^e< <:_ i ite/>^ ^*.:& m^ ^ly^- ;^^^ HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOÒLOGY. ^O.X.vM^%;\'\C^\- JUM 3 1901 '^d'à.^ ATTI 1 DELLA ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI IIV CA.'TAIVIA. ANNO LXXVII 19 0 0 SEFtiE (^TJ j^:eìt J^ VOLUME XIII. ^CATANIA e. GALÀTOLA, EDITOEE 1900 V^ ATTI DELLA ACCADEMIA GIOENIA DT SCIENZE NATURALI IIV C^S.TAIVIA. ANNO LXXVII 19 0 0 SERIE GàXJA-PiT^^ VOLUME XIII. ^CATANIA e. GALÀTOLA, EDITORE 1900 Catania — Stabilimento Tipografico C. Galàtola JUN 8 1901 Accademia Gioenia di Scienze Naturali I N e A T A N I A Cariche Accademiche per l'anno 1899 -'900 UFFICIO DI PRESIDENZA RICCO Cav. Prof. Annibale — Presidente CLEMENTI Oomiii. Prof. Gesualdo — Viee- Presidente GRIMALDI Oav. Prof. Giovan Pietro — Segretario GRASSI (Jav. Prof. (tIUSEPPe — Vice-Segretario per la sezione ili Scienze fisiche e matematiche FELETTI Prof. Dott. Raimondo — Vice- Segretario per la sezione di Scienze naturali CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE BERRETTA Uff. Prof. Paolo ARDINI Prof. Dott. Giuseppe RONSISVALLE Oav. Prof. Mario MINGAZZINI (Jav. Prof. Pio CAPICI Rev. P. D. Giovanni — Cassiere LAURICELLA Prof. Dott. Giuseppe — Bibliotecario Elenco nominativo dei Soci Onorari, Effettivi e Corrispondenti Soci Onorari NOMINATI DOPO L' APPROVAZIONE DEL NUOVO STATUTO Gemmellaro cotiun. prof. Gaet. Giorgio Chaix prof. lOmilio Macaluso conni), prof. Damiano Cannizzaro gr. ufi', prof. Stani.slao Mosso coiniii. prof. Angelo Blaserna comm. prof. Pietro Villari eonnn. prof. Emilio Naccari nff. ]>rof. Andrea Striiver comni. prof. Giovanni Ròìtì ufi', prof. Antonio Cerniti comm. i)rof. Valentino Berthelot prof, ivrareellino Rowland prof. Enrieo Grassi cav. prof. Battista Schiaparelli comm. prof. Giovanni Wiedemann prof. Eilliard Capellini comm. prof. Giovanni Righi cav. i)rof. Angusto Soci Effettivi s. u. 11, 12, 13, 14, 1.5, Cafici rev. p. d. Giovanni Berretta ufi', prof. Paolo Ardini prof. Giuseppe Tomaselli comm. prof. Salvatore Clementi comm. prof, (xesualdo Orsini Faraone prof. Angelo Ronsisvalle cav. prof. Mario Basile prof. Gioachino Capparelli ufi', prof. Andrea Mollame cav. prof. Vincenzo Aradas cav. prof. Salvatore Di Sangiuliano march, gr. ufi'. Ant, Ughetti cav. jirof. (Tiambattista Fichera uff. prof. Filaerto SOCI Effettivi DIVENUTI CORRISPONDENTI PER ALLONTANAMENTO DI RESIDENZA Speciale prof. Sebastiauo Stracciati prof. Eurico Peratoner prof. Alberto Chiarleoni cav. prof. Giuseppe Leonardi comm. avv. Giovauni Ricciardi ufi', prof. Leonardo Ohizzoni iug. prof. Francesco Soci Corrispondenti NOMINATI DOPO L' APPROVAZIONE DEL NUOVO STATUTO Pellizzari prof. Guido Maggi cav. prof. Giovauni Antonio Martinetti prof. Vittorio Meli prof. Koiuolo Papasogli prof. Giorgio Condoreni Francaviglia dott. Mario Pisani dott. Rocco Bassani cav. prof. Francesco Caglio cav. prof. Gaetano Moscato dott. Pasquale Guzzardi dott. Michele Alonzo dott. Giovanni Distefano dott. Giovanui Cozzolino uff. prof. Vincenzo Magnanini prof. Gaetano Sella prof. Alfonso Pagliani cav. prof. Stefano Chistoni cav. prof. Ciro Galitzine Principe B. Battelli cav. prof. Angelo Guglielmo pi-of. Giovauni Volterra cav. prof. Vito Cardani cav. prof. Pietro Garbieri cav. prof. Giovanni Giannetti cav. prof. Carlo Cervello conini. prof. Vincenzo Albertoni cav. prof. Pietro La Monaca dott. Silvestro Luciani còmm. prof. Luigi Zona cav. prof, Temistocle Bazzi prof. Eugenio Chirone cav. prof. Vincenzo Marselli prof. Enrico Raffo dott. Guido Materazzo dott. Giuseppe Borzì cav. jirof. Antonio Falco dott. Francesco Del Lungo dott. Carlo Giovannozzi prof. Giovanui Kohlrausch prof. Giovanni Zambacco dott. jST. Donati i)rof. Luigi Marchesane prof. Vincenzo De Heen prof. P. Pernice prof. Biagio Caldarera dott. Gaetano Salomone Marino prof. Salvatore Pandolfì dott. Eduardo Lo Bianco dott. Salvatore Guzzanti cav. Corrado Valenti prof. Giulio Majorana dott. Quirino Staderini prof. Eutilio * Divenuto socio corrispoudonte per tlimissioue del grado di eifettivo. Memoria S. Ricerche magneticlie per R. MANZETTI ed A. SELLA. ( con una tavola ) INTRODUZIONE. Ci siamo proposto in queste ricerche di studiare il compor- tamento di sostanze debolmente paramagnetiche o diamagneti- che, isotrope 0 cristalline, in campi magnetici poco intensi, del- l' ordine di poche decina di unità e. g. s. Il metodo da noi scelto per detei'minare i coefficienti di suscettività magnetica, è quello di misurare la fòrza, con cui viene sollecitata una porzione della sostanza in un campo non uniforme. Il nostro lavoro si divide quindi in due parti distinte, di cui la prima comprende la de- tei'minazione del campo magnetico, e la seconda la misura della forza mediante una bilancia di torsione. Poiché il valore del coef- ficiente di suscettività nei corpi debolmente paramagnetici o dia- magnetici è molto basso , le forze, che entrano in giuoco , sono molto piccole quando si tratti di campi deboli ; da ciò la neces- sità di l'icon-ere a mezzi di grande sensibilità, che dal loi'o lato importano minute e laboriose precauzioni. Riserviamo ogni discussione sopra lavori precedenti intorno a questo argomento alla fine delle nostre ricerche. Determinazione del campo magnetico. 1. Il campo magnetico venne prodotto per mezzo di un ma- gnete permanente di acciaio, cilindrico, della lunghezza di 12 cm. Atti Acc. Vol. XIII, Serie i' — Mem. I. 1 B. Manzetti ed A. Mia [Memoria I.] e del diametro di 2 cm. Il cilindro era stato magnetizzato nello interno di una lunga bobina accuratamente uniforme e poi ac- climatato mediante una numerosa serie di immersioni alternati- ve in bagni a 40° ed a 0° ; per tutto il tempo delle esperienze poi fu sottratto colla massima cura ad urti o scosse di qualun- que genere, e mantenuto a temperature comprese fra 10" e 20°. Consideriamo dunque il campo magnetico intorno al prolun- gamento dell' asse del cilindro ; il campo si potrà supporre sim- metrico intorno ad esso, che assumeremo per asse delle x. Se quindi 1' energia potenziale F„ in un punto dell' asse è data dalla serie, che procede secondo le potenze discendenti del- le X : F,,, = a + ^ + -ì- ^ -f .V X x^ V energia potenziale T" in un punto qualunque dello spazio sarà data da : PPT in cui Po, Pi, P-2^ sono le funzioni sferiche di prima spe- cie, ad una sola variabile, del Légendre : P„ = 1 ; P, = IM A = ^ 1^' - -77 ' in cui r è il raggio vettore da una determinata oingine sull'asse di simmetria, |J- il coseno dell'angolo che questo raggio fa con lo asse delle x. Dall' espressione di V si ricava quella della componente F^ della foi'za lungo 1' asse : Ricerche magnetiche Il metodo sperimentale tenuto per la misura del cauìpo fu quello solito di far ruotare di 180° intorno ad un asse normale a quello di simmetria, una bobina a questo coassiale , e di mi- surare con un galvanometro balistico la quantità di elettricità messa in moto nel circuito per effetto di questa rotazione, e pa- ragonando questa quantità con quella messa in moto nello stesso secondario da un campo uniforme di nota intensità. Supponiamo ora di avere una spira circolare normale all'as- se e col centro sull' asse, e che si rovesci nel modo suddetto. La quantità di elettricità Q messa in moto sarà determinata dalla relazione in cui S indica 1' area della spira, R la resistenza del circuito in cui è inserita la spira, ed F V intensità della forza costante in tutti i punti dello spazio occupato dalla spira, se il campo fosse uniforme e diretto secondo l'asse delle x. Nel nostro caso inve- ce F diventerebbe F' data da: F' = - -T ì ^ 2xp^'p , essendo p il raggio della spira. Ossia, arrestando la serie, che e- sprime V, al terzo termine ed indicando con :>■ il coseno dell'an- golo che il raggio vettore alla circonferenza della spira fa con r asse delle x, F'=-^\2a, (,x - 1) + ^' di.'- - 1) + ^^ (1^^ - I'-) { • Se invece di una sola spira si ha una serie di spire poste R. Mmizetti ed A. Mìa [Memoria I.] nel medesimo piano, da un raggio fi ad un raggio Pa, si dovreb- be porre nella (1) in luogo di F V espressione : P2 — Pi J P2 — Pi I \ a-p, .rpi p, Pi / , 1 / P. P^_\ ^ „ J_ /•%^^ + ^Pl_3p.^^ + 2p^\ Se finalmente si ha, come nel caso nostro, una bobina di sezione rettangolare, coi due raggi Pi e pg e colla lunghezza a\ — ;^i, in luogo di F dovremo po)Te ,) (^2— -^i) f f ^^''"' J^i «-'fi (P2 — Pi) (^2 — Eseguendo l' integrazione si trova QB__2a^ '2a, ; r-r, ^ r,-r, _^ ^^^.^ (^'^-p.) ('--pi) ì 28 ^ P1P2 {^,—x,) (P2-P1) * P2 Pi " ('•2-P2) ('-s-pi) \ (J'2 — iPi) (p2 — Pi) ( P2 i»2 p2 ^-1 Pi *'2 pi *'l ^ 1 «2 t P?_+_P^ + _P^ P^), (2) K-^i) (P2-P1) ^ ^In cclr' xln alpi ^' in cui ì\, 1\, Va, Vi sono dati da ri = a;! + pi »1 = x^ + p^ ,-| = «1 + pj »-'4 = a;^ + p2 . Se ora noi facciamo ruotare la medesima bobina in un cam- po uniforme di intensità conosciuta F, oppure tenendo fissa la bobina, invertiamo la direzione del campo, F potrà venire rife- Bicerclt e m af/n etich e rita alla deviazione a di nn galvanometro balistico in circuito colla bobina. Trovata così la relazione empirica che lega i^ ad a noi co- nosceremo senz' altro il membro a sinistra della (2). Sostituendo poi i valori Xq, x^, {\, i'^, 1\. n, n, n, che corrispondono ad un certo numero di posizioni determinate della bobina , si potrà ricavare dalle osservazioni il valore delle costanti a,:, , «i ,«2 , col metodo dei minimi quadrati. La questione, che si presenta subito, è la scelta opportuna dell' origine per ottenere che la serie rappresenti la porzione del campo che interessa, con la precisione desiderata, mediante il minor numero di termini possibile; p. es. mediante tre soli termi- ni. Per trovare la posizione di quest' origine, cioè la sua distan- za dalla faccia terminale del magnete, abbiamo preso due os- servazioni agli estremi del tratto da campionarsi, e supposto co- stante il campo nello spazio occupato dalla bobina, abbiamo posto : in cui X è la distanza del centro della bobina dalla faccia ter- minale del magnete. Abbiamo cosi trovato, eliminando la a, per ^ il valore approssimato di -i- 0. 5 cm . Così la x rappresenta d' ora innanzi la distanza a partire da un' origine che si trova neir interno del magnete ad una distanza di cm. 0, 5 dalla sua faccia terminale. Insistiamo molto sulla necessità di una scelta opportuna dell' origine. Ponendo questa nella faccia terminale o nel centro del magnete (con la quale posizione si potrebbe mandare a zero i termini pari della serie che dà F, se il cilin- dro avesse simmetria magnetica intorno al suo centro geometrico) si ottengono delle serie , che con tre termini presentano una concordanza molto minore fra valori osservati e calcolati. 2. Veniamo ora alla descrizione della disposizione colla qua- le abbiamo determinato la relazione tra F, ossia l' intensità del R. Manzetti ed A. Sella [Memoria I.J campo uniforme in cui rotava la bobina , e la deviazione a del galvanometro balistico. Il campo uniforme era ottenuto col mezzo di una spirale della luno-hezza di circa 1 metro e del diametro interno di circa 4 cm. Questa grande bobina appositamente costruita e con la massima cura, era formata da un tubo di vetro intorno a cui erano avvolti 4 strati di tilo di mm. 0,5 di diametro , separati fra loro da un foglio di carta liscia. Durante la costruzione, ap- pena compiuto uno stato, la bobina veniva posta sulla macchi- na a dividere , e se ne misurava la costante determinando la lunghezza occupata da un certo numero di spire in due o tre posizioni della parte centrale della bobina. A titolo d' esempio riportiamo le misure fatte pel primo strato. vo (li spiro liiughezza Costante 130 7,'^'" 437 17. 479 IGS 9,'^'" (339 17. 429 La costante di tutta la bobina fu determinata così in 69, 607 di modo che si poteva arrivare sino ad un campo di 90 unità assolute con la corrente massima di 1 ampèi-e, il che per- metteva di comprendere interamente il tratto del campo da campionarsi, senza ricorrere ad extrapolazioni. Dai numeri ri- portati si vede che la precisione con cui è conosciuta la costan- te della bobina non è grande, per quanto 1' uniformità del cam- po fosse sensibilmente raggiunta (come si poteva verificare spo- stando la bobina di esplorazione) : ed effettivamente in misure assolute questa determinazione, a meno di accorgimenti speciali nella costruzione, dei quali noi non abbiamo disposto, è forse la più incerta. La determinazione della intensità della corrente circolante nella spirale non fu cosa agevole; i galvanometri a magneti fissi che avrebbero consentito le misure durante il giorno (si ricordi che r Istituto Fisico di Eoma è continuamente soggetto a per- turbazioni magnetiche prodotte dalle tramvie elettriche di città) Ricerche magnetiche presentano sempre una certa incostanza dello zero e della sen- sibilità sia per effetto delle variazioni di temperatura , sia per fenomeni di elasticità secondaria nella sospensione; d'altra parte graduazioni di galvanometri a magneti mobili sarebbero state penose dovendosi in tal caso eseguire le misure voltametriche di notte, per la necessità di alternare il campionamento colle misure delle deviazioni balistiche. Il metodo adottato è quello noto di compensazione, ed indicato schematica- mente neir annessa figura. In AB era la presa di coiTente da una batteria di ac- cumulatori, C la bobina che generava il campo, r un reostato, k un commutatore TT' un reostato Bidwell a tamburo girante a un contatto corsoio; su Ta una deriva- -1--4 zione in opposizione alla /. e. della pila ~ campione e; in questo circuito derivato -I— ^era ancora un interruttore / ed una re- _J sistenza grandissima ?•' ( circa 20 mila " ohm. ) per impedire la polarizzazione della pila. Finalmente in G un galvanometro sensibilissimo Ayrton Mather. Ora se la resistenza Ta = E è regolata in modo che chiudendo in / , il galvanometro non accusi deviazione , si ha e= i R , essendo i la corrente che circola nel circuito pri- mario. Bastava quindi conoscere e ed E per avere i. Perciò chiuso il circuito primario si girava il tamburo TT' finché il galvano- metro non sentisse una chiusura od apertura in /. Ciò fatto, im- mediatamente dopo , con un semplice sistema di commutatori , che si può facilmente immaginare , si misurava la resistenza Ta con un ponte di Siemens, servendosi dello stesso Galvano- metro G. Il filo del reostato T era di platinoide, avvolto sopra un ci- lindro di lavagna , e poteva sopportare senza riscaldamento , e Ji'. Manzetti cri A. tSella [Memoeia 1.] quindi senza variazione apprezzabile di resistenza, correnti fino ad 1 ampère; la resistenza totale del filo era di circa 11 ohm. La forza elettromotrice e era data da un campione Guy (*) del valore di 1,391 volta internazionali e con un coefiìciente di tem- peratura trascurabile nelle condizioni in cui operavamo. Si dovette porre una cura straordinaria nell' isolamento del galvanometro e del circuito derivato; poiché, essendo la linea che veniva dagli accumulatori posti in cantina imperfettamente iso- lata, bastava toccare con un dito un punto qualunque del cir- cuito derivato, perchè il galvanometro accusasse delle deviazioni molto rilevanti. Neil' interno della bobina primaria magnetizzante C era po- sta la bobina di esplorazione in circuito con un galvanometro balistico, di cui si leggevano le deviazioni al funzionare del com- mutatore k. Data la piccolezza della bobina esploratrice (come doveva poi essere per la determinazione del campo non uniforme) e la debole intensità del campo, si dovette ricorrere ad un gal- vanometro tipo Thomson (Siemens) sensibilissimo, astatizzato al massimo grado (durata di oscillazione circa 15") e di bassa re- sistenza. La bobina era lunga cm. 0,5 ed aveva il diametro in- terno di 0,4 e r esterno di 0,9 , e 1' avvolgimento accuratissimo era fatto con filo di rame da 0,1 mm. di diametro. (Area to- tale della bobina circa 140'='"'' ). Allorquando si faceva passare nella bobina primaria una cor- rente di circa 1 ampère, ciò che era necessario per pi-odurre cam- pi di intensità paragonabili a quelli prodotti dal magnete per- manente , si osservò che si aveva nell' interno della bobina un forte aumento di temperatura ; donde la necessità di tenerne conto per apportare la correzione opportuna alla resistenza della bobina esploratrice. Fu quindi misurato il coefficiente termico di (*) Detto campione appartenente al prof. Vanni fu da lui comparato con due Latimer- Clark ed un altro (4uy ; gli rivolgiamo vive grazie per avercelo lasciato per le nostre mi- suro. Ricerche magnetiche resistenza della, bobina, che risultò di 0,00390 (gradi ~^), la re- sistenza della bobina a 13° in 15, 919 ohm, della linea in 2, 582 ohm. del galvanometro in 5,475 ohm; dati questi necessari solo per la detta correzione di temperatura. Il campionamento del galvanometro si dovette fare tra le 1 e le 6 antimeridiane per mettersi al sicuro dalle perturbazioni prodotte dalle tramvie elettriche. Si introduceva la bobina esplo- ratrice fissata con cera ad un cilindro di legno nel!' interno della bobina primaria in modo che l'asse della bobina coincidesse colla direzione del campo, in vicinanza ad essa un termometro, essendo r interno ben protetto da correnti d' aria. Chiuso il circuito pri- mario si aspettava che la temperatura nell' interno della bobina fosse divenuta stazionaria , ciò che si riconosceva sia al termo- metro, sia con misure balistiche invertendo rapidamente la cor- rente. Le corrispondenti deviazioni andavano lentamente decre- scendo per r aumentare della resistenza sia del primario, sia del secondario. Quando queste deviazioni erano divenute costanti, (era talora necessario attendere oltre mezz' ora) uno di noi compiva la misura d' intensità, e contemporaneamente 1' altro leggeva le deviazioni al galvanometro balistico ed il termonaetro nell'inter- no della bobina primaria. Non essendo risultata proporzionalità fra intensità del campo e le deviazioni — sopratutto perchè il gal- vanometro era fortemente smorzato, il che impediva anche di po- terne misurare il decremento logaritmico — si cercò di esprimere la relazione fra F ed a colla formiila : F =^ firx -(- ha' -+- ca^ , essendo a la deviazione balistica in arco, e calcolando le costanti a, h, e, col metodo dei minimi quadrati dalle osservazioni fatte. Ecco i numeri osservati: Nella prima colonna stanno le deviazioni 5 in mm. (Distanza della scala dallo specchio cm. 212) nella seconda le resistenze Ta, nella terza le temperature della bobina ^, nella quarta i valori Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4* — Meni. I. 2 10 R. Manzetti ed A. Sella [jMemokia I.] di F in unità assolute : i numeri rappresentano naturalmente le medie di molte letture. z Ta t F 119, 05 10,33 130.2 11, 796 253, 17 4,86 17", 0 25, 072 377, 00 3,27 220,6 37,264 490, 90 2,512 30", 0 48, 508 Da questi dati, tenuto conto di tutte le correzioni, si è cal- colato : — 2 — 6 — 9 F = 10 . 9, 877 a + 10 . 0, 505 a- + 10 . 3, 202 a^ Per mostrare la precisione di questa formula riportiamo i valori F/'a osservati e calcolati , Osa. Cale. A 0, 10005 0, 09958 -+- 0, 00047 0, 10006 0, 100G2 — 56 0, 10129 0, 10167 — 38 0, 10318 0, 10273 + 45 3. Prima di determinare il campo generato dal magnete abbiamo dovuto determinarne il coetficiente di temperatura, per- chè le misure magnetiche e quelle colla bilancia di torsione ven- nero necessariamente fatte in tempi e luoghi diversi. Il magne- te solidamente fissato arrivava nell' interno di una bacinella in cui si poteva versare dell' acqua a 0° e verso i 30°. Vicino era disposto un magnetometro delle tangenti. Operando nel soli- to modo si trovò per il coefficiente di temperatura il valo- re—0,00057. Passiamo ora alla descrizione dell' apparecchio per 1' esplo- razione del campo del magnete. Esso è rappresentato nella fi- gura 1", Tav. ^ è un sostegno di legno che sorregge il magnete in posi- Bicerclie magnetiche 11 zione orizzontale; B(.' un' asticella di ottone divisa in mm. e pa- rallela al magnete. D un corsoio a sfregamento sull' asticella che porta un sostegno fisso in cui è posta la bobina. Il sostegno è di ottone rettangolare e nei punti E ed F porta due viti, intorno alle cui punte può girare la bobina G. In H è un pernotto a cui è raccomandato un estremo di un piccolo anello di gomma elastica, r altro estremo del quale è fissato alla piccola asticella L, che funziona da arresto fra le due intaccature M ed' N disposte in modo che mentre L va da una all' altra, la bobina compia una rotazione di 180". L' uso dell' elastico era un metodo molto sem- plice e sicuro perchè questa rotazione si facesse in tempo bre- vissimo ; allorché 1' arresto veniva portato a mano da M ad N V elastico si tendeva e, lasciando libei'o L, riportava rapidamen- te il sistema nella posizione primitiva. L' asse della bobina si faceva facilmente coincidere coli' asse del magnete portando la bobina a combaciare colla faccia terminale del magnete. Il co- struttore aveva poi posto ogni cura che l'asse della bobina fosse normale all' asse di rotazione E F e che M, N e V asse di ro- tazione fossero in uno stesso piano. L' asse del magnete era disposto in direzione normale al meridiano magnetico, per eliminare l'azione del campo terrestre: in direzione parallela al meridiano magiietico le deviazioni gal- vanometriche sarebbero cresciute da 2 a 3 mm. Le misure dovevano eseguirsi nella notte ed alternativa- mente con quelle di campionamento del galvanometro balistico per impedire che variazioni di temperatura o cause accidentali non cambiassero la sensibilità del galvanometro. Un' ultima os- servazione da farsi a proposito di queste misure è sulla posizio- ne di zero del galvanometro. La grande sensibilità e la bassa resistenza di questo, facevano si che per quanto il circuito fosse tutto di rame e 1' interruttore di ottone, nell' atto della chiusu- ra si producevano facilmente delle forze elettrc>motrici termoelet- triche, che, usando ogni cautela, furono ridotte a produrre spo- stamenti di alcuni mm. della scala, ma non ad essere compie- 12 R. 31anzvtti ed A. Sella [Memoria] tamente aiiaullate. Pei'ò siccome esse si mantenevano abbastan- za costanti nella durata di una misura, fu eliminata la loro in- fluenza prendendo per punto zero la posizione di riposo dell'ago a circuito chiuso. Per eseguire alloiu le misure si portava a mano 1' arresto da M ad JSf (avendo provveduto con ricoperture di ovatta che la vicinanza della mano non producesse riscaldamenti né del magnete , né della bobina) si osservava lo zero del galvanome- tro, e lasciando libero 1' arresto si leggeva la deviazione impul- siva, notando contemporaneamente la temperatura dell' ambien- te e la distanza sull' asticella BC. Per avere la distanza del 1° giro di filo di questa , avevamo fatto in modo che quando la bobina era a contatto con la faccia del magnete, l' indice sulla sbarretta si trovasse allo zero ; e quindi bastava aggiungere alle distanze lette, la distanza del bordo esterno della bobina dal 1° giro di filo, misurata sulla macchina a dividere. Il corsoio, che portava la bobina, era fornito di un nonio che poteva misurare i ventesimi di mm. ; però esso servì solo a porre con precisione 1' indice coincidente con una divisione della sbarretta di ottone. Ora benché nelle nostre formule en- trasse la distanza, a potenze superiori alla seconda , possiamo provare che la precisione, con cui si faceva 1' operazione suddet- ta, era sufficiente ; infatti se si eseguivano 5 o 6 misure di de- viazione ad una stessa distanza spostando ogni volta il corsoio e poi rijDortandolo nella posizione fissata, si ottenevano delle de- viazioni che differivano al massimo fra di loro di 2 o B milli- metri nel caso di 600 di deviazione totale, mentre un errore di posizione di un ventesimo di mm. avrebbe portato una devia- zione almeno doppia. Riferiamo ora i numeii ottenuti notando che fu studiato il campo nelle vicinanze di uno solo dei poli del magnete. Nel- la 1" linea stanno le distanze (/ in cm. lette sul corsoio , nella seconda la media delle deviazioni balistiche 5 in mm. (le medie sono di 6 osservazioni, concordanti fra loro sì che lo scartamen- Bicerche magnetiche 13 to massimo dal medio laon supera il 2 per aiille) e nella terza le corrispondenti intensità F calcolate colla (3) d = 1 1,5 2 -'1 "^ 3 3,5 S = 101, 0 275, 9 199, 0 119, 56 115, 6 91, OS F = 11, 605 28, 253 20, 157 15,111 11, 610 9, 210 I numeri così ottenuti per F ci rappresentano altrettanti valori del membro a sinistra della (2) ; i corrispondenti x^ sono dati dalle d più lo spessore del bordo della bobina (cm. 0,4945) più la ^ calcolata in 0, 5, come si disse sopra. Inoltre si aveva aia = 0^1 + 0, 5 ; [\ z= 0, 2 ; {'■> = 0, 45. Calcolando coi minimi quadrati i valori di Gq , «i, «a nella (2) si è trovato : F = 183, 9217 ^ -f- 2 . 83, 0939 -^ - 3 . 79, 1033 -f- (3) r- j-3 r' Presentiamo ora un para,gone tra i valori di F osservati e quelli calcolati colla formola precedente (3) per dimostrare che questa rappresenta bene il tratto di campo esplorato. Oss. Cale. A 41, 005 41, 596 — 0, 009 28, 253 28, 295 + 42 20, 157 20. 091 — 66 15, 111 15, 194 -t- 83 11, 640 11, 563 — 77 9,210 9,227 + 17 Determinazione della costante di suscettività K in corpi isotropi. 1. Conoscendo il campo magnetico, si tratta ora di deter- minare quale sia la forza, con cui viene sollecitata una porzione della sostanza da studiarsi, qualora venga immessa in esso campo. Supporremo in primo luogo che questa porzione sia contenuta in un volume v piccolo, ponendoci però nel caso generale in cui il 14 i?. Manzetti ed A. Mìa [JMejioeia I.] volume sia in una posizione qualsiasi fuori dell' asse , cioè nel- r intorno del punto F di coordinate polari re 6 e ricerchiamo quale sia la forza ponderomotrice, con cui viene sollecitato in una determinata direzione T facente 1' angolo ? coi raggio vettore r (questa direzione sarebbe nel nostro metodo di misura la normale al braccio di leva della bilancia di torsione, con cui, come ac- cennammo in principio, noi misuriamo le forze.) L' enei'gia E posseduta dall' elemento v sarà data da : 2 {\ cV J \2(rO)J E='-^]l^^\ ■+- I ^^ I j in cui K è la costante di suscettività. Se quindi indichiamo con ,() rispettivamente le componenti della forza ponderomotrice da cui è sollecitato l'ele- mento nella direzione del raggio vettore r e nella direzione nor- male ad esso re, avremo : (I) — _- -— - ^ Kv j_/?rY 1 5r d'Y \ r 2 dr I dr di~ _ Kv dis _ ^^ \ 1 ?r a-r i jr yv_ j ^rl) — ~2~ d(^) ~ \ ~V "aT JìW "^ ^^ IT IF \ e ricordando ancora che abbiamo posto F = ff + -^ -<- -^ cos © -+- -^ (3 cos^ e — 1) r 1" 2r' sarà ancora : 0 = _ Kv ]^J!^^ cos e + ^-^^ (.3 cos^6 - 1) + ^ (3 cos^ 6 -^ 1) r ( r^ ì-^ r' r' ^^ cos^ e + -^ (5 cos* 6 - 2 cos^ 6 4- 1) Ricerche maynetiche 13 $ „ = — A'y seu 6 — V h ^^ cos (9 + -^^ cos 6 H f-' j-G / r^ r^ ?•' r* + ^ COS e (5 cos^ e - 1) E finalmente la forza $ ^ nella direzione T sarà data da : ^ (che contiene come fattore il pro- dotto sen » sen 6 ) diventa trascurabile rispetto al primo ; per analoga ragione nel secondo termine si può porre cos (i=l ; il che semplifica assai i calcoli. Vediamo in secondo luogo come si possa tenere conto della estensione del corpo che si immerge nel campo. La forma sia quella di un cilindro di raggio p e di lunghezza 2^ : noi sup- porremo adesso che il suo asse coincida con 1' asse di simmetria; sia X V ascissa del centro. Allora noi avremo che l'energia E del cilindro vale : E= I dx I 2-epr7p, essendo «= (^^j + [W^i)) Indicando con -q il valore dell'integrale 1 ^izeijdf si ha : fc/O a] / 3 2j-- 1 \ „ / 1 x'\ 'Mil/_5_ 1 _ _«^ Jl_ ^ L _L\ ' "*" ^l ~6" ~af ~ »•'» "^ T r« 3 x'' j \ IG B. Manzetti ed A. Sella [Memoeia I.] Dovendo poi passare dall' energia alla forza i> con cui il ci- lindro viene sollecitato noi troviamo senz' altro: $ =(0:=h(^):; se Xi e X2 sono le ascisse delle due facce terminali del cilindro. Per dare un' idea dell'errore, che si commetterebbe supponen- do che il campo abbia in tutti i punti il medesimo valore che al centro, diremo che alla distanza di circa cm. 4, 2 con jj =0,46 X., — Xi ^^= 0,34 si commetterebbe un errore dell' un per cento circa; 1' errore diventa sensibilmente maggiore a distanze minori. 2. Pa.-siamo ora alla descrizione della bilancia di torsione. Per le dimensioni e la forma di questa siamo entrati nell' ordine di idee del Boys, il quale consiglia di ridurre al minimo le dimen- sioni della bilancia, per evitare 1' azione così nociva delle correnti d' aria , e di aumentare corrispondentemente la sensibilità del filo. Questo era di quarzo , non dei più sottili e lungo circa 7 cm. La custodia della bilancia era costituita ( fig. 2''' ) Tavola da un tubo B di grossa lastra di rame, sostenuto da un tubo A infisso in un pilastro di travertino. Il tubo B (fig. Q") portava superiormente il coperchio C, adattato a sfregamento, portante nel centro un cilindro di ottone D forato assialmente e che per mezzo di una vite senza fine po- teva rotai^e intorno al suo asse. Nel foro assiale di D scorreva un' asticella di ottone, fissa- bile con una vite, ed il cui estremo inferiore era tagliato in mo- do da presentare un piano passante per l'asse e con una leggera intaccatura assiale in cui veniva adagiato e fissato il filo di quar- zo. La parte inferiore della custodia era costituita da un semi- cilindro limitato da una parete verticale passante per 1' asse e formata da una lastra di vetro ; questo semicilindro si poteva al- lontanare per maneggiare la bilancia di torsione ed il piano verti- cale permetteva di avvicinare il magnete dall'esterno alla porzione di sostanza sospesa alla bilancia. Rieerclie magnetiche A jr 23 Questa dopo molti tentativi fu scelta a forma di T rove- sciato e non sarà inutile dire come fu costituita. Si prese una lastra di al- luminio di forse ^/m di mm. bene spianata, e si segnavano sulla macchina a dividere le linee come dalla figura in mo- do che le distanze 2-3 fossei-o uguali a 2 mm. le distanze 0-2 di 20 mm. e le 0-1 di 1 mm. Con una lima finissima si tolse tutto quello che restava fuori del contorno delle lineo tirate in pieno. Leggere intaccature fatte con coltello affìlatissimo sulla 0 verso la punta e sullo spessore della lastra nei punti 2 servivano a fissare il filo di quarzo o ad accogliere i fih di sospensione. Un leggerissimo specchietto di \'2 cm. di diametro ed uno smor- zatore di mica vennero fissati all' appendice verticale. Data la grande facilità di rottura del filo per il più piccolo urto, e dovendo continuamente operare sulla bilancia per attac- care dei pesi nella misura del momento d' inerzia o le sostanze da studiarsi magneticamente, si costruì un piccolo sostegno rappresen- tato dalla fig. 4'' su cui veniva ad adagiarsi la bilancia facendo scorrere 1' asticella superiore e liberando così il filo da trazione. Esternamente alla custodia e normalmente al braccio di leva della bilancia era un sostegno per il magnete formato da. una tavoletta di legno duro fissata, come si vede nella figura 3'' in modo da poter innalzare od abbassare il magnete. La tavoletta di legno portava una scanalatura semicircolare dello stesso dia- metro del magnete, parallelamente alla quale era una guida di ottone divisa in cent, e mill. Ad un estremo della scanalatura era fissata una lunga vite di ottone ad un capo della quale era posto un pezzo di ottone F, che veniva a scorrere parallelamente a sé stesso col muovere della vite e combaciando con un' estremità del ma- Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4* — Mem. I. 3 18 B. Manzetti ed A. Sella [Memoria I.] guete serviva a misurare gli spostamenti lineari di questo. 11 cilindro B fu fissato mediante viti nel piombo fuso sul pilastrino della camera a temperatura costante posta nella can- tina dell' Istituto. Essendo il pilastrino isolato dal pavimento non si avevano a temere gli effetti di urti meccanici o di trepidazioni ; si può asserire che queste misure sarebbero state impossibili in una stanza ordinaria da lavoro anche fissando 1' apparecchio al muro, causa le continue oscillazioni a cui in tal caso la sensibile bi- lancia è soggetta. Coli' essere poi la stanza a temperatura co- stante (escursione diurna non superiore ad 1°) per la mancanza di finestre e la presenza di una camera d' aria, che circonda tutt' all' intorno le pareti si evitò un altro inconveniente gravis- simo, cioè le correnti d' aria che si generano nell' interno del- l' apparecchio a causa delle ineguaglianze di temperatura nei diversi punti di esso. La stanza era mantenuta all' oscuro, illu- minandosi la scala del cannocchiale a 2 metri circa dall' appa- recchio con una lampadina elettrica. In queste condizioni si ot- tenne uno zero quasi periètto nel sistema sospeso ; e le varia- zioni di 1 o 2 mm. in una serie di misure che durava una set- timana, erano probabilmente da ascriversi a movimenti del ta- volo in cui era posto il cannocchiale o di questo stesso, anziché a spostamenti angolari del filo di quarzo ; questa costanza de- poneva anche per un buono e riuscito attacco del filo. 3. La misura della costante di torsione del filo venne ese- guita col solito metodo delle oscillazioni. Per variare il momento d'inerzia del sistema oscillante si usò dapprima il metodo del Boys, cioè di attaccare ad un gan- cio inferiore della bilancia (fatta a croce e quindi diversa da quella adottata definitivamente e sopra descritta) un cilindretto o un disco di dimensioni note. Però questo metodo non ci diede risultati soddisfacenti: at- taccando più volti i sovrappesi si avevano risultati troppo di- scordanti fra di loro, data la precisione con cui si potevano ese- Ricerche magnetiche 19 guire le misure di durata d' oscillazione ; di più dovendo essere piccolo il peso per non rompere il filo , risultava piccolo il mo- mento d' inerzia e piccola relativamente la durata totale dell'e- sperienza , che è quella che decide della pi'ecisione , ed inolti-e si faceva n pure molto sentire gli errori nella determinazione della forma del corpo appeso. Fu quindi adottato il metodo di Gauss appendendo alle in- taccature 2-2 dei fili di ottone di peso uguale a meno di 1 de- cimo di mmg. Allora essendo stata accuratamente costruita la bilancia , la distanza del punto di attacco dall' asse di rotazione della bi- lancia era conosciuta con grande precisione e con un piccolo peso, data la distanza forte dall' asse (2 cm.) , si poteva ottene- re dei momenti d' inerzia di gran lunga superiori (anche 30 o 40 volte) a quelli ottenuti con 1' altro metodo, aumentando cosi grandemente la durata totale delle esperienze. La costanza del modulo di torsione del filo di quarzo si mantenne perfetta ; osservazioni i-ifatte 3 mesi dopo le prime misure diedero risultati che non differivano dai primi se non nei limiti degli eri^ori di osservazioni. Per la misura del tempo fu adoperato un eccellente crono- metro a compensazione, tascabile, Dent, accuratamente campio- nato air osservatorio del Collegio Romano ; 1' incertezza dell' an- damento in diverse condizioni di posizione e di temperatura non arrivando che ad 1 o 2 secondi nelle 24 ore. Si cominciava con ampiezze di oscillazione molto forti (fino a 180°) e si fiacevano ancora ottime misure con ampiezze di po- chi centimetri nella scala del cannocchiale posto a due metri di distanza. Per mettere in oscillazione la bilancia si fece un piccolo foro nella custodia al livello di una delle braccia ; in questo foro passava un tubetto di gomma in comunicazione con una peretta di gomma : premendo questa leggerissimamente si produceva una leggera corrente d' aria sufficiente a far deviare la bilancia di quanto era necessario. 20 B. Manzetti ed A. Sella [Memoria I.] Il metodo di osservazione consisteva nell' osservare i pas- saggi per la posizione di riposo dalla prima alla decima oscil- lazione e dalla trentesima alla quai-antesima e facendo poi la media di 10 dnrate di 30 oscillazioni. A l)ilancia scaiica essendo però impossibile avere più di 20 o 25 oscillazioni, si osservavano tutti i passaggi successivi cal- colando poi coi minimi quadrati la durata di un' oscillazione. La fòrmula con cui abbiamo calcolato il momento di tor- sione M è : ~^~ M Notiamo però che x non è rappresentato solamente dal peso dei cilindretti aggiunti per il quadrato della distanza dall' asse di rotazione , ma contengono anche un piccolo termine di ag- giunta dato dal dover tener conto che il cilindretto subiva an- che una rotazione essendo rigidamente legato al sistema oscil- lante, e quindi x è dato da PP + -^^ in cui P è il peso , l la distanza dall' asse di rotazione , r il raggio del cilindretto. Per dai'e un' idea della concordanza delle singole osservazioni latte senza staccare e riattaccare i cilindretti riportiamo due osserva- zioni. La prima colonna dà in ore, minuti e battiti di ^/g di se- condo i tempi dei primi 11 passaggi la seconda quella dei pas- saggi dalla 30®^'™* alla 41^"'""" oscillazione; nella colonna dei bat- titi è data solo 1' ultima cifra delle unità come si usa. Analogamente per 1' altra misura. 9'> 23' i'J* 10'> 10' 69* 5 4 0 0 5 6 1 2 6 7 ] 3 7 9 2 5 7 0 3 6 T — 235,712* '" 30' Si* 11" 17' 33 0 9 5 5 0 1 5 6 1 2 6 8 1 4 7 9 2 5 8 1 T = 2.'i5,709' Ricerche magnetiche 21 Nelle osservazioni, che riportiamo in seguito, i singoli numeri rappresentano le medie di più osservazioni fatte senza spostare i pesi. Peso attaccato g. 3,7472 diametro dei cilindretti cm. 0,220 durate di oscillazione in battiti 235,7105 — 235,480 — 285,600. Si noti che 1' ultima fu fatta 3 mesi dopo le due prime. Se ne ricava : x^ = 1.5, 0119 T3 = 91, 2388" Peso attaccato g. 2,8289 diametro del cilindretto cm. 0,220 durate di oscillazione in battiti 205,915 — 205,728 — 205,714 X, = ll,-3.323 Tj =1 82,3141" Bilancia scarica. To calcolato come abbiam detto sopra 17,0686". Per calcolare 31, V abbiamo ricavato dalle tre formole : ili" = T, \2 / T, \2 ' / T3 \2 1 T„\^ ' I T,Y I T, \2 m-m m-{^ trovando i seguenti valori in misura assoluta per il modulo di torsione M 0, 0172199 89 86 Medio 0,0172491 Questi numeri mostrano che nei limiti di carico da noi ado- perati non era da temersi una variazione del modulo di torsione col carico stesso. (La concordanza straordinaria dei numeri fra di loro si spiega con ciò che operando con una sola distanza, le uniche misure variabili erano di massa e di tempo). 4. Veniamo al metodo, con cui venivano determinate le forze agenti sulla sostanza da studiarsi, in una determinata posizione del campo magnetico. La sostanza veniva ridotta a forma di ci- 22 S. Munzetti ed A. Min [Me3I0eia I.] liiidretto, che veniva attaccato con una goccia di soluzione di gomma ai due estremi di un filamento di seta lungo 10 cm. (il che assicurava che l'azione magnetica sulle altre parti della bi- lancia fosse trascurabile). Il filo veniva posto a cavalcioni dell'in- taccatura 2, ponendo nella simmetrica, un peso uguale. L' asse del cilindro si poneva normale al braccio della bilancia. Del ci- lindro si determinavano le dimensioni con uno sferometrp, ed il peso. La distanza dall' asse della bilancia e quindi il braccio di leva ei'a conosciuto con tutta sicurezza, come abbiamo dimostrato parlando della misura della costante di torsione del filo. Si trattava ora di disporre l'asse del magnete (vedi fìg. S'"*) perpendicolarmente al braccio della bilancia, in una detei-minata posizione di questa , riferita alla lettura sulla scala del cannoc- chiale. Perciò manovrando la vite senza fine, e spostando il ma- gnete si faceva in modo che si avesse contatto fra magnete e cilindretto, mentre lo specchio (parallelo al l>raccio della bilan- cia) era normale all' asse ottico del cannocchiale ; curando poi con una specie di triangolazione che a questo asse fosse pure pa- rallelo r asse del magnete. Operazione questa lunga e laboriosa. Ciò fatto il sostegno del magnete veniva fissato al pilastri- no mediante un mastice di colofonio e cera vergine, versato fuso. Veniamo ora alle misure propriamente dette. CA rappresenta la posizione del braccio di leva normale al- l' asse del cannocchiale, A è la posizione del centro del cilindro, AM è la direzione in cui si può spostare il magnete. Supponia- mo ora di disporre il magnete nella posizione B e di portare a contatto (il magnete era verniciato !) il coi'po con la faccia ter- minale del magnete in Z> : la lettura sulla scala dell' angolo DCA ( che si curava fosse molto piccolo) e la conoscenza delle dimensioni del cilindro conducevano immediatamente alla cono- scenza della distanza AB. Ciò fatto si metteva a posto la custo- dia inferiore torcendo il filo di quarzo (mentre il magnete era tolto ) sinché la posizione elastica di zero corrispondesse circa all' estremo sinistro della scala. Bkerche m agneticlie 23 Mettendo il magnete nella posizione B', il braccio prendeva la posizione CP (in figura naturalmente molto esageratamente distante da CA) , essendo ancora P la posi- zione del centro del cilindretto. La distanza BB' era letta nella gradua- zione accanto al magnete (abbiamo già mo- strato a proposito del campionamento del ma- gnete la. precisione con cui questa lettura si poteva fare.) Allora era conosciuta AB' e final- mente AO, essendo B'O la distanza della base terminale dall'origine scelta per la determina- zione del campo. È facile vedere dalla figura come con semplici risoluzioni di triangoli si arrivi subito alla conoscenza della lunghezza r=^OP e degli angoli 6 e ? (vedi pag. 15), che ci fornivano i dati contenuti nelle formule. A rigore si sarebbe potuto spostare per tentativi lo zero elastico, sinché il corpo pren- desse sempre la posizione A ; ma allora le misure sarebbero dive- nute impossibili per il tempo lunghissimo (circa due ore) impie- gato dalla bilancia per quanto provvista di smorzatore, a prendere la posizione di riposo. Abbiamo dimostrato a pag. 16 in che modo si deve tener conto dell' abassialità del cilindretto (d non l'aggiunse mai 1") e delle dimensioni del cilindro ; per la prima correzione si può sup- porre che il cilindro sia ridotto ad un punto e per la seconda che il cilindro sia disposto assialmente. Misure sopra sostanze paramagnetiche. Col metodo esposto nel capitolo precedente abbiamo eseguito delle misure sopra molti corpi paramagnetici. Le sostanze chi- micamente pure (della firma Merck, Darmstadt) venivano dap- prima ridotte in polvere finissima e poi compresse in modo da prendere la forma di cilindretti. Questa operazione era anche necessaria per ottenere , per così dire , isotropia del cilindretto, Ti'. Man ietti ed A. Scila ]Me>ioeia I.] o-iacchè quasi tutte le sostanze erano in cristalli ; (le misure si riportavano così sopra un valore medio della costante di suscet- tività). Non fu agevole ottenere cilindri cosifatti ; ma in generale ci si riusci comprimendo la polvere con iin bilanciere entro uno stampo cilindrico a fondo mobile (come usano i farmacisti per la fabbricazione delle pasticche). Si ebbe poi cui-a di asportare lo strato superficiale, perchè non si avesse a temere inquinamento dalle pareti del compressore, avendo continuamente in vista in tutte le operazioni di escludere 1' introduzione di particelle an- che minime di ferro metallico, pericolosissimo nelle nostre misure. Non riferiamo i numeri ottenuti per tutti i corpi osservati, poiché, come esporremo, si dimostrò entrai-e in giuoco una causa perturbatrice molto importante , e cosi ci contenteremo di rife- rire in tutta brevità alcuni dati numei'ici a titolo d' esempio. Arseniato df cobalto — Peso del cilindro g. 0, 5273, spes- sore cm. 0, 337, diametro cm. 0, 925. Lettura sulla graduazione Hneare nella posizione B del magnete cm. 2. 1. Lettura al can- nocchiale nella posizione D del corpo sospeso cm. 48. 40, nella posizione A cm. 50 ; distanza dello specchio dalla scala cm. 175, 1 temperatura 16°, 5. Nella l"' colonna stanno le letture della graduazione lineare nelle posizioni B' del magnete; nella seconda le rispettive de- viazioni 8 (lette sulla scala del cannocchiale) nella terza la po- sizione di zero elastico della bilancia. L' ordine delle esperienze è dato dall' ordine di successione dei valori. cm. B' ò 0 5,6 58, ii) 01. 10 5.2 36, 15 6,0 68, -10 90,80 6.0 68. 70 90. 80 5,6 57,60 5,2 35, 85 90.80 5,2 35,90 90,80 5,6 57.80 6,0 68. 40 90. 80 Eicerche magnetiche Fosfato di Nickel — Peso g. 0, 3106 , spessore 0, 290 cm. diametro 0, 925. Lettura nella posizione B, cm. 2, 1. Lettura sulla scala nella posizione D, B5, 70; ^:^16°. p' 3 0 cm. 5, 6 87. 50 91.80 5,2 84, 45 4,8 79,40 4,4 68, 20 4,0 29,55 91, 50 5,6 86,70 91,30 5,2 83,90 4,8 78,60 4,4 07, 55 4,0 29, 40 91.20 Fosfato di cobalto — Peso g. 0, 4130. Spessore 0, 348. Dia- metro 0, 925. Lettura nella posizione B 2, 2. Lettura corrispon- dente sulla scala 40, 68; /=13°, 5. 77,00 77,05 77. 05 Andando a calcolare coi numeri sopra ottenuti il coefficien- te di suscettività magnetica si ottengono per k dei valori po- chissimo concordanti, da non attribuirsi certamente ad errori di osservazione. I numeri k' , che riportiamo piìi sotto , rappresentano per ogni cilindretto la deviazione angolare del filo di quarzo (che dà una misura della forza) divisa per il valore corrispondente di — -^ cos tri calcolato al centro del cilindro (poiché la corre- Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4" — Mem. I. 4 5,0 38,75 4,8 17,70 5,0 38, 90 5,5 59,60 5,5 59,50 5,3 53,85 5,0 59,85 4,8 17, .30 26 •?»". Mdiizetti ed A. Sella [.AIemokia I.] zione per le dimensioni e per V abassialità non altererebbe T an- damento) : cume si vede essi mostrano un andamento regolare , cioè ora crescente ora decrescente col crescere di F. Così si ebbe: Arseuiiito di Cobalto J-i^ 39,94 07,08 132,59 2 dx K' 0,0015520 0,001359 0,001100 Foisftito «li N^ickel 1 dE 2 dx 52, 50 80, 72 153, 13 301, 70 88C, 00 K' 0, 0002355 •2316 -2200 Fosfato di Cobalto •2118 •1965 1 3^ 2 dx 80, 42 108, 25 181, 20 298, 57 K' 0, 0001390 •1701 •51 30 •5191 Questi risultati ci parvero del tatto inverosimili , non sem- brandoci naturale poter ammettere una così forte variabilità di il-. Allora per accertarci di ciò pensammo di ricorrere ad un me- todo più diretto facendo variare 1' intensità del campo senza va- riare la distanza : Sostituimmo quindi al magnete permanente una bobina senza nucleo di ferro, dovendo il campo magnetico da essa generato variare in modo rigorosamente proporzionale all' intensità di corrente (in questo caso però bisogna variare ogni volta lo zero elastico per riconduri-e il corpo nella identica posizione). Il cilindretto di arseniato di cobalto dimostrò allora un fenomeno netto. Con campi debolissimi esso veniva oi'a attrat- to ora respinto a seconda della direzione della corrente : aumen- tando r intensità essa veniva sempre attratto ; cioè si era ni presenza di un fenomeno marcato di polarizzazione residua. Questa proprietà è ben sufadente a spiegare 1' andamento dei numeri k : si ricordi che in una delle operazioni preliminari Jiicerclie mafincticlic 27 come abbiamo spiegato , si porta il cilindretto a contatto colla faccia terminale del magnete ! Questa polarizzazione residua da noi riscontrata nei sali paramagnetici sopra riferiti si suole attribuire dagli autoi'i , che hanno trattato questo argomento, alla presenza di ferro allo sta- to metallico in seno alla sostanza stessa. A dire il vero questa spiegazione ci pare un poco avventata e sopratutto non giusti- ficata da prove dirette e noi vorremmo volentieri sostenere che si tratti di una proprietà intrinseca dei composti stessi, escluse le impurità suddette. Intatti in primo luogo non si intende be- ne perchè questa proprietà di polarizzazione residua, riconosciu- ta in tutti i metalli magnetici, si voglia negare ai loro com- posti , ed a priori sembra più ragionevole 1' ammetterne che negarne 1' esistenza anche in questi. Chimicamente poi questa presenza di metalli allo stato metallico non solo non è stata di- mostrata ma pare anche poco probabile. Il léri-o allo stato di grande suddivisione è molto poco stabile e per es. si ossida im- mediatamente all' aria atmosferica stessa. E poi si vorrà soste- nere che la magnetite, che può così intensamente conservare la magnetizzazione, ripeta questa sua proprietà dalla i^resenza di ferro metallico, ed una volta ammessa questa proprietà per un dato ossido si vorrà negare a tutti gli altri composti ? Di più, fenomeni di isteresi magnetica sono stati ritrovati anche in corpi diamagnetici ed in misura molto sensibile. Li attribuisce il Duane ancora alla presenza di ferro metallico ; e non si perita di ammetterla anche in porzioni di zolfo state consecutivamente distillate per ben 5 volte ! Per constatare questi fenomeni di isteresi in corpi diama- gnetici, che alcuni autoi'i non hanno riscontrato , noi abbiamo posto la sostanza da studiarsi in forma di cilindretto , appeso per r asse ad un sottilissimo filo di quarzo , in un campo ro- tante generato fra le armature di quattro elettromagneti per- corsi diametralmente da due correnti alternate spostate di 90° r una suir altra. In queste condizioni si notò nettamente una 28 E. Manzetti ed A. Seìla [Memokia 1.] rotazione del cilindro sospeso nel senso del campo, non solo in composti paramagnetici ma anche in sostanze diamagnetiche come zolfo, paraffina, quarzo, calcare. Ora un momento di rotazione si potrebbe spiegare ammet- tendo dissimmetria di forma nella sostanza sospesa ed anche in omogeneità o per così dire cristalliiiità se il campo fosse stato ellittico ; ma ad ogni modo non un momento cambiante di se- gno col senso di rotazione del vettore magnetico. Comunque sia noi cercammo con ogni cura di avere un campo possibilmente circolare ; ciò che si verificava con una pic- cola bobina in serie con un delicato elettrodinamometro tipo Fleming da noi costruito e molto sensibile a correnti dell'ordine di qualche microampère, la quale bobina poteva spostarsi ango- larmente nel cainpo magnetico. Le due correnti erano dapprima in derivazione sulla cor- rente di città, e si otteneva lo sfasamento inserendo in un ra- mo una capacità elettrolitica — Ma in questo modo non potemmo avere che campi ellittici e per giunta assai allungati , per la qual cosa dovemmo ricorrere ad una corrente bifasica fornita da apposita dinamo, che con squisita cortesia ci fu posta a di- sposizione dal prof. Ascoli. Così si ottenne un campo molto sen- sibilmente circolare e la rotazione di isteresi si osservò in mi- sura molto elevata. Dunque resta confermato il fenomeno di isteresi in sostanze diamagnetiche ; poiché un' azione dovuta a correnti di Foucault può escludersi in sostanze come la paraffina, lo zolfo, il quarzo. Ad ogni modo ci proponiamo di intraprendere uno studio molto più approfondito per saggiare la supposizione da noi mes- sa innanzi che polarizzazione residua od isteresi non sia dovuta a particelle di ferro metallico. Il risultato delle nostre ricerche sopra sostanze paramagne- tiche è questo che in campi deboli si fanno fortemente sentire le azioni di polarizzazione residua, sicché senza speciali accorgi- menti e senza 1' uso di quei metodi che si adottano per lo stu- Ricer-che ma()netivhe 2!) dio delle proprietà magnetiche del ferro non è possibile parlare di costanti di suscettività magnetica. Ritorneremo sulle questioni laterali che qui sorgono e sulle nostre ricerche sopra sostanze diamagnetiche , quando esse sa- ranno compiute. Istituto Fisico dell' Università di Itoma. TATOliA ]?Ieinoria II. Intorno alla trasmissione della peste bubbonica ai suini, li ovini e ai Ricerche del Prof. Dott. EUGENIO DI MATTEL Lo studio della trasmissione della peste per mezzo degli a- nimali ha un interesse notevole per la profilassi pubblica e pri- vata, ed anche per quella internazionale, almeno per quanto ri- guarda r industria , il consumo , il commercio di alcuni generi come pelli da concia, carni, latte, ecc. Conoscere quindi la recettività alla peste dei diversi ani- mali, significa agevolare di molto lo studio della profilassi. Né le ricerche sperimentali, molto poche invero, intraprese finora, sono al caso di poter dire tale questione risoluta, poiché ad essa può muoversi sempre l'obiezione che siano state o trop- po scarse di numero, o intraprese in luoghi ove assieme alla peste dominava qualche altra infezione specifica per i detti animali ; in modo sempre da ingenerare il dubbio, che il risultato delle espe- rienze non lascino perfettamente serene le deduzioni del caso. Anche nella Conferenza Sanitaria di Venezia nel 1897 per la difesa conti-o la peste , il Foà (1) , delegato tecnico d' Italia, non nascose appunto queste sue preoccupazioni, a proposito delle notizie ancoi'a molto contestate che si hanno relativamente alla recettività per questa malattia dei grossi animali, come il cane, il porco, il bufalo, il montone, la capra ecc.; come del pari non dissimulò il fatto che abbiamo accennato, relativo alla poca luce Atti Acc. Vol. XIII, Serik 4" — Mem. II. 1 Prof. Eugenio Di Mattei [Memoria II.] che si ha sul quesito della natvira di certe epizoozie che regna- rono simultaneamente alle epidemie di peste. Eesta per conseguenza sempre ad assodarsi, se quelle epi- zoozie, contemporanee alle epidemie di peste, tbssero state real- mente generate dalla stessa causa. Chi legge le cronache delle diverse epidemie di peste , in- vero non dubiterebbe un momento a ritenere unica la causa del flagello degli uomini e degli animali; ma oggidì siamo ben lontani da quei tempi e dall' accettare tutto ciò che in tatto di epidemiologia non venga ad essere il frutto di rigorose osser- vazioni e pazienti ricerche di laboratorio. Così nella grave peste che nel 1630-31 desolò l'Alta Italia, si ebbe una grande morìa di buoi e di cavalli; ma non si de- ve dimenticare che mentre la peste durò due anni, la mortalità in questi animali si protrasse invece per circa cinque anni, co- minciando e infierendo dove la peste non giunse aifatto o giunse tardi e quasi spossata. Come non si può eziandio leggere alcuna relazione, anche fatta da medici, sulle pestilenze più o meno gravi che hanno dominato in Cina, senza non rilevare che nello stesso tempo in cui infieriva la peste nell' uomo, avveniva una grande morìa di bovini, ovini, majali, cani, polli, topi e ratti. Anche il Boccaccio nel suo Decamerone, accennando alla peste che infieriva a Firenze (1348) dice che nelle strade si vi- dero dei porci morire di peste , e che ad essa non sfuggivano , come in altri luoghi avveniva , anche i polli, i cani ecc. In Dalmazia (2) sono poi passate alla storia le morìe dei vitelli, dei cavalli , dei porci, e degli uccelli, i quali ultimi sca- gliandosi sopra cadaveri di peste, si sono ammalati e morti della stessa malattia. Anche Nicephorus (3) ricoi-da nella sua Storia Bizantina , che accanto agli uomini moi'ivano di peste gii animali dome- stici, come i cani, i cavalli e molte specie di uccelli. Ugualmente Rocher (4) insiste sulla morìa dei porci e dei Intorno alia trasmissione della peste bubbonica ai suini, ecc. 3 bufali durante la peste sviluppatasi fra i Chinesi dell' Jun-nan , e neir Hong-Kong. Ma di fronte a queste notizie tramandateci dalle cronache o dalle relazioni di medici o di missionari e che rimontano ad epoche piìi o meno lontane e quindi non permettono di fare su esse un vero assegnamento , non ne mancano altre recenti , ri- pox'tate da parecchi studiosi , le quali più che destinate a chia- rire i dubbi tramandatici dalle cronache remote, pare siano fat- te ad accrescerli. Il Wilm (5) nel suo importante lavoro sull' epidemia di Pe- ste neir Hong-Kong del 1896 conferma le morie dei porci, dei vitelli ed anche dei cani e dei polli. E in rapporto ai porci egli narra che nei primi d' Agosto del 1896 su due vapori , i quali portavano dall' Hainan (e pro- priamente da Pakhoi , ove la Peste è endemica ed allora infie- riva) ad Hong-Kong dei porci, scoppiava fra questi animali una forte morìa; la quale mieteva anche molte vittime fra gli stessi animali nella città stessa di Hong-Kong. La sezione delle carogne di questi animali , dava lo stesso reperto come nei porci infetti e morti con inoculazione di organi pestiferi. Dal sangue e dalle glandule mesenteriche veniva isolato e coltivato un bacillo che non si differenziava dal bacillo della peste trova.to nell' uomo, che uccideva per innesto sottocutaneo topi, ratti, cani e conigli, portando in loro le stesse alterazioni anatomiche dell' infezione da peste. Concludeva infine per assodare l' importanza dell' osserva- zione, che i Chinesi sono molto ghiotti di carne porcina ed è quindi con essa che possono pigliare l' infezione. Le sue ricerche sperimentali confermavano le predette os- servazioni. Un porco infatti che aveva mangiato una milza di cada- vere pestifero, moriva di peste con dimagrimento e diarrea do- po 2Si giorni. L' autopsia faceva rilevare forti emorragie delle sierose, tumefazione notevole delle glandole inguinali, del collo, Frof. Eugenio IH Mattei [Memoria II.] del mesentere, iperemia forte della mucosa e degli intestini con emorragie diffuse , tumefazione della milza , dei reni , e conge- stione dei polmoni. Negli organi , nelle glandole , ne] sangue si poteva riscon- trare il bacillo della peste. Un altro porco, il quale era stato innestato sottocutanea- mente all' addome con un pezzettino di sostanza tolta da un bu- bone, moriva di peste dopo 40 giorni. In esso si notarono presso a poco le stesse altei"azioni anatomo-patologiche che nel primo animale ; e il punto d' innesto mostrava ancora un po' di arrossi- mento e tumefazione. Di fronte a questi risultati che pare non debbano lasciare alcun dubbio sulla forte recettività di questi animali all' infe- zione pestogena , e di conseguenza di fronte alle gravi jatture epidemiologiche per la diffusione della malattia o con l'uso delle carni degli animali infetti o per via delle seci-ezioni ed escrezioni di essi , noi abbiamo le ricerche del Lowson (6) istituite in sei animali, i cui risultati, mentre sono opposti a quelli del Wilm , che sono sopra due animali soltanto , sarebbero più rassicuranti per la profilassi. Il Lowson afferma che i suini sono poco suscettibili alla peste , ed ha potuto notai-e nei suoi sei esperimenti, che in se- guito alla ingestione di milza di cadavere pestifero, o alla inocu- lazione ipodermica nella regione dei fianchi di polpa di milza o di detrito di bubone , i suini resistono perfettamente. Nulla af- fatto risentono in seguito alla ingestione; e solo qualche grado di aumento di temperatura avvertono in seguito all'inoculazione, nel cui punto si forma un po' d' edema passeggero, L' esame microscopico del contenuto dell' edema, accurata- mente e ripetutamente fatto, non fece riscontrare alcun bacillo di peste, come del pari steiili riuscirono le colture fatte con esso liquido. Ma Janson (7) non ostante gli esperimenti dal Lowson, af- ferma che i primi casi di peste nell' uomo ha i Chinesi si veri- Intorno alla trasmissione della peste bubbonica ai suini, ecc. 5 ficaiio negli individui che si sono nutriti di carne, proveniente da porci ammalati o morti di peste ; e ciò secondo lui perciiè i primi casi di peste sogliono avvenire fra questi animali. Ed aggiunge che ciò non deve recar meraviglia, alcuna , quando si pensa che ad Hong-Kong in tutte le case sotto il letto, in cucina, al pian terreno, nei primi piani, fin nei secon- di piani, si tengono ed allevano numerosi porci , e quindi una diffusione continuata della malattia tra essi e 1' uomo e vice- versa. I porci così s' infetterebbero, o, analogamente a quanto avvie- ne per la Trichina, colla ingestione di ratti ammalati o morti, o per via degli escrementi umani. E viceversa 1' uomo piglierebbe la malattia dal majale col consumarne le carni, almeno secondo anche quanto afferma il i-apporto ufiQciale del Cantone. Ma la Commissione tedesca per lo studio della peste a Bom- bay, capitanata dal Gaffky (8) a proposito della recettività dei diversi animali per la peste, viene a risultati ugualmente impor- tanti, ma contraii a quelli di Janson per quanto riguarda la suscet- tibilità dei suini. In essi, come anche in altri animali, s'inoculava un cm. cub. di cultura virulenta sotto la cute; un cm. cub. si distribuiva su ferite della pelle, fatte superficialmente come sca- rificazioni; infine si nutriva qualcuno di essi animali con ratti morti di peste. Aggiunge che a ragion veduta veniva scelta una forma as- sai intensiva di inoculazione, come giammai nelle ordinarie e na- turali condizioni può avvenire , almeno per quanto riguarda la inoculazione sottocutanea. Furono fatti quattro esperimenti su maiali piuttosto piccoli. Due maj alotti inoculati endermicamente o ipodermicamente, nel modo sopradetto, non solo sopravvissero, ma nemmanco mo- strarono alcuna reazione locale. Due altri piccoli porci nutriti con ratti morti di peste, non mostrarono alcun lieve disturbo, e sopravvissei'o come i primi. Ma Ogata, (9) studiando la questione sperimentale della re- Frof. Eugenio T>i Mattei [Memoria II.] cettività degli animali, durante l'epidemia di peste in Formosa, non consente a questi risultati, imperocché dalle sue ricerche ri- sulterebbe che anche i porci, oltre ai comuni animali di labora- torio, pigliano, se inoculati con succo glandulai'o da bubone , o con succo di organi interni o con sangue o con culture, 1' infe- zione, e la morte in essi avviene più tardivamente. Ma anche gli esperimenti di Ogata, che non si sa a che nu- mero ammontino, ma pare si limitino a ben pochi, non offrono molti dati per corroborare i risultati ottenuti. Cosicché non essendovi altri esperimenti in proposito , non può dirsi che tale questione sia assodata, non mancando le obie- zioni ai risultati forniti dai vari autori in prò o contro la recet- tività, di questi animali. E lo stesso Koch (10) nel suo viaggio nell'India e nell'Af- frica per lo studio della peste, mentre si contenta di accennare che la importanza d(ìi porci nella diffusione della peste è ana- loo-a a quella dei ratti, pure si limita a riferire, non quanto a lui costa, ma quanto gli veniva assicurato, cioè fra che i numerosi porci, ingombranti le vie e guazzanti nella mota delle strade di Damaon, non si sono avuti casi delle malattie fra essi dominan- ti, durante tiitto il tempo dell' epidemia di peste. Né. per quanto riguarda la recettività, degli ovini, si può dire che le incertezze siano minori. È anche vero che le cronache e le relazioni dei medici non portano che qualche volta solo indiretta- mente r osservazione su questa specie animale, forse perché nelle epidemie di peste e nelle epizoozie gli ovini o non soccombevano alla infezione e quindi non si presentava 1' occasione di rilevare il fatto, come a,vveniva per altre specie animali, o forse anche perché essi ovini, potessero essere compresi nell' altra categoria degli ani- mali cornuti, bovini, bufali, di cui vengono utilizzate le pelli, e quindi nel grosso bestiame. Si parla infatti in tutte le relazioni di epidemie di peste , anche di contemporanea epizoozia nei bovini, i quali soccom- berebbero di peste analogamente all' uomo ; ma il Nuttal che Intorno alla trasmissio7ie della peste bubbonica ai suini, ecc. 7 ne fa speciale menzione sulle indicazioni del Campi e dell' Hae- ser, parlando della morìa dei bovini v' include i bufali, e gli ovi- ni, capile, pecore, montoni. Anche il Proust (11) nettamente parla delle epizoozie nei bufali, nei montoni e nelle capre, durante le epidemie di peste, ma senza pregiudicare la questione della comunità o diversità di origine delle malattie dominanti contemporaneamente nell' uo- mo e in detti animali. Ad ogni modo l' importanza della recettività o meno di que- sti animali, dal punto di vista dell' epidemiologia non può sfug- gire a chiunque, sia per la preparazione e lavorazione delle pelli, sia pel consumo delle loro carni , sia per lo smercio del latte e dei suoi derivati. Né infine gli esperimenti della Commissione tedesca (12) su questi animali sono molti. Essi vennero limitati a due pecore e a due capre. Le due pecore furono "innestate, una con scarificazioni alla superficie della pelle interessanti il derma, 1' altra con inocula- zione sottocutanea. Tutti e due gli animali mostrarono fino al 6° giorno febbre alta, infiltrazione al punto d' innesto con consecu- tiva formazione d'ascesso, con bacilli pestogeni, per poi rimet- tersi man mano fino a guarigione completa. Le due capre invece, trattate come le pecore, si comportarono come queste per temperatura, per reazione locale, per formazione d' ascesso, ma il pus fu sterile. Una di esse dopo quattro settimane di dimagrimento, mostrò una tumefazione all' articolazione del gi- nocchio, e venne uccisa in questo periodo. Nessuna alterazione si riscontrò agli organi interni, e sterile si mostrò il pus dell'ar- ticolazione, come quello del punto d' innesto. L' altra rimase in vita, guarita completamente. Non si conoscono altre esperienze in proposito, e non si può negare che le predette siano in verità pochine , per assodare il criterio della recettività o meno di questi animali. In quanto ai volatili, trattandosi di animali piccoli e di poco Prof. Eugenio IH Matfei [Memoeia II.] costo, più vasto è il contributo che hanno fornito le ricerche del laboratorio ; come del pari molte sono le notizie che si hanno nel campo epidemiologico. Però mentre piuttosto uniformi , come del resto vedremo , sono i risultati sperimentali , per altrettanto uniformi fra loro ma contraddittorie ai risultati sperimentali stessi, sono le rela- zioni epidemologiche fatte dai diversi autori. I rapporti anche ufficiali dell' interno della China (Yiin-nan, o spiagge di Pakhoi ecc.) parlano durante le epidemie di peste dell' uomo, anche di morìa dei polli per peste. (13) Le relazioni che si leggono nell'Haeser, parlano di uccelli che si scagliano so- pra i cadaveri pestiferi e che s' ammalano e muojono. Il Nice- phorus nella sua Storia Bizantina già accennata, dice che du- rante Va. peste morivano della stessa malattia molte specie di uc- celli. Sckene di Ediuburg (14) in un suo lavoro sulla peste del 1568 parla di una forte morìa di polli, come segno precursore dell' epidemia di peste nell' uomo. E così , un po' vagamente se vogliamo, queste ed altre relazioni confermano tutto le morie dei volatili contemporanee o precedenti all'epidemie di peste. D' altra parte, per quanto risulta dalle ricerche sperimenta- li, pare che i volatili più comuni, come sono gii animali da cor- tile, polli,' colombi, piccioni, e quali dovevano essere quelli di cui fanno cenno i resoconti epidemiologici, non siano così recettivi e così sensibili all' infezione pestogena , come i rapporti epidemio- logici vorrebbero assodare. È oramai accertato dalle ricerche di Wilm, Kitasato, Ogata, Yersin, dalle esperienze della Commissione tedesca, che i colombi sono immuni ; come del pari immuni sono i piccioni, quando co- me i primi vengono inoculati sottocutaneamente con culture pe- stogene ; soccombono invece alla peste se vengono sottoposti a digiuno, come De Giaxa e Gosio (15) hanno dimostrato. Non regna invece identico accordo per quanto riguarda la recettività dei polli. Infatti mentre Wilm osserva che i polli che mangiano organi e culture pestifere , muoiono in 3-4 giorni, lo Intorno alla trasmissione della, peste hubhoniea ai suini, ecc. 9 Ogata trova che i polli sono refrattari. La Commissione tedesca che inoculò sottocute con culture virulente due polli, potè ugual- mente notare che essi sopravvivevano, senza nemmanco presen- tare reazione locale. Lo stesso risultato ottenne con due oche che si mostrarono ugualmente refrattarie. Nei passeri infine mentre Nuttal (16) ottiene la morte, dopo 72 ore dall' innesto , e ritiene questi animali suscettibili all' in- fezione pestogena, vengono invece De Cxiaxa e Grosio (1. e.) che non riescono nelle condizioni normali di vita e con inoculazioni sotto cutanee di far soccombere questi animali e li ritengono immuni. Sono per conseguenza tutt' altro che concordi le esperienze su alcuni volatili, ma in massima contrari a quanto viene rife- rito dalle relazioni epidemiologiche. * Dalla rapida corsa che abbiamo fatto nel campo delle osser- vazioni epidemiologiche e delle ricerche sperimentali, intorno alla questione della l'ecettività degli animali sopra accennati, un fatto che non può sfuggire a una ci'itica anche benevola, è lo scarso contributo sperimentale che hanno dato i singoli osservatori, com- presa la Commissione tedesca, che restrinse di molto la cerchia delle sue ricerche, limitandole soltanto a un pajo di esperimenti e spesso restringendole a un solo modo d' introduzione del germe pestogeno nell' organismo degli animali da studio. Cosicché per la ricerca della recettività dei diversi animali, a noi le esperienze sinora compiute dai pochi studiosi non ci sembrano sufficienti. Né d' altro lato , come man mano andre- mo esponendo, esse si mostrano scevre di ogni obbiezione dal punto di vista sperimentale. Quando furono intraprese le mie presenti ricerche, esse non avevano lo scopo di studiare il disaccordo dei risultati sperimen- tali, ottenuti dai diversi osservatori, né l'altro di estendere in pivi largo campo le esperienze limitate di questi, poiché ancora Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4* — Mem. II. 2 10 Prof. Eugenio IH Mattei [Memoria II.] non erano comparse le loro brevi note, che vennero pubblicate più tardi ; ma esse avevano il precipuo scopo di vedere quanto ci era di vero nelle relazioni di moria degli animali nelle diverse epidemie di peste , relazioni forse non scevre dall' incubo della paura , e dall' oscurità delle cognizioni scientifiche che allora si avevano su tale infezione ; eppoi 1' altro scopo di allargare le ve- dute sulla possibile trasmissione della peste per mezzo di diversi animali, ben inteso a speciale contributo della profilassi di questa iniezione che ci minaccia costantemente. Le mie esperienze riguardano la infezione degli animali per le vie principali d' introduzione dei germi nell' organismo , e cioè, via sottocutanea, venosa, digestiva, e respiratoria. Non in tutti gli animali però si poterono sempre seguire questi diversi metodi d' infezione , atteso le difiìcoltà inerenti allo studio di un germe tanto pericoloso , in rapporto ai mezzi di cui disponeva 1' Istituto per i necessari locali d' isolamento e per la relativa vigilanza degli animali inoculati. Certo si pi'esero tutte quelle precauzioni necessarie per im- pedire qualunque mezzo di diffusione, sia coi prodotti di rifiuto degli animali in esperimento, sia cogli insetti che potevano, pe- netrando nelle stalle, trasportare nell' ambiente, il materiale in- fettante. Un personale bene addestrato mi coadiuvava e mi incoi'ag- giava nella continuazione degli esperimenti. Il materiale pestogeno culturale mi proveniva dall' Istituto d' Igiene di Napoli, dalla Direzione dei Laboratori della Sani- tà, dalla Direzione dell' Ufficio Sanitario Municipale di Messina. Queste colture venivano dapprima controllate con lo studio dei trasporti nei diversi ten-eni nutritivi, e con lo studio dei carat- teri morfologici dei bacilli, che riscontrammo perfettamente ugua- li a quelli descritti da Yersin e Kitasato pel bacillo della peste; e indi con le inoculazioni negli animali, e col reperto anatomo pa- tologico caratteristico degli animali morti inseguito nell'infezione. E dobbiamo anche aggiungere, benché esse culture fossero Intorno alla trasmissione della peste bubbonica ai stiini, ecc. 11 molto virulente e molto tipiche , specialmente quelle di Roma e di Messina , che da noi si cercò pure esaltare al massimo il loro potere di virulenza, con ripetuti passaggi negli animali sen- sibili topi e cavie. Così rinforzavamo il materiale di coltura , inoculandolo in gran quantità nel pei-itoneo o iiel cavo pleurico o spesso anche sottocute. E dalle cavie così morte in 3-4 giorni si prelevava il liquido peritoneale o 1' essudato sottocutaneo e s' inoculava in forte dose in altre cavie, ottenendo a questo modo la morte de- gli animali in meno di 24 ore, con le note anatomiche carat- teristiche di un' infezione settica acutissima. Da essi animali si allestivano le culture che riuscivano sempre virulentissime. Ed essendoci d'altro lato noto come il bacillo pestogeno in cultura possa a volte anche dopo un semplice passaggio alla vita saprofitica attenuarsi, ci servivamo di esperimenti di con- trollo, quando si adoperavano culture , per vederne lo stato di virulenza, e nelle inoculazioni in massima facevamo uso dei pro- dotti patologici (essudato, versamenti pez'itoneali , organi e tes- suti) degli animali che soccombevano alla peste. Così per esser brevi negli esperimenti per infezione sottocu- tanea e venosa si adoperavano o prodotti patologici di animali pestifei'i o culture in agar o in brodo. — Per gli esperimenti per la via digestiva si davano agli animali dei ratti o delle cavie morte di peste, ben tagliuzzate o organi tritati e mescolati con pappa in brodo di crusca o di paste, o si davano addirittui^a a bere grandi quantità di culture in brodo, 300-400 e. e. preparate ingrossi palloni appositamente epreventivamente seminate coi pro- dotti patologici prelevati dalle cavie morte di peste, specialmente per inoculazioni di versamento emorragico peritoneale che in pa- recchi cent. cub. si poteva raccogliere dalla cavità peritoneale degli animali morti di peste con peritonite emorragica. Per gli esperimenti per la via respiratoria si diede la preferenza , allo scopo di andare incontro a minori difficoltà e a minori pericoli nella preparazione del materiale da inalare , alla inoculazione 12 Prof. Eugenio Di Mattei [Memoria II.] tracheale di liquidi culturali, o di liquidi peritoneali di animali pestiferi. Si fece eziandio qualche esperimento di polverizzazione delle culture liquide messe in un comune polverizzatore, facendo tenere aperta la bocca agli animali, e facendo pervenire con tubo di gomma nella retrobocca il materiale polverizzato ; ma esso metodo non ci sembrò né più facile, nò superiore al primo della inoculazione diretta del liquido in ti-achea con siringa di Pravaz. Più convenienti in questo caso trovammo tali polverizzazioni entro la trachea messa allo scoperto. Come si dovette rinunziare al metodo di trattare la patina vegetativa delle culture di peste in agar con polvere di licopo- dio, e insufflarla nelle narici o nella retrobocca o nella trachea messa allo scoperto degli animali , per quella prudenza che ci eravamo imposti, in simili genere di ricerche, nelle quali più che incoraggiamento s' incontrava diffidenza e sospetto , nelle Auto- rità Municipali e ospitaliere. Infine non dobbiamo tacere che intraprendendo le presenti ricerche, noi da un lato abbiamo avuto di mira lo studio della possibile penetrazione del germe nell'organismo nelle condizioni più naturali (lesioni cutanee, vie respiratorie, apparato digeren- te) e più comuni a verificarsi nell' ambiente, per quanto su tali condizioni ancora né l'epidemiologia, né i dati sperimentali ab- biano detto V ultima parola ; ma d' altro lato a ragion veduta abbiamo voluto esagerare nella quantità dei germi introdotti e nella loro artificiale virulenza massima, come difficilmente può avvenire in natura ; e ciò allo scopo di ricavai-e risultati che ci permettessero venire più fàcilmente a qualche conclusione. Ciò premesso veniamo brevemente a riferire le nostre espe- rienze, come risultano dagli appunti del Laboratorio. I. SUINI. Gli animali impiegati in questa serie di esperienze sono sta- ti 12 , dei quali 4 adulti , 4 non ancora completamente slat- Intorno alla trasmissione della peste huhhonica ai suini, ecc. 13 tati , ma in condizioni di potersi nutrire da sé, e 4 già rego- larmente allattati e a tempo divezzati. I 4 animali non ancora slattati erano piccoli e crescevano stentatamente, molto deboli e duravano fatica a nutrirsi. I 4 animali divezzati , erano piuttosto forti , crescevano a vista d' occhio, si nutrivano a sazietà. I 4 adulti, erano molto robusti , anche forti , sebbene non fossero molto grossi ; si nutrivano con molta voracità. La razza di tali suini è quella Siciliana, molto diffusa anche nelle varie regioni d' Italia. Lo scopo di tale selezione si capisce facilmente , essendosi voluto provaie la recettività di questi animali, nei diversi pe- riodi della loro età ; potendo essi facilmente avere una recettivi- tà in un dato periodo, che potrebbe essere perduta in un'altra epoca della loro vita. Così anche, furono scelti quelli non slat- tati completamente, per avere degli animali di una resistenza , molto debole. Per ciascuna delle diverse vie d' infezione si sottoposero tre animali , uno piccolo tra quelli non slattati , uno giovane fra quelli divezzati, e uno degli adulti. II peso medio dei porci piccoli era di circa Kg. 3; quello dei porci giovani era di circa Kg. 5; quello dei porci adulti era di circa Kg. 10-12. ^&* A) Via sottocutanea. Esperimento 1. — Porco piccolo— Temperatura rettale 39, 4. S' inoculano sotto la cute del dorso ce. 10 di una cultura in brodo (*). Dopo 24 ore il porco presenta leggero infiltramento diffuso (*) l'' Geuerazioue saprofitica, ottenuta da ciUtura dei germi del Yeraamento emorragico endoperitoueale di cavia morta di peritonite pestifera. —Circa 2/10 di ce. uccidono una ca- via di 350 gr. in 48 ore. 14 Prof. Eugenio Di Mattei [Memoria II.] ili tutta la regione , con rossore al punto d' iniezione e dolore ; glandule inguinali ingorgate. Non mangia e ama stare accovac- ciato. Temp. rettale 40, 6. Dopo 48 ore continuano le condizioni precedenti, quantun- que r animale sembri più sollevato e meno depresso. Mangia un pochino di una zuppa di latte e si regge all' impiedi 40°, 2. Al 3° giorno, il porco sembra abbastanza rialzato. Cammina lento ma senza difficoltà., mangia discretamente ; 1' edema locale è quasi riassorbito, è scemato il dolore; la temp. è 40°. Si fa un preparato dal sangue dell'orecchio non si riscon- trano bacilli ; indi con tutte le cautele antisettiche si fa con esso sangue una cultura, che rimane sterile. Al 4° o-iorno il porco è vispo, cammina speditamente, scom- parsi i fatti locali, mangia bene. Temp. 39, 5. Nei giorni consecutivi continuano, migliorando sempre , le condizioni predette. L'animale, dopo 80 giorni vien tolto dalla nostra osserva- zione. Esperimento 2. — Porco giovane — Temp. rettale 39, 6. S' inoculano sotto la cute del dorso, lato destro ce. 12 della cultura in brodo di cui sopra. Dopo 24 ore, leggero infiltramento edematoso esteso a tutta la regione fino alla coscia; glandule inguinali ingorgate. Si reg- ge a stento in piedi; cammina male : mangia poco o nulla. Tem- peratura rett. 40, 5. Dopo 48 ore , il porco si mantiene piuttosto bene all' im- piedi : la reazione locale molto scemata , il dolore diminuito. Temp. 39, 5. Culture fatte dal sangue , cavato dall' orecchio rimangono sterili. Al 3" giorno, l' animale sembra completamente rimesso. Si tiene sotto quotidia.na osservazione 90 giorni, durante i quali ha mostrato voracità grande e accrescimento di peso. Intorno alla trasmissione della peste bubbonica di suini, ecc. 15 Esperimento 3. — Porco adulto — Temp. 39, 5. S' inoculaiio 15 e. e. della cultura in brodo precedente, al fianco destro dell' animale. Si notano nei primi due giorni i fatti seg-uenti : reazione locale piuttosto notevole e diffusa; temp. 40°, 5 al primo giorno, e 39o, 5 al secondo. L' animale mangia senza mostrare molta voracità , e alla apparenza non si mostra sofferente. Il sangue dell' orecchio in cultura, preso dopo 24 ore è ste- rile. La temperatura continua a mantenersi a 39, 5, per tutto quel tempo, circa 3 mesi, clae esso rimane sotto la nostra osser- vazione . In complesso la resistenza addimostrata , è stata supe- riore ai primi due suini. B) Via venosa. Esperimento 1. — Porco piccolo — Temp. 39, 4. S' inoculano nella vena giugulai'o e. e. 3 di versamento e- morragico peritoneale , di cavia morta di peste con peritonite , allungati con altrettanti e. e. d' acqua distillata sterilizzata. La diluzione è carica di bacilli pestogeni; V>o fli c.c. inoculato sot- to cute a una cavia di 300 gr. la uccide in 24 ore. Dopo r iniezione , 1' animale non pare che dimostri alcuna sofferenza; nelle ore p. m. invece comincia ad aggravare rapi- damente, a rincantucciarsi, a lamentarsi. Non mangia. La temp. rettale è di 42°. 3. Il giorno appresso 1' animale continua nelle condizioni di abbattimento del giorno precedente. Lambe un pò di latte e al tardi beve del brodo. Tirato dalla cuccia sta un pò all' impiedi per ritornare ad accovacciarsi. Temp. 42°. — Il sangue dell'orec- chio, coltivato dà sviluppo a bacilli di peste. (*) (*) Per ([uesto e simili reperti si faceTU, sempre il coutrollo con iuociilazioui negli ani- mali e con innesti in terreni culturali. 16 Prof. Evgenio Di Mattei [Memoeia II. J Il 3" giorno il porco non peggiora ; anzi si nota un notevo- le miglioramento : egli mangia , sta all' impiedi , cammina in cerca di cibo. La temp. è 41", 5. La cultura del sangue rimase sterile. Il 4° giorno 1' animale continua sempre a mostrare un sen- sibile miglioramento ; mangia ma poco. Temp. 41°. Cultura del sangue sterile. Il 5° giorno nulla di anormale apparentemente apprezzabile, tranne la temp. che si mantiene a 40° 6 fino all' ottavo giorno. Dopo il quale, essa è scesa lentamente al normale di quasi mez- zo grado al giorno ; 1' animale del resto ha mangiato sempre più con appetito e sembra rimesso completamente. Dopo un an- no esso è vivo ancora, e molto ingrassato. Esperimento 2. - Porco giovane — Temp. 39° 3. S' inoculano nella vena giugulare ce. 3 del versamento pe- ritoneale sopradetto, diluito con altri 3 ce. d' acqua sterilizzata. L'a,nimale presenta presso a poco analoghi disturbi del por- co piccolo precedente : abbattimento piuttosto forte nei primi 3-4 giorni consecutivi all' iniezione; presenza di bacilli pestogeni nel sangue ; temp. elevatissima di 42°, 41" ; anoressia , prostrazione. Indi graduale ma lento rialzamento di forze e delle diverse funzioni fino all'ottava o decima giornata. Al di là, l'animale si mostra rimesso completamente. Anche quest'animale è tuttora sotto la nostra osservazione, cresciuto normalmente. Esperimento 3. — Porco adulto — Kgr. 12. Temp. 39° 2. S'inoculano 5 e e. del liquido sanguinolento predetto, di- luito con altrettanti ce. d' acqua distillata sterilizzata. L'animale nelle prime 48 ore si mostra al solito molto ab- battuto, con aumento notevole di temp. 42°-41o 5. Il sangue cavato dall' orecchio, coltivato in brodo , lascia sviluppare i bacilli della peste. Intorno alla trasmissione della peste huhbonica ai suini, ecc. Dopo 6 giorni 1' animale benché mangi e benché abbia ri- pigliato le sue forze, pure è un po' dimagrito e la febbre non r ha ancoi-a completamente abbandonato. Temp. 40°. L' animale tende sempre a migliorare, verso 1' 8° giorno esso è scevro di febbre e mangia col solito appetito vorace. C) Via digestiva. Esperiviento 1. — Porco piccolo — Peso kgr. 3. Temp. 39° 4. Il 1° giorno si prelevano gli organi interni (fegato milza, reni, polmoni, cervello, capsule surrenali) i muscoli, l'essudato e il versamento emorragico peritoneale di una cavia morta di peri- tonite pestifera, si tritano si diluiscono con un po' di brodo , e si danno all' animale che inghiotte tutto con voracità. Il 2° giorno, 150 ce. di cultura virulentissima in brodo si mescolano con crusca e si danno all' animale che divoi'a rapi- damente tutto. %i di ce. di questa cultura in brodo, iniettati sot- tocute, uccidono in 24 ore una cavia di peso medio. Il .3° giorno , gii si fanno ingerire 200 ce. di cultura , in brodo di virulenza provata, diluiti con 300 ce. di latte. Il 4° giorno, 200 ce. di cultura in brodo, virulentissima, di- luiti con brodo di pasta. Il 5° giorno , uguale ingestione di 150 ce. di cultura in brodo versati nella crusca. 11 6° giorno, 100 ce. di cultura, in brodo con brodo di pasta. Il 1° giorno, organi ridotti a detrito, prelevati da topo pe- stifero, mescolati con brodo di pasta. L' 8° giorno, 150 ce. di cultura in brodo, di virulenza ben nota, mescolati con brodo di legumi. Si sospende il trattamento. L' animale non ha mostrato nulla di notevole; l' appetito si è mantenuto sempre eccellente, la temp. mai si è elevata di un grado. La digestione però è stata a volte turbata, perchè spesso Atti Acc. Vol. XIII, Skkik 4^ — Mem. II. 3 18 i'j-o/. Eugenio Di Mattei [Memoria II.] ha avuto diarrea, da noi messa in rapporto col cibo incongruo per la tenera età dell' animale. Esperimento 2. — Porco giovane — Tenip. 39° 4. La nutrizione a base di organi di cavie e ratti morti di peste e a base di culture virulentissime, si proti'ae per 10 giorni Si crede inutile la descrizione del trattamento quotidiano, perchè quasi analogo al precedente. L'animale mai si dimostrò sofferente; mai ebbe aumento di temperatura; solo qualche volta diarrea. Le ricerche del germe pestogeno nelle feci non riuscirono positive. L' animale stette sempre bene, durante i 4 mesi che fu sotto la nostra osservazione. Esperimento 3. — Porco adulto — Kgr. 15. Temp. 39° 2. Il trattamento di quest'animale è fatto più a base di organi pestiferi che a base di culture. Esso viene protratto per 12 gior- ni; durante i quali, mai alcun disturbo intestinale, mai aumento di temperatura. L' animale si tenne in osservazione per più di 2 mesi. D) Via respiratoria Esperimento 1. — Porco piccolo — Temp). 39°. Si mette a nudo la trachea e con siringa di Pravaz, lenta- mente si fa scorrere 1 ce. di siero-sanguinolento, raccolto dalla cavità peritoneale di cavia morta di peste. L' animale cade in grave abbattimento, poco dopo 1' opera- zione. Esso è irrequieto, ha conati di tosse, di vomito; alla sera è sdraiato febbricitante ; la temperatura è 41° 5; non ha preso cibo in tutta la giornata. Fino al 4° giorno, le condizioni di ab- battimento sembrano immutate ; la temp. soltanto è scemata a 40° 5, e r animale mangia qualche poco. Dal 5° giorno in poi, il porco comincia a rimettersi; la temp. scende a 40° e tale si mantiene fino all' 8° giorno; esso mangia Intorno alia trasmissione della peste huhhonica ai suini, ecc. 19 discretamente ma senza voracità. Al 12° giorno, 1' animale tran- ne un po' di smagriraento e un jdo' di debolezza nulla mostrava di anormale. La temp. si era rimessa a 39° 6. Le culture fatte col sangue in 'ò'^A'- giornata rimasero sterili. L' animale stette sempre bene, durante il tempo, circa 2 mesi, che fu in osservazione. Esperimento 2. — Forco giovane — Temp. 39° 3. Messa a nudo la trachea , si polverizzano con un comune polverizzatore circa 5 ce. di cultura in brodo virulentissima. L' operazione non riesce a soddisfarci per i moti respiratori a scosse dell' animale. Si calcola che ne siano rimasti in trachea un paio di e. e. L' animale si è comportato come il precedente : elevazione di temp. per circa una settimana, abbattimento e anoressia nei primi 3-4 giorni. La cultura fatta col sangue preso dall' orecchio , nei primi 2-3 giorni rimase sterile. L' animale stette sempre bene, durante il tempo circa 2 mesi che rimase in osservazione. Esperimento 3. — Porco adulto — Temp. 39° 4. Si mette a nudo la trachea e lentamente s' iniettano con siringa di Pravaz centigr. 15 di patina, provenienti da 2 cul- ture in agar a becco di flauto, e diluiti in 3 ce. di acqua ste- rilizzata. L'operazione è riuscita senza contrattempi. L'animale dopo r atto operativo non si mostra abbattuto. Esso ha ansia di mangiare, ma si lamenta perchè non inghiotte facilmente a causa del trauma operatorio. La sera la temp. è alquanto elevata 42" 2, e con lievi oscillazioni e remissioni di pochi decimi si mantiene per circa altri 3 giorni. L' esame del sangue, cavato dall' orecchio, fatto durante questo tempo rimase sempre negativo , e sterili le cul- ture fatte con esso. 20 Prof. Eugenio I)i Mattei [Memoria II.] Dal 4° giorno in poi la temper. si tenne a ciì'ca 40°, per altri 5 giorni, dopo i quali scese alla normale. Alla fine clell'esperimento tranne di un po' di deperimento, nulla si rilevava nell' animale. Esso è tuttoi'a sotto la nostra os- servazione molto ben cresciuto ed ingrassato. II. OVINI. Gli ovini da me esperimentati sono stati 6 montoni e 3 agnellini. I montoni erano dell' età di 18 mesi , grossi e robusti ; gii agnellini erano appena da tre a quattro settimane, divezzati dal latte. Oltre la varietà della specie , interessava a me vedere il loro comportamento nella diversa età. Le vie d' infezione prescelte sono state le solite. Riferiamo brevemente il diario degli esperimenti. A) Via sottocutanea. Esperimento 1. — Montone N. 1 — Temp. 39° 1. La patina di due culture a striscio in agar, cii'ca 15-20 cen- tigr. di materiale , si diluisce in 5 ce. di brodo ; vi si mesco- lano altri 10 e. e. di una cultura in brodo; tutte e tre culture provenienti da innesti, prelevati da cavia morta di peritonite pestifera in meno di 24 ore. Due decimi di ce. di tale emulsione uccidono una cavia controllo in 36-40 ore. Dieci centimetri cubici di tale diluizione vengono inoculati sotto la cute della faccia interna della coscia, ove la pelle è sot- tile e scarsa di pannicolo adiposo. La dimane il montone presenta un lievissimo edema infiam- matorio, diffuso a tutta la regione inoculata. L' animale sembra un po' malinconico , non mangia con appetito ; ha una temp. di 40° 2 ; ma nuli' altro di notevole. Cul- ture fatte col sangue, prelevato con tutte le cautele antisettiche dalle oi'ecchie, rimangono sterili. Intorno alla trasmissione della peste huhhonica ai suini, ecc. 21 Al 3° giorno, già 1' edema locale era di molto scemato , la temperatura rimessa, 1' appettito discreto ; 1' animale era ritornato ad essere di buon umore come prima. Si tenne sotto osservazione qualche mese, senza mai riscon- trare in esso niente di notevole. Venne utilizzato più tardi col distintivo di Montone N. 5. Esperimento 2. — Agnello — Temp. 38° 6. S' inocula nella regione interna della coscia destra con 4 ce. della diluzione culturale, con cui venne innestato il montone pre- cedente. L' animale verso sera teneva 1' arto i-etratto , non volle pi- gliar cibo , la temperatura si elevò a 40° 2 ; la dimane i latti lo- cali erano molto intensi ; la cute arrossata con edema infiamma- torio; r arto lo manteneva retratto; la temp. era ancora salita a 41°; rifiutava il cibo. Queste condizioni perdurano quasi per altri 3 giorni, durante i quali, r animale si nutre scarsamente ; 1' edema è scemato, la- sciando un nodulo consistente circoscritto al punto di iniezione; la temp. è diminuita a 40°. A poco a poco 1' animale mostra ri- mettersi, mangia ma non molto, la temp. raggiunge il normale, il nodulo infiammatorio si cii'coscrive sempre più. All' 8°-10° giorno, esso si poteva dire completamente rimes- so. Stette parecchi mesi sotto la nostra osservazione, crescendo sempre di peso. Esperimento 3. — Montone N. 2. In questo animale si preferisce inoculare all' inguine 10 ce. di diluzione , fatta da 5 e. e. di liquido emorragico peritoneale e polpa di milza diluita in 5 cent. cub. di acqua sterilizzata; ^/lo di C.C. di tale diluzione uccidono una cavia di medio peso in 24 ore. Il montone presenta la dimane un edema infiammatorio dif- fuso a tutta la coscia ; se è tirato fuori dalla stalla cammina a 22 Vrof. Eiu/eiiio Di Mattei [Memoria II.] stento e con l'arto retratto; non mangia, non vuole muoversi dal suo posto, ove si trova disteso ; la respirazione è superficiale, 40 atti resp. al 1'. La temp. i-ettale, in rapporto al profondo ab- battimento e alla reazione , locale è relativamente poco eleva- ta, 40» 1. Al 2o giorno continuano le condizioni precedenti ; mangia un pochino. Culture fatte con liquido dell' edema sono positive. Al 3° giorno, la reazione locale è scemata, il rossore dimi- nuito, r edema è molto pastoso sebbene sempre diffuso. L' animale si presenta più svelto, si alza , mangia sempre pochino. Le culture fatte col liquido dell' edema sono positive. Al 4° e 5° gioriio continuano le condizioni precedenti ; l'e- dema è stazionario, diffuso a tutta la coscia e anche un po' alla gamba. La temp. sempre bassa 39° 8; mangia sempre poco. Al 7° giorno comincia un miglioramento piuttosto notevole. L' edema è diminuito, 1' animale sta volentieri all' impiedi , non ama più accovacciarsi. La temp. sempre discende, oscillan- do da 39° 5, a 38° 9. Al 10° giorno 1' animale può dirsi completamente ristabilito, sebbene lascia notare un certo dimagrimento. Stette più mesi sotto la nostra osservazione. B) Via Venosa. EsjJeriwento 1. — Montone N. 3. S' inoculano nella vena giugulare ce. 6 di liquido siero san- guinolento, raccolto nel peritoneo e nel cavo pleurico di una ca- via morta di peste in 36 ore. Mezzo centim. cub. di esso liquido, inoculato sotto cute a una cavia di 300 gr. di peso, muore in 26 ore. — Subito dopo la fatta iniezione il montone rimane come stordito ; appena slegato dal tavolo operatorio , resta fermo co- me inchiodato e col capo basso. Dopo circa un' oi'a stramazza al suolo e muore. Non si potè fare 1' autopsia ; però si ritenne essere la morte Intorno alla trasmissione della peste huhhonica ai suini, ecc. dovuta a un fatto meccanico, forse a embolismo gassoso ; in ogni caso non si poteva mettere sul conto del materiale infettivo ino- culato. Esperimento 2. — Montone N. 4. Circa 5 ce. del liquido predetto vengono inoculati subito ad altro montone nella vena giugulare. L' animale non presentò i sintomi del precedente. Rimase abbattuto tatto il giorno, accovacciato nella stalla e senza pi- gliar cibo. La dimane e per 3 giorni consecutivi 1' animale si manten- ne con temp. sempre elevata 42°— 41° 5 — 41°; con discreto ab- battimento e con poca voglia di cibo. Le culture fatte con san- gue prelevato da vari punti del corpo, rimasero positive. Verso il o°-8° giorno, 1' animale cominciava a mostrarsi più svelto, mangiava meglio, la temp. s' era limitata a 40°. Dair8o-10° giorno in poi, 1' animale si rimise sempre meglio, la temperatura s' abbassò al normale 39° 8 — 39° 5 : 1' appetito andò sempre crescendo; rimase per ben 5 mesi, sotto la nostra osservazione senza presentai'e nulla di notevole. Esperimento 3. — Agnello. Un e. e. di sangue del cuore e un cent. cub. di liquido pleu- rale, prelevati da cavia morta di peste, vengono mescolati , di- luiti con 3 e. e. d' acqua sterile e indi inoculati nella quantità di 4 e. e. nella vena giugulare dell' agnello. I disturbi che 1' animale presentò sono presso a poco analo- ghi a quelli del montone ; reazione febbiile intensa, abbattimen- to, anoressia per i primi tre giorni , per poi presentare una gra- duale decrescenza dei predetti sintomi, fino alla loro totale scom- parsa e alla completa remissione in salute dell' animale. Esperimento. 4. — Montone N. 5. Questo montone è l' animale che venne inoculato sottocuta- neamente, col distintivo di Montone N. L Ed esso e' impressio- 24 Prof. Evgcnio Di Mattei [Memokia II. nò allora non poco , per i fatti di reazione poco intensi addi- mostrati. Dopo circa due mesi dalla prima inoculazione sottocutanea, si utilizza per iniezione venosa. Nella vena femorale dell' animale s' iniettano ce. 10 di li- quido siero sanguinolento, ricavato dalle cavità pleui'iche e dalla cavità peritoneale di ima grossa cavia di 650 grammi, morta di peste in 48 ore per inoculazione nel cavo addominale. L' animale presentò sempre scarsa reazione generale ; poca elevazione di temperatura per 3-4 giorni e mai al di sopra di 40° 6. Al 3° giorno già esso mangiava discretamente e si man- tenne sempre bene per tutto quel tempo , circa tre mesi che stette sotto la nostra osservazione. Con esso s'intendeva iniziare una serie di ]-icerche sull'im- munità col siero ricavato da tale animale , ma per diverse ra- gioni si dovette rimandare lo studio. C) Via digestiva. Le esperienze su questo indirizzo non sono molte ; si limi- tano a un montone e a un agnello. Allo scopo di fai' ingerire sicuramente il materiale pestoge- no a questi animali, si i-icorse ora a spalmar loro sulla mucosa della bocca, della patina ricavata da culture virulente in agar , ora a strofinar sulle predette mucose il detrito di milza di ani- mali pestiferi, ora a involgere entro foglie di verdura, materiale di culture virulente, o a bagnarle nel sangue o nel liquido emor- ragico peritoneale, oiu a ostie spalmate di materiale intèttivo. Esperimento 1. — Montone N. 6 — Temp. 39° 1. Riceve il 1° giorno , 3 ostie, su cui si spalma centigr. 50 di patina di cultura in agar virulentissima. Riceve il 2" giorno, 3 ostie bagnate in essudato emorragico. Riceve il 3° giorno, delle foglie contenenti patina di cultu- ra in agar virulenta. Intorno alla trasmissione (Mìa peste huhhonica ai stiini, ecc. 25 Riceve il 4° giorno, fòglie di verdura imbevute in cultura in brodo. Riceve il 5" giorno, foglie di vei'dura, imbevute con mate- riale infettivo, liquido emorragico peritoneale. Gli si pratica il 6°, 7", 8° giorno , una spalmatura di cul- tura in agar al palato (*). Durante questo tempo venne presa la temperatura, mattina e sera, e nulla si potè notare di aumento ; si intrapresero delle culture di sangue, cavato da diversi punti del corpo , ma tutte le prove rimasero sterili. Dall' 8° giorno in poi si sospese la somministrazione del ma- teriale infettivo e 1' animale si tenne in osservazione per pa- recchi mesi, durante i quali mai nulla ebbe a mostrare di sof- frire. Esperimento 2. — Agnello — Temp. 38° 4. Per 8 giorni si sottopone 1' animale allo stesso trattamento, cui fu sottomesso il montone. £1 risultato fu analogo al precedente , cioè nessun disturbo apprezzabile, nessuna elevazione di temperatura. L' animale stet- te sempre sano e crebbe di peso per tutto quel tempo che stette sotto la nostra osservazione. D) Via respiratoria. Si sottopone a questo esperimento un solo montone. L' e- sperienza però viene prolungata per vari giorni, variando sem- pre la via tecnica operatoria. Esperimento 1. — Montone N. 7. Tenuta molto aperta la bocca dell' animale, si polverizza profondamente nella cavità circa 5 e. e. di liquido, fatto da una (*) È Inutile acoeimare che il materiale infettivo adoperato veuue sempre coutrollato con esperimento di prova per la virulenza. Atti Acc. Vol. XIII, Seme 4* — Mera. II. 4 26 Prof. Euncnio Di Mattei [Memoria II.] diluzione in acqua sterile, di patina vegetativa di cultura di pe- ste in agar. Si ripete l'operazione il 3° giorno; nel liquido polverizzato s' erano aggiunti 2 cent. cub. di siero, raccolto nelle cavità pleu^ ri che e 3 ce. raccolto nella cavità peritoneale di una cavia morta di peste in 30 ore. Il 6° giorno si mette a nudo la trachea e vi si spingono cautamente con siringa di Pravaz 2 ce. di liquido emorragico peritoneale di cavia morta di peste. L' animale che fino al 5° giorno, quasi nulla aveva mostrato di soffrire per le 2 polverizzazioni fatte , tiunne di una leggera elevazione di temperatura alla sera del 6° giorno , dopo 1' inie- zione tracheale, si mostrava piuttosto abbattuto, con ansia re- spiratoria, respiro superficialissimo, con completa anoressia, con stimoli frequenti di tosse e incapacità a restar sollevato. Il 7° giorno, durano le condizioni precedenti: la temp. è 42°. L'8o giorno, invece la temp. è discesa a 41°, ma le condi- zioni generali non sembrano molto migliorate; dui-a 1' ansia re- spiratoria; 46 atti al 1', durano gli stimoli alla tosse; piglia po- co o nulla di cibo; sta sempre accovacciato. Il 9° giorno esso accenna a un lieve miglioramento; temp. 40° 5, respiro più calmo e meno frequente di prima, piglia il ci- bo pili sovente. Il 10° giorno la temp. è scesa a 40°; 1' animale è abba- stanza sollevato; sta volentieri all' impiedi, mangia il suo fieno e la respirazione si può dire normale. Dal 10° giorno in poi 1' animale migliora sempre , ma la temperatura è costante a 40° fino al 12° giorno, dopo il quale oscilla sempre fra 39° 6 — 39" 8. L' animale viene tenuto in os- servazione per parecchi mesi, senza mai mostrare alcun disturbo che avesse richiamato la nostra attenzione. Intorno alla trasmissione della peste bubbonica ai suini, ecc. III. VOLATILI. Gli animali da me impiegati in queste ricerche sono stati i colombi, i piccioni, le anitre, i polli, i pulcini, almeno come i rappresentanti dei più comuni animali da cortile , che vivono beccando tutto ciò che come materiale di nutrizione rinvengono al suolo, e che rappresentano i più favoriti animali delle nostre abitazioni. Vennero anche estese le ricerche sui passeri. Gli esperimenti si limitai'ono ad inoculazioni sottocutanee , e per alcuni animali si estesero alla via digestiva. Essi animali non si prestano facilmente al resto delle ri- cerche, per la via venosa o respiratoiia, come è stato fatto per i grossi animali. Furono impiegati 10 colombi , 10 piccioni , 12 polli , 12 pulcini, 4 anitrotti, 6 passei'i. Gli esperimenti vengono riassunti in serie , tanto più che i risultati sono quasi uniformi. A) Via sottocutanea. JEspeì'imento 1. — N. 6 Colombi. Gli animali dopo limitata spennacchiatura e relativa toilet- te del punto d' inoculazione, vengono infettati con una diluzio- ne in acqua sterilizzata, di siero sanguigno pleurico, di sangue del cuore, di liquido emorragico peritoneale, tolti da cavia mor- ta in 32 ore per peste. Un decimo di e. e. di questo liquido uccise una cavia di medio peso in 48 ore. La quantità di poltiglia inoculata è di 4 cent. cub. in tre animali, e di 5 cent. cub. negli altri tre animali. La temperatura prima dell'iniezione oscilla da 41° 6 a 42° 9. Dopo r iniezione i colombi nulla mostrano di risentire, es- si rientrano in gabbia piuttosto spaventati. 28 Prof. Eugenio Di Mattei [Memoeia li.] La dimane in tutti un notevole innalzamento di temperatu- ra, fino a 43" 5; in media 1 — 1 Va grado al di sopra del normale. Nella regione d' inoculazione un quasi completo riassorbi- mento del liquido ; non infiltramento , non edema , tranne in qualcuno qualche macchia emorragica limitata al punto d' inie- zione. Tutti gli animali mangiano più o meno. La temperatura si rimette in alcuni al secondo giorno, in altri si mantiene fino al terzo giorno. Al quarto giorno quasi tutti hanno temperatura normale ; mangiano tutti bene, e alcuni presentano un residuo escarotico al punto d' iniezione. Si fanno culture di sangue dopo il 2°-3° giorno, ma rimangono sterili. Gli animali si tengono in osservazione per circa un mese , mostrandosi sempre di buona salute. Esperimento 2. — N. 6 Piccioni. Colla poltiglia con cui furono inoculati i colombi vengono infettati anche i piccioni ; e ciascuno con 4 cent. cub. di ma- teriale infettivo. Dopo r iniezione i piccioni nulla risentono ; essi rimangono vispi come prima. La loro temperatura s' innalza di un grado circa al di sopra della media ; essa però si rimette al 2°-3° gior- no. Al punto d' iniezione un po' di tessuto escarotico che cade al 3° 4° giorno. Di massima essi sembrano resistenti quanto e forse più dei colombi. Si tengono per circa un mese sotto la nostra osservazione, restando sempre sani e vispi. Esperimento 3. — N. G Polli. Si fa una diluzione in 50 e. e. d' acqua sterile con la pa- tina vegetativa di 15 culture in agar , (circa due grammi di materiale pestogeno) provenienti da innesti fatti con sangue del cuore e con polpa di milza di una cavia morta di peste in meno di 24 ore. Intorno alla trasmissione della peste bubbonica ai suini, ecc. 29 ^/lo di e. e. della diluzione uccidono una cavia iu 48 ore, inoculata sotto cute. A due polli s' inoculano a ognuno 2 e. e. del materiale. A due polli s' inoculano a ognuno 3 e. e. del materiale. A due polli s' inoculano a ognuno 5 e. e. del materiale. I primi due animali poco o nulla risentono dell' iniezione sofferta, se togli un po' di aumento di temperatura che non ar- rivò nemmeno a 1° ; nò nulla di notevole mostrarono al punto d' iniezione. I secondi due polli , mostrano aumento di temp. di più d' un grado per 8-4 giorni e un leggierissimo ispessimento al punto d' iniezione. Mangiano con discreto appetito. I terzi due polli presentano, aumento di temp. lo — I" V2 persistente fino al 6° giorno, rossore diffuso della regione inocu- lata, un po' d' edema al punto d' innesto ; essi non sono vispi , mangiano poco , si muovono svogliatamente , hanno marcata tendenza al sonno. Dopo il 5° giorno la temp. si rimette al normale; al punto d' inoculazione 1' edema è scomparso, come scomparsi sono tutti gli altri sintomi presentati. Si tengono per più d' un mese sotto osservazione, e nulla in questo tempo essi mosti-ano di soffrire. Esperimento 4. — N. 4 Polli — (tenuti a digiuno). Vedendo che a dosi elevate i polli si ammalano lievemente ma che poi si rimettono ben presto, volli vedere se cambiando condizioni d' esperimento, col digiuno per esempio, come per i colombi o con altro mezzo, essi si mostrassero ugualmente 0 più recettivi . Due polli vennero lasciati a digiuno da tre giorni. Essi in- di furono inoculati ciascuno con 5 e. e. della diluzione predetta. Soccombettero dopo 2-3 giorni dall'inoculazione. II reperto fu di peste. Dal punto d' innesto, dal sangue si poterono coltivare i bacilli specifici. Due polli inoculati con 3 e. e. ciascuno della diluzione pre- 30 Prof. Eu(/enio Di Mattei [Memoria II.J detta e contemporaneamente messi a digiugno soccombettero in é'-b^ giornata di peste. Reperto positivo si ebbe dalle culture del sangue e dagli innesti degli organi. Esperimento 5. — N. 6 Pulcini. Quattro di essi animali vengono inoculati con 2 e. e. cia- scuno della diluzione precedente. Gli altri due, con 3 e. e. cia- scuno. Tutti e 6 gli animali si mostrano piuttosto sofferenti; con temp. elevata di un grado e mezzo, e con un po' d'ispessimento al punto d' iniezione, mangiano anche poco. Verso il 40-5° gior- no si rimettono completamente ; la temp. è scemata, da 43° nei primi giorni scende a A0° 9; l'appetito è ritornato; al punto di innesto nessun residuo. Esperimento 6. — N. 2 Anitre. Vengono inoculate con e. e. 3 ciascuna di liquido emorra- gico peritoneale. Esse dimostrano poca reazione locale al punto d' innesto , elevazione di temperatura, torpidità grande , sonnolenza ; non perdono però 1' appetito. Dopo 4-5 giorni essi si rimettono completamente; al punto d' innesto una piccola escara necrotica. Si tengono per circa un mese in osservazione , durante il quale crescono, aumentano di peso, nulla mostrano di soffrire. Esperimento 7. — N. 6 Passeri. Inoculati con un' ansa di platino di cultui-a in agar viru- lenta, gii animali rimasero in vita per 15 giorni, durante i quali stettero sotto la nosti^a osservazione. Poi essi vennero allontanati ed adibiti altrimenti. Intorno alla trasmissione della peste bubbonica ai suini, ecc. 31 B) Via digestiva. Esperimento 1. — Colombi N. 4. Si mette, in due scodelle , ben assicurate ai due lati della gabbia, del grano mescolato con crusca , imbevendo il tutto di diluzione di materiale infettivo, rappresentato da culture di peste, da detr-iti di organi pestiferi, da versamenti pleurici o peritoneali. Si ripete per 8 giorni il trattamento. I colombi rimangono sempre sani, mangiano sempre con ap- petito, mai mostrano elevazione di temperatura. Esperimento 2. — Piccioni N. 4. Nelle condizioni identiche di trattamento dei colombi si ten- gono i piccioni per 8 giorni. Anch' essi rimangono sempre in vita durante tal tempo e per tutto un mese che stettero in osservazione. Nessun aumento di temperatura ; nessun fenomeno di soffe- renza negli animali. Esperimento 3. — Polli 2. Sono sottoposti i due animali alle stesse condizioni di trat- tamento dei colombi e dei piccioni. L' esperimento si protrae per 8 giorni. II risultato è negativo. Tutti gli animali si mantengono sempre sani, senza eleva- zione di temperatura, senza alcun disturbo apprezzabile. Esperimento 4. — Pulcini 6. Allo stesso trattamento e della stessa durata di 8 giorni si sottopongono i 6 pulcini. Nessuno di essi animali durante 1' esperimento e dopo ha mostrato la più lieve sofferenza. La temp. si è mantenuta sempre noi-male. 32 Prof. FAujenio Di Mattei [Memoria II.] Esperimento o. — Anitre 2. Il trattamento cui sono state sottoposte le anitre diversifica un poco, perchè per loro il nutrimento è stato prevalentemente di consistenza molle, cioè della crusca molto diluita con liquidi pestiferi, ricavati dai versamenti pleurici e peritoneali degli ani- mali morti di peste, e con culture in brodo — In seguito a tale trattamento per 5 giorni ripetuto, gli animali non hanno mai dimosti-ato la benché menoma sofferenza— La temperatura sem- pre normale. * * * Giunti così al termine delle nostre esperienze, ci sia lecito venii-e a qualche considerazione che ci possa far vagliare meglio i risultati definitivi e le conclusioni finali, con i corollari rela- tivi alla profilassi di questa infezione. Nella priiTia serie di esperienze riguardante i suini , noi ci siamo messi nelle condizioni più favorevoli, per trasmettere a questi animali 1' infezione , introducendo nel loro organismo grandissime quantità di materiale infettivo virulentissimo , sia battendo tutte le possibili vie, pei' cui il germe può penetrare nel corpo dell' animale, sia scegliendo diversi stadi di età dell' ani- male istesso. Ciò anche era utile, per vedere se era possibile di conciliare i risultati contradittori, ottenuti dagli esperimentatori, i quali non si sono curati nemmanco di notare le generalità del- l' esperimento. E quando del resto si pensa ai risultati registrati da loro, non si può fare a meno di dire che eglino, per la scarsezza dei loro esperimenti, non potevano essere autorizzati ad alcuna con- clusione definitiva, che pui- tanto interesse poteva avere nello studio della diffusione della infezione pestogena e della relativa profilassi. Gli esperimenti del Wilm, come si è precedentemente accen- nato si riducono a due ; uno dei quali si riferisce a un ma,] ale che mangia una milza di cadavere pestifero e che muore dopo Intorno alla trasmissione della peste biihbonica ai suini, ecc. 33 22 giorni ; 1' altro di un majale che è inoculato sottocutanea- mente con una piccola quantità di materiale di bubone e che muore dopo 40 giorni. Questi due esperimenti , riuniti al fatto epidemiologico già accennato della morìa dei porci ad Hong-kong durante 1' epide- mia di peste del 1896 nell'uomo, e riuniti all' altro fatto della contemporanea grande morìa dei porci che avveniva durante il viaggio a bordo dei vapori che dall' Hainan e da Pakhoi tra- sportavano molti di tali animali ad Hong-kong, bastavano nel- l'assieme a fare affermare al Wilm che i porci sono animali as- sai recettivi alla peste ; confermando così quanto i medici della Dogana Chinese avevano notato nell' epidemia di peste del 1894, a proposito della morìa dei majali e dei bufali, avvenuta in quel- r anno e creduta anche per peste. Ed eziandio gli bastavano a fargli stabilire il fatto, che per via della carne di questi animali di cui i Chinesi fanno tanto uso , si può diffondere 1' epidemia per peste nell' uomo. Ma tutto questo, di cui non si può sconoscere la gravità, però lasciava adito al dubbio che in China in quell'epoca, con- temporaneamente alla peste dell'uomo ni-1 1896 o nel 1894, po- teva dominare nei majali una epizoozia che tanti punti di con- tatto ha con la peste dell' uomo, qual' è la peste dei suini. Né le alterazioni anatomiche dei due porci in esperimento, o dei porci che morivano a Hong-kong, o sui vapori, potevano por- tare luce alla questione, quando si pensa che anche la peste dei suini è un' infezione a decorso rapido, acuto, come la peste del- l' uomo e con alterazioni di natura setticemica molto affini a quelle che si riscontrano nella peste dell'uomo, e tanto più quando in questo caso o nell'animale di esperimento non si presenta il bubone caratteristico. Né del tutto inosservato dal punto di vista epidemiologico deve passare 1' altro fatto non rilevato dal Wilm , eppui-e in sé stesso tanto importante, cioè quello che'sui vapori ove avveniva la morìa dei porci creduta per peste, nessuno dei marinari o del Atti Acc. Vol. XIII, Serie i^ — Mem. II. 5 34 l'rof. Eugenio Di Mattei [Memoria II.] personale veniva colpito dall' infezione ; mentre quando a, bordo di una nave si verificano delle morti di topi per peste , non tarda a manifestarsi qualche caso di simile infezione nell' uomo, se pure questo non 1' abbia già preceduto. Niente quindi di più facile che i porci a Hong-Kong e sui vapori morivano per peste suina, infezione del resto presso que- sti animali e in quei luoghi tanto comune. D'altro canto se si pone mente al fatto che i due porci inocu- lati dal Wilm morirono uno dopo 22 gioi-ni e 1' altro (krpo 40 giorìii, si vede facilmente come ben raro doveva essere un tale decorso, così lungo , così cronico , nell' infezione pestogena, che procede ordinariamente, quando l' infezione è mortale, con un decorso acuto di pochi giorni. E possibile quindi che anche i due porci , inoculati primitivamente con peste umana siano rimasti immuni a tale inlezione, per incorrere più tardi nell' al- tra peste dei suini che è loro propria. Né fra questi animali la disposizione di razza si può met- tere in calcolo, come più suscettibile alla peste , di quanto non lo fossero gii altri majali di altra razza; poiché i majali inocu- lati da Lowson per via sottocutanea , o nutriti con materiale pestifero, sei in tutto , e gii altri quattro majali, infettati dalla Commissione tedesca erano tutti della stessa razza chinese. E d' altro canto se i majali inoculati dalla Commissione te- desca con 1 ce. di cultura virulenta, venivano considerati come non recettivi, sol perchè erano intensamente inoculati con quan- tità enorme di materiale iiifettivo, di fronte a quella di cui essi si possono contagiare nelle condizioni naturali di vita , se veni- vano considerati come immuni, anche perchè mangiando topi morti di peste non contraevano la malattia, a più forte ragione i nostri esperimenti devono far considerare come non recettivi i predetti animali, benché mosLrino lievemente ammalai'si, quando essi sono stati inoculati con quantità di culture addirittura enorme, 10-15 volte superiore a quella dose di 1 ce. che la Commissione tedesca già giudicava intensissima , e come impossibile nella Intorno alla trasmissione della peste bubbonica ai suini, ecc. 35 introduzione dei germi nelle condizioni naturali dell' ambiente. Né dopo ciò possiamo dar peso agli esperimenti di Ogata dopo le ditììcoltà che egli porta in campo sulla diversità tra il bacillo di peste trovato da Kitasato e quello trovato da Yersin; tanto più che i particolari di questi esperimenti non sono tutti rilevati dall' autoi-e, né in rapporto al numero, né in rapporto alle modalità con cui essi vennero condotti. Certo però, vagliando bene i nostri esperimenti, non possia- mo addirittura ammettere che i porci siano assolutamente im- muni; poiché essi inoculati intensivamente per via cutanea, ve- nosa e respiratoria, mostrarono ammalarsi , ma d' una infezione che dura ben poco , che si svolge rapidamente senza ucciderli, qualunque sia la via per la quale i germi penetrano nel loi-o or- ganismo; mentre si possono giudicare niente affatto recettivi per le piccole dosi (sebbene forti in sé stesse) del materiale infettivo, con cui si sogliono fare le inoculazioni di prova nei laborato- ri; e si devuno giudicare refrattari addirittura alle quantità di quel materiale pestogeno che, nelle loro condizioni naturali di vita, può penetrare nel loro organismo. Ed ammettendo che le quantità maggiori di materiale in- fettante, possono entrare per la via digestiva coi topi morti, noi diciamo subito che è appunto questa la sola via, per cui sperimen- talmente i nostri porci, nutriti per parecchio tempo con mate- riale pestogeno virulentissimo, si siano mostrati insensibili all'infe- zione. I nostri esperimenti per questa via avrebbero dovuto ri- produrre notevoli disturbi nei suini, poiché mentre gli sperimen- tatori hanno nutrito una volta tanto gli animali, aspettandone r esito, noi abbiamo insistito per molti giorni nell' amministra- zione del materiale infettivo, variandone spesso la forma, e sem- pre con risultato negativo. Riassumendo noi crediamo di non errare nei nostri giudizi sulla base dei risultati dei nostri esperimenti, che i suini sono insensibili alla introduzione di quantità comuni di materiale pe- stogeno nel loro organismo , come sono quelle che nelle condi- 36 l'rof. Eugenio Di Mattei [Memoria II.] zioni natui'ali di vita e d' ambiente possono verificarsi ; mentre essi ammalano per breve tempo e senza però mai soccombere , per le forti quantità di materiale infettivo , come per ordinario non avviene che essi possano introdurre. Essi per conseguenza avrebbero una recettività quasi negativa per la via digestiva, minima per le vie respiratorie, cutanea, venosa, e in nessun ca- so, mai in tale grado da preoccupare per la loro vita e per la trasmissione della malattia tra essi e 1' uomo e specialmente poi per quanto riguarda il consumo delle loro carni. Certo adunque questi animali rientrerebbero nella categoria degli animali immuni per tale infezione ed essi invece di riusci- re temibili per loro stessi, forse lo potrebbero diventare come a- genti di diffusione nell' ambiente e in ogni caso sempre molto limitatamente, e mai da preoccupare seriamente; poiché è anche importante a notare che forse la sola via per cui questi suini possono rendersi pericolosi è quella che più facilmente può sfug- gire all'osservazione, cioè la via digestiva, che poco o nulla di disurbo fa rilevare nell' animale durante il tempo in cui esso in- troduce i germi infettivi ; rimanendo ancora da assodarsi bene, dal momento che i risultati delle nostre ricerche sono stati ne- gativi, se i bacini pestogeni ingeriti da questi animali possono essere emessi vivi e in ogni caso in condizioni tali da far te- mere della loro virulenza. In quanto agli ovini, altre ricerche sperimentali non abbia- mo che quelle della Commissione tedesca, e già accennate, per via delle quali una discreta refrattarietà o al massimo una certa recettività , senza dubbio molto bassa , e tale sempre da non preoccupare affatto, non può escludersi. Le pecore e le capre soffrirebbero febbre alta, infiltrazione edematosa al punto d'in- nesto, con formazione d' ascesso ma senza alcuna grave conse- guenza. Le nostre esperienze dimostrano che anche i montoni e gli agnelli , hanno questa scarsa recettività, poiché la inti'odu- zione di quantità notevoli di materiale pestogeno li ammala tem- poraneamente, per 4-5 giorni, sotto una forma piuttosto lieve e Intorno aìla trasmissione della peste bubbonica ai suini, ecc. 37 della quale però più tardi si risollevano facilmente senza po- stumi visibili. Alle piccole quantità di virus sono i predetti ani- mali insensibili e reagiscono spesso con movimento febbrile di poca entità. A quantità poi iperintensive, qiuili quelle che noi abbiamo sperimentato, non si può mettere in dubbio che essi ammalano un po' gravemente, per quanto non vengano a morire. Certo non sono queste da noi adoperate, le quantità che possono que- sti animali introdui-re nel loro organismo per potersi infettare nelle condizioni naturali di loro esistenza; ma sta sempre il fat- to, ad onta della loro bassa recettività che essi possono sempre lievemente ammalare , specialmente quando il germe infettivo, in quantità discreta vien fatto penetrai-e per la via respiratoiia 0 per la via cutanea, Nel pus dell' ascesso, residuale all' innesto sottocute dal germe pestogeno, si può trovare ancora virulento e dopo parecchi giorni il bacillo della peste , come anche nel sangue degli animali piuttosto gravemente ammalati. Con tutto ciò è diffìcile che nelle condizioni più leggiere e anche nelle forme piuttosto gravi d' infezione, essi possono dif- fondere colle loro secrezioni ed escrezioni o coi prodotti patologici il germe pestogeno ; poiché V infezione loro comunicata speri- mentalmente, mai potrà avvenire nelle coudizioni più naturali dell' ambiente. Essi quindi non possono lasciare alcuna appren- sione come animali recettivi, e anche difficilmente possono preoc- cupare per la possibilità di propagazione del morbo per loro mezzo. In antico le storie e le cronache raccontano che gli ani- mali lanuti si tenevano chiusi o si ammazzavano , in tempo di epidemie di peste ; ma se è anche vero come si è dimostrato che alla peste essi non soccombono, si poteva ben pensare che il rigore di quell' ordinanza poteva essere ispirato più dalla pau- ra che tali animali aumentassero la diffusione del morbo, anzi- ché dal saperli vittime di esso. Certo non può mettersi in dub- bio che gii ovini, a causa delle loro lane, possono trasportare e tenere fra le fibre intricate di quel tessuto, tutto quel materiale infettivo che in un dato territorio, in tempo di epidemia può 38 rrof. Eugenio Di Mattei [Memoria II.] trovarsi diffuso nel suolo ; ma questo è da temersi per tutte le infezioni e quindi anche pel germe pestogeno , il quale nulla esclude che esso possa così propagarsi lontano e come per altre infezioni, diffondersi poi anche all'uomo. E sotto questo punto di vista, la tosatura delle lane di que- sti animali, e la relativa industria, in tempi di epidemie di peste, potrebbe, più per eccessiva misura di rigore , anziché per una vera e legittima, preoccupazione, essere un po' invigilata. Concludendo, dopo queste esperienze si deve escludere come in antico si ammetteva , la possibilità di epizoozie di peste fra questi animali ; e si deve pensare , che epizoozie intercorrenti , come il carbonchio, cui questi animali vanno tanto frequente- mente incontro assieme ai bovini, o la peste bovina, cui anche possono andare incontro pecore e capre, se colpite da germe for- temente virulento, dovevano essere quelle che decimavano il be- stiaine per conto proprio, mentre contempoi-aneamente la peste decimava gli uomini per conto suo. Le stoi'ie infatti accennando a questa morìa di bovini, ovi- ni, equini, che nel 1830-31 avveniva durante la peste che infie- riva nell'Alta Italia, si esprimono in modo da metterci oggi in grado da far escludere in essi la peste dell'uomo, perchè dicono che gli animali accennati eiuno affetti dal mal contagioso che loro veniva in testa. Infine non ci rimane che occuparci dei volatili. Anche qui poco ci resta a dire, poiché quasi concordi sono i risultati degli esperimentatori. Viene da tutti confermato che i colombi e i piccioni nelle condizioni normali di vita sono immuni alla pe- ste. Nulla o scarsa é la reazione di questi animali anche alle forti introduzioni di materiale pestogeno. Sono invece contradittori gli esperimenti sui polli, come in principio venne accennato. Per Ogata e per la Commissione tedesca i polli sono refrat- tari; per Wilm essi contraggono l'infezione in 3-4 giorni se nutriti con cibo mescolato a culture pure di peste o a pezzi di oi-gani pestiferi. Intorno alla trasmissione della peste bubbonica, ai suini, ecc. 39 I nostri esperimenti porterebbero un po' di accordo fra questi risultati controversi. I polli coir introduzione di materiale pestogeno per la via della cute o per la via digestiva non pigliano l'infezione; e se la quantità di materiale infettivo introdotto non è molta, posso- no essi mostrarsi refrattari, e tali normalmente devono ritenersi. Se invece la quantità di materiale inoculato per la via sot- tocutanea è grande , come del resto nelle coudizioni naturali difficilmente avviene, essi possono ammalare lievemente, per un periodo breve di giorni , per poi rimettersi subito. E ciò forse potrà anche verificarsi qualunque sia la via per cui il materiale pestogeno venga introdotto ; ad eccezione ben inteso per la via digestiva per la quale è bene osservare che la reazione degli animali è insignificante o nulla. Non nego però che la resistenza di questi animali di fronte ai colombi e ai piccioni , mi sia parsa minore , considerando la reazione locale che segue, in seguito all'inoculazione sottocutanea e i fenomeni generali. Però se questi animali vengono prima sottoposti a digiuno, e s'infettano poi di peste, allora essi si comportano analogamente ai piccioni; i quali pur essendo refrattari, possono contrarre l'infezio- ne quando si lasciano a digiuno come De Giasa e Grosio avevano già dimostrato per la peste e Canalis e Morpurgo pel carbonchio. Non è difficile quindi che i polli sperimentati dal Wilm sia- no stati involontariamente trascurati; e quindi o lasciati a digiu- no o sottoposti ad altre condizioni di sofferenze fisiche , per le quali r infezione pestogena abbia potuto avere la prevalenza, co- me del resto è noto anche per altre infezioni {gas venefìci Di Mattei) alle quali i polli sai'ebbero natui-almente non recettivi. Anche i pulcini e le anitre si possono considerare come non recettivi; essi nulla hanno presentato, tranne di un po' di infiltramento locale e di un lieve aumento di temperatura , in seguito ad introduzione di enormi quantità di materiale pesto- geno nel loro organismo. 40 Prof, Eugenio Di Muttei [Memoria II.] Nulla è stata la reazione degli animali, di fronte alla intro- duzione per la via digestiva del materiale pestogeno. Anche i passeri si mostrerebbero refrattari, contrariamente a quanto avrebbe osservato Nuttal e conformemente a quanto hanno trovato De Giaxa e Gosio. Tutto sommato le ricerche speriaientali assodano la scarsis- sima recettività dei volatili all' infezione pestogena ; e poco fon- data ci appare 1' osservazione delle cronache antiche della forte morìa degli uccelli durante le epidemie di peste. Oggidì che sono note le epizoozie a cui vanno incontro i volatili, e che si va sempre più estendendo la cerchia di esse, è naturale che bisogna pensare che epizoozie dominanti fra questi animali, potevano intercorrere durante la peste dell' uomo, e venire confuse come un solo flagel- lo dalla paura che la peste infondeva nelle popolazioni esaltate. Sembra quindi difficile, sebbene non possa escludersi affatto, che questi animali, bencliè refrattari, possano concorrere , (però in ogni caso sempre molto limitatamente e in specialissime con- dizioni , come tutti gli animali immuni per le singole infezioni) a diffondere il materiale pestogeno. E 1' editto antico della distru- zione anche degli animali pennuti, oltre dei lanuti poteva avere appoggio nella paura, in questo caso non molto giustificata, della possibile propagazione dei germi infettivi pestogeni. Le conclusioni cui intanto i nostri esperimenti ci permet- tono di venire sono brevemente le seguenti : 1. I suini sono animali poco o nulla sensibili all'infezione pestogena; ed è soltanto in seguito alla introduzione di grandi quantità di materiale infettivo nel loro organismo , non molto facile a verificarsi nelle condizioni ordinarie, che essi possono con- trarre la malattia mai in modo grave e in ogni caso mai mor- tale. La loro resistenza è quindi relativamente forte, qualunque sia la via per la quale il germe penetri nel loro organismo; spe- cialmente poi per la via digestiva, per la quale gli animali di- mostrano la maggiore insensibilità. 2. Gli ovini sono anch' essi poco o nulla sensibili all' infe- Intorno alla trasmissione della peste bubbonica ai svini, ecc. 41 zione per peste, e fra essi i montoni più resistenti degli agnelli. Possono però in seguito alle forti introduzioni di materiale in- fettivo ammalarsi non gravemente e sempre facilmente guarire. Poco 0 nulla risentono se l'introduzione del germe pestogeno avviene per la via digestiva. 3. I volatili (colombi, piccioni, pulcini, anitre, passeri) sono immuni, quantunque sembri che i polli , per 1' introduzione di quantità fortissime di materiale infettivo , nel loro organismo possano presentare una scarsa recettività, rappresentata da lie- vissimi disturbi locali e generali. I polli come i piccioni in seguito al digiuno, possono per- dere la loro refrattarietà per la peste. 4. Riassumendo i suini , gli ovini , i volatili non vanno soggetti alla peste bubbonica. * Dal punto di vista della epidemiologia si deve pensare che le morìe di questi animali, durante le epidemie di peste dell'uo- mo, siano state dovute ad altri agenti infettivi, specifici rispetti- vamente per le singole specie, peste suina, mal rosso, carbonchio, peste bovina, tifo equino, colera dei polli ecc. e decorrenti con- temporaneamente o dopo o prima la epidemia di peste dell'uomo. Come si deve altresì ritenere che essi animali, godendo di una resistenza notevole di fronte al germe pestogeno, non pos- sono considerarsi come veri agenti di contagio o di trasmissione diretta, potendo forse al massimo farsi, in ben limitate e speciali condizioni e nei centri pestiferi agenti indiretti di propagazione e diffusione. Dal punto di vista della profilassi opino che il consumo delle carni, del latte e suoi derivati e il commercio delle pelli oculatamente fatto, non debbano dare alcuna preoccupazione. Istilliti) (V igiene sperimentali: della R. Università di Calimia. BIBLIOGRAFIA I. Foà — Sulla confereuza sanitaria di Venezia per la difesa contro la pe- ste l)ul)l)onica (Riv. d' Ig. e San. Pubbl. Torino 1897). li. Haeser's Geschicht d. med. u. epid. Krank 3'-' Aufl. B. 111. 1882. ;5. L. s. e. p. 103. 4. Rocher — Province Ohinoise de Juu-uau fRef. Med. Rep. Chinc.w Tmp. Marit. Cnst. 8han-ghai. 1878. N. 15). 5. Wilm — Ueber der Pestepidemie iu Hong-Kong im Jalire 189(> (ìlyg. Rund. 1897. n. 5-6). <ì. Lowson — Notes on the piagne in (Jbina [The Lancet 189.5. Voi. II). 7. Janson — Der Scliwarz Tod bei Tliieren (Arch. f. wm. u. prakt, Thierlc li. 21). 8. Mitteilungen der deutsclieu Pestkoiuuiission aus Bombay {Deutsche Med. Woch. 1897). 9. Ogata — Ueber die Pestepidemie iu Formosa {Gentr. f. hakt. Juni 1898). 10. Koch — Eeise-Bericbt iiber Eiuderpest, Biibonenpest iu ludieu u Afrika ecc. Berlin 1898. II. Proust — La défeuse de l'Europe coutre la peste et la Coufereuce de Venis 1897 — Paris. Masson 1897. 12. Dent. Pestcommis. 1. s. e. 13. Wilm — 1. s. e. 11. Haeser — 1. s. e. 15. De Giaxa e Gosio — Ricerche sul bacillo della peste bubbonica iu rap- porto alla profilassi. (Ann. d'Ig. Voi. VII. Roma). <)•>. Nuttal — Ueber die Empfiudlichkeit verschid. Thiere fiir die Pest — (Ventralb. fiir Bakt. B, IL 1897). Memoria III. Istituto ^Is o ^/g o 7io di goccia di polpa) si può dare la morte a un grosso montone , è naturale che r esperimento sopradetto non può avere alcun valore per il quesito pi'opostoci e quindi nuove esperienze si rendono necessarie. Pertanto a titolo di giustificazione quegli esperimenti fui'O- no fatti più per esplorare il terreno della suscettibilità dei no- stri animali, e come prova della virulenza del virus , anziché come esperimenti dai quali si sperava un risultato. Il montone come così più tardi si dovette confermare è un animale che quantunque non contragga facilmente 'in natu- ra r infezione del carbonchio sintomatico, pure è molto sensibile ad essa, quando lo si inocula sperimentalmente, ed è pi'ezioso per le ricerche di sensibilità di vaccinazione , d' immunità ecc., e quindi per questa ragione continuai le mie esperienze su esso. Si trattava però di mettersi nelle condizioni più naturali, e già premesse; e quindi di inoculare dei montoni già vaccinati col carbonchio ematico , una dose tale di virus di carbonchio sintomatico che fosse ordinariamente riconosciuta come mortale, senza essere eccessiva, per i montoni testimoni. A questo scopo si fecero due esperimenti , uno scegliendo come materiale infettante il 2° vaccino di Arloing e Cornevin, e Intorno alla vaccinazione anticarbonchiosa, ecc. V altro scegliendo come virus il succo di polpa muscolare, pre- parato nel modo già accennato. In tutti e due gii esperimenti erano istituite delle esperienze di contiollo. Come è noto, il 2° vaccino in polvere, vaccino fòrte di Ar- loing e Cornevin, non è altro che il virus (tumore muscolare) del carbonchio sintomatico tenuto a 85", 90° per 7 ore, e serve a completare l'immunità; mentre il primo vaccino molto debole, è quello con cui si otterrebbe solo un principio d'immunità, es- sendo in questo caso il virus moltissimo attenuato, per esser te- nuto per 7 ore a 100°- 104. Con qiiesti vaccini si può conferire l' immunità tanto ai piccoli^ quanto ai grandi ruminanti. Per il montone si fa una prima iniezione col 1° vaccino e dopo 8-10 giorni se ne fa una seconda col 2° vaccino ; queste iniezioni possono farsi o alla ra- dice della coscia o all'estremità basale della coda o alla faccia esterna delle orecchie. Il vaccino essendo in polvere e dovendo- si inoculare nel tessuto sottocutaneo, viene addizionato con del- l' acqua sterilizzata, ben tritato in un mortajo , fino a ridursi a una vera emulsione, poi viene filtrato e inoculato negli animali. La dose da inocularsi è varia a seconda l' età del soggetto, ma in media tì-8 gocce e in ogni caso mai più di ^a cent. cub. L' inoculazione del 2° vaccino nella dose anzidetta, fatta d' emblée per 1' immunizzazione degli animali, sarebbe impruden- tissima, poiché se alcuni individui della specie bovina potrebbero sopportarla, non avverrebbe lo stesso per molti altri della stessa specie e razza, i quali anziché l'estare immuni, soccomberebbero addirittura all' infezione, come in molti tentativi è avvenuto. E questo, molto più facilmente avverrebbe pel montone, ani- male che sperimentalmente dimostra una sensibilità grandissima, quanto quella e forse anche maggiore di quella dei bovini. Anzi questo 2° vaccino, ritenuto sempre un po' forte, secon- do alcuni , anzicchè da SSo-OO" è portato da 90o-94° di temp. , specie se serve pel montone. Ma v' ha dippiù; la dose di vaccino da inocularsi , 6-8 gocce in media e massimo ^a ce. appartiene Prof. Eugenio Di Mattei [Memoria IV. J ai bovini ; e per quanto ricerche abbia fatto, non mi risulta se deve adoperarsi per i montoni tale quale, o nella proporzione del peso del loro corpo, in rapporto ai bovini, come parrebbe logico. In questo caso la dose anzidetta si dovrebbe ridurre per i montoni per lo meno al terzo e mai in ogni caso andare a più della metà ; e quindi la dose media del vaccino da inoculare dovreb- be oscillare da 7io-^'io di ce, non nascondendomi infine che queste; dosi devono sempre farsi come tentativi e come saggi. E non a caso mi son voluto intrattenere su questi partico- lari, poiché è soltanto sulla guida di questi fatti oramai acqui- siti dalla scienza e dalla pratica delle vaccinazioni di ta,le infe- zione che si possono convenientemente vagliare le esperienze e i risultati che qui l'assegnerò. Due montoni erano stati vaccinati da circa 9 mesi col vac- cino Pasteur. Al 9° mese si inoculano con 1 ce. di sangue carbonchioso, preso da cavia morta di carbonchio ematico in 34 ore; dopo 15 giorni s'inoculano ciascuno con patina di 2 culture sporigene in agar, diluita in acqua sterile; e dopo altri 8 giorni con patina di 3 culture sporigene in agar, diluite in 5 e. e. di acqua sterilizzata. Le inoculazioni vennero fatte alla faccia in- terna delle cosce. Gli animali ad ogni iniezione presentarono sempre reazione febbrile ed edema alla coscia che si riassorbiva dopo 2-3 giorni completamente. Questi animali che per maggior intelligenza chiamo A e B dopo dieci giorni, durante i quali ogni reazione locale e gene- rale era scomparsa, vennero inoculati alla taccia interna delle coscie, il primo con 1 e. e. di 2° vaccino di carbonchio sinto- matico Cornevin-Arloing e 1' altro con 1 ^'a e. e. dello stesso. Due altri montoni testimoni della stessa età e dello stesso peso, furono rispettivamente inoculati con le stesse dosi del vac- cino predetto. I due montoni A e B si comportarono come segue : il 1° cioè A, inoculato con 1 ce. di 2° vaccino Arloing, ebbe una leggie- ra reazione locale e generale; l'altro B con 1 72 ce dello stesso. Intorno alla vaccinazione anticarhoncJdosa, ecc. presentò un rigonfiamento caldo e doloroso al punto d' iniezio- ne, reazione febbrile fortissima; ma al 3" giorno i fatti locali e generali si attenuarono fino a scomparire completamente al 5° giorno. Dei due montoni testimoni, uno, quello inoculato con 1 ce. del 2° vaccino, soffri forte reazione locale con edema rossastro, e febbre, e sopravvisse; 1' altro inoculato con 1 ^2 e. e. del 2° vac- cino, mostrò edema al punto d' iniezione piuttosto diffuso; poi verso il 3° giorno delle flittene nerastre e al 5" giorno moriva. I risultati di queste esperienze devono essere tenuti in con- siderazione; poiché appare manifesta la resistenza dei due ani- mali A e B, di fronte alla grande quantità di 2° vaccino di carbonchio sintomatico loro inoculato. E il i-isultato ha natural- mente una maggiore importanza, se si confronta con quello ot- tenuto con i due montoni testimoni, dei quali uno ebbe una fortissima reazione locale e generale da far temere molto per la sua vita, e 1' altro soccombette in 5 giorni. Ma mentre da un lato non si poteva mettere in dubbio la maggiore resistenza al 2° vaccino di carbonchio sintomatico dei montoni pi-eventivamente vaccinati al carbonchio ematico, di fronte ai montoni di controllo, pure l' esperimento non si poteva dire definitivo, perchè non risulta molto approfondito da studi spe- ciali il modo di comportarsi dei montoni ai due vaccini Arloing e al 2° vaccino in ispecie e alle dosi diverse ecc. e ciò, come abbiamo detto, pel fatto che essi animali in pratica non si vac- cinano perchè spontaneamente non pigliano il carboncliio sin- tomatico. Era naturale quindi che pur tenendo in debito conto il ri- sultato ottenuto, l'esperimento più decisivo sarebbe stato quello di inoculare del virus fresco di carbonchio sintomatico in dosi letali, tanto ai montoni preventivamente vaccinati al carbonchio ematico, quanto ai non vaccinati tenuti come controllo. In quest'ordine di fatti, di molto aiuto ci verrebbero i dati sperimentali, oramai assodati che si hanno sulla recettività di Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4" — Mera. IV. 2 10 Frof. Eugenio Di Mattei [Memoria IT.] questi animali e dei bovini all' infezione di carbonchio sinto- matico. Cinque gocce di vii'us fresco, pi'eparato nel modo precedente- mente accennato, bastano ad abbattere una vacca; una goccia, due goccie, mezza goccia, Ys; Vs» ^/lo di goccia, bastano ad uccidere un montone. Arloing, Cornevin, Thomas, con Yio eli goccia di polpa muscolare attivissima, diluita in 1 ce, d'acqua e iniettata sotto la cute della coscia in mi montone, mentre nell' animale non hanno accidenti locali e lo credono fuori pericolo, notano più tardi un tumore, lontano dal punto d' inoculazione, che si svolge come il tumore, determinato dalla inoculazione di una dose tòrte di vi- rus e consecutivamente vedono subentrare la morte dell'animale. Con \'8 di goccia, sempre diluita in 1 e. e. d' acqua , e sce- gliendo sempre la faccia interna della coscia, inoculata sotto cute, ottengono la morte con fatti locali piuttosto forti , in 5 giorni. E del pari poche gocce di virus fresco bastano per i mon- toni e per i bovini in genere, per la così detta prova di resisten- za dei vaccinati. Infatti quando si vuol mostrare 1' efficacia reale delle ino- culazioni preventive, si possono inoculare i vaccinati e i testi- moni con 2, 3, 4, 5 gocce al massimo di virus fresco se trattasi di montoni, e di 5, 6, 8, 10 gocce al massimo di esso se trat- tasi di bovini. Giù premesso, era facile stabilire 1' esperimento. Bisognava con dosi di virus di carbonchio sintomatico letali, inoculare com- parativamente montoni già vaccinati preventivamente al car- bonchio ematico e montoni normali. Come dose media mortale di virus di carbonchio sintoma- tico , si scelse la quantità di una goccia, 2 gocce e 3 gocce di succo di polpa muscolare; come dose massima si scelse la quan- tità di 5 gocce di esso virus. S' inocularono 6 montoni; quattro vaccinati al carbonchio ematico da 10 mesi e dopo intensivamente rivaccinati durante Intorno alla vaccinazione anticarbonchiosa, ecc. 11 due mesi a ogni 20 giorni, con dosi considerevoli di colture car- bonchiose virulentissime, e due montoni sani come controllo. I quattro montoni A, B, C, D, quando furono sottoposti all' inoculazione del virus fresco di carbonchio sintomatico, erano esenti di ogni reazione locale e generale, prodotta dalle iniezioni di culture di carbonchio ematico, la cui ultima inoculazione ri- montava a 10 giorni prima. Due di essi, sotto la cute della faccia interna della coscia, avevano un piccolo ascesso caseoso, circoscritto al punto d' ino- culazione, che si era svuotato qualche giorno prima. Nuli' altro di anormale. II montone A riceve una goccia di virus di carbonchio sin- tomatico, proveniente da polpa muscolare di cavia morta in 30 ore. Il montone B riceve 2 gocce dello stesso virus. Il montone C, 3 gocce, ed il montone D ben 5 gocce. I due montoni controllo ricevono rispettivamente il primo una goccia e 1' altro 2 gocce della stessa emulsione. L' inoculazione in tutti e 6 i montoni vien fatta sottocuta- neamente alla radice della coda. Il risultato fu brevemente il seguente : II montone A soffrì discreta reazione febbrile, edema circo- scritto alla regione inoculata. Sopi-avvisse. Il montone B soffrì forte reazione febbrile, edema alla re- gione caudale, abbattimento; rimase sofferente per circa 3 gioi'- ni, dojDO i quali scemarono i fatti locali e l'animale si rimise completamente. Il montone C ebbe una reazione locale e generale ancor più intensa. L' animale al 5. giorno era morto di carbonchio sin- tomatico. Il montone D, dopo 24 ore mostrò edema rossastro che si diffuse per tutta la coscia, con flittene nerastre al punto d'ino- culazione, e al 4° giorno era morto come il montone C, con tutte le note cliniche, anatomiche e batteriologiche del carbonchio sin- tomatico. 12 l'rof. Eugenio Di Mattei [Memoria ]V.] I due montoni testimoni soccombettero rispettivamente uno, al 2", l'altro al 3° giorno, di carbonchio sintomatico. L'esperimento sopradetto viene al risultato che di quattro animali ipervaccinati pel carbonchio ematico, due inoculati con dose letale media (1-2 gocce) di virus di carbonchio sintomatico si salvano, sopravvivono all'infezione; gli altri inoculati con dosi più forti, molto intensive (3-5 gocce) quali spesso non vengono adoperate per gli esperimenti di prova della resistenza per le vaccinazioni specifiche soccombono all'infezione. I controlli, ino- culati con dosi medie letali (1-2 gocce) soccombono rapidamente di carbonchio sintomatico. Non può quindi disconoscersi una certa resistenza , dii'ei quasi anche notevole pel carbonchio sintomatico, da parte di quegli animali che sono stati preventivamente vaccinati al car- bonchio ematico. Ed ho detto notevole, pel fatto che la quantità impiegata di virus di carbonchio sintomatico (1, 2 gocce) viene anche adoperata come dose comune, per la dimostrazione della efficacia delle inoculazioni preventive specifiche, essendo possibi- le come si è detto, di dare la morte ai montoni con dosi infini- tamente piccole di alcuni decimi di goccia. Incoraggiato da questi risultati, avrei voluto estendere su più largo campo i miei esperimenti, se la ristrettezza dei mezzi del mio Laboratorio non me l' avesse impedito; poiché io stesso sono il primo a riconoscere che l' argomento è di tale importan- za che merita di essere ancora più approfondito. La necessità di ulteriori ricerche mi veniva suggerita da un' espei'ienza che qui vale anche la pena di accennare. Era a mia disposizione un ultimo montone, vaccinato al car- bonchio ematico da 10 mesi col vaccino Pasteur; quest'afiimale fu, senza ulteriore inoculazione di altro materiale carbonchioso ematico come si era praticato per tutti gli altri montoni, sottoposti agli esperimenti a scopo di osservare la resistenza di essi animali, inoculato al solito modo, con due gocce di virus di carbonchio sintomatico. L' animale pei'iva di questa malattia al 3° giorno. Intorno alla vaccinazione anticarbonchiosà, ecc. 13 L' esito letale di questo montone non scuoteva gran fatto i risultati incoraggianti prima ottenuti, ma faceva riconoscere la necessità di ulteriori esperimenti. Poteva infatti obbiettarsi che r animale fosse morto, perchè la vaccinazione Pasteuriana alla quale 10 mesi fa era stato sottoposto, si fosse esaurita e con es- sa anche la stessa immunità al carbonchio ematico. Si sa che la durata dell'immunità, goduta dagli animali vaccinati al car- bonchio ematico non è fissata in modo assoluto e ordinariamente non dura molto tempo ; un solo animale quindi nulla può asso- dare e nulla può infirmare. La durata dell' immunità, conferita per la vaccinazione Pasteuriana, varia moltissimo , secondo la forza dei vaccini inoculati e secondo il grado di recettività de- gli animali ed è in ragione diretta dell' intensità del vaccino e della debole recettività degli animali; essa può andare da alcuni mesi 2, 3, 4, 5, a un anno e anche al di là. I montoni secondo Chamberland sarebbero ancora vaccinati fino ad un anno nella proporzione del 60 «/o. Il nostro montone era stato vaccinato da dieci mesi e ci sfugge d' altro lato, jDcr fare un calcolo approssimativo della forza del vaccino e della durata probabile dell' immunità di quest'ani- male, il grado di reazione che esso a suo tempo presentò dopo la vaccinazione, poiché si sa che la durata è corta, l' immunità incompleta se la reazione in seguito alla vaccinazione è debole 0 nulla. Né questa è la sola obbiezione che può muoversi , poiché altre se ne possono fare, relativamente alla dose di virus di car- bonchio sintomatico inoculata. Essa dose benché di 2 gocce, quantità del resto impiegata per la prova di resistenza delle vaccinazioni, fu per quell'ani- male eccessiva? Avrebbe resistito a una dose inferiore ? Era forse un animale molto più suscettibile degli altri all' infezione di car- bonchio sintomatico? Né tutto questo ancora basta a giustificare l'insuccesso a- vuto in quest' animale; poiché una serie di nuove argomentazioni 14 ■ Prof. Ei((/enio Di Mattei [Memoria IT.] s' impongono allo spirito; ed è solo con ulteriori ricerche che vi si può rispondere. È infatti importante conoscere se la resistenza degli animali al carbonchio sintomatico , poteva nel caso nostro essere deter- minato dal grado di vaccinazione iperintensiva di carbonchio ematico a cui venivano sottoposti gli animali, prima di essere inoculati di virus di carbonchio sintomatico. Nulla sappiamo se in quelle condizioni di speciale elevatis- sima resistenza degli animali ipervaccinati al carbonchio emati- co, r organismo di essi poteva offrire mezzi di difesa relativa- mente elevati anche per il carbonchio sintomatico. Nulla sappiamo delle modificazioni biochimiche della cellula che possono avvenire in un organismo nelle condizioni dell' e- sperimento predetto. E la scienza invero non sarebbe povera di fatti analoghi in altre infezioni, come la pratica del resto non è avara di con- tributi che appoggerebbero i risultati finali delle nostre esperienze. È qui acconcio adunque accennare, a titolo di giustizia verso un modesto ed indefesso studioso, il Dott. Miglioranza, oggi de- funto, che egli in una sua Relazione alla Società Medico- Veteri- naria Veneta nel 1883, a proposito delle vaccinazioni carbon- chiose di Anguillara col sistema Perroncito, rilevò tal fatto, os- servato nella sua pratica di vaccinazioni in provincia di Padova. Egli cosi si esprime : « Sopra un migliaio e più di animali bovini da me vaccinati, nella primavera del 1882, nessun fatto di carbonchio ematico ebbe a svilupparsi; bensì due casi di car- bonchio sintomatico nei vitelli ed anche questi dopo 9 mesi dal praticato innesto; notando però che la mortalità in questi stessi animali senza lo innesto sarebbe certamente ammontata a N. 10 circa per carbonchio ematico e a non meno di 60 per carbon- chio sintom.aUco. Né credo in queste mie previsioni essermi al- lontanato dal vero; poiché le stalle vaccinate erano quelle che annualmente davano una perdita maggiore, mentre le altre stalle anche della stessa località, che non vennero vaccinate, hanno for- Intorno alla vaccinazione anticarboncMosa, ecc. 15 nito dal luglio dello scorso anno più di 50 morti per carbonchio nei bovini e 3 nei puledri. È questo un controllo pratico a mio parere di qualche importanza. » Tali risultati pratici per cui si riteneva o si cercava di di- mostrare che colla vaccinazione Pa.steuriana si poteva ottenere r 80 o/o di diminuzione nei casi di carbonchio sintomatico, non potevano sfuggire al Prof. Perroncito, cui il Miglioranza comu- nicava pel primo il risultato. E parecchie furono fin d' allora le ricerche dall' illustre col- lega intraprese ma non continuate; ed i risultati con vei'o disca- pito della scienza e della pratica non furono resi di pubblica ragione. Anche a lui però in complesso venne fatto di osservare come ebbe la cortesia, da me richiesto, di riferirmi, che gli ani- mali vaccinati al carbonchio ematico hanno una maggiore resi- stenza ma non una completa immunità al carbonchio sintomatico. Come si vede anche a questi risultati per quanto generali, bisogna dare la dovuta importanza, data l'autorità scientifica del nome da cui provengono e bastano essi soli, anche senza il con- tributo delle mie ricerche ad essere sprone per l' approfondire tale argomento. Bisogna invero estendere il campo delle espe- rienze sopra i bovini, animali, i quali sono naturalmente recet- tivi alle due infezioni, mentre gli ovini per quanto sensibili na- turalmente al carbonchio ematico non sono altrettanto sensibili a contrarre in natura il carbonchio sintomatico, quantunque essi per recettività sperimentale in nulla diversifichino dai bovini (1). Ed ora mi sia permesso dalle accennate ricerche di venire anch' io a qualche conclusione. (1) Dopo ijareccliio tempo che queste rieerelie erano stato comunicate alla nostra Acca- demia, e al Congresso di Igiene di Torino mi fu dato leggere nel Giornale II Nuovo Ercolani (anno IV, N. 20) una noticiua del D.r Mirabella, nella quale si riporta la storia di due casi di carbonchio sintomatico in due bovini, guariti, come con molta probabilità 1' A. ha ragione di ritenere, col vaccino dell' ematico. 16 Prof. Eugenio Di Uattei [Memoria IY.] 1° Resta confermata la bontà delle vaccinazioni Pasteuriane contro il carbonchio ematico; poiché esse veramente sono in gra- do di apportare negli animali vaccinati un altissimo grado di immunità, anche contro dosi fortemente intensive di virus car- bonchioso, come ordinariamente giammai loro avviene in natura d' infettarsi. 2° Resta provato che animali (ovini) fortissimamente immuni contro il carbonchio ematico per vaccinazioni Pasteuriane e per consecutive inoculazioni di virus carbonchioso a dosi gradata- mente sempre più intensive, possono presentare una notevole re- sistenza al virus del carbonchio sintomatico, anche se esso viene loro inoculato in dosi che superano le minime mortali. 3° Nella pratica delle vaccinazioni, in quelle circostanze dello sviluppo di un' epizoozia di carbonchio, la cui vera natura sfugge temporaneamente all'osservazione dei proprietari e dei pratici, e lascia indecisi se debba riferirsi a epizoozia di carbonchio ematico o sintomatico , non mi sembra inopportuno allo scopo di scon- giurare il flagello e in ogni caso per fornire agli animali una immunità del carbonchio ematico e un maggiore grado di re- sistenza di essi pel carbonchio sintomatico, di consighare la vac- cinazione Pasteuriana; salvo più tardi a comportarsi secondo che le vicende e la vera natura dell' epizoozia lo richiedano. Non posso chiudere queste ricerche senza non aggiungere che altre esperienze ho intrapreso sullo stesso argomento, ma sotto altro indirizzo. Ho voluto studiare se sottoponendo gli animali sani ad ino- culazioni preventive di siero, ricavato da animale fortemente im- munizzato al carbonchio ematico, essi mostrassero qualche resi- stenza oltre che al carbonchio ematico come era stato dimostrato dall'egregio collega Sciavo, anche al carbonchio sintomatico, giusto quanto io mi proponeva di vedere ad ulteriore contributo delle Intorno alla vaccinazione anticarboncMosa, ecc. ricerche già esposte. Devo dire che sono alla prima fase di questo studio, limitato per ora alle esperienze, relative alla resistenza degli animali al carbonchio ematico, se trattati profilatticamente o curati col siero carbonchioso. E sono lieto di accennare che i risultati di questa serie di esperienze finora compiute, conferma- no completamente i i-isultati ottenuti da Sciavo. Mi riserbo a lavoro completo di riferire, su queste ricerche e su quelle relative al carbonchio sintomatico, i miei risultati. Memoria V Doti GIUSEPPE DE STEFANO Le argille a COENOPSAMMIA SCILLAE Seg. e le sabbie marine della contrada Corvo in Reggio di Calabria. ( con lina tavola ) I terreni della contrada Corvo nelle vicinanze di Reggio , messi a nudo da uno sterramento operato per la estrazione di certe argille da servii'e come materia prima nella lavorazione ceramica, giusto quanto si è detto altra volta (1) , partendo dal- l' alto della serie, constano dei seguenti strati : 1. Terreni alluvionali, 2. Letti di sabbie piti o meno fossilifere, 3. Argille azzurrognole, 4. Marne argillose. Nelle argille azzurrognole, come è già stato notato nell' a- vanti cennato studio , si rinvenne una gran quantità di grossi Corallarì, che ne caratterizzano alcuni strati, e che perciò ci rap- presentano una bella novità per tali terreni, non solo avuto ri- guardo alla prov. di Reggio, ma per tutta la Calabria. Il loro studio, adunque, è importante, vuoi dal lato paleon- tologico, vuoi da quello stratigrafico, poiché così può essere po- sta in chiaro una vitale quistione — quella , cioè a dire , se dav- vero, come tanti geologi finora hanno ritenuto , tutte le argille sottostanti a sti-ati sabbiosi pliocenici o post-pliocenici in discor- (1) G. Df, Stefano, L'Mephas mcridionalìs ed il Ehinoceros Merchi nel quaternario cala- ireae — Boll. delLi Soc. Geol. Ital. , Voi. XVIII, fase. IV, 1899. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4" — Meni. V. 1 2 Doti. Giuseppe De Stefano [Memoria V.] danza con essi, sian da ascriversi a formazione miocenica o non piuttosto talora a qualche altra. E ciò appunto che si cercherà di vedere nella conclusione della presente memoria. Nella quale cominceremo con lo studio particolareggiato, per quanto breve , delle singole enumerate formazioni , tralasciando quella riguaixlante i tej'reni alluvionali e la illustrazione topo- grafica dei luoghi, perchè, fatte altra volta, (L' Eleplias meridio- nalis etc.) ora tornerebbero superflue ed oziose. Ije argille. Questa eccellente roccia per la fabbricazione del materiale laterizio (mattoni, quadrelle, tegole, etc.) sottostà con alquanta discordanza agli strati sabbiosi marini: il suo colore è bruno-verdo- gnolo od azzurrognolo negli strati più alti e medi della serie, ma diventa giallognolo in quelli più bassi, e sottostanti agli strati fossiliferi, che, come quanto prima si dirà , hanno una diversa natura- chimica. Lo strato argilloso superiore, limitante con le sabbie mari- ne, per certi suoi caratteri può considerarsi come argilla figuli- na, la quale si allontana molto dalle così dette argille plastiche per la proporzione dei materiali estranei che contiene, fra i quali predominano i granuli di quarzo. Gli strati medi e più bassi della serie, messi a nudo dallo sterramento, son da considerarsi come argille alquanto calcaree. Per essi l'analisi chimica ha dato i seguenti risultati, esaminati due campioni di due diversi lontani strati : Per il primo campione, H, A.1^ Sij O9 50. 3 7„ 7 0 Ga CO3 . . . . , 19-7 Si O, 13. 4 °/o H, O S. 6 "lo H, K3 Al, Sie O,, 4. 2 °/o Le argille a Coeiiopsamuiia Scillae Seg. e le sabbie marine ecc. 3 e per il secondo, H, Al, Si, O, 51. 6 \ Ca CO3 24. 5 °/„ H, O 7. 9 "/„ Si O, . . . , 11. 5 "/„ H, K, Al, Si, O,, 2. 5 "k In HCl sono parzialmente solubili con molta effervescenza. Ancora più solubili, e con maggiore effervescenza, sono in H2SO4 ed HNO3. Infine, esaminato un campione degli strati giallognoli più bassi, ha dato : H4 Al, Sio Og 47 "/o circa Ca CO3 39 7o circa quindi gli ultimi strati possono considerarsi come argille marno- se. Nelle quali si riscontrano traccia di ferro , poiché esposte al fuoco, dopo poco tempo arrossano. Neil' HCl producono molta effervescenza e si disciolgono al- quanto : ancora più effervescenza producono in H2SO4 ed HNO3 . Negli strati più bassi delle argille verdognole ed alquanto calcaree — come si è già detto — si rinvenne una grossa quantità di Corallarì, appartenenti a una specie sconosciuta finora nei ter- reni calabresi. Così almeno appare dai lavori paleontologici scritti in pro- posito, a comipciai'e da quello dello Scilla {La vana sj^eculazio- ne disingannata dal senso) per finire a quelli non pochi del Se- guenza. I coralli rinvenuti nelle argille azzurrognole della contrada Corvo son tutti da ascriversi al genere. Coenopsammia M. Edward e Haime che in sinonimia cor- risponde ai seguenti altri : CaryoplnUia Lamarck, Astraea Blainville, Cladocora (parte) Ehrenberg, Tubastraea Lesson, CaryophiUia (parte) Dana. Dott. (hnseppe De Stefano [Memoria Y.J La specie nuova per le Calabrie, è frequente nella provin- cia di Messina, almeno così sembra da quanto lasciò scritto il Seguenza, il quale la rinvenne nelle i-occe marnose e calcaree (1) : essa è la seguente : Coenopsammia Scillae Seg. (CoralUum fistulumm, quod copiosum in coUibus messanen- sibu-s conspicitur Scilla). Esaminando i diversi numerosi esemplari da me raccolti, si osserva che, questa specie, va distinta dalle altre Coenopsammie, per la forma arboi'escente, per la disposizione dei polipariti, pei calici e pei tramezzi. Essa trovasi in frammenti più o meno grandi e grossi , i quali formano uno strato fossilifero delle argille verdognole di « Corvo » nella parte più bassa della serie. I giovani rami si rinvengono separati dal tronco principale quasi sempre. Alcuni tronchi — come si osserva nell'annessa tavola — hanno la porzione centrale e basilare molto spessa e talora voluminosa. Il |)rof. Seguenza l' aveva prima considerata come una Den- drofìlUa, per la sua forma generale e per la picciolezza dei ca- lici; ma poi la incluse fra le Coenopsammie, per il numero dei tramezzi, e per il calice non stellato. L' abbondanza di tale specie nelle ai-gille della contrada Corvo— starei quasi per dire, è meravigliosa. E uno strato inte- ro dello spessore di vari centimetri e talora forse anche di un metro, tutto pieno di tale Corallario. La formazione può pigliare perciò il nome di « Argille a Coenopsammia » , tenuto conto della mancanza di altri i-esti fossili appaiiscenti— se si eccettui- no i foraminiferi, qualche squama di pesce , e qualche valva di Lamellibranchi, questi ultimi attaccati ai frammenti del Coral- lario. Fra le piccole valve di Lamellibranchi notati si è potuto (1) Skguenza G., Disquisizioni palioiilolo(jiche intorno ai coralli fossili del distretto di Mes- sina (R. Acc. dcUe Se. di Toriuo— Serie II Tomo XXI, p. 125, tiiT. XIV, iìg. 2, 2a, 26, 2c, 2d, 2e, 2/.) Toriuo, 1864. Le (n-gilk a (Joeuopsaiuuiia Scillae 8eg. e le sabbie marine ecc. 5 determinare la caratteristica specie dello Spondylus Gussont. Da Costa. I nostri coralli si rinvengono in ti'ammenti di varia gran- dezza , alcuni di discrete dimensioni : i giovani rami diramano dei ramoscelli più sottili, di forma più o meno cilindrica e fles- suosa; essi tutti sono sempre staccati dal ceppo. Tale fatto non permette di determinare le vere dimensioni complessive del po- lipaio , ma non credo ad ogni modo che esso possa giungere a più di mezzo metro di altezza, come opinò altra volta il Seguenza {Mera. cit. , p. 127). lie J^abSsie. Le argille avanti descritte e le soprastanti sabbie costitui- scono la formazione marina della contrada Corvo. La serie adun- que può dividersi in due ben distinte nature ; nella parte supe- riore si ha la solita alluvione rosso-bruna compatta, alla quale sottostanno alcuni strati di sabbia alluvionale non compatta , e tutti riconosciuti di origine terrestre. La parte media, della serie è formata da sabbie marine, come già si è detto, in contatto con le argille descritte. Tali sabbie marine seguono presso a poco la stessa direzio- ne ed inclinazione dell' alluvione antica: da N. E. si dirigono verso S. 0. con inclinazione verso il lido; hanno una potenza variabile ; dove son fossilifere, cioè a dire, negli strati più bassi della serie messi a nudo dai lavori dello sterramento, hanno uno spessore presso a poco oscillante dai due ai tre meti-i. Considerata tutta la formazione sabbiosa marina , essa può dividersi in due distinte assise, sia dal punto di vista fisico, sia per la natura chimica del terreno : le sabbie che contengono re- sti organici fossili sono essenzialmente feldspatiche, ed hanno un colore brunastro ; costituite da fini elementi compatti o quasi , alternati con strati di ghiaia, generalmente risultano dei seguenti corpi : 6 Bott. Giiii^ejrpe De titefano [Memoefa V.] 1. Granuli di Silice, abbondante e prevalente in maniera da formare il substrato roccioso , 2. Muscovite, in discreta quantità. Trattate con 1' HCl non si ha traccia di alcuna apparente reazione ; bisogna, quindi, escludere in esse la natura calcarea. La Muscovite si presenta in piccole lamelle bianco-lucenti, mol- te volte intercalate nella massa rocciosa insieme a granuli di quarzo, un po' più grossi dell' ordinario. Le sabbie non fossilifei'e e calcaree, sono a variabili elemen- ti più o meno grossolani ; a volte contengono dei piccoli ciot- toli granitici , ed hanno un colore biancastro. Esse sono costi- tuite principalmente di : 1. Silice, formante il substrato roccioso , . 2. Calcare , 3. Muscovite. In queste ultime, la Muscovite è più abbondante che non nelle prime, si presenta in lamine più grosse ; mentre il Calcare non è distribuito ovunque fra gii strati nelle stesse proporzioni, e non funziona da cemento con gli anzi detti elementi costi- tuitivi, trovandosi disciolto. E però tali sabbie sciolte, che si os- servano in molti altri punti della contrada, ed in molte colline dei dintorni di Reo'o'io. scoscendono di continuo , ed hanno un arido aspetto. La fauna fossile contenuta nelle sabbie denudate, da quan- to si è finora osservato, non è troppo ricca , né in ispecie , né in forme. Sono frequenti, in special modo, le Anomie , le Cite- ree ed il Loripes ; m.a scarseggiano i Gasteropodi , fra. i quali non si sono rinvenuti che due soli individui di Cerizii e qual- che altra forma mal conservata e quindi specificamente indeter- minabile. Ecco r elenco specifico di quanto si è trovato : CerltMum vulgatum Brug. — M. N. (1) Gibhuìa maga (Trochus) Linn. — M. (1) I simboli M ed jV indiciino risitettivameuto che la specie è vivente del Mediterraneo e dei mari del Nord. Le (trgille a Coenopsaminia Scillae Seg. e le sabbie mai-ine ecc. Nassa striata (?) Linn. — M. N. » mutabilis Br. — M. » incrassata (?) Miìll — M. N. Natica sp. Turbo (?) sp. Patella sp. Cytherea Chione Lam. — M. N. Cardium erinaceum Brug. — M. » minimuìn Phil. — M. N. » papillosum Brug. — M. N. » tuberculatum (?) Linn. — M. ]^. Lucina digitalis Lam. — V. M. » spinifera (Venus) Montagù — M. N, Venus senilis Brocc. — Specie estinta » Casina Linn. — M. N. » discina Linn. — M. » imhricata (?) Sow. Arca Noae Linn. — M. Pectunculus glicimeris Linn. — M. N. » pilosus (?) Linn. Dosinia Basteroti Ag. — M. Spoìidylus gaederopus Linn. — M. » crassicosta (?) Linn. Pecten opercularis Linn. — M. » jacoheus Linn. — M. Pecten flabelli formis Brocc. — M. N. Ostrea edulis Linn. — M. N. » cochlear Poli — M. Anomia plicata Bron. — M. » patelliformis Linn. — M. N. » orbiculata Br. — M. » ephippium Linn. — M. N. Loripes lacteus Linn. — M. Tapes vetulus (?) Basterot. — M. 8 Thtt. Giuseppe De Stefano [Memoria V.] Mactra lactea Poli -- M. N. » suhtruncata (?) Trigonella Da Costa — M. N. Psammohia ferroeiìsis Turt. — M. N. Corbula mediterranea 0. G. Costa — M. CONCLUSIONE Benché la. fauna fossile notata non sia tale in ricchezza e nuroero eli specie da poter su essa sola basarci per determinare r orizzonte stratigrafico al quale appartengono le sabbie che le racchiudono, e fissare quindi 1' età di tale deposito, pure , quasi con certezza , ce lo faniio ritenere quaternario. È vero che la presenza di alcune sp(?cie, come si è già fatto notare altra vol- ta {U Eleplias meridionaUs etc.) e gii individui raccolti dello Spondylus gaederopus hanno una forma piuttosto di specie plio- cenica, per la statura e la grossezza della conchiglia, per la di- versità delle squame rispetto a quella degli attuali mari ; ma badando al complesso della ftiuna e considerando che essa ci rappresenta forme di individui viventi, il deposito può ritenersi sincrono ai lembi di Carrubare , di Bovetto , etc. , riconosciuti come decisamente quaternai-ì. Ma ad avvalorare la nosti-a asser- zione varrebbero a concorrere altri fatti litologici e stratigrafici, già esposti nello studio più volte citato e che qui riuscirebbero quindi superflui se si volessero accennare. Dal lato stratigrafico nella formazione della contrada Corvo si osservano gli stessi fatti constatati negli altri lembi sincroni : le argille sono alquan- to discordanti con le sopi'astanti sabbie, ma non per questo deb- bono riferirsi al miocene. È vero che fino ad oggi la maggior parte dei geologi che studiarono il terziario della Calabria ri- tennero che i depositi pliocenici e post-pliocenici di tale regio- ne rijjosano sopra argille mioceniche e con queste in discordan- za, ma non credo giusto e tanto meno esatto il sentenziare che ciò sia sempre attendibile , in quanto che nella località Corvo si osserva tuff altro. Le ai-f/ille a Coenopsuuimiii Scillae Seg. e le sabbie marine ecc. 9 Le argille della nostra contrada , come quelle di Monaste- race ed Archi presentano alquanta discordanza con gli strati superiori, ma per il loro colore, per i Corallai! che contengono e per la presenza dello Spondylus Gussont Da Costa, rinvenuto sui frammenti di Coenopsammia, si ascrivono all'Astiano. Concludiamo quindi che la serie dei terreni che s' incontra- no a Corvo ci rappresenta le formazioni schematicamente qui appresso notate : Quater- nario l Formazione \ "^ Receute, sabbie torrentizie, etc. \ terrestre / yj terreni alluvionali, con resti organici fossili. / Formazione \ "^ ''^"^^'^^^^ calcaree. marina ( i^j Subbie feldspaticbe fossilifere. (' Pliocene, Piano D' Asti — Argille azzurre a CoenopMi.mmia Terziario ^^^^^"'^ ^^^S- ' Miocene, Marne giallognole. Reggio di Calabria, Ottobre del 1899. Spiegazione della tavola Fig.""*^ I, II, V, VI, YIII. — Frammenti di Coenopsammia visti dal lato dei polipariti. Fig."' III. — Un frammento di ramo visto dal lato opposto. Fig."' IV, VII. — Due frammenti basilari. G.DE STEFANO-Le Argille a CoenopsammiaScillaeefc. All.R.Acc.Gioenia Memoria VI, Risultati delle osservazioni meteorologiche del 1899 fatte nel R. Osservatorio di Catania. Rota di G. SAIJA e F. EREDIA presentata dal socio A. RICCO Gli strumenti meteorologici, le ore di osservazione ed il mo- do di fare le medie degli elementi osservati, sono quelli stessi adoperati negli anni precedenti : e si trovano esposti nella nota dei Proff. A. Ricco e Gr. Saija, pubblicata nel 1898 (1) ; solo ricordiamo che il pozzetto del barometro è elevato 64,™ 90 sul livello del mare, e gli altri strumenti meteorici circa altrettanto. L' anno 1899 presenta per Catania i seguenti caratteri meteorologici : 1. Mitezza dell' andamento annuo della temperatura : la media invernale è circa un grado superiore al valore invernale regolai'e ; la media estiva è circa un grado inferiore al valore estivo regolare ; la temperatura minima osservata è -i- 3? 4, valoi'e sensibilmente elevato. 2. Pressione atmosferica circa un millimetro più elevata del valore regolare. 3. Leggera deficienza d' insolazione e corrispondente aumen- to di nebulosità. 4. Sensibile deficienza nel numero di giorni sereni e sen- sibile aumento nel numero di giorni coperti. (i; Atti dell' Acc. Gioenia, Ser. 4. Voi. XI. Atti Acc. Vol. XIII, Sbrie 4" — Meni. VI. G. Saija e F. Eredia [Memoeia VI.J Quadro I^. 1 — 1899. Dicembre Geuuaio . Febbraio Marzo . Aprile . Maggio Giugno Luglio. Agosto Settembre . Ottobre . Novembre . Inverno . . Primavera. Estato . . Autunno. . Anno . . . 759.""" 6 758.8 758.5 756.7 756.1 756.8 756.6 756.6 757.2 755.6 759.8 760.3 7.59.0 756.5 756.8 758.6 757.7 = Zi 11.» 7 10. 6 11. 2 12. 9 15. 4 19. 5 22. 1 24. 5 25. 3 23. 7 20. 3 14. 9 11. 2 Medie dei massimi diurni di temperatura dei minimi ed escurs. M 19. 6 17. 7 15." 1 14. 7 14. 5 16. 2 18. 6 23. 4 25. 6 27. 9 28. 9 27. 1 23. 5 18. 0 14. 7 15. 9 19. 4 24. 0 22. 9 21. 1 m 9.» 3 8. 3 8. 9 9. 8 11. 7 15. 3 18. 2 20. 5 21. 3 19. 6 16. 7 12. 0 8. 8 12. 3 20. 0 16. 1 14. 3 E 5.» 8 6. 4 5. 6 6. 4 6. 9 8. 1 7. 4 7. 4 7. 6 7. 5 6. 8 6. 0 5. 9 7. 1 7. 5 6. 8 6. 8 Medie delle ore dei minimi e dei massimi diurni di temp. 5.1' 6 6. 6 6. 7 5. 1 5. 3 4. 8 4. 8 4. 7 4. 9 5. 8 5. 6 5. 8 6. 3 5. 1 4. 8 5. 7 5. 5 M 14.1' 4 13. 8 14. 0 14. 0 13. 5 13. 8 14. 0 14. 3 13. 8 13. 6 13. 3 13. 8 14. 7 13. 8 14. 0 13. 6 14. 0 Temperature medie del suolo Profondità :>,^ 20 0/" 40 13. "8 14. '9 9. 5 10. 4 10. 9 11. 5 11. 8 12. 3 15. 5 16. 0 20. 6 21. 1 23. 7 24. 2 26. 3 26. 6 26. 7 27. 4 24. 6 25. 5 21. 5 22. 4 15. 6 16. 8 11. 4 12. 3 16. 0 16. 5 25. 6 26. 1 20. 6 21. 6 18. 4 19. 1 1 0/" 60 15.18 11. 3 12. 0 12. 6 15. 8 19. 0 23. 5 25. 8 27. 0 25. 5 22. 7 17. 8 13. 0 15. 8 25. 4 22. 0 Bisultati delle osservazioni meteorologiche del 1899 ecc. iluadro ^. 2 — 1H9U. .S ci Dicembre Gennaio Febliraio. Marzo . Aprile . Maggio Giugno Luglio . Agosto. Settembre - Ottobre . Novembre Inverno . . Primavera . Estate . . . Autunno . . Anno . . . 7. "ini 54 6. 75 7. 21 7. 34 8. 28 9. 62 11. 43 13. 31 14. 06 12. 22 11. 54 9. 62 7. 17 8. 41 12. 93 11. 13 9. 91 Umitlità relativa in centesimi -ci 'S - i ^ 3 70 56 65 41 69 56 64 50 60 41 55 27 55 37 55 18 59 22 54 51 61 49 72 50 68 51 60 39 56 26 62 50 61 41 C3 244. "1"! 6 7. 0 90. 6 11. 8 3. 6 0. 0 1. 9 0. 0 22. 1 6. 6 12. 8 123. 3 342. 2 15. 4 24. 0 142. 7 524. 3 o o l.iiii" 80 1. 80 1. 71 2. 40 2. 80 3. 34 4. 53 5. 02 5. 11 5. 50 3. 52 2. 28 1. 77 2. 85 4. 89 3. 77 3. 32 INSOLAZIONE 124'' 134 110 163 196 239 241 328 261 205 161 152 368 598 830 518 2314 290'' 305 301 370 394 438 440 447 419 371 346 303 903 1203 1305 1020 4431 A IT 0. 41 0. 44 0. 37 0. 44 0. 47 0. 55 0. 55 0. 74 0. 62 0. 55 0. 44 0. 50 0. 41 0. 49 0. 64 0. 50 0. 51 G. Saija e F. Eredia [Memoria YL] Quadro K^. 3 — 1899. ^' ,_ B N c^ > •J NE 'w e iS E :e u SE ci S c8 s sw c^ =" ai w fo ' NW ._ sereui .... io 'S e S s misti coperti .... j)iovosì .... cou graudiue. con nebbia. . con brina . . cou temporale o Ci > 1— t C3 1 o a a 19 31 49 46 4 6 6 2 18 28 25 17 8 5 5 3 0 3 0 3 3 1 2 2 27 9 3 13 7 6 2 3 4 3 0 2 145 18 88 21 6 8 52 22 36 56 29 23 33 28 36 45 23 8 26 23 7 5 24 0 0 0 0 1 2 0 0 0 1 0 0 1 2 4 3 : i 1 143 12 0 102 59 0 3 1 10 ESTKEMI METEOROLOGICI ANNUI OSSERVATI Temperatura > dell' aria massimo 0 l'I 20 0,111 40 0,'" 00 massimo Pressione l atmosferica ; Tensione vapore acqueo Umidità \ ™''^^™° relativa i minimo massimo Evaporazione Massima velocità oraria del vento in chilometri + 38. e 25 luglio + 3,4 28 febbraio + 28, 2 26 Luglio -^ 8, 4 1 Marzo + 28, 2 27 Luglio + 10, 0 2 Marzo + 26, 6 22 agosto + 10, 2 2 ilarzo 767,'"'" 9 21 Gennaio 9'' 743, 9 3 Febbraio 15'' 19,""" 24 19 Agosto 21'' 2, 73 5 Gennaio 15'' 96 4 Dicembre 9'' 16 25 Luglio 9'' 10, ">|" 48 25 Luglio 0, 12 9 Febljraio 38.1''" NE 12 Marzo 15" Memoria VII. Istituto anatomico dell' UniTcrsìtà di Catania (prof. U. STADERINI) Ancora « sopra un caso di epispadia in un neonato » (CON TRE FIGURE) Nota anatomo-teratologica del Dott. GAETANO CUTORE (Aiuto) Venuto a morte , nel]' età di tre mesi circa , in seguito a bronco-polmonite , il bambino affetto da epispadia che fornì ar- gomento alla mia nota pubblicata dalla Riforma Medica nel mar- zo 1898 , ho creduto o]5portuno tornare sullo stesso argomento per studiare specialmente quelle parti che solo il reperto anato- mico poteva mettere in evidenza. Il giorno 2 giugno 1898 ( trenta ore circa dopo la naorte ) ne praticai l' autopsia e non avendo riscontrato fatti notevoli nei varii organi, meno le note caratteristiche della pneumonite ca- tarrale diffusa, principalmente al polmone destro, fermai la mia attenzione sulla regione genito-anale , che asportai insieme agli organi contenuti nel piccolo bacino ed alle branche orizzontali dei pubi, per lasciarne intatta la sinfisi. (1) La Fig. I fa vedere quanto ho descritto in quella prima nota: cioè lo scroto di conformazione regolare, il pene impiantato fra un rilievo cutaneo semicircolare, a concavità in basso, che lo ab- braccia superiormente in modo da farlo rassomigliare ad una cli- (1) Il preparato conservasi nel Museo di questo Istituto Anatomico. Atti Acc. Vol. XIII, Serib 4' — Mem. VII. Dott. Gaetano Cutore [Memoria VII.] toride ipertrofica fra le grandi labbra , ed una doccia scavata lungo la linea mediana della superfìcie dorsale del pene, la quale cominciando dall' estremo anteriore di esso, in modo da dividere in due metà uguali la parte dorsale del ghiande, si prolunga fino al pube — In corrispondenza del ghiande, i margini di questa doc- cia sono spessi, rilevati e presentano tanti piccoli infossamenti , in modo da ricordai'e la struttura del tessuto spongioso; indietro vanno sempre più assottigliandosi e degradando fino quasi a scom- parire. La superficie interna della doccia ha 1' aspetto di mucosa e vi si scorgono disseminati , specialmente in corrispondenza del ghiande, numerosi orifizii paragonabili agii sbocchi delle lacune di Morgagni ; inoltre quasi a metà del suo decorso osservasi un notevole infossamento a forma romboidale (v. Figg. I e II), che termina in un fondo cieco posteriore, profondo circa 4 millimetri, il quale rassomiglia a quello della valvola di Guérin, che si ri- scontra normalmente nella parete superiore o anteriore che dir si voglia, del canale uretrale — La lai'ghezza della doccia non è dapertutto uguale : ristretta nell' estremo anteriore , facendo in- travedere in parte la conformazione del meato urinario, si dilata subito dopo come a rappresentare una parte della fossetta navi- colare, e nel rimanente del pene si rende sempre più spianata e ristretta. Considerando il pene disteso orizzontalmente, il ghiande sem- bra come tagliato in due metà laterali nella sua parte superiore e però ha forma slargata. Esso è fornito di prepuzio soltanto nella metà inferiore, dove distinguesi assai bene il frenulo, ai cui lati si trovavano due corpicciuoli bianchi, annidati in piccole fossette, dalle quali sgusciarono fàcilmente. Si tratta di quelle fossette che sono in quasi i % di indi- vidui e che il prof. Valenti (1) ha dimostrato doversi appunto (Ij G. Valenti — Sopra le fossette laterali al frenulo del prepuzio — Atti della Soo. Tose, di Se. Nat. residente in Pisa— Voi. IX, fase. 1», 1887. Ancora « sopra un caso di epispadia in un neonato » alla permanenza in quel sito di tali corpicciuoli, i quali risultano costituiti da cellule appiattite , fusiformi e disposte concentrica- mente ed hanno origine nello strato intermedio di quelle cellule epiteliari che si osservano nella papilla sessuale durante la for- mazione del prepuzio. Nella mia prima nota ho detto che, mentre il bambino era in vita, ad ogni aumento della pressione addominale ( pianto , grida, ecc.) , 1' urina veniva fuori dalla fessura limitata dalla fac- cia dorsale del pene e dal margine concavo del rilievo cutaneo soprastante. Non essendomi stato permésso allora un esame com- pleto delle parti, non potevo che rimettermi al reperto anatomico per studiare le cause di tale incontinenza di urina. Ed ora ho potuto vedere, spingendo indietro con una certa forza il pube e tirando dall' altro in avanti ed in basso il pene, che tanto la pelle dell'addome , dopo essersi ripiegata sul mar- gine inferiore del pube, quanto i tegumenti del dorso del pene, si continuano direttamente con la mucosa della vescica. Tenendo le parti così stirate, si osserva un altro fatto di non minore im- portanza, il quale conferma che la doccia scavata lungo il dorso del pene rappresenta una parte del canale uretrale. E cioè, quasi a livello della sinfisi pubica, lungo la doccia quivi diventata assai superficiale, sulla linea mediana, risalta nettamente una rileva- tezza, sulla cui superficie si osservano tre orifizii, ed altri orifizii stanno sparsi irregolarmente all' intorno di essa. Per conforma- zione e per sito, questa rilevatezza deve ritenersi il verumontano, con r otricolo prostatico e gli sbocchi dei canali ejaculatorii alla sua superficie e gli orifizii dei canali prostatici all' intorno. Queste parti sono l'iprodotte nella Fig. II , che ho potuto disegnare ta- gliando la sinfisi pubica; la quale, mentre sembrava ben costituita all' esame del bambino vivente , era invece affatto incompleta : come in molti casi di epispadia , i due pubi erano riuniti per mezzo di un ponte fibroso lungo un centimetro e mezzo. Avendo parlato di condotti ejaculatorii e di canali prosta- tici, ne conseguiva la ricerca delle vescichette seminali e della Boti. Gaetano Outore [Memoeia VII.] prostata — Le prime stavano nel loro sito normale, cioè addossate con la loro faccia anteriore sul fondo della vescica. Questa, se togli la comunicazione diretta con la cute dello addome e coi tessuti del dorso del pene, in quanto alla forma ed ai rapporti con gli oi'gani vicini, può dirsi normale. Ho ricercato la prostata dal lato perineale, conservando in- tatta la doccia uretrale. Devo ricordai-e a questo l'iguardo, che nella mia piima nota ho accennato alla disposizione dei corpi cavernosi rispetto all'u- retj'a, tanto normalmente , quanto nei casi di epispadia. Or, se- zionando il pezzo dal lato perineale, ho riscontrato la disposizione che è propria dell' epispadia e che trovasi riprodotta nella fig. III. Sotto i comuni tegumenti del perineo, si vedono i due corpi cavernosi (G.C.) , i quali, addossati fra loro in quasi tutto il pe- ne, si separano posteriormente e si allontanano sempre più l'uno dall' altro per andare ad attaccarsi, con le loro radici, alle cor- rispondenti branche ischio-pubiche. L' angolo formato dalla loro divergenza è più grande del normale ed in esso sporge notevol- mente la prostata , la quale è assai spostabile , forse perchè, in- vece di essere attraversata dal canale dell'uretra, questo scorre in foi'ma di doccia sulla sua faccia superiore. Anteriormente alla pi'ostata, ho potuto distinguere le ghiandole di Cowper ed il bulbo dell' uretra, in continuazione con la porzione di uretra esistente, cioè con la doccia scavata lungo il dorso del pene. Considerando il pene disteso orizzontalmente, i corpi caver- nosi si trovano dunque spostati in un piano sottostante a quello dell' uretra ; tutt' al contrario della disposizione normale di que- ste parti. Flettendo il pene sopra se stesso dal lato dorsale e spingen- dolo in basso ed indietro, in modo da far sporgere dall'incisione praticata sul perineo le parti costituenti il pene , ho seguito il decorso dei corpi cavernosi fino ai loro estremi anteriori, che ho trovato normali, cioè arrotondati e coperti dal ghiande. — Nello scroto si palpano i testicoli. Ancora « sopra un caso di ejìispadia in un neonato » 5 In tal modo ho osservato la disposizione delle varie parti del pene , senza ledere né la superficie inferiore di esso , né lo scroto, che si conservano integri nel preparato anatomico, facen- do vedere la continuità e la regolare conformazione del rate cu- taneo che attraversa queste pai'ti. Credo infine opportuno notare che tanto la forma esterna , quanto la costituzione dei piani perineali e dell' orifizio anale non presentavano particolarità degne di nota. Il fatto di maggior rilievo, confermato dal reperto anatomico, a me sembra il trovare l'uretra in forma di doccia e spostata in un piano superiore a quello dei corpi cavernosi, riferendomi sempre al pene disteso orizzontalmente — Che questa doccia rappresenti ve- l'amente una parte dell'uretra, non credo si possa dubitare, avendo riscontrato in essa i caratteri macroscopici di una mucosa e tutte le parti che son proprie dell' uretra normale. Aggiungo che nella dissezione del pene, non rinvenni altra traccia di canale uretrale. E del resto i vari autori, in casi congeneri, concordano in que- sta interpretazione ; discordano invece riguardo alla genesi della epispadia, né sembra finora che le progredite conoscenze embrio- logiche abbiano definita la questione. Non credo necessario riferire tutte le teorie che sono state avanzate ; ricordo soltanto che Duncan, I. Muller, Rokitansky, Meckel (1) , Schroeder van der Kolk (2), Klebs, Kaufmann, Reichel ed altri, e più i-ecentemente Thiesbiirger (3) , per il frequente accompagnarsi dell' epispadia con r estrofia della vescica urinaria e con la divisione della sin- fisi pubica, hanno ritenuto che un accumulo di orina, per impe- dito deflusso, faccia dilatare la vescica, la quale, così distesa, im- pedisca r avvicinamento delle ossa del pube e la riunione delle pareti addominali. In tal modo si avrebbe la vescica allo scoperto (1) Haìidbuch der pathol. Anatomie von I. T. Meckel. Leipzig, 1812. (2) Schroeder Van der Kolk — Over de Allanlois en Tiare Vorming en Veranderingen in den Menach — Memoires de 1' Académie des sciences d' Amsterdam, T. IX, 1861. (3) W. Thibsbììrgkr — Beitrag sur Atiologie der Epispadie. Inaugural-Dissertation-Mun- cheii-Druck von Knorr & Hiith, 1896. I)ott. Gaetano (More [Memoeia VII.] (ectopia), ed in alcuni casi, per eccessiva distensione che avrebbe pi'odotto lo squarciamento della sua parete anteriore, si vedrebbe sporgere dall' apertura addominale , la mucosa della sua parete posteriore (estrofia). Senza fermai-mi sulle obbiezioni che sono state rivolte con- tro questa teoiia (1), dico solo che i casi di epispadia con ve- scica e pareti addominali integre , non trovano con essa spiega- zione soddisfacente. Una teoria che dia ragione della genesi della sola epispadia cioè dell' uretra più o meno aperta collocata sopra i corpi ca- vernosi , è quella di Thiersch (2) il quale fa dipendere questo vizio di conformazione, da un disturbato sviluppo nell' epoca in cui le due metà del bacino si chiudono e la cloaca si divide in intestino retto e seno uro-genitale , cioè verso la 7^ settimana (Voituriez) (3). Normalmente precede la chiusura del bacino, la quale porta con sé la riunione dei corpi cavernosi , ognuno dei quali sta attaccato alla rispettiva metà del bacino. Il seno uro- genitale , spinto in avanti dalla formazione del perineo , trova già i corpi cavernosi fusi con i genitali esterni e si arresta sul- la faccia inferiore della protuberanza genitale. Se invece ritarda la chiusura del bacino, nel tempo in cui il seno uro-genitale è spinto in avanti , in corrispondenza alla sinfisi pubica non può esistere la protuberanza genitale , poiché i due corpi cavernosi sono legati alle due metà del bacino. La riunione dei corpi ca- vernosi in tal caso o non avviene (pene bifido), oppure ha luogo in un tempo successivo, ed allora il posto ordinariamente occupato dai corpi cavernosi riuniti, essendo ora tenuto dal seno uro-geni- tale, essi son costretti a riunirsi al di sotto di questo. Concludendo, a me sembra che il primo momento genetico (1) V. iu Thiesbiirger, a pag. 16. (2) V. in Thiesbiirger, a pag. 11-12 ed iu Kobnig — TrnHrtfo di chirurgia speciale — voi. II. (3) Voituriez — De qiielqiie« malformations de V m-ithre aii point de vue dudéveloppement, Lille— 1887— pag. 4. Ancora « sopra un caso di epispacUa in un neonato » 7 dell' epispadia debba attribuirsi ad un disturbo evolutivo che ri- tardi la chiusura delle due metà del bacino , e che permetta lo avanzarsi del seno uro-genitale al di sopra del punto di riunio- ne dei due corpi cavernosi. Così quest' anomalìa rientrerebbe nella categoria delle mo- struosità per arresto di sviluppo di due metà simmetriche che perciò non arrivano a saldarsi — E ditàtti non è infrequente 1' ac- compagnarsi dell' epispadia con arresti di sviluppo che colpisco- no altre parti dell' embrione , e cioè con divisione dello scroto [caso di Gruber (1) ] , con incompleta chiusura delle pareti ad- dominali [casi di Marcolini, di Turra , di Flaiani (2) , di Thie- sbùrger (3) , etc] , con spina bifida [caso di Sperino e Vara- glia (4)], con cheilo-gnato-palatoschisi [caso di Max Kùster (6)] ecc. Per conservare il pezzo non ho potuto seguire l' esempio del Bergh (6), di tener dietro cioè alla disposizione dei vasi nel pene, ai quali egli dà grande valore per la formazione di que- sta anomalìa. Ho creduto utile di studiare questo caso , oltreché per la sua genesi tuttavia argomento di vive discussioni, anche per la sua rarità — E che siano veramente rari i casi di epispadia , lo dimostrano, fra 1' altro, 1' affermazione di Holmes (7) , chirurgo dell' ospedale dei bambini di Londra, di non averne mai veduti ed i seguenti dati statistici rilevati da una pubblicazione del Fromm (8). Quest' A. riferisce che mentre da un medico mili- tare francese , l' ipospadia è stata osservata una volta su 300 (1) Taruffi — storia della teratologia. Parte prima — tomo VII. pag. 265. (2) Taruffi — Storia della teratologia -■ Parte secouda — tomo Vili — pag. 421 e eeg. (3) Loc. cit. (i) Spbbino e Varaglia — Sopra un caso di extrofia di vescica etc. — Gazzetta delle Cli- niche, Anuo 1885, 2" semestre, u. 3. (5) Citato da Tliiesbilrger a pag. 6. (6) Bbrgh, Falle von epispadie. Virchow's Arcli. fiir pat. Anatomie, 1867, XLI, pag. 305. (7) T. Holmes M. A. Cantab. — La cura chirurgica delle malattie dell' infanzia e della fanciullezza, trad. ital. , Milano, Fr. Vallardi, pag. 169. (8) Simon Fromm — Beitrage znr casuistik der hypospadie und epispadie — Inaugural-disser- plicazione dei 2H'incipii dell' Idraulica alla teoria delle correnti dell' aria — Annali di Meteorologia 1886. (5) Brììcknbr — Klimaschweukuiiger seit 1700 — Wieu 1890. Filippo Eredw [Memoria VIII.J Si può dunque stabilire in tesi generale che : ad ogni ab- bassamento di temperatura corrisponde innalzamento del baro- metro, innalzamento di umidità relativa, abbassamento di ten- sione del vapore e presenza di precipitazioni atmosferiche. Catania, Gennaio 1900. IShalzi di temperatura e relazioni tra, i massimi abbassamenti ecc. 9 C3 u r 'A X'CO(x>o-*ifti-Hocsc':ii-H'<*xcO'rtiOb-t^as:o«c«:i'*ccTH!Moia5 TH'MOOOOiHO'M»HOrHO--^OrHOi-iC!--HOOOOOOOO t ■ i 1-t + + + ++I 1 l+ + +^: 1 1 + 1 + + + 1 1 ++ 1 + 1 i OD 1-^ OCCO^lC^Xìin^Tl^-CSCOi-'iM •X!'T~i -;iHC0O.-)O^OCCCDCC»!^t-C:^ th o I-i rH o rH d d o* d d d c d o d c^i c d d w ^ d d o .-1 ^ d o . ■ +++ 1 1 + i ++ 1 + 1 + 1 + 1 1 i +++ ++ 1 1 ++ iMOOIr-'*C^COQOiC-*L--!M:^-t*X!MCCiO^^CìOOi-HOCCCOCCOOTH S OO'-t'-tOCMOOOr-i.-iOOrHi-iOÌ^COrHtMOTHWlMi-i'MO.-l i i t ^H ++++ 1 ++ 1 1 1 ++ 1 1 1 + 1 1 1 ++++ 1 ++++ 5 C5C>lC>lC^r-IOCiO-*C£f?SI>-'-IOOTH-rt'^OCCOC^C-lt-I>«t*r-4 0000»-(OOOOOOOOOOC-l(MM--HO.-i^OOOOO''-l 1 I 1 l-( 1 i + 1 + 1 + + + + 1 i + 1 1 ++ 1 ++ 1 + + + 2? 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I + I + I I I I +++++ IIIIIIM + I + I4II i-ib-ift(N-:i'-i*ce*iocecei!r;icoxcD dcicèr-^ddddddi-ndddoi'-Hddoi-'O'ddddddooo i III+++I+II+I++I++IIIIIIII+I +1 •^cocecDi-idr4dddr-(i-iooOi-HOOrHOO'-iOi-H i + ' I +++ ++ I I ++ I + I I I I I ++ I I + I I I I ^^Oi— iC-ìi-tCerHC^l-^iClCi'-ICDOl^-^CqiCiCCOOin'-lXi-lrHC^lCDr-f drHddr-Idc^dddr-ioicedddddr-ir-id^oi'-i^o.-HfMoce ■ 1+ ++! 1+1+1+1+ +1+1 I l+l +++++ I I X c X '^^ r^ ■>! ift «o X ^^ »o io lO ce t^ ce c^dwddddr-Hdi-iiNrHi-Hddddddwd'-iooooo.-fOC^ i I II I I + + + I I I I I I+ + + ! I I++I I+ + + +I i i-i05CDjococ;BRE NOVE MBRE DICE WBKE 1888 11-16 - 6. 6 26-29 — 2. 0 26-29 - 3. 3 6-10 — 7. 7 8-12 — 8. 3 4-9 — 5. 6 1889 28-31 2. 8 25-30 4. 7 6-12 4. 2 14-16 2. 9 9-14 7. 3 7-9 3. 5 1890 7-9 2. 3 24-28 3. 4 1-6 4. 5 17-20 4. 1 18-21 4. 2 6-11 4. 4 1891 11-15 4. 9 15-27 4. 2 24-27 4. 3 10-14 1. 9 16-20 3. 6 18-20 6. 8 1892 19-22 3. 0 3-5 5. 1 5-11 6. 4 22-25 3. 1 21-24 3. 4 15-19 3. 4 1893 15-17 3. 7 30-3S 2. 5 27-30 5. 8 20-23 2. 0 10-15 3. 3 27-31 5. 2 1894 13-19 3. 0 30-lS 2. 0 17-21 1. 7 11-15 3. 9 18-25 4. 3 25-28 2. 2 1895 20-26 1. 8 16-19 2. 4 23-25 1. 6 18-20 8. 6 16-23 5. 4 27-31 4. 0 1896 19-23 2. 1 29-31 4. 0 28-26 3. 8 24-26 3. 5 27-31 2. 8 27-30 2. 8 1897 23-25 4. 6 25-28 2. 1 25-29 5. 1 8-12 2. 2 19-23 5. 5 19-23 5. 5 16 FiUpjìo Eredìa [Memoria VIU]. Tav. III. 1888 1889 1890 1891 1892 1893 1894 1895 1896 1897 MESE Ti Vi 5 a-j c3 j e3 1 +3 i C3 X c3 s n 05 _C3 Gennaio . f2,5 1 +1,3 8 + 1,8 25 +1,8 23 +2,7 19 +3,1 8 +1,7 2 4-1,4 26 +1,7 10 +1,6 16 Febbraio . 4-1,6 13 +3,0 27 +1,5 26 +1,6 24 +2,0 17 +2,0 9 +2,4 17 +2,9 20 +2,0 21 +2,3 2 Marzo. . . +4,1 27 +2,0 21 +1,9 10 +3,1 11 +2,4 8 +1,3 22 +1,3 18 +2,1 21 +1,6 10 +3,0 13 Aprile. . . +2,1 2 +1," 1 +2,2 18 + 2,8 22 +1,9 17 +3,1 13 + 1,1 2 +1,3 1 + 1,5 21 +4,0 24 Maggio. . +1,7 11 +2,6 29 +2,1 10 +1,« 21 +2,0 29 +1,3 18 +1,2 25 +1,1 17 +2,7 3 +3,0 13 Giugno . . +1,9 9 + 1,2 7 +1,5 8 +2,5 25 +2,1 13 +2,3 7 +1,7 8 +1,7 5 +1,1 26 +2,1 28 Luglio. +2,5 .5 +2,3 24 +1,7 6 +2,6 10 -1-1,1 18 +1,5 6 +1,8 12 +1,4 2 -t-1,8 9 +4,5 21 Agosto. . +1,5 2 +1,7 24 +1,1 3 + 1,8 31 +2,0 2 + 2,1 9 +2,3 23 +0,9 4 +2,4 10 +1,8 10 Settemlire +1,3 6 +1,8 22 +1,0 19 +1,6 21 +2,5 28 +2,3 25 +2,0 4 +1,4 9 +2,7 5 +1,8 30 Ottobre. . +2,8 11 +2,5 25 +1,8 28 +0,9 3 +2,0 21 + 0,8 1 4-2,8 26 +3,6 25 +1,8 29 +3,3 14 Novembre +3,2 14 + 1,6 22 +2,9 12 +2,4 4 +1,6 26 +1,6 2 +1,5 16 +1,2 24 +1,3 25 +2,0 29 Dicembre . +1,6 16 +1,5 .S +1,6 27 +2,0 26 +4,3 1 +1,3 8 +2,1 4 +1,6 17 +2,0 19 +2,6 3 Medio +2,2 +1,9 +1,8 +2,1 +2,2 +1,9 +1,8 +1,8 +1,9 +2,7 ^a 1 •3 à +3 5 1 H e? fl e 1 S d C3 z ■| ]s S 1 Gennaio . —3,0 1 —3,0 5 -2,9 9 — 3,6 9 -2,4 20 -3,7 14 -1,5 29 -4,3 29 -2,7 7 -1,6 1 Febbraio . —4,1 17 —3,6 22 -2,8 11 -4,3 19 -1,2 15 —1,9 16 -2,4 18 —3,6 18 -2,4 17 -2,9 9 Marzo. . . —3,6 19 — 3,3 16 —2,2 2 -1,6 2 -2,2 5 -3,7 20 -2,3 21 -3,2 6 -3,1 30 —1,6 14 Aprile. . . —2,4 12 - 1,3 23 -2,2 21 -3,2 21 -1,7 5 -1,6 5 -2,5 30 -1,8 5 -2,2 14 -4,1 22 Maggio. . —3,2 13 1,3 30 -2,7 11 -2,5 18 -1,7 8 -1,8 7 —0,8 26 -1,6 7 -3,1 30 -1,3 7 Giugno . . -2,5 11 1,6 4 — 1,7 16 -1,6 4 -1,5 1 -2,6 6 —1,8 9 - 1,3 14 -1,2 27 -1,6 11 Luglio . . —2,9 11 —2,2 25 —1,7 8 -2,4 12 —1,4 21 -3,0 8 -1,3 17 -3,5 7 -1,0 20 -2,1 4 Agosto . . -2,1 19 -1,9 25 — 1,6 27 -3,1 21 -2,7 4 -2,2 8 —2,0 24 -1,5 6 —3,0 30 -2,4 21 Settembre -1,7 18 -2,7 11 —1,8 2 2,3 9 —3,6 6 —3,5 28 -2,4 8 -2,0 15 -2,7 22 -3,4 17 Ottobre. . —3,3 10 -1,8 8 —2,7 30 -4,5 31 -2,0 22 -1,3 30 -3,0 1 -4,6 20 —2,9 16 -4,9 6 Novembre -2,7 23 —2,8 1 -3,1 30 —3,9 0 -1,9 24 —3,3 6 -3,5 3 —2,0 29 -2,7 17 —3,3 27 Dicembre . -2,8 26 -2,3 23 -3,2 3 —3,0 19 -3,3 12 —2,3 29 -2,0 22 — 3,6 9 —1,5 1 — 3,1 5 Medio -2,9 —2,3 -2,2 —3,0 — 2,1 -2,6 —2,1 -2,7 -2,2 -2,7 Sbalzi di temperatura e rel^zioìd tra i massimi abbassamenti ecc. Tav. IV F»er*ioclo di dEredclo i-el^ti-vo Limiti per Modena Scozia Modena Roma Lecce Limiti per Lecce Limiti per Catania 18 dicerabre-14 gennaio — Ragona De Giorgi 15 geunaio-25 gennaio 2 geunaio-7 gennaio . 1 febbraio-10 fehliraio Buchan Ragona De Giorgi 1 febbraio-I 4 febbraio 4 febbraio-10 feijbraio 6 marzo-14 marzo. — Ragona - De Giorgi 1 n)arzo-14 marzo . 1 marzo-13 marzo. Buchan Ragoua — De Giorgi De Giorgi 20 iuarzo-2S marzo 5 aprile-22 aprile . . 3 aprile-15 aprile. 2 aprile-15 aprile. . 3 maggìo-20 maggio. Buchan Ragona Lais De Giorgi 10 maggio-20 maggio 5 maggio-I 6 maggio. 30 maggio-12 giuguo. — Ragoua Lais De Giorgi 1 giuguo-15 giugno . 4 giuguo-14 giugno . 16 luglio-1 agosto. . Bucbau Ragoua Lais De Giorgi 20 luglio-6 agosto . 19 luglio-26 luglio . 16 agosto-26 agosto . lìuchan Ragoua Lais De Giorgi 25 agosto-31 agosto . 24 agosto-31 agosto . 20 settera.-26 settera. — Ragoua Lais De Giorgi 15 settem.-28 settem. 23 settem. -30 settem. 21 ottobre-26 ottobre — Kagona Lais De Giorgi 17 ottobre-18 ottobre 10 ottobre-20 ottobre 1 novelli. -15 uoveiii. Bucliaii Ragoua — De Giorgi 12 uoveiu.-24 novem. 16 uovom.-25 novem. — - — De Giorgi 12 dicombre-20 dicem. 15 dicem. -22 dicembre - — — De Giorg 25 dicembre-31 dicem. JPei'iodo di caldo relati^'-o 24 maggio-30 maggio 12 luglio-16 luglio . 10 agosto-15 ago.sto . 27 ottobre-I novembre 14 novem. -28 novem. 8 dieembre-18 dicem. Buchan lUu'hau Bncliou Ragoua Ragoua Ragoua Ragoua Ragona Ragona De Giorgi De Giorg De Giorg: De Giorg De Giorg De Giorgi De Giorgi De Giorgi De Giorgi De Giorgi De Giorgi De Giorgi 1 geunaio-10 gennaio 20 fiibbraio-28 feijbraio 14 uiarzo-22 marzo . 20 aprile-30 aprile . 20 maggio-30 maggio 12 giuguo-27 giuguo. 12 luglio-20 luglio . !) agosto-20 agosto . 1 settem. -10 settem. 5 ottobre-I 3 ottobre . 4 novem. - 12 novem. 1 dicem bre-10 diccin. 19 geuna.io-26 gennaio 19 febbraio-26 febbraio 22 aprile-30 aprile . 19 maggio-30 maggio 23 giugno-30 giugno. 11 iugiio-16 luglio . 8 agosto-20 ago.sto . 1 setteml>re-9 settem. 22 ottobre-ó uoveinb. 16 novembre-22 uov. 3 dicembre-10 dicem. 18 FiUiìpo Eredìa [Memoeia vin.] Tav. V. i ce à S ■fi •J! X ci JS ai OD 3 Co S z^ 'Sd Ot "tu ca e 'So z "t^ Oh H t3 ^ Ì4 H ^ 'S ti e-f H 13 tu o < C >' > >' '^ ^ \>- > '~* > > > K-l G E N N A I o F E U B R A I 0 M A R Z 0 1888 Sl-J -1 +8,6 -0,1 —3 13""" 16-17 -2,4 -0,6 +9 14111111 18-19 +4,2 -4,2 —20 — 1889 4-5 +3,6 +0,1 + 1 9 21-22 +3,0 —0,5 + 9 — 1.5-16 +3,5 -0,8 +11 — 1890 8-9 -2,2 -0,1 — 1 — 10-11 -0,8 -1,5 — 3 — 1-2 + 2,9 -1,8 —9 gmm 1891 8-9 + 2,9 -2,1 — 5 — 18-19 +1,5 —2,3 — 1 — 1-2 0,9 +0,3 +10 — is;i2 19-20 —0,3 —1,0 +8 — 14-15 +5,6 -0,1 +3 — 4-5 +2,6 —0,5 +9 — 1893 13-14 +4,8 — 1,2 —2 11 5-6 +2,7 -1,3 -13 — 19-20 +5,8 -2,4 —16 — 1 894 28-29 —1,0 — 0,2 +S — 17-18 -4,2 -0,1 +1 37 20-21 +2,6 -1,7 —5 — 1895 28-29 +2,3 — 2,0 —7 8 17-18 +3,7 -1,6 0 5-6 +1,8 -1,4 + 6 8 1.S96 6-7 + 0,2 -1,4 — 5 10-17 +5,6 -2,1 7 — 29-30 —4,4 —1,0 2 6 1897 31-1 +1,9 —0,6 +7 8-9 +6,4 -1,7 —6 — 13-14 —0,2 — 1,6 —2 — APRII . E M A G Ci I 0 GIUGNO 1888 11-12 —4,5 -1,3 5 12-13 +0,6 +0,6 +6 IfirlMll 10-11 +0,6 +2,0 +5 27mn] 1889 18-19 -i,7 +0,3 +4 — 29-30 +1,9 +0,9 +4 3-i -2,0 -0,1 +3 — 1890 20-21 —2,1 +0,2 +8 a;occe 10-11 —1,9 —0,1 +8 — 15-16 —0,5 —0,8 +1 1 1891 20-21 -3,7 0,0 +1 12 17-18 +6,4 -1,0 +i — 3-4 +1,0 +0,2 +1 — 1892 4-5 -4,9 +0,1 +10 43 7-8 +0,7 +0,6 +9 20 30-i +0,6 +0,6 +14 — 1893 4-5 —0,5 +1,0 2 — 6-7 +1,0 —2,0 0 6 5-6 -1,0 —0,7 —4 — 1894 29-30 +3,3 -1,0 +0 4 25-26 —0,2 +0,7 +5 — 8-9 +2,4 +1,4 -f9 — 1895 4-5 +0,3 0,0 4-3 — 6-7 0,0 +0,3 +9 36 13-14 +3,2 —0,5 —1 — 1896 13-14 —0,7 — 0,6 —1 — 29-30 +2,7 +0,7 +3 — 26-27 +0,3 +0,9 +4 — 1897 21-22 +2,8 -1,7 +1 — 6-7 -0,:^ —1.4 —10 — 10-11 +0,8 +1,0 +13 7 L U G L I O A Ci 0 S '" r 0 S E T T E M B R E 1888 10-11 -1-0,4 +1,5 +9 18-19 +1,2 +0,4 +20 — 17-18 -1,3 —0,8 +9 3 1889 24-25 +0,7 +2,8 +16 — 24-25 +1,2 0,0 +8 — 10-11 -0,9 +0,2 +12 57 1890 7-8 +1,7 -2,9 +7 — 26-27 +3,8 +0,6 +5 - 1-2 +1,4 —3.4 -7 gocce 1891 11-12 +3,4 +1,6 +11 — 20-21 +2,1 -1,8 +2 — 8-9 -0,2 — 1,0 +13 — 1892 20-21 -1,4 -2,7 — 5 4 3-4 +2,9 +1,0 +8 — 5-6 +1,9 —1,3 +2 — 1893 7-8 +2,9 +4,4 — 1 — 7-8 +1,8 +0,8 +4 gocce 27-28 +0,9 -1,6 +1 gocce 1894 16-17 -1,0 —1,0 —1 — 23-24 -1,3 +2,4 0 — 7-8 +1,6 +0,9 +5 — 1895 6-7 +1,9 +0,7 +8 — 5-6 +2,6 +0,3 +1 — 14-15 +5,8 +1,5 +13 38 1896 19-20 0,0 +0.9 0 ^ 29-30 +0,5 -3,7 -13 2 21-22 +0,7 —0,9 —2 — 1897 3-4 -1,6 0,0 0 — 20-21 +0,9 +0,6 +8 — 16-17 0,8 +4,5 +21 — O T T O B R E N 0 V E M B R E D I C E M I 3 R E 1888 19-20 +1,1 —1,4 +11 1 22-23 +3,9 -2,1 — 7 . — 25-26 +1,3 -1,2 +4 — 1889 7-8 +2,2 -1,6 0 — 31-lD —3,6 -2,1 +2 10 22-23 +2,2 -1,1 —3 — 1890 29-30 +2,6 -4,0 —8 1,6 29-30 -0,5 +3,4 +2 18 2-3 +5,4 +1,0 0 36 1891 30-31 +5,3 -3,1 —5 — 12-13 -1,1 +0,5 +4 gocce 18-19 +4,8 — 2,3 —5 gocce 1892 21-22 +6,9 —1,7 —3 4 23-24 +0,9 —1.5 10 — 11-12 +3,5 —0,5 +10 gocce 1893 29-30 +0,6 -1,2 — 1 — 5-6 —0,8 —2,1 —6 16 28-29 +1,2 —0,8 +1 3 1894 30-1 N +4,0 -2,2 — 7 6 1-2 +0,6 -5,2 — 18 10 21-22 +2,0 -0,2 +5 — 1895 19-20 -7,3 +2,3 +7 58 28-29 —1,6 -0,2 +5 2 8-9 +9,9 -2,1 —9 • — 1896 15-16 +2,5 —0,4 +15 — 16-17 +1.3 —0,6 +5 6 30-1 +3,5 +0,8 -5 — 1897 5-6 0,0 -2,1 +6 gocce 26-27 0,0 -2,1 +6 4 4-5 +2,0 -1,5 4-7 16,8 Memori» IX. Zoocecidii e Cecidiozoi dell' Atriplex halimus L. in Sicilia. ( con una tavola ) Nota di TEODOSIO DE STEFANI Lo studio delle produzioni galligene si mostra sempre più fecondo di risultati e anche di sorprese. Il loro numero cresce in proporzioni appena credibili : basti dire che le specie sulle quali mi propongo di intrattenermi in questa nota appartengono tutte ad un unico vegetale e sono quasi tutte inedite. La biologia dei parassiti che stimolano la pianta a produrre queste deformazioni ci rivela sempre più dei fatti nuovi ed inattesi. Infine lo studio istologico delle alterazioni, per la semplicità delle reazioni , per la nettezza, persistenza e localizzazione delle lesioni presso tutti i vegetali, quindi per un insieme di circostanze, che permettono delle conclusioni i-igorosissime, contribuisce ogni giorno di più a rischiarare molti problemi complessi ed oscuri della patologia cel- lulare. Il vegetale, le cui produzioni galligene mi forniscono 1' oc- casione del presente lavoi-o è l' Atriplex halimits L. Il genere Atriplex è rappresentato in Sicilia da molte specie e sottospecie. Nella provincia di Trapani sono comunissimo e lungo i mar- gini delle strade , specialmente in vicinanza del mai-e , attec- chiscono con estrema facilità. Alcune specie si trovano spesso consociate nelle siepi fil Lycium europaeum L. , all'^^j'afe ame- ricana L. e ad altre piante selvagge , e l' Atripì. halimus si in- contra anche molto discosto dal mare nei terreni cretacei. Du- i-ante un' escursione rimasi sorpreso scorgendo le foglie di questa specie di Atriplex sparse di numerose pustolette bianche; sem- Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4' — Mem. IX. 1 Teodosio JDe Stefani [Memokia IX.] brava quasi che la giagnuola, ne avesse a chiazze fatto dissec- care r epidermide. Queste pustolette erano invece delle piccole galle lenticolari, sporgenti sulle due pagine della fòglia e legger- mente convesse sulle due superficie. Ogni foglia ne conteneva diversi esemplari, e specialmente nei rami più bassi e nei rametti più teneri quasi nessuna ne era priva. Aperte alcune di queste galle col sollevarne la finissima cu- ticola, che ne costituisce la superficie esterna, rinvenni, fra gli elementi interni già alterati , la larvetta adulta di una cecido- mide ; sperai di poterne ottenere 1' insetto perfetto, e quindi vi- sitai a più riprese e iu epoche diverse quella pianta, riportandone dei fascetti di ramoscelli con le foglie cariche di zoocecidii. Le mie visite all' Atripl. halùnus avevano avuto per scopo le piccole galle lenticolari di cui abbiamo discorso, ma più tardi, sulla stessa- pianta, scopriva un'altra galla ben differente dalla prima e in sede molto diversa; poi ne scopriva ancora una terza, quindi una quarta e, accanto a questa, una quinta ; in seguito vi riscontrava delle altre deformazioni. Quella pianta mi parve che divenisse una vera terra promessa per un cecidiologo di pro- fessione. La mia attenzione quindi dovette moltiplicarsi; le visite divennero più frequenti , e quelle galle , per qualche tempo , costituirono 1' oggetto delle mie principali occupazioni. Le galle da me rinvenute sull' AtriiJÌex halùnus sono fra di loro molto diverse; esse vengono prodotte da lepidotteri, da dit- teri del gruppo dei cecidomidi e da acari. Su diverse specie di Atriplex in altri paesi si sono scoperti altri zoocecidii che passerò rapidamente in rassegna : Così gli Air. hastata Rch., UttoraUs L. e pattila L. ci presentano sulle loro radici la galla di un coleottero , del Cleonus albidus Fab. ; gli Air. Babingtonìi Woods (patula) hastata Rch., hortensis L. Utto- raUs L. e paiula L. hanno le foglie accartocciate per 1' opera àaW Aphis atriplicis Schrk.; sulle foglie dell' ^^r. latifolia Wahll. (hastata) il Kieffer ci fa conoscere un cecidio in forma di sac- chetto allungato prodotto da un Aphis tuttora indeterminato ; il Zoocecidii e ceeidiozoi dell' Atriplex halimus L. in Sicilia. 3 Lichteiistein poi ci descrive una piega maz-giuale delle foglie sul- r A/r. ixitula dovuta alla Trioza atriplicÀs Licht. ; Il Kieifer ancora, nella sua Synopse des Cecidomyies d' Europe et d' Alge- rie (1) ci ià conoscere un cecidio trovato sull' ^1/r. halimus del- l'Algeria consistente in un rigonfiamento dei tenei-i ramoscelli e dovuto alla Stefaniella atriplicis Kieff. ; nella stessa pubbblica- zione il Kieffer ce ne descrive un altro trovato nell'alta Italia suir Air. portulacoides L. consistente come il primo in un rigon- fiamento dei teneri ramoscelli e prodotto dalla Stefaniella brevi- palpis Kieff. II Prof. Nalepa, l' illustre fitoptologo di Vienna, ha recente- mente pubblicato un Eriophyes Heimi (2), che deforma i fiori di Air. portulacoides e un altro 1' Erioph. brevipes (3) che produce delle pustole sull' Atr. halimus. Il P. Marchal ha descritta una Asphondylia punica (4) che sull' Atr. halimus altera le gemme foglifere, e di piìi nota l'accartocciamento su loro stesse delle foglie di qiiesta pianta. Finalmente il D.r I. Baldrati dell' Atr. (Obione) portidacoides indica una Psylla n. sp. che attacca le foglie poste all' estremità- dei giovani rami producendo delle piccole estrofìessioni o gib- bosità della lamina, alle quali corrisponde, nella pagina inferiore, unti nicchietta che serve di ricovero alla larva (5). Come si vede l' entomofauna galligena di questo genere di piante è molto ricca e le deformazioni e i nuovi ceeidiozoi della Sicilia che io vengo ad aggiungervi ne aumentano ancora più il patrimonio. Palermo, 1 M.irzo 1900. TEODOSIO DE STEFANI (1) Bull. d. 1. soc. iV Hist. uat. do Metz 2" cali. (2. ser. Vili) 1898. (2) Kaiserliclii-, Akademie dei- Wisseuschafteu in Wien — Sitz. d. mathem. — u.aturwisseu- schaft. Clariso — N. XVII — 1899. (3) Id. id. N XIX — 1899. (4) Notice sur une excursion en Algerie (Mémoiros Soc. Zoolog. de France 1897 p. 20-22. (5) Balduati I. — Appunti di Cecidiologia — in : Nuovo Giornale Botanico Italiano, Nuova serie. Voi. VII. N. 1, 1900 pag. 31. Teodosio De Stefani [Memoria IX.] 1, Oalla vesfifolare «lei giovani rami e «Iella nervatura iiiecliaiia delle foglie. Fig. 1% 2% 3% 4% 5^ Nasce sui rami più teneri , sul picciolo e la nervatura me- diana delle foglie. È di forma variabilissima , grossa iu media quanto una nocciola , sebbene se ne trovino di assai più pic- coli. Quando è giovine è carnosa, turgida e, come la pianta madre, rivestita di pelurie biancastra ; la sua superficie è gene- ralmente levigata, solo qualche volta screpolata, il colore verde. Più tardi diventa più coiisistente e acquista delle tracce ros- sastre. Adulta, assume un colore giallo di burro ; senza essere le- gnosa, è però assai consistente ; presenta una superficie leviga- tissima e spoglia della pelurie biancastra, che prima la rivestiva. Il suo interno racchiude diverse camere larvali tubiformi , pic- colissime e immerse nella massa galligena spugnosa , assoluta- mente indipendenti tra loro. È una deformazione assai comune. Si rinviene in autunno , sino agli ultimi di ottobre in tutti i gradi di sviluppo, cioè o giovanissime o appena iniziate, o ben sviluppate e già mature. Le galle ancora giovani a quest' epoca suppongo siano quelle che giungeranno a maturità durante 1' in- verno e che schiuderanno poi nella prossima primavera. Le galle, che si sviluppano sui giovanissimi germogli, sono le più turgide e grosse, (fig. 5^") Si incontrano più raramente sul picciolo (fig. 3"-) e sulla nervatura mediana delle foglie (fig. 4*); queste parti si ipertro- fizzano enormemente e acquistano presso a poco la conforma- zione di un seme di luppolo. Altre volte questa galla si ritrova sull'asse dell'infiorescenza presso la base degli ipsofilli, ed allora ha una forma più o meno Zoocecidii e cecidiozoi dell' Atriplex halimus L. in Sicilia. 5 sferica è relativamente molto piccola ; altra volta acquista una forma allungata fusiforme ; spesso è lobata e sulla sua super- ficie esistono regolarmente sviluppate alcune foglioline, ed all' e- poca della fioritura non mancano dei fiori. Di queste galle se ne incontrano sino a novembre nello stesso grado di sviluppo di quelle di ottobre , cioè giovani e mature e in quelle che ho aperte ed esaminate ho trovato ora le lar vette , ora le crisalidi del cecidiozoo. Come si rileva da quanto ho detto , questa galla presenta un polimorfismo straordinario, per cui sarebbe quasi impossibile descriverne tutte le forme, delle quali d' altronde nessuna è co- stante. Larva — Le larve, del cecidiozoo che determina queste galle, sono lunghe circa mm. 2 '/a, cilindriche, fornite di 12 segmenti compreso il capo ed il zonite caudale ; hanno un colore bianco con tracce gialle sui singoli anelli e sono prive di occhi ; dei residui vegetali sono visibili per trasparenza nel loro intestino. Le camere lai'vali contenute in una galla sono numerose e si- tuate in vario senso , ma con 1' uscita rivolta sempre verso la parte superiore della galla. Esse hanno una lunghezza doppia della larva. Queste larve mettono , per dir così , in pratica il principio delle doppie invetriate, sebbene nessun fisico lo avesse loro inse- gnato. Le loro gallerie sono separate dall' esterno mediante una sottile lamina di tessuto vegetale , costituito dallo strato epi- dermico sugherificato della galla e che la larva ha avuto cura di non intaccare. La larva, già pronta a trasformarsi in ninfa, passa r inverno tenendosi in fondo alla sua galleria immobile , col capo in alto e rivolto perciò verso 1' esterno. Dall' estremità anteriore dell' immobile larva fino alla sottile chiusura esterna della galleria corre un lungo tratto vuoto , ripieno di aria, ( fi- gura 1*-B ) dal quale la larva stessa è separata da un diaframma sottilissimo da essa stessa segregato (fig.lVi). Questo diaframma di color castaneo, osservato ad un forte ingrandimento si pre- Teodosio De Stefani [Memoria IX.] senta apparentemente granuloso ; ma è composto invece di te- nuissimi fili di seta strettamente cementati tra loro da una so- stanza omogenea. Infatti, tacendolo macerare per pareceiiie ore in potassa caustica o in acido nitrico, la sostanza cementante si scioglie, il diaframma si scolora, diviene trasparente e si distin- guono nettamente i fili di seta che lo compongono (fig. 6'') ; si spiega inoltre la sua apparenza granulosa la quale viene data dai punti di incrocio di questi stessi fili. Nelle eelle abitate dalle giovani larve , durante tutta 1' estate , questo opercolo non esi- ste, perchè queste lo costruiscono all'approssimarsi della cattiva stagione per garentirsi dai z-igori invernali e quando già sono giunte al loro completo sviluppo larvale ; allora esse diventano immobili al fondo della cellula , si cambiano in ninfa e nella prossima estate vengono fuori allo stato di insetto perfetto. Questo, per uscire, spinge l'opercolo con la testa sino a gettarlo fuori dalla cellula o semplicemente spostandolo per avere libero il passo. In centinaia di galle aperte onde verificare questo fatto, ho trovato 1' opercolo mancante o semplicemente rimosso in quelle cellule da cui era uscito il cecidiozoo, ma sempre in sito in quelle celle abitate ancora dall'insetto. Le cellule invase dai numerosi parassiti che infestano il cecidiozoo di questa galla ; non sono mai opercolate. La disposizione delle camere larvali è variabilissima , esse sono collocate ora 1' una accanto all' altra , oj'a il fondo di una viene a trovarsi verso la metà di un' altra , ora sono rette ed ora curve e disposte ancora irj-egolarmente in altre guise e in numero variabilissimo (fig. 1''') ; in alcune galle ne ho contate più di venti. Qui si manifesta un sorprendente istinto di queste larve, il quale si riscontra ugualmente sviluppato presso le ter- miti. Le termiti sogliono distruggere i mobili , i libri, le travi, tutti gli oggetti che capitano sotto le loro mandibole , rispet- tandone sempre la superficie esterna , per modo che spesso non riesce possibile avvedersi della devastazione di questi oggetti os- servandoli dall' esterno. Le termiti a^'vertono mediante sensazio- Zoocecidii e cecidiozoi deW Atriplex haliniìis L. in Sicilia. 7 ni speciali 1' avvicinarsi della superficie esterna , e smettono il loro lavorio prima di averla raggiunta. Qualche cosa di analogo accade per le larve di cui oggi mi occupo. Le loro gallerie pre- sentano le disposizioni più diverse , i tragitti più svariati , ma non intercettano per nulla il percorso l' una dall' altra. Quando la larva, nutrendosi della sostanza che la circonda, e praticando così la sua galleria, avverte la presenza di una galleria vicina, devia da un la.to o dall' altro , in modo da schivarla , cosicché le gallerie sono sempre separate tra loro da tramezzi più o meno spessi . Ciò spiega perchè le gallerie sono più o meno curvate ed hanno delle direzioni diverse e tanto più intrecciate e contorte quanto maggiore è il numero di larve racchiuse in un'unica galla. La consistenza delle cellule larvali è ben diversa da quella della massa galligena ; mentre questa è spugnosa le pareti di quelle sono relativamente resistenti, sottili e di color giallastro. Il fondo di queste cellule è rotondo e 1' estremità superiore si termina proprio sotto 1' epidermide o superficie della galla , in modo che giunto il momento opportuno in cui l'insettuccio deve venir fuori , esso , sprovvisto come è di apparati taglienti , può facilmente , urtando con la testa, rompere la sottilissima parete che lo separa dallo esterno e venir fuori. Da ciò si arguisce che il lavoro per prepararsi la via di uscita, la larvetta ha dovuto farlo quando era pressocchè adulta , poiché nelle giovani galle queste gallerie non sono distinguibili , e le larvette si trovano chiuse in piccoli spazii non ben definiti nella massa galligena. Il sottilissimo strato esterno che chiude la galleria larvale spie- ga poi il pei-ché del diaframma interno; essa, ben riparata da tutti i lati mediante la massa galligena contro i rigori iemali , non avrebbe la stessa garenzia verso la sua parte anteriore ; la sottilissima membrana, che chiude, per così esprimermi, la porta della sua galleria, non sarebbe schermo sufficiente a ripararla dal freddo, e la larvetta allora mette riparo a questo inconve- Teodosio De Stefani [Me:\ioria IX.] niente, costruendo un diaframma a metà della sua galleria , in modo che viene ad essere separata anche meglio dall'ambiente esterno. Questi due fatti, la presenza, cioè, di un opercolo ester- no molto sottile, e la costruzione, da parte della larva , di un diaframma interno sono l'uno consegueuza dell' a,ltro; sono col- legati tra loro nei i-apporti di causa ad effetto, e sembrano pre- vedere la mancanza di organi taglienti presso 1' adulto. I parassiti, che ho ottenuto da questa galla, sono molto nu- merosi, ma di essi mi occuperò dopo di aver dato la descrizione del cecidiozoo allo stato di immagine il quale appartiene ad un genere di Cecidomidae novello recentemente creato dal Kieffer e denominato Stefaniella dal mio nome. (1) Per questa nuova cecidomide io propongo il nome specifi- co di trinacriae ; ma prima di venire alla sua descrizione pre- metto quella che il Kieffer dà del genere Stefaniella. Questo è vicino al genere Lasiopfera , dal quale differisce sopratutto per i palpi di due articoli e per la conformazione parti- colare della bocca e dell'occipite. Come nel genere Lasioptera i piedi sono muniti di tre patelle ma la mediana è più corta de- gli unghietti e questi, invece di essere bifidi, sono muniti sola- mente di un dente alla loro base. Le appendici spinose che or- nano la tasca dell'ovidutto delle Lasioptera fanno qui comple- tamente difetto. Stefanìeìki trinacriae n. sp. Di color generale rosso-vinoso. Fronte, parti orali, primi ar- ticoli delle antenne ed una sottile linea dietro gli occhi rosso pallido; occhi neri; antenne di 12 articoli oltre lo scapo, filifor- mi, ciliate e sessili ; articoli, meno i primi, bruni ; scapo sottile ed allungato; il primo articolo del flagello brevissimo, sferico, un po' depresso e di un diametro maggiore di quello dello scapo e (1) KiBKFER 1. c. — Ringrazio V illustre Kieffer dell' avermi voluto dedicare un geuere in un grnppo di ditteri in cui egli è tanto competente. ZooeecicUi e cecidiozoi deU' AtripUx halimus L. in Sicilia. 9 degli altri aj-ticoli del flagello; il secondo articolo del flagello ca- liciforme, più stretto alla sua parte superiore e più lungo di tutti gli articoli; questi vanno sempre abbreviandosi sino al decimo; r undecime e il dodicesimo invece si ingrossano ad un tratto venendo a formare una specie di clava di forma ovale. Il torace è rosso-pallido col dorso bruno , gibboso , con lo scutello del metatorace pronunziato, subconico, bruno, le ali sono ialine, pelose e col margine, interno fìmbi'iato, i bilancieri sono rossi, a clava sferica la di cui metà superiore è incolora. Le ali nel loro campo non portano che due venette, una scorre longi- tudinalmente nel mezzo di esse e va a raggiungere il margine interno molto distante e al di sotto dell'apice e propriamente si unisce al margine, colà dove l'ala fa una piccola insenatura, l'altra venetta, che dalla base per un certo tratto scorre accanto a que- sta, circa nel mezzo del campo alare si inflette ad arco verso il basso e viene a raggiungere il margine interno dell' ala a molta distanza dall' altra ; queste due venette , prima del punto dove si discostano nel modo che abbiamo accennato , vengono a tro- varsi in comunicazione fra di loro per una venetta obliqua che le unisce; questa è appena visibile e molte volte difficile a scoprire. Le gambe sono gracili, di color giallo-pallido , fra di loro subeguali, 1' articolo estremo dei tarsi porta due uncini ricurvi semplici di color bruno, il secondo articolo è il più lungo di tutti e i tre estremi sono brunicci, L' addome è rosso-vinoso, col dorso dei segmenti e la faccia ventrale fasciati di nero. — Luno;. 2.""" circa. Il maschio si distingue dalla femmina, oltre che per la sua piccolezza e gracilità, anche per diversi altri caratteri importantis- simi, come la conformazione delle antenne e la pinzetta all'estre- mità addominale. Le antenne in questo sesso sono subsessili e il flagello conta un articolo meno di quello della femmina, così che in esso non sono che undici articoli ; lo scapo è robusto, a torma di calice più largo superioi-mente ; il primo articolo del flagello è conformato come quello della femmina, con la differenza però Atti Acc. Vol. XIII, Serib 4' — Mem. IX. 2 10 Teodosio De Stefani [Memoria IX.] che il suo diametro è minore di quello dello scapo nel di cui svasamento viene accolto per circa, un terzo, il secondo articolo è più sottile , anulai'e e cosi gli altri sino all' ottavo ; dal nono in poi gli articoli diventano molto brevi , 1' ultimo però , cioè r undicesimo è lungo quanto i due penultimi presi insieme, ma è più sottile e tei^mina a cono. La pinzetta all'estremità addominale, allo stato di riposo, sta rivolta sul dorso degli ultimi segmenti, in attività invece essa si piega verso il basso e si mette in moto in modo che le sue branche articolate si aprono e chiudono continuamente e 1' in- settuccio ora le appunta fortemente al suolo, ora le muove dal- l' uno all'altro lato, ora cerca con esse di t'ermare una fémmina che passa vicino provandosi a ghermirla al ventre , mentre è in stato di eccitazione grandissimo. In questo periodo di fregola r insettuccio suol tenersi in un posto sul quale si muove conti- nuamente senza allontanarsene , le sue ali vibrano senza posa , così pure le antenne; la pinzetta non sta un momento ferma, e il gracile addome acquista un incurvamento ventrale che non ha alloi-quando l' insetto è in istato di riposo, nello stesso tempo ha dei movimenti singolari , come se dai suoi nervi scoccassero fremiti di impetuosa passione. Tra i numerosi esemplari di questa cecidomide ottenuti nel mese di giugno, ho trovato non pochi individui dei due sessi di colore aberrante; in alcuni esemplari il color nero del torace e dell' addome è quasi completamente scomparso, esso è ridotto ad una leggerissima sfumatura, il color rosso anche esso è assai sbia- dito cosicché r insetto comparisce di un color gialliccio molto pallido. La seconda aberrazione che ho notato consiste invece in una grande espansione del color nero, il quale ha invaso l' insetto quasi per intero in guisa che del color rosso non restano che tenuissime tracce. Propongo di notare queste due varietà con un nome, dando alla prima quello di iMÌlida, alla seconda quello di obscura. Zoocecidii e cecidiozoi dell' Atriplex halimus L. in Sicilia. 11 Del genere Stefaniella il Kieffer ha descritto due specie , r atripUcis d' Algeria e la brevipalpis dell' Italia continentale, la nostra specie si distingue da queste due pei seguenti contras- segni. 1. I palpi, nella Stef. trinacriae, hanno il primo articolo non rigonfio, ma sottile e 3-4 volte più lungo che largo. 2. Le antenne hanno 1' ultimo articolo doppio del penultimo e il terzo è almeno due volte così lungo che largo. Parassiti ottenuti dalla galla della Stef. trinacriae : Tetrastirhuìi clavicornis Tbms. Holcopelte ohscura Fòrst. Secodes coactus Eatzb. Tetracanipe galerucae Fon se. Beatomus rvfomnculatus Walk. Id. sp ? Id. lìyrhogaster Walk. Paustenon oxylus, Walk. Ormyru.1 sp "1 Syntomasxns cyanea Bob. TorymKS auratus Foure. Id. (thsoletus Spin. Id. flariiìes Walk. Flatus ihenae Walk. Id. sp I Proctstrypcs ater Nees. 2, Galla «Ielle brattee fiorali Fig. 7^ Un' altra galla dell' Atriplex halimus , poco o nulla visibile a primo acchito, si liscontra frequente in settembre ed ottobre sulle brattee dei fiori femminili. Sul dorso della brattea affetta si nota uu lievissimo rigonfiamento di color rossastro molto li- mitato, più lungo che largo, con una piccohssima camera larvale conformata a tubicino. 12 ' Teodosio De Stefani [Memoeia IX.] Gli esemplari che ho raccolti ed esaminati in settembre ed ottobre contenevano, ora la larvetta ben matura, ora la crisalide. La prima ha una lunghezza di 1 ^/a mm. circa , un color giallo d'uovo e conta, olti'e il capo e il segmento anale, 12 zoniti ; la sua forma è cilindrica leggermente assottigliata alle due estre- mità. La crisalide misura appena un millimetro di lunghezza , è di color fulviccio-oscuro, ha occhi assai px'onunziati , torace svi- luppatissimo, e sul davanti della testa e diretti all' innanzi, due brevi cornetti appuntiti ; ha forma di botticina. Non mi è riuscito ottenere la cecidomide allo stato di im- magine, perchè le brattee, staccate dalla pianta madre, dissec- cano presto e col disseccamento si sformano e la larva e la crisalide muoiono. Lo sviluppo di questo cecidio impedisce alle brattee affette di potersi divaricare così che il seme non può venire fecondato ed abortisce. Da questi piccolissimi cecidii , in settembre ed ottobre , ho ottenuto i sotto notati parassiti : Entodon doni, Tlioms. lihojdrocertis xylophagorìim, Etzb. Scmiotellws maereus, Walk. Proetotryiyes ater, Nees. Lamjìrotatus laerigatns, Forst. SynojJeas prospeetus, Forst. Amhlyaspis nereus, Walk. 3. Oalla leiitieolare delle foglie Fig. 8*. Di questa galla serbo un grato ricordo perchè fu prima fra alle che formano oggetto del presente scritto a destare la Zooceeidii e cecidiozoi delV Atriplex halinucs L. in Sicilia. 13 mia attenzione. La scoprii negli ultimi giorni di luglio del 1897, nel territorio di S. Ninfa, lungo la strada così detta del Bona- tore, i cui margini per breve tratto sono adorni di Atriplex hali- mus, detto scerba nel dialetto locale. Come notai in principio, questo cecidio si trova sulla lami- na e sulle nervatui'e della foglia ; è lenticolare , misura un dia- metro di appena 3 ^/g""" e solo eccezionalmente qualche esemplare raggiunge i 5™". Il suo colore da principio è verde; adulto in- vece, allorquando il cecidiozoo lo ha abbandonato, si dissecca e diviene bianco; è glabro, sporgente sulle due pagine della foglia e leggermente convesso ; nel centro la sua superficie superiore presenta un leggiero infossamento più ispessito che non il resto della superficie, e sotto di esso giace la larvetta di una cecido- mide fra i tessuti interni in parte distrutti. Neil' epoca in cui lo scoprii non tutti gli esemplari erano allo stesso grado di svi- luppo ; alcuni erano stati abbandonati dal cecidiozoo , ma anco- ra non pochi ne ho trovati allo stato fresco ed abitati e anche appena iniziati. Il cecidiozoo , allo stato di larva matura , buca la piccola galla in un punto qualunque del suo contorno sulla pagina su- periore della foglia e uscendo fuori si lascia cadere a terra dove va a compiere il suo sviluppo. Questa galla comparisce nei primi giorni di giugno, ma al- lora essa è più tosto i^ara , dalla seconda metà di questo mese in poi però, sino a tutto settembre, diviene comunissima; dimi- nuisce in ottobre e verso la fine di questo mese essa è del tutto scomparsa. La larva è cilindrica, di coloro burro-sporco e lunga 1 ^/g ""^ circa. Non mi è stato possibile ottenere 1' insetto perfetto. I parassiti, che ho ottenuti da questa galla, sono numerosi, tanto per la varietà delle specie, quanto per il numero degli in- dividui ; alcune specie sono forse inedite ma mi occuperò di que- 1-4 Teodosio De Stefani [Memoria IX.] ste in altra mia nota , pei- orti mi limito a registrare soltanto quelle che ho potuto accertare. Esse sono : Ghaetostricha signata, Eatzb. Tctra,sficliìis flarotmrius, ^ees. Eidophus tihialis, iSTees. Tctracampe 2)(inil(is, Walk. Beatomus rufomactdatns, (Walk) D. T. Hcteroxys stenogaster, AVallv. Pteromalits imparum, L. Fcgoiìus montaniis, Walk. Cleonymns bimaculatus, Xees. Semiotellus tarsalis, Nees. » quadratufi, Walk. » viocrens, jralk. Habrolepis (lalmanni, Mov. » hospitiaìis, Forst ? (Encyrtus). Toì-ymus auratus, Fourc. Euri/toma rujicornifì^ Tlims 1 » Jìavimamis, Boli. Proctotryiìes atcr, Nees. Centistes lucidator, Nees. 4r. CnaMa «Ielle geiiiuie fiorali Fig. 9'\ Quest'altro cecidio si sviluppa sull' infiorescenza ti'asforman- done in galle i giovani fiorellini, e comincia a comparire verso gli ultimi di ottobre; ma bisogna raccoglierlo in aprile se si vo- gliono ottenere gli insetti perfetti che schiudono dal 28 di questo mese sino a tutto maggio. La galla ha la grossezza media di un cece, è di forma sfe- rica, di color verde e tutta rivestita di brevi e piccoli mucroni appuntiti ; questi mucroni sono macchiati di rosso-bruno alla loro estremità; la galla è carnosa e morbida quando è giovane ; di- venta legnosa e di color giallo bruno e con papille più rade in- Zoocecidii e cecidiozoi dell' Atriplex haUmus L. in Sicilia. 15 vecchiando; essa si origina da una ipertrofia del fasticino al nodo delle foglie sulla rachide dell' infiorescenza, cosicché tanto queste foglie che i fiori (siano maschili che femminili) prendono parte alla formazione di essa, trasformandosi tanto le une che gli altri ciascuno in un mucrone. Ordinariamente, sotto l' influenza del parassita, dei fiori ma- schili restano obliterati i calici, contro cui gli stami si saldano pei filamenti; con l' invecchiare della galla anche i fiori così tra- sformati diventano come il resto legnosi. Nel principio della formazione di questa galla i tubicini dei fiori maschili alterati sono morbidi e non saldati insieme. Alcuni fiori invece giungono ad aprirsi, lasciando così libero il varco alle antere, che forse potranno impiegare ancora il loro polline ; alcuni poi, sebbene chiusi, si possono a quest'epoca apri- re meccanicamente con ini ago e nel loro interno si possono scorgere ancora gli stami con le antere cariche di polline ap- parentemente nel loro stato normale, più tardi però quest' ope- razione non è più possibile , perchè gli elementi tutti si sono ispessiti , e 1' alterazione è divenuta completa. Succede quindi facilmente negli ultimi di ottobre e primi di novembre, d' in- contrare di queste galle a superficie interamente coperta di fiorellini. La galla così leggiadramente adorna dalla colorazione gialla del polline, giunge ugualmente a maturità, ma sarà meno ricca di papille o mucroni peluche, in questo caso, i fiorellini non si sono lignificati, come accade di quelli rimasti chiusi. Queste galle hanno un aspetto assai caratteristico, oltrecchè per la forma che ho descritta, anche per la loro disposizione e pel sito ove sono nate ; esse, come ho detto, nascono dall'alte- razione delle gemme fiorali che trovansi sui rami più giovani delle infiorescenze, i quali nel loro sviluppo sorpassano in altez- za tutti i rami del vecchio cespuglio ; inoltre esse sono per lo più riunite in glomeruli e spessissimo dei rami intieri ne sono fittamente coperti , di guisacchè si rendono assai appariscenti anche per la loro frequenza. 16 Teodosio De Stefani [Memoria IX.] Larva — Questa è di color bianco-sporco, quasi cilindrica , solo un po' più grossetta alla sua parte anteriore, apoda, lucen- tissima, adorna di due piccole macchiette rosso oscure sul dorso del terz' ultimo segmento. Testa non apparente. Conta 13 seg- menti e il suo corpo è perfettamente glabro. Essa si tiene immobile nella camera larvale, che è circolare e può contenerla almeno due volte. La parete interna della camera larvale è resistente; imme- diatamente ad essa segue una zona di consistenza più tenera , la quale alla sua volta è circondata da un' altra zona più sot- tile ma più resistente e sulla superficie di questa troviamo il rivestimento papillaceo composto di foglioline e di fiori abortiti. Anche da questa specie ho ottenuto numerosi parassiti che noterò come ho fatto per le altre dopo la descrizione del ceci- diozoo perfetto. L' insetto, autore di questa galla, è un AsjJhondylia n. sp., che io chiamerò col nome di conglomerata per la conformazione delle sue galle riunite per lo più in numerose agglomerazioni. AsphondyUa conglomerata, n. sp. Rossa ; antenne, piedi, tre fasce al mesonoto, lati del torace, metatorace e fasce sull' addome brune ; queste ultime non la- sciano, al di sopra che il bordo libero; sul di sotto, esse occu- pano solamente il terzo o la metà dei segmenti. Palpi di tre articoli; il terzo è più lungo dei due altri riuniti. Piedi coperti di scagliette. Bilancieri bianchi. Occhi confluenti sul vertice. Lungh. a'"'". Maschio simile, più gracile. Questa specie non è da confondersi con quella descritta da P, Marchal, (1) sotto il nome di AsphondyUa punica la quale suir.4/r. ìialimus dà origine ad una galla simile a quella della mia specie. (1) P. Mauchal. — 1. e. Zoocecidii e cecidiozoi dell' Air iplex halimus L. in Sicilia. 17 Li' Asph. punica ha il torace bruno e l'addome bruno con i bordi degli anelli chiari. Parassiti ottenuti da questa galla : Bhopalotiis cothvrnntus, Ns. Beatomus riifomociilntiis (Walk) D. T. Heteroxys steitogastcr, Walk. Pteromalus i>uparum, L. Semiotellm tarsalis, Walk. Gaindosoma Boiooheamim, Eatzb. , Eìqìelmus bedeguaris, Eatzb. Torymus auratuH, Fourc. Uiirytoma contraria, Walk. Proctotrypcs ater. Nees. Synopeas proniicctus, Forst. Sactogaster curvica.uda, Fiirst. 5. Grosse ag-^Ionieraziosii delle geiuiiie foglifere Fig. 10''. U Asphondylia conglomerata origina ancora altre due forme di galla ; una di queste 1' ho raccolta nel territorio di Sciacca verso la metà del mese di maggio. Essa si sviluppa a spese delle gem- me foglifere, e forma, sui l'ametti laterali, delle grosse agglome- razioni, ora sferiche, ora allungate come un salsicciotto. Questa deformazione, per la sua grandezza, sta in rapporto, con quella che appare sulla l'achide fiorale, come una nocciola ad un cece. Anche in questa forma si trovano delle galle isolate contenenti una sola camera larvale e con la superficie adorna da foglioline conformate a rosetta ; qui la camera larvale è sferica , mentre nelle galle riunite in gruppi le camere, per la reciproca pressio- ne, acquistano una forma tetraedrica. Questa conformazione natu- ralmente viene a manifestai'si anche nella disposizione delle fo- glioline che la rivestono , in guisa che una di queste galle iso- lata può avere la forma di un tetraedi'o in cui presso il vertice che si attacca al rametto sta racchiusa la camera larvale, men- Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4' — Mem. IX. 3 18 Teodosio De Stsfani [Mejjoria IX.] tre i lati sono costituiti dalle serie di minutissime foglioline di- varicantisi. (fig. 11"). Le pareti della piccola camera larvale sono poco carnose e internamente tapezzate da una sostanza bianca , leggerissima e scagliosa. L' insetto vien fuoii nel mese di maggio forando le pareti della sua cella verso 1' alto e abbandonando la sua spoglia di ninfa tra le foglioline. Questa deformazione è assai comune e , sebbene simile in apparenza a quella dell'infiorescenza, pure ne differisce grande- mente : quest' ultima giunta a maturità diviene legnosa e a su- perficie mucronata ; 1' altra invece resta spugnosa e disseccandosi si sforma e le foglioline non si cambiano in mucroni ; su questa superficie inoltre non esistono dei fiorellini, né la colorazione ros- so-bruna che nella prima forma di galla abbiamo riscontrata sui mucroni. I parassiti, che ho ottenuti da questa galla, sono gli stessi di quelli della galla precedente, solo, ho spessissimo trovato la camera larvale anzicchè dal cecidiozoo, abitata da un piccolo pa- rassita imenottero, che non ho potuto identificare ancora. Esso vi si trova agglomerato in grande numero e si trova nella ca- mera larvale come se vi fosse pigiato, anche quando ne è uscito, la cella si trova ripiena della sua spoglia di crisalide. 6. l»iccola galla vescicolare alle ascelle «Ielle foglie Fig. r2\ Una terza forma di galla, a cui dà luogo 1' Asp. conglome- rata, l'ho raccolta a Marsala in giugno. Essa nasce alle ascelle delle foglie e consiste in un rigonfiamento subsfèrico, grosso poco meno di un pisello. E di color verde, a superficie levigata, ma adorna di qualche atrofica fogiiolina; porta una sola camera larvale racchiusa da pareti poco carnose e dove vive la piccola larva, di color gialliccio e piegata ad uncino. Zoocecidii e cecidiozoi dell' Atriplex halimus L. in Sicilia. 19 Da questi cecidii, che ho trovati in solo quattro esemplari, ho ottenuto 1' insetto perfetto pochi giorni dopo averli raccolti , cioè il 7 e 11 giugno, e l' insettuccio vien fuori dalla sua culla abbandonando nel piccolo foro di uscita la sua spoglia di ninfa, che resta per metà dentro la galla stessa. Il foro di uscita vien praticato ora lateralmente , ora verso la parte superiore, ma sempre tra la saldatura basilare di due o più foglioline atrofiche, le quali, contribuendo a formare le pareti della galla, costituiscono forse il punto meno resistente. Queste galle col disseccarsi alterano sensibilmente la loro forma. Le tre forme di galle, che abbiamo ora descritte, hanno in modo speciale destato il mio intei-esse , perchè il loro studio ci conduce ad uno dei problemi oggi più dibattuti dai cecidiologi. Sebbene queste tre galle siano tanto distinte tra loro, pure, come abbiamo veduto , sono prodotte da un unico cecidiozoo. Ora, è possibile che galle morfologicamente diverse, presenti, per giunta, sopra uno stesso vegetale, siano prodotte da una specie animale unica? Ovvero bisogna ammettere che, anche quando ci troviamo in presenza di una specie animale dagli autori con- siderata come unica, pure pel solo fatto che dà origine a galle diverse, debba invece venire scissa in più specie distinte ? Insom- ma esistono o no delle specie caratterizzate dalle sole proprietà fisiologiche, come sembrano proclivi ad ammettere Canestrini e Nalepa ? Io non ho certamente la pretesa di voler risolvere questo difiìcile quesito, ma mi lusingo di potere aggiungere con le mie presenti ricerche nuovi fatti non del tutto privi di interesse. Queste diverse forme di galle dipendono, a parer mio, in parte dalla diversa struttura anatomica del tessuto degli organi, ove l'insetto viene a determinare la formazione galligena, ed in parte dalle variazioni fisiologiche dei diversi individui operanti in epoche diverse. Ed invero, mentre una galla, quella che ap- pare sulle gemme fiorali, si trova suW Atrqolex halimus dei ter- 20 Teodosio De Stefani [ÌIemoria IX.] reni cretacei di montagna assai discosti dal mare, un' altra for- ma, quella riunita in grosse agglomerazioni , spunta sulle gem- me foglifere delle piante dei terreni cretacei , ma in vicinanza delle spiagge marine, la terza forma poi, quella vesciculare, na- sce anche essa alle gemme foglifere sull' Afnplex delle spiagge del mare, ma in terreni eminentemente arenosi. Inoltre la pri- ma forma si sviluppa in ottobre, la seconda in maggio e la, ter- za non comparisce che in giugno. Ma a dare la giusta spiegazione di queste tre forme di gal- le, a conoscere il perchè della loro variazione, sarebbe bene ese- guire la via sperimentale ; e ciò è quanto mi propongo di fare in ricerche ulteriori. 7. C*alla lu!cforiiiazioiie «lei fiori Ancora un' altra deformazione che ho trovata su questa pianta è quella dei fiori causata dall' Eriophyes Heimi, Phytop- tidae anche esso recentemente descritto dal Nalepa e da cui tra- duciamo la seguente desciizione. Eriophyes Heimi, Nal. (1) Corpo piccolo , debolmente fusiforme. Scudo semicircolare. Nel campo mediano 5 linee longitudinali ; campi laterali punteg- giati. Setole dorsali lunghe una volta e mezzo lo scudo, margi- nali. Zampe discretamente corte ; articoli dei piedi brevi e di lunghezza quasi eguali. Setole pennate fornite di 5 raggi. Ster- no non forcuto. Addome molto finamente aneliate (75-80 anelli in circa). Setole laterali inserite all'altezza dell' epigidio, lunghe quasi quanto le setole dorsali ; 1° paio di setole ventrali lunghe quasi quanto il 3". Setole caudali lunghe ; setole accessorie so- vrastanti al lobo caudale. Epigidio schiacciato, imbutiforme. Lo- bo protettore stretto. Setole genitali lunghe quasi quanto il 3" paio di setole ventrali. Femmina 0, 14 : 0, 03f) mm.; Maschio 0, 13 : 0, 036 mm. Questa specie fu trovata dal D.r Heimi di Parigi sui fiori di Atripl. portulacoides , io 1' ho ritrovata in Sicilia sui fiori di Atripl. halimus. (1) Alf. Nalepa « Neue Gallmilben » 1. e. N. 7. XVII. Zoocecidii e eecidiozoi dell' Atri2)lex halimus L. in Sicilia. I danni che quest'acaro cagiona alla pianta sono gravi; io, lungo la spiaggia di Mazzara, ho trovato dei cespugli di Atripl. halimus con le foglie intieramente morte, mentre 1' asse fiorale arrestando il suo sviluppo, anzicchè elevarsi, era ridotta a tozze agglomerazioni, ora di color bianchiccio , là dove 1' alterazione non aveva raggiunto il suo completo sviluppo, ora di color più o meno giallo-oscuro, dove lo sviluppo era completo. È questo un zoocecidio, (;he è controsegnato facilmente dai caratteri che ho accennato , tanto più che esso invade tutto il cespuglio. Le gemme fiorifere attaccate da esso si rivestono di abbondante pelurie, i rametti risentono gli effetti del succhia- mento del cecidiozoo e le foglie, non più alimentate dagli umori vitali necessarii, vengono a morire, cosicché i l'ami i-estano nu- di e solo le loro estremità si presentano rivestite di seccumi cespugliosi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA » Fig. 1. — Galla di Stef. trinacrirw ingrandita e aperta longitudinalmente per mostrare il cammino delle celle larvali e le larve opercolate del periodo invernale. » 2. — Una galla di grandezza naturale tagliata trasversalmente. » 3. — Galla dovuta alla Stcf. trinacriae sul picciolo. Grand, nat. » 4. — Id. sulla nervatura mediana, (rrand. nat. » 5. — Id. sui giovani rami. Grand, uat. » 6. — Diaframma interno delle cellule di Stef. trinacriae.Molto ingrandito. 7. — Brattee florali portanti i cecidii di una Gecidomidae sp.? Grand, nat. 8. — Foglie cariche dei cecidii di una Gecidomidae sp. ? Grand, nat. 9. — Galle della Stef. con(iìomerata. Grand, nat. 10. — Altre galle della stessa specie. Grand, nat. 11. — Una galla isolata di titef. conglomerata. Grand, nat. 12. — Altra galla della stessa. Grand, nat. 13. — Galla di Col. Stefanii sulla rachide florale. Grand, uat. 14. — III. id. aperta longitudinalmente e mostrante la crisalide. Grand, nat. 15. — Galla di Col. Utefnnii sui rami bassi. Graud. nat. 16. — Coleophora Stefanii. T De Stefani, Zooc= CIDII M De Stefani dis. HuBER piii-a: e? Palermo Memoria X. Le iniezioni sottocongiuntivali di anticeltina nei processi infettivi della cornea e dell' iride Ricerche cliniche e sperimentali pel Dott. P. MORGANO Assistente della Clinica oftalmica Le iniezioni sottoconginntivali di sublimato , proposte nel 1889 dal Secondi, (1) e variamente apprezzate nei primi tempi da coloi'o che le sperimentarono, sono oggi quasi generalmente adottate e riconosciute utilissime nei vai'ii processi infettivi delle diverse membrane oculari, e specialmente della cornea e dell'iride. Però quasi tutti gli sperinientatoi-i, pur esaltando i benefici effetti di tali iniezioni , sono di accordo nel lamentare i gravi inconvenienti ai quali esse danno luogo, cioè : 1. dolore fortissimo, talora insopjìorfabile, che dura da tre a sei ore dopo l' iniezione ; 2. reazione molto viva della congiuntiva accompagnata da intensa chemosi e da edema paljxbrale , talvolta così intenso da invadere il sopraciglio e la guancia, e che perdura tì^e , quattro giorni dopo V iniezione ; 3. neoformazioni cicatriziali nei punti delle iniezioni , ed infiammazioni adesive molto intense, che conducono spesso a fo- colai di necrosi circoscritti della congiuntiva, e ad, estese e forti aderenze della congiuntiva del bulbo col tessuto episclerate o con la sclera medesima. (1) Skcondi — <■: Le iniezioni sotloconi/inntivali di sutlimato » — Giornale della R. Acca- demia di Medicina di Toriuo — 1889, i«ig. 420. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4^ — Mera. X. 1 Dott. F. Morgano [Memoria X.] Anzi il Mellinger (1), il Bossalino (2) e il Guring (3), a- vendo in proposito fatte delle esperienze sui conigli, conchiusero: che le iniezioni sottocongiuntivali di sublimato in soluzione al- l' 1 : 2000 provocano un' infiltrazione cellulare deW angolo di fil- trazione , che dà luogo a delle aderenze tra la base dell' iride e la superficie posteriore della cornea, le quali x>ossono giungere ad ostruire completamente V angolo irideo , e dar luogo a fenomeni glaucomatosi. Per ovviare a tali gravi incovenienti il Mellixger medesi- mo usò dapprima una soluzione di sublimato all' 1 : 4000, e colle iniezioni sottocongiuntivali di questa nuova soluzione ottenne gli stessi benefici effetti terapeutici che colla soluzione all' 1 : 2000 — Allora, tenuto conto del titolo debolissimo della soluzione, e della pochissima quantità di liquido iniettato, pensò che 1' azione be- nefica delle iniezioni sottocongiuntivali non fosse dovuta alle pro- prietà antisettiche del sublimato, ma a ben altre cause — Provò quindi di sostituire alle soluzioni di bicloruro di aiercurio una soluzione di cloruro di sodio al 2 : 100, e trovò che le iniezioni sottocongiuntivali di sale di cucina avevano la stessa azione be- nefica delle iniezioni di sublimato, senza averne gli svantaggi. Pertanto concluse che gli ottimi risultati ottenuti dalle inie- zioni sottocongiuntivali non debbono ascriversi cdla natura del pre- parato chimico che si adopera, ma cdl'azione eccitante delle mede- sime sulla circolazione linfatica dell'occhio, per cui viene accelerata la corrente, e facilitato V allontanamento della materia infettante. Ma le iniezioni di cloruro di sodio, sperimentate in seguito da altri clinici, e specialmente da Secondi (4) e da Darier (5), non (1) Mellinger — Kliniscke nnd expeì-imentelle UntersiicJmngen iiher suhconjmictivale Iniec- tioneu und ihre therapeiitkche Bedcnlimg. (Archiv tur Augenlieilkuudo ; giugno 1894^. (2) Bossalino — SuUe iniesioni sottocongiuntirali di subUnudo (Atti «Iella R. Accademia di Medicina di Toriuo— Novembre 1895). (3) GURING Influence des injections soiis-coujonctivales de sublime sur l'angle de fiUraiion (Riportato sugli Auuales d' Oculiatique t. CXVI p. 453). (4) Secondi — Bollettino del Policlinico Generale di Torino N. 13—1896. (5) Daribr — Annales d' OcuUstique— Anno 1898— T. CXIX, p. 572. Le iniezioni sottocongiuntivali di anticeltina ecc. diedero agli stessi quei buoni risultati vantati da Mellinger; e se giovarono in parte in alcuni casi d'iridite e di coroidite sierosa, non diedero alcun risultato apprezzabile in casi di ii-idite purulenta, o di cherato-ipopion , o di cheratite interstiziale, e si dimostra- rono assolutamente inefficaci nei casi di ascesso corneale , o di iridite sifilitica, specialmente se condiloraatosa o gommosa. Nello stesso tempo, e prima ancora, venivano provate altre sostanze in surrogazione del sublimato, e si usarono successiva- mente : soluzioni di sali di chinina (salicilato , valerianato , sol- fato, idroclorato (1)), di acqva distillata, di siero artificiale, di solfato di sodio, di ioduro di sodio, di scdicilato di sodio (2) , di salicilato e di cianuro di mercurio (3). Ma se togliamo Bossalino , il quale dice d' avere ottenuti buonissimi risultati colle iniezioni di sali di chinina nelle che- ratiti e congiuntiviti scrofolose e nelle ulcerazioni della cornea , tutti gli altri sperimentatori sono concordi nell' affermare che so- lamente le iniezioni sottocongiuntivali di scdicilato e di cianuro di mercurio dimostrano qualche efficacia nei jjrocessi infettivi delle membrane oculari, ma sempre inferiore a quella spiegata dalle iniezioni di sublimato, delle quali tuttavia presentano gì' incon- venienti. Questi fatti, secondo me, starebbero a dimostrare che la so- stanza, la quale spiega un' azione benefica nei processi infettivi delle membrane oculari, è il mercurio. E ciò concorderebbe colle esperienze eseguite sui conigli dal Dfjtt. Di-Lorenzo (4), il quale non potè mai constatare la presenza (1) Srx'ONDi — Bollettino del Polielinico Generalo (li Torino N. 13 — 1896 — Bossalixo: Giornale della R. Acoadeniia di Medicina di Torino — 1896 marzo. (2) S?:coNDi : loeo citato ; Bierrum Med. Ridskrift' 1894; Moix : Kliu. Monatsbl. f. Au- genheilkunde 1891 ; Fromaget et Laffay : Annales d'oculistiqne t. CXVIH. (3) Secondi: loco citato; Darikh : Annales d' oculistique t. CXH ji. 128; Fromaget et Laffay: Annales d' oculistique t. CXVII p. 283; Fromaget et Cannare: Annales d'ocul. t. CXVII p. 284 ; Chibrbt : Au. d' oculisti(iU6 t. CXII p 130 ; Ddfour : Annales di Ocul. t. CXII p. 130. (4) Di-LORENZO — Le iniezioni sottocongiuniivuli di sullimato — Ann. d'Ottal. Fase. V, 1897. Dott. P. Moryuno [Memoria X.] del sublimato nello interno dell' occhio in seguito alle iniezioni sottocongiuntivali, ma ottenne quasi sempre la reazione idrargi- rica. Per cui egli ammette la trasformazione del sublimato in un altro composto mercurico , ed all' azione rivulsiva , antiplastica, esercitata dal mercurio, attribuisce i buoni risultati ottenuti colle iniezioni, e non alla proprietà antisettica del sublimato. Altri sperimentatori , come Fromaget et Laffay (1) , La- grange (2) ecc. credono che i sali solubili di mercurio, iniettati sotto la congiuntiva, penetrano come tali nel globo oculare, ed agiscono come antisettici. In qualunque modo si esplichi la loro azione , certo è però che quasi tutti i clinici sono d' accordo nello ammettere che le iniezioni sottocongiuntivali dei sali mercuriali (a parte gl'incon- venienti notati) riescono di grandissiuaa utilità nei processi in- fettivi dell' occhio, e costituiscono uno dei più grandi processi della terapia oculare. L' ideale però da ottenere — secondo le conclusioni di tutti — sarebbe V impiego d'una pireparazioìie mercuriale che non coaguli V albumina , che non provochi alcun dolore e non determini al- cuna infiammazione nei tessuti, né contragga alcuna combinazione con essi. * * * In questi ultimi tempi, avendo l'illustre Prof. Cappaselli (3) esperimentata 1' azione fisiologica e le proprietà terapeutiche di un nuovo composto organico di mercurio , preparato dal com- pianto Prof. Andeeocci, ed essendo risultato dalle sue esperienze che il nuovo preparato ha in generale 1' azione antisettica nota (1) Fromagbt et Laffay — Recherches experimentales 8ur les jniectioiia soits-coiijoiiativales Auu. d' oeulistique t. CXVII, p. 287. (2) Lagrange — Injections de solutions de sublime — Auu. d' oeulistique t. CXI p. 317. (3) Prof. A. Capparblli — Sull' azioue fisiologica d' un preparato orgauico di mercurio doUa formula C"> U^^ 0« Hg (Acc. Gioenia — Sed. 13 Nov. 1898. Le iniezioni sottocongiuntivali di <(nticeltina ecc. dei sali mercuriali, ed il vantaggio di non precipitare l'albuini- na, pensai di poterlo utilizzare nella terapia oculai'e , usandolo per iniezioni sottocongiuntivali in sostituzione del sublimato. Il nuovo preparato, a cui i Professori Capparelli ed Andreoc- ci hanno dato il nome di Anticeltina, e che viene ora fornito dalla Casa Erba, non è altro che la combinazione d' un deriva- to dell' urea col mercurio, il quale vi è contenuto nella propor- zione del 43, 4 o/o , vale a dire più della metà di quanto ne contiene il sublimato corrosivo (73, 8 o/o). Una soluzione quindi d'anticeltina all'I : 1000 contiene mag- gior quantità di mercurio (13 °/o di più) di quanto ne contiene una soluzione di sublimato all' 1 : 2000, eh' è la soluzione general- mente usata e meglio tollerata per iniezioni sottocongiuntivali. Iniziai pertanto i miei esperimenti con una soluzione di anticeltina all' 1 : 1000, anche per la ragione che il nuovo pre- parato non è solubile nell'acqua che in quella proporzione, ed alla temperatura di 37° circa. Come animali d' esperimento adoperai i conigli. Le esperienze furono eseguite in parte nell' Istituto di Cli- nica Oftalmica, sotto la direzione del Prof. Francaviglia, ed in parte nel Gabinetto di Fisiologia, cortesemente messo a mia di- sposizione dal Direttore Prof. Capparelli , cui rendo grazie , e che mi apprestò pure il materiale e gli animali d' esperimento. Praticai su due conigli quattro iniezioni sottocongiuntivali, una per occhio, ed in quantità diversa in ciascun occhio, iniet- tando nel primo quattro divisioni della siringa di Pravaz , sei nel secondo , otto nel terzo , ed un' intiera siringa nel quarto. Tutte furono benissimo tollerate. Dopo 12 ore si osservava in tutti e quattro gli occhi una leggiera chemosi ed iperemia della congiuntiva, cornea limpidissima , nessuna secrezione né lagri- mazione. Dopo 24 ore nei primi tre occhi non si riscontrava che una leggerissima iperemia della congiuntiva; nel quarto du- rava ancora un poco di chemosi, che sparì totalmente al secon- do gioi'no. Dott. P. Morgano [Memoria X.] Ripetute le iniezioni altre tre volte di seguito nei medesi- mi occhi, con l'intervallo di due giorni tra un'iniezione e l'al- tra, e nelle stesse proporzioni e quantità della prima volta, ot- tenni sempre gli stessi fenomeni , che andavano però gradata- mente aumentando d'intensità in ragione diretta del numero delle iniezioni. In nessun caso mi fu dato di osservare edema infiammato- rio delle palpebre, né alcuna infiammazione adesiva, o necrosi , anche limitatissima, della congiuntiva. L' esame anatomico degli occhi , enucleati tre gioi-ni dopo r ultima iniezione, non mostrava alcuna aderenza ti-a la sclera e la congiuntiva, la quale poteva distaccarsi facilissimamente in tutta la sua estensione. All' esame microscopico notavasi : leggero edema della con- giuntiva, qualche piccolo focolaio emorragico corrispondente ai punti delle iniezioni , ed un accumulo di cellule linfatiche vici- no al limbus, maggioi'e dell' ordinario. Nessuna infiltrazione dell'angolo irideo; la cornea, l'iride e le pai'ti interne dell' occhio normali. Avendo più tardi ripetute le iniezioni di anticeltina in al- tri due conigli, con la stessa soluzione d' anticeltina all' 1: 1000, ma iniettandone ogni volta un' intiera siringa di Pravaz, osser- vai sempre gli stessi fatti notati nelle esperienze precedenti. So- lamente in questi ultimi casi la chemosi perdurava più a lungo, cosichè bisognava aspettare tre giorni per ripetere 1' iniezione. L'esame anatomico e mici'oscopico di altri occhi, enucleati dieci giorni dopo la settima iniezione, mostrò le stesse lievi al- terazioni riscontrate nelle osservazioni precedenti ed un leggero ispessimento della congiuntiva nei punti delle iniezioni. Provata così 1' assoluta innocuità delle iniezioni sottocon- giuntivali d' anticeltina, m' accinsi a sperimentare la loro virtù terapeutica. /. Esperienza. — Con un coltellino lanceolato praticai, nella parte centrale della cornea d' un coniglio , una puntura super- Le iniezioni sottocongiuntivali di anticeltina eoe. fidale in modo da sollevare un piccolo lembo d' epitelio, e nella specie di tasca cosi fatta portai, con un ago ordinario da vac- cinazione, il secreto del sacco lagrimale d' un individuo affetto da dacriocistite purulenta cronica. Dopo 24 ore, osservando 1' occhio con lente d' ingrandimen- to, notavasi nel punto d' innesto un opacamente e leggero ispes- simento dell' epitelio, che aumentò nel giorno successivo, accom- pagnandosi con iniezione pericheratica discreta e forte lagrima- zione. Al terzo giorno nel punto d' innesto potevasi osservare chia- ramente, anche ad occhio nudo , una piccola ulcera rotondeg- giante, di colorito bianco-sporco, a margini leggermente rilevati ed infiltrati ; la cornea circostante presenta vasi opacata per un millimetro circa , e la congiuntiva del segmento anteriore del bulbo fortemente iniettata. A questo punto credetti opportuno d' intervenire iniettando sotto la congiuntiva un terzo di siringa di Pravaz d' una solu- zione d' anticeltina all' 1 : 1000. Dopo 24 ore, con mia grata sorpresa , trovai 1' ulcera per- fettamente detersa, a margini pianeggianti non più infiltrati, i quali cominciavano a ricoprirsi d' epitelio. La lagrimazione era cessata ; la congiuntiva bulbare era meno iniettata e leggermente edematosa verso il limbus. Dopo tre giorni l'epitelio aveva interamente ricoperto i margini ed il fondo dell' ulcera ; la cornea mostravasi limpidis- sima in tutto il resto della sua superficie; la chemosi e 1' inie- zione congiuntivale erano totalmente scomparse. II. Esperienza — Ripetei 1' esperienza in un altro coniglio ; ma questa volta introdussi il coltellino lanceolare molto profon- damente, nelle parti centrali della cornea , in maniera da inte- ressare tutta la sostanza propria della medesima , dove portai , come la prima volta , il secreto d' una dacriocistite purulenta cronica. Dopo 24 ore, nel centro della cornea notavasi un' infiltra- Bott. P. Morgano [Me^ioeia X,] zione discoide, di colorito grigio-giallastro, la quale, osservata a luce obliqua e eoa lente d'ingrandimento, lasciava scorgere del- le gittate, o raggi, che invadevano le parti circostanti della cor- nea ne' suoi strati superficiali e profondi. Questi fatti erano ac- compagnati da intensa iniezione anulare pericheratica , da foto- fobia e forte lagrimazione. Al secondo giorno nel centro dell' infiltrazione discoide, che s' osservava il giorno prima, nota vasi un' ulcera abbastanza este- sa e profonda, con fcmdo suppurante grigio-giallastro poltaceo e con margini sinuosi, fortemente infiltrati. La cornea circostante, tumida ed infiltrata, presentava un colorito uniforme grigiastro; la camera anteriore era per un quinto occupata da ipopion ; l'i- ride presentavasi tumida , la pupilla ristretta ; la congiuntiva bulbare fortemente iniettata. A questo punto credetti opportuno di intervenire, ed iniet- tai sotto la, congiuntiva mezza siringa di Pravaz d' una solu- zione d' anticeltina all' 1 : 1000. Dopo 24 ore osservavasi : che la suppurazione della cornea si era an-estata, il fondo dell' ulcera mostravasi più pulito e di co- lorito grigio-oscuro, i margini meno infiltiati , l'ipopion era di- minuito, ed erasi ridotto ad una linea. Quanto al liquido iniet- tato esso erasi quasi del tutto riassorbito. Al secondo giorno 1' occhio presentavasi nelle condizioni del giorno precedente. Praticai una seconda iniezione sottocongiuntivale della so- lita soluzione d' anticeltina all' 1 : 1000, ma iniettandone 73 della siringa di Pravaz. All'indomani trovai che l'ipopion era totalmente scompar- so, il fondo dell' ulcera quasi del tutto deterso, i margini appia- nati, l'intorbidamento del resto della cornea notevolmente dimi- nuito in estensione ed intensità. Dopo cinque giorni , senza bi- sogno d' alcun' altra iniezione, il processo di riparazione era com- pleto : la cornea s' era completamente rischiarata , ed al posto dell' ulcera restava un leucoma semi-trasparente. Le iniezioni sottoeongiuntivali di anticeltina ecc. Ripetei l'esperienze sopra altri sette conigli, in tre dei quali soltanto r innesto provocò delle ulcere infettive, più o meno gra- vi, della cornea, e delle iriditi infettive, e in tutti i casi , dopo due o tre iniezioni d' anticeltina , ottenni 1' arresto e più tardi la guarigione del processo. Aggiungo che in una di queste esperienze, invece della so- luzione all' 1: 1000, usai una soluzione al 0, 75 : 1000; ed in un'altra una soluzione al 0, 50: 1000, iniettando da Ys a 72 si- ringa, di Pi'avaz per volta. In tutti e due i casi ottenni , come ho detto, risultati positivi e rapidi. In un altro caso, in cui, per 1' intervento tai'divo , dopo il terzo giorno dell' inoculazione del secreto blenorragico nella ca- mera anteriore, succedette distruzione di tutta la cornea e pa- noftalmite, l'iniezione intraoculare di un'intiera siringa della soluzione d' anticeltina all' 1 : 1000 potè arrestare il processo di suppurazione e conservare la forma dell' occhio. Eseguii in seguito altre esperienze usando soluzioni al due, al tre e al cinque per mille ; ma in tutti i casi seguirono alle iniezioni fenomeni infiammatori più o meno intensi , cosi che potei convincermi che le soluzioni da preferire, erano quelle al- l' 1: 1000, al 0, 75: 1000, o al 0, 50: 1000. * * * Determinata così 1' azione fisiologica e la virtù terapeutica delle iniezioni sottocongiuntivali d' alticeltina nei conigli, ed as- sicui-atomi sull' impiego delle dosi , m' accinsi a sperimentarle neir uomo. Le osservazioni cliniche che seguono furono eseguite per la massima parte nella Clinica oftalmica , le rimanenti nell' Ospe- dale Municipale Garibaldi. Esse sono appena i23, essendo in due osservazioni l'affezione oculare doppia ; ma io ho avuto cura di scegliere i casi più gra- vi e che mi sono sembrati più dimostrativi, trascurando gli al- Atti Acc. Vol. XIII, Sbrib 4" — Mera. X. 2 10 Doti. P. Morgano [Memoeia X.] tri meno gravi , nei quali la guarigione si sarebbe potuta otte- nere facilmente coi mezzi di cura oi'dinarii. I. Osservazione — (1) (Ospedale Garibaldi) N. F., bambina di 7 mesi, affetta da sifilide cougenita, curata colle iniezioni ipoderniiclie d'auticeltina dal Boti. Bellecci. Durante la cura generale si sviluppò all' O. D. un ascesso corneale, che ulcerò e s' aperse all'esteruo. Esame obbiettivo. — Qiuiudo la piccola inferma mi fu presentata si os- servava : Nelle parti centrali della cornea destra un' infiltrazione discoide grigio- giallastra, circondata da una zona d' infiltrazione biancastra, che si perdeva a margini sfumati verso la periieria della cornea medesima. Nel centro di tale infiltrazione discoide una perdita di sostanza della cornea, interessante 1' epitelio, la membrana di Bowniann e tutto il paren- chima corneale fino alla membrana di Descemet, la quale in ({uol punto rimaneva allo scoperto. La camera anteriore era per 'j^ occupata da ipopion ; l' irido tumida, alterata nel suo colorito e nella sua, lucentezza ; la pupilla ristretta e ])ochis- sinio reagente allo stimolo luminoso. Iniezione poricheratica intensa ed edema del margine palpebrale superiore. Fotofobia, forte lagrimazione. Diagnosi — Ascesso corneale ulcerato ed apertosi all' esterno, ed iridite plastica. Trattamento, 2 maggio 1898. — 1^ iniezione sottocongiimtivale d'auti- celtina in soluzione all'I: 1000 {'/^ di siringa di Pravaz). Istillazione di (jualche goccia di atropina — Fasciatura. La bambina pianse un poco nel tempo in cui feci l'iniezione , ma si acquietò subito dopo che le ebbi bendato 1' occhio. 4 maggio. — Secondo quanto riferisce la madre, la bambina non ha pianto più dopo l'iniezione, anzi si è mostrata un poco più vispa dell'ordinario. All'esame ol)biettivo osservasi: iniezione pericheratica assai diminuita; ipopion molto ridotto ; aspetto generale della cornea e dell' iride molto mi- gliorato. Il li(piido iniettato completamente riassorbito. Pi'evia cocainizzazione, si pratica la 2^ iniezione d' anticeltina ( '/j di siringa). La bambina sopporta l' iniezione senza alcuna manifestazione di dolore. fi) Questo caso fu comuuicato l'auuo scorso all' Aecadomia Gioeiiia dal Prof. Capparelli nella seduta del 13 novembre. Le iniezioni sottocongiuntivali di antieeltina ecc. 11 6 mfifif/io. — Ipopion scomparso; iride poco offuscata, lua non più tumi- da: fondo dell'ulcera quasi deterso; margini pianeggianti; inlìltrazioue mol- to diminuita in estensione ed intensità. 9 mam/io. — Fondo dell' ulcera deterso ; dai margini comincia a prolife- rare 1' epitelio ; 1' infiltrazione è ridotta ad una zona d' un millimetro circa, di colorito biancastro, che circonda la perdita di sostanza corneale ; l' iride comincia a riacMiuistare la sua ordinaria lucentezza, e reagisce meglio allo stimolo luminoso. Si pratica una 3^ iniezione (' ^ di siringa). 11 iii((i/(/io. — (Joutinua la proliferazione dell' epitelio dai margini dell'ul- cera, ed è già incominciata la neoforuiazione connettivale del parenchima corneale. L' infiltrazione è scomparsa, e la cornea mostrasi limpida attorno all' ulcera. L' iride è tornata normale. Da questo giorno il miglioramento fu sempre progressivo e, senza biso- gno d'alcun'altra iniezione, il giorno 20 maggio la bambina era completa- mente guarita con un leucoma sem])lice abbastanza trasparente. II. Osservazione (Spedale Gariljaldi). — Grasso Rosaria, d'anni ,"t6 da Ca- tania, ricoverata nell' Ospizio municipale di mendicità. Quando si presentò alla mia osservazione era appena guarita da una febbre da infezione che l'avea tenuta ammalata per un mese circa. Esame obbiettivo (cS giugno 1ita la cornea dell' occhio destro. Allontanata dall'occhio la spiga, non vi badò più che tanto. L'indoma- ni però incominciò ad avvertire dei dolori pulitori all'occhio ed al sopraciglio, accompagnati da rossoi'e della congiuntiva, da lagrimazioue e tbtolbbia. Il giorno seguente i dolori aumentarono, la vista si offuscò in modo da non permettergli la distinzione degli oggetti anche a breve distanza, e l' infermo s' accorse che nella cornea esisteva una larga macchia bianca. Per questo 1' indomani ricorse alla nostra clinica. Esame obbiettivo (21 luglio 1898. — Sulla cornea destra osservasi una vasta perdita di sostanza, occupante tutta la parte centrale della cornea ed estendente-si in modo irregolare verso il margine corneale del quadrante su- l)ero-esterno, con margini sinuosi , tumidi e grigiastri, e con fondo giallo marcioso. All'intorno dell'ulcera la cornea mostrasi infiltrata, tumida, di co- lorito bianco-sporco. La camera anteriore è per '/a circa occupata da ipopiou denso, giallastro; l'iride è un poco offuscata; la congiuntiva fortemente iniet- tata e chemotica. Diagnosi : Cherato-ipopion grave fcherutite dei mietitori). Cura — 21 luglio 1898. — Iniezione sottocongiuutivale d'anticeltiiia all' 1 : 1000 (4 divisioni della siringa di Pravaz). Xessuu dolore all'atto dell' iniezione. Istillazione di alcune goccie di atropina. Bendaggio. 22 luglio. — L' infermo ha avvertito solamente un lieve bruciore all' oc- chio eh' è durato per due ore circa dopo 1' iniezione. Tolta la fasciatura osservasi : leggero edema della palpebra superiore, chemosi congiuntivale a cercine attorno alla cornea. L'aspetto dell' ulcera è come nel giorno precedente, ma è aumentato l' ipopion. Si pratica una seconda iniezione di anticeltina ('/j di siringa di Pravaz). 23 luglio. — Ipopion molto ridotto ; aspetto dell'ulcera molto migliorato; cornea vicina meno torbida. 25 luglio. — Continua il miglioramento. 14 Dott. r. Morgano [Memoria X.] 26 /(/(//io.— L'ipopioii è riflntto ad una linea; l'ulcera è ridotta in super- ticie ; i margini sono pinnes^^ianti. 27 luglio.— fiì pratica una. .3-' iniezione di anticeltiua ('/j di siringa). 29-30-31 luglio. — IMi^lioramento progressivo. 2 «c/os/o.— Infiltrazione della cornea circostante all'ulcera totalmente scomparsa; margini dell'ulcera piani, lisci e ricoperti d'epitelio neoforniato. Nel fondo dell'ulcera comincia a formarsi il nuovo tessuto di sostituzione. La cornea è perfettamente limpida nel ijuadrante infero-interno, e lascia vedere una buona porzione del forame pupillare. L'ammalato può contare le dita a tre metri di distanza. L' infermo sentendosi molto migliorato, ed essendo stato chiamato in famiglia per affari urgeuti, parte lo stesso giorno per Augusta. V. Osservazione (Clinica oftalmica). — Di-Dio Domenico fu Antonino, di anni 51, da Motta S. Anastasia. Esame obbiettivo e diagnosi (13 maggio 1899).— O. *S'. Ulcera marginale falciforme nel quadrante ftHjwro-interno della cornea, a fondo deterso, ma tu- mido e di colorito grigio-giallastro, con intiltrazioue ed intensa vascolarizza- zione del parencliiiua di tutto il quadrante supero-interno della cornea. L'e- stremità superiore dell'ulcera mostra l'orlo sottomiuato, e quindi 1' ulcera ha tutti i caratteri dell'ulcera rodente progressiva. Cura — 13 maggio 18.9.9. — Disinfezione e cocainizzazione della congiuntiva. Iniezione sottocougiuutivale di anticeltina all'I: 1000 ('3 della siringa di Pravaz). Fasciatura.. Nessun dolore all'atto dell'iniezione, uè dopo. 14 maggio. — Nessuna infiammazione della congiuntiva; leggera cliemosi anulare attorno alla cornea. Il fondo dell'ulcera presentasi deterso, di colo- rito grigio-oscuro. L' infiltrazione e la vascolarizzazione della cornea sono molto diminuite in intensità. I dolori sono scomparsi. L' infermo, avendo risentito graude giovamento dalla 1" iniezione, chiede egli stesso che gliene venga fatta una seconda. Si pratica, infatti, una 2''' iniezione (','3 della siringa di Pravaz). 1.5 maggio. — Continua un miglioramento spiccatissimo. 16 maggio. — I margini e il fondo dell' ulcera cominciano a ricoprirsi di epitelio ; l'infiltrazione e la vascolarizzazione della cornea sono quasi scom- parse. Non si crede necessario di ripetere le iniezioni. 17-18-19 maggio. — Continua la riparazione dellaperdita di sostanza corneale. 20 maggio. — L'infermo abbandona la clinica perfettamente guarito, rima- nendo solo sulla cornea una zona marginale leggermente opaca. \ Le iniezioni ,sott»congiunUvali di aiiticeltìna ecc. 15 VI. Osservazione (Clinica oftalmica). — S. A. d'anni 'li, da Catania, si presenta airainl)ulatorio della clinica oftalniii-i il "ioruG 18 marzo 1809. Tre mesi prima era stato contagiato di silìlide, che aveva curato con otto iniezioni ipodermiche di sublimato. Da dieci giorni gli si era ammalato l'occliio sinistro. Esame obbiettivo (18 marzo 1899). — O. S. Sull'iride tumida, verdastra, si scorgono tre uoduletti grigio-rossastri, della grandezza di chicchi di miglio, impiantati all'orlo pupillare iu corrispondenza del quadrante infero-esterno. La pupilla è ristretta e reagisce molto indistintamente alla luce ; dopo r istillazioiie d' atropina essa si dilata, senza lasciare scorgere delle siuechie posteriori. L' umor acqueo è torbido. All' esame oftalmoscopico il vitreo mostrasi anch'esso intorbidato nella parte anteriore. Esiste iniezione intensa pericheratica, fotofobia, dolori che dall' occhio s'irradiano alla fronte ed alla mascella superiore. Visus = Ve colle scale di De-Wecker. Diagnosi — Indite condilomatosa. Cura. — Furono in quest' infermo praticate sei iniezioni sottocongiuuti- vali d'anticeltina all' 1 : 1000 ('/, di siringa di Pravaz per volta) coll'intervallo in media di tre giorni tra un'iniezione e l'altra; e l'infermo il 27 aprile era perfettamente guarito, senza alcuna sinechia residuale posteriore. Visus = Va- I dolori cessarono dopo la seconda iniezione. L' infermo non si lagnò mai di alcun dolore provocato dalla iniezione ; egli accusava soltanto, per un'ora circa dopo l'iniezione, un leggero bruciore della congiuntiva. VII. Osservazione ( Spedale Garibaldi ). — M. G. d' anni 35 , da Ca- tania. Sei mesi prima era stata contagiata di sifilide ed era stata curata colle iniezioni ipodermiche di sublimato. Fu ricoverata all'ospedale perchè affetta da reumatismo acuto. Durante la sua degenza uell' ospedale le si ammalò 1' occhio sinistro. Esame obbiettivo (10 luglio 1899) — Quando si presentò alla mia osservazione notavasi : O. S. Iride tumida, di colorito verde-bruno. Pupilla fortemente ristretta, immobile. All' illuminazione laterale osservavasi il campo pupillare occupato da es- sudato grigiastro fibrinoso, il quale si spandeva pure uell' acqueo, sotto forma di corpuscoli filamentosi, rendendolo torbido. La congiuntiva era intensa- 16 Botf. P. Morgano [^Memoria X.] mente iniettata. ; esistevano forti dolori nel bulbo irradiantisi al sopracciglio ed alla metà sinistra della testa ; lagriinazione e fotofobia intensissima. Dopo l' istillazioue d' atropina, la. pupilla si dilatò, lasciando vedere nu- merose sinecliie posteriori. Diagnosi — Iridite sifiUtioa plastiea. Cura — 10 luglio 1899 — Iniezione sottocongiuntivale d' anticeltina all' 1 : 1000 ( '/■2 siringa di Pravaz ). Nessun dolore all' atto dell' iniezione ; mezz' ora dopo risveglio di dolori acutissimi del bulbo che durarono quasi due ore di seguito. 12 ìuglio — L' iride è meno tumida e meno fosca ; l'essudato pu]nllare, meno denso, sembra diminuito di quantità ; l'umore acqueo è meno torV)ido. I dolori sono cessati, e si risvegliano soltanto alla iiressione, o sotto la influenza della luce molto viva. La pupilla è dilatata. In seguito si praticarono altre tre iniezioni ( '/, della siringa di Pravaz per volta ) coli' intervallo di tre giorni in media tra 1' una e 1' altra, e mai pili provocarono alcun dolore. L' inferma guarì perfettamente dopo 22 giorni, ricuperando il suo potere visivo. Le sinecliie posteriori, clie si erano formate in principio, si distac- carono, lasciando soltanto sulla capsula del cristallino le solite piccole mac- cMoline brunastre disposte circolarmente. Vili. Osservazione (Clinica oftalmica). Guarnotta Giuseppe, d' anni IS, da Campobello (Licata.) Diagnosi — (21 giugno 1S9S) — O. D. Cherato-i^wpion grave in seguito a trauma sidln cornea' per proieziove d' una scheggia di pietra. Esame obbiettivo — L' ulcera occupa i Vr, della cornea, la quale mo- stra i suoi elementi disgregati e in istato di sfacelo. La cornea anteriore è quasi tutta occupata da ipopion denso. Cuba — Quest' infermo era già stato curato dallo stesso Direttore della Clinica, Prof. Francaviglia, con quattro iniezioni sottocongiuutivali di subli- mato, e con ripetute clieratocentesi, nui senza utile risultato. Fu allora che il Prof. Francaviglia lo fece entrare in Clinica per tentare le iniezioni di anticeltina, specialmente che 1' infermo non tollerava piti le iniezioni di subblimato. Furono in quest' infermo praticate ti-e iniezioni sottocongiuntivali d' an- ticeltina, ma anch' esse non diedero alcun risultato favorevole. L' ammalato, chiamato in famiglia, dopo quindici giorni abbandonò la clinica ; ma il processo suppurativo della cornea continuava tuttavia. In questo caso giovarono a nulla tanto le iniezioni sottocougiuntivali Le iniezioni sottoconf/iuntivali di avticeUiiia ecc. 1 7 di snI>]iniato che quelle di anticeltiiia, e dirò in seguito quali credo che siano le ragioni di questo risultato negativo ; ma l' infermo, che non aveva più potuto tollerare le iniezioni di sublimato, so])portò benissimo quelle di anticeltina, senza lamentarsi di dolori di sorta, uè durante, né dopo le inie- zioni e senza che le medesime avessero dato luogo ad intiammazioue, anche lieve, della congiuntiva. IX. Osservazione (Clinica ottalmica)— Triboti Gaetano, di Giusejjpe, di anni 11, da Linguaglossa. Ragazzo con abito scrofoloso. Le glandole cervicali, sottomascellari ed in- guinali presentansi ingorgate. La madre che accom])agna il ragazzo, è affetta da alopecia, e presenta sulla faccia delle cicatrici cutanee abbastanza estese ed il setto nasale com- pletamente distrutto. Dall' anamnesi non può ricavarsi altro che la stessa fu atfetta aniii addietro da un processo ulcerativo alla faccia, e che fu cu- rata con ioduro di potassio internamente , e eoa applicazione locale di po- mate. Esame obbiettivo (17 dicemln-e 1898). O. D. La cornea presentasi intensamente opaca con superfìcie irregola- re, come ])unzecchiata. Osservandola a luce obliqua, e cou lente d'ingrandi- mento, (|uesta opacità della cornea appare costituita da numerose macchie confinenti grigiastre, sparse in tutti gli strati fino alla membrana di De- scemet. L'iride, ricacciata in avanti ed appannata, presenta sulla sua superficie anteriore nuuierosi depositi grigio giallicci. La pupilla è ristretta e torpida; la congiuntiva intensamente iniettata; la tensione endoculare normale. Il ragazzo non accusa forti dolori, ma soffre orribilmente a guardare la luce. y i s ta q u ai 1 1 i tati va. O. S. Offre lo stesso quadro dell'O. D., ma si aggiunge uno sviluppo considerevole di vasi neoformati nel pareneliima corneale. DiAGìvosi — Cheratite parenchimatosn con indite plastica, da causa scrofo- losa e prohabiì mente anche sifilitica. CiTRA — Eiferendomi al tipo scrofoloso del ragazzo, dietro il parere del Direttore della Clinica, praticai dapprima una cura antiscrofolosa, e quindi : cura generale ricostituente, iniezioni ipodermiche iodio-iodurate alla Durante, e locabnente pomata di Pagenstecker, fomenti e bagnoli caldi, istillazioni di atropina. Ma 25 giorni di questa cura non diedero alcun risultato favorevole. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4^ — Meni. X. 3 18 Dott. P. MorycDw [Memoria X.] Allora, dubitaudo che la malattia fosse dovuta più aireleinento sifilitico che allo scrofoloso, pensamino di aggiungere alla cura sudetta le iniezioni sottocougiiintivali di sublimato. Ma la prima iniezione di sublimato, prati- catagli nell' occhio destro , riuscì così dolorosa al povero ragazzo che uou credemmo d' insistervi oltre. Pensammo allora di tentare le iniezioni sottocongiuntivali d'anticeltiua. Il giorno 16 gennaio fu praticata la prima iniezione all'O. S. ('/s 'li si- ringa di Pravaz), che fu sopportata benissimo dal piccolo infermo. 11 giorno appresso fu praticata un'altra iniezione all'O. D. ('/a di siringa). Nou segnerò qui le osservazioni d'ogni giorno per non andare troppo per le lunghe. Dirò subito che furono in seguito praticate altre 1 iniezioni alternate per ciascun occhio, coH'intervallo di sei giorni tra un'iniezione e l'altra. L'infermo incominciò a migliorare fin dalla prima iniezione, e dopo la terza poteva già contare le dita a due metri circa di distanza. Dopo 40 giorni le cornee s' erano riscliiarate nella massima parte della loro supertìcie, rimanendo solo un poco opacate verso il centro. L'iride, ritor- nata normale in tutti e due gli occhi , reagiva perfettamente alla luce. Il ragazzo poteva contare le dita a 4 metri circa di distanza. Prescrittagli la cura opportuna generale e quella locale per rischiarare le cornee, il ragazzo fu licenziato dalla cliTiica. Ho saputo in seguito che il suo potere visivo è andato sempre miglio- rando. X. Osservazione (Clinica oftalmica). Velia ^hirtino, fu G-iuseppe, di anni r>2, da Spaccaforno. L' infermo da molto tempo era afletto da tracoma all' occhio destro; da dieci giorni gii si era ammalata la cornea, ed abbassata la vista fino quasi alla cecità. Diagnosi (7 maggio 1899) — Cheratite inirencMmatosa diffusa con infil- trato purulento torjndo e rammollimento delle lamelle corneali. Cura - L' infermo ha già subite tre iniezioni sottocongiuntivali di su- blimato e due di cloruro di sodio senza alcun vantaggio. wSi ]n'aticarono due iniezioni sottocongiuntivali d'anticeltiua all' 1: 1000 C/z siringa per volta) coH'intervallo di tre giorni fra una e l'altra. L'infermo non risentì alcun dolore per le iniezioni, ma esse non diedero alcun miglioramento del processo. L' infermo il giorno 19 maggio abbandonò la clinica, chiamato in fami- glia da aflàri urgenti. La cornea presentavasi rammollita, e nel centro sem- brava già in principio di fusione purulenta. Le imeziont sottocongiuntivali di anticeltina ecc. 19 Ho voluto descrivere minutamente lo esame obbiettivo, la diagnosi e 1' andamento della cura delle precedenti dieci osser- vazioni, perchè mi pare che alcune di esse offrano uno speciale interesse per la forma della malattia , altre per i fenomeni che seguirono alle iniezioni, ed altre, infine, perchè danno agio di paragonai-e nello stesso individuo gii effetti l'isentiti dalle inie- zioni di sublimato e da quelle di anticeltina. Lo rimanenti osservazioni ho raccolto, invece, in quadri si- nottici per maggior comodo del lettore, e per non prolungare di gran lunga il mio lavoi'o. ce O ® 4J o ii a O o 5 5 ci bf T» =! O a 43 - — © C a il 2 ■r ::" o • - D s 2 _•;; M (» a ' ? " § s s o — g o d -bC" Il « a .: O c5 Oj ^ — •c a 3 _ ►i: "^ "S S 'E O o 5 p4 Ti \ o — =0 , ^ «^ D o ■ I ^ ci -^ h - •= ^° §■ .-e e y ' .= s a 42 45 S I OD * r. — « Ti ^ Tj m T TI E 'a è i; ^1§ p ° ' ^ ,2 ^ f_, _ o .~ o o o f-i p. X o 'x '"' N -s .. =3 ilr bt 1- 3 o S 5^ co O o S ^ I g - -3 12; IM -iS r3 bO -* I •■3 'Il o o w . .2 = ? 'a a " a a '/:' cs ci a ;-. .+J o in tì o i '" § :g 1^ •- c« a. c5 • — K -- :^ .y ci 2Ì r^ ce -^ i Ci -è ■" 2 -s " W .= -a r- *: ci rH 4^ '» k o a ■2 «3 00 X X -2 00 co a 33 (M 5 co > o 23 aQ Ili IMI =3.2 o & ■^^ -E * ^ '"' tì O c3 E= S f-* ■ r-=. © 5 o © s ^ S^ffi *"* tì _ o So 2 s § c^^ & II y •? ? 42 •2 =:'3'C = o ^ li 'H c3 - tH te : . '^ 'a = ^ o X il a "§ - ■-- rt ;^ = ■1) '6 o 3 ìj: '5 o s tH c3 II P in Wj +3 ce I « 2 55 o m a © rt C3 o -a '~~' 'S o i^ !-> xf 1; ^ O __, s ■o o ^ 5 ri 1 © b4 . >— 1 © Ti -M (-1 o O o te— o .2 a ^ -yj 'o © o tì t> NI .a 5^ o o o (H p^ w o ri a 1—1 ìh "^ © © 4 5 O =a ii rt -M fcf-a o o ~^ -1 o — ti ri o o i^ ^ Ti ^ -^ © ^ a r* © - ■ — ■■tì '5j .2 11 " o © © (-1 .2 ;; ot t- .^ T) _3 .2 O £ 3 rS o ^ II ri ^ ^ t- te: © - cr.' s ac 1^ a: O O rH = .2 _: tì t» N g ^ a "^ .. .« ? a'" 'aspo O K a K — .2 O h- ( Q s OD Ti H ^ a ^ S Sa inoizBAiosso anep OAISSQlSojd -^ '>1 S ri SO u a .= -s a 'ti e a 5 a .2 <» a . « d a o " PH C3 o ^ 2^ +3 a s 2 PU F-i -H 1 . I o =5 S ^ o S S .£ ^i o 5^ © © -5 ^ -s r" ^ .r^ X " '^ ^ .= .2 -C3 e; ^ ^ ri ?;::©© M ^ 9 M .2 p,.£; H © a , C S "^ '& J t^ rt a s o o " ^ a a t- ^ -w a -, =3 cs . 3 3 a « § à "2 ;:...' a ^ a e .2 P. <» Eh *,S ® O ^ "^ "j — >■ •s ò a 2 ►^ .a o & c^ al a o a "5 d '^ "> S >; u — '^ .■+^ .a >n cs 3 .„ .2 a a a ^ ^ SI --3 o 9 e a a 43 .a a ^ ^S o g S •a = " °3 5 — tH ^ a; aj a © -^ bJj ;^ r- .- •- -a 5 -e >'^ S a o I-. ago fe.a P o ro O _ a 4i ■1? -2 § ^ o o ^ b. o ^ = g =3 2 i a = - Ss ^ f- -5 bt o ^ © ■a . s 5 = ° •5 '3 -s 3 =3 ^ . •'rì®s5 P©S a CJ 4J t. !*H .il 0) "Snr^ XJ S „ .3 .2 = a ,2 S » -e aa=3sS3gS§-S <; 5 -i: ^ .2 S ;^ .a -s P. S o^^-b. ■s: ._ ri -ta ri ri i; ■- ^ _ O - ri d ce o _, d ri «^ o 3 a 2 § ° ? ^ i.S 1 , " j; t, .a o §2 o ri '3^ bC o o - -, e r5 .t: -^^ _!_ 1 _1_ ^ o-i C C di * 'C s o fl ^ s o i-, 3 gennaio, forma, sente rata, abbaini 'od o +3 o c3 ^ > 1^ o ^.3 « .3 .2 è « J -^ ^^ 4A ^G' "x i et ce s = O t; bt - . +^ -, o :-i e = o tr ? tS - -^ hr -w ir . ■r' :2 - tf K = -Z .— — n z -SS tì c3 ® OC ;: OD ? O G ► S :3'-^ .Zf^ C3 = = j; ^ . O = O C O -J^ Ì£ J^ o^'-tl-r-^ fl E^^ i J 1 _i_ ^ ce rt « £- - ~ .e o r c 5 ^ zt. > L o * - §f'= 1 ZL s c3 ti: = -7. =trr X = ~" 2 " et ■^ M 3 ■— .£ ^ .5 ^ ^ = o o o z -t^ - - r— . 5 È d S b ■- .M - a il , '= = ;= '3 —1 o cn sC h © P- U u « U- o 3 ^ jS -^ ~ — ■e S 5o ce g 3 t- ^ a? -z ':i: e "Sh ■= s &- ^ e o in iS ;= o = _ x ri S =^ «J 'x ^ 'T-! ■"? 0 ^ '— « c- ;a u 0 e 0 0 e « -^S r; iC - _ 1 , 1 I 1 'lì z li «.2 ce "^ - 0 E. 0 o rr r- .2 0 0 C 6 > 0 -^ 1 ^ C X ■fi = ce 11 il X j, ta dal vento, cnsa pericornoale orbitali e ciliai 0 i "5 '5 K . 2 3 ^ ^ '^ 0 „,: ^ 2 i .1 •§ 1 ■S t^ — a SI 0 6 i-t X 5 ^ e «1 2 11 'x X 'e 0 1 > 2 2 h — ^ C tì " cS et' s 0 d ^ ■r. ^ ^ X X Le iniezioni Hottocoiujiunticali di anticeltina ecc. 2 3 Riepilogo dei casi elliiiei esposti I casi clinici descritti si possono riassumere nel modo se- guente : 1, Dieci casi di cherato-ipopion, due casi di ascesso corneale con irite plastica, un caso d'ulcera rodente della cornea, un caso di cheratite ulcerosa perforata , uno di cheratite ■parenchimatosa doppia con irite plastica , tre d' irite plastica sifilitica , e tre di irite condilomatosa, i quali guarirono tutti colle iniezioni sotto- congiuntivali ff anticeltina ; 2. Un caso di cherato-ipopion gravissimo (Oss. Vili) ed un caso di cheratite parenchimatosa, con infiltrato purulento torpido (Oss. XVIII), nei qucdi le stesse iniezioni si dimostrarono ineffi- caci. È da notare però che in questi due ultimi casi le iniezioni sottocongiuntivali di sublimato e di cloruro di sodio, precedente- mente usate , non avevano dato esse pure alcun risultato favo- revole. Ed io credo che la ragione di questi insuccessi che alle volte si hanno, tanto colle iniezioni di sublimato, quanto con quelle d'anticeltina, sia legata a condizioni fisiologiche e pato- logiche speciali inerenti a certi organismi , e al potere , più o meno elevato che essi hanno, di reagire alle divei'se tossine ela- borate dai differenti microrganismi. Questi due casi però servono a dimostrare , con maggiore evidenza , che il dolore provocato dalle iniezioni sottocongiuntivali d'anticeltina è minimo, o nullo, in confronto a quello prodotto dalle iniezioni di sublimato , le quali ultime, specialmente nell' Oss. Vili , erano riuscite così dolorose da doverne smettere 1' uso. Lo stesso dicasi per l'Oss. IX, in cui una prima iniezione sottocongiuntivale di sublimato, praticata nell' occhio destro del piccolo paziente, riusci talmente dolorosa che , a stento , in se- guito potei persuaderlo a tentare la prova di una iniezione di anticeltina, la quale invece fu sopportata così bene da potere Dùtt. r. Morgnno [ISlEJioniA X.| appresso ripeterne altre quattro per ciascun occhio senza alcuna riluttanza da parte dell' infermo. Questo stesso caso , d' altra parte, mi sembra abbia grande importanza pel fatto che, tanto la cura generale antiscrofolosa, come quella locale della cheratite parenchimatosa, fatta coi me- todi ordinari, non diedero il benché minimo risultato favorevole, mentre si notò un miglioramento evidentissimo del processo mor- boso fin dalla prima iniezione sottocongiuntivale d' anticeltina. Questa osservazione, secondo il mio parere, starebbe a dimostrare la natura sifilitica della malattia nel nostro caso, e la specificità del rimedio contro l'infezione sifilitica, specificità dimostrata an- cora più evidente dalla guarigione rapida e completa di tutti gli altri sei casi di irite sifilitica confermata, e nei quali le inie- zioni sottocongiuntivali d' anticeltina non furono suffragate da alcim'altra cura generale specifica. Nei casi di cherato-ipopion, accompagìiati o no da irite , le iniezioni sottocongiuntivali d' anticeltina spiegarono la stessa a- zione benefica di quelle di sublimato, arrestando il processo in- fettivo, facendo diminuire l'infiltrazione e l'ipopion, migliorando r aspetto dell' ulcera e i-endendone subito il fondo deterso. Ma sulle iniezioni di sublimato le iniezioni d'anticeltina dimostrarono il vantaggio di essere pochissimo o niente affatto dolorose, e di non provocare mai infiammazione della congiuntiva, né determi- nai'e alcuna aderenza della congiuntiva medesima colla sclera. In due soli casi (Oss. VII e XIX) si ebbero dopo l'iniezione dolori orbitali e ciliari; ma la loro durata fu al massimo di due ore, ed io ci'edo che gl'infermi abbiano a torto addebitato alla iniezione i dolori ch'erano riferibili all' irite concomitante, tanto è vero che l'inferma dell'Oss. VII non si lamentò più di alcun dolore nelle altre tre iniezioni susseguenti. È notevole ancora che la guarigione fu in tutte le osservazioni rapida, essendo avvenuta sempre in un periodo variabile dagli 8 ai 15 giorni nei casi di discreta gravità, e dai 15 ai 30 nei casi gravissimi. Le iniezioni sottocongiuntivali di anficeltinn ecc. 25 E mi è sembrato, infine, se non mi sono lasciato suggestio- nare dal risultato delle mie esperienze, che il leucoma, il quale residua al posto della perdita di sostanza corneale, ha quasi sem- pre margini netti e ristretti ed è più trasparente di quello che si ottiene cogli altri mezzi di cura. Dalle esperienze fatte sui conigli, e dalle osservazioni clini- che che ho riferite, io credo pertanto di potere trarre le seguenti : CONCLUSIONI 1. Le iniezioni sottocongiantivaU di anticeltina, nei processi infettivi della cornea e dell'iride, spiegano la stessa azione bene- fica delle iniezioni di sublimato, ma hanno su queste il vantaggio di riuscire jxjchissimo o niente a/fatto dolorose, di non provocare alcuna inlìammazione , e di non determinare alcuna aderenza tra la congiuntiva e la sclera. 2. La loro azione terapeutica è rapida : poiché esse abbreviano il decorso del processo infettivo, il quale quasi sempre viene mo- dificato in meglio, e spessissimo viene arrestato, od estinto, dalla prima iniezione soltanto. 3. Le iniezioni sottocongiuntivali di anticeltina spiegano un' a- zione specifica contro le triti sifilitiche, mitigando subito i feno- meni irritativi che le accompagnano, provocando il i-apido rias- sorbimento dei loro prodotti infiammatorii (essudati plastici, pro- duzioni condilomatose o gommose) e migliorando, fin dalla pri- ma iniezione, il potere visivo. 4. Ze soluzioni da preferire sono quelle all' 1 : 1000 ed, al 0.75 : 1000 , di cui s' inietta ^'3 di siringa di Pravaz per volta. ; ma nei casi non molto gravi, riesce pure utilissima la soluzione aW 1:2000, di cui può iniettarsi fino a ^l^ siringa di Pravaz. 5. È prudente usare sempre ima soluzione preparata di re- cente. 20 Tfott. r. 3lor(i(mo [Memoria X.] È utile ancora iniettare il liquido alla temperatura di 37-38°, spingendolo lentamente sotto la congiuntiva , ed immediatamente dopo V iniezione fare delle compresse tiepide sull'occhio per circa mezz' ora. Tale pratica serve a rendere quasi del tutto indolore le iniezioni, ed agevola V assorbimento del liquido iniettato. N. B. Oliiudendo il mio lavoro sento il dovere di ringraziare 1' esimio D.r Bellocci, assistente all' Istituto di Fisiologia, il quale mi fu di grande aiuto nelle mie ricerclie sperimentali. l'ittnniu. dicembre JS9f>. DOTT. P. MOEGANO Memoria XI. Istituto Anatomico della UniTersità di Catania Sopra la particolare disposizione della parete dorsale ^lla cavità faringea in embrioni di coniglio e di pecora ( Con una tavola ) Ricerche del Prof. R. STADERINl Da molto tempo per parte degli embriologi è stato ogget- to di studio accurato il modo di comportarsi della parete dor- sale della faringe. Per non fermarmi che alle osservazioni di maggiore importanza ricordo che sotto il nome di borsa farin- gea venne descritta nell' uomo, prima da Mayer (12) nel 1840, e poi da Luschka (11) nel 1868 una insenatura dell'epitelio fa- ringeo, alla quale tuttora si conserva il nome di borsa faringea o anche di borsa del Luschka. Questa particolare formazione che può presentarsi sotto forme alquanto diverse è stata in seguito assai studiata e vivamente discussa, sia per i suoi caratteri mor- fologici che per la sua genesi. Cosi mentre per alcuni essa me- rita la considerazione di un organo particolare, per altri non è che una. semplice depressione della mucosa, corrispondente a uno dei solchi della tonsilla faringea. Secondo altri poi essa o non esiste affatto o esistendo le si deve attribuire il significato di una produzione patologica. Riguardo alla sua origine ritiene Luschka che la borsa sia da considerarsi come la porzione ventrale, extracranica del pri- mo abbozzo ipofisario o tasca di Rathke. Per Froriep (5) la sua formazione sarebbe invece dovuta ad una parziale aderenza tra Atti Acc. Vol. XIII, Sbrib 4^ — Mem. X£. 1 B. Staderini [Memoria XI.] epitelio faringeo e tessuto della corda dorsale. Per Killian (9) infi- ne, che ha fatto suU' argomento estesissime ricerche la borsa si forma in maniera affatto indipendente dagli organi vicini ed ha caratteri proprii in tutte le fasi del suo sviluppo. Un' altra introflessione dell' epitelio faringeo è situata im- mediatamente al di dietro della invaginazione ipofisaria e que- sta viene comunemente chiamata tasca di Seessel dal nome del- l' osservatore che per il primo 1' ha descritta in embrioni di pol- lo (18). Tale formazione, la cui presenza è stata poi confermata in un gran numero di vertebrati , ha assunto oggi una nuova importanza , dappoiché Kupffer (10) sostiene che la tasca di Seessel dei mammiferi ci rappresenta 1' abbozzo ipofisario ento- dermico dei vertebrati inferiori. Per ultimo dobbiamo ricordai-e che Selenka (17) sotto il nome di tasca palatina ha illustrato una nuova particolarità della volta faringea consistente in un tubo epiteliale foggiato a guisa di ghiandola , il quale sbocca nella cavità intestinale subito al di dietro della membrana faringea. Questa produzione dorsal- mente sta in unione diretta col tessuto della corda dorsale, per la qual cosa Selenka ritiene che la tasca palatina altro non sia che 1' estremo anteriore della corda dorsale tuttora in con- nessione con r epitelio intestinale. La tasca palatina nella sua forma più completa venne da Selenka osservata prima in embrioni di marsupiali (Didelphys virginiana) e successivamente in molti alti'i vertebrati. Da ciò egli prese argomento per affermare che con tutta certezza la tasca, sia pure in forma rudimentale, doveva esistere in tutti quanti i vertebrati e se una tale costatazione non era stata fatta da altri prima che da lui, ciò era unicamente da im- putarsi alla fugacissima esistenza della tasca palatina. Kann (7) con nuove ricerche estese ad embrioni di mammiferi ha confermate senza riserve le vedute di Selenka, ma altri ricer- catori le hanno invece confutate. Bonnet (13) Keibel (8) Prenant (14) Saint-Remy (16), (per Sopra la particolare disjyosizione della parete dorsale ecc. 3 non citare che quelli che prendono in particolare esame la tasca palatina di Selenica) hanno portato la loro attenzione sul modo col quale viene ad obliterarsi la primitiva connessione tra estre- mo anteriore della corda e parete faringea e tutti in massima hanno riconosciuto che la corda nella sua parte anteriore subi- sce un processo degenerativo, in seguito al quale possono pro- dursi delle foi-mazioni talora cave le quali prendono un aspetto paragonabile a quello della tasca palatina. Una vera e propria tasca, come organo particolare e costante nel senso indicato da Selenka, non è quindi da ammettersi se- condo questi osservatori. Pei' altri la tasca di Selenka e la tasca di Seessel non rappresenterebbero che una produzione unica sotto due diversi nomi. In questo senso si esprimono Hertwig (16) nel suo trattato di embriologia e Bawden (2) il quale col nome di sacco faringeo di Selenka descrive e illustra lo sviluppo della tasca di Seessel in embrioni di anatra. Basterà, credo , questa rapida rassegna per dare idea della peculiarità di disposizione offerta dalla parete dorsale dell' inte- stino cefalico e delle importanti questioni morfologiche che ad essa si collegano e che domandano nuove ricerche prima di es- sere risolute. È appunto in base ad una siffatta considerazione che io descriverò ora il modo di presentarsi della regione in em- brioni di coniglio e di pecora. * * * Embrioni di coniglio — Sezioni sagittali. Già in un embrione della lunghezza totale di 9 mm. (fìg. 1^) si incomincia a notare che la lamina epiteliale, che forma il tetto della cavità faringea è alquanto ispessita in quella parte che corrisponde alla tasca di Seessel (fig. l,s.) L'ispessimento è reso ben visibile da alcune particolari salienze che si sollevano dal margine aderente dello epitelio. Una di queste coi'risponde alla curva che fa la corda poco prima del suo termine anteriore. B. Staderini r:\rE5iOKiA XI.] In un embrione di poco più incjltrato nello sviluppo , della lunghezza cioè di 12 mm. (fig. 2) 1' ispessimento or ora accen- nato si fa più manifesto e comprende non solo la regione della tasca di Seessel, ma anche il tratto d' epitelio che a questa suc- cede immediatamente indietro , ed è qui anzi che si mostrano due forti salienze dirette col loro apice acuminato verso il tes- suto pericordale (lìg. 2. a. b.) In avariti e indietro di queste paiti ispessite la membrana epiteliale torna a farsi più sottile ed uni- forme. Le cose si accentuano in una fase ulteriore dello sviluppo. In un embrione di 15 mm. dalla pai-te ispessita dell'epi- telio si vede muovere anteriorameute un prolungamento che si addentra nel tessuto pericordale ed è diretto verso 1' estremo li- bero della corda dorsale (fig. 3, a). A questo primo fa seguito indietro un altro prolungamento meno sviluppato in altezza, poi la lamina epiteliale dopo un cammino nn poco tortuoso grado a grado si assottiglia. Con un reperto così singolare in un embrione di un periodo relativamente inoltrato, ho voluto assicurarmi che non si trat- tasse di una disposizione variata, ma ho dovuto convincermi del contrario perchè in un altro embrione della stessa età e della lunghezza di mm. 15 ho trovato ripetute le stesse cose, salvo qualche leggerissima variante. La lamina epiteliale anche qui (fig. 4) mandava in avanti il solito prolungamento a, il quale meglio distinto nel suo contorno si dirigeva pure verso 1' estre- mità della corda. Indietro esisteva il secondo prolungamento b un poco meno sviluppato , e in vicinanza del peduncolo della ipofisi una nuova e piccola salienza epiteliale di forma conica. Riguardo al reciproco rapporto tra. estremo cordale ed apice del prolungamento a si può dire solamente che le due produzioni si avvicinano molto tra loro, ma non si può affermare stante il fitto addensamento degli elementi circostanti che arrivino a toc- carsi. In un embrione della lunghezza di 16 mm. le cose si pre- sentano nel modo indicato dalla fig. 5. La lamina epiteliale è più Sopra la particolare disposizione della parete dorsale ecc. ispessita che nello stadio precedente e con la sua parte anteriore forma una pronunziata invaginazione a guisa di tasca aperta verso la cavità della faringe (fig. 5, a.) Di contro a questa invagina- zione la cox'da è fortemente incurvata e il tessuto mesenchimale è notevolmente ispessito, come se l'apice della tasca a fòsse col- legato da una specie di legamento connettivale col tessuto peri- cordale soprastante (fig. 5, a.) Lo stesso dicasi del secondo pro- lungamento b, situato un poco più indietro. Per ultimo in un embrione di 19 mm. ho veduto ripetersi fondamentalmente le stesse disposizioni. L' epitelio faringeo con la sua parte piìi ispessita forma qui pure una forte salienza (fig. 6, a) la quale è come collegata al soprastante tessuto pe- ricordale da una lamella connettivale che si dispone a guisa di un legamento. Tra il peduncolo ipofisario, già molto ridotto e obliquamente diretto indietro, e la sporgenza a esiste un grosso vaso sangui- gno disposto a guisa di un cerchio (fig. 6, v). In un secondo embrione di mm. 19 gli stessi fatti, soltanto differiva un poco per la fòi'ma la salienza a la quale era al- quanto più bassa e più slargata. Riepilogando dunque le osservazioni fatte ; 1' epitelio farin- geo in quella l'egione che corrisponde alla primitiva tasca di Seessel e al tratto che a questa fa seguito indieti'O si ispessisce costantemente in una lamina che va via via ingrossando col progi'edire dello sviluppo e dalla quale partono dei prolungamenti che appariscono come collegati da bandellette connettivali col tessuto pericordale. Di questi pi'olungamenti ve n' è uno che prende uno sviluppo maggiore e rimane sotto forma di una grossa eminenza in embrioni di uno stadio abbastanza inoltrato (mm. 19). Sezioni trasversali. — Dopo aver ottenuto costantemente un tale risultato in sezioni longitudinali , a maggiore intelligenza dei fatti, ho voluto ricercare come la lamina epiteliale si pre- senti quando la testa dell' embrione invece che nella direzione sagittale sia sezionata in senso trasversale. i?. Staderiìii [Memoria XI.] In sezioni trasverse di nn embrione di 20 mm. a livello del peduncolo ipofisario (fig. 7, p) la volta della faringe è pia- neggiante ma, un poco più indietro, scomparso il peduncolo, l' e- pitelio si ispessisce (fig. 8 e) e s' incurva formando una doccia (fig. 8, a), la quale si converte ben presto in una specie di tasca che comunica liberamente colla faringe (fig. 9 a) , e poi in un forte prolungamento pressoché conico in coi-rispondenza del quale il tessuto connettivo prende il solito aspetto ligamentoso. A questo punto (fig. 10, a) è ben visibile anche la sezione della corda doi'sa.le. Al di sopra della sporgenza a si nota costan- temente la presenza di un vaso sanguigno tagliato trasvei'sal- inente v. Nelle sezioni più posteriori il prolungamento a si ab- bassa e finisce ben presto per scomparire del tutto. Embrioni eli pecora. — Per opportune ricerche di confronto mi sono valso di embrioni di pecora , ma questi essendo in nu- mero assai scarso non mi hanno permesso che una comparazione molto limitata. Un esemplare della lunghezza totale di 16 mm. sezionato longitudinalmente (fig. 11) offre questa caratteristica. Nella regione corrispondente a quella descritta nel coniglio, cioè nella parte anteriore della volta faringea , 1' epitelio sulla linea mediana si ispessisce e si introflette in una ben distinta tasca che si apre liberamente nella faringe (fig. 11, a). Questa intro- flessione è diretta obliquainente in alto e in avanti verso l'estre- mo anteriore lobulato della corda dorsale ed il suo apice è al so- lito come collegato col tessuto pericordale da un addensamento quasi legameiitoso di tessuto connettivo. La cavità della tasca non ha margini netti e regolari ed è in parte occupata da elementi cellulari che sembrano distaccati dalle contigue pareti. Un altro embrione della stessa età e della lunghezza di mm. 16, nel quale il peduncolo della ipofisi (fig. 12 p) termina in cor- rispondenza di un turbercolo abbastanza sviluppato, spoi'gente nella faringe, offre a considerare un aspetto fondamentalmente eguale. Qui però il prolungamento epiteliale a non ha la forma Sopra la particolare disposizione della parete dorsale ecc. di una tasca , ma piuttosto quella di uua clava, di cui solo la parte più dorsale rigonfiata mostra una piccolissima cavità. La parte libera di questo prolungamento è molto vicina alla parte anteriore della corda, però i limiti di separazione tra i due organi sono ben netti. In un embrione della lunghezza di mm. 22, (fig. 13) si nota subito il maggiore ispessimento dell' epitelio nella regione, di più oltre al solito prolungamento a ben sviluppato e qui completa- mente solido si hanno un poco più indietro due eminenze di mi- nor rilievo b, e. È da notarsi il solito addensamento connettivale di contro a queste sporgenze epiteliali. Dalle sezioni trasversali di un embrione di mm. 15 (fig. 14) si rileva che la membrana epiteliale costituente la volta della faringe, mentre è assai sottile a livello del peduncolo ipofisario si ispessisce in dietro e si solleva poi in una sporgenza triango- lare a, il cui aspice è diretto verso la corda. In accordo dunque col reperto ottenuto nel coniglio abbia- mo nella pecora verificato il fatto che al di dietro della ipofisi il rivestimento epiteliale si ispessisce in una lamina che va fa- cendosi più robusta col progredire dello sviluppo e manda co- stantemente dei prolungamenti. Ora quale interpetrazione si deve dare ai fatti osservati ? È da ricercare prima di tutto se essi siano spiegabili con le cogni- zioni embriologiche attuali. La borsa faringea del Luschka , la tasca di Seessel e la tasca di Selenka possono guidarci alla ri- soluzione del quesito ? Certamente non possono le particolarità descritte mettersi in rapporto diretto con la tasca di Seessel o quanto meno con una sua trasformazione , perchè noi abbiamo già detto che le su ri- ferite particolarità riguardano non solo la parte della volta fa- E. Htmìerini [Memoria XI.] ringea che corrisponde alla tasca di Seessel, ma anche il tratto susseguente. Nemmeno a giudicare delle apparenze potrebbe alcuno dei prolungamenti epiteliali da noi incontrati dirsi il rappresentante della borsa faringea del Luschka per la ragione che questa, se- condo che la disegna ad es. Froriep nell'uomo, occupa la por- zione posteriore della volta faringea ed è inoltre costituita da una ben distinta insenatura che le ha valso appunto il nome di borsa. Si può aggiungere che Killian il quale ha fatto lo studio più completo sulla morfologia e sullo sviluppo della borsa farin- gea esclude in modo assoluto che essa esista nel coniglio, pure avendo fatte in questo mammifero delle ricerche embriologiche. Ma della borsa faringea e delle sue omologie diremo meglio in se- guito. Rimane ora da vedere se sia la tasca palatina di Selenka quella che possa far luce sulla questione. Se una tal produzione come abbiamo detto è da considerarsi come 1' estremo anteriore della corda dorsale , tuttora connesso con le pareti intestinali e destinato a cadere in degenerazione, non potrebbe allora interpe- trarsi in questo stesso senso quel prolungamento più anteriore a che da una parte è appunto connesso con la faringe e dall'altra è rivolto verso la corda dorsale? No certamente per ciò che si riferisce al coniglio, nel quale seguendo passo a passo lo svilup- po del prolungamento a si viene facilmente alla persuasione che esso prende origine secondariamente come gli altri prolungamenti più posteriori da una proliferazione dell'epitelio faringeo e non da una trasformazione dell' estremo cordale. Ciò è confortato dal fatto che nessuno dei tanti autori che hanno studiato in em- brioni di coniglio il rapporto tra corda e faringe ha descritte le cose nel modo da noi indicato. Tale considerazione però non do- vrebbe valere a tutto rigore per la parte relativa agli embrioni di pecora, riguardo ai quali Saint-Remy ha notato che la por- zione della corda dorsale connessa colla faringe, prima di scom- parire, è rappresentata in un dato stadio dello sviluppo da un Sopra 1(1 2)articolare disposizione della parete dorsale ecc. grosso bottone epiteliale che dorsalmente non ha più alcun rap- porto diretto con la corda , mentre ventralmente è in diretta continuazione con l'epitelio faringeo. Così stando le cose, anche il prolungamento a da noi incontrato nella pecora potrebbe es- sere interpetrato non già come una emanazione, come una pro- liferazione dell' epitelio intestinale, ma bensì come una porzione della corda a questo riunita. Ed in conseguenza nel prolunga- mento cavo a della figura dovrebbe riconoscersi una produzione paragonabile alla tasca palatina di Selenica. Oi' bene io non credo ciò ammissibile. La tasca palatina secondo lo stesso Selenka è di difficile os- servazione per la sua brevissima durata ed esiste solo in uno stadio dello sviluppo assai più precoce di quelli da noi esami- nati. Kann che 1' ha studiata pure nella pecora la disegna in maniera assai diversa dalla nostra e anche Bonnet e Prenant riproducono da embrioni di pecora delle figure che non sono ras- somiglianti alle nostre. La tasca palatina per opinione generale ci rappresenta un organo in degenerazione e come tale, pur am- messo per eccezione che esso s' incontrasse in uno stadio come quello relativo alla fig. 11, dovrebbe essere del tutto scompar- so in una fase ulteriore o per lo meno presentare fenomeni più accentuati del processo degenerativo. Tutto ciò non si ve- rifica nei nostri esemplari di pecora e poiché questi nel loro in- sieme riproducono le condizioni riscontrate nel coniglio, noi cre- diamo che nel caso nostro e forse anche in quello di Saint-Remy si abbia sempre che fare con una proliferazione epiteliale farin- gea piuttosto che con una derivazione della corda. Il reperto nostro sarebbe dunque piuttosto in accordo con quello di Kupffer il quale nella pecora ha descritta una gemma epiteliale che pro- viene dall' epitelio intestinale in corrispondenza della tasca di Seessel. Su questo proposito però, mancando a noi stadii em- brionali precoci come quelli osservati da Kupffer, non inten- diamo pronunziare giudizi, ma unicamente accennare ai fatti. E se per le considerazioni ora esposte non riescono intelli- Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4* — Mem. XC. 2 10 R. Staderini [Memoria XI.] gibili le particolari disposizioni, del coniglio e della pecora, do- vremo noi rinunziare alla loro interpetrazione ? Recentemente Prenant in embrioni di rettili ha potuto os- servare che la parete dorsale della faringe in corrispondenza della regione branchiale si ispessisco in una lamina epiteliale che pre- senta dorsalmente delle sporgenze più o meno pronunziate , le quali hanno la particolarità ben accentuata in alcuni esemplari di essere collegate al soprastante tessuto pericordale da una spe- cie di legamento connetti vale. La lamina non esiste negli stadi embrionali pii^i giovani, ma si fa manifesta solo più tardivamen- te. Da questo brevissimo snnto delle ricerche di Prenant appa- risce chiaro che nei rettili egli ha trovato delle disposizioni so- miglianti a quelle da noi più sopra descritte nei mammiferi. Che una tale somiglianza realmente esista, più che da una dettagliata descrizione risulterà facilmente dal confronto delle figure. Se con la nostra figura 10 si confrontano ad es. la fig. 5 di Prenant e le sezioni 71 e 98 della figura 2 non si potrà certo negare una grande somiglianza tra il prolungamento faringeo a del co- niglio e il bottone faringeo ipocordale di Angnis fragilis e di Laccrta virklis. Lo stesso si dica se facciamo il paragone tra il prolunga- mento faringeo a della pecora disegnato nella nostra figura 16 e il bottone ipocordale di un'altro embrione di Angiiis riprodotto da Prenant nella figura 7. Meno perfetta, ma pur sempre chiara risulta la somiglianza, se si pongono a confronto sezioni longitudinali, dalle quali però emerge pure che la lamina faringea dei rettili ha una posizione più postei-iore di quella da noi descritta nei mammiferi. Se ora dunque le condizioni anatomiche degli uni e degli altri, tra loro confrontate si presentano nel loro complesso in- dubbiamente analoghe, dovrebbe apparir logico che una tale ana- logia si ammettesse per ciò che riguarda il significato morfolo- gico dei fatti osservati. Per Pi-enant la lamina faringea dei rettili è da considerar- Sopra la particolare disposizione della jìnrete dorsale ecc. 11 si come un organo se non strettamente omologo , almeno com- parabile alla ipocorda degli Ittiopsidi , a quel cordone cellulare cioè che è una derivazione della parete doi-sale dell' intestino e che in questi vertebrati occupa una posizione intermedia tra intestino e corda. Secondo un tale concetto la lamina faringea dei rettili corrisponderebbe alla parete intestinale, più all'abboz- zo, al ra.ppresentante per così dire del cordone ipocordale che qui però non si differenzierebbe in un organo particolare. E quei prolungamenti che si dipartono dalla lamina faringea sarebbero il ricordo della disposizione segmentarla osservata da Stohr (19) e da Franz (4) nella ipocorda degli anfibi e dei pesci. A nostra volta appoggiandoci sopra una tal veduta potremmo ammettere che nell'ispessimento della volta faringea e nei suoi prolungamenti fosse da riconoscersi una condizione anatomica particolare, ricor- dante la ipocorda degli Ittiopsidi e precisamente la porzione più antei'iore o cefalica. Io pei'ò malgrado le analogie più sopra esaminate non cre- do di poter concordare in una simile interpretazione. A me sembra in primo luogo molto difficile che un organo qual' è la ipocorda, che anche là dove è ben sviluppato (anfibi e pesci) apparisce solo in stadii precoci dello sviluppo ed ha una esistenza transitoria, debba poi in forma più rudimentale (rettili e mammiferi) ricomparii'e solo in stadii relativamente inoltrati e mantenersi poi per un periodo abbastanza lungo. Oltre di che mi sembra poco probabile che la ipocorda iu uno stato rudi- mentale possa esser rappresentata da un ispessimento epiteliale assai notevole, come è quello dei rettili e proporzionatamente dei mammiferi. Marshall (13) e Balfour (1), fra tutti gli amnioti solo nel pollo, hanno trovato un ispessimento dell'ipoblasto che è forse da interpetrarsi come il rudimento del cordone ipocordale degli Ittiopsidi, ma questo in un embrione di pollo di 30 ore non è rappresentato in sezione ti-asversa che da un gruppetto di po- chissime cellule. Circa la disposizione segmentarla che sarebbe riprodotta nei rettili dai prolungamenti dorsali più o meno svi- R. Staderini [Memoria XI.] lappati della lamina faringea non vedo chiaramente come possa in questi prolungamenti trovarsi traccia della disposizione me- tamerica del cordone ipocordale, la quale negli Ittiopsidi invece che da prolungamenti dorsali vien dimostrata da ponti cellulari ventrali che collegano la ipocorda col sottostante intestino (Fi'anz, Stohr). Per la quale cosa io penso che per altra via si debba ten- tare una spiegazione dei fatti. È stato osservato che tra corda dorsale e intestino , anche in periodi inoltrati dello sviluppo possono stabilirsi in punti cir- coscritti dei rapporti più o meno immediati. A questo proposito sono molto interessanti le osservazioni di Froriep il quale in embrioni umani, varianti in lunghezza tra i cm. 1, 75 e i cm. 6, ha veriiicato che la corda doi-sale in quella parte che corrispon- de alla volta faringea si rigonfia qua e là in particolari ac- cumuli cellulari i quali sporgono ventralmente e si avvicinano all' epitelio faringeo. Proprio in corrispondenza di una di que- ste lobulazioni cordali ha notato Froriep che l'epitelio faringeo ispessito circa del doppio veniva ad introflettersi e a formare una ben sviluppata borsa faringea. La punta di questa intro- flessione arrivava fino all' accumulo cordale e pareva anzi che V uno e r altra si trovassero in molto stretto rapporto , tanto- ché in certi punti si aveva 1' impi-essione che le cellule dell'epi- telio faringeo e quelle della corda fossero ad immediato contatto. Ora come interpetra Froriep un tal fatto paragonabile (a parte la situazione più posteriore) a ciò che noi abbiamo descritto spe- cialmente nella pecora ? La porzione cefalica della corda, così egli si esprime, pare che almeno talvolta eserciti un' azione sullo sviluppo , la quale invece di esplicarsi sul cranio si esplica sulla mucosa faringea. « Con la osservazione, egli aggiunge, si arriva alla convinzione che r addossamento reciproco dei due tessuti cordale e faringeo non debba rimanere senza alcun effetto. È perciò verosimile che nei casi in cui l' accumulo cordale si spinge fino all' epitelio del- Sopi-a la particolare disposizione della parete dorsale ecc. 13 la faringe si stabilisca tra l'uno e l'altro un rapporto tale, che essi rimangano aderenti in un successivo allontanamento della parete della faringe dalla base del cranio e si abbia così la for- mazione di quella introflessione epiteliale, imbutiforme che è la borsa faringea » . Siccome noi nella pecora e nel coniglio abbiamo appunto incontrato una porzione ispessita della volta faringea dalla quale si sollevano dei prolungamenti che si mettono in rapporto di vicinanza con la corda o con le sue lobulazioni o sono uniti da connettivo al tessuto pericordale, ci seaibra che si possa anche al caso nostro applicare la interpetrazione di Froriep e ricono- scere una tendenza reciproca che hanno la corda e la faringe a mettersi in certi punti in contatto tra loro. Una tale tendenza già viene accennata in periodi abba- stanza precoci dello sviluppo , perchè noi abbiamo visto che in un embrione di coniglio di 9 mm. là dove la corda con le sue ondulazioni più si avvicina al tessuto faringeo , ivi esistono degli ispessimenti connettivali che in certo modo tengono uniti tra loro i due organi (fig. !■■'). Tali condizioni almeno in parte sono destinate a mantenersi e quando i due organi per l'ulterio- re accrescimento delle parti vengono ad allontanarsi 1' uno dal- l'altro noi ritroviamo gli stessi ispessimenti connettivali, di con- tro ai quali pe}- di più si sono sviluppati dei prolungamenti epi- teliali, mentre tutta quanta la parete faringea nella regione si è fortemente ispessita. Qui è dunque avvenuta un' attiva proliferazione cellulare per mezzo della quale la volta faringea aumentando in altezza tende per così dij-e a colmare lo spazio maggiore che oi-a inter- cede tra essa e la corda e a mantenere per conseguenza i pri- mitivi rapporti. E per una tale interpetrazione mi sembra che deponga l'e- same della figura 4 di Prenant, rappresentante la sezione lon- gitudinale della testa di un embrione di aaguis fragilis di 24 mm. In essa si osserva che in avanti 1' epitelio faringeo e il 14 -/?. Staderini [Memoria XI.] tessuto pcricorclale sono intimamente uniti, mentre indietro le due parti si vanno facendo via via più distanti l'una dall'altra. Or bene in un tal caso apparisce evidente questo fatto, che, mentre in avanti 1' epitelio faringeo finché sta a contatto del tessuto pericordale costituisce una parete assai sottile, si ingros- sa indietro quanto più si allontana dal tessuto stesso e forma quella lamina ispessita da cui partono i prolungamenti. Qui dun- que in un solo esepaplare avremmo per così dire ricapitolate le condizioni da noi verificate in stadii eaibrionali diversi dei mam- miferi. Nel coniglio infatti la parete faringea della regione è sot- tile finché rimane a breve distanza dalla corda (embrione di mm. 9) ma ingrossa e manda prolungamenti gi-ado a grado che se ne allontana (embr. di mm. 12-15). Ammesso che tali fatti siano da interpretrarsi secondo le vedute sopra enunciate di Froriep noi veniamo implicitamente a riconoscere che i prolungamenti epiteliali del coniglio e della pecora sono per la loro genesi perfettamente paragonabili alla borsa faringea di Luschka, intesa anche questa secondo il con- cetto di Froriep. Nello stesso modo che nell' uomo si forma nella parte po- steriore del tetto faringeo la borsa di Luschka, così nel coniglio e nella pecora si sviluppano formazioni della stessa natura, va- rianti solo per la sede e per le diverse modalità con le quali si presentano. A questo proposito non é inutile aggiungere che anche la boi'sa faringea dell'uomo deve indubbiamente offrire caratteri grandemente vai-iabili dal momento che essa, come ab- biamo avvertito in principio, é stata intesa tanto diversamente da essere perfino negata da alcuni autori. BIBLIOGRAFIA 1. Balfour. — Traité d' Embryologie et d' Organogenie Goiuparées — ra- ri» 1885, T. 2, pa(j. 693. 2. 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Il oontoriio dello tijinrc <> stato di.sejiuato col prisma di NacliL-t. Embrioni di coniglio. fig. 1. — Embrione della lunghezza totale di in. ni. 9. Sezione longitudi- nale — i ii>otì.si, s tasca di Sees.sel, e corda dorsale, e parete epitelia- le della faringe — Xachet Oc. 1, Oh. 4. fig. 2. — Embrione di m.m. 12 — »Sez. long. — a, b ispessimenti della volta faringea — le altre indicazioni come sopra — Nachet Oc. 1, Oh. 4. fig. 3. — Embrione di m.m. 15 — Sez. long. — 2> peduncolo della ipofisi — le altre indicazioni come soi)ra — Nachet Oc. 1., Oh. 4. fig. 4. — Embrione di m.m. 15 — Sez. long. — indicazioni come sopra — Nachet Oc. 1, Oh. 4. fig. 5. — Embrione di m.m. 10 — Sez. long. — indicazioni come sopra — Nachet Oc. 1, Oh. 4. fig. 6. — Endirione di m.m. 1!) — Sez. long. — ^ v vaso sanguigno, le altre indicazioni come sopra — Nachet Oc. 2, Oh. 1. fig. 7. — Embrione di m.m. 20 — Sezione frontale a livello del peduncolo ipofisario p. — s cartilagine sfenoidale, e volta della faringe — Nachet Oc. 2, Oh. 1. fig. 8. ■ — Lo stesso embrione della f\g. 7 in una sezione più jiosteriore — a doccia della volta faringea e. — v vaso sanguigno, s cartilagine sfe- noidale. Nachet Oc. 2, Oh. 1. fig. 9. Lo stesso embrione a un livello più posteriore — Indicazioni come sopra. Nachet Oc. 2, Oh. 1. fig. 10. — Lo stesso embrione in una sezione più posteriore — La doccia della fig. precedente si ]iresenta come un prolungaiiiento conico «. — /cavità della faringe. Nella parte centrale delhi cartilagine sfenoidale s si vede la sezione trasversa della corda dorsale. Nachet Oc. 2, Oh. 1. Embrioni di pecora. fig. 11. — Embrione di m.m. 10 — Sezione longitudinale — i ipofisi, e cor- da dorsale di cui la porzione più anteriore si mostra lobulata, a in- troflessione della parete faringea — Nachet Oc. 3, Oh. 1. fig. 12. — l^ndnione di m.m. 10 — Sez. long. — /> peduncolo ipofisario, e corda dorsale con estremità anteriore lobulata, « i)rolungamento della volta faringea — Nachet Oc. 3, Oh. 1. fig. 13. — l^mbrioue di m.m. 22 — Sez. long. — e corda dorsale, i ipofisi, (Y, h, (1 prolungamenti della volta faringea — Nachet Oc. 2, Oh. 1. fig. 14. — End)rione di min. 15. — Sezione frontale — « prolungamento della volta faringea f. — e corda dorsale, r vaso sanguigno. — Nachet Oc. 1, Oh. 1. i^/\. '/ ' y?/- ■^. ^Sei \ -»-'•■ . m. \ :•<& ♦.. 'W7 Mn;*-""' ■*2S3 lleiiiorisi XII, Istituto Anatomico della Università di Catania. Intorno alle cavità premandibolari del G0N6YLUS OCELLATUS e al loro rapporto con la tasca ipofisaria di Rathke. ( con una tavola ) f Nota del prof. R. STADERINI Fino dallo scorso anno, approfittando della mia permanenza in Sicilia, ho incominciato a raccogliere embrioni di Gongylus ocelìatus allo scopo di procurarmi una collezione il più possibil- mente completa dei vari stadi dello sviluppo di questo rettile. La raccolta che può farsi soltanto nell'ultimo periodo della pri- mavera è ancoi-a sull' inizio ; tuttavia il materiale già messo in- sieme mi ha permesso di intraprendere delle ricerche, i cui primi risultati , a mio giudizio non ti-ascurabili, formano oggetto della nota presente. Com' è ben noto, nei rettili in genere durante la vita em- brionale sono bene sviluppate quelle cavità della testa, le quali vanno oggi più comunemente sotto il nome di cavità cefaliche premandibolari. Scoperte da Balfour (1) in embrioni di sciaci sono state studiate in seguito da molti osservatori in vai'ie specie animali ed interpetrate in maniera diversa, tanto che anche dopo le interessanti ricerche di v. Kupffer (8) può dirsi tuttora con- ti'overso, se nelle cavità premandibolari debbano riconoscersi dei somiti raesodermici che presiedono alla formazione di una parte dei muscoli dell'occhio, o piuttosto delle tasche viscerali preorali destinate ad obliterarsi completamente. Attratto dalla importanza dell' argomento e non risultan- domi che altri finora avesse fatte simili ricerche in embrioni di Atti Acc. Vol. XIII, Sbeib 4^ — Mem. XII. 1 Prof. B. Staclerini [Memoria XII.J Gongylus , ho voluto indagare , se questo )-ettile presentasse in proposito qualche particolarità degna di nota. Il materiale embriologico da me raccolto è stato fissato in condizioni della più assoluta freschezza col liquido di Mingazzini (soluzione acquosa satura di sublimato p. 2, alcool assoluto p. 1, acido acetico glaciale p. 1). Le inclusioni sono state fatte sem- pre in pai-atlina , le colorazioni in toto con carminio boracico e alluminoso e le sezioni in serie col microtomo Jung. Le cavità premandibolaii del Gongylus sono, si può dire, al loro massimo sviluppo in embrioni della lunghezza totale (dal vertice alla curva caudale) di 8-4 millimetri. È perciò da uno di questi che incomincio la descrizione. Le fìgui-e 2-8, riportate nella tavola, rappresentano sezioni frontali della testa di un embrione di B mm. Le cavità preman- dibolari, scorrendo la serie dall' avanti all' indietro , s' incomin- ciano a vedere come due vescicolette epiteliali , rotondeggianti situate tra 1' occhio e la parete ventrale del cervello anteriore. Ben presto esse aumentano in estensione e assumono la forma di una pera con 1' asse maggiore diretto trasversalmente, con la parte rigonfiata all' esterno e l' apice verso la linea di mezzo (fig. 2, a). Dopo tre sezioni le cavità si sono ancor più ingran- dite e col loro apice , che è in istretto rapporto con la parete encefalica, si sono molto avvicinate 1' una all' altra (fig. 3, «). Nella sezione successiva dall' apice della cavità destra si diparte un cordone cellulare che tende ad unirsi con la parte vicina dell' altra cavità (fig. 4) , ed immediatamente dopo (fig. 5) si trova infatti un ponte cellulare solido che congiunge tra loro le due vescicole. E questo il pezzo d' unione o cordone intermedio descritto dagli autori e rappresentato in alcuni animali da un canale di comunicazione tra le due cavità premandibolari. Da questo punto le cose cambiano alquanto: addossato alla Intorno alle carità premandibolari del Gongylus ocellatus ecc. pai'ete ventrale del cervello compare nella sezione susseguente un piccolo accumulo epiteliale (fìg. G, h) , il quale altro non è se non la parte alta della invaginazione ipofisaria. Il pezzo di unione, come si vede bene, passa al disotto e non prende alcu- na connessione coli' abbozzo della ipofisi. In una sezione più posteriore (fig. 7), del pezzo d'unione non resta che un piccolissimo avanzo ventralmente alla tasca ipofi- saria. È colle parti laterali (1) di questa che si mettono in stilet- to rapporto di vicinanza le pareti delle cavità premandibolari col loro margine mediale (fig. 7). Non vi è continuità tra gli elementi dei diversi organi, i cui limiti rispettivi con un attento esame si possono pur sempre distinguere ; però nel preparato lo addossamento recipro(;o apparisce anche più intimo di quello che non siasi potuto rappresentare nella fig. 7 con un debole ingrandimento. In ultimo (fig. 8) le cavità cefaliche rapidamen- te rimpiccolendo si allontanano dalla linea mediana e dopo due sezioni scompaiono affatto. Da questo reperto si doveva dunque inferire che mentre il pezzo d'unione rimane sempre ben distinto dalla tasca ipofisaria, le pareti delle cavità premandibolari sono ad un certo punto strettamente avvicinate alla tasca ipofisaria. Per poter meglio giudicare di un tale rapporto che fino dal primo esame richiamò la mia attenzione stimai opportuno studiare, in embrioni di un periodo dello sviluppo press' a poco eguale, delle sezioni longitudinali. Le fig. 12-18 mostrano appunto uno di tali embrioni della lunghezza totale di 3 millimetri , in cui le sezioni della testa sono state eseguite in direzione longitudinale. In questo esem- plare, di cui nella tavola sono riprodotte solo le sezioni che più interessano per il nostro studio, la cavità premandibolare appa- risce molto superficialmente, e fino dai primi tagli, sotto la for- (1) Non possiamo noi dividore 1' abbozzo ipotisario iu uu loljo mediano e ihw laterali , «ome ha fatto Gaupp (5) per i Sauri, percliè uel nostro esemplare di Gongylus una tale par- ticolarità non si rivela alla osservazione. Prof. E. Staderini [Memoria XII.] ma solita di una vescicoletta epiteliale, rotondeggiante, posta al di dietro dell'occhio. Accompagnata verso la linea mediana, es- sa viene a trovarsi (fig. 12, a), come addossata alla parete ence- falica e a breve distanza dalla parte più anteriore della cavità intestinale i. Poco dopo (fig. 13) nella parte ventrale della volta faringea compare una sporgenza, l'angolo ipofisario, e fino da questo mo- mento si rileva che verso 1' angolo stesso si dirige la parte più bassa, alquanto appuntata della cavità premandibolare (fig. 13, a). La cosa apparisce ancor più evidente in una sezione pros- sima (fig. 14), in cui la cavità premandibolare, la quale è an- data grado a grado allungandosi, si può dire a contatto con lo abbozzo ipofisario h. Due sezioni dopo, la fusione tra i due organi è avvenuta ed anche a un forte ingrandimento (fig. 15, a, h) ci si può as- sicurare che la parete della cavità premandibolare è intimamen- te unita con 1' apice della tasca ipofisaria. Una tale fusione con la stessa evidenza si dimostra nelle due sezioni successive. A tale livello la cavità premandibolare termina e ad essa fa seguito verso la linea di mezzo, prima il residuo della parete me- diale della cavità (fig. 16, a) e poi il pezzo d'unione (fig. 17, 18 a'), il quale non prende con l'abbozzo ipofisario connessione alcuna, ma ne rimane anzi a una qualche distanza. Contemporaneamente la volta faringea al di dietro della in- vaginazione ipofisaria si solleva in una gemma (fig. 17, 18, s). Sulla linea mediana (fig. 18) di contro a questa gemma e quasi in contatto col suo apice si scorge una lamella epiteliale x. Che cosa stia a rappresentare questa lamella , che non si vede in più di una sezione, mi sembra un poco diffìcile a sta- bilirsi, ma dalla sua struttura , dalla sua direzione e dalla pre- senza nello stesso taglio della corda dorsale sorge spontanea la idea che si tratti dell' estremo anteriore cordale, che è in via di distaccarsi dalla parte corrispondente dell' intestino. Intorno alle cavità premandiòolari del Gongylus ocellatus ecc. 5 Oltrepassata la linea mediana gli stessi fatti ora descritti si ripetono nell' altro lato , dove la connessione intima tra cavità premandibolare e tasca di Rathke è chiaramente verificabile per due sezioni di seg'uito. A differenza dunque delle sezioni frontali quelle longitudi- nali dimostrano in modo chiarissimo che le cavità premandibo- lari con la loro porzione mediale e più posteriore sono nei due lati in intima connessione con le parti vicine , corrispondenti della tasca ipofisaria. Per assicurarmi che una siffatta connessione non fosse da riferirsi a una variata disposizione embi'ionale, o ad un artifizio qualsiasi di preparazione, ho sezionati longitudinalmente altri due embrioni della stessa età e in ambedue ho trovato la più chiara conferma del fatto descritto. In essi la fusione tra i due organi era in ciascun lato dimostrabile per tre sezioni di seguito. È in uno di questi ultimi esemplari che mi è occorso vede- re la particolarità indicata nella figura 1. La cavità premandi- bolare assai sviluppata è da principio unica , ma ben presto se- guendola dalla periferia verso il centro si vede suddividere in due cavità sovrapposte (fig. 1, a). Di queste la più bassa in vici- nanza della linea mediana contrae il solito rapporto con la ipo- fisi; quella saperiore sparisce alquanto prima. Nell'altro lato si notano fino a tre vescicole sovrapposte. Non so se si abbia che fare qui con uno di quei casi , os- servati da Corning (3) nella Lacerta muì-alis e da v. Davidoff (4) nel Gecko, in cui il peduncolo della cavità premandibolare mo- stra delle cavità secondarie. Se cosi fosse, bisognerebbe dire che esse nel nostro esemplare hanno raggiianto un insolito sviluppo; ma delle particolarità che presenta al riguardo questo embrione diremo altra volta. Facendoci ora a considerare i risultati di queste prime ri- cerche non spenderemo molte parole per metterne in evidenza Prof. B. Staderìni [Memoria XII.J la importanza. Ho già accennato in principio alla controversia, cui ha dato luogo lo studio morfologico delle cavità premandi- bolari. In questa semplice nota non intendo rifar la storia del- l' argomento, la quale del resto è completamente riassunta nei re- centissimi lavori di v. Davidoff (4) e di Corning (3). Mi limito solo a ricordare che se, giusta le vedute di v. Kupffer, oggi nuo- vamente confermate da v. Davidoff, si deve ritenere che le ca- vità premandibolari sono da interpetrarsi come tasche branchiali rudimentali, si dovrà l'iconoscere che il nostro reperto acquista molto valore per il fatto che nel Gongylus si può appunto , co- me nelle vere tasche viscerali, dimostrare la connessione tra en- toderma ed ectoderma. È infatti un diverticolo dell' intestino preorale (cavità pre- mandibolare) che in ciascun lato si unisce con una parte dello ectoderma (invaginazione ipofisaria). Nei rettili molti sono gli osservatori che per una ragione o per r altra hanno portata la loro attenzione sulla regione da noi studiata. Oltre a quelli citati rammenterò fra gli altri von Vijhe (12), Orr (10), Haller (6), Hoffmann (7) , Gaupp (5), Va- lenti (13). Or bene nessuno di questi ha descritte delle disposi- zioni identiche a quelle da me vedute nel Gongylus. A quello che io mi sappia, solo Ostroumoff (11) studiando lo sviluppo di un Saurio, ( Phrynocephalus helioscopus), ebbe ad osservare che la ipofisi, la quale secondo lui ha una origine en- todermica, è collegata a destra e a sinistra col primo somite ce- falico per mezzo di un piccolo coi'done cellulare. Non ho modo di determinare in qual relazione precisa possa mettersi un tal reperto col mio , non essendo riuscito a procurarmi la memoria originale di Ostroumoff pubblicata in lingua russa , ed avendo dovuto limitarmi per il momento a prender nota delle conclu- sioni riportate dall' A. stesso in: Zoolog. Anzeiger, Jahr. 11. Ricordo inoltre che nella Lacerici cujilis Corning (3), in un solo esemplare, ha verificato che il canale di unione tra le cavità premandibolari era unito per mezzo di un cordone cellulare con Interno alle cavità premandibolari del Gongylus ocellatus ecc. 7 r entoderma, il quale presentava a questo punto una insenatura, ma nessun rapporto ha egli osservato tra cavità premandibolari ed abbozzo della ipofisi. All' infuori dei rettili riesce interessante in confronto col no- sti'o reperto la disposizione descritta nella Torpedo ocellata da Chiarugi, il quale in due embrioni (uno di mm. 7, 5, l'altro di mm. 8) ha potuto notare una vera fusione tra canale di unione delle cavità premandibolari e il fondo della tasca ipofisaria. Una tale disposizione della Torpedo, come bene si rileva dalle figure, è paragonabile a quella del Gongylus, ma non identica, perchè mentre nel Gongylus, già V abbiam visto , è la parete della ca- vità premandibolare che si unisce alla tasca ipofisaria, nella Tor- pedo è invece il canale tra le due cavità quello che è intinja- mente connesso con la invaginazione ipofisai'ia. Inoltre il Chiarugi con delle ricostruzioni ha potuto stabilire che il canale premandi- bolare è collegato col fondo della tasca di Seessel per mezzo di un peduncolo che passa al di dietro della ipofisi. A noi nel Gon- gylus non è accaduto negli stadi presi in esame di vedere al- cunché di simile per ciò che si riferisce al pezzo d' unione tra le cavità premandibolari. Come si presentino le cose in embrioni più giovani non abbiamo ancora potuto accertare per mancanza di materiale. L' esemplare più giovane che io abbia fino a questo momento esaminato è quello riprodotto nelle figure 9-11, della lunghezza di appena 2 ^'g mm. I tagli frontali, per quanto il piano di se- zione sia caduto un poco obliquamente, lascian vedere che la ca- vità premandibolare (fig. 9, a lato sinistro) è in rapporto di con- tiguità con r angolo dorso-laterale dell' intestino. Qualche sezione più all' innanzi (fig. 10), sempre nello stesso lato, la parete della cavità apparisce come sovrapposta all' angolo corrispondente del- l'intestino, per guisa che nel preparato anche con forte ingran- dimento mal si distinguono i limiti tra le due parti. Intanto le cavità dei due lati si vedono ora fra loro riunite per mezzo di una striscia cellulare (pezzo d' unione) , che occupa l' intervallo tra Prof. R. Staderini [Memoria XII. intestino e parete encefalica. E anche meglio distinto si mostra questo cordone intermedio in una sezione più anteriore (fig. 11). Tali disposizioni io trovo paragonabili a quelle illustrate da V. Davidoff nel Gecko. Riguaixlo alla loro interpetrazione sareb- be prematuro per parte nostra il fare degli apprezzamenti. Ci riserbiamo un tal compito per le nuove ricerche che dovranno completare questa prima nota. BIBLIOGRAFIA 1. Balfouk j\r. F. — A monograpb on tbe development of Blasmobranch Fishes, London 1878. 2. Chiarugi Ct. — Di un org-aiio epiteliale situato al dinanzi della ipofisi e di altri punti relativi allo svihippo della regione ipotìsaria in em- brioni di Torpedo occlhiùt. — Monitore Zooloyico Italiano, Anno 9, N. 2, 1898. 3. CoBNiT^G H. 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La cavità premandibolare a si mo- stra suddivisa in due cavità secondarie — Xaclict Oc. 3, Oh. 1. fig. 2-8. — Sezioni frontali a])partenenti a un embrione di in.m. ?> — ^acliet Oc. 2, Oh. 0. fig. 9-11. — Sezioni frontali appartenenti a un embrione di m.m. 2 '/., — f lleinoria XIH. Sopra un apparecchio registratore delle scariche elettriche dell' atmosfera Memoria del Prof. E. B066I0-LERA Verso la metà di Luglio del 1897 , poco dopo che il Mar- coni aveva fatto a Roma i suoi esperimenti di telegrafìa senza fili, il Cav. Leonardo Ricciardi, Preside di questo Regio Istituto Tecnico, m' invitò a tenere su quell' argomento una conferenza. Io avevo già letto nei giornali di quei giorni qualche cenno sugli apparecchi usati dal Marconi, ed ero riuscito a comprendere in sostanza che egli aveva utilizzato le onde elettriche di Hertz e la proprietà delle limature metalliche di divenire conduttrici sotto V influenza di dette onde ; anzi nel mio Gabinetto di Fisica dapprima e poi nei corridoi dell' Istituto e fra aule attigue ero giunto in breve a realizzare gli esperimenti di telegrafia senza fili. Aderii quindi di buon grado all' invito del Preside, e tenni la Conferenza seguita da esperimenti di telegrafia senza fili fra il gran salone della scuola di Disegno ed un corridoio dell' Isti- tuto (*). Più tardi, quando i giornali scientifici dettero informazioni esatte sugli apparecchi Mai'coni, constatai che il mio dispositivo differiva da quello Marconi per questo principalmente : che men- tre io avevo fatto uso di due lastre metalliche di cm. 50X20 per guidare le onde elettriche alla limatura metallica, il Marconi aveva usato invece un filo eretto verticalmente in comunicazione (*) Couviuue a iiroposito clie in ijiiesta oceasiouo io l'ingrazii publilicamente il Preside Ricciardi per 1' aiuto che egli mi dotte sia nel fornirmi i mezzi di fare gli esperimenti , sia uell' eseguire questi nltimi, e ciò faccio con tntto il cuore. Atti Acc. Vol. XIII, Serib 4° — Mem. XIII. 1 Prof. E. Boggio-Lera [:\rEMOEiA XIII. ] con una estremità del coherer, ed aveva messo l'altra estremità di questo in comunicazione col suolo. Il mio apparato ricevitore era costituito da due lamine di zinco delle anzidette dimensioni, le quali erano in comunicazione per due estremità con le estremità del coherer e per le altre due con un relais Hipp, ed una pila Leclanchè, per modo che que- sta, il relais, una lamina, il coherer e quindi l'altra lamina tòr- mavano un sol circuito in serie. Le onde elettriche prodotte da un oscillatore Hertz, largamente raccolte dalle lamine metalliche erano guidate al coherer, e lo rendevano conduttore; permette- vasi con ciò il passaggio d' una coi-rente nel predetto circuito , ed il relais chiudeva allora un altro circuito formato da una bat- teria di sei elementi Leclanchè, una macchina Morse ed una so- neria elettrica il cui martellino veniva utilizzato a far discoerire la limatura facendolo batter sul tubo del cohei-er. Sebbene io non avessi tatto il vuoto nel mio coherer , era questo tanto sensibile che perfino le piccole scintilline che si pi'O- ducevano nell' apparecchio di soneria lo impressionavano e ren- deano debolmente conduttore; ciò mi aveva obbligato sulle pri- me a diminuire la sensibilità del relais fino a che esso non po- tesse funzionare altro che quando venivano generate le onde elettriche potenti dell' oscillatore ; in seguito però avevo trovato la convenienza di sopprimere le scintilline perturbatrici dell'ap- parecchio di soneria, collegando la vite e 1' ancora di questo ap- parecchio alle estremità del filo di una bobina d' autoinduzione; così avevo potuto lasciare al relais tutta la sensibilità di cui e)'a suscettibile. E con tale disposizione il mio apparecchio senza avere il merito dell' originalità , fu tosto in grado di permettermi di eseguire dei pubblici esperimenti consimili a quelli fatti dal Mar- coni al Palazzo del Ministero della Guerra. La mancanza dei mezzi mi impedì poi sempre di tare delle esperienze a grandi distanze. Ma neir Ottobre del 1898, mi venne in mente di esperimen- tare se le scariche elettriche dell' atmosfera fossero accompagnate So2)ra mi apparecchw registratore (ielle scariche elettriche ecc. da oscillazioni elettriche capaci di agire sugli apparecchi di te- legrafia senza fili. Ciò mi jiareva interessante di sajaere (*) , in- quantochè i temporali, avrebbero in ta,l caso, potuto disturbare i segnali telegrafici, qualora venissero trasmessi mediante gli ap- parecchi Marconi, fi-a due navi, o fra le navi e la terra, in caso di burrasca e di temporale. E non potendo fare l' esperimento all' Istituto per la mancanza del luogo di osservazione chiesi ed ottenni dal nuovo Pj-eside, Cav. M. Coppola, il permesso di tra- sportare r apparecchio da me costruito, a casa mia, ove dispongo di un terrazzo perfettamente adatto allo scopo. Trasportato quivi r apparecchio, attesi 1' occasione di metterlo alla prova. Intanto seguendo il sistema del Marconi , avevo messo il coherer in comunicazione da un lato con un filo di rame isolato avvolto a grandi spire intorno ad una pertica dell' altezza di circa cinque metri , e dall' altra in comunicazione con la terra per mezzo d' un filo conduttore rilegato al tubo di ferro della conduttura d' acqua. Avevo piantato la pertica dentro un grosso vaso pieno di terra, e collocato il resto dell' apparecchio cioè pile, coherer, martellino elettrico, denti'o una cassa di legno per te- nere il tutto ben al riparo dal vento e dalla pioggia. I fili con- duttori per la comunicazione del coherer col filo aereo , e colla terra, penetravano nell' interno della cassa per opportuni fori pra- ticati nelle pareti della medesima. Per due mesi il mio apparecchio restò cosi sul terrazzo, ed in questo frattempo si presentarono numerose occasioni di veri- ficare le mie previsioni. Neil' Ottobre e nel Novembre del 1898 furono infatti assai frequenti i temporali; parecchi avvennero proprio su di Catania, e pai'ecchi altri scoppiarono in lontananza, ma si resero visibili per il frequente lampeggiare all' orizzonte , accompagnato qual- che volta dal rombar lontano del tuono. Ora , ad ogni scarica elettrica vicina o lontana, accompagnata dal tuono o pur no, qna- (*) Tauto dal puuto di vista teorico per decidere se le scariche elettriche atmosfericlie siano o no di indole oscillatoria, tauto dal punto di vista pratico della telegrafia senza fili Prof. E. Bofigio-Lera [Memoeia XIII.] lunque fosse lo stato del cielo, cioè fosse sereno o piovesse, istan- taneamente il martellino elettrico clava due o tre colpetti sul tubo di vetro del coherer. L' apparecchio segnalava dunque non soltanto le scariche fulminee fra il cielo e la terra , o fra le nubi per così dire lo- cali, ma segnalava altresì le scariche elettriche lontanissime, os- sia lampi senza tuono, e comunemente dette lampi di calore, ma effettivamente dovute a scariche elettriche di temporali , scop- pianti in luoghi lontani e generalmente al di sotto del nostro orizzonte. L'apparecchio dimostrava inoltre che le scariche elet- triche atmosferiche sono sempre di natura oscillatoria. Pensai subito che i lampi di calore che di giorno sfuggono alla nostra vista, dovevano pur essere segnalati dall'apparecchio; e quindi mi misi sull'attenti, e scorsi appunto che di pieno gior- no, a cielo sereno, quando appena qualche nube densa in qual- che punto lontano dell' oi-izzonte avrebbe potuto far sospettare delle scariche elettriche, 1' apparecchio segnalava delle oscillazioni elettriche. Quasi sempi-e tali sintomi erano seguiti a poche ore di distanza dalfannuvolarsi del cielo, e dallo scoppio d'un temporale. E fu il ripetei-si di tali osservazioni che m' indusse tosto a pensare che 1' apparecchio, convenientemente fornito di un regi- stratore avrebbe potuto riuscire utilissimo alla previsione del tem- po negli Osservatorii Meteorologici. Esposi quindi le mie idee al Direttore della Regia Scuola di Viticoltura ed Enologia, Scuola cui è annesso un Osservatorio Meteorologico di cui è a me afi&data la direzione. Il Prof. Se- gapeli Direttore della Scuola accolse con favore i miei progetti, ed accondiscese a fornirmi i mezzi per impiantare nell' Osserva- torio della Scuola un'apparecchio destinato alla registrazione delle scariche elettriche dell'atmosfera. Ed io gli rendo qui vivissimi rin- graziamenti tanto per i mezzi che egli mi ha fornito, quanto per gli utili suggerimenti ch'egli mi ha dato nell'esecuzione dell'impianto. Questo fu fatto nel mese di Luglio dello scorso anno ; l' ap- parecchio si compone di : iSo2)ra un apparecchio registratore delle scariche elettriche ecc. a) un ricevitore delle onde eletti'iche atmosferiche, formato da un grosso filo di rame coperto di treccia di cotone paraffinata, ed avvolto a lunghe spire attorno ad un palo robustissimo della lunehezza di sei metri, fissato solidamente al muro del terrazzino sovrastante la camera meteorologica dell' Osservatorio. Il filo , per un foro praticato nella volta di detta camera scende in questa fino al livello d' un tavolo , sul quale trovasi : h) uno scaricatore, e) un coherer , d) un relais Hipp , e) una pila Leclanchè , f) un martellino elettrico per far discoerire , g) r apparecchio registratore , il) tre elementi Radiguet per far funzionare il martellino elettrico ed il registratore. Il tutto è disposto pressapoco come è indicato dalla figura schematica seguente : Il filo F guida le oscilla- zioni elettriche nel coherer C e quindi alla terra in T\ lo sca- ricatore S preserva il coherer e gii altri apparecchi vicini dalle violenti scariche elettriche dei temporali. Quando il coherer diventa conduttore la corrente della pila P passa pel coherer e pel relais L , V ancora a di questo vien attratta e si stabi- lisce il contatto di a con le vite V ; ed allora la corrente della pila Q passa per v a' o I li I I "I " I nel martellino elettrico Me per Z F f a ritorno^alla pila mede- sima: infine nel momento che l'ancora r^del martellino vien at- Prof. E. Boggio-Lera [INIemoria XIII.] tratta, la coi'rente passa pel ricevitore R] ciò dispensa dal met- tere fra VaZmm resistenza auto-induttiva ad impedire le scin- tille che potrebbero destare delle onde elettriche pei'turbatrici, siacchè la bobina stessa dell'elettrocalamita dell'apparecchio regi- stratore 7? è atta a tale scopo. Questo apparecchio registratoi-e fu espressamente costruito dalla casa Richard di Parigi. Esso consta essenzialmente di un elettrocalamita la cui ancora porta una pennina scrivente, e di un cilindro contenente un mo- vimento d' orologeria ; sul cilindro è avvolto un foglio di carta (i cui lembi vengono sovrapposti e incollati) e delle rette equidi- stanti e parallele all' asse del cilindro segnano sul foglio le ore da 0 a 12. La pennina segna normalmente una linea / sul foiilio durante la rotazione del cilindro; ma quando per una scarica elettrica atmosferica entra in funzione l'apparecchio se- gnalatore e la corrente della pila Q passa nell'elettrocalamita dell' apparecchio registratore 1' ancora di quest' elettrocalamita è sollevata, e con essa la pennina sciivente la quale esegue così un trattolino t perpendicolare alla linea l , ossia parallelamente alle linee delle ore. Tosto però interrompendosi (per causa dell' urto del martel- lino M sul tubo del coherer), la corrente nell' elettrocalamita dell' apparecchio registratore 1' ancora dell' elettrocalamita, abban- donata , ridiscende e riporta la pennina sull' allineamento l ove rimane fino al sopraggiungere d'una nuova oscillazione elettri- ca e così via. Il movimento di orologeria che anima il cilindro è più ra- pido di quello degli ordinarli registratori Meteorologici del Ri- chard, giacché il cilindro compie due giri in 24 ore; la sua carica dura però una settimana, come per gli ordniarii registratori, onde il cilindro compie in una settimana 14 giri. Affinchè poi le indicazioni registrate sul loglio nel corso d'un giro del cilindro (cioè in 12 ore) non si sovrappongano e confondano con quelle dei giri successivi, la elettrocalamita, e ^opra un ajjparecehio registratore delle scariche elettriche eoe. 7 poi'tata da un equipaggio mobile verticalmente, munito d' una madrevite, dentro la quale mossa da una ruota dentata del ci- lindro, gira una vite. Ma non potendo insieme con la vite gira- re la madrevite, essendone questa impedita da due asticelle ver- ticali passanti attraverso due fori dell'equipaggio, ne deriva che quest'ultimo può soltanto spostarsi verticalmente, e parallelamente all'asse del cilindro; ed anzi che esso deve discendere d'una distanza uguale al passo delle vite nel corso di un giro completo della medesima. Così la linea continua / tracciata sul foglio di carta non è una circonferenza , ma bensì un elica, di due spire in 24 ore e quindi di 14 spire per settimana. Ma per quanto si è detto, si comprende come con la accen- nata disposizione, il registratore debba segnare sempre alla stes- sa maniera tanto le scariche dovute ai temporali locali quanto quelle dovute ai temporali lontani e ai lampi di calore. Di re- cente però, modificando alquanto il sistema sono riuscito ad ot- tenere che esso le registri diversamente in maniera che si pos- sano riconoscere le une dalle altre. In luogo di un solo relais, ne ho impiegato due, in serie con la pila ed il coherer ; ma mercè preliminare ed opportuna tensione delle molle antagoniste ho regolato i relais in maniera che r uno di essi funzioni soltanto quando la coi'rente che pas- sa nel circuito è quella che corrisponde ad una resistenza del coherer non superiore ai 10 ohm, e 1' altro in maniera che esso funzioni appena la resistenza del coherer diventa inferiore ai 1000 ohm. In luogo d' una sola pila per far agire il martellino elet- trico discoeritore e 1' apparato registi'atore ho impiegato due gruppi collegati fra loro e ai due relais in maniera tale che fun- zionando solamente il relais più sensibile passi nel circuito del martellino e del registratore la corrente del solo 1° gruppo , e funzionando invece entrambi i relais, passi nel circuito la cor- rente di ambedue i gruppi congiunti in serie. In fine ho prov- veduto l'ancora dell'elettrocalamita dell' apparecchio registratore Prof. U. Bofigio-Lera [Memoria XIII.] di una molla antagonista la quale può essere vinta completa- mente soltanto allorquando entrano in azione ambedue i gruppi elettromotori. Il risultato di questa disposizione è che funzionando il solo relais più sensibile, i trattolini descritti dalla pennina scrivente normalmente all' elica sono appena di i 2 millimetro , e che quando invece funzionano entrambi i relais , i trattolini sono lunghi circa ti-e volte tanto. La unita figura schematica spiega la disposizione usata. Il coherer e è in A in co- municazione col filo ricevi- tore delle onde elettriche ed in B colla terra; inoltre co- munica in ^ e C coi due re- lais e la pila P, talché questa i relais ed il coherer formano un circuito in serie. Il relais più sensibile è C D R ; l'ancora di esso è intatti attirata appena la resistenza del coherer diviene minore di 1000 ohm, (stando costante ed uguale a 1, 4 la forza elettrocalamita della pila P) , il relais meno sensibile è V altro E F R' : l'ancora di esso, grazie a preliminare e conveniente tensione della molla antao-onista. è attratta sol- tanto quando la resistenza in C diventa minore di 10 ohm. Nelle posizioni di riposo le ancore R ed R' sono rispettiva- mente in contatto con le viti Q e Q'. Se 1' ancoi'a del primo re- lais è la sola attratta, si stabilisce il contatto di R con la vite S, e la pila G manda pel cammino S R 0 Q' Z' 0' la corrente nel discoeritore M e nel momento che s' interrompe il contatto fra Z e V nel registratore 7?. Ma se 1' ancoi-a del secondo relais è attratta anch' essa, si interrompe il contatto fra Q' ed R\ giacché R' vien portata a contatto con S', ed allora è la cori'en- te dei due gruppi elettromotori G a G' congiunti in serie che per il cammino S' O' si porta al discoei"itore ed al registratore. Così quando le onde elettriche atmosferiche potenti, dei tem- Fioprii iiv (ippareccMo registratore delle scariche elettriche ecc. porali locali, rendono fortemente conduttore il coherer, il mar- tellino dà dei colpi molto più violenti sul tubo del coeritore, e la pennina scrivente dell' appaj-ecchio registratore descrive un trattolinjo di circa due millimetri normalmente all'elica ordinaria. Con una disposizione del tutto analoga a quella da me già attuata si potrebbe far segnare all' apparecchio registratore tre gradi diversi d' intensità di oscillazioni elettriche, impiegando tre relais nel cii-cuito del coherer, e tre gruppi eletti'omotori nel cii'cuito del discoeritore e del registratore ; e provvedendo l' an- cora dell' ettrocalamita del registratore di due molle antagoniste una debole e l' altra forte, di cui la prima incominciasse a con- trastare il moto dell' ancora appena la pennina avesse descritto un tratto brevissimo, (es. 1/2 mm.) e non potesse esser vinta quando neir elettrocalamita passasse soltanto la corrente del primo gruppo elettromotore, ma venisse vinta per la corrente del primo e secondo gruppo; la seconda cominciasse ad opporsi quando la pennina avesse descritto un tratto di 1 mm. e non potesse esser vinta che pei' la corrente dei tre gruppi elettromotori. La disposizione dovi-ebbe essere quella rappresentata dalla figura seguente : Il coherer e comu- nicherebbe in A col filo ricevitore delle 0- scillazioni elettriche ed in B colla terra ; inoltre comunichereb. be coi tre relais , L , L' L" e colla pila F in maniera da forma- re con essi un solo circuito. Le ancore dei relais nelle posizioni di riposo sarebbero in contatto con le viti Q, Q' , e Q" ; e i tre relais sarebbero regolati in modo che per una data forza elettromotrice della pila P il primo funzionasse quando la resistenza in e dive- nisse < 1000 ohm , il secondo funzionasse quando la resistenza IO l'roj: E. Jiojijjio-Lera [Memoria XIII.j medesima divenisse < 100 ohm, e la terza quando divenisse < 10 ohm. Allora funzionando soltanto il primo relais, la corrente del solo gruppo elettromotore G si reohei'ebbe al martellino M ed al registi'atore E seguendo il cammino SROQR'O'Q'R'O" ; funzio- nando il primo ed il secondo relais , cioè i relais L ed L' , an- drebbe al martellino ed al l'egistratore la corrente dei due grup- pi G Q G' congiunti in serie, pel cammino GG'S'O'Q'K'O" ; e finalmente funzionando anche il tei'zo 7'elais L" meno sensibile , sarebbe la coi'rente dei tre elettromotori G, G\ G" che pel cam- mino GG'G"S"0" si porterebbe al discoeritore ed al registratore. Così quest' ultimo potrebbe registrare delle oscillazioni elet- triche intense, medie, e debolissime , ciò che corrisponderebbe a scariche elettriche locali, lontane, e lontanissime. In attesa che mi sieno consentiti i mezzi di realizzare sif- fatta disposizione , il mio appai'ecchio registra adesso due gradi diversi di intensità di scariche elettiiche, le quali corrisponde- rebbero alle ordinarie indicazioni meteoriche di lampi con tuono e lampi senza tuono. Intanto nei pochi mesi dacché 1' apparecchio funzionò rego- larmente indicando ugualmente tutte le scariche atmosferiche , ho potuto osservare i seguenti fatti che mi paiono degni di es- sere rilevati : 1. Lo scoppio d' un temporale locale, e perfino la caduta della pioggia, sono sempre preannunziate da ripetute oscillazioni elettriche. 2. Tutte indistintamente le scariche elettriche atmosferiche sono sempre segnalate dall' apparecchio ; (il che porta a pensare che esse siano sempre di natura oscillatoria). Catania 20 Geniìaio 1900. jflemoria XIV, Funzioni che hanno per derivata logaritmica un integrale abeliano IHenioria del D.r PAOLINO FULCO Prof, alla Scuola Normale Femminile " Carlo Montanari „ di Verona. In questa memoria inizio lo studio, sopra una superficie di Riemann, delle funzioni che hanno per derivata logaritmica un integrale abeliano. Queste funzioni appartengono a quella cate- goria di funzioni r (2) che hanno la proprietà di venire molti- plicate per un esponenziale della forma e^^'^-^ allorché attraver- sano uno dei tagli a o b che rendano semplicemente connessa una superficie di Riemann. Nella prima parte di questa memoria, che ho divisa in quattro parti, mi occupo, dopo aver date al- quante definizioni , di stabilire alcuni teoremi generali riguar- danti le funzioni r (2) e dimostrare di poi che una categoria di tali funzioni r {z) ha certamente per derivata logaritmica un integrale abeliano. Tale categoria di funzioni comprende tre specie di funzioni, cioè le funzioni di prima specie, che son quelle che ammettono come derivata logaritmica un integrale di prima specie, e quelle di seconda e terza specie che hanno rispettivamente un integrale abeliano di seconda e terza specie per derivata logaritmica. Studio poi queste tre specie di funzioni rispettivamente nella seconda, terza e quarta parte della memoria riuscendo a deter- minarne le singolarità. Lo studio di queste funzioni discende da quello degli integrali abeliani , perciò molti teoremi mi limito ad accennarli soltanto potendosi la loro dimostrazione ricondurre a quella di teoremi sugli integrali abeliani. In altro mio lavoro Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4" — Mera. XIV. 1 Dott. Paolino Fulco [Memobia XIY.] spero di poter studiare a fondo la natura e le relazioni delle singolarità di queste funzioni. I. Teoremi fondamentali sulle funzioni F (z) 1. Supponiamo d' avere una superficie R di Riemann cor- rispondente all' equazione algebrica F {z, «) = 0 di genere p e sia i?„^6^<. la nostra supei-ficie resa semplicemente connessa dai tagli Chiameremo funzione r (z) quella funzione i di cui valori sopra gli orli di un taglio non differiscono che per un molti- plicatore dato da un esponenziale il cui esponente è un binomio di primo grado nella vai'iabile z, cioè per un moltiplicatore della forma e'^'^^. Sicché detti ^ e p i punti d'un taglio a^ situati l'uno in faccia all' altro sopra i due orli del taglio abbiamo r (k) z= e-^"'^ + ^"> r (p). 2. Consideriamo la figura seguente : Supponiamo che una certa funzione r (z) ammetta lungo il taglio «1 il moltiplicatore e^i^+^i e, s'è possibile, il moltiplica- Funzioni che hanno per derivata logaritmica un integrale abeliano e tore e^'i^ + ^'i sopra la porzione 6/ ed il moltiplicatore e-^i"^+^i' sopra la porzione b^' del taglio b^. Ciò supposto abbiamo : r (a) =. e'^i" +^i r 0) , r (p) = e^i- +^i r (Y) , r(P) = e«i"-'+^i" r(a), r(Y) = e-s>+-^i' r(S), da cui e quindi e^i^+^1 (e^i'^+^i' — e^i"^+^i") = 0 i5/ = i?/' ; H,' = fi/' . Perciò possiamo porre B: = B," = B, ; fi/ = E," = E, e concludere che lungo un taglio 6 le quantità B ed H riman- gono costanti. 3. Il moltiplicatore della funzione r (2) è uguale all' unità lungo ciascun taglio e. Infatti supponiamo che lungo il taglio c^ la funzione T (z) ammetta il molti^^licatore 6^2^ + -^2 ed avremo che nel punto d'in- crocio £, -q, 6 del taglio b^ con il taglio Cg le relazioni r (£) r= e^i'+^i r (rj) , r (s) = e^i^+^i r (0) , r (r,) = eC,e+X2 p (0) _ Da cui si ricava r(e) ~ ' r(e) ^ "' sicché quindi : Bott. PaoUno Fulco [Memoria XIV.] Perciò può dirsi che i tagli e si possono sopprimere giac- ché non esercitano nessuna influenza sulla considerata funzione. 4. Sia (I) (z) una delle funzioni a moltiplicatori considerate dall' Appell (*) tale che abbia il moltiplicatoi-e e^i lungo il taglio «i ed il moltiphcatore e^' lungo il taglio 6^. Allora posto : 7. (z) , (I) (z) abbiamo : luDgo rt, 7. (L) = e-^'' '/. (p) , » b, 1 (L) = e^'- 7 (p) . Cioè la funzione 7 (2) è una funzione (ihe ammette il mol- tiplicatore e^'^ lungo il taglio U; ed il moltiplicatore e^'~ lungo il taglio 6;. Dunque possiamo dire che il prodotto d' una fun- zione a moltiplicatore dell' Appell per una funzione 7 {z) è una funzione r (2). Le quantità Ai e Bf le dirò caratteristiche dei moltiplicatori della funzione 7 [z], e precisamente le Ai le dirò prime caratteristiche e le Bi seconde caratteristiche degli anzi- detti moltiplicatori. 5. La somma o la differenza di due funzioni 7 (2), aventi gli stessi moltiplicatori, è una funzione 7 (2). Infatti supponiamo che le due funzioni 7i (2) e 7.2 (2) abbia- no gli stessi moltiplicatori, poniamo 73 (~) = 7, (z) ± 1, (z) , ed avremo hiugo «, 73 (>0 = e^'' 7, (p) ± <'-='- 7, (p) = e-^-' 1, (p) , » bi 73 (k) = e^'' 1, (p) ± e^'' 7, (p) = 6-*'^ 73 (p) ; il che pi-ova essere 7.3 (2) una funzione 7 (.2). (*) Appbll, tìénéralisation dea fonctions doublement périocliques de seconde espèce, Journal de mathématiques purea et appliquéca, Jauvier 1883. Funzioni che hanno per derivata logaritmica un integrale abeliano 5 6. Il prodotto o il quoziente di due qualunque funzioni x (2) è una funzione X (2). Infatti, posto X, («) = X. (^) X. (-') » oppui-e X3 (^) = ^^ , abbiamo : luugo «, X3 (>0 = e(^'±-=*'')^ X3 (P) , quindi Xa (2) è una delle nostre funzioni x (2). 7. Poniamo X (~) sarà : lungo a, -q (l) = Al + -q (p) , » 6, -q (l) = B, -H q (p) . Dunque la derivata logaritmica d' una funzione x (2) è una funzione che attraversando il taglio a,- viene aumentata della costante Ai mentre attraversando il taglio 6,- viene aumentata della costante 5,. Ora tra le funzioni che godono di tale pro- prietà vi sono gì' integrali abeliani , quindi certamente tra le funzioni X (2) ve ne sarà una cei'ta classe che avrà per derivata logaritmica un integrale abeliano. Io mi propongo di studiare appunto questa classe di funzioni. Da ora in poi chiamerò fun- zione X (2) una funzione, delle fin qui considerate, ma che am- mette precisamente per derivata logaritmica un integrale abe- liano. Quindi abbiamo che : X (-) = « in cui / indica un integrale abeliano qualunque. E chiaro che le caratteristiche dei moltiplicatori d'una fun- zione X (2) sono i periodi dell' integTale abeliano che ne è deri- vata logaritmica. Doti. Paolino Fulco [Memoria XIY.] 8. Per studiare sistematicamente tali funzioni della forma fidz ]e dividerò in tre specie : a secondo che / è un integrale di prima, seconda, terza specie dirò che la funzione corrispon- dente è di 2y'>'i''ìt(iì seconda, terza specie. Le funzioni di prima specie le indicherò costantemente con il simbolo g (z) ; quelle di seconda specie con h (z) e finalmente quelle di terza specie con k (z). Comincio oi'a quindi a studiare le funzioni g (;:). II. Le funzioni g (z) 9. Noi sappiamo che un integrale abeliano di prima specie rimane finito su tutta la riemanniana; ne viene quindi che an- che l'integrale di un integrale abeliano di prima specie rimane finito in tutti i punti al finito della riemanniana. Ora essendo g (z) = e in cui I Idz è finito in tutti i punti al finito della riemanniana /?„j,. ne segue che : Esistono funzioni y, (;:) che non divengono mai né nulle né infinite nei punti a distanza finita della Bai^ e queste sono le funzioni g (z). Tali funzioni però non é escluso che abbiamo delle singo- larità (poli o punti essenziali) all' co ; per noi quindi la g (z) è una funzione senza singolarità al finito. 10. Abbiamo già osservato ( § 7 ) che le caratteristiche d'una funzione x (2) sono i periodi dell' integrale abeliano che ne è derivata logaritmica ; abbiamo quindi che : Le prime caratteristiche d' una funzione g {z) non possono essere né tutte reali né tutte puramente immaginarie. 11. È chiaro che la derivata della derivata logaritmica d' una funzione g (z) viene ad essere la derivata d' un integrale Funzioni che hanno per derivata logaritmica un integrale aheliano abeliano di prima specie e gode quindi delle seguenti propinetà: I. Per valori infiniti di z essa è dell' ordine -^ oppure z .dell' ordine 2+\ ( ^ > "^ )• IL Se in un punto analitico (Z(j, .§o), a distanza finita, essa diviene infinita, lo diviene d'un ordine frazionario e inferiore all' unità per rapporto a -^^^ di maniera che il punto (z^, s„) è un punto di ramificazione di Kiemann. La medesima proprietà, ha luogo per il prodotto di s" per tale derivata, qualunque sia k. 12. Supponiamo ora d' avere una funzione g^ (z) tale che le prime caratteristiche, dei suoi moltiplicatori, siano tutte nulle ad eccezione di quella relativa al taglio a,- , cioè Ai , e sia poi questa uguale a 2tì, mentre le quantità B siano tutte diverse da zero. Allora tale funzione è così fatta che abbiamo : lungo a-i g, (K) = e^''^ g^ (p) , » c;n (Ji (>0 = (Ji (p) ,- ('» = li 2 ,...., p) » ^i 9i (>-) = e^'^ gì (p) . Ora è chiaro che di funzioni analoghe alla pi'ecedente ne possiamo avere certamente p perchè i può pigliare i valori 1, 2, 3, , p. Per noi dunque ^; (2) è quella funzione g (z) che ha tutte le prime caratteristiche nulle ad eccezione di Ai=2i:i . La derivata logaritmica di una funzione gi{z) è evidentemente un integrale abeliano normale di prima specie. Per questa ragione le funzioni gt (2) le dirò anche funzioni normali. 13. È impossibile che tra le p funzioni normali di prima specie esista una relazione di questa forma : i/^ (~i • g. i^f' Op i^)"' = cost., (1) in cui /?! ,/?2 ... sono costanti Infatti essendo : Qk {z) = e J , Bott. Paolino Fulco [Memoria XIY.] in cui /t è un integrale abeliano normale di prima specie , si avrebbe : e y ' . c'J ~ e '■' ' = 0 , da cui derivando looaritmicamente abbiamo : ■'tD /(., J, -H //2 L ■+ + /(/, //, = 0 ; il che è impossibile, giaccliè gì' integrali normali di prima specie sono linearmente indipendenti, quindi è anche impossibile la (1). 14. Se indichiamo con 7?,„ la seconda caratteristica della funzione Qi {z) rispetto al taglio b,, abbiamo che quella della funzione gr^ (z) rispetto al taglio 6,- sarà Bj^^ ed allora necessa- riamente sarà ^K.h = Bui perchè le seconde caratteristiche delle funzioni normali sono i secondi periodi degli integrali abeliani normali di prima specie. Dunque la funzione normale di prima specie Qì (z) ammette ri- spetto al taglio òft il moltiplicatore che la funzione g,,, {z) am- mette rispetto al taglio 6,-. 15. Il prodotto delle p funzioni normali di prima specie è una funzione di prima specie. Infatti la derivata logaritmica di tale pi'odotto è uguale alla somma dei p integrali normali di prima specie ed è quindi un integi-ale abeliano di prima specie sicché tale prodotto è una funzione di prima specie. 16. Ogni funzione di prima specie può essere espressa con il prodotto di potenze delle p funzioni normali di prima specie. Infatti la derivata logaritmica d' una funzione g (z) è un certo integrale abeliano di prima specie H che sappiamo sempre essere uguale a '&^ // zzz Wj Ij 4- Vìe, L 4- + ìHp Ip , Funzioni che hanno per (lerivatn logaritmica un integrale aheliano 9 in cui /,. è un integrale normale di prima specie. Dopo ciò ab- biamo evidentemente : g (-) = f/i (z) (li («) (ip (^) (2) . 17. Data la funzione (2) noi ne possiamo subito calcolare i moltiplicatori. Infatti chiamiamo con e-^'^^ il moltiplicatore di g[z) lungo il taglio a,, ed e^"' quello lungo il taglio 6,,. Allora, essendo lungo a^ 1 con residuo non nullo allora r integrale dell'integrale abeliano ha sempre in quel punto un Funzioni che hanno per derivata logaritmica un integrale abeliano 11 punto singolare logaritmico. Se invece 1' integi'ale abeliano ha in un punto un polo d' ordine r > 1 , con residuo nullo , allora questo punto è per l'integrale dell' integrale abeliano un polo d'ordine r — 1 r — 2, r+1, r+ 2 a secondo che è un punto ordinario al finito, ordinario all' co , di diramazione al finito, di diramazione all' oo , della riemanniana. 21. Ciò premesso una funzione h (z) dirò eh' è una funzione elementare e l'indicherò con il simbolo hi (z) allorché la sua de- rivata logaritmica è un integrale abeliano F{z) avente un sol polo. Ne viene allora : /, (.) = ef'^^~^'^ . Supponiamo che F{z) abbia in un punto {a, b) un polo del primo ordine, allora per quel che abbiamo dimostrato nel § precedente / F {z) dz ha in quel punto un punto singolare loga- ritmico; dal che segue che la funzione h^ (z) ha nel detto punto la stessa singolarità della funzione in cui ? (z) è una funzione che non ha più singolarità alcuna nel punto {a , b). Ora è chiaro che se A_i non è un numero complesso può aversi: A_i > 0 oppure A_i <^ 0 . Supponiamo che sia ^-1 > 0, allora la funzione {z — «.) e^ ha nel punto (a , b) uno zero d' ordine A_i. Se poi A_, < 0 è chiaro che l'anzidetta funzione ha nel punto considerato un polo d'ordine A^i. Se A_i è complesso è evidente che la funzione 12 Bott. Paolino Fulco [Memokia XIV.] ha nel punto (a , 6) uno zero o un polo a secondo che il mo- dulo di A_i è maggiore o minore di zero. Dunque in generale possiamo dire che una funzione h^ (Z) ha in un punto (a , 6), in cui la sua derivata logaritmica ha un polo del primo ordine, uno zero o un polo a secondo che il re- siduo dell' anzidetta derivata nel punto {a , b) è in modulo maggiore o minore di zero. 22. Supponiamo ora che F (z) abbia nel punto ordinario al finito della riemanniana ( d, f) un polo d'ordine r> 1 con re- siduo nullo, cioè si abbia nell' intorno di quel punto allora nell' intorno di quel medesimo punto sarà : /■ F (z) dz — ^-'- + -^-'-^' , + .... -^ -^ + ¥ (z-d) , J ^ ^ ' ~ {z—dy-' ^ {z—d)'-' z—à ^ in cui '-P (2 — d) non ha evidentemente singolarità alcuna nel punto ( (7, /■). Dopo ciò abbiamo chiaramente che nell' intorno del punto (e/, / ) sarà /(,, [z ^-' ' ^-'■+' ' ...+^-t-9(.>_rf) ,{z—dy-' ' (z—d)'--^ z—d Ora chiamerò parte principale della singolarità di h^ (z) nel punto ( rf, f) la parte J^—r , -E— rH , , -E- ■2 g(2— (?)'-' ' (s— (jy-2 z-d "■ ' Ciò posto vediamo che singolarità ha nel punto {d, f) la nostra funzione h^ (z). È chiaro che E^r . E-r+l -g-2 -g-f -E-^4-1 -E-2 Di più sappiamo (*) essere e-"', ed analogamente quindi (*) e. JORDAK, Cours d'Aìiulyse, T. II, pag. 268. Funzioni che hanno -per dvrìvata logaritmica un integrale abeliano 13 E-2 fi- anche e^"^"'*^'' ', e^''"'*^' ', • • • sempre determinate e finite insie- me alle loro derivate per tutti i valori di z , eccetto che per z = d, nel qual caso sono indeterminate. Ora essendo per z = d indeterminati tutti i fattori del prodotto (3) ne viene che per tal valore è anche indeterminato il prodotto e quindi la funzio- ne /?i (:). Dunque la nostra funzione ha nel punto ( r/, f) un punto singolare essenziale. Tale punto lo chiamerò polo singolare d' ordine r — 1 e di più dirò la (2) parte principale di tale polo. Dunque possiamo ora dire : la funzione /?i (z) ha un polo singolare d' ordine r — 1 nel punto ordinario al finito in cui la sua dei-ivata logaritmica ha un polo d'ordine r con residuo nullo. 23. È chiaro reciprocamente che se una funzione h^ {z) ha in un punto ordinario al finito della riemanniana un polo sin- golare d' ordine r — 1 1' integrale abeliano, sua derivata logarit- mica, ha in quel punto un polo d' ordine r con residuo nullo. Se il punto {d, f) non è ordinario ed al finito i due pre- cedenti §§ si devono modificare tenendo conto del § 20. 24. Supponiamo finalmente che 1' integrale abeliano F {z) abbia nel punto ordinario ed al finito {d, f) un polo d' ordine r con residuo non nullo, cioè si abbia nell' intorno di quel punto: ^ (.-) = ^, - ^ip + ••■• - èi - ■" <-'« ■' allora nell' intorno di quel medesimo punto sarà : \ F (z\ ilz — ^~'' ) ^'""^^ o -r •••• ■¥ E Jq iz—d) -4- 's>, (z—d) . J ^ ^~' {z—d)'-' ^ (z—d)'-- ^ -t- -i ./ V ' ri V Quindi neir intorno del punto {d, f) avremo : ossia : fi-i 77%=I + -- + r^+^i(^-'*) \ {z) = [z-d) e ^'-^y '-'^ 14 I)ott. PaoUvo Fulco [Memoria XIY.J Da ciò si vede clie il punto (d, f) è un punto singolare essenziale per la funzione h^ (z) che partecipa e della natura de- gli zeri, e dei poli sia ordinari che singolari. Perciò tale punto lo dirò un punto singolare misto o sempli- cernente un punto misto d' ordine r — 1. La parte e ^"^ ^^' la dirò parte principale di questo punto. 25. Dopo r esame fatto possiamo concludere che una fun- zione Ih (z) ha per singolarità o una radice, o un polo ordinario o un polo singolare, o finalmente un punto misto. 26. Noi sappiamo (*) che 1' integrale : / Qm-2 (S, «) (IZ (az ^ ps + Y) F' (z, s) in cui c(^+[5s+f=:0 è r equazione della tangente T in un punto e della curva fondamentale F (z, s) = 0, Q^_2 (z, s) = 0 l'equa- zione d' una curva aggiunta di grado m — 2 passante per gli m — • 2 punti d' intersezione della curva fondamentale con la retta T distinti dal punto e, è un integrale di seconda specie avente nel punto e un polo del j^i'imo oixline con un certo re- siduo — A; allora la funzione f f 9^^^^^^ az^ h (z) z= e-' -' i'J-~ + "^» + 'ùF {z,s) avrà nel punto e un polo d' ordine A; mentre che la funzione fc, (z) = eJ ^ J {a:: + '^s + -0F'(z,s) dz- ha in e uno zero di primo ordine. In mudo analogo potremmo dare 1' espressione esplicita di funzioni h^ (z) aventi una delle altre specie di singolarità. (*) Appell et GouSART, Théoric dea fonctions algelriqucs, Paris 1895 pg. 319 $ 145. Funzioni che hanno per derivata logaritmica un integrale aheliano 15 27. Consideriamo ora la funzione : h, [z) K (-') = 2-i in cui supponiamo che hi (2) abbia una sola radice 0 un solo polo ordinario e che sia A^ la caratteristica del suo moltiplica- tore lungo il taglio a^. Abbiamo allora : lungo «V h„ (A.) = :^. '-^ = /'„ (p) , ^ ' (?) mentre che si ha lungo h, h„ (k) = e"- h„ (p) (5) in cui abbiamo posto : ^ _ B.,, A, + B,., A, + + Br,p Ap Dalle due fòrmule (4) e (5) si vede chiaramente che lungo i tagli a la funzione h„ (z) ha tutti i moltiplicatori uguali ad uno e quindi le caratteristiche di questi moltiplicatori uguali a zero, mentre che tali caratteristiche sono diverse da zero lungo i ta- gli b. Dopo ciò è chiaro che la derivata logaritmica della fun- zione h„ (2) è un integrale abeliano normale di seconda specie. Per questa ragione chiamerò la h„ (z) funzione normale di se- conda specie. Dunque una funzione normale di seconda specie è una funzione che ha i primi moltiplicatori uguali all'unità ed in sol punto della rimanniana ha un polo ordinario 0 una radice. 16 Dott. raoìùto Fulco [MEMORIA XIY.] 28. Si abbia la funzione /(,','•' / 1> ^r. in cui supponiamo che 7?i (z) abbia in un certo punto (e, (/) un polo singolare avente per parte principale e i- - <>)'' . Allora è chia- l'o che la funzione /;,/''' {z) avrà anche nel punto (e, d) un polo 1 singolare con la parte principale e (^-<=Y e di più i primi mol- tiplicatori di /;/> (z) sono uguali all' unità. Segue da qui ohe lo integralo abeliano I, derivata logaritmica della funzione h^f^ [z), ha nel punto (e, d) un polo d' ordine (r + 1) con la parte princi- — r pale (~ - e)"' ed i primi periodi tutti nulli; perciò detto Z{z, s; e, d) V integrale normale di seconda specie abbiamo : (*) _ -j- d'-Z(z,.v Cd) ^^ r! de'- (r — 1)1 ^ ' ' ^ Dunque allora abbiamo Concludendo possiamo dire che le funzioni h,y^ (z) sono fun- zioni che ammettono per derivata logaritmica le derivate rispet- to al parametro dell' integrale normale di seconda specie. Queste funzioni Z;,/''^ (z) le dirò funzioni subnormali di ordine r. 29. Il quoziente di due funzioni normali di seconda specie hn, (z) ed hn, (z), aventi la stessa singolarità , è un esponenziale della forma e'", in cui w è una costante che può pigliare qua- lunque valore. (*) Appkll et GOURSAT, Thèorie ecc. pag. 320 e 330. Funzioni che hanno per derivata logaritmica un integrale abeliano 17 Infatti abbiamo : d» «(12 (») fl* dz e quindi /tn, (z) mz — e hm [z) 30. Dal § precedente risulta chiaramente h„, (z) = €"'= hn, (z) ; dal che si può concludere che non esiste una sola funzione nor- male, ma infinite che si ottengono moltiplicando una di esse per l'esponenziale e'"^, in cui ìh può pigliare valore qualsiasi. Pe- rò noi considereremo tutte queste funzioni come una sola fun- zione e così parleremo di funzione normale di seconda specie. 31. Data la teoria degli integrali abeliani, per quello che fin qni abbiamo esposto risulta chiaramente che, posto / (z, sj = dz che la caratteristica del moltiplicatore d' una funzione normale di terza specie lungo il taglio b, è ^ d Ig (Ir («) / dz J(a, t) in cui (a, b) {a, b'), è la coppia degli zeri singolari di primo ordine della funzione. 40. Data una funzione k„ (2) per indicare che la sua deri- vata, logaritmica ha precisamente nel punto {a, h') il residuo -f i e nel punto {a, b) il residuo — 1 sciavero : («', V) /.■„ (~i («, ^) (*) AppELL et G0UR8AT, Théorie ecc. , pag. 324. Doti. Paolino Fulco [Memoria XIV.] e dirò che {a, b') è il pi-imo zero singolare ed {a, b) il secondo. Ciò posto qualunque siano i punti {a, b), («j, b^), {a, b') si ha : (<(', h') («„ h,) {a, h) k„ (z) . /,■„ (z) . k„ (s) = e"'~- = 1 (a, h) («', V) (ft, h,) Questa forniola risulta chiaramente da una nota (*) proprietà degli integrali abeliani normali di terza specie e quindi mi di- spenso dal dimostrarla. 41. Come caso particolare , cioè facendo nella precedente formula a^^^a, bi = b risulta: 1 ICn (^) =: («, h) («, h) /.•„ [Z) («; //) Cioè che due funzioni normali di terza specie che hanno la stessa coppia di zeri singolari, ma in oixline inverso sono l'una reciproca dell'altra. 42. La funzione normale di terza specie dipende evidente- mente dalla sua coppia di zeri singolari, dipende quindi da due parametri. Si può però in un'infinità di maniere metterla sotto forma del quoziente di due funzioni di cui la prima dipende dal primo e la seconda dal secondo parametro. Infatti come conse- guenza dei due §§ precedenti si ha : («', 6') («', V) A-n (Z) K {z) = («1, &.) {a, b) A-« (--) ("i. &i) (*) Appoll et Gonrsat, Théorue ecc., pag. 324. Funzioni che hanno -per derivata logaritmica un integrale abeliano 23 Sicché quindi considerando il punto («x, b^) come fisso s'è raggiunto il nostro scopo. 43. Supponiamo che la funzione k„ {z) abbia per coppia di zeri singolari i punti ordinari ed al finito {a, b), {a, b') della riemanniana. Supponiamo che questi duo punti siano sul foglietto superiore della riemanniana ; segniamoli e descriviamo attorno ad essi due cerchietti , congiungiamo questi due cerchietti tra loro con un taglio m ed uno di essi ad un taglio a per mezzo d' un taglio l, in maniera che né m, nò n interseghino nessun altro taglio della riemanniana. Noi sappiamo che e di più che mentre che K {z) = e •' ("i b) ì (a', h') {a', b') lungo m 71 (X) =r 2 - t + ~ (o) , *' (a, 6) (a. 6) lungo l ir (A.) = Tt (p) (a, 6) (a, 0) 24 I>otf. Paolino Fulco [:Memoria XIY.] qui lidi abbiamo liiuy;o Ili /,■„ (>.) = e '■ '^ A-„ (p) » / A-„ (>0 = /.•„ (pj. Dunque dopo ciò possiamo concludere che la funzione nor- male di terza specie ha 2p+2 moltiplicatori di cui p riguardanti i tagli a sono uguali all'unità, p riguardanti i tagli b sono di- versi da 1. e non nulli, uno riguardante il taglio / uguale ad 1 e finalmente uno riguardante il taglio in ch'è uguale ad e-"""^. 44. Dopo quello che abbiamo dimostrato fin qui sono evi- denti i seguenti teoremi : I. La somma degli ordini degli zeri singolari di una fun- zione k (z) è uguale a zei'o. II. Il prodotto, o il quoziente, di una funzione normale di terza specie per una di seconda specie è una funzione i (z) avente tra le sue singolarità certamente una coppia di zeri singolari e uno zero o un polo oi'dinario. Tale funzione 7 (z) ha poi per primi moltiplicatori l'unità e per secondi moltiplicatoli quantità diverse da 1 e non nulle. III. Ogni funzione y. (e) si può esprimere con un prodotto di funzioni di prima, seconda e terza specie. La maniera con cui una funzione z (2) si può esprimere nel modo accennato la esporrò in altro mio lavoro. Verona 26 Dicembre 1899. Memoria XV. Istituto anatomico «lell'l'niveisità di Catania (Prof. R. STADERINI) Ricerche istologiche sulla " Anomalia del canale midollare in un embrione di pollo di 48 ore " (con una tavola) del DoU. GAETANO CUTORE aiuto _i^ In una nota precedente (1) , ho descritto un' anomalia di sviluppo del canale midollare, da me riscontrata in un embrione di pollo di 48 ore. Siccome allora limitai le osservazioni alla semplice morfo- logia del tratto anomalo, ho creduto utile ritornare suU' argo- mento per riferire sul l'eperto istologico di questa anomalia , e propriamente : a) Sulla struttura del tubo midollare anomalo ; b) Sul rappoito reciproco dei vari canali; e) Sul comportamento delle parti vicine al tratto anomalo del tubo midollare. In ogni canale, osservato in sezione nettamente trasversale, le pareti si mostrano costituite da cellule fusiformi, disposte ra- dialmente in due, tre, quattro, ed anche pili strati che si com- penetrano fra di loro e di cui il più interno, che limita il lume del canale, presenta una grandissima parte dei nuclei in cario- cinesi. Ogni cellula dunque è orientata in modo d' avere il suo maggior diametro perpendicolare al lume del canale. Tale disposizione si può osservare nettamente quando esiste unico canale centrale, come nella figura I. (1) G. CaTORB. Anomalia del canale midollare in un emlirione di pollo di 48 ore — Atti Acc. Gioeuia. Voi. XII — Serie 4.'^ Memoria VI. Atti Acc. Vol. XIII, Serie i' — Mem. XV. 1 Doti. Gaetano Cutore [Memoria XV. J In questa sezione, che è la più cefalica di quelle anomale (178" dell' embrione), cominciano a notarsi dei fatti nuovi: a de- stra (1) del canale centrale, ma da esso separato, comparisce un gruppo di cellule che, per i caratteri istologici, sono da ritenere della stessa natura di quelle che formano le pareti del tubo mi- dollare. Di esse, le più periferiche sono fusiformi, le altre vanno diventando sempre più rotondeggianti, man mano che si consi- derano verso la parte centrale di questa nuova formazione. Tale successione di forme cellulari è dovuta al fatto che gli elementi, veduti di lato alla periferia , sono sezionati obliqua- mente negli strati più interni e trasversalmente negli strati cen- trali, cioè col loro grand' asse convergono verso una cavità che si trova più caudalmente. La vicinanza di tale cavità può al- tresì prevedersi dal gran numei'O di nuclei in cariocinesi, poiché normalojente, nell' embrione di pollo, le figure cariocinetiche si osservano quasi eslusivamente nello strato limitante la cavità centrale del tubo midollare. Infatti nelle sezioni successive un nuovo canale corrisponde al cumulo di elementi ora descritto. In quanto ai rapporti di questo gruppo di cellule col tubo midollare, vediamo che esse quantunque addossate alla parete di quest' ultimo , tanto da deformarlo nella sua superficie esterna , formano un tutto che ne rimane ben distinto. In questo punto dunque, all'esterno del tubo midollare e da esso separata, si ha una nuova formazione, la quale nella sezione successiva dà luogo ad un altro canale. Nella figura II (S'' sezione anomala) , il canale primitivo e quello di nuova formazione convergono sulla linea dorso-ventrale del tubo midollare ed in un punto più prossimo alla superficie ventrale di esso comunicano per una sottilissima interruzione del tramezzo che, assai spesso nella sezione precedente e nella parte doi-sale di questa stessa sezione, è ridotto appena ad una doppia serie di elementi, prima di interrompersi. (1) Le indicazioni destra e sinistra si riferiscono siila destra e alla sinistra di chi osserva lo figure. Ricerche istologiche sulla « Anomalia del canale midollare ecc. » In questa sezione è da notare ancora che nel canale posto a sinistra, il limite interno della sua parete laterale presenta ad un dato punto una rilevatezza dovuta all'avanzarsi di un gruppo di cellule, ricche di figure cariocinetiche , verso il lume del ca- nale. In questa e nelle successive sezioni anomale si rinviene un diradamento di tessuto lungo una linea che va dalla parte dorsale verso la ventrale, inclinando da sinistra a destra; questa linea e la disposizione tenuta dai vari canali pare accennino come ad una duplicità del tubo midollare. Nella figui-a III (8^ sezione anomala), il tubo midollare sem- bra formato di due metà abbastanza simmetri(;he. La cavità di sinistra,, continuazione del canal centrale, non comunica con le cavità di destra , le quali sono in numero di due; una dorsale , a forma allungata e ristretta verso la parte centrale; l'altra ven- trale, di forma ovalare, separata dalla precedente per mezzo di un doppio strato di cellule rotondeggianti con ]niclei in cariocinesi. Questa conformazione ricorda alcuni degli stadi embrionali che sono stati studiati nel canal centi-ale normale e che condu- cono allo sdoppiamento di esso in una porzione ventrale ed in una dorsale; ciò che è verificabile anche nell'adulto (1). Nella figura IV (11* sezione anomala) prevale la metà la- terale sinistra del tubo midollare, il quale è di proporzioni an- cor più esagerate che nelle sezioni precedenti e nel contorno esterno presenta delle lilevatezze e dei solchi corrispondenti ai diversi canali e setti che stanno nel suo spessore. A sinistra tro- vansi due canali a contorni irregolari, con molti nuclei in ca- riocinesi negli elementi che li delimitano; il più ventrale è chiu- so in gran parte da una membranella formata da elementi ro- tondeggianti, con molti nuclei in cariocinesi. A destra troviamo (1) Ct'r. R. Stadbkini — Osservazioni coitiparative. sullo sviluppo e s"' caratlcri definitivi della cavità del quarto ventricolo al suo estremo caudale — « Pubblicazioni del li. Istit. Supe- riore, » Firenze 1896. — Il ventricolo di Erause nella sua conformazione etc. « Monitore Zoolo- gico Italiano, » Firenze. Audo VII. N. 8. Agosto 1896. J>ott. Guvtano (Jutore [Memoria XV.] unica cavità di cui la parete laterale estei^na, assai spessa, pre- senta un accumulo di cellule che sporgono in'egolarmente nel lume stesso della cavità. Nel punto in cui è capitata la 10"' sezione , rappresentata dalla fio-ura V, il tubo midollare rao-oiuuoe le massime dimen- sioni; la sua superficie esterna è più l'egolare; il tessuto che lo costituisce è più compatto, in modo da non apprezzarsi accenno alcuno di due metà laterali. A sinistra si rinvengono tre canali a pareti formate da due o tre strati di elemeiiti fusiformi, di- sposti radialmente al lume di ciascun canale; nello strato più intei'no abbondano i nuclei in cariocinesi. Di questi tre canali, il ventrale ha torma rotondeggiante, il dorsale è ovalure, il me- diaiio è compresso sui lati e le pareti laterali si riuniscono ad angoli acuti, in modo tla far rassouiigliare tutta la cavità ad una larga fessura, meglio che ad un canale. È da notare inoltre, sulla linea mediana dorso-ventrale, in prossimità della superficie dorsale, un canalino con pareti costituite come quelle dei canali precedentemente descritti. A destia esiste un solo canale, che non presenta caratteristica alcuna; il rimanente tratto di questa metà è occupato da elementi prevalentemente rotondeggianti, con figure cariocinetiche sparse qua e là. Nella 21a sezione anomala, rappresentata dalla figura VI , troviamo alterazioni ancor più notevoli che, oltre al tubo mi- dollare, affettano le parti vicine. L' ectoderma, in questo punto non forma uno strato continuo, ma lascia scoperta la superficie dorsale del tubo midollare. Che ciò non sia dovuto ad un gua- sto di tecnica, ci viene dimostrato dal comjDortamento dello stesso ectoderma, il quale si continua e si confonde col tessuto nervoso. Come per una disposizione compensativa, 1' ectoderma che non si è potuto sviluppare per ricoprire dorsalmente il tubo mi- dollare, si accresce, in forma di lunghe gittate, ai lati di esso. IL contorno esterno sui lati e ventralmente è assai irregolare per depressioni e rilevatezze corrispondenti ai setti ed ai canali che stanno nello spessore del tubo midollare. Per la superficie Rìcerclic Moloyiche .sidla « Aiioiiiulia del cuiitilc iiiidiilhur ecc. » dorsale si può dire cIìb non esiste un vero contorno, perchè gii elementi clie vi corrispondono non hanno né una forma, né una orientazione ben determinate e stanno disposti disordinatamente, finché i più estei-ni sono l'appresentati da nuclei isolati o da semplici granuli. Nella metà sinistra, i canali sono a questo punto in nu- mero di due : il ventrale notevolmente aumentato nel suo vo- lume, il dorsale di forma triangolare; altri due stanno a destra, più piccoli, ovalari, avvicinati fra di loro e di essi il più dor- sale presenta in un punto del contorno interno alcune cellule che si avanzano verso il lume. La sezione riprodotta dalla figura VII (24''^ sezione anoma- la), merita un esame speciale perché con-isponde nel punto in cui, il più dorsale dei canali che abbiamo veduto a sinistra nelle sezioni precedenti, è incompleto ed in forma di doccia si apre sulla superficie dorsale. Le pareti di questa doccia hanno strut- tura uguale alle pareti dei canali; 1' esterna ha contorni rego- lari, ma è assai inclinata avvicinandosi alla linea orizzontale ed i suoi elementi si confondono con quelli dell' ectoderma là dove queste due parti vengono a contatto. La parete interna della doccia confonde il suo contorno esterno con la parte centrale del tubo midollare, mentre 1' interno è ricurvo e termina con un cumulo di cellule prevalentemente rotondeggianti e con nu- merosi nuclei in cariocinesi, le quali restringono il lume della doccia. Anche in questa sezione, il contorno esterno dorsale del tubo midollare è reso assai irregolare da cumuli di elementi po- limoi'fi, disordinati ed in gran parte ridotti a nuclei isolati od a detiito granuloso. I margini laterali del tubo midollare, spe- cialmente il sinistro, presentano le solite rilevatezze e depres- sioni, corrispondenti ai canali ed ai setti che li separano. Nella metà sinistra fra la doccia sudesciitta ed il canale che decorre nella parte più ventrale, si nota un canalino a contorno interno non ben delimitato ed il cui lume in sezione trasversa sembra piriforme, con la parte più acuminata rivolta verso la doccia. Boti. Gaetano Cittore [Memoria XY.] Il setto che lo separa dal canale ventrale è costituito da tre, quattro serie di elementi rotondeggianti con molti nuclei in cariocinesi. Due altri piccolissimi canali si notano sulla linea mediana dorso-ventrale. A destra si rinviene un grosso canale a pareti ben costi- tuite. Le gittate che 1' ectoderma forma lateralmente al tubo midollare sono sviluppatissime. La fìgiu-a Vili riproduce la 31" sezione anomala. In essa il tubo midollare è ridotto in ogni sua dimensione e tale riduzione si rende sempre più notevole nelle successive sezioni più caudali. Il suo contorno esterno è più regolare dorsalmente e pre- senta una notevole depressione quasi a metà di ciascuna super- ficie laterale, in modo che F insieuae del tubo midollare assume un aspetto quasi trilobato. Ciascuna delle tre elevatezze corrispon- de ad un canale, di cui il dorsale posto a sinistra ha il lume piccolo ed il contorno interno poco regolare; quello posto a de- stra, che può dirsi medio in qiaanto a dimensioni, ha pareti as- sai spesse; il ventrale, che è il più ampio, si mostra in sezione trasversale di forma quasi triangolare e dai due lati opposti del suo contorno interno, quasi allo stesso livello, si sollevano verso la -cavità, due gruppi di cellule, che si avanzano 1' uno contro r altro come per unirsi con i loro apici e costituire un setto. A questo punto, tale setto è interrotto da uno spazio di dimen- sioni non più grandi di quelle di una cellula. Queste due spor- genze sono costituite da elementi rotondeggianti con nuclei in cariocinesi; altre figure cariocinetiche troviamo nello strato li- mitante la cavità del canale. Le gittate ectodermiche sono, come il tubo midollare, meno sviluppate che nelle sezioni precedenti. In sezioni più caudali, come quella rappresentata dalla fi- gura IX (36=1 sezione anomala), in cui il tubo midollare è ridotto di volume, 1' ectoderma si avanza sulla sua superficie dorsale e le sue gittate laterali si riducono sempre più. Intanto il contorno esterno del tubo midollare è più regola- Ricerche istologiche sulla « Aiioiualia del eaiìKle iiiidollare ecc. » 7 re; i due canali dorsali sono piccoli; qnell(j ventrale, assai ampio, presenta la metà sinistra del suo contorno interno irregolare per sporgenze di cellule rotondeggianti. Elementi della stessa forma e con numerose figure cariocinetiche costituiscono il setto fra questo ultimo canale e quello che gli sta collocato dorsalmente a sinistra. Nella sezione rappresentata dalla figura X (40^ sezione ano- mala) , tutte le parti si avvicinano alla forma ed alle dimensioni normali : 1' ectoderma forma uno strato continuo e ricopre a guisa di ponte la superficie dorsale del tubo midollare ; questo, note- volmente ridotto nel suo volume, ma tuttavia con diametro dorso- ventrale esagerato e con una depressione sul lato destro del con- torno esterno, presenta unica cavità piriforme con un punto ri- stretto (in corrispondenza della depressione esterna) , che ne se- para quasi una piccola parte dorsalmente. Questa cavità unica ha pareti costituite da tre-quattro strati di elementi fusiformi, disposti radialmente, presenta elementi ro- tondeggianti in corrispondenza del punto ristretto e gran numero di figure cariocinetiche in tutto lo strato limitante la cavità. Dall' esame istologico di questa anomalia, possiamo trarre le seguenti conclusioni : 1. Il tubo midollare, nel tratto anomalo, oltre a presentare canali varii, dimensioni notevoli e contorno esterno irregolare , si mostra , a un dato livello , come costituito da due ca,nali di dimensioni presso a poco uguali, addossati 1' uno all' altro con la loro parete mediale. 2. I canali varii per numeio, posizione, forma e dimensioni nei diversi punti del tratto anomalo, stanno disposti in serie obli- qiia dorso-ventrale nell' una e nell'altra metà del tubo midollare; prevale per lo più in essi il diametro dorso-ventrale e nel con- torno intei'no presentano delle rilevatezze, che sembrano dei setti incompleti. In qualche punto (specialmente nelle figure III e IV) si hanno delle conformazioni che ricordano il modo di restrin- gersi e di sdo]3piarsi del canale centinaia normale in una porzio- ]ie ventrale ed in una dorsale. I)ott. Gaetano Oiitore [Memoeia XV.J I canalini che stanno sulla linea mediana , oltre a dimen- sioni piccolissime, hanno decorso assai breve. 3. Il tubo midollare è in massima parte costituito da ele- menti fusiformi , radialmente disposti attorno alle cavità dei canali , e però nei canali anomali si ha la stessa disposizione istologica dei canali normali. Nei sepimenti che stanno fra i canali di uno stesso lato e nelle rilevatezze che abbiamo veduto sorgere dal limite interno di qualche canale, troviamo prevalen- temente cellule l'otondeggianti. 4. Gran numero di figure cariocinetiche si osservano nello strato più interno dei detti canali, analogamente a quanto si ve- rifica nel canal centrale normale. Se ne riscontrano inoltre nei sepimenti fra i canali dello stesso lato e nelle rilevatezze sporgenti nel lume di qualche canale. Questo reperto mi induce a modificare la mia prima opinione intorno alla genesi della anomalia, sembrandomi più conforme ai fatti 1' am- mettere che il canale che compare a destra del canale centrale propriamente detto, sia per lo sviluppo notevole delle sue pareti, sia per le dimensioni che esso raggiunge (fig. 7), sia per i caratteri istologici già ricordati, debba ritenersi come un canale midollare indipendente, anziché come un diverticolo del canale centrale. I canali secondari che si trovano nell' una metà e nell'altra del tubo midoUai'e, sarebbero, in tal caso, da interpi-e tarsi come suddivisioni del lume primitivo dei due canali principali. 5. Delle parti vicine al tubo midollare, 1' ectoderma si pre- senta anomalo per un certo tratto ]iella forma e nella struttura. Ciò dimostra che l'alterazione del tubo midollare dev'essersi ini- ziata in un periodo dello sviluppo abbastanza precoce ed ha impedito per un certo tratto all' ectoderma di i-icostituirsi dor- salmente in una lamina unica. Doli G.Cuìore Rie erclie isloIo^icJie y Luùn^ d-u). Jait. I^LZIOL- - LatcUTXCU Jfleinorìa XVI. Istituto d' Igiene della R. UnÌTersltà di Catania La profilassi malarica colla protezione dell'uomo dalle zanzare Esperienze del Prof. EUGENIO DI MATTE! La preservazione dell' nomo nei paesi di malaria, che è stata in ogni tempo la preoccupazione degli igienisti , dei medici e degli studiosi di questioni d'economia sociale, dopo aver seguito tutte le fasi incerte dello studio scientifico del parassita malarico, oggi più che mai si presenta sotto un nuovo ed importante in- dirizzo, che per fortuna dell'igiene sociale è facilmente e relati- vamente attuabile. Dopo le prime e fortunate ricerche del Laveran, gi-azie agli studi della scuola italiana, (ove in prima linea figurano i nomi di Celli , Golgi, Grassi, Marchiafava ecc.) a quelli di Ross nel- r India, a quelli di Koch nell' Affrica ed in Italia , ed a quelli ancora di altri benemeriti studiosi italiani e stranieri , 1' arduo problema dell'etiologia della malaria, dello sviluppo del parassita, del modo di trasmissione dell'infezione, si può dire quasi ormai risoluto. Analogamente infatti a quanto era stato dimostrato da Smith e Kilborne, e da Koch recentemente confermato cioè che certe zecche sono indubbiamente il veicolo della così detta ma- laria o febbre del Texas dei bovini ; analogamente a quanto Ross sotto il consiglio di Manson scoperse per gli uccelli , nei quali il veicolo dell' infezione sarebbe una speciale zanzara; an- che oggidì per la malaria deli' uomo le recenti scoperte hanno messo in chiai'o che questa infezione all'uomo viene trasmessa Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4^" — Mem. XVI. 1 l'mf. E. IH Mattei [Memoria XVI.] per mezzo di peculiari insetti, rappresentati da alcune specie di zanzare. È ormai già noto come nell'intestino degli Anofeli si com- pia il ciclo evolutivo della forma resistente del parassita malarico dell'uomo , e che la zanzara ne rappresenti 1' ospite deiinitivo ; mentre invece l'uomo, nel cui sangue lo sporidio compie la sua fase asporulare, ne sarebbe l'ospite temporaneo. È noto insomma che il ciclo dell'infezione malarica, si svolge in una catena di due anelli rappresentati dall'uomo e dalla zan- zara; che l'uomo malarico infetta l'anofele sano, e che l'anofele così infetto, a sua volta colla puntura contagia l'uomo sano. Non entriamo nella questione se è la sola specie degli ano- feli, o altre specie di culici, quelle che hanno la proprietà d'in- fettare l'uomo di malaria, quantunque sembri quasi assodato che quel triste privilegio spetti ai primi; però mentre riteniamo tale questione importante, pure nei primi tentativi di profilassi spe- rimentale erano ben tutte le diverse specie di zanzare, quelle da cui si doveva proteggerle 1' uomo. Stabilito tale concetto si è voluto fare un primo tentativo, analogo a quello fatto indipendentemente da noi e contempora- neamente dal Grassi nel Maccarese. Bisognava infatti far pernottare in luoghi di malaria intensa e nella stagione fortemente malarica degl'individui, i quali dor- missero in ambienti assolutamente aperti all'aria , ma protetti dalle zanzare per via di sottili reti metalliche. Tale esperimento non era possibile senza il concorso diretto della Spettabile Direzione delle Ferrovie Siculo. E infatti sotto- posto all' Ispettore Sanitario Capo il piano delle ricerche, esso fu con molto interesse accettato, e subito mi si diede 1' onorevole incarico di iniziare lo esperimento che fu condotto nel modo che segue. Si scelse un luogo fortemente malarico la stazione di Val- savoja, vicina alla stazione di Catania, a circa un'ora, in modo da poter continuamente vigilare lo svolgimento dell' esperienza. Ln profilusni malarica colla protezione dcU'uomo dalle zanzare In essa stazione ferroviaria, annesso al casamento degli uffici ed alloggi, ci è un altro fabbricato addetto come rimessa di mac- chine e dove sono pure stanze per alloggio di personale. A due di queste camere della capacità di m. e. 130-150 circa, s'adat- tarono al posto delle porte e delle finestre, dei telai di rete me- tallica ; essendo le stanze a pian terreno, le porte a telaio apri- vano enti-o l'ampio locale della rimessa che sta sempi'e aperta, e le finestre alte circa un metro dal suolo sporgevano sull'aperta campagna. Le pareti delle stanze vennero imbiancate allo scopo di vedere meglio volare o posare le zanzare su esse o sugli an- goli, qualora ne fossero penetrate. È inutile dire che i telai a rete delle porte e delle finestre , fatti per cura della Direzione delle Ferrovie, corrispondevano bene allo scopo, chiudendo erme- ticamente senza lasciar alcuna fessura, in modo da assicurare che nessun insetto per quanto piccolo sarebbe potuto penetrare. Gl'individui soggetti all'esperimento furono cinque; dei quali quattro erano quelli che pernottavano nelle stanze come sopra, mentre il quinto, che ero io, accompagnava gli altri e rimaneva con loro fino a tarda notte. Essi ei'ano degli individui di buona salute, operai avventizi del Cantiere, dell'età dai 35 ai 45 anni, non avevano mai sofferto malaria ed erano stati sempre in luo- ghi salubri. Partivano dalla stazione di Catania, ove erano ad- detti ai lavori del Cantiere, ogni giorno alle ore 16,30 circa per arrivare a Valsavoja, dopo un'ora di viaggio, verso le 17,30. Ap- pena giunti e discesi dal vagone gli operai con rapida corsa ve- nivano accompagnati alla Rimessa, che si raggiungeva in meno di un minuto e ivi entrati venivano chiusi a chiave fino alla dimane, alle 7,30 al passaggio del treno di mattina. Appena giunto il treno, si riaprivano le porte, gì' individui venivano ri- messi fuori e imbarcati subito in vagone, ritornavano verso le 8,30 ai lavori del Cantiere nella stazione di Catania. Tale espe- rimento doveva durare non meno di un mese. Prima di far pernottare questi individui a Valsavoja, benché in essi si fosse già potuto escludere ogni sospetto di malaria an- Prof. E. IH Mattei [Memoria XVI.] tica 0 recente come sopra si è detto, pure per maggior cautela si fece colle norme ben note, qualche osservazione microscopica per alcuni giorni sul sangue di questi individui ; e per quanto riguarda la presenza di parassiti malarici, essa fu sempre nega- tiva. La stagione in cui l'esperimento venne condotto, fu quella che pei- la località è giudicata come la più grave per la malaria; il tempo era ancora molto caldo; in detta epoca per giunta coin- cisero le prime pioggie, tanto temute nella nostra Piana per lo scoppio della carica malarica, alle quali seguirono le rotture della terra per la semina. L'esperimento venne rigorosamente condotto dal 7 ottobre all' 8 novembre, cioè per 33 giorni. Per chi non lo sa la stazione di Valsavoja, posta nei pressi immediati di una lunga Galleria, è ritenuta come luogo di ma- laria gravissima, perchè essa giace in un terreno accidentato, posto a valle, e di natura argilloso, comune a tutta la Piana di Catania, anch'essa come è noto, fortemente malarica. A poca distanza di Valsavoja e un po' a valle s'estende in grande supei-fìcie il lago di Lentini detto Piviere; e nei pressi un gran fiume come il Simeto e altri corsi d'acqua minori vi serpeggiano o stagnano intorno. Il terreno circostante è tutto piantato a seminerio; e quindi in tempi di autunno , quando la vegetazione manca e la terra è prossima ad essere arata, ha l'aspetto di una vera landa brulla. Tante volte 1' ho dovuta paragonare ad alcuni ti-atti della cam- pagna romana , poiché alla superficie pare che il terreno sia secco ed asciutto e quando le acque di pioggia scarseggiano come in estate è pieno di screpolature. Nelle ore vespertine i vapori che s' innalzano dal lago, dai fiumi circostanti e che si condensano come rugiada alla superficie del suolo, inumidiscono quella landa apparentemente arida del giorno. Non mancano più o meno lontane, sparse qua e là delle case coloniche con qualche piccolo ortaggio annesso, e sono fre- quenti le alti piantagioni di eucaliptus all'intorno della Stazione, come non mancano alti'e folte ma(;chie di vegetazione spontanea, La profilassi malarica colla protezione dett'uomo dalle zanzare 5 di cespugli di canneti , ove l'acqua sia di pioggia sia di scoli , sia di straripamenti a causa del terreno accidentato va a sta- gnare formando così delle sparse gore. La presenza delle zanzare in questa località è ejiorme, su- pera ogni idea. Basta dire che verso il vespero comincia la ridda di questi insetti, che viene sempre più a farsi intensa, man mano che im- brunisce. A sera poi essi non si rendono più visibili pel buio della campagna, e solo è possibile vedoi'li nei pressi della Sta- zione vicino ai fanali, o entro le stanze d' ufficio , ove essi pe- netrano attii-ati da qualche lume vicino che ivi si trova. Per dare una pallida idea della grande quantità delle zan- zare della località, basta dire che esse costituiscono delle fitte nuvolaglie, ben difficili a sgombrarle e diradarle e avvolgono com- pletamente le persone alle quali ne è diffìcile la difesa. Uno dei mezzi adoperati per proteggersi dalle zanzare, nel breve periodo di tempo che passava dalla discesa del treno alla Rimessa delle macchine, era quello di aprire un ombrello e con esso la persona faceva delle rotazioni a mulinello attorno a sé, in modo da rompere la fitta nuvola degli insetti e diradarli almeno in parte per an- dare avanti in quel momento; ed invei'O, appena dopo il passag- gio della persona, la nuvola dispersa si ricomponeva. È quindi dif- ficile fare un passo in quelle regioni di sera o di notte senza non uscirne punzecchiato, qualora non si cerchi proteggersi in qualche modo dall'assalto delle zanzare. Un altro mezzo di difesa adope- rato da alcuni della brigata da esperimento, era quello di un- gersi le mani, il volto, le orecchie, tutte le parti scoperte con olio essenziale di trementina; menti-e altri della bi'igata si strofi- navano una specie di sapone foi'nitoci dallo Istituto d' Igiene di Roma, pei- cura della Società per la malaria, residente a Roma. Essendo d' altro canto il locale della rimessa distante una tren- tina, quarantina di metri dalla Stazione, a secondo il punto ove il treno fermava, si poteva essere sicuri che pel breve ti'atto da dover percorrere a piedi, diminuiva la possibilità di essere pun- Prof. E. Di Maitei [Memoria XVI.] zecchiati, tanto più che gli individui ad onta delle sostanze che si ungevano sulle parti scoperte , cercavano di diradare le zan- zare , sventolando avanti il loro viso dei grandi fazzoletti. L'enti-ata nelle stanzette della rimessa si effettuava aprendo una sola porta ed entrando tutte e cinque gli individui rapida- mente, e ciò per evitare che assieme ad essi durante quel breve tempo in cui la porta rimaneva aperta, potessero penetrare delle zanzare come una sera avvenne e nella quale due o tre di esse penetrarono ; ma le bianche pareti della stanza le fecero subito scoprire e in breve poterono venire uccise. Si ebbe però la cui-a in tutte le altre volte in cui si en- trava, di ftire delle grandi ventilazioni avanti la porta, agitando stracci, in modo da fare allontanare tutte quelle zaiizare che si trovavano nei pressi o posate spesso sulle reti o sul telaio. A questo modo non si lamentò più mai, durante il corso dell' espe- rimento, r entrata delle zanzare nelle stanze, I cinque individui appena entrati, dopo un' accurata invista ai muri, al tetto, agli angoli delle pareti, per maggior sicurezza accendevano per qualche minuto una polvere zanzaricida foi^- nita dalla Società predetta, a volte ungevansi con trementina e andavano ad adagiai'si. Durante tutta la notte pur essendo tutte e quattro le im- poste aperte, col vano ben inteso protetto dai telai, mai si ebbe a notare 1' entrata d' una sola zanzara. Grli operai nelle prime notti d' esperimento, non essendo ancoi'a arrivate le brande ove dovevano coricarsi, dormivano sur un poco di paglia; e tale cir- costanza io non la noto a caso, ma vi faccio molto assegnamento, per quanto più tardi riguarda lo stato loro di salute durante il tempo dell' esperienza ; come anche è utile accennare che essi non facevano affatto uso di medicinali, chinino, arsenico, limone ecc. per preservarsi dalla malaria. Di tempo in tempo si esaminava qualche goccia di sangue di essi individui, dal punto di vista della ricerca microscopica del parassita malarico; eppoi quotidianamente venivano tenuti La profilassi malarica colla protezione dell'uomo dalle zanzare 7 in osservazione per quei disturbi che avrebbero potuto presentare. Durante il tempo che gli operai pei-nottarono nelle condizioni suespresse, vi fu una vera carica malarica; poiché venute le prime pioggie, tanto temute dagli abitatori del luogo, i contadini s' af- frettarono a far la rottura della terra per la semina, e nel per- sonale di dimora a Valsavoja vi coincisero diversi casi di febbri malariche più o meno gravi. Il tipo delle zanzare di Valsavoja è diverso; sono parecchie le specie che abbondano. Da circa 8-10 mesi mercè l'opera intelli- gente del D.r Piazza da Dentini si è proceduto alla raccolta delle zanzare in diversi luoghi ritenuti follemente malarici; e propria- mente in vicinanza al fiume Simeto , al lago di Dentini , alle stazioni di Valsavoja, di Augusta e nei caselli adiacenti, diffusi in zone malariche; e su di esse zanzare si è potuto stabiliie lo studio della classifica delle specie, dominanti in quelle località. Questo studio merita ancora di esser meglio approfondito dopo l'importante lavoro di sistematica del Ficalbi, sulle 20 specie di zanzare italiane più comuni. Diremo solo che le specie predominanti non sono costanti in tutte le ore, in tutti i giorni e negli stessi luoghi ; bastava infatti allontanarsi un paio di meti'i da un luogo, dove e' era una nuvola di zanzare con predominio di una specie per tro- vare poco distante un'altra nuvola con predominio di altre spe- cie. Pare, mano mano che imbrunisce che le specie fuoriescano a sciame, riroanendo quasi localizzate. Quest'osservazione si pote- va tare facilmente percorrendo un dato tratto di cammino; e allora si notava che allo stesso punto e per punti determinati brulicava ad altezza d'uomo una nuvola di zanzare, passata la quale, esse divenivano piuttosto rare e diradate, per imbattersi presto a pochi passi in un altro fitto sciame di questi insetti. De specie che durante il tempo dello esperimento si sono potute de- terminare come quelle dominanti sono il culex pipiens e Vanophe- les; sono questi stessi due tipi che il Grassi indipendentemeiite da me, trovava nella raccolta che per suo conto faceva fare nei pressi Prof. E. IH Mattei [Memoria XVL] di Lentini. È inutile intrattenerci sulla morfologia e descrizione minuta delle zanzare in questione, dopo quanto si è detto in pre- cedenza e dopo la guida e le istruzioni che ci hanno fornito i vari e competenti Zoologi che di recente si sono occupati della questione (Grassi, Ficalbi); diremo solo che dopo un po' d'abitu- dine, il culex pipiens e 1' anopheles possono riconoscersi a vista d' occhio per i loro caratteri macroscopici è molto meglio del resto con una semplice l(>nte d'ingrandimento, avendo gii anofeli ma- lariferi (temine) un rostro fatto dalla proboscide e dai due palpi di uguale lunghezza alla prima, mentre i culici innocui hanno la sola proboscide lunga e i due palpi molto corti e non visibili ad occhio nudo. Degli altri caratteri, e in ispecie delle ali , è qui superfluo intrattenersi, e pel riguardo si rimanda volentieri agli accennati e competenti autori. Gli operai durante le trentadue notti che pernottarono nelle stanze predette, e che mai furono molestati dalle punture delle zanzare, stettero sempre bene. E benché come accennai, nei pri- mi o-ioi'ui, essi non avendo la branda ove coricarsi fossero stati costretti a dormire sul pavimento, e quindi nella possibilità di contrarre anche qualche febbre reumatica, pure conservarono sempre le migliori condizioni di salute. E qui forse non del tutto fuor di luogo sarebbe accennare alle cause predisponenti alla malaria , messe avanti giudiziosa- mente dal Celli e studiate con vero intelletto di sociologo nel suo trattato sulla Malaria. Nel caso nostro le cause predisponenti erano favorevoli agii individui per far contrai-re loro 1' infezione. Lo scarsissimo nu- trimento di questi operai avventizi, pieni di numerosa famiglia, rappi-esentato da pane e deficiente companatico e spesso da acqua come bevanda , e preso soltanto al mezzogiorno e forse per tutte le 24 ore, e il digiuno quindi prolungato fino al mat- tino , quando dovevano ritornare a Catania : lo scarso vestiario e il dormire senza coperture e in disagio : il lavoro faticoso ed La profilassi malarica colla iirotezione deWiiomo dalle zanzare 9 eccessivo dovrebbero rappresentare le vere cause di deperimento organico predisponenti alla malaria ; eppure per virtù della sola protezione della rete metallica, essi non contrassero 1' infezione ; mentre gli altri impiegati, meglio nutriti e meno sottoposti a fa- tiche disagevoli, dormendo nelle loro abitazioni ove pullulavano le zanzare, si ammalarono di malaria. Per giudicare intanto della bontà dell' esperimento accen- nato era necessario eziandio che gì' individui stessero sotto os- servazione per qualche tempo dopo 1' ultima pernotta zione; e ciò naturalmente per vedere se in qualcuno di loro si sviluppasse r infezione malarica ad incubazione tardiva. All' uopo fui'ono tenuti in osservazione per ben quattro me- si, durante i quali si mantennero sempi-e nelle migliori condi- zioni di salute ; ed ora che già son corsi sei mesi, io che non li ho perduti d' occhio so che sono ben sani e che non hanno avuto alcuna febbre né sono stati per altra causa malati. Il loro sangue ripetutamente osservato non fece mai riscon- trare presenza di parassiti malarici. Cosicché la conclusione di questo primo esperimento vale a dimostrare che in luoghi e tem- pi di malaria anche grave, pii.r dormendo all' aperto la infezione malarica non si contrae se si ha cura di proteggersi dalle pun- ture delle zanzare ; e quindi le zanzare e fra esse forse i soli tipi della famiglia degli Anofeli sono gli agenti che ospitano ed inoculano all'uomo sano il parassita malarico. Questo risultato collima perfettamente con quello ottenuto dal Grassi in un analogo esperimento fatto nel Casello 36 a Maccai'ese, quantunque la durata di esso fosse stata molto piii breve, cioè di solo otto notti, tramonto e mattina compitesi. In detto Casello le cui finestre stavano aperte e protette da reti metalliche larghe vi pernottavano 7 persone, fra cui 5 bimbi, e nessuno di essi prese la malaria. Il mio esperimento, durato invece, tramonto e mattina com- presi per ben 33 giorni, durante il quale fra cinque individui nessuno prese la malaria , se conferma il favorevole risultato al Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4^ — Mem. XVI. 2 10 Prof. E. m Mattei [Memoria XVI.] quale Grassi è pervenuto , pure differisce da quello istituito da questo infaticabile osservatore , per aver preso noi tutte quelle cautele che sono necessarie in tale importante ricerca, a cui si deve dare il rigore di un vero esperimento scientifico. Nulla in- fatti il chiaro collega ci dice intorno alla famiglia del casellante, cioè se fosse da parecchio tempo distaccata in quel casello o se vi fosse stata mandata per 1' occasione; se i suoi componenti avessero in precedenza avuto malaria o meno; se facessero uso di preservativi speciali, come il chinino, tanto comune in questi agenti ferrovieri che abitano nei luoghi malarici ; se e come si proteggessero durante il giorno o il vespero ; se e quale abitu- dine di vita e di lavoro avessero; se in fine (e questo è quello che ci sembra più grave) sia passato un tempo necessario dopo la pernottazione per giudicare gl'individui esenti di malaria, allora contratta. Ad ogni modo il nostro esperimento , condotto contempo- raneamente a quello del Grassi, rende scevro di ogni dubbio quello deficiente e poco resistente alla critica ottenuto a Mac- carese ; e se il nostro risultato vede con un po' di ritardo la lu- ce, è perchè non è mai soverchia la prudenza in simili ricerche, se non si vogliono disillusioni e controtempi e se si vuole che r esperimento abbia il merito di dirsi condotto con vero rigore scientifico; e in ciò il mio esperimento può ben dirsi il primo. Del resto la benemerita Direzione delle Ferrovie Sicule ave- va, con la generosità che tanto la distingue, quando si tratta di alleviare le sofferenze del suo personale diffuso nelle zone ma- lariche, permesso di stabilire in grande l' esperimento, cioè prov- vedendo di reti metalliche tutte le porte e le finestre della sta- zione di Valsavoja ; e il lavoro preparatorio era a buon porto. Ma mentre da un lato un esperimento così fatto non poteva avere la voluta sicurezza, pei-chè le condizioni degli operai, de- gli agenti, degli impiegati che disimpegnano nelle varie ore del giorno e della notte tante svariate mansioni iu una stazione importante quale è quella- di Valsavoja , non garentivano il ri- La profilassi malarica colla protezione delVuomo dalle zanzare 11 sultato finale che in modo molto relativo , dall' altro il tempo necessario richiesto per provvedere di reti tutte le porte e le fi- nestre andava al di là della stagione malarica che si voleva usu- fruire , e così il nostro attuale esperimento andava anche a fal- lire ; mentre era appunto ciò che si voleva evitare. Rassegnato così il nostro risultato ci rimaneva a studiare dal punto di vista epidemiologico il tempo per lo sviluppo delle zanzare e le varie specie, le condizioni di temperatura e di piog- gia e le cause predisponenti e sociali in rapporto alla più o meno facilità di contrarre 1' infezione e in rapporto allo scoppio e diffusione della malaria ; ma di ciò sarà oggetto un' ulteriore comunicazione. Ed intanto mentre aspettiamo fidenti che le ri- cerche degli studiosi aprano sempre nuovi orizzonti per lo stu- dio di questa infezione che socialmente parlando immiserisce il nostro paese , mi sia permesso ringraziare la Spett. Direzione delle Ferrovie Siculo, per aver fatto istituire queste esperienze e r Ispettore Sanitario Capo Comm. Fontana che me ne diede la direzione con piena fiducia e intiera libertà d' azione , riser- vandosi per suo conto il controllo dell' andamento delle espe- rienze e r ampia discrezione di riferiiuie alle Autorità preposte. Memoria XVII. Sul periodo eruttivo dell'Etna dal 19 Luglio al 5 Agosto 1899 Nota di S. ARCIDIACONO L'esplosione centrale dell'Etna del 19 Inglio 1899, la suc- cessiva manifestazione eruttiva del 25 dello stesso mese e quella del 5 agosto, costituiscono un insieme di fenomeni così interes- santi per la storia del nostro grande vulcano, da meritare , al- meno , una breve nota negli Atti di questa benemerita Acca- demia scientifica. Dopo la lunga e formidabile eruzione del luglio-dicembre 1892, r Etna, a poco a poco, rientrò nel suo stato abituale di riposo: i fenomeni eruttivi limitati solamente al cratere centrale, assunsero nel loro complesso i caratteri di una fase di moderata attività , la quale , col procedere del tempo , andò sempre più indebolendo, sino a ridursi in questi ultimi tempi a delle più o meno vivaci emanazioni di vapore acqueo, anidride solforosa, rare volte d'idrogeno solforato, dai numerosi fumaiuoli sparsi sulle pareti interne e sull' orlo d el grande cratere , interrotte, di tanto in tanto, da periodi brevissimi di mediocri eruzioni di fumo bianco, provenienti dalla gola eruttiva, aperta eccentrica- mente nel fondo, verso NW. Chiuso col dicembre del 1892 uno dei suoi più importanti cicli eruttivi, probabilmente 1' ultimo del secolo XIX, l' Etna ne comincia un altro, e di questo, 1' esplosione centrale del 19 luglio, con le successive manifestazioni vulcaniche del 25 dello stesso mese e del 5 agosto, costituiscono un primo ed interessante episodio. Prima pei-ò di venire alla descrizione del periodo eruttivo Atti Acc. Vol. XIII, Sbrib 4* — Mem. XVII. 1 S. Arcidiacono [Memoria XVII.J di cali ci stiamo occupando, ci sembra necessario di dare qualche breve cenno sullo stato dell' Etna prima del 19 luglio, mettendolo anche in rapporto ai fenomeni geodinamici che mano mano si vanno manifestando, e alle variazioni barometriche, le quali (1), pare, abbiano una certa influenza tanto sui fenomeni eruttivi quanto su quelli sismici; prenderemo le mosse dal primo gennaio dell' anno 1899 , raggruppando detti fenomeni in tre diverse categorie : 1° fenomeni eruttivi centrali , cioè quelli presentati dal ci'atere centrale etneo ; 2» fenomeni eruttivi eccentrici, vale a dire quelli che si manifestano in qualche punto singolai'e del circuito del vulcano, come sarebbe a dire, salse, sorgenti termo- minerali, moiette, ecc. ecc. 'ò" fenomeni geodinamici, interessanti non solo la massa montuosa etnea con le regioni adiacenti, ma anche estese plaghe della superficie tei-restre. Fenomeni geodinamico-eruttivi avvenuti dal 1 Gennaio al 19 Luglio 1899 Oeiiiiaio. Fenomeni eruttivi centrali. — L'Etna in questo mese attraversò un periodo di calma quasi assoluta ; solo nei glorili 1 e 2, con una pressione barometrica un po' inferiore alla normale (76 1"""', 5 e 761"""-, 9) si manifestarono delle emanazioni di vapori bianchi al cratere centrale; nei giorni 3, 4 e 5, con una forte depressione nel giorno 3 (749'°'"-,7) rimase coperto da nubi , epperò non si poterono fare osservazioni sul suo stato eruttivo; nei giorni 10, 1 1 e 12, con barometro un po' alto, cioè 766---,l-762-»-,9-762---,0 rispettivamente , ebbero luogo delle mediocri eruzioni di fumo bianco e tali da costituire dei discreti pennacchi; per il resto del mese, con pressione atmosferica sempre superiore alla nor- (1) Le altezze barometriche souo ridotte a zero e al mare e ricavate dalle osservazioni fatte all' Osservatorio di Catania alle 7'^ in estate e alle &^ in inverno. Std periodo eruttivo dcW Etna dal 19 Lnulio al 5 Af/osto 1899 male, e spesse volte anche al di sopra di 770'"'"-, si ebbe calma quasi perfètta. Fenomeni eruttivi eccentrici — Il giorno 26 del mese, il chia- rissimo sig. Prof. A. Eiccò, Direttore dell'Osservatorio di Catania ed Etneo, visitò l' interessante bacino della Salinella, presso Pa- terno, e tanto i vulcanetti di fango, quanto le sorgenti acidule, furono trovati nello stato normale di calma. L'acqua della sorgente di Fiume Caldo, presso Mineo, fu limpida per tutto il mese; la sua temperatura non si potè misurare per un guasto sopravvenuto al termografo. Fenomeni geodinamici. — Nessun fenomeno geodinamico sensibile ebbe luogo nella 1» decade : solo si ebbero al grande sismometrografo dell' Osservatorio di Catania nei giorni 6 e 10, rispettivamente a 20'', 45" e 8^, 45"", due lievi registrazioni dovute a terremoti di lontana ed ignota origine. Nella 2^ decade, il giorno 1;3, a 1'' circa, e preceduta da una certa eccitazione eruttiva del cratere centrale dell'Etna, si ebbe una sensibile scossa di terremoto a Castroreale (Messina) che svegliò molte persone e fu registrata dal grande sismometrografo dell'Osserva- torio di Catania e da (][ualche altro apparecchio dell'Osservatorio di Mineo. Nella 3" decade, il giorno 22 , altre leggerissime scosse furono indicate o registrate dai soli strumenti di Catania, Messina e Mineo, a 9^ 14"-9^ 15'"-9^ 16°'-ll^ 18"^ e ll^ 19^ tutte ondu- latorie in direzione NE-SW o N-S : queste leggere scosse non furono altro che l'eco di forti terremoti avvenuti nel Pelopon- neso, in Grecia, i quali si propagai'ono sino a noi e misero in leggera agitazione i nostri strumenti sismici. Febbraio. Fenomeni eruttivi cenlraìi. — Continua la calma all' Etna nel mese di febbraio; nei giorni 3, 6 e 17 con una pressione barometrica di 752,'""'- 3-763,'"'"- 8 e 766,'""'- 6 rispettivamente , S. Arcidiacono [Memoria XYII.] si ebbero delle emanazioni, di mediocre intensità, di vapori bian- chi al cratere centrale, le quali si fecero piuttosto forti, col ba- rometro a 752,'"°'- 6, nel giorno 1, e tali da costituire un piccolo pennacchio; nei giorni 5, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 16, 18, 19, 20, 21, 22, 24, 27 e 28, con barometro sempre al disopra della pres- sione normale, e spesse volte anche superiore ai 770°"°- , si ebbe calma quasi assoluta ; nei giorni 2, 4, 7, 14, 15, 23, 25, e 26, il vulcano rimase coperto da nubi, opperò non si poterono tare osservazioni sul suo stato eruttivo. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Calma ai vulcani di fango della Salinella, presso Paterno; le acque della sorgente di Fiìime Caldo , in quel di Mineo, sgorgarono limpide per tutto il mese, con una temperatura media di 21°, 2. Fenomeni geodinamici. — Al primo del mese ebbe luogo una Wo-erissima scossa di terremoto a Messina, a 12*", 22", indica- ta dal solo sismoscopio a verghetta : notiamo che in questo gior- no si ebbe una pressione atmosferica più tosto bassa (752,°""- 5) ed una certa eccitazione eruttiva al cratere centrale etneo, con forti emanazioni di vapori bianchi; il giorno 2, a Mineo, a 2^\ 26™ e 2'' , 48™ , si ebbero altre due leggerissime scosse : la seconda più forte della prima , entrambi registrate dai soli strumenti e registrata pui-e dal grande sismometrografo dell' Osservatorio di Catania. Il giorno 27, con il cratei-e centrale calmo, a 14'', 30" circa, a Reggio Calabria, fu indicata dall' avvisatore Galli-Bras- sart , una leggera scossa di terremoto ondulatorio , in direzio- ne N-S , avvertita da molte persone che si trovavano allo stato di quiete; in quel gioi-no il barometro segnava la pressione at- mosferica di 766,"™- 6. Marzo. Fenomeni eruttivi centrali. — Nei diciannove giorni nei quali si poterono fare osservazioni sullo stato eruttivo dell' Etna , fu constatata calma al ci-atere centrale, come nei mesi precedenti; Sid. periodo eruttivo dell' Etna dal 19 Luylio al 5 Agosto 1S99 si ebbero solo nei giorni 3, 16, 19, 22 e 29, con barometro al- to sin quasi a TTl""""-, tranne dei giorni 19 e 22, nei quali era intorno ai 758'""'-, delle emanazioni piuttosto vivaci di vapori bianchi, che si fecero anche folti e tali da costituire un piccolo pennacchio, il giorno 9 con la pressione barometrica di 763,"''"- 6; il giorno 2, con barometro a TTO,"""- 6, si ebbero delle mediocri eruzioni di fumo bianco; nei giorni 1, 4, 5, 6, 8, 17, 18, 23, 27, 28, 30, e 31, con barometro piuttosto elevato (sino a 773'^'"-J si ebbe al cratere centrale calma quasi assoluta ; nei giorni 7, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 20, 21, 24, 25, e 26, il vulcano rimase coperto da nubi. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Nessun fatto straordinario av- venne nel mese ai vulcani di fango della Salinella, pi-esso Pa- terno, essi continuano a permanere nello stato di calma, in cui da lungo tempo si trovano. Le acque della sorgente di Fiume Caldo , presso Mineo , sgorgarono sempre limpide , con una temperatura costante di 21°, 1. Fenomeni geodinamici.— In questo mese non si è registrato alcun movimento sensibile del suolo siciliano e delle isole adia- centi, si ebbe solo una leggerissima scossa di terremoto ondula- torio a Mineo, in direzione N-S, il giorno 20, registrata dai soli strumenti. Ma se la Sicilia rimase calma, in apparenza , fu in- vece ripetutamente agitata da minini movimenti, insensibili al- l' uomo, prodotti dal passaggio di onde sismiche provenienti da lontanissime regioni battute da forti terremoti. Così nei gior- ni 7, 21 e 23 si ebbero al grande sismometrografo dell'Osserva- torio di Catania delle registrazioni più o meno lievi accennanti a scosse di terremoto di lontana origine, specialmente nel gior- no 23 se ne ebbero due: una da IP, 34»", 15^ a 12'\ 50"", 00^ e l'altra da 15^ 18^ OV a i6^ 17^ 26^; quelle dei giorni 7 e 21 ebbero luogo rispettivamente da 2'\ 18"", 14^ a 2\ 22-", 56' e da 15^ 46"", 24' a 16^ 08'", 48'. S. Arcidiacono [Memoria XVII.] Aprile. Fenomeni eruttivi centrali. — Continua anche nel mese di aprile la calma al cratere centrale dell' Etna : difatti si ebbero delle debolissime emanazioni di vapori bianchi, appena visibili , nei giorni 4, 7, 9, 10, 11, 14, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 24, 25, 26, 28 e 29 col barometro rispettivamente a 766,°^"^- 2-766,"""l- 755,"^'"- 7-756,">"- 3-764,'"'"- 3-759,™- 9-762,'"'"- 2-766,'""'- 0-766,""" 0- 7g^ mm. i.761,'>"™-2-7G3,°^'"- 3-763,"^°"- 6-762,'""- 8-764,"^™- 5-76l,""°-7- 757°""-, 7 e "eS,"""- 6. Dette emanazioni si fecero un po' forti , e di tinta un po' grigia, nei giorni 1 e 2, per i quali si ebbe al barometro rispettivamente 764'""-, 1 e 767°''"-,l; ancora più forti, ma bianchi, nei giorni 8 e 12 con una pressione atmosferica normale. Furono notate poi notevoli eruzioni di fumo bianco, da costituire dei mediocri pennacchi, nei giorni 3, 27 e 30 con la pres- sione barometrica rispettivamente di 768,'"'"-6-756,°""-7 e 762,'"'"-6. Il vulcano rimase coperto da nubi nei giorni 5, 6, 13, 16, e 23. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Continua la calma ai vulcani di fango della SciUneìla , presso Paterno — L' acqua di Fiume Caldo, vicino Mineo, sgorgò sempre limpida , con una tempera- tura media di 21°, 9. Fenom.eni geodinamici. — In questo mese si ebbero nei giorni 2 e 7 due leggerissime scosse di terremoto a Mineo , rispettiva- mente a 7'', 45"" e 21'\ 5"" , registrate solamente dagli strumenti: la prima preceduta ed accompagnata da forti emanazioni di va- pori un pò grigi al sommo cratere etneo , la seconda accadde , invece, mentre questo era in calma quasi perfetta — Nei giorni 6, 8 e 15 altri leggerissimi movimenti turbarono la calma del suolo, ma queste altre volte più estesi, tanto da essere registrati dagli strumenti sismici di Catania , Messina e Mineo e rispetti- vamente a 18\ 30'"-9'', 30"" e 6^: il giorno 6 l'Etna era coperto da nubi, 1' 8, poco prin^a della scossetta, a 8'^ cominciarono delle fortissime emanazioni di vapori bianchi, il 15, il cratere centrale Sul periodo eruttivo dell' Etna dal 19 Lu'iio. Fenomeni eruttivi centrali. — Calma quasi assoluta si ebbe al cratere centrale nei giorni 1, 3, 15 17, 21, 22, 23, 25, 27 e 28 con pressione atmosferica variabile fra 758'"°'' , 5 e 767™-™8 ; comparvero delle deboli a debolissime emanazioni di vapori bian- chi nei giorni 13, 14, 18, 20 e 29 col barometro rispettivamente a 761""'"- , 1 - 757-""- 7 , - 759""- , 8 - 759'"'"- , 5 e 764'"'°- , 9 ; tali emanazioni si fecero un po' forti nei giorni 4, 16, 19, ^6, 30 con barometro a 766,"™' il 4 e presso che normale, o di poco supe- riore, negli altri giorni; emanazioni forti e di tinta un po' gi'igia il 10 con pressione atmosferica di 764"™- , 6 ; fortissime e tali da costituire dei piccoli pennacchi bianchi nei giorni 6, 9, 24, con barometro rispettivamente a 769,™™- 6, - 764,™™- 2 e 765,™™- 1; si ^1) Vedi : S. Arcidiacono — Su} terremoto del 3 magqio 1899 — Bollettino dell' Aecade- iiiia Gioeuia di Catania — Fascicolo LX — Giugno 1899. >S)(l perìodo eruttico dclP Etna dal 19 LìujUo al 5 AfioMo 1899 ebbero poi notevoli eruzioni di fumo bianco nei giorni 5, 7 e 8 con la pressione atmosferica media di 766'"°'-, 8. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Continua imperturbata la calma ai vulcani di fango della Salineìla, presso Paterno; l'acqua di Fiume Caldo, vicino Mineo, sgorgò al solito sempre limpida, con una temperatura media di 22°, 9. Fenomeni geodinamici. — Il mese di giugno passò quasi in- tieramente calmo in rapporto ai movimenti del suolo: nessun terremoto sensibile fu annunziato dalle molte stazioni sismiche della Sicilia e delle isole adiacenti ; il giorno 30 però , s' iniziò un importante periodo geodinamico che ebbe il suo svolgimento specialmente alla base orientale dell' Etna in alcune borgate a nord di Acireale. Difatti il signor A. Cali Pire ci fece sapere per il primo che, a Mangano, località vicina al mare fra Acireale e Giarre, nella giornata del 30 furono avvertite diverse scosse di terremoto : questa notizia assai indeterminata , venne più tardi confermata ed illustrata da informazioni forniteci gentilmente dal chiaris.'"'' signor Prof. Giovanni Platania da Acireale. Egli ci scrisse che, le scosse di terremoto del 30 giugno, avvertite a Malati, Guardia, Mangano, ecc. borgate giacenti a nord di Aci- reale, furono piuttosto forti : la prima ebbe luogo verso le 4'', la seconda a 6^ circa, una terza verso mezzogiorno. Il Dott. Liberatore Castellano ci scrisse poi da Filicudi che, nello stesso giorno 30, a 22'^, 15"" scoppiò in quell' isola, appar- tenente al gruppo delle Eolie, una forte scossa di terremoto on- dulatorio, in direzione N-S, della durata di circa 2", seguita da altre cinque nell'intervallo di tempo di 1'', ^'4, cioè da 22^, 7^ a 24'"; meno forti, ma molto sensibili. Tutti gli abitanti furono sve- gliati e spaventati, sì che si riversarono nelle vie gridando; i cani latravano e anch' essi spaventati correvano all'impazzata. Tutte le scosse furono accompagnate da rombo; molti fabbricati furono lesionati e lo spavento dura ancora (1 luglio) nella popolazione (1). (1) Colgo questa occasioue per ringraziare vivamente tanto a nome dell' Osservatorio di Catania, quanto a nome mio, i signori Prof. Giovanni Platania e Dott. Liberatore Castellano, per le superiori interessantissime notizie con cortese sollecitudine forniteci. Atti Acc. Vol. XIII, Serie é"* — Mem. XVII. 2 10 »S. Arcidiacono [^Memoria XVII.] Nel mese di giugno , inoltre , abbiamo avute delle leggere pei'turbazioni al gi-ande sismometrografò dell'Ossei-vatorio di Ca- tania per movimenti di suolo lievissimi provocati da terremoti scoppiati in lontane regioni : una prima si ebbe il giorno 5 da 5^, 42" , 47" a 6'', 44°^, 46"; una seconda il giorno 14 , da 12'\ 20°^, 00" a 1(3'\ óO"", 08" e una terza il giorno 17 da 2'', 27°\ 22" a 2^ SS"", 09". liUg'lio (fino al 18). Fenomeni eruttivi centrali. — Cratere centrale etneo calmo nei giorni 1, 2, 6, 7, 8, 10, 11, 16, e 17 con pressione atmo- sferica di poco superiore alla normale (in media 763,°""- 7) ; con emanazioni piuttosto forti di vapori bianchi nei giorni 5, 9 e 18 con barometro tendente a discendere e rispettivamente segnan- te : 764,""'"- 6-762,'"'"- 6 e 759,'"'"- 6 ; fortissime e tali da costitui- re dei piccoli pennacchi nei giorni 3, 4, 12, 13 e 15 con baro- metro a 762,™°'- 5 in media ; si ebbero mediocri eruzioni di fu- mo bianco il 14 con la pressione atmosferica di 760,""- 8. Fenomeni eruttivi eccentrici. — Calma ai vulcani di fango della Salinella, presso Paterno ; l' acqua di Fiume Caldo, vicino Mineo per tutti i 18 giorni sgorgò limpida , con una tempera- tura media di 22°, 7. Fenomeni geodinamici. — Il periodo geodinamico iniziatosi nelle prime ore del giorno 30 dello scorso giugno, continua con intensità crescente nel mese di luglio : difatti il sig. Prof. Gio- vanni Platania ci scrisse: « 11 sabato, 1° luglio, dojJO 24 ore '< precise, (come asserisce il castaido) cioè verso le 4'', fu avver- « tifa a Guardia , e nei dintorni, una scossa di terremoto ab- « bastanza forte, che produsse rovesciamento di mobili; le scosse « si ripeterono con minore intensità a diversi intervalli, ed era- « no spesso accompagnate da boati. Alcune persone asseriscono « di avere avvertito in Acireale ima prima scossa che produsse « tintinnio di campanelli e cigolìo di mobili, imposte, solai ecc. iSiil periodo eruttivo dell' Etna dal 19 TakjUo al 5 Agosto 1899 11 « poco prima dell' una e un'altra verso le 4^ (quella stessa av- « vertita a Guardia). Anche a Santa Venerina la scossa delle 4'' fu indicata dai soli strumenti , giusto quanto ci scrisse l' intelligente e solerte Capo-ufficio telegrafico, sig. A. Cali Piro. « Il giorno 2, continua il Prof. Platania, poco prima delle « 6'' , si avvertirono dei terremoti, che si ripeterono ad intervalli « diversi — Ad Acireale furono notati da poche persone, ma nelle « borgate suddette (Malati, Guardia, Mangano, ecc.) furono assai « forti e produssero lesioni nei fabbricati — Le pei'sone che erano « raccolte nella chiesa di Guardia per la messa, alla prima scossa « furono colte da panico e si rivei'sarono fuori ; dopo qualche « tempo rientrarono, ma una nuova e più forte scossa produsse « maggi(5re spavento : i muri della chiesa furono lesionati, altre « lesioni si ebbero in diverse ville, nella stazione ferroviaria di « Mangano ed in un casello poco distante ; alcuni muri di cam- « pagna furono rovesciati, anzi si dice di una bambina che sa- « rebbe rimasta ferita sotto uno di tali muri, ma io non ho potuto « accertarmi di questo fatto — Ad Acireale gli strumenti sismici « non diedero alcuna indicazione di movimenti del suolo. Le due superiori scosse, che il Prof. Platania dice avvenute a Guardia poco prima delle 6^ , devono essere certamente quelle stesse indicateci da Zaffe rana Etnea e da Santa Venerina , av- venute colà la prima a S** , 49"" , la seconda a 5'' , 64 — A Zaffe- rana Etnea la prima scossa fu ondulatoria N-S , la seconda sus- sultoria , entrambe avvertite generalmente dalla popolazione ; a Santa Venerina tutte e due le scosse furono ondulatorie , sensi- bili alle persone ed accusate anche dagli strumenti. Il prelodato sig. Cali Piro poi ci fece conoscere , concorde- mente a quanto sopra ci scrisse il Prof. Platania, che le predette due scosse furono piuttosto forti anche a Mangano (centro abi- tato), Carico di sotto, Mangano (stazione ferroviaria), Guardia, Stazzo e Puzzino. A Guardia la messa fu celebrata all' aperto, a Mangano sta- 12 S. Arcidiacono [Memoria XYII.J zione, gii impiegati si ricoverarono per qualche tempo nei carri ferroviarii, le case furono leggermente lesionate, gli abitanti im- provvisarono delle capanne per ricoverarvisi. In corrispondenza di questa straordinaria agitazione di una piccola parte della base orientale dell' Etna, il gi-aude sismome- trografo dell' osservatorio di Catania si mostrò mediocremente agitato, accusando delle rapide e poco ampie vibrazioni del suolo da 5'\ 47°^, 08% a 6\ 54"", 02% e da 7*^ , 54^68% a 7^55^43^ Il giorno 3 a IS"", 9", si ebbe a Messina l'indicazione di un lievissimo movimento ondulatorio del suolo da parte di un solo sismoscopio ; 1' 8 il chiarissimo sig. Prof. Ricco , ci diede comunicazione dall' Osservatorio Etneo di un'altra scossetta on- dulatoria, in direzione E-W, accusata dall'avvisatore Gralli-Bras- sart e da un sismoscopio a dischetto , non avvertita dalle per- sone, avvenuta a 7'\ 27°'; il 13 a Mineo a 12% 46"", e a Messina a IS*" , circa si ebbero altre due indicazioni strumentali di lie- vissimi movimenti del suolo; come pure il 15 , nelle predette due città: a Mineo a 6^, 31"", e 7'', 45"^, e a Messina a 7% 43°", furono notate altre leggerissime perturbazioni sismiche da parte dei soli strumenti ; quella delle 7'', 45", accennata anche dal grande sismometrografò di Catania. Questo strumento inol- tre in occasione di terremoti di più o meno lontana ed ^ignota origine, diede altre e più notevoli registrazioni nei giorni : 7, da 10% IG'", 40^ a 10% 53°, 59% 11 da 8% 39% 49% sin oltre le 9''; il 12, da 2% 40°^, 17^ a 4% 08", 23^ e da 16% 03% 14% a 17% cir- ca ; il 14 da 14% 45", 12^ a oltre le 16°. Come si vede, nella prima quindicina di Luglio il suolo siciliano fu molto agitato , sia per terremoti puramente locali , come anche per terremoti di lontana o lontanissima provenienza: abbiamo avuto cioè una straordinaria attività sismica estesa non solo a parte della nostra Sicilia, ma anche a grandissime plaghe della superficie terrestre. Il breve ed intenso periodo sismico dei primi due giorni del mese di Luglio, che interessò una ristrettissima zona dell' e- Sul periodo eruttivo dell' Etna dal 19 Luglio al 5 Agosto 1899 13 stremo versante di est-sud-est dell' Etna , dovette avere il suo centro di scuotimento, o ipocentro, assai poco profondo, giaccliè le onde sismiche superficiali , sensibili all' uomo, non arrivarono fino a Catania, distante appena dalle località maggiormente col- pite (Guardia e Mangano) 20 chilometri. Biepìlogo. Riassumendo brevemente quanto sin qui abbiamo detto in- torno allo stato eruttivo dell' Etna e su quanto avvenne di no- tevole dal 1° gennaio a tutto il 18 luglio 1899 in fatto di feno- meni geodinamici , possiamo dire che il nostro grande vulcano da un pezzo si trovava allo stato di riposo, interrotto di tanto in tanto da brevissimi e poco notevoli periodi di mediocri eru- zioni di fumo sempre bianco. A questo stato di riposo corrispose una mediocre attività geodinamica che nei mesi di maggio e giugno raggiunse due massimi : il primo sul versante sud-ovest del monte , col forte terremoto di Santa Maria di Licodia , Ra- galna, Biancavilla e Belpasso, avvenuto nelle ultime ore del giorno 3 maggio ; il secondo sul versante opposto orientale coi forti ter- remoti di Guardia, Malati, Mangano, Carico, Stazzo, Puzzillo, ecc. successi alla fine di giugno e al principio di luglio. In quanto all'influenza più o meno diretta delle variazioni della pressione atmosferica sui fenomeni vulcanici in generale (siano essi geodinamici od eruttivi), messa in evidenza dal Prof. 0. Silvestri nel lungo periodo di tempo gennaio 1880 , marzo 1883, noi, dalla breve cronaca esposta, dal 1° gennaio al 18 luglio non possiamo ricavare nulla di concludente : senza pei'- derci per ora in tanti minuti particolari, possiamo dire in ter- mini generali che nei sei mesi e mezzo che precedettero 1' esplo- sione centrale dell' Etna del 19 luglio 1899, non si ebbe una perfetta corrispondenza tra le variazioni della pressione atmosferica ed i fenomeni vulcanici presentati dal; cratere centrale etneo ; del l'esto avremo occasione in appresso di occuparci di tale 14 S. Arcidiacono [Memoria XYII.] importante argomento ed allora lo faremo con maggiore atten- zione ed estensione. l^splosioiie del 19 luglio. Così stavano le cose sino a tutto il 18 luglio del 1899. La mattina del 19 si aveva una pressione atmosferica poco dissimile della normale, cioè 759,°"°- 3, ed osservato il cratere centrale etneo alle G,^ 7^' e poco prima delle 8,*^ si trovava quasi calmo: solo si vedevano appena delle debolissime emanazioni di radi vapori blandii esalanti dai pochi fumaiuoli aperti ai lati di ovest e nord-ovest dell' orlo ; alle 8'' in punto ebbe luogo una formidabile esplosione, per la quale s' innalzò con estrema vio- lenza alla smisurata altezza di più che 5000 metri al di sopra della cima del vulcano, uno di quei giganteschi e cai'atteristici pini eruttivi di fumo grigio, cosi bene descritto da Plinio il vecchio in occasione della famosa eruzione vesuviana dell'anno 79. Spirava in quella mattina nelle alte regioni dell' atmosfera un forte vento di Maestro e la grandiosa e proteiforme massa di vapori misti a cenere venne spinta verso Scirocco, aumentando enormemente in grandezza e trasformandosi in mille guise nel- r aspetto, sì che presto prese la forma di un immenso nembo oscuro allungato straordinariamente verso sud-est e di cui rimase coperto gran parte del cielo ed oscurato il sole. Il tempo era incerto, delle nubi teinporalesche si ammassarono subito attorno all'Etna ricoprendo gran parte del suo profilo e ben tosto comin- ciarono a sciogliersi in pioggia calda, la quale, cadendo insieme con la cenere eruttiva, sciolse da questa delle sostanze acide così che macchiò in rosso le vestimenta di alcuni mulattieri di Pedara, die in quel momento salivano verso le tacche della neve. (1) Al momento dell' esplosione parve, a chi scrive questa breve nota, di sentire qualche cupo rumore, come di rombo sotterraneo. (1) Depositi eli lieve, per lo più aiiiinnodiiata in grotte o Talloiicelli e ricoperta da imo spesso str.ato di sabbia vuloanioa per difenderla dai calori estivi : tali de])Ositi si trovano al limite tra la regione boschiva o ntmorosa e la regione deserta dell' Etna. IStd periodo eruttivo dell' Etna dal 19 Luglio al 5 Agosto 1S99 13 ma non potè subito accertare il fatto, essendo a quell' ora il frastuono cittadino bastantemente intenso da coprire rumoj-i : a Nicolosi, Zafferana Etnea, Santa Venerina furono intesi ben distintamente dei forti e prolungati rombi contemporaneamente all' esplosione del cratere centrale etneo. Alle O** la grandiosa massa di vapoi-i eruttivi si era già dileguata dal cielo di Catania, il sole cominciò a risplendere e di essa non rimaneva ancora che qualche lembo in forma di strato, perduto negli estremi limiti di sud-est dell' orizzonte. Analizzata dal sig. Prof. Ricco la luce solare attraverso la nube eruttiva con uno spettroscopio, non si trovò nulla di straordinario. Gli strumenti sismici dell' Osservatorio di Catania non diedero nessuna indicazione di movimenti del suolo ; solamente i tromometri, osservati poco dopo l'esplosione, cioè alle 8'\ 7i> s^i mostrarono leggermente agitati, mentre prima, tranne il corto, erano perfettamente calmi. Riportiamo qui appresso lo specchietto delle osservazioni tromometriche fatte nel giorno 19. ORA TROMOMETRI LUNGHI m. 3,10 m. 1,50 m. 0,50 Direzioue Parti Direzioue Parti Direzione Parti 7 8,14 9 10,34 12 12,45 14 15 16 17 21 Fermo N. S. Irregolare Fermo Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. 0, 0 1, 0 0, 5 0, 0 0, 0 0, 0 0, 0 0, 0 0, 0 0, 0 0, 0 Fermo NE-SW Id. Fermo Id. Id. Id. Id. Id. NE-SW Id. 0, 0 2, 0 0,4 0, 0 0, 0 0, 0 0, 0 0, 0 0, 0 0,2 1,0 NW-SE NE-SW E-W N-S Fermo Id. Id. Id. Id. Id. NW-SE 2,0 1, 0 0, 3 1, 5 0, 0 0, 0 0, 0 0,0 0, 0 0, 0 0,5 16 iS. Arcidiacono [Memoria XYII.] Dal superiore specchietto risulta chiaramente che dei tre tromometri, quello corto, di m. 0,50, solaruente mostrò una no- tevole, anzi possiamo dire straordinaria agitazione, qualche tempo prima, alle 7^ , dell'esplosione centrale dell'Etna, segnando già 2 divisioni della scala micrometrica, in direzione NW-SE; il lungo di m. 3,10 ed il norrnale, a quell'ora erano fermi. Poco dopo del- l'esplosione, il lungo segnò appena uua divisione, in direzione N-S, il normale 2 divisioni in direzione NE-SW ed il coi-to aveva già diminuito l'ampiezza delle sue oscillazioni sino a metà, segnan- do 1 divisione in direzione NE-SW, cioè normale alla precedente; alle 9"" il moto tromometrico era ridotto a pochissima cosa, alle 10'\ V'a circa, i detti strumenti, tranne il corto, ricaddero in cal- ma quasi perfetta restando in questo stato per tutto il resto della giornata. Il erande sismometi-ografo anch'esso rimase insensibile alla «•randiosa manifestazione eruttiva del vicino Etna. Nella giornata stessa del 19 arrivarono telegrammi da Santa Venerina, Zafferana Etnea, Nicolosi, Ranclazzo , con i quali si davano notizie della formidabile esplosione del cratere centrale, ma nessuno di essi accennava a movimenti del suolo; il silenzio mantenuto dalle altre numerose stazioni sismiche sparse attorno all' Etna, ci fece sicuri che nessun terremoto sensibile fu avver- tito dalla densa popolazione che abita le falde ed i i3an,chi del grande vulcano; solo il signor Gulisano, da Zafferana Etnea, ci diede notizia di una leggera scossa di terremoto sussultorio, ac- compagnata da prolungato rombo ed avvertita da poche persone, avvenuta contemporaneamente all'esplosione del cratere centrale. Adunque nessun movimento notevole del suolo accompagnò la grandiosa manifestazione eruttiva del nostro vulcano; una sola leggerissima scossa fu avvertita in un sol punto, Zafferana Etnea, dell'intiero circuito dell' Etna e delle rapide vibrazioni vennero indicate prima, contemporaneamente e dopo dell' esplosione, da qualche strumento dell' Osservatorio di Catania : vibrazioni che per il loro breve periodo oscillatorio, influenzarono di preferenza Sul periodo eruttivo dell' Etna dal 19 Tjuglio al 5 Agosto 1S99 17 il tromometro corto, di m. 0,50, lasciando quasi indifferenti gli altri due ed il grande sismometrografo col j^endolo lungo m. 25,30 e con una massa di 300 chilogrammi. Alle IO*" l'Etna era coperto da nubi e così rimase per tutto il resto della giornata; né alla sorgente di Fiume Caldo, presso Mineo, né nei vulcani di fango della Salinella, vicino Paterno, si ebbe a notare alcun fenomeno straordinario. L'indomani, 20, tutto il cono terminale dell'Etna, la plaga del Piano del Lago che giace a sud-est del predetto cono, le alte e ripide pendici della Serra Griannicola, comparvero da Catania coperti di cenere, che col suo colore gialliccio spiccava beninissimo sul campo oscuro della massa del vulcano : detta cenere poi cadde anche in tenue pioggia fino a Pedara, Trecastagne, Zafferana-Etnea, Aci Sant' Antonio, Aci Catena, e al mare, insomma su tutto il versante sud-est della montagna. Il siff. Direttore dell' Osservatorio di Catania ed Etneo nella stessa giornata del 19, telegrafò al custode Antonio Galvagno , residente a Nicolosi, ordinandogli di recarsi subito sull'Etna per osservare e riferire tutto quanto avvenne lassù in conseguenza dell'esplosione del cratere centrale. Il Gralvagno andò all'Osservatorio Etneo e giunto colà, non potè compiere per il forte vento ed il fitto fumo 1' ascensione del cono terminale; diede però una particolareggiata e sconfor- tante relazione sui danni sofferti dall' edifizio in causa dell' eru- zione. La grande cupola semisferica di lamiera di fen-o spessa 2 m.m. fu addirittura crivellata da una pioggia di grosse pie- tre , alcune delle quali del diametro di 30 centimetri , e sfon- darono anche il sottostante solaio di legno del 1° piano , an- dando a conficcarsi nel pavimento del piano terreno : una cad- de proprio sul letto dove soleva dormire il custode Gralvagno. Que- ste pietre dovevano avere, cadendo, un' alta temperatura, giac- ché il legno del solaio da esse attraversato, mostrava delle trac- cie evidenti di ustione, inoltre ridussero in cenere un mucchio di Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4^ — Mem. XVII. 3 18 8. Arcidiacono [Memoria XVII.] secco concime , ammassato vicino la stalla dell' Osservatorio. L' ing. Mascari , assistente astronomo dell' Osservatorio, inoltre ci fece conoscere che, sul coperto delle stanze di riunione e da dormire si riscontrarono le traccie di 17 colpi di pieti-e , che due dei buchi più ampli avevano il diametro di 12 centimetri, che sul resto del coperto dell' edifìzio caddero più di 43 pietre. Il foro per cui entrò e cadde sul letto del custode Galvagno il grosso sasso , aveva il diametro di circa 20 centimetri ! un altro ampio buco trovavasi alla base del camino nella parte del fabbricato assegnato al Club Alpino ; i fori riscontrati sulla cupola erano 26. Nel terreno circostante all' Osservatorio Etneo, furono ti-o- vate dal Galvagno delle ampie e profonde buche, scavate dalla violenta caduta di grossi frammenti di lava lanciati dal cratere centrale: la zona del terreno bombardata si estendeva sino alla collina della Torre del Filosofo, cioè alla distanza orizzontale di circa 1600 metri dall'asse eruttivo. Il Galvagno inoltre trovò scaricati gli avvisatori sismici Galli-Brassart; esaminata la zona di carta dell' apparato registratore della pressione atmosferica, umidità e temperatura, che allora funzionava regolarmente allo Osservatorio Etneo, si trovò in corrispondenza della esplosione del cratere centrale un rapido e momentaneo aumento dell' umi- dità e della temperatura dell' aria, nessuna variazione si riscontrò nel diagramma della pressione atmosferica, si trovò però un puntino nero prodotto dalle rapide vibrazioni della penna scri- vente, mossa sicuramente dai tremiti del suolo che al momento dell' esplosione si verificarono. L'esplosione del cratere centrale etneo, avvenuta il 19 lu- glio, fu veramente formidabile e superò di gran lunga in vio- lenza quelle che precedettero le eruzioni del 1886 e 1892; né si ha nella storia notizia alcuna, a cominciare dai primi anni del secolo XIX, epoca in cui fu eretto dai benemeriti fratelli Gemmellaro, Mario e Carlo, il modesto ricovero da loro chiamato Sul periodo enittiro dell' Etna dal 19 Luglio al 5 Agosto 1899 19 la Gratissima, (1) nel sito ove ora sorge 1' attuale Osservatorio Etneo , di danni sofferti dai fabbricati in conseguenza di esplo- sioni del vicino cratere centrale. Sebbene in minori proporzioni, una manifestazione eruttiva del genere di quella odierna si ebbe al 17 ottobre del 1890; anzi mi piace di riprodurre qui la breve comunicazione che allora io feci alla stampa cittadina per togliere di mezzo alcuni equivoci creati da corrispondenti di giornali malamente informati, eccola: « Verso le ore 7, 45 del giorno 17 corrente mese di ottobre, « dopo un lungo periodo di calma, ebbe luogo al cratere centrale « dell' Etna una imponente eruzione di vapori misti a cenere « che s' innalzarono a grande altezza formando un pino colos- « sale che subito venne disperso verso la valle del Bove da un « forte vento di ponente. « Poco dopo , verso le ore 8 , il cratere del vulcano era « completamente sgombro e mandava fuori deboli eaìanazioni « di vapori eruttivi spinti dal vento verso l'alta valle del Leone. « Il grandioso fenomeno si compi tranquillamente, senza « dar luogo a manifestazioni geodinamiche di grande rilievo, « se si eccettui un leggero movimento sussultorio segnalato da « Giarre, alle ore 9, 20 ant. della stessa gioi'nata. « Gli strumenti dell' Osservatorio Geodinamico Centrale di (1) È noto come nel 1804 il ciotto Mario Gemmellaro, che il conte Brocchi chiamaTa assiduo scrutatore dei fenomeni etnei, costruiva a sue spese, alla base del cono toriuiuale del- l'Etna, all' altezza di m. 2942 sul livello del mare, un modesto ricovero per i viaggiatori, e che egli chiamò la Gratissima. In quell' epoca trovavasi ancorata nel porto di Messina la flotta d' occupazione inglese e molti dei suoi ufficiali, con a capo il generale lord Forlies, vollero intraprendere la salita del nostro vulcano; in quella fortunata occasione, il Gemmellaro non mancò di far rilevare agli ufficiali inglesi la insufficienza della Gratissima a prestare uu ricovero ai viaggiatori, e molto meno, a offrire i comodi più necessari a qualche scienziato che si fosse recato lassù per istudiare 1' Etna; e fu allora che propose ad essi di costruire in quella località uu fabbricato più ampio e piìi comodo. Lord Forbes ed i suoi ufficiali accol- sero con entusiasmo la proposta del Gemmellaro e subito aprirono tra di loro una contribu- zione, mercè della quale si potè costruire in pochissimo tempo un casamento con tre camere, due ritiri ed un' ampia stalla, chiamato Casa degV Inglesi; questo casamento iu seguito fu incorporato all' Osservatorio Etneo. 20 S. Arcidiacono [Memoria XVII.J « Catania si mantennero in una calma quasi assoluta, solamente « il tromometro normale si mostrò leggermente agitato fino a « 2 parti della scala micrometrica, compiendo le sue oscillazioni « in direzioni variabilissime da nn istante all' altro. « Da Gria.rre e da Zafferana Etnea, inoltre, si dà notizia « di una, tenue pioggia di cenere, caduta in quelle località in « conseguenza dell' eruzione sopra cennata. « Nessun altro fenomeno è sopravvenuto a quello da noi « ora descritto, sicché possiamo assicurare che l' Etna, per ora, « è rientrato nello stato di calma in cui si trovava prima del « 17 Ottobre 1890. » Se togliamo la maggiore violenza dell' esplosione del 19 luglio 1899 ed i danni prodotti da essa, con il lancio delle pietre al fabbricato dell' Osservatorio Etneo, la riportata breve descrizione del fenomeno eruttivo avvenuto nell'Ottobre del 1890 si potrebbe perfettamente applicare a quello odierno e di cui ci stiamo occupando. Fenomeni eruttivi eccentrici del 19 luglio. — Nessuno: l'acqua della sorgente di Fiume Caldo, presso Miueo, sgorgò limpida, con una temperatura di 22°, 5 ; i vulcani di fango della Salinella, vicino Paterno, rimasero, come al solito, perfettamente calmi. Fenomeni geodinamici. — Lo abbiamo detto più sopra : il giorno 19, in concomitanza della formidabile esplosione centrale etnea, si ebbero pochi fenomeni geodinamici e di pochissima im- portanza ; nel pomeriggio, da 14^, 21"\02^ a 14'', éS"^, 52% si ebbe una lieve agitazione al grande sismometi'ografo dell'Osservatorio di Catania cagionata dal passaggio di leggiere onde sismiche pro- venienti da un epicentro non tanto lontano; difatti a 14^^, 19" scoppiò un foi'tissimo terremoto che arrecò spavento e danni più o meno considerevoli nella massima parte dei Castelli Eomani , ed in pai'ticolar modo a Frascati, Marino e Grottaferrata, dove r intensità della scossa, secondo la scala proposta dal Prof. Mer- calli, sarebbe stata del grado Vili, cioè roviìiosa. Al di fuori dell' area epicentrale racchiudente queste tre lo- ISul periodo ertittivo dell' Etna dal ID Luglio al 5 Agosto 1S99 calità, si ebbe : ]' intensità del grado VIII-VII a Squarciarelli e Mondi-agone ; del grado VII a Rocca di Papa , Monte Porzio , Montecompatri, Albano Laziale , Ariccia ; del grado VII-VI ad Anzio e Roma ; del grado VI a Castel Grandolfo, Genzano, Genaz- zano, Nemi, Nettuno e Rocca Priora ; del grado VI-V a Velletri, Zagarolo ; del giudo V a Canterano, Colonna, Mentana, Tivoli, del grado V-IV ad Anguillara Sabazia, e Poggio S. Lorenzo; del grado IV- a Fiumicino, Rieti e Subiaco ; del grado IV-III ad Isola del Liri e Nemi ; del grado III ad Avezzano, Fondi, Guar- cino, Isernia, Palo, Palombara , Ponza, Scandriglia e Vetralla ; del grado II ad Androdoco, Borghetto , Cervetri , Fiamignano , Purbara, Magiiano, S. Pietro in Fine, Sessa Aurunca , Spoleto, Ventotene — Le onde sismiche poi, leggerissime ed insensibili al- l'uomo, continuarono il loro cammino oltre i limiti segnati dai superiori centri abitati , ed agitarono leggermente verso sud il grande sismometrografo dell' Osservatorio di Catania, a 612 chilo- metri di distanza dall'area epicentrale, e verso nord gli strumenti sismici di Lubiana a 480 chilometri di distanza. Come si vede , questo forte terremoto ebbe la sua origine sul versante di nord- ovest dell' antico gruppo dei vulcani spenti laziali ; a noi basta di averlo accennato, per metterlo in rapporto ad un altro avvenimento di grande importanza accaduto nella stessa giornata del 19 luglio , cioè , 1' esplosione centrale del- l'Etna (1). iitato eruttivo eli Vulcano, Stromboli e Vesuvio intorno al 19 luglio 1899. Abbiamo anche voluto esaminare lo stato dei predetti tre vulcani ardenti italiani per vedere se essi presentarono qualche (1) Le superiori notizie intorno al terremoto laziale le dobbiamo alla cortesia del Prof. A. Cancani, dell' ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica di Roma, il quale fra poco pubblicherà una memoria completa su quell' importante fenomeno sismico ; colgo qui 1' occa- sione per ringraziarlo — La memoria fu pubblicata nel Bollettino della Società Sismologica Italiana, voi. V. 22 *'. Arcidiacono [Memoria XYII]. cosa di singolare poco prima, contemporaneamente o poco dopo r esplosione centrale dell' Etna. In quanto a Vulcano, possiamo sbi'igarci in due parole : esso dopo il lungo periodo di attività vulcaniana (1) attraversato dal 3 agosto 1888 al 22 marzo 1890, ha assunto lo stato di attività solfa tariana o di emanazione, il quale ha continuato sino ai no- stri giorni immutato ed in occasione dell' esplosione centrale del- l' Etna, non ha presentato nulla di straordiiiario. Lo Stromboli nel mese di gennaio del 1899 attraversò una fase di debole attività stromboUana , ad esso caratteristica ; nel mese di febbraio, nella prima quindicina, si ebbe un po' di au- mento , specialmente per le numerose e forti eruzioni delle boc- che 2. 3, 4, 4^'^ e 5 ; il giorno 16 , nelle ore antimeridiane , la bocca N. 5 ei'uttava con forti l'ombi delle considerevoli masse di fumo nero, denso, in forma di pini, con l'intervallo di 5 mi- nuti primi ; nel pomeriggio le eruzioni diminuirono in forza, ma alimentarono in frequenza ; nei 12 giorni che restai'ono del mese di febbraio, e nei primi 6 del successivo marzo, lo Stromboli ri- pi'ese lo stato di debole attività eruttiva, il 7 si iniziò un altro periodo di forte recrudescenza, specialmente per via delle bocche 2, 3, 4, 4^'^ e 6, dalle quali avvennero delle forti ed anche for- tissime eruzioni di fumo, sabbia, lapilli, e brandelli di lava in- candescente : la bocca N. 4 era quella che si mostrava più at- tiva. Tale periodo si protrasse fino al 12 di marzo , indi 1' at- tività eruttiva diminuì alquanto e così andò avanti sino alla fine del mese. Nella prima decade di aprile continuò una mediocre attività neir apparecchio stromboliano, specialmente nelle bocche 4 e 5, ma dopo, a poco, a poco lo Stromboli riprese il suo stato di debole attività stromboUana , che si proti-asse per tutto il suc- cessivo mese di maggio e parte di giugno — Il 16, 17 e 18 di quest' ultimo mese , si ebbe un sensibile aumento nell' attività (1) Ve
  • ressione atmosferica ed i fenomeni vulcanici, tra i fenomeni si- smici ed i fenomeni eruttivi. Io non so più comprendere un os- servatorio sisìnico che non sia munito di barometro , come non so più comprendere lo studio dei fenomeni vidcanici eruttivi , senza che sia accomijagìuito da quello dei fenomeni geodinamici (o viceversa) siano micromoti, siano macromoti, o terremoti sen- sibili. Anche il Laur viene alle medesime conclusioni riguardo alla relazione che passa fra le variazioni della pressione atmosferica ed i fenomeni vulcanici (1). Noi dalla superiore cronaca etnea non abbiamo potuto trar- re nulla di concludente sopra questo importante argomento; ab- biamo constatato invece che gli aumenti e le diminuzioni della attività eruttiva dell' Etna non risposero per nulla agli aumenti o diminuzioni della pressione atmosferica. Ciò non per tanto ri- teniamo anche noi che tali variazioni abbiano effettivamente la loro influenza sull' andamento dell' attività eruttiva dei vulcani: tutto sta a considerare V epoca quando noi vogliamo fare simili studi e vogliamo rilevare i legami esistenti tra questi due ordini di fenomeni fisici. Ci spieghiamo. Se noi consideriamo un vulcano nel suo periodo critico, che può essere piii o meno lungo, quando cioè 1' azione interna del- l' energia vulcanica sta per arrivare al punto di vincere la re- sistenza esterna degli strati della crosta solida sovraincombenti e mandare ad effetto una eruzione, si comprende facilmente co- me r intervento fra le due forze messe in giuoco , di un nuovo fattore , anche piccolo , possa influire notevolmente a turbare quella specie di equilibrio instabile che già si è venuto forman- (1) Comptes Rendns de 1' Accadèmie des Sciences— Paris 1883, pag. 1426. Sul periodo eruUiro dcW Etna dal 19 TakjIìo al 5 Agosto 1899 41 do ; ma se noi invece lo consideriamo dopo un lungo periodo di energica attività parossismica, per cui ha dato sfogo comple- to al dinamismo interno del suo grande focolare, e quasi esausto di forze giace in uno stato di assoluto riposo, allora si compren- de anche facilmente come 1' intervento di qualsiasi altro fattore non sia capace di turl)are menomamente tale stato , essendo la energia interna eruttiva quasi intieramente esaurita. Ora, secondo noi, il Prof. Silvestri studiò appunto 1' Etna in uno di questi periodi di estrema suscettibilità dell' apparec- chio eruttivo, epperò non è da meravigliarci se egli abbia tro- vato una perfetta corrispondenza tra i fenomeni geodinamico- eruttivi e le variazioni della colonna barometrica. Passiamo oi-a a discorrere di un'altra importante questione : quella della influenza lunisolare sulla Terra in rapporto all' at- tività dei vulcani. Anche su questo argomento potremmo ripetere quanto si disse intorno alle variazioni della pressione atmosferica ; qui noi ci limitiamo a constatare un ftxtto, e cioè ciie al 19 luglio, 1899, quando avvenne la grandiosa eruzione dell'Etna, la Luna non si trovava rispetto a noi ed al sole né in opposizione , né in congiunzione, né era perigea; posizioni queste del nostro satellite favorevoli alla maggiore sua influenza attrattiva sulla Terra: di fatti in questo mese si ebbe : luna nuova il 7, luna piena il 22, luna perigea il 23. Accenniamo in ultimo, e brevemente, alla coincidenza della quasi totale cessazione dell' efflusso lavico al Vesuvio nella mat- tina del 19 luglio, dopo un lunghissimo periodo di ben 8 anni di moderata attività stromboliana , e del fortissimo terremoto che commosse il Lazio nel pomerigio dello stesso giorno. Non sono rai'i i casi di queste coincidenze , specialmente tra vulcani o gruppi di vulcani che sono allineati lungo una grande frattura e che tutti insieme costituiscono un sistema od una catena. Quantunque vi siano delle serie obiezioni conti'o 1' ipotesi 42 *S'. Arcidiacono [Memoria XYII.J di una più o meno diretta comunicazione dei diversi centri erut- tivi fra di loro, pure tatto ciò che al giorno d' oggi si conosce in fatto di vulcanologia generale, induce a credere che una cer- ta relazione debba esistere e spesse volte si manifesta chiara- mente colla loro contemporanea attività. Nel caso nostro questa relazione tra 1' Etna, il Vesuvio ed il gruppo dei vulcani spenti laziali si rivelò in modo evidente con il repentino risveglio del primo vulcano , con la cessazione dell' efflusso lavico nel secondo e con il funzionamento del foco- lare sismico che giace al di sotto dei colli romani. Dall' Chuerratorio Geodinamico di Catania, maggio 1900. Memoria XVIII. Ricerche relative all' azione delle onde acustiche sui " coherer. „ Memoria del Dott. ERNESTO DRAGO Assistente al Laboratorio di Fisica della R. Università di Catania. 1. 11 fenomeno della diminuzione di resistenza, dei coherer per azione delle onde acustiche fu notato per la prima volta, come si sa, da Calzecchi (1) facendo vibrare un corista sul sostegno che portava il tubetto con la limatura metallica. Recentemente Auerbach (2) ha istituito delle ricerche per mostrare il parallelismo tra l'azione delle onde elettriche e quella delle onde acustiche sui coherer. L' A. sperimentando con un coherer a viti di feri'o , o con due sfere di differenti metalli, ha trovato una forte diminuzione di resistenza avvicinando al posto dei contatti un corista eccitato. Le vibrazioni si trasmettevano al coherer mediante il tavolo di osservazione. Uno scuotimento comnnicato al coherer era sufficiente a riportare la resistenza del medesimo al valore iniziale come avveniva per azione delle onde elettriche. Le canne d'organo pi^oducevano lo stesso effetto del corista anche agendo semplicemente attraverso 1' aria. Ulteriori ricerche di Leppin (3) su di un cannellino riem- pito con tornitura di rame e collocato nella linea focale dello specchio parabolico di Hertz mostravano come, con l'aiuto di un portavoce, il coherer poteva sentire fino a 5 o 6 metri di distan- za 1' azione della voce umana. In tali condizioni un corista agen- do attraverso 1' aria in vicinanza del coherer ne riduceva la re- (1) Nuovo Cimento, Serie 3'^ Tomo XVI (1884) pag. 60. (2) Wii-d. Ann. Bd. LXIV (1898) s. 611. (3) Wied. Ann. Bd. LXV (1898) s. 885. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4"' — Meiu. XVIII. Boti. Ernesto Drago [Memoria XVIIl.J sistenza, e bastava anche a produrre una tale azione un solo fischio perfino a 20 metri dallo specchio. In certi punti non si otteneva col fischio alcun effetto , però andando innanzi verso il coherer od indietreggiando poteva trovarsi un punto in cui r azione del suono era sensibile. L' A. da questo fatto conclude che sia necessaria una deter- minata lunghezza d' onda corrispondente al coherer, per avere azione notevole e ritiene che dove il fischio non produceva alcun effetto doveva trovarsi un punto nodale. Lo stesso effetto si aveva raddoppiando e triplicando approssimativamente la distanza. Il tono del fischio era do diesis. A questo punto si arrestano le ricerche sul fenomeno in esa- me, sulla causa del quale nessuno ha finora dato una spiegazione completamente soddisfacente. Auerbach sostiene che difficilmente si può dubitare che il modo d' agire delle onde acustiche sai coherer non sia di natura meccanica e che si debba ritenere che il contatto di due corpi viene alterato con le pulsazioni e che queste portano i corpi ad uno stato d' equilibrio in cui il contatto è più intimo. Come causa, egli dice, s' imporrebbe spontanea l' adesione. A Leppin sembi-a prematuro dalle sue esperienze trarre qual- che illazione, mentre Malagoli (1) d' accordo con Calzecchi dice che il fenomeno di diminuzione di resistenza dei coherer per azione delle onde acustiche è dovuto ad una miglior compattezza assunta dalla polvere come accadrebbe con un aumento di pres- sione. 2. Attesa l'importanza che hanno questi fenomeni, per lo stu- dio completo della teoria dei coherer, ho creduto non privo d'in- teresse eseguire una serie di ricerche relative all'azione delle onde acustiche sulla conduttività degli aggregati. Ho adoperato an- zitutto un coherer a polvere di carbone, sulla quale nessuno aveva sperimentato finora, nella supposizione che fosse più sensibile al- (1) Nuovo Cimento, Ser. 4" Tomo X (1899) pag. 282. Ricerche relative all' azione delle onde acustiche sui coherer 3 r azione delle onde acustiche come dalle esperienze del Tom- masina si rileva per le elettriche. (1) Ho istituito le mie esperienze nel modo seguente : Nel circuito di una pila normale Raoult ho inserito un gal- vanometro di media sensibilità ed il coherer, formato da un tu- betto di vetro di 7 cm. di lunghezza e del diametro di 1 <;m. contenente 3 gr. di finissima polvere di carbone da pile. Gli elettrodi erano costituiti da due coperchi d' ottone che si adat- tavano alle estremità del tubetto, e dei quali uno era fisso e r altro mobile con 1' o)io intagliato per potere aprire e chiudere il tubetto alquanto stentatamente. Per rendere quest' ultimo sensibile a tutti i suoni lo collo- cai su di una cassa di risuonanza di abete, a pareti sottilissime ed a fondo mobile per potere al bisogno farne variare la lun- ghezza. Per contenere il coherer lo fissai mediante due tavo- lette munite di due fori alla cassa di risuonanza che poggiava sopra uno strato di bambagia adagiato su di un tavolo solidis- simo. Questo era collocato sopra un muro assai spesso in mo- do da rendere il coherer insensibile a tutti gli urti involontari. Venivano intraprese diverse esperienze sia con la voce, sia con timbri, canne d' organo e fischi producendo i suoni a pochi centimetri dall'apertura della cassa di risuonanza. Si osservava in tal modo una grandissima diminuzione permanente di resistenza tanto che si dovette i-endere l'apparecchio meno sensibile per ot- tenere delle deviazioni che non uscissero dal campo del cannoc- chiale. Appoggiando poi sul tubo di vetro del coherer un cori- sta vibrante, anziché diminuzione di resistenza spessissimo ave- vasi un aumento (2). Pensai allora che la diminuzione di resi- stenza nel c;oherer fosse in relazione con il numero maggiore o minore di nodi nell' interno del cannellino di vetro. Tale ipotesi era confortata dalla constatazione del fatto che i suoni più acuti (1) Compies Bendus, Tom. CXXVIII (1899) pag. 666. (2) AUBRBACH, 1. e. 6U.— Calzkcchi, Nuovo Cimento Sor. 3=", Tom. XIX, (1886) p. 25. Dott. Ernesto Brcujo [Me:moria XVIII,] erano generalmente i più sensibili al coherer, salvo in casi ec- cezionali, nei quali doveva con molta probabilità avere influen- za r ineguale intensità dei suoni emessi, 1' ineguale rinforzo da parte della cassa di risuonanza e la resistenza iniziale del coherer, difiìcile ad ottenere costante. Ma eliminate per quanto era possibile tali cause modifica- trici si poteva asserire che la conduttività del coherer aumentava in generale con i suoni più acuti. 3. Credetti perciò opportuno di eseguire delle esperienze con lastre vibranti per vedere se la polvere distribuita prima uniformemente su di esse diminuisse di resistenza quando si di- sponeva secondo le figure di Chladni. Feci costruire all' uopo varie lastre di cristallo di diverso spessore e contorno (quadrate, pentagonali, triangolari, dodecane e circolari) e su ciascuna di esse incollai due strisce di stagnola a 3 mm. di distanza 1' una dall' altra e nelle posizioni dove più iàcilmente potevano pas- sare varii gruppi di nodali appartenenti a diverse figure, quando si eccitavano le lastre in tutti i modi possibili. La mag- gior parte di queste portavano un foro centrale per cui si po- tevano fissare ad un sostegno rigidamente legato per mezzo di viti al solidissimo tavolo di cui sopra ho parlato. Per la netta produzione dei suoni osservavo tutte le norme suggerite da Savart, (1) striscia udo 1' archetto in modo diverso per ricavare i suoni acuti o quelli bassi. — Avevo cominciato con lo stabilire le strisce di stagnola ad una distanza maggiore di 3 mm., ma poi dovetti attenermi a questo valore, perchè sperimentando con diverse limature e torniture metalliche il loro peso , quando eccedeva un certo limite, impediva nella maggior parte dei casi la produzione di suoni netti. Le strisce di stagnola lunghissime e sottili pendevano fuori della lastra e venivano congiunte per mezzo di piastrine di ot- (1) Annales de Chimie et de Physiqae, Tom. LXXIII pagg. 269-273. Ricerche relative all'azione delle onde aciistiche sui coherer tone mantenute sempre ben pulite, a due morsetti clie chiude- vano il circuito. Con ciò si otteneva la migliore comunicazione elettrica com- patibile con le speciali condizioni delle esperienze. Infatti se le stagnole erano grosse o corte, col loro peso alteravano la sim- metria della lastra e quindi i suoni: oltre di che, prendendo parte alle vibrazioni, si rompevano spessissimo. Le lastre prima di ser- vire per le ricerche erano accuratamente livellate. Faccio rilevare anzitutto che con le lastre vibranti si otte- nevano dei risultati di gran lunga più regolari che con il coherer, e tali da permettermi di studiare il fenomeno in tutti i suoi particolari. Gran numero di esperienze molte volte ripetute mostravano come non appena la lastra si metteva in vibrazione si aveva un aumento temporaneo di resistenza, al quale bentosto succedeva, non appena cessato il suono, una diminuzione permanente. Un comportamento simile si era osservato adoperando i coherer a viti. Molto verosimilmente ciò era dovuto al fatto che, durante il suono, per effetto della vibrazione della polvere , i contatti in maggior parte venivano interrotti, e quindi la resi- stenza aumentava, mentre, appena cessava, era possibile che si stabilisse nelle particelle uno stato d' equilibrio a contatti più intimi che nello stato precedente. Facendo vibrai-e una seconda volta la lastra dopo che il galvanometro aveva raggiunto l'equi- librio, il fenomeno si ripeteva. Si poteva così ottenei-e una resistenza successivamente sem- pre più piccola fino a raggiungere un minimo che corrispondeva al momento in cui sulla fenditura trovavasi accumulata gran quantità di polvere avviantesi per le linee nodali. Non era facile cogliere l' istante in cui avevasi questo mi- nimo , ma pi'ocedendo lentamente in modo da impiegare cu'ca un' ora in una serie di esperienze per osservare l'andamento del fenomeno, vi si poteva spesso riuscire. Seguitando ancora a far vibrare la lastra, la resistenza tor- Bott. Ernesto Druyo [Memoria XVIII.J iiava ad annientare. Il minimo di resistenza coincideva con la formazione di numerosi monticelli di polvei-e fra le due strisce di stagnola, monticelli che erano più facilmente visibili, quando si depositava al principio dell'esperienza tanta polvere sulla la- stra da avere una debole resistenza iniziale. Raggiunto il mini- mo di resistenza, i cumuli si andavano allontanando e, determi- natasi la figura netta, il circuito fra le due strisce di stagnola ri- maneva soltanto chiuso dalle nodali formatesi. A figui'a com- pleta si aveva una resistenza più piccola della iniziale, ma sem- pre maggiore del valore minimo che si otteneva nel corso delle misure. Quando le resistenze iniziali erano molto grandi non si otteneva formazione di monticelli o mucchi sensibili, data la scarsissima quantità di polvere: la resistenza minima in questo caso coincideva sensibilmente con la finale, la quale si manteneva in tutti i casi presso che costante sebbene si seguitasse a suonare per molto tempo ancora. 4. Nella tavola seguente la l'i coloima S indica il suono reso dalla lastra, la 2» il numero N delle nodali passanti per la fenditura, la 3^ la resistenza E iniziale, la 4'' la resistenza i?' minima, la 5» la percentuale P = ^ ' , la 6» la resistenza fi- nale B", la 7« la percentuale P' = I^^^LIL ^ la 8^ la differenza P' — P: infine le colonne a, b, e indicano rispettivamente quel che diviene la resistenza della polvere quando s'interrompono meccanicamente una dopo l'altra le tre nodali a, b, e nell'ordine indicato dalla successiva colonna 0, passando un pennello sul vetro fra le strisce di stagnola. Per determinare il valore della resistenza si inseriva frequentemente nel circuito un reostata che serviva a tarare il galvanometro (1). (1) Queste ricerche erano peuose, perchè per avere uua resisteuza iuiziale eguale (come si Tede dalla tavola ) per le diverse figure in modo da potere così stabilire uu punto di partenza, bisognava con molta cautela spargere polvere sulla lastra iiucht ogni volta per ten- tativi si poteva avere al galvanometro, 1' identica deviazione. Ricerche relative all'azione delle onde acustiche sui coherer Tabella I. Lastra «jiiadrata (23 cm. di lato) dello spessore di 4 lum. fissata per uu foro centrale. Fenditura parallela ad una coppia di lati del quadrato. Archetto strisciato sempre su uno dei detti lati (il più lontano dalla fenditura) in modo che la nodale e stava alla destra dello sperimentatore, la b alla sinistra e la a nel centro. (1) Resistenza in ohm. s iV Fa.i diesis 3 ,. (2) y> » ■& » » > » » » La3 (3) 2 ■> » , » > » » » R63 (4) 1 68000 27000 19000 8000 3i00 2300 68000 27000 19000 8000 3400 2400 1200 1300 850 .590 520 4100 1900 2000 1200 670 2300 600 68000 5800 27000 3200 19000 2400 8000 1600 3400 1200 2300 1100 3,5 4,4 6,8 10,6 17,4 22,6 6,0 7,0 10,5 15,0 19,7 26,0 11,8 12,6 20,0 35,3 47,8 n" 2400 1600 1800 1400 950 800 4100 3200 3600 2200 1500 1000 /" /"— /' 3,5 5,9 9,5 17,5 27,9 34,8 6,0 11,8 19,0 27,5 44,0 43,5 5800 8,5 3200 11,8 2700 14,2 1900 23,7 1600 47,0 1300 56,5 0 1,5 2,7 6,9 10,5 12,2 0 4,8 8,5 12,5 24,3 17,5 0 0 1,6 3.7 11,7 8,7 4100 7900 2000 2100 1700 1100 1070 6300 4800 6300 5500 2300 1900 4200 4000 3500 1800 2000 0 a,b,c b,c,a b,c,a b,c,a b,c,a b,c,a b,c b,c b,c b,c b,c b,o a a a a a a (1) I suoni resi dalle lastre vennero in seguito confrontati con quelli di un pianoforte bene accordato. (2) Figura formata da quattro nodali : due parallele rispettivamente alle coppie di lati opposti della lastra, le altre due secondo le diagonali a, h della medesima. Per la fenditura passano le diagonali a, b ed una e dello altre due. (3) Due nodali b, e secondo le diagonali della lastra. Tutte e due passano per la fenditura. (4) Due nodali parallele rispettivamente alle coppie di lati del quadrato. Di esse una sol- tanto a passa per la fenditura. Thitt. Ernesto Dymjn [Memoeia XYIII.] 5. Le cifre riportate sono d'accordo da un canto coi risultati trovati da Auerbach nelle ricerche sui coherer a palline e su quello a viti per azione delle onde elettriche ed acustiche cioè : « 1. Quanto più piccola è la primitiva resistenza tanto più piccola è la finale. — 2. Quanto più grande è la primitiva resi- stenza in tanta più grande misura è diminuita la resistenza. » D'altro canto dette cifre mi permettono di ti'arre le seguenti conclusioni : 1. Per la formazione delle fir/ure di Chladni su lastre vi- branti con finissima jìolvere di carbone la resistenza elettrica viene fortemente dimimùta; in certi casi raggiunge un minimo che poi cresce pio ad un valore costante corrispondente alla formazione della figura. 2. Per ogni linea nodale passa la corrente elettrica. 3. Aumentando V altezza del suono in generale aumenta la con- duttività, essendo maggiore il numero di nodali costituenti la figura. 4. In generale quanto più piccola è la resistenza finale tanto pÀù grande è la differenza P' — P, in altri termini quanto jjiii jjiccola è la resistenza iniziale tanto maggiore è il distacco tra la resistenza minima e la finale. I valori più grandi di P' — P riguardano la figura in cui è minima 1' area totale della fenditura occupata dalle nodali, co- me si può vedere da,lle cifi'e corrispondenti al tog (tabella I.) In quanto al 3" risultato esso è molto evidente paragonando i valori delle cifre ottenute per le figure dei suoni rCg e fa^ diesis le quali differivano di due nodali conduttrici. Per i suoni le cui figure differivano di una nodale conduttrice si poteva in certi casi constatare che alla figura corrispondente al suono più alto spettava una resistenza maggiore di quella che alla figura data dal suono più basso. Molto probabilmente la spiegazione del fatto risiede in ciò che certe volte la figura corrispondente al re-^ aveva è vero una sola nodale, ma più robusta che non le due nodali della figura spettante al la^, prese insieme. Qualche irregolarità non deve sorprendere in queste ricerche considerando che la di- Bicerche relative all'azione delle onde acustiche sui coherer stribuzione della polvere sulla lastra non può essere uniforme per ogni singola esperienza, per quanto si procedesse con la massi- ma cura versandovela sopra con uno staccio a strettissime ma- glie. Pur tuttavia il fenomeno della diminuzione di resistenza con r altezza dei suoni è marcatissimo quando la differenza fra le nodali corrispondenti è accentuata. 6. Risultati analoghi sono stati da me trovati con tutte le lastre adoperate, però nelle lastre piccole il distacco tra la resi- stenza finale e la minima era molto minore e meno frequente. Così per esempio : Tabella II. Lastra rettiingol.'iie (cm. 10 X 16) e dello spessore di 4 min. fissata per un foro cen- trale. Fenditura di 3 uiiu. parallela al maggior lato del rettangolo. Eesistenza in ohm. s 3 1 B E' P B" P' P'-P a b e 9500 d ' 0 < (1) sol^ (2) 30000 30000 3400 6300 11,3 21,0 3100 6700 11,3 22,3 0 1,3 00 00 5300 b, e, (1 a (1) Figura formata da tre nodali nella direzione delle coppie di lati piii iiiccoli del rettan- golo. Tutte e tre u, b, e passano per la fenditura. (2) Figura formata da due nodali rispettivamente parallele .alle coppie di lati del rettan- golo. Una sola a la piti piccola passa per la fenditura. Tabella III. Lastra triangolare equilatera (cui. 16,2 di lato) e dello spessore di 2 mni. fissata per un foro centrale. Fenditura di 3 mm. parallela ad un lato di essa. Resistenza in ohm. s N 4 3 B B' P B" P' P'—P a 6 e d 0 la* (2) 32000 32000 6200 7600 19,4 24,0 6200 7600 19,4 24,0 0 0 9000 13000 15000 30000 45000 00 a,b,c,d a,b,c (1) Figura formata da sei nodali. Qu.attro a, b, e, d, passano per la fenditura. La d è sottilissima. (2) Figura formata da tre nodali a, b, e lungo le tre mediane deUa lastra e passanti tutte e tre per la fenditura. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4" — Mem. XVIII. 2 10 Bott. Ernesto Drago [^Memoria XVIII.] I movimenti delle lastre se non erano vibratori non face- vano scemare la resistenza ma la facevano crescere. Ciò poteva provarsi con la seguente esperienza. Toccando col dito in un punto di una linea nodale una delle lastre cosparsa di polvere, si cercava di farla vibi'are stri- sciando r archetto in corrispondenza dell' altra nodale , in tal modo si avevano delle vibrazioni irregolarissime , la resistenza cresceva , la figura non si formava e la polvere assumeva un aspetto irregolare. Invece spessissimo un urto leggero impresso direttamente alle lastre poteva sempi'e far diminuire la resistenza (1) ; in tal caso si aveva una tendenza a formazione di figura, la percussione sulla lasti'a facendo vibrare questa in modo regolare e sufficiente perchè la leggerissima polvere di cai-bone fosse scacciata dalle parti ventrali verso le nodali. Invece 1' urto forte determinava l'aumento di resistenza quando si sfasciavano le nodali (2). 7. Oltre che con la polvere di carbone ho fatto moltissime esperienze spargendo sulle lastre toruitui-e, limature e piccole viti di ferro. Con tutti questi aggregati metallici ottenevo una dimi- nuzione grandissima di resistenza quando sulla lastra vibrante si producevano le figure di Chladni. Mentre però con la polvere di carbone per tutti le nodali passava la corrente, come abbia- mo già dimostrato, adoperando i suddetti aggregati, essa general- mente passava per due di esse o per una sola, assai di rado per tutte ; ciò che si poteva facilmente constatare col romperle suc- cessivamente nel modo sopra indicato. A seconda poi delle con- dizioni dell' aggregato cioè se più o meno ossidabile, se vecchio o fresco , se a grana più o meno fina , si potevano qui osservare svariatissimi fenomeni. (1) Brauly ha notato uelle sue ricerohe che colpi deboli e ripetuti impressi al coherer producouo uua (liuiiuuzioue di resistenza del inedesinio , mentre al contrario i colpi forti la fauno aumentare. — Lum. électr. voi. XL (1891) pag. 509. — E. Aschlùnass, Whd. Ann. Bd. LXVI (1898) s. 306. (2) È da osservare in proposito che anche uelle ricerche col coherer a polvere di carbone non era sufficiente l'urto a farlo scoerire, bensì un movimento di rotazione del cannellino. Eicerche ì-elatii-e (dVanone delie onde acustiche sui coherer 11 La differenza di azione fra i suoni acuti e bassi non era in questo caso nettamente constatabile mediante la deviazione del galvanometro, perchè l'ago non assumeva una posizione stabile, ma era spinto innanzi o indietro senza regola alcuna finché dopo certo tempo , talvolta molto lungo, giungeva alla quiete o retrocedeva fino allo zero. Questo fenomeno è stato anche osser- vato da Th. Sundoi'f fi) sottoponendo all'azione delle onde elet- triche di un rocchetto la polvere sparsa sopra un piatto di vetro In questo caso l'A. crede che il ponte che stabiliscb la condut- tività elettrica in parte venga l'otto, e formato nuovamente dal- l' extracorrente prodotta dall' indebolimento di corrente. Del resto anche col coherer ordinario a polvere di carbone e con quello a viti avevo osservato tale instabilità dell' ago. 8. Depositando su di una lastra tornitura freschissima di zinco fuso ho potuto constatare nettamente un altro fatto, cioè la diminuzione temporanea di resistenza sotto l'influenza delle vibrazioni sonoi'e. Appena cessato il suono 1' ago tornava a zero senza bisogno di urto sulla lastra. Tale fenomeno fu ti'ovato anche in piccolissima proporzione con polvere di magnesio e con fresca limatura di rame. L' apparecchio così formato si comporta perciò in modo ana- logo al rivelatore d' onde elettriche di Righi (2) , in questo senso che esso, come il tubo di Righi, fa deviare appunto il galvano- metro del circuito nel quale è inserito soltanto durante il tempo che riceve le oscillazioni, mentre poi l'ago ritorna a zero e l'ap- parecchio non richiede il solito colpo per acquistare la primitiva sensibilità. Anche I. C. Bose (3) ha ti'ovato che alcuni coherer perdono automaticamente la conduttività dopo cessata 1' azione delle onde elettriche. Il fenomeno da me constatato si manife- stava bene a figura quasi formata, mentre che sul principio si (1) TVied. Ann. Bd. LXVIII (1899) 8. 594. (2) Atti E. Acr. Lincei Ser. 5' Voi. VI 2" seni. 1897 pag. 245. (3) BoSB, Proceed. Boy. Soc. Voi. LXV, pag. 166. 12 JJoit. Ernesto Ih-Mjo [Memoria XVIll.] aveva qualche volta una diminuzione di resistenza permanente, ed alla fine la tornitura mostravasi quasi sempre insensibile al- l' azione sonora. 9. Ho potuto anche osservare in alcuni casi un fatto curiosis- simo con la tornitura d' acciaio sparsa in piccola quantità sulle lastre. Facendo vibrare una prima volta la lastra si otteneva una diminuzione di resistenza , alla seconda vibrazione un au- mento e così alternativamente per parecchie volte (1). Le cifre seguenti ne danno un' idea. Suono (ìdla lastra Deviazioni r CO''- 2° fuori dellii scala 3° 130''- 4° fuori della scala 5° 150" 6° fuori della scala 7" 190'' 8'^ fuori della scala 9° 100' 10° fuori della scala 11'^' 1 10' Al dodicesimo suono reso dalla lastra si ebbe una deviazione pei'manente di Sl*^' e non si potè piìi avere la reversibilità anzi- detta. Ho potuto anche osservare tale tatto con la tornitura di rame a figura formata. Arons (2) ha constatato nelle sue ricerche un fenomeno ana- logo per r azione delle onde elettriche sul suo coherer, (costituito da una traccia di polvere metallica posta neh' intervallo di due punte di stagnola incollate su di una lastra di vetro da specchio) cioè distruzione del contatto stabilito dalle onde elettriche per la successiva azione delle medesime. L' A. dice che questa di- (1) e. Frommk ha osservato un fatto analogo ; però con successione di semplici scuoti- menti sul coherer.— frierf. Ann. Bd. LVIII (1896) s. 97. (2) Wied. Jnn. Bd. LXV (1898) s. 567. Bicerche rdatice all'azione delle onde acustiche sui coherer 13 struzione non si osserva con i coherer impiegati nella pratica perchè, date le innumerevoli particelle, la distruzione dei singoli contatti viene compensata dalla formazione di nuovi in numero maggiore dei precedenti. 10. Ho potuto anche verificare clie conformemente a quello che avviene nel coherer con le onde elettriche, (1) se si fa vibrare la lastra prima ancora di chiudere il circuito, cessate le vibrazioni e chiuso il circuito si constata una diminuzione di resistenza. Delle ricerche furono inoltre fatte con limatura di nichel , di ghisa, tornitura di piombo, di stagno e di ottone e tutte da- vano per risultato concorde la diminuzione permanente di resi- stenza che cessava dando un colpo sulla lastra. Inoltre era resa evidente la retrocessione dell' ago del galvanometro durante il suono, e la permanente diminuzione di resistenza cessato il me- desimo. In molte osservazioni si aveva poi che anche in questi casi la configurazione dell' aggregato corrispondente alla massi- ma conduttività non era quella delle figure di Chladni, mentre la diminuzione di resistenza corrispondente alla figura netta- mente formata era o piccola o assolutamente nulla. 11. Eiferirò infine un' esperienza che ho eseguito per spie- gare come funzionino, sotto l'azione acustica, i coherer a palline studiati da Auerbach. Il comportamento di tali coherer fu da lui trovato analogo a quello dei coherer a polvere, dai quali si diffe- renziano soltanto in ciò , che mentre nei primi ha importanza nella vai-iazione di resistenza la superficie di contatto tra le due palline, negli ultimi ha invece importanza l'aumento della somma degli innumerevoli contatti di carattere collettivo (2). Sopra la lasti'a quadrata da me usata per le ricerche sulla polvere di carbone, e livellata con molta cura, misi due palline lucide di ottone nichelato del diametro di 1 cm., ben lavate con etere e saldate a due spiraline di filo sottilissimo che le rilega- (1) A. Bkoca. La tcìigraphie sans fils. — Gaiitliior — Villars, Paris ISyj, pag. 119. (2) AuKRBACH. 1. e. pag. 613 e Wied. Ann. Bd. LXVI s. 760. 14 Bott. Ernesto Bi-nr/o [Memoria XYIII.] vano al circuito del galvanometro. Le due palline distanti fra di loro persino 1 cm. si avvicinavano sotto l'intluenza delle vibra- zioni della lastra, prolungando le quali si avviavano per la no- dale ad esse più vicina. , con movimenti che presentavano una certa, analogia con quelli di due sfere galleggianti in un liquido c^ie le bagna: tali movimenti ei-ano però assai meno rapidi. Per r avvicinamento si stabiliva il contatto fra le due palline, e si aveva una deviazione al galvanometro tale da fai-e uscire 1' im- magine della scala dal campo del cannocchiale. Un urto sulla lastra era il più delle volte sufficiente a fare tornare 1' ago allo zero. Durante la vibrazione era evidente 1' aumento temporaneo di resistenza e la conseguente diminuzione pei'manente alla fine del suono. In tal caso si poteva osservare facilmente ad occhio nudo, come, durante il suono, le palline vibrando si scostavano alquanto l'una dall'altra, per riavvicinarsi e mettersi a contatto appena il suono cessava. E utile avvertire che, affinchè il fenomeno riuscisse bene, bisognava collocare le palline in modo che la linea congiun- gente i loro centri fosse normale alla nodale verso cui si avviavano, raggiunta la quale esse non si movevano più con movimento di traslazione ma ruotavano, sempre unite, fino a disporsi per diritto con la nodale e, dopo aA'ere ra,ggiunta questa posizione, qualche volta alle successive vibrazioni si staccavano per non ricongiun- gersi più. Se le palline erano messe da bande opposte rispetto alla nodale esse si avvicinavano con moti traslatori contrari e finivano per toccarsi, quindi rotavano attoi'no al punto di con- tatto e si disponevano sulla nodale. Se erano messe da una stessa banda della nodale si avviavano a questa con moti tra- slatori dello stesso senso e quando una raggiungeva la nodale e si fermava, l' altra 1' andava a premere finché, stabilito il con- tatto, quest' ultima rotava attorno alla prima in modo da dispo- si anche sulla detta linea. Se le palline erano situate con la congiungente i loro centri obliqua rispetto alla nodale esse vi Eicerclte relative all'azione delle onde acu.stiehe sui coherer 15 si avviavano senza naturalmente potersi toccare. Quest'esperien- za ricliiecleva molta cura e, perchè riuscisse, era necessario che le palline fossero pesanti (1), ben pulite e perfettamente rotonde per evitare imperfette chiusure di circuito od irregolarità di mo- vimenti. Le spiraline poi dovevano giacere sulla lastra ed i fili convenientemente disposti perchè non trascinassero le palline. Se le palline si facevano venire a contatto fra di loro , te- nendone una ferma e facendo scorrere l' altra con l' inclinare lentamente la lastra di vetro, il galvanometro non dava alcuna deviazione o ne dava una piccolissima. È facile vedere come questi fatti servano a rendersi perfet- tamente ragione del comportamento dei coherer a sferette di Auerbach. In quanto agli altri coherer, l'insieme di grani o di limature o di tornitura può benissimo considerarsi come una serie di palline che vanno ad accumularsi nelle linee nodali e chiudono il circuito più o meno perfettamente secondo le di- verse condizioni delle particelle : ossidazione delle superficie, ir- regolarità di contorno, ecc. 12. Da quanto precede emerge la seguente conclusione : Nelle lastre vibranti resistenza iniziale degli aggregati cimen- tati viene considerevolmente diminuita per la formazione delle figure di Chladni e conseguentemente di ponti conduttori. Dalla quale scaturisce come corollario che nei coherer ordinari la di- minuzione di resistenza sembra prodotta per il trasporto della polvere dalle parti ventrali verso le nodali. Probabilmente le par- ticelle vibranti vengono messe a contatto tanto intimo da fare entrare in azione, come ritiene Auerbach, le forze di adesione. Ad ogni modo le analogie di comportamento delle azioni delle onde elettriche ed acustiche sul coherer, insieme a quelle ti-ovate da Auerbach rendono sempre più verosimile il ritenere (1) Espurienzo fatte con palline vnote e (juiudi leggere mostravano come i tili ili con- giunzione al circuito potevano diuauto la vibrazione con la tensione e con il loro peso tur- bare ! moti su descritti. ir, Doti. Ernesto Drrujo [Memoria XVIII.] che la causa produttrice della diminuzione di resistenza dei coherer sia almeno in parte comune. Soltanto mentre le onde eletti'iche agiscono con formazione di catene conduttrici (come provano le esperienze di Tommasina (1) e quelle di Campanile e Di Ciommo (2) con il loro coherer a gocce di mercurio nell'olio di vasellina e con quello multipolare), con formazione di scintille tra grano e grano della limatura (3) ed orientamento delle par- ticelle lungo le linee di forza , le onde acustiche agiscono per semplice aumento di contatto tra determinati gruppi di parti- celle. Del resto se il coherer per le onde elettriche è come lo chiama il Malagoli un risiionatore a polvere conduttrice esso sarà a fortiori un risuonatore acustico. Essendo diversa la sensibilità dei coherer per le due azioni, si capisce che le cause dei fenomeni non possono essere ugual- mente le stesse ma devono avere molti punti di contatto. I risultati da me ottenuti sembra tendano a rafforzai'e sem- pre più la base della teoria meccanica del coherer , la, quale come dice Arons , ha a,cquistato un' importanza tale che le os- servazioni contrarie devono essere diligentemente raccolte ed esaminate. Dal Laboratorio di Fisica della R. Università di Catania, Maggio 1900. (1) Comptes Eendiis T. CXXIX 2° semestre pp- 40-42. (2) L' elettricista Anno IX. (1900) pag. 60. (3) Malagoli — L' Elettricista — Auno VII (1898) pag. 193 ed Arons Wied. Ann. 1. e. Heiiiorìa XIX. Dott. S. SCALIA. Revisione della fauna post-pliocenica dell'argilla di Nizzeti presso Acicastello (Catania). Nel 1892 il Signor F. Wallerant (1) , fondandosi sui fossili da lui raccolti a Nizzeti e sulla lista più completa del Prof. A. Aradas, pubblicata dal Lyell (2), scrisse che la fauna di Nizzeti permette di considerare i depositi argillosi subetnei come sinci-o- nici delle marne azzurre sub-apennine e che esse appartengono perciò al Piacenziano. Da questa osservazione trasse la conseguenza che allo prime eruzioni dell' Etna bisogna assegnale un' età più antica di quanto generalmente si è ritenuto. Le sue conclusio- ni sono state recentemente accettate senz' altro dal Signor A. Bergeat (3). Le affermazioni del Wallerant mi hanno spinto a studiare quel deposito e la sua fauna, per tentare di stabilirne esattamente r età e di assodare se davvero le prime eruzioni etnee debbano ritenersi avvenute durante la deposizione delle marne sub-apen- nine, oppure dopo. Le ai'gille di Nizzeti sono state da gran tempo oggetto di studio da parte di molti geologi. Nel 1828, durante il suo primo viaggio in Sicilia, il Lyell raccolse a Nizzeti 65 specie fossili che fece determinare dal De- (1) F. WAr.LKRANT. — Sur l'aiagnoses ou (ìescrqrìions sttccinctes de qitelqiicx cspèces nouvelìes de MoUmques ecc. 183.5, pag". 23. — Malacologie medit. et litorale ecc. , 1810, pi. IX, t\g. 1.). — Questa specie è abboudaiite uel Post-pliocene del bacino di Palermo e a Xizzeti : si ritrova anche a Ci- bali e a Catira e in altri sedimenti post-pliocenici dell' Italia meridionale continentale. Esiste anche nel Pliocene in Calabria e nella provincia di Konia (Bomarzo, Orte, Celleuo ecc.) a Orvieto, nel liolognese, nel Piacentino e in Piemonte. Generalmente è confusa con la Chlumys septemradiata Miill. sp., o con la Chi. inflexa Poli sp. Il Marchese A. De-Gregorio (Studi su talune eon- cMj/lie medUarranee ecc. Boll. Mal. Ital. 1885, pag. 188) l'ha riferita alla Chi. 2)es-lutrae (L.) Jeflr. sp.f=:C/tL septemradiata Miill. sp.) e vi ha distinte tre varietà (siculus, moreosiculus e simplexariosmj. Alla Chi. subclarata debbono riferirsi anche gl'individui riuniti dal Prof. Sacco alla Chi. septemradiata e distinti con i nomi di var. triradiata jNIiill., miopliocenica Sacco e alternico- stata Sacco (J molluschi terziari del Piemonte ecc. Parte XXIV, 1897, p. 38, Tav. XII , fig. 18-21). Il Prof. Sacco ha di già accennato al fatto che la varietà miopliocenica potrebbe costituire una specie iudipeudeute. Essa corri- sponde alle forme più comruii del bacino di Palermo, di Xizzeti e della prov. di Poma. Il Marchese di Monterosato ha già indicata l'identità degli esem- plari del Post-pliocene di Palermo e di Xizzeti con la Chi. siihclavata (Réci- sion de queìques Pecten des mers fZ' Europe , Jurn. de Oonch. , 1899, N. 3). Come ci ha fatto conoscere per lettera egli se ne è convinto paragonandoli direttamente con gli originali della collezione del Cantraine, fossili di Mes- sina. La Chi. suhclavata Cautr. sp. ha invero strette affinità con la Chi. se^)- temradiata ÌMiill. sp. ; tuttavia presenta tali differenze da poternela tener se- parata. Le strie radiali sono lievissime nella specie del Miiller, invece nella Chi. subclavata sono sempre forti specialmente sulla valva sinistra, la quale anziché di strie, è ornata di molte vere costole secondarie , granulose per l'incontro con le strie di accrescimento. Questa differenza è spiccatissima tra gì' iudividui viventi della Chi. septeniradiata, che ho potuto studiare nella col- lezione privata del Dr. Di-Stefano, e quelli della Chi. .mhclavata Cantr. sp. Anche quando le costole si indedoliscono nella porzione media e dorsale della conchiglia, sono sempre forti sugli orli. Ci sono delle varietà a forma obli- qua con le costole principali bassissime ( var. ohliqua Montrs. ) e altre del tutto prive di tali costole (var. planata Montrs.). Eerisione della fauna post-pliocenica (lelVargilla di Mzzeti ecc. 11 La (7(7. mhclavata Cantr. s]>. dififerisce dalla Chi. inflcm Poli sp. assai più che dalla Chi. sempteniradiata Miill. sp. La specie del Cautvaine ha un luagg-ior numero di coste (G-9) , le quali inoltre sono piìi basse che nella Chi. intiera Poli sp. e hanno una tendenza spiccatissima a suddividersi. Dippiù tali coste sono in essa larghe sulla valva destra e acute sulla sini- stra. La Chi. .subclavata, contrariamente alla Chi. inflexa è eciuivalve e non ha la tendenza a inflettersi sull' orlo delle valve. 19. Pecten Jacohaeus L. sp. — Il Prof. Aradas, il Philippi e il Prof. Se- gueuza citano il P. maximus L. ; ma questa specie non esiste a Nizzeti. 20. Lima (Radula) squamosa Lamk. 21. » (Mantellmn) inflata Chemntz.* 22. » (Limatula) nivea (Ren.) Br.* ( =. L. elliptica JeftV.).— Fossile an- che a Catira. 23. Siioniljjlus ijaederopns L. — Fossile anche a Cibali (Ph.) , Gatira (Seg.) e alle Terreforti (Grav.). 2J:. Anomia ephippium L. — Fossile anche a Cibali (Ph.) e a Catira. 25. Placunanoviia patelliformis L. sp.— La PI. margaritacea Poli sp. del (!atalogo del Prof. Aradas non è che la PI. patelliformis L. sp. come ho po- tuto accertarmi dietro l'esame degli esemplari che il Prof. Aradas aveva ri- ferito alla specie del Poli. — Fossile anche a Catira. 26. Placunanomia striata Br. sp.* 27. Ostrea (Ostreola) stentina Payr. — Fossile anche a (liliali (Collez. Aradas). 28. » (Griphaea) coehlear Poli. — Fossile anche a Cibali (Ph.), a Catira (Seg.) e alle Terreforti (CJ-rav.). 29. Mytilus fMytilasterj solidus Martin sp.* 30. » » viinimus Poli.* — Fossile anche a Catira. 31. Modiola barbata L. sp.* 32. Lithodomus lithophagìis L. sp. 33. Nucula nucleus L. sp. — Fossile anche a Catira, a Cibali ( Ph. ) e alle Terreforti (Grav.). 34:. Kucula sulcata Bromi. — Nel (Jatalogo del Prof. Aradas pubblicato dal Lyell figura anche la N. piacentina Lamk.; nel rivedere la collezione dello stesso professore ho trovato un esemplare riferito alla specie del Lamark che non mi è riuscito poter tenere distinto dagli altri numerosi della N. sulcata Bronn. — Fossile anche a Catira, a Cibali (Ph.) e a Cannizzaro (Collez. Aradas). 35. Leda (Lemhulus) commutata Ph. — Nella Collezione Aradas esistono parecchi esemplari di questa specie riferiti alla L. tennis Ph. e uno alla L. striata Lamk sp. 12 Jhtt. S. Smlia [Mejioeia XIX. J 36. Leda (LemhulusJ pella L. sp. — Fossile aucbe a Catira e a Cibali (Ph.) 37. Arca tetragona Poli. 38. » [Anadara) rolii ]\Iayer. Mautengo questo nome a certi esern- Ijlari di Arca molto vicini alle forme viventi clie, come questi di Xizzeti si distinguono dalla pliocenica A. diluvii Lamk. per essere più globulose, più corte e col margine dentale più largo. — Fossile anche a Camiizzaro (Collez. Aradas). 39. Arca (BarhatiaJ harhata L.* iO. » » lactea L. — Fossile anche a Catira e a Cibali (Ph.) 41. » » iìiiliricata Poli.* 42. Vectimculus pilosus L. sp. — Fossile anche a Catira. 43. » violacescens Lamk. 44. » lineatus Ph. (Enumeratio moìluscorum SicUiae etc. I, 1836 pag. 62, T. V, flg. 4 (juv.), II, 1844, pag. 44). Questa sjìecie, che allo sta- dio giovanile difficilmente può separarsi dal molto alfine i'. pilosus L. sp., è stata appunto stabilita dal l'hilippi sopra un esemplare giovane. Il Marchese di Monterosato mi ha infornuito per lettera che si souo trovati degli esemplari adulti del diametro di 3.5 mm. e più , che non si possono confondere con gli esemiilari di diametro eguale del P. piìo.su.s L. sp. che è sempre più spesso e più tumido , mentre il P. Uneattis Ph. è più depresso e meno spesso. Questa specie presenta inoltre ben conservate, an- che negli esemplari adulti, le strie radiali, che, specialmente ai fianchi, pi- gliano l'aspetto di lievissime coste. Tali coste si osservano anche nei gio- vani esemplari del P. pUosits L. sp.; ma nelle forme adulte di questa spe- cie fluiscono per obliterarsi completamente. — Fossile anche a Catira. 45. Pectunculus himaculatus Poli sp. È una buona specie del Mediterraneo da molti autori confusa col P. gli/cimeris L. sp. dell' Atlantico. Differisce dalla sijecie atlantica per la sua forma perfettamente Icnticolare e molto ri- gonfia, per le grandi dimensioni e il grande spessore clie raggiunge, di esemplari giovani sono depressi, ma si possono distinguere sempre dal P. (llycimeris L. sp. perchè quest' ultimo è di fornia trausversa e piìi obliqua. Fossile anche a Catira (Gemm.), Vallone di S. Biagio (Grav.) e Cibali (Seg.). 46. Pectunculus insuh'icus Br. sp. — Il Prof. Aradas cita aache di Xizze- ti il P. ìiummarius L. (nec Br.) al quale, come ho potuto convincermi dal- l'esame degli esemplari della sua Collezione così determinati, ha riferito dei giovani esemplari di P. insKbricxs Br. sp. — Fossile anclie a Cibali (Ph.), Catira (Grav.) e Cannizzaro ( Collez. Aradas ). 47. Lìmopsis mimda Pli. sp.* — Fossile anche a Catira. 48. Cardila aculeata Poli sp. Revisione della fauna post-pUocenica dcU'nnjilht di Xizzeti ecc. 49. C'ardita calyculata L. sp.* 50. » corhis Pb. — Fossile anche :i Cibali ( Seg. ) e a Oatira (Geimn.). 51. Venericardia silicata Biui;-. sp.* ( = V. antiquata Poli sp.). 52. Astarte fìtsca Poli sp. ( :=: A. incrassata Wv. sp. ). — Fossile anche a Catira, a Caujiizzaro e a Oibali (Collez . Aradas). 53. Astarte silicata Da C'osta sp.* — Fossile anche a Catira. 54:. » (Gonilia) bipartita Ph. sp.* 55. Woodia digitaria L. sp.* — Fossile anche a Canuizzaro ( Collez. Aradas). 50. Diplodontn apicalis Ph. 57. Galeomma Tiirtoni Sow* 58. Lucina (DentHucina) spinifcra Montg. sp. — Fossile anche a Canniz- zai'o (Collez. Aradas). 51). Cardium (Eucardium) Dcshayesi Payr.* — Fossile anche a Catira (Gemm.) e a Cibali (Seg.). 60. Cardium (Eucardium) ecliinatam L. — Fossile anche a Catira, Cibali (Ph.) e alle Terreforti (Grav.). 61. Cardium (Eucardium) minimum Ph.* 62. » » papiUosum'PiAi. — Fossile anche a Catira(Gemm.), Cibali (Ph.), e Pozzo di S. Todaro (Collez. Grav.). 63. Cardium (Eucardium) obliquatum Artidus* -(- (Descrizione di varie specie nuove malacolotjiclie della Sicilia, Memoria II, Atti Acc. Gioenia di Catania, s. 2'"^, Voi. Ili, 1846, pag. 244, Tav. Ili, fìg. 2.). Questa specie piuttosto ab- bondante nel Post-pliocene dei dintorni di Palermo è sostituita nella fauna attuale dal C. papillosum Poli, dal ({naie differisce per le dimensioni mag- giori e per la forma molto più obliqua. 64. Cardium (Eucardium) tuherculatum L. — Fossile auclie a Catira, Cibali Pb.), Terreforti (Grav.) e Canuizzaro (Collez. Aradas). 65. Cardium (Luevicardium) norvegicum Spengi. — Il C. sulcatum Lamk. che figura nel catalogo del Prof. Aradas non è che il C. norvegicum Spengi, come ho potuto accertarmi dall'esame degli esemplari della Collezione Ara- das riferiti alla specie del Lamark. — Fossile anche a Catira e a Cibali. (Ph.). 66. Cardium (Laevicardiìim) oMungum. Chemntz.* 67. Isocardia cor L. s]).* — Un modello schiacciato. — Fossile anche a Catira. 68. Dosinia lincta Pult. sp. — La 1). exoleta L. sp. della Nota e della Collez. del Prof. Aradas non è che la D. lincta Pult. sp. — Specie atlantica. Fossile anche a Catira, Cibali ( Ph. ) e alle Terreforti ( Grav. ). 14 Dott. S. Kealia [Memoeia XIX.] 09. Venufi ( Chione) ovata Peuii. — Fossile auclie ii Catira. Cibali ( Pli. ), Catania ( Grav. ) e Cauuizzaro ( Collez. Arartas ). 70. Vcnm (Chione) (jaliha L. — Fossile aiiclie a Cibali (Ph.) , alle Ter- reforti ( Grav. ), Catira ( Seg. ), Pozzo di S. Tortaro ( Collez. Grav. ). 71. Venus (Chione) Casina L. * 72. » » striatida Forb. et Haul. * — Specie dei luari set- teiitiiouali. Ho esauiiiiato aiielie parecelii esemplari di questa specie appar- teuenti alla Collezione del Prof. Aradas che li aveva riferiti alla V. seniJis Bi-, (^— r. (jalìina L.).— Fossile aiiclic a Cibali e a Cauuizzaro ( Collezione Aradas ). 73. Ycnvs (Chione) rerrvcosa L. — Fossile anche a Catira ( Gemm. ) e a Cibali (Seg-.). 71. Vemis (Anaitis) fasciata Donov. — Fossile anche a Cibali ( Ph. ), Catira ( Gemni. ), alle Terreforti ( Grav. ) e a Cannizzaro ( Collez. Aradas ). 75. Meretrix chione L. sp. — Fossile anche a Cibali ( Ph. ) e a Catania ( Grav. ). 7G. » militila mella Lamie, sp. 77. » rvdis Poli sp. —Fossile anche a Cibali ( Ph. ). 78. Circe minima Montg. sp. — Fossile anche a Cibali ( Ph. ) e a Cati- ra ( Seg. ). 79. Yenenq)is inis L. sp. * SO. Ihinax politus Poli * — Xe ho anche esaminati alcuni esemijlari appartenenti alla Collez. Gravina provenienti dal pozzo di S. Todaro. 81. Teìlina f EuteUina ) donacina L. * — Fossile anche a Ciliali (Col- lez. Aradas ). 82. Tellina {Eutelliìia) pusilla Ph. * 83. » » distorta Poli — Fossile anche a Cibali e alle Terreforti (Collez. Aradas). 84. Psammohia ferroensis Chenmtz. sp. — * — Fossile anche a Cibali (Phil. ) e Catira (Seg. ). 85. rsammobia tellinella Lanik.* 86. Sohnocurtiis nuiltistriatus Scacchi.* 87. » strigi 11 atus L. sp.* 88. Solen (Ensis) ensis L.* —Fossile anche al Pozzo di S. Todaro (Col- lez. Grav. ). 89. Tracia painjracea Poli sp.* 90. Syndesmya prismatica Montg. sp.* 91. Ervilia castanea Montg. sp.* Revmone della fauna jjost-pliocenica (Ivirarijilla di Xizzcti ecc. 15 02. Mactra subtrnncata Moiitg. sp. — La M. .solida L. citata di Xizzeti dal prof. Aiadas è la M. siditnoicuta Moutg'. sp. come ho potuto couvincer- mi dall' esame degli esemplari della sua Collezione riferiti alla specie del Liuueo. — Fossile anche a Cibali (Phil.), a Catira, a Motta, alle Terreforti ( Grav. ), al Pozzo di S. Todaro ( Collez. Grav. ) , e alla Fossa della Creta ( Collez. Aradas ). y.3. Lutraria ellijdica Lamk.* — Fossile auche a Catira (Gemiu.) e a Ci- bali ( Phil ). 114. iS(t.ri.cava arctica L. sp.* — Di questa specie uè ho auche trovato una bella valva uella Collezione Aradas, tuttavia uon figura nel Catalogo pubblicato dal Lyell. 95. Corbnla giòia Olivi sp. — Fossile auche a Catira, a Cibali (Phil.), alle Terreforti ( Grav. ), alla Fossa della Creta, a Cauuizzaro ( Collez. Ara- das ) e al Pozzo di S. Todaro ( Collez. Gravina ). 9G. Pholas daetylKS h* Scaphopoda. 97. JDentalium dentale L. — Fossile anche a Catira, Cibali (Phil. ), Val- lone di S. Biagio ( Grav. ) e Cannizzaro ( Collez. Aradas ). 98. Dcntalium novemeostatum Lamk.* — Di questa specie ne ho anche esaminato un esemplare che esisteva indeterminato nella Collez. Aradas. Fossile auche a Cibali ( Collez. Aradas ) e al Pozzo di S. Todaro ( Collez. Grav. ). 99. Dcntalium vulgare Da Costa. — Fossile anche al Pozzo di S. Todaro ( Collez. Grav. ). 100. Dentaliuiii agile M. Sars.— Specie di mare profondo. Ne ho anche esaminati ben 23 esemplari della Collez. del Prof. Aradas che li aveva ri- feriti al I). ineertum l'h. ( nec Desh. ) — Fossile anche a Cauuizzaro (Col- lez. Aradas ). 101. Dentalium entale L. — Il Philippi e il Prof. Aradas lo citano come D. niultistriatum Risso ( nec Desh. ). — Fossile anche a Catira. 102. ìSiphonodentalium quinqueangulare Forb. sp.* — Fossile anche a Ca- tira. Amphineura. 103. Cltiton cajetanus Poli.* 104. » corallinus Risso.* 16 I)»tt. IS. IScalia [Memoria XIX.J 105. Cliìton marijiiiatus Peiiii.* 100. » olivacetis Spengler* ( ^ Ch. siculus Gray.). 107. » l'olii Pli.* 108. » Rùsoi Tayr.* 100. Acovtlidcliifon (liscrejxivs Brown.* Gastropoda. 110. rateila eaernlea L. 111. » tarentina voii Salis.* 112. » luKitanica Gniel.* 113. » ferruyiHea (Tiiiel. 111. » Eovxii rayr. 115. » sìihpìana Pot et Mieli.* 110. Acmea rirginea Miill. sp.* — Fossile anche a Oatira. 117. Emaryinvla dongata^ O. G. Costa.* — Fossile anche a Gatira (Seg. ) e a Cibali ( Ph. ). 118. EìiKiryimda conica Schimi.* ( =: E. capuliformìs Ph. ). 111). » fissiira L. sp.* 120. » soUdìda O. G. Costa.* — Fossile anche a Cibali ( Ph. ) a Catira ( Se<;-- ). 121. Fissurella gihhervla Lanik.* et var. elongata Montrs. 122. » graeea L. sp.* 123. Haliotis lameUosa Hidalgo* — Fossile anche a Catira. 134. ScissiireUu aspera. Ph.* 125. » costata d' Orb.* ( = Se. pUcata Ph. ). 126. » crispata Fieni.* 127. AstraUvm (BohnnJ rugosum L. sp. — Fossile anche a Catira e a Cibali (Ph. ). 128. Turbo (CoUonia) sanguineus L. — Fossile anche a Catira. 129. Phasianella pidla L. sp.* et var. — Fossile anche a Catira e a Ci- bali ( Ph. ). 130. » punctata Kisso.* 131. Calliostoma comdoide Lanik. sp.* — Da molti autori confuso col C.zi- ziphimtm L. sp. dal quale è da tenersi ben distinto. 132. Calliostoma comdum Lamk. sp.— Fossile anche a Catira e a Cibali (Ph.) 133. » duhium Ph. sp. 131. » Laugieri Payr. sp.* — Fossile anche a Catira. Revisione della fauna post-pliocenica nni Brus. sp.* 227. » lactenm Pli. sp. * — Fossile anche a Catiia e a Cibali ( Pl>. )• 228. » Latreillei Fnyv. sp.* 22fl. » rcticnìntum Da Costa sp. — Fossile auchc a Cibali (Fli.) e a (Jatira. 230. Trìforis pcrrerHa L. sj). * — Fossile aiiclie a Cibali ( Pli. ) e a Catira. 231. CeritMo^ms concatenata Conti s]).* fll Monte Mario ed i suoi fomi- li fivlHqmuìini, 1S64 pag. 32 e pag. 51: ISTI, 2.=^ ed. pag. 38 e 57) ( = C iniìclirlla Jetìr.). — 1)1 questa specie rarissima anche allo stato vivente ne ho trovato un solo esemplare a Xizzeti. 232. Chenopu^ lìc^-iìelecani L. sp. — Fossile anche a Catira ( Gemui. ), a Cibali (Ph.) e alla Fossa della Creta (CoUcz. Aradas). 233. Erato lacris- Donov. sp.* 231. Cyin-aea ìxrida L. — Fossile anche a Cibali (CoUez. Aradas). 235. » (Trifiaj ciiroimea IMoutg. — Fossile anche a Cibali (Ph.) e a Catira (Seg.). 236. Vyiìraea (Triria) jmlc.r Gray. 237. Ovula (Neofiimnia) spelta L. sp.* 238. Cassidiaria echhiophora L. sp.* — La C. tyrrlìcnn Chemntz. sp. ci- tata nella nota del prof. Aradas è da riferirsi alla C. echinophora L. sp., co- me ho potuto accertarmi dietro l'esame dell' esemplare che il prof. Aradas aveva riferito alla specie dello Chemnitz. Suppongo anche che la C. ti;r- rhena Chemntz. sp., citata fossile di Cibali (Ph.), Catira (Gemm.) e delle Ter- reforti (Grav.), sia anche da riferirsi alla si)ecie del Linneo. — Fossile an- che a Cannizzaro (Collez. Aradas). 23!). Triton cormgatìis I^audc. — Xella Xota del prof. xVradas figura an- che un Tr. intermedina Br. sp., che come ho potuto verificare sull'esemplare della sua Collezione riferito a questa specie, non è che un individuo giova- ne del Tr. corrugatus Lamk. — Fossile anche a Cannizzaro (Collez. Aradas). 240. Triton reticiiìatuft Blainv.— Fossile anche a Catira e a Cibali (Ph.). 241. » cntaceiis. L. sp. 242. VolumheJla rustica L. sp. — Fossile anche a Cibali (Ph.) e a Catira. 243. » fMitrrUa) scripta L. sp. — Fc e a Catira. 244. » » decollata Brns.* 245. » » OerriUei Payr. sj).* 246. » fAtilia) minor Scacchi sp.* Eerisione della fauna post-pliocenica dciraiujilla di Xizzcti ecc. 23 l'47. Mitra cbenus Lamk. 248. » corniculu L. sp. — Fossile auclie a Cibali (Pb.) e a Catira (Seg.). 249. » tricolor .Grnel. sp. — Fossile auelie a Catira (Seg.) 250. » Savignyi Payr. — Fossile aiicUe a Cibali (Pli.). 251. » ( Mitrolumna) oUvoidea Cautr. sp.* 252. Fisania maculosa Lamk. sp.* — Fossile aiiclie a Cibali ( Collez. A- radas ). 253. » d' Orbiijnyl Payr. sp.* — Fossile aiiclie a Catira ( Seg. ). 254. Buccinum Uumphreysianum Beuu.* — Specie dei mari settentrionali. 255. » striatuiìi Pli.-f- Questa specie non è stata ancora trovata vivente né nel Mediterraneo, ne nei mari del Xord. L' esemplare descritto e figurato da Aradas e Beuoit f GoncMologia vivente marina della Sicilia ecc. 1870, pag. 287, Tav. V, fig. 11. ) col nome di B. inflatam è fossile. — Fos- sile anclie a Cannizzaro ( Collez. Aradas ) e a Catira. 250. Xassa Edwardsi Fischer (Diayuosesi d'espéces nonrellex de Molhmiues recueiUies dans le cours des expeditions scicntifiqucs de l'aviso Tkavailleue, 1880-81 in .Journal de Concliyologie voi. XXX , pag. 50. ). Questa specie abbondante nei depositi post-pliocenici dell' Italia meridionale e vivente nel Mediterraneo occidentale è molto vicina alla X. Hemistriata Br. sp. con la quale è stata spesso confusa dagli autori. Differisce dalla specie del Brocchi e dalle sue varietà per i solchi spirali , che piìi numerosi ornano tutta la superficie della conchiglia; per 1' apice più ottuso , per la callosità columel- lare molto meno dilatata e per 1' assoluta mancanza di costole. Dalla X. giyantula Born. sp. e forme affini, differisce per le dimensioni minori, per la forma meno allungata, piìi ventricosa, l'apice più ottuso, i solchi spirali più numerosi e più Ani, la callosità columellare molto meno estesa. Questa specie è abbondantissima a Xizzeti — Fossile anche a Catira , a Cibali ( Ph. ), Caniiizzaro, Fossa della Creta ( Collez. Aradas ), Pozzo di S. Todaro ( Collez. Grav. ). 257. Xasm costìdata Een. sp. — Fossile anche a Cibali (Ph.) e a Catira ( Gemm. ). 258. XaMsa crasse-scidpta Brugnone.*+ Il Marchese di Mouterosato nel 1872 (Xotizie intorno alle conchiglie fossili di Monte Pellegrino e Ficarazzi, pag. 33) chiamò questa specie col nome di Xassa reticidata L. sp. var. planoplecta Montrs. Più tardi il Bruguone {Miscellanea malacologica P. II, 1876, pag. 10, fig. 28) la indicò come Xassa musimim Br. sp. var. crasse-scidpta Brugn. Il nome del Monterosato avrebbe dunque la precedenza; però preferisco man- 2i Dott. S. iSvalin [Memop.ia XIX.] tenere il uonie di Xassa cr(is.sc-sriilj)t(( lUiiuii. . perchè messo dal Bnij^uoiie iu dipendeuza della Xa.s.sn mu.sinrm Br. sp. con la quale questa specie La verameute molta affinità, e anche perchè altri autori con criteri specifici molto larghi potrebbero sempre riguardarla come una varietà della Xami vìitmvìim Br. sp. mantenendo il modo d' indicazione del Brugnone. La Nassa cmsse-scnlpta Brugn. difterisce dalla specie del Brocchi per la forma più allungata e piìi ai)puntita all' apice e per i caratteri della scultura assai più fortemente impressa. In oltre le costole longitudinali sono di numero minore e assai più largamente separate fra di loro, il che dà al mosaico della conchiglia un aspetto ditterente di quello della 3". w(«- sivim Br. sp. ^Malgrado la variabilità della specie del Broeclii. per quanto riguarda la lunghezza della spira e il numero delle costole, pure la Xassn crasse-scvl2>ta Brugn. si mantiene sempre l>en distinta. — Fossile anche a Cibali (Ph.) alle Terreforti ( Grav. ) e a Catira ( Seg. ). 259. Xassa limata Ohemntz. sp. et var. corpiilcìita ^Slontrs. — Fossile an- che a Cannizzaro ( Collez. Aradas ). 2fiO. Xassa mutabiUs L. sp. —Fossile anche a (Satira, a Cibali ( Ph. ), al Pozzo di S. Todaro (Collez. Grav.) e alla Fossa della Creta (Collez. Aradas). 201. Na-f!sa fZeuxis) incrassata Striim. sp. — Fossile anche a Catira ( Gemm. ), Cibali ( Ph. ), Pozzo di S. Todaro ( Collez. Grav. ) e alla Fossa della Creta ( Collez. Aradas ). 262. Xassa fZeuxisJ retlciiìata L. s]i.* 263. » » varicosa Turton sp.* 264. » >^ suhfTìapliaìia Biv.* 26.5. Xassa ( Amycìa) corniodum Olivi sj).* — Fossile anche a Cibali, Cannizzaro e alla Fossa della Creta (Collez. Aradas ;. 266. Xassa (Aìnycla) Montcrosatoi Locard.* r MoiHxjraphic des éspeces de la famiUe des Buccinides, 1887, pag. 95 ). 267. Xassa (FAone) gihlosìila L. sp.* — Fossile anche a Cibali (Pli.), alle Terreforti (Grav.) , alla Fossa della Creta (Collez. Aradas) e a Catira (Seg.). 268. Ci/elonassa neritea L. sp.— Fossile anche a Cibali (Ph.) e a Catira. 269. Mìircr (Boìììvis) hrandaris L.— Fossile anche a Catira (Gemm.) . Ci- bali (Ph.) e alle Terreforti. 270. Murex (Mvncantha) trnncnhis L. — Fossile anche a Cibali (Ph.), a Catira (Gemm.) e a Cannizzaro (Collez. Aradas). 271. Mure.v (Muricopsis) cristatus Br. si). . var. Blainrillci Payr. Fossile anche alle Terreforti (Grav.) e a Catira. 272. Ocinebra Edwardsi Payr. sp. Bcvimone della fauna post-pi iocenica dclV argilla di Nizzeti ecc. 25 27.'). Ociìif'hni evìnacea L. sp. 274. » adculata Lamk. sp.* 27.5. » iHadriwnia) craticulata Uv. >ìy>. {:= (>. TJrotrAif Moiitrs. sp.) Fossile iuii-.lio a. Cibali (Pli.) e a Catira (Seg.). 27<5. Trophoii iiuiricatu.i Montg. s]». 277. » multilamelloHus Ph. sp.* — Di questa specie, liu'oia non per- fettainente conosciuta, si ])reseutano vari esemplari integri nelle argille di Nizzeti. 11 Troplwn multil(iiitelloHu>i Ph. sp. è vicino al Trophon rarihiiitns Jan. sp. , mai se ne distingue per la conchiglia meno siìcssa, per i giri meno an- golosi, per le suture meno elevate, e sopratiitto ])er il numero maggiore di varici, che sono anche più sottili e fornite sull'angolo dei giii di spine acute ma meno forti e pungenti che nel Troplton raginatiix .Tan sp. Nella specie del Philii)|ii 1' apertura è pii^i ovale ed è fornita di un ca- nale lungo , diritto e gracile. 11 Trophon vndilavìcllosKfi Ph. sp. vivo nelle grandi ])rofondità del Mediterraneo. 275. Trophon raqinatKS Jan s[>. Fossile an(;he a Cibali (Ph.), (Satira (Seg.)» e a Cannizzaro ((Jolh^z. Aradas). 279. CoraUiophila himelloxa Jan sp. Fossile anche al Canalicchio (Grav.) 280. Fanviolnria liriiiaria L. sp. 281. Fiisiis rostratun Olivi sp. var. latiroidcx (Di IJlasi ms.) Montrs. Fos- sile anche a Cibali (Collez. Aradas). 282. Fitfiufì rudls Ph.* 283. » pulclicllus PI..* 284. Eutri((. cornea. L. sp.— Fossile anche a, Cibali (Ph.), a. Catira (Seg.) e a Canuizzaro (Collez. Aradas). 285. M(ir.* 286. » Philipphii MoJitrs.* 287. » Kecalina Ph.* 288. Cancellaria cancclìata L. sp. 289. » coronata Se. 2'.M(. l'IciirotoiiKi Hudatiriu/a lìiv. 291. J>rillia (VransisjnraJ Mar.* 295. » FickUni Montrs (ii>s.).* 296. » (VlathurcUa) Lciifrot/i .Mieli, sp.* . 297. » » rrtiriilat(( lieo, s)».* 298. » » Coni ieri Payr. s|).* 26 iMt. S. Ncalia [Memoria XIX.J 29!). MangiUa (CìatliKrcllo) livenris Montg'. sp.* 300. » » in-flata De Grist. et Jan. 301. Bela rnfa Moiitr. sp. 302. » ( Hacdroplaeura) necaUna Pli. sj). 303. Dnphnelln (Ilaphitonui) (itfevuatii MoutiX. sp.* 304. » » futicafa Desìi, sp. ."'.O.j. » (Bellar(licll((ì firacìlis Montj;-. s]). — Fossile anche a Cibali (Th.) , a (Jatira (Ses.) e alle Tevrcforti (drav.). 30(). Vonus (Chelìieoviin) nicdiivrnmens L'.rn»'. — Fossile anche a Catira, a cubali (Pli.) e a (Jannizzaro ((JoUez. Aradas). 307. FivfilcKÌa coiiformis Montrs. — La f\. ((nìieuìaia Méii. sp. die tiunra nella Nota del l'iof. Aradas è da riferirsi iiivec-e a (piesta specie, coinè lio potuto aocertarnii dietro l'esame deuli esemplari della (J()ll(^ziolle Aradas ri- feriti alla spe(!Ìe del ÌMéiiard. — Fossile anche a Cibali (('ollez. Aradas). 3()S. Toriifitiiin fCtricidiis) itmhilirfit(( ^lontjj;'. sj).* 300. » » iiKiiinìiiUata I*li. sp.* 310. Alc.vitt mi/osofifi Dra]). s|>.* .311. Clfodora pì/nnnidr(t(i Lamie* — l'^t-isiU; aiiclii,^ a- (latira,. CEUSTACEA. 312. Bnìanxs xponfiirold lìroiiii.* Chele di dei^ajiodi. Memoria XX. I Fungili della Sicilia Orientale e principalmente della regione Etnea (Prima serie) D.r G. SCALIA Se da una parte la Flora Fanerogamica sicula è così ben conosciuta, illustrata come fu da Gussone, Cupani, P. Bernardino da Ucria, Strobl ed altri molti, altrettanto non può dirsi invero della crittogamica sotto ogni riguardo trascurata. Per non dire che dei funghi notiamo che la bibliografia è assai scarsa e se ne togli i lavori di A. De Bivona-Bernardi (1), Inzenga (2), Passerini e Beltrani (3) non si hanno che delle no- te, intese ad illustrare qualche specie nuova od interessante dal lato patologico, nelle quali incidentalmente vien fatta menzione delle specie saprofite o parassite accompagnanti il micete oggetto principale della memoria. Spinto dal desiderio di contribuire a colmare questa deplo- revole lacuna impresi lo studio dei Funghi ed è con piacere che presento questa prima serie di più che 300 specie (4) rac- colte quasi esclusivamente nella regione etnea, augurandomi di poterla far presto seguire da altre. Il numero delle specie menzionate in questa memoi'ia è scarso (1) A. Dk, I!iv(jna Iìersardi — Sliri>iiiiii, rarianim hi Sicilia 2>roi'eiiiitììtinm dexcriptionen fase. 3, Piinormi 1813. (2) G. Inzknga — Funghi sicUiani, I e II C'eut. Paloriuo 1869-1875. Co) G. Passerini et Beltrani — Fungi siculi tiovi, Roma 1882. (4) Alc-uiie ili queste specie furouo da me pul)l)li(-ate in una Prima Contribuzione alla co- noitccnza della Flora Micologica della provincia di Catania ( 1899 ) e se ho creduto di doverle (jui riportare si è percliè trovate in altre località o su matrici diverse. Atti Acc. Vol. XIII, .Serie 4'' — Meni. XX. 1 Bott. G. Scalia [Memoria XX.] se si considera la ricchezza della nostra flora, è abbastanza ele- vato invece se si pensa alla ristrettezza della regione esplorata. Nella determinazione del materiale ho seguito principalmen- te la Sylloge del Chiarissimo Prof. P. A. Saccardo, le monografie di Winter, Rehm, Fischer, Allescher [Die Filze in Rabenhorst' s Kryptogamen Flora von Deutschland , Oesterreich und der Schweiz) e la Flora Veneta del prof. Bizzozero, non mancando però di consultare, nei casi in cui mi è stato possibile, anche delle memorie speciali che potevano in qualche modo riferirsi alle ricerche in questione. È superfluo che io ricordi qui tali lavori, tanto più che dalle note accompagnanti le singole specie potrà rilevarsi a quali fonti io abbia attinto. Poco proclive alla istituzione di specie nuove, poche soltanto ho creduto di doverne desci'ivere come tali: Lenzites Gussonei Seal., Thielavia Bovina Baco., Hysterographium Baccarinii Seal., Macrophoma (Cldroph.) Aurantii Seal., Diplodia Segapelii Seal., Ascochyta Oleae Scoi., Septoria Senecioms-aeinensis Scoi. , S. Achyrantis Seal. Altre volte non credendo sulficienti i caratteri per creare nuove specie ho riferito il materiale a varietà nuove di specie note : Tricliolovia ierreura var. aetnense Baco., Pleurotus ostrea- tus vaj-. fitipitatus Seal., Agaricus campestris var. insignis Seal., Lycoperdon atro-piirpureum var. Caiinense Seal., Peziza sepia- trella var. simla Seal., Didymosphaeria epidermidis var. Calycolo- mis infestae Seal., Ceuthospora phacidioides var. Oleae Seal. Delle numerose specie poche sono nuove per la Flora Ita- liana : Peronospora Valerianellae Fuck., Terfetia Botcdieri Chat., Metasphaeria Spartii Brun., Phoma lagenicola Sacc, Ph. De- beauxiana 8acc., Macrophoma JunceiFsiss., Ramularia Centranlhi Brun., E. Ari Fautr., Macrosporium Lagenariae Thiim., Antro- mycopsis Broussonetiae Pat. et Trab. Come si vedrà dall' esame del Catalogo la nostra Floi-a Mi- / funghi della /Sicilia Orientale cologica partecipa assai delle altre Flore mediterranee (l), prin- cipalmente della Francese, Spagnuola, Algerina, Tunisina e dello Egitto. Il materiale che fu oggetto di studio è conservato nelle col- lezioni dell' Istituto Botanico della E,. Università. Al Chiarissimo Prof. P. Baccarini, il quale nn accolse nel Laboratorio da Lui diretto e, oltre al fornirmi gran parte del materiale di studio, mi fu largo di consigli e di aiuto durante le ricerche, rendo qui pubbliche grazie. I. MYX0MYCETE8 1. Protodermium pusillum (Sclirad.) Kost. — Sacc. Syll. VII, p. 328. — Lieea Sclirad. Su legno putrido nel Laboratorio del E. Istituto Botanico, no- vembre 18!»9. 2. Physarum leucophaeum Fr. — Sacc. Syll. VII, p. 34.5 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 9. var. yennimim 1 stipitatum et 2 scssile. Su semi di * Vynomorium cocciueum L. messi a germinare in ca- mera umida nel Laboratorio del E. Orto Botanico in aprile 1900. II. PHYCOMYCETES 3. Rhizopus nigricans Ebrenb. — Sacc. Syll. VII, p. 312 ; Fischer, Ea- beiili. Kryptog. Fior. Die Filze IV, p. 230 ; sub Mucor stolonifer Elir., Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 158. Su frutti marcescenti di Benincam cerifera nel E. Orto Botanico, gennaio 1900. 4. Synchytrium globosum Scbroet. — Sacc. Syll. VII, p. 288; Fisch. Die Filze IV, p. CO. Su foglie di * Thapsia garganica L. a Primosole in aprile 1895. (1) Le specie segnate cou * souo nuove per la Flora italiana; con * sono pure segnate le matrici nuovo. Dott. G. Scalia [3[e:mokia XX.] 5. S. aureum ScLroet.— Sacc. Syll. VII, p. 290; Fisch. JJie Filze IV, p. 56. 8ii foglie di * Vhri/saììthemum sef/etum L. nel podere della R. Scuo- la Enologica di Cataiiia, marzo 1!IOO. 0. S. Taraxaci De Bary et Wor. — Sacc. Syll. VII, ]>. 21)1 ; Fisch. Die Filze IV, p. 4"J ; Bizzoz. Fior. veu. critt. 1, p. KiO. Su foglie di una Gicoracea al bosco Flascio (Eandazzo), maggio 1899. 7. Cystopus candidus (Pers.) Lev. — Sacc. Syll. VII, p. 234 ; Fi.sch. Die Filze IV, p. 418 ; sub V. candidus Fers., Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 156 — Uredo Fers. Exsicc. : Oavara F., Fungi Longobardiae u. 6 ; Briosi e Oavara, Funghi parassiti n. 201. Su Diplotaxis teniiifvlia DO. a Valsavoja ìji estate, Vcqìsella hursa pastoris Mch. nella primavera del 1891 , * Cochlcaria (/latitifoNd L. maggio 1895, * Lktlepina Corvini Dsv. al bosco Flascio in giugno 1899, * Biscutella didyma subsp. lyrata L. nel podere della E. Scuo- la Enologica, * Brasaica campestriH L. in contrada S. Spirito a Fatti, * Arahis verna e * Camelina campcstris a ]\Ielilli in aprile 1900. 8. 0. Portulacae (D(J.) Lev. — Sacc. Syll. VII, p. 235 ; Fisch. Die Filze IV, p. 120 ; sub C. Portulacae ( DO. ) De Bary, Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 156. — Uredo DO. Sulle foglie di Portulaca olcracea L. nel E. Orto Botanico, luglio 19t)0. 9. 0. Eliti (Biv.) De Bary — Sacc. Syll. VII, p. 23(;; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 156 ; sub C. Eliti ( Biv. ) Lev., Fisch. Die Filze IV, p. -122. — Uredo Biv. Exsicc. : Oavara, Fung. Longobard. n. 202; Briosi e Oavara, Fung. paras. n. 202. Sulle foglie e i cauli di Amarantus Blitum L. nel podere della E. Scuola Enologica, ottobre 1899, alla Flaja nel E. Barbatellaio di viti americane in luglio 1900. 10. Plasmopara viticola (Berk. et Ourt.) Beri, et De Ton. — Sacc. Syll. VII, p. 239; Fisch. Die Filze IV, p. 435; sub Peronospora viticola (B. et 0.) De Bary, Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 151. — Botrytis Berk. et Ourt. Exsicc. : Briosi e Oavara, Fung. ])aras. n. 1, 27, 102. Su foglie, fiori e frutti di Vitifì vinifera L., pei dintorni della città, e su foglie di Bupestris a Bombacaro in giugno e luglio 1900. 11. Bremia Lactucae Eegei. — Sacc. Syll. VII, p. 244 ; Fisch. Die Filze I fìtnyhi della Sicilia Orientale IV, p. 440 ; sub Peronospoia (laiu/Uiformis (Berk.) De i5ary, Bizzoz. Fior. ven. critt. 1, p. 152. — Botrytis gdnfilionifoniiis Berk. Exsicc. : Cavara, Fung. Lougobard. n. 152; Briosi e Cuvara, Fuiig. paras. u. 51. Su Soìichus sp. a Catania in aprile 1894, S. okraceus L. nel K. Orto Botanico in marzo 1896, * Cynara Vardunculus L. a Priniosole in aprile 1895, C. ScolymKS L. al Portiere-Stella e Mascalucia in febbraio 1900. 12. Peronospora Viciae (Berk.) De Bary. — Sacc. Syll. VII, p. 245 ; Fiscb. Die rilze IV, p. 454 ; sub reronospora Viciae Berk., Bizzoz. Fior, ven. critt. I, p. 153. — Botyytis Berk. Exsicc.: Briosi e (Javara, Fung. paras. n. .'501. Su foglie di * Lathyrus odoratus L. nel podere della R. Scuola Enologica, primavera 1893. 13. P. parasitica (Pers.) De Bary. — Sacc. Syll. VII, p. 249 ; Fisch. Die Filze IV, p. 476 sub L'eronoxpoya imrasitiea (Pers.) Tul. ; Bizzoz. Fior, ven. critt. I, p. 153. — Botrytis Pers. Su foglie di Vheiranthus Cheiri L. nel podere della Scuola Enolo- gica in aprile 1893 e a Mascalucia in marzo 1900. 14. P. Ficariae Tul. — Sacc. Syll. VII, p. 251; Piseli. Die Filze IV, p. 472. Exsicc : (Javara, Fung. Lougobard. n. 7. Su foglie di Ficaria verna Iluds. a Primosole nella primavera del 1897 e all' Orto Botanico nel 1899. 15. P. Trifoliorum De Bary. — Sacc. Syll. VII, p. 252 ; Piseli. Die Filze IV, p. 457 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 154. Exsicc. : Cavara, Fung. Lougobard. n. 203; Briosi e Cavara, Fung. paras. n. 303. Sulle foglie di * Melilotus sulcata Dsf. e M. sp. nel E. Orto Bota- nico, primavera 1894. 16. * P. Valerianellae Fuck. — Sacc. Syll. VII, p. 253 ; Fiscb. Die Filze IV, p. 466. Sulle foglie di * Fedia cornucopiae G. a Primosole in marzo 1895 socio con Aeeidiim Valerianellae, per la strada Molini in marzo 1900 e al torrente Flascio in Eandazzo. 17. P. effusa (Grev.) Eabenli. — Sacc. SyU. VII, p. 256; Fisch. Die Filze IV, p. 467 ; P. efusa (Grev.) De Bary, Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 154. — Botrytis Grev. Exsicc. : Cavara, Fung. Lougobard. n. 204. Sulle foglie di Vheuopodiwm sp. all' Orto Botanico, estate 1894. Doti. G. iSeaìia [Memokia XX.J IS. P. Lamii (Al. Brami.) De Uary. — Sacc. Syll. VII. p. 2.56; sub l'. Ln- niii A. Brailli., Fisch. Die Filze lY, p. 462: Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 155. Exsicc. : Cavara, Fuiiff. Lougobard. n. 153. Sulle foglie di Lamhrm nmpìcxkavìe L. nel K. Orto Botanico, gen- naio 181)-4. 11). P. Schleideni Uiig. — Sace. Syll. VII, p. 257 : Fisdi. Die Filze IV, p. 474. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. n. 151. Sulle foglie di AlUum Cepa nel podere della i!. Scuola Enologica in primavera (1893) e su * A. nifirum L. a Valsavoja, aprile 1896. 20. P. Rumicis Corda. — Sacc. Syll. VII, p. 202: Fiscli. Die Filze IV, ]). 480; Bizzoz. Fior. ven. critt. I. p. 155. — PeroiKisjxini effusa vnv. Bumicis Fuck. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. n. 153. Sulle foglie di Bumex sp. (sez. Patievtin) al (xiardino Bellini in aprile 1900. 21. Saprolegnia ferax (Gruitli.) Nees. — Sacc. Syll. VII. p. ^fì^.— Confn-ra (Iruith. Su mosche morte in acqua nel Laboratorio del II. Istituto Bota- nico in giugno 1898. III. BASIDIOMYCETES 22. Ustilago Ischaemi Fuck. — Sacc. Syll. VII, p. 454 ; Winter, Eabenh. Kryptog. Fior. Die Filze I, p. 88; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 128; Brcfeld, Botan. Untersucli. Brandpilze ]). 96 Tav. XI, lig. 1-2. Sulle spighe di * roUinia distaelii/n Spr. a Luogogrande in giu- gno 1896. 23. U. bromivora Fisch. de Wald. — Sacc. Syll. VII, j). 461; sub U. hro- mivora (Tul.) Winter Die Filze I, ]). 91; sub C. hromirora Tul., Brc- feld, Brandpilze i). 123 Tav. X, flg. 1-8. — Vstilmin tkuho a viilf/n- ris d hromlcorti Tul. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fuug. paras. n. 279. Xegli ovarii di * Brovms tectorum L. e Br. madriten.sis L. in estate. 24. U. Avenae ( Fers. ) Jeiis. — Sacc. Syll. IX , p. 283. — U. se(ietiim Auct. p. p. Xegli ovarii di Arena steriìi-'i a Modica nella itriinavera del 1898. I Funghi della Sicilia. Orientale 25. U. Vaillantii Tul. — Sacc. Syll. VII, p. 405; Wiuter Die Filze I, p- 93. Exsicc. : Biiosi e Cavara, Euiig. paras. u. 2S0. Nelle autere di Belleralia comom Ktli. a Pizzaratti sopra Melilli in aprile ISHIO. 26. U. Maydis (DO.) Corda. — Sacc. Syll. VII, p. 472; sub U. Zeae-Mays (DO.) Winter Die Pilze I, p. 97; Bizzoz. Fior. veii. critt. I, p. 129; sub U. Maydis DO., Erefeld Braudpilze p. U7, Tav. IV, tig. 1-17.— Ured,o DO. Exsicc: Briosi e Cavara, Fuiig-. paras. u. 2. Sulla Zea Mays L. nel E. Orto Botanico (1893), e sulla * Eeana luxìtrians coltivata a Catania 1894. 27. U. violacea (Pers.) Fuck. — Sacc. Syll. VII, p. 474 ; sub U. violacea (Pers.) Winter Die Pilze I, p. 98; sub U. violacea (Pers.) Tul., Bizzoz. Plor. veu. critt. I, p. 129; Ustilayo violacea Pers., Brefeld, Braudpilze p. 30, Tav. I, tìg. 1-27. — Uredo Pers. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fuug. paras. n. 257. Sulla tSuiMuaria officinalls L. a S. Angelo di Gauzeria, autunno del 1893. 28. U. Tragopogi (Pers.) Schroet. — Sacc. Syll. VII, p. 477 ; TI. Trayo- Ijoyi-pmtfHnis Pers., Bref. Braudpilze p. 81, Tav. V, fig. 7-11 ; U. Tra- gopayi-pratemis (Pers.) Wiuter Die Pilze I, p. 101; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 129. — Uredo Pers. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fuug. paras. u. 227. Su capitoli di Chrysanthemum sp. al Passo Zingaro in Adernò, di- cembre 1897. 29. Tilletia Tritici (Bjerk.) Wint. — Sacc. Syll. VII, p. 481; Winter Die Pilze I, p. 110; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 129. — Lycoperdon Bjerkander. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fuug. paras. n. 155. Negli ovarii di Triticum sativum alla Piana di Catania. Oss.: Eccezioualmente s'incontrano in mezzo alle spore normali delle altre ad episporio liscio. 30. Entyloma Calendulae (Oud.) De Bary — Sacc. Syll. VII, p. 492 ; E. Cah-ndalae (Oud.) Winter Die Pilze, I, p. Ili. — rrotomyces Oudem. Sulle foglie di * Calendula arvensis L. a Taormina in dicembre 1899. 31. Urocystis Anemones (Pers.) Schroet. — Sacc. Syll. VII, p. 518 ; TI. Ane- mom-s (Pers.) Winter Die Pilze I, p. 123; U. Anemones (Pers.) Eabenh., Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 130. — Uredo Pers. Exsicc: Briosi e Cavara, Fuug. paras. u. 229. Dott. G. 8c((Iifi [Memoria XX. | Sulle foglie di Anemone coronaria L. a Priinosole iu primavera. 32. Graphiola Phoenicis (:Moiig.) Poit. — Sacc. Syll. VII, p. 522. — Vha- cidium Moug. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fuug. paras. ii. 207. "Freiiueiite a (Jatania sulle foglie di Phoenix dactylifera L., 1895. 33. Uromyces (eu-) Fabae (Pers.) De Bary — Sacc. Syll. VII, p. 531 ; U. Orohi (Pers.) Winter Die Pilze I, p. 158; U. Orohi Sclium., Bizzoz. Fior. veli, critt. I, p. 134. — I Aecidium Orohi Pers. ; II Uredo Pa- lme Pers. ; III Uromyces apiìendiculatuH Lèv. ex p. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. u. 50. I sulle foglie di Lathijrus sp. a S. Augelo di Messina in aprile 181)5 ; II-III sulle foglie di Vida Faha L. a Catania (1S94) e Patti in contrada S. Spirito (1000), su * Pm»»ì acceH.S'f L. a Catania, mag- gio 1897. 31. U. (eu-) Limonìì (DC.) Lev. — Sacc. Syll. VII, p. 532 ; U. Limonii (DC.) Winter Die Pilze I, p. 150. — Puccima DC. — I Gaeoma Ar- meriae Schleclit.; II Vredo Stutiees Desm.; III Uromyces Armcriae Lèv. I su foglie di iSfutice sp. Agnone in maggio 1898 ; III sulle foglie di Statiee Limonium (L.) Rclib. nel \ì. Orto Botanico in gennajo 1894 e a Paterno in aprile 1890. 35. U. (eu-) Trifolii (Hedw.) Lèv. — Sacc. Syll. VII, p. 531; U. Trifolii (Alb. et Schw.) Winter Die Pilze I. p. 159; U. Trifolii (Alb. et Sclnv.) Fnck., Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 131. — I Aecidium Tri- fola repentis Cast.; II Uredo Fabae ''fi Trifolii Alb. et Sclnv.; Ili Pmc- cinia Trifolii Hedw. II su Trifolium pratense L. lungo 1' Erminio presso Ragusa. 36. U. (eu-) appendiculatus (Pers.) Link. — Sacc. Syll. VII. p. 535; sub U. Pìiaseoìi (Pers.) Winter Die Pilze I, p. 157 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 134. — I Aecidium Phaseolorum Wallr. ; II Uredo ap- pendiculata var. PìiaseoU Pers. ; ITI Uromyces Phaseolorum De Bary. II su foglie di IMichos sp. al Vallone Coniglione in S. Angelo di Brolo, settembre 1897; III sul Phaseolus viilf/aris L. al Simeto in novembre 1894, a Catania in ottobre-novembre 1895. 37. U. (eu-) Betae ( Pers. ) Iviihn. — Sacc. Syll. VII , p. 530 ; U. Betae (Pers.) Winter Die l'ilze I, p. 155. — II Uredo Pers.; III notus. II-III su foglie di Beia vulgaris L. coltivata a ('atania, primavera. 38. U. (eu-) Dactylidis Ottli. — Sacc. Syll. VII, p. 540; Winter Die Pilze I, p. ItJl; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 135. — I Aecidium crassum var. Fieariae A. et S. ; II III noti. I fu II uhi (Iella Sicilia Orientale I su foglie di * Eciìiìnicìilus velufiìiiis Teii. alla Fossa della Creta (Catania), geuuaio 18i>i, e di * Fiearia rema Huds. al Bosco Flascio aprile 1898. .30. U. (eu-) Pisi ( Pers. ) De Bary — Sacc. Syll. VII , p. 542 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, ]). 13.j : sub U. Fisi (Pers.) Wiiiter Die Filze I, p. 163. — I Aecidiuin Eupliorbiae Pers. ex p. ; II Uredo appeiidicu- lata fi Pini Pers. ex p. ; III Uromyces Lntìiyri Fuck. Exsicc.: Briosi e Cavara, Fuug. paras. ii. 311. I su Eiiphorbia sp. a ^lascalucia, dicembre 1899 ; II-III su Ln- thyrufi sp. a Picauello, * L. Clymenum subsp. tenidfolii(s Dsf. a Ca- tania in maggio 1897. 4(1. U. (eu-) striatus Scliroet. — Sacc. Syll. VII, p. 542; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 134 ; U. ^ledieaf/inis-falmtae (DC.) Winter Die Filze I, \). 159. — I Aecidinm Eìiplioìiriae Pers. ex p. ; II-III noti. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. n. 4. II su * Lotus edulis L. e * L. ornitho2)od.ioides L. a S. Angelo di Brolo, autunno 1897, su Lotus sp. a Mazzara del Vallo ( Gorghi tondi ) , maggio 1898. Oss. : La i^resente specie secondo il Winter a])parterrebbe alla sez. Aìitoeunroììiyces, e come tale la nota anche il Bizzozero. 41. U. (hemi-) Rumicis (Schum.) Winter — Sacc. Syll. VII, p. 544 : Wint. Die Filze I, p. 145 ; sub U. Rkihìcìs (Schuin.) Fuckl., Bizzoz. Fior, ven. critt. I, p. 132. — II Uredo Kkihìcìs Schum. ; III Uromyces fraterìius Lasch. Exsicc. : Cavara, Fung. Longobard. n. 56. II sulle foglie di Rumex sp. a S. Angelo di Brolo 1897 ; II-III sul * Jììimc.v Acetosa L. a Catania e nel E. Orto Botanico, 1895. 42. U. (hemi-) Genistae-tinctoriae (Pers.) Fuck. — Sacc. Syll. VII, p. 550; sub U. Genistae-tinctoriae (Pers.) Winter Die Filze I, p. 146; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 133. — II Uredo appendtculata var. Genistae-tin- ctoriae Pers. ; III Uromyces Cytisi Schroet. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. u. 156. Il sulle foglie di * Anayyris foetida L. a Bombacaro, aprile 1894, Acireale maggio 1897, II-III ad Acicastello in maggio 1897. 43. U. (hemi-) Glycyrhizae (Eabenh.) Magu. — Sacc. Syll. IX, p. 292.— II Uredo Rab. II sulle foglie di Glycyrhiza glabra L. lungo il Simeto, estate 1894, a Primosole aprile e agosto 1895, al Portiere-Stella in set- tembre 1899. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4^ — Meni. XX. 2 10 Dott. G. Scalia [:^rE3IORIA XX. | 44. U. (hemi-) Astragali lOpiz) Saec. tìyll. VII, p. 550. — il Credo Upiz; in uotus. Il su foglie di * A.stni. Sulle foglie e i rami di Fhilli/rca media L. a M.*** Pellegrino, Pa- lermo, nel maggio 1895. 9(1. Uredo Fici Cast. — Sacc. Syll. VII, p. 817 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 150. Sulle foglie di Ficus carica L. alla Scuola Enologica e ad Aci- reale in settembre 1893-1899. 91. U. Caeoma Mercurialis (Martius) Link. — Sacc. Syll. VII, p. 808: sul) (kteonia Mercurialis perennis (Pers.) Winter Die Filze I, p. 257. — Uredo confluens var. Mercurialis !I\Iart. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4'^ — Meni. XX. 3 IS Boti. G. Scolin [Memoria XX.] Sulla Mercuriulis annua L. uel E. Orto Botanico, primavera 1.S96, a Siracusa tra le rovine dell' Autìteatro romano uell" aprile 1899 , a Patti ili contrada 8. Spirito, aprile 1900. 92. Hirneola Auricula-Judae (L.) Berk. — Sacc. Syll. VI, p. 7GG ; sub An- ricularia samhucina !Martius, Winter Die Filze I, p. 283; Bizzoz. Fior, ven. critt. I, p. Ili; sub Kridia Fries , A. X. Berlese Fungi nio- ricol. fase. Ili, n. 7, Tav. VII 6g. 1. — TremeUa L. Su tronchi di liobinia Fseudacacia L. e Fhytolaccu dioica L. nel 11. Orto Botanico, maggio 1899. 93. Clavaria cristata Pers. — Sacc. Syll. VI, p. C95 ; Patouill. Tab. anal. Fung. n. 37 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 117 ; Inzenga Fung. sicil. I Cent. p. 12 ; sub Clavaria cristata ( Holmsk. ) Winter Die Filze I, p. 31.5. — lìamaria Ilolmskiold. A Mascalucia in iiprile 1897. 94. Amanita excelsa Fr. — Sacc. Syll. V, p. 11 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 33 ; A(jaricu.s Winter Die Filze I, p. 81=7. A Pedara in ottol)re 1899. 95. A. cariosa Fr. — Sacc. Syll. V. p. 17 ; Agaricus Winter Die Filze I, p. 845. A Pedara in ottobre 1899. 9G. Amanitopsis vaginata (Bull.) Eoz. — Sacc. Syll. V . p. 21 ; AnaricuH Bull. , Winter Die Filze I , p. 812 ; Patouill. Tab. anal. Fung. u. 201 e. icone; Inzenga Fung. sicil. I (Jeut. p. 60; Amanita vayi- nuta Fr. , Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 31; Amanita vaginata Bull., Bresadola Fung. Europ. med. p. 2G e. icone. A Pedara in ottobre 1899. 97. Lepiota procera Scop. — Sacc. Syll. V, p. 27 ; Agaricus Winter Die Filze I, p. 842 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 34 ; luzeuga Fung. sicil. II Cent. p. 27 ; Bresadola Fung. Europ. uied. p. 27 e. icone. Dialet. : Fungi cappiddinu. A Pedara in ottobre 1S99. 98. L. straminella Bagl. — Sacc. Syll. V. p. 44. A l'cdara in ottolne 1899. 99. Armillaria mellea A'ahl. — f Agaricus Vahl.) — Sacc. Syll. V, p. 80 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I. p. 3G; Bresadola Fung. Europ. med. p. 34 e. icoue; Winter Die Filze I, p. 831; Briganti, Hist. Fuug. Regni Xeapol. p. 47 Tav. XXI (? var. Vitis Brig.) et p. 82 Tav. XXXVIII ( ? var. Coryli Brig.) ; Inzenga Fung. sicil. I Cent. p. 13 e p. 33 Tav. Ili fig. 1 ( if Agaricus Oitri). I funghi della Sicilia Orientale l'J Exsicc. : Briosi e. Cavara, Fung. paias. u. 166. A Tedara pei castagneti iu ottobre e a Mascalucia su Quereli^ pe- dìtnculata Elirlj. in novembre 1801). Oss. : Non avendo avuto a mia disposizione del materiale di con- fronto rilerisco provvisoriamente a questa specie le varietà Vitis et Coryli di Briganti, e VAgarieus Citri di luzenga già da me no- tato qiuile specie distinta {Prima contribuzione ecc. n. 63). 100. Tricholoma terreum var. aetnense Bacc. ; caespitosum ; irileo fuligineo- sericco , margine involuto, ^mmitus suhrotundo dein conico-umbonato , Xìostea magis e.rplanato ; stipite centrali , albido , fibrinoso ; lamelUs nec decurrcntibìis nvc constante creniilatis ; odore tenui farinaceo. Dialet. : Fuìigì di Fikri. A Pedara pei campi, in ottobre 1899. 101. Clitocybe ampia Bers. — Sacc. Syll. V, p. I'ì'J ; C. ampia Fr. , Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. IO; Agaricns Pers., Winter Die Filze I, p. 798. A Pedara in ottobre 1899. 102. C. fragrans H.ow. — Sacc. Syll. V, p. 188; Bizzoz. Firn-, ven. critt. I, p. 42 ; Agaricus Sow. , Winter Die Filze 1, p. 787 ; Briganti Hist. Fung. p. 41 Tav. XIX fig. 1-4 ; Patouill. Tab. anal. Fung. u. 40.5 e. icone. Dialet. : Fungi di addu. A Pedara in ottobre 1899. 103. 0. ? castanicola Bacc. ; inleo carnoso, conico-depresso, umbonato, margine involuto, primum fere circinato ; trama stipitis cum trama pilei con- tinna ; carne primum albido-straminea dein coerulcscente, testacea ; stipite farcto ; lamellis undulatis, crenatis, swlpJiureis, decurrentibus, inaequalibus, dein cum carne concoloribns. Dialet. : Fungi di castagna. A Pedara in ottobre 1899. An nova species ì 104. CoUybia longipes Bull. (Agaricus) — Sacc. Syll. V , p. 202 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 43; Winter Die Filze I, p. 783; Patouill. Tab. anal. Fuug. n. 415 e. icone. A Pedara in ottobre 1899. Oss. : L' esemplare studiato presenta intorno all' uml)one dei sol- chi raggianti cbe non arrivano sino al margine. Questo carattere 1' avvicina a (JoU. alveolata Kalcli. 105. Pleurotus olearius DO. (Agaricus) — Sacc. Syll. V, p. 346 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 49 ; Inzenga Fung. sicil. I Cent. p. 30. Sul terriccio nel E. Orto Botanico in ottobre 1899. 20 Dott. (}. ticuìia [.AlEMOEiA XX.] lOf). P. Eryngii DC. (AfjaricìisJ — Sacc. Syll. V, p. Sii ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. iO; Wiuter Die Filze I, p. 737 ; lìizeugti Fuiig. sicil. I Cent. p. 10. Dialet. : Fuiu/i di paiiicainht. A Miiieo iu dicembre 18!)t). var. Ferulae Lauzi. — Sacc. Syll. 1. e. : Agurivas Ferulat Lanzi , Iiizeuga Fiuig. sicil. II (Jent. u. i."J. Dialet. : Fumji di ferra. Oou la specie e a (Jaltagiroue. 107. P. ostreatus Jaccj. (AgarimsJ — Sacc. Syll. V. p. 35.5; AViuter Die Filze I, p. 73.5 ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. .50 ; Fatouill. Tab. aual. Fuiig. II. .5 ; Inzenga, Fiiiig. sicil. I Cent. p. 17, tav. IV tig. 2; Erig. Hist. Fiing. p. llCi, Tav. XLIII ; Bresail. Fung. Europ. med. p. .51 e. icone. Exsicc. : Cavara, Fung. Longobard. n. L'18. Dialet. : Fungi di nipitedda. A Caltagirone iu ottobre-novembre 1899. var. stipitatus Seal. ; exceatricus, velo nullo ; pììeo carnoso-inolU, pri- mum coHvexo, demnm suhplano, fuligineo-hrunneo, margine sinuuto vel integro; stipite distinvto, farcto, basi pauUo rei nec incrassato, alhieante ; lamelUs latiusculis, sinuatis, alhis, dccurrentibus. Dialet. : Fungi di nijntedda. Oss. : Ho creduto di dovere descrivere quale varietà nuova qual- che esemplare di l'ieurotus proveniente da Oaltagiroue, dov'era stato raccolto con la specie, [ler il fatto che presentava lo stipite distinto non ingrossato uè strigoso alla base e le lamelle brevemente de- correnti. 108. P. petaloides Bull. (AgaricusJ — Sacc. Syll. V, p. 361; Bizzoz. Fior. ven. critt. 1, p. 50 ; Winter Die Filze I, p. 735 ; Fatouill. Tab. aual. Fung. n. 421 e. icone. Sul terriccio uel E. Orto Botauico di Catania, giugno 1900. 109. Cantharellus? Friesii Quél. — Sacc. Syll. V, p. 182; Fatouill. Tab. anal. Fuug. n. 321. Al Cavolo in dicembre 1899. 110. Trogia crispa (Fers.) Fr. — Sacc. Syll. V , p. 630; Bizzoz. Fior. veu. critt. I , p. 63 ; Fatouill. Tab. anal. Fuug. n. 11 e. icone ; sub T. cris^ya (Fers.) Wiuter Die Filze I, p. 494. Su rami di Hedera Helix L. Oss. : Xella Sylloge e nella Flora veneta del Bizzoz. si attribuisce / fnnijhi della Sicilid Orientale a questa specie un colore giallo rossiccio; i nostri esemplari erano costantemente biancastri. 111. Lenzites Gussonei Seal.; i^ileo stiheroso, explannto, vel imdulato , ovliro- kìieo, s(piainuUs adpremis, meUeis ohsito; lameìlìs concolorihus undu- latis versus stiintem dichotomis anastomosmitibus, reticulo tenui, fitseo, ohstendentibus; stijnte crasso, brevi, alutaceo-fusco, fardo, intus stiqwso. Sopra un tronco
  • hila arenaria a Paterno in aprile 1896. 110. Paxillus involutus (Batsch.) Fr.— Sacc. Syll. V, p. 987; luzeuga Fung. sicil. II Cent. p. 17 ; sub F. involutus (Batsch.) Winter Die Filze I, p. 573. — Agaricus Batsch. Dialet. : Fungi ^ncarca -terra. A Pedara in autunno 1899. Oss. : I nostri esemplari dilìeriscono dalla descrizione data dagli Autori per lo stipite centrale o quasi. 117. Agaricus campestris var. insignis Seal. ; inleo convexo, dein subplano , levi, argillaceo-hdesccntc, rimuloso; lamellis primo carneis demum fu- scis nec subUqnescentibus. Sul terriccio nel R. Orto Botanico, novembre 1899. 118. A. silvaticus Schaeff. — Sacc. Syll. Y, p. 1000; Wint. Die Filze I, p. G58. Assai affine all' Agaricus campestris. A Fedara in autunno 1899. 22 Doti. G. Scalia [Memoria XX.] 119. Hypholoma fasciculare ITuds. — Sacc. Syll. T, p. 1029; Bizzoz. Fior. veli, ciitt. I, p. . A Pcdara in ottobre 1899. 123. E. fragrans Vittad. — Sacc. Syll. VI, p. 30; Winter Die Pilze I, p. 467; Inzeuga Fung. sicil. I Cent. \>. 20. A Pedara in ottobre 1899. Dialet. : Il raccoglitore che ci portò il materiale disse cliiainarsi in dialetto /««f/i d' og(/hiii, secondo il prof. Inzeuga funcia di rit- seddd e secondo il Cupaui fuìici ebrei. 124. E. Satanas Lcnz. — Sacc. Syll. VI, p. 34; Wiuter Die Pilze I, p. 465; Bizzoz. Fior. veu. critt. I , p. 88 ; Bresad. Fung. Enrop. med. p. 99 0. icone ; Inzeuga Fung. sicil. II Ceut. p. 56 e. icone. Dialet. : Fungi cangiaculuri secondo alcuni, lardara. secondo altri. A Pedara in ottobre 1S<)9. 125. E. aetnensis Inzeuga Fung. sicil. II Cent. p. 22 e. icone; Sacc. Syll. VI, p. 35. Dialet. : Mttssu di voi. A Pedara pei castagneti in ottobre 1899. 126. B. fulvidus Fr. — Sacc. Syll. VI, p. 45; Winter Die Pilze I. p. 460; Inzeuga Fung. sicil. II Cent. p. 14 e. icoue. Dialet. : Fungi di iriti. A Pedara in ottobre 1899. 127. E. ? castaneus Bull. — Sacc. Syll. VI, p. 45; Bizzoz. Fior. ven. critt. 1, p. 91 ; Winter Die Pilze I, p. 460. Dialet. : Siddi. A Pedara in ottobre 1899. I fungili delld Sicilia Orientule 23 128. Polyporus sulphureus (Bull.) Fi: — Sacc. Syll. VI, p. lOi; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 90; sul) l\ .^nlphureus (Bull.) Wiuter Die Filze I, p. 438 ; r. TixUtri luzeuga Fung-. sicil. I Ceut. u. 46 e. icone (pileo miuiato). — BoletKs Bull. Exsicc. : Gavara, Fung. Longobaril. ii. 214. Su trouclii di * Pojmluii (jraeca Ait. nel E. Orto Botanico. 129. Fomes lucidus (Leys.) Fr. — Sacc. Syll. VI, p. 157; sub Poli/por us Lcy.s., luzenga Fung. sicil. I Cent. p. 9 ; i'. liwiilm (Leys) Winter Die Filze I, p. 442. — BoIctiiK Leys. Habitat ? 130. F. ? Inzengae De Xotr. — Sacc. Syll. VI, p. 175; l'ulijpuius De Xotr., Inzeuga Fung. sicil. I Cent. p. 17, tav. II, flg. 1. Sopra un tronco ad Aci S. Filippo, marzo 1899. 131. F. applanatus (Fers.) Wallr.— Sacc. Syll. VI, p. 176 ; jP. applanatus Fr., Bizzoz. Fior. veii. critt. I, p. 92 ; l'olì/porus Wallr. luzenga Fung. sicil. II Cent. p. 00; 1'. applanatm (Fers.) Winter Die Filze I, p. 425. — Bok-tìis Fers. Sopra un tronco di Ccrntonia siliqua L. nel 11. Orto Botanico, lu- glio 1900. 132. F. igniarius (L.) Fr. — Sacc. Syll. VI, p. 180; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, pag. 93 ; sub l'oh/poru.s L., luzenga Fang. sicil. I Cent. p. 24 ; Folyporus (L.) Winter Die Filze I, p. 424. — Boktus L. Su tronchi di Amyydalus communio L. nel podere della R. Scuola Enologica, inverno 1899-1900. 133. F. Lonicerae Weium. — Sacc. Syll. VI, p. 182. Su cauli di Loiiiccra implexa nel E. Orto Botanico, luglio 1900. O.v.v. ; A typo oh tuhulis iiiinimis recedit. Ah specics distincta ì 134. Polystictus versicolor (L.) Fr. — Sacc. Syll. VI. p. 253; sub L'olyporm Wiuter Die i'ilze 1, p. 415; Folyporus Fr., Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 100; Fatouill. Tab. anal. Fuug. n. 143; Folyporus L., Inzeuga Fung. sicil. I Cent. p. 10. — Bolctus L. Exsicc. : Cavara, Fung. Lougobard. n. 15. Su troncbi putrescenti a Catania. 135. Typhula candida Fr.— Sacc. Syll. II , p. 748; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 119; Berlese Fung. uioricol. fase. VI n. 28 e. icone. Su sarinenti putrescenti di Vitis vinifera L. a Catania 1899. 136. Ithyphallus impudicus (L.) Fr. — Sacc. Syll. VII, p. 8; sub Phallus L., Winter Die Filze I, p. 809; luzenga Fuug. sicil. I Ceut. p. 22; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 126. 24 Doti. G. iScalia [^SIe^ioeia XX.] Dialet. : Fumji fitenti, carogna, pizza f tenti. A (Jatiinia nel II. Orto Botanico in ottobre 1S'J9, nel podere della R. Scuola di Eiioloj;ia, ^i'^guo 19()(». 1.37. Mutinus caninus (Huds.) Fr. — Sacc. Syll. VII, p. 12; sub M. caninu.s Str., Bizzoz. Fior. ven. eritt. I, j). 127; sub Fliallus Huds., Winter Die Filze I, p. SOlt. Nel vivaio di viti americane di S. Flavia a Palermo. 138. Crucibulum vulgare Tiil. — Sacc. Syll. VII, p. 4.3; Winter Die Filze I, p. 91!) ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 126. Nel F. Orto Botanico in dicembre 1890. 139. Geaster hygrometricus Fers. — Sacc. Syll. VII, p. 90; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 124 ; Inzenga Fuug. sicil. I Cent. n. 29 e. icone : sub G. Jii/drometricus (Fers.) Winter Die Filze I, p. 914 e. icone. — Geastrnm Fers. Exsicc. : Cavara, Fun. 314; sub M. esculenta (L.) Eehm, in Eabeuli. Kryptog. Flora, Die Filze III, p, 1206; luzeuga Fung. sicil. I Cent. u. 21.— l'haUiis L. Dialet. : Fumii ventripeeura . A Nicolosi nella primavera del 1900. 147. M. conica Pers. — Sacc. Syll. Vili, p. 9; Eelim Die Filze III, p. 1203 e. icone ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 314 ; Patouill. Tab. anal. Fung. n. 160; Bresad. Fung. Europ. med. p. 117. Dialet. : Fungi ventripeeura. In un campo presso Catania nella primavera del 1892. 148. Peziza cerea Sow. — Sacc. Syll. VITI, p. 78; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 320; Inzenga Fung. sicil. I Cent. n. 90; sub Fustularia vesi- culosn var. cerea (Sow.) Eehm Die Filze III, p. 1018. Su letame nel podere della E. Scuola Enologica, dicembre 1899. 149. P. sepiatrella var. sicula Seal.; a ti/po oh sporidiis minoribus, \). 17-18 10-12, eguttulis, differt. A Nicolosi, Fossa del Bue, aprile 1898. O.S.S.: Il materiale studiato si discosta dalla descrizione della specie principalmente per le dimensioni delle spore e per essere queste eguttulate. Per le dimensioni delle spore difterisce pure dalla V. sepiatra Cooke e si accosta alla P. Saccardiana Cooke, da quest'ul- tima è ben distinta ]ioi per gli sporidii ad episporio liscio. Ho cre- duto quindi opportuno riferire il materiale alla P. sepiatrella Sacc. istituendone una varietà. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4" — Mem. XX. 4 26 Doti. G. Scalia (JIemoria XX.] 150. Sclerotinia Fuckeliana De Bary — Sacc. Syll. YUl, p. 1!)G; sub Bo- trytìs cìjicrca (Pers.) Pirotta SviìU2)po della Pezìzd Fuclceliana iu Nuo- vo Giorii. Botali. Ital. XIII, p. 130. Su sclerozii in autiiiiuo 1809. 151. Helotium herbarum (Peis.) Fr. — Sacc. Syll. YIII , p. 217; Bizzoz. Fior. veli, critt. I, p. 331; sub H. herbarum (Pers.) Kcliin Die Filze III, p. 778. — Peziza Pers. Su cauli putrescenti, autunno 1000. 152. Mollisia cinerea (Batsch) Karst. — Sacc. Syll. Vili, p. 33G ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 331:; sub M. cinerea (Bats.) Eelim Die Filze III, p. 514. — Feziza Batsch. Exsicc. : Cavara, Fuug. Loagobard. n. 112. Su legno putrido di 1 Castanea sativa (Mill.) Scp. in conti-ada S. Giovanni a Giarre, febbraio 1895.— Soc. Biistervyraphium yrammode^ et Loi>hiostoma rh<>i>aloides. 153. Ascobolus furfuraceus Pers. — Sacc. Syll. Vili, p. 51G; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 34:2; sul) .1. stercorarius (Bull.) Kolini Die Filze III, p. 1126. — Peziza Bull. Sul fimo vaccino a Catania, marzo 1895. — Soc. ìSaccobolus Ker- verni. 154. Saccobolus Kerverni (Or.) Boud. — Sacc. Syll. Vili, p. 524 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 342 ; sul) H. Kerverni (Or.) Kehni Die IMlze III, p. 1116. — Ascobolus Crouan. Sul lìmo vaccino a Catania, maggio 1895. 155. Pseudopeziza Medicaginis (Lib.) Sacc. Syll. Vili, p. 724; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 356; sub P. Trifola f. Medicaginis (Lib.) Relim Die Filze III, p. 598. — Phacidinm Lib. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fuug. paras. n. 262. Su foglie di * Melilotus sulca.ta, Dsf. al lago di Leiitiui , 1898. 156. Rhytisma acerinum (Pers.) Fr. — Sacc. Syll. Vili, p. 753; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 359; sub B. acerinum (Pers.) Relim Die Filze III, p. 82. — Xyloma Pers. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fuug. paras. n. 9: Cavara, Fuug. Lou- gobard. n. 76. Su foglie di Acer sp. nel bosco di Busambra in maggio e della Ficuzza in novembre (Legit. Clar. Gussoue, ex herb. Toriiabene). 157. Heterosphaeria Patella (Tode) Grev. — Sacc. Syll. Vili, p. 775; Biz- zoz. Fior. ven. critt. I, p. 350 ; sub E. Patella (Tode) Eehm Die Filze III, p. 201. — ISpÌKteria penctndis a Patella Tode. / funghi della ISioilia Orientale 8ii rametti di * Hainreja sp. a S. Angelo di Brolo. lòS. Burella Oleae Pass, et Bcltr. — Sacc. Syll. Vili, p. 794. Sopra 1111 framnieiito di legno d' nlivo in febbraio 1804 a Catania. 159. Lecanidion atratum (Hodw.) Rabenli.— Sacc. Syll. Vili, p. 795; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. .'550 ; Berlese Fiing. moricol. fase. VI u. K», e. icone; Penzig Stud. bot. agr. p. 317, Tav. XXIII fig. 5 ; sub Fatellaria atrata (Hedw.) Relim Dio Pilze III, p. 331.— Lì'cAew Hedw. Exsicc: (Javara, Fung. Lougobard. n. I(ì7. Su frauiinenti di legno a Catania, marzo 1891-1895 , su rametti putrescenti di Rubus sp. a Taormina , M."' Mola , dicembre 1899 . su rami di Erythrina a Catania in aprile 1891 ; su Vitis vinifera L. in S. Giovanni a Giarre primavera 1 895, su cladodii putrescenti di Opuntia Ficus-indica L. nel podere della E. Scuola Enologica,' 1900. KìO. Tuber lacunosum Mattirolo in litter. A Caltagiroiie, bosco S. Pietro in aprile 1900. 101. * Terfetia Boudieri Chat. — Sacc. Syll. XI, p. 445. A Caltagirone nel bosco S. Pietro, aprile 1900. (Determ. Prof. O. Mattirolo). 162. T. Leonis Tnl. — Sacc. Syll. VIII, p. 903; Inzenga Fung. sicil. I Cent. n. 27. A Caltagirone, bosco S. Pietro, aprile 1900. 163. Phyllactinia suffulta ( Kclient. ) Sacc. Syll. I, p. 5 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 163 ; Ph. suffulta (Eeb.) Wiiitcr Die Pilze II, p. 42. — Sclcrotinm Eebent. Fxsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. n. 11, 88, 120. Sulle foglie di l'i/rus coniìnunis L. a Viagraude in ottobre 1895, Acireale ed Aci S. Filippo, settembre 1899. 164. Erysiphe lamprocarpa (Wallr.) Lèv. — Sacc. Syll. I, p. 16; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 164 ; sub Eri/siphc Vichoraeearmn DC. , Wiu- ter Die Pilze II, p. 33. — AlpMtomorplia Wallr. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. n. 263. Su Senecio vwlcjaris L. , Catania in giugno 1894; Lamium sp. a Catania in aprile, sulla Centaurea dissccta subsp. Parlatoris Heldr. al Monte S. Nicola sull' Etna nell' ottobre 1895. 165. E. communis ( Wallr. ) Fr. — Sacc. Syll. 1, p. 18 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 165; sub E. communis (Wallr.) Wiuter Die Pilze II, p. 32. — Alpliitomorpha Wallr. Exsicc. : Cnvara, Fung. Longobard. n. 118 ; Briosi e Cavara, Fung. paras. u. 173. 2S J^ott. a. .S'c«/iV( [Memoria XX.] Su foglie di Jkuiitlniim .struiuuyituu L. al Siuieto in agosto IS'Ji, su * i:>t-idiis minoriliKs, [i. 2:1-28 » 8-9, receditj ; su rami di Aeer platanoides L. a Catania, febbraio ISOi. 188. Ph. euganea 8acc. Syll. I, p. 430 ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 205. Su rametti di Spartiiaiì junveum L. a Mascalucia, ottobre 1899. (soc. Phoma spartiicolaj, e a Catania in agosto 1891 (soc. Metanphae- ria Spartii!. O.S.S.: L' esemplare studiato si discosta alquanto dalla specie tipica ed anche dal genere per il fatto che di frequente degli aschi con- tengono pili di S spore (fino a 12). Xon essendo questo un carat- tere costante ho stimato conveniente riferire il materiale alla specie del Saccardo. 189. Didymella effusa (Xiessl.) Sacc. Syll. I, p. 552; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 21G ; sub Didymosphaeria Niessl., Winter Die Filze II, p. 121. Su cauli morti di Cucurbita Pepo L. a Catania, marzo 1895. 190. Didymosphaeria bacchans Pass. — Sacc. Syll. I, p. 704 ; v. Thuemen Die Filze dcr Weinreben, tav. IV tìg. 8. Su sarmenti languidi e morti
  • l; sub L. lùif. 251 ; /.. culmifraf/a (Fr.) Winter Die Filze II, p. 45(). — tSphaeria Fries. Su colmi disseccati di graminacee a Catania, marzo 1895. 107. L. Magnusiana Beri, et Sacc. Syll. IX, p. 787. A Noto sulle foglie aride di (liamaerops hnmilis L. 108. Sporormia minima Auersw. — Sacc. Syll. II, p. 124; Winter Die Filze II, p. 181; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 25ft. Su fimo vaccino a Catania, febbi-aio 1895. 190. Metasphaeria socia Sacc. Syll. II, p. 165; Bizzoz. Fior. ven. critt. 1, p. 2(U. Su sarmenti di Vitin vinifera L. malati di Mal nero a Catania nel 1802 (soc: Sphanropsis fnhdrformis). 200. * M. Spartii Bruu. — Sacc. Syll. IX, p. 831. Su rametti disseccati di Spartium jitnceum L. a Catania, agosto 1804, (soc. Macrophomn junceij. - rifliisqnc ii. 22-26 » 6'. .'ì-9 recedit. 201. Sphaerulina intermixta (B. et Br.) Sacc. Syll. II, p. 187; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 263; sul) iS. intcrmi.rta ( B. et Br. ) Winter Die Filze II, p. 404. — Sphaeria Berk. e Br. Su sarmenti di Ruhus sp. a Catania, gennaio 1805 (soc. Vì/to- spora ambiens, Phoma Vcpris). 202. Zignoèlla Pulviscula (Curr.) Sacc. Syll. II, p. 214; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 266; sub Melanomma Winter Die Filze II, p. 244. — Sphaeria Curr. Exsicc. : Oavara, Fung. Longobard. n. 131. Su frammenti di legno d' ulivo in contrada S. Giovanni a Giarre febbraio 1805, soc. Hysterographium grammodes, Teìcliospora oleicoìa. 203. Pleospora vulgaris Xiessl. — Sacc. Syll. II, p. 243; Winter Die Filze II, p. 502; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 260. Syn.: l'Ieospora Alteniariae Gibelli e Grillini. I fidighi della Sicilia Orientale 33 Sulla * Thapsia (jargamea L. a Mascalucia, maggio 1S!)9. 204. P. herbarum (Pers.) Eabeuli. — Sacc. SylI. II, p. 247 ; Bizzoz. Fior, veii. critt. I, p. 269; sub P. herharum (Pers.) Wiuter Die Pilze II, p. 504; Penzig Stiid. bot. agr. p. 342 Tav. XXIX, fig. 3. — Sphae- ria Pers. Syu. : Pìeotìpora Sarcinnlae Gibclli e Griffini. Exsicc. : (Javara, Fuiig. Lougobard. n. 230. Su cauli disseccati di svariate piante, Hìiosciamus sp., Silenc ita- lica P., UmMiicus horizontalis DO., ecc. ; su foglie di Magnolia (jrun- dijfora al Giardino Bellini in gennaio 1900, C'itnos Aurantium, lA- monum a Mascalucia e Catania in novembre , Coryiiocarims laeri- gatìis Forst. all'Orto Botanico, ottobre 1899. f. Cheiranthi Cheiri; asci^ cylindraceo-clavatis |j. 160 » 31; sporidiis oU- vaceo fulif/ineis, ohloiìi/is nel ovatis, j>«r»»( vel nec conutrictis, 32,5 \i. long., 12-14 [jl lat. Su silique di Cheiranthus Cheiri L. nel R. Orto Botanico e a Giarre in contrada S. Giovanni, febbraio 1894-1895. O.ss. : Differisce dalle ff. siliquaria Knnze e Cheiranthi Cheiri Bac- carini e Avetta principalmente per la mancanza di muco involgen- te le spore e per le diverse dimensioni degli aschi e delle spore stesse. f. Phaseoli ; ascis |j. 160-200 » 27..5-31 ; S2Joridiis |j. 27-3.5 » 13.5-16 , medio vix constrictis, dilute fuscis. Su rametti disseccati di rhaneolns viilyaris L. a Catania, 1895. f. Daturae ; sporidiis \i. 28-30 » 11.5-13, melleis. Su cauli morti di Datura arborea L. a Catania, marzo 1894. f. Scrophulariae; sporidiis \>. 23-26 » 10-13, melleis. Su cauli disseccati di Scrophularia peregrina L. al Cavolo, gen- naio 1900. f. Oentranthi rubri; ascis \i 120-140» 27.5-30; sporidiis \i. 31-34.5 long., 13. 5 i>. lat. Su cauli di Centranthus ruber DO. nel podere della R. Scuola Enologica aprile 1900. f. Buphthalmi ; ascis \t. 140 » 33; sporidiis \l 32-18. Su Buphthalmum spinosum L. a Catania in fel)l)raio 1895. f. Ferulae; ascis \i 138 » 28; sporidiis \l 27.5-38 » 14-18. Su Ferula communis a Catania in febbraio 1897. f. Dahliae; ascis |i 150-170 » 26.5-28; sporidiis fi 34.5-40 » 14-17. Su Dahlia variabilis a Catania iu marzo 1894. Atti Acc. Vol. XIII, Serie i'^ — Mem. XX. 5 34 Bott. G. Scalia | ÌMemoria XX.] f. Amaryllidis ; lìerWwciis sparsis, saepe 2- confluentihm, niyris, erumpen- tibun; ascis clavatis, breve stipitatiti, \>. 100-110 » 19-21; sporidiis sub- disticìds , obìongis 6-, raro 7-septaUs (S-sejìtis mediis crassioribus) \x 20-26.5 » 10-13.5 medio constricti.s, olivaceo fuUgineis. Su cauli disseccati di AiiKiryUis Belladonna L. , E. Orto Bota- nico 1807. f. Scillae ; s2)oridiis 26-33 » 11-13, olivaceo mellei.s. Su cauli morti di Orginea ticilla Steinli. a Catania in marzo 189-4. f. Smilacis ; ancia \>. 130-141 » 22. .5 ; sjìoridiis |jl 29-34.5 » 13-14.5 8u cauli disseccati di Smilax anpera a (Jatania in aprile 181(4. Oss. : Di queste forme svariate alcune rinvenni isolate, altre invece ac- compagnate dalla forma conidica, Macrosporium, onde è chiaro trat- tarsi nel caso nostro della Fleospora Sarcinulae Gibelli e Gritflni. Siccome è noto nella P. herhartim Auct. sono confuse due specie distinte P. Sarcimilae Gibelli e GritHni, della quale la P. lierbarum sarebbe sinonimo, e P. Alternariae Gibelli e Gritlini comprendente P. vulgaris Xiessl et P. infcctoria Fuck. Pure tenendo conto dei lavori sul proposito ho creduto di mantenere la vecchia delimita- zione delle specie tanto piìx che occupandomi dell'argomento spero di i)otere fra non molto rendere di pubblica ragione i risultati del- le mie ricerche. 205. P. infectoria Fuck. — Sacc. Syll. Il, p. 265 ; Winter Die Filze II, p. 49G ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 270. Syn. : Pleospora Alternariae Gibelli e Grifflni. Su colmi disseccati di graminacee a Catania , marzo 1894 (soc. Leptosphasria culmifragaj. 206. P. Allii (Eabenh.) Ces. et De Xot. — Sacc. Syll. II, p. 268 ; sub P. herbarum (Pers.) Winter Die Filze II, p. 504. — Sphaeria Eab. Su Allium Porrìim L. a Catania , marzo 1895, e su A. sp. , Ci- clopi in luglio 1899. 207. P. Asphodeli Eabenh. — Sacc. Syll. II, p. 268. Su cauli disseccati di Asphodelus microcarpiis Viv. a Mascalucia in marzo 1S95 e nel podere della E. Scuola Enologica, dicemb. 1899. 208. Pyrenophora relicina (Fuck.) Sacc. Syll. II, p. 278; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, 11. 271 ; sub PUospora Winter Die Filze II, p. 520. Su colmi di Tritìcum vulgare Vili, a Catania, febbraio 1894. 209. Teichospora oleicola Pass, et Beltr. — Sacc. Syll. II, p. 291. Su legno d' ulivo a S. Giovanni in febbraio 1895 (soc. Hystero- graphium grammodes et ZignoeUa Pulviscula). / fum/hi della /Sicilia Orientale 35 210. Ophiobolus fruticum (R. et D.) Sacc. Syll. II, p. 347; sub 0. fruticmn (Kob.) Wiiiter Die Filze II, p. .531. — Hphaeria Rob. Su raiuetti disseccati di * Spartium juncettm L. a Mascalucia, 1899. 211. 0. herpotrichus (Fr.) Sacc. Syll. II, p. 352; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 278; O. herpotriclms (Fr.) Wiuter Die Filze II, p. 524. — Sphaeria Fries. Sulle guaine putrescenti di alcune graminacee a Catania , mar- zo 1894-95. 212. Nectria coccinea (Pcrs.) Fr. — Sacc. Syll. II, p. 481; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 283 ; sub N. coccinea (Pers.) Winter Die Filze II, p. 112. — ISphaeria Fers. Sopra un vecchio palo cariato a Catania, febbraio 1894. 213. Phyllachora Trifolii (Fers.) Fiick. — Sacc. Syll. II , p. 013 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, ]). 293 ; sub Fli. Trifolii (Fers.) Winter Die Filze II, p. 902. — ISphaeria Pers. Sulle foglie di * Trifolivm stellatum L. al lago Gorna 1899. 214. Diachora Onobrychidis (DO. p. p.) Jul. ]Milller, Jahr. f. wissenschaft. Botan. 1893 ; Sacc. Syll. XI , p. 374. Su foglie di * Hedysarum coronarium L. tenute lungamente in camera umida ed attaccate da riacosphaeria OnohryeMdis , dintorni di Catania primavera 1898. Questa interessante specie raccolsi aii- clie a Malta in aprile 1899. 215. Lophiostoma rhopaloides Sacc. Syll. II, p. 689; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 300. Su legno putrido di ì Castanea satira (Mill.) Scp. a Giarre in contrada S. Giovanni, febbraio 1895. 216. Lophidium compressum (Fers.) Sacc. Syll. II, p. 711 ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 302; sub Lophiostoma (Pers.) Winter Die Filze II, p. 305. — 82)hacria Pers. Su legno morto e cariato di vite, febbraio 1895. 217. Glonium lineare (Fr.) De Not.— Sacc. Syll. II, p. 732; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 305 ; sub G. lineare (Fr.) Relim Die Filze III, p. 10. — Hysterium Fr. Sopra pali da vigna a Catania in dicembre 1894 , su frammenti di legno di Punica Granatum L. a Giarre in contrada S. Matteo , gennaio 1895. 218. Tryblidium rhopalascum Sacc. Syll. II , p. 741 ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 300 ; sub T. hysterinum Duf. , Spegazziui Ampelomyc. ital. n. 35. 36 J>ott. G. Scalia [JIemoria XX.J Su legno (li Vitis vinifera L. , Catania febbraio 1895. Oss. : 11 nostro materiale si discosta alquanto dalla descrizione della specie per le spore non costantemente guttulate. 219. Hysterium i»ulicare Pers. — Sacc. Sj^ll. II, p. 743 ; Kehni Die Filze 111, p. 13 ; Bizzoz. Fior. veu. critt. 1, p. 306. Exsicc. : (Javara, Fuug. Longobard. n. 136. Su corteccia di Olea eurojiaea L. a Catania in marzo 189-4, al Feudo del Coniglio in aprile, nel podere della lì. Scuola Enologica, a Mascalucia, S. G-iovauui la Punta, S. Gregorio in luglio 1900 ; di (Jastwnea sativa (M.) Scp. in febbraio 1895 ; su Vitis vinifera L. in contrada S. Giovanni a Giarre nel febbraio 1895. Oss. : Secondo Scliroeter questa specie dovrebbe per diritto di • priorità denominarsi E. alneum (Asch.) , sinonimi sarebl)ero JI. pu- licare Pers. e H. hetuUgnum Schwein. 2:20. H. angustatum Alb. et Schw. — Sacc. Syll. II , p. 714 ; Eehm Die Pilze III, p. 14 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 306. — RyHt. indi- care p angustatum Fr. Su corteccia di ? Pi/rus communis L. a Giarre in ottobre 1894. Oss. : Questa specie differisce dalla precedente per i peritecii li- sci e per gli sporidii minori a logge monoguttnlate ed uniforme- mente foschi. Neil' esemplare osservato le dimensioni delle spore corrispondono a quelle indicate dal Eehm, [j. 18-20 » 5-6, sono uni- formemente colorate ma non presentano costantemente le gocciole. 221. Hysterographium Baccarinii Seal. ; ^jerif/tecits sparsi», rare suhgregariis, super fìeiulihus, suhglohosis vel eUijìsoideis, atris, labiis tumidis, inffexis; ascis clavatis, breve pediceUatis, apiee rotundatis, \i. 220-240 » 31-35, 8-sporis, parapht/sibus filiformibus, ramificatis, Jiexuosis ; sporidiis subdistichis vel oblique monosticMs, oblongo-ellipsoideis , initio strato liyalino obvolutis, bipartitis, medio constrietis, hyaUnis, dein ìiorizon- taliter 9-, 12-septatis (septo medio constanter majore), loculis septis 1-3 verticalibus divisis, fìavo-fuìigineis, |i 50-68 » 18-21. Sulla corteccia di un tronco di Olea europaea L. nel podere della E. Scuola Enologica, agosto 1900. Oss. : La presente specie è affine ad H. Fraxini (Pers.) De Not. da cui facilmente si distingue, oltre che per le diverse dimensioni degli aschi e delle spore, per il maggior numero di setti orizzontali da cui queste sono divise. Aitine è pure, princiiialmente per lo svi- luppo degli sporidii in uno strato mucoso, allo H. vulvatum (Schw.) I funghi dcìla Cicilia Orientale 37 Eebm ma se uè distiugue per il numero dei setti delle spore, le loro dimensioui ed il colorito. Questa specie volli dedicare, in seguo di profonda stima e rico- noscenza per gli aiuti che mi ebbi durante questi studii, al Oliia- ri.ssimo Prof. P. Baccarini. 222. H. grammodes (De Xot.) tìacc. Syll. II, p. 782; lìizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 309. — Hysteritim De Xot. Wu legno Jiudo di Olca etiropam L. a Catania dicembre e feb- braio 1894, gennaio 1895; socio non di rado con Uystcrium imUcare Pers. ; a Giarre in contrada S. Giovanni febbraio 1895, (soc. Zi- (jnoiUla Fulnscula et Teichospora oleieolaj. Quest' ultimo materiale dif- ferisce dal tipo per gli ascili più lunghi e piìi stretti, 'x 100-120 » 13-11, e per gli sporidii spesso monostichi , \i. 20-20.5 » 10-10.5. 223. Hypoderma commune (Fr.) Duby — Sacc. Syll. II, p. 788; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 310; sub E. commune (Fr.) Eehm Die Filze III, p. 32. — Mysterium Fr. Su cauli disseccati di * Thapsia garganica L. a Mascalucia, mag- gio 1S9S. 224. Lophodermium maculare (Fr.) De Not. — Sacc. Syll. II, p. 791; Biz- zoz. Fior. veu. critt. I, p. 310; sub L. maculare (Fr.) Pvchm Die Filze III , p. 39. — I{y.sterium Fries. Su foglie morte di Qmrcus sp. al vallone Coniglioue agosto 1897. 225. L. Pinastri (Schr.) Chev. — Sacc. Syll. II, p. 794 ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 311; sub L. Pinastri (Schr.) Rehm Die Filze III, p. 43.— Hysterium Schrad. Sulle foglie di rinus Pinea L. suU' Etna fra Zafferaua e Liu- guaglossa. Oss. : Per qiumto riguarda le dimensioni degli aschi e delle spore, esse corrispondono meglio a (quelle date dal Rehm, asc. \>. 90-150 > 10-14, spor. li 75-140 » 1.5-2, che nou a quelle degli altri Autori. V. FUNGI IMPERFECTI A. SPHAEROPSIDEAB 226. Phoma Vepris Sacc. Syll. Ili, p. 76; Allescher, Rabenh. Kryptog. Fior. Die Filze VI, p. 244; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 386. Su sarmenti di Euhus thyrsoideus Wimm. a Catania, gennaio 1895 (soc. Cytospora et SphaeruUna). 227. P. Vitis Bon. — Sacc. SyU. Ili, p. 79; Allesch. Die Filze VI, p. 259. 38 iJott. G. >SVrtZ/r( [Memoria XX.] Su sarmenti ili ]'itis rhiifera L. a Catauia e S. Aiir>clo di Brolo, aprile 189-1. 228. P. Limonis Tliiim. et Bolle — Sacc. Syll. Ili, p. 83; Allesch. Die Filze VI, ]). 189; Bizzoz. Fior. veii. (uitt. I, p. 377; Fciizig 8tu(l. bot. a-r. p. 3.57, Tav. XXXII fig. 3. Su rametti disseccati di Citrus Limonum a Catania in aja-ile 1894. 229. P. putator Sacc. Syll. Ili, ]). 97; AUesch. Die Filze VI, p. 233; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 385. Su rametti disseccati di Fopnlus (/raeca Ait. a Cataida aprile 1894. 230. P. leucostigma (DO.) Sacc. Syll. III, i>. 105. — iipliaeropsia DO. Su foglie di Evonymus jttponiea al Giardino Bellini, maggio 1897 (soc: Hfptoria evoni/mcllK). 231. P. herbarum West.— Sacc. Syll. Ili, p. 133; Bizzoz. Fior ven. critt. I, p. 380. Exsicc. : Oavara, Fuug. Longobard. n. 91. Su cauli disseccati di Rumex sp., Euphorhia Ci/pari.tsias L. (soc: Pleospora herharum a Melilli iu aprile 1900. f. Limoniì; sporulae rectae jx 6'. 5 » .3. Su cauli di Statici' Limonium (L.) Echb., febbraio 1895. Altri esemplari raccolti all' Orto Botanico iu marzo 1894-1895 presentano le spore rette o curvule misuranti |j. 6-6.5 » 2.5-3.5. f. Sambuci nigrae Sacc. — Su cauli disseccati di ISambucus nigra L., a S. Salvatore (Naso). 232. P. spartiicola Brun. — Sacc. Syll. X, p. 139; Allescli. Die Filze VI, p. 24S. Su rametti disseccati di lS2)artinm jmiceum L., Mascalucia 1899. 233. P. melaena iFr.) Mout. et Dur. — Sacc. Syll. Ili, p. 135; Allesch. Die Filze VI, p. 268; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 381.— -S^j/taerift Fries. Su * Astragnhis sicitlus Biv. invaso da Uromyces alla G-iarrita agosto 1899. 234. P. torrens Sacc. Syll. Ili, p. 138; Allesch. Die Filze VI, p. 276; Biz- zoz. Fior. ven. critt. I, p. 380. Su Cactus sp. nel E. Orto Botanico iu diceml>re 1894. 235. * P. lagenicola Sacc. Syll. Ili, p. 149; Allesch. Die Filze VI, p. 299. Ph. Lagen-ariae Thiim. Su 1' epicarpio putrido di Lagenarin, vuìgaris Ser. nel E. Orto Bo- tanico, dicembre 1899. 236. P. Debeauxiana Sacc. Syll. Ili, p. 160. Su foglie disseccate di Aloe sp. nel E. Orto Botanico, maggio 1895. I fvìKjh i della Sicilia Orientale 39 237. Macrophoma (eu-) juncei Pass. — Sacc. Syll. X, p. li)0; AUesch. Die Filze yj, p. 374. Su rametti morti di Sj)artÌHm junceum L. a Catania agosto ISOi. Oss. : A typo s^wruUfi majoriJnis, \i. 15-17 » 7, differt. 238. M. (eu-) Hippoglossi (:Mont.) Beri. et. Vogl. — Sacc. Syll. X, p. 199; Allesch. Die Filze VI, pag. 374. — SjìlMeropsis Mout. Syu. : Fhoma Rippogìossi (Mont.) Sacc. Syll. Ili, p. 1G2; Bizzoz. Fior, ven critt. I, p. 3S2; Fhyllo.sticfa Allesclier Die Filze VI, p. 163. Sui cladodi i
  • . 143-270 diam., primum epidermide tectis dein eam ostiolo regulari {\i 20-23 diam.) perforantibus, promimdis; sporulis oblongo- fusoideis, rare oblongis, utrinque subacutis seii rotundatis, \l 21-33 long., 7. .5-9 \>. crass., liyalinis minute granulosis, continuis; hasidiis teretibus [JL 16-21 » 2.5-4. Su foglie di Citrus Aurantium L. a Mascalucia, autunno 1899. 240. M. (CIdroph.) Oleae (DC.) Beri, et Vogl. — Sacc. Syll. X, p. 204; Al- lesch. Die Filze VI, p. 369. — iSphaeria DO. Syn. : Fhoma Oleae (DC.) Sacc. Syll. Ili, p. 112 ; Bizzoz. Fior, ven. critt. I, p. 379. Sulle foglie disseccate di Olea europaca L., nel podere della E. Scuola Enologica, nella Villa Grassi-Oristaldi, al Feudo del Coniglio, a Mascalucia in ottobre 1899. 241. Dendrophoma cytosporoides * punicina Sacc. Syll. Ili, p. 180; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 388. Su rametti di Fimica Granatum L. a Giarre, febbraio 1895 (soc. Cytospora). A typo differt sporulis saepius eguttidis. 242. D. Pulvis-pyrius Sacc. Syll. Ili, p. 181 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I ^ p. 388. Su rametti disseccati di Pyrus commimis L. a Catania, 1894. 243. Vermicularia grandis Fass. et Beltr. — Sacc. Syll. Ili, p. 223. Su rami di Mespilus germanica L. , Catania, aprile 1894. 244. V. Liliacearum West. — Sacc. Syll. Ili, p. 233; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 391. 40 l><>tt. (t. Sca-lia [Memoria XX.] Su cauli morti di Amaryllis Belladonna L. , Catania marzo 1894. 245. Placosphaeria Onobrychidis (I)C.) Saco. Syll. Ili, p. 245 ; sub F. (hio- hrychidls (UO.) Fuck., Eizzoz. Fior. ven. critt. I, ]>. 393. — h'ìii/- tismn 1)0. Stat. spermog. Dinchorae ; su foglie di Heevdrnplwma. 249. C. Salicis (Corda) Eabenli. — Sacc. Syll. III, p. 201 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 390. — Katmanpora Cda. — Stat. spermog. Valmc. Su rametti secchi di iSalix rubra Huds. all' Orto Botanico, a])rile 1S94. A fi/po sporulis rectiiiHCtdis recedit. 250. Ceuthospora phacidioides var. Oleae Seal. ; peritheem conicis, 4-5 dense coaUtis ; bamliis ci/lindraceis , semjdicibm , 8-10 » 3. 5 ; sporulis co- piosis, bacillaribns, utrinque obtusis, enucleatis, hyalinis, coìitiiiuis, ]i. 9-18 » 2.r>-S. Su foglie di Olea evropaen L. soc. Maerophoma a Catania , gen- naio 1894. 251. Sphaeropsis Mori Berlese Fuug. moricol. fase. I u. 9 ; Sacc. Syll. X, p. 250. Su rametti dissecati di Morvs sp. a Catania, soc. Haplosporclìa , 1894. 252. S. fabaeformis (Pass, et Tliiim.) Sacc. Syll. Ili, p. 290. — Diplodia Pass. et Thiim. Su sarmenti morti di Vitis vinifera L. attaccati da INIal nero a Catania nel 1892. 253. Coniothyrium insitivum Sacc. Syll. HI , p. 300 ; liizzoz. Fior. ven. critt. 1, p. 398. / fungili (Mìa Sicilùi Or'wntitle 41 Su un rametto di Amyydahis Persica L. a Catania, febbraio 1895. 254. C. Diplodiella (Speg.) Sacc. Syll. Ili, [). 310 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 4(10. — Phoma Speg. Syu. : Phoma Briosii Baco. lutoruo ad una malattia dei grappoli, Ist. Bot. di Pavia. E.xsicc. : Briosi e Oavara, Fung. paras. u. 4S. Su l^acche di Vitis vinifera L. a Viagrande, ottobre 1899. 255. C. Dasylirii Celotti — Saec. Syll. X, p. 207. Su foglie di Dasylirion scrrulatum nel E. Orto Botanico, febbraio maggio 1900. 256. 0. socium Pass, et Beltrn. — Sacc. Syll. Ili, p. 319. Su foglie disseccate di Chamaerops humilia L. 257. Chaetomella atra Fuck. — Sacc. Syll. Ili, p. 321 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. 1, p. 400. Nel K. Orto Botanico in ottobre 1899. 258. Haplosporella dothideoides Sacc. Syll. Ili, p. 324. Sulle foglie di ChamucroiìS humilis L. a Pozzallo in riva al mare; a Noto (soc. Leiìtonphaeria et AnthostomeUaJ. 259. H. moricola Beri. Fung. moricol. fase. I n. 9 ; Sacc. Syll. X, p. 275. Su rami corticati di Morus a Catania, 1894. OsH. : Trovasi ft-equenteinente associato con Spliaero'psis Mori della quale è molto probaliilmente una forma stromatica. 2G0. Diplodia Aurantii Catt. — Sacc. Syll. Ili, p. 330 ; Penzig Stud. bot. agr. p. 375, Tav. XXXVI fìg. 3 ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 405. Sulle foglie di Oitrus Aurnntium L. a Castel Umberto, agosto 1897, su rametti secchi a Catania, aprile 1894. (ha. : Il Bizzozero dà per le spore dimensioni minori, [). 15-18 long., 8 [j. lat. Nel materiale osservato le misure corrispondono di pili a quelle indicate uella Sylloge, \i. 18-21 » 8-10. 261. D. vineae Pass, et Beltr. — Sacc. Syll. Ili, p. 332. Su rametti secchi di Viti.s vinifera L. a S. Giovanni di Galermo, autunno 1891. A tij])o spornlis \>. 15.5-18 » 6.5-7.5, inaequaUter 1-septatis, reeedit. 262. D. Segapelii Seal. ; perithecii/i subglohofiis, \>. 140-180 diam., sparsis vel greyariis, tectis ; sj'orulis oblongis, utrinque rotundatis, ii 16-18 ìovg., 6.5-8 |JL hit., l-septatis, medio nec constrictis, olivaceo-fuligineis. Su sarmenti disseccati di Rnhuf< discolor subsp. ulmifolim Sch. (= 7?. dalmaticus Ciuss.), al Cavolo, gennaio 1900. Oss. : Diflerisce dalla IMplodia seriata De Not. per i peritecii che Atti Acc. Vol. XIII, Sisrip. 4" — Meni. XX. ó 42 Dott. G. Sraìm [Memoria XX. J non sono mai globoso-depressi e papill.iti e per le spore non ellis- soidco-obluuglie. Con grato animo deAlico questa specie al (Jhiaris- simo Prof. F. Segapeli, Direttore della li. Scuola Enologica di Ca- tania. 203. D. Pseudo-Diplodia Fuck. — Sacc. Syll. ITI, p. .341; r.izzoz. Fior. veii. critt. 1, p. 402. Hill ri/rus commuìiis L. a Viagrande in ottobre 1895. 264. D. Calycanthi (Scbw.) Speg. — Sacc. Syll. Ili, p. 342; liizzoz. Fior. veli, critt. I, p. 404. — Sphaeria Scliw. Su rametti disseccati di Caìycnuthus Jloridiis a Catania, 1804. 265. D. Opuntiae Sacc. Syll. Ili, p. 344; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 409. Sui cladodii di Opuntia Ficus-indica ^Nlill. nel podere della li. Scuola di viticoltura, dicembre 1899. 266. D. sycina Mont. — Sacc. Syll. Ili, p. 3r)0 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 407. Su rametti decorticati di Ficus carica L. , E. Urto Botanico nel marzo 1900. 267. D. Castaneae Sacc. Syll. Ili, p. 353; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 407. Su rami decorticati di Castunea sativa (Mill.) Scp. a Catania , marzo 1900. var. corticola Sacc. Syll. Ili, p. 354 ; Bizzoz. 1. e. Su rami corticati di castagno a Catania in dicembre 1894. 268. D. perpusilla Desm. — Sacc. Syll. Ili, p. 305. Su cauli disseccati di Foeniculum officinale Ali. a S. Angelo di Brolo in agosto 1897. 269. D. herbarum (Corda) Lèv. — Sacc. Syll. Ili, p. 370; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 410. Su cauli disseccati di Lilium candidum L. a Catania, 1895. Oss. : L' esemplare studiato potrebbe a primo esame venire con- fuso con una S2)Jiaeroj)sis non comparendo i setti nelle spore che assai tardi ed essendo in un peritecio assai rare le spore septate. 270. Ascochyta Pisi Lib. — Sacc. Syll. Ili , p. 397 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 413. Sui legumi di risum sativuin L. nel E. Orto Botanico in apri- le 1896, su Lathyrus sp. nel podere della li. Scuola Enologica in maggio 1900. 271. A. Oleae Seal.; peritheciis cpijjhyUis, sparsis, rare confluentihus, uiyris, puiictiformihus, primum epidermide tectis, dein eam ostiolo papilluefor- mi perforantiMis, siihsphaeroideo-depressis, |i 140-100 » 180-195; spo- I funghi della Mnlia Orientale 43 ridiis ohlonffis, initio continuis , hyalinis , 2-(jnttnlatis , dcin distinete didì/mis, eguttulis, dilute olivaccis, [j. 7.5-11 » 5.5-5. Sulle tbg-lie disseccate di Olea curo2>aea L. attaccate aiicorsi alla l>ianta nel E. Orto Botanico. Oss. ; Questa specie, la prima del genere che si riscontra sulln Olea eitrojyaea, ci presenta i peritecii minuti, neri, puntiformi , ap- pena prominenti sulla pagina sui)eriore delle foglie. Gli esemplari immaturi potrebljero venire confusi con un Vhoma principalmente per le spore minute, continue, jaline; più tardi però si riscontra nettissimo in esse il setto trasversale non solo ma da jaline diven- tano subolivacee mentre scompaiono le due goccioline situate agli estremi di ciascuna spora , clic le caratterizzano negli stadii gio- vanili. 272. Stagonospora Ischaemi Sacc. Syll. Ili, p. 454; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 421. Sulle foglie di FoUinia distachya Spr. nel podere della E. Scuola Enologica, settembre 1899. 273. Septoria evonymella Pass. — Sacc. Syll. X, p. 350. Su foglie disseccate di Evonymus al Giardino Bellini, maggio 1897. 274. S. Limonum Pass. — Sacc. Syll. Ili, p. 477 ; Penzig Stud. bot. agr. p. 307, Tav. XXXIV, flg. 4. Sulle foglie disseccate di Citrus Aurantiuné L. a Castel Umber- to, agosto 1897. 275. S. pyricola Desmaz. — Sacc. Syll. Ili, p. 487. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. n. 22. Su foglie di Fyrtts communis L. a S. Angelo, agosto 1897, Avo- la 1900. 270. S. Olivae Pass, et Tliiim. — Sacc. Syll. Ili, p. 496. Su foglie disseccati di Olea evropaea L. a Mascalucia in gennaio 1900. Differisce dalla descrizione della specie per le spore più sottili. 277. S. acanthina Sacc. et Magn. — Sacc. Syll. X, p. 378. Sulle foglie di Acanthns molli.s L. a Catania e S. Angelo di Brolo, 1894-1897. 278. S. scabiosicula Desmaz. — Sacc. Syll. Ili, p. 553 ; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 428. Sulle foglie di Scaìnosa nel E. Orto Botanico, maggio 1897. 279. S. Senecionis aetnensis Seal. ; peritlteciis svarsis, primum epidermide tec- tis, dein, eam dilaceratavi, subsiiperficialihus, atris, sttbgloboso-dejjres- 44 J>(>tt. G. Scalia [Memoria XX. | sis vel medio leniter umbonatis, [j. 290-350 » 320-580; sporulis .semi- Ivnnrihus, utrinque acutis 1-, S-sejrìatis, hì/aliìiis, [i 18-26.5 » 1.5-3. 5; haKidiia filiformihus \i. 18-25 loiu/is. Sui cauli disseccati di iSV/fcc/o aetitensis Jan. al Eilugio alpino sul- 1' Etna in settembre 1S9S. O.S.S. ; Differisce dalle altre specie incontrate su Senecio oltre che l^er il fatto che, mentre quelle sono foliicole, la nostra è caulicola aiiclie e principahneute per le maggiori dimensioiii dei peritecii, e le dimeusioui delle spore. Un fatto abbastanza interessante e de.uiio di nota si è che nel caso nostro il basidio resta attaccato costau- teiiicnte alle spore, per cui queste si mostrano caudate. 280. S. Achyranthis Seal.; peritlieciis minufis, fvscidnMs , sparsis in maeiiìis urescendo-ttlhidis rei dilutc ocliraccis obsolete maiy/iuatis , epi-, rare hypophiillis, globulosis, innato promhivlis, [i. 88-100 diam.; sporulis te- nuibus rectis rei et saepius ciirrulis , ij. 22.5-30 » 1.5-2.5, tttrinque truncatulis, initio continnis, guttiilatis, dein 3-septatis, eguttulis, hya- linis. Sulle foglie di Achyranthes sp. lungo la strada da Picanello ad Aci, maggio 1897. Oss. : Questa Septoria, che ho creduto di dover descrivere come nuova, non concorda per i suoi caratteri con nessuna delle numerose specie note ed è la prima del genere che si rinviene suW Achyranthes e le Amarantaceae. Xou ho tenuto conto della S. Pantoesekii Beami, della quale non potei rinvenire la descrizione. 281. S. Gladioli Pass. — Sacc. Syll. Ili, p. 574. Sulle foglie di Gladiolus seyeUrm (fiawl.) Ker. a Primosole , soc. Puccinia Gladioli. Differisce dal tipo per le spore distintamente 3-septate. 282. S. Oonvolvuli Desm. — Sacc. Syll. Ili, p. 53G ; Bizzoz. Fior. ven. crit. I, p. 427. Sulle foglie di Calystegia sepinm Br. nel podere della E. Scuola Enologica, novembre 1899. var. Soldanellae Brun. — Sacc. Syll. X, p. 377. Sulle foglie di Calystegia SohUnclla Br. nel R. Orto Botanico , novembre 1899 ; si discosta dalla descrizione della varietà per le dimensioni alquanto minori delle spore, |jl 35-50 » 0.5-1 e costante- mente eguttulate. 283. S. Tritici Desm. — Sacc. Syll. Ili, p. 501 ; Bizzoz. Elor. ven. critt. I, p. 435. I funghi della iSicilia Orientale 45 Su Ibglie di Triticttm sp. a Catania iu aprile 1895. 284. S. smilacina Diir. et 3Iont. — Saee. Syll. Ili, p. 574. Su tViglie (li Smilux aspera L. a Catairia in aprile 1894. 285. Phleospora Mori (Lèv.) Sacc. Syll. Ili, p. 577; Berlese Fuug. uioiicol. fase. VI 11. 26 Tav. LUI tig. l(i-13; Bizzoz. Fior. veu. critt. p. 437.— Septoria Lèv. Sulle foglie di Marus nigru L. a Boinbacaro in giugno 1890 , a S. Augelo di Brolo in agosto 1897. 286. Rhabdospora Poterii Tas.s. — Sacc. Syll. X, p. 391. Su rametti disseccati di Poterium dietyocarpìim Sp. a Caltagirone, marzo 1895. .4 t}/2)o sjyorulis sacpiiis arcuati^ reccdit. 287. Dinemasporium graminum Lèv. — Sacc. Syll. III, p. G83 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 447. •f microsporum a ti/po et rar. strigulosum Karst. differt s^MmUs minorihus ji ò'-ò' » 1.5-2, setulin \i. 5-6. aff. J). microsporum Sacc. et B. deeipiens (De Xot.) Sacc. Su rametti putridi a Catania. B. MELANCONIEAE 288. Gloeosporium Hesperidearum Catt. — Sacc. Syll. Ili, i). 702 ; Penzig Stud. bot. agr. p. 381, Tav. XXXVIL flg. 3. Su foglie di Citriis a S. Angelo di Brolo nel settembre 1897. 289. G. intermedium var. Poinsettiae Sacc. Syll. Ili, p. 703. Sui rami di roinnettia cyathophora nel E. Orto Botanico, giuguo 1899. 290. G. lagenarium (Pass.) Sacc. et Eonin. — Syll. Ili, p. 719 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 452. — Fumrium Pass. Su 1' epicarpio di Lagenaria vulgaris Ser. nel R. Orto Botanico in dicembre 1894, 1899 (soc. : Fusarium reticulatum, Macrosporiuiii Lagenariae, Aìternaria tennis, Plioma LagemriaeJ. 291. G. ampelophagum (Pass.) Sacc. Syll. Ili, p. 719 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. p. 452. — Eamularia Pass. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. u. 96. Su le bacche mature di Vitis vinifera L. in ottobre 1894 a Ca- tania. 292. Melanconium spliaerospermuin (Pers.j Link — Sacc. Syll. Ili, p. 759 ; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 456. tn Don. G. Hcaìia [Memoria XX.] Sulle foglie (li rìinuimiten communis Triu. al Portiere 1899. 293. Marsonia Juglandis (Lib.) Sacc. Syll. ITT. |.. 708: Bizzoz. Fior. veii. critt. 1, 1). 450. — Lciitothyrium Lib. Exsicc. : Briosi e Oavara, Fuiig. paras. ii. 24. Sulle foglie (li •hu/ìinis rcfiia L. in proviiieia di ^Messina (? Patti) agosto 1899 ; S. Angelo fli Brolo nel settembre 1897. 291. Coryneum microstictum B. et Br. — Sacc. Syll. III. p. 775; Bizzoz. Fior. veli, critt. I, ji. 457. Su sarmenti di L'iilms tht/rxaidcìis Winim. al Fasaiio (strada Mo- lila), marzo 1900. 295. Pestalozzia sarmenti l'ass. — Sacc. Syll. X. p. 494. Su siiniieuti languenti e morti di Vitis vinìfera L. al Pantano iieir autunno 1894. C. HYPHOMYCETEAE 290. Oidium Tuckeri Berk. — Sacc. Syll. IV. p. 41; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 470; sub ? Eryi^iphe Winter Die Filze li, p. M. Exsicc: Briosi e Oavara, Fuiig. paras. n. 137. Sui germogli e frutti di Vitin rivlfera L. per ogni dove dalla primavera all' autunno. Oss. : Per le dimensioni dei coiiidii il "Wiiiter dà le seguenti misure |JL <9 » fi ed il Bizzozero nella sua Flora veneta, |j. S-iO » .5-6'. Come giustamente ha fatto notare il prof. Saccardo le dimensioni sono semiìre molto maggiori, |x 25-.30 » 15-17. 297. 0. leucoconium Desin. — Sacc. Syll. IV, ]j. 41; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 470. Exsicc. : Briosi e Oavara, Fung. paras. n. 10. Sulle foglie, i peduncoli, i germogli di varie rose coltivate nel E. Orto Botanico in aprile 1895, a Giarre ed x^cireale nella pri- mavera 1899, al Giardino Bellini in gennaio 1900. 298. 0. erysiphoides Fr. — Sacc. Sjdl. IV, p. 41; Bizzoz. Fior. ven. critt. 1, p. 470. — Stat. conid. ]\Ii<-)<)spìiacr(ic Lycii? Sul Lì/cium curop((tiiin L. nel lì. Orto Botanico tutto 1" anno. 299. Aspergillus stercoreus Sacc. Syll. IV, p. C7; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 472. Sullo sterco eciuino nel E. Orto Botanico in luglio 1899. 300. Sterigmatocystis nigra v. Tiegli. — Sacc. Syll. IV, p. 75. — Asper- (jiìhis V. Tiegli. I funghi della Sicilia Orientale Su bacche d' uva putresceuti in autauno a Giarre (soc. : Botry- tis acinontinj 301. Penicillium digitatum (Fr.) Sacc. Syll. IV, p. TS; Bizzoz. Fior. veu. cvitt. I, p. 474. — Monilia l'er-s. Su frutti di Citrus Limmmm putrescenti nel E. Orto Botanico, estate 189.5. 302. Botrytis vulgaris Fr. — Sacc. Syll. IV, p. 12S; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 477. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fuiig. paras. u. 183. Sulla corteccia putrescente di uu trouco di Ficm carica L. , su cladodii di Opuntia Ficus-indica Mill. nel podere della E. Scuola Enologica in dicembre 1899; su foglie di Pelargonium sp. al Giar- dino Bellini in gennaio 1900. 303. B. acinorum Pers. — Sacc. Syll. IV, p. 131; sub B. acinorum (Pers.) Fr., Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 477. Su bacche d' uva putrescenti a Giarre. 304. Ramularia lactea (Desm.) Sacc. Syll. IV, p. 201; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 4S7. — Fuxisjjorium Desm. Exsicc. : Briosi e Gavara, Fung. paras. n. 325. Sulle foglie di Viola odorata L. a S. Spirito in Patti, aprile 1900. 305. R. Parietariae Pass. — Sacc. Syll. IV, p. 216; Bizzoz. Fior. veu. critt. I, p. 489. Sulle foglie vive di l'arietaria diffusa M. K. al Cavolo 1899. 30G. * R. Centranthi Brun. — Sacc. Syll. X, p. 559. Sulle foglie di Centra.nthus ruhcr DO. nel K. Orto Botanico 1900. 307. * R. Ari Fautr. — Sacc. Syll. XI, p. 005. Sulle foglie di Aram italicum Mill., a :Mouzone, Surviddi e Ca- volo in gennaio; all' Orto Botanico in aprile 1900. 308. Cycloconium oleaginum Cast. — Sacc. Syll. Ili, p. 343, X, p. 596. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. u. 222. Sidle foglie di Olea euro^jata L. a S. Lucia di Judica, 1899. 309. Fusicladium dendriticum (Wallr.) Fuck. — Sacc. Syll. IV, p. 345; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 510. — Vladosporiun Wallr. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. n. 140. Su delle pere a Viagrande nell' autuuno del 1893. 310. F. pirinum (Lib.) Fuck.— Sacc. Syll. IV, p. 34:(j.—Helminthosporium Lib. Exsicc. : Briosi e Cavara, Fung. paras. n. 43. Su frutti di Pirus communis L. a Mascalucia in luglio, su foglie e rami ad Avola agosto 1900. ■18 Don. O. ISmliu I Memoria XX.] 311. Polythrincium Trifolii Kuiize — Sacc. Syll. IV, p. 350; Bizzoz. Fior. ven. ci'itt. I, [). .510. Exsicc. ; Briosi e Cavara, Fuii!>. paras. u. 15. Sulle foglie (li Ti-ifoliiim resìipinatum L. al Biviere di Leutiiii, maggio ISnS (soe. : rromyceH Trifolii). 312. Cladosporium gracile Conia — Saee. Syll. IV, p. 301. Sulle foglie (li ss.: Questa bella specie t'n raccolta dal Dr. Cliiappazzo nel 1894, prima ancora clic non la si rinvenisse in Tunisia dal Dr. Trabiit, e descritta i)rovvisoriamente come specie nuova per la scienza ed appartenente al genere Heydcnia Fres. 324. Fusarium reticulatum Mont. — Sacc. Syll. IV, p. 705; Bizzoz. Fior. ven. critt. I, p. 538. Syn. : Fusarium, ei/clogenum Sacc. Su l'epicarpio di Lar/enaria vulf/aris Ser. nel E. Orto Botanico, 1899. Istituto botanico (lolla R. Università di Catania, sriuguo 1900. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4" — Meni. XX. / finiglìi fleUa Sicilia OrienUtle 51 INDICE DEI GENERI E DELLE SPECIE Aecidìuni l'tirs. C'iematidis DC 85 Ferulae Rouss. et Dar 87 Pliyllireae DC 89 jinuc-tatuiii Pers 86 Valeriauellae Biv 88 Agaricns L. cauiiiestris var. iusiguis uov. var. . 117 silvaticus Schaeft'. 118 Alternaria Xees. tennis Nees 321 Amanita Pers. callosa Fr 95 excelsa Fr 94 Amanitopsìs Roze. vagiiiata ( Bull. ) Rozo 96 Aiitliostoiiia Nke. gastrinum ( Fr. ) Sacc 18i Authostomella Sacc. coutaniinaus (Diir. et Mont.) Sace. . 182 Spartii Beri, et Vogl 183 Autroniycopsis Pat. et Trab. Bruussouetiae Pat. et Trab. . . . 323 Ariuillaria Fr. melk-a Valli 99 Ascobolus Pers. furfuraec-us Per.s 153 Ascochjta Lib. Oleae iiov. si 271 Pisi Lili 270 Asper^illus (L.) Liuk. stercoreus Sacc 299 Boletusi Dill. aetneusis Iiizeuga 125 castaueus Bull 127 ednlis Bull 122 fragraus Vittad 123 fiilvidus Fr 126 Satana» Lenz 124 subtomeiitosus L 120 vaccinus Fr 121 Botrjtis il idi. aeiuorum Pers 303 Tulgaris Fr 302 Breniia Regd. Lactncae Regel 11 Cantharellu.s Adans. Friesii Quel 109 Cercospora Fres. depazeoides (Desra.) Sacc 316 rosicela Pass 315 smilacina Sacc 317 viticola (Ces.) Sacc 314 Ceutliospora Grev. phacidioides var. Oleae iiov. var. . 2.50 Chaetomella Fuck. atra Fuck 257 Chaetomiiini Kze. comatuiii var. helicotrichum Sacc. . 177 Fieberi Cda 179 painiosuiii Wallr 178 Cladosporìuiii Liuk. gracile Cda 312 Clasterosporìulu Sclnv. Auiygdalearum (Pass.) Sacc. . . . 313 Clavaria Vaili. cristata Pers 93 Clitoc.ybe Fr. ampia Per.s 101 ? castanicola uov. sp 103 fragraus Sow 102 Coleosporium Lèv. Souclii (Pers.) Lèv S4 Colljitìa Fr. lougipes Bull 104 Couiotliyriuni Cda. Da.sylirii Celotti 255 Diplodiella ( Speg. ) Sacc 254 iu.sitivuiu Sacc 253 sociuiu Pass, et Beltr 256 Corjneuin Neos. microstictuiu B. et Br 294 T>()tt. G. IScidia [3IEM0RIA XX.] Crucibuluiii Tul. ■pulgare Tul 138 Cryplovalsa Ces. et De Mot. Nitschkei Fuck 1^5 protracta (Pers.) De Not i-'ii Rabeiihorsfcii (Nits.) Sacc l'6 Cycloconiuiii Cast. oloaginuin Cast 30b Cjstopus L('v. Bliti (Biv.) Do Bary 9 candidus (,1'ors.) Lèv ' PoTtulacae (DC.) Lèv 8 Cytosjtora Elibg. microstouia Sacc -i'^ punica Saec -^'^ Salicis (Cda.) KalK-uU 249 Daldinia Ces. et De Not. c-oiiceiitriea (Bult.) Ces. et De Not. . 186 Deudroplioiiia Saec. cytosporoides ' puuiciua Sace. . . 241 Pulvis-pjTius Sacc 242 Dìacbora JuL MUIL Oiiobrycbidis ( DC. ) JuL MiilL . . 214 Did.vmella 8acc. effusa (Niessl.) Sacc 18;i Uldyinosphaeria Fuck. baccliaus Pass 190 epiderraidis var. Calycotomis iufestae uov. var 192 suiaragdiiui (Ces.) Sacc 191 Diiieiuasporiiim Lèv. graminuin ( microsporum 287 Diplodia Fr. Aurautii Catt 260 Calycanthi (.Scbw.) Speg 264 C'astaueae Sacc, var. corticola Sacc. 267 lierbarum (Corda) Lèv 269 Opuutiae S: ce 265 perpusilla Desm 268 Pscudo-Diplodia Fuck 263 Segapelii nov. sp 262 8yciua Mout 266 vineae Pass, et ISeltr 261 Durella Tul. Oleae Pass, et Beltr 158 Entyloma Do Bary. Caleudulae (Oud.) De Bary. ... 30 Erysiplie Hedw. couimuuis (Wallr.) Fr 165 lauiprocarpa (Wallr.) Lèv 164 Maitii Lèv 166 Eutypa Tul. ludibuuda Sacc 173 Exoasciis FuL-k. deformaus ( Bcrk. ) Fuck 144 Pruni Fuck 145 Foiucs Fr. applauatus (Pers.) Wallr 131 iguiarius (L.) Fr 132 luzengae De Notr 130 Lonicerae Weium 133 lucidus (Leys. ) Fr 129 Fracchiaea Sacc. lu'terogenea Sacc 168 Fuiliago Pers. vagaus Pers 322 Fusai'iuiii Link. rcticulatum Mout 324 Fii.sicladium Ben. dciulritieuui (Wallr.) Fuck 309 pirinuiu (Lib.) Fuck 310 Fusicoccum Cda. Aesculi Cda 246 Geaster Micb. hygriiuietricus Pers 139 Gloeosporiuui Desui. et Mout. aiupelophagum (Pass.) Sacc. . . . 291 Hespcridearum Catt 288 interuiedium var. Poiusettiae Sacc. . 289 lagenariuiu (Pass.) Sacc. et Eoura. . 290 diloiiiiim Miilll. liueare ( Fr. ) Do Not 217 Grapliiola Poit. Plioeuicis ( Moug. ) Poit 32 Gy»iiiosporai)g-ium Hedw. i-las-ariaelbrme (.lacij.) Rees. ... 81 Haplosporella Speg. dotbideoides Sacc 258 uioricola Beri 259 Hebelonia Fr. luidipes Fr H'I Helotium Fr. berbaruuL (Pers.) Fr 151 Heterosphaeria Grov. Patella (Tode) Grev 157 Heterosporium Klotz. ecbiuulatum ( Berk. ) Cooke. . . . 318 Hiriieola Fr. Auricula-Judae (L.) Berk 92 Hypholonia Fr. / fi( libili della Cicilia Orkittule 5;5 fasciculartì Hiids 119 H.vpoilcrma DC. coiiJiuuiie (Fr.) Duby 223 Hjpoxylon Bull. serpeu3 ( Pers. ) Fr. ...... IS.'i Hysteriuui Tode. augustatum Alb. et Scbw 220 pulic-ire Pers 219 Hysterognipbium Cda. Baecariuii uov. sp 221 grammodes ( De Not. ) Sacc. . . . 222 ilbypballiis Fr. inipudicus (L.) Fr 136 Lecaiiiilioii Rabeuh. atratuiu (Hedw.) Rabeuh 1-59 Leiizites Fr. Gu.ssouei u. sp Ili Lepiota Fr. prcicera l^cop 97 stramiuella Bagl 98 Leptosphaeria C'es. et Do Xot. culmifraga (Fr.) Ces. et De Not. . . 196 Magiiusiaua Beri, et Sacc 197 Rnsci (Wallr.) Sace 195 Lophidium 8acc. couipressuiu (Pers.) Sace 216 Lophiosfouia (Fr.) C'es. et De Xot. rhop.'iloides Sacc 215 Loplioderuiiuui C'iiev. maculare (Fr.) De Not 224 Pinastri (Schr.) Cliev 225 Lycoperdoii Tourn. atro-purpureum var. Catiueuse uov. var liO Bovista L 141 Jlacroplioma (Sacc.) Beri, et Vogl. Aurautii uov. sp 239 Hippoglossi (Mout.) Beri, et Vogl. . 238 .Juucei Pass 237 Oleae (DC.j Beri, et Vogl 240 Macrosporium Fr. commuue Rabh 319 Lageuariae Thitm 320 Marsonia Fisch. Juglaudis (Lib.) Sacc 293 Massaria De Not. Plataui C'es 194 Melaiiip^ora Cast. betuliua (Per.s.) Tul 54 Jlelioscopiae (Pers.) Cast 50 Hypericorum (DC.) Schroet. ... 53 Liui (DC.) Tul 51 populiua (.Tac(i.) Lèv 52 Melampsorella Schroet. Riciui (Biv.) De Toni 55 Melanconiiim Link. spUaerospermum (Pers.) Link. . . . 292 Metasphaeria Sacc. socia Sace 199 Spartii Bruu 200 Mollisia Fr. ciuerea (Batscli) Karst 152 Morchella Dill. couica Pors 14:7.- esculenta (L.) Pers 146 Mntinus Fr. caniuus (Huds.) Fr 137 Nauforia Fr. pityrodes Brig H'^ Nectria Fr. cocciuea (Pers.) Fr 212 Oidiuin Link. erysiphoides Fr 298 lencocouiiiui Desm 297 Tuckeri Berk 296 Opliiobolus Riess. l'ruticuui (R. et D.) Sacc 210 herpotrichus (Fr.) Sacc 211 Paxillus Fr. involutus (ISatscli) Fr H'' Peiiicilliulii Liuk. digitatum (Fr.) Sacc 301 Peronospora Cda. eftusa (Grev.) Rabeuh 17 Ficariae Tul H Lamii (Al. Brauu.) De Bary. ... 18 parasitica (Pers.) De Bary .... 13 Rumicis Cda 20 Schleideui Uug 19 Trifolioruui De Bary l'' Valeriauellae Fuek l** Viciae (Berk.) De Bary 12 PestaloMÌa De Not. sarmeuti Pass 29.5 Peziza Dill. 1 48 cerea Sow sepiatrella var. sicula uov. var. . . 119 Pbleospora Wallr. Mori (Lev.) Sace 28. 54 l><>tt. iS'. Canino [ME3I0KIA XXI.J Zeitsclirift. XXXVIII; Wien. » dove offi'e, in appendice , una nota di 42 specie di Licheni dallo stesso in parte i-accolti, ed in parte osservati negli Erbari di Gussone e di Tornabene. Questo catalogo offre però pochissimo di nuovo rispetto ai lavori precedenti. Nel 1891 M. Lojacono-Pojero pubblicò in Palermo un « Primo elenco di Licheni della Sicilia » che non mi è stato possibile di potermi in alcun modo procurare. Il Jatta nei suoi pregevoli lavori (e specialmente nella Mo- nographia Lichemim Italiae Meridionalis e nella Sylloge lichenum Italicorum) si è occupato di Licheni Siciliani ma in generale, e classificando il matei'iale mandatogli dal Prof. H. Ross, dal D.r Lanza, dal Lojacono-Pojero e da altri. Apparse quindi chiaramente come i Licheni della Sicilia non siano stati ancora studiati con sufficiente larghezza specialmente in rapporto alla loro distribuzione. Avendo impreso da circa due anni lo studio di questa im- portante classe di Crittogame della Sicilia con i metodi suggeriti dalle moderne conoscenze, sono in grado di presentare oggi un primo catalogo di oltre 150 specie e 70 varietà di Licheni spe- cialmente della Sicilia orientale. Ho eseguito questo mio lavoro nell' Istituto Botanico della R. Università di Catania, dove ho classificato e conservato tutto il materiale ivi raccolto in questi ultimi tempi, nonché quello da me stesso raccolto, ed una buona parte di quello che il Prof. Tornabene determinò e donò alla R. Università. Nella determinazione ho seguito la « Sylloge Lichenum ita- licorum » del Jatta tenendo pure presenti i classici lavori del Fries, dello Schaerer , del Nylander, del Massalongo e di altri dei quali farò cenno più sotto. Per la interpretazione dei colori ho fatto tesoro della « Chro- motaxia » del Saccardo. Ho fatto uso di divei'si reattivi di microchimica, ma quello che ho tenuto in maggior conto e di cui ho notate le reazioni Primo contributo alla Lichenologia della Sicilia. nelle diagnosi, è la tintura di Jodio composta come segue, e pro- posta nella Cryptogamie illnstrèe del Roumeguere : Iodio 0, 05 Ioduro di Potassio. . . . 0,115 Acqua 20, 00 Mi astengo, per il momento, dal fare delle considerazioni sulla distribuzione geografica di questa florula nell'Isola nostra e sui rappoi-ti che essa presenta con le altre vicine, sia perchè il ma- teriale, come ho detto, non è stato tutto da me raccolto, sia an- cora perchè io credo che le considerazioni di tal natura, in una prima contribuzione, potrebbero essere premature. Solamente osservo che sin' ora non ho rinvenuto nessun rap- presentante della Fam. dei Caliciacei, e che la Fam. dei Graphi- clacei è scarsamente rappiesentata. Prima di terminare sento il dovere di ringraziare sentita- mente il chiarissimo mio Maestro, Prof. Pasquale Baccarini , il quale mi indirizzò in questo studio e mi fu largo di mezzi e di aiuti, ed il Ch. Dr. Antonio Jatta che volle gentilmente ri- vedere alcune specie. OPERE ed EXSICCATA citati e da me consultati Francisco Tornabksk — Lwhenoqraphia Sicula — Catinae 1849. » » — Flora Sicula » 1887. » » — Flora Aftiica » 1892. G. Stuobl — Flora des Aetna — Oost. bot. Zeitsclirift XXXVIII — Wieu 1888. E. AcHARiUS — Prodromiis Lichenographiae Huecicae — Liucopiae 1798. E. Fries — Lichenographia Eiiropaea reformata — Lundae 1831. L. E. ScHABRER — Enumerano critica licJienum enropaeorum — Beruae 18.50. A. JIassalongo — Memorie lichevourufidie — \'eroua 1853. » — Monografia dei Licheni ilasteniospori — Venezia 1853. W. Nylander — Sijnopsis methodica Lichennm — Parisiis 1858. G. W. KOERBKR — Farerga lichenologica — Breaiau 1863. F. Baglibtto — Lichenes inaulae Sardiniae in Nuovo Giornale Botanico italiano Voi. XI, N. 1, 1879. F. Baglietto e A. Carestia — Anacrisi dei Licheni della VaUcsia — (Atti della Societil crit- togamologica italiana, Anno XXXIII, Voi. Il, ilisp. II e III, 1880. A. .Tatta — Monographia Lichenum Italiae meridionalis — Trani 18X9. ;> — Sylloge Lichenum italicorum — Trani 1900. Exsiccata Lichenes italici exaiccati del Prof. A. Massalosgo — Verona 1855. Dott. -V. ('an(.so [Memoeia XXI.] HOMOEOLICHENES FR. Fam. OOLLEMACEI Xyl. 1. Polychidium muscicola Krb. Syst. 421; Jatta Syll. 6. Sui iimschi a Itaiidazzo (Bosco Flascio) e Lìnguaglossa (Piueta). 2. Pseudoleptogium Gennari l'.gl. X. Gior. l)ot. it. 1879, 120; Jatta Syll. 13. Yar. uetìiieola. Thallus sordide atrovireus , uigrescens , versus centruui atrograuulosus. Su diverse, specie di niusclii dei muri vecchi di cauipagua: S. ^I. di Licodia (Scanuacavòli). 3. Leptogium cyanescens Sclmer. Eu. 50; Exs. Mass. L. I. 218, Jatta Syll. 15. — Sulle rocce e i tronchi muschiosi : Catania, Aderuò. 4. L. Lacerum Fr. Se. 203, (Jolleina atro-coeruleum Schaer. En. 248, Jatta Syll. 18. 1. Var. puìvinatum (Ach.) Xyl. Syii. 122, Jatta 1. e. Sui sassi e i tronchi con muschi : Aderuò. 2. Var. lophai'um (Ach.) Xyl. 1. e, Jatta 1. e. Sui muschi : Eandazzo (Bosco Flascio), S. M. di Licodia (Scanua- cavòli). 5. CoUema conchilobum Kerb. Syst. 407, Jatta Syll. 32. Sidle rocce calcaree : Taormina. 6. 0. pulposum Ach. Syn. 311, Exs. Mass. L. I. 342, 343, Jatta Syll. 33 var. vulgare Schaer. En. 250, Jatta 1. e. 1. nudiini Schaer. Sui muri vecchi : Mascalucia. 7. C. cristatum Lgth. L. Br. lOG, Exs. Mass. L. I. 340, Jatta Syll. 41. «. var. Idviìtiatum Fw. FI. 1850, 36 Jiitta 1. e. Sui calcari : Taormina. b. var. tenvatum Flw. 1. e, Jatta 1. e. Sul terreno e sulle rocce calcaree : Taormina. 8. C. melaeum Ach. Univ. 636, Exs. Mass. L. I. 345, Jatta Syll. 44. h. var. viarginale (Hds.) Krb. Syst. 400, .latta 1. e. Sulle rocce calcaree : Xoto (Cozzo di Porteddu). 9. Synechoblastus aggregatus (Trev.) Krb. Syst. 411, Lethagrium ascari- diosporum ^Niass. Mem. 03, Jatta Syll. 52. Sulle querce : Randazzo (Bosco Flascio) : sulle rocce vulcaniche Ca- tania (Piala). Primo contributo (fila LichenoloyiK della Sicilia. 10. S. flaccidus Krb. Syst. 413. ('ollema rupe.stre a flacciduin Scliaer. Eu. 253, Ijfrlia^iium rupestre Mass. .Aleni. !)2, Exs. ^Nlass. L. I. 341, .latta Syll. 53. Sulle (juerce : Eandazzo (Bosco Fla.scio). 11. S. nigrescens I>. su])l. l.")l. ('olleuia iiigreseeus a Vespertilio Scliaer. Eli. 252; Lethagriuiu nigrescens Mass. Meui. 92, CoUema, nigrescens Xyl. Syn. 114, Exs. Mass. L. I. !)2 .latta Syll. 54. Sulle rocce vulcaniche : Giarre, Mascalucia. Nell'Eri», di Toriiabeiie esiste un campione di questa specie, rac- (■(ijto a Paterno, sotto il nome di OoUeina nigrescens DO. 12. S. conglomeratus Krb. Syst. 412, Exs. Mass. L. L 112, Jatta Syll. 56. Esiste iiell' Erl>. di Tornabene un esemplare di questa, specie, rac- colto nelle Madonie (a Oastelbuouo), sotto il nome di « Collema pulpo- sum var. eorallinum Mass. » 13. S. Laureri (Fw.) Krb. Syst. 414, Jatta Syll. 57. Sulle roccie vulcaniche : Catania (Piano del Pt. Osservatorio). 14. S. turgidus Krl). Syst. 415, (Jollema turgidum Scliaer. En. 25.S, Letha- grium turgidum :\Iass. Sch. cr. 180, Exs. Mass. L. I. 344, Jatta Syll. 58. Sui calcari: Taormina. 15. Placynthium corallinoides (Jltfm.) Krb. Syst. 3. rosco Flascio). h. var. imdUmn Ach. Univ. 535, Jatta Syll. 1. e. Diflusissima sul terreno e sui vecclii muri di campagna : Raudazzo (Bosco Flascio), A derno. Bianca villa, S. M. di Licodia (IMancuse) Ni- colosi, Mascalucin, Linguaglossa, Taormina. 41. CI. gracilis Hftiu. FI. G. II, 119, Exs. INlass. L. I. 18, 19, Jatta Syll. 174. a. var. clwrdalw (Flk.) Th. Fr. Schaud. SI, Jatta Syll. 1. e. Sul terreno muschioso : Etna (Linguaglossa;. 42. 01. furcata Flk. Ciad. 151, Exs. Mass. L. I. 158, 196, Jatta Syll. 179. a. var. racemosa Flk. Ciad. 152, Jatta 1. e. * squarti ulosa Schaer. En. 202. Sul terreno muschioso : Catania (Ognina). Primo contributo alla Lichenologia della Sicilia. ** sjnìiKlosa Mass. Scli. cr. 9S. Sul terreno : Nicolosi. *** recurva (L.) Krb. Syst. 3."), Jatta 1. e. Sul terreno : Liuguaslossa, Ma/^zara del Vallo. b. var. subulata (L.) Krlj. 1. e, Jatta 1. e. Sul terreno niuschioso: Etna, Linguaglossa. Nell'Erbario di Torna- beue esemplari dell' Isola di Pantelleria. 43. 01. pungens Flk. Ciad. 150 , CI. furcata var. puiigens Fr. L. E. 230, (Hadouia furcata var. rangiformis Scliaer. En. 202, Cladonia retneusis Tom. Lidi. Sic. 104, Jatta Syll. 180. a. rar. faroviridis (Flk.) Krb. Syst. 35, Jatta Syll. 1. e. Sulle rocce e sul terreno: Taormina, Catania (Picauello) , Lingua- glossa, Eandazzo (Bosco Flascio), Adernò, Mascalucia, Milo, Mazzara del Tallo. Neil' Erb. di Toruabene esemplari dell' Etna, di Messina e dell' Isola di Pantelleria sotto il nome di Ciad, retenensis Tom. b. var. nirea (Flk.) Krb. 1. e, Jatta 1. e. Sul terreno : Eandazzo, Val di Noto. 44. CI. muricata Del. in J)ub. P.ot. Gali. 022 , Cladonia furcata var. mu- ricata Nyl. Syn. 207, Exs. Mas.s. L. I. ]91, Jatta Syll. 181. b. var. Euganea Mass. tìch. cr. 115, Jatta Syll. 1. e. Sul terreno : Mazzara del Vallo, Catania (Ognina) , Adernò , Ean- dazzo (Bosco Flascio), 45. 01. decorticata Fr. L. E. 22(i, Cladonia squamosa var. decorticata Scliaer. En. 199, Jatta Syll. 184. Sul terreno : Pineta di Linguaglossa. 40. CI. cariosa Flk. Ciad. 11, Cladonia degenerans var. cariosa Fr. L. E. 221, Cladonia neglecta var. cariosa Scliaer. En. 193, Exs. Mass. L. I. 54, Jatta Syll. 185. h. var. minor Eblu CI. exs., Jatta 1. e. Sul terreno : Mazzara del Vallo, Bosco di Biancavilla. 47. Stereocaulon Vesuvianum Pers. in Act. W. G. II, 19; Stereocaulon to- meutosum var. Vesuvianum Nyl. Syn. 247, Exs. Mass. L. I. 10, Jatta Syll. 195. Sulle lave sia recenti che antiche ; Eandazzo (Sciara Urrita), Pi- neta di Biancavilla, Paterno (Valcorreute), Nicolosi (Mompelieri) Ma- scalucia (Torre), Milo, Linguaglossa. Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4» — Mem. XXI. 10 Dutt. >S. Canino [MEMORIA XXJ.J Fam. paemeliaoei ■4S. Cetraria aculeata Fr. Scli. cr. IX, 32, Jatta Sjil. 2(I4. a. vai: mnipcstris Scliaer. Spie. 255, Jiitta .1. e. Sui monti granitici : Neil' Erb. di Toiuabeue esemplari di 3Iessiua provenienti dal Gussone. 49. 0. tristis (Web.) Er. L. E. 34, Parmelia fahlunensis var. tristis Scliaer. En. 28, Jatta Syll. 200. Sulle rocce calcaree: Xell' Erb. di Toruabeue esemplari delle Cla- donie provenienti dall' P^rb. del Gussone. 50. C. (Platysma HSm.) glauca Adi. Metb. 200, Jatta Svll. 212. Sugli alberi. Eaudazzo (Bosco Flascio). var. fallax Ach. Univ. 509, Jatta 1. e. Sui faggi : Eronte (Faggeta). 51. Peltigera rufescens Iiain. FI. G. II, 107, Jatta Syll. 223. Sulle cortecce e sulle rocce niuscliiose : Taormina, Eandazzo, Lin- glossa. XelP Erb. di Torn. esemplari di Eongiardo sotto il nome di Peltigera polydactyla Fr. h. rar. innovans Fw. D. FI. 73, Jatta Syll. 223. Sulle cortecce e sul terreno muschiosi : Adernò, Eaudazzo ( Bosco Flascio). 52. P. scutata flJcks.) Tuck. Syn. 107, Peltigera polydactyla var. scutata Fr. L. E. 47, Exs. Mass. L. I. 214, Jatta. Syll. 224. Sul terreno e sugli alberi muschiosi: Taormina, Etna (Valle del Bove, Casa del Bosco). 53. P. canina Hfìu. FI. G. 100, Jatta Syll. 227. a. var. ulorrlma (Flk.) Scliaer. En. 20, Jatta 1. e. Sul terreno muschioso: S. M. di Licodia (Maucuse), Pineta di Bian- cavilla. 54. P. sylvatica (Iluds. augi. 547) Schaer. Eu. 22. Sul terreno muschioso : Xicolosi (Moute S. Xicolò). 55. Sticta glomulifera Bnrs. Frani. Lich. 7 , Parmelia amplissima Schaer. En. 33, Exs. Mass. L. I. 105, Jatta Syll. 240. Sui triuichi di quercia: Eandazzo (Bosco Flascio). 56. S. pulmonacea Ach. Univ. 449, Sticta puluionaria Schaer. Eu. 30, Exs. Mass. L. I. 38, Jatta Syll. 242. a var. sorediata Schaer. Eu. 30. Sui tronclii: Bosco di Garonia. Priwn contributo olla Lichenoloffia della ISicilia. 11 j5. rar. hypomela Schaer. Eii. 1. e. Sui tronfili di quercia : Raudazzo (Bosco Flascio). ■(•. var. 2>leiiroc(irpa Schaer Eu. 1. e. Sul terreno: Neil' Erb. di Tom. esemplari di (Jastelbuouo sotto il uiinie di « Sticta pulnioiiacea Acli. » 57. S. Unita Adi. Syii. 234, Jatta Syll. 243. Sul terreno muschioso delle regioni montuose: Etna, Castelbuono. SS. Imbricaria caperata (Adi.) DO. FI. Fr. II, 392, Exs. Jlass. L. I. 2(i, Jatta Syll. 2.j0. Sui tronchi e sui sassi: Neil' Erb. Torn. esemplari dell' Etna e di Messina sotto il nome di « Parmelia caperata Ach. » .5!». I. conspersa UC. FI. Fr. Il, 3!)3, Exs. Mass. L. I. 313, 314, Jatta Syll. 251. Sulle rocce vulcaniche : Catania (Plaia, Picanello), Milo, Nicolosi (Monti Eossi, Lave sotto Monipelieri). b. var. imbricata ]\Iass. Sch. cr. 1(Ì7. Thallus stramiueo-virens, cartilagineus, foliaceo-lobatns, lobis latiu- sculis inibricatis. Sulle rocce vulcaniche: Biancavilla (Pineta), S. M. di Licodia (Man- cuse Scannacavòli). e. var. isidiata Anzi (Jtg. 28, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniche; Pineta di Linguaglossa, Mascalucia, Bianca- villa (Cappello). S. M. di Licodia (Mancuse), Randazzo (Bosco Flascio). CO. I. periata (Ach.) Krb. Syst. 69, Exs. Mass. 325, Jatta Syll. 253. Sulle rocce e fra i muschi; sterile: S. M. di Licodia (Mancuse). CI. I. tiliacea (Ach.) Krl). Syst. 70, Parmelia quercifolia Schaer. En. 43, Exs. Mass. L. I. 320-329, Jatta Syll. 258. Siri terreno, sui sassi e sulle cortecce : Randazzo (Bosco Flascio), Aderuò, Bosco di Biancavilla, S. M. di Licodia (Mancuse), Nicolosi, Linguaglossa. h. var. scortea (Adi.) Jatta Syll. 258. Si rinviene frequente sui tronchi e sulle rocce vulcaniche sempre sterile: Catania (Ognina), Biancavilla (Vadalato), S. M. di Licodia (Mancuse) Bongiardo; Mazzara del Vallo. e. var. aetnensis. Thallus foliaceus, nitidus, imbricatus, sinuato-lobatus, caesio-albidus, modefaetus glaucus, versus centrum granulis isidiiformibus creberri- mis sordide griseis exasperato-conspurcatus , subtus ater et rhizinis atro-tìbrillosus. Apothecia non visa. Questo Lichene si avvicina molto alla v. scortea (Ach.) ma non inclino 12 Doti. a. Caruso [3Iemoria XXl.J ad identificar velo perchè il suo tallo pare non abbia i caratteri di cincreo-albidus e nigropulvendeiitus che 1' Acharius assegna alla forma sopradetta. Diffuso in Biaucavilla e S. M. di Licodia, sugli alljeri e sulle rocce vulcaiiiclic. tì2. I. Borreri Tarn. , Parmelia dubia Schaer. Eu. 45, Exs. Mass. L. I. 107, Jatta Syll. 262. Frequente sul terreno e sulle cortecce con muschi : Mazzara del Vallo. Neil' Ei'b. di Tom. esemplari dell' Etna sotto il nome di « Par- melia tiliacea Acli. » 63. I. acetabulum (Dub.) DC. FI. Fr. II, 3'.}2 , Exs. Mass. L. I. 25, Jatta Syll. 203. Sui troucbi : Catania (Picauello), Eandazzo (Bosco Flascio), Mazzara del Vallo. Neil' Erb. di Toru. esemplari dell' Etna sotto il uome di « Parmelia acetabulum Fr. » 61. I. olivacea (Ach.) DC. FI. Fr. 392, Exs. Mass. L. I. 165-167, .latta Syll. 261 Sulle rocce vulcaniche e sui tronchi : Catania (Plaia), Liugnaglossa, Milo, Eandazzo, Biancavilla , S. ^l. di Licodia , Mascalucia , Xicolosi (Mouti Eossij. h. var. imhricata Mass. Sch. cr. 103, Jatta 1. e. Sui tronchi: Etna, Catania. 65. I. exasperata Dnrs. Parm. 18, Parmelia aspera Mass. Mem. 103 , Exs. Mass. L. I. 13, Jatta Syll. 265. Fre(iueute sui tronchi degli alberi : Etna (Casa del Bosco), Eandaz- zo (Bosco Flascio). 66. Parmelia (Anaptychia Krb.) ciliaris Ach. Meth. 255 , Exs. Mass. L. I. 39, 10, Jatta Syll. 281. Sulle querce ed altri alberi : Eandazzo (Bosco Flascio) , Etna. h. var. solcìiaria (Dub.) Schaer. En. 1(1, Jatta 1. e. Sugli alberi : Eandazzo (Bosco Flascio). e. var. saxicoìa Nyl. Syn. 111. Sui muri di pietra vulcanica : Eandazzo. 67. P. (Hagenia Dnrs.) stellaris Ach. Meth. 209, Physciae sp. Fr. L. E. 82, Exs. Mass. L. I. 318, Jatta Syll. 286. a. var. adpressa Th. Fr. Scand. 138, Jatta 1. e. * aipolia Ach. Meth. 209, Jatta 1. e. Sui tronchi degli alberi e degli arbusti: Eandazzo (Bosco Flascio), Biancavilla (Bosco, Vadalato), Nicolosi (Casa del Bosco), Mascalucia, Castelbuono. Primo contributo alla Lichenologia della Sicilia. 13 ** ambigua Schaer Eii. 30, Jatta 1. e. Sulla corteccia dei castagui e degli ulivi : Biaucavilla (Eosco Va- dalato). *** melaiiophthahna Mass. Sch. cr. ITO, Jatta 1. e. 8ui tronchi degli alberi : Catania (Orto Botanico) , Nicolosi (Casa del Bosco), Biancavilla (Bosco), Kandazzo (Bosco Flascio). **** subincisa Tli. Fr. Scand. 138, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniche : Randazzo (Bosco Flascio). b. var. adsccnilcns Tli. Fr. Scand. 138, Jatta 1. e. * ]iis2)i(la Schaer. Eu. Id — Sulle cortecce degli alberi : llantlazzo (Bo- sco Flascio). ** leptalea (Ach.) Th. Fr. Scand. 110 , Parniclia pulcliella var. semi- piunata Schaer. En. 41, Jatta Syll. 1. e. Sulle cortecce : Eandazzo (Bosco Flascio). 68. P. albinea Ach. Univ. 191, Jatta Syll. 289. Sulle rocce vulcaniche ; sterile : Pineta di Biaucavilla. 69. P. pulverulenta Ach. Univ. 173, Jatta Syll. 292. a. Tur. allochroa (Ehr.) Th. Fr. Scand. 136, Jatta 1. e. Sulla corteccia degli alberi : Ilaudazzo (Bosco Flascio), Biaucavilla (Moutalto, Yadalato) , S. M. di Licodia. Neil' Brb. di Tom. esempla- ri di Linera e di Bongiardo sotto il nome di « Paruielia stellaris. » b. var. piiyrea (Ach.) Xyl. Scand. 110, Jatta 1. e. Sui tronchi di ulivo : Biancavilla (Vadalato). e. var. aryypliuca Ach. Univ. 471 — Sulle «luerce : Milo, Concazze. d. var. terrestris Jatta Syll. 1. e. Sul terreno : S. M. di Licodia (Scanuacavòli). 70. P. venusta Ach. Meth. 211, Parmelia pulverulenta var. venusta Schaer. En. 39, Jatta Syll. 295. Sui tronchi muschiosi : Eandazzo (Bosco Flascio). 71. P. muscigena Ach. Syii. 212 , Parmelia pulverulenta var. allochroa f. mnscigena Schaer. Eu. 38, Jatta Syll. 293. Sulle cortecce niuschiose delle querce : Eaudazzo (Bosco Flascio). 72. P. obscura (Ehr.) Schaer. En. 36, Physciae sp. Fr. L. E. 84, Exs. Mass. L. I. 247, Jatta Syll. 299. a. rar. orbicularis Schaer. En. 37, Jatta 1. e. Sui tronchi degli alberi : S. 31. di Licodia (Scanuacavòli) 73. Physcia (Tornabenia Mass.) chrysophthalma DC. FI. Fr. Il, 401, Exs. Mass. L. I. 55, 56, Jatta Syll. 304. b. var. denudata (Hffm.) Nyl. Syn. 410, Jatta 1. e. U Dott. !S. CavKxo [Memop.ia XXI.] Neil' Erb. di Toruabeiie, cseiiiplari raccolti sus'li alberi ed i frutici dell' Orto Botanico di Catania, sotto il nome di « Tornabenia cliry- soplitlialma DC. » 74. P. (Xanthoria Fr.) parietina (L.) Dnrs. Parm. 2.3, PIxs. Mas.s. L. I. 31-.S5, Jatta Syll. 300. Diftusissinia sulle cortecce degli alberi, sui muri, sui tegoli, sul legno etc: Spaccaforno (Pantano Gariffl), Lentini, Mazzara del Tallo, Eaudazzo (Bosco Flascio), Castelbuono, Catania (Orto Botanico). Xell'Erb. di Torn. esemi)lari dell' Etna sotto il nome di « Imbricaria parietina Adi. » * ovrnta Mass. scli. cr. 42, Exs. Mass. L. I. 33. Sugli alberi : Fiumefreddo, Mazzara del Vallo, S. ^1. di Licodia (Mancuse), Catania, Etnn. b. vfir. aureola Fr. Jatta Syll. 1. e. Sui tegoli : Catania (Orto Botanico). e. var. ccfanea Nyl. Syn. 411, Jatta Syll. 1. e. — Sulle rocce: Mazzara del Tallo. d. var. (jramilata Scliaer. En. 50, Jatta Syll. 1. e. — Sulle rocce: ìMazzara del Tallo. e. var. imlmcata Mass. Scli. cr. 41, Jatta Syll. 1. e. Sulle rocce vulcaniche: S. M. di Licodia (Scannacavòli). Fam. UMBILICAEIACEI 7.5. Umbilicaria pustulata (Hffm.') F. L. E. 350, Jatta Syll. 309. Sulle rocce silicee; Neil' Erb. di Tornabene esemi)lari di ^Messina. (Monte Scuderi) ]jro venienti dall' Erb. del Oussone. 7(>. Gyrophora polyphylla (Schrad.)Fr. L. Sili. II. 38, Umbilicaria polyphylla var. glabra Schaer. En. 28, Umbilicariae sp. Fr. L.E. 352, Jatta Syll. 319. Sulle rocce vulcaniche: Pineta di Biancavilla. 77. G. polyrrhiza Krb. Prg. 41, Umbilicariae sp. F. L. E. 358, .Jatta Syll. 321. Sui monti calcarei : Neil' Erbario di Torn. esemplari di Palermo provenienti dall' Erb. del Gussoue Fam. ENDOCARPACEI 78. Endocarpon miniatum (Adi.) Fr. L. E. 408, Exs. Mass. L. I. 0,1(54,190, Jatta Syll. 320. a. var. canum Krplh. in Ilbh. L. E. 425, Endocarpou miniatum var. aetueum Toni. Lich. Sic. 11, Jatta 1. e. I Primo contì-ihuto alla Lichenologia della Sicilia. 15 Sulle rot-ce viilcaiiiclie, specialiueiite uei crepacci: Gatauia (Plaia) Adernò (Sciaroue), S. M. di Licodia (JMaucuse). h. rar. compUentum Scbaer. Eti. 2.j.''>, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcauiclie: S. 31. di Licodia (Manciise) Fam. LECAXOEACEI 79. Endocarpiscum Guepini Xyl. ryr. 56, Endocarpi sp. Fr. L. E. 410, .Jatta Syll. 3.33. Sulle rocce vulcaniche delle più elevate regioni dell' Etna. Specie rara di cni trovasi un esemplare nell' Erb. di Torn. sotto il nome di « Endocarpon Guepiii Duby. » 50. E. Maravignae Torn. Lidi. Sic. p. 12 tab. I. B et FI. Aetnea p. 442 Sulle rocce calcaree e vulcaniche: Mazzara del Vallo. ISTelP Erb. di Torn. esemplari di Paterno sotto il nome di « Endocarpon Maravi- gnae Torn. » Sembrano essere la stessa cosa colla specie precedente. 51. Coccocarpia plumbea (Lgthf.) Nyl. Pyr. Or. 32, Parmelia plumbea Fr. L. E. P. 7, Jatta Syll. 335. a. var. cinereo fumosa n. v. Thallus adpressus, monophyllus, ambita radiato-incisus, saepe loba- tus, sursum cinereo-fumosus, granulosus, subtus dense tomentoso-fila- mentosus, tomento obscure jdumbeo-coerulescente. Gouidia clirooeoc- coidea. Apothecia sessilia, mediocria, castaneo-fusca , convexiuscula , margine pallidiore, tenui, sub-evanescente. Sporae ovoideo-ellipticae, hyalinae monoblastae Ig. |i IG.S-IS — It. |jl 7. 4. Sui tronchi muschiosi di quercia: Eandazzo (Bosco Flascio). Questa varietà si distingue principalmente dalla forma liscia di ('. plumbea (Lgthf.) per il colore del tallo e per quello degli apoteci. I gouidii appartengono al tipo Ghroococcus (Glaeocapsa) del Wan Thie- ghem perchè sono di un verde ceruleo chiaro e disposti a gruppi di 10, 12 liberi fra loro (.latta in lift.) 82. Lecanora (Squamaria DO.) crassa Ach. Univ. 413 , Exs. Mass. L. I. 72-78, -Jatta Syll. 354. Sulle rocce e sul terreno : Taormina, Mazzara del Vallo (presso 1 Gorghi Tondi), Mascalucia. ì). var. Vufourei Mass. Dex. et Syn. Sch. cr. p. GO. Sulle rocce : Mazzara (Gorghi Tondi). * melanocarpa Mass. Sch. cr. 00. ì(> Ikttf. iS. Ciiriiso [^Iemoria XXI. j Sulle rocce calcaree. Neil' Erb. di « Tornabene eseiiii)lari di IMessi- ua » (]Moiite Hcuderi) sotto il nome di (lasparrinia saxicola v. ver- sicolor Fr. S3. L. lentigera Scliaer. En. 58, Lecanora crassa v. leiitigera Scliaer. 1. (;. Sul terreno e sulle roccie : Taormina, Catania (Plaia). 84. L. fulgens Adi. TJniv. 4.37, Fulgensia vulgaris Mass. Mem. 1.31, Exs. jNIass. L. I. 2, Jatta Syll. .300. Sulle rocce : Taormina, Catania (Plaia). 85. E. melanophthalma DO. Tli. Fr. Scand. 325. Sulle rocce vulcauiclie : Mazzara del Vallo. 80. L. disperso-areolata Scdiaer, Spie. 418, Lecanora muralis var. disperso- areolata Scliaer. Bu. 00. Sulle rocce silicee : Milo, Concazze. 87. L. saxicola (Poli.) Fr. L. E. 110, Lecanora muralis var. saxicola Scliaer. Eu. 00, Parmeliae sj). Fr. L. E. .110, Exs. Mass. L. I. 300, Jatta Syll. 3()7. Sulle rocce vulcaniche : Bosco di Biancavilla, Liuera. h. Tur. (lifracta Acli. Univ. 432, Placodiuni dift'ractum Mass. vScli. cr. 187, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniclie : S. JI. di Licodia (Mancuse), Eandazzo (Bo- sco Flascio, Lago Gurrita), Xicolosi (Lave sotto INIompilieri), Bosco di Biancavilla, Mazzara del Vallo. 88. L. subfusca Adi. Univ. .303, Exs. Mass. L. I. 42, Jatta Syll. 378. a. var. (lUophaita Adi. LTiiiv. 305, Jatta 1. e. Sulle ijucrce : Kaudazzo (Bosco Flascio) /*. rar. ri((/lana vel coii- vexiuscula 1-4 mm. lata, margine crenato. Sporae kyaliuae Ig. |i 11,9 It. [J. 0. 0. Sulle querce : Randazzo (Bosco Flascio). 80. L. angulosa Acli. Univ. 304, Parmelia subfusca var. angulosa Fr. L. E. 139, Lecanora pallida var. angulosa Scliaer. Eu. 78, Jatta Syll. 300. Sulla corteccia degli alberi e degli arbusti : Biancavilla, Eaudazzo (Bosco Flascio). 00. L. albella Adi. TJuiv. 300, Jatta Syll. 307. h. var. eiiicrelìa Flk. D. L. 88; Xyl. Scand. 102. Jatta 1. e. Sui troiiclii di diversi alberi insieme con la precedente. Primo contributo alla Lk-henoìiKjia della Sicilia. 17 01. L. varia Ach. Univ. 377, Parmeliae sp. Fr. L. E. 150, Lecanora varia var. pallesceiis Schaer. Eii. 82, Jatta Syll. 407. rar. (jraniformis Scbaer. 1. e. Sullo querce : Eaiidazzo (Bosco Flascio). 92. L. badia Ach. Univ. 407, Parmeliae sp. Fr. L. E. 147, Jatt. Syll. 41.5. Sulle rocce : S. M. di Licodia, Eandazzo (Bosco Flascio). b. var. cinerascens Nyl. Scand. 170, Jatta 1. e. Sulle cortecce degli alberi e sulle rocce vulcaniche: Catania (Plaia, Orto Botanico), Biaucavilla (Vadalato), Mascalucia. '.>,S. L. atra (Hds.) Ach. Univ. 344, Jatta Syll. 427. Su varie rocce : S. M. di Licodia (Mancuse), Pineta di Biancavilla, Eandazzo (Bosco Flascio), Mascalucia, Taormina. Nell'Eri), di Torn. esemplari dell'Etna sotto il nome di « Gasparri- nia soi)lioiles ». * sorediata Schaer. En. 73 : Sulle rocce vulcaniche : Eandazzo (Bosco Flascio). b. var. criiiua Schaer. Eu. 72 : Sulle rocce vulcaniche : Adernò. e. var. ver rucoso-ar colata Schaer. En. 1. e. — Sulle rocce vulcaniche : Nicol osi. !)4. L. sordida (Pers.) Th. Fr. Scand. 246 , Parmeliae sp. Fr. L. E. 178, Lecanora rimosa Schaer. En. 71, Jatta Syll. 431. Sulle rocce vulcaniche : S. M. di Licodia (Mancuse), Nicolosi (Lave sotto Mompilieri), Eandazzo (presso il lago Gmrita). b. rar. S>rart~i (Ach.) Krb. Syst. 134, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniche : Bosco di Biancavilla. 9,5. L. subcarnea (Sw.) Ach. V. A. H. 1810, 74, Jatta Syll. 433. Sulle rocce vulcaniche : S. M. di Licodia (Mancuse). 9(;. L. sulphurea (Hffm.) Ach. Univ. 399, Parmelia pallida p sulphurea Fr. L. E. 179, Jatta Syll. 435. b. var. tKmidida Bgl. Coni. Soc. cr. it. I, 437. Sullo rocce vulcaniche: Lave sotto Mompilieri. 97. L. (Ochrolechia Mass.) tartarea Ach. Univ. 371, Jatta Syll. 436. Sui tronchi degli alberi : Eandazzo (Bo.sco Flascio), Pineta di Lin- guaglossa, Milo, Concazze. 98. L. pallescens Schaer. En. 78, Exs. Mass. L. I. 86, Jatta Syll. 438. Sulle rocce vulcaniche : Eandazzo (presso il Lago Gnrrita), Pineta di Biancavilla, S. M. di Licodia (Mancuse), Nicolosi (Monti Eossi, Lave sotto Momi)ilieri), Mascalucia, Pineta di Linguaglossa — Nell'Erb. di Torn. esemplari di Bougiardo sotto il nome di « Gasparrinia pallescens Torn. » Atti Acc. Vol. XIII, Serie 4* — Meni. XXI, 3 IS Doti. ti. L'armo [Memoria XXI. J b. var. rarclla Fr. L. p]. 133, Jatta 1. e. Sui trouclii degli alberi : Biaiicavilla (Vadalato). * lac^en Scliaer. En. 70 : Sulle rocce : Raudazzo (Bosco Flascio). it9. (L. Aspicilia Mass.) cinerea Smrf. Lap. 99, Pariueliae sp. Fr. L. E. 142, Exs. Mass. L. I. 270, Jatta Syll. 110. Su varie rocce : Catania (Picauello), Xicolosi (3Ionti Bossi), S. M. di Licodia (Maucuse), Randazzo (Bosco Flascio), Taormina. Nell'Erb. di Tornabene esemplari dell'Etna sotto il nome di « Gus- sonea cinerea ». b. var. alba Scliaer. Bn. 86, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniche : Mascalucia. e. var. trachitica ÌMass. Rie. 11, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniche : Catania, Pineta di Biancavilla. d. var. ohscurata Fr. L. S. 313; Nyl. Scand. 1.53, Jatta Syll. 1. e. Sulle rocce vulcaniche : Catania (Plaia), Etna, Pineta di Lingua- glossa, S. M. di Licodia (Mancuse). e. var. ochra.cea Schaer. En. 87. Thallus rimoso-areolatus, effusus, laete avellano-isabelliiius. Apothe- cia minuta immersa singula in areolas, disco atro, primitus pruinoso, dein nudo. Sporae mediocres, octoua, ovoideo-ellipticae, monoblastae hyaliuae Ig. |j.. 26. 1 It. |i. 15. 36. Su varie rocce : Taormina, S. 31. di Licodia (Mancuse); Mazzara del Vallo. 100. L. calcarea Smrf. Supl. 102, Parmeliae sp. Fr. L. E. 187, Exs. Mass. L. L 203, 200, 267, Jatta Syll. 117. a. var. concreta Schaer. En. 91, Jatta 1. e. * farinosa fFlk.) Schaer. En. 1. e, Jatt. 1. e. Sulle rocce calcaree : Taormina, Raudazzo. ** lobulata Anzi Ctg. 58, Jatta 1. e. Sulle rocce calcaree : Taormina, Eandazzo (Bosco Flascio). b. var. contorta Flk., Jatta 1. e. * bullosa Mass. Sch. cr. 148, Jatta 1. e. Sulle rocce calcaree : Randazzo. e. var. viridescens (Mass.) Kr. Prg. 95, Pachyosporae sp. Mass. Rie. 15. Jatta 1. e. Sulle rocce calcaree : Randazzo (Bosco Flascio), Taormina. d. var. alpina Anzi Com. soc. cr. it. II, S, Jatta 1. e. Sulle rocce silicee : S. M. di Licodia (Mancuse). rrimo contributo alla Lichciwhxjia della tSicilia. 19 101. L. Dicksoni Nyl. Scand. 155, Jatta Syll. 451. Sullo rocce vulcauiclie : S. M. (li Licodia (Maucuse). 1(12. Acarospora chlorophana (Wahl.) Mass. Eie. 27, Lecauora flava p chlo- ropìtana Scliaer. Eu. 05, Jatta Syll. 486. h. var. o.rì/tona Schaer. Eu. 65, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniche : Catania (Picancllo), Paterno , Mazzara del Vallo. Neil' Erb. di Toruabene esemplari di Belpasso e dell'Etna sotto il nome di « Giissonea chloropliana ». 103. A. vulcanica Jatta Man. II, in N. Gior. bot. it. 1875, 218; Syll. 497. Sulle rocce vulcaniche : Mazzara del Vallo. 104. Caloplaca (Amphiloma Ach.) murorum (Hflm.) Th. Fr. Scand. 170, Exs. :Mass. L. I. 93-98, Jatta Syll. 513. Sulle rocce calcaree. Neil' Erb. di Tornabene mi esemplare di Pa- terno sotto il nome di « Gasparrinia murorum ».■ h. var. centrifvya Mass. Sch. cr. 66, Jatta 1. e. Sui laterizi: Taormina. . e. var. miniata (Hifm.) Th. Fr. Scand. 170, Jatta 1. e. * ohliterata Mass. Sch. cr. 66, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniche : Mazzara del Vallo. ci. var. pulvinata IVIass. Sym. 13, Jatta 1. e. * euphora Mass. Sch. cr. 67, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniche : jMazzara del Vallo. 105. C. callopisma (Ach.) Th. Fr. Scand. 169, Gasparriuiae sp. Tom., Physciae sp. Mass. Blast. 57, Jatta Syll. 515. Frequente su varie rocce. 106. 0. callopiza Nyl. in FI. 1883, 98, Physcia elegans var. biatorina Mass. Sch. cr. 52, Exs. Mass. L. I. 63, Jatta Syll. 516. Sulle rocce calcaree: Nicolosi (Rinazzi). 107. C. (Callopisma Dnrs.) ferruginea (Hds.) Th. Fr. Scand. 183, Exs. Mass. L. I. 221-225, Jatta Syll. 528. Sulle rocce : Catania (Picanello). S. "SL di Licodia, Randazzo (Bo- sco Flascio). b. var. saxicola Mass. Sch. cr. 129, Jatta 1. e. Sulle rocce vulcaniche : Etna (Monte Serra), Randazzo (Bosco Fla- scio), Adernò, Biancavilla (Vadalato), Mazzara del Vallo , Taormina. Nell'Erb. di Torn. esemplari di Linera e Bongiardo sotto il nome di « Lecidea ferrns'inca Somm. » e. var. genvina Krb. Syst. lidi. Ger. ]>. 1S4, in Mass. Sch. cr. 128. Sulle querce : Eandazzo (Bosco Flascio). 20 Dott. tt. >S. Caruso [MiOMniuA XXl.J 122. P. Wulfeni DC. FI. Fr. II, 230. Jatta .Syll. 259. Sui tronchi vecchi : RaiKhizzo (Bosco Fhìscio). Neil" Eri), di Tomi. esemplari dell'Etna sotto il nome di « Gussonea ventosa. » 123. P. sulphurea Schaer. En. 22s, Jatta Syll. 0(iO. rr>, Opeograpliae sp. Fr. L. E. 370. e. r17. var. rosea Mass. Kic. IT."}, Jatta 1. o. Snllc rocce calcaree : Taormina. 147. V. Veronensis Mass. Kic. 175, Mass. L. I. S, Jatta Syll. 131«J. Sui calcari a Taonniua. h. rar. cincreo-plumbca u. v. Tliallus coiitis'iius, ciiierens voi cincreo-plnmbeus. Sporae majores ovoirteo-ellipticae, imhilosae, iiionoblastae, episporio crasso Ig. [i. L'(( — 32.4 It. |J. 12—14.4. Sni calcari : Melilli. 148. V. rupestris rtchrad. Spie. lOt», Aiuplioridii sp. Mass. Meni. 140. Sulle rocce calcaree : Melilli. 149. Catopyrenium Custnani Mass. in Lotos 1S5G, 78, Exs. Mass. L. I. 1S7, Jatta Syll. 133;5. Sul terreno: Taormina 1.5(1. Colyblastia (Dermatorcarpon Eschw.) Schaereri Kerb. .latta Syll. 1441. Sul terreno .• Taormina. Vaiaiiìu 20 Giugnii 1900. La citeioue relativa .11. Svllo.^e ,lel .Jatta ohe avrebbe , . eedere le altre t„ , ,■ avrebbe dovuto pre- aitre. t„ per d,«avverteu.a posta alla line. S- CARUSO INDICE Memoria Proff. R. Maiizetti ed A. Sella — JHcerche magnetiche (con'una tavola) ... I Prof. E. Di Mattei — Intorno alla tni>imissi<ìiie della Jjcste linhlionica ai suini , agli ovini e ai volatili ............ II Delti) — Vesti-atto fluido di limone nella profilassi della malaria .... Ili Dello — Intorno alla raecinuzioue uniiearhoucMosa in rapporto allo eviluppo del car- bonchio sintomatico ........... IV Dolt. G. De Stefano — Le argille a Coeuopsaniinia Scillae Seg. e le sabbie marine della contrada Corro in Beggio di Calabria (connina tavola) .... V fi. Saija e F. Eredia — Sisultaìl delle osservazioni meteorologiche del 1S09 fatte nel lì. Osnerrutorio di Catania .......... VI Doti. (i. Cutore — Ancora sopra un caso di epispadia iu un neonato {con tre figure) . VII F. Eredia — Sbalzi di temperatura e relazioni tra i massimi abbassamenti ed i di- versi elementi meteorologici .......... Vili T. De Stefani — Zoocecidi e Ceeidio:oi rfc/i' Atriplex balinius L. in Sicilia (con'una tavola) .............. IX Doti. P. Morgano — Le iniezioni sotlocongiuntiruli di auticeltiua nei processi infettivi della cornea e dell' iride .......... X Prof. R. Staderiui — Sopra la particolare disposizione della parete dorsale della cavità faringea in embrioni di coniglio e di pecora (con*una tavola) .... XI Dello — Intorno alle cavità premandibolari del Gougylus ocellatus e al loro rapporto con la tasca ipofisaria di liathke. 1° Nota (con''una tavola) .... XII Prof. E. Bo^trìo Lera — Sopra un apparecchio registratore delle scariche elettriche del- V atmosfera (con 3 figure intercalate) ........ XIII Doti. Paolino Fulco — Funzioni che hanno per derivata logaritmica un integrale abeliuno ............. XIV Doti. G. Cntore — Eicerche istologiche sulla » Anomalia dil canale midollare in un embrione di pollo di 48 ore > (con'una tavola) ...... XV Pi'Of. E. Di Jlattei — La inofilassi malarica colla protezione dell'uomo dalle zanzare. XVI Ingr- S. Arcidiacono — Sul periodo eruttivo dell'Etna dal 19 luglio al 5 agosto 1899. XVII Dolt. E. Drago — L'icerche relative all'azione delle onde acustiche sui « coherer » . XVIII Doli. S. Scaliil — Ilevisioue della fauna post-pliocenica dell' argilla di Nizzeti presso Aci-Castello (Catania) ........... XIX Doti. G. Scalia — 1 funghi delta Sicilia orientale e principalmente della regione etnea (Prima Serie) ............ XX Doli. S. Caruso — Primo contributo alla Lichenologia della Sicilia .... XXI Errata - Corrige Nel volnnie preoedeiito (ser. 4'' XII) Memoria III, nelle forinole del ^ 8, invece di : A, , ft-_, , A-, , Icf/yeri' : h^ eos 'i, , /(<> eos 'f 2 , ft^ cos '^.j . 3 2044 093 259 257 ^mm f im MI ^Re>'^ ■mi mmmr ^:^Mrt^ r^f^r^fsi,' . (i 6. iÓ^ f^ '/^^ Wk^^' f^KSUu W^ii^^r'^^' .N^'>J^^ ^tm ,r^^>^^ ^r^^«^^ ^^% ^1 ■^2 S,^ 0m ^D: ■.& Aè^rm \m^ ri- miri ^ryr\r^ .tK^ ■*ik-)' ' ■•'' ■Ae^^fe^- '^^a^^L;.^-- .#!^^ tmm mmifi