1^^^ ilXTì k'r\^> ] I "^'Mi WW^ ^■-K^Nè« m?M' :^f?C.^^K^f^s;^^ mmSi ^r^.nr^ ^^ir>-''^ ^S^J. ÌSJ^ m m^sfim -nr^n: i9,';««-^ ^5;^^^: AW^ a^ Af^^N^ e>^:^,.,,^.. Ir. l 'C , VOLUME XT CATANIA r,OT TIPI DI e. GASATOLA 1898. J ATTI DELLA ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI IIV CiVTÀIVIiV ANNO LXXV 18 9 8 SERIE GlTJ J=^:EìT .^ VOLUME XI. ^CATANIA COI TIPI DI C. GALÀTOLA 1898. j)' / A Accademia Gioenia di Scienze Natueali IN CATANIA Cariche Accademiche per l'anno 1897-98 UFFICIO DI PRESIDENZA jj. N — Presidente RICCO Cav. Prof. Annibali: — Vice-Premiente GRIMALDI Tiof. Dott. Giovan Pietro — Segretario PENNACCHIETTI Prof. Dott. Giovanni — vice-segretario per la sezione di Scienze fisiche e matematiche. FELETTI Prof. Dott. Raimondo — vice-segretario per la sezione di Scienze naturali. CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE BERRETTA Uff. Prof. Dott. Paolo ARDINI Prof. Dott. Giuseppe CAPPARELLI un: Prof. Dott. Andkea GRASSI CRISTALDI Prof. Dott. Giuseppe CAPICI Ptev. P. D. Giovanni — Cassiere RONSISVALLE (Jay. Prof. Dott. Mario — Bibliotecario. Elenco nominativo dei Soci Onorari, Effettivi e Corrispondenti Soci Onorari NOMINATI UOPO L' APPROVAZIONK DEL NCOVO STATUTO Gemmellaro «'oMiiii. prof. (inct. (iioigio Chaix prof. Emilio Macaluso coiniii. prof. Damiano Cannizzaro s'- "tt- l'iof- Stanislao Mosso coimn. jiiof. Anj^elo Blaserna coiiiiii. Prof. Pietro Villari comm. prof. Emilio Beltrami comm. prof. Engvnio Naccari tiff. prol'. Andrea Striiver comm. prof, (riovanni Ròiti ufi', prof. ^Vntonio Cerruti gr. uff. prof. Valentino Berthelot prof. Marcellino Rowland prof. Enrico Grassi cav. prof. Battista Soci Effettivi 1. Cafìci rev. p. d. Giovanni -!. Berretta uff. prof. Paolo 3. Ardini ]uof. Giuseppe 4. Tomaselli comm. prof. Salvatore .">. Clementi comm. prof. Gesualdo (!. Orsini Faraone prof. Angelo 7. Ronsisvalle cav. prof. Mario s. Basile prof. Gioachino !). Capparelli uff. prof. Andrea 10. Mollame cav. prof. Vincenzo 11. Aradas cav. prof. Salvatore 12. Di Sangiuliano march, gr. uff. Ant, 13. Ughetti cav. prof. Gianil>attista 14. Fichera uff. prof. Filadelfo 1."). Chizzoni ]u'of. Francesco 10. 17. IS. 19. 20, 21. 22. 23 24, 2.5, 20 27. 28, 29, 30, Feletti i)rof. Raimondo Pennacchietti prof. Giovanni Petrone uff. prof. Angelo Ricco cav. prof. Annil)ale Curci ])rof. Antonio Bucca prof. Lorenzo Grimaldi prof. Giovan Pietro Grassi Cristaldi prof. Giuseppe Di Mattei cav. prof. Eugenio Baccarini prof. Pasquale Mingazzini prof. Pio D' Abundo prc^f. Giuseppe Ricciardi uff. prof. Leonardo Andreocci prof. Amerigo Soci Effettivi DIVENUTI CORRISPONDENTI PER ALLONTANAMENTO DI RESIDENZA Speciale prof. Sebastiano Pellizzari piof. Guido Stracciati prof. Eurico Peratoner prof. Alberto Chiarleoni prof. Giuseppe Leonardi comm. avv. Giovanni * Soci Corrispondenti NOMINATI DOPO L' APPROVAZIONE DEL NUOVO STATUTO Maggi prof. Giovanni Antonio Martinetti prof. Vittorio Meli prof, lìomolo Papasogli luof. (^iornio Condorelli Francaviglia dott. Mario Pisani dott. Koeco Bassani prof. Francesco Gaglio prof. Gaetano Moscato dott. Pasquale Guzzardi dott. Michele Alonzo dott. Giovanni Distefano dott. Giovanni Cozzolino i>rof. Vincenzo Magnanini prof. Gaetano Sella dott. Alfonso Pagliani prof. Stefano Chistoni prof. Ciro Galitzine Principe B. Battelli ]irof. Angelo Guglielmo prof. Giovanni Volterra prof. Vito Cardani prof. Pietro Garbieri prof. Giovanni Giannetti prof. Carlo Cervello [irof. Vincenzo Albertone prof. Pietro La Monaca dott. Silvestro Luciani prof. Luigi Zona (irof. Temistocle Bazzi prof. Eugenio Chirone prof. Vincenzo Morselli prof. Enrico Raffo dott. Guido Materazzo dott. Giuseppe Borzì prof. Antonino Falco dott. Francesco Del Lungo dott. Carlo Capellini prof. Giovanni Righi prof. Aiigusto Giovannazzi prof. Giovanni Kohlrausch prof. Francesco Zambacco dott. N. Donati prof. Luigi Viedemann prof. Eilliard Marchesane prof. Vincenzo De Heen prof. P. Pernice prof. Biagio Caldarera dott. AnCc. È abolita la contrattilità negl'interossei dorsali, e molto diminuita la con- trattilità galvanica nel grande e nel piccolo pettorale, nel sopra- spinoso, nel sottospinoso, nel luogo supinatore e nei due radiali di sijiistra. L'eccitabilità galvanica dei muscoli ipertrofizzati non è proporzionata al volume dei muscoli, risultando diminuita. L' eccitabilità galvano-faradica dei nervi è conservata. Quella faradica dei muscoli è indebolita nella regione tenare ed ipotenare delle due mani , però molto clippiù a sinistra , dove anche nel hmgo supinatore e nei muscoli flessori delle dita è diminuita. Nei muscoli ipertrofici l'eccitabilità faradica non è proporzionata al volume dei muscoli, risultando alquanto deficiente. L' eccitabilità muscolare agli stimoli meccanici segue uno identico parallellismo con quella elettrica ftiradica. Negli arti inferiori nessun distui-bo della motilità , del ti'o- tismo, e della contrattilità elettro-muscolare. La sensibilità tattile, barica, dolorifica, elettrica, si pi-esenta conservata per tutto il corpo , salvo nell' avambraccio sinistro a livello del lungo supinatore, nella regione dorsale della mano sini- stra, corrispondente al mignolo ed anulare coi relati metacarpi, dove è evidentemente diminuita. La sensibilità termica in ge- nerale è squisita, ed anzi un po' esagerata nella mano sinistra. Senso muscolare conservato. Sensi specifici normali; seiisibilità atmosferica alquanto esagerata : quella cenestetica facile alla de- pressione. Riflessi plantare, cremasterico, addominale, gluteo, ascellare, congiuntivali, conservati. Normali i riflessi tendinei, tra cui i ro- tulei. La eccita.bilità riflessa generale è alquanto esagerata. Riguardo alla parola non esiste alcun disturbo. La scrittura secondo dice il malato si è modificata ; può scrivere poco, si stan- ca facilmente. Non mi è riuscito avere qualche scritto anteriore Sulle distrofìe muscolari progressive alla malattia; però FA. eh' è intelligente, assicura che la sua scrittura è divenuta grossolana. Non si verificano disturbi mentali speciali. È divenuto molto emotivo ed eccitabile; sovente è melanconico, addolorato della malattia che lo travaglia. È educatissimo e d' indole mite. L' esame della vita vegetativa risultò negativo. Riafisanto — Non eredità familiare ; inizio della malattia nei piccoli muscoli della mano sinistra; ipertrofia di alcuni muscoli del braccio ; ditìusione dell'atrofia alla spalla ed al tronco corri- spondente, ed all'eminenza tenare di destra; distrofìa incipiente nella faccia sinistra (?): contrazioni fibrillari; ipoestesie; parestesie; assenza di reazione degenerativa. A quale tipo di distrofia muscolare può riferirsi questo caso clinico ? Nettamente a nessuno di quelli finora descritti. Dichiaro però fin d'ora, eh' io non credo debba riguardarsi come un nuovo tipo, rapjjresentando esso un esempio che serve a stringere mag- aiormente i lesami, che intercedono tra le diverse forme di di- strofia muscolare. L' inizio della malattia farebbe subito pensare che si tratti d" un caso del tipo Aran-Duchenne ; è vero che tutti convengono che tale malattia è dell'età matura, laddove nel caso nostro l' A. ebbe ad avvertirsene a 17 anni, la qual cosa fa giustamente sup- porre che l'atrofia sia subdolamente cominciata qualche anno pri- ma. Però vi è la pseudo-ipertrofia dei muscoli del braccio, la quale è messa in evidenza, oltreché dalla costituzione dell'A. (altezza 1,55 ; peso 51 Kilogr.), anche dall'evidentissima sproporzione, dal suo mestiere, ed infine dalla forza musculare, dall' eccitabilità mec- canica, dalla contrattilità elettro muscolare ; agggiungasi a ciò il risultato dell'esame elettrico dei muscoli atrofici, e bisognerà confessare, che questo caso clinico presenta una sintomatologia mista alle due forme di distrofia muscolare sinora ritenute fon- damentali. Atti Acc. Vol. XI, Serie ■!* — Meni. I. 2 10 Sulle distrofie munculari pfogreaiÌKe Credo utile riportare altri due casi di distrofia, che se ras- somigliano in grandissima parte all'osservazione precedente, non fecero però rilevare il fenomeno della psendo ipertrofia. OSSEKV AZIONE IL'' D. di anni 18. La madre è demente, il padre sta bene; ha tre sorelle, di cni dne scrofolose ed una nevrotica. Nessuno della sua famiglia ebbe mai a soffrire disturbi simili ai suoi. La ma- dre durante la gravidanza stette bene , ed il parto fu normale. Neir intànza il D' U. ebbe una intensa bronchite di cui guarì. Non si può dire che abbia abusato della venere solitaria., Si con- tagiò una volta sola di blenorragia. Dall' età di 16 anni cominciò ad avvertire nel mignolo e neir anulare sinistro come una sensazione di torpore, la quale pre- sentavasi di tratto in tratto , ed in special modo nelle giornate calde ; nessun dolore ; nessun disturbo nei movimenti della mano. In seguito, ed a poco, a poco, cominciò ad avvertire indebolimento nella detta mano, e nello stesso tempo si verificava una leggiera flessione del mignolo con abduzione; lo stesso fatto ebbe a deter- minarsi lentamente neh' anulare in questi ultimi tempi. Salvo qualche sensazione dolorifica nella regione ipotenare, e ciò di tanto in tanto, nel resto non ebbe ad avvertire altre sen- sazioni anormali. Verso il Marzo 1897 ha cominciato ad avvertire qualche volta un leggiero torpore nel mignolo destro, e nello stesso tempo al- quanto indebolimento. Ebbi occasione di visitarlo all' ambulatorio della mia Cli- nica nel Maggio 97; riassumo le principali note da me rilevate. Statura 1,66, grande apertura delle braccia 1,66, peso 56. Diametio ant. post. mass. 18U » trasv. » 145 Indice cefalico 80 Tipo del ciaiiio mesaticefalo Curva anter. post 330 » trasversa '020 Circonferenza orizzontale . f)3r) .Semicirconferenza ant. 280 » post. •255 Capacità cranica 1510 Altezza della fronte .... 40 Frontale minimo 115 Bizigomatico 124 Biauricolare 135 Altezza della faccia .... 130 Angolo facciale 80" Sulle distrofie muscolari progressive 11 Asimmetria della faccia, orecchie ad ansa. Motilità generale, della faccia, degli occhi, della lingua nor- male. Neil' arto superiore sinistro il mignolo mostrasi semiflesso co- me nel caso precedente, ad abdotto ; alquanto meno lo è 1' anu- lare e Vedi fig. IIIj. Gli spazi interossei sono avvallati , special- mente il primo. Fia. III. I movimenti di lateralità del mignolo sinistro si possono dire aboliti ; limitati quelli dell' anulare. I^e articolazioni delle falangi sono integre. Nella regione palmare, è marcato 1' appianamento dell' emi- nenza tenare, ed una vera concavità si rileva nella regione del flessore breve e nell' adduttore del pollice (Fig. IV). Come pure appianate si notano le pieghe ed i solchi nella mano sinistra. Anche appianata si verifica la regione ipotenare. La forza muscolare è affievolita in tutta la mano sinistra. I movimenti di pressione del pollice contro le altre dita sono molto indeboliti, specialmente col mignolo ed anulare in cui la pressione è zero. L' esame elettrico dimostra molto indebolita la contrattilità muscolare alla corrente galvanica nei muscoli della regione te- nare, ed in special modo nel corto flessore ed adduttore del pol- lice, e nei muscoli della regione ipotenare , come pure nel 4" e 12 Sulle disfro/ìe ni ì( scolari progressi re nel 8" iiiterosseo dorsale. In qnesti stessi muscoli , l' eccitabilità faradica è diminuita ; si può affermare però che la contrattilità muscolare è maggiormente diminuita alla corrente galvanica che alla faradica. Nella mano desti-a a prima vista non risultei-ebbe niente di anormale, però la forza muscolare è diminuita , inoltre V eccita- bilità dei muscoli delle regioni tenare ed ipotenare è molto in- debolita alla corrente galvanica, si direbbe quasi identicamente che a sinistra, nello stesso tempo esiste aflfìevolimento della con- trattilità faradica. L'eccitabilità meccanica segue il solito parallellismo colla eccitabilità faradica. Assenza di movimenti fibrillari. In tutti gii altri muscoli del corpo uè l'esame esteriore, né quello funzionale , ed in special modo quello elettrico , dimostra note degne di rilievo. Biguardo alla sensibilità generale, nella mano sinistra, e pre- cisamente nel polpastrello e nella regione palmare delle 8 falangi si può dire fortemente diminuita la sensibilità tattile, barica . Sulla distrofie muscolavi progressive 13 elettrica ; ottusa nella regione ipotenare. La sensibilità dolorifica è diminuita , però il D' U. alTerma di avvertire molto profonda- mente le punture esteriori pi'ovocate della cute. Sensibilità teiniiica ben conservata. Riflessi della cute e delle mucose conservati. Riflessi rotulei alquanto deboli ; debolissimo il rotuleo sinistro. Dal punto di vista dell' esame psichico, il D. è un giovane abbastanza intelligente; funzioni mentali integre. Funzioni vegetative normali. Riassxmto — • Eredità nevropatica ; inizio dell' atrofia nei pic- coli muscoli della mano sinistra; diminuzione della eccitabilità meccanica e di quella elettro muscolare ; non reazione degenera- tiva ; disturbi della sensibilità tattile e dolorifica. Questo caso clinico rassomiglia al precedente, però manca, del tutto r ipertrofia, almeno per ora ; avrò cura di seguirlo ul- teriormente per notai-e qualoi'a essa manifestasi. La evoluzione dell' atrofia in tal caso autorizzerebbe a clas- sificarlo nel tipo Aran-Duchenne, sebbene mancassero la reazione degenerativa , i movimenti fibrillari , ed il soggetto fosse così giovane. Della malattia il D. si accorse all'età di IG anni, il che fa probabilmente pensare che ebbe a svolgersi anche prima , e secondo me l' inizio avvenne nella eminenza tenare sinistra . poi- ché sottoposto a cura elettrica il D. migliorò notevolmente dei disturbi del mignolo , laddove quelli del pollice rimasero su per giù stazionari. Riporto un' altra osservazione clinica simigliante alla pre- cedente. OSSERVAZIOXE IH.'' (f . . , di anni 17 . fi-uttivoìdolo — Eredità nevropatica negativa. La madre ha fatto 17 figli (presentemente Ella ha 42 an.nij nati a termine. Ne morirono 13 all'età di 2, 4 anni \m'V malattie variabili, a preferenza infettive e gastro-entericlie. 14 Sìdlv distro/ie muscolari /iragressii-e Il G. nacque a termine e bene. Alo mesi cominciò a par- lare ; a camminare verso il 3° anno. A 6 anni ebbe a patire elmintiasi intestinale, accompagnata una volta da fenomeni con- vulsivi, che ulteriormente non si ripetettero. Molto sovente andcr soggetto a febbri malainche ribelli, in special modo in questi ultimi 3 anni, e le quali alle volte si pro- trassero per un mese. Della presente malattia si accorse verso i primi mesi del 1896, provando una sensazione di indebolimento nella mano sinistra , ed in special modo nel mignolo. Molto lentamente cominciò ad avvertire fiacchezza nei movimenti di latei'alità delle dita della mano sinistra, le quali dopo circa 10 mesi dall' inizio della ma- lattia dimostravano una tendenza alla flessione. Ecco i dati che vennero da lui da me rilevati. Diametro aiit. post, massimo Mm. . 180 » trasv. » » . . 148 Indice cefalico . 82 Tipo del cranio ■ brachicefalo Curva aut. post . 320 » trasv . 820 Circonferenza orizzontale. . 050 Semicirconferenza aut. . 27d » post. . . 28.n Capacità craniense .... . 1438 Altezza della fronte .... . 19 Altezza della faccia . . . . 127 Frontale minimo .... . 120 Biauricolare . \m Bizigomatico . 142 Angolo facciale . 81" Sviluppo degli zigomi specialmente del sinistro, asimmetria della faccia ; fi'onte l^assa ; i capelli s' inseriscono distanti dalla glabella appena 19 millimetri. Ha due incisivi superiori in piìi. La mano sinistra si jiresenta atteggiata come nella osserva- zione la ; le dita sono semiflesse ; il 3° ed il 4° interosseo dorsale molto avvallato (Fig. V) ; ragione tenare ed ipotenai-e appianata. Le dita attivamente non vengono estese; lo sono però passivamen- te; articolazioni integre. Movimenti di lateralità aboliti nell'anu- lare e nel mignolo, limitati nell' indice e nel medio. Forza mu- scolare di flessione della mano sinistra molto indebolita. Nella mano destra la. l'egione tenare è apjiianata. Nell'avam- ìjraccio sinistro la regione del lungo supinatore presentasi ap- pianata. Assenze di contrazioni fibrillari. Sulle distrofie muscolari prot/ressice 15 L' esame elettrico dimostrò diminuita notevolmente la con- trattilità muscolare alla corrente galvanica nella regione tenare ed ipotenare sinistra, e negl' interossei dorsali ; anche molto di- ¥ìg. V. minuita è biella regione tenare destra. L' eccitabilità dei nei'vi radiale, mediano e cubitale presentavasi normale tanto alla cor- rente galvanica che faradica. Dei muscoli dell' avambraccio si- nistro solamente nel lungo supinatore era diminuita la eccitabi- lità galvanica; a destra niente di particolare. Colla corrente faradica si rilevò estremamente diminuita la contrattilità nella regione tenare sinistra, alquanto meno nell'i- potenare e nel 1° e 2° interosseo ; marcata nel 3" e specialmente nel 4°. Nella regione tenare destra è anche indebolita, però meno che a sinistra ; nel resto niente altro di particolare. La sensibilità tattile, barica, elettrica, dolorifica si comporta diminuita come nell' osservazione precedente e precisamente nel Ifi Sulle distro/il' viutscola)'/ progressive mignolo. La termica non è disturbata. Avverte parestesie nel- r arto superiore sinistro come di torpore e raffreddamento ; tale fenomeno ha cominciato a manifestarsi in questi ultimi tempi anche nell'arto inferiore sinistro. Afferma di sudare meno nella mano sinistra. Sensi specifici conservati. Riflessi tendinei e specialmente i rotulei deboli ; quello sini- stro è maggiormente indebolito. L' esame della vita vegetativa salvo un leggiero ingrandi- mento della milza, nel resto non fa rilevare note degne di lilievo. Riguardo alle funzioni psichiche A. G. dimostra' comune in- telligenza ; sa leggere e scrivere ; è di carattere mite : non pre- senta disturbi spicciali. l'iassunto — Inizio dell'atrofia nei piccoli muscoli della ma- no sinistra , con ulteriore compartecipazione di quelli dell' emi- nenza tenare destra ; diminuzione della contrattilità elettromu- scolare; disturbi della sensibilità generale; assenza di contrazioni fibrillari. Questa osservazione rassomiglia alla precedente , semplice- mente il disturbo è più diffuso. Come elemento etiologico è a ricordare le ripetute e prolungate infezioni. Per quanto il CI. si sia accorto dei disturbi al principio del 1896, pure è da pensare che r inizio della malattia dati da qualche anno. Anche questo caso clinico, come il precedente, non può che ascriversi al tipo Aran-Duclienne . Né per riguardo all' età può invocarsi il tipo Charcot-Marie, perchè in tale forma l'inizio del- la malattia si verifica negli arti inferiori, e solamente dopo pa- recchi anni si diffonde ai piccoli muscoli delle mani. OSSERVAZIOXE IV. '^ Val . . . Giuseppe, di anni 73, calzolaio. Una figlia è istero- epilettica. Non fu mai bevitore, né sifilitico. È stato sempre bene in salute fino al 1889, lavorando assi- duamente, quando si ammalò di fèbbri continue, le quali, secon- do mi riferirono lui e le figlie, si protrassero per 6 mesi. Sulle (ìisfrufie muscolari progressive 17 Durante questa malattia non ebbe a soffrire disturbi nervosi speciali. Guarito delle febbri rimase estenuato ; cominciò presto ad avvertire un indebolimento nei pollici, per cui si stancava a lavorare. Nessun disturbo di sensibilità. Tale indebolimento di- venne in seguito marcato ; contemporaneamente ad esso si ma- nifestò una evidente difficoltà nel camminare , nel senso che si vedeva costretto a sollevare le piante dei piedi. Dapprima 1' at- tribuì a debolezza proveniente dalle febbri prolungate, però sic- come i disturbi tendevano a progredire, perciò venne ricoverato neir Ospizio di Mendicità di Catania nel 1890 , dove trovasi tuttoi'a. Riassumo i dati rilevati in lui nell'Ottobre 1896. Statura m. 1, 70, grande apertura delle braccia 1, 72, peso kg. 51. Diametro ant. post, ma.ssimo 186 id. trasv. id. 140 Indice cefalico 75 Tipo del cranio Dolicocefalo Curva antero-postei'iore ì520 id. trasversale 3'^0 Circonferenza orizzontale 54ó Semicirconferenza anter 2(50 id. post '28o Altezza della fronte 45 id. della faccia . . . ' . . . . 137 Frontale minimo 118 Bizij^omatico 142 Biauricolare 135 Angolo facciale 80" Asimmetria della tàccia per forte sviluppcj dello zigomo si- nistro ; orecchie ad ansa. Gli manca un solo dente. Per le mani incallite dal mestiere 1' esame della sensibilità generale offre qualche difficoltà , però in complesso non è dimi- nuita nel dorso delle mani. Lo stesso è a dirsi negli arti inferiori. Nei sensi specifici nulla di particolare. Riflessi rotulei e plantari aboliti. Deambulazione caratteristica, il vero steppage; il V. solleva i piedi che poggia a terra colle punte. I movimenti attivi di flessione e di l'otazione in fuori dei piedi sono aboliti. Facendolo sedere su d' un tavolo alto , i piedi rimangono abbandonati in estensione. Le regioni antero-esterne delle gambe sono notevol- mente appianate, risultandone atrofici i muscoli in grado note- vole (Fig. VI). Anche denutriti sono i muscoli delle cosce ; si alza all'impiedi non con discreta difficoltà. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4" — Meni. I. 3 18 Siille dh-trofie muscolari progressive La circonferenza dei polpacci dà a destra od a sinistra cm. 27. Fi;;. TI jN'egii arti superiori attii'ano subito l'attenzione le mani di- sposte colle falangine in leggiera flessione , colle regioni tenare ed ipotenare assolutamente ajjpianate, cogli spazi interossei dor- sali avvallati. I movimenti di lateralità delle dita sono limita- tissimi (Fig. VIIj. Nelle palme delle mani sono molto appia- nate le pieghe ed i solchi. Presenza di movimenti fibrillari nei muscoli flessori degli avambracci. Sensazioni dolorose spontanee non esistono. L'esame elettrico dimostra abolita la contrattilità muscolare alla cori'ente galvano-faradica nelle regioni tenai'e ed ipotenare : dimi]iuita moltissimo nei muscoli interossei ; quasi abolita nei muscoli della regione antero-esterna delle gambe. Nei muscoli Sulle distrofìe muscolari progressive 19 degli avambracci, delle cosce e dei polpacci è leggermente dimi- nuita. L'eccitabilità meccanica si comporta come quella elettrica. f Fi^. VII. Dal Gennaio 1897 sono cominciati a vei-ificarsi in lui dei brevi accessi convulsivi negli arti , senza perdita di coscienza. Sono movimenti clonici a preferenza negli arti superioii. Riguardo alla vita vegetativa è a notare semplicemente ate- romasia periferica; nel resto niente di speciale. Le funzioni psichiche tenendo conto della sua età e della sua educazione si esplicano normalmente. Riassunto — Atrofia nei piccoli muscoli delle mani ed in quelli delle regioni antero-esterne delle gambe; presenza di movi- menti fibrillari ; assenza di disturbi della sensibilità generale e dei riflessi l'otulei e plantari; non reazione degenerativa. Questo caso clinico è degno d'interesse , poiché si tratta di un vecchio a 65 anni, in cui in seguito ad una infezione pro- lungata si manifesta una spiccata e rapida atrofìa muscolare bi- 20 Sulle distrofie muscolari progressi ce lateralmente negli arti superiori ed inferiori. Dall'esame elettrico risulterebbe che Tatrofia procedette più rapidamente nelle mani, però io credo che V inizio manifestossi contemporaneamente in tutti gli arti. Probabilmente l'età influì ad accelerare la diffusione rd il decorso dell'atrofia. Come tipo di atrofìa rassomiglia a quella di Aran-Duchenne ; è degno di rilievo che trattandosi di atrofìa così avanzata, mancarono la reazione degenerativa, ed i movi- menti fibrillari. OSSEEVAZIOXE V.^ C. . . . Orazio, di anni 17. Madre isterica, morta da parec- chi anni. Uno zio materno affetto da paralisi pseudo ipertrofìc'a mori a 22 anni. Ha un fratelk) ed una sorella sani. Alla fine della gra^■idanza la madre riportò un trauma sull' addome per cui determinossi il parto, che fu anche laborioso. Il linguaggio ed il cammino cominciarono a svilupparsi all' età di 12 mesi. Avea 4 anni quando il cammino principiò a divenire titubante, tanto che avea bisogno di divaricare le gambe; nello stesso tempo manifestavasi lentamente un ingrossamento dei polpacci. Le dif- ficoltà del cammino non fecei'o che aumentare sempre, finché all'età di 8 anni il C. non ])otè più camminare. Venne l'icoverato nell'Ospizio di Mendicità il nel lSii;5, dove tutt(jra trovasi. Riassumo i dati rinvenuti all'esame obbiettivo. La Fig. Vili rappresenta chiaiamente il suo sviluppo sche- letrico, e le condizioni della sua, nutrizione. Diametro ant. post, mass \Hò id. trasveis. id 138 Indice cefalico T4 Tipo del cranio dolicocefalo Curva ant. post ;'>1(T id. trasvers olO Circonferenza orizzontale MO 8emicirconfer. ant 'i7r) id. post 2fi:") Altezza della fronte 41 Diam. frontale minimo 118 id. liizifiomatico 130 id. biauricolaie 130 Altezza della faccia 3M8 MeiUo-vertice l^'-ì Angolo facciale 84'^ Sulle distrofìe muscolari progressive 21 Asimmetria della faccia; mandibola sviluppata; evidente pro- gnatismo ; labbra protrudenti. Fia. vin. Deambulazione impossibile; non può nemmeno mantenersi seduto se non nella posizione indicata nella Fig. Vili; però spesso va incontro a cadute. Se si toglie l'appoggio della sedia bisogna mantenere il malato nella posizione indicata dalla Fig. IX, la quale mette in evidenza la deformazione della colonna verte- bi'ale e della cassa toracica; deformazione che si verifica anche 22 Sulle distrofìe muscolari progressive anteriormente, presentandosi lo sterno deviato a destra, e solle- vato inferiormente a livello dell'inizio delle costole. Fin. IX. I piedi rimangono nella posizione indicata dalla Fig. \ III, né attivamente possono venire flessi dal C, al quale però riesce solamente possibile sollevare alquanto i calcagni mantenendo po- sate a terra le falangi. Nei muscoli del polpaccio esiste pseudo- ipertrofia, maggiore a sinistra; la circonferenza nel punto massimo di sviluppo dà cm. 31 V'^ a destra, 32 a sinistra. I muscoli delle cosce si pi'esentano in via di atrofia; la circonferenza nel punto medio dà cm. 29 a destra, 30 a sinistra; i movimenti di esten- sione delle gambe non riescono possibili ; dui-ante lo sforzo delle deficienti contrazioni, si manifestano dei movimenti a scatti plu- rifascicolari. Riescono possibili i movimenti di allontanamento e ravvicinamento delle ginocchia. I muscoli pettorali sono del tutto Sulle distrofie muscolari proi/ressive 23 spariti, per cui siili' aia cardiaca si rilevano battiti diffusi. An- che atrofici sono il gran dorsale, il gran dentato, il trapezio, il sopraspinoso ed il sottospinoso. Gli arti superiori in qualunque posizione vengono situati restano abbandonati; qualunque movimento delle braccia e degli avambracci è abolito. Le dita possono volontariamente venir diva- ricate, flesse ed estese, però debolmente; la forza muscolare nelle mani è moltissimo indebolita; i movimenti di estensione delle mani sono molto più affievoliti di quelli di flessione. Nel viso si notano i massateri voluminosi. L'esame elettrico dimostra spiccata diminuzione della con- trattilità alla corrente galvanica in tutt' i muscoli in generale; scomparsa la contrattilità nel grande e piccolo pettorale ; quasi scomparsa nei muscoli del braccio , nel sopraspinoso , nel gran dorsale e nel grande dentato; non reazione degenerativa. Discre- tamente conservata è l'eccitabilità elettrica dei nervi. La. con- trattilità alla corrente faradica si comporta in perfetto parallel- lismo come quella galvanica , e così anche 1' eccitabilità mec- canica. Sensibilità generale e sensi specifici conservati. Nessun di- sturbo negli sfintei"i; riflessi iridei conservati ; aboliti quelli ten- dinei. Spiccati fenomeni vasomotori e trofici agli arti inferiori rilevati anche dalla tipo-fotografia Fig. Vili. Esame della vita vegetativa negativa. Intelligenza limitata; indole mite; rimane per lo [)iìi senza parlare, in uno stato di grande indifferentismo : tìsonomia sem- pre sofferente. Biassuuto — Eredità ; inizio della malattia nell' infànzia : pseudoipertrofia negli arti inferiori , e nei massateri ; atrofia in quelli superiori e nel tronco; indebolimento e perfino abolizione della eccitabilità meccanica ed eletti'O muscolare nei nuiscoli af- fetti; assenza di disturbi della sensibilità generale specifica, pre- senza di tifinomeni vasomotori eti'ofici. È un caso tipico senza dubbio di distrofia muscolare pseudo- ipertrofica in un grado molto avanzato. Oltre l'eredità è da in- vocare nel caso presente l'influenza del trauma. 24 Sulle distrofie muscolari progressive Osservazione VI.=» A. d' anni 2tì celibe, muratore. Nonna materna morta per emorragia cerebrale , nel retato 1" anamnesi gentilizia riesce nega- tiva. La madre ha fatto 10 figli di cui 4 morti molto piccini con ténomeni non nervosi, 1 a 14 anni per tifo : quattro sorelle sono viventi e sane. A 4 anni il nostro A. cadde dal letto riportando' una ferita alla regione frontale destra. x4 10 anni cadde insieme a 5 mu- rat ori da un' altezza di 4 metri, sublussandosi la mano smistra; curato guarì dopo 25 giorni, però nel polso ha risentito sempre nei grandi sforzi qualche noia. Malattie di donne non ne ha mai sofferto; non è bevitore; lavora volentieri, casalingo, affezionato ai suoi. La presente infermità sembra che dati fin dall' età di 8 anni, in cui egli ebbe a notare che nelle salite si stancava alquanto col piede sinistro ; del resto non avvertì mai nessuna sensazione dolorosa. Eoli di tale disturbo non ne fece alcun caso. Nel 1885 però la stanchezza cominciò ad aumentare ; pel suo mestiere ei dovea recarsi tuff i giorni dalla campagna in città (5 miglia), e la sera ritornava a casa ; e ciò sempre a piedi. La mattina non avvertiva nulla, la sera però si stancava ed anzi alle volte av- vertiva qualche doloretto alla tibia al principio del cammino : dolore che spai'iva continuando a camminare. Verso il 1887 la- vandosi ebbe ad accorgersi che 1' ai'to inferiore sinistro ei-a più maoTO del destro. Eiassumo brevemente le cose notate. Altezza M. 1,64; larghezza braccia 1,75 — Peso 5!». Sviluppo scheletrico l'egolare, muscolare ed adiposo discreto; nutrizione buona ; cute bruna : capelli castani oscuri. Cicatrice sulla bozza frontale sinistra. Diametro Aiiter. Post. Massimo. . . . 186 » » Ti'asversale 149 Frontale Minimo l'i.o Bizigomatico 142 Biauiicolare 12B Altezza della fronte 46 » .' faccia 142 Distanza dal mento al condotto uditivo destro . 130 > » sinistro . 135 Circonfei'. orizzontale 5-35 Semicirconfer. anteriore ...... 290 » posteriore 255 Sulle distrofìe muscolari progressive 25 Curva Aliterò posteriore » Tj-asversa . yomma delle tre curve Indice cefalico Ti]w del ci'auio . Capacità cianica . Angolo facciale . :ì40 340 1215 80.1 subbrachicefalo 1550 80° L' apofisi occipitale esterna è roolto sviluj)pata specialmente nel senso trasversale. Leggiero appiattimento tra le bozze fron- tali e temporali, come pure sulla glabella. Leggiera asimmetria facciale; zigomo sinistro j^iù pronunziato. Nel cammino, specialmente quando è calzato, 1' A. è discre- tamente disinvolto. Fig. X. Ciò che attira a piima vista l'attenzione, facendo denudare l'infermo, è la differenza di nutrizione tra l' arto inferiore destro ed il sinistro, quest' ultimo risultando nelle masse muscolari assot- tigliato. Infatti la circonferenza del polpaccio sinistro dà cm. 26.5, del destro 34.5; la circonferenza del punto medio della coscia sini- stra dà cm. 43, della destra 48,5; a livello della piega dell'in- guine dà cm. 43 a sinistra, 50 a destra (Vedi Fig. X ). I mo- vimenti dell' arto sinistro si esplicano abbastanza bene, semplice- mente si verifica in esso deficienza della forza muscolare. Può Atti Aoe. Vol. XL Serie 4" — Meni. I. 4 2(> Sulle distrofie muscolari progreadce sollevarsi sulla pimta dei piedi, però lo sforzo maggiore è fatto dall' arto destro. L' esame elettrico dimostra un notevole indebolimento della contrattilità alla corrente galvanica nei muscoli del polpaccio si- nistro ; è lievissima la diminuzione negli altri muscoli dell' arto infieriore sinistro, sempre paragonato colla contratti litcà dei mu- scoli di destra-. La contrattilità faradica è conservata, essa si ma- nifesta collo stesso potenziale elettrico nei muscoli di entrambi gli arti, semplicemente l'intensità delle contrazioni è proporzio- nato allo sviluppo muscolare. L' eccitabilità galvanica e faradica dei nei'vi è ben conser- vata. L' eccitabilità meccanica è molto diminuita nel polpaccio sinistro. Sensibilità generale e specifica ben conservata. Dei riflessi tendinei il plantare sinistro è abolito; gli altri sono conservati. Assenza di contrazioni fibrillari e di parestesie. L' esame della vita negativa riuscì negativo. Funzioni psichiche nt)rmali. liiassunto — Malattia iniziatasi nell' infanzia, localizzata nel- r arto inferiore sinistro ed a preferenza del polpaccio, con dimi- nuzione della contrattilità elettrica e dell' eccitabilità nmscolare : assenza di disturbi sensitivi e di contrazioni fibrillari; decorso lento della malattia. Questo caso di distrofia muscolare può riferirsi al tipo Ley- den-Moebiììs, colla caratteristica di essere rimasto unilaterale per molto tempo. Manca la eredità familiare, o almeno finora non è patente. OSSEBV AZIONE VII.» Signorina C^ di anni 21, nubile — Trascrivo le notizie ere- ditarie le quali sono anche da riferirsi alle Osservazioni seguenti Vili, IX e X. I bisnonni materni morirono per emorragia cerebrale in vecchia età ; il bisnonno colpito a circa 60 anni rimase poi emiplegico a sinistra sino alla morte. I nonni materni morirono entrambi per malattia cardiaca ; la nonna era isterica, soffriva qualche volta di reumatismi, e ne- Sulle diiifro/ìe muscolavl progressive 27 gli ultimi anni ebbe il diabete; il nonno era sempre nn po' de- bole, facile ai catairi viscerali. Nei fratelli del nonno materno non si verificarono malattie nervose patenti ; però è a notare , che in generale tanto nella tamigiia del nonno che della nonna, predominava la gotta negli uomini; il reumatismo ed il nevrosismo nelle donne. Gli zìi materni dei nostri malati, tutti robusti e sani, hanno più o meno una impronta di originalità che li distingue, ed un carattere fiero , indipendente, dirò anche un po' bizzarro ed a scatti, che ne tradisce 1' ei'edità nevrotica. Qualcuno di essi ebbe neir infanzia degli accenni brevi ma marcati di sonnambulismo; quasi tutti hanno intelligenza vivace, ingegno versatile , facile eccitabilità , poca resistenza nella lotta della vita , tendenza a stancarsi presto d' ogni cosa. Diversi di loro hanno figli sani, vi- vaci. Due cugini in 2° grado della C^ sono affetti da distrofia muscolare (vedi schema genealogico). La signora C^ madre dei soggetti delle Osserv. VII , Vili , IX e X, sposò un cugino in 2° grado A^ (vedi tavola genealogica) ; ella malinconica per carattere era divenuta molto triste nel ma- trimonio , e si sentì addirittura infelice quando la maternità, agognata ma tanto agitata,, venne a riempierne la vita di cixre, di resjDonsabilità , di preoccupazioni e dubbi torturanti. A 25 anni madre per la A:^ volta la gestante studiava con trepidazione intensa e crescente lo sviluppo piuttosto lento, ma normale, del- l'ultimo nato, avendo già perduto in breve tempo i primi tre, uno nato morto, uno per croup (di mesi 21), ed il terzo per meningite. Di temperamento nervoso , la madre era facilmente eccitabile, ed impressionabile; di carattere un po' strano, perma- loso, mal compreso, ritenuto da tutti originale, soffriva e soffre spesso di emicrania. È intelligentissima, colta, tipo senza dubbio isterico, di carattere morale elevato. Il marito è gottoso. Di 6 figli viventi , 4 sono affetti da atrofia muscolare ( Os- serv. VII, Vili, IX e X); due sono abbastanza robusti, però eminentemente nevrotici. Dopo la nascita di C^ la Signora divenne incinta di C^ sog- getto della presente Osservazione. La 8ig]ìora assicura che in Lei esisteva stanchezza, nevrosismo, esagerata impressionabilità. Durante la gravidanza vi furono degli avvenimenti degni di grande considerazione , e che probabilmente influirono a di- sturbare la normale evoluzione della gestazione. Infatti morì il padre alla Signora, che viveva in continui timori per il terre- moto che in quel tempo travagliava la città, dov' Ella dimorava. 28 Sulle distrofìe muscolari progressive Nel principio del 7» mese si manifestò nella gestante eresi- joela facciale, con febbre alta e dolori acuti al naso, ad un orec- chio ed alla testa; dopo una settimana però era guarita, e nes- suna traccia i-imaneva delle sofferenze avute. Il parto fu un po' laborioso , e la, bimbetta nacque piccina piccina, ma vispa, sana e tranquilla, crescendo regolarmente, nu- trendosi del latte materno. Dopo due mesi però il latte materno non fu più sufìfifàente ; si ricorse ad una balia che si trovò in ottime condizioni. La bimba ci^esceva mingherlina, ma sana ed allegi'a ; a sei mesi cadde dalle braccia di chi la teneva, battendo fòrtemente la testina a tei'ra; rimase come morta, vomitando. Non vi furono lesioni esteriori; si rimise indi benissimo. A 10 mesi avea messi tutti i denti incisivi, e cominciava già a camminare così benino, da tentare i priini passi affatto sola; e così continuò in seguito. A tre anni circa si notò un modo di camminare incerto, quasi dondolante, con frec[uenti cadute. Si fecero parecchie cure , ma inutilmente; la bimba cresceva un po' smilza, precoce d' intelli- genza , magrolina agli arti inferiori , e sempre piìi ciondolante nel camminare, sempi'e più stentata nel salire , facile a cadere alle volte improvvisamente. I disturbi continuarono così fino agli 11 anni, quando la stazione all' impiedi divenne molto dif- ficoltosa, e così aaiche il salire le scale, e 1' alzarsi da sedere. Si consigliarono le grucce , però anche con queste il cam- mino a jDOco a poco divenne difficoltoso, tanto da determinare soveiite delle cadute ; per cui nel 1890 finì col rimanere sempre seduta. Ebbi r occasione di visitarla nell' Agosto 1895, ed ecco rias- sunti i dati da me rilevati. La C^ era di florido aspetto ; l'iuianeva seduta ; nessun di- sturbo nel tronco , in modo che a vederla, così sembrava una persona sanissima. Le l'iusciva con movimenti alternativi dei piedi a camminare all' indietro colla sedia. Impossibile 1' alzarsi ed il mantenersi all' impiedi , neppure quando era validamente sostenuta per sotto le ascelle , piegandosele immediatamente le ginocchia; impossibile 1' estensione delle gambe. I movimenti dei piedi si esplicavano in tutte le loro manifestazioni. La flessione delle gambe riusciva volontariamente. Nei muscoli della regione anteriore delle cosce esisteva evidente atrofia, specialmente a si- nistra. I movimenti di rotnzione delle cosce non si esplicavano. Negli arti superiori esisteva tremore molto marcato; non Sulle distrofìe muscolari progressice 29 contrazioni filjrillari ; non evidente atrofia dei tricipiti estensori degli avambracci. Sensibilità, generale integra in tntto il corpo; sensi specifici normali; riflessi cntanei e mncosi conservati; aboliti i inflessi ro- tulei e plantari. Forza muscolare discreta negli arti superiori. L' esame elettrico può riassumersi in ciò che segue: l'eccita- bilità faradica abolita nei glutei di destra; moltissimo diminuita nei glutei di sinistiu, e nei muscoli della regione anteriore delle cosce, in special modo a sinistra; contemporaneamente alle deboli contrazioni dei muscoli quadricipiti estensori si determinavano rapide e vivaci contrazioni paraclosse nei polpacci. Leggermente diminuita presentavasi l' eccitabilità faradica nei tricipiti esten- sori degli avrambracci. L' eccitabilità galvanica semplicemente nei glutei di destra dava reazione degenerativa; nel resto comportavasi come la fara- dica. Eccitabilità meccanica abolita nei glutei di destra, indeboli- ta notevolmente nei quadricipiti estensori e nei glutei di sinistra. L' esame della vita vegetativa riusci negativa. Funzioni me- struali normali. Nelle funzioni intellettuali nessun disturbo ; la C- è molto intelligente; assennata, di carattere vivace, eccitabile, tìei-o, direi quasi virile, però molto impressionabile e discretamente perma- losa ; in fondo buonissima e di elevato sentire. Dai principi del 1897 ha cominciato a softrire di emicrania. Assenza di caratteri antropologici degenerativi o patologici. Biassunto. — Eredità nevropatica ; inizio della malattia nei primi anni della vita ; localizzazione dell' atrofìa nei quadricipiti estensori delle gambe e nei glutei ; tremori ; assenza di disturbi della sensibilità; diminuzione della contrattilità elettro-muscolare e della eccitabilità meccanica nei muscoli in via di atrofia ; rea- zione degenerativa nei glutei di destra. La C^ sottoposta ad una cura elettrica accuratissima, che venne intrapresa come semplice tentativo, dette relativamente in breve tempo dei risultati degni di rilievo. A poco a poco la contrattilità muscolare alle due correnti aumentò; finì collo scom- ?50 Sulle disfrope muscolari progressive parire la reazione degenerativa , e dopo circa 120 applicazioni elettriche, la C'^ camminava colle grucce. Confesso, che conside- rando i 7 anni dacché la C'* non muoveva più un passo nem- meno colle grucce, impossibilitata a farlo, perchè cadeva certa- mente, tale risultato mi meravigliò non poco, tanto più che nelle condizioni in cui trovavasi la C^, io intrapresi molto a malin- cuore la cura, non sperando tanto, e mi accinsi a farlo solo per le insistenze della famiglia, e jierchè contemporaneamente prati- cava r elettroterapia ai fratelli della C^, soggetti delle Osservaz. Vili, IX e X, deciso a declinare l'incarico dopo un determinato numero di applicazioni. In complesso nel momento in cui pub- blico il presente lavoro la C^ colle grucce arriva sovente a per- coi'i'ere perfino 36 volte nella giornata un percorso di metri 30, non escluso un breve scalino. Presentemente le riesce estendere abbastanza benino le gam- be, specialmente la destra, e la forza di estensione delle gambe che all'inizio della cura era zero, oi"a comincia ad essere un po' discreta. Tale risultato fa pensare di quanto vantaggio possa riuscire un'adatta cura elettrica in questi casi nel periodo iniziale della malattia. Fatta la diagnosi a tempo, 1' elettroterapia credo che possa in molti casi arrestare e fare regredire l' atrofìa , fìno a potersi anche ottenere la guarigione. In questo caso è a notare : spiccata eredità nevropatica , padre gottoso, genitori consanguinei ; nella stessa famiglia quat- tro casi di distrofia muscolare, come anche 2 cugini. Il tipo di miopatia a cui può riferirsi non è netto; potrebbe chiamarsi femorale attinente al tipo Leyden-Moebms , si notino però il tremore marcato negli arti superiori , la i-eazione dege- nerativa rilevata nei glutei di destra. Ricordo incidentalmente che il Moebius attribuiva una ori- gine mielopatica a tale forma di distrofia muscolare , designata anche sotto il suo nome. Sulle distrofìe muscolari progressive Gli altri 3 casi seguenti rig-uardanti fratelli del soggetto precedente riescono moltissimo istruttivi, e danno ragione alle conclusioni le quali saranno ricavate dal presente lavoro. Osservazione VIII.^ (^) C^.. di anni 10 fratello alla CI... Ai caratteri ereditari precedenti aggiungo le seguenti noti- zie individuali. Come, quando ed in che modo si sia palesato la malattia di C" non fu possibile alfermarlo con precisione. Nacque bene, fu allattato da ottima balia, e non soffrì che pochissimo nella secon- da dentizione. Dopo i 3 anni era anemico e soffriva di dolori agii orecchi, e qualche febbre diagnosticata gastro reumatica. A 7 anni ebbe una bronchite capillare gravissima per cui rimase un jjo' debole, e con tosse cronica per molti anni. Era allora in collegio, e vi ritornò non appena 1' acutezza, del male fu vinta. Si susurrò poi che il ragazzo era debole di gambe, ma a quella debolezza non si pose mente, giacché egli camminava e si stancava diffìcilmente; nel salire le scale però non era spedito; si sperò che il tempo e le cure di ferro , e di ioduro avrebbero guarito il difetto, come avevano guarito la tosse. Non fu però così. Il ragazzo , pur mantenendosi grasso e colorito ( forse un po' ti'oppo), giocando e cori-endo lo si vedeva in collegio cadere istan- taneanierde, quasi colpito da jxiralisi alle gambe, e poi rialzarni con molto stento. A casa infatti mandava sempre i calzoni rotti ai ginocchi. Negli ultimi tempi si è notato che la caduta istantanea avviene anche mentre egli è fermo. Le note da me osservate in C' nel marzo 1895 furono le seguenti. Sviluppo scheletrico regolare, aspetto della nutrizione florida. Diametro ant. post. mass. » tiasversale . Indice cefalico Tipo del cranio i Curva antero-post. ' » trasversale (^irconfeienza orizzontale 191 14,-1 7.5 dolicocefalo :-53n r)70 (1) Questo soggetto venne osservato anche dell I'rof. Bia.n'chi. 32 Sulle distrofìe muscolari progressive Semicirconferenza ant 290 post '^80 Capacità cranica . 1Ó66 Altezza della fronte ;-i6 Frontale minimo . 111 Bizisomatico . 121 Biauricolare . 133 Altezza della faccia 137 Angolo facciale 80° Come particolarità antropologica è a notare la fronte un po' bassa e stretta. La stazione all' impiedi non presenta difìfìcoltà; anche quella su d' un piede si verifica abbastanza benino. Quando è seduto non gli riesce alzarsi, se non divaricando bene le gambe, la sinistra in avanti e la destra indietro , con- temporaneamente flette il tronco in avanti, ed appoggiandosi fòr- temente al fondo della sedia colla mano destra in avanti e colla sinistra all' esterno dei glutei sinistri. Lo sforzo per alzarsi è va- lido, ed è tanto maggiore quanto più bassa è la sedia. Mettere a cavalcioiie una coscia sidl'altra non gli riesce sen- za r ausilio delle mani ; prova difficoltà, quando è seduto ad al- zare una 0 r altra gamba e mantenerla in posizione orizzontale. I muscoli delle regioni anteriori delle cosce sono assottigliati, però molto maggiormente a sinistra, dove si rileva un vero ap- pianamento. Sulle distrofìe iiiuscolari progressive 33 Il salire lo scale gli riesce clifficolteìso, per cui divarica le gambe. Il cammino è abbastanza caratteristico in quantochè le gambe vengono sollevate più del dovere, però i piedi vengono poggiati a terra col calcagno. La deambulazione può esplicarsi in generale abbastanza bene senz' alcun aiuto. Sovente il C^ fa delle lunghissime passeggiate in cui dimosti-a buona resistenza. Nelle gambe risalta una ipertrofia dei muscoli del polpaccio, la quale si può dire che dal 1895 ad oggi sia andata progres- sivamente aumentando. Circonfcr. al terzo Inter, della coscia sinistra 3(j; del polpaccio cin. 37 id. id. id. destra 36 i,i-2 ; id. » 40 Le Fig. XI e XII indica due fotografie della metà inferiore del C'^; una di prospetto, e l'altra di lato. L' atrofia appare evi- dente, come pure la ipertrofia dei polpacci. I movimenti del piede non sono in nessun modo disturbati; e la forza muscolare in essi è conservata. Negli arti superiori sono degni d' interesse alcuni fatti. I muscoli tricipiti estensori degli avambracci, non alla ispezione ma alla palpazione, risultano assottigliati , ed in essi la forza muscolare è diminuita. Inoltre nelle mani esiste evidente tre- more, e la regione tenare sinistra è nettamente appianata. Riflessi rotulei e plantari aboliti. Sensibilità generale integra. Riguardo ai sensi specifici esi- steva una diminuzione evidente dell'udito a sinistra, dovuto ad otite i;)afedia; nel resto niente di anormale. L'c'same elettrico dimostrò diminuzione marcata della con- trattilità muscolare alla corrente fai'adica nei muscoli quadrici- piti estensori delle gambe , più a sinistra che a destra , in cui manifestavasi facile esauribilità della contrattilità. Una lieve di- minuzione ora si rilevava nei tricipiti estensori degli avambracci, e nei muscoli della regione tenare sinistra. Alla corrente galvani- ca notavasi evidente diminuzione della contrattilità negli stessi muscoli. L' eccitabilità galvano-faradica dei nervi non dimostrò note degne di rilievo. L' eccitabilità elettrica dei muscoli delle gambe non rivelò caratteri anormali. Qualunque stimolo elettrico applicato ai muscoli quadricipiti estensori determinava vivace contrazione paradossa nel polpaccio. Negli arti inferiori è risentita sempre dal C^ una evidente Atti Acc. Vol- XT, Sehie -i" — Meni. I. 5 34 Stille distrofie muscolari progressive sensazione di stanchezza. Sovente si manifestano crampi nel pol- paccio, in special modo la notte. Va spesso soggetto a dermatiti; alle volte accessi di urtica- ria, altre volte fnrnncoli od eczemi circoscritti. Dal punto di vista intellettuale non si verificano disturbi speciali ; il C° è intelligente, di carati ere allegro, con nessuna pre- occupazione della sua malattia. Le funzioni della vita vegetativa si esplicano normalmente. lUassHìito — Atrotìa dei quadricipiti estensori, dell" eminen- za tenai'e sinistra, e dei tricipiti estensori ; pseudo ipertrofia delle sni'e; diminuzione dell' eccitabilità elettrica e meccanica nei mu- scoli atrofici: abolizione dei riflessi tendinei; tremori marcati ne- gli arti superiori: assenza di disturbi sensitivi. Nel C', tenendo conto dell' intensità dell' atrofia nei diversi gruppi muscolari e dell'esame elettrico, si ^nb asserire che e.ssa si sia iniziata nei quadricipiti estensori , lentamente procedendo a,nche nei muscoli dell' eminenza tenare sinistra e dei tricipiti estensori degli avambracci. Anche in lui l'atrofia è più intensa nella coscia sinistra, nello stesso modo come nella sorella, soggetto dell' osservazione precedente. A quale tipo di atrofia muscolare può esso riferirsi ? Esso è vni vero tipo misto , iniziatosi però con una forma femorale ; V atrofia dell' eminenza tenare sinistra,, e la pseudo iper- trofia dei polpacci , farebbero sì che il C" rappresenti la fusione di diverse torme miopatiche, ciò venendo a dimostrare quanto ar- tificiose siano le subdivisioni dell' atrotìa muscolare primitiva. Sottoposto alla cura elettrica si può affermare nel C che, la malattia subì dapprima un arresto nella sua evoluzione ; ulterior- mente la eccitabilità muscolare andò a poco a poco aumentando non tanto però da attenuare di molto i disturbi funzionali. Il cammino ebbe ad avvantaggiarsene ; la stanchezza diminuì. Fa- cendo un parallelo col caso precedente , nello stesso periodo di tempo guadagnò coli" elettroterapia piìr la sorella (C'^j, che lui. Sulle dìsfrope muncolari progressive 35 È vero eh' egli ebbe a softVire una infezione reumatica, la quale si può affermare che distrusse tutto il vantaggio guadagnato dal (y in parecchi mesi di cura. OSSEEVAZIONE IX." C^... di anni 20. Fratello al precedente C°. Dalle notizie raccolte risulterebbe, che il C^ nacque apparen- mente florido, soffrì molto nei primi mesi per mancanza di buon latte, e deperì. Avuta poi la balia adatta, giovane, sana e forte, il bimbo si rifece , e riprese la nutrizione e lo sviluppo normale. A circa 4 anni soffrì spesso malattia agii orecchi ed agii oc- chi, e furuncolosi. Si curò diversi anni coi bagni, ioduro e ferro. All' età di 8 anni ebbe una perniciosa gravissima, e poi rimase per un anno intero con le recidive prima in forma di febbri ter- zane, che poi man mano si fecero sempre più lontane, ma che lo resero anemico. I bagni prima e la campagna poi lo rimisero, ma continuò d' allora a mostrarsi linfatico scrofoloso, con occhi ed orecchi spesso malati, con stanchezza quasi continua, e spes- so dolori alla testa ed alla colonna vertebrale; si lagnava anche spesso di palpitazione e difficoltà di respiro, divenendo pallidis- simo quando saliva in fretta le scale. Vivacissimo ed allegro da bimbo, divenne poi triste, malin- conico, timido, sfiduciato, tetro, troppo sensibile ed eccessivamente iriitabile e permaloso. Verso il 1893 cominciò ad avvertire dei fenomeni di stan- chezza negli arti inferiori sia rimanendo all' impiedi , che cam- minando. In seguito manifestossi alquanta difficoltà nell' alzarsi da sedere , e nel salire le scale. Qualche volta cadeva. Di tali disturbi si preoccupava moltissimo , temendo di avere la stessa malattia del fratello (C°). Ebbi l'occasione di vederlo nel Marzo 1895; riassumo rapi- damente i dati da me verificati. Sviluppo scheletrico regolare; nutrizione discreta. Dal punto di vista antropologico salvo il diametro frontale minimo eh' è Mm. 110, nel resto non vi sono note degne di ri- lievo; la circonferenza orizzontale è Mm. 570; tipo del cranio: dolicocefalo. Nessun disturbo della sensibilità generale. Udito diminuito bilateralmente per otite cronica; gii altri sensi specifici integri. Eiguardo alla motilità , 1' andatura solamente ad un esame accuratissimo facea rilevare una lieve esitazione, però i piedi ve- 36 Sulle distrofie iniiscolavi progressh-e iiivaiio posati regolarmente colle calcagna. Neil' andatura svelta però tale particolare era meno apprezzabile. La stazione su d' un piede sia ad occhi aperti che chiusi riusciva agevole. Il di.sturbo maggiore era neh' alzarsi da sedei-e, in quantochò egli posava ambo le mani esternamente alle cosce, e con un movimento a scatto si sollevava, in piedi; in tal guisa il disturbo veniva ad essere ad- dirittura mascherato. Nel salire le scale si stancava, come anche nel camminare a lungo. L' esame obbiettivo dimostrava un assottigliamento della re- gione anteriore della coscia sinistra, ed un leggiero appianamento della regione glutea dello stesso lato. La forza muscolare di esten- sione della gamba era a sinistra marcatamente diminuita. Fig. XIV. L'esame elettrico dimostrava una spiccata diminuzione della contrattilità muscolare alle due correnti nei nmscoli glutei e nel quadricipite estensore di sinistra. Qualunque eccitamento elettiico nei quadricipiti estensori determinava vivaci contrazioni nei polpacci. Anche nei muscoli flessori delle gambe era indebolita la contrattilità elettro mu- scolare, in special modo a sinistra. Negli arti superioi'i risultavano evidentemente atrofici i tri- cipiti estensori degli avambracci ; 1' atrofia era alquanto masche- rata dall'aumento dal connettivo sottocutaneo ; essa si poteva dire Sulle cìisfrofie muscolari progresxice 37 eguale nei due lati : la contrattilità muscolare alle due correnti era molto indebolita. La eccitabilità meccanica era indebolita al- la pari di quella elettrica. Nelle mani si verificava tremoi-e. I riflessi rotulei, plantari e dei tricipiti aboliti. Le Fig. XIII e XIV rappresentano il C'' in due posizioni, però tò rilevare che le fotografie vennero eseguite dopo 14 mesi di elettroterapia , della quale il C^ ebbe ad avvantaggiarsene ; nella fotografia rappresentante il malato di lato, risulta anche a destra 1' atrofia. I polpacci sono bene sviluppati: la circonferenza nel punto di massimo sviluppo dà cm. 36,5 in entrambi ; la circonferenza del punto medio della coscia dà 37 a destra, 38 a sinistra. Questo ingrossamento dei muscoli della coscia sinistra, te- nuto conto della eccitabilità elettrica e meccanica, dimostrerebbe uno stato pseudoipertrofico incipiente. Nel praticare la cura elettrica si rilevava la tacile esauribi- lità del quadricipite estensore di sinistra, e nello stesso tempo la contrazione paradossa dei muscoli surali. Funzioni vegetative normali. Riassunto — Atrofia dei tricipiti e dei quadricipiti ; con pseudoipertrofia nel quadric. sinistro: atrofia incipiente dei gh;- tei di sinistra; diminuzione della eccitabilità meccanica ed elet- tro-muscolare nei muscoli in via di atrofia; assenza di riflessi tendinei e di disturbi della sensibilità generale. OSSEEV AZIONE X.^' C' ... di anni 12. — Fratello ai 0% CS C^ Nato' in buone condizioni fisiche non ebbe a soffrire malattie degne di rilievo. Da qualche anno si manifesta in lui epistassi dovuta ad una rinite cronica ipertrofica. Di carattere molto vivace, impres- sionabile, va soggetto a cefalea, alla quale deve certamente con- tribuire la rinite ipertrofica da cui è affetto. DalTetà di circa 10 anni ha cominciato ad avvertire facile stanchezza nelle gambe, e di tanto in tanto caduta sulle ginoc- chia, nello stesso modo come C^ Siccome la caduta e la stan- chezza tendevano ad aumentare, così venni consultato nel Lu- glio 189G, ed ebbi l'opportunità di verificare ciò che segue. Sviluppo scheletrico regolai'e; nutrizione buona. 38 Sulle clhfro/ìe muscolari progressive Non vi sono note antropologiche degne di rilievo ; circon- ferenza orizzontale 530. Nessun disturbo nella sensibilità generale e specifica. Sviluppo muscolare abbastanza valido. Negli arti inferiox-i si nota il quadricipite estensore di destra meno sviluppato di quello di sinistra: il giovanetto però è mandritto. La forza muscolare di detto quadricipite estensore di destra è leggermente diminuita. Nessun disturbo si verifica nella stazione su d' un piede , nell'alzarsi da sedere, ecc.; però il C^ assiciira che avverte stan- chezza in tutt'i movimenti che esegue coll'arto inferiore destix). I riflessi rotulei sono aboliti. L'esame elettrico dimostra una diminuzione evidentissima della contrattilità del muscolo quadricipite di destra alla corrente galvanica e laradica; anche la eccitabilità meccanica è diminuita. Eccitabilità galvano-faradica dei nervi conservata. Esame della vita vegetativa negativa. Funzioni psichiche normali. Sottoposto a cura eletti'ica, dopo cii'ca 9 mesi migliorò no- tevolmente, tanto da aumentare l'eccitabilità meccanica ed elet- tromuscolare del quadricipite di desti'a, quasi eguagliando quella di sinistra. Fii;. XV llg. XVI. Riporto le tìg. XV e XVI, rappi'esentanti il C' dopo la cura elettrica. Credo utile riportare uno schema dell' eredità genealogica appartenente a queste ultime 4 osservazioni. PQ o •C ° o y: isterici cugino tcllo d ^ p o sx.„ ^■3 C3— O X c ^ lì! -5 9 oc ._ o S -s o e- :i 6 ■i: ~S A w ■■B — ^ IO e ss et ■ — ' o V lio o ■r. - ip S 5 o Ex,. w e W -J 1 «1 o o co 40 Sulle c/istrofìe imiscolari progre^sice In questi 4 casi di atrofìa muscolare nella stessa famiglia si può dire che in tutti vi sia un punto di partenza identico per la distrofia: i muscoli estensori delle gambe in alcuni, con la partecipazione più o meno pronunziata degli estensori degli avambracci, ed in due casi colla manifestazione della pseudo- ipertrofia, quasi a ricordare il tipo fondamentale, mentre in uno, il C° , oltre ai caratteri sopraccennati si manifesta anche l'atrofìa dell'eminenza tenare sinistra, che 1' avvicina ad un tipo mielo- patico. Un fenomeno comune a tutt" i 4 casi clinici riferiti, fu la alìolizione dei riflessi rotulei e plantari. Dirò in via incidentale, che in un fratello di C% C^ C'^ , C* , ch'è in floride condizioni di salute, potetti verificare che il riflesso rotuleo è iiormale. Ora l'abolizione del riflesso rotuleo, quando in alcuni come il C , il C^ i muscoli quadricipiti erano abbastanza sviluppati, i tremori, r atrofia della regione tenare sinistra nel C' , a me pare stia a dimostrare, che il sistema nervoso centrale non debba conside- l'arsi estraneo alla forma disti'ofica. Eiporto altre osservazioni di distrofie muscolari, eh' ebbi l'oc- casione di studiare a Pisa nella Clinica dei Prof. Sadii/i, quand'io era suo Aiuto. Le osserv. XI , XII , XIII , riguardano lo stato dei malati fino al 1893 in cui mi fu dato seguirli; il soggetto dell' osserv. XIII, in cui la malattia si era già. iniziata da parecchi anni, venne osservato recentemente dal Prof. Sadun, che gentil- mente mi favorì le notizie più importanti, che m' interessavano. I miei più. sentiti ringraziamenti all' Illustre Professore. Osserv AzioxE XI.'' C . . . Caterina d'anni 46, coniugata, con 4 figli. Il nonno paterno, eccitabilissimo, ebbe 4 mogli; morì ad SO anni per bronchite. Dalla 1^ moglie (morta dopo qualche anno per infezione tifica) ebbe 2 figli, tuttora viventi in ottimo stato di salute; la 2" moglie fin da giovanissima cominciò a lamentarsi Sulli', distrofie lìiuHColari jiriyre-s-sive ' 41 negli aiti interiori, di stanchezza, la quale aumentò lentissima- mente, risultandone una discreta difficoltà nel cammino; visse 16 anni, non accusò mai dolori in nessuna paite del corpo, e po- tette camminare alla meglio, finche non soccombette ad una in- fezione. Da costei ebbe tre figli tuttoi'a viventi, 2 maschi , Do- menico e Gaetano, ed una femmina, che sta bene. Domenico padre della nostra inferma, tuttora vivente (ha 68 annij, è stato uji' uomo robustissimo: ammogliatosi a 18 anni, ha avuto da una sola moglie 18 figli, di cui l-"j sono morti nella tenera età da pochi mesi a 4 anni, e da quello che ci si rac- conta tre soli con fenomeni convulsivi; 3 figlie sono viventi, delle quali una è i-achitica ed è rimasta nana , V altra è maritata e sta bene, 1' ultima è la nostra Caterina. Domenico (il padre) da giovinetto ha avuto un' andatura disinvolta; al dire della nostra inferma è eccitabilissimo; è stato molto amante delle donne. Al- l' età di circa 24 anni ebbe una fiera malattia febbrile , molto probabilmente infettiva; tre anni dopo cominciò a lamentarsi di stanchezza negli arti inferiori ; in seguito cominciò a provare nel cammino una leggiera difficoltà, eh' è andata progressiva- mente aumentando con una estrema lentezza. Al dire della fi- glia il disturbo del cammino nel padre è identico a quello che essa soffre, ora gli riesce possibile a stento mettere qualche passo, lavora seduto; di vertigine e di cefalalgia non si è mai lamen- tato. Finora non si son(ì manifestati in lui disturbi della defe- cazione e della urinazioue, o trofici. Dimorando molto lontano da Pisa la figlia non sapeva dare particolari maggiori, non veden- dolo da 4 anni a questa parte: però alcune notizie su riferite si sono raccolte per lettere. Gaetano fratello del padre della nostra inferma , e che ha ora 65 anni, di forme erculee, ora a stento cammina, dopo ave- re cominciato a soffrire dall'età di 22, 23 anni in poi degli stessi disturbi nel cammino come la nostra Caterina., ed i quali certamente sono sempre più aumentati. Tale malattia al dire della nostra, inferma sviluppossi un anno dopo una malattia feb- brile. Gaetano ha avuto 2 mogli ; ha 4 figli, di cui uno dell' età di 25 anni cammina col bastone essendosi ben per tempo in lui sviluppati dei disturbi nel cammino , per cui non flette i piedi come il padre; anch' egli è ammogliato. La madre della nostra inferma non soffrì mai di fenomeni convulsivi; a 30 anni però divenne ad un ti-atto emiplegica a sinistra; si rimise completamente dopo qualche mese, e stette be- Atti Acc. Vol. Xr, Serie i» — Meni. I. 6 42 Sulle clisfrti/ì'c uni scoi a ri prtHiresmve nissimo per 11 anni ; ma all' età di 41 anno cominciò a pro- vare difficoltà nel cammino , agitata continuamente da un tre- more persistente anche ]iel riposo, e cessando col sonno. A poco a poco non le riuscì più possibile camminare ; e dopo essere ri- masta parecchio tempo a letto, morì a 48 anni. La nonna paterna, della nostra intérnia soccombette per emoiTagia cerebi'ale , clie re])licossi "ì ^'olte con 15 mesi d' inter- vallo. A pi'oposito degli altri parenti aiiini, da quel che ci dice la Caterina non vi sarebbe niente da rilevare. La Caterina venne alla, luce dopo un ]iarto felice. Forse non è inutile ricordare che la madre prima di divenire incinta di lei avea pochissimo tempo prima abortito. Cominciò a cammi- nare ed a parlare abbastanza presto ; mestruata a 12 anni ebbe tale funzione sempre regolare lino all' età di 85 anni. Ad ecce- zione di febbri che dice gastriche, del i-esto è stata sempre bene tino air età di 18 anni, quando andò a marito. Maritatasi, fino all' età di 35 anni ha avuto 5 gra^'idanze, 'ò parti felici, 2 laboriosissimi, uno quando sgravossi di Raffaello (soggetto della 2" osservazione, che esporrò tra poco) , e 1' altro della figlia eh' è ora maritata, e che sta bene. A 22 anni ebbe una lunga malattia febbrile, molto })roba- lùhnentc il tifo addominale (dai fenomeni che ci racconta), e la quale 1' esaurì in maniera tale, da richiedere la convalescenza di ben 9 mesi. Dopo questa infermità divenne incinta prima d'un maschio, eh' è ora soft' ufficiale nell' esercito e sta bene, e poscia di lìaffai'llo. Durante la gravidanza di quest' ultimo fu presa spes- sissimo da- accessi convulsivi, i quali poscia non si sono più ma- nifHstati dopo la, gravidanza. Di patemi d'animo ne ha sofferto e moltissimo. L'inizio della presente malattia sembra che dati dall' età di 2G anni ; 1' inferma nel camminare cominciò ad avvertire una sensazione di stanchezza del l'esto lievissima, ma di cui dapprin- cipio non si elette pensiero; tale sensazione riguardava solamente r arto inferiore destro. In seguito, e con estrema lentezza, la dif- ficoltà nella deambulazione andò aumentando gradatamente. Nello stesso tempo altri fenomeni si manif(3starono, consistenti in ver- tigini , per cui alle volte ]3er poco non è caduta , ed inoltre in accessi di cefalalgia parecchie volte intensissima. Di questi ulti- mi però da qualche anno a questa parte non ne soffre più. L' andamento della malattia fu sempre progressivo; dopo cir- ca un anno una cei-fa difficoltà si era manifestata anche nei Sulle d/sfi-u/ic muscolari progresswe movimenti dell' arto supeiiore destro, di cui avrò fra poco a par- lare. Le stesse sensazioni cominciarono egualmente a manifestarsi nell'arto inferiore sinistro dopo circa 3, 4 anni. Un cambiamento nel timbro della voce è stato notato dal- l' informa , oltre che dai suoi parenti stessi ; essa si è abbassata di tono. L'esame attuale si può riassumere i]i ciò che segue. Donna di media statura delicata, di aspetto sofferente; con capelli bianco grigi ad eccezione della regione occipitale dove erano neri : dimostrava più anni di quelli che avea. Altezza M. 1,53, apertiirn ddle braccia M. 1,02. Circonferenza oriz •'>'0 Semic. anter. -'>'* post. -00 Diam. Anter. post. M Ho » trasv. M I4'_' Indice cefalico ^W^ Tipo del cranio subbracliicefalo Curva Ant. post -^0 Trasver 310 Altezza della fronte 43 » » faccia 123 Diametro bizigomatico 124 » biau ricolare 124 » frontale minimo ' 107 Distanza dal mento al condotto uditivo destro . 105 1- sinistro » Angolo facciale ^0'' Come note antropok)giche era a rilevare: plagiocefalia e leggiera asimmetria della faccia. La stazione a piedi ravvicinatile riusciva difficile; l'infer- ma curvava in tal caso di molto il dorso ; non si determinava il fenomeno di Eomberg, il quale non si rilevava nemmeno ad oc- chi chiusi. A piedi nudi la dififcoltà aumentava molto dippiù. La stazione su d'un piede riusciva adduittura impossibile; r inferma non poteva in nessun modo sollevarsi sulle punte dei piedi; sulle calcagna poi le era addirittura impossibile. La deambulazione in avanti era moltissimo difficoltosa; l'in- ferma girava gli occhi attorno per trovare una sedia, un mobile a cui sorreggiersi ; il corpo era curvato in avanti : le gambe non venivano divaricate, si sollevavano più del dovere; le punte dei piedi urtavano per i primi il pavimento: però appaiava chiaro che gii arti inferiori non ^-enivano proiettati incoordinatamente. 8i scorgeva ad evidenza che l' inferma non fletteva i piedi nella locomozione; inoltre Lei artificialmente si chinava un po' più del 44 Sulle distrofie iimscohiri progressive dovere nel senso laterale, e ciò per far si che appoggiandosi viep- più sopra un arto, riesciva più agevole sollevare 1' altro. Ad ogni istante minacciava di cadere. Ad occhi chiusi lo difficoltà non au- mentavano. I poclii passi fatti fare dall' inferma determinavano in lei una stanchezza sproporzionata. L" andatura all' indietro, sia ad occhi aperti che chiusi, rie- sciva alla malata ìnolto meno difficoltosa, anzi ella ci aggiunge- va, che quando a casa trovavasi sola ed era costretta a dover muovere qualche passo, ad esser sicura di non cadere camminava a litroso. In senso laterale la deambulazione presentava le identiche difficoltà di quella in ava}ati. Nel salire o scendere specialmente le scale le difficoltà non aumentavano sensibilmente; del resto negli ultimi 4 anni lei era rimasta sempi-e a casa, ed era vennta in vettura fino alla Clinica, sorvegliata e sorretta all' occasione onde evitare qualche caduta. JjCÌ confessava che a piedi nudi il cammino in avanti le rie- sciva impossibile senza mi" appoggio sicuro e valido. (iiacendo nella posizione supina poteva sollevare gli arti in- feriori tenuti in estensione. Anche quando era seduta poteva estendere le gambe, man- tenendole parallele fra di loro rilevandosi un leggiero grado di tremore. È utile far rilevare, che i piedi rimanevano in estensio- ne, però non per contrattura dei nmscoli della regione posteriore della gamba. La punta del piede destro era leggermente ruotata air indentro, per cui la regione dorsale del piede guardava un po' all' infuori. La regione antero esterna delle gambe presenta- vasi appianata. La circonferenza massima al polpaccio era di cm. 25 a destra, 26 a sinistra. La fòrza muscolare saggiata nelle gambe e nelle cosce ri- sultava abbastanza ben conservata. Al contrario nei piedi erano aboliti i movimenti di flessione attiva ; i movimenti di estensione al contrario si manifestavano discreti. L' ammalata diceva chele era addiiittuiu impossibile flettei'e i piedi. Le articolazioni tibio astragalee erano integre; passivamente si poteva determinare nei piedi qualunque movimento colla massima facilità, senza avver- tire ]iessun;i resistenza, né provando l' inferma alcima sensazione dolorosa. Nell'arto superiore destro, quand' esso era mantenuto in po- sizione orizzontale, rilevavasi un grado di tremore apprezzabile, tanto da essere agevolmente registrate coli" ultimo apparecchio luodello Verdi II. Sulle distrofia inuscolavi proi/res.iice 45 Quando si (;'tsaiiiiiuiVM ]a mano destra dell" inferma , ciò clie attraeva immediatainente l'attenzione hì era la regione tenare , in cui in luogo di una eminenza si scorgeva una concavità pro- nunziatissima. La palpazione taceva avvertire le ossa sotto la pelle. I movimenti di adduzione e di prensione del pollice rìv- scivano impossibili all' inferma , la quale non poteva sorreggere un oggetto tra pollice ed indice. Nel resto della mano nessuna deformità. I movimenti di lateralità delle dita erano ben con- servati. Vedremo tra poco i dati fornitici dall'esame elettrico. L'inferma asseriva, di avvertire difficoltà quando volea pren- dere colla mano destra degli oggetti, o quando volea abbotto- narsi l'abito, o infine quando volea infìla)-e un'ago. La scrittura le riesciva egualmente difficoltosa. Col chiudere gli occhi il di- sturbo non si pronunziava. Neil' arto superiore sinistro si rilevava un leggiero grado di tremore, determinantesi quaiido le dita della mano erano tenute divaricate. Anche qui la regione tenare si presentava concava , però in grado minore che a destra. I movimenti del pollice si determinavano però limitatamente ; 1' inferma poteva, stringere debolmente un oggetto tra il pollice e le altre dita. Atrofia in altri muscoli degli arti supeiiori non erano apprezzabili ; i rela- tivi movimenti si eseguivano normalmente e bene; lo ste,sso era a di]'si nei muscoli del capo e del resto di tutto il corpo. La forza muscolare nell' arto superiore destro era conserva- ta ; e ciò gli rilevava adoperando i soliti mezzi meccanici per estendere e flettere gli arti. L'inferma stringeva abbastanza di- scretamente la mia mano, il pollice destro però rimaneva del tutto inattivo. Sebbene la Caterina tósse la ])rima ^•olta che provasse a stringere mi dinamometro Mathieu , che del restro per le sue mani era un po' grosso , pure marcava colla mano destra 10 , colla sinistra 15 , con entrambe le mani 25. Giova notare che l'inferma non era mancina. Eiguardo all'eccitabilità meccanica, jiercotendo con un mar- tellino i differenti muscoli degli arti fu rilm ato , che i muscoli della ]-egione antero-esterna delle gambe non rispondevano allo eccitamento meccanico. I muscoji del polpaccio reagivano, seb- bene debolmente. Si poteva dire normale 1' eccitabilità mecca- nica nei muscoli delle cosce. Negli arti superiori 1' eccitabilità meccanica non era per nulla diminuita, salvo nella regione tena- re in cui era abolita. L'esame elettrico dette i seguenti risultati. 46 Sitili' (list nife ìiiiisculari progressive 1 muscoli della spalla . del braccio e dell" avaiul;)raecio di destra e di sinisti-a reagivano prontamente all' eccitamento elet- trofaradico, ne notavasi alcuna differenza tra un lato e l'altro. Nella regione tenare di destra nemmeno a rocchetti addossati si determinava alcuna contrazione. I muscoli interossei reagivano benissimo e prontamente co- me pure quelli della regione ipotenare. Ben conservata era 1' eccitabilità faradica dei muscoli del tronco. A sinistia nella regione tenare si determinava una deljolis- siaia contrazione a rocchetti addossati; i muscoli della regione ipotenare e gl'interossei reagivano norunalmente. I muscoli dell'anca e delle cosce reagivano normalmente. Nei muscoli della regione antero-esterna delle gambe era abolita la contrattilità muscolare alla corrente faradica; in quelli del pol- paccio destro si avea una debole contrazione a mm. 80, in quelli del sinistro a mm. òO dell'apparecchio Tripicr. Pi-aticando delle ricerche miogratìche sui gastrocnemi appli- candovi il mio miogi-afo . con un metronomo interruttore inter- calato nell'apparecchio faradico Tripier, e registrando le contra- zioni muscolari su d'un cilindro affumicato, fu agevole rilevare, come anche con così fòrti correnti (rocchetti addossati) i tracciati dimostravano oscillazioni molto corte e con apici dilatati, indizio evidente che le contrazioni muscolari erano deboli e poco pronte. La contrattilità muscolare alla corrente galvanica era abo- lita nella regione tenare di destra; a sinistra col maximmn di intensità dell'apparecchio, si avea una debolissima contrazione, senza inversione della nota formula normale. Nei muscoli della i-egione a utero - esterna delle gambe era abolita la contrattilità muscolare; affievolita nei polpacci . pui- restando inalterata la. formula qualitafi\a. L'eccitabilità gavano-faradica dei nervi poteva ritenersi con- servata. Completerò alla meglio 1' esame della motilità dicendo, che nei muscoli della faccia e del collo non si rilevava nulla di anormale, anche per ciò che spettava al modo di reagire all'ec- citamento elettrico galvano - faradico. La lingua poteva essere mossa dairinferma in tutte le direzioni: nel velopendolo palatino non si riscontrava niente di anormale. Esame laringoscopico negativo. Movimenti fibrillari non vennero rilevati nei muscoli degli arti, quand'essi trovavansi nello stato di riposo. L'infierma as- Sulle distrofie ìimscolari progressive 47 seriva di avvertire benissimo il suolo colle piante, non ricevendo nessuna sensazione anormale. La sensibilità tattile era conservata. Niente di speciale tacea rilevare 1' esame della sensibilità topografica, come pure quella barica termica e la dolorifica. Riguardo ai sensi specifici per la vista tanto il campo visi- vo che la forza visiva era normale; il senso cromatico era squi- sitissimo; l'esame oftalmoscopico non dimosfj-ava particolarità di rilievo ; le pupille reagivano benissimo alla luce ed all' accomo- dazione ; nessun disturbo nei movimenti degli occhi. 11 gusto , l'udito e l'olfatto non erano per nulla disturbati. Il T'ifiess(j rotuleo notevolmente diminuito a sinistra ; a de- stra compariva col metodo lendrassik; aboliti i riflessi plantari. Come sensazioni speciali spontanee avvertite, rinti'rma dicea di temere molto il fresco specialmente negli arti inferiori; intatti anche nell'estate le riesciva molto gradito mantenere le gambe al sole. Sensazioni dolorose provocate non riescivano a risvegliarsi in quelle parti del corpo cadute sotto la nostra osservazione ; pressioni praticate lungo la linea mediana e lateralmente alla colonna vertebrale erano con indifferenza tollerate dalla nostra ammalata. Ciò che la molestava era una sensazione sgradita di stanchezza, che avvertiva quasi sempre, e eh' era molto intensa, specialmente quando dopo aver dormito a sufficienza si risveglia- va la mattina, e mentre si apprestava a levarsi da letto. In questi ultimi tempi avvertiva egualmente delle leggiere fitte dolorose alla mano destra ed alle piante ; per lo passato non ne era stata mai disturbata. Si lamentava di vertigini a cui andava spessissimo soggetta, e clie erano andate progressivamente aumentando di numero dall'età di 26 anni, in cui cominciaroiio, fino ad oggi. Una volta solamente io mi sono trovato presente a tale disturbo ; ad un tratto divenne pallidissima senza perdere la coscienza; diceva di sentirsi morire; polso piccolo (52 pulsazioni per minuto) , respi- razioni piuttosto profonde (14). Mi affrettai a farle inspirare rm po' di ammoniaca, e gradatamente si rimise senza mai perdere la coscienza, rimanendo solo un po' pallida. Questi disturbi, rai asseriva l'inferma, si determinavano senza ragioni apprezzabili ; ella ne avea molta paura, perchè temeva di cadere quando tro- vavasi seduta. Di cefalalgia ne soffriva di tanto in tanto a lunghi intervalli, ed allora ei-a costretta a rimanere a letto. Il cambiamento nel timbro vocale consistente in un abbas- samento della voce, non sembra che sia andato progressivamente 48 Sulle distrofie inuscdlari jinnj ressi fu aumentando, i/ inii'iiua assei-i\a che da sé stessa avvertiva in alcuni giorni dei cambiamenti tem])oranei nell" altezza del tono vocale. La voce era monotona , con una leggiera cadenza che , come affermava il mai-ito , prima non si notava in lei. E utile notare che non esistevano localizzazioni infiammatorie laringee. Le funzioni pertinenti alla vita vegetativa si esplicaAano normalmente. Negativo riusci l'esame delFapparecchio circolatorio. Nessun disturbo ebl)e mai a maniti^starsi nell' urinazione e nella defecazione. L'esame delle urine più volte praticato non rivelò dati i quali si allontanassero da quelli tisiologici. Le facoltà mentali della nostra inferma erano benissimo sviluppate e conservate; donna intelligente, di molto buon senso, brava madre di famiglia, rassegnata oramai alla vita ritiratissi- ma a cui era obbligata per la sua infermità. Lei stessa diceva (ed i suoi l'affermarono) che da qualche anno era divenuta un po' irritabile , per cui alcune volte si eccitava per motivi di cui prima non facea alc\in caso. Questa malata assoggettata nell" Ambulatorio del Prof. Saihiii alla cura elettrica (corrente galvanica discendente alla midolla spinale , e faradizzazione dei muscoli degli arti ) a poco a poco andò relativamente migliorando. Della, cura si giovarono abbastanza bene i muscoli delle cosce e delle regioni posteriori delle gambe , tanto da riuscirle possibile di portarsi a piedi da casa sua sino all'ambulatorio del r^rof. Sadmi. Fino al 18UI3 le sue condizioni erano rimaste sta- zionarie (1). Riassunto — Eredità diretta; infezione, indi inizio dell'atroha nei muscoli delle gambe, ulteriormente nelle eruinenze tenari, e sempre prima nel lato destro e poscia nel sinistro ; tremori ap- prezzabili, parestesie dolorili che; modificazione del timbro vocale; integrità della sensibilità generale e specifica ; abolizione della eccitabilità meccanica e della contrattilità elettromuscolare nei muscoli più affetti, affievoliti nei meno affetti; diminuzione no- tevole dei riflessi i-otulei. (1) Da ncitizir tii-iitiliiiciitc tKisiiiessciui dal Cliiarissiiiio Prof. Sadnn bu saputo, i-hc la jui- vera C è morta piT puliminìti.' ui-l 1894. iS'«/Zf flisfrofic iiiu.scolari prat/ressii-e 49 Prima di tare alcune cuntsiderazioni cliniche sul presente caso credo utile riassumere le storie cliniche sui tigli della C. affetti dalla stessa malattia. OSSERVAZIOKE XII." C. . . . J!> 146 Frontale minimo » 115 Bizigomatico » 12.5 Biauiicolare » l-'^O Bimandibolare » 104 Altezza della fronte » 34 id. id. faccia » 13ó Distanza dal mento al condotto uditivo destro . » 119 id. id. id. id. sinistro » 119 Circonferenza orizzontale » 5.50 Semic. anteriore » 260 id. posteriore » 290 Curva antere-posteriore » o20 id. Trasversale » .5.S0 Indice cefalico » 74,9 Tipo dei cranio dolicocefalo Angolo facciale » H2" Arcate orbitarie molto sviluppate; platicetalia fronto-parietale mediana; appiattinamento delle regioni temporali : infossamento leggiero nella linea di sutura tra frontale e parietali nella linea mediana. Buoni denti; capelli castano-chiari; occhi grigi; orecchie lun- ghe mm. 63 , simmetricamente impiantate, con elici appianati nella metà inferiori ed anteliei molto sviluppate; cute bianco-pal- lida diafana. Al primo vederlo la sua andatura attraeva immediatamente Sulle distro pi' muscolari progressive 51 l'attenzioiic'. Sarò obbligato a lipetei'e parecchie cose dette anche a proposito dalla madre , ma cercherò di essere breve facendo lisaltare a preferenza questi fenomeni, che mi sembreranno più opportune. L' appellativo affìbiatogli dal padre : montanaro , bisogna confessare ch'era stato abbastanza felice. Il Raffaello quand' era calzato non provava difficoltà nella stazione a piedi ravvicinati; fenomeno invece che si determinava a piedi nudi. Non si rile- vava nemmeno in piccola proporzione il fenomeno di Homberg. Riuscita difficoltosa la stazione su d'un piede specialmente il destro; difficoltosissimo il levarsi in punta di piedi, impossibile poi sulle calcagna. Nella deambulazione non fletteva i piedi; li sollevava più del dovere insieme alle gambe, però ciò era cau- sato dal fatto che i piedi non si flettevano nel cammino, e nel sollevarli essi si estendevano , e 1' infermo per non urtare colle punte il pavimento, elevava più del bisogno le gambe. Poggiava sempi'e prima la punta del piede sul pavimento, tanto che le suo- la degli stivaletti si consumavano ben presto alle paiti anteriori ed interne. Nessuna incooi'dinazione si rendeva manifesta, tanto che gli riesciva benissimo seguire una detei'minafa linea , che eli si tracciava sul suolo. Anche in lui come nella madre le dif- ficoltà della deambulazione erano maggiori per 1' arto inferiore desti'o. La corsa gli riusciva quasi impossibile , cadendo certa- mente. Camminava meglio cogli stivaletti che cogli scarpini , anzi in quest' ultimo caso egli (senza che nessuno glielo avesse suggerito) con una benda di tela fasciava il piede in modo , da mantenerlo a preferenza flesso; egualmente come nella madre la difficoltà della deambulazione aumentava a piedi nudi. L' anda- tura a ritroso gli riusciva abbastanza facile. Nel salire le scale si serviva sempre della rampa ; 1' oscurità non accresceva il di- sturbo. Ad occhi chiusi tuff i fenomeni innanzi indicati non si pronunziavano in modo manifesto. Se si metteva a letto in posi- zione supina sollevava benissiino gli arti inferiori , restando i piedi (come abbiamo visto nella madre ) in estensione ; però si stancava fàcilmente. Negli arti superiori diceva di avvertire un po' di stanchezza nelle braccia ed a preferenza nel destro, cosa che si poteva verificare anche facendogli mantenere gli arti su- periori abdotti e paralleli all' orizzonte. Un grado di tremore evidente si rilevava nelle mani, tanto da esser possibile di regi- st}-arlo coir apparecchio Verdin ; tremore che aumentava colla stanchezza , la quale del resto subentrava rapidamente quando gli si faceva mantenere 1' arto nella posizione anzidetta. 52 Sulle distrofie inuacoìuri jìroyre.iiice Nello Hcrivere, specialmente in caratteri cubitali, ^i poteva anche con chiai'ezza verificare nn leggiero grado il treraore sud- detto. L' esame della nutrizione dei singoli gruppi d(d sistema mu- scolare fece rilevare in entrambe le regioni tenari un appiana- mento delle eminenze dello stesso nome. Nelle regioni antero- esterne delle gambe rilevavasi un evidente appianamento. A prima vista i muscoli del polpaccio sembravano abba- stanza ben sviluppati, però la palpazione dimostrava aumentato il connettivo sottocutaneo. La circonferenza massima a livello del polpaccio misui-ava in entrambe le gambe centimetri 52; nel ])unto medio delle cosce centim. 38. La forza muscolare saggiata negli arti inferiori risultava ben conservata per ciò clie riguardava i muscoli dell" anca e della coscia; molto indebolita nei muscoli del polpaccio; aliolito ogni movimento di flessione attiva dei piedi, in egual modo co- me rilevossi nella madre. Al dinamometi'o la mano destra marcava 28, la sinistra 'ó2, entrambe 37 ; non era mancino. L' eccitabilità meccanica era abolita nei muscoli della re- gione antero esterna delle gambe; molto diminuita nei nuiscoli (-lei polpaccio ed in quelli delle regioni tenari. Quando 1' infermo contraeva i polpacci si determinavano movimenti fibrillari, i quali si rilevavano anche spontaneamente nello stato di riposo. L' esame elettrico dimostrava abolita la contrattilità musco- lare alla coi'rente faradica nei muscoli della regione antero ester- na delle gambe; diminuita molto in quelli delle sure. e nelle i-e- gioni tenari. Anche la contrattilità muscolare alla corrente galvanica era abolita nei muscoli delle i-egioni antero-esterne delle gambe , molto diminuita nei polpacci e nelle regioni tenari, senza alte- razione della formula qualitativa normale. Conservata era l' eccitabilità galvano-faradica dei nervi. Praticando delle ricerche miogi'afìche sin gastrocnemi, nella stessa guisa come fu fatto nella osserv. precedente, fu fàcile lile- vare come con correnti faradiche abbastanza intense le contrazioni muscolari non si determinavano tutte le volte che il metronomo dava passaggio alla corrente. Con 60 eccitazioni al 1' si scor- geva, che alle volte il muscolo non reagiva fino a 5 eccitazioni di seguito. Le oscillazioni della penna scrivente sul tamburo Marey non erano uguali. Prolungando 1' osser\azione pei- 20 mi- Hulle dintro/ie muscolari prugre.ssice 53 liuti di seguito si notava, che le pause divenivano molto meno fi-equenti , per divenire in seguito e presto come lo erano per V innanzi, quasiché il muscolo si fosse rinvigorito sollecitamente coir eccitamento elettrico , ed indi prolungandosi quest' ultimo, avesse finito , com' è naturale , collo stancarsi. Riguardo alla sensibilità tattile notavasi un atfievolimento nella percezione di stimoli lievissimi negli alluci , dove era an- che diminuita la sensibilità elettrica e barica ; abolita la sensa- zione del solletico nelle piante. La sensibilità dolorifica e termica era integra. La sensibilità tattile, barica ed elettrica negli arti superiori era conservata. Sensi specifici integri. Conservati bene i ritìessi pupillari alla luce ed all' accomodazione. Aboliti i riflessi rotulei e plan- tari. Conservati i riflessi cremasterici. L'esame degli organi toraco-addominali risultava negativo; le funzioni ad essa pertinenti si esplicavano benissimo. L' esame delle urine più volte praticato non dimostrò parti- colarità di rilievo. L'istinto sessuale era conservato. Non soffriva vertigini ; dall' età di 6 anni si lamentò spesso di accessi di cefalalgia, le quali cessarono nella pubertà. Sensazioni dolorose spontanee non avvertiva, come pure non se ne provocavano, premendo la colonna vertebrale ed altre parti del corpo. L' infermo non si lamentava d' altro che di stanchezza, pro- vocata dal calumino. I genitori mi affermarono di aver notato verso il 1888 un cambiamento nel timbro vocale, il quale era divenuto più basso. Riguardo al grado d' istruzione il nostro infermo sapea leg- gere e scrivere; un assiduo frequentatore della scuola non fu mai. L' intelligenza era sufficientemente sviluppata. Di carattere era eccitabilissimo, però in fondo buon ragazzo. lUassunto — Eredità diretta ; inizio della malattia verso il 6° anno negli stessi muscoli delle gambe ed indi delle eminenze tenari come nella madre ; movimenti fibrillari nei muscoli delle sure ; eccitabilità meccanica ed elettro muscolare abolite nei mu- scoli della regione antero esterna delle gambe, diminuita nelle eminenze tenari; leggiera deficienza della sensibilità tattile negli 54 Sulle distrofìe n/uscolari progressive alluci : modificazione del timbro vocale; abolizione dei riflessi ro- tulei e plantari. Riporto la seguente osservazione riguardante un fratello del caso precedente, e di cui il Prof. Sadun, sempi-e cortese e bene- vole mi favori le notizie ; riassumo sinteticamente i dati più im- portanti trasmessimi dall" Illustre Professore. OSSEKVAZIOXE XIII. ^ C. . . Ferruccio di anni 18. — Pare che di malattie precedenti non abbia sofferto altro che disturbi gastro-enterici. Studiò le scuole tecniche, ed ora fa 1' orefice. Fin dall' infanzia ebbe ad ac- corg-ersi che si teneva malfermo sulle calcao-na. Il cammino si presenta leggermente incerto. I muscoli dalla gamba sinistra sono meno sviluppati e si contraggono con mi- nore energia di quelli di destra.; il dorso del piede sinistro è più arcuato di quello di destra : la flessione non riesce possibile ; l'al- luce solo è suscettibile d' un breve movimento di flessione dor- sale e plantare. Il piede sinistro si presenta disposto come ad ar- tiglio, tanto che il F. poggia sul terreno coi metatarsi. Negli arti superiori si rileva evidente atrofia dell" eminenza tenare, ipotenare, e dei muscoli interossei. Sensibilità generale squisita; sensi specifici normali. Riflessi iridei conservati ; di quelli tendinei sono aboliti i pa- tellari, i plantari ed i cubitali. Esame della vita vegetativa negativo. Come dati antropologici esistono le orecchie ad ansa con tu- , berceli Darwiniani, doppio vortice dei capelli ; fronte bassa, asim- metria facciale, prognatismo. Frontale minimo 104, capacità cra- niense 1554, indice cefalico 77; angolo facciale 80". A complemento dei tre casi precedenti riporto lo schema se- ite lattia. guente che fa rilevare nettamente la eredità familiare della ma- o ^ H s M, te "o P o .w r/3 — s g -5 c3 "c ^ «3 p -S o o ce 0 da olare ci 11 ■e :g -^ -*-^ .G fi i eS o CI o cS CD co o _S ^ .5 "o H ^H o se co Q ! fe ■X2 5 se cS se o " *^ 1 ^^^^ ce 1 lO 7 S a. o Cd a S -a ci' 0) " c3 ce o ^B 56 Sidli: (list rafie ìttnsfoluri pirigi-es-f/re Questi tre casi clinici da me riassunti , tenendo conto del- l' eredità diretta, autorizzano certamente a classificarli tra le for- me di distrofie muscolari familiari. A quale dei tijn finora de- scritti essi possono riferirsi ? Alla forma giovanile di Erh. a quella Leyden-Moeb/iis. o al tipo (Jirircof Marie y Nella forma giovanile di JSrb l'inizio dell" atrofia può avere una localizzazione variabile; nella maggioranza dei casi sono i muscoli della spalla e del braccio che sono affetti per i primi , laddove altre volte sono i muscoli delle gambe e del dorso. Nel periodo avanzato della malattia 1' atrofia risparmia per lunghis- simo tempo i piccoli muscoli della mano, i muscoli delle sure e dell'avambraccio (eccettuato il lungo supinatore). Per differenziare questo tipo di distrofia muscolare da quello AraihDuchennc V osser\atore stesso , Erb, dice . che nella forma spinale dell'atrofia muscolare progressiva il dimagramento procede dalle estremità degli arti verso il tronco, laddove iiella forma gio- vanile essa si sviluppa in senso inverso, dal tronco verso le estre- mità. Nei casi pi-ecedenti però si ebbe 1' occasione di verificare, che sebbene l' inizio della malattia siasi determinato nelle gambe , pure r atrofia ebbe a manifestarsi nelle eminenze tenari, quando ali altri muscoli ritenuti come sede di predilezione nel tipo Erb erano risj)armiati. L'esame elettrico nei nostri casi fu abbastanza qualificativo, per poter stabilire il modo come avea proceduto la malattia. Nel 11° caso poi esistevano contrazioni fibrillari nei muscoli del polpaccio, ed il tremore era evidentissimo in entrambe le os- servazioni ; non mancò anche nel II" caso un incipiente disturbo della sensibilità tattile. (1) Pei- il tipo Leyden-Moebius ricorderò che la malattia si ma- nifesta egualmente nella giovinezza, cominciando con una certa (n La iiiodificrt/.ioni? del tiiiiliro vocali? verificat,» nella I» e II» osservazione può interpretarsi come dovuta a distiirlii di trofismo nei piecoli niusuoli laring-ei ? Sulle dÌ!itrii/ii_: niu.scuìtìri proi/ressice 57 debolezza dei Idiulii e degli aiti inteiioii . indi atrofia in ([uesti ultimi principalmente alle sure. Nella, sua lenta jn'Ogressione 1' atrofia si diffonde dalle gambe alle cosce, ai nnisculi saero-lomliari. ed infine agli arti superiori doxe procede dalla radice alla estremità , contrariamente a ciò che ha luogo nel tipo Araìt-iJucheniic. Anche in questa forma mancnno i disturbi della sensibilità e le contrazioni fibrillari Q). Non potendosi riferire i jn'ecedenti nemmeno a questa- forma Leijden-Moehias, né a quella, di ZiciinNerlm e Laridoazy-Dejcriiio, Bon resta che il ti]>o Charcot-Maric, i cui caratteri clinici cor- rispondono alle mie osservazioni. Infatti nel tipo Charcot-Maric Y atrofia muscolare progressiva imade dapprima i piedi e le gambe, e dopo parecchi anni si manifesta alle eminenze tenari, ipotenare , ed interossei. Però nei \'ari casi all' esame elettrico non fu verificata reazione degenerativa. Riandando jjer poco sui dati fornitici dalla C. (soggetto della 1'' osserv.) a proposito della malattia del padre d' un fratello e d' un nipote di quest' ultimo , io per me sebbene non li avessi visti. ])ui-e dopo la descrizione esatta e particolareggiata fattami (Uilla C. son convinto, che sieno stati affetti anch'essi da distrofia muscolare. E degno di considerazione il fatto dell' estrema len- tezza con cui è proceduta in essi re\'oluzione dell'infermità, ca- rattere già notato da tutti coloro, che hanno contribuito alla casuistica di questa forma morbosa. Fo* rilevare il fatto die la infermità nel padre della C. manifestossi chiaramente dopo una fiera malattia infettiva. Quale prole dovesse lisultare dall'unione di costui colla madre della C. morta con quei fenomeni nervosi complessi innanzi descritti, era facile prevederlo; infatti di IS figli, IT) morti nella piccola età, e delle ;5 viventi una rachitica, ed un' altra colla distrofia muscolare. Nella C. rinfermità si manifestò egualmente dopo una grave |lj Pare strano die in qiie.sta forma non si hanno ilei ilari esatti di clùrfrdsrdpiM. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4» — Meni. I. 8 58 Sulle d/atrit/ic muscaluri /trtHjressire e lunga infezione, e noi conosciamo ornniai come le malattie infettive rappresentano mi flcinento etiologico importante per lo sviluppo di nevropatie. La distrotia muscolare presentò nei tigli della C. (Oss. XII e XTll) 1111 decorso certamente più rapido che nella madre. Ossee vAziONE XIV. l)i questa osservazioiie mi rincresce non a\cr potuto ripni- tare una tipo-fotografia, poiché noii fui a tempi) di tarla eseguire dalla bella tbtografia gentilmente inviatami dall'Illustre Pro/'. Sria II. Risultati delle osservazioni meteorologiche fatte nel quinquennio 1892-96 all'Osservatorio di Catania. Nota dei Proff. A. RICCO e G. SAIJA. Col 1" dicembre 1891, appena ultimati i principali lavori d' impianto dell' Osservatorio Astrofisico, s' incominciarono le os- servazioni meteorologiche , cogli strumenti forniti e campionati dall' Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica di Roma. Le persone addette ora al servizio meteorologico sono l'Ing. Salvatore Arcidiacono, il Prof. Giuseppe Saija ed il Dott. Ema- nuele Tringali ; alle osservazioni partecipa anche il meccanico dell' Osservatorio, Signor Antonino Capra. In questo lavoro gli anni sono contati meteorologicamente dal 1° Dicembre dell' anno civile precedente , al 30 novembre dell' an]io civile considei'ato ; pertanto l' inverno meteorologico comprende i ti-e consecutivi mesi di dicembre, gennaio e febbraio, .e così , ogni gruppo di tre mesi successivi forma la primavera , r estate e 1' autunno. Le ore delle osservazioni per i primi due anni del quin- quennio sono contate in tempo medio di Roma , mentre dal lo gennaio 1894 sono contate in tempo medio dell'Europa Cen- trale, da una mezzanotte all' altra, da 0*" a 24.'' (*) (*) Dal giorno 7 febbraio' 1897 l'Osservatorio segnala otticamente alla città, il mezzodì dell' Europa C'entialc. Tre minuti prima ili mezzodì viene alzata una palla di vimini, dipinta in nero, del diametro d'un metro; l'asta su cui scorre corrisponde all'asse stradale di Via Lincobi. L' istante del principio della caduta della palla è il mezzodì dell' Europa Centrale. Il seguale è visibile da molti punti della città e borgate, ma per rendere il servizio più utile (specialmente per le navi del porto) , il Rettore dell' Università e il Direttore dell' Osserva- torio sperano poter fra non molto aggiungere la segnalazione acustica, a mezzo di uu colpo di cannone. Al servizio del tempo h addetto il prof. G. Saija. Atti Acc. Vol. XI. Serie i" Mem. IT. 1 Risultati delle ofiaervazioni meteorologiche La differenza di 10°^ 5' fra il t. in. Roma ed il t. m. E. C. non può produrre difetto di omogeneità tra le osservazioni dei primi 2 anni e quelle degli altri 3 del quinquennio, trattandosi di osservazioni non istantanee, ma che richiedono un certo tem- pio (circa un quarto d' ora) per essere eseguite. La longitudine poi di Catania rispetto al meridiano della Europa Centrale è appena 20^ 6 Est ; ne segue che le osserva- zioni meteorologiche di Catania in t. m. E. C. vengono fatte in t. m. locale, e si avvicinano all' ideale delle osservazioni me- teorologiche in t. vero locale , il quale è il migliore jjer lo stu- dio della climatologia, ma non per la meteorologia generale, che richiede le osservazioni contemporanee nei diversi luoghi. Cata- nia per la sua posizione geografica ha il vantaggio che le os- servazioni meteorologiche che vi si fanno in t. m. E. C, mentre sono contemporanee a quelle degli altri luoghi d' Italia , diffe- riscono da quelle in t. v. locale , solo per quanto importano le variazioni dell'ora causate dall' equazione del tempo , che nelle medie annuali si devono annullare, giacché l'equazione del tem- po, ora è positiva, ed ora è negativa. Le coordinate geografiche dell' Osservatorio Astrofisico (pre- cisamente del centro della camera dello strumento dei passaggi) sono: Latitudine boreale 37». .SO'. 13". 25 Longitudine in arco 15**. 5'. 9". Est di Greenwich Longitudine in tempo 1''. 0"'. 2n^ 6 id. id. La camera meteorologica è impiantata nel locale più alto dell' Osservatorio, e trovasi in ottime condizioni per dare la cli- matologia della città. Invero, è abbastanza, ma non troppo ele- vata ; è fuori del cuore della città , ma non esterna ; di modo che gli elementi meteorologici osservati in essa sono nella con- dizione naturale della città, senza essere influenzati dalle alte- razioni climatologiche prodotte dall'ambiente edilizio, industriale ed economico del centro cittadino. fatte nel quinquennio 1892-96 all'Osservatorio di Catania 3 L' altezza del pozzetto del barometro sul livello del mare è metri 64, 9, e sul snolo è circa metri 19. Si noterà anche il vantaggio di essere il padiglione meteo- rologico isolato a tre lati per cui non subisce perturbazioni né impedimenti dal terreno o da altri fabbricati, che restano molto al di sotto. Le osservazioni meteorologiche nel 1891 si fecero 6 volte a.l giorno per avere un' idea dell' andamento diui-no dei fenomeni meteorologici ; dopo, essendoci stati forniti dall' Ufiicio Centrale di Meteoi'ologia anche gli strumenti i-egistratori, si fecero osser- vazioni dirette regolarmente solo quattro volte al giorno. a) Alle ore 7, o alle 8 del mattino (a seconda delle sta- gioni ; e rispettivamente dal 1° aprile al 30 settembre , e dal 1° ottobre al 31 marzo) si fanno le osservazioni che telegrafica- mente vengono inviate all' Ufficio Centrale di meteorologia e geodinamica in Roma. b) Alle ore 9, alle 15 ed alle 21 si fanno le ordinarie os- servazioni di tutti gli strumenti meteorologici. e) Alle ore 12 si osservano i geotermometri. d) Ogni lunedì si osserva la temperatura dell' acqua di un pozzo profondo 28 metri posto nel sotterraneo dell' Osserva- torio, nel quale sotterraneo trovansi impiantati gii strumenti del- la Sezione geodinamica. Nella camera meteorologica c'è il barometro d'osservazione (sistema Fortin) il quale ha una correzione di -h 0,""" 14 ; un barografo Richard ; un anemometrografo Brassart, ed un pluvio- metro , il cui recipiente collettore ha ini diametro di mm. 3.56, in modo che ogni decilitro d'acqua misurata corrisponde ad un millimetro di pioggia caduta. Come tetto della camera meteoro- logica c'è una terrazza sulla quale trovasi impiantato l'eliofano- metro a sfera di vetro, che funziona da lente ustoria su di una carta preparata e graduata in ore e mezze ore. Sulla stessa ter- razza sporgono le parti superiori collettrici dell'anemometrografo e del pluviometro. Risultati delle osservazioni meteorologiche La camera meteorologica propriamente detta ha un balcone a Nord, munito di persiane, dove sono collocati un psicrometro a ventilatore con termometro asciutto e bagnato, un termografo a massima, un termogi'afo a minima , un termometrografo Ri- chard, un igrometrografo Richard, ed un evaporimetro del dia- metro di cm. 10, che, con vite micrometrica, dà i centesimi di millimetro d'acqua evaporata. Tutti i termometri sono centigradi, ed il barometro è gra- duato in millimetri. Nelle ultime due camere a sud del padiglione meteorologico si impiantò nel 1892 un elettrometro atmosferico a registrazione fotografica di Mascart : ma il funzionamento di quest' apparato oltre a riuscirci gravoso per la spesa ed il lavoro che richiedeva, non era esente per noi da difficoltà e da pericoli, poiché l'acqua perenne necessaria al collettore dell' elettricità a zampillo , nel- l'estate non arrivava lassù regolarmente, come ci si era fatto spe- rare, ed inoltre la benzina della lampada del registratore nella detta stagione, caldissima in Sicilia, abbruciava così irregolarmente da fai' temere qualche incendio, stante che il pavimento di quei locali è in legname. Per tutte queste ragioni , dopo che fu constatato che 1' an- damento diurno dell' elettricità atmosferica in Catania è come in Italia e altrove (1), cioè che nelle giornate serene si ha elet- tricità positiva con due massimi 1' uno al mattino 1' altro alla sera, separati da un minimo dopo mezzodì e nella giornata con atmosfera turbata o piovosa l'andamento dell' elettiicità è irrego- lare, e taloi-a passa al negativo — si è s(jspeso il funzionamento dell' apparato finché sarà trovato mezzo di farlo agire in modo più fàcile e sicuro. Crediamo opportuno di pubblicare i risultati delle nostre osservazioni meteorologiche per farli conoscere a chi potrà valer- sene, ma saremo limitatissimi nel trarne raffronti e conclusioni (1) Velli Bulletthio dell' Accademia Gioeiiìa — Marzo 1893. fatte nel quinquennio 1892-96 all'Osservatorio di Catania d' indole generale, perchè un quinquennio è periodo troppo breve per fornire a ciò una base sicura. Temperatura. La media giornaliera della temperatura è ottenuta pren- dendo la media della massima, della minima e delle temperature osservate alle O'' ed alle 21''. Nel quadro N. 1 sono segnate le medie mensili, delle sta- gioni ed annuale per ciascun anno e per il quinquennio. Nell'ultima colonna, poi^ le medie termiche del quinquennio sono ridotte al livello- del mare a mezzo della V^» delle Tavole ad uso degli osservatorii meteorologici italiani (Eoma E. Ufficio Centrale di Meteorologia e Greodinamica. 1897). Dai dati del quadro si rileva che il mese più freddo di Catania è decisamente il gennaio, ed il più caldo, quasi sempre, il luglio. L' anno più caldo del quinquennio è il 92 e con piccola ma continua diminuzione di temperatura si arriva al 9G, eh' è decisamente e con sensibile e brusca diminuzione nelle medie termiche mensili , delle stagioni ed annuale, il più freddo anno del quinquennio. Nel quadro N. 2 sono segnate le medie mensili, delle stagio- ni ed annuale, per ciascun anno e per il quinquennio, dei mas- simi di temperatura, dei minimi, e dell' escursione giornaliera. Questo quadro riconferma il precedente sull'andamento de- crescente termico del quinquennio e dimostra il legame intimo ben noto fi'a la temperatura media e le temperature estreme gior- naliere. Nel quadro N. 3 sono segnate le medie mensih, delle stagioni ed annuale per ciascun anno e per il quinquennio, delle ore dei minimi e massimi diurni di temperatura. Le medie quinquennali delle ore critiche della temperatura oltre in t. m. E. C. sono anche date in tempo vero locale; le dette ore critiche sono state ricavate dal termometrografo Richard. Le ultime duo colonne Risultati delle osservazioni meteorologiche danno poi le medie dell' ora del nascere del sole in t. v. e le medie dell'anticipo del minimo sul nascere del sole. È da notare che mentre il massimo di temperatura succede quasi sempre circa due ore dopo il passaggio del sole al meri- diano locale , il minimo invece in primavera coincide quasi sempre col sorgere del sole, in inverno anticipa di cii'ca un' ora sul nascere dell' astro. Temperatura del suolo. Nel quadro N. 4, estratto dalla memoria del Dott. E. Trin- o-ali (1), sono segnate le medie mensili, delle stagioni ed annuale per il quinquennio , delle temperature del suolo segnate da tre geotermometri collocati nel giardino (40"" circa sul livello del mare), lunghi rispettivamente m. 0,20; 0,40; 0,60; inoltre le stesse medie delle differenze fra le temperature del suolo e dell' aria. Anche questo quadro riconferma 1' andamento termico del quinquennio. Si hanno inoltre i seguenti risultati che qui si riassumono. 1. La temperatura media annua del suolo è un po' più alta di quella dell' aria , e tanto più alta quanto maggiore ne è la pi'otòndità. Le temperature medie mensili del suolo sono più alte di quelle dell' aria eccetto nei mesi di Gennaio e Febbraio alla sola profondità di 20'='^. 2. L' andamento della temperatura del suolo è molto più regolare di quello dell' aria. 3. Alle più brusche variazioni nella temperatura dell' aria corrispondono le maggiori divergenze fra la temperatura dell' a- ria e quella del suolo. 4. Durante l' incremento diurno della temperatura dell' aria quella del suolo è più bassa; nel decremento questa è più alta. 5. Il riscaldamento del suolo dipende più dall' azione diretta (1) Ani (ìrlV Accademia Giomiu Voi. X, serie 3», 1897. fatte nel quinquennio 1892-96 all' Osservatorio di Catania del calore solare che da tutt' altro; il raffreddamento brusco di- pende specialmente dalle precipitazioni atmosferiche. 6. Le escursioni annue di temperatura nel suolo sono quasi una ventina di gradi minori di quelle dell' aria. 7. Le variazioni termiche nel suolo si manifestano con ritar- do rispetto a quelle dell' aria : questo ritardo aumenta con la profondità. 8. Le escursioni diurne che nell'aria possono superare i 17°, nel suolo a 00°"" di profondità sono pochi decimi di grado. 9. La differenza fra la temperatura del suolo e quella del- l'aria può arrivare talvolta a 12°. Pressione atmosferica. La media giornaliera della pressione atmosferica è ottenuta prendendo la media dei valori osservati alle Q^ , alle lò^ ed alle 21^ , e ridotti alla temperatura 0" del mercurio, a mezzo della III^ delle citate Tavole. Nel quadi'o N. 5 sono segnate le medie mensili , delle sta- gioni, ed animale per ciascun anno e per il quinquennio, della pressione atmosferica. Neil' ultima colonna , poi , le medie barometriche del quin- quennio sono ridotte al livello del mare a mezzo della VI" delle citate Tavole. Dai dati del quadro si rileva che gli anni meteorologici 1892 e 96, i quali sono critici per la temperatura del quinquennio , hanno eguale pressione media annuale atmosferica , quasi con- cordante colla media 755,°""9 di tutto il quinquennio. Tensione del vapore acqueo ed umidità relativa. Le medie giornaliere di questi due elementi sono ricavate prendendo le medie dei valori ottenuti alle 9^" , alle 15^ ed alle 21^ Risultati delle osservazioni meteorologiche La tensione del vapore acqueo è espressa in mm. di mer- curio, e r umidità atmosferica in centesimi di saturazione. Nel quadro N. 6 sono segnate le medie mensili, delle sta- gioni ed annuale, per ciascun anno e per il quinquennio, della tensione del vapor acqueo e dell'umidità relativa. È da notare che 1' andamento quinquennale della tensione del vapor acqueo segue il corrispondente andamento della tem- peratura, avendosi il valore più grande nel 1892 ed il più pic- colo nel 1896. Evaporazione. L' evaporazione giornaliera dell' acqua in mm. è ottenuta sottraendo dalla lettura dell' evaporimetro fatta alle ore 21 , la lettura fatta alla stessa ora il giorno precedente. Nel quadro N. 7 sono segnate le medie mensili , delle sta- gioni ed annuale, per ciascun anno e per il quinquennio, della evaporazione. Pioggia. La pioggia di ciascun mese, stagione ed anno è ottenuta in mm., sommando i decilitri di acqua raccolti dal pluviometro nel corrispondente periodo di tempo. Questi dati sono raccolti nel quadro N. 8, e le loro medie sono segnate nell' ultima colonna, che dà la pioggia media del quinquennio. Si vede quanto sia va- riabile quest'elemento, poiché nel 1896 la quantità d'acqua ca- duta fu più del doppio di quella che si ebbe nel 1893. Si noterà pure, che mentre la pioggia ordinariamente nei mesi estivi ed in settembre manca quasi completamente, in lu- glio, e più in agosto e settembre 1892 ve ne fu una quantità di- screta : probabilmente ciò devesi alle esplosioni ed ai materiali lanciati nell' aria dall' eruzione etnea, che infuriò appunto spe- cialmente dal 9 luglio all' autunno di quell' anno, i quali mate- riali determinarono la condensazione del vapore atmosferico , come è noto avvenire per le grandi scariche delle armi da fuoco. fatte nel quinquennio 1892-96 all'Osservatorio di Catania Nebulosità. La nebulosità è espressa in centesimi di cielo coperto, e la media giornaliera è ottenuta prendendo la media dei valori os- servati alle 9\ alle IS'' ed alle 21^. Nel quadro N. 9 sono segnate le medie mensili , delle sta- gioni ed annua , per ciascun anno e per il quinquennio , della nebulosità. È da notare che 1' andamento quinquennale della nebulosità è inverso della temperatura , avendosi il più piccolo valore nel 1892 ed il più grande nel 1896. Insolazione. Nel quadro N. 10, per ogni mese, stagione ed anno del quin- quennio, sono segnate la somma A di ore di effettiva visibilità del sole (raccolte a mezzo dell' eliofanometro), la somma B delle corrispondenti ore in cui il sole sta astronomicamente sull' oriz- A zonte, ed il rapporto — - , detto insolazione. Vi sono pure segnate le corrispondenti medie quinquennali, e queste medie stesse corrette, poi, dell'errore istrumentale medio. La correzione media strumentale di ciascun periodo di tem- po è stata dedotta paragonando nei giorni perfettamente sereni, la durata del sole segnata dall'eliofanometro alla corrispondente durata astronomica del sole suU' orizzonte , e facendo quindi la media delle diverse correzioni isolate. Come ei'a da aspettarsi le medie d' iiisolazione corrette sono quasi sempre i complementi a 100 dei centesimi di cielo coperto corrispondenti. È da notare che 1' anno 96, il più freddo del quinquennio, ha la minore insolazione. Atti Acc. Vol. XI, Serie i" Mem. II. 2 10 Risultati delle osservazioni meteorologiche Meteore acquee. Nel quadro N. 11, per stagione ed anno del quinquennio, sono segnati : il numero di giorni sereni (fino a 0, 25 di nebulosità) ; il numero di giorni misti (da 0, 25 a 0, 75 di nebulo- si tà); il numero di giorni coperti (oltx'e 0, 75 di nebulosità) ; il numero di giorni piovosi, nevosi , grandinosi , brinosi , nebbiosi e temporaleschi. Vi sono poi segnate le corrispondenti medie quinquennali. È da notare che l'anno più caldo, il 1892, è quello che ha il maggior numero di giorni sereni, mentre V anno più freddo, il 1896, è quello che ha il maggior numero di giorni misti. Frequenza dei venti e della calma. Nel quadro N. 12 , per ogni stagione ed anno del quin- quennio, sono segnate le frequenze relative dei venti , espresse da numeri che sono proporzionali alle somme delle volte in cui r anemometrografo alle 9*", alle 15'' ed alle 21\ ha segnato cia- scun vento o calma , e che nel loro insieme eguagliano il numiero di giorni del corrispondente periodo di tempo. Vi sono poi segnate le corrispondenti medie quinquennali , dalle quali si vede che in primavera ha predominato il NE, in estate 1' E, in autunno 1' E e F W , in inverno 1' W ed il NW. I venti che hanno portato più spesso la pioggia in questo quinquennio sono stati i settentrionali, e più di tutti il NE. Medie meteorologiche annue. Nel quadro N. 13 sono riassunte le medie meteorologiche annue per ciascun anno e per il quinquennio. Vi sono anche segnate le corrispondenti medie della tempo- fatte nel quinquennio 1802-96 all'Osservatorio di Catania 11 ratura dell' acqua di un pozzo profondo 28 metri esistente nel sotterraneo dell' Osservatorio, dove sono collocati gli strumenti geodinamici. Estremi meteorologici annui osservati. Nel quadro N. 14 sono segnati gli estremi meteorologici os- servati in ciascun anno e nel quinquennio, e le corrispondenti escursioni del quinquennio. 12 Risultati delle eseì-citazioni meteorologiche QUADRO N. 1. Temperatura media. Dicembre tìeiinaio . Febbraio . Marzo. . Aprilo. . Maggio . Giugno . Luglio Agosto . Settembre Ottobre . ììoyembre Inverno . Primavera Estate. . Autunno . Anno . . 1S<)2 11°,8 11,3 11. y 12,8 U, 8 18,3 23,8 2(5, 2 26,7 22,9 20,3 15,3 11,7 15,3 25,5 19,5 1893 12°,3 8,3 11,0 11,6 li, 2 18,8 22,8 26,4 25, 3 25,5 20,8 16,4 10,5 14,8 24,8 20, 9 18,0 17,8 1894 1895 18116 Medie quinquennali 11°,9 110,2 11",6 li»,7 9,5 9,3 8,4 9,4 9,7 10,2 9,6 10,.-) 11,8 11,9 12, 3 12, 1 14,5 16, 3 12,2 14,4 18,2 17,9 17,0 18, 0 22, 5 22,0 22,3 22, 7 26,4 26, 7 26.1 26, 3 26,1 25,6 25,9 25,9 25,4 23, 5 23,7 24, 2 20,7 20,8 19,6 20,4 15,3 16, 6 15,3 15,8 10,4 10,2 9,8 10,5 14,8 15,4 13,8 14,8 25, 0 24,8 24,8 25,0 20,5 20, 3 19, 6 20,1 17.7 17,7 17,0 17,6 livello 12,1 9,7 li). 8 12, 5 14, f^ 18,5 23,0 26.7 26,2 24,6 20,8 16,1 10, 9 15,3 25,3 20,5 18,0 fatte nel quinquennio 1892-96 all' Osttercatorio di Catania 13 QUADRO N. 2. Medie dei massimi diuRxNi di temperatura, dei minimi ed escursioni. l M 89i m J E 1 M S9; m ì E 1 M 89 m i E L 8 9 m 5 E 1 M 89 m 6 E QUI M M<ìUE> m 'NIO E Dicembre . 15,2 8,7 6,5 16,2 9,0 7.2 15,4 8,9 6,5 14,0 7,8 6,2 15,1 8,0 7.1 15,2 8,5 6,7 Gennaio. . 15,5 7,7 7,8 12,3 4,8 7,5 13,3 5,8 7,5 12,7 6,4 6.3 12,4 4,8 7,6 13,2 5,9 7,3 Febbraio . 15,-1 8,8 6,6 15,3 0,7 8,6 13,2 6,2 7,0 13,9 6,8 7,1 12,8 6,2 6,6 14,1 0,9 7,2 Marzo. . . 16,6 9,5 ",1 15,4 7,4 8,0 15,6 7,8 7,8 15,8 8,0 7,8 15,6 8,6 7,0 15,8 8,3 7,5 Aprile. . . 17,7 11,4 6,3 17,9 9,8 8,1 18,2 10,4 7,8 19,9 12,9 7,(1 15.7 S,3 7,4 17,9 10.6 7,3 Maggio . . 22,1 13,9 8,2 22,6 14,3 8,3 22,2 13,4 8,8 21,4 13,0 7,8 20,2 13,1 7,1 21,7 13,7 8,0 Giugno . . 27,9 19,1 8,8 27,0 17,5 9,ó 20,9 17,2 9,7 25,4 17,5 7,9 25,7 17,8 7,9 26,6 17,8 8,8 Luglio . . ■30,5 21.7 8,8 30,8 21,4 9,4 30,9 20,9 10,0 30,8 21,6 9,2 29,7 21,4 8,3 30,5 21,4 9,1 Agosto . . 30,8 22,3 8,5 29,4 20,4 9,0 30,6 21,0 9,6 29.1 21,1 8,0 29,9 21,1 8,8 30,0 21,2 8,8 Settembre. 27,0 18,8 8,2 29,8 20,7 9,1 29,3 21,2 8,1 27,2 19,5 7,7 27,7 19,5 8,2 28,2 19,9 8,3 Ottobre. . 24,0 ,16,6 7,4 24,5 16,8 7,7 24,2 17,2 7,0 25,0 16,8 8,2 22,5 16,2 0,3 24,0 16,7 7,3 Novembre. 19,0 12,0 7,0 20,1 12,7 7,4 18,2 12,4 5,8 19,3 13,7 5,6 18,4 12,5 5,9 19,0 12,7 6,3 Inverno . 1.5,4 8,4 7,0 14,6 6,8 7,8 14,0 7,0 7,0 13,5 7,0 6,5 13,4 6,3 7,1 14,2 7,1 7,1 Primavera 18,8 11,6 7,2 18,6 10,5 8,1 18,7 10,5 8,2 19,0 11,5 7,5 17,2 10,0 7,2 18,5 10,9 7,0 Estate. . 29,7 21,0 8,7 29,1 19,8 9,3 29,5 19,7 9,8 28,4 20,1 8,3 28,4 20,1 8,3 29,0 20,1 8,9 Autunno. 23,3 15,8 7,5 24,8 16,7 8,1 23.9 16,9 7,0 23,8 16,7 7,1 22,9 16,1 6,8 23,7 16,4 7,3 Anno. ■ . 21,8 14,2 7,6 21,8 13,5 8,3 21,5 13,5 8,0 21,2 13,8 7,4 20,5 13,1 7,4 21,3 13,6 7,7 14 Risultati delle osservazioni meteorologiche QUADRO N. 3. Medie delle ore dei minimi e massimi diurni di temperatura. 1 8 i» 3 1894 1895 1896 MEDIE QUINQUENHALI a» — 2 „ ■s S In t. m. E. C. nt.vero locale Ora in t del nascere pò del jscere in M m M m M m M 14i>,0 m M m M Antlc suin Dicembre. . . . ,^",7 iaii,6 5i\9 131' ,8 5",6 1311,7 6",2 5h,9 13i',8 5h,9 13i',8 7h,2 lh,3 Geuiiaio .... 5,8 14,0 6,6 13,9 6,8 14,5 6,5 14,4 6,4 14,2 6,3 14,1 7,1 0,8 Febbraio .... 5,8 13,8 0,2 13,9 5,6 13,9 6,5 14,3 6,0 14,0 5,8 13,8 6,6 0,8 Marzo 5,9 13,5 5,2 13,7 5,5 13,0 6,2 14,0 5,7 13,7 5,6 13,6 6,1 0,5 Aprile 5,3 13,9 5,5 13,8 5,3 13,5 5,5 14,1 5,4 13,8 5,4 13,8 5,4 0.0 Maggio ■i,-i 13,0 4,4 13,7 4,8 13,7 4,8 14,3 4,6 13,8 4.7 13,9 4,9 0,2 Giugno 4,1 13,0 4,5 14,2 4,3 14,3 4,7 13,8 4,4 13.8 4,4 13.8 4,7 0,3 Luglio 4,4 14,1 4,3 14,2 4,8 14,1 4,3 13,9 4,4 14,1 4,3 14,0 4,8 0,5 Agosto 4,7 13,2 4,8 13,0 5,1 14,1 4,9 14,1 4,9 13,8 4,8 13,7 5,2 0,4 Setteralire . . . 4,7 13,2 5,4 13,3 5,8 13,6 4,8 13,6 5,2 13,4 5,3 13,5 5,8 0,5 Ottobre 5,5 12,8 5,2 13,2 6,1 13,2 5,5 12,8 5,6 13,0 5,8 13,2 6,4 0,6 Novembre . . . 5,2 13,8 5,8 13,6 5,8 13,4 6,0 13,7 5,7 13,6 5,9 13,8 6,9 1,0 Inverno 5,8 13,8 6,2 13,9 6,0 14,0 6,4 14,2 6,1 14,0 6,0 13,9 7,0 1,0 Primavera . . . 5,2 13,7 5,0 13,7 5,2 13,6 5,5 14,1 5,2 13,8 5,2 13,8 5,5 0,3 Estate 4,4 13,4 4,5 14,0 4,7 14,2 4,6 13,9 4.6 13,9 4,5 13,8 5,0 0,5 Autunno .... 5,1 13,3 5,5 13,4 5,9 13,4 5,4 13,4 5,5 13,3 5,7 13,5 0,4 0,7 Anno 5,1 13,5 5,3 13,7 5,5 13,8 5,5 13,9 5,4 13,8 5,4 13,8 5,9 0,8 fatte nel quinquennio 1892-96 all' Osservatorio di Catania 15 QUADRO N. 4. Temperature medie del suolo. PROFONDITÀ DIFFERENZE fra le teuiperatiire de 0,^^20 0,"40 I suolo a 0,'>^ 20 0,^40 0,'" 60 0,-60 QniiKjueiniio 18!)2-0o 32 Gennaio 9,11 10,22 11,15 -0,25 0,83 1,75 Felibraio 10,10 10,75 11,34 —0,40 0,25 0,84 Marzo 12,45 12,92 13,03 0,36 0,83 11,94 Aprile 15,13 15,47 15,31 0,74 1,08 (1,94 Maggio 18,91 19,38 18,88 0,89 1,36 0,86 Giuc^no '24,02 24,19 23,38 1,34 1,51 0,70 Luglio •27,46 27,89 27,19 1,12 1,55 0,85 •27,65 28,08 26,05 27,78 1,74 2,17 1,87 Settembre 25,25 26,32 1 ,05 1,85 2,12 Ottobre 20,66 22,05 17,30 22,42 18,25 0,24 0,38 1,63 1,49 2,00 Novembre 16,19 2,44 Inverno 10,40 11,29 12,18 -0,14 0,75 1,64 Primavera 15,49 15,92 15,74 0,66 1,09 0,91 Estate 26,38 26,72 20,11 1,40 1,74 1,13 Autunno 20,70 21,80 22,33 0,56 1,66 2,19 Anno 18,24 18,93 19,09 0,62 1,31 1,47 16 Risultati delle osservazioni meteorologiche QUADRO N. 5. Pressione atmosferica in irim. 1S92 l.S!« 1894 1S95 189G Medie quinquennali a livello del mare Diiemlii'o 760,6 755. 4 7.56. 3 753. 3 754, 2 756, 0 761,9 Geiinriio 754, -i 51.2 57. 5 51,2 57,7 54.4 760,3 Fi-bhraio 753, 3 .57,2 58, 6 51,4 60. 5 56, 2 702, 2 Marzo 754,6 57,6 55,3 53,5 54,9 55, 2 761, 1 Aprile 753,9 56,7 54, 5 54.8 55, 5 55,1 761. 0 ^MaL'gio . . ... 755, 7 55,5 54,2 56,5 54.4 55, 3 761,0 (iiugiio 755,9 55, 3 57,3 56,8 56, 2 56, 3 762,0 Lug-lio 755, 1 54,6 55, S 55, 3 56,0 55. 4 761,0 Agosto 756, 1 56, 4 56,2 56, 5 55, 5 56,1 761,7 SettPinl)re ... 757,0 56, 5 56,8 59,2 55, 5 57.0 762. 7 Ottolire 756,4 57,4 56,9 54,9 57, 0 56, 5 762, 3 Noveiiil>rp 753 1894 18!>5 ISOfi MEDIE CiUINQUENNALI Dicembre . . 7, 29 67,2 7, 92 70, 8 8.03 73,2 7, 03 69,6 7, 19 67,2 7,49 69,6 Gennaio . . . (j, 99 68,3 .5,81 66,6 6, 50 65,8 6, 27 67,3 5, 39 62, 3 6,19 66,1 Febbraio. , . 7,77 70,8 5,78 55,1 6,80 71,8 6, 66 66,5 6,79 70, 9 0,76 67,0 Marzo .... 7,41 64,3 6,69 00. ,0 419.0 419,0 419,0 419,0 244''.2 216,6 266,0 219,9 211,5 370h,8 370,8 370,8 370,8 370,8 345'!, 8 345,8 345.8 345,8 345,8 133h,4 157,1 153,9 141,6 116,4 30311,1 303,1 303,1 303,1 303,1 0,44 0,51 0,50 0,47 0,38 Medie quinquennali 291,1 439,9 0,66 329,4 446,6 0,74 293,1 419,0 0,70 231,6 370,8 0,62 187,1 345,8 0,54 140,5 303,1 0,46 Medie 0,73 0,86 0,78 0,68 0,59 0,49 colla correz.strum. 1 Inverno Primavera Estate Autunno Anno A B 'a. B A B A^ B 0,51 0,55 0,53 0,53 0,45 A B A R o,7r 0,66 0,73 0,71 0,66 A B A~ B A B B 1892 .... 458,1 429.7 3.59,6 437,1 902,6 902,6 902,6 913,9 0,51 0,47 0,40 0,48 624,2 664.7 038,1 643,3 538,8 1203.2 1203,2 1203,2 1203,2 1203,2 974,3 861,3 9.50,4 916,7 865,3 1305,5 1305,5 1305,5 130,5,5 1305,5 564,9 567,6 613,4 569,4 480,9 1019,7 1019,7 1019,7 1019,7 1019,7 0,55 0,55 0,60 0,55 0,47 2571,7 2631,6 2489,0 2322,1 4431,0 4431,0 4431,0 4442,9 1893 0,58 1894 0,59 1895 1S r. o ^ !2; con Briii Inverno 1892 1893 1SJI4 lS!t.-> ]S!t(! Medie quinquennali a2 ;5(i 23 23 1 31 29 30 29 1 3 2(1 33 31 38 1 1 20 19 01 40 1 2 29 38 24 35 1 5 1 27 31 32 :!3 0,8 1,--! 1,2 0,2 18J»2 1S93 1894 18«l.> ISiKÌ Medie quinquennali Primavera 1 38 23 31 30 2 1 42 23 27 33 o 24 41 27 28 33 35 24 17 2 23 58 11 26 1 1 32 3(i 24 27 0,2 1,4 0 0 Estate 1892 7() 12 4 9 1 1S93 . . , . . 68 13 11 9 1 1S94 77 13 o 1 lS9.-> 74 15 3 o 1S9(Ì 60 30 2 •■> 1 Medie quinquennali 71 17 4 5 0,2 0,2 1S92 is!>:{ 1894 1895 1896 41 35 31 33 29 Medie quinquennali i 34 21 32 34 47 38 29 24 26 11 24 1892 1S93 1894 1S95 1S9(> Medie quinquennali 187 176 158 160 141 164 34 I 23 92 97 121 116 164 Autunno I 32 18 17 16 20 21 I Anno 0.0 1,0 118 0,0 87 94 0 6 1 91 89 7 86 84 1 89 75 4 61 86 o 1 5 3 83 86 1,0 3,8 1,2 0,6 1 0,2 2 1 3 5 1 2,4 3 3 6 1 2,6 0,8 5 4 1 3 I 2,6 11 11 3 12 5 fatte nel quinquennio 1892-96 all'Osservatorio di Catania 23 QUADRO N. 12. Frequenza dei venti e della calma. Inverno Prìra.avera Estate Autunno , Anno . e N NE E SE S sw w N NE E SE S SW W NW e N NE E SE S SW w NW e N NE E SE S SW w NW N NE E SE S SW W NW 1892 1893 1894 1895 1S9« 32 35 2-1 25 29 6 3 17 7 3 9 U (5 9 13 4 0 3 (i 17 1 7 2 0 0 1 1 8 0 0 IO 7 7 0 3 15 10 11 34 10 7 21 12 9 16 Medie quinquennali 29 7 9 6 20 33 13 25 21 4 8 13 1 -> 25 12 15 15 15 (5 O 8 27 32 17 18 9 0 0 1 V) li I 0 9 6 li 3 o 3 5 14 14 7 7 6 3 G 13 43 35 43 35 43 1 3 2 4 3 8 11 13 20 7 5 8 8 2(5 29 20 19 17 o (1 1 2 3 1 0 6 6 4 0 1 2 3 1 4 8 6 5 1 0 1 53 37 39 30 38 1 13 0 15 3 13 9 9 (5 15 2 5 14 29 S tì 3 9 0 0 0 9 1 1 ■> t; 1 3 0 3 5 10 8 9 IG 5 4 8 1 G I4S 140 119 115 13i 12 27 32 27 11 55 38 43 50 50 17 15 33 88 8G 44 47 ' 37 2 0 3 14 23 3 o 37 20 20 3 9 25 28 34 61 41 25 36 24 16 36 366 3G5 365 365 366 6 16 13 17 15 9 3 5 8 7 41 2 11 15 12 1 4 4 38 6 10 12 4 3 3 10 5 131 20 47 48 27 9 18 38 27 365 24 Risultati delle osservazioni meteorologiche QUADRO N 13. Medie meteorologiche annue. l dell' arili al livello ilei mare. 'ce ) del .suolo a Ó,'" 20 » .. « 0,ni -tu . » .. 0,'" 60 . \ delFarqua del pozzo Pressioiic atmosferica. . ■■ al livello del mare Tensione del vapore ai-quet Umidità relativa . . Evaporazione . . . Pioggia .... Nebulosità .... Insolazione .... corretta . . giorni seri'iii. n misti . coperti . piovosi . nevosi. . con grandini con brina con nebbia con tenipur 1 Sita IS».0 7,''i6""",0 IO""", 2 63 3'""'. 0 4.)8 4 33 tsi»3 ISSI 4 187 92 S7 0 () 1 11 148 12 55 17 44 3 37 ■:>■, 1 7», 8 18,4 19, I 19, 2 16. 1 755""», 8 9'""', 9 60 3"'™, 3 370"\ 2 35 0, 58 176 07 91 89 1 7 0 0 11 140 27 38 15 47 14 20 28 36 366 365 17°, 7 18, 3 19,0 19, 2 16.2 7.56""", 4 9"'"', 9 62 3""",1 712'""', 3 38 0, 59 158 121 86 84 1 ] 0 0 3 119 32 43 33 37 23 20 34 24 365 1 S 9 5 Medie 1896 17», 7 18,2 19,0 19,3 16, 2 755'"'". 3 9"n" S 60 3ni"i,5 409mni 0 38 0,56 160 116 89 75 1 4 0 0 12 115 27 50 88 2 3 3 61 16 17», 0 17, 6 18, 3 18, 5 16, 2 756'"'", 0 9'"'", 61 3'"" ',1 quinquennio 170.6 18,11 18,1 18,9 19,1 16,2 755'""', 9 761,6 gmm_ 9 61 763'"'", 6 40 0,52 141 164 61 86 2 1 5 3 5 131 11 .50 86 0 2 9 41 36 365 gmm 2 542''"'", 7 37 0,57 0,62 164 118 83 86 1 3,8 1.2 0.6 8,4 131 20 47 48 27 9 18 38 27 366 365 fatte nel quinquennio 1892-90 all'Osservatorio di Catania 25 QUADRO N. 14. ESTRIOMI METEOROLOGICI ANNUI OSSERVATI. < tu dell' uri:i Massimo Minimo el suolo 1 Massimo d: ;i 0,'" 20 (' del suolo I a 0,'" 40 I Minimo Massimo Minimo l Ma suolo 1 iissimo dol a 0,'" (!0 Pressione ' atmosferica Minimo Massimo 1 s <» 2 + 39°, 0 2 Agosto +•1, 8 •20 Die. 91 80, 1 2 Agosto 0, 2 80 Gennaio 29, 7 3 Agosto 10, 7 il Gennaio 2S. 7 ■1 Agosto 1 8 !> ;{ sferica j ' Minimo Tensione ) vaporo acqueo Umidita relativa Evaporazione Massimo Minimo Massimo Minimo ( Massii f ]\[inin Massima velocità oraria del vento in chilometri 11, 6 1" Febljraio 770,'"'" 3 1511. 25 die. 91 741^mm q IS'i. 4 febbr. 17,'"'" 80 12". 18 luglio 3,'"™ 03 15''. 5 febbr. 100 121'. ISfebb. 28 15". 5 febbr. IS,"!'" 50 2 agosto 0,io'"2i) 20 ottobre 35. NE 16". 2 aprile + 39", 0 25 ÌSettem. + 0, 0 23 (Tennaio 29, 2 24 Luglio 0, 3 25 Gennaio 29, 1 29 Luglio 8, 2 26 Geiuiaio 28, 3 26 Luglio 9, 6 27 Gennaio 768. 1 9". 18 die. 92 737,7 9". 17 genn. 19, 96 15". 29 ag. 2,41 9". 25 sett. 92 21". 13 nov, 6 9". 26 sett 14,70 26 settembre 0, 28 15 gennaio 34. NE 9". 28 die. 92 I8i)4 + 36", 3 7 Settembre + 0, 1 30 Die. 93 28, 5 29 Luglio 1895 + 38", 9 5 Luglio 18 0 0 + 41". 1 11 Agosto — 1, 8 -f 0, il 19 Febbraio 8 (Jennaio 28, 9 2 Agosto 7, 3 ., •-' 31 Die. 93 6 Gennaio 29, 0 25 Luglio 9. 0 21 Febbraio 28, 6 3 Agosto 9, 8 22 Febbraio 765,7 21". 2 febbr, 744,7 8". 1 novem. 21, 14 15". 10 sett, 2,86 9". 7 settem. 100 9". I dicom. 9". 7 settem. 12, 54 7 settemlire 0,35 14 gennaio 43. NR 12". 23 die. 93 29, 3 3 Agosto 8. 3 6 Gennaio 28, 7 5 Agosto 9, 5 6 Gennaio 7G7, 2 9". 2 uovem. 740, 6 15". 31 die. 94 18,47 21". 28 luglio 1. 07 21". 18 febb. 97 9". 27 uov. 10 15" 30 mar. 12, 33 tì luglio 0,0!» 25 febbraio 38. W 14". 28 febb. 29, 1 13 Agosto QUINQUENNIO + 41", 1 11 Agosto 96 — 1°. 8 19 Febbraio 95 30, 1 Agosto 92 7, 0 6, 3 9 (iennaio 25 Gennaio 93 29, 3 13 Agosto 8, 6 10 (iennaio 2,8, 4 15 Agosto 9, 9 25 Gennaio 771,3 21". 30 gemi. 742, 3 15". 26 sett 19, 21 21". 1 agosto 2, 26 15". 7 aprile 97 9". 25 nov. 19 15". 7 aprile 14,19 18 luglio 0,08 27 gennaio 36. W 10". 26 sett. ESCURSiOIIE 42", 9 23, 8 29, 7 3 Agosto 92 8, 2 26 Gennaio 93 28, 7 5 Agosto 95 9, 5 6 gennaio 95 771, 3 21". 30 genn. 96 737,7 9". 17 2-enn. 93 21,14 15". 10 sett. 94 1,07 21". 18 febbr. 95 100 12". ISfobbr. 92 9". 1 die. 93 6 9". 26 sett. 93 15,50 2 agosto 92 0, 08 27 gennaio 96 43. NE 12". 23 die. 93 21, 5 19, 2 33,""" 6 20,1"'" 07 94 15,""" 42 Iflemorisi ¥¥I. L'esistenza del nucleo nell'emasia adulta dei mammiferi pel Dr. ANGELO PETRONE Prof, ordinario di Anatoinia patologica iicll' l iiivcrsità dì Catiiiiia I miei studi al proposito datano da due anni, nel corso dei quali i singoli risultati furono esposti e pubblicati due volte alla E. Accademia medico-chirurgica di Napoli ( 1896 ) e due volte all'Accademia Gioenia di Catania (1897). Riassumerò tutte queste ricerche da me fatte nel modo se- guente : 1. le norme per l'estrazione del sangue dal vivo in mestrui speciali, e la modificazione vitale del globulo rosso. 2. i mestrui speciali. 3. le differenze delle emasie nei mammiferi studiati. 4. essiccamento del sangue cavato entro mestrui, o senza. 5. la 1=1 fissazione e colorazione. 6. la massa di rifiuto. 7. la 2a fissazione coi differenti mezzi conosciuti. 8. la nuova colorazione sui preparati con fissazione sem- plice o doppia. 9. la struttura, volume, posizione e resistenza del nucleo dell' emasia. 10. residui emoglobinici e vacuoli. 11. r emoglobinolisi e la cariolisi artificiale, sperimentale e morbosa. 12. le apparenze di cariocinesi naturale, ovvero sperimen- tale, e differenze dalla cariolisi. Atti Aco. Vol. XI, Serie 4^ — Mei». III. 1 L' esistenza del nucleo nelV emasia adulfd dei mammiferi 1. Norme di estrazione del sangue. Il sangue si estrae per superficiale puntura praticata al pol- pastrello di un dito della mano, dopo aver lavato la pelle con alcool ; con 1' alcool la località vien pulita dei prodotti di secre- zione cutanea, specialmente del sudore, che guasterebbe notevol- mente l'esito della ricerca, alterandosi le emasie con deforma- zione, emoglobinolisi ecc. : è naturale, che è tanto più necessaria questa detersione, quanto più la pelle è madida, come succede spesso negli ammalati, specialmente di morbi acuti. Che la pun- tura sia superficiale, oltre che per riguardo a chi si fa, importa perchè di sangue esca poco e soltanto con la pressione ; così si può avere la quantità richiesta, la quale non deve essere che il decimo circa della goccia di mestruo applicato, e deve con una certa lentezza peneti'are nella goccia stessa : se fuoresce l'apida- mente da spandersi nella goccia , o quando ne esce troppo , si hanno alterazioni notevoli , principalmente di dissoluzione del contenuto delle emasie, che in gran parte diventano ombre, ed il plasma s' intorbida molto per detrito granulare e formazio- ne di abbondante fibrina ; se di sangue esce molto poco , la modificazione voluta non avviene, restando 1' emasia immutata nel suo contenuto : nel primo caso prevale l'azione solvente del- l' acqua, nel secondo 1' azione fissante del reagente, come si può realmente confermare aggiungendo previamente acqua al mestruo, ovvero crescendo il titolo della sostanza attiva del mestruo stesso : e ciò meglio che cogli altri mestrui si può dimostrare col liquido iodo-iodui'ato. Già si può anche ad occhio nudo giudicare pre- ventivamente la riuscita del preparato, per spandersi il sangue in egual modo granulare in tutto il campo delle due lastrine,, senza chiazze di intorbidamenti, come invece succede quando vi è molta dissoluzione delle emasie. Mi pare qui inutile ripetere, che prima di chiudere tra le due lastrine, affinchè lo strato sia eguale ed egualmente modificato , si deve , movendo il covrog- getti, mescolare bene il sangue al mestruo. L'esistenza del nucleo nelV emasia adulta dei mammiferi L' estrazione di sangue si deve far dal vivo e direttamente nel mestruo : diversamente la modificazione non avviene o quasi. Ciò dimostra trattarsi di modificazioni in gran parte attive che subisce l'emasia vivente nel mestruo, e conferma 1' opinione e le osservazioni di Brilcke sulle fasi diverse delle zooide nel globu- lo rosso vivo degli ovipari, immesso direttamente nella soluzio- ne borica. L' estrazione fatta dal sangue del cadavere, ancora ben con- servato, dopo 24 ore, nei mestrui appropriati, fa apparire quasi tutte le emasie come ombre per opera del reagente stesso , es- sendo già cominciata 1' emogiobinolisi pel fatto della morte stes- sa : solo in questi preparati risalta, nell' esuberante numero di ombre, un piccolo numero di emasie più piccole che certamente hanno resistito bene conservando 1' emoglobina ; ed è in questi microciti che sovente si può riscontrare la modificazione , nel senso che vi appare anche il nucleo, se non così bene come nel vivo , abbastanza distintamente. Il sangue di cadavere cavato senza mestrui, ap]5are ben conservato ; solo vi è notevole dimi- nuzione dell' emoglobina, essendo il contenuto delle emasie più chiaro e meno colorato : si vedono parecchie ombre. Se r estrazione di sangue dal vivo non si fa direttamente nel mestruo, ma questo si aggiunge o subito dopo, o quando il sangue è disseccato, la modificazione non avviene o quasi, se il sangue è stato fissato dal calore, dall' alcool, ecc. ; ovvero il san- gue è disciolto anche dai mestrui sperimentati i migliori. In qualsiasi mestruo estratto il sangue , se ne raccoglie la miscela col bordo di un covroggetti , cercando con appropriati movimenti che la miscela diventi egualmente diffusa, e dopo il preparato si chiude o sul portoggetti come i preparati comuni, ovvero su di un altro covroggetti. Allora si fa la prima osser- vazione, che per essere utile deve farsi almeno con un ingrandi- mento di 400 a 500 diametri e che diventa sempre più istrutti- va sino a 1000. I primi preparati, dopo la fissazione avvenuta nello stesso mestruo per l' iniziale essiccamento , si fanno com- 4 IJ esùtenza del nucleo neW etiuis/a udulfii dei iiiannuiferi penetrare da glicerina preferibilmente colorata , onde serbaiii definitivamente meglio e servirsene più tardi per nnova colora- zione : i secondi, cioè qnelli tra i due covroggetti, dopo la pri- ma incipiente fissazione nel mestruo , si fissano definitivamente negli altri mezzi conosciuti in tecnica, di cui i]i seguito. 2. I mestrui speciali. Il primo mestruo da me adoperato fu la soluzione picrica, l'ultima la soluzione iodo-iodurata: sono questi e la soluzione tannica restati i mezzi migliori per la modificazione richiesta dell' emasia : il liquido iodo-ioduiBto è rimasto il mezzo superio- re e definitivo dello studio, e mi sono servito dello stesso quasi esclusivamente nell' epoca ultima delle ricerche. Segnerò i mestrui sperimentati, notandone per ciascuno il risultato. Devo l'icordare , che io stesso iuipiegai parecchie altre sostanze , come base di soluzioni in cui estraeva il sangue dal vivo a proposito delle mie ricerche sulla coagulazione , co- me è già esposto e pubblicato nel mio lav-oro « Sulla coagulazio- ne del sangue » . Le altre sostanze adoperate dopo, e propriamen- te allo scopo di modificare 1' emasia onde studiarne 1' intima struttura, sono: V acido picrico, l'acido tannico, l'acido cromico, T acido borico, il nitrato di argento, il sublimato corrosivo, il clo- rato di potassa, le soluzioni di picrocarminio e carminio boracico: poi il collodion , i vapori di cloroformio semplici ovvero iodati , // brodo semplice o peptoìùizato, l' urina : e poi ancora una serie di sostanze disossidanti, // cloruro rameoso , il solfato ferroso, il bisolflto sodico, il solfato manganoso , il nitrito potassico, V acido ossalico, V acido solforoso, V idrogeno solforato , il solfuro ammo- luco: infine la soluzione iodo-iodurata. Tutte le soluzioni sono state fatte in acqua distillata. Noterò in ultimo il modo diverso di rispondere del sangue del pollo, cavato nell' acqua distillata in rapporto alla rapida L'esistenza del nucleo neW e inasta adulta dei inatniniferi dissoluzione che succede pel sangue dei mammiferi cavato allo stesso modo. Acido piceico. — ■ Adoperato a diversi titoli : la migliore è riuscita la soluzione 1: 300. Non ripeterò tutte le particolarità a proposito dell' acido picrico , del tannico e del liquido di Lugol come mestrui in cui si cava il sangue, avendole esposte estesa- mente nelle mie due memorie presentate all'Accademia medico- chirurgica di Napoli nel 1896 e pubblicate negli xVtti della stessa. Ricorderò, che l'acido picrico è una delle migliori sostanze che modifica e fissa il sangue estrattovi dal vivo , e che mette spesso in evidenza il nucleo dell' emasia e la sostanza filare del protoplasma. Dà talora residui emogiobinici , ma spesso ancora frammentazione granulare dell' emoglobina. Sovente è conservata la membrana nucleare , la quale spesso fa ernia attraverso la membrana (oecoide) dell' emasia. Il globulo rosso non è impic- ciolito, conservando quasi la grandezza che ordinariamente si ha dell'emasia nel sangue estratto semplicemente, o nella soluzione clor uro-sodica; il globulo però è arrotondato. Con questo mestruo infine si possono dimostrare anche nei mammiferi tutte le fasi dello zooide, descritte la prima volta da Briicke. Il centro, o noc- ciuolo dello zooide, si colora benino colla maggior parte dei colori nucleaii. Acido tannico. — La soluzione migliore è stata quella di 1: 150. Questo mestruo è anche prezioso per i suoi risultati nel far scovrire il nucleo dell' emasia. Con esso risalta a preferenza la membrana nucleare. Il nucleo si colora anche benino eletti- vamente, ma più debolmente che coli' acido picrico; molto meno poi, che col liquido iodo-iodurato : si colora però nettamente il solo nucleo, per es. col verde di metile, mentre lo spazio tra esso e la membraneUa nucleare resta incolore , e 1' emoglobina dal suo canto si colora in roseo coli' eosina. L' emoglobina, (inten- dendo, per brevità, con questa parola tutto il contenuto filare ed L' esistenza del nucleo neW emasia adulta dei mamniiferi interfilare) è solo attenuata, diradata, ma si conserva omogenea, non apparendovi traccia di sostanza filare, o granulare. L'emasia si rigonfia da oltrepassare ordinariamente la grandezza che si è ottenuta finora coi mezzi ordinari conosciuti; e sovente anche il nucleo appare ingrandito, ma ciò a spese dello estendersi della membrana nucleare; la massa sostanziale del nucleo resta sempre dello stesso volume con ogni mestruo che si adopera, e qualun- que sia il rigonfiamento che subisce il corpo dell' emasia dietro r impiego dei reagenti. Anche qui si hanno tutte le manifesta- zioni e fasi dello zooide ; a preferenza però si sorprende la fase di fuoruscita dall' oecoide , e non infrequentemente i nuclei si rendono liberi con tutta la loro membrana. Acido ceomico. — Nella soluzione di 1: 100 si ha immediata e tòrte coagulazione del sangue nella goccia : mettendo invece immediatamente il sangue, preso col covroggetti, in una goccia di questa soluzione , già messa sul portoggetti, più facilmente si hanno preparati di sangue ben distesi, sebbene anche nel pri- mo modo si possono avere dei punti chiari di studio. Vi è abbon- dante produzione di fibrina membraniforme , e le emasie fanno notare sovente la massa protoplasmatica, come apparenza dentri- tica die si diparte dallo zooide retratto. Molto meglio risponde la soluzione di 1: 800, ottenendosi spesso preparati nitidi: vi è anche abbondante coagulazione. Con questa soluzione il sangue cavato nella goccia , fa vedere chiaramente lo zooide ed i suoi prolungamenti dentritici nel corpo dell' oecoide ; non mancano però altre apparenze dipendeiiti da diverso grado di azione del reagente, che cioè il nucleo appare senza prolungamenti nel con- tenuto più 0 meno omogeneo della emasia, e con posizione cen- trale, polare e perfino esterna a cavalcioni. L' imbibizione colle sostanze coloi'anti riesce debole. Acido bokico. — Soluzione 2 ° o , la stessa adoperata da Bi^ii- cke pel sangue del tritone. Appena il sangue fuoresce nella goc- L'esistenza del nucleo nelV emada adulta del ma mini feri eia, resta di color rosso intenso, e poi subito si aggrumisce con apparenza granosa. Al microscopio tutto appare discretamente conservato ; le emasie pallide a contenuto omogeneo ; appariscenza immediata di fibrina. Dopo pochi minuti gradatamente le emasie si decolorano sempre più e non ne resta che lo scheletro ; in al- cune così private di emoglobina si vede il nucleo più o meno rarefatto con posizione polare; nella maggior parte non si ap- prezza, essendo divenute ombre perfette, le quali poi sono in ge- nerale prive anche di granuli. Il siero si colora notevolmente di emoglobina ; la formazione di fibrina è abbondante. Nitrato di aegexto. — Soluzione 1 ° o — Il sangue -estratto nella o-occia si ao-orumisce subito ed imbianchisce (formazione di cloruro di argento). Le emasie sono poco alterate anche nel loro contenuto ; in parecchi si vede il nucleo , e là ove questo corrisponde si nota una insenatura della membrana, la quale in altre emasie essendo là estroflessa, dà le due apparenze di posi- zione dello scolice nella piccola cisti da echinococco : vi sono poi apparenze intermedie ; 1' oecoide è ordinariamente disteso. La coa- gulazione del fibrinogeno si vede a preferenza attorno alle ema- sie, ed a preferenza ove corrisponde lo zooide, da sembrare que- sto talvolta come provvisto di uno o più ciglia : questi filamenti probabilmente appartengono alla membrana lacerata in quel sito del diverticolo, ovvero ad iniziale formazione di fibrina. Sublimato courosivo. — Ho adoperato la soluzione minore di Bizzozero (1 °/o). Il sangue resta rosso, si aggrumisce un poco. Al microscopio le emasie hen consei-vate con 1" emoglobina, ma con forte apparenza discoide : nessuna apparenza del nucleo , quasi niente fibrina. Leucociti impiccioliti, rotondi, con contenuto gra- nulare torbido senza apparenza di nucleo : piastrine conservate in primo tempo , poi dopo qualche minuto emettono code ecc ; invece le emasie si conservano indefinitamente in modo perfetto, come apparivano al principio. JJ esistenza del micleo neW emasia adulta dei mammiferi Cloeato di potassa. — Soluzione 3 o/o — Le emasie si con- servano, ma si arrotondano e gradatamente impallidiscono ; non infrequentemente fanno vedere i nuclei. In 10-15 minuti diventano ombre, ma i nuclei sovente restano. Presso a poco lo stesso ri- sultato si ottiene con una soluzione all' 1 ^/a °/o. PicEOCAEMiNio E CARMINIO BOKACico. — Soluzione 1 0 0 — Cavato il sangue nella goccia si hanno quasi gli stessi effetti di disso- luzione, come con 1' acqua, un poco più debolmente ; il contenuto emoglobinico si scioglie e si libera : lo stesso succede del nucleo, che però talora si trova libero ed un po' colorato dal carminio. La formazione della fibrina è rapida e delle emasie in poco tempo non restano che ombre. Nella p'occia di carminio boracico succede, cavandosi il san- gue, precipitato di carminio e distruzione successiva delle emasie. CoLLODiON. — Siccome il sangue non si può estrarre nella goccia di collodion, perchè questo si spande immediatamnte sulla pelle e solidifica, appena estratto il sangue per puntura si ciaiu- de immediatamente in una goccia di collodion. Il preparato è nitido, e così si conserva sino a che non co- mincia in qualche punto il consolidamento. Alcune emasie sono allungate come fusi e con incipiente disfacimento granulare; ma una buona parte si vedono perfettamente conservate e sono fis- sate : s'intravede, come talvolta senza alcun mestruo , il nucleo bianchiccio verso il contenuto omogeneo gialletto. Aggiunto al- cool assoluto e poi balsamo del Canada , ovvero alcool assoluto colorato da violetto di metile (ai bordi del covroggetti) , i pre- parati si conservano bene; vi è lieve colorazione omogenea del- l' emasia col violetto di metile, ma non appare colorazione spe- ciale del nucleo. Cloroformio. — Facendo restare per alcuni minuti i preparati di sangue, estratto senza alcun mestruo , ai vapori di clorofor- L' esistenza del nucleo nell' emasia adulta dei mammiferi 9 mio, si ha nn poco 1' apparenza del nucleo, specialmente quando lo straterello di sangue non è definitivamente essiccato. Il risul- tato è ancora migliore, quando nel cloroformio si era sciolto del jodio, avendosi allora anche la colorazione gialla dell'emoglobina fatta dal jodio, per cui si apprezza meglio il nucleo , restando quasi incolore. La modificazione però non è chiara , e quindi il risultato scema d' importanza in paragone di quei reagenti che danno la modificazione evidente. Beodo semplice 0 PEPTOXizzATO. — Estratto il sangue nella goccia di brodo semplice, le emasie si conservano discretamente; in alcune V emoglobina si dirada, e quindi si apprezza il nucleo. I leucociti sono impiccioliti e di uno splendore opaco, omogeneo; sono però perfettamente rotondi. Le piastrine sono conservate in modo perfetto. L' emoglobina è rattenuta nelle emasie ; non appare coagulazione. Nel brodo peptonizzato le emasie si raggrinzano un poco , ma in gran parte si conservano, e ciò fino ad un giorno dopo. Queste osservazioni si sono fatte nella goccia pendente. Urina. — In una goccia di urina normale , appena emessa , cavato il sangue, i-esta rosso, non coagulato; le emasie diventano morifbrmi; ordinariamente il nucleo non si apprezza. Cloruro rameoso. — Impiegata la soluzione cloridrica di clo- ruro rameoso (soluzione satura). Cavato nella goccia il sangue si rapprende immediatamente e diviene nerastro. Al microscopio non si può apprezzare formazione di fibrina; le emasie conten- gono r emoglobina , ma sono deformi ed ammassate tra loro. I leucociti mostrano necrosi da coagulazione (splendore opaco senza nucleo apprezzabile). Solfato ferroso. — Adoperato anche a soluzione satura , co- me per la maggior parte degli altri disossidanti. Il sangue vi Atti Acc. Vol. XI, Serie 4» — Mem. III. 2 ]0 L'esistenza del nucleo neW emasui diluita dei imi ntini feri resta perfettamente rosso e non coagula. Le emasie conservano r emoglobina, ma sono diventate moritbrmi a grossa granazione. e sono come frastagliate nel loro intorno : sono impicciolite. I leucociti conservano la loro torma , ma. hanno splendore opaco ed il nucleo non si può ben apprezzare. Si può confermare negli apparenti coaguli la mancanza di filmina ; invece vi è solo ag- glutinamento dei globuli rossi. BisoLFiTO SODICO. — Nella goccia il sangue resta rosso ed il colore non si diffonde ; non coagula. Le emasie sono ben conser- vate, ma non si apprezza il nucleo. I leucociti sono deformati : piastrine non si apprezzano : niente fibrina. Solfato manganoso. — Il sangue vi resta perfettamente rosso. non si effonde, non coagula. Le emasie sono conservate in un modo perfetto sia nella torma che nel contenuto emogiobinico , come colle note soluzioni di cloruro di sodio , di acido osmico : nessuna appaienza del nucleo. I leucociti un poco impiccioliti ed opacati, con nucleo poco evidente ; le piastrine distrutte o in via di distruzione: niente fibrina. Nitrito potassico. — 11 sangue cavato nella goccia resta rosso in primo tempo , ma poi subito imbrunisce ; non coagula. Le emasie discretamente conservate sono appiattite e leggermente deformi alla periferia; in alcune appare un corpicciuolo come il nucleo. I leucociti sono impiccioliti , deformi ; piastrine niente , nessuna foi'mazione di fibrina. In seguito le emasie si decolorano un poco e gradatamente apparisce un corpicciolo nella maggior parte di esse specialmente in quelle , che si conservano j^iane. Quel corpicciuolo è a prefenza centrale , quasi come si ha colla aggiunta dell' acido tannico o picrico sui preparati di sangue es- siccato e fissato. Acido ossalico. — Adoperato a soluzione satura. Il sangue cavato entro la goccia mostra le emasie arrotondate, impallidite; L' esi.sfenza del. nucleo ndl' emacia adulta dei mani mi feri 11 il nucleo sovente si può apprezzare, ed in seguito sempre meglio, quando gradatamente il contenuto dell' emasia si dirada di più sino all' apparenza di ombre , ciò che succede in pochi minuti ; allora anche il nucleo è disciolto; in pi-imo tempo vi sono anche molti nuclei liberi. La soluzione al titolo della metà dà presso a poco gli stessi risultati, però la dissoluzione dell' emoglobina è più rapida. Acido solfoeoso. — Adoperata la soluzione satura in acqua distillata. Il sangue vi diventa bruno ed aggrumisce in primo tempo e jdoì si ridiscioglie. Le emasie perdono notevole quan- tità di emoglobina, si arrotondano fortemente ; dopo poco s' im- pallidiscono sempre più sino a diventare ombre ; la maggior parte dei loro nuclei è libera, però in varie vi si può ancora sorpren- dere, ed allora si hanno apparenze nitide, u\ modo da rassomi- gliar molto all' emasia della rana, della lucertola, quando è ri- gonfia. Il nucleo si vede vescicolare, con contenuto granuloso. I leucociti sono discretamente conservati. Facendo agire la soluzione satura di acido solforoso sui pre- parati di sangue cavato senza alcun mestruo ed essiccati sem- plicemente, ovvero assoggettati dopo 1' essiccamento al bagno di alcool assoluto, ovvero alla fiamma tre volte, le emasie si dissol- vono completamente. Ideo&eno solforato. — Estrattovi il sangue in una goccia di soluzione satura, il sangue resta rosso, non aggrumisce apparen- temente ; al microscopio si nota rapida trasformazione in ombre, e qualcuna mostra il nucleo residuale. Anche i leucociti si rare- fanno molto nel loro contenuto e nucleo , e dopo pochi minuti non si apprezza che scarso residuo puramente granulare nel leu- cocita rigonfio. Se la soluzione si fa agire sui preparati di san- gue semplicemente essiccati, s' ha rapida dissoluzione delle emasie. Solfuro ammonico. — Cavato il sangue nella soluzione satura, non coagula , resta rosso ; 1' emoglobina non si scioglie , quindi 12 L'esistenza del nucleo neW einasia adulta dei ■inanimifevi non h;i libera nella goccia. Le emasie son consei'vate , ma dive- nute fortemente concavo-discoidi : i leucociti sono impiccioliti , con coagulazione del protoplasma divenuto di splendoi'e opaco : i nuclei non appariscono nelle emasie e neanco nei leucociti. In modo che pare doversi rinunziare all' ipotesi, che l'emo- globina divenuta ossiemoglobina, mascheri il nucleo , una volta che i migliori disossidanti non corrispondono per renderlo ma- nifesto. loDO. — Ha corrisposto meglio di ogni altra soluzione quella col ioduro di potassio e precisamente il liquido di Lugol , che nessuno sinora ha adoperato per lo studio del sangue cavatovi dal vìvo. Il sangue , già estratto e fissato , si è poi colorato col liquido iodato (Ranvier), e T è perciò che in quei casi il nucleo si distingueva bene soltanto nei globuli rossi, già nucleati senza alcun mestruo, e nei quali, se fissati coli' acido picrico si faceva risaltare la doppia colorazione con l' ematossilina e con l'eosina , la prima volta ottenuta da Wissozky. Già anche se si fosse ado- perata pel sangue vivo la soluzione iodata indicata da Ranvier per coloj'are 1' emoglobina in giallo , non si sarebbe ottenuto il risultato di scovrire il ìiucleo nascosto, perchè quella soluzione iodata sarebbe molto carica di iodio per questa ricerca, come a me hanno dimostrato replicati tentativi. Dev' essere pel sangue dell'uomo, il liquido secondo la formula di Lugol : allora soltanto si ha il mestruo migliore per studiare la struttura intima del- l' emasia, e che scovre quasi sempre il nucleo , anche quando r emoglobina appare intatta; i preparati restano fissati bene e si possono assoggettare a fissazioni permanenti con tutti i mezzi conosciuti in tecnica, permettendo allora le più belle e caratte- ristiche colorazioni semplici e doppie. A meno che 1' azione dell' acqua non prevalga , lo zooide non abbandona 1' oecoide. I globuli rossi si arrotondano , ap- pariscono perfettamente globosi , e diminuiscono perciò appa- L' esisfenza del nuc/eo neir eiuasia adulta dei inaia ini/eri 13 rentemente del loro volume in rapporto a ciò che si ha coi pre- parati senza mestruo, colla soluzione cloruro-sodica, ed anche colla soluzione osmica per le piastrine. Non infrequentemente il globulo scoppia pel rigonfiamento, là ove il nucleo preme contro la pa- rete , e quivi rompendosi anche la membrana nucleare , si lia sj)esso occasione di apprezzare chiaramente la struttura filare della sostanza nucleare. I preparati ben riusciti e fissati, possono anche essicarsi e chiudersi in balsamo, senza che la forma, struttura e colorazione si alterino. Bicordo, che anche le cellule degli altri tessuti, prese dal vivo, si conservano bene in questo mestruo, meglio che negli altri impiegati sinora. Acqua distillata. — Ho vuluto infine sperimentare 1' azione dell' acqua distillata anche nel sangue di qualche oviparo , es- sendo risaputa la rapida azione dissolvente che la stessa ha sul- le emasie dei mammiferi; vedere cioè, se il nucleo tanto eviden- te nelle emasie degli ovipari si dissolve anche nell' acqua. Per- ciò ho cavato il sangue del pollo entro una goccia di acqua di- stillata, e si notano i fatti seguenti; 1' emoglobina si scioglie pre- sto, anche dopo pochi minuti ; invece il nucleo e meglio la memb)-ana, resistono di più, ma gradatamente anch' essi si dis- solvono in modo che dupo un giorno nei preparati tutto è sciolto. meno pochi residui (ombre). Se il sangue si cava senza alcun mestruo, e dopo alcuni minuti quando comincia 1' essicamento si aggiunge 1' acqua distillata, le emasie si gonfiano , diventano rotonde, come le emasie dei mammiferi nel liquido di JAigoL il nucleo diventa eccentrico, Y emoglobina è un poco conservata in primo tempo: gradatamente la bella apparenza si dirada e poi tutto si disfà e scioglie. Questa resistenza maggiore verso l' acqua distillata, insieme coir altro fatto che il titolo di soluzione borica impiegata da Briicke pel tritone riesce debole pei mammiferi (uomo), diven- tando le emasie ombre, mette ad un grado più alto la coeren- 14 U eahtenza del nncìeo nelV emasla adulta dei mammìferi za del contenuto emasico degli ovipari verso i mammiferi ; e ciò è comprovato dal fatto, che trattando coli' ordinario liquido di Lì/gol le emasie vive degli ovipari , il nucleo risalta meglio , ma la forma ovalare o ellittica non cambia : invece esse hanno la stessa modificazione che nei mammiferi , se a quel mestruo si aumenta la quantità dell' acqua. Neil' esame del sangue estratto in mestrui, devo dichiarare di non aver adoperato la soluzione di urpri, ovvero la bile; la pri- ma sperimentata da KoUiker, la seconda da Kilhne con risultati di emoglobinolisi , notevolmente spinta dietro 1' uso della lìile , sino alla formazione di ombre: mai però è risultata qualsiasi ap- parenza di nucleo. 3. Differenze delle emasie nei mammiferi studiati. Ho potuto studiare, cavando il sangue nel liquido iodo-iodu- rato, il sangue dell' uomo, quello del coniglio , della cavia , del cane, del topolino domestico {mus muscuius), del cavallo e della capra. Come ho detto altre volte, 1' ordinario liquido di Lugol , che corrisponde così bene pel sangue dell' uomo, non riesce allo scopo pel sangue di questi altri mammiferi, nel cane essendo in- sufficiente la quantità di acqua , negli altri essendo eccessiva a diversi gradi secondo l'animale. E siccome 1' acqua scioglie il contenuto dell' emasia, mentre il iodo lo conserva, così dal tito- lo maggiore o minore del iodo nella soluzione che vi corrispon- de adatta, si deduce la maggiore o minore resistenza dell' emo- globina per ciascun animale. Dopo molte prove e riprove, quan- do già inutilmente aveva sperimentato il Lugol uomo , ho po- tuto stabilire che pel sangue normale del cane deve diminuire il titolo di iodo, per gli altri deve crescere : negli stati morbosi, specialmente di impoverimento del sangue , da avvelenamenti , salasso ecc.: si deve spesso ricorrere per quel dato animale, per esempio il cane, ad un Lugol (chiamerò così per brevità il li- quido iodo-iodurato) più carico di iodo, quindi al Lugol uomo , L' esisteììZit dei nucleo ne.ìì' emasia achilfa dei inam ini feri 1") e ciò conferma la diminuita coerenza e resistenza dell' emoglo- bina. Il migliore Ltigol pel cane è quello fatto da Liigol uomo 7 parti, a cui si aggiunge una parte di acqua distillata. Questo Lugol cane dissolve le emasie del sangue non solo degli altri mammiferi sunnotati, ma anche dell' uomo. Se pel cane si adopera il Lugol uomo , le emasie restano intatte^ fortemente colorate in giallo dal iodo , e senza alcuna apparenza del nucleo. Pel coniglio, per la cavia e pel topo vi abbisogna un solo liquido, che deve essere più ricco in iodo del Lugol uomo , col quale la maggiore parte delle emasie nei suddetti mammiferi diventano ombre; il migliore è lo stesso Lugol uomo, a cui si è aggiunto un poco di iodo metallico, in 25 cm. e. di Lugol uo- mo una piccola pagliettina di iodo. Allora la modificazione del- le emasie è perfetta, e si hanno dei preparati belli, evidenti. Pel cavallo corrisponde anche il Lugol coniglio , ma una buona parte di emasie si dissolvono nel loro contenuto, e quindi è utile aggiungere ancora al LAigol coniglio una piccola pagliet- tina di iodo. Per la capra bisogna aggiungere ancora un' altra pagliet- tina di iodo al Lugol cavallo, diversamente una buona parte di emasie diventano ombre. Di modo che dei sette mammiferi notati, il sangue del ca- ne ha le emasie con emoglobina più resistente, poi viene 1' uo- mo, poi il coniglio , la cavia ed il topo, indi il cavallo , infine la capra. Mi pare soverchio qui ripetere che il sangue deve es- sere sempre estratto con tutte le norme già notate. In tutti , meno nel topo, il miglior modo di ferire la pelle per 1' estrazio- ne del sangue è la puntura fatta verso la periferia della faccia interna del padiglione dell' orecchio ; nel solo uomo al polpa- strello del dito: da una puntura si può far fuoruscire parecchie volte il sangue nettando ogni volta, aggiungendo il Lugol e pre- mendo leggermente ai lati della puntura fatta ; coi padiglioni 16 L' esistenza dei nucleo ndl' enrasla adulta dei 7iia ni mi/eri dell' oi-eeehio si riesce a ciò molto facilmente , non lasciando la plica che si è fatta e tennta: dalle due dita della mano sinistra mentre con l'ago nella mano destra si pnnge snlla sommità della plica; così si \r,\ anche il vantaggio di non perdere il sito dellai pnntnra, e quindi di poter applicare con sicurezza la goccia di Lvgol nelle estrazioni successive. Pel solo topo , dopo averlo immobilizzato su di un tavolo , il sito migliore per esti-arre il saaigue è la coda, facendovi una piccola incisione quasi sino v\V osso ; così il sangue viene facil- mente con lieve pressione laterale : la puntura non è sufficiente per r uscita del sangue. In questi mammiferi, coli" appropriato liquido iodo-iodurato 1(,' emasie mostrano costantemente la loro intima struttura ed il nucleo, precisamente come nell'uomo. Il volume però delle ema- sie è diverso in questi animali , sempre nel liquido di Lugol , col quale si ottiene qualche diversità in rapporto alle misure stabilite da altri. L' enaasia più grossa è quella dell' uomo , e poi vengono quelle del sangue del coniglio e della cavia, e poi quelle del cane e del topo; più piccola ancora è quella del cavallo, ed in- fine la più piccola è quella della capra. Se l'emoglobina delle emasie del cane non fosse la più resistente , si potrebbe dire , che la tenacità dell' emoglobina in questi mammiferi è propor- zionale al volume dell' emasia. Devo notare che il liquido di Lngol non solo arrotonda e fa apparire globose le emasie, ma ne diminuisce anche il dia- metro di più di un sesto, confrontando colle emasie estratte sen- za mestrui o colla soluzione cloruro-sodica, un po' meno in rap- porto a quella cavata nella soluzione osmica per le piastrine; il niicleo dell' emasia, quaiido è perfettamente conservato dal rea- gente , misura il diametro di ®/io di F- verso quello dell' emasia , che è di ,"• 4 + ^/g. Ecco la tavola delle misure prese sulla grandezza media delle emasie, notando che i lisultati segnalativi procedono dal L' exitifeìiza dal nKcleo irei/' emanki adulta del mammiferi 17 noto calcolo : contate le divis;ioni del micrometro oculare neces- sarie a coprire le emasie o il nucleo di esse, si sono divise per il potere amplificante dell'obbiettivo che si è adoperato nel cor- so delle osservazioni, e che è stato sempre il N. 7 Leitz. Maiiiniifero da L'ui si è estratto il sangue Mestruo a d 0 p e r a t o SEMPLICE IN g;licrrina 1 Xumero delle divisioni luitToinetriche in Diametro raicromilli- metri Numero delle divisioni inicronietriclie Diametro in micromilli- raetri Uomo (emasia) senza mestruo -2 + 5/6 ;"• 6 — — ti » solu/,, cloruro sodica 2 -f 5/6 IX. (ì — — )) )) soluz. usuiica piastr. 2 -J- 1/12 a. 5 + 1/2 — n )) Sdhizioiie picrica 2 + 1/3 fj.. i + 1/5 - - » soluzione tannica 3 + 1/4 fi. fi + 9/io — — >• » liquido Luyol 2 + 1 4 li. i + */5 2 K- -i + 1-2 " (iittclec) liiluiilo Lui;ol ■I/a a. 0. i) - - Coniglio (eiaslal 1 + ''/8 H- 3 + 9/10 I +2/3 1^. 3 + 1/2 Cavia » •■ J + ■'/s a. ■i + 9/10 1 + 2/3 fi. S H- 1/2 Cane » » 1 + 1/2 u. 8 4- 2/10 1 4- 1/3 fJ.. 2 + 4/5 Topo » » 1 + 1/2 u. 3 + 2/in 1 -f 1/3 /«. 2 + 4/5 Cavallo » )) 1 + 11/40 M- 2 -1- ■'/io 1 + 2/15 fx. 2 + 1/2 Capra » 93/100 M 1 + 9/10 5/6 M- 1 + 4/5 Volendo adesso fare il calcolo del volume del nucleo verso quello delle emasie, dobbiamo dire nel modo seguente: Dato il diametro del globulo rosso in liquido di Lvgol di fi 4. ^^j^^ ed il diametro del nucleo di esso globulo rosso, sempre in liquido di Liigol. di ^/^o di ,"■, stabilire il rapporto in volume tra il globulo rosso ed il suo nucleo. Per fare ciò, secondo le norme di matematica , si trova il volume del globulo rosso e quello del nucleo, e poi si divide il Atti Acc. Vol. XI, Serie 4» — Meni. III. 3 18 L'esistenza del nucleo neW einasia adulta dei mammiferi primo per il secondo. Per trovare questi due volumi si conside- rano tanto il globulo rosso che il nucleo, come due piccole sfere; sicché per trovare il volume del globulo rosso e del nucleo si adopera la seguente tbrmola : , ,,, ., Superficie (;- X 4 X •% 14) X '• V (volume deli einasuij = -; Applicando alla lettera /• (raggio) il suo valore, avremo per il giobulo rosso : V (^. 2, 40-' (raggio) X 4 X ?>, 14^ X F- -^ 40 ^ , ._^^ E per il nucleo : (F- 0, 4^ X 4 X :'>, 14) X K 0, 45 _ r' (volume del nucleo) = ^ — F- "> ■* Trovati i rispettivi volumi del globulo rosso {F-^ 58) e del nucleo {F^ 0, 4) si divide il primo per il secondo e s' ha il rap- porto, che è di 1 : 145 in relazione a r : r\ Perciò il nucleo sarebbe 145 volte più piccolo dell'emasia. 4. Essiccamento del sangue. L' essiccamento riesce bene , ed è comodo per le ulteriori pratiche, sulle lastrine covroggetti. Il covroggetti in tutte le ope- razioni che si praticano si deve poggiare dalla faccia opposta allo straterello di sangue, meno quando si deve chiudere defi- nitivamente. Si è fatto r essiccamento del sangue semplicemente estratto ed anche del sangue estratto in mestrui speciali, sia per speri- mentare sui preparati semplici varie sostanze coloranti , ovvero alcuni acidi, sublimato corrosivo, nitrato di argento; sia per fis- sare possibilmente i preparati nella nuova struttura che appare, anche assoggettandoli già secchi ad una seconda fissazione. L' essiccamento si è anche sperimentato su preparati di san- gue modificato in mestrui speciali , e poi assoggettati ad una L' esistenza del nucleo veli' emasia adulta dei vnnniiìifen 19 seconda fissazione di alti-e sostanze, per vedere come si compor- tano allora verso le sostanze coloranti in confronto di qnello che succede quando la colorazione si fa nei preparati ancora in acqua, alcool, ovvero glicerina. Dopo varie prove e riprove, eccone in breve i risultati. a) Essiccamento del sangue semplicemente estratto — La fissazione è perfetta, così come da ognuno è stato finora otte- nuto. Se però si fa un po' di attenzione anche in questi prepa- rati, perfino osservati a secco, oltre la maggior parte delle emasie con contenuto omogeneo gialletto, altre fanno intravedere il nu- cleo con posizione più o meno polare e di colorito bianchiccio , ed ivi sovente vi corrisponde nella membrana un' apparenza di foro, che quando non si apprezza a primo aspetto, spesso si può scorgere molto piccolo in un infossamento reniforme della pare- te. Come era. da aspettarsi però, questi preparati di sangue non resistono ad altre sostanze che vi si aggiungono , se non si fis- sano definitivamente con altri mezzi fissanti, come il calore (passaggio tre volte alla fian:ima), alcool assoluto, etere solforico ed alcool assoluto a parti uguali {Nikiforoff) , sublimato. Senza questa ulteriore fissazione i preparati di sangue essiccati si dis- solvono rapidamente , se vi si fanno agire sopra le soluzioni acquose coloranti, o soluzioTii acide, o la soluzione di nitrato di argento, ecc. Quando il preparato di sangue ha subito la seconda defi- nitiva fissazione, se si tra.tta colle soluzioni coloranti le più sva- riate, anche quella che si usa per la colorazione delle piastrine, non mostra fatti speciali di colorazione nelle emasie, le quali quasi sempre sono più o meno colorate in modo diffuso, secon- do il colore impiegato senza apparenza di nucleo : solo eccezio- nalmente qualche emasia lo mostra ed abbastanza chiaramente, così come qualche volta si ha occasione di osservare nel sangue semplicemente estratto ancora fì-esco : deve essere quella perdita o rarefazione artificiale di emoglobina che si fa in qualche glo- bulo rosso del sangue estratto, che viene fissata a secco e poi 20 L' esistenza del imcleo ìiell' eiiìasia ad/dia dei mani mi feri definitivamente dall' ulteriore metodo : invece, devo ripetere , le altre emasie, che sono quasi tutte, non mostrano quella modi- fica^ uè alcuna coloi-azione speciale. E qui devo aggiungere di avere sperimentato inutilmente sui preparati semplici definiti- vamente fissati , anche i colori formici : vi è colorazione più 0 meno debole, ma sempre eguale , diffusa in tutto il globulo rosso. Se ai preparati estratti senza alcun mestruo seccati e poi fissati definitivamente vi si fa agire sopra l'acqua distillata, le emasie non si dissolvono, nò soffi'Ono modifica, di struttura : si ha lo stesso risultato con la soluzione 1 °/o di sublimato; anche lo stesso con la soluzione notata di nitrato di argento col quale soltanto le emasie, specialmente con 1' esposizione alla luce, diven- tano di un color giallo uniforme leggermente bruno , senza ni- travedersi niente altro di speciale, sia conservati in glicerina, sia in balsamo ; l' emasia è perfetta, ma senza alcuna modifica. Se invece su questi preparati si fa agire la soluzione di acido tannico 1 su 150 di acqua, ovvero quella di acido picrico 1 : BOO, le emasie restano invariate nella loro forma , mentre si arrotondano e rigonfiano quando il sangue vi si cava dentro ; r emoglobina però si dirada in parecchie globuli rossi , per cui sovente appare un cor picciuolo entro gii stessi , che deve ripor- tarsi al nucleo, come si conferma coll'aggiunta di sostanze colo- ranti. Per contrario aggiungendo ai jDreparati , di sangue così ben fissati, la soluzione di LiigoJ, le emasie sono rapidamente e completamente disciolte in tutte le loro parti ; mentre, come ho notato altra volta, quando la fissazione del sangue, oltre l'essic- camento , si è fatta anche coli' alcool assoluto , la stessa acqua distillata rispetta perfettamente le emasie. b) Essiccamento del sangue estraffo in mestrui speciali.— ^ Se si essiccano i preparati di sangue cavato nel primo mestruo modificante e fissante non si hanno buoni insultati che col solo liquido iodo-iodurato. In quest' ultimo caso le emasie si mostra- no ben conservate e con la struttura modificata ; bisogna però che lo straterello di sangue resti un certo tempo nel mestruo L' esi.sfema del nucleo ueW enuisia adulta del mani mi feri 2! liquido, affinchè avvenga la fissazione della modificazione avve- nuta, e solo cosi si possono avei'e pi'eparati discreti e capaci di imbibizione colorante; se invece l'essiccamento si fa fin dal prin- cipio all' aria libera, la modificazione non è più netta, e non si ottiene la colorazione, come succede in tutti i preparati, col san- g-ue che fi^ioresce sul portoggetti ai contorni del covroggetti e che quindi fin dal principio è esposto all' aria. Questi preparati però per subire la colorazione devono essere definitivamente fis- sati , passando dopo 1' essiccamento in alcool assoluto, o meglio tre volte sulla fiamma, diversamente le emasie in gran parte si dissolvono. Fissato definitivamente , la colorazione non è delle migliori, prevalentemente diffusa , ma però sempre tale da dare un tono di colorazione diversa al nucleo. Se la colorazione si protrae sino all'essiccamento della sostanza colorante, la colora- zione è molto tòrte , diffusa egualmente a tutta 1' emasia, così coll'ematossilina, colla nigrosina a soluzioni concentrate (2-i3 goc- ce da covrire il covroggetti nella faccia ove sta lo straterello di sangue). Se questi preparati si decolorano per jjarecchi minuti in soluzione acquosa di acido cloridrico 1 : 600, dopo un tempo vario si arriva a decolorare completamente la maggior parte delle emasie, rigonfiandole ; il nucleo però resta abbastanza for- temente colorato, e si hanno così preparati molto istruttivi, che si possono chiudere , dopo il lavaggio con acqua , in glicerina , ovvero essiccandoli di nuovo, in balsamo. Se invece il primo mestruo è stato l'acido picrico o il tan- nico, l'essiccamento non riesce bene, deformandosi notevolmente le emasie ; nel liquido di Liigol vi è il lodo che si evapora , mentre negli altri mestrui si evapora l'acqua, ma gli acidi re- stano, e col loro ispessimento rovinano il preparato. L'essiccamento dei preparati , già assoggettati alla seconda e definitiva fissazione, riesce bene sempre, le emasie restano fis- sate e non si dissolvono , però le colorazioni vengono un poco diffuse ; ho sperimentato a questo scopo tutte le seconde fissa- zioni che noterò in seguito ; la sola che riesce soddisfacente quan- 22 L' exisfenza del nucleo nell' emasia adulta dei maniinifevi do i preparati si essiccano, è quella di Nikiforoff, perchè le im- bibizioni si ottengono nitide e caratteristiche, si hanno anzi an- che le doppie colorazioni. Come si vediù in seguito, le altre se- conde fissazioni sono invece utilissime quando la colorazione si fa sui preparati ancora ricoverti da un liquido (acqua , glice- rina, alcool) ; ma quando invece il preparato si essicca, il nucleo dell'emasia in generale si distingue anche pel colore , ma non sono questi i preparati più dimostrativi. 5. La prima f.ssazione e colorazione. La prima fissazione si fa nello stesso mestruo in cui si cava il sangue, adattando il covroggetti sul portoggetti : secondo le condizioni di temperatura ed igroscopicità dell' ambiente e la spessezza dello strato del miscuglio, può cominciare l'essiccamen- to ai boi-di dopo dieci minuti, sino a tenersi i preparati ancora umidi per due 02'e e più, se si mantengono in una camei-a umi- da. Senza di questa, i preparati all'ambiente libero cominciano ordinariamente a mostrare l'incipiente essiccamento dopo 15-20 minuti essendo la temperatura della stanza a 18" e; allora la fis- sazione del sito del globulo e della intima struttura è in giun parte avvenuta, e tutto vien rispettato dall' aggiunta della gli- cerina semplice o colorata ; la eguale d'altra parte si rende neces- saria per impedire 1' essiccamento forte e che si continuerebbe tra le due lastrine , e per far scorrere 1' una lastrina sull' altra, onde servirsi più tardi della porzione fissata sulle stesse per gli ulteriori trattamenti. A questo modo si ottengono preparati dimostrativi sia colla soluzione picrica, che con quella tannica, e quelli ancora prefe- ribili per la loro nitidezza e modificazione perfetta , col liquido di Lugol. Se si è adoperata la glicerina colorata si hanno belle imbibizioni del nucleo, differenti sempre dall'imbibizione dell'emo- globina circostante, e quando si vuole, assolutamente diversa, sia adoperando colori combinati (miscela Biondi-Heidenhain), sia ag- L'esistenza del nucleo neW eniasia adulta del mani mi feri 23 giungendo al bordo del covroggetti, dopo la glicerina colorata da un colore basico di anilina, un altro poco di glicerina colorata da un colore acido. Allora i preparati si possono chiudere defi- nitivamente, contornandoli di mastice : i colori si conservano in- definiti vamente anche dopo due anni, ma si attenuano un poco, specialmente quelli di anilina, ematossilina ; ovvero i preparati si conservano senza contornarli , e presto o anche dopo anni si possono, dopo averli staccati , sottoporre a novella colorazione con risultati perfetti, permanenti. Nei preparati a cui si aggiunge la glicerina colorata, l'im- bibizione caratteristica comincia presto e si fa bene dopo due o tre minuti là ove il colore è arrivato ; e bisogna dire che l' im- bibizione in primo tempo è più nitida ed esclusiva nel nucleo, mentre dopo ore si colora sovente anche F emoglobina , special- mente quando è rimasta immutata dal mestruo, e con ciò si to- glie un poco di quella prima apparenza, quando il nucleo si di- stingueva nel modo più evidente ; osservando però con attenzione, anche nell'emasie in cui l'emoglobina si colora notevolmente pel tempo trascorso, si vede e distingue il nucleo, perchè il suo tono di colorazione è netto , più forte , più puro , mentre quello del- l'emoglobina è più leggiero, torbido. È a notarsi, che la colorazione dei nuclei delle emasie è più intensa di quella dei leucociti, specialmente quando si fa la se- conda colorazione , di cui si parlerà in seguito ; a ciò fanno ec- cezione la colorazione coli' ematossilina e quella col carminio, che colorano più fortemente i nuclei dei globuli bianchi, e la vesu- vina che colora molto poco i primi invece notevolmente quelli dei leucociti. I nuclei delle emasie degli ovipari si colorano più facilmente e più fortemente di quelli dei mammiferi; con la stes- sa vesuvina si colorano bene. Noto infine che il nucleo dell'ema- sia dei mammiferi ha le sue sostanze coloranti predilette in con- fronto con altre che colorano a preferenza quelli dei leucociti ; così se ad un preparato si è aggiunta la glicerina colorata dal carminio ( formio-carminio ) si colorano fortemente i nuclei dei 24 L' esistenza del nucleo neW eniasia adulta dei mammiferi leucociti, poco relativamente quelli delle amasie; ma se dopo vi si aggiiuige ancora della glicerina colorata dalla nigrosina, i nu- clei delle emasie si colorano di un viola-scuro, mentre quelli dei leucociti restano rossi; devo ripetere, che se fin dal principio si aa'ffiunee la sola glicerina nio-rosinica, oltre la colorazione carat- teristica dei nuclei delle emasie, si colorano allo stesso modo, seb- bene, più debolmente, quelli dei leucociti. 6. La massa di rifiuto. I preparati che hanno subito la prima fissazione e che si conservano in glicerina, si possono staccare in modo, che da ogni preparato se ne ottengono due che hanno ciascuno uno strate- rello fissato di sangue , covroggetti e portogetti ; allora si pos- sono assoggettare a nuova colorazione, come si dirà in seguito, ed avere così dei preparati di caratteristica imbibizione, sempli- ce o doppia, e che si possono conservare a secco. Ma siccome non tutto il sangue che resta aderente alle la- strine è fissato , cosi una l>uona parte di emasie si allontana e si perde, quando si toglie il liquido colorante aggiunto ; ovvero le stesse emasie non fissate sono trasportate se si lava prima con acqua, per allontanare il superfluo non fissato. Questa massa di rifiuto delle emasie, in cui la maggior parte sono delle forme perfettamente modificate e conservate , tanto se il mestruo è stato l' acido picrico , o il tannico , ovvero il iodico possono servire benissimo come preparati temporanei di studio, e sono tra i piìi chiari e convincenti ; e ciò giova molto se il mestruo è stato uno dei due acidi , perchè allora 1' emasie meglio modificate sono a pi-eferenza poco fissate, ed anche quel- le che son fissate coi trattamenti ulteriori , principalmente col- r essiccamento, soffrono più o meno nella nitidezza e nella for- ma. In modo che in questa massa di rifiuto , la forma, che si conserva perfetta nella soluzione acquosa che la trasporta, e l'im- L'esistenza del nucleo neW ema.sia adulta dei mamtniferi 25 bibizione caratteristica sono due pregi, che permettono un' osser- vazione molto chiai-a dei fatti. S' intende, che se si fa trasportare colla sola acqua, la colo- razione si può fare in secondo tempo, quando nel fondo di quella goccia si è depositata la maggior parte dei globuli , ed aspi- rando l'acqua sovrastante con una pipetta, rimane quel sedimento di emasie, che poi, facendo appena essiccare, resta un pò ade- rente alla lastrina , in modcì che vi si può aggiungere la so- stanza colorante e poi lavare con 1' acqua ; una buona parte di emasie restano allora aderenti alla lastrina , sebbene non forte- mente fissate , ma lo studio si può far bene , ed aggiungendovi glicerina, il prejmrato si può chiudere definitivaraente; all'essica- mento però non resistono bene. Che se la massa di rifiuto è sta- ta trasportata dalla soluzione colorante , è chiaro che lo studio bisogna farlo presto, diversamente la colorazione diventa troppo forte, anche nell' emoglobina , ed é perciò che in questo caso i preparati non possono essere conservati definitivamente : bisogne- rebbe allontanare 1' eccesso di colore con le sostanze decoloran- ti; ma le emasie non sono in questo caso abbastanza fissate per sopportare quegli ulteriori trattamenti. 7. La seconda fissazione coi differenti mezzi conosciuti. La seconda fissazione riesce bene, quando il primo mestruo è stato il iodico, e la prima fissazione si è fatta bene nello stes- so; è soverchio ripetere , che originariamente il preparato deve essere riuscito, cioè le emasie ben modificate. Col mestruo picrico o tannico la seconda fissazione avviene, ma ha degli inconvenienti di raggrinzamenti, deformità, precipi- tati speciali per cui non si hanno ordinariamente preparati sod- disfacenti ; discreti sono questi preparati solo quando la secon- da fissazione si fa col liquido di Milller. Affinchè i preparati estratti e fìssati in Lugol possano es- sere assoggettati alla seconda fissazione, la miscela che si racco- Atti Acc. Vol. XI, Serie 4" — Mcm. III. 4 26 L' esistenza del nucleo neW emasia adulta dei inanimi feri glie col covroggetti deve essere distesa su di un altro covrog- getti eguale, previamente posato per due terzi sul laterale di un portoggetti in modo, che riescirà più facile applicarvi obbliqua- mente il covroggetti col sangue sulla metà della supei'ficie del- l'altro e lasciarlo lentamente scorrere e combaciare coli' omoni- mo : così lo straterello della miscela resta tutto tvn i due covrog- getti, si fissa abbastanza sangue e la modificazione resta perfetta non perdendosi nulla del mestruo impiegato, per cui la sua azione continua e diventa più fissante; e dall'altra parte si evita la soverchia pressione che si fa, quando la miscela fuoresce in parte e s' infiltra tra la faccia interiore del covroggetti più basso ed il portoggetti. Dopo b, 10 o 15 minuti si prendono delicatamente i due covroggetti aventi la miscela noi mezzo col pollice ed in- dice della mano destra , non con pinzette die tanno facilmente fuoruscire parte dello straterello , sporcano i covroggetti , ecc. ; e prendendo dalla parte opposta colle stesse dita della mano sinistra, si ti'ae e fa scorrere una lastrina sull' altra ; ciò si ot- tiene con la massima facilità, a meno che lo straterello non si trovi in via di essiccamento ; e dopo , queste lastrine s' immer- gono capovolte (faccia collo strato di sangue in su) nel nuovo liquido fissatore, nel quale è meglio restarli per 20-24 ore. meno neir alcool assoluto o nella miscela di Nikiforoff, ove bastano due, ore ; si procede allo stesso modo quando la seconda fissazione si fa coll'esiccamento. Per ottenere buoni risultati dalla seconda fissazione , oltre la riuscita della modificazione di struttura nel momento dell' e- strazione nel mestruo iodo-iodurato , bisogna tener calcolo del tempo che decorre dal momento dell'estrazione e chiusura tra i due covroggetti, all' immersione di queste lastrine nel nuovo li- quido fissatore. Dopo varie prove fatte ho potuto stabilire , che il tempo più utile }ier 1' immersione dei preparati è dopo 5-10 ed anche 15 minuti, quando lo strato è sufficiente, da che sono stati nella primitiva miscela tra i due covroggetti; se l'ambien- te è molto umido, io li ho tenuti fino a mezz' ora. 8e le lastrine L' esiatenza del nucleo neW emasia adulta dei mammiferi 27 si immergono dopo iiu minuto, tempo necessario per fare 1' os- servazione microscopica onde assicurarsi della riuscita, (ciò che io ho fatto sempre) il sangue si fissa bene , ma in poca quantità , le sue cellule si deformano un poco ed in generale si svuotano del loro contenuto; se si fanno restar troppo, quando il dissec- camento comincia, allora vi è una certa difficoltà a far scorrere una lastrina sull' altra, vi è maltrattamento per la pressione che si deve impiegare nel far scivolare le due lastrine, ed infine per r incipiente essiccamento la struttura soffre, almeno non è così nitida e le colorazioni non riescono soddisfacenti. Restando però sempre di molto preferibile 1' estrazione del sangue nel mestruo iodico, anche nei preparati di sangue cavati nell'acido picrico e nel tannico si può adoperare la seconda fis- sazione, la quale riesce bene ed anche la colorazione nucleare è discreta; però i preparati cavati in questi mestrui, specialmente nel picrico, assoggettati al sublimato danno un precipitato gra- nuloso che intorbida il resto : nel liquido di Fol e di Flemming le emasie si alterano e disfanno specialmente quando il primo me- struo è stato il tannico : la seconda fissazione che dà risultati di- screti è solo quella che si fa come ho detto, nel liquido di Milller. I mezzi da me impiegati con cui si aggiunge alla fissità di struttura anche quella di sito delle emasie modificate dal liqui- do di Lugol sono : 1.1' essiccamento semplice e poi passaggio tre volte sulla fiamma : 2. l' alcool assoluto : 3. la. miscela di etere solforico ed alcool assoluto (Nildforoff') : 4. la soluzione ac- quosa di bicromato di potassa e solfato di soda (MUUer) : 5. quel- la della miscela osmio-cromo-acetica (Flemming): 6. l'altra osmio- cromo-acetica (Fol) : 7. il sublimato all' 1 f/o nella soluzione clo- ruro-sodica (Bizzozero). In tutti i sei liquidi immersi le lastrine, lo straterello di sangue e mesti'uo non mostrano alcun cambiamento di colore, meno nel sublimato ove diventano di un colorito rossigno , car- nicino, (formazione di biioduro di mercurio) che gradatamente scompare dopo qualche minuto. 28 L' esistenza del nucleo neW emasia adulfd dei mani mi feri I preparati semplicemente essiccati si passano tre volte sulla fiamma per renderli definitivamente fissi e resistenti verso Y ul- teriore trattamento colle soluzioni coloranti. Dal liquido Xikifo- roff' le lastrine si tolgono dopo due ore, e si fanno essiccare per servirsene, quando si vuole, per la colorazione. Dall'alcool assoluto si tolgono solo quando si devono colorare. Dagli altri quattro mestrui, dopo 20-24 ore di permanenza, si immei'gono in acqua distillata e dopo 10 minuti in altra acqua distillata in quantità notevole, ove si tengono 24 ore e potrebbero restarvi anche in- definitamente per coloi-arli quando si vuole; senonchè diventano migliori i preparati, conservandoli dopo 24 ore in alcool a 40°, per fare poi dei bagni di alcool più concentrato sino all'assoluto nel tempo della colorazione, come si dirà in seguito; cosi si fis- sano ancora dippiù, si evita-, ma non sempre, la formazione di muffe , ed il mestruo si allontana completamente, se ve ne era rimasto nel preparato. Tutti questi mezzi conservano e fissano definitivamente la struttura ed il sito delle emasie, le quali per essere allontanate, lian bisogno dello strofinio ripetuto sulla faccia ove sono ade- renti; permettono le colorazioni più svariate, e, come dirò in se- guito, le colorazioni resistono permanentemente in glicerina ed in taluni casi anche a secco nel balsamo. Il mezzo migliore è il sublimato, dopo viene il liquido di Fai e poi gli altri. Nei pri- mi, specialmente nel sublimato le emasie sono fissate nel modo più perfetto, le colorazioni nucleari sono caratteristiche e forti, e fatte colle dovute noi-me resistono perfettamente nel balsamo; soltanto la colorazione dell' emoglobina coli' cosina si fa debole e dopo molto più tempo che cogli altri mezzi; il colore acido di anilina dà però il vantaggio di decolorare in gran parte la de- bole colorazione dell'emoglobina fatta dal colore nucleare, e così risalta meglio il colore del nucleo, che è rispettato, come è rispet- tato anche dall'azione dell' alcool, e dall'acido cloridrico 1 : 600. L'esistenza del nucleo neW emasia adulta dei mammiferi "29 8. La nuova colorazione. Come si è detto in sopra: la colorazione del nucleo dell' e- masia è caratteristica, ma per lo più non abbastanza forte me- diante r aggiunta della glicerina colorata; oltreché col restare i pi-eparati in glicerina si attenua un poco il colore, specialmente se si tratta di colore di anilina. Si rimedia a ciò, facendo una seconda colorazione sui preparati già fissati nello stesso Liigol , dopo r aggiunta della glicerina, ovvero sui preparati assogget- tati alla seconda fissazione. Io ho adoperato la maggior parte delle sostanze coloranti conosciute , ed ho potuto ottenere colorazioni semplici e doppie caratteristiche, forti, molto più evidenti di quelle avute colla prima colorazione, e che poi restano permanenti. Tutte le sostanze coloranti ho adoperato in soluzione ac- quosa, a titolo debole, diversamente si colora troppo anche 1' e- moglobina. Le soluzioni acquose colorano rapidamente in 1 a- 2 minuti. Ho impiegato anche le soluzioni di sostanze coloranti, 3 a 4 o-occe in 25 cm. e. di soluzione osmica, 1 : 300, 1 : 600 , 1 : 2000, 1 : 5000. Esse riescono più eflacaci per la colorazione caratteri- stica del nucleo, il tono della colorazione è più forte ; però que- ste soluzioni precipitano dopo poche ore , o dopo pochi giorni (le più deboli) i colori di anilina, ed anche nei preparati si han- no a lamentare spesso dei granuli nerastri di precipitato. La ni- grosina fa eccezione, non precipitando nella soluzione osmica , neanco dopo mesi; e lo stesso succede per la miscela Biondi- Hei- denhain, la quale cambia soltanto il suo colorito verde-fulvo ni violaceo nella soluzione osmica. Tutte queste colorazioni così belle in glicerina , non restano nitide nell' essiccamento , succe- dendo allora una diffusione del colore a tutta 1' emasia , oltre ad un lieve annerimento grigiastro diffuso. Risultati migliori invece si ottengono coi colori formici, vuol 30 U esistenza del nucleo neW emmia adulta dei maynmiferi dire con tutte le specie di colori iincleari allungati in una so- luzione acquosa di acido formico , la quale non precipita nessun colore, meno la porporina, la quale si precipita anche se si met- te nell' acqua la sua soluzione glicerinata di Gì^enacher. Quasi tutti i colori conservano la propria tinta nella soluzione formica, meno la miscela B ioli di-Ile idenh a in che diventa violacea, l'ema- tossilina e la, cocciniglia che diventano di un rosso-giallo-bruno, come soluzione di vesuvina, e finalmente il carminio che diven- ta di un rosso-granato vivo (formio-carminio , formio-carminio boracico). Di tutto ciò si trovei-anno i dettagli nell' altra mia memoria sidl' infltienza dell' acido formico ììclìa tecnica della co- lorazione nucleare ecc. Devo però qui notare : 1. che questi li- quidi coloranti formici colorano tutti fortemente in modo elettivo il nucleo delle emasie e più fortemente di quello dei leucociti stessi ; anche 1' ematossilina e la cocciniglia danno al nucleo il proprio colore con tutto il cambiamento di colorito avvenuto nella miscela colla soluzione formica : 2. che la colorazione si fa. perfetta in un minuto : 3. che si può fare la doppia colora- zione : 4. che l'esistono bene sempre in glicerina e sovente an- che nel balsamo. La seconda colorazione fatta coi colori formici sui preparati, che hanno avuto soltanto la prima fissazione in Liigol e poi o-licerina, , riesce bene quando il titolo dell' acido formico è di 1 : 2000 ; se vi è quantità maggiore di acido formico le emasie soffrono sino alla dissoluzione completa. Quando invece si è fatta la seconda fissazione , le emasie resistono perfettamente al colore formico 1 : 600, sino all' 1 : 10 ; preferibile quella 1 : 600 perchè colora rapidamente (un minuto), fortemente ed in modo caratteristico il nucleo ; le soluzioni più forti di acido formico anche lo fanno , ma si colora tanto più r emoglobina, quanto più cresce la quantità di acido formico, in modo da aversi colorazione prevalentemente diffusa di tutto il contenuto dell' emasia, e ciò fa risaltare poco il nucleo. Se il ti- tolo dell' acido formico è più debole, si richiede più tempo per la L'esistenza del nucleo neW emasia adulta dei maiiììniferi 31 colorazione, e per lo più questa non arriva a quella forza, come pel colore formico 1 : GOO. Ed infine per avere colorazioni forti, nitide e quasi esclusive del nucleo, mentre 1' emoglobina resta scolorata o quasi, ho spe- rimentato molto utile aggiungere le poche gocce di colore formico sul covroggetti, (faccia collo strato di sangue), quando il prepa- rato è ancora coverto di glicerina o da alcool assoluto ; allora il colore formico, che allungandosi diminuisce anche il titolo del- l'acido, si può far restare sullo straterello di sangue 2 fino a 3 minuti e si hanno così preparati molto belli e nitidi. Ho speri- mentato anche questa colorazione sui preparati già conservati in glicerina e poi assoggettati all' alcool assoluto, praticando l' im- bibizione sul covroggetti ancora coverto di alcool assoluto, e rie- sce abbastanza bene : preteribile però, quando la colorazione for- mica si fa, su prepai'ati in glicerina ancora umidi della stessa , col colore formico 1 : 2000 ; il liquido colorante vi si può far re- stare anche 10 minuti e sovente si hanno colorazioni nucleari molto forti e nitide. Anche sui preparati che già hanno subito la seconda fissazione ho tentato farvi la colorazione formica 1:600, dopo aver immerso la faccia collo straterello in glicerina ed anche qui il risultato è favorevole ; resta però preferibile aggiungere la sostanza colorante suddetta sullo strato ancora bagnato di alcool ; allora dopo 1 a 2 minuti, s'intende sempre lavando dopo con acqua, s' hanno i preparati più istruttivi, per essere 1' emoglobi- na quasi incolore ed il nucleo fortemente colorato secondo la so- stanza colorante impiegata ; e quel che più monta, a preferenza con preparati così ottenuti si hanno buoni risultati con 1' essic- camento, e quindi i migliori preparati che resistono alla conser- vazione in balsamo ; questo è il fatto, che, nei preparati origina- riamente ben riusciti e fissati, si avvera quasi costantemente ed esclusivamente in quelli ancora coverti da alcool , il quale pro- babilmente agisce impedendo la colorazione dell' emoglobina e principalmente decolorando ed allontanando, quando si lava dopo coir acqua, il colore dell'emoglobina stessa e non del nucleo. 32 L' esistenza del mideo neW emasia adnlta dei ìi> animi feri 9. La struttura, volume, posizione e resistenza del nucleo dell' emasia. Adoperando ingrandimenti di 900 a 1000, nei preparati ben modificati e fissati, specialmente poi se la colorazione è riuscita pei-fetta, si può vedere e studiar bene la struttura del nucleo del- l' emasie. Nella fiducia che studii ulteriori vedano ancora meglio, posso pel momento esporre il risultato delle mie osservazioni. A questo scopo le apparenze più precise si hanno quando il prepa- rato è ancora in acqua, ovvero in glicerina : in balsamo 1' inti- ma struttura si apprezza meno, fondendosi quelle minime parti tra loro, anche adoperando il 18° ad immersione omogenea di Zciss; del resto allora anche in balsamo 1' intima struttura del nucleo s' intravede , almeno si conferma non trattarsi di una massa omogenea, ma un poco granulare. L' apparenza granulare della sostanza nucleare si apprezza bene in acqua o in glicerina, e rendesi molto più evidente quando si adoperano i colori for- mici. Questa sostanza granulosa che forma la massa nucleare, il carioplasma, è disposta nettamente a fili, come no]i solo si os- serva , quando il nucleo è spostato alla periferia e la sua parte libera é sfì-angiata, filare, come i tentacoli del polpo, ma anche quando il nucleo si osserva di faccia, notandosi allora sovente i prolungamenti radiati, ramificati della sostanza nucleare , o per dir meglio quelF apparenza dentellata, scontinua della periferia del nucleo per Y entrata dei fili acromatici del protoplasma. I fili della massa nucleare sono fatti da granuli che si colorano carat- teristicamente colla maggior parte dei coloii nucleari (sostanza cromatica, cromatina), ed allora sono separati appena da tracce di sostanza acromatica (linina); cogli studi ulteriori si potrà sta- bilire se questa sostanza che non si colora , appartenga ad una massa filare acromatica del nucleo , la quale intersega la filare cromatica, e darebbe perciò quei punti incolori nel luogo dello incrocio. Non si può apprezzare apparenza di nucleoli. Come si dirà in seguito, nei casi in cui il sangue si riforma con una certa i-apidità, il nucleo s' ingrossa o si trasforma in apparenze speciali, IJ esistenza del ìmdeo nelV emasia adulta dei mammiferi che probabilmente deioongono per l'attività germinale degli stessi; ed allora il carioplasma è cresciuto notevolmente , mostra più chiaramente la massa filare, talora con V apparenza gomitolare, e costantemente vi è coloi-azione molto più forte della sostanza cromatica, che nei nuclei ordinari allo stato di riposo. La massa nucleare così descritta, si apprezza a preferenza nei preparati di sangue cavato nel liquido iodo-iodurato ; allora il contorno non è reciso, ma sovente un pò dentellato, la figura rotondeggiante, ovalare o ellittica; per lo più non si apprezza una membrana. Invece le emasie cavate nell' acido picrico , o nel tannico a preferenza, mostrano ordinariamente il carioplasma più piccolo , come coartato, chiaramente contornato da una membranella che sovente nell'acido picrico fli ernia parziale atti-averso la mem- brana dell' emasia, e che non infrequentemente accompagna la massa nucleare contornandola completamente quando fuoresce dall'emasia, come succede spesso coli' acido tannico : con questo mestruo, che fa risaltare quasi sempre la membrana del nucleo, succede una specie di distendimento idropico della membrana stessa per cui si apprezza uno spazio omogeneo , incolore tra il carioplasma e la sua membrana. Neil' acido picrico, mai nel tan- nico, si ha talvolta occasione di notare dopo la colorazione, che la massa nucleare si continua con prolungamenti, più o meno tortuosi e ramificati lungo il guscio o membrana dell' emasia. E sebbene ciò apparisca a preferenza nei preparati che si essiccano e chiudono in balsamo, non si può dire che vada tutto sul conto di deformità e raggrinzamento dell' emasia , notandosi anche in emasie conservate i-otonde , specialmente se il preparato non si essicca e si osserva in acqua o glicerina. Questo fatto è anche confermato dagli stessi preparati cavati in Lìigol , specialmente quando il nucleo si vede di faccia nel centro dell' emasia ; ed appare anche manifestamente nei nuclei resi liberi con la loro membi'ana, quando si cava nel mestruo tannico, notandosi allora come la sostanza nucleare ben colorata manda dei pi'olunga- menti verso la propria membranella. Atti Acc- Vol. XI, Seeie 4=- — Meni. III. 5 34 L'esistenza del nucleo neW emasiu adulta dei mammiferi Il diverso modo di apparire del nucleo verso il protoplasma, secondo che il mestruo impiegato dirada meno o più il contenuto dell' emasia , da farlo apparire ben circoscritto se 1' emoglobina è intatta o quasi (mestruo iodo-iodurato a preferenza) , ovvero con prolungamenti filari con cui il carioplasma si mette in rap- porto col protoplasma (mestruo picrico), o con coartazione della massa nucleare che si contorna di una membranella molto evi- dente (mestruo tannico) , indubitatamente è il risultato dell' a- zione speciale dei mestrui principalmente sul contenuto cellu- lare : se il paraplasma (emoglobina) si dirada poco o nulla, può non risaltare il nucleo, ma può essei-e un poco scoverto, ed allora è perfettamente circoscritto, e non appariscono né prolun- gamenti filari di connessione col corpo cellulare, nò la memlìra- na ; se 1' emoglobina è più attaccata , frammentata e disciolta , risalta 1' impalcatura filare del protoplasma, ed i prolungamenti di connessione della sostanza filare dello stesso con quella del carioplasma (nucleo); se infine vi è dissoluzione anche della so- stanza filare del protoplasma, come in modo speciale lo fa la so- luzione tannica , per cui il contenuto si dirada moltissimo , ma appare perfettamente omogeneo , si giustifica allora non solo il risalto della massa nucleare, ma i due fatti importanti, 1' appa- renza di una membrana nucleare e quello spazio vuoto tra que- sta e il carioplasma; resiste soltanto a questa dissoluzione quella parte più stipata delle fibrille protoplasmatiche che è addensata attorno alla massa nucleare, e ne' risulta perciò quell'apparenza netta di membrana, la quale nel nostro caso per essere acroma- tica, giustifica di più questo modo artificiale di genesi : invece sono disciolte in gran parte tutte quelle fibrille acromatiche che nelle condizioni naturali di struttura, passando attraverso quello strato ispessito del protoplasma, vanno a connettersi coi cromo- somi, per collegare questi alla sfera attrattiva ; e quindi risalta quello spazio notevole, che è anche artificiale, tra 1' apparente membrana del nucleo e la massa nucleare, che appare perciò cir- coscritta l'ecisamente ed impicciolita. Io non posso qui discutere U esistenza del nucleo nell' ernasìa adulta dei maiiuniferi 35 estesamente sulla storia di questa quistione , in cai gli osserva- tori più autorevoli hanno interpretato 1' esistenza della membrana nucleare in modo opposto ; ma devo ricordare , che per le ricer- che di Retzius e tanti altri osservatori fu stabilito che esistono interruzioni del margine nucleare pel passaggio delle sudette fi- brille di connessione : quando il Fol schiacciando le uova di aste- ria che hanno il nucleo limitato da un'evidente membrana, do- po averle fatte fuoruscire dall' ovaio con la pressione, ed i fì-am- menti liberi di questa sostanza nucleare apparivano ancora limi- tati da una membranella , sono obbligato a seguire , anche pel nucleo dell' emasia, l' opinione che una vera membrana nucleare, in generale ammessa da Flemmmg , negata da Strasburger ed altri, non esiste, e che bisogna ritornare all' apprezzamento fatto pel primo da Kupjfer fn\ dal 1875. Ed i risultati da me ottenuti col tannino sull' emasia viva, pel fatto che sciolgono con molta evidenza tutta la sostanza fi- lare del protoplasma, anche la parte che entra nella massa nu- cleare, rispettando solo lo strato acromatico limitante col cario- plasma , illustiuno sempre più la genesi protoplasmatica dell'ap- parente membrana nucleare. Il volume del nucleo, quando il preparato non è guasto dal reagente è press' a poco lo stesso in tutte le emasie, e resta im- mutato se r emasia si ingrossa , rigonfiata dai reagenti acidi , quando si fanno agire un po' soverchiamente sulle emasie fissate nella modificazione subita, p. e. dal sublimato, ecc. Neil' uomo sano, il nucleo dell' emasia, come si è detto, mi- sura (cavato nel liquido di Lugol) poco meno di un micromilli- metro ( /^ 7io ) f^i diametro , mentre 1' emasia ne misura quasi 5 La posizione del nucleo dell' emasia dei mammiferi é eccen- trica, anzi parietale: esso è talmente spinto verso la membrana dell' emasia, che vi sembra concresciuto, come si apprezza chia- ramente quando il globulo rosso è nella posizione che il nucleo sta di lato : e le stesse emasie che lo mostrano nel mezzo, se ro- 36 L' e.siistenza del nucleo nell' tinas'ui adulta dei iiiamniìferi tolano sul lato, come spesso appare sotto il campo del microsco- pio, specialmente in primo tempo quando non vi è ancora molta fissità, il nucleo che appariva nel centro del globulo, appare con- cresciuto con la membrana , anzi talora appare come se stasse attaccato all'estei'no della membrana, cavalcandola. Naturalmente questo eccesso di posizione eccentrica, iion solo periglobulare, ma perfino paraglobulare è accentua.ta dal ligonfiamento globoso del- l' emasia operatasi nel mestruo. Questo eccesso di posizione ec- centrica è confermato dal fatto che quando le emasie sono modi- ficate poco, ma tanto da apprezzarsi il nucleo , questo l'esta al- lora dentro il globulo, sebbene abbia sempre la posizione parie- tale, come nelle altre cellule ripiene e rigonfiate da un conte- nuto speciale, come le adipose, e come patologicame:ite si avvera in tanti riempimenti od infiltramenti degenerativi endocellulari. La 'resistenza del nucleo dell' emasia in confronto del nucleo degli altri elementi cellulari è mijiore vei'so 1' acqua distillata, la quale rapidamente lo scioglie, quando 1' emasia si cava dal vivo; anche nell' emasia morta la distruzione del suo nucleo avviene rajoidamente , quando Jion è stata fissata ; se si fa la fissazione resiste definitivamente. Ciò probabilmente trova la sua ragione nell' altro fatto, che cioè il protoplasma dell' emasia si distrugge e dissolve con la stessa, anzi maggiore rapidità del nucleo ; infatti , se il liquido di Lugol, p. e. aumenta di acqua , si dissolve il contenuto del corpuscolo rosso, ma prima 1' emoglobina, trovandosi spesso nelle ombre niente emoglobina, ma non infrequentemente il nucleo o suoi residui; e perfino cavando il sangue nella stessa acqua di- stillata, immediatamente l'emoglobina si dissolve e si perde nel plasma, mentre sovente si possono negli scheletri cruorici. trovai'e residui granulari dei nuclei e talora nuclei non ancora alteiuti. Vuol dire, che nelle cellule rosse del sangue la sostanza al- buminoidea che costituisce il contenuto si discioglie rapidamente neir acqua, ed anche la massa nucleare dello stesso ha la stessa proprietà chimica, a differenza di ciò che succede nelle cellule L' epistema del nucleo neW emacia adulta dei mammiferi 37 degli altri tessuti, sia pel protoplasma cellulare, che pel nuclea- re ; e questo favorisce 1' opinione, la quale del resto si fonda su osservazioni positive dello sviluppo, che il nucleo non è altro che un pezzo di proioplcisma metamorfizzato in quanto che t/li elementi costitutivi si sono disposti secondo ima foggia diversa da quella in cui si trovavano fino a quaiulo tale parte di protoplasma non era ancora differenziata {Schenk); in altri termini la rapida so- lubilità neir acqua si può considerare come qualità ereditaria pel nucleo dell' emasia. Rimpetto poi ai mestrui in cui si cava il sangue, e special- mente al liquido iodo-iodurato, si osserva costantemente il fatto importante, che nel sangue dell' uomo sano, se il liquido di Lugol è perfetto ed il sangue si cava con tutte le norme , le emasie sono ben modificate e tutte egualmente, in modo che 1' emoglo- bina appare tutta e quasi omogenea, ed il nucleo risalta nel modo più perfetto. Negli stati morbosi, specialmente oligoemici, massi- me quando vi è poichilocitosi, con lo stesso liquido sperimentato perfetto e conservando le dovute norme , si ha che una buona parte delle emasie, e sono le più grosse, mostrano facile dissolu- zione dell' emoglobina, e perciò in queste il nucleo appare meglio, mentre nelle emasie più piccole gradatamente cresce la resistenza dell' emoglobina che talvolta non risente neanco l'azione del rea- gente e maschera il nucleo. Ciò è comprovato dagli esperimenti sugli animali resi oligoemici col salasso e principalmente coll'av- velenamento pirogallico, quando le emasie grosse, che sono le vec- chie l'esiduali , risentono molto 1' azione dissolvente dello stesso liquido di Liigol, mentre le emasie di grandezza media e special- mente le piccole resistono molto, sino all' apparire immutate col nucleo, che appena traspare nell' emoglobina omogenea. E la con- ferma ultima di ciò si ha nel sangue del cadavere, che quando appare ancoi'a ben conservato, estratto nel Lugol^ come si è detto, mostra tra le emasie ordinarie tutte diventate ombre , soltanto dei microciti , i quali resistono colla loro emoglobina e nucleo. In modo che, a parte il fatto già assodato, che le emasie embrio- 38 L' esistenza del nucleo neW emasia adulta dei mammiferi nali nucleate sono più grosse dell' emasia circolante da meritarsi il nome di gigantoblasti : e 1' altro della presenza nel sangue di megalobìasti nelle anemie perniciose per anormale ematopoiesi del midollo delle ossa (MUller), io sono inclinato a ritornare all'opi- niune già ritenuta universalmente pel passato (Ilayem), che cioè delle emasie circolanti nel sangue normale, le più grosse sono le più vecchie: se in queste alcuni hanno osservato il nucleo ben più contornato ed evidente, che nelle emasie meno grosse e nei microciti, ciò avrà dovuto dipendere dal fatto, che la loro emo- globina meno resistente, più fàcilmente è stata diradata dai rea- genti impiegati, (acido acetico — Mondino) e da ciò la più facile constatazione del nucleo. Col liquido di Lugol adoperato con tutte le norme, si ha negli stati oligoemici , che i globuli più grossi hanno i nuclei più piccoli , non solo relativamente ma anche assolutamente, dei microciti; oltreché la colorazione nucleare in questi ultimi riesce molto più forte: né poi si potrebbe compren- dere , come nelle oligoemie la maggior parte dei globuli rossi, avendo il volume di m acrociti, l'appresentasse la parte di emasie giovani, mentre i microciti in numero immensamente minore rappresenterebbero le emasie più vecchie: questi individui avi-eb- bero il sangue nella più rapida rigenerazione e ricostituzione, ciò che è contro il fatto, non solo per la lentezza riparatrice nei casi favorevoli, ma per il decorso frequentemente progressivo e fatale dell'anemia. In conclusione resistono più le emasie giovani che le vecchie , tanto nella loro emoglobina che nel nucleo , ai reagenti che si adoperano, e quindi molto più le emasie piccole, che quelle di un volume maggiore sino alle più grosse, le quali sono le più decrepite ed hanno una resistenza minima , e già sono vicine , come è risaputo , alla dissoluzione spontanea nello stesso organismo vivente nelle condizioni più fisiologiche. Dai caratteri esposti del nucleo dell' emasia dei mammiferi si mette nei giusti termini quella che si è sostenuta ragione di inganno da Bizzozero e dalla maggioranza degli osservatori, che cioè, neir esame dei corpuscoli rossi dei mammiferi, l' apparenza JJ esistenza del nucleo nelV emasia adulta dei mammiferi 39 del centro del disco, abbassando o alzando leggermente il tubo del microscopio, apparisce chiaro o oscui-o, comportandosi in senso contrario gli orli ; tutto questo è un fatto , e potrebbe indurre , come ha realmente indotto parecchi nell' errore che quel centro fosse il nucleo , ed anche questa seconda conclusione si poggia su di un fatto positivo. Invece non si può far più passare 1' al- tra conclusione , che diventa puramente subbiettiva, che cioè i globuli rossi invece sono sprovvisti di nucleo ; non è quel centro il nucleo, ma questo esiste; ed a me pare soverchio far risaltare, che coi nuovi metodi di ricerca, in tutte le osservazioni non bi- sogna confondere il nucleo coli' infossamento centrale dell' emasia. Già estraendo il sangue nei mestrui notati l' emasia non ha più la forma di mi disco biconcavo, diventa globosa, e così si toglie la }-agione dell' inganno, anche osservando di fronte il globulo ; ma poi il nucleo è quasi sempre eccentrico , recisamente circo- scritto , con apparente membrana e persiste con gii stessi ca- ratteri girando la vite micrometrica ; perfino coesiste coli' in- fossamento centrale quando l' emasia è pochissimo modificata e rigonfia , mettendosi allora in rilievo mediante le colorazioni nucleari, che elettivamente si fanno sulla sostanza nucleare. 10. Residui emoglobinici e vacuoh. Devo dire poche parole a proposito dei residui emoglobinici e dei vacuoli nelle emasie estratte viventi in mestrui speciali , pei'chè nei primi tempi di queste mie ricerche mi si presentarono come obbiezioni da chi osservava i miei preparati. Occorre spesso quando il sangue si cava nella soluzione di acido picrico trovare una parte più o meno estesa dell' emoglo- bina scomparsa , mentre ve ne è un residuo immutato o quasi neir emasia : che quando questo residuo è minimo, mentisce un nucleo polare. Ci si può però facilmente convincere che non è quello il nucleo, ma è emoglobina residuale non attaccata dal mestruo : il nucleo sovente si distingue entro questa massa resi- 40 L'esistenza del nucleo nell'emazia adulta dei mammiferi duale, oltreché per la colorazione nucleare che esso solo subisce in quella massa quando si fa la colorazione, anche senza la co- lorazione stessa , avendo non solo la forma circoscritta e spesso la membrana, ma anche un colorito l)iancastro splendente, che diventa verdognolo movendo la vite micrometrica; mentre il re- siduo emoglobinico è opaco e colorato in giallo dall'acido picrico. Inoltre i residui emogiobinici sono sempre concresciuti alla parete dell' emasia colla loro parte periferica, mentre la centrale è costantemente segnata da una linea retta o spezzata, in modo che sovente il residuo emoglobinico ha la forma di un settore di cerchio. Devo aggiungere che l'apparenza dei residui in parola si ha frequentemente anche senza cavare il sangue nell' acido picrico, ma invece nel Lngol, nella soluzione osmica e perfino senza mestrui , nei casi di rapida dissoluzione di emasie nel vivente per opera di certi veleni , tra cui primeggia 1' acido pirogallico. I residui emogiobinici, che sono qualche cosa di diverso dalla frammentazione dell' emoglobina e dall' emoglobinolisi, di cui in seguito, riconoscono la loro origine probabilmente dal fatto, die quella parte residuale è la più resistente del contenuto cel- lulare per cui non è attaccato e disciolto così rapidamente dal i-eagente o dal veleno ; e la maggiore tenacità di quel pezzo di emoglobina deve con probabilità mettersi sul conto della sua vicinanza al nucleo, attorno a cui dovrebbe essere meglio fissata e sostenuta per i rapporti di continuità della massa filare acro- matica del protoplasma entro la massa cromatica del nucleo. Il fatto che fi-equentemente in questi residui emogiobinici si trova come centro il nucleo dell' emasia, come chiaramente si ha nei preparati cavati nella soluzione picrica, fa propendere per questa interpretazione. Per ciò che riguarda 1' apparenza di vacuoli nell' emasia, in cui, mi si obl^iettava da alcuni, si raccoglie la sostanza colorante, specialmente la glicerina colorata, ci vuol ben poca pratica al microscopio per non cadere in questo inganno , anche coi soli caratteri fisici che sono ben diversi quando si tratta di un noe- L'esistenza del nucleo neW emasia odnlfa dei ìnammiferi 41 ciolo di sostanza , ovvero di una piccola cavità vuota. Perchè poi dovrebbe restare quella colorazione col ripetuto lavaggio? Dall' aitila parte l' apparenza di vacuoli solo i-aramente si ha nell' emasie cavate nei mestrui usati : a preferenza si osservano talora nelle profonde oligoemie con poichilocitosi ; ma allora, ac- canto a questi vacuoli, perfettamente incolori, si notano i nuclei con tutti i loro caratteri positivi e perfettamente colorati. La stessa apparenza presentano quei vacuoli, sovente multipli , che tanto spesso si osservano nelle emasie del sangue estratto senza mestrui, fatto essiccare e fissare poi sulla lampada, o coli' alcool assoluto, o sublimato ecc. Grià questi risultati da me ottenuti in rapporto alla possibile presenza di vacuoli, si trovano confermati dalle ricerche di altri, {Schultze, Banvier, Ditjardm), i quali dimostrammo essere facile la loro presenza quando il sangue si essicca lentamente , mentre quando si essicca rapidamente ad alta tempei^atura , ( Welcker) , il globulo, in certe zone più estei'ne del campo di azione del ca- lore, si conserva perfetto e di apparenza omogenea , non inter- rotta. L' alta temperatura applicata direttamente fa 1' effetto op- posto alla temperatura molto bassa, la quale dà emoglobinolisi completa e formazione di ombre (EoUet) : la temperatura ordi- naria messa in modo lento essicca, Bssa, ma in qualche punto il paxaplasma e protoplasma si alterano, si forma una bollicina che scoppia , e così pare che si formino questi vacuoli , i quali sono prodotti artificiali nel sangue normale, e che soltanto si possono trovare natm-almonte per alterazioni patologiche del sangue. In fine come si potrebbe comprendere che i vacuoli com- pariscono sempre della stessa foggia, sito, grandezza con i me- strui , e che invece non si vedono nel sangue fresco estratto semplicemente ; se quello , che ha i caratteri del nucleo fosse un vacuolo , con più l'agione si dovrebbe vedere ed a,pprezzare neir emasia quando si trova nel proprio plasma, e dovi-ebbe ap- prezzarsi anche nel sangue circolante, ciò che è conti'o il fatto. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4» — Meni. III. 6 42 L'esistenza del nucleo nelU emasìa adulta dei mammiferi 11. Emoglobinolisi e cariolisi. Lo sgregamento dell' emoglobina sino alla dissoluzione com- pleta e scomparsa dall'interno dell' emasia, si mostra a gradi diversi, come si è detto, quando il sangue si cava in mestrui speciali : nel grado più iniziale 1' emoglobina appare ancora omo- genea, appena diradata, ma tanto da far spesso scovrire il nucleo, o almeno da farlo trasparire pei' una colorazione speciale e più forte coi colori nucleari : un poco più spinta l'azione del mestruo, r emoglobina sta tutta al suo posto ed appare appena finamente granulare ; allora il nucleo risalta nel modo più preciso , anche senza colorazione : un terzo grado mostra 1' emoglobina netta- mente granulosa , ma a granuli compatti ed il nucleo spicca quasi sempre : un quarto grado è quello in cui l' emoglobina è come frammentata a granuli più grossi, staccati tra loro, proba- bilmente perchè una parte ne è disciolta ed emessa dall'emasia; in questa sj)ecie di grossa frammentazione più spesso il nucleo è fi-ammentato o non appare, infrequentemente è integro ; in un quinto grado 1' emasia è in gi-an parte vuota con pochi fram- menti di emoglobina e col nucleo, quando ancora si rinviene, o impicciolito, o frammentato anch'esso in modo granulare; nell'ul- timo grado si mosti'a l'emasia completamente vuota allo stato di ombra, ed alla parete dello scheletro del globulo si può trovare il residuo del nucleo ; questa è 1' emoglobinolisi artificiale, ed è dovuta principalmente ad un eccesso dell' acqua, sia nel reagente stesso, sia per la soverchia quantità di sangue estratto, per cui la parte sierosa cresce la quantità di acqua del reagente che si impiega. Occorre però anche coi mestrui più perfetti e con la giusta quantità di sangue estratto riscontrare emoglobinolisi in parec- chie emasie sino all' apparenza di ombre, e ciò anche nel sangue dell'animale più sano. Sono a preferenza le emasie più grosse che mostrano questa dissoluzione, raramente quelle di media gran- L'esistenza del nucleo neW emacia adulta dei mainmiferi 43 clezza, mai le emasie piccole, nei preparati ben riusciti col li- quido ioclo-iod arato : allora si vede che le emasie grosse mostrano sovente frammentazione granulare dell' emoglobina ed il nucleo vi appare, o è anch' esso frammentato, sino ad avere di quelle in cui r emoglobina è scomparsa ed il nucleo più o meno im- picciolito e talora scomparso anch' esso : invece la maggior parte dei globuli rossi che hanno la grandezza media mostrano o la emoglobina omogenea, o leggermente granosa, e sempre il nucleo vi appare nettamente: le emasie più piccole hanno sempre l'emo- globina omogenea, immutata, il nucleo vi si scorge spesso , ma talora non si può apprezzare. Questi fatti sono relativi alla di- versa resistenza del contenuto emogiobinico nelle varie emasie dello stesso sangue verso il mestruo, per cui il nucleo si scovre più facilmente nelle grosse emasie, ma più facilmente si dissolve, mentre nei microciti appare più difficilmente, ma quando risalta è più resistente : la modificazione più perfetta permanente av- viene nelle emasie di media grandezza. Tutto ciò è confermato dal fatto che aumentando la sostanza speciale del mestruo , co- me p. es. il lodo, r emoglobina è conservata intatta anche nelle emasie più grosse, il nucleo in generale non appare, meno nei globuli più grossi ove non infrequentemente risalta. Se per con- trario si aumenta per poco la quantità di acqua nel reagente , in generale vi è emoglobinolisi e cariolisi completa (formazione abbondante di ombre) e solo le emasie minori resistono, conte- nendo l'emoglobina più o meno sgregata, e bellamente vi appare il nucleo. È appunto la maggiore o minore resistenza dell' emo- globina al reagente che permette meno, o più facilmente la com- parsa del nucleo che essa nasconde; e con ciò si spiega, come ho detto a proposito della resistenza del nucleo, 1' equivoco incorso da qualche diligente osservatore, che ha creduto le emasie più grosse essere più giovani perchè più facilmente mostrano il nucleo in certi reagenti, ove 1' emoglobina è alla sua volta diradata; se così fosse, oltre le ragioni dette, aumentando l' acqua nel rea- gente quando si estrae il sangue dal vivo, 1' acqua che è il me- 44 L' esistenza del nucleo neW eìiiasiu adulta dei naiininiferi struo più dissolvente delle emasie, e che dopo averle distrutte quasi tutte comincia, a sgregare 1' emoglobina dei microciti, non dovrebbe in questi far apparire il nucleo ; ciò che è contro il fatto, vedendosi allora i nuclei dei microciti precisi, grossi e co- lorabili nel modo più perfetto coi colori nucleari. Dei mestrui migliori il iodico ed il picrico danno non in- frequentemente l'emoglobinolisi artificiale nelle apparenze sudde- scritte; il tannico dà invece ima emoglobinolisi insensibile , nel senso che 1' emoglobina si attenua, si dirada, resta sempre omo- genea, tacendo jjerò risaltare bene il nucleo e la sua membrana. Oltre l'emoglobinolisi artificiale vi è quella spontanea , ìut- turale, che si ha dopo la morte. L' emoglobinolisi cadaverica si compie gradatamente ed in rapporto all' artificiale molto lenta- mente, per cui non si ha frammentazione, ma solo lenta, insensi- bile dissoluzione sino alla formazione di ombre : come si è detto indietro, quando le emasie del cadavere sembrano dopo 24 ore contenei'c quasi intatta la loro emoglobina , se si cava nel me- struo migliore, diventano ombre perfette, accrescendo di molto il numero di quelle che già si mostravano nel preparato di san- gue cavato senza alcun mestruo: solo le emasie più piccole resi- stono al mestruo, diradano o sgregano la loro emoglobina, tanto da far spesso apparire in essa il nucleo, Di un notevole interesse è l' emoglobinolisi morbosa , sia quella che si ha nei processi patologici del sangue, specialmente nelle oligoemie, sia quella che si ottiene sperimentalmente , at- taccando il corpuscolo rosso con veleni speciali, come in parti- colar modo lo fa il pirogallolo. L' emoglobinolisi morbosa, sicco- me è relativamente lenta, appare come semplice attenuamiento dell' emoglobina se il sangue si cava senza mestruo; col mestruo invece si dissolve rapidamente restando 1' ombra, o si fiummen- ta; e ciò fa un evidente contrasto col sangue di un individuo sano cavato coll'identico mestruo nello stesso tempo, essendo l'e- moglobina rispettata abbastanza nel sano. Ma se nelle oligoemie la maggior parte delle emasie resistono poco, si osserva il fatto L' esisteìiza del nucleo neW emasia adulta dei mamiaiferi 45 contrario nelle emasie più piccole che ordinariamente vi abbon- dano, le quali resistono bene al reagente e si modificano in un modo perfetto facendo risaltare nel modo più preciso il nucleo. Infine l'emoglob inolisi sperimentale è anche molto istruttiva: essa si produce con una relativa rapidità, cominciando già, mez- z' ora dopo che all' animale si è propinato 1' acido pirogallico. La rapidità con cui è attaccata 1' emoglobina spiega perchè fin dalla prima ora estraendo anche il sangue senza mestruo, o nel- la stessa soluzione osmica, o cloruro-sodica, si hanno le diverse apparenze dell' emogiobinolisi , come pure spesso si notano ema- sie -con residui emogiobinici e le ombre perfette : è soverchio qui lipetere che le frammentazioni, i residui emogiobinici e le om- bre aumentano straordinariamente nelle ore successive per rag- giungei-e il massimo tra il primo e secondo giorno; devo però notare il fatto interessante, che l'emoglobinolisi è costantemente più pronunziata nelle emasie grosse e medie , essendo le minori attaccate meno o affatto. Se il sangue di questi animali si cava nel liquido iodo-iodui-ato si conférma la profonda alterazione del- l' emoglobina , e ciò è istruttivo principalmente nelle prime ore dell' avvelenamento, quando senza mestruo le emasie appaiono in generale rispettate, mentre cavate nel suddetto mestruo mostrano la maggior parte frammentazione granosa dell' emoglobina , ov- vero r apparenza di ombre; anche qui si può confermare che le poche emasie, le quali hanno un volume minore, resistono bene anche all' azione del mestruo. Pari passo coli' emogiobinolisi va io sgregamento e dissolu- zione del nucleo dell' emasia , e già ne ho dato la spiega della ereditarietà , come la più plausibile. Ma siccome il nucleo pei- essere una parte del protoplasma coartato e metamorfosato, deve essere più resistente, si comprende l'altro fatto che 1' emogiobi- nolisi precede sempre, ed è più intensa della cariolisi, la quale, quando la prima è iniziale , non appare affatto ; è questo il grande vantaggio che si ricava dai mestrui appropriati in cui si 46 L' esistenza del nucleo mW enunsia adulta dei mammiferi cava il sangue per scovrire il nucleo; allora, nella buona riuscita del preparato, vi è iniziale emoglobinolisi, ma niente cariolisi. La cariolisi può essere artificiale per la stessa ragione di ec- cesso di acqua nel uaestruo, sino alla dissoluzione e scomparsa totale del nucleo. Eicordo appena ciò che ho detto nelle memo- rie precedenti, che vi sono diverse gradazioni di questa cariolisi artificiale, per cui il consumo più o meno spinto dei nuclei del- le varie emasie li fa apparire, nei preparati non egualmente e "bene modificati , di un volume diverso sino a piccolissimi da sembrare granuli polari , forse il nvcleolo , come sovente si ha neir emoglobinolisi completa, cioè nella apparenza di omlire;. era questa la risposta, che io davo fin da due anni a coloro che fa- cevano r obbiezione apparentemente giusta, che la disuguaglian- za di quel nocciuolo infirmava e metteva il dubbio sulla natura nucleare. Non sempre però la cariolisi artificiale si presenta come di- minuzione graduale del nucleo : altre volte , quando è minimo r eccesso di acqua nel mestruo, vi è 1' apparenza dello sgrega- mento, nel senso che la sostanza nucleare si fi-amnaenta in gra- nuli (quattro, sei ed anche più), raggruppati nel posto del nu- cleo stesso e perfettamente distinguibili dai granuli di frammen- tazione dell' emoglobina, perchè sono più grossi di volume ordi- nariamente, hanno le stesse qualità fisiche di ritì-azione e di co- lore del nucleo; e quel che più importa essi soltanto hanno quel- r nfiinità speciale per i colori nucleari, mentre la colorazione nei frammenti di emoglobina, se si fa, è molto minore e di aspetto torbido. Soltanto se la dissoluzione artificiale dell' emasia è più forte e precoce, i granuli di frammentazione nucleare possono tro^•arsi sparpagliati, come i soli residuali neirinterno dello sche- letro del globulo rosso. Lia, cariolisi artificiaìe così dimostrata, ed ottenibile quando si vuole, mentre conferma apparenze simili ottenute da tanti diligenti osservatori, di cui mi piace ricordare specialmente due italiani, Foà e Mondino, fa dare il valore reale alle apparenze L' esistenza del nucleo neW emasia adulta dei mammiferi 47 stesse; si tratta cioè della cariolisi artificiale del nucleo realmen- te esistente, cagionata dai reagenti impiegati (bleu di metilene e poi acido cromico al 0,20 per % Foà, soluzione di acido ace- tico, Mondino) e non già di residui del nucleo una volta esi- stito neir emasia. E siccome ho dimostrato che le emasie più grosse del sangue circolante nei mammiferi sotEi-ono prima delle altre l' emoglo- binolisi e la cariolisi, essendo le meno resistenti, e quindi come si dimostra ancora per altri fatti, le più vecchie , così si spiega perchè il Mondino abbia interpetrato il fatto eccezionale , nel sangue normale, di alcune emasie, le più grosse, in cui si può scovrire ancora qualche granulo tingibile, e la conferma di ciò nel salasso ripetuto in cui le emasie più grosse mostrano fre- quentemente una quantità più o meno notevole di questi gra- nuli coi caratteri della sostanza cromatica del nucleo : dai fatti esposti emerge invece, che i globuli più grossi nel sangue nor- male soffrono prima degli altri il loro disgregamento intimo e questa poca i-esistenza si ha eziandio nella maggiore parte delle emasie, meno nelle piccole, dietro il salasso ; che se si cresce la dose della sostanza fissante non si ha alcun disgregamento in- timo dell' emasia anche la più grossa, ed allora niente granuli tingibili, niente nucleo; se la composizione del mestruo è esatta, i nuclei si notano in ogni emasia in modo perfetto; se per poco cresce il solvente, restano i nuclei evidenti nella maggior parte dei globuli, solo nei più grossi vi sono sovente granuli residuali del nucleo , e lo stesso si avvera in tutte le emasie se 1' acqua cresce; fino alla scomparsa completa anche dei granuli tingibili (ombre perfette). Non è quindi 1' emasia grossa che esclusiva- mente può mostrare qualche gi-anulo tingibile , ma questo è soltanto un fatto artificiale , risultato dall' azione dei reagenti, ovvero è fatto dallo stesso siero del sangue quando 1' emasia muore (nel sangue estratto); se l' azione dissolvente del reagente si spinge, di granuli tingibili ne mostrano ed in copia maggiore le emasie di un diametro minore : ed è perciò che non si può 48 L'esistenza del nucleo neW emasia adulta dei mammiferi ammettere 1' opinione suddetta , che le emasie più grosse nel sangue normale, ovvero le ordinarie dopo il salasso sieno le più aiovani, avendo o aumentando i residui nucleari; invece quel fatto artificiale depone per la minore resistenza di quelle emasie, ed insieme con le altre ragioni addotte depone per la vecchiaia delle emasie in parola. Basta aver dimostrato 1' esistenza del nucleo anche nelle emasie meno grosse, ove è più perfetto , per togliere il fondamento principale all'opinione in discorso; perchè allora, queste emasie non si possono considerare le più vecchie per la mancanza di quel nucleo che si è supposto scomparso per involuzione, invece il nucleo esistente soltanto non appare essendo più resistente la struttura, che lo vela, contro i reagenti. Sperimentalmente la cariolisi si ottiene nelle emasie costan- temente nei primi tre giorni dell' avvelenamento pirogallico ; e qui devo far notare il fatto apparentemente contradittorio , che r emasia del cane che è molto più resistente di quella dello stesso uomo , soffre per contrario più facilmente e precocemente di quella del coniglio la cariolisi per 1' azione venefica del piro- gallolo; nel ca-ne il 20 centigr. per Kilo di peso avvelenano for- temente e danno costantemente l'enorme distruzione delle ema- sie sino ai Vó per emoglobinolisi e cariolisi, mentre nel coniglio, anche che si procura l'avvelenamento forte col triplo della dose, il processo regressivo delle emasie è molto minore , e bisogna ripetere per due o tre giorni la stessa dose perchè si possano no- tare anche fatti imponenti di emoglobinolisi e cariolisi. Ciò senza dubbio va sul conto dei poteri che ha il coniglio di sopportare e neutralizzare anche forti dosi del veleno pirogallico : quindi non è che la sua emasia fosse più resistente contro il pirogal- lico , ma sono gli organi speciali , specialmente il fegato , che neutralizzano notevolmente l' azione dell' acido pirogallico. Que- sta cariolisi sperimentale dilficilmente si sorprende in quella fase in cui i granuli della massa nucleare fi-ammentata sono ancora aggruppati; per lo più i granuli sono sparsi verso il guscio re- siduale dell' emasia , che anche esso è più o meno raggrinzato , L'esistenza del nucleo neW emasia adulta dei mammiferi 49 deforme; i granuli residuali della massa nucleare rappresentano sovente il solo contenuto e sono attaccati a preferenza alla pe- riferia dell' ombra , quando questa si conserva rotondeggiante , ovvero annidati nelle sinuosità della membrana deformata. Si conferma essere fì-ammenti della sostanza nucleare per gli stessi caratteri fisici e chimici notati , però lìisogna dire che allora la colorazione, sebbene caratteristica, è mi poco più debole del- l' ordinaria, pel pi'ocesso regressivo, come si jjuò fare il paragone sotto lo stesso campo visivo coi nuclei che sono ancora inalterati. Noterò in seguito i caratteri differenziali della cariolisi dalla probabile cariocinesi dell' emasia: devo però fin d'ora far rilevare che , anche seguendo le diverse fasi di questa divisione frammentaria del nucleo si può seguire il disfacimento progres- sivo, ulteriore sino alla dissoluzione completa- ( ombre perfette ), per cui si acquista anche per questo fatto la convinzione trat- tarsi di un processo regressivo (cariolitico), non progressivo. Anche nei processi moi'bosi , che finalmente si mostrano come oligoemie , come anemie progressive, meno i microciti , le altre emasie quanto più grosse sono, più mostrano la tendenza alla cariolisi spontonea, la quale si accentua molto di più se il san- gue si estrae in mestrui speciali; e ciò conferma la debolezza ed il disordine iiitimo del ricambio materiale di questi elementi, per cui la grande loro caducità e la poca tendenza alla riparazione del sangue. Invece anche nelle anemie generali profonde, quando vi è rigenerazione del sangue, come si conferma sperimentalmente coi ripetuti salassi e collo stesso avvelenamento pirogallico, vi è cariolisi ed emoglobinolisi, o almeno la tendenza in primo tempo; ma quando l'animale comincia a star meglio ed a rifarsi, il sangue ancora abbastanza povero, ed infatti gli animali possono essere ancoi'a profondamente anemici, mostrasi più resistente sponta- neamente, e verso i mestrui , apparendo allora difficilmente la cariolisi : la quale si ha occasione di studiare anche in altri processi morbosi dell' uomo , nei quali il sangue è a preferenza attaccato dalla causa, morbosa. Io ho potuto costantemente osser- Atti Acc. Vol. XI, Serie 4» — Meni. III. 7 50 L' esisfenza del nudeo ndV emasia cuìvìto dei uhi in mi feri vare la cariolisi, sebbene limitata ad un certo numero di emasie, nella sifilide recente, nella malaria acuta , nelle infezioni acute , ed anche nel sangue dei conigli affetti da setticemia diplococcica sperimentale: dovrò in altra occasione ritornare su questo argo- mento, quando avrò potuto più minutamente studiare una grande collezione di jìreparati che già possiedo, e che appena avrò tem- po assoggetterò a novella colorazione ed ulteriori trattamenti , per cui le conclusioni potranno essere più estese e più sicure. Devo anche in ultimo far rilevare , che ^notandosi non in- frequentemente quando la cariolisi è spinta troppo, come si ha occasione perfino di osservare usando come mestrui l'acqua, le soluzioni allungate di acido acetico , ecc. un residuo granulare della massa nucleare in posizione polare che si colora benissimo, anzi fortemente, più del nucleo conservato intatto dal mestruo, questa maggiore resistenza alla dissoluzione e la più forte colora- zione fanno venire il sospetto che si tratti del nucleolo : bisogna però moltiplicare gli studi al proposito per avere un responso più convincente e sicuro. 12. Le apparenze di cariocinesi. È questo uno dei lati più importanti dell'argomento in di- scorso, una volta dimostrata 1' esistenza del nucleo neh" emasia circolante, anche dei mammiferi. Pel momento io posso dare soltanto un piccolo contributo , dovendo ritornare su ' un gran numero di preparati ottenuti in varii processi morbosi del sangue dell'uomo, ed altri avuti da sperimenti praticati sui cani e sui conigli; dopo 1' impiego di nuove colorazioni su questi preparati potrò studiarli meglio e con un tempo maggiore, ed allora mi farò un dovere di rendere i risultati di pubblica ragione. Ora soltanto esporrò quei pochi tatti che non si possono mettere in dubbio , salvo a modificarne o correggerne più tardi 1" apprez- zamento. Già devo prima dire, che se le modificazioni da me rinve- L' esinfema del nucleo nell' emaski adulta dei inammiferi 51 iiute a questo oggetto depongono per V attività germinale au- mentata, e si può con sicurezza dedui-i'e, per quel che si vede, la semplice divisione diretta del nucleo dell' emasia circolante , dif- ficilmente si può parlare di divisione indiretta. Infatti, nel san- gue dell' animale sano più raramente, molto frequentemente nel sangue dell' animale gravido, salassato , oligoemico ed in stati simili dell' uomo, e poi nella malaria, nella sifilide, nella pseu- doleucemia, fèi'mano 1' attenzione una serie di modificazioni del nucleo, che non possono essere riferite a processi regressivi di divisione, ma progressivi : non si sorprende però quell' intimo cambiamento di struttura e le sue diverse fasi da far ammettere con sicurezza la mitosi. Nelle ricerche limitate da me fatte al proposito, soltanto raramente ho potuto apprezzai'e, ed in modo molto chiaro , la fase gomitolare specialmente chiarificando la struttura coli' acido formico (colori formici) in nuclei molto in- granditi e molto inii fortemente colorati degli altri : solo una volta mi è occorso notare una delle forme a zucca con l'appa- renza di due nuclei, ciascuno verso il polo dei rigonfiamenti; ma al di là di questi fatti non ho finora apprezzato altro ; e sarei stato proprio contento di osservare il preparato di cariocinesi nel nucleo di una emasia del sangue circolante di un leucemico , mostrato da F. Pick di Praga al XV Congresso di Medicina interna di Berlino (1897j. Sarebbe proprio desiderabile che un'os- servazione cosi isolata fosse confermata da fatti simili ; io non ho potuto sinora esaminare con questi nuovi mezzi nessun leu- cemico. La cariocinesi nello stesso sangue circolante da me in- traveduta per alcune fasi iniziali da quasi due anni, sarebbe un fatto di molto interesse sotto varii rapporti , ed alla sua volta conformerebbe sempre piìi l'esistenza del nucleo dell' emasia cir- colante. Ne sarebbe avvantaggiato anche il quesito della genesi delle emasie, oltre quella che si fa in organi sj)eciali, ove già è stabilita la genesi delle stesse emasie a tipo embrionale per ca- riocinesi come pel primo dimostrò Bizzozero. Sarebbe lo stesso 52 L' tsUfetiza del nucleo uell' eniasia adulta dei inatiniùferì tatto , che specialmente nei casi di rigenerazione rapida del sangue si farebbe entro 1' albero circolatorio. Quella che a me pare indubitata nel sangue circolante è la divisione diretta del nucleo dell'emasia; potrebbe questo apprezza- mento essere modificato nell'avvenire da metodi migliori di ricer- ca, da far scorgere anche in questi casi la mitosi, ma pel momento io non posso dare che il valore di semplice scissione, o divisione diretta, la quale, ben appi'ezzabile nei casi di consumo rapido del sangue e conseguente rigenerazione, si fonda sui fatti seguenti : 1°) il nucleo di parecchie emasie è notevolmente ingrandito più del doppio dell'ordinario, e la sua sostanza cromatica, più chiaramente filare , si colora molto fortemente in confronto dei nuclei delle emasie vicine : 2°) in altre emasie il nucleo mostra i segni di strozzamento ad 8, a pera , ovvero forme più complicate sino all' apparenza di rosetta; in tutte queste apparenze la massa nucleare è fortemente imbibita dalle sostanze coloranti : in altre emasie si trovano 2, 8 ed anche 4 nuclei ancoia aderenti, ovvero separati tra loro , di volume notevole , con forte colorazione e con tutti i caratteri della perfetta costituzione ; è a notare che queste apparenze si trovano in emasie conservate in modo pei-fetto , e che conten- gono tutta la loro emoglobina intatta, omogenea o quasi. Che le apparenze suddescritte non sieno l' espressione della cariolisi, emerge chiaro , quando si considera 1°) che nella dis- soluzione cariolitica v' è fi-ammentazione multipla , piccola del nucleo, mentre nel caso attuale la divisione è in 2, al massimo in 4: 2") nella cariolisi la frammentazione si fa nel nucleo del maggior numero delle emasie , mentre è relativamente rara la divisione nell' altro caso : 3°) nella cariolisi mancano le fasi di ingrossamento ed altre forme speciali che prende il nucleo nel caso della vera scissione progressiva : 4°j i pezzi del nucleo fram- mentato artificialmente o per processo morboso si colorano più debolmente dei nuclei delle emasie sane: 5°) nella cariolisi vi è fuoriuscita abbondante dei pezzettini fi-ammentati nel plasma, // eninteuza dd nucleo neW emasia adulta del mani mi feri b'ò ciò che manca nella scissione; e ciò è giustificatu dal tatto che in generale le emasie hanno tntte il loro nucleo intatto o qua- si : 6'^) nella cariolisi l' emoglobina è ancora dippiù alterata del nucleo e si trova in torte frammentazione granulare sino alla dissoluzione completa e scomparsa, mentre nel!' alti'o caso l'emo- globina sta tutta al suo posto ed appare inalterata : 7") inilne la cariolisi si ottiene quando si vuole ed anche nel sangue [liù sano, mentre per la divisione attiva vi abbisogna il sangue am- malato 0 deficiente, ed in via di rigenerazione. In modo che pel momento io sono inclinato ad ammettere nella rigenerazione rapida del sangue , e probabilmente anche nella lenta rigenerazione fisiologica in modo limitato e poco ap- prezzabile, la divisione diretta del nucleo nelle emasie circolanti ancora giovani, ciò che poi chiaramente e frequentemente si po- teva apprezzare nelle emasie a tipo embrionale del midollo delle ossa, in cui fu notata la divisione diretta del nucleo da iVe?wwo>»^ e da Bizzozero, sebbene quest'ultimo avesse potuto posteriormente dimostrarne la cariocinesi. Altre fonti di genesi delle emasie fuori delle emasie preesistenti non si conoscono, meno quella dall' en- dotelio vasale dei capillari venosi del midollo delle ossa degli uc- celli, come hanno cercato dimostrare Denys ed E. H. Zlegler. Che rapporto abbiano infine le varie fasi della scissione nu- cleare dell' emasia col protista ritenuto causa della malaria , co- me ho detto fin da due anni , non mi fido neanco oggi a sta- bilire: io non ho potuto fare studii speciali al proposito per man- canza principalmente di materiale: però devo lipetere, con tutto il rispetto dovuto agii esimii osservatori del parassita della ma- laria, che a me resta ancora il dubbio, avendo ottenuto io spesso figure molto simili a quelle descritte come parassitarie nella mala- ria, in tanti altri processi morbosi che affettano il sangue ; e se è un fatto che nella malaria quelle apparenze si hanno nel sangue semplicemente estratto senza alcun mestruo, potrebbe ciò met- tersi sul conto dell' alterazione intensa e speciale fatta dall' agente malarico sull' emoglobina, per cui il nucleo con le sue apparenze 54 L'emittenza del nucleo neW entunia addita dei mammiferi di divisione attiva apparirebbe in quelle svariate forme, ed an- che in casi speciali come processo regressivo di frammentazione cariolitica ; se non altro, sarebbe desiderabile che la questione fosse riveduta, impiegando nella ricerca le norme di cui io mi sono avvalso negli studii presenti ; con le quali ho potuto notare tali modificazioni di torma del nucleo dell' emasia, che ripetono quasi tutte le figure esposte dagli autori pel parassita malarico, anche nei casi di oligoemie, ecc., e pei-fino nella gravidanza: soltanto in questi casi manca il pigmento granulare; ma per dimo- strare sicuramente per questo il protista ammesso nella malaria, bisognerebbe prima essere sicuri dello stesso come causa moi-bosa, e dimostrare che non esiste un' altra causa speciale finora ignota, che abbia la proprietà non solo di dare 1' emoglobinolisi, ma, au- clie la trasformazione melanica del pigmento ematico ; ciò che non farebbero gli agenti patogeni di altri morbi, che pur cagio- nando quelle modificazioni del nucleo, danno solo emoglobinolisi e non trasformazione melanica endogiobulare. Lo stesso si potreb- be rispondere all' obbiezione, che nella malaria quell' apparenza si ha nel sangue semplicemente estratto ; potrebbe essere che la speciale causa morbosa in alcinie emasie modifichi in tal modo il contenuto da agire come il liquido iodo-iodurato : né infine il movimento attivo dell'ammesso protista toglierebbe all' intutto il dubbio, dappoiché quel movimento non è stato osservato sempre, e dall' altra parte noi non sappiamo se vi è un movimento attivo del nucleo nell' emasia vivente, non avendo ancora mezzi per studiarla nel circolo, o appena estratta, essendovi allora il nucleo nascosto dal contenuto globulare. PARTE STORICA La storia sulla struttura intima del globulo rosso, special- mente dei mammiferi è delle più istruttive. Molti diligenti ed esimii osservatori hanno tentato di risolvere il problema, arri- IJ esistenza del nucleo neW emasia adulta dei mammiferi 55 vando a conclusioni diverse : sempre però sino ad oggi si è con- chiuso dopo tutte le afìermazioni, che le emasie circolanti dei mammiferi non hanno nucleo. E farebbe veramente meraviglia se per lo sjiazio di due secoli, e principalmente coi mezzi perfe- zionati di tecnica dell' ultima metà del nostro, si sia restati a quel che si era ai tempi di Maìpighi e di Leemvenhoek, se real- mente la Natura non avesse custodito nel modo più geloso il nucleo dell' emasia circolante dei mammiferi , covrendolo e na- scondendolo coir emoglobina e coli' ispessimente periferico dello stesso protoplasma (apparente membrana) : io stesso nella serie di queste ricerche ho dovuto giustificare tanta difficoltà, e tante e tante volte mi credeva arrivato alla meta , ed invece doveva tornare da capo, trovandomi sovente intricato come nella cami- cia di Nesso. Restava però sempre in me la convinzione per la sei'ie dei fatti osservati, e gli ostacoli ogni momento trovati invece di ai'- restare il cammino rendevano più tenaci e persistenti gli sforzi, ed incoraggiavano a proseguire; e pare dai fatti che finalmente il problema sia risoluto nel senso affermativo , cioè della persi- stenza del nucleo nel globulo rosso circolante anche dei mam- miferi; che se non si apprezza nelle condizioni ordinarie e senza reagenti speciali non deve maravigliare , quando il nucleo delle emasie degli ovipari, cos'i grosso l'elativamente e meno ricoverto e nascosto, si apprezza con una certa difficoltà , e che si rende evidente solo con sostanze speciali , lodo , o con le oi'dinarie so- stanze coloranti. Il nucleo dei globuli rossi circolanti dei mammiferi fu com- pletamente sconosciuto sino al 1841, quando Henle scosse la co- mune credenza, adoprando nell' esame del sangue dell' uomo e di alcuni mammiferi 1' acqua acidulata dall' acido acetico ; affermò che in varie emasie risaltava un corpicciuolo speciale differente dal resto del contenuto ed opinò trattarsi del nucleo del glo- bulo. In seguito, dimenticata o non ritenuta l' opinione di Ilenle, i)G L'esistenza del nucleo fieli' e ni asta ad/dfa dei ìuaninuferi ritornarono sull' argomento H. Nasse e W. Jones , i quali con insistenza maggiore affermarono di avere osservato il nucleo in parecchie emasie dell' uomo ed anche del montone, mediante la aggiunta della semplice acqua. Anche 1' affermazione di questi Autori ebbe la stessa sorte , quando Boettcher ritornò sull' argo- mento con una copia maggiore di licerche e con argomenti com- parativi colle cellule di altri tessuti, nelle quali il nucleo era già stato negato, ma che con mezzi speciali si era reso visibile, come quelli delle fibi'e muscolari e delle cellule adipose, aggiungendo che le emasie stesse della rana possono a primo aspetto mostrar- sene sprovviste. Egli cercò di attenuare e sciogliere lo strato emo- globinico , che egli supponeva covrisse e nascondesse il nucleo nell'emasia dei mammiferi, cimentando il sangue coli' acqua di- stillata, coir alcool, coir etei'e, colle soluzioni acide ed alcaline , colla soluzione di solfato di soda e perfino colla bassa tempera- tura: impiegò anche il cloroformio, e con tutti questi mezzi, spe- cialmente coir ultimo, potè ottenere il diradamento e la separa- zione dell' emoglobina, restando però nell' emasia dei piccoli di- schi residuali e quindi tenaci all' azione dissolvente dei reagenti impiegati ; egli perciò ritenne trattarsi del nucleo, però ammise- rito, impicciolito, residuale verso quello dell' emasia embrionale. Il lavoro di Boettehcr fece molta impressione ed in prosie- guo altri ricercatori, come Wittich con l' uso dell' etere e Rollet coir alcool o col solfuro di carbonio, cercarono confermare l'opi- nione saddetta colla dissoluzione dell' emoglobina e col residuo di un granulo glutinoso. Nel 1889 però un'autorità, come il Banvier, affermò di aver ri])etuto le ricerche, secondo Boettcher, non sul sangue del gatto, ma del coniglio, ed assicura di non aver mai potuto confermare la presenza del nucleo. A quello di Boettcher altri lavori seguirono, in cui gli Au- tori, o ammisero il iiucleo in parola affermando che i nuclei dei globuli l'ossi embrionali non si distruggono, ma che non si pos- sono apprezzare nelle emasie adulte cogli ingrandimenti ordinari : L' esifitenza del nucleo 7iell' emasia adulta dei mammiferi 57 adoperando invece lenti di forte ingrandimento si può apprezzare nelle emasie dell' uomo , del cane , del gatto e del coniglio un disco sottile circolare , con finissima granulazione , largo poco meno del corpo cellulare che appena come una zona periferica lo circonda ; questo disco diviene più apprezzabile colle soluzioni acide allungate e si colora più fortemente della zona periferica adoprando il carminio e 1' ematossilina [Stricker] : o restarono nel dubbio, propendendo infine per 1' esistenza del nucleo, dopo aver ammesso che nella vita adulta svanirebbero il nucleo e nucleolo che si trovano nelle emasie più giovani, ed ammettendo anche la possibilità che i reagenti da loro impiegati (bicromato di po- tassa, niti'ato di ai'gento) abbian fatto conti-arre la massa con- tenuta nello stroma , che poi assumerebbe quella forma più compatta stratificata (^A. De Martini e T. de Bonis). Naturalmente le osservazioni si ripeterono, e generalmente si infirmò la conclusione di coloro che avevano ammesso il nu- cleo in parola, attribuendo principalmente la comparsa residuale di quel corpicciuolo alla dissoluzione operata dalle sostanze im- piegate, per cui la parte più resistente dell'emoglobina era rispar- miata 0 almeno si scioglieva più tardi ; come pure si mise l' in- ganno pel fatto stesso della forma a disco biconcavo dell' emasia, percni la parte centrale col diverso piano di osservazione può mentire un coj-po circoscritto verso il cerchio periferico (Bizzozero) : e si tornò daccapo col negare 1' esistenza del nucleo nell'emasia adulta dei mammiferi. E qui mi piace tra gli altri ricordare il nostro CappareUi, il quale studiando 1' azione dell' acido iodico in soluzione concentrata sulle emasie della vitella, ed anche, ma con risultati meno chiari su quelle dell'uomo , del cane e del coniglio , sebbene abbia visto e perfino disegnato tra gli altri effetti , anche la comparsa che talora si ha di un corpicciuolo polare, pure gli dà il valore di porzioni periferiche del globulo, aggruppate per la coartazione dell'emasia, come conferma meglio adoperando il prussiato giallo e percloruro di ferro; in conclu- sione esclude recisamente trattarsi di nucleo. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4» — Meni. III. • § 58 L'esistenza del nucleo neW einasiu adulta dei niaitnniferi _ Noto appena, come fatto storico, l'oinnione messa avanti da Obrastzow, che 1' apparenza del nucleo non solo nelle emasie n\\- cleate, sia embriimali dei mammiferi, sia degli ovipari, ma per- fino il nucleo dei leucociti è soltanto il risultato della coagu- lazione di una sostanza nucleare diffusa nella cellula viva, per cui non appare che soltanto dopo morte per fenomeno cadave- rico: egli quindi ammette che non avendosi per questo fatto ca- daverico l'apparenza di nucleo nei globuli rossi adulti dei mam- miferi, ciò dipende dal fatto, che in questi quella sostanza nuclea- re diffusa poco per volta scompare, da non trovarsene più traccia nelle emasie circolaiiti. L' inamissibilità di questa opinione si deduce da tutto il patrimonio dei fatti accertati nella scienza; e poi Flemming fece notare, che il nucleo di quelle cellule si può apprezzare anche in vita, come nelle cellule rosse e bianche os- servate nei vasi delle larve vive di salamandra : osservazione die ognuno può facilmente ripetere {Mo/idino). Secondo quest' o])i- nione perciò, nemmeno come fatto cadaverico si dovrebbe trovare sostanza nucleare nell' emasia adulta dei mammiferi, ciò che ho dimostrato essere contro il fatto. Intanto bisognava rendersi conto non dell' assenza . ma della scomparsa , essendo il nucleo ammesso da tutti nelle emasie di tipo embrionale nei siti ove si formano ; e quindi le opinioni si divisero, alcuni opinando, senza però poterne dare una dimostra- zione positi \a diretta, (ciò che invece si può seguire obbiettiva- mente nelle uova oloblastiche degli alecitati S'chenk), che il nu- cleo abbandoni 1' emasia {Donne, lUndfleisch, Bizzozero, Loivit) ; altri che il nucleo abbandonando 1' emasia, diventa o almeno rap- presenta ciò che Hayem ha chiamato ematoblasti , e Bizzozero piastrine {Mosso) ; altri, che gradatamente scomparisca, restando residui granulari disposti a reticolo, i quali si colorano colla so- luzione Ehrlich di bleu di metilene ( Foà ), e più tardi il Mon- dino il quale afferma di aver potuto seguire la trasformazione delle emasie nucleate in quelle prive di nucleo, pel fatto che la massa nucleare si frammenta in granuli che vanno verso la pe- L' esistenza del nucleo neW emasia adulta dei mammif'en 59 riferia del globulo, ed i quali prima ancora colorabili coi colori di anilina, più tardi subiscono tale modificazione chimica per cui perdono T affinità coi colori nucleari. Il Mahtssez infine, che anche ammette la fuoruscita del nu- cleo dalle emasie nucleate, ritenendolo però come un fatto cada- verico e artificiale, per giustificare la mancanza del nucleo nelle emasie adulte, invoca la formazione dei germogli protoplasmatici dei globuli rossi nucleati, che poi si staccano e formano gli ordi- nari globuli rossi, che perciò sono senza nucleo. Dalle mie ìHcerche, fondate princqxdmente sidl' estinzione del sangue dal vivo in mestrui speciali che non alterano le emasie, che anzi le conservano e fissano in modo perfetto, dopo averne chiarificcUa la struttura intima, risulta la p)resenza di un cor pic- ciuolo nell'enutsia circolante dei mammiferi che diversifica jjer ca- ratteri microchimici e fisici dal contenuto cellulare, e che invece possiede tutti i caratteri dei nuclei delle altre cellule : che trova il riscontro nel nucleo dell' emasia circolante degli ovipari, ripe- tendone oltre i carcUteri microchimici e fisici, anche le varie fasi dello zooide verso V oecoide ; che questo corpicciuolo è contornato da una membranella, ha una costituzione intima filare a granuli cromatici ed acromatici, e che pirobabil mente ha un nocciuolo cen- trcde più compatto, più resistente e più fortemente colorabile. Que- sto è il fatto ; ed i fatti sono gli inviolabili sovrani che non si assoggettano all'idea, la quale invece dipende da essi (Moleschott) ; e per la quistione presente , siccome ai corpi endocellulari che hanno queste speciali qualità si dà da tutti il valore ed il nome di nucleo, mi sento autorizzato ad afiermare l'esistenza del nucleo nelV emasia adidta dei mammiferi. La storia esposta conferma sempre più il grande principio che soltanto i fatti positivi restano ; così , delle opinioni ed af- férmazioni degli Autori citati, la maggior parte cade definiti- vamente perchè non poggiata su fatti positivi ; i quali quando mancano, non dovrebbe esser lecito dai'e affermazioni recise di una negazione, come una buona paite di licercatori , del resto 60 L' esistenza del nucleo ne/I' e mas ia adulta dei iinunniiferi autorevoli, hanno tatto coli' affermare l'ecisamente che le emasie adulte dei mammiferi non hanno nucleo; nelle opinioni negative è più pratico e prudente riservarsi alla mancante apparenza di una cosa che dovrebbe esservi, non alla negazione assoluta, : la Natura ci nasconde ancora tante cose, e sovente ci prepai'a delle sorprese ! Invece i fatti positivi osservati restano , quand' anche parecchie volte debbano intendersi diversamente colle ulteriori indagini. E dalle ricei'che presenti si conferma che il nucleo persiste, e quindi resta il fatto intraveduto da Autori esimii: e che può fuoruscire dall' emasia, ma soltanto artificialmente, tro- vandosi semjjre nella stessa più o meno visibile quando 1' azione dei reagenti è adeguata ; che i residui granulari aventi carat- teri nucleari realmente si hanno, ma sono 1' esponente della ca- riolisi artificiale : e se anche con ricerche ulteriori si mettessero altre ragioni per dubitare sul ritenuto agente patogeno della malaria, l'interpretazione potrà essere diversa, raa restei'anno sempre i fatti tanto accuratamente osserv'ati specialmente per opera di nostri Colleghi italiani. Invece il fatto supposto vero, in cui il nesso non ei'a stato dimostrato obbiettivamente, resta vero nei due termini, che sono fatti, cioè r esistenza delle piastrine e la fuoruscita possibile dei nuclei delle emasie , ma il i-apporto di filiazione e "dipendenza viene escluso, ]ion potendosi per ragioni positive ammettei-e che il nucleo delle emasie, rendendosi libero, diventi piastrina. Cosi pure i germogli protoplasmatici del Malassez si vedono nel fatto, ma non sono altro , come si conferma col mestruo picrico che r ernia dell' apparente membrana nucleare , mentre la presenza del nucleo si conferma ordinariamente entro 1' ernia stessa verso la parte ancora contenuta dall' emasia : queste ernie però non appariscono con mestrui migliori (iodo), i quali rispettando il protoplasma , non ne liberano lo strato più compatto che cir- conda il nucleo. Dalle mie ricerche , se risulta il tatto della persistenza del nucleo dell' emasia dei mammiferi , si intravede ancora il fatto L' esistenza del nucleo nell' ernasia adulta dei mammiferi GÌ funzionale più importante afììdato ai nuclei delle cellule, cioè la facoltà riproduttiva, germinale ; la quale, poco apprezzabile nel sangue circolante in condizioni fisiologiche , si renderebbe più accentuata da potersi sorprendere nella rigenerazione copiosa e i-apida, che si ha in tante perdite o alterazioni del sangue; ma l'argomento è del più alto interesse e vi abbisognano studi ul- teriori per confermarlo e stabilirlo positivamente. Coir esistenza del nucleo dell' emasia adulta dei mammiferi non solo terminano tutte le ipotesi sulla sun scomparsa , ma si conduce anche questo elemento cellulare al tipo degli altri degli organismi in generale ; oltreché per la sua facilità a dissolversi, rende sempre più plausibile la mia teoria sulla coagulazione , essere, cioè, principalmente il nucleo del corpuscolo rosso che con- tiene il principio (nucleo albumina) , che incita la coagulazione del fibrinogeno, e non le piastrine che appariscono sprovviste di nucleo (mancanza di nucleo-albiimina), e che perciò, come io ho potuto dimostrai'e con fatti sperimentali, contengono la sostanza che impedisce, ovvero ostacola la coagulazione. Il trovato del nucleo dell' emasia soddisfa non solo il prin- cipio generale di struttura , ma si accorda anche con la prima fase di vita dell' emasia stessa. È oramai una conoscenza vecchia e comune , che le parti eleixientari le quali costituiscono gli organismi viventi, sono le cellule, la cui parte essenziale è costituita dall' essere vivo , che è rappi'esentato dal nucleo e dal suo microcosmo, che è il pro- toplasma cellulare : sarebbe lo zooide di Brilcke, che è costituito da un centro più ammassato, nucleo, e dai suoi prolungamenti filari nel corpo cellulare, protoplasma, tra i quali continuamen- te si muove e trasforma il materiale nvitritivo, parapla-sma. E se è vero che il materiale organico vivente sta nel pro- toplasma, da esistere esseri viventi semplici , monera , che sono fatti da solo protoplasma, almeno sino alle attuali conoscenze ; oltreché si può seguire il fatto, che i primi nuclei che si origi- nano neir uovo fecondato debbono la loro genesi a metamorfosi 62 L'esistenza del nucleo neW eniasia adulta dei mammiferi del protoplasma ; è anche vero che il solo protoplasma essendo qualche cosa di delicato, tenero, fragile, ordinariamente non re- sisterebbe alle influenze esteriori e della vita stessa, e quindi la vita finirebbe presto, anche per le cause più lievi; perciò in tut- to il regno vivente si vede che in un punto la materia viva si condensa, si ammassa, diventa molto resistente contro gli agenti esteriori, ed a questo protoplasma così metamorfosato è affidata la riproduzione dello stesso elemento o dell' intero organismo : così huovo, così i semi, cosi le spore, così questo ammasso di proto- plasma condensato e trasformato, il nucleo, il quale non appare soltanto in esseri che hanno molto basso il livello biologico, e nei quali il protoplasma piovvede a tutto. È anche a tutti noto, che questi esseri vivi elementari , si riuniscono, si accomunano e fanno i tessuti , che è somma ar- monica deo-li stessi e quindi sinergia delle loro attività. For- mando i tessuti, per condizioni locali meccaniche, per modifica- zioni ulteriori dell'età, la parte periferica s'ispessisce gi-adatamente e ne viene una formazione secondaria che si trova soltanto negli organismi già sviluppati, appartiene a tutte le cellule , e vi è necessaria^ per la formazione del tessuto e per la continuazione della vita più e meno lunga dello zooide. Nella vira estrauteri- na vi fanno eccezione soltanto le cellule linfatiche , le quali si producono continuamente e non hanno dimora propria, stabile : coirono ov' è il bisogno del làgocitismo. Quanto più uno zooide è vecchio, taiito più salda è la sua casa , la qiiale finalmente , col divenire troppo coerente, ostacola la vita dello zooide e di- venta la sua tomba (Briicke). Quanto più i tessuti sono esposti alle influenze (meccaniche, fisiche, ecc.) del mondo esterno e degli elementi dello stesso or- ganismo, tanto più cresce il bisogno di avere una casa solida, la quale si produce per le stesse influenze (epitelii, endotelii, cartila- gini epifisarie: lo stesso bisogno si ha nei tessuti superiori, come n.ei muscoli, nervi , per la corrente nervosa, muscolare . per cui qui gii zooidi sono annicchiati in case estese, che continuando- L'esistenza del nucleo neW emasia adulta dei luamiiiiferi G'ò si colle vicine similari formano i tulji. Simile formazione secon- daria, periferica deve avvenire anche negli elementi cellulari del sangue, i quali oltre all'essere in sospensione in un liquido, sono esposti continuamente alla violenza del circolo, all'attrito colle pareti vasali o cogli elementi simili circolanti, ecc. Soltanto i con- nettivi sono meno esposti a queste influenze , e perciò là gli zooidi, sebbene allogati nelle loro case, queste appariscono come lacune corpuscolari, canaliculate, cioè l'apparenza della membra- na (cella) sparisce o almeno non appare intera , circoscritta. Il fatto fondamentale però è sempre lo stesso, perchè anche molto rafforzata la casa dello zooide, ha sempre le sue vie di uscita e di entrata, come io cercai dimostrare fin dal 1874 anche per la cartilagine, epitelii, ed endotelii : lavori dimenticati ed esumati oggi giorno come cose nuove I Le minime vie nutritive, di uscita e di entrata sono più o meno lai'ghe, più o meno appariscenti , ma esistono in tutti gli elementi cellulari : quando 1' involuzione le chiude , lo zooide muore, non si colora più coi nostri mezzi di finzione, e si sfal- da 0 trasforma in masse degenerate, ovvero s' incrosta come un corpo estraneo (strati epiteliali superficiali, cartilagine nelle parti più vecchie ecc.). Con appropriati mezzi, come principalmente col cloruro di oro, si confermano le propaggini del protoplasma anche nella cartilagine , là ove è ancora viva, con tutta 1' apparenza della recisa membrana, della capsula e della sostanza fondamentale omogenea; come si scovre lo stesso anche negli epitelii ed endo- telii, principalmente osservando gii elementi di piatto e nel loro piano inferiore. Ho creduto ricordare tutto questo per meglio comprendere e giustificare le apparenze e struttura del globulo rosso dei mam- miferi. L' emasia anch'essa lascia dimostrare nel suo intorno il suo organismo vivo, lo zooide col suo nucleo, protoplasma e pa- raplasma ; ed è con queste parti essenziali che si consei'va (nutrizione) , e regola i rapporti col mondo esterno approprian- 64 L' esistenza del nucleo neW eniasia adulta dei mammiferi dosi ossigeno ed emettendo acido carbonico ( funzione ) : proba- bilmente anche si riproduce, sebbene poco ciò sia apj)rezzabile nel sangue normale circolante (continuazione della specie). Ma appunto per le sue condizioni di vita, l'emasia circolante rafforza ed ispessisce sempre più lo strato periferico della sostanza filare del protoplasma, in modo che quella microscopica lumaca [Bril- ckè) si forma qixel guscio cosi resistente , annidandosi però alla parete della sua casa di abitazione {Kollmann) , ove questa è pili sottile, o probabilmente forata, da permettere la formazione di diverticoli della membrana nucleare sotto l'uso di stimoli (acido picrico, tannico), ma che così spiega meglio la continua- zione della vita dello zooide. Questa spessezza del guscio e l' abbondanza e natmu del paraplasma. che sempre cresce per la funzione , covrono e na- scondono sempre più il centro dello zooide, da renderlo invisibile, alla stessa guisa che nascondono completamente la sostanza fi- lare, protoplasma, dell' emasia stessa. Ma se queste parti si mo- dificano, si diradano, si sciolgono, lo zooide riappare intero, non solo nel protoplasma, ma anche nel carioplasma, così come suc- cede quando riappare il nucleo di una cellula con rigonfiamento toi'bido, chiarificando il prodotto di questa degenerazione albu- minosa coU'acido acetico : il nucleo delle emasie, liberato allora dalle sostanze che lo circondano e l' involvono, si colora facil- mente come tutte le sostanze nucleari. Cnliiiiid 1<) flicniilir)- i897. LETTERATURA Bizzozero — Sulla fìiììzioxe emaUtpuietica del midollo delle ossa — Oentralblatt fiir Mecl. Wi.ss. ISIJS N. 5G. — — .AI()lescli(3tt's IJutersudlmiigeu Yol. xiii. Bizzozero e Torre. . — Sulla proditzione dei (ilohuli rossi nelle rarie elassi di rertehrati, e Bizzozero: Sulla produzione dei glo- buli rossi. Appeiidiee al preeedente lavoro — E. Accad. dei Lincei, seduta '2 IJiceiiibre ISSo. Bizzozero — Sulla jtniduzioue dei (/lobuli rotasi — Atti K. Accad. Liucei — classe Scienze mediche Voi. xviii° Sez. ó'. Boettcher — XaehtrafiUelìe Mittheilung iiher die Entfdrbuiifi rother lilutkiirperchen uiid iiher den iraehiveisen von Kerneii in denselben — Wirehow's. Arcli.fBd. 3(). Briicke — NVieuer IJer. Bd. ."iO. Capparelli — Azione dell' aeido iodico in soluzione concentrata svi globuli rossi saiignigni— Atti dell' Accad. Gioeuia di Scienze Naturali in Catania, Serie 3" Yol. svili. De Martini e De Bonis — Sulla esisteuza del nucleo nei globuli rossi dell'uomo Rendiconti della E. Accad. delle Scienze tìsiche e matematiche di Napoli, Fase. 4" Aprile 1S7S. Donne — (Jours de Microscopie 1844. Dujardin — L'oltservateur au microscope — Manuel Roret Atlas. pi. Ili, tìg-. 5\ W. Flemming .... — Zellsuhstanz, Kern und Zelltìieilung—Jjt'iir/Ag 1882. — — Ardi. f. mikr. Anat. xvi. ISTI»; xviii 1880; xx. 1882: XXIV. 1884. — — Virch. Arch. 77. Ed. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4» — Meni. ITI. 9 66 Letteratura Foà — Xiitd shW etnittiijnih-si — Aldi. p. k' Scienze iiiediclic Voi. 0° X. l'I. Foà e Salvioli. . . . — Sull' orù/hn' dei (/loìiidi ros-ni del xaiuiìie: \\e\\. \wv V' scieuze uiediehe, ISSO. Foà — Ccjmunicazioiie al (UiiKjr. iiied. di l'<(ri(t : Ardi. it;i- lieimes de PJioloyie Tomo ix, fase. 1°. Vedi iuiehe — Beifnni •um tStnditiin der tStmetiir der roilien Blutl-iirperehen der SiiKi/ethiere — pulihliciito uei Beitrage di Ziegler 18S1» Band. V Ueft II. Fol — Die erste Eiitirieleliiiii. A^ersammlung dentsclier Xatni- forsclier ii. Aerzte zu Wiesbadeu S. 139. Lòwit — Ueher Xeiihildiaifi iiiid Zerfall ireinser hìutVòrperelien — Wiener Akad. ISitziuigeber SS. Bd. ISSo, !)2 Bd. 1885 e 90 Bd. 1887. Malassez — ìiin- r<>ripo deii^-. 284. Schenk — Mkiikuìc d' istolfu/ìa iioniiale delViionn) — Tiad. Monti. Schultze — Ardi, fiir ^Mikrosk. Aiiat. r. I. Strasburger — Vebcy dcn Thmli(iiiiKn>rji(iii•- hultìiisn iU'r Keriic zur ZvUthcihuKi — Ardi. X. M\- krosk. Aiiat. xxi. 1S82. _ — ZdlhUdiiiKj Kiid Zelltliciltfiig—ltìnn 1880. Stricker — Allgcindnc Patliol. Welcher — Zeitsdirift fiir ration. Med. r. xx. N. Vissozky — Vcher dim Eosui tils licduois anf Hdemojilohiii iiiid dk BUduìiti VOI! IlÌKtticfdsseìi uìid JiliithUpcirlicn bei Sdmiethierer inid Hiieliiiairiiibri/oii — Ardi, fiir Mi- krosiv. Auat. t. lu" 1877. Wittich — V. lloriiiaiiii — tisiolojiia. E. H. Ziegler e Denys — Dir Eiitsteluiiiy dcs lllntesder Wirbiitliicrc: Ik-riditc ti. iiaturforsdi. (tcscIIscIi. in Freilnirs i. lid. IV. 1880. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Serie 1.' — IMódificiizioni varie dei globuli ro.s.si del sangue cavato nella so- luzione picrica — Conservazione in glicerina — Uonio sano. — 2.' — ^loditicazioni varie delle emasie cavate nella soluzione tannica — Le ultime ;> tigure sono ritratte da nuclei liberi nel ]ilas]na. sanguigno — Conservazione in glicerina — Uomo sano. — 3.> — Ai)i)arenze varie e colorazioni semplici e doppie delle emasie estrattc nella soluzione iodo-iodurata. e colorate coi colori formici — La 1', 2'. •4' e ò-^ figura da preparati conservati in balsamo; le altre in glicerina — Uomo sano. — 4.' — Idem della serie precedente — 1 |ireparati dojto la 1' fissazione, si s'ono fissati ancora col sublimato — Tutte le emasie sono ritratte da preparati conservati in glicerina, e colorate coi colori formici : la o" figura è colorata coU' inchiostro nero (Fessi di l'adova) formico e dall' eosina— Uomo sano. — 5.^ — Le prime ."> emasie sono estratte nella soluzione picrica : di que- ste le prime 4 chiuse in glicerina, la .">■' in balsamo — Le 4 ultime rappresentano gradi diversi di rigonfiamento delle emasie per l'azione di acidi, e sono conservate in glicerina — Uomo sano. — 6.' — Le prime ò emasie appartengono al sangue di coniglio sano, estratto nel liquido iodo-iodurato — Le altre ."> sono del san- gue di cavia sana, estratto anche nella soluzione ])recedente — Tutti tpiesti preparati sono conservati in glicerina. — 7. ' — Le prime o emasie sono del cane — Le seconde 3 appartengono al sangue di topo — Le 4 seguenti al cavallo — Le ultime 4 alla capra — Il sangue di tutti (piesti mammiferi sani è stìito estratto nel corri.s[)()iidente li(|uido iodo-ioclurato, eil i ju'epa- rati assoggettati anche alla li' fissazione col sublimato: S(Uio conservati, dopo la colorazione fatta., in glicerina. — 8.* — Tutte le emasie di questa serie a|)i)artengono al sangue di uo- mo sano, estratto in liquido di Lugol , e dopo assoggettato alle seconde fissazioni — La 1" in alcool assoluto : la '2^ e S-* nel liquido Nikiforoft": la 4=' e ó-" nel L Miiller : la G' e 1' nel 1. Flemming : la S^ e 0» nel 1. Fol : le 2 ultime assog- gettate all'essiccamento semplice e poi passaggio sidla tìaninm, e dopo la forte colorazione , decolorate coli' acido cloridrico. 70 Spiegazio7ie della tavola Serie 9. ' — Apparenze diverse pel grado differente di azione del liquido iodo-iodnrato. — 10.' — ]" giorno — Le Tt seguenti di coniglio ])uerpera dopo 12 ore : le 2 ultime di coniglio salas.sato al 3" giorno — Liquido iodo-iodurato. — 14." — Tutte le emasie appartengono al saugiu' di una giovinetta clo- rotica, dopo .3 settimane di cura, e grandemente migliorata — Liquido iodo-iodurato. — 15. ' — Le prime .5 emasie apiiartengono al saoigue di \\\\ ammalate» di pseiuloleucemia (linfosarcomi al collo): le 7 seguenti ad un ammalato di grosso tumore s])lenico, principalmente per ma- laria (poichilocitosi) : le vdtime 4 appartengono ad una donna con cistosarcoma dell' ovaio. 'l'uttp l 4 Uitìereuze delle einasie nei maiiiiiiiferi studiati ;> 14 Essiccameuto del sangue > IX La prima fissazione e colorazione > 22 La massa di ritinto ;> 24 La seconda fissazione coi diftercjiti mezzi coiioscinti » 25 La nnova colorazione » 29 La struttura, volume, posizione e resistenza del nucleo dell' eniasia » 32 Residui emogloliiuici e va 39 Emoglol)iuolisi e t'ariolisi » 42 Le apparenze di cariocinesi ;> 50 p.\utk storic* > 54 Letteratuk.4 » 65 Spiegazione della 'ia\i)La » 69 Serie ViiWJ»^ X. 2v ^^ ■ A. PetronE - Il nucleo dell' emasia dei mammifeei. v_.y ^^^^^1^^ /"" V,»*-^' "^ 1 /.a d'I 'V^ •r<^. f \ "O r^ O 0OOoo©o r7>\.^ /^ ^^^ ^.. p\^ (^. n n. ■ A. Petrose prep. e dìi Lit. Doyen di L. Simondetli - Torino. Meiuoria IV. Sull'azione degli acidi, specialmente del formico nella tecnica della colorazione nucleare, ed un nuovo liquido il Formio - carminio Contributo speciale alla colorazione del nucleo delle emasie pel Dottor ANGELO PETRONE PROF. tlKDIXAKKI III ANATOMIA l'ATOUKilCA XKI.I.A H. UNIVERSITÀ DI CATANIA Nel corso delle mie ricerche snll' esistenza del nucleo nella emasia adulta dei mammiferi, ho dovuto impiegare il tempo mag- giore pel quesito della colorazione nucleare dell' emasia stessa. Già fin dal principio delle mie ricerche io aveva potuto dimo- strare, che la colorazione del globulo rosso dell' uomo, cavato dal vivo e opportunamente modificato in mestrui speciali, non è sol- tanto eosinofila , perchè il contenuto tutto omogeneo è soltanto un' apparenza , che cambia quando si dirada 1' emoglobina ; in- vece , oltre la distinzione netta che si fa del protoplasma e del paraplasma , risalta un nocciolo , limitato e contornato da uno strato più spesso e condensato di protoplasma ; questo nucleo , oltre gii altri caratteri che lo differenziano dal resto del conte- nuto, se ne stacca principalmente perchè è hasoplo. Invece era generalmente ritenuto, come si legge anche nelle opere più classiche e recenti , che nelle preparazioni di sangue normale per disseccamento tutto il contenuto del corpuscolo rosso è omogeneo, eosinofìlo, 2ion vi è mai accenno a nucleo (1) ; e se nel maggior numero dei casi di anemia perniciosa progressiva si possono mettere in evidenza nelle preparazioni di sangue clissec- (I) C'harchot, BoucHARi), et Brissaud — Truité dv Alèdicìiic. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4" — Mem. IV. 2 Azione degli acidi nella colorazioìie nuduare. Formio-carminio. calo e poi colorato colla soluzione iodo-iodurata alcuni globuli rosai nucleati, questo fatto eccezionale «i è messo non sul conto della struttura reale e generale delle emasie circolanti, ma per dimo- strare l'insufficienza dell' ematopoiesi normale degli ematoblasti , per cui allora quelle cellule rosse nucleate proverrebbero dalla polpa splenica e dal midollo delle ossa (Hayem) (1). E soverchio qui ripetere, che se il sangue si fosse estratto dal trivo ed assog- gettato immediatamente e direttamente all' azione del mestruo speciale secondo le norme da me indicate, che sono ancora più rigorose che nel metodo di Brùcke (che immergeva la coda già tagliata al tritone nella soluzione borica, in fondo alla quale poi bisognava andar a pescare le emasie), le emasie sarebbero apparse tutte nucleate, non solo ad un osservatore così esimio come Hayem, ma ad ognuno. Intanto la colorazione che io aveva ottenuto con quasi tutti i colori nucleari, e convalidata, facendo contemporaneamente la colorazione doppia (del contenuto emasico coi colori acidi di ani- hna e del nucleo coi basici), non soddisfaceva completamente pel fatto che d' ordinario le colorazioni non erano molto forti, e poi sbiadivano un poco in glicerina; a ciò si aggiungeva l' altro lato debole, secondo 1' opinione dei miei oppositori, che cioè, i prepa- rati non erano fìssati definitivamente. Potei in seguito vincere queste due difficoltà , fissando i preparati definitivamente , colo- randoli di nuovo con forte e caratteristica colorazione semplice e doppia e chiudendo anche in balsamo. Io però era pervenuto ad avere realmente colorazione molto forte e resistente a secco soltanto da un liquido trovato per caso (inchiostro bleu vecchio, ammuffito ecc. (2) ), e che non mi fu possibile di rifare dopo una lunga serie di tentativi ; se quindi colla fissazione e nuova colo- razione otteneva colorazioni abbastanza migliori coi mezzi ordi- (1) V. lo stesso Traité de Medicine. (2) V. la iiii.i memoria — Jìicerchc ulteriori siiW esistenza del nucleo neW emasia adulta di al- tri mammiferi— Fissazione, colorazione semjiUcc e doppia permanente ; chiusura a secco. Bollettiuo dell' Accad. Gioeuia di Scienze Naturali — Catania, Giugno 1897, XLVIII. Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. nari di Unzione, non avendo potuto ricostituii-e la composizione di quel liquido ottimo, la cui sola colorazione resisteva bene al balsamo, dopo aver abbandonata la via jier alcuni mesi inutil- mente percorsa, cercai con altri mezzi rendere più forte e defi- nitiva la colorazione nucleare; e siccome i colori nucleari con r aiuto di minime quantità di acidi si rendono più efficaci, co- minciai i tentativi all'uopo con questo indirizzo. E ne fui di più invogliato , per essei-e quell' eccellente liquido casuistico legger- mente acido. Ma siccome i tentativi si dovevano fare sul sangue, i cui ele- menti corpuscolari sono molto sensibili all' azione degli acidi in generale , dissolvendosene il contenuto con rapidità , anche con soluzioni debolissime, mi proposi prima di sperimentare coli' acido osmico , il quale è prezioso fissatore delle parti corpuscolari del sangue e quindi anche delle emasie. Se io fossi stato in possesso dei metodi di fissazione, che potei determinare soltanto più tardi, non av]-ei cominciato probabilmente coli' acido osmico e con altri acidi, ma avrei sperimentato cogli acidi senza preferenza , resi- stendo i preparati fissati, come ho già detto in altri lavori, an- che all'acido cloridrico : sarebbero così mancate tutte le ricerche fatte principalmente coli' acido formico. Devo prima dichiarare, che per brevità aggiungerò l' agget- tivo dell'acido adoperato nella soluzione colorante; per es. dirò nigrosina osmica, formica, acetica, borica, cosi come si dice fv- scina fenica, ecc. Noterò anche, che le poche gocce di sostanza colorante ag- giunta alla soluzione acida, ho sempre preso dalle soluzioni co- loranti più accettate , come le diverse soluzioni di carminio , di ematossilina, di cocciniglia , di purpurina ; pei colori di anilina mi son servito delle conosciute soluzioni idroalcooliche (alcool, ac- qua distillata, colore di anilina). Di queste soluzioni coloranti si mettono da una a 3 gocce, secondo il colore , in 25 cmc. di acqua distillata col rispettivo acido. Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. Acido o.siiiloo. Vi ho sperimentato la maggior parte dei colori di anilina ed i diversi liquidi a base di carminio, l'ematossilina. l'emateina, la cocciniglia e la jiurpurina. Ho impiegato la soluzione osmica a diversi titoli, e propriamente per i coloi'i di anilina le soluzioni osmiche 1 : 000, 1 : 600. I colori di anilina sperimentati , cioè il bleu di metile , il verde di metile e quello di malachite , il violetto di metile , la nigrosina e la miscela Biondi-Heidenhain, restano in primo tem- po tutti dello stesso colore nella soluzione acida, meno la miscela Biondi-Heidenhain che si cambia in colorito violetto-vinoso. Co- loi'ano tutti bene nella pi'ima giornata della preparazione del li- quido colorante, ed appena dopo un minuto; e facendo poi il la- vaggio coir acqua distillata , si hanno preparati molto nitidi di colorazione caratteristica nucleare abbastanza forte, mentre 1' e- moglobina è appena colorata : pei colori semplici si può aggiun- gere la colorazione coli' eosina, o coli' auranzia, e cosi si hanno anche le colorazioni doppie; ed i preparati si possono chiudere definitivamente in glicerina , ove la colorazione resiste perfetta anche dopo molti mesi. In balsamo invece la colorazione non è più così circoscritta e nitida. In conclusione coi colori di ani- lina osmici si hanno eccellenti colorazioni in acqua, le quali re- stano definitivamente buone in glicerina, ma che non resistono bene all' essiccamento, il quale dà una certa tinta oscura diffusa, che nuoce alla chiarezza della struttura. Dal secondo giorno in poi le soluzioni coloranti in parola , quand' anche conservate in boccette a vetro colorato, si trovano notevolmente decolorate , meno quelle colla nigrosina e colla miscela Biondi-Heidenhain. E ciò è giustificato, perchè soltanto queste due si conservano limpide , mentre le altre mostrano un lieve precipitato nerasti'o, che sempre più si conferma osservando una goccia di liquido sotto al microscopio. Al terzo giorno la decolorazione ed il precipitato nerastro sono ancora maggiori , Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. sino a che in una settimana la decolorazione è quasi completa. Bisogna notare, che per i vari colori vi è diversa resistenza; così il verde di metile si decolora più presto, il bleu ed il violetto di metile più tardi ; soltanto la nigrosina e la miscela Biondi-Hei- DENHAiN resistono definitivamente, come io le ho serbate da vari mesi, senza decolorazione, senza precipitato, e perciò servono tut- tora per le pronte ed efficaci colorazioni del nucleo dell' emasia, le quali però non sono chiare dopo 1' essiccamento ; e quindi neanco con queste soluzioni si può ricavare queir utilità che si ha dai mezzi coloranti che devono servire per tutte le esigenze. In modo che i colori di anilina osmici servono tutti bene nelle prime ore e per preparati del momento , a meno che non si vogliano conservare in glicerina ; essi hanno il vantaggio verso gli stessi colori semplici di colorare rapidamente e molto più for- temente il nucleo del globulo rosso modificato dal liquido iodo- iodurato. Se il titolo della soluzione osmica si fa di 1 : 1200, la decolorazione della soluzione colorante si fa ancora più tardi ; e volli ancora sperimentare colla soluzione 1 : 5000 , nella quale i colori di anilina resistono parecchie settimane, da sembrare an- che dopo un mese inalterati ; ma realmente vi è un poco di de- colorazione e di precipitato, e coll'andar del tempo si decolorano anch' esse. Anche le soluzioni coloranti osmiche 1 : 5000 colorano abbastanza bene, presto ed elettivamente il nucleo delle emasie. Al pari della nigrosina e della miscela Biondi-Heidexhain che resistono definitivamente nelle soluzioni osmiche, si compor- tano i colori acidi di anilina, restando l'eosina e 1' auranzia per- fette e definitive anche nelle soluzioni osmiche 1 : 300 ; l'eosina conserva il suo colore, 1' auranzia prende un poco del violetto vinoso, come la miscela Bioxdi-Heidexhain. Sperimentando colla soluzione osmica 1 : GOO, la quale ha di- screta reazione acida alla carta, notevolmente maggiore di quella dell' acido borico, mettendo su 9 gocce della stessa, una goccia di soluzione di carminio, ho ottenuto i risultati seguenti : Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. 1. Colori a base di carminio. a) Carminio boracico della Staz. zoolog. di NdìJoli—ì^on cambia affatto del suo colore nella miscela ; non dà alcun pre- cipitato , e si conferma al microscopio, neanco dopo ore: se si prolunga, anche tenendola per parecchi minuti , la sua azione sui preparati di sangue ben modificati, le emasie restano inalte- rate, ma il liquido non dà alcun risultato d'imbibizione nucleai-e, anzi lo stesso contenuto emogiobinico i-esta incolore. Ho spe- rimentato anche il carminio boracico nelle soluzioni osmiche 1 : 300 ed 1 : 1200 sempre con lo stesso risultato negativo. Te- nuto per due ore il carminio boracico osmico 1 : 600 sui prepa- rati, il risultato è sempre negativo anche pei nuclei dei leu- cociti ; la stessa emoglobina resta incolore , mentre succede il contrario col semplice carminio boracico. b) Litio-carminio — Precisamente come il carminio bora- cico , esso resta immutato, etc. : perfino dopo due ore la colora- zione è assolutamente zero, anche pei leucociti; mentre, quando il litio-carminio è semplice, colora i leucociti, e più o meno for- temente r emoglobina e il nucleo dell' emasia. e) Formio-carminio. — Come i due precedenti, etc; la goc- cia non mostra alcun precipitato al microscopio ; mentre la stes- sa in 1 : 600 di acido formico precipita immediatamente. Dopo un minuto, ed anche dopo due ore , non colora : mentre il for- mio-carminio semplice colora bene il nucleo dell' emasia , e un po' meno 1' emoglobina e i leucociti. d) Piero-carminio — Si comporta come i precedenti. e) Allume-carminio — Similmente non cambia nella mi- scela : dopo un' ora 1' emoglobina è grigia, i nuclei appariscono un po' colorati come di un verde bluastro; i nuclei dei leucociti un po' meno, e vi si vede un po' di rosso. 2. Ematossilina alluminata — Non cambia colore immedia- tamente ; nessun precipitato neanco al microscopio. Colora bene in pochi minuti il nucleo dell' emasia. Dopo una diecina di mi- nuti la miscela perde il suo colore e diventa di un gialletto sbia- Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. dito sporco , ma senza precipitato. Dopo un' ora la colorazione nucleare è un poco più forte , ma 1' emoglobina diventa di un grigio più scuro e nuoce un poco alla chiarezza. Anche i leu- cociti si colorano nei loro nuclei. 3. Emateina — Cambia più presto il colore , che diventa anche di un gialletto sbiadito, sporco: nessuna traccia di preci- pitato perfino al microscopio. Colora bellamente e fortemente in violetto-bleu il nucleo in minuto. In modo che, come 1' ematos- silina, tinge, anche decolorandosi la soluzione, come si ottiene ancora colla formica. Anche i nuclei dei leucociti si colorano, ma meno fortemente. 4. Cocciniglia — Non si decolora in primo tempo : nessuna traccia di precipitato anche al microscopio. Colora in un minuto fortemente i nuclei delle emasie in violaceo bluastro , e meglio in un' ora : 1' emoglobina resta di un color grigio oscuro. I nu- clei dei leucociti si colorano in violaceo. 5. PURPUBIKA. a) Ranvier — Non si decolora ; nessuna traccia di preci- pitato, neanco al microscopio. Colora bene il nucleo delle emasie, più fortemente dei leucociti che sono porpora-violacei, mentre quelli delle emasie violetto-bleu. Dopo un'ora si colora anche di più r emoglobina e nuoce alla chiarezza. b) Grenacher — Due gocce in due gocce della osmica 1:600. Non perde colore, non precipita, come si conferma al microscopio. Colora benino, come la precedente, anzi si vede meglio il por- pora sollevando il tubo , specialmente nei nuclei dei leucociti; anche 1' emoglobina prende una lieve tinta rosea. Dopo 24 ore tutte le miscele carminio-osmiche restate allo aperto ed alla luce sono immutate di colore e di trasparenza ; la purpurina nemmeno ha subito alcun cambiamento : la cocci- niglia è di un violaceo sbiadito, tendente al nerastro ; l' ematos- silina e l' emateina perfettamente scolorate, appariscono di un giallo sbiadito, sporco. Iil nessuna miscela vi è precipitato. Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. A<°ìdo foni lì co Adoperata la soluzione 1 : 600 in aequa distillata, (la quale ha forte reazione acida alla carta, più tòrte di quella dell'acido acetico), per i preparati trattati con la seconda fissazione, special- mente quella col sublimato : impiegata poi quella 1 : 2000 per i preparati fissati semplicemente col liquido di Lcgol e conservati in glicerina ed ancora umidi della stessa. Ho sperimentato altri titoli della soluzione formica, cioè di 1:300, 1:100, 1:50, 1:25, 1 : 12 e perfino 1 : 6 sui preparati fissati col sublimato; ed i risul- tati sono stati simili a cpielli che esporrò della soluzione formica 1 : 600, sia perchè le sostanze coloranti si comportano allo stesso modo, senza precipitare, sia perchè le emasie vi resistono perfetta- mente; solo è a notare che si perde sempre piìi in nitidezza dei preparati, perchè quanto più alimenta il titolo dell'acido formico, tanto più cresce la colorazione dell' emoglobina, in modo che il nucleo non risalta più a primo aspetto. Resta quindi la soluzione formica 1 : 600 la migliore per la buona riuscita della colorazione. Anche le soluzioni più deboli sino a 2000 sono buone , ma al- lora per i preparati fissati in sublimato la colorazione non si fa perfetta in un minuto, ma vi abbisogna un tempo maggioi'e (10-12 minuti). Colla soluzione di 1 : 600 di acido formico ho sperimentato, aggiungendo la maggior parte dei coloii di anilina basici ed acidi. Colori basici di anilina. 1. Bleii, di metile — Non cambia colore; non precipita; non si attenua col tempo. Colora di un grigio celeste l'emoglobina e di un bleu fòrte, nitido il nucleo dell' emasia; anche quello dei leucociti è colorato allo stesso modo , un poco più debolmente : Resiste bene al balsamo. 2. Verde di metile — Non cambia colore, non precipita ; si attenua un poco coll'andar del tempo, ma senza dar mai in- torbidamento o precipitato. Colora bellamente in verde il nucleo Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. 9 dell' emasia, in verde più sbiadito e torbido l' emoglobina. Colora in modo perfetto il nucleo dei leucociti, ma il verde è più chiaro, meno intenso di quello delle emasie. Resiste poco al balsamo. 3. Verde di malachite — Precisamente lo stesso del pre- cedente. 4. Miscela Biondi-Heidenhain — Cambia immediatamente il suo colore vei'de fulvo in un violaceo vinoso; non precipita iiulla, resta trasparente; non si attenua col tempo. Colora bene in un miuTito le emasie, colorando in violaceo 1' emoglobina ed in un bel verde il nucleo; anche il nucleo dei leucociti è ben colorato in verde. Il violaceo dell'emoglobina è in gran parte decolorato in glicerina, ma lascia bene il verde del nucleo. Nelle emasie ben modificate resiste benino al balsamo. 5. Violetto di metile — Non cambia colore; non s'intorbida, né precipita, uè si attenua col tempo. Colora in violetto bruno il nucleo dell'emasia ed in violetto l'emoglobina. Anche i nuclei dei leucociti sono colorati in violetto carico. Resiste bene al bal- samo. È un colore che ordinariamente colora troppo presto e for- temente. (). Nigrosiva ~ Non cambia colore , non s' intorbida , né precipita; non si attenua col tempo. Colora rapidamente in viola- scuro il nucleo dell'emasia, appena l'emoglobina; colora in viola meno scuro il nucleo dei leucociti. Resiste meglio di tutti gli altri al balsamo. 7. Vesuviria — Non cambia colore, non precipita. Non co- lora affatto o quasi 1' emoglobina e meno il nucleo nei Lugol e sublimato : colora invece in giallo-bnmo i :iuclei dei leucociti in modo che appena si guarda il preparato, il colorito speciale in- dica subito le cellule bianche del sangue. Ciò dimostra che l'acido formico non è che un grande coadiiivante della colorazione; ma se un dato colore è negativo, resta tale anche coll'aggiunta del- l'acido in parola, come é il caso della vesuvina. 8. Safranina — Non cambia colore, resta perfettamente tra- sparente : non colora affatto o quasi l'emasia sia nell'emoglobina, Atti Acc. Vol. XI, Serie 4" — Mem. IV. 2 10 Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. che nel nucleo. Foi'se potrà l'iuscire utile per la mitosi , colo- rando l'apidamente le figure cariocinetiche, come a me è occorso in un saggio; ma si devono moltiplicare le osservazioni, ciò che io stesso farò al più presto possibile. Colori acidi di anilixa. 1. Eo.sina — Diventa immediatamente di un color giallo arancio bellissimo; nessun precipitato in primo tempo, ma dopo pochi minuti v' è un fino precipitato rosso; per cui la miscela si decolora notevolmente; filtrata resta , però un lieve colore del- l'eosina. Colora in un minuto l'emoglobina in bellissimo rosa nei Lugol-sublimato, mentre la simile semplice di cosina colora poco, sempre sperimentando sui Lugol-sublimato. Importante è il fatto che il nucleo risalta, perchè incolore o quasi. 2. Aìiranzia — Diventa immediatamente di un color giallo arancio, rossiguo, vinoso; nessun precipitato. Colora in un minuto l'emoglobina dei Lugol-sublimato in giallo chiaro d' oro, mentre l'anranzia semplice colora meno. Anche qui desta interesse il fatto che il nucleo è incolore o quasi. Colobi a base di carminio. a) Carminio boracico (della stazione zoolog. di Napoli) — Cambia immediatamente colore da violaceo bruno in rosso vivo di fuoco., che poi diventa rubino; nei primi 20 a 80 minuti non s'intorbida, né dà alcun precipitato. In meno di un minuto colora r emoglobina di un rosso più o meno intenso opaco, mentre il nucleo è colorato molto più fòrtemente di un rosso vivo, che ha dello splendente. I nuclei dei leucociti sono anche ben colorati, ma meno; e colla decolorazione più o meno fòrte, dell' emoglo- bina, fatta dalla soluzione di acido cloridrico 1 : 600, la colora- zione del nucleo diviene più evidente, resta permanente e resiste al balsamo. h) Litio-carminio —Jiesta dello stesso suo colore e limpi- dezza; anche dopo varii minuti non colora che poco o nulla il globulo rosso: quando la colorazione si avvera, è diffusa. e) Picro-cai'minio — Non cambia colore , non s' intorbida Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Far mio-car minio. 11 né precipita : non colora affatto o quasi 1' emasia o soltanto in modo diffuso l'emoglobina; il nucleo poco o nulla. d) Allume carminio — Si comporta come i due precedenti. Ematossilina alluminata — Cambia subito colore, diven- tando di un violaceo sporco, tendente al giallo; se si aggiunge ematossilina finisce col diventale di un rosso giallo-bruno, come soluzione di vesuvina. Se invece del titolo 1 : 600 di acido foi'- mico, si sostituisce quello più debole di 1 : 2000, il colore della ematossilina si perde meno, ed aggiungendo ancora della soluzione colorante si arriva a far conservare il proprio colorito : in primo tempo vi è un lieve precipitato, ma filtrando il liquido resta de- finitivamente limpido e del colore violetto-chiaro a cui era arri- vato precedentemente. Quale che sia il colore dell' ematossilina tòrmica, colora bene in un minuto il nucleo delle emasie in un violaceo-bluastro forte, specialmente se si adopera quella che con- serva il proprio colore; l'emoglobina è debolmente colorata; il nu- cleo dei leucociti è di un violaceo forte. Resiste benino al bal- samo, ma le emasie devono essere ben modificate. Emateina — Si comporta precisamente come l'ematossilina, e con gli stessi risultati di colorazione. Cocciniglia — Cambia immediatamente colore diventando di un rosso giallo-bruno come vesuvina, con poco o niente intor- l)idamento. Colora rapidamente il nucleo in violaceo abbastanza forte; colora meno l'emoglobina, e bene i nuclei dei leucociti. Re- siste discretamente al balsamo. Purpurina — a) Ranvier — Non cambia colore, né s' in- torbida : colora benino in celeste i nuclei delle emasie, quasi niente l'emoglobina; colora in porpora tendente al celeste (se si abbassa il tubo del microscopio) il nucleo dei leucociti. b) Grenachee — Non cambia colore, ma preci- pita lentamente la purpurina, ciò che succede aggiungendo anche sola acqua distillata. Colora benino; ma vai meglio servirsi pei Lugol-sublimato della purpurina Greis^acher semplice, dopo aver immerso il preparato in glicerina; s'hanno colorazioni dopo un certo 12 Azione degli acidi nella colorazione nucleare. For miu-canuinio. tempo (una ^, .^ ora o più) bellissime : i nuclei delle emasie in celeste carico, un poco porpora se si alza il tubo; l'emoglobina ]>oco colo- rata; i nuclei dei leucociti colorati in uu bel porpora. Questi tatti sono ancora più evidenti assoggettando i Lugol-Grlicerina alla purpurina Geenachek. Se poi si fa la glicerina formica, 1 : 200, 1 : 400, 1 : 600 e poi la si colora colla purpurina Grenacher, non essendovi acqua, il miscuglio resiste perfettamente, non precipita mai, e dà le più belle colorazioni, come le indicate, ma più tòrti. Indaco -carminio — Non cambia colore in primo tempo , non precipita. Colora in un minuto l'emoglobina in celeste pal- lido, il nucleo in celeste bleu, dando un forte contrasto ove la modificazione dell'emasia è riuscita : i nuclei dei leucociti di un bel celeste. Il colore clell'indaco-carminio formico, conservato in boccetta, si attenua gradatamente, ed in pochi giorni è pertet- tamente scolorato , in modo che bisogna servirsene nella stessa giornata per avere una buona colorazione. Acido acetico Adoperata la soluzione 1 : 600 in acqua distillata, la quale ha forte reazione, acida alla carta reagente. Sperimentati soltanto, il verde di metile, (colore delicato che è un poco attenuato dal- l'acido formico), la nigrosina (il colore più elettivo), e la miscela Biondi-Heidenhain, la quale come si è detto, cambia di colore col- l'acido formico e coll'acido osmico. Il verde di metile attenua un poco il suo colore nella boc- cetta dopo un giorno, diventando di un verde-mare: in un mi- nuto dà le più belle e forti colorazioni verde-smeraldo del nucleo, appena di un verde sbiadito opaco dell'emoglobina. In questo verde di metile acetico nemmeno nei giorni successivi vi è trac- cia di precipitato. La nigrosina acetica non cambia né attenua il suo colore, non dà alcun precipitato: colora rapidamente in modo elettivo i nuclei delle emasie, e colora notevolmente anche 1' emoglobina, sempre però, in modo da differenziarsi dalla colorazione del nucleo. Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formiu-car minio. là La miscela Biondi-Heideiiliaia cambia colore, diventando vio- laceo-vinosa, come col formico, coll'osmico, ma nessun precipitato. Colorazione doppia stupenda; l'emoglobina in violaceo-vinoso ed il nucleo in verde, lavando coll'acqua; in glicerina, poi diminuisce molto il colorito violaceo-vinoso dell' emoglobina e risalta il verde del nucleo. Dopo 24 ore tutte e tre le soluzioni sono perfette come il giorno precedente. Il formio carminio non cambia colore, non precipita affatto. Coloi'a rapidamente in un ininuto il nucleo e l'emoglobina. Il carminio boracico, diventa un poco rosso vivo di fuoco, ma molto meno che coli' acido formico. Non colora quasi affatto uè nucleo, né emoglobina, nemmeno in 20 minuti. Non si ha alcun precipitato. Il litio-carminio non cambia coloi'e, non precipita. Colorazio- ne mancante nel nucleo e nell'emoglobina, ed anche nei leucociti. Il picro-carminio non cambia colore, non precipita. Colora- zione zero pel nucleo, per l'emoglobina, per i leucociti. Li'allunie carminio non cambia colore e non precipita. Lieve colorazione dei nuclei in bluastro. L' ematossilina. alluminata conserva il colore e non precipita neanche dopo 24 ore. Colora bene il nucleo iu violaceo-bluastro; la emoglobina in grigio \\n })0C0 oscuro. L' emateina perde un poco il suo colore diventando di un giallo-violaceo sporco, ma non precipita. Colora benino in violaceo- bluastro il nucleo, l'emoglobina appena in grigio. La cocciniglia, cambia il colorito in giallo-bruno come vesu- vina, e non precipita. Colora bene in violaceo il nucleo, e l'emo- globina appena in grigio tendente al rosso. La purpurina (Ranviee) non cambia colore e non precipita. Colora come la seguente, ma un poco piìi debolmente. Quella Gee- NACHER nel rapporto di due gocce su due gocce, non cambia co- lore e non precipita. Colora in pochi minuti molto bene il nucleo in pavonazzo, l'emoglobina in un rosso sbiadito. 14 Aziont! degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carniinio. I colori acetici 1 : GOO, se la fissazione non è stata fatta la seconda volta in sublimato, diradano il contenuto dell'emasia, da tarla quasi appaiare come ombra, come nei Lugol messi solo in acqua distillata; invece il borico rispetta sempre le emasie, anche non assoo-oettate al sublimato. "&&^ Afido Imh'ìco Adoperata la soluzioiie 1 : GOO in acqua distillata, che ha rea- zione acida molto debole, tanto da cambiare appena in violaceo la carta di tornasole. Colori di anilina — Sperimentati anche il verde di metile, la nigrosina e la miscela Biondi-Heidenhain. Nessuno di questi tre colori precipita nella soluzione borica. La nigrosina resta immutata nel suo colore e dà buoni risul- tati nel colorare le emasie in uno a due minuti, colorando sempre ed elettivamente il nucleo verso 1' emoglobina. 11 verde di metile cambia leggermente il suo colore nel senso che il verde tende al celeste-bluastro ; colora in un minuto nel modo più bello e forte il nucleo dell'emasia di un verde intenso, mentre l'emoglobina è anche colorata, ma relativamente poco : se si aggiunge l'eosina, l'emoglobina si colora in roseo ed il nucleo resta di un verde-smeraldo : i nuclei dei leucociti si colorano allo stesso modo in verde, ma più debolmente, come sempre in que- ste prove. I preparati, chiusi in glicerina, mostrano notevole decolora- zione dell'emoglobina, invece il colore del nucleo persiste. Dallo esame comparativo fatto si può dedurre, che il verde di metile borico (ed in modo simile anche il verde di malachite) riesce me- glio che con qualunque altro acido, meglio ancora che con lo stesso acido acetico. La miscela Biondi-Heidenhain, a differenza che con tutti gii acidi sunnotati, non cambia colore, restando del suo colorito verde- oliva oscuro; colora bene il nucleo in verde, ed in verde molto Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. 15 più debole l'emoglobina, non essendovi con questa miscela la co- lorazione speciale fatta dall'auranzia. Dopo 24 ore tutte queste soluzioni sunu immutate; soltanto quella al verde di metile, che tende sempre al colorito celeste, è appena opalina : filtrata lascia un po' di coloi-e verde sul tiltro, il filtrato serba lo stesso colore tendente al celeste, e riesce per- fettamente nella colorazione : questa, che come si è detto, tra tutte le soluzioni sperimentate è la più buona ed efficace pel verde di metile, resiste indefinitamente senza dar più intorbida- mento : dà la più rapida e forte imbibizione del nucleo dell' e- masia; spesso il colore è anche notevole nell' emoglobina , ma è allora in gran parte tolto dalla soluzione cloridica 1 : GOO, men- tre quello del nucleo vi resiste : anche la glicex'ina agisce allo stesso modo, sebbene più debolmente. La soluzione borica col verde di metile si può far restare parecchi minuti, anche mez- z' ora sui preparati di sangue senza alterare le emasie : lo stesso colore acetico , che è eccellente , chiarifica molto il contenuto dell' emasia : e finalmente lo stesso colore formico abbastanza buono, non si può far agire per. molti minuti diradando talora il contenuto, come l'acetico, sino all'apparenza di ombre. E siccome il colorito verde del nucleo dell' emasia, che più resiste in glicerina è a preferenza il borico, si può dire che la soluzione borica e la iJih adatta pel verde di metile , e che la combinazione riesce quasi elettiva. Carminio. — Né il fòrmio-carminio, nò il carminio boracico, né il litio-carminio, né il picro-carminio, ed infine nemmeno lo allume-carminio, cambiano colore , né danno ombra di precipi- tato. Anche per 20 minuti (Lugol-sublimato) lasciano incolore o quasi r emasia; il nucleo si colora appena un poco, almeno ciò appare quando il tubo è un poco alzato dal fuoco vero, ma ap- pena si abbassa scompare ed il nucleo prende un indeciso colo- rito bluastro con tutti i liquidi: ciò si avvera in parte anche cogli altri acidi. Ematossilina alluminata. — Non cambia colore e non pre- 16 Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. cipita. Colora molto bone il nucleo delle emasie in bluastro , i nuclei dei leucociti in rosso-bluastro, l' emoglobina appena di un grigio-blviastro. Emateina. -- Si decolora e diventa di un giallastro sporco, ma non precipita. Colora bene in bluastro il nucleo : appena la emoglobina. Cocciniglia — Cambia il colore violaceo in rosso, tendente al giallo, ha un poco dello scarlatto; insomma il colore è più rosso e più vivo che con gii altri acidi: non precipita. Coloi'a in po- chi minuti il nucleo in violaceo, l'emoglobina appena in rosso. Purpurina — fEANViEE) Non cambia colore e non precipita, Coldia benino il nucleo in porpora, che abbassando il tubo di- venta bluastro. La purpiuina Geenachee nella stessa soluzione borica, nella proporzione di due gocce su due gocce, non cambia colore e non precipita. Colora più fortemente e nello stesso senso delia pre- cedente : l'emoglobina appena in roseo, il nucleo in porpora che diventa bluastro, appena abbassando il tubo del microscopio. Acqua «liKlilIata Per comprovare se realmente giova la lieve acidità per la coloi-azione del nucleo delle emasie , ho trattato nuovamente i preparati di sangue, cavati e fìssati allo stesso modo ( Lugol e sublimato ) colle stesse sostanze coloranti, aggiunte nella identi- ca proporzione , una goccia su 9 di acqua distillata , impiegan- do lo stesso tempo, 2 a 4 minuti di permanenza sul preparato per la colorazione. Eccone i risultati. 1. Bleii di metile — Colora notevolmente il nucleo e la emoglobina : colora più fortemente i nuclei dei leucociti. Sbia- disce in glicei'ina. 2. Verde di metile — Colora notevolmente nucleo ed emo- Azione degli acidi -nella colorazione mtcleare. Fonnio-carnnnio. 17 slobina. Colora fortemente il nucleo dei leucociti. Sbiadisce in glicerina. 3. Verde di ìnnlacliite — Identico ai precedenti. 4. Miscela Biondi-Heidenluiin — Coloi'a benissimo il nu- cleo dell' emasia in verde, ma anche l'emoglobina in verde, più sbiadito ; colora più fortemente in verde i nuclei dei leucociti. In glicerina si decolora notevolmente fin dal primo momento. 5. Violetto di metile — In un minuto colora notevolmente in violetto l' emoglobina, in violaceo-bluastro il nucleo (anche a soluzione alhmgata). 6. Nigrosina — In due minuti colora benino il nucleo in celeste, l' emoglobina poco; più debole molto della nigrosina for- mica adoperata per un minuto. Succede lo stesso in 10 minuti : ma è più colorata l'emoglobina. Appena chiuso il preparato in glicerina sbiadisce molto il colore del nucleo , pei'ò sempre di- stinguibile. Dopo 24 ore non si distingue più, essendo completa- mente decolorato. 7. Vesuvina — Non colora affatto o quasi (Lugol-sublima- to) non solo 1' emoglobina , ma neanco il nucleo. Colora invece benino i Lugol-glicerina, ma la sola emoglobina, non il nucleo ; mentre è colorato il nucleo dei leucociti. 8. Eosina — Anche in due minuti non colora che appena r emoglobina : niente o quasi il nucleo nei Lugol-sublimato. 9. Aura II zia — Non colora affatto restando le emasie sco- lorate sia nel nucleo che nell'emoglobina nei Lugol-sublimato. 10. Carminio boracico I Anche in 4-5 minuti non co- 1 1 . Litio carminio \ lorano affatto o quasi 1' emoglo- 12. J^iero carminio 1 bina, né il nucleo; del resto non l'à. Allume carmirtio è colorato nemmeno il nucleo dei leucociti (s' intende liei Lugol-sublimato). Solo nell' allume car- nciinio vi è un' ombra di colorazione, specialmente dei nuclei dei leucociti. Chiusi i preparati in glicerina scompare anche la trac- cia di colorazione diffusa, se si era fatta. 14. Ematossilina — Non colora affatto in 2-3 minuti né Atti Acc. Voi.. XI, Serie 4" — Meni. IV. 3 18 Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Foriiùo-carniinio. emoglobina , né nucleo di emasie , né di leucociti ( sempre nei Lugol-sublimato). Se lo stesso preparato si assoggetta per un mi- nuto all'ematossilina formica, si colorano bellamente in violetto bluastro i nuclei delle emasie, ed in violaceo oscuro i nuclei dei leucociti; emoglobina quasi incolore. 15. Emateina — Anche negativa. i(). Cocciìiiglia — Nessuna imbibizione. 17. rarpurina — (Ranvier) Manca anche 1' effetto colo- rante. » — ( Geexachee) Riesce benino tenendola sui preparati per mezz' ora e più; i preparati devono prima es- sere bagnati in glicerina. Emoglobina appena rosea; nucleo roseo, appena alzando il tubo , violaceo-celeste abbassandu : nuclei dei leucociti porpora. 18. IiKlaco-carminio — Colora in due minuti in modo diffuso emoeiobina e nucleo di \\i\ celeste bleu. '«" Dai fatti esposti risulta che l' acido formico serve meglio degli altri acidi per rafforzare la colorazione del nucleo dell' e- masia, e pel carminio è il solo che riesce a questo intento ag- giunto al carminio boracico. Dopo aver ottenuto questo risultato positivo, prima di ini- ziare le ricerche che esporrò fra poco, non essendo a mia cono- scenza aver altri impiegato quest' acido nella tecnica della colo- razione nucleare, ho riscontrato ancora una volta la letteratura ed ho dovuto confermare che essa tace su quest' applicazione dell' acido foi-mico. Il quale è stato soltanto impiegato coll'acido cromico come mezzo fissante le figure cromatiche ed acromatiche (hquido di C. Rabl) (1), come coadiuvante del cloruro d'oro (LòwiTj (2) , che io stesso applicai anche allo studio delle reti (1) e. Rabl — Bemerkungeu iibcr (leu I!;iii unii ilio F.iitwii-khiM,!;- iIit (iewelie. Forlsfhritte t;iiiuiiì 1. <>(» Aiiiinoiiiacii. .... » S. 00 Ac(iu:i distillata .... » 100. 00 22 Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. 8i scioglie bene e si resta un" ora all' aperto. Si aggiunge dopo agitando sempre Acido foiiiiico .... gocce Jl' Acqua tlistill:it;i .... cine. 100 Il liquido non cambia colorito, non s'intorbida, resta di reazione fortemente alcalina, ma dopo 24 ore all' aperto la mi- scela è diventata torbida, rosso di sangue , non ha più odore ammoniacale, ha reazione leggermente acida : allora si filtra e si ha un liquido perfettamente limpido , anche osservandolo al microscopio, di color granato scuro bellissimo, come rubino al- l' orlo, ed a trasparenza nella goccia. Questo liquido è di reazio- ne quasi neutra, appena acida, non s' intorbida mai più e così resta indefinitamente , ( io ne ho parecchi saggi da vari mesi ) ; anche 2-3 gocce chiuse in una boccettina a tappo smerigliato si conservano limpide e con tutti gli altri caratteri dopo molti mesi. Se a questo liquido si aggiunge una debole soluzione for- mica, precipita immediatamente tutto il carminio , il quale in modo granellare resta in sospensione nel liquido diventato inco- lore. Ciò dimostra che nel fòrmio-carminio così ottenuto, l'acido formico si trova nella giusta j^i'oporzione e combinazione; in più o in meno non corrisponde più. Dalla formola esposta si deduce che il rapporto dell' acido formico alla quantità totale della miscela è di 1 : 600 ; ma è chiaro che in questa preparazione deve lasciare soltanto traccia di acido formico libero (lievissima acidità), combinandosi il resto coir ammoniaca e col carminio. Che questo liquido sia un for- mio-carnainio è confermato dal fatto, che a differenza di tutti gli altri liquidi di carminio, è un po' volatile, per vedersi co- stantemente le pareti della boccetta, al di sopra del livello del liquido, di un colorito rosso vivo, anche che la boccetta non sia stata mossa dal suo posto ; e non può essere che 1' acido formi- co, il quale è volatile alla temperatura ordinaria, che possa far questo. Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. 2'à L' ammoniaca non vi è necessaiia , ottenendosi essenzial- mente lo stesso col carminio boracico ; come non è indispensa- bile il borato di soda, ottenendosi anche un liquido con simili caratteri, facendo agire 1' acido formico sulle semplici soluzioni ammoniacali di carminio. Il formio-carminio è perfettamente solubile in glicerina, in modo che si può impiegare come glicerina colorata pei preparati di sangue estratto in Lugol, quando comincia l' essiccamento ai bordi. Se invece vi si aggiunge il 10 «/o di alcool assoluto , precipita un poco della sostanza colorante e poi filtrato l'esta in primo tempo trasparente, col colore un poco attenuato , riesce benissimo nell' imbibizione colorante anche per gli altri tessuti : dopo un certo tempo (vari giorni) si decolora un poco di più , e vi è di nuovo un po' di precipitato di carminio ; filtrato an- cora resta limpido, ma coli' andar del tempo subisce ancora de- colorazione e nuovo precipitato, sino a che si decolora quasi completamente dopo mesi, da non più servire ; mentre il foi'mio- carminio si conserva sempre perfetto nelle sue primitive qualità fisiche e chimiche, e quindi come eccellente liquido colorante di carminio. Come tutti gli altri lic^uidi coloranti a base di soluzione formica non ammuffisce mai ; almeno di tutti i miei liquidi co- loranti formici nessuno ha mostrato muffe da cii'ca un anno , anche aprendo spesso le boccette per uso giornaliero. Il formio-carminio colora in un minuto i nuclei delle ema- sie estratte nel liquido di Ijugol a preferenza, ma anche di quelle estratte negli altri mestrui, e tanto se si è fatta la seconda fis- sazione, quanto in quelli conservati semplicemente in glicerina: i preparati migliori si ottengono dopo la seconda fissazione in sublimato. L' emoglobina si colora anche, sempre però la colora- zione è più debole e di un rosso toi^bido. Se dopo la colorazione i preparati si lavano coai acqua , poco per volta si decolorano ed in pochi minuti completamente; in modo che allora bisogna evitare l'acqua ed invece allontanare il liquido colorante col li- 24 Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-canninio. quido decolorante, cioè la soluzione di acido cloridrico 1 : 600 in acqua distillata. Dopo questo lavaggio e decolorazione di mezzo ad un mi- nuto ed anche più, 1' emoglobina è più o meno decolorata , il colorito del nucleo lisalta sempre meglio , ne più si decolora in alcool o glicerina, né lavando i preparati in acqua; ed il lavarli dopo in acqua è utile per allontanare la soluzione acida. In modo che la soluzione cloridi-ica scioglie V eccesso del colore e nel contempo fissa quello dei nuclei. Dopo, i preparati si pos- sono anche colorare coli' auranzia per un minuto , ed allora in quelli riusciti s'ha la colorazione doppia, giallo-arancio dell'emo- globina e rossa del nucleo : così i preparati si possono conservare in glicerina, ovvero in balsamo ; nella glicerina resistono tutti, nel balsamo soltanto i meglio riusciti. Il formio-carminio ha sui preparati di sangue un' azione co- lorante energica, ma però meno forte , meno rapida di quella operata dal carminio formio-boracico istantaneo. >Si può adope- rare anche allungato in acqua distillata con gli stessi buoni ri- sultati ; vi abbisogna però in questo caso un tempo maggiore , parecchi minuti , per la suflficiente colorazione. I preparati di sangue coloiuti dal formio-carminio diventano più nitidi , e si scorgono i fatti più tì]ii di struttura. Il formio-carminio applicato alla colorazione dei tagli dei tessuti in generale rende importanti servigi, bastando un minu- to ed anche 30 secondi, se il liquido si adopera senza allungarlo, per colorare fortemente in modo diffuso ; passando poi diretta- mente i tagli nella soluzione idro-alcoolica 1 o/o di acido cloridrico per mezzo sino ad un minuto, tutto si decolora pertettamente, meno i nuclei delle cellule, che restano colorati in un modo per- fetto, e lasciano vedere ed appi'ezzare meglio l'intima struttura nucleare. Così nei preparati di tumori convenientemente fissati ed induriti, si scorgono a primo aspetto gli elementi cellulari con cariomitosi. non solo perchè risalta il colorito più forte della massa ^ Azione degli acidi velia colorazione nucleare. Formio-carminio. 25 croraatica del nucleo, ma anche perchè si vedono molto più chia- ramente le modificazioni cinetiche avvenute nella sostanza stessa: anche nelle cellule a stato di riposo si apprezzano meglio i nu- cleoli e la costituzione filai-e del carioplasma. E non è soltanto pei' tutti i tessuti che la colorazione si fa pei-fetta. , ma questa riesce sempre qualunque sia stato il metodo di indurimento; in modo che si colorano perfettamente non soLì i preparati conser- vati in alcool, ma anche quelli fissati col sublimato, col liquido di MiiLLER. di Flemmixo, di FoL. come piu-p quelli conservati in formalina, o in cloruro di zinco. Io aveva già fatto il paragone cogli altri liquidi a base di carminio , e trovata la superiorità del formio-cai-minio sia per la rapidità della colorazione, che per la nitidezza dei preparati ; ma ho voluto ritornarci sopra e far- ne un paragone sistematico coi preparati degli stessi pezzi in alcool, in sublimato, in hipiido di Mììller, di Flemmixg, di Fol, in tormalina, in cloruro di zinco , ed ho nella stessa giornata colorati i tagli di ciascuno dei pezzi suddetti nel tormio-carmi- nio, nel carminio boracico, nel litio-carminio, nel picro-carminio, neir allume-carminio per un minuto, e poi decolorati tutti anche per un minuto nella soluzione idro-alcoolica cloridrica. Il fòrmio-carminio vince tutti per la trasparenza dei prepa- rati, per la forza e nitidezza della colorazione ; gli si avvicina f5oltanto il carminio boracico (della stazione zoologica di Napoli) e poi il litio-carminio ; col picro-carminio la colorazione è molto debole, coli' allume-carminio è minima, anzi nei preparati di pezzi conservati in liquido di Mììlleb, formalina, cloruro di zinco, la colorazione è pressoché nulla in uno o più minuti. Oltre ai pre- gi notati, il formio-carminio ha esso solo la proprietà di colora- re i nuclei delle emasie del sangue estratto nel liquido iodo- iodurato. ed in qualche minuto; mentre colorano in modo dif- fuso r emasia, o non colorano affatto, neanche il nucleo, i liquidi migliori di carminio, cioè, il carminio-boracico ed il litio-carminio. Atti Acc. Voi.. XI, Sekie 4" — XIimu. 1\'. 26 Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. Dopo il già esposto sorge naturale la dimanda : in che mo- do gii acidi agevolano 1' azione dei colori sulla massa cromatica del nucleo, rendendola più forte e permanente, specialmente poi sui nuclei delle emasie. Già r impiego degli acidi a questo scopo è da molto tempo conosciuto e messo in pratica. Sono comunemente risaputi da chi ha pratica microscopica il carminio ossalico di Thiersch , (acido ossalico), il picro-carminio di Ranvier (acido picrico) , il carminio acetico di ScHwEinriER-SEinEL detto anche carminio acido, e quello di Schneider , il liquido di Westphal (acido acetico) , ed il canniiiio alluminato all'acido acetico di Hennegues e Bol- LEs Lee, il canainio di Partsch e ùrenacher (acido fenico), il carminio alcoolico acidiitato di P. Mayer e quello di Emery (acido cloridrico), il cor minio borico di Arcangeli (acido borico); come pure l'emafossilina acida di Erlich (acido acetico), e final- mente pei colori di anilina, il rcrde di metile acido di Carnoy^ CuRscHMANN, Erlioki (acido acetico) : la fucsina fenica di Ziehl (acido tenico), Va picro nigrosina di Martinotti (acido picrico): e si sa che tutti questi liquidi servono bene specialmente nelle occasioni di difficile colorazione, e nello stesso tempo danno ra- pidamente l'effetto. Io ho adoperato, secondo il già esposto , gii acidi osniico . formico, acetico e borico, non già per colori speciali, ma in mo- do sistematico per la maggior parte delle sostanze coloranti di origine animale, vegetale e minerale. Dei quattro acidi da me sperimentati i due primi, cioè, 1' osmico e il formico sinora non erano stati adoperati in tecnica, il solo formico per l'impregna- zione al cloruro di oro delle sostanze protoplasmatiche, mai per la colorazione della sostanza cromatica del nucleo; l'acido borico poi era stato adoperato soltanto dall' Arcangeli pel carminio ; r acido acetico invece aveva avuto un' applicazione più larga pel carminio, per 1' ematossilina, ed anche per qualche colore di anilina. Lo studio metodico da me tatto, conferma l'azione coadiu- Azione degli acidi nella colorazione nucléui-a. Foi-nùo-carminio. 2i vante degli acidi pei colori nucleari non solo . ma anche per i colori acidi, i quali per lo più cambiano di colore grossolana- mente, ma colorano sempre in quel modo eletti v-o le masse che non sono nucleari: colla preparazione poi del formio-carminio si rende possibile e persistente anche con questo colore il nucleo dell' emasia; ciò che io non aveva potuto ottenere con tutti gli altri preparati conosciuti di carminio. Si conferma la rapidità della colorazione, anzi col fòrmio-carminio in meno di un mi- muto si colorano fortemente tutti i tessuti, comunque conservati, ciò che faceva soltanto in alcuni minuti un liquido acido di carminio dei più energici, il carminio acetico di Schneider. Si conferma ancora la persistenza del colore, non solo per le prove ottenute in ogni colorazione , ma principalmente per quella al verde di metile , che è la più delicata , e che rapidamente si perde in alcool, nella soluzione cloridrica, in glicerina, mentre il verde di metile acido, (anche quello di malachite;, a preferenza il borico, resiste anche per varii secondi all'alcool, alla soluzione cloridrica 1 : 600 per un minuto, e resiste definitivamente alla glicerina pel nucleo delle emasie tenute appena per 1-2 minuti sotto r azio2ie colorante , decolorandosi allora soltanto 1' emoglo- bina, il nucleo poco o nulla. Si conferma infine il gran pregio di rendere maggiore la trasparenza dei prepai-ati, per cui si possono apprezzare i fatti più intimi di struttura, anche nucleare, spe- cialmente coll'acido formico, senza che la struttui-a stessa ne soffiu; in quella piccola quantità l'acido formico non rigonfia neanco i globuli rossi del sangue, previamente fissati. Se, dopo questi fatti conosciuti, si cerca penetrare più ad- dentro la quistione, quest'azione degli acidi, a mio credere, do- vrebbe essere doppia. Da una parte essi attenuando e chiarificando il contenuto cellulare, come è risaputo, devono con ciò assotti- gliare e rendere più permeabile il limite della sostanza filare del protoplasma verso il nucleo e dilatare quei forellini che devono trovarsi (C. Schneideb) (l) nello strato di protoplasma condensato (1) e. ScilNKiDUK— rft'c /illftni(kliiniì—yA)o\. Auzcint-r, IXill— N. 3;^5 p. U v \. H36 \). 47. 28 Azione degli acidi nella colorazione nucleare. Formio-carminio. attorno al iincleo , attraverso i quali passano i filamenti proto- plasmatici che vanno sni cromosomi. In questo modo devesi age- volare l'arrivo e l'azione tingente del colore, del qnale pei'ciò vi si deve fissare in breve tempo una quantità maggiore, per cui la colorazione diventa più persistente. Dall' altra, 1' azione deco- lorante dell' acido stesso fa. con facilità decolorare quelle parti che hanno poca affinità coi colori nucleari, come il protoplasma, il pai'aplasma e sostanze di formazione secondaria. Tutto quello che ho esposto per la colorazione del nucleo dell'emasia, e principalmente la poca facilità della colorazione, la la colorazione dopo il trattamento con mestrui speciali modificanti il protoplasma, la colorazione forte che si ottiene coi colori nu- cleari coadiuvati da acidi, e la decolorazione che vi è più diffi- cile, lina volta avvenuta, anche paragonando coi nuclei dei leu- cociti che si decolorano più facilmente di quelli delle emasie, pare che confermi questo modo d'interpretazione; e nello stesso tempo giustifica la difficoltà pel trovato del nucleo dell'emasia, cosi come si durò tanto tempo per scovrire e colorare il bacillo della tuber- colosi, per colorare le sjDore, in cui senza aiuti speciali alla colo- razione (acidi, alcali, calore) sarebbe mancato questo importante mezzo di tecnica pel ricoaioscimento di questi minimi esseri vi- venti, i quali però una ^'olta coloi'ati, l'esistono notevolmente agli ordinari mezzi di decolorazione. In tutte le colorazioni del nucleo dell' ema.sia ottenute con la serie dei mezzi enumerati, olti'e la speciale affinità chimica pei colori si apprezza costantemente nn fatto fisico, che già risalta an- che senza la coloi'azione, e che è di un interesse decisivo per la esistenza del nucleo stesso. Girando la vite micrometrica, per poco che 1' obbiettivo si allontana dell' emasia, il corpicciolo e specialmente la sua parte centrale appare appena colorata dal colore impiegato, e questo è più chiaro, splendente; se invece l'obbiettivo si accosta, il colore è più carico, jìiù scuro da passare p. es. dal celeste al bleu. Azione degli acidi nella cciuolo per dai-gli i] valore reale di nucleo. (1) D[T.IAni>I\ — L'iilKrmilrin- un iiiirriKcojK' — l'iiris 1S]5 (pMi;. .").ì). ]?Ieinoria V I pesci e la pesca nel Compartimento di Catania con due note sui generi I^aemarj»us e Iflaeiia del Dott. ENRICO SICHER L' importanza sempre crescente che va assumendo la pesca in Italia, e il conseguente bisogno di allargai^e la cei'chia di quelle cognizioni che mirano ad accrescerne lo sviluppo e la produttività, mi hanno spinto a pubblicare questo catalogo che si riferisce ai pesci d' acqua dolce e salata del compartimento di Catania. Altri cataloghi sull' ittiofauna di questa provincia erano stati precedentemente pubblicati dal prof. Carlo Gemmellaro nel 1864, che riscontrò 118 specie e dal prof. Andrea Aradas nel 1871 , che ne aggiunse altre 51: ma tali pubblicazioni non più rispon- dono alle esigenze della pesca e della scienza, poiché registrano un troppo esiguo numero di forme, talvolta sotto determinazione errata. Non presumo di dare un catalogo completo: qualche nuova forma rara <> immigrata potrà ancora essere aggiunta , in tal caso però sarà di nessun interesse per la pesca, soltanto avrà valore per la fàuna. Ho riprodotto per ciascuna specie quelle maggiori e più sicure notizie che fu possibile raccogliere fra i pescatori e che riguardano il periodo di pesca, il prodotto giornaliero, gii inge- gni usati, la frequenza delle singole specie, il pregio alimentare e le località di dimora stabili o temporanee, facendo precedere a tutto ciò brevi descrizioni intorno ai vari ingegni adoperati nelle acque dolci e salate, indicati col nome locale. Atti Aco. Voi,. XI, Seeus 4^ — Meni. V. 1 1 pesci e la pesca nel Comparti inento di Catania. Tali notizie, se ancora saranno allargate e raccolte in tutti gli altri compaitimenti , jjotranno in seguito guidare a qualche importante conclusione d' indole generale e sopratutto contril)ui- re allo studio delle condizioni biologiche di tutta la costiera italiana, facilitando la scelta di quelle zone o campi marini che, riconosciuti come centri di riproduzione e di sviluppo , saranno vietati alla pesca delle reti a strascico , o comunque sottratti a quelle caiise che potessero turbare le normali condizioni d' am- biente favorevoli alla moltiplicazione dei pesci. Sull'influenza che esercitano le reti a strascico non tutti hanno espresso lo stesso giudizio : chi ne difese 1' esercizio per atto umanitario verso il gran numero di famiglie che praticano quella pesca; chi, poggiandosi su osservazioni di fatto , fece ve- dere il poco nocumento ciie determinano sui fondi fangosi (cosi il Dohrn per le paranze che pescano nei golfi di Napoli e Poz- zuoli); chi ne riconobbe 1' azione perniciosa e ne domandò per un certo periodo il divieto al Ministero di A. I. e C. , come fece la (.'ommissione composta dal prof B. Grassi , dal cava- liere (jT. De Agostini comandante di porto e dal cav. S. Mira- beli pel litorale algoso che si estende fra Scilla e Bagnara , quando nel 1892 fu chiamata a comporre la vertenza sorta fra i due comuni per 1' uso della sciabica nei mesi di giugno e lu- glio, epoca della riproduzione delle minole e delle cialde. Qualunque la soluzione del problema , che probabilmente verrà parziale, dopo compiuti e su più larga scala estesi gli spe- rimenti che oggi sono iniziati sulle spiaggia di Termini e Ca- stellamare , mi permetto intanto di osservare che i danni che recano le reti a trascico (almeno in questa provincia) sono sem- pre gravi, non per 1' azione che possono esercitare sul fondo, ma per la natura del loro sacco, formato più che da una maglia, da un vero e fitto tessuto attraverso al quale a stento può l'acqua avere uno sfogo. Sono persuaso, che anche in questo compartimento maritti- mo, come in quello di Napoli , lo strisciare delle reti a trascico / pesci e la pesca nel Compartimento di Catania, sul fondo marmo non appoi-ti che lieve nocumento . poiché al- cune (il tartarone) sono adoperate sui fondi fangosi lungi dalla spiaggia, altre tira,te da terra sui fondi sabbiosi là ove la spiag- gia scende con dolce pendio. Di fanghi e di sabbie è infatti co- stituito tutto questo litorale ; le sabbie estese fino ad 1 e 2 km. da terra, raramente interrotte da fondo roccioso e solo fra Aci- trezza e Capo Mulini sostituite da campi di alghe; i fanghi por- tati al di là di questo limite. Ora per ciò che riguarda 1' uso del tartarone in alto mai-e , mi rimetto all' avviso espresso dal Dohrn, e per ciò che concerne la sciabica, la rizzala e la rizzo- ledda che sono tirate dalla spiaggia , parmi legittimo 1' ammet- tere che nessuna influenza perniciosa abbiano a recare , poiché strisciano su quei fondi sabbiosi che sono dalle burrasche conti- nuamente smossi fino alla profondità d'una quindicina di meti'i, dove perciò non è impossibile che si stabiliscano colonie fisse di animali o che questi vi trovino tranquilla dimora per lo svi- luppo. In conclusione, considerata la natura del fondo marino di questo litorale, mi pare possa essere permesso 1' esercizio delle reti a trascico che danno al mercato un quarto circa del pro- dotto totale di pesca, ma tale concessione dovi'ebbe essere subor- dinata alla modificazione, secondo la legge , della maglia-tessuto del sacco che trae a morte sicura un numero infinito di forme giovanili, senza che ne venga alcun vantaggio al commercio. Ben poca importanza ha invece la pesca di acqua dolce , intorno alla quale ha di recente scritto l'egregio pi'of. D. Vinci- guerra in una relazione al Ministro di A. I. e C. ; io aggiungo i miei appunti parlando dei metodi locali che sono particolar- mente usati al Biviere ed al Pantano di Lentini. Ringrazio vivamente l' illustre prof. B. Grassi per gii ap- punti favoritimi sui pesci da lui raccolti fino al 1893 , assieme al Dr. Tutolomondo; del pari sono riconoscente al comandante di porto cav. G. De Agostini ed al prof. Calandruccio che mi- sero a mia disposizione quanto poteva interessarmi negli uffici / pesci e la pesca nel CompaHhnento di Catania. della R. Capitaneria e nel gabinetto di Zoologia della R. Uni- versità. INGEGNI DI PESCA USATI NEL COMPARTIMENTO DI CATANIA PESCA DI ^I A R E Reti a sfrast'ioo Sciabica. — È nna rete a due ali, disposte verticalmente, di 120 m. circa di lunghezza ciascuna e dell' altezza di m. 4 ; il sacco ha una lunghezza che può arrivare a 15 m., con (i di lar- ghezza, raccoglie fino a 200 Kg. di pesce. Le due estremità co- minciano con maglie larghissime che vanno sempre più restrin- gendosi fino a raggiungere il sacco intessuto di tòrtissimi fili , mano mano più ispessiti e così strettamente congiunti da for- mare quasi una soda tela che a stento può dar passaggio al- l' acqua. Viene calata in semicerchio da una barca, a due chilometri circa dalla spiaggia, da dove per mezzo di corde robuste, legate alle due estremità, viene tirata poco a poco con la fòrza di 20 uomini o più. Il pesce racchiuso entro il semicerchio della rete si riduce al centro di essa ed è costretto ad entrare nel sacco. È adope- rata quando il mare è tranquillo. SciABiCHELLA, TAETARONE, BAGNO. — Questi ingegni sono co- struiti come il precedente, ma sono di dimensioni più piccole ; il loro sacco può raccogliere fino a 50 Kg. di pesci ; vengono tirati in alto mare e nei laghi, eccezionalmente nei fiumi. RizzoLA (tartana grande, tartana). — Ha la tórma e le ma- glie delle reti testé descritte ; il sacco, più voluminoso, può l'ac- 1 pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. cogliere fino a 150 Kg. di materiale, è liiugu 10 m. e lai'go 3; le ali misurano 70 m. cii'ca e cadono vei'ticalmente, però i due lembi , superiore ed inferiore , sono ravvicinati dal lato interno formando un largo canaio laterale lungo il quale corrono i pesci al sacco. RizzoLEDDA (fftrt(iìiella). — Non differisce dalla lìizzola che per la pi-oporzione minore ; il sacco non raccoglie più di 80 Kg. di pesci avendo una lunghezza di (3 m. od una larghezza di 5; le ali non superano i 20 m. . La Rlzzola e la Rizzoledda sono calate vicino a spiaggia quando il mare è agitato (maretta). Angamo. — È un semicerchio di ferro della lunghezza di cir- ca 3 m., cui sta legato in giro un sacco a rete assai forte for- mato da maglia strettissima. Viene calato vicino a spiaggia e pesca strisciando sul fondo ; raccoglie di regola gamberi ma con essi tutti quei pesci che incontra. Fu proibito a Catania dal Ministero di A. I. e C. con no- ta dei 28 settembre 1888. Ragustina, kagustinella, pulica. — La Eagustina non è dis- simile dal tartarone ; ha una lunghezza di 300 m. ed un'altez- za di 26 ; viene adoperata assieme ad un' altra rete da posta detta Tonnera (1) che ha le stesse dimensioni ed in genere una maglia di 4 cent, di lato. Scoperta una zona l'icca di pesci di superficie , la tonnera vi è calata all' ingiro da due barche, e subito poi, quasi aderente alla parete interna di questa, viene calata del pari la ragustina detta da palamidi, le due estremità della quale maneggiate da due altre barche si uniscono in un punto stringendo sempre più il pesce imprigionato e costringendolo ad entrare nel sacco. La ragustinella o pulica è più piccola e serve sopratutto alla pesca dei .sauri, ha una lunghezza di 100 m. ed una lar- (1) Questii rete varili molto le sin- ]iro))orzioiii. olii iii:iKSÌ"i'i 'Itl'ii 0 m. . Zygaexidae Zygaena malleus \'al. X. V. l'inri )iiitrtc(ì(ìi(, pixri crozzn. Fu segnalata raramente (da 0 a 2 individui al giorno) ed in estate l)iii che nelle altre stagioni a l'ijiosto, Acitrezza e lìnicoli soltanto: ha carni dure, indigeste. I. di pesca i bolestrici, i consi, 1' amo grosso ed i pahiiiimari. Hdliitat presso il fango a L'O m. circa di in'of'ondita. MUSTELIDAE Mustelus laevis lìiss. X'. V. raluìHiiiti piiitii. Questa specie è piuttosto comune a Catania ed a lirucoli, manca nelle altre località; frequente nei mesi di luglio ed agosto, durante i quali la pesca ]>u(t fruttare tino ad 1 quintale di individui , rara invece negli altri mesi. La sua (^arne noi: ha alcun iiregio. ('■ mangiata solo dal i)Overo. I. di pesca, i consi, la lacciara, i i)alummari. Habitat presso il fango o la sahliia a profondità fia 1."» e -!(» m.. Mustelus vulgaris, :m. Hle. X. V. l'ai II timi II. Questa forma è molto piti frequente dell'altra; nei mesi caldi special- mente, da maggio a settemhre , la sua pesca può dare tino a due quintali di individui al giorno. È comune da (Jatania tino al capo Passero, piìi scarsa da Ognina a Riposto. Ha pochissimo pregio alimentare. /. di pesca .1 il tartaroue , i palunimari, i consi, i holestrici , talvcjlta an- che la sciabica. Habitat presso il limo, piii di raro fra gli scogli . a )irofoudita di 1 ."> a .">() m.. Ifì / jìesci e la pesca nel C'onijìarfiineììfo di Catania. Lamnidae Oxyrhina Spallanzani <'. \\]t. N. V. 'riiiniìi pahimitu. A])ii;uisc*' abbastanza frequeiitt' mllc divcisc locnlita di (jucsto iiiarc: vive a lior iT ac(iua dove si pesca con l' amo mosso e coi colisi. Spesso i-a.n.uiiuijic grosse i>ropoi/,ioiii : jniò linscirc ])cvicolosa ai ])c- scatori. Carcharodon Rondeletii M. Hle. >". V. Tkiiiiii p<(l((iiìiti( ili fintini. Differisce dal i)it>cedeiite solo iieiclie al)ita a grande profondità eile. Alopecias vulpes ^I. Hle. N. V. l'ixri sìirrì, ,ro- fondità molto maggiore. NOTIDANIDAE Hexanchus griseus Raf. ]S'. V. risei vacca. Accidentale. I pescatori atteruiano averlo pescato, nei mesi tìeddi. nei golfi di Catania, Angusta e Siracusa con le nasse da gamberi prov- vedute di amo. Abita presso il fango fra KM) e l'dO metri di pro- fondità. Heptanchus cinereus Haf. >.'. v. l'isei inieiorii. Accidentale. Abita a grande i)rofondità. Un solo esem])lare. |)reparato dal I)r. Tntolomondo. (■ conservato nel :\Inseo dell' Università. SCYLLIDAK Scyllium canicula <'uv. >{. V. fadiììizzii, jiiffii piiriìii. / pesci e la pesca nel Comjmrtimento di Catania. 17 Scyllium stellare Gtlir. N". y. Iiittii p(( il 30(1 m. e a ([ualche mi}ilio dalla costa. Prestiurus melanostomus i>ii. N. V. Vacca reddd. 8i i)esca, coi soli cojisi, in tutto 1' anno, ma più specialmente da aprile a jiiusno (1(1 a 20 individui per giorno), jkiì la sua cattura diviene accidentale ; la carne è mangiata solo dal volgo. Habitat presso il fango a profondità di 70 a .'tOO m.. Spikacidae Centrina Salviani lìiss. N. V. iSid-ici di fiiiniali, Achilli. Questa forma assai rara apparisce eccezionalmente nel golfo di (Jatania durante V inverno. /. di pesca, il tartaroue e talvolta le nasse. Hidjitat |)ress(> il limo a profondità di 40 a l.")(i m.. Acanthias vulg-aris Ri ss. X. V. Spiiicildii. Acanthias Blainvillii Itiss. ]sr. V. rjatii. Cornimi; si ])escauo tutti i giorni (da 1 a .SO individui) coi eonsi; le loro carni hanno uno scarso pregio alimentare. Hairìtat sulle coste faugose a profondità di circa 100 m.. Centrophorus granulosus M. Hle. N. V. Ofif/hiaru. Come le precedenti ; il periodo di pesca va da^ luglio a -settendjre, nel (jual tempo la carne si fa piìi commestibile. Spinax niger Cloquet. X. V. Diavulicchiu di mari. Eccessivamente raro. Atti Acc. Vol. XI, ^^l•;RIF, 4" — Mera. V. 3 18 1 pesci e la pasca nel Conijiart/iuciifo di Cafuìiia. SCYMNIDAE Scymnus lichia <'iiv. N. V. Dianihi di fumm, pisci ninni di f ninni. PesciLsi eccezionalmente una voltii o due all' anno coi consi, :i inulun- (lità tino a .'?0() ni.. Ha un discreto prej^io alimentale, hi sua pelle è utilizzata dajili ebanisti. Laemargidae Laemargus brevipinna. M. llie. X. \. Acliilli impiridli di funiiK, Erciili. È forma rarissima, Jion ancorar rejiistrata jter la f;iuiia locale ed mi- che per la italiana. A ricordo dei pescatori non apparve in (|ueste acque che due volte soltanto, nel novembre IS'.ti' e il LS tebl)rajo is;».'!. Quest'ultimo esenii)lare , di sesso femminile . è conservato in ([uesto ^luseo assieme ai molti embrioni api>eiia s\ilu])iiati che coiiten('\ ii. La pescai tu praticata coi consi a lìor di fa]i.i;o ed alla protVnidità di 1000 ni. circa in una località rim|)ett(> albi fix'c del Simeto ;i l'i' Kiii. di distanza. Squatinidae Squatina oculata Bp. X. V. tSqiKltni. Squatina laevis <"uv. N. V. S(iii(itrn. Scarse (1 a 4 individui in un j^ioruo): si pescMiio di solito da lvi]i(>st(> ad Augusta. La loro carne è dura e solo manciata dal i)()vero. /. di pesca, i consi, i bolestrici, i lacciari ed i paurari. Habitat presso il fango a profondità di ò a 20 m. la prima, tino a S(i m. la seconda. Rhinobatidae Rhinobatus columnae Lp. N. \. risei citarra. Apiiarisce specialmente da settembre a novembre alla plaia
  • (''SC<( il tartarone, i c«)hsì, le nasse, i bolestrici ecc.. Hiihitiif sui fondi limacciosi e sabltiosi a ]ioca ])r«)fon«lità. Eajidae Raja clavata. I'«im. X. \. l'iriirii piiviifiii Raja asterias. K«nn. N. V. (fiiiittritccìii. Raja punctata. Kiss. X. V. Picara tiiniiii. Raja fullonica. (J.) Kiss. X. V. ì'iriirii npiii 11X11 liitfiiriililiisa Raja radula. De la lì. X. \. l'iriiril pctl'lisii. Raja oxyrhynchus. L. X". V. l'iciini sc(ij)iiriii(i. Raja macrorhynchus. llat'. X. V. l'iciirii inoiiiicii. Raja miraletus. L. X. V. l'icani liscia. Queste specie si pescano Innyo tutte le co.ste e talora nei golii, nelle varie epoche dell' anno, la E. clavata però è jiiù frequente nello in- verno. La R. fullonica è propria al solo golfo di (Catania, r asterias a quello di Catania e di Aixgusta. Sono forme che vengono scarsameute sui mercati, limitate per lo più a pochi individui per specie; la più ab- bondante è la a. a.sterias (fino a 20 Kgr. in un giorno) , mentre le 20 1 pesci e la pesca nel ('oni/Hirt/iiienfo di Catania. tre iiltiliit' UDII ;i|)|):iiisc()iio clic cccczioiialinciitc. 11 cuiiiiiicicio non visciit(^ iicssiui (hiiiiio (l;i (|ucst;i scinsczza caiis:i il ]inci( jivcuio delle loro carili. I. di ])csca i colisi , il tartaruue , i boicstrici , il liiinlassole . meno jili altri ordifiiii. Hdìiitdt |)resso il t'aiij^i) a(li\'ersa piolonditii: l;i lì. cliinita i\\\ ."lO a !.")(• iii.. V aste ria. s da 10 a 7(l ni., la jiinictatii a (ili in. circa, la fidliniìcii da .•5(» a .")(! in. la rati Illa da ."".(» a 100 ni.. Trygoxidae Trygon thalassia 'SI. Mie X. V. \'/istiuiiayi. Trygon pastinaca Cuv. N. V. Buijyliiit. Sono forme assai scarse (da 0 a ."> individui in un f;ioriio) or (luattro anni. Il 5 diceiiibie IS!».') uno ne apparve su (pu'sto iiiercato preso a Sen- gliitti (Vittoria). H((hit((t a grande ])rotondità. TELEOSTEI LOFOBRANGHI Syngnathidae Hippocampus guttulatus Cuv. Hippocampus brevirostris Cuv. N. v. ('(in((ì(hizzì( (li iiiari. Eari (da (• a 4 individui al giorno), nel golfo e alla plaia di Catania. I. (li pesca, il tartarone, la sciabica, i bolestrici ed anche le nasse. Btiìntdt ])resso le alghe a ])rofoiHlità di pochi metri. Siphonostoma argentatum K]). N. v. A(iii(i individui in un giorno). Si pesca hiiigo tutte le coste nello stesso modo del precedente. Habitat presso il fango e le alghe a ])rofondità di (]ualclie metro. 22 / pesci e la pesca nel Compartimenfo di Cataìiia. PLETTOGXATI OfiTAGORISCIDAE Orthagoriscus mola Sclm. N. V. l'ixci t<(iiihiiritii(, Mola. Scarso; iii)])avisce s])e('ialiiieiite nel uollo di Catania. I. (li pi'xcii il yaiiciu. tal\nlta si prende emi le mani u nelle tonnare. È pifi eoniuiie da aprile a settembre, però non se ne i)Ossono avere ])iù (li UTi centinaio ogni anno. Piuttosto cattivo a nianjiiarsi , è di ditticùle di<>estione. Xell'ai)rile 1S!)2 rinipetto ad Acitrezza fu (cattu- rato CI»!! le mani un esemplare del ])eso di .">(• Ivi;-.. Hiìliitiit a tior d'actpia in lno}ilii dove la profondità su]>era i 100 metri. Balistidae Balistes capriscus L. (ini. N. V. Pìsci jìorcK, Bal('xfr((. Comune ad Osnina. e A(-itrezza. I. di pesca la sciabica ed anche le nasse. Si pesca iìi tutto l'auuo, ma è \n\\ frequente in primavera e nell'estate; di regola i pescatori non raccolgono questa specie che a])paTÌsce ra- ramente ad eccezione d'un pajo di volte ogni estate che viene pe- scata in grande abbondanza. La sua carne (' ordinaria. Hdliifdf nel tango, nella sabbia ed anche trovasi alla sui)erticie deirac(pui. PHISOSTOMI Anguillidae Anguilla vulgaris. Turt. N. V. Aiiciress() il fango a poca profondità. Conger vulgaris. Cuv. N. v. h'inii/K ili fanfiii e di rocca. Comune, massime nell' inverno, la sua pesca giornaliera varia fia .". e / pesci e la pesca nel Co raparti mento di Catania. 2;? IIKI cliiliij^iiiiiiini : l;i sua canic non lia 11 |)rc;;i() di (|uclla dt'H" aii- jiiiilla t'd ('■ ([iiiiidi lucilo ricercata. 7. (li pesai, i colisi, le nasse e il taitaroiic. Habitat ])resso le al;L;he e .uli scogli . clic, ([iiaiito iiiù svllupiiato e tanto più presceglie lontani dalla spiaggia. La iiiotondita di pesca varia a se(^onda dell'età tra 1! e l'OO ni.. Congromuraena balearica \\\>. N. V. Ciri III imi. (Joinune a ('atania, meno frc(|uente nel porto di Angiisia. Abbonda siiecialnientc da novembre ad aprile , nella (piai epoca la pesca può ti-nttare tino ad un quintale di individui, mentre da a])ri]e a novembre e nulla o in ogni modo semiu-c molto scarsa. La smx carne è un po' dura «piiiidi non tanto ricercata. I. (li pcKcn, il tartarone ed anche la sciabica. Habitat in bn)glii fangosi a profondità di 5 a 20 m.. Congromuraena mistax. Kp. N. V. Buttiieaiiali. Trovasi ad Atntrezza. ]>in raramente a Kiposto, di preferenza nell" in- verno (da 1 a 20 individui al giorno) che non nell' estate. La sna carne è inferiore a (piella del eonyer. I. (li jicnea, il tartarone, i colisi, le nasse. Habitat presso gli scogli, ed anche sui tanghi e le sabbie a profondità di 10 a .SO ni.. Ophichthys serpens (Ithr. N. V. Serpi iiiijiiriali o loiu/a. Ophichthys hispanus. (rhtr. X. V. iSerjii iiKiiiiea, ili fiiiniiili. Si pescano in tutto l'anno ma assai scarsamente (da 0 a 4 individui al giorno) ; le forme giovanili sono più abbondanti e «pialche volta hanno dato parecchi Kg. di pesca. (Questa si pratica, nel golfo di (Ja- taiiia e al fiume Sinieto, raramente ad Augusta. Non hanno che uno scarso pregio alimentare. I. (li pesca , in genere i consi , però anche i bolestrici , i lacciari , le tratte ecc. . Habitat luoglii fangosi a |>rofoiiilita lino ad so m. circa. Sphagebranchus imberbis De La 11. N. v. Serpi iiiiiiiiea cu ii zana. A])])arisce in tutto l'anno, con maggiore frcipicnza. ]icrò nell' estate 24 1 pesci e la pesca ìtel Comparfhnento di Catania. nel golfo (li < 'iitiuiiii. Ausiist.i e»] ;i Itiposto. La jìcscm fiioiiiiilicia varia (la (I a L'd K(>ca iiroluiidità. Sphag-ebranchus coecus 151. N. V. tel nessun ])reuio della sua carne. Nettastoma melanurum l!af. X. V. tiitiHiK jxqiira. Fu siiecialniente segnalato a Ki]K)sto e Catania. Si pesca soltiinto da marzo a maggio in (juautità da 0 a 1(1 Kgr. in un giorno. È un pesce ordinario a mangiarsi. J. di pesca ^ i consi. Habitat ]>resso il fango a profondità fia KMI e .'!()(> m.. Saurenchelys cancrivora ? l'trs. X. V. XH>in(( di canali. Rarissimo: aii]iarisce di jueferenza ad Acitrezza e si ]nende con le nasse o le lenze. Hahitat presso gli .scogli a profondità di IMI a SO m.. Myrus vulgaris. K\>. N. V. iSerpi cKrfn. Connine nel golfo di Catania, raro ad Acitrezza. Riposto e nel golfo di Siracusa. La pesca si fa in tutto 1' anno, ma iiiù .specialmente in estate, in proporzione di 1 a iMt Kgr. per giorno , quando lìeri) non riesca negativa. La sua carne di me(li(icre (pialità: è mangiata solo dal volgo. I. di pesca, i consi soltanto. Habitat Inoglii fangosi a profondità di IO a .'>(i m.. Muraena helena r.. N. V. Miiriiia. Muraena unicolor Low. N. V. Miiriua impiriali. Vivono nelle diverse località di (jucsto mare, la iiiiicolur scarsissima non dà che 1 o 2 individui all'anno, l'altra è ft-eqiiente nei mesi Ixeddi durante i iniali può raggiungere i !!(• Kg. di pesca, è scarsa nell'estate. Costituiscono un delicato alimento, tuttavia (pii sono poco apprezzate. / pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. 25 /. di pesca le nasse, i piecoli colisi e le lenze. Habitat presso gli scogli la prima , presso il fango e le sabbie la secon- da fino a 150 III. (li indfoìidità. Clupeidae Clupea aurita. (Itlir. N. V. Alaevin (adulto), Arata, SaraclieUo (giovani). Clupea aiosa. ("uv. N. V. Aìosa, Ldtnmeddti (giovane). Clupea finta. Cuv. Idem Clupea pilchardus. Art. Walb. N. V. Ynrraioìti (giov.), Harda frisea (giugno, luglio), Sarda castugnara (settemb. ottolue), poi diviene Sarda gros.sa fiiinninedda. Clupea sprattus. L. tìi pescano tioqueutemeute nel golfo e alla, plaia di Catania , meno lungo le altre coste (0. pilcardus); la C. aiosa e finta risalgono i fiumi della provincia nei (juali si pratica anche la pesca. Il i^eriodo di mag- giore presa va da marzo a maggio ed anche giugno durante i quali mesi può aversi da 1 a '10 (piintali al giorno dell' aurita e della pilcìiardus e fino ad un quintale delle altre; queste forme si fanno assai scarse in ogni altro periodo. Hanno un mediocre valore alimen- tare a causa della loro carne spinosa; sono migliori Vaìosa e la sarda. I. di pesca, la sciabica i ragni, i lacciari, le tratte, i ragustini , il riz- zagghiu. Habitat. Sono forme di passo; l' aìaccia sta a poca profondità, le aìose van- no dall'acque salate alle dolci, la sarda spesso vive a fior d' acqua o altrimenti si pesca a profondità fino a SO metri. Engraulis encrasicholus. Cuv. N. V. M ascili in II, Anciora, Aliccia. Abbondantissimo; fuorché in agosto si pesca in tutto 1' anno, special- mente da marzo a luglio, nel qual periodo si possono avere da 4 a 50 quintali di individui al giorno: è squisito a mangiarsi. Ne è ricco il golfo di Catania, meno Eiposto e Brucoli. I. di pesca, la sciabica, la tratta ed ogni tanto i ragni. Habitat presso il fango o tra gli scogli dove il mare ha profondità di .")0 a 300 m., però suole stare quasi sempre a galla. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4^ — Mem. V. 4 26 / pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. Cyprinidae Tinca vulgaris. Oiiv. N. V. Tencliid. Abboiidantissiiiui , soiuatutto in estate (lì a 4 (|uiiitali al giorno); è abbastanza apprezzata dal dicembre al nuigjiio. I. di penca^ le nasse, i coppi, le piccole sciabiche. Hahitdt nel biviere e nel pantano jli Leiitini ed in (piasi tutti i tinnii della provincia. Cypeinodontidae Cyprinodon calaritanus. (J. V. X. V. Mazzo. Comune ad Augusta, nel biviere e nel pantano dì Lentini ed in ge- nere in tutte le a<'(iue dolci. Pescasi niaggiorinente in estate ma in quantità non mai superiore ai .') Kgr. al giorno ; spesso la pesca si riduce a pochi indiviilui. Xoii ha alcun pregio alimentare. Argentina sphyraena. Ìj. N. V. Vuruncdda. Accidentale; un solo esemplare è conservato nella collezione del mu- seo dell' Università. Microstoma rotundatum. lliss. Microstoma oblitum. Face. X. v. Curnncdda ìmpiriidi. Eari ; si pescano coi coiisi a grande profondità. Salmo fario. L. X^. V. Trota. Vive scarsamente in qualche tìume di questa provincia (nel Trigona, nel Simeto, nell'Alcantara), è più frequente nei tiumi della provincia di Siracusa. Come alimento è tenuta dovunque in gran conto. SCOMBERESOCIDAE Belone acus. Cuv. X. V. Agugghia, Augghia d' alica. Comune su tutte le coste ; abbondanti sono sopratutto le forme gio- vani nei mesi di agosto, settembre ed ottobre, mentre è sempre piìi / liesci e la pesca nel Compartimento di Catania. 27 scarsa la pesca delle forme adulte, il cui massimo arriva a 3 quintali circa per gioruo. La sua carne fornisce uu discreto alimento , massime quella delle forme giovani. J. di pe-scfi, le nasse, l'amo, in i)rimiivera anche la sciabica, la rizzola ecc. Habitat a poca profoìidità fifa le i)ietre. Exocoetus volitans. L. N. V. Aìicilcddu, Jìinitiiiuiii. Località, Riposto, Acitrezza, Ognina, S. Giovanni alle coti; dalle altre località non viene mai portata questa specie, jierciò non è possibile dire se vi esista. I. di lyesca, le nasse, i coppi e rare volte anche 1' amo. Pescasi da Ago- sto a Novembre in quantità che varia fra 1 e 10 quintali ; passa tra i pesci del povero. Habitat luoghi pietrosi a profondità fra 15 e .'>(( m.. Stomiatidae Stomias boa. Eiss. X. V. Vipira di ìiiarì. Località , fra Catania ed Acitrezza. È forma rara che si piglia talvolta con i consi nella stagione inver- nale a grande profondità; la sua carne è delicata. In collezione se ne conserva un esemplare in alcool. SCOPELIDAE Saurus fasciatus. Kiss. X. V. 8carwmu, Searvìv. Si pesca da settemln-e ad ottobre in tutto il golfo, ma scarsamente; non si possono avere clie pochissimi individui iu un giorno. L di pcHca, i bolestrici, le nasse, i lacciari e il tartarone. Habitat presso le pietre o le sabbie o in luoghi tàngosi a profondità di 2(» a 40 m.. Aulopus filamentosus. ('uv. N. V. Tiru di funnu. Raro; non \)m di 3-1 individui all'anno che si pescano lungo la co- sta coi bolestrici, coi consi o col tartarone. Vive a grande profondità. Scopelus Benoiti. Cocco » Coccoi » 28 / pesci e la pesca nel Coni parti nientu di Catania. Scopelus Rafinesquii. (ithr. » crocodilus. Itis^o. » elongatus. Costa. N. V. Masculinu inqrìriali. Queste foiiue sodio ììi tutto il uostro mare assai rare. Vivono a yro- tbutlità non inferiore a 100 metri, e soltanto ((ualelie individuo mas- sime da marzo a giugno è dato di pescare con le tratte o (|uando a a fiuando con i consi. La loro carne è delicata. Odontostomus hyalinus. (Jocco. N. V. Harda impiriaii di fora. Trovasi a Catania, Itiposto e Acicastello. Si pesca <-oi consi nei mesi di marzo, aprile e maggio, ma assai raramente; in un anno non pos- sono aversi piìi di 4-5 individui. La sua- carne è delicata. Mahitat a grandi prol'oiiilità (dtru i 4(10 in. presso il limo o gli scogli. Paralepis coregonoides, lìisso. (Speciosas. lìell.) N. V. risei hrillanti, haìlauti. Località. Lungo tutte le coste, ma più alla plaia di Catania e ad Ogniiia. È anche questa torma piuttosto rara , però in certi giorni di i>rim:i- vera e d' estate ne furon presi fino a 10 individui in im giorno. Le forme adulte si pigliano con i consi. le giovanili invece sono tiicilmeiite gettate dalle onde sulla spiaggia durante le mareggiate. Habitat fondi fangosi , piuttosto lontani dalla costa a profondità di ol- tre 100 m.. Sternoptychidae Maurolicus Pernianti. Ltkn. N. V. Maseidinu impiriali. È l'orma rarissima, die cpialclie volta si prende con le tratte assieme all' Enjiraiiiis encnmcJiolus in piìi luoghi di questo mare. Habitat fondi limacciosi ad oltre 100 m. di profondità. Chauliodus Sloani. Bl. Schn. X. V. tiarda impiritili, ìtaiinera iiiipiriali. Trovasi da Catania a Itiposto soltanto; rarissiiiu), Tion è possihile di avere piìi di 1 o 2 individui in un anno. Si prende da marzo a maggio con i soli consi ed è , come tutti i membri di questa famiglia, squisito a mangiarsi. Habitat i)resso gli scogli ed il fango a profondità di oltre 200 metri. / pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. 2& ANAOAXTIXI CrADlDAE Gadus minutus. L. N. V. tSapuiicddu. Connuie, specialmente nel j^olfo di ('ataiiia. La sua ])esca si ta in tutto l'anno ma più d' inverno e liutta in que- sta stagione da (J a 10 Kgr. di individui in un giorno, d' estate è rara. La sua carne è al)liastanza apprezzata. J. di resca. Xell' inverno usansi il tartarone ed i consi, nell'estate i cen- si ed ogni tanto le nasse. Hahitat presso il limo a ]ir(»tondità di .")() a !.")(» metri. Gadus poutassou. Diiben. ]S^. V. titriizzìi. Pescasi in tutto 1' anno si)eeialmente a ('atania, Angusta e Siracusa, ma iievò sempre in piccola (luantità (da ;!(• a 4(1 indivnlni in un gior- no). È poco ricercato, hi sua carne somiglia a ([nella del baccalà. Hahitat di preferenza i tondi sassosi ad una profondità moderata e presso gli scogli ioriio); la pesca si fa quasi uuica^ meutc ad Acicastcllo da novembre a marzo; come alimento è preferito al niiruzzu. Habitat luoiilii fanjiosi a i»rofoudità di oltre KKI m.. Phycis blennioides T>1. Helm. X. V. L>ij>ìi di finuaili. Phycis mediterranea. De La It. X. V. Lupu di rocca, di pctri. Comuni in tutto il compartimento. La pesca del blciiiiioide.^ si pratica iu tutto 1' auuo, meno che iu settembre ed ottobre, in ([uautità di 1 quintale per giorno, (piella del mediterranea si fa in estate ma con risultato di gran lunga inferiore (1 a '20 individui). La loro carne è apiu'czzata. I. di 2>csca, i consi, i bolestrici, talvolta anche le nasse. Habitat sui fondi taugosi talora molto profondi il jirimo ed il secondo fra gli scogli a piccola j)rnfondit;i. È conosciuta anche una varietà bianca chiamata volgarmente Lupu di frutterà, di fango, piìi scarsa delle precedenti ma ugualmente deli- cata, la qiiale vive sui fondi limacciosi o presso gli scogli a profon- dità di 40 a 100 m.. Haloporphyrus lepidion (Itlir. Conosco due soli esemplari pescati coi consi a grande protbndità il -'1 giugno 1S03 presso Catania. Molva elongata Xelss. X. v. l'iKÌdottiilit di fuiuiiili. Molva vulgaris Fieni. X. v. l'addottula. Comune la prima (1 a i'O indiv. al giorno); rara la seconda. Vivono a grande profondità tra 250 a 500 m. piuttosto lontano dalla spiaggia. Motella tricirrata Xilss. X. V. l'addottula di funnali. Motella maculata Gthr. N. V. Faddottula di petri. Motella fusca Bp. idem / pesci e la pesca nel Conipartimeììtu di Catania. Culmini; .si pescano ii piefereuza d' inverno, iterò in (inantità .sempre scarsa (1 a 10 Kg. al gidrnoj; eome la Maini sono di sapore s(inisito. I. di pesca i boleutini, i ìiole.striei, ogni tanto le nascile e i piccoli eoii.si. Huhitiit, la tricirrata a grande profondità, le altre presso gli scogli a pro- foiidità di 1 a 1.5 m.. Ophidiidae Pteridium atrum. » armatum. N. V. Caddaff'u di fora, di funnali. Karissinii; vivono a graiule profondità, di solito fra .")() e .JltO m.; po- chi indi\idni ogni anno .sono cattiuati con le nasse. Ophidium barbatum L. N. V. L'addottuìa di riiia, di fninju. Raro (da 0 a 5 indiviilui al giorno); per lo più si i)esca con le nasse e coi bolestrici; abita ti-a le sabbie e gli scogli a profondità di 5 a 10 m.. Ophidium Vassalli Kiss. N. V. l'addottula. Frequente da. aprile ad agosto, specialmente nel golfo di Catania do- ve la pesca giornaliera oscilla fra 20 e 100 Kgr. ; accidentale negli altri mesi. La sua carne è flacida, la pesca si pratica col tartarone. Habitat sui fondi limacciosi a profondità di 10 a SO m.. Fierasfer acus Kp. Accidentale. Ammodytes cicerellus liaf. X. V. Cicircddu. È scarso iu (juesti porti, abbondante da Riposto a Messina dove la pesca in estate può raggiungere i l'O (piintali. Quando è ben sviluppato costituisce un pregiato alimento. Habitat a fior d' acqua nei luoghi sabbiosi e ghiaiosi. Maceueidae Macrurus coelorhynchus IJp. trachyrhynchus Kiss. Accidentali. Di .solito si pescano coi consi prcs.so il limo a profondità » di 100 m. ;-}2 / ^je.sci e la pesca nel Compartimento di Catania. PLEURONP^TTIDI Pleuronectidae Rhombus maximus Cuv. N. V. Fassini jiitnin.t di riiid. Rhombus laevis. (iottsclie. 2s. V. iV.s.sirrt. (Jomiuii; il primo specialmente nel golfo di Catania. H maximus apparisce tutto l'anno ma sempre molto scarso, gli adulti non superano nell'anno stesso la cinquantina; il ìiieris si pesca di re- gola da agosto a gennaio in quantità da 1 a 20 individui per giorno; quest' ultimo è molto apprezzato. I. (li pesca il tartaroue, i lacciari pel secondo, per il primo di preferenza la sciabica e la rizzola. HaMtat lU'csso il limo e la sabbia a profondità di 1 a l-"> m. il ìacris ed il ma.viiiiiis sui tiuiglii profondi \~> a 70 m.. Arnoglossus laterna (Ithr. X. V. l'anta, L'. ìiscia, 1'. di (jnrfa. Arnoglossus Boscii (Ithr. N. \. l'anta di f annali. Fre(iuente il taiitcnia : nell'estate può dare fino a 4 quintali di indi- vidui al giorno, scarso il Boscii che non supera mai i ~> Kgr.. È ap- Xirezzato sul mercato specialmente il primo. I. di pesca il tartaroue, il bardassole, i consi. Habitat presso il fango loutan(j dalla costa, o nei porti. Rhomboidicthys podas ctlir. X. V. Taccimi. Comune a Catania, Acitrezza ed Ogniua, raro nelle altre località. La nmggior frequenza è segnata nell' inverno ed allora è piìi esercitata la pesca col tartaroue e con la sciabica; essa gioruabnente non fi'utta più di .") Kg. di individui. I giovani sono preferibili agli adulti e meno spinosi. Habitat presso il fango o la sabljia, di raro nei porti. Eucitharus linguatula Cxill. N. V. l'anta impiriali di fminu. Scarso ; la pesca che si pratica da novembre ad aprile può fruttare una^ ventina di individui al giorno. / pesci e la pesca nel Comparti mento di Catania. 33 In estate è rara ; costituisce un alimento discreto. Solea vulgaris (^tiiens. N. V. Lilii/iKttd. Solea lascaris Riss. N. V. Tiritupirìti, Tnpj)ete n' terra. Solea monochir P>i>. N. V. LiiifiiKita di rina, di pitri. Comuni nei porti ed alla plaia di Catania ; si pescano nell' inverno e più ancora in prinia\era. la vulgarifi e la moiiocitir in (luantità di 1 a 20 individui, la lascaris di 40 a 100 Kg-, al giorno ; negli altri X)eriodi la loro pesca è sempre scarsa. Tutte e tre sono altamente pregiate. I. di peiicd i bolestrici, le nasse ed anche il rizzagghiu, il tartarone ecc.. Habitat nei porti o sulla si)iaggia fra le pietre e le sabbie a profondità di 1 a !■") 111.. Ammopleurops lacteus Gtlir. X. V. IJiKjua dì cani. Si pesca a Catania solamente col tartarone ed in qiuintità non supe- riore a 2 Kgr. per giorno ; questo da agosto a fel)brajo, mentre negli altri mesi è rara 1' apparsa di qualche individuo. Ha carni ruvide e poco ricercate. Habitat presso il limo a profondità di 80 m. circa. FARINGOGXATI. POMACENTRIDAE Heliastes chromis C. V. X. \'. Muiiacedda. Comune ; la pesca si pratica da marzo a settembre in iiuaiitità da 20 a 200 Kgr. per giorno, meìitre è scarsa assai negli altri mesi. K un pesce pregiato. I. di pesca le nasse e i munaciddari. Habitat presso gli scogli a profondità di 1 a l~> m.. Labrus turdus. C. Y. X. V. Turdu. Labrus festivus. l'isso. X. V. Zita. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4* — Mem. V. 5 34 1 pesci e la pesca nel Comparfimento di Catania. Labrus merula N. V. Turdit d' arca. Labrus bimaculatus N. V. l'aii, l'aiiirnsa. Tutte queste Ibiiiie si pescano nelle varie località ; appariscono con uguale frequenza in tutte le epoche dell'iinno, il solo liinniniìatus quasi interamente viene a mancare nella stagione estiva. La i)esca giornaliera per tutte le forme è normalmente scarsa ed ili massimo raggiunge i 20 iudividui. I. di pesca, V amo, i holentini, i bolestrici, le nasse, gli sclietti. Habitat fondi ora limacciosi, ora sablnosi, presso le alghe o fra le pietre. il tiiìdtis presso gli scogli a profondità di .j a l'ti metri. Crenilabrus pavo. e. V. X. V. Occhili bcddil. Crenilabrus mediterraneus. 0. V. N. V. Ltipparit, Vittima. Crenilabrus melops. Cuv. X. V. Lappava niura. Crenilabrus coeruleus. liiss. N. V. rittara. Crenilabrus quinquemaculatus. Riss. N. V. l'ittara. di pulici. Crenilabrus Staitii Nord. N. V. rittara. Crenilabrus ocellatus. C. V. N. V. Fittara. Crenilabrus tinca. Riss. N. V. iScaiparu, Tritavi. Le varie forme del gen. VrcitHabras presso a poco , come il gen. La- brus tengono uno stesso tenore di vita. Vivono scarsamente in tutte le aciiue di questo mare, onde la pesca giornaliera si riduce costan- temente a pochi iudividui. Tutte oflxono rai pregiato alimento, ma del pari sono tutte spinose. I. di pesca, l'amo, le nasse, i bolestrici, i bolentini ed anche il tartarone. Habitat fra le pietre in hutghi algosi , o i)resso gli scogli a profondità tino ad una ventina di metri. Coricus rostratus. C. V. 1 pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. 35 ]Sr. V. Mussa (li porcu. Questa specie divide le abitiidim dei Crenllahrits, di (nielli però è as- sai più rara, ugualmeute fina a mangiarsi e spinosa. Si pesca con le nasse. Hiìbitat il ]>i()fuiidit;ì di ò a 15 m. fra le pietre e le alghe. Ctenolabrus iris 0. V. X. V. Lapperà iminriale. Rarissiiiio. Acantholabrus Palloni C. V. N. V. Tìirdu iinpirìdli, T. ìiioìuicu. Apparisce in tutto il compartimento, ma i)iù da Riposto a Catania. Scarso e di mediocre pregio; la pesca non dà pili di un centinaio di individui ogni anno. I. di pesca, si prende assieme alle triglie con 1' amo , coi bolentini, coi consi e coi bolestrici. Hnhitat presso gli scogli a iirofoiidità di 10 a 15 m. Xyrichthys novacula Ouv. X. V. risei pettini. Questa forma, come le precedenti, è molto scarsa; si presenta con maggior frequenza nei mesi ft'eddi flìio iv maggio, durante i (piali sono catturati fino a 1!(» individui in un giorno, k un alimento fino, ma spinoso. lulis pavo C. y. X. V. l'izza di re. Pescasi specialmente fra Catania ed Acireale nella stagione estiva , ora con le piccole nasse , ora con 1' amo catturando giornalmente da 2 a :M) individui. La sua carne è stiuisita, solo un poco sitinosa. Habitat a piccola profondità ft'a le pietre. Coris julis (!thr. Coris Geofredi » X. V. ìszureddn, lido. Queste forme appariscono in ogni stagione ma pivi nell' inverno ; va- ria perciò la quantità con 1' epoca, quella oscillando fra 2 a 30 Kgr. al giorno. La carne è fina e s(|uisita. I. di jjcsOT, l'amo, i bolentini, le nasse. Habitat fra le pietre a profondità di 3 a 15 m.. Scarus cretensis. 0. V. 3(3 l pesci e la penca nel Coni pari iriientu di Cataìtia. N. V. Mazzapani. (Joniuiie su tutte le coste, specialuiente su quelle d' Aiif^ustìi e tutta- via i mercati uè souo spesso sprovvisti. Gli adulti oUxouo uu alimeuto squisito, ordinario invece i .iiioviiiii. 8i pescano allo stesso modo delle specie precedeuti. ACANTOTTERIGI. Percidae Labrax lupus Cuv. X. V. Sji'uiotd, tiosi ricclii di alghe a lu-ofondità solita di .5 a 40 m. . Serranus scriba, duv. X. V. Perehi((, pvecclna. Serranus cabrilla. ("nv. N. V. Bazxìicu, BìnUìaci. Queste due specie si rassomigliano iierfettameiite pei costumi , pel pregio, pella tìrequenza ; dimorano in tutto il compartimento , ma la loro pesca è molto più abl)ondante d' inverno (fino a 50 Kgr.) die d' estate (da 4 a 10 Kg.). I tSernunis hanno carni bianche e delicate. Si pescano con 1' amo, con le nasse e qualche volta anche coi bole- strici. Prediligono luoghi rocciosi. Anthias sacer. Iti. IST. v. l\((s<>li(, Munaeedda, di forte. Comune; la sua pesca, che si fa cou l'amo e le nasse, non supera giornalmente i 5 Kgr. ; la sixa carne è spinosa e poco saporita. Habitat in luoghi scogliosi. Apogon imberbis. Cìthr. N. V. Biiffianu, Mmuwedda rossa. Pescasi iu tutto il golfo da aprile ad agosto , raramente negli altri mesi ; è forma scarsa come la. precedente , poco gustosa e piena di spine. I. di pesca, le nasse, 1' amo ed il tartarone. Habitat presso gli scogli a pochissima profondità. Pomatomos telescopium Riss. X. V. Muletto iinpiriale. Rarissinu>; apparise poche volte ìji un anno e di solito viene cattu- rato coi consi a 5 o 600 metri di profondità. Hoplostethus mediterraneus 0. V. :-38 1 pesci e la jjesca nel Comparti inenfo di Catania. X. V. Copa im inviali. Earissimo; nel corso di un anno non viene pescato (coi consi) più di 7-S volte. La sna carne è di sapore sfpiisito. Habitat presso il limo e s'U scogli a grande profondità (oltre !.'(»() ni.). Maenidae Maena vulgaris 0. V. N. V. Ciarlila', Miììida. Abbonda in ogni località, ma pili a, Catania nella primavera e nella estate, ad Augusta e Siracusa nell' inverno. Nei ])eriodi di maggior fre(iuenza la pesca imo fruttare fino a 10 ed anclie a liO (inintali di individui al giorno, iiuantità clic si riduce a pochi Kgr. nel resto dell' anno. La carne è poco saporita e poco digesta. I. di pesca le nasse, la sciabichella, 1' amo, i bolestrici e sopratutto l'im- jiardata. Hahitat presso le coste, ora tra le alghe, ora fra gli scogli e le sabbie a profondità di 5 a Id in.. Smaris vulgaris <'. V. X. V. Siiiitiru. Smaris alcedo ( '. V. X. V. iSpicara. Smaris chryselis 0. V. X. V. Spieara. Smaris Maurii r>p. X. V. l'iiiitalortì. Smaris insidiator. C. V. X. V. Axineddu. I rappresentanti del gen. Sniarin vivono tutti in cpieste acque ma in diversa copia; le prime tre specie nominate sono abbondantissime, le altre due invece si presentano molto scarsamente, specie la Sm. Mau- rii. L' epoche di maggior frequenza sono la primavera e 1' estate fino a tutto luglio, nelle quali la pesca giornaliera sale a parecchi (inin- tali, mentre discende a pochi chilogrammi nell'inverno e nell'autun- no. La carne di tutte è squisita nella stagione propizia, meno ricer- cata negli altri mesi. I. di pesca le nasse, il tartarone, anche la sciabica. Habitat di preferenza i fondi rocciosi o melmosi. 1 pesci e la pesca nel ('oinpartiiiieiito di Catania. 39' MULLIDAE Mullus barbatus L. N. V. Tris. X. V. Scinitni. Cantharus orbicularis. C V. >;. V. ì^cinitni iiiHxniliHU. 11 r. liiifdtits venne segnalato luus'o tutte le eoste del mare di Ca- tania, Vorbiciilaris invece da Eii)osto a Brueoli e più raramente ad Angusta. Qnest' ultimo è forma rarissima, il primo invece è abbastanzn frequente, tanto che la sua pesca giornaliera può variare fra 4 e 100 Kgr.. La loro carne è di mediocre (lualità. I. di pe,wa, le nasse, i piccoli consi, i lK)leiitini e talvolta anche i l>ole- strici ed i lacciari. Huhitiit presso il fondo, lungo il litorale, a lu'ofoiidità di 2't a l.">0 metri. Pagrus vulgaris. G. V. X. v. ScdìiiiiicarmlfÌK, Prninìi. Pagrus Ehrenbergi. 0. V. X. V. ['(iiiru. La prima di queste due specie è abbastanza frequente e qualche in- dividuo quasi giornalmente viene portato sul mercato, mentre invece la seconda apparisce accidentalmente. La pesca del F. rxldaris si fa più specialmente ad Augusta e Siracusa; la sua carue è di un sapore squisito. Bal'ifdt geueralmente a, grande profondità in alto mare o presso le spiag- gie arenose, ricche di scogli (Doderl.). Chrysophrys aurata. Cuv. X. V. Arata. Anche (piesta forma vive scarsamente nelle accpie di ([uesto conii>ar- timeuto; la pesca, quando non torni negativa , non dà ai mercati lo- cali più di 3-4 individui al giorno ; la loro carne sebbene un po' stop- posa ])assa tra le piti eccellenti. I. di ■pi'sc((' i consi, le nasse, i l)olestrici. H((hit(it. i)resso il limo o in luoghi arenosi a profondità di r. V. iSiirarii tiinmi. Sargus annularis. (1 cotti-. X. V. S]>an'(luo effettuarsi tango tutte le coste e so- Atti Acc. Vol. XI, Skrik 4" — Mifiii,. V. 6 42 1 pesci e la pesca nel Coni parti mento di Catania. pratiitto iu estate ed inverno ma con loitiuia varia, ora e piìi spesso riuscciido affatto negativa , ora invece piuttosto alihoiidaute. La sua carne è poco apprezzata. J. di pesca , i bolestrici , i lacciari , le tonnare, ed ogni tanto i piccoli colisi di pelo. Habitat ])resso le sabbie o gli scogli a profondità di l.~) a 30 metri. Oblata melanura ('. V. iS". v. Uccliiata. L' inverjHj e la primavera sono le stagioni piii ])roi)izie i)er la pesca dell' ol)lata la quale in tale epoca viene portata sul mercato in con- siderevole ipiantità, fino a 4 quintali in un giorinj, mentre si fa scar- sissima nella stagione estiva. Su questo mercato lia fama di pesce mediocre. Hahitat generalmente le coste rocciose ed algose a poca ))rofondità , od anche piesso la supertìcie del unire. Box vulgaris. <'uv. N. V. ]'(>2>a, Uopu. Box salpa. 0. Y. ]Sf. V. Ciarpa. Le ei)oclie di maggior frequenza per queste specie sono l' inverno e la primavera a tutto aprile per la viiìiiaris, l'autunno pella .•*(f/7>«. Co- muni in tutto il golfo offrono, in epoca propizia, ai mercati fino ad ,s-l() (piintali di pesca giornaliera cbe si fa largamente piìi scarsa ne- gli altri periodi. Sono poco pregiati pella loro carne stopposa ; in mesi determinati però, fel)l)iajo, marzo o aprile pella raljiaris, da settemlire a uovembre pella sal2>a si fanno migliori ed acquistano un certo pregio. /. di pesca, V amo, le nasse, talora la sciabica il rizzaggiiiu ecc.. Hahitat di prefei-enza in luoglii scogliosi. Tliglidae Sebastes dactylopterus. (Tthr. X. V. L'ipudda di faiu/ii, furuita, fascianu. Se ne pratica la pesca soltanto d' inverno , pesca che varia fra 3 e 100 Kg. al giorno. È di uu sapore squisito sopratutto quando è grosso, ha però il difetto d' esser molto spinoso. I. di pesca, i consi. / pesci e la pesca nel Coniparthnento di (Jafania. 43 Huhitiii presso gli scogli o sui foudi limacciosi u 1-! e più chilometri dalla costa ed a profondità di 75 a 300 inetri. Scorpaena scrofa. L. X. V. VÌl)l(<1d^ciifi()i((, (Ve. tif/inisii. Scorpaena ustulata. Lowe. X. V. iScoflIIIK tÌ(l)III.S{(. Le scorpene vivono , sehlieii scarsamente , in (jueste acque ; i mercati locali ne mostrano giornalmente parecchi individui delle diverse spe- cie. Sono pesci temil)ili jter le ferite che prodircono con enfiagioni e talora, con sintomi di avvelenamento , ragione per cui i ])escatori li trattano con ogni precauzione ; per di più sono spinosi e tuttavia le loro carni lessate costituiscono un delicato e leggero alimento. I. di pesca, specialmente i bolestrici, poi 1' amo e le nasse. Habitat lungo i litorali fra gli scogli o le pietre a iirofondità di pochi metri. Trigla pini. Itlocli. X. V. Tiviiicldttni di fniH/K, di fininali. Trigla lineata. L. (Im. X'. V. Tirincìtinni di petri. Trigla corax. Bji. X". V. Coccin. Trigla milvus. Lac. , ISp. X. V. Fafifiidint iìii pi fiali. Trigla gurnardus. L. N. V. Cocviu. Trigla lyra. L. X. V. Fasciana. Trigla obscura. L. X. V. Fascia il a di fu una li. Le Trif/lc sono comuni in questo mare: la loro ftecpienza e maggiore neir inverno che non nelle altre stagioni , le sole T. corax e milvus segnano il loro massime» apparire, la ])iima d'agosto a tutto novembre e verso primavera la seconda. La pesca torna sempre scarsa e si ri- duce nel miglior partito a (jualche Kgr.. ]>iù s])esso a poco numero di individui al giorno, soltanto otfre migliori risultati la cora.v che in epoca 44 1 pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. (•lìpoitiuia ])i()so iiell' inverno e sul princii)io di primavera; la sna pesca gioinaliera varia fra l' e loo Kg. ; la sua carne è appena discreta. I. di pesca, i consi, ogni tanto i ragni a vela. Habitat sui fondi fangosi a profondità di .")(( a l.->(l metri ; si appressa soltanto ai litorali all' epoca della fiega (Dod.) Dactylopterus volìtans. C. V. Is. V. Corni di mari. Si pesca sopratutto nel golfo di Catania ad Acitrezza ed Ognina . rarissimamente ad Angusta e Siracnsa : in genere non sono catturati l)iii di 1 a 4 individui al giorno, come caso eci-ezioiiale è ricordato il maggio del ISS."» durante il qnale i>er nno s])azio di 1.") giorni si pre- sero con le sciabiche da 10 a l-'O (puntali per giorno di individui tutti giovani non superanti i '> cent, di lunghezza. La sua carne non gode alcun pregio e vico mangiata dal povero che le attriliuisce un jtuzzo di selvaggio. J. di pesca il tartarono e le nasse. Habitat presso il limo o la sabbia a profondità di lo a .tO metri. Teachinidae Uranoscopus scaber. L. X. V. Coccìiniii. Questa s])ecie segna la sua maggiore fre((uenza nel golfo di Catania e di Augusta e d' inverno ])iii che nelle altre stagioni. La pesca ora riesce negativa, i)iii spesso si riduce a pochi individui, di raro rag- giunge una ipiindicina di chilogrammi. Le sue carni sono discretamente apprezzate. I. di pesca. Il tartarone, i bolestrici, i lacciari, il bardassole, gli schetti. Habitat. Sui fondi fangosi a profondità di l."> a 80 metri. / pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. 45 Trachinus draco. 1^. X. V. Tracimi pinta, T. di f(in Kgr. ; le due spe- cie, che jKUi di rado danno pesca negativa, sono la draco e la riperu. I tracini sono pesci ordinari, duri e s]Ùhosì , geueraluiciite mangiati dal povero. Si pescano con (piasi tutti gli ordigni usati in (lueste acque. Habitat, il T. draco nel tango o nella sabbia dei porti , gli altri tre nei golii o sulla spiaggia a profondità di (pialchc metro. Tutte le specie del gen. Trachinus sono grandemente temute per le puntiu'e che i)roducono con le rigide spine eanaliculate dalla F dor- sale o dell' opercolo. Esse cagionano fenomeni di vero avvelenamento pili o meno accentuati a seconda dalla gra\'ità e del numero delle ferite. In «liversi casi notati a Catania alle puntine seguirono duhni fortissimi, febbre leggera (38", 38",5) e sete anh'nte senza alcun altro distiu'bo nervoso. Sono registrati casi di punture alle maui seguiti da edema che rapidamente si estese alle braccia con tale intensità da far temere la cancrena; in altro caso le punture ail una gamba produs- sero ini tlenunone diffuso a tutto 1' arto tanto da dover ricorrere ad incisioiu multiple per evitare ulteriori conseguenze. È importante notare conu; le prime punture , in uno dei casi ricor- dati, si mostrarono le pifi gravi e le più dolorose; difatti si è consta- tato che gli effetti delle i)unture prodotte dallo stesso pesce in un secondo imlividuo non el)bero altra conseguenza che lui leggerissimo gonfiore con poco (h)lore. Evidentemente ciò sta in rappcuto con la quantità di veleno che è contenuto in (juesti ai)parati e che viene iniettato nelle prime ferite. 46 / pesci e la pesca nel Compartì mento di Catania. L;i natura di ((Xiesto veleno iioji è coiioscnuta, solo è nota 1' azione sua ])()tciitc. tanto clic disseccato da huiso teTiiiio può ]uovocare fe- nomeni del tutto simili ai già eitati. Il caso è toc(tat() ad un bagnan- te nelP attraversare la sabbia asciutta della spiaggia, nella (luale so- gliono i pescatori piantare le s])ine della I'' dorsale ima volta che si impossessano di una tracina. A giudizio dei ])escatori dette spine, esa- minate attentamente, giacevano disseccate da ]>iii di un anno. SciAENIDAE Sciaena aquila. Kiss. X. V. l'inhrìììfì. Forma assai rara; ditfìcilmente si possono avere adulti. Le sue carni sono s(iuisite. Umbrina cirrosa. Cuv. N. v. ('rttreddv. Luglio ed agosto sono i mesi di maggiore tie(pien/.a alla plaia di Catania, meno ail Augusta. Siracusa e Riposto. Varia la pesca da pochi Kgr. al giorno, che si hanno comunemente, tino a qualche quintale, però in epoche eccezionali. K un pesce ap- prezzatissimo pelle sue carni iiarticolarmente squisite. /. fli pesca, le nasse, i consi ed i ragni. Habitat presso il fango e le sabbie. Umbrina ronchus. Val. N. V. Aimè. Questa specie vive scarsamente in ([ueste ac(|ue: pescasi più di sovente d'estate in quantità da 1 a 50 Kgr. (golfo di Catania); d'inverno piu) dirsi (piasi accidentale. È ricercata per la l>ontà delle sue carni. I. di pesca le nasse, i bolestrici, i consi, il tartarone e l' anuj. Habitat in genere presso il fango, allo stato adulto sinché presso gli scogli a in'ofondità, gli adulti di .")0 a 300 m., i giovani di 10 a 25 m.. Corvina nigra (,'. V. X. V. Aloea, Acida. Scarsa; pochi individui sono giornalmente catturati coi consi o con le nasse; le sue carni hanno un discreto sapore sopratutto in primavera. Habitat sui fondi fangosi o sabbiosi. Sphyraena vulgaris. C. V. N. V. Aliizzv. Si rinviene in tutte 1' epoche lungo le coste, ma specialmente nei porti. 1 pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. 47 Ih <;(>iiere sono pescati pochi individui al^'gioruo, nell' inverno però la pesca raj;giniige (pialclie volta il (puntale. Le carni sono apprezzate e paragonate a cpielle del merluzzo. J. di 2)esca, le sciabiche, i lacciari ed i holestrici. Habitat a pochissiiua profV)udit;ì ])resso la. siiiaggia. Trichiueidae Lepidopus caudatus. Wliite. >.'. V. iSpiitald. Accidentale; gli eseiiii)laii die si presentano sul mercato sono di pro- venienza da Reggio Calabria o da Palermo; come eccezione è ricjorda- ta dai pescatori una vistosa pesca fatta con i consi nei mesi di mar- zo a settembre circa dodici anni addietro, la. (juale diede giornalmen- te da 15 a 20 qirintali di individui. In tutti i mercati è sempre mol- to ricercato i>er la liontà delle sue carni. Habitat presso il limo e le pietre a profondità di ."»0 a 2r>(l metri. Ruvettus praetiosus. ('(»co. N. V. RiircttK. Scarsissimo, ma altrettanto squisito; in un anno non si pigliano piìr di 40-50 iudividni. SCOMBRIDAE Scomber scomber. L. N. v. Sturmn, Sbirru. Trovasi comunissimo nelle diverse località ricordate , da. marzo a no- vembre, mentre è scarso nell' inverno. La pesca giornaliera nel tempo propizio raggiunge talvolta i 20 quin- tali ; è uno dei pesci pili pregiati. Habitat a grande profondità, dalla quale risale niLicaiiu'ute per deporre le uova, presso le coste (Ihehm). Scomber colias. L. (!ni. N. \'. Sta mi H (techiutu, ocelli (jrossi. Differisce dal precedente nell' epoca di maggiore freipienza che va da marzo a maggio e da settembre a dicembre, pel valore alimentare me- diocre e perchè vive a. poca profondità dove viene pescato con i consi , i bolestrici, gli schetti, le scial)iche e 1' amo. Orcynus thynnus. Ltkn. X. V. T a il ini. Orcynus brachypterus. C. V. N. V. TimnaccMu. 48 1 pesci e la pesca nel C'omparthnenfo di Catania. Orcynus alalonga. Itisso. X. V. AliiliiìKjii. Il iniiiio <'(1 il terzo s ](iii tVcqiiciiti da iiiii,uf;in ;nl ottobre . il se- condo da agosto a dieenibre : (nielli si pescano in ogni località, l'altro invece a]>i>arisce pih specialmente Inngo la riviera . tlii/iuiiiK. tra 1(1 e od iiidixiilui i>el lirtirìiiiptrnix, tra 10 e -D per 1" esrn- i palamitari , i consi , F (). tliyuuus viene anclie preso nelle tonnare. Ualiitiii a considerevole i)rofoiidità ( tino a ;>(tO metri e i)iii ) lungi dalla spiaggia. Thynnus thunnina. <'. V. N. v. (adulto) Cnritritd, (giovane) Allitfiratu. (Questa forma a])i>arisce in maggior quantità da agosto a noveml)re , ])eriodo nel (juale la pesca puf) variare da pochi individui tino a 3 (puntali, mentre negli altri mesi si riduce a qualche individuo ogni tanto. I giovani sono i>referiti agli adulti. i>ei() ni' gli uni. ni' gli altri sono tenuti in jncgio speciale. /. (// i>cscii, i palamidari. i lacciari e le tonnare. Hiihitiif sui fondi di fango o di pietre a profondità circa di L'."> m.. Palamys sarda. ('. V. N. \'. l 'ni 1(1)1 itti. Si i)esca si)ecialmente da settembre a maggio in quantità tino a (Wl (puntali al giorno. La sua carne è gustosa nell' inverno , insipida nella estate. /. (// pcscii i ragni, le lacciare. o affogati nelle reti, la maggior parte con le puliche. Iliiìtitdt a molta ])rofondità sul fondo marino. Auxis bisus ('. V. y. V. tSaiigusu. È anche questa una forma che in certe epoche si pesca abl)ondantis- sima (IO a 12 (piint.), mentre in certe altre quasi scomiiare. La sua carne è tra le mediocri. I. di pesca le puliche, 1' amo, le lacciare, i palanudari le tonnare , rara- mente i consi. Habitat, di solito a fior d'acqua dove la profondità non sui)era i lM)(t m.. / pesci e la pesca nel Comjiarfimento di Catania. 49 Naucrates ductor. ('. \. N. V. l'isci ti' il III III n(. Trovasi da setteiiilire a dicembre scarsissimo (da 0 a Jn iiidiviilui al gioriM)) ; la sua carue è di Imoiia ((iialità. Vive a fior d' acqmi dove il mare è profondo 2 ai '■'> cento e più metri ; si ritiene clic i pochi individui clie si pescano lungo le spiaggie i)rovengano dall'alto mare seguendo i bastimenti. Echeneis remora L. X. V. Mpinilimi ili iiniri. La pesca di (piesta foiina non è qui ]iraticata ed i pochi esemplari che vengono sui mercati si trovano attaccati ai galleggianti od a pe- sci come l'alalonga, il pisci s])atu, 1' augghia iinpiriali ecc.. Abita in alto mare a profondità di lOO a 700 metri presso il limo. Zeus faber L. y. v. iiiiiiiii. Zeus pungio. i'. V. X. V. •JiKÌdii. Scarsi nelhi stagione inxcrnale (da 0 a 1(1 individui al giorno) acci- dentali nell' estate; la loio carne è di (jualità squisita. I. di pesca, il tartarone, il baidassole, i consi, l'amo. Stromateus Piatola T^. X. V. Fiiiilii. Scarsissimo si pesca da marzo ad agosto e soltanto albi plaia. di Ga- taina. I^a sua carne è s(|uisita, superiore alla linguata. T. (li pesca la scialjica il tartarone: i giovani si incendono anche coi paiirari. Hiihitat a ]>rofondità di 1 a 1.") ni. presso il fango o la sabbia. Centrolophus pompilus ('. X. X. V. AHcciolit di fu un II, A. impiriali. Trovasi assai scarsa in genere alle foci dei tinnii . onde è raro il vederla sul mercato. (Jostituisce un i>regiato alimento. Coriphaena hippurus. L. X. V. Capii Ili. La pesca maggiore si fa in settembre ed ottobre raggiungendo talora i 20 (|uintali mentre in agosto e novembre è sensibilmente minore , scarsa o nulla negli altii peiiodi. Ha carni saporite e si pesca in ogni località. /. di pesca, i consi e le i>uliclie. Habitat a 11' o più miglia dalla s](iaggia presso il fondo. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4" — Meni. V. 7 50 / pesci e la pesca nel Coinpartimenfo di Catania. Brama Raji. I>1. N. V. l'is<'i Ikiik. Questa loiiiiii viene pescìita dai coiisari nelle diverse località sopratutto in marzo , niajigio e settenil)re tino a dieendne ed in ((uantità di 10 quintali eirea in ofini giorno. 1^ tli (lualità lina so])ratutto d' inverno pel suo grasso. Luvarus imperialis. Kaf. X. v. Liirxru hiijiirinli. È forma rarissima ; s(inisita ; si trova accidentalmente e per lo più gettata sulla spiaggia dalle onde. Certamente abita le jn-ofbndità. Caeangidae Trachurus trachurus. Cast. >«'. V. SiiKi-u lisciu. Si i)esea in tutto 1' anno nui specialmente da aprile ad ottobre ; in quest' epoca si possono cattxirare fino a so ((uintali al giorno di indi- vidui. J^ i)esce del povero.' I. di pesca, i consi, i laceiari, le i)uliclie e 1' amo. Habitat i fondi fangosi o lungo gli scogli a [ivotbiidità di 10 a .30 metri. Trachurus Cuvieri Lt]esca, la sciabica, 1' amo e la ragustina. Habitat £ia gli scogli, rimane però ([uasi sempre a tior d' acqua dove la profondità non superi i 1.50 m. . Caranx dentex. C. V. N. V. Sniirn impiriaU, tStiddula (Augusta). Caranx fusus. (leoffr. N. V. Salini inipiriiili. Caranx carangus ? C. V. N. V. Salirli iicchiiitii. Eccessivamente rari; la loro pesca può dirsi accidentale. Seriola Dumerilii. Kiss. N. V. Aricciola (adulto), Cavagnola (giovane). Vive in tutto il litorale piuttosto scarsamente; d'inverno la pesca può / pesci e la pesca nel Compari imenfo di Catania. ol (lare tino ad un centinaio d' inilividui al giorno; la carne è di sapore eccellente. I. di pesca, le ])iiliclie e la scialtica. Habitat a ])oca luofondifà sui tondi fangosi e saliliiosi. Lichia amia. (-nv. X. V. licitai ola. Lichia glauca. Kiss. X. V. iS/odcni. Si trovano in tutto il golfo . la L. amia più speciahneute alla piada di Catania; la peseta ])n() al niassiino raggiimgere i ;iO-4(i individui al giorno ; le carni sono alibastanza gustose. /. di pesca, la sciabica e qualche volta le puliche, i bolestrici, gli schetti e i lacciari. Habitat lungo le spiaggie a profondità di ."> a •!(> ai. . oppure a fior di a<-(|ua. Temnodon saltator. V. V. X. V. Hasania. È forma clie s'incontra abbastanza raramente, con maggiore facilità nell'estate che nell'inverno. Si prende coi bolestrici, 1' amo e la tìsci- na ; è fina a mangiarsi ed abita a ikicIiI metri di iirofondità sui fondi sabbiosi o fangosi. Capros aper. Lac X. V. l'isci J'crni. M iiiittccddii impiriali. Baro ; si i)esca col tartarone nel golfo di Catania e (lualche volta an- che ad Acitrezza da agosto ai primi di marzo : vive a profondità di 50 a .">()0 metri ])resso il fango. XtPHIIUAE Xiphias gladius L. X. V. Pisci spatu (adulto) Viidicinedda (giovane;. Si pes(5a da aprile a dicembre in quantità media di .">() quintali al giorno; jit^gli altri mesi è raro. Cli adulti si trovano a lliiiosto, Giar- dini, S. Teresa, i giovani a Catania, Siracusai, Augusta. È tenuto in gran i)regio pella squisitezza delle sue carni. T. di pesca i lacci, le tonnare e (|ualche volta i consi. Habitat jiresso la spiaggia; è forma di passo. Tetrapturus belone Raf. X. V. AugffJiia, iminriali. 52 1 pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. Earissiina; si pesca colle tiatilere o coi lacci. Trovasi da luglio a set- temi )i'e, iinarul' it di passo, lungo la spiaggia-. GOBIIDAE Gobius paganellus L. N. \'. M(i::\:inii ihainistd-o, ili pctri, il' (dica. Gobius capito, e. V. X. V. .}fl)ia o fra le alghe; taluni vivono preferibilmente nei porti come il criientutus ed il qiiadrimiiciiliitiis: altri ft-a gli scogli come il quadrivittatus. l pesci e la pesca nel Compartimento di Catania. ^S Latrunculus pellucidus. (Itlir. X. V. yiuui((t)i di Inmi-K. Il periodo di maggioie ticMiueiiza va da .setteiubre a marzo ( 1 ad 8 (luiirtali al giorno), negli altri mesi è scarsissimo o iiianca del tutto. È di carne finissima e si pesca col taitaToiKs soltanto. Habitut presso il limo a inofoiidità di 8 a 20 metri. Callionymus lyra. L. N. V. Clic II 111(1 (j russa. Callionymus maculatus. l'.p. X. V. Cuculila stizzlaia. Callionymus belenus. Ili ss. N. V. Pisci diacnlu. Le due prime specie appariscono assai raramente, invece la terza e piutto.sto frequente nel i)«niodo che corre da agosto a marzo. Si pesca col tartarone nel goUo di Catania s(tlaniente; la carne è spregiata, perchè assai dura. Habitat a- profonp- N. V. Curinedda o Min usa di seinnv. Le prime tre specie sono marine e comuni lungo le coste specie nel tratto da Catania a Biposto ; si pescano col tartaroue o con la ciui- niddara, in (luantità però che non supera mai il chilogrammo. La quarta, specie invece è propria, del pantano o dei tìuiui; soltanto in caso di piena si trova anche alle loro foci. La i)esca si fa colla arizzola e col rizzagghiu; nell'estate non supera il chilogrammo, nel- l'inverno può raggiiuigere anche un mezzo (puntale di individui per giorno. Tutte e (piattro le specie godono di un certo pregio nel commercio. Habitat, le forme marine a profondità di ."i a 10 m. presso gli scogli o dentro i porti. MUGILIDAE Mugli cephalus Cuv. X. v. Martareddu. Mugli capito <;uv. X. V. V(trart)::zu. Mugli auratus. lìiss. N. V. Lìistru. Mugli sallens. lìiss. X'. V. Traechiu. Mugli chele ("uv. N. V. Cejdiuni. Mugli labeo. Cuv. X. V. Mulettu fimniineddti. La pesca «lei Mugini si fa in tutto l'anno, ma è piiì ablwndaute nei 56 1 pesci e la pesca mi Comparthiiento di Catai/iii. mesi estivi ; oscilli! ir» L' e .'id (mintali pel .1/. capito, fra 2 ed S jiel M. rrphdliiK. elle sono i piti freipienti, mentre t;li altri o al massimo possono raggiungere il i|nintale o tarsi searsissinii come il .1/. laheo. Pregiate sono le carili di ipiesti ])esci |)articolarmente ([uelle dei M. xdiiciis e capita. I. (li pesca. Sono adoi)erati l' incannata, il rizzargli in. l'arizzola, le nasse. e talora anche la sciabica, i co])! od altri mezzi speciali. Habitat lungo le spiaggie e sjiesso nei porti a poca ])rotondità : il .1/. .saliciifi è fr'equente anche alla foce dei fiumi , e il .1/. ccphaliis nelle a(M|ue dolci. Centriscidae Centriscus scolopax. L. X. V. /'/.s'Ci fcrni. (i>uesta forma vive in alto mare a ])rofbndità di -tu» a .'.(io metri ; è assai scar.sa e si jiesca col tartarone o ])iiì di rado con le nasse. Pedicdlatidae Lophius piscatorius. L. X. \. l'iscdtrici. Lophius parvipinnis. Cuv. X^. V. ri.sc((trici. Il primo segna la sua massima fre(pieiiza da ottobre a febln-aio. il se- conilo da agosto aIenroi>s 33 Aiignilla 22 annullaris (Sarjjus') . , 41 AnpUioxus 14 Antliias 37 aper (Capros) 51 Apogou 37 aquila (Mylio)iatis) . , 20 :> (Seiaena) 46 arancus (Trachinns) 45 argentatuiii (Sijìlionostoina) .... 21 argentatns (Cristiceps) 54 argeiiteus ((iailicnlns) 29 Argentina 26 arniatnin (Pteridinm) 31 Arnoglossus 32 asteria» (Kaja) 19 Atherina 55 atruiu (l'teridiimi) 31 Auloi)ns 27 .aurata (Clirysopliry.'») 40 am-atus (Mugil) 55 aiurita (Clupea) 25 Auxis 48 baleariea (Congronmraena) .... 23 Halistes 22 barbatura (OphitUiun) 31 bari)atns (Mullns) 39 belenus (Callionynius) 53 Belone 26 belone (Tetrapturus) 51 Benoiti (Sco))elns) 27 liiniai'ulatus (Lepadogaster) .... 53 (Labrus) 34 bisns (Auxis) 48 Blainvillii (Aeanthias) 17 Idennioides (Phycis) 30 Bleunius 53 boa (Stoniias) 27 bogaraveo (Pagellus) 40 Boscii (.\riioglossus) 32 bovina (Myliobatis) 20 Box . . ' 42 Boyeri (Atlieriiia) 55 braidi\i)tcnis (()rc\Tius) 47 Brania 50 l)reviiiiuiia ( I.aenuirgus) 18 brevirostris (Hippocampus) .... 21 cabrilla (Serrauus) 37 calaritanus (Cyprinodon) 26 Callionynius 53 cani/rivora (Saiu'enclielys) 24 canieula (Scyllinni) 16 canina (Cerna) 36 eanis (Galeus) 1.5 Cantbarus 40 capito ((iol)ius) 52 » (Mugil) 55 cajìriscus (B.ali.ste.s) 22 Cai)ros 51 C'aranx 50 carangns (Caranx) 50 Carcli.-irias 14 Carcharodoii 16 catapliractuni (l'iTistediuni) .... 44 oaudatus (Lejiidopus) 47 Cento] iristis 36 Cen trina 17 Centriscns 56 centrodontus (Pagellus) 40 C'entrolopbus 49 Centroi)liorus 17 oepediauus (Lophotes) 54 C'eplialoptera 20 ceplialus (Mugil) 55 Cepola 54 Cerna 36 64 Indice dei nomi scientifici. coriihira (Pri(m) . . C'iiiirax Cliaulioiltis eliclo (Mugli) .... t'hiiuera. . . , . . cliroiuis (Heliiistcs) . i'liry«'lis (.Siiiari.s). ('lirysopliry.s .... clirysotac.uia (Cerna) eieeerclln.s (Aiiiiiiodj'tes) ciiiereus (Ile])taiii-Uus) . eirrosa (llinliriiia) elavata (Raja). C'tupea C'oe<'()i (SeoiieliiN). eiiecus (S]>llaKl^bI•an(•hlls) eoelorliyiielnis (.Maeriinis) eoeruleiis (Creuilalirns) . colias (Scoiuber) . ('oluiiiuae (Rliiuobatus). CiHiger CoiiiiToinnraeiia . eorax (Trigla) .... e.oregondides ( l'arai e] lis) Corieus C'oris Corvina CoryViUaena .... (.'reiiilabrus ereteusis (Searns). . , eristatus (Trai-liyyiterns) Cristieeps croeoclilus (l^eopelus). erueutatus (Ooliins) . (!tiniolalirns .... Cnvieri (Traeliiiriis) . CyitriiKMlon Itactyloiitcnis .... (laetyloi)terns (Seliastcs) Dentex (lente.K (Caraiix) . (Iraeo (Traeliiiins) . (Inetor (Naucrates) . Dnmerìlii (Seriola) . . Kelieiieis Klireniliergi (l'agrus) eloiigata (Molva) . elongatus (Scopelu.i). encrasicholus (Eugraiilis) Kiigraulis erytliriinis (Pagellus) Kueitliarus Exoeoetus taber (Zeus) . . . , iario (Sabiio) . . . , fasoiatus (Saurus) . ferox (Odontaspis) . t'estivus (Labni.^f) . fiatola (Stroiiiateus) . Fierasfer .... iilameutosus (Aulopus) 36 41 2S 14 33 38 40 37 31 Iti 4li 19 24 31 34 47 IK 22 23 43 2S 34 3.5 4« 411 34 3.5 .54 54 2H 3.5 50 26 44 42 39 50 4.5 49 50 49 40 30 28 25 25 40 32 27 49 26 27 16 33 49 31 27 tilosns (Deiitex) . fiuta (Clnpea) . . . fulloiiiea (Kaja) . lusea (Motella) . . tusus (Caranx) . . (iadiculus .... (iadiiM galerita (Uleiiiiins) . (ialeiis gattorugine (Bleunius) geuiporus ((4obius) . (reoCrodi (l'oris) . gladins (Xii)hia9). glauca (Liehia) glaueus (Careharias). gibl)osus (Deutex) gigas (Cerna) . gionia ((.'e]>haloptera) (iobius (iouaui (Lepadogaster) grauulosus ((.'entroiiliorus) griseus (Hexauelius). guriiardns (Trigla) . guttulatus (Hì])poi-ani]uis) Haloiporiiliyrus ludena (Muraena). Heliastes .... Iie]>atu8 (Ceutopristis) Uej)setus (Atherina) . Hi"|itauelms Hexauelius .... Hiiipoeauipus . liil)liurns (Coriphaeua) bis|)aiiu.s (Ophictliys) Hcj]iloKtetu9 liyaliuus (( Idoutostouius) iiuberbis (.\liogoii) . » (Siiliagebrauelius) iiiiperialis (Luvarus). insidiator (Smaris) . iris (Cteuolabrus). yulis (Coris) . .lulis jozo (Gobius) . labeo (Mugil) . . . Lalirax Labru» lactens (Auimopleurops^ laenstris (Atherina) , Laeniargus . laevi-s (Mustelus) . i> (Rliomims). » (Squatina) . laueeolatus (AiiphioxusJ lasearis (Solea) laterna (Aruoglossus) Latruneulus . Lepadogaster . lepidion (Halaporpbyrus) 39 25 19 30 50 29 29 53 15 53 52 35 51 51 14 39 36 20 52 53 17 16 43 21 30 24 33 36 5.5 16 16 21 49 23 37 28 37 23 50 38 35 35 35 52 55 36 33 33 55 18 15 32 18 14 33 32 53 53 30 Indice dei nomi udenti fici. 65 lidi lii.K liiK liiu Lo] Lo] lupi Liiv Ivrii iiUtjnis 47 ii;i 51 ia (Srvniiiius) JK ;iiatiila. (Eiicitliariis) ;-!2 atiis (('aiitliarus) 40 ata (Trifjhi) 43 iiiiis 56 llOSI'S is (l.alirax) ariis. iiiat'iilata (Motella) . iiiaciil.atus (Callioiiynius) iiiai-iiijitlialiiiii.H (Dt-iitcx) iiiaiToiiiyiicliiis (h'aja) Maciiiriis .... Maciia uiallcus (ZijTariia) Xlaralili (Uraleptiis) . iiiariiiiis (IVtroiiiizon) luariiiorata (Torpodo) Maurìi (.Siiiari.s) . Maurolicus .... iiiaxìiiiii!^ (Klioiiil)iiM). iiiedittUTaiica (Mora). (Phycis) iiieditcrraiioiis (Creiiilabni; (Hoplostetu uielamira (Olilata) nielaimniiii (Xcttastoi: melo))s (CiMiiilaliriis) iiielastoiiiiis (rri-stiunis Merlnccius .... menila (Labrus) . MiiTOstoina. ... Millierti (Carcliarias) iiiilviis (Trigla) . . iiiiiiiitns ((iadus) . (Collins), iiiirali-tiis (Kaja) . iiioclioii (Atlioriiia) . mula (Ortliagori.scus) Molva . . . . . nioiKicliir (Solea) . iiKinstriiosa (t'hiiiifia) Mora inoniivnis ( l'a^elliis) Motclia MuKil Miilliis .... Miirai'iia Mii.ntclliis Mylioliatis . MjTllS .... luy.ttax (( 'oiiKioiiiiiracu: <>.) NaiUTatus .... Nettastoma. . , iiiger (Spinax). . . iiigra (t'orvina) iiovacida (XyriclitUy.i) .54 SU (Callioiivmns) 53 (Trigla)' 43 30 53 39 19 31 3X 15 30 14 19 3« 2K 32 29 30 34 37 12 24 34 17 29 34 26 14 43 39 19 30 33 14 29 41 30 39 24 15 20 24 23 49 24 17 46 35 Olil.ita olditiuii (Microstoiiia) olisciira (Trigla) . orcllaris (Hk'iiniiis) . oci'llatu.s (Cronilabriis) oculata (Squatiua) (Torpodo). Odoiitaspis .... < )doiit.ostomus ... Dpliictliys .... Opliidium (ipliioccplialu.s ((ioliius) , orliii-ulari.s (Cautharus) , Oroyuu.s Oitliagoii.S(iis . . . . Oxyrhiua oxyrliyiiclius (Kaja) . ]iagaiii41iis ((ioliius) . l'agclliis Pagrus Palloni (Acautolalirns) . Paratn])i.s jiarvipiuuia (Lopliius) pastinaca (Trygon) . paro (I)leniiius) . > (t'renilabrus) . (lulis) .... lidagicus (Syiigiiatus) . Pelamy.s pellucidus (Latrnnculua) Penuauti (Maurolicu.s) . Peristediuiii .... Pctromizoii Pliycis pholis (Bleuuiu.s) . . liilcliardiis (('lii))oa) . . jiini (Trigla) .... )iis ■atorius (Lopliius) Plaucri (Pctroiuizou) podas (Rlioiulioidii-tliys) Polyprion Poiiiatomu.M 1 ipilus (C'mitrolopliu.s) )ioi-cii8 (Scor|)aciia) . jioiitassoii ((J.'iilus) . practiosn.i (Kuvcttiis) . Pr( (Siphoiiostoii rostratus (Coriciis) . rotiindatiim (Microstoiii Konxi (lìlciiiiius) . . ruliescens (C'e])ola) . Riivcttus .... sacer (.\iitliias) . salieiis (Mugil) . . Salmo . . , , . salpa (Mox) saltator (Teniiiodoii). Salviani (Centriiia.) . saniiuiiuilcntiis (Hluniiii .sarda (l'elaniys) . . Sarj;iis Sauriis Saureiiclifilys . seabur (l'r<'iio.scopu.s) Si'ariis Sfiaeiia. scolo])ax (('('iitriscus) Scombi'r St-opidns .... Scorpaena .... scriba (SeiTaniis) . scrofa (Scorpaena) . Scylliuiii Scyìnniis Sobastes Scariola scrpeiis (Ophichthys) Sinlioiiostoiiia . Scrranus .... Sloaiii (Chaiiliodns) . Sinaris . , . . . Solca Spallanzani (Oxyrhina) SiihaKcbranchiis . . SphyTacna .... sphyTaciui (.Vrifcntliia) S})iiiax sprattns (C'iupea). . Squatina Staitii (Crenilabnis) . stellare (Scylliuni) . Stomias Stromateus. stiirio (Acipeiiser) .surmiiletus (Mullus) . Syusiiatus .... a) i) 49 18 S2 :!2 4t) 1(> 41 21 84 26 54 .54 47 ■M 26 42 ól 17 .5H ix 41 27 24 44 35 46 56 47 27 i'i 37 43 16 IS 42 50 23 21 37 28 38 33 16 23 26 46 17 25 18 34 17 27 49 21 39 21 taeiiia (Traehyi)teriis) telescopiuiii (Pcmiatomu: Ti'iuModon .... teiitaciilaris (Ble.iiniiis) Tt^traiitiu'iis thalassia (Tryfjon) . Thyniiiis thyniuis (l)reyiins) . thiuiiiina ('riiynmis) . Tiuea tinca (Crenilabnis) . Tor]>ed Trachinns .... Trachnrns .... Trachy])tcrns . trachyrhyiichns (.Mai'rn tricirrata (.Motella) . Triffla tri^loides ( Kli'iiiiiiis). TrvKoii turdus (Lalinis) . '*) Umlirina .... unicolor (Mmaena) . l'rale))tns .... Uranoscojnis . nstulata (Scor])aena). V'assali (Ophidiuin) . vil>era (Trachhinsj . volitans (Dactylopterus (Exocoetns). Tulsaris (Acanthias). > (Anguilla) . (Blennius) . (Box) . . > (Coiiffer). » (Dentex) ( Jlaeiia) . . (Merlnccins) . , (Molva) . . :> (Mnsteliis . » (MjTUS) . » (Paifi-us) » (Sargns). » (Smaria) . . » (SphyTaeu.a) 5 (Solca) . . (Tinca) . . vulpes (.\lopecias) . Zebriis (Gobius) Zeus .... Zijraena . Xiphias . Xvrichthvs . 54 37 51 53 51 2(1 iX 47 4.S 26 34 19 45 50 54 31 311 43 54 20 33 46 21 30 44 43 31 45 44 27 17 22 54 42 39 38 29 30 15 24 40 41 38 46 33 26 16 52 49 15 51 35 INDICE DKI NOMI VOLGARI Achilli 17 >. iiiiiiiriiili. ili t'uiiuii 18 Acula 46 Addottn di Ioni, ili iiuiiiali .... o6 » di petri 36 Agugghia (Auggliia) inipiriali . 21-26-51 > di ]iraia. ili gramij;:iia d"alica 21 Aimè 46 Ajiilu 41 Alacela 25 Alaloiiga 4K Alampia 14 Allitiratu 4X Aloca 46 Aiosa 25 Aliizzo 46 Aiicidda 22 AiK-ilt-ddu 27 Aiiciova (aliccia) 25 Arata 25-40 Aiicciola 40-50 » di fiiiiiiii iiii|)iriali 48 Asiiieddu 38 Halestra. lìa^nisa ccii tup]>i' IJanuera iiiipiriali. linddai-i. . . . . 53 28-54 ltiii;.yliiu liiittucaiiali Buzzucru 37 Caca e mangia C'adduttu 53 » impiriali 54 » ccu tu])pc, tn])putu 54 » di mari 53 » celeste 54 » vaTu.in 53 » st^aggliiiiinisu 53 /> di t'ora, ili t'iiiiiiali ■ ... 31 Cappucinii 20 Cappniii 49 Cavadduzzii di mari 21 Cavagiiola 50 C'et'aliiui 55 Cerna 36 Ciavula (ciaula) 38 Cicireddu 31 Cipinidda, cippuddazza di petri ... 43 » di faugii ....... 42 Ciruiiirru 23 Coccia 43 » curiiiitii . '. ! 44 Coccunin 44 Cor\ai 44 Criiveddu 46 Cuccuma grossa 53 stizziata 53 Curunedda 26-55 » di mari 55 » imjiiriali 26 » latariua ....... 55 » minusa di sciiiuu .... .55 Cuvarita 48 Deutici 30 Diavulici'liiu di mari 17 Diavulu di fiimiu 18 Erculi 18 Faggi.anu im]>irialì 43 Fasciana 42 ili tiiiiiiali 43 Fetula 40 Fuchista cu r occhi rossi 20 Furaua 42 ladiluzzu 16 lattu iiarilu 16-17 laddu 40 Inlo 35 Lappara 34 !> imyiiriali 35 Lattumcildii 25 Liuguata 33 » di rhia, di petri 33 Lingua di cani 33 Liipn cani 30 di funuali 30 :> di rocca, di petri 30 » iiinrn ili tuuuali 20 68 Indice dei nomi volyari. IjUpii (li tTiittcrii, di scofiglii Lustra Luuru (Liivani) . » imiiiriali . Martiiredilu .... Miiiteddu Mazzaiiuiii Ma.si-nlii]u » iiii]iiriali . Mazzo Mazziuii d"lllTll O VlK'l"! <1Ì :* sarjM'iini . » di riiia » inaccaruiiani !> liscili, di l'aligli. :> daiiiusarii, di riua :» vi-ni, ( Mazziiuedilo .... Mimila Miri'uzzii Mola Mpiialora Miilettu tiiiiiiiiiuiddii. » iuijiirialii Miiuac'tMlda > ili l'orti' » iuijiiriali . » rossa . Miipa Miu-iua > imjiiriali ^ di canali . Mussi! di pomi . Xniiiiatii di Invanì . Xznrcddn Ofobiata Occhili licddn Ogghiarn . Paddottiila ;> di t'ininali. » di rina, di l'ano- ;> di iiptri l'alaiiiitn Paliininni pinti! .... Pan, Paunissa Panta ordinaria, liscia, di » di funnali . » iinpiriali di l'nnnii Passaturi Passira jiilriisa. di rina Passira Paiirottn Panni !) cu la cricca Pavo Picitra petrusa » tuiina . » spinusa 29-5 49-: 29 40 50 15 36 25 -28 26 52 52 52 52 ■52 38 29 22 53 55 37 33 37 51 40 24 24 24 35 53 35 42 34-29 17 30-31 30 31 30 48 15 15 34 32 32 32 15 32 32 39 39-40 39 54 19 19 19 Picara sca|iuccina monaca . . . . liscia Piscalrici Pis<'i acnla achilli .... aiici(>Yn .... lianncr.a . . . , lirillanti .... cani > cappuni .... citarra .... > crozza .... diavuln .... d' unirà .... l'erri! j.'ttta luna - iiiartcddn » iiinrn
  • iicttini .... » piircu sceccii .... s])ati! ^> snrci > tambnrinu . truiizu .... vacca Pittima Pittara ) di pillici Pizza di re Prainu Prccchia, Percliia . . l'ndicincdda .... Pniitalorn Quattrocchi .... Pasaiiia Kasidn Kinniiiiini Ruthami Kungn ])a]iira .... di l'aligli, di rocca Ruvcttu. ..... Sagristann Sangiisu Sajmncddu Saracii tnnnii .... pizzuti! 19 19 19 51) 20 17 16 54 28 16 49 \X 15 53 49 51-56 14 50 15 18 35 ')•> 20 51 16 22 16 34 34 34 35 40 37 51 38 19 51 37 27 37 24 22 47 41 48 29 . 41 41 . 25 » tìnimincdda . » inipiriali .... •> > di l'ora. Sarjia Sarachello 8aurii lisciu .... » d' orru, di cannali » impiriali » occhiuti! Scaimajaddu .... Scanuajavaddu. . . . . 25 . 28 . 28 . 42 . 25 . 50 . .50 50 50 36 . 40 Indice dei nomi volgari. 69 Scantru .... » masciiliiiii. Scarpani Scarnimi (.scariim) 40 40 34 •21 Scazzubaru 41 Scif'aiola 51 .Seireiiga 'ò6 8cofaua 43 > tigiiii.sa 43 Serpi ceca Ii4 > eurta :i4 imjiiriali. lolita 23 iiiiiiiicM (li tiiiiiiali 23 nuizana 23 Stbderu 51 Siuitiru 38 S]>aiai;aiiaci 39 S]iarn(lilu 41 S])atula 47 Spicara 38 Spirdotii 54 Spiiiefl di petri 43 'l'iri tiippiti 33 Tini di fuiiiiu 27 TLstitii 20 Traccliiu 55 Tracina risiguola di praja 45 > pinta di fanali 45 Mima 45 di rìii.-i 45 lìciiÉiil.i 19 iiiiiia. di lina, occliinta . . 19 TriKKliia 39 Tritavi 34 Trota 26 Tniicuni ■ . . 36 di Mcoiiglii 36 Tiunniccliiii 47 Tiiiinii 16-47 pal.'iiniitii 16 di tiiiiiiii 16 Turdii 33 inipiriali o iiion.-icn 35 > d' area 34 Uc(liiata 42 l'ggliiarM 17 r.jattii 17 Indiriiia 46 ri>l>a impiriali. Vo])a .... 38-40-42 Vaceare(l(l:i 17 \'accotta 14 N'aracozzu ^o Varvajohi 25 Va.'itniiaca 2(1 Vau.sa janea 54 Vipira (li mari 27 Vlrdeddu 14 Vopa, Ko]ia 42 Vueca. di sa,iiffu, Mazzuiii d' orru . . 52 Vuraccia Zita 36 (Jiuftl nomi coUjarl nono propri del mercato di Cutaiiia; iiiUc altre località «iiliixroìio lefif/cre rariazioiii e qualcìts volta sono completamente cambiati. NOTE BIBJJOGRAFICHE is(i4 Gemmellaro Carlo — >Sa,i>-,u'i() d'Ittiologi;! mise il dubbio sul plasmodium malariw ; e nelle mie ricerche il dubbio non solo si ripete, ma si fa più imponente, perchè anche le Itisi evo- lutivej la presenza del nucleo (colorazioni speciali) ecc : possono riportarsi al nucleo dell'ema- sia, e quindi non si hanno, a mio avviso, ancora caratteri ilifferenziali di nu valore iudiscu- tibUe e deHnitivo. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4^ — Mem. VI. 1 Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' emasia. Ho sperimentato : 1. altri mestrui per 1' estrazione del sangue. 2. il cloruro cV oro e il nitrato di argento sul sangue mo- dificato nei varii mestrui. 3. il medesimo trattamento , come si fa per colorare il bacillo della tubercolosi, sul sangue modificato e fissato. 4. la colorazione colle varie sostanze, dopo il solo bagno in acqua, del sangue cavato nel liquido iodo-iodurato : e lo stesso trattamento col sangue semplicemente estratto ancora umido , ovvero fissato nel sublimato. Altri mestrui Ho impiegato i mestrui che già mi riuscirono i migliori, il picrico, il tannico ed il iodico, ma non isolatamente, invece fa- cendone vari miscugli : ho sperimentato anche come mestrui il cloruro di oro, e quello di oro e potassio. Mestrui misti — Ho adoperato le sostanze allo stesso titolo di soluzione che mi era riuscito il migliore negli studii prece- denti (soluzione picrica 1 : 300, tannica 1 : 150 e soluzione iodo- iodurata di Lugol). Tutte le miscele sperimentate restano hm- pide e col colore misto delle soluzioni impiegate. Dopo ripetuti tentativi , ho dovuto convincermi che per la miscela picrica e tannica la più adatta per cavarvi il sangue è quella fatta a parti eguali delle due soluzioni ; per la miscela picrica, tannica e iodica la migliore è quella fatta da una parte della miscela precedente con 9 di liquido di Lugol , (un poco diminuendo la quantità di liquido iodico, il contenuto delle emasie si scioglie e si ha il risultato di ombre ) : ho speiimentato anche il miscuglio di una parte di soluzione picrica con 9 di Lugol e di una parte della soluzione tannica anche su 9 del liquido iodo-iodurato. Il miscuglio picrico-tannico dà i più buoni risultati. Cavan- dovi entro il sangue colle norme già stabilite, le emasie mostra- no un misto di modificazione che fa apparire la struttura più Altri vietodi per la ricerca del ìiucLeo dell' emasia. evidente ; si ha quel rigonfiamento dell' emasia con notevole tra- sparenza del contenvito e risalto del nucleo contornato dall' ap- parente membrana (azione tannica) ; ma tutto questo meno spinto che col solo acido tannico, col quale le emasie si rigonfiano trop- po, e fanno spesso fuoruscire il nucleo ; invece il rigonfiamento è moderato, ed il nucleo bellamente contornato da una mem- brana sta per lo più entro V emasia , la quale è ben fissata fa- cendo risaltare la spessezza del guscio (azione picrica). Il miscuglio picrico-tannico-iodico dà anche buoni risultati, in quanto che le emasie si conservano così bene come col liqui- do di Lugol, ma il contenuto è più disgregato, il nucleo risalta meglio, e sovente con gibbosità alla sua periferìa : senza dubbio però i preparati ben riusciti col solo liquido di Lugol mostrano la struttura con un' apparenza più naturale. I miscugli fatti con 9 parti di liquido iodo-iodurato e con una deUa soluzione picrica o tannica riescono anche a far sco- vrire r intima struttura dell' emasia, a preferenza quando la so- luzione acida aggiunta è la picrica ; ma danno degli inconve- nienti di dissoluzione, di intorbidamento, j^er cui non si può su questi metodi fare molto assegnamento. Cloniro di oro — Adoperata la soluzione 1 °/o. Appena usci- ta la goccia di sangue nel mestruo , si coarta , s' aggrumisce , ma il sangue non cambia colore. Pi'esa la miscela col covrog- getti il sangue è rappreso, non si mescola quasi affatto col me- struo. All'esame microscopico, fatto immediatamente, le emasie sono un poco impicciolite , ma pressoché immutate conservando il loro aspetto ordinario di disco biconcavo ; una buona parte non sono più rotondeggianti, ma fortemente ovalari come semi di zucca ; un' altra notevole quantità di emasie è diventata om- bre ; più raramente i globuli rossi mostrano 1' aspetto globoso , ed allora in talune appare bene il nucleo colorato in forte ce- leste-bleu. I leucociti sono impiccioliti , granulosi, con lieve co- lorazione bluastra del nucleo , anche dopo 24 ore alla luce. Le piastrine sono relativamente conservate. Qua e là vi è forma- Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' emasia. zione di fibrina membraniforme. Dopo un giorno alla luce i preparati mostrano anche grossolanamente una leggiera colora- zione violacea. Cloruro di oro e potassio — Adoperato anche alla soluzione 1 : 100. Il sangue resta del colorito proprio, ed aggrumisce meno che col mestruo precedente. Le emasie sono meglio conservate , più frequentemente globose, e più facilmente tanno apparire il loro nucleo, colorato come col mestruo precedente : vi è anche una quantità di ombre. I leucociti e le piastrine si comportano come col cloruro di oro. Si forma minore quantità di fibrina : vi è meno precipitato nerastro. Dopo le 24 ore , anche questi preparati prendono la lieve tinta violacea. In conclusione questi due ultimi mestrui non corrispondono così bene come gli altri per dimostrare l' intima struttura del globulo rosso, e perciò non sono raccomandabili. Azione del cloruro di oro e del nitrato
  • ereoloKÌ. Assoggettando i Lugol-sublimato alla faxina fenica di Ziehl, le emasie si colorano fortemente in un minuto, il nucleo a pre- ferenza dell'emoglobina; decolorando per un minuto col bleu di metile solforico (25 «/o Gabbet ) si ha decolorazione totale della fuxina, le emasie sono perfettamente rispettate , 1' emoglobina è poco colorata dal bleu, mentre il nucleo dell'emasia è colorato in bleu molto intenso; anche i leucociti hanno il nucleo colorato in bel bleu, ma meno forte; la nitida colorazione resiste al dis- seccamento ed al balsamo. Preparata la fuxina formica (5 % di acido formico), che non Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' emasia. 15- dà alcun precipitato , soltanto diventa un pò violacea , si ha con essa la colorazione in mezzo iniiiuto dell'emoglobina in ros- so-pavonazzo, del nucleo in violetto scuro; il nucleo dei leucociti si colora di un bel chermisi. Col bleu solforico si ha anche qui decoloi'aziono completa, e nuova colorazione caratteristica in bleu. A questo proposito devo dire di aver tentato sostituire la fuxina formica alla fenica per colorare il bacillo della tubercolosi; in due minati , anche alla temperatura ordinaria , il bacillo è colorato in rosso-violetto, ed esso solo non è decolorato dal bleu solforico; il colore del bacillo però rivsalta meno che con la fuxina fenica , con la quale si conserva di color rosso vivo , intenso , per cui si distingue meglio sul resto bleu. Colorando il bleu solforico 25 °/o così bene e fortemente il nucleo delle emasie modificate dal liquido iodo-iodurato , ho vo- luto saggiare tutte le altre sostanze coloranti nella stessa solu- zione solforica 1 : 4 per vedere come rispondono le emasie modi- ficate. Eccone i risultati. Bleu di metile — È inutile ripetere, che il colore ]ion cambia affatto nella soluzione solforica, né dà traccia di precipitato. Si è già detto che la colorazione è perfetta. Nigrosina ■ — Con parti eguali di soluzione satura di nigro- sina e di soluzione solforica, si pi'ecipita molta sostanza coloran- te, ma il suo coloi'e non cambia; sul filtx'O resta la nigrosina pre- cipitata, ed il filtrato limpido, ha il colore perfetto della nigro- sina, sebbene molto allungato , sbiadito : colora elettivamente il nucleo dell'emasia, ma non molto fortemente. Verde di metile — Aggiunta alla soluzione solforica la so- luzione idroalcoolica 3 °/o del colore di anilina ( e così per tutti gli altri colori, senza ripeterlo). Immediatamente il colore si cam- bia in giallo-rossigno , che poi mescolato bene diventa arancio chiaro; non precipita, il filtrato perciò è identico. Colora sebbe- ne debolmente il nucleo dell'emasia in verde, molto meno l'emo- globina. Allungata la miscela con 4-5 volte di acqua, ed anche 16 Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' ema sia. di più , resta decolorata , vuol dire , non riprende il colorito verde. Verde di malachite — Diventa di un giallo-arancio carico tendente al rossigno, non precipita. Colora come il verde di me- tile solforico. Nel lavare il preparato per allontanare la miscela, questa rij^rende il colore verde-malachite, e poi ciò si conferma allungando la miscela con acqua ; è dal lavaggio del preparato trattato con questa miscela , che me ne sono istruito la prima volta, e quindi poi ho saggiato le altre miscele quando succede cambiamento di colore, o decoloi'azione. Miscela Biondi-Heidenhain. — Immediatamente diventa di un rosso-granato giallognolo, non precipita affatto , e poi ben mi- schiato resta del bel rosso-granato, coli' orlo un po' tendente al giallognolo. Coll'aggiunta dell' acqua resta lo stesso color rosso , che essendo allora allungato assomiglia a soluzione di cosina. Colora fortemente l'emasia colla doppia colorazione , giallo-rosso (emoglobina) e verde (nucleo). Violetto di metile. — Cambia immediatamente il suo colore in verde-scuro , che mescolato bene diventa verde-oliva scuro e così resta : non precipita nulla. Allungato coli' acqua riprende un poco il colore violetto, ma tendente al bluastro (color lilà). Colora debolmente in violetto il nucleo, più leggermente l'emo- globina. Vesuvina. — Non cambia colore, non precipita; il colore è sempre lo stesso anche per intensità. Non colora affatto o qua- si l'emoglobina e neanco il nucleo; colora invece il nucleo dei leucociti. Fuxina. — Non precipita, ma si cambia il colore in gial- lo-bruno rossigno, da somigliare a vesuvina, ovvero al liquido di Lugol. Aggiunta l'acqua non riappare il colorito proprio , il li- quido ha appena un'ombra di rosso-sporco. Colora poco. Safranina. — Non s' intorbida affatto, ma cambia immedia- tamente il suo colore in rosso-giallo-sporco; però ai contorni di quella goccia così modificata la soluzione solforica diventa di Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' emasia. 17 color viola-chiaro (lilà). Agitando il colore si diffonde a tutto il liquido, il quale prende uniformemente il color viola, o violetto. Colora appena. Se vi si aggiunge 1' acqua , riprende il proprio colore z'osa, ed allora colora quasi come l'eosina. Eosina. — Appena si versa resta isolata, come una goccia di olio, nel liquido solforico ; però il colorito cambia in arancio carico: agitando quella goccia diventa grossolanamente granosa ed i granuli o pagliettine sono anch'esse di color arancio forte; il resto del liquido è incolore. Dopo un' ora e dopo un giorno l'eosina resta sempre in sospensione nel liquido , raccogliendosi nel fondo in forma di granuli, globetti e pagliettine di un forte arancio : il liquido solforico resta incolore. Non colora le emasie. Auranzia. — Diventa immediatamente di un rosso-vivo chermisino ; precipita un poco in forma di granuli e bastoncini di un rosso bruno ; questo precipitato si ridiscioglie subito agi- tando, ed il liquido diviene limpido, chermisino. Aggiunta l'ac- qua non riprende il suo colore , ma resta di color i-osa , come quello che riprende la safi-anina. Colora poco o nulla il sangue. Indaco-carminio. — Noii cambia né diminuisce il proprio colore; solo dopo parecchi giorni si va attenuando gradatamente, e poi si decolora completamente. Non dà alcun intorbidamento. Colora fortemente in verde-indaco l'emoglobina, e più fortemente il nucleo. Formio-carminio. — Non cambia colore , è insolubile , e neanco al dintorno della goccia appare traccia di colore anche dopo minuti: agitando la miscela, il liquido colorante precipita in un modo finamente granulare , dello stesso colore rosso ori- ginario. Carminio-boracico. — (Staz. zoolog. di Napoli). Cambia il co- lorito violaceo in rosso più chiaro, vinoso. È insolubile, ed agi- tando si precipita a grossi pezzi nello stesso colore. Litio-carminio — Non cambia colore , è insolubile : dà svi- luppo di bolle di gas, le quali allargano e spezzettano la goccia ■di colore; agitando resta grossolanamente granelloso. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4' — Memi VI. 3 18 Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' emasia. Piero-carminio — Non cambia colore ; è insolubile e si tra- sforma subito come in una pellicola; dopo poco tempo compare al dintorno un'ombra di alone rosso, mentre il resto della solu- zione solforica prende un poco la tinta gialletta picrica. Agitan- do diventa finamente granulare. Si ripete lo sperimento per i quattro precedenti liquidi di carminio ; e dopo 15 a 20 minuti , avendo rimasti immobili i vetrini da orologio, dopo aver messo la goccia di colore nella so- luzione solfòrica senza agitare, in tutte comincia una lieve colo- razione rossa del liquido solforico. Dopo un giorno la sostanza colorante in tutti i vetrini si trova in gran parte sciolta , e la soluzione solforica è colorata in l'osso più o meno sbiadito. Nessuna di queste quattro miscele colora 1' emasia ; anche i nuclei dei leucociti restano incolori. Allume- carminio — Conserva il suo colore con più tendenza al pavonazzo ; la goccia si stende a galla rapidamente ; agitan- do si scioglie in modo perfetto, e tutto il liquido diventa di un bellissimo rosa, e così resta anche dopo un giorno. Non colora affatto r emoglobina, né il nucleo, neanco quello dei leucociti. Ematossilina — La goccia si estende e scioglie , diventando immediatamente di un giallo sbiadito sporco ; non dà alcun pre- cipitato^ ed agitando la miscela prende un color roseo-cai-nicino. Colora benino in pochi minuti il nucleo dell' emasia in celeste- bluastro, come zaffiro : molto meno i nuclei dei leucociti : la emo- globina appena in celeste-grigio torbido. Emateina — Si comporta come l'ematossilina, decolorandosi anche di più in gialletto. Colora allo stesso modo della prece- dente, con tutta la forte decolorazione avvenuta. Cocciniglia — Non precipita, invece si scioglie perfettamente ad occhio nudo, diventando però il colore giallo-bruno rossigno, come vesuvina. Al microscopio si nota invece un po' di preci- pitato del colore : le emasie si colorano appena in rosso-giallo- bruno, con tono sempre più forte del nucleo. Purpurina (Ranvieb). Non cambia il suo colore arancio- Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' emasia. 19 chiaro, non precipita, si scioglie completamente. Non colora af- fatto neanco il nucleo dei leucociti. Purpurina (Geenacher) — Non cambia il color porpora e grossolanamente non precipita ; al microscopio però si nota un po' di precipitato; agitando si scioglie tutta. Anche con questa miscela la colorazione del sangue è negativa. In modo che, a parte le modificazioni che avvengono in varii di questi colori , specialmente in rapporto al cambiamento di colorito, fatti che potranno interessare la chimica, in rappor- to alla colorazione del nucleo dell' emasie queste miscele solfori- che non hanno un valore positivo, meno pel bleu di metile, per la miscela Biondi-Heidenhain e pel carminio d' indaco. Si è poi potuto stabilire che le emasie cavate nel liquido iodo-iodurato resistono perfettamente all'acido solforico (1 : 4) an- che assoggettati immediatamente a questa soluzione acida con- centrata, senza la fissazione in sublimato. Tentativi eli eoloraxioiie sul saiig-ue liUg'oI tlopo il l>ag;]io in aqua, ovvero sul .saiig;ue .seiiipiieeiiieiite estratto Per vedere se i vari colori nucleari riescono meglio o no , togliendo 1' eccesso del liquido iodo-iodurato dallo stratarello di sangue modificato, dopo la fissazione avvenuta nel Lugol, ho im- merso i covroggetti direttamente in un bagno di acqua distilla- ta. Dopo poco tempo lo stratarello si decoloj-a , perdendo il suo gialletto, ma la fissazione delle emasie è perfetta. Dirò in poche parole, che tutte le sostanze coloranti , già adoperate precedentemente, compresi anche il cloruro di oro ed il nitrato di argento riescono benino, anche perchè V emoglobina si colora poco o nulla : la colorazione del nucleo dell' emasia è caratteristica, sebbene un poco più debole di quella che si ot- tiene senza il prolungato lavaggio in acqua. La colorazione rie- 20 Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' emasia. sce migliore, se dopo il bagno in acqua, i preparati si assoggettano anche per pochi minuti al bagno di alcool a 90», e poi vi si ag- giunge la sostanza colorante quando sono ancora umidi di alcool. Se i preparati si restano vari giorni in acqua, si colorano sempre più debolmente, ed arriva anche ad alterarsi e soffrire la niti- dezza della struttura, oltre al facile sviluppo del bacillo del fieno; in modo che il risultato migliore si ottiene nelle prime 24 ore. Pel sangue semplicemente estratto, e quando lo stratarello è ancora un po' umido, ho sperimentato 1' azione del cloruro di oro, del cloruro di oro e potassio e del nitrato di argento, aven- do di già sperimentati pel passato le altre sostanze coloranti. L' immersione in questi reagenti è durata pochi minuti sino a mezz' ora, all' oscuro, e poi le lastrine si sono esposte per 24 ore alla luce. Già come si nota fin da che i preparati si tolgono dai reagenti, una buona parte di emasie è diventata ombre ; una quantità minore, (le emasie fissate dall' incipiente essiccamento), resiste immutata, ma non si colora quasi affatto; pochissime ema- sie fanno vedere il nucleo, che allora è discretamente colorato : i leucociti inalterati , coi loro nuclei evidenti, poco colorati, ri- saltano tra le ombre. Si è sag-giato anche il cloruro di oro ed il nitrato di ar- gento sul sangue semplicemente estratto e poi fissato in subli- mato (1 : 100). Le emasie che sono conservate e fissate in modo perfetto, resistono perciò al bagno di quei reagenti; i quali però non vi hanno alcuna azione colorante, restando mute le emasie, meno qualcuna in cui si vede il nucleo , che soltanto allora si colora bene. * * * Dai fatti esposti, oltre la conferma della persistenza del nu- cleo neìV emasia dei mammiferi, se ne rilevano altri che potran- no avere un valore notevole nella Chimica microscopica. Nelle Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' emaaia. 21 emasie, in cui l' intima struttura è rivelata dal liquido iodo-iodu- rato , appena vi si fa agire il cloruro di oro o il nitrato di argento, si ha : 1. Una colorazione speciale del solo nucleo delle stesse: r emoglobina si colora passivamente in giallo, o leggermente si opaca : lo stesso succede del protoplasma dei leucociti , mentre i nuclei di questi non si colorano affatto. 2. Successivamente, coll'azione principalmente della luce, si avvera la risaputa colorazione violetta, bluastra , la quale si fa ovunque, cioè anche nell' emoglobina e nel nucleo dei leuco- citi, ed alla sua volta si fa anche nel nucleo dell' emasia, addi- zionandosi alla colorazione primitiva ed esclusiva dello stesso : da ciò un tono di colorazione misto più forte, che permette dif- ferenziare anche allora il nucleo dell' emasia dall' emoglobina. Questo secondo fatto conferma che la prima colorazione del nucleo del globulo rosso è indipendente dall' azione della luce. 3. La colorazione primitiva con tali reagenti si fa anche del nucleo dei leucociti, soltanto nelle condizioni in cui le emasie si dissolvono in primo tempo, principalmente per 1' azione dei rea- genti quando si fanno agire sul sangue semplicemente estratto; ovvero quando, anche cavato nel liquido di Lugol , vi ha pre- valso r azione dissolvente dell' acqua; nell' uno e nell' altro caso vi è foi-mazione abbondante di ombre , ed il nucleo dell' emasia già colorato nel modo speciale e rapidamente disciolto, mette in libertà quella sostanza colorante, che allora colora il nucleo dei leucociti, così come succede con tutte le sostanze coloranti che si usano in tecnica per la colorazione nucleare. 4. Ho potuto anche stabilire, ciò che esporrò minutamente più tardi, che i nuclei delle altre cellule vive , assoggettate al liquido di Lugol , e poi al cloruro di oro e nitrato di argento, restano negativi per quella colorazione primitiva. In modo che viene la conclusione, che quella speciale colo- razione , diversa dal colore della sostanza impiegata ( cloruro di oro, giallo e nitrato di argento, incolore) deve dipendere da una 22 Altri metodi per la ricerca del nucleo dell' emasia. speciale combinazione chimica con un corpo che sta solo, o a pre- ferenza in quel nocciolo. E mentre questo fatto conferma sempre più r esistenza di quel nucleo, apre il campo a nuove indagini nei tessuti, ed ha invogliato me a cimentai^e il nucleo dell'emasia, supponendo con probabilità che sia la presenza del ferro che ca- giona quei risultati, con tutti i reagenti del ferro e dei suoi com- posti a minimo ed a massimo. Pel momento posso preannunziare : 1 . che tutte le reazioni del ferro riescono in un modo luminoso , immediato nel nucleo dell' emasia dei mammiferi, poco nelle emasie embrionali e nei globuli rossi degli ovipari : 2. che 1' emoglobina conferma una quantità molto minore di ferro : 13. che questo metallo manca nel nucleo dei leucociti, mentre pare ve ne sia traccia nel loro protoplasma : manca o quasi anche nelle cellule degli altri tessuti : 4. che nelle oligoemie la reazione chimica mostra una quantità notevolmente minore di ferro nello stesso nucleo del globulo rosso. Con questi nuovi fatti, che renderò subito di pubblica ra- gione , si possono intravedere anche per la Clinica delle appli- cazioni di un valore incalcolabile, ed è specialmente con questi nuovi mezzi di ricerca, che probabilmente, ed io lo sto tentando, si potrà risolvere la quistione del ritenuto parassita della malaria, studiando il modo di comportarsi verso i reattivi del ferro. Memoria VII, Sul riscontro tossicologico dell'atropina nel cadavere umano e sugli elementi essenziali di questo problema del D.r ORAZIO MODICA L' argomento della resistenza dei veleni alla decomposizione per agenti singoli, potrà giovare nell' intento di approfondire delle ricerche metodiche sulla scomponibilità dei veleni stessi , ma è d'ordine piuttosto teorico, dappoiché, quando si tratti di venire a considerare, nel caso pratico, le condizioni particolari in cui un veleno debba o possa essere rinvenuto o meno, ed in quali organi cadaverici, occorre allora abbracciare un insieme di eie- menti di fatto costituiti non dalla resistenza di un veleno verso agenti singoli, ma dalla resistenza sua verso tutto qaell' insieme di condizioni che sono, ovvero possono o debbono stabilirsi nel cadavere. Non è questo però il solo punto a considerarsi in questo pro- blema, né è il più importante. Fenomeni complessi di consumo nei tessuti viventi, eliminazione nel vivo e fuoruscita nel cadavere, metodi di ricerca, in fine consumo nel cadavei'e, sono altrettante tappe di percorso dei nostri studii, sono altrettanti ingranaggi di un unico meccanismo, dal quale risultar devono in definitiva delle leggi caso per caso, veleno per veleno , leggi regolatrici e declaratorie dei responsi diversi dell' indagine pratica. Quando a mo' d' esempio si domandi se in cadavere umano interrato da 2 o 3 mesi si debba trovare o no 1' atropina che fu inti'odotta in una data quantità nel vivente, il quesito generale così posto importa la disamina dei singoli problemi : consumo dell' atropi- Atti Acc. Vol. XI, Sbrik 4" — Memi VII. 1 2 Sili riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano na iieir organismo umano nel tempo vario dell' avvelenamento , eliminazione riferibilmente al decorso dell' avvelenamento stesso, stabilità o meno del veleno nel cadavere, attendibilità maggiore o minore dei metodi di riscontro. Con tale esempio ho forse me- glio che con molte parule specificato 1" indissolubilità dell' argo- mento della decomposizione dei veleni dal problema biologico generale in cui esso necessariamente rientra. Per la comodità dell' indagine scientifica abbiam visto nella letteratura dividersi in singoli rigagnoli le ricerche sulla inda- o-ine dei veleni nei cadaveri. Allo stato attuale delle cose sembra opportuno però di ricondurre quelle correnti isolate in correnti di maggior portata, il favorire oramai la fusione delle conoscen- ze, le quali, solo nel loro complesso, possono valere a trattare e risolvere i problemi della pratica. A questo scopo mira il mii> presente studio sull" atropina. Innanzi tutto poniamo in evidenza per sommi capi le co- noscenze nostre intorno alla generica possibilità del riscontro di un veleno vegetale nel cadavere umano. Si presta ancora que- sto cadavere al ricupero di esso veleuo ? Se noi tacciamo astra- zione dal periodo oramai storico che ha attraversato la questio- ne dei veleni cadaverici, e cioè dal periodo precursorio, in cui, si può dire, non ci fu veleno vegetale che non avesse avuto il suo corrispondente animale, verificato con dati di analogie, spesso le più grossolane, e di altre oggi riconosciute per meno perfette ed illusorie, e ci portiamo d'un tratto alle conoscenze dell'ulti- mo periodo, ci accorgiamo quanto torto avessero gli estremi par- titi e le estreme affermazioni. Da un lato, quelle che la cellula animale fabbrichi ogni categoria di veleni, che il movimento di decomposizione dei tessuti morti conduca a formare del cadave- re un semenzaio di veleni nuovi, spesso identici a quelli elabo- rati dalla cellula vegetale, per cui gli stessi criteri! dell' indivi- e stigli elenii'ìiti essenziali di questo prohlema. dualità chimica, forma di cristallizzazione , analisi elementare , proprietà dei sali, ecc. non fossero più sufficienti per orientarsi nella ricerca di una molecola estranea buttata nei tessuti ; dal- l' altro, quelle che sono i metodi soltanto che occorra modificare, perchè sono essi soli che portano sul terreno i veleni che non sono pi"eformati ; migliorati i metodi d' esti'azione, ecco intatta la molecola straniera colle sue proprietà e i suoi caratteri , che si rivelerà sempre così, perchè nessuna cellula animale vale a produrne né delle identiche, né delle somiglianti. Estreme affer- mazioni, di cui i lavori di Gautier e di Brieuer, primieramente, hanno fatto giustizia, agli uni, dimostrando che alla perfine nes- suna atropina o nessuna stricnina cadaverica ecc. è rigoi'osamente paragonabile alla vegetale, agli altri, che se identità non e' è , non è però facile, e di ogni incontro, lo sceverare le somiglianze, o superare tutte le difficoltà, che si oppongono per assorgere alla legge d' identità. Beieoer da grandi quantità di cadaveri umani (200) trova nei precipitati ottenuti col bicloruro di mercurio molta cadave- rina e jyutrescma, nonché una base nuova, non risultata dalla putrefazione della filDrina e della carne, la mydina ; ma queste basi sono innocue, hanno sali doppii, con caratteri specificati, n<ìn possono confondersi con basi vegetali. Brie«eii ammette che i cadaveri che non sono liberamente a contatto dell' aria danno minor quantità di ptomaine. Tutto lascia presagire infinitamente piccole le quantità delle singole ptomaine nei casi comuni. Solo in qualche abbondanza si ricavano da grandi masse di fibrina e di carne in putrefazione (colina, neurina, neuridina, pejitotossina, muscarina ecc.) (1) Aggiungasi che per i risultati di BRiEaEE (2) confermati da Maas, Gram, Bocklisch (3), Paterno e Spiga (4), ecc. esse non si trovano che nei primi giorni della putrefazione, (1) V. Brieiìer — Ueber Ptomaino. Herliu 1885 e 1886. (2) Brikger — Deutsch. chein. Gesellseh., XVI. (3) Bocklisch — Deutsch. ehein, Gesellseh., XVIII. (4) Patkrxò e Spica — Gazzetta chiraiea italiana, XII. 4 Sul riscontro tossicologico dell' atropina ìiel cadavere umano e solo più abbondanti, secondo Ocuer e Mmovici (1) , dall' 8" al 20° giorno. Maggiore importanza, sotto questo i-iguardo, assumono le varie leucomaine dei tessuti, spesso in grande quantità ed in gran numero, le quali in mille guise possono difficoltare la pre- parazione rigorosamente pura di alcaloidi stranieri , non però simular questi, quando si ponga mente che, assioma fondamen- tale della chimica tossicologica d' oggi, si è che 1' identificazione non possa eseguirsi se non su individui chimici, cioè sopra so- stanze cristallizzate. Ora i caratteri che hanno i comuni veleni vegetali stricnina, morfina, atropina, ecc., di cristallizzazioni a forme determinate, è senza dubbio una molto legittima sorgente di identificazione. Da questo punto deve partirsi oggidì per lo studio del comportamento verso reagenti specifici, per lo studio dell' azione fisiologica, per le determinazioni quantitative. L' espe- rienza dimostra tuttodì che stricnina, morfina, atropina, si pos- sono estrarre dai cadaveri in uno stato di purezza tale, da non lasciare dubbio sulla loro identità. Ciò è certamente reso possi- bile da una tecnica chimica più innocente sui tessuti animali, meglio regolata per lo scopo finale che si vuol conseguire. In seguito a varie osservazioni in casi di avvelenamento. Kkatter dimostrava, in questi ultimi tempi, quale prezioso im- piego possa avere la cristallografia nella identificazione dei co- muni veleni vegetali (2j. Ipsex, suo allievo, provava come per la identificazione della stricnina uè le ptomaine cadaveriche, né quelle prodotte da microorganismi patogeni, possono portare serii ostacoli alla identificazione, purché si addivenga a speciali me- todi d' isolamento e di purificazione. (3) Seguendo i metodi oi-- dinai-ii comunemente in uso, Coraixi e Paganini (4) estraevano dal cadavere tale complesso di residui e leueomaiuici e ptomai- (1) V. Brouardkl e Ogier — Le laboratoire (U- toxuolofi;ie. Paris 1894. (2) V. Krattkr — Viertel.jahrs. f. g. Mini. N. F, XLiv Bd. 1886 e ibid. un Bd. 1891. (3) V. Ipsex— Vierteljahrssch. f. g. Med. ai F., iv Bd. 1892, vii Bd. 1894, x Bd. 1895. (4) t'oRAiKi e Paganini — Giornale di luediciua legale, anno ii, fase. 3". e sugli elementi essenziali di questo problema. Ilici, estrattivi in ima siila parola, che quantità notevoli di ve- leni venivano mascherati nei loro caratteri, specie d' identifica- zione col mezzo delle reazioni cosiddette caratteristiche. Dimo- stravano essi, ed in ciò consiste il merito principale del loro lavoro, quanto siano esigue le quantità di leucomaine capaci d'impedire le dette reazioni caratteristiche. In questi ultimi tempi non irrilevanti sono stati i peifeziona- menti della tecnica nello scopo dell' isolamento dei veleni vegetali. Ipsen per la purificazione della stricnina (1) si serve, come Tauber per la morfina (^), dell' acetato basico di piombo. Il pre- cii^itato va lavato 48-72 ore con alcool, finché questo non abbia più reazione acida. I liquidi acquoso-alcoolici si evaporano, si ri- prende il residuo con alcool, che alla sua volta si evapora. Il re- siduo, sciolto in acqua distillata, è pronto per 1' estrazione cloro- formica, prima in soluzione acida, poi in soluzione alcalina. Gli ultimi estratti cloroformici si riprendono con acqua acidula , si neutralizza con ammoniaca, si estrae un' altra volta con cloro- formio, si elimina questo, il residuo si scioglie in acqua distilla- ta, e si pone a cristallizzare. La stricnina cristallizza da queste soluzioni finali a ciuifetti radiati, stelliformi , fortemente rifran- genti la luce, che come tali possono essere identificati, come in- dividui chimicamente ben definiti : hanno reazioni specifiche ad agenti chimici, tipico comportamento fisiologico. La monografia di Tauber, analogamente, aspira a risolvere i problemi delle trasformazioni ed eliminazione della morflita, applicandovi un metodo di dosaggio quantitativo pressocchè iden- tico, solo che, approfittando della poca solubilità della base in acqua, si fa depositare e cristallizzare in questo mezzo, precipi- tando le soluzioni concentrate dei sali con carbonato sodico. An- che qui la morfina è ridotta allo stato d' individuo chimico con cristalli bene identificabili ; in ultimo si riprova colle sue reazio- ni caratteristiche. (1) V. Ipsex — Vit-rteljahrssch. f. g. Merticm. ni F. iv Hd. 1892. (2) Tauber — Archiv. f. exper. Patii, u. Phann. 27 lid. 6 Sul riscontro tossicologico dell' atropi va nel cadavere umano Sono disceso a questi dettagli, perchè ormai a questo tecni- cismo è legata oggigiorno la ricerca utile dei veleni, e sono le- gati gli studii sul loro processo di passaggio, trasformazione, eli- minazione, consumo nel vivente o nel caxiavere. Solo seguendo questi lunghi e pazienti procedimenti, ci è dato giungere a pre- parazioni pure di cristalli, sui quali soltanto può basarsi una iden- titicazione che risponda alle attuali esigenze della scienza. * * * Scelto il metodo, i processi di ossidazione, di scomposizione, di sintesi, quelli di eliminazione, di consumo post morfem abbi- sognano per la loro soluzione di analisi quantitative. Fino dal 1892, prima ancora della pubblicazione di ipsen sulla stricnina, il prof. Pellacaki indicava già questa via come la sola leggit- tima nel campo della tossicologia forense. Raccogliere i fatti , commentarli , illustrarli alla stregua di metodi sicuri di quanti- tativa determinazione dei veleni , provare come e quando la ri- cerca debba dare risultati positivi o viceversa. Il problema della pratica forense non va solo apprezzato nel risultato positivo; an- che il negativo vuole i suoi apprezzamenti per le induzioni pos- sibili caso per caso. Ninno può pretendere oggi di trovare p. es. cocaina dopo un avvelenamento a lungo decorso, come Pellacaki ha insegnato, invece si dovrà ritenere di dover trovare morfina nel tubo digeren- te, eliminandosi questa quasi tutta per questa via (Tauber), come può trovarsi stricnina nei diversi organi , ed in relazione alla quantità rispettiva di sangue, se l' eliminazione non è stata rapi- da, e financo parecchi anni dopo 1' inumazione, per 1' altissima sua ben nota resistenza ai processi putrefatti nel cadavere. * Dallo sviluppo già impresso alla questione della resistenza dei veleni ai saprofìti in vitro fin dal 1884 , e successivamente e sugli elementi essenziali di questo problema. nel 1888, dal prof. Pellacani (1), risultava un gruppo di ve- leni a minima resistenza, scomparsa completa già nei primi 4 mesi, anche di quantità relativamente grandi : digitalina, santo- nina, daturina, atropina, flsostigniina ; un secondo gruppo a re- sistenza media (27 mesi): morfina picrotossina, pilocarpina , cu- rar ina; finalmente un terzo gruppo di veleni ad alta resistenza trovati intatti dopo più di tre anni : aconitina, cicutina, veratrina. Dotto (2) conferma questi risultati per la morfina (33 mesi) , e per la veratrina insieme con Russo-Giliberti (36 mesi), ma non le cercò ulteriormente. La stricnina dal Pellacani non fu affatto spei'imentata, tanto il fatto della, sua grande resistenza, parago- nabile a quella dei veleni minerali, s' imponeva già da fatti no- toi'ii. Ipsen nel citato lavoro del 1894 non fece che riconfer- marlo. Russo GiLiBEKTi è DoTTO estcsei'o le ricerche a siniiuli orsa- nismi della putrefazione coltivati nel liquido di Iaoksch, conclu- dendo che i microrganismi aerobi! della putrefazione non eser- citano azione dii-etta sui veleni vegetali mescolati alla sostanza putrida ; e se nessuna azione essi esercitano , evidentemente la scomparsa della sostanza tossica o è dovuta all' azione dei bat- teri! anaerobi! della putrefazione stessa, o probabilmente ad una azione chimica esercitata dalle sostanze estremamente numerose che prendono nascita dal processo d! putrefazione (3). Ripreso l'argomento nel 1892 Pellacani (4), verifica nuo- vamente i fatti esposti, sperimentando su singoli saprofìti colti- vati in brodo senza peptone. Come mezzo di riscontro si affida alla prova chimica, in quanto la fisiologica è resa meno sicura da un complesso di circostanze inerenti ai nuovi cur[)i che si ge- nerano nella putrefazione. Anche qui verifica 1' atropina fra le (1) Pellacani — Sulla resisteuza dei veleni alla putrefazione, nota preliminare. Pavia 1884. Rivista speriin. ili frou. e nied. legale, voi. XIII. (2) Dotto — Sicilia medica. Anno II, fase. 6. (3) Russo-GiLiBERTi e Dotto — Sicilia medica, 1889. (4) Pellacani — Rassegna di scienze mediche, 1892. 8 Sul riscontro toitsicologico dell' atropina nel cadavere umano sostanze più facilmente scomponibili. Dopo 5 mesi non e' è trac- cia d' ati'opina, qualunque sia il microorganismo che si fa agire. Da tutti i microorganismi in questo circolo di tempo anche la morfina e la caffeina sono intaccate , ma eccezionalmente. Per altri veleni, stricnina, digitalina , veratrina, cocaina non vi ha potere di scissione da parte di varii saprofiti. il che ribadiva pa- ragonando questi dati a quelli di Kcsso-Giliberti e Dotto. Le ricerche di questi ultimi tempi di Ottolenghi e di altri, confermano in massima le conoscenze già note, e tendono a svi- luppare piuttosto un ulteriore capitolo nella tossicologia forense, l'azione cioè dei batterli patogeni sugli alcaloidi (1). Secondo Ot- tolenghi (2), se, com' egli stesso dice, si vuol prestar fede al ri- sultato della sola prova fisiologica , l'atropina è ancor meno re- sistente all' azione dei soprafiti della putrefazione di quanto fi- nora non si fosse ritenuto. Anche all' azione del b. coli sarebbe poco resistente, secondo Rossi (3). Accennato al fatto che le esperienze in culture artificiali non riproducono le condizioni complesse che si hanno nei liquidi oi'- ganici, e che pur erano servite a formulare i gruppi suaccennati, Pellacaxi vuole studiare ancora il fenomeno della scissione delle complesse molecole dei veleni vegetali comuni negli organismi vegetali dai protococchi, alle alghe, alle diatomee, alle radici ed ai bulbi in attività di funzioni vitali, in fine nei protisti, per sorprendere se il fenomeno della scissione andasse accentuandosi nella cellula vivente quale mezzo di difesa, ed avere nozioni sul comportamento generale delle cellule animali riguardo a queste stesse funzioni. In questo campo si sono visti prevalere i fatti dell' individuale potere di scomposizione, tanto che nessun vele- no va esente dalla possibilità di una rapida scomposizione per (1) Ottolenghi — Gioruale di Jled. \eg. , 1895 ; Riforma medica, settembre 1895 e In- olio 1896.— Rossi— Atti dell' Accad. dei Fisio-eritici di Siena 1895, 189tì ; Gazzetta degli Ospe- dali, 1897.— HiXDA. Giornale di Med. leg. 1897, N. 3. (2) Ottolenghi — Gioruale di med. legale, 1895. (3) Rossi — Atti dell' Accademia dei Fisio-critici di Slena, 1895. e sugli elementi essenziali di qHesto problema. attività di forze del protoplasma, e nello stesso tempo ciascun protoplasma ha poteri del tutto individuali, che si esercitano so- pra uno e non sull'alti'o veleno. Così la stricnina, pur tanto re- sistente ai saprofiti e alle muffe, è scissa dal protococcus viridis e dalla glacocapsa poUderm., la stricnina, che resiste alle alghe, non resiste alle diatomee, e lo stesso comportamento verso agenti singoli vale per tutti i veleni, anche i più resistenti. Da ciò ne deriva, che i poteri di scissioni individuali delle cellule devono essere considerati caso per caso, veleno per veleno, organismo per organismo. Anche in questo studio risulta però la labilità universale di certe molecole vegetali, e fra le altre quella dell' atropina, scissa quasi sempre e con grande rapidità da ogni ordine di elementi. L' insieme di tutti i fatti, di cui sommariamente son venuto parlando, giustificava uno studio sull' atropina sotto un indirizzo più complesso di quello che si sia tenuto finora, ed in condizioni sperimentali che potessero valere a risolver meglio e più diretta- mente i problemi della piutica. Con questi intendimenti ho in- trapreso, per consiglio del prof. Pellacani, questo lavoro , occu- pandomi, come in principio ho detto , sia dell' eliminazione nel vivo che nel cadavere, sia del consumo nei tessuti vivi che nei morti. II. Eliminazione e consumo dell' atropina nell' organismo vivente. A. Eliminazione. Al problema del consumo di mia sostanza tossica nell'orga- nismo animale vivente, vale a dire della scomparsa di essa come tale nel corpo, per decomposizione qualsiasi, si connette intima- mente quello dell' eliminazione. Eliminazione e consumo, quali sorgenti di perdite in vita, vanno necessariamente insieme presi in considerazione. Atti Acc. Vol. XI, Sbeib 4^ — Mem.' VII. 2 10 Sul riscontro tossicologico dell' atropina sul cadavere umano Astrazion facendo da tutte quelle quistioni speciali che pos- sono interessare più davvicino il farmacologo , ad es.° le leggi di scissione, ognuno agevolmente comprende quanto valido aiuto potrebbe ricavare la pratica forense, per la soluzione di quesiti speciali, dalla conoscenza esatta delle modalità con cui i detti fenomeni si avverano. Disgraziatamente però in quest'ordine di cose le nostre conoscenze sono ancoi-a frammentarie, incomplete, dappoiché, mentre da un lato poco e' illuminano le nozioni t;u- macologiche , non possiamo dall' altro sempre di peso portare nella pratica forense questi responsi, qualora essi, per il caso spe- ciale, non siano suffragati da ricerche eseguite nell' uomo. Se è vero però da una parte, che a questo desideratum deve ispirarsi la tossicologia forense , non è men vero dall' altra, che 1' uomo non può prestarsi a tutte le ricerche, e che gli avvelenamenti non sono i casi di tutti i giorni, ammesso pure che essi non vengano in mano di chi non potendo, o non sapendo bene usufruirne per opportune indagini scientifiche, faccia andar perduto un sì pre- zioso materiale di studio. Fra questi due ordini di fatti, eliminazione e consumo , è all' eliminazione cosa più ditficile assegnar leggi che non al con- sumo. Se è possibile studiare il consumo di un veleno nell' uomo stesso, se è fino a un certo punto consentito, sotto questo riguardo, trasportare all' uomo i risultati avuti negli animali, altrettanto non può dirsi dell' eliminazione. Grave errore sarebbe applicare air uomo i limiti di tempo avuti negli animali, grave errore sa- rebbe , studiando nell' uomo 1' eliminazione di determinate dosi, assorgere a leggi generali, potendo i limiti di tempo dell'elimi- nazione variare perfino esclusivamente colla dose. Ipsen trova difatti che se la stricnina è ingerita in dose tale da dare lo spa- smo vasale, essa sarà eliminata lentamente, che se spasmo vasale non ci sarà, 1' eliminazione avverrà più rapidamente e di con- serva coir assorbimento (1). Aggiungasi che stati fisiologici par- (1) Ipskn — Vierteljalirssi-lu-. f. ger. lied, iii V. iv Bd. 1S92. e sugli elementi essenziali di questo problema. Il ticolari ( mestruazione , gravidanza ), vie di somministrazione, e stati diversi fisiologici o patologici dei tessuti od organi che de- vono assorbire, modificando in limiti troppo estesi il tempo del- l'assorbimento di sostanze singole, ne modificano dipendente- mente quello di eliminazione, tempo di elimiuazione che, astraendo anche da tutte qiieste condizioni, può vaiolare collo stato di ma- lattia generale o locale degli organi per cui V eliminazione stessa debba avvenire. Féeè trova che gli accessi epilettici favoriscono l'eliminazione (1), Ottolenghi osserva chele malattie febbrili, il morbo di Bbioht la ritardano (2). Fodera vede che gli stati ane- mici da salasso accelerano l'assorbimento (3), e Sokanowski dice che neir individuo in movimento 1' assorbimento è più rapido che in quello che sta in riposo. Demidowitch afferma che prima della mestruazione l'assorbimento del ioduro di potassio è facilitato, e che alla fine ne è invece ritardato (4). Ho accennato a questi principali momenti cui nella pratica devesi portare la massima attenzione caso per caso, per fare ri- levare come limiti costanti di tempo non si possano stabilire per la generica quistione dell' eliminazione di una sostanza tossica neir uomo. Che quando tutto fa prevedere un lento assorbimento, potrà ritenersi sia altrettanto prolungata l' eliminazione, e vi- ceversa nelle condizioni opposte. Eccezione va fatta naturalmente per quelle sostanze per le quali lunga esperienza , e molteplici casi ne ammaestrano nel modo più diretto ed esatto (digitale). Keatter afferma nelF uomo una rapida eliminazione del- l'atropina : « das Atropin rasch resorbirt und in nicht zu langer « Zeit unverclndert und wahrscheinlich vollstdndig durch densel- « ben (Harn) loieder ausgeschieden ivird » (5), affermazione in- vero troppo affrettata, se si pensa essa fondata sopra un' unica (1) FERE — Semaiue medicale. 1888. (2) S. Ottolexghi — Rivista clinica. 1885. (3) Fodera — Arcliivio di farmacol. e terapeutica, ir. 1894. (4) Demidowitch — Wratch. 1895. (5) Krattkr — Vierteljabr. f. ger. Med. N. F. 1886. xliv Bd. 1 2 Sul riscontro tossicologico dell' atropina sul cadavere u mano osservazione. Un uomo di 60 anni (caso 6°) ingerisce delle bac- che di belladonna, ed avendo avuto fenomeni di avvelenamento, Ila, dopo una notte, vuotato lo stomaco con pompa gastrica, e somministrati 4 cg. di morfina in 2 volte ; malgrado ciò muore dopo 3 giorni. Né gli organi, né 1' urina trovata in vescica con- tenevano atropina. Nessun dubbio che l' avvelenamento per atro- pina ci sia stato, ma qual quantità di quest' alcaloide è stata ingerita colle bacche e quale assorbita ? Quando eliminata V La poca gravità dei sintomi tossici, lo svuotamento dello stomaco colla pompa gastrica inducono nella supposizione che la quantità assorbita non sia stata molto rilevante. Se è vei'o che le antiche osservazioni di Meukiot (Ij e di Haeley (2), e prima ancora quelle di Schmidt, che vide eliminati in 10 ore gr. 0, 0120 di atropina presi per ingestione (3) , di KoppE, di Deagendorff (4) e di altri darebbero ragione all' affér- mazione del Kratter, non è men vero, né meno importante, il trovare in altri autori un tempo di eliminazione più prolungato. Robert a p. 609 del suo trattato delle Intossicazioni, scrive in- fatti : « Die Ausscheidung gescliieht durch den Harn, in welchem es noch nacli 3G Stunden gefanden. wurde » (5). Notizie pur queste che non devono sfuggire, e devono esser tenute nell'uguale con- siderazione delle altre, dappoiché, se si può ammettere che esse abbiano una relativa importanza nel campo teoretico, una gran- dissima ne assumono invece nella pratica forense. Per parte mia , dai risultati di alcune esperienze che, per altri scopi, furon fatte nel cane e nell'uomo, devo ritenere che, almeno in certe condizioni di somministrazione , 1' eliminazione non é sempre così rapida come Kratter, Meuriot, Schmidt, ecc. affermano. Avendo ad una grossa cagna fatto ingerire 10 cg. (1) ìLkuriot — Gazet. hebdoiu. 1868. (2) Harlky — British. Med. .lourii. 1868. (3) Schmidt — Kliu. Monatsclir. f. Angeuheilk. 1864. (4) V. Dkacendorkf — Eriiiittfhuig vou Gifteii. 1895. (5) KOBBKT — lutoxikatioueu. Stuttgart. 1893. e stigli eleiiieiiti essenziali di (jtiesfo problema. 13 (li solfato di atropina sciolto in latte, e subito dopo 150 gr. circa di pane, ed avendo saggiato a regolari intervalli le urine, come sarà esposto dettagliatamente più oltre , ho potuto constatare tracce di atropina fino a 72 ore dopo la sua somministrazione. Questi fatti sono stati conièrmati con altri avuti su me stesso , impiega.ndo piccolissime dosi di solfato di atropina per via ga- strica. Avendo preso per 5 giorni di seguito 1 mg. di solfato di atropina, in poche gocce d'acqua, subito dopo la colazione (com- posta di latte, pane, uova), ho potuto constatare tracce dell' al- caloide neir urina (prova fisiologica) fino a 40 ore dopo 1' ulti- ma dose. Io non intendo trarre conclusione alcuna da sì poche espe- rienze; ho motivo di dubitare però che in ogni evento, ed in qualunque condizione di somministrazione, 1' eliminazione dell'a- tropina avvenga completamente in sole poche ore. Sarà possibile invece, in certe circostanze, che quest' eliminazione sia più o meno prolungata , e questa possibilità , come già ho notato, è neces- sario che praticamente sia tenuta presente. La ripetizione della dose, la piccolezza di essa, e dipendentemente la mancanza del- l' azione vaso-dilatatrice, avranno forse contribuito, nell'esperi- mento su di me, a prolungarne il tempo dell'eliminazione. Se r urina è un materiale in cui verrà a trovarsi dell'atro- pina una volta entrata nell' economia animale , non è escluso che altre vie di eliminazione essa non possa seguire. Piccole tracce ne può contenere il latte (Fubini e Bonanni (1) ) , pic- cole tracce se ne possono estrarre dalle feci (Deagendoeff (2) , Paltadf (3) ). Anch' io nelle mie esperienze ho potuto constata- re il fatto di Deagendoeff e di Paltauf. Ma le piccole quantità di alcaloide che si possono estrarre dalle feci rappresentano ve- ramente, come si è affermato sin qui, la intiera quantità di atro- ci) Fubini e Boxanxi — Arcbiv. It:ilieuues, 1891. (2) Dragexdorff 1. e. (3) A. Paltauf— Wieuer kliu. Wocheuschr. 1888. 14 Stil riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere limano pina che si elimina per questa via? Io credo che, sebbene si possa prevedere già piccola la quantità di atropina che venga a fuoiaiscire con le feci , per quell' azione di arresto che questo alcaloide ha la proprietà di spiegare sulle secrezioni gastro-inte- stinali, in realtà poi debba essere maggiore di quella che nel fatto ci si ritrovi , ponendo mente alla parziale decomposizione che essa può subire già nelle feci con i processi di putrefazione clie in seno ad esse, nel tubo intestinale stesso , normalmente avvengono. Che se ciò è realmente, le esperienze per lo studio del consumo dell' ati'opina fatte nel vivo, paragonando la quan- tità somministrata e quella trovata nei prodotti di secrezione ed escrezione, non autorizzano da sole a concludere per la- scissione o meno dell'atropina nella circolazione e negli organi. B. Coìisumo. Più facile della determinazione dei limiti di tempo entro cui una sostanza abbandoiia in condizioni diverse 1' organismo , riescono gli apprezzamenti sul consumo di essa nell' organismo stesso. Studii metodici in questo indirizzo speciale mancano, direi quasi nel campo medico-legale. Molto si è parlato recentemente della resistenza dei veleni vegetali a singoli microorganismi, ma quasi, del tutto è stato trascurato lo studio della resistenza loro alla cellula dei tessuti animali viventi. È questa veramente una lacinia grave nel grande interesse pratico dell' argomento, men- tre molti fatti dovrebbero incoraggiare a simili licerche , poten- do osservare delle scomposizioni fina,nco colle molecole alcaloidee le più resistenti. Abelous (1) ha recentemente provato come il tessuto muscolare, il tessuto epatico possano ritenere, fissare, di- struggere una certa quantità di stricnina ; Pellacani (2) come il fegato possa trasformare delle piccole quantità di morfina ; (1) Abelous — Archivea de pliys. nomi, et patii., 1895. (2) Pkllacani — n consumo di alcuni alcaloidi durante la vita. Rassegna di scienze ine- diclie, 1892. sugli elementi essenziali di questo prohleiìia. lo Heger (1) dice la stessa cosa per la nicotina. Che se frammenti di organi, ma più specialmente di legato, pestati (Schiff (2) ), ov- vero financo i succhi spremuti dal fegato (Buts (.3) ) e privi di cellule, messi in contatto con alcuni alcaloidi ne attenuano o ne aboliscono del tatto la loro azione, a fortiori ciò dovrà avvenire neir organismo, intiero in cui la vitalità delle singole cellule , irrorate dai liquidi nutritizii normali, devesi supporre più potente di quanto non lo sia in organi staccati o pestati o comunque maltrattati. Molte sostanze che an-ivino nella circolazione per la via della porta si dimostrano meno attive di quando son date per iniezione sottocutanea, scriveva Schiff (1. e.) nel 18(31, e Lautenbach nel 1877 lo confermava (4). Per quanto autore- vole l'opinione del Lussana, che spiegava questa diminuzione di tossicità, ammettendo il passaggio dei detti veleni nella bile (5), essa non può accettarsi in tutti i casi : Jacques nel 1880 non ha potuto dimostrare nella bile la chinina e la nicotina che iniet- tava in una vena mesenterica, e una sola volta su 4 ha potuto di- mostrarvi tracce di stricnina (6). Roger (7), Schupfer (8) , che hanno sperimentato su rane cui estirpavano il fegato , hanno visto rispettivamente che la veratrina, la nicotina, la ioscianiina, la stricnina e la pilocarpina, V atropina, la cocaina, V apomorfl- na sono molto più tossiche in queste rane che in quelle col fe- gato. Concludono, prescindendo dalle nuove condizioni organi- che, in cui vengono a trovarsi le rane in seguito all' atto opera- ti^■o, che devesi alla mancata azione del fegato sugli alcaloidi la maggiore tossicità di essi nelle rane cui 1' organo è stato e- (1) Heger — Expérieiices sur la t'irciilatiou ilu saug. Tlit-se, Bruxelles, 11S73. (2) Schiff — Neue schweiz. Zoitst-li. f. Heilk.. 1S61. {'A) BUYS — Annali di chim. e di farmacologia, 1ÌS95. (4) Lautenbach — Philadelijli. iiunl. Times, 1877. (5) Lussana — Giornale interu. Scienze mediche, 1879. (6) Jacques — Essai sur la localisation des alcaloides dans le foie. Thése, Bruxelles, 1880. (7) Roger — Action du foie sirr les poisous. Thése de Paris, 1887. (8) Schupfer — Rieerclie dell'istituto di farmacologia sperimentale del prof. Coìumnti— ■voi. 3", Roma 1896. 1 6 Sul riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano stirpato. Aggiungasi ancora che nemmeno i prodotti del ricam- bio materiale degli schizzomiceti resistono all' azione del fegato ( Leget (1), EoGER e Charrin (2) Camera Pestana (3) ), e nemme- no le tossine ed i veleni provenienti dalla digestione (Schiff (4), BoucHAED (5), Roger (G) ). Attenendoci intanto al solo fatto, senza entrare nel processo intimo del fenomeno, per cui il fegato distrugge o attenua l'azio- ne di molte sostanze, fenomeno che dipenderebbe, secondo alcuni (Roger), dalla formazione in esso di albuminati insolubili con suc- cessive ti'asformazioni, da vero sdoppiamento, secondo altri (Schiff), prodotto dalla cellula epatica ( Schupfer (7) Werhoogen (8) ) o dal succo epatico (Buys (9) ), riteniamo in generale che parti neir organismo non manchino altamente capaci di attenuare l'at- tività, r intensità d' azione di non poche sostanze , il che vuol dire alterarne in una, frazione, rispettivamente alla potenza delle cellule, r individualità chimica , non potendosi in modo diverso concepire la diminuzione di tossicità di una sostanza coeteris pa- ribus, se non ammettendone l' entrata in circolo di una dose minore. (10) ]Ma questa diminuzione della dose circolante non si può at- ti-ibuire, come alcuni vorrebbero, al fermarsi in organi speciali di una parte dell'alcaloide? Ricerche dirette dimostrano 1' opposto: in generale le quantità degli alcaloidi che si possono estrarre da un organo sono proporzionali alle quantità di sangue che nell' or- (1) Legry — L'étude du foie daiis la fiévre tj-phoide — Thése de Paris, 1890. (2) Roger e Charrix — Socièt. de biolog., 1886-87 (3) Camera Pestala — Soc. de biologie, 1891. (4) Schiff — Areliives des seieuces phys. et uat. de Genève, 1887. (5) BoucHARD — Lefous sur les autoiutosicatioiis, 1887. (fi) Roger — V. Thése de Legry, 1890. (7) Schupfer — 1. o. (8) Werhoogen — Eecherclies sur la diffnsioii daus l'organisme de eertaiues substaiices toxiques ecc. Bruxelles, 1893. (9) Buys — 1. o. (10) È noto come anche alla tiroide, alle capsule surrenali, al pancreas, alla mucosa in- testinale, alla milza, al rene, ecc. si attribuiscano delle azioni autitossiche. ^^iigli dvintnti essenziaJi di quesfo pì-ohlermi. gano si contengono, compreso il fegato ; assioma questo di gran- de significato foi'ense; lo avrebbe constatato Jussewitsch (1) per la morfina e l'atropina, lo avrebbe confermato Ipsen per la stric- nina (2). checché ne pensino altri (Lowett), per non citare i più antichi. Previsioni sulla maggiore o minore scomponibilità di una data sostanza non si possono stabilire, sono dei poteri intimi na- scosti nella vita cellulare. « Nulla a priori esclude , scriveva il « prof Pellacaxi, che gli stessi alcaloidi a nucleo più compatto, « quale il benzinico, il ]iiridico ecc. possano essere, in date con- « dizioni, dei corpi labili » (3). Per tale complesso di fatti, e colle notizie cui ho accennato più sopra, sia sulla labilità grandissima della molecola atropina verso molti e svariati agenti, sia sulla tossicità maggiore nelle rane senza fegato che in quelle con fegato, è lecito dubitare dell'asserzione del Krattee, che cioè essa si elimini indecomposta, cosa affermata an- che da Stkassmann (4) nel suo libro. Scrive il Kratter: « .... Atropin ehi Aìkaloid ist, welches nicht rnir unveriindert dnrch den Harn wieder ansgeschieden ivird .... » (5). Se non che quest' afferma- zione del Kratter non dipende, parmi, da fatti posti al di fuori di ogni dubbio. Neil' urina e negli organi di un individuo che aveva preso dell' atropina a scopo suicida si trovò atropina (Krat- ter, 1. e, caso 7" ) , atropina si rinvenne nelle urine di una donna in preda a delirio furibondo per avere ingerito delle bacche di belladonna (Kratter, 1. e, caso 8°). In nessuno dei due casi si sa rispettivamente quanta atropina e quante bacche di belladonna siano state prese, in nessuno dei due casi sono state fatte determinazioni quantitative. Secondo me, queste os- servazioni dimostreranno bene che nell' uomo dell'atropina presa (1) Jussewitsch — Uelier die Alisoriition v. Alk;iloi(Ien iu Orsaneu des lebeudeu Thier- korpcrs — Wurzburg., 18X6. (2) Ipskn — Viertljahr. f. g-. Jledit-iii. m F., iv F,d., 1892. (3) Pkllacani — Rassegna delle scieuze inedlclie, 1892. (4) Strassmann — Gerichtl. Medieiu, 189.5. (5) V. Kratter — A'ierteljahrs. f. g. Medìcin, N. F., .\Liv lid., 1886, pag. 94. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4" — Meni. VII. 3 Sul riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano per lo stomaco passi nelle urine, ma non dimostrano ancora che tutta vi passi inalterata. Quest' affermazione del Kbattee non può oggi senz' altro essere accolta, e se nei testi di medicina legale trovasi essa ri- portata, si è forse perchè fu incondizionatamente e senza critica alcuna accettata. Ricerche quantitative, comparazioni tra quan- tità introdotte nel corpo e quantità eliminate , sono necessarie per assorgere a conclusioni generali rigorose ; ho dovuto quindi ancor qui prendere la via di nuove ricerche adatte a dare la misura del consumo nel vivente. A ciò era necessaria la scelta di un metodo d' estrazione , identificazione, dosaggio, che, mentre da un lato offrisse le mi- nori perdite possibili, permettesse dall' altro una purificazione cosi perfetta della sostanza estratta, da poterne determinare la entità chimica ed il peso con la più esatta precisione. Descrivo pertanto il metodo da me seguito in tutte queste ricerche, me- todo cui mi sono attenuto dopo svariate e ripetute prove. Metodo di ricerca quantitativa dell' atropina. Purificati innanzi tutto i solventi secondo le norme date da GuAEEscHi e Mosso (1), e pi'eparata dell' acqua distillata che non desse residuo, incominciai col dosare la quantità di base che conteneva il solfato neutro d' atropina del commercio da me adoperato in tutte queste ricerche, previa disseccazione in istufa a 95". Trovai che conteneva l'Sl, 2 °/o di base pura, fusibile a + 11 5°, B. I tentativi per eseguirne le estrazioni dal sangue, dagli or- gani, ecc. con le minori perdite possibili, fin'ono non pochi. Il me- todo indicato da Salkowski (2) per l'estrazione degli alcaloidi dal sangue, e messo in opera dal Tauber per 1' estrazione della mor- (1) GuARESCHi p Mosso — Arcliives italiennes de l)iologie, 1883. (2) Salkowski — Practicuiu der phisiologischou u. pathologisclieu Chemie. Berlin, 1893. e migli filenienfi esse».- ioli di questo pvohìema. 19 fina (1), dovetti scartarlo, come quello che, nelle prove in bianco, mi dava delle perdite molto rilevanti. In due esperimenti, eseguiti aggiungendo 5 cg. di sale per 20 e. e. di sangue, non ho potuto estrarre per ciascun saggio che circa "/^ della base, più di ^ /e an- dava perduta.. La temperatura di ebollizione a cui viene esposto il sale d' atropina per parecchi minuti, la speciale coagulazione degli albuminoidi che, forse involgendo molto tenacemente del- l'atropina, la sottrae in parte all'estrazione, ci potranno dare la spiegazione di questi errori. Per la precipitazione degli albuminoidi del sangue usai quindi l'alcool a 95", acidificato leggermente con acido acetico, aggiungendone tanto finché non si aveva più alcuna precipita- zione, e lasciando a sé per parecchie ore il liquido. In alcool acido per acido acetico si lasciavano pure infondere i diversi organi e le feci. Non ho usato per le estrazioni l'acido solforico, per le ragioni esposte da Guaeeschi e Mosso nel loro lavoro sulle ptomaine. L' urina invece, acidificata previamente con fLSOi diluito , si concentrava a b. m., a bassissima temperatura, fino a consi- stenza sciropposa, ed il residuo si lasciava infondere in alcool acido anche per H^SOi- Punto importantissimo in queste estrazioni è quello della purificazione degli estratti. Keattee- (2) consiglia di lavare le so- luzioni acide con etere o cloroformio. Ma in queste soluzioni 1' a- tropina è allo stato di acetato o di solfato, e quindi parzialmente solubile neir etere e nel cloriformio, con conseguenza di perdite notevoli nei calcoli finali, come dovetti convincermi io stesso col- r esperimento diretto. Né migliori risultati si possono ottenere coi metodi di purificazione consigliati da Tajiba (acido ossalico) (3), specialmente quando si operi su oi-gani in putrefazione, e da Ogier e MiNOVici. Migliori risultati ho ottenuto con il processo (1) Tauber — Areh. f. exp. Patii, u. Pharm.. 27 Kil. (2) Kratter — Vierteljali. f. ger. Med., N. F., xLiv Hd.. 1886. (3) Tamba — Ardi. d. Pharm., 1887. 20 Sul riscontro tossicologico dell' afropiiìa nel cadavere umano consigliato dal prof. Vitali (2) , cioè con 1' uso dell' etere di pe- trolio, il quale, secondo 1' autore, « Dai visceri in putrefazione « noìi estrae la più piccola quantità di sostanze precipitabili coi « reattivi generali degli alcaloidi , se si fa eccezione della solii- « zione iodo-iodurata, che dà appena appena un lievissimo intor- « bitamento. » Per vero F atropina è poco solubile nell'etere di petrolio, rua se si considera che nel maggior numero dei casi io avevo da fare con piccole quantità, di alcaloide, se si considera che io ho mo- dificato il processo Vitali eseguendo 1' estrazione con 1" etere di petrolio sugli estratti clorotòrmici, da cui per di più generalmente allontanavo prima molte sostanze estranee per mezzo dell' acetato basico di piombo, come sarà detto più oltre , il metodo da me adoperato era quello che meglio corrispondeva allo scopo. Il sangue, le feci ed i visceiù, questi ultimi tritati al taglia- carne, venivano lasciati ad infondere in alcool acidulato con acido acetico per alcuni giorni , mai meno di uno , praticando anche per alcune ore il riscaldamento a b. m. Dopo 1" infusione così prolungata, si filtrava per tela, e si la- vava ripetutamente, sempre con alcool acido per a. acetico, ciò che rimaneva sul filtro, spappolandolo ogni volta nell' alcool, e riscal- dando a b. m. Il lavaggio si l'ipeteva finché il residuo di poche gocce dell' alcool, ripreso con qualche goccia di acqua distillata leggermente acidula, non desse più dilatazione della pupilla, ov- vero indebolimento dello sfintere dell' iride nel cane o nel coni- glio. È indispensabile aflfidarsi alla prova fisiologica e non alla chimica, prima di smettere il lavaggio con l'alcool, perchè essa si ]niò ottenere ancora, allorquando la prova chimica dà già ri- sultati negativi. A questo punto, smesso il lavaggio, si mescola- vano tutti gli alcools ottenuti, e si evaporavano a b. m. a lieve calore, mai sopra i 50o-60°, per non indurre scomposizioni nel- r acetato di atropina, e volatilizzazioni di tracce di base special- (2) Vitali — Di alcimo reazioni cromatiche dell' idrastina e della .sua ricerca zoocliiiiiica e cliiiiiioo-toasicologica. Boll, farmaceutico, geuu. 1892. e sugli elementi essenzidli di questo problema. 21 mente in ultimo , quando cioè , evaporato l' alcool , rimaneva nella capsula della sostanza acquosa. Per mantenere la soluzione sempre debolmente acida, si aveva cuiu di aggiungere continua- mente del carbonato sodico mano a mano che la concentrazione progrediva. Il residuo, ripreso con acqua distillata, si lasciava in- fondere per qualche giorno ; poi si portava a b. m. sia per aiu- tare la soluzione dell' alcaloide già salificato, sia a nche per lavare a caldo i grassi che esso conteiieva, per la qual cosa si agitava^ bene con bacchetta di vetro. Dopo raffreddamento si filtrava i grassi quindi rimanevano sul filtro e si lavavano ripetutamente con acqua acidula per a. acetico finché nel filtrato venisse a man- care la prova fisiologica della midriasi. I filtrati acquosi riuniti, eventualmente concentrati a b. m., si trattavano con soluzione di acetato basico di piombo finché non si aveva più precipitato, per allontanare le sostanze estrattive, le coloranti, ecc., e si filtrava dopo riposo di 24 ore. Parte importante nella riuscita del pro- cesso è il lavaggio di questo precipitato. Esso va lavato con alcool caldo per 2-3 giorni di seguito e per molte volte, finché il filtrato, in poche gocce, ed evaporato al solito, non dia più alcuna azione sulla pupilla. Così soltanto si può ovviare alle obbiezioni mosse da Rieckker (1) e Masino (2) a questo metodo generale di purificazione. Da tutti i filtrati me- scolati si allontana il piombo con una corrente d' ff.^S , quindi si lascia all'aria, e, dopo separazione del precipitato, si filtra aven- do cura di lavar bene ancor qui ciò che rimane sul filtro, finché esso non contenga più atropina (prova fisiologica). I liquidi fil- trati si evaporano a b. m. sempre a bassa temperatura, e, ridotti a piccolo volume (pochi e. e.) , si rendono alcalini con carbonato sodico in cristalli, finalmente si estrae ripetutamente con cloro- formio. L' estrazione deve ripetersi finché qualche goccia del solvente, evaporata e ripresa con acqua leggermente acidula (1) RiECKiiBR — Zeitschr. f. aual. Chomie, vii, ISIJX. (2) Masino — Beitriige tur deu gerichtlicli-chemischon Naclnvoìs dea Stryclinins und Vp- ratrins iu tUierischen Fliissigkeiteu uud Gewebeu. Diss., Dorpart., 1868. 22 Sul rincontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano ])(•!■ acido acetico o solforico, non dia più la reazione fisiologica snir occhio. Tutte queste prove sull'occhio bisogna tentarle dopo parecchie estrazioni , quando si può presumere cioè che tutta r atropina sia stata estratta ; nel caso contrario si correrebbe il rischio d' a,ndare incontro a delle non trascurabili perdite. Questo processo di purificazione non dà alcuna perdita di atropina quando si lavano ripetutamente e per più giorni di se- guito i precipitati avuti con l' acetato di piombo e con 1' i- drogeno solforato. Di ciò, naturalmente, mi assicurai previamente con prove ad hoc. Quando , dopo allontanati i grassi , i liquidi acquosi non erano troppo colorati , facevo a meno dell' uso dell' acetato di jiiombo, i liquidi allora, concentrati, venivano direttamente estratti con cloroformio. Neil' un caso e nell' altro, per 1' ulteriore purificazione, gli estratti cloroformici si riprendevano con acqua acetica finché vi si discioglievano completamente. La soluzione quindi si alcali- nizzava con carbonato sodico, e si esti'aeva ripetutamente con etere di petrolio finche non conteneva più atropina (prova fisio- logica), operazione ben lunga, quando l'alcaloide era in qualche quantità. Ottenuto così 1' alcaloide allo stato più puro che fosse pos- sibile , se ne determinava il peso essiccandolo alla stufa a 95° fino a peso costante. Quindi si procedeva alle prove per 1' iden- tificazione e la purezza. Quando la quantità lo permetteva, se ]ie determinava il punto di fusione, altrimenti si riprendeva di- rettamente con alcool debolmente acido per a. solforico, e si la- sciava cristallizzare lentamente. Se ne osservavano spesso tutte e tre le forme cristalline descritte dal Keatter, forme a colon- nette, cristalli in formazione (scheletri di cristalli), forme ad aghi, più spesso queste che le prime, e spessissimo aggruppate a stella. Talvolta , dipendentemente dalla scarsa quantità , non si osser- \ava che qualche cristallo aghiforme. Dopo si facevano le due prove comuni, la chimica e la fisiologica. Per la chimica si ese- e sugli elementi essenziali di qttesto problema. 23 guiva la notissima reazione di Vitali , per la fisiologica quella suir occhio. Più specifica dell'atropina, ed anche più sensibile, è però la proprietà che ha questo alcaloide sul cuoi'e di rana arrestato dalla muscarina. Ma io non ho potuto giovarmi (come farei co- stantemente in caso di un quesito giudiziario) di quest' ultima proprietà per la mancanza di muscarina attiva. Del resto nelle mie ricerche questa prova non era assolutamente indispensabile, 1° perchè la prova dell' azione midriatica dell' atropina è già molto sensibile, fino a 0, 0000005 secondo Ruiter (1), in solu- zione 1: 130,000 secondo Dondees , e non potevo quindi com- mettere che errori assolutamente insignificanti ed incalcolabili ; 2° j)ei'chè nessuna confusione potevo fare con altro alcaloide mi- driatico, ovvero con ptomaine , sapendo d' aver da fare soltanto con r atropina, e lavorando su sostanze pure. Oltre dell' azione midriatica, il massimo conto tenevo ancora dell' azione sul l'iflesso pupillare, seguendone l' andamento nello inizio, neir intensità, nella durata. Come animali d' esperimento usai il cane ed il coniglio. Quantunque quest' ultimo sia vei'amente un po' meno sensibile di altri animali all' azione midriatica dell' atropina, pure è abba- stanza adatto per queste esperienze, e viene consigliato perciò dal Filippi e dal Filomusi. Avvertenza deve usarsi nel procurarci conigli albini, in cui i fenomeni sono più appariscenti. Certa- mente è l'occhio del gatto, ed anche quello dell'uomo, che si presterebbe meglio per tali ricerche. Le istillazioni della sostanza , sempi'e di reazione neutra , resa tale con ammoniaca diluitissima se non lo era, si facevano in un occhio dell' animale; 1' altro serviva di paragone. Dispo- nendo nel laboratorio di parecchi animali, ognuno si lasciava in riposo per molti giorni prima che venisse adoperato per una se- conda esperienza, per evitare il sospetto di possibili effetti della (1) V. Rossbach's Uutersiiflimigon., iii Bd., 1882. 24 Sul riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano precedente, quantunqvie ciò non fosse stato assolutamente neces- sario, secondo le osservazioni del prof. Filomusi. (1) Per r apprezzamento del grado della midriasi non ho po- tuto usare il pupillometro di Landolt, i cui pregi nelle ricerche del o-enere ha messo in evidenza il Prof Filomusi nel lavoro citato { Sulla prova fidologica negli avvelenamenti per alcaloidi midriatici ) ; facevo perciò il paragone con l'occhio rimasto nor- male, e mettendomi per ogni osservazione sempre nelle stesse condizioni di intensità di luce, di posizione, ecc. Come stimolo luminoso per osservare l' azione sul riHesso dell' iride, mi son servito sempre della stessa sorgente di luce , quella di una. candela comune. Esperienze preliminari. Esposto così il metodo generale d' estrazione, dico, prima di riferire i risultati delle esperienze sugli animali, quali sono stati quelli che ho avuto nelle prove preliminari, aggiungendo note quantità di solfato d' atropina a sangue ed urina e dosandone r atropina che ne estraevo. I. A loO e. e. di urina di cane si aggiungono 0,0002 di sol- fato d'atropina. L'estratto purificato dà una lievissima dilata- zione della pupilla del coniglio. L' estratto dell' urina normale non dava alcuna dilatazione della pupilla. IL Urina dicane 150 e. e, solfato d'atropina 0,0005. L' e- st ratto dà una dilatazione della pupilla del cane della durata di più di 24 ore, e 1' abolizione del riflesso irideo per 2 ore. III. Urina di uomo e. e. 100, solfato d' atropina 0.05. Atro- pina pura estratta 0,0386. Nei 5 cg. di solfato adoperato se ne conteneva 0, 0406 , se ne è estratta quindi il 95, 07 "/o, cioè CXJ>!S6^XJ_00_ j^^ perdita dovuta al processo d' estrazione è quindi di circa il 5 °/o. (1) FiLOMUSi-GuKLFi— Rivista speriiuoutale di Ireniatria e ined. leg., 1890, voi. xvi, tiisc. 4. e sugli elementi essenziali di qttesto problema. 2a IV e V. La pei-clita in queste altre due jorove, condotte come la III, oscillò fra il 5 e il 6 "l^. VI. a 20 e. e. di sangue di vitello si aggiunge 0,0001 di solfato d' atropina. L' estratto dà una dubbia dilatazione della pupilla del coniglio. VII. a 50 e. e. di sangue di vitello si aggiungono 0,05 di solfato di atropina. Atropina pura estratta 0,0366 , equivalente 1 nn 1 ( o; r m ■ ^ ■ • 0' 0366X100 al 90, 14 7o di quella aggiunta, e cioè - — — , con una per- dita perciò di circa il 10 "jo. VIII e IX. La perdita in queste altre due prove, eseguite come la VII, ha oscillato tra il 10 e il 12 %. Da queste esperienze preliminai'i si può concludere, che è da prevedere come piccole quantità di atropina (0,0001) si pos- sano con ditScoltà scoprire nelle urine o nel sangue; che quando la quantità d'atropina raggiunge il mezzo milligrammo, l'estratto puro dà dilatazione della pupilla abbastanza prolungata, accom- pagnata da abolizione del riflesso dell' iride. Che per le grandi quantità si ha nell' estrazione dalle urine una perdita del 5-6 o/o, e nell'estrazione dal sangue del 10-12 o/o. Il metodo seguito per 1' estrazione dell' atropina non rag- giunge adunque 1' ideale, ma per ora è impossibile escogitarne altri migliori per avere sostanze pure e perdite relativamente piccole. Ecco pertanto le esperienze fatte per vedere se e quanta atropina 1' organismo intiero e gli organi isolati siano capaci di distruggere. Consumo dell' atropina nel cane. Esperienza 8 maggio 1897. — Ad una cagna del peso di Kg. 15, sana, si somministra, alle ore 10, 1 cg. di solfato di atro- pina in latte con pane dopo aver vuotato la vescica. Si era op- portunamente messa a scoperto in precedenza l'uretra con apertura della commessura posteriore della vulva e sutura vaginale. Atti Acc. Vol. XI, Sbmb 4' — Mem'. VII. 4 26 Sul riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano Le urine, estratte nelle prime 24 ore dopo la somministra- zione del veleno, danno qualche cristallo aghiforme, la cui solu- zione dilata non molto la pupilla del coniglio per 5-6 ore, abo- lendone per 1 ora il riflesso irideo. Le urine emesse posterior- mente non contengono atropina. Le feci delle prime 24 ore e quelle delle seconde 24 ore non contengono nemmeno ti'acce di atropina. Biassunto. Atropina ( solfato ) somministrata 1 cg, trovate tracce. Esperienza 10 maggio 1897. — Ad un cane di Kg. 10 sano, abituato ad urinare in capsula, alle ore 9 si somministra 1 cg. di solfato di atropina in latte con pane. La vescica è previa- mente vuotata. Le urine emesse nelle prime 10 ore danno un estratto, che dilata mediocremente la pupilla di un coniglio per 8 ore e abo- lisce il riflesso irideo per 1 ora e 30 minuti. Le urine emesse posteriormente non contengono atropina. Le feci emesse nelle prime 24 ore danno un estratto, che dilata in modo molto dubbio la pupilla del cane. Quelle delle se- conde 24 ore non contengono la più piccola traccia di atropina. Riassunto. Atropina ( solfato ) somministrata cg. 1; trovate tracce. Esperienza 16 maggio 18,97. — Stesso cane servito per la esperienza precedente. Previo svuotamento della vescica si som- ministra 1 cg. di solfato di atropina in latte con pane alle ore 8. Dalle urine emesse nelle prime 23 ore si possono estrarre delle tracce di atropina, che danno una dilatazione debole della pupilla per 6 ore. Le urine emesse dopo non contengono tracce di atropina. Le feci delle prime e delle seconde 24 ore non contengono nemmeno esse traccia di atropina. Riassunto. Atropina ( solfato ) somministrata 1 cg, trovate tracce insignificanti. Da queste esperienze si può concludere, che piccole quantità e sugli elementi essenziali di questo problema. 27 di solfato di atropina, 1 cg., somministrate per bocca al cane, vengono in parte distrutte in seno al corpo di questo. Si può intanto questo risultato riferire alle perdite date dal processo di estrazione ? Credo di no. Abbiamo visto nelle espe- rienze preliminari, che basta aggiungere alle urine tracce di atro- pina (0,0002) perchè il loro estratto dia già una dilatazione della pupilla, per quanto essa fosse insignificante. Altre esperienze, fatte nel cane impiegando dosi di 5-10 cg. dì atropina , hanno confermato i risultati suesposti. Mai dalle se- crezioni ed escrezioni e dal vomito, che una volta e' è stato, ho potuto estrarre , tenendo conto delle perdite dovute al processo d'estrazione, tutta la quantità di alcaloide somministrata, aven- do sempre la differenza in meno di 1-2 cg. Per brevità non j-iferisco le esperienze. Consumo negli organi isolati. Ora, dato che 1' atropina, che si può estrare dalle sostanze escrementizie del tubo intestinale, possa rappresentare una quan- tità parziale dell' alcaloide eliminato per questa via , potendosi esso in parte decomporre nei processi iiormali di putrefazione dell' intestino stesso , le esperienze fatte non dimostrerebbero il consumo dell' atropina in seno ai tessuti viventi. Quantunque le risultanze finali non verrebbero in alcuna maniera modificate, rimanendo pur sempre invariato il fatto della parziale decompo- sizione dell' atropina nel corpo, avvenga essa in seno ai tessuti, avvenga nelle feci, e quantunque, per le considerazioni, cui piia sopra ho accennato, non si possa pensare ad una eliminazione prevalentemente per la via dell' intestino, pure ho voluto ancor più direttamente precisare la soi'gente della distruzione parziale dell' atropina nel corpo, facendola passare attraverso organi iso- lati freschissimi, ed ili condizioni per le quali le cellule si man- tenessero vive. Ho usato all' uopo il fegato del cane ed il rene del vitello, convenientemente preparati per la circolazione ai-tificiale. 28 Stil riscontro tossicologico dell' atropina sul cadavere umano Esperienza 1 Giugno 1897.— Rene di vitello giovane estirpa- to subito dopo la morte dell'animale. Sangue dello stesso animale. Il rene posto in camera umida si mantiene alla tempera- tura di 37°-40°. Il sangue in quantità di 300 e. e. si diluisce con 100 e. e. di soluzione fisiologica 0, 75 "/o di cloruro di so- dio , e si mantiene esso pure alla temperatura di 37°-40o. Av- viata la circolazione, basta una pressione di 3-4 cm. di Hg., si mescola al sangue circolante 25 cg. di solfato d' atropina; subito dopo deve abbassarsi la pressione perchè il sangue non scorra molto rapidamente. Il sangue si fa passare per il rene 22 volte nello spazio di G ore. Dal rene si ottiene gr. 0, 07G8 di atropina pura fusibile a + 115°, e dal sangue con le acque di lavaggio dell' apparec- chio, recipienti, ecc., gr. 0, 0898 ; complessivamente si ha adun- que una quantità d'atropina pari a gr. 0, 166G. Siccome nel solfato adoperato trovasi gr. 0, 2030 di base, quella estratta rap- presenta r 82, 09 °/o di essa, secondo la formola — — .^ „ , con una perdita perciò del 17, 91 °/o. Ora , considerando che nelle prove preliminari la perdita massima fu per il sangue il 12 °/o (vedi prove vii, viii, ix), ab- biamo in quest' esperienza un eccesso di perdita del 5, 91 °/o , che non si può ascrivere se non all' azione decomponente dei tessuti vivi, sangue e rene, in contatto di cui stette l'atropina per 6 ore. La quantità di atropina distrutta in quest'esperienza , , 0, 2030 X 5, 91 A niia e adunque — — - — = 0, 0119. Esperienza 9 Giugno Ì6'5 7.— Fegato di cane ucciso per dis- sanguamento. Stesso provvedimento sperimentale dell' esperienza precedente. Il sangue è quello dello stesso animale. Esso si fa cir- colare per il fegato, dalla v. poi'ta alla cava, per 35 volte in 6 ore. Dal fegato si estrae atropina pura gr. 0, 09576, e dal san- gue gr. 0, 06591, in tutto quindi 0, 16167 di alcaloide , equiva- 1 .L T r-rv ,. < / 1 11 X' 1 0, 16167 X 100 lente al /9, 64 «/<„ come dalla formola ^ ,^„-, , con una per- 0, 20oO dita perciò del 20, 36 "/o. e sugli elementi essenziali di questo problema. 29 Oi-a, se soltanto il 12 °, „ è la perdita da ascriversi al pro- cesso d' estrazione, abbiamo ancora una nuova perdita dell' 8, 36 per cento , che non può dipendere che dall' azione del fegato e del sangue con cui 1' atropina è stata in contatto per 6 ore. La quantità di atropina, che è andata distrutta in questa esperienza , , 0,2030X8, 36 ^ p,,,.f, e adunque : — r — - — —^0, 01 bU I risultati di queste due esperienze confermano quelli avuti neir animale intiero vivente : i tessuti vivi di questo hanno adun- que un potere di decomposizione sulla molecola atropina, ma, come vedesi , questo potere di decomposizione delle cellule pa- renchimali e del sangue non è molto intenso: un rene di vitello insieme a 300 e. e. di sangue in 6 ore non ha consumato che circa 12 mg. di atropina, ed un fegato di cane, con altrettanto sangue, non ne ha consumato che circa 17 mg. anche in 6 ore. Se facciamo ora il paragone tra le quantità di atropina di- strutte dagli organi isolati e quelle distrutte da un intiero animale vivente, ci accorgiamo come questa distruzione sia più rilevante neir organo isolato anziché nel corpo intiero; il corpo del cane decompone solo piccole quantità di atropina : abbiamo visto in- fatti che di un centigrammo di solfato di questo alcaloide, qualche traccia, sia pur piccola, si trova nelle urine. Qual causa spiega questo fatto in apparenza così contraddittorio ? Io credo, che nel caso del corpo intiero dovrà invocarsi il processo di eliminazione, come quello che sottrae all'azione decomponente delle cellule vive quelle frazioni di alcaloide, che passano man mano nelle secrezioni. Se questa interpretazione è esatta , poco spiegabile rimane ancora la possibile presenza di tracce di atropina nelle secrezioni molte ore dopo 1' ingestione, se non si vogliono ammettere, nel caso speciale , e d' altronde raro , particolari condizioni di lento assorbimento. Consumo dell' atropina nell' uomo. I risultati generali cui slam discesi , possiamo in massima applicarli all' uomo. Però ho voluto fare all' uopo qualche espe- 30 Sul riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano rienza più diretta, prendendo io stesso delle piccole quantità di atropina per bocca. Esperienza 10 giugno 1807. — Alle ore 11 prendo ^U di mg. di solfato di atropina sciolto in acqua, dopo la colazione di pane, latte e uova. Dalle urine delle 24 ore consecutive non si può estrarre atropina. Lo stesso dicasi delle feci delle 48 ore. Si ripete una seconda volta 1' esperimento il 15 Giugno : si ha r identico risultato. Esperienza 11 giugno 1897. — Alle ore 11 prendo Va i^^g- di solfato d' atropina in acqua, come nell' esperienza precedente. Nemmen qui dalle urine e dalle feci si possono estrai-re tracce di atropina. Ripetuta r esperienza il 19, si hanno gli stessi risultati. Esperienza 21-2.5 giugno 1897. — Per 5 giorni di seguito prendo, come nei casi precedenti, 1 mg. di atropina ogni giorno. Le urine si raccolgono di 24 ore in 24 ore e si esaminano se- paratamente. Solo nei periodi 2", 3°, 4« e 5° esse non contengono che tracce assolutamente piccole di atropina, in quanto gli estratti dilatano la pupilla del cane o del coniglio in modo debole e per breve tempo (4-5 ore) , mentre il riflesso irideo viene soltanto appena indebolito. Le urine raccolte 40 ore dopo 1' ultima dose, hanno anche esse dato un accenno di dilatazione della pupilla pei' qualche ora. Dalle feci, che si esaminavano di 24 in 24 ore, mai ho po- tuto estrarre la più piccola traccia di atropina , evidentemente per la piccolezza della dose che ingerivo. Ora , se i risultati di queste esperienze non si vogliono ascrivere a perdite dovute al processo d'estrazione, appare molto piccola la quantità di atropina, che i tessuti dell' uomo vivente hanno il potere di scomporre, dal momento che di un milligram- mo di alcaloide ingerito, se ne possono già trovare tracce , per quanto minime, nelle urine. e sugli elementi essenziali di questo problema. 31 Queste tracce non equivalgono certamente a tutto il milli- grammo di atropina preso quotidianamente , e, per parte mia , tenendo presente che nel 1° periodo di 24 ore consecutive alla prima dose di 1 mg. di atropina, non ho potuto estrarre nem- meno queste minime tracce; tenendo presente il modo sci-upolo- so con cui ho proceduto nelle diverse estrazioni, nonché i insul- tati delle prove in bianco I e II, ritengo che l'alcaloide in gran parte è stato decomposto. Sarebbe ciò confermato dalle prime quattro esperienze, in cui solo 1/4 o 1/2 mg. di sostanza veniva in- gerita. Concludendo adunque, contrariamente a quanto affermano Keattee, ed altri, anche nell' uomo vivente bisogna ammettere un consumo, per quanto piccolo, di atropina, che è meno intenso che nel cane. Forse a questo particolare potrà in parte riferirsi la grande sensibilità dell' uomo verso 1' atropina, rispetto ad altri animali. Pertanto il fatto bisogna che sia tenuto sempre presente , non foss' altro per quei casi di morte, quantunque rari, che pos- sono seguire a dosi piccolissime di atropina. Alcuni anni fa un cardiaco di 41 anni moriva nell'ospedale civile di Padova in se- guito all' iniezione sottocutanea di 3 mg. di solfato neutro d' a- tropina. Il D.r Fabeis (1), che ha avuto V occasione di studiarne i visceri e l' urina trovata in vescica, nel laboratorio di chimica farmaceutica e tossicologica di quella Università, non ha potuto estrarre da tutto il materiale, dell' atropina identificabile colla reazione Vitali, forse, dice 1' A. , perchè 1' ammalato faceva uso di stricnina, in quanto, secondo esperienze proprie , delle tracce di questo alcaloide possono mascherare la reazione Vitali per r atropina. Malauguratamente non trovo nella nota del Fabris alcuna prova fisiologica cogli estratti ; interessantissimo sarebbe stato certamente in questo caso l'esperimento sul cuore di rana sotto r azione della muscarina, esperimento che in simili ca,si (1) Fabris — La terapia moderna, 1892, N. 3. 32 Sul riscontro fossicologico dell' atropina sul cadavere umano non dovrebbe mai tralasciarsi, che anzi si dovrebbe far precede- re a tutti gli altri, data la piccolissima quantità di sostanza da identificare. In ogni modo, nelle condizioni del caso presente , data la difficoltata secrezione renale, o forse anche abolita , in quanto 1' ammalato era affetto da « gravissima affezione cardia- ca » , e perciò impedita od ostacolata enormemente 1' eliminazio- ne dell' atropina, dato che la morte non intervenne subito , ma che invece passarono delle ore , per quanto « poche » , io avrei pensato piuttosto che i 3 mg. di atropina fossero andati scom- posti totalmente nel corpo, e quindi non tanto alla presenza di impurezze (stricnina od altro), quanto forse all' assenza dell'atro- pina, sarà stata dovuta la mancanza della sua reazione caratte- ristica negli estratti puri. In simili casi il reperto chimico ne- gativo non può fare escludere da solo l' avvelenamento. III. Consumo e fuoruscita dell'atropina nel cadavere Dopo l'osservazione di Dragendoeff, il quale ha potuto estrarre ancora dopo 2 mesi e 72 dell' atropina da una poltiglia in dige- stione artificiale lasciata a putrefare in luogo caldo (1), confer- mata da quelle del Keattee (2), il quale dopo 6-8 settimane avrebbe ancora potuto ottenere dell' atropina, che vi aveva messo a putrefare, da una provetta di urina e da un' altra di sangue, è ritenuto come fatto acquisito nella scienza, che F atropina re- sista molto alla putrefazione (Steassmann, Paltauf, ecc.); anzi il Keattee, da quelle sue esperienze, per vero non abbastanza di- mostrative , dappoiché non è detto qual quantità di atropina è stata messa a putrefare, e qual quantità se n' è potuta ritirare, viene ad una ingiustificata induzione generale, quando dice : « Ms kann daher mit hoher Wahrscheinlichkeit angenommen « werden, dass hei einer auch bereits durch mehrere Wochen, ja (1) V. Dragendorff — Ermittelimg vou Gifteii. Giittingeu, 1895, p. 211. (2) Kbatter— Vierteljahxsschr. f. g. Med. N. F. XLIV Bd., 1886. e sugli elementi essenziali di questo problema. 33 « vielleicht setbst durch einige Manate hegrabenen Leichen der « Nachweis einer geschehenen Vergiftung durch Atropin nder ein « anderes der resistenzfclhigen Aìkaìoide noch erbracht werden « konne » (1). Il Filippi, pur accettando la opinione del Dea- GENDORFF, molto sobiiamento si limita a dire : « Intorno alla « possibilità di ricuperare dai visceri di un cadavere putrefatto « e inumato 1' atropina è una probabilità che ha molti dati « in favore per crederla verificabile anche dopo 2 mesi - 2 mesi « e mezzo dopo la morte e la inumazione. » (2). Non sembra che si possano così facilmente, come Krattek crede, applicare per il cadavere umano le conclusioni, che egli trae dalle sue esperienze. Nel cadavere umano siamo ben lungi dalle condizioni dell' urina o del sangue in putrefazione nella provetta, siamo ben lungi dalle condizioni della poltiglia in pu- trefazione di Deagendorfp. Una grande massa organica va qui in putrefazione con un numero infinito di cii'costanze varie, fa- vorevoli o contrarie al complesso dei processi della putrefazione, anzitutto ai microorganismi che la mantengono; condizioni varie di temperatura, di aereazione , di ambiente, di umidità, condi- zioni individuali particolari, inerenti all' età , al sesso , ecc. che possono in tal modo falsare i dati stabiliti, notevolmente abbre- viandoli ovvero prolungandoli. Ognuno inoltre agevolmente comprenderà come, prescindendo da tutte le condizioni ora accennate, prescindendo anche dalla maggiore o minore facilità con cui la molecola di un dato ve- leno si lasci attaccaTe , lo spazio di tempo , in cui questo potrà ancora rinvenirsi nel cadavere, sarà in ragion diretta della sua quantità, in ragione invei'sa della massa in putrefazione. È ben possibile che in una provetta con pochi e. e. d'urina o di sangue si possa trovare ancora dell' atropina dopo molti giorni da che pochi milligrammi ne sono stati aggiunti, ma la stessa quantità (1) Krattbr — 1. e. p. 94. (2) Filippi — Manuale di raed. legale, Il ediz., p. 875. Atti Acc. Voi-. XI, Serie 4" — Mem.i VII. 34 Sul riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano non potrebbe certamente più rintracciarsi in un intiero cadavere in putrefazione; è ben naturale che 1-2 gr. di atropina debbano richiedere maggior tempo di 1-2 cg. della stessa sostanza per essere decomposti dalla stessa quantità di massa in putrefazione. Prematuro è quindi, partendo, da dati di fatto cosi particolari e dissomigiianti, j^arlare in termini assoluti di limiti di tempo fino a cui un dato veleno possa o debba rinvenirsi nel cadavere. Più utile mi è sembrato piuttosto determinare quali quantità di atropina possono scomparire nei visceri del cadavere, gli organi che generalmente si esaminano, sia decomponendosi, sia abban- donandolo coi liquidi che ne fuorescono, per potere argomentare fino a un certo punto come, quando e dove sia ancora possibile il poterla rinvenire. Con gi' intendimenti cui ho accennato, ho fatto delle ricer- che quantitative di consumo in diverse epoche in 3 cadaveri di bambini, i quali non soccombettero per malattie infettive spe- cifiche. Con sonda esofagea introdussi nello stomaco di ciascuno di essi 50 cg. di solfato neutro d' atropina sciolto in 5 e. e. di ac- qua distillata. La sonda veniva lavata i]i sito con pochi e. e. della stessa acqua, perchè nel ritirarla non lasciasse tracce con- siderevoli di sostanza nell' esofago. Ogni cadaverino venne chiuso ermeticamente in cassa di zinco saldata, in modo che non ci avesse libera penetrazione di aria o perdita di liquidi, e si lasciò a temperatura ambiente abbastanza elevata, come sarà detto per ciascun caso. Le casse furono aperte una dopo 24 , una dopo 34 e una dopo 45 giorni , e ne furono esaminati i visceri , i liquidi sco- lati , ecc. rispetto all' atropina. Studiando cosi il consumo dell' a- tropina nel cadavere, mi venne fatto di osservare come essa vi si diffondesse, e come lo abbandonasse. e suylì elenienti essenziali di questo problema. 'oh Della massima importanza in queste ricerche era il fatto di non inquinare artificialmente, mettendo poca cura nella tec- nica, i varii visceri del cadavere, per la qual cosa ecco come si è proceduto per ciascuno di essi. 1° Aperta la cassa di zinco, ed osservato lo stato generale del cadavere, si raccoglieva prima di tutto con pipetta, e si mi- surava, il liquido sanguinolento che ne era scolato, e che trova- vasi nel fondo della cassa stessa. Se ne prendevano tre saggi di 25 e. e. ciascuno , di cui 2 servivano per dossarvi 1' atropina contenutavi, ed uno si lasciava per possibili controlli. 2° Da quelle località degli arti inferiori o superiori, che non essendo immerse nei liquidi scolati, non potevano essere bagnate da questi, si asportava quella quantità maggiore di pelle e di muscoli che si poteva. 3° Aperta la cavità peritoneale con un taglio a croce , si asportava dapprima lo stomaco, fi'a due legature, una all'esofago, r altra al jiiloro, e quindi, con strumenti volta a volta ripuliti , tutti gli altri visceri, nell' ordine seguente : intestino, fra due le- gature, con tutto il retto, milza, rene sinistro, fegato, che veniva diviso in due parti, destra e sinistra, che si esaminavano sepa- ratamente, rene destro. Mai ho potuto trovare dell' urina in ve- scica. 4° Aperta la cassa toracica asportando lo sterno, si proce- deva all' estrazione degli organi contenutivi , sempre con stru- menti volta a volta ripuliti , nell' ordine seguente : polmone de- stro, cuore, polmone sinistro. 5° Aperta finalmente la cavità cranica, se ne asportava tutto il contenuto. Quando essa, per la putrefazione avanzata, trova vasi già aperta, e il suo contenuto era in libero contatto col liquido del fondo della cassa, la massa encefalica non veniva esaminata. Tutti gli organi, appena estratti, venivano pesati, e quindi sottoposti al processo di estrazione per 1' atropina già minuta- mente descritto. Riferendo i risultati dell' analisi chimica, per non ingenerare ;^6 Sul riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano confusioni, ed evitare nello stesso tempo lungaggini , ho deter- minato di indicare come tracce considerevoli quelle quantità di atropina, che, pur essendo piccole e non esattamente ponderabili, davano una midriasi oscillante fra 10 e 20 ore, e un' abolizione del riflesso irideo per 2 o più. Ho invece indicate come limacce insignificanti quelle quantità che davano una piccola dilatazione della pupilla, tìno a 4-5 ore o meno, con indebolimento o no del riflesso irideo , e finalmente come tracce quelle che davano una midi-iasi per 5-10 ore, con indebolimento o abolizione del riflesso irideo di breve durata. La ricerca cristallogratìca veniva sempre fatta ; la prova chimica (leazione di Vitali) si taceva soltanto quando la quan- tità lo permetteva. Quando poi la quantità era grande , se ne determinava il punto di fusione, e si pesava. Ecco per sommi capi i risultati di queste ricerche. Cadaverino A. 11 Maggio-o. Giugno 1897 (24 giorni). 11 Maggio 1897. — Cadavere di bambina di giorni 30, gr. 2000, immaturità. Putrefazione incominciata: addome verde e gonfio per sviluppo di gas. S'introducono nella cavità gastrica 50 cg. di solfato neutro di atropina, e, chiuso ermeticamente in cassa di zinco, si lascia in luogo, in cai la temperatura oscillò tra + 10° e -H 24°. 5 Giugno. — Aperta la cassa di zinco, trovasi il cadaveiino ancora ben conservato ; l' addome è tumido e verde, come verde è il torace. Mostra varie flittene per tutta la superflcie del corpo. Liquidi scolati. Nel fondo della cassa è scolato del liquido rosso-vinoso, tenue, con delle muffe alla superficie e larve di coleot- teri morte in grande abbondanza; esso è in quantità di e. e. 234. Muscoli degli arti, flaccidi, asciutti, poco colorati; gr. 26. Stomaco. Non ha soluzioni di continuo, è disteso da gas, nerastro, contiene 2-3 e. e. di una poltiglia verde-oscura ; pesa in tutto gr. 8. e sugli elementi essenziali di questo problema. 37 Intestino — Il tenue è vuoto, disteso da gas, di colore gial- lognolo, nel colon trovasi una poltiglia di colore vei-de oscuro ; gr. 80. Milza — Friabilissima, rosso-nerastra ; gr. 4. Bene sinistro — Flaccido, ben conservato ; gr. 8. Fegato — Facilmente spappolabile, di colore rosso-brunastro; si divide in parte destra, gr. 15, e parte sinistra gr. 17. Beile destilo, gr. 8. Polmoni rosso-oscuri, spugnosi; destro gr. 22, sinistro gr. 17. Cuore, grossi vasi e sangue, gr. 15. Massa encefalica, molto rammollita, e meningi gr. 189. Ecco i risultati dell' analisi chimica. Stomaco Intestino Milza Rene destro Rene sinistro Fegato, metà destra Fegato, metà sinistra Polmone destro Polmone sinistro Cuore e sangue Massa encefalica Muscoli e pelle degli arti Liquidi scolati contiene atropina. gr. 0, 0116 » 0, 0150 » 0, 0038 tracce tracce consider. gr. 0, 0056 » 0, 009.5 tracce consider. tracce consider. tracce 0 0 gr. 0, 0505 Cadaverino B. 15 Maggio-18 Giugno 1897 (34 giorni). 15 maggio 1897. — Cadavere di bambino di giorni 40 di gr. 2670, catarro intestinale. Putrefazione non ancora incomin- ciata. S' introducono nello stomaco 50 cg. di solfato d' atropina come nel precedente. Si rinchiude in cassa di zinco, e si lascia alla temperatura di +16o-i-24o. 18 giugno. — Si apre la cassa di zinco. Gli arti sono ben conservati, addome e torace color verde-oscuro; addome tumido, le anse intestinali, foi-temente distese, si disegnano nella parete 38 Sul riscontro tossicologico dell' atropina nel cadavere umano addominale. Le ossa craniche , sconnesse , fanno scorgere nelle parti inferiori la massa cerebrale. Liquidi scolati. —Nel fondo della cassa è scolato un liquido rosso-vinoso, denso, alla cui superficie nuotano molte larve di coleotteri morte. Esso è i]i quantità di e. e. 350. Pelle e rnuscoli del torace. — Siccome gii arti sono completa- mente immersi nei liquidi scolati, si prendono i muscoli del to- race, che non sono in contatto coi detti liquidi ; gr. 20. Stomaco. - Di color verde nerastro, senza soluzioni di coii- tinuo, disteso da gas, vuoto; gr. 9. Intestino. — Molto gonfio per gas contiene della poltiglia dove bianco-rossastra, dove verdastra; gr. 95. Milza. — Come una poltiglia nerastra; g. 7. Bene sinistro. — Rammollito; gr. 11. Fegato. — Come una densa poltiglia di colore verde-nerastro. La metà destra pesa gr. 32, la sinistra 34. Rene destro. — Come il sinistro; gr. 12. Polmoni. — Rosso oscuri, poco umidi, nuotanti in poco li- quido sanguinolento che trovasi nelle cavità pleuriche, che si raccoglie e si esamina insieme ai polmoni ; il destro col liquido pesa gr. 19, il sinistro anche col liquido gr. 22. Cuore, sangue, ecc. gr. 13. La massa encefalica non viene esaminata, perchè in con- tatto con i liquidi scolati dal cadavere. Risultati dell'analisi chimica : Stomaco Intestino Milza Bene destro Bene sinistro Fegato, metà destra Fegato, metà sinistra Polmone destro Polmone sinistro Cuore e sangue Muscoli e pelle del petto Liquidi scolati contiene atropina gr. 0. on30 » 0, OO.J.J » 0, 0028 tracce tracce gr. 0, 0040 » 0, 0080 tracce insignif. ? tracce tracce tracce consid. gr, 0, 0336 e sugli elementi essenziali di questo problema. 39 Cadaverino C 1 Giugno- lo Luglio 1897 (4ò giorni). 1 giugno 1897. — Cadavere di bambina di giorni 8, imma- turità, gr. 1900. Putrefazione incominciata. Stesso procedimento dei casi precedenti. Temperatura ambiente -t- 18° + Ol». 16 luglio. — Le membra, quasi staccate del corpo, sono quasi completamente immei'se nei liquidi scolati dal cadavere. Si pigliò quel poco di pelle e di muscoli che si potè. L'addome squarciato, verde oscuro, afflosciato, lascia fuoru- scire delle anse intestinali, anch' esse di colore vei'de oscuro , squarciate e afflosciate. Il torace, dello stesso colore, è avvallato. Le ossa della testa, colle suture sconnesse, lasciano fuoruscire molta parte dell'encefalo, che è come una poltiglia molle, bianco- aranciata. Tutti i visceri, ti'anne il cuore ed i reni, sono melmosi, non pertanto si asportano tutti separatamente e si esaminano come nei casi precedenti. Circa 300 e. e. di liquido rosso-vinoso , denso, si trovavano nel fondo della cassa. Ecco il risultato dell' analisi chimica : Stomaco Intestino Milza Eene destro Eene sinistro Fegato, metà destra Fegato, metà sinistra Polmone destro Polmone sinistro Cuore e sangue Muscoli e pelle degli arti Liquidi scolati contiene atropina tracce insignif. tracce consider. tracce tracce tracce tracce cousider. tracce consider. tracce consider. tracce tracce 0 0, 0062 Riepilogando in un quadro i risultati di questi tre esami, abbiamo : 40 Snl riscontro foss/cologico dell' afrophia nel cadanere umano (Juantità di atropina (base) trovata nei vanii visceri dei cadaveri dopo diversi siorni di putrefazione. VISCERI Cadavere A. 24 giorni gr. 2000. Stomaco Intestino Milza Fegato, metà destra . » » sinistra. Rene destro » sinistro Polmone destro . . . ■i sinistro . . . Cuore, saligne, ecc. . Muscoli degli arti . . Muscoli del petto . . Encefalo Liquidi scolati . . . . Temp. 10" 24" 0, Olio 0, 0156 0, oo:-!*; 0, 0056 0, 0095 tracce tracce considerevoli tracce considerevoli tracce considerevoli tracce 0 non esaminati 0 0, 0505 0, 0080 0, 0055 0, 0028 0, 0040 0, 0080 tracce tracce tracce insignif. t tracce tracce non esaminati tracce cousìd. non esaminati 0, 0336 Cadavere C. 45 giorni gr. 1900 Temp. + 18" + 31" tracce insignif. triicce considerevoli tracce tracce considerevoli tracce considerevoli tracce tracce tracce considerevoli tracce tracce 0 non esaminati non esaminato 0, 0062 Uno sguai-do a questo quadro dimostra all' evidenza : 1.0 Come una grande quantità di atropina messa nello sto- maco di un piccolo cadavere vi scomparisca quasi in totalità in un tempo relativamente breve ; come inquini quasi tutti gii or- gani , ed abbandoni in gran parte il cadavere coi liquidi che ne fuorescono. 2.0 Come le sue quantità nei visceri e nei liquidi scolati vadano progressivamente diminuendo. I fatti da me raccolti si trovano in parte d' accordo con le conoscenze acquisite ; niuno però poteva supporre che in pe- riodi così brevi di tempo, in cadaveri appena intorno ai 2 Kg. quantità così enormi di atropina potessero andare distrutte. Già dopo 24 giorni di 0, 406 gr. di atropina (che tanta base trovasi in 0, 50 di solfato), introdotta nello stomaco , sol- tanto poco più di 1 cg. se ne trova in sito, altrettanto nell' in- e stigli elementi essenziali di questo problema. testino, meno in ciascuna metà del fegato, e nella milza, meno ancora negli altri visceri, 5 cg. se ne trovano nei liquidi scolati dal cadavere. Dopo altri 10 giorni, cioè dopo 34 giorni, le quan- tità accennate sono molto diminuite, anzi direi quasi proporzio- nalmente diminuite per ciascun organo ; e finalmente dopo altri 11 giorni, cioè dopo 45 giorni, esse sono ridotte a tracce; sol- tanto nei liquidi scolati dal cadavere è stato possibile ancora trovarne delle quantità ponderabili, quantunque già piccolissime. Non mi fu possibile esaminare a tempo debito, come avevo stabilito, altri cadaverini che avevo, come i precedenti, inquinati; tutto lascia ritenere però, che nelle condizioni di temperatura in cui mi trovavo (estate), doveva bastare che un'esperienza si fos- se prolungata di altri pochi giorni oltre i 45 , perchè mi fossi trovato certamente innanzi a un reperto negativo. Ora, se tutto ciò avveniva in cadaveri di bambini intorno a qualche chilogrammo, e con 50 cg. di sostanza tossica , è age- vole comprendere che cosa possa succedere nell' adulto , in cui già a qualche centigrammo o meno può seguire 1' esito letale , ed in cui si tratta di cadaveri enormemente più grandi, e quindi di masse in putrefazione rispettivamente maggiori, pur astraen- do dalla distribuzione migliore del veleno nel corpo per mezzo del circolo, e dalla dipendente facilità maggiore ad essere attaccato. Senza dubbio, queste esperienze ci portano a ritenere intenso il consumo dell'atropina nel cadavere, ed a farci comprendere ed attendere un risultato negativo in avvelenamento per atropina con le dosi letali comuni, anche pochi giorni dopo la morte, quando, cioè , il processo di putrefazione non è molto inoltrato. Esperienze al riguardo, cioè con piccole dosi, come riprova alle precedenti, ho ritenuto superfluo ed inutile eseguire. Questi fatti perciò collimano perfettamente colle opinioni espresse intorno al consumo dell'atropina dal Pellacani e dallo Ottolenghi. In definitiva, adunque, le asserzioni di Deagendoeff e di Keattee , trasportate in quasi tutti i manuali di medicina le- Atti Acc. Vol. XI, Sbrlb 4" — Meip. VII. 6 42 Sul riscontro tossicologico dell' atropina sul cadavere umano gale, ed applicate al cadavere, devono andare modificate. Esclu- sa, cioè, la pretesa di fissare dei limiti rigorosi di tempo in cui sia ancora possibile o meno il trovare dell'atropina nel cadavere, dovendo questi limiti di tempo necessariamente essere in dipen- denza sia della quantità del veleno, sia della quantità di massa in putrefazione , sia dell' intensità della putrefazione stessa , ri- tengo si debba ammettere che nella gran maggioranza di casi (avvelenamenti per le dosi mortali comuni), soltanto poco tempo dopo dalla morte sia ancora possibile il dare una dimostrazione piena e completa dell' alcaloide. * * Qualche considerazione meritano ancora gli altri fatti os- servati. L' atropina messa nello stomaco di un cadavere si diffonde per tutto r organismo : la troviamo in maggior quantità negli organi circostanti allo stomaco, intestino, milza, fegato; in minor quantità in tutti gli altri , solo i muscoli degli arti ed il cer- vello non ho trovato inquinati nei casi in cui li ho esaminato. Che un veleno dallo stomaco, o da un altro punto, o anche dall'esterno del cadavere (pareti della cassa (1)), si diffonda in tutto questo, è cosa già nota (Bellini, Toksellini , Strassmann e KmsTEiN, Habeeda, Vaughan, Dowen, Miller, ecc.). In questi ultimi tempi Strassmann e Kirstein (2) , MoN- TALTi (3) ed altri hanno ripreso l' argomento, specialmente dal punto di vista particolare della possibilità della diagnosi diffe- renziale tra un avvelenamento vero ed un avvelenamento simu- lato, per introduzione, cioè, della sostanza tossica nel cadavere. E per alcuni veleni, e nei primi giorni, una tal diagnosi sembra possibile. Strassmann, che ha studiato l'arsenico, dà come segno differenziale di grande importanza il reperto differente di veleno (1) V. MoNTAi.Ti — Giornale di iiied. legale, anno III, 1896. (2) Strassmann u. Kirstkin — Virchow' s. Archiv, cxxxvi Bd. (3) MoNTALTi — Rivista di medicina legale — Anno I, 1897, (nota preventiva). e migli elementi essenziali di (juesto problema. 43 nei due reni, data naturalmente 1' introduzione per Io stomaco, grande quantità nel rene sinistro, minima nel destro, differenze die si estendono a tutti gli altri organi, nonché quella fra mi- dollo spinale e massa encefalica. Montalti, che ha studiato sul mercurio, dà maggiore importanza alla ineguale e saltuaria di- stribuzione di esso neir organismo ; speciale significato avrebbero per un simulato avvelenamento acuto le piccole quantità nei reni e nel cervello in confronto della grande quantità che nel- r avvelenamento acuto è dato rinvenire nello stomaco, nel retto, nel fegato; in fine, e ciò è assai notevole, alle diverse quantità che si possono trovare nelle singole parti di uno stesso organo. Tutte queste deduzioni si potranno applicare, con le neces- sarie riserve, ai singoli veleni, secondo però le conoscenze sin- gole di particolare distribuzione o particolare eliminazione veleno per veleno, siano essi minerali od organici , ma resistenti alla putrefazione. Ma può dirsi altrettanto per quei veleni, che alla putrefazione invece non resistono molto, i quali, per ciò stesso, in seno ai tessuti morti, man mano che vi giungono per difi^u- sione vanno decomponendosi ? È chiaro come nel caso speciale tutto dovrà dipendere sia dalla quantità di veleno introdotta nel cadavere, sia dal tempo trascorso, sia dalla maggiore o minore capacità della molecola estranea, velenosa, a farsi intaccare. Nelle condizioni delle mie esperienze risulterebbe ancora pos- sibile la diagnosi di un avvelenamento simulato per atropina, quando molto tempo non fosse trascorso dal fatto. In effetti, sol- tanto nelle esperienze A e B osserviamo in generale una mag- giore quantità di veleno nelle parti sinistre dei cadaveri rispetto alle destre, più specialmente la nostra attenzione ferma poi il fegato, in quanto che esso, cioè un unico organo, nella metà si- nistra conteneva quasi il doppio di veleno rispetto alla destra. Meno importanti, sotto questo riguardo, si dimostrarono i reni, che anzi, solo per un dato tempo, essi lasciarono notare differenze di quantità apprezzabili nel sinistro rispetto al destro ( cadavere A); 44 Sul riscontro tossicologico dell'atropina nel cadavere umano posteriormente (cadaveri B-C) nessuna differenza quantitativa fu possibile più constatai'e fra di loro. Maggiore valore in generale possono avere quindi per questi organi non tanto le differenze quantitave di contenuto tossico fra rene e rene, come vuole lo Steassmann, quanto il piccolis- simo loro contenuto rispetto ad altri organi, specialmente trat- tandosi di cadaveri di bambini , (in cui è piccola la distanza che intercede tra rene e rene), eccezion facendo naturalmente per quei veleni, che non si eliminano prevalentemente per essi (mor- fina). Dalle mie esperienze risulta, infatti, che quantità ponde- rali proporzionali di reni e di fegato non contengono quantità proporzionali di sostanza venefica: il fegato ne contiene molto di più. I reni, adunque, per la compattezza del loro tessuto , e più forse per la capsula adiposa e fibrosa che li avvolge, si la- sciano con maggiore difficoltà imbibire dai liquidi inquinati che non il fegato, quantunque, per la loro ubicazione particolare, siano in condizioni molto più favorevoli di questo, rispetto ai liquidi filtranti dallo stomaco. * Ma un altro dato, a parer mio, può esserci molto più utile ad aiutarci nella diagnosi fra i due avvelenamenti vero e simu- lato, in epoche anche molto lontane, e che non vale tanto per r atropina o altro veleno facilmente decomponibile , quanto per gli altri, e cioè il risultato dell' esame degli arti. Io in nessuna delle mie esperienze ho trovato atropina nella pelle e nei muscoli di tali organi. Questi, infatti, e specialmente i superiori, per i loro rapporti molto limitati col resto del corpo, ed in parte anche per il loro rivestimento cutaneo e per gl'indumenti, sono in con- dizioni poco favorevoli per venire imbibiti. Un veleno entrato in circolo dovrà invece trovarsi negli arti allo stesso modo che in tutte le altre parti del corpo. Dato adunque un veleno molto resistente alla putrefazione. e sugli elementi a^senziali di questo problema. 45 la sua mancanza negli arti potrà deporre per un avvelenamento simulato. Ho in corso alcune esperienze in proposito, che renderò quan- to prima di pubblica ragione. Quanto al cervello, io ho trovato atropina nell' esperienza dopo 24 giorni. Negli altri casi non 1' ho esaminato, essendo esso in parte fuoruscito dalla scatola cranica, e nuotante nel liquido. * * * Ad un' ultima circostanza rimane finalmente di accennare, cioè al passaggio dei veleni nei liquidi che scolano dal cadave- re. Può ammettersi, che un dato veleno in un tempo lontano dalla tumulazione si trovi soltanto nei liquidi scolati dal cada- vei-e, e non più nel cadavere stesso ? Nel caso che ciò avvenisse, quale importanza bisognerebbe attribuire a un tale reperto ? Qui una chiara distinzione è necessario fare prima di tutto fra veleni resistenti e veleni non resistenti alla putrefazione. Che i veleni tendono ad abbandonare il cadavere con i liquidi che ne fuorescono, è stato dimostrato (1), e si rileva ancora dalle mie esperienze; ma è impossibile concepire come un tessuto che sia stato attraversato, bagnato da tali liquidi, non debba ritenere poi nessuna traccia della sostanza speciale, che nei detti liquidi si conteneva. Ipsen (1. e.) trova ancora dopo 18 mesi tracce di stricnina nel cadavere di un cane di gr. 572, avvelenato con 2 cg. di questo alcaloide , ed anche dopo 20 mesi in un cane di gr. 1235 , avvelenato con 5 cg. di sostanza , e questi cadaveri non erano bagnati dai liquidi che ne scolavano, perchè erano si- tuati sopra un piano forato, a livello elevato sul fondo del vaso. Casi di veleni trovati nei cadaveri degli anni dopo la morte si riscontrano facilmente nella letteratura. Per un veleno resistente alla putrefazione non è possibile adunque ammettere che si possa (1) V. IPSBN. Vierteijahr. f. ger. Med., IH F., IV Bd., 1894. 46 Sul riscontro tossicologico dell' atropina sul cadaim'e umano rinvenire soltanto nei liquidi fuorusciti dal cadavere, e non nel resto di esso; un tal reperto, se pure fosse possibile, potrebbe de- porre per un accidentale inquinamento dei liquidi scolati, senza che nessuna relazione esistesse fra di esso ed un avvelenamento, sia esso vero o simulato. Non altrettanto potremmo sostenere per un veleno poco re- sistente alla putrefazione. Quelle tracce che rimangono in seno ai tessuti possono facilmente scomparire col processo putrefatti- vo ; allora diviene possibile il trovare ancora nei liquidi scolati delle tracce di veleno , sia per il fatto che questo può venire a trovarsi in detti liquidi in quantità relativamente considerevole, sia anche per un ostacolo alla f)utrefazione dei liquidi stessi ri- spetto a quella del cadavere, essendo essi in diretto e più intimo contatto con quelle sostanze provenienti dalle pareti della cassa, che possono notevolmente disturbarlo. Qui il solo reperto positi v(j nei liquidi fuorusciti dal cada- vere potrebbe ancora stare in favore di un avvelenamento. Re- sterebbe ancora insoluto il quesito, se questo sia stato vero o simulato. Al prof. Pellacani i ringraziamenti più sentiti per i con- sigli, di cui mi è stato largo in queste ricerche. Laboratorio di Medicina legale dell' Università di Bologna, luglio 1897. Jfleinorìa Vili, Le trasformazioni birazionali fra due spazi ad n dimensioni con particolare considerazione al caso di n - 4 del Dott. C. GARRONE. § 1- Generalità. 1. Sieno S„ -„ due spazi punteggiati lineari ad n dimen- sioni, riferiti fra di loro birazionalmente. Ad un iporpiano ar- bitrario S„_i di S„ , corrisponderà allora in i^„ una varietà ^„-i, ad n — 1 dimensioni, omaloide e di un certo ordine m^ . Viceversa ad un iperpiano ^„_i di S„ corrisponderà in S„ una varietà, F„_i , ad 71—1 dimensioni, omaloide e di un certo ordine m„_i . Variando l' iperpiano in S„ od in S„ , le varietà F„_i e (i)„_i corrispondenti, descrivono evidentemente due sistemi lineari ad n dimensioni [F„_i]„, [(i)„_i]„ , rispettivamente proiettivi ai sistemi costituiti dalla totalità degli iperpiani di i^,, e di S„ e tali che n varietà arbitrarie F„_i , o ^^ fi — r dimensioni dell' ordine m„_,, , diremo che il sistema stesso ha gli indici [m„_i m„_.2 m.^ m-^. Gli indici del sistema oma- loidico inverso sono allora : [m^ m^ .... m„_i]. Il numero delle varietà «p^ contenute in una $„_i , le varietà loro intersezioni, ed intersezioni della $„_i con una varietà f,. non contenuta in essa etc, si determinano immediatamente con- siderando gli spazi S,. di un S„_i , le loro intersezioni, le inter- sezioni dello spazio S„_i considerato cogli spazi S,. di S„ che non vi giacciono etc. etc. 2. Si supponga in particolare n ^=^ 4. Nei due spazi S^ S^ avremo due sistemi omaloidici di varietà a tre dimensioni [Fsji, [ $3 J4 rispettivamente degli ordini m^ ed rtii . Ai piani Sg ed alle rette Si del primo spazio corrispondono rispettivamente nel se- condo, le superficie ^2 © 1^ curve pi variabili secondo cui si in- tersecano due o tre varietà $3 . Così ai piani 2] 2 ed alle rette Si di S4 corrispondono rispettivamente le superficie /^2 © le curve /ì variabili comuni a due od a tre varietà F3 . con particolare considerazione al caso di n = 4. Le superficie f^ 9o sono di un medesiino ordine m.j.; le curve fi ?i , razionali e degli ordini mx ed m^ , soddisfano rispettiva- mente a 5 (7??i — ^ 1) e 5 {???3 — 1) condizioni consistenti nel dover passare per punti fondamentali fissi e nel dover incontrare curve e superficie appartenenti alle basi dei rispettivi sistemi. In ogni varietà ^g esiste un sistema triplamente infinito di su- perficie fo ) nonché un sistema od'' di curve rp^ . Due superficie pò di lina medesima varietà hanno (di variabile) in comune una cu.rva pi . Così hanno un punto variabile comune una superficie P2 ed una curva pj. In ogni superficie 90 esiste poi un sistema co''' di curve pi tali che due curve qualunque hanno un sol punto vai'iabile comune. Un iperpiano S3 ed un piano S^ di S4 hanno una retta comune a meno che il piano non giaccia nello spazio considerato; così hanno comune una curva pi , una varietà $3 ed una superficie pa di S4 a meno che la superficie non sia contenuta nelle varietà di cui si tratta. Similmente una varietà $3 ed una curva pi di -i^ che non si appartengono, hanno un sol punto variabile comune ; ed un sol punto comune hanno due superficie pg non situate in una mede- sima varietà ^3 . 3. Sia ora (i«„_i una deUe varietà del sistema [2 >.3 ••• >r rispettivamente per tutte le varietà f„_2 , /"„_3 , ... , /"„_,. Ad un suo punto arbitrario Xq, considerato come giacente in una qualunque delle /"„_, , corrispondono k, punti dello spazio 2„_r corrispondente a quest' ultima varietà. Segue che al punto Xrj corrisponde in 2„ una varietà ^,. ad r dimensioni dell'ordine > ,.. Siccome poi agii iperpiani S„_i di S„ per Xq corrispondono varie- tà (I>„_i di S„ contenenti la §,. e formanti un sistema ad n — 1 dimensioni , cosi la varietà ^,. è contenuta nella Jacobiana di Agli spazi S,.^,- {iz=i,2,...;n — r — 2) di S„ passanti per Xq corrispondono in 5„ varietà 9,.+i tutte contenenti la §^ ; agli spa- zi S^ di S„ per Xq corrispondono varietà 9^ tutte spezzate nella 4^ ed in altre varietà ?',. d'ordine m„_,. - /^ ; agii spazi S^_i(i=l,2..r-1) di S„ condotti per il punto X^ medesimo corrispondono infine varietà ?,.^i il cui ordine è uguale al numero ?«„_,.+, — > ,._, dei punti in cui gli spazi S,._,- medesimi intersecano le varietà f„-r+i fuori del punto Xq considerato. Cosi alle rette Si per Xq corri- spondono curve razionali ?i dell' ordine w„_i - >i aventi un sol punto variabile comune colla varietà §;.. Facendo variar la retta Si per Xo in uno spazio S^_,- {i=0, 1, ... r — 2) il punto comune alla curva corrispondente ed alla ^^ descrive una varietà ad /' — i — 1 dimensioni comune alla §^ ed alla ?,._,■ corrispondente ad S,._j. Perciò : Le varietà fr-i corrispondenti agli spazi Sr-i («=0,l,2,..,r — 2) di S„ per Xq segano la ^^ corrispondente a questo punto in va- rietà omaloidi ad r — i — 1 dimensioni. Facendo variare poi la retta di cui si tratta in un S,.^i de- duciamo che : La varietà e^. corrispondente ad un punto Xq di a„_r_i è essa stessa ornalo ide. Al punto Xq si faccia ora descxivere la varietà a„_r_i : la f^ 6 Le trasformazioni birazionali fra due spazi ad n dimensioni allora o rimane fissa, ovvero descriverà, in generale, una varie- tà Vp a p dimensioni \r ■+■ ^ ^p ^n— l] che supporremo di un certo ordine t. La rt«_,._i, nell' ultima ipotesi , deve considerarsi come luogo di un numero p — r volte infinito di vai-ietà Vn-p-ii ad n — p — 1 dimensioni, tali che a tutti i punti di una di esse corrisponda costantemente, nell'alti'o spazio, una varietà f,. di V^, , varietà che appartiene perciò alla base del sistema delle .i aventi un sol punto variabile comune colla fg- Variando Xq su a^ la §2 descrive una varietà a tre dimen- sioni [d'ordine t] o rimane fissa, secondocchè le curve /i incon- ti-ano [in t punti] ovvero non incontrano la Oj in punti variabili. Nel secondo caso la ^-2 è superficie-base del sistema delle (^3 e la sua moltiplicità è uguale all' ordine della curva «1 di S4 ad essa corrispondente. Finalmente ad un punto Oq fondamentale , multiplo degli ordini >.i Xg >.g rispettivamente per le Fg, per le ^2 e per le /i, cor- risponde una varietà ^3 , a tre dimensioni , fondamentale per il sistema [%]i . Agli iperpiani Sg di S^ per Oq corrispondono va- rietà 3, formanti un sistema 00'^, tutte spezzate nella gg ed in un' altra varietà 2 ed una curva f^ dell'ordine TTig — ).i avente un sol punto variabile comune colla |g . Variando la retta per Oq in un piano , in un iperpiano ed in S4 deduciamo rispettiva- mente che : Le superficie 9^ segano ^g in curve razionali ; 8 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi, ad ìi dimensioni Le varietà (p'^ segano ^3 in su2:)erficie omaloidi ; La varietà |s è es«a stessa omaloide. 7. Ritoraando al caso generale supponiamo che la varietà §,. , corrispondente al punto Xq di rt„_,._i , giaccia in uno spazio 2„_s [o < s < il — r — 1 ] di s„ ed indichiamo con ^„_i un iper- piano qualunque della stella il cui sostegno è lo spazio s„_^ con- siderato. La curva -j^ corrispoiidente ad una retta Si uscente da Xg incontra allora 1' iperpiano >:„_i in un punto di §^ ed in altri : m„_i — '/-i — 1 punti; conseguentemente la retta Si incontra la varietà F„_i , corrispondente a 2„_i , in altrettanti punti fuori di Xo . Ricaviamo che questo punto è (>.i -h 1) pio per tutte le va- rietà di [F„_i]„ formanti un sistema (.s^ — 1) volte infinito. 8. Poicchè una retta Si incontra in (/; + !) (7?i„_i — 1) punti la Jacobiana del sistema [F„_i]„ così una curva y^i incontrerà lo insieme delle varietà-base di [. per tutte le varietà del sistema me- desimo. Suppongasi che essa sia incontrata in varietà variabili (ad (*) Dirò che una varietà Vn_i di Sn ha con nno spazio Sr ( di iin ) in un punto sem- plice assegnato Oo uu contatto d' ordine s — 1, se la varietà Vr— 1 , sua sezione con questo spazio, ha uu punto a.plo-ael punto Oo considerato. Se la Vn_i ha in OO con un Sr un con- tatto d'ordine s — 1, avrà evidentemente anche un contatto d' ordine s — 1 in Oo cogli spazi di Sr passanti per il punto stesso. Dirò poi che più varietà Vn— 1 hanno in un punto sem- plice assegnato un contatto d' ordine s — 1 e della specie r — 1 se la varietà comune ad r va^ rietà V«_i ha un punto s. pio nel punto di cui si tratta. Cosi si vede immediatamente che più varietà Vn— l aventi in un punto Oo con uuo stesso S„_,+i un contatto d'ordine « — 1 hanno fra di loro un contatto d' ordine s — 1 e della siiecie r — 1. Atti Acc. Vol. XI, Serib 4" — Meni. Vili. 2 10 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioni r+p — n+1 dimensioni) dalle f^, ma non sia incontrata, fuori della base del sistema, dalle f di dimensione inferiore; ed a^ corrispon- derà allora nell' altro spazio una varietà e^-p, evidentemente ad n — -jj dimensioni. Ad una retta S^ uscente da un suo punto i>o corrisponde una curva razionale d' ordine 'ìn„_i — >,.. Queste curve sono in numero n-hv—l volte infinito, e però soddisfano ad: {n+1) [7n^^_^ — >. +-1) — 4: — {n+r—Ì) condizioni, p — 1 delle quali consistono nel dover incontrare in un punto la varietà 0„_^,. Il numero che rimane dinota in quanti punti la Si incontra la Jacobiana di [F„_i]„ fuori del punto Po- La a,, è quindi multipla secondo il numero : (w+l)(vH;^-i—l)—(»+l)i>«-i—>-+l)+4-l-(w-H>-—l)+(;j-l)(=H+l)>-— («—/;-'•)• per la Jacobiana di cui si tratta. Concludiamo adunque che : Una varietà a, facente parte della base del sistema [F„_i]„, mul- tipla di ordine i.per le varietà F„_i ed incontrata in varietà variabili dalle /;, {ma non dalle fj,_i) è multipla d' ordine : (m+1)>.— {n —p—r) per la Jacobiana del sistema stesso. Per w=4 ricaviamo le proporzioni seguenti : a) Una superficie base del sistema [Fgli multipla d'ordi^ie >. per le Fg incontrata in punti variabili dalle f\ ; od in curve variabili dalle superficie f^; ovvero non incontrata in curve va- riabili dalle superficie f^ (epperò non incontrata in punti variabili dalle curve /l) è multipla rispettivamente secondo i numeri: ox— 1, 5>^ 5x+l per la Jacobiana del sistema medesimo. b) Una curva-base del sistema [E^i multipla d'ordine ì. per le Fg ed incontrata, ovvero no, in punti variabili dalle curve /i è rispettivamente multipla degli ordini 5>. — 2 e 5>. — 1 per la Jacobiana del sistema. e) Un punto fondamentale vpio per il sistema è multiplo d' ordine bj — 3 per la Jacobiana del sistema stesso. I risultati precedenti sono solamente applicabili nei casi generali ; in casi particolari i risultati vanno opportunamente con particolare considerazione al caso di n=^4. 11 modificati. Così ad esempio, se in un punto :/j,;o-base le varietà del sistema [Fg]^ hanno la varietà conica osculatrice fissa , il punto è multiplo secondo il n. òy per la Jacobiana del sistema medesimo. 10. Costruzione dei sistemi omaloidici. Il problema di stabilire geometricamente una trasformazione Cremoniana fra due spazi S„ 2,j si riduce, in sostanza, alla costruzione in uno di questi spazi di un sistema omaloidico di varietà (ad n — 1 dimensioni) ; rife- rito infatti j)roiettivamente il sistema omaloidico di cui si tratta al sistema costituito dalla totalità degli ipei'piani dell' altro spa- zio, la trasformazione bi razionale fra gli spazi dei due sistemi l'imarrà senz' altro stabilita. Conseguentemente rimarranno de- terminate la trasformazione inversa di quella considerata, ed il sistema omaloidico di varietà dell' altro spazio. 11. Per la costruzione di un sistema omaloidico di varietà in un S„ si può, come d' altronde ha osservato il professor Loria (*) generalizzare il fecondo metodo che il prof Cremona ha inse- gnato per lo spazio a tre dimensioni. Sia adunque F„_i una varietà omaloidica ad n — 1 dimen- sioni data in un S„, della quale si conosca una rappresentazio- ne biunivoca sopra un iperpiano S„_i di questo spazio. Un'altra varietà F'„_i, ad n — 1 dimensioni, omaloide, dello stesso ordine ed affatto analoga ad F„_i, avente con queste co- muni le singolarità, la sega in un certo luogo L„_2 di cui sarà nota la immagine L'„_2 su S„_i. Decomponendo L'„_2 in una varietà fissa ed in una Z'„_o variabile in un sistema omaloidico (ausiliario), tutte le varietà analoghe alla F'„_i che segano la F„_i nelle sue singolarità e lungo il luogo L di immagine L', formano, come è facile dimostrare, un sistema omaloidico. Va- riando in tutti i modi possibili la parte fissa ed il sistema oma- loidico ausiliario si ottengono tutti i sistemi omaloidici di cui può far parte la varietà data F„_i. (*) G. Loria. Il passato ed il presente delle principali teorie georaetriclie 2^" edizione 1896 pag. 252. 12 Le trasformazioni birazionali fra due spazi ad n dimensioni 12. Le varietà r„_2 nonché le varietà variabili /",. secondo cui esse si segano ad {n—r — 1) ad (w-r— 1), sono rispettiva- mente le immagini delle varietà f„_2 ed f, situate sulla varietà Fn_i data. Se una /'„_2 si spezza una delle parti giace ( n. 5 ) nella Jacobiana di [F„_i]„ — La corrispondente varietà r„_2 allora si spezza, se le piarti componenti la f„_^ hanno per immagini va- rietà di S„_i , ovvero passa per un punto fondamentale della rappresentazione di F„^i , che non sia però fondamentale per il sistema delle Z'„_2 , se una delle varietà componenti la /'„_2 ha per immagine il punto di cui si tratta — Nel primo caso una delle varietà componenti la /'„_2 è parte fondamentale della Jacobiana delle varietà V „_2 medesime— Concludiamo quindi che: / punti fondamentali della rappresentazione su S„_i , che non sieno nello stesso tempo fondamentali per il sistema ausi- liario delle l'„_2 , e le parti di Jacobiana delle r„_2 fondamentali ■per il sistema, costituiscono le immagini delle varietà ad w— 2 dimensioni comuni ad F„_i ed alle parti di Jacobiana del siste- ma [F„_i]„ luogo di varietà V„_2 , cioè delle varietà ad w— 2 di- mensioni che corrispondono ai punti comuni all' iperpiano S„_i , corrispondente ad F,,_i , ed alle curve basi del sistema delle (I)„_i. Se poi si spezza una /; di F„_i , una delle parti compo- nenti appartiene pure alla Jacobiana di [F„_i]„ e precisamente a quella parte di essa luogo di varietà ad r dimensioni. La cor- rispondente varietà f\ allora o si spezza anch' essa, ovvero in- contra in un punto una varietà c„_,_2, ed n—r-2 dimensioni, fondamentale per la rappresentazione di F„_i su S„_i , che però non sia nello stesso tempo fondamentale per il sistema delle t „—2- Nella prima ipotesi una delle parti componenti la /"V ap- partiene alla parte di Jacobiana delle /'„_2, luogo di varietà ad r dimensioni. Da qui si trae : I punti in cui una /"V+i interseca le varietà c„_^_2 fonda- mentali per la rappresentazione di F„_i , su S„_i ma non facenti con particolare considerazione al cane di n=^4. parte della base del sistema delle Z'„_2 , e le varietà ad, i- dimen- sioni secondo cui la /",^i sega la parte di Jacobiana del sistema delle l\,_2 luogo di varietà ad r dimensioni, formano le immagi- ni delle varietà ad r dimensioni comuni ad una f^+i di F„_i ed alla parte di Jacobiana di [F„_i]„ luogo di varietà ad r dimen- sioni; cioè delle varietà ad i- dimensioni che corrispondono ai punti comuni allo spazio ^r+i corrispondente ad f,^^ ed alle varietà- basi a„_,._i, ad n—r — 1 dimensioni, del sistema delle $„_i. Si supponga in particolare n=4:. Il sistema ausiliario delle V è qui un sistema omaloidico di superficie dello spazio Sg , a tre dimensioni sul quale è rappresentata la varietà primitiva Fg. I punti fondamentali della rappresentazione su Sa, che non sieno fondamentali per il sistema delle superficie T , e le parti di Jacobiana delle V fondamentali per il sistema dalle l mede- sime, costituiscono le immagini delle superficie comuni ad Fg ed alla parte di Jacobiana di [Fg]^ luogo di superficie ; cioè delle superficie corrispondenti ai punti comuni all' iperpiano Sg , che corrisponde ad Fg , ed alle curve-basi del sistema delle $3. I punti in cui una V interseca le curve fondamentali della rappresentazione , e le curve secondo cui la V stessa sega la parte non fondamentale della Jacobiana delle l medesime, for- mano le immagini delle curve comuni ad una superficie (.2, ed alla parte di Jacobiana del sistema [Fgji luogo di curve ; cioè delle curve corrispondenti ai punti comuni al piano Sa ? relativo ad /a, ed alle superficie-basi del sistema delle 4)3. 13. Le proposizioni precedenti servix'anno a determinare l'or- dine e la molteplicità delle curve, 0 in generale, delle varietà a„_r-i' f^d n — r — 1 dimensioni, costituenti la base del sistema delle «I)„_i. Cosi, ad esempio , se i punti fondamentali della rap- presentazione e le parti fondamentali della Jacobiana delle V rappresentano : l^ spazi lineari ad n — 2 dimensioni. Za quadriche ad altrettante dimensioni, 4 varietà cubiche anche esse ed 01 — 2 dimensioni,... etc. di F„_i, le 0„_i avranno in comune curve ri- spettivamente degli ordini kl^k-— semphce la prima, doppia 14 Le trasformazioni hirazionali fra due tipazì ad n dimensioni la seconda , tripla la terza.... etc. per le superficie 9.2 secondo cui la ci)„_j si segano ad ?i— 2 ed w — 2. Se poi i punti in cui una /",.^i interseca le varietà fonda- mentali c„_r_2 della rappresentazione e le varietà ad r dimen- sioni secondo cui la f ,.^i sega la parte di Jacobiana del sistema delle Z'„_2 luogo di varietà ad r dimensioni , rappresentano m^ spazi lineari ad r dimensioni, nu varietà quadriche , 7/I3 varietà cubiche,..., ?«, varietà dell' ordine s (tutte ad /■ dimensioni) , le $„_i avranno comuni varietà ad n — r — 1 dimensioni rispettiva- mente degli ordini m^. m.>, m-^,..., m^ e multiple rispettivamente secondo i numeri 1. 2, y,...,,9 per le varietà ,p„_^ secondo cui le quello delle quadriche passanti per e e per un punto fisso a,, di S3. La parte fissa del luogo L' è qui una quadrica contenente e. Indichiamo con x^ y-, (1=1,2,3,4,5) le coordinate omogenee dei punti negli spazi S4 S^ rispettivamente. Posto : Ar. ■= ax^x^ + bx,x^ -+- cxiX;, ■+- dx,x^ -h ex^x^ ■+■ fx^x^ r equazione : \^x,Xi + >-o.T,a-3 -t- \x,x^ + >.^a7,a-i, -I- \Ax. =0 (1) rappresenta un sistema omaloidico di quadriche Fg a tre dimen- sioni passanti per la quadrica fondamentale fissa : a?, = 0 ; ^o; = 0 e per il punto fisso ; *£l — iZ^2 — iFj — 3^-^ — U La Jacobiana del sistema ha per equazione: J = X.^Ar. = 0 La (1) da le formole : y,:yì'.y^: ,y, : y^ = x,x-i : x^x^ : x,x, : x,x, : Ax (2) con particolare considerazione al caso di n=4. 17 che sei-vono per passare da un punto di S4 al corrispondente punto di li. Le forinole della trasformazione inversa, che si ri- cavano dalle (2) , sono : X, : X2 : ii'3 :x^:x. = B,, : ;/,//,, : //,!/-, : y^'J- : ,y.2/5 in cui : B,, = ai/^y-z H- hìj,y, -t- cy,ìj, -^ dy.t/, + e/j./j^ -r- fy^y, Conseguentemente il sistema delle (i)^ ha per equazione : A,£y + >-..y,ì/r, + >;ì^2.'/5 + -^-..VaZ/s + Ky^y, ^ 0 (3) ed è composto di varietà quadriche passanti per la quadrica fissa : y, = 0; B,=0 (4) e per il punto fisso : La Jacobiana del sistema (3) ha per equazione : J=y,'B,, = 0 cioè si compone dell' iperpiano fondamentale y-^ = 0 contato tre volte e della varietà conica del second' ordine che proietta la quadrica (4) dal punto: y^ = y.,^y^T=yi:=^0. 15. Il sistema ausiliario delle V consti di quadriche non passanti per e. Rimane allora come parte fissa di L' un luogo del second' ordine il quale, dovendo avere e come conica-doppia, si compone del piano z contato due volte. Deduciamo perciò che le varietà F3 hanno intanto in Oq un medesimo iperpiano tangente Pg. Per ricercare i sistemi omaloidici che scaturiscono dal caso in esame bisognerà considerare i diversi sistemi omaloidici di quadriche Z'., dell' iperpiano Sg. A) Il sistema delle V sia costituito dalle quadriche di S3 Atti Acc. Vol. XI, Serie i^ — Meni. Vni. 3 18 Le t ras fo)- inazioni biraziona/i fra due spazi ad n dimensioni passanti per una conica e' e per un punto Oq fìsso. La conica e' , incontrata in quattro punti dalle q^ ed in due punti da r, è l'immagine di una curva del quarto ordine 7 di Fg passante per Oo con due rami quivi tangenti a Pg. Si ottiene quindi il : Sistema (244) delle quadriche di S^ tangenti in Oq e Pg , passanti per un punto Aq e contenenti la curva ?. La rappresentazione su Sg mostra che : Due quadriche Fg si segano secondo una superficie [2 del quarto ordine con un punto doppio in Oo passante per Aq e contenente 7- ; che una terza qua- drica sega la superficie anzidetta, all' infì.iori di > , secondo una curva /l anch' essa del quarto ordine , con un punto doppio in Oo , passante per Aq ed incontrante 7 , fuori di Oq , in due punti variabili ; che infine una quarta Fg sega /l in quattro punti riu- niti in Oo , nel punto Ay in due punti su 7 ed in un sol punto variabile. Una quadrica l interseca la conica e in quattro punti : una superficie f^ contiene perciò quattro rette di Pg per Oq ed a cia- scuna di queste rette corrisponde evidentemente un sol punto sul piano S2 associato ad ^2 — H luogo di tutte le rette analoghe è r iperpiano Pg , il quale perciò fa parte della Jacobiana del si- stema delle Fg : mentre il luogo dei punti ad esse corrispondenti è una superficie del quarto ordine F\ semplice, appartenente alla base del sistema delle Og. Una quadrica l sega il cono {(lo. e') lungo due generatrici; una superfìcie /à contiene pei'ciò due coniche appoggiate, ciascu- na in un punto a 7 , passanti per Aq e tangenti in Oq a Pg . Queste coniche non intersecano le quadriche Fg in punti varia- bili e quindi ad esse corrispondono due punti sul piano Sg cor- rispondente ad fa — Il luogo delle coniche analoghe è la varietà conica di second' ordine Cg che dalla retta Oq Ao proietta la quar- tica 7 , varietà che appartiene perciò anch' essa alla Jacobiana delle Fg ; mentre il luogo dei punti corrispondenti è una qua- drica doppia Q'.2 appartenente alla base del sistema delle $g — Ai piani generatori di Cg corrispondono rette generatrici di Q' con particolare considerazione al caso di n ^4. 19 passanti per il punto fisso V'o di ^4 cui immagine è la retta AqOo di S4 ; la quadrica Q'o è cioè più propriamente un cono avente il vertice nel punto dianzidetto. Il piano di e' infine, parte fo2idamentale della Jacobiana delle r , rappresenta una superficie quadrica contenente 7 e quindi tan- gente a P3 in Oo — Questa quadrica non è incontrata fuori dalla base del sistema né dalle /à , né dalle F3 e però ad essa corri- sponde un punto dello spazio S^ — Il luogo delle quadriche anzi- dette è lo spazio M3 contenente "> il quale perciò, contato due volte, fa parte della Jacobiana del sistema delle Fg ; mentre il luogo dei punti ad esse corrispondenti è una retta B'i della base delle (^3, che deve esser doj^pia per le superficie ,p2 — E che una superfi- cie 92 debba effettivamente possedere una retta doppia si vede subito anche dalla rappresentazione della superficie stessa sul cor- rispondente piano §2 di S^ . Immagini delle sue sezioni iperplanari sono le coniche del sistema 00 * che si ottiene segando con S^ il sistema delle F3 ; queste coniche segano la retta ri = S2.M3 nelle coppie di punti di una involuzione quadratica, quella stessa che sulla retta me- desima determina il fascio di coniche ti-accia sul piano Op.ri del sistema [F.^]^. La retta ì\ è perciò l'immagine di rma retta R'i doppia per P2 — Possiamo anzi aggiungere che la retta R'i di cui si tratta, oltre che per la 93 è anche doppia, come vedremo, per le varietà (j)3 e per la superficie base F'a . Concludiamo perciò che il sistema delle s è composto da varietà del quarto ordine aventi comune una retta doppia R'i , un cono quadrico doppio Q'2 ed una superficie semplice del quarto ordine F'2, passante con due falde per E'i . Le superficie ?2 dello spazio llj sono del quarto ordine per- chè dello stesso ordine sono le superficie f., comuni a due qua- driche Fg — Esse incontrano le superficie basi del sistema delle $3 secondo curve che corrispondono alle sezioni piane delle va- rietà componenti la Jacobiana del sistema [F3]4 . Dimodocchè : 20 Le trasfor7nazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioni Ai piani di S^ corrispondono superfìcie del quarto ordine aventi in E'i ìtna retta doppia e seganti Q\ secondo una curva del quarto ordine ed ¥'.,, fuori di R'i, secondo una conica. Alle rette di S4 corrispondono poi coniche di S^ che incon- trano in un punto R'i ed F'2 [fuori di R\] ed in due pnnti Q'2 , in corrispondenza ai punti comuni alla retta di cui si tratta ed alle parti di Jacobiana del sistema delle F3 . Fra le coniche generatrici di C3 ve ne sono co \ una in ogni piano generatore, spezzate in due rette particolari : una di queste è la retta secondo cui il piano generatore sega l'iperpiano P3 , r altra la i-etta che da Ay proietta il punto di appoggio del piano generatoi'e medesimo colla curva 7 — Il luogo delle prime è il cono a due dimensioni traccia su Pg della varietà conica C3: le sue generatrici corrispondono evidentemente ai punti di una curva (razionale) comune a Q'2 ed Fo' cui'va che è del quarto ordine, perchè una F3 contiene quattro generatrici del cono di cui si tratta, e che deve passare con due rami per il vertice del cono Q'2 . Fra le quadriche passanti per 7 generatrici dell' iperpiano M3 , vi è il cono che da Oq proietta > medesima : le generatrici di questo cono , assieme alla retta fìssa Oq Aq, costituiscono co- niche di C3 che sono immagini di punti di Q'2 infinitamente vi- cini al suo vertice. Per questo punto passa adunque la retta R'i corrispondente ad Mg. Alle stesse conclusioni saremmo altrimenti giunti ricor- rendo alla rappresentazione di una varietà 03 suU' iperpiano S3 ad essa cori-ispondente — Immagini delle sue sezioni iperplanari sono le quadriche q\ tracce su S3 del sistema [F3J4 , quadriche che passano tutte per i quattro punti fissi 1, 2, 3, 4 comuni al piano m^ = S3.M3 ed alla quartica > — Il piano m.^ dianzidetto, il piano /^a^Ps-Ss ed il cono quadrico C2 r^ C3 . S3 costituiscono le immagini della base del sistema delle $3 . Le curve Ci del quarto ordine secondo cui si segano due quadriche q\^ non incontrano il piano m2 in punti variabili ; una con jìarticolare considerazione al caso di n^4. 21 quadrica (/'.. invece sega questo piano secondo una conica, circo- scrìtta al quadrangolo 1, 2, 3, 4, che è la immagine di un punto di ijig . Il piano wzg di cui si tratta rappresenta adunque una retta doppia B'i della varietà; i punti della quale hanno pei- imma- gini le coniche del fascio 1, 2, 3, 4 o, ciò che è lo stesso, le cop- pie di punti della involuzione quadratica che il fascio medesimo determina sopra una retta qualunque del piano ?«2 . Il piano p.-,, incontrato in quattro punti variabili dalle cur- ve C'i , rappresenta una supei'ficie F'^ del quarto ordine di (pg , im- magini delle cui sezioni iperplanari sono le coniche del sistema co* traccia su pò, del sistema delle g'a — Queste coniche determi- nano sulla retta ].h • ì^h. ia stessa involuzione quadratica che su essa determinano le coniche del fascio 1, 2, 3, 4: la F'o conterrà adunque come doppia la retta R'i . Le coniche generatrici di Cg segnano sulle rette genei'atrici di c'a altrettante involuzioni quadratiche, in ognuna delle quali al punto Vq vertice di Co è coniugato il punto sul piano m.2 . Le generatrici di Cg sono perciò le immagini delle genera- trici di vai cono doppio Q'a di cpg che è del second' ordine perchè le curve c^ incontrano il cono Cg > fuori dei punti base del siste- ma delle g'.2 > in quattro punti formanti due coppie in due delle involuzioni anzidette — I punti di Q'g infinitamente vicini al ver- tice V'o hanno per immagini le coppie di punti delle involuzioni di cui si tratta costituite dal punto fisso Vq e dai punti della co- nica traccia su m., del cono Cg — Questa conica rappresenta d'al- tronde un punto di R'i : si conclude da ciò che la retta R'i di cui si tratta passa per il vertice V'o del cono Q'.. . Il cono Cg , finalmente, interseca p^ secondo una conica che ha due punti sul piano m^ : il cono Q\ perciò sega la super'ficie del quarto ordine F \ secondo una quartica razionale che ha un punto doppio in V'o . La Jacobiana delle ^a comprende : La quadrica fondamentale, contata quattro volte, che si ot- 22 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioni tiene proiettando da V'o la superficie F'a; essa contiene il cono Q\ e corrisponde al punto Oq di S4 ; L' iperpiano fondamentale contenente Q'2 , contato tre volte, iperpiano che corrisponde al punto Aq di S4 ; La varietà conica, corrispondente e > , che da R'i proietta le generatrici di Q'.^ , varietà che va contata due volte nella Ja- cobiana di cui si tratta. Pongasi ora : A,,. — UtXiX.^ + aìX-iX^ + aìXi.x•^ 4 x^ ( .r^ 4- x^ + Xi ) B_, = biX.Xs -h boX2X^ + b-iX^Xi + x-^ { x^ + X3 4- .^4 ) Le equazioni : Ji = 0 ; /3/lj; 4 KB,. = 0 in cui le >. sono parametri arbitrari, rappresentano allora un fa- scio di quadriche dell' iperpiano x^^O , circoscritte al tetraedro fondamentale di questo spazio e toccanti nel vertice Aq*^' di esso il piano fisso : X2 -+- X3 + ,/•■, — 0 Se con "> indichiamo la curva del quarto ordine, con un punto doppio in A/'\ base del fascio anzidetto, 1' equazione : >vo XI X2 4- '/.i XI X3 4- >.2 XI xi + 'Aa {Ax -f- XI Xh) + 'I-i [Bc 4- XI a^óì =0 ( l ) rappresenterà evidentemente un sistema [Fgji di quadriche dello spazio S4 , toccanti nel vertice Aq'^* del pentaedro fondamentale r iperpiano fisso : .Ti -i- X. 4- .^3 + Xi = 0 passanti per il vertice Aq^" del pentaedro medesimo e contenenti la curva ■> dianzidetta ; cioè un sistema omaloidico di quadriche come quello precedentemente considerato. La Jacobiana del sistema (1) ha per equazione : J H: a5,« ( a-i 4- d-2 -r iCs + a-, ) ( ^,, — B, ) = 0 con particolare considerazione al caso di n^4. 23 cioè si compone : Dell' iperpiano x^ = 0 (M3) , contenente > , con- tato due volte; dell'iperpiano : Xi + Xo + x^ + x^ = 0 (P3) tangente alle quadriche del sistema ; della varietà del second' ordine : A^ — B^=0 (C3) che si ottiene proiettando dallo spigolo Aq^^'Aq'^^ del pentaedro fondamentale la curva 7 . Dalle (1) si traggono le formole : ^1 "• Vi '■ Hi '• di '■ Vi = -«■i-^2 : XiX^: XiXi : A,,, -l- x.x-^ : B., + XiX-^ che servono per passare dai punti di S4 ai corrispondenti punti di S4 ; e da queste si ottengono le formole della trasformazione inversa : .Ti •.X2:x3:xr-Xó — {A^—B,){A, — B,-hC,,):yL{>/i — yó){A,~ B„ + C, ) ■ }h ( ih — ih ){A,j — By + C,j): .y,i ( ih — y,){ A, — B, -h C, ) : ( ,'/■. — .'/r. ) ( ihA'j — y>B,, ) m CUI : By = h,y,!i, -+- b,y,i/, + b,y,y, ^ (2) Cy = ( 2/4 — 2/5 ) ( à'i -•- ijf + Ì/a ) Il sistema delle «Ja , conseguentemente, ha per equazione : XAA,-B,){Ay-B, + C,) + X,y. { >/, - y,) { A, - B^ + C,) + \y. {y^-y.)iAy-By + e, ) 4- \y, ( //, - y,){A,j- B„ + Cy) + K{y,-y.)(yA.~!hB,) = 0 (3) Esse contengono : Il cono doppio Q'2 : y, - y, = 0 , Ay- By = 0 col vertice nel punto unità della retta [R'i] : «/, = y. = ^3 = 0 che essa pure è fondamentale e doppia pt-r le $3 medesime ; 24 Le tran formazioni hirazionali fra due spazi ad n dimeìisioni La superficie semplice del quarto ordine T'^ secondo cui si segano, all' infuori del cono Q'o , le varietà : A, - B,, + C, = 0 ; !i:A, - j/A, -= 0 La retta R'i è semplice per la prima varietà, doppia per la seconda; in conseguenza essa è doppia per la superficie di cui si tratta. La Jacobiana del sistema (3), infine, ha per equazione: cioè si compone, come avevamo trovato , dell' iperpiano fonda- mentale ^4 — y:,=0, contenente Q'g, contato tre volte ; della va- rietà conica fondamentale : A,^— B,/-f-C,,=0 contata quattro volte ; della varietà conica A,, — B,,z=:0, che si ottiene proiettando da R'i il cono Q'a, contata due volte. Dal precedente, come dai sistemi omaloidici che seguono , si ottengono numerosi casi particolari scegliendo opportunamente i punti fondamentali del sistema delle Z', e specializzando o spez- zando convenientemente le curve fondamentali del sistema me- desimo. Cosi per esempio, se il punto Qq si sceglie su e si ricava il : Sistema (243) delle quadriche tangenti in Og e P3, contenenti una retta Ei di Pg per Oo ed una curva 7 del quarto ordine con due rami {tangenti a P3) per il punto On medesimo. Se la conica e', della base delle /', si spezza in due rette, la curva y si spezza in due coniche toccanti in Oq P3 e secan- tesi in un secondo punto. Se la conica e, senza spezzarsi , si appoggia in uno od in due punti alla conica e , la curva ?• si spezzerà rispettivamente in una cubica tangente a P3 in Oq ed una retta di Pg per questo punto , ovvero in una conica non passante per 0„ ed in due rette di Pg per il punto Oy medesi- mo. La retta o le rette anzidette hanno per immagini rispetti- vamente il punto od i punti in cui e' sega e ; esse incontrano con particolare consideraziovv al caso di » ;= 4. 25 fuori di Oq ciascuna in un punto la cubica o la conica di cui si tratta. Le curve /l secondo cui si segano tre quadri che F^ passano rispettivamente con uno e due rami per i punti Aq ed Oq ; in- contrano in due punti variabili la cubica o la conica di cui si è parlato e non incontrano in punti variabili la retta o le rette dianzidette. In particolare si consideri uno dei sistemi cui sopra si è ac- cennato ; quello, ad esempio, che si ricava dal sistema generale spezzando la quartica > in due rette M^ N^ di P^ per O.j ed in una conica >i , non passante per O.j , ma appoggiata in un punto a ciascuna delle due rette precedenti. La Jacobiana di un tal sistema deve contenere : 1 punti Oo ed Ao rispettivamente multipli secondo i numeri due e cinque ; la conica ?i tripla e le rette Mj ed N^, non incontrate in punti variabili dalle curve /i , multiple secondo il numero quattro. Essa si compone infatti : Dell' iperpiano Pa ; della varietà conica di second' ordine che dalla retta Oq Aq proietta ?i; dello iperpiano Oq 7i contato due volte. Come precedentemente, una (Dg è rappresentata sopra l'iper- piano Sg corrispondente in modo che le immagini delle sue se- zioni spaziali sono le quadriche Qo del sistema co* che si ottie- ne segando con 83 il sistema [Fgji ; dei quattro punti base 1,2, 3, 4 del sistema delle q\,, due, ad esempio i punti 1, 2, giaccio- no attualmente sulla retta m.2 p^ . Perciò , come nel caso gene- rale, la (Ds possiede una retta doppia B.\ , di immagine m^ , ed un cono doppio Q'. , di immagine Cg , il cui vertice V'q è un punto di E"i . La superficie del quarto ordine F'2 però, nel caso attuale, si spezza in una quadrica Q"2 , di immagine p.> , incontrante la E'i in un punto P'o ed in due piani M'g N'^, cui immagini sono i punti 1 e 2, che corrispondono rispettivamente a tutti i punti delle rette Mi ed Ni di S4 . Dalla rappresentazione anzidetta si scorge poi immediatamente che i piani M'2 ed N'2 passano pei- la retta R'i , segando la quadrica Q"2 secondo le sue due rette Atti Acc. Vol. XI, Serie 4" — Mem. Vili. 4 26 Le trasformazioni hirazionali fra due. spazi ad n dimensioni incrociate nel punto P'^ ed il cono Q'a secondo due generatrici ; che la quadrica Q''^ ed il cono Q'2 infine hanno una conica in comune. Il sistema conside)-ato da un esempio di curve, tacenti pai'te della base del sistema omaloidico in uno degli spazi, a cui non corrispondono neh' altro varietà a tre dimensioni, ma superfìcie fisse e, viceversa, di superfìcie a cui corrispondono costantemente curve fisse. I piani M'.j N\, . non incontrati in curve variabili dalle su- perfìcie Po j e quindi non incontrati in punti variabili dalle curve ?! , devono essere multipli secondo il numero sei per la Jacobia- iia delle (I);^ . Questa comprende infatti : La quadrica fondamentale, che si ottiene proiettando da V'o la quadrica Q".,, contata quattro volte. Essa contiene i piani M'^ W.>, il cono doppio Q'2, e corrisponde al punto Oq di 84-, L' iperpiano fondamentale contenente Q'2 contato tre volte, iperpiano che corrisponde al punto Aq di S4 ; La varietà del secondo ordine, corrispondente alla conica \ di S4 , che da E'i proietta le generatrici di Q'^ : essa conta due volte nella Jacobiana di cui si tratta. Le formole della trasformazione, per questo caso particolare, si ottengono da quelle stabilite per il caso generale, supponendo è, Ò2 6, II sistema delle $3, posto per semplicità ^ = 2, ha per equa- zione : \By {By+ v,j)^ A,2/, (y,-y,)[B, + V,, ) + KyAy, - y^) i B, + C,) -t- Ky, {y,-y.){By + V, ) + >.. {y, -y,){ 2y, - y, )By = Q in cui Bj, e C^ hanno il solito significato [formule (2) ]. La base delle $3 si compone attualmente: Del cono doppio (Q'g) : «/, - ^5 = 0 [By = ] b,f/,y, + h,y,y, -f- hy.y^ = 0 (4) con particolare considerazione al caio di n = 4. col vertice sulla retta iR'i) : //, = il 2 = //' -^ 0 (ó) che essa pure è tondamentale e doppia per le (l),, medesime ; Del luogo del quai-to ordine F'o secondo cui si segano, allo infuori del cono Q'^ , le varietà : B, + CV = 0 , ( 2,j, ■-y,)B, = 0 Il luogo F'a, come si vede immediatamente si spezza in due piani (M'.2 N'a) : ( Z?j, = ) h,!J,'J, -+■ [),!/, ijs + %.■ W:i = 0 , (6) y. -(- //2 + ^:, = 0 ' passanti per la retta K\ e nella quadrica (Q".>) : B.J+ C,j — ^ . ^,_y, )/,, -(- A,//,//3 -f hMi.ij-, -+- _y, (y, + Hi -+- 2/,,) = 0 ovvero: (7) ; 2.V-, - .yi = 0 ^ ' 2ir-, - //, = 0 La retta (5) incontra lo spazio : 22/5 - ?/. = 0 in un punto P',, che appartiene alla quadrica (7); d'altro canto i piani (6) intersecano lo spazio anzidetto in due rette , quelle della quadrica medesima incrociate nel punto P'o, ed interseca- no il cono (4) lungo due generatrici. Gli spazi : y, — y^ =1 0 , 2y,-, — jf. = 0 hanno infine in comune il piano fondamentale : Vx = 2/5 = 0 sul quale il cono (4) e la quadrica (7) tracciano la conica nae- desima. 28 Le frati formazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioni La Jacobiana del sistema considerato ha per equazione : J'= [y.- !/:.)' toccante P3 /// O,, e passano per- tre pnidi Aq, Bq, C„. La Jacobiana delle F,, del quinto ordine, deve avere 0„ co- me punto quintuplo, A„ Bq Co come punti doppi, > come curva tripla. Una quadrica /" interseca, la conica e in quattro punti : i piani ri a,j, '/'j l\„ r^ Cp ciascuno in una retta ed il piano a^, 60 Co in una conica. Una superficie /^ contiene perciò quattro rette di Pg passanti per 0^, : tre coniche appoggiate a > in un punto toccanti Pg in Oq e passanti rispettivamente per i punti Ao, Bo, C„; una curva del quarto ordine per Aq, Bq. Co appoggiata in un punto fisso a > e tangente con due rami a Pg in 0^. La Ja- cobiana di cui si tratta comprende quindi: L' iperpiano Pg, luogo delle rette per Oo, a cui corrisponde in S4 una superficie fondamentale semplice del quarto ordine : Gli iperpiani S'g, S'\, S"'3 determinati dal piano 83 di > e dei punti A,, Bo C» rispettivamente, luoghi delle coniche anzi- dette : a ciascuno di questi iperpiani corrisponde in S4 un piano fondamentale doppio comune a tutte le #3 ; Infine 1' iperpiano : Ao Bo Co Oo, luogo delle curve del quarto ordine, a cui corrisponde in S4 un piano quadruplo. Il sistema delle $3 è composto quindi da vai-ietà del sesto ordine aventi comuni una superficie del quarto ordine F'2 sem- plice ; tre piani doppi P\^, P'\, P'"2 ed un piano quadruplo P.^^. I tre iperpiani S'g, 8'\, S"'3 di S4 hanno comune il piano con particolare considerazione al caso di n ^^ 4. 29 della conica > : i tre piani doppi P'2, P"2, P""^ di II4 concori'ono perciò nel punto M'o che in ^^ corrisponde al piano anzidetto. L' iperpiano Aq Bq Cq Oq sega i tre iperpiani S'3, S"3, H''\ di cui sopra in tre piani di un fascio : a questi corrispondono in 1^4, tre rette del piano quadruplo Pg^^ passanti per il punto M'o e comuni al piano Pg^^ medesimo ed ai tre piani doppi P'o, P"25 P'a dianzidetti. Si vede intìne facilmente che la superfìcie F'g passa anche essa per il punto M'o ; che P'.^, Pg", P./" sono piani contenenti coniche di F'.^ passanti per il punto M'o medesimo e che Pg^^ è qviel piano che, passando per M'o contiene una conica della su- perficie cui quel punto non appartiene. La Jacobiana delle i]»-^ comprende : La varietà cubica fondamentale [contata quattro volte], che corrisponde al punto Oq di S4 e che si ottiene proiettando dal punto M'o la superficie F'.^ ; essa contiene il piano P./^' come doppio e come semplici i piani P2', P2", P2'" ; I tre iperpiani fondamentali, contati ciascuno tre volte, de- terminati dai tre piani doppi col piano quadruplo, iperpiani che corrispondono ai punti Aq Bq Co di S4; La varietà conica del second' ordine, contata due volte, luo- go dei piani per M'o che segano i tre piani doppi ciascuno secondo una retta, varietà che contiene semplicemente i piani fondamen- tali P2', P2", Pg'", Pg^^ e che corrisponde alla conica > di S^. Se i punti Oo , Aq, Bq si assumono rispettivamente nei vertici Ao'"', Ao'*'. Ao*^' del pentaedro fondamentale in S4, e sono : .Ti ^= ajs = Xì , X2 = .rr, = 0 le coordinate del punto Cq ; .Tj = ,/v = 0 , .KlJc^ -\ Xi i.ri + ./'2 ) — 0 le equazioni della conica > ; e ( P,,- = ) .<•, + X, + X, -h x^ ^ 0 30 Le trasformazioni birazionali fra due spazi ad ii dinieiisioni è infine i' equazione deli' iperpianu P3, hiarà : (1 ) /■uX.,x., + '-yj-.x^ + Kx. {x,—x,)-h y.^x^ ( T, — .«3 ) + >., ( X^X, -+- X^P^ ) = 0 V equazione del sistema precedentemente considerato di quadri- che F3. La Jacobiana di questo sistema è rappresentata da : X ^- • CC^Of'^iX'^ [^ .7*2 t/'j j — ~ U Dalla (1) si ricavano le tòrmole : .'/. : y^ '■ !Js 'l/i'-ys^ ■ic.Xs ■ •^^■^. : J^. ( •«•,—■'•< ) : ->•, ( ■«,— J', ) : x,x, + .»;, /',: che servono per passare dai punti di 84 ai corrispondenti punti di 2^, e da queste si ricavano quelle della trasformazione inversa: X, : x.i : X, : X; : x, = ij,y. iy,, — y,)A,, : y,>j, {ij, — y,) A,, : y, i.y-iy:: — y,y,) A,, : .V2 ( .1/:!/:! — ih ìJi ) A-j '■ i/iVi ( .'/. - //■-' ) B,, in CUI : ^v = Z/i' ( -Vs — ÌJ,) — y-? il/i— y^) + 2,y,.y. ( y, — y, ) B.J =- yiy^ (. ìli — 2/5 ) — y^yz ( .yi — 2/5 ) 11 sistema delle (J)3 ha perciò per equazione : Kyv y-i (.1/3 — yt ) A,, + X,?/, y.^ ( y, — y, ) A,, -+- X,y, ( y,yj — y^ y, ) A., -4- >-3y2 ( ys^s — 2/i*/i ) Ay + \y,y, {y, — y^) B., = 0 e quindi si compone di varietà del sesto ordine aventi a comu- ne il piano quadruplo : y,=y, = Q (1) i tre piani doppi : .Vi = 2/3 = 0 2/1 — ,'/s = 0 ; i)^— y^^O con particoliire considerazione al caso eli n^4. 31 e la superficie del qnai-to ordine F'.^ secondo cui si segano ., al- l' infuori dei piani anzidetti il cono del terzo ordine : e la monoide cubica : 5, = 0 1 tre piani (2) passano per il vertice Aq''*' del pentaedro fondamentale, punto per il quale passano ancora la superficie F'a ed il piano quadruplo (1). Questo piano dippiù giace in uno spazio a tre dimensioni con ciascuno dei piani doppi sopra con- siderati. La Jacobiana del sistema delle (D^, come è facile vedere, ha per equazione : ^i' ys' ( ^1 — 2/2 )■'• ( y^y^ — y^y^ f- -^u' = o cioè si compone dei tre iperpiani fondamentali : i/1 = 0 ; i'i = 0 ; 2/1 — ys = 0 ciascuno contato tre volte ; del cono cubico fondamentale : ^. = 0 contate quattro volte e della varietà conica del second' ordine : 2/2^3 — 2/12/4 = 0 col vertice in A,/'^' e determinata dai tre piani (2) , da contarsi due volte. Dal sistema precedentemente considerato si potrebbero de- durre sistemi particolari supponendo per esempio scelti uno, due od anche tutti e tre i punti Aq Bq Cq sulla conica e : in questo caso i punti Aq, Bq, Cq del sistema delle Fg verrebbero ad esse- re sostituiti da rette di P3 per il punto Oq etc. etc. Le tran formazioni birazionali fra due spazi ad n dimensioni C) Il sistema ausiliario delle /' consti infine di qnadriche circonscritte ad un tetraedro a,, b^ Co d^ e tangenti in un ver- tice «0 di esso ad un piano fisso jh ■ Supposto che i vertici del tetraedro sieno punti affatto arbitrari di Sg si ottiene il : Sistema (248) dello qnadriche di S4 tangenti in vn )>tinto 0„ ad un iperpiano P», i/i vn punto Ay ad un piano P^ e die passano per tre punti Bo C,, D„ (*). Una quadrica V interseca la conica e in quattro punti ed i piani (/„ 6,) Cq, c/o 6*,j d(„ a,, d„ bo, P.^ , costituenti la Jacobiana delle /' rispettivamente in tre coniche ed in una coppia di rette. Una superficie ^2 contiene perciò : quattro rette di P3 per C),,; tre curve del quarto ordine passanti con due rami, tangenti a Pg, per il punto Oq, con un ramo per il punto A,,, toccando quivi una retta fissa di Po e per due dei punti Bo, Co, Do; in- fine due coniche per O^ ed Aq toccanti nel primo punto P3, nel secondo P,. Conseguentemente la Jacobiana delle quadriche F3 com- piende : L' iperpiano P^ luogo delle rette per Oo, a cui corrisponde in I4 una superficie-base semplice del quarto ordine F'^; I tre iperpiani Sg' S3" S3'" determinati dalla retta Oo Ag con due dei punti Bq Cq Dy luoghi delle curve del quarto or- dine di cui sopra : a ciascuno di questi iperpiani corrisponde in ili un piano-base quadruplo; Infine 1' iperpiano Oq P^, luogo delle coniche per Ay ed 0,„ al quale corrispondo in S^ un cono quadrico doppio Co col ver- tice nel punto corrispondente in S^ alla retta Oq Ao di S4. I tre iperpiani Sg' Sg" Sg'" due a due hanno un piano in comune : i tre piani quadrupli Po" P./' P./" hanno perciò due a due in comune una retta, e siccome non possono giacere in (*) La maggior parte dei .listcìiii onuiloidii-i ili quadriglie ijiii euiisiderati sono enumerati iu uua nota del Prof. Del Pezzo (Keudicouti Società K. di Napoli 1895). Il sistema in esa- me è iu particolare studiato aualiticauu'ute uel fascicolo di l'eb)>r.ijo 1897 dei Rendiconti della medesima Società. con particolare considerazione al caso di n = 4. 33 uno stesso spazio a tre dimensioni , così appartengono ad una medesima stella della seconda specie il cui asse indicherò con R'^. L' iperpiano Oq P:., interseca ciascuno dei tre iperpiani S'a Sg" Sg'" lungo un piano passante per la retta Aq Oq : conse- guentemente i tre piani quadrupli segano il cono G\ ciascuno lungo una genei-atrice. Si tiae da qui che per il vertice del co- no medesimo passa la retta R'i comune ai tre piani quadrupli dianzidetti. Finalmente ai piani comuni agli spazi Sg', Sg", S3'", Oq P-2 ed all' iperpiano P3 corrispondono in S^ coniche secondo cui i piani quadrupli Po' P," P.'" ed il cono C^' segano la superficie del quarto ordine F,,'. La Jacobiana delle $3 comprende : I tre iperpiani fondamentali determinati dai piani P.,' P^" Po'" presi due a due, ciascuno contato tre volte, iperpiani che corrispondono ai punti fondamentali semplici Bq Cq Dq di S4 ; la varietà conica di second' ordine fondamentale che da R'i pro- ietta il cono Co contata cinque volte, varietà corrispondente al punto fondamentale A,, di S^ ; infine la varietà fondamentale del quarto ordine che dal vertice di Co proietta la superficie F'a- Questa varietà, che contiene come doppi i piani P2' Po" Po"' e semplicemente il cono Co , corrisponde al punto fondamentale 0„ di S,. Come doveva essere, per la Jacobiana delle «1)3 la superficie F'a è quadrupla, il cono C\ è multiplo secondo il numero nove ed i piani Pg' P^" P.2"' secondo il numero diciannove. Scegliendo uno, due o tutti e tre i punti 6,3 > Cq . f^o sulla conica e, nel sistema omaloidico generale uno, due o tutti e tre i punti fondamentali Bq, Cq, Dq vengono sostituiti da rette di Pg per il punto Oq. Si ottengono perciò tre sistemi omaloidici particolari i cui inversi sono rispettivamente del settimo , sesto e quinto ordine. Scegliendo invece su e il punto ao si otterrebbe un sistema (246) di quadriche tangenti in 0,, all' iperpiano Pg, toccanti tutte Atti Acc. Vol. XI, Serie 4^ — Mem. Vili. 5 34 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioni nei diversi punti della retta comune Ai (di immagine «o ) i ^^■ versi piani di un fascio avente questa retta per asse e passanti finalmente tutte per tre punti Bq, Cq, D„ fissi... etc. etc. 16. Il sistema ausiliario delle V sia un sistema di superficie cubiche generali passanti per la conica e. Rimane allora come parte fissa di L' un luogo del primo ordine che, dovendo conte- nere e, è il piano T della conica medesima. Deduciamo perciò che le varietà del sistema [Fgj^ passano intanto per il punto Oq. Per ricavare i vari sistemi omaloidici di \'arietà quadriche che scaturiscono dalla ipotesi attuale bisognerà esaminare i di- versi sistemi omaloidici di superficie generali del terzo ordine dell' iperpiano Sg (*) e di ciascun di essi considerare quei casi particolari che si ottengono spezzando la curva-base in due (o più) parti una delle quali sia la conica e. A) Il sistema delle /' sia costituito dalle cubiche per una curva del sesto ordine e genere tre. Questa può spezzarsi nella conica e ed in una quartica razionale e' che la seghi in quattro punti (■■•*) ovvero nella conica e ed in una curva, del quarto or- dine e della prima specie e" che la seghi in tre punti (***). La curva e' è l'immagine di una quartica razionale di S4; la e" quella d' una curva del quinto ordine e di genere uno , dello stesso spazio passante per il punto Oq. Si ottengono in conseguenza i due sistemi omaloidici che seguono. 1. Sistema {244) delle qiiadìiche di 9^ ^^ passanti per impunto fisso Oo e per una quartica razionale 7. La Jacobiana delle l' è spezzata attualmente nella rigata del sesto giudo luogo delle corde di e' appoggiate a e , e nella (*) Cremona. — Rendiconti del R. Istituto Lombardo Serie II voi. 4" pag. 274-277. Loria. — Le trasformazioni razionali dello spazio determinate da una superticie generale del terzo ordine. Atti della E. Accademia di Torino Voi. 26. (**) NiiTHER. ^ Mathematisclie Annaleu Band 3^ pag. 565. (***) (Queste curve spezzate hanno infatti lo stesso ordine, e lo stesso ijiiurc secondo la definizione del NTither (Acta Math. 8), della curva primitiva. con particolare considerazione al caso di n=4. 35 quadrica q.. luogo delle trisecanti di e medesima. Una cubica V sega tale Jacobiana. all' infuori delle curve direttrici, in sei rette, due delle quali poste su q.,. Una superficie fz contiene perciò quattro corde di ? e due coniche per Oq trisecanti di > medesima. La Jacobiana delle F3 comprende quindi : La varietà del terzo ordine luogo delle corde di •>, per cui ■> è doppia, alla quale corrisponde in S4 una superficie semplice del quarto ordine F'^; Un rimanente luogo del second' ordine per cui 0,, è doppio e > semplice, ossia quella quadrica F3 del sistema avente in Oq lin punto doppio. A questa varietà [che può costruirsi come luo- go dei piani per Oq trisecanti la curva "] corrisponde in S4 una quadrica doppia Q'.,- La varietà del terzo ordine e la varietà conica del secondo ordine componenti la Jacobiana delle Fg si segano lungo una superficie del sesto uidine per cui y è doppia. Questa superficie ha in comune -con una quadrica Fg , all' infuori della curva ■> dianzidetta, quattro corde di questa curva medesima : ad essa corrisponde perciò in S4 una curva del quarto ordine coixiune alla superficie F'.2 ed alla quadrica Q'a- La Jacobiana del sistema delle $3 finalmente si compone : Dell' iperpiano contenente Q'g contato tre volte : Della varietà del sesto ordine, da contarsi due volte, corri- spondente alla curva > di S^, luogo dei piani che incontrano F'^ secondo una conica e Q'2 lungo una retta ('■'). La varietà di cui si tratta contiene come doppia la superficie F'2 come tripla la quadrica Q', dianzidetta. 2. Sùtema (243) delle quadriche passanti pei' ima curva el- littica ?- del quinto ordine di S4. La Jacobiana delle V si spezza in questo caso nella rigata (*) Ad iiu puuto Pu di 9 corrisponde iu ^^ uu jiiauo 2.i ; ai puuti nei quali questo piano interseca F'o , per esempio, corrispondono le rette generatrici della varietà corrispondente in S4 ad F'j che passano per il punto Pf, , cioè le generatrici del cono cubico e due dimensioni che si ottiene proiettando 7 da P,,. Questo cono fe incontrato, fuori di 7. , in due generatrici da una F3 ; segue clie la curva comune ad F'2 ed a S^ é una conica... etc. Le trasformazioni Urazìonali fra due spazi ad n dimensioni del settimo grado r^ luogo delle corde di e" appoggiate alla co- nica e e nel piano t di questa conica. Una V ha con essa co- mune, all' infuori delle curve-basi, sei. rette, una delle quali po- sta su T. Conseguentemente una /à contiene cinque corde di > luogo delle quali è una varietà Vg del quinto ordine, per cui > è tripla, varietà che, da sola, costituisce la Jacobiana delle F3. A tale varietà corrisponde nell' altro spazio una superficie sem- plice F'a del quinto ordine comune a tutte le «Dg. Le sezioni iper- planari di questa superfìcie sono curve del quinto ordine e di genere uno : ai punti di una di queste sezioni corrispondono in- fatti univocamente le generatrici della rigata del decimo grado sezione della Yg con una quadrica Fg che è del genere uno per- chè rappresentata in Sg dalla rigata ellittica del settimo grado r.2. Il sistema inverso è quindi costituito da varietà cubiche aventi a comune la detta superficie F'g. La Jacobiana delle (I)g è composta dalla varietà del quinto ordine, contata due volte, luogo dei piani che incontrano F'o secondo ima cubica : la superficie F'a deve essere doppia per que- sta varietà. Numerosi casi particolari si ricavano da questi due sistemi spezzando ulteriormente la curva base delle V. B) Il sistema delle T sia costituito dalle superfìcie del terzo ordine passanti per un punto e per una curva del quinto ordine e di genere uno. Spezzando questa curva nella e ed in una cubica che la incontri in due punti si riottiene il sistema già considerato delle quadriche per un punto ed una quartica razionale di S4 . C) Il sistema delle V consti delle cubiche di S3 passanti pei- una quartica gobba razionale e tangenti in un punto dato «0 ad un piano dato P2. La quartica può spezzarsi nella conica fìssa e ed in un' altra conica e' che seghi la prima in un punto. Essendo la e' immagine di una cirbica gobba passante per Oq si ottiene da qui il : Sistema {245) delle quadriche di S4 passanti per una cubica gobba > e toccanti in un punto dato Aq un piano dato Pg. con particolare considerazione al caso di n La Jacobiana delle /' è attualmente spezzata nei piani " t' delle due coniche e e' ed in una superficie r del sesto ordine per cui le due coniche sono doppie ed «o è un punto quadruplo. Una r sega tale Jacobiana, all' infuori di e e e, lungo un luogo del dodicesimo ordine spezzato in due rette poste rispet- tivamente nei piani '^ e "' seganti rispettivamente e' e e fuoi'i del punto comune ad entrambe , ed in cinque coniche situate su r, tangenti in «o a P. ed appoggiate in due punti a ciascu- na delle due coniche e, e' (*). La Jacobiana delle Fg comprende perciò : L' iperpiano S'g luogo delle corde di 7 a cui corrisponde in S4 un piano tòndamentale semplice Sj ; La varietà del quai-to ordine Y3, luogo delle coniche di Si toccanti in Aq il piano Pg ed appoggiate in due punti alla cu- bica ■>, a cui corrisponde in I^ una superficie doppia del quinto ordine F'g facente parte della base del sistema delle (^3. La va- rietà V3 sopra considerata può costruirsi come luogo dei piani che da Aq proiettano la rigata del 4° grado formata dalle corde di ■> che incontrano il piano Po. Essa è quindi un cono a tre dimensioni col vertice in Aq e possiede come doppio il cono C^ a due dimensioni del terzo ordine, che da Aq proietta la cubi- ca •>. Ai piani generatori di Vg corrispondono rette di F'2 e però questa è una superficie rigata di S4. Le $3 conseguentemente sono varietà del quinto ordine a- venti a comune la rigata doppia F'2 del quinto ordine , ed un piano semplice Hg. La varietà Va e lo spazio S'g a tre dimensioni contenente 7 hanno in comune la rigata del quarto grado dianzidetta : ad essa corrisponde in S4 una conica che giace nel piano l., e nella superficie F'2. Il cono C2, multiplo per la varietà V3, corrisponderà ad una curva multipla della rigata F'o corrispondente a V3 medesima. (*) C'APOKAI.I. — Sulla superlii-ie del (|UÌuto online... etc. N. 2. .^8 Le frasformazioni birazionaìi fra due spazi ad n dimensioni Per determinare la natura di questa curva si consideri una qua- drica Fg : essa segherà C,, fuori di 7, secondo tre generatrici uscenti dal punto Aq ed è chiaro che due qualunque di queste rette prese insieme costituiscono una conica generatrice di Vg. Ciascuna di queste rette appartenendo a due coniche è chiaro che le tre rette anzidette formano la immagine di un medesimo lanuto P'o che è triplo per la F'^. Dippiù alle rette di ^^ per P'„ corrispondono in S^ , all' in- fuori delle tre rette corrispondenti al punto P'o, coniche segate in due punti da un iperpiaiio Sg : quelle rette segano quindi una ed è il luogo dei piani che incontrano F'., secondo coniche e S^ se- condo rette. Questa varietà contiene come doppie le superficie direttrici S. ed F',. D) Il sistema delle l' consti delle superficie del terzo ordine dell' iperpiano di rappi-esentazione passanti per la conica e, per due rette sghembe r^, r\ una delle quali, r\ , appoggiata a e , e per due punti fissi Oq , ^o- Le rette r\ 7\ sono rispettivamente le immagini di una retta e di una conica di S4 per Oq , senza punti comuni. Da qui il : Sistema {245) delle quadriche di S4 passanti per una conica 7, per una retta Ej che non la incontri, e per due punti K^^ Bo fìssi. La Jacobiana delle V si compone in questo caso della rigata con particolare considerazione al caso di n = 4. 39 del terzo grado luogo delle rette appoggiate a e, ì\ , r\ ; del pia- no di e ; dei piani Oq '"i ^ ^o '"i e della quadriea determinata da e, r\ e dai punti c/q , h ■ Una V sega tale Jacobiana, all' infuoii delle curve basi del sistema, in un luogo del dodicesimo ordine spezzato in quattro rette generatrici della rigata ; in una retta del piano di e; in due coniche poste rispettivamente nei piani «,3 ''u òo r\ seganti e in due punti , ed infine in una cubica giacente sulla quadriea i'\ e ciò bo . La Jacobiana del sistema di quadriche F3 comprenderà per- ciò : Il luogo delle rette appoggiate a "> ed Ri , cioè la varietà conica del second' ordine C3 avente per vertice Ri e per diret- trice 7 . A questa varietà corrisponde in l'i una superfìcie del quarto ordine F'2 semplice per le (fg ; Gli iperpiani An? Bo> luoghi di coniche: a ciascuno di essi corrisponde quindi in -^ un piano doppio ; L'iperpiano Aq B,, Ri luogo delle cubiche per Aq e Bq , appog- giate in due punti fissi a 7 ed in due punti variabili ad Ri , a cui corrisponde in S4 un piano-base P"'.2 triplo per le $3 . Dalle mutue relazioni degli iperpiani A,, > , Bq > , Aq Bo Ri di Si si ricava immediatamente che il piano triplo P2'" ha una retta in comune con ciascuno dei piani doppi P'2 P"2 i quali si sega- no poi solamente in un punto (sul piano triplo). Gli iperpiani Aq > , Bq ?• segano C3 secondo un cono quadrico col vertice su Ri , intersecato da una F3 , fuori di 7 , lungo due generatrici : perciò i piani doppi P'o , P"2 segano la rigata F'2 secondo coniche. L' iperpiano Aq Bù Ri sega invece C3 lungo una coppia di piani per Ri : il pian.o triplo P2'" contiene quindi due generatrici della rigata F'2 intersecantesi nel punto doppio della supei'ficie medesima (*). Ai punti Ao Bo di S4 corrispondono in S^ i due iperpiani (*) Cfr. (i. Caldarkka — Sulla rigiita del i" ordiue e sua superlicie trasversale nello spa- zio a i|ua(tro (liiucnsioui — Atti Accailcinia Scieuze o Li-ttere Arireale lK9t5. 40 Le t)-a>i formazioni hirazionali fra due spazi ad n dimenaioni fondamentali doterminati dal piano triplo con ciascuno dei due piani doppi. La i-etta Ei di S^ è incontrata in tre punti da una curva /i e però ad essa deve corrispondere in S4 una varietà del terzo ordine luogo di una infinità semplice (razionale) di piani. Le cubiche generatrici dell' iperpiano Aq Bq Ri passanti per un punto di Ri formano un cono quadrico a due dimensioni col vertice in questo punto; una Fg sega quel cono, fuori di Ri, lungo una delle cubiche di cui si tratta, onde a quel cono cori'isponde in S4 una retta, cioè i piani corrispondenti ai punti di Ri segano il piano triplo Po'" secondo rette. Similmente le rette generatrici di Cg passanti per un punto di Ri formano anch' esse un cono quadrico col vertice nel punto considerato ; una F3 sega quel co- no, fuori di 0- , secondo due generatrici onde a quel cono corri- sponde in i]4 una conica : cioè i piani corrispondenti ai punti di Ri devono segare la F'^ secondo coniche. La varietà corrispon- dente ad Rj è perciò il luogo dei piani che incontrano F"., lungo coniche e P^'" secondo rette, varietà che è precisamente del terzo ordine e possiede come doppio il piano P.^'" e come semjDlici i piani P'.2 P".j e la superficie F'2 . Similmente si vede che ai punti di > corrispondono piani di S4 che incontrano secondo una retta la F'o nonché i piani P'^ P2" : il luogo di questi piani è una varietà (razionale) del quarto ordine che possiede come doppi i piani P'2 Pg" Po'" come sem- plice la superficie F'2 . La Jacobiana delle $3 comprende : I due iperpiani corrispondenti ai punti Aq Bq ciascuno con- tato tre volte ; le varietà corrispondenti ad Ri ed a 7 ciascuna contata due volte. Supposto che : a?! = .r5 = 0 , Vx = iC2a'3 -^ .«3 .«4 4- a-, .K2 — 0 sieno le equazioni della conica > di S4 ; Xi — X3 = .T4 = 0 con particolare considerazione al caso di n = 4. 41 quelle della retta Ri , ed a'i = a?, = 0 Xi = ^'i = 0-3 , j?4 = 075 = 0 .''^i = Xj = iCj sieno rispettivamente le coordinate dei punti Aq e Bq sarà : ;/oa?ia"4 + 't-iXiX-^ -¥ 'i-i^i ix. — x^) -+ "k^x^ {x-i — Xi) + X4 {Cx — x,Xz — XtX^) =0 r equazione del sistema omaloidico delle quadriche Fg in S4 . Si troverà allora al solito facilmente che : >■„ ( yi + 2/3) 4y + >-i//2 ( ^/i + .'/3) i&v + '-^2 ( z/> .'/2 -^ y^i/i ) ^y + ^-^/yi (y^ - ih) ^^ + >-4 ( s'■^ — 2/4 ) ^y = 0 rappresenta il sistema inverso delle $3 in S4 , avendo posto : A,, = ( .!/i.v, + .^3^4 j [ 2/2 ( .y. + .'/j ) -^ y^iìh— ìli ) ] + z/i2/i ( 2/1 + .^3 ) ( ?/2 - 2/1 ) B.j^Vii yz - 2/1 )' + 2/.' ( »/i <- .'/:> ) ' ■+- //.-. ( Uv + 2/;< ) ( ih- — 2/4 ) Le varietà (1)3 contengono tutte il piano : jji + 1/3 = 0 come triplo ; i piani : ìli = »/3 = 0 come doppi e come semplice la rigata del quarto ordine secondo cui si segano, all' infuori dei piani precedenti, le due varietà : A,=--Q , B, = 0 La Jacobiana del sistema di quadriche F3 ha per equazione: J = XiX^ {Xi — x^-^ Xi) e,. ^ 0 e quella delle varietà $3 è infine rappresentata da : J'^iy^ + y^riy^-y,)' A/ B,/ = 0 Atti Acc. Vol. XI, Serie 4' — Mem. Vili. 6 42 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioni E) Il sistema delle /' consti infine delle superficie di terzo ordine passanti per una cubica ed aventi in un punto dato o„ un contatto del second' ordine. Spezzando la cubica nella conica e ed in una l'etta che la incontra ricaviamo il : Sistema (241) delle quadriclie di S^ passanti per il punto 0,j per una retta ed aventi nel punto Aq, (// immagiae a^, un con- tatto del second' ordine e della seconda specie. 17. Il sistema omaloidico delle V sia infine costituito da superficie del quarto ordine aventi a comune la conica doppia V. Il luogo L' in questa ipotesi non ha parte fìssa. Per ricavare i sistemi omaloidici di varietà quadriche in S4 cui da origine il caso presente, basterà considerare tutti quanti i sistemi omaloidici di superfìcie V dello spazio S3 (*). Nascerà per tal modo un nuovo sistema omaloidico suppo- nendo che le V sieno superfìcie del quarto ordine , colla conica doppia e in comune e passanti inoltre per due rette r^ r\ sghem- be e per due punti Oq ^o) in uno dei quali, 6„ per esempio, toc- cano un piano fisso p.^. Si ottiene allora il : Sistema (246) delle quadriche passanti per due rette sghembe Ei R'i, toccanti in un punto Bq un piano dato V.^ e passanti pjer un secondo punto A^. Una T interseca la Jacobiana del proprio sistema in due rette appoggiate ad r^, r\, e; in tre coniche toccanti p., in 6„ i appoggiate in un punto a ciascuna delle due rette r^ , r\ ed in due punti a e; ed infi:ie in due cubiche passanti per a^, toccanti j92 in 60 ed appoggiate in due punti ad una retta r, in un punto all' altra, ed in tre punti alla conica e. La Jacobiana del sistema [Fa]^ si compone perciò : Dell' iperpiano Ri R'i luogo delle rette della congruenza li- neare cui direttrici sono le rette Ri , R'i medesime ; della varietà conica del second' ordine Cg avente il vertice in Bq , luogo delle coniche toccanti P2 in Bq ed appoggiate in un punto alle rette C) Qursti sisti'iiii si ottengono tutti, molto facilmeute, adoperaudo il iiietoilo Creraouiano. coìì particolare considerazione al caso di n =4. 43 Ri R'i, varietà che può ottenersi proiettando da Bq la quadrica a due dimensioni luogo delle rette appoggiate ad Ri R'i ed al 'piano P.2 ; infine dei due iperpiani Aq Bq Ri, Aq Bq R'i ciascuno luogo di una doppia infinità di cubiche. Le (Pa sono quindi varietà del sesto ordine aventi in comu- ne una quadrica semplice Q\ corrispondente all' iperpiano Rj R\ ; una superficie del terzo ordine doppia F'^ corrispondente a C3 ; due piani tripli P.^ P^" corrispondenti rispettivamente agli iper- piani Ao B,^ Ri, A,j Bo R'i- I due piani tripli hanno comune la retta t\ trasversale della rigata F'a e contengono dippiù una generatrice della rigata medesima ed una generatrice della quadrica Q'a- Questa è la su- perficie F'2 hanno poi una conica in comune. La Jacobiana delle (pg si compone : Dell' iperpiano fondamentale Pg' Po" contato tre volte, che corrisponde al punto fondamentale semplice Aq di S^ ; della qua- drica fondamentale, contata cinque volte, che da t\ proietta la rigata F'.,, quadrica corj-ispondente al punto Bq di S4 ; infine delle due varietà del terzo ordine , ciascuna contata due volte, luogo dei piani che incontrano secondo una retta la rigata F'^, la quadrica Q'a ed uno dei piani P2', Po". Le varietà anzidette corrispondono alle i-ette fondamentali Ri ed R'i di S4. Sieno : aji =- a:-2 = ^"5 =; 0 .T3 ^zz Xi = X-^ = 0 le equazioni delle rette Ri R'i ; Xi — dCi = 0 Xi + X2 + Xj =^ 0 quelle del piano Pg ed : Xi =: a;3 = 0 o-i = £C4 = a;^ sieno le coordinate del punto Ag. L' equazione : (1) Xo^'iXi-^- XiXi X3 + lì XiXi -i-'KìXiixi — Xì) + 'u[x-^{oCi -\- X -l-iCa)— a;ia;4]=0 44 Le trasformazioni arazionali fra due spazi ad n dimensioni rappi'esenterà allora un sistema quadruplamente infinito di qua- driche F3 in S4 passanti per il punto Aq per le rette Rj ed R'i e toccanti nel punto Xi=^x.2=X3^=^Xf=0 il piano fisso Pg. Dall'equazione (1) si ricaverà al solito, per il sistema oma- loidico delle varietà (Ps i]i ^4, 1' equazione : (2) \y,AC + /.,;/, AC + fiyiBC + 'f.,i/,BC -+- >,AB = 0 nella quale : A = y,ìji' ■+- y-2i/iy, H- y,'!/, B — y,'y, -+- yry, — y^yAll* — V, ) Le varietà (pg contengono tutte i due piani tripli : (3) y, = i/= = 0 ; (/, = .V3 = 0 aventi in comune la retta : y, = y, = 2/3= 0 Questi piani appartengono al cono C=0 e sono rispettiva- mente semplice il primo, doppio il secondo per la varietà A=0, e viceversa, doppio il primo, semplice il secondo per la varietà B = 0. Le varietà A=:0, B^O hanno dippiù in comune la qua- drica semplice : 2/4 = 0 , y,y, + y^y^—0 quadrica che fa perciò anch' essa parte della base del sistema delle $3 ; esse poi si segano ulteriormente secondo una superficie F'2 del terzo ordine. Osservando anzi che la F'2 in virtù della identità : y^A—y^ B = y,y, C costituisce, astrazion fatta dei piani (3) , la residua intersezione delle varietà A^O, B=0 col cono 0=0 si ha che la superficie con particolare considerazione al caso di n = 4. 4n F'a di cui si tratta è fondamentale e doppia per tutte le varie- tà $3. Segando le varietà : A=0, C=0 con iperpiani per il piano doppio di A— --0 si scorge immediatamente che la superficie F'^ è rigata e che le sue generatrici si appoggiano tutte alla retta vertice del cono C^O. Si trova infine molto facilmente che : J = X, Xj-r, ( X, X., -i- x,a-^ + X X, ) = 0 J' = 7j.^A'B'0' = 0 sono le equazioni delle Jacobiane dei sistemi (1) e (2) rispettiva- mente. 18. Si supponga ora che la varietà omaloide F3 dello spa- zio S4 , da cui si parte per la costruzione dei sistemi omaloidici di questo spazio, sia una monoide d' ordine m avente il vertice in un certo punto Oo. La rappresentazione della monoide sopra un iperpiano Sg si ottiene immediatamente mediante una pro- iezione centrale dal suo vertice. Immagine di questo sarà una superficie fondamentale «r d' ordine m — -1 , intersezione di S3 col cono Mg osculatore della monoide nel suo vertice, superficie pas- sante per una curva e d'ordine m {m~l) traccia e rappresenta- zione in Ss del cono Cg di rette, della monoide col vertice in Oq. Le immagini delle sezioni spaziali di F3 sono i piani di Sg ovvero le superficie f cV ordine m passanti per la curva e. Conse- guentemente alle sezioni piane di Fg corrispondono le rette di Sg ovvero le curve ■> d' ordine 7?2 comuni a due superficie /", curve che si appoggiano alla curva e in m {in — 1) punti. Ad una superficie i^ di S.^ d' ordine n, per cui e è rpla, cor- risponde una superficie S di Fg d' ordine : V = mn — rm { m — 1 ) con un punto (v— ») pio in Oy . 46 Le trasformazioni birazionali fra due spazi ad n dimensioni Ad una curva a di 83 d' ordine / che incontri e in s punti coi'risponde una curva A di Fy, dello stesso genere, d'ordine : t = tm — s passante per Oq con : f{m — \) — s = x — t rami. Così ad esempio ad una retta ."-secante di e corrisponde una curva piana d'ordine in — ^a con un punto im — ^x — 1)^^10 nel vertice 0,, della monoide. Per ^z=m — 1 deduciamo clie la curva corrispondente è una retta della monoide non passante per Oy. Viceversa si vede immediatamente che ad una retta della monoi- de non passante per il vertice corrisponde una retta appoggiata in m — 1 punti a e. Supponendo che la monoide F3 sia affatto generale nel suo ordine, non può in generale aversi |oi= m — 1 se m > 5. In questa ipotesi la monoide ha solamente rette per il suo vertice. L' immagine della intei-sezione di F^ con un' altra varietà F's d' ordine / con un punto o-plo in 0,, è una superficie d' or- dine : mi — 0 { rn — 1 ) per cui la curva e è {l — o)pla in generale. In particolare facendo l^=m, o^in — 1 ricaviamo che l' im- magine L' della superfìcie di intersezione di Fg con un' altra mo- noide d' ordine m avente lo stesso vertice è dell' ordine 2m — 1 e contiene semplicemente la curva e. 19. Per ottenere i sistemi omaloidici di cui può far parte la Fg bisognerà procurare lo spezzamento di L' in due parti una delle quali rimanga fissa, mentre 1' altra vari in un sistema li- neare omaloidico di Sg. Fra i sistemi omaloidici che in tal modo si ottengono considereremo quello che nasce spezzando il luogo L' in un piano variabile ed in una superficie fissa d' ordine con particolare considerazione al caso di n ^ 4. 47 2(772-1) passante per la curva e. Il sistema [F3]4 è in tal caso composto di monoicli aventi in comune una superficie i> dell'or- dine m(m—l) per la quale il punto 0 è (/«— 1) . (??i— 2) pio. Ai piani ed alle rette di Z^ corrispondono rispettivamente in S^ , le supei'ficie /; monoidali d'ordine m col vertice in Oo , incontranti la iì lungo curve variabili dell'ordine 7H{7n — l) superficie secon- do cui si segano ulteriormente due F3; e le curve f\ monoidali d'ordine m incontranti iì in 2 {in — 1) punti, secondo cui si segano idteriormente tre varietà Fy. La Jacobiana del sistema considerato, d'ordine 5 (?n — 1) de- ve possedere la superficie a come quadrupla, il punto (\ multi- plo secondo il numero bm — 8. Essa comprende : La varietà conica d' ordine 2 {vi — 1) luogo delle rette che da Oo proiettano n ; la varietà monoidale fondamentale d' ordine m — 1, contata tre volte, che ha il vertice in Oq e passa per la. superficie il medesima. Si deduce da qui immediatamente che il sistema delle $3 è identico al suo inverso. 20. Si supponga in particolare ?n = 3 : la F3 sia cioè una varietà cubica monoidale. Attualmente la superficie a è una qua- drica e la curva e che essa contiene è del sesto ordine e del ge- nere quattro. Le immagini delle sezioni spaziali di Fg sono superficie del terzo ordine per e , e la immagine della intersezione di Fg con im' altra monoide cubica avente lo stesso vertice è una superfi- cie L' del quinto ordine passante anche essa per la curva e. Da questo luogo bisognerà staccare una parte l' variabile in un si- stema omaloidico. Se le r sono quadriche rimane come parte fissa del luogo L' una superficie del terzo ordine passante per e, e però le va- rietà Fs hanno intanto in comune una sezione spaziale fz non passante per il vertice. Secondocchè poi il sistema (Z')3 consta di quadriche per una conica ed un punto fissi; o per una retta e tre punti ; o infine 48 Le frasfornmzioni birazionali fra due npazt ad n dimensioni di qvmdriche circoscritte ad un tetraedro e toccanti in un ver- tice di esso un piano fisso, si ottengono rispettivamente i siste- mi omaloidici che seguono : a) Sistema (366) delle vaiietà cubiche monoidali aventi co- muni, oltre si intenderà, al vertice ed alla sezione spaziale f., , un punto ed una curva del sesto ordine con un punto quadru- j)](i in Oq . b) Sistema (369) delle varietà cubiche monoidali, aventi co- muni una sezione piana per il vertice e tre punti fissi. e) Sistema (3, 6, 12) delle monoidi cubiche aventi comuni quattro punti e toccanti in uno di essi un piano fisso P^. Se le V sono invece superficie del terzo ordine rimarrà al- lora come parte fissa del luogo L' la quadrica t e però le varie- tà Fa hanno intanto in comune il vertice Oq ed il relativo cono osculatore. Secondocchè poi il sistema {V)^ consta di cubiche : per una curva del sesto ordine e genere tre ; o per una quintica di ge- nere uno ed un punto; o per una quartica razionale e tangeiiti in un punto ed un piano fisso; ovvero per una retta, una cubi- ca gobba e due punti; o per una cubica gobba ed aventi in un punto con un piano un contatto di second' ordine , o per tre rette , per un punto e toccanti un piano in un altro punto ; o finalmente di cubiche toccantesi lungo una retta e passanti per una altra retta e tre punti fissi si attengono rispettivamente i sistemi omaloidici seguenti: d) Sistema (3, 9, 9) di monoidi cubiche aventi comuni [oltre si intenderà, il cono osculatore nel vertice] una curva d' ordine 18 e genere tre passante con dodici rami per il punto Oq. e) Sistema (3, 9, 12) di monoidi cubiche per un punto e per una curva ellittica del quindicesimo ordine con dieci rami per Oq. f) Sistema (3, 9, 1.5) di monoidi cubiche ta.ngenti in un punto ad un piano dato e passanti per una curva (razionale) del dodicesimo ordine con un punto ottuplo in Og. con particolare conniderazioiie al caxo di n = 4. 49 g) Sistema (8, 9, 15) di monoidi cubiche per due punti e contenenti una ciibica piana con un punto doppio in 0,, ed una curva del nono OJ'dine con un punto sestuplo in Oq. /ì) Sistema C-i, 9. 18) di monoidi cubiche per una curva del nono ordine con un punto sestuplo in Oq, ed aventi in un pun- to un contatto del second' ordine e della seconda specie. ^) Sistema (3, 9. 18i di monoidi per un punto, toccanti in un altro punto un jnano dato, e contenenti tre cubiche piane razionali coi punti doppi in Oq. Ed infine : /) Sistema (3. 9, 18) di monoidi del terzo ordine toccanti in ogni punto d'una eubica piana razionale, col punto doppio in Oo, un medesimo piano, passanti per tre punti fissi e per una altra cubica piana razionale col punto doppio in Oq. Le Jaeobiane di questi sistemi nonché le singolarità e le Jacobiane dei sistemi omaloidici inversi si deducono , al solito molto facilmente. § in. Alcuni sistemi omaloidici di varietà ad »- 1 dimensioni dello spazio ad il dimensioni. 21. La ricerca dei sistemi omaloidici di varietà ad n — 1 di- mensioni di uno spazio S,„ ad n dimensioni , quando si voglia applicare il metodo Cremoniano, dipende dalla conoscenza dei sistemi omaloidici di varietà ad n — 2 dimensioni di un iperpia- no di questo spazio. Indipendentemente da questo procedimento si possono tut- tavia stabilii'e particolari corrispondenze birazionali fra due spazi di quante si vogliono dimensioni . direttamente e con metodi speciali. Così se Q„ è una quadrica ad n dimensioni non specializ- zata , S„^i lo spazio che la contiene ed S„ S„ due iperpiani ar- bitrari di questo spazio, assumendo su Q„ due punti qualsivo- gliano e da essi proiettando gli altri punti della quadrica rispet- Atti Acc. Vol. XI, Sbeib 4^ — Meii^. \'III. 7 50 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi ad a dimensioni tivamente su S„ e S„, potremo riferire biunivocameiite i punti di questi spazi, quando si assumano come corrispondenti le pro- iezioni di un medesimo punto della quadrica anzidetta. La trasformazione che così si ottiene è del second" ordine ed il sistema omaloidieo in ciascuno dei due spazi è il noto si- stema (22. ..2) di quadriche ad n—-\ dimensioni passanti per un punto fisso ed una quadrica fissa ad n — 2 dimensioni. Si ottiene ancora una trasformazione del second' ordine , supposto che nei due spazi S„ S„ riferiti fi'a loro mediante una reciprocità R , siasi dippiù stabilita una relazione omografica Q. fra le rette di due stelle (Aq), (A'o) della (/? — l).ma specie l'una neir uno, l'altra nell' altro dei due spazi anzidetti, quando ad un punto Xy di S„ si associa il punto X'„ di I„ comune all' iper- piano corrispondente in R ad Xq ed al raggio della stella (A'o) che corrisponde in o ad A^Xq. Quest' ultima trasformazione diventa involutoria supponen- do che gli spazi S„ 1\, ed i punti Aq A'q coincidano , che la reciprocità R diventi una polarità non nulla e la o tma iden- tità. Si otterrebbe invece una trasformazione dell' a.""" ordine ri- ferendo i due spazi S„ S„ mediante n reciprocità ed assumendo come corrispondente di un punto Xg di S„ il punto X'„ di S„ comune agli n. iperpiani che ad X^ corrispondono nelle date re- ciprocità etc. Tralasciando di discorrere di questi e di altri noti procedi- menti atti a riferire birazionalmente i punti di due spazi , mi limiterò, per finire, ad esaminarne più da vicino qualcuno degli altri più notevole. 22. Le rette di uno spazio P„ ^i , ed /i + 1 dimensioni , che si appoggiano ad n spazi P„_i, affatto indipendenti, sono in nu- mero co" e formano un sistema tale che per un punto arbitrario di P„^i ne passa una sola. Segando questo sistema di rette con due iperpiani S„ S,, di P„+i, rimane, fra i punti di questi, stabilita una coriispondenza con particolare considerazione al ctif>o di n^4. 51 birazionale quando si assumano come corrispondenti le tracce Xo X'o su di essi di una medesima retta del sistema. La retta del sistema che passa per un punto X'o assegnato di P„.i si ottiene , come è noto , quale intersezione degli iper- piani che proiettano il punto medesimo dagli n spazi P„_i. Sup- ponendo che il punto X'o di cui si tratta descriva una retta "^^ di S„ gli spazi proiettanti descrivono n fasci proiettivi di iper- piani in V„ri- gli n fasci proiettivi di iperpiani in S„ tracce su questo spazio dei fasci anzidetti generano allora come luogo del punto comune ad n iperpiani corrispondenti una curva dell' or- dine n, per cui gli spazi-base dei fasci medesimi sono (n—l) se- canti, curva che, evidentemente, è la immagine della retta Si di S,, La trasformazione che così si ottiene è quindi dell' nJ^" ordine. E ciò risulta anche osservando che, se il punto X',, descri- ve un iperpiano ^„_i di S„, la retta del sistema anzidetto per esso descriverà una varietà dell'ordine ;/ ad n dimensioni dello spazio P„+.i. Indichiamo con E„_i lo spazio ad n — 1 dimensioni comune ad S„ e S„ e con : p^U, P^, > P^^2 ; tS^2, ^S^a > > ^^ i-ispet- tivamente gli spazi tracce su S„ e 2„ degli n spazi dati P„_i (li P„,i. Gli spazi : p%2 , r^U si segheranno allora lungo uno spazio diLs , ad n — 3 dimensioni, contenuto in R„_i. Il luogo delle rette appoggiate in un punto a ciascuno de- gli n spazi p„_.2 è una varietà C„_i dell' (?? — l)'"° ordine e ad {n — ì) dimensioni ; indichiamone con y^^o 1^ traccia sullo spa- zio E„_i. Similmente indichiamo con e,,.., la sezione dello spa- zio E„_i colla varietà r„_i, dell' (n—l) esimo ordine e ad n — 1 dimensioni , luogo delle rette di S„ appoggiate in un punto a ciascuno degli n spazi r„_2. Le due varietà dell' (w--l) esimo ordine ?„_2 , c„_2 di K„_i , che hanno in comune gli n spazi rf„_3 , e quindi la varietà ^„_3 52 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioni ad n — 3 dimensioni e dell' ordine - n In- — 3) (*) formata dalle ret- te che ad essi si appoggiano, si segano ulteriormente lungo una varietà «„_3, ad ìi — 'à dimensioni dell' ordine: - n (/^ — •'>) + 1. Suppongasi ora che Xq sia un punto di S„ su uno degli spazi P«-2 ) per esempio sullo spazio p^nL^- ad esso corrisponderanno al- lora in II,, tutti i punti di una l'etta (> appoggiata agli spazii TH--2) T^fiav. -«-2 ed alla varietà '>„_2. Lo spazio j^nU ^^ cui si tratta è quindi contenuto come semplice nella base delle varie- tà r„_i di S„ e corrisponde alla varietà dell' (>/ — 1) esimo di i:,, luogo della retta p , varietà che fa pei'ciò parte della Jacobiana del sistema delle (I)„_i . Similmente si vedrebbe che appartengono come semplici alla base delle F„_i gli altri n~i spazii p„_.^. Se il punto X(; è invece un pvuito di c„_2 corrisponderà ad esso in ì:„ tutta la generatrice della varietà r„_i passante per il punto stesso. La varietà c„_2 appartiene quindi anch" essa come semplice alla base del sistema delle F„_i e corrisponde alla varietà dell' (7i — l)"° oi'dine r„_i dello spazio il,,. Concludendo le F„_i sono varietà dell' n.™" ordine che hanno in comune la varietà dell' (« — 1) ""' ordine c„_2 e gli n spazii p„_2 e che con- tengono conseguentemente la varietà ligata, ad ;/ — 2 dimen- sioni e d'ordine - 7i [n- — 3)-i-l, luogo delle generatrici di C„_i che incontrano a„_3. La Jacobiana di un tal sistema di varietà comprende : Le n varietà ad n — 1 dimensioni dell' (ri — l)esimo ordine luogo delle rette appoggiate in un punto alla c„_2 e ad n — 1 degli spazii p„_2 e la varietà dell' (y? — l)esimo ordine luogo delle rette appoggiate in un punto a ciascuno degli n spazii p„_2. Per n^2 si ottiene così, come è noto, una trasformazione quadratica per due piani S2 ila, aventi comune una retta, stabi- (*) Da mia nota formola dello Schubert in : Anzalil-Bestimmung liir lineare RiUinie belic- bigen Dlmcusiouen ; Acta Mathematica 8, si ricava che le rette di un S„ che si appoggiano ad n -|-1 spazi S«— 2 e ad un piano P2 sono in numero di — («4-1) (»— 2). con parficolai-e considerazione al caso di n =: 4. b?> lita mediante il sistema delle rette di una congruenza lineare dello spazio P3 che li contiene. Per n =: ;5 si ottiene ima trasformazione del terzo ordine fra due sjmzi S3 ^y , e tre dimensioni, aventi comune un piano R2 , stabilita mediante il sistema delle rette dello spazio P4 , a quattro dimensioni che li contiene, appoggiate a tre suoi piani Pa affatto arbitrari. Ciascuno di questi piani direttori taglia gli spazii S3 Ss dati secondo una coppia di rette concorrenti nel punto traccia sul piano fisso E.2 del piano di cui si tratta. Si ottengono per tal modo in 83 ed in i:3 rispettivamente le terne di rette pi , p{' , Pi'" ; ^i' , ri" , ti'" ed in E, i tre pun- ti rf'o , rf'o , dà" ii^ ciascuno dei quali concorrono le rette delle coppie corrispondenti nelle due terne anzidette. Sieno poi c\ "1 rispettivamente le coniche tracce sul piano R., degli iperboloidi T^^izì Tri" ri'") €2= {pi Pi" Pi'"); le coniche c^ 7^ hanno in comune i punti do', do", d,,"' : esse si segano quindi ulteriormente in un punto d^"^ per il quale passano le rette òi di rispettiva- mente generatrici degli iperboloidi anzidetti. Il piano delle rette (/i òi incontra secondo una i-etta ciascuno dei piani P2 : esso è quindi il piano determinato dai tre punti in cui questi piani si incontrano a due a due. Il sistema omaloidico di superficie in uno dei due spazii , per esempio nello spazio S3 , consta di superficie generali del terzo ordine Fg che hanno in comune la conica c\ , le tre rette Pi Pi" Pi'" <2he ad essa si appoggiano, e che contengano conse- guentemente la retta d^. Questa retta non è incontrata in punti variabili dalle cubiche gobbe secondo cui si segano ulteriormente due qualunque delle superficie F.2 : ad ogni suo punto corrisponde costantemente la retta \ di :^4. Ciascuno delle altre curve fon- damentali è invece incontrata in due punti variabili dalle cu- biche di cui si tratta. La Jacobiana di un tal sistema di superficie deve avere come triple le rette jh' Pi' Pi" e la conica c^ come quadru- pla la retta d^: essa si compone infatti dei tre iperboloidi de- 54 Le trasformazioni bìrazionali fra due .spaz7 ad n dimensioni torminati dalla conica c^ con due delle rette p^ , iperboloidi che corrispondono alle rette fondamentali "i di I3 e dell' iperboloide determinato dalle tre rette p^ , corrispondente alla conica 7i di ^:^ . La trasformazione considerata è un caso particolare della nota trasformazione (33) fra due spazi e tre dimensioni. Si supponga ora ;/ z= 4. La trasformazione fra gli spazii f^4 -4, aventi a comune uno spazio R3 e tre dimensioni , è sta- bilita mediante il sistema delle rette dello spazio P5 che li con- tiene appoggiate a quattro spazii P3 , a tre dimensioni , in esso contenuti ed affatto indipendenti. Agli iperpiani di uno degli spazii, per esempio dello spazio Ij , corrispondono nell' altro spa- zio varietà F3 a tre dimensioni e del quailo ordine ; mentre ai piani Vg ed alle rette Si di ll^ corrispondono rispettivamente in S4 le superficie f^ e le curve /l secondo . cui si segano variabil- mente due ovvero tre varietà Fg. Una superfìcie fo è la sezione collo spazio S4 della varietà i23 e tre diraoiisioni di P-, luogo delle rette appoggiate ad un piano S.2 ed ai quattro spazi P3, cioè delle rette comuni a quat- tro iperpiani dei fasci aventi a sostegni gli spazi P3 medesimi , che proiettano un medesimo punto del piano ^.2 dianzidetto. I quatti'o fàsci di cui si tratta tracciano sopra un piano arl^itrario P^ di P5 quattro fasci di raggi tre e tre in omografia della seconda specie. Esistono quindi sei punti di Po per ciascu- no dei quali passano quattro raggi corrispondenti dei fasci me- desimi, punti che appartengono evidentemente ad Q3 . Questa varietà è perciò del sesto ordine (*) : sono quindi anche del sesto ordine le superficie fo di S4 corrispondenti ai piani So di -.^. Se il piano P2 si appoggia ad una delle rette secondo cui si segano, due a due, gli spazi Pg due dei quattro fasci di raggi in omografia della seconda specie che su Po si ottengono, diven- (*) Ciò apiiart' anclie osservando die, come trovasi con noti procedimeuti (Schiihert. Matli. Aunaleii, 26) sono sei le rette di udo spazio a cinque dimensioni che si appoggiano a quattro spazi a tre dimensioni ed a due piani arbitrari. con particolare considerazione al caso di n = 4. gono concentrici, onde sono cinque soltanto i punti del piano per cui passano quattro raggi corrispondenti dei facci medesimi. Si trae da ciò che tutte le varietà m passano per le sei rette comuni agli spazi P^ due a due, e però tutte le superficie /"g passano per i sei punti comuni ai piani tracce di questi spazi sullo spazio S4. La varietà fìa di cui si è parlato è segata da ciascuno degli spazi dij-ettori P3 secondo una superficie. Per determinarne 1" or- dine cerchiamo il numero dei punti in cui essa è incontrata da una retta Ei del pi'oprio spazio, cioè il numero delle rette dello spazio P5 che si appoggiano a tre spazi P3 ad un piano -2 ed alla retta Ei. Proiettando i punti della retta Ei dagli spazi P^ sul piano I2 si ottengono in questo tre fasci proiettivi di raggi. Esistono tre punti del piano per ciascuno dei quali passa una terna di raggi corrispondenti e questi punti sono evidentemente tali che per essi passano le rette cercate. La superficie di cui si tratta è quindi del terzo ordine ed è rappresentata punto a punto biunivocamente sul piano ^2- Dal latto che due varietà F3 si segano secondo una super- ficie variabile f^ del sesto ordine deduciamo intanto che il si- stema omaloidico di queste varietà deve avere un sistema di su- perficie-base r ordine complessivo delle quali sia dieci. Siccome poi alle l'ette li di ^4 corrispondono curve /l di Sj del quarto ordine, si conclude che una superficie f> deve segare la base del sistema secondo un sistema di curve, 1' ordine complessivo delle quali sia venti. Ciascuno degli spazi P3 taglia gli spazi S4 I4 secondo due piani aventi a comune la retta di E3 traccia su questo spazia dello. spazio Pg di cui si tratta. Si ottengono cosi rispettivamente in 84 ed in ili le quaderne di piani p^ , po", ^2'". pi^ ', ~2, '^2"? ''2'") '^2^^ ed in E3 le quattro rette di, d^', d^'", d^^ lungo cia- scuna delle quali si segano le coppie di piani associati nelle due quaderne soprascritte. Sieno poi e, e 7.2 rispettivamente le superficie del terzo oi'- 56 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioni dine tracce sullo spazio Eg delle varietà a tre dimensioni luogo delle rette rispettivamente appoggiate ai piani delle due qua- derne is -2" -3'" ''2'^), (ih p-r pr z>.^^'). Le superficie c^ e 7.21 clie hanno in comune le quattro rette d e quindi le loro due trasversali /j' fi', si segano ultei'iormente secondo una cubica gobba della quale le quattro rette d sono altrettante corde. Per un punto arbitrario di questa cubica pas- sa una generatrice di ciascuna delle due varietà anzidette : luo- ghi di queste generatrici sono rispettivamente in S4 ed in i:^ due superficie rigate del terzo ordine C,, Po. In altri termini queste superficie sono le tracce sugli spazi l'ispettivi della varietà a tre dimensioni e del terzo ordine luogo dei piani di P5 che incontrano lungo rette gli spazi P^, ovvero, ciò che è lo stesso, che incon- trano in un punto ciascuna delle sei rette lungo cui questi spazi si segano due a due (*). Due o-eneratrici associate delle due rigate sono le tracce su S4 e ^i di un medesimo piano della varietà di cui si tratta. Il sistema omaloidico in uno dei due spazi , per esempio nello spazio S4, consta di varietà del quarto oi'dine F3 aventi in comune la superficie e, i quattro piani p.^, ih'', pr\ Pi'' g contenenti conseguentemente la rigata 0.,. Ad un punto X,, di Co corrisponde la generatrice g\ della rigata ' .> associata a quella, ,7i, di Co che passa per il punto Xy medesimo. Se il punto X,, varia su g^ la retta corrispondente g\ rimane fissa : le due rigate C^ e '"2 si corrispondono quindi in tal modo che a tutti i punti di una generatrice dell' una corrispondono tutti i punti della generatrice associata nell' altra. Due varietà Fg si segano , all' infuori della base , secondo una superficie f^ che, come d' altronde abbiamo prima notato , è del sesto ordine. (*) Le coudizìoui a cui sono assoggettati i piani di \.\ doveiiilo iucoutrare le sei retto dianzidette, non sono tutte iudipendeuti. Si vedo infatti immediatamente che i piani di P^ che incontrano quattro di queste rette indipendenti, tre qualunque delle quali non giacciono cioè in un medesimo spazio P.„ incontrano anche le altre due. con particolare consideraziove al caso di n = 4. 57 Una varietà iig. come abbiamo osservato, sega ciascun spa- zio P3 secondo una superficie del terzo ordine passante per le tre rette tracce su P3 degli altri tre spazi direttori : perciò una superficie /; sega ciascun piano P^ secondo una cubica passante per i tre punti in cui il piano di cui si tratta è incontrato da- gli altri tre. Lo spazio It sega una varietà i\ secondo il relativo piano v^ ed una rimanente rigata del quinto ordine, luogo delle rette appoggiate a !.. medesimo ed ai quattro piani --2 : in conseguenza le superficie f., incontrano la superficie-base c^ secondo curve variabili del quinto ordine ellittiche. Le superficie f.> segano infine la rigata base C^ secondo tre generatrici perchè la r., corrispondente a Co, è incontrata in tre punti dai piani ilo. Da quanto precede si ricava poi immediatamente che tre varietà Fg, all' infuori della base si segano lungo una curva del quarto ordine che incontra ciascun piano p.2 e la superficie Cg in tre punti variabili, mentre non incontra in alcun punto varia- bile la rigata Co. La .Jacobiana di un tal sistema di varietà deve avere come quadrupli i piani p,., pì\ p.r\ P-F e la superficie c^ e come quintupla la rigata Co. Essa comprende infatti le quattro va- rietà, a tre dimensioni, del terzo ordine luogo delle rette appog- giate in un punto alla Co ed a tre dei piani p^, varietà che corrispondono ai piani -^ di I4 ; e la varietà del terzo ordine luogo delle rette appoggiate in un punto a ciascuno dei quattro piani p.,, varietà che corrisponde alla superficie ,2 di -i- 23. Oli spazi P,„_„, ad m — n dimensioni, d' uno spazio P,„, appoggiati in un punto a ciascuno di m — n + 1 spazi indipen- denti dati rispettivamente delle dimensioni «, [i, ?,... pei- cui: Atti Acc. Vol. XI, Serie l"* — Mom. Vili. 58 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioni formano, come è noto, un sistema co" tale che per un punto arbiti'ai'io di P„, ne passa uno solo. Segando questo sistema con due spazi arbitrarli S„, S„ ed n diinensioni, rimane fra 1 punti di questi spazi stabilita una corrispondenza birazionale quando si assumano come corrispondenti le tracce su di essi di un me- desimo spazio P,„_„ del sistema. Se fra i numeri «, .3, 7 ve ne sono s nulli, se cioè s degli spazi Aa, B/3, Cj...... riducousi a punti , la trasformazione fra i due spazi S„ S„ è stabilita mediante gli spazi P,„^„ della stella di P„j avente a sostegno lo spazio Ps_i da quei punti determi- nato, che incontrano in un punto ciascuno dei rimanenti spazi M|i;., l^u, Ouj ed è chiaro allora che una trasformazione della stessa natura può stabilirsi fra gli spazi S„ e i:„ mediante il si- stema degli spazi P„,_„_s dello spazio P„,_s contenente M,^., N :/,... [e nel quale si suppongono immersi S„ 1„] che incontrano in un punto ciascuno di questi spazi. Per ricercare tutte le possibili trasformazioni che con questo procedimento si possono stabilire fra due spazi ad n dimensioni, bisognerà quindi fare tutte le partizioni di n delle diverse classi. Ad ogni partizione corrisponderà una trasformazione. Così se : « , P O , è una partizione di n della classe ?•+!, la trasformazione corri- spondente è stabilita mediante il sistema degli spazi P^, ad r dimensioni, contenuti nello spazio P„4,. determinato da y-i-l spa- zi indipendenti : (1) A^,B^,C^ rispettivamente delle dimensioni a, 0, <>,•.•. e che incontrano in un punto ciascuno di questi spazi. Come è noto, V elemento P^ di questo sistema che passa con particolare considerazione al caso di n — 4. 59 per un punto arbitrario di P„^., si ottiene come intersezione degli spazi che proiettano il punto medesimo dagli spazi : (2) '4 „_a^,._l , /i„_,3_|_,— 1 , ^-H — 9 + /-— 1 , che congiungono r ad r gli r + 1 spazi, (i) Supponiamo che il punto di cui si tratta desciùva una ret- ta ili di i^„. Gli spazi proiettanti descrivono altrettanti fasci di iperpiani degli spazi : (3) ^„_o(+c+i , fi„_/3+f+i , C",, _,_|_,-_|_i , determinati rispettivamente dagli spazi (2) e della retta ^i, fa- sci aventi a sostegni gli spazi (2) medesimi. Segando questi fa- sci con S„ otteniamo r-f 1 fasci proiettivi di iperpiani contenuti negli spazi : (4) A„—a+\ , -B»— ,3+1 , ^'»— >+i , .... tracce su S„ degli spazi (3j. Gli spazi (4) hanno in comune uno spazio S,.^i_ ad rn-l dimensioni, ed i fasci di iperpiani in essi contenuti determinano in questo spazio r+1 fasci proiettivi di iperpiani: il luogo del punto comune ad r+1 iperpiani corrispon- denti è una curva razionale dell'ordine r+-l che evidentemente è r immagine della retta li di S„. Onde : Ad una partizione di n della, classe r+1 corrisponde una tra- sformazione d'ordine r+1 per gli spazi S„ e 2„. Mi limiterò a ricavare, come esempio, tutti i sistemi oma- loidici che così si ottengono trasformando due spazi ordinari o due spazi a quattro dimensioni 1' uno nell' altro. Si supponga quindi dapprima ?i=3 : le imiche partizioni di 3 sono la : 1,2 e la : 1,1,1. Nel primo caso gli spazi Sg S3 si supporranno immersi in uno spazio a quattro dimensioni P4, onde avranno comune un piano P.j. 00 Le trasformazioni hirazionali fra due spazi ad n dimensioiii La corrispondenza birazionale fi-a i loro punti è stabilita mediante il sistema di rette dello spazio P4 appoggiate ad un piano A2 e ad una retta Bj. La trasformazione è del secondo ordine ed il sistema omaloidico in ciascuno dei due spazi consta di quadriche passanti per un punto fìsso e per una conica fissa (spezzata in due rette). Nel secondo caso i due spazi S3 l^s stanno in uno spazio Pr, a cinque dimensioni. La corrispondenza birazionale fra i loro punti è stabilita mediante il sistema dei piani di P5 appoggiati a tre rette date Ai, Bi, Cj. Fra i due spazi S3 S3 risulta per tal modo stabilita una particolare trasformazione (33) studiata dal Sign. Ascione (giornale di Battaglini 1893) ; il sistema oma- loidico in ciascuno dei due spazi, per esempio nello spazio S3 , si compone di superficie del terzo oi'dine aventi comuni una cubica fissa 7- e tre sue corde e. Queste sono le tracce , sullo spazio di cui si tratta dei tre spazi Mg , a tre dimensioni, detei-minati dalle rette Aj B^ Ci date, prese due a due ; quella è generata dai tre fasci proiettivi di piani [aventi per assi le rette e] sezioni di S3 coi tre fasci proiettivi di iperpiani in P5 che si ottengono pro- iettando dagli spazi Mg le rette della serie rigata determinata dalle tre corde e' della cubica ■>' fondamentale per il sistema 0- maloidico in Ilg. Suppongasi infine /?=4. Si ottengono da questo numero le partizioni 1.3 ; :>,2 : 1,1.:? ; 1,1,1 )'?'?' Nei primi due casi bisognerà supporre che gli spazi S4 ^4 abbiano in comune uno spazio Eg , a tre dimensioni, che sieuo cioè contenuti in uno spazio P5 , a cinque dimensioni ; nel terzo caso occorrerà supporre che giacciono in uno spazio Pg, a sei dimensioni; nell' ultimo caso infine che abbiano solo una retta in comune e però sieno contenuti in uno spazio P7 a sette di- mensioni. con particuliìri' canmleraziouf al casa di n=4. 61 Prenck'iido la partizione 13 la trasformazione fra gli spazi S4 S4 è stabilita mediante il sistema delle l'ette dello spazio P5 che li contiene appoggiate ad una )'etta Ri e ad uno spazio Pg fissi. La trasformazione è del second' ordine ed il sistema oraa- kiidifo in ciascuno dei due spazi consta di varietà qnadriche pas- santi per un punto tisso ed una quadrica a due dimensioni fissa (spezzata in due piani). Se prendiamo invece la partizione 22 la trasformazione fra i due spazi S4 ì;^ è stabilita mediante il sistema delle rette di P5 che si appoggiano a due piani fissi P, , Q.,. Indichiamo con p, q; p' , g' rispettivamente le tracce di questi due piani su S4 ili , e rispettivamente con z, -' i piani di questi spazi tracce su Eg degli spazi a tre dimensioni determinati dalle coppie di rette (p' q') (p q). La trasfbi'mazione che si ottiene è anche qui del second' or- dine. Ad un punto di S4 su - corrisponde nelF altro spazio una retta appoggiata a p' e q' ; il piano - è quindi fondamentale per il sistema omaloidico in S4 . Che questo sistema dovesse contenere un piano fondamentale si sarebbe altrimenti dedotto cercando la superficie di S4 corrispondente ad un piano ^.> di ^4. Le rette di P5 che si appoggiano a tre piani P, , Q2 , ÌI2 formano una varietà a tre dimensioni Vg. Per cercare i punti che essa ha comuni con un piano arbitrario M^ di P5 proiettiamo da Pg e Q2 su questo piano un medesimo punto di i:,. Assumendo come corrispondenti in Mo le proiezioni di un medesimo punto Ay di ^o, queste al variare di Ay descrivono due piani omografici so- prapposti in Mo. I tre punti uniti della omografia sono eviden- temente i punti comuni a Vg ed Mg . Deduciamo che la Vg è una varietà del terzo oidine. Con- seguentemente al piano ilo di ^^ corrisponde in S4 una superfi- cie del terzo ordine che contiene poi le l'ette p e q perchè la Vg passa per i piani P., e Q.> . Da quanto precede si trae dippiù che le rette p q dianzidette sono anch' esse fondamentali per il sistema di quadriche in S4 : il che appare anche osservando che 62 Le trasformazioni birazionali fra due spazi ad n dimensioni ad un pulito di p , per esempio, rorrisponde in 1:4 nn piano pas- santi! per q' e contenuto nello spazio g' r.'. In ciascuno dei duo spazi si ha quindi un sistema (232) di quadriche passanti per un piano lisso e pfi' thit' rette sghembe appoggiate ad esso. La Ja(X)biana di questo sistema deve pos- sedei'e il piano fondamentale come quadi'uplo le rette fondamen- tali come triple. Essa comprende intatti : L' iperpiano determinato dalle due rette contato una volta; I due iperpiani determinati dal piano tìsso con ciascuna delle due rette ad esso appoggiate ciascuno contato due volte. Per brevità tralascierò dal considerare i sistemi omaloidici che nascono dalle rimanenti due partizioni del numero quattro, sistemi che d' altronde non presentano particolare interesse. Cutaiihi, Diccmiiri- 1S97. Memoria IX. I cristalli di ossalato di calcio nell'embrione delle Leguminose-Papilionacee del Dott. I. CALDARERA CASTRONOYO Una delle sostanze di cui maggiormente si sono occupati i botanici in questi ultimi tempi è senza alcun dubbio 1' ossalato di calcio; a ciò hanno contribuito grandemente e le numerose ricerche di sistematica anatomica che da ogni parte si vanno compiendo e 1' incertezza in cui tuttora ci troviamo riguardo al valore fisiologico di questo sale. Malgrado questo e malgrado le mie più diligenti ricerche nella abbastanza vasta letteratui'a su questa sostanza, non mi è mai riuscito di trovare alcun accenno alla presenza di cristalli di questo sale nell' embrione delle Pa- pilionacee, eccezion fatta del noto ma unico caso del Lupinus luteus. Al contrario invece ho trovato più volte asserito che la assenza così di queste come di altre formazioni cristalline rap- presenta un fatto normale per 1' embrione delle Papilionacee. Ba- sterà sul proposito riportare le seguenti parole del Belzung : « On sait que les Legumineuses Papilionacées ofìrent cette par- ticularité que leur graines ne renferment jamais des formations cristallisées, qu'ils s'agissent d'ailleurs de cristaux proprements dits ou de cristalloides protéiques. La seule exception qu'il me soit possible de citer est celle du Lujnnus luteus » (1). È vero che il Belzung in questo stesso suo lavoro dimostra che r ossalato di calcio si trova nell' embrione di Lupinus albus allo stato di soluzione o meglio di combinazione instabile cogli (1) Belzung E. Siir 1' existeuee de V oxalate do calciuiu à 1' état dissons .Toiirual de Botaniiiue 1894. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4^ — Mdm. IX. 1 1 cristalli d' ossalafo di calcio acidi ossalico o citrico (1) e che quindi si potrebbe credere che sotto tale forma esista anche in molti altri semi; purtuttavia non mi sembrava probabile il fatto di un' assenza cosi costante dei cristalli d' ossalato di calcio nell' embrione di una sottofa- miglia così vasta ed in cui assai spesso il seme è ricco di so- stanze di riserva albuminoidi. È noto infatti che i semi ricchi di tali sostanze di riserva molto spesso presentano dei granuli d' aleurone forniti d' inclusi d' ossalato di calcio. Volli pertanto iniziare qualche ricerca sul proposito; ed avendo fin dal principio ottenuto buoni risultati pensai d' estendere tali ricerche al maggior numero di semi di Papilionacee che mi fosse possibile di procurarmi. Fu così che io riuscii ad esaminare i semi di circa 300 specie di Papilionacee appartenenti a più che 90 generi sparsi per tutte le dieci tribù in cui si suddivide questa vastissima sottofamiglia. Purtroppo non tutte le tribù poterono da me essere sufficientemente studiate, dappoiché di alcune fra esse, composte esclusivamente o quasi di generi esotici, non potei avere che i semi di qualche genere appena. L' embrione delle Papilionacee presenta, come è noto, una grande svariatezza per quel che riguarda le sostanze di riserva in esso contenute ; noi vediamo infatti predominare in alcune specie r amido, in tal' altre 1' aleurone (cui va costantemente as- sociato dell' olio grasso ) e spesso aggiungersi a queste sostanze anche della cellulosa di riserva o dell' amiloide in forma d' ispes- simenti secondarli delle membrane del parenchima cotiledonare. Era quindi interessante osservare quali rapporti corressero fra la presenza dei cristalli di ossalato di calcio e la natura delle so- (1) n Belzuxg creile di aver avuto per il primo 1' idea che 1' ossalato di calcio si possa trovare, allo stato uormale, anche sotto forma di soluzione ; ciò non è punto vero e per tacere d'altri piìi recenti basterà citare l'Arno Ae che nel suo noto lavoro suU' ossalato (.li calcio (Ueber dio Bedeutuug etc. Flora 1869) afteruia cliiaramente di aver potuto constatare la presenza di questo sale in soluzione in varie piante e tli averne perfino potuto ritrovare traccie anche nei tuberi di patata ed iu molti semi come p. es. Pisiim , Phascolus , Brassica etc. n KOHL però nel suo classico lavoro (Anatomisch-physiologische Untcrsucbuug der Kal- ksalze etc. pag. 58) mette in dubbio le osservazioni dell' Ae e degli altri autori sul proposito. ndl' embrione delle Leguminose- rapilionacee. stanze di riserva predominanti nell' embrione ; ed a tal uopo fii mia cura di studiare ogni specie anche sotto questo aspetto. Sarebbe inutile che io mi fermassi qui a parlare delle rea- zioni caratteristiche, a tutti note, di queste sostanze ; dirò solo che per accelerare molto queste osservazioni mi fu assai utile una soluzione acquosa satura di cloralio idrato addizionata di al- quanto j odo in joduro di potassio. Questo liquido il quale scioghe r aleurone, colora istantaneamente , mettendoli in evidenza, an- che i più piccoli granuli d' amido, mentre d' altra parte 1' olio vi si rende visibilissimo pel raccogliersi che fa in numerose goc- ciole. Per colorare però gì' ispessimenti amiloidi è necessario ri- correre al trattamento diretto col jodo in joduro di potassio; al- lora, com' è noto, assumono una magnifica colorazione bleu. Siccome poi la presenza dell' endosperma sembra, come aveva già osservato il Nadelmann (1), andare legata alla natura della sostanza di riserva predominante nell'enabrione, così non credetti inutile di notarne , nelF esposizione delle mie ricerche , la man- canza od il diverso grado di sviluppo. Per quel che riguarda i cristalli d'ossalato di calcio, son pu- re note le reazioni caratteristiche di questa sostanza. Io ho avuto cura di osservare sempre le sezioni dell' embrione di ogni seme mediante un microscopio fornito di un apparecchio di polarizza- zione, strumento questo utilissimo ed in certi casi addirittura in- dispensabile pel loro rinvenimento. Ciò è dovuto al fatto clie i cristalli d' ossalato di calcio spiccano assai poco sulla sostanza dei granuli d' aleurone, ragione per cui i piccoli inclusi di que- sto sale sono assai spesso diffìcili a discernersi senza polariscopio anche per chi vi ha acquistato una certa pratica. Viceversa essi hanno sempre, specialmente se monoclini, un forte potei'e biri- frangente che li rende visibili a colpo d' occhio nel campo oscu- ro del microscopio di polarizzazione anche se assai piccoli. Però anche in questo caso i cristalli debbono avere una certa dimen- (.1) Nadblmann. Ueber die Schloiineudosperme der Leguniinoseu, Berlin 1890 piig 1 crisfalU di ossnlato di calcio sione dappoiché è impossibile spingere col polariscopio l' ingran- dimento oltre certi limiti'. S' intende che quando si tratta di cristalli inclusi nei granirli d' aleurone, è necessario, per poterne osservare la distribuzione, osservare le sezioni in un olio qualsia- si, meglio di tutti nell'olio di ricino. Anche nell' endosperma io potei in qualche raro caso osser- vare dei cristalli d'ossalato di calcio ; ma per la loro poco fre- quenza in questa parte del seme io non ci'edetti necessario di occuparmene di proposito. Trattandosi di una sottofamiglia così ricca di specie credetti utile di seguire per quanto mi fosse possibile una determinata clas- sificazione ed a tal uopo prescelsi quella data dal compianto Tau- bert nella parte terza del terzo volume delle « Pflanzenfamilien » . Siccome però recentissimamente nell' appendice a quest' opera sono apparse alcune aggiunte e correzioni fatte dal Mahrs a co- desta classificazione e che a me sembrano degne di essere ac- cettate così ne farò cenno man mano che ne capiterà l'occasione. In uno studio di questo genere è facile capire come non sia possibile 1' evitare delle noiose ripetizioni nell'esporre i risul- tati ottenuti; pur tuttavia , volendo eliminarle il più possibile, io mi sono limitato a parlare complessivamente di tutti i generi di ogni singola tribù o sottotribù. Così spero che 1' esposizione dei fatti, pur non tralasciando nulla di ciò che è veramente im- portante, riuscirà meno noiosa e più chiara. Finalmente a questa 'esposizione seguirà un breve capitolo nel quale cercherò di rias- sumere tutte quelle deduzioni più importanti che dalle mie ri- cerche è lecito conseguire. neir embrione delle Leguminose-Papilionacee. I. SOPHORKAE Cadia varia // Hérit. So])h()va tetraptera Ait. Sophora japouica L. » micropliylla Ait. » iiavescens Ait. Cladrastis tinetoria lùijìn. » alopeciiroides L. ■> aiiuuensis fh'iipr. et Ma- xim ) I Ir II f II. Virgilia graiulis E. Mt'i/. (1) Come vedesi di questa numerosa tribù, che comprende ben trentatrè generi esotici, io non ne ho potuto esaminare che cin- que soli. In essi il tipo fondamentale di struttura del seme oscilla un poco in quanto che l' endosperma trovasi or più or meno sviluppato; ed è notevole l'osservare come al differente suo svi- luppo vada legato un diverso grado di abbondanza delle sostan- ze di riserva ternarie nell' embrione. Nel genere Sophora la spe- cie che possiede 1' endosperma meglio sviluppato è la S. japonica, nella quale esso raggiunge in corrispondenza alle faccie cotile- donari (dove è più sviluppato) uno spessore superiore ad un mil- limetro. In questo punto 1' endosperma si presenta nettamente costituito da tre diversi strati di cellule ricordando così la strut- tura già descritta dal Nadelmann (2) in parecchie Leguminose e dal Baccarini (3) in varie Genista. Di questi tre strati 1' esterno che il Nadelmann chiama Kleberschicht e che io chiamerò strato a glutine è formato da un piano di cellule poligonali e ricche di sostanze proteiche e grasso; esso rimane sempre nettamente ca- ratterizzato in tutte le Papilionacee che posseggono un endo- sperma per quanto questo possa essere ridotto. Al di sotto dello strato a glutine trovasi un secondo strato formato da varii pia- ni di cellule a lume ramificato, ripieno di sostanze pi'oteiche e limitato dalla membrana terziaria che spicca nettamente sul re- (1) Il Taubert verameute ammette uel genere Virgilia uua sola specie e fioè la V. ca- pensis Lam. V. Die Pflauzeufamilieu III TheU 3 Abtheiluug pag. 198. (2) Nadelmann op. cit. (3) Baccakini P. SuUa Genista aetuensis e le Geuista juuciformi della Flora mediterra- nea. Malpighia A. XI. 1 cristalli di ossalato di calcio sto della parete cellulare completamente mucilaginizzato. Terzo infine siegue lo strato profondo che formato da cellule schiac- ciate ed a pareti sottili limita 1' endosperma dal lato interno. 8n questo stesso tipo, benché assai meno spesso è costituito l'en- dosperma della -S'. alepecuroides. Nella S. fìavescens, microphylla e tetraptera invece 1' endo- sperma è ridotto per tutta la sua estensione allo strato a glutine accompagnato solo da qualche j^iano di cellule talmente schiac- ciate da rendei'e necessaria 1' azione di qualche adatto reagente (p. es. potassa caustica) per poterne distinguere la forma. Orbene più 1' endosperma è ridotto e più vediamo accre- scersi la quantità delle sostanze ternarie che 1' embrione contie- ne. La sostanza di riserva predominante nell' embrione è sempre r aleurone rappresentato da granuli piuttosto grandi e poligonali per la mutua compressione ; ad esso si associa costantemente ima certa quantità d' olio grasso. Pei'ò mentre nella S. jcqxinica manca completamente 1' amido e le membrane del parenchima cotiledonare non sono affatto ispessite, nella ^S'. alopecuroides ve- diamo comparire questi ispessimenti e qualche esigua traccia di amido in forma di minutissimi e rari granuli , granuli che di- venteranno alquanto più grossi e numerosi nelle altre Sophora dove gì' ispessimenti cellulosici sono del pari marcatissimi. Analogamente noi osserviamo privi d' amido e d' ispessimenti secondarli delle membrane gli embrioni della Cadici varia, della Cladrastis tinctoria e della Virgilia grandis che posseggono un endosperma abbastanza sviluppato ; mentre in quello della Cla- drastis amurensis , dove V endosperma si riduce notevolmente, compariscono dei piccoli sì, ma numerosi granuli d'amido. Per quel che riguarda la presenza di ossalato di calcio cri- stallizzato neir embrione dirò che 1' ho potuto osservare in due specie del genere Sophora (S. japonica e fìavescens) e nella VÌ7'- gilia grandis. In tutte e tre le specie esso si trova sotto forma di sferiti leggermente elissoidali, che misurano col loro asse mag- giore cii'ca 8,»^ e trovansi incluse entro i granuli d' aleurone. ìieW embrione delle Leguminose-PapiUovacee. Queste riferiti si mostrano a Nicols incrociati fortemente illumi- nate ed attraversate assai spesso da due fascie oscure che s' in- crociano nel centro ; talvolta però invece di due fascie se ne scorge una sola che passando pel centro va allargandosi verso gli estremi (1). Nella S. japonica e nella V. grandis esse sono numerosissime e trovansi sparse per tutto il parenchima cotile- donare quantunque abbondino maggiormente nella porzione spu- gnosa ; nella >S'. flavescens invece il loro numero è assai minore e sembrano localizzate di preferenza ai margini del parenchima spugnoso. In quest'ultima specie esse potrebbero per le loro di- mensioni essere confuse coi granuli d' amido anch'essi birifran- genti, ma se ne distinguono facilmente perchè a Nicols incro- ciati appariscono assai più intensamente illuminate. (V. Fig. 1). II. rOWAIilLRlEAE Anagyris foetidii L. Bapti.sia versicolor Lodd. Thermopsis caroliuiaiia M. A. Court. Callistachys ovata tihm. » fabacea B.C. ()xyl(il(iuiii retusum B,. Br. (2) » lauceolata E. Br. Chorizema cordatuni Lindi. iiioutana Nntt. » ilicifoliimi LaUl. Baptisia austialis B. Br. » ihomljeum A. Br. » bracteata Ellioi. Pultenaea flexilis 8ims. » tinctoria E. Br. •> stricta tiims. Queste Podalyrieae posseggono tutte un endosperma nel quale lo strato a glutine è seguito sempre da un endosperma mucilaginoso più o meno sviluppato; però le cellule di quest'ul- timo posseggono nel loro lume solo pochi residui protoplasmatici. Neil' embrione la sostanza di riserva predominante è sempre (1) Questo fatto si osserva spesso auolie nei piccoli granuli d' amitlo e probabilmente di- pende dall' incrociarsi delle due fascie sotto uu angolo così acuto da farle apparire confase in un' unica fascia. (2) Il TAtlBKRT comprende nel genere CalUstachtjs anche i generi Oxylohium Andr. e Po- dolobium R. Br. Il Mabrs però nei Nachtrage sostituisce al nome generico Callistachys il nome Oxylobìum. 1 cristalli di ossuluto di caino V aleuroue iu granuli simili a quelli delle Sophoreae ; con esso esiste sempre dell' olio grasso. L' amido invece manca in tutte eccezion fatta della Pultenaea flexilis dove esiste in piccolissima quantità sotto torma di minutissimi granuli. Nello stesso modo un ispessimento delle membrane del parenchima cotiledonare notasi solo nel!' embrione di Anagyris foetida. L'ossalato di calcio cristallizzato trovasi abbondantissimo nei generi CaUistachy-s (secondo Taubert), Chorizema e Pultenaea mentre invece manca completamente in tutte le specie dei tre generi precedenti {Anagyris, Therniopsis e Baptisia). Ed a que- sto proposito non sarà forse inutile notare come i primi tre generi appartengono tutti e tre a quel gruppo di Podalyrieae assai ricco di forme che abita il continente australiano; mentre invece i generi Thermopsis e Baptisia sono proprii dell' Africa australe ed il genere Anagyris dell' emisfero boreale. La forma sotto cui si presenta cristallizzato 1' ossalato è co- stantemente la stessa : quella cioè di sferiti incluse anche qui nei granuli d' aleurone, ma più grandi di quelle delle Sophoreae. La loro dimensione infatti varia intorno a 5^ nel genere Cal- listaehys e Chorizema ed ai 7 p. nel genere Pultenaea. Così pure ne è diversa la forma dappoiché qui si presentano irregolarmente tondeggianti od angolose , e quasi sempre fornite di una cavità centrale; inoltre il loro contorno non è netto come in quelle ma alquanto frastagliato. A Nicols incrociati mostransi come quelle fortemente illuminate ; ed assai spesso lasciano vedere la solita croce oscura (V. Fig. 4). I granuli d'aleurone cristalliferi di regola sono uguali o solo lievemente più grandi di quelli non cristallitéi-i e trovansi in numero di uno o più raramente di due per cellula. Essi però so- no limitati solo alle cellule del parenchima cotiledonare ; man- cano invece tanto all' epidermide quanto ai fasci procambiali dei cotiledoni. Del resto in questi ultimi come pure nella radichetta e nella piumetta non m' è mai accaduto d' osservare formazioni cristalline. nelV embrione delle Legumhiose-Papilìonacee. III. GEl^^flSTEAE aj BOSSIAEINAE Bossiaea lieteropliyHa Sinitli. Goodia hitifolia SaUfih. Templetonia retusa i?. Br. In tutte e tre queste specie 1' endosperma trovasi notevol- mente ridotto mosti'andosi formato unicamente dallo strato a glu- tine e da pochi piani di cellule schiacciate quasi completamente prive di contenuto. Quest' accordo però non si ritrova nella strut- tura dell'embrione dappoiché quello della Templetonia refusa (1) mostrasi assai diverso dall' embrione delle due specie precedenti. La sostanza di riserva fondamentale è in tutti tre gli embrioni r aleurone a cui si associa costantemente dell' olio ; però l'amido, mentre manca assolutamente alla Bossiaea ed alla Goodia, tro- vasi, benché in esigua quantità, nella Templetonia. Viceversa poi mentre le membrane del parenchima cotiledonare della Teviple- ionia non sono punto ispessite, quelle delle altre due specie pre- sentano invece dei caratteristici ispessimenti amiloidi. Sarebbe inutile il ripetere ora tutte le reazioni di questa sostanza piut- tosto rara, ma che sembra prediligere gii embrioni delle Legu- minose ; farò notare solo una differenza che esiste fra gli ispessi- menti amiloidi della Goodia e quelli della Bossiaea nella quale questi ispessimenti, per quanto io mi sappia, non erano stati fi- nora osservati. (2) Com' è noto già lo Schleiden ed il Vogel ave- vano osservato una certa affinità fra 1' amiloide e la mucilagine; (1) I semi «li (luesta specie ci furono inviati tlall' Orto Botanico ilell' Uuiversitil di Pa- lermo ; seminati non germogliarono. (2) L' amiloitle era stato già trovato da Schleideu e Vogel nelle seguenti Leguminose : Schotia latifolia, Hijmenaea Courbaril, Miicima iircns e Tamarhidus indica ; piti recentemente il Nadelmaim 1' aveva osservato nella Goodia latifolia. Atti Acc. Vol. XI, Serie 4'' — Mem. IX. 2 10 / cristalli di ossalafo di calcio però tutti dicono l' amiloide solubile solo in acqua bollente'. Or- bene se noi osserviamo dapj^rima in alcool una sezione d' un co- tiledone di embrione di Bossiaea e [)oi tacciamo entrare nel pre- parato dell' acqua anche fi-edda vediamo tosto gonfiarsi enorme- mente gli strati d' ispessimento amiloidi ; se dopo ancora faccia- mo penetrare una goccia di una soluzione di jodo in joduro di potassio, vediamo colorarsi in bleu oltre alle membrane anche il liquido circostante alla sezione. Le sezioni lasciate immerse nel- r acqua per ventiquattro ore mostravano le membrane rigonfiate a tal segno da obliterare completamente in parecchi punti il lu- me cellulai'e ; colorate poi col jodo in joduro di potassio esse as- sumono una colorazione pallidissima assai diversa dal bleu intenso che si ottiene col trattamento diretto. La soluzione, se non totale, almeno parziale dell' amiloide della Bossiaea nelF acqua fredda si può mettere in evidenza an- che macroscopicamente. Basta a tal' uoj^o tagliare un embrione in più pezzi ed immergerli quindi in un po' d' acqua (circa 1 cmc.) entro un tubicino da saggio. Dopo ventiquattro ore d' im- mersione si vede 1' acqua filtrata colorarsi lentamente in un bel verde per l' aggiunta di qualche goccia di soluzione di jodo in joduro di potassio*. La Goodia invece , conformemente alle reazioni già, note , non mi mostrò mai alcun fenomeno di simil genere; i suoi ispes- simenti non si rigonfiavano affatto pei trattamento coli' acqua fredda anche dopo ventiquattro ore d' immersione, nò si poteva ottenere alcuna colorazione dell' acqua. Ancor diffei'enti si mostrano gli embrioni della Templetonia da quelli delle altre due specie per quel che riguarda la presen- za dei cristalli d' ossalato di calcio. Infatti mentre in quella i cristalli mancano completamente noi li troviamo tanto nella Goodia quanto nella Bossiaea iden- tici per forma e per modo di distribuzione. Essi sono, come nei casi precedenti inclusi nei granuli d' aleurone ; però qui, invece di sferiti, si hanno sempre cristalli semplici. La loi'o forma più nell'embrione delle Leguminose-Papilionac.ee. 11 frequente è quella di cristalli allungati, sottili, acuminati ai due apici ; non mancano però anche quelli tabulari , rettangolari , talvolta anche assai larghi. La intensità con cui appariscono illuminati nel campo oscuro del microscopio di polarizzazione è alquanto varia ; minore di regola in quelli a forma rettangolare. (V. Fig. 5). È notevole che uno stesso granulo contiene di regola pa- recchi, talvolta perfino dieci o quindici cristalli ; nel qual caso, essendo essi quasi sempre disposti parallelamente 1' uno accanto all'altro assumono un aspetto assai caratteristico (V. Fig. 6). Benché uguali di forma pure i cristalli della Goodia sono in media alquanto più piccoli di quelli della Bossiaca. I granuli d' aleurone cristalliféri trovansi solo nelle cellule del parenchima cotiledonare e per lo più in numero di uno per ciascuna cellula ; talvolta però se ne trovano anche due. Le loro dimensioni generalmente sono maggiori di quelle degli altri gra- nuli non cristalliféri della stessa cellula. b) Ceotalaeiinae Crotalaria incana L. » medicaginea fjam. » sag'ittalis L. » turgida JX'. L' endosperma è sviluppatissimo in tutte ; però le cellule dell' endosperma mucilaginoso propriamente detto che siegue allo strato a glutine non contengono che scarsi residui protopla- smatici. Neir embrione 1' aleurone è abbondantissimo ; vi si trova ancora dell' olio e nella C. sagittalis anche dei minutissimi gra- nuli d' amido. Le membrane del parenchima cotiledonare non sono punto ispessite. Non potei osservare cristalli d' ossalato di calcio. 12 I cristalli di ossalafo di calcio e) Spaetiinae. Lupinus albuts L. ÌA\i>'nins, succiik'iitus I)oK(/L » atiliiiis Agardh. » varins L. » augiistifolius L. » villosus W'iUd. » arboreus iiims. Spartium junceuni L, » Barkeri Lindi. Genista aetuensis 1)C. » bicolor Doìtr/l. » aspalatlioides Lam. » Consseutini Guss. » florida L. » elegaiis H. B. K. » geruianica L. » Hartwegii Lindi. » inouosiierma Laiii. » liirsutiis L. » polygalaefolia l>C. » liirsutis.siiuus Bntlì. » Scovpius ì>('. » liiiifoliu.s lìoth. » sibirica L. » luteus L. » spila erocarpa Lìuiì. » micrauthus Doutjl. » tiiictoria h. » iiHitabilis Sveet. Laburnum aliìinuiu (Iriseh. » iiauiis Douyl. Calycotome spinosa Lh. » peieiiiiis L. Adenocarpus iiiteimedius DC. » polypliyllus JJìidl. » foliolosiis 1>V. Benché il seme delle specie di Lupinus concordi con quello di tutte le altre specie per quanto riguarda la natura della so- stanza di riserva predominante nell' embrione purtuttavia esso differisce da quelli in vari caratteri. Anzitutto nei Lupinus man- ca quasi sempre completamente 1' endosperma e se questo è pre- sente , è ridotto appena a traccie. In tutte le altre Spartiine invece l'endosperma mostrasi assai sviluppato, sopratutto in cor- rispondenza alle faccie cotiledonari, e sempi^e ricco di aleurone ed olio grasso nel suo strato mediano. L' ossalato di calcio cristallizzato che in tutte le altre Spar- tiine (eccetto lo Spartium junceum in cui non potei osservarne) è presente in forma di sfèriti sul tipo di quelle già osservate nelle Sophoreae, trovasi nel Lupinus luteus (F unico Lupinus che mostrò di possederne e 1' unica Papilionacea nel cui embrione esso fosse noto finora) sotto forma di cristalli semplici, tabulari, esagonali od ottagonali. Questi cristalli, che al pari delle sferiti, stanno inclusi entro i granuli d' aleurone, trovansi sparsi indif- ferentemente per tutto il parenchima cotiledonare ; ciò però non avviene in tutte le altre Spartiinae, dappoiché nella Genista nelV embrione delle Leguminose-Papilionacee 13 aetnensis, aspalathoides, monosperma, sphaerocarpa , nel Labn/r- num, nella Calycotome e negli Adenocarpus le sferiti mostransi quasi esclusivamente nel parenchima spugnoso (V. Fig. 3 e 4). Come ho già fletto le sferiti di queste Spartiinae apparteii- gono al tipo osservato nelle Sophoreae ; sono cioè sferiti a con- torno regolarme]ite elissoidale , il cui diametro supera appena i 3f^ anche nelle specie dove raggiungono maggiori dimensioni. La loro quantità varia moltissimo; vi sono però specie in cui esse sono abbondantissime {Genista monosperma, sphaerocarpa, Laburnum alpinum) e nelle quali una stessa cellula può conte- nerne parecchie. Oltre all' aleurone, predominante in tutte, esiste sempre nel- r embrione delle Spartiinae una discreta quantità d' olio; l'ami- do invece fu da me osservato solo nella Calycotome e nell' Ade- nocarpus intermedius in granuli minutissimi. Le membrane del parenchima cotiledonai'e appariscono ispessite soltanto in poche specie di Lupinus. d) Cytisinae. Ulex curoimeu.s L. Cytisus capitatns Jacq. » uigricaiis L. » ses.silifulius L. Cytisus piirgaus Wl:iii. » scoparius Ll\ » linifoliiis Lam. » candicans 7>6'. Come vedesi, seguendo sempre la classificazione del Taubert noi comprendiamo nel genere Cytisus anche le specie dei generi Sarothamnus e Teline da altri autori mantenuti separati. Esiste in tutte le specie un endosperma ben sviluppato ed in cui gli strati immediatamente susseguenti allo strato a glu- tine sono ricchi di aleurone ed olio grasso. L' embrione non contiene mai amido e le membrane del parenchima cotiledonare sono sempre sottili. Neil' Ulex europaeus e nei due Cytisus della sezione Teline 14 1 cristalli di ossalato di calce (Cytisus linifolius e candicans) trovansi nel parenchima spugno- so delle sferiti , sul tipo di quelle delle Sophoreae , incluse nei gi-anuli d' aleurone ; negli altri Cytisus invece esse sembrano mancare o per lo meno essere assai rai'e. IV. TRIFOL.IEAE Ononis al(»ii('cui()i(lt's L. » anti(iuoiuiii L. bi'e vi flora DO. » foetida f^chonsh. » geiuiiiiHora LiH/u.sr. » hirciiia ./«('(/. » minutissima L. » Nat ri X L. » ornithopodioides L. » rotundifolia L. » sicula. Gnss. » spinosa 7y. V variegata L. Parochetus conirnuuis Hamilt. Trigonella cinuiculata L. » foemim-graecum L. » monspeliaca L. Trigonella ornithopodioides DO. » polycerata L. Medicago cordata Lavi. » hispida Giirtn. » lupuliua L. » orbicularis WilUÌ. » Terebellum W. Melilotus alba JV.sr. » arvensis Waìir. » coerulea Lam. » macrorrliiza l'erti. » messanensis J)esf. Trifolium alexaudrinum L. » arvense L. » pauuoniciim L. » scabrum L. » stellatum L. Come vedesi tutti i sei generi compresi in questa tribù fu- rono da me esaminati ed io avrei certamente trovato in essa una delle tribù più omogenee per riguardo alla struttura ana- tomica del seme se dal tipo comune , unica eccezione , non de- viassero grandemente i semi del Parochetus communis. In questa specie anzitutto 1' endosperma si riduce tanto da conservarsi nettamente il solo strato a glutine; in tutte le altre invece allo strato a glutine siegue sempre un vero endosperma mucilaginoso formato però da cellule prive o quasi di conte- nuto. L' embrione del Parochetus contiene un gran numero di nelV embrione delle Leguminose-PapHìonacee. grossi granuli d' amido i quali per la loro forroa ricordano i gra- nuli d' amido dei Phaseolus e delle Vida benché non ne rag- giungano le dimensioni. L' aleurone invece vi è rappresentato da granuli assai piccoli; fatto questo che si ripete ogni qualvolta r amido predominando è rappresentato da granuli assai grossi. In tutte le altre Trifolieae invece 1' amido o manca completa- mente o si trova solo in minutissimi granuli; 1' aleurone poi ap- parisce in grossi granali fittamente stipati e poligonali per la mutua pressione. In tutte le Trifolieae si trova ancora nell' embrione dell' olio grasso, però le membrane del parenchima cotiledonare sono sem- pre sottili e mancano completamente i cristalli d' ossalato di calcio. Abbiamo intanto in questa tribù un genere (1) il quale per i caratteri anatomici del suo seme si distacca grandemente da tutti gli altri che invece concordano perfettamente fra di loro. Ciò conferma le acute osservazioni del Vuillemin il quale nel suo pregevole lavoro sul phylum delle Anthyllis (2) basandosi sui ca- ratteri della foglia nota le grandi difficoltà che si oppongono alla sua riunione colle Trifolieae. Però se questi caratteri della strut- tura del seme confermano la poca affinità di questo genere colle Trifolieae, essi lo allontanano pure assai dalle Loteae a cui vorrebbe avvicinarlo il Vuillemin; dappoiché, come si vedrà fra poco , in esso non si riscontrano affatto le caratteristiche comuni ai semi di tutte le Loteae. Del resto il Vuillemin ha compreso pure benis- simo la difficoltà di questo suo avvicinamento, tanto che finisce coir esclamare : « On serait lente d'en faire le type d'une tribù mort-ne'e. » (1) Il genere rarochiiiis comprende la sola specie P. commmih. Io escludo assoluta- raeute la possibilità di un errore nella denominazione sotto la quale furono inviati questi semi; dappoiché, ayeudo essi germogliato, le piantine mostrano già benissimo la caratteristica somi- glianza coli' Oxalis Acetosella (V. Taubert in Engler PflauzenfamiBeu m Th. 3 Abth. p. 243). (2) VuiLLBMiK P. La subordination des caractères de la feuille daus le phylum des Anttyllis. Nancy 1892. 16 1 cristalli di ossaìafo di calcio V. 1.0TEA*: Anthyllis barbar-Iovis L. » Hermann iae L. » nioutaua L. Vulneraria L. Circinus oircinatus fLJ O. Ktzc. ( Bonaveria atlantica Cosa. (2) Securidaca *S'coj>. Hosackia snli])innata G. Don. (3) Dorycnium .uracile .lord. iierliaceum Willd. Dorycnium hirsutiim Seriìui. » ibericnm Willd. » suttrutico.suni Wilhl. Lotus coniuKatns L. » corniculatns L. » creticus L. » cytisoides L. » edulis L. » lacobaeus L. » oriiithoiiodioides L. » siliquosus L. » tetraaonolobus L. Degli otto generi che questa tribù contiene nella classifica- zione del Tatibert io ne ho potuto , come si vede, studiare sei, osservando in complesso ventidue specie. Certamente questo nu- mero non è grande ; purtuttavia è sempre notevole la grande om(jgeneità che tutte queste specie mostrano nella struttura ana- tomica del loro seme. Tutte le Loteae posseggono un endosperma il quale può essere più o meno spesso ma è sempre fornito di un vero en- dosperma mucilaginoso. Nei primi tre generi quest'endosperma mucilaginoso mostra le sue cellule qtiasi prive di contenuto (4); negli altri invece i suoi piani cellulari più vicini allo strato a glutine sono, come questo, l'icchi di aleurone ed olio grasso. Que- sta differenza anatomica è tanto più notevole in qtianto che essa si accorda, almeno per i generi da me studiati , colla sud- divisione in due sezioni che di questa tribù 1' Hooker ed il Ben (1) Il jreueie Circinus del Taul)ert comprende la sola specie C. circinatiis; ciò vuol dire elle egli uou ritiene specie distinta la forma maucaute di spine al margine del legume che il De C'asdoi.i.k descrisse sotto il nome di Medicaijo iiummiilciria. 11 Malus nei Xachtr;ijre già citati sostituisce di nuovo al uome generico Circiiin^ , il nome nijmfnorarpus creato la prima volta dal Savi. (2) Malirs sostituisce al uome generico Bonaveria il uome Sccurigera DC. (3) L' Hosackia TVrangeliana G. Dou. che si trova nei cataloghi di varii Orti Botanici non è neanche una Lotea, ma una Viciea. (4) Nella Bonaveria vi si trova però dell' ossalato e dei rari granuli d'amido. neW embrione delle Leguminose- Papilionacee. tham stabilirono in base ai caratteri del legume. Alla prima se- zione infatti appartengono i tre primi generi AnthyUù, Hymeito- carpus (Circinus) e Securigera ( Bonaveria) ; alla seconda invece gii altri tre Hosackia, Dorycnium e Lotus. Sarebbe interessante ora il vedere (ciò che io non potei fare) se i rimanenti due ge- neri {Helminthocarpum della prima sezione e Cytisopsis della se- conda) confermino ancora questa distinzione anatomica. Neil' embrione la sostanza di riserva predominante è sempre r aleurone in grossi granuli poligonali per la mutua pressione ; esso è costantemente accompagnato da olio grasso e da una quantità alquanto variabile ma sempre piccola di amido in mi- nutissimi granuli. Il parenchima cotiledonare è sempre formato da cellule a pareti sottili ; esso contiene sempre dei cristalli di Rosanof['. I cristalli di Rosanoff , così comuni in ogni parte della pian- ta, non erano stati trovati finora nell'embrione, per quanto io sappia, che in un sol caso : quello cioè del Manihot Glazioivit Muli, Arg. dove li osservò il Moore (1). Nell'embrione delle Papilionacee i cristalli di Rosanoff, co- me si vedrà dal mio lavoro, non sono punto rari ; infatti oltre che nelle Loteae io li ho potuto constatare anche nelle Hedysa- reae-Coroniìlinae, in qualche Psoralea, in una Dalbergiea ed in parecchie Phaseoleae. In tutte le Papilionacee i cristalli di Rosanoff sono cristalli monoclini la cui forma fondamentale è l' endiedro, combinato però quasi sempre con faccie di emipiramide ; spessissimo poi sono geminati. La membrana che avvolge questi cristalli è sem- pre cellulosica; essa va direttamente ad impiantarsi coi suoi due estremi sulla membrana cellulare, e solo raramente manda delle briglie cellulosiche laterali. (1) MoOBE, S. M. Studies in vegetable l)iology n. On Rosauow's crj-stals in the eiidoperm cells of Mauiliot Glaziowii (Journal Lin. Se. London xxi p. 621-24). Io lo conosco solo por le recensioni e percliè citato dal Kolil. Atti Acc. Vol. XI, Skrib 4^ — Mein. IX. 3 '18 / cristalli d' ossalafo di calcio In nessun seme di Papilionacea io ho osservato mai cristalli di Eosanoff al di fuori del parenchima cotiledonare ; 1' epidermi- de dei cotiledoni ne è sempre priva anche nelle specie che se ne mostrano più ricche. Va da sé che questi cristalli mancano pure alle cellule dei fasci procambiali del pari che alla radichetta ed alla piumetta. I cristalli di Rosanoif non riempiono mai completamente la cellula che li contiene. Nello spazio rimasto libero trovansi sempre accumulate delle sostanze di riserva come in tutte le al- tre cellule ; ed allorché il seme germoglia , se i cotiledoni sono epigei (1), le cellule cristallifere contengono anch'esse della clo- rofilla. Abbiamo già detto che i cristalli di Eosanoff sono presenti in tutte le Loteae ; però variano gi-andemente da una specie al- l' altra sia nella quantità che nel modo di distribuzione. Il Lotus edulis, il Circinus circinatus, VHosackia subpinnata e sopratutto la Bonaveria Securidaca sono le specie che ne contengono in maggior quantità ; il numero dei cristalli é in esse addirittura straordinariamente grande. Neil' embrione di molte Loteae i cristalli di Eosanoff tro- vansi tanto nel palizzata che nello spugnoso ; questo é il caso delle AnihylUs, del Circinus, delle Bonaveria, deìV Ilosackia e del Lotus Jacobaeus ed ornithopodioides. In tutti però é sempre di- scernibile e talora anche marcatissima (p. es. nell' Hosackia) una preponderanza dei cristalli nel parenchima spugnoso ; si ha così una specie di graduato passaggio alle altre specie di Lotus dove i cristalli trovansi esclusivamente in quest' ultimo. Di questi Lo- tus alcuni (L. coniugafus, siliquosus) posseggono dei cristalli in tutto il parenchima spugnoso, alti'i (i. creiicus , corniculatus , cytisoides ed edulis) solo nei suoi strati più interni; l'ultimo poi (L. tefragonolobus) solo nei suoi margini estremi laterali. (1) Tra le Papilionacee ad embrioue fornito di cristalli di Rosanoti' il solo Psopliocarpna tetrugonolóbus mostrò di avere cotiledoiii ipogei. nell'embrione delle Leguminose- Papìlionacee. 19 Nei Dorycnium infine i cristalli sembrano limitarsi agli strati più interni tanto del palizzata che dello spugnoso. La presenza dei cristalli di Eosanoff nell' embrione delle Loteae costituendo un cai-attere peculiare della struttura dei loro semi ci permette di fare qui una considerazione piuttosto im- portante. Com' è noto il De CandoUe, al pari di Linneo , com- prendeva il Ctrcinus circinatus nel genere Medicago (Medicago circinnata) ; e di questa specie unita alla sna, Medicago nummii- ìaria ed alla Medicago radiata faceva la prima sezione (Hyme- nocarpos) di quel genere. Il Wildenow poi comprendeva tutte e tre queste specie in un genere a sé, Hymenocarpus. Uno studio più attento però dei caratteri morfologici di queste specie consigliò i sistematici a scinderle fra di loro la- sciando alle Trifolieae la Medicago radiata ed ascrivendo alle Loteae V Hymenocarpìis circinnatus e nummidarius. Orbene i caratteri anatomici del seme confermano qui perfettamente code- sta scissione ; gì' Hymenocarpus infatti concordano perfettamente colle Loteae come la Medicago radiata concorda colle altre Tri- folieae. VI. OA1.EOEAE a) Indigopeeinae. Indigofera australis WiWL Indigofera caroliniaua H. l'ar. » argentea L. » macrostachya Vent. Tutte quattro le specie presentano un endosperma abbastan- za sviluppato specialmente in corrispondenza alle faccie cotile- donari ; in questo punto esso è distintamente formato dai tre soliti strati di cui 1' intermedio è ricco di sostanze proteiche e grasso. La sostanza di riserva predominante nell' embrione è 1' aleu- 20 1 cristalli di ossalato di calcio l'one a cui si associa dell' olio grasso ; manca invece completa- mente r amido e mancano del pari i cristalli d'ossalato di calcio. h) PSORALIINAE. Psoralea luaeteata L. » lUirseri » corylifolia L. » dentata DC. » niandiilosa L. » Oiiobrychis Xutt. » orbicnlaris L. » palaestina L. » |)hy.S()des » piumata L. Psoralea iduiiiosa Ixcìibcli. Amorpha eaiieseeus Xntt. » fragrali s Street. » fnitieosa L. » lierbacea Walt. » Lewisii Lodd. » naua Xutt. » pubescens Willd. Dalea alopecuroides Willd. •> Lagopus Willd. L' endosperma, che esiste in tutte queste specie, trovasi nel genere Psoralea ridotto al solo strato a glutine e ad un esile straterello formato da cellule fortemente schiacciate ; fa eccezio- ne però la Psoralea bracteata dove esiste , benché non molto spesso, un vero endosperma mucilaginoso in cui le cellule più vicine allo strato a glutine contengono una certa quantità di sostanze pi-oteiche. Lo stesso può osservarsi nel!' endosperma mu- cilaginoso delle specie di Amorpha m^ Dalea. Neil' embrione 1' aleurone è sempre la sostanza di riserva predominante; ad esso si accompagna sempre dell'olio ed in pa- recchie specie di Psoralea anche dell' amido in forma di minu- tissimi granuli. Le membrane del parenchima cotiledonare sono sempre sottili fuorché nella Psoralea palaestina dove sono me- diocremente ispessite. Nel genere Psoralea 1' ossalato di calcio tii da me trovato solo in poche specie (P. Burseri, corylifolia, dentata ed Onobry- chis) ; però, caso unico in tutte le Galegeae, esso vi apparisce sotto forma di cristalli di Rosanoff. Noi vediamo qui una con- ferma alle eccellenti vedute del Vuillemin su questo genere (1); 1) Vuillemin. 1. e. pag. 318 o seg. nell'embrione delle Legitminose-Papilionacee. 21 difatti mentre la presenza in alcune specie dei cristalli di Rosa- noti" accenna chiaramente alla affinità di questo genere colle Loteae, la loro incostanza ci dice che si tratta di un genere di transizione. Non così possiamo confermare la veduta del Vuille- min che di questo genere fa un passaggio tra le Loteae e le Pha- seolee; dappoiché vedremo che questa tribù per riguardo alla struttura anatomica del seme apparisce senza alcun dubbio la meno omogenea fra tutte. I cristalli di Rosanoff nelle Psoralea sono sempre assai po- co numerosi e come sempre monocliui; le cellule cristallifere ap- partengono sempre agii strati più interni del parenchima coti- ledonare. Nel genere Amorpha e Dalea invece 1' ossalato di calcio cri- stallizzato fu da me osservato costantemente in tutte le specie, però sotto forma di minutissime sferiti incluse nei granuli d"a- leurone. e) Tephrosiinae. Galega biflora Po/;-. Thephrosia ocliroleuca (Jacq) Pers. otticiualis L. Krauhnia friitesceus Pajìii. » orieutalis Lam. È questo un gruppo assai poco omogeneo a giudicarne al- meno dai tre generi che io ho potuto esaminare. Noi troviamo infatti nei primi due generi lo strato a gluti- ne seguito da un endosperma mucilaginoso abbastanza svilup- pato che però solo nella Tepkrosia mostrasi ricco di aleurone ed olio grasso nei suoi strati più esterni. Questo carattere unito alla mancanza assoluta d' amido ed alla presenza di minute sfe- riti elissoidali incluse nei granuli d'aleurone del parenchima spu- gnoso dell' embrione , avvicina grandemente il genere Tephrosia alle Genisteae ; affinità questa già notata dal Vuillemin (1). (1) Vuillemin. 1. e. p. 317. 22 1 cristalli di ossalato di calcio Nelle Galega invece l'amido esiste benché in esigua quan- tità ; manca invece 1' ossalato di calcio cristallizzato. Nella Kraunlìia ini5ne 1' endosperma riducesi al solo strato a glutine seguito da qualche piano ajjpena di cellule schiacciate e prive di contenuto. L' embrione abbonda di amido in granuli discretamente grandi e mancano completamente i cristalli di os- salato di calcio. il) RoBINIlNAE Robinia Pseiulacaoia L. » torti iosa Ifjff'iiìHfi. viscosa Ve ut. Sesbania aculeata l'ers. » aegyiitiaca Per-s. Sesbania cauiialjina Pers. » granditiora Pers. Carmichaelia australi.s E. Br. Euysii T. Kìrl;. » odorata Col. Esiste in tutte le specie un endosperma abbastanza svilup- pato. L' aleurone e 1' olio grasso trovansi anche negli strati più esterni del vero endosperma mucilaginoso eccezion fatta però delle specie del genere Carmichaelia. L' aleurone predomina sempre nell' embrione ; 1" amido in- vece manca nelle Robinia e nelle Carmichaelia ed esiste solo in piccola quantità ed in forma di minutissimi granuli nelle Sesbania. Le membrane del parenchima cotiledonare sono sempre sottili. L' ossalato di calcio cristallizzato fu da me osservato solo nelle Sesbania dove trovasi in forma di minutissime sferiti sul tipo di quelle osservate nelle Sophoreae e come quelle incluse nei gi-anuli d' aleurone. Queste sferiti numerosissime nel paren- chima spugnoso sembrano mancare completamente al palizzata. e) COLUTEINAE. Sutherlandia ftutescens i?. B>: Lessertia annua DO. » bracliystachia DC. » perennans I>C. Svainsona coronillaefolia iSalish. » lessertiifolia DC Colutea criieuta Ait. Le cellule dell' endosperma mucilaginoso che siegue allo strato a glutine non contengono che scarsi residui protoplasmatici. nelV embrione delle Leguminose-Papilionacee. 23 L' amido manca costantemente all' embrione e le membrane del parenchima cotiledonare sono sempre sottili; sole sue sostan- ze di riserva sono 1' aleurone e V olio grasso. In nessuna specie osservai cristalli d'ossalato. f) ASTRAOALINAE. Halimodendron argenteuin I>C. Caragana iuboresceus Lam. » fruticosa Bess. » iiiicropliylla I)G. » pyguiaea I)C. » Redowski Fisch. .-> soplioraefolia Ta uscii. Calophaca wolgarica Fisch. Astragalus aegyptiacus »Sj;/-. » armatus Wilkl. » boeticiis L. » cauadeu.sis L. Astragalus carolinianus L. » glycTpbyllos L. » lianiosus L. » liypoglottis L. » sesaineus Fidi. » sulcatus L. Oxytropis luontaua DC. » pilosa BC. Biserrula pelecinus L. Glycyrrhiza ecliinata L. » fo(_-ti(la /)('*;/'. » iilaljia L. Tutte queste specie possiedono un endosperma benché varia- mente sviluppato. Lo strato a glutine chiaramente discernibile in tutte, era seguito nelle Caragana e nella Calophaca wolgarica da pochi piani di cellule schiacciate scarsamente mucilaginizzate ; in tutte le altre Astra galinae invece si notava un vero endo- sperma mucilaginoso. Le cellule di quest' ultimo però apparivano sempre quasi prive di contenuto eccezion fatta delle Glycyrrhiza dove i piani di cellule più vicini allo strato a glutine erano ricchi di aleurone ed olio grasso. Nell'embrione predomina sempre l' aleurone accompagnato costantemente da olio grasso. L'amido invece si trova in certa quantità solo nell' ffalimodendron argenteum , nelle Caragana e nella Calophaca ivolgarica; manca invece completamente in tutti gli altri generi. Le membrane del parenchima cotiledonare sono sempre sottili. Non esistono in alcuna specie cristalli d' ossalato di calcio. 24 l cristalli di ossalato di calcio VII. HEDY^iAREAE O) COEONILLINAE. Scorpiurus itmricata L. » siibvillosa L. » silicata L. » vcriiiicnlata J.. Ornithopus comiìrcssus L. » perpusillns L. roscns T>ii finir. Coronilla Enieius L. » glauca L. » juucea L. Coronilla moiitana Scoj). » scorpioides fLj (Kovh). » vagiiialis Lam. » Valentina L. » varia L. » vimiiialis Salizb. Hippocrepis l»alearica Jacq. ciliata Willd. » mnltisili([uosa. Ij. » imi.siliqiiosa L. I quattro generi di Hedysareae-CorotìiUinae da me esami- nRÌì formano per riguardo alla struttura anatomica del loro se- me un gruppo perfettamente omogeneo che si stacca da tutte le altre Hedysareae per avvicinarsi notevolmente alle Loteae. Noi troviamo infatti in tutte queste specie un endosperma nel quale lo strato a glutine è seguito da un endosperma mucilaginoso propria- mente detto sviluj^pato sopratutto i]a corrispondenza alle faccie cotiledonari. Questo endosperma mucilaginoso nei generi Hippo- crepis, Scorpiurus e Coronilla (tranne la C. Emerus) trovasi sem- pre formato da cellule a contenuto scassissimo o nullo ; nella Coronilìa Emerus e negli Ornithopus invece esso mostra i piani di cellule più vicini allo strato a glutine ricchi di sostanze proteiche ed olio grasso. L' embrione poi contiene sempre dei cristalli di Rosanoff si- mili in tutto a quelli già osservati nelle Loteae. Come quelli so- no cristalli monoclini, spesso geminati; ed anche in questo caso la membrana cellulosica che li avvolge va direttamente ad im- piantarsi sulla parete cellulare. Nei generi Orìiithopus e Scorpiurus questi cristalli stanno sparsi indifferentemente per tutto il parenchima cotiledonare ; nel genere Hippocrepis invece essi si accumulano di preferenza veli' embrione delle Legumhiose-Papilionacee. 20 negli strati più interni, tendenza che appare ancora più marcata nel genere Coronilla. Parecchie specie di questo genere infatti ac- curaulano i cristalli solo negli strati di confine fra il parenchi- ma spugnoso ed il palizzata, e nella Coronilln Valentina sembra- no addii'ittura limitarsi alle cellule limitrofe ai fasci fibrovasco- lari. Una disposizione ancora più caratteristica si ha nella Coro- nilla scorpioides dove i cristalli occupano di preferenza i mar- gini del parenchima cotiledonare. Questa disposizione si ripete anche nelle foglie norD:iali di questa specie ; difatti queste foglie decolorate coli' alcool e schiarite col cloralio idrato mostrano al microscopio lungo tutto il margine del lembo una striscia di grossi cristalli prismatici d' ossalato. La sostanza di riserva che predomina nell' embrione è sem- pre r aleurone nella solita forma di grossi granuli poligonali per la mutua pressione; ad esso si accompagna sempre una certa quantità d' olio grasso. L' amido sembi'a mancare completamente agli Scorjnurus ed alle Hifppocrepis ; nelle altre Coronillinae in- vece si troverebbe in tenue quantità ed in forma di granuli as- sai piccoli. Però a questo proposito ho dovuto notare una certa incostanza probabilmente determinata dal diverso grado di ma- tui-azione dei semi. Le pareti del parenchima cotiledonare sono sempre sottili. Come vedesi adunque lo studio dei caratteri anatomici del seme ci svela in questa sottotribù una concordanza perfetta colle Loteae; concordanza tanto più rimarchevole in quanto che essa conferma nuovamente l'opinione di coloro che vogliono staccare questo sottotiibù dalle Hedysareae per unirla invece alle Loteae. Quest' affinità cosi grande era già stata messa in luce da Ben- tham ed Hooker che a questo proposito così si esprimevano « Sub- tribus (le Coronillinae) Loteis arde afflnis et forte melius iis ad- socienda. » Meglio di tutti però il Vuillemin riuscì ad illustrare il legame che unisce le Coronillinae alle Loteae. Anzi esso nel suo ottimo lavoro più volte citato non esita ad unire a questo Atti Acc. Vol. XI, Serie 4" — Mem. IX. 4 26 / cristalli di ossalato di calcio gruppo anche l' Astragalas hosacldoUles proponendo per esso il 2iome generico Podosteriima (Podostemma hosackiokìes (Boyle) Vuill. ) ; sventuratamente io non ho potuto esaminare i semi di questa specie. b) EUHEDYSAEINAE. Hedysarum capitatimi Desv. Onobrychis acciuidentata /'' l'yr. » coi'Oiiariimi L. » Caput-galli La in. » deuticulatum Regi. » sativa Lam. » fiexiio.siim L. » saxatilis Lam. » obscuniiii Ij. » supina JJV. » roseuui tìttphan. Ebenus eretica L. L' endosjjerma benché non sia mai molto sviluppato pure esiste in tutte queste specie. In esso lo strato a glutine è ac- compagnato da pochi piani di cellule schiacciate prive o quasi di contenuto e che solo negli Hedy.mrum si mostrano chiaramente mucilaginizzate. L' embrione possiede aleurone, olio grasso ed amido ; que- st' ultimo abbonda nelle Onobrychis dove i granuli di forma ro- tondeggiante oltre ad essere numerosissimi sono anche notevol- mente più grossi di quelli degli Hedysarum e sopratutto di quelli dell' Ebenus eretica. Non osservai cristalli d' ossalato di calcio. e) Aeschynomeninae. Chaetocalyx viuceutiuus T>C. Aeschynomene iudica L. Endosperma assai sviluppato in entrambe; in corrispondenza alle faccie cotiledonari il vero endosperma mucilaginoso si sdoppia in due strati di cui 1' esterno è formato da cellule ricche d'aleu- rone e d' olio grasso mentre quelle dell' interno sono schiacciate e prive di contenuto. neW embrione delle Leguminose-Papilionacee 27 Neil' embrione le membrane del parenchima cotiledonare non sono ispessite e manca completamente 1' amido; 1' aleurone è ac- compagnato come sempre da olio grasso. L' ossalato di calcio cristallizzato trovasi in entrambe; però non ugualmente abbondante. Nel Chaetocalyx esso si trova in forma di sferiti del tipo già osservato nelle Podalyrieae; però in- vece di occupare il parenchima cotiledonare esse qui stanno li- mitate esclusivamente alle cellule dell' epidermide superiore dei cotiledoni, dell' epidermide cioè per cui combaciano nel seme. Neil' Aesclììjnomene queste sferiti si trovano pure nell' epi- dermide superiore dei cotiledoni ma assai meno numerose; vice- versa poi compariscono nelle cellule confinanti coi fasci procam- brali delle druse assai caratteristiche e come le sferiti incluse nei granuli d' aleurone. I granuli d' aleurone che contengono le di'use hanno sempre dimensioni assai maggiori di quelle degli altri gra- nuli e ogni cellula non ne possiede che un solo. Nel parenchima a palizzata esistono anche delle sferiti le quali però hanno spesso la forma di quelle osservate nelle So- phoreae. Non sarà inutile qui notare che mentre queste sferiti col loro contorno netto non lasciano alcun dubbio sulla loro struttura, quelle altre invece osservate nelle Podalyrieae col loro contorno spesso irregolare e talvolta perfino angoloso lasciano spesso incerti sulla forma a cui debbono ascriversi se cioè alle druse od alle sferiti. La difficoltà di risolvere questa quistione in apparenza cosi semplice non è nuova ; ad ogni modo io ho chiamato sferiti quelle formazioni cristalline osservate nelle Po- dalyrieae perchè in esse malgrado il loro margine angoloso non è possibile distinguere alcunché dei contorni dei singoli cristalli, mentre chiamo druse quelle assai più grandi della guaina dei fasci procambiali della Aeschynomene dove per lo più è facile il distinguere nettamente i singoli cristalli che le compongono. 28 1 cristalli di onsalato di calcio d) Patagoniinae. Patagonium inuricatuiu (Jacq) 0. Ktze. Nel seme di questa specie lo strato a glutine è seguito da uno strato di endosperma mucilaginoso le cui cellule contengono solo scarsi residui protoplasmatici. Neil' embrione mancano l'amido e gi' ispessimenti secondari delle membrane; 1' aleurone è accompagnato da una discreta quan- tità d' olio grasso. Non osservai cristalli di ossalato di calcio. e) Stylosasthixae. Arachis liypogaea L. È noto che questa specie viene da alcuni a ragione ritenuta una Cesalpiniea e non una Papilionacea; ciò viene sopratutto di- mostrato dalla struttura semplicissima del suo tegumento seminale mancante di tutte le caratteristiche proprie delle Papilionacee (1). Nell'embrione com' è noto abbonda l'olio (olio d'arachide); vi si trova ancora dell' aleurone e dell' amido in granuli di me- diocre grandezza tondeggiante. Di cristalli ne osservai solo alcuni assai minuti e diffìcili a scorgersi fra i numerosi granuli bi ri- frangenti d' amido. f) Desmodiinae. Desmodium abyssiuicnm ]>C. Desmodium peiKliilum ^YaU. » caiiadeuse DC. » podijoarpuni DC. » gjTaus L. » raceuiiferuin I>C. » iiicanuiii IJG. » viriditìorum DC. » liliaefolium (t. Don. Lourea vespeitilionis Desi: » marylaiulicuni I)C. Lespedeza villosa Fers. » multifloruni JXJ. » violacea Pers. » pauiculatum DC. » virjj;ata UC. Lo strato a glutine è sempre seguito da uno strato di en- dosperma mucilaginoso (assai esile nel genere Desmodium), e le cui cellule contengono solo scarsi residui protoplasmatici. (1) Vedi Mattirolo e Buscalioni. Ricerche auatomielie-iisiologiche sui tegiimeuti delle Papilionacee. neW embrione delle Leguininose-Papilionacee. 29 Neil' embrione predomina sempre 1' aleurone accompagnato da olio grasso; l'amido invece manca completamente o se esiste si trova solo in forma di grannli assai minuti. Le membrane del parenchima cotiledonare sono sempre sottili. L' ossalato di calcio cristallizzato fu da me osservato in una sola specie, nel Desmodium gyrans. Nel parenchima cotiledonare di questa specie trovansi numerose sferiti che per forma e distri- buzione ricordano esattamente quelle osservate nelle Podaìyrieae. Noi vediamo qui infatti incluse nei granuli d' aleurone delle tbr- mazioni irregolarmente tondeggianti od angolose spesso fornite di una cavità centrale; esse trovansi tanto nello spugnoso che nel palizzata e le loro dimensioni oscillano intorno ai 5 « di dia- metro. Vili. l>Ar.BJKR«IEAE a) Pteeocaepinae. Dalbergia cochinchiuensis Spr. » purpurea Wall. Pterocarpus indicus ^\'illll. Ben poco posso dire al riguardo di questa tribù non avendo osservato che tre sole specie; cosa che mi dispiace tanto maggior- mente in quanto che tutte e tre queste specie mi si mostraro- no degne d' interesse dal punto di vista delle mie ricerche. L' endosperma che manca alla Dalbergia piirpurea esiste ben- ché assai ridotto nella D. cochinchmeìisis dove lo strato a glu- tine è seguito solo da alcuni piani di cellule schiacciate e prive di contenuto. Nel Pterocarpus indicm poi questi piani di cellule mostrai'onsi chiaramente mucilaginizzate. La sostanza di riserva predominante nell' embrione è sem- pre r aleurone al quale si associa una discreta quantità d' olio grasso. L' amido manca completamente nel Pterocarpus indicus; si trova invece nella D. cochinchinensis e nella D. purpurea nella quale ultima può anche dirsi relativamente abbondante. 30 1 cristalli di ossalato di calcio L'ossalato di calcio cristallizzato abbonda negli embrioni di tutte e tre queste specie; però sotto tre forme differenti. Nella Dalbergia cochinchinensis esso apparisce sotto forma di numerosissimi cristalli di Eosanoff, cristallograficamente identici a quelli già osservati nelle altre Papilionacee e sparsi per tutto il parenchima cotiledonare. Nella Dalbergia purpurea invece dei cristalli di Rosanoff si hanno delle magnifiche druse di torma sfèiica incluse entro gra- nuli di d' alourone assai grandi. Una cellula non contiene mai più d'una drusa e queste stanno sparse pei- tutto il parenchima cotiledonare (V. Fig. 9).. Nel Pterocarims indicus infine l'ossalato trovasi sotto forma di inclusi dei granuli d' aleurone ; questi inclusi però non sono druse ma bensì promiscuamente sferiti e piccoli cristalli semplici. Le sfieriti sono sul tipo di quelle già descritte nelle Podalyrieae i cristalli invece si avvicinano a quelli osservati nel Lupinus luteus. I granuli d' aleurone cristallifeii stanno in parecchi entro una stessa cellula; essi poi trovansi solo nei cotiledoni, nelle cellule limitrofe ai fasci procambiali ed in quelle epidermiche (V. Fig. 10). IX. VI€IEAE Cicer aiietiuiiin L. Vicia Bacia Miich. » cornigera Chanb. » dumetoriim L. » Faba L. » liirsuta Koch. » ^Michauxii tSchrlt. » inouantlios T>esf. » narboneusis L. » pisiformis L. » piibesceus B. A. U. » sepium L. » tetrasperina. Mnch. Lens esciileuta Mnch. Lathyrus articulatus L. » al)yssiuiciiìs Bravn. » ampbycarpiis L. » hcterophyllus L. » hirsutus L. » latifolius L. » magellanicus Lavi. » paliistris L. » platyphyllo.s Hetz. » sylvestris L. » tiiberosus L. » vermis; Beni li. Pisum .lomai'cli Schrl:. » sativiim L. » thebaiciuu Willd. In tutte queste specie io non ho osservato mai un endo- sperma per quanto lo Schleiden affermi di averne trovato uno nelV emhrione delle Legumhose-Papilionacee. 'M nel Lathyrus tingitanus; ciò del resto era già stato osservato dal Nadelmann pel Cicer arietinum, pel Fi'sum sativum, per la Vida momntthos e sativa e pel Lathyrus saliva alba, e sopi-atutto dal Guigiiard (1) che dimostrò come un tessuto dell'albume manchi sempre nei semi delle Vicieae non venendosi esso a formare mai. In correlazione alla mancanza d' endosperma noi troviamo le cellule del parenchima cotiledonare ripiene di grossi granuli d'amido costituiti sul noto tipo dell'amido dei Phaseolus. Ac- canto a questa grande quantità d' amido esiste dell' aleurone in granuli però molto piccoli; riduzione di dimensioni che sembra accompagnare costantemente il preponderare delle sostanze ter- narie. Le pareti del parenchima cotiledonare sono debolmente ispessite ; 1' olio però manca completamente o quasi. Non osservai mai cristalli d' ossalato di calcio nell' embrione. X. PIIA?«iE01.ElE a) Glycininae. Clitoria glomerata Gris. (^lyc-ine viridis » Ternatea L. Kennedya Comptouiaua Liiilc. Amphicarpa monòica U/?. » inawopliylla Bnth. sarnientosa Eli. » ovata Sims. Glycine hispida 3Iaxlm. » rubicuiida Veni. L' endosperma che manca nelle AmjMcarpa raggiunge ne- o-li altri generi un diverso grado di svikippo. Noi vediamo in- fatti nelle Clitoria e nelle Glycine lo strato a glutine seguito da qualche piano appena di cellule schiacciate prive di contenuto e debolmente mucilaginizzate; nelle Kennedya invece esso è se- guito da un vero endosperma mucilaginoso i cui strati più ester- ni in corrispondenza alle faccio cotiledonari ed alla porzione an- tichilariale del seme dove esso è più sviluppato sono ricchi di aleurone ed olio grasso. Neil' embrione delle Amphicarpa V amido (in granuli tondeg- (1) GiiiGNARD L. Eecherclies auatomiques et physiologiquos sur 1' einbryogpnie (les Le- gumineuses Paris, Massou, 1882. ;^2 1 cristalli di ossalato di calcio giauti di mediocre grandezza) predomina; nelle altre specie in- vece predomina 1' aleurone e manca completamente l'amido, ec- cezion latta della Glycine hispida dove ne esiste mia certa quan- tità in forma di piccoli granuli. (1) L' embrione contiene pure dell" olio Q-rasso ma le membrane cotiledonari non sono mai ispessite. I cristalli di ossalato di calcio furono da me osservati solo nelle due specie del genere Glycine ed in entrambi sotto forma di cristalli di Eosanoff sparsi per tutto il parenchima cotiledo- nare. È degno di nota che nella Glycine hispida noi troviamo le cellule cristallifére spesso riunite in gruppi di due o tre cel- lule le quali chiaramente manifestano la loro origine da lui'uni- ca cellula iniziale. Questo fatto già osservato nel parenchima midollare di parecchie Papihonacee (2) si ritrova ancora nell'em- brione della Cylista villosa e s(jpratutto delle Erythrina dove è marcatissimo. b) Eeytheininae. Erythrina iiista-galli L. >» iiisignis Tod. » viaruiu Tod. Mucuna atropurpurea I>0. (3). L' endosperma manca completamente in entrambi i generi. La sostanza di riserva predominante nelle Erythrina è l'aleu- rone e 1' amido invece vi è rela,tivamente scarso ed in forma di piccoli granuli ; nella Mttcuna invece predomina 1' amido i cui granuli raggiungono delle dimensioni superiori a quelle dei gra- nuli d' amido delle Vida e dei Phaseolus. L' olio scarseggia in (1) Il Nadki.mann, (1. e. p. 21) asserisce che l'tiiiiido maiK'a nella Soja hispida (secondo Tauhkrt Glì/oiìie hispida); io ve 1' ho trovato costauteiiieute lienchè in piccola quantità. (2) V. VUILLEMIN. 1. 0. p. 230. (3) 1 semi (iella Mucuna ci furono inviati «la Saigon; seminati uou germogliarono. neW embrione delle Legumìnose-Papilionacee. 33 tutte. Le membrane del parenchima cotiledonare sottili nella Mucuna sono alquanto ispessite nelle Erythrina. L' ossalato di calcio cristallizzato che manca alla Mucuna ; abbonda invece nelle Erythrina ove si trova in forma di cristalli di Rosanoff del solito tij^o. Nelle Erythrina insignis e viarum questi cristalli abbondan- tissimi sono sparsi per tutto il parenchima cotiledonare; nell' E. crista-galli invece , dove sono assai meno numerosi , sembrano quasi limitarsi agli strati di parenchima più vicini all'epidermide. Come ho già accennato in queste Erythrina spesso le cellule cristalline si trovano riunite fra di loro in gruppi i quali deri- vano evidentemente dalla suddivisione di un' unica cellula iniziale; ciò è dimostrato facilmente dalla direzione irregolare delle pareti secondarie. Spesso pure la membrana che avvolge il cristallo si mostra alquanto ispessita nei punti in cui s' impianta sulla parete cellulare; però l'ispessimento rimane sempre cellulosico (V.Fig. 11). e) DlOCLEESTAE. Dioclea glyciuioides T)C. Canavalia ensiformis DC. » Jacqxiiiiiaiia Df. » ohtnsifolia DC. Pueraria Tluinbergiaua BG. L' endosperma che manca nelle Canavalia ed è ridotto al solo strato a glutine nelle Dioclea ( nella Dioclea Jacquiniana veramente questo strato a glutine si trova solo in pi-ossimità della sacca radicale ) è sviluppatissimo invece nella Pueraria Thunber- giana. In questa specie il vero endosperma mucilaginoso contiene nei suoi strati più esterni dell' aleurone e dell' olio grasso. In correlazione collo sviluppo dell' endosperma variano le so- stanze di riserva contenute nell' embrione. Nelle Dioclea e nelle Canavalia infatti predomina l'amido in grossi granuli reniformi; nella Pueraria invece predomina 1' aleurone e manca completa- mente r amido. Le membrane del parenchima cotiledonare sono sempre sottili. Non osservai cristalli d' ossalato di calcio in alcuna specie. Atti Acc. Vol. XI, Sbrib 4* — Mem. IX. 5 34 1 cristalli di ossalato di calcio (1) Cajaninae. Cajanus indicus Spr. Rhyuchosia erecta DC. Fagelia bituminosa I)(\ » iiraecatoria DC. Rhyncliosia densiflora DC. » tomeutosa Hook et Arti. ( Cylista villosa Ait. ) Il genere Cylista nella classificazione del Taubert comprende un' nnica specie e cioè la Cylista scariosa Ait. Io non ho potuto studiare i semi di questa sjDccie che non conosco assolutamente; invece ho studiato i semi di Cylista villosa inviatici da Madrid, semi che si staccano completamente per i loro caratteri anato- mici da quelli di tutte le altre Cajaninae da me osservate. Avrei quindi dovuto piuttosto tacerne; ma la presenza dei cristalli di Rosanoff m' induce a farne parola. I semi delle Cajaninae da me osservate o mancano comple- tamente d' endosperma (Cajanus) oppure esso si ti-ova ridotto al solo strato a glutine (Fagelia, Ehynchosia ) ; nell'embrione poi predomina sempre 1' amido in grossi granuli reniformi , mentre r aleurone invece non è rappresentato che da granuli assai pic- coli. L' olio scarseggia moltissimo, e le membrane sono alquanto ispessite sole nelle Ehynchosia. Manca l' ossalato di calcio cristal- lizzato. Nella Cylista villosa V endosperma è pure assai ridotto; vi si discerne appena lo strato a glutine e pochi piani di cellule schiac- ciate e mucilaginizzate. Nell'embrione però la sostanza di riserva predominante è 1' aleurone e d' amido non si scorgono che po- chi e minutissimi granuli ; 1' olio grasso vi si trova in discreta quantità e le membrane del parenchima cotiledonare sono sempi'e sottili. Infine come ho già accennato sparsi per tutto il paren- chima cotiledonare trovansi dei cristalli di Rosanoff del solito tipo. È notevole poi il fatto che spesso le cellule del palizzata, che qui sono molto lunghe, allorché contengono di questi cristalli sono divise trasversalmente da una o due pareti in due o tre nelV embrione delle Legtiminose-Papilionacee. 3f> segmenti ciascuno dei quali contiene un cristallo disposto paral- lelamente all' asse maggiore della cellula ed impiantato coi suoi due estremi sulle pareti divisorie (V. Fig. 8). e) Phaseolixae. Physostigma venenosum Bnìf. Dolichos cultiatus Forsh. Phaseolus hmatus L. » Lablab L. » Mungo L. » naiikiniciis Savi. » tuberosiis Loìir. Vigna sineiisis Endl. » tuukiueiisis Lour. Psophocarpus tetragouolobus I)C. » vulgaris L. L' endosperma manca in tutte le specie. Neil' embrione è notevole la differenza che si trova fi-a il Psoplìocarpvs tetragonolobus (1) e tutte le altre specie da me esa- minate. Difatti mentre in queste ultime l' amido è sempre la so- stanza di riserva predominante e 1' aleurone si presenta sotto forma di granuli assai piccoli, nel Psophocarpus invece predo- mina r aleurone ed è 1' amido che si riduce in granuli minutis- simi. In quest' ultimo poi le cellule del parenchima cotiledonare che hanno le pareti ispessite presentano numerosi cristalli di Ro- sanoff sul tipo stesso di quelle già osservati in parecchie altre Papilionacee. (1) I semi (li cjuesta speoio ci fiirouo inviati dall' Orto Botauico di Saif^oii. 36 / cristalli di ossalato di addo CONCLUSIONI Giunti ormai alla fine del nostro lavoro ed esposto minu- tamente quanto di più importante potemmo osservare sulla pre- senza dei cristalli d' ossalato di calcio nell' embrione delle Papi- lionacee, conviene riannodare le singole osservazioni e sintetiz- zarle nel più breve modo possibile. Il primo risultato delle mie ricerche è naturalmente quello di aver stabilito che nell'embrione delle Papilionacee i cristalli d' ossalato sono tutt' altro che un' eccezione. I generi da me esa- minati furono 98 ; un terzo quindi circa dei 308 generi che questa sottofamiglia comprende nella classificazione del Taubert. Orbene di questi 98 generi ben 33 possedevano cristalli d' ossa- lato neir embrione di tutte le specie da me esaminate e cinque altri poi li possedevano solo in alcune. Negli embrioni delle Papilionacee 1' ossalato di calcio cri- stallizzato può trovarsi : 1. in cristalli di Rosanoff (Loteae, qualche Psoralea, Hedy- sareae-CoromUinae, Dalhergia cochinchinensis e parecchie Pha- seoleae). 2. come incluso dei granuli d'aleurone. L' ossalato di calcio incluso nei granuli d'aleurone può ave- re tre forme : l'"- Sferite. — La sferite può essere piccolissima (3 F-) e rego- larmente elissoidale (p. es. quelle delle Sophoreae) o alquanto più grande e irregolarmente tondeggiante (es. quelle delle Poclali- rieae. 2* Cristallo semplice. — {Lupinus luteus a cristalli solitari , Goodia latifolia e Bossiaea heteropliylla a cristalli numerosi en- tro uno stesso granulo). 3'' Drusa. — (Aeschynomene indica, Dalbergia purpurea). Due foi-me diverse possono trovarsi entro uno stesso embrio- neW embrione delle Leguminose-Papilionacee. 37 ne; così neiV Aeschynomene indica (druse e sferiti) e nel Ptero- carpus indicus (cristalli semplici e sferiti). L' ossalato cristallizzato di preferenza occupa le cellule del parenchima cotiledonare ; qualche volta però anche l' epidermide mostra i suoi granuli d' aleurone forniti d' inclusi di questa so- stanza (p. es. Chaetoccdyx vincentinus). Neil' epidermide non os- servai mai cristalli di Rosanoff ; né vidi mai cristalli di alcuna sorta nella piumetta e nella radichetta. La svariatezza di forme sotto cui si presenta 1' ossalato di calcio cristallizzato nell'embrione delle Papilionacee, unita d'altro canto alla costanza con cui wn dato tipo di cristalli si ritrova alle volte nelle specie di una sottotribù o di una tribù (Podaìy- rieae, Loteae, Hedysareae CoronilUnae) dà a mio parere a queste formazioni cristalline dell'embrione un valoi-e tassonomico di non spregevole importanza. La presenza ed il tipo di struttura dei cristalli da un lato, e la diversa natura della sostanza di riserva predominante dall' altra sono per me dei caratteri dai quali po- trà trarre molto utile chiunque voglia occuparsi della filogenesi di questo importantissimo gruppo vegetale ; ed io credo di avere illustrato abbastanza il mio concetto nel corso del mio lavoro , notando quei casi in cui le mie osservazioni venivano a confer- mare le vedute dei più valenti sistematici sulle atfinità di certi gruppi di Papilionacee. Disgraziatamente spesso mi mancò quel materiale che più sarebbe stato prezioso per osservazioni di que- sto genere. Per quel che riguarda infine i rapporti che cori'ono fra la presenza dei cristalli d' ossalato e la natura della sostanza di riserva che predomina nell' embrione dirò eh' io l' ho trovati di regola in quei semi in cui 1' aleurone predomina e 1' amido o manca del tutto o vi è assai scarso; solo eccezionalmente essi si trovano in qualche specie nel cui embrione 1' amido comincia ad abbondare. Però è giusto notare che anche in quegli embrio- ni che mancano completamente d' amido i cristalli d' ossalato non sono sempre presenti. Del resto noi dobbiamo pensare che 88 1 cristalli d' ossalato di calcio la ricerca microscopica può svelarci il sale solo quando questo è cristallizzato; e se noi ammettiamo che esso (come il Belzuug sostiene per il Lupinus albus) possa trovarsi anche allo stato di soluzione, dobbiamo convenire che solo delle analisi chimiche accurate potrebbero illuminarci sui veri rapporti reciproci fra r ossalato di calcio e le sostanze di riserva dell'embrione. Constatata la fi-equenza dei cristalli di Eosanoff nelle Pa- pilionacee era naturale che io cercassi di osservare quel che di loro avviene durante la germogiiazione, questione importantissi- ma per quel che riguarda il valore fisiologico dell' ossalato di calcio nella pianta ; ed i risultati di queste ricerche già da me iniziate saranno esposti in un' altra memoria che spero di pub- blicare fra non molto. Laboratorio dell'Istituto l)Otauico tìell' Università di Catania. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. 1" Sferiti di Bophora japonica osservati a Xicols incrociati. » 2^ Sferiti di Pultenaea flexili-s. » 3'^ Cristalli del ijarencliiina cotiledonare dell'embrione di Lìqnnun hiteus. » 4* Cellula del parencliima cotiledonare dell' emlirioue di Lujnnus lu- teu.1 con granulo d' aleurone cristallifero. » 5^ Cristalli di Bossiaea heteropliyUa. » 6^ Cellula del parenchima cotiledonare dell' embrione di Bo.maea he- teropliyììa con granulo d' alenrone cristallifero. » 7'"' Cellule del par. cot. di Bossuiea osservate in acqua. » 8^ Parenchima a palizzata dei cotiledoni di Cylista villosa Ait. con cellule cristallifere. » 9* Drusa di Balhergia jmrpurea. » 10" Cristalli e sferiti d'ossalato dell'embrione di Pterocarpus iudieus. » 11=' Gruppo di cellide cristallifere del parenchima cotiledonare dell'em- brione di Eri/thrina viarum. ìtaìt. r s ® TisA" Ti^. 2^ Ti ^ ^ ^ Ti or. 8- Tl.ar.3- Ti«AÙ'- CD 0//^^ ® ^Q^^ o ^A Fi or. 11 IjJC'. ÀAAAnAM^- Lcitcui^uy INDICE Meìnioria Prof. G. D'Abundo — Sulle distrofie muscolari iìrofp-esfiire (con xvi l'ototipii' intoivaliitc) i Proff. A. Ricco e G. Saija — lìimiltati delle ossermzioni meteoroln- (jiche fntte mi (lìiinqtientiio ls!r2-9tJ alVOxaeri-iilorio di Catania Jl Prof. A. Patrone — L'esistenza ilei iiiieieo veli' eniasin aditila dei ìnamiiiiferi (cdu ima tavola) Ili Detto — tSuU'azionv degli acidi, speeialnieiite del forinieo jiella tec- nica della colorazione nucleare, ed un nuovo liquido, il For- mio-Carminio. C'ontrihuto speeiale .-v^Vll ^^^^ y^i/l/l'?^!^'' ffivf /f.^.