen- tri dei quadranti generatori saranno allogati sul cilindro maggiore. Di un individuato quadrante generatore si consideri il raggio che passa pel suo estremo superiore, cioè per l'estre- mo che è punto di suo contatto colla retta sul suo piano, lato del cilindro minore. Un tal raggio è perpendicolare al detto Iato ; ma questo è parallelo ai lati del cilindro maggiore , e su questo è il centro del quadrante ; dunque il raggio di un individuato quadrante generatore corrispondente al suo estre- mo supcriore misura la distanza dei lati del cilindro mag- giore e del minore , i quali sono sul piano del quadrante e da una stessa parte dell' asse del cilindro minore. Lo 74 Rossi slesso può ragionarsi per tulli gli altri quadranti generatori. Dunque rotando il piano intorno all' asse del cilindro mi- nore, il quadrante generatore che giace sur esso, in ogni sua posizione ha il raggio uguale alla distanza dei lati dei cilindri sul piano , posti da una stessa parte dell' asse di rotazione. E poiché ogni quadrante tocca il piano dei circoli base dei cilindri ; i centri dei quadranti non solo staranno sul cilindro maggiore ; ma in oltre il centro di ciascuno sarà alto dal piano della base del cilindro maggiore pel raggio. Per le precedenti conseguenze adunque dati due cilin- dri retti a base circolare , che si tocchino per di dentro secondo un lato , ogni quadrante generatore starà sul piano che passa per 1' asse del cilindro minore , sarà di raggio uguale alla distanza dei lati dei cilindri sul piano , che sono da una stessa parte dell' asse , ed avrà il centro alto sul piano delle basi pel raggio. E se in vece dei quadranti esistano le circonferenze cui quei quadranti appartengono , tali circonferenze in tulle le posizioni del piano rotante soddisferanno alle condizioni stesse cui soddisfano i quadranti che ne sono parte ; e la superfìcie generata dalle circonferenze cui essi appartengono. Dunque la parte inferiore profilata concava della estre- mità del molo appartiene alla superficie la di cui genera- zione è enunciata di sopra (io). COR0LLA6IO I. 1 2 . Il plano che rota, in ogni sua posizione incontra quattro lati dei cilindri ; due da una parie e due dall' al- Intorno ad una superjìcie anulare 75 tra dell'asse di sua rotazione: ed in una intera rotazione passa successivamente per tutti i lati di ciascun cilindro. Tra le sue infinite posizioni adunque ve ne è una nella quale passa pel lato del contatto dei cilindri. In questa posizione , da una parte dell' asse di rotazione , cioè verso il contatto la distanza dei lati dei cilindri è nulla , dal- l' altra parte è la massima : la quale distanza , rotando il piano , ove era nulla andrà crescendo , ove massima de- crescendo : e ciò da qualunque verso si muova. Dunque il raggio della circonferenza generatrice avrà un valore massimo eguale alla differenza dei diametri delle basi dei cilindri, ed un valore minimo uguale a zero. COROLLARIO II. 1 3. Rotando il piano e trascinando seco la circonferenza generatrice , mentre essa genera la superficie , il suo cen- tro genera una curva ; ed una tal curva sta sul cilindro maggiore , ed è una curva chiusa. Perciocché il centro di ciascuna generatrice è sul cilindro maggiore , e V al- tezza del centro dal piano delle basi dei cilindri è uguale al raggio della circonferenza generatrice, che va crescendo e poi decrescendo (12) per medesimi gradi di grandezza a cominciare dal suo valore nullo. COROLLARIO III. i4- Per la medesima ragione , la curva dei centri rife- rita ad applicate sul piano delle basi dei cilindri , avrà un' ordinata massima uguale alla differenza dei diametri delle basi dei cilindri, ed una ordinata minima uguale a zero. 76 lìosst COROLLARIO IV. i5. La curva dei centri essendo chiusa (i3) ; ed il rag- gio della circonferenza generatrice tra i suoi infiniti valori avendone uno nullo (12); la superficie chiude spazio, rien- tra in sé stessa , ed ha un nodo o punto di regresso. COROLLARIO V. i6. Se due circoli si toccano per di dentro stanno sim- metricamente intorno al diametro che passa pei centri pro- lungato; dunque dai quattro corollarii precedenti emerge, che la superficie ha un piano diametrale : ed è il piano che rota della generatrice, nella sua posizione per la retta di contatto dei cilindri. Il piano adunque condotto pel nodo della superficie e per r asse del cilindro minore è piano diametrale della superficie. COROLLARIO VI. 17. Quando il piano delle generatrici, rotando, passa pel contatto dei cilindri ; gli altri due lati di questi che sono sul piano hanno la distanza massima (12). Dunque il piano diametrale taglia la superficie nel nodo o punto di regresso ; e secondo la circonferenza ge- neratrice massima. COROLLARIO VII. 18. La curva dei centri delle circonferenze generatrici, giacendo sul cilindro maggiore ; e 1' altezza di ogni suo Intorno ad una superficie anulare 77 punto dal piano delle basi dei cilindri essendo uguale al raggio della circonferenza generatrice che ha quel punto per centro (io); la superficie toccherà il piano dei circoli basi dei cilindri ; e sarà da esso piano toccata secondo una linea : e la linea di contatto sarà la projezione ortogonale della linea dei centri sur esso piano. Sarà dunque la cir- conferenza del circolo base del cilindro maggiore. COROLLARIO Vili. ig. La circonferenza generatrice in ogni sua posizione toccando uno dei lati del cilindro minore ; è questo toccato dalla superfìcie. E la linea del contatto sta sul cilindro mi- nore , è chiusa , ed ha in grandezza le applicate al piano dei circoli basi dei cilindri , uguali alle applicate della cur- va dei centri. COROLLARIO IX. 20. La curva dei centri delle circonferenze generatrici dunque , e la curva di contatto della superficie col cilindro minore, hanno rispeltivamente per projezioui sul piano dei circoli basi dei cilindri , la circonferenza della base del cilindro maggiore , e quella della base del cilindro mino- re ; e per projezione su di un piano qualunque ortogonale con quello delle basi dei cilindri , e quindi anche sul pia- no diametrale , curve determinabili da ascisse uguali alle ascisse dei punti delle circonferenze base dei cilindri , li quali sono su di un medesimo raggio prolungato del cir- colo minore , computate sulla intersezione dei piani di pro- jezione; e da ordinate uguali tra loro ed uguali alla por- zione di detto raggio prolungato terminala dai detti punti. Tom.P'. II 78 Jìossi SCOLIO 1 . 2 1 . Un cilindro retto a base circolare può aversi come generato da una retta mobile condizionata ad appoggiarsi alla circonferenza di un circolo e mantenendosi perpendi- colare al piano del circolo medesimo. Sieno date le due cir- conferenze , di cui sono parti i due arcbì (8) aventi per cen- tri l'uno l'estremo del lato del triangolo equilatero comune col Iato minore del rettangolo , e 1' altro l' estremo del pro- lungamento del lato medesimo , ed entrambi da una stessa parte della perpendicolare al detto lato condotta per vertice opposto del triangolo. Assunte tali due circonferenze come direttrici, una retta mantenendosi al loro piano perpendi- colare e ad esse appoggiandosi generi due cilindri. Ciascuno di siffatti cilindri potrà aversi come diviso in due metà dal piano delle loro circonferenze direttrici, e rispetto al quale piano esse metà saranno simmetriche, e cia- scuna sola potrà considerarsi come un cilindro retto a base circolare : ed essendo orizzontale il piano delle dette cir- conferenze l'uno starà al di sopra, e l'altro al disotto del piano delle circonferenze, cui i dati due archi circolari ap- partengono. Sul piano rotante adunque potranno stare due circon- ferenze generatrici che soddisfano alle condizioni richieste per la enunciata (io) generazione della superficie. Di fatto in una individuala sua posizione il piano rotante taglierà i cilindri secondo quattro rette : due da una parte dell' asse di rotazione , e due dall' altra \ e la distanza delle due pri- me sarà in grandezza il raggio della circonferenza gene- ratrice in una sua individuata posizione ; e la distanza delle due seconde sarà in grandezza il raggio della circonferenza Intorno ad una superficie anulare 79 generatrice nella sua posizione dopo una semirivoluzioue a cominciare dalla precedente ; ma il suo ceutro dovendo stare sul cilindro maggiore e distante dal piano delle direttrici dei cilindri pel raggio , ne avrà la posizione nella interse- zione della retta del cilindro maggiore sul piano rotante nella individuata posizione , con un piano condotto paral- lelo al piano delle circonferenze direttrici e distante da esso pel raggio : ed è sempre possibile condurre due di cotali piani. Date le medesime cose adunque, vi saranno in gene- rale due superficie ugnali e simmetricamente disposte in- torno al piano delle basi dei cilindri , generate , secondo la enunciata generazione , da due circonferenze uguali messe sul medesimo piano rotante. Tali circonferenze generatrici si toccheranno , e la tangente al punto di conlatto genererà , nella rotazione , il piano delle basi dei cilindri , come il punto di contatto genererà la circonferenza base del cilindro maggiore. 22. Per esprimere una sola delle due superficie , che possono stare intorno al piano delle basi dei cilindri , e pro- priamente la superiore, ho detto (io) dovere essere il centro della circonferenza generatrice allo dal piano delle basi pel raggio. Se si dicesse depresso sotto il piano delle basi si verrebbe ad esprimere l' altra superficie uguale e simmetrica alla prima. Si abbraccerebbero entrambe tanto solo che si dicesse in generale : dovere il centro della circonferenza generatrice stare sul cilindro maggiore distante dal piano delle basi pel raggio : e nella generazione di entrambe prese insieme, potrebbesi considerare intatta la continuità; perocché il nodo 0 punto di regresso ( 1 5) dell' una superficie è ad un tempo nodo o punto di regresso dell' altra , ed So Rossi assumendo come primitiva posizione del piano rotante quella in cui esso passa pel nodo , potrebbesi avere che in una prima rivoluzione del piano si generasse la superfìcie su- periore , ed in una seconda la inferiore. SCOLIO 2.° 23. Potrebbesi anche maggiormente generalizzare la ge- nerazione, tanto solo che si sopprimesse dovere essere i lati dei cilindri sul piano rotante che determinano la lunghezza del raggio della circonferenza generatrice dalla stessa parte deW asse. E la generazione abbraccerebbe allora altre due superficie pure uguali tra loro e simmetricamente disposte rispetto al piano delle circonferenze direttrici dei cilindri, ma dissimili dalle prime due. Di fatto il piano rotante , in ogni sua posizione taglia i due cilindri secondo quattro rette , e queste ammettono quattro distanze diverse ; delle quali due danno i raggi di due circonferenze appartenenti a due posizioni della gene- ratrice delle superficie considerate nello scolio precedente, e due danno i raggi di due altre circonferenze appartenenti a due posizioni della generatrice delle altre due superficie, 24.. Queste due nuove superficie , che sono generate da circonferenze di raggio uguale alla distanza dei Iati dei ci- lindri sul piano rotante , li quali prendono in mezzo l' asse di rotazione del piano, ossia del cilindro minore, saranno chiuse del pari , ma ciascuna invece che avere un nodo 0 punto di regresso , avrà una linea doppia , che è linea di intersezione delle due foglie di cui si compone ciascuna superficie , e le quali si toccano in un punto di essa linea doppia ; il qual punto tiene luogo del nodo 0 punto di r.^gresso delle altre due dette superficie. Intorno ad una superfìcie anulare 8r SCOLIO 3." 23. La superficie presa a trattare adunque e definita nella Proposizione seconda (io), appartiene alla famiglia compresa nella accennata più generale generazione (2 3). E non parlerò che di quella soltanto, essendo essa che do- vevasi da me trattare. PROPOSIZIONE TERZA. La superficie definita nella proposizione precedente è data in grandezza e posizione., dato che siano di posizione una retta ed un punto ^ e di grandezza altre due rette. 26. Siano date tali cose. Pel dato punto s' immagini condotto un piano normale alla retta data di posizione. Sur un tal piano e col suo punto d'intersezione colla retta data di posizione come centro , e colla minore delle due rette date in grandezza come raggio , s' intenda descritta una circonferenza ; e eoa un punto sulla congiungente il punto dato col punto d' in- tersezione del piano colla retta data di posizione , e di- stante dal primo per la differenza delle rette date di gran- dezza come centro , e colla retta maggiore come raggio s' intenda descritta un' altra circonferenza. Tali circonferenze si prendano come direttrici di due cilindri la di cui retta generatrice sia parallela alla retta data di posizione. Saranno essi cilindri li due contemplati nella generazione definita nella proposizione precedente (io). Di fatto il piano delle circonferenze direttrici dei cilindu 82 Rossi essendo normale alla rella data di posizione ; ad una tal retta tenendosi parallele le generatrici dei cilindri , essi saranno retti ed a basi circolari. Ma le due circonferenze hanno i loro centri distanti per la differenza dei raggi ; dunque si toccheranno per di dentro. Dunque i cilindri si toccheranno del pari per di dentro. Per la retta data di posizione s' intenda condotto un piano. Un tal piano taglierà i cilindri , ed il piano delle loro direttrici. E poiché le generatrici dei cilindri , sono parallele alla retta data di posizione , il detto piano , che per essa passa, taglierà i cilindri secondo i loro lati ; e saranno essi lati d'intersezione perpendicolari alla interse- zione del medesimo piano colf altro delle direttrici dei ci- lindri. Ed i iati d'intersezione dei piani coi cilindri sa- ranno quattro ; due da ciascuna parte della retta data di posizione , e le quali due apparterranno l' una ad un ci- lindro e l'altra all'altro. Sul piano condotto per la retta data di posizione s' in- tenda descritta una circonferenza di circolo , col centro su quello di colali due lati d'intersezione che sono da una slessa parte della retta data di posizione, il quale si ap- partiene al cilindro maggiore , e tangente non solo all' al- tro di cotali due lati che è quello che si appartiene al cilindro minore , ma ancora alla retta d' intersezione del piano per la retta data di posizione col piano delle diret- trici dei cilindri. Una tale circonferenza toccando il lato del cilindro minore sul suo piano, ed il piano delle di- rettrici dei cilindri , sarà di raggio uguale alla distanza dei lati dei cilindri' sul piano , ed avrà il centro sul ci- lindro maggiore ed alto pel raggio sul piano delle diret- trici dei cilindri , ossia delle loro basi. Intorno ad una superficie anulare 83 Tutte le immaginate operazioni sono possibili ; e per la retta data di posizione possono condursi influiti piani , su ciascuno dei quali sono possibili le medesime operazioni immaginate sur uno. Dunque data una retta ed un punto di posizione , e due altre rette di grandezza , è data di grandezza e di posizione la superficie. COROLLARIO I. 27. La superficie la cui generazione è data nella pro- posizione seconda, essendo data in grandezza e posizione, dato che sieno di posizione una retta ed un punto , e di grandezza altre due rette ; ba una Retta Direttrice , un Punto Determinatore , e due Parametri. S COLIO I. 28. Chiamo Retta Direttrice la retta intorno cui si rivolge il piano della circonferenza generatrice ; perciocché essa dirige la posizione del piano di questa. 29. Chiamo Punto Determinatore il punto dato; per- ciocché esso determina la posizione della superficie nello spazio. 30. Chiamo Parametri le due rette date di grandezza; perciocché esse determinano la grandezza della circonfe- renza generatrice in ogni sua posizione , e quindi la super- ficie in grandezza, 3 1 . Dati i due Parametri soltanto , restano determinate in grandezza le circonferenze basi dei due cilindri retti che si toccano per di dentro ; ma non il loro piano , uè i loro centri. 84 Rossi 32. Dati i Parametri e la Retta Direttrice, restano de- terminate in grandezza le circonferenze basi dei due cilindri retti che si toccano per di dentro , la giacitura del loro piano che sarà perpendicolare alla retta direttrice ; ma non il piano individuato : né il centro delle dette circonferen- ze , li quali entrambi varieranno di posizione al variare di ciascun piano ; e quello della circonferenza maggiore po- trà variare ancora su ciascuno degli infiniti piani normali alla Retta Direttrice , che possono tutti essere piani delle dette circonferenze. 33. Che se sia dato in oltre il Punto Determinatore , verrà determinato con esso un individuato dei detti infiniti piani normali alla Retta Direttrice ; ed in oltre la posizione dei centri delle circonferenze direttrici dei cilindri, ossia del- le loro basi, li quali staranno sulla congiungente il Punto Determinatore col punto d' incontro del piano condotto per esso normale alla Retta Direttrice, colla Direttrice istessa : e r uno è questa intersezione medesima , l' altro uà punto da esso distante per la differenza dei Parametri. 34.. E la definita generazione (io) esclude l'altra su- perficie che giacendo al disotto del piano condotto pel Punto Determinatore normale alla Retta Direttrice (22) po- trebbe sola ammettere simili determinanti. In prosieguo quando dirò semplicemente superficie, in- tenderò parlare di quella la di cui generazione è data per la proposizione seconda ; e quando dirò determinanti della superficie intenderò dire la Retta Direttrice , il Punto De- terminatore , ed i due Parametri, Intorno ad una superficie anulare 85 COROLLARIO II, 35. Dati i due Pararaelri, la Retta Direttrice, ed il Punto Delerminatore ; è data la superficie di grandezza e di posizione. E poiché per una superficie individuata , una sola può essere la curva dei centri , una sola la curva di contatto della superficie col cilindro minore, ed una sola la linea di contatto col piano base dei cilindri , i Parametri della superficie sono Parametri delle dette tre curve : e 'queste sono date di posizione, date che siano la Retta Direttrice ed il Punto Determinatore. COROLLARIO III. 36. La Retta Direttrice, il Punto Determinatore ed i Parametri sono dunque comuni tanto alla superficie , quanto alla linea dei centri ed alle linee di contatto col cilindro minore e coi piano delle basi dei cilindri. Per la qual cosa date queste può aversi come data la superficie. E può questa aversi come generata da una cir- conferenza di circolo moventesi col suo centro sulla curva dei centri , e colla periferia appoggiandosi alle due curve di contatto. SCOLIO 2." 37. Che la superficie possa aversi ancora , come ge- nerata da una circonferenza di circolo moventesi col suo centro sulla curva nei centri , e colla periferia appoggian- dosi alle due curve di contatto , emerge chiarissimo (36) dal fin qui detto. Tom.F. 12 86 Hosst E non è difficile il concepire , come può determinarsi la circonferenza generatrice corrispondente ad ogni punto della curva dei centri. Esistano nello spazio le dette tre curve ; e vogliasi determinare la generatrice corrispondente ad un' individuato punto della curva dei centri. Da un tal punto intendasi condotta una perpendicolare al piano della curva di contatto delia superficie col piano delle basi dei cilindri ; e s' immagini una sfera avente quel punto come centro , e la lunghezza di questa perpendico- lare come raggio. La sfera incontrerà l' altra curva di con- tatto ; e la circonferenza di quel suo circolo grande che passa per un tal punto è una generatrice della superficie. SCOLIO 3.° 38. Supponendo che la medesima cosa (Sy) avesse luo- go per tutti gli infiniti punti della curva dei centri, si avrà una serie infinita di sfere aventi tutte su di loro la gene- ratrice della superficie nelle sue infinite posizioni. Onde potrebbe aversi questa , come generata dal cir- colo massimo di una sfera condizionata a toccare un piano ed a percorrere col suo centro la curva dei centri ; ed il quale circolo massimo passando pel punto di contatto della sfera col piano , si appoggiasse in oltre alla curva di con- latto della superficie col cilindro minore. Consideriamo due posizioni consecutive della sfera. Colali due sfere si taglieranno , la loro intersezione sarà una circonferenza di circolo , col piano normale alla retta che unisce i centri delle sfere. Dunque la superficie non può aversi come generata da quelle sfere. Intorno ad una superficie anulare 87 Siano altre sfere qualunque che la generino: e con- sideriamone due consecutive. La loro intersezione sarebbe pure la circonferenza di un circolo normale alla retta cbe ne unisce i centri. Ma una tal retta è un elemento della curva , cbe sarebbe curva dei centri delle sfere generatri- ci. Dunque perchè tali sfere generassero la superficie, do- vrebbero i loro centri generare una curva piana e parallela al piano delle basi dei cilindri : perciocché le circonferenze generatrici della superfìcie sono tutte su piani perpendico- lari al detto piano delle basi dei cilindri. E perchè la superficie tocca il piano delle basi dei cilindri secondo il circolo base del cilindro maggiore ; tutte quelle sfere dovrebbero toccarlo del pari. Dovrebbero dunque avere ugual raggio. Dunque le caratteristiche della superficie inviluppo , da esse sfere generata, sarebbero tutte eguali tra loro. Dunque la superficie non può aversi come generata da una sfera , né è inviluppo di sfere : essa dunque co- munque abbia per generatrice una circonferenza di circo- lo , non è del genere delle superficie canali. A volerla classificare tra alcun genere di superficie di cui alcuna è stata considerata dai geometri , può dirsi anulare : ed è un caso più generale della superficie anulare della quale si tratta in alcuni trattati di geometria descrittiva , e che entra nella composizione di quel membro di architettura che dicesi toro. Di fatto suppongasi che essendo dissuguali i diametri delle basi dei due cilindri che regolano il movi- mento e la grandezza della circonferenza generatrice della superficie , i loro centri si vadano avvicinando : il nodo della superficie (i5) si scioglierà j e quando i centri coin- cideranno , la circonferenza generatrice non sarà più di gran- 88 liossi dezza variabile ; e la superficie si trasformerà nell" anulare suddetta che entra nella composizione del toro. 39. La superficie di che si tratta dunque appartiene ad una famiglia delle anulari : la quale famiglia può dirsi comprenderne sei casi 0 sotto varietà ; cioè a generatrice di grandezza costante ; a generatrice di grandezza variabile ad una foglia non annodata ; a generatrice di grandezza variabile ad una foglia an- nodata ; a generatrice di grandezza variabile a linea doppia e con due nodi ; a generatrice di grandezza variabile a linea doppia con un nodo ; a generatrice di grandezza variabile a linea doppia non annodata (*). SCOLIO 4'" 4-0. La superficie di che si tratta non è inviluppo di sfere (38) ; ma nonpertanto potrebbesi considerare come in- viluppo di una superficie rigata non sviluppabile. Ogni circonferenza generatrice tocca il piano delle basi dei cilindri. Tutti colali punti di contatto sono punti o- mologhi : ed a partire da questi , tutti i punti delle cir- conferenze generatrici corrispondenti ad archi di uguale lunghezza angolare sono omologhi. Del pari per ciascuna serie di punti omologhi adunque s'intendano condotte le (*) Per una generale classificazione di Analitiche sulle superficie anulari. E se- tutte le superficie anulari, di tutte quelle condo la classificazione quivi fatta, la su- generate cioè da circonferenze di circolo, perficie di che si tratta è di quelle di veggasi il Prolegomeno alle mie Ricerche seconda elasse. Inlorno ad una superjicie anulare. 89 tangenli alle circonferenze generatrici. Tutte colali tangenti, infinite di numero , per quante sono le circonferenze ge- neratrici, costituiscono una superficie rigata ; ed a ciascuna serie di punti omologhi suddetti , corrisponderà una super- ficie rigata individuata. E poiché tutte le loro generatrici toccano la superficie; tutte colali superficie rigate la toc- cheranno del pari. E ne saranno linee di contatto quelle costituite dai punti omologhi delle infinite circonferenze ge- neratrici , corrispondenti ad archi di uguale lunghezza an- golare a cominciare dal detto loro punto di contatto col piano delle basi dei cilindri. La superficie adunque può aversi come inviluppo di cotali superficie rigale ; e la linea di contatto di ciascuna di esse colla superfìcie è la caratteristica dell'inviluppo. Conciosiacosacchè nel limite le curve di conlatto di due superficie rigate inviluppate consecutive , colla superficie , si confondono colla intersezione di esse superficie rigate consecutive. La superficie dunque può aversi eziandio come gene- rata dalla detta curva dei punti omologhi delle circonfe- renze generatrici. Le due curve di contatto della superfi- cie col cilindro minore , e col piano delle basi dei cilin- dri sono caratteristiche particolari della superficie , ossia curve generatrici di questa seconda generazione ; ed il ci- lindro minore , ed il piano delle basi dei cilindri sono trasformazioni della superficie rigata inviluppata, nelle sue posizioni corrispoDdenti a cotali due caratteristiche. go Rossi PROPOSIZIONE QUARTA. Dalo i determinanti della superficie, ed un punto sul piano orizzontale di projezione : riconoscere se quel punto è projezione di un punto della curva dei cen- tri ; ed essendolo determinare il corrispondente punto in projezione verticale. TAv. I. 4i. Pel ponto determinatore (29) conduco un piano normale alla retta direttrice (28) ; e scelgo un tal piano per piano orizzontale. 4.2 . Sia (^, pr) la retta direttrice, D il punto determi- natore , le rette ^ ed TV in lunghezza i parametri. E sia P un punto dato sul piano orizzontale di projezione. Si domanda i.° Se il punto P è projezione di un punto della curva dei centri. 2.° Essendo P la projezione orizzontale di un punto della curva dei centri , determinare il punto corrispondente in projezione verticale. 4-3. Pei punti Z?, R conduco la retta DR , e da, R verso E taglio la parte RC eguale alla differenza dei pa- rametri. Se il punto dato P dista dal punto C pel parametro maggiore il/, il punto P può essere projezione orizzontale di un punto della curva de' centri : se no non può esserlo. Perciocché la curva dei centri giace tutta su di un cilindro retto (io) che ha i lati paralleli alla retta direttrice, e per base una circonferenza di circolo di centro C e di raggio uguale al parametro maggiore JIJ. Intorno ad una superficie anulare gì M- Sia dunque P projezione orizzontale di un punto della curva dei centri. Pel punto P innalzo la indefinita Pp perpendicolare alla linea di terra YY' , pei punti R e P conduco la retta RP^ e da. R verso P prendo RF uguale al parametro mi- nore iV, e col centro ir intersezione della Pp colla YY' , e raggio uguale PF, parte della RP^ intercetta tra il punto determinato F ed il punto dato P, descrivo il semicircolo pfp'. I punti p, p' intersezione del semicircolo ^'«f/j colla Pp sono i punti in projezione verticale corrispondenti al punto P in projezione orizzontale. — Il primo appartiene alla curva dei centri della superficie superiore (21) al piano Y'Y , il secondo alla curva dei centri della su- perficie sottoposta al piano Y'Y. Per costruzione è vp uguale a PF. Ma F è sulla circonferenza di centro R e raggio il parametro minore JV. Dunque il punto p è alto sul piano Y'Y per la distanza dei punti F, P^ li quali sono projezioni dei lati dei due cilindri aventi per direttrici circonferenze descritte coi cen- tri 5, Ce coi raggi iV, ed 31 , e per generatrici rette parallele alla retta direttrice {R , pr) della superficie. Dunque il punto (7^, p) è punto della curva dei cen- tri della superficie superiore al piano Y'Y. E similmente il punto {P,p') è punto della curva dei centri dell'altra superficie ad essa simmetrica, inferiore al piano Y'Y. 92 Bossi PROPOSIZIONE QUINTA. .Dalo i determinanti della superficie , ed un punto sul piano verticale di proiezione : riconoscere se quel punto può essere projezione verticale di un punto della curva dei centri ; ed essendolo determinare il cor- rispondente in projezione orizzontale. TAv. II. 4^- Pel punto determinatore (29) conduco un piano normale alla retta direttrice (28) della superficie ; ed as- sumo un tal piano per piano orizzontale di projezione. Sia (^, pr) la retta direttrice della superficie, D il punto determinatore, BI ■, Ni parametri della superficie , p il punto dato. Si domanda i.° Se il punto p è un punto della projezione ver- ticale della curva dei centri. 2.° Essendo p un punto della projezione verticale della curva dei centri , il punto corrispondente in proje- zione orizzontale. 46. Col punto lì come centro , e col raggio uguale il parametro minore TV descrivo la circonferenza di circolo ABFG. Dal punto dato p calo la perpendicolare pr alla linea di terra F'F, col centro tt ed il raggio ff/j descrivo il seraicircolo 9>(?, dai punti 9 , ?' di sua intersezione colla retta F'F, tiro le 9^, 9'-6' perpendicolari alla Y'Y. Se una di tali rette , od entrambe incontrano la cir- conferenza JBFG, il punto dato p è punto della projezio- ne verticale della curva dei centri. Sia dunque p un punto della projezione verticale della curva dei centri. Intorno ad una superfìcie anulare 9 3 4.7. Per determinare in projezìone orizzontale il punto corrispondente al punto jo, pei punti Z), R^ conduco la retta indefinita DRE^ e da R verso E taglio la RC eguale alla differenza dei parametri yj/, TV", e col centro C e raggio il parametro maggiore descrivo la circonferenza AQPEA. Dal dato punto p abbasso indefinitamente la pP perpendi- colare alla Y'Y. Uno dei punti P, j^, ove la Pp è ta- gliala dalla circonferenza JQPJ descritta, sarà la projezione orizzontate della curva dei centri corrispondente al punto p. E per determinare quale di tali punti è il richiesto coi centri Q^ P e col raggio uguale a vp , ossia w? , ov- vero Pf^ QJ' descrivo due circonferenze. Il punto P che è centro della circonferenza che tocca l' altra ABFGA de- scritta col centro jR , e col raggio uguale al parametro minore TV , è il punto domandato : projezione orizzontale di quel punto della curva dei centri che ha per projezio- ne verticale il punto dato p. 4.8. Sia P il punto d'intersezione della retta pP colla circonferenza AQPEA il quale è centro della circonferenza di raggio vp , la quale tocca l'altra circonferenza ABFGA. Se si conduca la PR , la porzione PE di una tal retta , intercetta tra le circonferenze ABFG , AQPE sarà pari all' altezza del centro (P, p) della circonferenza generatrice della superficie , il di cui piano è projettato in PR. Per P s'intenda condotta la Ptì parellela alla Y'Y , e tagliato sopra Pff la Pf uguale a PF. Essendo il circolo di cen- tro P e di raggio PF tangente alla circonferenza ABFGA; se per f si conduca la fé perpendicolare a Pf, la ff taglie- rà la circonferenza ABFG. Ma PF è uguale a ifp : dun- que se una delle rette colla Tom.f^. |3 94- Bossi lìnea di terra V'Y, taglia la circonferenza ABFG , il dato punto p è projezione verticale di un punto della curva dei centri. Essendo p projezione verticale di un punto 'della cur- va dei centri , è chiaro dovere essere P la projezione o- rizzontale del punto della curva dei centri avente per sua projezione verticale il punto p ; perciocché è dimostrato ( 1 1 ) essere la curva dei centri su di un cilindro retto avente la circonferenza AQPEA per base o direttrice, e le genera- trici parallele alla retta (^, ?r). SCOLIO Dalle due proposizioni precedenti emerge facilissima la costruzione della curva dei centri. TAV. IH. 4-9 • E poiché la superficie é simmetrica (i6) intorno il piano diametrale , che è un piano condotto pel punto deter- minatore , e per la retta direttrice ; per avere una pili ele- gante forma nella rappresentazione della curva per le sue projezioni ; ritenendo il medesimo piano orizzontale delle due proposizioni precedenti {l^)^ assumo per piano vertica- le di projezione un piano perpendicolare non solo al piano orizzontale , ma ancora al piano diametrale. La intersezione di questo piano col piano verticale di projezione sarà un' asse della projezione verticale della curva dei centri , la quale projezione sarà simmetrica intorno a queir asse. So. Sia D il punto determinatore , R la projezione orizzontale della direttrice , M , JV i parametri maggiore e minore della superficie. Pei punti B ei R conduco la retta J)RG: è DG la projezione orizzontale del piano diametrale. Conduco la F'Y perpendicolare alla DG : è FY la linea di terra. Intorno ad una superficie anulare. gS Da R verso G sopra DG taglio la RC uguale alla diffe- renza del parametro maggiore M sul minore TV, e col centro C ed il raggio uguale M descrivo la circonferenza ATGT'A: è questa la projezione orizzontale della curva dei centri. Per costruirne la projezione verticale col centro R e raggio il parametro minore N descrivo la circonferenza ÀF"'BEJ^ la divido in un pari numero di parti uguali, AF , FF' , PF", F"F"' , . . . , pei punti di divisione conduco i suoi raggi RA^ RF^ RF', RF", RF'", che pro- lungo sino ad incontrare la projezione orizzontale ATGA della curva. Pei punti d' incontro elevo le perpendicolari A? , Pp, P'p' , P"p" , P"y" , . . . all' Y'Y. Su tali perpendicolari saranno i punti della projezione verticale corrispondenti ai punti A^ F^ F\ F" , . . . della proje- zione orizzontale; e ciascuno distante dalla FF per le parli PF , P'F' , P"F" , ... dei raggi prolungati , in- tercette tra le circonferenze AF"'BEA, ATGT'A, e che passano rispettivamente pei punti P, P, P' ^ . . . Prendo dunque sulle rette Pp , Pp' , P"p" , ... le parli ^p , '^p' , '^"p" > ' • ' rispettivamente eguali alle FP , F'P', F"P' .^ ... ; e sono jo , p' , p" , p'" , . . . punti della carva. 5i. Essendo per eostruzione ^C uguale alla differenza delli parametri M ed TV , RA uguale al parametro minore, e CA uguale al maggiore, le due circonferenze si toccano per di dentro nel punto A della DG. Dunque il punto della projezione verticale corrispondente al punto G della circonferenza ATGT'A ., che è sulla DG diametralmente opposto al punto di contatto ^, ha la massima elevazione sulla retta yj", ed i punti contigui hanno minore cleva- iioQe. Dunque la projezione verticale della curva dei centri 96 Sossi ha un'ordinata massima uguale a BG. Dunque a partire dal punto p si tagli la pr uguale alla BG ^ e per r si conduca una retta parallela all' T'Y^ una tal retta sarà tangente della curva , la quale sarà tutta al disotto di essa. Ed in oltre la curva al punto r rivolgerà concavità all' V'Y. Per la medesima ragione il punto della projezione verticale della curva , corrispondente al punto ^ della cir- conferenza ATGT'A che è sulla DG al punto di con- tatto delle due circonferenze AF"F^''BJ, ATGT'A, avrà la minima elevazione sulla Y'Y : e sarà il punto p: ed ì punti contigui saranno egualmente elevati sulla retta me- desima Y'Y. Dunque la curva projezione verticale della curva dei| centri toccherà la retta Y'Y al punto p , ed avrà tutti i suoi punti al di sopra di essa. Ed in oltre nel pun- to p rivolgerà convessità alla Y^Y. Conduco le rette Tt ^ Ti tangenti alla circonferenza ATGT'A , e perpendicolari alla Y'Y. Tali rette sono projezioni di due piani tangenti al cilindro projettato in ATGT'A. Ma la curva dei centri è intorno ad un tal cilindro. Dunque le rette Tt , T'V , saranno tangenti alla projezione verticale della curva, ed ai punti corrispondenti ai punti di contatto T , 7" delle rette Tt , T't' colla cir- conferenza ATGT'A. Ma tali punti di contatto sono i più lontani dalla retta DG ; ed i punti contigui ne sono meno lontani. Dunque la projezione verticale della curva dei contri, ai suoi punti di contatto colle rette 7^/, T't', volge convessità a tali rette; ed è tra esse compresa. Il rettangolo tt77 adunque sarà circoscritto alla cur- va projezione verticale della curva dei centri. Per determinare i punti di contatto delle Ti, T't' colla projezione verticale della curva dei centri, dai punti, T, T' Intorno ad una superficie anulare 97 di contatto di esse colla circonferenza ATGTA al punto R conduco le rette , RT , RT ; e dai punti t , t' , ver- so /, i' taglio le T« , t'*' uguali alla parte T(q , 0 7"'?' del- le TR, TR intercetto tra le due circonferenze AF'^BEA, ATGTA. I punti « , »' sono i punti di contatto delle T'/, T't' colla projezione verticale della curva dei centri ; e sa- ranno corrispondenti all'ordinata massima sull'asse (4.9) f- Costrutta la curva nel modo suddetto prende la forma rappresentata nel disegno. b'2. Le rette TT, ti sono projezioni di due piani oriz- zontali che toccheranno la curva dei centri nello spazio nei punti (^, p), (G,r). Se dunque la curva dei centri si pro- ietti su qualunque altro piano perpendicolare all' assunto pia- no orizzontale di projezione, la sua projezione sul nuovo pia- no, toccherà le rette intersezioni di esso coi piani ti, TY\ e toccherà del pari due rette perpendicolari alla linea di terra del nuovo piano verticale di projezione , e tangenti alla cir- conferenza ATGTA. I punti di contatto colle due prime rette staranno sempre, l'uno sulla intersezione della linea di terra colla retta ad essa perpendicolare calata da A , l'altra sulla intersezione della retta condotta paralellamenle alla linea di terra ed alta da essa per pr , colla perpen- dicolare ad essa, elevata da G ; e gli altri due punti sui esse rette tangenti alla circonferenza ATGTA., e tanto elevati sulla linea di terra , per quanto la parte dei raggi con- dotti dal punto R ai punti di contatto della circonferenza ATGTA con esse rette, intercette tra questa circonferenza e 1' altra AF"'BEA. Ma colali quattro punti di contatto po- tranno trasformarsi in punti limiti 0 di regresso della proje- zione della curva : e ciò ha luogo quando due dei detti quat- tro punii di contatto coincidano j il qual caso si verifica ^^^ ()8 Bussi quando il nuovo piano di projezìone è parallelo al piano diametrale Dr. Per costruire questa terza projezione della curva, per Y' conduco la retta X'Y'X parallela alla rD ; e prendo la X'X per linea di terra. Dal punto Y\ intersezione delle due linee di terra sulla FT, prendo le parti F'o, Y'\^ Y'2, F3, F'4., F'!5, F'6, r'7, uguali rispettivamente alle elevazioni «/?, ^y, ir"/', w"y, 'K'rpir . . . pr, dalla linea di terra Y'Y dei determinati punti della projezione della curva. Dai punti 0, i, 2, 3, 4-, S? 6, 7, tiro delle rette parallele all' Y'X', e delle rette parallele alla YY' tiro pei punti J, P^ P\ P\ P"\ P"'. . . . G della circonferenza ATGT'A, corrispondenti ai determinati punti p,p,p',p", p'". . . . r della projezione verticale della curva. Le inter- sezioni a due a due delle dette parallele menate per punti di ugual sede danno i punti a , /? , j9,, /?„ , jo,^, , p,ir , /)^, p,ri , g della nuova projezione della curva dei centri sul piano di projezione parallelo al piano diametrale. In questo caso le due rette intersezioni dei due pia- ni F'F, U\ col novello piano di projezioni sono le gt, , Y'X\ e le due rette At, , Gg sono le due perpendicolari alla novella linea di terra Y'X^ e tangenti ad un tempo alla circonferenza ATGT'A. Le quattro rette Y'X , o/, , t,g^ gy limitano la projezione della curva, ma non però la toccano. Se si consideri che il punto g è punto comu- ne alle due rette if y , Gg ^ ed alto sopra Y'X per pr, si vede che quivi ha luogo la coincidenza di due dei quat- tro punti di contatto : e si vede similmente che al punto a ha luogo r altra coincidenza. E questo è il caso detto di sopra : e di fatto i punti g^ a, sono punti di arresto del- la curya. Intorno ad una superficie anulare 99 Se si sviluppi il semicilindro ATG^ sul piano ad esso tangente Tt , e si costruisca la semicurva dei centri trasformata sullo sviluppo del cilindro , si renderà palese il carattere tangenziale della curva coi piani limiti Z'^, gt,. Per costruire la delta trasformata sullo sviluppo del cilindro, pel punto T'inalzo Tr, perpendicolare alla Xjf , ed al di sotto della Tx, , sulle retle parallele alla X'X , a partire da essa T^,^ taglio le kiSip^ 3/*,», 2/5», i/*, , QS rispettivamente uguali alla lunghezza delli archi TP'"^ TP\ TP\ TP', TP, TA-, ed al di sopra della mede- sima Tx,, su le altre rette parallele alla X'X, a partire da T, le 5,5^, 6/*^/, i>Sru uguali agli archi TP", TP"', TG. I punti S, s,f Sn, Sw, .... Sy,,, sono punti della detta trasformata della curva , la quale prende la forma delineata con puntini nel disegno, e si manifesta tangente alle due rette limiti tiSy,,, X'X. ISO Rossi PROPOSIZIONE SESTA. Dolo i determinanti della superficie , ed un punto sul piano orizzontale di projezione ; riconoscere se quel punto è projezione di un punto della superficie ; ed essendolo , determinare il corrispondente punto in pro- jezione verticale. 53. Pel punto determinatore intendo condotto un pia- no normale alla retta direttrice ; ed assumo un tal piano per piano orizzontale di projezione. TAV. IV. Sia D il punto xieterminatore , {R , ?r) la retta diret- trice , le 7?/ , TV , in grandezza i due parametri : e sia P uji punto sul piano orizzontale di projezione. 1.° Si domanda se il punto dato P può essere pro- jezione di un punto della superficie nello spazio. 2 ° Essendolo , quale ne sia il corrispondente punto in projezione verticale. 54- Pel punto determinatore /?, e pel punto R proje- zione della retta direttrice , conduco la retta indefinita DRF e da ^ verso F taglio la RC uguale alla differenza del parametro maggiore M sul minore JS. Pel punto dato P, e per l'altro R^ projezione della direttrice , tiro la RE , e sopra uua tal retta segno 1 punti B, F, ove sarebbe tagliata dalle circonferenze di centri R e C rispettivamente di raggi N eà M; e da. F verso E taglio la FÉ uguale alla FB. Se il punto dato P sarà tra i punti B ed E ^ sarà projezione orizzontale di un punto della superficie nello spazio. E qui due casi possono darsi ; o che il pun- to P è Ira i punti F ed E^ o che in vece stia tra i punii Inlorno ad una superficie anulare lor F e B , come sarebbe P : nel primo caso sarà uopo com- pire tutte le operazioni , nel secondo caso si farà a me- no di tagliare la FÉ uguale alla BF. Stia dunque il punto dato P tra li due punti B ed E determinati come bo detto. Un tal punto sarà proiezione orizzontale di un punto della superficie. Di fatto essendo per costruzione il punto F projezione di un punto della curva dei centri^ perciocché è sulla circonferenza di centro C e di raggio il parametro maggiore J/(43) ; ed essendo B projezione del punto di contatto della superficie col ci- lindro minore che ne guida la generazione , perciò eh' è sulla circonferenza di centro ^ e di raggio il parametro mi- nore iV(2o) ; è FB il raggio della individuata circonferenza generatrice della superficie , la quale giace sul piano pro- jettato in BE : e quindi la porzione BE della BE è la projezione orizzontale di essa individuata circonferenza ge- neratrice. Ed il punto dato P trovandosi appunto sur una tale porzione BE di retta, può essere projezione orizzon- tale di un punto nello spazio della individuata circonfe- renza generatrice medesima ; lutt' i punti della quale , es- sendo punti della superficie , potrà il punto dato P essere projezione orizzontale di un punto della superficie. Si). Sia dunque P projezione orizzontale di un punto della superficie : e vogliasene determinare il corrispondente in projezione verticale. Dal punto F tiro la Ff perpendicolare alla linea di terra Y'V, e su di essa Ff segno il punto f alto sulla Y'V per '''«'? : e durante la rotazione medesima il punto P percórrerà l'arco PQ^ ed i suoi corrispondenti p -, p le orizzontali p-K , pV. Onde sul piano orizzontale il punto j?, e sul pia- no verticale i punti w , ir' , saranno le projezioni dei punti {P, p) , (P, p) che sono projettali in P ed appartengono alla circonferenza projettata in BE ^ dopo la detta rota- zione del circolo sulla di cui circonferenza essi sono . Dun- que i punti p , p sono in projezione verticale i punti cor- rispondenti a quei punti della superficie , li quali sono orizzontalmente projettati nel dato punto P. Intorno ad una superficie anulare io3 LEMMA. Dato i determinanti della superficie , ed un piano paral- lelo alla retta direttrice: costruire la curva d'inter- sezione della superficie col piano. 56. Pel punto determinatore intendo condotto un piano perpendicolare alla direttrice , ed assumo un tal piano per piano orizzontale di projezione : il dato piano secante sarà normale al piano orizzontale di projezione. Il piano verti- cale di projezione risultando parallelo alla direttrice , l'as- sumo in oltre normale al piano secante : sarà questo nor- male alla linea di terra. Sia dunque D il punto determinatore, (/?, ?r) la retta tav. v. direttrice, le rette il/, TV in grandezza i parametri, e sia ph' il piano secante. Si voglia costruire la intersezione della superficie di parametri ^/ ed iV , di punto determinatore D , e direttrice (By fr) col piano dato ph'. 57. Pei punti D, R tiro la indefinita DF; e da 7? verso F taglio la lìC uguale alla differenza del parametro mag- giore M sul minore N. Coi centri ^ e C, e coi raggi ri- spettivamente uguali al parametro minore IV ed al mag- giore 31 descrivo le circonferenze AklLLA., Ab'BA. Dal punto R tiro la RE' per modo che risulti KB' uguale a B'H' ; e pel medesimo punto 7? e pel punto E' intersezione della Ah,KLA colla ;j/ì', la RE,. Fra tali due rette RE'^ RB, tiro per R un numero arbitrario di raggi ; sia RB uno di questi. Pel suo punto d' intersezione B colla circon- ferenza maggiore Ab'B,B'A elevo la perpendicolare BG alla I o4. Bossi RB ; su di essa a partire da B taglio la BG uguale a BF^ e col centro G e raggio G^ff descrivo la circonferenza BDIIiB, e pel punto d' intersezione H del raggio RB colla joA' tiro le due rette HI^ US, perpendicolari , la prima alla BR^ e la seconda alla h'p. La HI essendo parallela alla BG, incontrerà la circonferenza BDII,B di centro G : ed i punti /,/, ne sono i punti d' incontro. Sulla ffS prendo le parti HS, HS, rispettivamente uguali alle HI^ HI,. So- no S^ S, punti della curva d' intersezione della superficie col piano jtjA', costrutta sul piano orizzontale di projezione. Di fatto il raggio RB è projezione di un piano , che taglia il piano dato pJv secondo una retta, e la data super- ficie secondo una individuata delle sue circonferenze gene- ratrici (io, 1 8) ; e se il piano RB s' intenda che roti intorno alla traccia BR sino a mettersi sul piano orizzontale di pro- jezione ; essendo quivi giunto , il centro della individuata generatrice che è sul piano RB si troverà in G , punto distante dalla RB per BF ., e giacente sulla BG perpen- dicolare a BR-^ e la retta intersezione del piano RB col- r altro joA' si troverà nella indefinita ZT/ perpendicolare alla traccia RB. E poiché il piano pH e 1' altro RB tagliano la superficie , la retta di loro intersezione debbe incontrar- la ; ed in punti che sono nella intersezione, di ciascuno di essi piani colla superficie. Ma il piano RB taglia la su- perficie secondo una delle circonferenze generatrici ; dun- que i punti d' incontro della detta retta ( intersezione dei piani RB^ pU ) con tale generatrice ; sono ad un tempo punti d' intersezione del piano pH colla superficie. Ma la generatrice sul piano RB.^ dopo la detta sua rotazione , è la circonferenza BDILB., e la intersezione dei due piani RB^ pU è allora la retta HI. Dunque i punti /,// d'in- Intorno ad una superficie anulare loS lersezione di essa retta , colla circonferenza BDIhB^ corri- spondono a punii d'inlerse/ione del piano pU colla super- ficie. Dunque due punii projetlali in H ed alti sul piano orizzontale di projezione, l'uno per 111^ e l'altro per /^7I, sono punti d' intersezione della superficie data , col dato piano secante pH. Roti ora il dato piano pìì intorno alla sua traccia orizzontale p,h, ; e si ponga sul piano orizzon- tale di projezione. I detti due punti d' intersezione projet- tati in H si troveranno, dopo la rotazione del piano se- cante p/i', sulla perpendicolare IIS ad Kp,^ eretta per H ^ e distanti dal punto H^ 1' uno per HS uguale ad EI^ e l'altra per lì Si uguale ad HI,. Dunque i costrutti punti «y, S, sono punti della curva d' intersezione del piano dato jiH colia superficie , e costrutta sul piano orizzontale di pro- jezione. E come ho operato rispello al raggio RB, cosi ope- rando rispetto a tutti gli altri raggi condolU per R tra li due RB', RB,, costruisco i diversi punti della dimandata intersezione. La quale cosi costruita è la LSiL't^'tzSL. 58. La costruzione di tulli i punti della curva della in- tersezione di che si traila dipende dall' incontro di una retta m perpendicolare al raggio RB, colla circonferenza di cen- tro G e raggio uguale BF. Tra le rette , come la HI, ve ne sono di quelle tanto distanti dall' altre , come la BG, per quanto è il raggio BG. E colali rette sono le Hil, HI' \ perciocché B,G' è uguale a B,H, e pel punto H, è eretta la H,l\ ed è B'G' uguale BK, e per costruzione si è tirato in modo il raggio RB che è KB' uguale a BH'. Però le retto B,l , HI' non tagliano le rispettive circonferenze B,D,IB, , B[D'B, ma le toccano nei punti /, /'. Dunque per ciascuno dei piani RB,, RB, vi corrisponde un sol puato , ia vece io6 Rossi che corrispondervene due , come li 5", S, ia riguardo al pia- no RB : cioè ; al piano RB, corrisponde il punto L , ed all'altro piano RB' corrisponde l'altro L' e le rette ff,Lj H'L' toccano la curva itSLS,L'r.''K nei punti L,L\ e la limitano nel senso p,h'. Egli è perciò che ho detto (Sy) tirare i diversi raggi, come RB^ tra i due RB, , RB'^ che passano pei punti ìV, H, della traccia del piano ; li quali punti sono in sostanza la intersezione della traccia pJi' del dato piano coi limiti della projezione orizzontale della superficie. Sg. La traccia j?3;A' del piano secante taglia di nuovo le due circonferenze di centro i?,C e di raggio i parametri minori JS e maggiore 31 al disotto del centro R. Dal punto R dunque tiro i raggi Rh, , RJi' , dei quali il primo passi per la intersezione h, della traccia pJi' colla circonferenza di raggio il parametro minore iV, e la seconda pel punto h' tale che la parte h'b' della Rh' sia uguale alla b'k. E tra cosiffatti due raggi tirando una serie di altri raggi pel punto i?, ed operando per ciascuno, come per la RB^ si avrà un altro ramo della curva d' intersezione del piano ph' colla superficie. COROLLARIO 60. Si supponga che il piano secante ph' camini paral- lelamente a se stesso nel senso Y'Y. La parte H,h, della sua traccia pih' anderà diminuendo in lunghezza, ed i punti Hnh, si anderanno avvicinando : e ad un tempo i punti H,, H'^ ed h, , h' si anderanno allontanando. Movendosi dun- que in siffatta guisa il piano , i due rami della curva si anderanno avvicinando tra loro , e ciascuno allungando. Intorno ad una superficie anulare. 107 Quando la ph' tocca la circonferenza Ahfl,KA i due ra- mi si uniranno per via di un nodo nel punto corrispon- dente al punto di contatto. Quando la/j/i' taglierà la sola circonferenza maggiore , il nodo si scioglierà e la curva di intersezione avrà un sol ramo. Se il piano p1ìl si muove in senso opposto, le mede- sime circostanze avran luogo ; se non cbe, passando la sua traccia jìK pel punto A di contatto delle due circonferen- ze di centro B, e C, e di raggio iV ed M , uno dei due rami della curva si ridurrà in un punto. 61. La curva di clie si fratta dunque avrà 0 due rami cliiusi e staccali ; od un ramo chiuso , con un punto iso- lato ; od un ramo chiuso ed annodato ; od un sol ramo chiuso e senza nodo. PROPOSIZIONE SETTIMA Dati i determinanti della superficie ed un punto sul pia- no verticale di projezione ; riconoscere se quel punto è projezione di un punto della superficie ; ed essen- dolo , determinare il corrispondente punto in projezione orizzontale. €2. Assumo per piano orizzontale di projezione un pia- tav. v. no pel punto determinafore perpendicolare alla retta direttri- ce. E sia D il punto delerminatore, (^, p/-) la retta direttri- ce, le rette M^ N, in grandezza i parametri maggiore e minore ; e sia jo il punto dato in projezione verticale. Si domanda: I.' Se il punto jo dato in projezione verticale, può es- sere la projezione verticale di ud punto della superfìcie. loS Jìossi z.° Essendo il punto dato p projezione verticale di un punto della superficie, il corrispondente punto in projezione orizzontale. 63. Pel punto dato p conduco la yerticale ph' alla linea di terra Y'V. Considero ph' come traccia di un pia- no perpendicolare alla linea di terra Y'V; e costruisco (Sy) sul piano orizzontale di projezione la intersezione inSLS, ZVff di questo piano ph' colla superficie. Dal punto d' in- tersezione p, della p'h' colla Y'V, verso Y' , taglio la ;j,ir, uguale alla pp; e per tt, tiro la ir,7r parallela alla ph'. Se la 5r,!r taglia la costrutta curva d'intersezione del piano /jA' colla superficie , il punto p può essere projezione verticale di un punto della superficie. Perciocché per essere il punto p projezione verticale di un punto della superficie , la retta projettante il punto p debbo procedere da un punto della superficie; ma essa retta projettante giace sul piano /jA'; dunque il punto della superficie dal quale essa procede debbe ad un tempo es- sere sul piano ph' ; dunque debb' essere un punto della in- tersezione del piano ph' colla superficie : opperò se il piano ph' rota intorno la sua traccia orizzontale di projezione , trascinando seco la curva di sua intersezione colla superfì- cie e la retta projettante il punto p, che giace sur esso ; questa continuerà a procedere da essa curva per tutta la rotazione del piano ph'] e cosi quando sarà giunto sul piano orizzontale di projezione. Ma durante la rotazione del piano ph\ il piede della retta projettante il punto p sul piano verticale di projezione, genera il quadrante pif, di centro/), e di raggio p,p ; onde quando il piano ph' sarà giunto sul piano orizzontale di projezione essa troverassi in «•,«. Dun- que perchè il punto jo sia projezione verticale di un punto Intorno ad una superficie anulare log della superfìcie , la retta 7r,w debbe procedere da un punto della curva irSLS,L'iir ; ossia prolungata debbe incontrarla. 64- Sia dunque p la projezione verticale di un punto della superficie : vogliasi il corrispondente punto in proje- zione orizzontale. Pel punto p conduco la verticole ph' ; e consideran- dola come projezione di un piano , costruisco sul piano oriz- zontale di projezione (^7) la intersezione ■jrSLSiL'-it' di un tal piano colla superficie. Da p, verso ¥' taglio lap^, uguale alla p,p : per tt, tiro la 7r,7r parallela alla ph' ; e pei punti ff', ff di suo incontro colla curva vSLSL'-k' conduco le T(P,it'P' parallele alla YY. I punti d'incontro /',P' delle f /*, ■k'P' colla pK^ sono i punti domandati : punti di pro- jezione orizzontale di quei punti della superfìcie, dei quali il punto dato p è projezione verticale. Di fatti ho dimostrato di sopra che per essere j9 pro- jezione verticale di un punto della superfìcie , la retta 'k, è projezione verticale. Tom. F, i5 ! I o Bossi COROLLARIO 65. AI punto dalo/j possono corrispondere, per la fatta costruzione, da uno sino a quattro punti come li P^P. Per- ciocché la retta 5r,ir può incontrare la curva d' intersezione di un piano come il ph' colla superficie una, due, tre, ed anche quattro volte ; secondo che la incontri toccandola o taglian- dola , e la curva corrisponda all' uno od all' altro dei quattro casi enumerati (61) nel corollario del Lemma precedente. Dunque il puntolo può essere projezione 0 di uno, o di due , o di tre, o di quattro punti della superficie. SCOLIO 1. 66. Per le cose fin qui dette è facile costruire la super- ficie, dati che ne siano i determinanti. E ciò si può od assu- mendone un punto in projezione orizzontale, od in projezione verticale, e costruendone il corrispondente punto in projezione verticale od orizzontale , lo che si fa per le due proposizioni precedenti ; oppure costruendo le projezioni di una serie delle sue generatrici. Volendo costruirla in quest' ultima maniera ; perciocché la superficie ha un piano diametrale , ed è quello che passa pel punto determinatore e per la retta direttrice (t6, 33) , per averne elegante rappresentazione , assumo per piani di pro- jezione due piani perpendicolari tra loro ed al piano diame- trale, e dei quali l'orizzontale passi pel punto determinatore. TAV. VI. Sia D il punto determinatore, ^ la projezione orizzon- tale della retta direttrice , i/ ed iV" i parametri maggiore e minore. Intorno ad una superficie anulare 1 1 1 Pel punto dctcrminalore D e pel punto R projezione orizzontale della retta direttrice conduco la indefinita Dr^ e pel punto p della Dr la Y'Y ad essa perpendicolare. Sarà Y'Y la linea di terra dei piani di projezione : ed il punto determinatore D sarà projettato in p . 67. Da R verso p taglio la ^C uguale all'eccesso del parametro maggiore M sul minore iV, e col centro R ed il raggio uguale al parametro minore iV descrivo la circon- ferenza AB^B^^B^A ^ e col centro C ed il raggio CA u- guale al parametro maggiore M descrivo la circonferenza AF,F,J,A. Dal centro R tiro una serie di raggi delle descritte cir- conferenze , e ciascuno lo prolungo lauto per quant' è la sua parte intercetta tra esse due circonferenze : cosi taglio la F^E^ uguale alla F^B^. La c\iv\a AÉ^E^E^E^Ee A coslìlnila. dagli estremi del prolungamento di tutti cotesti raggi , e la circonferenza ABfi^B^A sono i limiti della projezione oriz- zontale della superficie ; e lo spazio compreso tra esse cur- ve la projezione orizzontale della superficie tutta intera : e le porzioni di tutti i detti raggi, come le B^E,^ B^E, ^ B^Eg , B„E,, , comprese tra cosiffatti limiti , sono proje- zioni orizzontali delle circonferenze generatrici della super- ficie (io, 54). I quali raggi per eleganza del disegno gli ho condotti pel punto A ed il suo diametralmente opposto B„ e per li punti di divisione della circonferenza AB^B^B^A , avendone divisa ciascuna metà da A in B,, , in dodici parti uguali. Dunque la curva AE^EfE^E^E^A ^ descritta unendo i punti estremi E^ E,, E,, E^... E,^ di essi raggi prolun- gati , rappresenta il limite maggiore della projezione oriz- zontale della superficie : la circoufereDza AB^B^^B^A ne 1 1 2 Bossi rappresenta il minore : e le rette terminate BE, B,E, , BE, , B^Ei ... BeEg ... B,,E,, altrettante projezioni orizzon- tali di una serie di generatrici della superficie. 68. Dei punti di ciascuna di queste projezioni orizzon- tali delle generatrici della superfìcie, determinando (per le cose dette (5b') nella penultima proposizione) i corrispondenti punti in projezione Terticale , si otterrà la corrispondente projezione verticale di quella individuata generatrice della superficie , della quale la retta su cui que' punti sono è projezione orizzontale. Ma se si consideri che le generatrici projetlate nelle rette BE, B.E,, B.E, , B,E,.... B,E, ... B,^E„ sono delle circonferenze di circolo "aventi i centri projettati nella circonferenza AF^F^^F^A ed i raggi rispet- tivamente uguali alla metà di esse rette BE., B,E, ... B,E^.. B,,E,^., è chiaro che la projezione verticale di ciascuna di esse , per esempio di quella projeltata in B^E^ sarà una ellisse di semiasse maggiore uguale alla F^E^ e di semi- asse minore uguale alla projezione di essa F^E^ sulla linea di terra , cioè uguale a fs , e che il centro di essa ellisse sarà sulla perpendicolare F^f alla linea di terra eretta pel punto F^, ed alto sulla linea slessa di terra per F^ , tT, qQ, l'T, (f'F, ; e sulla F,E, taglio le FJ, FJ, uguali alla FJ\ eàF.E,, F,B, uguali ad F,Q. Dai punti di di- visione f, t^ y, t\ ' uguale alla stessa distanza FB\ ossia uguale a 9'/' , dal punto ■"" del taglio tiro la orizzontale t'o e dal punto o , ove la w'o incontra la Ff^ tiro la 00 parallela ad fj< : per ultimo dal punto 0' , ove la 00 incontra la F'f tiro la orizzontale o'ai. Saranno le rette RE\ o'oo i luoghi della projezione orizzontale e della Intorno ad una superficie anulare 1 1 7 projezione verticale del punto richiesto : la qual cosa dopo il fin qui detto stimo superfluo il dimostrare. Per determi- nare la posizione delle projezioni del punto su colesti suoi luoghi , sulla RE' a partire da F' prendo la parte F'P' u- guale ad off', e per P' innalzo la P'p perpendicolare ad Y'Y. P' è la projezione orizzontale del punto cercato , e p , intersezione della retta P'p colla o'cc , è la projezione verticale del punto stesso. Onde {P\p) è un' altro punto della caratteristica che passa pel dato punto {P-iP) (*)• (*) Circa due anni dopo che ebbi let- conda classe .• e cosi presi a trattare di ta questa Memoria , presentai all' Acca- nuovo , ma coli' analisi , della superficie deniia medesima, come applicazione del- che ora qui ho costrutta, le generalità da me precedentemente La equazione in quella memoria tro- pubblicate, una Memoria analitica su al- vaiane è cK/ie superficie anulari particolari di se- ^,_2a {fi-r)x+ V^^r'+(2//-r)ry'-r \fx-+y- _^ £ quelle della sua caratteristica , anche qui sopra costrutta , le due x' — 2{/ì—r)x+t/''=.r{2lì—r) (//_/.).,+ \/n^x'' + {2/i—r) ry^—r V^^+y==3 V-^^'+y" • Le quali equazioni sono riferite a tre e nelle quali i? è il parametro maggiore, assi ortogonali , dei quali X asse delle z r il minore. è la retta direttrice della superficie, l'asse La equazione generale della famiglia di delle .T una retta ad essa normale con- anulari , della quale quella qui costrutta dotta pel punto determinatore, l'asse del- può dirsi una sotto varietà , come si è le y una perpendicolare alle due prece- considerato allo scolio 3.° della proposi denti che passa per la loro intersezione : zione terza , è la «.v-i- \1 l{-x-+{R--a-)y- - r\Jx--\-y^ , ___-_ . -j- /g.v+ \Ji^x'+{/{'-a')y' - (x-+ y')\ '_^ \ \'x-+y^ / 1 1 8 lìossi COR OLLARIO 73. Dalla costruzione fatta per determinare un secondo punto {P'ìP) della caratteristica che passa pel dato {P,p)i si rileva che tutti i punti di una medesima caratteristica sono determinati , in projezione orizzontale per via di ascis- se che passano pel polo B, computate dalla circonferenza ^LFF'IjA\ ed in projezione verticale per ordinate normali alla linea di terra, erette per gli corrispondenti punti della projezione orizzontale, computate dalla hnea dei centri, e date in grandezza da una serie di triangoli rettangoli si- mili al triangolo /zV dipendente dal punto dato {Pip) e perciò dato ; dei quali triangoli il cateto orizzontale è u- guale all'ascissa, e T altro cateto è uguale all'ordinata. Così pel punto {P',p) della caratteristica che passa pel dato punto {P,p)i l'ascissa F'P' riferita al polo R e com- putata dalla circonferenza ALFFU A è uguale al cateto orizzontale cs' , e l'ordinata computata dalla linea dei centri è uguale all'altro cateto /o: ondo poi è sp uguale ad /o più /ir' , essendo /tt' uguale fy^ ossia computando l'ordi- nata dalla linea di terra Y'Y, è uguale allaltro cateto /o più r ipotenusa /«' del medesimo triangolo ^oir', del quale il ca- teto Off' è uguale all'ascissa F'P' . Può dunque sempre co- struirsi in un modo assai spedito la caratteristica che passa per un dato punto della superficie, costruendo a parte il trian- golo , /« > dipendente dal punto dato , e tutti i suoi simili. nella quale in vece del parametro mi- a s= o nore r v' è il raggio R=^M del cilindro a ^ R — 1 maggiore, e la distanza az=RC dei cen- a z=sR — i tri delle basi dei due cilindri. a '^ R — , Le sei sotto varietà espresse al nume- " ^ ^ -{- 1 ro 39, corrispondono ai casi di " ^ ^ -|- / Intorno ad una superficie anulare 1 1 9 Per darne un esempio, assumo per piano orizzontale tw.viii. di proiezione un piano normale alla retta direttrice e che passa pel punto dcterminatore ; assumo che sia D il punto determiuatore , ( R^ pr ) la retta direttrice , M, TV i para- metri maggiore e minore della superficie ; e che vogliasi costruire la caratteristica che passa pel punto {Pi]^)- Ecco come procedo. 74-. Pei punti P qA R tiro la indefinita 7?P, coi centri R e C, e coi raggi JV ed M descrivo due circonferenze , e determino il punto {F,f) della linea dei centri (4.3,4-4-), corri- spondente al punto {P^p). Pel punto/ tiro la orizzontale j^/) sino ad incontrare una verticale arbitraria « ?'. Col centro/ descrivo una semicirconferenza che tocca la linea di terra, e pel punto p conduco la orizzontale pv : pel punto w di suo incontro colla descritta semicirconferenza e pel centro / di questa , tiro la -iff, ; è /'/V il triangolo rettangolo cor- rispondente al punto dato {P,p), pel quale si determinano le dette ascisse ed ordinate delle projezioni della caratteri- stica che passa per esso punto {P,p)' Per costruire tutti gli altri triangoli simili al precedente , pel punto R conduco una serie di raggi che potrebbero tagliare parti uguali sulla circonferenza di raggio uguale A'; e col centro/ descrivo una serie di semicirconferenze la prima di raggio uguale alla parte del primo raggio RF,^ alla sinistra di RP, in- tercetta tra le due circonferenze , l' una di raggio 3/ , e l'altra di raggio A'; la seconda di raggio uguale alla parte del secondo raggio per R intercetta tra le stesse circonfe- renze; la terza di raggio uguale alla porzione del terzo raggio intercetta tra le stesse circonfcrciize ; e cosi di se- guito : e fo lo slesso per gli raggi a destra di RP. Dai punti ir, , -jr^ , Wj , w, , TTs w' , di loro inlersczione colla /,■«■ tiro le 1 20 Rossi orizzontali "^'i i *=2 , wsS , •jr,!, tt;!) , «'i', I triangoli rettan- goli , simili al triangolo f/v , che vengono a costituirsi , sono i triangoli che danno le ascisse e le ordinate delle projezioni orizzontale e verticale della caratteristica che passa pel punto dato (P-ip)- Per segnare i diversi punti di cotesta caratteristica , sulla RF,^ a partire dal punto F, faglio la F,P, uguale al cateto *,! : è P, la projezione orizzontale di un secon- do punto della caratteristica. Pel punto P, elevo la P,p, perpendicolare alla linea di terra Y'F, e sulla /*,/?, segno il punto p, allo sulla Y'Y per quanto è il cateto/, i più la ipotenusa y]ir, , ossia segno il punto p, allo sulla linea di terra per «,r : è p^ \a projezione verticale del detto secondo punto della caratteristica, che corrisponde al punto P, io projezione orizzontale. Similmente sugli altri raggi come li RF, RF„ condotti per R^ a partire dai loro punti sulla cir- conferenza di centro R e raggio M ^ verso R tagliando parti successivamente uguali ai cateti 7r22 , irsS , ^44 , ■^53 , tt'i, ottengo tutti gli altri punti della projezione orizzontale della caratteristica ; e per essi punti elevando le perpendi- colari alla linea di terra Y'Y, ed a partire da questa ta- gliando sur esse perpendicolari , delle rette rispettivamente uguali alle «a2 , «38, 0144, «sS, «'i', ottengo gli altri punti della projezione verticale della caratteristica. E così dati i determinanti della superficie ed il suo punto (/*,/>), ottengo la caratteristica della superficie che passa per esso punto. SCOLIO 3. 7I). Si consideri un' individuato punto della circonfe- renza generatrice della superficie; e per un tal punto passi il Intorno ad una superficie anulare 1 2 1 raggio di essa circonferenza. Si muova la circonferenza per modo da generare la superfìcie : l' individuato punto gene- rerà la sua caratteristica , quando la superficie sia invilup- po di una superficie rigata (4-0), ed il delto raggio prolun- J gato genererà un'altra superficie rigata, la quale ò facile costruirsi data che sia la curva dei centri , la caratteristi- ca, e la retta direttrice. Perciocché il piano della circon- ferenza generatrice passando sempre per la rotta direttrice, il raggio prolungato , che genera questa nuova superficie rigata, passerà ad un tempo per la caratteristica , per la curva dei centri , e per la retta direttrice. Onde potrà co- struirsi determinando una serie di rette che si appoggino ad un tempo a queste Ire linee. La qual cosa è assai facile. Di fatto se per un' individuato punto della caratteri- stica e per la retta direttrice si conduca un piano , esso incontrerà la curva dei centri ; e la retta condotta por que- sto punto d' incontro e per l' individuato punto della carat- teristica sarà una retta di questa nuova superficie rigata. Cosi ripigliando il disegno dello scolio precedente , volen-T.w.vii. do costruire, di questa superficie rigata, la retta che passa pel punto {P-ip) di una data caratteristica , conduco per P la retta PR^ pel suo punto d'incontro F colla circon- ferenza ALFF'L'A conduco la i^ perpendicolare alla Y'Y^ taglio su di essa a partire dalla Y'Y la 9/ uguale ad FB, e pel punto f e pel punto dato p conduco la fp. È {PR^ pf) la retta di questa nuova superficie rigata , che passa per r individuato punto {Pip)- Di fatto è PR il piano con- dotto per r individuato punto {P^p) e per la retta diret- trice (^, p/), ed il punto /* è la projezione orizzontale del suo incontro colla linea dei centri, che è projetlata orizzon- talmente nella circonferenza JLFF'L' A di centro C e (W I 2 2 Rossi raggio il parametro maggiore i?/ (43) ; onde poi (F.,/) esso punto d' incontro (4-4) '• e la retta ( PR , pf) stando sul piano PR e passando pei punti {P.,p) ed {F^f) , della caratteristica il primo e delia curva dei centri il secondo, si appoggerà ad un tempo ad esse curve ed alla retta direttrice. Ora questa nuova superficie così generata è una su- perficie rigata non sviluppabile ; ed è normale alla super- ficie di che si tratta. E non sviluppabile , perciocché se fosse invece sviluppabile due sue rette consecutive dovreb- bero stare in un piano ; e però dovrebbero entrambe in- contrare la retta direttrice della superficie in un medesimo punto , lo che non può essere ; facendo esse angolo uguale colla verticale , e stando in equidifferenza le projezioni oriz- zontali delle loro parti intercette tra la direttrice e la cur- va dei centri , alle rispettive parti intercette tra la curva dei centri e la caratteristica , mentre che per incontrare la direttrice in un medesimo punto , dovrebbero stare in equiquoziente. Ed è normale alla superficie ; perciocché generata da retta sempre normale alla generatrice della superficie. 76. Tra tutte le infinite superficie rigate normali alla superfìcie , ve ne sono due singolari ; 1' una a piano diret- tore , l'altra sviluppabile: tutte le altre potrebbousi dire a cono direttore. Si consideri una retta qualunque di coteste superficie rigate normali ; e s' immagini che generi un cono retto avente la direttrice per asse ed il suo punto d' incontro con essa retta per vertice. Ogni lato di questo cono avrà lina retta della superficie rigata normale cui quella retta ap- partiene, che gli sarà parallela. Ma un tal cono direttore per ciascuna delle infìnife superficie rigale normali , avendo di- versa ampiezza , cioè diverso angolo al vertice ; potranno Intorno ad una superficie anulare. i23 darsi due casi singolari: quando l'angolo al vertice sarà uguale ad un quadrante , e quando sarà uguale a zero. Nel primo caso il cono si trasformerà in un piano ; ed allora la superficie rigata normale sarà a piano direttore , ed oriz- zontale se la direttrice ò verticale. Nel secondo caso il co- no si ridurrà al suo solo asse , eh' è la direttrice della su- perfìcie; ed allora la superfìcie rigata normale sarà svilup- pabile: sarà un cilindro a lati verticali se la direttrice è parimenti verticale. L E M M A. Dalt i determinanti della superficie ed un suo punto : co- struire r inviluppata rigata non sviluppabile della su- perfcie , che passa pel punto dato. 77. Assumo per piano orizzontale di projezione un TAv.viir. piano condotto pel punto determinatore normale alla retta direttrice. Sia D il punto determinatore , (^, p/-) la retta diret- trice , M ed N i parametri della superficie in grandezza, {P-iP) il punto dato. Vogliasi costruire l' inviluppata rigata non sviluppabile che passa pel punto (P,p). 78. Pel punto determinatore D e per la projezione R della direttrice , tiro la indefinita DB ; e da ^ verso Y taglio RC uguale all' eccesso del parametro maggiore 31 sul minore IV. Coi centri R e C , ed i raggi rispettivamente uguali al parametro minore TV, ed al maggiore JÌJ descrivo le due circonferenze ABB-^A.^ AFF^A. Per la projezione orizzontale P del punto dato, e pel punto R tiro la PR ; ed a partire dal punto B di sua 1 24. Rossi intersezione colla circonferenza ABB^A taglio una serie di archi uguali di essa circonferenza , BB, , B,B,^ B^B^ , ... , così dall' una che dall' altra parte della RP ; e per li punti di divisione B^B, , ^, , ^3 , ... di essa circonferenza tiro i raggi RB,, RB, , RB,, .... Sono cotesti raggi RB^ RB,, RB, , RB, ... prolun- gati le projezioni orizzontali delle rette della inviluppata rigata , la quale passa pel punto dato (P,j}). Di fatto tutte coteste rette dovendo toccare le circonferenze generatrici della superficie debbono essere nei piani di queste ; e le rette RB , RB, , RB, , RB^ , ... sono le projezioni di co- siffatti piani (io), e però delle rette della inviluppata , le quali in essi piani sono. Debbo ora costruire le projezioni verticali delle rette islesse. 79. Il punto d' incontro F della RB condotta pel punto dato P, colla circonferenza JFF^J di centro C e raggio il parametro maggiore M .^ è projezione orizzontale di un punto della curva dei centri (4-3). Ne determino il corrispon- dente/in projezione verticale (4.4-)- Per / tiro la orizzontale ^.,sino ad incontrare una verticale arbitraria «/. Col punto d' incontro f, di questa verticale , colla detta orizzontale //, come centro , descrivo la circonferenza «a-7r tangente alla linea di terra Y'Y^ e col medesimo centro f, e con dei raggi uguali alle parti F.5, , F^B,, F,B,, ... delle R,B, RB, , RBj, . . . intercetto tra le due circonferenze ABB^A , AFFsA descrivo altrettante semicirconferenze. Per la pro- jezione verticale p del punto dato tiro la orizzontale pi , pel punto di suo incontro tt colla semicirconferenza «air ti- ro il raggio tt/,. Per lutti i punti ■r, , ir. , ffs, it^.vs ... d' intersezione , di questo raggio «/„ colle descritte semicir- Intorno ad ima superficie anulare 12S conferenze, tiro le tangenti •ff/, ^t,l^, wy,,.... alle rispettive circonferenze ; e le ordinate ortogonali tt.i , ^22, ttsS , «44... alla verticale «<. Con questi elementi costruisco le projezioni verticali delle rette della inviluppata rigata , corrispondenti a quelle sue che hanno per projezioni orizzontali le rette RF^ RF, , RF^, RFi ... : ed ecco in qual modo. Rispetto alla proje- zione verticale della retta corrispondente alla FR, pei punti P ed F elevo le perpendicolari indefinite Pjj, FJ alla li- nea di terra: sopra Ff a partire da 9 , taglio la ?e u- guale alla distanza «< dell' incontro t della tangente nel punto ■K colla verticale *<, dall'estremo inferiore a del diametro della semicirconferenza cui appartiene il punto k : pei punti p ed e tiro Isipe; è pe la projezione verticale della retta della inviluppata rigata che ha la FR per projezione oriz- zontale. Similmente per costruire la projezione verticale corrispondente a quella retta dell' inviluppata rigata, della quale la retta RF,^ è projezione orizzontale, pei punti i*,, F, elevo le perpendicolari indefinite Pp,, F,e, alla linea di terra ; e della Pp, , a partire da Y'Y taglio una parte uguale alla distanza ix, del piede i della ordinata ^r,! alla *< condotta por ir,, dall'estremo inferiore «, del diametro della semicirconferenza cui appartiene 'x,; e della F,e, a partire da Y'Y taglio una parte uguale alla distanza a/, dell' in- contro della tangente nel punto tt, colla verticale «/, dal- l' estremo inferiore istesso *, del diametro medesimo : pe punti p, , e, tiro la retta pfi, ; è p,e, la projezione verti- cale di una seconda retta della inviluppata rigata che pas- sa pel punto dato {P,p)'- ed e quella di cui la RF, è pro- jezione orizzontale. In simile maniera , elevando delle per- pendicolari alla linea di terra , pei punti di tutte le altre Tom.F. 17 126 Sosst rette RB, , RB^^ RB^ .... determinati come i punti P, P,^ ed F^ F, e tagliando sulle prime , a partire dalla linea di terra rispettivamente parti uguali alle distanze , come le l'y-, i«,, 2»2, 3«3i 4*4 .... dei piedi dell'ordinate per gli punti come ir , ir, , vr2 , ^3 , ^Kl^,... dalle estremità inferiori come », «i , »». «3, «4... dei rispettivi diametri ; e sulle seconde , parti uguali alle distanze, come \q m , *,*, , *i/a... dell'in- contro delle tangenti nei punti come ^ , w, , ira , 7r3 , 5r4 , . . . colla verticale «/ dallo estremo inferiore istesso dei mede- simi diametri delle semicirconferenze cui rispettivamente ap- partengono essi punti «, ir„ ira, ir3, ir4 ... si avranno altret- tanti punti come 1 j», /?, , e, e, : e tirando per ciascuna coppia di colesti nuovi punti delle rette , come vedonsi nel disegno , si ottengono le projezioni verticali delle altre rette della inviluppata rigala che passa pel dato punto (P,/>), e le quali hanno per projezioni orizzontali le rette RF^ , RF^^ RF,.... Di fatto tutte le rette di una slessa inviluppata rigata passano per una medesima caratteristica , ed incontrano le rette del cilindro projettante la curva dei centri , in punti determinati dall' incontro delle tangenti alle circonferenze generatrici , in quei loro punti apparlenenti a quella in- dividuata caratteristica per cui esse passano , col diametro prolungalo di ciascuna di esse circonferenze , il quale è sul cilindro projettante suddetto (4.o) ; ed i quali punti sono però alti sul piano della circonferenza luogo degli estremi di essi diametri, per quanto è la disianza di ciascuno dai cor- rispondenti di questi. E per le cose dette (7^) i punti come ^ Pi P' •) P' ••• ^'^^^ projezioni verticali della caratteristica che passa pei punti {Pip) ; ed i punti come e , e, , e, ..., sono le projezioni verticali dei punti del cilindro projet- Intorno ad una superficie anulare 127 lanle la curva dei centri , determinati come è dello di so- pra ; perciocché le circonferenze descritte col centro/, so- no appunto in grandezza le circonferenze generatrici cor- rispondenti alle posizioni RB , RB^^ RB,^ ^j?, ... del loro piano che rota (io), i punti «-, , ira , wj ... sono i punti di esse circonferenze che appartengono ad una medesima ca- ratteristica , cioè a quella che passa pel punto {Pip) , e le tangenti ad esse circonferenze per essi punii v, v, , -«i, ts... sono appunto quelle che determinano la distanza del loro incontro coi diametri delle circonferenze cui appartengono i punti it , icj , i!i , Iti ... dagli estremi inferiori «,«, , *», «3 . . . di essi medesimi diametri ; ed alle quali distanze si sono fatte appunto uguali le parti «fé, fi.e, , fsea, ... delle rette projeltanti i punti della curva dei centri. PROPOSIZIONE OTTAVA Dati i determinanti della superficie ed un suo jìunto ; menare il piano tangente alla superficie pel punto dato. 80. Costruisco la inviluppala rigata della superficie che passa pel punto dato ; e per un tal punto meno il piano tangente alla costrutta inviluppata. Un tal piano toccherà anche la superficie. Perciocché la inviluppata la tocca se- condo la caratteristica , ed il punto di con latto è un punto di questa. Per menare il piano tangente alla inviluppata per un suo punto , costruisco una paraboloide iperbolica tangente alla inviluppata in quel punto ; e per esso conduco il piano tangente alla paraboloide. Questo piano essendo tangente 128 Rossi alla paraboloide nel punto dato, e la paraboloide toccando la inviluppata per quel punto , esso piano è anche tan- gente alla inviluppata ; e quindi alla superficie. 8 1 . Dati dunque i determinanti della superficie assumo per piano orizzontale di projezione un piano condotto pel punto determinalore perpendicolare alla retta direttrice. E sia D il punto determinatore , (R , pr) la retta direttrice , M ed jy i parametri in grandezza, e (P^p) il punto dato. Pel punto dato {P;p) debbo menare il piano tangente alla superficie. 82. Per la projezione orizzontale P del punto dato , e per la projezione R della direttrice, conduco la retta RF; e per le cose dette nel Lemma precedente costruisco , corri- spondentemente alla retta RF, la projezione verticale pe della retta della inviluppala che passa pel punto P : e sì dall' una che dall' al Ira parte di essa un certo numero di rette della stessa inviluppata che passa pel dato punto (P^p) : — cinque da una parte , e cinque dall' altra (79), come vedesi nel disegno. Per determinare una paraboloide iperbolica che tocca la inviluppata nel punto dato (P^p) , per la retta (RF^pe) della inviluppata che passa pel punto dato P conduco un piano (GH.) H'K). Questo piano toccherà la inviluppata in un qualche punto della (/fF, pé). E per determinare que- sto punto di contatto costruisco la intersezione del piano {GH, H'K) colle dieci costrutte rette della inviluppala. Così per la retta ( RFr^ , m., Rf, . . . uguali rispettivamente alle RF, RF„ RF, . . . RF,, RF., RFt, ... ; e le parti Re , Re, , Re. , Re^ ^ . . . uguali ri- spettivamente alle RE^ RE, , RE,^ RE^ ... che sono le distanze del punto R dai punti E , E, ^ E, ^ £'3 , . . . , ove i raggi RB , RB, , RB, , RB^ ^ . . . incontrano la projezione Iff della retta data (Iff, hi) : ed a sinistra le E* tagliare da F^^ Fi ... verso R le parti uguali alle ordinate dei punti messi a de- stra dei diametri , e nel senso contrario le altre uguali alle ordinate messe a sinistra di ciascuno dei diametri medesimi. È chiaro che sono P, P„ P„ P, . . . />;, P^' . . . le projezioni orizzontali di una serie dei punti di contatto delle rette della rigata colle circonferenze dell' anulare , quando sono nella loro posizione vera, e IT, II,, IT,, ...IT',, n's, II', . . . un'altra serie di analoghi punti. Per ottenere le projezioni verticali di essi medesimi punti , per P, P, , P, , . . . P\ , P'g , . . elevo le perpen- dicolari alla linea di terra , e pei corrispondenti punti di contatto meno le parallele alla medesima linea di ter- ra ; ed altrettanto fo pei punti n, IT,, IT,, • . . IT'g, IT's , n', . . . I punti p,p.,p.,p,, . . . , y^, p\, p',, . . . , ove Intorno ad una superficie anulare iSy ciascuna incontra la corrispondente orizzontale , sono le proiezioni verticali di una prima serie di punti di contatto delle rette della rigala colle circonferenze dell' anulare , quando sono nella loro posizione vera ; e ff, tt., ffa . . . , ir'g, ■k'% . . . quelle di una seconda serie quando sono parimenti nella loro posizione vera; ed i ^wnW p^ p,^ p^...p\^ p\... corrispondono alla serie P^ P,, P, . . . P',, P's . . . ; e gli altri TT, ir,, ira, . . .ir'g, tt's, . . . alla serie n,n,,n2, ... n'g, Il'g... Conduco ora pei punti , jo, ed e la retta pe , pei punti /),, ed e,, la retta yj,e,, pei punti p„ ed e,, la rettalo,*?,, e cosi di seguito ; ed ottengo una prima serie di rette , proiezioni verticali delle rette della superficie rigata. Con- duco pei punti ff ed e la retta ire, pei punti ir, ed e, , la retta ir.^x , per gli altri ir, ed e, la retta ir^ea, e cosi di seguilo : ed ottengo una seconda serie di rette , projezioni verticali delle rette della superficie rigata richiesta. 86. Data dunque la retta (//^, hi) nello spazio ; ed il punto determiiiatore B , la retta direttrice (^, pr) , ed i parametri JIJ ed JV dell' anulare , ho costrutta la super- ficie rigata che tocca 1' anulare , e le di cui retle gene- ratrici si appoggiano alla data retta (IB, hi) ed alla data direttrice {B, pr) dell'anulare. Le rette {PE, pe) ^ (P.E,, p,e), (P,E,^p,e,)^. . . sono una prima serie di rette della rigata ; le rette {Uè , ire), {n,E, , ir, e.) , {U^E^x, iri^-a), . . . ne sono una seconda. 87. In ordine al piano R^ parallelo alla retta data (///, hi') non può procedersi come ho fatto ; perciocché , come è manifesto , il raggio R? non incontrando la proje- zione orizzontale IHE della retta data , non dà nessun punto analogo agli e' , e', , e', , . . . pel quale menare le rette tangenti alle circonferenze su di esso piano. Ma sono da i38 Rossi menarsi invece rette ad essa tangenti parallele alla retta data : essendo che il piano loro ed essa retta può stimarsi s' incontrino all' infinito. Però dal punto R calo la per- pendicolare RE^ alla Iff, taglio la p«' uguale alla EJ, e la pff' uguale alla EJJ ; e sulla verticale eretta per II' , taglio H'h' uguale alla Bh. Onde è i'h' la retta alla quale debbe menarsi parallela la tangente alla circonferenza il di cui centro è projettato in F',,. E per la qual cosa es- sendo essa circonferenza, quando abbattuta sul piano Rs , quella di raggio f,^ ottengo il punto di contatto nella in- tersezione di essa circonferenza colla perpendicolare f* alla retta i'h'. 88. Dal detto nel numero 85 emerge implicitamente essere {P,p), {P,,p,) , {R,p,) . . . (/>',, />',), (/>'«, y,). . . una prima serie de' punti della linea di contatto della co- strutta superficie rigata coli' anulare , e (IT, tt), (n„'7r,) . . . (ri'g, w'g) , (n'8, ir's) . . . una seconda serie di essi mede- simi punti. Perciocché sono punti di contatto di ciascuna retta della rigata , con ciascuna circonferenza dell' anu- lare. Conduco dunque pei punti P, P,, P„. . . P'^^ P^^ ... la linea PP,P,JP , e pei punti n, n,, n„ . . . l'altra nilsy/n. Costituiscono queste laprojezione orizzontale della curva di contatto delle due superficie. E conduco una li- nea pei punti p, p,, /?„ JO3 . . . , ed un' altra pei punti ir , ff',, ir'as .... Le curve ppiO, irv^a costituiscono la pro- iezione verticale della curva di contatto delle due superficie. 89. È manifesto che in projezione orizzontale sono punti visibili della curva , tutti quelli che provengono da punti di contatti esistenti nelle metà superiori delle circon- ferenze di raggio//,/ . . .J\,f\, ... ; e ne sono punti invisibili tutti gli altri che provengono da punti di Intorno ad una superficie anulare. iSg contatto giacenti nella metà inferiore di esse medesime circonferenze : e parimenti che in projezione verticale so- no punti visibili tutti quelli che provengono da punti di contatto delle circonferenze di centro /, /i , ^ , . ... giacenti su parti di esse circonferenze che 1' anulare la- scerebbe vedere; e punti invisibili tulli quelli provenienti dai punti di contatto giacenti su parli di esse medesime circonferenze che 1' anulare non lascerebbe vedere. Ed è con queste norme che ho disegnale le projezioni delle di- mandale curve di contallo. In quanto alle generatrici della superfìcie rigata di- mandata , per non ingenerare confusione, ho supposta ri- mossa tutta la parte dell' anulare anteriore al piano R s pa- rallelo al piano verticale di projezione e menato per la retta (^, p'') direttrice dell' anulare. COROLLARIO I. 90. Può osservarsi che da ciascuno dei punti e, e,, e/ , . . . corrispondenti rispettivamente a ciascuno dei punti {E, e), (E., e,), {E„ e.) . . . della retta data {IH.hi), pos- sono menarsi quattro rette tangenti (85) alle circonferen- ze , che nella loro posizione vera giacciono rispettivamente sui piani RB^ RB,, RB,...^ le quali incontrano la retta data ordinatamente in essi punii (£", e) , (£',, e,), {E^, e,) . . . Onde segue che per ogni punto della retta data (/ZT, hi) passano quattro rette generatrici della costrutta superficie rigala che tocca l' anulare. Dunque la retta data è una linea quadrupla della su- perficie rigala. i4.o Hossi COROLLARIO II. gì. In ogni circonferenza di ceiAxo f, f„ f,^ ... so- no due punti di contatto distinti , i quali giacciono da due parti opposte della retta che passerebbe per ciascun punto e', e',, e',, ... e pel centro della corrispondente cir- conferenza ; onde poi (88) -vi sono due serie di punti di contatto , e due serie di rette della rigata. Ne segue dun- que che la costrutta rigata tangente all' anulare ha due falde distinte ; e la curva di contatto due rami distinti. COROLL.'lRIO III. 92. Per Io punto R può menarsi una retta che passa pel punto determinatore D. Ed il piano, di cui una tal retta è proiezione , taglia l' anulare nel nodo e nella sua circonferenza massima (17). Dunque pel punto {E ^ e) d'incontro di questo piano RBE colla retta data possono menarsi solo due tangenti alla circonferenza , cui corri- sponde quella di centro /, ed una terza retta che passa pel nodo {À^ a) dell' anulare. Dunque le due falde della costrutta anulare tangente si tagliano 0 si toccano secondo una loro retta comune , che passa pel nodo dell'anulare ; e che però è retta dop- pia della rigata. Ed i due rami della curva si tagliano o toccano nel nodo medesimo ; il quale punto sarà punto doppio di essa curva di contatto. Lilorno ad una superficie anulare i4-i PROPOSIZIONE NONA Dati i determinanti della superficie , ed una retta : me- nare il piano tangente alla superficie^ per la retta data. gS. Costruisco la superficie rigata le di cui rette toc- cano la superficie data, e si appoggiano alla retta diret- trice di questa , ed alla retta data ; e costruisco la linea di loro contatto. Per la retta data meno un piano che passi per una delle rette della superficie rigata , ed immaginando che un tal piano passi sempre per la retta data , e si vada successivamente appoggiando a tutte le altre rette della rigata , costruisco i successivi punti di contatto di ciascuno di essi piani con essa rigala ; li quali punti sempre esi- stono , come è noto per la teorica delle superficie rigate non sviluppabili; ossia costruisco la curva che è il luogo di essi punti di contatto. La intersezione di quest'ultima curva, coli' altra che è curva di contatto dell' anulare data colla costrutta rigata suddetta , è il punto di contatto. Ed un piano menato per questo , e per la retta data è il piano tangente dimandato. Di fatto il determinato punto di contatto appartenendo alla curva di contatto dell' anulare colla rigata , il piano che passa per esso punto, e per la retta data, passerà per quella retta deUa superficie rigata medesima , che passa per esso medesimo punto di contatto. Ma un tal punto è punto del luogo dei punti di contatto della rigata con cia- scun piano di ciascuna sua retta e della retta data. Dun- que in un tal punto esso piano tocca la superficie rigata. Tom.F. 19 l42 Bossi Ma questa tocca V anulare secondo una linea che passa per quel punto : dunque il detto piano tocca la super- ficie anulare data in esso medesimo punto , intersezione dfille dette due linee; ed esso punto è in vero il punto di contatto. 94- Sia ora piano orizzontale di projezione , il piano normale alla retta direttrice della superficie anulare, e che passa pel suo punto determinalore. E sia D il punto de- terminatore , (/?, pr) la retta direttrice , i/ ed TV in gran- dezza i parametri maggiore e minore della superficie , ed {/ff,hi) la retta data. Debbo per la retta {IH, hi') menare il piano tangente alla superficie di punto determinatole Z?, retta direttrice {R^ p/) , e parametri M, ed N. gS. Pei punfi B ed li , Uro la retta DB, e da R verso E taglio RC uguale alla difi"erenza del parametro maggiore Jll sul minore JV. Col centro R e raggio uguale N, descrivo la circonferenza AB^BB^A ; col centro C e raggio M descrivo 1' altra circonferenza AF^FF^A ; e di- visa la semicirconferenza BB^A in un certo numero di parti uguali , BB,^ B,B^^ B,B^ ... — in dodici , tiro pei punti di divisione i raggi RB, RB,, RB,^ RB^ . . . Dopo ciò pel lemma precedente costruisco la superfi- cie rigata le di cui rette toccano V anulare , e si appog- giano ad un tempo alla sua retta direttrice (R , ?'•) , ed alla retta data (^IH^hi) ; e propriamente quelle sue rette le di cui projezioni orizzontali sono i raggi RB^ RB,, RB,... : e costruisco la projezione orizzontale APJPP^A, ATl'iUn'^A; e la projezione verticale app^pa , anca^-na della curva di contatto di essa superficie rigata coli' anulare. 96. Se ora per la retta data {IH^hi) , e per una qualunque delle rette (P£, /?e), (P.£',, jo.e.)> (^.^o P^^ò • ■ • Intorno ad una superficie anulare iil3 (ITE, ire) , (n,^,, "K.e,) , (ria/?», -ffjpj; , . . . conduco un pia- no ; un tal piano toccherà la superficie rigata in un punto di ciascuna di esse medesime rette per la quale passa. E la curva luogo geometrico di tutti essi punti di contatto debbo (93) costruire. Considero la retta (P,E,^p,e,) della superficie rigala. E per essa e per la retta data (Iff, hi) conduco un piano. Perciò determino il punto ((?, y), ove la retta {P,E,, p,e,) incontra il piano verticale di projezione, ed il punto {ff, h) ove lo in- contra la retta data. La retta gh menata pei punti ^, A , è la traccia verticale del piano che passa per la retta {P,E,, p,e,) della rigata , e per la data (Iff^ hi). Similmente determino il punto {£, k) , ove la medesima retta {P,E„ p,e,) incontra il piano orizzontale di projezione , e l'altro (/, /), ove lo incon- tra la data {Itì^hi). La retta IK è la traccia orizzontale del piano che passa per le rette islesse {P,E,^p,e,) , (IH, hi). Per trovare il punto della retta {P,E„ p,e,)^ ove il pia- no delle tracce //i, gh , tocca la superficie rigata, deter- mino i punti d'intersezione di esso piano colle rette {P,E^^ p,e,) , {PiE}^ Pt^Òi ^^^ prendono in mezzo la {P,E^, p,^^)ì per la quale esso piano passa. Perciò , in ordine alla pri- ma di esse rette , segno il piano projettante tsS , e pei notissimi metodi costruisco la intersezione sua ST col pia- no delle tracce IK, gh : la intersezione F della ST colla P,E„ è la projezione orizzontale dell'incontro della retta (P.E,, p, e,) co\ piano IJ(,gh. Similmente costruendola in- tersezione S'T' del piano projettante e^p^sS' , della retta (£"3^3, p^e^ , col medesimo piano /A^ , yA , determino il punto F' di sua intersezione con essa retta (ii'jA, Pì^^)- Come è noto per la teorica delle superficie rigate non sviluppabili , sono /^, F , due punti della projezione oriz- 1 44 Rossi zontale della curva d' intersezione del piano tangente /A^, ffh, alla superficie rigata di che si tratta , con essa medesima superficie ; la intersezione della quale curva colla retta P,E, (posta in mezzo alle due P,E, , PjFs , cui appartengono i punti /^, F') , dà il punto di contatto del piano (/A, gh) , delle rette (fH, hi) , {P,E^, p^e,) colla superficie rigata , della quale quesf ultima retta n' è una. Congiungo dunque i punti /^, P. E la intersezione Q, della FF' colla P,E^ è la projezione orizzontale del pun- to di contatto del piano IK^ gh , colla superficie rigata ; ossia è Q, la projezione orizzontale di un punto del luogo di che si tratta ; ^ {Q,-, q^ un tal punto. Operando nella stessa guisa per ciascuna delle altre rette , (P,^, , jo.e,) , (J>,E, , p.e,) , (P^^,, p.e^), ; cioè menando per ciascuna di esse e per la retta data (//T, hi) un piano , e determinando T incontro di esso colle rette laterali a ciascuna di quelle della superficie rigata per le quali esso passa, ottengo altri punti Q-, Qìi Q^ • ' ■ della projezione orizzontale del luogo , e quindi esso medesimo \no^o {QQ,Q,, qq,q,). 97. Dunque il punto {Q^^ q^ ove questo luogo incon- tra il ramo {JP^'PJ, app^ della costrutta curva di con- tatto della rigata coli' anulare , è il punto di contatto (gS) del dimandato piano tangente all' anulare data, menato per la retta data (//^, hi). Per costruire le efi'eltive tracce del piano, trovo i punti d' incontro coi piani di projezione della retta della rigata che passa pel punto di contatto, (j?4, y-) ; e pel trovato suo punto d' incontro X col piano verticale e pel punto ^, me- no la retta hX , e pel suo punto d' incontro Z ed il punto / meno la retta IZ. Il piano delle tracce Z/, Xh , è il Intorno ad una superficie anulare i4.5 piano tangente richiesto all' anulare di punto determinatore D , retta direttrice (/?, pr) , e parametri M eà N ^ me- nato per la retta data {IB, hi). COROLLARIO. 98. Ho dedotto di sopra (91) che la superficie rigata, le di cui rette toccano l' anulare , e si appoggiano alla retta direttrice di questa ed alla retta data , ha due falde , le quali hanno una retta doppia che passa pel nodo dell' anu- lare (92); e che la retta data, alla quale si appoggiano le rette della rigata , n' è una retta quadrupla (90). Vi saran- no dunque una serie di punti (Q,q)ì {Qn9Òì (i?o?0--- del costrutto luogo , corrispondenti alla falda la cui li- nea di contatto coli' anulare è data dai punti (P, p) , (^nPÒì {P'iPd- • • ; ed un'altra serie di punti di esso luogo , che corrispondono all' altra falda della rigata , la cui linea di conlatto coli' anulare è data dall' altra serie (n , tt) , (Hx.Tr.) , (ri„7r.) , . . . di punti. Potranno dunque essere quattro i piani tangenti al- l' anulare di che si tratta ; perciocché su ciascuna falda possono aversi due punti d' intersezione delle curve da co- struirsi (gS) , i quali sono però punti di contatto. Se per avventura fosse cosi data la retta nello spa- zio , che il luogo dei punti di contatto della rigata , con tutti i piani che passano per ciascuna sua retta data , an- dasse a passare pel nodo dell' anulare ; in un tal caso , i piani tangenti potrebbero ridursi a tre. E potrebbero ridursi a due , ed anche ad uno , quando la retta data non gia- cesse tutta al di fuori dell'anulare, ma s' internasse in es- sa ; perciocché allora la rigata non toccherebbe Y anulare i4.6 Rossi in tutte le sue circonferenze : e per poco che si consideri la natura e la genesi dei due rami di ciascuna curva , le intersezioni dei quali danno i punti di contatto , può di leggieri scorgersi , quando sarà che avrà luogo ciascun caso in cui i piani tangenti potranno essere quattro , tre , due , od anche un solo. SCOLIO f. 99. Le date soluzioni per menare un piano tangente alla superficie di che si tratta sono applicabili , come è chiaro , ad ogni superficie anulare a retta direttrice ; cioè ad ogni superficie anulare i piani delle di cui circonferenze gene- ratrici passano per una stessa retta fissa : che anzi tutto quel poco , che ho fin qui detto intorno alle costruzioni grafiche , può applicarsi a tutte esse. Di fatto s' immagini esistere la superficie anulare a retta direttrice la più generale : e per fissare le idee si supponga che la retta direttrice sia verticale. Se ora s' in- tendano condotte delle rette orizzontali tangenti per di sotto a tutte le generatrici ; tutte cosiffatte tangenti costituiranno una superficie rigala a piano direttore. Similmente pei cen- tri di tutte le generatrici s' intendano condotte delle rette verticali ; tutte queste costituiranno un cilindro a lati pa- ralleli alla direttrice. In oltre s' intendano condotte delle rette verticali tangenti a tutte le generatrici , dalla stessa parte verso la retta direttrice ; tutte queste tangenti gene- reranno un altro cilindro , di rette parallele alla direttrice, ma di minore ampiezza del primo. Le generatrici dunque tutte toccano il cilindro di ampiezza minore e la superficie rigata a piano direttore , e ciascuna individuata ha il suo Intorno ad una superficie anulare i4-7 centro allogalo sul cilindro maggiore , ed alto sulla super- ficie rigata a piano direttore per la distanza dei lati dei due cilindri , i quali sono sul piano della individuata generatrice. Sostituendo ora al piano condotto pel punto detcrmi- natore perpendicolare alla direttrice (33) la superficie rigala a piano direttore , si costruiranno colle debite modificazioni, e come è detto nelle proposizioni precedenti, le projezioni dei punti della curva dei centri , le projezioni dei punti della superficie ; e quindi la stessa curva dei centri e la superficie. 100. Di questa superficie anulare a retta direttrice la pili generale, tutte le generatrici toccano la superficie rigata a piano direttore, secondo una linea storta. Questa linea sa- rà una caratteristica della superficie anulare, considerata come inviluppo di superficie rigate ; della quale la invilup- pata corrispondente ad essa curva storta è la medesima con- templata superficie a piano direttore. Ora a partire dai punti delle generatrici appartenenti alla detta curva storta , s' immaginino divise tutte le circonferenze generatrici in un egual numero di parti uguali ; i punti di divisione di ugual sede saranno punti di altrettante caratteristiche della super- ficie anulare; e tutte le rette tangenti ad esse generatrici, in tutti cotesti punti di divisione di ugual sede , costitui- ranno ciascuna superficie rigata inviluppata della superfi- cie , che la tocca secondo quella caratteristica che è ad un tempo il luogo dei punti di divisione di ugual sede delle circonferenze , nei quali sono da esse rette tangenti toc- cate. Quindi anche alla superficie anulare a retta direttrice la più generale , essendo inviluppo di una superficie riga- ta , può nei modi innanzi esposti menarsi il piano tan- j 48 Hossi gente alla superficie : e la costruzione di una individuata inviluppata per un punto dato sulla superficie , non sarà dissimile da quella del penultimo Lemma ; perciocché la serie dei triangoli rettangoli determinatori delle ordinate delle projezioni di una caratteristica, si costruiranno in egual modo (74) ; e solo le ordinate della projezione verticale , ciascuna uguale all' ipotenusa più uno dei cateti di essi triangoli dovranno computarsi non dalla linea di terra, ma dalla corrispondente projezione verticale della corrispondente retta della superficie rigata a piano direttore dalla quale si computano le altezze dei centri. La quale superficie però, nel caso della superficie anulare a retta direttrice generale potrebbe prendere il posto del punto determinatore , e pren- dere il nome di superficie rigala determinatrice. Né sarà molto dissimile da quella del Lemma precedente la co- struzione di una rigata , le di cui rette toccano T anulare, e si appoggiano alla sua direttrice e ad una retta data (*). (•) La espressione analitica dell'anulare cerche analitiche sulle superficie anulari a retta direttrice la più generale (come ho già pubblicate) è dimostrato in quella parte delle mie ri- nella quale , x, y, z sono le tre coordi- . . . , . y , „ e -, . ■ „ . V j 1 funzioni arbitrane del rapporto — delle nate , niente a tre assi ortogonali , del '^'^ x quale quello delle z è la retta determi- due coordinate .r ed y. natrice medesima; e fi > (^i > ?3 tre La espressione della inviluppata rigata nella quale r esprime la cotangente l' anulare. dell' angolo costante , che ciascuna retta E la espressione della caratteristica è della inviluppata fa colla direttrice del- Intorno ad una superficie anulare i-ig loi . E come la data soluzione per ciascun problema del piano tangente può accommodarsi alla superficie anulare a retta direttrice la più generale, cosi dalla soluzione medesima può farsi dipendere quella del piano tangente alla superficie anulare a retta direttrice la più semplice, cioè alla superficie del toro. Ed in quanto al piano tangente a questa super- fìcie per un punto dato su di essa ; le sue circonferenze generatrici essendo di grandezza costante , le superficie ri- gate inviluppale, per essa, sono dei coni retti aventi la retta direttrice per asse , e la caratteristica per base ; e la paraboloide iperbolica tangente alla inviluppala (80) , quivi si trasforma in un piano tangente al cono , pel punto di conlalto dato , il quale vi si mena conducendolo per la retta del cono che è tangente alla generatrice clie passa pel punto dato , e per la retta tangente alla base del cono nel punto cui si appoggia la della retta ; la quale base del cono è qui la carallerisfica della superficie, ed è un parallelo della superficie , come la generatrice ne è un meridiano. Onde applicando alla superficie anulare del loro la riportata so- luzione pel piano tangente alla superficie anulare di cbe si tratta per un punto dato su di essa ; essa riducesi a menare un piano per le rette tangenti al meridiano ed al parallelo che passano pel punto dato ; che è la soluzione degli elementi. SCOLIO 2. 102. La superficie anulare a retta direttrice ha tutte le sue generatrici su piani cbe passano per essa retta , e secon- do essa retta tulli si tagliano. Se cotesti piani non passassero per essa retta, a due a due si taglieiebbero secondo diverse Tom.F. 20 1 Uo Rossi rette ; le quali però a due a due sarebbero allogate su di uu medesimo piano. Quindi la retta direttrice sarà rimpiaz- zata da una superficie sviluppabile direttrice ; ed i due ci- lindri innanzi notati (99) , lo saranno da due superficie pure sviluppabili a rette parallele alla sviluppabile direttrice, delle quali quella di ampiezza maggiore avrà su di essa la cur- va dei centri , e 1' altra di ampiezza minore avrà le sue rette continuamente toccate dalle generatrici della super- ficie anulare ; e la superficie rigata a piano direttore dal- la quale si computavano le altezze dei centri delle gene- ratrici della superficie anulare (100), sarà sostituita danna superficie rigata le di cui rette staranno su piani ciascuno perpendicolare alla retta di contatto del piano della rispet- tiva circonferenza generatrice colla superficie sviluppabile direttrice. Onde la superficie anulare la più generale può aversi generata da una circonferenza di circolo la quale si muova : i." toccando col suo piano una superficie sviluppabile direttrice : 2." avendo sempre il raggio in grandezza uguale alla distanza delle rette sul piano, di due superficie sviluppabili r una maggiore e 1' altra minore, ad elementi paralleli agli elementi della superficie sviluppabile direttrice : 3." ed avendo sempre il centro alto pel raggio da una superficie rigata ad elementi perpendicolari alla retta della sviluppabile direttrice, secondo il contatto del piano della corrispondente circonferenza generatrice con essa. Però la superficie anulare la piii generale avrà. I .° una superficie sviluppabile direttrice : 2." una superficie rigata determìnatrice ad elementi per- pendicolari agli elementi della superficie direttrice : Intorno ad una superficie anulare lìji 3.° dei parametri che danno le curve sur uno dei piani di projezione o sulla superficie rigata determinatrice , alle quali si appoggiano delle rette parallele agli elementi della superficie direttrice, E questi sono i determinanti della superficie anulare la più generale (*). Di fatto descritte le curve date dai delti parametri , per un punto di una di essa si conduca un pia- no tangente alla superficie sviluppabile direttrice ; questo piano taglia l' altra curva in un punto , e la superficie ri- gata determinatrice secondo una sua retta. Pel punto della curva per lo quale si è condotto il piano tangente, e pel punto ove esso piano taglia l'altra curva, si conducano due rette parallele alla retta di contatto del piano colla super- ficie sviluppabile determinatrice ; la distanza di queste due rette darà in grandezza il raggio della circonferenza gene- ratrice della superficie anulare generale, su quel piano. Su quella delle dette due rette , che si appoggiano ai de- terminati punti delle dette due curve , la quale è la più distante dalla sviluppabile direttrice , si segna un punto distante dall' incontro di essa retta colla costruita retta della superficie rigata determinatrice , per quanto è il de- terminato raggio in grandezza : un tal punto sarà il cen- tro della circonferenza generatrice della superficie anulare generale , del determinalo raggio. Però , come diceva , le cose dette di sopra sono i determinanti della superficie anulare la più generale ; perciocché date esse cose , può sempre con non difficili costruzioni determinarsi una in- dividuata sua generatrice. e) Ho dimostrato nelle mie Genera- si slampa in Napoli , che pel variare Hi Illa Geometriche sulle superficie anulari, natura dei primi due determinanti sud- Inserite nel fase, del 3o settembre i844 detti, tulle le superficie anulari vanno del Museo di Scienze e Letteratura che distinte ia undici grandi Classi. 1 52 Rossi E la serie di tutte le intersezioni od incontri di cia- scuna retta parallela ad una individuata retta della svilup- pabile direttrice , e più lontana da essa , colla superficie rigata determinatrice , costituirà una delle curve caratteri- stiche della superficie anulare , considerata come inviluppo di superficie rigate; e delle quali la determinatrice è una delle inviluppale. Onde dai punti di ciascuna circonferenza generatrice , appartenenti alla detta caratteristica , compu- tando le divisioni di tutte esse circonferenze in un egual numero di parti uguali, si avranno nei punti di divisione di ugual sede i punti di una medesima di tutte le altre caratteristiche della superficie anulare generale considerata come inviluppo d' inviluppate rigate. E quindi si costrui- ranno ciascuna di coteste inviluppate che passa per un dato punto della superficie inviluppo. Dopo tutte le quali cose è dunque manifesto che la riportata soluzione del piano tangente per un punto dato su la superficie , può del pari accommodarsi a qualunque siasi superficie anulare ; ed eziandio le poche costruzioni grafiche che ho precedentemente esposte. E se si consi- deri che ogni retta nello spazio può sempre incontrare o a distanza finita , od all' infinito i piani delle circonferenze generatrici della superfìcie anulare la più generale , si comprende del pari , come la data soluzione del piano tangente per una retta data fuori la superficie, può accom- modarsi ancora a qualunque siasi superficie anulare. / / A T.n. //," 1 i „'- — -j / 1 1 \ f"--p K"^' \ \ A / ,■' "^--.^ : 'X^ V' ■ 1 'Il Y . 1 i -~-A y X" 1 irf / /^ ' ; j ' / \i " \ \\ +__{- / ^\ Ay '\ y' /■ \ /' y y y i y X / / •^Ai ■.u'~^') Vedi , Icoaogr. della Fau. ital. Iutsoduzioie alla Clas. de' Pesci, 1 74- Costa cose ne mostrano che l'organismo si è di già allontanato di troppo dal suo tipo generico. Sicché noi non dubitiamo che i classatori ed i Zootomi lo riterranno , se non come tipo di una nuova divisione generica, certo qual singola- rissima e molto distinta specie. Il corpo è fusiforme , molto ventricoso , assottigliato immensamente nella estremità posteriore ; carattere che ci il à suggerito lo specifico nome di uraleptus , di cui ci piace insignirlo (i). La lunghezza totale , compresa la pinna cedale , è di pollici 9,, 2„ o ; e la maggiore altezza, che cade appunto tra \' apertura anale e l' origine della pinna dorsale ante- riore è di poli. i„ \\„ 6 , poco meno che la quarta parte cioè della lunghezza j la larghezza nel medesimo sito è di poli, l„ IO. La lunghezza del capo corrisponde quasi all' altezza del corpo , misurando dal contorno degl' intermascellari al margine dell' opercolo : 1' orbita ne abbraccia la quarta parte , essendo il suo diametro di linee 6,, 6 ; il suo con- torno anteriore discosto dagl' intermascellari quanto un dia- metro suo, e distano tra loro poco più che un diametro orbitale : la scissura della bocca corrisponde precisamente al centro della pupilla , estendendosi le branche mascellari fino a raggiungere il profilo posteriore della cornea. Le narici si aprono immediatamente alle orbite. La prima pinna dorsale sorge poco dietro la ha?e delle pettorali , e si estende per quanto è lo squarcio della bocca. Essa si compone di 1 2 raggi , de' quali il sesto è più alto di tutti , gli altri gradatamente discendono , il (1) Dal greco ufi codi , e m%tÌì gracile. di un nuovo pesce della Jamiglia de' gadìni. 175 primo essendo picciolissìmo , sicché risulta essa di figura parabolica. La sua altezza misura due volte e mezzo quella del corpo. La seconda nasce immediatamente , e vien sostenuta da 64. raggi , quasi tutti uguali , i primi e gli ultimi so- lamente essendo men lunghi, onde provengono l'estremità ritondate 5 la sua maggiore altezza misura 3 /i quella del corpo ; e si estende fino ad incontrare co'suoi ultimi raggi r origine di quelli che cingono la base della codale. Simile ed uguale a questa è l'anale , la quale con- tiene 60 raggi , estendendosi anteriormente fino alla per- pendicolare abbassata dal sesto raggio della prima dorsale. Poco innanzi apresi 1' ano. Le pettorali acuminale si estendono fino a corrispon- dere col 6." raggio della 2." dorsale; essa si compone di 22 raggi delicatissimi. Le ventrali sorgono in corrispondenza del margine del preopercolo ; la loro base è angustissima , i raggi delica- tissimi, al numero di 7 , il secondo dogli esterni essendo si lungo da oltrepassare l'origine dell'anale; l'ultimo de- gl'interni è il minore, uguagliandosi alla terza, parte del maggiore. Le basi distan tra loro quanto un diametro or- bitale. La codale è piccola, angusta, ellittica, e vi si con- tano 20 raggi , oltre i piccoli esterni che abbracciano il ventaglio. Il corpo è rivestito di squame disuguali e disordinate, abbracciate e ricoperte nella massima parte dall' epidermide delicatissima ma tenace. Noi le abbiamo rappresentate sotto il numero 2 della Tav. 2.° delle tre grandezze naturali , ed in 3 una di essa ingrandita per dimostrarne la direzio- ne degli accrescimenti successivi : tra quali si sequestra 1 7 6 Costa una sostanza pigmentale gialliccia , che ne occupa gì' in- tervalli ; i numeri 4^4' rappresentano un pezzo di tali squame qual si vede al microscopio, sotto l'ingrandimento di 1 4,000 fiate. La linea laterale , assai prossima al dorso in sulle prime , al cui profilo è parallela , s' inflette ai due terzi della lunghezza del corpo , e segue poscia la linea me- diana nella porzione codale. Il colore generale è un rosso tendente al violetto , con isplendore metallico di acciajo , con riflessi dorati nella regione toracica e sopra gli opercoli e le guance : il dorso è più fosco , violaceo-nereggiante è la inferior parte del- l'addome, ove tra le pinne ventrali rimane uno spazio quasi nudo ; e vi si trova la cicatrice del cordone ombelicale assai rimarchevole , come nel Macrouro : essa è posta in tal sito che con la base delle ventrali costituisce un tri- angolo equilatero. I labbri sono rossi macchiati di nero-violaceo. Gli oc- chi anno l' iride bruna con profilo dorato , la pupilla nera alquanto allungata obbliquamente ; la congiuntiva è larga, tumida, bruno-perlacea. Una macchia nera obbliquamente trasversale è sottoposta alla base delle pettorali , le quali sono incolori : simile macchia minore sta sotto le ventrali, la cui base è del medesimo colore, essendo nel resto ros- sicce. Le pinne ventrali sono di color bianco sudicio , co' margini affumicati. La codale è rossiccia con la sua estre- mità posteriore affumicata. La cute esplorata al microscopio mostrasi disseminata di glandole pigmentali nere, raggianti come d'ordinario, dalla cui confluenza e grado di colorazione risultano le tinte delle diverse regioni del corpo. di un nuovo pesce della famiglia de' gadini. 177 La mascella è più corta degl' inlermasccllari appena estensivi , dai quali viene abbracciata allorché la bocca ò chiusa. Ciascun arco mascellare è ornato da 8 denti lun- ghi , acuti , curvi , e posti a distanze disuguali tra loro ; oltre i quali ve n' à una serie sul margine esterno di pic^ eolissimi, uguali, e ricoperti dalla spessezza delle gengive ; ed alcuni altri piccoli interposti ai maggiori. Similmente so- no armati gì' intermascellari. La forma e disposizione degli alveoli merita particolare attenzione ; laonde noi abbiamo rappresentato nella tav. 'Ò.' fìg. 2 la mandibola ingrandita due fiale in comparazione con quella del Merluciiis vul- garis , le quali differiscono pure nella loro forma totale. Pcrcioccliò, questa è più incurvata verso su, e quella in- clina con la estremità sua ingiù, avendo 1' apofisi esterna rilevata ancor molto. Vedi la spiegazione della tavola. La lingua è molto tumida , larga , ed in parte ante- riore libera. Il faringe è armato di minuti denti ; e si pure la base degli archi branchiali , i quali sono assai gracili, con dentelli delicatissimi. Il vomero è inerme. Esso anteriormente dividesi in due lobi, ciascuno de' quali rappresenta un quarto di cer- chio (i), avendo nel mezzo e superiormente un risalto. Il esofago è ampio ma corto e facile a rovesciarsi (2); il suo epitelio è colorato in nero-violetto. Lo stomaco è mezzanamente largo. Il piloro à 7 appendici cieche. L'in- testino fa un solo andirivieni 0 ansa . con alcuni ripiega- ci) Kel 7)/. viilgaris esso è parabolico. scali ingrandì profoDdilà. Vedi le nostrP (2) ISoi lo abbiamo trovato cosi ne' due osservazioui a tal ri^uaido registrate nel indi\idui, malgrado che non sieno stati pe- trattato della Tescica uaialoja. Tom.F. 24- 1/8 Costa nienti flessuosi ; il retto è ampio, corto e preceduto da un rigonfiamento a foggia di barile. U epate è delicato, pallidissimo, co' lembi festonati. Dall' ala destra eh' è piccolissima pende la cistifellea glo- boliforme , e di un bel colore turchino. La milza è lunga , ma delicata , a margini alquanto frastagliati. Le cvaje erano già turgide , e le uova bene svilup- pate e quasi pronte (3 febbrajo). Esse souo riunite nella posterior parte come nell' Uranoscopo e nel Gobio , con ampi ovidutti, che si riuniscono dietro dell'ano. Questo è larghissimo. Il peritoneo è spalmato da un pigmento bianco per- laceo nella regione ventrale , vaiuolato di bruno nella parte dorsale , e spezialmente sulla vescica natatoia. Questa so- miglia moltissimo a quella del Phycis mediterraneus . I reni sono larghi , e si estendono fino ai lobi ante- riori della vescica natatoia. La vescica urinaria è mediocre , posta tra gli ovi- dutti ed il retto. PARTE SCHELETRICA. Comparando il cranio del nostro Uraleptus con quello del M. vulgaris è facile accorgersi a primo sguardo della notevole loro differenza. Nella totalità le proporzioni tra lunghezza e larghezza sono diversissime , e nella ragione inversa. Nel Merluccio ordinario la lunghezza sta alla lar- ghezza (misurandola sul punto delle creste delle ossa pie- trose) : : 4-0 : 1 6 % , o : : 2 % : I . Neil' Uraleptus sta :; 23 V.= : i5 V.. ; o :; 3 : 2. di un nuovo pe^ce della famiglia de' gadini. 179 Quattro sole vertebre cervicali , mancanti di apofisi trasverso , csscndovene 6 nel M. vulgaris. Cosi analizzando a parte a parte tutte le ossa del cra- nio , nel nostro Uraleptus esse si dilatano e si abbreviano, le apofisi si dirigono ne' lati, le creste sono più larghe. Nel M. vulgaris l'accrescimento si fa per lunghezza, le apofisi si diriggono alla parte posteriore , e le creste si allungano e ristringono. Quello che poi eminentemente distingue le due specie è la mancanza di denti nel vomero , mentre nel M- vulga- ris ve ne sono due serie nell' anterior parte di tal osso. Lunghi e rari denti armano gì' intermascellari e le branche della mandibola. Cinquanta vertebre compongono la colonna vertebrale ; delle quali 4- cervicali , 1 1 dorsali (4 chiuse) , 3 1 cedali olire quelle che servono di base alla pinna. Le apofisi trasversali non sono né dilatate né scanalate come nel 31. vulgaris , in cui queste sono al numero di 17. Le verticali sono per lo contrario molto più elevate , specialmente nelle vertebre cervicali , ove son più perpen- dicolari , massimamente nelle tre prime. La cresta occipitale posteriore si eleva sul piano del cranio con una inclinazione di gr. 4-5; mentre nel Bl. vul- garis questa si spiana in guisa da sormontare a mala pena con la sua estrema punta il piano del cranio. I denti delle due specie ancor sono tra loro di forma diversa. Nel M. vulgaris le punte sono quasi triangolari e ri- vestile di smalto che le rende più grosse di quello che comporterebbe la regolare continuazione della figura conica. Questo si fa appena avvertire ne' denti del nostro uraleptus. i8o Costa Le ali del frontale anteriore , molto dilatate , si di- rigono ne' Iati ad angolo retto , ed il loro piano à una inclinazione di circa 38° sopra la linea orizzontale segnata dallo sfenoide e dal vomero. Nei frontali principali, tenui, allargati e molto divaricati posteriormente, ove più ancora i frontali posteriori si allargano, la cresta superiore si di- lata come quelli in una delicatissima e trasparentissima la- mina , che li ricopre in gran parte , e genera così una cavernosità profonda che viene ripiena da muscoli. Le occipitali laterali si dilatano come i frontali ante- riori , terminando in un mucrone , che ripiega in giù e verso dietro. Le ossa parietali sono un poco inarcate e po- ste ad embrice ; mentre che nel M. vulgaris si deprimono e generano una fossetta sensibilissima nel vertice. La carne di questo pesce è di una delicatezza e bian- chezza superiore a quella del Merluccio comune ; il sapore è altresì molto grato , ma in ciò non lo avanza. Due soli individui ne furono pescati nel dì 3 di que- sto mese nel Golfo di Napoli , uno de' quali dissecammo per r analisi anatomica , ed era una femmina , l' altro è quello che vi presentiamo , e che slam quasi certi essere un maschio. La qual cosa deduciamo dal ventre men gros- so , e da una tal quale brevità e sveltezza maggiore del corpo. di un nuovo pesce della famiglia de' gadini. 1 8 1 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. La (avola I.' rappresenta il nostro M. uraleptus di natu- rale grandezza e colore. La tavola IL" è destinata a rappresentare i suoi visceri nella loro posizione normale , alquanto rimossi solamente dalla vescica natatoia 1,2, sopra la quale natural- mente giacendo la ricoprono. 3. seno trasverso , dove comincia pur la massa renale. 4.. la cistifellea 5. la milza 6. le ovaie 7. l'epa te 8. g. il cuore con la sua orecchietta ed il bulbo aortico. f, è il fascelto nervoso , cbe uscendo dal midollo al- lungato e dal forame occipitale portasi allo stomaco. Si associa ad esso un delicatissimo vaso arterioso , e viene fiancbeggiato da due glandolo g piriformi di co- lor fosco-rossiccio , le cui invoglie sono puutinate di bruno, fig. 2. tre diverse forme di squame, di naturai grandezza.: fig. 3. una delle squame ingrandita, fig. 4- una porzione di essa veduta al microscopio per dimostrare l' andamento del suo tessuto, fig. !\!. simile rivestita in parte dal derrae , ornato di puntini e macchie stelliformi neri. La tavola III." contiene le parti primarie dello scheletro , comparate con quelle del 31. vulgaris. 282 Costa La fig." I / rappresenta il cranio dalla superior parte, ove il numero / indica il vomere anteriore bilobato col risalto mediano X — 2 s\\ del frontale anteriore — 3 fossetta centrale — 4 cresta laminare del frontale principale e 4' simile del frontale posteriore — S^ es- pansione degli occipitali laterali _ 6 apofisi de' me- desimi. Fig.' 2/ Una delle due branche mandibolari ingrandita due volte , per meglio rappresentare la disposizione e fi- gura degli alveoli a ; uno de' quali vedesi di pro- spetto ingrandito maggiormente in ^ ; ed in ^ è la corrispondente figura della corona del dente — C Uno de' denti mobili del M. vulgaris ingrandito , ove / l'a- pice smaltato _ 2 la linea parabolica — 3 smargina- lura interna. Fig.' 3." rappresenta alcune delle vertebre dorsali. Le sottoposte figure appartengono al Merlucius vulga- ris-, ove le medesime lettere indicano le stesse parfi. NESIDEA (0 NUOVO GENERE DI ENTOMOSTRACEI dell' ordine degli OSTRACODI 0 CIPROIDl. DEL SOCIO RESIDENTE letta nell'adunanza de 26 aprile i846. Q> 'uando la zoologia non vestiva ancor la divisa di scienza , limitandosi alla nuda cognizione generica degli esseri che cadono tra i confini del suo dominio , i Zoologi si accontentavano di quelle sole note esteriori bastevoli a fissare il marchio delle loro difi'erenze. Ma quando si av- videro, che tali note esteriori non servivano che a soddis- fare una sterile curiosità, senza condurre ad alcuno scien- tifico risultamento : e che quella medesima parte della zoo- (1) Noi imponemmo dapprima a questo mente in una classe diversa di animali, entomostrace il generico nome di Nati- Avvedutici però posteriormente che Io plius , iniprontaiulolo dalla mitologia , stesso nome era stato impiegato da Pbi- essendo quello di uno de' figli di Met- lippi per altro genere dello stesso ordine tuno. Plinio aveva impiegato è vero lo di crostacei (in Viegra. Arch. iS4o) , e stesso nome per designare un pesce ; prima di lui anche da Miiller per altro ma essendo stato obliato poscia dagl' it- entomostrace, fin dal 1745, lo abbiamo liologi , nò sapendosi quale il pesce si abbandonato , sostituendovi quello dell.» fosse , che con tal nome era stalo ap- vicina isolelta di Nesidu o JSisUa, nelle pellaio, ben si poteva adottare, speziai- cui sponde lo discoprimmo. 1 84- Costa logia, rislrella fra i limili di una melodica distribuzione, dava pure risultamenti fallaci , sicché parve la natura senza ordine^ e la creazione senza principi!; surse il bisogno di penetrare nello interno della fabbrica degli animali, metten- done in aperto 1' architettura fio dalle sue fondamenta. E d'altro lato, anche nella sfera delle semplici cono- scenze superficiali , trovandosi il campo sfioralo siffatta- mente da non lasciare altro di che spigolare, eccetto i minu- tissimi viventi, sfuggili allo sguardo sagace de' tanti contem- platori della natura ; a questo convenne volgersi la mente di coloro, cui piace leggere nel codice immenso della crea- zione la sapienza di Dio. Sendocchè lo spirito irrequieto dell' uomo cerca scoprirvi maraviglie sempre nuove e su- preme. Quindi dalla Balena alla Monade si è analizzato ogni vivente, sì per l'esterno invoglio, e sì pure per gf in- terni visceri loro , portando lo scalpello fino agi' impercet- tibili stami de' loro tessuti , e con lo sguardo seguendoli per ogni piìi angusto recesso. Ed è sul complesso di tulle cosiffatte notizie che si vuol oggi basare nello scrivere la storia naturale di qualsivoglia vivente. Tali cose noi ricordiamo cosi alla sfuggita sol perchè non abbia a desiar maraviglia a taluno , se inlralleniarao questa dotta adunanza con la storia di un entomostrace , la cui grandezza uguaglia appena un seme di nicoziana , e se di esso andiamo sponendo la minuta strotlura. Discoprimmo questo entomostrace in una circostanza che non sarà discaro di rammentare: quando cioè ne' primi giorni di aprile del iSM tre distinti Zoologi (i.) vollero visi- (i) T^iai> questi i signori Edwards, Qua- ajutante del sullodato Edwards prof, al trefages , ed il Principe C. L. Bonapar- giardino delle piante di Parigi, te , ai quali si uui?a il sig. Eni. Blanchard nuovo genere di Eìitomostrace. i8a tare la grolla del Lazzarcllo di Nisila, divenula ormai cele- bre per le osservazioni su i polipi fattevi dal Cavolini. Avendo in allora tratto da quel sito alcuni gruppi di Balani, per istituirvi talune osservazioni, mentre gli esplo- ravamo con occhio armato di acuta lente, ci venne in con- tro r entomoslrace , che fa il suhbietto della presente nota. Vagava esso lentamente su i verdi ciuffi di fuchi e di al- ghe frapposti ai balani medesimi, facendosi eminentemente ovverlire dai lunghi suoi piedi, su i quali poggiava quasi fosse sorretto da grucce. Non potemmo che salvare tre soli individui , de' quali due convenne immolare per discoprirne le parti, e l'altro serbammo in contestazione della specie. DESCRIZIONE. Come ogni altro cladocero ed ostracode à l' entomo- slrace in esame una teca cornea bivalve , entro la quale racchiude il molle suo corpo, alla guisa slessa degli acefali conchigliferi. Un tal guscio di figura ovale (Tav.IV, f. i e 2) à la superficie esterna guernita di delicatissimi aculei quasi fosse un riccio marino. Fuori del loro perimetro restano le due lunghe antenne a pennacchio, e le sei paja di lunghi piedi, tre anteriori rivolti in dietro , e tre posteriori ripie- gati in avanti: i primi con tarsi a tre unghie, i secondi semplici. E quantunque generalmente tali cutomostraci aves- sero i piedi fatti per natare , in questo genere sono arabula- torii, né lo vedemmo natare giammai. Gli occhi non sono apparenti, né allo esterno del guscio, come si veggono nelle Dafnie e ne' Cipridi^ né quando internamente si esamina. 11 color delle valvole tegumentarie è fulviccio, ma gli aculei neri lo rendono grigiastro. I ligamenli co' quali il corpo si attacca alle valvole dalla faccia interna, generano allo Tom.F. 25 1 8 6 Costa esleruo una opacità biancastra a forma di croce , e bian-- castri son pure i lembi esteriori di tutta la loro periferia. Divaricate le valvole , e rimossi i piedi , si scopre l'apparato boccale. Consiste esso in una spezie di succia- toio a foggia di cono troncato , alquanto rigonfiato nel mezzo, e l'apertura e (fig. 6), munita di due piccoli denti ne' lati. Sorgono dalla sua base le antenne medie ce, cbe meglio diremmo palpi , composte di 5 articoli , il primo de' quali più lungo degli altri quattro presi insieme, i quali van decrescendo fino a terminare in un fascetto di peli. Succedono innanzi a questi i piedi mascellari bb^ che diresti essere vere mani esadattile ; sendocbè si compon- gono di un articolo basilare brevissimo , il secondo assai pili lungo ed a foggia di avanbraccio , e di un terzo che veramente affetta una mano , essendo terminato da cinque digitazioni incurvate bb, con estremità tricuspidata. Dopo il quinto dito succede un' unghia lunga ed assai curva : e tutta la serie di tali diti corrisponde assai bene all' aper- tura boccale. Il succiatolo, i palpi o le antenne, ed i piedi mascellari partono dal perimetro di una porzione di arco ellittico , che costituisce quasi un apparato sternale. Sopra esso si trova un risalto longitudinale c^fig. 6^ che scorre sopra la diagonale di un rombo , e che insie- memente costituiscono una lamina cornea. Neiranterior parte questo risalto vien terminato da due uncinetti, i quali chiudono l'apertura «, che penetra entro lo stesso. E que- sto lo esterno apparato degli organi genitali femminei ; quei del maschio ancora s'ignorano. Ai lati del rombo sorgono due appendici piediformi bb ^ triarticolate , e terminate da una vahda unghia nera. Al termine posteriore nascono due altre appendici , molto più gracili e meno lunghe , di un solo articolo f/, e due lunghissime delicate e curve unghie. nuovo genere di Entomostrace. 187 Succede al primo il secondo pajo di piedi mascellari esteriori bb, fig. y, ancor essi anteriormente divisi in cin- que diti , tutti terminati da unghia lunga e robusta. Alla base di questo secondo pajo di piedi si attaccano le bran- chie ce, la cui lamina cordiforme presta attacco a 18 ar- chi branchiali pinniformi. Prolungasi la lamina in una spezie di manubrio , che penetra al di sotto di quella de' piedi mascellari, e si congiungono tra loro angolarmente^ come dimostrano le linee punteggiate a. Seguono indi le tre prime paja di piedi veri anterio- ri , i quali si compongono dell'anca del femore , la tibia assai corta, alla quale seguono i due articoli de' tarsi , il secondo de' quali lungo quanto la tibia col seguente arti- colo , e da ultimo tre unghie di grandezza disuguale. I posteriori non dissomigliano punto dagli anteriori, eccetto che ncU' armatura de' tarsi , a' quali succede una sola unghia semplice , assai più lunga di quelle che ar- mano i piedi anteriori, e leggermente archeggiata. Vedesi essa rappresentata dalla Gg. 3 ingrandita, ove C è l'anca con le sue fibre muscolari interne , B il femore cui se- guono gli altri articoli. Sembra che entrar dovesse questo novello genere nella legione degli Entomostracei , e nell' ordine degli Ostracodi, tra le Cileree ed i Cipridi. A contrassegnar la specie ci siamo serviti dell'eminente carattere, che ne porge lo ester- no delle sue valvole , di que' lunghi aculei cioè di che sono guernite , onde T appelliamo Ae5/» \^1 j m 3^ ^"^ ^ >/^l >5 DEL PRESENTE FASCICOLO ■> ai ^ ■■ ■■ Elogio funebre di Carlanlonìo de Rosa , del cav. Francesco M. Avellino . . pag. i!)3 Di un miovo pesce della famiglia de' gadini , di O.-G. CosTj • . . . .171 Nesidea, nuovo genere di Entomostrace ^ dello stesso 1 83 Con 4- tavole in rame. « Prezzo del presente fascicolo 0, 65 ERRATA CORRIGE Alla [-agina 167 lin. i3 e i4. si sopprima la parola eollù^alore. eh p DELL'ACCADEMIA FONTANI AN A •mmvi^mi.* FASCICOLO IV DEL VOLUME V A¥¥irs® L'accademia Poutaniana pubblica i suoi atti in fascicoli, aflìoclic possano sollecitamente conoscersi le memorie a misura che sono ap- provate. Ogni fascicolo si pubblica subito che si ha sufficiente materiale e senza astringersi ad alcun determinato periodo o numero di fogli. Terminati i fascicoli che debbono comporre un volarne, si dà il frontespizio, la dedica, la storia de' lavori , ed il catalogo degli acca- demici da premettersi al volume medesimo. I).V TORCHI DEL TRAMATER À Sv«»'«vj Si II si* ww^'wwwww^w^m^wwfww^^^w^^ww^wm^fw^^ww^f^ DI UNA NUOVA MANIERA DI CALCOLARE GLI ARCHI TERRESTRI DI MERIDIANO E DI PARALLELO APPLICATA ALLA DETERMINAZIONE DELL'ARCO DI MERIDIANO FRA MONTJOUY E FORMENTERA letta all'Accademia nella tornata de 2^ Gennaro i846. DAL SOCIO RESIDENTE •WX^JCOSSo la una nostra memoria letta a questa Accademia Pontaniana il di 27 Agosto iSSy , e messa a stampa nello stesso anno , noi proponevamo una nuova maniera di calcolare gli archi terrestri di meridiano e di parallelo , secondo la quale tutto il procedimento si riduceva a cal- colare con grande esattezza le posizioni geografiche dei vertici dei triangoli della rete geodetica , dalle quali poi si deducevano , molto facilmente e quasi senza calcolo, le differenze di parallelo e di meridiano espresse in misure lineari. Tom.r. 26 igo Amante Quando il Bureau delle longitudini di Parigi fu in- caricato di verificare l' errore di 68 lese sull' antica misura dell' arco di meridiano fra Montjouy e Formentera , che il sig. Puissant aveva denunziato all'Accademia delle scien- ze , ci venne in pensiero di applicare il nostro procedi- mento a quel soggetto , divenuto tanto celebre , ed ese- guimmo il calcolo del mentovato arco ne' momenti che , a quando a quando , potemmo sottrarre alle nostre ordina- rie occupazioni. Quantunque i nostri risultamenti non dif- ferissero gran fatto da quelli del sig. Puissant e della Cora- missione Òìq\ Bureau delle longitudini, nondimeno il diverso andamento da noi tenuto , ed alcune osservazioni su questo importante argomento ci parvero poter meritare 1' attenzione dei dotti, onde ci proponemmo di rendere il nostro lavoro di pubblica ragione. Era più che a mezzo la stampa della me- moria allorché accadde la morte del lodato sig. Puissant, di cui alcune opinioni erano da noi contraddette nel no- stro lavoro , e questo avvenimento ci arrestò. Ma la riu- nione degli scienziati italiani nel VII congresso ci diede occasione di riprendere quella nostra fatica , che ora sot- toponiamo all'indulgente giudizio di questa dotta Accademia. I nostri calcoli essendo fondati sulle formolo dimostrate nella memoria del iSSy , è necessario incominciare dal ri- chiamarle qui brevemente. Nuova maniera di calco/are gli archi terrestri, i 9 1 I. Forinole, §. I. Siano H ^ W le latitudini delle estremila della linea geodetica R-^ Z\ azimut sud-ovest di questa linea suU' orizzonte del punto di partenza //; TV la normale ter- restre alla latitudine //; ed u la linea geodetica ridotta in arco di cerchio massimo della sfera che ha per raggio iV. Nel triangolo segualo su questa sfera e compreso tra la li- nea geodetica e i due meridiani delle sue estremità , si ha la relazione seguente fra i tre lati e T angolo supplemen- tare dell' azimut ; senH' =senHcos u — cosZcosHsen u Sviluppando senu, cosu in serie sino ai termini di 3.° ordine, si avrà senH'—senH=--ucosZcosfJ u'senH-{- -rr u^eosZeosH. 2 6 Sia H'=II+Cf ; e per esprimere la differenza 9 in se- rie ordinata secondo le potenze di « , si farà uso del teo- rema di Stirling , osservando che 9 diviene nullo quan- do «=o , e per conseguenza «'9 . I „ «''9 , ' !5 <^^9 du 1 dW 6 du^ nella quale serie bisognerà sostituire ai coefficienti diffe- renziali i loro valori in Z, ZT, prendendoli nella equazione iga Amante sen(/I-{-<^)—senH=: — ueosZcosff u'senH-^ -^ u^cosflcosZ e ponendo in essi u=Oy 9 =0 ; sarà do I -p- cos(H4-!!})= — cosZcosH—usenRA u-cosHcosZ (tu 2 — ^ coj(ff+9)— (-r) sen{H-\-if)=: — senR-{-ucosHeosZ ^ cosiH+c)-^ ^ . $ s«?(ff+9)- (^Ycos(H+[-eicos'H) u^e^senneosII{i-^2cos^Z) §. 2. Lo stesso triangolo sferico considerato di sopra darà la differenza SP di longitudine fra gli estremi del- l' arco u per mezzo della proporzionalità de'seni , e la dif- ferenza d' azimut SZ per mezzo delle analogie di Nepero. In queste formole si dovranno adoperare le latitudini H ed //, =tì' — 4- , che si verificano sulla sfera , siccome abbia- (') Queste iadicazioni si riferiscono alla nostra memoria del 1837. Auova maniera di calcolare gli archi terrestri, i g'a rao fatto osservare nella nostra memoria del iSSy. Si avrà dunque ^_ senusenz senòF= — , ovvero cosJi , , ,, - „ senusenZ (2)' senòP=z cos[tr—^) In quanto all' azimut , se chiamiamo Z, l' azimut cal- colalo per mezzo del triangolo sferico , e Z,' l'azimut sullo sferoide avremo , sen-^{H-irII) tan — Ji8o"— (Z,— Z) \=U— Z , e l'angolo dei I g 6 Amante ed applicandola alla semidifferenza d'azimut data dalla e- quazione (e) , si avrà l' azimut sullo sferoide , cioè sen !(//+ //'—!) ian\{Z,-Z-i^o')+\b=-tan-ÌP ^ \-^e'lan'usen2Zcos'ff cos-{H-H'+l) ovvero , sen l{H+H'-l) tan—{Z'—Z—iSo')=—tan-$P + ^e^tan->usen2Zcos' H. 3 eo^ 1 ^H-H'+l) plani NN'.W, NMIUi eguaglierà Z. — iSo°. L' azimut sferoidico contalo dal sud all'o- vest, dovendo desumersi dall'inclinazione dei piani NN'M', N'M'M, se sarà indica- to con Z', è evidente che si avrà l' angolo diedro NN'M'M eguale a 36o°-Z'. Ciò posto , applicando le forraole della tri- gonometria sferica all' angolo triedro ia quantità sussisterà la relaziose , M> formato dai tre piani NN'M'jNM'M, NiM'IH , Si avrà N'M'N='i' , 1' angolo diedro iV'ZV/V/'iW=Z,— 180°, l'altro angolo diedro i\''iV'M'M=36o°-Z', e dal trian- golo i\W'3/ supposto isoscele, e nel qua- le r aneolo MNM' = « , si avrà ancora NM'31=Q0°—-u ; tra le quali quattro cot(36o'>-2')= • ovvero co£ (90°— -u)st»+— cot+cos (Z, — 180°) ie;i(Z,— 180) ^■tan — u-^cosZ t — senZ t colZ, — cotZt= — sen^Zi-Z,)=—iUm - u icnZ' ; ma sei:Z'=sen{Z+iSo'')=-senZ appros- que sarà finalmente , simalaraente , e xl/=e»« cosZcos-H ; dun- Zi—Z =ze= - e^tan'usenZcosZcos''ff= r e^lan'useiiiZcor-H : dove SI è preso + positivamente , perchè elemento deve considerarsi posiÙTO, uella risoluzione del triangolo sferico ogni Nuova maniera di calcolare gli archi terrestri. 1 97 Sviluppiamo ed avremo , sen i (H+H'—^) sen - {H+IP) [i— i- -^eol j (H+H')] is-(H—H'+^) cos^(n-H') ji— - pan - {H-W) \ sen-{H+H') cos-(H—H'} sen- {H-ifH') seni{H+H') cos -{H—H') cos - [H—W) sen-(H+H'—^) sen-(H+H') senl{H+H') X cos-(H—H'+^) cos-{H-.H') cos~{H—U') —\eosH sen - {H^H') cos-{H—U<) Per la piccolezza di questo secondo termine , che molti- plicalo per — - ^P diviene di 3." ordine, vi si può can- giare cos-{H — H') in C05 0°= I , e si avrà , sen-(H-\-H'—\) sen-(H+H') SB' — — vJ/COifl. cos - (H—H'+^) cos - {H—H') ^ In conseguenza Tom.F. 27 ] gS Smanie lari— (Z'— 1—180°]=— ìan —òP \-lan-~oP. -IcosU ^ cos-{H~H') ^ 2 -j- —e^laìi^usen2Zeos^H ; o ma %}/= — eucosZcos' H ^ e per la formola (2)' si ha , — u senZ ian 7 5 P=s j^ , dunque fan- (Z'— 2—180"]=— tati -IP ^ l.e'u^senZcosZcos' H cos — {U—n') -{■ "3 e^lan'usen2Zcos' H 0 e finalmente, {C) lan- (Z»— Z— 180')=— tóra — 5P . §. 3. Le forraole (i)', (2)', (C) sono esatte sino ai termini del terzo ordine inclusivamente. Nella nostra me- moria del iSS'/ noi siamo giunti agli stessi risultaraenti per altra via , ma abbiamo dimostrato rigorosamente la loro esattezza , sviluppandoli in serie e paragonandoli alle serie che l' illustre Comraendator Plana aveva dedotte da quelle di Legendre fondate sulla considerazione della linea di minima disianza sullo sferoide terrestre (*). Il sig. Puis- sant nel i836 era da parte sua giunto più direttamente alla formola (i)' (**) ; e nel i838 in un supplemento alla {*) Vedi 1' opera intitolata Operations ('*) Comples rendus de CAcade'inie del giodesiques et aslronomiques pour la me- 19 Decembre i336. iur^ d'un are du parallèle moyen, 2, voi. I\uova marnerà di calcolare (jli archi terrestri. 199 nuova determinazione dell' arco di meridiano fra Mont- jouy e Fermenterà , egli riconosce l' esaltezza delle for- inole finite (2)', (C), che noi avevamo trovate nel iSSy (*). La sua analisi (che per la longitudine e 1' azimut differi- sce pochissimo da quella che noi avevamo data nella no- stra memoria ) lo conduce alla conseguenza già da noi e- uuuciala , cioè che la differenza di longitudine fra le estremità di una grande linea geodetica , calcolata sopra una sfera di raggio N è esattissima , e la differenza di azimut calcolata sulla stessa sfera deve essere soltanto aumentata del piccolo termine -r u'e^sen2Zcos'B {**).Vev lo innanzi si credeva che la formola (2)' per calcolare la differenza di longitudine fosse esatta adoperandovi la lati- tudine ff' in vece della H'—^, e che la differenza d' a- zimut data dalla formola (C) avesse bisogno della corre- zione -T- u'e'semZcos'n per passare sullo sferoide (***). §. 4" Per rendere la formola (i)' più comoda per il calcolo , noi abbiamo osservato che valutando l' arco u sul- la sfera che ha per raggio la normale alla latitudine me- IT I IT I jkT dia — ^ — , che indicheremo con h , il fattore ellittico — di- verrebbe indipendente dall' arco u , e potrebbe esser dato da una tavola con l'argomento h. Per tal modo , chia- mando n la normale alla latitudine A, si avrà sulla sfera di quel raggio, 11!=— R", onde w=w' ^ . Prima d' inlro- (*) Noi avevamo fatto presente di un (") Memorie dell'accademia di Parigi esemplare della nostra memoria a questo tora. XVI pag. 4^8. dotto geometra, ed egli mostrò averlo gradi- (*") Veggasi la Geodesia del sig. Puis- to conia sua lettera del 14 Febbrajo 1 838, sant , il Supplemento alla Geodesia e la che riportiamo io fiae di questo lavoro. descrizione geometrica della Francia. 200 Amante durre questo valore di u nella forinola (ly, sviluppiamo il rapporto ~ , e poiché n= ; , ed N= ;- , (i — e'^seri^hf (i — e^sen^H)' prossimamente, e quindi senh=senH -ucosZcosH ^ e sen'h=sen'H — ucosZcosHsenH ; dunque "S7 = ( TTTH V rr — rrì- =[i—e'ueosZsenHcosHy Jy \i—esen^H-{-e^ucosZsenUcosHy I — e^sen'H enHcosHJ =1 ^ e'u cosZsenHeosH Inoltre, nei termini e'cos'H+e^cos'H del fattore ellittico cam- biamo B in h+ —ucosZ , ed avremo 2 ' ^ze^cos'^h-^-e'icos'' h — e^« cosZsenHcosH , perchè si può trascurare il termine é'ucosZsenhcosh , che moltiplicalo per — ucosZ monterebbe al ^-^ ordine, e cam- biare h in H nel termine piccolissimo eiicosZsenhcosh. Introducendo questi valori nella formola (i)' si avrà //' — //^=[ — ?''(i e^ucosZisenHcosH)cosZ — —ii'^tanHsen'Z . . . ] X 3 li-{-e'cos'^/i-{-e^cos-h — e^ucosZsenHcosU-\ — e^ucosZsenHcosH'] ti' — H=i — u'cosZ u'^tanHsen-Z-{- eie] \_i-\-e-cos^/i-\-eicos'A'\ -\ e'uu'cos- ZsenHcosH e^uu'cos'ZsenHcosH ; e finalmente, riducendo e ristabilendo l'oraoseneità, Nuova maniera di calcolare gli archi terrestri. 20 1 {A)....H'—Il=\_—u'cosZ— ■^lannsen'Z+ jr-j—eosZsen''Z(^t+3tan^H)]x[i+e''eos''/i+eicos^/i'l dove si suppone e<'= _ R". n È facile introdurre u' in luogo di u nella forraola (2)' che dà la differenza di longitudine. Si ha cos(H>—l)=cos{n'— - ,}.)+ - \sen[Il'— - ■l)=eos{H'— - 4-) . . . e''ueosZcos'^Hsen{H'—-'-ì/) ; Cambiando cosH in cos{H' — —-^r) •> e setì{II' — -i ^) in senff nel termine piccolissimo — - e"ucosZcos'Flsen{H'—~^)^ sarà cos{H'—\.)=cos{H'— - ^)li— ^e'^ueosZsenHcoslT]r^scos{H'— ^ l)^ Per conseguenza, N K „ — sen -Tj- senù yn senusenZ senusenZ ^ ^ sen òP=. = 1= cos{W-l) ^^^(^,_^^)^ cos{H'-^^) sen — senZ sen SP= , e finalmente cos(n' — - 1) 2 [B) . . . ^senSP= . cos{H' 4.) §. 5. Le formolo {J) , (B) , che sono esatte sino ai termini di 3." ordine, possono servire a calcolare un arco 202 cimante di meridiano o di parallelo. la falli la lunghezza h A ài un piccolo arco di meridiano, di cui l'ampiezza è//' — H^ può essere espressa dalla iovmoìa. sA={H' — H)^^^,= {H' — /J)-Lì chiamando p il raggio di curvatura del me- ridiano ellitlico alla lalitudine media — ^t_ =h. E poiché 2 l'ampiezza II' — ff è data dalla serie (J), si avrà, intro- ducendo in luogo di u' il suo valore — R", n A'» K^ a n ma il rapporto della normale al raggio di curvatura presi alla medesima latitudine h è espresso da M I — e'sen'i . . , . , ., , — B= i=ì4-e'cos^n+e'iCos^A eie. , p I— e» dunque la serie precedente diverrà (Dì...SJ=s^KcosZ ianHsen'>Z-{- ^ eosZsen'Z{i+3tan''H) Questa serie , dimostrata nella nostra memoria del iSSy , non differisce dalla formola (J) del sig. Puissaot (Geode- sia I. voi. pag. 3i6) che nei termini del A.° ordine sem- pre trascurabili. Similmente la formola (B) , dà con la maggiore e- sattezza 1' angolo fra i meridiani che passano per le estre- mità della linea geodetica j^; ed è chiaro che per dedurne la lunghezza di un arco di parallelo ad una data latitu- dine ff„ compreso fra quelli meridiani , basterà moltipli- Nuova maniera di calcolare gli archi terrestri. 2o3 care V ampiezza sP, ridotta in parli del raggio delle tavole, per il raggio del parallelo, che sarà espresso da N„ cosH„ , indicando con N,„ la normale alla latitudine //„. Si avrà dunque (£") P„=ZP'~ cosHn. §. 6. La serie (Z?) non è altra cosa che la {A) mol- tiplicata per il fattore ^^ , ed allo stesso modo la formo- la (£") risulta dalla {B) moltiplicando 1' ampiezza iP per N„cosH„ n- . 3 — ^, — . Ci e dunque sembrato interamente logico il non ripetere da capo il calcolo degli archi di meridiano e di parallelo dopo aver eseguito quello della latitudine e della longitudine ; e nella nostra memoria del iSSy abbiamo proposto di calcolare le posizioni geografiche de' vertici dei triangoli di un arco di meridiano o di parallelo con le tbrmole esalte (y^) , {B) , e dedurne poi con grande sem- plicità le differenze di parallelo e di meridiano. §. 7. Nei Comptes rendus dell' Accademia delle scien- ze di Parigi del 184.1 si legge una nota del sig. Puissant, in cui questo scieuziato dà un nuovo mezzo di abbreviare consider abilmente i calcoli relativi alla rettificazione di un arco di meridiano. Egli osserva che la farmela A- A'3 {D')...P= — KcosZ — sen-ZlanH-\- —r-^sen^ZcosZ{i-{-3lan'II) può essere supplita da quest' altra {D")...P=i— KcosZ— ^ scn'Ztan -{B+H') 2 II 1 indicando H, H' le latilulini geodetiche delle estremità 2o4 Amante del lato K, Z l' azimut di questo lato sull' orizzonte di H, et/ R il raggio di curvatura del meridiano alla la- titudine m.edia — (H+H') , latitudine che basta conoscere approssimatamente. Difatti , egli dice , sviluppando tan - ( H + H' ) = lau (H + — dH) = ian(H — JL cqs Z) , ed arrestandosi ai termini di 3." ordine^ si trova una espressione che tion è interamente la stessa del terzo termine della formala (D') , ma che si può ammettere senza scrupolo nel caso anche dei più. grandi triangoli dei signori Biot ed Arago . Per dimostrarlo egli applica la formola esatta e 1' appros- simata alla determinazione della differenza dei paralleli di Campvey e del Desierto , ed ottiene due risultamenti che differiscono fra loro di una mezza tesa soltanto. Noi abbiamo eseguito lo sviluppo indicato dal signor Puissant come segue ^ tanH — ^—r.cosZ X , K 2/V ian— {H-\-H')s:stan{H——i^ cosZ)= ^ i-l — taiiH-rr cosZ ^2 TV K K =s{tanH jr cosZ)(i rr. tatiHcosZ) K K =ìtanH — cosZ jr cosZtan'^H. 2/V 2A' Ma -— =1 -fé C05\« -f-etc , e quindi— = —i — - — , dun- que r - 2 1/ z ^ sen'Zlan — in+H')=: ^, sen-^Z(i4-e''cos''H) Y. 2R 2 ^ ■ ' 2A (taiiH 7r,cosZ— --nosZlan'H); Nuova maniera di calcolare gli archi terrestri. 2 oli j/V ' AN-' — ., e^seri'ZsenHcosIt 2/V La differenza fra questa espressione e i due ullimi iermini della formola {D') , cioè 1' errore della forraola approssi- mata , è ^ sen^ZcosZ K ^jr- sen^ZcosZ{i+3lan^Hì—-Tj^sen''ZcosZii+fan'II}-^- . ,, e'sen'^ZsenUcosff 2/V := jjrsen'Z^—cosZ{(an^H )-\-e^sen2Hi {m) Non si vede a priori perchè questa differenza com- posta di termini del 3.° ordine debba esser riguardata co- me nulla in tutti i casi geodetici, di modo che possa am- mettersi senza scrupolo la formola approssimata (/?") ; e sembra che un esempio particolare non possa dare intorno a ciò alcuna certezza. Al contrario si scorge manifesta- mente , che facendo H=Z=A^-°ì l'espressione {m) di- viene la somma di due termini del 3.° ordine cioè, —-\~ — p + — c'( ; nella quale se si suppone , col signor Puissant , /o^^=5,2o61)7 , ne risulta un errore di 9, 3 metri. Dunque il piccolo errore di una mezza tesa sulla differenza dei paralleli di Campyey e del Dcsierto (o più esattamente di -L di lesa, se si valutasse meno grossolana- o mente la latitudine media -{H + H')) non dipende sola- mente dalla grandezza del triangolo , ma piuttosto dal se- gno di cosZ che potrebbe esser diverso in un altro caso. Tom.K. 28 2o6 Amante Si può osservare ancora che la differenza {tri) cresce con la latitudine , di maniera che per Z=4.!5°, Z^=6o° , e per un lato di triangolo eguale a quello Iviza-Desierto , essa diverrebbe di ben 26,9 metri. Dunque , se non e' ingan- niamo , il ripiego immaginato dal Puissant per abbreviare i calcoli della rettificazione di un arco di meridiano non raggiunge il suo scopo. §. 8. Dopo di ciò , il procedimento da noi proposto nel 1887 (§. 6.) ci sembra sinora il più spedilo ed il più esatto. In falli , ogni metodo di rettificazione di un arco terrestre richiede che si siano calcolate precedentemente le posizioni geografiche dei vertici dei triangoli. In seguito si possono seguire nella rettificazione due procedimenti di- versi ; cioè si possono applicare le forraole di rettificazio- ne di un arco di meridiano o di parallelo a ciascun tri- angolo (*), e calcolare la lunghezza dell'arco totale come somma degli archi parziali ; ed altrimenti , si possono ap- plicare le formolo di rettificazione all' arco totale , di cui siasi prima valutata l'ampiezza con somma precisione (**) . È sempre importantissimo il far uso dei due melodi per la verificazione dei risullamenti dei calcoli (***) ; ma per il primo , detto delle proiezioni , basta calcolare le posi- zioni geografiche con le formolo ordinarie , e per il se- condo non si potrebbe evitare l' applicazione delle formolo esatte (****). Dunque per rettificare un arco di meridiano (*) Queste forinole sono indicate con (***) Veggasi la nota del slg. Puissant {A), (B), nelU Geodesia del sig. Puis- citata di sopra. sant (1. Tol. pag. 3 16 e 32o -ì.' ediz. ) e C"**) n sig. Puissant nella Descrizio- con (D), (E), nella nostra memoria del ne Geometrica della Francia tom. I pag. 1837. 125 dice, « 6' il s'agissait d'un calcul . toI. pag. it/initif, il serait nécessaire que les am- ?j3. ,. pHiudes partielles eussent étù cvaluées Nuova maniera di calcolare gli archi terrestri. 207 o di parallelo , bisognerà calcolare le forraole esatte delle posizioai geograficlic , quelle delle projezioui e la forraola di rettificazione dell' arco totale. In ogni caso , se anche si volesse calcolare l'arco di meridiano 0 di parallelo una volta soltanto col metodo delle projezioni , sarebbe sempre necessario calcolare le posizioni geografiche con le formole ordinarie , e ripetere in certo modo questo calcolo quando si applicano le formole delle projezioni , siccome abbiamo l'alto notare nel §. 6. Col nostro procedimento si risparmia quasi interamente il calcolo delle projezioni , quando si esegue quello delle posizioni geografiche nel modo da noi proposto , e si ha ancora con grandissima esattezza 1' am- piezza dell' arco totale per calcolarne ad un tratto la ret- tificazione. In conseguenza, con minor calcolo, si ottengono per due difl"erenti vie la lunghezza dell' arco cercato e la verificazione di questo risultamento. Tutto ciò apparirà più chiaramente dall' applicazione delle formole. ' jusq aux cenliémes de seconde dèe!- » lougitudes géodésjques des sommels des males .... L'une et I' autre serie ne » triangles aiiront élc rigoureusemenl d<5- donneront des valeurs nutncriques pré- » terrain<5es ». cises , que lovsqiie les latitudes et les !o8 /amante II. Applicazione delle formole. §. 9. Le formole (^) , (-B) , (C) saranno preparale come segue per il calcolo delle posizioni geografiche. Indicando con F il faltore ellittico x-\-e"cos"h+e''cos'h della serie (^), si può scrivere questa serie sotto la forma seguente ; —KcosZ-jF-\-{KsenZ, -) ianHx—-Fsen\" Jr\(KsenZ •-)' lanHx—^F sen i"j(— iTeosZ.-) x ( ~ colH+lanHjsen i" Facciamo - =G, —-Fseni"=M, (-^cotH-\-lanH\seni"=T, — KcosZ.G=m , KsenZ.G=p , ed avremo , H'—H=mF+p'3Ilanff+p'JHtanH.mT=I+II+in I fattori G, F, M sono funzioni della latitudine me- dia A, ed il fattore 7' è funzione di //. Si possono tro- vare tutti nella Tavola (/) con gli argomenti /i, 0 H {*) ; ma bisogna prima calcolare la latitudine h=H-\- (H'—H). (*) Questa tavola è dedotta da un' al- stia memoria del 1837. W nostro amico tra calcolata per la divisione sessagesi- sig. Zurria chiarissimo professore di Ca- rnale del cerchio e per le misure del tania ci fece il favore di tradurla in mi- Regno di Napoli da noi inserita nella no- sure decimali e metriche. JSuova maniera di calcolare gli archi terrestri. 209 A questo oggetto noi abbiamo osservato che se A" è dato in metri , basta fare II' — Z^= ^ per avere questa differenza di latitudine espressa in secondi decimali con una approssimazione sufficiente nel calcolo della serie. Di fatti , i termini di 2.° ordine che si trascurano nel cal- colo dell'argomento A, non possono produrre che termini del quarto nel calcolo della, serie {^4) ; e per provarlo basta sviluppare il primo termine — u'cosZ di questa serie, supponendo u'= — ^^~^U — e sen {h + dh)\^ . Si avrà sen{h+d/i)^=senh+dAcosh, e sen'{h+d/i)=sen^hi-d/isenzh; e quindi ; — u'cosù= • (i — é'sen'h — e^ senili dk) KW'cosZ, I , ,, I =— (i e- sena e'' senili ali . . .] ; dove si vede che se dh è di secondo ordine , 1' errore ■\--R"cosZsemh.é' -dh sopra — u'cosZ sale al quarto. Dunque, se facendo H' — //= ~ non si trascureranno * IO effettivamente che termini di secondo ordine nel calcolo di h , questa supposizione potrà ammettersi. Ora, quando si fa //' — H=^ ~ ^"^ " , si trascurano prima di lutto i termini di 2." ordine della serie {A) , e di più si riduce il lato A" in secondi decimali suppo- nendolo appartenere alla terra sferica in vece di ap- partenere alla sfera che ha per raggio la normale n. Quindi , indicando eoa R il raggio della terra sferica , la nostra supposizione produce suU' augolo u' \ errore 210 Smanie ed n= , si avrà (i — e^sen^ky 7;=(i — e'sen'A)~~(\ — 7-e" . . .)"' =(i-| — e'sen'k){i-\-- e') 2 4 4 e finalmente espressione del secondo ordine. §. IO. Per calcolare con esaltezza la formola (^) nella quale u' è un arco piccolissimo si farà /(^^ sea SP=loff — ; \-lug u'-^-log senZ-\- C.l.cos (W 1) , R" e poiché u'=R~=KG , e KGsenZ=p , (§. 9) , si avrà ioff sen SPsslog — , \-lngp->^C.l.cos{H' J.) la questa espressione log — ;-^è una funziono di /i, e di /«, ma si può senza inconveniente supporre costante la nor- male , adottando una nonnaie media per lutti i calcoli delle differenze di longitadioe. In fatti , nella tavola pei- abbreviare il calcolo delle posizioni geografiche del sig. Puissant si vede che il logaritmo della normale varia di Nuova maniera di calcolare gli archi terrestri. 2 1 1 4.000 parli logaritmiche in tutta l'estensione della tavola (*), cioè da 43 gradi decimali, sino a 61*; e nuUadimeno , questa variazione non produrrebbe alcuno errore sensibile nel logaritmo di — r- ? anche nelle condizioni più sfavo- revoli. Supponiamo /o^À'=5, 2065667, e calcoliamo u' nella ipotesi di /o_yA— 6,8o5i652, e di /o^/V= 6,8055578 ; a- vremo m'=i^,6o4.3, ovvero «'=1^,6028; ed è facile osser- ■1 , sen i,6o4-3 j.™ . , , spn 1,6028 ,. vare che log — r-^^r- diflensce da log — - — -— meno di "^ 1,0040 "^ 1,6028 una unità. Per questa ragione noi abbiamo calcolato log — — con l'argomento logE^ adottando per normale co- stante quella alla latitudine media di 4S° sessagesimali , e nella tavola (I) si trova questo logaritmo indicato con logX. Finalmente si calcolerà la correzione ellittica 4- della latitudine togliendo m da mF {§. g) ; perchè tnF — m= — u'cosZ [é'cos^h■\-e^ cos'^ lì) , e questa espressione non differisce dal valore di 4 trovato di sopra che per termini del terzo ordine , i quali non produrrebbero che termini del quarto ordine nella deter- minazione di ip. §.ii. Per l'azimut si avrà, indicando^' — Hcon^H^ e Z'--7/— 200^ con iZ , tan-iP log fan — SZ=fog — S P-\~log -f-'"^ sen{H' SH)-\^C. log.eoi-^H, 2 2 i_^p 2 a _ tan^-SP log tan i- SZ—ì^g SP+log - . ~ — +logsen{H'— - SITj+C.l.eos- Sff (') Descriziooe geometrica della Francia , tom, I e U. 2 1 2 amante lan - SP Nella favola (I) si trova indicalo con /ogY il /oy- — , ^ -SP 2 che si è calcolato con 1' argomento SP. §. 12. Le formole (^) , (5), (C) così preparate ci hanno servito a redigere il tipo di calcolo dichiarato nella tavola (II) , lo stesso di quello che fu esposto nella ta- vola (a) della nostra memoria del iSSy. Le posizioni geo- grafiche dei vertici dei triangoli di i .° ordine del Regno di Napoli sono calcolate con questo procedimento, e si é osservato che le posizioni di ciascun vertice calcolale sul- r una o suir altra estremità della hase del corrispondente triangolo , si accordano sempre sino ai millesimi di secon- do sessagesimale. Per applicare il nostro procedimento al calcolo del- l' arco di meridiano di Spagna , noi abbiamo adottato gli elementi che hanno servito al sig. Puissant nella sua nuova determinazione dello stesso arco (*). Nel nostro calcolo , partendo dalla posizione di Matas noi abbiamo seguilo senza alcuna scelta le linee Est ed Ovest della triangola- zione per giungere a Formentera per due vie interamente diverse. Nulladimeno , per verificare di trailo in tratto i nostri calcoli ;, abbiamo determinata in due diversi modi la posizione di qualche puuto intermedio , attraversando dall' uno all' altro Iato la rete geodetica. Ogni posizione geografica ed ogni difTerenza di parallelo è stala calcolala nel modo tenuto nella tavola (II) per il grandissimo lato Desierio-Campvcy ; ed ecco i risullamenti dei calcoli. (') Memorie dell' Accademia Reale delle scienze di Parigi lom. 16, QUADRO f. delle lalitudini , delle loro dijferenze , e degli azimuli dei vertici dei triangoli di Spagna. LINEA OVEST NOMI dei VERTICI AZIHDII LAIIIODINl DIFFERENZE NOMI dei VERTICI AZlilIUII HIIIl'DINl DIFFERENZE Matas Monijouy 30°820153 230,745453 46'' 1216 620 45, 9599 241 — O^ien. 379 Matas Moiitserrat 117''-397020 317,260412 46*^1216620 46,2286.773 + 0''l070.153 Matas Morella 57,188413 2o6.8y'J221 46,1216020 45, 8853.082 —0,2361.538 Monlscrrat Montagut 62, 161011 261,874329 46.2286 773 46,0079.960 —0, 2206.813 Morella S.' Jean 76, 905938 276, 494:ìO'( 45,8835 082 43,7047.316 —0, 1807. 766 MontaRut LIeberia 59, 484020 239. 073904 46.0079.960 45,6387 894 —0. 3492.066 Morella Montagut 118.5475)1 318, 183391 45.8833.082 46, 0079.960 + 0,1224.878 IJeberia Montsia 31,024024 230. 782366 45, 6387.894 43,1271.152 —0, 5316.742 S.< Jean Montsia 56,113215 255,514737 43.7047.316 43,1271.132 —0. 3776. 164 I.leberia Lespiiia 67. 691092 207,323194 4S. 6.587.894 43,4221.468 —0, 2366.426 Montala Dcsierlo 40.063433 23», 703903 43,1271.152 44,3402.310 —0, 5868. 84J Lcspina Le tosai 54. 193685 234, 023727 45,4221.468 45,2483.313 —0,1736.155 ilonUia Arès 82,157730 281,679191 45, 127).l!}2 44,9631.730 —0,1639.402 Le tosai Arès 41,803405 241,616262 43.2483313 44,9631.749 —0, 2853.564 Desierto <:ampvey 349, 594048 150. 530708 44,5402.310 43,4003 240 —1,1399.070 Arcs Espadan 2i.on6;ioi 220,838088 44,9631.749 44,3408.364 —0.6223.385 Itesierlo Mango 396. .364440 44,5402 310 196,430418 43,1192.469 —1,4209.841 Espadan Mongo 377,990208 178,346344 44.3408 364 43.1192.464 —1,2215.900 l'.aiiipvey Forincntcra 377,953075 43,4003.240 42,9624 077 —0,4378.363 Mingo Cmnpveg 283.174100 43.1192.464 43,4003.193 4-0,2810.729 MOBgO Formentcra 307, 594334 43.1192 464 42,9624.627 -0, 1567.837 Tom.r. 29 QUADRO n. delle differenze di parallelo calcolate dilato in lato, per la determinazione definitiva dell' arco di meridiano di Spagna. LÌNEA EST Metri Malas-Morella =— 23602,48 Malas-Monljouy =+ 16165,05 Montjouy-Morella =— 7437.43 Morclla-Montagut =+ 12241,98 Monijouy-Montagut =+ 4804,53 a Monijouy-Morella =— 7437,43 Morella-S.t Jean =— 18067,20 S.i Jeao-Monlsia =— 57724,96 Monijouy-Montsia =— 83229,59 6 Monisia-Arès =— 16382,70 Monljouy-Arès =— 99612,29 e Monijouy-Moiitsia =— 83229,59 Montsia-Desierlo = — 58646,00 Montjouy-Desierto =—141878,59 Desicrlo-Mougo =— 141974,19 Montjouy-Mongo =—283849,78 d MoDljouy-Desierto =— 141875,59 Desierlo-Caropvey =— 113893,53 Campvey-Formeniera = — 43743,10 Momiouy-Foimeniera =—299512,22 e lweà ovest Metri Malas-Moniserrat =+ 10695,96 Monljouy-Matas =+ 16165,05 Monijouy-Momserrat =+ 26861,01 Monlserrat-Montagut =— 22056,46 Monljouy-Moutagut =+ 4804,55 a Montagut-Llebcria =— 34900,67 Monijouy-Lleberia.... =— 30096,12 Lleberia-Monlsia =— 83133,46 Monijouy-Montsia =— 83229,88 6 Mouljouy-LIeberia =— 30096,12 Lieberia-Lespina =— 23649,67 Lespina-Le tosai =— 17350,31 Le tosal-Ares =— 28516,18 Montjouy-Ares =— 99612,28 e Ares-Espadan =— 62187,16 Espadan-Mongo =—122030,38 Montjouy-Mongo =—283849,82 d Mongo-Formentera = — 15662,83 Monljony-Formenlera ■ ^ — 299512,65 e Nuova maniera di calcolare gli archi terrestri. 2 1 15 §, i3. Si vede da questo secondo quadro che da Mont- jouy a Mango non vi è quasi alcuna differenza fra i ri- sultamenti delle due linee Est ed Ovest , poiché gli archi di meridiano a, 5, e si accordano sino ai centimetri , e r ultimo d fra Montjouy e Mongo non differisce nelle due linee che per g"" , o4- La differenza o'" , 4-2 suU' arco to- tale e fra Montjouy e Formentera sembra dunque indi- care una piccola anomalia nel calcolo della latitudine di Campvey quando si deduce direttamente dal grandissimo lato Desierto-Campvey . Ora, poiché è provato che le for- mole (^), (^), (C) sono esatte sino ai termini del 3." or- dine , è da temersi che nel caso molto straordinario del gran lato Desierto-Campvey , i termini del 4." ordine non siano interamente disprezzabili. In questo dubbio , noi ab- biamo osservato che fra i termini di 4° ordine , uno de' più grandi deve esser quello che dipendo dalla quarta po- tenza della linea geodetica. In fatti, ne' calcoli delle po- sizioni geografiche si considerano i numeri y ed e' come frazioni dello slesso ordine , perchè ne' casi ordinarli si può supporre A=ooooo metri , e per la normale alla la- K titudine di 4-0*^ si avrebbe yy =0,0078 , non molto diverso da e'=o,oo65. Ma per un lato A==i 60000 metri la fra- zione -r- è quasi quadrupla di e' , di modo che -^ diver- rebbe 2 56 maggiore di e". Per questa ragione noi abbia- mo calcolato il termine sferico di Is,." ordine nella serie (a) (§. i) , e adottando lo slesso procedimento adoperalo per gli altri termini abbiamo ollenuto , 2 1 6 Amante tan'H) — 6 coi 3 w«4 Z lan^Hl ; -^=1(17111 [i — cos4Z — 4 coi'Z «ew'Z (i+3ten'/f)— 6 eos^Z seri'Z-\- am ma i — cos''Z=sen'Z{i+cos"Z)^ dunque —jsssen" ZtanU [i — g eo«*Z — 12 eo«'Z lan^H-\-3 sen'^Z lari'H'\ = sen^Z tanH [sen'^Z (i+3 lan'ff) — icos^Z (i+S lan^H)—Ì£os'Z]. la conseguenza il termine sferico di 4-° ordine avrà per espressione , -) — -jUk sen^Z tanH \sen^Z{\-\-'òlan^'H) — ^cos'^Z (i-\-3tan'H) — icos'Z] = u' tatiHsen'^Z \ «'X — à^os'Z(t-^3tan'H) u'Y. — àcos^Z 2 12 ^ ' 12 u' seri'Z (1+3 tan'H) ] = u'lanHsen'Z[u'eos'ZtanH{-^eotH-{-tanIi)-\--^u'cos'Z — j u''sen^ZtanH{-^co/Jf-^lanH) ] Introducendo in questa forraola le denominazioni del §. 9, e ristabilendo V omogeneità , si avrà ir=II.se9i^i" (^^m'-\.m'TtanH+ - IL Tli"^ Nel calcolo della latitudine di Campvey per mezzo del Desierto , questo termine del quarto ordine avrebbe per valore o", o3o, ovvero o,3o in metri , ed applican- dolo all' arco totale dato dalla linea Est ; i risultamenti delle due linee si accorderebbero fra un decimetro. Noi non adotteremo questa correzione imperfetta , ma ne de- durremo la conseguenza che le forraole (^), (-6), (C) danno con la maggiore esattezza le posizioni geografiche dei ver- tici dei triangoli , e le piccolissime discordanze che pos- ISuova maniera di calcolare gli archi terrestri. 2 1 7 sono verificarsi nei casi più straordinarii dipendono dai termini del 4-° ordine che mancano in tutte le formole applicale ai triangoli geodetici , e de' quali non varrebbe la pena di occuparsi. §. i4.. Dopo la precedente discussione siamo in dritto di rifiutare la latitudine di Campvey dedotta dal Desierto^ e l'arco di meridiano compreso fra questi due punti, cal- colato allo stesso modo. Quindi , per avere 1' arco defini- tivo fra Monljomj e Formentera , abbiamo riunito le due linee Est ed Ovest sopra Mongo^ e da questo punto ab- biam dedotto Formentera. Con tale procedimento l'arco Mont- jouy-Mongo medio aritmetico fra i risultamenti delle due linee è stato 28384-9'"5 8o ; onde t'arco totale definitivo fra MoNTjouY e Formentera risulla di 2gQ5i2^63 metri. La latitudine di Mongo , media aritmetica fra quelle delle due linee è pure 4-3°, 1 192.4.67 , e se ne deduce quella di Fo/v;2e«^e/'c=42°, 9624.630. §. i5. La differenza fra le latitudini di Montjouy e Formentera calcolate di sopra , dà 1' ampiezza geodetica definitiva dell' arco di meridiano di Spagna, che risulta di 2^,9974.611. Con questa ampiezza si potrà calcolare l' arco totale , adoperando la formola conosciuta , ((/) .... A=a[i — e») \tn^ — n setii?/ cos'P-{ — p sen 2^ toi 2 ] nella quale '"='+4:'' +04"' 3 , rii , ^'=64'"- i 1 1 8 'Amante Facendo g(i— e')'» se'n\"=q^ a{\ — e')n=q\ la(i-—e")p—q", e adollando gli elementi dello sferoide dati da Delambre , si ha, /o^y=:i,oooo3i3.6i, /o^y'=4i49 12267, loffq"=t,à^2Ì2 ed eseguito il calcolo si ottiene , metri Arco totale di Spagna = 299512, 48 lo stesso peb mezzo delle peojezioni . . . = 2995l2,63 Differenza o, i5 §. 16. La piccolissima differenza di o"", i5 fra i due archi calcolati , con la forraola ( ■^H co co co co q t- «* co q r- ^ r^ eO co Oi r- "^ * S m c5 « h ** ^ -^ co O r- co Ci <0 |s^- CO « co t" co 'N IO (N-^f ^ CD — co N — t^ aor^ co « M5 « »» CO CO (N *? ?ft:g ■v^ aO ao «t r* •r'nso-^toat Q 1 " 1 + 1 SÌU3\UV!>XWjld O O O CI O 30 o © q q © co 00 q © r- r^ © © (M q q (N q*^ *^ gìinSdsa }uoiz}JM;) © O© O© -H© + 1 © © © o © ^ suipM „•£ ;p r- r- r- r- Ci 00 r- r^ <^ Ci Ci — 30 30 e; CD co Ci ao IO p.!»i;)3 mymin q o q co co 00 q q ■«^ co © «t «t tvp tjudpu^d Ò O O O 0*H© © © © © © *H -ip luoisaMiOQ 1 1 + 1 i g «.i . 2 «D ffl CD IM O -W © © I^ -sCS X -TH r-; -^r- qq 00 ©-JT «JT q r^ iSf^l ** r- ?0 oc ce 00 *t IN CD 05 (N «^ fe g .S o 5 •af O r' CO O CO §-|«~s (N "«r p? CO CI N ■^ co w --^ co N 0"g£fe. 1 " 1 + 1 1 .2 • o -2 « c 3 É 1 1 §>§ Isl J. C2 liini :c"^*^ ilJ^lafl 5 "5 E S i i i S ^ ||-g g £ a, . ESEc/iSOS ESjS-ìm I A'uova maniera di calcolare gli archi lerresln. 2 2 1 Finalmente dalla Tavola (II) appare come , dopo aver eseguito il calcolo esalto delle posizioni geografiche, se ne possono dedurre con grande facilità le lunghezze de- gli archi di meridiano e di parallelo , senza che sia ne- cessario di calcolare da capo questi archi con le formolo delle proiezioni. È da notare ancora che si è supposto do- versi valutare sul parallelo di 44*^ Ja differenza de mori- diani fra il Desierio e Campvey , solo per dare un esem- pio del calcolo di un arco di parallelo. §. 18. Dopo aver determinata la lunghezza dell' arco di meridiano di Spagna , ci piace esaminare se , combi- nando in diversi modi gli archi del Perù, dell'India, di Francia , d' Inghilterra e di Svezia , gli elementi dello sferoide terrestre che emergono da queste antiche misure sono molto diversi da quelli stabiliti da Delambre , e tut- tora adoperati nei calcoli del R. Officio Topografico di Na- poli. A tal fine faremo uso della formola conosciuta , — vA ibo ^ \4. 8 ' 120 la quale, introducendovi lo schiacciamento terrestre in vece dell' eccentricità , con sostituire 2*— «« ad e' , e 4*' ad e'', diviene («).... -5- 9 — ( -«-f y«' ì«en9eo«$-f-^«'wn2(-|-/i=o ; le quali risolute danno y^=:-f-o,ooooo362 1 ,/i=— 0,00002 SgoS, e quindi * = 0,00324.362=r r— — 000,0 10000724. U= -. — =10000485- I — /i Si sostituiscano i valori di h, k nelle equazioni adottate , per calcolare gli errori probabili sulle ampiezze degli ar- chi , e si avrà Perù €=4-0,000044943 India. ..... £= — 0,000059109 Francia £=14-0,000115297 Inghilterra . . . z-=. — 0,000147108 Svezia e:=-|"0>oooo4593i ; E poiché r ampiezza corretta di ogni arco si è rappresen- tata di sopra con Dimkerque-Formenlera. «=:o, 00329070 ; Q= (jreenwtcà'tormenlera. «:=o, 00029070 ; Q= Greenwich'Montjouy,.,, «=10,00329072 ; Q^ India-Francia (i) Meda. «=o,oo32go2i ; Q= D—M «=0,00335945 ; Q= D—F «=0,00337475 ; Q= G—F. «=0,00338296 ; Q= G — M «=0,00336990 ; 1^= Svezia-Francia . (2) Meda. «^0,00337176 ; Q= ID—M «=o,oo3i839i , Q= W—F. «=0,00317611 , Q= ÌG — F «=:o,oo3iG3o2 , Q= ^G—M «=o,oo3i66i7 , Q= (3) Medii «^o,oo3i723i , Q^ 0001 495 0001644 0001765 0001645 0001637 oooi45o oooi656 0001766 oooiSgr 0001616 0001549 0001629 0001762 0001730 0001667 A questi medii, aggiunti i valori dati dalle altre combina- zioni , si è avuto il seguente quadro Perù-Francia (i) «1=0,00329021 , Q=ioooi()3i India-Francia (2) «=0,00337176, 1^=10001616 Svezia-Francia (3) «=o,oo3i723i , 1^=10001667 Perù Svezia «=o,oo324386 , 1^=10000940 Indta-Svezia «=o,oo3288i4 , !?=ioooo49o Perù-Ingfiilterra «=o,oo3i42o6 , .1^;= 9999-^"^ India-lnghillerra «=o,oo3i93i2 , 1^= 9999212 Medii generali «=o,oo3243o4 , 1^=10000710 »= .. „ „ . , 0=10000710 3ob,OJ 2 28 Amante §. 22. La precedente discussione dimostra che , stan- do agli antichi cinque archi esaminali , gli elementi dello sferoide terrestre non differiscono sensibilmente da quelli dedotti da Delambre dal paragone di due soli archi. Que- sti clementi però , secondo i calcoli del celebre Bessel , sono un poco modificati dalle piìi recenti misure ese- guite con grande esattezza in Italia , in Germania ed in Russia ; ma prima di mutare l' ipotesi adottata nei calcoli del Reale Officio Topografico di Napoli , noi attenderemo che siano ultimate nel nostro Regno le misure dell' arco di meridiano fra J'evmoli e Capo Passero , e dell' arco di parallelo fra Ponza e Fasaìio, intraprese, e già condotte a buon punto dal dotto Capitano Pergola ; e speriamo che questi nuovi dati , importanti specialmente per la loro po- sizione sullo sferoide, possano contribuire all'avanzameoto della scienza geodetica. (*) (*) L'autore della Memoria esprimeva questo suo volo nel 'SiJS , qnando vigeva ancora il Capitano Fergola, e prima dei rivolgimenti politici , che haano sospese m tutta Europa le ricerche scientifiche di ogni genere. TAVOLA (I) per abbreviare il calcolo delle posizioni geografiche dei vertici de triangoli di i° ordine. TAVOLA (II) Forinole per calcolare le posizioni geografiche cos(H'— 1+) cos-jSn ndU guai, ^'=—^' ''="+Ì'' "'=-A'<^os^.C 'p=:KseaZ.G, \|/=mF — m e il AoHno dalla Imola (I), lugG, logF, lo LogA=o.20(i.'i667 + I-.seuZ— y,832U)t)7— 401 L.CJav)=8,9980936 + I.og;)=4,057497l— l(ii-m=4, 037497 — Log.m= 4,0319583— I.tan 11=9,923137 -(- L.F(Tav)= 0,0010736+ I..^^ (Tav;=3,896766 — i!_ Log 11=^936897^ Z(S.O.)=349'' ,894048 senZ— 1 5= ;ìO ,403932 log.Y;Ta\)=4, 1960739 + ' ;p=4, 0374971 — C.i.cos [h— i )=o, 1098661 + lo logr(T8v)=;i.895l092— Log Jp=r2, 1673697— mF=— 11314,489 — 43,58 + 21,79 =«,4003.24 =43,402303 L.mF= 4,0336330- 7ir=I=— 1,1314.489 II+I1I=— 84 381 l.ogm=4,05196 — L.T(Tav)=4, 28804 + 70 '^' . 139 / in\ J7/=— 1,13119.070 n= 44.3402.310 ni— 437400Ìr2'Ì0" -|3R= + 0,5699.33 Liig 111=0,27760 + II=— 86,476 111=+ 1,893 n+III=— 84,581 />S*=6, 1960813 I-oga/>::=2,1673697— "^—1,4701.773 P= ni—l^H= 43,9702.77 * Taiolc (/, Caìlet 8041809 + 23 C.i.cosiJff=0,OOO0174 + log laniSZ =7,8666793 + Br*=6,l«61277 £|^Z = 1, 6703318 + LhZ = + 4683 30 iZ= + 9.ìtìB(iO Z= 3i!l, 395048 + 200.0011000 Z'= 130,330708 j^rco di Meridiano S=10j=— 113048,43 '/S=— 843,10 S'<=— 113893,33 n , L"? 11=1,936897- Log m =0,27760 + C.LogG/'=0,y;i!)6|8+ =0,99963 + ^-— l.og III'=1,27723+ Log II'=2, 936326— II'=— 864,03 111'=+ 18,93 <'S=— 843^ Arco di parallelo '7„=44'-,0 Log a/"/=4, 1673697— >Og-;;=C.L.<;„,=l,0013069 + /",„=- 113620,3 L.cosff„=9,S867S0l + Log y' =o,05o4367— DEL PRESENTE FASCICOLO Dì una nuova maniera di calcolare gli archi ter- restri di meridiano e di parallelo , applicata alla determinazione dell' arco di meridiano fra Monijouy e Fermenterà di Fedele Amante pag 189 Prezzo del presente fascicolo gr. 3o %v»iwK»!!«»!!£»%^!«»%»v: 9<%%IL%?i«t%^^«?i< m ^g BELL'ACCADEMIA PONTANIANA — »««»w»>9JM{CtC X* u provvido consiglio della sapiente natura il custo- dire fra gli sfrati della crosta terrestre reliquie delle gene- razioni passate, per rivelare alle generazioni future le vicende alle quali lo stesso pianeta soggiacque. I rimasugli degli esseri organici servono evidentemente alla fìsica storia del globo , come le opere dell' arte alle politiche vicende dei popoli. Onde è la terra stessa l'archivio che racchiude gli indistruttibili documenti delle proprie rivoluzioni. Neil' età trasandate non furon pochi coloro che , ele- vando la mente alla contemplazione del passato , prelesero squarciare il velo che copre la vetustà di quei mutamenti e rovesci, i quali la terra ne porge a vedere qua e là disse- minali e confusi : e fra questi l' Italia vanta non pochi ed i primi. Ora però questi studii sono divenuti un bisogno dell' intelletto , perocché ogni uomo , anche mezzanamente istruito, vuol esser chiarito di quanto pcrtiene alla storia Tom.F. 3a 23-i Costa della (erra che abita. Quando a ciò pervenir si pretese pog- giando i ragionamenti sopra pochi fatti o ninno ; quando i fatti medesimi sofisticando s' intesero , le deduzioni non furono che vaghi e bizzarri concepimenti di fervida fanta- sia. E quei pochissimi , che in tempi meno remoti , me- glio sentirono l'espressione de' medesimi documenti, si di- lungarono meno dal vero nello indicarne le cause: ma que- sti ebbero pochi seguaci. Perocché , sostenuti da pochi do- cumenti , e non a pieno studiati , insufficienti trovavansi ad ispirar confidenza. Né conviene in pari tempo tacere, es- sere state ancor esse menti italiane sempre corrive ad in- nalzarsi con le ali del pensiero , e lente e ritrose nello ab- bassarsi coi sensi ad investigazioni pazienti e diuturne. La- onde , dando poca importanza alle materiali ricerche, mol- tissima alla speculazion della mente, si pretese piegar la natura a servire ai preconcepiti sistemi , travolgendone i fatti ; in vece di seguirla pazientemente ne' suoi penetrali per sertirne V oracolo. Si volle divinare , non intendere : era per essi il vero filosofare quel modo , e questo uno studio materiale ed abietto. E per tal guisa , lasciandosi sfuggir dalle mani i germi immaturi di qualche nuovo tro- vato , anno perduto soventi fiate la gloria delle proprie in- venzioni , e si sono trovati costretti a comperarne il frutto dalle mani straniere. Mutate però le cose, ed assise le naturali dottrine sul- l'alto poggio che la ragione loro assegnava ; presa la ra- gione stessa per guida , si è visto il bisogno di andare in traccia di fatti , onde avere stabili basi all' edifizio che si tenta innalzare. E basando la Geologia sopra quei docu- menti che la terra stessa conserva , è evidente esserne la Paleontologia pietra angolare ad un tempo e guida. Paleontologia del regno dì ]\ apolì. 235 A mal grado che nei giorni presenti molti si fossero quelli , che dirigono la loro attenzione a spiare nella ter- restre epidermide , in cerca di quei tanti resti di animali e di piante in essa racchiusi ; pure, rimpetto alla vastità del soggetto , alla estension della terra , ed alle difficoltà d' o- giii maniera che oppongonsi nel penetrare, non già nelle viscere sue, ma nella crosta soltanto la cifra degli scrutatori n' è piccolissima , il tempo decorso brevissimo , il numero de' suhbietti infinito. È tempo ancora di raddoppiare gli sfor- zi, dandosi opera a ricerche severe e metodiche, onde rac- corrò documenti siffatti , da scaturirne coroUarii evidenti e non soggetti ad emenda. Ben sappiamo di quante leggi sia stata corredata testé la Geologia , e queste desunte dalle scoperte già fatte di resli organici ; ma è incontrastabile pure che tutto dì la terra dischiude alcun fatto novello, atto a svelare verità sco- nosciute, od a chiarire le antiche vacillanti ed oscure. E da ciò ne proseguita, che le ultime ripellendo le prime, lungi dall' assodar 1' edifizio , rendesi sempre mal sicuro e incompiuto. Non saria quindi miglior consiglio lo attendere a fortificarlo più sempre con migliore studio de' documenti già noti , e con altri non ancora svelati ; in vece di logo- rarsi la mente ed il cuore con discussioni dottrinali, facen- dosi scudo delle già profferte sentenze e degli altrui pen- samenti ? Non siamo certo noi i primi a pensare, che la geo- logia risente ancora penuria di fatti , onde possa avan- zare verso il suo culmine. E però servir può ad essa di verace conforto ogni briciola , purché ne venga religio- samente raccolta e studiata. Lasciaodo perciò noi ad altri il pensiero di ravvicinare quei fatti , da cui dipende la 236 Costa verità complessa che costituir debbe la legge; vagheg- giando sol quello d'investigare ed illustrare quel tanto, che ci è permesso ritrarre dal suolo nativo ; tentiamo così con- correre con l'opera nostra al conseguimento di taluna di quelle verità, che legano la nostra esistenza con le gene- razioni sa Iddio quanto rimote , e che aprono il cuore a più certe speranze su i nostri futuri destini. Qui crediamo aver posta ogni nostra sollecitudine , perchè, lungi dall' inviluppare d'inutili invogli la scienza, possa restarne in qualsiasi modo ajutata. Che s'egli è vero non potersi conseguire altrimenti un cumolo di docu- menti bastavo! i onde ne scaturiscano coroUarii meno fallaci, senza che molti concorrano a frugare in più punti la este- sissima crosta terrestre ; non riuscirà certo vana la Paleon- tologia del regno di Napoli. Anzi osiam dire , che la po- sizione topografica di questa estrema regione d' Italia , e la singoiar mescolanza di terreni di origine svariata , la rendono più interessante allo sguardo de' dotti. Né temiamo r insano cigolio di quell' uno , se mai vi fosse , il quale sprezzasse il lavoro come quello che versa su cose patrie, te- nendole al pari del volgo in niun conto. La Dio mercè sem- bra scancellalo l' errore di quelli , che volsero tutta la loro attenzione a quanto venia da terre straniere e lontane , ri- putando quasi quisquilie da letamajo le cose della casa pro- pria. Teniamo altronde per fermo essere obbligo santissimo quello di concorrere col proprio ingegno ad illustrare la pa- tria , ciascuno dal lato delle proprie abitudini ; e stare in questo adempimento appunto lo amarla. I fatti che il mondo antico ne porge a studiare si tro- vano collegali talmente con quelli che l' attuale compon- gono , da non potersi ben intendere la esistenza e V ordì- Paleontologia del regno di Napoli. 2^1 namento degli uni senza il pieno concorso degli altri. Que- sta verità , per essere ben per molti sentita , ci dispensa di entrare in ragionamenti speciali. Donde emerge che la Fauna e la Flora attuale di un paese qualunque non deb- bono esser disgiunte dalle fossili 0 antiche ; le quali riunite formano propriamente il soggetto della Paleontologia. Laon- de, dopo avere inoltrata la Fauna attuale del regno, crediamo opportuno dar opera alla pubblicazione della sua Paleon- tologia. Con ciò non pensiamo trovarci corredati a bastan- za di quanto la bisogna richiede, per compiere opera di si- mil fatta. Ben sappiamo di quante difficoltà si accompa- gnano quelle reliquie di animali e di piante; che dalla terra si svolgono. Oltre la frequente mancanza di quella integrità individuale , dal cui complesso di caratteri risulta la dia- gnosi della specie ; avviene pur bene spesso, che siano alterati i soggetti dall'azione lenta e perenne di tutti gli agenti fisici e chimici, si che appena ci è dato ravvisarne le im- magini ; le quali riduconsi a semplici impronte , o ad in- terni modelli , e talora a moduli di eterogenee e minerali sostanze. Non infrequente è il caso beu anche , di ottenere frammenti o parli integranti si piccole, da dover riconoscere solo dall' unghia il Leone. Indispensabile si rende perciò al paleontologo il simultaneo soccorso de' lumi che por- gono la zoologia j l'anatomia, la litologia e la fitotomia. 11 difetto di tali soccorsi à dato origine a molli gravissi- mi errori, di che avremo occasione di tener proposilo in que- sto lavoro. Che se lungo è il corredo del quale à bisogno lo zoologo, come già dimostrammo (Lezioni di Zool. e di Anat. comp.), maggiore si fa sentire quest'altro, che ac- compagnar deve colui , che sommetie al proprio esame le immagini 0 gli avanzi di esseri infranti e svisati, e de' quali 238 Costa la vivente natura più non ci porge modello. Egli deve non solo chiamare in soccorso la composizione e le forme di quanti esseri organici popolano attualmente la terra , ma ricorrere ancora alla immaginazione per invocare l'idea dei possibili ; e da ultimo farsi scudo di ogni arte per costrin- gere la natura alterata a svelargli la vera sua origine. In mezzo a queste difficoltà è solo nostro pensiero ini- ziare il lavoro con poche linee tracciate a disegno, lascian- do al tempo ed alle menti che seguono il compimento del- l' opera. Esibiamo cioè l' effigie, la descrizione , e quante notizie concernono la giacitura, ed il modo di esistere degli avanzi organici, che per noi stessi si sono discoperti, senza dar luogo a quegli altri, che né possediamo né vedemmo. Delle quali cose facendo menzione soltanto, inciteremo al- tri a contestarne la vera esistenza. Per tal modo possiamo raggiungere lo scopo cui mirasi, ponendo freno alla imma- ginazione , e studiando cautamente ogni nostra regione. Quest' opera vuol esser considerata sotto cinque aspetti diversi: dal lato scientifico^ di cui già abbiamo discorso, materiale , tecnico , artistico , e morale. In quanto alla parte materiale , noi ripetiamo essere ben convinti molte altre cose rimanere tuttora a discoprirsi nella vastità e varietà di terreni del regno di Napoli. Tut- tavia crediamo , che la copia de' materiali raccolti in 32 anni di studio della Zoologia fossile e delle razze lutt'ora viventi , possa dare risultamenti siffatti da restarne assai ri- schiarate le geologiche condizioni del nostro suolo. Noi ab- biamo percorse iterate volte le diverse regioni del regno ; e tutto quello, che ne abbiamo ritirato, é frutto de' nostri studi sopra il terreno stesso che racchiude quei documenti ; i quali poscia sono stati anche arricchiti con la moltiplicità degli Paleontologia del regno di Napoli. 289 esemplari ottenuti, sia da' nostri allievi , sia da persone ze- lanti, le quali si sono gentilmente prestale al nostro invito ed alle nostre preghiere. Per tal modo siamo pervenuti al com- plesso di una ricca collezione di avanzi organici fossili ani- mali e vegetali. Nella quale pur non mancano di simili oggetti tratti da terre straniere al nostro regno , i quali in- tervennero a sussidiarci nelle difficili ricerche diagnostiche, p] però , limitandoci per ora a pubblicare tutte quelle spe- cialità , che, 0 nuove, o malamente conosciute, servono a spandere maggior luce nella geologia del regno, e forse ancor della Italia; riserbiamo a miglior tempo il comple- mento dell' opera , onde aversi un giorno la intera paleon- tologia del regno , per la quale concorreranno eziandio al- tri e migliori ingegni. Dal Iato tecnico crediamo aver adoperata ogni nostra cura , perchè le descrizioni risultino chiare , e le defini- zioni non ambigue. A tal uopo abbiamo consultato tutte quelle opere che il nostro paese possiede. Le quali certa- mente non sono né tutte né molte, per nostra disavventu- ra ; ma le più classiche certo si sono procacciale e per- corse. Che se poi, ciò mal grado, non siamo riusciti a con- seguire r intento , abbiamo la conscienza di averlo per ogni modo tentato. Non sapremmo, né vogliamo occultare per- tanto , che quando anche coleste due cose toccato avessero la loro sommità , esse non bastano a rendere scientifìca- luente utile il nostro lavoro. Rammentiamo ciò che osser- vava in proposito il Flemming : che fra tutti coloro, che dedicati si sono ad investigare la storia delle specie fos- sili^ assai pochi ve lì ebbero che periti fossero al tempo stesso e de' caratteri degli animali recenti (e noi ripe- tiamo lo stesso per i vegetali), e delle particolarità della 24o Costa geognosia (i). Senza pretender noi di riunire queste due qualità come richieggonsi , possiamo solo accertare di es- serci adoperati a tuttuorao onde raccogliere ad un tempo ogni notizia spettante alla giacitura de' fossili di cui par- liamo , e quindi delle qualità e condizioni del terreno nel quale erano sepolti, come di qual altra si voglia relazione geognostica. In tal guisa crediamo aver messo ognuno nello stalo di giudicare esaltamente della origine e della etade delle diverse formazioni alle quali appartengono. Per rapporto alla parte artistica faremo notare, non solo essere le figure tratte dal vero dal diligenlissimo Sig. Ca- lyò , che già da 20 anni lavora in tal genere di disegno e dipintura , sotto la nostra medesima direzione , e della cui esattezza noi rispondiamo ; ma di avere invocato ezian- dio ogni sorta di ausilio , che la meccanica , la fisica e gli ottici stromeuli possono prestare in questo genere di ricerche. Senza entrare da ora in ispecialità relative a que- sto argomento , preghiamo i lettori a riscontrare l' articolo Paleocero , perchè possa restarne convinto. Da ultimo, rivolgendo lo sguardo alla parte morale , come in ogni altro scientifico e letterario lavoro , voglia- mo richiamare 1' attenzione sulle cose da noi tenute presenti jiella nostra Paleontologia. Dopo aver confessalo , che ad onta delle raoltiplici perlustrazioni eseguite nel regno , mollo ancor resta a scoprirsi, spezialmente nelle Calabrie, nel Gargano, nella Blajella, e nel Gran Sasso d'Italia, sorge il desiderio e la speranza, che questo genere di ricerche sia alacremente continualo dalla gioventù che succede. Già ta- luno vi à diretto lo sguardo , come è facile rilevare dalle co Filosof. Zool. II. p. i38, Traduz. ilal. Paleontologia del regno di Napoli. z^i dicliiarazioni clic ne saraa falle nel corso dell'opera: e noi ci auguriamo , che propizie circostanze si dessero , perchè giovani bene avviati possano persislcre nella volontà d' in- vestigare almeno le patrie contrade. Ma nella condizione, in cui trovasi attualmente la scienza appo noi , l'offrir loro le prime linee d' un lavoro di tal natura , che possa servir, se non di guida, di esempio , è certo un incoraggiamento che si può loro prestare. A tal uopo , lungi dal limitarci ad esibire le sole ed isolale notizie de' soggetti che formano l'argomento dell'opera, abbiamo cercato legarle e farle di- pendere dai principii fondamentali , e da quello stalo gicà detto da' classici scrittori, che forse non lutti potranno con- sultare. Ecco perchè ci siamo regolati in quella guisa slessa, che per la Fauna del Regno ci avvisammo fare. Così cre- diamo aver soddisfatto ai doveri ai quali ci stringe la patria carila , e 1' amore per la scienza. Possano i pochi lumi , die cerchiamo diffondere, valere almeno come semplice in- cilamenlo , onde altri si accinga ad illustrare questa clas- sica terra : dal che non mancherà certo di scaturire mol- tissima utilità e decoro. Tom.f . 33 24-2 CAPITOLO I. GeìNere PHOCA , Lin. Un solo esempio di avanzi sclieletrici di questo ge- nere si cita per i terreni d'Italia, quello cioè della brec- cia ossifera delle vicinanze di Pisa , di cui fece menzione il Tozzetti nel V. volume de' suoi viaggi , p. 98 ; ma Cu- vier , mentre riguarda come ipotetica 1' opinione del dotto pisano (i), avverte ancora essere sommamente rari gli esempli di ossi fossili sì di Foche , come di Lamantini : e ne' pochi casi avverati , trovarsi sempre in terreni evidentemente ma- rini , con denti ed ossi di pesci ordinarii , e conchiglie , ed anche semplicemente in terreni di alluvione abbando- nati recentemente dal mare (2). Noi però crediamo non in- gannarci riferendo a questo genere alcuni denti fossili (ratti dalla marna calcare leccese, dopo averli diligentemente com- parali con quelli della Phoca albiventer. I canini di questa specie anno, è vero, molli e stretti rapporti con quelli del ge- nere Orso \ ma una nota mollo osservabile rende assai fa- co Ossern, foss. voi. Vip. ij pag. 232. (2) L, e. p. 233i Costa — Paleontologia del regno di Napoli. 2/1.3 Cile dislingiiere i primi, non essendo comune ad altro \crlo- bralo. Consiste essa in ciò, che, essendo conici nella parie esleiiore , poco ricurvi^ appianati dalla faccia intorna, con due spigoli acuti , che separano questa dalla parte opposta convessa , sono lisci in jmnta , e nel resto fino alla base profondamente scolpiti di solchi irregolari e tortuosi. La parie interna 0 radicalo de' canini superiori è un poco com- pressa ne' lati, tumida nel mezzo, spezialmente dalla superior parte, ove è quasi gibbosa, e superante la porzione esteriore per pilli che due volte e mozza. Possediamo di essi due esemplari, il maggiore de' quali, benché incompleto , non è men lungo di pollici 3 'A, con un diametro di 16 linee nel sito della sua gibbosità. Andavano eziandio accompagnali da un canino inferiore, della lunghezza di un pollice e 2 linee , oltre un piccolo resto della sua parie radicale, il cui diametro è di linee 6. In esso la sola estrema parte apicale è un poco liscia, nel resto è tutto profonda- mente solcato. Oltre lo spigolo mediano a , Tav. I, f. i , del- la sua faccia interna, vi son pure i marchi di due spigoli laterali , de' quali il sinistro b è pili delicato ma meglio espresso. Essi ci vennero somministrati dal sig. Giuseppe Costa, che recavali da Lecce (i), dalla cui calcare fu- rono scavati , alla profondità d' intorno a 60 palmi : e la cui coudizione corrisponde appuntino a quella indicata dal prelodato Cuvier , come propria a racchiudere avanzi di questo genere di carnivori. Uno di essi vedesi rappresen- tato nella Tav. I, f. i (2), ove la parte residuale del cono (1) Debbo a questo primo de' miei fi- listi, nella pubblica adunanza de' 17 <;en- ^li la scoperta di parecchi fossili interes- najo 1848. santi fatta iu quella calcare , di cui à (2) Si è rappresentato un tal dente mu- fatto cenno in una Memoria da esso let- tilato come naturalmente si trova ; ma è ta ncll'Accadeniia degli Aspiranti IS'atura- beu facile intendere qual ne fosse il sua * 244 Costa esterno è bastevole ad accertarci del genere cui esso ap- partenne. La fig. 2 della medesima tavola è la immagine del canino inferiore , rappresentato dal lato sinistro. Le dimensioni di tali denti sono appena maggiori di quelle che il Prof. Rauzani trovava nell' individuo eh' egli esaminava , esistente nel Museo zoologico della Pontificia Università di Bologna , il quale à di lungo 7 ad 8 piedi , 0 palmi napolitani io 'A ad un bel circa. Osservazioni. Di questo maramifero carnivoro , coslanle abitator delle acque , si anno parecchie specie tuttora viventi ne' mari attuali , traile quali la P/ioca vitulina , eh' è coranue sulle coste dell" Oceano , e che di rado ap- proda su queste del Mediterraneo ; e V albivenler , che abita propriamente Ira le Isole dell' Arcipelago. ^'ella Fauna del regno di Napoli abbiamo notato di già trovarsi nel- 1" Adriatico e nel Mediterraneo entrambe tali specie , alla seconda delle quali pare spettassero i denti di cui si parla. Senonchè le loro dimensioni accen- nano ad individuo di maggior grandezza di quelli che finora abbiamo ve- duti viventi , e sopra de' quali abbiamo comparativamente studiato i denti fossili descritti (i). Cuvier, nella prima parte det V. volume degli Ossi fossili, pag. 282, ci dà notizia di due monconi di omero di una Foca vitellina scavata in Angers : ed avverte , che le dimensioni del maggiore di essi mostrano essere propor- zionalmente doppie di quelle della medesima specie tuttora vivente, il sig. de Crislol però à smentito posteriormente qoesto esempio , dimostrando esser quelli due pezzi di un solo omero , e spettare a cetaceo di un genere nuova detto da lui Melaxylherium (2). complemento , e quindi la naturale lun- ghezza. Si è perciò supplita la porzione esteriore mancante , indicandola con sem- plici punti. (') L'egregio Prof.C. Ranzani ci diede pel primo l'esatta descrizione dell'appa- rato dentario delia Phoca albweiiter , la quale trovasi inserita nel IV voi. degli Opusc.scient. di Bologna, pa;». 5S ; 1819, Egli però ne descrisse la sola parte esterna o visibile , perche esamiiiavali nello stato normale , impiantati nelle proprie ma- scelle di un cranio di Foca lunga piedi 7 ad 8. (i) Corapt. reud, de i' Inst. de Fran. 21 Sept. 1840. Paleontologia del regno di Napoli. 243 Genere PALAEOCEROS, Costa (i). Rafforzata più sempre la nostra opinione, per fatti rac- colti e per analitiche comparazioni istituite, intorno alla na- tura di quei corpi fossili, che ben dal principio credemmo appartenere a corna di Cervo ; ci vediamo ora costretti fon- dare per esse un genere distinto. Non avendo però altri elementi per la ricognizione dell' animale , al quale cotesti monconi di corna appartennero , ragion vuole che se ne desumano i caratteri generici dalie stesse parti che avan- zano ; e però abbiam creduto indicarlo col nome di Pa- leocero , corrispondente a corno-antico. I caratteri dai quali può restare dagli altri generi delia famiglia de' cervi agevolmente distinto sono = Corna po- co ramose', quasi coniche, e leggermente incurvate, com- presse e contorte; a superficie ricoperta da tubercoli ovato- allungati molto stivati , o reticolata. PALAEOCEROS GRANULATUS , CoSta. Tav. II. Nella nostra Corrispondenza Zoologica per l'anno iSSg, p. 32, annunziammo trovarsi alcuni corpi fossili presso Pie- traroja, disseminati in un terreno, che dicemmo cretaceo (2), e de' quali demmo una succinta indicazione , accompa- gnala ancora d' alcune figure. Piiì tardi , nella Enumera- ci) Da l^J^^al5» antico e n/po! corno. (2) Vedi in fine di questo articolo. ■24.6 Coda zione de' mammiferi spettanti alla Fauna Eapolitana , fa- cendo menzione ancora di quelli, che in altro tempo anno abitalo questo medesimo suolo , parlammo pure di questi organici avanzi sotto il corrispondente titolo Cervo. Quivi si die estesa alquanto meglio la descrizione di siffatti cor- pi, a fin di diradare le oscurità , che forse dato avevano luogo in allora a qualche critica nota. Da ultimo ne facem- mo il subbietto di una seria discussione , sedendo qui ia Napoli il Congresso scientifico italiano , nell' autunno del ] 843 : e nel breve sunto richiestosi della nostra Paleonto- logia sta detto ancor quanto potevasi intorno al medesimo soggetto (i). Quantunque nell'animo nostro convinti della opinione già manifestata piìi volte , disprezzare non si potevano al- tronde sì le difficoltà che taluno opponeva, comuntjue fosse- ro state poco valevoli a divertirci dal nostro concepimento, e si ancora la titubanza che altri mostrava nello ammettere la nostra sentenza. Per la qual cosa, volendoci meglio chiarire , abbiamo ammesso come possibile ogni altra op- posta idea, e l' abbiamo sottomessa ad una analisi critica, ugualmente come la propria , onde vedere qual meglio reggesse allo scrutinio severo della ragione sul fatto. Som- mettiamo ora dunque al giudizio altrui quanto per noi è stato operato , ed i nostri ragionamenti, diretti a raggiun- gere la verità , dando qui una descrizione accurata per quanto sappiamo, tanto dello esterno, che della massa in- terna de' corpi in quistione. I. Si trovano de' tronconcelli di varie dimensioni, ma non pili lunghi di 3 pollici, e di un diametro non minore (i) Vedi Atti del Congr, Scient. ital. i 845 , p, 839, Paleontologia del regno di Napoli. 24.7 di 3 lince, nò maggiore di due pollici. Essi sono sempre più 0 meno compressi ; e Io sono tanlo più , per quanto maggiormente decrescono in diametro , posta ogni altra cosa uguale ; un poco ritorti , rare volte cilindrici , e questi per Io più sono i tronchi maggiori , o nelle loro estreme parti, sempre con leggerissima incurvatura. L'una delle estremità à sempre un diametro minore dell' altra , sicché ciascun pezzo è il tronco di un cono molto ele- vato. La loro superficie è costantemente ricoperta di ele- vatezze ovato-allungate , a superficie liscia e convessa , quasi tutti uguali, in parità di condizioni relative ; ove più ove meno confluenti , per lo più ben ordinati , in alcuni punti confusamente stivali e compressi ; in tal guisa mo- strandosi là dove la massa totale è corrugata 0 come intro- flessa ; mentre nella parte opposta più inarcala e conves- sa si trovano più diradali , distralli , più spianali , e tal- volta quasi scancellati del tutto. Questa condizione diversa, ma costante , palesa senza equivoco , che lutto l' invoglio di tali corpi sia intimamente composto di questi corpuscoli glandolari ^ se cosi possiam concepirli, e che una maggior distrazione, per effetto deUo accrescimento dallo interno allo esterno , e non per soprapposizione di parti , li obbligò ad appianarsi , allungandosi pur là ove la convessità cre- sce , e quindi con essa cresce la superfìcie : siccome una compressione oppostamente anche maggiore li costrinse ad aggrupparsi, comprimersi, e confondersi ne' sili in cui la massa si corruga e ripiega in dentro. L' uno e 1' altro dei due lati pel contrario conserva, come di necessità, normal- mente disposti , naturalmente rilevati e di regolar figura i tubercoli della propria superficie. A questa generale di- sposizione si aggiunge, in alcuni pezzi, una evidente divari- 248 Costa cazione e divisione in due rami, di cui manifestamente si vede il troncamento (i). Più, uno di tali tronchi, il più grosso che finora possediamo , ne porge da una delle sue facce un complesso di cordoncini rilevati, ramificati, ana- stomizzati, e come per i due lati convergenti nel mezzo coi maggiori, i minori essendo in massima parte sottoposti. Ed anche la superficie di questi cordoncini è cosi tubercolata come tutto il resto , con tubercoli però molto minori e pro- porzionati alla rispettiva loro grossezza , sì che per i mi- nori cordoni è d' uopo armare 1' occhio di lente acuta , onde poterli ben osservare. E però abbiamo di tal fatta anche un altro moncone , nel quale di siffatti cordoncini si costi- tuisce un reticolo a maglie romboidali , senza che su di quelli nò in tutta la superficie si osservasse traccia di tu- bercoli. Se sia questa una variazione anormale , o distinta specie, non osiamo asserirlo. Certo è solo, che questi due pezzi erano frammisti a molti altri de' tubercolati , e pro- vengono dall' Aspromonte. 2 . Allo insieme di tali costanti ed evidentissimi carat- teri esterni era ben facile accorgersi, che questi corpi deb- bano appartenere al regno organico. Perciocché la natura non ci à porto finora alcun tipo permanente nel regno mi- nerale, allo infuori delle forme cristalline,, i di cui grup- pi ancora sono scevri di legge. Nelle concrezioni altronde, di qualunque sostanza esse si fossero , sebbene affettasse talvolta alcune forme quasi simmetriche , come di fiori , fronde, fruita, o simbolo informe di animale , pure essendo queste figlie dello azzardo, di rado o non mai s' incontra- no due simiglianti esemplari. (1) Vedi fig. 2 della citata Tav, II. Paleonlologia dei regno di Napoli. 24.9 3. Dopo qiicsla prima conclusione succede naluralmenle la ricerca , se ad animale od a vegetale dobbasi riferire. Dapprima la qucsiione si presenta di un aspello assai gra- ve ; ma poscia, in seguito di una facilissima considerazione, diviene a parer nostro troppo leggiera. Se colesti troncoa- celli fossero parie di un lutto , albero arbusto o pianta erbacea , certo si troverebbero e maggiori tronchi , a cui questi fossero appartenuti, e minori ancora che dagli stessi sorgevano. Nulla di tutto ciò : anzi per opposto troviamo frequenti monconi con la estremità tondeggiante ben ter- minata , DÒ sdrucita , ma uniformemente coperta di quei medesimi tubercoli , di cui si riveste tutta la superficie ; e questi decrescenti in modo proporzionale al diminuir del diametro di quello. E ne troviamo più o meno acuti, stiac- ciali , contorti. Sarebbero essi allora tronchi senza ramo- scelli, senza fronde, e senza frutti ? Niuna cicatrice di tali cose vi appare ; meno alcuni rari troncamenti d' una ra- mificazione grossolana. Dalla quale considerazione fummo bentosto condotti a crederli in preferenza moduli di una qualche parte dura di animale. 4.. In questa serie ci parve anche più facile trovare la sede nella quale riporti. Non parli scheletriche interne cer- tamente •, non unghie, non denti 0 difese. Non ci si presen- tava alla mente altro che corna. E fra queste le sole corna ramose e piene della famiglia de' Cervi. Laonde furono per noi diffinili cotesti monconi per corna di cervo. Tutte le analogie ci guidavano a tale giudizio. Solo avanzava, come specialità essenziale, quella granulazione esterna di tuberco- letti, che certo non troviamo in alcun corno ramoso delle specie tuttora viventi. NuUadimeno, considerata a fondo la struttura delle corna de' cervi, non si negherà, che in tutte Tom.P\ 34 2^0 Costa si trovano delle escrescenze tubercolari , le quali seguono r ordine della crescenza del corno , e delle ramificazioni va- scolari dalle quali dipendono. Ma quando ciò ancora man- casse, è forse questo il primo ed il solo esempio di forme e di strutture, di cui più non si trova modello vivente? 0 ripugna essa alle leggi dell'organismo? Quando ciò non può addursi in riprovazione delle nostre conclusioni, ben si può dire , esser queste corna spettanti ad un genere di già scomparso dal mondo attuale. Né questo , dicevamo , è unico e nuovo esempio ; cbe anzi altro ne abbiamo del medesimo genere. In Inghilterra si trovano frequentemente corna fossili di cervo appartenenti a genere od a specie non esistenti (i). 5. Malgrado il complesso di tutti questi fatti, avverso de' quali non pare potersene addurre altri più poderosi, o cbe sieno anche di uguale valore ; abbiamo pur voluto far prova d' una ricerca più importante e più decisiva. La quale , ove fosse mancata di risultamento, non avrebbe certo distrutto nò infermato il valore degli argomenti sopra accennati. Percioc- ché , trattandosi di corpi organici fossili , ben di sovente vengono essi distrutti , e modellati poscia soltanto dalle sostanze minerali cbe ne riempiono il vano. NuUadimeno, avendo levigata la faccia o sezione risultante dal tronca- mento, in molti di cotali monconi, tali facce ci anno ma- nifestato un carattere costante , ed un altro variante , en- trambi concordi nel dichiararci la natura di questi fossili. 6. In qualsivoglia sezione, si trova una linea di separa- zione, che limita la interna sostanza dalla esterna, quasi fosse corticale o dermoidale : e questa penetrante più o meno, (i) V, Flerani. voi. II, p. i65. Paleontologia del regno di ISapoli. 231 seguendo le introflessioni 0 contorsioni della intera massa. Nella sostanza inlerna non si trova alcun vestigio di strali, sieno 0 no concentrici, come per altro esser dovrebbero , nò segno di separazione tra libro e legno , nò di alcun punto centrale midollare : le quali cose sono costantemente visibili ne' legni fossili , siano lapidefatti , conservati, car- bonizzati , o in qualimque altra guisa alterali. Tutti i le- gni fossili sin qui conosciuti si lasciano ravvisare appunto dalla struttura fibrosa , dallo accrescimento per strati con- centrici , e dalle cellule. E ne abbiamo una prova tratta dal luogo stesso , anzi dal medesimo sito in cui positiva- mente giacciono sepolti i troncbi in esame. Quivi si sono trovati frammenti di legno fossile quasi piceo , o ridotto fossile dalla medesima sostanza ferruginosa : ed in essi scorgesi apertamente il tessuto fibroso longitudinale , ed i successivi accrescimenti di esso. E qui mancar non do- vrebbero cotesti contrassegni , perchè , essendosi ben con- servato quel limite tra Io interno e l' esterno invoglio non solo, ma ancbe in quest'ultimo i marchi della sua strut- tura intima , non pare che vi sia ragione a supporre che colali marchi fossero stati distrutti nella sostanza interna. Volendo pure esser larghi in concessioni , ammetteremo come possibile , e che siansi disfatti tutti cotesti segni di strati e di fibre, e che fossero esistili vegetali di tal fat- ta , che non presentassero nello interno del loro tessuto le- gnoso alcuno di colesti segni di struttura e di accresci- mento. La mancanza di tronchi maggiori, da cui derivas- sero , ugualmente che di minori che ne dipendessero , o altro segno qualunque, come di gemme, di messe, o di ovoli , costringe necessariamente a deporre cosiffatta ipotesi. Sarebbero essi tronchi sorli della terra a mò di funghi o 2 ÌJ2 Cosla di piante crasse, come Caclus p. e. l Cresce la forza di que- sto argomento poi, quando di qui a poco vedremo quali €egni di organismo ne prge anche questa sua parte. Di- cemmo, che la sostanza esteriore mostrasi internamente or- ganizzala ; perciocché guardata con occhio armato essa ci presenta le sezioni di quei tubercoli che la rivestono allo esterno , i quali penetrano altri più altri meno , compri- mendosi 0 addossandosi soltanto. Una porzione ingrandita di cosifTatta esterna sostanza si vede in DD della fig. 3 ; corrisponde essa alla parte cui è posta a rincontro , e che rappresenta Io intero piano della sezione di naturale gran- dezza, e quale all' occhio nudo si mostra. La presenza di questa parte esteriore avvolgente la interna è un fatto co- stante sopra qualsivoglia porzione si cerchi. 7. Blentre la sostanza interna manca, come si è detto, di ogni segno di vegetale struttura, ci presenta per l'op- posto vestigia di un tessuto cellulo-vascolare : e questo di- verso nelle opposte sezioni : siccome diversa dobbiamo con- siderare andarsi facendo la interna tessitura, per un diverso concorso di vasi, a misura che da un punto all' altro della lunghezza si procede collo accrescimento successivo. Laon- de , in una di tali facce il tessuto si trova più uniforme ; e nel sito a , in cui si trova allo esterno una manifesta introflessione, la esterna sostanza penetra, si ripiega sopra sé stessa , e manda dal perimetro alcune delicate ramifi- cazioni, come di vasi; ma che noi crediamo più propria- mente risultanti dai ripiegamenti stessi. Nel resto si vede solo qualche differenza prodotta dalla materia, da cui è stato quel tessuto compenetrato. La faccia opposta per lo con- trario ci palesa con chiarezza, in tutta la estensione della superficie sua, un reticolo, come proveniente dallo accoz- Paleontologia del regno di Napoli. 253 zamento di fascetli vascolari , e di cavità cellulari. E di queste differenti combinazioni abbiamo prove su moltissimi esemplari, le cui sezioni abbiamo sottomesse a levigazione ed a brunitura. Più manifeste poi si fanno tutte coleste cose , allorché la stessa analisi si porta sul moncone rappresentato dalla Quivi , nelle due opposte sezioni , la sostanza interna non solo si presenta nella guisa che testé abbiam dimostralo, diversamente penetrata dalla materia mineralizzante ; ma in quella che appartiene alla faccia inferiore bb , radicale o basilare che dir si voglia, essa manifesta un tessuto cellulo- vascolare grossolano , e proporzionalo alla sua maggior grossezza , in confronto del moncone minore rappresentato nella flg. 3. L'altra sua faccia aa per contrario non porge altro disegno , che quello di alcune cavità o grosse cel- lule , ed una diversa compenetrazione del mineralizzatore in due ed opposte parli. 8. Riunendo in breve le cose osservate e notale, sia per la costante forma ed esterna struttura, sia per lutti gli accidenti che V accompagnano , e per la condizione della sostanza interna , sembra che tulio concorra a rivelarci l'organizzazione delle corna de' cervi (i). (i) >'elle corna ramose de" Cervi à luo- Nelle altre vere corna, la sostanza lor SO una fusione o rimescolamento delle due propria rimane distinta dall'osso allo in- sostanze cornea ed ossea ; il che uè dimo- leruo e priva di pelle allo esterno , cs- stra l'intervento di un processo del siste- sendo ancor permanenti, ina cutaneo , dal quale prende orÌ4;infi la bielle piccole corna della Giraffa à luo- sostauza cornea medesima. E questa ve- go uno stato intermedio j perciocché il rilà vien rafforzata dalla evoluzione e ca- tessuto cutaneo è intimamente unito alla duta delle corna , alternante nel periodo sostanza ossea , portando pelo raso anzi- di ciascun anno, e corrispondente allo Sta- che no alla superficie , e ciuffetti di peli to degli ori;am della geueraziuue. piii lunghi sul coutoruo della loro Cilre- 2b'4. Costa 9. Ma non ci siamo arrestati neppure a questa, che grossolana dimostrazione potrebbe sembrare: e tale è cer- tamente a fronte delle sottili ricerche alle quali si è oggi ricorso , per discoprire i tessuti intimi ed elementari ne' corpi organici renduti fossili. Quindi, a soddisfare ancor per questa via il desiderio nostro ed altrui , abbiamo portato a trasparenza una lamina di questa sostanza, tolta per un taglio trasversale di uno di tali monconi ; ed in essa, ol- tre le grandi cellulosilà , che abbiamo già vedute sulle superficie levigate e brunite , altre minori costituenti le prime si sono scoperte ad occhio armato d' una potente combinazione di lenti microscopiche , dalla quale risulta un reticolo a maglie di svariata figura, come si veggono rappresentate in o5, ab fig. 6. Sottoposte indi allo ingran- dimento microscopico di 10,000 , apparisce nitidissimo r elementare tessuto cellulo-vascolare , quale si è espresso in bc ^ bc della medesima figura (i). Dopo tali prove, se può restare nell'animo di taluno alcun dubbio , noi certo non sappiamo presentirlo. 10. Onde ninna sorta di analisi mancasse per com- mità. Le corna sono insieme permanenti. calo ingrandimento di un microscopio di Kel nostro Vakocero pare che il pelo Ploessl , e ciò senza alcuna preventiva mancasse, e che il tessuto cutaneo non- indicazione di quel che si fosse. Tutti dimeno vi sia piii intimamente fuso che concordemente dichiararono di ricono- nelle corna della Giraffa ; ma che ciò non scervi un tessuto cellulo-vascolare, e spe- ostaute, le sue coma fossero caduche. E zialmente quei che son usi ad esaminare però si trova a parer nostro in questo e- tal sorta di organici tessuti : alcuni si sempio un secondo anello, che meglio esprimevano dicendo vedervi Torganiz- stringe e ravvicina gli altri, e non lascia zazione di una foglia- quella brusca interruzione che la natura Simile dimostrazione si è data all'AC- sembra abborrisse. cademia degli Aspiranti Naturalisti , in (I) Nella tornata de' io giugno 1849 si occasione che uno de' suoi socii la rag- è sottoposto allo sguardo di quanti ono- guagliava de' risultaraenti ottenuti per randi socii Poutaniani intervennero un l'analisi cbimica j a' g agosto 1849. pezzo cosi apparecchiato, e sotto l'indi- Paleontologia del regno di Napoli. 255 piere e chiarire il soggetto, si è pure ricorso alla chi- mica. A tal uopo ne affidammo l'incarico al diligentissi- mo sig. Raffaele Cappa, il quale, nella tornala de' 9 ago- sto i84-9 , rendeva conto all'Accademia degli Aspiranti Na- turalisti del metodo da lui tenuto per siffatta analisi , e de' risultaraenti ottenuti. Egli vi ritrova tenue quantità di car- bonato di calce e di magnesia^ e di sesquiossido di allu- minio ; quantità predominante di silice , sesquiossido di ferro , e di materia organica noìi azotata. Notava poi come negativa la presenza del manganese , che per altro noi crediamo potersi ritrovare in altri soggetti , non es- sendo tutti identicamente penetrati da sostanze minerali. Dalla quale analisi noi ricaviamo ciò solo , che rafforza gli altri argomenti, la presenza della sostanza organica in quantità considerevole : ogni altra cosa spettando alle so- stanze minerali che sono subentrate alla lenta scomposi- zione del corno. 1 1 . Leggendo la descrizione de' varii pezzi di corno di cervo esaminati dal precitalo chiarissimo Targioni Toz- zetli , e traiti dai fossati di Valdarno , e spezialmente di quelli tratti da Municoro , è facile avvedersi come essi siano quasi identici ai nostri per i caratteri fisici. Solo manca la presenza de' tubercoli alla esterna superficie, nella quale à potuto l'autore vedere poca importanza. Ma lutto l'articolo di questo scrittore, posto alla pag. 385 del volu- me vili de' suoi Viaggi^ merita di essere consultato , e con- frontato con quanto da noi è slato già dello. 12. Rimarrebbe ora a sciogliere una difficoltà, sol per- chè come tale ci è slata presentala ; ma che veramente non à gran fondamento. Come mai avviene che si trovi si gran copia di siffatte corna , senza che alcun avanzo d' altra 2o6 Costa parte animale siasi discopcrla nel medesimo luogo? Per non lasciare qui nulla a dire suU' argomento , ricorderemo bre- vemente quello ch'è stalo osservato in altro luogo (i): che cioè i cervi, dando ogni anno un pajo di corna, quando r animale non vivesse più che dieci anni , avremmo già 20 corna per individuo durante la sua vita , ed un solo carcame, ove questo non fosse pur consumato da altri ani- mali carnivori. Quindi soli loo individui darebbero in io anni, e per una sola generazione, ben 2000 corna di di- versa grandezza, bastevoli a disseminarne una vasta selva, spezialmente ridotte a monconi come queste si trovano. Di fatto, la storia delle scoperte in tal genere ci attesta, che frequenti sono i luoghi in Italia ove siensi disolterate cor- na di cervo, e raramente altri ossi spettanti al medesimo animale. Tali sono Valdichiana, Vallombrosa e Valdarno, in cui si discopersero corna e denti di cervo, come assi- cura il Targioni ne' suoi viaggi : nel dipartimento del Pa- naro , come afferma l' Amoretti, fu trovato un corno ap- partenente a spezie di Daino ; ed altrove nelle torbiere di Destelberghelez Gand in Fiandra , il sig. Murrea ricono- sceva fra i moltissimi ossami fossili belle corna di questo animale con altri suoi avanzi (2) , ma che certo sono di una data più recente di quella cui spettano i nostri, ed i già citati d' Italia , oltre quelli dell' Inghilterra. i3. Si trovano di tali monconi in Pietraroja , come si è detto , e nella Calabria Ultra seconda sulle pendici dell' Aspromonte. Nella prima di queste due località sono più frequenti che nell' altra ; ma tra i saggi che abbiamo ricevuti da quest' ultima , essendovene di dimensioni mag- (i) Atti del VII Congresso Scieol. (2) BuUelt. dell' Accad. R. delle Sde»- italiano , pag. 829 e 83o. ze e Belle lett. di Brusselles , iS35 , n, 4 Palcontulugia del regno di Napoli. 20-] glori , accennano eh' esso appartennero ad individui di maggiore statura 0 di eia più avanzata. In Pictraroja , secondo che si assomigliano da quegli abitanti , si danno loro nomi diversi : cosi altri gli appella sciuscelle , sino- nimo volgare di carruba, altri pietre serpentine.^ quasi che fossero monconi di bisce. La loro giacitura è proprio sulla maggiore pendice di quel monte, luogo detto le fucine ^ forse a cagione del ferro che predomina in quella marna , dal cui ossido si colorano e la calcare sottoposta , ed i corpi che vi si racchiudono. Vi si trovano associati frammenti di legno si- milmente divenuto fossile, nero, con evidente tessitura fibro- sa , ma compatto. Lo sfacimento su di quel terreno porne a nudo i fossili racchiusi , e le acque piovane e lo scio- glimento delle nevi li Irageltano giù sulle falde, ove dis- seminati spezialmente si trovano in un campo di marna argillosa , che comunemente dicesi creta. Nell'Aspromonte questi medesimi monconi di corna si trovano nelle suo pendici. Il sig. Pasquale la Cava, da cui gli abbiamo ricevuti, non ci à dato veruna indicazione del luogo preciso, né dell'indole del terreno d'onde li trasse. Genere BOS , L. Nella slessa calcare stratosa di Castellammare, in cui frequenti sono le impronte scheletriche di pesci, fu disco- perla una gran testa fossile, che per essere cornuta a si- miglianza di quella di un Due fu battezzata per tale. Il sig. Auldjo, inglese, che qui vegliava per acquistare tutto che di antico e d' importante potevasi offrire , fu sollecito a persuadarc quei tagliamonti, i-iipadronirsene , e spedirla Tom.F. 3j 2 58 Costa altrove senza porre tempo in mezzo. Rimase a noi così va- DO il desiderio di osservarla, e vanamente ancor si tentarono tutti i possibili mezzi a tale uopo. E poi deplorabile che non ci fu dato neppure d'impedire le successive sottrazioni di simili oggetti, che, ingiuriose sempre, ridondano a disca- pito del patrio decoro e degli studiosi nostrali. Nella defi- cienza assoluta in cui siamo di osservazioni dirette , sulla fede delle altrui assicurazioni , ravviciniamo un tal fatto a quello del quale ci ragguaglia il Soldani nel suo Saggio orittograjìco , p. 64. e iM, ove discorre dì una testa cre- duta dì Bue, dissepolla nell'agro aretino nel 1779, e pro- prio nel luogo detto Monzione. La sua gigantesca grandezza , la forma direzione e scanalatura delle corna, ben la fecero assimilare a quella del Bue Bonaso di Jonston. E tale essendoci stata descritta la testa fossile di Castellammare, alcuni de' cui caratteri tra- emmo dalla bocca del medesimo Auldjo, noi crediamo eoa molta probabilità che fosse 1' analoga , citandola qui solo per non lasciare lacuna. E potrebbe aver pure qualche analogia con quella esi- stente nel museo kircheriano in Roma , scavata in Mon- tallo della maremma romana , e che riferiscesi all' Uro o bue selvaggio (i) ; ma nulla di positivo possiamo asserire, mancando di osservazioni dirette. ( 0 Vedi ronchx , Discorso prelimina- sa fossili del Museo fsircheriano, fae,.^^. re , anno 1 580 — Pianciani, di alcune us- Paleontologia del regno di Napoli. 2J9 Genere HIPP0P0TA31US , L. Non è (Ica porre in dubbio il fallo asserito nella citala nostra Corrispondenza Zoologica (i), e ripetuto nel catalo- gQ de' Mammiferi della Fauna Napolilana, di aver trovato id Valle di Orfenda un moncone di difesa di questo ani- male. Consiste esso in un pezzo, il cui avorio è si ben con- servato , che ne lascia nitido ogni altro esterno carattere. Se nonché la stretta simiglianza ci trasse a confonderlo con altri pezzi spettanti ad orloceralìti , di cui credemmo scegliere un esemplare cbe meglio lo rappresentasse , in luogo dello incompleto rottame. La figura quindi rafforzando la sentenza già profferita, di non trovarsi nel calcare giu- rassico avanzi organici spellanti a questo mammifero , fé porre in sospetto lo asserto. A maggior chiarezza diciamo , che il rottame indu- bilalamenle di zanna d' Ippopotamo fu da noi medesimi trovalo al cominciar di quel vallone, sottostante al luogo dello Fenc, andando da Caramanico in Valle d' Orfenda. E qui importa notare di passaggio , per rivenirci poi di proposito, che gli ossami, e principalmente le difese di Ele- fauli , di Jnoplolerii, Megaterii cc.^i come à' Ippopotami ., si Irovan sempre sepolti ed interriti in caverne , che me- glio diresti angustissime valli , 0 foce di qualche fiume. Condizione mollo importante, ed alla quale sembra essersi poco 0 nulla posto attenzione. Laonde coloro tra geologi , che, educati o sorti sotto l'impero di preconcepiti sistemi, si attengono rigorosamente ai loro dettati, incontrano spesso (1) Anno I , i83r) , pag. 4o. 260 Costa gravissime difEcollà nello ammettere I nuovi documenti che la terra dischiude , e che a quelli si oppongono. Dicevamo perciò , nello esordire questo lavoro , pag. 235 , che heo molto resta a scoprire , ed esservi ancora jsenuria di fatti per raggiungere lo scopo che la geologia si prefigge. I denti, le difese, e qualunque altro avanzo d'Ippo- potamo, non sono da tenersi come proprii del terreno presso del quale s' incontrano, quando non siano in questo inca- strati. Cosi d'Ippopotamo si sono trovati denti e zanne nel Modenese (i), nella Toscana, e ne' terreni vulcanici in vicinanza di Roma (2), e nella grotta di Mare dolce presso Palermo : terreni tutti questi differentissimi tra loro e per epoca , e per origine , e per natura. Ge.\ere TAPIRUS , L. Tra i mammiferi tuttora viventi noi non trovammo for- ma dentaria alla quale meglio convenir potessero alcuni denti fossili, che non di rado si scavano in una specie di tufo de' contorni di Cosenza. Nel i836 trovammo colà noi me- desimi due di tali denti, uno de' quali diviso per lo lungo e l'altro privo della sua radice; e non potemmo meglio assimilarli che ad incisivi di Tapiro. Posteriormente aven- done ricevuto più altri dal sig. Paura, abhiam potuto per essi chiarire la prima nostra opinione. Perciocché , svariati nella grandezza, ne dimostrano la successiva graduazione. In molti tra questi troviamoli taglio consumalo , e quindi scoperta la doppia lamina 0 la guaina compressa , 0 la rima intermedia ; le quali condizioni lasciansi vedere an- co Zannicheli — Enumeratio rer.naliii: rinvenute in Roma ec. p. i3. (3) Piauciani — Di alcune ossa fossili Paleontologia del regno di Napoli. 261 che nella mascella di Tapiro , che Cuvier rappresenta nella Tav. II, fìg. 7 del II voi. p. i des Ossem. fossil. Tuttavia i fatti novellamente raccolti , ed il ravvici- namento loro con altri di analoga natura, ci stringono a deporre la primitiva opinione , ed attaccarci ad altra forse più plausibile , mancando ancor di certezza. Laonde , ri- mettendoci all' articolo Sferodo {Sphaerodus) della classe de' pesci , abbiamo qui ricordato il genere Tapiro^ per dar ra- gione dello emendamento alla prima apparizione di que- sto titolo. Ge.vere ELEPHAS , Lin. La scoperta di zanne di Elefante nelle Puglie data dal i535 , perciocché di esse fece menzione Fai 1 oppio , mo- strandole dalla cattedra di anatomia in Padova, come esem- pio di concrezioni terrose: e si fa menzione d'una man- dibola di questo pachiderme , che Ferrante Imperato con- servava nel suo museo qui in Napoli. In tempi a noi mol- to vicini belli e non rari esempii ne abbiamo nel regno , senza rammentare i molti d'Italia. In Basilicata , e proprio in Pisticci ed in Chiaromonte si sono trovale intiere difese, le sole cioè che si è avuto cura di ritirare, mentre con esse certo vi erano altri ossa- mi. Niuna notizia abbiamo intorno alla natura del terreno ed alla località precisa per rapporto al primo de' due nomi- nati luoghi ; pel secondo sappiamo essere stale scavate due intere difese dal luogo dello le Moline , di proprietà della famiglia Grandinclli, e proprio sulla sinistra sponda del Sinno. Una delle due zanne, rolla in tre pezzi, fu data al cav. Mon- ticelli , nella cui collezione mineralogica trovasi luti' ora ; 262 Costa l'altra, lunga intorno a 7 palmi, fu venduta alla R. Uni- versità degli studii , nel cui Museo mineralogico si trova conservala. Nello stesso Museo vi è pure uà moncone di tali di- fese , che dicesi provenire dal Gargano , ma per sola tra- dizione , mancando eziandio di ogni altra notizia. Queste poche note non sono certo di molta importanza allo sguar- do del geologo ; serviranno però non di meno a legare le future scoperte con le passate , e ad eccitare T attenzione di quelli che succedono, perchè nel raccogliere gli avanzi organici fossili , non tralasciassero di por mente a tutte le condizioni e posizioni del terreno dal quale si ricavano. Il sig. Tchihlchoff, in un suo Coup d'ceil sur la constitution géologique des provinces meridio- nales du Royaume de Naples, alla p. 121, riferisce aver veduto presso gli abitanti di Chiaromonte molti ossi fossili , in mezzo ai quali crede aver distinto un fram- mento di mascella inferiore del genere] Mastodonte , e proprio dell/", longirostris {i). La località da esso accen- nata , in cui gli venne assicurato essersi quegli ossi tro- vati, è precisamente la stessa, da cui furono le due difese di Elefante scavate : e mostrasi lo stesso autore sorpreso della presenza di ossami di questo Pachiderme negli strati superiori de' terreni terziarii, essendo caratteristici de' mio- cenii o strati medii (2). (1) Cuvier si vide autorizzato a fondare che quello appartenga a ilastodon meglio il gen. Maslodon dalla sola diversa strut- che ad Elepìias è certo sorprendente, tura de' molari ; sicché il Tileslus ne con- (2) Ecco un documento palpahde di trastava potentemente la validità , per es- ciò che si è detto alla pag. 259, parlando sere insufEcieute cotesto carattere. Come dell'Ippopotamo , e delle difficoltà che poi il sig. Tchilitchoff, dal solo frammen- s'incontrano nello ammettere fatti uovelli to di mandibola avesse potuto riconoscere in Paleontologia. Paleontologia dd rejno di Napoli. 263 RODITORI. Tav. I, fig. h. Nell'ordine de' roditori riponiamo un dente tratto dalle cave di calcare tufacea a grana fina di Terra d' Otranto, senza poterci pronunziare a qual genere fosse appartenuto. Tutti i caratteri conducono a riconoscere in esso un incisivo di animali di quest'ordine, ma la sua grandezza è tale da non potersi avvicinare ad alcuno de' generi conosciuti. Esso consiste in un moncone, Tav. I, f. 4-5 lungo pol- lice I, ed 8 lin., avendo la spessezza di lin. 8 '/■= nella sua maggiore estremità, decrescendo alcun poco nell'altra: quasi quadrilatero , con una delle sue facce appianata , le altre leggermente convesse : è incurvato per modo che rappresenta un segmento di cerchio , il cui diametro sia di 4^ a 5 pollici, e del quale n' è quasi 1' ottava parte, abhracciandone presso che 4-0 gradi. La faccia anteriore convessa à tre sensibili scanalature longitudinali , ed un poco obblique , una delle quali nel mezzo, le altre due una per lato, meno profonde, e che cominciano ad apparire a poco a poco ; ed anche dalla faccia opposta concava ne appariscono due così gradata- mente incipienti. La faccia piana è quasi liscia, terminata da uno spigolo molto netto dalla parte concava , e da al- tro ottuso dal lato convesso : la faccia opposta a questa è leggermente rifondata. Dalla posizione della faccia piana, e dallo accrescimento maggiore di una delle due estremità si deduce essere del lato destro , ed appartenere alla man- dibola piuttosto che agi' intermascellari, considerando la sua grande curvatura per rapporto alla grossezza. La sostanza interna o asse osseo è uniformemente du- ra , di color bigio , con un punto centrale più fosco ; e 264 Cosla guardala con occhio armalo si vede risultare da accresci- menti uniformi concentrici e raggianti. La esterna dentina pel contrario è tenera, si lascia intaccare facilmente da un ferro duro e tagliente, sgretolandosi ; il suo colore è ros- siccio , i suoi strati molto apparenti , paralleli, ed ondeg- giati , seguendo le curve l'ordine stesso de' solchi esterni. Rapportando la grandezza di questo dente a quella dell' animale cui appartenne , i soli generi viventi ai quali meglio si accosta sarebhcro il Fedele ed il Castoro ; ma la forma non simiglia né a quella degl' incisivi delT uno, nò a quella dell' altro. Sotto questo rapporto accostasi a quel- la dell' Istrice , de' cui denti nondimeno non à gli spigoli così squisiti , mentre à marcatissimi solchi ; oltrachè esser dovrebbe gigantesca la specie, stando le dimensioni :: 9 : i, comparando il fossile con incisivi dell' Istrice crestato tut- tora vivente e di età mezzana. Esige esso quindi che ul- teriori ricerche fatte nel luogo stesso venghino a rischia- rarlo , sia con altri esemplari , sia con altri resti di ossi spettanti allo stesso animale. Noi abbiamo solo un osso che lo accompagnava , e questo sembra una falange : ma lo studio dee farsi sul luogo medesimo delle ricerche , perocché le probabilità della spettanza de' pezzi diversi di- vengono maggiori 0 minori secondo la giacitura rispettiva. E qui r intelligenza ed il criterio di chi si addice a tal ge- nere di studii costituisce il maggior fondamento per i buoni risultamenti. Devesi nondimeno qui aggiungere , che Cuvier , nel ITI volume degli ossami fossili , discorrendo della specie di Anthracotherìum de' contorni di Agen (i) fa menzione (r) Voi. Ili, pag. 402 , PI. LXXX, f.3. nella lignite della Liguria, e la terza uè Del genere Anthracotherium Cuvier rico- terreni di ac^ua dolce de' contorni df nosce 3 specie ; due delle quali scoperte Agen. Paleontologia del regno dì Napoli. 265 di uà dente, ricevuto in modello di gesso dal sig. Lufiin, il quale credeva spettasse alle mascelle di questo animale, che Cuvier descriveva e rappresentava. Alla quale opinio- ne però Cuvier non soscrisse , poggiando principalmente sopra di ciò , che nelle mascelle eh' egli aveva fra le ma- ni non trovava ne sito né alveolo nel quale quel dente presumer si potesse essere stato impiantato. Or cotesto den- te , tranne le dimensioni doppie , conviene perfettamente al già descritto , essendo ancor quello un moncone. Restò dunque dubbio quel dente a Cuvier, che lo dice grossissimo canino : e dubbio è pure per noi , però lo crediamo me- glio incisivo. CETACEI. Consultando l'antica e l'attuai condizione del continente italiano, dal piede delle Alpi alla bicipite estremità che si perde fra il mare Adriatico ed il Tirreno j l'una come l'al- tra ci attesta essere stato ben di sovente la tomba di grandi e piccoli Cetacei. E meglio che i favolosi o poetici racconti intorno alle Orche ed altri mostri marini , T oracolo della slessa natura dirà quanti e quali essi furono : e special- mente le Baione che vi perderon la vita ne' tempi da noi più lontani, per legare il passato al presente, in cui spes- so veggiamo il loro naufragio. Della qual cosa molto si meravigliano quelli che giungono nuovi in questo campo di osservazioni. Nella più fiate citata calcare tufacea di Terra di Otran- to sono frequenti gli ossami di tali mammiferi pesciformi. Un carcame discuoprivane il Prof. Scacchi nelle adiacenze di Gravina in una roccia anche tufacea. Dalla prima di queste località abbiamo ottenuto vertebre, costole, e per fino gruppi Tom.F. 36 266 Costa di esse rivestite del proprio derme. Fra la raoltiplicilà de' pezzi che ne possediamo , uno è caratteristico a segno, da permetterci la ricognizione del genere al quale appartiene. Esso è indubitatamente un Delfino. Genere DELPHINUS. Tav.I, fig. i3-i6. Senza fallo spetta a tal genere un atlante^ con parte del corrispondente epistrojeo. Esso à pollici 2 ed 1 1 lin. di diametro trasversale, ed un pollice, io lin. e o/.a nel lon- gitudinale. Le quali dimensioni c'indicano un individuo di 8 palmi allo incirca, fatta proporzione tra questo pezzo e r identico spettante ad individuo fresco da noi medesimi dissecato , e di cui conserviamo intero lo scheletro. Frammenti di altre vertebre e di costole accompagna- vano questo bello esemplare , e probabilmente appartenenti al medesimo individuo ; di che pure le proporzioni loro ci danno sicuro indizio. Questi ossi furono scavali alla pro- fondità di 60 palmi dall'attuale livello del suolo (i). Fra i molli esemplari di costole infrante uno è pres- soché intero , e ci mostra la prima costola anteriore. Essa è rappresentata nella Tav.I, fig. i3, di naturale gran- dezza. Le sue dimensioni guidano a giudicare ch'essa appartenne ad individuo che aver dovea per lo meno pie- di i4- di lungo, pari a palmi nap. 177, ; e però diverso dal precedente. Tra le specie che attualmente vivono nel Mediterraneo, del pari che nell'Oceano europeo, potrebbe con probabilità riferirsi al Tursio , che misura ben 1 5 pic- co Non abbiamo credulo interessante bre cervicali, di cui si è fatto parola , esibire la figura delle due prime verte- come di cosa molto facile a riconoscersi. Paleontologia del regno di Napoli- 267 di di lungo. Non sarebbe ncancbe improbabile che spel- lasse alla specie più comune , il Delphinus Delphis , il quale , sebbene altualmeule par die non superi i io pie- di , o palmi 12 7, , pure è presumibile che oltrepassato avesse tal dimensione , quando le condizioni climatiche eran diverse ; che abbiamo ciò pure provalo per mollis- sirai altri generi di abitanti del mare. Con tutto ciò non intendiamo escludere la possibilità, che quel carcame ap- parlencsse a specie diversa dalle citate , come al Beluga {D. albigans , Fabr., e D. leucas^ Lin.-Gra.), che tocca i 18 piedi, e trovasi di presente ne' mari settentrionali : nò che la specie sia anche scomparsa del tutto, come fa- rebbe sospettarlo la struttura del suo dorme. La figura l4 della medesima tavola è quella di un pez- zo della stessa roccia tufacea racchiudente tre costole a ó]c, ricoperte dall'uno e l'altro lato del proprio derme ddd: le quali si sono rappresentale di profilo , col taglio trasversale delle costole, a fin di mostrare come vi si ritrovano natu- ralmente incastrate, e quale è la tessitura del derme che le ricopre. Esse hanno ricevuto tal compressione, che le costole di un lato sono slate costrette frammettersi a quelle dell'al- tro, in guisa da formare un piano solo: e lo strato adiposo ne ha occupato per fino gl'intervalli. Pare che questo pezzo spettasse alle ultime regioni toraciche , ove le porzioni estre- me delle costole sono quasi cartilaginee ; laonde han po- tuto stiacciarsi e divenire in qualche silo laminari. E que- sto indica pure la maggior crassezza della sostanza adiposa di tal pezzo , mentre le costole piìi solide mostrano essere rivestile da un derme più delicato e meno pingue. Porzio- ni, in cui gli ossi sono più consistenti, hanno conservalo la loro forma , ed haa potuto meno inlerporsi le une 2 68 Costa alle altre : e di tal fatta abbiamo costole lunghe un piede, e larghe un pollice , ciò che suppone una lunghezza più che doppia. Notevole è la struttura del derme, qual esso si appalesa nello slato fossile. Alla superficie esterna prende l'aspetto di zigrino , o come di piccole ma solide squame disposte quasi a mò di embrici. Allo interno, lo strato che imme- diatamente succede , presentasi come composto di cilindri accollali per i loro lati, e costituiti di glandolo o follicoli ordinatamente riuniti, cosi come si veggono nella fig, i5 ingranditi. Sono essi accozzati in due serie, alternanti quei dell'una con quelli dell'altra, in guisa, che rimangono Ira essi degl' interstizii vóti, simili quasi ai pieni. Si è creduto entrare in questi particolari , poiché essi possono rischiarare dal canto loro l' intima struttura dello strato succutaneo di tali mammiferi, e spargere ancor lume per ricercare questo tessuto in altri generi tra viventi. È poi indispensabile chiarire siffatte cose , onde non esser tratto in errore , come ben potrebbe avvenire , se isolatamente e senza altre parti scheletriche cadesse sotto T occhio d' im- perito zoologo. Succede a questo primo strato un secondo ed esterno, costituito come quello anche di glandolo o follicoli , ma non si bene ed ordinatamente tra loro collegati da costi- tuir cilindretti; aggregati essendo invece semplicemente in una massa compatta. Questa organizzazione dermoidale pare non sia stata fi- nora avvertita, né tra viventi, né tra fossili ; e maggiormente richiama l' attenzione la superficie epidermale , che nelle specie viventi del genere Delfino conserva dal più al meno la disposizione di finissime rughe, o di strie, come di fi- Paleontologia del regno di Napoli. 269 bre longiludiualmenle conlesle(i). Ed era questa considera- zione appunto che ci suggeriva il sospetto di appartenere a genere estinto. Sono però conghielture d' una probabi- lità , che potrà farsi maggiore 0 minore , quando meglio siasi studiato il tessuto cutaneo di questi animali sopra individui viventi. E pure a desiderare lo scoprimento di qualche altra parte scheletrica più caratteristica, onde con minore incertezza si possa ragionare. Genere BAL^ENA , Lin. Molti sono gli esempli in Italia di ossami spellanti a gigantesche specie del grande genere Bakcna. Tra' quali i più certi e caratteristici sono quelli che si ottennero da Castellarquato ; d'onde dissotterrava il Cortesi scheletri ap- pena mutilati di Balenottera , di cui una delle due specie giustamente porta anche il nome del suo scopritore (^a- laenoptera Cortesi) , e l' altra è insignita di quello dello illustre Cuvier {Balaenoptera Cuvierii). Nel regno di Napoli però le sole Puglie ci han porlo finora avanzi organici spettanti indubitatamente a Balena. (1) È risaputo clie il cerio de' Cc/acet cousla di libre disposte verticalmente, on- de il corpo papillare risulta uuiformemen- te piano e liscio : talché taluno à pur det- to, che in questa genia di viventi , ugual- mente che uè' pesci , manca afratto(Ca- rus, net. com. 5- 608) ; e che l' apparec- chio glandolare della pelle sembra non esistere (1. e. { Gog). Sappiamo altron- de che la cute de* Ceticei è mantenuta morbida liscia e splendente come la se- la da un trasudamento oleoso segregato dalla medesima cute ; trasudamento che Io stesso scrittore arameliei mentre esclu- de l'esistenza dell'apparecchio seceruente. Nel fossile di cui qui si ragiona sem- bra doversi ammettere, che le fibre siansi trovate disposte in fascetti uniformemente inclinati : non potendosi altrimenti con- cepire la forma di squame ovali, sotto la quale si appalesa il corpo papillare. Né crediamo che si volesse ciò attribuire al- l'epidermide o al reticolo raalplghiano , che, essendo meno resistenti, si modellano pure sul medesimo corpo papillare sotto- posto, poco essendo alterabile nell'acqua. 270 Costa In Terra d' Olranto , nella più volle citala calcare di Lecce, si trovano vertebre di questo cetaceo di mezzana grandezza. Le più grosse e meglio conservale che siano a noi perve- nute hanno poco meno che due pollici di grossezza, ma il loro diametro indeterminabile, perchè sono esse rotte e logo- rate allo intorno : e di altre di dimensioni anche maggiori si ottennero solo rottami ; perocché esse non mai si trovano compenetrate da succo lapideo , ma invece sono semplice- mente racchiuse, e come rammollite dall' umido che conserva costantemente la roccia fin nelle maggiori sue profondità. Onde il tessuto spugnoso 0 celluioso è sempre netto, visi- bile, e senza altra alterazione, eccetto quella che proviene dal tempo. Facili sono perciò a rompersi e sgretolarsi. Il carcame di Balena che traeva da Gravina il prof. A. Scacchi , era nel luogo detto il Campo santo. Gran parte di quegli ossi trovansi ora nel Museo mineralogico della nostra R. Università degli Studii : e consistono in vertebre , costole , scapola , e rottami del cranio. Delle vertebre ve ne sono alcune cervicali interissime , le quali hanno il diametro di 8 pollici e sono alte poli, i V.o. Le costole son larghe 3 a 4- pollici, poco meno che un pol- lice grosse, ed i monconi lunghi pollici 24 e 28. Vi sono pure alcune delle cartilagini intervertebrali , del diametro di 6 a 7 pollici , con una delle facce convessa e liscia , P altra piana e rugosa, avendo nel mezzo loro la spessezza di 6 a 7 linee. Paleontologia del regno di ISapoli. 271 Genere SYNODONTHERIUM, Costa (i). Tav. III. Il fossile che noi descriviamo è una piastra dentaria , lunga pollici 5 e due linee , larga pollici 2 ed 8 linee , spessa soltanto linee 8. Essa si compone di sei denti in- cisivi appartenenti alla mascella inferiore, cosi strettamente stivali e compressi che non lasciano punto sospettare esser- vi stata Ira loro interposta sostanza alveolare di sorta al- cuna ; né pare verosimile che questa gli avesse investiti cosi come si trovano : nel qual caso dovrebbe anche sup- porsi, che fosse stata di tal natura da non resistere all'a- zione corrosiva 0 dissolvente del mezzo in cui rimase l'ani- male sepolto. De' sei denti i due medii sono i più prolungati, e più dilatati ancora nella porzione esterna o corona ; e per ano- malia forse, la corona del destro è maggiore di quella del sinistro ; e questa anomalia si mantiene pure ne' due denti intermedii, ne' quali anzi è maggiore : i due denti esterni pel contrario si dilatano mano mano dalla corona allo estremo opposto, talché hanno essi figura conico-stiacciata ; e qui r anomalia , per la legge de' compensi , s' inverle , facendosi il sinistro dente più largo del destro. La parte esterna de' denti , o la loro corona , non é ben distinta dalla radicale: è però mollo consumata, sicché la interna cavità è rimasta scoperta ; ed il consumo è sì obbliquo, da non potersi credere prodotto dall'uso della vita, senza sup- porre, 0 che gl'incisivi superiori fossero slati slraordinaria- (1) Da "i' simuì , saldato ; o'Soùe deiis , dentei e linfio» fera , fiera. 272 Costa mente adunchi , o che l' intera piastra dentaria fosse stata essa stessa inclinata sul piano dell'orizzonte almeno per gra- di 45 . Del resto , la linea Curva parabolica rappresentata dal taglio superiore , ugualmente che dall' inferiore limite della parte sdrucita , guida piuttosto ad opposta sentenza. Tolta dunque una brevissima porzione dell' anterior parte , tutto il resto della lunghezza spelta alla radice ; la quale è longitudinalmente ed irregolarmente contorta e rugosa , o fatta a pieghe, si che diresti risultare da cordoni riuniti in fascio : la loro superficie è ineguale, tubercolosa e scabra; guardata con occhio armato si vede tutta papillosa. Quella del destro dente mediano è in oltre segnata s'i sopra che sotto da un cordone più che ogni altro rilevalo , e scorrente da de- slra a sinistra accavallandosi quasi alla radice compagna. Esaminando futlo questo apparato dentario dalla parte poste- riore, ove è rotto , scorgesi ne' due denti esterni la parte centrale ossea, ben distinta dalla dentina esterna, e l' una come l'altra stiacciata, dilatata, e quasi laminare; la pri- ma della spessezza di 2 linee nel mezzo , assottigliandosi ne' due lati gradatamente fino a disparire ; la sua larghez- za, nel silo della frattura, è di linee 5 nel sinistro ; ma nel destro , che mantiene la sua integrità per una maggiore lunghezza, non apparisce più che di 3 linee. A prescinde- re dunque dalla ineguaglianza ed irregolarità loro , pare che questi due denti si dilatano maggiormente sul mezzo della loro lunghezza. I quattro denti mediani , lungi dal presentare alcuna traccia di parte ossea centrale, lasciano lutti insieme una cavità regolarissima, larga lin.i'y in senso orizzontale, e 2 'A nel verticale, e proprio nel suo mezzo, che negli estremi si va restringendo, terminandosi in linea curva. Siffatta cavità si profonda anche regolarmente, re- Paleontologia del regno di Napoli. 273 slriagendosi per ogni senso , e seguendo la figura totale della piastra dentaria. È quindi evidente, che la radice di questi quattro denti siasi divisa in due lamine, una supe- riore e r altra inferiore ; che queste lamine siansi saldate reciprocamente ne' margini laterali ; e che divaricando gra- datamente ver dietro abbiano lasciata la cavità descritta. Es- sa è ugualmente tapezzata allo interno da un sottile strato d' una sostanza diversa da quella della lamina esterna , la quale è ora carbonato calcare^ v. arragonite , traslucida; e tra l'uua e l'altra vedesi fusa la parte ossea in una sot- tilissima lamina. La cavità si è trovata ripiena di materia terrosa ros- sastra , simile ad argilla ferrifera. Tutto il pezzo era incrostato da materia di color bian- co-sudicio, macchiata di gialliccio, stratificata in sottili la- mine sfogliose ; mancava essa solo ne' margini tutti, e da ogni lato ugualmente , come vedesi in a b della fig. i ; perocché noi, lasciatane la porzione xx cosi naturalmente incrostata , l' abbiamo spogliata nel resto , onde mettere a nudo le parli, e seguirne V andamento. Questa sostanza attacca fortemente la lingua , non si scioglie nell' acqua , fa effervescenza con 1' acido acetico, che la riduce in una pasta molle ; in somma à tutte le qualità fisiche di car- bonato calcare alquanto argilloso, con poco ossido di ferro; e tale l' analisi chimica 1' ha pur dimostralo. È ben difficile farsi una giusta idea della organizza- zione della mandibola, alla quale appartenne quesla parte puramente dentaria. Tutte le ipotesi trovano alcun che di ostacolo per essere ammesso; e tutti i ravvicinamenti, se per un lato si trovano compatibili , potentemente ne ven- Tom.F. 37 2'jX Cosi a gono respinti per l'aKro, per lo stalo attuale delle nostre conoscenze. Denti incisivi si lunghi, senza polare ammet- tere eh' essi fossero slati impiantati in alveoli , non esi- stendo tra loro alcuno spazio in cui si possa supporre es- servi stata altra parie, sia essa ossea o carnosa; ad ecce- zione del piccolo , irregolare, e mediano s, che rimane fra l'esterno de' denti ed i medii — interior parte de' quattro denti medii scavala, e questi lateralmente connessi in modo da lasciare una cavità comune y; mentre gli esterni sono pieni d' una sostanza ossea , e forsi il bulbo , ed hanno forma conica , per la quale si accostano alla struttura de' canini — forma dello intero apparato dentario flessuosa , allargata posteriormente , in luogo di restringersi ; ristretta anteriormente e ritondala — lutto conduce a ravvisare in esso un organo destinalo a scavare ; mentre sembra assur- do che questo uffizio siasi potuto esercitare senza un va- lido appoggio ; e se lo ebbe, dovè investire tulli insieme i sei denti. Per la soluzione di tutte queste ed altre difficoltà che possono elevarsi , noi abbiamo bisogno di altri lumi , che ci attendiamo dalla natura e dai suoi cultori. Per lo che, limitatici ora alla sola descrizione del fossile , lo abbiamo contrassegnato con un nome generico , che n' esprime la principale e più notevole condizione organica, come dalla sua etimologia si rileva. Proviene questo fossile da Mormanno, Calabria Cilra, e proprio dal luogo detto Farco, presso le sponde del fiu- me Juso^ che scorre fra due monti, sul dorso di uno de' quali siede Mormanno. II sìg. Eduardo Pandolfi, da cui lo abbiamo grazio- Paleontologia del regno di Napoli. 278 samente ricevuto (i), assicura essersi trovalo sotto un masso di tufo , che tagliavasi ad uso di costruzione ; e questo es- sere stato messo a giorno dalle alluvioni. Accompagnava il fossile descritto un molare di Cù' vallo , ed un rollarne di piastra dentaria di Miliobate. Del primo di questi due generi, non avendo fin qui che questo solo esempio , ci limitiamo al semplice cenno , in attenzione di altri documenti , ed anche di maggiori illu- strazioni sulla località (2). Dell' altro terremo parola nel proprio luogo al capitolo de' pesci. 'Xj)cce'ft» Di questa classe di vertebrati sono ovunque rarissimi gli esempli di avanzi fossili ; e tra noi non possiamo ci- larne un solo sin qui. (1) Rendendo in questo luogo la me- ritata lode al slg. Eduardo Pandolfi, gio- wrie medico, e premuroso di corredarsi di quanto può essere di ausilio e di or- namento all' arte salutare ; lo scongiuria- mo a fare delle ricerche accurate sopra luogo , oude pervenire allo scoprimento ■ li qualche altro brano, capace d' illustra- re il presente, e chiarirci lorsi un giorno del genere di animale al quale appar- tenne. (a) Non avendo di questa località co- noscenze dirette, né estese, ci atteniamo a quanto ne vien detto dal sig. Pandol- fi. Egli ci fa noto ancora, essersi trovato sotto lo slesso masso di tufo tronchi di alberi, e fra questi una seccia trat'e di abete ili circa 100 palmi di lunghezza. Sarebbe stalo pregevole aversi di tali le- gni un saggio, per conoscerne lo stato di fossile , o di petrificaziooe. 276 CAPITOLO n. Men rari de' precedenti sono i casi di ossami spellanti a Rettili , spezialmente degli ordini superiori , di cui ora vuol farsi una classe distinta. Per lo più i resti dello sche- letro loro appartengono a quelli che tìvouc abitualmente nell'acqua, come i Cheloniarii. Tra i Sauriani è più fa- cile incontrare avanzi del Genere CROCODILUS , Laur. h' Arduino pel primo ci à dato la conoscenza di denti fossili spettanti a questo genere di Rettili Sauriani, scavati dai terreni del Vicentino , in vicinanza della Favorita, per rapporto all'Italia. Abbiamo altrove annunziato essersene scavati già due nel lenimento di Cannolo (i) verso Otranto, i quali si tras- sero dalla profondità di palmi 20 dal suolo , che spetta al calcare appennino (2). Essi furono riconosciuti per denti di (0 Tra i varii oggetti che insieme a (2) La formazione di quei raonlicell! , questi denti Vennero dissepolti da quel come di molti altri che corrono nella pro- luogo , meritano particolare menzione vincia otrantina e nella limitrofa Peuce- alcuni che sembrau dischi di molle pasta zia , è dovuta a macigni aggregati disor- arrotolati sopra loro stessi , di cui dare- dinatamente, e cementati in diverse gui- mo ampia notizia sotto il titolo Plana,- se, facili bene spesso a slogarsi. Questo è ne fra gli j^neUidi. il carattere comune delle così dette mwrge. Paleontologia del regno di Napoli. 277 Coccodrillo anche dal Brocchi. Ci duole l'animo di non poterne csihire qui la figura , mentre non piìi li possedia- mo , perchè il conte Wolkoff lì portò seco partendo da Napoli inopinatamente. Pili di recente però G. Costa traeva dalle cave della calcare di Lecce un altro dente di questo genere, che se- condo tutti i caratteri appartiene a specie della tribili de' Coccodrilli. L' esemplare che trovasi rappresentato nella Tav. I fig. 17 evidentemente è un di quelli che, spellando alla mascella inferiore , sono di tutti più lunghi , e che allorquando la bocca è chiusa , sorpassano il labbro , e sporgono fuori anche del superiore. Siccome però di cotesti denti sono fornite più specie, privi di altri segni caratlerislici , non possiamo affermare, almeno con grande probabililcà , a quale di esse tal dento fosse appartenuto. Identico a questo, ma meglio conservalo, era un di quei due menzionali di sopra: l'altro era dop- pio in diametro , di uguale altezza , conico , a punta ot- tusa e pulita , mostrando i confini dello strofinio ricevuto con r usare contro la cavità corrispondente della opposta mascella ; era mancante solo della porzione radicale. Caratteristico è poi l'altro, rappresentato nella mede- sima tavola fig. 3. Esso è conico, ottuso, un poco com- presso , con uno spigolo ben rilevalo d' arabo i lati , dai quali vien limitata la faccia esterna maggiormente conves- sa, dalla interna che è la meno, e che scende quasi iu linea retta sulla base del cono , onde esso è obbliquo ; la superficie è levigata , smaltata , e di color marrone , sul quale si veggono delle linee o strie trasversali più oscure parallele tra loro ed alla linea che limita la corona ; le 278 Costa quali risultano dallo accrescimenlo successivo. La ioteroa sostanza ossea è compatta, eguale, poco o niente fibrosa; ma che però si fende sempre in linea longitudinale ; ha color bianco-sudicio tendente al gialliccio. La lunghezza di questo dente , dal limile della ra- dice air apice , eh' è un poco consumato , è di linee 9 ; il diametro alla base di 7 linee, nel senso delle due pieghe o spigoli , e nell'altro di sole linee 6. Della radice non avanza che una piccola porzione. 279 CAPITOLO ni. ©edct Iniziava tra noi il Cavolini questo ramo di Zoologia fossile , che , nata in Italia , vantava già un gigantesco lavoro nella lUiologia Veronese (i). Egli , verso l'anno 1809 (2) , con una lettera indirizzata al Conte G. Zurlo, allora Ministro dell' Interno , scritta in purgato latino ser- mone , accompagnava tre tavole incise in rame , in cui sono effigiati cinque di quei pesci, de' quali è gremita la calcare di Castellammare. Meditava il chiaro autore illu- strare in tal guisa gli Appennini circostanti alla Campania, oggi Terra di Lavoro , per indi passare a disquisizioni maggiori intorno alle catastrofi del nostro globo , come accenna il titolo dell' opera (3). Mancato indi a poco ai viventi , il lavoro si arrestava esordito cosi senza veruna pubblicità. Laonde i pesci fossili del nostro suolo non fi- gurano altrimenti nella grande opera dell' Agassiz, che per (1) Con questo titolo veniva in luce a (2) Siccome né la lettera , né il fron- Verona un'Opera in folio, di pap. Saj, tespizio dell'opera porta alcuna se^na- e 7C tavole, rappresentanti ia3 specie di tura di tempo, deduciamo quest'epoca pesci fossili; la massima parte de' quali da quella in cui il Conte Zurlo passava tratti da yeslana nuova, comunità limi- al Ministero degli affari Interni, e quin- trofa col Bolca , che si frappone tra il di della Pubblica Istruzione. Perocché il Veronese e '1 Vicentino. Gli originali efli- Cavolini cessò di vivere nel 1810. giali erano ne' due INlusei, l'uno del C. (3) jii>peninnorum monlium Campa- Ludovico Moscardi, l'altro di Francesco niam ambientium physica disquisitio ad Calciolari. Nel >8io il sig. liiugnatelli generales orbis nostri calaslropìias quas pubblicava un catalogo generale di essoi oUm subiil praecipue cognosccndas . dandone una nuova descrizione. aSo Costa le poche notizie che il Pentland recentemente somminislra- vagli. Per la qual cosa l'illustre autore, nella sua Enu- meration des Poùsons fossiles d'Italie , pronunziava l'as- soluta sentenza = che in Castellammare si trovassero tre sole specie appartenenti all' Ordine de' Ganoidi, cioè Pycnodus rhombus , JSotagogus Pentlandi e Noiagogus major (i). Oppostamente egli però avea dichiaralo nella sua opera, che uella calcare di Castellammare, col Pycnodus rìiombus e JSotagogus si trovano pure specie di generi Semionotus e Pholidophorus ; onde trovavasi imbarazzato nello assegnare r età di quella formazione , avendo precedentemente sta- tuito , che le specie del genere JSotagogus provengono tutte dai deposili superiori (2). Erano pur note altre località del nostro regno, nelle quali non infrequenti appariscono ittiol'di: ne fecero men- zione Breislak , Melograni , Savarcse , Tondi e Giovine ; ma troppo vagamente, e senza alcuna almen generica indi- cazione gli annunziarono. Né il Cavolini si mostrò nello impreso lavoro tanto perito , quanto lo fu in altre ricer- che ; anzi pare che fossegli venuto meno quel fino criterio di cui mostrossi dolalo in più altro. Veramente questa parte di storia naturale è troppo spinosa : nò l'Agassiz à potuto meglio percorrerla, che sal- tellando, e varcando le lacune invece di appianarle. Egli à trovato il campo incolto , e Io à dissodato a modo suo, per lo mezzo di sodi principii ; ma non per questo l' arbi- trio non si fa di sovente avvertire. Ciò malgrado, la scienza gli deve moltissimo per questo ed altri ben improbi lavo- (i) Vedi, Congresso de-;!; Scienziati Ita- (i) Vedi, Recher. sur les Poissonsfoss. liani tenuto in Toiino, tornata de" 29 set- voi. I pag. 196. tembrej Sezione di Zoologia. Paleontologia del regno dì Napoli. 281 ri ; e noi ci vediamo cosiretli a seguirne le tracce , non però ciecamente, né senza riserbarci di rivenire su questo argomento. Siamo in pari tempo convinti di non aver fatto ab- bastanza per illustrare la nostra ittiologia fossile ; ma ab- biamo pur la coscienza di averlo per ogni guisa tentato : ed oltre quello che di presente viene alla luce, molte altre note ci avanzano , che dopo maturo esame e più copiose investigazioni e confronti verranno a chiarire quanto per ora esporremo. Genere BERYX , Cuv. Cuvier fondava questo genere per comprendervi alcuni pesci stranieri ai mari di Europa , i cui essenziali carat- teri consistono in ciò = Corpo molto alto ; occhio gran- demente aperto ( il cui diametro talvolta adegua la metà della lunghezza del capo , come nel B. decadactylus ) ; colore del corpo rosso vivace ; raggi spinosi sopra e sot- to la base della pinna cadale ; creste dentellate sopra diverse parti del corpo; pinna dorsale unica con alcune spine gracili nella sua parte anteriore, seiiza perciò es- ser questa distinta dalla rimanente. h' Agassiz ritiene questo genere per riferirvi alcuni monconi di pesci fossili , ne' quali ninno de' summentovati caratteri è evidente. Nò egli altro ne assume come essen- ziale , eccetto la pinna dorsale unica , con alcuni raggi spinosi nella sua parte anteriore soltanto ; capo grosso oitusissimo (i). Nei rottami e frammenti di pesci fossili. (1) Asas. Op. cit. IV. p. 4- Cap. I. Quadro Sinottico , Fani, de' Percoidci- Tom. y. 38 282 Costa che il prelodato autore riferisce a tal genere , della squa- ma allo infuori , ninna altra cosa è bastevole ad assodare questo divisamento. Le quali specie, rigorosamente ancor considerate , non convengono col B. decadactylus , specie tipo di tal genere; e molto meno col B. lineatus ^ secon- da specie descritta da Quoy e Gaimard , tratta dai mari della Nuova Olanda. E le difficoltà cresceranno a parer nostro , quando avremo descritto il Beryx , che noi tro- viamo identico per le squame stesse al radians del mede- simo autore. BERYX RADIANS , Ag. Tav. IV, fig. i-o. Il nostro esemplare, che per analogia riportiamo a que- sta specie, è un capo con la porzione cervicale del tronco. Esso è lungo 3 pollici e 5 linee, alto 2 e io lin., con 11 liu. di spessezza : è però meno grosso di quello che natural- mente lo era , per evidente compressione ricevuta entro la roccia che Io racchiude. Il rostro principalmente è stiacciato, come quello che potè opporre minore resistenza alla forza comprimente , onde i pezzi opercolari veggonsi infranti e dissestati, e ciò dal sinistro lato più che dal destro. Alcuni de' pezzi opercolari che avanzano sono bellamente e profondamente cesellali , ugualmente che i sottorbitali , e la porzione esteriore dello scapolare. Sembra che 1' 0- percolo sia ricoperto di squame simili a quelle del corpo, perocché dal lato destro molte ben ordinate se ne veggono in 0 tra lo scapolare e, fig. 1, e l'opercolo, che certo non provengono d' altra regione. Il corpo è ricoperto di larghe e corte squame, Cg. S, profondamente solcale sul conlonio Paleontolooia del regno dì Napoli. 283 esteriore a mo di raggi , i cui termini sporgendo fuori del margine lo rendono dentellato : l'aja mediana è perfeltameate liscia, 0 senza verna segno di strisce concentriche, o de' successivi accrescimenti : ed in ciò disconvengono esse da quelle del Bcryx radians ., mentre vi somigliano in tutto il resto. Il colore è un bel rosso di cinabro , proprio de' Beryx viventi, e che conservato si trova ne' fossili. Sotto la gola cvvi una grossa squama cordiforme , con una leggiera ca- rena longitudinale uel mezzo , fig. i , ^ e fig. T\ e questa sembra appartenere alla base delle pinne pettorali , delle quali si veggono vestigi immediatamente sotto la gola, dal lato destro. La linea laterale comincia dall' angolo superiore del- l' apertura branchiale , e scorre parallela al profilo dor- sale , sulla terza serie di squame. Singolare è il modo con cui un tal pesce à conser- valo la forma esteriore , e le squame intatte ed ordinate quasi normalmente , mentre la carne è stala rimpiazzala dalla medesima sostanza calcare nella quale era racchiuso. E nello interno è pur conservato lo scheletro , che ben si vede nel mezzo della roccia dalla parte della sua frattu- ra , fig. 3. ad bc. È questo il pili bello esempio d'itliolite, che la cal- care leccese porgeva al sig. G. Costa , sia per la conser- vazione delle esterne spoglie, sia pel modo com' è lapide- fatto (i). Esso è tratto dalla profondità di 8o palmi dal li- vello del suolo, che si eleva 3oo palmi allo incirca sopra r attuale livello del mare. Secondo un calcolo di proporzioni mollo probabile , (i) Er;ll ne dava un cenno in una sua ranti Naturalistii nella tornata de' 16 gen- Mcmoria Iella all'Accademia degU Aspi- najo 1848. * a 84 Costa V individuo, al quale appartenne questo moncone, aver dovea la lunghezza di un piede, compresa la pinna cedale. Le sue squame somigliano assai più a quelle che l'A- gassiz rappresenta nella Tavola I4■.^f• 3, sotto nome di B. microcephalus ; e per la grandezza e figura del capo si accosta altronde al B. radi'ans, Tavola i4.%fig. 7. Un pò ritrosi a moltiplicare le specie, ci siamo decisi assimilarlo a quest' ultimo meglio che al primo , dal quale molto si scosta per la forma e grandezza del capo , come il nome stesso lo indica , assai piccolo in ragione del suo corpo. Forse ad altri piacerà considerarlo come specie diversa dall' uno e dall' altro : ed in tal caso noi crediamo conve- nirgli r aggettivo di macrolepis. Noteremo da ultimo, che tutte le specie di questo ge- nere descritte dall'Agassiz provengono dalla creta di Lewes: e questo per gli Geologi sistematici è altro grave motivo di escludere il nostro pesce dal genere Beryx ! Sarebbe con- siglio quindi creare per esso un genere nuovo ; ma non trovando alcun carattere proprio sul quale fondarlo, ci con- tentiamo seguire le analogie meglio che usar dell'arbitrio. Paleontologia del regno di Napoli. 28!) Genere SARGINITES , Cos. (i). Questo genere è facile a dislingucrsi dai Pholidopho- rus , e dai Leplolepis , coi quali si potrebbe riunire, ove non si ponesse mente ai caratteri seguenti. / Sarginilcs hanno le mascelle armate dì denti alquanto conici , ottusi, vn poco incurvali , ed in piccol numero. Una sola pinna dorsale diretlamenle opposta alle ventrali. Mancano affatto di pinna anale. La pinna codale ha per base due lunghi osselti , all' estremità de' quali s impiantano i raggi proprii costituenti la pinna. Osservazione. La presenza do' denli rari e conici è nn imporlanle ca- rattere por \q quale i nostri Sarginites debbono esser separali eziandio dal g. Cobilis ; olire la pinna dorsale cb' è unica ed angusta. Per tuli' altro converrebbero col Cob. cenlrochir delTAgassiz. La mancanza dell' anale li di- stacca dai Leplolepis. Questi pesciolini si trovano in gran copia nella calcare di Pieiraroja : e tulli j 12 individui che ne ha raccolti A. Costa presenlano il solo scbeleiro , nel quale si coniano 82 vertebre » senza traccia di costole sternali ; né vcran segno di squame. SARGI.NITES PÌ'GMAEUS , CoS. Tav. VI , f. 6, 7, 8. Frequentissima è questa specie e gregaria , non man- cando di trovarne una dozzina in 3 o 4- palmi di spazio. Questi pesciolini sono piccoli , non oltrepassando la lun- ghezza di un pollice e mezzo ne' maggiori individui che noi possediamo. Il capo è conico-ovato , il rostro un poco (i) Sapyi'»su! chiamava Aristotile i pesci sto nuovo genere, volendo conciò ricor- gregari , (^r/i^. //(s(.^«i>n. lib. IX). Koi dare appunto ch'essi dovevano vivere lo abbiamo adottato per insignirne que- riuniti a branchi. 286 Costa allungato, con la mandibola più lunga degl' interraascella- ri, e rivolta un poco in alto. Le pinne pettorali mediocri, con i4- raggi , e molto ravvicinate agli opercoli , i quali non si lasciano distinguere dallo insieme del capo. La pin- na dorsale, angusta e gracile, con soli 12 raggi, è posta proprio nel mezzo della intera lunghezza del corpo. A que- sta si oppongono direttamente le ventrali , le quali sono anguste, ma lunghette, composte di y raggi molto ramosi, ritondale. La pinna codale consta di due lunghi osselli impiantali sull' ultima vertebra codale , alle cui estremità si attaccano i raggi delicatissimi ed assai corti, che formano l'ossatura de' due lobi. L'occhio è piccolo e posto dietro la scissura boccale. La colonna vertebrale si compone di Sa vertebre. L' esemplare effigiato sotto il n. 6 sembra distinguer- si dal già descritto n. 7 pel capo assai più piccolo ed un poco ancor diverso di forma ; ma noi crediamo che ciò dipenda dall' essere denudato dalle partì accessorie al cra- nio, come branchie , ed opercoli , di che ci danno chiaro indizio le pettorali più scoperte , e la porzione della rachi- de vertebrale spettante alla cervice : forsi anche per la po- sizione apparisce diverso. Paleontologia del regno di Napoli. 287 Genere MEGASTOMA, Cos. (1). Non possiamo dispensarci dal separare dalla precedente la specie che serve di tipo a questo nuovo genere, a cau- sa della notabile differenza che troviamo nella struttura della pinna codale , e nella presenza della pinna anale. Di talché questo genere parrebbe doversi allontanare dalla famiglia nella quale entrano i Sarginites. Come il suo nome generico lo indica i Megasloraa hanno una bocca am- plissima, non altrimenti che quella degli Scopeli, la cui scissura ol- trepassa la regione oculare : intermascellari estensivi. In ambe le mascelle vi sono denti conici molto grossi , e quindi in piccol numero, i quali si alternano quando le due mascelle si avvicinano. Pinna a- nale piccola e molto remota. La pinna codale è forcata, a lobi quasi eguali, 7ion molto lunghi , i cui primi raggi sono guerniti di molti e validi fulcri all' esterno della sua base. MEGASTOMA APENNIiNUM , CoS. Tav. VI. f. 9 e io. Capo elegantemente ovoideo, con la mandibola lunga, molto larga, ed archeggiata nel profilo inferiore. Le pinne pettorali sono ritondate, con 12 raggi semplici, di medio- cre lunghezza. Le ventrali sono un poco più lunghe delle pettorali, con io raggi ramificati: esse si attaccano a due ossa innominate lunghe e strette. La dorsale, opposta alle ventrali, nasce un poco innanzi all'origine di queste, e si compone di io raggi semplici e quasi eguali. L'anale è mollo remota , estendendosi fin presso il peduncolo della (1) /lii'y» magniim , e nr-f^x os. 288 Cosia coda ; vi si contano 8 a 9 raggi , i Ire primi de' quali spinosi e gradatamente crescenti , gli altri sono molli e ramificati alla loro estremità quasi due volte ; pinna cedalo molto forcata ma piccola , il cui lobo inferiore sostenuto da 4. a 5 osselli ; raggi delicati al numero di i3, artico- lati , e bifidi alla loro estremità ; nel lobo superiore pare ve ne sia un minor numero. Si contano 36 vertebre nella colonna vertebrale , più lunghe alquanto che alte ; oltre quelle che servono di sostegno al lobo superiore della pin- na Godale. Nove a dieci costole sternali chiudono la cassa toraco-addominale. Geneue HISTIURUS, Cos. (1). Capo coito ed aliùsimo. Pinna cadale amplissima lunga e delicata. Crc sta cefalica. Dorsale stretta ed Opposta alle ventrali : queste medio- cremente lunghe : pettorali piccole. Addome carenalo e guernìlo di grandi scudi ossei. Denti piccoli e rilondali sul contorno interno della mascella. Scheletro molle. Osservazioni. L' Agassiz ci ràppresénla oh piccol pesce del genere Smer- dis [Sm. latior., Tab. 8, f. 8) cosi rassomigliaiile a quello da do! efiìgialo nella Tav. \'I, f. 3, da non far punto esilare ne! dirlo idenlico. Ma consul- landone la descrizione , od esaminando allenlamenle 1' uno e 1' altro pesce , bÌ Irovano tante disparità e cosi rilevanti da non permettere non solo di con» fonderli, ma neppure di lasciarli nello stesso genere. Però non manca lo stesso lodatissinio Autore di fare avvertire le incertezze nello quali egli rimane tutt'ora nel dargli un posto diffinitivo e sicuro , oscillando i caratteri ctie vi trova tra quelli del genere Smerdis e quelli àcW'Enoplosus. Nota ben pure, cbe igno- rando la località dalla quale provengono gli otto esemplari ch'ebbe per le mani, che per sola analogia della roccia , in cai uno di essi è racchiuso , presume fossero del Bolca, è rincresciuto di non poterne eccitare la ricerca, onde perve» nire a maggiore chiarezza. Noi abbiamo trovato 1' unico individuo, dal quale abbiamo ricavato i caratteri del genere , nella calcare di Pietraroja , fra i Sarginites ed i Megastoma , restando pur desiosi di averne altri esemplari. (') iVri'cf velli m , e ovfi cautìa. Paleontologìa del regno dì Napoli. 289 Oltre i carallcri ch'essenzialmente allonlanano il noslro Bistìurus dogli Smercila ed Enop/ostis, come la mancanza di raggi spinosi nell' anterior par- te delle ventrali, e queste non toraciche ; la presenza di eresia cefalica, e di costole Blornali ; e la incertezza sa i raggi spinosi anteriori nella dorsale ; b' incontrano Ioli specialità in tolto il resto , che bea ci aatorizzano ad ele- varlo a tipo di UD genere molto distinto. HISTIliRUS ELATUS , CoS. Tav. VI. f. 3. Il capo di questo pesciolino è si allo, che appena vien superalo dalla maggioro altezza del suo corpo ; questo al- tronde è tanto corto , clie la lunghezza del capo vi entra appena due fiate, escludendo la pinna cedale. L' apertura della bocca è brevissima, né raggiunge 1' orbita : la man- dibola vedesi guernita nel lato interno di una serie di pic- coli denti ritondati, neri, di cui 4 distintissimi ; gì' inter- mascellari sembra averne del pari , ma meno distinti ; le due branche vi si trovano disgiunte nella sinfisi loro e slo- gale. L' occhio è piccolo e posto ad eguale distanza da- gl' intermascellari e dal vertice. I sottorbitali son larghi e longitudinalmente solcati ; i pezzi opercolari grossolana- mente cesellati. Il preopercolo è stretto, triangolare, oltu- sangolo ; l' inleropercolo ritondalo e più largo ; l' opercolo stretto ed archeggiato. Tre a quattro raggi branchiosleghi appariscono al di sotto della mandibola , lo joide essendo un poco abbassato. La cintura toracica è asportata ; ma dietro la base delle pettorali v' à una cinta ossea, che dalla colonna ver- tebrale alio sterno la cinge : questa è stretta e solcata per lo lungo, somigliando a quelle che cingono l' addome de' Gasleroslei. Le pinne pettorali sono mediocri , composte ago Costa di i6 a 17 raggi, l'anteriore de' quali assai robusto, tutti semplici. Le ventrali sono quasi uguali a quelle, di 9 rag- gi , r anteriore de' quali spinoso , più grosso e più lungo de' rimanenti ; il contorno di queste pinne è ritondato ; e sono impiantate tra le pettorali e l'anale giusto nel mezzo; e dietro di esse succede una delle grandi lamine stiliformi, la cui punta aguzza si arresta un poco prima del raggio ultimo. L'anale comincia di rincontro al punto cui ter- mina la base della dorsale: ha essa i5 a 16 raggi gra- datamente decrescenti , essendo il terzo degli anteriori di tutti il più lungo, ed uguagliando la quarta parte dell'al- tezza del corpo nel corrispondente sito ; si arresta col suo ultimo raggio brevissimo a piccola distanza dalla base del- la pinna cedale. Sul frontale , nel sito in cui sembra es- sere r incontro de' frontali con i parietali , si genera una angolosità estuberante ; e da questa sorgono 3 piccoli raggi formanti una cresta. Sulla prominenza occipitale si veg- gono due altri raggi spinosi più lunghi , e disordinata- mente diretti allo innanzi , ma de' quali però sembra non essere la posizione naturale. Questi due raggi s' impiantano uno avanti e l' altro dietro di un ossetlo che sorge dalla pri- ma vertebra cervicale , e eh' è d' una struttura singolarissi- ma ; consta esso di due pezzi cuneiformi, quasi inseriti l'uno neir altro, o come se fosse embriciato dalle due facce da altrettante grosse squame : tra la cresta frontale e questi due raggi lo spazio rimane come interrotto ; ma un poco al di sopra ed in mezzo si veggono gli avanzi di una pin- na membranosa, sostenuta da raggi delicatissimi, aggrup- pali e disuguali , che fanno supporre essere stata in con- tinuazione di quelle due parti : dietro la nuca le apofisi spi- nose delle due seguenti vertebre restano libere, e senza ve- Paleontologia del regno di ISapoli. 291 runa parlo accessoria ; la successiva 0 quarta comincia a legarsi con le altre quattro che seguono, per lo mezzo di ossetti iutcrspinali, che stanno in luogo di ossi in V, e che sono ovali e laminari ; questi crescono in grandezza fino alla quarta apofisi , o settima della serie , ove comiuciano ad allungarsi verso giù od allo interno, frapponendosi alle apofisi come all' ordinario; e dove pure cominciano a com- parire alcuni pìccoli raggi spinosi impiantati ed articolati sopra di essi. Cotesti raggi van mano mano crescendo fino al quinto; il sesto si allunga maggiormente, s'ingrossa e diviene il primo della prima pinna dorsale. Gli undici rag- gi che compongono questa sono semplici , ma molli , e pare si ramificassero una sol volta, dando un raggio fila- mentoso , che scorre fra mezzo a due de' primari : il più lungo è quello di mezzo, onde la pinna è triangolare ; la sua maggior lunghezza supera la metà della corrispondente altezza del corpo. Essa trovasi distesa sul dorso. I soste- gni de' suoi raggi sono delicati, allungati, ed interposti alle apofisi, come all'ordinario, e precisamente come quelle del- l' Àsiiccìuola {Sudis hy alina). Succedono altre 16 apofisi spinose verticali, decre- scenti, libere, e senza ossetti interposti: quindi 22 in tutto. Dall' apofisi della ventitreesima vertebra , la quale si eleva assai più della precedente, spicca un raggio filamentoso e cctlevole ) che tortuosamente scorrendo fiancheggia la pin- na cedale : lo stesso fa il 24.-° crescendo maggiormente ; ed entrambi sembra si dilatassero verso la estremità loro ramificandosi. Quello però che nasce in seguito del pedun- colo della coda forma una rachide articolata, spiccando dai lati di ciascuno di essi un filamento , che prolungandosi vanno insieme a costituire il corrispondente lobo della pinna. 292 Costa Dal lalo inferiore però, a contare dalla 23." vertebra in poi, nascono sei ossetli allungati, come oegli altri omocerchi ^ dalla cui estremità spiccano i raggi filamentosi che com- pongono il lobo inferiore : e l' uno all' altro congiungen- dosi costituiscono la pinna, larga , lunga , ondeggiante, che cosi tortuosamente ripiegata trovasi nell' individuo che for- ma il soggetto della presente descrizione. Non si può con precisione indicare la sua lunghezza, a causa del modo in cui trovasi disordinatamente piegata e franta ; ma ben si può giudicare , che per lo meno adegua 75 della intera lunghezza del corpo. La linea ventrale sembra esser carenata : e la carena è rivestita da squame ossose molto robuste. Vedesi essa in- fatto guernita, dalla cintura toracica fino alla base delle ventrali , da una triplice serie di squame strette e lunghe, riunite in modo tra loro , che sembra formassero una sola lamina ossosa. Fra le ventrali e l' anale stanno in loro luogo 3 grandi squame cuspidale, molto allungate , e pare che sotto la pinna slessa ventrale ne siano due altre occultate. Le vertebre della rachide spinale sono 24. , oltre quelle che strettamente appartengono al peduncolo cedale. Il loro corpo generalmente è un poco più lungo che largo , e ciò maggiormente a misura che si accostano allo estremo ceda- le ; verso la cervice si abbreviano , e le cervicali sono più larghe che lunghe : tutto il loro corpo è per lo lungo scana- lato come ne' Trachitteri. Le apofisi spinali superiori, come le inferiori cedali che da esse sorgono , sono delicate : lo sono maggiormente le trasversali, che ripiegate in giù chiu- dono la gabbia foraco-addominale, le quali sembrano suddi- vidersi poco dopo l'origio loro in due eguali filamenti, che scorrono paralleli tra loro ; oppure sono osse solcate nel Paleonlologìa del regno di Napoli. 29^ mezzo sì che appariscon divise in due : esse si prolungano quasi fino alla carena sternale, fraraeltendosi alle lamine di questo nome. Partono dallo sterno i^ larghe lamine , le quali successivamente restringendosi si avanzano fino al terzo della larghezza del cavo addominale , ove si arrestano ter- minate in punta acuta : ciascuna di esse si frappone alla coppia di delicate costole , e concorrono a compier eoa quello la cassa 0 gabbia torace - addominale , ampia, e bea chiusa. E qui noteremo, che l' Agassiz esclude dal suo ge- nere Smerdis la presenza di costole sternali , di che forsi sarà assicurato altrimenti , perchè nell' esemplare eh' egli figura, essendo il corpo coperto di squame , precisamente nella parte inferiore , non lascerebbe intravedere le costole che stao sotto i tegumenti. Dallo andamento flessuoso e contorto di tutte le partì scheletriche , e spezialmente delle apofìsi e de' raggi, è na- turale il dedurre che tutte fossero pieghevoli , e non dure e resistenti , come ne' veri pesci spinosi. Di squame non si trova alcun segno, L" originale è nel mio Gabinetto. Osservazione, Si è di già avvertito , clie la struttura del corpo delle vertebre è simile a quella che trovasi nel g. Trachypterus. Riunendo oltre a ciò la cresta frontale , la probabilissima esistenza d' una delicata pinna scorrente sul vertice , sia 0 no congiunta con la dorsale, la grande e membranosa cedale, le asprezze e gli aculei della carena sternale e ventrale , la cinta toracica striata , lo scheletro molle o fibroso , e la forma del capo altissimo , cui segue un corpo alto , ma che sembra essere sommamente compresso : latto concorro ad indicarci un genero prossimo al Trachypterus. Abbiasi ciò per ora come una semplice conghietlura , potendo essere avvalorata 0 distratta da ulteriori osservazioai. 294 Costa Genere SEMIONOTUS, Agas. (i). Corpo di forma elegante, men largo di quello de' Telragonolepls, e meno svelto dì quello de Lepidotas. Capo alhmjaloj mascelle strette ^ più lunghe che alle , armate di denti in brusca più 0 meno Jtni, Dor- sale lunga, clic comincia a sorgere quasi rimpetlo alle ventrali, prò- lungandosi quasi Jlno a rincontro dell' anate. Pettorali di mezzana grandezza. Le ventrali piccole, U anale stretta ; i raggi anteriori di questa più lunghi de' seguenti ì ugualmente che nella dorsale. Cadale forcala , col lobo superiore un poco più lungo dell' inferiore, coperto in parie di squame sopra i raggi esterni del lobo superiore. SEMIONOTUS CURTllLUS , CoS. Tav. VI, f4 e b'; Tav.VII, f.6.; e Tav.VIII, f. 2. Ben dalle note specie di lai genere distinguesi la pre- sente per la brevità del suo corpo , la picciolezza delle squame di cui è rivestito, e la grandezza del capo. Questo non entra due volte nella lunghezza del corpo , escludon* do la pinna cedale , e la sua altezza è superata appena dalla convessità del dorso. Mutilalo com'è. nella estremità del rostro , l' esemplare rappresentato nella Tav. VII; fig. 6 , prende un aspetto assai ottuso , e pare più corto ; però manca pochissimo degl' intermascellari e della man- dibola, com' è facile a concepirsi alla sola ispezione della figura : per la stessa ragione non troviamo alcun segno dell' armatura dentaria. L' occhio è piccolo , e posto sul primo terzo superiore e posteriore del capo. Le ossa craniee e facciali sono confusamente stiacciate ed infran- te , apparendo solo il contorno del preopercolo , eh' è ben (1) Da niJ-im , signum; e fÙTi,i dorsum, Paleontologia del regno di Napoli. 29'J rifondato ; V opercolo è poco dissimile 0 stretto. Immediata- mente sotto la gola pendono le pettorali , piccole piutto- sto , ritondale , e composte di delicati raggi ramificali ed articolati, il cui numero è di i5. Il dorso è mollo inar- cato , e '1 suo profilo si continua con quello del capo ia una curva slessa. Poco prima della mela sua comincia a sorgere la pinna dorsale , che si estende fin quasi a cor- rispondere con la base del lobo inferiore della cedale : si compone di 24 raggi articolati , ed un poco ramificati nella loro estremità; i tre primi anteriori gradatamente si elevano, il 5.° e 6." sono i più alti di tulli, e gli allri suc- cessivamente si abbassano , gli ultimi essendo poco tra loro diversi in altezza. L'anale ba la sua origine anteriore cor- rispondente alla metà quasi della dorsale , e, decrescendo, si estende fin presso la base della pinna cedale ; vi si con- tano 9 raggi , il primo de' quali è aculcalo ed intero, gli altri ramosissimi ed articolali ; di essi il più lungo pareg- gia la terza parte della corrispondente altezza della coda. La pinna cedale qui trovasi troncala , ma la sua base è intera, e la sua porzione spellante al lobo inferiore è ben prolungata , sicché vi si osserva distintamente un valido aculeo, che le serve di fulcro, senza che sul raggio prin- cipale di essa se ne trovi altro vestigio : tutti i suoi rag- gi sono ramosi ed articolati. Le ventrali non sono punto visibili né in questo, ne nell' altro grande esemplare effi- gialo nella Tav. Vili, fìg. 2. Il corpo è rivestito di squame quadrilatere un poco romboidali , più allungate essendo 1' estreme che coprono la base del lobo superiore della pinna cedale , come d' or- dinario ciò avviene ; i loro margini sono interi , e la su- perficie liscia ; di esse però qui non ne avanzano che pò- 296 Costa chissime sulla estrema coda , che nel resto vi stanno le impronte solamente. Se ne contano Ko serie sulla lunghezza del corpo, e 3o sopra l'altezza del medesimo. Questo esemplare proviene dal Monte Pettine in Gif- foni , trovandosi co' seguenti nel medesimo scisto car- bonifero. Il secondo esemplare effigiato nella Tav. Vili, f. a è di questo più grande , ma meno ben conservato. In tale slato esso mostra la massima somiglianza col Semionottis leptocephalus di Agassiz; talché lo avrem- mo definito per tale , ove un' importante carattere non ci si fosse appalesalo. Esso consiste nell'occhio, eh' è posto quasi nel mezzo della larghezza del capo , e 1' orbila sua è piut- tosto ristretta , e discosta dall' orlo superiore del cranio. Dopo ciò, riproducendo la descrizione medesima che TAgas- siz ne dà del suo leptocephalus , onde farne rilevare i tratti di simiglianza , aggiungeremo solo quello che nel nostro esemplare troviamo degno di nota , per cui '.di- slinguesi (i). Il capo à una forma allungata, la quale diminuisce in- sensibilmente di larghezza fino alla sua estremità, eh' è pun- tuta (2). L orbita è piccola^ e posta nel mezzo: ed è la prima fiata che né pesci fossili da noi esaminati si iro' tasse il cristallino completamente iapidefatto^ e ben di- stinto. La gola è piccola, e sembra essere stala estensiva. Gli ossi delle mascelle sono gracili. I pezzi opercolari sono piccoli; l'opercolo soprallutto è angusto. I sottorbitali non sono qui ben distinti., ugualmente che gli ossi della cin- (1) Tutto il corsivo è l'espressione del- (2) Siccome in ambe le impronte il ro- le note caratteristiche differenziali spel- Siro è mutilato , non abbiamo che una tanti alla nostra specie , e che la dis- probabilità eh' esso sia simile a quello del giungono dal S. Uplocephahis, leptocephalus . Paleontologìa del regno di Napoli. 297 tura toracica. Le pellorali si compongono di un grande nunacro di raggi delicati, i4. a i5. Le ventrali sembra essere slate piccolissime ; i loro raggi sono in gran parte distrutti, ed in uno da' nostri esemplari se ne scorge ap- pena un vestigio. La dorsale e molto elevata nel suo mar- gine anteriore, che sembra protrarsi al di là della iaser- zioae dello ventrali , perciocché innanzi de' suoi maggiori raggi ve ne sono ancora S 0 6 piccoli, che finiscono por con- fondersi con le grosse squame impari del mezzo del dorso, accollale alla base della notaloja : il numero de' raggi bi- forcati è di 28(1); essi sono gracili, ramificati più volte nella loro estremità , ed articolati fino alla base. L' anale comin- cia con 5 raggi, che gradatamente si elevano, e si con- tinuano in fulcri lungo il piìi grande , i seguenti vanno diminuendo successivamente di lunghezza ; essi sono al nu- mero di 12, molto gracili, e molto ramificati. Allorché questa uolatoja è piegata, la sua estremità raggiunge 1" in- serzione de' raggi del lobo inferiore della pinna cedale. II tronco è mezzanamente largo nella sua parte media ; il dorso ed il ventre sono leggermente archeggiati, ciò che lo rende fusiforme ; la larghezza del peduncolo della coda pareggia appena la metà di quella del mezzo del corpo. La cedale, che nel leptocephalus dicesi non molto grande, nel nostro curtulus , essendo pur dimezzata , annunzia essere stata di mezzana grandezza. Le squame sono tutte perfettamente lisce ed a margini diritti j quelle della ante- rior parte de' fianchi sono alquanto più alte che lunghe ; (1) Nello esemplare rappresentato nel- che alcuna fosse sfuggita per raancaiiBa la Tav. VII f. 6 ne abbiamo potuto nu- d'impronta, nierare solo 24 ; ma non è improbabile Tom.F. 4o 298 Costa quelle de' lati del dorso sono equilatere ; sul peduncolo della coda sono un poco più allungate, ed al suo margine superiore prendono la forma romboidale molto allungata. Notisi intanto , che V esemplare da noi effigialo nella Tav. Vili, fìg. 2, è una delle due impronte di un individuo medesimo ; in questa manca una parte del rostro , della coda , e della sua pinna, di cui si veggono appena alcuni raggi ; la parte addominale è intersecala ed occultala dalla sovrapposizione di altro individuo ; e le squame ricoprono alcuni siti soltanto di tutto il corpo. Le pinne pettorali qui non appariscono, ma nell' altra metà se ne veggono le pri- me tracce radicali. Esso è più grande di quello rappre- sentato nella Tav. VII; ma entrambi provengono dalla cal- care scistosa e carbonifera di Giffoni, 1. d. il Pettine ^ ove trovasi insieme coi Lepidotus. Il medesimo scisto carbonifero racchiudente il SemiO' notus superiormente descritto , ugualmente che i Lepido- tus , trovasi gremito sovente di piccoli , anzi minutissimi pesci , dalla lunghezza di 8 linee , fino ad uno , due e tre pollici. I più piccoli , come quello rappresentalo nella tavola VI , f. 5 , oltre il contorno del corpo , ed alcuni oscuri traili del capo e delle notatoje , niuna altra cosa lasciaa vedere distinta. La superficie del corpo mostrasi tutta tras- versalmente striata , secondo l' ordine che terrebbero le squame , di cui però non vedesi traccia veruna. Tutto è lucido e splendente come la mica. Ne' maggiori individui le cose si appalesano un poco meglio ; le pinne sono più distinte e regolari, la linea la- terale apparisce , le strie trasversali del corpo più profon- Paleontologia del regno di Napoli. 299 de, e lungo esse cominciano ad affacciarsi le impronte di squame, senza precisione : lai' è quello rappresentalo nella fig. 4, della medesima Tav. VI. Più oltre , in esemplari di 2 pollici, la squamatura ò meglio espressa ; i raggi delle pinne ben distinti , e del capo meglio vedesi espressa la forma. Perocché, ne' più pic- coli essa è si stiacciata e slogata, che si presenta mostruo- sa, e ad imperito o mancante de' fatti, che noi abbiam po- tuto raccogliere con assidue ricerche e falìghc , svegliar potrebbero idea di genere strano e mostruoso di estinto notante. I molti esempli avendoci permesso d' intravedere il successivo sviluppo di questi pesciolini, fino a che la for- ma e l'organizzazione non apparisce chiara e completa ; siamo pervenuti alla convinzione, che cotesti pesciolini sia- no i feti del Semionotus superiormente descritto. Siccome le tavole erano già tirate, allorché noi siamo arrivati a questa conclusione , ci riserbiamo per la seconda parte di questa opera di porgere le impronte degl' in- dividui ne' diversi loro stati intermedii , per le quali il fatto vien dimostrato , e sottoposto allo sguardo analitico degl' Ittiologi. 3 00 Costa Genere LEPIDOTUS , Ag. (i). Pinna dorsale unica , posta dietro la maggiore elevatezza della curva dorsale , corrispondente allo spazio frapposto tra le ventrali e l'a- nale , guernita di fulcri sul margine anteriore. Godale forcala, e col lobo superiore un poco più, lungo delP inferiore , terminata ne' lati da grossi raggi semplici, a cui si accollano grossi fulcri este- riori fino alla loro estremità. Anale simile alla dorsale , sovente meno robusta e più allungata anteriormente. Pettorali e ventrali piccole e costruite allo stesso modo. Corpo coperto di squame rom- boidali, smaltate, le quali ricoprono pure in parte la base del lobo superiore della pinna cadale. Una sola serie di denti piccoli in cono ottuso suW orlo di ambe le mascelle ; denti emisferici allo interno in più, ordini. Osservazioni. Tulli i caratteri esposti di sopra, e che cosliluiscoQO la diagnosi de' pesci di questo genere, s'incontrano eziandio ne' generi SemiO' nolus , Amblypterus , Dapedius ed altri , talvolta meglio distinti e chia- ri. Ma quello sq cui l' A. fa principalmente riposare il genere Lepidotus è la presenza di denti rotondi emisferici nella parte interna delle mascelle , e dietro i piccoli cbe ne armano l' orlo ; affermando egli slesso , che ne' soli Lepidoti fra i Lepidoidei si trova tal sorla di denti ; senza tacere altrove , che in ciò si confondono in certa guisa con qaelli del suo genere Sphoerodus, (Vedi questo genere). Di atta importanza dichiara l' Agassiz la ricognizione de Lepidotus , come che caralterislici della formazione giurassica. Questa sua sentenza però fu da Ini medesimo emendata , allorché venne in cognizione del Coccolepis BucAlandi , Lepidoideo eterocerchio de' scisti litografici di Solenhofen (Ved. voi. Il, p. 3oo). Grandi pesci , egli dice , che di rado si trovano interi , di cui però le squame ed i denti sono ben conservati. Pesci oblonghi , spessi, e corpulenti. Veramente non sappiamo in qual modo si possa stabilire ne' pesci fossili la spessezza ; perchè sempre sono talmente sliacciali , che nelle due facce oppo- ste si trovano sqnnme o chiari indizii di esse, restandovi appena talvolta una linea di sostanza iulcrposla. (i) Da >-tiriWijt , squamatus. Paleontologia del regno di Napoli. 3oi La grande difGcollù in fine sia riposta nel riconoscere i rollami di tali pesci, por dclerrainarc il genere. Nò possiamo dissiraularo la meraviglia che ci destano molti di (|uelli , che come tali riguarda il preloJato autore. Tali per esempio sono il Z. ornatus , laevìs , pallùUus , e sopraltallo il luher~ culalus : noi vi scorgiamo in vero troppo arbitrio. Egli si alfida alla sua pro- pria perizia ; ma confessa nondimeno , che ima profonda conoscenza de caralleri del genere Lepidoliis gli faccia intravedere nuove dtfjicollé nella determinazione delle specie dell' ordine de Ganoidei. I. LEPIDOTUS ACUTIROSTRIS , CoS. Tav. Vili, fig. i.J. L'esemplare che noi rappresentiamo è diviso in due pezzi, de' quali possediamo ancor le due opposte facce ; ma ciò che meglio si conserva nell'una, manca nell'altra, e della porzione intermedia abbiamo rottami , de' quali ci è riuscito vano il tentar lo accozzamento. Queste due porzioni appar- tengono a due specie distinte : e le abbiamo ravvicinato in guisa da esibire una tal quale immagine del pesce intero, senza pretendere con ciò che i suoi contorni e le sue dimen- sioni siano perfettamente quelle che risultano dalla figura. Però la parte meglio conservata è quella del capo e porzione del tronco , la quale abbiamo noi medesimi posta a giorno, togliendone alcune porzioni del lato sinistro, che informe- mente la coprivano. Cosi siamo riusciti a dividere i mascel- lari superiori ed inferiori , e discoprire le due sorte di denti di cui sono armati. Come si vede nella figura, i mascellari ed i mandibolari sono in esso allungati e stretti ; e facendo i primi continua- zione della curva del dorso e del cranio, ne risulta un rostro molto acuto. Sul lato interno dell' intcrmascellare destro si veggono chiaramente quattro denti ritondati ed emisferici , e le impronte di alcuni altri che sono stati asportali dal pezzo 3 02 Costa sovrastante distaccatone. Il corrispondente arco mandibolare è armato di denti delicati, allungali, cilindracei, a punta ottusa, de' quali se ne contano i3 ; dal lato interno vi sono de' denti emisferici , che pare fossero distribuiti in due serie. Il profilo del frontale anteriore è molto archeggiato, seguendo regolarmente quello del dorso. L'orbita è mediocre, ma il suo contorno supcriore confina col profilo frontale. Il preo- percolo è grande , liscio , a contorno semplice e semiovale ; r opercolo è stretto , a foggia di luna crescente. Immediata- mente sotto di esso si veggono le basi di ambe le pinne pet- torali, troncate; le radici de' raggi che avanzano sono deli- cate e poco numerose , ma indicano ch'esse siano assai pic- cole e gracili. Veggonsi pur sotto di esse alcune tracce di archi branchiali. Dello scapolare poco ne resta visibile , per- chè coperto dalle squame. Sul profilo dorsale, a cominciar dall'occipite, vi sono delle squame impari, che, successi- vamente crescendo, si convertono in grossi aculei, curvi, a punta acuta , ed erigonsi a modo di raggi ; carattere co- mune col Z. sernilaius Ag. , e col Semionotiis leptoce- phalus e Ber gerii Ag. Le squame sono quadrilatere, più alte che lunghe, ed il margine loro posteriore è flessuoso ; le dorsali sono meno alte delle addominali. La linea laterale sembra slare nella inferior parte del corpo , parallela e prossima al profilo ventrale. Nella im- pronta opposta si trovano tracce della colonna vertebrale. Ossei'vazione. L'Agassiz rappresenla alcuni frammeDli spellatili a specie di questo genere , che insignisce con l'aggeUivo ornatus (i). Le sole squame lo (i) La provenienza di esso è ignota) Stuttgard , nel Wuitcmberg, come assi- ma i due inrorml pezzi si trovano nella cura l'Agassiz, collezione della Società di Anricollura iu Paleontologìa del regno dì Napoli. 3o3 dislÌDgaono dalle specie congeneri , avendo qucsic il margine posteriore flessuo- 60, e con uno degli angoli più sqoisilo ed acuto. Noi troviamo slrella analogia Ira le squame del nostro L. acutirostris e quelle dell' ornali/s ; ed abbiamo alcuni frammenti (ratti dalla medesima località, le cui squamo sono loro più si- miglianti , e molto più grandi di quelle che rivestono il corpo del nostro aciili- roslris : la loro grandezza e l'altezza del moncone, indicala da y/5, fig. 3, accenna a specie di grande dimensione ; e Torsi appartener potrebbe al (jitjas. Pertanto noi abbiamo assegnato al nostro {epidoto lo specifico nome di acu- tirostris , che per questa forma esso ben si dislingue di quanti altri se ne sono conosciuti, non avendo alcun altro termine di comparazione, onde poterlo assimi» lare taW ornalus senza dubbiezza alcuna , od almeno con molla probabilità. Giova inoltre avvertire , che la non dubbia esistenza di denti emisferici ci determina a riporlo nel gen. Lepidolus ; potendosi per tutt' altro riferire al Semionottts latus , Ag. II, p. 22y, lab. 2y ; specialmente per la forma della pinna dorsale. Del resto noi ignoriamo per quali note siasi fatto cerio l'A. che quel moncone spettasse a Semionottis più che a LepiJotus. Egli medesimo di fatto io riguardò dapprima come un Dapedius. 2. LEPIDOTUS NOTOPTERl'S , Ag. Tav. VIII,fig. I. B. Quest' altro moncone , benché messo in armonia col precedente , e ad onta che provenga dal medesimo scisto carbonifero di Giffoni , spelta nondimeno ad altra specie. Tutte le note che se ne possono trarre convengono a pun- tino con quelle del L. notopterus descritto dall' Agassiz. Esso si distingue dal precedente a primo aspetto per la forma delle sue squame quadrilatere , un poco romboidali, e con r angolo inferiore e posteriore acuto ed un poco prolungalo in giù , mentre il supcriore è un poco rìton- dato ; la superQcie è liscia, uguale e splendentissima (i): (i) A cansare equivoci avvertiamo di vrastante materia, allorché rimasero inter» non confondere le squame con quelle im- rati , sulla quale parte molle le solide pronte romboidali che in tutto il corpo squame s' infossarono, e vi lasciarono pro- si veggono. Queste ultime dipendono dal- fondo il marchio, la carnosità o muscoli stiacciati dalla so- 3 04 Costa quelle che rivestono la base del lobo superiore della pinna codale sono moUo allungale. La pinna dorsale (i) è grande, lunga, quasi uguale, col margine rilondato ; si compone di 1 7 raggi ramificali ed articolali , de' quali i due primi 0 anteriori assai corti e robusti : dietro a questi succede un terzo raggio più lungo di tutti , biramoso , ed il ramo anteriore guernilo di fulcri a modo di cirri crassi sul mar- gine anteriore od esterno ; sono essi grossolani , attenuan- dosi in ragione dello assottigliamento del medesimo rag- gio , mantenendosi però quasi uguali in quanto alla lun- ghezza. Anche i due raggi precedonti a questo sono cosi guarniti di cirri , ne' quali però son essi meno numerosi e più grossi (2). L' altezza di questa pinna sta alla larghezza della sua base:: 2!) : ^7 ; ma la lunghezza del suo terzo raggio ugua- glia la base della slessa. Vi si veggono alcune squame sopra i loro raggi , come ne' Squamipenni, Essa è posta in prossimità della codale , come si vede. Della pinna codale avanza ben poco ; e solo in essa si trova la porzione basilare del lobo superiore , rivestita di squame ; le quali sono romboidali , molto allungate , come fu detto , e tanto più per quanto maggiormente sì (1) Pei" equivoco dell'incisore questa lus e Sei'gerì(\. e. tal). 26, fig.i é 2) , con postefior parte fu messa a rovescio j on- 1' AmblyuruS maci'oslomus , col Dape- de la pinna che figura d'anale è la dor- dius, ec. sale. Avvertiremo però clie in questo gè- Noteremo pertanto, die sebbene un nere , giusta la menie dell' autor suo , tale carattere sia poco apparente suU' e- 1' una non difTerisce dall'altra, se non per seniplare qui stato effigialo, in rottami che essere r anale più debole d'ordinario, possediamo spettanti ad altri individui essi ma non coslantemenle cos'i. sono rilevantissimi : e noi abbiam cre- (2) Questo carattere è comune col Le' duto di non tradir la verità imitandolo pidolus undulatus , essendone ornati i sulla figura attuale, per non raddoppiarle raggi estremi della pinna codale (Agas. con monconi superfluamente. II , tab. 33) ; coi Semionotus leptocepha- Paleontologia del regno di Napoli. 3o5 accostano alla estremila sua : carattere ancor esso comune a più generi, oltre i già notali nelle osservazioni superiori. Lepidotus notopierus ^ Agas. I, p. 2^7, lab. 3Ì5. Provengono questi due monconi dallo scisto carboni- fero di Monte Pettine^ posto sopra ed al N. di Giffoni , in provincia di Salerno. Questa località fu visitata dal dotto mineralogo Andrea Savarese nel 1797', ed egli vi notò la esi- stenza degliltioliti; ma senza renderci alcuna speciale no- tizia intorno ad essi (i). Nel 1802 vi fu il Melograni, al- tro peritissimo geologo e mineralogo, ma ne parlò ancora più fugacemente (2). 3. LEPIDOTL'S OBLONGUS , Ag. Tav. VII, fig. 7. La pinna codale cbe trovasi da noi effigiata, benché più mutilata, è però identica a quella che l'Agassiz à cre- dulo dover riferire a specie , eh' egli distingue col nome di oblongus \ specie fondata sopra rottami imperfetti , esi- stenti nel Musco di Monaco, e provenienti da Solenhofen. Il nostro frammento è tratto dalla medesima calcare di Pie- Iraroja , d' onde il L. Maxitniliani e gli altri iltioliti di quella località. La grandezza di questa pinna è tale , che ove non fosse sproporzionata al corpo cui appartenne, indica un pe- sce almeno di due piedi , quando essa non entrasse più che 4 fiate nella lunghezza del corpo. I suoi raggi sono molli, flessuosi, molto ramosi ed articolati; ciascun lobo (1) Vedi, Atti del R. Istit. d'InCorag. piaggio mineralog, fatto in Basilicala pò- voi. II. sto in fine del suo Manuale geolog. pag. (2) Vedi , Melograni Rapporto di un 3o2, Tom.F. 4i 3o6 Costa La dodici raggi primarii, grosselli, Ira' quali una moltitudine di delicatissimi, e tutti uguali, cUe presso l'orlo estremo de' lobi giungono fino a oo. Lepidotus oblongus , Agas. II, p. ab'g — Tab. 34' fig. 3. 4.. LEPIDOTUS MAXIMILIANl , Ag. Tav. YII, f. 2. Fondava questa specie il chiar. Agassiz sopra alcune squame, che il sig. Massimiliano Braun raccoglieva dalle marne di calcare grossolano presso la barriera de' Fornelli a Parigi. Noi troviamo le identiche squame in un gruppo di 3 a6 pollici nella calcare di Pielraroja , insieme col Lepidotus oblongus e Sauropsìdium laevissimum. La identicità loro con le quattro squame che l' Agassiz rappresenta nella Tav. ag fig. 8-1 1 è perfetta, sicché non lascia alcun dubbio sulla determinazione specifica (i). Abbiamo però noi d'aggiun- gere , che il nostro esemplare porta ancora una pinna ven- trale , assai piccola relativamente alla grandezza del pe- sce, che certo aver non deve meno di un piede di lungo, come può dedursi da quello che diremo. La pinna non è lunga che 1 1 linee , e si compone di 6 raggi ramificati , articolati, i cui articoli sono brevissimi, ma grossi, sicché i raggi appariscono ramosi. (0 Son questi , dice l'Autore , 1 soli rottami di questo genere che siano stati segnalati ne' terreni terziarii. Benché sia difficile determinare rigorosamente fram- nifinli cosi imperfetti , ho nondimeno la convinzione ch'essi provengono da una specie diversa da tutte quelle descritte precedentemente. La specie cui forsi si accosta è quella del Lepidotus gigas . Acas. Op. cit. II , p. a6S. Paleontologìa del regno di Napoli. 807 Un altro pezzo conliene il capo del mcd(isimo pesce, sliacciafo, e scomposte in guisa le sue ossa, da non poterne neppure approssimativamente ravvisare la forma. Chiari appariscono i mandibolari e gì' intcrmasccllari , armali di due sorte di denti, l'una di ovalo-alUingati, l'altra di roton- dati (1), che circondano la prima serie; gli archi branchiali bellamente embriciati dal lato interno ; gli ossi della mem- brana hranchiosfcga ; lo scapolare largo lince sei , archeg- giato, la cui sottesa è lunga poli. 2 : essa si presenta dalla sua faccia interna , come tutto quel disordinato ammasso, che pare essere stata squarciala la bocca, e diviso il pe- sce giusto per la cavità sua. V'ha pure parte delle pinna pettorali. Quello che singolarmente merita qui l'attenzione è un pezzo de' tegumenti interni , che sembra spettare al farin- ge , tutto coperto di denlicelli rotondi , altri neri , altri color di succino ; i quali rappresentati si veggono nella citata tavola figura 2 re, e riconoscervi quella degli omocCrchi' Paleontologia del regno di Napoli. 32 1 1 So gradi , formalo dalla linea dorsale quasi retta , e dal profilo frontale appena curvo. L' opercolo è angusto , ed a modo di luna crescente ; il preopcrcolo è quasi triangolare, curvilineo , e molto ottuso nel vertice ; il sottopercolo an- gusto. L'apertura orbitale apparisce larghissima. La scis- sura boccale non raggiunge il centro della pupilla. Niun vestigio di linea laterale: delle squame si vede qualcuna , ma poco ben distinta. Si contano nella colonna vertebrale 4-8 vertebre. L'originale è nella collezione del mio privato gabi- netto. Ricavato dalla roccia di Castellammare. 2. BLENNIOMOEUS BREVICàUDA , CoS. Tav. V, fìg. 3. Distinguesi quest' altra specie dalla precedente per due notevoli caratteri; i) pel numero delle vertebre minore (Sa), mentre l' individuo è di grandezza maggiore ; 2) per la bre- vità della coda , la quale entra cinque volte e mezza in tutta la lunghezza del corpo, compreso il capo. Nel resto hanno entrambi strettissima simiglianza , di talché niente ci rimane d' aggiungere. Che se la disposizione dentaria mostrasi un poco diversa da quella del longicauda , ciò deriva da spostamento sofferto dalla bocca nel rimanere stiacciata. Proviene questa specie dalla medesima località di Ca- stellammare ; e r originale trovasi nel Jluseo mineralogico della R. Università, comunicatomi dal prof. Scacchi. Tom.F. 4S Cosia Genere SAUROPSIDIUM , Cos. Corpo squamato ; squame ovali delicatissime concentricamente striate. Denti rotondi nelle mascelle e nelle fauci. Pinna dorsale unica , posta rincontro alle ventrali, binale mollo remota. Godale forcata e guernita alla base di un valido fulcro in ambo i lati. Colonna verte- orale con numerose vertebre. Osservazioni, Diamo nn lai nome generico ad nn pesce per ricordare quel- lo di Sauropsis, col qaale ha la più stretta aOìoità di organizzazione e di C'ir)- nomia, senza che però si potesse con quello associare. Sebbene la colonna verte- brale del nostro Sauropsidium si componesse di 70 vertebre più corte che larghe, pure la proporzione non è mai aguale a qaelia che trovasi ne' Sauropsis (i) ; ngaalmente che nou sono cotanto approssimate le apoGsi spinali , e mancano eziandio gli ossi inter-apofisiarii. Le pinne pettorali , sebbene molto sviluppate, non sono sì langhe come l'Agassiz le trova ne' suoi Sauropsis (2). I rapporti tra la dorsale e l' anale sono conlrariamenle a quelli voloti ne' Sauropsis, sia per posizione, sia per grandezza (3). La cedale nou è equiloba ; ed in vece di alcuni raggi piccoli indivisi , vi è no grosso e corto aculeo. Il sistema dentario sembra pure molto diverso, come vedremo. La corazza o rivestimento cutaneo è di squame delicatissime indiscernibili senza il soccorso di on sommo ingrandimento , pel coi solo mezzo si può vedere la loro struttura, SAUROPSIDIUM LAEVISSmUM , CoS. Tav. YI, fig. I. Il capo è corto e grosso : entra esso 4- fiate nella lunghezza della colonna vertebrale. Non possiamo asserire (i) La colonna vertebrale de' Sauro- psis vuol esser composta di un considere- vole numero di vertebre , secondo la men- te dell'Autore , ed il loro diametro più che il doppio dell'altezza. (2) Nella specie tipo esse sorpassano l' origine delle ventrali. (3) La dorsale de' Sauropsis è opposta all' anale , e questa è molto larga , e si estopde fin presso l' origine de Ha cedale' ne' Sauropsidium V anale è piccola, e non vitina alla base della codale. Paleontologia del regno dì Napoli. 323 se vi esistano denti nella mandibola e negl' intermascellari : solo troviamo due fossetti sulla estremità anteriore dcgl' in- termascellari, e due simili sul corrispondente sito della man- dibola , ove sembra esservi stati impiantali denti , senza poter dire di qual forma si fossero. II rostro è acuto piut- tosto ; le mandibole strette e lunghe ; la lamina mascellare strettissima. Il preopercolo è archeggiato, semplice e liscio nel suo perimetro, e nella superficie scolpilo ^ T opercolo , ritondato ugualmente sul margine , è cesellato in guisa , che dal perimetro del prcopercolo al suo lembo scorrono 809 solchi divergenti a modo di raggi , che sembrano partire dal centro comune di un cerchio, di cui l'oper- colo ne fosse un segmento , 0 meglio una lunetta. Le pinne pettorali sono di mediocre lunghezza, riton- dalc alla loro estremità, e composte di 7 raggi, l'anteriore de' quali mollo robusto e semplice , gli altri tutti ramosi. Le ventrali sono assai piccole , poste sulla metà precisa della lunghezza del corpo ; esse si compongono di 9 raggi semplici spinosi. La pinna dorsale sorge proprio rincontro alle ventrali ; ma non se uè veggono che poche ed incom- plete tracce , dalle quali può solo desumersi che sia bre- vissima e bassa. L' anale è pur piccolissima per quel che ne appare ; vi si contano 7 ad 8 raggi semplici ; comincia a sorgere immediatamente dietro le ventrali con un raggio brevissimo e più forte degli altri. La colonna vertebrale , eh' è ben intera , si compone di 70 vertebre , il di cui corpo è più largo che lungo , più ristretto nel mezzo , liscio , e senza veruna solcatura od impronta ; le codali , essendo tutte di diametro mag- giore delle dorsali , il che può dipendere anche dalla di- versa loro posizione ; vanno nondimeno crescendo nel dia- 324- Costa metro trasversale a misura che si accostano al peduncolo della pinna. La pinna codale , comunque non esistesse in- tera , dalla porzione basilare superstite apparisce eh' esser dovea forcata , a lobi disuguali , come meglio si vedrà sopra altro esemplare. Le apofisi spinali non sono visibili che in un sol pun- to, e mollo obbliquamente , innanzi alla dorsale, percioc- ché la colonna vertebrale giace sepolta in gran parte dal lato dorsale, onde di essa si vede la faccia interna, che riguarda il cavo addominale ; nella porzione spettante alla coda essa è contorta ed in posizione obbliqua. Quindi le apofisi laterali e le costole si trovano distribuite ne' due lati, e le apofisi verticali delle vertebre, spettanti alla coda, si trovano nella posizione di % . li' unico esemplare che possediamo ci è sfato gentil- mente esibito dal colto e perito farmacista Bartolomeo Pao- lillo da Cusano. Osservazione. Il noslro Sauropsiditim laevìssimum è troppo vicino al Pholidophorus F/essiem {Agas. il , Tab. Sy, fig. 8j , al qaale corrisponde ancor per grandezza. Jla nel Sai/ropsidii/m le pinne ventrali sono evidente- mente più piccole ; non manca la pinna anale ; la dorsale non è preceduta da raggi decrescenti da dietro in avanti. Ln provenienza del Pholilophoriis Flgsr sierii è dalla marna scistosa gialla dell' Oolite inferiore di Blikworlb presso NorlhamploD. Della nostra specie abbiamo trovato recentemente tre pezzi, spellanti ad indi- viduo molto più grande, poco meno che di nna lunghezza doppia , sul quale si è cercato illustrare le cose già dette. Ma siccome le figure che debbono accompa- gnarne la descrizione e le osservazioni, per porle a cliiara intelligenza degli Zoo. log! e Paleontologi , entrar più non possono in questa prima parte del lavoro ; cos'i rimettiamo il lettore alia parte seconda, che vedrà ben tosto la luce. Paleontologia del regno di Napoli. Sa» Genere SPIIAERODUS , Ag. (i)- L'Agassiz stabiliva un tal genere nella famiglia de' Picnodoìih\ per dar posto ad alcuni denti fossili di figura emisferica , o presso a poco tale , siccome accenna il suo medesimo nome. Nò da altra fonte desumer potè il nome cosi come il carattere di cotesto genere , che i soli denti isolati e sparsi costantemente si trovano. La loro esistenza nello stato fossile fu nota a' nostri maggiori, i quali, a causa della convessità e forma roton- da , della lucentezza , e del colore per lo più nero , ebbero a crederli occhi di serpi: siccome risguardarono alcuni denti di Selacini quali lingue de' serpenti medesimi. Primo ad elevar la voce contro questa antica e falsa credenza fu il rinomato Boccone (2) , il quale ben si avvide della loro stretta analogia coi denti della Aurata {Chryso- phrys aurata de' moderni) , e come tali ritenneli. Per tali li ebbe pure il Cupani , il quale rappreseutavane ancor duo con questo nome nel suo Pamphiton siculum. Dopo di lui un altro dotlo siciliano , lo Scbiavo , parlando delle glos- sopetre di Corleone , dice trovarsi esse miste a piccoli denti di pesci volgarmente detti occhi di serpe (3). Ne gli sfuggiva la singolare loro coudizione di trovarsi sempre isolati , e non mai associati con altri avanzi organici di pesci spinosi. Questa condizione meglio assodata dalle ricerche mo- dernamente istituite per molti , e con molta precauzione, (0 DìniìxìpoL sphaera, e òh'é! dens.'EgVi conserva poi quello di Microdon. a mutata la desinenza vera di questo no- (a) Mus. I. p. «80 , e seg. me di sphaerodon in odus , per unifor- (3) Vedi Nuova Raccolta Calogeriana, raità, come et;li stesso dichiara, mentre voi- II> pag. 3i. \ 326 Costa onde schivare gli errori, determinava l'Agassiz a risguardar tali denti come appartenenti ad un genere ormai perduto. Egli stesso però si avvide più lardi, esservi de' pesci fossili, con mascelle guernite di simili denti, tranne alcune piccole differenze, riposte nella loro base , e nel modo come questa trovasi impiantala sugli ossi mascellari. Tal' è il genere Lepidotus ; discorrendo del quale confessa di non saper trovare per ora un confine tra questi due generi ; in guisa che si è visto costretto di apportarvi alcuni emenda- menti , dopo aver meglio studiato i Lepidotus (i). Nuovo imbarazzo però sono per noi i fatti raccolti di recente intorno a tali denti. Perocché ne abbiamo trovati alcuni in un medesimo luogo , associati con quei denti , che altra fiata credemmo di Tapiro. La storia di questi ul- timi , se da un lato viene ad emendare il primitivo errore, dall'altro ci condurrà forsi in nuovi equivoci. Del resto, chi è addentralo in simili ricerche sa bene , che a forza di probabilità , di ravvicinamenti , e di discussioni lente ed assennale si può pervenire a qualche certezza. Ritenendo noi dunque per ora come spettanti al ge- nere Sphaerodus i denti che troviamo convenire con quelli rappresentali dall'Agassiz come specie distinte, e che sparsi si trovano qua e là in diversi terreni ; riserbiamo quegli altri, che per la forma e per la struttura ripugnano di esservi associali, e de' quali forse dovrà farsi un genere diverso; che rigorosamente entrar non possono nel genere llelodus. Vedi la nota della pag. 33o. Gli Sphaerodus sono dunque pesci, i cui denti simi- gliano a quelli che stanno allo interno di molli sparoidei, come ne' generi Sargus ^ Chrysophrys ^ oc. ; dai quali si di- co Vedi questo genere. Paleontologìa del regno di JSapolì. 827 lungano nondimeno per le loro dimensioni, alle quali non giungono punto quello delle specie lultora viventi ne' mari attuali. Ma sia che scomparse fossero del lutto le specie a cui quelli appartennero, sia che le generazioni attuali am- miserite già fossero ; certa cosa è che niun pesce vivente conosccsi, i cui denti molari fossero si grossi e cosi elevati: la qual cosa potrà esser bastevole a giustificare la fonda- zione del genere. Gli Sphaerodus sono le Biifonili degli antichi (i). SPHAERODUS GIGAS , Ag. Tav. IX , flg. 20. La corona è perfettamente emisferica, di colore bruno- verdiccio, lucente , terminata da una angustissima e fina increspatura. Il collare che vi succede è di color giallo- gnolo, angustissimo , e liscio , nel che principalmente scon- viene dallo Sp. cinctus^ nel quale vuol essere più largo e duplicalo (2). Il suo diametro è di lin. S, l'altezza lin,2. Proviene dalla calcare delle basse falde della Majella, in vicinanza di Caramanico e di Bucchianico. Da quest' ul- tima località abbiamo un pezzo di roccia, nella quale ve n' erano incastrati 4 di minori dimensioni , e tutti per la loro convessità risguardanti un asse comune, come appari- sce dalle impronte che vi hanno lasciate. Quando ciò non fosse avvenuto per azzardo , accennerebbe a gruppo di denti faringiani , anzi che mascellari. Le impronte sono lisce e splendenti come lo smalto che copre la corona : in due di esse veggonsi macchie dendriformi bellissime e nere. (i) Mercati, De Bufonite , p. 184. apposito lavoro , dopo aver descritto (a) Se ciò sia bastevole per essere spe- quelli delle specie tuttora viventi , e che cificameute distinto, lo esamineremo ia godono di simile armatura dentaria, 328 Costa 2. SPHAER0DU3 ANULARI3 , Ag. Tav. IX, fig. 21 e 22. Differisce dal precedente in ciò solo , che 1' emisfero 0 corona è meno elevalo , un poco depresso nel mezzo , senza alcuna traccia d'increspatura sull'orlo, e lo smalto ha color giallo di arancio , ed anche di succino. Il collare è liscio , senza verun segno d' increspatura ; di un nero lucenlissimo , che però non penetra nella sostanza , ma è superficiale, scancellandosi facilmente dietro una leggiera raschiatura. Anche suU' emisfero evvi una traccia di anello nero, quale indicato viene da a fig. 2i. Il loro diametro è vario , ma non eccede lin. 4- Abbiamo di questa specie esemplari trovati nella cal- care tufacea di Lecce, ed in quella di Cosenza, e proprio delle adiacenze di Cerisano ^ ove si trovano associati con denti di Leptodon e di altri generi affini, come vedremo. Fra gli esemplari ve n' ha di quelli ne' quali manca affatto il collare , e la faccia piana della corona mostra nel centro una cavità ben profonda e cilindrica, come la rappresenta la fig. 22. Lo smallo è stratificato, e pare mutarsi ne' suoi successivi incrementi. Sphaerodus anularis, Ag.II,p.2ii,Tab.73, f.gS-ioo. SPHAERODUS CINCTUS , Ag. Tav. IX, fig. 24.. Esso non differisce dai precedenti che pel collare, or- nato di finissime crespe, o pieghe verticali ; ma \ esemplare Paleontologia del regno di JSapoH. 829 che noi possediamo, e che si è rappresentato, ha una hioga radice , di un diametro minore di quello della corona, ci- lindrica , ossea. La qual condizione guiderebbe al genere Lepidotus , ne' cui denti l'Agassiz riconosce, come solo ca- rattere distintivo, uno strangolamento alla base dello smalto. Proviene questo pure dalla medesima calcare tufacea di Cerisano. Vsservaztone. L' Agassiz soKo nome di Sphaerodus lens ci rappresenta molle forme di tali denti Della Tav. 73, dal n.° 22 a 61.— lo qaesli, quello segnalo al n." 26 convieoe con l' esemplare ricevalo da Aquila, e da coi rap- presentato nella Tav. IX , Gg. 27 ; di cui è solamente men corvo. Lo slesso dente simiglia a quello effigiato sotto il n. 27, il quale però è più elevato, benché uguale quasi nella grandezza. La fig. 28 è maggiormente elevala e curva. Potrebbe anche riferirsi allo Sph. parvut , Tab. 78, Cg.i8, del quale è solo più piccolo, con l'apice più acato , e meno curvo. Genere HELODUS , Ag. (1). I denti per i quali TAgassiz fondava dapprima il ^Qnexe Psammodus ^ non accompagnando altro resto sche- letrico di pesce , si presentano più o meno clavati , non tutti precisamente simili. In seguito ne sottrasse tutti quelli che hanno la superficie della corona liscia , non punteg- giata, col centro più o meno rigonfialo in forma di cono ottuso; talvolta allungali e ritondati con un solo rigonfiamento nel mezzo ; talvolta presentando una serie di coni ottusi , de quali il mediano più elevato , ed i laterali decrescenti in lunghezza ; tal altra in fine pre- senlando essi un cono più 0 meno sporgente. Soggiunge il prclodalo scrillore , che tutte le specie (1) Ds ^^" clavut , e òJii/i dens. Tom.r. U 33o Costa siano state trovate in terreni carboniferi o bituminiferi{\). Agas. voi. IH, p. io4-. Osservazione. Allorché fra le tenebre cespicando si cerca nn senliere , ogni raggio di lar.goida lace, anche incerto, è prezioso, e talvolta bastevole per guidare alla meta. E questo certanaenle il caso frequente che incontrasi nella Paleontologia. , ove si va errando fra resti di generazioni mutate o scom- parse. L'errore e l'arbitrio si succedono quindi bene spesso nella investiga- zione degli esseri, ai quali appartennero un osso , ano scudo , una squama, on dente , o altra simile parte di un tntto , che non à fra le generazioni at- tuali modèllo a cui rassomigli. Le conghiettore alle quali si ricorre sono più 0 meno probabili , secondo che le analogie crescono di numero e di valore. Un esempio luminoso n' è quello che segue. Nella pag. 261 di questa opera, sotto il titolo Tapiro abbiam detto come e per qual ragione si erano riferiti a questo mammale alcuni denti trovati nelle vicinanze di Co- senza (Calab. cit.), e come, per ulteriori falli raccolti , e numerosi esemplari riuniti ed esaminati , siamo convinti che spettassero a pesce di un genere ormai sparito da' mari attuali. Perciocché, scavati si sono ad un tempo e nello stesso sito , insieme con denti di Carcharias , Leptodon , Lamna , Odontaspis ecc. ; ed anche di denti molari 0 palatini del genere Sphaerodus^ ora permutato in Lepi- sosteus , Ag. Nella Tavola I, f. 3. si è rappresentalo il maggiore degli esemplari che possediamo , privo della parte radicale = La figura 4- della stessa tavola , è di un altro esemplare minore , ma che ci lascia vedere co- (1) Coloro che con troppa fiducia so- scrivoDO a queste sentenze incontreranno grandissima difficoltà ad ammettere, che i denti de' quali anderemo a discorrere, riferir si possono al genere HHodiis ; pe- rpcchè non si trovano essi in terreni car- boniferi o bituniiniferi ; ma invece nel calcare tufaceo a grana grossolana , nel quale entrano molecole di mica, di quar- zo , di feldspato , provenienti dal gra- nito delle prossime montagne che sovra- sta a quell'altopiano. Noi per ora regi- strandoli sotto questo genere , miriamo a non moltiplicare i generi senza fonda- menta , e ci riserbiamo emendare anche questo ove si scuoprisse nuovo errore. Paleontologia del regno dì Napoli. 33 1 me il suo taglio sia obbliquo , e la parie radicale assai più stretta e lunga. Essi sono costituiti da una sostanza esterna , e dalla interna midollare , ma scarsa e laminare, come la forma del dente richiede. Uno smalto di color gialliccio rosseggiante ricuopre la corona; bianco e splen- dente essendo nel collare ; la porzione radicale ha color bianco sudicio malto : la superficie è perfeltamente liscia, anche guardata con occhio armalo da lente acuta. La pro- porzione tra la corona e la radice varia da dente a dente, a prescindere da quello che ne direbbero le mozzature di molti esemplari. La figura, che dapprima era per noi assai limitala, ora è dimostrato variare immensamente. Perciocché ne abbiamo trovati degli angusti e de' larghi , de' com- pressi e de' quasi ritondati , de' conici più o meno ottusi e di quelli formati quasi da due coni riuniti, come quello della fig. 6' Tav. I. Non vogliamo assolutamente asserire che appartenes- sero allo slesso animale quegli altri, effigiati da noi nella citata tavola sotto i numeri 11012; ma certissima cosa ella è , che cotesti denti sonosi scavati insieme co' prece- denti dal medesimo punto della stessa località di Gerisano presso Cosenza. La loro struttura, il colore, i passaggi graduali dall' una all' altra forma ci persuadono per ora a doverli ritenere come tali. 332 Costa Genere PYCNODUS, Ag. (i). Capo mollo declive , corpo anleriormente quasi troncalo e tomido , poste- riormente più allungato. Pinna dorsale unica sulla metà posteriore , anale opposta , simile ed uguale. Godale larga leggermente smargi- nata. Due sorte di denti , una anteriore in forma di scalpello , r altra posteriore piti o meno allangali , gonfi , troncati o scavati in mezza , a saperficie liscia (2). PYCNODUS RHOMBUS, Ag. Tav.IV, fig. 8,etav. V, fig. i. Corpo compresso , quasi ovale , stando la lunghezza air altezza :: 3:2 (3). Rostro acuto, con denti anteriori in forma di scalpello, ai quali seguono 3 file di denti ovali, ottusi, o appianati, più 0 meno compressi e decrescenti dallo esterno allo interno. Capo e pezzi opercolari nudi, vajuolati, o eroso-puntati. Corpo coperto di squame quasi ovali, lisce. Una pinna dorsale , che comincia a sorgere quasi alla metà della lunghezza del corpo, di cui non à più che un terzo del- l'altezza (4.), e si compone di 46 raggi (non 36), de' quali il Dono è il più alto di tutti , indi rapidamente si abbassano formando un triangolo, e dal 22 in poi corrono leggermente decrescendo , finché si arrestano in prossimità della pinna (0 Dal greco tu»»Ò( creber, e òSls dens: denti affollati. Genere fondato dall' A- gassiz, che racchiude 17 specie, ed altre 14 soltanto nominate nella pag. 199, ma non descritte: tutte fossili. (») Tutto il corsivo è parte aggiunta ai caratteri assegnati dall' A-gassia a questo genere, che si trovano espressi in caret- teri tondi. (3) Questa proporzione varia, spezial-- raentfi ne' piccoli individui, che si appre- sentano più acuti auteriorniente; ma in- torno a ciò vedi le osservazioni che se- guono. (4) Queste proporzioni variano secon- do l'etade e la conservazione degl' indi- vidui: ne* piccoli r altezza della pinna è minore perchè più tenera è rimasta meno conservala. Paleontologìa del regno di Napoli. 333 codale. PinDa anale simile eguale ed opposta alla dorsale, solamente un poco meno alla , e composta di %i raggi (non 3o), il 7.° de' quali è di tutti il più alto. Pinne pet- torali piccolissime : ventrali ? Lo scheletro, di cui d'ordinario si trovano solo le im- pronte, presenta una colonna vertebrale con 32 vertebre, esclusa la porzione che costituisce la base del ventaglio codale, dal corpo delle quali parte un'apofisi 0 spina su- periore, eccetto che dalle 3 prime cervicali. Le apofisi pro- cedono con tal legge , che le prime 7 anteriori 0 dorsali cor- rono assai più obblique, ed incurvandosi alquanto verso il capo; le altre s'incurvano dapprima oppostamente, e si rad- drizzano poi. Delle 20 vertebre cedali, le prime 12 hanno dalla parte inferiore un' apofisi simile del tutto ed eguale alla superiore ; quelle appartenenti all' addome hanno due spine, che tengono luogo di costole , le quali si prolungano fino alla carena ventrale, ove s'incontrano le costole sternali: di queste io se ne veggono sempre molto distinte, le altre gradatamente si attenuano e spariscono. La porzione codale della rachide spinale è sempre ri- piegata in su, e dalle 8 vertebre di essa partono 16 rag- gi, di cui IO dal lobo inferiore e 6 dal superiore, costi- tuendo la base semicircolare ; alla estremila loro si attac- cano i raggi secondarii che formano la pinna ; un valido fulcro spiniforme fiancheggia la base d' ambo i lati. Gli ossetli intcrspinali, che prestano appoggio ai raggi delle pinne dorsale ed anale , sono corli e graduafi come i raggi delle pinne stesse ; ma gli altri tredici anteriori dorsali sono più robusti, e si prolungano obbliquamenle d'avanti in dietro, fino a che non vanno ad incontrare con la loro punta il corpo della oorrispondente vertebra. 334 Costa Sparus melanurm , Cavol. Tab. II, f. 2. A, B, C. S. Mormyrus et Erylhrinus , id. Tab. Ili, f. i e 2(1). Pìjcnodus rìiombus , Agas. Ree ber e, sur les Poiss. Tossii., voi. li, p.i6, 7^0(^.72, f. 5 e 7. La località di questa specie è già nota. Essa trovasi abbondevolmente nella calcare slratosa di. Castellammare, tra la città e Vicoequense, non al suo owest, come dice l'A- gassiz, cb' è occupato dal mare. Non sappiamo poi d' on- de abbia attinto V autore, che in Napoli si tenga come Io analogo dello Sparus quadracinus (2) : forse da taluno del volgo che lo assimila al Guarracmo, il quale è il Chromis viiìgaris ^ o Sparus chromis, Lin,, ma. Heliases chromis, Heck.: pesciolino die gli antichi ittiologi indicarono col latino nome di Coracinus. Osservazioni. Allorché si ^ardano ad an tempo i piccoli individai, che con oltrepassano i due pollici e mezzo , e quelli maggiori da 4 a 5 pollici o più , si ravvisa una fìsoDomia no poco dilferente , da svegliare V idea di due distinte specie. E come tali di fatto li riguardò il Cavolini , onde i primi assimilò allo Sparus melanurus di Linneo , e per i maggiori fa ia dnbbio , se riferirli al mormi/riis o aVi erylhrinus dei medesimo autore. Egli si lasciava così guidare dalle semplici grandezze , senza por mente neanclie alle forme o sagome , di cui aver potea gli originali sott' occhio. (i) L'illustre autore, niuna attenzione piccolo , la nostra specie si accosta alla portando ai caratteri essenziali delle im- Coryphaena Àpoda della Ittiologia Vero- pronte che aveva sotto gli occhi , pare nese (il nostro Pycnodus platessus). In siasi lasciato guidare dalle grandezze loro. effetti è in questo genere che deve esse* (2) >> La specie di cui qui si tratta sem- re riposto, in seguito delle sue piii inti- bra essere particolare al deposito della cai- me affinità ». Poiss. foss. T. Il, p. 188. care fetida di Torre di Orlando , all' O- Lo stesso autore , nel voi. I, cap. i . west di Castellamare presso Napoli. Essa p'. 7, parlando delle collezioni di pesci vi e assai frequente, e pare che si ravvi- fossili dice— «Pentland rai ha comunicato si generalmente a Napoli come 1' analogo molti pesci fossili , e soprattutto alcune dello Sparus quadracinus. U sig. Blaiu- specie molto curiose delle marne secon- ville ha già fatto conoscere tulto quel che darie appennine (non plìi calcare giuias- di erroneo ha questo ravvicinamento , ed sica) di Torre d' Orlando, presso Castel- osserva con ragione, che benché molto più lammare », Paleontologia del regno di Napoli. 335 Uà esame alteolo Tallo d'ogni parte schelcirica sopra moltissimi individoi ci à contestato, ch'essi punto non dissimigiiano speciCcamenle. Che se no' maggiori individui trovasi il capo pia declive, ed ona maggiore gibbosità nella naca, è chiaro che ciò deriva dallo spostamento sofferto ; talché vi corrisponde an maggiore accorciamento del rostro verso 1' addome , ed una curva rientrante nella gola, oppostamente alla gibbosità della nnca. Ciò può derivare , o da differenza sessuale, o meglio da maggiore suscettività dell'addome a ripie- garsi, Torsi por essere già volo il cavo addominale per lo sgravio compiuto. Interviene a rafforzar questo nostro divisamento un esemplare , il più bello e completo di quanti ne abbiamo avuti sottocchio ( Tav, V, Cg. i ). Esso è nello stato normale , non avendo sofferto né punto né poco nel pas- sare dalla vita al sepolcro : anzi diresti che siansi consolidate pure le carni, se Io scheletro non si mostrasse a nodo ugualmente che negli altri ; tanto e 8) bene è rilevalo sul piano della lapide che lo racchiode. L' individuo è esattamente ugnale a quello che si è rappresentato nella Tav. IV T. 8. Nolladimeno la sua Torma è piti regolare e quasi ovale , si che non presenta né la gibbosità della nuca , né l' iutroflessione gutturale (se cosi potesse dirsi) ; la qual cosa non à potuto aver luogo per lo stalo vitale dell' indivìduo , che ha conservato intera e rivestita questa parte aule- rìore toraco-addominale. Questo esemplare ci è stato comunicato dal prof. A. Scacchi. Ed un tal Tallo ci porge ancora nn chiaro documento , che questo genere di pesci debba riTerirsi all'ordine degli Sclerodermi, e non già tra i Corifenoì- Genere OTODUS , Ag. (i). Denti a corona triangolare acuta , molto dilatata alla base, e a margini lisci: terminala d' ambo i lati da un denlicello basso , ottuso , e compresso : radice ampia e massiccia , profondamente smarginata nel mezzo. Genere di cui non si trova un esempio ne' mari at- tuali; avanzano solo i denti che trovatisi fossili ne terreni cretacei, essendo scomparso (cosi si pretende) negli ullimi periodi terziarii. OTODUS SALENTIJJUS , CoS. Tav. IX , fig. 6. Base della corona larga Vs più dell' altezza sua , con la faccia esterna leggermente convessa, appena depressa nel mezzo della base , la quale si termina in tre curve legge- rissime e concave , elevandosi ne' due lati ; lo smalto si arresta assai prima in una curva oppostamente inarcala ; e tra questo e la radice intercede un collare , rilevato , an- gusto nel mezzo, slargandosi pel doppio ne' lati : la faccia interna ò convessa, esluberante verso la base, e terminata in una linea quasi orizzontale ; qui tra lo smalto e la ra- dice il collare è scanalato , contrariamente a quello della faccia anteriore : i margini laterali sono lisci ed acuti ; il posteriore incavato, l' anteriore un poco convesso ; sull'estre- mo loro basilare si eleva una piccola protuberanza , com- pressa a modo di cresta. La radice da questa faccia è quasi appianala, depressa nel mezzo; dalla faccia interna ò protuberante nel mezzo, (i) Da Js-vrs'! attris , ed òiis deus. , Tom.F. 46 346 Costa spianata od appena concava ne' Iati , i quali si assottigliano mano mano formando due ale, che lasciano nel mezzo un profondo incavo curvilineo. Tutto il dente è d' un medesimo colore bruno rossiccio o di marrone, lucente, essendo la corona soltantoj un poco più lucida e meno fosca. Proviene dalla calcare tufacea tenera di Lecce , ove trovasi insieme al Carcharodon , al Lamna , all' Hemi- pristis , ce. Finora non possediamo di qucst' Olodo che un solo esemplare , il quale si conserva nel nostro Gabinetto. Accostasi esso alquanto all' Otodus appendiculalm , Ag. Ili , p. 270. Tab. 32 , fig. 1-23. Genere CARCHARODON, Smith (i). Quanto solide fossero le basi sopra le quali poggia questo genere fondato dallo Smith , lo vedrà di leggieri ognuno che sia addentrato filosoficamente negli studii zoo- logici. Esso è però adottato per molli, e noi lo conservia- mo , non senza riserba. I caratteri fondamentali sono : denti di forma trian- golare, a margini dentellati , a corona piena e massiccia allo interìio. Ossenazìoììì. Nella creazione alluale , dice l'Agassiz , non esiste alcuna specie del genere Carcharias , i cui denti avessero almeno la mela di gran- dezza di quelli che provengono dallo stalo fossile. Questa proposizione rinian Tera semprccliè si prendono per termine di comparazione gii estremi ; ma quan- do si ha presente, che Ira i pretesi Carcliaro don vi sono dimensioni diverse, e che a certe di esse giungono ed oltrepassano ancora i denti d'individui tuttora viventi, non si può ammettere con quello assolutismo col quale si pretende sla- 0) Da K%fx«f=! asper, e o5J! dens. Paleontologia del regno di ISopoli. 34-7 Ijilirla. Noi possediamo gì' inlermascellari di uu individuo del Carcharias la- mia , ì cui maggiori donli pareggiano i mediocri di quelli the si hanno nello stalo fossile. Che nello stato fossile si trovino poi grandezze alle quali più non perven- gono gl'individui de' mari attuali, è una verità che noi medesimi abbiamo forsi innanzi tulli rilevata , in moltissimi altri generi di abitanti del mare, come lo at- testa Lyoll. Jla ciò non è 1' espressione d' una creazione diversa \ sibbene quella di un mutamento avvenuto nelle condizioni de' mari che noi ben conosciamo , e che non autorizza a riguardare come diverse genie le differenti grandezze. Sarebbe altronde da ammettere , che sia scomparso il genere iMegalodorii, ed apparso il Carcharias ; perocché di quest'ultimo con vi sarebbe esempio nello stato fossile , secondo i principii de' suddetti scrittori. Nel tempo stesso noi non sapremmo come potersi distinguere le specie, dopo aver assunto come carattere generico le poche note per le quali si è creduto se- parare il Carcfiarodo7i dal Carcharias , se la voce megalodon n' esprime la più importante fra esse : \\ polijgyrus, V an//usti/ens,\\ producli/s , ec. sono ijemjìlici modificazioni d' un medesimo apparato dentario , o d'individui diversi. Lo stesso Agassiz considerò sempre come semplici specie gli esemplari gi- ganteschi del genere Carcharias , dando loro 1' appellativo ora di nuujahdon , ora di macrodon^ ed anche à\ grosseserralus. Piacqucgli indi adottare il pen- siere dello Smith , e l'aggettivo mcgaìoìon prese il posto di sostantivo , come dalla sinonimia risulta. Vedi 1. e, pag. 24-a. Nella diagnosi specifica si considera poi il megalodon come eqidlalerale : e questo deriva appnnto dall' essersi scelti e considerali i maggiori esemplari , che sono precisamente i mediani anteriori , e quindi più dritti ; mentre i late- rali divengono scaleni tanto più per quanto maggiormente si accostano agli estremi. Verità che non è sfoggila allo slesso lodatissimo autore; ma che ha poco tenuta presente nel valutare le differenze specifiche; il che avremo occasione sovente di rammentare. CARCHARODON MEGALODON , Ag. Tav. IX, fìg. 2. Figura triangolare , quasi equilatera ne' maggiori in- dividui , e scalena più o meno negli altri ; con 1' uno e l'altro margine leggermente dilatalo, ed uniformemente den- tellato ; lo smalto ricopre appena la radice sul termine 348 Costa suo ; questa è tagliala quasi ad angolo retto dalla faccia interna, essendo semplicemente concava dalla faccia ester- na (i). La spessezza del dente è considerevole e propor- zionala alle altre sue dimensioni ; la faccia interna è tu- mida ; la esterna è piatta , ed in alcuni esemplari anche un poco concava (2). La radice è molto grossa , e costi- tuisce essa sola piìi che un terzo della intera lunghezza del dente. In quanto alle dimensioni esse variano , anche rite- nendo , che gli esemplari minori appartengano a genere ed a specie diversa , come si pretende (3). (0 L' uno e 1' allro di questi due ul- timi caratteri non è riRorosamenle vero. Fra i molti esemplari della nostra colle- zione si trovano spesso di quelli in cui il taglio dello smalto fa un angolo ottuso dalla faccia interna ; com' è quello che abbiamo rappresentato nella nostra tavo- la IX; e dalla esterna è rettilineo. (2) JN'on mancano esempli ne' quali, re- Stando veri tutti gli altri caratteri, que- sta faccia sia sensibilmente convessa, con un risalto longitudinale nel mezzo, pili sensibile , e piii \aa^o di quello che d'or- dinarlo \i si trova , spezialmente presso la hase. (3) I maggiori denti che noi possedia- mo di carcharodon hanno la dimensione di altezza largbez. poi. 3, », 6-^ poi. 5, o, 3. compresa la radice poi. 4, o, o — In altri poi. 3, i,. 6 — poi. 3, o, o. Dalle quali proporzioni apparisce, clie o-ve crescono in larghezza relativa , sminui- scono neir altezza , e viceversa. Perchè si possa aver facilmente un ter- mine di comparazione tra i denti di Car- sharodon e quelli de' Carcharias tuttora viventi nel nostro Mediterraneo , ponia- mo qu'i la descrizione di un arco pala- tino di un individuo di quest' ultimo ge- nere, pescato nel Faro di Messina nel i8s6. Nello stomaco suo furono trovati gli avanzi indigeriti degli abiti di un uomo che aveva ingoiato per intero ; cioè gli stivali, la giubba, il calzone , ed altri malconci residui di vestimenti ; in una delle tasche si trovò un taccuino con lettere di cambio bancali ec. L' arco intero è di due piedi , pari a palmi napoletani 2 /4 j e la sottesa sua è di piedi 1, 4, o. In ciascuna branca si contano 12 deuti ; e di essi 4 ^erie - quindi 48 denti; e però in tutto l'arco in- sieme 96. Di questi i due primi anteriori di cia- scun lato hanno hgura di un triangolo isoscele , la cui altezza è di poi. i , 3, o; e la base poi. 1, 1,10, calcolando la so- la parte scoperta e smaltata. Succede a questi un dente di uguale hase, ma '4 "!'■ uore in altezza , e col lato posteriore uu poco pili lungo dell' anteriore , e quin- di inclinato verso 1' anterior parte. I due che seguono sono alquanto men alti dei due primi , restando la base uguale , ed Paleontologia del regno di Napoli. 34-9 Carcharodon megalodon , Ag. Ili, p. 24-7. Tab. 29, f. 2-3. Tab. 28, fig. tulle. Carcharias megalodon , Ag. in Egerton Calai. • ■ macrodon ^ Id. ibid. " grosseserratus , Id. ibid. Scilla. Varia Specolaz. Tav.III, f. i; Tav.V,f.2; Tav.VI, f. i. Glossopetre ^ Giovine, Cenni Geol. e Meteor. della Japig Milano, Cenni Geol. sulla prov.di Terra d'Otranto ec. Lingue di tuono , Leccesi. Dalla calcare tufacea di Terra d' Otranto , ove sono frequenti : ed anclie dalle basse falde della Majella presso Lama, ove è però rara. Osservasi'oni. L' Agassiz , cilando sotto questa specie l'esemplare esi- stente nel ]\Iusco di Strasbourg , 'a cui etichetta indica provvenire da Mal- ta , soRsiunce : inclinano Terso la parte interna , facen- dosi di pili in più scaleni } il quarto non- dimeno è alquanto meno alto del quinto; il sesto si abbassa anche più del quinto ; e decrescono niags;iornieiite il settimo e l'ot- tavo , ne' quali il lato minore ed interno diviene concavo. Indi ne succedono al- tri quattro , che inimcusaniente sminui- scono in altezza ed in ampiezza di base) in !;uisachè il nono à poco più di 5^ del- l'altezza de' primi due, ma la base è più che la meà di quella; il lato interno s' inar- ca maggiormente, in guisa clic i due penul- timi prendono la forma de' denti d\Cora.v, e l'ultimo è bassissimo e largo, con 1' api- ce poco acuto ; esso è alto solo una li- nea 54> avendone 3 % di ampiezza nella base; sempre nc'limili della corona, o parte smaltala e libera. Quest'ultimo den- te porta dal lato interno sopra la base , Lu' appendice a foggia di squama o den- tello cresliforine. La faccia esterna nei priacipii anter ori è leggermente convessa , alquanto conca- Ta nel mezzo e presso la base , con mol- te increspature o pieghe assai corte , ed una linea inedia e'iongiludinale elevata, ma poco sensibile: dall'ottavo in poi la superficie diviene mano mano più elevata o convessa , le pieghe della base e la li- nea elevata media si vanno scancellando, e spariscono del tutto nell'ultimo. La fac- cia interna è convessa, maggiormente nel terzo dente degli anteriori, in ragione del- la sua brevità ; e negli ultimi piccoli la convessità interna poco differisce da quel- la della faccia esterna. I margini latera- li sono un poco dilatati, assottigliati, mi- nutamente ed uniformemente dentellati 0 intaccati. La parte radicale è più che /^dell'al- tezza della corona. Dobliiamo allo zelo ed amicizia del sig. D.Pietro Greco, Segretario perpetuo della Soc.Ecou. di Reggio, lo aver raccolto que- sta brano , di cui ci ha fatto pur dcaov 3ao Costa ì) Io agginngo poche fiale lali iDdicazioni di giacilara o di origine traile d" aniiclie collezioni, e dubilo fortemenle cho vi sia ne' Musei di Europa un gran nomerò di tali denli di Carcharìas merjalodon provenienti da Malia , come si pretende. Credo piulloslo, che tali indicazioni derivano da ciò, che lo Scilla , avendo figuralo di questi nostri denli , provenienti da Malta, mii di una specie differente {jiolisi anche ciò), sono siali in seguito generalmente indicali sotlo nome di denti maltesi , e sotto quesla denominazione si tro- vano nelle collezioni , qualunque fosse stala la loro provenienza ». Siffatta dichiarazione sembra dimostrare, chel'A. non conoscesse quanto abbondevoli siano tali denli nella calcare maltese , identica a quella di Terra d'Olranlo e della Peacezia, ove pure ridondano. Ove mai bisognasse, noi soli potremmo provvederne tulli i Musei di Europa. In quanto poi alle Cgnre dello Scilla , non sappiamo indovinare in che ripone l'Agassiz, come il Blainville, la differenza specifica tra queste ed i Me- rjalodon da lui rappresentali come tali. Noi li troviamo perfetlamcute conve- nire co' nostri. Gexere OXYRHINA, Ag. (i). Carattere de' denti spettanti a questo genere è V assoluta mancanza di qualsivogliq, risalto tubercolo o dentello laterale alla base della co- rona ; margini lisci ed ajjilali, mollo stiacciati; figura triangolare come quella de Carcharias e Carcharodon , ma sempre pili svelia, con base meno dilatata e meno grossa. Osservazione. L'Agassiz riferisce a i4. distinte specie le forme di denti di lai genere trovali fossili , e da lui conosciuti ; cioè Ox. paradoxa , Mantella, 7jippei, hastalis, xipltolon, trigonodon , plicalilis, retrojlexa, quadrans , leptodon, Desorii, crassa, subinjlexa , mimila. La prima di lali specie rilega egli al Giura, la 2 e 3 alla formazione cretacea, e le restanti undici ai terreni terziarii. Noi troviamo io un raccolti denti di tal genere riferibili alla leptolon alla Desorii, alla Zippei, alla Xiphodon ed aWa. plicalilis ; ma non siamo però convinti esser tulio specie distinte. Perocché, i mutamenti ai quali vanno sog- getti i denti degli iSy?/a/((/i' sono mollo svariali; e diversi pure sogliono esser quelli delle mandibole da quelli degl' interraascellari , o meglio palatini. Non volendo qui rimescolare le discussioni scientifiche con la storia degli avanzi organici che si trovano ne' terreni del regno di Napoli , le riserbiamo per i rispettivi generi della Fauna recente. (1) Da l\vs acutus , ed piV-piio's nasui. Paleoìdulu(jia del regno dì JSajwli. 35 1 I. OXYRHINA LEPTODON , Ag. Tav. IX, fig. IT, G(J. Riferiamo a questa specie con tal nome descrllta e rapprescnlata dallAgassiz gl'individui che Iroviamo , me- glio clic farne una specie distinta , potendosi anche acco- stare alla plicatilis , come forsi la giudicherebbe il Sis- monda. Essa occupa un posto medio fra l' hastalis e la Desorii ^ e lo stesso sopralodato A. non yide dapprima che una varietà AaW haslalis di olà diversa; né le ragioni che poscia lo dissuasero dal primitivo giudizio ci sembrano di tanto valore da convenire con esso lui nel secondo. t)el resto noi ci limitiamo all' accostarla soltanto. Oxyrhìna lepiodon , Agas. Ili, p. 282 ; Tab. 34) f- 1 e 2. {Ox. hastalis); Tab. 37, f. 3-5. 2. OX-iRBlNA ZIPPEI , Ag. Tav. XI, fig. 8 e ig. Costante carattere de' denti di questa specie è lo aver la corona mollo appianala , co' margini laterali affilati e quasi taglienti ; la faccia estorna ora più ora meno con- vessa nel mezzo deprimendosi ne' lati, onde meglio spicca il taglio marginale, che sembra rilevarsi da questa faccia; la interna più gibbosa, discende ugualmente e gradatamente d'arabo i lati, dilatandosi nella base, ove lo smalto si termina in una leggiera curva, talvolta un poco flessuosa, tal' altra rilevandosi negli estremi. La radice estnbera ugual- mente da ogni lato , e si restringe gradatamente per ter- minarsi tondeggiante, senza veruna- intaccatura o smargi- 3^2 Costa natura. In tulli gli esemplari la corona ò di color bianco di corno, con una zoua bianco-rossiccia presso la base. Oxyrhina Zippei , Ag.III, p. 284, Tab. 36 f.48-00. Possediamo di quesla specie meglio che 20 esemplari di grandezza diversa , il maggiore de' quali ha lin. 5 'A di altezza. Tulli provengono da un medesimo luogo , dalla calcare tufacea di Cerisano. Abbiamo qualche esemplare in cui , distrutta la dentina , è rimasta la corona con Io smalto intero e vólo. La figura 6 della Tav. Il, Oxyrhina isocelia^ Sism., conviene con alcuni de' nostri esemplari i più drilli. ^ 3. OXYRHINA XIPHODON , Ag. Tav. IX , fig. 9 a, b. Distinguonsi come specie i denti di tal falla , eh' es- sendo mollo inclinali verso un lato, hanno la faccia esterna quasi piana , con leggiera solcatura presso i margini ; la faccia interna convessa ma non molto elevala , e nella base dello smallo offre una depressione considerevole , ciò che la fa distinguere AaW hasialis. Il Sisraonda vi aggiunge che auche la radice sia assai stiacciata, ed appena appena oltrepassante il livello della base della corona ; lo smalto pochissimo inlaccato d' ambo le facce ; ed i lìmiti suoi nella base corrono paralleli a quello della radice. Oxyrhina xiphodon, Ag.III, p.278 ; Tab. 33, f. i i-i4-. ■ E. Sismon. p. 4-2 ; Tab, II, f. 5i e 02. Trovasi questa specie nel gesso de' contorni di Pari- gi , in Caslelnau presso Dax', nell' Isola di Malta , ed in varii Musei : Sismonda la trova nelle argille mioceniche Paleontologia del regno di Napoli. 333 del colle di Torino; noi la troviamo nella calcare lufacca teucra di Lecce. CXYRHINA HASTALIS , Air. Tav. IX, fìg. IO e 12 ab e. La maggior parte de' denti di questa specie sono dritti- coir apice solo piegalo alquanto al di fuori. Si distingue' principalmente per la uniforme convessità della faccia inter- na, la quale dalla base alf apice non offre alcuna depres- sione; mentre nella xiphodon si trova uno stiacciamento considerevole. La base dello smalto è leggermente smargi- nata. La faccia esterna è piatta, ma sopra i margini v'ò un leggiero solco cbe scorre ad essi parallelo, fino ai % 0 «A della lunghezza; nel mezzo è al contrario leggermente tumi- da, con una piccola depressione presso la base dello smalto. II nostro esemplare più corrisponde a quello effigialo dal- l'Agassiz sotto il n. io; ma nondimeno è più dritto, più tumido, e co' lati più incurvati verso l'apice, sicché prende un' aspetto più ottuso. Oxyrhina hastalis , Ag. IH, p. 217; Tab. 34-, figure tutte, meno quelle segnate dai num. i, 2 e i4.. E. Sisra. pag. 4o ; Tab. I, f. 4147. Possediamo di questa specie due soli esemplari prove- nienti dalla calcare di Lecce. Tom. F. hi 354' Costa Genere LAMNA , Cuv. {Lamna, Odontaspis, e Sphenodus , Ag.) 1 Lamna, quali sì considerano dall' Agassiz, oltre la forma piramidale del rostro , hanno la mandibola ed i palatini armali di denti conici , mollo svelti, angusti, ed appiattiti dalla faccia esterna; alla base della corona sono innoltre quernili di tino o due dentelli piii o meno acuti , di cui talvolta mancano affatto. Dalle sopra indicate diverse condizioni son sorti i generi Lamna p. detto, Odontaspis, e Sphenodus , nelle mani dell'Agassiz. Gli Odontaspis hanno la corona più cilindrica, più rilorla, armala di den- telli laterali nella base, e questi più lunghi e più acuii, al numero di ano , dae od anche tre. Gli .sphenodus sono di nn genere ancor debbio e senza caratteri positivi. I rimanenti son Lamna. Ma Io stesso Agassiz, a vista dell'imbarazzo che provasi allorchi? si deb- bono determinare denti che provengono dallo stalo fossile, quando sono essi per Io più incompleti, e spezialmente mancanti delle parli appendicolari , ritiene il primitivo nome generico Lamna , e fa subentrare i due altri , sccondochè pro- babilità maggiori lo conducono ad intravedere 1' uno o l'allro nello forme den- tarie che gli sono stale por le mani. Noi terremo dietro alle tracce di lui , rile- vandone i dubbii sempre che ci si presenteranno. 1 . LAMNA. DUBIA , Ag. Tav. IX, fig. i6. Denti molto svelti, ripiegati poco presso come nella con- tortìdens ., con arabe le facce convesse, la interna delle quali un poco più della esterna soltanto ; i lati sono ritondati e lisci presso la base , e solo verso' il terzo di loro lunghezza comincia a farsi avvertire un delicato spigolo, che nell'api- ce acquista un poco più di squisitezza, non mai uguagliando però quella della conCorlidens .^ e meno ancora quella della tongidens. La superficie interna offre alcune strie delicate , Paleontologia del regno di Aapoli. 3j3 ma incoslanli per numero e lunghezza , qualunque esser possa il valore di questo carallere. Sulla faccia esterna alla base del cono vi è una piccola depressione con un rialto nel mezzo, che nella Odonta^pis ferox è sensibile nell'an- teriore , scancellato quasi del tulio nel posteriore od interno di ciascun gruppo ; quindi negli esemplari fossili se ne trovano di ambi questi modi , e con passaggi intcrmedii. Lo smalto dalla faccia esterna si limila quasi iu linea ret- ta , dalla interna è inarcato , e si continua ne' lati obbli- quamenle. Fra i molti che ne possediamo nella nostra collezione avvene di quelli in cui gli spigoli laterali sono appena av- vertibili, e questi sempre i più lunghi, ed uguali ai mag- giori mandibolari dell' Odontaspis ferox vivente , avendo cioè un pollice di lunghezza la sola corona. Lungi però dallo intravedere segni di preesistenti den- telli ai lati della base del cono , questa si mostra interis- sima ne' suoi contorni, si che ci dissuade dal riferire tali denti agli Odontaspis. Lamna {Odontaspis) dubia^ Ag. Ili, p. 29^, Tab.Sy f. 24.-26. E. Sism. p. 48, Tab. II, f. 17-22. Tutti provengono da Cerisano nella Calabria cilra. 2. LAMNA CONTORTIDENS , Ag. Tav. IX, fig. 18. Lo specifico nome di contortidens è ben proprio ad indicare la forma tortuosa dell' »? del carattere arabo, ma non è però esclusiva ; che anche i denti della Lamna un- dulata e longidens ci offrono la stessa contorsione. La 3a6 Costa specie però di cui è parola si fa distinguere per la sua faccia esterna appianata, e l'interna molto convessa, sicché tutta la corona rappresenta un cono diviso da un piano che passa per l' asse ; amho i lati squisitamente acuti e ta- glienti dalla base fino all' apice , talvolta però il lato con- cavo è ritondato verso la base ; lo smalto si termina alla base quasi in linea retta dalla faccia esterna, molto inar- cato dalla interna , avendo pure la superficie segnata da strie pili 0 meno numerose che scorrono parallele all'asse delia corona. La radice è tuberosa , ritondata dalla faccia interna , scavata a modo di gronda dalla faccia esterna ; il suo confine con la corona è segnato da una leggiera sca- nalatura che forma un collare ben distinto. Varia per la forma più o meno contorta, per l' apice spesso appianato d' ambe le facce , per gli spigoli laterali ritondati verso la base , per le strie più o meno numerose ed apparenti sulla faccia interna o convessa , in fine per la sua lunghezza ed obbliquilà. Lamna {Odontaspis) contortidens ^ Agas.III, p. 294., Tab. 37, f. 17-23. E. Sism. Tav. II , f. 2b'-28. Il migliore esemplare di questa specie è quello che abbiamo rappresentato sotto il n. 18 di naturale grandezza, e proviene dalla calcare di Lecce : e questo conviene per- fettamente con l'esemplare che l'Agassiz rappresenta sotto il n. 19. Trovasi ben pure nel tufo di Cerisano , ove sem- bra men raro j ma- gli esemplari sono meno conservati nella radice» I Paleontologia del regno di Napoli. 3^7 3. LAMNA RAPHIODON , Ag. Tav. IX , Cg. 28 a b. Denti lesiniformi e di figura elegante , co' margini taglienti, che si ravvicinano maggiormente verso il mezzo dalla faccia esterna , in guisa da offrire una specie di strangolamento più o meno notevole ; in mezzo alla faccia esterna corre uno spigolo ; la faccia interna molto convessa è segnala da solchi distinti, che ad occhio armato si ren- dono meglio visibili, e disposti talvolta a disegno , i quali verso r apice insensibilmente svaniscono. Il nostro esemplare ha dippiù un color roseo. Odontaspis raphiodon , Ag. Ili, p. 296. Lamna ra^ phiodon ^ ejusd. Tab. 87, f. 11-16. Specie frequente nella creta di Lewes ; il nostro pro- viene da Cerisano. 4.. ODONTASPIS ELEGAN3 , Ag. Tav. IX,fig. 3o. Uniformandoci al parere del sig. Sismonda riferiamo a questa specie l' identico a quello che il prelodalo autore rappresenta sotto il n. 35 della sua Tav. II. Tutti i caratteri vi corrispondono a puntino ; avendo cioè la faccia interna convessa , non però con moltissime ma con poche strie verticali delicatissime ; la faccia esterna un poco rilevata nel mezzo , ed appianata verso la base , con un denlicello laterale mediocremente lungo ed acuto ; radice larga, tur- gida dalla faccia interna, profondamente inlaccata alla base , dalla quale intaccatura resta divisa in due corna di- 358 Cosia vergeuli j base dello smallo orizzontale nella siiperGcie ester- na , leggermente inarcata sulla interna ; profilo del cono un poco ripiegato all'apice dallo interno allo esterno. Latrina elegans , Ag. Ili, p. 2S9. Tab. 33, f. 1-7 ; Tab. 27, f. 58 e 59. . E, Sism. p. 4'i' Proviene dalla calcare tufacea di Cerisano. LAMNA (SPHENODUS) LONGIDENS , Ag. Tav. IX, fig. li ab. Non v'ha dubbio che fra i molli denti congeneri ri- cavati dalla calcare tufacea di Cerisano alcuni hanno la fac- cia esterna appianata quasi completamente, con un solco ne' lati che rende il margine più squisito , delicato ,• e ta- gliente dalla base fino all' apice , eh' è un poco ritondato. La faccia interna è tumida in certi più in altri meno. Tutti più 0 meno ondeggiati. Certo è però ancora, che da questa forma cosi squisita si passa lentamente ad altre , che me- glio diresti appartenere al Latrina contortidens (1) , e da questa all' Oxyrhina minuta (2) , senza trovarvi confini. Quando se ne ha un numero copioso , come noi ne pos- sediamo , e provenienti dalla medesima località limitatis- sima, non si può non trovarsi imbarazzato nel volerli sepa- rare specificamente. Convinti come siamo delia loro muta- bilità di forma sopra un medesimo individuo , secondo che appartengono a diversi siti della mandibola e de' palatini, noi ammettiamo la specie sulle orme battute por altri, non potendo addurre ragioni contrarie uè in sostegno di quelle. (1) Ag.l.c. p.29iÌjTab, 37,f.i7-23. (2) A'g. l.c. p, 288; Tab. 36, f. 39.47. Paleontologia del regno di Napoli. 8^9 Lamna (splienodus) longidens^ Ag. Ili, p. 298; Tab. 37, f. 24.-29. Anclie dalla calcare di Lecce ne abbiamo ricevuto 3 esemplari ; gli allri della nostra collezione spettano a Ce- risano. In quanto al valore del genere Sphenodus , si con- sulti quel che lA. medesimo ne dice alla pag. 288. Osservazione. Un immeclialo e ben studialo confronto istitaito tra questi (lenti fossili e quelli del vivente O.lonlaspis fcrox ci dimostra la [)iù stretta simi- glianza loro in quanto al cono o corona ; ma la radice è alTatlo diversa ; uè i limili dello smallo indicano punto esservi slate appendici o dentelli laterali. Ile la base è così dilatata, tranne taluno, che spetta ai gruppi più interni, e quindi più piccoli. Laonde non son essi da riferirsi evidentemente al genere OdoìUasjjù. Genere BIYLIOBATES , Dura. (i). Diilinqt/onsi i denti de'' Mlliobati propriamente detti da quelli degli ajfi- Jiissimi generi Zjgobalps e Aetobales , per gli scaglioni o piastrine dentarie mediane straordinariamente sviluppati , essendo ciascuno VII ff.adrilungo trasversale ; cinti ne' lati da due o tre altre serie di pi /strine laterali, sempre piti larghe od allungate che le me- diane, e di figura esagonale allungata o romboi tale. Li diversa proporzione, numero relativo , e la differente figura delle piastrine laterali danno gli elementi della diversità delle specie. Tutte le specie di lai genere si vogliono de' terreni terziaria MYLIOBATES APENNINUS , CoS. Tav. VII, fig. Saòc. Il frammento di apparato dentario evidentemente di tal genere non à veruno altro esemplare che gli simigli fra (i) Ua fix/as molare , e Pirof raia. 36o Cosla le i4- specie note all'Autore delle Reclierches sour les poissons fossiles. Sveuturatamenle il saggio noa è inte- ro, sì che non puossi stabilire una proporzione nelle dimen- sioni degli scaglioni mediani , nò delerminars il numero de' laterali di questi, né com' essi fra loro si comportassero. Solo è notevole che questi ultimi sono in rombo esagonale molto allungato , e mollo regolari (i) ; e che l'altezza degli scaglioni mediani è poco più che doppia della loro ampiezza. Nel resto non v'à che leggerissime modificazioni, che non danno valore al mio modo di valutare. La superficie triturante è liscia e nitida come 1' avorio ; e guardata con acuta lente si vede esser tutta la sostanza come granulata , a grani irregolarmente ovali. Tutto il pezzo è nitido , e lasciaci vedere l' intima connessione delle piastrine e de' travicelli; ma di ciò discorreremo nel proprio luogo della Fauna recente. Il pezzo proviene da Mormanno , insieme con Tappa- rato dentario del Synodontherium \ ma ignoriamo se fosse stato tratto dalla medesima roccia , e se provenga real- mente dalla stessa località. (i) Per questa n' . lesini a ragione si di- le differenze nelle loro dimensioni, parte dal M, anguslidens E. Sism.; oltre Paleontologia del ri'lo(/ia del regno di Napoli. 363 concia di quello Ire tavole , delle quali si è fatta menzione nella pag. 279 di questo volume. Quello segnalo dal n. i, è il solo scheletro , le cui vertebre sono mal disegnale , e non caralleristiche. La pinna dorsale potrebbe ò vero in- dicarci un JXotagogiis ^ se anteriormente vi fosso stala altra porzione disgiunta dalla prima; della qual còsa, non trovan- dosi alcun indizio, non è lecito giudicare. Sospettò l'A. che ' appartenesse ad uno Sparoideo , 0 ad un ]\higgine ; ma lo stesso dilemma nel quale entrava desta la meraviglia, più che la disianza in cui si trova quella organizzazione dal- l' uno e dall'altro. L'altro segnato n. 2 è veramente singolare, stando a quanto vien espresso dalla figura. Perocché è desso tutto rivestilo completamente e bellamente di squame , la qual cosa è rara , come ben avvertiva lo stesso Autore. Le squame hanno il margine libero riloudato e dentellato , come sembra ; lungo il mezzo del corpo corre una serie rettilinea di squame simili, ma ben dalle altre distinte, che tien luogo di linea laterale. La pinna dorsale (unica, in- tera , ed uguale) scorre dalla nuca alla estrema coda , l'anale simile comincia molto innanzi; la pinna cedale è smarginala ed a lobi uguali. Abbiam cercato gli originali di tali immagini , ma in vano , che sventuratamente le lapidi si son trovate ado- prate a ben altri usi, e quindi scancellate del tutto le impronte. E quindi fra i desiderii trovare qualche altro esempio di tali specie , ove siano stale fedelmente copiate; senza di che ogni giudizio è arbitrario ed azzardato. Nella Tavola III, lo slesso Cavolini rappresenta due Pycnodus rhombus , il primo de" quali riferisce allo Spa- rus erylhì'imis e 1' allro al mormi/rus , senza veruna aua- 364- Costa logia. Sulla medesima lapide evvi l'impronta scheletrica di un pesciolino , che egli riferisce al gen. Gobius , e proprio vorrebbe che spettasse al G. niger. Vetteme %i «edci Non è raro incontrare vertebre di pesci ne' terreni ierziarii delle Puglie ; e spezialmente nella calcare tufacea a grana fina e tenera detta leccese. Difficile n' è però a parer mio si la generica come la specifica determinazione. Tutto al più può dirsi della famìglia cui esse apparten^ nero. Perocché , se ne trovano certe si grandi , che doven- dosi credere di pesci cartilaginosi , è forza riferirle a Pia- giostomi di grande taglia. Noi daremo la figura di alcune di esse nella seconda parte di questa opera , cercando rav- vicinarne la diagnosi a generi noti e lutt'ora viventi. Da Bagnoli, nella roccia appennina , a 20 palmi di profondità , abbiamo ottenuto varie vertebre di grandezza e forma diversa , ed anche diversamente lapidefalte 0 in- zuppate di sostanza lapidea. A gigantesco notante spetta pure un pezzo di verte- bra completamente petrificata, e cavala dalla calcare giu- rassica di Pietraroja; quella stessa che racchiude gl'iltiolili, di cui si è parlato. Un tal pezzo consiste in un segmento, che poco manca per la metà del corpo cilindrico vertebrale. Il suo diametro è di pollici 4-,? 6„ 0 ; e 1' altezza pollici- 3;,!,,, 6.. Le sue due facce sono quasi piane, con un risa! lo- Paleontologia del regno di Napoli. 361) periferico largo un pollice , convesso , concenlricamenle slriafo ; e di minori rilievi è pure ornato fino al centro il piano da questo racchiuso. La superficie è liscia. Non tro- viamo segno di apofisi , sia trasversali , sia verticale. Le sue analogie sono quindi con le vertebre de' Selacini. Ma l'attuale generazione non porge esempio di pesce così gigantesco. L'Agassiz rappresenta una vertebra ancor gigantesca, che definisce del genere Za/TZ/za (Voi. Ili, Tav. 4.0'' f. 12 a 23); quella segnata al n. 9 è molto simile alla nostra già de- scritta. Essa non à che poli. 3„g,j6 di diametro, e poli. i„6;, 0 di altezza. Un'altra minore ne rappresenta nella Tav. 4-0° f. IO che, insieme a 12 altre più piccole dice semplicemente di Squalo. ©tofiti Spesso avvicn pure, che ne' terreni di alluvione od in altri depositi abbandonali dal mare , in mezzo ai resti di animali marini, s'incontrino alcuni corpicciuoli , della cui natura ed origine ignoriamo se altri si fosse avveduto. Ri- cercando i politalamii ed i foraminifcri microscopici de' no- stri terreni , portammo ancor l' attenzione sopra di essi ; e riconoscendoli per gli otoliti od ossetti timpanici de' pe- sci , ne facemmo il soggetto d' una Memoria , che fu pre- sentata alla K. Accademia delle scienze fin dal iSSy (i). (1) Vedi, Atti (Idia R. Accad. delle Scienze di Napoli. Voi. V, pag. lai. 366 Costa Fin d' allora potemmo riconoscerne due aventi gli ana- loghi nelle razze attuali; uno ne' generi Solea e Bolhus^ e l'altro nel genere Ophidium. Continuando lo stadio com- parativo di tali resti organici , siamo pervenuti a risulta- menti di tal mole , che entrar più non possono noi pre- sente lavoro; e ci è d'uopo rilegarli a tempi diversi. No- teremo qui solo, che là dove per lo innanzi non n'erano caduti sotto i nostri occhi che di specie piccolissime, recen- temente ne abbiamo scoperto uno , che supera quello di un grosso Herluccio , al quale pur si avvicina per forma: esso proviene dal deposito conchiglifero di Cannitello , nella Calabria estrema. Vediamo pur con piacere , che l'egregio E. Sismonda à fatto anch' esso entrare a parte de' pesci fossili del tori- nese i loro otoliti, lasciandone intatta però la diagnosi ge- nerica così come specifica (i). Rimettendoci dunque per ora a quel saggio, che tro- vasi inserito negli Atti della R. Accademia delle Scienze di Napoli, faremo entrare nella seconda parte della Paleontolo- gia quanto altro si potrà dire su questo argomento, il quale richiede indispensabilmente il lavoro preliminare della esatta conoscenza di quegli spellanti a specie viventi ; seaza di che riesce vano ogui sforzo per raggiungere la diagnosi speci- fica, od almeno generica ; né la semplice descrizione e rap- presentazione degli otoliti fossili può condurre ad altro , meno che a riconoscere la presenza di notanti nel terreno d' onde quelli si trassero. (i) Vedi, Descrizione de^ Pesci e dei Accad. delle Scienze di Torino , Sez, II, Crostacei fossili nel Piemonte, del Dott. T. X, p. i. 1846. E. Sismonda, == IN'elle Memorie della R. Paleontologia del regno di Napoli. 867 NOTA Hclodus. = L' Algeria, e proprio i contorni di Stao- ucli, porgono i medesimi denti fossili che noi abbiamo ri- feriti al genere Helodus^ Ag., associati ancb'essi con identi- che specie di Sphaerodus del medesimo autore. Gli uni sono perfettamente simili a quelli da noi effigiati nella Tav. I , fìg. i) a IO, e gli altri nella Tav. IX, fig. 25 a 28. Questi denti si trovano racchiusi in una calcare ma- dreporica subappenina. II sig. Valenciennes , che ce ne ha dato la descri- zione e la figura , avvicinandoli parimenti a specie della famiglia de' Sarghi, riferisce gl'incisivi i-I5 al Sargo pro- priamente detto , di cui propone farsene 3 specie distinte: gli altri molari, quei de' numeri 9-1 4-5 genericamente a Sar- go; e quei de' n. 6, 7, 8 alla Chrysophnjs Ar senar liana ^ specie proposta da lui. Ricorderemo qui ancor di passaggio , che di simili denti trovava pure il Soldani presso S. Quirico , come ri- cavasi da quel che ne scrisse nel suo Saggio oritlolo- gico , ec. §. cLxsxi. Siccome le forme, il numero, ed i fatti da noi rac- colti guidano a giudizio un poco diverso ; ed essendoci proposti di raccogliere documenti più decisivi per basare la discussione intorno alla spettanza di tali denti fo3sili ; cosi ci riserbiamo di rivenir di proposito su questo argomento: il che sarà fallo nella seconda parte di questo lavoro. Per ora è interessante conoscere la identicità di tali fossili , per quel che riguarda i rapporti gcognoslici della Toscana e la Calabria eoa le coste di Affrica. 368 CAPITOLO IV. titodtacei Sebbene la classe de' Crostacei non offrisse appo noi copia di esempii nello sialo fossile , ed i pochi finora di- scoperli riducansi sempre a frammenti (i); uno nondimeno di recente scoperto dai maggiore de' miei figli , Giuseppe , è di un grande interesse per la Zoologia non meno che per la Paleontologia. Egli è perciò , che dopo aver fallo un rapido cenno delle località in cui trovansi resti di cro- stacei, e di taluno di cui si può con fondamento ravvisare almeno il genere al quale appartiene ; ci occuperemo a de- scrivere minutamente quest' ultimo , che si è accompagnato con opportune sue immagini. La calcare del promontorio Ateneo, oggi Punta della Campanella, ugualmente che di quello di Capri (2), porta so- vente frammenti più 0 meno ben riconoscibili di crostacei^ mescolati ed impastati con zoofiti di ordine e di generi diversi. Essi sono completamente lapidefatti , e si strella- mente immedesimati alla roccia , che riesce impossibile isolarne un solo. Cavolini rappresentò un gruppo di co- testi zoofiti impietriti nella Tav. I, fig. i della citata Lef- (1) Vedi quel che fu detto nel com- pendio della Paleontologia del regno ia- serito negli Atti del FU Congresso , Parte I. (2) Si ]iretende , né senza potenti ra- gioni, che l'Isola di Capri l'osse stata in origine congiunta al continente per la punta della Campanella. Tanto su questa che sulla cosi detta punta dell' Impera- dore in Capri , la roccia è la stessa , e racchiude identici corpi organici lapide- fatti. Paleontologia del regno di JSapoli. SCg tera (v. pag. 279), clic dice spettare a Vico Equense : e uoi ne abbiamo figurato un altro nella Statistica di Capri. Così impastali si trovano pure in Calabria , presso Villa S. Giovanni , ma non lapidcfatti, sibbene cementati da sostanza lapidea quasi fusa. Ne' depositi conchigliferi e ne' terreni di alluvione è poi più facile incontrare di tali avanzi organici , ed ecco quali : I ILIA NUCLEUS. Articoli di chele e di gambe spettanti ad individui piccolissimi. Presso l' Amato , in Calabria ; non rari. PORTUNUS .... Passo del Gatto, presso Soriano. GALATHAEA STRIGOSA. Due rostri abbiamo di questa specie identici affatto a quelli degl' individui viventi , ma de' più giganteschi ; e solo mostransi un poco più larghi in proporzione della lun- ghezza. De' due esemplari, uno è dell'Amato, e l'altro di Cannitello, nella estremità della Calabria. In Ischia, fra le conchiglie e sabbia abbandonate dal mare , ritirandosi , s' incontrano pure rollami di gambe e scudi di crostacei, spettanti tulli a generi tuttora viventi nel nostro Mediterraneo ; de' quali ha fatto pur menzione il sig. F. Fonzeca nella descrizione geologica di quell'Isola (i). (1) Atti dell'Accadi Jeg^li Aspir. ÌNalur. a-" serie, Tol. I 1848, Tom.F. 49 ^yO Costa SPHAEROJIV FOVEOLATUM, Cos, Minulissimo crostaceo , non più lungo d' una linea e mezza. I segmenti del suo torace sono tutti dall'uno e l'al- tro lato segnali da assai profonde fossette quasi longitudi- nali regolarmente disposte , le quali raggiungono il mar- gine posteriore e non l'anteriore dell' anello: oltre le im- pressioni lineari , analoghe a quelle dello Sphaeroma ser- ralitm. L'ultimo segmento addominale, mollo convesso e ritondato posteriormente , à due risalti longitudinali poco bene espressi, per li quali si accosterebbe allo Sph. Hoo- keri di Leacli. Trovato nel tufo concbiglifero de' contorni della Pa- lude di S. Giorgio, presso il Piccolo mare di Taranto, fra quella immensa massa di testacei. L'individuo è compiu- tamente conservalo , avendolo trovato racchiuso nel mate- riale che infarciva una bivalve. MEGALURITES NITmUM , CoS. Tav. X , fig. 1 a I\. Diamo un tal nome ad un interessante crostaceo, sen- za premetterne alcuna generica definizione, perchè sarebbe cosa assai prematura ed azzardata. I due esemplari che ne possediamo , non sono che la porzione posteriore addomi- nale. Evidentemente però , e per fortuna , uno di essi appartiene al sesso maschile e l'altro al femmineo. Si com- pone ciascuno di 19 segmenti assai angusti , e piegali -in duplice arco , sicché nel mezzo formano essi una linea angolosa. I loro margini sono minutamente dentellati , e Paleontologia del regno di Napoli. 871 l'anleriorc dell'uno col posicriore dell'altro costituiscono quasi una sutura. I primi ed auteriori segraonli sono presso die uguali tra loro in lunghezza, ma si allungano alquanto più nel- r accostarsi alla estremità posteriore, mantenendosi i mar- gini costantemente tra loro paralleli. L'ampiezza varia al- quanto , perchè sul mezzo restringonsi , ed i tre ultimi sono di tutti men larghi come sono più lunglii. La loro superficie è compiutamente liscia, Icvigatissima , e quindi splendente. AV due lati ripiegano in giili , formando una spessezza, eh' è quasi la quarta parte dell' ampiezza , e le facce sono ad angolo retto ; poscia s' inflettono per met- tersi paralleli al dorso ; ma nella parto inferiore il piano ondeggia, generando due grandi risalti come cordoni, 0 tre pieghe molto profonde, una delle quali mediana cor- rispondente alla linea media dorsale. Ciascun segmento è bipartito nel mezzo, sia nella faccia dorsale, sia nella addominale ; le due metà s'inarcano d'avanti in dietro , e nel mezzo si trovano perfettamente disgiunte , onde si genera una linea profonda che scorre longitudinalmente. La faccia anteriore , per la quale ha dovuto essere attac- cato alla porzione cefalo-toracica , ci presenta la sezione della intera spessezza, e quindi la sua figura : e per essa rilevasi come sian tutta le lamine, di cui si compone, divise in due per la linea verticale corrispondente alla longitu- dinale superiore ed inferiore. Ciascuna delle due metà è leggermente concava , sicché nel mezzo presenta una ele- vazione , sulla quale scorro la sutura. Guardata la su- perficie eoa occhio armato da lente acuta, vi si scorge il reticolo vascolare e della lamina interposta a quelle che costituiscouo i segmenti , e che noi abbiamo rappresentala 372 Costa ingrandila nella fig. 4-', ugualmente che la ramificazione de' grossi vasi, i quali hanno lascialo la loro impronta concava sulle lamine che quella racchiudono , come si veggono in ò. Si trovano innoltre due forami suU' orlo estremo dalla parte inferiore ilici lubcrculalìs , in dorso breviler subinler- riiptis ; dorso rolimdalo ; ultimo anfracto o,44 >' seplis laleraliter qua- drilobalis. Simile del tutto a questa specie , descritta e rappresen- tata da Pictet, è l'ammonite cbe noi possediamo, prove- niente dalla medesima località (Portella sul Gran Sasso d'I- talia), ed ai quale è slato dato il nome d' insignis dal pre- lodato de Bncb , come dicesi. Differisce dal Brongniartianus in ciò solo, cbe man- cano i tubercoli sull' orlo interno de' giri della spira , dai quali partono le costole rilevale e rotondale ; ma oltracbc i tubercoli sogliono scancellarsi, quando più e quando meno, in individui di ima medesima specie ; in questo, come in altri ammoniti dello stesso luogo, un tal fallo può ben de- rivare dallo sdrucimculo sofferto , trattandosi di nuclei , Tom.F. b'o 378 Casta non di conchiglia ; nondimeno le tracce ne avanzano , ve- dendosi in quei sito le costole più elevate. Troviamo qui ancor l'ombelico scancellato, e la sostanza della conchiglia distrutta fino allo interno de' sepimenti, sicché i loro fra- stagliamenti si mostrano incavati. I sepimenti laterali sono quadrilobati, il laterale superiore assai più corto e più lar- go di tutti , il laterale inferiore più profondo di ogni al- tro, terminato da due branche suddivise , la esterna in tre la interna in due lobetti. L'ultimo anfratto occupa o,3o. ^mmom'ies Broìi^m'arlminis, Vici. ^ Mera, de la So e. de Phys. et d'IIist. Natur. de Genève, voi. XI, p.3io, PI. 5, f. 3 a6. L' esemplare rappresentato nella figura 3 differisce dal precedente soltanto nella grandezza, essendo a parer nostro un individuo più adulto ; esso è molto logorato, spezialmente nell'ombelico , e nello estremo dell'ultimo giro di spira. 3. AMMO.XITES FILOSUS , CoS. Tav. XI , fig. 4-. Simile in apparenza aW^^^m. costellatus Leym. (i) , a cui è pure uguale ; ma ne differisce per la mancanza di costole intermedie ed abbreviate sulla periferia esterna , e per la presenza di una carena dorsale. Le costole sono si delicate , che in un sol giro della spira so ne contano 4-8 5 tutte uguali e simili in forma di f\ ne' primi giri della spira di esse non vedesi traccia, né ciò sembra dovuto a logorameulo sofferto, essendo que- sta la parte più depressa o profonda del piano ; pare dun- que che nella prima sua etade esser deve liscio del tutto. (I) Mera, de la Societ. Geolog- Je Fi-auce , voi. V, p.i5; PI. XVII, f.iS. Paleontologia del regno di Napoli. Syg De' sepimenti si vede solo qualche traccia imperfelta sul margine ventrale , nel resto essendo scancellati. Ultimo anfr. 0,42. Ammonites fimbrialus , Atti del VII Congr. 1. e. co- me sopra. Forsi di Sowerby ? Troviamo cssrr questo il laogo opportnno da porre alla conoscenza de' cultori della Zoologia aniica o reccnle un fossile, die forma il tipo di un ge- nero , forsi nuovo , di cui però non conosciamo la provenienza (i). È esso singolarissimo, lanlo pel modo come si rivolge, alla guisa dogli A selli <ì degli Sferomi, che per lo suture de suoi segmenti, le quali son proprie degli Ammonili. Per quanto sappiamo, paro non essere noto ancora, o ma- lamento descritto; e quindi lo abbiamo effigiato nella taVola X , fìg. 5-8, ondo possa ancor esso concorrere a dimostrare, che meno strana parer debba l'organizzazione del nostro Megalurites nilidum. È da dolere che il pezzo non sia intero io ogni parte; però l'erosioni sofferte non interrompono la totalità della immagine, nò i rapporti delle sue parti, ma solo la configurazione delle selle e de' lobi , de' quali taluno ò assai chiare. In attenzione di chiarimenti , proponiamo provvisoriamenle per esso il generico nome di Sphaeromiles- (1) Questo pezzo singolare lo ncqui- vanzi del Museo di Boro, starnino in Vienna con parecclii altri a- 38o CAPITOLO VI. Genere HELIX , Lia. HELIX OLIVETORUM , Gin. P^ar. cannala , Cos. Tav. XII, fig. i.J,B,C. H. testa orhìculalo-convexiuscida , umbilicala , tenni, pelhici la , su- pra corneo-Jlavicanle , siibtus albida ; spira oblusissima ; anjracti'jtis ea- rinatis , carina acuta ; labro siinplici, acuto. Conchiglia ritondata, leggicrmenle convessa, con l'apice della spira appianalo ; V ombelico ampio quasi cilindrico si che lascia vedere luUi i giri della spira, passando la luce a traverso del primo giro apìcale che solamente lo chiude; le paridi son delicatissime e diafane; i giri della spira nel perimetro esterno acutissimi, formando una squisita carena, sotto la quale si salda il giro susseguente , onde le suture restano da quella coperte ; la superficie loro è striala ; si con- tano in lutto 7 giri di spira ; il labbro è semplice ed acuto. Diam. Un. ii ; due linee cioè maggiore di quello del tipo. Semifossile in Pieiraroja ; iu un terreno ferrugiiieo- argilloso. Assai rara. Onservaz'one. E facile avverlire coni' ossa sia 1'//. olicetorum \\m de- pressa; onde quella leggerissima carena che incontrasi nel li[)o , s^iezialiiierite Paleontologìa del regno di JSapoli. S8i nu' giovani iniliviJiii , qui si fa squisitissima, cJ occulta le saldature 0 le ap- piana. La superficie è bellamente e si|nisilaineDte striala a traverso. Il tipo di questa specie lo abbiamo trovalo fossile nel travertino de' monti Ascolani, avendone nel nostro gabinello un esemplare cos'i nella roccia incastralo. Non è raro incontrare spoglie di molluschi terrestri e iluvialili, rimesco- lale con quelle di abitanti del mare ; spezialmente ne' terreni di trasporlo. Anche presso 1' Amalo , in quello immenso e ricco deposilo di marine con- chiglie , abbiamo trovalo in luischlanza il Lymnaeus slarjnalà e paliistris , \'H. naticoìc/es ce. Con ciò il terreno non mula carallere o natura, essendo la loro presenza dovuta a sopravvenienli deposili per alluvioni. Genere SCALARIA, Lnik. SCALARIA PLICOSA , Pilli . Tav. XII, fìg. 6. Se. lesta parva la , pyramiJata , nuli; anfractibus long ituil mal iter costatis , transversim subtilìssime strìatis ; eostis crassis , prope suturam explanatis ; apertura rottmdala , labro exlerno varicoso. Piccola conchiglia, che si presenta con l' aspetto di uu Cerizio .^ per l'andamento delle sue costole, le quali sono grosse , lurgidetfe nel mezzo , e spianate presso la sutura , ove si deprime anche il giro della spira , sicché le costole , poste come nelle congeneri , restano tra loro disgiunte per gli estremi; essendo ancora l'una dall'altra si discosta, che in ogni giro di spira se ne contano 9 so- lamente ; mi maggior numero però ne ha sopra i primi od apicali suoi giri; sono iunoltre finamente striati a traverso, ciò che si vede soltanto con occhio armato. L'apertura è ritondata , e sul labbro esterno porta una grossa Yarice. Altezza lin. !5,,6. Scalarla plicosa^ Phil. Faun. Moli. Sic. p.i-l6, Tao. XXIV, fig. 25. 382 Costa Fossile in Calabria ultra, 1. d. Passo del gatto ^ tra Monteleone e Suriano ; nell' argilla : nell' Amato , Phil. Genere NERINEA , Defr. (i). Nò i mari attuali , ne i terreni terziarii hanno ancora porto un esempio di conchiglie di questo genere. La cal- care secondaria compatta, ed i terreni oolitici sono i soli che racchiudono nuclei di Ncrinee. Tali sono le dottrine dai geologi stabilite , e generalmente ripetute. D' ordinario non avanza di esse che il nocciolo , e più frequentemente l'asse o colonnetta, con le pieghe più o meno ben conser- vate ; ma i caratteri inerenti alla spoglia esteriore mancano affatto , o ben di rado se ne veggono tracce ; laonde riesce difficile specificamente distinguerle. La calcare della Ma- jella e del. Gargano ci ha esibilo abbondevoli esempii di tal fatta. Forsi vi saranno altre località coeve che ne offri- ranno ; ma noi non esporremo che i documenti di cui sia- mo coscienziosamente informali (2). Dalla molliplicità degli esemplari raccolti , e che trovansi nella collezione del mio Gabinetto, scelti ne ho due soli, i più caratteristici, e che ben possono essere specificamente distinti. (1) Nome mitologico. Nerinea, ma senza indicarne la località, (2) Il pr. Pilla annunziava, in una sua né distinguerne specie alcuna. Dice in- scrittura presentata al primo Congresso nolire abbondare le Nerinee slrtattaniente scientifico italiano (Pisa), aver trovato nel in taluni luoghi, che la roccia n' è impa- regno di Napoli cinr/uc specie almeno dì slicciata. , Paleontologia del regno di Napoli. 383 NERINEA ELONGATA , CoS. Tav. XII, fig. 12. Testa turrita , vaile elongata , anfractibits plamilatis ; columella bi-vel triplicala; labro exlerno inlus bi-jdicalo ; basi canalicuLua ? Conchiglia torricolata, molto allungata, di cui gli an- fratti bipartiti sono quasi appianati ; la parte inferiore poco più larga della superiore, e più depressa, sovente ancora un poco incavata nel mezzo (i). Osservazione. In uno degli esemplari di qaeslo genere trovasi la con- chiglia del tulio disirulla, restando il mollusco libero da ogni parie. Il suo manlcllo ù iapidefallo , e gì' interni visceri anche dislrulli. Quindi si presenta il pallio bellamente piegalo tre volte sull'asse, e due sull'esterno, sulle quali pieghe modellasi la spoglia calcare. NERINEA ELATA , CoS. Tav. XII, fig. II. Testa conica basi elata ; anfractibus i-otundalìs , quorum parte in- feriori angustiori. Conchiglia conica (2), molto dilatata alla base, co' giri (i) Sopra un moncone di poli. 2 e 7 (2) Il nocciolo di questa seconda spe- lin. si contano 6 anfratti; la diflereDZCOin- porzione quale ad uu tronco conico , ci prende 6 in 7 anfratti, rende un' altezza di pollici G '/^. Sicché , Dalle quali proporzioni è chiaro che la considerando come terminato lo accresci- conchiglia rappresenta un cono molto di- mento di questo individuo , non avrebbe latato nella base , ed assai ben diverso che un pollice e 2 linee nella base, sopra dalla precedente, anche per la forma ben un'altezza di poU.G'/j, il che darebbe litondala degli anfratti; i quali si conser- una conchiglia mollo svelta , d' onde il \ano interissimi , e di cui la metà supe- uome di elongata. riore è più stretta della inferiore , che 384 .' *~' Costa della spira ritondati allo esterno, e suddivisi; la porzione inferiore due fiate più lunga della superiore. Avvene della elata individui di doppia dimensione , ne' quali però si conservano tutti i caratteri e le proporzioni indicate di sopra. Essi sono sempre quasi rivestiti di cristalli minutis- simi di calce carbonata in piramidi triedre acutissime. Nella medesima tavola, fig. i3, si è rappresentatala colonnetta e la cavità degli anfratti della seconda di que- ste due specie ; a fine di mostrare il caso più frequente , e la disposizione delle tre pieghe caratteristiche di questo genere. Genere PYRAMIDELLA , Lmk. PYRASUDELLA ESIGUA , CoS. Tav. XII, fig. ^aA. P. lesta conico-titrriCa , subperforata , laevi, alba , anfracttbus pia- niusculis , ultimo rotundato ; colurnella uniplicala ; labro inlus strialo' sjitcato. Conchiglia quasi conica, alta lin. 3 y.., larga lin.i '/,,, composta di i o giri di spira alquanto appianati , 1' ultimo convesso assai più. Il labbro della colonnetta lascia un an- gusta apertura , nondimeno chiarissima ; internamente ge- guarda V apice : mentre nella specie pre cedente sono al contrario ; e la metà supe fiore, un poco più stretta della inferiore è appianata, e nel mezzo vi scorre una leg giera depressione che talvolta la fa ap parire come triplicata. La colonnetta m anijje queste specie proluni;asi in un ca- nale breve , poco più di quello del Ce- rizio Telescopio. Da alcuni piccioli spazii , ne' quali si veggono gli avanzi della concliiglia lapi- delatta, può giudicarsi, senza errare, esser gli anfratti ritouditl e levigati. Paleontologìa del regno di Napoli. 38b' nera esso una piega mollo elevala (i); il labbro esterno è aculo nel margine, inlcrnaraenlc solcalo, con 7 solchi ben apparenti , guardandola con occhio armato ; l' apertura è semi-ovata. Osservazione. Tulle le specie di qocsto genere finora conosciule appar- tengono a mari slranieri*; nò fossile si è trovala fra noi alcuna specie. Per lai ragione si è cosliluilo il genere Niso per le specie fossili ed europee, iutlavolla le dillcrenze tra i due generi sono fall che svaniscono facilmente sotto l'occhio analitico, quando hen s'intende il valore e l'importanza delle tenui modificazioni che suhiscono alcune parli di un tatto organico , e forsi le meno imporlanli. L' esenijdare, su cui si è falla la descrizione, l'ho trovalo in Ischia, nell'argilla tratta dalle cave di Casamicciola. Non è da confondersi col Nùo eburnea di Risso ; Relix terebellatu Brocchi , riportala da Phi- lipp! ncW Emmi. MoUus. Sic. p. i3S. La Pyramidella antiqua Hcen. , si limita da La Béche ai terreni del gruppo carbonifero. Genere MITRA , Lamk, II mare che atlualmente bagna e circonda il regno di Napoli par che non alimenti altre specie del genere Mitra olire le sello seguenti: M. ebemis , lutescens , tricolor , columbellaria , cupressina , A qui ni , q piota {2) \ né le terre abbandonale dalle acque medesime schiusero al Ire specie alle indagini iterale de dotti. Alle quali la Sicilia (1) Generalmente le riramidelle lianno clolezza della specie , essa mostrerebbe 3 pienhc nel labbro columellarc , .Itile come vadano mano mano a mancare le quali la suprema è maisglore, h duu altre pieshc minori. Nel genere Niso pel cou- poco elevate Nel nostro escmpl;,re la pri- trarlo il labbro columellare suol esser sem- ina è ben grande proporzionalmente alla pllce e liscio , talcbù Cronn pretende do- concbiglla , le altre due o sono scancel- versi unire con la Melania lìuscii e U late 0 sdrucite, vedendosene appena i ve- iiilidu per l'arsene un genere distinto. sugi. In ogni caso, quando anche non (a) Vedi Fauna derH. di Aap. Gen. esistesse cl.e una sola piega, attesa la pie- Jlilra. Tom.F. 5i 386 Costa isolare aggiungeva la M. Santangeli del Maravigna, che però credesi identica alla zonata del Risso e dello Swa- inson , e che fossile indi rinvenne il Philippi nelle Cala- brie ed in Taranto. L'argomento non comportando che ci occupiamo di quelle tuttora viventi ; ci limitiamo a descrivere le sole tre fossili di recente scoperte. I. MITRA FASCIATA, CoS, Tav. XII, fig. 2. i/. tesla pyramiclala glabra , anfracliòui par.m injlaià , suluris profundis , ultimo anfraclo subcylindiico; labro inferne divaricalo ; co- liimella quadruplicala , ad basin contorta ; alba , zona suturali jlavo- rubra cincia. Conchiglia levigata da pertutto ; i giri della spira son quasi appianati, ripiegando rapidamente su quello che pre- cede, onde la sutura risulta molto distinta; il margine dell' ultimo anfratto, scostandosi in gii!i maggiormente rende l'a- pertura mollo allargala alla base; la colonnetta ha tre pieghe ben distinte ed una quarta poco rilevata ; alla base il labbro Golumellare s'ingrossa, e forma una grande piega ritorta e rugosetta. Tutta la conchiglia è bianca, con una zona aran- ciata nel mezzo del giro della spira, che nei superiori viene in gran parte occultata dal giro seguente, restando sull'ul- timo visibile per intero. L'apertura uguaglia la metà della intera altezza della conchiglia. Alt. poi. 2. Fossile di Lecce , nella calcare tufacea tenera delta propriamente leccese. Differisce dalla zonata di Risso por la enorme dispa- Paleontologia del regno di Napoli. 387 rilà nella proporzione dell' aperlura sull' altezza della spira, eh' è 'A della iulera altezza, e per la diversità di colorazione. MITRA STRI.\TULA , BrOC. — Far. elongata , Cos. Tar. XII , fìg. 4. M. testa fusiformi glaberrima. strìis fiUformibus dislmtibm , levùer erenulals transverse succincta ; columella triplicata , basi acuminata. Conchiglia molto svelta, fusiforme , longitudinalmente solcata, con solchi cinque profondi e punteggiati ne' primi giri della spira, che indi si vanno scancellando, ed i solchi si fanno più sottili, spezialmente presso l'anfratto inferiore. La colonnetta è triplicata. L'apertura è lunga quasi tanto quanto la spira. Alt. poli. i„'6. Fossile dell'Amato. Differisce dalla slriatula di Brocchi (non Lmk.), per la maggiore lunghezza dell'apertura, se la figura è esatta; per le tre pieghe ben distinte della colonnetta , che nella i^lviahda vogliono essere b' 0 6 ; e per li punti infossati de solchi , che nella nostra svaniscono ne' tre ultimi giri della spira. 388 Costa MITRA PLICiTA , CoS. Tav. XII, fig. 3. M. testa pyramìdala , glabra , anjraclihiis plicalis in apice emclen- tiorihus ; columella quadruplicala , plicis exertis , òasi incurva , labro interne laevissimo. Concliiglia di forma quasi piramidale, splendentissima, avendo la superficie levigatissima di uà bianco nitido ; tulli i giri della spira sono ornati di pieghe grossolane ben ri- levate , assai più squisite ne' primi giri apicali , più rare e meno rilevale nell' ultimo ; questo è un poco appianato nel mezzo, e ripiega verso lo esterno nella base ; la colonnetta ha 4 grosse pieghe molto rilevale; l'apertura è mediocre, ed è lunga assai meno che la metà della intera lunghezza. Alt. poli. i;,3„6. Fossile dell'Amato. Osservazione. Simile alla plieatula di Brocchi , della qnale però è più grande, le pieghe più squisite, ed, inversamente, qai sono assai meglio espresse ne' primi giri della spira che negli ultimi, ove in quella cominciano ad apparire. Genere CERITHIUM , Lmk. CERITHIUil DISFAR , CoS. Tav. XII, fig. 8. Cc-r. testa turrita, a7ifraclibus planulatis dislinctis , bicostatìs; costa superne tubcrcuìosa , inferno vix granulala , medio subtilissime striala; cauda brevissima haud emarginala. Conchiglia bianca splendente torricolata , appena un poco rigonfiata nel mezzo , composta di undici giri di spira Paleoniologla del regno di Napoli, 389 ben tra loro dislinli , ciascuno de' quali e terminalo sopra e sotto da un rialto , il superiore de' quali guernito di tu- bercoli allungati molto elevati, T inferiore similmente, ma di tubercoli più piccoli ; lo spazio intercetto è leggiermente incavato, e solcato da sottilissime strie, visibili ad occbio armato ; il canaletto della colonnetta è brevissimo ed intero. Alt. lin. 9. Fossile deir Amato. Osscrvosione. Affinissitno è qncslo Ccrizio al litvhìnalus di Brocchi (.J/f/- rcx turbinalus p. 289 , n. 71. Tav. X , f. 1) , dal quale dissimiglia perchè inancanle della (orza costola media, in luogo della quale vi corrono tre a quattro solchi Cnis^siuii ; nò la costola inferiore è gueruila di granelli allungali, in vece ha essa delle mal pronunzialo elevatezze , corrisponJenli a quelle del rialto superiore. Però conviene avvertire che le strie mediane ingrossano a mano a mano , sicché sull' ultimo giro di spira la media si eleva un pochino, ed on- deggia come gli anfratti. Sembra dunque che crescendo potrebbe questa stria t'arsi più sensibile ; ma nel nostro esemplare si contano 9 anfratti , quanti ne trova ancor Brocchi uè' suoi, quantunque poco meno che di doppia dimensione. Potrebbe dunque esserne solo una semplice varietà per degradazione. Potrebbe esser pure una delle varietà del C. variabile che Deshajes descrive fra le conchiglie fossili de' contorni di Parigi , simigliando multo a quello della Cg. 2S , PI. Gì, di cui è solo mollo minore. Genere MUREX , Lmk. MUUEx VAGi.NATUs , De Cr. et Jan. Tav. XII, fig. 7. M. testa turrita , fiihifornn , loiìc/e caudata; uiijractihus angulato- plicalis , p/icis g in spinar» canaliculalam relrujlcxam productis ; cauda lom/a gracili et recta; apertura subovata. La spira di questa concbiglia si eleva a forma di pi- ramide , ed inferiormente prolitugasi altrettanto in un ca- nale dritto e delicato un poco piegato ver dentro nella sua Sgo Costa esirerailà sola; i giri della spira sono angolosi, formando un piano superiore ed un altro inferiore ugualmente incli- nati sull'asse; i successivi accrescimenti, nove sopra ogni giro, si prolungano in una spina compressa, obbliquamente diretta insù, ed un poco inclinala ancor verso dietro; l'a- pertura è quasi ovale , inferiormente prolungata, passando nel canale codale. Alt. lin. i6. Murex vaginaius ^ Phil.I, p. 211, Tab. XI, f. 27. — II, p. 182, n. 7. De Crist. et Jan. n. 27, 5. spec. Murex carmafus , Bivon. p. 27, tav. 3, f. 12. Murex calcar ^ Scac. Notiz. p.4-i, T. I, f. 16. Fusus echinatus , Kieu. T. 2, f. 2. Fossile dell' Amato ; reperibile anche in Sicilia presso Messina. MUREX ASPERRIMUS , CoS. Tav. XII, fig. 9 e IO. Testa stib-conica inferne ventricosa, oclofarian varicosa, varicibus frondiculato-aculealis ; anfraclibus supra planulatis ; cauia brevissima; apertura ovali. Piccola conchiglia , elegantemente ornata di 9 varici, sopra le quali si generano tre a quattro pieghe, che si pro- lungano a modo di foglioline piegate, e come embriciate tra loro, lasciando tra la superiore e la sutura uno spazio quasi piano ; inferiormente prodotta in una brevissima coda, akjuaulo rivolta allo esterno. Alt. iin. ^,,^. Fossile in Ischia 1. d. Casamiccia, nell'argilla; ed in Taranto presso la Palude di S. Giorgio. Simiglia esso mollo al M. scaber , di cui potrebbe credersi un piccolo; ma si dislingue non solo per la forma, ma anche per la brevità della coda, per gli anfratti appianati superiormente , e per gli aculei acutissimi , ne' quali si convertono le pieghe degli accrescimenti successivi sopra le varici. Paleontologia del regno dì Kapoli. Sgi Cenere BULLA , Lio. La calcare della Majella ia Valle d'Orfenda racchiude frequentemente nuclei di questo genere di gasleropedi, in- sieme ad altri evidentemente spellanti ai generi Voluta, Conus , e Trochus ; i quali , distrutta la conchiglia , re- stano racchiusi ma isolali nella roccia. Difficile, ed arbi- trario sarebbe il volerne definire le specie e baltezzarle. Nonperlanto la Bulla ampulla lasciasi sovente distinguere con minore incertezza. Una ne abbiamo trovata in Civila-Campomarano di straordinaria grandezza , sicché può ben dirsi gigantea. Essa per lo meno esser dovea lunga due pollici e mezzo ; perciocché il nocciolo , monco come si trova nel- r ultimo giro della spira, è lungo poli. 2„0;.6; alla quale lunghezza è d aggiungere la spessezza delia conchiglia e la parte mancante dell'animale impietrilo (i). Altronde la forma di tal nocciolo tende assai alla cilindracea , quindi lontana dalla Ugnarla^ assomigliandosi a quella della stria- la ^ che altualracnle non oltrepassa il5 lince. La cavila abbandonala dal mollusco distrutto è str.la quivi sostituita dalla sostanza lapidea, e presenta una spes- sezza di lin. 4',:3; lo spazio inlcrposto ai giri , e che ap- partiene al guscio , è rimpiazzato da quarzo cristallizzoto. (i) Fra le sperie vivfnti del i;enere lini- che , se il nocciolo di cui discorriamo la , quella die giun{;e a maggiore gran- si volesse riferire a questa specie, la sua dezza è la lignnria^ la quale al niassirpo co-ichiglra esser dovria almeno di 5 p •]- torca pollici a e 7 linee di lutilo , Il rlie Uri. Di t^Un , in spoglie (li poli. 2,,5„o, però è raro. Ma in questa specie la con- l'animale conlratlo ne' suoi primi aufratli clii^lia i i suoi giri assai larghi; in guisa non giunge alla metà. 892 CAPITOLO VII. uicefa.lt. Genere ANOMIA, L. anomia sulcata ? Tav. XIII, fig. 2. ^. fó«/a oblonga, stibarcuata , Jimbonibtts rolundalis tumidulis, mar- gine postico denliculalo ; longiludinaliler sulcata , sulcis mediocribus obsctire crenatis. Descrisse con tal nome l' illustre Poli una specie vi- vente, alla quale il Brocchi riferì con esitanza una valvola superiore , che fossile trovava nelle crele senesi. I dubbi eh' egli medesimo elevava intorno a tale convenienza , ed intorno alle affinità sue con la nudata e palelliformis sa- remmo al caso di elevar ancor noi per quella che abbia- mo fra le mani. Bla rimettendo i lettori alle opere citate qui appresso , perchè possano fare a lor modo giudizio di tali convenienze , noi daremo qui la descrizione della nostra conchiglia. Essa ha forma diremmo di una modiola , un poco in- arcata, con la natica tumida e ritondata , sulla quale l'a- pice piccolo e spianato ripiega in spira contrariamente alla incurvatura della conchiglia ; al di là di esso cominciano a partire 1 6 pieghe bea distinte , regolari , le quali seguo- no la curva della valvola : esse lasciano ne' solchi i vestigi Paleontologìa del regno di Napoli. 3(j3 degli accrcscimcnli successivi segnali da risalti squamosi , di cui presso il margine se ne veggono due assai ben di- slinli , poiché ripiega esso rapidamente , e si arresta , for- mandovi altrettanti dentelli ritondati in punta quanti sono i raggi medesimi ; sul resto essi sono lisci. Allo interno la superfìcie è levigala , vedendosi appena le tracce delle pieghe longitudinali , che restano bene espresse solamente presso il margine estremo : all'apice corrisponde il fossetto, ove si attacca il ligamenlo ; e sul margine s' ingenera una piega ed un risalto a modo di dente, come suol avvenire in qualche individuo della J. electrica. La conchiglia è solida , poco trasparente , di color bruno e corneo. Fossile in Monlcleone , 1. d. la Ferrera. Osservazione. DilTerlsce quesla nostra Anomia da quella dcscrilta e rap- presentala da Brocchi ( Conch. Subapp. p. 263 n. g. Tav. X , fìg. 12) per la forma più allungala ed incurvata , e pel minor numero de' risalti ; diffe- renze poco valutabili in qneslo genere di bivalvi. Conviene con la patellijovmis (Linn. Act. Ups. i. p. 43. Tav. V, f.3, n. 6, y) solo per f apice , che trovasi discosto dal margine sensibilmente , e por le strie trasversali membranacee ; sconvenendo solo per la irregolarità de' solchi ; ancor esso carattere di ninna importanza in siffalle conchiglie. Riteniamo noi dunque, che la silicata di Brocchi e la patclUformis del Linneo siano la medesima cosa. In (juanlo all' A. silicata di Poli è da ritenersi, eh' essa non è punto specie distinla , ma una di quelle tanto raodilicazioni che prendono la slessa margaritacea , \a. pectiniforniis , e \ aspera Phil. Poche sono lo specie di tal genere , che fra le viventi si possono eoa precisione determinare ; ma tra quelle che si dissepelllscono sono pochissime. \i sono delle località cosi abbondcvoli, che sombra il terreno di sole anomie gremito. Tale abbiamo trovato un silo presso il ponte di Potenza, ove con ostriche rammassata si trova \ An. Ephippiiim ; che però è cosi crassa, che per la sua sostanza margaritacea può facilmente ingannare un occhio poco e- sperto. Dall' Amalo abbiamo tratto ancora di questa specie certi individui gi- ganteschi , d' intorno a 2 pollici e nie7zo di diametro. Le marne di Taranto e di Lecce abbondano dell' Anomia squama, che prende tante svariale for- Tom. F. ù2 3 94 Costa me , da non poterne avere duo soli individui simili. La squamula altronde , se è par distinta specie, frequentissima si trova nell'Amato, nella Ferrera di ]\Ionleleone , Cannilello , ec. Genere MYTILUS , Lamk. Notava 'già il Brocchi esser questo genere povero di spe- cie fossili ; uolandone 4 soltanto, due delle quali spettanti propriamente al gen. Modiola. Il Philippi ne raddoppiava perfettamente il numero, si dell'uno che dell' altro genere. Ciò malgrado un'altra specie noi ne aggiungiamo al gen. Mitilo : e però possiam ripetere anche qui la necessità di attendere a ricercare , e discoprire , prima di por mano a stahilir leggi , le quali premature spingono necessaria- mente air errore. MYTILUS INFLATUS , CoS. Tav. XIII, fig. ^ aòc. M. testa oblongo cordata , valde infletta ; iimbonibus tiimi liisimis ; superficie Citertìa concenlrice abunde striata, interna taevi margaritaeea. La figtira di questo Mitilo molto si accosta a quella del M. imguiculalus ; ma i caralteri che ne la separano sono mollo rilevanti. Le due valvole sono patentemente dis- simili , essendo la destra sensibilmente più gibbosa nella prossimità della natica , e la sinistra più elevata verso i due terzi della sua lunghezza : ed anche nel piano di po- sizione disconvengono , essendo obbliquaraente accoppiate. Il lato ventrale è appianato ; e gli apici delle natiche, ben pronunziati ed un poco spirali, vi si elevano patentemente. I margini sono mollo disgiunti nel mezzo , e quindi la Paleontologia del regno di Nnpolì. SgS concliiglia rimane quivi sbaJiglianle assai più di quello che osservasi nelle Modiole. Il lato dorsale è iuarcalo e quasi gib!>oso. TI margine posteriore è rilomlato, ed i lali sono dilatali, quasi che volessero farvi uà' angolosità. Sulla parte posteriore delle natiche , oppostamente agli apici spirali , si eleva una punta molto sensibile , clie dimostra esservi, nello interno della conchiglia , una fossetta profonda. La superficie è trasversalmente rugosa, e le rughe disuguali, ma mollo profonde. La sostanza interna, di cui avanza uno strato attaccato al nucleo , è margari tacca. Lunghezza poli. 2; larghezza maggiore poi. 1^,3;, io. Ossertazìonì. DoLI)iamo la conoscenza di qucsla rara conchiglia alla gen- lilfzza del sig. marchese Taccone da Monlcleone , il quale la discopriva in quelli dinlorni in un terreno marnoso, ed a piccola profondità dal suolo. La conchiglia è calcinata , ed in massima parte distrntla , rcslando solo io strato interno attaccato al nocciolo , eh' è argillaceo , e molto friabile. Analogo a queslo Mitilo troviamo aii' altro in Caramanico, a'ie falde della ]\Iajolla ; il quale sembra scostarsene ali|uaDto per la forma degli uuiboni assai meno luiniJi , che per altro non sono visibili interamente, trovandosi la conchi- glia immersa per metà nella roccia , che la racchiude. Altro ne abbiamo ricevuto dalla Sicilia, che molto pnre simiglia ai pre- cedenti ; ma no ignoriamo la località , essendoci slato porto da mano imperita. Genere CIIAMA , Larak. ciiAM.v Runis , Cos. Tav. XIII, fig. IO, ab e. Trovammo insieme alla Iphigenia una sinistra valvola di Chama affinissima alla grgphoides, dalla quale per poco si lascia distinguere ; anzi , paragonata con certi individui della vivente specie, facilmente con essi si confonderebbe. * 3 9 6 Costa E però à qucsla l'uriihone bellamente ripiegalo in spira sul lato anteriore , e poco meno tumido di quello della mento- vata Iphigenia; gli accrescimenti successivi sono ben di- stinti , ed i loro intervalli squisitamente e profondamente striati per Io lungo ; gli ultimi però si fanno squamosi ed a largbe ed ineguali pieghe : allo interno il margine è den- tellato , ed il Iato anteriore è disgiunto dall' umbone ; la superficie è tutta ugualmente ruvida e malta. Lunghezza e larghezza lin. 5;, io ; — altezza lin.2;,9. Trovausi nel medesimo deposilo di spoglie testacee an- cor le seguenti specie del medesimo genere. Chama dissimilis , Phil. C/iama lamellosa , Cos. Chcana gryphoides. Chama plicata , Cos. Delle quali diremo ne' successivi quaderni e monografie. GE.NERE CORBULA, Brug. CORBULA. SPINOSA , CoS. Tav. XIII, Cg. 7e8, ab. C. testa ovata transversa , valva majore turgida , minore obscure plicata ; utraque slriis longitudinalibtis spinidosis rad alim exarata. Ventitré serie di spinuzze si coniano presso gli umboni; ma a misura che cresce la conchiglia le linee spinose di- varicano , ed in mezzo a loro si genera un' altra serie ; quindi il numero si va moltiplicando successivamente per modo che in fine se ne contano 90 di diversa grandezza, alternanti le maggiori con le minori di secondo e terzo or- dine : allo interno il margine è largamente crenato per de" Paleontologia del regno di Napoli. 897 soUilissimi ma lunghi solchi vislhili ad occhio armalo , e la superficie è raargarilacca. Il dcute cardinale della val- vola inferiore è assai grosso , asceudcole e sporgeule ob- bliquamente allo osleruo ; nella valvola superiore vi corris- ponde la fossetta , e di lato a questa un dente compresso quasi laminare. La conchiglia è spessa; e lo strato este- riore spinoso e ruvido cadendo lascia la superficie Icviga- lissima , splendente e quasi raggiante come quella della Mactra stidtoriim , un poco più raargaritacea. E questa condizione è necessaria tenersi presente , per non cadere in equivoci , ove si trovassero valvole^ cosi spogliate ed incomplete. Lungh. lin. 12^,10; largh. lin. i^. Simile per grandezza e forma alla Corbida gallica , dalla quale eminentemente dislinguesi per le piccole ed or- dinale serie di spine che ne armano la superficie. ' Genere CARDIUM , Lin. CARDIUM PECTINOmEUM , CoS. Tav. XIII, fìg. I e 2. Testa Iransversa, laleribus expaiìsù planulalisque ; loiigituJinaliter sulcula , sitlcis Sz squumis asperalis. Questa conchiglia , meglio che a pettine , come a prima vista parrebbe , sembraci un cardio , ed ha stretta analogia col C. clodiense di Ranieri (Brocchi, p.5oo, n.2). Ne differisce solo pel numero de' solchi, de" quali nel Clodiense voglionsi 22, mentre nel nostro se ne coniano 32- 33^ oltre taluno che rimane occullalo dalla roccia medesima, 398 Costa entro la quale giace , e propriamente di quelli del destro lato. Le costole moslran tuttora le impronte degli accresci- menti successivi elevati ed embriciati come nel C. rusti- cum ; ne' lati osso si dilata uu poco pili e si spiana al- quanto , ma sensibilmente. Larghezza poli. i„o,,6 ; lunghezza lin. 9, ,3. Trovasi in una roccia calcare 0 marnosa, bianchissi- ma , tenera e friabile a grana finissima , della quale ab- bonda il Gargano. L' esemplare effigiato al numero 2 della medesima ta- vola è solo pii!i grande , e vi si contano 35 solchi ; ed è certo anomalia quei due raggi più elevati ed un poco ir- regolari che corrono nel mezzo. Le sue dimensioni sono il doppio di quelle del precedente ; e trovasi incastrato nella roccia calcare-silicea del medesimo Gargano ; e non è che il modulo interno. Gli originfili di queste due conchiglie sono presso il sig. D. Onofrio Bonghi , attuale sottointeudente in Pozzuoli, che ci ha solo permesso di rifrarnc la immagine. Genere IPHIGENIA , Cost. (HiPPAGUS , Phil. ) Conchiglia eqiìvaloe , inequilatera, molto convessa, e or diforme , con le nal che tumiile , il cui apice spiralmente ripiega sul lato ante- riore ; la cerniera nella sinistra valoola ha un solco profondo allo interno del lato posteriore , suddiviso da un risalto trasversale un poco ohbliquo ; sul lato anteriore una eminenza callosa a foggia di dente quasi laminare ; nella valvola destra ... ? Fin dal 1827 , quando per la prima fiata visitammo le Calabrie, in compagnia del Cav. G. Gussoae , possedia- Paleonlologia del regno di Napoli. 3 99 mo questa conchiglia , che traemmo dal dcposilo riccliissi- nio presso il F. Amato. Fummo sempre ritrosi a pubbli- carla , incerti del posto da dargli nella serie, e de' carat- teri elle gli son propri. Peroccliò, malgrado lo averue due valvole sinistre ed una destra ; quest' ultima è si mal con- cia , precisamente sul margine cardinale , che non per- mette giudicare se la sua struttura sia identica a quella della valvola opposta. Il sig, Philippi , non essendosi avveduto di tale strut- tura, nò della esistenza della destra valvola, allorché studia- va la nostra collezione ; ed avendone poscia egli slesso tro- vate due altre valvole, entrambe sinistre ; credè poterle ri- ferire al genere Hippagiis ^ fondato da Lea per una bivalve, di cui egli confessa non aver piena notizia. Il sig. Desbayes altronde , crede vedere ncWJJippagus di Lea una conchiglia ])rossima alle Lucine , giudicandone egli pure dalla sola figura e dalla descrizione, non avendo mai visto la con- chiglia in natura. Il quale ravvicinamento allontana som- mamente \ Ippago dalla nostra conchiglia, la quale è invece di gran lunga più prossima alle Carne , ed alle Cardile. In tale incertezza noi diamo la descrizione della nostra conchiglia sotto quello stesso generico nome con cui provvi- soriamente l'avevamo in collezione; alleudendo da altri esem- plari, che probabilmente si potranno ottenere, un compiuto schiarimento sulla vera struttura della cerniera. Nò vogiia- mo tacere , che anche la JSevita sidcosa di Brocchi ci parve sempre una conchiglia affiuissiraa alla nostra Iphi- genia. Il prelodato autore si sforza a sostenerla come uni- valve , ed escluderla dal genero Jlalìolis ; sforzi derivanti appunto dai caratteri, che non convengono con quelli do' gasteropodi. 4.00 Costa IPHIGENU ACUTICOSTATA , CoS. Tav. XIII, fig. 9, ab ed. I. testa svborbiculola , costata ; cosi s radianlihus lamellìformibus i3-tS teninssime granidosis ; margine serrato; intus margarùacea. Coiicliiglia globolosa, guernita di costole longitudinali, che scorrono dell'apice al margine, mollo elevate, quasi la- minari, con lo spigolo acutissimo ; tredici a quindici in cia- scuna valvola ; la superficie è di color terroso, scabra o gra- nellosa, le quali scabrosità sono maggiori più elevate ed ap- puntite sulle coslole anteriori , che nelle posteriori , ove si spianano ; sul margine le] costole si prolungano for- mando altrettanti dentelli acuti , triangolari , scavati dalla faccia interna. La superficie interna è margaritacea , uà poco violetta sul perimetro , nitida maggiormente verso gli umboni : sul lato anteriore v' ha una impressione mu- scolare molto profonda , ovato -allungata , e smarginata dal lato esterno , la quale si estende dal limite della pri- ma fin sulla sesta costola ; al di qua di essa il ripiega- mento della conchiglia genera una elevazione callosa, che sul margine forma quasi un dente laminare ; sul lato po- sleriore vi è un'altra piccola ma profonda impressione del muscolo adduttore delle valvole, la cui impressione è larga e falciforme ; e sul margine v' à la fossetta lineare per la inserzione del ligamento ; la quale è lunga, ma suddivisa in due per un risalto mediano trasversale ed obbliquo, che sembra l' analogo della lamina mediana delle cardite. La valvola destra essendo incompleta , nel sito in cui sulla sinistra si genera la callosità a foggia di dente , pare Paleonlologia del regno di ISapoli. 4-0 1 che vi fosse una corrispoudenle smargiualura ; ma siccome quivi appunlo vi sono segni di lesione , non si può affer- mare assolutamente. Notevole è pure, che nella valvola con iI5 costole , queste sono più laminari , e la loro superGcie più granu- lare ; nell'altra con i3 costole, esse sono più basse , e più dilatate nella base, sicché lasciano un solco più angu- sto tra loro; e nella faccia interna sono meglio pronunziati i solchi corrispondenti. Hippagus aciiticostatus , Phil. Faun. JJir. Sic. p. 4-i. Lungh. lin. 6_,;2 — larg. Un. 6„o — alt. di una delle valvole 4;4- Tom.r, 53 402 CAPITOLO vin. yotacn\opea CAPITOLO IX. ©ttocetatù; , ^pputiti, ^a^iofiti, dim^^eéil , I. Picot de Lapeyrouso, nel 177^, visitando le basse re- gioni de' Pirenei , conosciule col nome di Coròieres , vi trovo copiosi fossili, che nuovi ed interessanti giunsero allo sguardo di lui. Dal A/onferrand Uno a Sov^rapie, all'È, de' £apn cu Bennes, Diocesi di Jles , egli ne raccolse mol- tissimi ; Ira' quali alcuni corpi cilindrici di uno a due pie- di di lungo, a cui il volgo dà quel nome ù\ corna. E'^li non polendone definir la natura , perchè rottili in più sUi non vide che spato calcare grossolano , senza alcuna trac- cia dell' antica loro organizzazione , servendosi dello stesso nome volgare convertito in greco idioma gli appellò orto- ceri, che vale corna dirille. Non lungi da Monfcrrand trovò de' frammenti più pic- coli , nel cui interno vide i sepimenli ; e pensò dovere ap- partenere ad Or laceratili ., genero stalo di già fondalo da Breyn. Verso i fianchi di Sovgragne incontrò un conside- revole ammasso di tali corpi cilindrici , aggruppati alla guisa d, canne da organo , come egli dice , ed attaccali alia roccia. Egli trovò in seguilo un miscuglio di PoUdìH e Lilofiii di ogni specie, e di bivalvi con essi. Partendo egli Oarile idee somministrategli da Breyn {Po- lythalamia), e da quanto può leggersi nell'opera cominciala 4.0 6 Costa da Knor (ove si (rovano fusi i lavori di Klein, Breyn, Walch ed al(ri), ugualmente che ne' Litofiti Boruiani , stabili su quelle norme una famiglia nuova, per racchiudervi questi esseri, di cui cerca indovinare lorganisrao e 1' uso delle parli. Assumendo per caratteri tutte le modificazioni e tutti gli incidenti da' quali sono tali corpi accompagnati, ne co- stituì tre ordini, ciascuno de' quali composto di uno o più generi, fondati sopra basi tanto anguste , che bastano ap- pena a sorreggere le specie — Le quali cose non è possi- bile intendere , e molto meno approfondire, senza aver pri- ma piena e minuta conoscenza della organizzazione propria degli esseri de' quali si tratta. 2. Nelle mani di Laraarck gli Ortoceraliti di Picot pre- sero un posto fra i Cefalopedi concamerati ; ma , avvedu- tosi della somma differenza che passa tra questi fossili e gli Orioceri, che già si conoscevano, ne permutò il nome gene- rico in quello d' Ippuriti. D' allora , è già mezzo secolo , gì' Ippuriti si sono ritenuti, e ripetuti da tutti coloro che hanno creduto conoscerli ; ma molti tra essi non han sa- puto neppure ravvisarli , confondendo sovente con tal nome oggetti differentissimi. Il precitato dotto classatore des animaux sans vertébres volle esprimere col nome llippurites quella esterna striatura , che molti di essi pre- sentano allo esterno ; la quale , associata ad una forma conica 0 tendente a questa figura , eccitavagli la imma- gine di quelle criniere , con le quali si adornavano i ci- mieri de" greci e de' romani combattenti , e che ora pur sono in uso tra noi per diverse milizie , come la Gen- darmeria scelta 0 Veliti (i). Bla trovandosi imbarazzato (i) La voce Jlippuris vien dal greco de' cimieri cos'i da coda cavallina ador- iffxo! eqiius et ci', à cauda , coda di ca- nati, vallo : ed 'nnr-tivoih-.i si dissero le sommità Paleontologia del regno di Napoli. ^07 nell'applicazione di questa idea a tutte le forme rappresen- tale da Picot nelle sue i3 tavole, si limitò ad indicarne due sole. 3. GÌ' Ippurili furono quindi per lui definiti nel se- guente modo: Testa Cjjlindraceo-comca , recla vel subarcuata, inlus septis trans- versis in locidos plures dislincta. Cun'ncc duo internai iongitudinalei oblusai convergentes. Loculus idtimus operculo clausus. GV fppuriti (egli dice nelle osservazioni), che sono slati ancor detli Urtoceralili , sono tubi Icslacoi , pelrificati , spessi, di forma cilindraceo- conica , or drilli , ora un poco carvi , il di cui interno è diviso in naolli lo- calamenli , per lo mezzo di sepimenli trasversali , che si accollano alle pa- ridi del tubo. Negli uni , i sepimenli sono allravcrsati successivamente da un sifone, che in niun modo comunica con le concamerazioni o loculamenli del tubo. la altri , in luogo di sifone non trovasi che una gronda laterale , cioè un ca- nale coslilulto da due eresie longitudinali , acute od ottuso ; tal gronda è talvolta scavata , ma per lo più è ripiena da' medesimi sepimenli che traver- sano la cavità del tubo. In altri finalmente si osserva ed il sifone che at- traversa i loculamenli , ed anche la gronda laterale di cui è stalo discorso. L'ullimo loculaincDlo , eh' è quello che occupò l'animale ulliraamenle , à il suo orifizio chiuso da un opercolo doppio , solido , e di cui i margini tagliali ad ugnatura si adattano su questo orifizio con molta csallezza. G\' Ippiir/'ti a gromlaja han sempre molla spessezza, raenlre che quelli a sifone sono mollo più delicali. Queste singolari conchiglie non sono cono- sciule che nello stalo fossile , e sono siale discoperte ne' I^irenei dal fu Picot de la Peijrouse- Lauik. 7.° p. Sg^. 4. Da questo dettalo di Lamarck chiaro rilevasi, che mentre descrive con esattezza gli oggetti , ogni frase rac- chiude un'assurdità, quando si vogliono riferire ^V Ippiiriti a conchiglie concamerate di ccfalopedi. Noi non siamo più ohhligali a far rilevare le svariate forme e strutture che si sono racchiuse sotto nome d' Ippurili, perchè oramai molti generi sono slati creati a loro spese ; come i Baloliti, Ba- 4o8 Costa fanistri , Teleboiii ed Àgalirsi di Monlfort , i Radioliti di D'Orbigny , gli Amplessi di Sowerby , gli Sferolìli di Lamèlhorie ; e de' quali (ulti si compone la famiglia de' Jìiidisli di Lamarck : famiglia di una mescolanza di oggetti immensamente diversi fra loro. Basta scorrere il lavoro del signor Desmonlins sopra gli Sferolitì {\) ^ per accorgersi di quanti sforzi , circonvoluzioni di linguaggio , ipotesi e conghielture ha fatto uso, per farsi ragione del suo modo di vedere , ed ovviare le assurdità che spontanee gli si affacciavano ad ogni passo (2). 5. Ora noi proveremo, che §VIppuri/2\ eccetto alcuni, spettano al regno vegetale , e che i suddetti generi sono l'espressione di un diverso stalo di svolgimento delle piante, de' loro polloni cioè, degli ovoli, del fusto, nudo od involto da picciuoli: proveremo altresì che né sifone , né grondaja hanno menoma analogia con quelle scanalature che traver- sano colesti fusti : né le concamerazioni de' cefalopedi, con- chiglie assai noie , e fresche e fossili , convenire eoa quegli scompartimenti che si trovano allo interno di tali fusti , e che derivano dal midollo allargato de' medesimi. 6. Si avvidero di falli alcuni naturalisti, come il Fé- russac, il Deshayes , D' Orbigny, Desraoulins , e Lamethé- rie , esservi grandissima differenza tra il sifone che traversa i talami de' Nautili, degli Ammoniti e di altre conchiglie concamerate , e quel cordone che sta in luogo suo in certi Ippurili : come si avvertirono parimenti della diversità di struttura de' tramezzi degli uni comparativamente a quelli degli altri. Ma lungi dallo escludere perciò gì' Ippurili dal- (1) Essai sur les Sphéruliles, ec, in 4-° getto ; ma riverremo sullo stesso in luogo con IO tav. litogr. Parigi 1827. distinto, e dopo aver reso conto del fatto (2) Non è questo il luogo di entrare in nostro, discussione sopra i particolari di tal sog- Paleontologia del regno di Napoli. 409 r ordiuc de' concamerati ^ si acconleiilarono di trasformare quei sepimciili , e considerarli come falsi tramezzi , la- sciandone con ciò oscuro 1' ufficio. Posleriormenle però , sui dubbii elevati da Cuvier , Blain\ille e Desliayes , rite- nendo sempre glTppurili come spoglie di molluschi, e per- mutando i tramezzi in semplici strali prodotti dall' animale, come quelli che si generano in fondo della maggiore val- vola delle ostriche, gli hanno fatti solo mutar di sito nel metodo , trasferendoli dalla classe de' Cefalopedi a quella degli Acefali bivalvi ^ nella famiglia delle Rudisle (i). 7. Il Dcsmoulins , per rendere ragione di quella esscn- zialissima differenza avvertita ira l'intima struttura dei vo- luti falsi tramezzi , e quella delle pareti esterne degli Ippuriti ( differenza che non esiste , nò può esservi ne' Nautili , Ammoniti ec. perchè tutto è opera della mede- sima ed identica secrezione cutanea) , ricorre ali" ipotesi troppo lontana , che cotesti falsi tramezzi esser possano prodotti da un organo speciale, e diverso molto dall'ap- parato cutaneo, dal quale la esterna conchiglia viene inge- nerata. Ma il dotto naturalista non si avvedeva , che con questa ipotesi metteva piede in due altri gravissimi errori. Il primo è, il considerare come prodotto di secrezione cu- tanea lo esterno invoglio degl' Ippuriti , il quale essendo costituito da un tessuto reticolare continuo, non esprime per nulla il carattere di un deposito stratoso successivo , ana- logo almeno a quello di qualsivoglia conchiglia, non esclusi i tubi de' Balani ; che anzi è una condizione affatto con- traria. Il secondo consiste nella separazione dell" organo cu- (0 Vedi Deshayes , Observaiions sur Scienc. nat. anno i8q8. la Jamilk (Ics Rudisus := Ann. des Totn. V. 54. 4 1 0 Costa laneo da quello da cui presumesi esser prodotti i sopi- meuli ; discordanze e conghietlure mal fondate : il quale or- gano non può essere che continuazione di un solo appa- recchio sccretore, e delia slessa natura. 8. Koii potevano non avvedersi di altra fondamentale, anzi capitale eccezione, che presentano alcuni altri Ippurili. Niun vestigio in essi cioè di quei tramezzi , che costitui- scono il carattere normale delle conchiglie concamerate ; come ncppur di sifone ; la qual cosa sarebbe bastata per escluderli da questa serie. Invece si è supposto per questi esser chiusa la cavità (che spesso non esiste) da una valvola quasi piana, o meno rigonfia di quella degli sferolUi. Non isfuggiva del pari che questa valvola offre nella sua intima tessitura una porosità ben diversa da quella della pretesa conchiglia : ma ciò non foce loro alcuno ostacolo. Videro ugualmente mancare nella cosi detta valvola tanto la cerniera, che l'impressione del legamento. E per eliminare queste due gravi difficoltà, si ricorse al ripiego di considerarla per un coperchietto , senza rendere ragione di questo modo di vedere ; mancanti ancora come sono di analogie per giustificare , od appoggiare al- meno l' idea, si sono contentati rilevare tale condizione, per stabilire il carattere differenziale, e dividere gl'Ippuriti dalle Bivalvi : cosi hanno essi reciso, ma non isciolto il nodo. 9. Piii di recente (184.2) il sig. Al. D'Orbigny ci ha fatto dono delle sue nuove, e diverse dalle precedenti, Con- sidcrazioìii zoologiche e geologiche sulle Rudiste^ che da gran tempo studiava, sotto questi due rapporti. Per effetto di questi suoi lunghi sludii è pervenuto, com'egli assi- cura , alla certezza , che le Rudiste siano veri BRAcnio- poDi, come già lo pensava Goldfuss, ed essere lauto vicine Vulconlolugia del regno di A'apo//. 4- 1 1 alle Cram'e ^ che gì' Ippuriti ed i Rad/oliti se ne trovano discosli solamente per caratteri di piccola importanza zoo- logica. Facendo egli qnindi de' Drachiopedì una classe distinta , la divide in duo ordini : de' Brachiopedì rego- lari ^ e de' Br. irregolari o Rudiste. Nel primo ripone i generi Lingola^ Terebralida, Orbicnla , ed i restanti ge- neri di tal serie ; e nel secondo comprende i generi Cra- nia , Jlippurites , Radioliles , Caprina , Capratina ed Ichlhjjosarcoliles. Suddivide indi questo secondo ordine in due famiglie; la prima delle quali comprendo i tre primi generi, cui dà il nome di famiglia delle Ippuridee\ la se- conda abbraccia gli altri tre, e vien detta delle Caprinidee. Come una mente sì vasta, e piena di conoscenze zoo- logiche abbia potuto farsi una idea chiara dell' organismo de' prelesi animali costruttori di tali organici avanzi (eccetto che de' Brachiopedì regolari e delle Cranie)^ da vedersi si nettamente l'analogo di questi ultimi generi, è difficile a concepirsi. E noi entreremo in qualche dettaglio, quando partitamentc esporremo i risuUamonti delle nostre indagini. Importantissime sono altronde lo conclusioni geologi- che, eh" egli trae dallo avere esaminato con molta precisione la giacitura di questi fossili organici. Egli trovando che giaccioao essi non disseminati , ma distribuiti in cinque distinte zone, ciascuna delle quali racchiudente specie pro- prie e diverse da quelle delle altre; ne trae quattro legillime conseguenze. Non essendo questo pertanto il nostro argomen- to, ci gioveremo riportare in questo luogo la prima sola- mente , come quella che concorre naturalmente a rafforzare la natura vegetale di questi esseri. Le Rudiste, dice l'A., invece di trovarsi disseminale nella massa, formano depositi successivi, o banchi, la cui 4. 1 2 Costa linea orizzontale è marcata. Possono essi quindi esser con- siderali come i migliori livelli che si possono prendere per limili degli strati. Or chi non vede in questa disposizione quella legge cosi generale dalla natura serhala nella vegetazione , che si distribuisce per zone isotermiche ; e la inamovibilità pro- pria solo di questi esseri? 10. Noi altronde ricaviamo da tali discordanti opinioni, e tulle insufficienti ad ispiegare i falli svariati che ci por- gono gr Ippurili , una verità semplicissima : che questi dotti ingegni cioè , mentre si avvedevano delle assurdità che si racchiudono ne' loro concepimenti , si lasciavano sfuggir dalle mani le naturali conseguenze a dedurne ; e ciò sol perchè , preoccupati dal falso concetto de' mag- giori, ai quali ciecamente vollero tener dietro , non guar- darono lo cose con occhio analitico ed ampio. 11. Il dotto italiano Catullo si avvide ancor egli delle enormi differenze ch'esistono fra le diverse specie d' Ippurili propriamente delti. Si limitò nondimeno alle più grossolane ed esteriori , senza approfondire la essenziale , che sta riposta neir intima loro tessitura. Egli riconosceva sibbene la parte esteriore essere in certi Ippurili diversa dalla più interna ; ma lungi dal riconoscere nella prima un tessuto reticolare, o cellulo-fibroso , e nella seconda un tessuto spongioso , o compatto , si limitò a considerare la uniformità de' ri- piegamenti negli strali successivi esteriori : volendo da ciò soltanto desumere , che questi siano in continuazione dello interno modello. Prese da ciò ragione per dividere gì' Ip- purili in due maniere; in quelli cioè di maggior mole , e quelli di mole minore. Ecco come egli si esprime su que- sto argomento : Paleontologia del regno di Napoli. 4i3 . . il modello degli Ippurili di maggior mole è lutto ricoperto di cordoni longitudinali, molto rilevati^ disgiunti tra loro per mezzo di solchi che ne determinano la gros- sezza^ sopra i quali avvi talvolta le strie o pieghe tra- s versali indicanti il progressivo ingrandimento dell' ani- male. Il guscio che ricopre questi modelli è liscio este- riormente , ma nella superficie interna comparisce fornito di solchi ^ i quali stanno in perfettissimo accordo con la struttura del modello ; cioè le parti prominenti dell' uno vanno esattamente a nicchiarsi nelle parti incavate del- l' altro. Catullo , Mem. pag. 9 , i834- = Zoolog. fossile^ pag. 173, Tav. VII, f. J, B, C. (a). 12. Per quanto sia vero l'asserto del Professor pado- vano, altrettanto è illusoria la distinzione ch'egli fa di guscio e di modello. Il guscio non è che lo stesso modello in uno stato di integrità ; ed il modello striato è lo stesso , la di cui parte esteriore è consumata : e quando questa esiste, e se ne dislacca , ciò avviene separandosi le lamine interne alternativamente. Noi abbiamo Ippuriti ne' quali , allo interno di un mo- dello a superficie striata , trovasi 1' altro a superficie liscia ; contrariamente cioè a quello che stabilisce il lodalissimo P. Catullo. E d'altro lato , nella Tav. XV fig. 7 (/ veggo usi i piccoli Ippurili con superficie liscia, in altri de' quali si discopre la sottoposta superficie striata , per essersi con- sumato l'epidermide, come appunto vedesi in oc, oc, ed in e della medesima figura. Ma la più chiara dimostrazione la porgono quei tanti (a) Facciamo astrazione della pessima liamo, all'occhio poco sbitu3to a riguar- figura, la quale per nulla può far ricono- dare siflalte cose. seere la identità de' soggetti , di cui par- 4 1 4- Costa ]ppurili, in cui il voluto modello è liscio , e quindi è in- viluppato dal guscio , a superfìcie striata nello esterno e liscia allo interno , o contrariamente. Questo è il caso de' Birostrili: di quelli precisamente in cui il nocciolo ri- mane ben disgiunto dal guscio , trovandosi fra i due uno spazio vuoto. A conciliare siffatte discrepanze il Desmoulins è ricorso alla ipotesi, che l'animale costruttore della ester- na conchiglia avesse alio interno un osso , che sarebbe l'attuale nocciolo: e che la sostanza carnosa, essendo ri- masta distrutta, à dato luogo al vuoto interposto tra noc- ciolo e guscio. Questa ed altre simili conghietture essendo state già dimostrate insussistenti , per mancanza di analo- gie , ci affrancano dal dovere di discuterle , potendosi ben apprezzare da ognuno che siasi addentralo in questi studii, ovvero leggendo i lavori originali sopra citati. Si doman- da , qual de' due è in tali casi 1' animale , quale il suo guscio? Sarebbero essi forse animale entro animale? o gu- scio entro guscio ? Il D'Orbigoy d' altro lato la considera come una delle due valvole delle conchiglie dissimili de' Brachiopedi ; ed in tal guisa sfugge tutte le difficoltà; ma ne sorgono altre e maggiori a parer mio., come si vedranno qui appresso e maggiormente allorché terremo parola delle specialità. Ed in quanto agli accrescimenti successivi, questi si avvertono svariatamente ne' grandi e ne piccoli individui. Anzi sono essi sensibili pii!i nella parte radicale che verso r apice ; siccome si mostrano negli esemplari rappresentati sotto i numeri 2,5 della Tav. XlV, senza mancar l'esem- pio di altri che si presentano nel mezzo. i3. Confrontando questi caratteri con quelli degli Ippuriti di minor mole , noi vediamo che il modello di Paleontologia del regno di Napoli. 4i5 guesti ultimi manca di cordoni longitudinali, e si mostra ajfatlo liscio ; laddove il guscio , in cambio di esser li- scio , si palesa rigato per lungo da coste equabilmente distanti r una dall' altra. Catullo 1. e. p. 9 a io. È questo forsi il caso che noi abbiamo superiormente esposto : e vorrebbe il lodalissimo professore costituirne due maniere d' Ippuriti , senza elevarli a generi. Eppure noi troviamo in minori individui l'esempio de' grandi, e vice- versa ; siccome dalle cose discorse. i4-. A fin di chiarire le contraddizioni, nelle quali ne- cessariamente doveva cadere il dotto autore , convien dichia- rare innanzi lutto, che noi riconosciamo due sorte d' Ippuriti assai diverse Ira loro : non già come generi, 0 come specie ; ma sibbene per la loro inlima natura. Gli uni appartengono a Zoojìti, come a Cariojìlle : e quindi dubbiamente sono a ritenersi ancora nel regno animale (1). Essi sono propria- mente quelli che son serviti di tipo al genere, ed ai quali si applica esattamente l'etimologia del nome Ippurite. i5. Avvertiremo da ora soltanto che i primi sono for- mati da lamelle distinte , e scorrenti dalla base all' apice , con cammino verticale , ed insidenti a perpendicolo sull'asse del cono al quale appartengono. Queste lamelle cosi confluenti neir asse costituiscono un solido solcato esternamente per i vani che lasciano le stesse lamelle. Tale precisamente è l' Ippurite rappresentalo nella Tav. XV, fìg.7, che corrisponde aWJ/ippurites contortus^ Catullo 1. e. Tav. II, fig. 3 , senza intendere con qual fondamento siasi considerato di tal genere ; mentre il di lui Podopsis arcuata Tav, II, fig. 6 corrisponde a quello da noi rappre- (1) Consultisi la nostra Prolusione al corso di Zoologia per l'anno scolastico iS^S-iSrjj. A 1 6 Costa senlafo nella Tav.XV, fig.6 (i). I terreni pertanto dai quali essi provengono sono differentissimi, e per etade geologica, e per la genesi loro. Lo sviluppo ulteriore di coleste es- senziali differenze sarà fatto sopra le rispettive loro figure, onde riescir possa piìi semplice e più chiaro. i6. Gli altri Ippuriti sono stati abusivamente conside- rati come congeneri , per la loro forma conica , e per le strie longitudinali esterne , che in certa guisa simigliano a quelle de' primi. Questi noi intendiamo essere indubita- tamente vegetabili , e quindi doversi escludere dal regno animale. La verità , che ben di sovente spontanea e nuda si affaccia , giova ripeterlo , si lascia sfuggir dalle mani, o perchè la luce viva ci abbaglia, o perchè, preoccupata la mente, non si presta fiducia ai sensi. Così al dotto Catullo offrivasi un Ippurite coli' aspetto vero di vegetabile (2) ; ma come tale egli vedealo solo per la sua forma cilindrica , siccome afferma. Arrestandosi indi alla buccia, descrive il fossile come una novella specie , cui impone lo specifico nome àìjìtoloideiis ^ senza innoltrare lo sguardo nella intima struttura di quello. E così pure è intervenuto al sig. D' Orbigny , che meglio di Catullo vide quello esterno tessuto lasco , fibro- so, lamelloso o poroso, ricoperto di laminetle 0 di strie \ e lo interno diverso dal primo , consistente in uno strato spesso , com' egli si esprime. 17. Già molti veri Ippuriti^ od almeno quelli a cui ben corrisponde la etimologia del nome, mancano affatto (0 11 genere /'orfo/iji.s lia per suo tipo mente considerale per tali. Jelle concbiglie vere: e noi non inlea- (2) Saggio di Zool. foss. p. i jB. diamo qui parlare che di quelle falsa- Paleontologia del regno di Napoli. 4 ' 7 di sifone: e questi ancora sono di due sorte. Gli uni appar- tengono a zoofili analoghi alle Cariojille ed alle Turbiiiolie., come dicemmo (§.i-l); gli altri di lor parlicolar foggia spet- tano puramcute a vegetabili. Tal è (juello che noi abbiamo rappresentato cella Tav. XIV fìg.5. Si vede in esso aperUv- ■ mente lo strato esterno striato:, la sostanza interna compat- ta ; e piena di anfratti o cellole irregolari. La prima od esterna sostanza ò un tessuto reticolato-vascoloso , proprio di vegetabili della classe de' monocotiledoni ; consta esso di lamelle longitudinali e trasversali , le quali chiudono spazii poliedri , o cellole prismatiche , le cui facce oppo- ste, superiore ed inferiore, rappresentano quasi un esagono irregolare, come si veggono in bc della fìg. ^j Tav. XIV: e le laterali sono perlopiù rettangolari, come in -e> m f,^.,A, ,//^ y,/, C,v./T. .■^ Sah: f^ìh/o liù. /;..■. X --^•^^Wjfcia.— Ta^'yj '^7 ■ ^0^. (^a-^<^ tc-f^iz r/ir ^^.'^Èi^èì&^à:iM,)MiàM. DEL PRESENTE FASCICOLO Paleontologia del regtw di Napoli^ di O.-G. Co- ■^TA pag. 233 Con fS tavole in rame. Prezzo del presente fascicolo due. ^^oo